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RQHIue SOGieTl' R05E3IRH
DI STORIH PlTRm
^CHIVIO
deUav
Società Romana
di Storia Patria
Volume XI.
Roma
a Sede della Società
Ila Biblioteca Vallicelliana
1888
Roma, Forzani e C, tip. del Senato.
ne delia Vita e degli Scritti
DEt
GIUSEPPE ANTONIO SALA^
J
Amtonio Maria di Gian Domenico Sab
ntonia Maria Corda, nato in Baceno, co-
deli' alto Novarese nella valle Antigono
Toce, il IO febbraio 1717, si trasferi gio-
iiy dove, conseguito un modesto impiego
mogliossi ad Anna Sacchetti, romana, che
ne figliuoli : tre maschi, Domenico, Gio-
Antonio; e quattro femmine. Teresa,
Rosalba, Gertrude.
ale notizia dei due coniugi ho io potuto
orie domestiche; raa se e vero che dalla
li argomenta quella deiralbero, posto mente
che fecero tutti e sette i nominati fi-
ertezza affermarsi che eglino possederono
difficile arte deireducare. La quale, an-
fola apparenza, e ordinariamente poco o
{dovrebbe essere tenuta in altissimo pregio
tori delle cose. E se ai maestri delle arti
le figure d'uomini perfettamente dipinte
) maggiore dovrebbero acquistarla ai propri
S7^ST
77 ■ ■ 53
4tMi.rrr comtiiol «Aint
oos
G, Cugnoni
genitori quei figUuolì, che per una retta e savia edi
zionc divennero compiuti esemplari di virtù morali e c^
vili. E come il merito di qualsivoglia impresa cresce -
misura della scarsezza de* mezzi cli*aliri s'ebbe a condurla
cosi al Sala ed alla Sacchetti è da assegnare il maggioi
vanto di ottimi educatori : da che, sfomiti in tutto d'ogn
bene di fortuna, con la sola virtù dell'animo riusciron*
ad apprestare alla loro prole vita onorata ed agiatissimi.
Domenico, nato il 29 maggio 1747, notissimo neU
curia sotto la denominazione di abate Sala, per la dìvis
chericale, che, sebbene non sacerdote, sempre, anche dop
uscita di moda, costantemente indossò; com*ebbc coir
piuti gli studi di diritto civile e canonico, prese a trattar
presso le congregazioni e i dicasteri della Sede romana
negozi ecclesiastici in servizio di monsignor Pier Antoni
Tioli, a cui per tale effetto faceauo capo le principali die
cesi della Germania. Fu questo il suo primo passo in quell
splendida e ricca carriera, che, schiusagli da benigna fo]
luna, egli seppe percorrere con tanta lode. E la formi
gli fu benigna per questa maniera. Soleva il suo p;
sgabellare e condurre in casa al Tioli gli spessi doni, s]
civilmente di vini, che giungeangli da più parti; e poi eh
in tale facccnd:! usava diligenza, e facea pruova di onest
s'acquistò tra breve la stima e l'amicizia del prelato, e t
cliiamò sul figliuolo la protezione. La quale cangioss! be
presto in paterno affetto : perchè il Tioli, tiratosi in ca;
il giovane Domenico, in lui le proprie cose e tutto
stesso abbandonò. E in ultimo, divenuto presso che cieci
avvisando non lontana la sua fine, rinunziategli le propr
clientele. Io instituì erede di tutto il suo avere (i). Era
(i) Tcstamcntum Bc. Me. R. P, D, Pclri Anionii Tioli apfrtum
puhìictiium die 20 nozvmhris jy^6 in Actis Francisci Oìiveri Cur. Ce
Net. Intorno aUa vita ed agli studi di questo dotto ed erudito prela
sono da consultare le Sotiị delia Vita e delie Miicdlanu di Moni
Iptor Pietro Antonio Tioli, nato in Crevakuore a' ig fna^gto ijii, A
'Velia vita e degli scrini di G. e^. Sala 7
anto Domenico, perfettamente addestratosi nel maneggio
Idcgli affari ecclesiastici, consegui nella Dateria apostolica i
Iduc rilevanti uffici di amministratore delle Componende,
Ji depositario dei Vacabili, e poi gli altri di uditore del
lardinole pro-datario, di succolletcore de' Quindenni e
elle Mezze annate, e di sostituto della Via de Curia. Ma
'più issai che nell'esercizio di tali uffici, se ne valsero per
la suprema direzione di quel dicastero i pontefici Pio VI,
Pio Vn. Leone XII (i). Pio Vili e Gregorio XVI, consi-
jliandosi con lui intorno alle materie di maggiore impor-
ne. Perchè in Roma, ove corresi facilmente alle arguzie
ifavic invidia, o meraviglia di cosi soverchia autorità), veniva
Dprannominato il Papa nero (2). Negli anni 1798 e 1799,
ifante la canura di Pio VI, giovò granttemente d'opera
consiglio monsignor Michele Di Pietro, lasciato in
lonu dal papa cerne suo delegato apostolico con pie-
ezza Ji poteri per Tamministrazione de' negozi spirituaL'.
Scirottobre del 1798 pertossi a Firenze, ove era sosce-
uto il pontefice, per sottoporre al suo giudizio un dise-
Rcma a* 20 noi: ijgó, Cammere segreto di S. 5. e Segretario
5. C. de' Confini delia Stato ecclesiastico, raccolte da Francesco
'fUÌ4ri con i catalani dille nuiteric contenute in ciascuno de* )6 Ko-
kuiati alla Biblioteca del SS. Salvatore de' Canonici Laleranemi
M (Pesaro, Nobili, 1826, in-8"); scritte e pubblicate per
litilonc ed a spese di Domenico Sala, secondo è detto a pag. tv
J56 dì quel libro.
(t) Leone XII avoagli singolare affetto, e invitavalo spesso con
lictri confidenziali a ber seco il caffè. Possedeva il Sala una vigna
ddU porta Angelica sulla via Trionfale; Leone spesso gliene
tiliva; e quegli un' giorno rìsposcgli tutto conturbato: - Padre
in quel povero mio terreno sì è testé cacciata una pestilenza
'nulctli voraci, che mi mangiano ogni cosa. - Il papa smascellò
riw; egli stesso avea fatto recare in più sacchi, da non so quale
podere, gran numero di porcellini d'India, ordinando che si get-
'0 QctLi vigna del Sala.
[ (3) Motteggiavasì pure sul suo cognome, e diccvasi che per giun-
ilpipi, bisognava passar per la Sala.
G. Cugnoni
gno di bolla da provvedere, nel caso di sede vacante,
alla sicura e sollecita elezione del nuovo capo della
Chiesa (i). E quel disegno fu approvato, e la bolla sp«>
dita, la quale tra breve riusd opportunissima. Che, morto
Pio VI, bisognò adunare il conclave in Venezia, E per-
chè quel caso destava dubbi e incertezze, fu il Sala inv^
tato dal collegio de' cardinali a recarsi colà, per avvi
co* suoi consigli le cose a buon fine (2).
I
(i) Baldassabrt, Rólaxjom delle avversità e patimenti del glor"*^^**
papa Pio r/, ecc., 3" ediz. (Modena, SoJiani, 1840-43). Ili, 14S- *
G, A. Sala, Diario Romano^ 11, 78 scg.
(2) Due lettere di Domenico Sala a suo fratello Giuseppe Aniot^>*^
sul conclave di Venezia del 1799:
I.
I
« Venezia, 7 decembre 1799-
« I cardinali stanno benissimo, e pare che non abbiano sofiert*^
« niente. Ambiscono al papato, alla segreteria di Staio, ecc., com^^
« se fosse 30 anni sono, e veggo che il gran flagello sofferto non h^^
(I prodotto in loro alcun cangiamento. I partili sono, in 54 cardinaJfr
« quattro o cinque, uno diverso dall'aliro, nò sembra che per ora pos-
rt sano avvicinarsi. Si aspetta a momenti il card. Herzan, il quale 1
« dice partito da Vienna nel di 28 dello scorso mese. Si vuole ch'eg
« porti h parola dell' imperatore, e che alla di lui venuta si Jctermint
« l'elezione, ma io non lo spero, seppure non si vorrà ubbidire cicca-
" mente, alla volontà della Maestà Sua. 11 card. Ruffo fa un^ottiraa
(c figura, e si conduce come un cardinale che abbia fatti cinque o sei
« conclavi. Tutti gli fanno corte, ed egli corrisponde con altrettanta
« gentilezza. Egli non pensa ncppur per sogno per sé, ma pensa di
K fare il piacere dei suoi sovrani, e di dare alla Chiesa un capo de-
« gno di esserlo. In tanta divisione di pareri, io non saprei prevc-
« dere chi sari. I maggiori voti finora sono per Gerdìl. Dopo aver
« veduto varie volte alla sfuggita Antoncllì, l'altra sera fui da lui.
(c U di lui contegno però non piace ad alcuno, essendo appreso da
te tutti per un soverchiatore e per un despota. Egli è attaccato al
te partito degli Spagnuoli, e per questo motivo ancora è guardato di
" mal occhio. Ruffe per altro non gli si mostra disgustato, e non
« sarebbe lontano dal dargli il voto, quando altri vi concorressero.
f( Caprara dice ad ognuno, che non vuole il papato, e sta in riuro.
Iklla pita e degli scritti di G. od. Sala
Nel decembre del 1799, allorquando i Napoljrani eb-
bero occupato Roma, venne a lui fatto di ricovrare il ce-
|lcbre codice Vaticano 2226 (w Terenzio di lettere maiii-
«scole con scolii in lettera longobardica ; fu de! Bembo; in
• Dugnani fi Ìl disinvolto, ma si crede che la corte imperiale sia
nptr lui. Vincenti aspira alla segreteria di Staio, e Antonelli dice che
■ ooD vi t sogeno raegliore di lui per un lal impiego. Tutti gli altri
'poi vinno dove son guidati, e forse a lungo giuoco fra i Valenti,
'i Calcagnini, gli Honorati, i Depetris sarà il papa. Intanto però
I « che lutti questi porporati smaniano in questa conclusione, non sì
J « ha sicurezza alcuna della restituzione dello Stato, né intero, né in
^«partc, non per colpa della corte dì Napoli, ma di qu<ikun'altra, e
•se n papa si facesse oggi, dimani non avrebbe da mangiare. Ruffo
■lu pensalo ad un ripiego, ed a me sembra buono e riuscibile. Si
«tcDicri, ed avendo queiresito, che si è proposto, si combineranno
• moìtc cose, che ora paiono diametralmente opposte. Non ve lo
■ confido, perchè vi vorrebbe troppo a spicgarvelo, e perchè non vo-
ì'io arrischiarlo in una carta ».
H.
n Venezia, 28 decembre 1799.
■ Snno terminate le feste Nalaliaie, ma non h terminato il con-
l'davc, come ci avevano fatto sperare. Ora ci lusingano che non
Mptoicri U raeià di gennaro. Staremo a vedere. Frattanto ù curioso
MH icniirc che tra ì coUcghi vi sono impegni e contrasti per le ca-
Mfiche (tì segretario di Stato, ed altre. Parimenti si tratta di distri-
li buzione di cariche prelatizie. Oh vedete come stj.imo. Il Signore
Mei 4Ìuii. È stato scritto a Vienna per sapere come abbia a rego-
la l*r»i ìl trattamento di fornulìti col nuovo papa, al quale diversi
cattolici di questi contorni vanno preparando donativi di
sagri. Lo credereste? ne era venula un po' di voglia a
•Gio: Francesco, ma poi gli C' passata, e per opera di Busca si è
•anno a! partito Braschi, il quale avrebbe voluto Chiaramonlì, ma
'M dovuto conoscere (li non potervi riuscire. Di Gcrdil non si parla
I^Pcr Bellisomi non si è conchiuso interamente. Ora per opera
hkI Seoo^llicse si tratta per Mattei, ma sembra che non vi si
'fìuiciri, e che probabilmente la faccenda terminerà in Bellisomi,
•i^widoije Braschi preso molto impegno. Oh vedete il granJ'uomo
»chc pu6 dar tanto peso ad affare di sirail rilievo! In qualunque
imodo seguiu a tenersi per certo la stabilita rìprìstinazìone della
IO G. Cugnoni
« pergamena in 4** - Fulv. Orsinus »), che con altri molti
era stato rubato da quelle indisciplinate soldatesche (i).
Nella invasione francese del 1809, mentre afFaccenda-
vasi di nascosto a spedire le materie ecclesiastiche presso
la delegazione apostolica istituita da Pio VII per fino a.
che durasse la sua deportazione, venuto in sospetto alla
polizia, fu preso e rinchiuso nel forte di Finestrelle (2).
Ricomposte le cose, tornò in Roma, e dicono che,
premio a tanta fede ed operosità, gli fosse offerta la por-
pora cardinalizia, e ch'egli la rifiutasse (3). La qual cosa è
assai verisimile, considerata la sua naturale avversione a
quanto sentisse di grandigia e di fasto, anche più là di
quello s'avvenisse al suo grado e alle sue ricchezze. Delle
quali fu sempre dispensatore larghissimo ai bisognosi: co-
sicchò, dopo la sua morte, tenuto ragione dei pingui asse-
<( (^ninpngnìa. Hccovi ilctto tutto in succinto, senza starsi a dìfTon-
» (Ieri* nel raccontare i soliti inutili pettegolezzi. Il maresciallo da
f vari giorni guarda il letto con febre a S. Giorgio, ed ivi al mezzo-
" giorno fu gli onori della casa e della tavola la marescialessa. Non
" ridete, pcrcliì.* in cose serie non conviene scherzare. Tutti questi
" prcl.itt per/>, in seguito degli avvertimenti di Scotti, si astengono
'/ da lari! nui vedere con alcuna signora, e compariscono sempre in
» noia unione fra loro, co^icchò se alcuno freqjuenta qualche casa
.1 vcnc/i.ina» non se ne .ia nulla, e almeno si salva l'apparenza ».
( ( ) i'Àh rilevali dalla seguente nota segnata nelTantiguardo di esso
(■otlUf: " l'urio sublatu» mense octob. an. MDCCXCIX. Sed multa
» a MK' diligenti.) pcrquisilus beneficio egregii viri Dominici Salae
M Hlhlioiliecu* rcstitutui idibus deccmb. eiusdem anni. Cai. Marini a
„ iiiifi. r,it. ".
(j) Mai i»A*''«AHRi, op. cit.. in, 148, in nota. - Pacca, Memorie
.toiiil''> fii;- (I*'""-t. Ilonrliè, iHjo), pag. 218.
Il) In mi hirJ'<-"o di nu)nsi;;n<)r M.ucili .» Giuseppe Antonio Sala,
,|,.t w ditinilTo 1S15, si legge: « ... ed ho sogg'unio che dovea egli
„ (Il » .H'I' ■ig"-^"'^** •■*' St.ito) far ritk-ttere al papa i meriti esimi del
„ nUt. iiM». Doiniiiico, quali dovevano porsi a carico riguardo alla
v(«tia prr-.ona. .subito che il medesimo non aiwa uvuU^ lù voleva
: j,,,„h,«,(, tht' i,7i eratto iiitiitam<;ttL: dovuti ».
^klla vita e degli scritti di G* q4. Sala
Jgni da lui per lunghi anni goduti; dei ricchi proventi delle
gciizic ecclesiastiche, massimamente di quelle delle diocesi
letterali dclJa Germania; della non tenue crediti del Tioli;
' dei molti e preziosi donativi venutigli si da lasciti testa-
ncnt;ni, e si dalla munificenza di quei sovrani, coi quali,
[dopo il 1814, Li Sede romana conchiusc, per gli uffici di
[lui, solenni concordati : si trovò dell'ingente patrimonio ap-
pena un modesto avanzo, e questo pure per la maggior parte
legato al suo erede a titolo di usufrutto, da ricadérne in
[Ultimo la proprietà a stabile beneficio di pii institutì (i).
Visse Domenico presso ad Sj anni; mori il 12 feb-
'braio 1852- Il suo corpo riposa in S. Ignazio, avanti l'ai-
tare della Vergine, presso alla sepoltura del suo amico e
benefattore monsignor Pier Antonio Tioli (2).
Giovanni, nato il 25 ottobre 1756, fu abilissimo ra-
! gioaicrc (j) e dedito ai traffichi, donde raccolse non me-
diocre fortuiìa. Esercitò V importante ufficio di computista
del Buon governo; amministrò con autoritA di viceprincipe
il patrimonio Rospigliosi, cui di scadente tonìò floridissimo.
Tolse in moglie Violante Donasi, e n'ebbe cinque figliuoli,
Luigi, Pietro, Clementina, Teresa, Maria. Visse 78 anni,
raofi il 12 gennaio 1S35, fu tumulato in S. Maria in Via,
»€lla Sua sepoltura gentilizia.
Delle quattro femmine, Teresa, naca il 19 novem-
^^ '748» e Rosalba, nata Tu aprile 1754, abbracciarono la
vita monastica : Caterina, nata il 24 settembre 1750, ma-
nutasi il 7 giugno 1772 a Baldassare di Giacomo Cugnoni,
(0 BrfVi notizia tklì'ah, Domenico Sala scritta dal cardìtiaU Giù-
^ff* J^ftionio Siila ìuo fralclh ed erede fiduciario, nel voi. IV degli
Mrmi di Gioiffpfi Antotiio Sala, pubblicati sugli autografi da G. Cu-
(2) Con questa umile scritta: a Ossa | Dominici ' Sala | Vìxit ■ An. '
• LXXXIV ■ M. • Vili • D. • XIV I Obiii • Pridie • Idus * Februar, *
• Aa.-MDCCCXXXII | Orate • Pro • Eo u.
f*) BUDASSARRF, Op. cit. I, I4I.
12
G, Cugnoni
romano, agiato mercatante con legni da trasporto in
mare: fu madre di dieci fi|^liuoli(r); visse 82 anni, fi*
polta in S. Marco: Gertrude, nata il 4gennaro 1759. mo^^^
a Giovanni Battista Apolloni di Anagni, fu madre di t^"
sola figliuola, Anna contessa Cimara, e mori in Rom»
13 marzo 1829.
Giuseppe Antonio, che è il principale soggetto dì qiX^
(i) Tra questi Valcriano, il mio santìssimo genitore, il quale ^
sé e della famiglia mi lasciò scrìtte le scguemi memorie:
« Io sono figlio di Baldassarre Cugnoni e Maria Catarina Sa]#^
« Di mio padre, che perdetti nell'età infantile, non posso dame spc-^
« ciali notizie, e più perchè un incendio brugiò tutte le carte di fa—
« miglia. Egli esercitava la mercatura, ed aveva molto viaggiato oltre
ff mare; era unico di sua casa in Roma, e godeva una stima e re-
« putazionc di somma onesta e galantomismo. Morì in età dì circa
« 45 anni, e fu sepolto in S. Catarina della Rota, essendo la nostra abì-
tt tazione nel palazzo Varese a strada Giulia. Lasciò .\ figli di dicci,
« cioè due femine, che sono morte di fresca età, una monaca, e Taltra
« cducandii nel monastero di S. Margarita dì Narni. L'altro maschio,
« cioò rultìmo figlio, anche egli mori di circa 5 anni lu sono nato
« ncir^gosio 1784, battezzato in S. Lorenzo e Damaso.
K Mia madre fu figlia dì Giuseppe ed Anna Sala, entrambi di santa
» vita. Aveva 3 fratelli, cioè Tab. Domenico, che fu poi amminìstra-
w lore delle Componende, oltre altre molte attribuzioni; Giovanni in
" ultimo computista del Buon Governo, e Giuseppe Antonio, cht,
« dopo una carriera laboriosa, fu crcito cardinale da Gregorio XVI,
ff e mori prefetto dei Vescovi e Regolari nel giugno 1839.
K Questi zi), segnatamente il primo, dopo la mone di mio padre
i> si presero cura della mia educazione civile e religiosa; di essi an-
«r che rei sepolcro conserverò memoria per le straordinarie obblìga-
« zioni, che loro professo.
« In cti di circa 7 in 8 anni fui posto nel seminario di Veroli, che
« rooUn in allora fioriva, e vi stetti cinque anni e pochi mesi, da dove
« uscii per la chiusura di detto seminario in circostanza della famige-
« rata repubblica romana. Sino circa al termine della medesima stetti
* In Ana^ì in casa dì una (la Geltnjdc Sala AppoUoni. Tornato in
« Roma continuai lì siuJt sino al corso di matematica. Contempora-
« ntamcntc fui fatto scrittore di Minor Grazia, e dopo qualche tempo
« fui nominato cadetto nel corpo del Genio: ma per essere stato de-
'Della vita e degli scritti di G, 04. Sala 13
ste memorie» nacque ai 27 d'ottobre del 17^2. Studiò let-
tere e filosofia nel Collegio Romano, e teologia nella
Scuol.i domenicana in S. Maria sopra Minerva, donde a
119 anni ifeci addottorato. Divenuto sacerdote, attese per
Jwlche tempo, insieme col fratello Domenico, sotto la di-
itzionc di monsignor Pier Antonio Tioli, al maneggio de*
Bcgozì ecclesiastici, e ne prese tale perizia, da riuscire, tut-
I
ninato in Ancona, dovetti rinunziare per riguardo di mia madre,
ctl mchc perchè era troppo giovane.
« Nel 181 1 fui nominato coadiutore a Francesco CencìarcUi, cap-
t pillino segretario di Minor Grazia.
• Dopo Pinvasìone francese nel 1814, per esser morto il mio coa-
diuto, entrai neiresercizio libero di delio ufficio; inoltre fui nomi-
Mto jcrittore apostolico e de' brevi. Nel 1821 fui fatto coadiutore
di D. Francesco Lavizzari, scrittore di Via Secreta e di Curia, e
* od 183^, per morte del medesimo, entrai nel Ubero esercìzio di
I» Jttio ufficio.
I «Nel ]82i sposai Angela Silvi di Leprìgnano, dalla quale ebbi
ptre figli. La medesima, dopo cinque anni e due mesi di matrimonio,
■ ccuò di vivere, dopo breve m.ilattìa, il 22 decembrc 1826. Non
^Occorre dire con qual mio rammarico per le sue buone qualità.
*P«»ci>oIu in S. Marco,
" U mio primo figlio Ignazio nacque ai 19 agosto 1823. Il secondo
figlio Giuseppe nacque il 2 maggio 1824. Il terzo figlio Tommaso,
t"tuto li (li 7 marzo 1S26, nel 1832. il 7 ottobre, cessò di vivere, in
» cti (li 6 anni, nelle mie braccia, dopo due giorni di malattia inflam-
■notoria nel cervello.
* Rcitato vedovo, cosi volli rimanere per occuparmi dell'educa-
• «ione de' tìgli; ed ho procurato di darla loro prima cristiana, poi
» ovile. Posso dire che, con la grazia di Dìo, mi hanno corrisposto ».
^^^\ìì il mio padre amatissimo, il quale mori il j maggio i86x,
t™ tcpolto nel ricinto scoperto tra la via in Velahro e la chiesa dì
5' Teodoro, con questa iscrizione: « Valerianus ' Balihass. • F. ' Cu-
* pmììa I Inter • Sodales * Sacri • Cordis • Jesu | Cognomento * Her-
■ ntacdildus 1 VII ■ Id. • Aug. • A. • MDCCCXV ■ Supra • Kumerum -
'^dltaiu , IV • Non. ■ Mai • A. ' MDCCCXXVI • In • Oblatorum •
*^o«tura • Cooptatus | In • Condiiorio ■ Quod • Sìbi • Vivens Com-
P^^-it I Dcpositus • Est • Non. • Mai • A. • MDCCCLXl | Annos *
^'*lM' LXXVII I Requiem * Aetemam | Dona ■ Ei ■ Damine ».
G, Cugnoni
tor giovane, uno dei più destri e prudenti ufficiali della
curia papale. Perchè molto si giovò del senno e dell'opera
sua monsignor Michele Di Pietro allorquando, nel biennio
1798-1799, tenne in Roma, come gv\ di sopra accennai,
con pienissima autorità di delegato apostolico, le veci del-^
l'esulante pontefice. E sebbene, pel segreto procedere di
quella amministrazione, niun fatto possa addursi in prova
della efficacia e della prudenza, onde Giuseppe Antonio vi
si adoperò ; tuttavia ne rimane non dubbia testimonianza
nel seguente paragrafo di lettera, in data 24 settembre
1798, del Di Pietro a monsignor Spina, uno de' compagni ^^
d'esilio del papa in Firenze: « Non mi dilungo questa^H
u volta, giacche nel prossimo ottobre passerà per Firenze ^
«il comune amico ^(i), e con il medesimo riman'i più
ft facile a viva voce con Lei lo schiarimento di qualunque
« difficoltà. Ella lo conosce benissimo, pure ad onore della
« verità debbo attestare del di lui sìncero zelo per la catto-
« lica religione, del di lui disinteresse, eh' e veramente
w singolare, della di lui onestà, abilità e a:tività. Debbo
K confessare, che se non si fosse costantemente prestato
« unitamente al di lui degnissimo fratello canonico pel
u disbrigo degli affari, che sono innumerabili, o avrei do-
ti vuto soccombere, o avrei dovuto arrenarmi. Questa
« ingenua confessione, e questo tenuissimo tributo di gra-
« titudinc, che ora rendo a questi due ben deyni ed im-
« pareggiabili fratelli, desidererei che lo comunicasse al
« S. Padre, giacche* è troppo giusto che si sappia dal capo
« della Chiesa chi costantemente ha travagliato e travaglia
« con sonmio vantaggio per il disbrigo degli affari eccle- g
« siastici; né io voglio farmi bello colle penne altrui ». E^^H
il 30 dello stesso mese lo Spina rispondeagli: « Ho fattoci
« risaltare a S, Santità il merito di codesto degnissimo si-
(i) Cioè Pab. Domenico Sala, che, come gii dissi, neIl*otiobre|
(!el 1798 recessi » Firen/c.
^ella tnia e degli scritti di G. o4. Sala r j
0 gnor ab. Sala, e del fratello canonico, riferendogli alla
K lettera il contenuto nella stimatissima sua. Son persuaso
« che S. Santità gli di tutto il valore che merita ». E di
nuovo il Di Pietro allo Spina, ai io de! seguente ottobre:
« Sensibile oltreraodo al favore da Lei compartitomi nel
• partecipare al S. Padre i meriti dei due fratelli Sala, vengo
a a contestarle le sincere mie obbligazioni ».
Da questo esercizio, tutto proprio del suo ministero, vol-
gendo talora l'ingegno alla considerazione degli uomini e
delie cose, prese altresì nelle Aiccende civili e nelle ammi-
nistrative non comune perizia; secondo che può rilevarsi
dairaccurato e giudizioso Diario, che egli in c]ucl tempo
venne scrivendo. Comprende questo V intiera epoca repub-
blicana, dalla uccisione del Duphot, seguita il 28 settem-
bre i797,sino all'ingresso dell* esercito napoletano in Roma,
avvenuto nello scorcio del 1799. Lavoro diligentissimo e,
sebbene di sua natura sconnesso, non privo di una cert;i
uniformità, che seppe dargli Tautore, richiamando di con-
tinuo il disparato racconto alle norme immutabili del vero
e dell'onesto. Per tal modo la narrazione de* fatti viene
d'ordinario accompagnata dai giudizi dello scrittore, allii
cui perspicacia niente sfugge, che sia degno di nota. E per-
tiinto gli occulti legami degli effetti, con le cause, i torbidi
jggir;unenti delle fazioni, la ragione delle leggi, i processi
amministrativi, le probabilità delle guerre e delle paci: tutto
egli discute e sottopone allo sguardo dei lettori dal lato più
vivo e smagliante. Infiniti gli episodi di ogni genere, dal
tragico al comico, dal sacro e maestoso allo scurrile e ple-
beo. Onde varietà piacevolissima, che compensa la minu-
tezza spesso soverchia del racconto, e che ti rende penoso
il doverne sospendere la lettura. Il cronista è tutto odio
pe' Francesi, tutto amore pel papa; ma l'odio e Tamorc non
gli fanno velo al giudizio, né lo sviano dalla veracità; e
spesso loda i nemici, e ancor più spesso biasima gli amici.
fi II papa (scrive sotto il io luglio 179S), che infelicemente
i6
G. Cìignoni
« non ha attorno, se non se de' familinri buffoni, spedisce
«dalla Certosa di Firenze gra;!Ìe in abbondanza. Li rescrittifl
« vengono firmati e muniti di sigillo da quel buon uomo
« di monsignor Odescalchi, nunzio apostolico in Firenze,
« e sì fanno delle bestialità deirottanta ». E ai io del ruesefl
seguente: « Fra le molte disgrazie dell'atruale pontificato
«dee contarsi per principalissima quella di awre il papa —
« avuto sempre attorno de* birbanti, o per lo meno de* scioc-^
« chi, motivo per cui si fecero tante grazie arbitrarie con
« disdoro del principato e della Chiesa. Una tale disgrazia
« continua anche a Firenze, perchè qualche famigliare di
« Sua Santità seguita ad avere il medesimo influsso, e mon-
« signor Odescalchi, nunzio apostolico, che spedisce e sot-
« toscrive rescritti, è un vero bufalo, che nulla intende di
« tali materie ». In mezzo all'amarezza delle pubbliche tri-
bolazioni, confessa ingenu.imente e con enfasi (i) «scor-B
« gersi evidentissimamente la verga piena dì occhi, che va ™
« sferzando qua e h\. Il principato e la Chiesa avevano bi-
« sogno di grandi riforme, non servivano più puntelli per
« sostenere la fabbrica cadente, e il Signore vuole atterrarla
« del tutto per poi innalzare un nuovo cdifizio. Penserà
« egli a scegliere que' materiali, che potranno mettersi di I
«bel nuovo in opera, escludendo gì' inutili calcinacci e i
«legnami atti solamente per il fuoco», E altrove (2):
«Non v'Iia dubbio che Dio vuole una venerale riforma,
«massime nelle persone a lui consagrate, e sembra chefl
« forse non giunga ad ottenerla, se prima non si faccia la ■
«separazione delie paglie inutili dall'eletto frumento i>. E ■
cosi via via in più luoghi. Né la risparmia pure talvolta
allo stesso papa, come quando scrive
(3):
copia delle facoltà accordate dal S. Padre ai vescovi del
(i) 25 marzo 1798.
(2) I** seiicmbre 179??.
(j) 2 ottobre 1798
Della vita e degli scrini di G, C^. Sala 17
■ regno di Napoli. Questa concessione è irregolarissima
« per mille riflessi, ma la cosa e fatta, e non sarà facile il
«tornare indietro j>. In conclusione, lo scrittore è un catto-
lico romano di buona fede e disinteressato, che si sforza a
tuit*uomo di difendere i grandi principi morali rappresentati
dal papato; e nel furor della mischia avventa i suoi colpi
non meno agli av^'ersari, che ai compagni d'arme, ove ne
ravvisi di dannosi o per tristezza, o per egoismo, o per dap-
pocaggine. Ne venga quel che ne può; egli nulla teme, nulla
:>pcrj; e però non saprebbe bramare altro conforto oltre
quello della coscienza d'aver compiuto il proprio dovere.
Con quale intendimento togliesse egli a scrivere questo
Diano, non si potrebbe accertare. Che sebbene per una
parte la diligenza, ond'è condotto, e V importanza dei do-
cumenti inseritivi farebbe supporre nell'autore il proposito
di divulgarlo; per l'altra, la troppo schietta esposizione
de' fitti, la severità de' giudizi, l'acerbità delle invettive,
l'acutezza dei sarcasmi, e soprattutto la liberissima censura
de' personaggi d'ogni fatta e condizione, avrebbero per-
suaso qualunque uomo, anche mezzanamente prudente, da!
pur mostrarlo a chicchessia. Ma quello, che non porca fare
Tauiorc, lo avrebbe un giorno potuto far altri; ed egli
stesso l'accetma là, dove toccando dell'anno repubbUcano
.sostituito per legge al volgare, scrive (i): <* Noi però se-
• guitcremo a servirci dell'era volgare, lusingandoci che
• se questi fogli dovranno un giorno servire a qualche uso,
k«sarà ita in allora in oblivione l'era francese, e quella na-
orione sarà divenuta l'oggetto deiresecrazione e dell'ob-
• brobrio di tutto Tuniverso, che ricorderà perpetuamente li
tmali incalcolabili da essa fatti alla Chiesa e all'umanità ».
*\lcuni paragrafi di questo Diario scrisse pure separa-
ameace in latino, non so se per uso di quella lingua, o
per spedirli a modo di avvisi alla ccjne papale, o altrove.
G.
\ £ XCglStE3SlB
■ miifitfr fe-
mrcsDgazHiiic
9r; cosi gli fai
ffono per gtono la ssooa £ 'Cf
viIq ai JCBÌpe fiugagno e fl ^bAb
e BdTapproMJUM i» «k^ oombì e
#alie^|ianeccfcH>a4|Bdb v]napaan»a obi
ponsvab h sn fisnida e gtagnm ìadofe, e odia quak"
«^BSCbO IOQI a pffCO osa SCOBI^ia GOBSSBflBBC^^
Era GmsqfpeAntooiov cane c^ slesso db s^cre(i),
Balc« £ grandi Imni e di granfi ' ■^ii"'^'*' p JSim K*> ■ (a).
Per la qual cosa, dloccbè questi od iSoi mosse per Pa-
ligi eoo amoriti di kgaso s Ittnt; per meoerc ad csecu-
àooe ì coocordjso fra h Smta Sede e h RqmbUìca
fimcae, se lo menò seco eoo ofido di spretano della
legazione. Sebbene qod concordato fosse gii stato oon-
dmo^ in quanto alla sosranra, per opera spccxatmeote dd
rardmalf Ercole Consalvi (3); tunavia avverte 3 Thet*
ner (4), che la più difficile e travagliosa £uxezHla fu il
raaodario ad esccnaone, e else a canto nclùedevasi appunto
l'abOiti e fautorrvolezta dd Capraia, doitissinio odia
scienza de* canoni, e molto versato ne' maneggi ecdesta-
sdd pd tango uso avutone come consnliore ddle varie
congregazioni romane. Sì dunque per la diff cotti delT im-
presa, e si pd grande valore dd Caprara, la scelu dd Sala
non potc muovere altronde, che dalla £ima della dottrina
e ddla prudenza sua.
Giunto a Parigi il 4 d'ottobre dd i8or, vi rimase circa
tre anni, quanti ne andarono per ravviamento e la condu-
sione di quel trattato. E sebbene la gloria d'averlo menato
(1) Dmrifi io prìoàp5o. I
(2) Ivi.
(|) Mhnùirei ^u card. Ccnsahi, par J-Crétineau-Jolt, I, 391 seg.
(4) Hiitoire des d£ux Concordati de U RépubUqui franfoiu €X ài ìa
kJffublique Ciialpine, I, $14.
'Tklla pila e degli scritti di G. (ti. Sai
i buon fine sia del Caprara, tuttavia il inerito e la fatica fu
in gran pane del Sala (i). La cui voce nelle discussioni,
che sui diversi anicoli si venivano a mano a mano facendo
trai rappresentanti del pontefice e quelli del primo console,
rison(^ sempre autorevolissima, anche allora, che, in oppo-
sinonc alla soverchia condescendenza del Caprara (2),
contrapponeasi alle eccessive esigenze del Bonapane (3).
•
(i) Da alcuni rbcontri fatti da me fare negli arcliiv! nazionali di
Pirìgi (set. ammin.) risulta: i*> che le più delle lettere, delle con-
mlUxioru, dei voti e deUc altre scritture relative a quel Concordato, o
MDO di pvigno del Sala, o, se copiate da altra mano, recano in mar-
gine U nota ■ par mgr. Sala i»; 2* clic nel febbraio i8oì, infermatosi
il cirdinalc legato, e poco stante anche l'uditore monsignor Mazio,
egli compii; per più mesi consecutivi le veci dell'uno e deiraltro,
fflco in ordine a materie dì sommo rilievo; 3° che in tutto il tempo
di qucUa legacione, vescovi, sacerdoti e regolari delle varie provincie
della Frtnci-i facevano capo a lui direttamente per la trattazione delle
(iutfJue faccende, e per la soluzione dei dubbi più intricati; 4° che
spaioi maneggi di maggiore importanza passavano tra lui ed il mi-
ÒRTO Porialis. Così che dal tutto insieme sì pare che ravviamento
e li conclusione di quel malagevolissimo trattato fu per la maggior
pmc opera del Sala.
(1) ttCommunemenie il Caprara era riputato uomo di molta pò-
liuci mondana, ma povero di prudenza e fermezza evangelica. Che
* Pio VII lo mandò nel 1801 legato a ìaterc in Francia, ciò a\'vcnne
perche U Bonaparte fece sapere che tale si era il suo desiderio e vo-
bota. Uno, che appartenne a quella legazione, mi diceva, che quando
Bcifilinale era esortato a mostrar animo forte e costante nel trat-
tai col primo console e suoi ministri, si schermiva rispondendo:
C^frti iìpiori iono come U carafc se U urtiamo, si rompono ». (Bax-
l^ASum, op. eh. IV, 25, in nota). Un esempio del contrapporsi del
Sili al Caprara può vedersi nel documento l, pubblicato dal D'Hus-
•WviLU 1 pig. ',22 seg. del voi. I dell'opera L'E^iise Romaine d U
P^tmur Etfipirt, 1S00-1S14.
(j) L'Abtaud {Hisloirc du pape Pii VII, II, i 50) cosi scrive su
t^ proposito : ir Ce cardinal (Caprara) avit eu autrcfois aupris de
^' nonsignor Sala et monsignor Mazio, hommes de beaucoup de
tslcnt: CCS tìdC'les sujets du pape s'uttachoient à faire exécuter avec
ft^olinti Ics ordrc3 de Rome, et s'opposoient, quand'ils le pouvoient.
20
Il quale^ dicono, ulvotn minacciosamente se ne sdegnasi
come quando, afferrato un calamaio^ fece atto di scagliar-
glielo in volto ; o percotendo (unosaiiiente col pugno sopra
un deschetto, ne fece balzar via tma ricca porcellana; o
additatogli fra due busd di manno uno spaaio vuoto : « Io
riempirò (disse) col tuo capo reciso » (i). Lampi d* ira su-
bitanei senza efiétto ; ma che pure tanto a Giuseppe An-
tonio sturbarono il sangue, da £vgfiene ribollire per la cute
un triste untore^ che poi tonncntoDo per tutu la vita«
Nondimeno Napoleone avealo in pregio per la dottrina e
il pronto ingegno, e talora ingiungeva al Caprara d'andare
a hii in SX13, compugnia, per averne ra\-viso su qualche im-
portante materia, che volesse dt per se stesso mettere in
discussione (a). Andie mostravasegii gennle, volendolo
ogni sera a giocar seco, e in segno di familiare affetto con-
traffaceane il cognome, chiamandolo Scala,
Cessata quella legazione, fu tranenuto in Parigi da
Pio VII, andato allora a quella corte per incoronare e be-
à et qnt le caFfiml cMCrepttBÉi «es plcitti poavciis dé-\À asscz èteo-
dusw A Paris» oe B*avoÌt pas tiriii ì recoanoàtre sartooK le d^roument
intxoraUe de moosignor Sala, pcrsooage 1 la fòò donè de quaUtcs
■■■■■Wf ^ (bus U société, et (fnoc habifité éy»uuyéc daas Ics aflaircs
gnipcs. MonngDOf LazxzrÌBi et M. Tabbé ic Rossi avoàcat retnpUcè
CCS prèUts: le GooTeroemessc fraa^aìs s*applaiK£ssoit i'aToir éloigaè
tea aust^res cootndtctean; mais il cn ètéu lesabè qoe la conÉanoe
dtt p^pe daas le lègxt afvai été akèri. qooiqe^fl re^ cDCorc par
foìs et b«as copseih de ses BoavcasK secretùes ». Vegga» U « R6-
rlMBatWw da canlìiul Caprara cootrc Ics Aitkles ocgam^ucs, aires-
sèe & ÌL de TaUcjrraad» tmoìstre dcs afiaires eatèiicuies »» lavoro in
gm pane dd Sala, nelTopeni fhtit Onaripm 0 fmfìMfM sm U Com-
nrdaiét iSot tmfris la rfpfiafj ofkiés, par M. Tthbk Jolt (Parìs,
iWi), pog. 1S7 s^g.
(i) UxLi snoigfiatitr mrnarrìa dì Kapoleooe è registrata dil Oaodet
a piag. 171 ddro|»crm Ld cmnL Cmsàhi .- ■ Si je ne fais pas saater U
téte de dcssBS ks épaoles de ^paAfOtea^mu de ces pritrcs, 00 n'ac-
connDodcrm jamats Ics aflEaìres >.
(J) V, D*HCSS0KV1LL£. op. e loc cit.
^ella vita e degli scrìtti di G. (ì4. Sala 21
lire il Bonaparte, fattosi, di primo console, imperatore.
Cosi aggregalo al seguito papale, entrò a parte della solenne
cerimonia, e nel ritorno fu, per speciale ni:ind:Uo del pon-
tctice, nominato commissario delle grazie spirituali, che
lungo quel viaggio si verrebbero dispensando.
Restituitosi in patria, pareva che, in giusta ricompensa
& tanto zelo e travaglio, non dovesse mancargH un qual-
che grado onorifico nella curia, o nella corte; ma fosse la
sua natura franca di soverchio e non curante, fosse geloso
sospetto di chi in Roma suole fabbricare di siraiglianti for-
^^nc; fu lasciato con le nere divise, come n'era partito, e
^Benza carica o benefizio di sorta. Né egli se ne disgustò; e
^■nzi, profittando dell'ozio inaspettato, riprese vogliosamente
^^ suoi studi e le usate occupazioni. Fra le quali quella di
scnttorc di bolle e di brevi nella Dateria; urtici conferitigli
fino dal 1791. E nell'Epifania del 1807, come pro-rescri-
benJario degli scrittori apostolici, presentò al papa, in nome
Ji quel collegio, la consueta offerta di cento scudi d'oro
itro pisside d'argento, accompagnando la cerimonia con
ve discorso latino (i).
Nell'anno 1809, vedendosi Pio VII stretto ogni dì più
e minacciato dalla francese violenza, per porre in salvo ad
ni peggior caso il libero esercizio della potestà spirituale,
lui in Roma una delegazione apostolica. In questa Giu-
c Antonio ebbe Tuffìcio di segretario; ma fu breve il
k'igio, che insieme col fratello Domenico le potè rendere.
occhè non appena, deportato il pontefice, la detta
azione cominciò ad agire, «fummo (egli scrive (2))
trambi compresi nel numero delle persone messe in
0 e destinate a partire per Reiras, dove si suppo-
•va che verrebbe fissata la residenza del papa e si sa-
li) Diario ài Roma, n. 4, r4 gennaio 1807. -Moroni, Dii^ionario
^OHi tccUsioitica, L?CI, 311.
a) Brev* notiziu ddtahh. D. Sah. ecc. cit.
e Cugnoni
« rebbcro aperte le segreterie ecclesiastiche. Ebbimo
«nare non poco per esentarcene e per rimanere in libertà.:
« Aggravandosi vieppiù le circostanze, e vedendoci esposti
« ad ulteriori disastri, fu preso il partito di allontanarsi daj
« Roma, rifugiandoci a Cascia. Trascorso però qualche'
« mese, e dietro il suggerimento di qualche amico autorc-
« vole, il quale scriveva che io non dovevo pensare al ri-
« torno; ma che per Tab. Sala non vi era che temere, ad
« onta delle persuasioni e preghiere del nostro ospite e
e mie^ volle il mio fratello dare ascolto all'amico n.
Durante il soggiorno in Cascia menò vita affannosa e
raminga, sapendosi codiato dalla polizia francese, e insino;
una volta, per scamparne, dovè travestirsi da pastore. la;
mezzo però a tanta ansia ed incertezza non lasciava di spe-
dire a quando a quando lettere d' informazione a Savona,
dove stava rilegato il pontefice, per tenerlo avvisato di
quanto stimava dovesse maggiormente importargli. E per
evitare ogni inciampo, segnate le lettere con mentite so-]
prascritte, mandavale impostare ne* circostanti paeselli dal
infinti accattoni. Finalmente, giudicando maggior sicurtà
l'uscire dello Stato papale, si riparò a Firenze, dove, preso
stanza nella villa Salviati presso a Fiesole, se ne rimase
fino al ricomporsi delle pubbliche cose, cioè per oltre a
quattro anni.
Nella tranquilltt.ì di quel lungo ozio compose da prima,
per commissione venutagliene di Francia dal cardinal Mi-
chele Di Pietro, una scrittura apologetica in sostegno di
quei cardinali, che si erano testé rifiutati di assistere al^
solenne rito, col quale Napoleone, dopo aver ripudiata la'
prima moglie, disposossi a Maria Luisa d'Austria. Il que-l
sito, che lo scrittore si propone, è: «Se fosse lecito ai car-
« dinali assistere alla sacra cerimonia del matrimonio ». Per'
rispondervi adeguatamente, egli imprende una serie di ri-
flessioni sui « monumenti della storia ecclesiastica relativi
«aUe cause matrimoniali dei monarchi », e ne rileva
Della vita e degli scritti di G. C/i. Sala 25
f. Che le dette cause « sono state sempre giudicate
«e terminate 'coU'auCoritA della Santa Sede, o del papa
«istesso a Roma, o da commissari da lui delegati sul
« luogo A ;
2. « Che il dirino di giudicare definitivamente tali
• cause è stato da tutti, siccome costantemente, cosi uni-
ovcrsalmente riconosciuto, e primieramente dai monarchi
0 scessi D ;
5. Che tale diritto « fu dai romani pontefici non solo
«riconosciuto in se stessi, ma costantemente e gagliarda-
• mente sostenuto, ancorché in alcuni casi si dovessero alla
«loro saviezza affacciare delle terribili e travagliose conse-
■ gucnze della loro fermezza w ;
4. Che è evidente « il consenso costante e universale
!• dei vescovi, e specialmente de' gallicani, in riconoscere
«<lucsto diritto primitivo della Santa Sede».
Da queste premesse deduconsi tre conseguenze :
r* te Che la consuetudine invalsa nella Chiesa di giu-
« diate dette cause coirautorità apostolica, primieramente
«è, non solo da un tempo maggiore di ogni memoria,
«quile è richiesto dal gius canonico per passare in legge
•t stabilire un diritto; ma antica di dieci secoli, senza che
•né prima dell'ottavo, né durante il corso dei secoli di
«mezzo fino al presente, si trovi alcun accertalo esempio
^_ * in contrario » ;
^1 2* a Che non vi può essere possesso più pacifico di
•quello che da tanti secoli, e senza interruzione, gode la
■Santa Sede di giudicare di simili cause, giacche i sommi
E «pontefici hanno esercitato un simile giudizio anche in
•prima istanza, e per volontaria sottomissione de' monar-
• chi stessi, o certamente senza richiamo di loro, o de' ve-
« scovi 0 ;
3* « Che, o si guardi la somma importanza delle
• cause outrimoniali de' monarchi rapporto non meno agli
■ Stati che alla religione, 0 la solennità grande, con cui
24
G. Cugtumi
9 iìiroao ordioaiiainente giudicate, debbono esse riguardarsi
€ come cauu maggiori, e perciò come spettanti csclusiva-
«. mente al papa, secondo i aotì principi dd gius canonico
B e la dichiarazione di Celestino III nella dccreule, ove
« dice, tra le altre cose, paxiando del divorzio di Lotario :
« Xomu hoc ttigoHum ic pratàfms, d maps ardtus unum
« ess^ dignoscitnr, tUpcU qmi mtir exùmMS et regaìcs pn-
• sonasi^
Segue poi l'esposizione giuridica, la quale fondasi
Tridentino e sull'autorità d'alcuni scrittori posteriori, lon-
tanissimi dal sospetto di pandaliti verso la Santa Sede. "
Donde risulta la nulliti canonica del giudizio del divorzio
in proposito, profferito dalla uffixjalità di Parigi, dichiarata
competente da una deputazione di pochi vescovi. ^
« In vista di queste riflessioni (conchiude l'autore) non ^
« dubitano i cardinali non inter%'enuti che possa trovarsi
e alcuno, il quale non trovi e fondata e necessaria la loro
« condotta. Malgrado però l'evidenza colla quale essi crc-
« dettero di dovere operare, come han fatto, non intendono
e in alcun modo di erigersi in censori della condotta di-
« versa di quelli fra' loro colleghi, che sono intervenuti,
« essendo questo un giudizio che appartiene al solo capo
tt della Chiesa. Né similmente hanno inteso di mischiarsi^
« nel merito intrinseco della gran causa, di cui si tratta, né
« di farsene essi giudici ».
Dà compimento al lavoro un « elenco delle cause ma*fl
« trimoniali di monarchi e d'altri principi, delle quali prese
« cognizione la Santa Sede, dal secolo vai al xvm o. Il
quale elenco riesce ad una serie di riscontri storici a rin-
calzo delle materie antecedentemente trattate. fl
Sebbene lo scritto sia di piccola mole, pure è facile in-
dovinare il faticoso apparecchio, che dovette precederlo;
occorrendo di stabilire un principio intomo ad argomento
non mai fino allora venuto in discussione. La qu;
non potea farsi senza una profonda perizia del diri
J9 minuta ed esatta notizia dì tutta quanta U
itica (i).
len d'altra lena e d*altro pregio, si per li im-
VastitA del tema, e si pel grande possesso, col
condurla, è il suo Puwo di riforma. Gii fino
Icupazionc francese, come di sopra accennai,
laso che u il principato e la Chiesa avevano
3^ndi riforme » (2), « massime nelle persone
rratc » (3). E pertanto fin da quel tempo
Itando m mente l'avviluppato e geloso dise-
rivolgendo, quasi a centro, gl'intendimenti
lazioni, e i risultamcnti pratici della sua ope-
5S10 un continuato lavorio di paragoni fra i
tri, dal quale dovea venir fuori, quando che
compatto ed annonico, senza sdrucimre né
t e tale, da ravvisarsene, non che possibile,
azione.
di Platone, del Campanella e del Moro do-
dunque escluse da uno scritto vólto unica-
tica, è col quale si tentava di ridonare ad
ecaduta Istituzione lo smarrito aspetto e la
melandola nella parte mutabile ai sani avan-
zo" civile; sicché il suo rinnovamento non
un semplice indietreggiare alFantico, nò ad
arsi al novello: ma piuttosto fosse un giusto
lell'una cosa e dell'altra.
avvisi ed apprestamenti, tostochè previde
ine della cattiviti del pontefice, pose mano
pne privo di libri, e nella malferma con-
ben
Wtf sui matrimouio tUìtSmperatort XapoUotte t del'
irta, pubblicale dal Crétineau-Joly (a pag. 416 e
itatc Mimoiris du card. Coruaìvf) sono brevemente
ali deduzioni di questo scritto del Sala,
narzo 179**.
tnbre 1798.
26
G. Cugnont
dizione di un vivere incerto e peregrino, tra il febbrai|
il marzo del 1814 ebbela menata a compimento. Spo
il manoscritto al fratello Domenico in Roma, questi,
tolo copiare, glielo rimandò in Bologna (i), dove GÌ
(i) Ciò si raccoglie da alcune Icnerc scrìnc neiraprile del i8l
dal fratello Domenico a Giuseppe Antonio in Bologna. Ecco ì pi
ragrafì di esse lettere, ì quali a ciò sì riferiscono:
o Roma, 19 aprile 1814. - V'informai già dì avere ricevuta 11
V cassettina coi vostri scrìtti, lì quali presentemente si vanno copiando!
« ed io li vado gustando di mano in mano, innanzi di darli a copiare »\
« Roma, a$ aprile 1814. - Raccomando il piego airottìmo Car-1
«luccio, al quale insieme mando una cassettina con entro... la copia 1
« della meti^ del volume sulla Riforma sino all'artìcolo riguardante le
«monache, cui succederai quello delle congregazioni, che attualmente
« si SU copiando... Mando nella cassettina, quando il buon Carluccio
■ possa Inoltrarvela, la meti del lavoro copiato sinora, e non lascio dì
ff insistere perchè si compisca al più presto possibile. Se aveste fretta
«di ricevere l'altra metù, bisognerebbe che io prendessi il partito di
(t farla copiare da due caratteri ».
« Roma, 29 aprile 1814. - Per secondare le vostre premure com-
K munì al compagno, vi trasmetto la copia di altri otto quinterni con-
V cementi la Riforma, e vado sollecitando il lavoro del rimanente ».
E nella medesima corrìspondcnra epistolare sono notevoli i se-
guenti periodi, che si riferiscono all'uno o all'altro articolo dì questo
lavoro :
a Roma. 19 aprile 1814. - Sembra pure che con facilita quakhc
« persona laica incominci a rimettere in uso Ìl vecchio suo abito d*a-
«baie; onde ve lo avverto, perchè sarebbe necessario impedirlo al
n primo momento che se ne abbia libero campo ». (V. nel' Piano di
" Riforma Varticolo VII, Deirabatismo):
« Roma, } maggio 1814. - Per quello che concerne la rìassun-
« cionc dclPabito d'abate, intesi di suggerire il mettervi qualche osta-
■ colo quando stasi qui stabilito U Governo pontificio ».
Col XIII articolo del Piano di Hifor-ma {^^scoii ^ viscwaii) eoa.
suona il passo seguente della lettera medesima:
« Osserverò tutte le carte trasmesse dal nunsio di Vienna, sapendo
«gii che ì processi stanno in mano delTabate Adorni. Mi persuado
« però che U padrone (cioè il papa) abbia gii adottato e voglia inco-
« mincìare a mettere subito in esecuzione il necessario sistema di bea
« conoscere le personali qualità di ciascun nominato, innanzi di farlo
^]piia e degli scritti di G. q4. Sala 27
erasi dì que' giorni recato ad ossequiare
aco lìbero; e quivi a lui lo consegnò.
suo lavoro, che è come dire un primo ed af-
J a dell'altro, di cui appresso discorrerò, non
enti si continuerebbe 1 rimanere soggetti allo stesso
Ima, di avere canivì vescovi con gravissimo pregiudizio
igiaccbi i processi sono purtroppo ridotti a poco pi6
Ice formalità. Quindi voglio immaginarmi che già il lo-
avrà ìncarìcato, ma con forte premura, il suddetto buon
tuia a praticare le opportune, diligenti, scrupolose in*
(curarsi di ogni precisa qualità di ciascun nominato,
pM sari indispensabile venga applicato a tutti singoli
! padrone conoscere chiaramente, che non farà vescovi,
ao preventivamente a lui cogniti li loro requisiti «.
ila riforma degli uffici delta Dateria e della Canccl-
, Domenico andava assai più in la di Giuseppe An-
'«Dc scriveva:
^m n Roma, 19 aprile 18x4.
: avere a fare un novello impianto per la Dateria e
lena, e quindi trattasi di una responsabilità di non
[ueiua; digiuni saranno i nuovi datario, sottodatarìo
tutti dì qua suppongono che io abbia ad indossarmi
Iella faccenda, lo che mi rammarica semprcppiù; il
otrebbe riguardarsi come svanito, se non esistono più
ili producevano due terzi dermici emolumenti; e se
inno le tasse della Componcnda, dal quale ufficio rì-
BRo; e non avendo gran premura del mio interesse
t di aver luogo a tentare di scusarmi da brighe ul-
mente se avesse a considerarsi come divenuta super-
li amministratore, per I.1 cessazione delle sue con-
ile. Voi sapete che di abilità si sta scarsissimi, e che
'iaclpale scopo dì ciascuno ò di lucrare, e forse anco
arsi del poco. Sta a vedere come penserà il nuovo
rìbunale, e sopra ttitto quale sarà la volontà del pa-
lunque modo anderà la faccenda, non dimentiche-
>ligo di dovere ubbidire sino a quel tempo, a cui sa-
igere le mie forze, se ne otterrò Taìuto dal cielo.
!te che nella mìa bottega regna molta ignoranza non
l pretensione. Nel nuovo impianto sarebbe neces-
28
G. Cugnoni
posso dare che brevi e scarsissimi cenni; quando l'unico
esemplare (quello appunto offerto a Pio VII) rinvenuto
lo scorso anno neirarchivio Vaticano; mentre veniasi, con
regolare permesso dell' eminentissimo prefetto cardinale
Hergenroether, trascrivendo in mio servizio; fu d'improv-
viso sottratto da un ministro secondario del luogo, senza
darmene né meno avviso. Ne dirò pertanto quel poco che
potei raccogliere nel picciol tempo che mi fu dato di esa^i
minarlo. È un volume in forma di 4°, di pagine 226, 1<|H
gato in marrocchino rosso sbiadito, con lo stemma d^^
Pio VII impresso d'oro sul lato anteriore della carte
Intitolasi « Piano istruttivo di riforma per lo spirituale
«temporale, dedicato a Pio VII ». La prima carta ha u
lunga iscrizione latina di dedica al Pontefice (r). È divi
in due partì, la prima per le materie concernenti lo spi-
(t sano vi fosse un superiore, il quale si compiacesse dare ascolto, i
« poi sostenesse e tenesse forte.
ce Ho letto ii vostro laboriosissimo lavoro sopra la Riforma^ daT
« quale confido sarete per riportare la lode corrispondente. In un solo
« oggetto non comhinianto insieme pietmm^nU, cio^ in qufìh rigìsarda
tt toisc, A me sta fitto in Usta, che per ripristinau stabilmente il crediH
« dtUa S. Sede sia indispensabile lei*are affatto di mano ai nemici quel-
K Vanna dell' interessi, della quale si sono serviti a nostro incalcolahiìc
a danno. Quando il sommo pontefice tton esiga più un soldo per z'enma
« concessione, dando gratis tutto ciò che gratis ricevette, par
« che potrà parlare assai franco, accordare le grafie soltanto a ragion 1
« duta, non derogare con tanta frequenta alle leggi della Chiesùg e non
« temere n^ i piccoli né i grandi. Tal è pure il desiderio di tutti quelli che
tt conoscano il mondo e che s' interessano pel bene della Chiesa ».
(1) Eccone il tenore: « Pio VII P. O. M. | Orthodoxae Fideì |
« Clypeo I CathoUcac Disciplinac | Strenuo Scr\-atori | Pictaiis Hurai-
» litatis Patientiae | Sed £t Invictae Constantiac | Hac Tempestate |
V Protoiypo 1 Ut Quod Verbo Et Esemplo ( Ad Rei Christianae |
« Munìmcn Et Decorem | Ad Uiramque Potestatera | Enixe Vindi-
« candam | Coepii Opus ] Ad Ecclesiae Quoque Univcrsae | DupLi-
n cem Reformaiionem | Ipsc Perticiat | Inter Filios Subdìtos Diocce-
ct sanos Et Famulos { Minìmus | Haec Ocyus Dicare Confidlt | Anno
«Domini MDCCCXIV ».
ÌV2 ad ambedue i volumi sullo Spirituale e Temporale.
irocnico, e quando. Riforma sulle tracce dell'ultimo
Witittis mulandis.
,eg.it% Xunzi, Arcivescovi, ecc.
Upìtoli, Collegiate.
blichc ed UnivcrsiiÀ di sradl.
re antico e nuovo.
ipettorì ecclesiastici o secolari in ogni Parrocchia, ecc.
: pubblica e privata.
e LenonL
.tì. Monache, Congregauoni, Oblate, Conservatori e
gni settimana, almeno ogni 15 giorni, ove sì agitino
ancelleria, Vacabili e Segretaria de* Brevi.
a. Collegi esteri, oltramontani.
ani e Segretarie del Concilio, Vescovi e Regolari, ecc<
ontificia, de* Cardinali e Prelati di carica, Cappella
ria e sue attribuaionL
cristiana, qcc,
ri, o Laudemt, ecc.
>fomine ecclesiastiche,
manutenzione, ecc.
i
lese, Vagabondi, ecc., Bettole, che fomentano vizi,
raria e Collegi rurali.
ubblici e nazionali.
i
30 G. Cugnoni
XXVI. Cause ecclesiastiche e S. Ruota.
XXVIL Semmarì, Collegi, Orfanotrofi, OspizL
XX\^IL Carcerati e Case dì correzione.
XXIX. Monte di Pietà, Usure.
XXX. Gente di campagna, loro religiosa cultura.
XXXI. Artisti di ogni specie, e loro Università per il suddetto og-
getto.
XXXIL Soldati, Sbirri, Arti vili ed infami per il suddetto <^etto.
INDICE
DEGLI .\RTICOLl DEL PlAKO ISIKUlllVO
SAETTANTI AL TEMPORALE.
L S^iretarìa di Suto e sue attribuziooì.
IL Governo in Roma e nello Sato, ecc.
Ili, Buon governo, ecc- Consulta.
IV. Curia e suoi abuà da toglierà.
V. Ditesji e sue attribuzìonL ecc. Soldatesca.
VI. Dogana JÙlì connnl. Macinato, ecc.
VII. Gìu$tÌ:ù rroara. esenr^plare. ìniparrìalc.
Vili. Annona rer ìn^.nre : monc^j^oH. e iìsrmrìcase id Commercio
lìbet\\ dar.r;oso allo Stato ecclesiastico.
IX. Grascia per T. saicecro efnrrro e preix: scìTuìì o^ aa^o, ecc.
X. 5^anTii carnosìssìrri estìrrat: e >crs!wr.f:at: cc^sse gli assas-
sìr\ ecc.
XI. V^tsiiz-v^ri di ogrd scNcck da so^i^ccurs a »C3«=:: zznprovìà
<-sa:"\ «ce-
\%l. yVv OxVVv^raV. e j<ccc.an<.
XIU. K-*.*. cir.^cra'!; e ìV-aì^oI', ecc.
XtV^ Tcat:* e S;v:taooÌL e. i-jr-ir.vc\r-
W FiKvwS.* ;:r.>. e r«^^^s$y::Si, < s:t2<.
\Vt. Vocc::::2C'*r. ;v^.*•2x a:^:ic^- e Tro5;r::v
\VU> v^>^^:<:^J: >>i *r--^ d:\r,- c^i^-i accotf
\VUI, Tvs^c .V- U y^rocrix oo.'rscv^^it^^.ra^ i^;c-
W* Scv^.MX':'*;^, ,v*oovv : cernii j:..c 5ii?-- ccc:.
X\l\ 1'\«*ì:..jOì£. C Jv'\'^\ i-.i X -■*:,'» ^^.
i untata, ecc. (T. juÌ i* Tomo Scuola agraria, n. 34).
cri necessari, utili, daiinod.
A5SOggt:ttarsi ad ìnipro%'Ì30 esame, ecc.
tìca Del vestiario, ecc.
raordinarie, ecc.
t))arie per respingere i corsari, ecc.
ttbblìca da darsi colle debite cautele, ecc.
tiligeiite, Reddiconti, ecc.
ie e giorìsdiz. che fomentano i vizi, ecc.
tetto da purgarsi e mantenere come il più neccs-
iistenza dello Stato eccl.
tenersi io dovere, tee.
i Maestre dì Roma.
Storpi e Poveri, ecc.
he ed arti perniciose alla salute, ecc.
Ibirurghi, Litoioraì, Dentisti, ecc.
I dt proibire,
de riservate incommode, ecc.
e inanutcnz. di strade, ecc.
e strade, ecc.
t dell'Opera e Protesa dell'Autore,
r, pontefice d' intendimenti rettissimi e
avversasse mai le proposte di ragionevoli
1 governo della Chiesa, come di quello
è da mettere in dubbio; soprattutto per
itta, insìn da principio, di Ercole Consaivi
•tato; uomo destrissimo in ogni più arduo
quel tempo (come che poscia mutasse
tore prudente di utili mutamenti nella
strazione, E gii al Chiaramonti, non ap-
^al conclave di Veneziii, fu presentato
mHa, che dato da esso ad esaminare al
lo Antonelli, questi ne distese un rapporto
« Giunto il S. Padre a Roma (racconta
jpe Antonio (i) ) raostrossi indinatissimo
Pmnc di riforma, ecc.
J2 C Cm^omi
e aZTesecrzioDe iéli '"vw !ti^ e isoximcàò a scegliere vari
€ soggerf, che rjrrmr irrevxio =:ix porticolar Congrega-
« Z3cae per ibc=rere : ^ers£ -irticoIL da socropora in se-
€ gJao al gnicizio i: Sili SarrrL Intana? prevalendo gli
« anr:ch: metodi, e rxiEcxziosà ncovameate qa^li abusi,
€ die cgzino sperava i: vedere esienirtì, si frapposero
• aZa riforma nsTKroj pressocìiè ìr^sonnontabOi, e succe-
« de:ìdos: I^en presco gii cn: agi: airi a:^rì gravissimi» e
dìoiendcanra un'opera
: li Chiesa non meno,
e die per Io Sta^;? >. Amniaess^^? il Sala da eoa triste
esperienza, perchè il suo reitadvo noa oyniasse in nulla,
ben sapendo che il ferro vuol essere barrato mentre eh* è
caLio, non appeal romaro in Roma, tolse a rìcn^are ed
allargare quel suo lavoro il cioia a fondo, con animo di
veoirio a mano a mano d:voIgar:do per la stampa; ma
presto se ne dovè rimanere (i).
(:j AxTOS-o Co?F» 1 por. 7; ie! Z>Lv,Tyc iai Ccvi^fc'tf € Senato
a R:m^, arrfr^iìice q::esto !iv:*rc t ilTi'rite Don:en:co Sila, pro-
c fc2Ìo ccmoscftorc ielle co« e ie"e r^rscne roaiase ». Il quale,
» riachiuso per aXcz3ii anni a FccestneSe co: cjrd. Pjcca, aveva me-
c i3tatc lungamente cct: quel ceno ;s?rpon:o sugli antfchi difetti del
« gOTcno e sulla ::ecess;ti S rìririrv:. Ei aTorquando era immi-
c ceste •! nsuMHmento del poctiucio ionìcio, compio un vasto pro-
« retto. ::el <juale. con senrplicità cvanirelìca e Ubertà assoluta, de-
« scrisse gli antichi iìfett: e prepose le orponune ritonne ». Ciò in
parte è vero, e in parte no. Non è vero che il lavoro accennato sìa
d: Domenico; bea però è vero che questi nella prponia di Fenc-
strclle aveva meiiuto lungamente col card. Pacca sugli amichi di-
fetti del governo e sulla necessità d: ripararvi. Infatti in una sua
0:^iquic:i:r.ma rtli^ic-tu àifjtti, del 6 mano 1S14, al pontefice Pio VII,
egli cosi scriveva: « Mi astengo dall'entrare in altri qual si siano
V dettagli ; massimechè sono persuaso avrà il degnissimo sig. cardi-
« naie Pacca, secondochè si era proposto, communicatì distesamente
« alla Santità Vostra ratti quei lunghi discorsi, che nel biennale spa-
« zio della nostra dimora (in Fenestrelle) erano tra noi stati fatti
< sopra lo sconvolgimento universale delle materie ecclesiastiche in
T)ella vita e degli scritti di G. q4. Sala 33
Del quale venendo io ora a proporre un breve sunto,
debbo di necessiti ristringermi a quella parte, che ne fu
pubblicata; non essendomi avvenuto, per diligenze e ri-
«rche fattene, di trovarne e leggerne la rimanente ma-
nosaitio. Nondimeno anche i parziali cenni che posso
dame saranno sufficienti al discreto lettore per intendere
ed apprezzare il valore deiropera.
L'esemplare da me veduto (cosa di estrema rarità, perla
ragione, che a suo luogo dirò) è in quarto, di pagine 202,
Jcnza frontispizio, e comprende, oltre la lettera dedicatoria
il pontefice, il proemio e i diciassette seguenti articoli:
L Necessiti della riforma — II. Difetti del nostro sistema —
HI. Si sciolgono le obiezioni contrarie al piano di riforma ^ IV. Di-
«poauioni prcUniinari della riforma — V. Basì della riforma —
• tutti l'Europa; sopra la necessità di prencicre cognizioni esatte di
« tuQO innanzi di por le mani in qualsiasi cosa; sopra le moke av-
• wtcazc, diligenze ed esami da praticarsi indispensabilmente prima
«^procedere alla conferma di alcun vescovo novello; sopra la con-
•gruoiu lii non riassumere la spedizione di qualsivoglia affare, se
•non dopo restituitasi Vostra Santità alla sua sede, ripristinata la
•Curia romana, e acquistate le corrlspondciUi notizie; sopra la coa-
<*OteQu di far uso sul bel principio dì bolle e dì brevi, secondo
• te «ile, per non pergiudicare al decoro della S. Sede, e ali'oppor-
•una inicUigcnra delle antiche cartapecore, non omettendo le giuste
•Maiue per ricuperare gli archivi ecclesiastici trasportati in Fran-
•cia entro tante casse sino al numero di quasi tremila, una gran
*p<nc delle quali spignora qual destino abbia avuto; sopra il biso-
*SD<> di allontanare ogni vista d'interesse, per cosi togliere agli
• mimici della Santa Sede qucirunica arma, dì cui sì sono serviti con
•^ou malignità (V, la nou a pag. 26-2S in fme) ; sopra ravvertenza
•<li non lasciarsi prendere dalle domande dì chicchessia per il perì-
• colo, che non avvenisse quello, che non fosse per tornar bene; sopra
'lo accettare bensì in ogni luogo qualunque istanza, ma^ fuori di
■ ì"**!!* concernenti benedizioni ed assoluzioni, ritenere tutte le altre
'ptt Aspettare a disbrigarle opportunamente in Roma; sopra le
"Dohc rifìesAÌoni da aversi sottocchio nella nuova sistemazione del
•clero secolare e del regolare di entrambi i sessi; e finalmente
*^opra mille aJtrc cose di simll natura u.
Archivio della R, Società romana di ttoria patria Voi. XI.
Ì4
G. Ciignom
VI. Separazione dello spirituale dal temporale ^ VII. Dell'abatismo
— Vili. Cariche — IX. Franchigie — X. Uffìzi delle poste straniere
— XI. Dritti feudali — XII. Sacro Collegio — XIII. Vescovi e ve-
scovati — XIV. Prelatura — XV. Clero secolare — XVI. Regolari
— XVII. Monache.
La lettera dedicatoria e il proeaiìo sono rappiccanire
fatte allo scritto nel punto di metterlo a stimpa, e vi si
celebra la liberazione del pontefice. Del quale desideratis-
simo avvenimento rallegrasi l'autore, e coglie la gaia oc-
casione per otTerirgli, in segno della sua esultanza, il a ce*
« nue parto del suo scarso ingegno. Esso, per rurgomento,
«sul quale si raggira, non sarà forse del tutto indegno
ft de' suoi benefici sguardi, ed è certamente conforme alle
a sue mire ». La clemenza di Sua Santità a dia un gene-
<t roso perdono ni suo ardire, e degnisi accogliere la sua
e offerta, come il denaro della vedova evangelica ». Egli
nel dcporla a' suoi SS. piedi l'accompagna colla protesta
del gran dottore Agostino: « Haec ad tuam potìssimura
a dirigo Sanctitatem, non tam discenda, quam exaniinanda,
« et ubi forsiran aliquid displicuerit, emendanda constituo »,
Nel proemio si accennano le due ragioni, che indus-
sero Fautore alla pubblicazione dello scritto. E queste sono
in primo luogo il debito di gratitudine verso la Provvi-
denza per l'improvvisa cessazione de' mali, che afflissero
la Chiesa e lo Stato. Gratitudine non gii di parole, ma di
fatti ; poiché o poco sarebbe, se, dopo aver fatto risonare
«i sacri tempi degli armoniosi canti dell' inno ambrosiano»
« divenuto ornai un cantico di moda, indegnamente pro-
« fanato a questa nostra età..., ci contentassimo di sterili
a voci, mettendo in oblio l'ampiezza delle grazie ricevute,
tt e il debito di corrispondervi più co* fatti, che colle pa-
ci role ». E questi fatti si riassumono nella «grande opera
« di quella universale riforma, che Iddio vuole da noi, e
«che tutti i buoni ardentemente sospirano ». Alla quale
desiderando egli di concorrere, secondo la sua sufficienza,
! e degli scritti di G. evi Sala 35
|9 l'ozio del suo ritiro per segnare in questi
^■ccic, le quali servir possano dì qualche
Tovrà occuparsi di proposito dì tale impor-
(ggetto...j e stimeri abbondantemente com*
a fadca, quante volte sena questa di stimolo
e a condurre al suo termine quel felice
) di cove, che rinnovar deve la faccia del
I, e ricondurre tra i popoli fedeli la perduta
eritd ». In secondo luogo» 0 per secondare la
che a cosi fatta emenda ebbe dimostrata sin
jjd suo pontificato il S. Padre Pio VIL Al
^■rtto pontefice, fu presentato in Venezia
r^orma », secondo che testé qui sopra ac-
e per altro messo tra breve in dimenticanza;
itezza a non sarebbe forse temeriti rasserire,
ipairaente ripetere la dolorosa catastrofe dei
ono aggravati sopra di noi, e non essendosi
tra esibita alcuna emenda, si è veduta let-
vcrau la divina minaccia: Si atttem in judi'
mbulavcrint: et mandata nua non aistodicrint:
ga iniquitates ioriim : et in vcrbcribm peccata
Idio con un'ammirabile condocu, mista di
ndulgenza, tentò ridurci sul buon sentiero.
ri demeriti al colmo della misura, ai^i^rnvata
nitti (2) sotto il pontificato della S. M. di
ta quella estensione, che è inutile di qui det-
ervandone ognuno di noi ancor viva la me-
anta disperazione di cose « ecco che ali* im-
l est iranquillitas magna (3). Per un vero
Tcve tempo rimane libera l'Italia, si aduna
Venezia, viene dato alla Chiesa il suo legit-
3<f
G- Cugnoni
a timo capo... E forsechè questi lied principi sarebbero stx
a coronati da più felici successi, se in luogo di corrìsponderri
« non si fossero messi de'nuo\*i ostacoli alle divine miseri
a cordic. Credeva il pubblico ed aspettavano con impazleni
« i buoni, che dopo le dure lezioni avute nel corso del
« democrazia, ìncomincierebbe un nuovo ordine di eoa
a canto nel sistema religioso, quanto nel sistema politici
« L*uno e gli altri però rimasero delusi. Tranne alcune r
« forme, più apparenti, che sostanziali, più economica
a che ecclesiastiche, ripullularono ben presto gli antichi d
« sordini, e ve se ne aggiunsero de* nuovi... Gli antic
« abusi risorsero, e forse anche si accrebbero, né si voi
« rinunziare a quei sistemi, che contribuivano a fomentar
« e che l'esperienza aveva mostrati evidentemente difettosi 3
E toccata alcuna cosa di questi, soggiunge: « Io parlo i
a fatti norissìmi... e quantunque li rammemori con estren
« dolore, non posso tacerli, per non tradire la veritA, e pi
« non defraudare il mio assunto di quanto può esser coi
«ducente allo scopo, che mi sono prefisso u. Lamentai
poi il deterioramento del costume pubblico, la profanazioi
delle chiese, la trasgressione delle feste, gli « enormi a]
e gravi più a profino di pochi particolari favoriti, che a risto]
« dell'esausto erario », conchiude: o che se vennero coi
«dotte a buon termine alcune operazioni giudicate uti
« come quella del conguaglio della moneta, e l'altra di
« libero commercio; riguardando esse unicamente oggd
o temporali, aggravano i nostri torti, facendo conoscer sea
« pre meglio la poca premura per gli oggetti spirituali, eh
«sono di molto maggior importanza ».
Nel I articolo (Necessità della riforma) inquietalo i
dubbio, che « trattandosi di un'impresa assai vasta ed ioQ
« barazzante, ed esigendosi in conseguenza cuor grande
« risoluto per eseguirla, si metta mano all'opera con
« energia, e si lasci imperfetta, sia per la scelta de' m
«poco efficaci, sia per l'impegno di provvedere piutti
■lal temporale, che allo spirituale ». Il qual dubbio, ove si
ft'vcrasscj e» il suo lavoro sarebbe perduto, e in breve tempo
fa riprodurrebbero tutti gì* inconvenienti di prima ». E
'pertanto « ad aggiungere ulteriori eccitamenti, die diano
«l'ultimo impulso ad eseguire l' impresa », avvertito « che
I «i mali da noi fin qui sofferti furono un manifesto ca-
li srifo • , e « che non cesserà il flagello, e torneri ben
^1 presto a scaricarsi sopra di noi, quando non lo allonta-
«niomo con una sincera e stabile emenda »; dimostra la
necessità di « una riforma universale, che incominci dal
usintuario, e si estenda a tutte le classi ». Per lo passato
*si ebbero più in vista i danni temporali, che gli spirituali,
• e allora soltanto incominciossi a pensar di proposito alle
iferitc fatte alla Chiesa, quando si vide imminente la per-
iJiu della temporalità. Il ceto ecclesiastico non si prese
» grande premura né di riformarsi, né di dare al popolo
i l'esempio di una verace e solida penitenza. A prevenir
adunque ulteriori castighi, conviene anteporre la gloria di
l« Dio e grinteressì della religione a qualunque umano van-
ftaggio; si deve incominciare la riforma dal santuario,
• bisogna correggere i costumi del popolo, e ridurlo ad
lun miglior ordine e ad una stabile emenda ». Aggiungasi
he « lopinione de' grandi e de' popoli, rappono a Roma,
(non e più quella di prima. Presso i cattolici delle con-
I trade più remote era un tempo comunissima l'opinione,
«che il dominio pontificio, e Roma singolarmente, fosse
■una terra di angioli », supponendosi « che i papi, per
I raccoppiamento delle due supreme potestà, riuscir do-
I Vesserò meglio di qualunque sovrano a rendere i loro
iStati il modello della religiosità e del buon ordine ». Or,
poiché questa opinione è « vulnerata e diminuita n, ci bi-
ogna 0 per il vantaggio della Chiesa, e per il decoro della
iS. Sede T) riacquistarla. Dimostrata cosi la necessità della
orma, ne piglia a svolgere e dichiarare il concetto. E
Hnanzi tutto, per chiudere la bocca a que' curiali di mala
38
G. *Cugnoui
fede, che oltremodo gelosi di certi loro materiali, e spesso
abusivi, interessi, si affannano a gridare allo scandalo ogn^j
qua! volta sentono parlar di riforma; protesta che egli no^H
intende « di parlare dell'edifizio immobile della Chiesa,
« contro del quale portae Inferi non prnevaìebunl, essendo
V fabbricato super fundamcntum Apostoìorum, ti prophciamm,
« ipso stiffimo angtilari lapide Christo fesu »; si solo dell'im-
pianto delle cose « romane rapporto alla doppia ainmini-
« strazionc, ecclesiastica e politica ». Alla guisa di abile
savio architetto, non intende egli di gittare tutto a ter
l'esistente edifizio, per novamente rifabbricarlo; che ar
ne riconosce « le basi non difettose » ne « vacillanti »,
sendo concorsi « a formarle i canoni de* concili e le costi- 1
tt tuzioni pontificie per gli oggetti ecclesiastici : e per gli
« oggetti temporali, leggi e regolamenti, se non « del
e tutto perfetti, nel sostanziale però e nel loro complessai
« dettati dalla giustizia e dalla visu del pubblico bene ». Eg|^|
« soltanto fatassi a v considerare parte a parte la fabbrica''
« su tali basi innalzata, per rintracciare le cause, che, rea-
« dendo imperfetta e vacillante la sua struttura, produsse!
« in fine quel rumoroso diroccamento dell'edifizìo, che ai
« recò tanti danni, e costò tante lacrime; e avanzerà poi
« sue idee sulle regole da osservarsi, e sulle cautele
« praticarsi, per erigerne un nuovo più ordinalo e più a
e lido ».
Nel II articolo {Difetìi del nostro sistema) riduce tutti
difetti degl'invalsi pubblici reggimenti ai seguenti:
[. «All'aver confuso il sacro col profano;
2. ft Al non aver voluto mai emendare molti sbagl
ocon quella magra ragione: Si è fatto sempre, cosi;
3. « All'aver adottato la massima: Badiamo di non fi
^peg^ì^o, ed all'averla portata tant'oltre, che meritamente
a venne caratterizzata da molti per l'eresia de* nostri tempi;
4. « All'aver perduto o dimenticato la scienza di co-
li noscerc gli uomini ».
ri7a e degli sentii di G. q4. Sala
e « quindi la conseguenza, che, per non ca-
ndchi errori, bisogna indispensabilmente:
iflrare lo spirituale dal temporale ;
•reggere quanto vi è di abusivo, senza arre-
* piccoli pretesti, e segnatamente per la con-
studìne;
idJre affatto, in.ts5Ìmc nelle cose ecclcsi;isu-
lalc appreso timore» e qualunque soverchia
iza;
parare a conoscere bene a fondo gli uomini,
: non le persone, ma le cariche ».
barare lo ipxrituah dal Umporale, osserva che
>ntefìce riunisce in sé la doppia rapprcsen-
30 della Chiesa, e di sovrano temporale
- La prima prerogativa è essenziale ed ine-
caranere. La seconda è accidentale ed ac-
slla deve spiccare sopra di questa, Tuna non
arsi coll'altra. Ne siegue dunque, per Icgit-
lenza, che se tali qualità sono tra loro di-
bbìano insieme a confondersi ».
0 della contraria constutiidine dimostra la fal-
be « la Chiesa ha derogato più volte con
)nomia all'antica disciplina, anche in punti
i importanza », e che non pochi de* presenti
;lla curia papale non sono poi tanto antichi
si vorrebbe far credere ».
astema di paura e di soverchia condescen-
to infelicemente quasi regola invariabile »
npi, afferma, essere esso un grande errore,
incipalmente la sua orìgine da una strana
idee, per cui, adattando agli affari di Chiesa
la mondana politica, abbiamo, senza avve-
►erato di mano nostra ai disegni de' nemici
e e della S. Sede... Abbiamo anche confuso
3 spirituale col temporale, sacrificando quello
40
G- Cugnoni
2\e
i
« per la lusinga di sostenere questo, e cosi perdemmo l'i
w e Talcro »,
La 5cien:^a degli uomini, « essenzialmente necessaria ìcT^
<( chi presiede, e dalla quale dipende in gran pane il buo^^l
« ordine e la felicità pubblica, come deve interessare qua^^
u lunque ben regolare governo; cosi dev'essere piopria in
« un modo specialissimo del governo pontificio, il quale
(( abbraccia, oltre gli oggetti temporali, anche i spirituali
E questa scienza la considera l'autore sotto due aspe
0 II primo consiste nel!' escludere tutti i soggetti immc]
« tevoli e nel prescegliere le persone di merito; il secondo
« nel saper assegnare a ciascheduno il suo luogo. Posi
« questi principi (conclude), a me sembra che gii da moli
u tempo sì fosse o perduta, o dimenticata la scienza dCj
0 uomini », e ne adduce in pruova, con liberissime paro!
nomi e fatti recenti.
Nel III articolo (5/ sciol^otto le olne:^ioni cotìtrarit
piano di riforma)^ indovinando le opposizioni, « che o per
« la loro apparente ragionevolezza, o per il peso, che fos-
ti sero per attaccarvi le persone impegnate a sostenere gì
« antichi abusi, potrebbero attraversare, e forse anche ro-
« vesciare del tutto l'opera importantissima della riforma »,
le riduce ai seguenti capi :
1. « Tutte le noviiA sono pericolose, massime i
« materie ecclesiastiche, e molto più in un'epoca, neljj
0 quale si sono veduti li tristi effetti del rovesciament
<t degli antichi sistemi.
2. « É cosa oltremodo dillìcile l'indurre gli uomini
« a rinunziare alle vecchie abitudini, segnatamente se sian
« conformi al loro genio ed ai loro interessi.
3. « Es-sendo il papa un principe ecclesiastico, e
«essendo lo Stato, che egli gode, la dote della Chies;
«romana, non vi è alcun inconveniente che si servi
« ne* diversi rami di amministrazione di soggetti eccl
« siastici, essendo anzi conforme ai sacri canoni che
Tk'ìla vita e degli scritti di G, d/l. Sala 41
evescovi ed i chierici amministrino il patrimonio delhi
» Chiesa.
4, « Il cnmbi;ire con forza e tutt'ad un colpo sisttimi
«inveterati, urta l'opinione pubblica; l'adoperare rimedi
«troppo forti, è un inasprire la piaga invece di curarla;
«il pretendere l'onimo ed il perfetto nelle cose umane, è
• lina chimera.
5. « Eseguendosi la riforma nel modo, che viene
«progettata, verremmo a confessare pubblicamente da per
«noi stessi i nostri torti, e in vari articoli ci faremmo imi-
tatori dei sistemi francesi, che sono e saranno in odio
«perpetuo presso tutti quei popoli che ebbero la disgrazia
«i sperimentarli ».
P:isiando poi a ribattere ad una ad una le cinque op-
E posizioni, scrive: m La prima difficoltà è più app^irente,
«che reale. Se si tratti di materie ecclesiastiche, io sono
•ilicnissimo dal proporre nuovi sistemi. Intendo anzi di
«richiamar le cose agli antichi principi, ogni qual volta
«siano quelli in contraddizione coi più recenti regolamenti,
> Se poi si tratti di oggetti di altra natura, non è mio im-
•P«gno di rovesciare le basi del nostro governo, ma di
' ^oiisolidarle per mezzo di una più savia amministra-
•flone, e di una miglior scelta d'idonei ministri; non il
«cambiare legislazione, ma il perfezionarla con toglierne
«' Jifctti, e col renderle quel vigore, che aveva perduto o
■per le calamiti de' tempi, o per Tabuso degli uomini.
« Neppur la seconda difficoltà può recare imbnraz^^o.
" E pur troppo vero che gli uomini difficilmente rinunziano
I •illc antiche abitudini, massime quando ne cavano partito
I •peri loro vantaggi. Ma e vero altresì, che già vi hanno
^K^ dovuto rinunciare per la forza delle ultime vicende, ed
^^* e vero egualmente che le abitudini da distruggersi, se
»iono care ed utili a qualche ceto di persone, sono disap-
• provate dal pubblico, e riescono pregiudizievoli ad altre
• classi. Se gli ecclesiastici non continueranno ad esercitare
43 G. Cugnoni
fs certi impieghi, questa privazione sembrerà loro alquanto
« dura ; ma i laici all'opposto ne goderanno, e cesserà la
« doglianza, che lì preti vogliono tutto per loro. Se rerario
« del principe incasserà le sue rendite senza fame ingoiare
« la miglior parte dagli affittuari camerali; gli appaltatori
« grideranno^ ma il popolo esulterà nel vedersi libero da
« tante avarie. Se cesserà la collusione dei tribunali, se pe-
n rifa eternamente il regno della sbirraglia, se verranno
« ahv^Hic le franchìgie ed eliminati tanti altri abusi; è ben
ft d*aspottars; i reclami di chi vorrebbe perpetuare le liti,
* e non pagar mai li debiti, i clamori degl'ingordi satelliti,
* le querele dei diplomatici e de* poienrati ; ma si udiranno
* in cvMìtKvitv> !e universali Seneiizioni per la pronta ed
* ìntjviwulc an:r.ì:ni<rurjone della giusdzia, per la cessa-
* rione dì m:"c sn^orvirsi ed aitivi a donno de' poveri,
* per veder vita T ìrapuniri a: celi::: e cacciate in bando
* k' AX^Tchierie e le rccrocenic* Rese* deddeie se voglia
* r-rc ^^rtrs: :' rnvato inreressse r>er rs?r: iscolzare doglianze
* tvfc5NVj:^XTC e Irriix^rjevv^'.: i: Tvcb:, o con piuttosto
* ;\;v>c«;Nnxrc :I r;:S>'.ùv xrc ^r roz oc^rv*rs: ijì giusti
* >c V ^o >?.r^,^ ,x<^ c.v>cv.x I" cnNà-r c^ r-iscs: una no-
^ riK >ìs .vj; i '^rv*.;-: rri : r»irr rx^r. *t-^^ iille chiese,
. o>v^s.x^^.^: r^ \vn:^ ooc r.v. .x>jx.cr-, 1 i cu: prodotto
. C!c^ xv^vx- c dr^ soc- r ",>cr^ ^^ ^'ì1:kt- is;"" 7*:r^iZì, delle
« ^<^:5H"^v e oic^ .N^vx»- . c r^rr* r.'?,'ì".c z£r;;:£rf ^il; Chiesa
. :*,\!rȣr*:;s x^>c^.^^ e- , ^ .v^r -e rorrTorzk, cu: vanno
* i^.'v>*<• T4C?: w ^v'-V-^' e e . ^-jrsso'^cu ìCTriritL II
4 ^•tHv'^ cj^c ^' o,^^:^o^.^..w *.. c-.njì".=^i -^.irri: .n'izi-
* n»:fì>::-i;',-v^fV re ^V^tv ---Tì. 'V :rrr-^~:L:r:irC::. 7. >5COCSCO
* cfe<;* x^v tv^^ >i.^c ^ itv^;^^ *! v^c clì n^-r^-v zr^ r^n
» ?vv" tvmrtv^fV" >Vsi".%- -^ -1 ^wv <r:c:' JicI*! Chiesa
T^m^e degli scritli di G. oA, Sala 43
■ vastissimi fondi, senza però avere de' popoli, che le ap-
«partenessero a titolo di sovranità.
« Poche parole sono sufficienti a dileguare la quana
• ilifficoltA: imperciocché li cambiamenti di un inveterato
«sistema allora soltanto urtano la pubblica opinione, quando
■ prendono di fronte un ordine di cose o realmente van-
«taggioso, o riputato tale dalla maggior parte. Siccome
• però alla moltitudine poco importa che i giudici siano
«ecdesiastici o laici, purché venga amministrata la giusti-
■ zia;che gl'impieghi vengano assegnati piuttosto agli uni
«che agli altri; che si lasci o si tolga il giro delle cariche,
«quante volte si vegga premiato il merito e promosso il
«pubblico bene; e siccome le persone illuminate conoscono
•i difetti, e ne desiderano l'emenda: cosi non è a temersi
«alcun uno pregiudizievole. Quanto poi è vero che i ri-
«mcdl troppo forti inaspriscono talvolta la piaga, invece
■ di curarla, altrettanto é certo che i mali invecchiati esi-
«goìio bene spesso ferro e fuoco, onde non degenerino in
•cancrene insanabili, I palliativi poco o nulla giovano, ed
«è perciò che io suggerisco di dare alla radice del male,
«liEnchè non ripulluli dopo breve tempo.
• Mi spedisco pur brevemente dcirultima difficoltà. Io
«trovo scritto nei proverbi: Jtistus ptior est accusator sui:
•e so che l'ingenua confessione de' propri errori concib'a
•wnia ed applauso, anziché discredito e biasimo. Alla per-
^6sit errare humanum est, e siccome molti de' nostri sbagli
ftsono abbastanza noti, cosi quando anche avessimo ad
•incontrare delle critiche nel correggerli, sarebbero queste
«più miti e meno durevoli di quelle incontreremmo se ci
• ostinassimo a sostenere gli antichi difetti del nostro si-
[• stema. Quanto poi all' imita:!Ìone degli altri sistemi, io
' non mi arresto per le difficoItA proposte, e considerando
'le cose in se stesse, senza cercarne gli autori, prendo il
I buono e l'utile ovunque lo trovi ».
Nel IV articolo (^Disposit^iom prelimitiari per la riforma)^
44
G. Cugìtoni
premesso che « il primo mezzo essenzialissimo per
« guire la riforma consiste nella scelta de' soggetti, ci
e dovranno occuparsi di questo importante affare >», vuo
che per le materie ecclesiastiche sia coimiiesso V incorici
a sacerdoti v i più distinti per dottrina, per esemplanti
«per cognizioni pratiche ». Giacché « una scienza ordinai
«ria non sarebbe sufficiente all'intento; una vinù me
(( diocre non concilierebbe il credito troppo necessario ini
« chi è destinato a promuovere la riforma; e le sole co-1
agnizioni speculative, senza le pratiche, non riempireb-l
tt bero l'oggetto. Per gli oggetti temporali potranno as- '
ft sumcrsi indistintamente ecclesiastici e laici, dotati di
a probità e versati nelle materie legali, politiche ed ccono-
« miche ». Per render poi meno malagevole l'atmazione
della riforma, propone di « prevenire immediatamente la
« ripristinazione di alcuni degli antichi abusi, che sarebbe
«poi troppo difficile di estirpare », e suggerisce « varie
« altre provvidenze, che appianino la strada » da battere,
per giungere alla meta.
Nel V articolo {Basi della riforma)^ dopo aver breve-
mente esposto il disegno del nuovo cdifizio, ch'egli accia-
gcsi ad innalzare, osserva che, trattandosi di oggetti spiri-
tuali, gli si potrebbe opporre « la dottrina di Paolo apostolo:
« Fundamaitum alittd turno potest poncre, practer id, qnod pò-
<s situm est, qiu^d est Chrisius Jesus, E tosto soggiunge: e Ma
« Dìo mi guardi dalla sacrilega tementi di toccare questo
« fondamento divino, che rimarrà saldo ed immobile sino
« alla consumazione dei secoli. Siccome però il medesimo
«apostolo soggiunge: Si quis atitem superaedtjkat super
u fundametftum hoc, aurum» ar^enlum, lapides prctiosos, Ugna,
afoeimm, stipulam, uninscujustjuc opus manìjestnm crii: Dics
tu enim Domini dtclarabìt, quia im igfte revelabitur : et unins-
« eujusiftu opus manserit, quod siiperardificaveril : mcrcedem oc-
« cipieU Si cujus opus ar scrii detrimentum patictur; cosi non può
«essere giustamente riprensibile un lavoro diretto ad cdifi-
*2)t»//a vita e degli scritti di G. 2-1. Sala 45
fcare sullo accennato fondamento aurutn, argetttum, lapidcs
« prctiosos, e ad escludere dalla nuova fabbrica tutte quelle
t altre materie, che potrebbero essere consumare dal fuoco.
iSi aggiunge che il nostro cdifizio, simile ad una reggia,
ila qunle, oltre airabitazione del principe, racchiude tante
altre parti destinate ad albergare la sua corte, e a molti
e diversi usi, servir deve a non pochi oggetti o affatto
estranei, o non essenzialmente connessi con quella fab-
« bria immobile che a ninno è lecito di variare. Dovendo
L* «quindi il mio piano estendersi .id una serie ben lunga di
articoli di ogni specie, se troverommi forzato alcuna volta
« a proporre; un tal cajnbiamento di sistema, cosicché venga
« qualche parte della mistica fabbrica a riedificarsi fino dai
«fondamenti; non per questo potrà condannarsi il mio
« livoro, e sarà all'opposto esente da ogni censura, e me-
• rìtcvole di lode, quando concorrano a giustificarlo la ne-
« cessiti 0 TutilitA a.
Fin qui il lavoro è tutto d'apparecchio. Lo svolgimento
I ordinato della materia comincia dairarticolo VI, il quale è
Allo all'argomento più importante e fondamentale dell'o-
ff ciac la Scpara:(toHC dello spirituale dal tcffiporaU. In
proposito di che, sebbene ravvisi l'autore per « una dispo-
• azione ammirabile della divina Provvidenza, che il ro-
• mano pontefice riunisse alla dignità di capo della Chiesa
■u grado di principe sovrano assoluto»; nondimeno av-
Wc « che la temporalità non è in alcun modo essenziale,
•«ui è affatto distinta. dalla spiritualiti ». Donde consegue:
1. « Che gli affari spirituali formar debbono il prin-
•^ipalissioio oggetto ed impegnare le cure più assidue del
• fonuno pontefice, cosicché non rimangano giammai po-
« sposti agli oggetti temporali.
2. « Che in tutto deve singolarmente risplendere la
•modestia e la graviti ecclesiastica, onde chiaro apparisca,
«Cnc b sovranità temporale sì considera come un acces-
•wno, e si fa servire unicamente al maggior decoro della
G. Cugnoni
a dignità pontificia, senza fasto e senza ostentazione, e ^
a maggior vantaggio della Chiesa, senza vista d* ingrand ^'
«mento e di altri mondani interessi.
3, « Che per ottenere la bramata separazione dell^
« spirituale dal temporale bisogna stabilire la massima, ch^^
ce tutte le cariche di loro natura secolari vengano conferit^^
« ai laici.
4. « Che sarebbe conveniente che negli atti risgu;
a danti la temporalità si procedesse sempre con forme
tt verse da quelle si adoperano per gli oggetti ecclesiasrii
« Nel Bollano s' incontrano tante bolle relative ai pubblici
© dazi, agli statuti di corpi d'arti e collegi, e ad altre cose,
€1 che nulla hanno che fare collo spirituale. Come ci entra
tt qui il titolo: Servus, scrvorum Dei, l'assoluzione dalle o
a sure. Ad cffectum praescntitim conseqiundutn, il decreto irr"
a tante: InJiptationcm OmnipoUntis Dei ac Btatontm Pciri et
« Pauìi Apostoìorum ejtis se naverii incwrsnrum ì Quando il
a sommo pontefice agisce come capo della Chiesa, parli da
«papa; quando esercita atti di sovranità, parli da principe,
ft Cosi dalle stesse forme estrinseche renderassi manifesto
«che, senza confondere le due potestà, si assegna a ci:i-
« scuna il suo luogo ».
Nel VII anicola {Dcir abatismó) toglie a screditare la
o mascherata dell'abatismo», cioè l'invalsa moda dell'abito
ecclesiastico « abusivamente adottato da unti laici », la
quale a contribuisce in qualche modo a confondere lo spi-
c rituale col temporale ».
Neir Vili articolo {Carichi) vengono considerate le ca-
riche « sotto due aspetti, cioè \x\ quanto alla diversiti loro,
« e in quanto alla scelta de' soggetti che debbono escrci-
«tarle ». Per ciò, che è della loro diversìd, riferendosi
questa « alla stabilita separazione dello spirituale dal tem-
« poraic, dovrà fissarsi colla possibile sollecitudine quali
« siano gl'impieghi, che rimarranno agli ecclesiastici, e quali,
e che apparterranno ai laici ». E del numero di quesri se-
condi dovrebbero essere, per avviso dell' autore, « runi i
• governi, incominciando da quello di Roma; tutte le
• aziende economiche, non escluso il tesorierato; tutta la
• giudicatura criminale, buona parte della giudicatura ci-
• vìk ». In ordine poi « alla scelta dei soggetti che deb-
• bono esercitare » le cariche si ecclesiastiche e si laiche,
sebbene l'autore non si faccia a trattarne separatamente in
questo articolo, tuttavia dalla somma del discorso si rac-
iglic essere suo intendimento, che, attribuite le prime ai
erdoti, le più imponanti delle seconde vengano confe-
litc ai laici, tenendo ragione non pure della loro idoneilA,
ancora dei loro natali.
Negli articoli IX, X e XI (^Franchigie - Uffi::^i delle poste
Wf - Diritti feudali) si caldeggia l'abolizione degli
iosi avanzi d'una eti barbarica, e, a guarentire la spedi-
c la credenra, massime per le faccende di Stato, del
mimerdo epistolare, si propugna rannulLuiiento de' cor-
fcri aizionali, per mezzo de' quali a quel tempo e si fa-
ceva tutto il carteggio cogli esteri ».
L'articolo XII (Sacro collegio) si aggira sulli riforma
cardinali, giusta le norme prescritte dai decreti del Tri-
atino, ai quali « se si fosse tenuto dietro costantemente,
non si sarebbero commessi degli errori assai pregiudizievoli
alla scelta dei cardinali, nò sarebbe accaduto che nella
distribuzione de' cappelli si contemplassero de' soggetti
poco idonei, se non anche del tutto immeritevoli ».
Similmente nell'articolo XIII (Fescovi e vescovati) col-
tonti del Tridenrino si richiamano in vigore gli antichi
i usati dalla Chiesa nell'elezione de' pastori, e minu-
imarocnte si annoverano le rare doti di virtù e di dot-
a questi necessarie.
Argomento del XIV articolo è la Prelatura. La quale
r quantunque non formi una classe a partu neirecclesiastica
Tchia; pure essendo specialmente addetta al servizio
S. Sede, e godendo di molte onorificenze e privi-
48
G. Cii^noni
« Icgi, deve riguardarsi come un ceto distinto nel clcr
« tanto più che rimane sempre illustrata da buon nuniei
« di soggetti ragguardevoli per nascita e per merito, ed
M solita fornire quasi tutti i candidati pel rimpiazzo de' pos
« vacanti nel sacro collegio ». Dei tre modi, pe'quali coa:-
seguesi il grado prelatizio, cioè: « per compra, per processo-
« per grazia », l'autore vuole « eliminato affatto il primo »j
conscrv.iti il secondo ed il terzo; ma in quanto al seconde
non in modo die w il processo si riduca ad una formalit
« di poco momento », né che, in ordine al terzo, la gra
cada sopra persone immeritevoli, « osservando la regola ^
a Pio II: Di^mtatibns viri dandi, ìton viris dìgftitatcsn, Eni
mcrate poi le cariche prelatizie, che dovrebbero essere tra
formate in laiche, propone de' compensi pel ceto, che
verrebbe spogliato. E per ultimo ragiona de' nunzi, dell
somma importanza del loro ufficio, e però della molta
ligenza, che è da usare nel trasceglierli.
Nell'articolo XV si tratta della riforma del Clero secolar
che l'autore divide « in cinque classi », cioè: « i. Capite
« delle basiliche e delle collegiate; 2. Parrochi; 3. Confes
« seri e predicatori; 4. Impiegati nelle sagrestie e in alt
« incombenze, che non sono contrarie alla professione ctì
« clcsiastica; 5. La residuale turba di quelli, che non aventi
« alcun legame, per cui siano impegnati ad una determinai
» occupazione in servizio della Chiesa, o ne assumono
« quelle contrarie ai sacri canoni, o passano la loro vie
« senza far nulla )>. Annovera di ciascuna classe i difetti
gli abusi, e ne suggerisce Temenda. « Si tacciano giusta
« mente (egli scrive) vari de' nostri capitoli di una soverchia"
« precipitazione nel salmeggiare, di una somma negligenza
« nell'cscrcitare le sacre funzioni, di un indecente contegno
« di assistere al coro >>. Nota « quell'aria di dissipamento,
a colla qu.ile alcuni canonici o passeggiano, o parlano, aspet-
« tando il segno del coro »; ne addita « altri sdraiati con
a ributtcvole indecenza, altri taciturni nel tempo che dovreb-
Della vita e degli scritti di G. Q^. Sala 49
• bcro contare, altri occupati in discorrere coi loro vicini,
• altri trascuratissimi nel ministrare airaltarc... Nell'affac-
• darsi a qualche coro, dando semplicemente un'occhiata
• i quelli che seggono più alto, si direbbe che vi stajino
• come dondfuintes in cUris, e che il grado più distinto e la
« rendita più pingue danno loro un'esenzione da ogni legge,
« e im diritto di scaricare tutto il peso dell'ufficiatura su
• dii siede più basso. Se la cosa deve andare cosi, tor-
• ncrcbbc meglio il riempire li stalli di belle statue vestite
• in abito corale, e l'applicare le rendite ad usi più pii. Ecco
« come sono trattate le funzioni le più auguste, come sono
• editati i fedeli, com'è servita la Chiesa. Che meraviglia
• poi, se per que'canali medesimi, pe'quali dovrebbero scen-
• den: le celesti benedizioni, si schiudono sopra del popolo
I • i vasi della collera divina ? n
^ft Vaole i parrochi scelti fra i sacerdoti più dotti ed esem-
Twri, provveduti di sufficienti rendite, e posti in grado « di
•^Ufpoco attaccati agl'incerti, e che la loro sussistenza
■iwn dipendesse in gran parte dagli emolumenri de'batte-
•8>mi, de* matrimoni e de' funerali ».
Biasima « ceni predicatori alla moda, che rassomigliando
*nub(5 sinc aqua, qtiae a vcntis circumftrunltir, predicano se
medesimi in subUmUaìe servwwtm, in vece di predicare
Jisum Christum, et hunc Crudjixum, e trasformano i per-
iti cattedre accademiche, e poco meno che in palchi
à »; e certi altri, che, sebbene « pieni di zelo e di
ione intenzioni 0, sono » cosi scarsi di scienza, e cosi
^ùifclici nel dire, che propriamente fanno pietà ».
^f Scopre aa i confessori « lupi divoratori delle anime », e
^oolc bandito da questo ceto chi non abbia a le tre qualità
m desunte dal Salmista, boniiatcm, et disciplinam d sckntiam ».
^^ o Degli ecclesiastici addetti in buon numero alle segre-
^Krie delle Congregazioni, o applicati ad altre incombenze,
^^lie riguardano il ser\"izio della Chiesa, o almeno non
\m siano proibite dai sacri canoni », avverte che « sarebbe
Ankhio delia R. Società romana di storia patria. Voi. XI. 4
50
G. Cugnoni
e assai meglio, che c^nt incombenze si abbandonassero ir=*
a teramente ai laici »: e nota « che in passato a molti f:*
« ceva impressione il vedere un prete nella segreteria d^
« Luoghi di Monte : un altro in quella del Buon governo
« un altro in quella delle Finanze ».
Dei rimanenti preti, « che senza rendere alcun serviac
d alla Chiesa, eccettuato Tuffizio, che recitano per disoblig<^
u e la messa, che celebrano per interesse; o fanno cose-:^
<( che far non dovrebbero, o fanno il grandissimo nulla »
vitupera l'inutile vita, nega loro ogni benefizio, e giung^^^
perfino n domandare, se non si abbia ragione « di asserire^
<( che II soverchio numero di ecclesiastici reca pregiudizio^
« anziché vantaggio ». Ad evitare tali disordini consiglia,
ai vescovi la severità nelle ordinazioni, e la retta educazione
de' chierici ne' seminari diocesani.
Nfirarticolo XVI, destinato alla riforma à^^Regòlati^
dopo una triste pittura della rilassatezza introdottasi t^H
chiostri, stabilisce « due principi: il primo, che li disordini
« delle comunità religiose erano giunti a tal punto, da me-
« ritare che Iddio le annientasse, come in gran parte se-
« guitò (i); il secondo, che siccome sta scritto iratus es,
(i) Su questo medesimo proposito scrìve nel suo Diario, sotto
il IO settembre 1798: « Per questo tanti servi di Dio hanno asse-
« rito costantemente già óa più anni, che sovrastavano grandi flagelli^
« massime per le colpe dei preti, frati e monache m. Le cose cspc
e discusse dal Sala in questo XVI articolo {Regolari) e nel succ
sivo XVU (Monache) consuonano mirabilmente con quelle,
Giulio Cesare Cordara venne svolgendo, intomo allo stesso
gomento, nel suo scritto De projcciionc Pii FI PonL Max. ad aidam
yjmìohonumcm, pubblicato dal P. Giuseppe Boero della Compagnia di
Gesù. Se non che l'editore, (debbo queste indicazioni al mio amico
march. Gaetano Ferraioli) non so se o per difetto dell'esemplare,
dal quale trascrisse, o a bello studio, non ne mise a stampa il
luogo, al quale si rìferìsce questa mia osservazione, e che però
parrai opportuno dì qui trascrivere dal ms. della biblioteca Valliccl-
liana segnato R. 9} : ed ò Tcsemplare che, offerto da Frane*
Cancellìerì a Pio VI, dopo la dispersione della privata biblioteca]
vila e degli scrini di G, Od. Sala
\; cosi dobbiamo sperare ch'egli favorisca
Iprcsa della riprisiina2Ìone, quante volte nel-
abbia in mira unicanicatc la sua tnaggior
alaggio della Chiesa ». Al quale scopo puossi
!ia sola via, quella, cioè, di cercare « d' ìn-
die farebbero li santi fondatori, se tomas-
o ». E questo sforzasi di fare l'autore con
b discorso.
qtilsuto da Ruggero FaJxacappa, prete dell'oratorio,
(ido, legato j quelli insigne biblioteca, U luogo si
^ MS Jcircdiiione del Boero, dopo le parole hent-
£ come segue:
|^cxcrevi5se memorìa nostra Franciscanorum, sive
^H Reformatorum, sive -quos Cappuccino^ nomì-
^Kt qui putant: nec vana, uù rcor, corum opinìo
te inalum inde luonat in publicuni. Altcrum, quod
alendi sunt, subtrahiturquc saepe libcris, aut pau-
t in CCS confcrtur. AUcrum, quoj agri magnam
nira, artesquc ad socialis vitac usum instìiutae sine
ttur. Non cnim in hos ferme ordincs nisi prolctarìi,
immigrare sunt soliù, ex agrìcoUrum vcl opificum
dMDtncs dcmum ad tolcranJam labore vìtaro nati,
^lerc hominum nunqujui pctltorcs» et candidati
:rTara pccuniam fcrunt, facile adminuntur. Atqucilli
cum pclunt tunicam» nihil practer Dei famulatura,
«rem et salutem anìmae sempitcmara practcndunt
immodo, vcl ambitìone plcrìque ducuntur. Nimirum
ustarìam vovcbuni, ea tamen lege, ut panera cum ob-
□ omnt vita dcsidercnt; et paupertatcm necessariam
em rclinqucnt domi. Vestem induent e crasso ru-
tilo meliorera habituri si vivercnt ìnier suos. Com-
:roum ducunt noctc concubìa consurgere ad psal-
ides in tempio, quam ardente sole boves exstimulare
igro ducere, aut Uborcra assiduura, diu noctuque
ncudem, aliamvc intcr sclhiUrios artem cxercere.
sanctae vocationìs causa. Majores etìam illccebras
[n ilio namque sacro ac venerabili amictu instar
sunt. Itaque daras amicitias cum potentioribus jun-
'.rum saepe mensae accumbunt ìi, quorum germani
52
G, Cugnoni
Circa la riforma delle Monache, che è la materia dcl-
rarticolo XVII, ed ulrimo della parte del Piano stampata,
scrive: « Il primo articolo essenzialissimo è quello delle
« vestizioni. Anche ne' monasteri si offrono delle vittime
a deboli ed imperfette, e quel che è peggio, si consumano
« de' sacrifizi, noa gid volontari, ma forzau. Una monaca
« senza vocazione è il tormento di se stessa e dell' intera
« comunità. Parrebbe che questo caso fosse quasi impossi-
« fratres aut strigìli fricant equos in stabulo, aut caligas in labema
« cODSarcinanl. Quid vero sì qucm in cocnobìo magìstraium, si quiim
« pracfecturam adepti stnt ? Supcrcilìum toUunt, aequales alios suos
a et consanguineos vìx obtutu dignantur. Superbiam hausìssc dìceres
o in schola humilitatis. Num proinde coenobia supprìmenda? Minime
Q gentìiira. At multis partibus minucndum cocnobitarum aumenim
« prudcns quisque facile opinabitur. Habcnda ratio utilitatis, quatu
« sive sacris minlstrandìs, sì\*c divino serendo verbo in comraune fe-
« runt At si pauciores idem possunt, cur ita multi sint cum tanto
a civitatis onere, ac rcipublìcae detrimento? Exiguum Jesuìurum col-
« legium, duodcnum, ut ^umnium, capiiuni, plus fere pracstabai pò-
n pulo, quam istiusmodi cucullatorum quinquagcni, aut co amplius.
u Cut non ergo certus eorum numerus prò modo cujusquc civitatis
« praeliniatur ? Id sì cura debita auctoritate fiat» netnini credo vi-
v deaiur ìncongruum.
A jam locus ipse me admonec ut, quando de cocnobìtis hactenus
« dictum est, nunc etiam de sacris vìrgimbus pauca dicam. N'amque
« earum quoque plura coenobia Cacsar suppressit. Vìsum id muttis
« inhumanum, in co praescrtim principe, qui sua Consilia omnia io
a bonum humanitacis se dirìgere protìtetur. Et si enim multae e junìo-
u rìbus ex arcto in apertura perquara lìbenter exicrint, ast aliae senio
« consumptae, alque intcr suas auctoritaiem adcptae, sive alia in coe-
a nobia, sive paiernas ìn domos migrare cogercntur, rem indignissime
CI acceperc, contemptui vidclicet futurac in posterum, aut m^gnam
« molestiarum molem Uturae, quae pacate hactenus in suo mona-
« sterio nec indecore vixeranL Num vero id etiam, pontifìce assen*
» tiente, factum? Inccrtum; non tamcn, si certas condiiiones adjicias,
K incredibile. Sane ultra modum multiplìcata sacraruni virginum vao-
n nasterìa cetnimus. Civitatem invenias, ubi capitum raiUia haud plura
« decera, aut duodecim, monasteria quindcnnis non pauciora nome-
a rantur. Horum mlnui tantisper numerum, abs re certe non eiat;
^elld vita e degli scritti di G. C^. Sala 53
«bile ad accadere; eppure accade più di sovente dì quello
«che alcuni peasano. Simile disordine non è nuovo, ma
'»purc dovrebbe essere cessato dopo gli anatemi fulminati
• dil Tridentino contro coloro, i quali quomodocumijue eoe-
I «^m/ aììijuam virgifwn, vcì viduamj ani aìiam quamcumque
Herem irrvìtam, praekrquam in casibtis a jure expressis, ad
^^mpedìcndum monasierinm, vcì ad suscipiendum habitum cu-
! *jus€uniqtu fcligioms, vcl ad entitteudam profcssionem; quique
«modo optio Jetur vìrgìnibus cUgendi quod malint, sivj: aliud in rao-
• Q«tcriura transcundi, sive paternam in domum revertcndi, et salva
• flttgulis boneste vivendi conditto sit. Ipsat enim vìrgines nitnis
'crebro, ac nimis facile sacra ìnter claustra recipì,atquc ad solemnem
b*^otorum nuncupationem admittì multi putant, utque variabilis est
'Ecclcsiae disciplina, nonnihii temperandum hodie ejusmodi consue-
•tudinem arbitraniur. Quid enim? puella annorum vix decem, dum
*wrti inter vìrgincs nutrìtur, vcl araitac cujusdam blanditiis, rau*
■nuicitlì^uc capta, ve! ipsa socìalis, et innocentis vitae hilaritate pel-
liccia, per causara sacrarum exercitationum, insolita pellente aetate,
• &alc pronunciai, velie se quoque vitam coelibem in eodem mo-
*(ttstcrio \*iveTc, idque palam evulgat; quod semel imprudenti exci-
• dit, ij postmodum revocare grandìusculae vcrccundia est. Subìt
•tntcToi rei faraìliaris angustia , honcstarum conditionum infre-
• qucniii. Quo magis a matrimonio deterreantur, nuptarura saepe
•moltsiias, et casus calamiiosos sibi narrari audit. Quid vis? Ut
«primum per aeutctn licet, ne sibi minus constare videaiur, nec pa-
t fcnuiin spcm eludat, et vota, sacrum velamen suscìpit, et cum in-
• senti ipparatu solemnibus se votis obstriogit. Cunctis videlicet hu-
«Ruiueriiae oblectamentis momento nuncium remìttit, s eque intra
• Mguftum ambitum murorum includit ca lege, ut inde peJem ef-
*'OTt nunquam io omn! vita possit, idque praeter amictum rudem,
«»i€tum icnuem, et scveriorcm saepe ordìnìs disciplinam, cui in
*P^iuuin se subjìcìt: legem denique mollis et rerum inexperta
'^'S^cula sibi ìmponit, humanis prope majorem vìribus, et quae
ili instar haberetur, nisi esset frcqucns, et quotidìe oculis ob-
itur. Quid vero si decursu temporis vitae ejus, et carceris sa-
^fU$ subeat? Quid si ardor illc primus pietatis, quo nìhil facìlius,
't^rijerit? NuUumne locum esse regressui ? et idcirco dolore, ac rabic
^ìitn conubescat ? Haec mihi cogitanti^ vi:nìebat aliquando in
BMBtcm optnari, ferendam a poniifìce legcm, in raoresque inducen-
54
G. Cugnoni
« consilium, auxilium, vel favortm dcderint ; quiqtu sd^n
« Cam non sponte in^rcdi monaskrhim, aut habitnm suscipc
« aut profcssionem emitUre, quoquomodo eidem actui vel pra
« senliam, vel cotisensuw, vel auctoritatem interposuerint, Quani
o si bevono di queste scomuniche, non escluse le monache
« Vi sono di quelle, che si affezionano soverchiamente :^^
« qualche giovane educanda, e cercano d' indurla ad ab-^
« bracciare la vita monastica, dipingendolene tutto il buono^ ^
« e nascondendolenc tutto Tarduo e tutto Tamaro, che vi
« si trova. La fanciulla, che talvolta usci di casa prima di
« arrivare agli anni della discrezione, che nulla sa di monda
« e che s'immagina che Tesser monaca consista nel por
« Tabito, nel cantare in coro, e nel mangiar paste; si la
« facilmente persuadere, ed eccola già con una vocazioD
a decisa, e con un fervore straordinario. Entra in prova, j
« viene trattata con molta indulgenza; incomincia il noi?
« ziato e vi trova una maestra, che la lascia fare a suo mod
e e se mostrasi malcontenta per qualche poco di rigore, 1
« dice, che da professa non avri più legame, e sarà pH
« libera. Nello scrutinio passa a pieni voti, perchè le pro-
tdam, ne qua deinceps puella sese votorum sacramento obtiga
t nisi ad quìnqucnnium. Hoc evoluto spatio, sì constare! animus, i
> aliud quinqucnnium vota protraheret, deinde nd aliud, donec annu
t actatis quLntum supra trìgesimum esset supergressa, ac tum demun
I si vellet, se obstrLngerct in perpctuum. Sic. ajebam, buie tìuxac |
» riter, atquc aetemac carum felicitati provisura in. Ut minimum no
I nihil emollìendum cxistimabam durum illud votum, quo se nunqud
I extra claustrum pcdemelaturasspondem. Permiitendum utcertaìntr*'
lannum die prodire possint in publicum, circuire tempia, consanguì-
I neos ìnvisere. Exemplura Urbe pracbuit Bcncdicius XIV, coque prv
* vilcgio ctiam nunc nonnullum monasterium aditur. Cur non ctìam
I matrem sororcsque ìdcntìJem, cura bona antistilìs venia, ad se Jnira
(claustrum admittani? Id saiìs bonis virginibus ad solatium, ac Icni-
I mcntum acruranosae vitac fuiurum, cffcciurosquc dìes paucos, ut loto
» anno vivant sua sorte contentac.Verum de bis viderit Summus Pon-
i tifex, cui chrìstìanì grcgis cura coramissa.
K Ceterum non est, etc. s.
^lla Pt'ia e degli scrini di G. (l4. Sala sS
« tcttrid la spalleggiano, il monastero ha bisogno di sog-
■ getti, ed essendo in fondo una buona ragazza, si spera
« che poi diventi una buona monaca. Così Y infelice pro-
« riunzia li voti solenni, e quando non ò più tempo si ac-
« corge di essere stata tradita, e si affligge e si dispera senza
« rimedio. Certe fanciulle poi, immolate dal dispotismo e
« dalla barbarie de' loro parenti, non possono nascondere
« il makoniento e l'angustia, in cui si trovano; eppure
« T^engono ricevute ed ammesse alla vestizione e alla pro-
« fcssione o. Ad impedire questa camificina di anime in-
nocenti, vuole l'autore, che « non [sdegnino i vescovi di
• esplorare essi stessi le monacande, tutte le volte che pos-
• sono, e trovandosi impediti, ne affidino l' incarico ad ec-
«dcsiasrici dotti e sperimentati; esclusi sempre quelli, che
« abbiano dei rapporti col monastero, in cui rimangono le
«postulanti. E che in tutti i monasteri, prima de* scrutini
« per le vestizioni e professioni, si leggano tradotti in lingua
' volgare » i decreti del Tridentino risguardanti questa
materia. « Il fulmine delle scomuniche atterrirebbe le mo-
« nache, ne più s'indurrebbero a dare il voto senza piena
'Cognizione di causa, e molto meno per umani riguardi».
Dopo ciò l'autore si fa a discorrere de' mezzi da risvegliare
ne* monasteri lo spirito di osservanza e di fervore, allun-
gando specialmente il ragionamento sulla scelta de'confes-
^» e sulla severità della clausura.
Tale è in iscorcio la parte stampata del lavoro del Sala,
Li quale, come prima fu divulgata, da altri venne messa
in cielo, da altri rabbiosamente maledetta; secondochè
l'iffetto alla religione e al pubblico bene, ovvero il privato
wteresse gli uni e gli altri diversamente stimolava. E giun-
tone rumore, certo per opera di qualche maligno, insino
^Vienna, dove il cardinale Ercole Consalvi era di que'
pomi a congresso coi deputati delle principali potenze
«Europa; quegli, alla cui assoluta balia stavano allora le
cose dello Stato, comandò che senza indugio venisse im-
$6 G. Cugnoni
pcditi la divisione delb stampa, e si adoperasse ogni pos-
sUe diligenza per ricovrame gli esemplari gii sparsi (i).
(Cootintia}
G. Cugnoni.
(:} NèC*xrchÌTÌo Vaticano tnscr^ssi da txn fascicoletto (nella cui
coperta è nouto di pugno del Sala: iSz4 - Piano H Riforma - So-
s^Piszau id pn*up$im£ml? JàU itsmu^^^ t riÉsr^ ié' fo^ già distribuiti)
le seguenti lettere» che coUeganst con ^ce>to fatto.
L
« :S hizUo 1S14. — A. C — Suj Emmerua (0 card. Bartolomeo
« Pacca) desidera dentro la macinati di domani di parlarvi. Mi ha
« on£nato perciò dì dirvece un cenno. Lo eseguisco, vi abbraccio,
« e sono di cuore — Aalmo amico S. Mauri •-
IL
« C. F. — Potete facilmente immaginarvi che anco la mia umanità
e non ha potuto non risentirsene. Conviene alzare gli occhi al cielo
e e tranquillizzarsi lo spirito col rir.esso, che appunto le buone opere
< sono compensate dal mondo in tal guisa.
« Voi non ignorate che ìl pensiero del ritiro è in me nato non
« adesso, ma dapprima, e forsechè penserò a realizzarlo, se mi riu-
« scirà. Rispetto a voi però nelle attuali circostanze non mi sembre-
« rebbe opportuno il nudrire sìaiili -dee: conviene aspettare il tempo,
« che suol dare consiglio.
« Procurate di ^^uietarv\ e nella Ccagregazione di dimani sera
€ mostrar\-i disinvolto, lasciando correre l'acqua dove vogliono, ba-
* standovi il testimonio della buona coscienza ed il desiderio del
« bene, che non permette Dio che s: ottenga Addio, addio —
«Li 20 luglio iSi4 — v^Domen^co Sala)».
Ili.
« 21 luglio iSij.. — A. C. — Ho ricevuto la Raccolta, e la let-
«tera acclusami.
« Siate tranquìlHssimo sul vostro aifare. Sono stato dagli E.mi So-
« maglia, e Lìtta. 11 primo mi ha detto, che il parlar chiaro giova
« all'affare, e non nuoce quando si mantiene il segreto, come è incul-
« caco ; il med. ha desiderato dì non restituir le stampe, e mi ha
« detto, che ne avrebbe parlato questa sera col Card. Pacca ; il se-
^ella vita e degli scritti di G. ci Sala 57
« coado me le ha restituite, e vi assicuro, che si è lodato del vostro
>zeb, ma avrebbe desiderato che la materia oon si fosse stampata
'per il timore che possa andare nelle mani dei nostri nemici. Non
«sto a riferirvi quello, che io ho detto. Sicuramente ho corrisposto
t ai sentimenti deUa nostra amicizia. Non ho potuto andar da Mattei.
« Il Card. (Pacca) mi ha detto che da questo Porporato sarà cura
ff sua di ritirar le stampe. Non vi è dubbio che sarebbe stata più
«semplice la via che m'indicate per riaverle nelle mani, ma a que-
e sfora ci vuol pazienza.
« Amico, scrìvo tanto a rotta di collo, che non so quel che scrìvo.
« Le faccende dopo Tarrìvo di Giovannino (il cameriere del cardi-
« naie Consalvi) mi strozzano. Vi abbraccio. Addio — AfF.mo amico
«V. S. M. (Mauri)*.
EVOLUZIONE DEL TIPO DI ROMA
nelle rappresentanze figurate del t antichità classica
§ I. — Introduzione.
•tJTTE le antiche rappresentanze simboliche, ed In
, ispccie le effigie delle divinità, hanno subito, come
^:. era naturale, una modificazione progressiva se-
condo la modificazione progressiva delle idee e dei senti-
nierni. Cosi, per esempio, il tipo di Pallnde che noi troviamo
uri primordi dell'arte greca immaginato da Omero come
b vergiac guerriera che gode delle battaglie (i) e nelle
sculture corrispondentemente figurata in atto di upó^a^^g,
o mentre scaglia il dardo, passa poi, coli' ingentilirsi del-
ranimo greco, dalla forza fisica alla più nobile espressione
della forza intellettuale, diviene cioè protettrice delle arti (2)
^ed assume per suoi emblemi persino il fuso e la rócca (3),
^^ (l) 'AST.-wat-n \aoaoóa;: OmeRO, Iliade, XIIT, 128.
I (2) Cosi nel concetto greco, essendo Pallade figlia di Giove, l'arte
e quasi nipote a Dio, come nel concetto Dantesco:
Voitr'arte a Dio qiuii t nipote.
/■/,. XI, 105.
(j) MOLLEfi, Hanàbuch dcr ArcK, $ J70.
Ora si poteva ben supporre che anche il tipo di Roma si
fosse cambiato secondo il cambiare de' tempi, ed è però
importante lo studio di tali trasformazionL Infatti nel corso
di questo lavoro noi vedremo come l'effigie di Roma, che
sul principio ha tale rassomiglianza con quella di Pallade,
da dover dar luogo a non poche false interpretazioni ed a
contestazioni tra gli archeologi, si discosta in seguito da
essa tanto da non potersi più affatto dubitare della sua iden-
tità; e progredendo ancora si riavvicina di nuovo alla Pal-
lade pacifica, atizi si sostituisce quasi ad essa, e finalmente,
dopo il tempo costantiniano, si stacca dalla simbolica pa-
gana, assumendo gli emblemi cristiani. Tutta Tevoluzione
completa ci mostra adunque, dirò cosi, la grande sintesi
della storia, mentre le piccole e direi quasi accidentali de-
viazioni dal tipo, le quali noi verremo via via notando, d
riportano ai parziali avvenimenti di cui sono immagine fe-
dele. Ma tutte queste osservazioni saranno fatte più diste-
samente a loro posto: intanto è necessario di fare qualche
osservazione generale sul presente lavoro. E primieramente
quanto alla sua utilità non è necessario spendere molte pa-
role, essendo fuor di dubbio che la retta intelligenza della
storia di un popolo e del suo carattere riceve luce grandis-
sima dallo studio dei monumenti figurati. Si potrebbe piut-
tosto dubitare se convenga far un tale studio sul tipo di
Roma, pensando che altri, assai più valente, ha già trattato
lo stesso soggetto. Ed infatti lo stesso pensiero era venuto
anche a me, quando, già fatta una parte di questo lavoro,
mi capitò r indicazione di un opuscolo del dotto Federico
Kcnner intitolato appunto Die Romu- Typetu Ma quando, dopo
molte ricerche, potei averne una delle ultime copie, essendo
Tedizione pressoché esaurita, dovetti convincermi che, non
ostante la dottrina dell'autore e le sue acute ed erudite os-
servazioni, il suo lavoro era deficiente per difetto di mate-
riali e poteva bensì servir di guida allo studio del tipo di
Roma, specialmente per ciò che riguarda le origini, raa era
Epolu^ione del tipo di '7^o;«a
6t
ben lontano daU' esaurire le ricerche che possono farsi su
quell'importante argomento, particolarmente riguardo al-
l'evoluzione di esso tipo durante il corso della storia romana
nei tempo della repubblica e, ciò che è da notarsi assai
più,ncl tempo imperiale. Il Kenner, alla p. 4, così si esprime:
«lo studio dei monumenti si poggia principalmente sulla
• numismatica », e basta questa frase per essere sicuri
che il suo lavoro si basa unicamente sulla numismatica:
io atdo invece che si debba certamente tener conto del
nuicriale monetiirio, ma primieramente che esso non
5 debba essere la sola fonte; secondariamente che ciascuna
clissedi tipi debba essere giudicata tenendo conto del luogo,
Jdli circostanza in cui fu coniata e della persona che aveva
il maneggio della pubblica cosa al prodursi di ciascun tipo.
Che non debba essere la sola fonte risulta chiaro, se si ri-
fletta che r impressione di una moneta è cosa puramente
Tifficiiie, e che perciò la determinazione di un tipo non di-
pende unicamente dal sentimento dell'artista, ma segue ne-
cwariamcnte, almeno in parte, quello che correva già sulle
roonac del tempo precedente. All'opposto, la produzione
Jnistica è spontanea, senza vincoli di sona e rappresenta
dò il modo di sentire deirarcista, che è, specialmente
TKli'antichìiA, interprete di quello del popolo. Potremo perciò
e sicuri che i cambiamenti di tipo non vanno dalle
ionete all'arte figurata, ma da questa alla numismatica, e
pei conseguenza, seguendo esse la trasformazione e non
iziindola, non potranno mai esser preferite nì monumenti
altra specie. Ho detto in secondo luogo che le monete
giudicate tenendo conto delle circostanze di tempo,
o e di persona: e qui ritoma Io stesso argomento,
la moneta, essendo cosa ufficiale, ci dari la indica-
un fatto, ma non l'apprezzamento che il popolo
portava su di esso. E per citare un esempio, una moneta
àGalba ci rappresenta Roma in ginocchio dinanzi all'im-
itore stante che la solleva colla destra ; ed intorno v' è
èz
qA. Tarisoiti
scrino: ROMA RESTIT (i); ora qual valore possiamo noi
attribuire a questa rappresentanza se pensiamo che U popolo
non poteva davvero credere che Galba fosse il restituior
Urbis ? Ecco forse la cagione che ha fatto si che nel lavoro
del Kenner la parte che tratta del tempo repubblicano pro-
ceda abbastanza bene, mentre nella parte imperiale si è tro-
vato costretto a fare grandi classificazioni della immensa
varietà di tipi che si incontrano, aggruppandoli secondo la
somiglianza loro e secondo le leggende; sicché si perde
intieramente di vista lo svolgimento storico e razionale della
figura di Roma. A noi, airopposto, che vogliamo seguitare
questo filo e conoscere qual fu il concetto che il popolo
romano ebbe di sé stesso, dai suoi primordi fino alla caduta
dell* impero, concetto che forma poi raddentellato colle idee
mediocvali e moderne, « a noi » dico « convicn tenere altro
viaggio ». Noi adunque considereremo tutte le manife-
stazioni del pensiero artistico e religioso, senza per questo
trascurare le impronte monetarie, ma giudicandole per quel
che esse possono valere a dare un' idea del sentimento
popolare. Avremo riguardo, cioè, al fatto che può aver ca-
gionato una data impronta monetaria, il quale può essere
notevole come circostanza storica speciale, senza costituire
perciò da so solo nel tipo e nell' idea di Roma quel muta-
mento che è invece il risultato di molti avvenimenti e di i
molte idee nuove che entrano in circolazione, le quaU non
possono dar luogo ad una notevole modificazione se non
dopo un lungo tratto di tempo. Ma non per tutto il corso
della storia romana potremo aver sott'occhio altri monu-
menti oltre alle impronte monetarie; anzi, per tutto il tempo
della repubblica e per alcuni periodi spcciaH durante V im-
pero, non abbiamo che quelle; questa mancanza però non
porta tanto danno allo studio quanto potrebbe a prima vista
sembrare. Infatti, nei primi tempi della repubblica,
(l) 77;«. MoreUanus, Nura. imp., tav. v, 12.
Epolu^ione del tipo di Tipma
«f3
qu.inJo si stabilisce dapprima il tipo di Roma, non v'era
una tradizione o consuetudine artistica né altre cause le
qiuli impedissero che il tipo, qual era nella mente di tutti,
a ogione delle comuni leggende, fosse liberamente e fe-
delmente effigiato con quella ingenuità propria delle civiltà
Riscenci.
Kella seconda metà della repubblica poi, che prepara la
cria per cui dalla forma libera si passò a quella della mo-
narchia, il tipo si mantiene uguale, come uguali alle prece-
Jenti restarono tutte le forme di governo, intanto che però
ii maturava il rivolgimento che doveva dar luogo alla nuova
Roou ed alla nuova costituzione.
Nel tempo dell' impero la consuetudine artistica e l'es-
Kfti perduta la fede sincera delle antiche leggende contri-
hiiroao a rendere convenzionali o false le impronte mo-
Dcuric, dando loro da un lato un carattere fisso ed ufficiale
per cui non seguivano più la tradizione in rutti suoi atteg-
giimend, e dall'altro aggiungendo alla Hgura determinazioni
svariate che erano effetto dell'adulazione o di altre cause
estrinseche, invece di corrispondere al sentimento popolare.
Mise il nostro studio, nella parte che riguarda 1* impero,
si staca da quello del già citato Kenner, e pel metodo e
materiali, nella prima parte non ci potremo contentare
citarlo qua e li, ma dovremo fare una breve ed esatta
osizione deUe sue idee e delle sue conclusioni perchè si
poi più pienamente istituire il confronto in tutti quei
"pmti dove tssi: sono differenti dalle nostre.
n Kenner adunque considera in primo luogo la tendenza
iRotnani alle astrazioni mitologiche, ed osserva che la più
1 di queste astrazioni, cioè il genius, era per essi la di-
(i). Il tipo di Roma perciò si sviluppò sotto l'azione
uè leggi: i" il genio dello Stato che rappresentava T idea
di esso; 2° il momento plastico, come egli lo cliiama,
(l) Op. ciL. p. 4.
0/i, Tansoiti
che dA corpo e vita a questo genio. La prima idea J'
Suto, tutta appoggiata alla famiglia, si allarga e si raifoi
al tempo delle guerre saniiitiche e delle guerre di Pirro.
virtù domestiche deireconomia e della unione stretta
vari mertibri sotto ;il capo di famiglia, divennero le v
politiche della sapienza di Staio e della forza guei
Finalmente lo Stato romano si fa il centro dei popoli i^"
liei, protettore della loro nazionalità contro gli stranieri ^
stabilisce la sua potenza accentrata strettamente e fortemen*^
in Roma e felice e rispettata al di fuori. A questo si rileg*
sempre secondo il citato autore, lo sviluppo dei vari cul^
di Fortuna, Mens, Concordia, Salus, Honor, Virtus, V£^
ctoria, ecc., nelle quah si trova, come diviso fra tutti, t'
genio dello Stato. L'aver Roma riunito, al tempo di Pirro^
insieme ai popoli italici anche i popoli greci fu cagione ch^
ella da questi prendesse la forma colla quale rivesti il suo
genio* La Pallade Poliade di Atene e la Corinzia, dopo le
ultime trasformazioni subite dall'arte greca al tempo ales-
sandrino, poterono ben passare ad essere protettrici di città
e servire per le impronte monetarie; sicché per essere il
culto di Pallade sparso per la Grecia e per le colonie, le mo-
nete delle citti della Magna Grecia ebbero nel diritto la
testa di Pallade Poliade o sul rovescio la figura di Pallade
Corinzia. A questo contribuì anche la tradizione di Ulisse
rapitore del Palladio, e di Enea diffusa generalmente per
l'Italia e i racconti di Dionigi di Alicarnasso, di Servio, di
Pesto, ecc. fecero si die la testa di Pallade Poliade passasse
anche sulle monete romane a figurare il genio della città (i).
Questa prima effigie dei diritti delle monete non è però da
prendere come diviniti, ma come segno della citti, e perciò,
(l) « Die Romasagen bewcisen duo, dass diese mythologische
m Forra citierSudtgotilicit, nimlich die in Athen organiseli cntwickelte
n und ah Vorbild von Stadtgotthcìtcn weìihin verbrcttctc Potias, ira
ft Bcrcichc gricchisch«r AutTassung auch auf die Roma ah Genius
« dcr Siadt Rofn, Qbcrgcgangen sei », Op. cii., p. io.
iner, essa ha un significato più storico che
ciò nulla più che la ani abitata dai
le teste poste sui diritti delle monete ri-
acno sempre uguali; ma i rovesci, che por-
^ figura, presentano molti cambiamenti ed è
^■ipalraente bisogna fermar rattcn:(ione ( t ),
l^osserx'azioni sulle monete barbariche di
jillia, dice che es-sc portano i] medesimo capo
thè la somiglianza colle monete romane dava
•o nei lontani confini. Finalmente osserva che
JDp e le guerre di Sulla e della massima im-
^pppresentanza di Roma e spiega la scom-
ialc deir immagine di Roma dalle monete di
l dire che Tidea dello Stato era rimasta ofFu-
confusione e Tagitazione dei partiti, ma era
on nuove forme e che cosi il capo di Roma
monete per ritornare più tardi come divinitA.
:mpi della repubblica le conquiste estese ave»
1 sentimento di nazionalità italica degli an-
I monarchia che comprendesse tuno il mondo
lo scopo proprio del tempo, e questo scopo,
5 ai Romani meglio che a qualunque altro
che alla perdita della nazionalità si opponesse
io una reazione dello spirito romano fondata
►Ila rappresentanza di Roma sostituì il mondo
egli altri popoli. Questo stesso movimento
{li ultimi due secoli della repubblica kcc
:o alla famiglia, la cui importanza fu assai
sparire il partito nazionale. La trasformazione
ic e la plebe, divenuta vero partito, diedero
luova divisione della società, nella quale non
Dza che tre classi ; senatori, commercianti e
T patrio si sostituì Y interesse personale e per
JL Società rowtana di itoria patria» Voi. XI.
niun altro scopo si fecero le agitazioni politiche che pt
saL're al potere ed aver in mano i beni dello Stato. Tutt
dò doveva produrre naturalmente una certa noncuranz
della costituzione, e perciò far entrare nell'allegoria il m.
mento ufficiale (i). m
Ma in mezzo a tutto questo rivolgimento essendoS
masto lo spirito guerresco, era naturale che la forma pi
conveniente della quale fu rivestita l'idea allegorica dell
Stato fosse quella di un'eroina contraddistinta da embleti
militari- Tuttavia anche lo spirito guerresco si era cambiai
e meatre per l' innanzi era una conseguenza dell'amor patri
e della conservazione della propria indipendenza, divenr
poi la guerra un'arte, la vittoria non più del paese ma i
un partito ed un obbligo dei soldati. Di qui nacque Y idt
di un destino che assicurasse a Roma coniiimi trionfi, t
essendo costante la fortuna dei Romani, e non interrotta
serie delle loro vittorie, la dea di esse divenne un attribu
costante dì Ronin: fincliò quando lo Stato fu riunito nelle ma
di un solo, la Fortuna fu tutt'unò col suo governo. Da i
timo le religioni e le diviniti di tutti i popoli conquista
trasportate in Roma ed in certo modo riconosciute affidi
mente, mentre perdettero la loro nazionalità, servirono
stringere sempre più Ì popoli stessi al dominio ronwno. Q
queste stesse divinità nelle loro rappresentanze partcdf
vano, per cosi dire, dell'autorità dello Stato, dò che ar
stava che le religioni dei vari popoli erano anche religic
ufficiali, ma attestava ancora che essi popoli erano allo Sts
soggetti, e da questa doppia significazione delle allegorie
rappresentanze delle divinità straniere prese le mosse l\
legoria ufficiale dello Stato e dell'imperatore (2). TraccL
cosi a grandi linee la strada percorsa dalFallcgoria, torà;
Keimer ad esaminare le singole specie di rappresentanze |
(0 Op. dt-, p. 19.
(1) Op. dt., p. 21.
dimostrare come esattamente esse corrispondano alle idee
di loro simboleggiate. E primieramente egli considera la
igura intera di Roma quale apparisce sulle niunece; e come
la gii dimostrato la connessione che esiste tra il capo di
mvA delle monete consolari e quello di Pallade Ippia delle
raoncie greche, cosi opina che V intera figura di Roma sia
u presa dalla figura di Pallade Ippia che con vari sim-
ili s'incontra sulle monete delle citti rappresentata come
vinitA eroica. Questa applicazione è resa facile dal fatto
e U testa dì Pallade, appunto a cagione di questa sua va-
icti di simboli, aveva finito per perdere il suo significato
speciale ed assumere quello di fondatrice di citti. Di più gli
autori tiei racconti delle fondazioni delle varie città confu-
sero le fondatrici con ninfe ed amazzoni, le quali però non
mno le stesse che quelle della Cappadocia, ma riunivano
in sé Slesse lo spirito guerresco di quelle con ciò che rima-
Qcva ancora dei caratteri della Pallade Poliade. In questo
modo anche le prime fig^ure di Roma sono prese da queste
imazzoni o ninfe, e ciò con tanta maggiore convenienza
considerando il carattere guerresco della città e della sup-
posta fondatrice che segui nella figura il tipo della amaz-
zone di Fidia o di Sosicle,
Considerate cosi le cose, il Kenaer divide le monete
Jclla repubblica in due gruppi: alcune non mostrano che
una rappresentanza della città; altre si rilegano a memorie
storiche. In quelle del primo gruppo è Roma considerata
te divinità locale protettrice della città e come tale effi-
cioè sedente con armi, con corto abito, e colla mam-
dcstra o sinistra scoperta. In quelle del secondo gruppo
Q ó mostrano invece diversi avvenimenti, poiché secondo
i casi Roma apparisce come guerresca, o come vittoriosa,
0 come pacifica, i^cc. Da ultimo lo stesso autore osserva
che h figura di Roma, anche nel suo massimo sviluppo,
oon ebbe mai valore di divinità. La sua superiorità come
Suro e come cultura non era ancora generalmente sentita
68
q4. Tarlsotii
e, poggiando su ciò la diviniti di Roma, ne derivò chei
fu solo potenza m;Ucriale e superiorità di forza alla qua^-*'^^^
popoli necessariamente sottostavano: e perciò fu una di ^^'
niti meramente terrestre e senza alcuna idealità.
Bastano queste poche parole sul modo che il Kenc^^^
ha tenuto nel corso di questa trattazione, per intendere:
biio che egli prima delinca, per cosi dire, una storia idc
e razionale delle modifica^sioni che l'allegoria subì nccess
riamente secondo le diverse condizioni dello Stato roniar
e poi procura dì mettere d'accordo le conclusioni tratte dal!
teoria coi tipi che si incontrano sulle varie monete.
Certamente le idee fondamentali circa il primo sviluppo
dell'allegoria presso i Romani e del significato tutto patrie^
che avevano le prime divinità latine di Mens, Concordia^
Honor, Virtus, ecc. non si possono mettere in dubbio :
ma non è cosi di tutto il resto. Abbiamo veduto comc^
il Kcnner dica, che la forma onde fu rivestita la prima idea^
allegorica dì Roma fu data dal contatto coi popoli greci (i).
Ora questa giusta osservazione à da lui connessi colle altre
sulle trasformazioni del tipo greco di Pallade Poliade ed
il passaggio che ella fa a significare una divinità procet-M
trice di città: e similmente egli conclude col dire che> in
forza di questa mutazione, la testa di Pallade passò a rap-^
presentare Roma sulle prime monete della repubblica, cto^H
che quella testa fu l'espressione figurau del gcnitis dell'al-
legoria astratta.
La verità di questa conclusione ci sembra assai disc
libile, a cagione della incertezza del significato che sì dev
attribuire alla testa colla galea .alata, che forma il distintivo^
del diritto delle monete romane dei primi secoli e di molte
altre monete italiche. Non dissimuleremo la gravità dellafl
questione nella quale ci è d*uopo entrare in questo mo-
sci>fl
!evel
(I) Op. cit., p. 7.
Evoluzione del tipo di "I^ma
€9
mento: Olivieri (i), Eckhel (2), Aldini (j), Momrasea (4),
Cavedoni (j), Klùgmann (6), Fricdlandor (7), Zofega (8)
la esaminarono già con risultati differenti, e sarebbe te-
meriti il pretendere di definirla; noi non aspiriamo a tanto:
solo ciiiediaino che ci sia permesso di esprimere una no-
^ra opinione, la quale, concordando in parte con alcune
elle già espresse, ne differisce solo perchè tende a togliere
ì\\ suddetta testa quel significato preciso e sicuro che
j!i archeologi delle due parti le hanno voluto dare. Rias-
imiarao qui in poche parole la questione secondo che
licerAldini. Dal tempo dell'Orsino, che aveva detto: « Ar-
1 genti noue antiquiores fuemnt Romae galeatae imago ex
una pane et Castorum signa equitantium ex altera », tutti
jli archeologi, sicuri su questa autorità, avevano attribuito
Uà dea Roma, ossia al genio della città, la testa muliebre
annata di galea alata ed adorna il collo di monili. Anni-
bale degli Abati Olivieri, trovando questa medesima testa
sopra una moneta sannitica del tempo della guerra sociale,
dubitò che potesse simboleggiare Roma, ma non trasse
nessuna conclusione.
L* Eckhel (9). poi, riprendendo gli argomenti deirOli-
w ed aggiungendone altri, dichiarò invece che TefEgie
iella moneta sannuica, come anche quelle romane, rap-
presentavano Pallade vincitrice. Questa interpretazione,
acccnata dal Mionnet (io), dal Sestini (11), dallo Zan-
(0 %^* accademici di Cortona, IV, 133.
(a) Dcctr. mm. veU, V, 84.
0) Sui tipo pritn. àólU mon, dilla rep. rom., p. loi e sgg.
U) Gtìtfc., d. ròm. Muniwmn, p. 2H7.
U) \um. Frane, p. 26.
'"J ^Vjp^lV di Roma sui tipi momUiìi più antichi, p. 460 sgg.
(7) (^thrrrìcht, p. 18 j.
W Biti/yrilinn, I, 14 j, n. 5.
(9) Op. ciL. proleg.
W CoLtlo^o univ,
vO Catjiogo dtì museo Fontana.
70
q4. Tarisoiti
noni (i), dal D'Ailly (2) e dal Cohen (5), lasciò sospesi tut-
tavia lo Schiassi (4), il Cavedoni (5) e il Borghesi (<?),
abbandonarono l'antica denominazione di testa di Roma go-
leata, sostituendo ad essa quella di « solita testa con galea
alata », invece di quella eckheliana di caput Palladis ga-
leafum. Erano a questo punto le cose, quando l'Aldini (7),
opponendosi airOIivieri ed all' Eckhel, credè con argomenti
riconosciuti poco convincenti anche dal Kenner, suo stesso
fautore (8), poter dimostrare che quella tanto disputata
testa fosse invece di Roma< Il Kenner, in una lunga e dotta
nota (9), toma a rivangare la questione, stabilendo che,
sebbene il capo galeato simboleggi Roma, fu in origine
Pallade Poliade. Infatti, se per ispìegare il citato tipo san-
nitico l'Aldini potè dire che era naturale il capo di Roma
su quella moneta, perchè i Sanniti lottavano solo con un
partito, che negava loro la cittadinanza (io), non si potrebbe
ripetere altrettanto, ne si potrebbe trovare un qualunque
appiglio per le monete greche di Turio(i r),iMetaponto(i2),
Velia ((3), Camarina (14) ed anche di altre città (15), che
hanno lo stesso cupo dì Pallade Poliade, a cui è stata ag-
(t) Notix- iUi din. trovati u FiesoU.
(2) Rtich. sur la mo». rem.
(3) Descript, geft.
(4) RitroiK di med, cons.
(5) Ragguaglio.
(6) Ossirv. num.
(7) Op. cit , p. 5 e sgg.
(8) Op. cit., p. ir, n. 5: « Aldini desscn BewtHsgrunde dafur
« dass diescr der Kopf dcr Roma sei ebcn nicht sehr einleuchtend und
« ubcrzeugend sind ».
(9) Op. cit-, p. Il, n. }.
(io) Op. cit., p. 7.
(11) V. Carelm, Vmw. //. vet.t lav. cLxvn, 27.
(12) Ivi, tav. cLvi, 1 56.
(ij) Ivi, tav. cxxxix, 4J-45.
(14) PoOLE, Catahguc oj gruk coins, p. 40.
(is) Il Kenner cita anche le città di Eraclea BruttU e Siracusa
Epolu^ione del tipo di T^oma
TaJa sull'elmo, cosa che ha fatto subito pensare che
sopra quei tipi si modellassero gli artisti che coniavano in
LRonu (i). Inoltre, lo stesso autore dell'opuscolo D\c Roma-
y^ìpin crede ragionevolmente che raggiunta delle ali sul-
Fclmo sia in relazione coir.trte etrusca, gii per tanti rap-
orti corrispondente allo stile corinzio, e nella qu.ite le
flH erano segno di protezione divina. Quanto agli altri or-
fwmenti osserva che la Poliade eginetica e quella di Fidia,
come anche quella delle monete italiche, essendo conside-
rau come dea protettrice di cittA, aveva naturalmente tutti
.quegli orn;mienti dei quali i popoli che la toglievano a
Ibro patrona erano vaghissimi, come monili, collane e si-
nili (2). Gli unici cambiamenti essenziali, evidentemente
l£iiti a bella posta, per dare al tipo di Pallade il significato
diviniti tutelare (3) invece di quello di diviniti olim-
Mco, sono lo sguardo audace e bellicoso dell'effigie delle
noneie, invece che dimesso e tranquillo di Minerva, e la
Pboca brga e dura in cambio di quella sottile e sorridente
tli questa: mentre la vera Pallade riviea fuori, anche sulle
Donetc romane, coll'egida e senza ali sull'elmo. Tutto
Questo è assai ragionevole, ma dimostra solo che il capo
Mioer\'a sulle monete greche aveva assunto questo si-
gnifiato di dea tutelare della citti: ma i Romani, che non
avevano assistito alla trasformazione di quel tipo, potevano
fenderlo allo stesso modo ? Dove sono le prove per di-
mostrare che sulle monete romane esso passò a significare
Roma? O piuttosto, considerando che mai la figura di
Roma ebbe elmo alato, e fino a tempi assai tardi non ebbe
ornato di sorta, non siamo piuttosto persuasi che quella
ùnpronta delle monete greche, trasportata in Roma dovette
restare, per dir cosi, estranea al sentimento del popolo ro-
(0 MoMMSEK, Gtsch, dtr ròm, Mun^w., IV. Abschnitt, p. 294.
(2) Kf>*KES, Ice. CÌt
0) Ivi.
72
C//. 'Parisoiti
mdtio ? Alla prima di queste osservazioni, accennata già
dall'Olivieri, risponde l'Aldim (i) domandando « dove si
«abbiano altri monumenti di scultura romani del quinto
<t secolo, allorquando fu immaginato quel primo tipo sic-
« come proprio e generale alla moneta di argento per
«prima volta fabbricata nella romana repubblica n.. Ma c*h
bisot^no forse di ricorrere alla scultura ? Non vediamo su-
bito appresso alle prime emissioni di quadrigati e bigati
venir fuori la figura intera di Roma colla galea senza
e senza ornamenti al collo? La testa del diritto non
duaque nulla che fare con quella della figura del rovescio.
Ed è anche naturale che il capo colla galea alata venisse
ad ornare le monete di Roma, poiché gli artisti greci che
le coniarono seguirono il modello che avevano sott'occhio,
cioè quelle che essi stessi usavano : ma il popolo che ri-
ceveva e si serviva di queste monete, doveva dare a quella
testa solo il significato di un puro simbolo monetario. Si
potrebbe anzi a questo proposito congetturare che, come le
città deOa Spagna (2) e di altre provincie assunsero più
tardi questo tipo, perchò, corrispondendo a quello usato
in Roma, dava credito alle loro monete (3), cosi Roc
abbia preso ella medesima alla sua volta la testa della P^
lade Poliade delle citti greche perchè il dcnario della
scente repubblica acquistasse quella sicurezza e quel evi
dito che aveva quello dei fiorenti empori commerciali della
Magna Grecia, È anzi da osservare che le monete di ar-
gento furono per la prima volta coniate in Roma nel 486
d. R. (4), cioè dopo la presa di Taranto, quando la repub-
(i) Op. cii., p. 6.
(2) Valentia, Carmo e Sagunto. V. Mommsen, R, G., I,49S» H. 280;
Florez, Mcdallits de ìus cohnias de Esftana, lav. lxv, 15, Lxvin, 5-8;
MiONNET, Discript. des moti, ant., I, nn. 55, 8, i, io; Ackermann,
Ancient cchs HispatiiUf p. ixj.
(3) Secondo che osserva il Kenner, op. cit, p. 16.
(4) Liv. Epit. XV; Plin., Hisl. nat., XXXIII, 3, 44; Mommsek»
Gesck der ròm. .Vf«/;^iy., IV, 4, p. 300.
Ei'olif^ione del tipo di 'l^pma
ca romana era in pieno possesso delle città della Magna
Grecia, ed anche per questo riguardo era naturale che da
loro prendesse il suo tipo monetario. Né vale dire che quelle
cìttA fossero allora in decadenza, perchè cosi non era di
(tutte: Taranto, per esempio, era ancora abbastanza pro-
spera, ed anche qualche sua moneta ha per impronta la
testa coll'clmo alato (i)* e se questa è non tanto comune,
dò non può far dilTicolti, dovendosi supporre che i Romani
fgliesscro un tipo che non fosse speciale di questa o
quella citti, ma comune a quasi tutte, come quello della
Fillade Poliade coli* elmo alato. Inoltre le varie monete
I greche che nel diritto avevano cosi una rappresentanza co-
mune, si distinsero Tuna dall'altra pel rovescio, sul quale
si riunirono i significati allegorici e gli emblemi caratte-
ristici di ciascuna cm\. Mi sembra adunque che nella ri-
soluzione della questione della cosi detta testa di Roma
sia ii grande importanza il tener conto dei rovesci, la qual
cosa non credo che sia stata notata da altri.
Ed invero la relazione intima che coae tra il diritto ed
il rovescio di una moneta non si può negare: cosi quando
una noia caratteristica od una leggenda non entra più da
un lato, si trasporta sull'altro, come avvenne allo stesso
nome ROMA, che dovette abbandonare il suo vero posto
nel rovescio e fu scritto spesso su! diritto sotto jjna cesta
di Giano o di Apolhnc. Ora, posta una tal relazione, chi
non vede come il vero emblema allegorico di una moneta
romana, per cs. dell' acs t^rave, sia riposto nella prora di
nave e non nella insignificante testa del diritto? Sul ro-
^^xio si scrissero i nomi delle città e si incisero tutti i
jimboli relativi alla loro posizione geografica, al loro com-
nwrdo, alla loro ricchezza e così via, mentre il diritto restò
io genere occupato dalla testa delle diviniti. Cosi, nelle mo-
nete greche, il delfino, il fascio di spiche, l'eroe TAPAS
(ij Ca»elu, op. cìt., tav. ex VI, 249.
74
C^. Sansoni
non sono essi segni assai più espressivi di una testa
Giove o di Pallade ? Lo stesso fatto si ripetè ancora sulle
monete romane imperiali, il cui diritto fu intieramente oc-
cupato dalla testa dell'imperatore, mentre sull'altro lat<^H
furono effitjMati gli avvenimenti principali del tempo: e coa-S
giari ed edificazioni di templi e spedizioni militari e am-
bascerie e giuochi nel circo formano, colle loro figure,
importantissime pagine di storia. Se una moneta adunque
di Turio o di Metnponto ci offre sul diritto quella me-
desima testa che troviamo sopra un denario romano, po-
tremo noi dare ad essa un significato in qualunque modo
simbolico? Certamente no: Turio, Taranto, Metaponto,
Camarina e le altre, quantunque si distinguano realmente
pei rovesci, essendo tutte cittd greche, mantengono tut-
tavia un legame comune nella testa di Pallade Poliade o
di una qualunque divinità loro comune protettrice, che
risalga in certo modo a quella: mentre per Roma non si
può dire altrettanto, si perchè i Romani sentivano poca o
ninna relazione con Pallade, e si perchè la vera personi-
ficazione della città ed il vero genio di Roma si svilup-
pano poi in modo assai differente e meglio rispondente al
loro sentimento nazionale. E ncppur si può dire, come il^
Kenner, che quella testa indichi la città abitata dai Ro*^
mani (i), perchè nessun simbolo topografico indica che
essa sia Roma piuttosto che un'altra città e perchè ad una
originaria immagine di divinità accenn.ino chiaramente le
ali sull'elmo ed il fiero carattere della testa stessa. Dunque ■
dovremo dire che essa, trasportata sulle monete romane, se
non ha ripreso l'antico significato di Pallade, non abbia
(i) « Mochie Roma immcrhin den Hclm, das Haar, den SchntiucU*
adcr P.iUas haben, sic war deshalb doch nichi mehr in der Auffas-
«sung dcr Ròmcr, als die Stadi, in dcr sic wohmen, odcr hòchstens
« noch die Stadi Rotti gegenùber von Italicn ». Op. cii., p. 14, Non so
come tragga questa conclusione mentre questa testa non ha nulla di
nazionale, ed è ripetuta anche sulle monete di altre ciiti d' Italia.
Epoluiione del tipo di 'T^ma
avuto alcun significato inteso veramente dal popolo, ma
Slato invece, ripetiamolo ancora, un puro simbolo mo-
ario messo li come conseguenza di una lunga tradizione
tsdusivamcntc artistica (i).
Ma ciò che ha tratto in errore gli archeologi si è, a
pjrer mio, l'essersi sviluppata poi la personificazione di
Ronu colla galea in capo; circostanza che ha fatto loro
ilcgjrt; due figure affatto differenti; cioè, l'una con elmo
lUio in capo e con cimiero ed intomo al collo monili ed
Itri ornamenti, cose tutte che accennano ad un vestiario
dell' intera persona corrispondente alla ricca acconciatura
capo; l'altra invece che ha qualche volta il capo sco-
no, ovvero coperto con un berretto fi*igio o con un sem-
icissimo elmo basso e senza cimiero e vestita poi in modo
Imamente guerriero. Per lo contrario le altre cittA che
nelle loro rare personificazioni non ebbero figura guerriera
non fecero venire in mente ad alcuno che potessero avere
qualsiasi relazione col capo di Pallade Poliade. Finalmente,
ichc lo stesso Kenner osserva (2) che le teste dei diritti
ono sempre uguali e che è sulle intere figure del ro-
vescio che bisogna fermar T attenzione per lo studio dei
cambiamenti del tipo di Roma che seguono quelli dell'alle-
goria e dell'ideale politico del popolo, ed io aggiungo che
questo fatto ci dimostra ancora una vola che la testa dei
diritti delle monete non rappresenta Roma, tanto più che
col progredire dello Stato romano quell'antico capo termina
per iscomparire dalle sue monete. Dopo di che, facendo
tewro dell'osservazione dell'autore tedesco, entreremo senza
(i) Non tstarcmo qui a ripetere gli eccellenti argomenti addotti
dai Klùgmann per dimostrare che la lesta coll'elmo alato non può
**tpc la significazione dì Roma; ci limiteremo perciò a rimandare
alla p. 46 e sgg. àc\ suo lavoro già citato, dove egli esamina \x que-
icìonc con sicurezza e precisione straordinaria.
(t) Op. cit., p. 15.
^^qualsi
Mnchc
^Bestari
^■▼cscic
76
più a parlare dello sviluppo della Hgura intera dì Roma^
delle sue caratteristiche e della sua origine.
§ 2. — Origine del tipo
e suo svolgimento &opra i denari repubblicani.
Un fatto abbastanza strano si è quello di trovare dap-
prima personificata Roma nelle citti gi'eche dell' Italia e
dell'Asia Minore (i), tra le quali Smirne le aveva già
dal 559 di R. innalzato un tempio (2). La cagione .di
questo fatto mi sembra si possa giustamente attribuire, se-
condo che osserva anche il Preller (3), all'avere le città
greche dell'Asia Minore volto lo sguardo a Roma per averne
appoggio, seguendo Tesempio di Rodi e dei re di Pergamo;
tanto più che il secondo tempio alzato in onore di Reina
da un'altra città greca, Ahibanda, fu in seguito ad un'am-
basceria spedita a Roma per la guerra che alcune città ave-
vano intrapreso contro Perseo. Quanto alla dedicazione di
questi tempii, siccome il culto di Roma ebbe poi uno svi-
luppo sino ai tempi tardi, ne faremo oggetto di un capitolo
speciale. Per ora, accontenundoci di questo cenno che è
in relazione colla figura di una moneta dei Locri epizefiri
che esamineremo più tardi, vediamo qual fosse e donde
fosse presa la figura di Roma, h noto che cssù. fu dapprima
personificata sotto le sembianze di una donna con corta tu-
nica succinta che lasciava scoperta una mammella, ordina-
riamente la destra, con una piccola e semplice galea in capo,
parazonio al fianco ed asta in mano. Generalmente seduta,
Roma aveva aspetto tranquillo, benché, come si è potuto
(l) Sestini, Dcscri^. d'alcune m<d. del princ. di Dan.,
tav. n, 8.
(a) TAcrro, ^«w., IV, $6.
(3) Ròm.Myth,, I, 35$ e sgg.
Evoluzione del tipo di 'T^oma
rlredcrc, si le sue vesti che il suo trono, spesso formato da
un mucchio di armi, la indichino eminentemente guerriera.
Due sono i tipi dai quali si vorrebbe far derivare questa
primitiv.i figura di Roma: Tuno, secondo il Kenner (i),
jalla imazzonc di Fidia; l'altra» secondo il Cavedoni (2),
He figure rappresentanti l'Etolia, impresse sulle monete
diqudla regione al tempo delle ultime sue lotte per T in-
lipcnJcnza, Esaminiamo ambedue queste opinioni.
n Kenner crede che la figura di Pallade Ippia, perduto
togni lignificato speciale tranne quello di fondatrice e prò-
Mtricc di citti, fosse confusa con quella delle ninfe od
naanni, le quali, anche secondo la leggenda, erano fon-
ditrici di citt;\, e che alla rappresentanza di questo concetto
|abbia servito di tipo l'amazzone di Fidia, dalla quale derivò
«1 anche la figura di Roma. Ora io non so quale ana-
gia possa avere la Pallade con una eroina essenzialmente
na e come la figura della dea olimpica possa passare
oi in queUa di un'amazzone, e per quanto sia maggiore
relazione che corre tra questa e la figura di Roma di
qucDa che corre tra Pallade e la stessa figura di Roma, non
credo tuttavia che a rigore si possa dire che questa sia de-
rivau dall'amazzone di Fidia. Infatti l'amazzone fidiaca (3)
ovvero quella creduta un' imitazione dell'altra di Poli-
cleto(4) hanno veramente una corta tunica che non giunge
i coprire le ginocchia e nuda la mammella destra, ma, se
hcac guardiamo, differenti tutte le altre parti del vestiario.
L'elmo è più stretto al capo che non quello di Roma, e,
mentre questa ha calzari assai alti, le amazzoni non hanno
che una piccola cinghia che involge il tallone sinistro per
■adattarvi lo sprone: nelle armi poi nessuna rassomiglianza:
Tion scudo rotondo come Roma, ma peha, non asta e para-
ti) Op. cìu, p. 22.
(*) %ir- P- M7 ; SficiUg., p. 74.
(j) WiESELEK, Aliai lu K, 0. MùìUr Haudb. Taf. XXXI, tomo I.
(4) PiRANESi, Race, di statue, n. j.
fi
qA. T^arisoti!
zonio ma scure: la figura poi è sempre in movimento cor»-^
lato mentre Roma è sempre in riposo. Tutte queste paJ*^
colarità dell'azione e delle armi sono, è vero, accessori,
tali da cambiare interamente il carattere di una figura,
infatti, se si faccia astrazione da tali accessori, che cosa re:
di coniuae nelle due figure ? La sola tunica corta e la mai
molla scoperta. Ma questa coincidenza dei tipi non b<
per concludere che necessariamente l'uno è derivato da
Taltro. Senza bisogno di ricorrere ad alcun tipo anteriort^
gli operai, gli schiavi, i marinai non erano tuni vestiti dell
tunica icoò\d^ ? Vulcano stesso e qualche volta Ercole nor»
hanno il petto scoperto dalla parte destra? Rqual' altra po-
trebbe essere la cagione di ciò se non che gli operai e gli
eroi e cosi anche le eroine, avendo continuo bisogno di
agire liberamente colla destra, lasciavano da quel lato di ap-
puntare la tunica sulla spalla? Ne alcuna difficolti può fare
che anche le donne usassero di un tal mezzo per rendere
spediti i loro movimenti, giacché quelle che cosi si rappre-
sentano sono eroine, cioè donne di sentimenti ass:u virili.
Una tal foggia di vestire è dunque necessario attributo di
chi s' immagina come attivo e guerriero, ed appunto come
tale è immaginata Roma che, lungi dall'aver carattere dì-
vino, è invece essenzialmente eroica. Anzi mi parrebbe .assai
coerente ai racconti che ci fanno gli antichi di una Roma
figlia di Telemaco o figlia di Ulisse o moglie di Enea o di
Ascanio, immaginata come una matrona guerriera che ha
col suo braccio aiutato lo stabib'rsi dei profughi Troiani sul
suolo latino, ha, in una parola, veramente combattuto, e dopo
le vittorie si ò tranquillamente assisa sulle spoglie de' vin-
citori (i). Si potrebbe però opporre che anche iMinervo,
benché abbia caranere essenzialmente guerriero, non ha
mai né il petto nudo q^ la tunica corta e che perciò queste
(t) Per altre leggende relative al nome di Roma cJ alU vita del- ,
rcroÌDd, V. Atto Vannucci, Si, (UlVlL ani., I, $67 e sg., nota b
Evoluzione del lipo di 'T^ma
non Jicno caratteristiche necessarie di una figura guerriera.
Ma quest'unica figura di Minerva non segue il tipo generale
per molte e potentissime ragioni. E primieramente quanta
distanza tra Minerva e Roma! La distinzione che si è fatta
di dei e semidei non risponde forse a qualche cosa di vero
Indi' inrima natura della mitologia greci ? Non faremo dun-
que alcuna differenza tra una delle più potenti divinità olim-
piche, figlia dello stesso Giove, eJ una eroina tutta terre-
stre, figlia di un mortale e che pure in istretta relazione
cogli dèi acquistò l'immortalità coU'opera del suo braccio?
Mincn*! inoltre è vergine, e come tale le sue vesti, il suo
ponamcnio debbono essere essenziahuente modesti. Se poi
queste considerazioni sul concetto di Pallade non dessero
abbastanza ragione della differenza della sua figura da quella
di Roma, altre considerazioni di fatto non saranno di minor
K Possiamo dire infatti con tutta certezza che Minerva
non ha bisogno delPabito amazzonico perchè, sebbene guer-
a ed amante di battaglie, non combatte mai coi mezzi
i. A lei basta di scuotere Tegida e di mostrarla al
ico perchè esso cada ; fra le mani di lei Tasta è un puro
imbolo dì divinità, ma giammai se ne serve per colpire
Essa e cosi tutte le diviniti nei poemi omerici sono, per dir
cosi, nel punto più umano della loro evoluzione: da quelli
in poi si vanno sempre più divinizzando; ebbene, consi-
deriamo Minerva nelYIlidde e vedremo quante volte e come
csiu combatta.
Pallade, figura principalissima del poema di Omero, è
menzionata in esso più di trenta volte: fino dal principio
scende non vista e prende per le chiome Achille impeden-
d^\:;li di scagliarsi sopra Agamennone (i) e nello stesso
libro e ricordata come colei che, insieme a Giunone e Net-
tuno, tentò di legar Giove (2) : comparisce poi allordiè in-
(0 Lib. I, V. 194,
I2) Ivi, 597,
So e£ Tarisotti
duce Ulisse ad opporsi ai Greci fuggenti (i) e nel libro IV,
prendendo la figura di Laodoco, persuade Pandaro a rom-
pere i trattari scagliando uno strale a Menelao (2). Fino a
questo punto la dea dalle luci azzurre prende parte all'azione
de' Greci solo come consigliera, ma nel libro V si pone a
fianco di Diomede e gli fa fare prove di valore tali che
riptoTsia del figlio di Tideo si può dire in sostanza che sia
quella di Pallade. La protezione della dea comincia sino
dal principio del canto, Li dove si dice che infuse vigore a
Diomede (3) e poi, alle preghiere dell'eroe, gh ridonò l'agi-
lità giovanile: finalmente, non contenta di proteggerlo
dall'alto dell' Olimpo, si presenta a lui sono sembianze
umane (4) e lo confona e lo inanimisce a tal segno che
egli ferisce la stessa Venere, di che Pallade poi ride in cielo.
Ma volgendo a male le cose dei Greci, toma di nuovo nel
campo e sale sul carro con Diomede (5). Qui veramente
si potrebbe aspettare che ella vibrasse la sua lancia immor-
tale per abbanere i Troiani e per cacciare dalle loro schiere
l'impetuoso Marte: ma no; Omero ha avuto cura di dirci
che prima di scendere in terra si è gettata sulle spalle la
terribile egida col mostruoso capo della Gorgone (^). In-
fatti, come avevamo già detto, è con queste prodigiose anni
che ella combatte, e quando Diomede viene alle prese con
Mane, neppur allora ella scaglia l'asta, ma si contenta di
sviare Ìl colpo dell'avversario e di dirigere quello del suo
fedele (7), sicché il ferito dio, senza che ella abbia tirato
un sol colpo, fugge tostamente air Olimpo. L'azione di Mi-
nerva nel libro VII ed Vili ha luogo in cielo ed è solo
(i) Lìb. II» V. 175.
(2) Lib. IV, V. 86.
(3) Lib. V, V. I.
(4) Ivi, 121.
(5) Ivi, 857.
(6) Ivi, 738.
(7) Ivi. 853.
j'olu^ìoue del tipo di T{oma
8r
r (i) che scende di nuovo fn terra, ma anche
are i Greci onde restino vincitori nella lotta
i cadavere di Patroclo. Finalmente, dopo aver
ristorato con ambrosia Achille, nel libro XX
I e vi continua a combattere pe' Greci : ma
rolti nel solito modo, cioè sviando il colpo
Wz scagliato ad Achille (a), e da ultimo ella
iddosso a Marte un sasso (5) e colpisce poi
nere che era andata per soccorrere il caduto
questi i soli colpi che ella vibra e sempre
oli : ed è anzi da osservarsi che le armi non
rllo della forza di Pallade, perchè non ne
digressione sul modo di combattere di
s ,' .\\ troppo lunga ove si consideri di
'-• stabilire una dilTercnza tra le ninfe
^rrestrì e la invitta figlia di Giove e che per
isscre essa interamente armata ed interamente
!> opporsi a ciò che dicevamo per V innanzi,
sso conceno di una persona che solo anenda
ni è necessariamente unito coli' idea di una
e che lasd liberi i moti della destra.
E":>ne gii accennatadcl Cavedoni, secondo
orna avrebbe preso le mosse da quello
tra le due figure si riscontrino parec-
tuttavia è assai probabile che il monetario
tratto il suo tipo dalle monete etoliche (5).
mpressa adunque V Eiolia sedente sopra una
i, coll*asta nella destra, il parazonioal fianco,
immagine della Vittoria nella sinistra, col
v. SM.
'. 438-
V. 405.
, op. cit, p. 17.
fi. Società romana di itoria patria. Voi. Xt. 6
82
<yl. Tarisotti
braccio disteso in arto di incoronare. Le differenze ch^
Klùgmann trova tra questo tipo e quello di Roma se
costituite principalmente dall'essere Roma, dice egli, ic
teggiamento più modesto, e dal reggere Tasta colla sinistì
ed in modo piuttosto proprio di un pastore che di un guc
riero. Ma tali osservazioni possono flirsi solo sul dcnariCj
che egli considera (i), nel quale Roma è figurata con abitol
piuttosto lungo e perciò non corrispondente a quello del-]
r Utolia e coll'asta a traverso sul braccio sinistro, ma non
sugli altri e specialmente su quelli coniati in Nicoraedia Ja
Papirio Carbone (2), i quali ci fanno vedere in queUa vece
Roma sedente su spoglie con asta nella sinistra e Virtoria
nella destra e su moltissime altre del tempo più tardo. La
vera differenza che mi sembra che corra tra la figura del-
l' Ktolia e quella di Roma è nella copertura del capo ; quella
porta la causia, ciò che ha fatto pensare sia un'allusione
alla celebre caccia del cinghiale Calidonio: questa invece
ha quasi sempre la galea, se si eccettuino alcuni pochi de
nari nei quali e a capo scoperto. Per ispiegarc questa diffc-|
renza però si può assai facilmente congetturare che in questa
prime monete dove Roma è a capo scoperto si sia presj
la figura dell' Etolia togliendole la causia non adatta a si^
gnificarc Roma, e che subito dopo vi sia stata sostituii
la galea come assai più corrispondente a lutto il carattcr
guerresco della città ed al resto della sua figura.
Ed ora, considerata l'origine del tipo di Roma, possiamc
passare a far qualche osservazione sopra le singole rapprc^
scntanze del tempo repubblicano.
La prima che incontriamo, secondo che gii abbiamc
detto, non è su moneta romana, ma sopra un didrachmon^
dei Locri epizciìri che, secondo il Kliigniann, rimonta al-
Tanno J48 di R. (3). In questa moneta Roma è espressa
(t) Riportato anche dal Morelli, Vuw.t'd, «Fam ìuc ««tav. 1,0.7^
(2) MouftLta, Sum. iv/., a Pjpiria », Ictt. C, D, lì. F.
(0 Op. cii., p, 9.
turione del lipo di ^l(oma
83
l^liffcrcntc da come fu poi effigiata sui dc-
^■k anzi che mi par dì vedere meno adatta
jloma questi figura che le altre. Infatti essa
iim lungo chitone e seduta sopra una sedia
pò scudo: su questo ella appoggia il braccio
il 6anco sinistro il para^onio: incontro a lei
l in piedi le pone in capo una corona: dietro
fino PQMH e dietro Taltra HISTIS. Il con-
kn di Roma in questa moneta il Ivlùgmann
lamente mi pare, desunto dal tipo della Mi-
e per questa ragione mi sembra che questo
t quella forza e quell'espres-sione speciale che
ima nelle altre rappresentanze. La presenza
; è spiegata assai bene come un attributo dei
lato anche in quelle poche parole che PIu-
X (i) dell'inno che i Calcidesi cantarono in
■nino ; cosi anche DioJoro (2), a proposito
:)rse furono cagione del conio del didrach-
i Locri invocarono t^jv tG>v Ttojiofwv moTtv
ero ai danni loro arrecati da Plerainio (3).
li rannodano bene quelle rappresentanze assai
: quali Roma ha un carattere più spiccata-
ma lo sviluppo vero della figura di Roma
lordi mtt'altro. Gii nel secondo periodo mo-
lo la divisione del Mommsen (4), cioè quello
00 al 620 di Roma, comparisce sul rovescio
upa lattante i gemelli sotto il fico ruminale,
il pastore Faustolo che mira il prodigio ap-
gedo, e sui rami tre uccelli (5). Questa non
TI. $>
CIX, 6-9, i6-ai) fa dire airambasciaiorc de' Locri
'OS vestramque fidem supplices confugìmus ».
ròm, MuH^ut.
, « Pompeia »;Mommses', op. cit., p. 551,0. i -,9.
84
e^. Tarisotti
è che una preparazione di una compiuta immagine della leg-
genda romana, la quale si trova effigiata più tardi sopra alcuni
denari anonimi della quaru epoca (^40-^50 di R.), dei quali
abbiamo già dato qualche cenno di sopra. In essi (i) Romi
lunga è seduta sopra una congerie di scudi ed è vestita coihI
tunica (2) : ha in capo il herreno frigio e regge colla si-
nistra Tosta alquanto penduta come fosse un bastone pa-j
scorale: innanzi ai piedi la lupa colla testa rivolta versa
di lei allatta i gemelli e nel campo due uccelli volano
senso opposto verso la figura di Roma. Sebbene sia gii
stissima Tosservazione del Kenner (3) a riguardo di questo
tipo, li dove dice che la lupa è cosa interamente staccata
dal resto perchè essa non 6 che il simbolo del monetario,
tuttavia questo uso di porre rerableraa della propria fa-_^
^gl^«^ g^^ quasi abbandonato nella terza epoca, è statof
assai opportunamente richiamato in vigore in questa rap-
presentanza (4). Cosi, riguardo ai due uccelli volanti nel
camf>o del denario, il Klùgmann (>) li vuole posti là per
un fine puramente artistico, cioè per empire quello spazio
che altrimenti sarebbe rimasto troppo vuoto : e sia pure
cosi, ma questo e certo tuttavìa che non si poteva con
maggiore pienezza esprimere in poche figure tutta la leg-fl
genda di Roma. Il berretto frigio, la lupa, gli uccelli ed
il modo atfano speciale col quale Roma regge qui Tasta
ci fanno pensare alla leggenda troiana, al miracoloso al-
lattamento dei gemelli, alla scoperta di Faustolo e final*
mente alTaugurio dì Romolo. Gli scudi poi sui quali è
seduu Roma ci continuano, per dir cosi, la storia e ci
(i) Cohen, tav. xim. n. 14 incerti; Ricao, uv. lkxi, n. j;
Morelli, Sum,, « Fjm. ine. », tav. i, n. 7.
(2} Per la piccolezza del tipo non si può distinguere se abbia il J
petto nudo.
(0 Op. ciL, p. ii, n. 4-
(4) Ci. anche il Klùcmakn, op. cìi., p. 15.
(5) Op. cìi.» p, 16.
^onlpSn^lef tipo di l^ma
^tto dcrirnugurio di Romolo» cioè la potenza
lerivò da quello e fu cagione delb gloria di
h lupa (i), sebbene stia per sua mossa con-
rivolto ali* indietro, mi fa supporre che non
to tipo si volga a Roma: poiché, essondo il
! sacro a Marte e Roma figlia di questo
giusto che la lupa volga a lei la cesta, quasi
comando. A questo tipo si rannoda anche
lam Licofrone (3), il quale presenta Roma
a sibilla o profetessa consigliera di Evandro,
le si considera, d.ilh rappresentanza del di-
Ipresente, anzi che procedere, si è Fano un
; d^Ila Roma coronata da Pistis ed altera-
ci posizione simile a quella di Minerva, siamo
semplice figura che non ha superbi emblemi
in'altra può essere, a mio parere, la cagione
Bere quel tipo coniato da stranieri che cer-
larc la potente città e cattivarsene cosi la
ntre questo, sebbene sia lavorato da mani
ndo aver corso in Roma stessa, esprìme il
nde che il popolo aveva di sé e dei suoi
icndcre tuttavia di innalzarsi al grado di
RI
i
estini di Roma si vanno mano a mano av-
appresso all'altra le città cadono sotto il suo
, esce dalla lotta sempre più potente, sempre
e posizioni della lupa sui monumenti romani: at-
ifferenzj : atteggiamento di vigilanza: atteggiamento
I e più diffusamontc il Tomassetti, Musaico mar-
"^ohnna, Roma, tip. della R. Acc. dei Lincei, 1886.
. V. I.
està idea anche Tinno ile P«,u.in^ attribuito a Me-
Specimen script. Gracc. min., p, 9 ; Stobeo,
i
r. lajj.
B6
C/I. Tarisotii
più grande : cosi nelle rappresentanze Roma assume figura
ed officio sempre più nobile. Infani subito appresso al dc-
narìo anonimo, di cui abbiamo gii parlato, troviamo nella
stessa quarta epoca il denario di M. Fottritts L- F, che ha
sul rovescio Phiìi Roma ed una donna galeata e stolata
che colla destra pone una corona sopra un trofeo di anni
galliche mentre colla sinistra regge lo scettro (i). Questo
tipo, nel quale Roma fa le veci di Vittoria, serve poi come
di passaggio a quelli che seguono. È mirabile pertanto il
vedere con quanta gradazione si passi da una rappresen-
tanza all'altra. In un denario della g^ns Cornelia coniato
circa alla meti del periodo quinto, Roma è in piedi col-
Pdmo in capo e la lancia in mano ed è coronata dal genio
dd popolo romano figurato in un giovane seminudo che
colla destra pone l'alloro sulla testa di Roma, mentre nel-
faltra mano ha il corno dell'abbondanza (2). In questo
tipo adunque Roma ha fatto un gran passo : invece di
coronare, essa stessa è coronata: non però da Vittoria, ma
dal proprio genio. Si potrebbe perdo interpretare quesn
npprcsenunza dicendo che ella in ceno modo si incorona
èi sL Finabneme nello stesso periodo te famiglie Ca/àlùi
t PoUìda pongono sui denari loro la figura di Roma, quasi
riassumendo tutte quelle precedenti, e U rappresentano se-
duti sopra anni, eoo cimo in capo e paraionio al fianco,
ooHa landa e connuca dalla Mnoria (3). Tutte queste rap-
presentanse, cooiedii coniate quasi neUo stesso tempo, d
fiuino ve«kre come per gradi il concetto di Roma s'an-
dasse auoMotando in conispoodenia cogli avvenimenti. Da
qjoindo s*cn comincitto a oouarerarscnto, infatti, s'erano
fato grasfedi passi. La distniaone di Cartagitte, di Corinto,
dì Kumansia avevano enonacmeoce ingrandtco il dominio
(3> ìikiOTt», Thm^ m F«k«^ 01; Omkk. tir. xn. • Fona*. $.
\j> Omkx t«T. xnr^ « Condu », hl $ e ^
\j> Omkx ttv. xnr^
{%) Cernasi^ i«v,\
>C«cc£a a, a. 4, 1
u*olu\ione del tipo di "J^ma
87
Ica : negli ultimi tempi poi la guerra Giugur-
Ko&i vittoria di Mario sui Cimbri e sui Tcu-
tompiutaracnte assodato le conquiste già fatte.
|)ndizioni si erano venute proparando intanto,
ivano ritardare la dilatajtionc maggiore della
^na. I rapponi dell'Italia con Roma intomo
\ erano tali che non era più possibile evitare
Otta. L' Italia che era stata tanta pane della
pa in tutte le sue ultime vittorie reclamava
jg] una giusta ricompensa. Perchè gli alleati,
con un nome che mentiva la loro vera con-
ggetti a Roma, mentre avevano si grande-
>uito a ridurre in provincie tanti paesi, non
frc quella parte che loro spettava nel governo
Era possibile che il nome ed i diritti di dt-
10 restassero ancora prerogativa solo di una
del popolo mentre tutti colle loro forze ave-
Roma nelle conquiste ? Kd essi giA, col desi-
sicurezza che dA il diritto, la consideravano
omune e come tale volevano che fosse loro
lai Senato, anche a costo di dover sostenere
li con una guerra. E la guerra infatti scoppiò
a, terribile più di quelle combattute cogli stra-
; guerra civile. Non è necessario dire che
quel grande rivolgimento italico che fu la
BjK non poteva essere a meno che un av-
^Qnta importanza non si riflettesse anche
ata. Le monete di quel tempo sono piene di
ri alla lotta: si combatteva con tutto ed il
esprime quest'idea in quelle parole: « Romani
antum sed et nummorum typis contra Italos
ic suam suae omnibus Italiae civitatibus prae-
.... expresserunt » (i). Noi ci contenteremo
:;., p. 460. Beachc, a dir vero, egli dica queste pa-
Q
di notare i tipi più cospicui : ed in primo luogo osserviamo
che nelle monete romane, le quali hanno qualche allusione
alla guerra sociale, Roma non indossa più il suo consueto
abito amazzonico, ma è vestita di toga. Non si poteva im-
maginare una più felice trasformazione del tipo: poiché chi
considera V importanza che aveva presso i Romani la fog-
gia del vestire (i) e quale stretta attinenza essa aveva,
dirò cosi, colla condizione giuridica di una persona, s'av-
vedrà di leggieri che Io scopo degli alleati italici nel sos^H
nere la guerra sociale si poteva ridurre alla conquisu d«lf
toga. La toga infatti fu, sino a tempi abbastanz.i tardi, il
distintivo del civis: nessun altro poteva indossarla, mentre
per lui era un dovere (2). Il poter portare la toga adunque
significava la possibilità di aspirare alle cariche 0 di poter
percorrere il cursus honorum e perciò di poter prendere parte
al governo della repubblica.
E che cosa chiedevano di più i popoli italici? Ma Roma,
che voleva serbare a sé tutti questi diritti, indossa la toga
nel tempo della guerra sociale per affermarli propri e per
dimostrare ancora che ella combatte appunto per ciò che
abbiano solo i suoi figli la piena civitas. Un'altra osserva-
zione importante si può fare sull'essere Roma in questo
tempo rappresentata assai più spesso in piedi, con atteggia-
mento più fiero e con tutte le armi, cioè elmo, scudo,
lancia e parazonio: circostanze le quali accennano ad un
passaggio dal carattere di tranquilla dominazione ad uno
assai più bellicoso. L'Italia, ali* incontro, rappresentata di
solito come una giovane inerme col capo cinto di splche
ed il corno dell'abbondanza tra le mani, diviene alla
role a riguardo di una moneta anteriore alla guerra Manica, tuttavia
ridca resta sempre giusta.
(i) Importanza che sì & mantenuta sino, si può dire, ai gin
nostri.
(2) Servio, ad Aen., I. 2S2; Pli\., Epist. 1\\ 1 1 ; Orazio, Odi, !
n. 5i V. la
Evoluzione del tipo di Roma
89
tolta guerriera ed usurpa in tutto la figura di Roma. Non
poche monete sannitichc (1) la mostrano seduta su scudi
.con asta e parazonio e colla galea In capo: d'altronde la
leggenda ITALIA non ci lascia dubbio sulla intcrprt;tazionc
della figura. Anche Libertas è espressa in modo simile, salvo
che col piede sinistro calca un globo, quasi a significare
che quella stessa liberti che gli alleati volevano per so stessi,
volevano anche per tutti- Un'altra moneta dei confederati
porta impresso un simbolo abbastanza significativo sul ro-
vescio, cioè un bue che colle corna dA addosso ad una
lupa gracile (2). Ognun sa come il bue od il vitello siano
Temblcma dell'Italia: ora il vederlo in lotta con una gra-
cile lupa ci fa chiaramente intendere quanta fossero con-
sapevob* della loro forza gli alleati italici, i quali così giudi-
cavano che la potenza della lupa, cioè di Roma, perduto il
loro appoggio, sarebbesi ridotta a ben poca cosa. Un'altra
moneta di famiglia incorta (3) compie il quadro della lotta:
in essa Roma in piedi, cinto il capo di galea ed appoggiata
all'ajta, indossadatoga e col pie sinistro calpesta la gamba
A* un bue che giace presso di lei :
et Ucvo pressit pede .
exanimem (4).
Da questa bella composizione che ci mette in mezzo
^li odi della guerra (j), passiamo ad altre moneto nelle
<liuli con non minore evidenza è rappresentata la condu-
zione della pace. Sul diritto di queste i capi congiunti
(1) CakeU-X, V. V. /., w Num. foed. belli Marsici », 25. 26, 27, 28.
(3) Carelli, ivi, n. 2.
(}) M0RU.LI, Tììcs.t u Fam. ine. n, tav. i, n. 4.
U) VtRG. Ain., X, 495.
f j) Altre monete ci indicano avvenimenti della guerra stessa : in
I flcclU, p. e,, pubblicata dal Friedlander, Oik. Mun,, p. 84, uw. io, 13»
^uc ggerrìerì che si stringono la mano fanno pensare all'alleanza dei
t.eonfcJerati con Mitridate.
90
e^, Tarisotii
del]' Onore e della Virtù, questa annata di elmo, quello
adorno di corona d'alloro, sembrano come corrispondere
Tuna ;ill' Italia, Taltra a Roma (i), le cui figure sono sul
diritto: ed insieme forse alludono al tempio innalzato da
Mario. Nel diritto adunque delle monete di cui discorriamo
è celebrata la Virtù, cioè il valore guerriero di Roma, e
I* Onore, cioè il decoro che Roma stessa riceve dall' Italia.
Il rovescio di questi denari ce la mostra in forma di una
giovane vestita di stola col corno dell'abbondanza in mano
e che stringe la destra a Roma, la quale ha ripreso l'antico
abito succinto, ha deposto scudo e lancia e tiene nella si-
nistra uno scettro come simbolo d' imperio (2). Cosi Roma
ed Italia stringendosi in alleanza sì promettono un reciproco
aiuto: quella assicurando a questa Tassistenza sua forte, e
questa concedendole di ricambio tutta la sua ubertosità. Due
nuovi simboli però conip.irÌ5Cono in questa moneta: dietro
r Italia il caduceo che serve a ribadire l'idea della pace:
giacche, secondo che osserva il Klligmann (3), esso non è
solo attributo di Mercurio, ma eziandio della Pace, Sotto il
piede destro dì Roma poi è disegnato un globo: attributo
nuovo, ma che diviene quindi innanzi frequentissimo. Il
tempo in cui fu battuto il denario or ora esaminato non
si può determinare esattamente, essendo incerto a qual gente
appartenessero i due monetali Cordns e Kaìnins, 1 cui nomi
si trovano scritti quello sul diritto e questo sul rovescio della
moneta. Tuttavia, dopo una serie di congetture abbastanza
probabili, il Klùgmann (4) conclude che Kaìnius potrebbe
essere quello stesso Q, Fujìus Q. F. Q. N,, il quale sarebbe
stato triumviro monetale circa nel 681 di R. e tribuno
(i) Anclie il Visconti osserva che la figura di Roma e la ste
che quella dì Vìrtus: ed è realmente così, se non che eoo altri dlstin-
livi diviene Virtus popuìi romani.
(2) Morelli, Thes., u Fufia », I, « Macia o, I.
(j) Op. cìt., p. 34.
(4) Op. cit, p. 30.
Eifolu\ione del tipo di ^^oma
91
I
¥
I
del popolo nel 693 di R. e console nel 707 di R. Questa
data assegnata al denario non sari ceno troppo recente se
si considera che una moneta che spira in tutto pace e con-
cordia non si può supporre coniata se non dopo terini-
nate le guerre civili che furono come un funesto seguito
della guerra Marsica. Ora, quanto alla parte formale, giust.i
mi pare l'osservazione del Kliigmann, secondo cui l'idea
Jcl globo sarebbe derivata da quello che è attributo costante
della musa Urania, la cui statua si ammirava nel palazzo di
Pirro. Quanto all'allegoria è assai facile ammettere che,
pacificate le cose interne, la repubblica seiitivasi forte nei
domini di recente acquistali e colPamicizia di NicomedelII
di Bitinia poneva un piede nell'Asia. Inoltre, circa allo stesso
tempo, si preparavano le guerre Mitridatiche, colle quali la
repubblica si estese su que' regni che erano l'avanzo doU'an-
tico imperio di Alessandro. Essa perciò si sentiva erede di
quella vasta monarchia e dominatrice del mondo.
Unhilus P. f. L. n. ha introdotto, forse pel primo, questo
segno del globo sulle monete romane, ponendolo però sotto
il piede dei genio de! popolo ; ed anche Cru Corndìus Leu-
tulus MarctUhms aveva posto il mondo sul rovescio di alcuni
suoi denari in mezzo ad altri simhoh (i). Ma l'emissione
di<)ucsd denari, anche secondo le congetture del Kliigmann,
cadrebbe circa dal ^81 al ^83 di R., per essersi trovati al-
t-Tini di essi nei ripostigli di Roncofreddo e Frascarolo (2).
Una tale frequenza adunque di monete collo stesso simbolo
di imperio ci dimostra come questa idea allora nascesse od
ilmciio cominciasse a dominare la mente del popolo, sicché
CS50 allargò iJ significato delle tradizioni circa la sua origine
divina e i suoi gloriosi destini, congiungendo il sentimento
di se stesso, fatto potente dalle recenti vittorie, ali* idea del
dominio del mondo. Né mi sembra che si possa ammettere
(1) Klùgmank, op. ciL, p. ^a
(2) Ivi, Ice. cit.
92
C^. TarisoUi
CIÒ che dice il Keniicr (i), il quale iaterpreta questo scg
del globo come una millanteria, poiché, oltre ad essertì
pugnante al carattere positivo de' Romani, non sarebbe sta
sanzionata dallo Stato coiresprimerla sulle monete. La spie-
gazione storica mi sembra invece assai più probabile per
la ragione che, sebbene il principio della potenza di Roma
sia stata la distruzione di C;irtagine, tuttavia, per coloro
che erano parte de' fatti, che noi oggi consideriamo come
compiuti, la cosa andava in modo assai differente. Essi do-
vettero aprire gli occhi sulle soni della repubblica assai
tardi, quando, cioè, compiendosi gli effetti di quelle cause
che gii da tempo erano avvenute, si trovarono d'un tratto
potenti in tanti paesi diversi e lontani dall' Italia. Infatti, il
globo e la vittoria e lo scettro in cambio dell'asta, tre em-
blemi che d*ora in poi divengono frequentissimi, accen-
nano chiaramente ad una trasformazione del concettoj^f
Jìoma, da quello guerriero a quello di dominatrice e reginB
Un'altra caratteristica è il ritorno delle leggende che ci
mostra il legame tra la orìgine divina dL;lla cittA e il suo
destino (2). \Jw denario di C. Eguatìus Maxstwms Cri, f,
CtL H. ci mostra Roma con tunica e manto e colle solite
armi: l'intera figura è disegnata di faccia, in piedi, e colla
gamba sinistra sopra una testa di lupo, mentre accanto a
lei sta Venere vestita in modo simile, salvo che senza elmo
in capo. Questa seconda figura è caratterizzata da Cupido,
che è disegnato tra le due e vòlto verso Venere : ai lati
esterni poi dell' intero gruppo due remi infissi in prora di
nave (5), a riguardo della qual composizione osserva il
Klùgmann che Roma qui è sostituita a suo padre e perciò
(i) Op. cit., p. 24. ^
(a) Sebbene un poco più tardi del tempo di cui discorriamo, mo-
strano questo ritorno nirantico anche alcuni denari di Sesto Pompeo
(MoR., Tìici,, « Pompeia w, lav. ni, n. 5), il rovescio dei quali mostra la
rappresentanza della lupa e di Faustolo che abbiamo già considerato.
(5) Cohen, « Egnatìa », xvii, i, 2, 5.
Ebollizione del tipo di T{oma
93
fa le veci di Marte (i). Quanto al remo infisso nella prora
di nave potrebbe essere si un'allusione alle recenti vittorie
Dav;ilisui pirati come un ritorno all'antico simbolo dcirasse.
^^11 nome di questo moneurio è citato da Cicerone ad At-
^Bco (a) e sembra che vivesse nel 704 di R. Anche sui de-
^Hoari di Sex, Nonim Sufiiun Roma comparisce di nuovo se-
^Hduta sopra una lorica, colle solite armi e le solite vesti, e
^fcoron.ua dalla Vittoria, la quale colla sinistra regge una
palma (3). La presenza della Vittoria però ha in questo
tipo una importanza diflcrente: poiché, mentre è un attri-
initodi Roma, risponde anche alla leggenda PR. L. V, P, F.,
'Dcordemente interpretata dal Pighio e dal Mommsen (4)
me praetor ludos l'ictoriae primns frcit. S'allude perciò ai
man Istituiti dopo la vittoria di Sulla alla porta Col-
ta (5) avvenuta nel 672 di R., ma la moneta sarebbe stata
niaia circa nel 692 di R. essendosi ritrovata nel ripostiglio
li Compito che risale al 6<)6 di R. (6). Ma nel denario qui
wpra riportato, forse per gli avvenimenti differenti a cui
amia, mancano gli emblemi del globo e dello scettro clic
'pra alcuni quinari di T. Carisio (7), circa del tempo di
ulio Cesare, sono rimessi in vigore: sopra altri poi dello
lesso monetario (8), il rovescio porta un globo, una de-
feda, un timone ed un corno di abbondanza in mezzo
una corona di alloro. Finalmente nei denari di C. Vilnus
^fifisa C*J\ C. rt. (monetario nel 71 1) (9) troviamo i soliti
it) Op. cit., p. 40, oltre il chiaro accenno alla leggenda uoiana.
(J) xin, 54.
(j) Cohen*, « N'onia 0, xxix.
(4) Op. dt, p. 62), n. 26J.
(5) Appiano, Dì R:tìo civ,, XCIII, 94 ; Plut., Sulh, XXIX, 30;
P«u.Pat., II, 27.
(^ KlOOMANN, Op. cil., p. 43.
(7) Ivi, op. cit, p. 44.
(8) Morelli. « Carìsia », vi.
(9) Ivi, « Vibia », 2.
94
C^. Tansotii
attributi dati a Roma incoronata dalla Vittoria volante
di lei. Qucst*ultima forma, usata assai spesso .inchc con
altre divinitA, non è che un modo per dare maggior im-
portanza alla figura che deve essere incoronata : poiché,
mentre nella fomia che abbiamo riscontrato prima, Vittoria
rende questo onore a Roma, restando però pur sempre
uguale a lei, in quest'ultima maniera si fa di Vittoria una
messaggiera spedita da Giove, divinitA nicefora per eccel-
lenza (i), per deporre l'alloro sulla testa di Roma, Questa
idea della differenza di grado è messa maggiormente in
chiaro dall'osservarc che presso gli antichi l'eccellenza di
un nume sopra i monali era significata dalla maggiore su-
tura loro o dal maggior loro peso e simili (2). Altre va-
riazioni meno importanti nella figura di Roma si trovano
sulle recenti monete autonome dell'Asia Minore e special-
mente su quelle di Bitinia, Amiso e Nicomedia, nelle quali
ella conscr\*a il suo tipo consueto, ma prende anche alcuni
attributi che si potrebbero dire locali. Così, per esempio,
alcune monete di Nicomedia e di Bitinia, coniate sotto Pa-
pirio Carbone (3), mostrano sul rovescio Roma che intomo
alla galea ha una corona d'edera, attributo poco conveniente
per lei cui spetta piuttosto la corona d*alloro, ma tuttavia
facilmente spiegabile se si pensi al culto speciale che i Ni-
comedi avevano per Bacco. Infatti il diritto della slessa mo-
neta è occupato dalle teste congiunte di Ercole e Bacco, e
(i) La statua di Giove olimpico aveva in mano una piccola Vit-
toria che faceva atto di incoronarlo; la parola d'ordine dei Greci alla
battiiglia diCunassa era Ciu; awr^p xai NUvi (Senof., Anah., I^ viti, j6),
(2) NellV/mi/c, Marte, caduto, occupa sette jugeri (IL, XXI, 407)
e quando Minerva salìsce sul carro di Diomede ne fa scricchiolare
l'asse (7/., V. 859).
f^^Tf* ^'Mp*X' yi^'Tf»'*^; &^«i-«
Bpt^ooiJvr, liitit ^Ap ìt-^iH Sciv &v2ps -r*&ptffTOV.
Anche i Dioscuri superano di mezza la persona i loro cavalli.
(5) Morelli, 'Jlus., 0 Papìria », C, D, E, F.
mJujwfte del tipo di T{oma 95
to rappresenta il culto patrio, quello si riferisce
lientcmetite, siccome cmblemn della forza, alln
Rche campeggia nel rovescio,
oora rune le osservazioni fatte sin qui In uno
Krale, possiamo stabilire i seguenti punti capitali:
ìgura di Roma si sviluppa prima fuori della città
^bsai vicine a quelle delta PallaJe pacifera.
IPIrsonificazìone della cittA prende, per dir così,
mento in Roma, conformandosi a tradizioni na-
ssume una figura che ad esse accenna. Il suo
; ebbe dapprima in Roma un significato esclu-
titko e leggendario e tutto alludente alle prime
opolo, delle quali fu come una sintesi figurata.
[)ma, benché mai in movimento concitato, con-
: carattere guerriero e la sua allegoria passò
one dei vaticini, che promettevano a lei guerre
ionfi, all'espressione delle guerre stesse e dei
ti, rappresentati dai trofei, dalle corone e dal
re di Vittoria insieme con Roma.
nalmente la riflessione portata sugli avveni-
; ancor più il legame tra le antiche tradizioni
■nuti: e questo è mostrato dal tornare per un
a espressione delle leggende e poi di nuovo a
ta riflessione che il popolo romano portò su
ntrc s'accorgeva della veridicità delle promesse
le coi trionfi degli ultimi tempi della repub-
> nuovo carattere alla figura di Roma, Essa,
ittavia guerriera, ma crebbe a segno tale in dì-
:juistò il maestoso carattere di regina. Ciò fu
tarazione al futuro suo trasformarsi in divinità:
)ra però nulla si trova nella sua figura che ac-
che cosa di divino : ella non è altro che la
)ne della città e della repubblica.
alle figure speciali, il Kenner stabilisce due
t nel quale Roma è divinità locale, l'altro che
36
q4. TansoHi
comprende le allusioni ai vari fatti storici. Ma io credo e
si abbia a restringere assai il signìfìcato di divinità in que
caso, che, cioè, Roma sia diviniti locale, come Io è, f>
esempio, il Tevere, cioè collo streno valore di personi^
cazione e come tale riunisca in se anche l'idea dell'ami^
eroina progenitrice della schiatta romana. Il gruppo che
Kenner poi dice formato di rune quelle 6gure che acce*"
nano ad avvenimenri storici mi sembra poi che sia tutt*u»:i
colla personificazione della citti. In altre parole, siccom
molti avvenimenti formano poco a poco nuove condiziorT" j
sicché, come loro conseguenza, avviene un qualche rivo/
gimento che tutte le riassume e le sintetizza, cosi i \
tipi che alludono ai differenti fatti storici precedono e pi
parano la formazione del nuovo tipo di Roma vinoriosa
dominatrice.
E poiché siamo tornati a parlare del lavoro del Kenner,
quel che egli dice dell'aver il popolo romano perduto il
sentimento di nazionalità in seguito alle conquiste (i) tni
sembra che s'abbia a trasportare al tempo in cui i popoli
già conquistati cominciarono a mescolarsi ed a fondersi
in Roma, Cosi è vero ciò che egli dice della trasformazione
della sodeti romana e della perdita degli ideali politici,
ma mi sembra affrettata la conclusione che egli ne trae
che, cioè, questi rivolgimenti portarono nell'allegoria il
momento ufficiale (2). Invece mi sembra che la figura di
Roma, fino alle ultime che abbiamo considerato, conservi
ancora assai di vita e di significato: mentre quella osser-
vazione si può fare giustamente sulle monete del tempo
imperiale.
Ed ora, prima di abbandonare questa trattazione, noi
remo come la figiu-a che il Kreuzer attribuisce a Roma,
per essere troppo comprensiva, non risponde ad alcuna
(1) Op. eli., p. 20.
(2) Op. ciu, p. 19.
IL
CULTO DELLA DEA ROMA.
ipli ererti in onore di Roma ebbero una
lo sviluppo di questo culto ha, come è
k relazione coi vari mutamenti del tipo che
roposti di studiare, credo opportuno tener
culto e delle sue manifestazioni in un capi-
Quanto alla convenienza del porre questa
> lo studio sulle rappresentanze repubblicane
Ilo sulle imperiali, mi hanno indotto a ciò
primo luogo la storia dei templi comincia
i antiche figure sulle monete e termina, si
ondo secolo dell'era volgare; perciò è na-
ii questo soggetto tra la repubblica e Tim-
lo luogo il culto di Roma ha servito per
^ra un carattere speciale che riunisce in so
precedenti e forma il passaggio alla figura
xiale.
:he nella fine del suo lavoro dedica poche
to che imprendiamo a trattare, si contenta
templi ereni alla dea Roma senza ricercare
cagioni di un tal culto e quale importanza
ti Mytbologie^ p. 846.
?. Società romana dittoria patria. Voi. XI. 7
9«
C^. Tarisotti
esso abbia nella storia si del tipo di Roma e si del popolo-
romano.
II Klùgraanri no f.i un breve cenno sul principio del
suo opuscolo, ma più vi si diffonde il Preller nella sua ci-
tata opera sulla mitoloi^ia romana. Noi ci restringeremo
alle cose di maggior importanza, senza però perder d'occhio
il nostro scopo, cioè di conoscere quale influemsa ebbe il
culto di Roma sulle modificazioni del tipo di essa nelle
rappresentanze figurate.
Racconta Plutarco (i) che il console Flaminino diede
la libeni alle ciuA grecJie dell' Asia, e subito appresso sog-
giunge (2) che nella città di Calcide si cantava anche ai
suoi tempi un inno in onore di Flaminio che terminava
colle seguenti parole:
niaTi** dì 'Puaat(i>'f at^wui'v
Tdtv jAi^aXi'jATSTdrav spxoi^ fuXaaau^
C9[»a [JLi'-y»"» "Pwxotv TI TiTS'v 5* ì^lol 'Puuia'w* ti ir(anv
i^i'i riaiàn w TiTi ouTtp.
Tacito (3), dopo aver parlato delle undici cittd dell'Asia
che si disputavano l'onore di erigere un tempio a Tiberio,
dice che quelli che avevano migliori ragioni erano gli
Smirnei e i Sardiani: quelli tra gli altri loro meriti adduce-
vano « se primos templum urbis Roraae statuisse M. Porcio
« consule magnis quidem iam populi romani rebus, nondum
« tamen ad summura elatis, stante adhuc punica urbe et
« validis per Asiam regibus ». Confrontando adunque i rac-
conti di Plutarco e di Tacito, non potremo dubitare che
il tempio sia stato innalzato dagli Smirnei neiroccasionc
del fatto di Flaminino.
Nel 582 di R. poi la dtti di Alabanda nella Caria,
(1) n4w,t 12.
(1) Ivi, 16.
li) Ann., IV, s6.
volu\ione del iipo di 'T^oma
99
[altre in guerra contro Perseo, mandò un'ani-
Roma, e i legati portano come un vanto della
Paver cretto un tempio alla dea Roma e Tavcr
bchi annui in onore di lei (i), i quali saranno
ilmente quelli che spesso troviamo menzionati
I *Ptù^% (2). Dopo questi templi un'iscrizione
dd Liei (3) ora perduta sembra offrire al Se-
ve Capitolino e al popolo romano una statua
[ualchc altro anatema simile. Altre iscrizioni (4)
bnoranze rese al popolo romano, ma poche
recisione ci dicono gli onori fatti a Roma ed al
o, come quella trovata a Milo presso il teatro (5).
mesta iscrizione merita di essere trascritto:
^HMOSOMAAIQNETIMASEN
LXPQMAXFJKOXIXA AKKAI
MSTEtPAXQIXPrSEQI
PETHSEXEKAKAIEIEP
CSIASTA^IEISEAnoX
».
noArANeHS sqkpatei's
EnOIHSEX
Ea adunque sappiamo che la popolazione di Milo
lefici di Roma le aveva innalzato una statua di
aveva dedicato una corona d'oro : e sappiamo
I lavoro fu eseguito da Poliante Socrateo, nome
l> nella storia dell'arte.
urbis Romie se fecisse. luJosquc annìversarios
ItJluisse ». Livio, XLIII, 6.
ILt-ER, Rom. Myth., II, p. 554.
*, VI, I, 575. A'jxiwv fé JtoivAv xotiiffdlyLivav t^,^ -nat^iTt
l'PtofiYiY ati KairiTsX'w xal Tfjì £tuu tm« 'Puaafu^ ipir^Ac
biC Md lòip-jfiaiac tv!; iÌc tò x&iviv tì A'^xitai.
fi VI, 374.
WJst., i86o, p. 56.
Il culto di Roma era adunque già tanto fiorente priii
di Augusto (i) che il popolo di Milo, non certo tra
primi dei greci, erigeva in onore di lei un si ricco moHi
mento. In Roma invece neppure la più lontana idea
alito, e cosi le impronte monetarie rappresentanti Rom:
cominciano presso i Locri epizelìri, cioc presso Greci. La
cagione di un fatto cosi strano mi sembra si possa assai
facilmente ritrovare nelle condizioni dei popoli ellenici in
quel tempo.
La caduta delle libertà al tempo di Filippo e di Ales-
sandro, la cormzione dei tempi che seguirono, le lotte, lo
stabilirsi delle grandi monarchie bruttate da! fasto orien-
tale, avevano dato ai Greci quel carattere di servilismo che
non perdettero più dì poi. Finche essi respinsero i Persiani
mantenendosi nei limiti propri, conservarono il loro spirito
nazionale; quando invasero le terre orientali e si mescola-
rono coi barbari e da loro accettarono usanze e modi, ne
ebbero quello stesso danno per evirare il quale avevano
combattuto Leonida e Aristide e Temistocle; perdettero
cioè lo spirito di libertà e quel santo orgoglio di Greci, e
furono pronti a genuflettersi innanzi ad un mortale.
Chi non ricorda le basse e vergognose adulazioni di
cui furono oggetto Antigono e Demetrio Poliorcete? Il
sacro peana trasportato ad onorare un uomo, e il tempio
divenuto comune segno del culto per mortali ed immor-
tali. In simili eccessi ancora si intende assai bene come
dovessero andare assai più innanzi i Greci d*Asia siccome
quelli che avevano sempre avuto più somiglianza cogli
orientali. Perciò il culto prestato a Roma dovette fiorire
assai presto presso tutti quei popoli si per V importanza che
aveva per essi l'amicizia di Roma e si perchè, come dice
(i) Il Moramseo crede che 1* iscrizione ili Milo sìa del tempo
della repubblica, perchè se fosse siala dei tempi imperiali avrebbero,
i cittadini dì Milo unito alla statua di Roma quella dì Augusto.
Evoluzione del tipo di l^ma loi
, a le idee cHenichc si combinavano in modo
(col culto monarchico n (j). Ma il grande svi-
cbbe luogo al tempo di Augusto: allora in-
esscro icmpb' in onore di Koma, e finalmente
nella stessa capitnle dell' impero. La cagione
:o nuovo movimento non fu solo il scr\*ilismo
anche il senno politico deiraccorto Ottaviano,
lorchc Augusto snil al trono, permise alle citti
devano giù da lungo tempo, di innalzare templi
io od a sé, purché fossero comuni anche alla
Questa importante notizia ci è data da Suc-
quale aggiunge poi che in ciixh. fu sempre
ncedere questo permesso. Ecco le parole dello
ipb... in nulla provincia nisi communia suo
nomini reccpit: nam in Urbe quidem perti-
1 abstinuit hoc honore ». Non è difficile inten-
òne di questo suo ostinato rifiuto. Egli che
lludcre il popolo dando a credere di voler cs-
}licc cittadino, non poteva permettere che gli
I templi in cittA, Ma per le provincie la cosa
trente: là Augusto rappresentava, per cosi dire,
mano; l'astuto imperatore perciò volle mettere
sen'iliii greca che gli offriva onori divini, ac-
ìo alla condizione che il proprio tempio fosse
che quello della dea Roma. Cosi egli strinse
a-sona alla personificazione dello Stato, ciò ch^
prc più il suo potere, poiché lusingava Tor-
ino facendogli credere che nella persona dei-
si venerasse davvero il popolo stesso che era
ippresentato, e nella dea Koma la repubblica
lessuno certo rifuggiva dal tributare i massimi
bfN, op. cit., p. 7, e cf. anche il Preller, op. cìt.,
>!♦ e Tacito, Ann., I, io; IV. 37.
102
^artsofri
onori. Fu adunque in seguito a questo sapiente permess
di Augusto che nelle provincie sorsero templi a lui sacri
ed alla dea Roma, ed in quelle cittì dove esisteva già un
tempio ad essa fu a>;giunto nella cella il simulacro dell* im-
peratore. Una preziosa iscrizione (i) ci fa sapere che il
decreto col quale fu permesso agli Asiani di celebrare 0
natalizio di Augusto fu fatto da Paolo Massimo, proconsole
in quella provincia dopo Vii a. C, anno in cui era stato
console, ed è importante ricordare un tal personaggio che
ci richiama alla mente forse il padre Ji quello di cui parla
Orazio con tanta lode (2).
Il permesso di Augusto ebbe subito effetto nella città
di Pergamo (3), dove sorse un tempio dedicato Tlohiq xal
SefiaoT^j, mentre le monete della cittA presentano Roma
turrita coli' iscrizione BEAN PQMHN e cosi più tardi, a!
tempo di Traiano, sulle monete della stessa Pergamo è
rappresentalo un tempio con Augusto armato di asta e co-
ronato dalla dea Roma, che ha tra le mani il corno del-
l'abbondanza ed intomo la leggenda PQMHi KAI SEBA-
STQi (4). Dione Cassio racconta che la stessa conces-
sione fu fatta ad Efeso e a Nicea, che eressero templi a
Giulio ed alla dea Roma, e che gli Asiani potevano trihu-
tare onori divini ad Augusto ed alla dea Roma nel capo-
luogo della provincia, cioè a Pergamo, e i Bitini a Nico-
mcdia (5). E molte monete, infatti, portano impresso un
tempio colle parole communitas Asiac (6).
L'esempio di queste fu seguito poi da quasi tutte le
altre città principali delle provincie dell' impero. Milasa (7),
{l)C/. Gr. Ili, J903K
(a) Lib. IV, ode I^ w. IO, II.
(5) Tacito, Ann., IV, $7.
(4) EcRHU., D. S^ VI, lot.
(0 LI. 2a
(6) Coasc, • Med. imp. Octav. Aug. •, n. $4.
{7) Catluv Rtc, /otif-p n, 18^x90; C. L Gr,, U, a. 1696.
Eifolu^ioue del tipo di 'T^ma
103
Cuma (i), e poi i Nysacenses (2), e i Cizicieni (5),
tutti edificarono templi in onore delle stesse due dìvi-
DJti Le città di Galazia, cioè, Andra, Pessinus, Ta-
rium, ecc., chiesero di essere chiamate Se^aaToT, ed il co-
mune dei Calati ebbe il sacerdozio del tempio di Augusto
o\timito nella loro capitale, cioè Ancira (4), la dedicazione
fJcl qual sacrario ebbe luogo circa 9 anni dopo l'Ora vol-
gare. A Cesarea poi, Erode fece edific;ire un tempio assai
sontuoso, nel quale Augusto era effigiato sotto le sembianze
idi Giove Olimpico, e la dea Roma sotto quelle di Giunone
irgiva (5), ed a questo proposito è da notare il riscontro
tn b figura di Ottaviano e quel che racconta Suetonio del
adrc di lui, che, essendo in Tracia, vide in sogno suo fi-
fgiio simile in tutto a Giove Olimpico (^6), Un altro tempio
splendido, di forma rotonda e con un peristilio di 12 co-
lonne, sorse in Atene: esso anzi restò in predi sino ni tempo
r di Maometto H (7). Né è da credere che la divinizzazione
Augusto e Roma sì limitasse alle cittA dell'Asia: anzi
poco a poco si propagò per tutte le provincie dell' impero
Lt bista dare un'occliiata al C. /. L,, per convincersi che
Spagna (8), il Norico, la Pannonia (9), l'Africa muni-
(0 C. i. Gr., Il, □. J524 ó S^;ì-o; Ka^aapi ^leù uc^ oepavT'u àp^opiì
"TlWTif Kftl 5iìt 'PwjiLir., e CaYLUì, loc. Cit.
il) CI. Gr., U, 294?.
(0 TAaro, Ann.y IV, 36; Dione, LVII, 24.
(4) ZintPT, Mcm. Ancyr,, p. 4 e sgg. L'iscrizione diceva: FAAA
TU?([T]0|KOrNOM - lE] PAIAMENON - BEUi lEBAlTUl - KAI eEAi
J^^MUi. C. A Gr., Ili, 40J9.
(j) Cnjs. Flav., Antìq. lud,, XV, 13 ; De Bcìh ìtid., I, 21, 7.
(6) Oftov., 94.
(7) Beulè, VAcrop. à*Ath^fus, II, pL i, p. 206. L* iscrizione di
■^ttCJto tempio ò nel Corpm del Boekh., T, n. 278.
^^) C. /, /.., Il, 750. Questa provincia chiese il permesso a Ti-
|berio. V. Tacito, Afm,, I, 78.
(9)C./. I., Ili, 5368-'S44}.
104
CV. Tarisolti
cipale (i) e la Gallia (2) avevaao anche esse siffatti templi
e sacerdozi. Sappiamo anzi che a LugJunio v*era un tempio
per tutta la comunitA dei Galli, ed un'ara coli' iscrizione
di So popoli \ che esso fu dedicato nel 742 di R., e ne fu
fatto sacerdote C. Giulio Vercondaridubio di nazione
Eduo (3): secondo Dione, però, la festa di Augusto cele-
bravasi gii da due anni anni a Lugdunio (4). Quanto al-
l' Italia, lo stesso storico dice che Augusto non v'ebbe mai
culto (5). Ma questa notìzia e errata, poiché il tempio di
Fola d' Istria, dedicato ROMAE ET AUGUSTO CAE-
SARI DIVI F. PATRI PATRIAE, fti fatto, forse, mentre
egli era vivo (6), ed altrettanto possiamo supporre per
Verona, Pavia, Brescia, Trento (7), Sorrento (S), Ostia (9)
e Terracina (io), delle quali sappiamo che avevano altari e
sacerdoti in onore di lui. A Napoli, anzi, si celebravano
anche giuochi (u), e possiamo ben credere che per l'Italia
si serbasse la stessa legge che per le provincie, che, cioè,
il cacsarcnm dovesse avere anche V immagine di Roma,
Dall'altro canto erra anche Aurelio \'ittore, il quale af-
ferma che non solo nelle provincie, ma anche in Roma si
(i) C. /. L, Vili, io9t.
(a) Strabone, IV, p. m. 292,6 Suet., CLnid,, 2; Dione, LIV, ji.
Per U culto di Roma ed Augusto nelle provincie v. anche Ephemerii
cftigraphica, I, 100 e sgg.
(j) Strabone, Scet. e Dione, loc. cit, e Livio, ep. L, 157.
(4) Questo tempio si vede efHgiato sopra una monda di Lione
e le colonne dcU'alurc ancora esistenti, segate in due pezzi, servono
ora come pilastri per sorreggere la vòlta del coro nella chiesa di Aisnay.
V. MlLLIN, Co/, mi/., 664, CLXXXVni.
(5) DiosK, LI, 20.
(6) EcKHEL. D. V., VI, IJ5.
(7) e. 1. L, V, pane I, n. 5056.
(8) Ivi. X, 688.
(9) Orelli, 717Ì-7174.
(IO) C. /. L, X, pane I. 6»os.
(n) PiELLER. Op. Cil^ p. J$j
Epolu^ioHt del iipò di l{pma
i ad Augusto, vìvente Io stesso monarca (i),
r smentita da tutti gli jltri scrittori (2).
ugusto, pertS, si cominciò dal consacrare li
i nato (3), e poi la casa a Nola dove ave\'a
/ere (4), e Tiberio e Livia gli edificarono un
Pone X (5). Questo sacrario, a somiglianza
rovincie, ebbe anch'esso le due immagini
(gusto? Esso è scDìpre chiamato Umplnm
ose quelli delle provincie benché avessero anche
, ed è perciò opinione comune che a lui solo
aio, lunavia è notevole che le medaglie di
Caligola l'uno dei quali cominciò l'edifìcio e
icò, hanno un tempio colla scritta ROM. ET
ippiamo ancora che nel!' incendio neroniano,
distrutto e poi subito riedificato. Quanto alle
tii veneravano, v'è chi dice che vi fu ado-
(7) la quale sarebbe stata posta nel tempio
aa sul primo ella non fu che sacerdotessa (8).
di Antonino Pio accenna evidentemente al
s al tempio di Augusto, mostrando nel ro-
npio ad otto colonne con due figure nel-
intorno le parole TEMPL. DIV. A\'G.
». mi- S. e. (9), Un esemplare del prò-
k, parte II, i. S ^•
s invece i poeti chumavano nume Augusto (Ovidio,
!, vili, 51; Orazio, IV, 5), uso che si perpetuò poi
k ci scagliò Marziale, Vili, 15.
„ Ociav., $.
,D. V.. VI, 125.
list. Sai., XII, 19 i Dto-, LXI, 46, 42; Muratori, /k.,
; Becker, ThopOf^aphU, p, 450.
I, « Calig. », nn. 18, 19, 20; « Tib. », nn. 59, 40, 41,
46.
)Ri, Ice. cit.; Dio., LX, 5.
, D. S„ VI, ,25.
n, 797. Antonino in questa moneta ha la XXII pò-
ìo6
e4. Tansoiii
spetto dell'antico icinpio lo abbiamo forse !n quel re
lievo che esisteva altre volte alla villa MeJ'ci, e del qual'
non si vede oggi che una copia gettata in gesso. Esso
composto di una gradinata, sulla quale si innalzano otto^
colonne corìnzie, che sorreggono un timpano ornato ar
lati da \'ittorie: tra le figure del frontone v'c una Venere -5
che ricorda la famiglia di Augusto (i). Una figura barbata
nel mezzo ha fatto credere che si trattasse del tempio in-
nalzato da Adriano, ma quello era decastilo, come vedremo
più tardi. Il prospetto di un altro di tali templi, ma posteriore
ad Antonino, è rappresentato in un piccolo rilievo edito nella
Archàologischt' Zcitmi^^ (2), di cui diamo una riproduzione
alla tav, I (V. in fine). Esso è annesso alla base di una statua
della Galleria delle Statue al museo Chiararaonti (3). Seb-
bene il lavoro sia pessimo ed accenni appunto ad un'età
anche posteriore a quella degli Antonini, T importanza di
questo marmo non è piccola. Sopra una gradinata, indicata
da linee, s'innabsano le sei colonne che sorreggono il fron-
tone: nell'interno si vedono i due simulacri posti nelle
celle: quello alla sinistra di chi guarda si riconosce subito
per Roma, dal capo galeato, dalla corta tunica e dalla mam-
mella destra scoperta : la dea si appoggia colla sinistra sullo
scudo e colla destra suU'iista. L* altra divinità è col capo tur-
rito ed il corno dell'abbond-anza nella mano sinistra ed e
in generale creduta Fortuna; non si potrebbe supporre esser
essa Livia sotto le sembianze di una Tyche, ovvero della
Magna Materì L'artista per amore di simmetria avrebbe
in tal caso sostituito ad Augusto T immagine di Roma.
Oltre il carsarnirn, che sappiamo essere stato costruito
(i) ZoEGA. app., }8i, Hi '5'*^'. ddrist., 1855, 141; Mom. ddVhU,
V, 40; Atinali àiU'Iit., 1852, 558; Coàéx Cobur^gnsù, 467, )8.
(a) Voi. V, p. 49, tav. 4. L'illustratore propone come congettura
la inicrpretaxìone delle lettere che si vedooo ai Iati, così: IX HAC
AEDe saBINI MATcrni luDI LOCANTUr.
(5) La statua è segnata col n. 401,
iu^ione del tipo di l(pftta
107
fratelli Arvalì, troviamo menzionato anche un
ar fi AttguTfi, o^-vcro solamente Romae, nel
Unente facente parte Ji quel gnippo di tre edi-
form.ino la chiesa de' Ss. Costna e Damiano.
Icnominazione di Umpìum Urbis sembra che
l e non abbia a che far nulla col culto dcll.ì dea,
B originata daircssere stata affissa, nei tempi
iille pareti di quel monumento la pianta mar-
avanzi sono oggi al Campidoglio, la quale rap-
onto la cittì ai tempi Severiani (i).
rocedcre del tempo la divii)i/za/ionc di Roma
un passo di più: in tutti i templi che abbiamo
6, essa dea era ancora assai terrena, anzi unita
4in mortale, mentre più tardi essa divenne una
^dine superiore.
^ innalzò Tultimo e più magnifico tempio, cp-
lla figlia stessa di Giove, a quella Venere, dalla
in Certo modo ripeteva la sua origine. Di
\òo edificio, ideato, come credcsì, dallo stesso
mangono oggi pochi avanzi presso la chiesa
icesca Romana al Foro. Sarebbe cosa troppo
are qui distesamente deircdificio Adrianeo e
)sto che dame qualche cenno generale, riman-
ire ad un recente ed accurato lavoro di un pen-
UcademiaNazionaledi Francia, il signor Laloux,
l nuovamente occupato della restaurazione di
pinte monumento (2).
acri che si veneravano in tutti questi templi
e disgraziatamente nulla, ma sino ad un certo
Br, BoU. d'arch. cria., a. 1867, p. 62 e sgg.; Lasciasi,
B2, p. 48 e sgg.
) d'arch., 1872. III-IV.- V. anche Ìl rilievo che si creJc
empio di Adriano. Canina, Edifii., II, lav. lii, i, tee,
o del fregio di questo tempio esiste in Roma presso lo
xa8
qA. Tarisotti
punto però ci è possibile di fare delle congetture abbastan;
fondate.
In primo luogo le immngini che dovettero essere o
sacrate alla dea Roma nelle città di Smirne e AIab;inJasL
dal tempo della repubblica assai probabilmente ebbero ui
figura simile a quella di Pallade, non essendo ancora o
minciata una personificazione della città di indole più ni
rionale. Infatti nel didrachmon dei Locri epizefiri, di
abbiamcrglA parlato, Roma ha un lungo chitone e sieJ'
appoggiando il braccio destro sopra lo scudo in una posi-
tura simile a quella che spesso ha Minerva pacifica. Pit»
tardi poi nei templi delle citti dell'Asia Minore la dea Roi
fu rappresentata variamente secondo i culti locali: sicc
ella ebbe la figura di una Tyche o della Ma^ui \laier e per-
sino dì Giunone argiva (i). Ma tutte queste r.ippresenia
ebbero quasi sempre un fondo comune che si riferisce
tipo della moneta di C Vihins C /. C. ». Pansa^ clie
biamo giA esaminato. Infatti sulle monete di Papirio Car-
bone a Nicomedia, Roma differisce da quella di Vilnus Pai
solo perchè tiene ella slessa in mano la figura della Vitto:
e perchè ha sulla galea una corona di edera. Cosi in que
monete coniate da C. Cecìlio Cornuto ad Amiso, Roma
la stessa figura del dcnario di Vìbio, salvo che calpesta u
galea invece del globo (2) e neppur molta differenza
riscontra in un denario coloniale di Augusto (3). Finalmen'
una statuetta del museo Pio dementino illustrata dal
sconti (1) rappresenta la dea Roma nella solita maniei
cìoò sedente sopra una corazza con un corto abito e col
petto a destra nudo, un piccolo elmo in capo e colla mano
sinistra poggiata sul parazonio, mentre colla destra ora so-
Pi^
ch^
>er-
i
(i) Preller, op. cit, n, 5$i; Gius. Flavio, loc. cìi.
(j) Morelli, Tha., o CaccìUa », B.
()) Ivi, « Plotìa».
(4J Siustù Pio CUm^niino, II, ij.
Iasione del tipo di ^'l(oma
109
YÌdeateinentti mal sostituita ad una Vittoria
osserva lo stesso Visconti (i). Questa figura,
OSI bene colle altre già osservate, ni! sembra
e un' idea della immagine di Roma nei templi
e Provincie accidentali, poiché, confrontando
colla figijradel bassorilievo vaticano gii ci-
ao abbastanza corrispondenti tra loro : perciò,
:he ai tempi degli Antonini la personifica-
;à aveva assunto forme differenti, come ve-
lilo, potremo ragionevolmente credere che
si sia resa l'effigie di Roma come era in qual-
pli suddetti. Anche simile a questa fu pro-
^num rcipnbliciu, di cui parlano gli storici (2) ;
il KJùgmann (3), che, come il Giove di
in mano una piccola immagine della Vittoria,
> strettamente ai giuochi, cosi il Giove Capi-
Bnvcce quella di Roma, quasi come fosse Ìl
quale idea accenna anche chiaramente Dione
»mpio innalzato da Adriano la dea dovette
i in modo assai differente. L*apogeo a cui era
ìnza romana e Tapoteosi di Roma personifi-
{urando da qualche tempo cominciò necessa-
ria ad essere meglio compresa e più sentita
^ero si che ella assunse un'apparenza assai
J Di questo cambiamento del tipo dovremo
^colarmente in appresso: perora basti il dire
jdcl tempio di Adriano hanno un lungo chi-
I coperto, ed invece della piccola galea, un
''X)n ricco cimiero e con una specie di stefane
le ha Tiipparenza di una cinta di torri. In tal
I Octav., 94; Dio. Cass., XLV, 2.
9-
i.
no
C^. T^arisolti
guisa è rappresentata iiell.i famosa pittura Barbcriniana (i^^
la quale, non a torto, si ritiene aver strena rchizionc cc:>
simulacro di Rotua posto nel tempio del Foro.
Riepilogando ora ciò clic ò stato detto in questo cipÉ
tolo, faremo dei templi innalzati in onore d^Ua dea Rom-^
tre classi :
La prima, composta di quelli antichissimi di Smime e^
di AlabanJa colla dea simile ncU'aspetco a Minerva o me-
glio alla effigie del d'uìrachmon dei Locri epizefiri ; e questi
non hanno nessun significato veramente religioso, ma solo
uno scopo politico. Essi, cioè, ci dimostrano non che sin-
cera venerazione fosse sentita per la dea Róma dai popoli
greci, ma piuttosto ci attestano Tiiso frequentissimo del-
l'apoteosi con che quelli cercavano, servilmente adulando,
di rendersi benevolo altrui.
La seconda classe è composta di tutti gli innumerevoli
templi sorti nell*etA di Augusto e dei suoi primi successori,
Tiberio, Caligola e Claudio. In questa seconda fase le im-
magini della divinità hanno avuto assai probabilmente co-
muni le linee generali : cioè corto abito che lascia il petto
ignudo da una parte, alti calzari ai piedi, semplice galea in
capo e lo scettro o il parazonio o l'asta da una mano e hi
Vittoria coronante dairaltra. La qual rappresentanza ha ab-
bandonalo, come si vede, il tipo del didracbinon di Locri,
clic non aveva nulla di nazionale, sostituendogli quel tipo
che abbiamo veduto svolgersi poco a poco nel tempo della
repubblica fino ad acquistare la maestA necessaria per es-
sere una figura da porsi in un tempio. Quanto al signifi-
cato morale di questa nuova classe di templi, abbiamo gii
osservato che anche questo è un culto puramente formale
che non corrisponde ad alcuna idealità (2) ; ma che fu sug-
(i).Miu.i?*, Gal. Milh., 660, CLXXX; Bunsen, Btschr, d<r SiadL
KofH.^ ni, piine II, 436. e così la statua MU tav. iti, che è pure Ji
tempo certamcnie posteriore ad Adriano.
(3) Cf. il Kenner, op. cit., p. 25.
nno politico di Onaviano, il quale profittò del
ti popoli per stringerli maggiormente jlla sog-
fi repubblica, e nello stesso tempo legare alla
incetto di ruppresentantc della repubblica
,o l'estrema fase del culto dì Roma, dataci dal
riano, ci mostra quanto fosse cambiato il scn-
lopolo, .issumcndo la figura della dea carattere
arcbbe vano cercare uno scopo politico nella
el tempio di Venere e Roma, che anzi esso ri-
Ice alle nuove idee del popolo. La persuasione
niti in cielo rappresenti, per dir cosi, la Roma
iiomina l'animo di tutti. Essa si collega col
ma che allora per la prima volta vien dato alla
^ nuovo appellativo, che ha la sua origine dalb
1 divina della dea Roma, trova un bel riscontro
idei culto di essa con Venere ed è nello stesso
idice da cui germogliarono poi le personifica-
|U Claudiano (i)-e dagli altri poeti tardi e le
è pieno il medio evo. Di queste cose con-
parlare con maggior ampiezza quando trat-
irticolare la trasformazione del tipo al tempo
Ci basu intanto di averle accennate per mo-
une che esiste tra questo nuovo tempio e la
loi crediamo più conveniente alle nuove condi-
iina Roma che torna ad essere in tutto assai
lerva, ma con aspetto matronale, altero ed assai
t quella.
^cui
fcap:
30^5' Utitdih. Stiìic, II, 270 e sgg.
I 12
CVf. Tansoili
in.
U IMPERO.
Seguendo il sistema che abbiamo tenuto sinora, con
verrà innanzi tutto dare un breve cenno del modo che il
Kenncr tiene nello studio del tipo di Roma durante il temp^
deir impero.
Iigli, dopo fatte breve osservazioni sulle mutate condi-
zioni deir.illegoria, col procedere -degli anni da Augusto in
poij conclude col dire che la figura di Roma assume tre tipi
principali, il primo di dominatrice (Herrschende), attorno
al quale aggruppa tutti i passi di autori che la descrivono
come regina gcul'mm e tutte le rappresentanze delle monete
che similmente le d;\nno gli attributi della dominazione,
cioè Pasta pura, il globo e, secondo la sua opinione, anche
la figura di Giunone- Il secondi^ tipo è di Roma genitrice
o nutrice (Nahrende), attorno al quale ;iggruppa nello stesso
modo espressioni di molti scrittori che la denominano tale, e
fa loro corrispondere le monete imperiali che portano la
figura di Roma con alcuno di tali emblemi, come per esempio
il corno dell'abbondanza o le spiche. In terzo luogo egli
pone il tipo di Roma combattente (Wehrende) che richiama
assai da vicino quella dell'epoca repubblicana, cogli stessi
attributi e lo stesso aspetto bellicoso. li da notare però che
in questa divisione egli non tiene alcun conto delle diffe-
renze di tempo e però mette insieme indifferentemente tutte
le monete da Augusto fino all'etA barbarica, le quali presen-
tano caratteri tali che le facciano corrispondere ad uno ov-
vero ad un altro dei tipi stabiliti.
i unione del tipo di 'T^awa
"3
li mccoJoyComc si vede, pocrA essere utilissimo
jistcniaticamente le impronte imperiali che r.ip-
tffigie di Rom;), ma non mi !»embra che sia il
per porre in rilievo Io sviluppo e lo svolgi-
K' e Teffigic stessa ha subito. Questo difetto,
cfcessaria conseguenza dell'aver fondato lo
e sulle monete: e gii, come avevamo os-
Ù principio, per tutto il tempo della repubblica,
{Rdcnti per formarsi un concetto esatto della
ta di Roma ed anche del suo svolgimento,
b segue più da vicino il progredire delle idee
inti del popolo, mentre, nel tempo dell' impero,
pi confusione dei tipi è tale, che sarebbe assai
lèrvi un ordine, se non ci venisse in niuto l'arte
r
^le sussidio adunque ci proveremo noi di ve-
lli tipo che predomina in ciascuna ei;\, e quali
pni per le qu.iH esso meglio corrisponde alle
h\ tempo.
^, per conseguenza, resterà diviso in tre grandi
ftappresentano le tre grandi mutazioni della so-
li e corrispondentemente della rappresentanza di
E' io da Augusto ad Adriano, cioè lo stabilirsi del-
uo consolidamento; il secondo dagli Antonini
>cioè il periodo filosofico ed il principio della
: terzo ed ultimo da Costantino alla caduta deU
Jdenrale, cioè la traslazione della sede, lo sta-
jova Roma e perciò il nascimento di una nuova
Sne e le ultime trasformazioni della figura del-
L di quelle delle etA barbariche e del medio evo.
— Da Augusto ad Adriano.
a della dea Roma comparisce cosi raramente
&te augustce, che si starebbe a cattivo partito
fiia R. Società romana di Storia patria. Voi. XI 8
114
O/i, Tarisotti
volendosi fare un' idea della trasformazione di quel tipo do-
rante l'accennato periodo di tempo, se non vi fossero altre
rjpprescntan^c. Tuttavìa la moneta di Amiso, di cui abbiamo
giA parlato innanzi, ed altre portate dal Morelli (i) ce la mo-
strano ancora secondo il tipo consueto, cioè colla veste
amazzonica e colle solite armi: una Jitferenzaperòcda notare
in ciò.che ella ha in questi tipi quasi costantemente una piccola
immagine della Vittoria nella mano. Nella moneta di C. Vi-
bius Pansa la figura della Vittoria era divenuta assai piccola
ed incoronava Roma volando; ora è addirittura un suo anri-
buto. La dea Roma adunque prende l'aspetto di diviniti
nicefora, ciò che la pone subito in un grado più elevato
della semplice personificazione della città. Ma questa circo-
stanza sarebbe di ben poco valore, se nel resto la rappre-
sentanza non avesse acquistato una maggiore dignità. Per
mettere in chiaro quest'idea d serviremo di un bassorilievo
che si conserva nel coitile del palazzo Maitei in Roma e
che fu gii pubblicato dal Winckelmann e da Raoul Rochettc
ed oggetto di vive discussioni. Ultimamente però il Rcif-
ferscheid e il Liibbert (2), che se ne occuparono, mi sembra
che abbiano posto fine alla controversia.
La rappresentanza di questo rilievo t: come divisa in
due nel senso della lunghezza. Nel mezzo, in basso, giace
una figura di donna seminuda che dorme, verso la quale si
avanza da sinistra un giovane, anche esso nudo, coll'elmo
in capo: nel fondo il dio del sonno sporgendo fuori, sembra
versare da un corno un qualche sonnifero sulla vergine
perche non si desti. Alla destra di questo gruppo, pure in
.giace la dea TclUa volta di spalle e coronata di spichc.
-'»»*
(i) Thes. num. Jmp., tav. xlui, 19, 20: Testa di Gcrmanicol
A Roma seduta su trono a s. con Vittoria coronante nella s. e para- I
zonio nella d. con abito succinto ^xeria mamma, tav. XLVi, 4, 5 : Testa
di Augusto laureata a d. lEBAITOI KTIITHI il KAAZOMEMUA ; Roma \
stante galeaia eoa abito amazzonico, scudo nella s. e asu nella d.
(2) Mcm. dtU'lst. di corr, arcK^ li, 145, 464,
indio marino generalmente chiam:ito Oceano.
questo siede il Te%-cre col remo in mano, e al-
nistra il quadro e compiuto da uiu tigura fcin-
ida in piedi. Nella parte superiore poi, una corona
*comc -spcttiitrici del fatto. Per ispicgarc il
nirono tratte in campo naturalmente la leg-
e Tcti, quella di Marte e Venere e quelLi
|ea Silvia. Quest'ultima è sostenuta dal Lùb-
fRdfferscheid (2) dal genere del lavoro e dalla
fdh-initi si fa strada all'idea che il rilievo sia
bgusto. Alla destra adunque, nella pane supe-
liacstosa Giunone colla stephane in capo e lo
Éno; appresso a lei da sinistra una figura di
|rao in capo, che non si può scambiare con
kui immagine che segue è caratterizzata da un
io a cui si appoggia e dal serpente) e che perciò
l come Roma. Essa non è solo spettatrice del
ìerto modo vi prende parte rivolgendosi a Giu-
protegga il connubio dei genitori di Romolo.
di Minerva è Vulcano colla exomis e la face
lui due figure, d*una delle quali si vede solo
il Reifferscheid crede Libcr e Libera*
■
odo appresso poi alla sinistra di Mane, Apollo,
(poggiata ad un albero di alloro in corrispon-
iinerva, poi Mercurio e Vesta, tutti caratteriz-
attributi. Questa interpretazione, che ò qucUa
lid, mi sembra la più probabile ed assai giusta
che egli fa sopra l'unione di queste divinit-i.
Questa riunione di dei e formata da quelli del
[uelli dcir Aventino che, insieme col dio Tevere,
come spettatori e testimoni dell'avvenimento
per la città di Roma ».
«•/;(., Il, M-.
C^. Tansotti
Noi aggiungeremo che il vedere Roma tra queste di
nità è una particolariti assai nuova e che sorprende gran-
demente; tuttavia non parri strano se si pensa che tutti qu
numi essendo scesi in terra per proteggere colla loro pre-
senza il congiungimento di Marte con Rea Silvia, è natu:
raie che ad essi si unisca quella Roma che vedemmo gì;
immaginata come moglie di Ascanio e perciò progenitrici
di Rea e protettrice di lei, del suo figlio e della cittA da lui
fondata. Ma anche più conveniente si vede essere la figuri
dì Roma in questa composizione poiché tutti quei numi
hanno in tal caso semplice carattere di personificazione de
Palatino, dell'Aventino e del Tevere e perciò ella stessa resti
al grado di personificazione dell* intera città. Quanto all'es:
sere Roma qui completamente vestita, ciò può derivare e
dall'averle voluto dare Tartista una figura più maestosa do-
vendola porre insieme cogli altri numi, ovvero da alcuna
altre rappresentanze della exà di Augusto che ce la mostrano
pure interamente coperta perchè figurano Livia sotto le sem-
bianze di Roma.
Tali sono le due preziose gemme del Gabinetto impe-;
riale di Vienna (i), la prima delle quali rappresenta nella
parte inferiore fatti allusivi alla vita di Augusto e nella pan<
superiore Augusto seduto a destra sotto le sembianze di
Giove, collo scettro nella mano sinistra ed incoronato da
di dietro da Cibele, presso cui è Nettuno, per indicare cos
che Augusto signoreggia la terra ed il mare. Alla sua destra
siede Livia sotto le effigie della dea Roma col capo coperta
di ricco elmo, vestita di lungo chitone, coU'asta nella de-
stra ed il parazonio nella sinistra. Da questa parte seguti
Germanico in piedi vestito militarmente, poi Tiberio togato
sul carro: una figura seminuda che si appoggia al trona
Jeir imperatore ò creduta datrEckhel Agrippina, L'altra
gemma ci fa vedere le sole due immagini di Augusto e
(i) EcKHEL, Choix da piims gravéts, tavv. i, ii.
Livia; egli simile a Giove Olimpico col doppio corno nella
destra e lo scettro nella sinistra; ella simile alla dea Roma,
I vestita come nell'altra gemma e colle mani poggiate sopra
[uno scudo che regge sulle ginocchia. Anche il dotto illu-
iHratore del Gabinetto imperiale osserva che l'artista le lia
btoqui un abito più decente dovendo ella rappresentare
[Livii. Che questo costume però non sia stato seguito di
Ipoi, ce lo mostrano le altre rappresentanze che si possono
is^egnarc a questo medesimo tempo. Tra le monete dei
Cesari quelle che più frequentemente portano sul rovescio
u figura di Roma sono le Ncroniane. In esse la dea è quale
l'abbiamo già veduta in abito succinto^ seduta sopra un muc-
iiio di armi e colla Vittoria nella destra (i) ed oltre a queste
Donete Li stessa effigie è posta in un bassorilievo di villa
IWtfdici edito dal Banoli (2). Il soggetto sembra che siano
Iviccanali di qualche imperatore la cui persona manca, Roma
kh figura principale e siede maestosamente volta verso de-
% vestita col suo solito costume di amazzone, reggendo
olla destra uno scettro sormontato da un'aquila che stringo
hcgli migli i fulmini. Un'altra figura di donna alla destra
Hd rilievo, intieramente vestita e co! capo cinto di torri, sta
O:{inocchiaia in atto supplichevole innanzi ad una donna
che scrive sopra uno scudo
VOTIS È X
ET XX »
quale è certamente una Vittoria. Alla destra pure del
licvo si allontana un uomo calvo ed imberbe, vestito con
oa specie di lunga clamide, colla lancia sul braccio sinistro
la destra sul petto: ma di questa figura, che Zoega crede
(1) Cohen» « McJ. iinp. Ncron. », nn. 52, 55, 54, 150, 190, 197,
ro9,aoo-203, 219-240. 262, 263, 264.
(2) Admir. Urbis Rotmti, 12, 15 ; Zoega, app., 381, 52.
ii8
C/i. Tansolit
intenimeiite moderna, assai poco dì certo è antico: forse
collo, la parte inferiore del capo e la lancia colla spalla s
nistra: ma quello che è rimasto della testa ci basta p<
poter affermare che la rappresentanza è anteriore ad Adriano-^
essendo un uomo imberbe. Quanto s'accordi in questo ri-
lievo l'cflìgie di Roma con quelle che sono sulle monete^
di Nerone non è a dire, poiché non solo le vesti, ma eziandio''
gli attributi e la posizione e la dignità dello sguardo con-
cordano in tal modo da farci intendere chiaramente esser
questo il vero tipo che si mantenne costante in tutto quel
lungo periodo che corre da Augusto ad Adriano. Ma anche
meglio conviene colie monete Neroniane la statuetta del
museo Pio dementino (i), della quale abbiamo già parlato*
Questa osservazione, fatta già dal Bunscn nella Bcschrci-
hìitjg (2), Io porta alla conclusione abbastanza giusta di porre
nella mano sinistra della detta figura una Vittoria o forse
meglio un globo sormontato dalla Vittoria, in luogo dello
scettro di cui l'ha insignita il moderno restauratore.
Poste le quali cose, ogniqualvolta noi troveremo l'effigie
di Roma in questo aspetto, potremo ascrivere la rappresen-
tanza con grande probabilità aì primi tempi dell' impero,
semprechè il genere del lavoro o qualche altra circostanza
non la dimostri di altra età. Crederei perciò anteriore ad
Adriano il frammento di sarcofago che si consenta nel pa-
lazzo Camuccini in Roma. Per quanto mutilato, si può ri-
conoscere un lavoro non cattivo, ma non è possibile inter-
pretare sicuramente Tazione rappresentata, se non forse
essa sia un sacrificio. La figura meglio conservata è anche
qui quella di Roma che siede a destra, questa volta sopra
una roccia (3) colle vesti consuete e lo scettro nella mano
sinistra. Presso di lei un fanciullo con veste barbara, poi
(i) Visconti, M. P. Ci» li, 15.
(2) Voi. II, u. 251.
(3) Cf. la moneta di Vespasiano: Cohen, I, p$, nn. 375
un avanzo di figura militare forse sacrificiinte, ed un'altra
ftgxira virile con tunica e mantello, di cui mancano pure
le estremiti- Non è questo il luogo di proporre una resti-
tuzione di questo avanzo nel quale la effigie Ji Roma non
_^a subito alcuna modificazione, ma crediamo utile di aver
atto fuori un tal monumento, essendo assai raro il tro-
"vart la dea Roma rappresentata sui sarcofiiglii, e però al-
-lorchc vi si vede, si può concludere con qualche probabilità
■che il sepolcro abbia chiuso le spoglie di un qualche il-
IVustTc personaggio, poiché ella di solito trovasi effigiata
imicme o coi numi ovvero colle persone della t.tmìgUa
imperiale.
Un altro monumento che, sebbene manchi di ogni em-
Hcm^, possiamo ascrìvere al miglior periodo dell'arte, e il
celebre busto Borghesìano, del quale ammirato oltre ogni
credere il Visconti dice (i): «I capelli che si mostrano
«5uDc tempie fuori della celata sono lavorati con molto
«guMo, quasi in quella foggia che osservasi nei lavori di
■ bronzo. I lineamenti del volto e i contorni tutti sono.
«ilisegnari con somma intelligenza e con una certa finezza
•deci fa comprendere non aver fiorito Tartefice in quei
* tempi, quando il lusso della capitale ammolliva e cor-
• rompeva le arti della vinta ed ammirata Grecia». Che
ijuesta testa sia rappresentata Roma e non Minerva si
riconosce chiaramente dalle due lupe scolpite, una per eia-
culi lato dell'elmo, dallo sguardo fiero e superbo che di-
itingue in modo sicuro Tuna divinità dall'altra; ed a questo
oposito il Visconti stesso (2) riferisce le idee del Win-
nn e dice che secondo questo autore « i distintivi
ci volto di Pallade sono la serietà scevra da ogni de-
9 bolezza del sesso che sembra aver dominato Amore mc-
kiicsìmo, una immagine di pudor virginale che di un
l{t) Moti. sctUi Borghcsiani, tav. xx.xiu, 257.
(9) Mus40 Chiaramontit 121.
X2Ù
Q/t. Varisotii
«certo abbassamento alle luci come chi tranquillamcm
« medila, quiinJo Roma, altera domiuairicedel mondo, gir
« all'opposto franche le luci e mostra un'aria feroce ».
Terminata la famiglia dei Cesari, l'Impero è preso
breve tempo da Gnlbn, il quale sembra si credesse ripa
tote dei guasti fitti alla cittA dall' incendio neroniano
delle sevizie sofferte d.ii cittadini sotto il governo dcW^
stesso Nerone, tanto sono frequenti le monete che ci m^^
strano al diritto la testa dì Galba e dall'altra pane la figu^-^
di Roma inginocchiata dinanzi all' imperatore che la sc7»-'
leva, ed intomo scritte le parole: ROMA RESTITVT^^^
ovvero anche con altre rappresentanze, ROMA RliNASCE-^-
od anche RENASCENS e spesso in piedi con abito milr '
tare (i). Cosi per la prima volta vediamo Roma in posi- —
zione umile: una moneta, in cui si accenna forse quali fos — '
sero questi benefìci fatti da Galba alla citti, la mostra vestit.r--
militarmcntc colla scritta: ROMA R. XL, che U Morelli
interpreta per retntssae quadragcsimac (2).
Queste stesse rappresentanze restituite da Vitellio (3)
e poi da Vespasiano (4) non sono certo da tenersi in gran
conto: tuttavìa è da notare che il tipo tradizionale non si
perde, anzi continua con qualche piccola modificazione
su quelle monete che mostrano Roma seduta, con un ramo
di alloro fra le mani e le parole ROMA VICTRIX (5).
(i) CouEK, « Med. imp. Galba *», nn. j, 4, S5-59> 60-64, ^5*^7-
VICTRIX, nn. 68-71. Cosi Roma in abito niilUare e in piedi, nn. 191-
200. ROMA RESTI, n. 20K
(2; MoRtLLi, loc. cit, m, }, 4.
(}) Morelli, op. cit., « Vit. num. arp. ci aur. », 11, 9; ni, j, ^;
(4) Cohen, op. cit., « Vesp. a,, n. 124. ROMA RESURGES S. C.
In qucsu monda Roma ò prcsenuia a Vespasiano da Minerva.
(5) MoREiu, op. cii., « Galba », v, 15, i6; vii. 20, 25; « Viuilii
num. arg. n^ 111, 9. 10; «ex. acre magno 1», m, 2; «ex acre medio »,
IX, I ; « Vespasiani », vra, j, 6; xi, 10; xii, 7, 8.
Eyolujione del tipo di ^^pma
lai
bene la Roma victrix posta su questi tipi abbia,
ficato scorico, ben poca iinponanza, come anche
Uituta, pure queste deviazioni dal tipo antico
Étare perchè servono come di passaggio ad una
fcesentanza. Primieramente Tessere Roma in abito
È corda assai bene cogli imperatori militari che
i famiglia dei Cesari: in sccondci luogo la sua
pbiamo veduto sinora sedente siccome si con-
;na personificazione di città, ora, per circostanze
j preso atteggiamenti vari e la vedremo conti-
alche tempo ad essere rappresentata così. Questo
la non esprime più solo la cittA o lo Stato, ma
Igura, atteggiandosi con movenze ed atti vari,
ft vera personalità. Lasciando da parte le monete
ontinuano Tantica tradizione artistica, l'arte figu-
ere questa mutazione della rappresentanza che
naturalmente ad una nuggiore idealit;i nel con-
co di Tito vi sono due figure di Roma: Tuna
djlla pane che guarda l'anfiteatro Flavio, l'altra
La prima è stante e coU'asta in mano e non
ande importanza, essendo una figura di pura
e seguendo perciò il tipo delle monete : Taltra
ta forse anche essa come la prima (i), precede
cui sta Tito trionfante e coronato dalla \'it-
iuesta nuova movenza è dunque quella che di
in significato simbolico nuovo. Quella che con-
X> del trionfatore non può essere ne la città;
\, giacche sarebbe una assai strana personifica-
li potrebbe intendere come la città conduca
htà r imperatore. Dunque la Roma rappresen-
Tatteggiamcnto dovrà essere una vera divinità,
celeste che dall'Olimpo regola i destini della
i paò riconoscere essendo guasta la figura.
kl. Archi irionfaìi, tavv. xxxvi, xxxiv.
122 C?/. Parisoiti
Roma terrestre, ne protegge \x viti e la ricolma di g
e di trionfi. Non possiamo perciò accettare quelle p:
del Kenner (i) colle quali egl: atterma che durante 1
peto ogni aura di idealità spa.r: dalla personificazion
Roma e ciò perchè V ii^z de! f.^nhis, da cui prima eli:
anrmara, passò ad incarnarsi aell' imperatore. E ciò è ^
ma appunto perchè questi divenne il ^enùis p^l^uli ro
anche !a personiScarlone di Roau crebbe in idealiti
viandosi ad essere urta vera dia nel sentiraenro del po|
come avvenne ptù rardL Possiamo dire per consegu
che, anzi, quanto più il popola? col progredire dell' im
restava escluso dalla viti politica, cuanro più la città
deva la sua fisionomìa caratteristica, a cagione della
scolanra dei popoli, ed era -soggetta j"e doloatse vic<
dei condnuì muramenti d- goverrxnd, tanro più gli a
sì concenoarono su questa Roma ideale che si vaghegs
^endida e teLice, maestosamente issisa tra i celesri e
scendeva di quando in quando Ln ^irra a far senrire il
spirto divino -ileggia-*rc tra le bassene umane. Né qi
•nurazione dei sendmert^.'' iel roccio rcte*a ossen/ar
•.nitandos: allo stuc*o ielle impronte :r.or.^;rire. g:j
anciie : conii di Dom:^i.ino v^^"^ ^' Tr.iixno (;) >ono pi
a tvco Uiiual: -igii airri già a>s:r.ar.
Di quesc'ultituo 7cr-o abcia:uo u:: ::::rorrar.:e rir
ag'i anticiìi concccr :Te'l-i r'>:^rrj.::oi:e i: cueì de^ariv
:'»ui?ciica;to sui >^uaie e Roma >edur.i ■"! rr.ejzo ai due
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. 1^ CoHts. ^ Mcu. ;^M», •», :.iv \ , -t. .6, •_>. ;^c. ^. : ;.
Epoluiione del tipo di T{oma 123
orinata al tempo di Traiano, cioè nel periodo
eir impero, quando il dominio romano aveva
a- sua massima ampiezza e i vaticini antichi si
imente avverati, ognuno lo può vedere. Cosi,
i dai tipi fin allora usati, fu rimesso in vigore
dando alla figura di Roma un carattere cosi
ccordava in modo singolare col sentimento del
;ugli archi eretti in onore di Traiano si vede
volta effigiata Roma. Il bassorilievo, che fini
)rnare l'arco di Costantino (i), ci mostra alla
;ttaglia ed alla sinistra la figura dell' imperatore
illa Vittoria, e presso di lui Roma in piedi colla
.pò e col corto abito succinto. Essa regge colla
rammento di asta e colla sinistra un oggetto
ni dice confusamente accennato, mentre il Bel-
defìnisce un parazonio. Questo, che è un sim-
militare, l'abbiamo veduto scomparire da che
a assunto come emblemi lo scettro ed il globo:
•ciò abbastanza strano il trovarlo di nuovo in
>resentanza: ma siccome in essa Roma sembra
rra ad assistere Traiano nella battaglia, si può
he abbia ripreso le antiche sue armi.
di Traiano in Benevento (3) porta sulla chiave
i Roma con tunica e paludamento, col globo
a ed asta nella sinistra. Questo emblema del
arestre, che prima era sotto i piedi di lei, ora,
: sue mani, ci fa vedere con quanta maggiore
ella domina ora il mondo: poiché, invece di
5getto a sé colla forza, ne mostra il possesso
lolo colla mano con quella sicurezza di chi si
INI, op. cit., tav. LXX ; gran bassorilievo di Traiano.
X>Ri, Archi trionfali, tav. xlii.
tlMi, op. cit., tav. XL.
tS4
e^. Tansolti
fida della propria potenza divina: e si noti che qu
emblema non più si vede sotto di lei. Nello stesso
il Rossini (i) crede di vedere effigiata Roma sotto la figjx^'
di Berecinzia che assiste ad una distribuzione di grani, rr^^
io non riconosco alcun trano caratteristico in essa ct^^
possa farla ravvisare. Ma se anche qui tosse rappresenta C-a
Roma, sarebbe necessariamente la diviniti ispiratrice d^
generoso atto all'imperatore.
§ 2. Da Adriano a Costaxtko.
Giunto al massimo splendore V impero, anche la
prescntanza di Roma salì al massimo grado di idealiti
di magnificenza. Al tempo di Adriano Roma era gii di-
venuta il centro dove tendevano e dove si tnescolavano
tutte le nazioni delia terra; allora si accentuò quella sua
caratteristica che la distinse anche ai tempi moderni, che,
cioè, se ella non fu madre di tutti gli artisti e poed, ne
fu però la maestra e T ispiratrice.
Di mne quelle dna che vantavano origine divina tics-
suna certo era stretta cogli dèi da legami tanto forti quanto
Roma» il cui principio si rannodava a Venere e Mane. Di
tutte quelle citti nessuna era ormai più Ubera: molte di-
strutte: nessuna così potente, cosi illustre, cosi grande. Di
tutte quelle atri nessuna aveva verificato in sé in modo cosi
pieno le promesse divine quanto Roma. Essa aveva come
(j.ita una riprova della sua discendenza da Mane coU'aver
soggiogato il mondo ; da drca nove secoli il tMme romano,
prinu oscuro e ristretto, si era continuamente andato allar-
gando fino a non conoscere più limiti; né per questo eri
<ci*in.ifa r intensitl del potere magico che ella operava sugli
(i) Op. diL. UTY. xxxvm-iLm, tav. m ddTArco.
colla sua grandezza aveva, ptr dire cosi, rim-
(nondo :
kbus cfl altis tcllus data limite certo
aanac spatìum est urbu et orbU iiero »
antato Ovidio (i) quando si preparava il do-
^rsale dì Roma: ma al tempo di Adriano quel
era di tutti.
liti adunque a cui rimonuvano le prime me-
ne e le sue glorie contribuivano a colpire ftirtc-
jtasia del popolo ed a dare alle cose un ceno colo-
che portava naturalmente alla venerazione (2).
però gli uomini avevano poco a poco perduta
La fede, sentivano dentro di sé un vuoto ter-
me della patria, gli ideali politici avevano ces-
molto tempo di far battere i cuori.
dell'Olimpo erano caduti l'uno appresso del-
misteriose divinità orientali avevano finito per
pure vuoti nomi e non avevano fatto altro che
la tendenza dei Romani alla superstizione. La
•va invaso le menti dì tutti, e stoici e platonici
cercavano tutti un ideale, senza però poterlo
5 mai. D'altra parte gli uomini avevano bisogno
' che tenesse luogo di quella politica e religiosa,
3n bastando né le vecchie tradizioni della inito-
I né la filosofia, bastò appunto la superstizione.
titre in Roma si accalcavano nuovi riti e nuove
liti, la superstizione divenne gigante e divenne
^nta ciò che narra S. Ar.o^TiNo (De hturesihus, VII) dì
ella setta carpocraziana che adorava Cristo ed Omero:
ircndeva certamente l'ecct-llcnza poetica del cantore di
la lontananza del tempo e sì la grandezza delle cose da
^pivano Tanìmo di lei dì tanta ammirazione verso quel-
Ha si piegava naturalmente ad adorarlo.
126
C^. T^arisoiti
comune e ferma la credenza della misteriosa predestinazic^
di Roma.
In questo stesso tempo, quasi come conseguenza de^
altri appellativi che ebbero vigore sotto Vespasiano e sotr
Tito, vien fuori quello di Roma aeterna (i), nome che cTJ
fa vedere che, sebbene fossero dimenticate o derise le an -
tiche favole, ne restavano tuttavia gli effetti. Cosi ciò ch^
prima era un vago presentimento divenne certezza: oscure
e lontane erano le origini di Roma e misterioso e fanta-
stico se ne presentiva Tavvenire: questo però era certo tut-
tavia che ella non doveva perire. Un soffio divino aveva
improntato su di lei un carattere di eternità, ponendoh
cosi d'un tratto fucri della legge comune della mutazione
e distruzione di tutte le cose. Nel medio evo si disse:
t( Quamdiu star Colysacus stat et Roma: quando cadct
« Colysaeus cadet et Roma: quando cadct Roma cadct et
« mundus » (2).
Ora questa idea trova le sue radici nella Roma eterna
di Adriano , e giA Tacito (3), allorché riferisce Teditto di
Tiberio per Eir cessare il popolo dalle lamentazioni per la
morte di Germanico, fa dire all' imperatore : « Principes
e mortales, rempublicam aeteniam esse ». Lo storico, pieno
anche esso della supersii;;ione comune per questa grande
idea di Roma, trasporta i tempi di Tiberio ai suoi, e sup-
pone che nelle moltitudini di quella remota etA un accenno
alla eterna potenza della repubblica avrebbe fatto tanta
pressione quanta al tempo in cui egli scriveva.
Roma adunque, che si nella letteratura che nell'arte
aveva dapprima rappresentato la città fondata da Romolo
e poi lo Srato, come abbiamo veduto a proposito del ì;
(i) PRELLEK» op. cìImP- ?S7. Cf. anche il medaglione del mu
Tiepolo coU'epigrafe: « Urbs Roma aeterna ».
(2) Graf, Roma ttdìa memoria, mila immaginazione del mtdio
I, 1 19-120, n. }i.
(j) Arni,, III, 6, e cf. anche il Gbaf, II, xxu.
Epoluiione del tipo di T{oma
127
nipuhlìcac di Suctonio , divenne una vera divi-
Cosi quella Roma che aveva da eroina combattuto a
meo di Romolo, di Camillo, di Scipione e di Cesare,
pcvj abbandonato la terra e proteggeva dal cielo colla
aa mente quello Stato, cui colla forza del suo braccio ella
veva dato la vita. Tale sarebbe stata la leggenda di Roma
i poeti l'avessero cantata, o meglio tale essa fu quale ci
messa innanzi dall'urte; ne si dovr;i trascurare di tenerne
conio, pensando che è utile conoscere tutte le leggende di
popolo, anche quelle che non si sono completamente
volte, ma di cui possediamo lutti gli elementi. Di più,
oichc anche l'arte è una veste panicolare del pensiero, si
ovranno dire vere leggende anche quelle che non ci sono
urtate che dal marmo (i).
Certamente però pei Romani, la cui religione era subor-
nata alla politica, dovette acquistare un gran valore una
iivinitA che riuniva in se anche l'idea dello Stato.
Ma mentre gli altri dòi furono dapprima adorati per
ITO sentimento religioso e terminarono per essere pure
«orme e puri simboli della religione ufficiale, Roma all'op-
^P05to,che cominciò coiressere solo un'allegoria esprimente
L ritti di Romolo ed il popolo romano, terminò per avere
OH sincero culto allorché prese origine la leggenda della
[5ua eternili e de' suoi destini celesti.
La trasformazione di questi sentimenti si riflette nella
ia più modi: ma in generale si può dire che la fi-
?iin dì Roma assume in questo tempo un carattere assai
più dignitoso e veramente divino, sicché si raccosia molto
più nelle vesti e nella maestà a Minerva. Due sole cose
feto \z distinguono da lei: l'atteggiamento fiero e superbo
|/l) Anche U letteratura però tratta in certo modo la leggenda dì
I asiai jpcsso. Livio, I, 6, fa predire da Romolo a Procolo i de-
della città; cosi Claudiano (Ioc. cit.) e Sidonio Apollinarf.
^lOKg. ad Majoriattum); ViRC, Aen,, I, v. 278; Servio, ad Am., fX,
rlS8; RuTiLio Numaziano, Ithur., I, v. 13}.
128 2£ 'Tarisottì
ed volto ed il carattere autroaale della persona. La "*
stingue ancora la foggia speciale delTelmo che ha sul "^'
oanzi un ornamento sìmiTe ora ad un diadema, ora ad a-*^*'
cinta iì torri- Le vesti dì cui è coperta poi sono qu ^^*
sempre tunica talare e manto, e le anni Fasta pura, si sxx-
bolo di divinità, e Io scudo in luogo del parazonio, sia^s^"
lx)Io di virtù militare. Finalmente ella siede assai più spe^-SO
sopra un trono che sopra un mucchio di armi, coraci^
nelle figure dei tempi precedenti. Ed infatti è assai p»*^
proprio per lei, div^nura dea, un trono come quello de^"
altri numi di queI!o che una congerie di armi che le si
addice meglio qualido è immaginata come Roma erga^^^'
La figura di Roma era dapprima necessariamente ^^'
dente per un significato tutto materiale, non convenen *3^
che una personificazione di dttà fosse rappresentata i^
altro modo: in seguito però, staccandosi da questo sig»::»*'
ficato materiale, prese atteggiamenti propri di una p^^^'
sona, ed ora finalmente toma ad essere quasi sempre ^ ^
duta perchè questa posizione è propria di una divin -S-t-
superiore.
Potremo prendere come tipo di una tale rapprese^ ^«^
tanza della dea Roma la famosa pittura Barberinìana. Ss*-^
inutile ripetere la storia del ritrovamento (i) ^^ *^^^ P^^^" ^
il battistero del Luterano, circostanza che diede origine a *■
opirtione che appartenesse al secolo iv: ma il Buns -«^^
pensa che invece debba ascriversi ad un tempo miglici ^
per le arti (2), e cosi anche il Winckelmann (3) ed
Preller (4), il quale non sembra lontano dall'accetta- ^
(i) Avvenuto il 7 aprile 16 j 5, secondo che il Wìckelmann vfc ^^
in una lettera ms. del comm. del Pozzo a Nicolò Heinsìo, ed anc:^ ^_
secondo ciò che è scritto sulla copia che ne fu mandata a Fcr' ■^-^
nando III.
(2) BuNSEN, Bischreibuugf III, 11, 456,
(}) Storia deìU arti, II, 408.
(4) Op. cit., II, 357, n. j.
ipolu^ione del tipo di ^ma 129
Duhn che suppone h pittura fatta sotto il
del tempio di Venere e Roma. É inutile
er parole a descriverla, mt.ntre basu solo dare
Ile riproduzioni che oc sono state fatte (i)
rsi che questa pittura, benché più moderna-
rata, se non è del tempo costantiniano è cer-
Briore ad Adriano e perciò ci può servire per
•altre rappresentanze posteriori a queir impe-
parecchie statue presentano tal somigliatua
lo monumento Barberiniano che non si può
Bconoscere che debbano appartenere circa al
■pò. Tale è, per esempio, una statua dì gran-
K posta all'ingresso della villa Medici. Il sog-
oro à certamente la personificazione di Roma:
di marmo grigio, mentre le parti scoperte sono
meo. Ad onta dei numerosi restauri, essendo di
)uono, ne di.uno in fine una riproduzione (2).
villa Medici v'e un'altra statua, ma di gran-
le, all'estremiti della gran piazza che prospetta il
D Zoega dice che questa è Vunica statua grande
ìchè le altre, secondo lui, sarebbero invece Mi-
Dne dell'egida (4). .Ma in primo luogo più di
resentnnza, come quella citata di sopra, non ha
i tale ornamento, esc sopra alcuna esso si ritrova,
i fare alcuni difficoltai. L'egida essendo passata
le corazze degli imperatori, poteva benissimo
Ito di Roma, e cosi è che io crederei che il si-
to sulla fontana di Campidoglio sia venimente
nentre quesu opinione fu contrastata appunto
eli' egida. In secondo luogo, se anche questo
^gischt Zciiung, anno i88;, p. 2), uv. 4.
I.
il Baltard, La villa Médìcis à Rome.
; U I so-
r/Al IL Società romana di Mtoria patria. Voi. XI. 9
IJO
C/f. Tarisotlì
attributo di Minerva si trova sul petto di Roma, ]
sempre le altre caratteristiche che impediscono di se
una dea coirnltrn. Il Bunsen (i), parlando della sta?
lossale Ji villa Medici, chi;ìma inverosimile la supposi
dello Zocga (2), secondo cui esso sarebbe una cfl
quello del tempio di Adriano. Ad ogni modo sarebw
copia assai tarda, ma la posizione stranamente raggoi
lata della figura dì ragione al Bunsen. Piuttosto pc
bero credersi tali l'altra gi:ì citata di villa Medici oM
che è sotto il portico in fondo al cortile del palaiS
Conservatori (3), o Taltra semi-colossale che prosptì
ingresso del palazzo di villa Albumi dalla parte inten
Anche questa ha le vesti di marmo bigio ed il res^
marmo bianco; ma di queste pani solo ia testa se
antica, e forse neppure essa appaniene alla statua
Alle rappresentanze di cui ci siamo or ora occupati (
non hanno indosso Tegida, conviene contrappome un
che più non esiste in Roma, essendo stata da poco tri
tata ad Arsoli. Essa adomava il piazzale delia villa AH
ed era creduta rappresentare la Giustizia, raancandS
attributi che doveva aver nelle mani. L'insieme di^
figura però non può lasciar dubbio che ella non siafl
e, per ciò che poco più innanzi abbiamo detto, non
far difficolti a questa interpretazione la testa di Mi
onde è ornata la corazza di cui la dea è coperta. |
Del resto, ciò che riferisce Flaminio' Vacca xxeìk
memorie (6) non saprei se si debba attribuire a ques"
all'altra statua colossale di villa Medici: poiché que
(i) Op. cìIm ni. II, 602.
(2) Bassonlin'i, I, 141 e sgg.
(3) Edita dal MoNTAGNANi, Museo Capitolino, tav. 11,25.
(4) Qiiantanque di lavoro non eccellente, ò migliore (
colossale edita dal Bahard.
(5) V. tav. Ili in fine.
(6) N. 41.
Epoluiione del tipo di "T^ofua
13'
che quella che fu
raccoglitore ci fa sap<
Sulla piazza del Quirinale fu comperata dal card, di Ferrara,
» cbf la condusse nel suo giardino pnsso Monte Cavallo )u
Questo giardino fu poi espropriato da Gregorio XIII per
farvi quello annesso al palazzo pontificio, perciò questa
statui fu probabilmente allora mandata in dono piuttosto
che venduta. Resterebbe perciò a sapere se fu regalata al
card. Medici ovvero al card. Montalto che fu quegli che
ce fare il piazzale della villa alle Terme e vi fece erigere
quel monumento (r).
Le monete di Adriano ci dimostrano ancora una volta
come non si debba fidare intieramente sulle loro rappre-
icntatue. Il cambiare di un tipo è cosa di tanta importanza
che deve naturalmente accadere con una certa difficolti.
Cosi è che sulle monete si trova ancora spesso Roma in
abito succinto (2) ed inoltre con abito talare, ma con una
mammella scoperta (3), circostanza che ci fa subito inten-
dere come, per trasporure sulle monete l'efEgie di Roma
^uaPcra data dall'arte, le si aggiungeva il segno del petto
ignudo che, richiamando alla memoria Tantico tipOj la ren-
deva riconoscibile a chiunque. De! resto non mancano anche
iBOnete sulle quali Roma ha in tutto e per tutto la figura
sttsa die abbiamo veduto nelle statue di villa Albani e di
villa Medici (4), anzi in alcuni casi ha anche un ramo di
'ilivo tra le mani, siccome attributo di cternitA (5), ov-
l'ero l'appellativo di felix (6). Resterebbero perciò alcuni
pochi tipi nei quali è figurata indubbiamente Roma con
(1) Massimo^ Koti^i istoriche dtìla viììa Massimo, In quel volume
anche edita la statua dì cui si parla.
(2) Coiits, op. c'it., il Adrian.», nn. 79-84, 95, ecc.
{\) Cohen, t Mcd. imp. Adrian. », nn. 714, 715.
(4) Ivi, nn. 1097, 1106.
(j) Ivi, n, IJ04.
(6) Ivi, n. 714.
ì}2 Q/t Varisoitt
abito succinto (i): in due di essi però si ca{Hsce subito la
ragione del ritomo airantico tipo, giacché si celebra il ri-
tomo di Adriano cui Roma va a stringere la destra, e perd&
diviene nuovamente la personificazione della città ; il terzo
poi esce addirittura dalle foraie consuete, poiché in esso
Roma ha tra le mani il comò dell'abbondanza, attributo
rarissimo e che allude in genere a qualche spedizione di
grani. Né si deve credere poi che la trasformazione del tipo
sia cosi generale da non ammettere eccezioni: si intende
bene che la varia mente dell'artista od il vario scopo a oà
ser\iva il lavoro poteva modificare in tutto od in parte la
figura stessa : cosi, p. e., il bassorilievo che si conserva ndla
villa Albani (2) è una di tali eccezioni. Noi però non cre-
diamo opportuno di diffonderà a parlare di quel monumento
illustrato già dallo Zoega (3) e del quale pei numerosi restauri
é difiìcile dire con sicurezza qual parte sia certamente anticu
Anche altre figure dei tempi successivi ritornano pure
al tipo antico, senza però perdere quella dignità che ave-
vano acquistata coU'accostarsi a Minerva nella recente tra-
sformazione come quella del musaico marmoreo del principe
Colonna edilità ed illustrata del Tomassetti. Un'altra di queste
è effigiata sopra una base che si conser^•a alla villa Pam-
phili in Ronra (4), edita ed illustrata dal Winkelmann (5)
e poi in modo più preciso e sicuro dal Kòhler (6). Questi,
oltre al riconoscere una base in luogo di un'ara, ha poi
dato una giusta interpretazione alle figure che vi sono
scolpite secondo che sì poteva pei guasti loro. L'impera-
tore Antonino Pio, adunque, togato e coronato d'alloro
(i) ConHX, nn. yc), gj.
(2) BfNsiA-, Ilsibr., HI, it, 472.
(5) Zorr.A, Hdssoriìicii, I. tav. 51.
(j) Blnskv, op. cit., in, IH, 652.
()) Mon. indi., parie III, 253.
{6) Ann. ihir ht., anno iKój, p. ig;; Mori. JclVht., VI e VII,
tav. Lxxvi. i-j, e in modo alquanto ditfercnte dal Plrgold, .\/iVì-.
Qipit., 1879, 22. Cf. anche Zoega, App., 3)).
Evoluzione del tipo di T{omà 133
W:
*^ggc colla sinistra una specie di scettro che termina
<^n una piccola mezza figura che il Bunsen crede un
penate. Alla sinistra dell' imperatore la figura di Roma
Wpprcsentaia con abito succinto, coli' elmo in capo,
Colla metii del petto scoperta e cogli alti suoi calzari ai
»nii. Appresso a lei un'altra figura muliebre che il Win-
clraann e il Kòhler sono pure concordi nel credere furio
Lìnuvirta a cagione della pelle di capra che le ricopre le
spalle, dello scudo che ha nella sinistra e, come dice il
K ';ler, «di una certa rigidezza arcaica neir attitudine ».
Diir altra parte di Antonino segue Marte colla lancia nella
^nistro, il parazonio nella destra, la clamide e lo scudo
poggiato in terra : dopo Mane, Venere (forse Fentis gcni-
inx) col diadema in capo e Tasta nella sini.strn (i). Dal-
J*altro lato di Venere è una Vittoria colla palma nella mano
ed appresso uno spazio vuoto, poi una figura virile im-
berbe, poi anche un'altra di cui sono rimasti appena i con-
torni e poi ancora un personaggio togato. Nello spazio
^lioto, le traccie rimastevi essendo troppo basse per un
uomo, si suppone che vi fosse scolpito un trofeo : le altre
persone, poco riconoscibili, specialmente quella di mezzo,
*oao probabilmente appartenenti alla famiglia di Antonino
ot M. Aurelio, L. Vero e Commodo. Ora se noi ripen-
^^mo l'insieme di questa composizione, non crederemo
^rio che la figura di Roma abbia perduto di dignitA as-
sumendo qui il suo antico costume amazzonico, essendo
'nri ella nobilitata dal trovarsi in unione colle maggiori
«li^'initi dell'Olimpo. Dirò di più che e naturale che in
«JLJcsto rilievo ella abbia ripreso il suo tipo primitivo, poiché
Jt-mdo insieme con altre effigie di numi era necessario che
liaro segno la distinguesse. Cosi nell'altro rilievo che
aio di accennato della villa Albani nulLi toglie alla
e>
t(t) WiKKEUiAKN, Moti, tncd, I, J7, parlando di Venere celeste
che aveva per suo attributo Vasta e che perciò era detta "'E-yx"»;-
U4
q4. 'Tarisotti
maestà della figura la veste, essendo ella assisa presso uo
tempio, evidentemente eretto in suo onore e che, sebbene
sia assai restaurato, pure è indicato da un avanzo di co-
lonna che è antico.
Lascio ora da parte un altro bassorilievo di villa Albani,
rappresentante un congiario di Antonino Pio (i), perchè
in esso la figura che dicesi di Roma e espressa in tal guisa
da rendere assai poco probabile quella interpretazione. Esu
non ha elmo in capo e sta nell'atto di togliersi il balteo,
circostanza che, secondo il Blessig (2), alluderebbero alJa
pace di cui godette lo Stato romano sotto T impero di
Antonino; ma noi abbiamo veduto che Roma, anche pa-
cificamente rappresentata cogli ulivi, colle palme e colla
cornucopia, non depone mai TeLmetto che è la sua caratte-
ristica principale.
Ci resta perciò da esaminare l'apoteosi di Antonino scol-
pita nella base della colonna a lui innalzata da M. Aurelio,
bassorilievo che si conserva nel giardino della Pigna
al Vaticano (3). Antonino e Faustina sono portati in
cielo da un genio, forse delTetemit.^, che ha nella si-
nistra il globo su cui è scolpito !o zodiaco. In basso a
sinistra v*è una figura seminuda che.il Visconti assai ra-
gionevolmente crede il genio del Campo Marzio poiché è
caratterizzato dall'obelisco per rammentare « il luogo dove
si fecero le esequie dell' imperatore ». A destra poi anche
in basso Roma quasi giacente poggia i piedi sopra armi di
v.irio genere ed è vestita precisamente come abbiamo ve-
duto sopra qualche moneta di Adriano, cioè coH'abito ta-
lare, ma colla metà del petto ignuda.
Questa foggia di rappresentanza è, come abbiamo accen-
nato, una specie di conciliazione tra la vecchia e la nuova
(l) Blessig, Ann. àtlVhU, 1844, p. 1 1 > ; Mon, tUll'hi., IV, tav. iv.
(3) Ann.diiniU, i8^4, p, 155; Mon. iUìVht., IV, iv.
(j) Visconti, Musto Pio CUment'mo, V, uv. 29.
Tnjione del tipo di 'I^ma
«35
sulle iDoncrte di Antonino Pio Roma (i)
lunga veste e qualche volu ha persino tra
^aiiio, cioè il sacro segno della cittì (2). Cosi
tclle di Commodo, il quale forse, per la sua
della Roma commodiana, ebbe una prcdilc-
f per la personiiicazionc di lei (3). In alcuni
peratore unisce sempre più la propria pervonn
tna, ora facendosi da essa consegnare il globo,
|do il tipo adrianeo dcìV advcnius Augusti, nel
Sringe la mano dell* imperatore, ora poi allu-
pL prosperiti annonaria che non sembra però
grande sotto il suo impero. Infatti le monete
^ pongono spesso tra le mani di Roma un
rizie, ciò che farebbe credere a grandi opere
principe pel benessere della città, mentre Lam-
solo che « classem africanam instituit quae
t si forte Alexandriac frumcnta cessasscnt».
ne rappresentanza che ci mostra di nuovo
ito di amazzone e quella che figura sul basso-
trova ora al palazzo de' Conservatori, e che
i decorava Parco di M. Aurelio, demolito da
II nel 1662 (5). Senza diffondermi a parlare
Ila composizione di questo rilievo abbastanza
iioterò solo che anche qui assai opportunamente
Koma riprende il tipo antico. Infatti, secondo
n. 1029.
«Am. >, n. 954.
i « Commodo », n. 857. Roma seduta a d. con asta e
ice incontro, seduta con ramo dì ulivo e corno d*abbon-
EKO un tripode su coi Commodu sacrifìca velato in piedi
lui due giovani dì cui uno suona la doppia tibia. Vedi
-j62. Roma scd- a s. su corazza con scudo ACCAnto
Ila cornucopia e colla d. dì un globo a Commodo stante
Etorìa; al secondo piano Felicità stante a s. con caduceo,
lus, XVII.
jircbi trionfali, tav. xlix; Bartoli, Admir., tav. 6.
136
q4, "Pansottt
quel che dice il Banoli, Tarco fii innalzato quando, per la
morte di L. Vero, M. Aurelio restò solo a governare T im-
pero: e però in quelli scultura è il popolo romano che
consegna a lui il globo (i).
Dall'altra parte al concetto, non di un'azione fatta dal
popolo o dal Senato, ma di un'onoranza resa alla dea,
conisponde opportunamente il tipo di diviniti, come ve-
diamo sopra alcuni medaglioni clipeati di L. Vero (2) sui
quali a Roma, assisa e vestita di tunica talare, l'imperatore,
che rappresenta il popolo ed il Senato, offre, standole in
piedi dinanzi, un ramo, mentre a tergo della dea è una
Vittoria in atto di coronarla. Da notare è pure che l' im-
peratore in piedi ò appena alto quanto Roma sedente, ciò
che potrebbe essere l'espressione della dignità di lei signi-
ficata, secondo il costume, dalla sproporzione di altezza.
Un tal genere di rappresentanze, che piacquero tanto
agli Antonini, si riscontrano ancora sotto Severo e Cara-
calla: ma per la decadenza dell'arte, che già si fa sentire
abbastanza forte, o perche si and;isse perdendo quel certo
gusto antico che con ogni figura esprime un' idea, la rap-
presentanza di Roma diviene confusa ed incerta e prepara
in ceno modo la strada a quella del tempo Costantiniano.
Sull'arco di Settimio Severo ella e effigiata una volta nella
chiave (3) con conizza ed chno alato, strano ritorno a
quelle antiche teste repubblicane, ed un'altra volta nel grande
bassorilievo che rappresenta la pompa trionfale (4). In
questo siede ella col globo nella mano sinistra ed a lei sono
condotti tutti gli schiavi barbari che le si inginocchiano
(() Altri bassorilievi dì archi trìonfali, che sono .il cortile di BcU
vedere, ripetono il solito concetto di Roma che conduce il curo
del trionratore. V. Buksen, Bàschr., II, 154.
(2) Boll, dilla Com. arch. muu,, 1877. p. 79, tavv. vi-vu; Cohen, III,
14, n. 92.
(j) Rossini, op. cit, tav. lvi.
(4) Ivi, LV.
Iplichevoli, Orbene, in altri tempi dell'ine h
i>ma non 3\Tebbe mancato di avere qui aspetto
ivecc ella ha la cona tunica ed il seno scoperto;
Jenza artistica andava sempre più galoppando e
grandezza di Roma continua ancora ad accre-
■on sono più le sue figure che ce la esprimono,
f i titoli che le si d;\nno.
veduto la %i Puijìt^ dei templi augustci e
vicfrix di Galba e Vespasi.ino e poi la acterna
Adriano ed i titoli votivi in cui ella è posta
massime diviniti, come riscrizione di Locri (i ):
'. His deabiisqui immortalìbtts et Romat adcrnae.
itcva \-enir fuori che un appellativo spiccau-
lo e cosi avvenne: VUrbs sacra Au^ustorum no-
compi la serie dei titoli dati a Roma e ne portò
l'apoteosi. Questo nome di sacra dato alla citti
rincipio di tutti quei titoli che ebbero origine
tano, quando la Conc prese un carattere cosi
tutto ciò che aveva attinenza coli' imperatore
Ma la citti aveva giA da molto tempo rice-
onore, e certo se ancora l'espressione figurata
fosse stata naturale o possibile, non sarebbe
ta forma, la quale avesse fissato sulla rappresen-
mia questa parola di sacra, che conteneva in sé
' della diviniti e della fatale eterniti (3). Ma in
SEV, /. .V.,n. 8.
iHa Com. arch. mun., iB8a, p. 4^*
bncte di Severo e CaricalU (Cohen, « Severo », nn. 605,
col Palladio n,n. 61 j. a Caracalla » nn. i-V^-Si^- ^oma
Palladio, n. 554) portano la efiigie di Roma colla Icg
tiori Urhh, che non è vana milKinteria, ma una lode che
ic unto a Severo che a Caracalla, secondo quel che dice
iScv. », 25)chc V Romaeomnesacdes publicaequaevitio
labebantur instauravii, nusquam prope suo nomine ad-
vatis tamen ubiquc lituUs conditorura ». Nella serie delle
egli altri imperatori merita solo di essere menzionata una
ijS
041 Tarìsolti
tutto quel tempo che corre appunto da Severo a Dicci'
ziano rabbassarsi dello spìrito dclb romanità, il sentimento j
della propria decadenza, anestato anche dagli scrittori ^^1
dove raccontano che nel circo spesso si levava un laraerit*^
senza alcuna ragione, preparavano la società alle nuo**^^
condizioni che dovevano sorgere in seguito al grande f*'
volgimento costantiniano (i). H
Possiamo adunque concludere in generale, riassumcnJ^^
quello che è stato detto in questo capitolo, che la persone^
ficazione di Roma, quando assume la forma di diviniti, hi^
tutti quei caratteri che esprimono un tal grado maestoso,
cioè l'abito talare, Tasta pura o qualche volta persino l'egida;
quando poi è rappresentata in azione, torna ad essere ve- |
stila da amazzone; ma in alcuni casi questa foggia di ve-
stire non toglie nulla all:i dignitA della figura, la quale invece
è nobilitata dal resto della composizione o da qualche altra
circostanza.
§ 4. — Da Costantino alla caduta dell'impero.
L'editto di Milano fu il segno della caduta dello splene]
dido edificio del paganesimo già da gran tempo preparata :
con esso rovinò ancora il sentimento classico che era in-
tieramente fondato su quello. Inflitti, quando nel rinasci-
mento lo studio dcITantichità portò l'entusiasmo pel clas-
sicismo, si ritornò per quanto fu possibile al paganesimo.
AI tempo di Costantino adunque la societA fu mutata
dì Giulio Filippo, il quale, nell'occasione del millenario di Roma, resti-
tuisce acconciamente il tipo eia leggenda di Rcmat atternac (Cohen,
«Filippo », n. 164, e la Lupa con Romolo e Remo, n. 177. Satcu'
larts Aug^i*.), Degli altri imperatori bastcr;^ dire che sì trova sulle loro
naonetcRoma rappresentata frequentemente secondo il tipo adriaceo
e qualche volta secondo il itpo antico, sebbene un po' contrafatta
(Y. Cohen, agli imperatori dopo Giulio Filippo).
(1) PiELLER, op. cit., pane II, p. )58e Dione C.vssio» LXXII, 15.
j Et'OÌu-{ìone d^l tipo di Q^oma
J39
e si cominciò a prepararne una nuova che
poi e rimescoiau dai barbari, doveva essere
la societi medioevale. È per questa condizione
^ se l'arte continuò, nell'ultimo secolo dello im-
Eprimcre idee antiche, usurpò bensì forme clas-
en^a alcun significato e scnn alcuna corrispon-
fcsse e lo spirito si dell'artista e si del popolo. Da
irigine necessariamente un simbolismo affatto
pie per indicare il significato allegorico di una
Inza : Tane cioè divenne una specie di linguaggio
che per mezzo di segni rappresentò e caratte-
re idee. Questo stesso fatto avvenne, come era
nchc alla figura di Roma, e se per T innanzi la
Jel tempo di Augusto o l.i Roma aftcrna di Adriano
evano, oltreché dai simboli, anche dall* insieme
pa e dall'atteggiamento, allora essa divenne né
IO che una figura di donna coll'abito e con tutto
prio degli ultimi tempi imperiali, caraaerizzaio
gni fissi, i quali, se per avventura mancano, è
le riconoscere Roma invece di un'altra figura.
a%-iglia adunque se, mentre negli ultimi secoli
di Roma continua sempre, anzi per la deca-
ca e per le tendenze mistiche, resta sempre più
le cose terrene, le rappresentanze abbiano poca
n essa. Non tenendo conto adunque di quella
conserva al Palatino, illustrata dalI'Helbig (i),
la figura di Roma, più delle altre guasta, è poco
e. Tunica figura di qualche importanza si è quella
la chiave grande dell'arco di Costantino (2).
agine che più di un'altra volta abbiamo trovato
ento degli archi, è qui effigiata col tipo più
ài. àcs Mùnchin Akad., 1880, p. 495, ed edito JatU
R68, tav. tv.
AX, op. cit . tav. Lxx.
140 Of. Varisotti
tardo, cioè collo scettro e col globo, in abito talare e se-
dente, posizione poco adatta per essere la figura posta sulla
chiave di un arco. Questa rappresentanza perciò segue in-
teramente il tipo derivante dalla Roma aeiema e niente altro
la pone in relazione con Costantino ali* infuori dell'essere
sopra un monumento a lui dedicato.
Ma i due grandi avvenimenti dell'editto del 321 e della
traslazione della sede sono il tratto caraneristico del tempo:
la figura di Roma perciò, priva quasi di significato finche
non ha relazione eoa quei due fatti, diviene una completa
sintesi storica di quel periodo quando con essi si collega (i).
Ma sì per la decadenza dell'one e si perchè ambedue gli
avvenimenti hanno carattere ufficiale, converrà cacarne il
riscontro sulle monete. Sulle monete il Costantino si tro-
vano bensì emblemi reliii^iosi, ma anche impronte affatto
paghine e la figura di Roma costantemente con aspetto pa-
gano (2). La ragione di co è abbastanza chiara. Primiera-
mence i! ricono>c:menco della religtone crtsrlona era troppo
recente per ro:er d'un tratto trasrbrmore una diviniti pa-
gana in una tìgura cri^rona, roato più essendo l'idea di
Rv^nta an^vra a.v^ai 5rr<::tamente co"e^a:a colle antiche cre-
denre: >cvoniir:a:njn:ero:, esibendo i, rontence, cioè il rap-
pr<^><:n:i-':e iel'a religione cristiano, -^-^.i ielle cagioni che
spìnsero Cost-wn::no a rarrìre ca '^on:i ?or non trovarsi di
trv^n^i" .lù una aurortà che non s: poteva sapere nn dove
sarebbe gu**:.i, non iovcvji :"ar ruer^ a"/ ìntperatcre stesso
i: :ne::ere n Tv.a.-.onc ìnvlnu rrz loro l\.^niieglì emblemi
ctìsc'j:". . 00-: cn.: s: sareMx- poru:o c*viere che non solo di
t'a::o. nn.; c"o -:vhc -ci i:r::o Sonni :o>^ ihoonionata a!
:\>V:\0 V\ :\'. :\: V VV:S ,'v : <- : •, > -; <:x- i^;-^:eioro
Evolu:;ione del tipo di ^oma
141
^nicfice. Tra i suoi successori però il primo che dia em-
folcnii religiosi alla personificazione di RotnacNepoziano(i)
^ Anche questo è abb.Jstanza naturale. I figli di Costantino
seguono 1j politica paterna, ma Nepoziano, il cui brevissimo
ttnpcro non fii che una Iona conao Magnenzio, si servi di
jdla trasformazione del tipo per metterla in rappono colla
proprin causa. Mngncnzio infatti era consideralo come ribelle,
Jcntre il suo competitore si rannodava nlln famiglia di Co-
lmino. Quello sosteneva in certo modo il paganesimo,
icchè le sue monete hanno impronte pagane (2), Nepo-
iano invece, appunto perchè nipote di Costantino, pur con-
ipporsi all'altro si presenta come campione del cristiane-
Do: finalmente la lotta non ebbe altro scopo che il possesso
ìt Roma, perciò mentre l'uno mostrava in suo dominio la
Roma pagana, Taltro la ostentava sua e cristiana, ponendole
ia mano il globo sormontato dalla croce.
Tri i successori, più tardi però, la rappresentanza va
livcntando poco a poco assai più comune e le monete
di Vilcnte (3), V'alcntiniano II (4), Teodosio (5), \'alenti-
niano III (e?) e ^Massimo (7) mostrano Roma figurata come
una matrona con tutti gli ornamenti propri del tempo e col
solo cimo che resta degli antichi emblemi militari, e che
sorregge tra le mani ora il labaro, ora uno scudo sormon-
tato dal monogramma ^, ora il globo sormontato dallo
stesso monogramma ed ora finalmente, benché ella sorregga
3 «mplice globo, il segno y^ è posto nel campo della mo-
neta. Questi cambiamenti del tipo ci pongono d'un tratto
i
(0 Cohen, VI, 522. n. i.
i^' Ivi, J24, n. 41, e sulle sue medaglie spesso il labaro e senza
(}) CouEV, VI, 415. n. 24.
U) Ivi, 446, o. 5>, e VÌI, 405 aJdiz.
(5) EcKHEL, Catalogo, n. 65.
(^) Cohen, VI, 503, nn. j, 4, e 506, n. aa.
(7)H467, n. 13-
«^
142
C^. ^Parisotti
in mezzo al cristianesimo già potente, non solo, ma ancora
in mezzo alle leggende che dal cristianesimo sorsero rela-
tive a Roma. Infatti, come noi abbiamo considerato la Roma
di Adriano siccome espressione deirindistruitibilitA della ca-
pitale deir impero, cosi questa che sul globo ha posto la.
croce si collega assai bene con un'altra leggenda che corre
parallelamente alla prima per tutto il medio evo e giunge
anzi colla sua influenza fino ai tempi moderni, la quale fa
di Roma il necessario centro della cristianità. Dante (i) e
molti altri scrittori di tutta l'etA media accennano frequen-
tissimamente all'essere la cittA di Romolo predestinata a
dominare il mondo perchè poi fosse degna sede del cristia-
nesimo. Ma se con questo fatto religioso si avvantaggiavi
ride.ilità di Roma, coiraltro di natura schiettamente politica
la cittA vera e materiale andava totalmente in ruina: ed il
non trovar traccia nelle rappresentanze di questa decadenza
ci dimostra che si figurava non la Roma materiale, ma la
ideale. Accanto ad essa però, e di un tratto fatta nobile quanto
cìuella, sorse un'altra figura, quella di Costantinopoli. Troppo
dovremmo allontanarci dal tema se volessimo parlare mi-
nutamente di questa nuova rappresentanza; ma noi ci limi-
teremo a notare le differenze che distinguono dall'antica la
nuova Roma. Questa ha il capo coperto spesso da una cinti
di torri, ovvero qualche volta da un elmo, cinto però sempre
di torri: la lunga tunica ed il manto, i monili e gli adorna-
menti come Taltra e finalmente ha quasi sempre sotto i piedi
una prora di nave (2). Questo simbolo che abbiamo veduto
\^) La quale e '1 quale a voler, dir lo vero,
Fur itibiUti per to loco unto
U' siede il >acces»or del maggior Piero.
(/«/.. e. II. 31).
Cf. anche Santa Caterina Ja Siena, che, scrivendo ad Urbano \\
perchò tomi in Roma, dice: « qui è il capo e il princìpio della nostra
fede ». V. Ictt. XXII, capo ii.
(a) Cohen, VI, « Med. imp. «, 175, n. i; 176, n. 6.
[Es^olu^ione del tipo di ^^oma
'43
a una moneta repubblicana era un segno affano
la figura e che non aveva relazione se non con
to accidentale a cui si voleva alludere.
i personitìcazione di Costantinopoli invece la
e è quisi una parte integrale e non può avere
Ito che quello di dimostrare la postura delia cìni
mare e regina di esso. Tali sono le caraiteri-
tapprcienunza di Costantinopoli; ma del resto
t due Rome non sono quasi nui separate Tuna
fc spesso siedono ai lati di uno scudo su cui
ì vicennali dell'imperatore (i). Qualche volta
lue si aggiungono le personificazioni delle altre
jpoli dell' impero, cioè Alessandria ed Antiochia,
atto su quei pomi di una lettiga ritrovati al-
lei 1793 (2), nei quali Roma è caratterizzata dal-
ido, Costantinopoli dalla cornucopia, altro sim-
be nei medaglioni (3) e dalla patera ed in quella
i di nave insieme alle frutta e spiche sono pas-
sare Alessandria, mentre Antiochia ha la sua
Iti medaglioni (4) e delle statue (j) coH'Oronie
I È da notare che di queste quattro personifi-
le due Rome hanno Telmo in capo, mentre le
IO turrite; la qual differenza abbiamo gii osser-
Osiante per distinguere Roma dalle altre cittd;
(o però, trovandosi le due capitali a riscontro
a ed Antiochia, prendono come simbolo co-
> U quale non sarebbe in giusta regola proprio
Roma. Il Visconti inoltre nel luogo istesso fa
1^ VI, 2$r, n. 39, e ayq, n. 54, ed altrove spesso, ovvero
Iggono uno scudo col ^ (Ivi, 41), n. 24).
TI, 0 Lifttera sopra un'antica argenterìa s, Optre varù,
, V, 176. n. 6.
, 36$. n, 54.
PiV) CUftì., Ili, tjv. XLVi
144
C/f. Tarisotti
importanti osservazioni sull'uso delle immagini delle
dell'impero e nota come queste figure facessero parte in
certa maniera delle decorazioni ed insegne di coloro che
esercitavano le primarie magistrature e cita ancora le mi-
niature aggiunte ai codici della Notitia digriitatum la tavola
Peuringeriana con Roma, Costantinopoli ed Antiochia (i)
simili alle già esposte ed un altro manoscritto che conte-
neva lo stesso calendario del codice Vindobonense, ma con
maggior numero di miniature, tra cui le imra.igini di Roma,
Costantinopoli, Alessandria e Treveri. Ma importanza assai
maggiore hanno per noi le figure dei dittici consolari, l
quali, quantunque posteriori alla caduta dell'impero, pos-
sono servire di congiunzione tra lo studio presente ed un
altro che se ne potrebbe fare sulle rappresentanze di Roma
nel medio evo.
Né sarA meraviglia che da Costantino siamo subito pas-
sati alla caduta dell'impero, poiché bas*a guardare le mo-
nete di Teodosio (2), di Arcadie (3) e di Onorio (4), per
persuadersi che nessuna variazione importante era avvenuta!
nel tipo.
Poche osserv:i2Ìoni adunque faremo sulle figure dei dit-
tici consolari, essendoci impossibile, senza uscire dai limitij
fare uno studio completo su di essi.
Le figure di Roma e Costantinopoli su questo genere
di monumenti non sono che accessori, poiché, general
mente parlando, stanno ai lati del console insignito de
distintivi della sua dignità, cioè subarmellare tunica pai
mata, to^;a pietà e trabca, e colla mappa circense tra h
mani. Infatti al dare il segno nei giuochi o poco più s
erano ridotte le attribuzioni dei consoli. Le figure delll
due cittA non istavano più sedenti, ma in piedi, e Co
(i) Desjardins, Tahh <ic Pe-utinger.
(2) Cohen, VI, « Teodosio ».
(5) Sabatier, Monete bizantine
(4) Cohen, VI, « Onorio j».
stesse, a nserva
Costantinopoli,
E or numero di quelle sporgenze che danno
esso l'apparenza di un diadema. Del rima-
edue le figure lunghe sono le vesti sino ai
e di palme e ricami : il petto ornato di bulle
ì capelli e le orecchie ed il collo di ogni
li. In tanca confusione di simboli gli artisti
alle amiche figure di Roma per far si che
lesse dalla nuova, e pur mantenendo il pom-
; scolpirono la parte supcriore di esso, come
su a bella posta per lasciare scoperta una
Irtificio, se si vuole, poco bello, ma decisivo
pe una figura dall'altra.
atre nelle antiche figure amazzoniche il petto
{a una parte scopeno perchè la tunica non è
[i di una spalla, la quale perciò resta anche
este la spalla è copcru e l'abito sollevato
all'altezza della mammella. Non è a dire
uesta circostanza sia ripugnante colla pom-
le goffe immagini.
ì dei dittici illustrati dal Gori, e precisamente
museo Riccardiano di Firenze (2), merita
l'attenzione più in particolare per la inesat-
sembra riscontrare nelle osservazioni del ci-
ft diviso in due parti : a sinistra di chi guarda
muliebre stante con galea ornata di grande
prona, di alloro: è vestita di abito che dalla
I
ìittich n, uv. 20; uv. 17, 18 e tav. 2; I, tav. ix;
fiiki Eìj€nbeinlafiln, 20; Meyer, in fine, n. 18; Boll.
Httìci, II, 177, HI.
I A, Società romana di ttoria pàtria. Voi. XI. 10
146
qA. Tarisotii
vita le scende ai piedi, e di una pìccola clamide affibbiata
da una borchia con due utnones sulla spalla destra e sol*
levata da un lato per lasciare ignuda la mammella. Ha
nella mano destra uno scettro terminante in due pigne <
coll'altra sorregge un lembo della clamide sul quale poggi;
il globo sormontato dalla Vittoria con ramo e corona
L'altra figura alla destra di chi riguarda è turrita, ha ui
collare al collo e bulle ed uttiouest un lungo abito dnU
sotto il petto da uno strofio da cui pendono pure gioidl
ed una veste talare. Nella mano sinistra regge un piccoh
scettro e nella destra il corno dell'abbondanza: sulla spali
sinistra poi dì questa figura è un amorino.
L'opinione del Gori su questo dittico è che esso sii
stato fatto in occasione del natale di Costantinopoli, e ci^
non so con qual fondamento; ma quel che è peggio
è che egli chiama Costantinopoli la prima delle due figun
da noi descritte e Roma la seconda, dicendo che, sebbeni
il segno della mammella ignuda sia proprio dì Roma, tui
uivia non si può dubitare che quella sìa Cosiantinopol
essendo alla destra dell'altra.
Fin qui mi sembra che per porre le cose nel loro vere
essere non si dovrebbe far altro che rovesciare la suaj
terpretazione, ma e* è ancora di più.
Il Gori dice: « Christianis imperatoribus regnani
« Victoriae simulacrum omnem exuit superstitionem q;
« ut apertius ostenderetur cum ea vel Dominicam crw
« vel labarum Chnsti monogranwiaU ornatum et alia Cbri
<s stianac rclìgloms mystica simbola coniunxerunt ». Ma in
questo dittico invece non e' è nulla di tutto ciò, anzi la
figura della Vittoria ha in tutto gli attributi delle rappri
sentanze pagane e pagano è anche Tamorino. Di più, raltn
figura, che egli riconosce effigiata come Fortuna Urbis
turrita come Cibele, sarebbe, secondo il Gori stesso, quella
a cui Adriano innalzò il tempio, e l'amorino alluderebbe
alla Venere che era insieme con Roma ne! suddetto tempio
U^U
I
J
^polu-^ione del tipo di ^I^oma
utramque ìmagìnem nugnum vìdcs di-
Roma heic scuipta esc, quia antiqua paga-
tcmpora designantur Romac im^gini convc-
vcro imagini Cosuniiiiopolcos ca apiantur
quae sedi Cluisttanorum impenitorum haud
dìtum est a. Se osscr\iarao invece le figure
1 tutte due piene dì sìmboli pag:ìni» quali e
conciatura da Cibcle e le palme che partono
e la Vittoria sul globo. Da tutto ciò per
mi sembra che si debba concludere che il
tieriore agli imperatori cristiani, ed allora la
bo ignudo potrebbe rappresentare Roma;r3lira,
bbepiù essere Cosuniinopoli, sarebbe invece
ì sono le sembianze di Cibelc. Né potrebbe
che vi fosse la figura delT imperatrice e non
Eperatore, giacché lo stesso Cori osserva:
tu hoc monumcntum antiquius esse potuìt
I adeoquc ve! imperatoris vel consulis ìma-
brrc in alìis duabus tabulis quae periere o.
M dei verticilli che sono rimasti attaccati a
rolc, conclude che, presentandosi esso chiuso,
) era tenuto da quella che egli chiama Roma,
le sarebbe cosa naturale perchè seguirebbe
loro fondazione, ed anche questo non solo
tnmertcre, ma viene a convalidare la nostra
atti^ ancorché le due efHgie rappresentassero
tantinopoli, questa dovrebbe essere sempre
ite anteposta all'altra: e perciò giusto sarebbe
wne noi avevamo detto per Costantinopoli la
e per Roma l'altra. Se poi si voglia ammet-
jl effigiata un* imperatrice sotto le forme di
I questo porterebbe di porla al primo posto
i Roma.
ra uno sguardo generale su tuttociò che è
dal princìpio.
148
q4. Tarisoiti
Ricordiamo che hi figura di Roma ha origine primie-
ramente su suolo straniero, e perciò senza alcuna relazione
colle tradizioni patrie. Si sviluppò in seguito in Roma, ed
in modo più consentaneo a quelle leggende, ma senza
altro significato che quello dì personificazione o di eroma
fondatrice della città. Cominciò poi ad essere coronaq
dalla Vittoria e poi a prendere simboli di dominazione,
quali il globo sotto i piedi. A queste rappresentanze segue
una prima divinizzazione al tempo di Augusto (non te-
nendo conto di quelle anteriori e non nazionali di Efcsc
e di Alabanda) e dei suoi immediati successori, che noi
ha alcuna corrispondenza coi sentimenti del popolo, ma
che portò come effetto la mutazione di alcuni simboli.
come sariibbe quello del globo tra le mani e della VittoriJ
pure posta come attributo: e la sostituzione in gencr;
degli emblemi di tranquillo dominio a quelli di pura f<
Dipoi Roma è chiamata victrix ed actcrna, ed ha I
una seconda divinizzazione consentita dallo spirito de
tempo ed il principio del suo significato mistico: in con-
seguenza ella assume aspetto e simboli di vera diviniti
Ancora più innanzi riceve Tappellativo di sacra, e final-
mente prende gli emblemi della religione cristiana, dive-
nendo cosi un essere di natura assai incerta, siccome J
quella di Claudiano e degli altri poeti di quel tempo.
Essa al cadere dell' impero resta una figura che nor
può essere più pagana, ma non essendo propriamente cri-
stiana e mantenendo tuttavia tutto il suo carattere mistico^
si va a confondere colle nuove superstizioni, le quali soac
avanzi delle antiche diviniti che il popolo non ha ancori
abbandonato, ma ha riadattato, e, per quanto era posa-
bile, conciliato colle nuove idee cristiane.
Alberto Parisotti-
El<elt»>9 Mirltlli R«a»i
)ELLA CAMPAGNA ROMANA
^ (V. voi. IX, pag. 372).
Vie Nonuntami e Salaria.
illustnizione dei luoghi adiacenti alle vie Nomen-
ana e Salaria significa la storia di quarantacinque
itifondi dell'agro romano e dei territori di Mtn-
terotoftdo e Corresc (i). Incomincio col toccar
t di queste vie in generale. La prima è la più
:hè conduce a Nomcnlo (18 miglia romane), da
ca il nome, all'eli di Livio, che ce ne tramandò
ù antico di Ficulensis dalla citrA di Ficulea, alla
ìgine questa via conduceva (2). Prima di ac-
errore cui ha dato luogo questo nome Ficulcmis,
menzioni monumentali della via Nomentana,
KG nell'antico e nel medio evo. Quantunque
la vie maggiori, la Nomentana ebbe, nell'età
ista parte del mìo lavoro io dovrò toccare il territorio
ino alb regione Curcme ; ma non inoltrarmi, perche i
^i da me proposti non mi permettono di farlo. Non
$a alla speranza di potere, compiuta che avrò la pre-
Ula campagna romana, abbozzare una n^onografìa sulla
l Sabina, per la quale ho gii in pronto parecchie note.
tu, e. 52.
O
G. Tomassetti
imperiale, il suo ctiraior ; e tale apparisce Gn* Munatins Aure-
lius Bassus in lapide di Mentana, ora al Vaticano (i). Altre
menzioni di essa sono in bolli figulini (2) perchè parecchie
officine dollari sorgevano presso cotesta via, come, ed
anche più, vedremo ora nella Salaria, Con tal nome passò
negli arci cristiani e poncitìcì (3); coerentemente alle altre
fonti topografiche del medio evo (4); e si mantenne im-
mune da coiTuiyoni tentare da qualclie sognatore di etimo-
logie (5), finché riapparve colla sua classica doppia deno-
minazione (6). Nel secolo xv il nome fignkìtsis diede causa
all'errore che derivasse dalle officine delle figuline (7).
L'antica via Nomentana partiva dalla porta CoUitta del
recìnto Serviano, le cui vestigia furon vedute nell'anno
1872, quando si posero le fondamenta del palazzo delle
Finanze (8); e nel posteriore recinto Aurelianèo usciva
(i)C./.L.. XIV, 3955.
(2) Marini C, Iìcri\.ani, dóìiari, nn. 575-376 con nota del profes-
sore Dressel; Bull Arch. Comunale, 1873, p. 247.
(3) Martirologio, cod. di Berna, via Nomentana in De Rossi, Bull,
Crist.t i87i,p. 106; diploma di Sergio I in s. Susanna, idem, ivi, 1870,
p. 116, Cf. Lihir ponti ficaìis in AUxanàro: il raìgUor testo è Sumcn-
tana: cosi il Duchesne, Lib, p.j p. 127, 323, 332, cioì: in Honorio, in
ThiodcrG, ecc. Del resto e una corruzione ovvia e di nessuna im-
portanza, ma che fu avvertita dal Marini (Iscri[. doi, n. 376).
(4) Regionarii, in Urlichs, Ccd. top. u. R., p. 24-25 ; codice Vien-
nese 85, fol. 58, ivi, p. 51. llinirario EinsidUnsc, ivi, p. 70 (via nutncn-
lana); Epitome Saìisbur^ensc, ivi, p. 84 (via aumtana).
(5) « Numcntana via est... a more denominationum portae per
« Numam qui clcmcns fuit, per quam itur ad euro : in qua via invcnic-
w bantur omnia bona Numae regis ». Anon, Magliabecchiano. Cf- Ur-
LICIIS CÌt., p. I>2.
(6) Cf Urlichs cit., p. 45.
(7) Il primo ad errare in ciò fu TAlbertino. Del resto non £a
d'uopo insìstere su questa opinione giik smentita abbastanza ; cf. Broc-
chi, 5fa/o7Ìiii:o del suolo di Roma, \*. 96; Marini, /;cri^. do/,, ad n. 375, ecc.
(8) Canevari Raffaele, Koti^ie sulle jondaiioni, ecc. in Atti dei
Lincei, serie II, v. 11, 1S7J. Cf. Lancuki in Bull. Arch. Com., 1876,
dalla sua omonima porta, che tuttora esiste sulla destra
ic\h porta Pia, cioè di Pio IV. Continuava il suo cammino
entro il moderno quartiere, già villa Patrizi, a destra della
vii moderna, come hanno dimostrato le recenti scoperte
ié suo lastricato e de' numerosi sepolcri che hi fiancheg-
giivano (i) ; e giungeva a Nomento, donde si volgeva, come
incora al presente, verso la via Salaria, nella quale essa ha
fine. Ne appariscono vestigia in più luoghi; ma il tratto più
lungo e meglio conservato è sulla metA della strada, presso
li tenuta di Cusenuovt.
La via Salaria, costruita nella valle intermedi:! tra il
Quirinale eJ il colle degli orti (Pincio), ha fasti archeologici
istorici degni di nota; ha menzioni epigrafiche del curaiar,
ch'ebbe, come una delle maggiori (2), e di luoghi posti
vicino ad essa (3) ; ha memorie singolarissime, incomin-
^<iando dal nome che ne addita la vetustà, siccome quello che
non derivò da un autore, ne da un paese, ma dal commercio
del sale colla Sabina (4^. Un*altra memoria speciale fu quella
P- 166 sg., che determina a m. 70,55 la distanza dell' antica Nomen-
tJtudolUvia Vaiti ScHemìyri*
(0 Alcune prove dell'andamento della via a destra della moderna,
entro il pcrimerro delle mura attuali, veggansì in De Rossi, fìu//. Crist,y
'^.pp- 94 -95. Fuori il perimetro suddetto, cf. Noti:;ic digli scavi, 1884,
lP*347; «885, pp. 226, 251, 528; t886, pp. 52-53, ecc.; Bull Arch. Com.,
lW6,p. ij6, ecc.
(2) Lapide ostiense di C. Sahticitts Maior Cauiìiafius,.. curai, viae
^«W., ecc. in WiLMANNS, 1 196. Un altro Q. Licinius (Attius) Modcstinus
^ t in lapide Velitcrna, in C. /. L, XIV, 2405.
(5) C /. L., VI, 1199 (la iscrizione del ponte Salario di Narsete).
Numerose, più che sulla via Nomentana, sono le iscrizioni doliari col
nome Ji questa via. Cf. Marini cit. (indice, p. 542) e specialmente il
'•<M7 colla indicazione /h/iu^/^c/ìx *Ì<; vìa Salaria, ecc. e un comento del
> autore alla p. 1 50. Le figline della vìa Salaria ebbero una grande
nia. Altre menzioni sodo in Bull. Arch. Cotti., 1876, p. 116;
)ip.204; in Archivio di storia patria, IX, 31, ecc. Un tabuìaritts via^
SaUriéc à aoto nell'epigrafia (Donati ad Mur., 529, 6).
(4) Pesto, S. P'. Cf. Nibby, Analisi dei dinU di R., III. 632, tee. Una
del luctis tra TAnicnc ed il Tevere, ove i Romani si nasco*
scro dopo la tremenda sconfitta deir^//hJ, onde lucana fu-
rono detti i giuochi che visi celebravano (i).Varrone assegna
un'altra origine a questi giuochi, dei quali i calendari romani
fanno menzione ai 19 di luglio (2). Sulla Salaria fu la tomba]
di Mario; su di essa sorgevano importanti citti; cose che
verremo brevemente illustrando nel corso di questo lavoro.
La denominazione della via Salaria rimase intatta negli atti
cristiani, pontifici ed, in genere, del medio evo fino all'eiA
moderna. Per la qual circostanza, non avendo avuto luogo
alcuna corruzione onomastica degna di nota, né alcuna equi-
vocazione, io posso fare a meno di annoverare le relativei
fonti, che verrò invece ricordando ai singoli luoghi. L'an-|
damcnto di essa fu dalla porta Collina del recinto Ser*
Viano, attraverso il quartiere ora costruito sulla proprietà giij
Spithòver, in linea diretta verso la porta Salaria del recinto
Aurelianèo, alla quale corrisponde esattamente la moderna;
e quindi seguiva quasi la via attuale, pochissimo più sulla
destra; procedeva per dieciotto miglia romane fino ad Erctiim,
la prima stazione dell'itinerario relativo, e quindi ad noiuu
tra Corresf e Rieti e, dopo altre dieci, perveniva ad Halria nel]
Piceno. Lo esaltare l'importanza strategica e storica di una]
via, che attraversava la Sabina e tutta V Italia, in linea quasìl
retta, mi sembra superfluo (3), Non dovette mai essere in-|
recente monografia sulla via Salaria ù di Castelli Giuseppe, L4I
via coHiolarc Sularia Rema - Rtati - Asculum - JJrialicum con caria iti- <
ueraria del Piceno; Ascoli Pie, 1886. Egli rovescia il viaggio del sale
pei Sabini, che rilevasi dalle parole dì pBsro, e sostiene che i Sabini
lo traevano dalle saline Picene (p. 11). Aggiungasi alla biblìografiai
della via Salaria anche lo studio del general Filippo Cerroti, Pir una I
ferrovia Roma- Ascoli- Adriatico, nella quale si discutono le storiche!
memorie della via.
(i) Pesto. Epit,, p* 119.
(2) Varrone, Di L /., V, 8. Cf. Mommsen in C. /. I.., 1, 397, che^
lucia U quistionc insoluta.
(}) Della tomba dì Mario accenna Lucano. Phars.t a^, che venne
T)ella Campagna ^I{omana
fCTTOua la cura di questa via, come rilevo dalla scoria rie-
U'iissima delle contrade adiacenti; e rammento che nel-
Tanno 1392 s'impiegarono al ristauro della via Salaria le
gabelle di Ripa e di Ripctta (i).
Una via molto breve si apre a sinistra della via Salaria,
e la dirò via Pinciatta, come è nominata nella pianta del
suburbano del Censo del 1839, perchè vi si accedeva anche
Jalla porta omonima, che peraltro non è nota nella let-
terauira anteriore a Procopio, siccome porta secondaria (2).
Nei documenti del medio evo essa ha nome Pinciana, come i
fondi adiacenti vengono indicati foris pùrtam Pincianam (3).
Credo che anticamente dovesse nominarsi Salaria vdus, via
indicata nelle fonti agiografiche e cimiteriali (4), ed il cui
violata per ordine di Siila, il quale fece gltiar ncH'Anicne prossimo k
reliquie del suo nemico (Cicerone, jDc /«g^., 11,22; Val. Mass., IV, ri, i).
D^Ui densità dei sepolcri su questa via fa ricordo Prudenzio: deti'
^qu4 Salaria hmtii (cantra Symm. 1 in spcct.) e ne facciamo noi dolo-
^sa spcricnza, che ci siamo stancati di fare una nota delle epigrafi
tenute in luce sui margini della Salaria I E che dirò dei fasti cristiani
<l^lavia? Una scoperta di sepolcri cristiani avvenuta sulla Salaria
d maggio del 1578, nella vigna Sanchez, ha dato origine agli studi
'1 Bosio, creatore dell'archeologia cristiana. (De Rossi, R. S., I,
la). Un solo epiiafio della martire Severa diede campo al Lupi di
llcrivcre, nel secolo scorso, un libro, che e una piccola enciclopedia
MrcHcologica. Otto pontefici romani furono tumulati sulla sola via
I Salaria, ed uno solo (s. Alessandro) sulla vìa Nomentana.
<i) Gregorovius, Storia di R. nel m. evo, XII, e. 4, § 1.
(2) \iBBY, K. A., !, 142.
(3) Nella topografia detta Malraesburicnse, Urx-ICHS cit., p. 87,
: ti dice che quando pervenii ad Salariam nomcn pcrdit; nell' itine-
' Einsidlcnse, idem, p. 67. È ceno che il nome Pinciana, prove-
nutole dalla domus della gens Pineta sul colle degli orti, non può es-
^fe anteriore al secolo quarto.
(4)Cf. l'indice Chigiano delle catacombe segnalato dal prof. Giorgi
^ckazio al comm. De Kossi t^Buli Crisi., 1878, p. 46), ove si legge:
* ^raiicrium basille ad sanctum hcrmeiem via Salaria vetere ».
^'l'iiiTi menzione in un codice di Pistoia, ecc. Cf. De Rossi, Roma
'^oUerroiua, I. iji. Il NlBBV impugnò già quel nome di Salaria vttus.
andamento, tra le vigne, fu indicato nel secolo scorso (
dalla porta Pinciana perla yìgnxd*i'Dometiicam,vìgnàPaìloUi
poi De Rossi, poi l'antico clivo del cocomero, vigne dei colle.
Germanico e Romano (ora del Seminario Romano), e eh
giunge da sinistra fino alla Flaminia e dalla destra fino x_-l
prati del porUc Salario (2), Si tratta dunque di un'antica vì.'a
che nel primo tronco poteva essere una Salaria primitiva^
cioè fino ai sito detto le ire Madomte, da un'osteria cosi
denominata, dove un bivio ci conduce a destra verso il
pome Salario, a sinistra verso il clivns Cnctimcris e i Pa-
e disse che la sua apertura t contemporanea a quella della porta
Pinciana (nel Nardini, FV, 85); ma ciò è falso, pcrcht: U porta
invece apparisce costruita secondo la obliquità di essa via.
(i) Nel Giornalt dóLtUcrati, 1750, in Fea, Miscelìanéa^M^ p. loo.
Vi si descrivono monumenti ed iscrizioni scavati allora nella vigna
Del Cinque, dirimpeiio all'altra De Rossi.
(2) La contrada del cHi'us cttcnmcris, posta in sito ameno, elevato,
deiu perciò anche capitinianum, dovette contenere ville, fondi, sepolcri
anteriori ai cimiteri cristiani di s. Ermete e dì s. Pamfilo, che quivi
erano sotterra. Infatti vi si trovarono pitture pagane, marmi e iscri-
zioni. Quivi furono, tra il cinque ed il seicento, la vigna del barbiere
di Giulio III, le vigne Garosi, Amiuni, De Bovis ed altre, tutte ricche
di monumenti antichi. Questo luogo portò anche il nome sepUm Co-
lumbus o paiumhas indovinato dal De Rossi su falsa lezione dei m^u*-
tirologi, confermalo poi splendidamente dall' indice Chigiaiio dei
cimiteri suburbani. Tanto questo nome quanto T altro del cocomero
derivarono al certo d» marmi antichi adomanti qualche cancello o
qualche monumento. Ardisco anche di definire il cocomero per una
pigna od altro ornamento dì forma analoga sopra una calotta o tetto
circolare, noto partito artistico degli amichi. H lo deduco da notìzie
del medio evo, che ho trovato nel ìihro àci competidi del moaÌ3tcro
di s. Silvestro (Archivio dì Slato), cioè in 2 enfiteusi del ijij e 13 14,
ed in una vendita del 1354, riguardanti vigne in trullo rocum^
o cccummario. Cosi in quella serie ho trovato una massa de vtsUario
domimco confinante con Capitinianc, sattta Colomba e chiesa di ;. Fi-
lippo, tutti nomi storici del sito, anche l'ultimo, ch'è rimasto al
viottolo dei Pdtioli,
*Z)e//iJ Campagna T{pmana
155
• Era questa via antica e publica la sola che po-
lirsi, e si è sempre mantenuta publica, a sinistra
lana (2). Le tracce del lastricato del clivm, che
jKsto cenno lineare potrà servire dì schiarimento a questa
|e topografica.
^^ JPlKCIANA
VILLA
VDOVISÌ
mi sembrano solidi gli argomenti letterari e topografici
:n. prof. Meucci, nella memoria a stampa sulla quistione
torghese, per provare che il prìncipe Borghese chiuse
lìca neìl' ingrandire la villa. Non potè venire in possesso
156
G. Tomassetti
fu detto del cocomero nella bassa età, si scorgono tutte»'*'*!
nel viottolo dei Parioli,
Detto ciò sulle tre vie in generale^ riassumerò i fa^^^
delle tre porte Nonientana, Salaria e Pinciana, e quin ^*^
uscirò nella campagna già verdeggiante e solitaria; or-=^**
per le nuove costruzioni suburbane, popolata e romoros^^^^
La porta Nomentana conservò il nome della via, anch — "^
nell'età media, come rilevasi dalle fonti relative; ma neK^"
Tultirao periodo acquistò i nomi de dom'via, di 5. Agnes'^^^
e di S. Costanza, dalle due sante sepolte sulla via (i), d ^*
Cartularia, di Fiminaìe, di Cornelia (2), Più officiale rest^
il nome di S. Agnese soltanto, che vediamo in atti del se-
colo XVI (3), quando mutò nome e posto per munificenza
che di vie campestri consorziali; ma Tunica via public.i, la Pinciana^
fu dai Borghese lasciata libera; ed anzi la villa ebbe sempre it
nome di Pinciana (cf. la pianta del Nelli) dall'ingresso che se ne
apriva su quella via, il quale esiste tuttora; e da] Veste ndersì della
villa lungo il hto sinistro di essa. |
(i) Lib. ponU in Innoctntio. Cf. Duchesse, II, 225, colla notizia
del comm. De Rossi sul dazio della porta stessa nel secolo quinto,
ceduto dalla proprietaria V'estina ad uso pio. Altre fonti in Uklicbs,
pp. 70, SH; nella Graphia è detta mediana, probabile sinonimia di collina;
ma io preferisco dì crederla errata per nowtatta, ivi, pp. 1 1>, 117. Nelli
polistoria del Cavallini, insieme ad errori popolari cagionali dalla
corruzione numentuna, si trovano i due altri nomi ch'ebbe questa porta,
cioè Ji domiua e sanctac A^ndìs et Constantiac, ivi, p. 142. Il nome
di domina (s. Agnese stessa) anche tradotto, cioè della donna, sì con-
servò nel secolo xiv e xv (il castello di MonU Giutik è detto poaitum
extra portam domne in una sentenza del 158S deirarchivio di S. Maria
Maggiore; Adinolki, Rctiia ttfìl clà di nuno, I, 107). Cosi pure è
chiamat-i la porta da Antonio Di Pietro in Muratori, R. I. 5-, XXIV,
981. Così nel registro di Ambrogio Spannocchi tesoriere pontificio
del 1454 nell'Archivio dì Stato.
(2) Cf. Adinolfi, op. e 1. cit,
(3) Nelle carte del MocHi, neirarchìvìo deirAnnunziala, t. 121.
f. 9^. Nelle piante del Bufalini port.T pure il nome di S. Agnese
Nelle pidnte anteriori, la porta è segnata col nome Numentana, nelle
più antiche (secolo xiti), con questo e S. Agnese insieme nelle
r ri; t
niella Campagna Romana
i>7
di Pio rV (i). Destinata a singolari vicende, questa porta
f*ìa rimase incompiuta, come può vedersi riprodotta nella
bella tavola dell* architetto Luigi Ricciardelli (FdJ/i/c delle
! porte e nutra di Roma disegnate ed incise alVacqna forte,
Iranno iSp), e in quella di William Geli (tav. IX: Le mura
' di Roma, ecc.), finché fu a* giorni nostri fatta compiere da
t*io IX con disegno del conte Vespignani. Finalmente
Ila. sofferto un'ultima trasformazione di semplice ristauro
^oel prospetto esterno, colla remozione delle statue di
^■^ Alessandro e di s, Agnese, dopo i danni ricevuti nella
^rnemorabile giornata del 20 settembre 1870, quando
sulla sinistra di essa pona ò stata aperta la breccia dal-
Tcsercito itahano. Ne fu questa la prima breccia di porta
Pia. Un'altra, quando la porta era detta della donna, cioè
I nel 1406, fu aperta dai Colonnesi, ma sulla destra di
I chi esce, dalla parte che guarda il castro Pretorio, contro
gli Orsini. L'episodio sanguinoso, causato dalla guerra civile
provocata dal re Ladislao di Napoli, fini colla vittoria di
Paolo Orsini, che ne abusò, facendo mozzare il capo a
Riccardo Sanguigni, uno dei capitani ficii prigionieri (2).
posteriori, con S^Agn^sa soltanto nel panorama di Mantova (edizione
Oe Rossr, Piante di Roma). Noto il nome l^iminalis segnatovi cogli
*ltii due nella pianta Rediana dei 1474 (ivi, lav. iv).
(i) Veggasi il motu-proprio di Pio IV in Bicci, Notìzia detta fa-
**<'w Boccapaduìi, p. 250, dal quale risulta che volle il papa dare
*^ porta il suo nome, e ne Ì^c^ custode un conte Ranieri, col per-
messo ili costruirvi un albergo a sue spese. Le medaglie, altre parti-
^l^rìu relative a questa porta, e la giusta critica t'aitane dal Milizia
^lU menzione della satira di Michelangelo Buonarroti sull'origine
«1 pontefice, veggansi riassunte in Nibhv, R. A., I, 14J. La nota delle
S*^ e degli artisti che vi lavorarono è nel protocollo di ser Ot-
^^0 Gracco nell'Archivio di Staio in Roma, ed t; stato pubblicato
dal Gotti nella Vita di Michelangelo.
(2) Diario di Antonio di Pietro in Muratori, /?. 7. 5., XKIV, 981.
" porij Nomentana ha pure i suoi fasti neirepigrafia romana, nella
lapide dri sùdal€S serrenses {Ann. deli'istiu, 1868, p. 387), e nel se-
i>8
G. Tomassetii
e
rl-
Della porta Salaria più brevemente dirò, che il ncxx^*^*
di essa rimase invariato, tanto negli irinerari religic^^^
quanto nei documenti (i). Notissima quanto infausta,
la memoria dell'entrata che per essa fece Alarico n
Tanno 410 (2)- Per essa fece una vigorosa sortita, con s
200 soldati, un tal Traiano, uffiziale di Belisario nella guet^*^
gotica famosa (3). Delle due torri del tempo di Onorio, cM~^*^
la difendevano, restava una soltanto e smantellata; dell'i:^»***
tra soltanto uno stilobate rettilineo e un pezzo del corp -^>3
come può vedersi nel disegno del Geli citato (tav. v ^*'
della monografia suddetta). Avendo anche questa por — ^^
subito gravi danni nella giornata del 20 settembre 187 ^o»
fu finita di demolire, e quindi ricostruita con disegno d ^*
conte Vespignani, nel 1873. In quella occasione tom -^*']
rono alla luce parecchi antichi sepolcri già incorpora ^^
nelle mura di Aureliano (4). Fu con essi, dirò quasi, in
gurata la serie copiosissima delle iscrizioni e delle m
polcro dogli HaUrii, scoperto dal maggiore austriaco Zamboni n«
1826 sulla destra della porta (Memorie Romam, IH, p, 456).
(i) Urlichs cit., pp. 71, 87, tjuac (porta) r/iOi/o saNcti Silvestri di,-
tur (ncir itinerario Malmesburiensc, che è del settimo secolo), pp. ii^
127, 142 (è il Cavallini che dopo retimologia dal ìaU, ne propon-
una da solitaria /), p. 151 (è l'anonimo Magliabccchiano che fa dcrl
vare Siilaria dal fiume .-///id //....) Nelle piante in genere è tracciata*
col suo nome; in quella del cod. Vat. i960 è posta dietro il Valicano -*•
ed 0 detta qtiae vadit ad... Sahcuam (De Rossi cit., tav. i) ; nella Rc^
diana, porta anche il nome àxQuirinaìis (tav. iv) nel panorama d*
Mantova è notata porta Salare,
(2) pROCOPio, G. Vana., I, 2.
(;) pROcoPio, G. Gol, I» 27.
(4) Alcuni spettavano alla ^ens Cornelia ; uno all'undicenne poeta
Q. Suìpicius MaximuSf il cui poema estemporaneo greco, recitato nei
certami Capitolini istituiti da Domiziano, è inciso ai Iati della sua
statua. SI conserva nel museo Capitolino (cf. Visconti C. L., // s^
polcro di Q, Sttlpicio MassivtOt ecc ).
nonumentali di questa vìa, che formerebbero un
lume, ove fossero raccolte ed illustrate (i).
i porta Pinciana, il cui nome si trova in qualche
medievale attribuito anche alla porta Flaminia (2),
che dovette la sua fama a Belisario, quantunque
procopiano di Belisaria voglia da alcuno attri-
esto coTpo dovrebbe incominciarsi col notare i monumenti
I tronco ora intramuraneo dclU via, cioò della villa giù
gii Valenti Gonzga. Quivi sono stati trovati i sepolcri dei
isoni Frup, Lùinùxni {Kct. scavi, 1874, p. 394). Che i Pi-
possedessero presso questo luogo lo deduco anche da una
nvcnuta fuori la porta Nomentana che ricorda tq termini
-ihottianu^ e Fiso Fru^i ex dcpuìutictte T. Flavii l'cspasiani
Ili, 3689). Altri Calpurnii giacevano da queste parti. Una
due loro liberti si vede murata presso la jo' torre estema
a sinistra dopo la porta. Nella villa suddetta stavano
sarcofagi scolpiti (.Vo(. cìt, 1885, p. 4} sgg. (Cf. Me-
cuoia francese in R., iSSj.avril). E che dirò delle vigne
l'acca, poi dell'antiquario Flaminio e di Muti nelle sue
istrate (mem. nn. 59, 58), poi Borioni, poi parte della villa
li questa villa monumentale, ora scomparsa, e superstite
mn di vedute, donato al Comune di Roma dal suo pro-
cipe d. Ugo Boncompagni?
Lanciani ha testt- provato la esistcn7.a, nel sito della vigna
tempio di Vcìure Ericina^ch^ propone essere tutt'uno
fecncre hortorum Sallustìanorum, nota per monumenti epi-
wch* Cotti,, ]888, pp. i-ii). Egli osserva che Aureliano
nargìnc sinistro della via Salaria nel fare il suo recinto;
Igevano gli orti Sallusiianì, e che infatti non vi sono
i-sepolcri, mentre dal lato opposto ne sono apparsi nu-
^ ricordato altri titoli epigrafici di Saììustii sparsi su
Ktsma agli orti famosi; e finalmente ha fatto notare che
Pura tra la porta Salaria e la Pinciana non può essere
•io, come oggi sì crede, ma offre il più conservato
à cinta Aurcliana. Del luogo ad nucintf delle due vie
Itrc topogratiche notizie promette di dare ulteriori e
}azioai, che attendiamo ansiosamente.
ftrrariinsis in Watterich, l'itac poni. RR., I, 462.
buirsi alla Salaria (i). Del resto la porta Pinciana nel se-
colo ottavo era chiusa (2); anzi fu allora appunto chiusa, \
perchè nel secolo antecedente venne indicata, quantunque
col nome storpiato in Porctana e Portitiana, Jall'anonimo
descrittore inserito da Guglielmo dì Malmesbury nel suo
noto libro (3). Dovette poi essere riaperta, perchè della
chiusura non fan cenno scrittori di età posteriore al 1200 (4).
Un altro argomt^nto per dimostrarne la riapertura è la con-
tinua indicazione che se ne trova nelle note catastali e no-
tarili del secolo xiv, come poi vedremo, di fondi situati
fuori di essa. Non solo dalla frequenza della via relativa
esterna dovette esser suggerita tale riapertura, ma ancora
dal fatto che le gabelle della porta del Popolo spettavano
al monistcro di s. Silvestro; e perciò Terario publico aveva,
presso la riva sinistra del Tevere, questa sola porta. Infatti
nell'elenco relativo di Ambrogio Spannocchi tesoriere pon-
tificio dell'anno 1454, ch'è nell'Archivio di Stato, è ta-
ciuta la porta del Popolo, e messa la Pinciana come
aperta (5). Nell'anno 1808 .ò stata chiusa (é); ed ora è
stata riaperta (7). Finirò col rilevarne il pregio storico.
(i) Cfr. Jordan, Topo^r, der Stadi Rom, I, 3 54. noia.
(2) Urlichs, Uincrario E'msidhnsc, p. 78.
(3) Urliciis, p. 87.
(4) Ivi, pp. 115, 127, 142 (è il Cavallini che deduce il nome da
pipxadum, c\ot pinnacolo: poi accenna alla cosa dei Camelli qaivi
presso situata). Essa ò taciuta ncU'anonimo Maglìabccchiano. p. 151.
(5) Non dissimulo una difficoliA, che mi si potrebbe opporre, del
trovarsi, cioc, talvolta chiamata Pinciana la porta del Popolo. Ma
questa era una denominazione erronea poco probabile in un docu-
mento ufficiale amministrativo , come il registro del tesoriere.
(6) Che sotto Adriano VI era aperta, e ne erano custodi GÌo.
Batt. degli Ubuldi e Tomaso Guerrieri lo trovo nelle carte del Mochi
tlI'Annunzìata, t. 121, f. 194.
(7) In occasione della riapertura dì essa poru, tra ì niarml della
soglia n'c stato rimosso uno che ha EROTID/ in grandi lettere; si
vede che apparteneva a qualche sepolcro {Bull. Com., 1888, p. 41).
niella Campagna fontana i6i
servando essa la croce equilatera, neUa chiave dell'arco,
r sue forme dell'età di Belisario, al quale si riferiva il
to date obulum Belisario graffito già sopra una pietra in
o a destra di chi entra, e che spetta ad età moderna,
odo si è sparsa la favola della cecità e mendicità del
oso duce bizantino.
Oltrepassate le antiche mura di Roma, dovendo io il-
rare il primo tratto della zona già suburbana, ora quasi
a abitata, voglio liberarmi dalla storia di quella con-
a intermedia tra le vie Pinciana e Salaria nuova, ch*è
/e, affinchè Y itinerario che segue proceda più spedita-
ite.
(Continua)
G. TOMASSETTI.
Arthifio detla R, Società romana di storia patria. Voi. XI.
ATTI DELLA SOCIETÀ
Assembka del jo aprile i88j.
Presenti, signori O. Tommasini, presidente, U. Bal-
^^^*Jii, A. Corvisieri, G. Cugnoni, B. Fontana, C. Mazzi,
*^* Monad, G. Levi.
Letto e approvato il verbale della seduta precedente
L^3o dicembre i88^ il Fresidemte compie il doloroso do-
^v^re di commemorare due illustri stranieri, benemeriti degli
^■tudi e dell' Italia, il socio b.irone Alfredo von Reuraont,
^^ *1 dottore Guglielmo von Henzen. Del Rcumont ricorda
i ** lungo soggiorno in Italia, e i molti itnportanti lavori
di storia italiana, e l'assidua collaborazione xì<AV Archivio
^fori^0 italiano, e nclV Archivio della Società nostra. Ne! Con-
^*gUo comunale della capitale del regno vennero comme-
'^Orati gli altissimi pregi del Reumont verso gli studi ita-
»*ini ; alla sua tomba fu mandato il saluto di Roma, a cui
1^ associa riverente la SocietA nostra.
Il valore scientifico, Toperositd, le virtù del compianto
^^grcurio deir Istituto archeologico germanico non hamio
^^no bisogno di essere ricordate ai convenuti. Una par-
ticokr prova di affetto verso questa SocietA era la cortese
p«mura con cui egli non mancò mai d* intervenire alle
nunioni sociali. Il presidente ricorda anche la recente per-
dita di un egregio cultore della storia in Italia, il prof. Age-
nore Celli, direttore d^WArchivio storico italiano.
Il Presidente poi comunica una lettera del socio profes-
164 Q^iii della Società
sore T, von Sickel che ringrazia pel telegramma inviatogli
dalla Società in occasione del suo sessagesimo.
Viene infine presentato il consuntivo dell'anno 188^-
Procedutosi alla nomina dei sindacatori di detto bilancio
vennero eletti a unanimità ì soci signori A. Corvisieri e
B. Fontana.
Preparazione del Codex Diplomaticus Urbis Romae.
Nel dicembre 1887 la Presidenza inviò ai soci il se-
guente schema per la preparazione del Coàtx Diplomaticus
Urbis Romae :
In seguito alla deliberazione dell* Istituto storico italiano del
31 maggio 1887 {Bullettino, n. 5, p. 3 1), la R. Società Romana dì storia
patria è chiamata a preparare la pubblicazione del Cod€x Diploma-
iicus Urbis; il quale invito, se corrisponde a un antico proposito
della Società stessa, Pafììda che non saranno per mancare 1 mezzi per
attuarlo.
Desiderando di procedere col concorso di tutti i soci a stabilire
le basi e le lince principali dell'opera, il Consiglio direttivo propone
alla considerazione dei colleghi i seguenti punti, intomo ai quali è
necessario di venire a certa determinazione:
I" Tempo. Si propone di partire da Gregorio Magno, con ri-
serva di risalire, se le indagini daranno frutto, fino al trasporto della
sede dell'Impero a Costantinopoli;
2° Luogo. Roma, l'Agro Romano, il Ducatits, il Comitatus et
Districtus, e i comuni collegati con il comune di Roma, salvo a deli-
berare sull'esatto limite topografico, quando sia raccolto il materiale;
3° Oggetto. Storia civile e storia ecclesiastica, in quanto la
storia della Chiesa sia congiunta direttamente colla storia della città;
4** Per DOCUMENTI STORICI da comprendere nel Codice Diplo-
matico s'intendono:
a) tutti gli atti pubblici (documenti storici propriamente ddti e giu'
ridici);
h) quelli privati che hanno attinenze dirette colla storia della città
e la genealogia delle l'amiglie;
e) i monumenti narrativi in quanto diano notizia di documenti
storici o di particolari condizioni e vicende della costituzione civile e
politica della città;
Q/liii della Società i6s
j^ spogli si dovrebbero condurre sopra le fonti edite e le
te. Si sottomette ai soci una nota delle principali opere a
^dei principali fondi manoscritti di archivi e di biblioteche,
liera:
dare ulteriori indicazioni di fonti ;
bdicare se il socio intende dì partecipare al lavoro, e in tal
jlenninare quale parte di spogli assuma per sé ;
ktendendo il socio di collaborare al Cedex Diplomatìcus Urbis,
Ì4i dichiarare, se oltre il lavoro di spoglio, sia disposto a
ideila collazione e delPesame dei singoli documentL
r trazione del Codtx Diplomatìcus Urbis darà occasione a
YHistoria Urbis Diplomatica, che potrà venir pubblicata
pdice, nella quale sì raccoglieranno ancora tutti quegli
{lenti che possono illustrare il costume, Tarte e la coltura
Fonti edite.
•tifici (Jaffè, Potthast, Berger, Benedettini, ecc.).
^riaii (Bdhmer, Mùlbacher, Stumpf-Brentano, ecc.).
Parfa, Subìaco, Tivoli, ecc.
amatici (Lùnig, Dumont, Leibnitz, Marini, Troya, Huillard-
tes. Cenni, Theiner, Funi, ecc., ecc.).
* inedita.
manotum Fontijicum.
Itoriche (Muratori, Bouquet, Pertz, Chronicles & Memo-
•x).
wm Romanorum.
sronio, Rainaldi, Tillemont, Muratori, labrbùcher der deuP-
tcbichte, ecc.). Annali Benedettini (Mabillon), Camaldo-
tarelH), Francescani (Waddingo), ecc.
>bè, Mansi, ecc.) ; Diritto Canonico, Analecia Juris Pori'
di.
ipali.
eia Sanctorum, Stotie delle famiglie, dei magistrati, di
i, chiese, monasteri, ospedali.
. ed esplorazioni d'archivi e biblioteche (Montfaucon,
lethraann, Pflugk-Harttung, ecc.).
rchivi e biblioteche; Repertori (Potthast, Chevalier,
).
166 O/lui della Società
Fonti hakoscritte.
Archivio dì Stato : Carte, diplomi» registri camerali, atd de no^
statuti, ecc.
Archìvio Storico Comunale: Carte e statutL
Archivio Vaticano: Diplomi, carte, regestì, libri dei censi, conti, c^^
Archivi d'ospedali, di famiglie romane, di congregazioni, capitoli, ^^^'
porazioni, ecc.
Biblioteche dello Stato, del Comune, Chigiana, Barbezini, ecc.
Biblioteca Vaticana.
Archivi della provincia, dei comuni, notarili, ecc.
Lo schema essendo stato discusso ed approvato nell'i*^
semblca generale dell' 8 gennaio 1888, venne diramata '*
circolare che segue:
In seguito airapprovazione dello schema per la preparazione t^
Codi'X Diplomaticus Urbis, il Consiglio direttivo della R. Società IC
mann di storia patria invita i suoi soci a voler dichiarare a teno^ ^
dcirart. 5** e 6° dello schema stesso quale parte intendono dì ass
mere del lavoro sia di spoglio, sia di collazione e d'esame de'd^^^
cumenti.
ii naturale che ciascuno preferisca quel lìmite cronologico e quell^-^
qualità Ji ricerche che coincìde coir indirizzo de' particolari suoi studf ^
Ma necessita che non vi sia ne parte di lavoro ìncons3pevolment<r
duplicata, ne parte omessa. E dove e bisogno di larga companeci-'
pa/.ione di opera, sarà bene che questa si consegua indiriz;:anJo il
corso pratico dì metodologia della storia alla preparazione del CcdiX
Diplomutitus Urbis.
Si prei^ano pertanto ì soci a far pervenire alla sede sociale^ prima
del giorno 26 del corrente mese, la dichiarazione che il Consìglio
direttivo per sua norma richiede; avvertendo che, dopo la detta di-
chiarazione, verranno distribuite ai singoli soci le schede apposite,
le quali, contraddistinte colle iniziali del socio, saranno testimonio
del contrihuto di ciascuno all'opera sociale, e serviranno anche di
fondamento a determinare il concorso che l'Istituto storico italiano
accorderà a questa.
(Sef^uc scheda),
A dar sollecito conto della cooperazione dei singoli
soci a questa importante impresa d'indole veramente so-
ciale si aprirA rn:\VuJrcbivio una rubrica apposita-
Oitti della Società 1^7
L. Società Romana di Storia Patria.
Vrodotii e Spese del Tanno 1886,
PRODOTTI.
[stero della pubblica istruzione per sovvenzione
aria L. 2,000 —
letto per sovvenzione straordinaria 2,000 —
etto per incoraggiamento pei Facsimiìi e Diplomi
ioli e reali 5>^^^^ —
lune di Roma per sovvenzione 2,000 —
>ri soci contribuenti 2,6ij 25
sulla Rendita e sul fondo di cassa 91 40
' inventario dei libri ricevuti in dono .... 1,500 —
ei mobili acquistati 100 —
L. 13,506 65
SPES£.
1 personale L. 766 —
cessone alle pubblicazioni:
Stampa L. 6,114 88
Spedizione e posta ... 287 25
6,401 43
.•erse d'amministrazione 178 20
per la Biblioteca Vallicelliana .... 649 5$
acconcimi 326 —
.suali e di esigenza 443 ^5
L. 8.764 33
riassunto.
3mma dei prodotti L. 15,306 65
Id. delle spese 8,764 33
L. 4,542 32
i68 Q4tti della Società
Stalo attivo e passivo della Società
chiuso al 3i mar^o 1887.
PASSIVO.
Credito del conto avanzi e disavanzi per esuberanza at-
tiva della gestione dell'anno precedente . . . . L. 20,104 05
Creditori diversi 500 —
Esuberanza dell'entrata sull'uscita 1886 4>542 p
L. 25.146 37
ATTIVO.
Debitori diversi 2,575 —
Titoli di credito 1,000 —
Mobili i»93i "-
Biblioteca e deposito delle pubblicazioni sociali . . . 1 1,984 —
Resto di cassa 7»^56 37
L- 2$»i46 37
Roma, 20 maggio 1887.
I sottoscrìtti, trovando regolare in ogni sua parte il Consuntivo
della R. Società Romana di Storia Patria per l'anno 1886, ne pro-
pongono rapprovazio^^e.
Firmati : Alessandro Corvisieri
Bartolomheo Fontana.
BIBLIOGRAFIA
Karl Kòrber. Beltrame xur ròmischcn Miìniditmde : I. Ein
ròmischer Silbermùnzen-FunJ aus der Mitre des 3 Jahr-
hunderts n. Chr. — II. Unediertt; ròmische Mùnzen
aus der stàdtischcn Samralung in Mainz (Mainz, 1887;
programma ginnasiale).
Nella prima parte (pp. 1-18), l'A. dà notizia di un ripostiglio di
moncie romane imperiali rinvenutosi casualmente nell'agosto 1886
I dmtro la ctttù di Magon/a, facendosi lo scavo di un pozzo. Le mo-
jii«« si trovarono contenute in vaso di terracotta, e, rotto il vaso, se
Bc numerarono ben 5220; ma, come purtroppo avviene il più delle
^oUe in tali trovamenii, gli scopritori, per meglio sottrarle ai diritti
^1 proprietario del fondo, le mandarono a vendere fuori di citti, e
t'J* un buon terzo del ripostiglio andò perduto. Il proprietario, %\-
?"or F, Moller, riusci nondimeno a ricuperarne n. 1676, e le presentò
il direttore del GabinL'tto'numismatico dì Magonza, sig. D/ Welke,
i^uale fu sollecito di acquistarle per quel Gabinetto. Ivi il nostro A.
P**tt studiarle ed esaminarle, compilanie il catalogo ed aggiunger-
l'Oc ami altre 195 da lui potute ripescare presso gli antiquari ed i
pn^•Jti cittadini. Cosi il catalogo del sig. Kòrber comprende cfìFcttiva-
TOffile n. 1871 pezzi. Ei divise queste monete secondo le specie in
, dcoiri (corona laureata) ed antonìniani (corona radiata), e le classi-
Ificò con la scorta della 2* edizione del Cohen (Discripiion tkj moth
I itnpèriakì) seguendo il sistema tenuto dall'Hettner nella descri-
! di un simile ripostiglio pubblicata nella IVc-id. Zeìtscbrift, VI, 1 3 r.
Sono tutte monete di biglione (bianco e nero); i denari sono in
numero di 559 e vanno da Antonino Pio a Gordiano IH; gli amo-
ni sono in numero di 1532 e vanno da Caracalla, il creatore
■ ^ specie, a Gallieno e Postumo. I denari per la più parte appar-
Ko^ono a Settimio Severo (pczri 5^), Elagabalo (pezzi 114) ed Ales-
sandro Severo (pezzi 168); gli aiitoniniani a Gordiano III ($4S). Fi-
lippo 1 (289), Filippo II (65), Traiano Decìo (loi) e Treboniano
lyo bibliografia
Gallo (89). I due antoninìani di restituzione di Traiano e Con
meglio che a capo lista, potevano addirittura riferirsi a Gallie
comodo e maggior interesse degli studiosi ho creduto oppor
ricavare il seguente specchio quantitativo di tutto il ripostìgli
Imperatori Deoui Antomnianì
Antonino Pio 2 —
Commodo 2 —
Crispina 1 —
Pertinace i —
Didio Giuliano i —
Pescennio i —
Albino 2 —
Settimio Severo 55 —
Julia Domna 1$ 4
Caracalla 19 8
Plautina. 2 —
Geta 3 —
Macrino 5 —
Elagabalo 114 7
Julia Paola 4 —
Aquilia Severa 4 —
Ìulia Soemia 9 —
ulia Mesa 4? i
Alessandro Severo 168 2
Orbiana 2 —
Julia Mammea ji —
Massimino Trace 55 —
Massimo i —
Balbino — 4
Pupieno ~- b
Gordiano III 9 545
Filippo I — 289
Ottacilla — 5S
Filippo II — 65
Traiano Decio — 101
Etruscilla — 27
Erennio Etrusco . — 15
Ostiliano . . — 5
Treboniano Gallo • — 89
Volusìano — 65
Emiliano — 4
Valeriane — 12
Mariniana — i
Gallieno — 22
Solonina — 5
Postumo — 4
Restituzione a Traiano — :
Id. a Commodo ..... — i
Incuso R. DIANA LVCIFERA. . . i —
Incerte 13 2 -
Totale . . . $59 -+- 1552 = 1871
bibliografia iti
à descrìtte dal signor Kòrber ascendono a ben 500 nu-
varìetà non descritte nella 2* ed. del Cohen e segnalate
imilarì del Cohen ' messi in parentesi quadra, noto : tre
ettimio Severo [230, 521, 324]; uno di Caracalla [120];
alo [50, IDI, 109]; uno di Julia Mesa [7] ; uno di Ales-
0 [57]; uno di Massinxino Trace [46]; — due antoni-
>rdiano Pio [98, 98]; uno di Filippo II [86]; uno dì
io [ili]; uno dì Erennio [20]; uno di Gallo [67], e uno
[48]. Sono tutte piccole varietà di tipo o di leggenda;
; d'interesse.
PANTONINVS PIVS AVGXLIBERALITAS AVG II,
l'A. all'imp. Caracalla (ved. p. 17 sg), io dubito molto
i mantenere piuttosto ad Elagabalo, del quale è noto il
te quinarìo Cohen ', ElagabaU n. 81. Gli argomenti con
Tza dì rivendicare a Caracalla questa moneta, e due altre
alita inesattamente descritte dal Vaillant (Cohen ', Ca*
[9, 120), non mi persuadono. Il tipo fanciullesco della
mdente più a Caracalla che ad Elagabalo è il principale
eirA. ; ma trattandosi di due imperadori di tratti fisio-
diversi, Funo cugino dell'altro e fatti Augusti l'uno al-
l'altro all'età di 14 anni, non mi pare che Targomento
»ossa bastare per istabilirvì sopra tutta una conseguenza
lo meno sarebbe d'uopo che questa differenza fisìono-
della 2* liberalità dì Elagabalo fosse confortata da una
li esempì, e non sopra l'eccezione dell'A. Tutte le ra-
iche e storiche stanno in favore dell'attribuzione ad
OTA PVBLICA di Elagabalo [n, 306] è ugualissimo a
tto dal Cohen ' al detto numero, per cui non veggo la
. parentesi quadra.
[BERTAS AVG di Elagabalo messo in dubbio dall'A.
robabìle e verisimile appartenga a Caracalla, e sia una
. 145 Cohen *,
Igli antoniniani di Gordiano Pio [n. 175] PAX AV
esemplari) non sono in niun modo diversi da quelli de-
;■ ed. del Cohen, IV, 132, n. 70, e che nella 2* ed. si
& leggenda errau PAX AVGVST invece di PAX AV
sbaglio si verifica per gli antoniniani dì Filippo I AE-
/GG [n. 9 e 12], che nella 2* ed. del Cohen sono errati
Ay mentre sono esattamente descritti nella i* ed., IV, 176,
posìto non posso dispensarmi di mettere in guardia tutti
ìi monete imperiali romane, afHnchè non sieno facili ad
X varietà nuove, fidandosi della esattezza della seconda
Cohen, edizione la quale in effetto è invece molto meno
prima. Ebbi ad avvedermi di questo imperdonabile di-
172
bibliografia
fello studiando icsrà particolarmente le monete di Traiano (V. nel
2** voi. del Musco italiano di antichità cìassica il mio scrino Di alcuni
ripostigli di vioiìde romam, p. }i6 sgg.), ma pur troppo vado consta-
tando che il difetto si estende a tutta Topera. Appena si può imma-
ginare di quali e quanti errori nel campo numismatico e storico
potrebbe esser fonte la nuova ediaiione dell'unico nostro gravide re-
pertorio delie monete romane imperiali, se il solerle suo attuale
curatore non affida a collaboratori competenti e coscienziosi la revi-
sione dell'intera opera, e ritarda la pubblicazione del desideratìssimo
errata-C orriiic (i).
Ritornando al nostro A., piacemi dichiarare che egli, con la pub-
blicazione del ripostiglio di Magonza ha per certo reso un segnalato
servizio alla scienza numismatica; una scienza la quale 6 diventata più
degna emul;t deirepigrafia e più utile ancella della storia dal giorno
in cui Cavedoni e Mommsen hanno insegnalo al mondo dì quali e
quanti risultati storici può esser fonte e scaturigine un semplice ri-
postiglio di monete. Per questa scienza ò certamente più importante
la descrizione di un ripostiglio nuovo che non quella di molti pezzi
inediti e rari ; ma acciocché i risultati che si traggono dall'esame
dì un ripostiglio sicno sicuri e fecondi convìen che il descrittore sia
accurato fino allo scrupolo, e non dimentichi due principali a\'\'er-
tenze. Prima av\'ertenza è quella dì assicurare che le monete di un
dato ripostiglio non sono andate mescolate con altre sporadiche: se-
conda avvertenza é quella di annotare diligentemente Io stato di
conser\'azione dei pezzi ed il loro stato relativo di freschezza,
II nostro A. non ebbe la prima avvertenza, perchè non distìnse
nel suo catalogo le 195 monete che egli rinvenne in possesso di al-
cuni antiquari, da quelle spettanti al gruppo originale ricuperato dal
sig. F. Moller. Sulla origine dì quelle 19$ monete è sempre lecito
avere qualche dubbio, mentre le altre, costituenti la massa principale,
presentavano una sicura garanzia che fossero appartenute tutte senza
eccezione al ripostìglio di che si tratta. Non ebbe la seconda avver-
tenza al punto da non far nemmeno cenno dello stato di fresche/za
delle ultime monete del ripostìglio. Se VA. avesse riguardato allo
stato dì freschezza dei pezzi spenantì aì due ultimi imperatori del ri-
postiglio, Gallieno e Postumo, egli avrebbe avuto modo di control-
lare efHcacemente e stringentemente la sua stessa opinione circa la
data probabile del nascondimento del tcsoretto. Questa data egli a
p. 5 la ricava dall'esame delle monete di Postumo, e segnatamente
dall'ani. Cohen ' n. 261 recante il cos, IH (TR P COS III PP) e di
•data estensibile dall'anno 260 al 266. Egli si ferma preferìbilmente
all'anno 261. vista la scarsità delle monete di Postumo in un trova-
mento dove si era in diritto di aspettarsele abbondantissime; ma Tos-
(1) È Aà iperan cbt U I. A<<ai«nu Ji Berlino, li qvaU ci In liberalo an> buona
volta 4AglÌ ciTon iel liilettAntlsnio epigrafico col Ccrpm imtr^tìomm—, vorrA por mano
■ l)t>cr*rci altrffi dsi non meno gravi errori del tlilctundimo aumttmattco col promcs-
foci C^rpm immmffrmm.
'Bibliografia
173
lorarasen (Ga<huhtc d. ròmiscìjg Mùnuvgs^s, p. 775,
aHva alla incetta ed alla scelta che si faceva oel scc. in
nonetarìe meno scadenti per parte dei tesoreggiatorì, lo
>erplesso e titubante anche verso questa data.
cenezxa ò chiaro che potrebbe vincere il dubbio 0 far
ancia appunto Tosservazione iotorno allo stato di fre-
ultime specie tesoreggiate. Se, per esempio, sì potri con-
t oJtime monete di Valeriano (nn. 56, 71, 208) riferibili
260 (Ci. Brock, Ztitichr, f. Kum., 1876, pp. 5 e loi) corri-
' il grado di freschezza alle più fresche monete di Gal*
tno^ ecco che si avrebbe una bella prova in favore della
ronologica cui arriva il nostro X.\ ma se le ultime mo-
tto (nn. 7)1, 9^6, 940, 1175, 1509) e quelle di Posiumo
e relativamente usate e non mostrassero in niun caso
e sbaveggiature del conio recente, avremmo per con-
i attendìbile argomento per ricondurre la data del ri-
0 il 267, che e: l'anno dcirassedio dì Magon/a, operato
nperatore Postumo contro il nuovo usurpatore LcUano
. In ul caso il tesoretto dì Magonza verrebbe a coin-
1 fattn storico speciale, e la ragione del suo nascondi-
trebbe più da cercare in qualche ignoto avvenimento
itare.
tie il nostro A., il quale si è reso benemerito delle ri-
ic pubblicando un cosi notevole ed interessante ripo-
nete, avrà modo ed agio dì sopperire agli osservati
-tzione, e potrà ancora fornirci il catalogo riveduto del
ompagnato dalle desiderate note di freschezza. Intanto,
icre nel dubbio, posso persuadermi che, anche in prin-
5C0S0 e contrastato regno di Postumo, non fossero man-
, come su tutta la strada di Cologna, occasioni ripe-
; di terrore per la guerra che Gallieno fu costretto dì
arpatorc delle Gallìc e suo competitore.
II.
parte del suo scritto (pp. 18-25) 1*A. descrive una
Daetc romane imperiali esistenti nel Gabinetto di Ma*
icritte nella 2* ed. del Cohen. La descrizione è fatta
tema, cioè riportando le leggende in cui si osserva
za e rilevando le divergenze di tipo. La descrizione è
atta, e niuna particolarità degna di nota parmi essere
suo occhio.
^descritte in questa seconda pane cominciano da Au-
90 con Massimiano Erculeo: sono ben 141 varietà che
Raae mancanti nella detta edizione del Cohen ; ma, al
■nere che alcune differenze dipendano dalle inesattezze
I dal Feuardent, nti io ho agio di fame per intero la
i
174
bibliografia
verifica. Fra le monete descrìtte dal sig. KOrber ve ne hanno parec
chic che io stesso verificai mancanti al Cohen, sia nel mio Kipoit'ì^ìii
della Vcnira pubblicato negli Atti dilla R. Accademia dei Linui, voi. IV
sia nel più recente mio scritto: Di alcuni ripostii^ìi di mcmU r(fma$»4
citato di sopra. Quasi tutte le monete che il Kòrber riporta coiti*
inedite da Aureliano in poi furono da me pure descritte nel Ri^osiP
glio dilla Venera, un ripostìglio composto di ben 46,442 pezzi (V. \i
giunta nel Mus. ìlaì.» II, ii$1, tutti appartenenti alla seconda meli
del scc. Ili d. C. e che il sig. Fcuardent non si curò altrimenti di spo
gliare per la nuova edizione dei tomi V e VI dell'opera de! C<^cn«
Del pari i denari di Vespasiano, che il Kòrber aggiungerebbe allJ
pag. 375 del voi. Il Cohen', sono descritti anche da me Èra le mo-
nete del ripostiglio di Roma, Mm. Udì., II, 45, nn. ^-4, 4J, n. %o»
Relativamente alle altre varietA descritte dal Kòrber trovo degne
di speciale attenzione le seguenti:
i** Un dupondio od asse JÌ Augusto Insignito di doppia con-
tromarca, quella di Tiberio: TIB A'^G, e quella dì Nerone: IM' N-
— Intorno a tali contromarche vedansi le mie osservazioni nel
Mus, Ital., II, 57 sgg. Oltre gli scritti ivi citati, sì confronti De
Saulcy: Les contrcmurgucs monHaires à Vèpoquc du haut empirti nella
Reviu nitmismatique, i86<5-70, p. 500.
2° Tutte le monete di Traiano, specialmente dopo lo swdio
storico e cronologico cui le assoggettai nel Mus. hai., II, 81 sgg.
— Il den. simile al n. 394 Cohen * con COS VI merita confertna-
Sarebbe il primo tipo del Bonus Eventus apparso dopo quelli battìi'
per l'occasione delle guerre daciche (V. op. cit., p. 105).
— Il medio bronzo IMP CAES NER TRAIANO OPTIMO AV<
GER etc. SENATVS POPVLVSdVE ROMANVS SC con dt»
insegne dell'esercito, panicoUrraenie interessante perdio non e**
finora conosciuto nessun tipo del bronzo degli anni 11^-114 col li^
militare delle insegne (V. op, cit,, p. 83 e p. 92).
3° Unii moneta ibrida di Giulia Domna (,IVLLA AVGVST^
col tipo del rovescio: PRINC IVVENT
i° Un sesterzio di Massimo (MAXIMVS CAES GERM) CG»
rovescio preso da un sesterzio di Alessandro Severo (Cohen *, n, 441^
5° Un antoniniano di Volusiano, col nome del gentilizio CT
rato: VIj (sic) invece di VIB. La terza lettera sbagliata, rovescia C
capovolta, farebbe per poco sospettare Tuso delle lettere mobili nclll
monetazione del secolo in, se in questo tempo non fossero frequenti
errori monetari anche più strani. Parecchi errori simili sulle moneti
dì Probo furono segnalali dal Missong (V. Wurnistftutiscb^ Zdtscbrifì à
Vienna, IX, anno 1877, pp. 1-20, estr. : SUmpdJchkr ur$J Ccrrutura
auf Mùtticn d<$ Kaisa- Probus, Taf. IV).
(Firenze).
Luigi A. Mila
Heirn (Bauraih) und Velke \V. Die rdmische Rhcinbrikke
bà Miìiu^ nel Fi'stgabe der Generalversammluttg des Gè-
smnmtvereins da deutschcn Gescbichls iind JlleribufìiS'Fe-
nìne j^m A/am:^ am i] bis i6 Sept, 1SS7, p. 169 sgg.
U Governo tedesco dieJc ordine, nclPanno 1880, che venissero
rmoHc le pile dell'antico ponte romano giacenti nel fondo del Reno
bi Migonza e Kastcl. Si prevedeva da tutti gli archeologi un buon
multato di notiiieedi oggetti da cotesto lavoro; né le loro speranze
Mao rimaste deluse. In questa monografia del eh. Heim abbiamo
una dotta relazione tecnica su tali scoperte, nella quale, riassumendo
I« cognizioni che si avevano sul ponte fino dal 1847, e componendole
colle juuali, egli ne forma un lavoro, quantunque breve, abbastanza
completo. Incomincia egli col ricordare la faha opinione, formatasi
Jopo il 1855» che attribuiva quell'insigne monumento all'età caro-
liniiia. Descrìve poi il metodo adoperato nelle lavorazioni subacquee,
<à in tre tavole, in calce allo scritto, ne porge una eccellente grafica
riproduzione. I piloni del ponte erano undici. Ora l'autore riferisce le
panicolari scoperte avvenute ìn ciascuno, colle misure esattissime,
come. p. e., i numeri incisi sui pali rotondi di quercia, end* erano
lornute le grandi palizzate dell' undecime pilone (p. 174). Singolari,
wtto rispetto epigrafico, vi sono le cifre IICXXI e ^XXIKL In un
pilo Jcl decimo pilone v*è il numero ZKVII; in uno del sesto vi
< 1IIX« che a noi sembra scritto a rovescio per XIII ; in uno del quinto
pJoncv'é IXXIK.
Importantissime scoperte sono: un mazzuolo di quercia trovato
lei Httimo pilone, nel quale si legge: L . VALE . LEG . XIIl; e un
"gillo di ferro con LEG . XXlI . ASTon intana.
Paisà l'autore a mostrare la costruzione dei fondamenti delle pile
(^ 187) colla fedclti indispensabile ìn una tecnica descrizione.
Accenna quindi alle cose quivi rinvenute (p. 196). Vi sono pietre
quadrate, alcune scritte, alcune anche ornate di rilievi decorativi, rin-
la maggior parte, presso le testate del ponte. Vi sono, oltre
g\k ricordati, alcune ascìe, alcune monete di bronzo, uno scal-
pello cJ un pezzo di catena.
Segue, nella seconda parte di questo lavoro, la relazione del si-
or "W. Velcke, la quale riguarda la parte archeologica e storica
De scoperte avvenute. Essa forma una pregevole monografia in
complemento di ciò che il Lehnc, il Grimra, lo Schneìder ed il Pòll-
lunoo scritto sul ponte romano di Magonza. Accurati disegni lÌio-
iìcì degli arnesi e dei sigilli descritti in questa monografia ci per-
no di possederne gli esemplari. Fra le pietre scritte noteremo
Uà col titolo ansato, che ha :
LEG • xnii
G ■ M • V
•>'G-VELSISECV
176
bibliografia
edito già dal Keller e dairHùbner (gemina, inartia, victrix i aotu
sima appellazione della XIV legione). Oltre la nota delle sculture e '
degli oggetti rinvenuti, il Velke porge breve ed importante esame
sulla cronologia del ponte, manifestando la ben fondata opinione, che
precisamente tra gli anni 70 e 100, se ne facessero le fondazioni ; che
sotto Domiziano fosse costruito dalla legione \W\ non dalla XXII,
come pensò 1' Hiìbner. Seguendo 1j storia delle guerre romano-germa-
niche sotto i Flaviì, egli dimostra questa successione di epoche ~
Spiega come vi si trovi una menzione della legione XVI, cioè percha
spettante all'epoca delle fondazioni di un ponte primitivo anteriore
Cahgola (stando sotto i pnmi Cesari quella legione a Magonza), ed
infatti rinvenuta in luogo profondo e intermedio ai piloni. Provi
tìnnlmenCe che alla legione XXII, dell'età dì Caracalla (AntoDÌnìanai
non deve attribuirsi che un'opera di riparazione. Le sette tavole ch4
illustrano ì due lavori deirHcim e del V^clke sono precedute da urufl
riproduzione di un piombo edito dal Fròhner, rapprescntiinte Ìl ripe-
tuto ponte romano, colle due città di Magonza e di Castcllum sulle
due opposte rive del Reno. G. T.
Keller d/ J. Die ncucn romiscbm Inschriftcn des Muscwns ^u
Maini. Zweiter Nachtrag :{um Bcckc/schm Katalog, (In
Fcst^abc dcr ^cncrahcrsammlung dcr deutscheu Gtschichts-
und AìtcrìhumS'Vcrànc :^u Main:^ an /j bis 16 Scpt. iSSy.
Mainz, von Zabern, 1887).
Come apparisce dal titolo della monografia stessa, il signor dot*
tor prof. Keller porge in essa un catalogo delle iscrizioni romane 1
pervenute nel musco di Magonza, dopo la pubblicazione della prima
appendice al catalogo del Becker, la quale fu edita nel 188}. Pre-
cedono la nuova appendice alcune osservazioni e rettifiche alla
prima. La nuova pertanto contiene 38 lapidi e un diploma militare
(in bronzo), ordinate per classi conforme al catalogo originale. Cia-
scheduna iscrizione ii accompagnata dalla relativa h^ion^^ e da qualche
sobrio e ponderato comento. Per non avere adoperato tipi epigrafici
È stato obbligato l'autore ad aggiungervi anche taluni schiarimenti
sulle lettere connesse o irregolari. Vi abbondano le lapidi della le-
gione XXII, molte militari, dedicatorie in onore degV imperatori
di divinità. Alcune hanno singolare importanza epigrafica, sì per 14
cose in esse ricordate: p. e. Unioni xxii ... honoris virtutisq, cauìU 1
i>i'/iir Trti'erorum in oìfsidione ah ta difensa (p. 143), come per le for
mole epigrafiche, p. e. : hcnori aquiìae k^iottis XXll, ecc. La maggio^
parte di queste epigrafi spetta alla legione XXII, ch'era di presìdìq
a Magonza. Vi sono parecchie date consolari, che arrecano pregio
a questa serie, degli anni cioi 205, 21 }, 214, 242, ecc. Alcune di qua
ste date danno luogo a ricerche; come, p. e., quella del 205 ci sen
breri'bbe piuttosto spettare al 206. Importantissimo è quel console
«dd
mmm
'Bibliografia
^^^
' b la-za volta A. Diàius Galìus (p. 154) nella tavola di bronzo
)tÌTa a Semctona, insieme colla consorte indicata epigraficamente:
itici a'jus. Noto nella storia come uomo ricoperto d'onori {col>ia ho-
win Tacito, Agric. 14 - come curator aquarum in un cippo aqua-
rio di Roma. Buìì, ddristìt. 1869, p. 21 5) sarà ora registrato nella serie
Idei consoli dell'età di Tiberio. Un frammento di lezione e di restitu-
fiioncdifficile ci sembra quello trovato nel febraro i8H7(p. i43)deiretà
i degli Antonini, come rilevasi dalla residua parola NIAN giustamente
I wppliia in AnloniHW^ac, come soprannome della legione suddetta.
Delle iscrizioni sepolcrali presentate in questa pregevole mono-
Igrifij, ì; ragguardevole il cippo dì C. Faìionius Secundus, milite della
tfcgionc stessa XXJI, di Tortona, la cui figura è scolpita nel cippo
Imedesimo, in singolarissimo abito civile, con due servi, forse come il
Keller osserva (p. 145), l'uno vestiarius, l'altro Uibdlarius. Una riprodu-
Inone eliotipica di questo bel monumento adorna il volume nel principio.
Noteremo finalmente la singolare coincidenza del diploma mili-
Uit (tabulac honcsLu missionìs) del solito tipo, che chiude la serie di
CUI parliamo (p. 157), poiché in esso fu riconosciuta la seconda ta-
volena di quello gii esistente a Worms (cf. Mommsen nella Ephcmeris
^graphica, V. 652). G. T.
Tommaso Sandonnini. Della venuta di Calvino in Italia
i di alcuni documenti relativi a Renata di Francia. — To-
rino, fratelli Bocca, 18S7, p. 1-33. (Rivista storica ita"
liana^ IV, in, anno 18S7).
Il Sandonnini avendo veduto che coloro i quali hanno studiato
episodio di Renata dì Francia hanno promesso pìù lunghi lavori, ma
^ Wno limitati a brevi pubblicazioni, pubbli^ca anch'egli alcune no-
^^c sulla Renata. Ma egli, ricordando le pubblicazioni dcW Archivio
"fila Società Romana di storia patria, e avvertendone l'importanza,
"^chiara insieme, che dalle promesse di scrittori, che sì limitarono a
pubblicare brevi e staccate memorie, fu distolto da un lavoro che
*veva vagheggiato.
Sull'importanza dei nostri documenti non sembra cadere dìsputa.
** il Sandonnini prima di pubblicare i suoi, usciti da Modena come
^'^hi dei nostri, sì prova a demolire le nostre conchiusioni con un
]^uito di ragionamenti, dai quali sembrerebbe ch'egli non tien ragione
^«lla grande opera del Corpus r^formdtorum, in cui tutti sono confu-
^^ contro coloro che per primi li produssero. Non ispenderemo
'^que molte parole, rimandando ai Prolegomeni di quelfopera chi
'€isc vaghezza dì conoscere il valore degli argomenti risuscitati dal
•^^Odoanini (1). Cht: la questione principale sì risolve nel sapere, se
(1) Cóffu rtjofm., lom. 39, Prol. caput li, fol. xxiii.
u tlioto del capitola aecoDiio è queito : • Edmoncm institutionU Utiiuai aani i{}6
■^un primam £utue Jemonxtrtiur •.
CcoQlro <{ue»u »cric onliaata che ikvc dupuure Ìl Sandonnini, prima che contro di noi.
AreHhio della R, Società romana di storia patria Voi. XI. ti
l\
'.i.L^-raJia
'. ,::JoHc cristiathi del I5>ó fosse o i
■,-:> altre anteriori. Se ve ne turono alt
■ . conclusioni vacillerebbero ii: quale!
. roichè il Sandonnìni alTerma Jà ave
.:no, elle, come prove, né egli, né alt
,:na lìnora Ji buona let^a.
:ìie arterma il SanJonnìni, che rcvlìzioi
rrela/ione il i > ì i- ^^'<>" può essere viubb
:5j>, ma in queireJ.i/.ione l'anno è sta
^ che <f le altre eJi/ioni latte mentre e
— ispontlevano tutte più o mt.no a quel
::r.ieJiata Jel i > ì^ è _L;ià più luniia : la prin
i\z colonne; le sci eJi/ioni successi\
r. una, ne occupano 901); quella Jel i ;
., linone adunque, di 2j2 colonne, è :
.i*:àonnini pensa che avanti la edizione 1
.:";o. ma lo dicono ì;1ì autori ch'ci^Ii p;
. :m Irancese, ('alvino stesso, neiredirioi
:' suo lavoro, per non defraudarne e
'. Non arriviamo a capire come egli Ì
. ,. i:\t\lnh iiulhcfiit! e.;-,.', che redi/.ict;
.-..n-e.vse essere anonima: e non trovian
.. ht.iini:!., <)d /:.;.v.7/t' che Calvino
.* nome suU'edizidne del i)ì6 e si allo
, : : Xi allontanarsi se l'edi/àone fosse ^ra
-.^ dette. Quanto al viaggio di Calvin
..;<i, essere stato fatto per le Alpi dei G
. so 1.: valle vii Aosta, per indu;:ioni tut
.a cui ì! Sandonnlni ha tratti i suoi pri
-.-Ulti, ta la -piova e la riprova, che 1
\"ei.'- la, qiii.ìli di Toscana e quelli
, i, dui'.une la ;;uerra, per rec.i'si. vu
.: Lione. !';..;ur.irsi poi a Hasilea e .
.-^lo. se lion y:rA pi-à conioJo (Jiten
Peschiera e per la F>erni:ìa.
^^,"a.'a di Calvin 1 a b'e'-fara, vh'VL n
.■;;iissi:na ipoU'^i, la nos;r.i. e avval
^.■".'.(^re cosa ia.lU ropinanie;;to co
• ni. Ma e::li ev .i '. i^icu''. ! col M.in
bibliografia
Ì79
renìrc a Ferrara, e al riiomo a Ginevra : sul soggiorno a Venezia si-
Iniio completo.
Ci dispiace poi ch'egli muti i termini delle nostre conchiusioni:
ooinonabbiammai scritto che Calvino a arrivasse a Ferrara Ìl 25 marzo
te ne ripartisse il 14 aprile del 153^* (0 come ci fa direil Sandon-
nìm. >?oi abbiamo concluso che entro qgello spazio di 22 giorni vi si
doveva trovare ; arrivasse prima, o partisse dopo» ciò poco importa.
n mettere becco sulla fuga di un francese, col designarlo per Giovanni
Soubisc, i ameno, poiché v't certa notizia ch'egli rimase ancora a
Ferrara: ma noi troppo dovremmo fermarci a cogliere inesattezze:
prendiamo per quel che vale la sua pubblicazione, e, se constateremo
ijwlchc documento che non possediamo, gli saremo ben grati. Quanto
«1 lavoro completo, che fu promesso col nostro saggio, s'egli vuol
R'-^irc alla nostra parola, per tutta quell'epoca 6 fatto.
B. Fontana.
ìtevenson. Topo^afia t tnowwunti di Roma nelle pit-
ture a fresco di Sisto F della biblioteca Vaticana.
n quinquennio del pontificato di Sisto V l- per la città di Roma
cosi pieno d'opere arditamente concepite e frettolosamente eseguite,
cbc lo storico è tratto a domandarsi che cosa non avrebbe divisato e
fitto il pontefice Peretti se giovane, e non già grave di sessantaquattro
*oni, avesse assunto il governo dello Stato ecclesiastico e indirizzato
itramutaracntì della cittA di Roma. « Se avesse vissuto pochi altri
«inni noi avremmo la basilica (di s. Pietro) non a croce latina e
■ colla fronte del Mademo, ma a croce greca e colla facciata di Miche-
^Rtlo ». Cos^ scrive lo S. (a pp. 22-3), e questo non sarebbe stato pìc-
«ol vanMgpio. Ma la vera grandezza e lo squisito gusto dell'arte che i
P^fltdìci del rinascimento avevano potuto aggiogare .lUa loro signoria
Cfl Venuto meno. « Cesare Nebbia e Gio. Guerra - annota altrove Tau-
« torc - favoriti dal pontefice per la rapidità colla quale lavoravano,
•prendevano in certo modo l'appalto delle pitture; nei conti delle
«fpcsccssi soli figurano, mentre a^li artisti che li aiutavano è dato ìl
«nome di soci w. Cosi la nuova fabbrica da lui divisala a congiungere
k due f^andi gallerie che vanno d;il palazzo pontificio al Belvedere,
OOD sene, come le opere de' tempi di Sisto IV, di Paolo II, d'Inno-
cenzo Vili, di Giulio II e di Leone X, ad eccitare la fina ammirazione
dcHe persone che sono al culmine della cultura; bensì colpisce la mol-
fUnc grossa coli* aspetto della mole, dei colori smaglianti, cogli ef-
Bl'chc possono sperarsi da opere frettolose e date in appalto. Ma
D S. non entra in considerazioni artistiche per questo rispetto: bensì
9O0 lolcrtc dottrina si fa a raccogliere quanto è possibile da quelle
liaure per la conoscenza topografica del Vaticuio antico, e per la
i8o
bibliografia
storia della biblioteca, integrando i dotti lavori del Muntz e del
Nolhac. AITopera sono annesse cinque tavole fototipichc, non tutte ria
scitc egualmente bene. La prima rappresenta la facciata dell'antica baH
silìca Vaticana, e l'A. la illustra alle pp. 8-i i : a La piazza scorgevi pi
H rata a festa ; arazzi e drappi pendono dalle finestre e dai palchi eret
« per gli spettatori : suonano le tube (?) e tuonano le artiglierie, mentre
a la turba del popolo assiste plaudente. Accanto al vetusto ingresso
«della basilica s'innalza il trono del pontefice entro uno steccato,
« cui ingresso ò una specie di arco trionfale (?) decorato di festoall
« collo stemma di Sisto V ». Nella tavola li riproduce, da un afTrcscol
del Vasari nel palazzo della Cancelleria di Roma, l'immagine dei
luoghi e dello stato dei lavori quali si trovavano quarant'anni prima,
sotto Paolo IlL La tavola III offre in una delle vedute il trasporta j
dell'obelisco; e presso la torre campanaria ben riconosce lo S. rap
presentata nella parte superiore d'un edifìzio parte del musaico giot*
tesco della navicella che ornava l'antico quadriportico. Descritte lej
vicende che alterarono il monumento, altrove trasferito e restaurato j
più volte, lo S. oflfre nel n. 4 della tavola V un elemento assai antico]
e pregevole per ricostituirne il primitivo aspetto, tratto da un disegno I
della biblioteca Ambrosiana. « L'occasione - scrìve l'autore - mi in- I
« duce X divulgare un frammento dì musaico attribuito a Giotto che j
« ò serbato a Bauco^ nelle vicinanze della Badia di Casamarì, in uaaJ
« cappella privata », quantunque sulPautenticità dell'angelo giottesco I
non si avventuri a pronunziare giudizio. E questo, e la testa di Gre- j
gorio IX, ch'era pur essa nel musaico sotto al timpano all' ingresso]
del quadriportico; e la testa d'Innocenzo III, la cui hgura era nella |
conca dell'abside ed ora si trovano nella cappella della villa giil
Conti, ora Torlonia. presso Poli, costituiscono i tre frammenti di de-
corazioni musive scampati alle distruzioni, che lo S. divulga per la \
prima volta nella tavola V del presente scritto. Nella parte inferiore j
della tavola IH è anche figurata la piazza Colonna, colle umili ba-
racche e co' pergolati che fanno cosi mìsero contrasto colla grande
colonna di Marco Aurelio restaurata da Sisto V. La tavola IV ripro-
duce, nella parte inferiore, una lunetta con la veduta del patriarchio
lateranense e degli annessi editici, divulgata già dal Rosponì e dal
Rohault de Fleur>'; nella superiore, la pianta prospettica di Roma
indicante il piano regolatore della città attempi di Sisto V; ad illu-
strazione della quale lo S. reca fra le altre notìzie quella della data
certa della « desfattura della scola di Virgilio houer Scttc/.onio a, le
cui spese figurano nei conti alla data de* 15 maggio 1589. Ora, tali
registri de* conti che rivelano preziosi ragguagli intomo alle basiliche
cristiane ed agli antichi monumenti di Roma, non pare che fossero
cogniti al Tempesti, furono trascurati dall' Hùbner, e lo S. li usò primo
e ne dene indicazione.
bibliografia
i8r
Emmanuel Rodocanachi. Cola di Rienzo - Histoire de
Rome de 1342 à 1354. — Paris, A. Lahure, imprimeur-
Witeur, 1888.
Cola di Rienzo ù tal figura storica che non può non esservi in
^ i tempi chi si Usci attrarre da essa potentemente. Non ò solo fra
gli Jinisti o i romanzieri che certi antichi nomi, certi episodi, certi
periodi storici trovano, a preferenza dì altri, simpatie più vive; anche
fu gli studiosi e fra i severi eruditi, per i quali tutto dovrebbe valere
«qualmente quanto sì può chiamar fatto documentato, v' han certi
tèmi, cui per bisogno inconsciente dello spirito la rigida ricerca obici-
UTisi volge con più intelletto d'amore. Mal giudichiamo i freddi espio-
'4(ondel passato, fiorandoceli quasi atrofizzati dalle carte ingiallite e
^Ic logore pergamene: eglino comprendono, invece, come per certi
^ni, per certi rivolgimenti, per certe figure del passato ìl lavoro loro
■^OQ è se non !'umilc compagno di quello che spetta al filosofo, al
politico, allo psicologo. Di qui la straordinaria attrattiva di certi ar-
Jfoiacnti.
Tale si presenta quel periodo della storia medievale di Roma che
^ dal Ii42 al ij^t, nel quale la figura dcirultimo tribuno domina
(^ Campeggia sovrana, anche quando dobbiamo andarla a ritrovare
^^li solitudine di monte Maiella o nel triste carcere di RauJoitz.
Ben venga adunque questo nuovo volume del signor Emanuele
Rndocanachi su Cola di Rienzo, che s'aggiunge cos\ alla biografia di
fi^lice Papencordt, sintesi felicissima di tutto quanto erasi anterior-
tuente scritto su la storia del tribuno. Questa Società di Storia patria
'^ ormai riunito e s'accinge a pubbhcare l'epistolario di Cola, ed è
poesia una ragione di piò per accogliere con schietta soddisfazione
^ pTwente lavoro, che serve, se non ahro, a ravvivare l'attenzione
*.cl pubblico colto per quel memorabile decennio di storia romana.
S« dicessimo che l'opera del Rodocanachi porta agli studi un con-
tTbuio veramente nuovo, non saremmo nel vero e sorpasseremmo
wr« gli stessi intendimenti dcll'A. Fonti nuove, oltre quelle, mano-
scritte ed a stampa, gi.\ utilizzale dal Papencordt, non è venuto fatto
■ af/'A. di scoprire, e noi non gli moviamo di ciò ìl bcncht,' minimo
[rimprovero: fondamento principale della narrazione resta sempre la
gFili dell'anonimo contemporaneo, sussidiata non tanto da varie ero-
iche dì città italiane e da qualche annalista ecclesiastico, quanto dalle
re di Cola a noi pervenute e già in buona parte, benché assai
ile e sparsamente, pubblicate.
Questo il materiale che servi agli anteriori biografi e che per la
di essi, e. abbiam motivo dì credere, non per la via dei mano-
itti, venne a conoscenza del Rodocanachi. E ad aggiungere però
l'cgli ebbe primo Taiuto, mancato agli altri, della nota raccolta del
ftcincr: Codcx diplomatiius domittii Umporalis Sanctae Siàis^ stampata
el 1S63, della quale opportunamente sì valse a meglio chiarire i
del tribuno colla Curia pontificia. Ciò solo basterebbe a
l82
'Bibliogra/ìa
farci riconoscere tutt*altro che inutile il libro, del quale un breve e
sommario esame potrit, crediamo, non riuscire discaro agli studiosi.
La prima parte del volume comprende i primi anni di Cola, Tam-
bascìata ad Avignone» la fondazione del buono stata, la politica in-
terna ed esterna del tribuno e la sua prima caduta.
L*A., dando maggiore sviluppo ad alcune parti della narrazione
non interamente sviluppate dai precedenti biografi, rifa con forma bril-
lante la storia di quei sei mesi in cui la potenza di Cola andò aumeo-
tando con una rapidità uguale a quella con cui s'operò la sua prima
caduta. Intorno ai rapporti fra i Romani e la Curia d'Avignone, pare
airA. (e giustamente) di poter stabilire, su la testimonian/a d*una
lettera del papa pubblicata dal Theiner (i. II, n. CXXX), che le am-
basciate a Clemente VI furono due e che della prima non fece punto
parte Cola di Rienzo, il quale soltanto posteriormente venne inviato
ad Avignone (i). Cola fu più fortunato di Stefano Colonna e de' suoi
colleghi: il 27 gennaio dell'anno i}4J, Clemente pubblicò la bolla
i< Unigenìtus Del Filius » e formulò ì doveri imposti ai fedeli che si
sarebbero recati a Roma pel giubileo nel i 550. Rienzo approfittò delle
simpatie incontrate in Avignone per parlare con grande veemenza
contro i baroni romani e per dipingere al papa coi più tristi colorì la
loro licenza e la loro crudeltà. I senatori di Roma, Paolo Conti e
Matteo Orsino, se ne risentirono aspramente, e decretarono contro
Cola le misure più rigorose.
Fu allora che intervenne il papa colla lettera sopra ricordata, nella
quale difendeva il giovane ambasciatore da ogni accusa e lo racco-
mandava alla benevolenza dei suoi concittadini. Cosi Rienzo potè tor-
nare a Roma al sicuro dalle rappresaglie dei suoi nemici.
Ad Avignone il futuro tribuno conobbe, com'è noto, il Petrarca,
e da allora cominciarono le relazioni fra l'uno e l'altro. Il Rodoca-
nachi scrive: «II scmble probable quc Pétrarque et Rienzo lìèrent
« connaissance dés cette epoque; animC's tous les deux d'une ègale
« passion pour 1* Italie, ìls durent s*entretenir sans doute plus d'une
«(bis de leurs pensccs et de Icurs espcrances sur son avcnir». Alle
quali parole, assai scarse in verità, tenuto conto degl'intcndimenii del
volumi:, o noi c'inganniamo o la forma dubitativa, usata dall' A., toglie
gran parte di valore. Ci sia lecito pertanto notare come il Petrarca
dia principio ad una sua lettera (Ldt. s^n^ii titolo, 7), scritta dopo la
partenza di Cola da Avignone, appunto ricordando un lungo colloquio
avuto con lui dinanzi air antico tempio di Sant'Agrìcola. « Quando
«ripenso - scrive il poeta - a quella nostra conversazione, mi sento
a pieno di fuoco e d'entusiasmo ». Nìun dubbio quindi che durante
la dimora di Rienzo ad Avignone (imO ^^ stabilisse TafTettuosa ami-
cizia tra Cola ed il Petrarca.
(1) Eco» Il luo/n p*e;it" * " ' '. • Cum .lutrtn per sli^uo» ipius Ni-
• Col*i cmulot vabli, ut ftucii tìi, Uctt fal^n. rumdeni NicoUam dìiÌMe
• corAia nobll &li^u«, «jua in ■ - '..m Ro(n«nl popuK amb«»ii«f>>rum r.LnuM
• nlatonun «d MO«tr*ni fmcnciara prciudicium ac vitupcrinm r««luiuljibtnr, tu
bibliografìa
183
A quest'amicizia, che esercitò senra dubbio un' influenza non pie*
j coli su r indole dei rapporti stabilitisi dipoi tra Cola Jivenuto arbitro
idi Roma e papa Clemente VI, il Rodocanachi consacra un intero ca-
pitolo, dov'ì: opportunamente esaminau la corrispondenza epistolare
Itenuia fra il Petrarca e il novello tribuno, « Ce fut probablcment
l»»cr5ccttc òpoque - aggiunge l'A. - quc dans son premier mouve*
[tilJcnt d'enthousiasme le poète coraposa en rhonncur de Rienzo la
jtcanzonc célèbre connuc sous le nom de Spirito (sic) inculile a. E ri-
jporu uDa traduzione francese della canzone, fatta dal signor Esmé-
^Qini du Mazct. Delle lunghe e spesso anche dotte discussioni cui
àkik luogo r incertezza del destinatario di quelle strofe, il Rodoca-
McM mostra di non essere affatto informato, per quanto il nome dei
letterati che presero parte alla disputa, come il Carducci, il BartoH,
il D'Ovidio e molti altri, avrebbe dovuto non fargliela ignorare.
L'A. invece non giunse piti oltre dei ru-.-innanienti tenuti quarant'anni
£1 da ZctHrino Re, dichiarando che dopo la sapiente discussione di
^qticsio erudito non si può più mettere in dubbio che la canzone fosse
rulmcntc indirizzata a Cola di Rienzo. Ora, noi non contestiamo al
Rodocanachi il diritto di ritenere una tale opinione, sostenuta da va-
liiiistìrai argomenti; ma non ò davvero Zelfirìno Re che, tra i prò-
pogaaiori di essa, abbia dotto l'ultima parola. A buon conto, un co-
dice Ashbumhiano, scoperto e segnalalo dal Bartoli in questi ultimi
aimi, reca in capo alla canzone il nome di Bosone da Gubbio, e in
► ^Oeno nuovo fatto molti letterati valenti, fra i quali il D'Ovidio, han
r Veduto una prova di più della tesi già sostenuta dal Carducci, che
ooè il nome di Cola di Rienzo fosse venuto in campo soltanto pò-
«criornicntc per opera degli eruditi del cinquecento. Bisognava quindi,
( Dna volta entrati nella disputa, ribattere con nuove ragioni (e ce ne
^o() questa opinione.
Per ciò che riguarda i preparativi della rivoluzione popolare e lo
ttabilìrri del buono stato, i capìtoli IV e V del presente volume nulla
^pungono all'opera del Papcncordt, che seguono abbastanza da vi-
^0. La politica esterna del tribuno e le sue relazior:! col resto
^ llilia (cap. VHI e IX) vengono esposte dairA. con molta chia-
^'a. Non fa d'uopo ricordare ne* suoi particolari il piano di Cola:
^ voleva istituire un'assemblea, nella quale tutte le principali città
'^«nc dovevano essere rappresentate con egual numero di voti,
P^ discutere e risolvere tutte le querele delle città confederate, csa-
""nirc le questioni d' interesse generale e rappresentare V Italia di
*^otc ai paesi stranieri. In questo grande consiglio egli avrebbe tro-
JJto modo di dare a Roma il primato e la preponderanza. Con tale
iQlendimcnto inviò in sulla fine dì giugno al comune di Firenze una
jpcciale ambasceria, munendo i suoi legati d'una lettera credenziale
^ che conservasi, insieme a varie altre, in copia sincrona, nell'Archi-
Ho di Firctue (Capitoli del Comune, voi. XVI) e che fu già pubbli-
atadalGaye (Carti^^io inedito d* artisti). Da questo documento risulta
bc gli ambasciatori furono quattro, e non cinque, come dice il Ro-
t84
"IStblìografia
docanachì (pag. no), e cioè: Pandolfuccìo di Guido de* Franchi,
Matteo de' Beccari (non A^* Reatini, come scrive il nostro), Stcfancllo
deMioezi e Francesco do' Baroncelli (i). Il 2 luglio del 1545, due
degli ambasciatori parlarono, a nome del tribuno, avanti alla Si-
gnoria. I discorsi di costoro - a\n*crte l'A. - si trovano nel codice 5^7»
fondo itidiano, della biblioteca Nazionale di Parigi, conosciuto dal
Papencordt sotto l'antica segnatura (7778 della biblioteca Reale), ma
da lui non potuto consultare (2): occorre però aggiungere ch'es&t
trovansi, tradotti in italiano, anche nella cronaca dì Giovanni Vil-
lani (Firenze, 1823; voi. Vili, p. cxx e sgg.). Il Rodocanachi omctic
questa citazione^ e dà in francese qualche passo dei discorsi. Primo
parlò Pandolfiiccio (cod. 557, e. 79), poscia il Baroncelli (cod. 557,
e. So), e, il giorno seguente, alla proposta di Tommaso Corsini ri-
spose ancora Pandolfuccio (cod. 5)7, e. 81 r.)-
Risultato deiramba^ccria fu, com* è noto, l'invio da parte della
Repubblica fiorentina di cento cavalieri, e la partenza di suoi rappre-
sentanti alla volta di Roma. Poco dopo, giungevano a Rienzo am-
basciatori anche da Siena, da Arezzo, da Todi, da Spoleto, da Rieti»
da Pistoia, da Folìpio, da Tivoli, da V'elletrl: i signori del Nord
dMtalia gli offrivano doni preziosi; la regina Giovanna sottoponeva
al giudìzio dì lui la sua lite con Luigi d' Ungheria, e perfino Giovanni
Paleologo entrava in amichevoli relazioni col capo del popolo ro-
mano, a Per tal modo - conclude il Rodocanachi - Cola seppe intc-
« rcss.ire alla rivoluzione che s'era compiuta in Roma tutti i popoli
«d* Italia e i sovrani d'Europa. E mentre Crescenzio, Arnaldo da
« Brescia, Stefano Porcari, pur animali dallo stesso amore di liberti,
« videro la loro fama e i loro sforzi circoscritti dalle stesse mura dclU
« cittA, il tribuno, appena arrivato al potere, si vide trattato da pari
tr a pari dai più potenti monarchi ».
Ma airesieriorc potenza mal corrispondevano in Cola le qualJU
psichiche : certamente, la rapidissima ascensione alla gloria meno spe-
rata apportò nel suo spìrito uno squilibrio, che non può sfuggire a
chi, dopo cinque e più secoli, cerchi penetrare la storia ìntima óx
quell'anima. E a questa storia, non meno interessante di quella este-
riore del tribunato, parecchie fra le lettere di Cola servono assai
bene. Ci basti ricordame una (j) ch'egli diresse il 15 luglio 1347 a
un suo amico in Avignone, e in cui con grande famigliarità apre
tutto l'animo suo. Gii il Papencordt ne citò un brano, che ora anche
(1) Emo II reUtivo patto àtXU Irtia-iM:
> . . . . (]ucd4m, (juc corde ({«rimus, vobU oretenut uponenJft, nobili «t nrcnuo vlio
• Pandolfutjo Gultloni» ile Fr«n<lil», (loinlno M«ctca Jc BeccAiiU ccusidko et providi»
• virii Sicphincilo A* Hnctiii ci frittweico dt BAroncellit, dllecui civibut et ambaiAion»
• bua Doatria, rxibitorìbu» liArum, plen« fiJc cummiaimns.... ».
(1) C01I <«r1*c«o dell» fine del lecalo xtv, wo» icgAtur* del »ecolo p«MAto in ni*-
roccbioo T0%%Oy (Il 108 »ric. CoDtlcn« auctic un'a»«AL oou Uttcm di CoU t' VU«rbc*I.
Li proasimj eJiJÌone dell'epistol-u-io di Rieiuc-, clic U Socieil Roaun« di Stoni palHé
Mi curtndu, diri t'indice del jontenuto dì i^uf^to importante manoicritio.
(y) Cod, D» )9 dcU» biblÌot«M >l«iÌonAle di Torino; mtu 175.
bibliografia
r8j
il RoJocanachi riporta tradotto in francese, traendolo cviJemcmenie
<W precedente biografo di Cola. Moì lo diamo nel testo latino, quale
trovasi nell'unico codice che ce lo ha conservato.
« Et novit Deus - scrive Cola airamico - quod non ambitìo di-
•gniutis. officii, fame, honoris vel aure mondialis, quam semper
« ahorrivi sicut limus, sed desiJerium comunis boni toiius rcìpublicc
«huiusque sanctissimi status induxit nos colla submittere jugo adeo
«ponderoso attributo nostris humeris non ab homine, seJ a deo, qui
■oovitsi of!icium istud fuit per nos precibus procuratum, si officia,
«beneficia et honorcs consanguineis nostris contulimus, si nobis pe-
«cuniam cumulamus, si a veritate recediraus, si t;obis vel hcredibus
«Oostris facimus cotnpositiones, si in ciborum dulctuiine aut voìuptatt
*fdì^ua tUkctamur, et si quidquam gerimus simulatum. Testis est
«nobis Deus de iis que fecimus et facimus pauperibus, viduis, or-
'phanis et pupìUis. Multo vivebat quietius Cola Laurcntii quam
• Tribunus *>.
Fin qui il Rodocanachì, che più oltre non poteva andare, serven-
a«3Ì del Papencordt anziché del codice torinese. Ma la lettera appare
■importante anche in altre sue parti. Sembra che l'amico avesse scritto
' Cola che si diceva chVi cominciasse già ad aver paura del suo
nuovo "(tato: e Cola a smentire la falsa voce: « Ad id autem quod
scribìtis audivisse quod incepimus iam tcrreri, scirc vos lacimus
«fuod sic Spiritus sanctus, per queni dirigimur et fovemur, facit anì-
iitim nostrum fortem, quod ulla discrimina non timemus:vero si
toius mundus et homines sancte fidei cristiane et perfidiarum he-
^raice et pagane conirariarentur nobis, non propUr ea Urnrémur».
più sotto: (( Sed frustra tumcscunt maria, frustra venti, frustra ìgnis
* Crepitai contra hominem in domino confìdcntem, qui, sicut mons
Sion, non poterit comnioveri n. E chiude invitando l'amico a tor-
«; in Roma, dove gli ha destinato un onorevole ufficio.
Qpest' altèra sicurezza di so stesso venne naturalmente accresciuta
Rienzo dai fatti che seguirono, e spcciaìmcme dal successo ch*ei
portò nella lotta contro quel Giovanni dì Vico, che pareva assolu-
txientc invincibile. Ond'è che a lui sembra facile sbarazzarsi d'un
^*tio dei principali baroni romani e che preparò loro il noto agguato
*** un celebre banchetto, de! quale parla con efficace e bonaria sin-
riià la l'ita dell'anonimo. A spiegare quella veramente impolitica
^dctta di Cola, il Rodocanachi parla d'un sicario, cui i baroni avrcb-
«*o dato mandato d'assassinare il tribuno, e che invece fu scoperto
ttiprìgionato. L'assassino, messo alla tortura, avrebbe svelata la con-
dri e i più potenti baroni si sarebbero trovati compromessi. Da
Infesto fatto il tentativo di Rienzo sarebbe abbastanza spiegato. Ma
^^ tion sappiamo su quali fondamenti e da quali fonti l'A. abbia nar-
•^ tali particolari, dei quali la ritti non fa parola. C'è anche per-
^^nata una lettera di Cola a Rainaldo Orsini, notaio del papa (Hoc-
*^^ÌU!, Gfstd poni. Tun^r., Il, 496), nell.i quale ei sì scusa dell'avere
* tradimento incarcerati i baroni, e afferma d'averlo fatto soltanto per
i8^
bibliografia
indurli a confessare le loro colpe. « A questo fine - egli scrive - il
(c 1 5 di settembre mandai ai baroni nel carcere alcuni frati, i quali,
«ignorando la mia finzione, e credendo eh' io avrei usato la maggior
« seve riti, dissero loro: Il tribuno vi danna a morte. Ed essi allora,
« credendo immineptc la morte, si confessarono colle lacrime agli
'( occhi. Io invece li trassi in presenza dì tutto il popolo, li perdonai e li
«t colmai d'onoranze ». Non c'è facile scoprire se tanta clemenza fosse
già da prima nell'intenzione dì Cola, o se non piuttosto gli fosse
imposta (come pare) dai più influenti cittadini: certo è però che,
qualora il tradimento del convito fosse stato provocalo da una con-
giura, antecedentemente ordita a fine di assassinare Rienzo, egli non
avrebbe davvero omesso di dirlo in una lettera ch'è appunto dettata
in sua discolpa e per frenare 11 prevedibile sdegno di Clemente VI.
Ma gli umori divenivano ad Avignone sempre più contrari a Cola:
il capitolo XIV del volume del Rodocanachi parla appunto dell' in-
tervento della Curia pontificia nelle cose di Roma, dopo il quale la
rivolta degli Orsini dì Marino e il combanimenio di porta San Lo-
renzo furono pel tribuno come gli ultimi lampi di gloria, che resero
più dolorosa la sua caduta.
Veniamo così alla seconda parte del volume. Q.ui la figurai dì Cola
assume un carattere più mistico, l'uomo d'azione sì fa asceta, e ce-
lato tra ì fraticelli della Majella pare che altro non cerchi se non
d*essere affatto dimenticalo. Nel 1550 -anno del giubileo- egli de-
cide dì recarsi in Terra Santa, ma la paura ne lo distoglie (p. 267).
Intanto le esortazioni di fra Michele di Monte Angelo tornano a com-
movcrlo di nuovo e a convincerlo che l'opera sua ó più che mai
necessaria al rinnovamento del mondo. Ma ad intendere l'influenza
che esercitarono sull'animo di Rienzo le predizioni del santo eremita,
bisognerebbe che a questa parte fo^sc dato sviluppo maggiore che
non le dia TA,: le profezie, ripetute dal frate, 5Ì trovavano ad essere
gii popolari nel mondo medievale ed erano quelle che Cirillo, gene-
rale dell'ordine carmelitano (1192), aveva ricevute, secondo la leg-
genda, in tavole d'argento e che circolavano per tutto l'occidente com-
mentate dall'abate Gioacchino e da Gilberto Cistercense (1280).
Il Rodocanachi, sorvolando su tutto questo nucleo d'idee, che pur
rappresentano un portato così caratteristico del pensiero medievale,
non solo non ne tenta una critica esposizione o comparazione, ma
s'accontenta di tradurre semplicemente una lettera di Cola a Carlo IV,
pubblicata già dal Papcncordt, nella quale le profezìe dì fra Angelo
sono ricordate.
Incitato dalla parola del santo eremita, ecco Rienzo arrivare im-
provvisamente a Praga, presentarsi incognito all' imperatore, e implo-
rare la sua protezione. Ma Carlo IV doveva in gran parte la sua ele-
zione al papa, e non poteva permettere che s'attaccasse, come faceva
Cola, impunemente la persona stessa del pontefice : ritenne quindi
prigioni, come eretici, Cola e i suoi compagni di viaggio. Il periodo
della prigionia (cap. XXI, XXII, XXIII) ci è specialmente rappreseli-
bibliografia
.87
tiio dal carteggio di Rienzo coll'arcivescovo di Praga e con Giovanni
di Ntumark, canonico di Breslavia e di Olmùtz e poscia cancelliere
<icll' Impero : le lettere dirette Ja Cola a questi due ahi personaggi
fiiroao già nella massima parte fatte conoscere dal Papenccrdt. Ma
'e accuse d'eresia portate contro Cola impedivano tanto alFuno quanto
*Al*altro dei due ecclesiastici d' intercedere per lui ; laonde egli pensò
^ dirìgere all'arcivescovo una lunghissima memoria, che intitolò:
r€Tus tribuni ìihclìus contra scismata et hcrrons. 11 documento fu già
stannpato dal Papencordt, e il Rodocanachi non fa che riassumerne
j punti principali. Qui lo stile di Cola si fa più che mai contorto e
evoluto, cosicchò r interpretarne il pensiero riesce spesso difficile;
nierita quindi d'essere scusato Pegregìo A., se non sempre intende a
*tovcre il linguaggio deiresahato scrittore. Veggo infatti che la chiusa
«iella lunga lettera non t; bene interpretata dal Rodocanachi. Dopo
^**cr5Ì difeso dalle molte accuse d'eresia, Cola toma a citare la pro-
'^ia di Cirillo, dove si parla appunto d'un rigeneratore che, dopo
^*scre stato esaltato alla maggior gloria, sarebbe imprigionato ncl-
' ariao del giubileo; ma la profe?:ia è poscia illustrata e commentata
Con SI oscuri e prolissi ragionamenti, che indussero ìl Papencordt a
■^^panniarc la trascrizione di questa parte del manoscritto. Quindi
*— ola prosegue : « Non so come stamane mi venne fatto d' intrattenervi
"■ SU questa profezìa: me ne mancava il tempo, non avevo nò in-
• chiostro né penna adattata, e perciò scrìssi con carattere grossolano
* ^ eoo grossolano stile. Se avessi avuto dinanii il testo della profezia,
** »*a'vr€i esposta meglio di qualsiasi glossatore n.
"bion sembra dunque giusta l' interpretazione del Rodocanachi, cht
"^^^sumc questo punto così: « En terminante ìl s'excuse de n'avoir
Po mieux ccrire par suite du manquede livriu et de la mauvaise qua-
-^ de Tenere ». Questa dichiarazione di Cola si riferisce soltanto
esposizione della profezia di Cirillo, non potendosi assolutamente
^^ pressione: si Uxtum hahercm tradurre: se avessi avuto dei libri*
Ala intanto seguitavano le trattative fra la Corte di Praga e quella
Avignone per rimettere Cola dinanzi ai giudici ecclesiastici. Carlo IV
'*^^va, e il pontefice, poco abituato a veder P imperatore resistere alla
volontà, reclamava sempre più imperiosamente il pri^onìero.
' '^* ambasci ala fu finalmente spedita da Carlo a Clemente \'I per ac-
5**"*i'*"i su la partenza di Rienzo, e ne fu capo lo stesso arcivescovo
I ^*"^g*- Questo fatto, non segnalato dagli storici e biografi antece-
- ^'^ti, vien dato come certo dal Rodocanachi, e a noi manca il tempo
' ^*' «controllarlo, tanto più che nel relativo luogo del volume non si
''^^^'^ nessuna citazione.
11 riiorao degP inviati troncò gì' indugi, e lutto fu disposto perchè
^ Priginnicro di Raudnìtz fosse tradotto alla Curia papale. E qui ìl
"o<3ocinachi apporta un'importante rettifica all'opinione finora gene-
***mcnte accolta intorno alla data della partenza di Cola da Praga
P^t- Avigncme.
Una bcQ nota lettera del Petrarca a Francesco di Nello, scrìtta
i88
bibliografia
il 12 agosto 1352, contiene le seguenti parole: « Venit A.à curiam
M nuptr, imo vero non venii, scd captivus ductus est, NicoUus Lau-
ti rcntius » ecc. Cola, dunque, doveva essere probabilmente giunto
ad Avignone nel luglio del 1352, come porterebbe anche a credere
un breve passo della Cronaca di Alberto Argentinese (i).
Tuttavìa, dacchc il cronista non diceva se intendesse parlare del
luglio 1552 o del luglio 13JI. il Papencordt e altri con luì si pro-
nunziarono pel '51, non lasciandosi troppo convincere da quel riuper
del Petrarca, espressione - scrive Ìl Papencordt - assai vaga e inde-
terminata. Per contrario, egli sosteneva la sua tesi colle seguenti con-
siderazioni: La lettera del Petrarca (12 agosto 1352) i' scritta indub-
biamente quando il processo contro Ricnto era gii terminatole quindi,
se Cola arrivò in Avignone ai primi dì luglio, bisognerebbe conclu-
dere che il processo non occupasse più di cinque o sei settimane t
ìl che, secondo ìl Papencordt, ù inverosimile. Se invece ammettiaino
che l'andata da Praga in Avignone avvenisse nel luglio del 1351»
tutto combina perfettamente, perchò, prima che l'esame finisse colla
sentenza, dovù trascorrere quasi un anno. L'argomentazione del Pa-
pencordt appare già debole per sé stessa, dacché nulla ci obbliga a
ritenere indispensabile una cosi lunga durata del processo, senza dire
che ditìicilniente Ìl Petrarca avrebbe potuto chiamare ncaiU un fatto
avvenuto un anno prima. Ma il Uodocanachì tronca addirittura la que-
stione, citando una lettera di Clemente VI, in data del 24 marzo 1552,
nella quale il papa d.\ incarico a (ìiovanni di Spoleto, a Kaimnndo
dì Molendinuovo ed a Ugo di Carluccio di farsi consegnare dairar-
civescovo di Praga ìl prigioniero Cola di Rienzo, onde trasferirlo da
Raudnitzalh Curia d'Avignone. Probabilmente non poterono subito
i tre incaricati eseguire il mandato, a cagione fofse delle tergiversa-
zioni dell'imperatore Cario IV; quindi Cola non arrivò ad Avignotie
se non ai primi di luglio. Certo e*, ad ogni modo, che ai 24 di
marzo 1552 egli trovavasi ancora a Rnudnitr, prigioniero dell* arci-
vescovo Ernesto. Adunque, la rettifica del Rodocanachi va accolta
definitivamente: soltanto egli avrebbe potuto o trascrivere intera la
lettera di Clemente VI, o citare almeno la fonte da cui ne trasse la
notizia.
Ma questa nostra osservazione si collega in certa guisa al giu-
dìzio complessivo che si voglia dare del sistema seguito dall'autore
riguardo alle citazioni delle opere a stampa utilizzate. Esse sono ri-
cordate soltanto in principio del volume, in una brevissima e som-
maria bibliografia, e poscia, nel corso dell'opera, non più citate, anche
quando se ne traggano testualmente lunghi brani. Ora, un tale sistema,
mentre lascia assai spesso insoddisfatto il lettore (come nel caso su-
cnunciato della lettera di Clemente VI), induce anche l'autore in qual-
che non lieve omissione. E valga un esempio: a pag. 233, il Rodo-
canachi riporta, tradotta in francese, una lettera diretta dal tribuno
0)
(^uetn poitc* &t nteose julii Cvolus rei p«p«c tnnsmiiii-
^ìblìograjìa
189
liia comuoitù dì Aspra in Sabina il 2 dicembre 13471 e non dice donde
l'abbi;! tratta. La lettera fu pubblicata nel tomo XI della vecchia ri-
^Ista. BiVlioUca italiana, la quale non tr punto citata nella bibliografia
somniarìa premessa al volume: ecco dunque che il lettore, anche vo-
lendolo, non può sapere la fonte d'un documento utilizzato dall*A,
E giacchò siamo su la via del censurare, noteremo qua e là qual-
che citazione inesatta di nomi, come quella di B<:i/ri;mii) De Deulx, ch*è
invece De Deux, e di Ernesto di Pardubi^, ch't* invece di Parbnbiti;
qualche nota ingenua od inutile, come quella spesa a dirci che Assisi
*i trova in Umbria; qualche osservazione che o noi c'inganniamo 0
pu^ sembrare inopportuna in un lavoro d' indole storica, come quella
* P- 285, dove, a proposito della predizione di Cola che gli avvenì-
<^enti da lui annunziati sì sarebbero avverali fra un anno e mezzo,
1*A. avverte: « C'est aussi le case de M. Auguste Comte, qui indi-
* quaìt dans ses ouvragcs T epoque précise à hquelle devait s'accom-
* plir la rénovation du monde ».
Il capìtolo XIV narra la dimora di Cola in Avignone e Tesito del
processo che gli fu intentato. Dalla sua nuova residenza Cola scrìsse
^na lettera ai Romani, che comincia: « O quam profana dieta suni
" conira te, civitas BabylonisI», dov'egli, collo stile più ampolloso,
*> paragona a un grand'albero che per la sua stessa altezza e più fa-
^^Irn ente scosso dai venti: « Arboreminens, multis fecunda rarausculis
•* **Jt.rapondusìp5orum, prona est ventorum procella recipcrc eteveni !»
^^iwesta lettera sembra all'A. doversi ritenere come apocrifa, per quanto
^jB'ì (p. 52 j) non dia ragione alcuna di questa supposizione. Lalcttera
^* trova in un importante Codice miscellaneo, conlenente in gran
^^*^c documenti di storia medievale romana, e che conservasi nella
*^^ÌÌotcca Feliniana di Lucca (Capìtolo della Metropolitana), Plu-
^^o Vili, 545. Il manoscritto i: tutto di carattere della fine del quat-
CDto. n Rodocanachi non conosce, dacché non la cita, la sede
^* documento, e afferma soltanto eh' esso è da ritenersi come apo-
"^•^o. Ma noi non possiamo acconciarci così facilmente all'opinione
^^^l'^cgregio autore.
^d Avignone, il processo di Cola fini, com'era a prevedersi, con
*-*^- condanna capitale; ma il noto movìmenio dì simpatia sorto
^^la città intorno a Rienzo per essersi diffusa la voce ch'egli fosse
5* grande poeta (vedi la lettera del Petrarca a Francesco di Nello), fece
***'erire l'esecuzione fino a tanto che, morto Clemente VI, successe
**^ Innocenzo VI, al quale parve che di Rienzo avrebbe potuto
^*=^cra efficacemente valersi la Santa Sede per i suoi interessi in
V^lìa. Dì qui la missione del cardinale Albomoz, la partecipa-
- p*^^*^ ^^ Cola a quella missione, la sua nuova e fugace potenza in
^Orria e la sua tragica fine: dei quali avvenimenti trattano con suf-
*^i^le larghezza gli ultimi capitoli (XXVI-XXIX) del hbro del Ro-
Oiunti cosi alle fine del volume, non muta l'opinione che csprime-
^*tno in principio, quando, pur facendo buon viso al lavoro del Rodoca-
190
"'Bibliografia
nacht, poco o nulla dicevamo di trovarvi, che s'aggiungesse alU storia
di Cola o la modificasse in qualche guisa. Ci correva però TobbligO
di giustificare, come che fosse, il nostro giudizio, e a tale scopo fo* '
ron dirette le poche cose che siam venuti dicendo, mentre moke ■
altre dovemmo ometterne per brevità. Comunque, a far perdonate 1
airA. la leggerezza di qu.ilche affermazione, la condotti talvolta so-l
perftciale delle ricerche, la non raggiunta perfezione del metodo]
trebberò ragionevolmente invocarsi i suoi pregi di scrillorc elEcac
e dì brillante narratore.
Annibale Gabrieui.
Zdekauer L. Siatntum pokstatis comunis PistorUnsis onftt
MCCLXXXXFL Milano, Hocpli, 1888, p. Lxv-343.
Merita sìncero plauso l'autore di questa pubblicazione, conio^j^i
con buoni criteri e soda erudizione. Lo Zdckaucr ha creduto opP^^H
tuno di limitare l'oggetto della prefazione all'esame del codice ^^B
raccogliere così dai statuti stessi che pubblica, come da altri d**^:
menti pistoiesi tutte le tracce della legislazione statutaria in Pis^*'
dal secolo xu a xjn, mostrandoci cosi come essa si sia venuta *^
mando. Si astiene di proposito da una illustrazione intrinseca d<*
statuto, segnalandone le difficoltà. « Ingens comparationum serie**
« fiat, necessc est ad ìnterpretanda quae propria et peculiaria ur»*^
« urbis esse videnturu. Lo Zdekauerad ogni modo mostra di avere ^^
esatto concetto di che cosa voglia essere l'illustrazione di uno siatuf<^^
mentre ha corredato il suo lavoro di copiosi ed accurati indici ao*^
litici, quanto indispensabili altrettanto troppo spesso trascurati io
altre recenti edizioni. Merita anche di esser ripetuto il voto cht
TA. fa nel dar ragione di aver oraraesso il glossario. L' Italia non
può ni dovrebbe ormai contentarsi di fare addizioni o continuazioni
al glossario del Ducange, formato specialmente su fonti franceflH
Occorre un'opera completamente originale sulla latinità medicvaS^H
italiana, « linquenda semita, - com'egli dice - ut viam consiilarem
assequamur ».
I limiti di questa recensione non ci permettono che di rìassu-
racrc assai succintamente la bella prefazione, che movendo dai fram-
menti pistoiesi del secolo xm editi dal Muratori, dallo Zaccaria e
dal BcrUn, mostra che ben 24 di essi hanno lasciato traccia dì sé nello
statuto Angioino, mentre una rubrica anteriore, anche anteriore a detti
frammenti (itp). ci d conser\'ata da Dino di Mugello. Indi abbiamo
leggi del iiQi, i3o6, 1213, 1217, 1219 relative alla pace di Pistoia
con Bologna conchiusa dal card. Ugolino d'Ostia e così via fino ad
uno statuto tU- cafis ncm aUtnandis del 1260. Il trionfo di pane guelfa
sotto Carlo d'Angiò modificò grandemente ranieriorc legislazione,
massime quanto al diritto pubblico, e lo Zdekaucr crede che un* re-
dationc angioina che riferisce all*flnno 1267 abbia servito di base t
bibliografia 1 9 1
/enutacidel 1296. Il prof. Schupfer (Rendiconti dei Lincei,
;888) non trova che gli indizi raccolti dalFA. per stabilire la
67 siano sufficienti, ed inclina invece per il 1272, trovandosi
emo di carta pistoiese del 1321, che comincia così: « Hoc
noviter factum correctum et eraendatum per constitutarios
Pistorii tempore dei et regis gratìa honorabilis potestatìs
I. d. 1272». Ma forse nemmeno questo documento 6 de-
ntre gli statutari dovevano intervenire anche per riforme di
;gi. Ne abbiamo la prova nelle deliberazioni che precederono
ero lo statuto appunto del 1296, e per le quali fu data balla
: di Firenze di riformare la città e popolo di Pistoia. Questi
ordinamenti sono gli unì « facta et condita per Gherardum
reconem comunis Pistorii » ; un altro successivo « per Cion-
.anfranchi preconem et statutarium comunis Pistoni », dove
aditorì convertiti in legislatori hanno l'aria di comparse,
rispettare la lettera della legge.
orevole recensione dello Schupfer rimando chi desideri più
izia dell^opera, e ivi troverà importanti notizie sugli orài-
trata et sacratissima che Pistoia ebbe da Bologna, e che sono
irenze chiamò gli ordinamenti di giusti:^ia. Tali ordinamenti
no in Pistoia quando eravi a podestà Giano Della Bella, di
lauer pubblica tm importante documento (1294, marzo 16).
0 opportunamente rileva T importante rubrica (III, xxiii)
oi dei Bianchi e Neri, cosi forse ricordando il nome dì
Ila Bella veniva in acconcio un cenno sulle molte rubriche
1 clero, verso i quali lo statuto mostrasi abbastanza severo
ibitare che alcun poco in esse siavi traccia della mano del
la, persecutore dei falsi chierici. Opera adunque del comune
: lo statuto del 1296 è naturale che molto s'accosti a quello
» come appare dal confronto di molte rubriche.
G. L.
NOTIZIE
or A. De Waal, rettore del campo santo teutonico dì Roma,
pubblicare una rassegna trimestrale, ad illustrazione delle
istiane, dal tìtolo: Ròmischt Quartahchriftfur christìiche AÌUT'
una KirchengtschichU,
ito in Milano il i° fascicolo della Rivista italiana di numi-
«tu dal dottor Solone Ambrosoli, nata a sostituire il BuU
miismaHca e sfragistica per la storia d'Italia, che ha cessato
blicazionl
ideaux è venuto in luce un i° volume in-4, di pp. 616,
m romaims de Bordeaux, raccolte da Cahille Jullian.
Jnnanza del 18 marzo la R. Deputazione di stona patria
icana, T Umbria e le Marche approvava la pubblicazione
Ice diplomatico pistoiese proposta dal dottor L. Zdekauer.
nso dì stampa, a cura della Deputazione, il Libro di Mon-
L Paoli, e i Documenti delVantica costituxione fiorentina fino
prof. Pietro Santini.
icolo 8 del tomo II dei Registres d* Innocent IV contiene
iDte studio del signor £. Berger sulle relazioni tra la
la Santa Sede sotto Ìl pontificato dì quel papa.
lO Vm dei Monumenta Germaniae historìca, Scriptores anti-
antiene gli scrìtti di Sidonio Apollinare, pubblicati da
ohan; il tomo I, p. I, delle Epistolae del registro di Gre-
ì libri 1-4, editi dal compianto nostro socio P. Ewald.
to della R. Società romana di $toria patria. Voi. KL 13
194 S^o/i^ie
Il 13*> fascicolo della nuova edizione dei Regesta pontificum roma-
norum del Jaffé comprende gli anni 1184-119; (n. 15297-1 1038).
In occasione del giubileo sacerdotale del pontefice, il personale
superiore addetto all'Archivio pontificio ha fatto omaggio al papa
d* un fascicolo di Specmina palaeografica regestorum pontificium ab In-
nocentio III ad Urhanum V. ^ Sottoscrivono alla dedica il cardinale
Hergenròther, Tabate Tosti, monsignore Delicati, il p. Denifle, il
Carini, ilWenzel, il Palmieri e Fr. Hergenròther. Sono sessanta tavole
di bellissime eliotipie eseguite dal Martelli ; precede un breve proe*
mio e una succinta illustrazione di ciascuna tavola. Il nostro Ar-
chivio terrà particolare ragione di questa pubblicazione importante.
PERIODICI
(Articoli e documenti relativi alla storia di Roma)
Aazeigen (Gdttìngische Gelehrte). 2887, n. 18. — Soltau,
Prolcgomena zu eincr ròmischen Chronologie (Prolegomeni ad un
***tetiia di cronologia romana).
Archiv fOr fisterreichische Geschichte. Voi. LXXI. — W. Hau-
M.E1, Aus dem Vaiicanischcn Regesten, vornehmlich zur Ge-
^J^ichte dcr Erzbischòfe von Salzburg bis zum Jabrc 1280 (Dai
''f?»*tri Vaticani. Scelta di documenti e regesti^ precipuamente per la
*oria dell'arcivescovato di Sahburg, sino all'anno 1280), pp. 211-296.
Voi. LXXII. B. ScHROLL. Urkunden-Regesten zur Geschichte
*^^* Hospiiais ara Pyrn in Oberòstcrreich. (Registri di documenti
P^ Ustoria dell'ospedale a Pym nell'Ausiria superiore, 1190-1417).
'BrcTn di Celestino ITI (nn. 7-8), d'Innocenzo IV (28).
Archìvio storico dell'arte. Fase. I. — A. Venturi, Il Cupido
r«i Michelangelo, (L'articolo è principalmente rivolto a combattere
j * conclusioni del Lange che il Cupido michelangelcsco possa esser
Iranisato in quello del museo di Torino o nella collezione Obizi
[•ci Cataio). - E. MOntz, L'oreficeria a Roma durante il regno di
fClenjcaic V^ll (1525-54). (L'ili. A. si propone di far conoscere Ìl
LgDJto Jì Clemente VII e l'estensione dei sacrifizi che s* imponeva
' Tarte deirorcficeria; di fornire nuovi particolari biografici sopra
tfici toscani, lombardi, romani, già cogniti dalle memorie di Ben*
auto Ccllini; e di completare la storia degli orefici di Roma). -
D.CsoLi, Le opere di Donatello in Roma. (L'A. conclude che opere
certe del D. non rimangono in Roma che due: ìl ciborio di S. Pietro
e Li Sepoltura del Crivelli all'Aracocli). — Fase. II. A. Rossi, La casa
e lo stemma di Raffaello. - O. Gnoli, Nota all'articolo precedente
(j conferma dell'opinione emessa dal Gnoli nella Nuova Aniolopay
ì^6
Periodici
1887, fase. XI). - Corrado Ricci, Lorenzo da Viterbo, pittore, -_
E. Muntz, L'oreficeria sotto Clemente VU. (Continuazione).
Archivio storico italiano. Toro. XX, fase. 3**, anno 1887, —
G. Sforza, Episodi della storia di Roma nel secolo xviii. Brani
inediti dei dispacci degli agenti lucchesi presso la corte papale, -
G. Stocchi, La prima conquista della Britannìa per opera dei Ro-
mani. - Kasse^tM, - Bibliografìa, - Soti-^ie varie.
Archivio storico lombardo. Anno XV, fase. 1**. — C. C, Diari
di Marin Sanudo. - F. Calvi, Il poeta Giambattista Martelli e le
battaglie fra classici e romantici. - Varietà^ - Bibliografia,
Archivio storico per le provincie napoletane. Anno XII,
|asc. 4**. — N. Barone, Notizie storiche tratte dai registri di can-
celleria di Ladislao di Durazzo. - M. Schifa, Storia del principato
longobardo in Salerno. - V. Simoncfxli, Della prestazione detta
calciarium nei contratti agrari del medio evo. - B. Cap.vsso, I regi-
stri angioini dell'archivio dì Napoli, che erroneamente si credettero
finora perduti. - Rasségna bibliografica.
Archivio veneto. Tomo XXXIV, parte 2*. — A. Della Ro-
vere, Dell'importanza di conoscere le firme autografe dei pittori. -
G. Giuriato, Memorie venete nei monumenti dì Roma. - Atud-
dotif ecc.
Atti della Società ligure dì storia patria. Voi. XVIII. Ge-
nova, 1887. — li secondo registro della Curia arcivescovile di Ge-
nova trascritto da L. Berretta e pubblicato da L. T. Belgrano.
(Contiene qualche lettera pontificia e sentenze di giudici delegati
dalla corte romana). — VoL IX, fase. I. Cornelio Desimoni, Re-
gesti delle lettere pontifìcie dai più antichi tempi fino all'avvenimento
d'Innocenzo III, raccolti ed illustrati con documenti {26 lettere ine-
dite da Gregorio VII a Innocenzo ìli).
Bìbliothèquc del'école dea chartes. XLVIII, fase. VI, p. 735.
— Alejcandre HI ci U communc de Laonnoìs. (Ripubblica la let-
tera pontificia in dau de* 4 agosto (179 indicata col numero 13460
nella nuova edizione dei « Regesta pontificum romanorum », secondo
l'originale che già appartenne alla raccolta del signor Baylù e fu ven-
duto recentemente a Parigi, Dotando come il testo datone dal Brial
nel Recucii des historieas de lu France, XV, 967, sia molto scorretto»
fìnUetin d* histoire ecdésiastìque et d'archeologie religieuse
d^ diocèsesde Valence. A. VII, fase. ^-5. — Dottor Francus, Note
^Uc commendatone degli Anionioiani a Aubcnas (pp. 143-52, 169-75).
BuUettino della Commissione archeologica comunale di
Roma. XVI, Case. ?. — R. Lanciaki, Il campus salinarum roma-
"orum. - L Borsari, Del pons Agrippae sul Tevere fra le regioni XI
LcXni]. - L. Cantarelli, Osser\'azioni onomatologiche. - G. Gatti,
rrovaraciiti risguardanti la topografia e la epigrafìa urbana. - C. L. Vi-
sconti. Trovamenti di oggetti d'arte e d'antichìli figurata. - R. Lan-
CiAN't. Notizie del movimento edilìzio della città in relazione con
rarcheologia e con l'arte.
BuUettino di numismatica e sfragistica per la storia d'I-
^*Ua. V'oL III, n. 4. — M. Santoni, Un giulio inedito ed unico del
pontefice Leone XI. - M. Santoni, F. R.vffaelli, La zecca di Ma-
^^ata e delia provincia della Marca.
Centralblatt ffir BibUothekwesen. IV. 1887. — Drei italie-
"*3chc Handschriftenkaialoge, pp. xiii-xv (Catalogo dei mss. della
^^'csa di S- Andrea della Valle; cf. F. Novati, Giorn. stor. di UUer,
X, 4I3-4M)-
^.
Oiomale ligustico di archeologìa, storia e letteratura. A. XV,
**K, i^e 2'\ — L. De Feis, Una epigrafe rituale sacra a Giove Behe-
j5>aro.
Giornale storico della letteratura italiana. Voi X, fase. 5°.
L. fìiADENE, I manoscritti italiani della collezione Hamilton nel
musco e nella R. biblioteca di Berlino. - Varietà.
Jfthrbnch des kaìserlich deutschen archfiologischen Insti-
1887, voi. II, pp. 77. — M. Ma VER, Aniazoncngruppe (Bat-
5IU delle Amazzoni, gruppo nel musco della villa Borghese), -
LòwT, Zu ei Reliefs der Villa Albani (Due rilievi della villa Albani,
Asdcpios, Hygicia e un adorante).
Jthrbtich (Historisches) im Auftrage der GOrres-Gesell-
IX, 1 e 2. — St. Euses, Die papstliche Dekretale in dem
Ungsprozesse Heinrichs Vili (La decretale pontificia nel pro-
Idi divorzio d'Enrico Vili), pp. 28-48. - K. v. HòFLER, Ein
CetolcbUttauf das Grab A. von Reumont (Commemorazione di Al-
198
Periodici
fredo di Reumont), pp. 49-75. - Recensioni delle opere: del Gelgel F^
« Das italienische Staaiskìrchenrecht m (Il diritto politico-ecclesia-
sticoitaliano). Muny, Kirschheim. 2* ediz.; dello Scaduto Fr., i. Gui-
rentigle pontifìcie e relazioni tra Stato e Chiesa; 2. Stato e Chiesa
secondo fra Paolo Sarpi; j. Stato e Chiesa sotto Leopoldo I gran-
duca di Toscana; 4. Slato e Chiesa nelle Due Sicilie, dai Normaniu
ai giorni nostri.
Mittheilungen des Instituts fiir òsterreichische Geschicbts-
forschung. Voi. IX, fase. I. — H. Bresslau, Papyrus uad Pcrgameot
in der pàpsilichen Kunzlei bis zur mitte des Ji Jahrunderts (Pa-
piro e pergamena nella Cancelleria pontifìcia sino alla mct.1 del se-
colo xi), pp. 1-J3. L'articolo ò un complemento ai lavori dell' Ewald,
(M A,, VI, 392; XI, 327 e sgg.) e del Delisle (Btàì. histor, du Co-
miU des travatvc bistoriques, n. 2). In appendice pubblici una bolla di
Giovanni XVIII dall'Archivio de la Corona de Aragon a Barcelona, in-
tegrato con una carta di S, Cucuphati. - F. Wickhoff, Die « Mo-
nasterìa bei Agnellus » (I « Monasteria » in Agnellus), pp. 54-4). -
A. RiEGL» Die Holzkalender des Mittelallers und der Renaissance
(I calendari dì legno del medio evo e del rinascimento). - Piccoli co-
murticali» - E. MQhlhacher, Due diplomi Carolingi inediti. (L*UDo
di Carlo III alla chiesa di Ch;Uons-sur-Mamc, n. S86, 22 nov.
L'altro di Zuenteboldo re alla chiesa di Cambrai, 898, oct. ?. Hòr-
chingcn). - L. v. Heinemann, Heinrichs VI, artgeblichcr Pian cincr
Sàcularisaiion des Kirchenstaates (Supposto piano di secolarizzazione
dello Stato ccclc3Ì.istÌco di Enrico Vili; interpretazione d*un passo
dello erSpeculum ecclesiae » di Giraldo Cambrense, dìst. IV, e. 19).
Moyen Age (Le). Bulletin mensuel d'histoire^et de philologic,
fase. j". — G. Platon, Recensione dell'opera dello Schupfer«L
Iodio, studi sulla proprìcti dei secoli barbarici ». — Fase. 4^ A
RICNAN, Recensione dcU^opera del Ficker « Die Darstcllung der Api
stel in deraUchrisilichen Kunst » (Le rappresentazioni degli Apostoli
neiranticA arte cristiana).
Palestra Atenuna. Voi. VI, 1888, fase. I.— Moscati, H medio
evo e i papi.
Quartalschrìlt (Theologiache). — Weimasn, Ucber die Pilger-
fahrt der Silvin in das licilige Land. (Sulla pubblicazione del Ga>
murrini «5. Htlarii tractatus demysteriìs et hymni et S. Silvìae Aqd
tanae pcrcgrinatio ad loca sancta a).
fw (The english hìstorìcal). — Balzani U., Recensione
blica^ione: « Gesta di Federico I in lulìa », edite da
B des questions historìques. XXJH, fase. 85. — Delarc,
ìcat d'Alexandre II. - Vacandard, Saint Bernard et le
TAnaclet II en France.
i historique. — Nel Buìkiin historiqiut si discorre del « Ma-
istitutions roraaines » del Bouché-Lederq; della traduzione
?cn, del n Manuale » del Mommsen e Marquardt; del
es institutions politiqucs de Rome » del Murlot; delle note
tenier suU' « Epìgraphie romaine » ; della « Description
et chronologique des monnaies de la rcpubliquc romaine
cnt appelóes consulaires » del Babelon ; delle « Mélangcs
du droit et de cridquc, droìt romain » di A. Esmein. —
p» 398 e sgg. Recensioni lusinghiere delle opere del gè-
lerling: « La Sorbonne et la Russie », Paris, Leroux, 1882.
)ssEVfNi, Missio moscovitica, id. ihid., 1882. - Rome et Mo-
id., 1883. - Priliminaircs de la trcve de 1582, id. ibid, 1884.
t-Siòge, la Pologne et Moscou, id. ibid., 1885. - Un arbi-
ifical au XVI* siede (par Méthode Lerpigny), Bruxelles
Bathorv et PossEViNO. Documents inédits publiés et an-
ìs, Leroux, 1887.
I (Nouvelle) historique de droit fran^ais et étranger.
I. — FouRNiER, La questìon des fausses décrétales. (A so-
Vopinione emessa dal Simson, accettata dal Duchesne e
, persevera a provare che l'opera dei falsificatori di Mans,
sse del vescovo Aidrico, e le compilazioni isiJorìane por-
rronta dell'officina medesima; e che gli operai deiroflicina
ano al gruppo dei chierici che contornavano Aidrico). -
3Qe dell'opera dcll'Humbert « Essai sur Ics fìnances et la
tè publique chez les Romains ». — Fase. IL A. Esmeik,
it promissoire dans le droit canonique.
a storica italiana. Anno IV, fase. 4°. — G. Paolucci,
Arnaldo da Brescia nella riforma di Roma.
sCJohns Hopkins University). Serie V, XIL— A. White,
schoob of history and politics (Scuole europee di politica
). Pag. 18 parla deiruniversità di Roma.
200 Periodici
Studi e documenti di storia e diritto. Anno Vili, fase. 3^
e 4°. — I. Alibrandi, Osservazioni giuridiche sopra un ricorso de'
monaci di Grottaferrata al pontefice Innocenzo II. - G. Tomassetti,
Note storico-topografiche ai documenti editi dall'Istituto Austriaco
(Campagna romana). - C. Calisse, id. (Patrimonio di S. Pietro in
Tuscia). - De Nolhac, Les correspondants ^'Alde Manuce. Maté-
rìaux nouveauK d'hisioire littéraire. - Cenni hihliograficL C. No-
cella, Le iscrizioni graffite nell'escubitorio della settima coorte dei
Vigili. - L. Duchesse, Notes sur la topographie de Rome au moyen-
àge. - P. Allard, Les demières persécutions du ni« siècle d'après
les documents archéologiques. - Karl Zangemeister, Theodor
MoMMSEN als Schrìftsteller. Verzeichniss seiner bis jetzt erschienenen
Bùcher und Abhandlungen (Indice de' libri e delle dissertaziotù
finora pubblicate dal Mommsen). - Documenti. G. Gatti, Statuti
dei mercanti di Roma. (Compimento della Prefazione e dell' intero
volume). ,
Taschenbuch (Historiachett). 1888. — Noeldechen, Tertullìan
und die ròmische Kaiser (Tertulliano e gl'imperatori romani). -
Maurenbrecher, Le deliberazioni del concilio dì Trento.
Zeitschrift fOrkatholiflcheTheologie. 1887, fasc.IV. — Grisar,
Paralipomena zur Honorischen Frage (Paralipomeni sulla questione
dell'eresia di papa Onorio). - Kolberg, Verfassung, Cultus und Di-
sciplin der christlichcn Kirchc nach den Schriften TertuUians (Am-
ministrazione, culto e disciplina della Chiesa cristiana secondo gli
scritti di Tertulliano). - Ehrle, Controversie sull'origine dell'ordine
francescano.
Zeitschrift fflr romanische Philologìe. X. — Pakscher, Aus
eincm Katalog des F, Ursinus (Da un catalogo di Fulvio Orsino).
Zeitschrift (Historische). XXIII, fase. I. — Simson, Die Ent-
stchung der pseudo-isidorischcn Fàlschungen in Le Mans (L'origine
delle falsificazioni pscudo-ìsìdoriane in Le Mans). - Altmann, Die
Wahl Albrechts II zum ròmischcn Kaiser (La elezione di Alberto II
a imperatore romano).
PUBBLICAZIONI
RELATIVE ALLA STORIA DI ROMA
; H. C. The hìslory of the Jews firom the War with Rome
present time. London, Retigious TracU Socuty, 1887.
>LLO A. Gorilla olimpica.
Firenze, tip. C Ademolìo e C, 1887.
>LLO A. I teatri a Roma nel secolo decimosettimo. Me-
lincrone, inedite o non conosciute di fatti ed artisti tea-
brettisti, commediografi e musicisti, cronologicamente or-
per senóre alla storia del Teatro italiano.
Roma, L. Pasquaìucci editore, 1888.
t Carando J. Sépultures galloises, gallo-romaines et
ngiennes de la ville d'Ancy, Ceyenil, Maast et Vìolaìne.
Saint'Quintin, PoetU, 1887.
lus. Souvenir d^un voyage à Rome et en Italie.
Annecy, Abry, 1887.
FITANO F, Delle relazioni politico-religiose fra gli abbati
e moderni del monastero dei Ss. Vincenzo ed Anastasio
»]ue Salvie di Roma e la comunità dì Orbetello; e del-
imento al predicatore della quaresima nella pro-cattedrale
bazia. Memoria. Grosseto, tip, F, Pcroxjp, 1887.
JETTI F. I gladiatori. Roma e Giudea.
Roma, Ferino, 1887.
XiKi M. Le chiese di Roma dalle loro origini sino al
SVI. Roma, tip. edit. Romana, 1887.
t P. Glemente VII e Tltalia dei suoi tempi. Studio sto-
stratto dalla 5cuo/a cattolica, anni 1884-1885-1886 e 1887.
Milano, tip, di Serafino Ghe{^, 1887.
202 Tubblica^ioni relative alla storia di ^oma
10. Baumgarten H. Ròmische Triumphe: (Trionfi romani). (Co-
stituisce la 2* dispensa delle FìugschrifUn des Evangdìschm Bandós).
Halle, StrUn, 1887.
11. Bergsoé G. L'amphithéàtre des Flavìens.
PoitUrs, Oudin, 1887.
12. Bersezio V. Roma, la capitale d' Italia. Disp. XX, pp. 457-480.
Milano, fratelli Treves, 1888.
13. Bertolini. I Celeres ed il Tribunus cehrum,
Roma, Loescher, 1887.
14. Bertolotti a. Divertimenti pubblici nelle feste religiose del
secolo xvm dentro e fuori le porte dì Roma; ricerche nell'ar-
chivio di Stato romano. (Estr. dal giornale // Buonarroti, serie III,
voi. 2**, quad. x-xi, 1887).
15. Bertrand A. C. Conduite du pape vis-à-vis de la France et
de rAIlemagnc. Discours. Tours, itnpr, Bertrand, 1887.
16. Beyschlag W. Der Frìedensschluss zwischen Deutschland und
Rom (La conclusione della pace tra la Germania e Roma).
Ha2Un, Strim, 1887.
17. BiRTH T. De Romae urbis nomine sive de robore romano.
Marhurg, Ehverfs Verlag, 1887.
18. Blakcard L. Thóorie de la monnaie romane au lu^ siòcle
après Jesus Christ. Marseiìlc, impr. Barlatier-Feissat, 1887.
19. Blummer H. Technologie und Terminologie derGewerbe und
Kunste bei Griechen und Ròmem (Tecnologia dell'arte e dei
mestieri presso i Greci e i Romani). Voi. 4°, sex. 2".
Leipzig, Tcuhner, 1887.
20. Bocker F. Damme als dcr mutmassliche Schauplatz der Va-
russchlacht, sowìc der Kàmpfe bei den « Pontes longi injahre 15
und der Rómer mit den Germanen am Agrivarierwallc in Jahr 16 »
(Damme; probabile luogo della sconfitta dì Varo, ecc.)
Koln, Bucheri in Comm., 1887.
21. BoNANNi T, Le legislazioni dell'antico diritto romano (arami-
nìstrativa-finanziaria-giudJziaria) poste in relazione con le legisla-
zioni napoletana ed italiana; relazione archivistica dell'anno 1886-
1887. Aquila, stah. tip. Grossi.
22. BoRGEAUD C. Histoire du plébiscite. Le plébiscite dans l'an-
tiquité. Gròce et Rome. Genève, Georg, 1887.
leà'iioni relative alla storia at'r^pfpa 20j
G. Roma intangibile.
Roma, Hp. ddV isUtuto Gùuld, 1887.
DCHT H. Gcschìchte der cjtholische Kirchc in 19 Jahrhundert
della Chiesa cattolica nel secolo xix)- I. Gesch. d. caih.
i. Dcutscht. Ma^cn-za, Ktrcheinn.
\ C. G. Fontes jurìs romaoi antiqui, cdidìt C. G. Bruns.
quinta, nna Theodorì Moromseni.
Frihurgi ìh Brisgaina, 1887.
CER M. Zcit und Schicksal bei Ròmern und Wc5tarieni
I e fato presso i Romani e gli Ani occidentali); studia di
Universale. Wùn^ Gtrold'i Soìm in Comm., 1887.
' C. Notre sainic-pèrc le pape L6on XUL
Tours, librairìc Mapu tt fils, 18H7.
XEJt F, Pape et Concile au xix* siòcle. Nouvelle édition.
Paris, Lcvv, 1888.
L. Torabe romane presso Cles.
Trento, tip. diL di Giuseppe Marietti, 1887.
lRle G. Le orìgini della proprietà quintana prusso le genti
Lazio. Nota. (Estr. dagli ^Ui Jiììa R. Accademia d<Ue scùmia
'orino). Torino, stamp. Reak, 1887.
kRX A. The Cburch and the roman Empire (La Chiesa e
ipcro romano). London, 1877.
^■Qyv C. Fifty years in the Church of Rome (Cinquan-
Fucila Chiesa di Roma). New edition correcied and revised,
ti introducior>' note by G. R. Badenoch.
RI London, ProUstant liUraturc dcpository, 1887.
TARO H. Le pape Pie VII à Savone, d'après les minutes
letires inédites du gi^niral Benhier au prince Borghese et
rès Ics mòmoires inédites de Al. de Lebzeltem conseillcr d'am-
ile autrichìcn.
■ Paris, impr, W lihr, Plon, Nourrit d C, 1887.
aRousT A. Beiuàge zur Gcschichte Ludwìgs des Baycms
sciner Zeit (Contributo alla storia di Ludovico il Bavaro e
suo tempo). Parte i* (Comprende il viaggio di Ludovico a
na, IJ27-29).
lAMFi I. Opuscoli vari storici e critici (pubblicati dal Casta-
la). Imola, Gaìtaii, 1887.
204 Pubblicazioni relative alla storia di T{oma
56. Claretta G. I Genovesi alla Corte di Roma negl* anni lut-
tuosi delle loro controversie con Luigi XIV (1678-1685). Nota
storica ^d anedottica. (Estr. dal Giornale ligustico, fase, di gen-
naio e febbraio 1887). Genova, tip. Sordo-muti,
37. Clementìs V Papae Regestum ex Vaticanis archelypb SS.
D. N. Leonis XIII pontificis maximi ìussu et munifìcentìa nunc
primum edituro cura et studio monachorum ordinis S. Benedictì.
Annus sextus. (Regestorum voi. LVIII).
Roma, ex iyp. Vaticana, 1887.
38. CoGLiOLO P. Manuale delle fonti del diritto romano secondo
i risultati della più recente critica filolo^ca e giuridica. Parte 2*.
Torino, Unione tipografico-ediirice, 1887.
39. Cooper A. N. A walk to Rome; beìng a joumey on foot
of74i miles, from Yorskskire to Rome (Passeggiata sino a Roma
dall' Yorkshire» 741 miglia). London, Simphird, 1887.
40. CosNEAU. De romanis viis in Numidia.
Paris, Hachette et C, 1887.
41. Cristofori. Le tombe dei papi in Viterbo.
Siena, tip, 5. Bernardino, 1887.
42. Decker (De) P. La Chiesa e l'ordine sociale cristiano. Prima
traduzione italiana autorizzata dalPautore.
Firenze, Ciardi, 1888.
43. Deriege F. I misteri di Roma. Roma, Attero, 1887.
44. DuHOis C. V. Droit romain: du droit latin; droit fran^ais:
de la nationalité d^origìne. Paris, impr. et libr. Lefort, 1887.
45. Duchesne L. Le Liher poniificalis ; texte, introduction et com-
mcntaire. T. 1°. Paris, Tìjorin,
46. DucouRTiEUX P. Découvertes faites sur Templaceraent de la
ville gallo-romaìne à Limoges en 1886.
Limoges, impr, V. Ducourtieux, 1887.
47. DlJRUY V. Petite histoire romaine. Nouvelle òdition.
Paris, impr. Laburc, 1887.
48. EiDAM H. Ausgrabungen ròmischen Ueberreste in und um
Gunzenhausen (Scavi romani in Gunzenhausen e nei dintorni).
(Dalla Festschrift X}^r Begrussun^, des XVlll Kongrcsses des deutschen
Anthropologischen Geseììschaft in Nurberg). Nurherg, Ebner, 1887.
Pubblicazioni relative alla storia Ji *1{oma 205
ÌDlo E. Di alcune bcrìzioni romane nella valle di Susa.
jitti tlcUa R. Accademia d^lle icìeni^c ài TcrinOt voi. XXIII,
EU C. A. Voruntersuchung zu cincr Gcschichte des Pon-
its Alexander^ II (Indagioì preparatorie ad una storia del
ificato d'Alessandro II). Strassb., Disi., 1887. (H^irJ.
LiPPi G. Il comune di Firenze ed il ritorno della Santa Sede
Dina neiranno 1367. (Estr. dalla MisuUama di storia italiana,
, XI [xxvi], 387).
T'ormo, sUtmp. Rtaìc dilla ditta G. B. Paravia t C
EURY. Pélerinage à Rome en 1869, cu notes sur l'Iulte.
édidoQ. Tours, Marne et fils, 1887.
3ra ou une martyre h Rome. Traduit de 1' anglais, avec
nsation exclusive de Tauteur. T. I.
^ Maytnnt, tmpr, ^^lan, 1887.
iHTANA I. Les c'glises de Rome les plus illustrcs et plus ve-
C* et recueil des mosaiques de la primitive epoque. Voi. I,
^ Torino, 1887.
:1EorichJ. Geschichte der Vatic. Konzils (Storia del concilio
cano). IH voi. ult. XVI-XVlI, p. 1258. Bonn, Niu^er.
iTTiNEtu G. Vittoria Colonna e Michelangelo. (Nel Teatro
mmatico, voi. II, « Opere postume »). Roma, Squarci, 1887.
•UHARDT B. Adrian von Comcto. Ein Bdtrag zur Geschichte
Curie und der Renaissance.
H Brcslau, Praiss i Junker, 1887.
tACCm V. Amorì e costumi latini. Studi. Seconda impres-
e, Citlà di CdsUllo, slah. tip. 5. Lapi, 1887.
DMKE L. Romano-british remains (Reliquie romano-britan-
ic), voi 2.
otniRAlCN'E L. G. Histoire romainc, résum^s et ricils.
Bordeaux, impr. V. Kijfaud, 1887,
RETiiEN R. Die politischen Beziehungcn Clemens VII zu
1 V in den Jahren 1523-1527 (Le relazioni politiche tra Cle-
llc VII e Carlo V). Hannover, Brandcs, 1887.
ARE A. J. C. Walks in Rome (Passeggiate per Roma). I2"edi2.
London, Smith und Eldcr, 1887.
2o6 Tubblica^ioni relative alla storia di T^rna
63. Harkach a. Lehrbuch lier Dogmcngcschichte (Dottrina delia
storia dei dogmi). VoL 2". Freiburg in Bròsg, Moka,
64. Hartmann L. M. De cxìHo apud Romanos inde ab initio bel'^j
lorum cìvilium usque ad Severi Alexandri princìpatura. ^M
Berlin, Gartntr, 1887."
65. Hauthaler P. Aus den Vaticanischen Regestcn (Dai regesti
Vaticani). Witn, G<roU.
66. Hergen'Róther F. (Card). Konzilìengeschichtc nach d. Q.uel-
len hearbeiict (Storia dei concìli composta secondo le sue foDti),j
V. Hefcle, fortges. v. Vili. Bd. Frcih, i-B.» Herdcr\
67. Hertzberg G. F. Storia della Grecia e di Roma. Dìsp. VII
Milano, I. Vaìlardi, editore, iSSS/
68. Herzog F. Geschìchte und System dcr ròmisclien Staatsvcr-
fassuDg (Storia e sistema della costituzione romana). 2 voi. Die
Kaiserzeìt von der Diktatur Casars bis zum Regieniagsantrìc
Dioclesians. Pane i". Geschichiliche Uebcrsicht
Leip-^g, Tcuhntr, 1887.'
69. HocK C. F. Histoire du pape Sylvcstre II et de son siede.
Traduite de Pallemand et enrichie de notes et de documents ine-
diu par J. M. Axingcr. Paris, Dchtcouri, s, o^l
70. HuEBNER (De) A, Sisto V dietro la scorta delle corrispondenrc
diplomatiche inedite tratte dagli archivi di Stato del Vaticano,
di SiniancaSf di V^ener.ìa, di Parigi, di Vienna e di Firenze. Ver-
sione dal francese del p. m. Filippo Gattarì consentita dall'autore.
Voi. I. ■ Roma, Salviuuì, 1887.
Ideville (D') H. Le comte Pellegrino Rossi, sa vie^ son oeuvrc^B
sa mori (1787- 1848). Paris, impr. Chaix, 1887^8
I
88.^
'cr-
3ie
ri^_
71
72. Imaginc (L') di S. Maria di Grotta Ferrata. Memoria slorica
per il secondo centenario della coronazione.
Roma, tip. poliziotta ddJa S. C. ài Propaganda fide, 1887
75. 1 sommi pontefici e Lucca. Ricordi storici in epigrafi.
Lucca, tip. arciv, S. Paolino, 188;
74. Jacquelin F. Le conseil des empcreurs romains en
romain, la commìssion départcmental cn droit fran^aìs.
Poitiers, impr, Oudin, 1B87.
Jaffé P. Regesta pontificum romanorum ab condita ecclesi;
ad annuni post Christum natum M.CXCVIII. Ed. Il corredai
i
élica^ioni relative alla storia di Q{pma 207
;um auspiciìs proL GuìL Wattenbachii curavcrunt S. Loev-
F. Kaltenbrunner, P. Ewald. Fase, 12.
Uip^^, VHi und C, 1887.
Le eulte de la salute face X Saint-Pierre du Vatican
^auucs lieux ctlèbres. Noticcs ìsiorìques. 4"* èdiiion.
Tauri, impr. Juliotf 1887.
F. Z. Kirchengeschichte (Storia della Chiesa).
Treviri^ Lint^ 1887.
A. Rom, die Denkmaler des christlichcn und des heid-
m, Rora in Wort und BilJ (I monumenti plastici ed cpigra-
Eoma pagana e cristiana). EinsU^eìn, Ben^gtr, 1887.
LE (De) G. B. Les catacombes de Rome.
n/, impr. Finnin-Didol ; Paris, librairie Firmin-Didot, 1887.
30E (De) L- Constanùa-lc-Crand et sa mere Htlùnc. Tra-
td'un roman-lègende de la dtìcadcncc latine.
Roma, For;anì e C, 1887.
tot;cci L. Stoiia del diritto romano dalle origini tino a Gìu-
00. Padua, Sacchetto, 1886-87.
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canonico della basilica di Santa Maria Maggiore, raccolte da un
relìj^oso della Compagnia di Gesù. 2* edizione.
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rico-artistico Valsesiano, III, 8).
MiCHELLs F. Die katolischc Reforrabcwegung und das vaii-
kftnisckc Concil (Il movimento di riforma cattolica e il concilio
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rausgegcben v. Dr. Adoph Kohm. Giastit, Roti), 1887.
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• NfonumentA Vaticana historiam regni Hungarìae illustrantia.
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I ^*«*«tlitalc, in Alsazia-Lorena e nella Svizzera).
Strassburg, Noitnel in Comm., 1887,
IV ^'euhavs J. C. Die Sagen von den Gòttem und Helden der
^**ìechen und Rflmer (Le tradizioni degli dei e degli eroi de'
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210 "Vubblica\ioni relatwe alla storia dirama
114. Nocella C. Le bcrizioni graffite neir escubliorlo della set-
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Roma, Forjani t C, 1887.
115. Nomi AC (De) P. La bìblìothcque de Fulvio Orsini, Contribu-
tions \ rhistoirc dcs coUectìons dMtalie et ù Tétude de la Re-
naissance. Var'M, Vxcwtgt 1887.
116. Opera Patrum Apostolicorum cdidìt Franciscus Xaverius Punk.
Voi. I, editio nova: doctrina duodecim Aposlolorum adaucta.
Voi. li. Clementis Rom. epistulae de Vìrginitate eiusdemque mar-
tyriuni; Epistulae pseuJo-Ignatii, Igaatii martyria tria; VatJcanuni
a S. Methaphrasta conscriptum, latinuin; Papic et senìorum apud
trenaeum fragraenta; Policarpi vita. Tuhinga, 1881-87.
117. O* Relly B. Life of the pope Leo XIII. (Traduzioni anche
in tedesco e francese dì quest'opera adulatoria e faziosa).
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1 18. PiGNATA G. Avventure dì Giuseppe Pignata fuggito dalle car-
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Guerrini. Città di CasUlIo, stah, tip* S. Lapi tdit.t 1887.
119. PiLLiERs (Des) P. La cour de Rome et les trois demiers èv*-
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120. Pio VII. Motuproprio in data 2 agosto 1822 sul lago Trasi-
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nel 1822 presso Poggioli stampatore della R. C. A.).
CastigUom dd Lago, tip, G* Capotti e C, 1887.
I2T. Piombanti G. Biografie popolari dei papi dedicate agli Italiani.
Livorno, tip. G. Fahhresci e C, 1887.
122. Pinzi C. Storia della cittì di Viterbo illustrata con note e
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12). Plocque a. Droit romain: de la conditìon de TÉglise sous
Tempirc romain; droit fran^ais: de la condìtion juridìquc du
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BarAt-Duc, Contant-Laguerre; Paris, lihrairic Laros et Forcd, 1887.
114, PROC. Les regìstres d* Honorius IV. Recueil des bulles de
ce pape publìécs ou analysces d^apròs le manuscrit originai des
irchives du Vatican, fase. i-j. Paris, Thorin, 1886-87.
125. Ravioli C. I reduci delVepoca napoleonica romani o statisti
cogniti in servizio o in pensione al redattore delle presenti me-
hibblica-^ioni relative alla storia dt ^T^oma 21 1
le con 9ppeo4ice di uo compendio inedito dì DOtizie sulla
te di G. Murai. Roma, tip, RightiH, 1887.
'.esDconto delle conferenze dei cultori dì archeologìa cristiAna
orna d2Ì 1873 al 1887. Roma, tip, della Pace, ]8iS8.
EKACHi E. Cola di Rienzo. Histolre de Rome.
Paris, Labur, 1888.
D. Rome, ses cglises, ses monumenis, ses institutions.
res X un ami. 8' cditìon, revue et augmeatùe.
LTours, UK €t impr. Manu et fili, 1887
(Di) S. I tempi di papa Gregorio VII e i nostri.
Vent^df tip. Gio. Cecchini, 1887.
lOZWADOWSKi J. De modo ac ratiooc qua historìci romani
eros q\ii accurate defìnirì non poteram cxpresserint.
Cracoi'ia, 1887.
CHAEDEi. L. Plinius d. /ungere u. Cassiodorus Senator. Kri-
te Bcitrjge lum io, Buch d. Briefc (Plinio Ìl Giovane e Cas-
aro senatore. Saggio critico). Bariett, Darmstadt, 1S87.
cuuiDT M. P. e. Zur Geschichte der geographischen Littc-
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Rùmer und Franken in deutschen Rciche (Le antiche vie com-
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b drtlichen Untersuchungen dargesteltt. Dispensa 5'.
Leipiig, Z. O. IVti^él 1887.
cuwARZLOSE K. Die Patrìmonien der rdm. Kirche bis zur
idung d. Kìrchcnstaates (I patrimoni della Chiesa romana
alla fondazione dello Stato ecclesiastico).
Berlino, Kohlinsky.
CHWERDT F. J. Papst Leo XIII. Ein Blick auf scine Jugend
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IBMann O. The ro^tliolog)- of Grecce and Rome. With special
'enee to its use in an (Nuova ediz. a cura di G. H. Bronctie).
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212 Pubblicazioni relative alla storia di *^^ma
137. Smith B. Roma e Cartagine. Le guerre Puniche. Traduzione
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Firmile, fratelli Bocca eàii. (tip, àelV «Arti della Stampa»), 1887.
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(Nella Ras5^i;Ha Pugliese di se, letL ed arti, voi. V, n.'2, 4 febbr. 188S).
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del ritratto dcirautore. Veìletri, Bertini edit., 18S7.
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Dencuvre (Meurthe-et-Moselle). (Estratto dal BuìUtin de la Società
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Nogentle-Rotrou,imp. Daupelcy-Gouvernettr ; Paris, Klincksieck, 1887.
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incditcs. Soptième cdìtion. Paris, Souvelle Rcvuc, 1SS7.
14S. ViLLLNiìUVE (Di;) L. Rcchcrches sur la famille della Rovere.
Contribution pour 'servir ù V histoire du pape Jules II.
RottH\ Bcfutii.
I J9. Warga L. Geschichte dcr lateinisclie Kirche (Storia della
Chiesa latina), voi. II, larospatass.
I jo Zellku J. Entretiens sur Thìstoire du moyen dge. Deuxièmc
partie: I. Chutc des Carolingiens; féodalitó et chevalerie; premìers
empcrcurs allomands; premìers rols Capcticns; Sylvestrell; Gré-
goire VII; L'rbain II; la Croisadc.
Couìommicrs, impr. lirodurt et Gallois ; Paris, lihr. Perrin et C, 1887.
Jblicazium nccvuuj m dono dalla Società.
>I Alessandro. Nuovi documenti e studi intomo a Girolamo Sa-
>!a (2' ctlirionc). — Fiuu;^e, tip. Carneaecchi, 1S87, pag. 400, in-8.
!ENHOVE(M. le baron Nervyn). Relations politiqucs dei Pays-
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fBS Lcopold. Cartulaire des comtc« de Hainaut de i J37 A 1456.
^fdks» tip. F. Hayez, 1886, ionio MI, pag. 659, in-4,
^^^nltlas. Chroniqae et gestes de Jean de Prcis dit d'Outre-
^^^ Bruxelks, tip. F. Haycz, 1887, pag. 5J0, in-4.
p S. Table analycìque des matìères contenues dans la chroaiquc
in De Suvelot. — Bntxdlts, tip. F. Hayez, pag. 90, in-4.
DLO sac. Francesco. Diasertozioni siorìco-critiche sopra Ales-
^^ Alessandria, lip. Jacquemod, 1887, pag. 221, in-8.
L. T. Manuale di storia delle còlooie ad uso degli istituti
Firtn^i, editore G. Barbera, 1887, pag. 265, in-8.
,^^ II P, Il marchese Giuseppe Campori e la R. Depuiadooe
lesc di Moria patria. — MdUna, tip. Vincenzi e nipoti, 1887,
6» ia-&
XO Pietro. Sommano de* affari d'Italia divisa in suoi dominiì
:ntrate, spese, forze, aderenze con altri principi. — Verona, tip.
Ùoi, r8i?8,pag. 50. in-8.
PUn nouvcnu catalogue des £*glìses de Rome. — Romat tip.
ni, 1887, pag. 28, in-8.
iSO Emilio. Guida del Famedio nel cimitero monumentale di
^^ Milano, editore G. Galli, 1888, pag. 261, in-4.
p
Pluc
Ijoscphi Cronicon sicutum incerti authoris ab anno 340 ad
b6 in forniam diary ex inedito codice Ottoboniano Vaticano.
\cx regio typographeo F. Giannini et fil.„ 1887, pag. 145,10-4.
rLudovìcua. Statutum potcstatis comunis Pistoni anni 1746.
ìtoìttHì, apud Uiricum Hocpli, j888, pag. 54 j, in-4.
Scripta manent, Causcries A propos de la collcciion
. Jc M. Alfred BovcL — NatchAUl, tip. fratelli Attingen, 1887,
.ia-K.
etVIÉNOT John. La SociétcdY-mulation de Montbéliard.
bt rappons. — MonihiUard, tip. V. Barbìer, 1887, pag. 32, vn-8.
*HI Emmanuel. Cola di Ricn/o. Histoire de Rome de 1342
. ParL, imprimerie A. Lahurc, t888, pag. 442, in-8.
ipbcs composant la collection de M. Alfred Bovet décrìtes
ic Charavay; ouvrage imprimi sous la direction de Fcmand
tcs. — Parti, imprimerie C. Motteroz, 1887, pag. 880, io-4.
J Alessandro. Lettere inedite di Antonio Canova al cardinale
— Ri)mu, tip. Forzani e C„ 1888, pag. 29, in-4.
tsso lA Sède della Società si posse
swre le pubblicazioni sociali alle condizioni scguein ^<i
Archivio della Società romana di storia patria :
Voi, 1 . . L. ìt. T5 I VoL IV . L. it. ti
0 11 » 15 » V. Il
ì) III » ^5 >» VI . i|
Archivio della R. Società romana di storia patria ;
Voi. VII L. it. 15
» Vili ») 15
VoL IX L. iu li
» X
Si cederanno fascicoli o volumi separati delb e
esistano nella serie esemplari scompleti ed in ragion».
che ne esiste.
PUBBLICAZIOKI LIBERE!
Regesto di Far fa
Voi. II L. it, 2j
0 III •> 25
Diari di ^Consx^n, AnL Sai<^
Introdu?ione (con ritrano
rame) . , . . .
Voi. I . .
» Il .
» III
» IV
. L. it. 14,1
Regesto Sublacensc '
VoL unico L. it. 2j '
i^Conumenti paUografici di T^oma
Fase. I L. it. 14, 90 I Fase. II. , . .
D* imminente pubblicazione:
Facsimili di Diplomi Imperiali e Reali delle Cancellerie d* Italia
Indice dei primi dieci volumi
dell' Archivio della Società romana di storia patria (Voi. I-V
e della R. Società romana di st* patria (Voi. VII-X),
L'unico indirizzo per chi voglia corrispondere colla R. 5oci<
romana di storia patria, o farle invio di lettere, plichi, libri
pubblicazioni di qualsiasi genere, è il seguente:
^lla ^ Società romana di storia patria
Biblioteca Vallicelliana
(Ex-convento de' Filippini)
Roma
ROMA, FoiUAKi E C^ Tip. del Ssxato.
NOV 9 1977
Fasc. II,
RCHIVIO
Società Romana
di Storia Patria
G. Cugnoni
213
Meniùrie della Vita e degli Scritti
DEL
CARDINALE GIUSEPPE ANTONIO SALA
(ConliniuzioDe e fine, vedi pag, $7).
Fino dal 1801 il Consalvi, per occasione del conclave
di Venezia, avea preso ad avversare Domenico, il fratello
del nostro Giuseppe Antonio, il quale così ne lasciò me-
moria (i): « I servigi da lui (da Domenico) resi in quella
: circostanza (del conclave) avrebbero meritato un premio.
^ Egli però non cercava né compensi ne avanzamenti; ma
« non doveva mai aspettarsi che 11 suo zelo dovesse par-
« torire frutti amarissimi. Monsignor Consalvi, che fu se-
; etano del conclave, e che mirava ad essere segretario
.1 Stato e cardinale, come ottenne non molto dopo, es-
« sendo quello che si mise alla testa degli affari in Venezia,
^ e che non istruito abbastanza delle cose nostre, avrebbe
u commesso de' sbagli, soffri di malanimo di avere per
u correttore l'abate Sala, e di dover cedere talvolta al sen-
ti cimento di persona a lui inferiore. Concepì quindi un av-
n versione, che si mantenne por lungo tempo, e che por-
M lollo a far poco conto di lui, e ad usare nel nominarlo
n epiteti e frasi non molto convenienti '> (2). Or tale av-
(t) Brevt notila dell' ab. D, Sala cit.
(2) Nelle citate .\Umorit dd Consalvi sul couclave Unuio a Vt-
mt;}ù (presso il Crétineau-Jolv, op. cit-, I, 199 seg.) di luno Tope-
rato «id Domenico Sala in quella congiuntura non v*ha fiato, e non
4e ne ricorda nemmeno il nome.
Arcktrio dfila P. Società romana di storia patria Voi. XI. 15
214
G. Cugnoni
viersione del potente ministro doverasi nituralmente lUir-
gare a Giusq^ Antonio, si perchè è naturale disposinone
del cuore umano il confondere tutte insieme le ancneOK
dell'oggetto inviso, e à perche in lui pure ravvisava, se
non il correaore autorevole e palese, certo il privato bii^
sunatore di certi suoi concetd e di alcune sue teoriche ^
opera di governo civile ed ecclesiastico. « Ecco perche
«(nou altrove Giuseppe Antonio (i) ) l'ab. Sali non g''
« fa mai accetto, come non lo ero neppur io, pane per t^*
« verbcro della contrarieti al fratello maggiore, parte perd^'^
« in più circostanze non convenni ne* sentimenti del pò*"'
« potato », Aggiungasi a questo (a) o che il card. CoDsal^"
« all'epoca della liberazione della sa: me: di Pio VII(quan'
« appunto il Sala divulgava una pane del suo Piano ài
vfornui) esternava de' sentimenti ben diversi da quelli, et*
«aveva prima degli antecedenti faralissirai av\'enimenri, ^
a pienamente conformi alle giustissime massime del S. Padrc^
« Noi ne facciamo testimonianza di fatto proprio per i di-^
« scorsi sentiti da lui nel tempo del viaggio di Sua Santità
« verso Roma, e segnatamente nei giorni di trattenimeoto
« in Fuligno, da dove il cardinale ripiegò per tornare in
« Francia, progredendo in seguito a Londra e a \'icnna.
tt Disgraziatamente questo giro fu causa che» lasciandosi
« sorprendere dalla cabala dominatrice, che infestava tuttora
« i Gabinetti, concepisse quelle idee, che sviluppò meglio
« al suo ritorno, e che prepararono la strada a quei nuovi
« dolorosi avvenimenri, che hanno poi sconvolta tutta TEu-
«ropa, e de' quaU risentiamo (scriveva nel 1833) ^ncor
(1) Breve noiiiia cii. Su tale proposito Gaetano Moroaì, in axu
sua del 21 gennaro 18S1, scriveami : «Ma l* onnipotente cardinal
tt Consalvi geloso di alcuni eminenti uomini, o discrepante colle loro
n idee (come del p. Cappellari, cui ingiustamente, e contro le intn-
« zioni di Pio VII, antepose il p. Zurla poco conosciuto) vivamc
« avversò, ecc. ».
(2) Bnvó notiva cit.
Della vita e degli scrini di G. q4. Sala 215
nsti effetti ». Del quale sviamento politico del Con-
no altresì fede certissima le sue Memorie, Per entro
Bgli espone ed affenna appunto que' prìncipi e
tassìme di pubblica amministrazione, che sono,
re, il centro, attorno a cui si raggira ed agglomera
avoro del Sala, da quello con tanta furia persegui-
^ Providence (egli scrive (i) ) a pennis une se-
chute du gouverncment pontificai, onze ans après
cablissemcnt. Si cene Providence permettait une
e résurrection, il serait à désircr que le nouveau
r, en trouvant tour changé ce détruii derechef,
de ce raalheur pour en rccueillir plus de fruits
i*en avait tire lors de la première rcstaurarion. En
nant les constiturions et les bases du Saint-Siège,
aìt d'une manière viaorieuse surmonter tous les
is s'opposant aux changements, et aux réformes
Lirraient avec raison exiger Tantiquité ou Taltéra-
certaines institutions, les abus introduits, les en-
lents de Texpórience, la ditTérence des temps, des
es, des idóes, et des habitudes. Il est permis de
r les va*ux ì celui qui ne les exprime point par
des choses anciennes, par amour de la nouveauté
singulariti d'idèes, mais qui ne souhaite tout cela
ir le plus grand bien du gouvcrnement pontificai,
est si fier d'otre membre, malgró son indignile,
lement auquel il reste si profondéraent attaché,
rrifierait pour lui jusqu'à son exisience». Or con
nerah concerti del Consalvi non consuona ap-
tutte quante le sue parti il disegno di riforma del
jale, come giA abbiamo notato, sin dalle prime
protesta, ch'egli non intende « di pariare dell'e-
mmobile della Chiesa », ma si solo « dell' im-
lelle cose » romane « rapporto alla doppia am-
lolr<5 cit., I, 239. * Daudet, DiplomaUs et bomtfus d'Ètat
% Il }2.
2t€
e Cugnont
« amtstrazìoDC ccdesiasdca e politica 9? Altrove il Consalvi
scrive (i): « En rètabliisoni Tanden ordre de choscs,!'
e était ùàk de tiner tin bìen de ce mal. Quoique les ìd^-
• thurioas du gourcmeakent pontificai fussent très-soge^
« n est frpnrfan bors de doute que ceitaines d'entne ellcs
• dègèatraieut de leur pnminve origine. On cn avaiti!-
« tire:» dungè oa cocnnnpu quelques autres, et il ^'^
«trouraìt <)ui ne coavenaient plus au temps, aux id(<?^
« DOuveOes et aux nouveaux usages. Les effets et les tea-
• dances de la revolution, survivant d la révolutioa cUc-
« flateicezigeaient des atermoiements et des mónagements,
« non moras pour la stabilite du Salnt-Siège qu'il l^^
• rcsuuier, que pour Tavantagc du peuple. Je pourri^^
« étendre ei développer beaucoup plus au long cettc thèsc,
« mais le peu de calme dont je jouis et les obstacics dot^^
« |*AÌ parie i^s haut» sans compter d'autres raisons t'kC^'
« lentes ressortant de la nature du sujet, s*y opposent ab^^'
alument. Du reste, ce que |*ai di: suffira A toui lect«^^^
«i perspicace pour saisir que de très-Iégiriraes et de tr^^'
« justcs morìfs nousengageaiem àprofiter de la circonsiai"^'^^
« et i difftrer de quelque temps la restauration des ancienT»^
«fomies goux-emamenrales afin d'en modifier quelqU^
« partics, du moìns Ics plus urgentes. Cela valait mieU*
«que de le ritablir de suite tei qu'il ^it avant la révoliJ'
A don; et le Saint-Pere lui-méme émettait ce voeu l^fl
De* quali avvisi il primo articolo del Piano del Sala è a^^
punto largo e minuto svolgimento. Ne diversamente dal
Sala lamenta il Consalvi i falliri sforzi di quella particobre
Congregazione» che Pio VII istituì ne* primordi del suo
pontificato, per discutere i diversi punti di quel disegno di
riforma, die, per frapposizione di ostacoli pressoché insor-
montabili, andcS affatto in dimenticanza. Sul quale proposito
scrive il Consalvi (2) : « En raéme temps que cette pro-
(i) M^oirfis cÌl, II, ajj. - Dal*det, op, cii., 35.
(a) Mém0ir0sdu 355.
Tìella mia e degli senili di G. 24. Sala 217
• rogadon se rógularisait, on forma une congrègntion com-
»posce de plusieurs cardinaux, de quelques prélars et des
«scculiers Ics plus instruits et les plus estimc's pour leur
«bon esprit et leur conduite. On les chargea de traccr un
«pl.m pour la restauration du gouvcrncmentj fondi- sur les
«bises et sur les constitutions antiques, mais adapté' aux
«conditions modernes ainsi qu'A la nature des temps, en
• le dcpouillaat des vices ou des abus qui auraicnt pu se
«gliiscr dans Tancicn peu à peu avec les aances, conime
«ilarrive à toutes les choscs de la terre- La congrègntion
«rcijut ordre de terminer son travail pour la mì-octobre.
«Le provisoire devait prendre fin lu i"^"" novembre, après
• l'approbation du nouveau pian parie Saint-Pere, et alors
• on rcracttrait rautorit6 entre les niains des prélats... (i).
«Pendant ce temps, la congrègation form6e pour le réca-
«blisscracnt de rautorité acheva son travail, qui ne ré-
«pondit point entiérement aux espèrances coni;ues» Ce
"travail indiquait plusieurs changements et cenaines mo-
«difications sur divers points, m.iis il ne régluit pas tout,
• et pcut-étre rai^me ne rògla-t-il pas le plus imponant.
•S'iiest partout difficile de vaincre Ics vieìlles habitudes,
«dopirer des réformes et d'introduire des innovations, il
«faut avouer que cela le devient bien davantage A Rome,
•ou,pour micux dire, dans le regime pontificai. Li, tout
•ce qui existe depuis quelque temps est rcgard6 avec une
• ione de vénération, conime consacrò par l'antiquitc* m^mc
«de son institution. Personne ne prend la peine de re-
flmarqu-T qu'il est souvent faux que telles et telles règlcs
*iicnt étc- ètablics dans l'origine comme elles apparaissent
« jctuellcment. Parfois raéme il arrivo qu'elles sont alte-
s, soit par Ics abus dont nulle institution humaine ne
cut asscz se garantir, soit par d'autres vicissitudes, soit
• le temps lui-mcme. En outre, ce qui A Rome plus que
« pirtout ailleurs s'oppose aux réformes, c'est la qualità k
« ceux qui, dans ccs réformes, perdent quelques attributsde
« leur juridiction cu d'autrcs pri\41èges. La qualità Jont Ik
« sont rcvótus fair qu*il est plus malaisé de vaincre kui rè-
« sistenccy et, par ces justes considérarions, le pape lui-ojètnc
«se trouva quelquefois forcò d'y avoir égard. Ett'cbiprt-
« ciscment cn vue de telles dcférenccs que je ne puis p-ii
« longucment 6numérer ces obstacles et d'autres sembbbb
«r fourmillant A Rome plus que panoui et s*opposant i tome
fl cspòcc d*innovntions. Je me tairai donc sur ce poinL ]c
« me borneiai A dire que le pian de la congrégation aracnit
« quelques abus, changca des instirutions, en retrancha ou
«en ajouta de nouvelles, selon que le permirent Ics ote-
« c\cs ci-dessus indiquòs. Jc dois avouer encore que, sans
«reflicacc volonté du Gouvememeni, qui insista a^tc ri-
« gucur pour qu'on se mit à ouvrir la brèche aux réfonnc^i
a ricn ne serait fait peut-étre, car le Gouvemeracnt ne pou-
« vait pas agir seul. L'opinion publique ne devait point ii'
u voriscr Ics innovations que le Saint-Siège auraìt édicti«s
« de son chef. Ccux, auxquels ccs réformes n'étaicnt yoiO^
« avantagcuses, et qui, en raison de leur qualité ou à caus^
« de Icun rèlations, aspiraient à diriger respric public, *^
a raient su Ics discréditer dans les masses. La recente èi^
« vation du premier ministre, encore jeune et promu à ^*
« poste au désnppoìntement de ceux qui ramhitionruic*^^
«la nouveauté du pape lui-méme, devaient foumirdes ^
« gutìcs et des prétextes contre les modifications et *
« changements. Il importait de les étayer, du moius ^^
« apparence, sur les idées, les conscils et Ics réflexions d'ti^
« grand nonibre, c*esl-d-dire d'une congrégation, d'apr^^
H Tusage existant ù Rome en pareil cas. Le pape lui-raéaJ^
« par suite de la douceur bien notoire de son caractère ^
« qu'il soit permis de produire respeaueusement cet autre
« motif de h nócessité ou Ton était de recourir i une con-
« grégation dans cette affaire — le pape lui-méme n'aurait
Della vita e degli scrii ti di G. C/1 Sala 219
« pcut-étre pas pu tenir tòte aux opposants et proiògcr les
^•réformes contre les attaques de tout gerire auxquelles il
I aurnii faìiu se résigner, si le Saint-Siòge eùt agir seul et
a spontancment. Il devini de nécessité absolue de se servir
« d'une congrógation, et une congrégation ne pouvait don-
ftner que ce que Ton obtint. On se vit ohlìgc do s*en con-
Henter: cela vaut mieux que rien, comme dit le proverbe
"■"vulgairc. Le pape approuva et sanctionna le pian de la
.«congrégation par une bulle intiiulòe: Sur k ràablissement
\i\k goHvurtUfiunt, et qui coraraence par ces mots: Post
ìdiuttirnas ».
Adunque il Consalvi si per antico rancore, e si per le
sue mutate opinioni politiche cadde nella contraddizione
Ji perseguitare nello scritto del Sala i propri concetti e le
proprie persuasioni, e di perseguitarle con tale veemenza,
Jj impedire vigorosamente li diilusionc di quel libro, e da
ordinare, che ne venissero raccattati con minutissima dili-
genza gli esemplari distribuiti (i). Nel che fu cosi pun-
tualmente obbedito, che all'istante ne scomparve ogni miccia.
Picchè io a potere averne per pochi giorni sott'occhi una
copia, dovetti moltiplicare le ricerche per oltre a 25 anni.
Per tal modo il lavoro del Sala, frutto di matura espe-
^enza; risuhamento di lunghi ed accurati studi; espressione
■^^nccra e liberissima d'animo profondamente persuaso; ri-
medio ai passati danni della Chiesa e dello Stato ;proba-
^ilt impedimento dei futuri : appena nato fu spento, non
^^ADzando all'autore né meno il compenso di richiamarsi
^tir ingiusto tratto al giudizio del pubblico, e solo restan-
dogli da amaramente lamentare queir « andamento di cose
(0 Questo si desume dalla terza delle lettere superiormente tra-
scritte nella nota a pagina 56. Racconiavami poi su tal propo-
wo Antonio Coppi, che il Consalvi, tomaio da Vienna in Roma,
adoperò tutte le arti, dalle cavalleresche alle diplomatiche, per car-
firt dì mano a certa gentildonna russa una copia di quella stampa;
au che la scaltra signora non se ne lasciò punto cogliere.
220
G. Cugnoni
« (scri\'€va nel 1833 (i) ), che atBisse i buoni, e che stava
tt in aperta opposizione alle massime esternate in principio
«dal Santo Padre.... Tema vasto ed affliggente, chebista
a avere toccato di volo, aflinchè rammentando U fai>^
« strada, nella quale s' impegnò il GovL^mo pontificio, si ri-
« cordi altresì che il vento non spirava propizio per gli uc^"
a mini sinceramente attaccati al principe ». Amari accenti,
ma che rivelano una tal quale compiacenza dello scrittore
d*avere antiveduti i tempi, ì quali poi, divenendo a mano
a mano più grossi, recarono finalmente, tra il 1847 e U
1849, il tardo, e perciò inutile, trionfo delle riforme con-
cepite e caldeggiate d.i lui ben 33 anni innanzi.
Della parte inedita di questo Piano (la quale, se noo
pel dettato, certo per la materia sopravanzava di gran luti 6^
la stampata (2) ) ninno, per quanto io so, ebbe mai noti-^^
certa e di fatto, salvochè, in sin dalle prime mosse dcl^
sua gloriosa carriera, il Santissimo nostro Padre Leone XfX^*
Questi, mentre giovanetto compieva in Roma nella nolri^^
Accademia ecclesiastica gli studi teologici e legali, recav^*^
di frequente al Sala, che amavalo di peculiare benev^^
lonza (3). A costui adunque mostrò egli un giorno il v^^
luminoso manoscritto, e appresso gli consenti pure che i^
leggesse, consegnandogliene a tale effetto con grande cai
tela ad uno ad uno i quaderni. I quali recatisi in casa
giovane alunno, non pure leggevali, ma con grande dili^
genza lì ricopiava. E ciò fu doppia ventura: Tuna, che
disegni del grande rifonnatore venissero a mano di dii un
giorno li avrebbe potuti a suo senno, tenendo conto della
(1) Brtvi notizia ddVah. D. SaU dt.
(2) Ciò si apprende dai due Indici dì sopra recati del primo sbouo
di questo lavoro, e dalle stesse parole dell'autore, il quale neirartv
colo VI scrive: « Dovendosi quindi il mio Piano estendersi ad uda
serie hen lutila di articoli di ogni specie, ecc. »,
(}) Bonghi K., Lione Xlll t l'Italia; Milano, Trcves, 1878, 2;
in nota. - Civiltà CaitoHca, ser. X, V, 675. - Moroni, Di^, di
iccL, Indice, V, 160.
nlla pila e degli scritti di G, oA. Sala 221
i de' tempi e degli avvenimenti, colorire; Tnltra, che,
itosi poscia il manoscritto originale deiropera, ne sia
0 rimasta una copia autorevole. Come poi quel
scritto andasse smarrito, è cosa in tutto misteriosa.
sso .al tempo della morte del Sala esistesse, non è da
in dubbio; quando Niccola Milella, ragguardevole pre-
dila curia romana, asserisce d'avere caldamente pre-
1 cardinale Lambruschini, allora segretario di Stato,
, raccattatolo dal luogo ove egli stesso (il Milella),
Jine del defunto, avealo colle proprie sue mani poco
i collocato, lo ponesse in salvo, come cosa di pregio
labile; e che quel cardinale pochi giorni appresso gli
:ò d'averlo riposto nella biblioteca Vaticana. Ma ogni
igentc ricerca ivi fattane riusci a nulla; né megho
trono le indagini usale neirarchivio Vaticano.
ndc viene non lieve impedimento a queste mie me-
mancandomi cosi il modo da chiarire il valore di
pe Antonio ne' maneggi giuridici, politici ed animi-
vi, ai quali appunto si riferiva la parte perduta dei-
Valore ceno non comune, come si può argomen-
u primi articoli di essa opera messi a stampa, e
ancora dalla qualitA del suo ingegno singolarmente
; che è il sommo pregio di chi pigli a tranare l'arte,
atte difficile, deiroitimo governare. Ma oramai basti
e riprendiamo il filo dell'interrotto racconto.
Dmposce adunque nei primi mesi del 1814 le pub-
ose, mosse Giuseppe Antonio incontro a Pio VII,
)0 cinque anni d'indegna prigionia tornavasene a
(«Lo raggiunsi (egli scrive (i) ) a Bologna, e fui
samente invitato da Sua SantitA a seguirlo nel resto
aggio, che, com'è ben noto, fu interrotto da varie
,e non tanto brevi in Imola e in Cesena » (2).
notila iUlFab, D. Sala cit.
ne, durante quel viaggio, Tufficio di cerimoniere, a Com-
crivevagli il fratello Doraenico, il 25 aprile 1814) Tacere-
1
222
G. Cugnoni
E in Cesena il pontefice, cui tardava di attestargli Li
sua riconoscenza per lo zelo operoso nei giorni della
prova addimostrato, gli diede, per biglietto privato, con
fermato poi in Roma con breve, grado di prelato do-
mestico e divisa di protonotario apostolico (i)» Cosi fu |
ad esso aperta quella, che in cone di Roma chiamasi car- *
riera, fuor della quale a niuno, d'ordinario, è concesso di »
aspirare agi' importanti uffici, che sono scala al cardinalato,
n come non ragione di sangue o di ricchezza, né sforzo .
d' intrighi vel misero dentro, ma bella fnma di virtù e di
dottrina ; cosi egli non vi si affrettò per arti superbe, o per I
vili raggiri, ma gloriosamente percorsela col vigore dell'a-
nimo sostenuto e guidato da sapienza. Ancora è da notare, i
come delle dignitA, alle quali di mano in mano egli venne
innalzato, niuaa fu di nacura laicale, ma tutte di uffici ec-
clesiastici. La qual cosa chi si conosca degli usi della curia ,
papale, dove il salire è per lo più effetto del chiedere, non !
recheralla al caso; ma vi ravviserà il suo costante propo- i
sito a volere stabilita « la massima, che tutte le cariche di
« loro natura secolari vengano conferite ai laici » (a). I
E in prima ai due modesti ordinari uffici di correttore j
e di datario della Sacra Penitenzieria, i quali l'uno dopo
l'altro ponò, gli si aggiunse lo straordinario di consultore 4
di una speciale Congregazione ordinata sopra il ristabili-
mento degli istituti religiosi annullati tutti dal dominio
francese. Qui tolse con grande animo a propugnare le
massime, che su tal punto aveva ampiamente svolte nej
t( scimcnio Jei vostri imbarazzi per dovere supplire jnche da ccrimo-
onicre, ma spero che il Signore Iddio vi assisterà, e vi darà salute ».
(i) A questo proposito scrivevaglì» il 30 aprile 1814. il fratello
Domenico: " L'amorosa vostra dei 22, cui ho uovato atìnessa Ia,^
n copia del grazioso biglietto di decorazione accord^ovi dal S. P*9fll
drc ecc. ... La cosa e valutabile per se stessa, ma io la valuto "
ff principalmente per la graziosa maniera, e termini con cui è stata
■ eKguita^-
li) Fiitito Ji riforma, art. VI.
E
ella viia e degli scriiti di G. oA. Sala 223
VI e XVII del suo Piano di riforma ; sostenendo,
si restituire soh-into le professioni di prinia regola,
quelle, che conformandosi agi' intendimenti de' loro
Wjfi, ne serbano intero lo spirito e l'indirizzo; lad-
■iLltre di seconda e di terza mano non sono per lo
te rilassamenti e snervamenti di quelle- « Li disordini
; comunità religiose (son sue parole (i) ) erano
Iti a tal punto, da meritare che Iddio le annientasse,
e in gran parte è seguito )>. Per ripristinarli ;i dovere,
opo « indovinare ciò, che farebbero li santi fondatori,
)rnasscro al mondo » (2). Certo a questo effetto era
propizia congiuntura il trovare distrutta ogni cosa,
che a rifabbricare non si avrebbe avuto impaccio
xhi ed intristiti ruderi sopravanzati all'universale
Ma né mcn questa volta la sua voce non fu ascol-
: monasteri e convenri risorsero quanti prima, e più
[la; quasi che alla gloria di Dio e ai vantaggi della
meglio i molti rilassati, che i pochi austeri rispon-
»
manto Pie VII, spaurito dai novelli moti di Gioac-
Murat, che accintosi all'impresa d'Italia s*era cac-
:on forte soldatesca nella Marca d'Ancona, fuggi
mente a Genova con picciol numero di seguaci, e
sti Giuseppe Antonio (j). Narrano che coli, avvi-
)si la festività dell* Ascensione, il pontefice, pressato
ni patrizi perchè in quel giorno volesse assistere
ssa solenne in una delle principali chiese della città,
« la decisione della cosa nel Sala, come in uomo
%no ài riforma, art. XVI.
- Gaetano Morosi {pi\. d'erud, tccL, LX, 259) ilice che
fatti dal Sala per la riforma dei corpi morali, furono dcpo-
rla sua morte nella segreterìa della S. Congregazione dei
regolari,
iregorio XVI nel crearlo cardinale fece onorevole menzione
suo viaggio.
224
G. Cugnoni
disimpacciato e prontissimo ai ripieglii ; e che questi, an-
corché, pel difetto degl' infiniti arredi e panimenri all'au-
gusto rito necessari, giudicasscla soprammodo difficile;
pure confortato dal buon volere e dalle larghe profferte di
que' signori, provvide e dispose in brevissimo tempo rutt(^|
quanto all'uopo occorreva: di sorte che la solenne ceri-
monia fu celebrata con sfoggio e magnificenza inaspet-
tata (i).
Appresso a questo tempo fu esaminatore de' vescovi,
referendario delle due Segnature, segretario della Congre-
gazione de' riti (2), e di quella de' negozi ecclesiastici
straordinari. ^È
Nel 1823 sperimentò di nuovo gli effetti delTavver-
sionc del Consalvi: che « mentre (egli scrive (3) ) nella
«promozione del 1823, quando, secondo il costume, avrei
p dovuto muovermi dalla Segreteria dei riti, e tutti erano
(t persuasi del mio ascenso a quella del concilio, fui prc-
«tcrito, e si pretese che fosse sufficiente compenso e una
« pubblica testimonianza della più marcata fiducia lo avermi
« aggiunta una Segreteria tanto importante, quanto quella
« degli affari ecclesiastici straordinari, e un canonicato di
« S, Maria Maggiore, che nò domandavo né volevo, avendo
«ricusato tanto prima quello di S. Pietro ». Più tardi poi
il Consalvi mostrossi pentito dell' indegno tratto. « Non^
(i) V. la Kcldiionc del via^i^ìo di Pio VII a Genova del card. Bar-
tolomeo Pacca; Orvieto, Pompei, 1844, 41; e il Diario di Roma
15 maggio 1815.
(i) Mons. Baccili. che sin dal dcccmbrc del 1814 soUeciiavagli
dal papa rimportjnte ufHcio di segretario dei Riti, scrivcaglì ai 2X
del detto mese ed anno: « Non lascerò di fare il sollecitatore, onde
« evitare, u inf,;ctij, il ritorno del Politico di Vienna, le cui ultime
fi lettere a' suoi amici assicurano entro il mese la sospirata ventura
« di rivederlo ». Ciò non ostante, ta pratica fu trascinata per molti
mesi, e nel settembre del 1815 il Consalvì proprio fu quegli che gli
partecipò quella clcilone.
(5) Bnvi notizia d^l'ab, D. Saìu cit.
'Delia pita e degli scritti di G, q4. Sala
mv
per altro (prosegue il Sala (i)) di rimarcare che
irdinal Consalvi ne manifestò in seguito il suo ram-
ìco, che si mostrò impegnanssimo per affrettare la
promozione, che se in fondo non mi amava, aveva
darato più volte di stimarmi, e me ne aveva dato
uenti prove, consultandomi in affari di rilievo. Gli
lerò inoltre la lode, che più volte, quando il mio sen-
:nto fosse contrario al suo, si mostrava pieghevole
forza delle ragioni, e smontava dalla prima opinione w,
e edificante temperanza di discorso deiroffeso cìicd
isore. Del quale non lascia pure di notare il tardo
lire inverso del fratello Domenico, e di toccarne le
t Quanto aU'ab. Sala (egli continua (2) ), negli ultimi
pi sembrava che fosse divenuto verso di lui meno
3; e poiché spesse volte nella trattativa degli affari
evasi il cardinale nella necessità di sentire persone
«te, e di aver notizie da uomini, che ben conosces-
» le cose nostre, 0 a suggerimento degli uffiziali della
retcria di Stato, o ben anche di proprio impulso lo
saltava, e gli scriveva sempre in termini obbliganti.
breve tempo poi che sopravvisse sotto il pontificato
-eone XII, tanto a mio fratello, quanto a me nell'in-
trarci accidentalmente, o nel recarci talvolta a visi-
3, ci fece sempre tutte le buone grazie. Conchiudo
:anto, che Ìl card. Consalvi in fondo era un uomo di
me intenzioni, e se per mala sorte non si fosse lasciato
portare dalla corrente, sarebbe stato un egregio mi-
ro; che ad onta della diversiti di opinione sapeva
oscerc, e non si ricusava di adoperare lo persone ver-
: negli affari della S. Sede ; che dimostrò abbastanza
^'ssersi ricreduto e di voler compensare i disgusti re-
a mio fratello ed a me; e che Dio si snrà voluto
), Breve ìioU\U cit.
^
jL
226 G. Cugnoni
<n servire del di lui mezzo per esercitarci con qualche tri-
« bolazione. Se il desiderio, che mostrò il cardinale di gioH
e varmi, quantunque tardi, rimase senza effetto, io gliene
i' professo eguale riconoscenza, e per parte dell' ab. Sala,
«che nulla cercava e nulla voleva da lui, sono persuasis-
« simo che aveva dimenticato e perdonato tutti i disgusti
<t antecedenti, e godeva che fossero svanite le antiche ani-
ci mosità 0.
Leone XII, che da privato avealo sempre avuto in
grande stima ed amore, aprendo, poco dopo la sua ele-
zione, la visita apostolica straordinaria, se lo tolse a con-
visitatore col grado di assessore (i); io promosse quindi
al segretariato della Congregazione del concilio; commisegHH
di condurre il nuovo concordato con la Francia, e di av-^
viare le pratiche con la Corona di Sardegna in ordine agli
assegnamenti delle rendite ai luoghi pii del Genovesato ^M
del Piemonte (2); lo nominò visitatore di tutti gli spedali
di Roma. ^_
(i) Morosi, /)i\. <ì*àm<t, ,tccì,, XVI, ifiS.
{1) V. Morosi Di^. d^^ntd. eccì., XXXVIII, 75. Di quanta briga
fessegli tale maneggio, può ricavarsi dalla seguente lettera comuni-
calami dniraniico m.irch. Gaetano Ferraioli :
ff Roma, 19 aprile 1828.
« VcneraliSiimo sig. avvocato,
it Mi trovo veramente confuso, e smarrito. Possano ha scritto a
ce un cardinale esponendo che rimase estremamente sorpreso nel leg-
K gcre gtl articoli, e che Icì disse che doveva essere o un pastìccio
« del Commissionalo, o un estrallo del breve fatto da qualcuno dor-
« menJo. Aggiunge che comunque siasi si deve concludere non cs-
N sorsi qui capito, o credulo quanto fu esposto, e che le infedeltà
•r commesse ncircsposizione non potevano dar luogo a tali domande,
a Suppone che il Commissionato partisse senza aver capito affatto il
V Piano, e che non sapendo alle obìe/.ioni coniraporre delle buone
« ragioni, deve averne dette delle cattive, le quali sempre rovinano
ff la causa. Confessa che voleva impugnare il riparto delle 20 mila
« lire dì fondo, perchè oltre i missionari molte altre corporationi avi
«vano rendite per Io stesso titolo; rileva che Tabolizione del rito
to ^
Della inia e degli scritti di G. Q/1. Saia 227
Quest'ultimo ufficio, che poi sotto altri nomi, secondo
;il xariarc dì quelle amministrazioni, portò fino al termine
I de* suoi giorni, gli diede occasione di esercitare la carità
verso de' tribolati. Istituì nell'ospedale di Sancta Sanctormn,
colla cooperazione della principessa donna Teresa Doria,
la Regola delle suore ospitaliere, le qujli prestassero alle
inferme, cui quello spedale è destinato, ogni maniera di
servigi, insino a quelli della chirurgia inferiore. E se n'ebbe
« A^ugustano porterà delP inconvenienti assai più gravi di quella si
« crede, e che raggiunta al Capitolo d'Asti è buttala. SÌ duole che
« niente siasi fallo per la povera sede di Veniimiglia, né per i censi
•r inetìgibilì, nò per tante altre cose. Conchiude che il bene della
* Chiesa csigge che siano esattamente conservati gli artìcoli de! rie-
« pilogo della sposizione, e sì mostra persuaso che il Governo in
« coscienza non sia obligato a far di più di quello che propone di
« Care in seguito deirultima sessione.
« Inserisce un foglio per narrare il risultato di detta sessione, ed
• io ne soggiungo l'epilogo.
« Bisogna dire che il Commissionato mutasse anche il tìtolo del
"progetto, mentre Possano lo nota cosi: — Traccia da servire per
•l estensione del pontificio breve circa i crediti della Chiesa verso
* lo Stato del Piemonte, qcc. -^ Suppongo che gli articoli non siano
•stati cambiali, e lei è in grado di verificarlo avendogliene io raan-
■datob copia: ma passiamo alPepllogo.
■ Opposizione dì alcuni ma^'istrati sulla massima toccante i beni,
h'oa non potersi ammettere senza pregiudicare ai diritti del Governo,
■ sotto la cui dipendenza si t sempre consen-ata ramministrazióne
•wi!e Opere pie laicali. L'arcivescovo rammentò che Sua Maestà
» tin da principio aveva esternato essere sua intenzione che si evitasse
«•1 entrare in discussione di massime. Lo stesso arcivescovo e il ve-
• icovo di Possano, attesa la loro qualità, non poterono assoluta-
• iDcntt prender pane nella discussione. Il secondo, dopo la protesta
• che i vescovi, qualora s'intendesse d'impugnare apertamente la
n*MStma, dovrebbero sostenerla, aggiunse che siccome lo scritto
eveniva communicato al Congresso acciò osservasse se potesse in-
wrgcre qualche difficoltà, poteva questo naturalmente rilevare, che
i'injcrtionc Ji un tale articolo nel breve avrebbe suscitato degli
ostacoli airacccttazìone del medesimo, onde senza esaminare se gli
■ osucoli fosseri. ragionevoli, o no, poteva benissimo proporre di
228
G. Cugnoni
in breve cosi ottima prova, che, pochi anni dopo, Leone XII
con motuproprio del 5 gennaio 1826 riconobbe solenne-
mente il novello istituto, e ordinò si all.irgassc ;igli altri
ospedali femminili della cinA. Denò, nel 1835, una pro-
posta di riunione di tutti gli ospedali di Roma, salvo quello
di S. Spinto, d.i effettuarsi « mediante un regolamento, che
« leghi fra loro le diverse parti del generale instituto, e che
u abbia per base: i** di conservare a ciascuno ospedale il
« suo patrimonio distinto, in modo però che venga ammi-
« nìstraro con diligente economia, e che trovandosi nello
«stabilimento qualche sopravanzo di rendita, serva a ripidi'
« nare il vuoto di quegli ospedali, che si trovassero in ^^'
« sogno, evitando cosi qualunque spesa superflua, non cHc
« il pericolo di nuovi aggravi al pubblico erario: 2° di co^'
« prescindere da tale articolo per evitare se non altro le ìunghc^^
« che seco portano ognora gli ostacoli, ancorché poi in fine si *"'
( perino. Fu quindi adottato dì proporre una tate omissione.
«Non si capirono varie cose degli altri articoli. Per escrt»!"'*
< perchè si dovessero continuare le pensioni ai religiosi rientrati t%^"^
it case dotate : si dovè credere che il senso deirarticolo fosse di f^"
n cogliere maggior numero di pensioni di quello cui corrisponda^
<t Tannuo reddito della dotazione, e quindi si concluse che rtuncm^^^'
« in qualche convento un numero di pensionati maggiore di queU^
'< che portasse la dotazione assegnata, si provvederebbe colla coiii'''
'( nuazionc delle pensioni a quei religiosi che formassero Teccedcats
Ki dtl numero.
ff In ossequio della S. Sede si astenne il Congresso dal fare akon
'( rilievo contro la distribuzione delle lire 20 mila, e avendo il vescovo
udì Possano incominciato a combanere la ragionevolezza di tale di-
■t stribuzionc, fu interrotto concludendosi unanimemente che non con-
•< veniva di fare la menoma osservazione sopra una cosa esprc^i-
ti mente gradita alla S. Sede.
«Kon sì capì l'articolo sulle congrue delle parrochic, trovandosi
« «ìA portate a 500 franchi.
« Non si capi neppure perchè si voglia la liquidazione de' residui
(( Monti ex-gesuitici, qual obligo non passerebbe giammai colle noas-
'c sime de* magistrati che ne pretendono padrone il Governo, e Tain^
•< mortizazione di tali residui monti era chiesta in compenso di altre
*Z)e//a PÙa e degli scritti di G. 04. Sala 229
re le amministrazioni panicolari, organizzando però
leputazione generale incaricata di esaminare i pre*-
vi; dì sindacare i rendiconti ed invigilare sulle spese
xlinarie; di tener fermi i rcgolamenii e le massime
ali. Questa specie di unione contribuirebbe al per-
uimenco di un'opera, che può dirsi della più ampia
tanza, come quella, che tende al grande oggetto di
rare la salute spirituale e corporale de' poveri in-
»• E proponeva alT uopo le seguenti massime.
* « Gli ospedali di Roma, dovendo considerarsi come
le quali unite insieme completano l'istituto, che ha
opo di prestar soccorso all' umanità languente per
ipecie di malattia, conserveranno la divisione delle
ive attribuzioni tanto saggiamente prescritte e san-
e nel breve della s. ni. di Pio Vili;
Hk il Governo rinunzia, come si ò esposto nel Piano. Quan-
ta cosa si lasci alla coscienza Jel re, ciò darebbe sempre
scrupoli per il religioso sovrano. Si è quindi presa la de-
none dì liquidare altre 30 mila lire annue, assegnandosene
ai Gesuiti de' Ss. Martìri, e riservando il resto per prove-
: domande giunte posteriormente al Congresso.
re si C' proposto che quando le pensioni regolari saranno
d annue lire 800 mila, si destineranno altre lire 100 mila
Uorare la condizione de*parrochì.
una il vescovo dicendo che non ricorda che siasi trattato
\ non ha copia n6 dello scrìtto del progetto, né del processo
^he non ha per anche veduto. Crede però di non aver di-
0 cosa alcuna Ji sostanza.
do consumando tutto il mio tempo in lettere, e in disbrigo
irì della giornata, nò posso avere un solo giorno di quiete
idere airultimazione di quest'atTare che mi fa perdere la
Dio non mi aiuta sono perduto.
a le assicurazioni della costante stima e amicizia con cui
itte prove
w D"" Obbl""" servitore e amico
■ tt GlUSEPPAMTONIO SaLA ».
Knt" Tosti, ecc.
Genova ».
■io dtiia R.SocMà romana d( Storia patria. Voi. XI. id
250
G. Cmg9am
3* • Reacnomo ionie kdqiotaaioiu pecùli subilits
t od sMjMrtm bccvc, axne pure la sepsraaoDe de' n^^
I |»itnmoiiij scmxanc, computisene e ministero. I rìn^^
I menti sia <E Indn, ai Si cjpìttfi soggetti i combimientOt
a di so|scaraaxì che HzBJngano tfi^mrubdli, Jovnono
1 brsi per ooato; ed a nome delTospedale a cui jppinea-
igoao;
3* « Una depataiioQe geoecile zwrk cura di assedi
> in principio d'anno afle dcpatacocù specilli b soi
I spendibile a nonna de' preventivi da essa approvali;
I sindacare i rendiconti ; di provvedere alle spese
I nane e bisogni imprevisti; di r^olare i concorsi perfc
: mare la massa deOe famiglie medico-chirurgiche, e hsx.
i rimpiazzi e mo\-imend opportuni; d* invigflare su
[ dò che r^uardi gF interesa comuni degli spedali, e
I f tmifonnitl ed osservanza delle massime e regolamonD;
4* « Le deputazioni speciali insieme udtc, colf:
; giunta di sri depuud estranei alle deputazioni particol
[ due ecclesiastici e quattro laid, formeranoo la Jepumii
i generale, la quale sari f^esieduu dal cardinal presiit:)
; dell'arcispedale del SS. Salvatore ad Sonda Sanai
protettore delF Istituto delle suore ospedaliere, I ju£
desiastid aggiunti si occuperanno particolarmente di tul
dò che riguarda l'adempimento dei legati pii, T;
a spirituale agi* infermi, la condotta religiosa e morale
« rispettive famiglie; due deputati laici saranno incari'
e della sor^■egUanza sull'amministrazione de' beni, sui nuovi
o affitti, sull'escussione de* debitori, sulla regolarità de!
« scossioni e versamenti: gli altri due avranno l'in
« di rivedere i preventivi e consuntivi e di esaminai
« richieste straordinarie che occorrano nel decorso
«Tanno;
5* a Nelle generali adunanze daschedun deputato avri.
« voto deliberativo. Trattandosi però gì' interessi di
0 deputazione particolare, i membri che la componj
Della vita e degli scritti di G, C*4, Sala
r
a Le adunanze della deputazione generale si tcr-
sei volte all'anno, e anche straordinariamente qua-
> esiga il bisogno, nei giorni da stabilirsi dal car-
presidente;
PIl segretario generale e assessore della depu-
per quelli aiuti di cui possa abbisognare, potrà
i dell'opera degli antichi impiegati della cessata depu-
: complessiva degli ospedali, che trovansi in riposo,
godendo del soldo in ritiro, sono in obbligo di
si Senza nuovo appuntamento, secondo gli ordini
iranno dati su tal proposito dal cardinale presi-
solnnto voto consultivo. La votazione sarà
*
Le deputazioni speciali prima del cadere del-
ssibiranno il preventivo delle spesa per l'anno pros-
faue deputati sindacatori ne faranno rapporto alla
vne generale, la quale stabilirà la somma spen-
PLe deputazioni particolari amministreranno libe-
! la loro azienda entro i limiti del preventivo ap-
. Dovranno però ogni bimestre trasnienere alla
ìa generale lo stato di cassa, affinchè la deputa-
^mplessiva confrontandolo col preventivo sia in
i conoscere se procede in regola, o se vi sia pe-
i esaurimento di fondi innanzi tempo;
la Ciascuna deputazione particolare presenterà
lo il bilancio ^a deputazione generale, la quale
anzi di uno stabilimento potnì supplire al deficit
tro. Che se restino tuttavia dalle somme Ubere e
pi, verranno queste erogate a profitto dell'ospe-
quale appanengono ;
« Di quelli oggetti ch'esigessero speciali provvt-
cardinale presidente ne farà relazione alla Santità
lEsso unitamente ai presidenti delle deputazioni
232
Mgnoni
«speciali presenterà ogni anno i rapporti e i rendiconti
« delle rispettive amministrazioni ;
12* « Queste disposizioni riguardano gli ospedali oi
« Sancia Scìnclorum, di S. Giacomo in Augusta, di S. Gal-
li licano, della Consolazione e di S. Rocco, i quali forme-
« ranno Y unione, di cui si è parlato negli articoU precedeaii.
a In conseguenza non saranno applicabili all'arcispedale di
« S- Spirito e suoi annessi, i quali perse medesimi costi-
« tuiscono un corpo o un'azienda abbastanza vasta, né al-
« rOspizio de' convalescenti, che trovasi unito all'Opera Jei
« pellegrini e ad altre opere pie sotto la direzione dell'or-
« chiconfraternita della SS. Trinità.
« Le surriferite disposizioni, senza punto alterare la so-
« stanza del citato breve della s. m, di Pio Vili, conoi-
«buiranno ad ottenere l'esatta esecuzione, principalnit'DEc
KÌn quella parte, che ha rapporto all'uniforniitd Jeirego-
« lamenti quac in vaìetudinariornm honnm ifrvtcta sunt, non
<f che ad assicurare il buon andamento delle rispettive ani-
« miniscrazioni, e a fornire un mezzo facile e pronto p^^
« accorrere ne' casi straordinari al bisogno, in cui possono
« trovarsi gli ospedali per il momentaneo rimpiazzo de' pr^
a fessori 0 .
A dar mano a questo disegno avealo infervorato lo
stesso papa, dacché « nell'occasione di umiliargli (saivcva
« egli, il Sala, all'avv. Stolz il iS settembre 1835) il ten-
« diconto dello stralcio degli ospedali ebbi campo di rain-
a mcntare gli artifizi che fiarono adoperati per indurre ^
a s. m, di PÌo Vili a distruggere l'opera de' suoi irnmc-
«diati antecessori: ed esposi le conseguenze dell'attuale
a isolamento, rilevando in particolar modo i disordini tó'
« l'ospedale di S. Giacomo e l'errore commesso da idoq-
« signor Fabrizi col lasciarlo in mano all'abate Acquari,
tt Mostrossi il S. Padre persuaso della soliditA de* miei ri-
a lievi, e propenso a prendere qualche misura, per riallac-
« dare l' unione, in modo però che le amministrazioni con
©e//d Pt'ia e degli sentii di G. q4. Sala 233
^^ '. :~.
b ad essere separate. Domandai se Sua Santità mi
)e permesso di umiliarle qualche progetto, ed ebbi
Sa afFermatìva».
pome il Sala in ogni cosa guardava principalmente
Ica; cosi, a facilitare che il suo disegno venisse co-
ainutò perfino la bolla, con la quale il papa gÙ
Dzione (i). Ma sopra v\'enuti fra questo tempo i
le minacce della pesta colerica, biso»;nò rivolgere
e le cure ad altri apparecchi : perchè la proposta
fa messa da banda. Più tardi però fu riassunta
efice Pio IX e mandata ad effetto (2).
: questo lavoro generale, ne fcci: altri speciali per
listr.izioni separate degli ospedali di S. Spirito, di
ani ad Sancta Sa^ictorum, e di S. Gallicano (3).
esti provvedimenti radicali e duraturi aggiungeva
inua ed esatta vigilanza sul governo dei malati.
opo mostravasi d'improvviso, quando in uno e
i altro ospedale, neirora del mangiare, ed assag-
vivandc; e dove non le trovasse buone e nutri-
•ampognava acremente ed in pubblico i provve-
soprastanti. Egual modo tenea co' medici e co'
orprendendoli dì sovente nell'atto della visita, per
della loro puntualità. Per le quali sue diligenze
che i raeschinelli, ammalando, non abborrissero
:dali, quasi da ricoveri tristi e spietati; ma anzi
voglia vi si lasciassero recare come a stanze con-
:d agiate (4).
.mi D. N. Gregorii Div. Prov. Papac XVI Lìterac Apo-
libus nosocoraiorum Urbis administrationi prospicitur:
», ecc.
proprio della S. di N. S. papa Pio IX sulla Commis-
spcdali di Roma} esibito negli atti dcirArgcntì segretario
giorno 18 settembre 1850. Roma, tip. della R. C. A., 1850.
wi, Dix- d'erud. cccì., LX, 239.
ed pregio avesselo Leone XII per questa sua operosità
^34
G. Ci
Uff noni
Degno altresì di memoria è il caso della restituzione
del vescovato di Ginevra, occorso sotto il pontificato del
Della Genga, e menato a buon fine dalla prudenza del Sala.
L'abate Vuarin, un parroco di Ginevra, stimando oppor-
tuno agi* interessi religiosi del luogo che il cantone di
Ginevra, sottratto alla giurisdizione del vescovo di Losarmn,
venisse eretto in sede vescovile; ne fece proposta al pon-
tefice. La riuscita del maneggio, per le difflcoltA che ne
sarebbero naturalmente insorte da parte del diocesano e da
quella del Governo locale, mostravasi dubbia oltremodo e
malagevole. Fu all' uopo ordinata una Congregazione, com-
posta dei cardinali per senno e per dourina più ragguardevoli;
e furono Severoli, Della Somaglia segretario di Stato, Zurla
vicario, Casriglioni penitenziere maggiore e Pacca, A questi
vennero aggiunti don Mauro Cappellari, che fu poi Gre-
gorio XVI, come consultore teologo, e monsignor Sala
quale mediatore fra i cardinali e il pontefice, e fra questo
e il Vuarin. Stimava la Congregazione, che si dovesse
adoperare in modo con quel vescovo, da indurlo a spon-
taneamente rassegnare il suo grado: era d'opinione il Vuarin,
che decretato senz'altro della Santa Sede quello smembra-
mento, se ne desse notizia al vescovo con invito di acco-
glierne sommessamente la sentenza. Il Sala, entrato nell'ax'-
viso del parroco, riusci con rara destrezza a farlo prevalere.
Sicché il papa, notificata per breve a quel vescovo la presa
neli^amminìstraziono ospìuliera, si può ricavare dai due seguenti bt-
gUettì, scrìttigli dal fratello Domenico:
A) « Il Cardinale (Paccj) ha riparlato per tentare di strìngere,
ir anco pcrchù gli sarebbe commodo un abile Segretario. Il Papa ha
•t continuale le lodi e si t mostrato in angustie pir non aver di chi
tt vaUtsi ndt is^^iito Spedali, ed insieme ha mostrato rammarico se non
u aderisce alle premure del Cardinale j>.
B) a 11 Papa Ha interrogato il Cardinale (Pacca)» Ìl quale ha
«risposto proponendo voi. Il Papa ne è convenuto e ne ha parlato
R con lode. Ha soggiunto però di trovarsi sospeso, perchè crederebbe
« che fosse meglio deputarvi PrésidtnU dc^li Ospedali ».
^ella vita e degli scritti di G» oA, Sala 235
ccisione, non pure non l'ebbe avverso, ma anzi coope-
«ore (i).
La dignid cardinalizia ritardatagli per gli accennati con-
asti del Consalvi, non gli fu conferita né da Leone XII,
tdal costui successore Pio Vili: e sebbene l'uno e l'altro
avessero fatto disegno, non giunsero però in tempo da
porlo ad effetto (2).
Pio Vili, legato a lui per antica amicizia, appresso alla
sua esaltazione lo spedi a Cingoli, sua patria, per recare a'
suoi congiunti la lieta novella (3) ; e alla chiesa catte-
drale di quella città (4), e al santuario Laurctano (5) fece
tenere, per suo mezzo, ricchi donativi.
Toccava ornai il settantesimo anno, quando Grego-
rio XVI, nel suo primo concistoro del 30 settembre 1831,
Io creava cardinale dell'ordine de* preti, magnificandone i
Olenti, ed esaltandone le virtù (jS), La grandezza del nuovo
(0 Del Vuarin V. Moroni, Di^. à'cruL tccl, XXX, 144-246.
" BiiEsciASi A., L'Ebreo di Verona, cap. LVI, Suor Clara.
(2) Il fratello Domenico, il 6 febbraio 1830, scrivevaglì ; « . , . Dal
'tncd«Ìrao (cardinale De Gregorio) avrete saputo che il Padrone
"(Pio Vili) facendo molli elogi, dichiarò ieri mattina al Card. Pacca.
•*»eT5cra allo stesso Card. De Gregorio, che vi riserverà in petto,
"perche questa volta non può fare più di tre Cardinali ».
E tre giorni appresso scrivevaglì: a II Card. Pacca è venuto a
' dimii che ha avuto il permesso dì manifestare che siete riservato
• in peno j».
Hd egli stesso, Giuseppe Antonio, ringraziando per iscritto il pon-
^ce Gregorio XVI, non s\ tosto ne ebbe avviso, della destinatagli
•opliti cardinalizia, così notava: «Se i servigi da me dcboiraente
'prestati alla S. Sede fecero concepire ai due immediati suoi Antc-
•ccssori Tidca di decorarmi della S. Porpora; nò l'uno, aè l'altro
* giunse ad eseguire i suoi disegni ».
(j) MoFON'i, Dii. Seruà. tccl, LX, 258.
(4)lvi. Xin, 174.
f($) Ivi, XXMX, 260.
SattclUsimi D, N. Grégorii div. prov, Papae XVI AUocutio bahita
Utorio Sicnto iU XXX septemhris MDCCCXXXI; Roraae, cod.
^
G. (^g9om.
su» Doa ^ gBJsab Tmmo, at pmUD Io <fistobc dilli
siu consDen opcrosài- E obc iQi comiDai accenda, che
s'zvvm di simfiae k nloBtt e sranate nuxeiie <& mohs
saoe CoDgregasoitt (i), k ad adunanze Gosuntemcoie
finequeuii^Jy recando ocfle ^facusnoni cale bddezia d'idee
e vigorìa <fi discorso, dbe 3 suo parere prevalevi sempre
sa qudb degfi afari; era £ sovcue adoperato dal pipa
come 9QO paròcobr coitfì^ere imocoo a partiti di srrior-
dinarìa imporunza, o oome fvyiitiire di commissìcmi g^
lose. Fra k qoaE è da anuoterarc la pubbBcazioae dei
DocmmiMti rdkern oBc cawftffjguw tMorUjra ìa Satta SA
ja^ ex t^ R. C ÌL Ndb qmik aliyriwìr. eoa il poocefice ad Si^
Orcflò:
• QpSmk attCB ka&vs VcacnèScm Fratrem Bcnrd Ardóep
« scopum, et AfostoEcnai Ncsmmn Kostmm (0 cord. Lni^ L>°^'
« bnisduoi} proM^ptiti smmiSy latfein iMectooi ^oocpK Filtaan " '
• womium Apostolicam Jof»yh«Bi Aiflnntnm Sala Pooti&^
« CoQgngtióom Trìdeatìxue S vik>£ ìnicf|ir«tb Secrctarìum onuss"^
« Xaaa et ipse m nxmm Efclrsàasriramin trartationc trìgiou asDora<^
« spatio sette» miJefcifcye Tcrsatos, dignam se reddidit, qaetn S. R* ^' |
« Cardaulem leuuutiemas^ Is aura cooms datns Ordinali Caprar^^
« Episcopo AesioOi, quando IxgalBS a lascre a Pio VII Luicnim ?*^
m riùorum mi5su5 fait, Legationis ìllias perqium salebrosac ac discn
• minìs plenae Sccretarios; quo ingeniì acuminc, qua sacranim renmf
V sciestìa, qua fide, qua animi firmiuie eminuerìt, oemo Vestnun
a ignorai. Nitiil igitur mirum Praesulem, de quo agitur, tanti a Summo
« Poadfìce Pio VII factum esse, ut idem Pontifex nunquam satts lau-
« dandus eum iticeruni in re trepida a se susceptorum comitem, et
« Uteri suo adhaerentcm voluerit. Congregationura postea Sacris Rì-
«tibos ordinandis, extraordinarìis Ecclesiae negotiis pertractandis>
ff Trìdentìnae S\'nodo ìntcrprctandac gradatim Sccretartas, merita
« sibi ad sublimem Cardinalatus Dìgnìtatem assequcndara, quae la-
«borum Sedi Apostolicae insumptorum merces simul et praemìam
« est, intente cumulavit ».
(i) Le Sacre Congregazioni, fra i cui E.mi Componenti venne an-
noverato, furono quelle del Concilio, degli Affari ecclesiastici straor
dinari, de' Riti, per la rìedilicazione di S. Paolo, della Rcsideiua dd
vescovi, deir Indice, di Propaganda, Particolare della Cina.
ella pila e degli scritti di G. q4. Sala 237
ovfmo francese dzl 1801 al 1814(1). Aggiungevansi
questo i minori, e spesso fastidiosi negozi, che ve-
dai protettorati e dalle presidenze d'ordini regolari,
àcipiy di piijstituti, di confraternite, di accademie (2);
Doi
cumtnti ulativi aìU ccntcitaxioni imcrU fra la Santa Scd4 ed
no francese. S, 1., 1853-34, voi. 6.
Fu UDO de' protettori deirAccademia teologica nell'Università
; socio delle Accademie degli Aborigeni, de'Quirini, de' Forti,
ica. Tiberina, di archeologia e della Congregazione de' Vir-
Pantbcon; aggregalo all'Ordine Certosino, e al Benedettino
se. I municipi di Trevi nell'Umbria {; ottobre 1814), e di Ma-
tBe Marche (26 luglio 183 1) lo ascrissero al loro patriziato.
j^io di Trevi volle così attestargli la sua gratitudine « per
bttcnuta la grazia di potersi liberare dai tanti mali, che sofTrc
Kva3tazioni di questi torrenti » {Lelt. d^ìla pubh, Rappresen-
pr^'i, II ottobre 1814). Appresso (marzo 1819) aggiunse il
inella città altro benefìcio. E fu che con suo pieno consenso
L per Tautorità di un breve pontifìcio del 5 febbraio 1819,
■ al College Lucarini (del luogo) tutti e singoli beni e red-
nrustici che urbani e di qualunque altra» specie essi siano,
Dtì al Priorato di S. Tommaso, e tali e quali sì godevano da
R.ma Mons. Giuseppe Antonio Sala domiciliato in Roma n,
che Icggesi in un foglio privato del i** marzo 1S19, con cui
ùnistratori del Collegio Lucarini si obbligarono, in corrispon-
l tale cessione, dì pagare al Sala, finché vivesse, l'annuo ca-
ducati 215 fissato nello stesso breve. Del qual fatto ù rae-
lella seguente iscrizione, dipinta in fresco, e ornai in parte
;a, sulla fronte di quella chiesa di S. Tommaso, sede dì quel
ì
VII . P. M. I Parenti . optimo j Benignissimc . annuenti |
I Amplissimo . Princìpi . Julio Card. GabricUio | Sacrae .
■egationjs . Concilii . Praefccto | Collegii . Lucarìnì . Trebiì |
»o . praeseniissimo | Juvantì 1 Quod | Per . abdìcationcm
li . Ani. Sala | Proton. Apost. S. Rit. Congr. A . Secretis |
lì . Trebiaùs | Vacans . Simp .... Benefìcium . Prior. | Tit.
omae . Apostoli | Audìtìs . precibus .ve ... . Sodalitiì | Sa-
Q . Stigmitum . S. Francisci . Assisien. j Eiusdem . Collegii .
lìstratoris | Suasìones . seqvvti | Antonii . Mariae , Bovarini .
. Trebiatis | Collegii . in . praescns . Praefecti . bene . de •
roerentis | Eidem . Collegio pieiatc . et . discìpli-
238
G. Cugnoni
ai quali egli, che non era « uno di que' porporati, che
« tutto abbracciano, e poco stringono, e si riducono a pre-
« stare il solo nome » (i), soleva attendere con studiosa
premura.
Ai 12 di febbraio del 1832 mortogli il fratello Dome-
nico, ne prese tristezza indicibile, oltrecliè per ragione di
naturale affetto, per i molti obblighi, che gh aveva come
a singolare benefattore e a spertissimo maestro. Ne scrisse
una Breve noli:(ia con animo di metterne in chiaro le virtù
« nis I Alendam . cum . canone . temporario | Atq. . onerib ....
« adnexura . perpetuo , fuerit | Rescript .... Dat | Anno .
« MDCCCXIX I Sodalitii | Prior [ Et . Consiliarii | Gratiarum . actio-
<' nem | Et . monumentura . lubcnics . meriio ».
Quali i particolari servigi, onde i Matelicani lo ascrissero al loro
patriziato, non m'& accaduto di rintracciare. Soltanto in un atto della
Con^ega^ionc dd Ubro d'oro di quella città trovasi cosi notato:
a Matelica. 5 Tebraio iSji. — Convocala la Cong.ne del Libro di
« Oro» alla medesima sono intervenuti i nobili signori, ecc., ecc. - Il
M Gonfaloniere propone che il lustro della Città è tanto maggiore,
« quanto maggiore ù il numero de'ri'^pettabili patrizi, che sono .iscritti
«nel suo albo. - Rillcttendo che i Mons.ri Sala Giuseppe Antonio,
(( segretario della Concine del Concilio, e Grossi Serafino, Decano
« della Segnatura, se potesse aversi Tonore dì ascriverli nel nostro
«Libro di Oro, accrescerebbero lo splendore del nostro Patriziato;
« b Cong.ne ad unanimità prega la Magistratura di avanzare supplica
« al nuovo Sovrano, onde si degni di farne effettuare la descrizione
fl nel nostro Libro suddetto ».
(Seguono le firme dei presenti).
Spedita nello slesso giorno al card, segretario di Stato la supplica
da presentare al pontefice, quel cardinale, con dispaccio del 12 feb-
braio diretto a mons. delegato di Macerata, segnato col n. 90, notilKÒ
la sovrana annuenza; ma o che quel dispaccio non giungesse al suo
destino, o che quel delegato trasandasse dì dargli corso; la Magistra-
tura matelicana, con lettera del iq maj^gio, tornò a sollecitare dal
card, segretario Ji Stato la risoluzione della domanda. Rispose il
cardinale il 28 dello stesso mese, e chiarita la cosa, segut l'ascrizione
del Sala al patriziato di Matelica.
(0 Appendice al progetto dì riunioru degli ospedali.
'Della vita e degli scritti di G. 0.4, Sala 239
e il valore, e di proteggerne il buon nome dagl* ingiusti
assalti di nemici potenti, e dalle vili suggestioni dì codardi.
É una serie di memorie alla buona « non destinate alla
« pubblica luce, ma che servir debbono unicamente perchè
« a qualunque evento se ne possano cavare i materiali a
«i di tendere l' innocenza oppressa e la virtù denigrata » (1).
l^on mancano però qua e lA d' importanza anche sotto il
riguardo storico, allargandosi spesso ad esporre ignote ra-
gioni di pubblici fatti, e ad esplorare ed apprezzare T indole
e la condotta di alti personaggi. Alla narrazione poi de'
casi del defunto fratello, dalla culla al sepolcro, fa seguito
un minuto ragguaglio delle ultime volontA di lui, e della
accuratezza con cui Io scrittore erede le mise ad effetto.
Giunta non vuota di curiositi, e splendido testimonio della
larghezza e della carità di Domenico.
Nel marzo del 1S34 fu surrogato al cardinal Ca-
prano nella prefettura della Congregazione dell' indice, e
ne! novembre dello stesso anno succedette al cardinale Ode-
scalchi in quella della Congregazione de' vescovi e regolari.
Nella primavera del 1837 era in Roma grande scon-
forto e turbamento per le immense stragi, che il còlerà
asiatico menava nella Sicilia e nel Napolitano, e lemeasi
che da un giorno ^'IPaltro a noi si avventasse. Era perciò
tempo di provvedimenti e di sollecitudini per impedire il
disastro, o almeno per scemarne la veemenza. La ordinaria
Deputazione di pubblica salute non parve a ciò sufficiente,
e sì credè più acconcio al bisogno T istituire una specie
di dittatura sanitaria, la quale con sovrano arbitrio operasse
franca e spedita. Ma perchè riuscisse a bene, voleasene in-
vestire personaggio autorevole, attivo, e soprattutto assai
pratico dei reggimenti e dell'azienda degli ospedali. Qua-
lità, che nel Sala, come risulta dai fatti sin qui esposri, so-
prabbondavano. E pertanto su lui il pontefice riversò Tim-
(I) Br€X'c noti:^a tUlVab. D. Saia cit
240
G. Cmgncmi
measo carico, pomiH wrloip presuknfie ddi Oepuxazic
straoniburà £ piMKca mmliimui. Sebbeae rùvmosi
reocmcdal
rpcaosai
infinto: ea&zi :
iadngjoocaipjiorafficio» «te in opera ogni possibile I
per aSontznarc il cradek flagello; nu nino f\i indarno, e
d'un trtao la dai si rìc^i £ gemid e di c^divcri. C6
non gginrp, egS non si aurri; ma nnrece pigliando animo
diDa sventnra, è incredibik a dire lo sforzo dì vita, nel
quale durò dal mezzo ^osa> alToctobre, quando maggior-
mente la mocìa infixrìava. Coosuitaziom, leggi, prò widoize,
ricorsi, iniezioni sens fine ni posa; a tutto ponea tnente»
nulla, per lieve che fosse, crasandava. Recavasi di frequemc
ai ricetti d^Ii appestati, e con maxa-^ngliosa sicurezza ^^É
ceasi loro da presso per quame il trattamento. Cosi, con^'
piendo ad un tempo le parti di moderatore e di esecutore,
tenea in offizio i tnedid e ì serventi, e coli' esempio ani-
mavali a non temere.
Dileguatosi d'un tratto il morbo per le acque e le
scure autunnali; alla guisa che dopo la batta^ia suol
varsi fra i vinti il rumor grande addosso al loro mal
pitale condotriere ; scagUavansi dai maligni contro al S
i biasimi e le querele di mala amministrazione de* capitali,
di crudele abbandono degli appestati» di difetto di medi<
nali, di trascurati netramenti e purgazioni, e cento ali
accuse di tal fitta; onde lo sfrenato allargarsi del male
impedito a tempo, non curato a dovere, non distrutto ne'
suoi effetti. Dicerie pazze e da non curare (i), come poi
pienamente dimostrò la pubblicazione dello specchio di
tutto Toperato in quei giorni dalla Deputazione sanitaria
da lui presieduta (2). E il papa, per attestargli la sua appro-
(i) V. il Diario di Roma, anno i8j7. numeri 75, 85, 8^.
(2) Statistica di coloro che furono fresi dal choUra in Roma
Fanno i8)j, umiliata alia Santità di Sostro Si^crt papa Gn^orio Xì
dalia Commissione straordinaria di puhhìica incdumitù. Roma, tipografia
Camerale, 183R, ln-4*'.
Ila pila e degli scritti di G, Q/f, Sala 241
I
gli conferi h presidenza deirospedale Ji S, Gia-
in Augusta, la quale sebbene brevemente tenesse,
knon fu indarno per l'axienda di quel pio istituto,
o possesso di quell'uffizio, fattiglisi innanzi chirurgi
iiligni barbuti, domandò, ridendo, se in quei dintorni
chi radesse; e soggiunse: non perseguiure le
ed era la stagione da ciò), ma neppure temerle.
^presso a questo tempo ingrossatiglisi gli umori, fu
da uno straordinario fastidio. Inquietavasì d'ogni cosa,
RI conversazione, rifiutava il cibo, non poteva dor-
rava tuttavia nelle usate occupazioni de* suoi uf-
1 le quali parea non sentisse più il male. Nella pri-
*a del 1839 si portò, per consiglio de' medici, a
.vecchia, donde, riavutosi alcun poco, recossi a Cor-
presso i signori Braschi suoi amorevolissimi. Qui di-
amente aggravatosi, volle tornare in Roma, e vi fu
<no con grande stento, adagiato in una carrozza a
di letto. Giuntovi ai 20 di giugno, cadde imman-
e in profondissimo letargo. Risentitosi sul declinare
■chiese e ricevette i sacramenti : poi, detto ai cir-
m parole di molta edificazione, perde il senno, ne
Tiacquistò. Sul mezzodì del 23 cessò di vivere in etd
B|)resso a 77.
on appena morto, susurrossi per Roma, prima ca^
:Ila sua infermità fosse stato un diverbio avuto col
occasione del nuovo segretario assegnato alia
one de' vescovi e regolari da lui presieduta: e
o perfino, che nel cnlor del discorso il Sala accen-
alla rinuncia della porpora, e che Gregorio gli rispon-
che, posto il coso, l'accetterebbe. Del che forse altri
»l>e ravvisare una riprova nel seguente paragrafo di
i scritta a Giuseppe Antonio dal cardinal Lambruschini
iprile 1839: « La prima medicina è l'istinenza da ogni
tale occupazione, e perciò mi ò rincresciuto, dal piego
mi ha spedito, di vedere che Vostra Eminenza con-
e Cugnoni
a rinua ad occuparsi di affari. A suo tempo ci parlcreij
0 meglio, e fin d'ora le dico nella nostra vera ed anii^
« amicizia, che bisognerà sgravarsi di più cose, onde ne
et compromettere una sanità veramente preziosa, e che imi
0 porta troppo di conser\'are. Convengo che i patemi
« d*animo logorano assai più la vita, che non la fatica me-]
V desìraa: ma come si fa ? Alzar gli occhi al cielo, e cercarl
« di diminuire Tcffetto colla rassegnazione. Io che sono di '
« fibra assai sensibile, so cosa siano le inteme afflizioni e i
« dispiaceri, quelli segnatamente che non dovrebbero aversi,
« e non trovo miglior rimedio di quello accennato di sopra ».
Ma se pure la cosa passò dì tal guisa, la vivacità di un di-
verbio non dovè certo alienare l'animo del pontefice da
chi con tanto studio ed affetto gli si era porto in ogni caso
consigliere fedele, e validissimo aiutatore. In flitiì Gregorio,
uditane la morte, se ne commosse altamente (i), ed affermò
con enfasi, che col mancare del Sala era venuto meno
V Archivio ambulante della Santa Sede (2), alludendo per tal
motro all'immensa copia del suo sapere, e alla prontezza,
con la quale nd ogni più nuovo caso faceane Tapplicazione.
Chò questa fu la più speciale valentia di lui, recare ad atto,
senza indugio, i dettami della scienza, e trarre profitto dagli
insegnamenti della storia. Onde fu uomo pratico per ec-
cellenza, e per questo appunto utilissimo alla Chiesa ed allo
Stato, la quale e il quale delle teoriche e delle astrattezze
non saprebbero che si fare. Ma di ciò e già detto abbastanza
nelle presenti Memorie : e ora piuttosto è da volgere il di-
scorso all'indole e ai costumi suoi.
Sorti Giuseppe Antonio da natura ingegno vasto e spe-
dito, cuor generoso e oltre misura sensitivo; e queste n.i-
turali disposizioni, già ottime di per se, col lungo esercizio
perfezionò. Negli studi sdegnava la mediocrità, e sforzavasi
I
I
^eìla vita e degli scritti di G. c4. Sala 243
alla eccellenza, e certo nei sacri la raggiunse. Delle reli-
giose credenze tenacissimo, non però aveva in sospetto il
progredire della scienza, né mai si addisse a metodi e a
scole speciali per modo, da non ammettere, che fuori degli
uni e delle altre non si potesse investigare e raggiungere
'a veritA. Il perchè, sebbene imbevuto in sin da giovanetto
della filosofia tomistica, non tenne il broncio alla novella
del Rosmini; ma anzi non appena la vide nascere, e tosto
ne ravvisò la convenienza, e ne presenti vantaggi alla fede.
Ancoraché delibane dello scrivere, colpa della falsa istitu-
zione d'allora, mostrisi in tutto digiuno; pure nel suo det-
tato trionfa il grande principio Condillacchiano dd più ser-
^^o legamento delle idee, e in ninno scrittore meglio che in
'tji SI avvera il motto, lo siile esser Vuoìno, In modo dal suo
^P^gHato periodare trasparisce quella schietta candidezza
I *l'animo; onde mai non si sarebbe egli indotto a velare i
propri pensieri, e a non dire le cose altrimenti da quello
E^he le sentiva (i). La quale inclinazione congiunta a viva-
* (>) Non voglio omettere su tal proposito di qui trascrivere alcuni
p^nodi di una liberissima memoria, che egli fece teucre nel maggio
P*' t8<x) al nuovo pontefice Pio VII :
« B.mo Padre,
■■ un'anima ohremodo sensibile ai mali gravissimi, che affliggono
* *^nto tempo il principato e la Chiesa, aveva concepito le più
^^X^ speranze che l'innalzamento della Santità Vostra al soglio
•P'^or.ìficio segnar dovesse l'epoca fortunata di un nuovo ordine di
"^*er. Questa dolce lusinga però non incomincia fin qui a realizzarsi.
** *^* i luogo a sospettare fondatamente, che le buone intenzioni di
'*>xtja Santità rimangano vuote di effetto, e che tutto vada di male
F*^ggìo, quante volte la Santità Vostra non apra gli occhi per
■ ?^^»~<Jarsì dai lacci, che forse le vengono tesi da quelli stessi, che
* ^^'-^perar dovrebbero al comun vantaggio, e alla gloria di Vostra
«bat^Vjti, Degnisi pertanto dare un'occhiata a questi brevi riflessi
« uscit; j^Hj penna di chi non arrossisce di parlare il linguaggio della
« ^w'xti, e riferisce soltanto per impulso di vero zelo ciò che a tutti
pKb
244 ^' Gigioni
chi ci spirlr sovri^roniinre, ficealo dì sovente aspro ed
imperuoio zel r2c'-::i-ire (x); nu poi subito se ne penava,
e a chi ive&>e bnvaro riiJoppLivi i ùvori; perchè lo di-
cevano il hurrr^: ri^.'rJvV. Alla sìmigaanza di Giulio Agri-
cola, del quale racconta Tacfto, che e fu da alcuni tenuto
< è scto, q • i'^-^^^ie pryr«ril=e=:e ìgacno in gran paitt alla Santità
« Vostra.
< Se:i£a Tarlare idl'ìsnsix iicer'e ongxnate dal sapersi che o^
» l'utinso Cocclave soao seguìd lì sclic pettegolezzi e ^ antic»
« TTìar.e^., e che : Cariinali p>er la nuggior parte nalla profittai^^
< ielle frinii leziczi iate loro ia Dio per mezzo delle passate c^\
* miti, $crc i:: tirtc e ptr tetto gli stesa di priioa, si rimarcano ^^
T volo le sesr-e=d co^^e.
e Le persele iabhe=c acn cessano dai loro {nanti, e Roma O****
« Itsda i: niorrcorare, di rilevare che anco sotto Tattuale pontific-^^^
r li r^oni harzo raciSe accesso; che il r^no de'Braschi connna^^
r cr=:e per I2 didietro: che le cose anderanno di male in peggi»--'
e Ecz^. 3eat:js:n:c Paire, b nuia verità esposta con tanta m^^'
r per zzz.T.S;,nzi, cu::r.:.'c>.> 5i crci=: che la Santità Vostra ami .
r cc-cscc:U. S:- :<c. — .: i; vy.u:x-e cuesu a-.-visi, nò J:a ascolto x0r]
- 3Ì;Ji:.-rl. r rif." iz\: =l-ci. che le vc--^ono tr'butati. Non vi fu C^''^
« ne avesse rlj i: ?:,"' VI. =rrure e notv*» quali fossero i clamori, c^^
- so'le-.Mrw^r-5; cr-tr." i: 'u'.. "is^lnie nezl: ultimi anni del suo poaf '
? f.cato. R.T.-.j. i5r;r.c i- V^sri Santità cose grandi: che i comuf
- vo:: rini:;r.ì:a-,- liir.:?-:;: c::c :" vì^ìo sìa depresso, che la virtù ed
- il n:er;:c' arrì-Uv-* '\\ rrc:":."; che vt-nga per sempre chiusa la bocca
alla n:cnr^ìrr.i e -'.r^iu-^zionc, e s: ascohì soltanto il linguaggio
- della verità .
\\) Gaetano .\C:r:-: :r. u-a lettera cel ;: gennaio iSSi scriveami:
. Quanto i\.,x :;:j. :.: ./.'.;; .:: -j" ;.*"J--;.V, che (dcc*ilo di sovenU
u u--.?'v i\ì :":.\:.,:.: ':/, .1; : .j*-;: nella n;:a stanza al Quirinale, adia-
«i cerne j*.l.» ;v::tinc;.i. :ì*c>b: ur..; rrrvi notevole e personale in sul
.- punto Je!!.*- scrpio in Roma ce*. Cv'^lera, perchè vivacemente soste-
i. nendolo avvenuto col c-!:no ciràìnal Ganiberini, segretario per gli
.< altari di Stato ir-.tem: e preside del'.a Congregazione speciale sani-
« tana di tutto lo Stato pont:::cìo, »;i:el prefetto dì quella della S, Con-
c sulta; questi ri:npui:nàva: essenùo :o solo vtJì loro, ebbi timore che
« venissero alle mani ! »
ila t'ita e degli sentii di G, q4. Sala 245
;ieDe bravate, come piacevol coi buoni, cosi tcrribii
i a* malvagi: ma dopo nulla di collera gli restava,
pericolo ch*ei si stesse più grosso: stimando aver
;1 buono l'ofFendere, che l'odiare a. Tuttoché for-
nediocre fortuna, cui non potè accrescere coi pro-
igli esercitali uffici, perchè tutti « o di tenue, o di
molumento» (i); pure nello spendere non fu scarso,
e mai meno al decoro del suo grado « e fece sempre
figura, ed invalse l'opinione che fosse uno de' pre-
ii ricchi » (2). Magnifico poi era in tutto ciò, che
al culto divino, per la qual cosa la sua privata sa-
l*ori, d'argenti e di preziosi paramenti in singoiar
splendeva. Pose insieme un'assai copiosa librerìa,
rendo, legò ai gesuiti, e che quindi andò incorpo-
bihlioteca Vittorio Emanuele. Edificò il campanile
Maria della Pace, suo titolo cardinalizio; alla ba-
beriana, della quale fu prima canonico, e poi car-
ciprete (3), donò una muta di candelieri di metallo
d valore di quattromila scudi (4), e oltre la metà
10 di un nobile baldacchino del costo di settecento
sava larghissima carità ai bisognosi, liberalmente
rimetteva, e facevasi pure talvolta avvocato de' suoi
; come avvenne di certo cameriere, che, rubatogli
iomma di danaro, fu per le sue autorevoli premure
alla galera e messo in temporaneo esilio, durante
sovvenne l'infelice famiglia del ladro con stabile
Kpnsile (5). Piacevolissimo nel conversare, spes-
Bffoii^id ddVub. Dom. Sala cit.
W- Abitò signorilracntc per lunghi anni, in fino alla mone,
alazzo Impt^riaii ncUa vìa Jc' Barbieri, composto di ire
iBrtamenii e stanze terrene vastissime.
WONl, Z)i^. iVtrud. tccl, XII, IJ5.
L seguente lettera, del 3 agosto 1S55, a monsignor Ciacchi,
^etia H, Società romana Ji storia patrta. Voi. XI. 1 7
2^6
G. Cugnoni
seggiava in motti ed arguzie, che spontanee gli correano
sul labbro. Vestiva netto ed elegante, e delle foggie
governatore di Roma, raccogUesi quanto virtuosamente il derubai
si facesse avvocalo del ladro.
« n premuroso interessamento, che V. S. lU.ma e R.ma tni ba i
« mostrato nell'amaro frangente del furto domestico da me sofferto^
« e nelle gravi angustie che provai per pìd mesi, non avendo dati
<( sufHcienti per rintracciarne l'autore, siccome eccita in me la più
u viva gratitudine; cosi m'ispira la più estesa fiducia ch'Ella voglia
« prestarmi la sua mano adjutrice per dar termine a questo disgusto-
tt sìssimo affare.
« Rammenterà V. S. Ill.raa e R.ma che la Santità dì N. S. nel
«sentire l'accaduto, e nell'essere ragguaglialo della mìa dolorosa po-
« sizìonc, per un tratto singolarissimo di Sovrana Clemcn/a, le con-
ci feri illimitati poteri per ammettere al benefirio dclP impuniti, per
« agire anche in via economica, e per fare tutto quello che contri-
« butsse a sodisfare i miei desideri, e a rendermi la perduta calma.
ff II Reo Giovanni Toccaceli, che da molti anni trovavasi al mio
« servizio in qualità di Cameriere, prima che si procedesse contro di
« Lui, mi fece giungere qualche indizio per mezzo di Lettere anonime,
u e manifestò apertamente in seguito la sua delinquenza al mio Sc-
ff gretarioi e anche a me, facendo poco dopo una eguale Confessione
tt innarui al Giudice Processante.
« Le prove da Luì somministrate fecero conoscere avere Egli solo
e commesso il furto senza alcun aiuto di complici, e cosi dileguan-
M dosi ogni sospetto su gli altri mici famigliari, sMmpedl il loro ar-
n resto, al quale tanto ripugnava il mio cuore.
« Sembra quindi che il Toccaceli in forza Selle promesse, ch'erangli
"State fatte, possa godere del beneliiiio dell' impunità.
« Restava la seconda parte, cioè il discarico del denaro involato,
« e la restituzione della somma tuttora esistente in potere del Reo.
« Non può impugnarsi che sulle prime la sua confessione non fu sin-
n cera, quantunque si prestasse senza dilHcoltà ad un atto legale, in
c( cui enunciò l'intero ammontare del furto, e obbligossi alla rcstitu-
« zionc. La renitenza a manifestare tutto schiettamente produsse il di
« Lui arresto, dopo de! quale non tardò a svelare quanto rimaneva
<' tuttora in essere, rendendo anche ragione del di più che aveva dis-
'< sipato principalmente nel giuoco del lotto.
4 Frutto degl'indizi dati dal Reo fu la ricupera di oltre a mille
« scudi, e l'assicurazione di altra somma di poco inferiore alla prima,
" cosicché verrò io a ricuperare circa la meti del dabaro involatomi.
'Della pila e degli scritti di G. cA, Sala 247
suo grado era piuttosto studioso^ e Gaetano Moroni (i)
notalo come uno degli ultimi porporati, che indossassero
l'abito viatorio cardinalizio. Ebbe mezzana persona, volto
virile ed ordinariamente grave, carnagione fresca e tendente
li bruno, fronte alta e spaziosa, morati i capelli, che al so-
praggiungere della vecchiezza non imbiancarono, folte e
prominenti le cigUa, occhio nereggiante, vivissimo. Tutto
insieme, allorché mori, avea apparenza appena di cinquan-
t'anni, sebbene ne contasse settantasette. Il suo corpo, im-
balsamato, dopo le consuete solenni esequie in San Carlo
« Io considero questo articolo sono Taspetio di un mio privato
• MiUrcssc, e se protestai fin da principio di esser pronto a ricom-
• prare la mia quiete a qualunque costo; è facile persuadersi che non
I " mi cade neppure in pensiero d' insistere per la restituzione totale,
'che d'altronde sarebbe impossìbile ad ottenersi.
• Dunque il Fisco per questa parte rimane esoneralo da ulteriori
■ procedure, e se il rilardo dell' intera confessione del Reo fu meri-
• tcvole dì castigo, crederei che fosse punito abbastanza mediante la
^actcQzione in una segreta, che ha sofferto sin qui.
■ Mi avanzo quindi a pregare fervorosamente che il Toccaceli
Jt^en^a dimesso dal Carcere, e solo ardirei suggerire, che sarebbe
■ tJpedicnte lo allontanarlo da Roma anche per suo vantaggio, mentre
•^"i non troverebbe come impiegarsi, essendo troppo conosciuto, ed
• cuendosi troppo divulgato il suo delitto.
* Spero che V, S. lU.fia e R.ma sia per avvalorare le mie Sup-
• pliche, riportando dall'Animo clcmentissimo del S. Padre la grazia
■che imploro, non solo per quello spinto di mansuetudine e di ca-
.inti, che tanto conviene al mio carattere; ma ben anche per il mio
■ proprio interesse, avendo in questo triste avvenimento troppo sof-
• ferto LI mio spirito, non senza notabile pregiudizio di mia salute.
«Ho positivo bisogno di tranquilli/ranni pienamente, e aspetto questo
«favore dalla Sovrana benignità.
• Ella nel coadiuvare radempìmento de' mìei desideri aggiungere
«OD nuovo titolo a quei sentimenti di distinta stima e di viva rico-
i «oosccnza, con i quali mi confermo nel baciare di vero cuore le mani
« Ser.*" Vero
« G. A. Card. Sala «.
(i) Dii, d'md, iccl, XUh 1)7'
248
C. Cugnoni
a' Catinari, fu deposto in Santa Maria della Pace, suo rir<^^
cardinalizio, dove poi il nipote erede Pietro Sala gli erc-^^*
dalla destra della porta principale del tempio onorato ir'
aumento (i).
(i) Ke dettò Pelogio e U iscrizione sepolcrale il P. G. B. RoU
delle Scuole Pie ne! modo che segue:
« Ellogium * Josephi * Antonii ■ Sala | S • R * E • Presbyicrì ■ Ca
a dinalis , Plumbeo * tubo ' inclusum * et " cura ' corporc * conditun^^
ttjoscphus • Antonius • Sala | Presbyter • Cardinalis ' titulo * Maria
tt Pacifera.
« Hic . Romac . VI . Kal. Novcmbr. . Anno . M . DCC . LKH ^
rr Joscpbu . Sala . et . Anna . Saccheitia . parcnùbus . Iionestìssioùs . *
« ortus . humaoioribus . litteris . ac . phitosophicls . disctplìnis . in .
K Collegio . Romano . egregie . excultus . Theologiae . laurcam .
« Domìnicanis . ìnstitutoribus . summa . ìngcnii . laude . meritus . est.
tr Saccrdolio . initiatum . et . rcligionis . studium . unìce . anhe-
« lantem . Petrus . Antonius . Tìoli . V . C . a . quo . sumraopere -
« diligebatur . ad . negotia . ecclesiastica . pertractanda . usu . et .
<r cxercìtatione . informabat . Quantum . vero . in . illa . palestra .
V profeccrii , comprobavit . evcntus,
u An . M . DCCC . I . Adjutor . ab . actis . Card, . Joanni . Baptì-
« stae . Caprara . in . Gallìas . Legalo . in . re . tam . salebrosa . et .
« piena . discriminis . animo . invictissimo . adeo . perutilem . Ecclc-
a siae . Caiholicac . navavìi . opcram . ui . si . natio . illa . civili .
« ab . aestu . resìpisccns . avitam . religioncm . retinuit . haud . sua .
« taudis . parte . Josephus . noster . fraudandus . sit.
tx Reversus . in . patriam . dum . ad majora . vocabatur . sen^t .
<f tyrannidcm . Cymaei . hostis . qui . Pium . VII . Romana . Sede .
cr cxturbavcrat . crudclitcr . comprclicnsus . coactusquc . exulare .
ff inops . crrans . gravis5ira«s . maximasque . toleravit . aerumnas .
« Sed . animum . propositi . tenacissinium . ncc . blanditiae . nec .
« mìnae . ab . adjuunda . Ecclesia . et . captivo . Pontifice . Maximo .
« per . epistulas . consulcndo . numquam . dimovere . potuerunt.
« Pace . per . Principes. foederatos . An . M . DCCC . XIV .
« felicìter . parta . inlcr . Antistite? . Urbanos . et . BasiUcae . Ltbe-
u rìanac . Canonicos . adlectus . difficile . dictu . est . quot . quantos-
uquc . cxhantlaverit . labores . in . Dioeccsum . calamitatibus . re-
« parandis . in . viror. . rcligiosor. . Ordinibus . resticuendis . ac .
u rcformandis . ìn . christianae . reipublicae . rebus . per . Orbem .
« prospere . componcndis . quorum . omnium . pars . magna . erat .
T)eìla vita e digli scritti di G. Q/1. Sala 249
)uestc brevi Memorie non saranno vuote di animac-
lento per coloro, che dedicarono la vita a! servigi dcUa
a romana. Modello più acconcio di dottrina, di zelo e
interessatezza difficilmente potrebbe all'uopo immagi-
modcritor . Praeter . alta . quotidiana . extra . ordinem . nc-
L . fuii . a . Secrctìs . Sacri . Consìlii . legitirais . rìtibus . co-
cendis . et . Trideniìnb . decretìs . interpretandis . Quae . mu-
. praectarissìme . obivit . ac . idcirco , Pio . VII . Leoni . XII .
Vili . Pontificibus . Maximis . acceptissimus . probatissimus.
'am . eximiis . ornatum • meriiis . Gregorius . XVI . P. . M. .
» Kal. Oclobr. . Anno . M . DCCC . XXXI . in . Patrum . Car-
jom . CoUcgium . plaudente . toto . Orbe . Catholico . coopia-
M < purpura . fuit . praemium . virtutis . con . arrha . quìctis .
un . fertne . foit . in . Urbe . Sacrum . Consilium . cui . non .
tU9 . et . in . quo . plurimi . non . habita . sencentia . cjus .
ocn . Sacro . Consilio . Libris . notandts . deinde . Negotiis .
Oporum . et . Religiosorum . Ordinum . cxpcdiendis . sapieo-
le . praefult . Valetudinartum . depositorum . soilìcitudine . ac .
ntia . rcfccit . Nosocomium . Joanaianum . Lateranense . Col-
. Foeminarum . a . misericordia . adauxit . deditque. leges .
ssimas . Templum . sui . tituli . pretìosa . supelleciile . locu-
li . Cholcrica . pcstilitaie . per , Urbem . grassante . An. .
>CCC . XXXVII , praepositus . publicac . incolumitaù . tucn-
Dpe . providentia . Consilio . fovit . aegrotos . egcnos . erexit .
ti . defuit.
sce . tam . diuiumia . tam . improbis . Uboribus . defatiga-
:uin . pcrtinax . herpes . quo . jaradiu . iaborabat . ex . epidcr-
in . interiores . corporis , partes . pcnitus . recessissct . gravius .
are ^ coepit . Accedente . morbo . regio . frustra . adhibitis .
ae . artìs . praesidiis . mortem . vitae . consentaneam . pie .
. foniier , oppeiiii . ingenii . bonorum . omnium . mocrore .
:aL Jul. , An. . M . DCCC . XXXIX.
r . nihil . ad . assentationem . omnia . ad . veritatcm . lo-
. pietate . in . Deum . benignitate . in . egenos . innocentìa .
a . scientia . divinarum . rerum . spectatìssimus . adversis .
itatum . Buctibus . immersabìlìs , fulgens . intamìnatis . hono-
io . hoc . unum . semper . intendit . ingenium . cogitationes .
. et . operam . ut . Sedis . Apostolìcae . jura . tuerctur . di-
ìm . amplificaret.
Ivc . Coelo . rcccpic . salve . inclyte . Josephe . luorum . me-
aso
G. Qtgwomi
BSB. XoB ihlHinìh gtk i Sah 3 sucrdozio come scala a
sabv; sa si cone antogo fuimii, oè da altra speranza
coofartsto» die <fi mu eterna mcroede di li della tomba
Che se JDche sa ^oesta sena aon gli mancarono agi
omOD, c^ ceno wm E cercò» e anzi si può adènnarc»
Elesse di osto per non a^criL Lonamssimo dal simular^
e dalTadalarìey le àac pessime, più osate e sicure arti Jegl ^
ambiziosi; £s5c scnpcr con crisdaso coraggio tutu e^
xpcnz la Tcriti, a costo anche dda vita. Non andò ma^
a* versi de* grandi (i), e bg^ ogni mostra di troppo ligi^
«et. 4
. pmw.uio . iisfixa . aniino . oostro
nus . cnnit . in . hooore . apud .^^
ma . procDcrìtis . sQebit . postcritas «
oralo I Cirdtnalis . Sila | In . tcm-'
• Epfftapltinai [ nBcripCBB . fiBBi
• pio \ Marìae . Sascoc . a . Fmc
< Qrìcti . et . mcmorìac \ loscphi . Antooti . Salac | S. . E. . R. '-
■ Presbrterì . Cxn&tafis | Ingeaìo . doctrìoa . religione . pìetite . io — '
« i^nis ! Qvi vIiittH , miìiùeqre . propvgnaior . aceirìmvs [ In .
« Gallica legatioiic . Card. . Caprarae . adinor ApostoUcae . Sedù .
« ivra I Exìmìa . anìactì . magnicrdine . ccmstantia . adscrvìi \ Div-
« tvmis . taborìbas . per . adversa . praesenixn . tenipora | De . Ca-
■ tbolica . Ecclesìa . egregie . meritrs . est | Plvrimìs . vrbanìs . va-
li letvdinarìis . regi^iilìs . Antistes . datvs Stvdiosissimam . diligcn-
« Qssimamqvc . pracstitit . opcrara A . Gregorio . XVI . PonL M*x.|
« In . Pfttrvm . Cardinalivm . CoUegivni . cooptatvs ) Archipresb)'tcr.
« Liberìanae . BasUicae | omnibvs , fere . Sacm . Coosiliis . adscri-
« ptvs I Hraefvit . primvtn . Sacro . Consilio . libris . noiandis | Dem.
a alteri . negotìis . et consulc. . Epbcopp. . et . Sodd. . Relì^osor. |
« Cholcrìca . pestilitatc . Komam . depopvUntc | Fraeposiivs . pro-
« videniissimvs . extra . ordinem , Pvblicae . ìncolvmiiati , tvendae |
« C-v-nctis . mvneribvs . honoribvs . sancte . perfvnctvs | Singularì .
«in egenos . liberalitaie . cnit\ii | vixìi . a. . LXXVl . m. . Vili . d..
« XXVI I Decessìt . dolor . et . Ivctvs . bonorvm . ooinivm | IX .
« Kal. . Ivi . Anno . MDCCCXXXVIIII | Hoc . in . tempio . sede .
n titvli . sui I Quod . mire . dilexit | Ac . praetiosis . omnis . generis .
a donariìs . locvpleiavìt | Condì . Tolvit | Pctn-s . Sala «jvcs . pa-
1 truo . optimo . B. . M. . P. . C. ».
(0 Veggasene un esempio a pag. 289 del voi. XLIX del Di^.
à'trud. tccl. di Gaetano Moroni. In una lenera dell' 8 ottobre i
^ella vita e degli scritti di G. Q^. Sala 25 1
soggezione, serbando ognora in faccia all'autorità 0 pregiu-
dicata, o prepotente la dignità dciruomo e del sacerdote.
E da ciò si chiarisce come un personaggio di cosi alto va-
lore non fosse premiato con la porpora che settuagenario,
dopo essersi affaticato per più di quarant'anni in prò della
Chiesa e dello Stato, e in negozi di massima conseguenza;
entre tanti altri, meo degni, o disutili, sono pressoché
nnberbi portati a volo a qucH'altezza, Non fu avido di ric-
chezze, e non ne ebbe, né si valse della sua autorità e del
suo credito per fabbricare tumultuari patrimoni ai con-
giunti (i): e i modesti proventi degli esercitati uffici volse
sempre al decoro del suo grado, ai servigi del culto, al
sollievo de! prossimo. Attese con diligenza ed assiduità ma-
ravigliosa allo spaccio degl' infiniti e spesso gelosissimi ne-
gozi si ordinari delle sue cariche, e si straordinariamente
commessigli; non dandoli punto a studiare a consulenti o
uditori; ma di per se stesso esaminandoli e rivoltandoli per
'gnì verso: e dove a tale ricerca gli venisse meno il giorno,
oseguivala nella notte, togliendosi dagli occhi il sonno,
"cl quale ebbe sempre pochissimo bisogno ; come fu altresì
del cibo, che prendeva scarsissimo, e non bevea vino. Per
^•J modo accadeva, che alle sue determinazioni altri non
potesse far mai censura, e che ne consigli delle Congrcga-
itoni il suo voto sempre prevalesse. Lo che davagli fra i
^■P^'l^ghi una certa autorità universahiiente riconosciuta,
^W^IU quale però egli non abusava procedendo tronfio e con
^B'^ di protezione, come usano i dappoco fra le pieghe e gli
I mor\^ Polidori, segrcurìo del Concistoro, cosi scrive : a Fo nella
•mia piccolezza mi glorierò sempre di essere stato neglìgentato,
•pcrcliè nemico acerrimo dell'adulazione e sostenitore imperterrito
^atU^ verità, a fronte anche de* potentati della terrai».
\} J Del suo modesto patrimonio, oltre ad alcuni ledati in danaro
l w robe a congiunti, amici, famigliari» chiese e pii istituii, chiamò
cicde fiduciario, con tesumento del a8 ottobre 183}, il suo nipote
VFitfTO Sala.
252 G. Cugnoni
svolazzi delle sete paonazze e porporine; ma trattava eoo
tutti alla buona, e spesso scherzevolmente» da parere tal-
volta per poco rude e disadorno. Sostenuto, ma manieroso,
coi suggetri; riser\-ato coi supplicanti, difficilmente promet-
tcva, ma dìtficilmente pure non esaudiva : e morendo si
consolò u che non gli rimordesse la coscienza di ninna vo-
ti lontana ingiustizia ^.
Cosi, passando per questa vita, compiè Giuseppe An-
tonio Sala le partì di sacerdote santo ed operoso, al quale,
pel bene della Chiesa, è desiderabile che molti si rasso-
miglino.
G. Cugnoni.
■ DOCUMENTI MILANESI
INO A PAOLO II E AL CARD. RIARIO
L Cicco SÌ9nmutta e papa Paolo II
(1470-
(t Cicco Sr.HON'ETTA « per grandezza e per lunga
pratica eccellentissimo», come ebbe a proclamarlo
J il Machiavelli (r), non occorre tessere la biografia,
note sono T opera sua quale segretario dei duchi
co e Galeazzo Maria Sforza e la miseranda fine sugli
1 castello di Pavia nell'ottobre 1480. Fu uomo dot-
e d'una fedeltà a tutta proYa(2).
;rò prezzo dell' opera comunicare una importantis-
tera diretta dal Simonetta, ai 19 febbraio 1471, al-
:iatore milanese Antonio de' Bracelli in Roma, colla
scagiona delle accuse mossegli da papa Paolo II.
ettera ò lunga, ma altrettanto interessante per la
za che ne traspira, congiunta a talune particolarità
mascè ignote. Porta la firma autografa del celebre
io calabrese, ma il testo della lettera 6 calligrafia di
ietto alla cancelleria ducale sforzesca.
ajde
. fioreniimt VIZI, 405.
ILARI, MachiaviUij I, 39.
Vib iieita R. S>cietà romana Jt storia patria. Voi. W, |8
2)4
E. zMoila
I principali appunti mossigli dal papa, e che Cicco ri-
batte, ci sembra vittoriosamente, erano di poca gratitui
verso Paolo II per i benefici resigli; di scemato inti
per le cose pontificie, e di eccitamento del duca Sforzai
scrivere in mala parte del papa al re dì Francia. Rimpi
ravaglisi altresì d'essere amico del re Fernando d'Araj
qualificandolo degna razza di calabrese, peggiore delU ni-
politana !
I lettori dQÌVJrcbivio consultino attentamente la difesa dd
Simonetta. Il documento giover;\ egualmente per la costui
biografia come per quella di Paolo II, morto pochi mcS
dopo dalla data del documento (agosto 147 1), e la fine «1**,
quale tu accolta da' \'enczinni, suoi concittadini, con gauii*
fuor di misura, « Non si poteria dire quanta festa ha fic^
« questa citi universalmente de questa morte (scriveva
« Sforza il suo oratore in Venezia, Gerardo Colli, ai 2 ag
« sto 147 1) (i), io me ritrovay qua ala sua creatione, m-
0. niente fu la alegreza de alora ad quella della morte, I\
« Siwui si havcsaro recuperato Nci^roponte mvì haverìano pili
« gaudio et ano scripto ad Roma a tutj li lor cardinali amici
« vogliano far capo et ellegerc Niceno greche 0 (il Bessa-
rione) (2). Ma riuscì Sisto IV savonese.
Ed ecco la menzionata giustificazione di Cicco Sim-
netta.
Magnifice et prestantissime doctor, tanqunm frater honorandissìme*
RitrovanJose de presente la Magnificentia Vostra presso la Santità
de Nostro Signore m ò parso conilJentementc darvi faticha de expo-
nere Alla Santità Soa la risposta de alcune cose che quella ha havuto
ad dire con diverse persone, ci in diversi tempi, circa li facti mei,
comò intcndarctc qui de sotto. Le quale cose ve sforzareti fargli bea
(1) Arch. dì Stato di Milano, Potente estere: Vetu^ià.
(2) Per la scissura di Venezia con Paolo II (Barbo) vedi il Ma^I
LiPiERi (Annali Vemti) e gli altri autori. Supponiamo que* fatti a co-l
noscenza di chi ci legge.
Taoh II e il Cani Telano
^55
ndere, cxponendole con quella revercniìa et humilità che se con-
ne al Sumrao Pontifice, et come me rendo certo che per vostra
nma prudentia sapereii meglio cxponere et dire che non vi saperìa
pd scrivere, ne ricordare.
'Elègiibon pcz£Oche prefata Santità ha dieta che quella è scmper
ataben disposta verso mi in compiacerme, et che da Icy ho havuto
olti benelìcìj et gratie, et tra le altre cose me haveva compiaciuto
■atis de una dispensa matrimoniale, quale non seria facta ad altri
' joo ducati, ma che mi non riconosceva ali bisogni) li suoy be-
Acìj, cio6 in non essere stato fautore alle cose soe; et che la San-
I Soa Jesijderaria eh io me disponesse ad dare più favore alle cose
: Sancia Chiesia et soe, che non ho facto per ul passato. Ha etiamdio
icto chic ho dicio male de Soa Santitii et che ho confortato questo
OJtro III "° Signore ad scrivere male de quella alla Maestà del Re
i Pranza: et con alcuni altri ha havuto ad dire eh lo son più affectio-
> ^la Maestà del Re Ferrando che alla Santità Soa; et demum
"« li Siciliani hanno fama dossere cativi, ma che se impìchariano
pei la golia, se li Calavrcsi non fuosscro più cativi de loro ctc. Delle
«luilc cose ne ho preso non pocha admiratlone, perchè diete cose
Jono edificale ci suggeste molto longo da la verità.
Euespondendo prima alla parte che Soa Beatitudine dice haverme
«cti de molti benelkij, et tra li altri haverme compiaciuto dessa di-
spensi matrimoniale eie. e vero: vedendo mi in simile caso, corno
*"i'I mio, che ! papa non si rende difficile ad concedere tale dispense,
■^^-'l^c quale ne ha compiaciuto et compiace ogni di ad molti, fu sup-
plicato ad Soa Santità che se dignasse dispensare tale gratia, crc-
(Icndomc non dovesse denegare quello che senza diiBculià concede
*^ altri. La Soa Santità me tene in pratica ci sp.icio circa sey mesi,
■^f^strandose alle volle bene disposta, et interdum gli ingeriva delle
^^"icultjte che non accadevano ad proposito. Puoy dixeche dovendola
^e oc voleva mille ducati, se reduxe deinde alli octoccnti, tcrtio et
°hÌroo alli 500. Ex quo vedendo che ogni di gli emergeva qualche
lJ*ova difficultà, fu necessario che lì ambaxiatori del 111.""* Sig." no-
I che ad quello tempo se ritrovarono lì, ne prendessero cariche.
^' rie liavcndo havuto la cosa in pendente tanto tempo corno è dicto,
Miicm per el mex/o de dìcti ambaxiatori me concesse gratis dieta
0Ì5pcnsa^ la quale per essere stata molto tempo in dilationc, non ha
pirturito fructo alcuno, immo panunto ci contrario del bisognio. Che
«jiunJo l'havcsse facto al principio, come poteva, havrla operato l ef-
/ceto suo. Siche dove la Beatitudine Soa se credeva haverme facto
uno singulare et relevato beneficio, lengoche per U tardità soa me
bibia facto el contrario.
256
E. Sciolta
Appresso che la Santità Soa voglia dire haverme compiaciuto de
1 abbadìa de S.*'* Bariholomeo de Pavia per uno de li mei hplioli (i):
dico con debita reverentia, che de questo el mio ni.*"" Signore ha
supplicato alla Santità Soa, ^t ad luy quella mha compiaciuta, siche
con bona venia de Soa Santità dico chel mìo Signore ne è obbligalo
ad quella, et io ad Soa Signoria et non ad prefata Santità. H.wria
ben havuto ad caro et reputato per gratia da Soa Santità quando li-
beramente me havesse conceduto che dieta abbadia fuossc conferita
ad mio figliolo legitimo, corno fu supplicato prima, ad che havcndo
la Santità Soa facto difficulta per rìspecto della minorità desso mio
legitimo (2), è vero che mcsser Augustine Rosso l obtcneic per Gui-
dantonlo mio fìgliolo naturale, ad questo efl'ecto che Soa Santità puoy
da \\ ad uno pezzo la conferesse ad dicto mio legitimo. Per il che fu
reiterata già mesi xviij la suplicatione ad Soa Santità et quella vac
fece respondcre eh io vedesse, che tucto quello che la poteva fare
circa ciò, salva conscicntia, era contenta de farlo volentieri. Fece fare
uno consiglio examinato et sottoscrìpto de mano de sette sive octo
dociori theologhi et canonisti, quali tucti concorrcno in questo pa-
rere che Soa Santità può dare in commenda ad esso mio ligtiolo le-
gitimo dieta abbadia, non obstante la minorità, distribuendo in tre
parte le ìntratc dcssa abbadia, quale è circa ducati seycento: cioè U
terza parte atli monaci per ci vivere suo, 1 altra parte per la fabrlca
della chiesa et I altra terza parte ad esso mio figliolo. Et non havcndo
la Santità Soa fin qui facto altra expeditione circa ciò, non so se de
quello che facilmente compiace ad altri, che è de consuetudine et
recusa farlo ad me, debba mettere queste cose nel numero de li be-
neficij che quella dice havermi facti. Confesso ben questo: havere
obtenuto uno breve absolutorio da Soa Santità qudle ho instato de
havere solum prò forma, et non già per robba che havesse may del
(i) Trattasi di Guid' Antonio, figlio naturale del Simonetta, avuto
nel 1451 in Lodi da una tale Giacobina.
Dal 1466 al 1 479 lo si trova commendatario dell'abbazìa di Rrcmbo
nel Lodigiano e di quella dì S.Bartolomeo in Pavia (Cfr. Redaelli,
« Btogr. di Cicco Simonetta a in Annali uuivtrsali di itatìsticix, di Mi-
lano, aprile-giugno 1829, pp. 276-277).
(2) Cicco Simonetta si maritava nel 1452, a 42 anni, con Elisa-
betta Visconti, figlia di Gaspare, segretario ducale, ed ebbe sette figli
in undici anni. Qui trattasi d' uno dei quattro maschi: Gio. Giacomo,
Antonio, Sigismondo o Lodovico (Cfr. Redaelli, loc. cit., p. 277;
1.1TT.\, Famiglia Simonetta),
Vaolo II e il Card, ^ario
257
, iltniy illicitamente ne robbato ad homo che vive, né anche perchè
may commettesse homicìdio che fin qui non ho facto, ne è mia in-
Icatione de fare, ma de operare bene et vivere corno Christiane et
ciihoUco. Et benché de questi se ne faciagratia ad molti, nondimancho
ne resto obligatissimo ad Soa Santità quanto dire se possa; et cos\
vny gli ne rendereti condigne gratie da mia parte.
^L Quanto ad quello che la Santità Soa dica eh ella dcsydcrarìa eh io
^^f disponesse ad dare più favore alle cose de Sancta Chiesa et soe,
che non ho facto per el passato, dico che voluntieri io voria essere
de tale condicione et auctorità, che io potesse fare quello che dice
wa Santità, cioè de giovare ad quella el ad Santa Chiesa, chel faria
volunticra, corno è debito de caduno catholico. Ma essendo la con-
dicione mia minima, non vedo che 1 accade quello clic Soa Santità
dice. Et pure quello poco eh io potesse, potendolo fare con rescrva-
tioncdelhonore et debito mio, lo faria volonticri, comò cdicio. Ben
d^t>e pensare la Santità Soa che manegiando le cose eh la mancgio
pcrrispecto al officio mio d essere secretarlo, che richiede ut non solum
^tam cuìpa, sed etiaw iuspicìoiu et per essero feudatario et che lio
jurato fidcliii non una volta ma più volte, così in mane del Sig/'
P»aio corno de questo, sono obstricto per tutti questi vinculi, ultra
u naturale fede et servitù, non dcpendcrc da altro luocho che da
l*^- Et se io non volesse mutare la natura, me seria admodum im-
pouibilc in eterno declinare da quella eh essa mia natura me ha in-
'lynato; et deinde li vinculi ctoblighi de la fidelità mìa me stringono,
P^ essere io allevato et instructo sotto quello mio Signore et maestro,
Quale fa de quella magnanimità, virtute et prudentia che s è veduto,
^Cse può dire essere stato splendore de Italìam, da l excellentia del
ì^'iic hcbbe in insiructionc et commandamcnio che io non havesse
"^^'y dcpcndcQtia da persona de questo mondo che da quella eh io
^^i^iva. Et sccundum mandatum quod dedit mihì pater, ita feci, et
»acÌo et ficiara. Dicendogli ultra ciò quod ego sum Cichus parvulus,
j**t5u Christi servulus et vere sfortianus, confidens scraper in verbis
"Omini ubi dìcit: euge serve fidelis, quia in pauco fuisti lidclis, super
"^^^illa te constituam etc. Siche son vero servitore et schiavo del
UL°* Sìg.f duca Galeaz, et non son el vescovo da Parma né messer
Aiiguitino Rosso, né altri che sa la Santità Soa, che non voglio no-
mare per più honestà. Et questo basta quanto ad questa parte.
Alla parte eh io habia dìcto male de Soa Santità io non son nò
me tengo d essere reputato così lezero, quod auderem poncre os in
cclum però chel non fu may mio costume de dire male J homo che
riva ec maxime della Santità Soa, quale è vicario de Chrìsto qui in
2j8
E, flotta
Alla parte eh io habia confortato e! prelibato Signore nostro
scrivere male de Soa Santità al Sig/' Re de Pranza, dico cosi i
sìcomc io non dixc may malo de Soa Santità, né hcbbc may v
che gli pensasse, conoscendo mi la perfcciissima disposiiionc, fciC--^^
et devotione che de continuo ha portato et porta 1 ex"' del Signor*^ 1
nostro verso Soa Beatitudine, molto manche 6 da credere chio habis- *J
persuaso Soa Sig."* ad scrivere cosa alcuna in manche dhonorcd^^
quella perche' questo nostro IH."'" Sig." è de tale bontà et grandez
zegno, et de tale devotione verso la Beatitudine Soa che frustra
borare esset, quando ne mi né altri volessimo persuadere el contrario.
Che prefata Santità dica che tutti li Calavresi siano cativi, perei
questo tocha ad mi, respondo così che la Calabria e la più fertile et
megliore provincia che sia nel Reame benché la sia nel ultima et
trema parte de Italia. Nondimancho in Calabria gli ne sono et
boni et de calivi, corno è anchora ad Vinexia* ad Roma, ad Na{
et ad Milano et ncli altri luochi: pure io me reputo nel numero
li boni, et credo haveme facto le opro et professione, che ne poi
testificare qualche parte. Et quando fuossc licito ad fare coropara-
tione da prelato ad seculare, credo gli siano de tali prelati che quan;
al vivere diritamcntc et bonamentc, io non scria stimato in qui
parte inferiore, resservando però la sacra et grado spirituale.
Alia parte eh io sia più atlcctionato al Re Ferrando che ad Soa
Santità è vero che Calabria, proviniia del prefato 5ig.^*= Re per geni-
tura è stato, patria originaria ad messcr Angelo mio barba, ad mi,
mei fratelli et tutti li altri de casa mìa. Ma per essere puoy tucii nuy,
barba et fratelli et molti nitri de casa nostra allevati usque ab ineunte
etaic in casa sforzesca et continuati semper et fidelmcnie ne li ser-
viti} suoy, cioè esso racsser Angelo per anni l in;" vel circa, et
circa anni ^9 in 40, havemo mei fratelli, et mì, et altri de casa ni
stra, che siamo de qua, renuntiato ad quella patria né più intcndemo
bavere affare con quella» perché la nostra patria é questa dove é la
casa sforzesca, in la quale siamo accresciuti et allevati: et lo nostro
bene é qui, et ubi bonum ibi patria, ergo etc.
Vivente autem la felice memoria del 111.™** qd.*" duca Francesco,
la Maestà del Re dapuoy chel reame fu rcducto ad tranquillità, me
volse donare castelle et terre. Io non volse may acccpiarc tanto che
valesse uno soldo, ctiam chel prefato sig.** duca Francesco fuossc
contento, perché sìcomc io era allevo et servitore de Soa Sig/'» ap-
presso el quale, vindicato perpetua patria, cosi etlandìo la mìa natu-
rale servitù et fermo proposito, me moveva ad non rcconoscerc be-
neficio d alcuno altro principe né persona del mondo che da Soa
Signoria, la quale per soa benignità et liberalità me prevedete per
Taolo IT e ti Card, ^'ano
259
mct
tile forma che per quello et per la grada et amore che ho da questo
lU*"' Principe duca Galeaz suo figliolo me trovo, graUa Diii, bavere
lanie facultate et beni de la fortuna, acquistati con mie extrerae fati-
che et sudori, che ho da vivere honorevolmcnte per mi, mei fratelli,
mei BgUoli et tutti quelli de casa mia.
Essendo aduncha el longo habito convcrtito in natura, me scria
elle, immo impossìbile reconoscere ne bavere altra patria, ni altro
signore che questo eh io servo de presente : imitando quello proverbio
0 iin.T corno sen'O, 0 fu^c corno t'erro. Et quello mio signore passato,
CI cosi questo presente, veramente poteva dire: Non in veni tantam
tidem in Israel, et tu es Petrus et super hanc petram aedificabo etc.
Et Qon me trìbuisco questo ad arrogantia per doctrina né virtù che
l^abia, ma per una sincerissima fede et integerrima devotione mia, et
de tutti li mei verso questa 111.""* Casa, quali siamo stali, et siamo
sinceri et neti et nullus nostrorum unquam venalis fuit etc.
Dal altra parte credo habiati inteso che tucta la provincia de Ca-
labria si e Angiovina, et maxime la casa mia: et lo principe de Ros-
«ino per tale sospccto e dcponuio da la signoria et da mancho da
<iuairi anni in qua per la parte .\ngiovina alcuni de li mei ne sono
«ati privati de qualche suoy beni. Et mentre chel reame de Napoli
cri posseduto dal re Renato, nuy et tucta la casa nostra scraper hcb-
^:nio de grande honore et beneficij da Soa Maestà, ne dubito quando
"lucila fucsse richiesta, et gli potesse fare cosa grata et acccpta, gli
'* tirìii anchora voluntieri et de bona voglia, corno ad suoy carissimi
**-'rviiori che gli sono. Siche se prefata Santità tene questa opinione
^^ mi, el è tanto da longe dalla verità quanto ò da qui in India, et
^inwe molto del opinione soa. Et se non chcl non è lecito né
Inonesto ad uno mio pare de bassa et infima condicione, come son
J^» de parlare in alcuno obprobrio de Signori ne grandi Maestri, par-
'^^Hi talìter del dicto Re che non dubito, se maravigliarìa grandemente
^'^a Santità. Ma per honesti voglio tacere.
De la f«de et devotione mia verso la Santità Soa el non è da fare
Parole perchè 1 è cosi cosa minima chel non n è da fame mencione.
"a comò bon chrisiìano et bou catholico, dove che me son trovalo,
^^ ricordato sempre el bene et honore de Soa Santità et de Sancla
Chiesa presso questo IH.'"** Sìg.""* quaniunche non è stato necessario,
^^ (he mi né che alcuno altro che gli staga appresso gli ricordasse
ìue«o, perchè da sé stesso, suo insiinctu et disposìlione, ù stato et è
dispostissimo al bene et honore de Soa Santità et Sede Apostolica:
<l lo ha dimostrato con effccto ne le cose de Arimino, perché se Soa
Ex.*^ non fuosse stata de quella dìspositione che l era et non ha-
itsse facta la reparatione che fece, so come le cose de Sua Santità
26o
E, SMotta
et Sancu Chiesa in che ruin» sarebbero andate, et La Santità Soa lo
sa bene anchora lev. Ht se questo Sig/' mìo faossc stato fìgUoIo de
Soa Santità o uno de H cardinali suoy, non so come havesse potuto
fare né operare più in benefìcio de quello et de Sancta Chiesa comò
fece. Del opra mia noi voglio dire, perchè non me pare molto bone*
sto. Ma perchè spero pure che questo mio ili.'"'* sig." qualche volta
se havrà abbochare con Soa Santità lassato et de questo et de le
cose del re Ferrando, che I Ex.*'* Sua come meglio informatissìma de
mi ne render.^ vero testimonio alla Sna Santità, che son certo quando
IhavrÀ inteso seri de contraria opinione che 16" de presenti. Et perche
quella ha dicto più volte con alcuni che non me sa intendere, dico
quando la Santità Soa havrà inteso tutta questa mia lettera, me rendo
certo che quella restarà chiara et fuori de questo dubio.
Fin qui ho dicto in resposta de quelle cose che la Santità Soa s è
lamentada de mt : bora accadendo assay in proposito, me parso non
tacere questo che io dirò adesso, non per querela, ma per una infor-
matione et commemorationc. Vivendo la recolenda memoria de papa
Pio, la Santità Soa ad intercessione del prefato IH.™** Stg.*^ passato
duca Francesco, conferite labbadia de Sancto Zohannc de Fiore in
Calabria ad uno mio ncpote (i)t et fu pronunciato abb.ite canonice
in pieno consistono, et per vigore delle bolle fu messo alla posses-
sione, et goldetela pacificamente per el spacio de tri anni. Sublaia
autem ex humanis la Beatitudine Soa, dicto mio nepote fu levato de
facto per el presente pontìfice da la possessione ad instantia de uno
fra Karlo Sytaro, quale diceva pretendere bavere certe rason, benebbi
non n havessc alcuna in dieta abbadia, perchè altre volle 1 havcva im-
petrata falsamente per fiorini cento, donde vale seycento vd circa,
per il che fu necessitato ad piatire circa anni tri o quatro, facendogli
de molte ìojurìe : non volendo may concedere cosa alcuna, che la
rasonc permettesse, et luy et tucti quelli de casa furono scommani-
cati et intcrdìcti per li grandi favori che faceva Soa Santità ad esso
fra Karlo. Tandem da puoy longo litigio et dispendìo è stato de Ot-
cessità eh esso mio nepote habia redemuto la rasane soa con dinari
dati al ndvcrsario oltra el dispendio grandissimo et strage che hit
havuto. Pure ad questo prestò patieniia, veduto quello ha facto ad
(r) Il nipote dovrcbb'essere Cesare Prothospatharo, di Calabria,
forse figlio di Matteo, fratello di Cicco Simonetta, e che quest'ultimo
ricorda nel suo Diario (ms. all'Archìvio di Stato milanese) ai 25 no-
vembre 1475. (V. Reoaelu, loc. cii., I, 1829, p. 176 in nota e II,
p. 267).
T>aolo II e il Card, ^'ario
2£l
quc5to mìo Signore che e hormaì cinque o scy anni, che ha tenuto
in pratichi Soa Signoria per labbadia de Chiaravale, che è del III.'"''
ei Rev."^ monsg.'^ Ascinio suo fratello, che non ha anchora potuto
hivere 1 expedìtìone de le bolle de dieta abbadìa per supplicatione
ni per Insuntia che habia saputo fare. Siche havendo prestato pa-
tiama Soa Ex."% non pare honesto ad mi de lamentare : el poria però
«•ere che queste cose diete de sopra sariano facte preter scientiara
et volumjtem de Soa Saniiii, nondimancho quanto al effecto. come
voglia se sia, esso mio nepotc ha patito lucii questi disturbi), incom-
rooiJi et dispendij. Ma per certificare la Santità Soa né por questo né
per Veruno altro rispccto, per mi se restarà may eh io non facia ! of-
ficio de vero et bon servitore, et corno deve fare ciascuno fidele chri-
«uno et bon catholico verso la Santìti Soa et Sanu Chiesa, in tucte
f^uetle cose che accaderano in benefìcio et honorc de Soa Santità per
quello pocho ch*io posso, con reservatione del honore et debito mio
omo è dicto de sopra.
In questa mia lettera poria anche essere che harebbe dicto qual-
ar cosa più che non scria al bisogno. Ma me confido tanto ne la
igniti et clementia de Soa Santità et in la prudeniia vostra, che
spor^ircti questa cosa s\ saviamente che la prefata Santità accepiarà
•^gni cosa ad bon fine, alli pedi de la quale me recommandereti
liiitnclnientc.
Dat Papié die xvuii** fabruarij 1471.
Vester CicHUS manu propria,
f Ibesus autcm transiens per medium illorum ìbat. f
[A kr^o\. Magnifico et prestantissimo J. U. doctori et patri hono-
randl»''»* domno Antonio de Braeellis consiliario ei«..
Rome, cito (i).
(') Arch. MìlanOj Carteggio diplomatico, cartella n. 331.
*■- »«<hiiT":r
_ ^r fT:!f^L lui JMTOnUU: .•"JSZPTE/.
- :: — .zrr ^:^l:TOr^■ esiì £ ri:- rosso
- t'r^ti -1 **ni d r'jsr^r 5.xnr* cr^adc
ctx d Tur*.:. Sììct IV. 1^ £ ii: "-arte,
- - ^ - - "e>c-:<J
..-.._, -.^, ira
'Paolo II e il Card. 1{ian'o
263
V Rever."^** cardinale de San Sisto» duro me & parso essere
;ihc li significhi tal novella. Pur el mio debito voi cosi.
m signore é morto cum tale contrìtione usquc a 1 ultimo
le sei fosse vìss^, (iHssuto) scraper in uno hcrcmo, io non
le Ihavcsse possuto farne più. La confessione sua, Sua pre-
•J^ non una volta ma omne di due o uè volte 1 ha voluta
laraando spesso el veschovo de Viterbo et adonundandoli
ixidolo chcl pensasse se cosa alchuna el se recordasse de che
havessc così ala memoria. De la comunione non bixognia
' la tolse cum tale parole chcl demostrò reconosccrc le gratie
la Dio et La fragilità de questo mondo: et sei stomachonon
Ito così mal disposto, omne matina 1 haverìa fatto. Poi ve-
streagerc da la morte chiamò tutta la famiglia et parlò a
nandandoU perdono se Sua Rev.'"*Sig/" may li havesse fatto
le, et pregandoli che quello amore che haveano portati al
3 volesseno volgere al anima, che li seria più caro. Et disse
adapiava volomera ala volontà de Dio, et uxò queste for-
ole: u Cupio dissolvi et esse cum Christou. Solo U pesava el
ler non havere possuto demostrare a tutti li soy amici et a
ritiiri gratitudine de la loro fede et fatiche, ma che li las-
le brazze de N. Signore che facesse quello paresse ala sua
t ita fecit. Et his dictis chiamolli tutti ad uno ad uno se-
ordinem et baxolli et abrazoUì, che per Dio, Signore mio,
>ersona che non li schiattasse ci core. Deinde retomò ala
racomandandosi a Dio la strcngeva dicendo : n Domine mi-
ey. Io non so se may più bavero tempo a baxarti ». Post-
mandò el ditto veschovo a pregare nostro signore che ha-
r racomandato el Conte Hyeronimo et che lo racomandasse
Sig."', et tanto più quanto sua prefata Rev."' Sig/"* non ce
. Et te medesime parole ha ditto a mi, dicendo in me ne
piti consolato quanto io spero che 1 amore de! Signore ac-
verso el conte, manchandoli io, et spero che Sua Ex.*'* se
i de la mia servitù et affectìone verso quelle. Et molte altre
fatto et ditte in questo ultimo suo, che per Dio ha demo-
re altro che quello che I e parso vivente et che altri l ha
:o, El fino al ultimo spirito, ci disse tre vohcj^su, Jcsu, mi-
y et siandoli Ietto el passio, quando ci frate che lo legeva
ielle parole d incìynato capiti emisit spiriium, cosi luy cmìsit
spirìtura. £1 nostro Varixino (i) ha demostro in questo la
aresino. Forse Carlo Varesino, famiglio ducale, il cui nome
pesso nei documenti sforzeschi dtW Archivio Milanese. Nel
affc ^ ^iùrsx
szs. :=c zsrr 3. ;*s=rr aix 3jrv^^ S^."** s imt ^ma ide che
'^t:*^ li '■?^^' s.T»'.:!. j5E^ T-^^^ ^ nsoB xsrresie: ^p^yi^ oc-
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IHg. ina >A3Jk3lCir5.
- 'i^ jiitcìTi-ai ; .
CI Kcrau, il vescovo
:£i ciredra titn &re
=r "e— rr;-^;i— :ri :.-r ir::r:r:-r^"i l:i:v:jo il Moro e il iuca
: 7, z:''.t J. ::'_:".- ?..ir.- riid i~t"x sposata Cjtterlna, figlii
Cir-rj'e lil Izc^ Jile^:-: Mini 5::rzi Veiì l'elenco delle gioie
e. :i: A f.i''!'. J-r-JT.;..
•^z» A-:'-, j- i.---:.- -V:--:.-. ci-e^r'^ iir'.-rmjuco, cartella n. 401.
(;> Sui lenir- ir. Jj-:. -i.- .:";/.': -:j;;.v. cirrelli n. 400 (Archivio
Milano)
"Paolo II e il Card. %iario 26$
ro et setta (seta) bellissime, et con li chiodeti in forma de rosete
ate, in modo è una bellissima cosa da vedere, et bastarla ben al
a et limperatore. Dice che gli è constata ducati, v*^. doro. Et perchè
1 cathedra ha un pocbo alto el sedere, gli ha facto fare uno sca-
lo tutto coperto de voluto carmesino, per tenirlo sotto li piedi.
altra ne fa fare in simile mò (modo), et de medesimo pretìo ma
irochato sarà morello. K ha poy molte altre, coperte de veluto de
ersi colori in modo è cosa maravigliosa vedere li ornamenti ha
casa.
Emilio Motta.
G. Tomassetti
léy
DELLA CAMPAGNA ROMANA
(Conti nuazione. vedi peg. i6i).
Le raeraorie antiche del suolo intermedio alle vie Pia-
ciana e Salaria spettano quasi intieramente alia epigrafia;
poiché vi si sono scoperte, in ogni tempo, numerose tombe
con iscrizioni (i).
Le memorie del medio evo si coUegano in parte alle
etiliche. Infatti, avendo per esempio già veduto le memorie
(i) Sono tutte riportate nel C. /. L, nel voi. VI, e son troppe
perche io possa noverarle: stanno adesso in gran p;irte nel giardino
Aldobrandini sul Quirinale. Le vigne Nari» Pelucchi e dei Dome-
^cani furono miniere di epigrafi (Fea, Mìscàìì., I, pp, 148, 149; II,
P- 161, Venuti. Marmora Albana, p. 37, Viconotii, de ìunns.p. il j» ctc;
^- cìt, 2501 a 2986, 8408, 8516. 7845 a 7986). In quella Nari ab-
IJondarooo le militari, oltre libenì dei Vii^tUii e degli Ottavii, il mo-
numento dei Palanca e, nella vigna già Del Cinque, le lapidi dei
Caninii (C. cit. 7987-7996) Recentemente, nelle moderne fabbrica-
I *ioni, se ne sono trovale ancora molte (cf. NotiiU de^^U scavi, 1886,
ipP- i6t>, 328, 364, 420, 454; 1887, pp. ai, 74, 118, 147). Dopo circa
' metri, in direzione della 5* torre delle mura a sinistra della porta
Salina, sono apparse le rovine del mausoleo di « M. lunius Menander
(scriba lìbr. aed. cur. princeps et q. » {Buli Com., 1886, p. 371).
Lcsisten^a di un a^er yolusii Basilidis ientthis (sic) ab urbe parie sini'
Jtra lulla via Salaria 6 indicata da una iscrizione (Wilmanns, n. 310),
Von mancarono in questa contrada epigrafi cristiane, come quella di-
■ Hireneus v. e. et Albinus e. p. » nella vigna dei Domenicani (Set-
TTLE, mss. presso il come Aless. Moroni, n° 16}.
:ók
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: *':r»z3ist lìsirsi 3seEi- come
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S-Dr Girvinn
zz.zi l':r,: r:>:r d FORMA
:'.: Anirti e colli vìi publici,
1--^.- ci::-ce iella quarti pane
i i:;.:-:: ^ il -= ci-estro p:eno i: ava a favore
Are*:. 5. Si*.". :ì>c. .;»
C:'rr.-i riic;?;. e:c- nel 1570 presu il consenso
i un rivo; ciò che serve ad illustrare anche il
CapUiniamim, 5. Columba e Formcllum sono
luoghi che succcdevansi dal declivio dei Parioìi
pianura del ponte Salario. Il Galletti ne ha trai-
he li vide nei documenti di Farfa (i), ma non ne
il sito, che mi pare evidente, dopo ciò che già
accennato, in proposito delle scpUm palumbae e
Cocunuris. Il documento Farfense 688 determina
ui di S. Colomba ed annessi /orii pontcm Salarititn
rbe Roma passuum; ma deve intendersi del fondo,
aa Salaria nuova. Associando i nomi Farfensi con
; io trovo in un documento di S. Silv. del 1258
;ompendi), vale a dire : chiesa di S. Filippo (super-
ira nella discesa dei Parioìi), S. Columba, fossato,
ium e massa de vestiario dominico, mi convinco che
lello stesso gruppo di fondi, e che essi occupavano
isccsa suddetta fino al ponte ed anche forse oltre
Sembra opporsi a questa ipotesi il facto che la
esistente nel bivio dei Parioìi e dedicata a S. Fi-
'i; e v'è anche la tradizione, presso quei contadini,
)esso il Neri si recasse a pregare: cosa verosimile
Neri frequentava le catacombe cristiane, e colà ve
Tuttavia il nome di S. Filippo del documento Sil-
!: di quasi 300 anni più antico del Neri; forse
lava a venerare l'omonimo antico santo apostolo;
pò egli quivi, come altri altrove, ha scacciato il
chio. Ciò che priacipalmente deve notarsi fin da
I fatta da Martino dì Cola della reg. Colonna a Petro di
ia Tivoli di due pezze di terreno situato in Roma fuori
\na nel luogo detto FORMA CORNELLA. Contini: beni
> del Giudice^di Paolo Panetosto e colla vìa public^, salvo
-risposta della 4* parte di mosto mondo e di un canestro
II. di S. Silv., fase. 26).
.LETTI, Gahio in Sabina, p. 128.
iodeilt R, Società romana dì ttoria patria. Voi. XI. 1 9
À
270
G. Tomasseiii
ora si è U coincidenza dei aomi Capiti^nano e 5. Colmha
in due btìfondi assai lootani, confinanti col territorio di
Monifrotmido e di StetiUuui, che vedremo al loro luogo.
L*esserTÌ unito anche il nome di 5. Stepharius dimostra che
quel gruppo spettava pure alla chiesa di S. Silvestro, gii
S. Stefano ; ed in tal modo si spiega ancora b ripetizione
dei nomi suddetti (i).
(i) Ancora mu nota archeologica salta zona Pinciana dei P^*
noli. Neil* intemo di questa collina scorre l'acqua Verpnt, che qoioii
passa nella villa di Giulio HI, donde ritorna per Muro torio nel monte
Pincio. Sappiamo anzi che questo speco romano dei Parioli venne
mutato ossia raccorciato da Mario Frangipani e Rutilio Alberini sci
secolo XVI (Cassio ALS.,Corso dcOc ac^ut antUb*, l, p. 1^6). 1 coti
sotterranei delle acque erano da^E antichi additati sopra tem eoo
cippi scrìtti, distanti un ùt^gro tra loro. Nel C. L L. VI sono ripor-
tati tre cippi iugerali dell'acqua Vergine, l'uno d* ignota provcnicnn.
Tattro della villa Medici» il terzo a Mmv torto. Vinca Valliua seconJo
il FABxrm {Imscr., pag. 66t\ Osservo primieramente che la vigw
Vjlle non era a Muro torto ma sui Parioli, vicina a 5. Filippa, i tut-
tora può vedersi il nome sol cancello CAROLVS VALLIVS, e cor-
risponde alla \Sgna dà j ùroh^i di S. A. il principe Orsini, Riswbr-
lita questa coincidenza, qael cippo collima benìssimo con oa ^^
sfuggito Agli autori del Corpus, e che io trascrissi nel XS75 oelU
parte esterna del muro della vigna ora Telfcner, ove tuttora si vede
Lo lessi con molta difficolti per essere in travertino e molto correo;
e lo pubblico ora più esattamente che VEpbtmtris epigrapbica (tWi^^^
VIRG
TI • C LAVO I VS
5 DRVSI F - CAESAR
fi A VG- G E R" ~;XIC VS
PONTÌFEX€?M A X 1 M V S
TRIBVNICPOTESTAT-nn
(rie) cosu\ iMP vm p p
XLV P CCXX
È importante pel numero XLV a sinistri, oltre quello ordinaria
dei CCXX piedi, ch'c la distanza dì un cippo air altro. Se ì cÀf^
ebbero un numero progressivo dalla foce dell'acqua in città il wì
Iklla Campagna ^^pmana
271
iche vi possedeva parecchi fondi. I documenti relativi
^o al 1040 (t).
bm, 4. Da un atto di S. Silvestro del 1258, ove si
del casale massa de vestiario dominico,
tim. j. Da un atto di S. Silv- del 1330: essendovi
Wnfinanti il monistero di S. Agnese, suppongo che
> luogo stesse sulla via Salaria, e che il nome di via
}M vi sia stato apposto erroneamente ; perciò vi ho
(Ito nell'elenco il segno dubitativo (?).
bm. 6. Ne ho discorso teste, prima dell'elenco.
m, 7. Da un atto del i2<>8, di S. Silv. Sul monte
era naturale questa denominazione dal possessore.
anche la fiotta di 5. Silvestro,
am. 8- Da un atto di S. Silv. del 1321. Veggasi il
11. Si tratta di nota famiglia romana. Un fondo posto
fiam ruptam è ricordato con un altro posto ad 5. f/ipr-
L altro nome cimiteriale antico, in una pergamena
Silv. del 1 172; ed altre vigne ad 5. Hermetetrt in altra
ena del 1198.
m. 9. L'antichiti di questo nome rilevasi dalle
i Agapito II e di Giovanni XII (2); e la perma-
di esso da atti di S. Lorenzo in Panispema del 1284
É4) e di S. Silv. del 1356, del 1388 e del 1400, tro-
fei tra gli enfitetui di S.Silv. un Oddone di Lamentarla
lente in Gorgini (lib. dei compendi).
um. IO. Da documento Capitolino del 1385 (notaio
rflus Stephani de Caputgallis) riguardante una vigna
15 non é eccessivo per un cippo quasi alle pocte di essa ? In-
irebbe forse conveniente se la numerazione incominciava dalla
te. Rimetto la discussione ad altro scritto, come ancora la prova
Mata del cippo debba essere l'anno 45 dell'ara volgare.
Cod. Vat. 8048, f. mod. 23, 119; CoJ. Vat 8049, ^- "*o<^- 5^»
73i 135» 145-
Marxki, Papiri, pp. 39, 46.
2J2
Gn Tomassetti
di S- M. in Campo Marzio txtra portam Pincianam - al vkoh
dclli Porcari ~ Me lo partecipò il eh, signor Leone Nor*
doni. Non è il solo possesso di questa celebre famiglia io
quesu pane della campagna romano. Sulla \na Nomenuoa
ne vedremo un altro.
Num. II.
compendi),
Num. 12.
Num. 13
Da un ano di S. Silv. del 1236 (lib. àcì
Da un atro di S. Silv, del 1350 ^vi).
Da documento Capitolino (noi- Bem. Ca-
putgallis, del 147^ riguardante una vigna di S. Agnese affit-
tata ad un Cola Mansi) comunicatomi dal signor L Nir-
doni; e dal testamento di Geronima Pierleoni vedoTi
Cardelli, nell'archivio di S. M, in Campo Marzio, donde
rilevasi che Ritozza Pierleoni, sua madre, vi possedette
una vigna confinante colla via publica (Pinciana) e àt
questo luogo S. Saturninus non doveva distar molto dalle
mura (i).
Num. 14. Luogo già ricordato nel clivus Ctuuttiais
delle fonti cimiteriali. Argiùsco che fosse, come ho accen-
nato di sopra, derivato da un pinnacolo monumentale, per-
chè negli atti di S. Silv. del 1312, 1313, 1354 trovo iain-
dicazione irullum Cocuimrìs e trullo Cocummurio (lib. ^^
compendi); ed in un documento Capitolino (not. Caput"
gallis) del 1476, indicatomi dal signor L. Nardoni, 1**
trovo segnato turrc Cocumero (è una vendita di vigna d*'
mon. di S. Agnese ad un Sante Angelucci).
Num. 15. La Vaìk o lo Falloj è indicato in un docu-
mento di S. Silv. del 1355 (fase. 23) e in uno del 1588
(fase. 26)-
Num. 16. Da un atto di S, Silv. del 1255 (lib. dei
compendi). 11 fondo relativo confinava per tre lati colU
via publica,
Num. 17. Da un atto di S. Silv. del 125 1 O^'O-
(1) Cf. Cod. Vat. 7951, f. mod. 95 sg.
^Della Campagna Ternana
273
18. Da un atto Capitolino (not. Petrus laco-
e Caputgallis) del 14^3 favoritomi dal signor L, Nar-
Doveva essere \ndna all'^mVw*, perchè spettava al-
iale de' 55. Sanctorum ; e questo fu proprietario fino ai
giorni della tenuta di ponte Salario*
fm. 19. Da più atti di S. Silv. Nel più antico,
i8, sì legge piscina de Io. LavianOj in altro del 11 98
Ito piscina soltanto, in uno del 12 14 valle de Pi-
(lib. dei compendi). L'origine aquaria del nome è evi-
km. 20. In un atto di S. Silv. del 13 12 è scritto
tota, in uno del 1322 Fanparola, in uno del 1370
$rola (Inventario di S. Silv. e fase. 23).
|m. 21. Da documento Capitolino (not. Petrus de
fallis) del 1455 indicatomi dal signor L. Nardoni.
conclusione, il suolo Pinciano era nel medio evo
agnato e solcato da rivi e viottoli vicinali, come
'dai documenti; e terminava nella gran pianura del
ialario suWÀnivfie.
ima di riprendere 1* itinerario dalle due porte Nomen-
Salaria, per le due vie principali, dirò che i fondi
m queste vie, i quali appartennero, nel medio evo,
biesa romana, formavano parte del patrimonium Sa-
»o Savinense, uno dei cospicui patrimoni, ma meno
p quello della Tuscia.
nome classico della regione Sabina dominò adunque
aminisu-azione della romana curia per tutto il medio
;). Quali fossero i confini del patrimonio Sabinense,
£1 raggio delie 50 miglia che io mi propongo d'illu-
non è facile il definire. Le fonti diplomatiche pon-
Sì mantenne anche nel secolo xvi nelle amministrazioni reli-
i un atto del 1585 deirarchivio di S. Silvestro in capite, riguar-
\ tenuta dì Malpasso presso il ponte Salario, essa è indicata nel
p Sabirust (Archivio di Stato, Uh. imtrum. 5. Siìv.).
274
G. Tomassetti
tifide antichissime non esprimono gli escremi geografici
con tale accuratezza, che se ne possa ritrarre molta luce.
Sembra certo che da questa parte fossero i patrimonia
suburbani cosi ordinati ;
pstrìm.
Ttueiae
patri m.
Sabinense
patrlm.
Titurtinum
patiim.
Labicanense
Apphie
I
Secondo le lettere di Adriano I (i) e il diploma di Lu-
dovico il Pio, Carlomagno concesse il territorio Sabinense
a s. Pietro e successori, e pose i limiti fra i Reatini ed i
Sabini (2). Perciò su questa suddivisione dell'antico terri-
ritorio Sabino io vorrei appoggiare una congettura, che^
cioè, nel noto elenco dei patrimoni ecclesiastici dato n€
sinodo Ravennate, dopo il Traiectatium, il Tluatinun
essendovi la voce titrumqtu che precede il Sabinense^
questa potesse piuaosco attribuirsi al medesimo Sabinense^
che al Traiectanum, come invece sembrò al Zaccaria.
Non veggo infatti la ragione per una duplicità del ter-
ritorio Traiettano, mentre ho ricordato quella del Sabi-
nense (3). Comunque sia stato diviso, era certamente un
patrimonio assai ricco nei primi secoli del medio evo; ed
oltre a numerosi fondi amministrati dalla curia pontificia,
(i) Cenni, Monum. dom. poni. I, p. ^84. ^H
(2) Zaccaria, De rebus ad hist. ecd. peri. de. II, p. 152. ^^
(3) Il GREGOROVn;5(5/.<ft/?. mi m. e. V, 6, $ i) legge in modo il
pisso del sinodo Ravennate da intendere compresi i due tcrritorì Tìhur^M
tinum e Tfuatitmm dentro il Sahimns£. Ma ciò mi sembra improbabilci^l
si perchè converrebbe leggere Reatinum invece di Theaiinum, giacché
non poirebbero associarsi Tivoli e Chieti; %\ ancora perchè v' ù di
mezto il TraiccUinum, Quanto poi alla promiscua intitolazione ch'ebbe
la Sabina, nelle lettere pontifìcie, à\ pairimonium e Urritorium, notata
già dal Cenni (1. cii.) dirò che Tuna 6 voce di ordine economico,
Valtra di ordine geografico ; ma l'associazione geografica essendo la
base deiramminiscraiionc, deve sempre aversi presente nella interi
T>ella Campagna /Romana
275
a€ conteneva molti di S. Silvestro, di S. Griaco e special-
mente del famoso cenobio Farfense, le cui memorie ci ser-
vono di guida in gran parte del nostro viaggio.
Il suolo attiguo alle due vie principali, nell'età antica,
fu occupato da suburbatta, 0 luoghi di temporanea dimora,
in gran parte forniti delle consuete tombe, le cui memorie
tornarono e tornano alla luce (i). La villa Pain:(i, aggre-
galo gii di più vigne di privati, che possono vedersi nella
pm\a del Bufalini, a destra della via Noraentana; le vigne
a sinistra, gii Capizucchi, Lancellotti, Pitoni, Pasquali,
tutte scomparse e trasformate ora in moderni caseggiati,
contenevano ruderi dì portici, di sepolcri, di muri d'ogni
«ti. Le vigne Accoraraboni,Ercolanied Orsi furono compe-
nte dal card. Alessandro Albani, e tramutate in quella splenr
iliJa non meno che deliziosa signoria, eh' è la sua villa, ora
del principe Torlonia, la sola scampata finora nel rinnova-
mento generale (2). Ma questo ha servito, in occasione dei
p^eUzionc del testi. Infatti nello stesso patrimonio Tiburiino abbiamo
^ Massa Sabìrunsis contenente otto fondi, il cui nome geografìco
5* oppone aireconomico; ma si spiega facilmente per la vicinanza.
Coj) iroviamo che sotto Gregorio Magno il territorio CarsioUiano era
compreso neiramminìstrazione della Sabina, percliè paese confinante;
®5 non si potrebbe dire altrettanto di Rieti e di Tractto. Cosi pari-
'^icnti troviamo che nel secondo medio evo, cioè nel secolo xiv,
Ittando diminuiva grandemente la importanza statistica e polìtica
^**h regione Sabina, che decade insensibilmente sempre, e cresceva
** contrario quella della Tuscia, il rettore del patrivionium Tusciac,
^'*r« il meno lontano ed il più potente, riceveva Tappello quale
*•■«) Sabifumis (Theiner, Coàcx dipi. Il, p. 94 ed altrove).
(0 Ad un trar di pietra della porta Noraentana fu scoperta la
«pidc arcaica pregevolissima di L. Aunlim Hermia ìanius de colle
^'•■ÙMi/i (C. /. L. I, loii); poco lungi, il cippo importante di Caì-
pvnia fUas Eborensis (C cit. VI, i.p}4), ov'era In vigna Giani, a
sinistri.
(2) Questa ricchissima raccolta di antichità greche e romane ed
Kocon egizie, quantunque in parte impoverita, alla quale ha recente-
sente il principe Torlonia aggiunto un museo di gessi, per lo studio
lavori necessari, a farci conoscere molte particolariU Jel
suolo antico (i). Di tutte le scoperte avvenute nel primo
tratto della via Salaria, nel tempo decorso (2) e nell'odierno,
principale si è quella del mausoleo rotondo di M, hicilius
Patìtts, di 34 metri di diametro, apparso nella villa Effiont,
deirarte antica figurata, è stata illustrata in opere numerose del Wiu-
ckelmann, del Zocga, del Visconti, del Morcelli e di altri archeologi
Le monografìe speciali, che riguardano la collezione Albani-Torìo-
nia, sono:
Venuti Rodulfiko, Marmora Albana sivt in duas inscriptiom^
diatorias, etc. conjectunu. Romae, 17^6.
Marini Gaetano, Jscri-^ioni antichó dille vilU e d^'pala^ Aì^^^t
raccolte e pubblicaU con noU. Roma, 178$. (Contiene anche le i^cn-
zìoni delle altre case Albani).
Anonimo (Fea Carlo), Indicaiìotu antiquaria per la vHìa ai^
batta dcìVecc'^' casa Albani, ed. 2*. Roma, 1803.
BuNSEN in Beschreibuug der Staàt /Ifow. Stuttgart und Tùbiugen, l8ì*'
III b., p. 4J5 e sgg.
Morcelli-Fea-Visconti. La villa Albani ora Torlonia itof»*'*'
ed. 2". Roma, 1869.
(i) Una via normale alla Koraentana, oltre le tracce dì qucs^
è stata scoperta nell'area già Patrìzi (\ot. Scavi 1886, pp. 52 e SJ)'
Importante vi è stata la scoperta del sepolcro ante-augusifro dei Ra^^*
(ivi, p. 1)6), dì Z.. Laevius Asiaticus, dei Munatìi, di C. Clodius Di^f
sius, ecc. (pp. 160, 209 e 255). Altre scoperte ivi registrano le S^^
cit. (1887, p. 328). V'erano anche sepolcri cristiani, noti da quaJ^^^
tempo (De Rossi, Bull 1868, p. 32), e il cimitero di S. Nicomed^
che possedette un hortùellum im via Nomentana secondo gli atti n^
Bollandìsti.
(2) Tra le lapidi esistenti già nella vigna Gangalandi, poi Delli
Porta, contigua già alla villa Albani, vi è quella proveniente d$ìjoni
boario (De Rossi, Ara Massima, p. 14). Anche di recente sì è troviti
vicino alla porca Salaria un' importante lapide di provenienza urbana
(.Vo/. cit. 1885, p. 476), Nei prati già degli Aotonìani francesi di Vienne,
contigui anch'essi alla villa Albani, poi vigna Carcano, fu scoperto
il rilievo dì Euripide, ora nel museo Albani, duivi era U cimitero
di Massimo ad sanctam Felicitatem , e l'aveva già determinato il
De Rossi; e le odierne scoperte Thanno confermato. Tra queste v* è
un dipinto rappresentante S. Felicità coi sette figliuoli (cf. De Rossi,
BulL iS8s, p. 149).
*Z)e//a Campagna Romana
277
adiranno 1883, dagli archeologi descritto, ma non ancora
pubblicato con disegni (i). Auguriamoci che sia conser-
vato per l'avvenire; poiché per TeiA e per la forma esso è
degno confronto, nella campagna romana, di quelli di Me-
tella e di Cotta sulla via Appia. Nel coperchio di un sar-
cofago ritrovato presso il monumento è inciso:
^ PETRO - LILLVTI PAVLO
che significa aver questo sarcofago servito di tomba ad
un ?iclro Paolo Lillnti nel medio evo (2).
Tra le vie Nomentana e Salaria, in questo primo tronco
quasi parallele, si estende una valletta profonda, che si può
limitare, verso Roma, dal cosi detto vicolo Jlberoni^ e verso
la campagna dal vicolo di S, Apiese, due viottoli che con-
giungono le due vie da questo punto fino alla valle del-
l'Anicnc. Nel fondo della valletta corre la così detta mar-
''ana di 5. Apìcse che sbocca ncW Amene quasi ad eguai
distanza dai due ponti NomctJtano e Salano, Questa val-
letta ha pur essa la sua storia : vi si rinvennero vestigia
^ fortificazioni arcaiche simili a quelle dell'^^^^r^ di Servio
Tullio, e relitti di terrecotte pure arcaiche (3). Da un
documento Tiburtino del 982 rilevasi che ebbe nome agcr
^tlisciy nome arcaico significante palude ed acqua in ge-
^■(0 Cf. Net. cit. i88>, pp. 189» 225 e 25r. 1886, pp. 54, 209 e 23 j.
^i si SODO rinvenuti attorno sepolcri numerosi con quasi 200 tra iscri-
'»ooi e frammenti di eli posteriore all'augustéa, eh' è quella del
"^ujolco. L'interno dì questo si è trovato scavato, adoperato per
tómbe cristiane e sconvolto in età moderna.
(2) Un^uhima notizia epigrafica su cotesto sito, ov'era nel se-
Cob xvix U vigna Buratti, già dei Gavottì, In un gradino della casa
Ad giardiniere lesse il p. Lupi un importante frammento relativo al
ttumonununti {Disserta^, ed. Zaccaria, II, p. 167).
(j) Le rinvenne il cav. Michele Stef. De Rossi nell'orlo di que-
yto cratere (vigna Crostarosa). Cf. Bull. Comwialc 188}, p. 256. Era
dunque un sito fortificato attorno come prossimo tanto alla città,
luanto a nemici pericolosi neirantichissima età.
278
e Tomassciti
nere (i). Al qual nome fa egregio riscontro Taltro di ad
caprcam dato allo stesso luogo in una iscrizione cristiana
relativa al coemeteritim maius^ ch'era costi, e precisamente
YOstrìanum, presso S. Agnese, decorato della leggenda ubi
Petrus bapti:^abat, perciò principalissirao nelle tradizioni
religiose di Roma (2). Altro riscontro rileviamo dalla in-
titolazione ad nymphas (forse anche lymphas) del suddetto
cimitero nelle fonti storiche relative (3).
Sul margine destro di questa valle, doò sulla via No-
mentana, abbiamo a sinistra la villa già Alberoni, la vigna
Nataletti, la vigna Casalini e poi le monumentali chiese
di S. Agnese e S. Costanza; a destra la villa Lucernari, ora
ridotta a viUi?n, la villa Torlonia (gii in parte Lucernari)
in questo secolo adornata con opere monumentali dall'ora
estinto principe D. Alessandro (4), le ville Mirafiori gii
Lepri, Ferrari e Malatesta, e le vigne Lezzani e De Solis.
(i) Brczza L. in Bull* del De Rossi 1882, p. 96.
(2) De Rossi in Bull, Ccmun, 1885, p. 234 e sgg. Questa notizia
ha servito al De Rossi per abbattere la vecchia opinione, che la pa-
lude Capredj ove si disse scomparso Romolo, fosse nel campo Marzio
(presso il Pantheon), e per supporta nella valle dì S. Agnese. Ci sem*
bra persuasivo il suo ragionamento nel campo letterario, ossia delle
fonti. Anche la storia, per quanto oscurata dalle leggende, ci può
far balenare uno scontro fra Sabini e Latini suUa x-ia \omcmana,
teguUo dalla scomparsa di Romolo e dalla elezione del secondo re
sabino. Anche la corrì^ipondenza topografica del tempio di Quirino,
sul colle omonimo, colla via Nomcntana non ci sembra estranea a
questo fallo.
(3) De Rossi, Bull. A. CrisL 1876, p. 150; AnuaxsìnM^ Scoptrta
dilla cripta di s. EmertHiiana, Roma, 1877, p. 11.
(4) Tra le magnifiche opere dal principe Torlonia fatte eseguire
nella sua villa Nomentana si veggono 1 due obelischi in onore di suo
padre D. Giovanni e dì Anna Maria Sforza sua madre, fatti tagliare
nelle cave di Baiato, trasportare per acqua fino all'Aniene, cioi alla
prossima riva di Stucopoitore, colPopera del comm. Cìaldi, nel 18)9;
ed incisevi le iscrizioni geroglifiche detute dal p. UngarclU, fìoal-
mente innalzati coiropera del Carnevali. Cf. Pignotti Leonini Am-
^ella Campagna Q^mana
279
Sul margine sinistro della valle medesima, cioè sulla
via Salaria, abbiamo le vigne gii Della Porta e Filoma-
rino, che fronteggiano la villa già Potenziani ora Telfener.
Anche in questa parte della via, la contrada è stata ricca.
di epigrafi sepolcrali, in occasione dei lavori edilizi quivi
lescguiti (1). Nel primo medio evo fii abitata questa re-
gione; come rilevasi dalla notizia della basilica di S» Fe-
gati quivi esistente nel secolo quinto, quando veniva da
Bonifaao I fomiu di suppellettili, e quindi doveva esser
Ércquentata (2).
(Conùnua)
G. TOMASSETTI.
I TOKIO, Gli oheUschi eretti nelìa villa sulla via Nomeniana del principe
\^-AUssanàro Torlonia, Roma» 1842 ; Gasparoni Francesco, Sugli
pWucH Torlonia nella villa Nomentana, ragionamento slot. -critico,
Roma, 1842. Una medaglia incisa dal Gìrometti t fregiata di epigrafe
"Sellala dal p, Marchi è pure monumento di questo fatto, che deliziò
il popolo romano nell'anno 1840» e forni occasione a poeti, letterati
* (iucgnatori per farsi onore. Un sonetto del Visconti (Pietro Ercole),
«uaico del principe, porgeva il confronto degli obelischi egizi in
Hotna, trofei di battaglie, e questi, simboli d'amor filiale:
In lei (Roma) d'uo figlio sol l'Amore eguagli
L'opre di tAnia gloria e tanto impero.
(l) Cf. BulL Comunale 1886, pp. 5JI, 372 e sgg. Vi si rinvennero le
nmoric dei liberti degli Appuìei. Cf. Not. Scavi 1885, p. 528; 1886,
pp. 5641404; 1887, pp. 21, 74, 191, } 28 e sgg. Importante v' è slato
ii sepolcreto dei curatorts della tribù Follia (BuìL Comwi. 1887,
p. 187. ecc.).
Prima dì lasciare questo primo tronco della Salaria ricorderò
|t|ti studiosi di epigrafìa come da falsa lezione di un epitaffio cristiano
rfl p. Paoli ricavasse un libro, per dimostrare che quivi era sepolto
Felice JI papa (che invece stava sulla via Portucnse). Fu un con-
flitto serio dell'autore col Marini, Tiraboschi e Oderici, che lo con-
fntarono con ardore superiore al valore della cosa. (Cf. De Rossi,
jKuript. Christ. 1, p. 177),
(2) Liber pontificali^, ed. Ducbcsne, in Bonifatio, p. 227-228.
9
izùmi etiopiche ed arabe di S, Stefatio dei Mori.
(lei voi. IX di questo Archìvio il prof. Guidi, publi-
p due lettere che si riferiscono alla prima stampa del
fro Testamento in etiopico fatta in Roma nel 1548-49,
llava Tasfa Sion ed altri abissini che dimorarono nel
fento di S. Stefano, per cagion loro detto a dei mori »
p quali si leggono li epitaffi nella chiesa. Di tali cpi-
parte sono in latino, e questi furono già publicati,
fsono in geez ed in arabo ancora sconosciuti. Cosi
parso di fare cosa gradita tanto agli studiosi delle cose
Itali quanto agli amatori di curiosità romane publi-
p queste iscrizioni etiopiche ed arabe ancora esistenti
i Stefano.
t)a assai tempo la chiesa e il convento di S, Stefano
\ dai papi concessi agli abissini ; ma intorno alla data
jiesta concessione, e, quindi, al nome del pontefice da
b fatta non sono d'accordo coloro che scrivono sul-
bmento: così TAlfarano dice che Sisto IV (1471-84)
\b il monastero e lo consegnò agli abissini; e il Piazza
^t pxc di Rotna, p. 123) che Clemente VII nel 1525
Esse agU abissini S. Stefano e una casa contigua; e,
, H. Salt, nel suo l^iaggio in Abissinia (II, p, 274, n.),
pe la fondazione del convento per gli abissini in Roma
f avvenuta al tempo del viaggio in Europa di Zaga-Zabo,
282
F. Gallina
che pani dall*Abissinia con D. Roderigo de Lima e con
TAlvarez nel 152^; ma nessuna prova è recata a sostegno
di queste affermazioni.
Opinione più comune è che Tedifìcatore deirospizio
per gli abissini sia stato Alessandro IH; e cosi scrivono
TAlveri (^Roma in ogni stato), il Nibby {Roma nel TS}Sf
p. 726)» e il Forcella nelle brevi notizie sulla chiesa di S, Ste-
fano che precedono le iscrizioni (VI, p. 307), e ultima-
mente anche rArmeUiiii {Chiese di Roma, p. 622). E questa
ipotesi fu fatta la prima volta dal Baronie quando pu-
blicò (ex Sogerii Amiaìibus Angìicanis) la lettera di Ales-
sandro III: « Charissimo in Christo filio illustri et magni-
ti fico Indorura regi sacerdoium sanctissimo.,,. ecc.». Ma il
Ludolf che si occupa di tale questione, tiinto nella Historia
(lib. Ili, e. 9), quanto nel Contentano (ad lib. III, n. 96),
dice che il Baronie è in errore quando crede la lettera di
Alessandro III diretta al Prete Janni; e asserisce che il
tenore della lettera stessa nulla contiene circa la chiesa e
il convento di S. Stefano, (i)
Più recentemente TAsseraani, in una importante disser-
tazione publìcata dal Mai nella Scriptomtn vetcrum nova
collectio^ V, riporta l'opinione del Baronio, ma crede o più
« verisimile che i monaci abissini non afabiano ottenuta la
e chiesa di S. Stefano che da Eugenio IV, dopo il concilio
« Fiorentino, a cui vennero da Gerusalemme e dall' Egitto
« molti monaci abissini e copti 0, e allo stesso
papa Eugenio IV aveva già attribuita tale concessione il
Panciroli nei Tesori nascosti, p. 546. Il Bruce e il Salt più
sopra citato scrivono che, per volontà del re Zara-Ja'qob,
Nicodcmo, superiore del convento abissino di Gerusa-
(i) Anzi R. Basset negli Etudcs sur rhistoirt à*Ethiopu (Parigi,
1S83) scrive : n . . . questo documento ò probabilmente apocrifo, come
«l'ha dimostrato lo Zarn'CKE » (Commaitath de epistola Alexaniri
paptH Iti, ecc.; Lipsiae, 187$)-
Varietà
283
kmme, mandò l'abate Andrea ed altri religiosi al concilio
dì Firenze, e il Bruca (i) aggiunge (TI, p. 73) che Zara-
Ja*qob ottenne il consenso del papa per stabilire a Roma
un convento di abissini. Ma qualunque parte abbia avuta
in ciò Zara-Ja*qob (del quale il Ludolf dice: « ab Ecclesia
• Romana alienum fuisse » (2), è certo che gli abissini ven-
nero al concilio; e se n' ha memoria, oltre che negli atti
del concilio, nei versi che si leggono sulle porte della
basilica di S. Pietro fatte da Eugenio IV, e in un quadro
del Valicano, nel quale Gregorio, l'amico del Ludolf, a po-
tpulares suos agnoverat ».
Ora se anche ¥ ipotesi del Baronio è da escludersi
(come pare veramente) essendo poco fondata, invece si
hanno prove della dimora di abissini a S. Stefano non
niolto tempo dopo il concilio di Firenze, cosi che sembra
ngionevole ritenere che, nell'occasione della venuta degli
abissini al conciUo, fosse da Eugenio IV il monastero di
S. Stefano destinato per sede agli abissini stessi.
Dice il Gibbon : « Circondati da nemici della loro reli-
» gione, gli Etiopi stettero circa un millennio dimentichi
■ del resto del mondo, dal quale essi stessi erano dimen-
** ticati « ; ma la venuta di religiosi abissini al conciUo Fio-
rentino e le relazioni che i Portoghesi strinsero con TEtiopia
wniirono a stabilire continue comunicazioni fra V Europa
e<)uestounico Stato cristiano d'Africa. Poi fu intrapresa la
conversione dell'Abissinia dalla eresia monofisita alla fede
citiolici : cosi dal principio del xv[ secolo si mantennero
i monaci abissini (ricevendo anche gli alimenti dal pilazzo
ApostoUco) nel convento di S. Stefano sino verso la fine
Jà secolo XVII.
(1) È noto che il Bruce inseri nella narrazione del suo viaggio
glianoalt d'Abissinìa tratti da un testo ge'e?:.
(2) Del resto per ciò che riguarda Zara-Ja'qob e i suoi istituti
Jesiastict vedi Dillmann, Uthcr die Regitrung, tic. da Kònigs Zar^a-
284
F, Gallina
Poi, essendo moni quelli che vi erano, e non vcnen-
dovene altri (i), fu la clùesa data in cura a D. Matteo
Naironi maronita. Nel 1705, da Clemente XI fu facto cap-
pellano e rettore perpetuo di S. Stefano l'abate Campana,
il quale mori nel 1729 lasciando la carica all'Em. .\nsidei,
già destinatogli a coadiutore con futura successiom fin
dal 1724. Frattanto, dice l'Assemani nella Controversia
coptica già citata, copti ed abissini (chiamati a Roma
dalla Congregazione di Propaganda Fide) domandavano
di esser reintegrali nel possesso della loro chiesa : e mono
nel 1730 l'Ansidei, l'ottennero. Clemente XII confermò la
concessione del monastero e gli alimenti, e con breve del
15 gennaio 173 1 stabìH che gli abissini di S. Steflmo di-
pendessero in perpetuo dalla S. Congregazione di Propa-
ganda Fide, e deputò a rettore ed amministratore del con-
vento l'Assemani. Nel 1732 altri copti giungevano a Roma
e nel 1807 vi arrivava Giorgio Galabbada, che fii l'ultimo
ospite di S. Stefano, e vi mori.
In breve: gli abissini, ricevuta, assai probabilmente da
Eugenio IV\ la chiesa di S. Stefano col convento, vi stet-
tero per circa due secoli ; e in loro mancanza la chiesa fu
data ad altri, fino a che, nel 1730, ne furono gli abissini,
insieme coi copti, reintegrati in possesso.
Sarebbe certo importante publicare tutte le notizie che
si possano raccogliere intorno ai religiosi abissini e copti
che furono a Roma, e le memorie che di loro rimangono;
al quale scopo gioverebbero le postille che si leggono nei
(i) n LuDOLP nel Coment, che fu publìcato nel 1691, dice della
chiesa: « Hoc tempore alii clerici eam possidente ex quo nulli Habes-
« sini araplius Romam veneruntn.
Gli Etiopi che giungevano a Roma venivano spesso da Gerusa-
Icramc; tuttavia a lasciare senza ospiti il convento di Roma influì
certo anche questo: che l'impresa della conversione degli Etiopi
era fallita proprio quando, sul finire del regno di Susncjos, sembrava
compiuta.
Varietà 285
L Edop. della Vaticana; ma mi limito per ora, come
letto, a publicare le iscrizioni etiopiche ed arabe di
tefano. Le più antiche sono le etiopiche; le arabe sono
nente del secolo scorso, perchè, come è detto più sopra,
allora dimorarono nel monastero dei copti (i); una
iscrizione ha una riga di copto.
^ iscrizioni etiopiche contengono qualche errore, ma
[umerose sono le inesattezze di scrittura, assai frequenti
uss. Etiopici (2), e derivate dalla pronuncia del tempo,
i sarebbero :
a) lo scambio delle vocali l ed a; ad esempio: Tiscri-
! I ha ''m per 'ama, e subito dopo ha mahrat per m'hrat;
ic iscrizioni II e III hanno entrambe :^'karwó per :(^k'rwd ;
V) Io scambio delle gutturali h, beh; per esempio:
tf per warha (iscrizione III) e habta per habta (iscri-
!lV); "
c) lo scambio di s con s: nahsi per nahas? (iscri-
d) lo scambio di i ed m: :^ahana per :^amana (iscri-
jIII).
icco ora, nella seguente pagina, la più antica delle
ioni.
) Tuttavia anteriore a questo tempo è T iscrizione latina dì
« Franciscus Aiferìa, fìlìus prìncipìs Libiae », morto nel 1626.
D riportata daìl'Alveri e dal Gualdi, e da questo la tolse il For-
t Nel cod. Et ms. GLI del British Museum, uno dei monaci di
fimo, Habta Maryam, di cui si parla più sotto, dà chiare prove
icarse nozioni di ortografìa che egli possedeva.
kckiriò della R, SocMà romana di storia patria. Voi, XI.
2S6 F. Gallina
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Varietà
287
i è sepolto Tasfi Sion etiope [sacrifizio
le: ricordatelo nelle vostre preghiere e nel vostro santo
Cristo e per la Madre di Gesù - Amen.
ili 18 di nahase {agosto) nell'anno di grazia 1550 (i).
Tasfa-Sion era monaco deirordine di Takia Hàimànót,
^ senza dubbio, il più distinto di quanti abissini dimo-
io a Roma, Di lui conservano memoria alcuni codici
pici Vaticani; nel codice XXIX, per esempio, si paria
ina specie di sinodo faito dai monaci di S. Stefano
i regole interne del convento; Tasfa-Sion, che vi prese
C, è chiamato niam'h'r 'abà Tasfà S'yón,
paolo Giovio (il quale, come è noto, da lui (2) ebbe
btizie intomo all'Abissinia che egli pose nel lib. XVIII
l sua storia) lo chiama: « huomo d*honorato et illu-
de ingegno 0 e dì lui dice che: « possedendo molte
igue, Fendutosi .frate, in Roma imparò benissimo la
) "Nel computo degli anni dalla nascita di Cristo, gli abissini si
IO in riurdo di circa sette anni dal computo nostro. Ma chi
e l*epigrafe etiopica di Tasfa Sion adottò il millesimo della iscri-
ilatina (MDL); e forse volle anche adottarne la data del mese,
,28 di agosto, ma per errore scrisse invece iR. Suppongo que-
trchè il 18 di nahase non corrispondeva punto ai 28 di agosto
tlendario Giuliano.
bi non sari inopportuna una breve noiÌ7Ìa sul calendario etiopico :
lo etiopico consta di dodici mesi, di trenta giorni ciascuno, e dì
fcdicesimo mese detto PSgtuinin, cioi* a'^puntOf il quale ha sei
[ neiranno bisestile, che porta il nome di « anno di S. Luca »,
pe giorni nei tre anni successivi, che portano i nomi degli altri tre
(elisti Nel secolo presente Tanno etiopico comincia il io settem-
d nostro calendario; ma Tanno che segue a quello di S. Luca
KÌa Tji settembre, perchi',come s'ò detto, nclTanno di S. Luca
pe P3<^uemin ha sci giorni.
£d anche dal comentario che P. Alvaro lasciò scritto del suo
L'
288 F. Galliua
« lingua nostra, e ad alcuni uomini curiosi insegnava
« l'abissina ».
Probabilmente egli ebbe parte nel tentativo di con-
versione della sua patria, se, come credo, è di lui che parla
il Salt dove dice che « le istanze di un degnissimo prete
« abissino, chiamato Pietro, condussero Ignazio, il fonda-
« tore della C. di G., ad intraprendere la conversione del-
« TAbissinia » (II, p. 276); anche lo Harris ac-
cenna, senza farne il nome, ad un abissino che in Roma
ispirò al Loyola l'idea della conversione dell'Abissinia. Ma
il maggior titolo ch'egli ebbe ad esser rammentato dai
posteri fu la stampa da lui fatta del Nuovo Testamento
in etiopico, che non dovette essere facile lavoro: le dif-
ficoltà che bisognò vincere sono adombrate nelle parole
che stanno in capo al libro, e che il Ludolf riporta:
« O padri miei, o fratelli mìei, non vogliate male in-
« terpretare gli errori di questa (edizione): poiché coloro
« che la stamparono non sapevan leggere; e noi non
« sapevamo stampare : cosi che essi aiutaron noi, e noi
« aiutammo loro come il cieco aiuta il cieco. Perciò per-
« donateceli ......
E ne pure fu fatica sterile, poiché, dice Paolo Giovio,
gli abissini, che per divozione venivano da Gerusalemme
a Roma, solevano i libri della S. Scrittura stampati in
Roma « per un gran miracolo portare a casa loro». Certo,
come dice la iscrizione latina, avrebbe Tasfa-Sion fatto più
cose, se non glielo togheva la morte che lo colse all'età di
soli quarantadue anni.
Dopo riscrizione di Tasfà-Sion, per ordine di tempo,
vengono due iscrizioni del 1599 (i).
(i) L* iscrizione di « Pater frater Marcus aetiops », morto nel 1582,
è solo latina. Essa fu già stampata dairAlverì e dal Forcella.
A i . i* f^ » r ft *"
^T'i <»^ un «»7r<#
atelo nelle vostre preghiere
[rini - qui è se
padre Ja'qob
'de! padre nostro Eustazio (monaco dell* ordine di Eti-
ano 1599 [stadio)
nascita di Cristo
i in Marco ....
on saprei spiegare le ultime parole di questa iscrizione
D come facenti parte di una frase simile a quella che
fge nella iscrizione seguente; e tuttavia la lapide non
ra di essere stata rotta.
fn Qasis Ja*qób, che è probabilmente colui che è no-
to in questa epigrafe, è ricordaio in postille dei codd.
"atic. V, VII, XXIV e XXXVL
l I. Per ^JtTwO 5, Per yOstaty^s 7. Per *amfbS
290
F. Gallina
In questa iscrizione, e nella seguente, sono nominati i
due principali ordini monastici di Abissini!, cioè quello
di Takla Hairaanót e quello di Eustazio,
III.
n )i5^M ti "iim + f^
Ricordatelo o frateUi nostri pellegrini
qui è sepolto Zaccaria erio
pe del paese di Dawaro
figlio del nostro padre Talda Hàirnanót
nell'anno di grazia 1599
dalla nascita di Cristo
fino a che mori nel lerapo di Marco (nciraittw di S. Marco)
evangelista nel mese di maggabit (iimr^o).
ni. I. i. Per ;»Jhrti^ 2. Per ^kàfyés 6. Per *mtdaU 7. 1»-
^«MiMa miir^ds & Per ha^varha mag^abli
m
Varietà
291
IV.
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a» A 0;* -nf. «^C ;• fo.ffP^/:>
^ ^'i •^ h : >» *7 /t ;> >.
Padre Takla Hàyraànót di Dabra Dima pellegrino di Ge-
c uopo di essa venne a Roma per [riisalemme
^^«are S. Pietro e Paolo
e morì il 1 2 di maskarram (set(cmbre)
< ^ abbiamo sepolto qui Oioi) padre Gregorio di Layad
*: padre Habta Màryam di Dabra Gj.iba'e
Cf) padre .Antonio di Taqusa»
v^atelli nostri pellegrini, se
verrete dopo dì noi
ncordatelo nelle vostre preghiere
•luesio monaco dabbene.
1649
i^h nascita
di Cristo Signor nostro
Amen.
2^2
F, Gallina
Questa iscrizione ha il pregio di recare i nocni di alcuni
abissini conosciuti dal Ludolf quando fu a Roma nel 1^49.
Il P. Gregorio di questa iscrizione e quello con cui
il Ludolf strinse amicizia, che andò poi a trovarlo in
Germania, e del cui aiuto egli si giovò per scrivere la
sua Hisloria, i:cc.y sono assai probabilmente la stessa per-
sona, benché nella iscrizione sia detto ;;rf Layad, e nel
Ludolf invece: ''mb^ta 'amharà 'mmakàna fldsf.
Del P. Antonio di Taqusa dice il Ludolf: e Antonius
« d'Andrade, patre Lusitano et matre Habessìna, Takuessac
« in Dembea nutus .,..».
Il P. Habta Mar\'àm pure e ricordato dal Ludolf; e
copiato da lui è il cod. Et. ms. GLI del British Museum.
V.
D r f 1: :ntf^.7ì>f t Ut^C^ t? VS ìt CD
tt^tir^-XA nero + n fì<^ in ^f>rfn o^--
P*P Hrwz <Ft A (J»-i®ó/\ CD civn
V, I. 2. L'iscrizione precedente lia ^abS'ì 2. L* iscrixìone prece-
Uente ha dakra dima 1 1. Per fr
Varietà 293
o ricordiamo noi padre Habta Miryam di Dabra
>à*è e padre Takla Hàymanat di Dabra Dima
ìgrini, che per questa chiesa la quale
liedero i papi antichi quando la trovammo
ista e rovinosa ci siamo adoperati molto per essa
abbiamo restaurata col nostro denaro, che è circa la
[somma di 400
0 piastre. Non crediate, fratelli nostri, che abbiamo
[fatto (cù5)
gloriarci ma perchè ci ricordiate nelle vostre preghiere,
anno 1^38 dalla nascita di Cristo
lor nostro, a lui gloria. Sepoltura di P. Habta
yàm la cui morte fu il 14 del mese di Ter {gennaio)
anno 1^54 di Nostro Signore.
\^engono ora alcune iscrizioni arabe. La prima riga
1 iscrizione VII è scritta in copto.
VI.
Hadà 4arih gàd yù'dsaf min madinei girgt
«to è il sepolcro di Gad Joasaf della città di Girge.
VII.
Makarios pkigdmanos (i) ou pimonachós agibthios
ano egumeno e monaco egizio.
\ass tnaqdryùs ra'is dir 'as-saydah 'aUmuhanna
rryat sihat 'elladifimà ha'd
r^ dir mar 'tstafànUs
mihannà bidet 'al-habas xvaqad
jyaba fi yóm 27 fi sahr ti'srin 'at-tànì
— 1740 — (2)
I) ne.
a) n Forcella legge la data della iscrizione latina cosi : MDCCXI.
294 ^ Gallina
Prete Macario superiore del convento della Vergine, detto
«e del deserto di Sceti » il quale di poi
divenne superiore del convento dì S. Stefano
detto a convento degli Abissini ». Ed egli
mori il di 27 del mese di novembre
— 1740 —
Questo P. Macario (chiamato dall' Assemani Macario
Asmalìa) è uno dei due monaci copti che nel febbraio 1730
furono introdotti nel monastero di S. Stefano. L'iscrizione
latina dice che egli mori in età di anni CVII e mesi vn.
Vili.
'ahùnà *al-qass yùhamtà 'al-habàsy ràheb mar 'antdnyòs min
[madinti dànbyat min mtidun 'al-habas
'atà 'ila nlmyat fi 'Uyòm ^ar-ràb" min sahr tisrin \awwal IJ49
[wa'aqàma bihadà 'al-maball xvàhad
watalatin sanai wasàhrain watanayyaba fi'lyóm 'at-tslai 'osar
[min sahr hànùn 'axmval
ijSo wakàn lahu min 'aWomr talàtat wa sititn sanai hakadà
[kaiaba billatini
' al-munsinyìlr 'asiafànùs Bor^a kàiim maqma'^ "uitisar 'l'iman
[Imnqaddas,
Padre Giovanni abissino monaco di S. Antonio del paese
[di Denba (tino) fra i paesi d*Abissinia
venne a Roma il di quattro del mese di ottobre 1749 e
[stette in questo luogo
trentun anni e due mesi, e mori il di 13 del mese di di-
[cembre
1780. Ed aveva Tctà di 76 anni. Cosi ha scritto in latino (i).
mons. Stefano Borgia segretario della Gong, di Prop, Fide.
VIII, 1. 5, Probabilmente per kstih' asrJr. L'iscrizione latina ha: a
secretis.
(i) Questa iscrizione ò preceduta da quella latina già publicata
dal Forcella.
Varietà 295
)rgio Galabbada, morto nel 1845, non ha epitaffio
pico: non essendoselo preparato da se stesso quando
, non ebbe poi alcuno che glielo scrivesse. L' iscri-
atina si legge, come le altre, nel tomo VI del For-
F. Gallina.
2^6 j:£ £z«7io, % %enier
^^Li^ione iteJit^ salt^z morte del duca di Gandia,
ISorcXdCiO Jtwenu^? m Roma neUi notte dal 14 al
i ; g:u:no r497 tni?n;ss£o'iò viridemente tutti i contem-
poraneL Sì zrxm^x icLi mone di un personaggio rag-
ijuirievole, i: uno dei i^l iì papa Alessandro VI, Gio-
vaan: i-ca i: Goniìa, e il ieììcw en stato perpetrato con
tanta c:rco-?rez:otie e ranro mistero che ben presto si sup-
pose dovesse esservì soro un aarefaco borgiano nefando.
La voce che i-zzo'.'^x^x Cesare Bor^-a, prima buccinata in
sv^reco, '2.:i rariò xi essere rferia come cosa certa dagli
am?ascia:on e cuiaii. aiermira da: migliori storici, passò
in ^ìuJ:c-i:o (:)-
Parecchie >.jnD le riìr^oni che oùlrrano a favore di
.|;uv»:i N.::^:v>'.r;-''ze iÌTer.uri i5err^ir!o*^^ recisa; poten-
u^-..'-Us- :V.i S"->'- -^ ziiuri ij-L'-:cr-v\ \x <\ix sfrenata am-
:» .u'MvN ' vr^u^^-:> -he i lui ver.ivi calla uiorte del fra-
u'v» p: .'.K»^;.''.v.:o, \\ cc":c™.o iel 7,:?^. che uopo essersi
^iV V ■. vU--. ox.'\ :v>. _-■■.-.: ; .'.--n^, V", i-.--;. A:.v:s:, iU-
., ^ .; -; .\."n^,ij: '.rr.z' x, :^~^, rr- j^-,;. Il G'.RALDI
i . ii.« .• Xi .»<i;t-:nj;c:si il =--vir; i: •-ili. ;>.; iscc.rorcco Cesare
I, i u »v».. i u,^ t Ov»:\^ cernii cc-'i nrvclla :j' i^lli IX csciÌ!; «itigli
v.ìi ' ..v: ;n.:iì^* >ott^ :ì-ì: -:t.: -1 r^r;.:";; £ i. t-0£:hi, ì
..''..* v^.'aì 0 .'.e::-' i. T. — :-'-■:. >c-,- c^ si --eli li Vi-
i ' ! .1 m.'l'a >x"i;". C--.1 5 -1 ;*"_-;. t :. "C ^.^«1- un. orri-
.■ w,i ».u>, i»v'-\'^ vho iv^r.i: :.;;"ì^ ^-i :-i:;ll.'. i rirencoi;!!
1 . . ^^ ■,■ i" '^•i•»^'■^ '•". \: \i^t.iìi -jr. — i^r-r >tiz:i, che
. ;.. l >\iK»iuv» J.'. l'.v.irì," sìzz-'lirr::-;.:::^. i^U. L=5>i=:e con
1 . .'.,» lu kK 1..1. U» t^li-t-v^"-" c--iil=:c=:£ 1 r^r^ì j. C:r. D*As-
X ,- .^ .. \ . .',",' a»;-, ti. ;:-3.
Varietà 297
ìulle prime scalmanato a cercare il reo, finiva col sep-
ire la cosa nel più tenebroso silenzio.
Ma se queste ed altre ragioni sono forti, indubitato è
tra parte che a quanti si trovavano in Roma all'epoca
triste fatto non venne dapprima alcun sospetto del
ricidio.
Noi possediamo relazioni sincrone, estese e per ogni
etto attendibili, quella lunga e piena di particolari che
si prezioso diario borgiano di Giovanni Burcardo (i);
Ila che il residente veneto scrisse il 17 giugno alla Si-
ria di Venezia, che venne riferita dal Malipiero (2) e
qualche variante dal Sanudo (3) ; una lettera latina del
giugno, parimenti recata dal Sanudo (4); il rapporto
17 giugno con cui Alessandro Bracci, ambasciatore
entino, informava il suo governo delFaccaduto (5); la
M^ infine che il cardinale Ascanio Sforza scriveva il
giugno al fratello Ludovico il Moro (6). In nessuna
ali relazioni è pure un motto che si riferisca a Cesare,
diverso è il risultato se consultiamo le cronache del
pò, la napolitana, la leccese, la ferrarese, la fiorentina
Cambi, la modenese del Lancellotti (7). Eppure in
i è desiderio sommo di scoprire il reo, e varie e di-
tli supposizioni si fanno. I primi sospetti si aggii*arono
uno agli Orsini e al cardinale Ascanio Sforza (8):
isandro VI rassicurò quest'ultimo, che si era con ra-
1) Jobannis Burcharài iDiarittm, ed. Thuasne, voi. II ; Parigi,
W PP. 387-90-
a) Annali vmetiy in Arch, stor, itaì. VII, i, 489-91.
3) Diarii, I, 658-60.
4) Diarii, I, 657-58.
5) Documento edito dal Thuaskeìii Diarium Burcharài, 11,669-70.
6) La trasse dallo archivio di Modena il Gregorovius, VII,
XL
7) Al VISI, op. cit., p. 34 n.
8) Sakudo, I, 652.
298 ci Lu^io, -7(. Q(enier
gione impaurito (i), nu trasse in sonito profitto da quelle
dicerie per la sua polirica contro ^ Orsini (2). Più te-
nace fii la voce che accusava Giovanni Sfbm ài Pesaro,
r infelice marito di Lucrezia, che in quel medesimo anno
1497 doveva veder sdolro fl suo infausto matrimonio. La
lettera riferita dal Mairpiero reca : e Si dice che M signcM*
« Giovanni Sforza, signor di Pesaro, ha &tto questo ef-
« teno, perchè il duca usava con la sorela, sua consorte,
e la qua! è fiola de! papa, ma d'un'altra donna a. Qui
vediamo già formarsi quella leggenda degli amori ince-
stuosi di Lucrezia coi fratelli, che trovò p<M nel Matanzzo
il più grosscKano interprete (5). Secondo il Matanzzo, lo
assassinio viene commes:so in casa di una meretrice per
mano d: Giovarmi Sforza e de' suoi seguaci (4). Xè a
queste sole persone si fermavano i sospetn. V era chi ti-
rava in mezzo i! conte Antonio Maria de'.Ia Mirandola,
perchè il duci, che corteggiava una figlia di lui, era stato
ucciso zion molro discosto dalla casa sr^ii (5), e v' era chi
se ticiM cir.co al principe ài S^uillice e persino al duca
d'Urrino (f). Xon uno pensava al Valennno.
S- wUil: rrrve i: fin."* rir-^s^ 'i terr]?:!^ ucusa di fra-
ricìi:: '.ir.ciizi c:*nr^ i: !u ? DVnie n:o>>£ cuella per-
^" v j - >»- ;. ^^t^"'' ■",; ~J~i ìT""^ " "^■' " ■''** " ^"^ " ^'^ ■"*-
Varietà
299
suasione che fu tanto potente da indurre sette anni dopo
i giudici del famigerato Micheletto, sicario di Cesare, a
chiedergli conto, tra gli altri assassini, anche di quello del
duca di G.india? (i) Da dove nacque quella diceria che
divenne cosi presto storia e romanzo ? (2) Il Gregorovius,
che è pur cosi alieno dalla leggenda borgiana, è costretto
a dire: n Stando all'opinione universale di quel tempo, e
«tenendo conto di tutte le ragioni di probabiliti, Cesare
« fu Tassassino di suo fratello » (3), L*opinione, osserve-
remo noi, divenne universale soltanto parecchi anni dopo
la uccisione del duca; le ragioni di probahilitA vi furono
e vi sono; raa badiamo bene che esse indussero troppe
volle in errore e che i Borgia ebbero sempre giudici poco
sereni. Disperando oramai di trovare la prova, noi cre-
diamo che il processo indiziario vada rifatto.
A questo scopo tornerà forse non inutile un'altra rela-
zione sincrona, sino a qui rimasta inedita, che concorda
'n quasi tutto con quelle sopra citate, si nella esposizione
Jel fatto, si nel riferimento delle dicerie che corsero in-
corno al suo autore. È tratta dall'archivio Gonzaga di
Mantova ed è scritta al marchese Francesco dairoratore
Ì Potevano a Roma. La conobbe il Gregorovius e ne recò
(') Secondo un dispaccio del Giusùnìan del ;i maggio 1504.
^ Gregorovius. Vili, 54.
(2) Curiosissima 6 U narrazione romanzesca che dà dtl fatto una
^^ ^s. di Alessandro V! citata dal Leti, VÌIa di Osare Borgia^
Milano, 185;. pp. 198-200 n. Quivi Cesare e Giovanni cenano col
*"^ presso Vannozza, Poi Alessandro viene accompagnato alla
*tan«a e i due fratelli escono. Avviatisi verso ponte S. Angelo,
^ f* loro incontro un frate che chiede Telemosina, a cui Cesare fa
^ che il compagno è il fratel suo, e allora il frate gli salta al
Ho» lo strorxa, lo spoglia e lo getta nel vicino Tevere. - La fonte
«Uc più torbide, ma qualunque sia il tempo in che fu inventata
uU storiella, attesta il lavorio della leggenda.
(j) Lucrerà, p. 101.
.appena un passo ndh Storta £ Roma (i), designando
Fautore col solo prenome <fi Job. Carolus. Era questi Gian
Carlo Scakma, ambasciatore a Roma dal 1495 al 1497»
adc^petato poi dal Marchese in abre importanti missioni
all'estero, e in uffici primari ndDTamministrazione intema.
Lo Scalona, ne' molti dispacri die di lui d conservano,
d a{^>are un osservatore acuto, fffligcnte, impattale ; e la
sua parola ha perdo del val<xe and^e in una Eiccenda te-
nebrosa, come questa, ndla quale è a desiderare che ven-
gano poste aUa luce tutte le tesdmonianic genuine e di-
rette,
A. Lezio,
ti. Resoer.
nUno et Exjno s^nor asào. Mcram p. p. circa le xx bore paid-
rooo dì pallaio H Rjm moosignoti canfinali de Vakma, Borg^ et
docha de Gandia» et andoreno de compagnia a cesare ad una vigna
de M* Vanoza, inatre del prefitto carenale de Valcnxa et dacha.
Doppo cena sol tardo et qoasì nocte. Tenero in Roma, e gìooti presso
Ponte S. Ai^do il docha solo prese Gcentìa da li cardinali excn-
sandose haver or<&>c in certo loco dare havea andar solo. Li car-
dÌDJii fecero tato il possìbile per non lassarlo andar solo et sìmllìter
fecero prova alcuni suoi scrriiorì, onde che non fiie remedìo che *I
volesse compagiùa. Cusà partito, chtamoe un suo staffiero coman-
dandoli che andasse a la camera sua a pallazo a tuor certe sue ar-
matore da Docte, cum le i^uali harcsse a venire ad aspcctarìo in
piaza Jodea. 0 stanerò come obediente partì ad exequire la commis-
sione del duchi, et in lo andar a paKaxo lue asalìto, et datoli al-
cune puncte cum nullo male perchè era forte. Non stette per questo
che *1 stanerò rìtomoc al luoco ordinato cum le armature ordinate,
e staitovi per un pczo non vedendo il patrone tomosenc a casa, pen-
sando che *1 duchi, corno era qualche voki suo costume, fiisse re-
stato a dormire in casa de qualche donna de respecto. Doppo che ^1
ducha ebbe parlato a questo suo statHero, tue visto salirli un in croppa,
che era a cavallo a muUa, et questo tale era ìncapurato negro, per
il che se presume che 'l fusse un ordine dato per trapoiaiio come
(0 VU, pp. 46 j e 466 n.
Varietà
301
facto. Li cardinali stettero più volte ad aspectarlo al ponte,
havea il ducha proniisso de ritornare, et vedendo che *1 non
area, cum qualche anxicii et dubio de mente andoreno a pallazo ;
i la cosa per tuto hcri fìn a le xx hore stette cussi sopita, persua-
de ogniuno che '1 fusse restato in qualche loco ìn aptacere. A le
Dre il papa domanda instantemcnte d'esso ducha et manda a le
lere sue a sapere che è de lui. Alcuni suoi compagni hominì da
to che erano in diete camere non sripeano che respondere, et
Dati dal papa duhitoreno andare, Unde che Sua Beatitudine
oe per Valenza et per Borgia, ìnterogandoli cum grandi pro-
che lì dicessero che era del ducha. Essi apertamente li dis-
f il tuto come scrìvo: hoc audito il papa volsi intendere se l'era
lo o non; che se era morto, disse sapeva Torigìne et la causa.
p non sapéro dire altro, se non quello haveano visto et intieso
Ifuffiero chc.fue mandato dal ducha a pigliare Tarmaiura da
e. — Hoggì, facto giorno, che la noctc passata non se era facto
I che tramar per ogni via per haverne spia, se intesi per rcla-
I de un schiavone marinaro che era cum lo navilio suo a la
Fdcl Populo, non troppo distante da la porta del Populo, et era
p per dormire, che '1 mcrcori circa le quatro hore de noctc per
marte de la cave dove era vide proximarse a la ripa un homo
lediocre statura a cavallo ad un cavallo liardo, che havea in
pa una cosa in forma de uno grande fardello, et che sentite
Irandc strepito de strapozare ne Tacqua, e intese dire ad una
t formalmente: k creditu che *1 sìa andato a iondo? » et quello
tiespondere: a signor si j>. Cussi il papa questa mane fin a le xvin
^ é facto pescatore del tiglio ; che a tal hora t sta* ritrovato ìn-
IJK in un saco cum la gola tagliata et li brazi et cosse ferite in
Ideiti mortalmente. È gitato in lo luoco dove se gitano lì letami
ima, da quello canto.
ìe fanno vari) comcnti sopra questo caso ad ogni modo do-
0; chi imputa siano stati Viterbesi per queste seditione loro, che
ro forsi pare de patire per poca provisione o culpa del ponte-
lalcuni danno colpa che per essere questi signori alquanto di-
lla Docte in voler femine de Romani non sia stato conducto a
ppola da qualchuno iniuriato ne rhonore; chi la dice ad un
0» chi ad un altro.
Wr quanto io habia potuto investigare da persone di qualche
Ro in casa d'esso ducha et de Valenza, la cosa, se non è facta,
ita fare o consultata cura persone che ha denti longì; e questo
lo non se fa sen;ca fundamento et qualche colore. Doppo che
Kiio è convaliuto, sono pur stati alcuni termini fra questi signori,
jMrrAn'A) delia R» Società romana di gloria patrta. Voi. XI. ai
302
Q/t Lu^io, 7^. l{ctti'er
maxime Valenza et ducha, che Borgia non intra in simile scan*
mujia; e s'è dicto che se Ascanio mancava et fosse morto deve* |li^
neno non imputava altro che Valenza, Ultra questo havendo SfoP
cìno questa quadragesima passata facto amazare un signore spasinolo
in casa de una femina cortesana, o ferire a morte, siche se oc morie
in pochi zornì, la cosa stelle tanto tacita et cum nulla dcmon»»-
tionc che circha un mese questo ducha manibus proprìjs pigliocic
nocte alcuni stafTcri de Sforcino ci conJusseli in presone come quelli
che liaveano ferito a mone esso signore spagnolo, et il zonio se-
quentc circa le xx fuorcno impicati a li merli de Torre de Non^
senza alcuno respecio, ancora che Ascanio per mezo de roraiotc
ducale facesse ogni prova presso N. S. per liberarli et campar^**
Come è dicto fuorcno impicati suxo lì ochij a l'amico, quale dopP*'
etiam personalmente se n\- dogUuto, e talmente che '1 papa se *-
sforzato rcconciliare il ducha cura Ascanio et cum Sforzino, cU-**
termini dal canto del ducha di chieder venia ad Ascanio, et Stcy'
rino al ducha; tamcn se crede per certo che in secreto dal car***^
de Ascanio li fusse più pensiero di vendetta che disposìtionc de ^^^'
mettere.
Se scìa poi certo che esso ducha era ìnamorato et pano de *"^
figlia del conte Ant" Maria de la Mirandula et che cum questo tn^^^*
sia stato tirato a la trapela, perchè il loco dove è su' submeno i»- ^^^
ò troppo distante da la casa del conte, E poi lo nicrcorc nocte»**
ritrovata h multa d'esso ducha veda che erava da la casa del co*"^*
verso casa de Parma; e pigliata da alcuni che passavano e cic:^^^
ducta presso la casa del conte, trovose dui armati acostati a 1Ì rai»-^*
dVsso conte, a li quali fue domandato se la malia era loro, cr -^
prima dissero si, ma domandatoli il contrasigno de la mulla n ^^ .
sapéro dire altro se non che havea la sella picola, e facendo quC^
tali che haveano ritrovato la mulla reniientia de darla per quc^-;^
solo signo de la sella, quelli armali resposero che li lassavano *^
mulla et si andassero per li facti loro.
Quello tale che salite in croppa al ducha se pensa e presun*
fusse uno Jaches de casa de Ascanio, cum lo quale se era per •
passato fido grande instaniia che 'I pigliasse per mogliere la figli ^
del conte Antonio et mai non havea vogUulo attenderli. E pur ir*
questo ultimo del caso de Ascanio li furono lassati per testameni
dece mille ducati se la pigliava; casu che non, non havea se non
quattromille.
Fin qua queste sono le più millitanie conleciure che siano, ben-
ché ancora se suspichi d.i quakhuno del signor de Pesaro, et in li
demi del ducha de Urbino.
Varietà 303
n papa per quanto se debbe consyderare è de la pezor voglia
e fusse mai, e non se può pensare che non ne succeda qualche
inde inconveniente, secondo che la cosa se andarà verificando a
tornata. Se stima, et quasi non può essere altramente secondo 11
e di cui r ha visto morto, che collui che li salite in croppa ama-
sse esso ducha cum Io suo pistorese che Thavea dreto et che'l
n intrasse in casa veruna. Del successo V. Ex. sarà copiosamente
mata. Raccomandome in buona gratia de V. Ex.
Romae, xvi junij 1497.
S.tor
Jo. Carolus CScalona).
w
ATTI DELLA SOCIETÀ
Corso pratico di Metodologia della storia
! Trascn'yione d'un rotula membranaceo contenente un
I esame testimoniale circa i diritti delFabbadia di
^m Far fa su Montefalcone,
^V Lasciato cortesemente in deposito presso la R. Società
''otnana di storia patria un rotulo membranaceo del se-
*^^lo xui, noi avemmo agio di trascriverlo, ed ora lo pub-
""chiamo, non mancando dì qualche interesse, perchè si
'"'li^risce ad una questione dibattutasi tra una forte città ed
^^^ potentissima badia.
Il rotolo consiste di nove fogli dL pergamena cuciti
''^sìctne, scritti da un sol lato, in carattere minuscolo, tutto
^ lina sola mano.
Esso è nondimeno frammentario e doveva essere molto
P'u voluminoso, a quanio sì può giudicare dall'importanza
*^Ue due parti e della questione, e da! poco che nel fram-
^<;nto esistente si contiene.
Il testo comprende l'esame di alcuni testimoni in un
giudizio tra la badia di Farla e la città di Fermo sul pos-
del castello e della terra di Montefalcone.
La badia di Farfa sin da tempo remotissimo ebbe nelle
forche arapi possedimenti, che costituirono il Pmidaio
Farjemc. La prima memoria di un possesso nelle Marche
risale al secolo viii, nel qual tempo la badia possedeva già'
il monastero di S. Ippolito nel territorio di Fermo, dove
}o6
Q4tii della Socielà
mori Tabbaie Guandelperto o Vandelperto. Sulla fine del
secolo IX, per sfuggire alle scorrerie de' Saraceni, i moDJci
di Farfa, guidati dalKabbate Pietro, si ritirarono nella Marca,
sul monte Matenano, dove poi sorse la terra di Santa Vit-
toria, che prese questo nome quando Tabbate Ratfredo, tor-
nato in Sabina e ricostruito l'antico monastero, mandò h
compenso al monte Matenano il corpo di santa Vittoria (i).
Questo abbate Ratfredo, che probabilmente fu in carica
dal 929 al 936, acquistò il castello di Montefalcone, «cur-
« tem videlicet quae mons Falconìs dicitur.... dato predo
« novitcr comparavi: » (2).
Un atto importante rebtivo a Montefalcone è quello
pel quale Matteo abbate del monastero Farfense, acor»-
0 sentientibus fratribus», concedeva nel maggio 121435!*
abitanti di quel castello, in compenso della loro fcdclti,"*
eleggersi un Consiglio, il podestà, il giudice, i massari, '
notai, di fare statuti pel regolamento del proprio comune (> j*
Nel 1214 adunque il castello di Montefalcone era in posse?^
della badia di Farù. Ma troviamo più tardi una bolli "*
papa Innocenzo IV a Gerardo Cossadoca, rettore de**^
Marca anconetana, sulla restituzione al comune della ci^^
di Fermo del castello di Montefalcone, occupato da al«^^J^
cittadini fermani (4). Questa è datata da Anagni,
(1) OrMu Fmrj, nel Muratori, n, patte 2', 34$.
(2) Ivi, 45 $-
(;) V. il n. 57 nel Sommarìo crcmóhguo H carU fu iwi
«li tàcch XIV, inserito nel tomo IV dei Documénti di itoria itatiana
btìcati t cura della R. Depuuxìone di storia patria per la Toscana
Umbria e Marche; nonché il n. io del supplemento al Codice dipt^
niatico di S, Viitoria (CoLUCCi, Aniicbità pianta XXXI). H DOfflC
di Matteo dato ad un abbate di Farfa vivente nel 1214 non cxào^
dcrebbc col catalogo Muratorìaoo (\1I, parte 2*, p. 29S), sccooÌO
il quale dal 1191 al 12;$ sarebbe suto abbate Pandolfo. Ma, come
vedremo, ^ molto ififficflc poter precisane la successone degli abbati
in quel tempo,
(4) Simm^rìè nn»»iliftfe> M céruférmmn nel eh. voi. IV dei D»-
nuMwli, a. 22$.
Q4tti della Società
307
dicesìmo anno (1254) Jel ponrificito di Innocenzo IV.
A-dunque nell'intervallo di tempo fra il 1214 e il 1254
Montcfiilcone fu occupato dalla città di Fermo, e da essa
tenuto in modo da potersi poi rivolgere al pontefice e f;ir
constare il proprio diritto per ottenerne la restituzione.
Fermo, che, dopo la sconfitta del marchese Marcoaldo
d'Anninuccio nel 1 199 (i), aveva cominciato a governarsi a
comune, aveva con varia vicendaaderito ai due partiti guelfo
|C ghibellino, riconoscendo spontaneamente il più forte e
^fcttraendosi in tal modo ai pericoli delia resistenza, otte-
^Rndo anzi la conferma de' privilegi gi;ì avuti ed altri nuovi.
Cosi Fermo nel 1208 riconosceva il dominio di Ottone IV,
^el 12J4 passava' con Aldobrandino d'Este al partito guelfo,
"ci 1224 si assoggettava spont.meamente al proprio ve-
scovo, nel 1242 riconosceva a signore Federico II (2), e
**«! 1249 ritornava all'obbedienza de' pontefici (j).
' In tal modo, quando nel 1254 Innocenzo IV scriveva
[•J Tenore della Marca perchè il castello di Montefilcone
Tosse restituito ai Permani, questi da pochi anni erano tornati
|**^tto il dominio della Chiesa; né dovevano molto rimanervi,
»chè nel 1258 mandarono ambasciatori a re Manfredi, e ot-
l^^tiutane la conferma de' privilegi, a lui si sottomisero. E di
Manfredi abbiamo un atto nel quale egli conferma al comune
i ^* Fermo « iura et iurisdicioiiem quam et quae curia nostra
*habet in castro Mariani... castro Montisf^dconis., . » (4).
Con questi fatti si collega il nostro documento. Come
ioVum detto, esso contiene un esame testimoniale: in
^uel che a noi è pervenuto sono comprese le deposizioni
ii Undici testimoni; del primo però non abbiamo che le
risposte agli ultimi sei articoli dell' interrogatorio, e rimane
.1) CouPAGNOVl, Ré^pa pie, p. 79.
[3) Sulla sottomissione di Fermo all'imperatore Federico, veggasì
LLARO Bréholles, Hisl, dipìom. FruUr. II, VI, 790 e sg.
(j) Fracassetti, Kotixje storiche della città di Fermo,
1(4) Wdìkelmann G., Actd impani inedita saeculi xiii, I, 414.
3óS
oAtii della Società
ignoto il nome del teste. Le deposizioni degli altri dieci
testimoni sono complete.
L'interrogatorio ebbe luogo in vari giorni: nel primo
giorno furono raccolte le deposizioni del primo teste, di cui
ignoriamo il nome, e dei testi Rainaldo di Benedetto da
Force, Berardo cappellano di Santa Maria Nova in Force e
Beraldo di Benazano da Settecarpine; in un altro giorno,
die XI marta, ì^'Il indictionisy furono sentiti Mainardo, cap-
pellano di S. Biasio da Teramo, Gualtieri di Enrico da
Force e Bono di Meliorato da Teramo; die XV martiiy
furono sentiti Rainoldo monaco di S. Catervo da Tolentino
e Giacomo priore di Santa Maria da Offida; die XFI martii
fu sentito Pietro di Nicola da Monte di Nove, con la cui
deposizione termina il frammento.
Le deposizioni furono fatte presenti le parti e innanzi
al rettore, che senza dubbio è il rettore pontificio della
Marca, ma di questo manca il nome, che certamente do-
veva essere in testa al manoscriao, perchè al principio di
di ogni deposizione troviamo che questa ò fatta « coram
« rectore prefato i>.
Gli articoli dell' interrogatorio sono dodici ; e, salvo
l'ultimo, tutti mirano a stabilire il possesso del castello di
Montcfalcone da parte della badia farfense.
Nel primo articolo si domanda chi era in possesso del-
Tabbazia farfense nella Marca e del castello di Montefalcone
prima dell' invasione di Federico li impentore, come si
esercitava questo possesso e per quanto tempo fu esercitato.
Su questo articolo le risposte dei testi sono pienamente con-
cordi. L'abbazia f-irfense nella Marca e il castello di Montefal-
cone prima dell'invasione di Federico erano in possesso degli
abbati, di cui vengono ricordati Matteo di Subiaco, Enrico
di Cosseiano, Gentile, Matteo di Arsoli. Di questi abbati
non è possibile stabilire con sicurezza la data, perchè. regna
'una grande incertezza su questo periodo di tempo nella
storia della badia farfense nella Marca.
q4Ui della Società
309
Tuttavia si può assegnare, con probabilici di essere
molto vicini al vero, al governo dell'abbate Matteo di Su-
biaco il periodo di tempo dal 1258 al 1242; all'abbate
Enrico di Cosseiano, dai 1242 al 1243; all'abbate Gentile,
d-iJ 1247 al 1250; all'abbate Matteo d'Arsoli, dal 1250
al 1257 (i). La successione degli abbati non fu sempre
continua; ma dopo la morte di alcuni di essi la carica
rimase vacante. I testi, rispondendo airundecimo articolo
Jeir interrogatorio, depongono concordemente che da oltre
trent'anni e dopo l'invasione deiresercito imperiale vi fu-
rono ad intervalli interruzioni nella successione degli abbati
per un periodo di sette a dieci anni. L'ultimo teste, Pietro
di Xicola da Monte di Nove, ricorda che le vacanze avven-
nero per la morte dell'abbate Stefano, per la deposizione del-
1 -abbate Nicola e per la morte delTabbate Peregrino. Il go-
^■<^rno dell'abbate Stefano può fissarsi tra il [245 e il 1247,
<luello dell'abbate Nicola tra il 1259 e il 1261 Ci2)"9-
*2€o, secondo il Colucci), e quello dell'abate Peregrino
^^^ il 1261 e il 1277 (i26o-[275, secondo il Coluccì).
Questa parte delle deposizioni, sulle vacanze dell'abbazia,
WÈ^ utile, come vedremo, per stabilire la data dell' inter-
^gaforio.
Tornando ora alle deposizioni sul primo articolo, ab-
'>iamo veduto che queste sono concordi nello stabilire il
Possesso degli abati di Farfa sul castello di Montefalcone
pntua dell'invasione dì Federico, Il possesso era vero do-
^»nio pieno ed assoluto sui beni della badia, con giurisdi-
(') Queste date le abbiamo desunte: i*" Dal catalogo pubblicato
*"l Muratori (v, II, p.inc II, p. 298); 2" Dall'elenco degli abbati
pubblicalo nelle « Memorie storiche deirantica badia dì Farfa » (Co-
■ tCCCl, Anlich. pie. XXXI); j^ Dagli Annah:: sacri et imptriaìis Mott.
f. di Gregorio Urbano, manoscritto esistente nella bibl. Vitt
di Roma (fondo Mon. Farf. XXXVII-51), lavoro questo re-
tte, perchè non rimonta oltre la metà del secolo xvii, ma fatto
di un monaco della badia e quindi su materiali abbondanti e sicuri.
^to C#tf 4MUi Sodeià
aone su tutte le cause dvifi e criminalL II dominio era
eserdtaito per mento di Ticarì, come à vede dalle risposte
al secondo aiticofe; e questi erano du^ uno per la giuris-
dinone t^nporale» ed uno per la qnrituale. Al tempo del-
Finvasione, o poco prima, era to^o per la giurisdizione
temporale Fildesmido da Mediana
Gli abbati possedevano tutta Tabbaria, e g|i uomini e
i vassalli delTabbazia e de' castelli sc^getti, ne' quali tene-
vano gastaldi o visccmti. La giurisdizicMie penale si esten-
deva fino alla pena ifi mmte, cemm quo ad sanguinem
e et capitaUs pene impositionem », e taluni testi rìccM'dano
vari su{^lizi corporali, come Faccecamento. E la natura e
i limiti del dominio degli abbati e della rappresentanza affi-
data ai vicari, la quale era amplissima, perdiè essi facevano
«quod faciunt domini », eque dominus et comes fadt in
« sua terra et in suis vassallis », formano Fargomento del
terzo ardccdo.
Il quarto articcdo tende a stabilire i nomi di parecchi
vicari e il tempo in cui esercitarono il loro ufficio. Rica-
viamo che Gentile <fi Attone da Force e Fildesmido da Mo-
llano furono vicari prima delFinvarione; gli altri che ven*
gono nominati da* testimoni lo furono in tempi diversL II
nome di Fildesnùdo (o Fildesmindo) di Moliano si ritrova
in qualche carta del tempo: cosi s:q>piamo che Gregorio IX
comandò nel 1230 a Filippo vescovo di Fermo di conoscere
e giudicare la controversia tra il comune di Camerino e
Fildesmido sopra il castello di Morico (i),
E il Colucci (2) pubblica Tatto di concordia ÌDter\-enuto
il 5 maggio 1 247 tra Fildesmido di Moliano e Balignano,
Corrado e Giberto di Giovanni sopra il Poggio dì S. Co-
stanzo.
Fra i vicari menzionati da vari testimoni vi e Alber-
(i) Catalani, EccUsiu FirmAtu, p. 17S,
(i) Antichità pic^m4, XIX, xxvl
C^tti della Società
I"
tino figlio del conte Alberto de Exmirillo, del quale il teste
, Brunoro di Silvestro da Force dice che possedeva in Mon-
\ tefalcone quosdam vassallos e che facicbat Jìdelitatem all'abate-
BL Di un altro de' vicari nominati troviamo tracce nelle carte
HI* tempi, di Arpinello figlio del (jtwfulavi Giberto della Valle,
fil quale con atto dell' 8 novembre 1258 vendè al comune di
Amandola il Poggio, ossia castello delle Valli, e il borgo
di detto Poggio, con tutti i vassalli (i).
Il quinto articolo si riferisce al modo pel quale l'abbazia
; venne privata del suo territorio e del castello di Monte-
■ «bicone. I testimoni sono tutti concordi nel rispondere che
la spogliazione avvenne a causa dclT invasione delle solda-
1 tcschedì Federico imperatore. Rainaldo d*Acquaviva, nunzio
I del re Enzo, con forte mano di saraceni e di tedeschi venne
' *l castello di Force, dove era l'abbate Matteo di Subiaco, il
<l^^lc non volle prestargli obbedienza e dovette fuggire,
I * recessit de ipso castro plorando » ; e cosi quegli rimase
padrone del territorio, «et tane privatimi fuit dictuni mo-
• na.sterium de tota diaa possessione »>, e gli abitanti « fe-
• cerunt mandata eius )). L'imperatore non venne perso-
nalmente contro l'abbazia, ma uno de* testi, Gualtiero di En-
^co da Force, depone di averlo veduto all'assedio di Ascoli.
Ora noi sappiamo che l'esercito imperiale assediò e prese
I Ascoli nel 1242 (2), ma il re Enzo aveva già invaso la
' Marca nel settembre 1239 (3), e nel novembre si trovava
^^\ territorio di Macerata e assediava Montecchio (4).
^H(i) Appendice diplomatici II della terra dì S. Gincsio (CoLUCCi,
^HUticftrl«ì piani, XXIV, p. 20)-
(a) Riccardo di S. Germano (nel Muratori, VII, 1049-E,
I0)0-B).
(3) « HeoncusrcxGallurnc naturalis filius imperatoris in Marchiani
« Anconìtanam vcnii, contra qucm mitiitur a Gregorio paprj Joanncs
• de Columoa cardinalis, mense octoh.(anno MCCXXXIX)». Rice.
01 S. Germaso nel Mumatori, VII, 1043.
(4) Compagx'osi, R^il^id piana, pp. 102, toj; ove si riporta il
testo detratto a datum in castrìs in obsìdionc MontccUc, 1239, mense
312
C^f//I della Società
L'occupazione del territorio dell'abbazìa farfense, ese-
guita da una masnada (come dice il nostro manoscritto)
di tedeschi e di saraceni comandati da Rainaldo di Acqua-
viva, deve esser quindi avvenuta tra la fine del 1239 e
il 1242, mentre era abbate Matteo di Subiaco, come depon-
gono concordemente tutti i testi; e infatti un Matteo, come
abbiamo veduto, era abbate nel 1238, e probabilmente lo fu
fino al 1242, nel qual anno si trova come abbate Em'ico, il
quale, non trovandosene altro di questo nome, deve essere
l'Enrico di Cosseiano ricordato da' testi nelle risposte al
primo articolo.
Siccome però dalla deposizione di BeraldQ domim Bo-
na^ani di Settecarpine rileviamo che Rainaldo era nunzio
del re Enzo, la sua invasione nel territorio dell'abbazia si
può riferire al tempo in cui il re Enzo entrò nella Marca
spingendosi oltre Macerata, cioè all'autunno o all' inverno
del 1239(1). E questo ci vien meglio confermato dalla
deposizione di Gualtiero di Enrico da Force, che riferisce
appunto all'esercito di tedeschi e di saraceni comandato da
Enzo l'occupazione dell'abbazia.
Rainaldo d'Acquaviva, dopo aver cacciato dal castello
di Force l'abbate Matteo, si diresse lo stesso giorno alla
chiesa di San Januario verso il castello di Montetalconc, ed
ivi ricevè gli uomini di questo castello a far atto d'obbedienza
(deposizione di Brunoro di Silverio da Force).
H novembrìs » col quale « Henricus Dei et imperiali gratta rex Tur-
« rium et GaUuris ce domini impcratorìs (ìlius sacri imperìi totius
a Italiae Icgatus », coafcriva alla citt;\ di Macerata alcune ìmmunitÀ
e diritti.
(1) Nello stesso anno 1239 Rainaldo era slato compreso fra i
baroni abru/zesi ai quali furono affidati da Federico II ì prigioni lom-
bardi (HuillardBréholles,//iì/. dipi. FriiUr,JI,\y 61 1). Nel 1240 era
inviato come capitano a Viterbo (v. il Chronkon di Riccardo di San
Germano nel Mur,\tori, VII, 1028-8; e rfluiLLARO Bréholles,
V, 779) ; e fu poi poteste di Cremona (Huillard Bréholles, V, 1070)-
C/ft/j* delia Società
I comune di Fermo, il quale, come abbiamo visro, nel
, dopo Tassodio di Ascoli, si era dato alla devozione
Tìniperatore, approfittando certo di un momento in cui
rze de' Guelfi erano oppresse dagli imperiali, dovette
pare Montefalcoae, e lo tenne, secondo le testirao-
ize raccolte nel nostro manoscritto, relative alTarti-
\ settimo, per venti anni. Per meglio tenere il ca-
D, i Permani vi costruirono una torre e un girone, o
Mo di mura; ma non pare che il loro dominio si esten-
e molto al di li del castello, perché i « servitia debì-
I» furono prestati ancora all'abate.
Ritornata Fermo nel 1249 alla devozione del pontefice,
la conferma de' privilegi ottenuti dall'imperatore nei
, Gerardo, vescovo di Fermo (i), pose mano tosto
e fossero restituiti alla Cliiesa i castelli tolti nell' inva-
di Federico; insieme al comune di Fermo ricorse a
locenzo IV, e questi, il 24 novembre 1 251, scriveva al
lore della Marca di dare aiuto al vescovo e al comune (2)-
anoperò non restituiva alla badia Farfense il c;istcllo di
itefalcone, che anzi, come abbiamo visto, nel 1254 In-
zo rV scriveva al rettore perchè il castello occupato
cuni cittadini fermani fosse restituito al comune, il
aveva gii concesso la cittadinanza agli abitanti di
:efalcone nel 1251 (3).
artito l'abbate Matteo, rimase il monaco Nicola di
Lia come vicario, e, « cum gcreret officium vicnria-
», venne un certo Salomone, il quale prese a coman-
fe a nome dell'imperatore, cosicché Nicola per timore
^lontanò. Questo Nicola fu poi abbate anche lui, dal
h fino al 12^1, o sino al 12^0, secondo il Colucci,
'0 Dal 1250 (e forse dal 1251) al 1272 (Gams, Series tpp. p. 692).
^2) Catalani, De Ecclesia Firmana, p. 180.
j) V. n. 186 nel già citato regesto Fermano, pubblicato dal De
iicis.
3H
(i/ltti della Società
e perciò nelle deposizioni (che sono, come vedremo, po-
steriori) si dice di lui oUm abbas, E durante il vicarilo di
Nicola il castello di Montefalcone passò al rettore dclli
Marca. Il modo in cui si operò questo passaggio fornw
Targomento del sesto articolo dell'interrogatorio. Il cai
di Montefalcone era stato occupato dai «iignori di Sn
i quali, sulla richiesta di Nicola di Puzzallia, a lui lo i
tuirono, e Nicola vi andò personalmente e ne prese possesso.
Dalla deposizione particolareggiata del teste Giacoa
priore di Santa Maria di Offida, parrebbe che quando!
cola ebbe dai signori di Smerlilo il castello di Montcfj
cone, e quando questo fu poi fatto occupare dal rctiore
della Marca, egli fosse già abbate del monastero. Ma
consegna del c:istello a Nicola fu anteriore all'occupjzio
fattane dal rettore, che era Gerardo Cossadoca, e quei
non può essere posta oltre il 1254 0 1255, nel qual tern|
Gerardo era vescovo di Verona. Nicola invece dive
abbate solo nel 1259, secondo Tattestazione confonneJe
tre fonti da noi citate sulla cronologia degli abbati far-
fensi, le quali portano come abbate in quel tempo {d^l
1250 al 1257) "^" Matteo, che e ricordato dai tesò tol
nome di Matteo d'Arsoli. Ci sembra quindi doversi
nere che in quel tempo Nicola fosse soltanto vicario
l'abbate nella Marca; ma, essendo poi divenuto abbate,]
teste, parlando di lui, gli óX quel titolo, benché depoaJ|_
su fatti avvenuti anteriormente alla dignitA ottenuta ^
Nicola.
I signori di Smerillo e di Montepassillo, che qui ^^
viamo citati, erano una nobile ed antica famiglia, il ^
castello di Smerillo si trovava nel territorio di Comunan
sulla vetta di Montepassillo, a poche miglia da Montcn
cone. Ai fratelli Giorgio e Albertino di MoniepassiU
ricordati nella deposizione del teste Giacomo, priore
S. Maria di Offida, la cittA di Ascoli accordò nel 1249
la francliigia dalle gabelle, perchè essi promisero di anJiT^
315
bitire e comprarvi case e poderi, e si obbligarono a te-
Ifanti e cavalli in servizio della cittd, e andare alla guerra
occorresse. I figli di Albertino nel 1295 venderono a
tsser Nicolò di Emidio di Ascoli il costello per 3600 libbre
ali; tua essi continuarono a possedere vasti domìni
rrritorio; e la loro famiglia, che portava il casato di
li, non si spense che al principio del secolo scorso (i).
iselmo di Smerlilo, che troviamo pure nominato nella
deposizione, intervenne alle capitolazioni che furono
iuse il 15 settembre 1256 tra Anibaldo degli Anibal-
ksi della Molara, rettore della Marca, e vari comuni e
>ri delia Marca per mantenersi nella fede della Chiesa (2).
Umasto Nicola in possesso del castello di Montefalconc,
restituito pacificamente da' signori di Smerlilo, venne
i un tal Oddone di Firenze, inviato da Gerardo Cossa-
dei Vicedomini, cappellano pontificio e rettore della
Ca, poi vescovo di Verona (3), a nome del quale si fece
egnare il castello, il che Nicola fece, protestando però
rio per rispetto della Chiesa Romana, salvo e riservato
[ diritto della Chiesa Farfense,
^'ottavo anicolo dell* interrogatorio tende a stabilire i
porti tra l'abbazia e gli abitanti delle terre sottoposte ad
^: i vassalli prestavano giuramento di fedeltà agli abbati
^loro vicari» talvolta per syttJicnm, come gli abitanti di
ia (deposizione di Pietro di Nicola da Monte di Nove),
t) « Descrizione delle terre di Comunanza d*Ascoli 0 (Colucci,
h. pie. XXI, p. 5 e seg.).
^) Compagnoni, Reggia piuna, p. 121.
^) Dal 1255 al 12)9 (Gams, Strìes epìscop.^ p. 806). L'occupazione
sieUo di Moniefalcone deve essere quindi avvenuta non più
del I2j>» e dopo il I2$a, nel quj| tempo era ancora rettore
\ Marca Tarcidiacono di Luni, a cui Innocenzo IV scriveva da
tgia « II Kal. sept. pontile, nostri anno X » (Compagnoni, Reggia
. 1 18), e poi il 29 novembre 1252 (Colucci, Aniich. pie. XXX,
}i6
Q/ltli della Società
per lo più sin^ularitcr, pagavano i censi dovuti e rendevano!
i servizi d'uso.
L'articolo nono riguarda le fortificazioni erette da' Ferj
mani a Montefiilcone. I testi riferiscono che i FermanU
struirono una torre e un girone^ ossia recinto di mura. I
vi tennero anche un castellano.
Il decimo articolo riguarda Toccupazionc della Mai
e dell'abbazia da parte delle genti dell* imperatore: e ana
su questo punto le deposizioni sono concordi, perchè tuttt:
convengono nel fatto che l'occupazione della Marca e i
territorio dell'abbazia, compiuta hosliliter dalle genti dell'in
peratore sotto gli ordini di Roberto da Castiglione,
conio da Morra e Rizardo, fu continuata sotto Manfrci
che mandò Ì suoi nunzi nella Marca.
L'articolo undecimo riguarda la vacanza della dig
abbazialc che ebbe luogo per qualche tempo; e, coma
biam gi:\ visto più sopra, essa si ripetè parecchie volte, |
un periodo da sette a dieci anni.
Il duodecimo ed ultimo articolo, che ha un valore
ramente processuale, tende a far conoscere se le cose Jetl
dal teste sono pubbliche e notorie, e che cosa egli intcnd
per pubblico e notorio.
Dato cosi un rapido esame al contenuto del mnnoscrirtOi
ci resta ad esaminare la data probabile in cui avvenne r*Q
terrogatorio. Nel manoscritto abbiamo tre sole date:
XI marta, Fllindictionis, nel quale furono interrogati quattro
testimoni; lìie XV martii, ne! quale ne furono interroga"
due; e die XFI martiiy della qual giornata ci è pervenuti
una sola deposizione. Di queste tre date, la sola che po^
essere utile e la prima, in cui il giorno è seguito dall' i'i'^^*
cazione dell' indizione. Nella seconda metà del secolo x"*
gU anni a cui sì adatti la settima indizione sono il 1264»
il 1279, il 1294. Ora, fra queste tre date, ci pare facile >1
poter stabilire che solo la seconda, cioè il 1279, può essfl
quella alla quale si possa riportare l' interrogatorio. I te
Q^lii della Società
sn
no concordi neUo stabilire che V invasione dell' eser-
penale avvenne trentisei a quarant'anni avanti la
timonianza; ora siccome abbiain visto che re Enzo
nella iMarca nel 1239 e che molto probabilmente Rai-
\ d'Acquaviva occupò il territorio dell'abbazia ncU* in-
i di quell'anno ìstesso, (Issando nel 1279 la data del-
iTOgatorio, questo avrebbe avuto luogo precisamente
tnt'anni dopo l' invasione dell'esercito imperiale,
loltre, rispondendo airundccimo articolo, i testi sono
)rd! nell'affermare che le vacanze dopo l'invasione
I dignità abba/iale avvennero ad intervalli da oltre tren-
ti. Essendo avvenute queste vacanze per la morte del-
ire Stcfino, per la deposizione dell'abbate Nicola e per
irte dell'abbate Peregrino, troviamo che tra la morte
fano e Tanno 1279 corrono difatti oltre trent'anni,
bè, secondo il catalogo Muratoriano, le citate Memorie
ite della badia di Farfa e gli AnnaUs Mon> Farf. di
[Orio Urbano, in questo concordi, Stefiino era abbate
045 e il suo successore Gentile era abbate nel 1247 ; ed
novi stato inter\'allo tra i due abbati, convien porre la
|( di Stefano nello stesso anno 1245, oppure nel 124^.
Srcdìamo quindi che la data dell' interrogatorio possa
tarsi al marzo 1279; nel qual caso è probabile che a
p giudizio si riferisca 1* istrumento « mandati procurae
Icausas » fatto da Morico, abbate farfense, in persona
pte Bernardo da Rieti, « sub anno Domini 127S,
R>ore Nicolai papae tertii » (i).
I se r interrogatorio ebbe luogo nel marzo 1279, il
re della Marca alla cui presenza fu fatto, e del quale
p nel (rammento il nome, dicendosi al principio di
j deposizione, come abbiam visto, che è fatta coram
prefaio, deve essere Bernardo o Berardo da Monte
V. il num. }86 del citato regesto FermaDO, pubblicato dal
ftrchfrio detta R. Società romana di itoria pania. Voi. XI. S3
1
5i8
Q/^Éti della Società
Mirto, abbate di Monte Maggiore d'Arles in Francia. Olue
la menzione che di questo rettore fa il Compagnoni (i)»
abbiamo che Tuniversità e il comune di Fermo fecero
nel 1279 un istrumento «mandati procurae, in personam
« Johannis Massonis, ad comparendum coram domino Bfr-
« nardo,- abate Montis Maioris, provinciae Marchiae Anco-
« nitanae rectore » per chiedere l'assoluzione di uni con-
danna di quatrro mila libre inflitta al comune di Fenno
da Antonio di Montefalco giudice (2),
Septimo articulo sibi lecto, dixit quod dictutn castrum cum pcrti"
nentiis et munitione que tunc era: pcrvcnil ad civitaiera Finniauu
et Ulud castrum habuic et possedit. Sed per quantum tempus dixit s<
non recordari.
Octavo articulo sibi lecto, dixit quod homìnes dìcti castri monti*
Falconis et honììnes abbatie prestiterunt et prestare consucrcruni si
cramenta fidelitaiis et horainitia sicui vaxalU prcstani suis domin*
et hoc per tcmpus .xv. annorum, ut supra dixìt in primo irtiinito.
Intcrrogatus sì interfuìt prcsiationi dìcioruni sacramcntorutn, ^^
quod aliquando vidit.sed de paucis. Sed scit bene predicta \crafuis*
auditu et per publicam famam.
Nono articulo sibi lecto,dixit quod commune Firmi fìcrì fccitpo^*
dictam invaxionem et occupationem in preiudicium dìcti raon:5lcn^
quandam turrim in capite dicti castri. Intcrrogatus quora(hJo J^**'
di\ìc quia vidit et fuit palese toti contrade.
Decimo articulo sibi ledo, dixit quod gens impcratoris Frcit-n'^'
et nuniii regis Manfredi occupaveruni Marchiani, licet non touni"^
dictam abbatiam et castra hostiliter tenuerunt occupatam per -^
(0 Hés^^apU. p. 141.
(2) V. il nura. 592 del citato Sommano cronolo^^ico di c^fU jf^'
mane, pubblicate dal De Minicis. Il nome dell'abbate Bemar^<'' ^
Berardo, abbate di Monte Maggiore e rettore della Marca* si "O^^
anche nelle carte segnate ai numra. 385, 384 e 385, dell'anno 1378,0*'
citalo Sommario. Egli era ancora rettore nel 1281, avenJosì uo s"*
atto del 4 marzo di quell'anno (CoLi;cci, Antichità pictnt, XX^»
p. 38).
Q/itti della Società 319
is. Interrogatus quomodo scit, dixit quia vidit dominationem eo-
et audìvLt.
)aodecimo articulo sibi lecto, dixit quod de predictis de quibus
iiìt sunt pubblica et notoria. Interrogatus quid est dicere pubiicum
norium, dixit quod que gentes communiter dicunt.
Jodecimo articulo sibi lecto, dixit quod a .xxxv. annis citra et a
)ore diete privatìonis monasterium dictum vacavìt abbate per
annos. Interrogatus si dictum tempus septennium fuit continuum
)er intervalla, dixit quod per intervalla. Interrogatus per roortem
um abbatuum vacavit, dixit quod non recordatur.
Die predicta.
Uinaldus Benedicti de Furce, testis, iuravit presentibus partìbus
m domino rectore prefato. Primo articulo sibi lecto, dixit quod
asterium suprascriptum et abbates dicti monasterii qui fuerunt
temporibus de quibus recordatur, silicei dompnus Herrigus de
ciano et abbas Matheus de Sublacu et alii de quorum nomìnibus,
recordatur qui fuerunt duo, habuerunt, tenuerunt et possederunt
dicto monasterio totam abbatiam positam in Marchia et castrum
tis FalcoDis ad plenam iurisdictionem in solidum et in totum pa-
e et quiete et in dicto castro palatium quod erat ibi, et vidit ha-
gastaldos in ìpsa abbatia et in castro montis Falconis, et vidit
iaum Rogerìum de Rivotino prò ipso monasterio et abbatibus
loscere de causis civilibus et criminalibus, et vidit eos generaliier
ia et singula facere que dominus et comes faceret et exerceret
aa terra et in suis vassallis, et hoc dicit se vidisse per tempus
annorum usque ad tempus quo imperator Frederìcus per suam
em occupavit Marchiam et abbatiam predictam hostiliter contra
laoam Ecclesiam. Interrogatus si predicti abbates fuerunt perso-
%r in dieta possessione, dixit quod sic, et quod fuerint abbates
monasterii, dixit se scire per voces et publicam famam. Inter-
tus quantum tempus est quod predicta occupatìo et privatio-facta
dixit quod fuit .XXXVI. anni et plus. Interrogatus quantum tempus
!t ipse testis, dixit quod .lx. annos ut credit. Interrogatus si fuit
ras ipse testis, per tempus .xii. annorum dixit quod fuit in castro
ds et est de ipso castro.
iccundo articulo intentionis sibi lecto, dixit quod tempore diete
ipationis et invaxionis abbas Matheus de Sublacu erat abbas dicti
lasterii. Sed quod dominus Fyldesmidus de Moliano esset vicarius,
: quod non, sed prius fuerat. Interrogatus quomodo scit, dixit
i vidit.
320
C^tti della Società
Tento artìculo sibi lecto, dixit vera esse quod abbas Maibciu ctit
abbas, ut supra dixit, et possidcbat dictam abbatiam et castrunt monUf
Falconls et homines et vaxallos ipsius abbatte et erat in possonone
vel quasi cognitionis et iurisdictionis plenarie in tota dieta abbiw
et dicco castro, et vidit vicarium abbaiis Henrici qui prius fucrat, i^iu
vocjtus fuii Acto Baracta de Coxeìano, et vidit puniium tunc Uffl*
poris Rainaldum Dìonìsum de Furcis in oculis, et dicebatur quod
dominus vìcarius abbatis fecerat fìerì co quod confodcral territoriuis
castri Furcis.
Quarto articulo sibi lecto, dixit quod dominus Gcntìlis Actomi
Miiì de castro Furcis, et dominus Fyldesmidus de Motiano, dompnui
Nicola de Pucxallia. monachus dicti monastcrti, furrunt vic^i io
dieta abbatia prò dìcto monasterìo. silicei dominus Fyldcsmìdu) et
dominus GentìUs dicto tempore .\ii. annorum de quo asscruit. Sc*ì
dompnus Nicola prcdìctus fuii longe post, a pauco tempore citri. In
terrogatus quomodo scit, dixit quia vidit, et plures alios de quontts
nomìnìbus non recordatur.
Quinto aniculo sibi lecto, dixit quod cum dictura nion»unuiv
sic piene possideret dictam abbatiam et dictum castrum cura genenii
iurisdictione, ut supra dixit, privatum fuit omnibus predictìs per oc-
cupationem et usurpationem gentis dicti domini imperatoris rthcUis
tunc et hostis Romane Ecclesie. Intcrrogatus quomodo scìt et q^^
modo facta fuit dieta privatio, dixit bene quìa vidit dominum R^'*
naldum de Aquaviva cum masnada quam habebat de sarracenis et
cbristianis venire ad castrum Furcis in quo ernt dictus abbas Mithcus
et petiit mandata sibi tìeri a dicto abbate, qui respondit quod nolcbat.
et tunc ad ccrtura pactum recessit de castro et tuta contrada, ctttioc
homines montis Falconis et alìi de abbatia lecerunt mandata iUius
domìni.
Supra sexto articulo sibi lecto, dìxìt se nìchil scìre.
Supra scptimo articulo sibi lecto, dixit quod castrum montis Fir
conis cum gyrone pcrvcnit ad civìtatera Fìrmanam, ut audivit. Sw
per quantum lempus possideret, dixit se nescirc,
Octavo articulo sibi lecto, dixit quod homines castri Furcis pr**
stìierunt ìuramenta lìdelitatis abbatibus dicti monasterii, et prestir^
consucvcrunt, et honorare cos et rcvercre eis ut domìnis, ci Hoc*
tempore recordatìonìs ipsìus testìs, et de aliìs hominibus de
dixit simìlìa auditu et per publicam famam. Interrogatus ■:
tempus recordationis ipsius testis, dixit .l. annos et plus.
Nono articulo sibi lecto, dixit quod communc Firmi posi ip*"*^
occupationem de dicto castro fecit fieri fortilligium in capite ipS'u^
castri, et sì fortilligia ibi esset alia quara ilia que erat prò Ecclesìa
Rcum occupationcm et quod Firmanì fectruot cam, dixit se
uditu.
:Ìmo artìculo sibì lecto, Jixit quod imperator Fredcricus, et
Bortcm cius rex Manfredus, hosiiliter occupaverunt Marchiani,
baiiam et castra ipsius abbatie, et occupatam tenucrunt Scd per
itQm tcmpus non recordatur.
Jodecimo et duodecimo artìculo sibì lecto, dixit quod a .XXX- annis
vinonasterìum suprascriptum vacavit abbate, scd per quantum
dixit se non recordari, et dixit prcdìcta de quibus asseniii
1 esse in tota contrada. Interrogatus quid est dìcere publicum
rium, dixit quod quc gcntes dicunt.
Eodem die.
pnus Berardus, cappellanus ecclesie Saocte Marie Nove de
Furcis. testis. luravit presentibus partibus coram rectore pre-
ixìl quod monasterium suprascriptum et abbates dicii mona-
|uì fuerunr prò temporibus, silicei dompnus Matheus de Sublacu
dit; alias si vidit non recordatur. Qui abbas et dictum mo-
;m in soUdum et in totum habuerunt [et] tenuerunt per se et
ipsius abbatis ad plenara iurisdictionem civilium et crìmina-
usanim contìnue et pacificc totam dìctam abbatiam sicut au-
d de castro mentis Falconis vidit cum gy[ronc] et pertinentiis
castrum possideri per dicium abbatem gencraliter ad omnia
ilibet dominus facit in suo castro, et hec vidit per .vi. annos
et usque ad tempus et eo tempore quo gens imperatorìs ho-
occupavii Marchiani, sed non totam, et abbatiam suprascripiam
him casirum et alia castra ipsius abbatìe. Interrogatus quomodo
lod dìctus abbas Matheus fueric abbas, dixit quod homines de
k habebant eum prò abbate et vidit cum recipi et obbedirì ab
jSbus castri Furcis prò eorum domino sicut abbatem honorifice.
ti veniebat ad ìpsum castrum clerici exhibant obvia ei cum
ionibus et aliì homines de terra. Interrogatus quantum tcmpus
od predicta occupatio facta fuit, rcspondit quod fuit .XL. anni
Iplus aut mìnus. Interrogatus quoi annorum est ipse testis, re-
I quod .Lini, annorum et plus. Interrogatus qui sunt fines teni<
m castri montis Falconis, dixit quod ab uno latcrc est flumen
alio latere tenimenta castri Exmirilli, ab alio latere tenìmenta
(Terami cum aUis fìnìbus. Interrogatus si ipse testis est de terra
^ ipsi monasterìo, dixit quod sic, et ipse testis est subiectus
Icrio ratione ecclesie sue.
nindo artìculo sibì lecto, dixit quod tempore diete ìnvaxionis
bbas dompnus Matheus de Sublacu et [eius vicarìus] erat do-
r^
fl4tti della Società
niinus Fytdcsmidus de Moliano tn cernporalìbus ut ìpse lesns ludtcbtii
et dompnus Nicola [de Puczallìa], monachus dicti monasteriì, eral^t-
cirìus supra spirttuiilibus ìn tota abbatìa et in dtcto castro mentis
Falconis. Intcrrogatus quomodo scit, dixit quia vidit cum "m ip«
officio.
Tertio articulo sibi Iccto, dixìi quod tempore diete invasomi (Ri-
ctus abbas Matheus, de quo asscrit [visu], ci domious FTW«ml*his
eìu5 vicarius. ut asserii auditu, possidebant et hahebant totani iictim
abbatiam et castrum prcdictum in omnibus et quoid omnia prodicto
monastcrio, ut supra dixit, habcndo gastaldum et vìscontem in éc\o
castro montis Falconis. Intcrrogatus quis fuii viscons, scu g3it}Mu)i
rcspondit quoJ Rjinaldus Graiianì aut Potentìs de dicio casuo. In-
tcrrogatus si vidit ibi puniri alìquos dclìnqucnics per ipsos oSliilrt
abbaiis, dixit quod non, sed audivii, de norainibus quorum dm f^
cordatui*.
Quarto articulo sìbt lecto, dìxtt dompnum Nicolaum de PuoiIBi
fuisse vicarlum prò diclo monasterio» et dorainura Fyldcsraidiim. et
supra dixìi; de domino Gentile, de domino Albertino dixii sencsorc.
Quinto articulo sibi ledo, dixit quod cum dictum manistcnoBi
sic piene possidcrct dictum castrum et abbatiam, ut supra tii»»t *
primo articulo, privatum fuit ipsa possessione per dictam invjiioBCffl
et occupatìoncm dicti [impcraioris hojstis et rebellis Romane Eccle-
sie. Interrogaius quomodo fuit facta dieta privatio, dixit qua«Ì, c^
dominus Ra[in3ldus] de Aquavìva lune csset in ducatu masoitie pl°*
rìum sarracenorum et teotonìcorum, vcnit cum ipsa masnadd jJ ^*'
strum Furcis, in quo erat dictus abbas Matheus, et dum horain«ci*^
fecisscm mandau ipsorum hostiura. abbas Matheus aufugit, ^ii>:^
dendo de ipso castro et de iota contrada, Intcrrogatus quomodo »^*^»
dixit quod stetit et pre^ens fuit Itcm dixit post hcc aJii homines il'*^*
rum castrorura de abbatia fecerunt mandata ipùus domini Riiw'^
ut ipse tesiis audivit.
Supra sexto articulo, dixit se nichi! scire nisi audìtu.
Gelavo articulo sibi lecto, dixit quod horaincs dicti casui Fo^
prestilcrunt et prestare consueverunt iuramcnta fidclitatìs jbhit^'''
dicti monasteriì, et honorare et recognoscere eos ut Joniinos ^
niagnura tcmpus quantum non recordatur. Sed quod alii homio^
do (i) abbaiia fccerini similia credit audilu et per public.:^
Intcrrogatus si homines de ipso castro Furcis pretabant s; .
abbiti synguiariier ve! per syndicum, dixit quod sìngularìW. **
(i) Nel ms. seguono le puolc: castro Furcis prtstaìiant sacrm^i^
cancellate. -^^
editi della Società
323
\\ie abbati et quandoque vicario etus. Interrogatus si Tuit pre-
t predictis, dixìt quod alìquoiìens fuit prcsens.
Ddo articulo sibi ledo, dixìt quod comune Firmi post dictam
Dacm fccit fieri gironcm et turrim in dicto castro in preludi'
ncnasterii dicti, et preter gironcm quem prius habebat Ecclesìa
cripta in dìcto castro. Interrogaius quomoilo scit, dixìt bene»
[ vidit et audìvit.
[Decimo] articulo sibi lecto, dixil quod imperator Fredcricus tt
■lanfrcdus post mortem dicti tmpcratoris [occuparunt] Mar-
mi seu occuparì fecerunt hostìlìter, et dictam abbatiam et castra
in prdudicium [Romane] Ecclesìe et dicti monasterìì. Sed quanto
porc occupata tcnucrunt, dixit de dcccm ec octo annis ut supra.
Undccimo articulo sìbì lecto, dìxit de vacatione abbatis scu ab-
im se nichil scire nisì auditu.
[Duodccjìmo et ultimo articulo sibi lecto^ dìxìt quod sunt publica
•otora de quibus asseruit supra. Interrogatus [qujid est diccrc pu-
. et notoria, dixìt quod quc gentes dicunt comunitcr, et dixit
[non fuit doctus.
Eodem die.
:us domini Bonazani de Septecarpinc, testis. luravit prcsen-
partibus coram rcctore prefato. Primo articulo sibi lecto, dixit
inonasteVium suprascriptum et abbates dicti monastcriì de quo-
ominibus rccordatur, silìcei abbas Matheus de Arzula, et abbas
^s de CoxcianOi et abbas Stepbanus, et abbas Gentilis, et ab-
fltheus de Sublacu, et ali! de quorum nomìnibus non reco/datur,
Srunt, tenuerunt, et posseJerunt libere et absolute ad plenam
laionem civilìum et criminalium causaruni» puniendo omnes
I per vicarium et iudices eorum pacìfice et continuo totani ab-
b suprascrìptam que est in Marchia, el castrum roontis Falco-
riiìus confinia sunt tenìmenta Sancte Vìctorie, Exmirilli et Te-
ct alia et fortillìzìa in ipso castro per quam faciebat guerram
Mcem ad suura sensuui, habendo gastaldos in ipso castro, et
ido punìri malefactorcs et dclinquentcs secundum quod facic-
lieta, et vidìt eos faccre generaliter omnia que [solet?] dorai-
:cre et exercere in sua terra et hominibus pertìneniibus ad
hoc vidit per tempus [.xl.] annorum et plus usque ad tcmpus
tempore quo gens imperatoris et rcgis Ensis hostìlìtcr occu-
et invaxit abbatiam suprascrìptam et castrum predictum, sicut
m Marchiam. Interrogatus quomodo scit predicta, dìxit [quod]
U Interrogatus quomodo [scit] quod predìciì fuerini abbates pre-
3H
Q/liti della Società
dicti monastcrìi, dixìtquìi vldit cos dominare in ipsa terra sicut suprA
dixit. Interrogatus sì persomi iter fueruni in dieta possessione, dixìl
quod sic. Interrogatus quot anni sunt [quod] predicta occupntio facta
fuit, dixit se non recordari. Interrogatus quot annos habet ipse lesùs,
dixit quod [propc] x. annos. Interrogatus si per dictum tempus .XL,
annorum fuit presens in contrada, dixit quod sic et predicta \'idit et
audivit.
Secuado articulo sibì lecto, dixit quod tempore diete ìnvaxìonis
et occupationis dompnus Matheus de Sublacu erat abbas dicti mona-
stcriii, et dominus Fyldcsmìdus de Mollano erat cius vicarius, et co-
muniter habebatur vicarius ab hominibus diete abbatie. Interrogatus
quod offìcium faciebat ibi dictus vicarius, dixit quod puniebat delio-
qucntes et faciebat totam domìnationem per abbatem, et fadebat
iudicia civilia et crìniinalia. Interrogatus inier quos faciebat iudicia,
dixit quod vidìt placitare coram eo dominus Benecavalca cum certis
vassalUs et alios de quorum nominibus non recordatur.
Tertio articulo sìbi lecto, dixit vera esse que ìn ipso aniculo con-
tinentur, quìa vidit dictum abbatem Matheum esse in possessione diete
abbatie Marchìe et dicti castri mentis Falconis, quia ipsum castrum
erat ma^is in domanìo abbatìs quam aliquod aliud. Interrogatus ìn
causa scientìe quomodo scit, dixit ut supra ìn primo articulo. Inter*
rogatus sì vidit iudices per abbatem in dieta terra, dixit quod vidit
dominum Rugerìum de [Rivojtino et alios de quorum nominibus non
recordatur. •
Quarto articulo sibi lecto, dixit quod dominus Gentilis Actonis
Mili de Furce, dominus Albertìnus de Exmirillo, dominus Fyldesmìdus
de .Moliano, dompnus Nicola de Puczallia, monachus dicti monasteriì,
fuerunt vìcarii [dicti] mona^erii, et prò ipso monasterio et abbatibus
et publice fuerunt habìlì prò vicariis ab hominibus diete abbatie et
dicti [castri] per dictum tempus .xi. annorum et plus. Interrogatus
quomodo scit predicta, dixit se vidisse quoslibet ipsorum vicariorum
in ipso officio.
Quinto articulo sibi lecto, dixit quod cum dictum monastcrium
sic piene possideret, et quasi totam dìctam abbatiam et dictum ca-
strum moniìs Falconis et homines et vaxallos ipsius, cum dieta co-
goitione et ìurisdictìone universali ctiam quo ad sanguinem et capi-
talis pene impositionem, dictum nionasterium prìvatum fuìt omnibus
prediciis per dìctam ìnvaxioncm dicti Frederici impcratorìs rebellis et
hostis Romane Ecclesie. Interrogatus quomodo scit, et quomodo facta
fuit dieta occupatio et privatio, dixìt quod dominus Rainaldus de
Aquaviva« sicut nuntius dicti regis Ensis, cum sua masnata et gente
ad dicium castrum Furcis, et dictus abbas Mathcus de Sublacu erat
Q/iiii della Società
32J
io ipso castro, et tunc abbas quod noluit ìurare fidclitatem eius se-
cessit prò timore de ipso castro, et aufugit et dìscessit de tota Mar-
chia, et tunc privatum fuit dlctum nionastcrium de tota dieta posses-
sione.
Supra scxto artìculo dixit quod cum dompnus Nicola, olim abbas
dictj monasterii, post occupatìoncm [predictjam possiderei dictum
castrum mentis Falconis cum pcrùni:nlììs et iurisdictione, quidam
bonus homo et crediius quod fuerti iuJcx venit prò parte domini Ge-
rard! Coxadoca, tunc rectoris in Marchia, et accepit tenuiam dìcti
castri centra voluntatera abbati?, Imerrogatus quomodo scii, dixit
bene, quia stctit et presens fuìt. Interrogatus sì fuit illata violcniia ipsi
abbati, respondit quod non alia, nisi quod dictus rcctor misil prodìcto
abbate, et ipse abbas ivil ad cum, et antequam rediret abbas venit ille
prò eo, et abstulir castrum, ut supra dixit. Interrogatus quantum
icmpus est quod predicU fuerunt, dixit se non rccordari.
Septimo articulo sìbi lecto, dixit quod predictum castrum montis
Falconis cum perùnentìis et fortillizia pcrvcnii ad Firmanos, et ipsi
firmam tenuerunt per plures annos, de quorum numero non recor-
datur, et scìt quod possederunt in preiudìcìum monasterii predicti,
ìllam rocchcttam, que prius erat ibi, tcnebant adeo quod non permit-
tebant intrare aliquos prò monasterio, et dixit quod tlla roccha te-
DCtur nunc prò raarchione, et scit predicta bene, quia vidìt masnadam
et scrgcntes ìpsìus communis Firmi esse in ipso castro.
Octavo artìculo sibi lecto, dixìt quod homìnes castri montis Fal-
coni» et homìnes et vassalli ipsius abbatie prestare consueveruni et
prestitcrunt sacramenta fidelitatisabbatibus dicti monasterii, honorando
et recognoscendo eos ut dominos suos, et hoc vidit per tempus .XL.
annorum et plus. Interrogatus si omnes homìnes dicti castri prestite-
rum predicta sacramenta, dixit quod sic. Interrogatus si iurabant fì-
delitatem per syndicum vel synguli, dixii quod tam ipsi quam aliì de
abbatìa iurabant singulariter, et non per syndicum. Interrogatus quibus
abbatibus prcsiltcrunt predicta, dixìi quod abbatibus Mathco, abbati
Herrigo et aliis de quibus asseruit in primo artìculo. Interrogatus si
fuit et crai presens quando ipsa sacramcnt;i prestabant, dixit quod sic.
Interrogatus in quibus locis vidìt dieta sacramenta prestati, dixit in
castro Furcis, in monte Falcone et in aliis castris abbatìe, quia ipse
m^ et fuit familiarìs ipsorum abbatuum.
Hmono articulo sìbi lecto, dixit quod commune Firmi fecit fieri in
BRo castro unum turronem postquam habucrunt dictum castrum et
in prciudicium Ecclesie Farfensis, prcicr fonilUzia que crat prius ibi.
Interrogatus quomodo scit, dixit bene, quia crat ìn ipso castro mentis
Falconis quando Firmani murabant dictum turronem.
326
Q4ttì della Società
Decimo artìculo intcncionis sibi lecto, dixit quod imper;itorFR*
(Icricus et rcx Manfrcdus post mortem dicti imperatoris occupivenait
Marchiani et abbatinm, et castra cìus, et occupata tcnuerunt hosdliter
per tcnipus .xx annorum per gentes et vicarìos quos mittebaat ffl
MiircliuiTi. Imerrogaius quomodo scit, et si fuit presens in contri^»,
dixit quod fuit presens et scit bene, quìa ibat cum masnaia dUlorui»
dominorum per Marchiam per magnam pnrtem dicti temporis.
Undccinio articulo sibi Iccto, dixit quod a .xxx. annis citrd€tp1u^
dietimi monasicrium vacavit abbate bene per .x. annos. Interrogai»*
quomodo scit, dixit bene, quia fuit in contrada abbatte Marchic« ^
quando dicti abbates cligcbantur in raonasterio vcnlcbant in M*-*^
cliiam, et quando vacabat abbate dìcebatur in contrada diete abbiti ^^
Intcrrogaius per mortem quorum abbatuum fuit dieta vacatio, dit*
se non recordarì. Interrogatus si dicti .x. anni fuerunt continui, dùu
quod non.
Duodecimo articulo sibi lecto, dixit quod de his quibus tesiiticaius
est supra sunt publica et notoria in dieta contrada et manifesta. In-
terrogatus quid est dicere publica et notoria, dixit quod que gentes
communiter, et dixit quod non fuit doctus.
Die .XI. marti», .va. indìctioms.
Oompnus Mainardus, cappellanus Sancii Blasii de Teramo, tescis.
luravit preseniibus panibus coram rectore prefato. Primo articulo sibi
lecto, dixit quod monasterium suprascriptum et abbates qui fuerunt,
silicet abba[s] Matheus de Arsulo, et abbas Herrìgus de Coxeiano, et
abbas Stephanus, et ahbas Matheus de Sublacu, nomine dicti mona-
sterii in solìdum et in totum habuerunt et possederunt ad plenani iu-
risdictioncm omnium civilium et criminalium causarum et spiritua-
lium et icmporalium totani abbatiam suprascriptam in Marchia, et
castrum mentis Falconis spetialiter sicut cammeram eorum cum for-
tillizia et pertinentiis, ut quis possidet suum, habendo in tota dieta
abbatìa et in dicto castro gastaldos et baiulos, et vidìl eos cognoscerc
et facerc cognosci de omnibus causis per iudices suos, et gcneraliter
omnia facere que facit quilibet dominus et comcs in sua terra, et
plus quia in spirìtualibus et temporalibus, scd ahi domini in tempo-
ralibus tantum, et hoc vidit contìnue et pacifìce per tempus .xxx.
annorum, antequam impcrator fecisset occupati Marchiam et di-
ciam abbatiam et etiam eo tempore occupaiìonis. Interrogatus quo-
modo scit, dixit bene, quia vldit eos personaliter in dieta possessione
et vidit dominar! eos in dieta abbatia. Interrogatus si vidit eos pos-
sidcre dictuni castrum montis Falconis cum fortìUì/Ja, dixit quod
sic, quia crai et fuit ibi scolaris ad dìsccndum scrìberc per duos
d/^tli della Società
327
cor
de
Nic
innos, et de aliis scit per pubUcam famam. Interrogatus quantum
icmpus est quod dieta possessione [privatum est] monasterium, dixit
se non recordari. Interrogatus quot annorura est ipsc tcstis, dixit quod
oonaginia. Interrogatus si per dictum tempus nonaginta annorura
futt continuus in contrada, dixit quod sic in contrada Marchie,
Secundo anìculo sibi lecio, dixit quod tempore diete invaxionis
dompnus Matheus de Sublacu erat abbas dìcti monasterii, sed quod
dominus Fyldcsmidus de Moliano fuerit cius vicarìus non recordatur.
Interrogatus quomoJo scit, dixit quia vidit dictum dompnum ab-
batem dominari lune in tota dieta abbatia et in diete castro, et do- '
minus Rainaldus de Aquaviva cura sua gente vcnit ad castrum Furcis,
et intravìt et cepit castrum in quo erat tunc dictus abbas qui recessit
de ipso castro plorando, ut ipse testis audivit. Interrogatus si tunc
discessit de tota contrada abbatie, dixit se non recordari.
Tcrtio articulo sibi lecto, dixit vera esse que in ipso articulo con-
tincntur, cxcepto quod de domino Fyldcsmido non recordatur vel
rii vicarius eo tempore. Quesitus in causa scìentìe, dixit in omnibus
per omnia ut in primo et secundo articulo dixit et testificatus est.
Quano aniculo sibi lecto, dixit quod vidit domìnum Albcrtìnura
comitis Alberti de Exmirillo vicarium abbatis in dieta abbatia. Sed
de domino Fyldcsmido, domino Gentili Acionìs Mìli et dompno
Nicolao de Puczallia audivit, sed non quod viderit eos in vicariata.
iterrogaius quantum tempus est quod predicta fuerunt, dixìt se non
ordari.
Quinto articulo sibi lecto, dixit vera esse contenta in eo, quia
sapra retulit sic esse, et in causa scientie dixìt ut supra. -
Sexto aniculo sibi lecto, dixit se de eo nichil scire.
Septìrao articulo sibi lecto, dixit quod casirum montis Falconis
im gyrone superiori pervenit ad cìvìtatem Firraanam. Sed quod
enit ad Firmanos totum castrum cum iurisdlctione, dixit se ne-
re, quia servìtia dcbitalia reservata fuerunt abbati, ut audivit. Inter-
igatus per quantum tempus possederunt ipsum gyroncm, dixit se non
ordarì, et dixit quod modo curia tenet dictum gyronem, ut audivit.
Occavo articulo sibi lecto, dixit quod homines montis Falconis et
ilfi horoines de abbatia, sicut audivit per publìcam famam, presiite-
runt sacramenta fideliiatis et prestare consuevcrunt dicco monasterio,
et honorando abbatcs ut dominos suos, et hoc per tempus .xxx. an-
noruTO ui audivit.
Nono aniculo sibi lecto, dixit quod commune Firmi fecit fieri turrìra
in gyrone et castro montis Falconis, quam lurrim ipse testis vidit a
castro montis PaxìHi in prciudicium monasterii suprascripti et centra
roluctatem abbatis. Interrogatus quomodo scit^ dixit quod vìdit.
328
C^//i della Società
Decimo articulo sibi lecto, dixit quod a que in ipso axticulo coit-
tinentur credit, ut audivit per puMicam faniam, sed alitcr ocsdu
Undecimo articulo sibi lecto, dixit se de contcntis tu eo ooQt^
cordari.
Duodecimo articulo sibi lecto, dixit quod de omnibus quìbos t^
stifìcatus est supra, et reddit causara scientie, sum public» et doto*
ria in contrada, et quia castrum monùs Paxilli coofìniat curo ctsiro
mentis Falconis. Interrogatus quid est dicere publicum et notorium,
dixit id quod gentes dìcunt manifeste et publice. Interrogata^ si {tu
doctus, dixit quod non, et noQ fuìt rogacus, scd dixit ìpsc testii a ^
corde suo ut mcminìt.
Die eodem.
Gualterius Herrici de Furce, testis. luravit presentìbus parfbo
coram rcctorc prefato. Primo articulo sibi lecto, dixit quod monasl^
rium suprascriptura et abbates dicli monasteri!, silicei abbai Hcrrig»
de Coxeiano et dompnus Matlieus de Sublacu et alii de quorunifli)'
minibus non recordatur, in solidum et in totum habuenim et teoBc
runt et possederunt prò suo ad plenam iurisdictionem omnium civi*
lìum et criminalium causarum pacifìce, quiete et contìnue; totiiK
dictam abbatiam suprascriptam et castnim mentis [Falc]onìs de lb^a*
tìa predicta, cura suis pertinentiis, tenimentis, forlilliiìa, munitiooibui
et palatio, [qu]od castrum est in Marchia, iuxu tenìmentaro Siactt
Vicioric Tcrami et Ex.minlli, et [alia] latcra, habcndo in dieta abbitii
et dicto castro gastaldos et baiulos et cognoscendo de [oninibiiSi
causìs civilibus et crìminalibus, punìendo et condepnaiido homincs *:^
vassallos diete abbatìe et diciì castri, sccundum natura et qualiias ci*'
lieti rcquircbat, et gencralitcr omnia facerc, que quilibel [domilo*^
et Comes facit In sua terra et in suis hominibus, et hcc dicil fu^s^
per tempus .xv. annorum ante occupationem et usque ad tempuJ *^^'
cupationis facte per gentem imperatoris seu regis Ensis cum vcnc
hostilìtcr contra Ecclesìam Romanam, et occupavit Marchiani, et
baùam et dictum castrum mentis Falconis. Interrogatus quof^^'
scìt quod predicti fuerinl abbates dìcti monastcrii, dixit quia b*
bancur prò abbatibus et homines terrarum diete abbatie obbedic*^^^
cìs. Interrogatus si predicti abbates fuerunt personaliter in dieta r^
sessione, dixit quod sic, scd quanto tempore fuerit quilibet **'^*\..
non recordatur. Interrogatus quantum tempus est quod predicta
cupatio facta fuìt, rcspondit quod a .xxx. in .XL. annos ut crediti
tcrrogatus quot annos seu quanti temporis crat ipsc testis tunc t^'
poris, rcspondìt se ncscirc, scd scii bene, quia tunc portabat iam ar*^*^
et crat robustus iuvenis, Interrogatus si fuìt presens in contrada cO^
Q^ilì della Società
329
^ue, ve! absentavh se de provinsta eo tempore quo dixit monasie-
i-um posscdissc predicu, et abbatcs ìpsius tnonasteriì» rcspondic quod
lit presens in contrada per dìctum tempus, et non absentavit se de
f ardua.
. Sccundo articulo sibi Iccto, dixit quod tempore diete invaxionis
Dpnus Mjtheus de Sublacu crai [abbas] dicti monastcrii, et domi-
t FylJesraìdus de Molìano erat cius vicarìus et prò suo vicario ha-
batur]. Interrogjtus quomodo scit quod dominus Fyldesmidus
Gctus fuit vicarìus, dixit ben*;, quia fuii presens in monasterio
tnctiSilvatorìsde Aso ubi factus vìcarius tuit in tota abbaila a dicto
>bate de Sublacu. Intcrrogatus quod ollìcium faciebat ibi dictus Vi-
lnus, dixit quod precipìebat et faciebat que faciunt domini.
Tertio artìculo sibi lecto, dìxìt quod dictus abbas et dominus
yldesmìdus faciebant tempore diete invaxionis ca que supra dixit
■ possidcbant totam abbatiam et homincs et vassallos ipsius abbatie
dicti castri ad plenaoi iurisdìctìonem, et erant in possessione co*
3ttìonis plenarie in tota dieta abbatìa et dicto castro, habendo ìn
•MS castris gastaldos seu viscontcs. Intcrrogatus quomodo scit pre-
sta, dixit ut supra in primo dicto. Intcrrogatus qui fuerunt viscontea
i ipso castro, dixit se non recordari de nomìnibus, sed in castro
ttTcis fuerunt dominus Moricus de Nirano, Rainaldus Bencdicti. In-
rrogatus si vidit iudices eo tempore prò abbate in dieta abbatta,
xìt quod vidit dominum Rugerium de Ruvetino, sed de aliis non
cordatur, qucm iudìcem vidit ibi iudicare causas civìles et crìmi-
lles et ìnter homincs diete abbatie. Intcrrogatus que fuerunt cause
qui fuerunt iudicati, dixit se non recordari.
Juario articulo sibi lecto, dixit quod dominus Gcntilis Actonis
de castro Furcis, dominus Albcriinus comitis Alberti, dominus
e«midu5 de Molìano et dompnus Nicola de Puczallia monachus
monasterii fu[eruntj publice habili viearii in tota dieta abbatìa
0 dicto monasterio et ab hominìbus totius abbatie [et dicti] castri
Dtis Faleonis. Interrogati;^ quomodo scit, dixit quod vidit predìctos
pso officio vicariatus. Interrogatus per quantum tempus quilibct
am fuit vicarìus, dixit se non recordari.
2uinto artìculo sibi lecto, dixit quod cum dietum monastcrium
splene possidcrct dietum castrum et aliam [abbatiam] in pace de
la nuUam Utem habebat, Jictum monastcrìum fuit pnvatum omni
issessionc predictorum peradvemum gentìs imperatorìs. Intcrrogatus
lomodo scit, dixit quod vidit. Intcrrogatus quomodo fuit faeta dieta
ivatio, dixit quod gens regis Enzis vcnit cum exercitu magno cum
u*racems et Theotonicis ad castra ipsius abbatie, et vidit eos venire
1 castrum montis Falconis, et homines ipsius castri fecerunt eorum
330
oAtti della Società
ì
mandata, et tunc abbas recessìt de contrada. Interrogatus si tixipcc
venit personalìtcr in dictam abbatiam, dìiut quod non, sed vidill
in obssccssionem super Asculum.
Supra sexto articulo, dixit quod dompnus Nicola abbas tuonasi
dìcti post occupationcm predìctam possidebat dìctum castrum tal
sìcut homo habet suum. Et tunc marchio qui erat misìt quo;
nuniios ad dicium castrum, et tunc abbas reliquit cis castrum, scJ
voluntarie. Sed quod aliam violcrìtiara fecisstrt non vldit, et tuni
dìcti nuntii asscendenint roccham et tenuerunt. Interrogatus quoi
scit, dixit quia presens fuit.
Supra septimo articulo, dixìt quod postquam fuit id quod
supra sexto articulo, commune Firmi tenuitdictum castrum. [ni
gatus quomoJo scit, dixit bene, quia vidìt sergootes prò comi
Firmi tenere roccham ipsius [castri. Sed] quanto tempore lenfl
dixit se nescìre.
[Octavo] articulo sìbi Iccto, dixit vera esse quo in ipso artì<
contint;ntur. Interrogatus quomodo scit, dixit quod [vidìt predici^
ipsc tcstÌ3 multotieiis fccìt. Interrogatus per quantum tempus V
prcdicn, dixit quod tempus .xv. [annorum] et plus.
[Nono] articulo sibi lecto, dixit quod commune Firmi Aeri fccitl
sarum in ipso castro in capite [Jictì] castri muratum undique. I4
rogatus quomoJo scìt, dixit quia vìdit preter fortilliziam quc pi
erat ibi prò ecclesia suprascripta. Interrogatus si hcc facta fucninl
preiudìcium monastenì, dixit quod sic. Interrogatus quomodo 1
quod fuisset in prciudicium monastcrii, dixit bene, quìa monasteri
non potuit fructare castrum sic ut prius.
Decimo articulo sìbi lecto, dix-tquod imperator FredcricusctpJ
raortcni eius rex Manfrcdus hostiliter occuparunt Marchiam ctoo
pata tenuerunt abbatiam ce castra eius de Marchia per .xx. son
Interrogatus quomodo scit, dixit quod vidit et audivit et fuit Ìo 0
trada. Interrogatus si absentavit se de Marchia, dixit quod non. W
rogatus si centra Romanam Ecdesiam, dixit quod sic
Undecimo articulo sìbi lecto, dixit quod a .xxx. annis citradid
monasterium vacavit abbate per dictum tempus et plus, sicul crO
et nescit aliter, nisi quia vidìt abbatìe Marchie sine abbate per djc*
tempus, sed quod fuerint abbates in monasterìo vel non, disi!
nescìre.
Duodecimo artìcolo sibt lecto, dixit quod de omnibus quibusi
stificatus est supra et reddidit causam scientìc sunt publica etnoU
in contrada. Interrogatus quid est dìcere publicum et notorium*
quod quc gentes pubLce dicunt, et non fuit doctus.
Q^ìti della Società
33J
Eodem die.
rBr}aBonB SOvctì de Furce, tcstis. luravii presentìbus panibus
OKaa rvoorc prefato. Primo articulo s!bi [lect]o, dixit quod moaa-
Menan sapTascrìptnm et abbates dictì monasterii qui fucruni prò tem-
lonfeas, siCccs dompnus Matheus de Arzulo. [dompnus] Hcnrigus de
CoxessDo, et abbas Odenscius, dompnus Matheus de SubUcu n aliì
et ynmiii [nommijbus noa recordatur, nomine dicii monasi«rìì ci
ffoìfto n>ooastcrio habucrunt, tcnucrunt et possedcrunt totaro [ab-
ba)iaB et castrum montis Falcoois ad plenam iurisdictionem cum
pfniwiilTli et gyrone, quod castrum positum est in Marchia, iuita
castri Farcis, ExmiriUi et t)uminis Asi et alios fincs, et
cos habere gastaldos et viscontcs in ipso castro, et aliis de ab-
et iodicem qui cognoscebdt de omnibus causis civilibus et en-
ei condepnabat in pecunia et in personis, et vìdit cus gene-
rt£tcr omnia Tacere quc quilibet dominus et comes facit in sua terra
et io suis vaxalUs, et hcc dicit se vidissc per icmpus .xxx. annorum,
■qoe id tempus et co tempore quo imperator ei rex Ens per suos
■otios hcwtilitcr occupaverunt Marchiam» abbaiìam ci castrum pre-
^cftnn montis Falconis. Inicrrogatus quomodo scit, dixit bene, quia
cos huberc et tenere, ui supra dìxit. loierrogatus quomodo scit
predicti tuisseni abbates dictì monasterii, dixit quia viJit homìnes
'fcwc faccrc cis obbedientiam et fideliiatem. Interrogatus quantum
**"»pti5 est a dicu occupatione ciira, dixit se non recordari. Inter-
'^ogiius quot annos habci ìpsc testis, dixit quod octuaginta annos et
plus. Interrogatus si fuit presens in contrada et non abscntavit se de
**fchii, dixit quod presens fuit per tempus illud .xxx. annorum et
'*°'* »b$€ntavit se de Marchia. Interrogalus qui fuerunt gasialdi seu
'iscontcs in dicto castro moniis Falconis et aliis castris dicto tempore
r^**ipsi$ abbatibus, dixit quod in dicto castro raontìs Falconis fuit
•^rsìlius Paracaseì, Raìnaldus Gratìani, et alii quos non cognovit
Qomine; et alii fuerunt in castro Furcis [dominus] Acto Albrici, do-
i^U5 Moricus de Nirano et Giso Actonis Todini et magijter Phy-
"PP"s Hcrradi Let[onis], qui fuerunt prò illis temporibus et eo
tnnport'.
SccunJo articulo sibi lecto, dixit quod tempore diete occupatìonis
ipnus Matheus de Sublacu erat abbas dicti monasterii et dominus
Wcjmidus de Moliano erat cius vicarius in tota abbatia marchie.
errogaiu? quomodo scit predicta, dixit quia vìdit. Interrogalus quìs
it vicarium dictum dominum Fyldesmidum, dixit quod non inter*
ordìnaiioni eius vìcariatus, sed vìdii quod homincs diete abbatie
*edlebant sibi ut vicario dicli abbatis. Interrogalus quod crai offi-
332
Q^tti della Società
cium eìus, dixlt quod in omnibus, quia abbas coiuictebat sibi vìces
suas in temporalibus.
Tenio «irticulo sibt Iccto, dixit vera esse ut in dicco articolo con-
imentur, et in causa scicuiic dixit ut in primo articolo sui dìcti tc-
siìfìcatus est. Incerrogatus sì vidìt ofHtiales dìcti abbatis ìn ìpsa ab.
batia ei iudices co tempore, qui iudìcarcnt et punirent, dixit quod
sic. Interrogatus qui fuerunt dicti iudices, dixit quod dominus Phy-
lippus de Coxeiano, et dominus Rogcrius de Rivotino, et Jominus
Arnolfus de Coxeiano, et alii de quorum nominibus non rccordatur,
ut vidìt alìquos punitos In oculis, silicet Raìnaldum Dionisìi, Petrum
Albertucii, Vcnturam Carradi et C^mbium Morìci Matielle, quos di-
cebant homines punitos esse per dictos iudices, et ipse testis vidìt
exire ìlla die qua fuerunt orbati de gyrone Furcis.
Quarta articulo sibi lecto, dixit quod dominus Geniilis Actonis
Mìlì de Furce, dominus Albertinus comitis Alberti de ExmìriUo, do-
minus Fyidesmidus de Moliano et dompnus Nicola de Puczallìa nio-
nachus dtctt monasteri! et dompnus Tebaldus monachus dicti mona*
sterii fuerunt vicarii prò ipso monasterio in dieta ubbaiìa et in dicto
castro montis Falconis. Intcrrogatus quomodo scit, dixit quia vidìt
predictos in vicariatu.
Q.uinto articutosibi lecto, dixit quod tunc monaslcrìutn possidente
dictam abbatiam et dictum castrum ut supra dixit, privatum fuit pos-
sessione ipsa. Interrogatus quìs privavit monasterium ipsa possessione
et quomodo scit, dixit quod dominus Rainaldus de Aquavìvj tunc
nuntius impcriìtoris venit cuni sarracenis et nilliiibus multis ad castrum
Furcis, et tunc dictus abbas Matheus erat in ipso castro Furcis, et
cum noUet facere mandata ipsorum recessit de dicto castro, et
homìnes ipsius castri Furcis fecerunt mandata ipsius domini Rainaldi,
quia non potuerunt aliud. Et eadcm die ìvit ipse dominus Rainaldus
versus castrum montìs Falconis ad ecdcsìani Sancti lanuariì, et ibi
recepii homines montìs Falconis ad mandata. Interrogatus quomodo
scit, dixit bene, quia stetit et prcsens fuit et erat ìpse testis torresia-
rius et cusios gyronìs dicti castri Furcis.
Supra sexto dixit quod post dìctam occupationem abbas Xicola
cum possiderct dictum castrum montìs Falconis, audivìt dict per pu-
blicam famam quod dominus Gerardus Coxadoca rector marchìc tunc
misitsuosnuniios ad castrum mentis Falconis et fecit aufcrrì castrum,
sed non quod ipse testis alìter sciret.
Supra scptimo dixit quod communc Firmi apprchendiJit roch^m
dicti montis Falconis, et cara tcnuìt per plures annos, sed per quot
annos tcnuit non rccordatur. Interrogaius quomodo scit, dixit auditu.
Octavo articulo sibi lecto, dixit quod homines abbaile et dìcti
Q^tti della Società
333
stri montìs Falcoais presucerunt et presure consuevcrunt iuramenta
iditatU abbatibus dicti monasterìi obbedlendo eis sicut dominis
rum et recognoscendo eos ut dommos. Interrogatus quomodo scil,
ót se vidisse quasi per omnia castra abbatte, quia abbates ducebant
Mm testem prò corum l'amiliare, quilìbct corum de quìbus dixlt suo
npore. Interrogatus per quantum tenipus vidit predieta, dixìi a
Dpore sue recordationis, excepto tempore quo imperator tenuit
Tarn, ut supra dixjt.
Nono artìculo sibì Iccto, dixit quod commune Firmi fecit fieri in
3itc dicti castri moniis Falconis post dìctam occupaiionem unum
:eptum preter forùLlizìa scu paUtìum quod abbas prìus habcbat ibL
errogatus quomodo scit, dixit quod a longc vìdebat quando fìcbat
Tiim receptum, et dicebatur quod Firmani facicbant fieri.
Decimo artìculo sibi lecto, dixit quod imperator Fredericus, et
st mortera ipsius impcratorìs rex Manfredus, occupaverunt Mar-
iani et dìctam abbatiara et tenuerunt occupatam; sed per quot
Bos non recordatur. Interrogatus quomodo scit predicta, dixit quìa
Ddecimo artìculo sibi Iccto, dixit quod a .xxx. annìs ciira va-
abbatia abbate in istis partibus Marchie bene per .vii. annos,
edìt et sibi videtur, et aliter nescìt.
Duodecimo articulo sibi lecto, dixit quod ea que supra testifi-
I est et rcddit causam scicntie sunt publica et notoria in contrada.
Dgatus quid est dìcere publicuni et notorium, dixit quod que
communiter dicunt, et quod non fuit doctus nequc rogatus.
Eodem die.
pnus Meliorati de Teramo, testìs. luravit prescntìbus partibus
rectore prefato. Primo articulo sibi lecto, dixit quod mona-
atn suprascriptum et abbates qui fuerunt prò temporibus, sllicet
M9 Gentilis et abbas lacobus, abbas Philìppus, et abbas Herrigus
Coxeiano, et abbas Mnthcus de Sublacu et aliì de quorum no-
E" 5 non recordatur, nomine dicti monasterìi, et prò ipso mona-
n solidum et in totum habuerunt, tenuerunt et possederunt ad
iurisdictionem totam abbaiiam et castrum mentis Falconis
n£ce et quiete et continue, ponendo ibi baiulos et gastaldos seu
:ontes in tota dieta abbatia et ìn dicto castro, et generalìter vidit
. omnia facere iustìficando homìnes, et per ìudices et vicarios
■B sicut facit domìnus et comes ìn sua terra et intra suos ho-
Ei; et hec vìdit per tempus .xxx. annorum et plus usque ad
ipus quo imperator sive gentes ipsius ìmperatorìs hostiliter occu-
, Marchiam et abbalìam predìctam et dictum castrum. Interro-
ÌArchiyio detta R. Società romana di storia patria. Voi. XI 33
C4tti della Sodetà
I Kit predicu» diKÌt se vidisse, et quod per '
> iNUcam famam scìvisse. Interrogatus quomodo scit q<
nt abbates dictì monasteriì, dÌKÌt quia vìdit eos
«l honorih ab hominibus diete abbaiie et sìcut honorantur
UtteCTO^atus quantum tempus est quod predicia fueruni, dixà
lUiiucro annorum non recordari. Interrogatus quantum tempos habct<
IpM Mltis, dixit .LXXX. annos et plures. Interrogatus si fuit prescass per
<Uc(um tempus .xxx. annorum in contrada [et in] provinzia Marchir,
daxit quod ùc.
lSccund)o articulo sibi lecto^ dixit quod dompnus Mathcus de
!iutocu or«t abbas dicti monasterii tempore [lnv]axtonis predictc»
«( JouiUuis Fyldosmidus de Molinno erat suus vicarius in dieta ah-
b4tu, ci communitcr homines [ab]batie habebant eum prò vicario.
kkVKfOg*'^ quomodo scit , dixit quia vìdìt. Interrogatus quod
^^llUlttin fftclcbdt [dictus] vicarius in dieta abbatia, dixit quia omnia
li^lfbAt CI lustìticabat et rationem requìrcbat ab ofBtialibus [ceir|a-
uriU et baiulis qui erant in abbatìa predicta. et omnia facicbat in
tviuporallbus, quod dicti abbates per se facìebant dum erant pre-
IVrtlo articulo sibi lecto, dixit quod tempore diete invaxionis
^rvdKli dompnus Matheus abbas dicti monasterii, et dominus Fyldes-
luUIui «tu» vicarius, nomine dicti monasterii habebant et possidebant
|i4^ÌU(v et quiete totam dìctam abbatiam et castrum moaiis Falconìs
vi ttttmliu*« et vassallos ipsius abbatie et castri montis Falconis ctiam
Mmqurini liomincs et vassallos ipsius monasterii et ad plcnam iurìs-
tlUkl*i>i^ni. tempore diete invaxionis et occupationis erant in posses-
%\m$ vd quasi possessionis cognitionis et iurìsdìctionis plenarie
fil^l^tfiulu in tota dieta abbatìa et castro montis Falconis in pecunia,
y| ili iiiembrì*. et in persona, faciendo etìam eosdem homines et
vmittlitt* klclinquentes suspendi et decapìtari. seeundum quod requi-
l«Ìi4il riiilura et qualitas delieti. Interrogatus qui fucrunt viscontcs et
MIM1«II in ipso castro montis Falconis [et in aliis cajstrìs, dixit quod
|U vAiliO montis Falconis vidit Raìnaldum Gratianì primo viscontem
fi jtoit «uiu cellararium co tempore, et Morieum Tofani qui fuit
HAftMldtir Interrogatus si vidit ibi iudices, dlxìt se non recordari. In*
^^ti«i||4lMi qui l'ucrunt puniti seu condepnati in persona eo tempore
\%\ tl*«Ì« l^*"^^'* ^^^^^ ^^ °°" recordari.
(lilAHO «rticulo sibi lecto, dixit quod dominus Gcntilis Actonìs
il,.-, dominus Albertinus comitis Alberti, dominus Fyldcs-
U'IJano» dompnus Nìeolaus de Puczallia monaehus dicti
miM(4ilviil lucrunt vìcarii dicti monasterii prò dìcto monasterio et
tMvMSUU Abbdtuum, et publice habiti sunt prò vicariìs in ìpsa abbatìa.
■bgatus quomodo scit, dixit quia vidit. Interrogatus si dominus
Bnus aliquìd possedit in castro montis Falconìs, dixic quod ha-
^uosdam vaxaJIos, et audivit quod dictus dominus Albertinus
ébat fìdelìtatcRi abbati.
Quinto aniculo sibi lecto, dixit quod cum dictum monasterìutn
piene possidcret et quasi toum dìctam abbaiìam et dictum ca-
ni montis Falconis, et homines et vassallos ipsius, cum dieta co-
ione et iurìsdictione ani [versali] etiam quo ad sanguihera et ca-
Bs pene imposìtioncm, dictum raonasterium privatum fuit omnibus
Uctis per dìctam ìnvaxionem et occupationem dicti Frederici im-
itorìs rcbellis et hostis Romane Ecclesie. Interrogatus quomodo
feluit dieta privatìo» dixit se non recordarì, sed scit predìcta au-
Ttt per publicam famam.
Supra sexto articulo, dixit nichil scìre alìud nìsi auditu et per pn*
famam.
pra septimo nrticulo, dixit quod Firmani abstulerunt dictum
I montis Falconis et tenuerunt ipsum castnim prope .xx. annos,
; eos ibi Tacere turrim.
ictavo articulo sibi ledo, dixit quod homines et vassalli ipsius
vét et homines ipsius castri consueverunt prestare et prcstìterunt
amenta lìdelitatis abbatibus dicti monasteriì, qui fuerunt prò tem-
p», cos honorari et revereri sicut dominos eorum ab eis, et hcc
la tempore recordationis ipsius testìs, excepto tempore quo mo-
lliim caruit possessione ipsa per dictam occupationem. Imerro-
Ea quot annts citra recordatur ipse testis, dixit quot a .LX. annis
^Interrogatus si fuit presens prestationi ipsorum sacramentorum,
: quod multotiens et in pluribus locìs abbatte ipsius» et scit per
tum et per publicam famam.
Kono articulo sibi Iccto, dixit quod postquam comraune Firmi
lit Jictum castrum fieri fecil a capite ipsius castri unum g^Tonem
er guardìam que erat ibi prius. Interrogatus quomodo scit, dixit
vidit et audivit sepius, et \'idit ibi lohannem de Barlecta ca-
uum prò commune Firmi.
Decimo articulo sibi lecto, dlxìt quod imperator Fredericus et
Wanfredus occupatam tenuerunt Marchiam et abbatìam hostiliter
Ta Ecclesiam Romanam per .xx. annos. Interrogatus quomodo
dtxit quod vidit prò magna parte et audivit. Interrogatus si
essit de provinzia per dictum tempus, dixit quod non.
Jndecimo articulo sibi lecto, dixìt supra eo nichil scire nisi au-
et per publicam famam.
>upra duodecimo articulo» dixit quod sum pubLica et notoria ea
testificatus est supra. Interrogatus quod est dicere publìcum et
}}6 otiti della Società
notorium, dixit se nescìre. Interrogatus si fuìt doctus vcl rogatus hoc
testimonìum Tacere, dixit quod non.
Die .XV. martii.
Dompnus Rainaldus, monachus Sancti Kaiorvi de Tolentino, te-
sti», luravit presentibus partibus coram rcciorc prefato. Primo arriculo
sibi lecto, dixit quod monasierium suprascriptum et abbates qui fu<
runt, silicei abbas Mathcus de Arsalo, abbas Hcrrigus de Coxeiano^
et post eum in tempore non Continuo quod sibi recordetur abbas,
Stephanus, et abbas Odcrìscìus, et post istos abbas Matheus de Su-
blacu, nomine dicti monastcrìi in solìdum et in totum habuerunt,
tenuerunt et posscdcrunt quo ad plcnam ìurisdictioncm civilium et
criminalium causarum pacitìce, contìnue prò suo, sìcut abbates tenent
suam terram, totam dictam abbatiam suprascriptam et castrum montis
Falconis et abbatiam predìciam, cum suis pertinentìis et tenimentis,
et cum domo que erat in capite castelli. Quod castrum est in Mar-
chia, cuius congnia sunt ista : castrum Sancte Vìctorie, tenìmcnta
castri Exrairilli, castri Terami et (lumen Asì; habcndo in ipsa ab-
batia tota gastaldos et vlscontcs et in ipso castro et in tota abbada,
cognoscendo de causìs civìlibus et criminalìbus, et per iudiccs eorum
vìdit aliquos homines plures punir! in pecunia et in personis, et vidic
cos et omnia et slngula Tacere que quilibei dominus et comcs facit
in sua terra, et plus quia in spiriiualibus dominabantur. Et vidìt pre-
dieta per tcmpus .\l. annorum usque ad lem pus et cu tempore quo
rcx Enz tìHus ìmpcratorìs intravit Marchiam et usque quo occùpavìi
provinciam totam et dictam abbatiam et dictum castrum montis Fal-
conis. Interrogatus quomodo scit predicta, dixit quia vidìt et intcrfuit.
Interrogatus quomodo scit quod prcdicti t'uerint abbates in dieta abbati;!
et in ipso castro, respondit quìa homines vocabant ipsos abbates, et
ipsifaciebant eaque faciunt abbates in dieta abbatta et in ipso castro.
Interrogatus quantum tcmpus est quod predicta fuerunt, dixit se non
bene recordari. Interrogatus quantum tempus habet ìpse icstìs, dixit
.Lxxx. annos et plus, ut ipsc credit. Interrogatus si prcdicium tcmpus
.XL. annorum fuìt prcscns in provinzia Marchìe, et in dieta contrada,,
dixit quod sic, exccpto quod una vice ivit in Lombardiam ad ab-
batera Stephanum predìctum qui erat in Lombardia, in eundo me*
rando et redcundo traosierunt .xx. dies. Interrogatus in qua terra
dictus testis fuìt orcus, dixìt in monte de Nove, quod est castrum sa*
biectum ipsi abbati et dicto monasterio.
Secundo articolo sibi Iccto, dixit quod tempore diete òccupationis
diete provinzie et diete abbatte dopnus Matheus de Sublacu erat abbas
dicti monastcrìi et dominus Fyldesmidus de Moliano erat eius vjca-
Ls in dieta abbatU. Incerrog^atus quod erat ofHcium dictì vicarìi,
àt quod ordinabat et fadebat prò ipso abbate quc spcctabantor ad
nporalia et publice habebatur prò vicario ab hominibus diete ab-
ic, et ipse vicarias et prò eo dominus Rogerius iudex de Rovetino,
nn vidit euni iudicera prò domino Fyldesmido, et Meliorem de
ioforte, et dominum Uguiczionem filium naturalem dictì domìni
Idesmìdi, qui fecerunt ìudìcìa plura in delioquentibus, de quorum
Minibus non rccordatur.
Tcrtio articulo sibi lecto, dixit vera esse et fuisse que in ipso ar-
ilo coniinentur, hoc adiccio etiam, quod vidù viscontem in quo-
rt castro diete abbatie. Quesìtus in causa scientie, dixit in omnia
per omnia ut supra in primo articulo dixit.
Quarto articulo sibi lecto» dixit quod dominus Gentilis Actonls
i de Furce, dominus Albertìnus comitis Albertini de ExmiriUo,
ninus Fyldesmidus de Moliano et dopnus Nicolaus de Puc/allia.
n et Arpinellum domini Gibcrti de Valle, dopnum Laurentìum pe-
ioum, dopnum Bcrardum de Montcnigro, dopnum Nicolaum de
Sa \idit vicarios prò abbatìbus qui fuemnt prò tempore in mo-
tcrio dìcto. Interrogatus quomodo scit predicta, dixit se vìdisse.
Quinto articulo sibi lecto, dixit quod cum dictum monastcrìum
lideret diciam abbatiam et castrum montis Falconis et vassallos
US cum iurìsdictìone plenaria, ut supra dixit, monasterìum fuit
atum omnibus predictis. Interrogatus quomodo scit et quomodo
■ ^it dieta prìvatio, respondit quod cum exercitus imperatoris et
s eius cum rege Entìo ad partes illas venirent, videlicet ad castra
US abbatie, et castra facerent mandata eorum, quia gens illa erat
omunicata, et abbas timebat, aufugit et exivit de ipsa terra.
Sexto articulo sibi lecto, dixit quod audivìt dici quod Gcrardus
:adoca, rector in Marchia, fecit sibi darì castrum montis Falconis,
kebatur quod de mandato domini abbatis fecerat.
Sepurao articulo sibi lecto, dixit quod castrum montis Falconis
hit ad civitatcm Fìrmanam, et illud castrum habuit et possedit
mis annos et plus in preiudicium dicti monasterii et contra ìus
\ detrìmcntum animarum suarum, et nunc póssidet licet nomine
lane Ecclesie teneatur. Interrogatus quomodo scit, dixit quia au-
t, et est in pubiica fama. Interrogatus quale preiudicium fit mo*
erio, dixit quod Firmani facicbant ibi pontem et dominantur ca-
ni, exceptis domaniis et debitalibus.
Retavo articulo sibi lecto, dixit quod homìnes et vassalli diete
ttie et dictì castri prestiterunt et prestare consueverunt sacramenta
ititis abbatibus qui fuerunt prò temporibus in dìcto monasterio,
do et recognoscendo eos ut domìnos suos, faciendo debitalia
538
Q/ìtii della Società
i
et usualia servìtia et hoc a. tempore recordatioais ipsius testis, eicepto
tempore quo dictus imperator tenuit terram. Interrogalus quomod^
scit predicu, dixit quia vidìt plurìes et pluries et multotìensintertai^
presiationibus dictorum sacraraeniorum et servitiorum a dìcto »^
recordationis tempore. Intcrrogatus si sacramenta predicia prou-'
baniur singulariter per homines diete abbatie et dicti castri vd per'
syndicum» dixit quod singulariter.
Nono aniculo sibi lecto, dixit quod commune Firmi fecii fieri i>
prciudicium dicti monasteriì in capite dicti castri montis Falcooii^
unum g)Tonem, non quod ìpse testìs interfuit quando fuìt factum. s'>l
viJit post, et per publicam famam scii quod Firmani fecerunt ìpjaic-
Decimo articulo sibi Iccio, dixit quod imperaior Fredericus, «*■
post mortem eius rex Manfredus, per nuntios eorum cura eierciiun»
occuparunt Marclitam, totam abbatiam et dictum castnim, et domìD>^
hierrìgus de Aquaviva cum excrcitu imperatoris advenit in .Marchi
et in dictam abbatiam, et tempore rcgis Manfredi vicarii eius oca»
pans dictam provinciara et abbatiam hostiliier comra Romanam E^""
clcsiara et in prciudicium dicti monasteri!, et occupatara tcnucr»*^*"
per .XX. annos et plus, ut credit
Uniiecimo articulo sibi lecto, dixit quod monasterium suprasc
plum a .XXXV. annis citra vacavit abbate aliquando» [u]t credit; *'
per quantum tcmpus ncscìt.
Duodecimo articulo sibi lecto, dixit quod ea supradicta de quife''
testìfìcatus est et reddìdJt causam scientie sunt nota et publica B^
minibus de contrada et manifesta, et dìxìt quod non fuit docc^**
nequc rogatus dictum testlmonium.
Die predicta.
Dopnus lacobus prior ecclesie Sancte Marie de Ofìda, tcstÌJ. J
ravit presectibus pariibus et corara rectore prefato. Dìxii quod a^
nasterium suprascrìptum et abbas Mathcus de Sublacu, nomine dt^
monasteri! et prò ipso raonasterio, de alììs abbatibus precedcndl^
in tempore dicium abbatem Matheum, excepto abbate Hcrrigo ^
Coxeiano quem rccordatur in abbatia predicu et tempore cuius ij^
testìs reccptus fuit monachus dicti monasteriì, qui abbatcs iiabucri
tenuerunt et possederunt in solidum et in totum prò ipso menasti
ad plenam iurisdictìonem causarum cìvìlìum et crìminalium contini
dictam abbatiam et castrum montis Falconis de ipsa abbatia cu
pertinemits et domlbus quc crant in ipso castro, prò ìpsis abbatibu
et vidit eos habcrc gasuldos et baiulos in dieta abbatia et
predicto, et vidit eos cognoscere de causìs civilibus et criminalibi
per eorum vicarios et iudices, et vidit eos generaliter omaid
d^i^
inus et Comes facit in sua terra et in suis vassallìs, et plus
piritualibus domìnabantur ; et hec per tempus .x. annorum
«<jue ad lempus et co tempore quo rex Enzis intravjt Mar-
occupavit abbatiam totam et sicut aliam cerram. Interro-
)modo scìt preJicta, dix.it se vìdìssc, quia vtdit dictos abbates
, et alìos erant prò eis sicut supra dixit. Interrogatus quo-
t quod predìcti abbates fuerint, dixil quod vidit eos haberi
:ìbus, et scit bene, quìa fuit de ìpsorum familia. Interrogatus
tempus est quoJ predieta fuerunt occupata ut supra dixii,
ton recordari. Interrogatus sì dominus imperator venit per-
ad dictam abbatiam et dictum castrum, dixit quod non, sed
lem regis Enzis venire in cxercitu super Ofidam, et genles
icebant quod predictus erat ibi, et tunc dictus abbas qui tunc
carius eius rccesserunt de abbatta prò timore. Interrogatus
tpus dictorum .x. annorum de quibus annis asseruit fuit pre-
tntrada, dixit quod sic. Interrogatus de qua terra fuii oriundus
ti5, dixit quod de castro de monte de Nove de dieta abbatia.
ido articulo sibi lecto, dLxit quod tempore diete occupatioois
m 4ìcti raonasterii dopnus Matlieus de Sublacu» sed quod do-
(Idesmidus de Mollano esset vicarius eius non recordari. Et
unum Rugeriuni filium dictì domini Fyldesmidi et dominum
ocni filìum naiuralcm eius et Bonsaltum de Molìano esse in
iriatu, et diccbant homines eos stare prò dicto domino Fyl-
) articulo sibi lecto, dixit vera esse quc in ipso articulo con-
excepto quod doraìnura Fyldcsmidum non vidit in vicariatu,
dixit, sed vidit dictos lìlios eius, et Bonsaltum familiarem
loscere et punire Jelinquenies, et Vidit eos facere torqueri
ì Rainucii et lacobum Berardi de monte de Nove prò eo
(bantur furtum commisìsse de biado in nocte. Interrogatus
t scit predicta, dixìt quod erat in terra et castro montis de
vidit bladum portari per illos quibus dicebatur substractum
tive quod deberet eis reddi, non quod viderit eos torqueri,
publice dicebatur per terram.
IO articulo sibi Iccto, dixit quod alios vicarios quorum no-
pso articulo contìnentur non Nndit, sed vidit dopnum Nicolam
llia, monachum dicti monasterìì, vicarium prò dicto mona-
dieta abbatia. Interrogatus per quantum tempus vidit, dixit
nnos. Interrogatus quomodo scit quod fuerit vicarius, dixit
la vidit iicteras privìlegii vicariatus ipsius, in quibus contine-
td homines abbatìe deberent ei obbedire in temporalibus et
340
oAtti della Società
Quinto aruculo slbi lecto» dixit quod cum dìctum monascerìuni
sic piene possideret, ut supra dixit in primo, dictam abbatìam et dictura
castrum mentis Falconis dlcium monasterlum privatum fuit dieta
possessione per occupationem et invaxionera prefatam. Inierrogatus
quomodo scii, dixit quod cum dictus abbas Matheus iam rccessisset
de ìpsa abbatta timore gcntis dicti regts, ut dixit in primo arùculo, et
dopnus Nicola predictus remansisset et gereret ofBcium vicarìatus,
venit quidam domìnus Salomon, et dicebatur quod prò ìnperatore
venerai et prò domino in contrada iìla, et cum ìnciperet dominali,
dictus dopnus Nicola recesslt prò timore, quod predictus dominus Sa-
lomon minabatur ci, ut ipse tcstis audiebat. Interrogatus quomodo
scit et ubi fuerunt predicta, dixit quod in castro montis de Nove vidìt
dictuni domìnum Salomonem sic se habere ut supra dixit.
Supra scxto articulo dixit quod cum dopous Nicola abbas oUm
dicti monasterii esset in terra Ofide misìt domìnum Gentilem de
monte SanctJ Poli, et cum eo ipsum testem, ad castrum montis Fal-
conis prcdictum, ad petitionem dominorum de Exmirillo, qui tenebant
dictum castrum, qui cum pervenissent ad ipsum castrum, domini de
Exmirillo qui ibi crant, seu domìnus Aiiselraus et ncpotes de Exmi-
rillo, et domìnus Georgìus, et dominus Albertinus [de] monte Paxillo,
qui cum reUxari sibi pcterent et dicerent prò parte dicti abbatis, qui
deberem readsignari ipsum castrum dicto domino abbati, dicti domini
respondcrunt cis: cr vcnìat dominus abbas et readsignabimus sibi ca-
strum, quia suum est u. Et sequente die cum dictus abbas properasset
ad ipsum castrum, predicti domini readsignaverunt ipsi abbati ipsum
castrum, dicentes: «ecce, readsignavimus vobis dictum castrum quia
vcstrum est ». Quibus dominis reccdentibus de ipso castro, rcmansit
dictus abbas cum famìlia et comitiva quc secum erat, et comisit ipsi
testi clave» portarum dicti castri, et post dìctum tcnipus cum domìnus
Gerardus Coxadoca esset rector Marchie, misit qucmdara domìnum
Oddonem de Florcntia ad dictum castrum, et cum prius preccpisset
ipsi quod dictum castrum montis Fakonts debcret adsignare ipsum
castrum nuntiis eius qui abbas quamquam invitus accessit ad dictum
castrum, ce diete iudici Oddoni adsignavit dictum castrum dicendo
et protestando: «t ego volo obbedire marchioni prò honore Ecclesie
Romane, salvo et reservato iure monasterii et Ecclesie suprascripic,
quod hoc non fiat io preìudicium monasterii ipsius ». Interrogatus quo-
modo scit, dixit bene, quia fuit presens omnibus predictis et vidìt et
audivit.
Septìmo articulo sibi lecto, dixit auditu se scìrc quod predictum
castrum montis Falconis pervcnit ad civitatem Firmanam, sed quanto
tempore tenuit, dixit se nescire.
Q/Ùti della Società
Octavo articulo sibi Iccto» dixit quod homincs abbatìe et castri
Tcdicti prestare consuevenint sacmmenta fìdelitatis abbatibus qui
lerunt prò tempore in dìcto monasterio, et honorare et recognosccre
OS ut domìnos. Interrogaius per quantum terapus, dixit per .XX- et
XXX- annos et plurcs. Interrogatus quomodo scìt, dixit bene, quia
tetit et prescns fult et vìdit multotiens et pluries. Interrogatus si
ìcta sacramenta prestabantur per SNtidicum vcl singuUrìtcr, dìut
uod per syndicum in aliquibus castris et prò maiori parte singuH
restabant sacramenta homagìi et fìdelitatis abbitibus ipsis.
Nono articulo sibi lecto, dix.it quod conimune Firmi post occu-
atìoncm et per\'cntÌoncm dìctam (ieri fecit in ipso castro turrim et
alatium pretcr domos que erant ibi prius et in preìudicìum dicti mo-
asteriì. Interrogatus quomodo scit, dixit se vidbse postquam Fir-
lani habuerunt castrum illud heddifìcium factum per eos, quod non
rat ibi tempore quo fuit ipse testis ibi, ut asseruit supra in .vi. ar-
culo.
t ecimo articulo sibi lecto, dixit quod computato tempore quo impe-
et rex Manfredus tenuerunt Marchiam per nuntios eorum cu-
iirrcnint .xx. anni. Interrogatus quomodo scit, dixit bene, quia stctit
ontinue in provinzia.
Undecimo articulo sibi lecto, dixit quod a .xxxv. annis dira mo-
asterìum suprascriptum vacavi: abbate per .x. annos. Interrogatus
^t- mortem quorum abbatuum, dixit se non recordari.
Duodecimo et ultimo articulo sibi lecto, dixit predicta de quibus
Sscruit publica et notoria esse in contrada abbatie predicte. Interro-
'^-tus quid est dicere publicura et notorium, dixit quod est illud quod
^tiltis est notum et publicum. Interrogatus si fuit doctus, dixit quod
, et predicta non dixit odio, prctio, prece, amore, vcl timore.
gp>c
Die .XVI. marùi.
Petrus Nicole de monte de Nove. luratus presentibus partibus
■^ram rectorc prefato, primo articulo sibi lecto, dixit quod monaste-
ium suprascriptum et abbates quos ipse testis vidit prò dicto raona-
Icn'o, silicei abbas Matheus de Arzulo, abbas Herrigus de Coxeìano,
bbas Oderiscius et abbas Matheus de Sublacu, et alìì quos perso-
aliicr non vidit, scit tamen auditu, predicti quos vìdit prò dicto mo-
asterio habuerunt, tenuerunt et possedenint prò suo ad plcnam iuris-
iciionem causarum civilium et criminalium pacifice et continue
dtam dìctam abbatiam et castrum mentis Falconis, cuius confinia
unt flumen Asi, lenimcntum castri Sanctc Victorie, castri Exmirilli,
t alia latera cum fortillitiis et tenimentis, ut quis possidet suura,
abendo gastaldos et baiulos in ipso castro et in alUs diete abbatie,
1
et vidìt vicanos et iudices eorum cognoscere de causis crìmìnalibus et
civilibus et punire malefaclorcs delinquentes in persona et m pecunia,
et gencralìtcr omnia Tacere que quìlibct dominus et comes facit in
sua terra, et dixit se predicta vidisse per tempus .xxx. annorum et plus
usque ad tempus et eo tempore quo rex Ensìs lìlìus Imperatorìs prius
intravit Marchiam et occupavit tunc predictam terram per forziam
ipsius abbaile et dictum castrum. luierrogatus quomodo scit predicta,
dixit quod vidit et presens fuit. Inierrogaius si prcdicii abbaics fue-
runt personalìtcr in dieta possessione, rcspondit quod sic, prcdicti quos
vidìt. Interrogatus qui fuerunt prò eis gastaldi seu vìscontes, respondit
quod in ipso castro montis Falconis vidit magìstrum Halnaldum Pei-
icnarìi viscontem et Rain^ldum Gratiani, et baìulos alios de quorum
nominibus non recordatur, et ìn alìis castris vidit alios quos asseruit
in testimonio perhibìto per eum in causa cum Ecclesia Romana. Inter-
rogatus quantum tempus habet ipsc testìs, dixit octuaginta annos et
plus. Interrogatus sì ipse testìs absentavìt se de provinzìa eo tempore
quo di.\it monasterium possedìsse predicta, dixit quod non. Interro-
gatus si ipse tesùs est vassallus monasterii, dixit quod sic quantum ad
quedam.
Secando articulo sibì tccto, dixit quod tempore diete invaxìooìs
etoccupationìs dopnus Matheus de Sublacu erat abbas dicti monasterii,
CI dominus Fyldesmìdus de Moliano erat vicarius ipsius abbatìs in
dieta abbatìa et homines ipsius abbatic comuniter habcbant prò vi-
cario. Interrogatus quod ofTicium facìebat ibi dìctus vicarius, dixìt quod
omnia facieb.ii ibi lemporalia, habendo ibi ìudicem suum, seu do-
minum Kogerium de Rovitino, qui cognoscebat de omnibus causis
civilibus et crìmìnalibus. Interrogatus quantum tempus est quod dictus
dominus Fyldesmìdus fuit in dicto ofTitìo, dixìt quod sunt bene .xxxvtii.
vel .xxxviiii. anni.
Tenio articulo sibì lecto, asseruit vera esse que ìn ipso articulo
contìnentur, afHrmando ca que dixit supra ìn primo articulo, que vi-
dentur sìbi eadcm cum bis que sunt in tcrtio. Interrogatus si vidit
tempore dìcto per officìales ipsorum abbatuum punir! aliquos, dixìt
quod sic. Interrogatus de nominibus, dixìt quod ìn castro Furcis fue-
nint orbati Rainaldus Dionìsiì, Cambìus Morici Matthelle de ipso ca-
stro, et in castro mentis Falconìs vidit post ipsum tempus Potentem
occasione prodictìonìs facte per cum de ipso castro, condepnatus fuit
per abbatem Nicolam in omnibus bonìs eìus et perpetuo exbanitus.
Quano articulo sìbi lecto, dixit quod dominus Gentìlìs Actonis
Mili de Furce, dominus Albertlnus comitis Alberti de Exmirillo, do-
minus Fyldesmìdus predìctus et dopnus Nicola de Puczallìa fucrunt
vicarìi ipsius abbaile et publlce hablii prò abbatìa vicarìi abbatuum
C/itti della Società
fueruot pTO temporibus, et hcc per tempus supra assertum per
eum. Interrogaius si dicius dominus Albertinus possedii per se ali*
quid ÌD dicto castro moDtìs Falconis, dixit qaod doq, sed habebat ibi
alìtquos vjs&allos a dieta ecclesia suprascripta.
Quinto artìculo sibi Iccto, dixitquod cum dìctum monasterìum sic
possidcret, ut supra dixìl, ipsam abbatiam et dicturo castrum et ipse
abhas cssct io castro Furcis, dominus Rainaldus de AqUaviva cum
sua gente christianorum et sarracenorum, et post bec dictus abbas
venit ad castrum montis de Nove, et coadunatis hominibus ìpsius vi-
cinantìe et contrade, prcdicavìt ibi, et monuit eos ut starent tideles in
Evìiiis Romane Ecclesie, et sì non possent aliud, non patcrcntur de*
uctionem et facerent quam mclius posscnt, et rccessit tunc de
strada, et post hec venit dominus Salomon quidam (i) prò parte
regis Ensis, et recepii sacramenta per violentiaro, quìa faciebai caval-
tta et incendia contra illos et in terra eorum qui nolebant tacere
andata etgeniissue,et tunc privatum fuit monasterium possessione
predicu.
Sexto artìculo sibi lecto, dixit quod cum dompnus Nicola, oUm
bbas dicù monasteriì, post dictam occupatìonem possjderet dictura
strum montb Kalconis cum pcrtìncntiis suis, quidam iudcx de Fio-
Dtia venie prò parte domini Gerardi Coxadoca tunc rectorìs in
Marchia, et prò parte dìcti domini petiit castrum ab abbate, et ipse
d^bas prò bono pacis contrade adsignavit sibi castrum, salvìs et re-
■trvatis omnibus iurìbus ipsius monasteri). Interrogatus quomodo
Jtot, dixit quia vidit et prescns fuit.
f Septimo artìculo sibi leao, dixit quod commune Firmi abstulit
Vochetam quc est in capite castri mentis Falconìs et ipsam rocheum
^abuit et possedit commune Firmi per .xx. annos et plus. Imene*
^tus quomodo scit, dixit quod vidit commune Firmi trCi et abstulit
dictam rochetam ìn prciudicium monasterii.
Octavo articulo sibi lecto, dixit quod homines dicti castri et alii
feì\iS abbatie presiitcrunt et prestare consuevcrunt sacramenta fide*
itis diais abbatibus et aliis qui fuerunt post dìctum tempus, vìdc-
licet abbati Nicole, abbati lacobo, abbati Peregrino, abbati Gentili,
uK vidit ees honerari, recognoscì et obbcdiri ab hominibus ipsius ab-
paiie et dìcti castri. Interrogatus per quantum tempus vidit fieri pre-
età, dixit per dìctum tempus .xxx. annorum, et cxccpto tempore
DO ìroperator tenuit terraro dum vixìt, et rex Manfredus aliìs icm-
orìbos, vidit predìcta fieri abbatibus supra nominatìs. Interrogatus
(x) Dopo la parola quidam si trovano le parole in terra torum,
Dchiuse fra tre linee in segno di caocella2ione.
344
Q4tti della Società
si predica homines de abbaila in castris eorum prcstabant dieta sa-
cramenta singularitcr an per syndicum, dixit quod singularìter ci
personaliter, cxccpto castro Ofìde in quo prcstabatur sacrumentum
per syndicum. Intcrrogatus qui fuerunt syndici, dixit se non recordari-
Nono articulo sibi lecto, dixit quod ccmtnune Firmi fieri fecit in
ipso castro montis Falconis In rochetta in capite castri montis Fal-
conis unahi turrim, ut ìpsc tcstis audivit et scit bene; quia dieta
turris facta fuit postquam ipsi habuerunt castrum et fecerunt fieri
alios muros, et in preiudicìum monasicrii. Interrogatus si sunt ibi
hedifìcia que erant prius preier il la que fecit fieri commune Firmi,
dixit quod sic. Interrogatus si dictum monastcrium fecit de ipso ca-
stro aliquam conccssìonem alicui, dixit quod non, ut ipse sciat.
Decimo articulo sibi Iccto, dixit quod Inter regem Enzium, Ru-
bertum de Castellione, lacobum de Morra et coraitem Rixardum,
tempore imperatoris, et post mortem eius nuntii regìs Manfrctìi,
contra Ecclesiam Romanam tenuerunt Marchiam occupatam bene
per .X. annos :mt .xii-, et plures. Interrogatus si se abseniavìt de
provinzia illis [temporibus], dixit quod non. Interrogatus si vidil
predictos personaliter in provinzia, dixit quod sic.
Undecimo articulo sibi Iccto, dixit quod monasterium prcdictura
vacavit abbate bene per .x. annos a .xxxv. annis [cìtra]. Interrogatus
per monem quorum abbatuura» dixit per morteiti abbatis Stephani
et per dcposiiionem abbatis Nicole, et per raonem abbatis Peregrini.
Interrogatus quantum tempus fluxit per syngulas vacationcs, dixit se
non rccordari.
Duodecimo et ultimo artìcolo sibi lecto, dìxit quod predicta de
quìbus usseruit sunt publica et notoria in contrada. Interrogatus -quid
est publicum et notorium, dixit quod que communiter gcntes dicunt,
et dixit quod sunt predicta vera
G. B. C\o-Mastio
D. Feliciangeli.
BIBLIOGRAFIA
^tto Paganelli, La Crotwlogia rivendicata per d. A, P. monaco
I vaìlombr osano, aderta a Sua Santità Leone XIII mila
' fausta occasione del suo giubileo sacerdotale, — Milano,
tip. pontificia di San Giuseppe, 1887, in-P grande.
I La cronologia è un ramo degli studi scorici che ebbe sue vicende
Darticolan. Ma è d'uopo avvertire che non si deve intendere questa
^rola nel senso in cui è presa ora abusivamente. Ora si denominano
cronologie le opere che riassumono la storia secondo le date. Intesa
la cosa a questo modo, riesce difficile comprendere come la crono-
logia possa essere per se stessa un ramo di studio, quali ne sìeno gli
elementi e le dtfHcoltà. Cronologia è lo studio comparativo dei dì-
versi sistemi di computo del tempo, per accertare le date degli avve-
nimenti storici.
Questo studio sorse infatti quando, raccoltesi già molte notìzie
della storia dì diversi popoli, si senti il bisogno di ordinarle. E ciò
accadde presso ì Greci dopo le conquiste d'Alessandro il Grande. Ma
speciale impulso ai confronti cronologici provenne poi, nei primi se-
coli del cristianesimo, dal bisogno dì dimostrare Tautorìtà della Bibbia
come storia del mondo fin dalla sua origine. La stona allora cono-
sciuta si limitava ai popoli di cui i Greci avevano conservate notizie
e di cui ne conteneva la Bibbia: una ristretta orbita, se si giudica
colle idee d*oggì, nella quale trovavano posto soltanto i paesi che
furono sottomessi da Alessandro Magno. Questi furono, ad ogni modo,
i limiti della Sloria universale, allora e per molti secoli dopo, fino quasi
ai nostri tempi. L'India, la Cina, allora sconosciute, ne rimasero sem-
pre bandite.
Nuovo impulso alle comparazioni cronologiche provenne nei se-
coli XVI e xvu dalle dispute religiose. L'argomento era estraneo alle
controversie tra cattolici e protestanti; ma Tattenzione era richiamata
su esso dagli studi che gli uni e gli altri dovevano fare della Bibbia.
E allora vennero alla luce voluminose opere cosi di cattolici (i gesuiti
Peuu, Riccioli) come di protestanti (Usher, Scaligero). I canoni ero-
346
bibliografia
nologici da esse fomiti furono poi seguiti sempre fìno al nostro sii
colo, quando la condizione delle cose mulo per scoperte di niJoi7|
material! storici, che moditica\-ano profondamente le cognizioni cAc
s'avevano della storia antica.
Un'opera di piccola mole pubblicata mezzo secolo fa in Gemi;
col modesto titolo di Manuale deììa crotioìtt^ia tecnica e mattmaiica (t)
ci aveva divezzati dai pesanti volumi ìn-foglìo dei secoli xvi e xvii,
pur soddisfacendo alle esigenze di qualunque più scrupoloso ricerci-
tore di cronologia. Alla economia del lavoro s'aggiungevano,
conciliare favore a quest'opera, una grande semplicità, correttt
chiarezza d'esposizione, e l'autorità che proviene da vaste cognl
dì astronomia, di filologia, di storia, e da un metodo rigorosissii
L'Ideler non si propose di farla da teologo, ed evitò le questioai
carattere meramente teologico; ma su tutte le altre controversie
late fra i precedenti cronologi versò tanta luce, che ha dissipato
i dubbi che si potevano dissipare.
La Cronologia ùvenàicata del P. Paganelli ci riconduce ora ai pc*
santi volumi in-foglio, ed al genere di studi dei cronologi antiquati'
L'operetta deli' Idcler. benché conosciutissima, è rimasta a luì scoi
sciuta. Pare che la sua ambizione sia stata destata dai vecchi af
appassiti del P. Petau (Petavio), e contro lui ha preso ad arraegi
Diremo subito che in tal genere di ricerche il successo di[
in buona parte dalla fiducia che l'autore riesce ad ispirare. £ Q^'
sano che questa sìa intera, perchù le sue conclusioni non pos:
esser controllate se non rifacendo tutto il lavoro. E tale fiducia
ispira con un metodo di ricerca rigoroso e con moha cultura. E
sì ispira invece quando le conclusioni appariscono precipitate, quan^^"
apparisce che non si conoscono tutti ì materiali a gran pezza, e quaH'J^
ognuno s'accorge che all'autore non furono accessibih né i testi nclk
loro lìngue originali, né le opere moderne in lingue straniere.
E che questo secondo sia il caso dell'opera del P. PaginclU
scorge a prima vista. L'A. ha avuto cura di mettere in mostra od
prime pagine sei lettere, che gli furono dirette da persone ìl «-"ui ?"**
dizìo doveva, a suo avviso, conciliargli la fiducia di chi apre il ^''^
lume. Ma, ohimè ! un po' per lo stesso contenuto dì quelle Icttei^
un po' perchè questo singolare moJo di procedere par troppo atf
dere dalla prevenzione, l'espediente non produce reffcito desiaci
Che anzi nasce subito il sospetto che chi fa ciò non sia un efui
semplicemente infervorato della sua scienza. Per decoro degli si
italiani giova sperare che V esempio non abbia imitatori ne ira g"
ecclesiastici né fra i laici.
Per dare un qualche ordine a questi appuntì, ci fennercnio ^
momento a considerare di questo lavoro:
!*• La condotta generale;
(l) L. Idelek, HmndbMth Jxr imatbtwittiubeu und itthmitihru Chfitnol^tit, voi. S |
I* t<L, Berlin. iSss-sò; t* «d., invirìata, Bcrlio, i8S}.
bibliografia
347
2° I materiali adoperati per le ricerche ;
3** Alcune conclusioni.
L'A. ha segnalo in 125 tavole o pagine la serie progressiva degli
i secondo varie ere. Ciascuna pagina è divisa in tante colonne
n!c sono le ere. Dapprincipio si incontrano solo le ere che co-
cìano più da antico; man mano» accanto a queste prendon posto
lire ere: sicch<L% mentre le prime pagine contengono solo tre co-
le, le ultime ne hanno fin 25. Tra gli anni qua e lA son segnati,
inno corrispondente, alcuni fallì storici di cui l'A. volle accertare
ati. Tutto ciò nella p-igìna a destra del libro. Nella pagina a si-
ta sono segnate le citazioni dei testi antichi che servono di prova,
talché osservazione dell*A. Questo lavoro si estende per 4750 anni,
:dall-a. 471} av. H. V. all'a. 56 dell'E. V.
A queste tavole furono premesse nove dissertazioni, denominate
trmxt perchò sono discussioni tenute con un esaminatore lUputato
uest' ufficio dal card. Massaia, patrocinatore dell'opera. Il quale
minatore è il P. Gabriello da Guarcino, cappuccino, che occupa
l'aticano varie cariche ecclesiastiche» e che ha in fatto di crono-
a tutta la competenza che può avere un teologo.
Si capisce come in queste conferenze l'esaminato ha buon giuoco
1 esaminatore che non e della partita; e quindi la pesantezza del-
joraemo non gli toglie il buon umore. Questo dialogo non sarà,
sto no certo, un modello di tal genere letterario, perchò la gio-
iti vi è mantenuta ben spesso a spese della convenevolez/a ed
3C della grammatica; ma per l'indole degli scherzi e la potenza'
> dialettica trasporta facilmente il lettore nella compagnia dei
ecclesiastici interlocutori. Talora il cronologo, udita l'obbiezione,
arda sorridendo », « scuote il capo leggertrente sorridendo »,
^ l'esaminatore esce a dire: «che maniera è questa? forse mi
ona?» In realtà però Pesaminato non canzona l'esaminatore; e
0 dimostra profondendogli riverenze senza risparmio. E quanto
Ite ammirarlo l'esaminatore, quando gli confessava che nel corso
'sue lucubrazioni « gli bolliva la testa fuor di maniera, e qualche
1 la sentiva andar via quasi da per sé ! »
die obbiezioni risponde ragionando e spiegando le tavole. « Alla
CO vi {sic) troviamo il perchò Antioco, avendo nel settembre del
olle ricordato anno 58) di Roma.... dovuto buttar giù quella pil-
atnara a lui apprestata da Popiilio legalo de' Romani, se n'an*
', per digerirla un po', a rifarsene co' Giudei a Gerusalemme,
pasta più morbida, secondo il parer suo, per i propri denti n
16, col. 2). « Pur tuttavia per farle dono d'un altro fiorellino,
he se ne formi un mazzetto, la condussi all'a. 69 1 ecc. u (pag. 27,
talmente la conferenza giunge al termine, non per volontà del
<logo, ma pcrcht; l'esaminatore è chiamato dal campanello ad
occupazioni: « tutto ad un tratto ne fui distolto da quel solito
348
^ibliograjìa
amico, che con quel suo tintììin-iintiUn richiamava altrove U costn
attenzione i» (pag. i6, col. 2).
Se si tolga r importunità di queste e slmili piacevolezze che xéo
rano il dialogo, è d'uopo riconoscere che il P. Paganelli è riusciw
generalmente nella sua esposizione chiaro e vivace, e gliene va daw
elogio.
Sopratutto poi il P. Paganelli mostra una singolare attitudine p^
fica. Il concetto di raccogliere grafìcamcmc la cronologìa io uvolc
è molto lodevole, perchè agevola grandemente la ricerca delle lUtC^
storiche. E questo concetto fu da luì attuato con molu felicità. ^H
I materiali sono quelli medesimi di cui si servivano i cronologi
dei secoli XVI e xvii; ed identica è la mira cui TA. Intende. <U
(t mia cronologia adunque, rilevata dalla Santa Scrittura, intendo dire
« unicamente dalla Volgata, unita che s^c storicamente ed astrooomi-
« camente con tutte le altre ere più note, facendo con esse allora un
CI sol corpo, addiviene quei tutto che ne piacque chiamare la Cro»^
« h^ia rivendicata a (pag. 2, col. 2). Dunque, la cronologia che ricava
dalla Bibbia ò Tasse intorno a cui si volge tutto il sistema: ad essi
vìcn coordinata la cronologia che deduce dagli scrittori greci e latin-
Delia Bibbia segue « unicamente » la versione volgata. Cosi aa.
S'intende che tutte le opere di cui la Bibbia si compone hanno |
TA. la stessa indiscutibile autenticità ed autorità: Pentateuco, Re, I
nielc, Esdra, Maccabei, tutte valgono ad un modo, cioè alta lect
Le discussioni che si fanno a questo proposito TA. le ignora; e dr
ignorarle. Per vero dire, cosi si faceva nei secoli xvi e xvu; ma'
si dovrebbe fare alquanto diversamente. Non già che il aonologo
debba entrare in quelle discussioni; ma dovrebbe tener conio deli
more che fanno, ed esseme avvisato che, per giovare davvero .
cronologia ed alla storia, bisogna battere altre vie. Che se si trai
solo di lavorare per i teologi, allora ò inutile rifare il gii fatto, eli
ha servilo egregiamente finora, e continuerebbe a servire egualmente
bene per ra\'venire.
Quanto agli scrittori greci (tradotti) e latini utiUzzati, son pochini
davvero; i soliti d'una volta, e ncppur tutti. Ove poi abbia o.-nes^o
Clemente Alessandrino, Eusebio, Giorgio il Sincello perche non di
loro ìmponanza, allora è bene che lo dica per nostra nomia.
E tutti ì materiali egiziani, e tutti i materiali assiro~babiloncji^
nuti in luce da mezzo secolo in qua? Appena è se menziona <
Ì5crir.ìooi cuneiformi persiane, di cui ebbe notizia dalla Ci'oUà Cai
licaf (pag. 37, col. 1-2). Egli sì limita a fare il seguente voto:
voto del mio cuore consistente nel desiderare che i signori issìtìO"
logi si degnino tentare in questo medesimo senso i monunicnD di
quelle regioni là, affin di vedere se essi pure concordino, come io '^
ritengo fermamente, con questi intimi e reconditi veri, si della Safl
Scrittura, che della medesima storia profana » (pag. 7, tol. 1}
sapesse per quanto divena via camminano i signori assiriologi'
pensi a questo solo, che tutta la serie dei re medi, per ricostruire
ia quale egli s'aflfanna tanto sulla scorta di Ctesìa e d'Erodoto, e
the è una chiave di volta del suo edifixio, e da essi riguardata come
Una pura leggenda di «ruì non s'occupano neppur più. H v'ò anche
di peggio! Han torto essi; ma del suo voto non se la daranno per
blesa. Sa come deve fare per tirarli a bene? Non si contenti di udir
parlare di loro come d'abitatori della luna ; esamini ì loro scrìtti, e
^ emendi. E si rammenti anche degli egittologi; poiché anche questa
ntga esiste, che gli è rimasta nascosta.
Devesi però tener conto all'A. d'aver spinto la sua industria tino
t consultare la tavola delle eclissi del Pingrè, che tutti conoscono
Krichè trovasi ncìVArt dt vérificr ks datcs, la quale cita quattro o
ioquc volle. E poi che due egregi astronomi, il Respighi ed il Cc-
oria, dietro sua richiesta d' un giudizio sulla Cronologia rivendicata,
i limitarono a dichiarare esatta la tavola del Pingrè senza voler
ntrare neirargomento della Cronoìo^ia, l'A. sì vale delle loro due
^Uere per accrescere autorità al suo volume, e le pubblica nella prima
3gìna, ove il Respìghi ed il Caloria si trovano nella compagnia dì
inque o sei dignitari ecclesiastici i quali, questi sì, lodano senza reti-
etue Topcra del P. Paganelli.
Intorno alle conclusioni non si può spendere troppe parole, perchè
ttesta rassegna non consente spazio. Ma se si mostrerà come ne
^oo tratte alcune, s'avrà un criterio sufficiente per giudicare il va-
*rc di tuna l'opera.
Ma veggasi prima come interpreta i testi.
Ccnsorino dice : « Priraum icmpus sive habuit initium, sive semper
Riil, cene quot annorum stt non potest comprehendi ». E PA., citan*
)lo, spiega per « primum tcrapus » il « tempo antidiluviano ».Va poi
i sé che VA, non ammette che vi sieno difficoltà a spiegare quanto
bia durato il tempo preistorico (tav. VI, nota b).
Giustino dice : ■ Assyrii qui posiea Syri dictì sunt ». E VA. v'ag-
nnge: « Che gli Assiri vengano come nazione primitiva da quel-
'Assur , Io ritengo fermamente; ma che poi essi si sieno con-
certiti in Sirii, non lo reputo vero; perchè questi nacquero da
Samuel, figlio di Nacor, fratello d'Abramo Per il che queir in-
:iso di Giustino non dice la verità, essendo stati sempre, secondo
a Sacra Scrittura, gli Assirii ed i Sirii due nazioni differenti » (tav. XX,
ta b). Occorre altro per mostrare che han torto tutti coloro che
mgono che il nome greco di a Siri * provenga dall'originario « As-
i«?
Erodoto, citato in latino, dice: «Omnibus namquc eum (Cheo-
em) templis obserratis, ante omnia jEgyptìis ne sacrificarent inter-
:ixisse i>. Orbene, dopo « jEgyptiis », l'A. mette una parentesi in cui
ive: «ma qui si legga Hebraeis » (tav, XLIX, nota e"), E perchè?
lesu è marchiana davvero! E continua dopo imperturbabilmente
applicare agli Ebrei il racconto che Erodoto dedica agli Egiziani.
cAtvfo dfUa H, Socéttà romana di storia patria. Voi. XI. 24
350
bibliografia
E poi che Erodoto, parlando dei lavori che U re Cheopc i
spietatamente ai suoi sudditi per fabbricare la grande piramide,
B Aliis (hominibus), ut lapicìdinis arabici raoniis saxa eicciperen
nostro A., dopo « arabici raontis », mette una parentesi in cui s
« che è il Sinai, dove tuttora vi {sic) esistono le iscrizioni in cai
V ebraici antichi ». Ma che necessità vi era di questa sciagurata f
tesi che contiene tali spropositi ? Che ha che fare la catena dei i
arabici delP Egitto col Sinai? Che han che fare qui le bei
ebraiche? E dove sono queste iscrizioni ebraiche del 15 30 «vi
Questa data 1530 non si creda messa qui ad arbitrio; è d^i
quale, da quanto racchiude in questa nota, argomenta che gli
erano in Egitto ai tempi dei re Cheopc e Miccrino, circa il
av, E. V. Vi è di che far raggrinzare la pelle a chiunque co
anche solo i primi elementi di storia dell' Egitto. Poiché Ch
Mìcerino appartengono alla IV Dinastìa, e verso il IJ30 av. \
gnava la Dinastia XVIII: la dimora degli Ebrei in Egitto poi!
che far nulla ni coli* una ne coU'altra. Vedasi in che baratro i
pitato l'A. per quel grillo di voler leggere « Ebrei » dove '.
non s'È neppur sognato di scriverlo.
Queste licenze d* interpretazione dei testi non sono in ale
scusabili. Si trattasse di testi biblici, allora 1*A. potrebbe addui
ragione che adduce a pag. 2, col. 2, che r altrimenti non se ne
fl rebbc costrutto nessuno: e la parola di Dio non deve esser voti
« piena di senso ». Ma qui non ne é il caso. E poi, questi tcsitt
un senso chiarissimo. f
E quindi, come fidarsi delle conclusioni che 1*A. va prepara
Ancora un'osservazione merita d'esser fatta, per formarsi U)
tene deiramorità che meritano tali conclusioni» ■
Il nostra cronologo crede sinceramente che le ere sìaop
istituite l'anno da cui Ìl loro computo incomincia. Varie volle
che le olimpiadi « furono istituite l'a. 777 av. E.V. » (pag.VH
pag. 28, col. i). Poiché egli non sa che le olimpiadi sono
ed i giuochi olimpici ne sono un'altra; e poi che il P. PctauJ
fatto tal confusione, Io trova confuso da non potersi intendere (
col. 1-2; pag. 3), col. i). Ed ecco come ragiona deiristituiio
l'èra volgare: k Che Dionigi il Piccolo abbia inventato l'èri vo
« nel 533 dell'ora volgare medesima, per me implica tale conti
azione in termini, che og^i volta che mi vien messa davaot
«proprio costretto a riderci su! Imperocché se Dionigi ÌI PI
e scrivendo produceva i suoi studi nel $32 dell'era volgare, sq
« che questa la correva già da 532 anni prima che egli scrivi
(pag. 26, col. i). Lasciamolo ridere: uomo allegro il ciel l'aiot
prosegue: « Dionigi 0 adunque, gliene concludeva io, non ■
« quest'era nostra volgare, giova ripeterlo; perché usata gii M
« tempo prima di lui in tanti registri, e seguita da popoli cristia
« molte chiese, ed in un modo più che speciale poi tenuta à
« conto dai nostri comuni^ i quali, con piccolissima differenc
bibliografia
351
■ ccN'ano: *' ab Incamaiione domini ,> o " a Naiivitate „ e gli altri " ab
« anno reparjitae salutis „, ma da tutti era seguita f. Oh quanta pru-
denza usd qui l'esaminatore P. Gabriello da Guarcino, per ascoltare
Ulto ciò, e tacerci Un altro avrebbe chiesto che citasse qualche esem-
pio; che almeno indicasse qualcuno dei nostri romuni prima dell'a. $^2
Wi'E. V.: e forse Tesaminato avrebbe scoperto qualche novità che
toni gli storici hanno finora ignorato. Ma rispettiamo le ragioni per
cai il P. Guarcino tacque. Certo, argomentando da questi esempi, sì
ievc credere che TA. consideri l'ora di Adamo, di cui egli si serve,
come istituita da Adamo o da un suo contemporaneo.
Quanta fiducia meritano le conclusioni preparate da un crono-
logo che ha un concetto sì inesatto delle ere, cioò dei computi del
^enipo, che sono i principali ferri della sua ane?
Prendiamo ora tra le mani alcune di queste sue conclusioni, e
'^iamo quanto valgano.
Lasciamo in disparte tutte quelle che riguardano I tempi per i
luali l'A. si giovò solo della Bibbia, non conoscendo altre fonti. Colla
corta della Bibbia ha creato una sua propria èra dì Adamo, che co-
r^iBcia daira. 4093 av. E. V. Alle cento e più ere del mondo che già
tT'ono escogitate ha voluto aggiungere ancora questa ; e si serva.
fottìi computi che istituisce per illuminare la Storia Sacra furono gii
*^tuiii le migliaia di volle, e sempre sì trovò chi ritornava daccapo.
-«ft^ vi si accingerà dopo lui a rifare il lavoro forse scioglierà meglio
^ dìfiicoltà dell'età d'Esdra, cui egli accenna a pag. 19 con questi
^«Tnini: «è ceno però, che se anche ai giorni nostri da taluno si
arriva per in fino ai 100 anni, e da tanti altri si oltrepassano an-
^;ora , quale difficoltà vi sarebbe, che un uomo di que'tcmpi
Vassù, e poi com'era Esdra, non potesse aver campato ancora 125
C) ijo anni ? » Nessuna, risponderemmo noi. Ma chi rifarà il lavoro
'^manderà forse; e che uomo era dunque Esdra ? E vorrà sapere
Jser in fino » che tempi fossero « que* tempi lassù » avvolti in si so-
^ttne mistero; tempi che corrispondono in sostanza alla metà del
secolo av. E. V., e quindi punto misteriosi. Ma noi ci fermeremo
-xUa cronologia profana.
L'A. mena grande scalpore contro il P. Petau, perchè contando
li anni dell' E. V. comincia subito coll'a. i, invece di cominciare
Dll'a. 0; ossia perchè colloca l'a. i dell' E. V. all'a. 4713 del Periodo
TÌuliaoo, mentre egli sostiene che va collocato all'a. 4714 (Conf. VII).
Ifiestfl non è una discussione da cui scaturiscano conseguenze gravi
7 la storia. Basta intendersi. Chi sa come furono forniate le ere ò
•rendevole intomo al modo di servirsene.
Alla storia importa invece sapere se sono fondate le conclusioni
sll'A., che la battaglia d*Arbela, con cui finì l'impero persiano, sia
rvcnuta Ta. \i6 av. E. V., e non Ta. 331 come si 6 sempre am-
esso; e se Alessandro il Macedone è morto l'a. 3x8 e non l'a. 323
^ E. V. Ora dai testi che egli cita, e dai ragionamenti che vi ag-
352
^ibliograjia
giunge (pag. 52), si ricava cosi poco, che davvero non si è ras«-
curaii.
A questa conclusione, e ad altre di cui sì dirà dopo, egli fu tratto
nel seguente modo. Egli ha tracciato la serie dei re persiani con quei
sussìdi di testi che gli somministra lo scarso repertorio dei suoi ma*
teriali. Secondo essa, Tulttmo re persiano, Dario Codomanno, co-
minciò a regnare l'a. 334 av. TE. V.; epoi che si sa che regnò 8 anni,
dunque la sconfitta fmale da lui toccata ad Arbela nella guerra contro
Alessandro cade Ta. 326.
Quanto alla data della morte d'Alessandro, qualche indicazione
tratta da Q.. Curzio, contrapposta a quelle di Giustino, convalidata
colla conclusione gi;!k accennata, riguardante la data della vittoria
d*ArbcIa, e non occorre altro per rovesciare tutta una falange di sto-
rici e cronologi, da Arriano ed Eusebio, che TA. ha trascurato, fino
ai dì nostri.
Ma la conclusione più grave è quella che forma argomento spe-
ciale della conferenza IX, oggetto della quale ^ di « dimostrare che
a chi mandò ì suol eserciti contro i Greci a Maratona fu Astiage re
« dei Medi, e non il re persiano Dario d'Istaspe »; e chi li condusse
a Salamina « fu il re Ciro e non il re Serse ; e che Erodoto fu la
o cagione di questa confusione dei nomi ». Come si vede quest'enun-
ciato è gravissimo; è un'accusa solenne contro tutti i cronologi e gli
storici, specialmente contro Erodoto, il padre d'un errore che sì per-
petuò poi, per ignoranza ed ignavia di tutti gli scrittori seguenti, fino
a Don Atto Paganelli eccettuato.
La chiave dell'enigma è questa, per dirla in breve. L'A. trova
che Alessandro Magno tolse T Egitto ai Persiani quando rovesciò
r impero persiano colla battaglia d'Arbela sopra menzionata, nell'a. 326
av. TE. V. secondo lui, 3J1 secondo tutti gli altri. Trova scritto che
il re persiano che aveva conquistato l'Egitto era stato Cambise padre
di Dario. Trova scritto che i Persiani hanno dominato in Egitto
120 anni. Dunque 120 anni prima della battaglia d' Arbela, cioè nel 446,
od anche 451 av. E. V., regnava in Persia Cambise, e non è possìbile
che suo figlio Dario regnasse al tempo della battaglia di Maratona,
che accadde Ta. 490 av. E. V. ; come non è possibile che regnasse
Scrsc, figlio di Dario, al tempo della battaglia di Salamina, che ac-
cadde l'a, 480 av. E. V. Pertanto, o spostare Dario e Serse, o spo-
stare Maratona e Salamina. Nel bivio egli prese il secondo partito.
Come si vede, la spiegazione calza che non fa una grinza. Un
solo dubbio potrebb'esscrvt : ì 120 anni conducono proprio fino al
termine d'ogni dominazione persiana in Egitto ? Veramente le no-
tizie che si hanno intomo all'Egitto negli ultimi tempi della domina-
zione persiana sono scarse e confuse. Sarebbe da vedere come interpre-
tano la cosa ì cultori speciali della storia egiziana, Lcpsius,o Mariette,
o Maspero: ma dove si va a pescare qualcuna di queste opere ignote?
Bando al dubbio dunque: siam pronti.
Ora si badi che, nelle serie delle dinastìe egiziane, quella dei re
bibliografia
553
}ctÀm che comincia con Cambisc é la XXVII secondo alcuni,
It XXVIII secondo altri; e che quella cui appartiene i! re persiano
Ipodestato da Alessandro Magno è la XXXI. Tra l'una e Taltra vi
IQQO iJue o tre diuasiie di re nazionali; poiché T Egitto ricuperò Tindi-
icndenza, poi venne rìsottomesso dopo circa 65 anni dai Persiani,
he vi dominarono nuovamente per nove anni, fin che furono spode-
tati da Alessandro.
Se il P. Paganelli avesse tenuto conto dei 65 anni d'intervallo, e
ci 9 della seconda dominazione persiana, cran bell'c trovati i «75 anni n
be gli mancavano nel conto generale degli anni trascorsi dal prìn-
ipio della dominazione persiana in Egitto con Cambìse, alla con-
nista d'Alessandro: poiché 531 -t- 120-4-65 -^9 = 525; laddove egli
» }5i-f- 120 •=. 451. Maratona poteva dunque continuare a stare con
"aiio all'a. 490, e Salamina con Sorse all'a. 480, come han fatto
Bpre, Si richiedeva cosi poco per vederlo I
Vreso un granchio, TA. ne pigliò dopo una retata. Cosi si spiega
me dovette credere d'aver fatto un atto meritorio separando i nomi
Dario e Serse da quelli di Maratona e Salamina. E quindi l'accusa
intro Erodoto; il quale dovrebb'csser stato lui il grande ignorante,
ichè quasi contemporaneo a quelle battaglie sì gloriose per i Greci,
codo conosciuto molti che vi si erano trovati, non seppe i nomi
i re persiani nemici.
E poi, veniamo alle corte. Abbiamo un testimonio oculare, ed e
chilo, il quale si trovò ad entrambe le battaglie, e nella sua tra-
ila / Persiani introduce fra i personaggi Atossa, vedova di Dario e
[re di Serse, e parla spesso di Salamina e della sconfitta ivi toc-
l<ia Serse, che forma appunto l'argomento della tragedia,
questa sola conclusione del P. Paganelli, che è la più clamo-
\ di tutta r opera, sì può argomentare quanto valga la sua Cro-
Ha rivendicata.
ficco qua, pertanto, un enorme volume, che s'annuncia nella de-
tal papa come con somma paiicnia e pertinace applicazione com-
V a rischiarare tutta Vantica cronologia, che vìen tratto fuori con
tsima pompa e lusso di stampa, e che non 5er\'e a nulla. A ciò
ice un metodo inane di studi: a brancolare nel vuoto.
A. ROLAKIX}.
Duchesnc. Le Liber PontificaìiSj texte, introdnction ci
9mmetitaire; tome premier. — Paris, Thorin, 188^.
Da dimostrazione dì grata accoglienza non deve mancare in
D Archivio alla nuova edizione che il signor abbate Duchesne
'pubblicando del Libir epiìcopalis in quo continentur acta beatomm
'cum urbis Rcmae. È un'edizione profondamente ed ampiamente
ata ed illustrata, un'edizione critica come non era mai stata
354
'Bibliografia
ìDtrapresa per innanzi. Testo e varìantì derivano quesu volti W
solo dalla scoperta, sotto certi Compendi, di un primo strato, ptr «os^
dire, di Liber Pòntificaìis, ma da un instancabile spoglio di tutti ima-
noscrini conosciuti e da un esame accuratissimo del loro valore ri-
spettivo. Commento analitico al contenuto di questa storia, intriy-
dazione sintetica, che è storia veramente magistrale di questa stonj,
derivano questa volta dalla piena coscienjfa che il L. P. studiato d
dovere, e dentro e fuori, può dare e ricevere molta luce intomo jU'rt-
sere suo. Tutto l'insieme, questa volta,^ deriva da un raro ingegno,
da un raro tatto, da una rara attività, da una rara dottrina^ ma aiiclie
da un raro car.ittere.
Un commento a! L. P,, pubblicato in Parigi nel 1680, incoi
ciava con questa dedica a Michele Le Tellier: « Cancellaric
u strìssime, notas et observationcs in Anastasium De vitis romani
« pontificum non uno titulò tibi oHcro. Scio qua revercntia et
«e gione spectes Romanam Ecclesiam, Sedemquc Aposiolicara, et 01
K quae ad cani colendam pertinent, benevole et devote Icgas et iudi
« Italiam a Longobardorum iugo armis Pipini regis et Caroli M.
« creptam, simul et Patrìmonìum D. Pctri, rcgum nosirorum bcnf-
« ficium verius quam Constantini esse, non sino suavi animi irostt
•t leges. Fidei Gallicanae vestigia a primis darà temporibus, sacrac ci
« prophanae antiquitatis quae ibi occurrunt, monumenta observjfC
«tnon pigebit n (r). Degli alfetli espressi io queste ottanlasci pifOlc,
la <i revercntia », la « rcligio n sta sicuramente Hell'aninio dcU'ibbiI*
Duchesne, ma il suo libro non conosce altro programma all*inft
di quello che può tradursi colle undici parole ultime. « Quanto jU'
« tendimento col quale sono concepite e proseguite queste rìcci
« (scriveva il Duchesne nel 1876), esso non può essere che qi
« dcir esatterza e Ìl desiderio di chiarire le origini d'un documento in-
« teressante per la storia e Tarchcologia cristiana. Il lettore pu6 crt-
« dere che l'onore della Chiesa Romana e de' suoi pontefici non e pcf
« me cosa indifferente, e che se io non esito a sacrificare tutto ci6 che
«è falso ed apocrifo nei documenti che ci si danno come loro stcw»
u sono ben lungi dal confondere la causa coi cattivi argomenti che
« si è preteso invocare per difenderla. Questi sentimenti non "»»
« avranno fatto deviare, lo spero, dal rigore necessario in s rr ■
« scussione; altro è la probità scientifica, altro è T indifferenza
sur le L. ?., 1877, p. iv). Ma poiché la nuova edizione mi '
cercare, tra gli altri, il vecchio volume deirAltaserra, e poiché
osservare il carattere non solo nel D. storico, ma nel D. erudito, pi^3
cerni notare come piìi d'un problema od enigma nel testo <3}< ^ .
segnali si, ma senz'altro, e contrapporre alle fantasie ed ai pruriti fl>
bbtie
(1) Antoxii DiDivi Alteskriiak VoMr ti o^irrvAlionit In Jmulanmm tk^*^^
*crmm fumli/itum; PàrisiU, M . DC . LXXX. ^
(a) ElcuthcrU (p. 298, 1. 6), luctUoi . . . respectoribiu (p. 173, I. t€), urfftf^''*'^
(P- ìlh *• 4). BoUrt* (p. 391, 1. li). lccHurÌ4 (p. foa. U U), VAgsuda (p, $9f, L »>**
bibliografia
355
altri commenutorì, b sistematica resistenza del D. a! demone della
congercura.
Ma parmi più che superfluo dar lode ad un uomo al quale ò stata
tà è resa giustìzia da coloro che hanno avuto od hanno una pane
penonaie ed onorevole nello studio del L. P. Ho testò udito dire
laS' illustre Mommsen che dopo ì Maurini la Francia non aveva
iwto un dono pari al Duchesoc. N'eppur mi sembra conveniente
icicrivcre, qui in Roma, un libro che in Roma dev'essere ed è tutto
pomo fra le mani degli studiosi. Mi vo' restringere a quello che posso
ire, curiosando qua e là nel L. P. in proposito della nuova edizione.
[77,7: «donum quod obiulit Consiantinus Augustus beato Pctro apo-
I stole per diocesera Orientis: in cìvitate Antiochia: ...domuncula
■ in Caene ... cellae in Afrodisia ... balneum in Cerateas. . . a. AI
)■ che tratta con giusta predilezione e illustra con molta cura
ji.cxLix segg., Étude, p. 146) il gruppo di notizie intomo alle do-
tiioni di chiese, guidandoci queste ad una fonte sincera ed archivi-
tìa del L. P-, piaceri senza dubbio sapere che il desiderato riscontro
làste anche pel Cerateas Jì Antiochia. È in Procopio, Dell. pers. II, 10 :
ib XtYÓjitvcv xipa-ctttov. 178,2: «per Aegyptura, sub civitatem Ar-
ncnìa {var. Armeniam A': Armcniam C'): - possessio Passinopo-
imse (far. Passinapolirase A*: Passinopolirare B': Passinopolim-
cmpcr C: Passinopollmpse C*)\ praest. sol. Dccc, charta decadas ecce,
LBqu saccus e, . . . papyru racanas mundas 1; - possessio quod do-
Bnt Constantino Aug. Hybromìus (far. Hybrion A' : Hybrimon a*:
ipromius B^: Ubromius C: Yrabromius C": Ybromius C*: Bro-
ùus D: Hybromias E) ». Armcnid può pretendere sicuramente di
UIC nel testo (cfr. p. ccxxix), ma fuori del testo non merita unii
ìguardi, la si può discutere (cfr p. ccxiii). Or mentre in Egitto
n'Armenia non c'ò (p. cxnx), c'è invece V Armeni degli Arabi, Ar-
wi(fc dei Copti, Hermontbis dei Greci (Quauemère, Mém. ^éogr. et
ut juf r^'. I, p. 372), che nella gara dei manoscritti e lor varianti
i la palma iW Armenia di C\ manoscritto eccellente (p. ccxx),
^nopoìimse, H)broinUts : due proprietari crmontiti, del terzo o quarto
Ecolo (p. CL), de' quali è curioso che i nomi, passando per tante
ocche e unte penne forestiere, da Hermonthis ad Alessandria, a
«ostantinopoli, a Roma, e in Roma dalle stanze episcopali a quelle
d chierici minutanti del Luterano, abbiano pur conservalo così rìco-
oscibilmente la loro aria nativa (cfr, Parthcy, Ac^yptische Ptrsotunna-
Ifli, 1864, p. 9? : Psan-, Psen-, Psin~, Pson- ; p. 100, 105 : -mse, -mpu,
■7: Bromius). Papyru racanas: non compariscono nel Commento
wnche neirelenco a p. cl dell* Introduzione. Altra volta, con altro
Wo, si credeva necessario o prudente distinguere (Du Cange s. v.)
aejtc racatiac del L. P. dalle racanac (genus vestis) di Papia, Grc-
orìo M., ed Ennodio. Oggi 1* identificazione è (credo) agevolata dal
Sto nuovo. D'altra parte papyru (che qui non può avere il senso
t carta, poiché la charta ò già segnata nella lista), non essendo né
E(p. 179, 1. 9) seguito, come tutti gli altri prodotti, da
3J6
bibliografìa
cifra, non può stare da sò^ va congiunto alla parola che segue, f^"
pyru racanas, come ìimt saccus (p. 178, 1. 5 ; p. 179, I. 9). Ora in TcO"
frasto (HisL plani. 4, 8, 4) si legge : ò ndttupofi npòc JtXtiTca xrt'W'"
'Ex TìSc [ì£(JXou... reXéxouat... xai èo&^xfll Ttva. 179,4: « basilìcic 0**^
w Pauli apostoli) hoc donum (Augustus Constantinus) obtuliti^sub
« civitaie Aegypiia (t-ar. Egyptia C3: Aegyptì E): possessio, etc. j
dunque nel territorio (cfr. p. cxLix) di una civitas (pp, 177-180) zìi
mata Àet^yptus. Verrebbe voglia dì protestare. Eppure è uà fit
At^yptus è anche nome di città, è nome dì Mcmfi, nella Cosmop
del Ravennate (ed. Pinder e Parthcy, 1860, p. ijj) e in un Vocal
lario copto presso ChampoUion (VÉg. sous ìes Phar. I, 91). 3^9,11
n misit suprafatus imperator (Justìnianus) ad Constantinum pontifici
« sacram per quam iussit eum ad rcgiam ascendere urbem. Qui i
« ciissimus vir iussìs imperatorìs obtemperans illieo navigìa fccit pi-
«rari, quatenus iter adgrederetur marinum. Et egressus a porto R>-
« mano.,. VeniensigiturNcapolini.. . Siciliaraperrexit; ubiTheodorus
« patricius et stratigos , . . occurrcns pontifici » (confesso che non ar-
rivo a capire la nota del D.: « probabilmente egli incontrò il pipa
a a Palermo, dappoiché questi, continuando il suo viaggio, ebbe»
« passar per Reggio ») «... inde egredìentes per Regium et Cotrowni
« transfretaviiCallipolim... Dum vero Ydrontomoras facerct...Undc
« egressi partes Grecìae, conìungcntes in insula quae dìcitur Odi
« occurrit Theophilus patricius et stratigos Caravisianorum, curo
« summo honore suscepit; et amplectens ut iussio contiucbai. ii^'
« absolvit peragere coeptum. A quo loco navigantes vencrunt ... Coi
a stantinopolim w. È interessante vedere questo iiinerario del L I
presentato in correlazione ad altri nel Bròndsted, Voy. àans h Or^^
1826, p. j seg. (ile de Zea): «... bel porto, senza dubbio, uno <
e migliori deirarcipelago... frequentato in ogni tempo ...a muwJ<^*
e suo ancoraggio, dai navigli partiti di Levante che si dìrigtfvinf^
« verso le coste occidentali del Mediterraneo, o che provenendo da
«questo mare volevano guadagnare le acque della Grecia. Co^i •■
« Sesto Pompeo approdò a Geo nel primo secolo della nostra è^**'
« allorché partitosi da un porto d* Italia faceva vela per l'Asia Minora'
V (Val. Max. II, 6, 8). Al principio dell' viii secolo, alPanno 71O1 ^
V papa Costantino, ecc. »>. 417,5 '• " Hic (Gregorìus III) concessa* «^^
« columnas VI onichinas volutiles (z'ar. volubiles AC'G: volui
« C') ab Eutychio exarcho, duxit cas in ecdesiam beati Pctri ap
« stoli ». Nel voluhiJes di AC'G c'è, se non m'inganno, la vera •
zione, anzi un'aggiunta da farsi ai vocaboli latini di architettura. '^
htbilis applicalo nell'aurea e nell* infima latinità agli attonigiiam^*'
degli uomini, alle spire dei serpenti, ecc. (Ovid. Metam. j, 41; '
Gange s. v.) si adatta benissimo a colonne torte, a«ortigÌJate. Vi^
fatto dì ragguagliare sotto questo aspetto uomini e colonne; |^ ^
meno venne fatto al Settembrini nelle sue /.«;. di Utt. ilal., >• cdw_
1879, II. p. jgi: «Voglio dirvi una mia fantasìa. A me pare che l^
« colonna sia fatta a somiglianza dell'uomo ... La bizantina a spi^^^
bibliografia
ÌS7
• "rrix ha somigliarua ai Greci degenerati, pieghevoli, astuti ...»». Del
fc^Xo ancor oggi i botanici chiamano volubili quelle piante (convol-
olo» fagiolo, lupo, ecc.) il cui fusto sale a spire. 509,21: « Cymite-
um . . . Sanctae Felicitatìs via Salaria, una cum ecclesiis Sancii Si-
l^i martytis et Sancti Bonifacii confessoris atquc pontiftcis, uno
= ohcrcntes solo » (in altri tcrmim, come ha spiegato il coramcn-
XorDeRossi, B, A, C^ 1884-85, p. 174 segg.: b ecclesiis Sancti Bo-
^:^acii confessoris atque pontitìcis sursum et Sancti Silanì manyrìs
tith Urrà dtorsum »). Al testo del L, P. e forse alla dimostrazione
:] De Rossi (giacché Alessandria era per mcià^ sub terrai va racco-
lto Amm. Marceli. 22, 11,6 che alcuni vorrebbero correggere contro
Lutorìtà dei codici : « dicebatur (Georgius) id quoque maligne do-
ttasse Coostantium, quod in urbe praedicta aedifìcia cuncta solo
^ohùiTétttia, a conditore Alexandro magnitudine impensarum publi-
^arum exstrucia, emolumentis aerarii proficere debent ex iure n.
L'accurato D. meriterebbe di non essere mai tradito dal tipografo,
^^ppure in cose da nulla, come numeri^ da testo a nota, sbagliati
'K^p* CLXXv, ccxxxvi), o mancanti (pp. 117, 129, 15$), o intestature
^305tate (p. ccxLvnX o simili inezie (p. ccxxxvii: s éiait; p. ccxxxix:
= à rmdré). II « comtc Cardenas de Vorlanga (?) », a p. clxxv, n. 2,
■atti, non può essere. L'amico comra. Prorois mi dice che i De Car-
acas sono di ^alalia sul Po e conti di Vallc^^o : due varianti a Kor-
9,nj^a, tra le quali bisogna scegliere. Ma ò meglio rivedere la nota
«messa a quel manoscritto torinese.
Giacomo LincBRoso.
1^
'ressuttì P. Rcj^esta Honorii papac III ex Fatkanis archetypis
m aliisque foniibus; voL I. - Romae, ex typ. Vaticana, 1888.
T II signor abbate Pressuiti deve essere molto riconoscente al pon-
^^■«ficc, che, volendo a sue spese rifatta e proseguita la pubblicazione
^c3ei regesti di Onorio III, ha offerto modo all'autore di riparare a
guanto la critica trovò di meno perfetto nel primo saggio edito
"^nel 1884. Mi affretto a dichiarare che le mende più gravi sono in-
vaiti state riparate, e il lavoro appare condotto con maggiore dili-
genza. £ da lamentare però che l'autore non abbia creduto dì tener
«omo, non dico delle critiche, ma deirescmplo autorevole di quanti
lo precederono nella compilazione dei regesti Vaticani, compresi i padri
Benedettini, e non sia rimasto pago dei regesti Vaticani, e abbia vo-
luto aggiungervi anche lettere estranee ad essi, aliisque foniibus. Ma
queste altre fonti, come mostrammo parlando della prima edizione,
li riducono, salvo rarissime eccezioni, a quelle indicate dal Potthast.
Or essendo tuit' altro che esaurite le indagini dì lettere pontifìcie del
lecolo XXII, disseminate per gli archivi e biblioteche del mondo, non
mai cercati dall'abbate Pressutti, questa appendice che egli pone ai
regestì Vaticani non fa che accrescere inutilmente la mole del vo-
5J8
bibliografia
lume. L* impresa della pubblicazianc dei regesti è di uU lunga lena,
che occorrerebbe in chi 1' imprende la maggiore economia di
tempo, di fatica ed anche di spesa, non pensando solo alla munifi-
cenza di chi fornisce ì mezzi, ma anche agli studiosi che devono
acquistare i volumi. Il Pressuiti fa precedere al regesto la prefazione
premessa al primo saggio, scnxa altro ritocco che la soppressione
della nota i a png. lv della prima edizione, e alcuna più ampia
notizia dei regesti di Onorio, ed è singolare che rinnovi (p xli) l'er-
rore del Kaltenbrunner dicendo, che quel Floretus copiavit scritto in
margine del primo foglio indica lo scrittore del regesto originale,
mentre alla pagina precedente ha citato la memoria del DeniRe, che
ne ha dato la giusta ìnierprctazione. Della prefazione non occorre
dir altro, e possiamo concedere al Prcssucii che continui, poiché così
gli piace, a far cominciare Tepopea del papato medievale da Gre-
gorio VII; vorrJ dire che S. Gregorio I, Giovanni Vili, Giovanni X
non sono figure epiche per lui. Ma un'appendice affatto nuova è la
pubblicazione ed illustrazione della bolla concistoriale di Onorio a
favore della basilica Laieranense, secondo roriginalc dell' archivio
di quella chiesa, raffrontato col testo che se ne ha nel regesto. Op-
portuna la pubblicazione cosi raffrontata della bolla ; erudita V illu-
strazione e particolarmente pregevole per copia di documenti inediti
tratti dairarchivio Lateranense e da quelli delle case Orsini, Caetani,
Cesarini e Colonna (veramente, invece dell'archivio Colonna, cica una
Miscellanea presso di se, e si riferisce al Gregorovius quanto all'esi-
stenza degli originali). Ma l'A. avrebbe meglio provveduto all'eco-
nomia dell'opera stampando a parte o in altra sede cotesto ampio
commento storico-topografico dei principali possessi della basilica
di San Giovanni, fra ì quali Carpineco, patria del pontefice. Accen-
niamo i principali documenti inediti attinenti alla storia di Roma:
9 aprile 978. Giovanni abbate di Sant'Andrea ìn Selce, nel ter-
ritorio di Velletri, concede in enfiteusi a Crescenzio di Teodora
Castelvecchio (cxvin).
1 5 ottobre 988. Giovanni e Crescenzio, figli di Crescenzio di
Teodora e di Sergia, iìlustrissima j'^mina, donano all'abbate Alberico
la detta chiesa di Sant'Andrea in Selce (cxrx).
37 dicembre 1106. Pasquale II designa i confini della parroc-
chia Lateranense (lxvii).
26 maggio 1122. Simile bolla di Calisto II (lxix).
Bolla di Onorio II a favore dell'ospedale Late-
7 maggio 113S
rancnse (lxiii).
30 giugno ii}8.
IO agosto 1 179.
Simile bolla dì Innocenzo II (lxiv).
Alessandro III obbliga alla chiesa Lateranense
« possessioncs de lacu 0 e quattro mulini a prò 294 libris prov. quas
« ad eas recuperandas Petro Pandulfi, Alierotio et Alieroiio (sic) Ro-
« manis civibus et judicibus et advocatis nomine nostro solvisti et
« prò sexaginta quattuor quas prò aqueductu reparando expcndistisM
(p. Lxvi). Evidentemente il pegno è dato dal pontefice perchè il Ca-
bibliografia
359
pitolo Latcranensc aveva redento detta possessione da quel giudici
romani, anteriori creditori del papa, e non, come interpreta il P., perchè
avesse « imprestato denari a cittadini romani o (lxvi).
7 novembre I3i6. Onorio III conferma la sentenza pronunciata
(juando era cardinale a favore della chiesa Lateranense, dichiarando
comprese nella parrocchia San Bartolomeo e San Daniele (lxx).
15 giugno 1370. Urbano V» avendo assegnato alla Mensa vesco-
vile di Montefìascone i beni ivi posseduti dalla basìlica di Laterano,
indennizza questa coi beni della scola catttorum, soppressa « quia dieta
* ecclesia scole cantorum et eius domus adeo sunt destructe quod vix
{* earundem ecclesie et domorum appareat vestigia, propter quod ìpsum
collegium dcinceps inutile scu supcrvacaneum reputetur» (lxxii).
Quanto alla compilazione del regesto, sebbene notevolmente mi*
tUorata, si può ancora raccomandare in parecchi casi maggior bre-
lli, omettendo formule consuete e inutili, e maggior cura nel
krre in evidenza gli accenni storici. Ad esempio, nei seguenti sunti
Mevano omettersi le parole che pongo in corsivo. N. 430: « Pre-
posjto Caroinensi. Villas, dusuras et reddìtus de Lubri cutn omnibus
^ JertiHtntiis suìs ad pnposituratn spectantihui ipsi eiusque ecclesiae con-
^ finnat«; n. 480: « concedit usum mitrae et anuli quibus uti possit in
^ proc^sicnibuSf synodis et precìpuìs fesUi'itatihus **; il n. 1278 è più dif-
^Vjso, senza aggiungere nulla di più al sunto del Potthasl 5750. Anche
^^cl 1187 si poteva essere più breve, e non omettere invece la clau-
"^feola « relaxaiionc Maguntini archiep. non obstantc ». Qua e colà sì
-^^.werte anche qualche inesattezza: nel n. I359( in luogo di « colli-
quanti», andrebbe detto: « assignent corniti HoUandiae ». Così al n. 1723
vrion è chiaro che la scomunica era stata pronunciata dall'arcivescovo
^i Treviri. Al n. 1789, non si sa se sia errore del regesto o del trascrit-
f "^ore duanatu invece di ducuta : ma era facile correggerlo col raffronto
1 ^el n. 1791 e coU'cdìzione del Rodcmbcrg; dal quale pure poteva
' desumere che il mgotium « haud sane in regesto nominatum « del
; a. 821 deve concernere le trattative per il conferimento del ducato
' di Spoleto. Al n. 255 non sarebbesi dovuto trascurare Taccenno che
il nipote del re di Boemia era crociato ; e così al n. 548 quanto al
re d'Inghilterra. AI n. $94 è omessa la facoltà di imporre la croce.
Insufficiente pure il sunto n. 654; non meno del n. 670 (epistola tut-
tora inedita), nel quale si omette di ricordare il passaggio in Inghil-
terra di Luigi, figlio del re di Francia e del conte di Olanda. Lo-
devole è riferire esattamente i nomi di luogo secondo il testo dei
regestì; ma pur converrebbe, ove occorre, aggiungere la forma cor-
retta ed usuale. Parrà minuzia di critica questa, ma a che ser-
virebbe un regesto se allo studioso non è dato dì potervi attingere
coi; piena sicurezza ?
Guido Levi.
C3
I
1
NOTIZIE
n fascicolo 4° del BulUttino àeW Istituto Storico Italiano contiene :
L'organico per i lavori dell'Istituto; una comunicazione del presi
dente sopra la proposta di pubblicazione di documenti Colombiani ;
le relazioni delle regie Deputazioni e Società di storia patria sui la-
'vori pubbHcati negli anni 1886-87 J relazione del prof. V. Fiorini
sulla risumpa delle Cronache bolognesi, e del prof. F. Novati suiVEpi-
stoìario di Coluccio Salutati,
n fascicolo 5° è interamente dedicato all'inventario delle lettere
a stampa ài L, A, Muratori, per A. G. Spinelli, lavoro preparatorio
per una edizione àitW Epistolario intero, a cui da tempo si è accinto.
« Ne risulterà una ponderosa sene di volumi, nei quali si troverà la
« schietta cognizione di tutte le fatiche poderose e sapienti di questo
« padre della storia italiana e la genesi, il parallelo commento, il co-
te rollano delle opere tutte dì lui, e insieme la più diretta e schietta
«manifestazione della complessa e multiforme sua attività».
In occasione del giubileo papale gli archivi Vaticani hanno pub-
blicato : Spuimina palaeografica regestorum Romanorum Pontificum ah In-
nocentio III usque Urhanum V, collezione di 60 tavole, eseguite in elio-
tipia dall' ing. A. Martelli, e 58 pagine di testo. Ne daremo conto nel
prossimo fascicolo.
Il ^gnor Auvray à^EcoU fran^aise, mentre sta attendendo alla
comjnlazione dei regesti di Gregorio IX, ha preparato uno studio
crìtico sulle antiche Vite di questo pontefice.
Con regio decreto 18 maggio 1882, a proposta di S. E. il mini-
stro della pubblica istruzione, fu stabilito che a sarà pubblicata nella
3tó • V^ti\ie
« solenne ricorrenza del qoarto centenario ddla scc^èrtk ddrAotf-
«rica (1891)» per cara ed a spese dello Stato, ima raccolu degC
«scritd di Crittoforo Colombo, di mtti i docnmenti e di toni i no-
« nnmenti cartografici ì quali valgano ad illustrare la ^nta ed t viag9
« del sommo Navigatort, la memoria ed i tentatila dd sud piecar-
«sori e le succesd^e trasformazioni delTopera sua pel ùsao & «Itti
« navigatori italianL
« Tale raccolta dovrft essere seguita da una biUiografia degli loitii
e pubblicati in Italia sul Colombo e sulla scoperu ddT Amerà dai
« suoi primordi fino al presente ».
Ad ordinare la raccolu ed a curarne la pubbUcailoiie h isttedu
una Comndssione spedale.
PERIODICI
^-*^^ rticoli e documenti relativi alla storia di Roma)
\
^Archeografo triestino. Nuova serie, voi. XIV, fase. i*. —
SwiDA, MìscclUnca (Documenti di Pio II, estratti dagli archivi
^^oma).
^Archiv fflr Literatur- und Klrchen-Geschichte des Mittel-
^ ^— ^RTS. Voi, IV, fase. I-II. — EuRLE, Die Spiritualcn, ihr Ver-
■^*- ». tniss zura Franciscanerorden und zu den Fraticellen (Gli Spi-
ali e loro relazione con l'ordine Francescano e ì Fraticelli, con
Clonanti documenti sui Fraticelli in Roma). - Der Constantinische
%atz in der papstlìchen K;imraer des i). und 14. Jahrhunderts (Il
^oro di Costantino nella Camera pontificia del xiii e Kiv secolo).
^.^ Archivio storico dell'arte. .\nno I, fase. 3-5. — A. Venturi,
^-^ xan Cristoforo romano. - C. Ricci, Lorenzo da Viterbo. - E. Muntz,
oreficeria sotto Clemente VII. - E, De Paoli, Donazioni di Mi-
^;VieIangelo a Francesco Amatore detto Urbino e ad Antonio del
■*^ rancese suoi domestici. - N. Baldoria, Un avorio del museo Vaii-
^^no. - D. Gnoli, Il banco d'Agostino Chigi.
\
Archivio storico italiano. Serie V, tora. I, fase, i® — C. Guasti,
t^cordanze di m. Gimignano Inghirami, concernenti la storia eccle-
siastica e civile dal 1378 al 1452. — Fase. 2°. P. Villari, Nuove
questioni intomo alla storia di G. Savonarola e dei suoi tempi. —
Fase. 3". L. Zdecauer, Lavori sulla storia medievale d'Italia in Ger-
mania; 1880-87. ■ F* Tocco,J Due documenti intorno ai Beghini
d'Italia.
Archivio storico lombardo. Anno XV, fase. 2^ — L. Frati,
La contesa fra Matteo V^isconti e papa Giovanni XXII, secondo i
3^4
Periodici
documenti deirarchìvio Vaticano (pubblica l* indice del codice 3937
[antica segnatura]).
Archivio storico per le Provincie napoletane. Anno Xill,
fase. i". — N. Barome, Notizie raccolte dai registri di cancelleria
di re Ladislao di Durazr.o. - Elenco delle pergamene Fusco (N. 114,
Ep. dì Innocenzo III: 19 febbraio 1212),
Biblìothèquedel'écoledes chartes. XLIX.
archivcs d'Aragon et de Navarrc.
• L. Cadxer, Lcs
Bollettino della Commissione archeologica comunale dì
Roma. Serie IH, anno XVI, fase. 4**. — R. Lanciani, NotÌ£Ìe del
movimento edilizio della città in relazione con rarcheologia e con
Tane. - G. Gatti, Trovamenti risguardautì la topografia e la epi-
grafia urbana. — Fase. 5". C. Huelsen, Vedute delle rovine del Foro
Romano, disegnate da Martino Heemskerk. - G. Gatti e R. Lan-
ciasi, Notizie del movimento edilìzio della città in relazione con
Tarcheologia e con l'arte. - G. Gatti, Trovamenti risguardanti U
topografia e la epigrafia urbana. - C. L. Visconti, Trovamenti di
oggetti d'arte e di antichità figurata. -^ Fase. 6°' L. Cantarelli,
Intorno ad alcuni prefetti di Roma della serie Corsiniana. - E. Pe-
TERSEN, Penelope. -G. Gatti, Trovamenti risguardanti la topografia
e la epigrafia urbana.
Bollettino della Società geografica italiana. Serie III, voi. I,
fase, J-). — F. Porena, La geografia in Roma e il mappamondo
Vaticano.
Bollettino dell'Istituto di diritto romano. Anno I, fase. 1^. —
V. SciALOjA, Nuove tavolette cerate pompeiane. - I. Alibrandi,
Sopra una tavoletta cerata scoperta a Pompei il 20 settembre 1887.
- V. SciALOjA, Libello di Geminio Eutichete. - C. Ferrimi, Ad
Gai, 2, $1. - C. Padda, Sul così detto pactum de junjunuuió, -
P. Bonfante, Rts mancipi o rcs mancipii}
Giornale ligustico. Anno XV, fase. 5-6. — L. De Feis, La Bocca
delb Verità in Roma e il Tritone di Properzio. - A. N., Un max-
zetto di curiosità (contiene lettere di Celso Cittadini, del poeta pisano
Ippolito Neri e dell'abate Lorenzo Mehus, con accenni a cose ro-
mane). — Fase. 7-8. G. Rezasco, Del segno degli Ebrei.
T^eriodici
3<f5
Giornale storico della letteratura italiana. Voi. X, fase. 4**.
E. Costa» Marco Antonio Flaminio e il cardinale Alessandro
^ illese.
Journal of archaeolo^ (The araerican). Voi. Ili, n, 1-2.
E. Babelon, Rivista di numismatica greca e romana. - Recen-
^^ne deiropere: G. B. De Rossi, «De orig. bibloth. Scdis Apost. »,
^jDto Stefano Rotondo » ; E. Muntz, « La bibliothèquc du Vatican ».
Mittbeilungen dee Instituts fOr dsterreichische Geschichta-
^^CfcTSchung. Voi. IX, fase. I. — H. Bresslau, Papyrus und Perga-
^^*^cnt in der papstlichen Kanzlei bis zur Mine des xi. Jahrhundens
xll papiro e la pergamena nella Cancelleria pontificia fino alPxi secolo).
Quartalschrift (Rdmische) fflr christliche Alterthunaskunde
«nd fùr Kirchengeschichte. Anno II, fase. 2. — I. P. Kirsch,
Bcitràge zur Gcschichle der alien Pcterskìrche in Rom (Contributo
alla storia deiraniica chiesa di S. Pietro in Roma). - Pater Ger-
mano. Das Haus der hh. Man^TcrJohannes und Paulus (La casa dei
martìri Giovanni e Paolo). - D.' G. Brom, Einige Briefc von Ra-
phael Brandolinus Lippus. Zur Zcitgeschichte des Papstcs Alexan-
der VI (Lettere di R. Brandolìno Lippi. Per la storia dei tempi di
Alessandro VI). - J. P. Kirsch, Die Còmeterien des Salarìschen
Strasse in xiil Jahrhundert (I cemeteri della via Salaria ne! xiii se-
bo). - Saaerland e De Rossi, De coemeterio Prìscìllae Romae
invento in cunicularibus anno 1578. - Prof. Battifol, Das Archiv des
iechischen CoIIeg's in Rom (L'archivio del collegio greco in Roma).
f
Review (Tbe english historical). N. io. — L R. Seely, Paul
Ewald and pope Gregory ! (Paolo Ewald e papa Gregorio I). -
C. W. BoASE, Lettera di Clemente VII a Enrico VII! d'Inghilterra. -
Recensione dell'opere: W. R Skene, « On the traditìonary accounts
of the death of Alexander IH » (Sui racconci tradizionali circa la
;iorte di Alessandro III); G. Schmidt, « Pabsdìche Urkunden und
fcgesteo Ji (Documenti e regesti pontifici).
Revne des questions historiques. XXIII, fase. 86. — E. Va-
INDARD, L'histoire de Saint Bernard, critique des sources - G. Du
ItESNE DE Beaucourt, Charles VII et la pacitication de l'Église
444-1449). - Georges Dcgard, Un nouveau récit de Tattentat
'Anagni. - Pierling, Une rectification à l'article sur le mariage
"un t'sar au Vatican. - Recensioni dell'opere : J. N. Murphy, « The
Archivio della R. Società romana di $toria patria, VoU XI,
35
}66
Periodici
chair of Peter»; Allard, n Lcs dernières persécutìons du ni' siede »;
G. Chcvallier, « Hìstoire de saint Bernard »; Mandalarì, « Pietro
Vitali ed un documento inedito riguardante la storia dì Roma ». —
XXIII, fase. 87. P. Allard, Dìoclètien et les chrétiens avant l'età-
blissement de la Tetrarchie. - Recensione di L. Pastor, « Histoirc
des papes dcpuìs la (in du moyen àge » (trad. francese).
Revue historìque, XXXVII, fase. I-II. — Recensioni delTopcre:
Aem. Jullien, « De L. Cornelio Balbo maiore » ; W. Irne, «Storia dì
Roma»; F. Knoke, «La spedizione di Germanico in Germania»;
Fclten, « Papa Gregorio IX » ; W. Altmaan, « L'elezione di Alberto II
a re dei Romani », « Ludovico il Bavaro a Roma ».
Revue (Nouvelle) historìque de droit fran9ais et étranser.
XII, fase, j. — Alphosse Rivier, L* universìté de Bologne ci la
première renaissance juridique. - M. A. Esmein, Le serment prò.
missoire en droit' canonique. - Recensioni dell'opere: P. Guiraud*
«Les asscmblées provinciales daos l'Empire romain »; H. Daniel-
Lacombe, « Le droit funéraire i Rome ».
Rivista italiana di numismatica. — F. Gn*ecchi, Appunti di
numismatica romana. - A. Ancoka, Il ripostiglio di S. Zena in
Verona città. *
Rivista storica italiana. Anno V, fase. i". — A. Coen, Vcrio
Agorìo Pretestato.
Stadi e documenti di storia e diritto. Anno DC, fase. 1°.
— R. Ambrosi De M\gistris, Note ai documenti editi dall* Istituto
austriaco relativi alla storia della Campania. - S. Talamo, Le ori-
gini del cristianesimo e il pensiero stoico. - A. Parisotti, Ricerche
sull'introduzione e sullo sviluppo del culto di Iside e Serapìde in
Roma e nelle provincie dell'impero in relazione colla epigrafia. -
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de! conte Giovanni Battista Campello.
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Verwerthung (Le raccolte di lettere degli antichi papi: esame dei
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Lòwenfeld, Pflugk-Hamung, Friedberg, Dcnzinger).
PUBBLICAZIONI
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r
'Piibbltca-{wni relative alla storia di T{oma 3^9
173. Campi V. n ragioniere sotto la repubblica romana e sotto
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17$. Cesare (De). Il conclave di Leone XIII, con documenti.
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^H Hlìnarium scrìpserit. Ili Kal. novembris MDCCCLXXXVIL Dis-
^H seriazione di laurea. Pavia, Bigioni, 1887.
k
178. Claretta G. Sulla legaiione a Roma dal 1710 al 1714 del
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Genova, tip. Sordo-muti, 1887,
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f^ien, Geroìd's Sohn, 1887.
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Genoi'a^ tip. dei Sordo-muti, 1887.
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Jahre i}8o und der stiltis palatii abbreviatus. Hcrausgcgebcn von
G. Erler (Il Liber cancellariae apostoìicae delPanno ijSo e lo 5/i7«j
palatii abbrnfiaius di Teodorico da Nieheim. Pubblicato da
G. Erler), Leiplig Vat und C, 1888.
Vuhblica^ioni relatìpe alla storia di 'J{oma
185. Disegni e de^crlttìoni delle forteue e piazze d'armi, artiglierie,
armi, nionìziom da guerra, soldati, bombardieri pagati, cniUzic
scelte di cavallerìa e fanteria dello Stato ecclesiastico. (Copia dì
un codice cartaceo esìstente nella biblioteca Vaticana, presentato
a S. S. Clemente XI dal suo ministro D'Aste).
Rofna, tip, ddla Buona Stampa, 1888.
iS6^ DoRSCH E. De civitatis rotnanae apud Graecos propagatione.
Breslau, KocUr^
187» Doublet. Le^ons d*hÌ5toire ecclésiastique. 2* édition.
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Avignon, Seguin, 1887.
190. DuRUY V. Histoìre des Romaios depuis les teraps les plus
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Nouvelle édition. Paris, Lahurg, 1887.
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pero romano dalla battaglia d*Azio e dalla conquista d' Egitto fino
all'invasione dei barbari i». Leipiig, Schmiàt uni Gunthtr, 1887.
192. Faltin G. Ucber den Ursprung des zweiien punìschen Krieges
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Keu-Ruppin, Kuhn, 1887.
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Leipzig, Gustav Fock, i886,
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(La bolina Nepretereatu e le pratiche di conciliazione di Lodovico
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1)' édiiion. Angers, Lacbise, 1887.
}
\
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■al tempo della Repubblica romana). Municb, Ackermaxn.
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^' Giovanni Albini Lucano. De gestis regum Neapolìtano-
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*<:>«-
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^tudien. Btrlin, f^eiimann, 1888.
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■ Nancy, Berger^Letrault et C, 1887.
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■' tnain. Faris, imp, Nat., 1887.
L
372 T^uhbl{ca-{ioni relattue alla storia di T^ma
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1
213. Inge W. R. Society in Rome under the Cacsars (La societi^
in Roma sotto i Cesari). London, Murray, x888.^
3x4. JfNGMANK B. Disscrtationcs sclectae in historiam ccclcsiasti- -
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dalPanno 229 fino al 149). Brody, Koscnlmm, 1887.
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«capitis dirainutio»). Voi. i*. Brcsìau, Kocbntr, 1887.
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Rheims, Armand lufhvrtf 1887.
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220. Lee F. G. Regìnild Polc, cardinal archbishop of Canterbury :
an lii&torìcal sketch (Regìnaldo Polo, cardinale arcivescovo di
Canterbury. Schizzo storico). London, Nimmo,
331, Leuonnier H. Étudc historìquc sur la condition des af&aa<
chis aux trois premicrs siécles de Tempire romain.
Cattlommitr!, Brodarà et Galìois, 1887.
231. Level O. Palingcnesia iuris cìvìlis. lurisconsultorum reliquia,
quae lusiiniani digc^iis coniincniur ceteraque iurìsprudcniiac civilis
fragmcnta minora sccundom auctorei et libros. Fase. 1.
Lsipii^, Tauchnit^ 1888.
33 1. Lcttret de la relne de Navarrc au pape Paul III, publiées par
P. De Nollwc. FmaUUs, Cérf tt Jils, 1888.
T^ubblica^ioni relative alla storia di T^ma 373
I
LòweUgo. Die Stellung des Kaisers Ferdinand I zum Trienter
Konzil vom Oktobcr 1561 bis zum Mai 1562. Inauguraldìsseitation
(L*atteggiamenco dell'imperatore Ferdinando I verso il Concilio
di Trento dall'ottobre 1561 fìno al maggio 1 562. Dissertazione
inaugurale). Bonn, 1887.
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326. Makoalari M. Pietro Vitali e un documento inedito riguar-
dante la storia di Roma (sec. xv) ; studio. Roma, Bocca, 1887.
I
I' sai
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Nicolò Albergati, vescovo e cardinale. 2* edizione.
SUnaf tip. S. Bernardino, 1887.
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229. Marten's W. Heinrich IV und Gregor VII nach der Schil-
derung von Ranke's Wcltgeschiclite. Krìtische Bctrachtungen (Kn-
I rico rV e Gregorio VII secondo la esposizione fattane nella Storia
^^ universaU del Ranke. Considerazioni critiche).
^M Datt^g, ìVihtr, 1887.
IO. Maurer Marco. Papst Calixtc U. ThciI 1. Vorgcschichtc.
Inaugural-Dìssertation (Il papa Calisto II. Parte I. Introduzione
storica. Dissertazione inaugurale, pag. 82).
MUnchcn, Christian Kaiser, 1886.
231, MeiserK. UeberhistorischeDramcn der Ròraer (Sui drammi
storici de* Romani). Mùnchen, Fran^ Verìag, 1887.
Memgb R. e pREuss S.
Lexicon Caesarianum. Fase. IV.
LeipXJg, Ttuhner, 1887.
2J5. Mevs W. Zur Legation des Bischofs Hugo von Die unter
Gregor VII (La legazione di Ugo da Die sotto Gregorio VII).
Grcifsvjaìd, Scharf Vachjolgcr, 1887.
234. Monumenta Germaniae, etc. Epistolae saeculi xnx e regestis
pontificum romanorura selectae per G. H. Pertz. Edidil Carolus
Rodenberg. Tom. II. Berlin, IVeiàmann, 1887.
1)). — Epistolarum tom. I, pars I. Grcgorii I papae registnim
epìstolarum. Tom. I, pars I, !ìb, I-IV. Edidit Paulus Ewald,
Btrìin, fVtidmanu, 1887.
137« MuHLBAUER W. Thcsaurus resolutionum S. C. Concilii, quae
consentaneae ad Tridentinorum pp. decreta prodierunt usque ad
a. 1885. Mùnchen, 1887,
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Storia deirantichìssìroa città di Sutrì,
Roma, Dcsideri-FtrrtUi, 1887.
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nuovi documenti in gran parte inediti.
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Saviour Jesus Chrisc. Wrìlien originally in latin and transìated
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tina tradotte da W. B.). London, Griffith and farran, 1888.
245. Pressutti P. Regesta Honorii papae III iussu et munificentia
Leonis XIII pontifìcis ex Vaticanìs archetypis aliisquc fontibus
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246. Ramorino Felice. I commencarìi de bello civili di C. Giulio
Cesare illustrati. Torino, Lo4Scb4r, x88$.
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Welthcrrschaft (xii. und xni. Jahrhundcrt) (Storia universale,
parte 8*: Le Crociate e il dominio universale dei papi nei
secoli xii-xnr). ^^pl^S, Duncker und Humbloi, 1887.
248. R£i;re, La vie scolaire à Rome: les maltres. Ics écolaers, Ics
étudcs. Lyon, Sclmeider frères, 1887.
Vubblica\ioni relative alla storia di ^I(pma 375
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Verhàltoiss zu Epikur, Plato und dem Cbrìstcnthum (Il filosofo
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aiancsimo). Hannover, NorddeuUche yerlagsamtaU, 1887.
JSa RicwTEH W. Die Spiele der Griechea und Ròmer (1 giochi
dei Greci e dei Romani). Leipiig» Sumann, 1887.
^^* Ricuou L. Histoire de TÉgllse. )^ editioa. Paris, LctfnelUtix,
iSl' Rose D. Popular history of Rome under the kìngs, the rc-
' public, and ihe emperors, from the fundation of the city, B, C.
il JiJ, lo ihe fall of the Western Erapire A. D. 476 (Storia popo-
^ Urcdi Roma sotto i re, la repubblica, gl'imperatori, dalla fonJa-
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V London, IVard and Lock, 1887.
f ^Ì5- Rossi G. C. Alcuni cenni sopra ignote suppellettili sacre
' 'l'irgeiito e d'oro appartenute ai primissimi secoli della Chiesa.
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'W RoTHESBERG. Dic hùusliche und offentlìche Erziehung bei den
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Programma ginnasiale di Prenzlau, 1887.
^55- RoussEL N. Roma pagana; raffronti storico-religiosi tra-
"lotti da R. De Schroetcr. }• cdiz. Fir^ie, Claudiana, 1888.
^So- Su,KOwsKi C. Lehrbuch der Institutionen und Gcschichte
^ rómischen Privatrechts fùr den akademischen Gebrauch
(Manuale di Instituzioni e di Storia di diritto privato romano. Per
•^^o «cademìco). ^eìpvg, Tauchni^ 1887.
^57- Schiller H. Geschichte der rómischen Kaiserrcit. IL Bd.
(Storia deirimpero romano, voi. a"). Gotha, Perthts, 1887.
^1*^ ScHROETER (De) R. Vedi: Roussel N.
^^^ ScHucHARDT U. Romanlschcs und Kcltisches (Romani e
C«lti). BMiftj Oppenheim, 1887.
^ ScHULTZE E. De legione Romanorum XUI gemina. Disser-
^■•w Inauguralis. Kieì, Lipsitts wtd Tischtr, 1887.
**• ScHL'LTZE V. Geschichte der Untergangs des griechisch-rórai-
•^tn Heidenturas. I. Staat und Kirche im Kampfe mit dem
^«dcotum (Storia della caduta del paganesimo greco-romano.
^ Stato e Chiesa in lotta col paganesimo). Jena, CostenobU.
*
37^ Vubblìca-{ioni relative alla sto
262. Seidel e. Montesquìeu's Verdienst um (
(I meriti di Montesquieu ìn ordine alla sta
Histoire de la civiUsa
264. Seipt O. De Polybii olympiadutn rat
primo quaestiones chronologicae.
265. Serre. Études siu l'histoire marìtime.
et des RomaiDs.
266. Sforza G. Papst Nicolaus V. HeimaJ
Deutsche Ausgabe von Hugo Th. Horak ^
sua patria, la sua famiglia e la sua giov<
per U. T. H.). In
267. Specimina paUeographìca regestonim I
ab Innocentio III ad Urbanum V.
RotHtu, tx a
268. Steikhausen G. De legum XII tabù
zioae di Greifswald, 1887.
269.
Stoffel. Histoire de Jules Cesar, Va
270. Tacci C. Della fabbrica della cattedrl
archeologico-storico In omaggio a Leone
sacerdotale. Rq
Tamassia G. I ceUres,
— Bologna e le sue scuole imperiali
VArchivio giuridico, voi. XL, fase. 1-2). j
Bologna, FÌ(
, Terreno G. A. Compendio di storia n
"^ubblicajioni relative alla storia dt^oma 377
276. ToMMASiNi Oreste. Il registro degli officiali del comune dì
Roma esemplato dallo scriba del Senato Marco Guidi, (Estratto
dagli Atti dell'Accademia dei Lincei). Roma, tip. dei Lincei, 1888.
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e una lettera del sindaco di Roma. (Estratto dal giornale II Buo-
narroti, serie HI, voi. Ili, quad. II-IlI).
Roma, tip, dille Scienie matematichi e fisiche, x888.
jSt Tosti L. Prolegomeni alla storia universale della Chiesa.
Roma, tip, della Camera dei deputati, 1888.
279-
— Storia del Concilio di Costanza.
Roma, Pasquahicci, 1887.
aSo. Trincuerx T. Studi salla condizione degli schiavi in Roma.
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aSi. Vaglieri D. Le due legioni adiutrìci.
Roma, Pasqualucci, 1888.
382, ViccHi L. VìncenKO Monti, le lettere e la politica in Italia
dal 1750 al 1850 (sessennio 1794-1799). Roma, Foriani, 1887.
»8j. ViGNEAUX. Essai sur Phistoire de la Pracfectura urbis h Rome;
suite de V Auditorium du Praejectus Urbis, (Dalla Revue generale du
I droit, luglio-agosto, 1887).
I
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Julius Caesar and his batilcs with the ancient Britons. With some
! account of early British trade and enterprise (Cesare a Kent
I Racconto dello sbarco di Cesare e delle sue battaglie cogli an-
tichi Brettoni). 2' edizione. Lcnàont Stock, 1888.
^Ss. Volpini S. L*apparuracnto Borgia in Vaticano descritto ed
illustrato. Roma, tip. della Buona stampa, 1887.
a%é. Voss W. Die Verhandlungen Pìus IV mit den Icatholischen
Mìchten ùbcrdieNeubenjfungdesTridentinerConcilsimJahrei 560
bis Kum Erlass der Indictìonsbulle vom 29 Novcmbcr desselben
Jahres (Le trattative dì Pio IV colle potenze cattoliche per la
ricoovocazione del Concilio di Trento nel 1560 fino alla promul-
gazione della bolla d* indizione del 29 novembre dello stesso anno).
Leipiig, Fock, 1887.
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occumenical Council of Trent celebraied under the sovereign poa-
^.
■ _^-^_-., — _ ■_^_^-^^_^ — .
/
Gb»&i9 UL t PI)» W^ e saggi Mlh «K*te lMalk# «d «ttcMM dd
CoociUo). 2' cdisione. Iohìm, Am» «•< CXrtn^ 1888.
aSBb. WaRMunniP. Za» G^schidMe da» goarimfcni YdOntAmtf
(Per k stork del triboiut» M |«pol<> iWiMU^^ PiUgriiMia tfn-
«Miri» A SMlfM^ 1887.
28^ Wmoow W. IL The. citaoombs of Rone aad tibeìr iMtì-
aKxgr vektive to pdmitive Cluistianity (te; cefcomhe <K Roma
e le loro testìmonianse intorno al Ctistknediiio primitivo).
Pubblicazioni ricevute in dono dalla Società.
SGULMERO Pietro. Sommario di afTari d* Italia divìsa in suoi Dominij
con rentrale, speso, forze, aderenze con altri Principi. — Vtrona, tipo-
grafia Franchini, 1888, pag. 30, in-8.
SCRIPTORES ORDINIS S. IMÌNEDICTI qui 1750-1880 fueruni in Im-
perio Ausiriaco-Hungarico. — f'/Wo/'omir-, ex typis A. Holzauscn, 18H1,
pag. 600, ìn-.$.
VOGEL P. Adalbcrt. Die Benedictiner-Colonie Ncw-Engciberg in Con-
ceptìon im Staate Missouri, Nordamerìka; gegrùndet 8 Deceraber 1879.
— Briim, tip. Rudolf M. Rohrer, 1882, pag. 4, in-8.
WOLESGRUDER Dr. Còlesiin. Drei Maurlner Studien zur Imitatio, —
Btùnu, tip. dei Benedettini, 1885, p.ig. 78, in-8.
MITTENNULLER P. Rupert. Register zu dem 14 Bànden dcr crsten
sjcbcn Jflhrg.ingc (18^0-1886 inel) der Studìcii und Mitthcìlungen aus
tiem Beoedecttncr und dcm Cistercienser-Orden. — Ihùitu, tip. dei Bc-
neiiettini, 1887» pag. 64, in-8.
RINGGOLZ P. Odilo. Der licìligc Abi Odilo von Cluny in seincm Lcben
uncl \VÌrki:n. — Hrùnn, tip. dei Benedettini. 1885, pag. 126 e Lxxxii, in-8.
WICHNER P. Jacob. Eine Admontcr Todicnrotel des 15 Jahrunderts, —
Brùtin, tip. dei Benedettini, 18S4, pag. 106, in-S.
RICKENBACH (von) P. ìleinr. Ein Gang xur Wiege dcs hcil. Bencdict.
— BràHHf tip. Rudolf M. Rohrer, 1888, pag. 79, in-8.
L-A.GER (Dr.). — Die Abici Gorzc in Lothrìngen. — Brmn, tip. dei Bene-
Jcttini, 18S71 Pi^g- 9-» »"-^-
METTEN (in) P. Arabrosius. Die crste Kirchenvcrsammlung auf dcuschem
Hod^n. — Brwtn, tip. deì Benedettini, 1X83, pag. 50, in-8,
AJULLER P- Johann B. P. Manin da Fay de Lavaliaz, Bencdictincr von
^|jf-];i-Einsìcdclm (1735-1832), sein Beruf zum Kloster, scine Erlcbnisse
in Jcn Xagcn dcr franz Revolution. — Brùnn, tip. Rudolf M. Rohrer, 1880,
pai^. 2 1» >"-***
11IPKESB-*^C^ (von) P. Heinrich, Ein besuch auf dem Berge Athos. —
Brùnff» **P- ^**J^^ ^*- R«^hrcr, 1881, pag. 32, in-8.
n'e Insel SarJinlen von der Hcrrschaft dcr Ròmer. Historisch-archao-
I e\sc\'^^ Siudien. — Bninn^ tip. Rohrer^ 1882, pag. 39, in-8.
n» Ari>JMt-^L^^^ ^' '^^-'nedict. Reìche der .Aebic von St. Emmerani in
R CKcn 5 1> ***■&- — Brùnn, tip. dei Benedettini, 1883, pag. 16, in-S.
Imr» <i AT^yi I Michele. Memorie delle famiglie noccrine. Voi. I, — ìVj/c/i,
. Lanciano e D'Ordia, 1888, pag. 311, in-8.
tip* *-*"^
Presso la seJe della vSocJera si possono
stire le pubbliciizioni sociali alle condizioni se;^
archivio della Soci'ià romima di sìoria patri.
Voi. I L. il. 15 ] VoL IV L
» II » 15 )) V.
« III t, 15 t> VI
Archivio della R. Società remami di storia rh:ìria :
Voi. VII. . L. ir. 15 I VoL IX . . L. :i. i|
VII!
X, -
Si cederanno fascicoli o volumi separati della collezione,
esistano nella serie esemplari scompleti ed in ragione iìrl nnnicr
ctic ne esistc-
PCBBLICAZIOXI LIBERE :
Regesto di Far/a
Voi. II . . . . L. it. 25
» III i> 25
Diari di ^Consiiiti, .-im. :-)ai:\
Introduzione (con ritratto
rame) I.. it.
Voi. I .
L, it. I.
Regesto Stiblactìtsc ^ zi,
1) 1 1 1
Voi. unico L. it. 2) » IV . .
ISConumcHti paUo^rafici di Tipma
Fase. I L, it. 14, 90 I Fase. II. . . ,
D'imminente pubblicazione:
Facsitnili di Diplomi Imperiali e Reali ddìf CaìicelUrie d'Italia
Indice dei primi dieci vohtmi
delf Archivio della Società romana di storia patria (VoL I-^
e della R. Società rommui di st. patria (VoL VII-X).
L'unico indirizzo per chi voglia corrispondere colla R» S
romana di storia patria, 0 farie invio di lettere, plichi, libri^
pubblicazioni di qualsiasi genere, è il seguente:
^lla % Socielà romana di storia patria^
Biblioteca Vallicclliana
(Ex-convcnlo Je' Filippini) T?rf^mi1
ROMA. Forzasi E C, Tip. del Senato.
A. GABRIELLI. L'epìstole di Cola di Rienzo e repistologrifia
medievale pag.
O. TOMMASINI. 11 Diario di Stefano Infcssura. Studio prepara-
torio alia nuova edizione di esso 481
L GIORGL Storia estema del codice Vaticano del « Diumus Ro-
manorum Pontificuro » , -641
Varietà : !
C. CASTELLANI. Lettera de» Conservatori ad Alessandro VI
sul ricevimento di Carlo Vili in Roma . 691
Atti della Società • • •. ^ìì
Bibliografìa :
Alessandro Ghorardl. Nuovi ilacumenti e ttuii intorno a Giratsmo Sa-
VonaroU. Seeonda ctìirionc cmcniAta e «ccrciciu», — Pireo», Sansoni, iSSy*
la», pp. XII -400 (F. C, PtLLEORINl) TU ^
Prolegomena xum Lit>«r Dturaus I von Tb. R* VOD Sickcl virkl. ITitgUedc
dcr Kais. Alademie der Witienscbifien. Mlt clner Tafcl. [Siixungsbcrichtc der
Kais. Akademìe iler Wt»»eiischafteo in Wien. PhiloiophUcbe-Hiatorùcbe CUau.
Band CXVn.) (I G.) ^ix]
Sfpedmiat palacof^fica r«ge«ionun RomiDonun poatificum ab Innoceatlo tlt
■d Urbanum V. — Romae, a archivio Valicano, tSRR (G. L.) - , . 7^» 1
Notizie ... 7j^i
Periodici (Articoli e docunaentì relativi alla storia di Roma) 741
Pubblicazioni relative alla storia di Roma 74^
U EPISTOLE DI COLA DI RIENZO
E L'ETISTOLOG%AFIA 94EDIEVALE
L 'Istituto Storico Italiano, dietro proposta di que-
sta Società di storia patria, si prepara a pubbli-
care tra breve una completa raccolta delle lettere
di Cola di Rienzo,
Pare pertanto opportuno che, quasi parallelamente al-
rcdizione dell' Epistolario, si riassumano in un breve scritto
i resultati delle ricerche fatte intomo alle lettere di Cola
e ai manoscritti che ce le hanno tramandate.
Ma lo studio deirepistolario d'un personaggio sto-
rico come Cola di Rienzo non poteva non indurre chi
Fha tentato ad allargare lo sguardo eziandio a tutto il
iplessivo sviluppo che venne prendendo nel medio evo
la forma epistolare, cosi generalmente diffusa e cosi co-
piosamente illustrata da tutta quell.i curiosa letteratura che
è costituita dai Dictarnina e dalle Summac medievali. Pe-
rocché, nel riandare la nostra istoria letteraria e nel pas-
sarne in rassegna i generi più comunemente trattati, a
nessuno può sfuggire il fatto della speciale e simpatica
predilezione con cui gì' Italiani sempre si volsero alla
(otmù. della lettera. I numerosi trattati medievali di epi-
stolografia, dove le regole s'alternano cogli esempi, la
archivio delia R. Società romana di storia patria. Voi. XI. s6
382
C^. Gabrielli
teoria s'accoppia alla pratica, Sparsi in gran numero per
tutta r Italia, presentano alle odierne ricerche un arap
quasi affano inesplorato, dal quale potrebbe non solamente '
venir fuori un sussidio prezioso alla nostra storia civile, ma
anche discoprirsi una faccia interamente nuova della vita
del medio evo. Eppure, a questo argomento, cosi essen-
zialmente nostro, cosi schiettamente italiano, gli studi ita-
liani s' indirizzarono fino ad ora con assai mediocre op^
rositi*
Queste considerazioni mi trassero a reputare non inu-
tile che a quella parte del presente scrino, dove più spe-
cialmente si discorre dell' Epistolario di Cola, un'altra ne
andasse innanzi, che riassumesse gli studi finora intrapresi
su l'epistolografia del medio evo, e sentisse sopratuno a
questo scopo: dar modo a chi legge riunite le lettere del
tribuno di vedere quali tra gli elementi già acquisiti al-
Tanteriore coltura italiana ancora vi sopravvivano.
Lo stesso ordine naturale del nostro tèma richiede che
prima si passino rapidamente in rassegna i principali dieta-
tores italiani (della Francia s'avrà a parlare solunto per
incidens), e poscia s'esponga sinteticamente il contenuto
comune a tutti i tratuti d'epistolografia medievale.
L
Uno scritto che voglia, per così dire, coglier resscna
di quelb caraneristica forma letteraria che fu l'epistola nel
medio evo, non può prescindere dalla relazione in cui essa
trovavasi non solo colle altre parti dell' insegnamento di
quel tempo, ma con tutta la coltura generale dei secoli xt,
xn e XIII. Ora, chi a questa ponga mente, non può non
riconoscere, appena sul principio deirxi secolo, il progresso
che s'andava operando nello spirito umano, quando accanto
alla scienza divina, alla teologia, che teneva il primo posto
Intorno all'epìstole dì Cola di 7^/>«;o 383
^Oi
cir insegnamento delle scuole, cominciavano a trovar
luogo più onorevole quelle cognizioni seitipliccnicnte
umane, che, qu.tle retaggio dell'antichità latina, s'andarono
aggruppando sotto le fiimose denominazioni di Trivio e
di Quadrivio.
Tutto il sapere adunque (lasciando da un lato la teo-
logia^ e dall'altro l'aritmetica, la geometria, l'astronomìa
e la musica, che costituivano il Quadrivio) riassumevasi
allora nelle tre scienze del Trìvio : grammatica, retorica e
dialettica. Ma (e questo è il fatto più notevole) ecco che
il campo da principio assai ristretto, che queste tre disci-
pline comprendevano, viene di mano in mano allargato
per opera della scuola, la quale, pur non uscendo dalla
tradizionale divisione del Trivio, estende Ì confini del sa-
pere e v' introduce elementi nuovi.
E invero, se ci proponessimo guardare alla dialettica,
vedremmo la sua importanza penetrare grado a grado in
mai i rami del Siipere, non esclusa la slessa teologia. Già
prima del secolo xn, più che mai spiccata si manifesta
negli spiriti la tendenza airargomentazione e alla disputa:
un cambiamento quasi radicale di metodo e di termino-
logia s'opera nelle scuole : Aristotele, nuovo oracolo, vi
stabilisce illimitato il suo impero. Così Io spirito umano,
pur restando nell'ambito delle sette scienze tradizionali,
sottostanti alYalta scienza (come allora dicevasi), alla scientia
divinarnm rerum, fa un passo notevole in avanti, e getta
me le basi d^un' istruzione secolare.
Ma, anziché il cammino della dialettica, a noi importa
seguire quello delle altre due scienze a lei compagne.
Grammatica e retorica s'andavano anch'esse, quasi paral-
lelamente alla dialettica, ampliando e sviluppando, ed anzi
alcune parti d'Europa la retorica pigliava addirittura Q
■avvento su la scienza del disputare e del ragionare.
appunto avveniva in Italia ; e che v'avvenisse parri
n naturale sol che si pensi come presso di noi lo studio
j84
q4. Gabrielli
del dirino non fosse mai cessato del tutto e come glo-
riosamente l'università di Bologna stesse a capo di quel-*
r insegnamento. Ora, che allo studio del dirino and
per antichissima tradizione letteraria più specialmente le-
gato quello della retorica, è cosa che non occorre ripetere
e tanto meno dimostrare. Basti solamente notare come di
quella connessione si può trovar prova sin dal secolo x^
se si ricordi quel Sigifredo, che, quale index sacri paìntiA
in Pavia» congiungeva tra il 974 e il 1104 l'esposizione
e lo studio del diritto alla retorica (i).
In seguito, questa felice commistione degli studi lette-'
rari coi giuridici viene sempre meglio fissata dal meravi-
glioso sviluppo deir^in noiaria, che raggiunge in Bologna
il suojuassimo fiore (2). A mano a mano che il notaio
medievale dal suo umile ufficio primitivo saliva ad occu-^
pare nella vita sociale quelF importantissimo luogo a cui
potè pervenire; a mano a mano che l'azione di lui s'aa-^
dava estendendo, e mutavasi e rinvigorivasi la sua coltura;
sempre più appariva la necessità ch'ei sapesse anche di
retorica e di grammatica, e cosi queste due scienze s'an-J
davano nel medio evo ognor più avvicinando alla giuri-
sprudenza, colla quale finivan quasi per fondersi. E chi
misuri l'altezza, cui nel paese nostro arrivò da un lato la
retorica, che Boncompagno qualificava « liberalium artiufn
imperatrix et utriusque iuris alumna », e dall'altro il diritto,^,
non sa se maggiore debba ritenere la gloria venutaci dj
questo o da quella.
Sotto la denominazione di retorica vennero, com'i
noto, a collocarsi molte discipline secondarie, che ad cssxl
(r) Merkel» Appunti per la st. d^l Dir. Long. Ili, }i e }2 (trad.1
di E. Bollati), in appendice al Savigny, Si. dtl Dir. Rom. irW M, £.q
Torino, 1857,
(2) Cf. il cap. Ili del recente lavoro di Frakcesco NoVATt, ,
giovinetta di Coluccio Salutati (Saggio d'un libro sopra la vita, le]
opere, i tempi di C. S.); Torino» Loeschcr, i8ft$.
Intorno all'epistole di Cola di ^en-^o 585
in qualche guisa si ricongiungevano; ma tutte, si può dire,
furono sopraffatte dall'ari dictuthii 0 pratica dictatoria, ri-
guardata per secoli qual parto principale degli studi retorici.
Scienza non nuova certamente pel medio evo era questa
dell'epistolografia; ma fu senza dubbio portato nuovo dei
secoli XI, XII, XIII tutta la riduzione a sistema ch'essa ebbe
a subire.
5 Agli scrittori medievali riusci straordinariamente cara
la forma epistolare. Antichissima era la tradizione dellV^"-
stoìa e rimontava, si può dire, a Sidonio Apollinare. E dopo
di lui, che lunga serie di scrittori, ai quali questa parve
la forma più adatta alla sincera espressione del pensiero!
Alenino, Eginardo, Servato Lupo, Fulberto Carnotense,
Ivo Carnotense, Lanfranco, IlJcberto Cenomanense, Pietro
il Venerabile, San Bernardo, Giovanni Sarisburicnse, tutti
questi ed altri molti lasciarono lettere, che, o trattassero di
faf&ri privati, o di cose pubbliche, andavan sempre, ugual-
mente celebrate, per le mani di tutte le persone còlte di
que' secoli.
Ma questa lunga tradizione letteraria sarebbe forse
stata insufficiente a produrre cosi rigogliosa fioritura del-
Vars dictandi, se non v'avesse concorso, quale cagione
anche più diretta e immediata, il fatto che Tane dello scri-
ver lettere scaturiva da un bisogno urgente della vita so-
ciale del medio evo. L*opcra del dictaior era cercata do-
vunque e largamente retrihuita: non solo le cancellerie, e
specialmente T imperiale e la papale, sentivano ogni di più
la necessiti di dictatorcs, ma, anche tra i privati, ogni uomo
d*una certa levatura doveva aver sempre a lato i! suo scriba,
U suo clcricus Oy come dicono i tedeschi, il suo Pfaff. Poi
Vennero i comuni, e con loro quel gran numero di notai
I che dallo scriver lettere, dal redigere note ufficiali traevano
non soltanto i mezzi di sussistenza, ma gloria ed onori
insperaci. A chiunque fosse in condizione di saper com-
porre lettere sui più svariati argomenti non mancava mai
;86
0.4. Gabrielli
una posizione elevata, e sovente toccavano le più ambir»
fortune.
Di questi futuri impiegati delle varie cancellerie, semen-
zaio copioso erano sopratutto le scuole, dove Li compila-
zione d't'pistolc fu esercizio quotidiano e usuale fino di^-
tempi di Carlo Magno. É noto infatti ciò che narra la ero
naca del monaco di San Gallo (i): che, cioè, quell'im-
peratore, visitando di persona le scuole, voleva che gli si
mostrassero tutti i compili degli scolari. E che cosa, seconde
la cronaca, gli veniva sempre posto sott'occhio? Sempre :z^
epistolas et carmina.
Dinanzi a una forma letteraria cosi popolare, cosi amo —
resamente accarezzata dagli scrittori, cosi strettamente con —
nessa alla vita, come Vepistola, non poteva non afferm
più che mai viva quella tendenza, tutta propria delle meni
medievali, a ridurre ogni parte dello scibile a fomìule fisse^,
a sistematizzare quasi meccanicamente il sapere.
Alla copiosa letteratura epistolare segue cosi un'al
letteratura, più curiosa e più caratteristica, che in cena guis*^
si rifl sulla prima, e la studia, e ne trae norme e precetti^:
cominciando dalla definizione (2) dclYcpisloIa e terminand
a prefiggere ad essa le regole più minute, a enumerarti
le singole parti, a dar certi speciali metodi atti a formarla.
E non al solo insegnamento teorico limitavasi la Summa : "^
essa presentava anche formule gii beli* e fatte, esempi di 5 *
lettere adattate alle più varie circostanze della vita.
(i) Lìb. I, cap. UL
(2) Tra le infinite definizioni deirepistola che potrebbero cit^irsi, «^-*"
scelgo quella chV- forse la più antica del medio evo e che sì legge ^^3
nelP^r; dictandi d* Alberico da Monte Cassiko:
« Est (ìgitur) epistola congrua scrmonum nrdinaùo ad exprìmen
« dam inleniionem dcHegantis instituta.. Vcl alilcr epistola est oraticc:>-
« ex consitturis sibi partibus congrue ac dìstincte composita, dcle— ^^^
« gantis affcctum piene significans ».
Vedi anche la definizione di Boncompagno Fiorentino od co*
dice C, 40 (f. 13) della biblioteca Valliccllianft.
e:^
Intorno all'epistole di Cola di ^en^o 387
^'
Invece di persone e di luoghi veri, ora troviamo sem-
plicemente delle iniziali, oxn una o due N; talvolta uno o
più punti, altra volta un iaìis o tale o de tali, ecc. Perfino
certe simulate note imperiali o papali eran compilate dai
Jictiitorcs sulla base di fatti gi:\ noti, che sì utilizzavano op-
portunamente nei modelli redatti per favorire la pigrizia
dei numerosi epistolografi d'allora.
Di tutta quest'attività, scuola e notariato ci appaiono
due massimi fimori. Le Summac dictuminum venivansi
moltiplicando accanto ai formulari notarili, e Vars lUctandi
e Yars notarla si sviluppavano parallelamente, spesso in-
I centrandosi e Tuna penetrando nell'altra.
fl Sono - scrive il Novati (i) - come due correnti che,
sgorgate dalla medesima fonte, dopo aver corso per alvei
separati e discosti, si vennero poi di nuovo ravvicinando,
e finirono per occupare il medesimo letto, senza confondere
^^erò dei tutto le loro acque ».
^V II Rockinger, che dottamente ragionò dell'ijrj dktandì
^^in una sua breve e succosa memoria (2), non dubita di
ritenere che tutta quest' interessante letteratura dei Dieta-
mina, la quale accompagnò e segui lo svolgimento àzWepi-
stola medievale, sorgesse propriamente in Italia. Egli è in-
fatti con Alberico da Monte Cassino che la teoria dell'ara
dictatidi s'annunzia per la prima volta quasi completa e
assume tutri i principali caratteri che poscia le rimasero.
Alberico ci appare come un vero caposcuola. La sua Jrs
dictandi è come la guida della scienza dictatoria dei medio
IL
I
(1) Op. cit. p. 72.
(2) Die Ars dictandi in ItaVun in Sit-^imgsherichte der kòntg. hayer,
Madtmit: dcr ÌViiSimcbafictit 1861, 1, Heft. I; Monaco, 1861.
3S8
C/ì. Gabrielli
evo, e costicuisce il fondo comune a pressoché tutte le
Summae che con questo o con nome simile produsse in se-
guito l'Italia. Poche modificazioni vennero infatti recate
alle teorie d'Alberico dai dictatores che seguirono presso di
noi. E che lunga e gloriosa schiera se n'ebbe l K quanti
nomi in essa si ritrovano, notissimi anche a chi non s'oc-
cupi del nostro tòma! Noi entreremmo senz'altro a ricor-
dame almeno i più illustri, se non d occorresse prima ac-
cennare allo sviluppo che Vars dictatoria, nata in Italia e
quasi fissata da Alberico da Monte Cassino, andò prendendo
anche in Francia, dove una scuola particolare sorse e si
contrapo-^c alh tradizione italiana.
Il costituire, come abbiamo detto, Tarte epistolare la
principal parte della retorica, portò per conseguenza che
dall' Italia essa passasse in Francia nel tempo stesso che vi
trasmigrava eziandio la scienza del diritto. Ecco pertanto
apparire accanto alle Summae dei maestri italiani quelle di
maestri francesi, e fiorire già prima del secolo xiii gran nu-
mero di dictatores ultramontani, i quali esclusivamente de-
dicavansi a insegnar l'arte dello scrivere lettere, e ai loro
trattati attribuivano il miracoloso potere di far d'un analfa-
beta il più abile redattore d'epistole !
Tutti questi maestri di Francia facevan capo ad Orléans,
dove s'andò formando quasi una scuola-madre dell'arte
epistolare. Ma Orléans non era per loro un gran centro di
coltura, e nuli* altro: quella scuola divenne anche, per cosi
dire, un posto di combattimento, E la lotta ardeva special-
mente contro Tuniversità di Parigi, al cui sistema di studi
i maestri d' Orléans s'opponevano con bell'ardimento, A
Parigi infatti imperava, signora assoluta, la teologia, e la
filosofia aristotelica e la logica le tenevan bordone : a Or-
léans, per contrario, il dominio spettava alla retorica e alla
grammatica, hidc trac e gelosie e satire e dispettucci e in-
giurie tra studenti d'Orléans e di Parigi, e questi dare ai
loro emuli dei Gomeriaux, e quelli, alla lor volta, porre in
Intorno all'epistole di CoTaat^ten'^o 389
burletta la logica e chiamarla collo strano appellativo di
QniqucUquc*,, (i). Tutta insomma una guerricciola inces-
sante, pettegola, cosi bizzarramente rappresentata da quel
curioso fabìicaux ch'è La baUiiìk de stpi arls (2) dell' iro-
nico Rutebeut. Ivi il poeta ci mette innanzi la Grammatica
e la Logica, la dominatrice d'Orléans e quella di Parigi,
che si muovon guerra accanita. Ciascuna di esse forma
un'armata de* suoi vassalli : 1' esercito d' Orléans non ha
che poeti antichi e qualche prosatore contemporaneo; per
contrario, quello di Parigi conta fra i principali combat-
tenti Aristotele e Platone; ma nelPuno e nciraltro campo
l'ironico Rutebeuf non tralascia di porre qualcuno degli,
insegnanti più celebri del tempo. Quanto più s*avvicina il
giorno della battaglia, tanto più ì due eserciti si van rinvi-
gorendo: all'armata di Parigi, oltre i due simbolici com-
battenti, Trivio e Quadrivio, s'unisce anche TAlta scienza
o Teologia; ma a questa il poeta attribuisce, in cambio del-
l'armi ben affilale, una voglia matta di vino buono.
^m Madame la Haute-science
^K A Paris s'en vìm, ce me samble,
^^^^K Boìvre Ics vìns de son celìer,
^^^H Par le conseil au ctiancelier,
^^^H Ou elle avaìt mouli grani fiance,
^^^" Quar c'ert le meìllor clerc de France (?).
' Il combattimento è bizzarramente descritto nell'allegro
fablieaux., . Fra i primi che rimangono a piedi, ci si mo-
stra nientemeno che il povero Aristotele : un valoroso ma-
nipolo, composto da Persio, Vergilio, Giovenale, Omero,
,«cano ed altri poeti lo schiaccerebbe, se in suo aiuto non
i
(1) « Quiqtuìiqui, Quiqiuìikih : le cri du coq, pour designer quelque
« personnage ìmpertinent « (Rociuefort, Dictionnaire dà la lan^ue ro-
(2) K.]\JUWK\.^(liuvrts ccmpìHcs de Rutebeuf, trouvère du xiii*jrV-
(k; Paris, Duffis, tSyj, voi III.
(}) Versi 79-86.
390 C4. Gabrielli
sopravvenissero tutte le sue opere, rappresentate come al-
trettanti guerrieri. Dopo altre strane vicende, la povera Lo-
gica, stanca dal menar colpi a destra e a manca, se ne fugge
impaurita verso la cittadeUa di Montlhery, accompagnata
dall'Astronomia; ma i guerrieri della Grammatica la inse-
guono senza tregua.
Qui però il poeta ci fa assistere a un ben strano spet-
tacolo: la Retorica, anziché aiutare la Grammatica, viene
in soccorso alla Logica. E la battaglia si fa sempre più ar-
dente :
Les dames ont les langues lasses,
Logique fiert tant en sa main
Q,u*ele a xnis sa cotelé au pain.
Coutele nous fet sanz alemele,
Qui porte manche sanz cotelé
De ses braz nous fet aparance,
Lors le cors n'a point de substance.
Rhetorìque li vait aìdant.
Qui a les denìers en plaidant.
Autentique, Qode, Digeste
Li fet les chaudiaus por la teste;
Quar eie a tant d*avocatìaus
Qui de lor langues font batiaus
Por avoir l'avoir aus vilains,
Quc loz lì pais en est plains (i).
Una volta assediata nel castello dall'esercito della Gram-
matica, la Logica manda a chieder pace; ma il messo da
lei scelto all'uopo conosce tanto poco le regole del linguag-
gio e parla cosi goffamente, ch'ò rimandato senza manco
essere udito. Ma ecco air improvviso operarsi il più impre-
veduto mutamento: Astronomia, alleata di Logica, scara-
venta sugli assedìanti una terribile folgoro, che brucia le
tende, disperde le schiere e lo mette in fuga.
(i) Versi J)7-37i.
Vcrslfièrcs U cortois
S'eniiiì entre Ornen5 et Bloìs;
raesia, cortese ed altèra, non s'aggira più per la Francia,
^ Ove domina la sua rivale. Ma, conclude il poeta, le cose
'^on andran sempre cosi, e tra qualche anno la nuova gè*
'^^ro^ione fari della Grammatica il conto che deve:
Seignor lì Sì6cle$ vait par vaines:
Emprès forment vendront avaine^,
Dusqu'à XXX anz si se tendroDt,
Tant que novcles genz vendront,
Qui rccorront à la Gramaire,
Ansi com l'on soloìt faire
Q.uant fu nez Henri d'AnJeli
Qui nous tcsmoigne de par sì
Con doit le cointe clerc destruire
Qui ne set la lecon construire;
Quar en toute science est gars
Mestres qui n*encent bìen ses pars (i).
Dopo ciò, è inutile notare che anche quella parte della
Retorica, che concerneva h pnUica dictatoria, veniva appena
Coltivata alle scuole di Parigi e posponevasi alla teologia,
alla filosofia, alla dialettica.
Specialisli adunque, come diremmo oggi, deirarte epi-
stolare restavan sempre i maestri d'Orléans. Ma, pur nel
ristretto campo della sola epistolografia, alla più insigne
scuola di Francia se ne contrapone un'altra, che trova la
sua naturai sede in quella stessa Italia, dove le teorie del-
Vars dictatoria si erano fissate la prima volta, e precisa-
mente nella cancelleria papale.
La curia romana non aveva molto tardato a formarsi
un usus, uno stylus suo proprio, contrasegnato da speciali
caratteristiche. Ciò è mostrato da una serie non breve di
(i) Versi 450-461.
392 (Vi Gabrielli
attestazioni» che va dal Uber diurnus pontificum (i) (sec. vii.
fino a quella dataci dal fatto che sui primi del secolo xi
un papa dichiarava false certe lettere pervenutegli, solo pei
che - diceva - si discostavano a dìctamim e a stylo dell
curia pontificia (2).
La duplice tendenza, che da un lato metteva capo ad
Orléans e dall'altro a Roma, ci si mostra sempre più accen-
tuata pochi anni dopo» quando il battagliero Boncompagno
Fiorentino, nella prefazione del suo Liber X tabularum,
scrive cosi : « Divisi autem librum istum per tabulas, ut
« omnes quibus placebit et precipue viri scholastici, qui per
^falsam et siipersticiosam doctrittam Aurelianensium hactenus
(t hac arte abtitebantur, tanquam naufragantes ad eas recur-
«rant et formam sanctorum patrum, curie romane stylum
« in prosaico dictamine studeant imitari » (3).
Ancora: della scuola d'Orléans, quale contraposto a
quella della curia romana, trovo fatto cenno, a proposito
del cursus o tmmcruSj nel Candelabrum di Bene di Firenze,
contenuto nel codice Chigiano I, V, 174, del quale dovrò
occuparmi più innanzi (4). Appare qui pure manifesta la
ditlerenza tra la forma epistolare d'Orléans e lo styìus della
cancelleria papale. Ecco ciò che si legge nel codice Chi-
ijiatìo (e. 47 v'"): « Artificialis est illa compositio, que le-
\^ì) Li>:r Murnus f'C'ntif.cum Opera et studio Ioannis Garkeri;
Vioiira, 1702.
(^:> « Litcris ìpsis diligentcr inspectis, ìpsi rescripsimus eas
« l.uw c\ viicumiiio quoJ a stvio cancelleriae nostrae dìscrepabant,
« omn'mo t.ilsas esso » (^Innocenzo IH [i 198-1216], XIV, ep. 137).
1^0 UiMiv-»tcc.i Nazionale di Parigi, ms. lat. 8654, fol. 125 v. (Cf.
plùiniian-i il proselito scritto, p. 406 e sgg., dove discorresì di Bon-
vot^pa^Ki vii l'iroii.'o).
^j"» r ,i;iv.ììo vontcmito, ma senza nome d'autore, nel ms. 906
\,l *' S. Vi^uv^ vìe'.';,» N.i.-.ionale dì Parigi. (Cf. C Thurot, Kotias et
.\f' .;:,'» .:'. •'.■'. .*.;.''.« /-i':.' . .v ; ;r ,ì rhistoire dei doctrinrs ^rammaticàUs
.j . ••;.'».•; ..*;.•. \\\ ,\Vf;.\-> ,•.' c\tt\iits dis mss, tomo XXII, par. II; Pa-
Intorno all'epistole di Cola di T^ien^o 393
y
'pidanx orationem reddit Sed hoc aliter ab Aurelia-
** Qensìbus, aliter a Sede Apostolica observaiur. Aurelia-
« nenses enim ordinant diaiones per ymaginarios dactilos
® ^^ spondeos Nos vero secundnm auctoritatcm Romane
« curie proccdcmtis, quia stylus eius cunctls planior inve-
Il determinare i singoli punti nei quali esplicavasi questa
*^**erenza di scuola non sarebbe difficile; ma ci menerebbe
*, **^^ghe e minute analisi delle singole teorie, che troppo
*"' 'distrarrebbero dal nostro tèma. Al quale, del resto, ba-
^^^ segnalare in generale il fatto della duplice tendenza
^ elicemmo.
I*5uttosto, è curioso notare che fra i molti maestri di
P^^tolografia formati dalla scuola d'Orléans (conosciutis-
elo quello Stefano, che fu prima abate di Santa Geno-
^^ e poi vescovo di Tournai) (i), se ne contarono al-
*^i che, nonostante l'antica opposizione di scuole, anda-
*^Oj sulla fine del secolo xn, a prestar la loro opera, come
St'etari e compilatori d'epistole, alla cancelleria pontificia.
^^Sretario, per esempio, d'Alessandro III fu un Giovanni
^^rlcans (lohanites Atirelianensis), del quale ci lasciò me-
^^^^ina una lettera a lui diretta dal sopra nominato Stefano
^^covo di Tournai. In essa lo scrivente invita l'amico a
^^Tiarsene ad Orléans, dicendo che, per chi nacque a Or-
*-^^ns, il dimorare nell'estate a Roma dev'essere un vero
^^pplizio; d'altra parte, senza farsi illusioni, prevede che
^ ^rnore dello stipendio seguiterà a tenere Giovanni inchio-
is-to al lucroso ufficio suo nella curia (2). Un'altra let-
P (0 Cf. Histoire litUraire di la Frartcc, tomo IX (discorso d*AN-
Tosio Rivet: Èiat dcs httrcs cu Francc àans le Xll* siicìc).
(2) « Dilccto suo lohannl AurclUnensi, domini papae scriptori,
■ StepKanus de Sancta Gcnovefa rogat ut pctitiones suas ad etfecturn
» perduc^it. Naiis sub Aurelianensi acre et Ligeris aqua perfusis aestivo
«tempore Romae morari nihil aliud est quam mori: facìlius est aurea
cpaupertate fruì cum salute, quam perìculosam corrogare pecuniacn,
394
04, Gabrielli
tera del medesimo Stefano e' indica altri due scolari della
scuola d'Orléans, impiegati, sotto Lucio III (1181-1185),
alla cancelleria papale: Guglielmo e Roberto, Dopo aver
confessato che il dispiacere della partenza dei due giovani
epistolografi alla volta di Roma gli viene lenito dal pen-
siero del grande vantaggio ch'essi possono trame, il buon
abate di Santa Genoveffa raccomanda loro alcune peti-
zioni da lui mandate al pontefice, affinchè o egli o il suo
cancelliere ne prendano sollecitamente cognizione (i).
« quae et sollecitudine pulset animum et corpus agiiet cum labore,
ff Inde est quod ad reditum te hortarer, si tua te conccntum fortuna
o credcrem, si ad maiora, quam habcas, successus pristinos ubi prac-
« sumerem non blandirì. Interim dilectionem tuara rogo, ut petìtioncf
n nostras ad effectum perducì facias, si potueris, et maxime super
a confirmatìone cxcomunicationìs communiae Mcldensis, quoniam
« epìscopum oorum in excommunicationc sentcntiac, a bonac rac-
«t moriae lohannc Carnotensi epìscopo in prcfatam comuniam litae,
« ncglìgentem cxperti sumus et mandati apostolici contemptorem.
« Qucre, si potes, domìni papae litcras ad ipsum, ut, sicut praedictus
« Carnotcnsis episcopus excomraunicavit auctores communiae, ita
« et ipse in ecclesia sua excomunìcatos denunciet. Pro latore prae-
« scntium, familiari meo et amico nostro, tibi supplico, ut in ncgotiis
« suis quantum potueris eum iuves. Valete ». (Ma^'ij/n Stephani Tor-
MACENSis, abbatti S, Gcnovtfac Parisitmis, Urne episcopi Tornacensis, Epi-
sioìai; Parigi, 1682, Lxv. 84).
(i) « Charissimissuis Guillclmo et Roberto, domini papae scripto-
ff rìbus, fraicr Stcphanus de Sancta Genovcfa agct de negotiis serìs
M io Romana curia proraovcndis. Comune vobis commoaitorium
«f offcro, congaudeos peregre proftctis, si proftctw vestra profutum
«vobis pariier ^nnii et provutum. Utrumque vobis facile compa-
o rabant duae divini palaiiì vìrgincs, humilìus et honestas; si vcl
« alter vcl uterque vestrum altcrutram excluscrit, qulsquis illc fuerit,
« CKcludetur. SoUni pUrique AurtUantnsium aura ìnUr alitnos esse, qui
tf fuc ardenti fturanl Inter suos, Mctalla morura metior, quamvis non
« mcntiar, si de pecunia faciam mentioncm. Augeat vobis Deus gra-
vi tiam suam, ut qui iu curia sunt, gratos vos habeanc, et dos de
« vobis faciant gratulantes. Q.uasdara pctitiones nostras Hcrvco de
« Rocchis commisimus, Ecdcsìae nostrae negotia continentcs. Rogo
« vos ut per vos et araìcos vestros, quanta seduUtatc et soUccìtudìae
^^<
Intorno all'epistole dì Cola dì ^'en^o 395
Cosi anche fuori di Fnncia s' imponeva rautorità della
strtaola d'Orléans. Tanto era il prestigio di cui essa go-
d^'va, che i maestri francesi d*ars dictandi venivano indi-
srixitamente chiamati Aureìiatìemcs. Tutto il meglio che, in
fm.'^xo d'epistole, si scrivesse, specie sugli ultimi del secolo xin,
si presumeva a priori prodotto da quella scuola.
Di là era venuto il primo e più antico trattato d'epi-
'lografia che avesse avuto la Fr;incia, la nota Summa
di^r^aminis aurcìiancnsiSt composta, secondo il Rockinger,
ch».^ l'ha in buona parte pubblicata (i), circa il 11 80 d- C.
da. un anonimo insegnante d'Orléans (2)* Da allora, sempre
pi Ci. viva si va facendo l'attiviti di quell'importante centro
letterario, e, appena sei anni dopo, ecco apparire un'altra
Si^^^mrt diciaminis per ptagistrum Dùminìcannm Hispamttn,
^hi.<ij secondo la storia dei Benedettini (3), conservavasi alla
IDit>lÌoteca della cattedrale di Beauvais. E ancora un gruppo
** ^-Itri tre importanti trattati d'epistolografìa, pure usciti
*^^ Orléans, fu segnalato da Leopoldo Delisle in una sua
•^^^^e memoria su le scuole d'Orléans nei secoli xii e xni (4).
*Pc>teritis, opem et operam impcnsìatis quatinus petitiones ilLie no-
" *t«-ac a domino papa aut a domino cancellarlo et cxaudìantur be-
•* nuvole et bcncfice compleantur. Si de retributione cogitctis, pa-
^^-tus sum. loco et tempore, pracstlto mihi beneficio respondere ».
"*"^yii\N'i ToR>JAC. Ep, gii citate, lxxxv, 126.
^i) V. BriefsUlUr und Formcìhùcher des cilfUn bis vUr^èhaten Jahr^
***ii:rij, bcarbeiiet von Ludwig Rockinger in QwdUn und EròrU-
'^^*^4>t ^ur bay^ischen und deutschen GeschichU, Band IX; Monaco,
'^^3 e X864 (9S-"4).
C2) La Summa è contenuta nel ms. 109^ della biblioteca Nazio-
^^l,
ch^
di Parigi (fol. 5J-75). Il codice e del secolo xnr, ma i nomi
figurano nei modelli epistolari mostrano Topera composta prc-
^^^tnente nel tempo assegnatole dal Rockinger.
C?) Histoire litUrarU d^ la Frana, XIV (1859), 577.
C4) Lss hoUi d'OrUans au xu* at au xia" siècle ndV Annuairà-bul'
*'**« di lit SccUU de l'histoire de Franu, voi. VII (1869).
I* Summa, probabilmente incompleta, contenuta nel gi.i citato
*^*' 1093 della biblioteca Nazionale di Parigi (fol. 81-82). Tra i
396
q4. Gabrielli
Parimenti è ad Orléans che ritroviamo forse il più po-
polare, se non il più dotto, dkialor di Francia, il noto
Ponzio Provinciale, fiorito tra la prima e la seconda mcti
del secolo xiii.
Aveva dapprima, Tambizioso maestro, ammaestrati nel-
Tepistolognifin i giovani a Tolosa e a Montpellier, finché,
cresciuta la rinomanza di luì, non era pervenuto all'ago-
gnata meta d'Orléans. Documento pieno di curiosità e
d'interesse è quella specie di proclama, che, dando principio
al suo insegnamento, egli indirizzò ai dottori e agli scolari
d'Orléans. Dice in esso il nostro dictator che la retorica
gli si è presentata sotto la forma d'una giovinetta bellis-
sima e gli ha dato sette chiavi per aprire a chi ne lo ri-
chiede le sette porte della grande città che si chiama la
Pratica dello stile epistolare (^Pratica dictatoria), « Vengano
dunque a me - egli esclama - tutti coloro che vogliono in
modelli, che si rapportano quasi tutti a giovani studenti d'Orléans,
curiosissima è una letterina che due scolari scrivono ai genitori per
chieder loro un pò* piti di danaro:
« Patemitati vostre innotescat quod nos, sani et incolumes in ci-
« vitate Aurelianensi, divina dispensante misericordia, commorantes,
ff operam nostrani cum afTcctu studio totalitcr adhibemus, considc-
tf rantC5 quia dicit Cato : *' Scirc aliquid laus est, ctc. *\ Nos enim
« domum habemus bonam et pulcram, que sola domo distai a scolis
w et a foro, ci sic pedibus siccis scolas coiidie possumus introire.
ff Habemus eiiambonossocios nobiscum, hospicìo vitaque et moribus
n comcndatos; ce in hoc nimium congratulamur, notantes quia dicii
V Psalmista : " Cum sancio sanctus eris, etc, ". Unde, ne, deficiente
« materia, deficiat et efTectus, v. p. duximus deposcendam quatinus . . .
(T dcnarios nobis ad emcndum pcrchamenum, incaustum, scriptorìam
ir et alia nobis necessaria... velitis trasmittere copiose..,».
a» 5i*m«iu, contenuta nel ms. ^6^^} dell'amica biblioteca Imperiale
di Parigi, scritta nella prima meti del xni secolo da un maestro
Guido, da non confondere col nostro Guido Faba.
j* Summa, contenuta nel ras. 1S595, colla data (fol. 16) de! 1259.
È un rimaneggiamento della Summa di Ponzio Provinciale, ad uso
degli scolari d'Orléans.
Intorno alV epistole di Cola di ^ien^o 397
P*^^^ tempo diventare esperti dictaiorcs ; io ho le chiavi, e
5oa qui pronto ad usarle» (i).
Ma chi credesse che nella Francia soltanto ad Orléans, e
^^ anche altrove - sebbene con assai minore intensità di
^<^ro - si coltivasse questa geniale arte epistolare, non
**"^bbe nel vero. Maestri insigni d'epistolografia e trattati
e *) Il curioso proclama, contenuto per intero nella terza delle tre
■^^^ Summat indicate dal Delisle, merita, a parer nostro, d'essere
^^ora qui trascritto:
«"^ Untvcrsis doctoribus et scolaribus, Aurelianis studio commoran-
■^-tstis^ Poncius, magister in dictamine, salutem et audire mirabilia
^'-i* secuntur.
««Cum ego Poncius irem sollicitus per montes et planicies et
*^^>nvaUe5, inveni quandam virginem, ic amore culus fui statira nie-
^^Vallitus sauciaius: nec fuit mlrum, quoniam ipsius virginis decoro
**- Pipiti flava cesaries, auro multo spUndidìor, inherebat. Generosa
**"ontis planitics non calcata, nivc candìdior» hinc capillis erat, hinc
^■Vaperciliis circumfulgcns Mcniis nobilius faciei sic partibus
^^onforraatur, ut nec postremum medio, nec primo medium videatur
^ ^*^ aliquo decidere. Sic celerà membra, que vestis oculit, nec patent
** ^^culis mcìs, conformia predictis arbìlror vel etiam meliora. His
^gitur Poncius ego factus auonìtus, prostratus cecìdi ad pedes vir-
** Sinis, et cxtendens brachia, velud egcr ad mcdìcum, cxclamavi; " O
H *^ "Virgo preclarissima, ecce morte defiìciam in brevi tempore, nisi tua
« ^ tnisericordia me in suum recipial servitorem ". Etaittunc virgo, re-
1 *"• spicicns oculos subridcntes: *' Si quodìnvenisti, lenueris custodire ".
\ ^ Et me capii per manum dcxteram et surrexit, et ostendit michi pul-
' *cherrimam civiuiem et ìmmensam, dicens: " Cìvitatem islam nul-
^ lus ingreditur, nisi transiverit septem portas ". Et postraodum ad pri-
«mam portam venimus, et ibi fueruni saluiaiiones, benedìctiones et
e oscula sccundum gradum et distinciones personarum supcriorum,
« mediocrum et minorum ; et ibi erant scripta nomina transcuntium
■ k universa, et omnes, qui transibant per dictam portam, vnriis et di-
^ «versis vinculi? ligabantur. Et ad secundam portam accessimus, et ibi
ff erant antiqui proceres, clrcumspectì et providi, quorum erat offi-
a cium atque virtus inier homines seminare benivolentiam et nutrire,
« et futura predicare. Et ultra procedentesad tertiam portam venimus,
« et ibi erant de omni genere linguarum nuncii cxpediti et succinti
« breviter et veloces, et omnia, que in tote orbe tiebant, refcrebaat.
Archivio dcll9 R, Società romana di storia patria. Voi. XI, a?
^
398
q4. Gabrielli
di pratica dictatoria se ne trovano anche sparsi qua e li in
altri luoghi di Francia. Si ricorda, per esempio, nel 12 16,
un Dictamcn che, quantunque d'evidente provenienza fran-
cese, si veJe non compilato ad Orléans, né da uno di quella
scuola, né ad uso di quegli scolari (i). Esso è composto da
Trasmondo, abbate di Chiaravalle, e poscia, come indica
t( £1 ad qainam portam ultra processimus, et ibi erant due scale
ff longissime, quorum gradus vix posscnt per aliqucm numerari: et in
«una scala erani omnes clerici, et in alia omnes laici; in superiori
« gradu huiusmodi scale sedebat summus pontifex, et sub ilio alii
« pontilìces et prelati, per gradus debitos, usque ad ulùmum clerico-
« rum, et in gradu superiori scale alterius sedebat imperaxor, et sub
« ipso regcs et comites, at ali! gradatim descendentes usque ad ulti-
« mum laìcorum Kt ecce ad quintam ponam venimus, et ibi
V erant mulicres antìquissime, et erant tante scicntie quod de omnibus
K diccbant ncgotiis, si fìcrent vel non fìerent, quod et quale inde co-
« modum eveniret. Et ccc^ ad scxtam portam venimus, et ibi erat
« homo antiquissimus et barbarus, vcstìtus tamen vestcs vanas et de-
te coras, et ioquebatur iranscuntibus tribus linguis. Ht accessimus ad
a portam septimam, et ibi fuerunt multi lascivi iuvenes, saltantes et
o currentes vclocitcr. Et sic intravimus in cìvitaiem. In civiiate ista
« erant .xviii. palatìa hedifìcata lapidibus preciosis. et erat ordinatura
a qui et quales et quo tempore et quibus negociis deberent in quoUbet
o palacium invenirc. Et cum hec vidissem omnia, dixi prcdicie vir-
« gini: "O virgo speciosissima, die mihi nomen luum et cuius est
«ista civitas et quo nomine nuncupatur". Et ìpsa rcspondit: "Ego
« vocor Rhetorica. Ista civitas appellatur Pratica dictatoria. Et quam-
« vis soror mca Gramatìca se dicat fore in hac civitate raea prò-
(T porcionarìam, ego tamcn obtineo principatum. Et quoniam paucos
« bonos habitatores habeo, tibì claves accomodo, tali federe quod
fl .viL portas, per quas tota doctrìna epìstolarìs dictaminis tiguratur,
« aperias benigne volcntibus". Ad me veniant igitur qui esse dcsi-
« dcrant in brevi tempore optimi dictatores. Ego enim sum qui claves
« liabeo, et sum paratus quibuscumque ydoneìs aperìre. Valete », De-
LISLE, scritto citato, p. 150 e segg.
(i) È contenuto nel cod. 585 (F** Mazzarino) e nel cod. 13688
della biblioteca Nazionale di Parigi. Cf. N. Valois, De arte scrihendi
episiolas apud Gaìlicot mcdii aaì scriphrcs : Parigi, 1880.
Intorno alVepistok di Cola di 1{ien^o 399
eziarxciÌQ T esordio dell'opera su.i, notaio papale (i). Un
amico lo aveva, a quanto sembra (2), pregato di racco-
gliere ift unum corpus le lettere da lui indirizzate a ogni
specie di persone e per i più svariati negozi, ed egli cede,
Sid tifftide^ a quel desiderio, e ci dà una breve collezione di
lettere, facendola precedere da regole e di precetti su lo
stile epistolare. Quest'operetta di Trasmondo acquista una
^'^golarc importanza dal fatto che Tautore non era un pro-
"cssore che pomposamente insegnasse dalla cattedra, ma
un modesto 5fn/7rt, cui il dovere dell'ufficio obbligava a
penetrare tutti i segreti della tecnica dell'^r^ diciatidL
Delle molte altre Summae. provenienti da scuole e da
"^^citores francesi trattò con sufficiente larghezza il dottore
^^talt^ Valois (3), e noi non dobbiamo, per questa parte,
cne rimandare al suo lavoro. D'altronde, la Francia non
r'^ntrava nel nostro tèma, se non in quanto rapporta vasi
^ /apposizione esistente tra la scuola d'Orléans e lo stile
epistolare della cancelleria papale.
A.ggiungcremo soltanto Tosserv^azione che Vars dìctandi,
*^^Vxe all' infuori delle scuole laiche e delle cancellerie, visse
Ci) <t Inctpiunt introductiones magistrì Traasmundi, Apostolìce
* oedis notarli, de arie dictandi ».
(2) tt Rogdstis me multociens et vtstris michi literis suppUcastis,
* ut cedutas mcas p;iupere5 excuntcs de pera paupcrc et persoDÌs
* vaiiis prò variis ncgocìis destinatasi sive ad experientiani tantum-
^ modo ingenioU mei opposìtas, quas nec purpura senteniìarum nobi-
"litat, nec colorìsrethorici picturata loquacitas florìbus compositionU
«adornet, in unum corpus rcdigens, sarcinarem, vobisque ipsas celeri
■ «sub fcsiinaiioue transmictereni, putans in cìs altquid invenire dui-
ft cedtnis, quod vestrum pUcidum pectoris appctitum delectet, et ad
« sui lectioniim curam continuam vcstri desiderii gustum proprie di*
cctionis onata provocet et invìtei. Faveo, sed timide, petilionibus
« vestris, ne laudabilis vestri cordìs cupiditas, gustibus informata non
« placìdis, vane spci penitus expectatioae fraudetur, et prò fnimentis
clolium caplat n.
l
400
q4. Gabrielli
e fiori nei conventi e negli ordini monastici: tanto essacra
strettamente collegata a qualsiasi condizione sociale. Baste-
rebbe ricordare, su la menzione fattane dal Le-Clerc (i),
Elia de Boulhac, abbate di San Marcello nella diocesi di
Cahors, il quale compose nel 1378 un copioso formulario
di lettere dedicato ai suoi fratelli Cisterciensi e da servire
esclusivamente al loro uso: Fornmlarium valde utiìi cpistù^
larum toto ordine scrvanitim (2).
Dopo ciò, volgiamo per poco lo sguardo all' Itilii.
ITI.
Un'accurata rassegna dei più insigni cultori d'tfn iS- j
ciandi che fiorirono nel paese nostro darebbe al nostro!
studio assai maggiore estensione che non ci siamo propose.
Basteranno, quindi, intorno ai principali diciatorcs itiliiiw»
quegli accenni generali che servono, più che altro, a trac-1
ciare la linea non interrotta della nostra tradizione cp**
stolare. ^J
Dell'importanza che ha per l'epistolografia medievale It^l
produzione d'Alberico da Monte Cassino (1075-1110)^'*"
biamo già fugacemente toccato (3). Vero capo-scuola per
i dictatores posteriori, egli sta, colla sua Ars dicUtttdi (4)» 1
quasi a cavallo (ira il secolo xt e il xii, e a lui, si può dìrc,^|
fanno capo le compilazioni di tutti i maestri che seguirono. ~
Scrittore fecondo e immaginoso, di lui conosciamo anche
(i) Histoire litUrairt de la Frante au xiv« sUcU - Discoun sur f^^ì
dis Uttres, par Victor Le-Clerc; Parigi, Lévy, i86j, voL I, p- •♦^>'j
(2) De-Wisch, Bihìiothua scriptorum sacri oràinii CisUratusiS, I^J^fl
p. lOI.
(0 V. sopra, p. 387.
(4) Pubblicau in gran parte dal RocKixGER, dt QiuHm imii
ijnm^€n eU'. I Abth. pp. 1-46.
Intorno all'epistole di Cola di ^'en^o 401
due opere minori, che s'intitolano: Flores rethorici o Dieta-
minum radii e Breviarium de àiciamine. Ma degno per noi
di speciale anenzione sembrami l'esordio dell'opera sua
maggiore: a Cogimur - egli scrive - erudiendorum sedu-
ci litati de ratione dictandi quedam summatim perstringere.
«t Sed ea rogamus ne dictandi pcritus irrideat, ne emu-
« lorum lividus dens corripiat, ne ignarus artis abhonreat,
« quoniam ersi lima perfectionis non assit, non ideo tamen
« in omni parte erii inutile. Quapropter simpliciter edita
« simplices simpliciter audìant, et audita intelligant, et in-
a tellecta in cordis arcula tenaciter fingant. Et in eadcra
a arre promoti nliquos in aream de suis manipulis grafia
^■excutiendi granì adiiciant n.
^ A chi alludevano quelle aspre parole d'Alberico: «ne
tmulorum liviJus dcns corripiat»?
La risposta non è difficile, se sì ricordino i dictaiorts
e fiorirono, a lui contemporanei^ dopo il iioo.
Ora, tra questi, a nonpariardel suo scolare Giovanni
di Gaeta, poi divenuto papa col nome di Gelasio II, a non
parlare d'Alberto d'Asti, d'Aginulfo e di altri men noti,
rifulgono specialmente Alberto di Samaria e Ugo di Bo-
logna. Si sa del primo che viveva sotto il pontificato di
Pasquale II (1099-1 r 18) e che conobbe Alberico dì Monte
Cassino, giA in eti molto avanzata. Un suo scritto, del
quale una parte fa riportata dal Rockingcr, mostra essere
appunto questo Alberto uno degli emuli cui Alberico al-
ludeva. Egli infatti non si fa alcuno scrupolo di biasimare
acerbamente quelle eh' ci chiamava le nenie (juienìas) d'Al-
berico, e di condannarlo quando, per esempio, ei vuole
stabihre a qualiter per indicativura ceterosque modos et
o impersonalìa fieri decet episcolas ». Secondo l'inesorabile
critico, « tales barbaras inusitationes sapientes et nostri se-
« culi potentcs spemunt ». Deve invece tenersi di mira
soltanto la constructio di Prisciano, adottarsi \'usu$ e lo stile
jistolare di Cicerone e studiarsi Macrobio e Boezio, che
402
'e4. Gabrielli
Alberto dice d'avere, dal canto suo, cercato d'imit;
sempre che gli è stato possibile (r).
Ammiratore sincero d'Alberico è invece Ugo di B<
logna (2), il quale dice del vecchio maestro : « In cpistoli
fi scribendis . . ., non iniuria creditur ceteris excellere » 0)»i
e biasima la nuova e indisciplinata dottrina QemfrUaim 1^^
indiscipUnatae doctrinae novUalaii) d'Alberto di Samaria. "
S'andavano dunque fin da allora accendendo, fra questi
nostri gravi dictatores, quelle ire erudite, che son pai
cosi caratteristica della nostra storia letteraria ! E neaacb
in mezzo a loro venne tanto presto alzata bandiera bianca^
vedremo anzi tra breve come ai tempi dell'arguto BoQ
compagno la discordia si facesse anche più acuta. La iottJ
non era soltanto fr'a persona e persona, ma fra citti
città, fra scuola e scuola; che già quell'Alberto rapprcsefl
tava lo studio di Pavia e quell'Ugo lo studio di Bologna,
rivali ['un contro l'altro armati, e disputancisi 51 priiniW^É
nella retorica. _^
E procedendo oltre il secolo xti, c'incontriamo sui pn^*
del xin in quel Goffredo di Vinesauf che fu tra ì pi(i ^^fl
lebri insegnanti di Bologna, e, oltre una Pociria dedtcS^"
a Innocenzo III (1198-1216), scrisse xxxiArs dicidftt'^'^\
della quale tanto il prologo quanto l'epilogo son comp^^
in esametri. Ireste pndoris abiecta, egli dice:
vobis referam quo sidere vcstrum
Dicumcn lucere qucat, quo clausola possit
Lascivirc gradu, quis sit diciaminìs ortlo,
Que partes; ubi fessa suum distinctio sistat
(i) V. RocKiNGER, scritto cit. in SitiurigshfrichU dir Ah, dir 1
di Monaco, p. 134.
(2) V. le sue Kationes diclanii, pubblicate dal Rockinger* "
QucìUn und EròrUntn^cn, I Abth. pp. 47-94.
(}) V. la prefazione a un suo scritto di ars iiiiandi, deJÌC-^{J
a un giudice paladno di Ferrara (Rockinger, scritto cit. in 5i/;w
herichte dir Ah. dcr IViss. p. 125).
Intorno alVepistole di Cola di ^ien^o 403
Vel renovetur iter, que sint connubia vocum»
Et quibus auxiliis verbi redimatur egestas (i).
I contemporaneo a Goffredo, ecco prescnrarcisi raae-
^^ Bene di Firenze, del quale già ci è occorso (2) nomi-
^^'^^c il trattato: CantMahrum seti Stimma recte dictatidi, con-
^*>.uto nel codice Chigiano (del principio del secolo xiii),
l^^^nato I, V, 174, nel quale non sai se maggiore sia
^ ^tenesse storico o il paleografico. È noto come, dietro
J^*^ 'erronea induzione del Muratori, fosse questo diciator
^^^niificato con Boncompagno Fiorentino; ma l'errore del
^i^lrande storico venne subito emendato dal Tiraboschi (3),
^^Vie conosceva l'opera di Bene per averne veduto un ms.
'*~>-ella biblioteca dei Padri Domenicani di San Giovanni e
r^aolo in Venezia. Si ha poi sicura attestazione del giura-
*>iento di fedeltà, prestato da maestro Bene airuniversiti
«^ Bologna, nonché della nomina di lui a cancelliere del
"Vescovo di quclk stessa città (anno 1226). Mori non vec-
chio, e la sua perdita era amaramente deplorata da Pier
della Vigna.
Cosi comincia l'opera di Bene nel codice Chigiano,
di cui io mi sono servito per la conoscenza di questo epi-
stolografo: « Incipit Summa perfecte dictandi, a doctore,
«qui Bonum dicitur, ordinata».
II perchè dell'altro titolo di Candeìahrum d è fatto
noto dallo stesso autore (e. 42): « Presens opus Can-
« delabrura nominatur, quia populo dudum in tenebris
« ambulanti lucidissimam dictandi peritiam cognoscitur
«exhibere ».
(1) S. F. HahKj Coììeciio monumeniorum veUrum et reccntium ini*
ditorum ; BrQnsvich, 1724, voi. I, n. V. Cf. Rockikcer, scrìtto cil.
in Sit^urifishtnchU der Ak. der WUi. p. 1 34.
(2) V. sopra, p. 392.
(3) Storia della letteratura Uaìtana^vol, II, libro III, cap. v, p. 190
(ediz. di Milano, Bcttoni e Comp. 1833: Biblioteca mcidopedica ita^
liana, voi. XXII, XXIII, XXIV e XXV).
404
qA, Gabrielli
E alla fine dell'opera, in una Oratio finitiva opus iik
cidans quod processiti dichiara: « Opus inchoatum lam ad
0 finem desideratum perducitur, divina grafia largiente, in
« quo ars dictatoria continetur. Licer clara Florenria nos
« genuerit, fructum tamen scientic vel saltem alicuius bo-
ti nitatis a Bononia contrahentes, ipsam precipue, matrem
« nobitìum studiorum, debemus et voluraus scraper nu*^
ttgnifice honorare » (e. 55). H
Ma contributo anche maggiore che non desse all'epi-
stolografia del secolo xiii Bene di Firenze, portò Guido
Faba (i), come quei che sempre meglio sviluppò nella ,
Stimma la parte pratica , formata dagli innumerevo^H
esempi di lettere, dispose con più armonia il materiale. <ii
spesso, accanto ai modelli in latino, altri ne collocò in
lingua volgare. Le sue opere, tra cui sono le principili
la Stimma dktaminis e i Dictamina rethorica, ponano i ti^É
toli seguenti : Arcngae (2); Gemma pur ptirea, Stnnma il v^^^
ttttilms et vitiis e Docirina ad itwcniendaSj incipundas etfof
mandas materias et ad ta qtie circa Imiusmitdi reqtànmtur.
La Sumtna dictaminis e i Dictamina rethorica, le due
opere, cioè, che più e' interessano, trovansi nel codice 1,
IVj \q6 della biblioteca Chigiana (sec. xiii), che è for*^»
tra i parecchi manoscritti che le contengono, il più imp<^^'
tante. Precede in esso (3), com'era uso costante, la p^^
teorica {Summa dictaminis), terminata da una Epistola h^^^
commendationiSj ch'è una specie dì dedica che l'autor^i
(1) RoCKiNGER» eh. QueJkti uud EròrUrtingm eie. \. Ablh. pp.
200, e cii, scritto in Sit^ttn^sherichte dtr Ak. djr ìi^iss, p. 157.
(2) È un'assai caratteristica collezione d'esordi da prcporsi
varie lettere, secondo le piii varie circostanze. Gli esordi chi»'*^"'
vansi comunemente appunto col nome di arengae.V. cod. Chigi -^
I, IV, 106 (e. 49): « Incipiunt arengo magistrì Guidnnìs ad ^"
« laudetn et decus et decorem studentiura sub compendio annot--^^
V que tanquam prefationcs preponuntur »,
(3) Ce. 1.25.
àcì proprio lavoro ad un alto personaggio: « A Domino
" " scrive Guido Faba - factum est istud, cuius gratia summa
" ^'^'itiaus, et ad honorem, gloriam et laudem magnifici
« vin ;ic feliciter triumphantis, cuius praeconia mirificae
« bonitatis nec silere possum nec stylus invenitur sufficiens
** ^d dicendum, quoniam de ipso iam loquitur omnis terra
" ^^ onines gentes, nationes et populi magnificant sua gesta
** ^nquam militis strenuissìmi et pracclari, cuius fama lu-
* *^idissima militarem gloriam decorar et totam illuminat
*■ Piirentelam ... a. E conclude : « Accipe nunc prncsentem
^^ ^ibellum, egregie potestas, laudabili manu dcxtera, etc. ».
^F Se tra Guido e questo Aliprando Faba (i) corresse
Parentela, non sappiamo stabilire con certezza. Possiamo,
P^r contrario, affermare che il nostro Jictator vestiva l'abito
^_^*^clesiasdco, e che fors'anche, con qualche ufficio chicri-
^^^le, viveva a Bologna (2).
[ Alla Stimma dictmninis seguono nel codice Chigiano i
J^ictaminay una lunga e curiosissima serie di modelli epi-
[ siolari, dove trovano applicazioni le regole esposte dal di-
^^ (i) D*un la! podestà Ji Bologna sappiamo solamente ciò che ne è
detto nella Cronica di Bologna, pubblicata dal Muratori, Rer. ItaU
Script. XVni, 256: cr Messere Aliprando Fava fu podestà dì Bolo-
« gna. A di 4 di settembre (1229) i Bolognesi andarono a campo
« a San Cesano, e combatterono il detto castello, e Io presero. E
V tutti gli uomini che vi erano dentro furono presi in numero dì $20.
« E disfecero il castello, malgrado de* Modenesi, de' Parmigiani e
V degli Ariminesì e dì que* di Pavia, ch^crano tutti col carroccio dì
0 Parma nella campagna dì S Cesario. Dipoi Toste de' Bolognesi
«con pochi loro amici combattè co' predetti della parte di Modena
« nella detta campagna, e dall'una pane e dall'altra molti ne furono
« morti e presi. A di io di dccembrc il vescovo di Reggio e un
« frate ch'avea nome Guala fecero tregua tra i Bolognesi e ì Mo-
« dene» e co' seguaci dì cadauna delle parti per nove anni, e tutti
« i prigioni furono lasciati, e andarono alle loro città i».
(2) Infatti più d'una volta egli si nomina : « Magister Guido fi-
« delissìmus clcrìcus et devotus «, e in qualche luogo anche ag-
giunge: « Sancii Michaelìs Bononiefisis ».
V
406
tA» Gabrielli
ctator neiropcra precedente : « Incipiunt dictamina a magi-
astro Guidone composita, quae celesti quasi oracuIoeJiu
« super omni materia suavitatìs odorem exhibent literalb,
« quia de Paradisi fonte divina grada processcrunt o. Ogni
lettera, presentata come modello, ha la corrispondente r-
sposta: si trova cosi, per esempio: Ep. de filio ad pnrotki
e subito appresso: Responsiva parcntmn; Ep. de sorort d
Jraircm e Responsiva ad predictam, e cosi di seguito. Ma sul
Chigiano I, IV, lo^, che meriterebbe da solo un'ampia illu-
strazione, le proporzioni del nostro lavoro non ci consen-
tono di soffermarci più oltre.
Volgiamoci piuttosto a quello che, fra gli epistolografi
del secolo xiii, meglio incarna il tipo caratteristico del */*•
ctator, a quel bizzarro Boncompagno di Firenze, che fu, ne'
campo deir^ir^ dictaminis^ un vero innovatore (i). Profes-
sore dei pilli illustri allo studio bolognese e a Bologna co*
renato solennemente di lauro, scrisse con instancabile 1*^
conditA buon numero di opere retoriche, delle quali Tclenco
ci fu lasciato da lui stesso (2), per quanto non tutte sieoo
in quella enumerazione ricordate. È dunque colla scorta ^^
(i) TiRABOSCHi, St. dilla ìciU Hai IV, 463 ; RocKiNCtR, cit C»^*^
una Erbrt. I, 115-174, e cjt. scritto in Sit\. dir .-JA*. J^r ti^tss. p- '^'
(2) Trovasi inserito in un curioso Jialogo tra Liber e Jitctor, P .
messo al trattalo che s'intitola: Boncompagnus, ed. dal Rockino^*
Qu4ÌUfi und Erdrt. gìA cit, I, p. 1 3 j, Scrìve dunque Boncompagno:
« Libri quos prìus cdidi sunt .XI. quorum nomina hoc modo ^
«t cifico, et doctrinas, quc contineniur in ÌUis, ita distinguo: QqÌ*^^_
« nempe tabule salutationum doctrinam confcruni saluiandi. Pi^ -
<i rcgulas inìtìales exhibcre probatur. Tractatus viriuium exponì*-
« tutcs et vicia dictionis. In Notulis aureis veritas absquc mcnc^ '
« rcperitur. In libro qui dicitur Oliva privilegìorum dogma conlio^^
« Ccdru,s dat notitiam gcneralium siatutorum. Myrra docet fieri t^^
« menta. Brcviloquiura doctrinam exhibet inchoandi. In Ysagoge
« stole ìntroductorìe sunt conscriptc. Liber amìcitìc vìgìnii sex ^^
« corum genera distingult Rota Veneris laxiva et amantium ffr
e demonstrat n. Cf. Tiraboschi, Si. àtlla ìett. itàL voL 1I« lib.
cap. V, p. 187, ediz. citata.
"oncompagno medesimo che possiamo registrare le se-
guenti opere di lui :
^* Quinqm labitle salntationum, volte a disciplinare e a re-
golare la saltttatio della lettera. Ho potuto vedere queste
tabulai in un bel codice della Vallicclliana, segnato
C, 40 (i). La prima tavola dà le saltttationes da usarsi
dal papa, prima per omnes christianos (2), e poi, via via,
per rimperacore, l'imperatrice, il re di Francia, i pa-
triarchi, gli arcivescovi, i vescovi, qcc.\ la seconda, le
salutatioties di tuni questi alti personaggi al pontefice;
la terza, le saltttationes vicendevoli tra i potentati laici ;
la quarta quelle fra gli ecclesiastici di tutti i gradi ge-
rarchici ; la quinta finalmente quelle tra i laici o saccU'
larcs (3).
(i) Cod. pergam. del sec. xm, composto di ce. 205. Contleae:
^cc. ì''j^)Boncompai;tìi cpuscula; (ce. 74-138) Magistri Alani de diiersis
tjocabulorum voiationilnis; (ce. 159-140) Dò ordiru iudiciorum d'aatore
*Jiccrto;(cc. 141-205) ì tre scritti di Sant'Agostino : Enc/^ini/roM, Libcr
^ àtc£m cìjordis, Sgrmo dt iuramcitto. Alla fine dei BoncompiS^ni cpu-
<scu/a trovo, della slessa mano, questa nota: «Iste libtr est monasteri!
« Sancti Bartholomei de Trisulta Carthusicnsis ».
(2) < .... Primiter vicarius ChristJ et raagister caiholicc fidei
ff summus pontifex generaliter salutat omnes christianos in hunc mo-
«dum: Celestinus, sep.'us servorum Dei nomen recipiens, salutem
« et aposiolicam bcnedictionem ».
(j) Nuiraliro che una nuova redazione o un'amplificazione delle
Quittquc tahuìac salututionum è il Libcr X tahularum dello .ftcsso Bon-
compagno. Ivi alle cinque antiche tavoU egli ne aggiunse altre cinque,
□elle quali <r contìnebuntur omnes modi componendì epistolas, ser^
ff mones, privilegia^ orationes reihoricas et testamenta ». Nella pre-
fazione della sua nuova opera VA. medesimo si riferisce airopera
antecedente. « Presens opusculum, - egli scrive - quod in civiiate
« Regina nuper inceperam pertractare, de quo solummodo .v. saluta-
le tionum tabulas perfccerara, quìbus ad presens in civiiate Bononia
« multa superaddidi, casquc diligentiori lima corrcxi, gratis vcstrc
ff cHero unìversìtati. soci! pcramandi, cruditionem vcstram humilitcr
«deposcens, ut quod gratis datum est, gratis curetis impanirì
1
4o8
O^. Gabrielli
2' Liber qui dicitur Palma (cod, Vallic, C, 40; e. 13 f),
dove si tratta deirepìstola in generale e dei tesumenri.
3" Tractatus virUttnm, ove s'espongono i pregi dello stile
e i mi contrari (cod. Valile^ C, 40; e. 7 v°).
4* Notulae aurtm (cod. Vallic C, 40; e. 1 1 r*), che fonnano,
per confessione dello stesso Boncompagno (i), come
un'appendice al Tractatus virUitum.
5' Llber qui dicitur Oliva (^cod. Vallic C, 40; e. 17 v*^, che
tratta dei privilegi ecclesiastici.
6' Ci^drus (cod. Vallic C, 40; e 33 v**), che tratta degli sta-
tuti (2).
7' Myrra (cod. Vallic C, 40; e 35 v°), che discorre dei te-
stamenti.
8' BreviloijnÌHm(cod, Vallic C, 40; e 38 v**), che trina della
composizione degli esordì,
9' Ysagoge (cod. Vallic C, 40; e 58 r"), che toma a par-
lare della introduzione dell'epistola,
IO* Libcr amicitiae (cod. Vallic C, 46; e. 42 v**), nel qual*
TA., entrando tutt'a un tratto in piena filosofia, tratti* *
imitazione di Cicerone, dell'amicizia, distinguendo, corxr^
al solito, anche in questo tèma, la bagatella di venti ^sei
generi d'amici.
Il" Rota Vcneris, che potrebbe dirsi una specie d'ar5 ar^-**'
toria (cod. Vallic, C, 40; e. 53 r").
« Liber slquidem iste dicitur liber .x. ubularum, quia, sicut ìn \
« cepiis continebatur omnis perfectio veteris Testamenti, ili ^
a istis .X. tabulis onine complementum prosaici dictaminis cootV..^ ^
«tur». Ms. latino 8654 della Nazionale di Parigi, f. 125. Cf- ^\^
LiSLE, cit. scritto x\q\V Amtuairc-Vuìletin de ìa Soc. à^ Thisì. frany, apf^
dice VI, p. 152. ^
(1) Cod. Vallic. e. 11: « In Tradatu virtutum non diccrc a***
ft potui, que ad scientìam dictaminum pertioebanL In hìis autcm L
« tulis] proui poterò supplcbo ». - .
(2) È il solo scrino di Boncompagno pubblicato per intero *^
RocKiNGER, cit. Qudìen unti Eràri ttc. I. pp. 121- 127.
Intorno all'epistole dì Cola di ^en^o 409
A questi scritti sono da aggiungere le Arcngae^ una serie
esordi simile a quella di Guido Faba, pure contenuta nel
.^-^t^racitato codice Vallicelliano (e. 68 r**), e le dae opere che
'^ncompagao compose ultime, cioè Y Antiqua e la Novissima
^^horica, dove più s'appalesa il suo ardire d' innovatore-
Dei resto, da tutta la produzione dì Boncompagno Fio-
^ untino non potrebbe esser meglio reso il tipo del cultore
^^^^edievale di ars dictandi : grammatico e giurisperito, uomo
*iì lettere e uomo di legge, e fin qualche volta, come nel
^-ì'bro De amicitia e nella Rota Vcneris, filosofo a tempo per-
duto ! Colla stessa facilitA, onde scolasticamente distingueva
^ divideva e suddivideva le parti AgW epistola e ne dava le re-
gole e ne compilava gli esempi, l'arguto maestro, nella Sethé-
rica novissima, si faceva a ricercare stranamente e ad esporre
a suo modo Torigine del dirino, intitolandone appunto: De
origine iuris il primo libro, ed enumerando nientemeno che
quattordici ordines iuris, dei quali il primo si ritrovava in
coeliSy il secondo /;; paradiso dclìcianm, il terzo in Adamo,
e cosi via di seguito fino al decinioquarto, del quale « iniu-
«riosa et damnabilis origo fuit tempore Mahometti, qui,
« dum iumentos et asinos castodiret, se transtulit in prophe-
« tam, et quandam legem detestabilem adinvenit, quam su-
« spendit super cornua tauri viventis et ipsam insipientibus
cpopulis pracscntavit » (i).
Quale figura potrebbe, più spiccatamente che non faccia
questa dell*aIlegro derisore di Giovanni da Vicenza, deli-
neare a* nostri occhi il cerchio in cui si muovevano questi
omniscienti maestri d'epistolografia e di retorica? E chi
più genialmente di Boncompagno rappresenta il legame,
che era nell'organismo delle scuole, tra retorica e diritto ?
Come poi air ingegno di Boncompagno debba ricono-
scersi una certa autonomia, e cornea lui ripugnasse la fredda
(i) Cf. RocKWGER, scritto cit. in Sit\ung:htrichU dtr Ak. àtt ÌViss,
p. 140 e segg.
C^. Gabrielli
e scolastica imitazione, è, sembrami, specialmente dimo-
strato dair esordio della sua Palma. Ivi egli confessa con
sinceriti, fors'anche soverchia, di non ricordarsi d*aver mai
letto Cicerone, sebbene (troppa degnazione!) non l'abbia
mai del tutto sconsigliato a chi voleva studiario. Manco
male che non si dissimula il rischio di poter essere per ciò
giustamente biasimato! Infatti, egli dice, la mia audacia
non può non recar meraviglia, dal momento che Aristotele
affermò nessun'arte nuova potersi inventare naiuraliur e
senza ricorrere all'esempio di coloro che ci prccederono.
Come dunque- ei sente domandare- potè costui trovare una
r:thorica ftovissima, quando una retorica era già fino da Ci-
cerone stabihta e fissata ? Che cosa avri potuto dire di
nuovo ? Ed egli risponde, giustificandosi : « Dividere, deffi-
« nire vcl describere, dare pracccpta et seraper iubere, nihil
« aliud est quam cmitterc tonitrua et pniinam non largiri j>.
Siate più pratici! sembra ch'ei voglia dire ; e dichiara: « Re-
« thorica compilata per Tullium Ciceroneni iudicio studen-
« tium est cassata, quia tanquam famula vel ars mechanica
u latentius transcurritur et docetur».
Un tale spirito di ribellione doveva necessariamente
acuire gli sdegni degli avversari, cosicché, in moltissimi
luoghi degli scritti di Boncompagno, sempre crescenti si di-
mostrano le irose guerricciole tra i maestri d'allora. Invano
Goftedo di Vinnesauf aveva augurato:
Tabescens igitur livor marcescat in aevum
Nec pracscns corroJat opus, nec darà lìturet
DictÌ5 dieta suis, nec vcrbum verba vcncncnt (i);
la maldicenza e la calunnia continuavano a dominare era
gli uomini di lettere, e Boncorapagno, preludendo alla sua
Palma, doveva fare agli studiosi questa raccomandazione :
« Rogo illos, ad quorum manus hic liber pervenei'it, qua-
(i) Hahs, op. cit.
Intorno all'epistole di Cola di ^'en^o 411
** "^nus ipsum dare non velìnt rncis emulis, qui, rasotitulo,
* *^^e quinquc s.ilutationum tabulas non composuisse dice-
^ t>ani, et qui mea consueverunt fumigare dictamina, ut per
^* ftjmi obtenebrarioncm a multis retro temporibus compo-
** sita videantur, et sic mihi sub quodam genere meam glo-
^ »4ain auferrenc »,
Pochi, io credo, avranno mai pensato alla potente arma
'^i guerra... letteraria che questa interessantissima attesta-
zione di Boncompagno ci scopre usarsi assai facilmente nel
^^edio evo. I mezzi della diffamazione erano, come si vede,
spesso disonesti, e i detrattori punto scrupolosi ! Ed anche
altrove, annunziando il proposito d'unire in un sol corpo i
due libri Qdms e Myrra, Boncompagno cosi s'esprime :
(I Obtestor demum invidos, ut libros istos per fumum te-
« nebrare non velint, sicut quidam fecerunt de quibusdam
ff tractatibus meis , . . Coniuro per Omnipotentem furrivos
« dcpiIatorcs,ne, abrasis titulis,ipsosexcorient, sicut quidam
V raeos alios libros turpitcr excoriarunt ».
Boncompagno, che la superiorità dell* ingegno faceva
principal bersaglio alle invidie dei mediocri, segna come il
culmine delio sviluppo a cui Vars dictandi, qual'ò rappresen-
tata nelle Snmmac e nei Dictamina, arrivò nel secolo xm.
Quell'arte s'era andata intanto sempre più immedesi-
mando colla pratica notarile, elevata oramai a dignità di
scienza ufficialmente insegnata.
Troviamo, infatti, a Bologna alcuni insegnanti, specia-
listi di ars ttotaria (i), ed altri che, come Pietro Paolo
de* Boatterii (2) nel principio del secolo xiv, v'insegnavano
a un tempo ars dictandi e ars notoria.
(i) Sarti, Dì cìaris arcby^mnasii Bononiànsis profcssorihus a sacc. xi
usqtie ad xiv ; Bologna, 1769, tom. I, par. I, p. 421 e segg.
(2) Questo insigne maestro è specialmente nolo come quegli che,
mentre continuò le belle tradizioni dei dìctatorcs anteriori^ compose
anche il più celebrato commento alla famosa opera sull'arte nota-
rile di Rolandino de* Passagerii. Morì P. Paolo de' Boatterii poco
412 q4. Gabrielli
Data una cosi fatta affinità dell'ari diclandi coll'arte nota-
rile, e poiché le collezioni pratiche di modelli prodotte dall'una
finivano per servire così facilmente anche all'altra, appare
ben naturale che, fra le numerosissime collezioni di lettere
pervenute fino a noi, molte ve ne siano che non hanno pro-
pri.iinente quell* indole dottrinale e scolastica che fin qui
v'abbiamo riscontrato, che non provengono da maestri e
da insegnanti all'uopo destinati, ma scaturiscono più di-
rettamente dalla pratica della vita, dagli eventi di tutti i
giorni.
È tutto un gruppo di raccolte epistolari, aumentatosi
specialmente nella seconda metà del secolo xiit, dove, an-
ziché la grave teoria della scuola, voi ritrovate la manife-
stazione appassionata della vita pubblica, l'operosità giorna-
liera delle cancellerie, massime della papale e dell'imperiale,
la vita libera del comune; grossi e fitti zibaldoni, nei quali
gli stessi scrittori, ch'erano dal loro ufficio obbligati a com-
porre lettere in servizio ed a nome del signore o del co-
mune, andavano (a mano a mano che venivano redigen-
dole) a trascriverle e a raccoglierle insieme, perchè poi
servissero altrui d'esempio e di modello.
Ogni città libera ha il suo dictator, al quale spetta dar
forma solenne alla volontà popolare, e la cancellerìa pon-
tificia sta come a capo di questa numerosa schiera di notai,
sparsi per tutta Italia. Ma come discorrere in poche pagine
d'un soggetto cosi attraente, ma pur cosi vasto ? Basterà
ricordare di volo le lettere papali raccolte da Tommaso di
Capua, cardinale di Santa Sabina e notaio pontificio, e
scritte tutte da lui medesimo: collezione celebrata quan-
t'altra mai nei secoli xiu e xiv, e proposta come eccellente
modello di stile epistolare. Il Dictator cpistolarum (i) (cosi
dopo il [321. Cf. RocKtNGER, cit. scrìtto 'mSitiungshtTichUder jik,J4r,
tViss. pp. 150 e 151 ; Movati op. cìi. cap. HI,
(i) Pubblicato dairHAWs', op. cit. 1, v.
Iniorno all'epistole di Cola di T(ien\o 41J
Tommaso di Capua intitolò Li sua raccolta) indicato al
^^^ tempo qual tipo dello stile curiale romano (aJ nativam
Romani styìi indolem), menrr'è ancora una prova del carat-
•cre speciale ch'ebbe lo stile cancelleresco della curia pon-
^^cia^ rìe&ce anche importante per ciò: che le lettere del
pontefice finiscono per rappresentarvi il minor numero, di
f"^otitea quelle scritte in nome proprio dair.iutore... Curioso
*^*^o, e non unico tra questi epistolografi ufficiali; in cui
^^"Vente rambizìoncclla dell'uomo sopraffa la ^<rc>crd(wa ri-
^*^ezza del cancelliere! E son lettere d*ognÌ genero e d'ogni
^^sura, dove Tommaso ora avvisa ad un amico, troppo
P'^ro a rispondere, di non esser solito a ripetere due volte
'^^^a preghiera (i) ; ora invita un altro a farsi vivo in per-
'"^^^^na, e non con epistole soltanto (2); una volta annunzia
* un seccatore l' inesorabile dilazione d'un sussidio richie-
^ "^ o (3) ; un' altra volta accompagna con brevi parole il re-
^S=nlo d'un cavallo, giA appanenuto ad un prete... (4). É
*■ ^"ìsomma un vero uomo di mondo, questo dotto segretario
*^^J Gregorio IX! (5) E accanto a lui come non ricordare
(i) « Scrìpsìstis super co quod scitis; sed cur non exaudivistis
^» preces nostra» ? Non est nostri moris vile5cere in precibus iteran-
%dis w. H.VHS, op. cit. 1, 555.
(2) « Quìa solent esse, quc apprehenJuniur visibushomìnura, no-
« tiora, de stata vcsiro me aliosque nostros de curia certificare cu-
ti retis, non per epistole vcl nuncii missionem, sed per cKhlbìcionem
« presencie corporalis a. HAH>f. op. cit. I, 5 (2.
(3) « Venturus ad coHoquiumprincipis, pecuniam expetisln subsì-
« dium expensarum. Wrum, cum adhuc incerta sit suiuma, usque
(r ad reditum poterit dìiTerri peticìo, ut ex certitudine sumptuum sub-
« sidii certitudo forraetur ». Hahv, op. cit. I.
(4) « Mittìtur equus, qui et palefriduni gressus placentia et dcxta-
« rium persone statura prcseniat. Sane quod clerici crat, recepii a
(c clerico. In reliquo vero, si quid forte defuerit, adiectìo supplcat ex-
« pcrientie militaris ». Hahx, op. cit. I, 366.
(5) Fu egli probabilmente che, delegalo da Gregorio IX a trattare,
insieme con Giovanni vescovo di Sabina, la nota pace del 1230 tra
Archìvio della R. Società romana di t torta patria. Voi. XI. 3B
414
e^. Gabrielli
un'altra collezione epistolare, che circolava per tutto 11 mon ^^
còlto di quel tempo ?
Intendo la raccolta di Pier della Vigna, di questo m-^>'
simo tra i notai medievali, ch*ha in pugno la sorti non d'urta
sola città, ma d'un regno, e che tanto bene incarna ilrip*>
deirantico cancelliere, quale lo vagheggiavano gli uomini
dei secoli xni exiv. Con Tommaso di Capua, il segretario
di Federico II stette anche in corrispondenza (i), e il cor»^ —
mercio epistolare di questi due uomini, di questi due a.*"—
denti meridionali, che la politica non era riuscita a dittai —
dere, e' inspira oggi una schietta simpatia,
E dopo la collezione di Pier della Vigna, eccone ilcr"«r
tenerle dietro, e primeggiare quella di Berardo di Napoli (2)^
notalo della cancelleria papale sotto Urbano IV (i 261-126-4.)
e Clemente IV (i 265-1 268). Egualmente dotto in retori *ra
il papa e Federico II, scrìsse la famosa lettera aW\imathsimo wstro
figìio, che comincia :
(t Si Annj, discessum Tobiae fìlli sui non sustinens patienter^n^
« lacrv'mis effluebat; si, morae impaiiens, quotidie circuibat omf*-
« per quas rcditum anxic pracstolabaiur, vias, et tandem in supere^'
«r moniissedens, viso de longinquo Alio redeunte, ineicplicxbili eau«r%io
« exuliavit; quanto nunc tripudio hilarcscatMater Ecclesia, quicfili"»-*"'
« excclsum prac regibus lerrae ad se recepit redcuniemli. R--^^'
SALDI Oderici AnnaUs icdcsiaUki, anno 1250, n. x.
(i) Ecco, come saggio, una lettera brevissima, un vero W<K^^-^^'
indin7:zato dal segretario di Federico II, a nome deir ìmpcrator^^^^ '
Tommaso dì Capua :
« Equura hispanum gratanier accepimus, ab expcno probatu — ^"^
(c Quem tanto chariorem habcmus, quanto gratiora sunt muncr»
« ccrdotum m. Epistoìarum Petri de VncEis libri ri } Basilea li
libro IH, lett. xix.
(2) Cito i due testi più notevoli in cui riscontrasi il oonie Ji
rardo. Una lettera *d*Urbano IV (Pertz, Archiv, V, 449) neon
R Magister Berardus de Neapoli, subdiaconus et notarìus ao<tcr
Clemente IV, a di i*» novembre 126J, si scusa di non poter iflviJ
il suo notaio Berardo alla cone della regina di Francia. (Pomu^
n. 19407).
Intorno all'epistole Ji Cola di ^f(ien^o 415
■
^ in giurisprudenza, anch'egli trascriveva e riuniva le sue
'^tterci che, raggruppate in collezioni adattate ai bisogni
cosi delle scuole come delle cancellerie, erano alle une e
^"e altre proposte qua! modello di stile epistolare.
TI Delisle (i) indicò nella biblioteca Nazionale buon
'^Utncro di raccolte epistolari certamente a lui dovute. An-
^h'egli, come Tommaso di Capua, inseriva spesso lettere
P'"oprie tra quelle scritte in nome del papa e che forraa-
^^.rioil fondo della collezione; nei suoi Diclamina (2), una
specialmente ne va menzionata da lui diretta al re di Na-
poli. Nel ms, 761 della biblioteca di Bordeaux, illustrato
^^1 Delisle (scritt. cit.), si trovano anche altre tre lettere
^^taiposte da Berardo in nome proprio, una delle quali, in-
'''«"ìzzata a Gregorio X, felicita quel papa per la sua recente
^^^^vazione alla sedia papale. Finalmente, le Ephtolae itola-
' ^ ^^ (3)1 ^' Berardo pur esse, contengono parecchie let-
*^^e d'altri illustri personaggi di quel tempo.
Ma chi affermasse che col graduale modificarsi dello
. t^irito medievale sia quasi cessato il culto dell'i^ri diciandi
^-^ Italia, non sarebbe nel vero. Se noi estendessimo la nostra
*^pida rassegna anche ai primordi del Rinascimento, ve-
dremmo facilmente come quest'ars diciandi, avente il suo
Caposaldo nelle lettere di Cicerone e di Plinio, uscita per
*t>reve tratto dall'insegnamento, venga poi, quando gl'Ita-
liani ritornano all'adorazione dell'antichitA classica, a rien-
trarvi qual parte ragguardevole delle bumaniores literac.
Ma qui ci trattengono i lìmiti imposti allo studio
nostro.
(1) Kotices Tur cinq manuscrits dt la hihìio0}èqu£ Nationak et sur un
manuscrit t/c ìa hibliothèquc de Bordeaux conttmants dcs rccucils épistoìaira
de B^rard de Kaphs in Wotices et txtraits da mss. He. tomo XWII,
parte I ; Piirigi, 1885.
(2) Bibl. Naz. dì Parigi, mss. lat. 8581 e 14175.
(3} Bibl. Naz. di Parigi, ms. Ut. 4) 11.
41^
C^. Gabrielli
IV.
I trattnri epistolari di cui ci è occorso far cenno S ■*
qui, hanno giA dato modo di vedere come ciascuno ^^'
essi comprendesse due parti distinte: teorica l'uni, e ^
esposta in forma affatto dottrinale, ed era Yars diam^^
propriamente detta; l'altra, per contrario, tutta pratica, "^
costituita dalie formule e dai modelli epistolari, ed cf j*
quella che chiamavasi la summit. Ma, dovendo preporre *
titolo a una compilazione, si pigliava il tuno per la paT^*^
e s'usava inditferentemente l'una o Taltra delle due den
mi nazioni.
Quella duplice forma però non manca mai nelle o]
dei dictatores, e con essa i Dictatnitia costantemente si
producono, ripetendosi, copiandosi e rassomigliandosi
ni modo, che pur da un materiale assai limitato (i) n
riesce difficile trarre le teorie più generali e più largjnier^» ^
accolte. Ed è appunto questo contenuto comune ai oun:^^
rosi tr.irtati d'epistolografia medievale che, secondo Tordi:^^
dato alla nostra esposizione, ci conviene ora present-»^
nelle sue linee principali; cercando di stabilire come
tradizionale autoritA dei maestri volesse formata Tcpisio^^
quante e quali parti le prescrivesse, quali ornamenti
stile consigliasse, quali escludesse; che forma, insomrr:^
assumesse, uscendo da una scuob di retorica, una letrc^" "'_
del XII o del xm secolo.
(t) Mi corre l'obbligo dì notare che allo studio dei DictamÙLi \
a stimpa per opera specialmente del Rockinger, m'è sembrilo J<
ficicntt: pel mio lavoro, d'indole affatto generate, a^ungcrt vtl
mente il contributo che mi veniva dai citati codici : Vallicclliano C, 4
Ciuciano I, \\\ io6 e Chig. I, V. 174, i quili tuitavta non «odo
non piccola parte del materiale che può opportuoameute serrile ^'
nostro argomenta
Intorno al repistole di Cola di T^'eu\o 417
Una stabile e sicura distinzione delle parti, nelle quali
debba dividersi la lettera medievale, non si ritrova prima
J* Alberico di Monte Cassino, che fu, sembra, il primo a
enumerarle. Sui passi di lui camminarono i dictatores che
vennero poi, cosicché, tranne lievi modificazioni, la teoria
tlelle scuole rimase per questa parte tal quale qui la rias-
sumiamo.
Cinque parti, possiamo dire, doveva contenere Vepi-
itoltz : la salulalio, Yexordinm ò bencvolentiae captatioj la
narrtìtio, la petitio e la coticlusio. A queste, qualche trat-
tato aggiunge la vaìedktio e la data, che, insieme alla
saltitatio, vengon chiamate estrinseche, mentre wtrinsecbe
sono dette le altre. Ma il maggior numero dei maestri ita-
hani non riproduce una cosi fatta distinzione.
E anche da notare che qualche altra enumerazione
conae una, per esempio, che vuole le parti d{:ìl\'pistola dì-
stinte in salutaiiva, motiva, progressiva e conclusiva (i))
non è in fondo differente se non per !a variata dizione,
P -stendo sempre in essa rientrare le cinque parta più ge-
'^«^ralmente adottate.
La sahitatio ha specialmente sviluppo nelle lunghe serie
"' niodelli che se ne davano. La semplice e piana formula
classica: « Alcuinus Thcophilo salutcra »> si trova alterata e
^^"^plificata fino dal ix secolo, E già a quel tempo ci occorre
"ria salutatio come questa: « Optimo Theophilo, bis binae
evangelicae veritatis discipulo ctsanctarum quadrigae vir-
* ^^tum.fidelium quadriga amicorum, piena charitLitis nave,
^rans alpinas aquas dirigit salutem n. Con non minore ar-
(t) La parte lalutativa <t pcrsonas nominatur et dcbitum charitatis
1' *?3Lsolvit Ji; la motiva « fundamentum est persuasionis, fulcimentura
**3tcniÌonis, ìncitamenium affectìonis, causara concipiens efficacem
*^*<1 proposìtum obtìnendum j»; Li progressiva tratta il negozio prin-
^*Pa1c; la conclusiva « sicut fldclis obsietrix, fructum ab aliis clau-
' iulis generatum receptare conatur». Ms. latino 14357 della bìblio-
^ca Nazionale di Parigi, illustrato dal Vai-OIS, Op. cit. VI, 51.
4i8
qA. Gabnelli
tificiositA i dktatùres dei secoli xii e xm danno, a secouiL
della pcrsoni cui In lettera è diretta, la formula di saluta
giA belTe fatta, e, ubando talvolta anche certi prospetti e
tavole sinottiche, insegnano con quali parole si debbanc
salutare i vescovi, gli abbati, gli studenti e ogni sona tì
persone (i), sempre tenendo fisse le due grandi caiegori"
in cui dividevasi la società medievale: ìaici ed rccUsiastic^
e ciascuna di queste due grandi classi distinguendo neitr« — ■*
gradi: suprcmns, nudins, infimus,
A queste formalità della saìuìniio si stava rigorosamcnl
attaccati, e i maestri davano ad esse un.i singolare inipi
tanza. D'altra parte insegnavano che, a differenza di qualcl^
altra parte icWc pi stola, che potevasi omettere, h salutata '^
era d'obbligo, qualunque fosse il tèma della lettera.
L'esordio (cxordinm') era detto anche proctmum o p^^\
verbitim, e tale denominazione venivagli dall'essere, secoix
il consiglio dei dictaiortSy generalmente formato da una 5<
tenza o da un motto tolto ora dai pochi scrittori class
studiati, or dalla Bibbia e ora dagli scrittori sacri più f^
voriti.
Di questa parte tuttavia l'epistola poteva anche mx *^
care: non era, a ogni modo, necessario aver sempre a-l^'
mano il motto o proverhlum (2) con cui aprire la Icttcr" -*
(i) Sebbene gii riportate dal Vaiois (op. cit. p. 56)» ci pi;
trascrivere ancora, a modo di sag^o, le se^jucnii formule di itsluU
che si trovAno nei manoscritti, appartenenti al dictator Transtnon
da noi già sopra citati (p. 598), Dice adunque quello scrittore c*»^'
scrivendosi alle sante vergini, cosi devesi salutare: 0 Virginità •**
«sacris talis cenobii, talis persona, salutem et veniente spoos" t^^"
« bere succensas lampadas oleo sanctitatis ». E scrivendosi i stuJcrv
« Salutem et facundiam consequi tullianam », oppure : « In sicris
« nonibus gratiam promererì »; od anche: «lustinianum iuris p'
cdentìa imitarì u. E ad un usuraio: «salutem et de lucro capri'
«et crastìno cogitare», oppure: n tantìs abundarc succcssibui* *^
« universitas invìdeat vicinorum ».
(a) «SI dictator non habet proverbium ad manum id '**
r V-en
Intorno aìPepisioIe dì Cola di ^{ìen^o 419
aerano, del resto, a risparmiar la fatica delle ricerche,
'"fighe serie di proverbia glA raccolti e raggruppati dai
°iiiestri per uso degli scriventi ; troviamo, per esempio, nei
^'ciamirta : Proverbia Saìonionis, Proverbia de libro Eccksia-
^^^n^ Provcrbuì de libro lesti, Proverbia Senece, Proverbia de
'^fis decretalium snrnpta.
Per i casi in cui non si volesse esordire con un motto
^ con una sentenza mi nota, s'han moltissime altre serie
^ «•-vt^Jji/ gii formati dai maestri e adattati alle più varie
^^^cosunze.
Ed uno li dispone per ordine alfaberico, secondo, cioè,
^ iniziale della prima parola, e ne presenta dieci per ogni
^^ttera; un altro li ordina secondo il verbo che v'c adope-
^^to, e cosi via, Arengae son chiamati questi esordi da Guido
^aba (j) e da Boncompagno Fiorentino (2), che entrambi
^>€ danno serie abbondanti e interessantissime.
Su la narratio mi par curioso notare questo ben strano
F>recerto, quasi costantemente ripetuto dai maestri : - Si
^ee narrar sempre qualche cosa, anche quando nulla real-
rnente vi sia da narrare. - La cosa, però, non è diificile a
spiegarsi; essi avevano appreso da Cicerone essere la nar-
'^atio una parte essenziale dell'orazione, e ciò che a propo-
sito di questa insegnò Marco Tullio, avevano, senz'altro,
«steso anche alV epistola, genere pur tanto diverso di scrittura !
Anche la narratio doveva sempre cominciare con talune
espressioni fisse e immutabili, le quali sono, si può dire,
riassunte tutte da una spede di prospeno compilato da
Ponzio Provinciale e stampato opportunamente dal \'a-
« quod ìntendit captet benevolcntiam auditoris »* (Biblioteca Nazìo-
aale dì Parigi, ras. latino 994. Cf. Valois, op. cit. VII. 59). Di qui
sMntende facilmente come l'esordio venisse assai comunemente chia-
mato dal maestri : hencvolcntiac captatio.
(i) Cod. Chigiano I, IV, 106, e. 48 v*. V. sopra, p. 404 del pre-
sente scritto.
(2) Vedi sopra, p. 409 del presente scritto.
420
q£ Gabrielli
k>is (i). Lo scnctore comindava, per esempio: « losmua — -
tione praeseatium discredoni vestrae clareat v^ieraadae^
quod », e qui seguiva Peqiosìzione dei fàtd.
La petòhen Tunica parte, che, secondo gli stesa ékta-
tores, non poteva disciplinarsi con regole fisse.
La conclusio finalmente veniva cod ^finìu: « Con-
« dusio est estrema dausula epistdarìs eloquii, que sermo-
« nem terminat materiamque consummat, in qua maxime
« curandum est ut, que superius dieta sunt, digna et recepta-
« Ulia comprobentur, et quedam abreviato cdm^dio rea*
«piente animo profiindius infigantur».
Dopo la distinzione delle dnque parti, i trattati epkto-
lari indicano gli ornamenti di stile (ornamenta^ onde k let-
tera va abbellita.
Abbiamo gii accennato come per designare il num^rus,
di cui parla Cicerone nell'Oro^or, s'usava dalle Aries SoA"
(i) Op, ctL p. 63. Lo riportiamo qai integralmente:
pnuMBtivm
pneMndt pagliiu
Rcwntione
liuituniodi paglnalae
Dccuntionc
ittins cednUe
Ifuiouarìone
huÌQsmodt petitorit
DcmoBStrfttìone
•cripti buiut
SlgmficAlione
praeseotlum HterAniin
ladicatlone
ìitius icrìpti
Tenore
Kripturae ìstìui
Apertione
iitorum apicum
Norificatione
praesentium
Enucleatìooc
ìsta Ittteratorìa
praescnti» pagioulae
dOflUMUtlOIU
diaer«ttoai
nobiUtitt
■tnauitsd
paterBitati
tioceritati
probitati
sanctìtati
honestati
Tcatrae
vd
tuae
benignitati
religioni
caritati
pietati
mansuetudÌDi
societati
dilectioni
cUnat
pateat
liqueat
appareac
claroni fiat
dcclaretur
manifeatetur
insinuetur
significetur
norificetnr
faoooraadat
metnendae
peramandae
excelleoti
praeccllenti
divulgatae
apertissimae
generosae
provni^tae
ttominaue
Intorno all'epistole di Cola di "^eìf^o 421
^^^trzsm la parola cursus (i), e quelle regole d'armonia con-
^'SliiUe da Cicerone airarte oratoria e volte a governare
^ cadenze del discorso forqnsc, applicavano anche al ge-
^'^r^ epistolare. Sembra che in ciò i primi maestri d'Or-
^^ns fossero molto parchi, e del numerus facessero conto
^* > ma senza regole troppo rigide, e solo badando, ad
*^*"^cchio, a certa musicalit;\ del periodo. L'esempio del-
* esagerazione venne ai Francesi dalF Italia, e specialmente,
*^ri dai primi del secolo xii, dai notai pontifici, i quali an-
*^^Tono formulando regole d'ogni genere, massime intorno
^"1 suoni onde dovevano finire gl'incisi (2). Gi;\ d'un tale
'^xnificioso ornamento abusavano i notai d'Onorio II (1 124-
* 154); ma negli anni che seguirono, venuto in moda il
cosi detto stile gregoriano, al cursus s'attribuì un'impor-
tanza addirittura soverchia dalle cancellerie d'Eugenio III
^1145-1153), d'Anastasio IV (1153-1154) e d'Adriano IV
(1154-1157). Invece, fuori d' esse, gli scrittori non si la-
sciarono, sembra, pigliar troppo la mano dal nuovo arti-
Ificio, e rimasero più strettamente fedeli allo stile di Cice-
rone, « stylo videlicet Tulliano, in quo non esset observanda
(i) « Apposìtio, que dicitur esse artificiosa dictionum structura,
«ideo a quibusdam cursus voaiur, quia, cum artificiose dictiones lo-
« cantur, currcrc sonitu dclectabill per aures videntur cum bcnepla-
' «cito audiiorum ». Boscompagno, ms. 8654 della Nazionale dì Pa-
ri^ Cf. cit. Notices et nxtraits des mss. ite. XXII, parte II, 1868;
cit. lavoro di C. Thurot.
(2) « Pcdes autem, secundum cursum Romane curie, talilcr ordi-
« nabis. Dcbes enim incipcre tuam cUusulam ab uno spondeo et di-
u midio, vel a pluribus, a dactylo nunquara, nisi sunt conlunctiones,
n Ut: idio, imitar. Punctum vero facies vcl super duos spondeos,
«dactylo precedente, ut hic: latortm prisintium mino vobis, aut super
« dactylum, ut hic : noscat vcstra discrtiio presotti pagina. Finis epi-
tf stole fit quatuor modis, aut super duos spondeos, aut super ires,
«aut super trcs et dimidium. aut super quatuor ». Ponzio Pro-
vociale, Sitmma dictaminiStms. 865} della Nazionale di Parigi, f. 6 v",
descritto nelle cit. Koticcs et extraits dts tnss. ctc. XXII, parte li, p. 38-
^feuJfc' *^^
0£ Gabrielli
a pedum cadetitia, set dictionum et scfltentiamni colo- ^
a ratio i> (i).
^ Lo stile gregoriano adunque mostravasi, nel cursus, più*^
nnificioso, secondo le attestazioni che ci vengono dalla-^
cancellerìa pontificia. Molti scrittori però, seguivano la tra- -
dizione della scuola d'Oriéans: più spigliata semplidti,
meno bavagli di dattili e di spondei» e solo quella garbau
coloratio dicHonum et smtmiiarum^ che Giovanni Anglico
raccomandava. Tuttavia, a cotesta forma ]nù libera e franca
s'opponeva, tra gli altìi. Maestro Bene dì Firenze in un
luogo notevole da noi gii citato (a), schierandosi coi se-
gretari papali contro 1 maestri d'Orléans. I quali - se s*ha
a credere a Boncompagno - non giKU'davan troppo pel sot-
tile alle brevi e alle lunghe, e poco lusingavano l'oiecchio
delicato di coloro, che rimanevano più attaccati ai precetti
della cancelleria pontificia.
Un'infinità d'altre regole, attinte da Cicerone, da Quin-
tiliano, da Isidoro di Siviglia, s'aggiungono a governare
lo stile nelle Artes dktandi; ma tutte non sono meno appli-
cabili ^epistola che a qualsiasi altro genere di scrittura. Si
può dunque senza danno lasciare questa parte, e citare
piuttosto qualche norma dittatoria che si riconosca essere
im portato nuovo della coltura medievale, e non una ne-
cessaria conseguenza dell'antica tradizione classica.
Ma, una volta messi per questa via, quante sottigliezze,
quanti bizzarri artifici, quante vane distinzioni e suddistin-
zioni non dovremmo faticosamente seguire! Eppure, tali
regole, al tutto meccaniche ed esteriori, che potente aiuto
ci prestano a scoprire i diversi atteggiamenti che pren-
deva il pensiero degli uomini del medio evo!
(i) Poetria magislri Iohannis Anglici tf^ arU prosayca, metrica et
rithmica, pubblicata in gran parte dal Rockinger, cìt, QuelUn und
EròrUrungen etc. I Abth. pp. 485-512.
(2) V. sopra, pp, 392, 393.
Intorno all^epistole di Cola di T{ien^o 423
i
Dicevano, per esempio, che il vocativo non doveva
P<^i"si mai in principio d'una data sentenza, ma in mezzo
^*J- in fine. Invece il nominativo, se trovavasi in una fnisc
**^sicme con casi obliqui, doveva a questi posporsi; e ciò per
^^'-iscire all'opposto di quel che avveniva nella declinazione,
'^«^'se il nominativo si preponeva. Se poi occorrevano più
*^^3.si obliqui, dovevano sempre collocarsi nello stess'ordine
*^^^ d'essi segui vansi nella decIina:iione; cosi, per esempio:
^ Trium puerorum (gen.) laudibus (dar.) hymnum debitum
v**-cc.) voce consona (abl.) pcrsolvamus ».
Fra tutti i casi, il genitivo riscuoteva le maggiori e piò
^I>iccate simpatie. A moltiplicare quanto più potcvasi le
c>crc;isionl d'usarlo, i dìctatorcs consigliavano di mutare il
'Nominativo in genitivo, sostituendo al nome, che dal primo
*^3so erasi trasportato al secondo, un altro nome. Cosi, per
esempio, invece che: « Vestra agnoscat probitas », meglio
^t scriveva: « V' estrae prohitatis agnoscat discretio ». E
^Xitto ciò per dire: Sappiate!
Discorrevano poi a lungo del luogo ove fosse da porre
*■! verbo, prevedendo tutte (e possibili combinazioni.
S'usassero, insegnavano, più parole che fosse possibile,
ad esprimere il proprio pensiero; cosicché l'abbondar nei
vocaboli superllui non solo era lecito, ma costituiva un
peculi;ir pregio dello stile. Non si risparmiassero avverbi,
dove e quando potevasi, e di preferenza s'usassero: qnidcm,
Ctjuuhm, sane, profecto, quippc, sciUccij videlicet e inique, e
non soltanto se efficaci o necessari, ma « sola omatus et
« bonae sonoritatis causa ». Insoinma, Vcpisioìa, massime
se composta a particolare graviti, tanto più era pregevole,
quanto più riuscisse ornata et prolixa, scritta con enfasi,
ripiena di metafore e di traslari... E a raggiungere questa
pretesa perfezione, le Artes dictainhmm davano giA prepa-
rati i mezzi.
-Questi, a ogni modo, non sono che accenni; il copioso
materiale esplorato si presterebbe a uno spoglio paziente,
424
C/f. Gabrielli
lungo, minuzioso, del quale il poco ch'ahbiam detto co-
stituirebbe appena una piccolissima parte. Quel poco è ti
tavia sufficiente a disegnare le caratteristiche generali A
Vars dictandi
Dopo ciò, se, rifacendoci presente quanto s*è venuto
notando sui dictatores e sull'opera loro, ci volgiamo per
poco - nella seconda tnetA del secolo xiv - al modesto
scriba di Roma, che ne divenne poi il supremo signore, c^
attirò sopra di sé gli sguardi di tutt* Italia, occorre spon
tanea la domanda: Fino a qual punto quest'abbonJ;
letterauira degli epistolografi, perfezionata, più che ali
nelle scuole medievali di retorica, potrà rispecchiarsi
lettera appassionata di uno che, come Cola di Rienro. ir
fu certo, nel senso dato fin qui alla parola, un episrolo*
grafo? Vero è che negli anni giovanili Cola esercitò^
professione di notaio: ma che cosa rimase dell'anrico t*'
bellione nel novello tribuno del popolo romano?
Studiare con cosifatti intendimenti le lettere di Cola ^
Rienzo è coglierne l'aspetto più singolare e più curioso 5
un tale aspetto non può essere del tutto trascurato da et
come noi, si prepari a discorrere dell' Epistolario di Co-
spoii-
1
1
Cola di Rienzo è tal figura storica, che non può no
attrarre potentemente chi si faccia a studiarla, Ogginv
non è più soltanto fra gli artisti e i romanzieri che ccrt^
periodi storici, certi episodi, certi antichi nomi trovano,
preferenza di altri, simpatie più vive. Anche la rigida ri-'
cerca obbiettiva si volge con maggiore intelletto d*amorc''
a quelle figure del passato, le quali si possano in ogni loro
lato studiare sotto punri di vista cosi ditì^erenti e molte-
plici, che, accanto al ricercatore erudito, lavorino ancj
nch&
I *^Sauno per la parte sua, il filosofo, lo storico, il poli-
I ^^o, lo psicologo.
I Tale è, sembraci, il caso di Cola di Rienzo, intorno al
' 9u^e gli -studi moderni hanno ancora tutto un lungo lavoro
^*i compiere. Perocché - è bene notarlo subito - ciò che si
' ^^risse di lui nei tempi andati è, per universale giudizio,
*^^ii povera cosa, e si p;iò ormai riassumere in poche
Parole.
Il maggior nucleo di notizie su Cola pervenne ai vecchi
I ^xnjditi italiani della nota fifa dell'Anonimo, riprodotta in
'^Ti grandissimo numero di manoscritti (i), e, oltre che
^al Muratori (2), stampata più volte anche a parte (3).
-^d essa sono poi da aggiungere le Istorie pistoiesi (Mura-
tori, Rer, liaì. Set, XI), la Cronaca di Giovanni Villani, il
€Zhronicon Estense (Muratori, Rer, ItaL Scr, XV, 4 18), il Chrc-
-^coft Muùncnse (Muratori, Rer, hai, Scr, XV, 108) e pochi
altri scrittori che toccano per incidenza della storia di Cola.
Ancora: alla storia, per quanto grossamente narrata,
del tribuno servirono alcuni annalisti ecclesiastici, come il
Bzovio (4), il Rainaldo (5), THocsemio. Quest'ultimo anzi
- come notò già il Papencordi - ci ha pure tramandate
alcune lettere di Cola.
Cosi andò formandosi il fondo delle notìzie per i bio-
grafi che vennero poi ; ma bisogna pur riconoscere che
(i) Solamente alla biblioteca Vaticana, una fugace esploraxione
dame compiuta m'ha segnalato otto manoscritti della l'ita: <f Ot-
tobon.1511 »; « Oltobon. 2568»; « Ottobon. 2615 n; « Ottobon. 2616»;
«Ottobon. jiSj >t; « Cappon. 241 »; (f Cappon. 242 »; «Vatican. 5522 ».
Anche alla Casanatense ho potuto vedere una copta della nta nel
ms. E, IV, 31.
(2) Atttiq. Ital ni, 249.
(0 Per la storia esterna di questo curioso scritto e per le di-
spute agitatesi intorno alla sua genuinità, rimando al Papencordt,
Cola di Rienzo imd scine Z^it; Amburgo, 1841, p. 318 e sgg.
(4) Annaìts ecchsiastici, t. XIV.
(5) AnnaUs ecclesiastici, t. XVI.
Intórno all'epistole di Cola di ^'en\o 425
O^. Gabrielli
alcuni di essi, lasci;mJo da parte le alirc fonti, s'atten- -
nero semplicemente alla Vita dell'Anonimo. Solo per ob-
bligo impostoci dal tèma, ci occorre ricordare i vecchi
lavori del padre Dii Cercau(i), di Tommaso Gabrini (2),
di Zeffirino Re (3), di Francesco Benedetti (4), rimaneg-
giamenti abbastanza affrettati, e privi d'un qualunque va-
lore critico.
Altri storici intanto, come il Sismondi (5) e qualche
altro, eran tratti, dagli avvenimenti stessi che narravano,
a discorrer di Cola, mentre studiosi come il De Sade (jS)
e il Levati (7), illustrando la vita del Petrarca, s'occupa-
vano anche per necessita de! tribuno di Roma.
Questi erano i libri apparsi su Cola di Rienzo, allorché
Felice Papencordt pubblicò il suo geniale e notissimo
volume.
Dopo il dotto storico tedesco, niun altro forse si volse
di proposito alla vita di Cola di Rienzo, se si eccettuino
lo Zeller (8), l'inglese Schmitz (9) e, ultimo per ordine di
tempo, il signor Emanuele Rodocanachì (jo). Ma la breve
compilazione dello Schmitz non ha lasciata traccia dure-
vole nel campo degli studi, e i! volume del Rodocanachi,
(0 Conjuration de ì^icoìas Gahrini; Parigi, 175}.
(2) pìsirviiiioni storico-critiche su la vita di Cola di Ri4n:ip: Roma,
1806.
(5) Kiifl di Cela di Ritnio ; Porli, 1828; ristampala rccentemcnic
dal Le Monnier, Firenze, 1854.
(4) nta di Ccìa di Rienio nelle Opi:rc dì F. Benedetti, per cura
di F. S. Orlandini; Firenze, Le Monnier, 1858, voL U.
(5) Histoir£ ài.: fépuhìiqucs itaìióutus ; Parigi, 1818.
(6) yjmoités pour sen'ir A Vhisioin àe PHrarque, 1764- 1767,
(7) ^''*'i,\^' '^'' Petrarca: iMÌIano, 1820.
(8J Us trihum c-t tes révolutions en Italie; Parigi, Didier, 1874.
(9) Coìa di Ritrtii Rom's Tributi; Londra, 18K6.
(xo) Coìa di Rietino, histoirc de Reme de t}42 à /;;^; Parigi, A. La-
bure, 1888. Cf. VArchivio della R. Società Romana di storia patria,
XI, 181 e sgg.
wtno alVepistole di Cola di T{ien-;o 427
fecondo gì' intendimenti stessi dell' A., non va oltre i limiti
*l*iina narrazione abbastanza brillinte e d'una biografia
'^iiscretamente accurata.
In conseguenza, non è punto scemata la nccessitd di
tornare, guidati da mire alquanto diverse, sull'argomento,
^> anzi tutto, di porre fuori d'ogni discussione il documento
più attendibile sul quale si fonda la storia del rivolgimento
polirico promosso in Roma da Cola di Rienzo: intendo i
frammenti di storia romana, scrini in romanesco nel se-
I colo XIV e pubblicati dal Muratori, i quali comprendono
! in se anche la sopra citata Vila dell'antico tribuno. Un'edi-
zione critica di questo libro, comparso finora in pessime
edizioni, è tra i più vivi desiderata degli studiosi.
Or nulla meglio dell' Epistolario di Cola può spianare
I la ria a questa ristampa, e completare nel tempo stesso
la Vita in quelle parti dov'essa più scarseggia di notizie ;
e tale fu il motivo principale, da cui venne consigliata la
nuova edizione delle lettere di Cola.
Questo r interesse dell'Epistolario in r^ipporto alla storia
di Roma. Ma, come il lettore avrà giA notato, lo studio
riassuntivo, che noi abbiamo fatto precedere ali* illustra-
zione delle lettere di Cola, ci addita anche un altro curioso
aspetto, per il quale esse debbono necessariamente attirare
l'attenzione degli studiosi. Egli è che, colla scorta dell'Epi-
stolario, l'antico tribuno si presta ad essere considerato
nella sua peculiare qualità di scrittore di lettere, e l'epistola,
quale fu da lui concepita e redatta, ad essere esaminata
nella struttura, nello schema, nella composizione, in tutta
insomma la sua parte formale ed esteriore.
Un tale studio ci pare opportuno per più riguardi, e
assai utilmente, a nostro avviso, può precedere le brevi
1 considerazioni, che poscia esporremo, sul contenuto delle
lettere, sui fatti che vi si accennano, sulle persone a cui
sono dirette,
LIl problema da porre è assai semplice: — Per quanto
428
G/i Gabrielli
lonnne da qualsiasi pretesa dottrinale, continuano esse m|
qualche parte, le lettere di Cola, la tradizione dotta ddH
repistolografia medievale ?
Nessuno certo al suo tempo sognavasi di vedere, nelle j
lettere del tribuno, dei modelli scolastici, come, per esem-
pio, ncll'accennate collezioni di Tommaso di Capua o &\
Pier della Vigna: ma esse non avevano minor diffusiooc '
di quelle composte dai due celebri cancellieri. Basu ricor-
dare Tanestazione di Francesco Petrarca: « Unum sacc-
0 scriveva egli a Cola (i) - an sci;is, an cogitcs, an ignortfl
« nescio, Litteras mas, que istinc ad nos veniunt, noncxD*j
« mes apud eos quibus destinantur permanere, sed conica
«stira ab omnibus tanta sedulitate describi tantoque stuif»!
« per aulas pontificum circumferri, quasi non ab homiacj
« nostri generis, sed a superis vel antipedibus misse sint».
Ben altro però che didattici erano i motivi, per i quali*
cólta persona, e primo il Petrarca, ricercava con crescente
mteresse quasi ogni parola scritta da quest'uomo, chepif
lava sotto 1* impulso della passione, parlava di cose eh:
accadevano menti' ei le narrava, di farti di cui era egli ^e*^
il protagonista !
Riconosciuto alle lettere di Cola un tale caranerc
riesce subito fadle immaginarsi se esse potevano sempre
rispondere alle regole formulate dalla scuola, coosacraK
nelle Summac, prefisse all'epistola medievale da una t^
zione letteraria non interrotta.
Eppure anche Rienzo, mentre talvolta s'adattava as>aJ
male a queircs.igerato formalismo, molte altre volte non
si sottraeva interamente alle tendenze letterarie del ict^^
suo. Se, per esempio, consideriamo nelle epistoU ài Co**
la distinzione delle note cinque parti, in più d'una Ji^
non la troviamo riprodotta con quella rigidezza chep*"^
scrivevano le Artes dictandi ; ma in pareccliie altre vc<fc^j
(i) De Sade, Mémoirts, tomo III, Fiic^s jusHf. XXXI.
Intorno alVepistole di Cola di T^en\o 429
vediamo le pani nettamente divise. E queste si prestano
^e seguenti osservazioni, che riassumerò brevemente.
A cominciare dalla parte introduttiva àtiW*tpistoìa - la
salutaiio - noto che la soverchia ampollosità di stile, pro-
pria (come vedemmo) alle salutationcs delle lettere medie-
vali, non si riscontra in Cola quasi mai : egli si mostra in
generale assai parco tanto nel peasiero quanto nell'espres-
sione. La salutatlo a lui più usuale è la seguente: « Auctore
*» clemenùssimo Domino nostro lesu Christo » ; e qui segue
il nome dello scrivente: «nobili viro» o « nobilibus et po-
« tentibus viris »; e qui il nome del destinatario o dei de-
stinatari: « salutem et cum rcconciliatione Dei pacem et
« iiistitiam veoerari » (i). Talvolta la salutatio è anche più
semplice e più breve, come, per esempio, questa: a Auctore
* dementissimo Domino nostro »; segue il nome dello scri-
^^^ute: « magiiificis viris»; segue il nome dei destinatari:
^ salutem et plcnitudinem gaudiorum » (2); tal'altra allude
^■* doni dello Spirito Santo, dai quale Cola si riteneva inspi-
^^^to: «salutem et dona Spiritus Sancti suscipere iustitie,
*^ libenatis et pacis » (3). Quando la persona, alla quale la
'■'attera era destinata, fosse, per condizione sociale, superiore
*^llo scrivente, la consuetudine epistolare imponeva piut-
tosto alla salutatio la forma del vocativo; e questa infatti
si vede adottata da Cola tutte le volte che scrive al papa
o air imperatore Carlo IV, sempre da lui salutati cosi :
«Sanctissime pater et clemcntissime domine», e «Scrc-
t nissime Caesar Auguste ». Del resto, anche hidiri^zandosi
a un amico di Avignone (che non sappiamo con certezza
chi fosse), Cola usa la forma del vocativo : a Amice karis-
« sime » (4}. In questi casi il nome dello scrivente, anziché
(i) EpìsL lett II e VI.
(a) Epist. leu. XIV.
(3) Epist. lett. XVI.
(4) Epùt. lett XII.
Archìvio Sfila R. Società romana di itoria patria. Voi. XI.
J9
l
q4. Gabrielli
»«ti<» ù 3iodo classico, della salutaiio, vicn posto
..^ .^u^pstalit, ora semplicemente enunciato, ora nel^- ^
. >i. Vcster servulus Nicolaus recomendat » (i), o'
vj v . ^ XicoLius recomendat in oratione » (2)- Nel pi^
vv'J^ >lv'ìU prigionia a Raudnitz e ad Avignone, quand"^
•ivuK^ i*xstone s'è fatto asceta solitario e la figura di li^— -
'a ,.>^u«o.> un carattere mistico di veggente, egli seguit^^
Nvxtv*^criversi : « Cola Rentii tribunus », come se quelli nor^
«.>^^t> che anni di riposo volontario per l'esaltato domi- —
luwH^ dì Roma.
L'esordio, nel maggior numero delle lettere di Cola,— i
,sSxNkndo alla regola consacrata nella Summae, costituisce
.oKi p^ute a sé, distinta e separata dalle seguenti. A prova
41 ctvS basterebbe ricordare le lettere al papa del 5 agosto,
>kl 15-3^ agosto e dell* 11 ottobre 1347, nonché quelle
u Fiorentini del 5 e del 20 agosto 1347. Ma non sola-
^jNSUe Vexordinm doveva formar parte a sé: i maestri da-
vano anche le regole per comporlo, e spesso presentavano
v*ccù medesimi bell'e fatte quelle lunghe serie di arengae,
che già abbiamo menzionate, traendo di preferenza il pro-
t\T/»i«;// dai libri più in uso nel medio evo. Cola, nel cui
spìrito l'inspirazione biblica era cresciuta vivissima fin dagli
anni giovanili, e nella cui coltura la Bibbia aveva cosi no-
rcvole parte, ci dà più d'una volta esordi tratti dai libri
sacri e specialmente dai Sahni. Così nella lettera del 20 no-
vembre 1347, diretta in un esemplare a Rinaldo Orsini
v' iu un altro, pressoché simile, ai Fiorentini (3), per an-
nunziare la sua vittoria sui Baroni a porta San Lorenzo,
esordisce colle parole dì David : « Haec est dies quam fecit
« Dominus; exultemur et laetemur in ea » (4). Pure un'altra
(i) Epist. lett. XXXVI.
(2) Epht. lett. XXXVII.
(0 Epist. lett. XXVII e XXVIII.
(4) Lìhcr psalmcnim, CXVII, D, 2 j.
Intorno all'epistole di Cola di ^ì(ienio 43 t
¥
Jettcra al popolo romano, contenuta in un importante co-
di<^e «iscellanco della biblioteca Feliniana Ji Lucca (capi-
nolo della Metropoliuna, pluteo Vili, 545) e pubblicata
gii dal Mansi (i), comincia col noto versetto: « Popule
« meus, quid feci tibi ? aut in quo contristavi te ? responde
«t mihi » (2). Un'altra lettera a Clemente VI (3) comincia
aach'cssa: «Ne dolosarum linguarum astutia, a quibus
<■ propheta supplicar liberari, vestra Clementia suspe-
« ctum teneat, etc. », e si riferisce evidentemente al ver-
setto: « Sepulcrum paiens est guttur eonjm, linguis suis
« dolose agebant, iudica illos. Deus » (Psalm. V, C, 1 1).
Si vede tuttavia a ogni pie sospinto che le rigide norme
dei Dictumina sono per il Nostro più una necessiti che
subisce inconsapevolmente, che un'emanazione del suo spi-
rito e dell'indole sua. Fatta loro appena quella parte che
(i) Stephani Balczu Miscelìattea, opera ac studio Iouaknis Dom.
^^Nsi LucENSis (Lucca, 1762), tom. HI.
(2) Del resto, non soltanto negli esordi Cola ha frequenti ci-
tazioni bibliche, ma anche nel corpo di qualche lettera. In una, per
«empio, da Raudoiti all'arcivescovo di Praga {Ine, « Recepì hoc die »),
scrive cosi : « Intitulorum assumptione. . . me alias excusavi, et
• dignum, dixi, et bonum est, quod humiìiasti me, Domim, ut disurr^m
91 ìustificationis tuas » {Psalm. XXVII, D, 19). E poco dopo, nella let-
tera medesima: « Dicere possim: Casti^ans castigavit me Do-
1 rnimis, et morii non traàidit me a (Psalm. CXVII, C, 18). Ancora in
un'iltra: « Et sic vere, ilio die Pcnthccostcs, implctum extitit vcr-
• bum illud, quod eadem die decantatur: Exuf^at Deus et dusipentut
I ir inimici àus et furiant {Psalm. LXVII, A, 2). Et iterum : Mittc Spiritum
■ n Sanctum tuum ti retiovabis facicm terre o (Psalm. CHI, D, 30). Nella
stessa già citata lettera all'Orsini e ai Fiorentini ci occorre il passo :
' Deus noster .... digitos nostros, quos ad calamum ars ipsa docuerat^
n docens ad bellum, etc. a, che si rapporta al versetto: n Benedictus
CI Dominus Deus meus, qui docct miinus meas ad proelium, et digitos
« mcos adbcllum a (Psalm. CXLIII, A, 1) : ed ò anche reminiscenza
bìblica il passo della stessa lettera « confìdimus ìnDeo.qui fecit
<r mirabilia magna solus «. Ma gli esempi potrebbero continuare in
grandissimo numero.
(3) EpisL letL XXII.
43^
Q/l. Gabrielli
vuole la pratica epistolare, la forma è nelle sue k:'. "
come sopraffatta dal contenuto: egli si sente incilzato .: ^
eventi, ch'or gli preme di narrare al papa, ora alle df^i
vicine, ora agli amici più autorevoli, affinchè (dice Col
« Teco non ne giunga alterata dalle male lingue, e 5C
sappia piuttosto il vero della penna medesima di chi o
Tattor principale ».
Quindi, minuziose e prolisse narrazioni occupano
lettere di lui, e specialmente quelle scritte nel primo e pi
fortunato periodo della sua autorità in Roma; e la
ratio, che i Dktamina volevano costituisse quasi 1j p»i
centrale della lettera, qscq sempre dalla penna di Cola ss-^ i-
luppata nei più minuti particolari.
a Sappiate» -comincia egli a dire -, «non resti ascoso jLMi
»* vostra Paterniti » che le cose andarono cosi e cosi; • ''^^
tt facciamo sapere *, « desideriamo che sappiate », asigt». ^'
« fichiamo alla vostra amicizia » che questo e questo è i"^^-
venuto r quali modi di dar principio alla ftarfiì^^
(o Vcsrram non latcat Sanctiratem » o « Clementi^ «^
a quod etc « (i), « Noverii vestra Paternitas » o « Sìd*^*^^"
« tatìs vestre benignitas » (2), « Scire vos faciraus » 0 * ra-J*
w pimus », (\ Vos cupimus non latcrei) (3), « Amidtie vcsrx*^
« significamus 0 (4)) erano giA inalterabilmente preserie^
dai dictaiores, come abbiamo di sopra notato.
Poco o nulla è da dire su la pctitio e su la i-dfwiif**'"
In questa Cola usa assai di rado il vale o vakU, cbc
secondo l'arte epistolare, non era sempre opportuno iff'
giungere, o Et superabundanti laraen - scrive un mic*^^
«de* più autorevoli - a quibusdam subiungitur valete, V^^
« non tamen in omnibus litcris ponere est oponunuro ■• P'*^^'
(I) EpisL lett. Vili, XVI, xxn.
(a) Epist. len. VUI e XXIK
(j) EpisL leu. XII.
(4) £>"<. leti. XIV.
Intorno alTepisiole di Cola di ^en\o 433
[tosto, egli offre a colui, cui la lettera è indirizzata, i suoi ser-
p'igi nella forma che troviamo in una lettera al Petrarca (i):
«Nos autem prontissimi sumus ad singula, que vestrum
•respiciunt comodum et honorem ».
Quanto allo stile (del quale vedemmo distinguersi due
maniere: la naturale e V artifuiuU, e questa costantemente
consigliarsi a preferenza di quella), molti e non brevi
passi di grande chiarezza potrà, chi legga V Epistolario
di Cola, porre accanto a periodi contorti, a lunghi brani
intricati ed oscuri. Nondimeno, anche là dove lo stile
^ppar gonfio ed enfatico, si ritrova sovente una non co-
niune efficacia d'espressione. Non sì può, per esempio,
negare certa spontanea vigoria a molti tra i luoghi, nei
quali il tribuno difende l'opera sua: « Novit Deus - scrive
« egli all'amico d'Avignone - quod non ambitio dignitatis,
« officii, fame, honoris, vel aure mondialis^ quam semper
« aborrivi sicut limus, sed desiderium comunìs boni totius
« reipublice huiusque sanctissimi status induxit nos colla
" submittere iugo adeo ponderoso attributo nostris hu-
« nieris non ab homine, sed a Deo, qui novit si officium
" istud fuit per nos precibus procuratura, si officia, bene-
* fiaa et honores consanguìneis nostris contulimus, si nobis
" Ptcuniam cumulanius, sì a veritate recedimus, si nostris
" hcredibus facimus compositiones, si in ciborum duìctdint
** «u/ voluptate aliijua deleaamur, et si quidquam gerimus
° sjnmiifuni_ Testis est nobis Deus de iis que fecimus et
• wimus pauperibus, viduis, orphanis et pupillis. Multo
^ Vivebat quietius Cola Laurenrii quam tribunus » (2).
Sembra che l'amico, a noi ignoto, avesse scrìtto a Cola
*"Orrer voce ad Avignone ch'ei cominciasse ad aver quasi
P^ura del suo nuovo stato, e Cola a smentire la falsa di-
*^^rìa: « Ad id autem quod scrihitis audivisse, quod ince-
(i) EffUi. Ictt. XV,
(2) Epist leti. XII.
434
C/i. Gabrielli
tt pimus iam terreri, scire vos facimus quod sic Spiriras
0 Sanctus, per quem dirigimur et foveraur, facit animum
e nostrum fortem, quod uUa discrimina non timemus: vero
a si totus mundus et homincs sanctc fidci Christiane etpcr-
« fidiarum hebraice et pagane contrarientur nobis, non fropt^
« ca terrercmttrìì»
E più sotto: « Sed frustra tumescunt maria, fnistm
«venti, frustra ignis crepitai conerà hominem in Domiao
« confitentem, qui, sicut mons Sion, non poterit cornino-
0 veri 15,
Efficace è anche in molte parti - tenuto conto del
gusto letterario del tempo - Tulrima lettera scritta ai
Romani, nella quale Cola li apostrofa cosi (i): « Qae
« fella, que canina rabics fecit vos bibere sanguinea!, ifi-
« quam, mundum, sanguinem commaremum, et iisJec»
«pedibus, quibus paulo ante virum hunc repetistis, le
« lius letaliter impetistis, et eodem ore, quo : P'ival, tw
« cantaveratis, eidem : Moriatur, moriatnr prodamastis,
« iisdem nianibus, quibus in resumptione plaudebatisipius,
« eum transfodistis, distraxistis, raembratimque cests (j*0
« cecidistis ? 0
Incitando Clemente VI a negare ogni fede a* suoi ^^'
trattori, dice che, mercè sua, lo Spirito Santo aveva d*"^
fauci leonine di costoro tratto il popolo semigluiitum C^J
e, scrivendo a Carlo IV, si paragona a un grand'olb*^'^'
che r impeto dei venti abbia privato dei rami e d«?*^
fronde (3). Ma, aggiunge, a provar chi egli sia, resta sc^
(1) Biblioteca Feliniana di Lucca, pluteo VILI, $45.
(2) EpisL leu. XVI: « Digneminl non credere illis, a quor*^
(t faucibus et ore Iconico scmìgluiìtum populum Spiritus San^r'*'
(f traxit per me a. Questo passo trova certo riscontro in quc$t*al^y^
della lettera XXXI a Carlo IV: tr Nulla adhibeatis fiducia vcrbìs m^*"
« doncc veriias sit masticata mature maturius et dìgesia.» ».
(5) Epist. Ictt. XXX: o Factus sum stcrilìs usquc ad tcmpus, «*^"
(t arbor ventorum austeritatibus denudata ». Anche nella cit. IcttcTS
Intorno all'epistole di Cola di l^ienio 435
P^c il suo glorioso passato: la sua figura seguita a dominare,
aita e maestosa, come un vecchio castello solitario su la
vetta d'un momc (i).
Tal era Tuomo: e dove ritrovate fin qui lo scrittore di
lettere?
Ma ccco^ di nuovo, V influenza della retorica e dell'ari
dictatoria tornare ad affermarsi in certe particolaritA di stile,
ctie il Nostro prendeva e appropriavasi dalla tradizione epi-
stolare d'allora. Cosi è, ad esempio, per le espressioni : ptirac
diUctiortb affcctus (2), sincerai dikcùonis affectio (3), 7,clum
tzfnofìs (4), usate costantemente per amore, bcnevolcn:{a e
simili, al modo stesso che pel verbo amare adoperavasi
spesso dagli scrittori medievali: gelare amorcm (5). Ancora,
un tributo al vezzo del tempo sono, nelle lettere di Cola,
espressioni come: andivi attdittim vcsirum (^, facert facta
vestra, vidert videor (7), htalius IctaìiUr, maturius mature (8),
\ le quali tutte ricorrono assai frequenti nel latino dei se-
i coli xn e xiiK
S Importantissimo riuscirebbe uno spoglio minuto delle
foriTie più accette al nostro scrittore, dei vocaboli quasi
» ^«elusivamente proprii airepistolario di lui. Noto, per limi-
^^'^i solo a qualche esempio;
popolo romano, che trovasi alla Felìnìana di Lucca, si paragona,
'^^^ndo lo stile più ampolloso, a un grand'albero, che per la sua
stessa altezza è più facilmente battuto dai venti: « Arbor cmìnens,
■ • ^ttltis fecunda ramusculis, prona est ventorum procellas recipere
* ^ cvcrti ».
( « ) « Qui5 ego sim occultari non potest, laraquara civitas sita
«Mper TQontem ».
U) EpisL lett XX.
(3) EpisL Ictt. VI.
(4) Epiit. lett. XIV.
(0 EpisL leu. XVL
(6) EpisL lett. XXV.
(7) EpiiL lett XXXI.
(8) EpisL lett, XXX.
43^
C/i Gabrielli
a) existere usato costantemente invece di esse (i);
b) inkndamns e simili invece d'htiendimns (ital inten-
diamo).
e) huiusmodi quasi sempre sostituito ad huius (2);
S) terminus declinato qual sostantivo della seconda
declinazione; esempio: « elapso prefato termino » (3);
e) parole latine affatto medievali, come: stantah (4)
(bandiera, insegna), disrobaiio e disrobare (spogliare) (7),
usate soltanto da Pier della Vigna, liga (alleanza) (6), rr-
laxare nel significato di scarcerare (7), intonare e intombare, nel
senso che ha la frase : « Orbem intonizare processibus » (8);
oppure parole di bassa e corrotta latinità, quali offcndicu-
him (9), usato la prima volta da Plinio, dumttificare (dan-
neggiare) (io), di Cassiodoro, affcctarc p^r procurare, cercare
con insisten:^i e simili, come nel passo : « prò vestre dcsi-
« derio libertatis, quam affcctamus » (i i).
Più facilmente che in questa minuta analisi di forme
isolate, ci è d;ito vedere la relazione fra Rienzo e Yars
diclatìdì degli anteriori epistolografi in ceni strani oma^
menti di stilo, che ricorrono incessantemente nei modelli
dei diciatorcs. Rammentiarao, per esempio, la cosidetta agno-
tnìnatio, per la quale essi studiavansi di riunire artificialmente
in una frase parole di suono al rutto simile, e le alternavano
e le ripetevano e le intrecciavano variamente. Ecco qualche
(i) Veggansene specialmente esempi nelle lettere XVIII e XXI
MV Epistolario.
(2) EpisL Ictt. I.
()) EpisL len. XXIV.
(4) Episi, leit. XVm.
(5) EpisU leti. XXVI.
(6) Epist. lett. XXIV.
(7) Epist. Ictt. XVI.
(8) Episi, Ictt. XV.
(9) Epiit. lett. XVII e XVIIL
(10) Epist. len. XVm.
(n) Episi. len. XXIX.
Intorno alVepistoU di Cola di T{ien\o ^yj
csctnpio: « Traxìsti miseranilo, rrahe beatificando, O
« anima miserabiliter mirabilis, mirabiliter miserabilis, ve-
« nerabìliter amsbilis, amabilitcr venerabile! »>; « Felix con-
• ventus, Felix concentus, ubi .li^uilo non fiat venius a;
o Mlttimus vobls hominem plenum melle, sine felle; plus
« cairn habet mellis, quam fcllis, plus araoris quam hor-
c roris; simpliciter prudcntcm cr prudenter simplicem; tur-
« turem cum castitateet columbam cum simplicitate n (i).
Or bene, di questo genere d'ornamento Cola usa con
discreta parsimoniii, in confronto di coloro, dai quali gliene
veniva l'esempio: mun'nltra applicazione io credo potrebbe
scoprirsene nell' Epistolario, fuori che nei tre luoghi se-
guenti.
Una volta, all'abate di Sant'Alessio, scrive: « Peto pati
e quecuraque Dorainus passus et quecumque placuerint
e Domino prò me passo » (2). Dice un'altra volta al solito
amico in Avignone: o SÌ ad liter.is non respondimus, pro-
o cessit ex diversitate ardua ci arduitate diversa negotio-
« rum n (3). E infine nella chiuda d'una lettera al figlio:
« Benedictus Benedica bencdictionoin etcrnam » (4).
Si noti anche, fra le stranezze di stile, il seguente esem-
pio d'un curioso bisticcio o giuoco di parole: e Dicitur-
0 scrive Cola - quod piierilifcr animus : respondemus quod
V verum est quod pure agimus, quod per pucrìùam denota-
« tur; et Deus mandat C{Moà putrì laudent ipsum ») (5).
Altri invece fira i tanti omamnita, enumerati dalle Artes
dictamhns, veggonsi usati dal Nostro con insolita frequenza;
come, ad esempio, la quasi costante sostituzione delle pa-
role: mea parviias, trua hnmiUtas e simili al semplice ego,
o la straordinaria profusione degli avverbi: quidem, equidcm,
(i) Cf. Valois, op. cit. cap. IIL
(2) Epist. lett, XLI.
(j) Epist. lett. Xn
(4) EpisL lett. XLIII.
(5) Epist. lett. XXIII.
438
g4. Gabrielli
qtiippe, sane, projecto, scilicet, utique, videlictt, adoperati osola
« ornatus et bonae sonoritatis causa ».
Come dunque nelle lettere di Cola si rispecchiano e il
culto singolare per Vanticliità classica e lo studio non ia-
terroito della Bibbia e le attente letture dei classici più ben
accetti al medio evo(i), vi si scorge anche indubbiamente
(pur tenendosi alle sole e scarse osservazioni che abbiamo,
come saggio, presentate) l'influenza non piccola della scuoU
e della tradizione epistolare anteriore. Conclusione questa
che ognuno prevederebbe a priori, ma che non sari sem-
brato inutile avvalorare con qualche prova.
VI.
Allo studio intomo alla parte esteriore, formale, scola-
stica dell'Epistolario potrebbe seguirne un altro, piii fia*^ '
sottile, che cercasse di cogliere nelle lettere di Coli ^
successive fasi per cui andò passando e modificandovi ^
grado a grado lo spirito di lui : dai primi tempi dtl hi^^""
stato - quando con mirabile lucidezza d* intendimenti ?^"
sa concepire, se non attuare, la nuova lega delle atti i^-^'
lùine - ai giorni cristi dì Praga - quando la sua mca^^;
perduto a mano a mano l'equilibrio altre volte serbato, ^
sembra talvolta addirittura quella d'un allucinato. Egliall'^'^
(i) Basterà citare due soli esempi di classici citati da CoU
lettera XXXI dice : « Qujproptcr imperiali supplico Majcstali ^
CT tenus non patÌAtur nomea meum bonum contamìnarì -
« nam. ut Boetius noster ait, qtu mistri patùàntur, creduttìur ah ft^'
« nihiij mtruissé ». (BoEao, Philosophiai consohitionis libri V; Lipsia, '^ .
bncr, 1871, 1, 4, !49). E la lettera XXXVIII: « Et ideo, quanto i^^
« neronixat in me, tanto tucior ad patiendum ìmpetus icìusùcìc P
n ficiscar. Nara, ut obmittanus allegationes sacras» sub quìbu$ V
« rumquc vpocrisis delìtescit, Salustìus noster ait immundiUa^ m»^'
« ribtti <t virìs tahorcs coni'fmre, et Tìtilìvius ; forUim' ttgtrt ti for^
n paii Romamàm «s(».
Intorno all'epistole di Cola di '^en^o 439
ice e si contradice, si difende e si accusa, oggi super-
ente sdegnoso, domani in umile atto di pentimento
Qzi ai suoi persecutori. Un'onda sempre crescente di
icisnio lo invade tutto, e paralizza iu lui qualsiasi altra
ita del pensiero, e diventa credulo e pauroso come un
bino: a Se un fanciullo, - dice egli medesimo - incon-
lomi per via, mi dicesse ; Tribuno, domani morrai, un
enso terrore s' impadronirebbe di me, e temerei che
DO dallo Spirito Santo venisse quel triste avviso » (i).
iti come questo sarebbero un sussidio davvero pre;!Ìoso
ricerche dello psicologo che volesse esaminare le let-
Bci riguardi della propria scienza,
via fermarci su tali considerazioni non è lecito a noi
^assai più modesto compito ci siamo proposto, e che
piente vogliamo seguire l'Epistolario nei più importanti
che gii porgono occasione.
^er poco che si rivada col pensiero la vita di Cola di
20, apparir;! naturale la divisione delle sue lettere in
principali gruppi, che corrispotidono a due ben distinti
)di della sua vita.
Tutto pieno d'avvenimenti incalzantisi senza posa, ci
ostra nella storia di Roma Tanno 1347; ma è appena
indato i! 1348, che già Cola è scomparso dalla vita
ica. Cosi chiudesi per il tribuno il primo e brevissimo
(do d'attività. Passano due anni, e nessuno forse pensa
d povero Cola, chiuso nella contemplativa solitudine
fMaiella : quand'ecco le esortazioni d'un santo ro-
smuoverlo d' improvviso dalla sua inazione e richia-
0 dalla vita ascetica del convento alle lotte delTuomo
ico. Cola lascia il ritiro dell'Abruzzo, si pone in viaggio
mEpisU lett. XLII: «.... Et sum adhuc talis sempiìcìtatis et
e, quod sì pan-'ulus unus puer transeunti mìhi per vhm diceret:
)UDe, cras procul dubiomorierìs, ego an Spiritu Sancto verbum
1 cxisicrct, formidarem . . . Scd vos, domini sapientes, estìs ita
excelIcnics,quod formìdatio huiusmodi non subintrat ! ».
440
Od. Gabrielli
per la Germania, presentasi a Carlo IV in Praga e gli espone
i voleri di Dio. Cosi per Tantico tribuno comincia un periodoB
nuovo d'attività, rappresentatoci d.ille lettere a Cario IV^
air arcivescovo di Praga, al cancelliere Neumark, nelle quali
si rispecchiano i moti intimi dell'anima sua, si ripercuotono
le sue sofferenze, si riflette insomma tutta la non lieta storia
della sua prigionia, cli*cbbe fine, insieme col relativo pro-
cesso, nel 1552.
La morte di Clemente VI fu, coni* è noto, la salvezza
dì Cola. Innocenzo VI, divenuto p.ipa nel dicembre 1352,
non solo cessa di perseguitare il tribuno di Roma, ma si
serve anzi di lui, quando invia il cardin;ile Àlbornoz a ri-
conquistare il patrimonio della Chiesa. Cola, rimasto dap-
prima a fianco de! cardinale nella guerra contro il Di Vico,
ritorna poscia da Perugia a Roma, non più tribuno, ma
senatore. Può questo dirsi l'ultimo bagliore della gloria di
luì, e noi non possiamo ripensarvi senza deplorare che nes-
suna luce getti su di esso rEpistolario.
Basta dunque fermarsi unicamente alla distinzione nei
due primi gruppi. Quale differenza fra le lettere del 1347
e quelle del 1550! Quale mirabile chiarezza di concepi-
menti nelle prime, «.lirette a Governi e a signori d'Italia, al
papa, ad altri personaggi della corte avignonese! E che
vivo e strano contrasto esse presentano colle posteriori
del 1350!
Tutte le lettere del primo gruppo appartengono al 1 347,
tranne una, che Cola scrisse al popolo romano nel 1343
per dar conto della sua ambasceria presso Clemente \'I (i).
Air infuori di questa, non ci è pervenuta alcun'altra lettera
che il Nostro abbia composta prima della sua elevazione
al tribunato. In conseguenza, 1' Epistolario non di, e non
può dare, particolari di sorta intorno ai mezzi coi quali Cola
andò preparando il rivolgimento che meditava.
(i) Epist. leu. I.
La prima lettera scritta da Cola nella qualitA di tribuno
porta la data del 24 mnggio 1347, quindi^ di soli tre giorni
dopo quello memorabile di Pentecoste, in cui egli fu ac-
cbmato nuovo signore di Roma. Per mezzo di essa, Cola
di egli medesimo, indirizzandosi al comune di Viterbo, no-
tizia del nuovo stato instauratosi nella città (i). Due set-
timane appresso, scrive le stesse cose ad altri Stari e cittA
d' Italia, come può vedersi nelle lettere del 7 giugno. Ri-
,V€stono queste la forma, nel medio evo molto frequente,
di circolare, e a noi non pervennero che negli esemplari
destinati ai Governi di Firenze, di Perugia e di Lucca (2).
Quello che venne tramandato dal Chronicon Mutìncnse (3)
è soltanto un riassunto della circolare, diretta anche ai Mo-
denesi, Sappiamo però con certezza che le stesse cose, in
forma pressoché uguale, furono scritte a Todi, a Siena,
3 Pisa, a Mantova e fors'anche ad altre città italiane (4),
nonché agli Estensi in Ferrara e ai Visconri in Milano. Dal
duca Gonzaga, già assai potente in Mantova, Cola si con-
tentò d'invocare una parola di raccomandazione, affinchè
la lettera da lui indirizzata alla comunità fosse accolta be-
I nevolmente (5). *
^^ Subito in queste prime lettere comincia a disegnarsi il
l^ferogetto concepito da Cola, ed esso veramente ci appare
panche oggi d'un uomo di genio. Trattavasì di costituire
^^un'Assemblea italica, nella quale le nostre principali città
^B (t) EpisU lett. !L
H U) Bpiit. leu. Ili, IV, V.
' (}) Muratori, Htr. //. Set, XV, 108.
(4) Intorno all'esistenza di questa lettera interrogammo successi-
vamente le Direiiionì acgli archivi di Siena e di Todi, di Mantova e
di Pisa. Gli archivisti comunali di Siena di Todi risposero, l'uno il
3} gennaio, Tallro il 17 febbraio 1888, che dopo attente ricerche non
avevano punto rinvenuto la circolare richiesta ; e la mancata risposta
^U archivisti di Mantova e di Pisa fa supporre, anche per questi
altri due esemplari, un resultato ugualmente negativo.
(5) Bpisi. lett. VI.
442
C^. Gabrielli
dovevano essere tutte rappresentate con ugual numero di
voti, e che doveva discutere e risolvere le querele dei sin-
gob' Stati della penisola, esaminare le questioni d'interesse
generale e rappresentare Y Italia di fronte ai paesi esteri In
questo grande Consiglio - si vede chiaro - Cola voleva
trovar modo di dare alla sua Roma la preponderanza e
il primato.
Mentre il nuovo tribuno va cosi delineando quella clic
oggi diremmo la sua politica estera, non lasda di mertcr
sott'occhio alle città italiane, cui si dirige, i notevoli mi-
glioramenti operati nelT intemo della cittA, consistenti, 5^
condo lui, specialmente nella quasi miracolosa cessazione
dell'intestine discordie e nella sicurezza riacquistala dalle
strade che solevan percorrere i pellegrini nel recarsi 2 vi*
sitare la tomba degli Apostoli. A questo proposito, si a*'^^
come quest'uomo, sulla cui azione politica non cessò il^H
di pesare straordinariamente l'influenza d'una fede rcH- '
giosa viva e ardentissima, non trovava motivo, che, apir^
suo, fosse più acconcio dì quello addotto a procurargli il
favore di tutta l' Italia : e e' insisteva, e ci tornavi su id
ogni occasione con mal celato compiacimento.
Ma più ancora che l'amicizia degli altri governi iulb
importava a Cola, per molte ragioni, acquistarsi quella
Fiorentini. A questi pertanto ei non si lica pago d'
diretta la suaccennata circolare, ma, verso la fine di
gno, invia pure quattro ambasciatori rom;uii coli* in
d'esporre a voce il suo pensiero (i). La credenziale, coi
questi erano accreditati presso la Signoria, è dau pi
tero dall'Epistolario (2).
Tali i primi atti di Cola, sui quali il corpo delle sm
(i) Gli ambasciatori furono quattro, e non (come litri
cinque. Cf. il mio scrìtto pubblicato ncìVArchivio Mìa R. 5nritì
manii di storia patria, XI (t888), 183.
(2) Epist. lett. VII.
Intorno all'epistole di Cola di TJien^o 443
lecere sparge non poca luce. Ma, in mezzo a cosi repen-
tini mutamenti operatisi in Roma, non poteva il tribuno
cehrsi gli obblighi, che il nuovo siato a lui creava verso
la corte d'Avignone, né trascurare i rapporti fra il papa
e la nuova repubblica. Che le preoccupazioni di Cola sotto
questo riguardo fossero in principio assai vive, com'è atte-
stato dal^e fonti indirette della storia di quel periodo, cosi
è ripetutamente comprovato dalle lettere di lui.
Riferendoci, entro i lìmiti del nostro scrino, solamente
a quest'ultime, dobbiamo dire anzitutto che la corrispon-
denza tra Clemente VI e Cola di Rienzo non cominciò
colla prima lettera che di quest'ultimo ci sia pervenuta,
diretta al papa T 8 di luglio (i). Già Clemente VI aveva,
il 26 di giugno, mandata al tribuno e al proprio vicario
Raimondo, vescovo d'Orvieto, un' epistola cumulativa, la
quale fu tosto seguita da un'altra, indirizzata il 27 di giugno
al popolo romano (2). Anche Cola, come si desume dal-
l'esordio della citata sua lettera al pontefice, aveva, prima
che con quella, con un'altra missiva notificato a Clemente VI
il ntujvo stato sórto in Roma. Ad ogni modo, la lettera dell'8
luglio è, tra le non molte pervenuteci, la prima, dove ì rap-
porti del tribuno colla curia trovino una quasi completa
illustrazione.
Bene intende Cola per quale via riesca a lui più facile
guadagnarsi l'animo del papa, e indovinando la soddisfa-
zione, con cui Clemente avrebbe appreso che, mercè il
nuovo regime, le più baldanzose e potenti famiglie patrìzie
di Roma avevano, loro malgrado, abbassata la testa, si ferma
in modo speciale su questo punto. E in realti, fin dai primi
giorni del nuovo stato, i più illustri baroni, e primo il
vecchio Stefano Colonna, avean dovuto lasciare la città e
ritirarsi nel contado. Poscia, chiamati alla presenza del
(t) Epist. lett Vm.
(2) Pubblicate entrambe in: Papencordt, op. cìt. doc. ni e iv.
444
C^. Gabrielli
nuovo tribuno, gli avevano giurato obbedienza sul corpc
di Nostro Signore, obblij^undosi a non combattere mai con
tre di lui, a non dare .isilo a masnadieri, a sur sempr<^
pronti al suo comando. Le leggi, che seguirono poco ap-
presso, contro i nobili st)m) abbastanza note. — Decretar
- dice Cola neiraccennata lettera - « quod nullus Romanus
a deinde auderet aliqucni, nisi solum Sanctam ^cclesiam
« Sanctitatemque vestram in dominum nominare, ut co-
a gnoscat Romanus populus se alii quam Dco Sanctacque
« Ecclesiac ac summo pontifici non subesse; et quod nul-
u lara armorum picturam Ursinorum, Columnensium, Sa-
« bellensium et aliorum quorumcumque magnatum, quibus
a singulae Romanae doinus erant inscriptae, haberent in
« domibus suis, deferreni in scutis, nisi solum arma Saactae
« Ecclesiae Sanaitatisque vestrae et Romani populi » (i).
Nel tempo stesso, per far fronte alle spese, Cola, fra i primi
atti del suo governo, ordina un notevole aumento nella
tassa focatico (a).
Questi ed altri fatti del mese di giugno, già segnalatici
da altri documenti, vengono con sufficiente estensione ri-
cordati dalla citau lettera del!' 8 lugb'o a Clemente VI, e
confermati da quella seguente, che Cola dirigeva, ai quindici
dello stesso mese, al già ricordato suo amico, residente in
Avignone (3). Qui però si annunziano anche altre leggi da
mettere fra le prime del trilnniato, quali, ad esempio, l'as-
soluta proibizione del giuoco dei dadi, le pene sancite contro
la bestemmia, i mezzi di repressione del concubinaggio.
Insomma, per quanto riguarda le prime manifestazioni della
politica di Col.1, le due leircre ricordate hanno un'eccezio-
nale importanza e servono cosi a dar notizie nuove, come
a controllarne di gii date dalia Vita dell'Anonimo e dalle
diverse fonti indirette.
(i) Epist. pp. 21-2,
(2) Episi. Ictt. Vili.
(3) BpisU ictt. XII.
L-
Intorno al repistole di Cola di T(ieH-^o 445
Frattanto, gì' ideali e le speranze, che agitavansi entro
Io spirito esaltato di Cola, lo portavano naturalmente a
vagheggiare la solennità di quella ben nota incoronazione,
ch'egli annunziò alle citti italiane con lettera dei 9 di lu-
glio, della quale soltanto le versioni indirizzate a Firenze,
3- Lucca ed a Mantova sono pervenute fino a noi (i).
Agli strani e curiosi concetti, che nei secoli xii, xiu
e XIV s'eran venuti formando sul conferimento delle corone,
eguale, secondo Topinione del medio evo, s'usava nel-
l'antica Roma, non poteva sottrarsi V immaginosa ed en-
I tusi.istica natura di Cola (2). Doveva a lui sembrare in-
^P dispensabile che alla sua promo:^onc a cavaliere, annunziata
^ per il primo d'agosto, seguisse la solenne incoronazione
col tribunizio alloro. L'una e l'altra solennità viene per-
tanto da lui annunciata nel tempo medesimo e nella me-
B desima lettera.
" Or giudicherebbe assai male chi nella promoxiotie di
Cola volesse quasi vedere la prova di un innegabile di-
squilibrio nelle sue facoltà intellenuali. Ognuno che abbia
studiato nei principali suoi aspetti la vita del medio evo,
"t^oaoscerà facilmente che, intitolandosi cavaliere dello Spi-
"^^ Santo, Cola di Rienzo seguiva semplicemente delle
P^^u manze già da molto entrate nella civiltà medievale.
^^ è un'innovazione del romano tribuno quel carattere
I 'ostico e religioso ch'egli diede alla cerimonia, perchè non
1 ^^ allora soltanto il cristianesimo erasi infiltrato nel ceri-
"***^iale dell'antica cavalleria e v'aveva lasciata la sua im.
Pr<^nta.
I vari e ben noti atti, onde si compose la solenne
P^^^^0:^ionCj nulla contengono in sé, che esca 0 si discosti
*^^ Vjsanze gii invalse. La rita e le cronache narrano che
, '^ tiotte precedente al primo d'agosto Cola dormi nella
(0 Epist. leti. IX, X, XI.
(2) V, Papen'cordt, op. cit. p. 118.
Archivio delia R. Società romana di ttoria patria. Voi. XI
44^
Oi, Gabrielli
chiesa di San Giovanni in Laterano; ma gii da un secolo
la veglia dell* armi era negli usi cavallereschi. Quando ac-
canto al rito laico, col quale creavansi i cavalieri, s'intro-
dusse paralleLimente, e con maggior fortuna, il rito eccI^
siastico, questa veglia fu forse la più importante innovariont
del nuovo cerimoniale (i), se pure innovazione può chia-
marsi, quando si ponga mente che, a prescindere dJk
grandi veglie liturgiche di Pasqua e di Pentecoste, gii
un notissimo testo dei primi anni del secolo xn (2)parb
di lunghe veglie, dove si cantavano le gesta degli croi e k
vite dei santi.
Lo stesso è a dire del famoso bagno, che Cola prese
nella vasca di San Giovanni in Laterano, dove, secondo
la leggenda, Costantino fu battezzato e mondato dalla lebbra.
Un tale uso, secondo un'assai verosimile opinione (j), nulla
aveva in sul principio di simbolico, ma era un vero atto
d'igiene; in seguito, però, la sua somiglianza col battesimo
non tardò a imprimergli un carattere affine al primo sa-
cramento della religione cristiana.
Dopo la veglia del nuovo cavaliere, spuntata appi
Talba, il cerimoniale prescriveva che si celebrasse la niC!**
e quindi avesse luogo un solenne banchetto. Anche in
la promoxionc di Cola dì Rienzo riproduce V uso comune
e prima egli assiste alla messa, celebrata dal vescovo Rai-
mondo d'Orvieto, poscia si asside con lui al rituale bic:
chetto.
Nello stesso giorno (i° d'agosto), Cola fa pubW
mente la nota dichiarazione dei diritti che competoao al
popolo romano e la citazione agli ^imperatori e agli del-
tori (4) : il 2, consegna rispettivamente ai rappresentanù
(i) L. Gautier, La chcvakrU; Parigi, 1884.
(2) Vita S. fViUcImi (Mia Sanctorum maii, VI, 811).
(3) Gautier, op. cit.
(4) Cf. Re, op. cit. p. 217.
Intorno alVcpistole di Cola di HJen^o
ài Perugia, Ji Firenze, di Siena e di Todi uno stendardo
(staitiak) figurato, pegno della sua immutabile amicizia (i).
Infine, il giorno dell* Assunta (15 agosto) ha luogo la
coronazione (2).
Intorno a questi fatti notissimi, le varie biografie di
Cola dinno suflScienti particolari, traiti dalle fonti sincrone.
Ma, meglio che dagli altri biografi, queste vennero utiliz-
zate dal Papencordt, nel cui libro la pittura di quei ca-
ratteristici quadri, che solo il medio evo può darci, appare
abbastanza viva e colorita. Nei riguardi delPEpistolario di
Cola, rimane soltanto ad aggiungere che la più importante
lettera, in cui egli parli del ba^no sacro, è indirizzata a
Clemente VI (3). Il tribuno aveva cominciato a comporta
avanti il primo d'agosto; ma obbligato a tardarne l'invio
opropter nuncìi tarditatcm», aggiunge a ciò che aveva scritto
il 27 luglio, l'annuncio dell'avvenuta sua promozione a ca-
valiere e della consegna degli stendardi alle varie citti.
Ancora dopo la festa dell'Assunta, Cola torna a scri-
vere al papa, giustificando il suo operato e dicendo che
sobnio i suoi nemici potevano metterlo in mala vista
pesso Clemente VI, La lettera, infatti (4), ha questo
esordio: «Ne dolosarum linguarum astutia Vestra
«Clcmentia suspectum tencat, de cognitione meae
«puritatìs auditum praesens litera Sanaitati vestrae trans-
«mittitur, veri nuncia, mendacii inimica et dolo obvia
«alicuius, qui ex acuta lingua, ut gladio in iaculatum sa-
0 gittarum, nititur in occulto ». Si vede dunque come
fin d'allora Cola nutrisse il timore di destare gravi sospetti
nella curia, mostrataglisi nei primordi del tribunato abba-
stanza benevola.
(1) V. Chronicon EsUfise: Papencordt, op. cit. p. 155 e sgg.
RODOCAM^CHI, Op. cit. p. 156.
(2) Papencordt, op. cìl p. 137.
(j) EpUt, kit. XVI.
(4) BpisL leti. XXII.
448
C^. Gabrielli
Ma per tornare, colla guida deirEpistolario, ai più no-
tevoli avvenimenti del luglio, ci occorre rivolgere per poco
la nostra attenzione alle lotte che Cola affrontò nel Pitri-
monio in difesa del nuovo regime. Domati i baroni i
mani, egli diede opera a debellare ì due più ostinati e |
tenti avversari che resistevano al suo governo. Uno
questi era il forte e fiero Giovanni Di Vico.
Sull'importanza che quest'antica famiglia ha nella i
di Roma medievale richiamò già l'attenzione degb'
diosi il dott- Carlo Calisse (i), né giova ora spender:
ciò altre parole. I Di Vico non furono soltanto signori pi>-
tentissimi in quella parte del territorio, che sì chiamò Pa-
trimonio di San Pietro in Tuscia, ma rivesrirono and
quasi per trasmissione ereditaria, la carica di prefetti
bani in Roma. In questa famiglia si perpetuò, come ]
diritto acquisito, la prefettura, che, restaurata dagli Ott
stava a rappresentare in Roma TautoritA imperiale. Ne<
sariamcnte, «la cupidigia di regnare trasse i Di Vi*^*^
« star sempre in armi, or contro i papi, or contro il i
« munc di Roma, che non cessavano, gli unì e l'altro, pcf
« ragioni diverse, di rivendicare a sé la signoria deirann
V ducato romano. E per sostenersi nella lotta inegualfii
e Di Vico usarono di accomunare la causa loro a quella ^
« nemici della Chiesa o del Campidoglio; quindi fautori A
« scismi, seguaci d'antipapi, ghibellini, nemici di ogni i^
« mocrazia, pronti sempre a trar vantaggio dal disordinCi
« che spesso a ragion veduta provocavano a (2).
Giovanni Di Vico, succeduto nella prefettura uri
a Manfredi Di Vico (1537), ci appare, piò degli altri:
antecessori, avido di dominio e di gloria. Aveva ca
ciato col prendere Viterbo; poi s'era acquistato Ve
(i) ! prefetti Di Vico, n^ìVArchivio della R. Socisià Romana <
patria, X (1887).
(2) Calisse, op. cìL p. 7.
Intorno all'epistole di Cola di ^ien^o 449
Toscanclla, e gran parte del Patrimonio. Il papa da Avi-
gnone Linciava scomuniche, ed egli proseguiva noncurante
^ suo cammino. Poteva dunque l'altèro prefetto piegarsi
^iinanzi alla nuova signoria di Cola di Rienzo ?
Già nella prima lettera al papa, da noi ricordata (i),
>l tribuno scriveva d'aver dichiarato il Di Vico decaduto
<ia.ll' ufficio di prefetto per non aver egli risposto all'inti-
*^a2Ìone fattagli, di restituire al popolo romano la fortezza
di Rispampani, posta fra Toscanclla e Vctralla. Quindi,
etiche dopo rS di luglio (data della lettera sopra detta),
Clola continua ad informarci colle sue parole delle vicende
Per cui passa la guerra contro il prefetto: la lettera XII
è scritta appunto nel tempo che Teserctto del tribuno te-
ticva assediata Viterbo, dov'eransi ridotte le forze di Gio-
vanni.
Per quest' impresa, abbastanza grave. Cola s'era pro-
curato, oltre le cittadine e le mercenarie, anche milizie al-
leate. GiA la citata lettera VII, colla quale s'accreditano
quattro ambasciatori presso la Signoria, aveva lo scopo di
persuadere i Fiorentini a mandare aiuti alla Repubblica ro-
mana. Ma quelli non si mostrarono troppo solleciti a ri-
spondere all'invito, e la guerra del luglio contro il pre-
fetto sembra che fosse compiuta senza le milizie fiorentine.
Solo Giovanni Villani (2) dice che Cola ottenne dalla
Signoria cento cavalieri, e promesse di nuovi soccorsi. Sap-
piamo però con certezza che Perugia gli mandò centocin-
quanta cavalieri, Siena cinquanta per tre mesi (3), ed altri
gliene somministrarono Cometo, Nami, Todi (4).
Nel novero delle lettere dirette a Firenze, la nota cre-
denziale è ben presto seguita da un altra lenera del 19 lu-
(i) Epist. Icit. Vili.
(2) Cronaca, Hb. XII, cap. 90.
(5) Cronaca Saruu ìa Muratou, Rtr, II. Scr. XV, 118.
(4) Krte, I, 16.
4JO c«
ifateàt
„ _ mCSMB
^risrfi ugnaiiiiatfe, ^acdiè doni ì
wem akd aoddd tibìeIE 9.
Con tali pan^ Cob iDodevm evidasKnoir a ISaiV
GiMat, OMie £ FomE, comto i qaale, Bkxtsos iei
I)iVi£a,mobe le «nu. Finita, perà, gfiptcfisae in terflìoc
£ sd gKKTii^ entro 3 quale ^E doTcra pccsezitani b Ca-
pdogtio; altrimeati, saf^be sato dkfaitrztD rìbdk, e a ^
riebbe procedalo a mano amuta contro dì hiL Ocesta s;^-
Wffs Cola fl 27 di luglio (3) ed evìdoicetneQte ^^■''"'ÌM
il periodo dei sei giorni concessi al CaetanL
II conte di Fondi non si piegò alT intimazioDe, e 002
lettera del $ agosto al comune di Firenze (4) ed un'altra
del 6 a quello di Todi (5) dimostrano che Cola intendc\'a
abbatterlo coU'aiuto delle milizie mandategli dalle due òtti
Ma i soldati di Firenze e di Todi protestarono & Q0&
potere, a seconda del mandato avuto, uscire in campo foon
di Roma; bonde il tribuno, in una specie di postscriptìm,
prega i respettivi Governi di revocare, se mai lo avessero
dato, quell'ordine.
La guerra contro Nicolò Cactani presentavasi non
meno difficile dell'altra già intrapresa contro il prefetto, e
(0 Epist. lett. XIII.
(2) EpisL lett XIV.
(}) Epist. lett. XVI.
(4) EpisL lett XVIIL
(5) EpUL lett. XIX.
Intorno all'epistole di Cola di Q^ien^o 451
* Epistolario dA modo di seguirne abbastanza da presso gli
^venti. Quasi tutto l'agosto si passò nell'a^peciazionc, mentre
* soldati fiorentini persistevano nel rifiuto di combattere
^ori della città, e Cola per altre due volte - il 20 (r) e
*1 27 (2) - scongiurava la Signoria d'obbligarli ad ubbi-
<iire. Ma questa par che fingesse di non intendere un cosi
^atto latino.
Tuttavia verso la fine d'agosto Cola scrive al papa (3)
<^hìQ un esercito, comandato da Giovanni Colonna, sta com-
l^aitendo con buon esito contro il conte di Fondi, e che
**Vngelo Malebranca ne devasta le terre. Sernioneta, ròcca
Jei Caetani, era aciaccau dalle milizie di Col.], le quali co-
stringevano eziandìo il nemico a levar Tassedio da Fro-
siinone, che faceva parte del Patrimonio della Chiesa. Poco
«iopo, anche Gaeta spontaneamente s'arrendeva: Nicolò e
Cjiovanni Caetani domandavano pace. Cosi è che ai 17 di
settembre Cola può affermare il Caetani essere \into e ri-
dotto ad obbedienza (4). Ma la vittoria fu di breve durata :
"neirottobre il conte di Fondi riprendeva le ostilità,
A misura che le nuove di Roma erano andate giun-
gendo ad Avignone, gli umori della curia riguardo a Cola
eransi venuti peggiorando, e gi:\ nella seconda met:\ del
settembre si raccoglievano gli argomenti per muovergli un
severo processo (5). Possediamo un'importante lettera al
(i) EpisL leti. XX.
(2) EpisL Ica. XXI.
(0 EpisL leu. XXH.
(4) La lettera XXIII, dalla quale ci viene questa notìzia, è diretta
.t Rinaldo Orsini, e comincia così : » Post conculcationcm Fundorum
« comitis, quam fecit virtus Spiritus Saucti absque effusiotu sanguinis
«et alìquo ictu ensis, etc. ». £ chiaro però come Tespressione absque
^gusiont sati^inis non debba riferirsi che ai soli Cactanij intenden-
dosi che ad entrambi fu serbata la vita e la libertà.
(5) K Miror equidera si Clementie vestre prudentia .. . flecti se pa-
ce titur dolosìs suggestìonibus, fraudibus et astutiis inalignoruni ad ali-
qA, Gabrielli
papa (i), nella quale il tribuno sì difende dalle principali
accuse rivoltegli. « Sono accusato - egli dice - con unto
accanimeatOy perchè ho preso il militare lavacrum dcDì
conca dove fu battezzato Coscanlino; ma o che forse cicche
fu lecito ad un pagano, il quale mondava se stesso dalla
lebbra dell'antico errore, non sarà concesso ad un crisriano
che ha mondato un'intera città dalla lebbra della tirtn-
nide? O che forse quella pietra è più santa del tempio in cui
essa si trova, e nel quale fu sempre lecito il penetrare? E
mentre un uomo, pentito dei suoi falli, può sempre ricevere il
corpo del Signore, non potrà costui entrare in un battistero.
quasiché questo fosse più nobile del corpo di Gesù?» (2).
Appaiono, insomma, fin d'allora gli stessi argomenti
air incirca che Cola ripeterà due anni dopo, quando, pri-
gioniero a Praga, tornerà sul suo passato politico, e cer-
cherà difendersi da accuse più che mai vivaci. Questo
tuttivia si può affermare con certezza : che le due oelchri
giornate del primo e del i j agosto avevano più specialmente
contribuito a peggiorare le disposizioni di Clemente VI ri-
guardo al tribuno, e a mutare in severità la primitiva be-
nevolenza.
Cola intanto si lasciava sempre più blandire JiUc h'
singhe della sua apparente fortuna. L'Epistolario nelU citati
lettera XXV dà notizia di quello che parve a Cola uno dei
(t quid praeter verum, et contra vestram humillimatn creatuDm avo-
« verit dictum. et ìnchoasse processus » {EpiiL leti, XXV).
(1) EpiiU ien. XXV.
(2) « Et SI in Pelvi, in qua bapcisatus cxtitìt Coosuntinus, Uri-
rt crura mìliiareBUScepi, unde rcdarguor, nuniquid [ìd] quod rv
«a lepra pagano, christiano munJanti Urbcm et populura a l-
« viiutis tìrannicc non Ucebit ? Et iiumquid lapis cxtstetis in tempio,
«in quod intrare licìtum extiiic et debitum, est s^mctior ipso tciu^lo,
1 quod conferret lapidi sanctìtatem ? Nuniquid homtni confesso et
« corde contrito, cui licet prò salute sumere corpus ( ^ U»
a cebit intrarc conchara lapideam, que ctiam prò nihilo ; .^a^
« tudinem habebatur, quasi increpantibus huius sine devotionc fsctutn
Tn torno afPepistole di Cola di ^'en^o 453
suoi più brillanti successi, cioè deirambasciatii speditagli
dal re d' Ungheria. Non senza celare la baldanza che ne
traeva, il tribuno osserva che quegli ambasciatori non solo
sottomisero al suo giudizio la quistione dell'assassinio
d'Andrea, ma gli chiesero anche di perraenere la discesa
dì re Luigi in Italia, e gli proposero una formale alleanza
(lig(t)' O'*^» quanto airuccisione d'Andrea, Cola rispose
che, domandandosi a lui giustizia, ei non potea negarla;
ma nuILi disse intorno alla seconda richiesta, e, quanto
alla formale alleanza, assicurò bastare la semplice amicizia.
Dall' II ottobre al 9 novembre nessuna lettera del tri-
buno ci è pervenuta, la quale concorra ad illustrare gli av-
venimenti operatisi in quel breve periodo. Tra questi, spe-
dalmente uno, ricordato dalla Fifa e da molte altre fra le
fonti contemporanee, ebbe una seria influenza su le sorti
del Intono stato, efuT.irrivo del cardinale Bertrando De Deux.
Infatti, il legato pontificio, venendo da Napoli a Roma in
atteggiamento chiaramente ostile al tribuno, dava a vedere
quale ormai fosse la linea di condotta fissata dalla curia.
Da quel momento la lotta fra Cola e la corte d'Avignone,
dapprima latente, assunse ti carattere di guerra aperta e di-
chiarata. Tanto più adunque si deve deplorare che non una
lettera ci conceda di scoprire il pensiero di Cola intorno
alla nuova attitudine di Clemente VI. Tale lacuna è pro-
babilmente causata dal fatto che in quel tempo Cola rimase
quasi continuamente lontano da Roma, occupato a guer-
reggiare contro i Colonna e glì altri baroni, radunati nel
contado. Quindi è che neanche dell'episodio più interes-
sante di quella guerra - la presa di Castelluzzo - ci e dato
apprender nulla dalla penna medesima di Cola.
« iniroitum videatur concham nobiliorem esse ipso corpore Domini
«nostri lesa Chrisii.,.? Et si dicor auxisse nomina mihi et titulos
ir ampliasse, coronasque varias assumpsisse> quid refert fidci antiqua
e oflFìciorum romana nomina cum antiquis ntibus rcnovasse ? u {EpiiU
Ictt. XXV).
454
C/f. Gabrielli
In qual modo si comportasse il tribuno, venuto alla
chiamata del legato papale, non occorre ricordare qui, dove
non s'ha a narrare la storia del tribunato, ma solo indi-
care i più notevoli fatti cui le lettere si rapportano. Cola,
partito di nuovo da Roma e tornato all'assedio di Marino,
non ci si rifa innanzi con lettere sue, se non quando s'accorge
che la lotta stancava ormai soverchiaraenre i Romani e che
doveva esser condotta a termine al più presto. Ecco infatti,
LI 9 di novembre, una sua nuova lettera :ii Fiorentini (i).
Egli e speciahnente indotto a scrivere dal fatto che i ba-
roni armavano piii attivamente che mai in Pnlestrina, e di
là si preparavano a invadere colle loro genti la città: man-
dassero perciò i Fiorentini nuovi aiuti, i quali, quanto più
presto fossero giunti, tanto più sarebbero stati graditi (2).
Come rispondessero i Fiorentini a quest'ultima richiesta
non sappi.imo con certezza; probabilmente, secondo avevan
fatto altre volte, non ne tennero alcun conto. Nella lettera
immediatamente successiva (3), dove il tribuno dà loro no-
tizia della famosa vittoria da lui conseguita a porta San Lo-
renzo (4), non v'è accenno dt sorta a soldati fiorentini che
per avventura militassero tra le file che sconfissero i ba-
roni. La stessa epistola, che servi per i Fiorentini, fu anche
inviata in Avignone ad un uomo che fin da principio erasi
mostrato per Cola assai benevolo: al cardinale Rainaldo
Orsini, arcidiacono di Liegi, il quale doveva parteciparla
al pontefice (5). L'Orsini, che fu il nono cardinale della
(i) Epist. lett. XXVI.
(2) «... amicìtìam vestratn rcquirìmus et rogamus quatenus ali-
ti quid» et prout vobis al habìle» gcntis nobis subsidium impertire:
« quoà quanto fiit uUrius, gratiits tanto crii » (Epist. Ictt. XXVI),
(3) Epht. lett. XXVII.
(4) Veggasi il racconto di questa battaglìi, cavato dalle attesta-
zioni dello fonti, in Papencordt, op. cii. p. 177 e segg., e Rodo-
CANACKI, Op. Cit, XVI, 210.
(5) Epist, leu. XXVUI.
Intorno all'epistole di Cola di ^'en:(o 455
ri
sua casa (i), copriva nella curia la carica di notaio pa-
pale. Estraneo alle vicende della casa Orsini in Roma e
vivendone lontano, aveva accolto con favore il tentativo
di Cola di Rienzo, il quale gii nei primi giorni del tri-
bunato, scrivendo all' ignoto amico d'Avignone (2), lo
pregava di communicare anche al cardinale il contenuto
delle sue lettere.
Cosi anche stavolta Cola informa l'Orsini della vittoria,
e questa lettera è una tra le più significanti manifestazioni
della mistica esaltazione cui abbandonavasi Io spirita di Cola,
tutta piena di reminiscenze bibliche, di sogni, di profezie,
di visioni.
Ma (è superfluo il notarlo) dalla su:i stessa natura Cola
era tratto da un eccesso aircccesso opposto. Gid fu da altri
segnalata (3) quella specie di trasformazione che T ultima
vittoria produsse in lui» e com'egli, riconoscendo per il primo
e quasi ingrandendo i propri errori, fosse preso da quella
morbosa e infantile pusillanimitA, che due anni dopo non
si peritava di confessare sinceramente (4). Il tribuno vo-
leva tornare sui suo passato, portarvi rimedio, emendarlo
dove ancora poteva.
Questo brevissimo periodo di reazione alla troppo spinta
aldanza dei mesi scorsi ci è nell'lìpistolario rappresentato
dalla lettera XXIX, dove, oltre ad essere da Cola medesimo
accennati gli umili e rimessivi atti compiuti a quei giorni,
amiunzia.si ancora la prossima venuta in Roma del legato,
ch'egli aveva di nuovo eletto suo collega nel governo. La
città di Aspra, insieme con Tarano, Torri, Collevecchio,
Stìmigliano, Santo Polo e Selci, si era data spontaneamente
al tribuno; ma questi, temendo ora il danno che da ciò
r
(1) Sansovtno, Vhistoria ài caia Orsina; Venezia, 1565.
(2) Epist. lett, X.II. Vedi sopra, p. 444.
(}) Papencordt, op. cit. pp. 190, 191.
(4) Epist. lett XXXV.
45^
C^. Gabrielli
poteva venire all'autorità del pontefice e volendo prima i ^
tendersi con Raimondo vescovo d' Orvieto, richiama c^^^^
Aspra il luogotenente che v'aveva mandato e ch'era un Giar^^^^
notto di Enrico.
Ma Cola non è ormai più in tempo ad arrestare il cor
degli a\'\*enimend, e la data di questa lettera - ch'è Tul-
tima di questo periodo - segna il principio della veniginosa
discesa, per la quale precipitò il tribuno del popolo romano.
Il racconto delle vicende di Cola, a principiare dal giorno
della sua fuga da Castel Sant'Angelo, è troppo noto, perchè
occorra rifarlo nel caso presente.
Succede il secondo periodo della vita di Cola, e, dopo
un intervallo di più che due anni, s'entra nel secondo gruppo
delle lettere sue, dal quale la figura del U'ibuno vien su
quasi al tutto diversa: non più Tantica baldanza, non più
l'altèra sicurezza di sé, ma l'attitudine umile d'un povero
perseguitato che lavora con ben poca fortuna a riconqui-
stare Talto luogo tenuto per Taddietro. Due anni trascorsi
nella solitudine d'un convento perduto fra ì monti non
possono non aver modificata in qualche modo la fisonotnia
morale del tribuno : gran parte delle qualità proprie al suo
talento ci si mostrano affievolite o scomparse del tutto il
giorno che lo ritroviamo impetrante grazia e protezione
dall' imperatore Carlo IV di Boemia. Il carteggio ch'egli
teime, durante il suo forzato soggiorno a Praga, coli' im-
peratore, col suo cancelliere Giovanni di Neumark e coU'ar-
civescovo di Praga, riflette interamente lo strano e inva-
dente misticismo che ormai informava la vita dell'antico
signore di Roma: le lettere, più che segnalare fatti nuovi,
presentano tutta una serie di considerazioni teologiche o
morali, ora fondate su la Bibbia, ora inspirate alle credenze
e alle profezie che a quel tempo circolavano in Francia, in
Germania, in Italia, e che annunziavano prossimo il tanto
aspettato regno dello Spirito Santo.
La fede in un prossimo principio del regno di Dio, dal
Intorno all'epistole di Cola di *7^r>M^o 457
quale il mondo sarebbe uscito rinnovato, fu quasi il fon-
damento del Cristianesimo, e anziché scemare, s'afforzò poi
di secolo in secolo. Anche dopo il mille, quel nucleo d*Ìdee
che aveva prodotto gli ascetici entusiasmi dei millenari,
seguitò ad animare migliaia e migliaia di credenti, e, assunte
forme ed atteggiamenti diversi, trovò ne! secolo mi il suo
più celebre apostolo in Gioacchino di Fiore:
!l calavrese abate Gìovacchino,
' Di spìrito profetico dotato (i).
Quel povero monaco, che con picciol numero di seguaci
erasi ridotto ad abitare poche e misere capanne su le falde
del Sila, ma che aveva pur predetta la morte al Barbarossa
e fatto tremare Riccardo Cuor di leone, apparve al medio
evo come il suo nuovo oracolo, come il suo profeta. Tosto
la leggenda s' impadroni di lui, e narrò come Tolio che ar-
deva su la sua tomba bastasse ad oprar miracoli d*ogni ge-
nere (2). Il nome di Gioaccliino di Fiore diventò quasi il
simbolo, sotto il quale, benché il monaco calabrese non
fosse stato in realtà die un teologo abbastanza ortodosso,
fu combattuta la guerra contro la curia romana. Il grande
movimento francescano scaturì direttamente, se non dal-
l'azione personale, certo dall' influenza di Gioacchino di
Fiore. Or chi non sa che quel tentativo, ascetico in appa-
renza, celava alti (ini politici e sociali ? Quando si predicava
la povertà essere il sommo e Tunico bene, e s'additava
all'uomo una perfezione ben diversa da quella, di cui la
Chiesa ha il segreto, non si diceva implicitamente che la
Chiesa doveva finire e far posto a una societd nuova?
Mentre ancora Gioacchino viveva, la fima di luì era
giunti fin neir Oriente, e di lA un eremita del monte Car-
melo, Cirillo, dotato anch*esso di spirito profetico, gli seri-
§
(1) Dante Alighieri, Farad, Xlf, 140^141.
(2) Gervaise, Hisiolrc de Vabbé Joachim; Parigi, 1754.
458
^, Gabrielli
veva per sapere il significato d'una visione da lui avuta (i).
Avvenne pertanto assai naturalmente che, in seguito, si as-
segnasse all'abate calabrese un precursore in questo Cirillo,
che mori molto prima di Gioacchino.
Cosi le profezie di questi due eletti di Dio, a misura
che la schiera dei gioachimisti andava ingrossando, enno»
insieme a molte altre, addotte in testimonio per dimo-
strare vicinala sostituzione d*una Chiesa povera e monastica
alla Chiesa ufficiale. S'aggiungevano inoltre le numerose
attestazioni della Sacra Scrittura, e tutte le più vive imma-
gini dei libri santi erano prese a presuto per dipingere a
foschi colori i prossimi castighi che preparavansi ai prctó
empi e mercenari. Gli abusi del potere temperile deBa
Chiesa erano insomma perseguitati con tale violenza da fard
credere che le cause d'una rivoluzione religiosa esistevano
latenri gii fino dal secolo xm.
Nel secolo xiv, aache dopo le condanne di vani papi
e specialmente di Bonifacio Vili, le idee gioachiraiste se-
guitarono, a traverso la formazione delle tante altre sette
affini, ad agitare e ad appassionare gli spiriri: la certi
della vicina ^ra dello Spirito Santo rimase ugualmente
nelle menti e nei cuori.
Il soffio di tune queste idee era forse appena arrivato a
Cola di Rienzo prim:ì ch'ei prendesse stanza tra i fraticdlx di
monte Maiella, i quali ne erano naturahnentc apostoli cildie
instancabili. Ma quanto più tardi le generali .ispirazioni ven-
nero a conoscenza di Cola, tanto più dovettero invaderne lo
spirito, trovando nella natura sua il terreno più adatto che
mai si possa immaginare. Da una parte si gridava al tri-
buno : guerra alla corte avignonese ; dall'altra gli si an-
nunziava vicino un nuovo regno dello Spirito Santo. Come
non accogliere lietamente quel primo invito? E come
non pensare che a lui, al salvatore di Roma, all' inviito
(l) GtRVAISE, Op. cit. II, 383.
Intorno alVepistoU dì Cola dì ^cn\o 459
di Dio, non dovesse nella nuova èra toccare la parte prin-
cipale ?
Qaando dunque frate Angelo si fece a richiamarlo alla
vita del secolo e a significargli le grandi cose che doveva
compiere, Cola trovavasi giA apparecchialo ad accettare il
consìglio, «Il regno dello Spirilo Santo s' avvicinava: egli
era chiamalo a fondarlo». Questa IMdea che ormai domina
Cola e che lo conduce a Praga; questo il concetto che
informa pressoché tutte le lettere de! secondo periodo. Ogni
volta che salve all' imperatore, al papa, a* prelari, Cola di
Rienzo non è più che una voce del suo tempo ; ciò che
noi leggiamo non è che la ripetizione di quanto cento altri,
mille altri uomini andavano proclamando d'ogni parte. I
nomi di Gioacchino di Fiore, di Cirillo, di Merlino, che
ricorrono assai di frequente nelle sue lettere, sono suflìciente
attestazione delle idee, dalle quali egli era dominato, « Iddio
voleva fino dal tempo di san Francesco punire gli uomini
degeneri, ma T intercessione del poverello d'Assisi e di
san Domenico fermò la sua mano onnipotente. Ora però
la divina vendetta sta per iscoppiare, e Téra dello Spirilo
Santo è vicina. Un uomo sarA chiamato, una cnm tlccto Im-
peraiorey a riformare il mondo ». Cosi dicevano le profezie.
E le stesse cose scrive Cola, appena giunto a Praga (i),
nella prima sua lettera a Carlo (2). Maquesri non risponde,
(i) L'arrivo di Coli in Praga è posto sotto due date diverse: il
riicon Ar^cntincnie ritiene la data della seconda quindicina di lu-
o; la nta invece assegna la data del i" agosto. Noi crediamo da
ferire alla seconda U prima data, perchò altrimenti» dal i** al
15 ago-lo, troppi a vvenimciuì Sirebbero accumulati. Difatti, il 17 agosto
,ii il papa rispondeva alla lettera colla quale Carlo IV gli comuni-
.va r imprigionamento di Cola, e che doveva quindi essere stata
critta almeno il 7 o P 8 di agosto. S' aggiunga che l'espressione dì Cola
rnedesimo: «... dum ffcr memcs Incinta quadam arta vita laborasscm »
(Bpist. lett, XXX) porta a credere che trenta mesi giusti siano corsi
[alla fìne del tribunato all'arrivo in Praga.
(a) Epist. lett. XXX.
4^0
G^. Gabrielli
e Io mette sotto custodia. Torna egli allora a scrivere (i),
narrandogli la nota storia della propria origine imperiale(2)
e stavolta 1* imperatore risponde che su questa non potevi]
dare alcun giudizio; che alle addotte profezie egli non prc
stava alcuna fede; che se i vicari ecclesiastici nundad ii^
Italia ogni di più la sgovernavano, non ispcttava a lui
punirli (3). Cola ritenta la prova in una terza lettera (4),
ma Carlo I\^ che doveva in gran parte al papa la sua dei
zione e la cui politica s'era sempre più accostata a quell
d'Avignone, non se ne dà per inteso. E invero laprigionii
di Cola, anziché all' imperatore, dovevasi a Clemente ^T
e agli ecclesiastici che lo dirigevano.
Alle antiche accuse, riflettenti gli atti compiuti d.i Coli
durante il tribunato, venivano ora ad aggiungersene JelliS
nuove e più gravi, provocate dalle opinioni eterodosse che
Cola esprimeva. Se quelle idee avessero soltanto rapprc-|
sentalo le utopie d'un esaluto, forse la curia non se nc^
sarebbe data pensiero. Ma la Chiesa andava combattcnJo
cosi fatte aspirazioni da più d'un secolo, e doveva ncces-|
sariamente vedere con sospetto farsene eco un uomo cM
cosi considerevole parte aveva rappresentata nella politica
di quel tempo. Di qui le persecuzioni contro Cola, neIl<J|
quali una cosa sola si nota con certa meraviglia; ch*c^J
non siano state assai più aspre e violente.
Cola citava Gioacchino di Fiore e gli altri più difti^j
scrittori di profezie, e la curia non cessava di dichiari"* j
falsi e mendaci. « Assai mi meraviglio - scrivevagli l'arci-
vescovo di Praga - che tu dia cosi illimitata fede a p^'
fezie apocrife, delle quali un vero crisuano non pui,scnx^
grande temeriti e senza pericolo per l'anima sua, i
(1) Epist. lettXXXI.
(2) Papencordt, op. eh. p. 64.
(5) Papencordt, op. cit doc. xiv.
(4) EpisL leu. XXXII.
4^1
Oa.ire la veridicità. Su ben altre fondamenta tu dovresti-
elevare la tua difesa! » (i).
Tutto ciò non è nuovo: Cola da un lato, e dall'altro
** arcivescovo di Praga non ci rappresentano se non un
Certo momento d'una lotta da gran tempo accesa e pro-
l\ingatasi.
Ma l'Epistolario presenta anche un altro lato che do-
vrebbe, a parer nostro, studiarsi di proposito e contraporsi
iille costanti tra:iizioni della curia: si dovrebbero, cioè, te-
nere nel dovuto conto i concetti meramente politici che
Cola di Rienzo propugna in questo secondo gruppo delle
sue lettere. Noi ci contontfremo d'accennarvi fugacemente.
A che mirino tutte le lettere scritte da Cola in Praga,
occorre appena ricordare: egli chiedeva a Carlo IV di po-
tere, colla stessa autorità avuta in passato, presentarsi di
nuovo al popolo romano. Ma già il titolo, che Cola doman-
dava d'assumere, era ben diverso: non doveva esser più
il tribuno che scongiurava il papa a lasciare Avignone e a
tornare in Roma, ma solo un vicario dell' imperatore, con
imperiale plenipotenza. E anzi, Cola suggeriva a Carlo IV
di farlo partire occultamente, prudentemente, senza strepito,
cosicché il suo ritorno in Roma riuscisse una vera sorpresa.
Basterebbe, forse, un tal fatto a dimostrare come il con-
cetto ghibellino si fosse fatto strada nell'animo del tribuno;
ma una ben più sicura conferma ne d.inno molti luoghi
delle lettere a cui ci riferiamo. Infani, le teorie ghibelline,
che vanno dall'ossequioso riserbo del De monarchia alle au-
dacie del Defensor pacis, e che diventate, da filosofiche,
politiche, erano state dalla curia dichiarate eretiche dopo il
famoso libro di Marsilio da Padova e dopo la lotta con
Ludovico il Bavaro, fanno apertamente la loro comparsa
negli scritti di Cola. Per questa ragione il tribuno aveva
trovato un alleato potente anche nel Petrarca, sebbene questi,
(i) Papencordt, op. cit. doc. xvia
Archivio delia R. Società romana di stona patria. Voi. XI.
4^2
Q/i. Gabrielli
in realtà né guelfo, né ghibellino, s' inspirasse a un concetta
eminentemente italico ed eminentemente nazionale. Eg*'
pertanto diede a Cola il suo appoggio, finche le idee di l»-*
si rivolsero alla restaurazione di Roma e d' Italia, cl'abban
donò quando il tribuno volle spingersi eziandio oltre IcAlp
Nella prima lettera indirizzata a Carlo IV (i), Coli offr
all' imperatore il proprio aiuto, nel caso che vogli.i rcai
in Roma, e promette d'acquistargli il favore di quegli su
fra gli Siati d' Italia, che più sì mostravano avversi airìm
pero. E anche più chiaramente s'esprime nella lettera XXXI
« Destati adunque - egli scrive all' imperatore -e impugi
validamente la tua spada, perché, come non devi esser
il clavigero {cìavigtrus)^ cosi non deve il pontefice esse^r"
V anniderò Qtrmigcrus) : la spada, che fu data a Cesirc, fi.^
negata a Pietro».
Cosi il concetto della divisione tra la spada e il paitorji^^
trova in Cola un sincero aderente. Ma nella medesima li;:—
tara egli aggiunge : « Or mentre tutti gli altri Stati godoo»
pace e tranquillitA, le provincie rette da uffiziali ecdesiisiici
sono dalla inerzia e dalla cattiveria di costoro trascinile Ji
male in peggio . . . Quanto megho farebbe che ciò ch'i' J»
Dio, si desse a Dio, ciò eh' è di Cesare, si desse a Ce-
sare! ». E continua ad accusare il papa e i cardinali, che
proclamano giusto ciò che fa loro comodo, ingiusto di>
che non li soddisfa nell'illegittime aspirazioni, e che, lio*
vunquesi veggono contrariati, stan pronti col fulmine delle
scomuniche. Per tal modo, approvano oggi ciò che con-
dannarono ieri! (2).
Opinioni di tal fatta, espresse con franca parola, spi^
gano come Cola non riuscisse ad ottener nulla neanche dal
Neumark e dall'arcivescovo di Praga, ai quali si diresse dopo
che vide inutile lo sperare nelK imperatore.
(t) Epist. Ictt. XXX.
(2) Epist. cit. leti. XXXJ.
Intorno aWepistole di Cola di ^^'en^o 463
La vita di Giovanni di Ncumark, l'alto luogo da lui
tenuto nella corte di Boemia, le sue relazioni con Carlo IV
e col Petrarca, offrirebbero tèma a un'interessante mono-
grafia. Il Papencordt, accennando all' importanza ch'ebbe
quel personaggio nella politica d'allora, prometteva di pub-
blicarne varie lettere inedite, e la promessa sarebbe certo
adempiuta ormai da gran tempo, se l' immatura morte non
•avesse troncato gli studi del geniale storico tedesco. Così,
^^ra, chi non intenda d'imprendere studi affatto speciali,
^accontenta, quanto al Neumark, di ricordare come, al tempo
^«lla dimora di Cola in Praga, sebbene non pcranco can-
^^elliere dell'impero (i), ma serapb'cemente canonico di
^reslavia e di Oltmùtz, egli tuttavia potesse, se voleva,
^^ccuparsi con frutto della sorte del tribuno.
La primi lettera, colla quale Cola si volse al Neumark (2),
rivela nello scrivente una perfetta conoscenza cosi dell'uomo
^I quale s'indirizza, come delle tendenze e dei gusti di lui...
E intendo gusti letterari^ dacché il canonico era fra i dilet-
tanti della letteratura e degli studi d'allora. Cola gli scrive
in tal forma, eh' è brutto esempio della più roboante am-
pollosit.1 dì stile, usata a dire le cose più sempiici, e che trova
nella risposta del Neumark (3) degno riscontro. Questi in-
fatti con istraordinaria enfasi porta a cielo i meriti del tri-
buno; ma, al punto di rispondere qualcosa di meno vapo-
roso, non sa far altro, che consigliare a Cola di tacere e
obbedire ai voleri di Cesare. Dopo ciò, nuova lettera del
prigioniero (4); ma da tutto quel retoricume vien sempre
meglio dimostrato il risultato affatto negativo delle preghiere
fatte al futuro cancelliere di Carlo IV.
(i) Tuttavìa, un atto della cancellerìa di Carlo IV, pubblicato
dal WiNKELMANN {AcUi Imp, incd. 764) e colla data del 1550, reca
la seguente firma : Per dominum rcgcm Johannes Noviforensù,
(a) Epist. lett. XXXIII.
(3) Papencordt, op. cìL doc. xvi,
(4) Epist. lett. XXXIV.
C^. Gabrielli
Anche su rarcivcscovo di Praga, Ernesto di Pardubit»iJ
né le antiche storie della Boemia (i), né opere più rwen^
danno notizie particolareggiate. A costui, qual rappreser
tante della giurisdizione ecclesiastica, sotto la quale Col
più direttamente ricadeva, il tribuno si fece innanzi h print-^
volta, meglio che con una semplice lettera, con una prolis
memoria, intitolata: P^enis tribuni Hbellus cantra scismatai
errorcs (2); ma la risposta deir.ircivescovo (3), oltre ìj
spingere, come già di sopra notammo (4), le argomenta
zioni fondate su le profezie, condanna con severiti js^"
maggiore il concetto politico, dal quale Cola era stato moi^
durante il tribunato. E si capisce: come poteva, ad esempio^ r
il Pardubitz mandar buona la teoria, messa innanzi da Col»- ^
che l'elezione dell' imperatore spettasse, quasi per diritto «t(^—
rico, al popolo romano ? «Cuiuslegisauctoritate,-egli scriva
a al tribuno - seu qua potestate, inter cactera iura et offici»
« in Urbe dudum abolita, quae posse reassumere Rom^nurt
« populum declarasti, etiam quod raonarchiam eligcrc pos^f^l
« et debcret sanxisti ? »
Ma non s'acqueta Cola di Rienzo, e altre lettere dinot-
ai Pardubitz; ora mostrandosi, insolitamente per quel pe-
riodo della sua vita, audace e coraggioso (5), ora invece
tentando di far vibrare la corda del sentimeuto e di com-
muovere l'arcivescovo colla narrazione delle proprie soffe-
renze. E una volta dice che il carcere è privo atfatto diaria
e di luce, freddo ed angusto: un'altra che neanche ha un
pò* di fuoco per riscaldarsi; e sempre domanda che almeno
s'affretri un aperto esame del suo operato.
In tutte queste lettere, simili fra loro per tanti riguardi.
Cola si à\ a vedere occupato da una sola, costante, irrcfre-
(i) Aene\£ SiLvn PicoLOMisi Hisioria bohemica: Amburgo^ if«x_
(5) Epist. XXXV
(2) Papencordt, op. cit. doc. xvin.
(4) V. pag. 460.
(5) Epist letL XXXVII
ntjorho all'epistole dì Cola di T{ien;o 4*5
Qabile preoccupazione: quella d'esagerare i meriti propri, di
vantare T inspirazione e raiuto venutogli dallo Spirito Santo,
di amplificare i benefizi recati al popolo romano dal tribu-
tiato, di magnificare il valore non perituro del suo tentativo.
Seguono altre lettere al suo antico aderente, l'abate di
Sant'Alessio sull'Aventino, al cancelliere del Comune di
'^oma, a un fira Michele di Monte Sant'Angelo (i), nelle
S^ali Cola esona tutti costoro a non iscoraggiarsi e a sperai
oeae della sua sorte.
Anche notevole è nel presente periodo la lettera (unica,
* Mostra notizia) al cardinale Guido di Boulogne, Era questi
^■^ poco tornato alla corte d'Avignone, reduce da quel
^Vio quasi trionfale viaggio in Italia, che tanto aveva a lui
^^^nciliato l'afFetto del Petrarca (2). I ser\'igi resi ni pon-
^fice, non solo in quella legazione, ma anche nell'altra
^^Utecedente presso il re Luigi d'Ungheria; la duplice pa-
rentela colle case di Francia e di Lussemburgo; io spìrito
^olce e conciliante: tutto ciò dava alla voce del cardinale
un'autorità maggiore che a qualsiasi altra. È dunque a
Quella veramente simpatica figura d'ecclesiastico che, me-
ttiore della benevolenza ottenutane nel suo primo soggiorno
in Avignone, Cola si rivolge fidente, e da Praga gli scrive
Una lunga e minuziosa lettera, cercando d' indurlo a in-
tercedere per lui presso Clemente VI (3).
Ma la speranza, che le lettere antecedenti mostrano
ancora viva nel tribuno, sembra quasi perduta del tutto in
cjuella diretta al figho suo, Lorenzo (<^): qui pare che Cola
non s'aspettasse più che 0 la morte o la prigionìa perpetua.
Ma, a dire il vero, tutt'altro che feroce spiega vasi la
persecuzione della corte boema. Carlo IV, benché amico a
(i) Epist. letL XXXIX. XL. SLLI. XLIV.
(2) De Sade, citate Mémoirts, III, J2-75.
(3) Epist. lett. XLV.
(4) Epht. lett. XLIII.
nente V£, che aveva conasduto in Frascb
r^oili, benché obbligato verso di luì di
ulate nel momento d^lLi sua. mcoroitaaioiic,
^, e le trattative ftz Praga e Avignone, mi
dco tribuno ai giudici ecclesì^isdci^ procciU
0 lentamente. Un^ambasciata sembra che foi
'imperatore a Clemente \T (r) al fine fac
partenza dì Cola di Rienzo. Tornata questi,
mente lascio la Boeraia, e può quasi con cenci
nersi che giungesse in Avignone ai primi del
Poco dopo il suo amvo, e precisami
il tribuno diresse una nuova lettera - tutta
umilia - al Parduhitz (3), ed è questa Vuì
pervetiuia del periodo della prigionia-
In seguito j le fasi del processo sono abb;
e si sa eziandio come dapprima la strana vod
che Cola fosse un grande poeta, e poscia la nia
mente VT cambiasse interamente le sortì del p
De! resto, questo periodo della sua vita si sol
ralmente al nostro téma pel fano che dall* agosti
all'agosto del 1354 l'Epistohrio presenta una 1:
non sarà, credo, colmata mai.
La lettera ai Fiorentini del 5 agosto 1354 (^
innanzi il tribuno nella nuova ed ultima fase de
tenza: ci pare, leggendola, d'essere tornati alle
somiglianti scritte a' bei tempi del tribunato ! E
curiosa illusione d'Innocenzo VI, che aveva cred
utile alla Santa Sede valersi di Cola di Rienz<
aveva per ciò dato compagno all'Albornoz, fec
giare alla mente esaltata dell* inviato dello Sp
(1) Vedi RODOCANACHl, Op. cit. p. JI).
(2) Vedi il nostro scrino neìVArcb. delia R. Soc. Rom.
XI, 188.
(j) EpisL lett. XLVI.
(4) Epist. leti. XLVII.
Intorno al T epistole dì Cola dì ^'en^o 4^7
i*ér.i nuova di fortuna e di gloria. Ed eccolo a Roma,
)n più tribuno del popolo, ma senatore. Il sogno però dura
bea poco; e quei due mesi d'effimera potenza si direbbero
fatti apposta per rendere più drammatico il quadro della
caduta finale!
L'Epistolario riflette quest'ultimo e brevissimo periodo a
traverso ie lettere dirette al povero Giannino di Cuccio (i),
riguardanti gli strani casi di lui. Per il racconto di questi,
ci basterà rimandare al Papencordt (2), che ne discorre
con sufficiente larghezza. Ma non sappiamo trattenerci dal
rilevare come anche tutta quella strana leggenda, e la parte
iluasi puerile rappresentatavi da Cola di Rienzo, non po-
trebbe più efficacemente darci l'immagine del decadimento
'^tellettuale che s'era operato neiruomo. Cosi l'interesse
'^elle lettere sue non si restringe solo ai fatti da esse re-
gistrati o raffermati, ma s'estende a tutta la sua tìsonomia
'borale, a tutta la sua vita interiore, a quella specie di pa-
rabola che descrisse la sua mente e il suo spirito.
VII.
Resta che brevemente diciamo dei mjnoscriiti, nei quali
le lettere ci furono conservate (3).
n Papencordt, che enumerò (4) le fonti per la storia
di Cola, distinte in iVtj/i:^/«" (// scrittori cofiUmporatn-i e Lettere
di Cola medesimo, usò senza dubbio Puna e l'altra serie
di cssti con acuto discernimento. Ma, vincolato, com'egli
era, dal carattere espositivo del suo lavoro, al modo stesso
(i) EpisL leit. L-Liri.
(2) Op. cit. pp. 296 e sgg. ì49 e sgg.
(j) Per questa parte cf. anche la Prefaiioiu al volarne delle Ltt-
di Cola di Rienzo.
(4) Op. cii. pp. J18 e sgg.
tktìt
od Gàiriiih
Di
in OD sol cotpo le ktitjc od cA^Ba, tuo pow
«rmo come S amadSo jI pk sono maanio a Ibi
^■aBBO perchè Tcnganp a dojòiealanpiamDcnocMh
iMn'Jtn deflfl su vìcl
L' ideak di chi improidc aa'ednìooe fi qoesio geneie
Mpefcbc n pocerb, almeno in grt& poncp 4<Tndijiie su vt
ooscntD ongìnah; ma por troppo non ^mpn, jà. litwfnt
mpoode la rrakl dcQe cose. Tale 1 caso ddt£fbatat
di CaÌ2 di' Rienzo. Infani, oooostamc Fj^pdlo nmho t
bMiotecfae, ad archivi, a snadiosi d'Itafia e ds fiiod (t)
akre lettere originali non posnamo annmmarc, alRofood
di qaclle gii noie (2) e segnalate dal Papeocordt.
Ma alla mancanza da testi originali tu.prOTride&Bil-
mente supplito il fano che tale apparisse ai coottflp^
ranei ed ai posteri più a lui vicini f colera & Cob^ ^
indurli a conservare per mille gmse le sue lettere E ^
abbiamo ricordato come il Petrarca si rallegrasse ^
reUgiosa anenzione ond'esse venivano lette e custodiw 0)
Cosi e che possediamo ancora oggi più d'una raccolOi
dove le lettere del tribuno sono accuratamente trascritte e
sopra cui si può con discreto frutto condurre un'edi^onc.
Codesti manoscritti vogliamo, com' è obbligo nostro,
enumerare brevemente, non senza dire che, in gencd^
ciascuno di essi venne gii da altri utilizzalo o io on^^
in altra sua parte.
(1) Vedi ncìVArch, delia R. Scc. Rem. di sU fttiria :'
p. J23) r« Elenco delle leuere di Cola di Rienzo » e l'innci,.
Ure, che la Società si die' cura d'inviare dovunque potcssttottfp*^
esistenti scritti del tribuno di Roma.
(2) EpisL lett. VI. XI, XXIX.
(3) Vedi sopra p. 428.
Intorno alVepistole di Cola di l{ien-{o
Un primo codice si conserva alla biblioteca Nazionale
di Torino, segnato H, III, j8 (i). Se ne servi gii l'Ho-
bhouse (2), traendone parecchie lettere dì Cola; ma cosi
piena d'errori presentasi la trascrizione di lui, che la nostra
non ha potuto menomamente avvantaggiarsene. Conobbero
anche questo manoscritto il De Sade, il quale ne cavò
l'unica lettera di Cola al Petrarca che ci sia pervenuta (3),
e il Levati, che di questa stessa lettera fece una tradu-
aone italiana (4).
Una particolareggiata esposizione del contenuto del co-
dice sarebbe superflua, dacché tutti i documenti, che vi si
leggono, riflettenti la storia di Cola di Rienzo, furono già,
secondo l' ordine onde vengon dati dal manoscritto, enu-
tnerati dal Papencordt (5).
Una seconda collezione di lettere e documenti attinenti
a.Ua vita di Cola fu indicata dal Pelzel, che su la fine del
secolo passato scrisse la storia di Carlo FV di Boemia (6).
Quest* importante codice del secolo xiv era anch' esso
noto al diligentissimo Papencordt; ma, nonostante le più
(i) Cod. cartaceo (tranne le ce. 1-6 in pergamena), dimen-
sione 280 . . 205, appartenente alla fine del secolo xiv e al prin-
«:ipio del XV: antica segnatura E, II, x8: di carte 201 e due di
guardia. Contiene, oltre i documenti relativi a Cola di Rienzo, molte
lettere dei secoli xn e xiii, e specialmente di Federigo II, di Pier
iiella Vigna, di Gregorio IX e Innocenzo IV, tutte riflcttcnii la con-
tesa ira l'Impero e la Curia; varie lettere di Coluccio Salutati, una
di San Girolamo, alcune anngae e discorsi d'indole politica; e tutti
questi documenù raccolti senz'alcun ordine e come vcnivan sotto
mano. 11 cod. è evidentemente scritto da mani diverse. (Cfr. Pasini,
Codicts mafiuscripti bibliothicae u^ii taurintnsis aHìtnati; Torino,
1799, J>. ^57.
(2) Historicaì illustrations of tht fourt Canto of ChiUU Harold ,
Londra, i8id.
(}) Citate Mèmoir^s, III, Pihccs jusiificativcs, XXX.
(4) Op. cit. II, 448.
h) Op. cit 319.
(6) KaisiT Karl àcr Vurk\ Praga, 1780.
470 C4, Gabrielli
accurate ricerche, egli confessa di non averlo potuto rin-.^-^
venire. Dovette aduaque contentarsi d*una copia fittaDtì
eseguire dal Pelzel medesimo; ma la trovò cosi irta d'er-
rori, da dover ritenere impossibile il ristabilire quel testo
senza avere sott' occhio il codice autentico.
Egli turtivia non esitò a trarre intanto da quelli cat*
riva copia la maggior parte delle lettere contenutevi a 3
stamparle, tali quali erano, fra i documenti aggiunti alla bio-
grafia di Cola. Ne rinaanevano però sempre alcune inedite,
di cui egli diede semplicemente un breve sunto (i)-
Noi siamo stati più fortunati delF illjjstre storico, dac-^
che il tanto desiderato codice abbiamo rinvenuto allVar*
dÙYio Vadcano, dove non sapf»amo quali vicende lo ab*
luano condotto (a). CoA TEpistolarìo amterrà il testo, ddk
lettete senza le lacune e gH emm lamentati ndk copia
dd PeheL
n contenuto . dd codice, tranne la cambiau numera-
none dd (o^ è lo stesso ddla cc^ia colorata dal Pqicn-
cordt, cke ne diede un ordinato indice (3). A lui, dunque,
senz'altro, possiamo rimandare.
Questi sono, come a dire, i due capisaldi dell'edi-
zione. Ma un altro codice - e questo il Papencordt non
conobbe - si conserva nella Feliniana di Lucca (4), alla
quale provenne dal cardinale Nicolao d' Aragona (5), Il
codice è ivi segnato: pluteo Vili, 545; membranaceo, di
(i) Sono. n^V Epistcìario, le lettere XXXII e XXXIV.
(2) Ce ne diede cortese indicazione il rev. Don Pietro Pal-
mieri, custode nell'archìvio Vaticano, cui rendiamo grazie pubbli-
camente.
(3) Op. cit. pp. pi e s^g,
(4) Quesu biblioteca - per chi ami ricordarlo - è quella del Ca-
pitolo della Metropolitana, chiamata anche Feliniana, perchè dono in
gran pane dì Felino Sandeì, notissimo canonista e vescovo di Lucca
(■+- iSO>).
(5) Debbo questa notizia ed altre intomo al cocBce al dùaro
S. Bongi, direttore dell' Archivio dì Sttlo in Locca.
Inioffìo alVepistole di Cola di ^{ieUyO 471
carattere della fine del secolo xv o del principio del xvi»
contenente un' imponante miscellanea dì documenti ri-
guardanti la storia di Roma medievale. Fra questi, ai
fogli 359-J64, leggonsi due lettere di Cola, senza data,
al popolo romano, precedute da altre di Clemente VI a
Carlo IV.
Noi diamo dal manoscritto lucchese le due lettere, che,
del resto, furono già edite, benché malamente, nelle Mi-
scellanee del Baluzio (i).
Accanto alle sopra dcne raccolte, d'indole in cena guisa
letteraria, sono da porre le copie redatte dalle varie can-
cellerie e conservate negli archivi d'alcuni tra i Governi,
coi quLili Cola ebbe relazione. E ricordiamo anzi tutto
l'archivio di Firenze, dove, al volume XVI dei Capitoli
del Comune, conservansi in copia sincrona ben dodici let-
tere di Cola, dieci delle quali furono pubblicate dal Gaye (2),
una fu per la prima volta edita dal Papencordt (3), e un'altra
- Tultima - vede la luce nelF odierno Epistolario (4).
-\nche neH\\rchivio di Stato di Lucca, il manoscritto
"• 55 (5) J^"^'^ ■5**'''* ^*1''' Anziani avanti la libertà (jS)
contiene un esemplare delle due lettere del 7 giugno e
del 9 luglio 1347 (7), che appariscono simili ad altre
(i) Stephani Baluzh MisuUdtttdf opera ac studio Iohakkis
DoM. Mansi Lucensis; Lucca, 1762, voi. III.
(2) Carteggio inedito d^ artisti dei secoli xiv, xv, xvi ; Firenze,
i8j9, voi. I.
(}) Op. cit. dee. XXXIV.
(4) Epist. lett. XXVIIl.
(5) Nell'antica distribuzione segnato: Armoiiio j, n. 26.
(6) « Liber literarum missarum et rcceptarum ex officio dom. An-
fl tianorum Lucani comunìs, factus, compilatus et ordinatus prò
e anno N. D. .mcccklii. incipiendo in kal, ianuarii dicti anni,
o exìsicnte cancellano dictorum dora. Antianorum provido viro ser
« Cccho Ghiova Jc Luca not. et scriba diete cancellane prefatorura
o dom. Antianorum, me Aytante filio Vannis Aytantis not. civ. lue. ».
(7) Epist, lett V e X,
L
472
e^. Gabrielli
dirette, in forma di circolare e colle stesse date, a Firenze, a
Perugia, a Mantova, L'archivio di quest'ultima cittA ci
ha pure conservata, oltre quella del 9 luglio, una seconda
lettera a Guido Gonzaga (i), Funa e l'altra nell'originale.
A queste due, in conseguenza, e a quella mandata al Comune
di Aspra (2), si riducono le lettere, che ci è dato leggere
nell'originale, anziché nelle copie.
Dopo le fonti manoscritte, che per le lettere di Cola
rappresentano il maggior numero, van ricordate le fonti
a stampa, delle quali è pur forza tenersi paghi nella defi-
cienza dei codici. Ma queste, nel caso nostro, si riducono sol-
tanto alle note Gesta pontificum Tungrcnsium dell' Hocsemio,
dove due lettere sono inserite per intiero (3), e al volume II
delle opere del Petrarca (edizione di Basilea), che contiene
la lettera al cardinale Guido di Boulogne (4). E si noti,
quanto al secondo dei due documenti datici dall' Hocsemio,
com'esso si presenti pressoché simile alla lettera XXVII,
scritta nello stesso giorno ai Fiorentini e conservata, come
gii dicemmo, tra i Capitoli del Comune j cosicché la ricosti-
tuzione dell'un testo trova nell'altro un efficace controllo e
un valido sussidio. A ogni modo, la provenienza delle tre ,
citate lettere resta sempre un problema insoluto, che noi
sottoponiamo all'attenzione degli studiosi.
Tali le fonti di tutta quella serie di lettere che va dal
1345 al 5 agosto 1354 (5). Oltre a questa data, non resta
se non il curioso carteggio con Giannino di Cuccio, per
il quale ci soccorre un gruppo di manoscritti affatto stac-
c.ito e distinto. Ma di tali fonti sari detto qui solamente
quel tanto che strettamente occorre al nostro téma, spct-
(0 Papencordt, op. ciL doc. i; Epist. letL VI,
(a) Epist. Ictt. XXIX.
(3) Epist. Icit. XXIII e XXVIII.
(4) Episi. lett. XLV.
(5) Questuò U data dell* ultima lettera diretta ai Fiorentini. !nc.
« Mirabilis vìrtutcm dotiùnus ».
Intorno aWepistoìe di Cola di T^'en^o 473
tando piuttosto a chi imprenda un'edizione critica dell* Hi-
[Storia di Giannino parlarne di proposito.
Agli studiosi non può riuscir nuovo il fatto che la
leggenda di Giannino di Cuccio è a noi stata tramandata
per via di molteplici codici. Ed è parimenti superfluo
l*avvcnire come appunto da quel testo sì ricollegliino le
lettere indirizzate a Cola a quella misera larva di preten-
dente, e come in conseguenza esse si veggano riprodotte
in una pressoché identica versione italiana, se non da tutti,
dalla maggior parte dei manoscritti del!' Historia. Basterà
segnalare i due ben noti dodici della biblioteca Comunale
dì Siena, C, IV, r^ (i) e A, HI, 27 (2) e ti Barbe-
riniano XLV, 52 (3). In questo però, ch'è tenuto pel più
antico e autorevole^ al racconto dell'avventura non segue
la trascrizione delle lettere che vi si riferiscono, E pure
^^(iranne che per cotesta parte epistolare) sono copie del
^H (i) Codice miscellaneo, cartaceo, proveniente dalla librerìa
^^d'Ubcno Bcnvoglienti, scrino nel secolo xviii, la massima parte
Ò2. una stessa mano: dì carte 312 (nuova numerazione)^ di cui
alcune bianche.
^— ^ La Hiitoria 0 Ug^enda del re Giannino è ivi contenuta da e. 197
^Hk e. 286. Seguono (ce. 287 r-292 r) altre notìzie raccolte dal copia-
^^tore della leggenda, relative a Giannino di Cuccio e ad alcuni suoi
discendenti.
(2) Cod. miscellaneo, cartaceo, composto dalla riuniane di mss.
diversi dei secoli xvi, xvii e xviii, con un quaderno di minor for-
mato, inserito tra le ce. 155-176, che credesi scritto nel sec. xin
(se non è piuttosto una contrafazione); di ce. J35 (numerazione
modem a).
Della Leggenda non contiene che la parte epistolare, cioè due
lettere di Cola a Giannino, e una d* Antonio romito a Cola; la scrit-
tura di questo frammento è del secolo xvm, ed esso è una copia
oaaterialc fatta dalla Ltggtnda completa, contenuta nel sopra citato
codice C, IV, 16.
(j) Cod. cartaceo, del secolo xv, con legatura modernissima,
di ce. 62 ; dimensioni 328 X i^* ^^^ fregio alla sola iniziale della
prima pagina, e intitolazione in rosso.
474
Q/i. Gabrielli
Barberiniano il codice della biblioteca Nazionale di Parigi
«Ital. 593 » (i) e il Chigiano Q, I, 27 (2).
A foglio 219 del codice parigino (3), dove comincia
il testo delle lettere di Col.i, si trova scritto da mano diversa
dallii solita: Lettres de Nicolas de Ritn;^i^ e subito dopo:
« Lcs iiombres marquòs à la page extòricurc se rapportent
« aux pages et aux numòros des Osscrva:;ioni di Girolatiio
« Gigli sopra la storia del re Giannino ». Wdesi dunque
chiaramente che questa trascrizione non può essere ante-
riore ai primi anni del secolo scorso, dal momento che
il trascrittore aveva innanzi le O55tfn'fl;^iom composte su la
leggenda di Giannino da Girolamo Gigli (4).
(i) Cartaceo, di fogli 234, con legatura modernissima in maroc-
chino rosso. A e. 2 (precede il foglio di guardia) si legge la se-
guente intitolazione: Historia ckl re Giannino di Francia, copiata dal-
Vantico manoscritto, che fu in mano dA signor Celso Cittadini, nohiU
senesf, et bora si trova alla biblioteca Barberiniana; dal che eviden-
temente risulta essere il manoscritto parigino una copia del Bar-
beriniano.
(2) CoJ. cartaceo, di ce. 140. Contiene, oltre V Historia di Gian-
nino {ce. 1-60), un estratto delle Historiae Smarum di Sigismondo
Tizio. Sul frontespizio si legge (come nel citato codice parigino):
Hiitoria etc. tratta dall' antico ms. che fu in matto del signor Celso Citta-
dini, nobile senese, et bora si trova nella biblioteca Barberiniana, 1663, La
leggenda di Giannino m^tnca, anche in questo codice, del cap. XXIII,
che appunto, negli altri manoscritti, contiene VcpistoU relative al
curioso episodio.
(5) I fogli dal 4 .il 2 r8 sono occupati dal racconto; quelli dal 219
al 1)4 dalla corrispondenza.
(4) Giova ricordare come queste Ossentaxiotti fossero state ideate
dal Gigli quasi ad illustrazione dell'edizione, ch*ci proponcvasi di
condurre a termine, dcìV Historia di Giannino di Cuccio. Egli infatti
ne discorreva nel %qo Diario Sanese (Lucca , 1725)1 dove registrava per
ordine cronologico gli avvenimenti di Siena. « Noi non parleremo
« qui - egli scrìveva - di questo principe sventurato, perchè abbiamo
« promessa questa curiosa istoria a tutti i letterati, e stiamo ormai
« per pubblicarla, non solo per mettere alla luce un illustre perso-
a naggio finora quasi a lutti ignoto, ma per aggiungere un ottimo
Intonw all'episiole di Cola di Q^en^o 475
Parimenti, da qualcuno fra i codici italiani deW'Historin
sono tratte le copie del secolo passato, nelle quali la bi-
blioteca Reale di Parigi possedeva le lettere di Cola
che vennero trascritte e poi messe a stampa dal Mon-
merqué (i). Che anzi, secondo il parere di quest'ultimo,
chi avrebbe, durante una lunga dimora in Italia, redatte
quelle copie, sarebbe precisamente il De la Porte du Theìl,
erudito insigne del settecento.
Ma si rispetto alle fonti genuine, si rispetto a quelle
adoperate da] Monmerqué, l'autorità del codice Barberi-
niano rimane sempre maggiore, ed è veramente a deplo-
rare che in esso manchi proprio quella parte che più serve
al caso nostro,
A questo punto però dobbiamo ristare un momento
dinanzi al fano notevole della parallela lezione latina, in
<K testo di lìngua toscana agli altri del buon secolo. Promettemmo
«« quesu edizione a' giornalisti di Venezia, che nel primo giornale ne
*c parlano, colle note dellMnsigne leiteraio m' Giusto Fontanini;
*< ma avendo egli avuto alle mani cose Ji maggior rilievo, le corn-
ac pilammo per noi medesimi, e ne lasciammo un originale nella
«K libreria del Collegio Romano con altri manoscritti sanesi in osse-
«t quio airemineniissirao card. Giov, Batt. Tolomeì, i3ostro gran
«I benefattore » (Diario^ I, 138),
QuestVn'j^jffa/i; della trascrizione e deirillustrazìonl del Gigli esì-
steva infalli, in tre volumi segnali K, d, 1-5, alla biblioteca del Col-
legio Romano, quando il Papencordt, che ne fa cenno (op. cit.
p. 349), preparava il suo Cola di Rien^. Ma, alla bibliotccn Nazio-
nale, i tre codici, del pari che la maggiore e miglior parte del fondo
gesuitico, non sono, com'è noto, pervenuti. Una copia però, tanto
del testo, quale avevalo preparato il Gìgli, quanto AtW Osservaxioni
di lui si uova alla Chigiana, in due volumi segnaci: Q., I, 28 e
(i) Dissertation historiqut sur Jean 1*^ , roi de Frana tt rf* Navartif
parM. MoNMERauÉ; Parigi, Tabary, 1844. Anche il Rodocakachi
(op. cit.) ristampò recentemente queste lettere; ma egli, che ignorava
la pubblicazione del Monmerqué, sì servi del codice A^ III, 27 della
Comunale di Siena.
47^
CVf. Gabrielli
cui i medesimi documenti ci sono stati tramandflii ndlà
Storia di Siena di Sigismondo Tizio (i), che consen'asi
manoscritta alla Chigiana ed è Tunica fonte che ce 1Ì
dia in quella forma. Quivi leggiamo- le scesse epistole,
che i codici sopra citati contengono nella lezione ita-
liana. ^^
Or donde trasse il Tizio queste lettere? Nulla egl^^f
ne dice: e soltanto della Dicìnara:^ionc del 4 ottobre 1354(3)
afferma d' aver veduto l'originale. Dal Tizio trasse il Pa-
pencordt questa Dicbìara:^onc e la mise a stampa in fine il
suo Cola di Rienxp (3).
Ma, tre anni dopo ch'era apparso il libro del Papcncordi.
il gii ricordato Monmerqué trovò la Dichiara:^ione in uni
pergamena del secolo xiv, che e probabilmente la stessa ve-
duta dal Tizio. Essa infatti faceva parte dell'archivio itìU
casa Piccolomini di Siena, e nel catalogo della venditi,
dalla quale pervenne al Monmerqué nel 1842, era appunto
annunziata fra i titoli di quella casa.
Il iVIonmerqué, oltre la ristampa del testo, diede del do-
cumento un buon fac-simile (4), ch'è quello appumo uti-
lizzato netl'l-pistoloi-io. Quanto poi alle altre tre lettere (j)i
non si poteva uscire dalla trascrizione del Tizio, che pare,
del resto, abbastanza accurata.
Ora, data questa duplice lezione delle lettere, un pro-
blema si presenta spontaneo : - in quale delle due forme cìk
uscirono dalla mente di Cola?- Alcune parole, che il Tizio
fii precedere alla lettera di quel frate Antonio, dal quale tu
i
co Per le opportune notìzie intomo alle Hùtoriat Sfmmm àó
Tì7.io, rimandiamo al Papencordt (op. cit p. 553).
(2) Epist. lett. LII: « Hic est modus et tenor dcclarationis in
(( omnibus et per omnia compìlatus qualiter fuit subaltemuas JUìos
« regis Luygìi et regine Clementic tempore nativitatis filii prefià ••
(3) Doc. xxxvn.
(4) Allegato alla citata Disstrtation etc.
(5) Epist. lett. L-LIII.
Intorno all'epistole di Cola di ^'en^o 477
segnalata a Cola l'esistenza di Giannino (i), spargono una
certa luce su la questione. << Antonti aucem lìterarum -scrive
« il Tizio - transmLssarum ad Senatoreni, tenor huiusmodi
« fuit, a nobis hic in Litinum coiìvcrsus his verbis », e qui
segue la lettera sopraddetta. Ma avrà il Tizio tradoite egli
anche le lettere dì Cola di Rienzo? E perchè il tribuno
avrebbe, in questo caso speciale, fatta un*eccczione ni co-
stume cancelleresco, da lui sempre seguito per Tinnan^i, dì
scrivere in latino? E se la pergamena conosciuta dal Mon-
merqué e redatta in latino, perchè gli altri documenti lo
sarebbero in volgare? E perchè Cola avrebbe rotta in tal
guisa una tradizione cosi radicata? Noi non sappiamo farci
persuadere dalle poche parole di Sigismondo Tizio; ma
richiamiamo sull' interessante problema Patienzione degli
studiosi.
^K Dalla brevissima rassegna fatta dei manoscritti, che ser-
^TOio alla stampa delle lettere, il lettore ha già potuto ve-
dere come non si presenti quasi mai la simultanea esistenza
d'una medesima lettera in due o più manoscritti: dal che
il lavoro dell'editore viene di molto semplificato.
La più rilevante eccezione a questa, che può dirsi la
regola generale, è costituita dalla citata lettera al Comune
di Viterbo (2). Anche di essa abbiamo una duplice lezione,
latina e italiana; ma, mentre la prima si trova soltanto nel
noto codice della Nazionale di Torino (ed è certamente in
tal forma che il documento usci dalla cancelleria romana),
la seconda (3) è contenuta in più d'un codice, tra le più
diffuse cpistolac che circolavano nel medio evo, come quelle,
ad esempio, di Dante ad Arrigo VII e di Morbosiano,
principe dei Turchi, a Clemente VI, Sembra insomma
I (i) Vedi la narrazione del Pape>4CORDT (op. cit. pp. 296-502)
e lo schiarimertto dì lui: Uihir Gianni di Cuccio (op. cil. pp. 34^5)4)
(2) Epist. leu. II.
(j) Epist. Appendice, I.
Archivio detii fi. Società romana di ttoria patria. Voi. Xf . 32
jEsara 7. .T^T X
?,SDÌit tt Zsia. à 3usi^ j£ Cim^at d
'5 C-rrsacttiie ìl ir*i^ 77-* ieOa SàSuicCEcz »àà re. --'fj-i* ii! Bi-
--f^^.-xrr m p.t^si^csciCT ( 3^. dt^ ^. j^f ccose tcio. footc Ìdle
Lficsr; ii CcCx 3Ci- ccntrxraatisxc * ^ebsd? scp<pcoeva S PapCD-
o- che =cc mrr» pento vrsto il m jti>7sc.: ùiLy esso
okr* U lecera. ai ^Iter^csi, alcca aStro iocuznecto n-
A TTU i: CoU. È on codL cartaceo àrì. secolo xir, ci-
rasere t/Toio idl'epoca, legatura in marocdtiDO rosso, £ cane 108.
A e 7^: Pistoia a CoU di RuK;(f a! Comxm € réciori d^U cùlà M
Intorno aWepistole di Cola di ^ien^o 479
<ldr Epistolario, risolvono, volta per volta, tutte le questioni
X33inute, alle quali esso possa dare occasione, e, quanto ai
codici adoperati, la Prefazione alle lettere dice brevemente
t^tto ciò che non ha potuto trovar luogo nel presente
scritto, d'indole sintetica e generale,
A noi dunque rimane solamente a sperare che tanto
il ravvicinamento qui tentato fra repistolografia del medio
"^vo e la produzione letteraria di Cola di Rienzo, quanto
le osservazioni fatte intorno ai caratteri e al contenuto
«delle sue lettere, traggano gli studiosi a sempre meglio
riconoscere l'importanza della pubblicazione proposta dalla
Società Romana e intrapresa dall'Istituto Storico Italiano.
Annibale Gabrielli.
4
/ Diario di Stefano Infessura
ALLA NUOVA EDIZIONE DI ESSO
Iella sua adunanza plenaria dell' 8 aprile 188^
r Istituto Storico Italiano approvava airun.inioutà
' che si proctidesse alla ristampa del diario di Ste-
fano Infessura (1). Il presente saggio intende a dichiarare
quali furono gli studi che precedettero e i criteri che servi-
rono di base alla nuova edizione.
È noto che primo a pubblicare questa fonte di storia
fu già nel 1723 Giovan Giorgio Eckhart, amanuense del
Leibnitr, poi professore di storia ad Helmstiidt (2), Egli
r incorporò al secondo volume del suo Corpus hutoricorum
nuda lUVÌ, dandolo in luce da un manoscritto della biblio-
teca Reale d'Hannover, riscontrato con un altro codice Ber-
linese (bibl. Reale it. fol. 37) che, a quanto sembra, co-
nobbe dopo (3). Nel 1750 il nostro Muratori scriveva al
Marmi: «II diario dell' Infessura Tho anch'io nell'Estense
(z) BulUtiitìQ d£ir Istituto Storico lialiano, I, 6$-66.
(2) Vedi intorno all'Eckhart il von Wegele, G^schichte àtr d^t-
scben Historiop-aphie, Lipsia, 1885, p. 638 e sgg.
(j) EccARDi Corpus historic. mtdii atvi, Lipsia, Gleditsch, II,
coL 1863-2016. V. Pnf. n. xvii.
4^2 O. Trnnmasini
«e petìsiva dì «Ltrlo fuoii io Q primo (i). Il signor ^'
« dnlo (cosi Utìneggiito compiriva il nome deli'EckbSt^
« odia repubblica ddlc lettere), il stgnor Eccordo bui^^^
« riu pubblicato neOa Raccolta de' su<h Soittori Germani ^^
«eoa cuttodó penso di risumparlo» (2)- Ne Tidei <*
Muratori era mcn che buona; daccbè il diario dell' lof*^^^
som int^essa troppo più k storia italiana e romana, c-^ ^
non la ted^ca; e se Pcdizioae italiana fosse riuscita n:^:^
gUÒpe^ avrebbe fatto dimenticare per certo quella che
ordine di tempo era stata la prima. Ma ti iMuratori tri
il suo testo solo da un codice del secolo xvu, ora con^e
vato nella biblioteca dell^Ardiivio di Stato in Modena, di
verso da quel che serri aU^Eckhar^ ma non migliore;
per quanto il Muratori sapesse ch'altri manoscritti ne ste
scro alla Vaticana, non gli era fadlc allora averne copia
Anzi, dopo che la prima edizione delTEckhan aveva Éittc^=^^
coQoscoe intero il cesto del diario, dtato prima a spiz^cc::^^
e dove giovava, segui che ramare dell* Inlessura alla li — ^
berta comunale di Roma, e Inanimo acerbo da hiì mostraK==^
verso pontefici che la spensero, fe<sro ritrosi gli storicìtsss^
in tempi non liberi e non sinc^, ad occuparsi di esso, ^^^
più ritrosi ancora gli archivisti e ì bibhotecari in coqc^"^
deme i manoscritti allo studio.
Anzi, il Muratori stesso, ripubblicandolo, ebbe bisogne^
(i) Questa lettera basta a mostrare quanto ben s'apponesse il
teologo Frantz, quando accintosi a purgare dalle gravi accuse la me-
moria di papa Sisto IV, annegg^ando contro il diario deirinfessura»
che insieme colle lenere del Filelfo e cogli scrìtti di Luigi XI gli
sembrava costituire « das Hauptarsenal der Angriffe gegen Sixtus IV n,
scrìsse: « Muratorì tnig mit Recht Bedenken, sie der Sammlung seiner
« Scriptores Rer, Ital. einzureihen und entschloss sich nur deshalb
« dazu, weil Eccardus dieses Tagebuch bereits den ** Gelehrten "
« zugànglich gemacht hatte ». Cf. G. Fraxtz, Sixtus IV und dU Ri-
puhlik Floreni, Regensburg, 1880, p. vi e sgg.
(2) Vedi LuD, Akt. Muratori, Lettere inedite scritte a Toscani,
Firenze, Le Mounier, p. jaa.
// diario di Stefano Infessura
483
ttenuare con considerazioni difensive il fatto suo, sop-
:ienJo qualche brano, rimandando chi avesse desiderato
ii!i all'edizione tedesca (r); a lui bastando che un testo
a.nta importanza non fosse escluso dalla sua grande rac-
a. italiana.
Perl* innanzi maraviglia invece che precipuamente dalla
>la storica ecclesiastica sia da ripetere il credito e la
isione che conseguì il diario di questo scrihasenato. Del
L fatto è da ripetere Torigine un pò* dalla materia e*un
dalia forma dell'opera di lui. Dacché tra molti nota-
iti in cui egli adombni, più spesso che non dichiari, la
ia comunale di Roma, n'd di quelli che grandemente
Pressano la Chiesa. Dove egli, per esempio, accredita
L reliquia, o attesta un miracoloso registra una canoniz-
Jone, o dà rehizione d*un conclave, o allega un parti-
are del cerimoniale, T autorità di lui parve preziosa,
lindi il Panvinio (a), il Bosio (3), il MartineUi, il Ni-
(i) Muratori, Rcr. It.Scr. Ili, par. 2*, e. 1 1 [o, pref.: « pauca mìhi
acuit expungerc, qtiac foeJiora mihi vìsa sunt atquc in^tigna, quae
)ae:»ùs auribus atquc oculìs olTcrantur. Qui eiusmodi sordibus de-
cuttur, eJìtìooem HccarJi adeac ».
[2) Ci. le sue Vite ài Sisto ÌV 0 d' Innocenzo P'III scritte in contì-
tione alle Vitae pontificum del Platina. Il Pouget. le cui note « ex
Tonicis bibliothecac Colbcriinac « riferisce il ìMontfalcon {BibL
cih, mss. e. M51), a proposito del ms. Colbertiano dell' Infessura
rva: «De Sisto IV, quem t.imen laiid.it Onuphrius, horrenda
rrat, ncc quibusdam aliis pontiticìbus p^rcit », senza rilevare
Ito appunto il Panvinio stesso accatta dall' Infessura.
j) F. Martinelli, Primo trionfo dilla i"» Croce, 1655, e. 64;
Bosio, La trionj'ank e gloriosa croce, Roma, 1610, nella stam-
a del signor Alfonso Ciacone, p. 62; Ho. NiauET, TitulusS. Cru-
Parisiis, i6y8; i quali autori citano il brano deirinfcssura «die
ima mcnsis fcbruarii anni 1492 «. Soresini, De Cupitibus Ss, App.
i et Pauli in sacrosanta Lateratumi ecclesia assem'atis, Romae, 1675,
$Ji S4« S9» 106, 107, 115. Delle citazioni del Rainaldi e degli
Uìsti terrò più panicolare proposito altrove. Il Niquet lo allega
antiquo rerum Romanae urbis diario a Laclio Petronio, Paulo
4*4
O. Tomamuim
qua, 3 Rainaldi, Io Chicoo (Caooiuas), 3 VatarcQi,
rOldotni, il padre Casimiro, 3 Marini, il Sevenni, il So*
resini, il Ganico, il Garampi vi si ritienrono con colcos
uluni andie segnalandone i manoscncd in booo nanot^
per sino a che TedizionJ non ne disuserò il testo; di
guisa che può sembrare non estraneo all'ultima (beni i
compilazione che il Libcr pomtificalis assmwr od se-
colo IV (i), e quasi un anello di congiunzioiie tra reflb-
mtfrìdì della storia dvile di Roma, che col secolo xv muore,
■ de Magistris ce Stcphano Infessora cooscrìpto» qaod numaoT^j*
« habctur in bibliotheca Folvii Archingclt Balneoregieiisb a. 0 pi Ci-
smuro (Stòria tTAracdi, pp. 416, 4tS, 424^ 4^, 469) ne cita t o»^
Chigiano 1226, Vaiìc. 6^89, ;}94,unms « presso il ngtior tatsà^
u Pompeo Frangipane » e quello • presso i! signor Fraiucsco V^e*
* sio s. Marini, Archiatri, II, 200, q. 14; G. Severano, Mfmarù ìxrt
di!U setti chieu di Roma, Roma, 1650, pp. 161, 511, 520, 574. Git-
Tico, Acta seìtcta caeremoniaìia S, R. f. ex variis mus. codicihì ^
diariìj iiuculi xv, xvi, xvu, Romae, 1755, cita Tlnfcssarx a e }»^
e Della prefazione (pp. xiv-v) osserva: 1 Illa autem ipsa caosa,^»»*^
«me ad Burcardi excerpta buie collectioni inserenJa pcrmovii ei4e*^*
a multo magis ìmpuHt ut ex aliU Lìbris Diariìs Romananim RcroK*-"
« quos in ArchivUa invent, fragmenu aliquoi eruerem ; licct ipsom**
w aliqui Inter Scripta Rerum Italìcarum collocati fuerioi • ~
« Idem Muratorius iterum edidit Dìarìum Romae scriptum a ^^^^~_
« pbano Infessura Scriba Senatus popuUquc Romani, quad anteailit^ "*
«fuerat cditum, licct lacera non mereretur publicam ob acerbìutf'^^*
rt mordacìssimam, qua sìnc debita maioribus reverenùa, quorumdic^O
« acta proscindit. Ab isto Diario, cuìus varia inveni mss-, vix unuc**
t* alterumvc fragmentum crul, cum ferme tantum cxorta diaidii ^--*
« coQtcniìoncs intcr Romanos procercs narret, quac pcnìtus «lie»^'^
« sunp a meac Collectionis scopo ». Garampi, Sa^^io di oiarrs;}
sul valore dtllc momU pontificie^ App. pp. 79-80, 16J-64, 171-731
(l) DUCHESKE, Elude sur U Liber pontificalis, p. 217; Lai
Zur Kirchengeschichte des xvr. und xvu. Jabrhwidert, p. i^fX ^^', -
posilo dei Diaria Sixti IV, auciore Barlholonuo Platina, osservi: <»''*
« Abhingigkcìt Sacchis von Infessuras Tagebùchern stchi *****
«Frage; sein Standpunkt, ìst aus dcn l'itac Rem. ?on/t>)V tim bckin^^
a und hìcr nicht verleugnet ».
// T)iario di Stefano In fessura
485
la serie dei diurnisti della curia che col secolo xvr (1) s' ini-
ìano.
Il Contelori, il quale non lo allega né nella sua !lta
yfariini T, né ncìVElencbus S, R. E. cardinaìinm ab anno 13^4
td anttum 14JO (si ponga mente a queir anno che è comune
mnto di partenza e pel Contelori e per V Infessura), né Io
3ta nella Genealogia familiae Conntttw, dove pur citò il
(i) Il Gregorovius rimproverò al Ranke d'aver confuso coi ceri-
Tionieri pontifici l'I il quale fu invece scribasenato e poJestà ad Orte.
-'abbaglio parve ncll' edizione del 1874 della Gtschichtó der romani-
chili und ^ermamschtn Vòlkcr, Appendice \ur Kritik ncucrcr Gcschìcht-
'hniberf p. 98: « lafessura's tagebOcher sind immcr als cine Einlcitung
ZM Burcardus betrachtet worden, und voli schòner Notizen », Gre-
ORovius, Gcsch, d. S(. Koitu VII, 606, scrive del nostro diarista:
Seìn hochverdicnsilìches Werk wurde vielfach benutzt. Selbsi Bur-
clthard welcher Bischof von Morta und wol rait Infessura bcfrcundet
^var, Schricb ihtn fùr das Jahr 1492 stelk'nweise aus ». Cf. ras.
tt. 9136 del Suares, e. 39 e sgg. e Vat. 9026, apografo del Marini, a
^67 : « Suaresii, De Diariis et Actibus Concistorialibus, ex orig. in BB ».
questo si citano: i* « Diaria ab oHtu Bonifacii S ad Aìcxandrum 6
« B B, \'aTÌcana, n. 5622, codice seu Ephemcridis », notando in mar-
^e : «italice»; 2® « Diarium dictitju Mtstican^a, collectum e qui-
>Usdam Diariis olim apud Gcntiltm Dulphinum at incerti auLtoris
•b Urbano V" ad Gregorium XII"" ab anno 1379 ad 1427 in B B
■t in archivio Vaticano e libris Card. S"» Susannac CobcUutii »;
«? Diuria Stephani Infissurae civis Rotmini a Umporé Curiae Homaiiae
C?d//i; rcductae in Urbem ad Aìcxandrum Vi Poni, sive ab a. t)t.i
^ /^9j rerum romanarum suorum tcmpontm». E cita in margine;
-odex Vatic. $299 partim italice, pariim latine, incipit: pontificai'
•**»/«, tt dissali : piglia tesauro italice ». E annota a e. 269: « Omnes
-odices Diariorum Caeremonialium reconditi fuerunt in Biblìo-
*»ccis Farnesiorum cardìnnlium Alexandri et Rainutìi exemplati ut
'^inoiat p. 4, d. I diar. lo. Paulus Mucantius ad ann. 1590 «.Nel ras.
*t- ^909 si citano a p. 21 fra i mss. di cui si giovò l'autore della Storia
^ Serenissima Nobiltà dell'alma città di Roma, libro apocrifo di Alfonso
^^carelli, i *f Diarii di Sttfam Jttfcssura delle cerimonie Eccìì^ (!)
^Ualj sono manuscritii in tutto faglio nella libraria del signor Fran-
^tsco Mucante maestro delle ceremonie di N. S. j».
486
O. Tommasini
Diario del Notaio deli'Anliposto (i), lo conobbe per ceno,
ne possedè un manoscritto, e un codice nel musco Britan-
nico (add. mss. 8433) ce ne fornisce la prova. Tutti i cul-
tori della storia civile e di quelle discipline che le valgono
di sussidio, come la topografia, la genealogia, la numisnu-
dca, ne invocarono l'autorità. Tune le combriccole lette-
rarie che in Roma tennero successivamente il campo, h
quella di Fulvio Orsmi, del cardinal Delfini e del Sìrta
a quelle della regina di Svezia, del barone de Siùsà,
degli Albani, del Valesio, del Cancellieri, tutte ne toro
conto (2).
Se non che il diario di Stefano Infessura fu creduto
sulla parola assai più che esaminato ; delia persona sua bistè
conoscere quelle notizie che negli appunti cronici Jiè «'
se stesso: bastò l'appunto, che si spesso ricorre in principio
ai manoscritti del diario, ch'egli, cioè, fu podestà ad One
nel 1478 (3). Ricerche originali non si fecero, 0 non»
potè; non si raccolsero quelle sparse ne* libri a st.i""'
Valesio e il Cornazzani, pur giovandosene per la
la genealogia di casa Colonna, non videro come l' inllucitfJ
di casa Orsina erasi provata a intorbidare la fonte loro; il
Cancellieri, che pur ricorse a lui per stabilire l'origiue J^l
mercato di piazza Navona, le solennità dei possessi ponw-
ficij financo il « sonare a gaio » delle campane di Caiopitl*^
(i) CoNTELORi, Genealogia familiat Comitum, p. 26. Son lo Domila
espressamente, ma lo designa: a in Diario Italica linguj sciiproqu^*
« ìncipit ab anno 1481 n.
(a) De Kolhac. /.a bihliothèqué de FuMo Orsini, Paris, iWy.p**"
sim; JUSTI, L/bfn l^itikilmafms, lì, aap; Id. Aniiquarisik Brùf* ''*
Baron VhiUpp von Stosch, p. 22 e sgg. ; Valesio, Istoria di c<i3i ^^
lonna, ms. archìvio Colonna, crcd. XIV, i. 26, pp. 80, 171. ^^
($) Lo JÒCHER {JH^effuinti dUiirUn Ltxikcn) Io chiama «on>*J"
« crctarius des Raths zu Roni, war erst Stadt-Richicr tu OrU*-
ra$s. che, secondo le sigle indicate in seguito» lo danno come (W*^
di Orte, sono A, 0\ R. S, V. — S' in due note diverse \oòX*f
« testai Ostiae » e « p. Ortae n.
// Diario di Stefano Infessura
4S7
glio (i), della famiglia dell' Infessura non aggiunse verbo ;
ti^ la storia dello studio romano sospettò che dovesse appa-
rire il nome del nostro diarista fra quelli de' suoi profes-
sori. Di guisa che, sino a questi ukirai tempi, in cui la
critica si è esercitata in ogni maniera d'indagini e di rap-
presentazioni, il valore storico, la struttura e la compagine
intrinseca degli scritti dell* Infessura rimasero intentati.
Qualche dubbio sulla giustezza d'alcuna delle sue date
•affacciarono il Muratori (2), il Giorgi, il Papencordt. Il Gre-
Soroviu-s, pieno di simpatia pel nostro scribasenato, affermò,
''ipetè, congetturò, ma non provò nulla sul conto di lui (3) ;
(1) Cancellieri, Le campane di Campidoglio, p. 43.
(2) Muratori, Attnàli d Italia Ad ann. 1458, 1464, 1488; Giorgi,
*^iga Nicolai l' poni. max. ad jidgm veUrum mùuutmntorum, p. 159;
Quantunque altrove (p. 169) scriva: « ar dubitare non sinii inscriptio
** tiunc aliala, atque Suphani Infissurae tcstimonium »; Papencordt,
^^scbichU dcr Stadt Rom im MitUUlUr, pp. 471, 476.
(^) Grecorovius, Gtschichte der Stadi Rom, VII, 605 : « Zu wir-
"* klicher Bedeutung crhebt sich unter diosen ròmischen Journalisten
•* crst Stefano Infessura. Das Leben dieses Mjnnes ist unbekannt,
** ausser dass man durch ihn sclbsi weiss, er sci Im Jahre 1478 praetor
•« in Horta gewesen, dann Schreiber der Senats geworden. Er ver-
*^ fasste ein Diarium der Stadt Rom teils in italienìscher, tcils in la-
* teìnischer Sprache, dessen Anfang nur fragmeniarisch ist; dean er
*^ beginnt mii 1295, springt dann zu 1405 ùbcr, gibi die Geschichie
♦« der ersten Hàlfte des xv. Jahrhunderts wie im Auszuge aus anderen
«« Chronìsten, und wird darauf sclbstandig und reichhaltìg nnmcntlich
* von Sixtus IV an OtTenbar fùlirtc Infessura einen gròsseren Pian nicht
«* aus (?!). Er ward wie Burciiliard oline IiLimanisiisclic BiUung. Vom
«e wbsenschaftlichen und kùnstelrischun Lcben in Rom nam er nicht
* die geringste Notiz. Im Hofbeamtcn Burckhard wagt sich nie der
«Mensch hervor; in dem rcchtlichen Infessura aberschlagi das Herz
« und urtcilt dcr Verstand cincs frcimùtigen Bùrgers. Er zcigt sich
•rais praktischcn Mann von cinfachcr und rauhcr Art, ah ccht rdmi-
(T schen Patrioten, Republicaner aus Neigung und Prtncip, als Feind
a der Papstgewalt, daher er sich ofFen als Bewundcrer Porcaro*s be-
« kennt. Dcshalb fràgt er bei seinem Tadel ùber die P^lpstc, namenilich
«den ihm so ticf verhassten Sixtus IV, die grellsten Farben auf. Fai-
O. Tommasini
il Reuniont male lo dipinse come il rappresentante vero
deir inesauribile maldicenza romana (i), quantunque avesse
ragione d'affermare che per i Liutprandi del secolo xv
si voglia critica non meno acuta che per quei del x ; al
Creighton non s' intende ben chiaro se talvolta l'origina-*
litA di lui parve più preziosa o sospetta (2); il Pastor, fi-
nalmente, dopo averlo rappresentato come un violento av-
versario della dominazione papale, ^opo averlo censurato,
andando sulle orme del Giorgi, per cronologica inesanezza,
promette poi di provare nel secondo volume della sui
storia de* papi, e di provare /«;jfit/«i, che l'Infessura, secondo
lui, non merita fede (3). La quale promessa non trattiene
l'esame scientitico, libero da preconcetti aggressivi ed apo-
logetici, dal saggiare una buona volta la compagine di
cr schung dcr Gcschichtc slnd ìhm nicht nachzuwcisen. Da cr das
t Papsihumdurchaus von sciner weltlichen Seitedarstellt, gab ihmdas
« Nepotenwestn zu moralischer Enirùstung und bcttern Ausfillen
« Grund genug. Nur Ìsi cr cinseiiig; von dem Guten was Sixtus IV
« gcschatTcn hat, wciss er kaura ein Wort zu sagen. Man kann ihn
« den letzten Republlcauer der Stadt Rom nennen; eìnen Mann der
« tùchligsten Gcsìnnung, voli bQrgerlichem Ehrgefùhl Das òffcntlichc
« Lcben zur Zeìt von Sixtus und Innocenz Vili lehrt cr am bcstcn
«kcnncn; dafQr ist er Hauptquelle. Scin hocbverdicnstliches W'erk
« wurde vielfach benuUt ». Nelle partigiane Gisihichtsiùgcn, Padcrbom
undMùnsler, 1887, non trovandosi menzione dell' Infcssura, vuol dire
che o non s'ebbe come un « Gegner dcs Papsthums » o non parve
UDO storico mendace.
(i) Il Relmost, GcschichU d<r Stadi Rom, III, par. l*, p. 367 : « dcr
« .ichte Rcpriisentant der unverwùstlìchen ròmischen Medisancc a.
(2) Creighton, A history oj Uu papacy. II, 5 io: « (Infessura's di^ry)
« grows more connecied as Ìi approaches bis own lime, but has some
« Information, not given elscwherc, of the cvenis ot" the years 1451
« and 1434 ».
(3) Pastor, GfSchichU dtr PàpsU, seit dtm Jttsgan^ dis MitUlalUn,
I, 343, in nota: « Infessura, oin heftiger Fcind der pàpstlichen Herr-
« schafit »; p. 43), nota 3: « Auf die Unglaubwùrdigkctt Infes-
« sura's wird der zweitc Band dieses Werkcs noch nìher cingebcn
tf mùssen u.
questo diario, l'autore del quale di molte delle cose che
racconta fu senza dubbio testimonio di veduta. Fino a che
punto fosse egli in condizione di vedere il vero, come
1*^ raccontasse, quanto Io colorasse del suo umore personale,
guanto accettasse da' contemporanei, se l'opera sua ci perve-
^sse schietti o a quali alterazioni andasse soggetta nel
tramand.ircisi, queste sono le ricerche che sembra necessario
*ii premettere, prima di poter portare coscienzioso giudizio
della fede che merita.
É cosa certa che, se non fosse pel diario di Stefano,
oramai non resterebbe più memoria del nome e della ca-
sata degl'Infessura (i). Di tanti documenti a lui anteriori
in cui s'incontrano lunghe liste di cittadini romani, come,
ad esempio, nelle tante convenzioni d'accordò e transazioni
tra il Comune di Roma e i pontefici, quali furono pubbli-
cate e dal Vitale e dal Theiner, il cognome dcgl' Infes-
sura non capita mai; ne capita in documenti privaci a
stampa, o in altre cronache, se si eccettua quella mano-
scritta, assai sospetta, di cui fa parola il Bicci (2), che già
si conservava neirarchivio dei Boccapaduli. In questa, tra
gl'intervenuti ad una festa di Testacelo, sì citano « \*estuti
«all'antica... li riformatori dello studio che erano Luca
<i Antonio Boccapadura et l'aitro Matteo Infesura ». Pure
non è dubbio che la casata degl'Infessura fu, tra lo popo-
lari, delle più spettabili, e basterebbe l'autoritA di Miircan-
(1) Nei Ri-Bistri del camerlengo d<iUu Camera di Roma (Arch. di Stato)
il nome di lui apparisce notato nelle seguenti forme: i" Stefano in
fessura; 2** infessura; }• ìnffcssura ; 4*'infusura; 5" Infusurj; 6" de yn-
fìxurìs.
(a) M. Bicci, Sotì^ia delia famiglia Boccapaduli, Roma, 1762, p. 2;,
in nota. La cronìcaf per quanto riferisce il Bicci, fu scritta « in Roma
«nello rione dell» Monti per Nardo Scoccìapile nell'anno 1572 del
« mese dì agosto per santa Maria ». Di questa cronica il Bicci dì un
lungo estratto fra i documenti (pp. 589-595). Sembra scritta con
preconcetti genealogici e ad esaltazione specialmente della famiglia
dei Maddalenì.
490
O. Tommasini
tonio Altieri a rendercene testimonio. Era delle romane
natie e s'andava assottigliAndo e nascondendo fra le romane
fatte (i). Le memorie manoscritte che se ne raccolsero,
risalgono sino all'anno 13^7, cioè sino all'avo del nostro
Stefano ; ma prima della metà del secolo xvii si nHbuiano
e il nome, rerediti e le cane della famìglia trapassano di-
sperdendosi in casate commemorate per censo lar£;o e rt-
lazioni profittevoli colla curia (2).
Nel 1397 Lello degli Infessura comparisce arbitro tr^
Lorenzo dì Cecco Palochi e Ludovico de' Papazzuni «ai-
tenziando in una questione di loro orti contigui per 1^
distruzione d'una fratta. Egli ebbe ad essere pertanto^s^
condo ogni probabilità, dottore di legge. Nel 1408 assistè ito
(i) M. A. Altieri, li nuptiali, ed. Narducci, p. 15 : « Ronu, JÌ*
" regina et dea universale vedese al presente tanto nihìUu«f
« per romani naturali terriase obscurissinu et solitaria btcba Pfi*"
«« cìpiando dalli Monti et per Cavallo, per lo Treio et per li C«P-
« niancatice Ccrroni, Novelli, Paparoni» Petrucci, poi Salveni, S»*^
«Cagnoni, Lupelli, Pirroni et Vcnnettini, Dammarì, Fotcbi, P™^'
« Masci, Capogalli, Mantaci, Carvoni, Palocchi, Acorariì, P
«et Valentini; Palelli, Arcioni, Migni, Caporaalestri, ">.
" Negri; et poi Mancini, li Scutli, lì Infessura, ctc, ».
(2) Nel testamento d'Agnese Branca, rogato da! notaio Bo<**
di Paolo di Buccio di Angeli, in data de' X3 gennaio 1401, ct^tìxf^
noU'arch. di S. Spìrito, e citato dall'ADiKOLFi {Rema mirtUHfi^'
lU 26, in nota), si descrive una casa che confina colla « JornoshcW
« dum condam Pctri de Columna, ab alio latere tenct Lcllus F<-
asure, retro est locus qui dicitur la Sede, et locus qui dìcitur li
" Mesa ». Gr Infessura s'imparentarono coi Giovenalì e l Ghìslttf»
Le loro carte passarono da queste casate nei Simoneni e di q«K5S*
poi nella famiglia dei conti Savorgnan di Brazzl, che con gno&
cortesia mi concessero di averle a studio. Rendo grazie in quctfiK'
casìone alla colta e gentile signora contessa di Braxzi, anche p^
altri schiarimenti verbali che mi favori rispetto all'archìvio 1
Slieo. Le pergamene degl' Infessura fino a* tempi dell'archìvliU .^
matari furono vedute nell'archivio Brazzi; poi scomparvero. Vcrfi
App. n. 1 le Kothie rtìativt alla famiglia Jnfessuta e docummti cht !
riguardano.
// diario di Stefano Infessura
49 T
*^trtura e alla conferma de' capitoli della società del Santis-
^*tno Salvatore. Poi Giovan Paolo, suo figliuolo, nromatario
^ speziale della regione di Trevi, è de* caporioni nel 1428;
^on risulta con cui s'ammogliasse, ma ebbe buona fi-
Sliuolanza; la Vannozza, maritata ad un Benedetto di
*^ elice de Fredis, di Valmontone, antenato di quel de Fredis
^he diventò famoso per aver ritrovato, scavando in una sua
"^'igna presso le Sette Sale, nel 150^, il gruppo del Lao-
<^oonie; poi Lello, il nostro Stefano, Lorenzo, Antonio,
Oomenico e Ceccolo che fu celebrato come uom faceto e
«e da supplire ogni defecto » (i). Ma non sembra che costoro
godessero di numerosa prole o vivessero a lungo. Lello
era già morto nel 1483, E appunto in quest'anno Stefano,
curatore d'Antonina, figlia di lui e sua nipote, comparisce
come « eximius iuris utriusque doctor », e stipula patti
dotali fra lei ed Antonio, figlio di Giovan Battista della
Pedacchia. La subarratio segui « in regione Trivii in domo
o habitationis dicti d. Stephani ». La dote era di 400 fio-
rini, da pagarsi metà subito in contanti, meti fra un anno,
dando ipoteca su d'una casa del « q. Lelio de Infessuris
e in regione Trevi cui ab uno latere tenet Laurentius de
«t Infessuris ipsius d. Stephani et q. Lelii germani fratris».
Lo sposo in pegno dotale costituì una casa paterna posta
«in loco qui dicitur la Pedacchia», Le nozze si fecero in
Ss. Apostoli; testimoni spettabili intervennero all'atto so-
lenne. Ceccolo aveva pur egli già nel 13 16 lasciato vedova
la sua Maria, rimasa con due figli; Teofila e la Lucrezia
che andò a marito ne' Patrizi. Figlia della Vannozza, Mad-
dalena de Fredis sposò Pietro di lacovo « condam do-
« mini Galeotti de Normandis oliai de regione Columpne
0 et nunc de regione Trivii ». Cosi gì' Infessura s' impa-
rentarono coi discendenti di quel Galeotto Nonnando che
re Ladislao fece cavaliere a San Marcello nel 1404, e cui
(1) M. A. Altieri, Li nupiiali, !oc. cit.
Ék
cinque anni dopo, a' 21 di giugno, la fazione orsina
ecclesiastica tagliò la testa. E Stefano ammogliatosi
Francesca^ vedova già d'un Paparoni, ebbe pur esso d
soli figliuoli: Marcello e Matteo, Quest'ultimo nel ij
era già morto ; quasi fosse destino che cittadini amar^
della libertà dovessero ormai vivere vita agitata e brev*^
E agitata ebbe a menarla nella sua giovinezza ancl
il nostro Stefano. Si trovò a' rumori e alle giustizie del
cospirazione di Stefano Porcari ; si trovò a vederlo appi
cato al torrione di Castel Sant'Angelo: 0 e veddilo io -^
« esclama - vestito di nero in ìuppetto et calze nere pcnncr -^
« quel)* huomo da bene, amatore dello bene et liberti d -^
« Roma i> (i). Egli e suo padre e tutti i fratelli ebberc::^
brigbe con Gasparraccio della Regola, brighe che nel 1470 s; i
terminarono con atto di securtà e dì pace solenne (2), m^M
che prima dovettero turbare non poco la pace della famiglia —
L'anno in cui Stefano nacque non ci risulta da docu —
menti. Sappiamo che nel gennaio del 1500 era mono^^
dacché appunto in quel mese Marcello e Matteo suoi figli
convengono col camerlingo della chiesa di S. Maria ira
Via Lata, promettendo al Capitolo un'annua cavallata di
mosto in compenso d'una messa alla settimana in giorno
di lunedi, da celebrare in perpetuo a suffragio de' morti
nella cappella di S, Nicola, di cui Stefano Infessura sin
dal 148 1 aveva acquistato il diritto di patronato per la fa-
miglia sua e pe' discendenti. Ma Stefano aveva costituito
vincolo sopra una vigna che aveva acquistato per la cor-
risposta alla chiesa della cavallata di mosto annuale ; e
(1) Qiiestn passo leggesì nelle cdùioDÌ d^EccarJo e del Muratori
assai gUAsto. (E): « e viddelo io vestito di acro in vìpetto et calie
n nere le perdete quetrhuomo da bene ». - (M) : « e lo vidi io ve-
ti stito di nero in gtuppctto» e calze nere. Perdette la vita quell'uomo
« da bene» ecc. ».
(a) Vedi in App. n. i : Xolì^w rtUlh^ alla famiglia Infasura < (fo-
tumtHti cÌH Ut riguardano*
// diario dì Stefano Infessura
493
F*c>ichè questa vigna era fatta deserta e non dava frutto, i
figliuoli convennero nel 1500 coi canonici in altro modo
Per la soddisfazione del debito. È probabile che Stefano
<^ÌTca a quell'anno uscisse di vita e fosse sepolto nella tomba
gentilizia della medesima chiesa, dove giA nel 1483 era
s^to deposto suo padre.
Ora, se egli nel 1500 era morto ; se nel 1478 si tre-
^?'ava pretore ad Orte, e doveva per lo meno aver com-
piuto i trent'anni d'età; se ricorda d'aver visto pendere il
F*orcari appiccato, è da credere ch'egli probabilmente na-
-scesse circa all'anno 1440. Innanzi al 1471 era già rino-
mato per la sua perìzia nel diritto (r), giacche nel primo
libro Dt gestii Pauli II, Gaspar Veronese ricorda come in
una pressa delia folla sul passaggio di quel pontefice, che
non visse oltre al 1471, mentre dal Vaticano si recava al
palazzo di San Marco o al Laterano, egli e Steflmo Infes-
sura, « iuris peritissimus », ebbero per due volte a correr
pericolo. É singolare che Stefano nulb riferisca di tale
accidente, mentre Gaspar Veronese conta che questo fatto
« bis accidit )>, si verificò due volte. Nel rarissimo li-
bretto delle lettere d'Agapito Porcio 0 Porcari, dedicato a
"Luca de Leni, che mori nel 1486, pubblicato senza nota
d'anno o nome di stampatore, una ne A, e lo afferma il
Marini che vide l'opuscolo, diretta dal Porcari a Stefano
Infessura (2). E questo documento ce lo mostra in rela-
zione viva anche colla famiglia Porcari. Fu inoltre lettore
(i) Marini, Archiatri, II, 185, App, di docum*: n cum aliquotiens
« ex Sancii Petri sacratissimo tempio dìscederet ad Sanctì Marci, aul
ff Sancii lohannis Lateranensis, tanta erat eius videndi unicuique cu-
te pidiias et ardor, ut essec hommum mirabilisque pressura, et tanta
a Uctitìa et gaudìuni, ut nonculli in lleium solverentur; quod Ga-
« spari Veronensi illius Compatri et Stephaao Enfesario, ìuris peritis-
w simo, bis accidit j). Il Marini che stampò « Enfesario n, probabilmente
dove era a leggere « Enfesurio «, riconobbe in esso l' Infessura nostro.
(2) Marini, Archiatri, I, 177, II, 200.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XI 33
494
O. Tommasini
in civile nella università di Roma ; e ne* pochi registri ddlj
Deposiieria della gabella per lo studio che ci rinungoao
all'Archivio di Stato (i), capiti il nome di lui non info
qucnte e vi s'incontra compagno con quello di Mario Sa*
lomonio, e di colui ch'esso e i contemporanei chijmaroao
(i) Archmo di Stato in Roma, Registro della DeposiUru muf»
bella dello studio, anai 1481-82: e. 40 v: « Alla ditta adi JluoC^
« dici romani per mandato de' di .xxnii. di giungnio a missorc Sicfjw
a de Infiuris (sii-) lettore civile per la ni". » — e. 44 ; « Alla JitU i ^
ff detto [23 gennaio] f quaranta romani per mandato de t21 SL&&-
tf cembre a missore Stefano de Ynfixuris lettore in ditto ftudioinunè
« per la prima tersaria . . f. .xvnu. se. 42 ». Ibid.: Re^jiUo ài »Xi^
n ìaus Calaweus dcpositatitis pecuniurum gahtlU itudii Almt Vr
a. 1482-1484: e. li: u Alla gabella dello studio a dì ]0 0
«r f. venti romani per mandato de dì 25 d'aprile a missore Stctìw
" [nffessura condotto in iure civili la sera per le mela della siu ^^
« conda ler/eria porto ecc. f. .xx.» — e, 16: « A la delta a Ji d«»
« [11 di novembre] f. venti a missore Stefano Iniusura per resto tklU
« seconda terzerìa conti allui f. .xx. « — e. 19 v: n A la JettJ » ^
« detto [14 di marzo] f. quaranta per mandato de di primo di luglio
« a missore Stefano Infusori in detto studio condotto in iure orSi
« per la sua ultima terzeria dell'anno passato conti alluì f jll»-
e. 22: " A la detta a di detto [.xxvin. giugno] f. cinquanta pcrna^
<c dato de di .xxii. de dicicmbre a missore Stefano InfcJuri pa i*
« sua prima terzeria del presente anno f. .l. * — e. 28: « A U «te"
« a di detto [18 di marzo] f. trentacinquc per mandato de di uni-
<' di deciembre a missore Stefano Infcsura per parte dclb «w p""*
« terzeria del presente anno f. .xxxv. u — e. 28 v: • A Ij ^' '
« detto [20 di marzo] f. trentacinquc per mandato de di .%\
a X missore Stefano Infesura per parte della sua seconda \<ìì^^
« dell'anno passato f. .xxxv. »>.
Questi Registri non furono cogniti, per quanto sembrit *! Ot*
NIFLE {pie Vmversiti'tUn des MilteUlUrs Vis 14^0, p. J14 e ^: " '^
non si sarebbe ahriraenti tenuto pago alle notizie e al -
professori del Marini, e alle affermazioni del Rena/xi, del t. ■
del Moroni. Ad ogni modo la sola presenza di Pomponi"^ ■ l--
l'influenza grande che v'esercitò non sembra che corrobori'*-'^
mazione del Denifle, p. 314: cr Die Hochschulc war rwir iin^i ^^'.
« Eugens Tod manchen Wechsclfallen ausgesctzt, ja untcrSì***^*
« hitle ihr bald wider der Untergang gedroht, allein si« Wie^ ^
// T^iario dt Stefano Infessura
*• mcsscr Pomponio n e che fu il grande Pomponio Lero (i).
•^* 17 di marzo 1487 sottoscrive una delle tanti leggi sun-
tuarie del Comune.
Queste relazioni rintracciate ci spiegano già la ragione
di parecchi notamenti e l' indole speciale del suo diario;
^a avremo occasione di doverne anche altre riconoscere
*n seguito, senza le quali non si riuscirebbe a intendere
^orae e perchè ceni episodi di leggende si siano potuti in-
indurre nella narrazione di lui.
Ma, oltre che del diario, egli fu autore anche d'altro libro
in cui probabilmente si sfogava e concentrava luna la sua
pratica delle leggi, tuna la sua perizia nella casistica del
diritto. L'opera s* intitolava: Liber de communiter accidenti"
bus ; fu della biblioteca del cardinale Slusio ; scomparve con
questa (2). Ora ne rimane appena ne* catalogi la memoria,
<« mebr docb fonbesuhen o. A meno che intenda di alludere a quel
<lccadimento che veniva non da minor bontà o numero de' profes-
sori, ma in seguito di quello stato di cose che l'Infessura riierisce e
che probabilmente sperimentò.
(i) Iacopo Ghekardi, il Volterrano, nel suo diario, lo chiama:
«V Pomponius Romanus, prìnceps sodalitatis lìtcrariac j». Archivio di
Slato in Roma, Gaheila dello studio. Depositano, 1483-84: (1481-82),
e:. 4j V: « Alla detta gabella f. sessaniasey | romani per mandato a
•t d\ .XX. dì die a Pomponio lenore in rectoriche per sua provisione
«della p. J. f. .xxxii. d. 46. o. — Ibid. (1482), e. 14 r: «A la detta
« a di detto [30 giugno 1482] f. trentaire b .x. den. 12 per man-
« dato de' di 25 daprile a m. Pomponio condotto in rettoricha per
«resto della sua s*** terzeria p. Guliano suo «. — Ibid. e. 15 v: «A
« la ghdbclU dello studio a di .v. dottobrc f. sessantasei e due terzi
« per mandato de dì .11. di q** per m. Pomponio in detto studio con-
ce dotto in rettoricha per la sua terza et ultima terzeria conti allui
« f. .Lxvi. se. 23 d. 8 a. — Ibid. (1483), c. 22 v: « A la delta a di detto
tt f. ottantuno e uno terzo per mandato de* di .xxii. di dicembre a
« m. Pomponio per la sua prima terzeria del presente anno ».
(2) C(. Bihliothica Sìuiiana Wxv lihrorum catalogtts quoi ex Oìnttigena
rti lit£rana€ matiria Ioannes Guaìtcrus Sanctae Ro. EccL card. Sìusius
Uodiensis sibi Komae ccn^esserat Pdri Aìoysii baronis Slusii fratris iussu,
labore ac studio Francisci Deseine Parisitnsis digcsta et iti qtixnquc partes
49^
O. Tommasini
Ma il culmine cui arrivò nciresercizio de' suoi civili uffici» ^
segnato dalla dignità di scrib;isenato, a cui non fu per ccncP^
levato per intromissione papale (i). llgli certamente non tu, *
come ser Marco Guidi (2), deputato airufficio suo in grazia '
di un breve; né vi durò più del termine stabilito dall'ele-
zione. Quale fosse l'origine e la natura di tal magistrato di-
cemmo altrove, indicando le particol.iri attribuzioni che in
principio gli spettarono e quella cui venne riducendosi a
mano a mano. Dall'essere pertanto la loquela « amplissimi
e Senatus et metuendi populj romani », quando il Senato si
stremò nella persona d'un solo e il popolo non fu più me-
tuendo, lo scribasenato rimase ritto come un vecchio titolo,
e più come scheletro che come simbolo del passato. Di lui
gli statuti della cittA facevano appena qualche piccolo cenno,
dissimulandone, piuttosto che determinandone le attribu-
zioni, malvolentieri accusandone la sopravvivenza, e dando
appena sentore dell' importanza antica coll'accenno a pri-
vilegi di libero arbitrio, come dicevasi, che si cautelavano
non potesse aver comuni col Senatore.
distrihuia, Romae, 1690; Blume, /ter Ital III, 197. Il fondo della
Slusiana entrò nella biblioteca Imperiali, e fu disperso con questa.
Sul card. Slusìo v. Mabili.on, Iter Itaì» p. 96.
(1) In qualità di scribasenato, l'Infcssura comparisce nei seguenti
documenti: Arch. di Stato in Roma, Kc^stro del camtrkngo ddla Ca-
mera di Homu : u Anno 14S7, a di .x. di ienaro. In questo libro se
« scriverano per rac Baptista Barapia camcrlengho della Camera
«tutte le spesse che se t'arano per leronnimo p° p" lo mio compa-
tì gno ». — (e. 2, lin. 3) : o Itera più pacavo a misere Stefano Infe-
«tsura cari, doi cioè d. o t- 15 « — (e. 2 v, lìn. penuh. et uIl): « per
« la noeta dello contratto nostro a misser Stefano Infesura carlini
« cinque, cioè d. o t. 37 1/2 ».
Kell'archivio storico Comunale, cod. membranaceo degli Statula
A, V. Komtf (cred. IV, t. 88, n. ojjs.p. tgi) firma « die .xvii. martii
« 1487 « le n Reformationes, constitutìoncs et statuta super dote, ìo-
V calibus, acconcio et omatu ac nuptìis mulierum et super exequiis ».
(2) V. Atti i Metn. della R. Acc dti Lincei, HI*, p. 173 e sgg, il
JU^istro digli Officiali di Roma esemplato dallo scribasenato Marco GuiM*
// Diario di Stefano Infessura
497
I due scribasenato, del resto, insieme colnotaio della Ca-
^iiera della citti, assistevano ai consigli generali del Comuae,
ne scrivevano le proposte, ne stendevano i verbali (dieta et
^-^^T-rn^ationes consiìiarionitn), ne registravano te risoluzioni
(jtaiHta) e le riforme. Spettava ad essi di sottoscrivere di-
plomi di cittadinanza, di far lenura in publica forma, nel
giorno di sabato o di mercato, delle sentenze di diffidazione
o raffidazione di cittadini, traendone stabilite propine. Re-
centemente Ottone de Varris, soprannominato Otto Poc-
<^ia., protonotario, aveva ridotto il salario loro, per una
'^^orma fatta « de mandato pape ». Ad essi appartenevasi
^i far quegli estratti delle pubbliche lettere, che rendevano
*^^rta e stabile la tradizione degli affari in mezzo alle ma-
i^^strature elettive e mutabili. Rilevammo altrove come i
'^^^tai avevano maggior incitamento a tener dietro a' pub-
blici avvenimenti e registrarne memoria ne' loro proto-
*^olli per la straordinaria condizione di diritto in cui erano
Ideisti dagli statuti stessi, essendo ì soli che non avessero
divieto di rielezione a quelli offici pe' quali particolarmente
'^'Scessitasse un notaio (i). Lo scribasenato inoltre aveva
*^llettamento ed occasione più ampia a farsi storico de' suoi
^Ompi. Gli « scribae, qui iiobiscum in ratìonibus monumen-
** tisque publicis versantur », aveva osservato Cicerone ai
^i^mpi suoi che non lasciavano « obscurum suum iudìciura
<« decretumque « (2), solo che volessero.
(i) Cf. il Registro di M. Gutài, citato negli Atti e Mcm, della R. Acc,
*^i Linai, U\*i p. ij6, Stefano Cafari, notaio, corninciava nel 1438
il suo diario con queste parole: «In isto quinterno continentur
^ multa et diversa in dìversis codici bus nostris et
««diversis annis ei temporibus sparsa et hic suc-
*« ciocie dcscripta, ne per varia volumina quis habeat ìnqui-
« rcre d. Cf. Arch. dtìla R. Soc. Rom. di si, patr. Vili, 5 59. Questo brano
del CafTaro non 0 dì poca importanza per la conoscenza dell' ìstorìo-
graiia medievale di Roma.
(a) Cicero, Pro domo sua, XXVIII.
L'occasione dunque non mancava all'Infessun nellj
stessa sua professione e qualità a farsi storico de tempi
suoi. Registrare ne' protocolli la memoria di fatti ch'erano
in relazione coll'ufficio, o recavano una nuova maniera J^
datazione de' pubblici atti, o colpivano la vita ovile, cota^
gli straordinari processi, Tcsecuzioni di giustizie, il czo
delle derrate, le vicende di Campidoglio, quelle del piil>-
blico studio, la morte dei pontefici, la loro elezione, c^
naturale effetto della condizione sua rispetto alla citti Ma
forse non gli mancavano intrinseche disposizioni dell'anima
all'ufficio di storico; e chi consideri gli scuciti frammenti
ora volgari ora latini di cui consta il suo diario, non dubita
di ravvisare tra le diverse parti di esso ìdentìri di naturi,
differenze di forma e d* intendimenti che lasciano far con-
gettura legittima non gii di un più grande disegno, coow?
parve al Gregorovius, ma di una diversità d'origine e foi«
di fine nell'opera di lui.
Se non che, prima di discutere la compagine Ji '\\iCSXf
non è inutile di tener proposito dei manoscritti, seconao
ì quali è giunta sino a noi; mondandola dell' imbratto che
i tempi diversi poterono lasciarvi sopra, per scrutarla ari»
sua forma più prossima airoriginale primitivo.
E innanzi tutto: fu chi vide mai l'autografo deirinf"**"
sura? II Valesio, dalla raccolu del quale è pervenuto il ^'^
dice all'archivio storico Capitolino, di cui più oltre terremo
parola, annota alla seconda carta non numerata del coi'-'^ '
stesso: « extat autograph. ms. in Archiv.'* Varie" signfl-
« n. CXI ». Questo ms, CXI é evidentemente il roedeMin<*
che si allega negli Annali suoi dal Rainaldi col n. U'»
reso per le stampe con un III (i). Un altro ms, del mitóe^^
( i) Però potè prendere abbaglio TEccardo stampando neUla
redizionc sua che il Rainaldi lo indica ncirarch.Vat, «sub numci
Nel ms. Vallicelliano S, 21 (n. m. 01688), che contiene F, Ro}
numcnta prò Annaìihtis ah antt. i^j) ad 14)^, t. XVII, alla e. ) il Rai
naldi cita:cr Steph. Inf. IXI u;ìbid. a e. 1$: n ms. Vat. signat. nu. ni*
77 ^Diario di Stefano Jnfessura
499
ifcnannim^ cfac reca la segnamra cxScnia P, loji, ed è del
I XTU, oftc la aoia idendca a quella che s iiìcoocra nel
ìàaxD mi. del Valesio. Ora, noi non sappiamo se il Vale-
itdesae Tallegato ois. dell'archivio \'aticano ; probabti*
[ncstc QOQ lo vide e non vide che il okL 63S9 della bi-
[bfiottca Vadcana, che egli e il ms. s<^>radetto del museo
UGO deano insìenie. Ma quello che rìsulu certo si è
|«he 3 RaóiaUi, il quale se ne servi per primo citandolo e
{ pbbbficandcxie brani, non lo diede mai per autografo; e che
ad ogni modo il codice auto con quel numero e dal Rai*
[ BiUi e dal Valeào, nell'archiN-io \'aticano e nella biblio-
i tKaoQn esiste più, né se ne raccapezzano tracce. E poiché
I ^ signori archivisti P. Wenzel e G. Palmieri mi fu sem-
pre fidlitata nell'archivio V^adcano ogni ricerca con gran-
(uastma cortesia, di che rendo loro pubbliche grazie, ed ò
ogni ngione di credere alla leoltA delle loro atTermazioni,
^Ottvien dire che quel codice del quale sino al 1701 rima-
t^'i memoria, sia dopo quel tempo scomparso.
Ora ecco quanto dalle citazioni del Rainaldi si può rac-
coglierif intomo a quel codice.
n Rainaldi la prima volta, fra le sue autorìrl indicate
^ margine, allega il Diarium Steph, Injissnrac con quello
^ Paolo di Beoedetto all'anno 1433, in occasione della
P<*8pa per 1* incoronazione dell'imperatore Sigismondo in
Roma, e non, come scrive l'Eckhart, o ab anno 1484 usquc
«4<lannum 1494 » (1); elo cita, come dicemmo, dal u ms.
«arch. Vat, signat. nu. ni 0. Ripete un'altra volta la me-
desima citazione all'anno stesso, e prosegue a citarlo per
[adim. S, 25 (o. m. 01690), Monum. prò Jfmalih, 144S ad 14^6, U XX»
ty4: 1 ms. Varie, «g. n.IXI, pag. 12. Steph. Infis.»; ibM. e i6é v:
'f Strph. Id6ss. ms. Vatlc sìg. nu. 1 1 1 »; ibid. e. 170 v: « Steph. lofìss. :
0 iTch. Vat. sign. nu. TV (correiio sopra DC) *; ibìd. e. 205: « Steph.
llofiiS. in ms. Varie, sign. IXI nu. 111»: nel ms. S, 24 (n. m. 01691)
44 v: Sceph. In6ssura m.s. arch. Varie, signat. nu. tu ».
(x) EcokRO. pref. ed. ciu
500
O. Tommasini
gli anni 1434, 1436, 1438, 1440, 1447, 1449, 1450. Mf -^
nel modo medesimo. Uni volta, pure all'anno 1452,00
« Steph. Infiss. m. s. arch. Vat. signat, n. 4 », Riprende |
segnatura consueta pel 1453, 145 J, 14^4» I4<^7> M^
Al 1471 indica: « ms. Vatic, arch. sign. n. 11 ». È svisi
o errore di stampa, o segnatura vera d'un diverso
dice? (i). Al 1473 poi torna a indicare il n. ni cofl
« cod. m. s. Vat. » dando luogo a dubitare se si tratti d'a
codice deirarchivio segreto 0 della biblioteca VaticaDa;!
presso a quella citazione aggiunge dì soprappiù Taltn^É
« m. s. Valile, bibl. » , che ci rivela come fin da quel tempo
esistesse nella Vallicelliana un manoscritto dell' Infessura(3|
e come il Rainaldi ebbe luogo a farne raffronti col codicj
Vaticano perduto. Segue poi a citare il nostro diario
Tanno 1475, 1476, 1480, nel quale ultimo allega conl'l
fessura anche Iacopo Volterrano, come se anche il dii
di questo si comprendesse nel medesimo manoscritto ni
Per gli anni 1481 e 1482 s'aggiunge all' indicazione solia
quella « ex m. s. arch. Vat. sign. n. 49 », e V Infessura sia
compagna con a alii vetustorum diariorum auciores », 1
i quali esplicitamente all'anno 1494 si menziona quello*
« Sebastiano Bracca ». Nel 1492 e negli anni seguenti i
pita di veder notato « m.s. arch. Vat. sign. n. i n ctali»
«ms. sign. eod. num. ». Dunque il ms. deirarchivio seg
citato dal Rainaidì ebbe, per quel che pare, a consisterei!
due tomi segnati collo stesso numero; in questi due loa
dovevano comprendersi, oltre quel dell* Infessura, i diari S^
(1) Anche all'anno 1480 (n. io) sMncootra la citazione: iSu
« Infcss. m.s. Vat. sìgn. d. 121 » chedà luogo alle scesse tntcrrogi>>^
senza possibilità di certa risposta.
(2) È quello segnato 1, 74 (n. m. 00833) con una postilla nel mii-
gine superiore esterno della priraa carta, di mano del Rainaidì Jicsi
«Exiaiin m. s. archivii Vaiic. signat. n. lU.p. 127CIC. ». Fu iriscrS
per commissione del p. Cesare Bcccilli; e però innanii \t pril
metà del secolo xvii. Nell'edìz. questo ms. è designato colla sigUl
Il diario di Stefano Infessura
JOI
Sebastiano di Branca di Tedallini, di Iacopo Volterraao e
del Burcardo, che 11 Rainaldi cita in seguito sotto il numero
medesimo. Se non che niuno dei mss. dell* Infessura o degli
altri diaristi indicati che si trovano neirarchivio Vaticano,
risponde alle condizioni espresse nelle citazioni del Rai-
naldi; non il codice dell'armario IX ord. i. n proveniente
dairarchivio di Castello; non quello dell'arm. XV, n. ^i ;
non quelli in cui si contengono frammenti del nostro dia-
rista; al quale non sembra che mai toccasse opposta for-
tuna a quella del Burcardo che, com'è noto, dalla biblio-
teca Vaticana fu fatto trnpassarc nell'archivio segreto (i).
Infatti niuno tra i molti mss. dell' Infessura che si trovano
in quella biblioteca app;irisce che sia quivi derivato dal-
l'archivio. Ben è vero che di fatti consimili che poterono
col volgere del tempo inter\^enire non si i alcuna nota a
registro in nessuna delle due sedi Vaticane, per quanto mi
^•■«inne fatto di sapere; ma ad ogni modo il cod. Vat, 1522, che
è il solo il quale, diviso in due tomi, insieme col diario del-
'* Infessura contiene parecchie altre scritture, non risponde
'ifJntto pel resto del contenuto alle indicazioni desunte dalle
epilazioni del Rainaldi. Al codice iii convenne pertanto di
rinunciare, dopo averlo anche vanamente ricercato neirar-
*^l^ivìo dei Ceremonieri pontifici; e il danno parve meno sen-
^itile, dacché per le cortesi cure di monsignor Stefano Cic-
^olini, vicebibliotecario della Vaticana, mi fu possibile di
■^nvenire almeno in questa il codice ^589 citato dal Valesio
^ dall' indicato ms. del museo Britannico, del quale pure Ì
^^taloghi vaticani non lasciavano alcun sentore. Ben fu ritro-
■^ato suir inventario antico e, coll'aiuto di questo, ritratto
^ luce.
E fu vera fonuaa dacché, per quanto la copia ch'esso ci
dà non sia ottima e non vada immune da grossi errori, pure
questi medesimi mettono sulla via di riconoscere che Ta-
(i) Arcìu della Soc. Rom, di si. patr. I, 243-44.
502 O. Tommasini
manuense dovette aver sott' occhio un ms. degli ultimi à<
secolo XV o dei primi del xvi, perchè molte delle avari
nella lezione nascono appunto dalle cattive interpretazior
di voci e nomi che erano famigliari a tutti in quei cemp
da cattive interpretazioni d'abbreviature e segni che tra gì
scrittori di quei tempi erano appunto più in uso.
Ma di questo avremo agio a parlare più particolarmente
quando sarà il luogo di descrivere i manoscritti di cui ci gio
vammo per la nostra edizione. Ora continuando a tene
* ragione di quelli che anticamente furono cogniri come esi
stenti in librerie di privati o veduti in mano a studiosi, ricor
deremo quello che Alfonso Ceccarelli « dice d'aver visto ir
tutto foglio nella librerìa del signor Francesco Mucante.
maestro delle ceremonie di N. S. », e che pertanto non poti
essere posteriore al secolo xvi; Tic antico manoscritto chi
era in mano del signor Angelo Rovelli© da Camerino », d:
cui fu trascritto il codice Chigiano G, II, 62 ; quello men-
zionato in un codice dell'archivio dei Cerimonieri come
esistente «nella libreria Rosi» (i); l'altro visto dal Man-
dosio « apud Io, A. Moraldum » (2); quello citato dal Ni-
quec nella biblioteca di Fulvio Arcangeli da Bagaorea (5);
rAnnovcriano e il Berlinese dcirHccarJo (4); l'Estense che
scr\M al Muratori e a cui pure redizionc di lui non si tentu
v:"» Arch. Jcì Cer:r;:on:cr'. ron:, :v.s. A I. NcH'ircV-ivio stes^so nor
si trovar.o p"r. o;:t'i :r.?s. ^cl'" Infessùra che dil Fokmxhi, KistrAL
.ù'.': .-••';.;>.;."; :•;.;;..;;.•;; .:..'.""«'.■■. j\: (.;'•:'•;, v^agonj Josignati co
numeri ìs^ o ; ^4.
V-' ^^\N:v^^:o, L,::.'-. Kc:. Cn:, :*. n. 62.
.^; N':^.;t. '." :. .^. C':./: , :-^\ Nel n:,i::oscr:"r' di lui inJ:ca:c
si t:ov.;\,i:'.v'* ir.s;e:rc col iìjrio ò^'.'/!. i^uel'o ù; Lelio Petror.i e d'i
\\w> -:c:;o M.ìs::.^
v-i^ \'c:'.: ^n.^ J.: "0Ì ::circii;;onc c.^r:ràj:s::nu col'a sÌìtIù E, con
v'.;i si .ivS^::-..-. r,^n so'.o \^ ".(..-ior.^ ici coiici. r.:j quelb djta nel-
rcJ'..--o".e s.:.: J-iin-cciriv"^. che u'vol:a scjìc per :nesà:tj ìe"urà
Jel inss.
// T)iario di Stefano Infessura J03
^ki
pre fedele (i); il Vaticano 5394 e quello àt\ Valesio,
citato da fra Casimiro (2); poi quelli descritti da bibliografi
come il Montfaucon, il Fabricius (3), Ma fu cosa impossi-
bile il riandar sulle tracce di codici appartenuti a librerie
private, delle quali niente si potò accertare, neppure quando
e come cessassero. Forse qualcuno di quei codici entrò
nelle biblioteche pubbliche; forse gli avemmo alle mani,
ma mancò ogni mezzo a riconoscerli e costatarne l'iden-
tità. Per quelli poi che le pubbliche librerie conservarono,
fii facile aver notizie e raffronti di passi dubbi o caratteri-
stici, segnatamente per via di circolari e di lettere che in-
dirizzammo a' bibliotecari d' Italia e d'Europa, e per cortese
corrispondenza d'amici e compagni di studi, ai quali pro-
fessiamo viva e cordiale riconoscenza (4),
(1) Il codice Estense di cui si servi il Muratori è quello conser-
vato nella biblioteca deirArchivio di Stato in Modena.
(2) Fr. Casimiro, Storili di Aracodi, pp. .116-18, cita i mss. Chi-
giano 1226; Vat. 6389, 5593; quei del Valesio, ora ncU'arch. Ca-
pitolino, e (a p. 424) il codice n presso il signor marchese Pompeo
« Frangipane ». Il catalogo della biblioteca della rinomata famiglia
Frangipane fu pubblicato in Roma dal Monaldi nel 17S7. L'anno sus-
' seguente andò venduta all'asta.
(5) Montfaucon, Bibl. bibl, fttss. col. 1151; Fabricius, Bibl. tat.
wncd. et ittf. lutatis, V, 503.
I (4) Rendo pubbliche grazie in questa occasione ai signori biblio-
■•|C*rì, archivisti, colleghi ed amici che contribuirono coUaloro dottrina
B^zienza a vantaggio delle mie ricerche, e particolarmente ai signori
■ cav. Fr. Carta, gii\ bibliotecario della Vallicclliana, cav. I. Giorgi
della biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, prof. G. Cugnoni della
dhigìana, prof. C. Schiaparelli della Corsìniana, dott. Guido Levi
deirArchivio di Stato in Roma, mons. Stefano Ciccolini della Va-
ticana, mons. P. Wcnzcl e G. Palmieri dell'arch. Vatic, monss. Ca-
talJì e Sinistri per l'arch. dei Cerlm. pontifici^ prof. G. Tomasseiti,
archivista della casa Orsini, sig. L. Siraeoni, archivista della fami-
glia Colonna, pur troppo mancato ai vìvi, al cav. Carlo Padiglione
della Brancacciana di Napoli, al prof. A. Bellucci della Comunale di
Perugia, al cav. B. Podestà della N.izionalc di Firenze, al cav. Ales-
' Sandro Gherardi del R. Archivio di Stato in Firenze, al cav, A. Li-
504
O. Tommasiìti
Or ceco rdcnco dei mss- dei quali ci potemmo {
vare nell' ordinare la critica del testo da aoi stabilito:
Roma. — Arch, Vaticano, arch. di Castello, armar. IX, ord. i r.
Ma. cartaceo, sec. xvi (0,350 XO|2So)i rilegato in pcrgamcM;5ul
dorso: a Infessurae Hìstorise» ; di carte 217 numerate nel retto:
HistorU . avanti . chi . la . corti. ^isst . in . Franca \ Manca tìpn»-
cipio. Tra le linee del titolo e nel margine : a Delle quali se oe
« tratta brevemente nella prima, et seconda pagina. Seguita il ai(-
« desimo Stefano la sua historia da Gregorio XI insino td Airi-
«Sandro sesto inclusive». E sull'altro margine ìnlcmo: «Su
ir pUano Infessura | cittadino romano | fu potestà ad Orta | sol
« Xysto IIU, e. 37 ». Inc. (e. 1): a Pontificalmente etdisjcgii*
Expl. (e. 16; v): « per andare a campo a Ostia j>. Il ms. pma
due scritture di mano diversa; Tuna va sino alla carta J04 ^|
alla lìnea: « gentes Ecclesiac et coraes Robertus ìbiqucs
et quura volebai facere ». Indi ò notato nel margine inferiore iflta
«Isiàm clavcm invcnies infra pag. 112, versu 17. Scquitut aù*"
« Deinde intendebat ». E della stessa mano nell'alto del foglio 105 t-
uQuae sequuntur ab ista pagina 105 usque ad paginam mrcpe*
« riuntur Suntcnimdcscripta supra a pag. 95 usque ad pag. 104^^
E dalla carta 105 in poi l'acido dell'inchiostro à sovcmc coff*
o macchiato il foglio. Seguono carte bianche dalla 166 sili loj
nella quale comincia: S"* Dno Kro | Sixlo Papae Quinto \ 5»
rium Diariorum feì: ree: Sixti | Papa€ Quarti ab anno 1471? «
mi annurn 14S4 . cum Indict. È un sommario del Diar\9 di
cop0 l'olt^rrano. Expl. (e. 1H8 r): • Augustinensis erant»- S«^
tano Estratti al appuntì storici, Tultirao de*quali (a e. sijOrefl
« Notanda. 1^34. Aili 23 di marzo Clemente VII per suaseou
sini e signor Fr. Bondìni Piccolominì deirArchivio di Stato in Sic^*
al cav. Foucard dell'arch. di Modena, al prof. A. Fabretti in Ton**^'
al cav. Carlo Castellani, prefetto della Marciana di Vcnexia, atlML ^
gnor L- Délisle, e sig. Elie Berger per i mss. delle biblioteche *
Parigi, a lord Carllhorpe che mi concesse d'aver le varianti richi<**
dal ms. della sua biblioteca d'Yclvcrton, e al prof. M. Cwfht^'*
che volte con squisita cortesia recar\'ìsi per favorirmele. ^^
O. Hartwig bibliotecario deiruniversità in Halle, all'am;^. _.,
xani, che ovunque, nei suoi viaggi, prevenne le mìe preghiere. ^^
inunicandorai notiue e riscontri.
// diario di Stefano Infessura
50J
« conststoriale dichiarò valido il matrimonio tra Catarina, et En-
ee rìco Ottavo regi d* [nghiltcrra n. Seguono carte bianche sino al
tìne. A
Arch. sudd. arm. XV, n. éi. Ms. cartaceo, sec. xva (o,2$o
JX' p^rgo). Sul dorso della rilegatura a lettere dorate é impresso:
JnJ^ilur Diaria. Consta di carte 222 non numerate. Inc. (e. i):
« NeU'nnno 1294 nella vigilia di Natale n. ExpL (e, 222 v) : « per
« andare a campo ad Ostia m. La cana 62 v à bianca. Riprende
a e. 65 : Df bcfh commisto inUr \ Sixtum tt Robertum de \ Arimino
« « una ti Rii^em f FerdittanJum Duc/mque Ca \ lubriae ex alia parU,
« ttde tncr \ U dicti Rùbi:rti\ anno ;./co2. Inc. (e. 6}): «Cum tempore
« Sixti quarti». Expl. (e. 80 v): « et verisimile iam est a. A e. 81 :
« .MCCCCLxxxiv. faccio recordo io Stefano » e seguita sino al ter-
mine (e. 221 v): 9 per andare a campo ad* Ostia ». Manca il ms.
di due carte, interrompendosi la lezione dall'ultima linea della
e. IO V, alle parole: a accompagnati da moki cittadini. Dcll['anno
*> 1407] » sino a :*«r [e per questa casciojne le moniche di San Sii-
li vestro et tucti lì cittadini romani », li ms. à un'altra lacuna con-
siderevole dopo il notamento : « Deìnde mense martii sequentis
«anni 148$ n, dopo le cui ultime parole: « dimiserunt et retroccs
«serunt », salca al notamento: r die 20 ìuliì dominus Prosper de
« Colurana ctc. ». A*
Bibl. Barberini. Ms. LIV, $i(num. ant. 3160). Cartaceo, se-
colo XVII (0,271 v'o,2io), di carte 514 non numernte, delle quali
ia tre prime e le due ultime sono bianche. Contiene: Su/ani In-
ftsiuroi I civis romani \ Diaria \ nrum romanarutn suorum tempo-
rum I post curiam romanam \ /x Galliis \ ad Urb^m r&vinam usqm \
ad Altxandri papoe Sixti \ creatioium. Inc. (e. 4): « Nell'anno del
« Sig'' 1 2q\ nella vigilia di Natale «. Expl. (e. 289 v) : « per andare
a a campo d'Ostia ». Segue poi (e. 290): Aggiunt*i dt' papi che \ man-
cano neUi Diarii dell' lufcssura \ mentre stettero in Francia. Inc.
(e. 290): «f Nell'anno ijió fu in Provenza ». Expl. (e. 312 v):
« Deiranno 1404 Bonifatio 9 ultimò i giorni suoi ». Segue: » Qui
«si ripigliano i Oiarii in questo tempo dell'Infessura correvano».
Recente compilazione dì niun valore. B.
Bibl. sudd. Ms. LIV, 52 (num. ant. 1087). Cartaceo, in-fol. se-
colo XVII (0,290 •''0,210), di carte 277 numerate. Contiene :5/*;^/jani
InfiSiurae | Civis romani Diarium rerum ramattartim \ Poit Curiam
romanam ex Galliis ad Urhcm | revcrsam usque ad AUxaudri papac \
sexti cnaiionem \ Vi manca iì principio. Inc. (e. i): « Pontifical-
tt mente ec dìsscgli ». Expl. (e. 142 v): «per andare ad campo ad
« Ostia ». La e. 14; è bianca; a e. 144 seguitano Conclavi di Cie-
506
O. Tommasini
mente V, Niccolò V, Calisto III, Pio U. Paolo II, Pio III» Mar-
cello ri, Paolo V. Clemente Vili, Gregorio XV. B*
Bibl. sudd. Ms. LV, 5, Cartaceo, in-f. scc.xvm (0,290 X Oi^'o)»
di carte 234 non numerate. Diario \ dilìa \ Ciità' ài Roma | da |
Papa Bonifacio Ottai'o \Jin ad \ Ahssandro Sesto, Inc. (e. t): « Xel —
«Tanno Domìni mille ducento novanta quattro». Expl. (e. 234 v)r
n per andare a campo ad Ostia ». B*
Bibl. sudd. Ms. LV, 56. Nella risguarda: « N" .V° (mancava).
Legato nel 1831 u. Cartaceo, in-foL sec. xvn (o.jaj ;•' 0,227)^
di carte 198 numerate. Diario | Overo istoria di Stefano Infessura-
la I tjual comincia da Boriifatio Vili & \ continua fino ad Alcaan'-
dro VI I Dove si descrivono cose diverse concernenti \ lo Stato della
città di Roma \ per lo spatio di stxì anni in circa \ J/fl«ru i7 prit»~
àpio. Inc. (e. i): « Pontificalmente e'dissegli ». Expl. (e. 197 v):
n per andare a campo a Uostia ». « Ex libris Fran*^' de Puccìis »
sul frontispizio. B'
Napoli. — Bibl. Brancaccìana. Ms. ii,F, io. Cartaceo, in-^, ^cc. xvii
(0,260X0,198). Miscellaneo. Contiene: O^servationi fatti m alcuni
chiese di Roma et in particolare ftella basilica Vaticana (ce. 1-17 nu-
merate nel retto). Segue: Stephani \ Infetsurae Civis Romani Diaria ^
Rerum Roma | norum suorum temporum post Curiatn Roma- \ nam «t
Gdlliisad Urbem reversamad \ Alexandri Papae Vlcreatiofum (ce 1-29 j
numerate nel retto). Inc. (e. i)- « Nell'anno Domini 1294 ». Expl.
(e. 2926): « per andare ad campo d'Ostia a. Indi segue dopo una
linea tracciata ad inchiostro e la nota marginale: «q" è postilla »:
w quale hebbe finalmente in suo potere il card'" S" Pietro in
a Vincula passo in Francia ove stette tutto il pontificato di .\lcxan-
« dro 6" li fu da s. Fran" dì Paola chiamato in quel tempo in
• Francia da Ludovico XI predetto il pontificato che lo consegui :
K et si chiamò Giulio secondo fu pontefice di gran cuore et di
«grandissimo valore; adduraò i Francesi et ì Venetiani in gran-
« dissima maniera, ritrovandosi sempre in persona sotto ti Padi-
» glionì, et nelll exercìti per difesa, et recuperatione dello Stato
« Ecc" et della giurisdltione di S'» Chiesa & ». B*
Berlino. — Kftnigl. Bibl. Cod. Beri. ital. fol. J7. Lib. 36 delle cosi
detti Iti formaiioni politiche. Cartaceo, in-4, sec. xvn (0,000X0,000)
(acquistato nel 1699. Cf. Wilken, Geich, d. Berliner BihU p, 55,
È quello citato dall' Eccardo, loc. cit. II, pref. S xxvii). A e, 5:
Stephani Infessurae Cit*is Romani | Diaria Rerum Romanarum usqiu
ad Alexandri Papae Sexti Creatiot/em, Vi manca ti principio. Vi
è premessa un' aggiunta di 4 fogli, scritti d'altra mano in cor-
sivo: Diario delia Città di Roma di Lelio Petronio, Stefano Inf^ssura t
r suol anUnaii, (Donde fosse V Eccardo ebbe ansa a congetturare del
Peironi e (li Paolo dello Mastro: « omnes tres successive scribas
« Senatus populiquc romani fuissc verosimile est o). Inc. (e. 2):
« NelVanno Domìni mille dugento novaniaquattro ». Expl. (e. 4):
Ka regnò otto anni nel papato ». Inc. (e. 5): «r Pontificalmente et
lp«iiìs5Cglì ». Expl.: « per andare a campo ad Ostia ». B'
OLOGNA. — Bibl. Universitaria. Ms. n. 848, )n-4 (i). Cartaceo, se-
colo xvn (0,197 ■ Oi26o), rilegato in pergamena, di carte 245 nu-
merate. A e. I rèi! titolo: SUpham Infesturat, Ciz'is Romani, Diaria
rerum Romatiarum suorum Umporum, post Curiam Romanatn ex Gal-
liis ad Vrbetn reversam usquc ad AUxandri PapiU Sexti cnationem.
Inc. (e. 2 v): « Nell'anno del Signore mille ducento novanta-
quattro tt (2), Expl. (e. 245) : « per andare a campo ad Ostia ». B^
toMA. — Ms. cartaceo del sec. XVI (0,307 )<o,iio). SUphanxlnfessurat \
Civis Romani Diaria renwi Romanuntttt \ suorum Umporum \ Post
Ciitiam Romanam ex Galliis ad Urbem reversam { usqtte ad AUxan-
dri Papai Sexti creationem \ Vi manca il principio. Inc. (e, i): « Pon-
« tìfìcalmente e dissegli a, Expl. (e. 218 v) : « per andare ad campo
« ad Ostia ». Dalla p. loo appariscono vestigi di numerazione
antica, che giunge colTultima carta n. 199. Proviene dalla biblio-
teca Gentili del Drago, venduta in p.irte al libraio Paync, in parte
al comm. Corvìsieri, che acquistò con altri cartacei questo ras.
a me ceduto. La scrittura n'è* buona, ma l'acido dell' inchiostro i
roso spesso la carta lun,2;o le lince, spandendole attorno di colore
giallognolo scuro, più particolarmente verso le ultime carte. Offre
in genere assai buona lenone; conserva molte forme del volgare
romanesco, e anche dove Tamanuense non fu esatto o fu men fe-
lice interprete delle abbreviature» dà agio a congetturare la con-
dizione del testo più antico da cui fu trascrìtto. C
Bibl. Chigi. Ms. G, II, 62. Cartaceo, sec. xvi (o,j07 ■ 250),
rilegato, col dorso in cuoio giallo e le coste di tavola. Consta di
carte 262 numerate, ad eccezione delle tre uUime, cominciando
la numerazione dalla e. 37 e terminandosi alla 296 bianca. Sulla
copertina : « La presente Istoria è copiala da un antico mano-
n scritto, eh* è in mano del s. Angelo Rovellìo da Camerino ».
Inc. (e. }8): « Historia | In forma di Diario di Stefano ] Injessura
(!) Nel cod. 519: Conctavium Ada ab Eugenio !V ad Gregorium XIII e In-
ikerìu «queliti parte de) diano dell'I 11 fi>«sura che va dal <) agoMo al 39 novembre
4«1 1484-
(t) M coptftla «vera kcrìtto: • cinquantaqualtro>.La correKioi»iembr« Ji roano
tlncrona.
5o8
O. Tommasini
Cittadino Romano : « Pontificalmente, et disscgli ». Expl. (e. :^j v]'
« per andare ad Campo ad Ostia »». C*
Bibl sudd. Ms. G, II, 6t, cartaceo, sec. xvu (o,2J7 XaM.
di carte 461 numerate. Stepbani ìnjtssunu \ Civù 4t 5cHhai\h'
puìi Romani \ Optra \ ctim suii htàitiìtus | LocupUtiisimii. Nel foglio
successivo distingue le opere nelle seguenti pani: SitmoruBisk-
riche dal 13^4 sino al 14S4 (p. i). - D« Beilo commisso inttr Pa^
Sijctum iiij et Ferdittandum Rc^em Néapolis Lihir unicus - Oùm
suorum temporum - Fragmmta latina tt italica Pontificatai Akian-
dri VI. Inc. (e. i): «Nell'anno Domìni 1204 »•• Expl. (e 4)2".'
u et egli si chiamò Giulio i^ «. Il ms. distingue i franimcntt 'ii cuj
ò composta l'opera dell' Infcssura come tante parti iii^l :
Il copista vuol essere spesso anche un racconciatore» cLc
far scomparire le lacune, e, dove non può dare uniti fonnilcilU
storia, ne presenta i brani come indipendenti rune dall'ilio'
Chiude ogni parte con un Indtx \ Rerum metnofdhilium 0 cos ufi
/fidici ddU cose piii singolari, secondo che questo seguiti iJ -1
frammento latino od italiano (ce. 173-1.S8, 227-254, 400-43''^-
4>5-46i r). E come incorpora il principio che si trova ÌdR,*!'
giunge in fine U postilla dopo il comune expl. : a per tnàvt t
« campo ad Ostia, quale hebbe finalmente in suo potere. Il ^
R dinaie dì S. Pietro in Vincoli passò in Francia, e vi 5t '
« il pomìócato d'Alessandro VI, e li fu predetto il poutu;
« consegui poi da s. Francesco di Paola chiamato in quel ict?"
a in Francia da Ludovico XI; et egli si chiamò Giulio 2''»;iiin»'"
mente racconcia le forme del volgare e del latino secondo f*^'
matica. "
BlbL Corsini i}44, segn, 58 E, 21, cartaceo, secolo tm. •*>
carte $15 (0,197X0» '49)- Somntario di Diarii \ d*aUun
daìfanno 1294 sino al 14^4 \ autore | SU/ano Jnfissura \ ti i —
gistri \ civium Rontanorum cum Compendio ntué AUssanin é\"
Compendio non Vho messo perche non Vbo stimato bene. Inc. (ci')
« Neiranno del Sig'* 1294 •. Expl. (e. 114 v): « per porvi il «nipc
« ad Ostia ». Lo scrittore non solo compendia, ma sopprime non
di rado, con animo d'apologista ecclesiastico. Più spesso tnc^'
amplifica da ceremoniere, assumendo anche particolari dal di'^
dì Paolo dello Mastro:
l-UioNE coMuirr.
■ Dell'anno 1475 » di 6 di iennaro
re Ferrante venne sd Roma tllo per-
dono • .
Coà.
• »475- fo SI p» «nno «irtot^»*
celebrasse dì 15 aimi, ardali*^
Paolo 3* e coimucitto daSJitot*^
6feiinaro ^'eoae ir re FetTiMCfl^**
// diario di Stefano Infessura
509
• E lo papa colli cardinali lo rece-
perono nelle «cale di Santo Pietro, e
collo detto imperatore der^-tto a lui
ci giva la itiipcrairìce sna sposa fi-
gliaola del re di Portogallo, iovane
polita e bella, tanto quantu %\ potesse
dire, con molte donne e damicclle, et
dopo lo imperatore fa collocato in
quello palazzo che sta sopra le scale
di Saato Pietro • .
«(1464) fo fatto papa Paolo U car-
dinale dì S. Marco nipote di papa E\x-
genio venetiano • .
• .. e andomo alle scale di S. Pietro, 1
capo delle quali stara il papa eoa i
cardinali, e l'imp" gli andò a baciare
i piedi. Poi l' imperatrice clic era bella
oltremodo e cirrondata dalle sue dame
e damigelle s' ingìaocchió avanti al
papa, gli baciò il piede e la mano, e
poi assise a canto alKimp" quale dopo
fu collocato in quel palazzo che sta
sopra le scale di S. Pietro • .
• ... fu fatto papa mona, di San Marco
venetiano ncpote d'Eugenio, cai pose
nome Paolo II quale conce&se la ber-
retta rossa ai cardinali • .
Ne] notamenio dell'anno 1478, « die quatta tnaiì morse ms.
a Pietro de Cesis senatore di Roma », manca la menzione del-
l'autore del diario che si trova in tutti gli altri codici : tt et in quel
n tempo io Stefano Infessura stava per podestà di Oria ». Ma la
vera caratteristica di questo ms. è Tesser tutto volgare, trovan-
dovisi recato in italiano il BcUum Sisti IV e tutte le altre parti
che trovansi latine negli altri manoscritti. E non fu senza utilità
averlo a riscontro, giacché non di rado servi a raddirizzare qual-
che lezione di nomi propri che nei testi latini si presentavano
assai guasti. C3
Bibl. Casanatcnse. Ms. XX, VI, 7, cartaceo, secolo xvni (0,261
Xo»i9i)t di carte 445 numerate, più tre in principio (i, n, iii),
sulla prima delle quali è il titolo: Suphanì Inftsture Civis Romani Dia-
ria \ Rerum Romanarum suorum Umporum post Curiam \ Rctnatìam
ex Galìis ad Urbein rcv^rsam ustjue j ad Alcxandrt Papae Scxti Crea-
tionem, Inc. (e. r): t» Nell'anno Domini mille ducente novanta-
« quattro ». Expi. (e. 443 v) : « per andare al campo di Ostia n. C*
*^ AXKOVER. — Bibl. Reale (Kònigl. Biblioth.), arm. V, s (cf. Archiv^ I,
467): Diario ddU città di Roma di Stephano Infessura, e suoi Antc^
natii Scriba del popolo e Settato Romano dove si vedi li maggiori suc-
cèssi della suddetta città di Roma t di tutta Europa in tempo delli infra
scritti pontéfici, Bonifacio l'Ili, Benedetto XJ, Clemente K, Urbano V,
Gregorio XI, Urbano VI, Bonifacio IX, Innocetttio VII, Gregorio XII,
Alessandro V, Giovanni XII detto XIII, Martino III detto V, Eu-
genio IV, Nicclao V, Calisto III, Pio II, Paulo li, Sisto IV, Inno-
centio Vili, Alessandro VI. Inc.: «Nell'anno Domini mille dugento
« novanta quattro ». Expl.: (f per andare a campo ad Ostia ». È il
testo pubblicato dall'Eckhart, alla cui edizione mi riferisco nel
citarne le lezioni, sembrando quella condotta con grande fedeltà,
quantunque salti non di rado agli occhi qualche svarione soprat-
Archivio della R. Società romana di wtoria patria. Voi. XI. 34
510
O. Tommastni
tetto rispetto all'interpretazione dei nomi propri e delle zbbrc-
viature. L'Eckhart nella prefazione (t. II, 5 xvii) cita un «coJe
a Berolincnsìs, quem postca nacti sumus n del quale si gioi'à io-
siexne coirHannoveriano per redizìone sua. Evìdenicracntc t il
medesimo citato m\V Archiv^ VIII^ 852, n. 57. - E
Firenze. — Bibl. Naz. Cod. CXXVII Gino Capponi, cartaceo, del «■
colo xv]ii, ìn-fol. (0,260 X o»i9o). Ji carte 92 numerate È il quinte
tra sei volumi di diari compresi sotto il medesimo numero. Con-
tiene il Diario di Antonio de Petris (1404-1413), Segue {c^J^'
Diarii delle cose succedute \ tifila citta di Roma aUributti ii Sujt*'
Infessura \ DalV Anno i3^^,sino aU'Atmo i)S^. Nel retto dellicii:
Altro principio di Diarii di Stefano Infmura come sta nel Codut f'iti-
catto 68ai pa. j8. Inc. (e. 58): a Pontificalmemc e dissclì •. Bxpl
(e 6ó)i «e mori a Peroscia, lo quale & w. Indi è notito •$<*
agutta come addietro in mezzo alla facciata terza», ^tx»^^
bianche le ce. 61 v e 62. A e. 6j : Diarii di Stefano Jnftisuré \ DtH
cou succiuiute nella città di Roma | doppo il ritento delU '
Avignone I sino alla creatone di Papa Aìcsattdro Siilo j t'
lingua Volgare daJl'anno \ 140} alVanno 148^, Segue (e Ijp)-^-
bello commisso etc. Expl. (e. 1 $ ) r) ! « per andare a campo Jd Ositi*-
Seguono: Annali Romani dai 1422 al 14S4 di Paolo de MafiUtiS,^
Paolo Pcirone, del Notaio dell' Antiportico (sic), di SehasUam à%r»i*
de Tellini, ed altri copiati dal cod. Vat. 6825. ^
BibL sudd. (sezione Magliabechi). Ms. II, III, 422, Magl.XXXVIl.
}, 61, cartaceo, sec. xvi, in-fol, (0,280X0.210), di carte j6i w?:
numerate: Historia | In forma di \ Diario \ di \ Sttfano iHjtssurtO^
tadino \ Romano. Inc. (e. i): a Pontificalmente et ditscglì •. Esf'
(e. 565): « per andare a campo ad Ostia ». f
Bibl. Riccardiana. Ms. 11 82, cartaceo, in-4 (oi,28oVo,2»d),Ì('
sec. xvui, di cane 510 numerate di diversa scrittura; postenon
nelle ce. 1-^65 inclusive; anteriore nelle ce 367-510, cod quil^^^^
quaderno del sec. xvii e xvl Sul retto della carta che serve d'
guardia è scritta la seguente nota: « Si averte il cortese Icwo»
• che in questo hbro vi sono moltissimi errori, o sicno dell*
« o dello scrittore j>. Nella prima carta k il titolo: Suph*^
sure I Cii'is Romani Diario rum Romanorum | suorum tempomm
Cun'am Romanam ex Galliis ad \ Vrhtm revenam usqua ad Ah
Papae Sexti Creationem, « Vi manca il principio d. Inc. (e.
K Ponùfìcalmente et dissegli ». Expl. (e. Sior): ir de quo idhv>
v sub iudice lis est | de praecedentia Inter eos nondum decisi
« fol. 222 ».
Roma. — Bibl. Ferraioli Ms. cartaceo, rilegato m pcrgsoKOi
// diario di Stefano Tnfessura '" 511
K
, XVII (0,240X0,186) ; à scritto sul dorso : « Infe. 324 » ; di carte
2x0 non numerate. Contiene: Diarii ài Stefano Infessura Cittadino
Romano d^lìe \ Cose di Roma de tempi suoi dof>ò il ritcrno di \ Francia
d4Ìla sedia a Roma fino alla | Creations dipapa Alessandro 6. Inc. (e. i r):
« Nello anno del Sig/* 1 294 nella vigilia di Natale ». Expl. (e. 162 v):
1' « per andar a campo ad Ostia; finis, finis ». Sef^ue della stessa
mano: Diano dsl viaggio fatto dal S/ Card.' Pietro Aldobrandino \ nel-
Vandar a Fiorenza legato di N. S/* per la celebraticne delle \ no^\e della
Regima di Francia \ e di poi in Francia per la Pace. Segue similmente
(e 175 r) : Ragioni de' Pretendenti a i Ducati di Mantova e Mcu-
ftrra \ to per via di successione. II ma. altera le caratteristiche del
volgare, adattando il testo alle forme grammaticali. Sopprìme le
parole in lode del Porcari all'anno 1453; ^^^^ ^^ versione della
fazione orsinesca all'anno 1404; non à rubriche marginali. F?
Bibl. sudd. Ms. cartaceo, scc. xvii (0,280 ■ 0,200), rilegato
in pergamena; à notato sul dorso: H. H. Diart diversi; di
carte i j6 numerate nel retto; assai guaste dairumidità dalla 141
in poi. Le prime otto carte sono bianche e non numerate. Segue
un'altra carta non numerata in cui sì à la Tavola de qtuìlo sta
Intjuestc I libro. Ac. i : Ex tribtu Antiquis Paf^inis cuiusdam Diarii \
CenUlis Delfini ab Archiepiscopo Columna datis \ Inceriis Atttoris.
a Questa scrittura io la hebbi dal S.' Fabritio Boccapadula quale
« la copio nel medemo modo come lo trovato da lui et prima n.
(Cf. Muratori, SS. Ili*, 842-846). Segue la Mesticanza di Paolo
di Liello Pctroni. Ine (e s)' " S*' certo che ve recordate ». Expl.
(e. 28 r) : « fo chiamato monsignor de Bologna ». Segue (e. 2S v) :
Memoria de occorrense alla giornata, Inc. : « A di .xxv. de iugno
« .KCcccLXXXii. mori papa Pavolo secondo». Expl. (e. 33 r) :
« tj?4. Circa il principio de gbre rctomo lo re de Francia nello
«Stato de Milano». Segue (e. 53 v): Da un diario 0 mano-
scritto quale hebhi dal S. Curtio Muti, Comincia cosi : « Roma
« caput mundi. Nel tempo de papa Calisto terzo. Nel 1457 a dì
« 9 Sb""* et fo de lunedi ». Expl. (e. 38 r) : « et a di 14 se parti
«per Napoli a (Frammenti pubblicati nel Diario di Paolo dello
Mastro (Cf. Buonarroti, 1875, X*, 114-166). Segue (e. 39): Da utt
altro diario 0 quinteruetto avuto pure dal S: Curtio Mutti trov^'>
cosi: ■ Nel tempo che in Avignone la corte Romana faceva
m residenza », Expl. (e. 43 v) : a scindici 2 » (Cf. .Muratori, A. J, II,
8;6-86i). Segue d'altra mano con nuova numerazione (e. i) :
Historic avanti che la Cortt gisse in Francia. « Manca lo principio ».
Ine, (e. 740): a Pontificalmente et dissegli ». Expl. (e. 74 v) ;
M per andare a campo a Ostia j». Segue (e. 7j) Il Diario di Stia-
O. Tommasini
stiano ili Branca de Talinù Expl. (e. 95 v): «questi gctJiUomìm^
romani ». A e. 94 segue: « Gennaro .mcccclxxxi. A d\ jo ia-
s nuarii suspensus fuit Colutìa » {Diario del Notaio d/ì Xantiposlo),
ExpL (e. Ili vj : n allì 25 luglio morì papa Innoccntio n. Seguono
(ibid.): Attnali di Vittrho copiati. Inc. (e, ni v): o Erano detti
« viterbesi arditi ». Expl. (e. 117 v): v guastando tutti li beni de fori
0 poi detto imp^* etc. ». Segue postilla: a Non trovo più scritto
ir in questo libro prestaiome da Hipolito Sasso et Fulvio de Ar-
ti caugeli a me Gio. P'** Cafarello questo presente armo 1602
a et da me copiato de mia mano tutto ». Allo estremo intemo
del foglio: « De libro ultimo Bullarum messo in altro loco ».
Seguitano tre carte bianche ròse da tarli. Indi (e. 121) : Captato
questo diario de verbo ad verbum conforme stava scritto in un libretto
hngho àé jogìio piegato coperto in carta turchina avuto dal s: AU-
Sandro Orsino che sta con II Car^' Odcardo Farnese quale haveva
avuto dal 5' Aptelo Colei (sic) che se presopone fosse fatto da uno dt
casa loro. Inc. (e. 121): « Mecordl a di p° Xbre 1 521 fu de domc-
« nìcha ». Expl. (e. 155 v): «e calonici con La vardia a cavallo ».
Dalla e. 126 sino al fme i fogli son guasti e disfatti dall'umido.
In fine si trovano alcuni fogli scuciti, che contengono compi-
lazione di notizie relative alle famiglie de' Frangipani e Benzooi.
CoraVmerge dalla postilla citata alla e. 1 17, questo codice fu scritto
di mano di Giovan Pietro Caffarellì e nella famiglia de* CaffarcUi
conservato. Appartenne poi a Pietro Ercole Visconti (i). F*
Roma. — Bìbl. Naz. V. Emanuele. Ms. ^04, XVIII, fondo Gesuiti
cartaceo, sec. xvii e xviii (0,275 Xo»2os), *^» ^^^rte 19} nucnerate.
Contiene: Monaldeschi Lud. Annali (ce. 1-12 v); Giovan Pietro
Scriniario, Cronica sinehist. rer. not. Romae (ce. 15-26 r);St£ph. Jnfes-
surae Civis Romani Diaria rerum romanar. suorum temporum post cu*
riam romanam ex Galliis ad Vrhem reversam usque ad Alexandri papa4
sffxti creationem. « Vi manca il principio ». Inc. (e. 27): • Pon-
te tìficalmente et disscgli ». Hxpl. (e. ri4v): tr Die sexta augusti
K card*" omnes intraverunt conclave quod erat apud... ». G
Londra. — Museo Britannico. Additional Manuscripts 84 u. Mano-
scritto cartaceo in-8 grande, del fmc del x vii secolo (0,277 Xo,205 ).
È intitolato: Jnfetsurae Civis Romani \ Diaria rerum Romanarum
suorum I temporum post curiiim Ro | manam ex Gallii; ad \ Urbcm
reversam usque \ ad Alexandri Papat Sexti | creationem. Inc. (e, 1 r
(1) F-'u ucquiKtBto recentemente dal Mg. mtrch. Gaetano Ferraioli, che per
tomma cortesia, precorrendo ad ogni mia domanda, me lo inrlò a sTittlio. L' allro
codice F', anche da lui cortesemente traames&omi. fu recente acquisto. Appartenne
prima al ftig prof. Ctennarellf.
// 'Diario di Stefano Infessura
513
secondo la numerazione presente, ma c'è una numerazione an-
tica contemporanea al ms. che comincia colla carta 127 r) :
t Nell'anno Domini mille duecento novanta quattro ». Expl.
(e. 294 r della numerazione moderna e 422 della numerazione an-
tica) : ff per andare a campo ad Ostia ». Segue il diario del Mo-
oaldeschi. L
Mus. sudd. Addidonal mss. 8432. Manoscritto cartaceo in pìcc.
quarto, sec. xvii (0,297X0,194): SUphani htfesturae | cìu, Rom, |
Diaria Rer. Rovianarum post Aulam \ Ponti ficiam ex Galliis ad Urbem
rci'irsam mque ad Akxandri \ PP, FI creationem. Inc. (e. i r) :
« Nell'anno 1294 nella vigilia di Natale ». Expl. (e. }66r):
« per andare a campo ad Ostia ». h*
Mus. sudd. Add, mss. 8435, Manoscritto cartaceo, secolo xvn
(0,280X0,200)* Il ms. contiene il diario dell' Infessura e Le fami'
I gli^ nohili delVArenuìa dì Castallo Metallino. II diario dell'Infcs-
' sura non è completo, k intitolato: JnudU \ di | SUfano Infissura
Dottore et | Cittadino Romano dclU co | se fatte in Italia e special'
mente a Roma, DaWatmo di Christo .mccc. | fin*al anno .mcdxcu.
Inc. (e. 2 r): Historie avanti che la Chiesa •^iise in Franca, « Manca
t il principio ». Inc. : « Pontiftcalmcntc et dissegli ». Expl. (259 r):
^_c die 4 februarii veneruni ambas'"'^* Turconim et dictum est Ma-
^^kgaum Turcuni in Constantinopolì mortuum esse u. Sulla prima
^^carta, ossia 2 r, a margine si legge: « Felix ContAorius » di mano
contemporanea del Contelori stessa : il nome è scritto per traverso.
^ Nel frontispìzio, dopo le parole f* fin'al anno mcdxcii w e alquanto
più in basso, ò scrìtto di mano diversa la postilla «dal 137S».
A e. 2 r, a margine accanto all' Ìncipit, si legge la postilla: « Ste-
« fano Infessura | Cittadino Romano j fu Podestà ad Orta | sotto
« Sisto mi, i, 37 « e sempre a margine accanto alla parola tt Pon-
«tificalmenie » si legge la postilla: « di Bonifatio 8'" ». Non pare
sicuro che queste postille siano della stessa mano che scrisse il
diario. Il nome « Felix Contelorius » è di roano diversa. L'
Mus. sudd. Addiiìonal mss. S434. Manoscritto cartaceo del
secolo XVII (0,315X0.215). Contiene: Diario \ delia città di
Roma I di Lelio Petronio, Stefano Infesstt ) ni e suoi Antenati \ scriba
eUl Pop° e senato Romano. Dove si vede li "iti^i^'.' successi della sud,*
Cina I e di tutta Europa in tempo delV Infratti \ Pontefici Boni-
fatto niL.. S'icoUi V. Inc. (e. 2 r): « Nell'anno Domìni 1294 ».
Expl. (e. 198 v): « per andare a campo ad Ostia ». Seguono
poi della stessa mano e come se fossero notamcntì del diarista
medesimo (e. 199 r): v A à\ primo decembre 1521 fu de dome-
m nica a cinque bore e tre quarti, mori papa Lione a. Il ms. ter-
514
O. Tommasini
mina colle parole (e. 3)3 v.) : « U mese di novembre (1561) furono
<t levati tutti li depositi dclli corpi morti, in alto delle chiese ». L3
Mus. sudd. Ms. 26, 802. Manoscritto caruceo del 5ec. xvu
(0,308X0,205), di carte 191 numerate: SUphani Infiauroé \ civis
romani Diaria \ Rerum Romanarum suorum Umpofum \ Post CurUm
Romanam ex G<ìUiis aJ \ Urhcm rei'ersam usqnc ad Aìexan | dri papi
stxti creationcm. « Extat autographum in arch" Vaiic. I3* CXI. In
« Bìbliotheca Vaticana, cod. 6)89 A. Inc. (e. a r): «Vi manca il prìn-
ff cipio. Pontificalmente e dissegli piglia thesauro 0. Expl. (e 191 r):
(( per andare a campo ad Ostia 4, L*
Modena. — Bibl. dell'Archivio di Stalo. Sezione Mss. Cod. cartaceo,
sec. xvn (0,254X0,191), di quaderni numerati 54, scritto in una
sola colonna. Inc.: «Nell'anno Domini mille duccnto novanta-
«quattro». Expl.: « per andare a campo d'Ostia». È il codice su
cui condusse la sua edizione il Muratori (SS. Ili, 3*, 11x0-1252). Il
Bibl. del marchese G Campori. Ms. cartaceo in-4, scc. xvni
(0,270 X o,20'S). Sitphani Jnfcssunu Civis Romani Diaria rtrum Ho-
manorum suorum Umporum. « Manca il principio ». Inc.: e Pontifical-
« mente, et dissegli ». Expl. : « con le altre artiglierìe per andare
« a campo ad Ostia ». M'
Venezia. — Bibl. Marciana. Ms. hai. App. ci. VI, n. CXLIX, canacco
in-fol. pìcc. Proviene dalla biblioteca di S. Michele di Murano,
quivi notato col n. 39. Nel catalogo dì S. Marco fu attribuito al
sec XV; affermazione ripetuu ncWArchiv (IV, 164). Il MittareUi
(Bibììolh. codd. iftss, monasUrii 5. Michaclis Vm, prope Slurianum,
p. 526) Tascrisse al sec. xvi; forse è degli ultimi dì questo secolo
o de^ primi del scc. xvii. Inc. « Manca Ìl princìpio. Pontificai-
M mente et dissegli ». Hxpl. : ir per andare ad campo ad Ostia ». M'
KoMA. — Arch. de* Cerimonieri pontifìci. M. 4. Sul dorso: Stefatio \
Infessu I Diario, voi. CCCLI, t. 1°. Ms. cartaceo, sec. xvj (0,540
X 0,250). In fine vi è inserto, scucito, VAnnaU dt lo anno 1^75 di
Ludovico Motiaìdcsco da Onncto. Inc.: « Pontificalmente et dissegli »
Expl. : ff per andare a campo ad Ostia ». M?
Arch. sudd Ms. A i. Cartaceo, del sec. xvui (0,298x250),
di carte non numerate. Sul dorso: Vohimt CCCLIL Tomo II
Diarj. Diario d' In fessura \ Annali Monaldéschi. | R^a^.di Roma | 7m-
polo. Nell'intorno; SUphani Infcssurat \ * \ Civis Romani Diaria
Rtrum I Romanor, \ suor. \ Umporam \ post Curiam Romanam ex
Galìis \ ad Vrbem rcvcrsam usqut ad \ AUxandri papae Scxti erta-
iionem. Da altra mano nel margine estemo è annotato: v con le
a apostìlle in | lettera più formata | di un certo male | contento
« de' Romani». Inc.: «Nell'anno Dni mille ducenio novanta
// diario di Stefano In/essura
JiS
'ìsr
** 4)aattro a. Expl.: n per andare a campo ad Ostia». Nella ri-
■^ 5^arda si trovano le seguenti note : « Authorem memorat Ciaccon.
^^ in Vi:. Poniif. io Vita Si«i IV, fol. tiyi, Iht C, in Vita Innocen-
"•« tiì Vili, fol. 1316, Utt. /. Diario di Stefano Ih fessura deWanuo 13^4
^ sino aU'antio J494. V'è n'un nella libraria Rosi et de su lessi il
^m p° d'aplc 1642 al quale manca il principio». Annali di Lodovico
■^tonaldeichi daìl 1527 sino ai 1^40. - Relaiicne di Paolo Tifpcìc sopra
-M^io 4 pio V e' cardJ*. « Un scpolchro della famiglia Infessura si
V vede nella chiesa dì S. M.^ in Vìalata avanti d^arrivare alla porta
«F della sagrestia con Tarme infrancta se mal non mi ricordo ». E
segue il disegno cognito, te II diario dì Monaldeschì dal 1324 al 1340
* è in fine del presente volume». Questo ms. i singolare impor-
tanza, perché presenta come nota marginale di postillatori alcun
inciso che in altri mss. entrò a compeneirarsi nel contesto. M*
-^k-:i>OLi. — Bibl. Naz. Ms. X, D, 25. cartaceo, secolo xvn (o.joy
X 0,322), in-fol. Nel retto della ci è il titolo: Suphani \ Infes-
sura Diaria | Rerum Romanorum \ post Curiam a Gallis reversam \
usqtu ad I Akxandri papat VI \ Crtaiicnem. Inc. (e. 2r): « Nel-
n l'annoDomini mille ducente cinquanta quattro ».Expl. (e. 144 v):
«per andare a campo d'Ostia». Seguono (a e. 217): Diario di
Ludovico Mottaldesco, - ReJaiiotii delU differtn^e tra Paolo V e Femxia
al j6o^. - LetUra del card, dì Parma sulV accomodamento tra Paolo V
$ Vette^a, - Discorso delle differente tra Paolo Ve Venezia. In fine è
la nota: « Delli manuscrini del signor Maurilio d'Asti s*è otte-
^^^^ «nuta questa copia nel 1660». N
*^ OUA. — Bibl. Vat. Ms. Vat. Ottob. 11 16, cartaceo, sec xvin (0,304
X 0,202), di ce. 190 non numerate. Stephani Infessurae \ Civis Romani
Diaria rerum Romanarum \ suomm tcmporum \ post Curiam Roma-
nam ex Gallis ad Vrhem \ rei'ersam usqw ad Aìfrx" papae \ sexli crea-
iionem, « Vi manca il principio ». Inc. (e. i r): « Pontificalmente e
«disseglì». Expl. (e. 189 v): «per andare a campo ad Ostia». I
titoli delle rubriche marginali, in cui i popolani di Roma son
più spesso chiamati romaneschi, appanenp;ono all'amanuense. Per
es.: « Insolenze de Romaneschi - Romaneschi a M.inno - ... ca-
«stigo de* Romaneschi - . .. libertà de' Romaneschi ». Talvolta
l'amanuense postilla. Il consìglio d'acconciare Castello dato a Bo-
nifacio IX vien notato come « conseglio savio ». NelTultima parte
del diario si trovano insinuazioni che non appaiono in mss. più an-
tichi e sono manifeste Interpolazioni del Burcardo. A e. i65,adesem-
pio,parlandodel cardinal Farnese, fatto cardinale da Alessandro VI,
vien chiamato: « consanguineum lulìae bellae eius concubinae,
« quìn imo cratfr. diete luliae et fuit postea papa Paulus 3"». O
r
(FvmtÙGtanùS^àtSamA L.IL>. Ami^ \ M si^ kfinn
Dw^nit CìntHmt gnMif \dÉBt€mtftatmÙa^a^$cidm^t
Citte àaoo «doppia mitaoAiiope. La pift andica ti ili il UJ
al 37^ La pìA BodcTM «UÌTs al i66n praacgueado per odÌK
■ndw dove Timka, pò* quatttvrx&d cane è hncmsna. ^sc: ■ ^(^
• tìficaloiaMev et £se^ •. £ap4-: «pcraniare a camposOnu».
ìa maf^bc al priiidpM» si l^ge: « Strphano Infessiua citui^
«iqnnD fii potetti ad Ona sooo XyslD Oli ». )«dli kòane B
fBLpKCKitta ittoha aaalo^ codO; cotac»1c eoo <|ocsn} od pit!^
CBCtterasid; è p«& acurtcaoc NeiTkKc^olaxknw rtUtiv^ ^ cui
(e r6|) quoti rien deirto : « coosaiigimieQm loHae bcIUc
coocnbasasD s. La sonora è di dae qnafici : la prima v»^
alla e 29^ V. Comincia ralcra alU e. x^ r e va sìao al ^cc 0
AaiLi, — R, bibL Ma. HH, la a^ 1086, cartaceo, delU ftw dei
4iCC, xv'i (o^^OD X<V>fc), ìn-4 gr. À due partì; la prima xx0^
Ic I alla ;5j« Dppo la $54 btmca, ripiglia ìioa Buava oao^'
aiooe da t a 173. Kctia pcÉaa ooipprendc F HiitorM impf*^ '
di I Dùntf I iisiifmo h^^as^rm Gtalàw JtW*. Iflc.(c 0* <^]°^
m tìficalmcnte et (fissegli a. £1^ (e l>))- * po' w^l^n ' ^^^^^g^
ca Osia ». Segue: i>ìan0 | itSTlstaria | <U | Cvmtip dì Ttt^ \ ^
lihv|^ruKi>. Iac* (c. t): « Giidio a** mese più all'artf*^ ^
' ExpL (e jyj) ; « et il papa se ce Usski kttesiitre ^ ,-<^
Pakigl — BibL Naz. Ms. lat. 8988, sulla rì^oarda: Goder ^^^
hertinus 3^4, Rt^im ^30-2, legato in marocch. rosso colle *^\^
di Colbert. Nel dorso : Diarium SUpbani Imfcsbinu. Ms. cartac^^
secolo x^^^ (0,555 XOj^J)). <!> cane 391: Commentarìi ict^^
LV^Jll.ullm o^ anno .mccclxxvi. usfu^ ad Umpora AUxamdri ^^
anctOTi Suphano Infestura ch'i Romano JCDCLXvra. Inc. (e l) : e N^^
«l'anno Domini mille ducentonovantaquattroa.ExpL (e 391): <p^^
« andare a campo ad Ostia ». Non sembra corrispondere alla à^
scrizione dau dal Montfaucon, desunta dalla nota del Pougct « e^
« chronicis bìbliothecae Colbertìnae » {BibL bibL Mss. CoL 1151). P^
BibL sudd. Ms. lai. 13755 (ancien Saìnt-Gennaìn fian^ass,
Gévres, 1 16), caruceo, sec. xvii (o^soXjO»i^6)t ^ ^^^^ S^J (1006
facce) numerate. Il volume è legato in pergamena, dnto in rosso
sul taglio. Nel i*" foglio à uno scudo senza stemma, circondato da
diversi accessori e sormontato da un cappello, sotto a coi è
scrìtto il titolo : SUpbani \ Infestura^ \ civis romani dia \ ria nr.
Tomanarum \ suorum Umporum \ post curiam romanam | ex GdHis
ad Urbem re \ vtrsam uique ad AUxandri \ pape uxH creatiomm,
// H>iario di Stefano In fessura
sn
^Bdc (c 3 r) : « Neiranno Domini mille ducente novanta quat-
ti tro ». Expl. (e. 50} r e v) ; « per andare a campo ad Ostia ». P*
Perugia. — Bibl. Comunale Podiani. Mss. A, 30, sec. xvu {0,290
.•0,210), cartaceo, di fogli 151 numerati, con alcune carte non
numerate. Suphuni Infessunu \ diaria | Rgrum romanarum suorum
Umporum \ post Curiam Romanam ex Galìiis ad Vrbtm revtrsam \
Vsque ad Ahxandri papat Sgxti Creatiotum, Inc. (e. i): « Nel-
ff l'anno Domini milleducento novantaquatiro nella vigilia di Na-
rtak j). Expl. (e. 897): « de futuro bello timetur «. P3
Bibi. sudd, Mss. E, 7, sec. xviu (0,260X0,187), cartaceo di
pagine 897. Edi mani diverse : Tuna va dalla e. i alla 151, l'altra
sino alla e. 16}. Dalla 164-167 incl. carte bianche: grande in-
curia e studio di compendiare. Dalla 167-173 si osserva una
lena mano. A questa carta s* interrompe il diario: seguono
quattro carte bianche. Sul 1° foglio di guardia t scritto il ti-
tolo; sulKaltra una nota del Vermìglioli: « è pubblicato dal Mura-
« tori, Kc;r. 7/. 5fn^/. 11. Inc. (e. i): «Nell'anno Domini milleducento
« novantaquartro nella vigìlia di Natale «. Expl. (e. 17 j): « ^deo
^ « quod incontinenti ». P*
H^'^i- — Bibl. Na/. Ms. latino 12541, cartaceo, sec. xvu (0,266 X
Oil9S)i^Ì PP- 357 numerale, legato in pergamena (S.Germain 932).
Inc. (p. i); (t Htstorie avanti che la corte gisse in Francia. Manca
«il principio. Pontificalmcnie e dìssegli». Expl. (p. 357): « Ma-
« gnum Turcum in Constantinopoli mortuum esse ». P'
Bibl. sudd Ms. latino 13752, cartaceo, sec. xvn(o,2)OXO|t88),
di carte 465 numerate, legato in pergamena (Gévres 109). Inc.
(e. 34): a Nell'anno Domini mille duecento novanta quattro ». Expl.
(e 429 v): a per andare a* campo ad Ostia ». Seguita il Diario di
Lodovico Monaìdischi. P*
Bibl. sudd. Ms. ita). 670-671, cartaceo, sec. xvil (0,245 Xo»i9<>)i
due tomi di 235 e 241 carte numerate, legali in cuoio. Inc.
(n. 670, ci): « Nell'almo mille ducento novanta quattro », Expl.
(n. 671, e. 197V): ce per andare a campo d'Ostia». Segue (e. 202)
il Diario di Lodovico Monaldachi da Orvieto (Cf. Mazzatinti, Mss.
a. dàU bibl di Francia, p. 127). P'
Bibl. sudd. Ms. ital. 672, cartaceo, sec. xvu (0,248X0,200), di carte
501, legato in marocchino rosso colTarme di Filippo di Béthune.
Inc. (e I r): a St^phani Infessurae \ Diaria rerum Romanarum suorum
a temporum. Vi manca il principio pontificalmente et dissegli ».
Expl. (e. 301 r) : « per andare a' campo ad Ostia » (Cf. Mazza-
tìnti, op. cii.). P*
Bibl. sudd. Ms, ital. 193, cartaceo, dei sec. xvn (0,257X0,185),
518
O. Tommasini
dì carte 4^8 numerate, legato in cuoio colle armi di Louis Henry de
Loménie. Inc. (e. 2 r): « Nell'anno Domini mille duccnio cinquanta
« quattro ». Expl. (e. 448): « per andare a campo ad Ostia ». P*
Roma. — Archivio storico Comunale, Cred. XIV, to. 5. Ms. car-
taceo, sec. xvii-X7i!i (o,20oXOii28). Stóphani Itipssurtu | cixn% ro-
mani I Diaria \ rerum romanarum \ ab a. .mccxciv. ad a, | .Mccccxciv,
Alla seconda carta, non numerata, si trova Tannocazìonc : e Exiai
« autograph. ms. in archiv" Varie** signat. n. CXI et in bibllot.
et Vatic. cod. sign. n. 6j8g ». Inc. (e. t) ! « pontificalmente et dis-
cseglì ». Expl. (e. 200): (( per andare a campo ad Hostìa ». Alla
e. 26 1 seguono quattro correzioni notate alle ce. 1 5 6, 192, 1 28, i jg.
E dopo cinque carte bianche la Kotiiìa della famiglia Infts-
sura, che termina al verso del foglio, in cui è disegnato a
penna lo stemma della famiglia, che è di un elmo nelKalto di
un'asta confitta sopra tre monti. A lato è la firma: « Franc,*~
« Valesìus 1701 ». Il testo segue generalmente il ms. dell'archivio
Vaticano (A), ma aggiunge le forme dialettali non conservate
nel testo precedentemente trascritto, e insinua le correzioni che
s'incontrano nel testo del ms. bibl. Vat. 6589. A e. 5, dopo Tin-
testazionc: SUphani Infessurat | Civis Romani Diaria rerum Rth
tnanantm siwrurn | temponttn post Curiam Romanam ejc GalUs \ ad
urhem reversam iisque ad AUxandri | VI creationem^ riprende rag-
giunta : <( Nell'anno Domini 1294 n e va sino a e 5 : n et fiiìt
« Benedictus undeclmus ». R
Bibl. Vaticana. Ms. Vat. 6380, cartaceo, secolo xvu (o»264
X 0.200). Contiene: Castallus Metallinus. Sotto v'è notato: « F.
« Abraham Baovlus S. T. Mgr. Ordis praed."" Biblioihecae Va-
<f ticanae dd. 1626. m. ppa. » dalla qual nota è fatta certa rorìgme
e l'età del ms. Inc. (e. ir): « Civis romanus unus de trcsdc-
« cim ». Expl. (e. 25 r): « fede severa». A e. 26, Leggende ro-
mane: Prologo Et primo capitolo dove se demostra la \ rasciotu
per la quale questa opera \ fatta fu, « Dice lo gloriosa mis-
K sore etc. 1. Seguono 28 capitoli sino a e. 87 v : « lì fu tagliato
et la testa a Roma come ve diccrao». Indi è annotato; « Qui in
tt uno manoscritto che fu del S. Cardinal Slusìo | seguiva la Vita
H di Cola di Rienzo sino a tutto il cap. i del Lbro 2 come si |
« dice nelP indice de* capìtoli in principio di questa istoria >.
Segue a e. 88: Historie avanti la corte gissi in Francia | Manca
lo principio. Nel margine supcriore esterno: « vldetur esse |
ff Stephani Infessu ] rac Vide Cod. n. 5522 | fol. 1 ». Inc. (e. 88):
« Pontificalmente, et disscli ». Expl. (e, 226 v): « MagnumTurcum
tf in Constaotinopoli mortuum esse ». È annotato in Rnc : a In
// diario di Stefano In/essura
5>9
« Cod. Vat. $532 subiunguntur nonnulla idìomate italico de Re-
<r gni Ncapolitanì rebus ut vldere est. foÌ. 276. | Finis ». Segue
■ e. 227 il Diario di Sebastiano Ìi Branca de Talin. Inc.: «Conce
«sia de cosa che essendo discordia tra papa Alessandro sesto».
Exp!. (e. 272 r): * Gentilhuominì romani ». Segue (ce. 273-355):
Diano d* Antonio Petri. A e. 3S5 v: Ex quihusàam Diariis incèrti
Auctoris olim apud GeiitiUm Deìphinum existcntiìms. n Desuni
« aliqua w. Inc.: «Con dicisette migliara di cavalli •>. G)cp].
(e. )59 V ): « et presence li castellani ». Segue (ibid.) : Pauli Ltlìi \
Pitroni diarium \ alias Mistican \ ^a. Inc.: « Dell'uscita delli Ro-
« mani anno, mccccxxxiii. so certo che ve ricordate ». Expl.
(e. 383 v): « fo chiamato mons, Bologna ». In margine: « qui
* finisce I il Petronio | nel cod, dell* | Archìvio secreto | che è il
» megliore | di tutti in 4° \ Et anche nel Vat n. 5522 | f, 587 j».
Segue (ibid.): Mómorie d'occorrenti alla giornata. Inc.: « A d\
«25 de iugnio 1481 mori Paulo II». Expl. (e. j87r): «nello
«Stato de Milano ». Nota alla e. 588 v: « Deirautore del relro-
« scritto diario »>: « È citato questo Liello Petrone nell'indice de'
«libri allegati da frai. Onofrio Panvinìo nelle Vite de' Pontefici
•t agiuntc a Platina. Venne in luce questo fragmento della li-
« braria di Gentile Delfino Rom.'' dottissimo et ricco di molte
N belle cose di curiosità et antichità » (i). Segue a e. 38S il Diario
dei Notaio di Kantiposto: « lennaio mcccclxxxi. ». Inc.: «a dì
a 50 ianuarii suspcnsus fuit Colutia ». Expl. (e. 420 v): n alli 2$ lu-
« glio mori papa Innocentio ». A e, 421 : Diario di Cola CoììàM.
Inc.: « a di primo X.brc 1521 fii de domenica a. Expl. (e. 443):
« iD alto delle chiese a. Questo ms. conserva meglio degli altri
codici le forme dialettali affini a quelle dei Frammenta bistoriae
romanae, quali sarebbero il dittongamento, rtìalgrado la posizione,
della vocale tonica breve e od 0, U per W, ecc. La parola « mis-
« sore » usata sino all'anno 1484 si trova primieramente in un
notamento di questo anno mutata in « missere w: a missere Liello
«e lacouo della Valle», forse per scioglimento d' .ibbrcviatura
fatta dal copista. Inoltre le inesattezze e gli errori stessi dcU'ama-
nucnsc autorizzano la congettura che esso abbia avuto ÌDnanzì un
maooscritio abbastanza antico, da porgere le caratteristiche della
scrittura degli ultimi del secolo xv e de* primi anni del secolo xvi.
Cosi tal volta il 4 è preso per g, e si à, per esempio, 1469, dove
^Hl) Circa a queste provenienze dalle collezioni del Delfini e da aver prcseate
qvei che annota il De Nolhac La Hhliothèijue de Fulvio Oryini, p. 85 : • Je
■ n*ai pA» reuouvc ceuz qui vcnaicnt de Delfìni; il» ne portaient ìAnf, doute point
• é*ex-tibn'i ■.
pft K\-: ' 0B Tommasini
■ . fìortietuineote iJtd mas. danno 1464, Qyumdo, lU'atmo 1441» gli
.jaM Qus. parl«nda4eIU.piee tra Bó^io^ IV e rUnpenttore Si^
«ttondo.nounotvadesseze uniti «,R' reca: « hance onid «, con
..vqBHtnlfesto errore.^ imerpretaaime per parte del copisudie nule
(ll^tcae rabbrenasura « ad esaere ». Né per quanto il Valesio abbia
i. latto «dilazione del testo dell'archivio Capitolino con qoeato Va-
'. domo» la lezioi» étl due manosciitti manca di divergenze. Al-
. Faa&ot 2405» dove R' reca : « aanto Marco delle letame », R di
; .'solo:. « santo Marco «..All'anno 1407, dopo la nod^ dell'eie-
. j^one a pontefice del cardinale di Cottantinopoli « lo qoale se
. «duam6 p^a Gregorio sa v queste parole die si trovano in
R'^ mancano in R. Dove R, nel 141 3, nota: « a c& 36 di aettem-
« bre », R' con C, M, £ nota: « a cD z6 dì settembre ». Kd 1420^
. dove R* legge « nnnipeti »»R i : « rpnid ». La mmte di Mar-
tino V è posta in À: « a di 19 fdmiarii»^ in R'.* « ndl detto
, .e anno ^ mese », senza la menzione del giorno. Si riscontra invece
:4;jcmc6rdanza più frequente con SK All'anno 1404 R' omette per
incaria la nd>rica de' di 24 del mese d'agosto che si trova in
' orni gli altri cOfUci. Invece all'anno 144B reca un notamento che
; 4 trova solo in 'questo ms. È probabile che il ms. G sia dtó-
. yato da un apografo condotto sullo 8te^> archetipo di R% meno
.acorretta Qualche brano che manca in C, manca pure in R';
come, ad es., quello che liferisce la morte del cardinale di S. Si-
$to « del 1474 a di $ de iennaro ». Altrove, all'anno 1452, i due
. codici danno :
R. C.
« et dopo lo seguente di lo .x. de « et dopo Io seguente di lo .x« de
marzo Io imperatore anco la detta marzo Io imperatore arr^ la ditta
sposa andò alla messa... » . sposa depò la messa ».
Bibl. Vallìcellìana. Ms. I, 75 (n. m. 00834), cartaceo, sec. xvi
(0,270 X 0,200), di carte 134 numerate. Histonae | et | Diaria \ stto-
rum Ttmporum \ SUphanì Jnfessurae \ civis Romani, \ qui futi Po-
Ustas Ostiae sub Sixto IV \ summo Pontifice, Inc. (C. i): «Manca
«il principio I Pontificalmente, e dissegli ». Expl. (e. 134 v);
« per andare a campo ad Ostia ». Segue d'altro carattere la
nota : « Vedi il restante d.* relazione nel manoscritto delle opere
« del med.° Infessura ove è la lettera I, num.** 74, pag. 147 ».
A e. 98 V, lin. 8, dopo le parole: « et ne deficerent angu-
« stiae in Urbe », manca repisodio della morte di Bernardo San-
guigni, sia che il copista l'abbia omesso dì proposito, sia che
per una svista, riprendendo il lavoro intermesso, abbia luco-
nincuto a trascrivere dove occorrevano più sotto le parole
rtesse: « Et ne unJique deficerent angustìae dictum et quidem
' affirmatum fuit in Urbe regem Ferdìnandum «, ecc. Similmente
omesso (e. ITI V, Un. pen) il lungo episodio dì Falcone de* Si-
Ei]baldi a' dì 4 di settembre 1489 (Cf. Muratori, Script. Ili,
par. 3', col. 1227-28; EccARD, Corpus Script, m. aevi, II, 1989-91).
Ac\ notamento w die 19 Rbris 1489 » manca tutto il brano:
Dcmum dicitur praefatum D. Francìschettum 0 sino alle parole :
I non reddere servo « (Cf. Muratori, loc. cìl 1230, lin. 4-51;
ccard, loc. cit. 1992, lin. 48; 1995, Hn. 8). S
Bìbl. sudd. Ms. I, 74 (n. m. 00855), cartaceo, sec. xvi e xvti
(0,278 X 0,210), di e. 2)7 di diversa scrittura. Historiae \ et \ Dia-
I suorum tcmporum \ Stcpbam Jnfcssurae | Civis Romani | Qui fuit
itUsias Ostiae sub Sixto IV \ summo Pontifica | • | Acccdunt \ Alia
diaria I Sebastiani Brancae Felini (sic) | Ab anno Dni J4^J. oJ
fr. j^Tj. 1 * I itétn I Diaria aliar, rerum \ quae Roinae. et alibi ac-
tid^runt ab anno \ 1481 ad antium 14^2 \ * [ Annales Viterbii ab anno
ttó^. ad annum Dui 1242. A e. i : Historie avanti che la
Corte I gisse in Francia. Annotato nel margine superiore estemo dì
■ mano del Rainaldi : n F.xtat in M. S. Archivi! Vatic. signat. n. i ir,
tpag. 127 &c. ». E sopra d'altra mano: Annali di Stephano In-
staura, dottore e cittadino Romano delle cose fatte in liaìia et special-
mte a Roma dell'anno de Christc tjoo sin a l'anno 14<}2. Più sotto,
IbcI margine interno: « Stephano Infessura cittadino romano fu
■«podestà ad Ona sotto Sixio IV. I, 57». Inc. (e. i): « Ponti-
lir Realmente; et dissegU ». Expl. (e. 147): « per andare a campo
I* a Astia », quantunque nel verso della e. 146, ove ricomincia la
Iportc volgare, innanzi alle parole: » Conciosìa cosa che essendo
|« discordia i> sia il titolo: Diario di Sebastiano Branca de Teìini,
*con manifesto errore, in vece che alla carta 147 v. Alla e, 146 v,
nel margine esterno, accanto a! testo è la nota, di mano del Rai-
naldi : « Così sta nel d,*' Cod. M. S. segn. n.° ni ». E simil-
mente è sua scrittura quella che segna nel margine estemo infe-
riore della e. 147 r, ove tL-rmìna il testo: "Qui finisce la d.»
^m historia anche nel d." Cod. M. S. Archivio Vatic. segnato
■ D. Ili ». Dove per errore ò dato il titolo del diario di Branca
de' Tclini è apposto un richiamo nel margine superiore esterno
a1 ff M. S. biblioth. Card. Bi^rbcr. sign. nu. 1105 ». È pure
|dì mano del Raìnaldi la postilla nel margine esterno a e. 7J :
rNcH'istessa maniera sta nel d.'^ Cod, Vatic. n.° tu ». Segue
►l'ano ài Branca de Telini^ da e. 147 v a e. 192 v. Segue e. 193
bianco. A e. 194 r: « Gennaro 1481 | a dì 30: suspensus fìiit
O, Tommasini
i» (Diario ad nciaio dtit Antiposto), A e. 140V: Jt
M yìÈfrho (di Lancillono). Inc. : « Erano detti Viterbesi •. ExpT
(«»»46v) «d jna. 1245 : « poi detto Imperatore •. In ttnc h U
«OU : « lo Gio. Aiit.° Iannar€llì ho ricevuto d^l M/^ Rev.
• Ceure BccciUi se. 11 m." quali sono per pagamento dì q\
ft scxittnra «. S'
XOWVO, -- Bibl. Naz. Ms. n. 11,49 (legnatura antica nel ciul<
•lÉinpato del l'asini LXXII. I. II, ao), cartaceo, ice xvj (04^^
X CKJooX dicane i9>, rilegato in pergamena. SuiramiportJ
il titolo: Hìstoria di SUjuno Juftssura cittadino romaHo. k Minci
«principio»: Inc. (e. 3v): <r pontificalmenic, et di$$eglì «. Exp-
(c- 194): « per andare ad campo ad Ostia «.
ROHA- — Bibl. Val. Ms. Val. 5294, cartaceo, scc avi (0,100X0^1
Sulla rilegatura in pergamena, lo stemma del Braschi. Ni
net reno delle cane sino alla i6\; seguono tre carte tó
Suiralto del primo foglio, non numerato: « guarda non «U
« O. Siri. Est Ext* rer. Roraanar ». Diarium Suplc h
JJ94. Inc. (e. j)r •• manca il principio, pontificfllrocn", rt
«scgli •. Expl. (e. j6}o): « dictum est Magnani Turcum in &»■
« staniinopoli mortuum esse j». E segue rannoiaziooc dì ibai*^
recente: « Sequunturnonnulla alia in Cod.Vat.o. 5 $22, fot S7^
Come apparisce d.illa nota del primo foglio, si dubita che t\
appartenuto al card. Sirleto.
Bibl. sudd. Ms, Vat, i>22, canacco, ice. x\'! in óne, dWi*"
due partir rilegate in pergamena collo stemma del Brascbi, <'
tenenti varie scritture, alcune degli ultimi del sec. xa
del xvii (0,170 X 0,2 ?o). La parte prima, dì carte 378 noni**"
Del retto, contiene : Historit acanti cht la C^tt giiu " F^^
E nel margine esterno supcriore : •• Stefano Inhssura Qtni*
■ fu podestà ad Orta sotto Sixto ÌIU, e. ^7, 45, 70^ p«g- 9^^^
« Manca il principio ». Inc. (e, i r): « Pontificalmente et dòMl^
Expl, (e. 277 v) ; « per andare a campo ad Oflia p. Scf*
(omo 11° (e. 279 r) : Aìcunt ìnstorit di Fiorén;a dtvt si fé
ticng dimcìti Cardinali €t Pupi | Et sono daiC anno T406 | fòi ^ '■/)
Sttttt aliqua M^. i' Julii 2 Lton 2 Leon X. E nel mirgicc *J
periore estemo: « edidit Muratorius, t. 19, p, g^o 7*<
t Memoria che a dt .vini, d'ottobre 1406». Expl. (e }^
« eoa più dì cfto cavagli ». La e. ^}0 ^ bianca. Segue a & li'
De Ànibaìdo de Cacano CarU Io XXll : « Anibaldus umilia
• Ceccano nobilis Ro: creat. Car."' cpus. Tuscubn. j I*^. pf
« die 1) cai. lanuarii an. D. 1527 Avinione, por '
n anno 12° cum csset archiepùs ncapolitan. Dehoc cu» .f>-
S'
logo
Il Diario di Stefano Jn/essura 523
<c Ugìtur in quodam libro historiar Ro: lingua vernactila: Correvano
« ano Dni lì^o quanno p.ipa Chimento ». Expl. (e. 556): a se-
« cunno debiù lìguram sopito. » IbiJ. segue : De log Cdr'* Co-
luna snh Clcm. VI. e Molto concepeo papa Chimento ». ExpL (ibid.):
« camera de Roma », Ibid. v: Dd Ef^iàio Card, HispaH. sub Innoc. VJ :
« Papa Innoc. VI la p* cosa che se pusc in core ». ExpL: « lani
« de Vico prefetto de Vitcrvo » {Frammenti d^ìU ìsioric remane).
Segue a e. 557 : Chronica sencmis de Grcg.'* XII. « Venne con gente
« d'arme in num^ di 400 ». Espi. : « e di II a Arimini ». A e. 5}8 :
Del medJ* Gr4g.° XII tratto da certi altre chronìcht: v Nel anno 1406
« nel à\ s. Andrea fu crealo pp. Gregorio XH ». ExpL: « se ne
« rifuggi a Rimini ». Seguono dopo la e. 559 sino a 346 carte
bianche. A e. 547: Favolo dello Mastro, 1422. Memoriule de Fa-
volo de Bfned^tto de Cola \ dello Mastro, dillo Rione de Ponte, Inc.
{c. }85): « Inundatio Tìberis ». Segue bianca la e. 586. A e. 387:
Dàlia cecità dei Romani. Inc. : r Son certo che vi ricordate ». ExpL
(e. 451 v): « et poi fu chiamato moosig.^ dì Bologna» (Mesti-
cm^a di Paolo di Lello Fettoni. Cf. Muratori, Script. XXIV, 1005).
Bianco il foglio 432. Segue a e. 433 : n Anno Dtii III Herodes oc-
< cidii ». ExpL (e. 440 v): « ad nutum Urbani ppe Vldefinitum ».
A e. 441: ntu ài Cola de Rien\i: Inc.: « Cola de Rienzì fu de
« linaio vasso ». ExpL (e. 564 v): « secano debita figura supino»
(Frammenti delle Historie romane). V*
BibL sudd. Ms. 6825, cartaceo, sec. xvi (0,264X0,202), di
carte 267 numerate nel reno, macchiate e chiuse in caru vege-
tale. Contiene (e. 1 r): Lettera di M. Francesco Petrarcha a Cola
is I Riettyp Tribuno di Roma \ et al Popolo Romafio(c. t-ior). Segue
(c II r): Lettera di \f. Francesco Petrarcha al Popolo Romano \ per
Coia de Rienzo prigion del Papa | in Avignone (e. ii-i8r). Segue
(c 19 r): Al signor Horatio Farnese duca dì Castro a Viterbo j sopra
tm caso occorso in Roma \ a tempo di Paolo ter^p (e. 19-22 r), Seguc
Cc. 2} r): Orditu t Magnificen;^ dei Magistrati romani | a Umpo che
la cort^ del papa \ stava in Avignone (e. 23-jor). È la scrittura sum-
pata d.Tl Muratori, A. I. II, 8)6-861. Seguono (e. 30 v) il cap. V'
«il XVJI degli Statuta Bohact<r\orum del 1407. Seguono (e. 31-33 v)
■punti sulla dignità del Cancellarius Urbisenna bolla dì Martino V:
TO officio et dignitati Confalomeratus per Petra de AstaìUs. Seguita
(e. 34-39 t)* " Ex trìbus aiuiquis paginis cuiusdam Dìarìi | Gcn-
tilis Delphini, ab Archivio Columra | daiis» (edito dal Muratori,
SS. in*, 842-846). Segue (e. 4or-77v) la Mesiicania di Paolo di
LeUo Fetroni. Segue (e. 78 r) : Historie avanti che la Corte gisse in
rottcia. V Manca il principio ». È notaio nel margine estemo da
Tnano più recente: « Ste£.° Infcssu | ra Vide | eoa, ms. Vat. 1 5^12
« p. I. Inc. (e. 78): Pontificalmente, e dìssegli:». ExpL (e. 13I v):
<r per andare a campo a Ostia ». Segue il Diario àA KotMO iil-
YAnUposto. T
Londra. — Bibl. Yelvcrton. Ms. cartaceo del scc. xvi jn fine (0,360
X 0,200), condotto di bella scrittura italiana, rilegato in perg>-
mena, di fogli 135 (pp. 270): SUphani hifastire Civii Remami Dt^
Rerum Romanarum suontm Umporum post Curiam Romanam ex GjJ^u;
ad Urhem rcversam usque ad AUxandri Pape sexti creuiiontm. «Vi
«manca il princìpio»». Inc. (e. i): » Pontificalmente e disscg
Expl. (e. 270): «per andare ad campo ad Ostij » (C£ Ar
Vn. 103). "~
Chi gitti appena uno sguardo su tutta questa serii
avvede che un primo criterio di raggruppamento e di
stinzione fra i molteplici manoscritti è dato dalla divcST
maniera secondo cui principiano. In alcuni, e sono i più
antichi o evidentemente derivati dai più antichi, Yinmo
parte da un frammento di leggenda che non i perduto, nep-
pure ne* più corrotti, le tracce dell'antico volgare romano.
Altri codici invece danno evidente l'assetto secondo gram-
matica, e ravvicinamento del periodo al tornio dellj narra-
tiva, magari a costo di parere una stonatura col resto Jcl
diario, in cui Telcmento del volgare romano, non ostante
Tazzimaiura e Tarbitrio degli amanuensi, trapela scnapf'-^
d'ogni parte. Secondo la diversità dei principio abbiim*'
pertanto la prima distinzione de' codici a questo tnodo:
Cominciano (ci. i*): w pontificjlraente,edisselÌ piglia te!uuro'':A.B',
B3. C, C\ F, ?\ F\ G, L', L\ M\ M». M3. 0,
O', P, P«, P«. R, R', S, S«, T, V, V. V», Y.
ComÌDciano (ci. 2'): « Nell'anno del S« 1294 neUa vigilia di Kittlf*'
A'. B. B% B*, BS B^ C\ a. C*. E, L, L\U
M, M*, N, P'. P^ P3. P\ P<, P7, P».
Ma noi vediamo in questa prima distinzione aggnipp*^
nella medesima classe M ed E, ossia il testo del Murawn
e deir Eckhart, come se non avessero intrinseche egra'*
Il njiario di Stefano Infessura
525
^"^^ «urgenze era loro. Pure il Muratori stesso ebbe a dame
^^rit:ore in una nota dell'edizione sua, paragonando il testo
^^ lui dato a luce con quello comparso in Germania. Or
^*^Co le due lezioni:
Ed. MuR. (i) (lez. A).
tt Deir^nno 1404 del mese di
^^ttembre die primo mori papa
«^onifatio nono et lo popolo di
"Itoma si levò a rumore per rivo-
lere la libertà et fu sbarrata Roma
«t tutto dì si combatteva alle
sbarre: li Ursinì et la Ecclesìa da
una parte et li Colonnesì per lo
popolo et furono morti pa-
recchi da parte a parte; et molti
feriti et molti cavalli morti el f u-
rono sconfitti li Colon-
nesi che quasi sempre sì
h avevano la peggio; se
bene buona parte dello populo
seguitavano li Colonnesi ».
Ed. Ecc. (2) (lez. B).
A Deiranno 1404 del mese di
settembre die primo si morio papa
Bonifatio nono et lo popolo di
Roma si levò a rumore per ri-
volere la liberiate et fu sbarrata
tutta Roma et tutto dì sì com-
batteva alle sbarre; liUrsioi d*una
parte et la Ecclesia, et li Collon-
nesì per lo populo et furo
morti parecchi da pane a parte;
ira li quali ne fu morto Poncel-
letto Ursino, et molti feriti et
molti cavalli morti et furo
sconfitti li Ursini et tor-
narosene a Monte lor-
dano et sempre ne bave-
vano la peio lì Ursini et
la niaìore parte dello populo sc-
tavano li Colonnesi ».
Qui, com'è evidente, non si tratta solo di divergenza,
ma di opposizione diretta e determinata da interessi gen-
tilizi, da opposizione di clientele che nascondevano a\^er-
sione di fazioni e di parti cittadine, le quali toglievano nome
dalle due famiglie sovrastanti nella cittA, interessate a se-
guitare o il popolo o la fazione ecclesiastica. E secondo
queste due opposte lezioni si distinguono pertanto nova-
mente i rass., raccostandosi 0 separandosi nelle seguenti
categorie :
(i) Muratori, Script IIP, col. 11 16.
(2) Io. G. EccARDo, Corpus hist. med, aei% II, col. 1867
Archivio della R, Società romana di storia patria. Voi. XI.
35
Si6
O, Tommasìni
Di parte Orsina 0"- A): K\ B, B% B*, B<, C, O. C^ F, L, L^
U, M, M\ N. P', P», P3, P*. P*, P7, pi.
Di parte Colonncsc (lez. B): A, B', B3, B^ C, C*. E, F*. G. L*. L\
M*. M% M3, O, O', P, PS P\ R, R', S,
S», T, V, \\ V\ Y.
Ragguagliando tra loro le due serie, ci è dato ravvisare
<:be b classe 2'^ e la lez. A, la classe i* e la lez. B quasi
si corrispondono. Le discrepanze son minime: tre codici
(B^, C% E) della classe 2* sono acquisiti alla Icz. B ; due
della classe i* (C, F) scendono alla lez. A. Donde pos-
siamo indune che l'alterazione determinata da partigianeria
gentilizia fu anteriore, com'è naturale, a quella introdotta
per preconcetti di forma.
Ora, niente è più ovvio e certo di questo : che essendo
r Infessura di parte popolare e de' più affezionati alla fa-
miglia Colonna (i), la lezione colonnese fu l'autentica nel
diario di lui, e l'altra la falsificata; che essendo quella l'au-
tentica, si trova appunto sui manoscritti più antichi o de-
rivati dai più anticlii. Ma non ò quel solo passaggio che
dà sentore d'un raffazzonamento diparte orsma nel testo del
cronista nostro. Altri ve n'ebbero, ispirati alla parzialiti mc-
(i) Egli chiama U parte popolare e dei Colonna u la parte nostra »
einunnotamcnto dell'anno 1484, ove ìl Muratori (ed. cit. iiójb, 52-41)
legge secondo il suo codice: a et in quella scaramucciavi morirono
« parecchi uomini dall'una parte e dall'altra», l'Eckhart legge rojilc
(1930 b, 28-37}: «vi morsero quattro huomini della parte costra
« dell' Ecclesia », dacché è evidente in queir inciso la soppressione
di un ti: fl CI dell* Ecclesia ». Circa la partigianeria ecclesiastica
degli Orsini, basti citare il seguente passo nella Oratio quam hahuU
in funtrc Latini card. Ursini in aedi S. Salvatoris (ms. Vat. Ut- $626,
f. 71-86) Giovanni Gatti vescovo di Catania : a protulit hec amplissima
'ffdomus pontificcs maximos, praestantissimos cardinales, quaraplurì-
n mos Ecclesie antìstitcs, dignissimos et in rebus bellìcLs [peritisjsìmos
« duces consulares et trlumphales viros et quod omnibus pracstan-
a tius est Ecclesìam Romanam idest Chrisù Ecclesiaro sìn-
«gulari observantia prosecuti sunt».
// T)iario di Stefano Infessura
52 7
desi
ima.
colla
del
non corrotti
^^o sopra, in cui il cliente baldanzoso volta a dirittura il
^*^o io contrario, con offesa spudorata della logica e della
^^•^ria (i). In molti casi questa parzialità si limita a soppri-
'^^re l'inciso che pregiudica !a parte amica, o che favorisce
o.'wcrsa. Cosi, per esempio, nell'edizione dell' Eckhart (2)
^ Incontra un brano in cui son raccontate odiose crudeltà
*^^gli Orsini, che nel Muratori comparisce gii mutilo, che
*-tianca in C* e che si trova aggiunto posteriormente in R,
*tì seguito alla collazione che fece il Valesio di questo co-
<iice coU'altro R' della Vaticana. E talvolta, quand'anche
le edizioni dell'Eckhart e del Muratori o concordano o
poco distano tra loro, i manoscritti apertamente discer-
veano e le alterazioni appaiono determinate dal motivo me-
desimo o gentilizio o apologetico per la Chiesa:
Ecc. (1922,1.32-55). ^^
MvR. (1167, L 25-24).
'• si dovesse coilegialraenie an-
<Jare per li Officiali e per lo po-
polo al papa, al quale sì dovesse
supplicare che daesse pace alli
*3«tti signori Colonnesi & a noi,
attento che loro fino a mo non
^ anno peccato in niente 9.
K si dovesse collegialmente an-
dare per li Officiali et per Io po-
polo al papa, al quale si dovesse
supplicare che daessc pace alli
detti signori Colonnesi ».
(i) Altri esempi di faziosa corruzione del testo
Ed. Ecc. 19321 lin. 3-j.
• Mui». 1176 • 7-8.
^ quelli della parte contrurù della Ec-
^: ]e»ìi« ne pigliarono la meglio*.
Similmente :
Kcc (1937. lin. 4^-48) e ms.
« de gentibus Ecclesie circa octogìnta
^tienin! reperti vulacrati et inortni et
«%b«(uleru[it tentoria et quidquìd iniu^
^trat, et cnm magna Uetitin reversi fue*
v^m sd dictum castnjtn •
(2) EccARDO, loc. cit. col. 1918, lin. 28-40: « Item furono messe
«< a sacco» ...«come dì sopra». - Muratori, loc. cit col. 1164,
lin. 4-16.
" quelli dello parte contrarìa della Ec-
clesia ne pigliarono la peggio».
Mu». (iiHi, lin. 28-30), C», R.
> de gentlbus Ecclesi;ie circa octuaglnta
fuerunt reperti vulnerati et mortui e l
de Columnenìtibuji longe maio-
ras qui triite* rcver»i fucrunt ad dic-
tum castram • .
528
O. Tommasini
Cosi tutto il resto del periodo nel ms. è soppresso; e altret-
tanto si osserva in R, ove, per effetto del solito riscontro
col codice Vaticano, si trova poi aggiunto in margine. Si-
milmente, tanto il Muratori (r 163, lin. 30) quanto l'Eckhart
(191 7, lin. 41) riferiscono presso a poco con eguali termini
il brano relativo agli insulti fatti da Girolamo Riario al pro-
tonotario Colonna nella sua presura:
u e lo protonoiaro sotto U fede del detto Virgilio fo menato allo
papa in iupctto, avvenga che dopò lì fosse prestata una cappa nera,
e quando se menava lo conte Hìeronimo li disse: * ah ah traditore,
che come iongc che t* impicco per la gola*. E lo signore Virgilio li
rispose: ' signore, impìccarai inanti me che colui '; e più volte cacciò
lo conte Hicronimo lo stocco et amraenoUo per volerlo occidere et
lo detto signore Virgilio sempre si contrappose e non volse mai
che li facesse male, et cos\ la domenica a sera fu menato dinanii
allo papa ».
Ma in C tutto questo passaggio diviene:
« e lo protonoiaro sotto la fede del detto Virgilio fo menato allo
papa in iupetto, et cosi la domenìcn sera fu menato dinante allo
papa ».
Ed R, quantunque pur esso sopprima nel contesto il brano
medesimo, ne accenna alcune frasi in noterelle marginali
e interlineari della pagina stessa, e poi lo riporta intero al
notamento primo e. 133. È chiaro pertanto che l'amanuense
ecclesiastico, pur di togliere la memoria d'atti brutali di
dosso alla famiglia pontificale dei Riari, sagrifìcava anche la
menzione d'un po' di lealtà soldatesca in prò di Virginio
Orsini (i).
(t) Altra consimile soppressione nel ms. C* del brano conte-
nutonell'ed. Ecc. (col. 1930, Hn. 53-58) eMuR.(col. 1174,110. 21-26).
Lo spirito di clientela verso la casa Comi, ligia agli Orsini, cagionò
la soppressione del passaggio in cui si raccontano le dimostrazioni
crudeli fatte dal cardinale de^ Conti per la strage dei Colonna che gli
erano nipoti carnali e figli di una sorella (cf. ed. Ecc. I9)i> iu^* 21-26;
MuR. 1175, lin. 31-36).
// diario di Stefano Infessura
529
Altro esempio : cedutosi Marino alla Chiesa, si manda
*^*^ bando per rassicurare il contado e nelle persone e nelle
'"*^t*e. Paolo Orsini, malgrado il bando, fa gran preda d'uo-
*^*^ini e d^animali. Ma questa ruberia niramanuense orsi-
^^^'^co, cui e dovuta la redazione C*, parve meno indegna a
""^ fistiare della riscossa che Prospero Colonna e Antonello
^-^xclli in breve ne fecero (i).
E nel passaggio che segue, dove le due edizioni e i mss.
T*^^ autorevoli consentono, la primitiva redazione di R, cor-
*"^t:ta poi a e. 136, n. XVI, e quella del testo chigiano, che
^"•^ppresenta il tipo più pieno del raffìizzonamcnto di parte
^^t"sina e della politica ecclesiastica, leggono :
M, E.
« Et insuper questo signor Pro-
serò et Antonello con lor gente
T'opperò et sbalisciorono le genti
della Ecclesia et più presto loro
guadagnerò della robba di co-
storo della Ecclesia, che questi
^ quelli (2); et in quella batta-
glia vi furono morti quindici
huomini, et circa a centocin-
quanta feriti gravemente di questi
della Ecclesìa et di quelli di là
molto pochi j).
R, C.
« Et insupcr questo sig' Pro-
spero et Antonello s'incontra-
rono con le gente della Chiesa,
et ira loro seguì una gran bat-
taglia, dove che si morsero molte
persone da una parte et Taltra
con assai feriti ».
Alcune volte è adoperata una perifrasi ambigua per cu-
(r) Ed. Ecc. col. 1929, lin. 6-12; MuR. col. 1175, Un. 24-51.
In C si omette tutto il brano: n et finalmente rescossero tutta la
fl preda et li prcsoni, eccetto sci bovi, li quali quando si combatteva
« forono menati in qua a. Queste due ultime parole Liscian supporre
che ri. allora si trovasse a Marino: ma il testo C surroga invece:
ff CI finalmente non lì riuscendo il disegno furono costretti a ritirarsi
*c con qualche perdita loro ». Idem in R (e. 117) che rimanda, per
la correzione, a e. 136, n. XVI,
(2) Ecc: « che di questi e di quelli ».
530
O. Tommasini
telare la fama della casata cui il raffazzonatore si sente
addetto (i).
Talvolta apparisce ancora il vestigio di una maligniù
compendiosa, a cui per detrarre basta il tacere e il soppri-
mere :
Ms., ed. Ecc.
(col. 1929, 1. 24-3O.
«... era slato forte-
mente tormentato per
li quali tormenti lui
havcva detto alcune
cose le quali non e-
rano vere. Et depò
quando, ^cc. ».
M95. e MuR.
(col. 1174, 1. IO- ti).
«... era stato forte-
mente tormcntato,do-
lendosi extremamente
della suacattivasorte,
per li quali tormenti
egli aveva delio molte
cose le quali non e-
rano vere. E dopo
quando, ecc. ».
CSR.
tf . . . disseli come lui
era stato fertemcdtc
tormentato dolcnJM
extreraamente delb
sua cattiva sene, et
doppo quando, ecc. >.
Tal'altra capita sott' occhi T indizio d'un tentativo di rea-
zione colonnesc, sorta forse sotto Io stimolo deiraduken-
zione orsinesca, a volgere la sincerità della narrazioac dd-
ri. con scapito della verità, in tutto vanto dei Colonna. E
quantunque non ce ne paia che un solo esempio, ed anche
un po' incerto, pure si vuol segnalarlo, perchè non sembn
(i) Ed.Ecc
fcol. 1963,1.61-63)
Ms. C. C».
• El interim geo-
Ics Ecclesiae, ani-
malia omnia Crì>ì-
norum quae ver&iis
Galcram et parte»
m«ntimas erunt dc-
pnedAtie sunt t.
Ed. MuR.
Ccol.1201,1. 67-71)
■ Interim gentes
Eccle«iae abdiue-
runt animalta om*
nia UntÌDorumqiue
versus Galcram el
partct maritim» e-
ranLSimi literel Ur-
linj animalia omnia
Romanoriimìjujein
parttbus Lntii crant
depraedati tunt • .
(•) S : • ex parie ma rilima • .
• Interim gentet
Ecclesiae abduice-
nint animalia om-
nia llr^inonim qaae
versus C;ileram et
partcs marilimasc-
rant. Et bl qui
in ci vit atc <-
rant ftmìliter ani-
malia Romanorum
qoae in partibu»
Latii erant deprae-
dati sunt • .
RAS'.
. Et iMcf*« fo-
tcs EccIttUe ■!»-
malia omaii Wr*
nonini qow »•■'
GaJeram el (**•
maritinu* {') **
dcpr«ediU< •*•
cttitqui i« «*'
vitate Bfiitr
miiiier wcmni •
afta anitniHiH*''
nonitn .)■ '
tìbu* Lj*
milii«r J:
mni*.
// diario di Stefano Infessura
5Ì^
cKe abbiamo avvisato il male star tutto da un lato, o che le
fandonie possano esser sembrate utili ad una parte sola:
Ed. Ecc.
(col, X929, lin. 6-12)
<<^ol. 1173,1. 24-51).
" Le genti dclI'Ec-
c*esia furono sbara-
^*=>ati (i)e rotti e de'
^ro uccisi circa a
**^^ ci intra fanti et huo-
^*nì d'armi, e feriti
**"ca cinquanta, e fug-
^^tido lo resto per
^'^«llo tempo, quan-
(f Le genti della
Chiesa furo ributtate
et rotte con qualche
loro mortalità, et
quantunque di poi sì
rifecero et pigliarono
Rìpi lo di seguente ».
R.
(f Le genti della
Chiesa furono sbar-
risciate et rotte e de'
loro uccisi circa a
dieci intra fanti et
huomini d'armi e fe-
riti circa sessanta, et
fuggendo Io resto s e
r e tirare et non
possero pigliare
lo d ° castello».
^que dì poi si rife-
^*^ro e pigliaro lì di
-» ^guenti contro vo-
toti dì quelli della
^^rra ».
■Rifletterebbe pertanto in questo caso un bagliore di par-
tigianeria colonnese in opposizione alla redazione orsi-
"^^esca. E qui è da osservare inoltre come l'amanuense
Infedele che raffazzonò il testo del ms. chigiano C* si
^gici per sue preoccupazioni, ma si senta già del tutto
^uori dell'orizzonte storico de! secolo decimoquinto e dei
5>rimi decenni del decim'osesto; in cui dieci moni, tra fanti
^ cavalli, e cinquanta feriti sembravano strage bastevole per
Xina grande battaglia; quando le guerre « si cominciavano
« senza paura, sì trattavano senza pericolo e sì finivano senza
«danno », come scriveva il Machiavelli (2); e però, non sem-
brandogli che quel numero determinato e piccolo di feriti
€ di morti fosse dicevole all'architettata dignità della storia,
pieno di compassione pel cer\^ello piccino del cronista con-
(i) Ed. MtJR, « sbaragliate ».
(2) Machiavelli, Storù jiorentiMj lib. V, introd. Principe^ XIL
53^
Q, Tommasini
temporaneo e fedele, lo mutò ncir espressione generica <
secondo luì, dignitosa di u qualche loro monaliti t. A
lance piccole insidie il testo dell*!, soggiacque! alcune
delle quali non furono per verità premeditate.
Infatti non è maraviglia che le rubriche capricciose i
postillatori entrassero col tempo a far parte del testo
diario; che vi s'insinuassero noterelle di testimoni qus
contemporanei agli avvenimenti. Questa è ventura comune
di tutti i manosaitd che passano per buon numerctdi copi^
Nò sono ! copisti inetti che recano ì guasti più graxi.
Della varietà delle rubriche da loro introdotte demmo
saggio, a quando a quando, tra le varianti delle lezìoai.
L* insinuazione più disinteressata e rimarchevole ci
quella che % infiltrò anche nel testo del Muratori, ^ pn
sito del cadavere della bella giovinetta, ritrovato int
morbido, imbalsamato, olezzante di neri profumi, ado
di splendide vesti e di monili, esposto agli occhi del popO
meravigliato in Campidoglio, ne' primordi del pontificai
d'Innocenzo Vili. Chi fosse quella giovinetta cosi
sepcllita con tanto amore da chi le sopravvisse, fu alla
domanda di tutti che la rimiravano, a cui pareva che qui
cuno dovesse poter rispondere. Per la bellezza ra\Tebberp
reputata una santa; ma la Chiesa non aveva ragione dina
noscerla; e, in mancanza di questa, gli archeologi HiM
furono chiamati a divinaria:
Ed. Ecc. (195 1, lin. pen.).
B Cumque Conservaioresineo-
dcm pilo locura iuxU Cisternum
in reclaustro cuiusdam PaLitii po-
suisscnt, a dicto Innocentìo lussi
in locum ìncognitum de nocte
extra portam Pincianam in quo-
dam vico vicino eìus in quadans
fovea proiecta faìt, reportaverunt,
ibique eam sepeliverunt Et ilUs
primis dìebus, quìbus inventa est.
Ed. MuR. (119J, Un. I)).
« duumquc Conservaroro i ^
codem pilo ad locum iuxU Clittf-
nam in reclaustro ciusJctn P*_
latii posulssent, a dicto innon
ìussì in locum incognituni
noac extra portam riDciia*!"
in quodam vico %'icino cìiu t
fovea defossa fuerat rcport
nint, ibique eam sepclieruut 1
creditur fuisse corpus!
// diario di Stefano Infessura
ad diùtum Palatiuia inductJ fuii,
tantus erat concursus honiinum
eam videre cupìenduni, ut passim
in platea Capitoliìvendenies olerà
CI alia ad instar fori reperircn-
tur ».
liaeCiceronìsdliae. EtU-
lis primis diebus quìbus inventa
et ad dictum Palatium inducta
fuit, eie. ».
Il Muratori, che divulgò la lezione, che Y indica come
la figliuola di Cicerone ed erroneamente le dà nome di
Giulia, la crasse dal suo codice Estense (M). Degli altri
manoscritti cogniti ve n'ha due soli che la riferiscano alla
stessa maniera; il Londinese del museo Britannico (add. ms.
8433, segu. od, P, 1052-), da noi contraddistinto colla si-
gla L^, e il Barberiniano LV, 5 (B*). Tutti gli altri ne tac-
ciono, ad eccezione del ms. A, i deirarchivio dei Ceri-
monieri pontifici, nella nostra serie indicato colla sigla M*,
il quale, al passo sopracitato, riferirò secondo la lezione
deirEccardo, aggiunge la postilla marginale: « corpus q,
« luliae I Ciceronis filiae | fuissecreditur». fi evidente che
quello « luliae » fu mal trascritto da «Tulliae w o « Tul-
» liolae », Stando ad Alessandro degli Alessandri, chi rischiò
la matta divinazione ebbe ad essere Pomponio Leto (i); ma
(t) Nella lettera di Bartolomeo Fonti a Francesco Sassetti, pub-
bLcata dallo jAKrrscHEK, DU GeseUschaft d^r Rmaissanct in Itaìien, 1879,
p. X30, si dice apertamente: «t et genus et aetas latet huius tam ìn-
« xignis et admirandì cadavcris ». — <f Molli credono sia stato morto
«degli anni iyo », scrive il Notaio del Nantiposto (Mur. Rer.
It. Scr. IIP, 1094. Per contro sì legge in Alexander ab Alexandro,
Gmial DÌ€r. ID, 2, p. ao8: < Memini, dum Romae agcrem, in vctustis
« scpulchris quae in via Appia plurima visuntur, inter aedificia hor-
»losque interque coagmenia lapiJum crucum cadavcr fuìsse, multo
«acvo vctustum, aJolcscentulac roulieris facìe, capillo, ocutis, naribus
«ei rcUquts Uncamentis prorsus integris et incorruptis; nisi qaod ve-
'stigia lìquaminum et unguentorum quibus delibutum fuerat, appare-
« barn, recenti specie, inscriptione nulla, qua nomen defunctae inno-
• tescerci. Pomponius tamen vìr. ut in ea aeiaie, veterum litterarum
« impense doctus, Tulliolam Marci Tulli Ciceronis filìam. de cuius
554
O. Tommasini
probabilmente il dotto umanista, interrogato da chi clli^
deva un battesimo scientifico a quella bella reliquia che b
Chiesa rifiutava e temeva, si limitò a ricordare le lettere
di Cicerone a Servio Sulpicio o la Selva di Stazio sulli
morte di Priscilla. Il volgo poi itct il resto, e sbagliò forse
e diffuse Io sbaglio del nome prima ancora che un incolto
postillatore Io notasse a margini del diario del nostro Stt
fano. Da* margini ebbe ad entrar nel testo, ma tardi, e
dopo che molti altri errori vi si erano già infiltrati» E si-
milmente nei margini dell'indicato M* si leggono altri no-
tnmenti di chi sopravvisse all'I,, che pure entrarono col
tempo a far maligno corpo nel suo diario (i). Che quei
notamenti debbansi ripetere per la massima parte dai pic-
coli Procopi della curia, registratori delle cerimonie e dtlk
maldicenze, si desume dalle loro stesse parole : *< ut pff
a obttu ad Senìum Sulpiciura sunt epistolae. aut PrìscUlAm Atu-
« scantii de qua Sylva Papinii extat, fuissc augurabatur. IJ qoibas
u argumentis asseverct, cum nulla ìnscrìptionis vestigia cabrai
« prorsus nescimus ». Cf. Matarazzo, Cron. di Perugia, IL ito:
RiccY, Pago Limonio, ii2; Tomassetti, Camp. r^m. Ha Liti»,
p. jo.
(i) Fra le altre note relative ai cardinali creati da Alessandro VI
si legge: « Itera unum de domo Famesia consjnguincum lalia^
(( Bcllac ciu5 concubìnac, etc. ". E di Cesare Borgia : « Caesir Borpi
« monstrum infame truculentissimum ex Vannozìa catalana sttH»*
« ptus ». Consimili postille s' incontrano anche in C*. In C C* E.'*
interpolazione si ritrova nel testo, ove si aggiunge a proposito w
cardinale Alessandro : « de domo Famesia, quin ìmmo crai fr***-'
(• dictae luliae et fuit posten papa Paulus III a, E nei m$s. slc5S!t io-
sinuata l'interpolazione seguente : o Ethuius lulJac imagÌDcmulp*'
ff traditione m maiorum nostrorum didictmus» tn pilwo
n apostolico, in loco qui a nepotibus inhabìtari solct in magno quodi*
« articulo turris Borgiae toto depicto ac inaurato (et a quodam-. i''
« viso in...) super quadam ianua videre liccret. Omnibus cnim [Uttf
« In eo enim rcpraescntatur beata Virgo cum Infantalo in brachili^
n pontifìce Alexandro ante ipsam genuflexo ». Le parole io patcfltts
mancano in C^
// diario di Stefano In/essura
535
«e traditionem maiorum nostrorum didicimus». Quanto
spasso non tradisce anche la tradizione!
Dopo queste discrepanze, che furono effetto di tendenze
più o meno manifeste dei trascrittori, i quali più o meno vo-
lontariamente raffazzonarono il testo del diario (i), seguitano
quelle che derivarono da negligenza dei copisti che snlta-
rono spesso da un incìso all'altro, dove ricorreva, più o
men prossima, la parola medesima. Basti un esempio per
rnolti.
E<i. Ecc (2010, Un. 29), C, C».
■ -..adeo quod noluìt amplias
redìre ad Urbtra, sed remansit in
arccm dicue Osliae j».
Ed. MuR. (1245, Ìi°' 47)
C, P, R. S, S'.
«... adeo quod, ut fertur, iratus
recessit et per mare ad Osiiam,
et cardinales S. Petri ad Vincula
cum eo; qui, ut dicitur, ex eo
quod favit dicto regi, factus fuit
inimicus papae, adeo quod noluit
amplius rediro ad Urbem, sed re-
mansi:. . . etc. ».
Se non che la forma estrinseca del diario ebbe pur
^^^^ ad incitare coloro che, essendo o credendosi qualcosa
'^^^glio che copisti, vennero con esso alle prese. E di questo
*^t>iamo argomento non tanto dai manoscritti, quanto dai
""^^^menti de'manoscritti di esso (2),
C i) V. le descrizioni dei mss. B*, C*.
^ C^} Ecco U Dota di quelli che ci furono cogniti:
^*~^^«A. — Archiv. Val. Pio, 7 (to. LII). Ms. cartaceo, sec. xviii,
^0,275 < 0,190), rilegato in pergamena. Nella risguarda «Ex
«t bìbl. Pìorum 175} ». A. e. 16: Ex Diariis Suphani Infes \ mrat
Gxns Romani \ Xysti iiìj Papat Ohitus \ Conclave, et creatio \ Inno-
<€niii FUI I pontificii \ Maximi \ 1484. Inc.: « Die nona augusti P.
«lacobus de Comitìbusn. Expl. (e. 46): h in die sancii Stcphanì
« dcgii ». a
Arcliiv. Vaiic. Ms. cartaceo, sec. xvi (0,500X0,205). Poli-
tica l'aria, lom. IV, e. 189: Ex Diariis Stephani In \ fissttrac cixHs
Romani | Xysti iiij. Conclave, et creatio ìnnocmlii viij, | Pont. Max.
Inc.: «Die nona augusti dorainus lacobus de Comitibus intravit
536
O. Tommasini
Le pani diverse del diario parvero presenursi come
sconnesse tra loro: mancava il principio; cominciavi io
italiano, anzi in volgare; seguitava in latino; spesso sgam-
maticava e nell'uno e neiraltro idioma. C'era pertanto un
bel campo dn mietere: ridirgli il princìpio mancance; ri-
durlo tutto ad una lingua e che fosse la buona; ordinarlo
secondo grammatica; e o distinguer bene tra loro le para
diverse o ri connetterle.
Il principio si rifece, ordinandolo ad essere uà lap-
picco possibile col primo capo di cui si aveva il dtob:
Quando la corte era iti Francia, quando cioè fu fatto papi
« Tarcivescovo di Bordellaa. Niente era pertanto più na-
turale, se non che si facesse esordio regolare alla cronica
« Romam », Eipl. (e. 205 r) : « Prcfccium Urbis id C5i ncpottm
« Xìstì, ac fratrem cardìnalts S^ Petti ad VìncuU in capluoetua
« generalem in die sincri Stefani elegit ». b
Archiv. sudd. arra. HI, 121. Ms. cartaceo, sec. xvn (0^>!
0,150): yUtiioric diversa di Roma, Nella e. i : « Ex V\bns Congr.
m S. Mauri Romae ». Segue l'indice di mano del Torrigi. A c.2S4-
Diarie ài SUfano Infissura Cittaiino \ Rofnano ridotte rn CompmH*
voìgan I manrandc iì f>rincipio, t \ parti in latino copiato * ut/ ì^ff-
Ine : « U conte Romano Orsino venne con gìente medito Jxl
«re Roberto». Expl. (e. 269 v): «Nel 1478 a di a; d'aprile w
«uccìso». Traduzione e compendio sono inesatti. '
Archiv. sudd. Ms. C, XVI: Memorie divtru di Roma, Ut, lil-
A e. 244 V : Diario di Sttfamo Infts'^ura cittadino \ rcmoMo rnho.c u
comptndio volgari | mamcoHdo il principio, g \ partt in UiJ»^ ^
pìAto I lUÌ 164J, Ine, : n II conte Romano Orsino venne con g€BK '•
Expl.: «Nel 1.J78 a di 27 d'aprile fu ucciso...», *
Archiv. sudd. $2 t. ;6. BuIIm div^nonam «I oBó vàriA, scc t^i*
A e. q6: HistorU avanti cU U CorU psst in Francia. Nel sur-
gtee supcriore intemo: « Stcphano Infcssura | cittadioo K?-
« mano lu podestà ad Ona j Sorto Xisto uij .t. 57 ». tee: « ..p®*
«• tlBcalmente, et disscglì piglia tesauro ». Expl. (e. 98 r): • ptfd)i
« voleva occidcre Lodovico Colonna et non ti venne fatta ». Frun*
mento del diario «kiri. di sole $ facce. Passa da' nocamcnli^
Tanno t%jS 3 quelli del 1416 del mese di agosto. *
Tontmo. «- Codice miscellaneo di mtao di Girolamo BagUonl, 1
all'anno in cui fu fimo pap:i u il cardinale di San Mar-
tino in Monte 0, quello che aveva lottato con Francia e
laugurato un contrasto da cui pareva dovesse uscire la
ìrvitù di Francia o della Chiesa. E s'incominciò cosi:
Nell'anno Domini mille duecento novantaquattro, nella vi-
gilia dì Natale », Ed ebbe cosi origine tutto il brano, dato
all'Eckhart (col. 186^-64), e dal Muratori (col. iii-ij),
che nella prima edizione finisce alle parole: «regnò otto.
anni nel papato»; nell'altra alia linea 23: «e fu seppel-
lito in S. Pietro ».
roto nella mctii del sec. xvii, come si ricava da una postilla ri-
cordata da A. Fabretti (Cronache {Iella citU'i ili Perui^ia, II, lOj),
che ora possiede il ms., il quale ne parla nella prefazione al voi. 2"
dì dette cronache, ed ebbe la cortesia di fornirnii altre da me de-
siderate notizie. Il ms. misura 0,265 X0|I9S' ^nc. (f. 29 n. m. 61):
«e torriccUi e le porte di Roma, massime quella di Testacelo»
(ad an. 1451). Kxpl. (f. 40, n. m. 185): « sed de bis condit'onibus
«pacis nibil aliud visum fuit, nìsi quoJ Orsini stcterunt in do-
ff mibus eorum et d. Hubertus recessit. Et pax ut sequitur quae n
(ad an. i486). f
OKA. — Bìbl. Vatic. Ms. Vat, 7858, p. 2*, e. 177 (ni a. 4J4): Ex
SUphani Infessurac Civis R. Diario \ rer. Roman, suorum Umporum
post curiain \ Roinanam £x Giilliis ad Urbem revirsam \ usque ad
ÀUxatuìri 6 creaiiomm. (f Si conserva anco m.s. nella libraria V"a-
«tic. I Manca il principio», Inc. (e. 177): « Il conte Romano Or-
ci sino venne con gente mandata dal re Ruberto 0. Expl (e. 185 v) :
« si redire non posset et ». Scrittura pessima di mano del Tor-
ridi; à un frego sopra ogni faccia. £ compendio inesatto. g
Bibl. sudd. Ms, Capp. 181, cartaceo, sec, xvn (0,140X0*205),
rilegato in pergamena. Nella risguarda t la data: « 7bre 1737 ».
Contiene : Diario bistorico d'ahjuauti semiantichi successi \ di Roma.
Inc. (e. i): ((Mentre hcbbe Francia U sedia del papato». Expl.
(e. 30 v): « ridusse al porto la navicella di Pietro ». Segue (e. 31):
Quando fu perduto lo Stato da Papa Eugenio IV. Inc.: « Del anno
et Domini 1454 ». Expl. (e. $9): « doppo fu lasciato senza alcun pa-
M gamcnto ». h
Bibl. Barberini. Ms. (1088 n. am.) XXXV, 37. Citato dal Ma-
«I, Archiatri, I, 199, cartaceo, sec. xvii, descritto più oltre, i
538
O. Tommasini
Se non che a niuno che paragoni questo principio rt-
golare con quello che è murilo, sfugge ch'esso riposa sul
frammento sincero del diario dell* L, non come membro
rotto le cui parti siano disposte a risaldarsi insieme, mi come
un cappello qualunque gitrato sopra una testa di statuache
non à modo di scuoterlo, ma cui non s'adatta per alcun
verso. Che mentre non è facile andare alla fonte o spiega:
la genesi della leggenda fantastica e frammentaria con cui
l'autentica narrazione incomincia, non si trova diiEcoltii
riconoscere i materiali con cui il fituzio esordio regobrc
è composto. Poco Villani, poco della Vita di Bonifacio Vili
di Bernard Gui, poco di Tolomeo da Lucca ; pochi appunn
degli j4cta coiisistorialia e de' registri de' Cerimonieri bisu*
rono. Il dettato poi è di chi sa tornir periodi e rannodarli
con espedienri di grammatica, non di chi segue il sempli^"^
impulso del pensiero, di chi volle racconciare, non di chi
scrisse il diario. Dei mss. che ce lo tramandano nonn^*
alcuno che offra sentore o vestigio del dialetto in cui fii
scritto tutto il resto volgare, del quale nessun manoscritro
i potuto interamente purgarsi, per quanto Tamanucns^
rabbia causato a studio o per negligenza. Le vwiaiiw
stesse fra i codici che danno Tesordio nuovo sono finii-
tarissime di numero e di natura, e si riducono per lo più
a errori di lettura o di trascrizione. Si capisce che *io«
l'Eckhart d « Quieti », il Muratori legga « Rieti », e «R'^'
Ciardo senese » in luogo di « Recciardo Segese »; che ilms-^
possa leggere « Agamense » ed R « Aponense » dove ''
Muratori e 1' Eckhart stamparono: «il vescovo Apamen«»-
Ma queste differenze intrinseche ed estrinseche fra l'esoruio
e il resto del diario, fra il modo per cui ci si tramandi il
testo di quello e di questo, indussero la persuasione che 1«
due pani non An ragione da costituire tutto un corpo ;i>^
si convenga però di darle per tali. Collocammo quindi U
fittizia introduzione solo in fine neircdizionc nuova, cooi"^
appendice ; e ci rassegnammo, secondo la nota dei ms^» P*^
// diario di Stefano In fessura
539
i^torcvolì alla coavinzione che del nostro diario e aiaaca
" '^ principio 0,
Per qael che concerne il tentativo di ridurre tutto il
^^*sto ad una lingua sola, due manoscritti rimangono a te-
^^'rnonio delle opposto prove : l'uno, il Corsiniano C^, in
^^< tutti i notamenti son fatti volgari, anzi italiani; l'altro,
^n codice Barberiniano, in cui non si à che un frammento
*^^1 diario stesso, e in cui precisamente la parte italiana si
^*~Ova parafrasata nel cosi detto buon latino delle scuole.
•*-l nis, fu cognito al Marini, e, per la citazione di lui, al
*^-abricio. Ma il Marini lo conobbe male. Lo allegò come
^^ n>iarium ms. in bibl. Rarher. cod. 1088, p. 215; il qual
^ non è altro che quello dell' Infessura fatto latino, ed in
** alcuni luoghi, siccome in questo, più pieno ». Se non che
^^■Jtto il più pieno è nel ripieno, e della parte che mancava
*^ il Marini non s'avvide o non dio notizia.
, Ora, questo codice, che è il Barberiniano XXXV, 37
^•^- a. 1088), e corrisponde colla segnatura alle indicazioni
^^1 Marini perfettamente, e un cartaceo del secolo xvii
^'^cripiente. Conriene dalla p. r-io6: Ada \ in hngissimo
*^**»7i«7 schhmaU \ Incipiente sub Clemente VI (i) | anno Dni
'^^ ^Sdirprofnpta \ ex /iiro/y«t)Jjni. Seguitano poi facciate bian-
^*>-c sino alla iij, in cui principiano: Diaria \ sub Bonifatic
■■^^on*? et Innocentio VII, Nel margine destro occorrono, a
^^miglianza degli altri mss. del diario, note marginali;
^^>me: « eclypsis maxima in hieme», « populus tumultuai
^ sub Columnensibus et Ursinis, sede vacante»; ed è
^Ciesto il noto passo caratteristico sopra segnalato, che il
^l'aduttore rende in tal modo:
• Anno 1401 mense septembris Bonifatius Nonus liiera suum
^lausit, et Romanus populus tumuUum excitavit libcrtatis rccupe-
"■^ndae causa et iota Urbs repagulis refena esc, quoiìdìe dimicaniibu.s
^rslnls ex una prò Ecclesia, ex altera Columnensibus prò populo.
(i) Sopra, a lapis: « Urbano et ».
540
O. Tommasini
Interim CapitoUum et turris noticupata del Mercato defeoersat^
favorem populì; quo cognito Ursini: eadcm die Vespcri in Urt»a
per portam Castri S»* Angeli ingressi sunt ut Capitolio $upp<
ferrent, erant enim a tnultìs Romanis comitati, qui Ecclesltc |
sequebantur et Jum pervenìssent ad domum illor. de Rubri>,
lumnetises cum poputo illis occurreruat et pracHum ibi fac|
est in quo atrìnque perierunt non pauci^inter quos PanccUoti
sìnus, sed tandem victores remaiucrum Columnenses t auiorìj
pulì parte sequutì, quare Ursini se contraherc coacti suoi ad lord;
Montem ».
Il passo relativo alla morte del Porcari e poi hm
giato in guisa da sopprimere ogni menzione dclTIni
nel testo volgare si afferma testimonio di veduta:
P. 178 V, lin. io; ff Die 9 ianaarii die Martis suspensus cs 5»-
pìunus Porcjrus in .\rce S" Angeli uni pinnanim lurm ^b«ì<'
storsum(j(V) est dum intras. Hìc Stephanus fcii vir bonus, imitorpiiiJ
et libertatis Urbis, quare ut patriam liberam redderet dum *- " " "
propter indcbìtam eius relegationera prodìtionem praefitim :
rctur, seìpsum et anìmum suura labcfactaNàt et peri^
bumAtus in Traspontina ecclesia scu in flumcn proicc:
suspensi sunt in furcis Capitoliois absqiic sacraraentis EcclesiJi A*"
gelus de Mascìo et Clemens eius filius, qui ne patrcm ^;:<""'"'°
vidcret, pctiìtut pileus sìbi ante oculos supcrponeretur; qu^;.
fuit; Uquco ettani occubuìt Savus Octaviani et alìì
numerus novenarìus fuit, mortis eorum causa in seni,
huiusmodi, quìa Stephanus Porcarius pontificem Nicobum :
cardinales capiivos faccre tenuvcrat ut raulus postea diript-:-
mos et stupra committcrcnt ».
Nò parimenti, ove al luogo bea cognito T L icocui^*
aQa sua potesteria di Orte, nel 1478, si fa menzione i*
cuna di lui. La frase poi corre a cai guisa. Dove ^^'
cenna alla porta S. Paolo, il traduttore volge: «'Friggili'
« nani idest. S. Pauli» ; per la pona del Popolo, (
n mentaneara portam » ; dove verrebbe alle prese col \ e
e colle corruzioni dà mss.: «si ruppe lo arrizzatorc » O)*
à 0 auditorio fraao 0 (!). Ecco poi saggi dello stile:
( I ) Mss, E, S : « *ccrizialore ■ ; C, M : » àccrixatore »; R : * *!!?^
cadere » ; S : « assidatore » ; R' : « accidatorcs » ; C^ » «diixaio^' '•
Il diario di Stefano In fessura
54i
Ed, MuR. (col. 1 1 18, lin. $6-8).
« E rimase Paolo Orsino at soldo
di Santa Chiesa insieme col le-
gato sopradetto ».
« e devolì Marìtìma et Campagna
per cinque anni ».
« Eodem anno a d\ 12 di iuglio
se parti Io papa et tornò ad Brac-
ciano, et a d\ 29 del ditto mese
scori Io sole, et fo la eccUsse
per un bora vel circa, et depò
a di 16 de settembre Io papa
tornò a Roma ».
Ms. p. 124 v^ Un. 15.
or Et sub Ecclesia mercbat Paulus
Ursinus apud eundcm legatus»^
« et ad quìnque annos Maritimae
et Campaniae illum praefecìt j».
P. 225, lin. 13.
« Die r I iulii papa Roma di-
scessit et Braccianum petiit. Die
29 ciusdem sol obscuratus cst^ et
dcfcctus apparuit ad horam ; die
vero 16 septembrìs pontifex ad
Urbem rediit ».
Insomma Todor del latino gesuitico di Famiano Strada
o del Cordata in tutta questa versione si fiuta mille
tniglia lontano. Termina allapag. 225 colle parole: e pon-
«t tifex ad Urbem rediit. Reliqua diariorum Sixti quarti
<< videas in voi. cui tit.: Relaiiones variae et Diaria Sixti
«* Quarti y>,
Deirazziraatura più completa, con acconcia separazione
*li parti e ricchezza d'indici per ciascuna di esse, e abbon-
danza di rubriche rimane esempio il manoscritto Chi-
^iano C*, il quale mostra tuno quel che la critica storica
*> el tempo in cui venne ordinato poteva, raffazzonando se-
<^ondo suoi criteri il testo, anzi che tentare di ricondurlo,
{^er quanto è sperabile, alla originale schiettezza.
Ora, accingendoci a tentar la compagine del diario e
^*- trame poi la caratteristica dell'autore, non ci sembra su-
Ji^erfluo di riassumere anzitutto in uno specchio comples-
sivo le note croniche di cui è concesto (i) :
(i) Indichiamo con numero romano i mesi, secondo il loro ordine
t> regressivo dall'I al XII, cominciando dal gennaio. Le cifre arabe
<l<}po queste indicano i giorni dei mesi. I puntolinì dopo il numero
vomano significano che manca nel diario 1* indicazione del giorno
Archivio delta R. Società romana di storia patria. Voi. XJ. 36
J42
O. Tommasini
(0 (1J03). X8C0.
1558, ...»
1J76. ...«
IJI4^ Cj).
i}6i, Vni ai.
1^8, VII 16, X...
1579% XI 9.
i}89'
1404, I j, HI 17, IX I, X IO, 1%.
1405, rv 25, vili 2, j, 5, 6,20,
, 2J, 23, 26, IX I.
1407*, m*ij, XI 7% 14, XII I.
1408, IV 18, 21.
1409, IV 25*, VI i9*, 21,27.
1410, X ..., XII 27. jo.
MM, IV 2'
141 j, VI ..., Ili 15, VII ...
1414, IX 13 (15) . 16, X .„,
XII 9».
1416, vili .... xu ..
Mt?» .Vili 28», XI II*.
1420. IX 28, (29).
1422, XI ja
1425, V ...
1424, VI 2', 16, Vll3l»«*.
I4JI, II* 12, 19, 20, ni t, f.
II*, i6*.
1432. IV 15', aj*. VI }, :
VII 17*, X22, Vl4*.|
M33. IV 7 (8), 17. Vii*,:
VI 17, vm 2s,xni.j
U54% X 5» V 29. V 3., VI!
ao', X 27.
i4?6. ni 20, V 19. VI}, vini
1457. IV..., VII..
1438 , IV 11, vni2j*.i
XI 8. 2, 4.
1439. V..., ^i-M ui 19,1^1
nel mese; dopo il numero dell* anno, che manca ogni InJicaòov
particolare. I numeri in parentesi son quelli che, desunti dal conica
non si trovano esplicitamente determinati nel diano. Nel p5Cu4of'i^
cipio s'incontrano le date 1294, XII 24; 1295, XI \o,
(2) Data erronea, originata probabilmente dall'avcr TI. ini«7^
tato doppiamente male il testo latino dì Bernard Cui : « oi}:-' ^-^
« mae .v. id. oct., sequenti vero die fuii in tumulo, qucm sibi Tirt»*
« praeparari fecerat, luraulatus in eccl. S. Petrì a. È ovvio che TLp"**
anzitutto per inavvertenza gl'idi d*ottobre ai 13, come i tnoicoaitf"
del calendario, e non ai 15 di, e che dopo errò anche d*uo gi*^
il computo. Gio. Villani {Cron. Vili, 63) ponendo la monedip*f*
Bonifacio a* di 12, sbagliò pur egli probabilmente nel triJiint u
data dal latino. Quanti errori coosimili non anno forse 1' ^''^^'
ìstcssa !
(3) Alcuni mss. anno 1324, altri 1314. L*equivoco della cìJt-
del 6 per 9, del 9 per 2, la sostituzione di cifre arabiche
role a numeri romani o viceversa àn dato luogo a frvqac::
panze dei mss. e ad errori delle edizioni e degli storid v---
sono affidati. Notiamo con asterisco le date intorno alle quitJ^'
discordanza nel tnss.
^^^^H
i // T){ario di Stefano In/essura 543 ^^|
■
1
"-M.O, V (26).
1468, XU24'. (31).
*^-%^ XII, 15.
•^•^j-.V 27. IX 28, (29), XII 8*.
1469, I 1,9, 2J.
^^^1
1470. V 18, VI 26, XI 5, vn s.
^^^B
1471. IV1.VU2J, vili 6,9,25.
^H
"-=•^6, VII" 5.
^^^7, l9.n 12, 2),IIl4,6^,ia,
xu .«
^H
1472,1 .... n 27', Va8.
^H
VI8.2.r.
1473. I 23.IV29, V(i),7.(8,9,
^H
*^»^8. IV as, V 2j% VIII 29.
10), VI 29.
^H
IX.... X 23, XI 4, xir
1474. I 5-
^H
20'.
1475*. I^. ^I "1-
^H
»-<M9. IV 25, 27.
1476, IV 30, 18. IV 25, VI to'.
^1
*<SO. XII 19'.
12, 13, VII 6, Xn 17.26.
^H
*-*Si.
1477. ni tj. VI 23. 26. VUIai,
^1
■x^Sa, m 8*. 9. IO, iS*, IV32.
IX 3, XII ... 15.
^J
x-^5j, I 5,9-, 12% 30^31, vn 8.
1478.IV27. V4,i2,VIIta\a9.
^H
X454, X 12. if.
IX 16.
^H
14S5. "1 "•- ^4', IV 8. VI 29.
1479» XI I-
^H
XI 21% 2J.
1480,18. V 17*. VIII 2, 1X8.
^H
1456, VII ...,24, Vili 22. XII 24*.
1481. III 5, V28MX, i3\
^H
145 7, XII 24.
1483, IV 4,14, V 21, 22, VI a. 3,
^H
Ms8*. n..., X* i\ vir, 13%
5, 6. VII 12,8, 13, 16,21,
^H
viii,6, 14', 19. rx3,xn
27*, 20*, VIlIi.S, 12*, 15,
^1
22.
16, 19.22, 24, 30, IX ij,
^H
(1459)J"; I4$9» I» •"% V 16,
XII 27, 30.
^H
25. X 5.29.(30).
x483,Va7*.XI 15.
^1
1461, m 27*. (VI 29).
1484, V jo,VI I, 2. 4.$. 7.(10.
^H
1462, IV 12, V 4.
(13). 18, 20*. 23, 25, 37,
^H
1464% VI 19. (VIII) (0, 14. 28*.
29*, 50, VII 2,4, 16.(17).
^H
50, IX 3, 16, XI 6\ II*,
(18), 20, 23, 24. 27,30,31^
^H
XII IO*.
Vm..., 5.6,9*, 10,11,12,
^H
1465, IV 22, VI 2% IX 14', 20.
O3). 14, (15), (16), 17,
^H
XI 25.
(18), 22,24, 25, 26. 29, XI
^H
1467. VII 8*, IX 18, 29, XI 20*.
22.
■
(i) Quantunque redizione Muratori (col, il 39, Un. 59) legga in
_m
questo luogo: « eoJem anno a d\
14 di agosto si mori Io detto papa
^^^H
«Pio II», i mss. da me riscontrati e i'eJiziont; d*Eckhard non re-
^^^H
cano alcuna menzione del mese.
^H
(2) Il Muratori corregge: « mense iuniì » ed a ragione; ma i co-
^H
dici da me riscontrati danno: « mense raay ». Lasciammo però V ine-
"^^1
sattezza air I.
f
-|
O. Tommasini
1485,16(0. in..,Vl(25),(24).
VII 14, 20, 21, Xi 6*, 19 ...,
XI .., (jo). XII IO, 15.16,
38.
i486, I 4, 5, 6, 7, 21, II 20*, III
17', Vr,., 30, VI (9) (»).
(12). ..., 19, (24). 28% 29.
VII 2, 13, 17, 19% 26, 28,
vin4, 11% 12. 14,15,24%
IX...
1487, V ...,Vl2oO). 26, 29, VII
S,VIII 9,17% i8%25, X
1488, I X, IV 7, V I, VI 2, 15,
VII 8% 15.
1489,111 (ai) (4), VI 13,14, j
IX 4, X 19,27, XI ij.
1490. , V7,IX27, 28. Xi
XI 20, 30. xn 28, »)\|
1491, VI 1, 18,6, 9. viii«^r
24.
1492, Ilr, IV(i9),(2a)(^l.Vd
51, VII* 16, 22, 2J,J6,1
VII! 1,6, 30%n,26*,|
5, 4, XII ...
1493. rv 25, VI IO. u, nj
VII}, (7), 23,24,a«.(
X 2t, 27.
1494, 1 20, Il 4, rVaa.
Da questo prospetto vien fatto, innanzi tutto, dirilev
i! gran numero di date intorno alle quali Ì manoscritti <
scordano; poi la relativa scarsezza del notamenti del diifio,
se si eccettuino quelli degli anni 1482, '84, '85, '8tf, 'j^*
*93 ; poi 1=1 rarità delle note croniche ne* singoli anni, che
s* incomincino dal gennaio; e finalmente la lunga dista
di tempo, per mezzo alla quale saltuariamente proadc;^
soprattutto i molti anni e lontani fra cui si trascorre nel'
r introduzione.
Ora, da quelle date rispetto alle quali si A poca cooi<
danza dei manoscritti, sorge tosto il difficile compito J*B
(i) La data « .xxii. novembrìs 1884» si trova intercalici
questa.
(3) II testo à: A prima hebdomada iuniì dìcVeneris». De»tp
tanto intendersi 0 il 2 o il 9 del mese. Cosi intcrpretamoio il ^\
dal dato: «die luuae proxiraa tunc futura».
(3) Il testo à: «die vigesima vel circa».
(4) Il testo à: « mense raartìi in die qua itur ad Ieru»alerti".^
la domenica lattare,
(5) I mss. anno: « die dominica, vidclicet die pasquae et seci»»'
«die dicti mensis ». E cosi le edizioni; ma parve naturJiU "*'*'?' ■
plìre (t vigesima et secunda dicti mensis», restituendo colli p''
sfuggita agli amanuensi la data vera della pasqua di qucirioOO.
// diario di Stefano Infessiira
y45
|ar
le cause delI*iberrazioni, più che non emerga la
bilitA di facile fede rispetto a quelle intorno a cui si à
Dsenso dei codici. Infatti, i codici convengono, per
pio, a porre l'elezione di Bonifacio IX nel 1382; ma
lon vede in questo caso Tovvio tramutamento del 5»
che die luogo, probabilmente, ad una universale devia-
dairautografo ? In altri casi, per converso, è una du-
lezione, sempre errata e diversamente errata, che ci
uce a ristabilire la giustezza del presunto testo originale.
come sogliono tutti i cronisti del medio evo, indica
spesso il giorno dell'anno dalla festa del santo che ri-
: nei calendario ecclesiastico ; e talvolta accoppia anche
:a indicazione colla data astronomica. Ora, il calendario
, per esempio, la festa di san Leonardo a' di 6 di no-
bre. Questa festa era tra le più cognite e certe in Roma,
il nome di Nardo occorreva comune neiruso del po-
, Dicendo pertanto TI. nel 1464: «lo di di santo Lo-
"doft, egli sapeva benissimo di dar ad intendere la data
corrispondeva alla festa, cioè il di 6 di novembre. E
jngendo in seguito l'accenno di « doi dì seguenti »,
hiaro che determinava anche il di otto del novembre
rsuno. Se non che i manoscritti fecero qui un gran
jglio. Alcuni posero accanto all' indicazione della festa
siastica la data « a di 5 » ; chi copiò omise forse l'asta
mmero romano «a di .vi.» nel trascrivere la data
i in cifre arabiche; e aggiunse di soprappiù per trasan-
za «doi di sequenti che fo a di 17 n. Altri poi, come
'cr non saltare di pie pari dodici giorni in luogo di
avvertito della seconda trascurag^^ine piuttosto che
rimo errore nella datazione dal calendario ecclesiastico,
la fesu « a di 15 », ma i due dì seguenti ai 18; onde
ito di congetturare che dovette ben esistere un buon
primitivo che dava la lezione corretta : « a di ,vi, » e
di sequenti che fo a di .viu. » ; ma questa fu poi
a da chi avanzò il fatto di dieci giorni, secondo due
TP
O. Tommasini
maniere diverse di corruzìoai, che appena ora si p
raccapezzare e medicare, ragguagliandole insieme.
Con tutto ciò non è a credere che della inesattezzi JeUe
note cronologiche sia da attribuire tutta la colpa a trascu-
raggine d'amanuensi. Pur troppo, anche rispetto ai fatti di
cui fu testimonio contemporaneo, T I. non è sempre regi-
stratore precìso. ^M
Del convito d* Eleonora d'Aragona, in cui fu pro^P
tanta dovizia da provocare T ironica esclamazione di lui:
« in qualche cosa bisogna che si adoperi lo tesauro delh
« Ecclesia! », ci sbaglia la data, ponendola sbadatamente,
come vedemmo, nel maggio, anzi che nel giugno, quan-
tunque la designi pur giustamente secondo i giorni della
settimana. E la stessa incertezza si rileva nella detenni-
nazione degli anni, sia ch'egli stesso abbia notato o eodcra
tt anno t) come alla prima annotazione deiranno 1449*^
adi 23 d'aprile», dov'era necessario di segnare invece i
margine l'anno nuovo ; sia che la nota marginale sia sfug-
gita agli amanuensi, o che, pe' tempi anteriori a* suoi, egli,
attingendo a fonti che noveravano gli anni ab incarfiatiiym,
abbia fatto male la riduzione, o mal tradotto dal latino rà
volgare. È certo che, secondo lo stile romano, ci chiiinJ
it primo di gennaio a lo dì di capo d'anno a (i); ma non
è men vero che assai di rado le note annali ch'egli r^
gistra cominciano prima del terzo mese. Può essere ef-
fetto di caso; può essere che tardi egli abbia racoolio.
come il notaio Caffari, « multa et diversa in diversis codi-
ti cibus diversis annis et temporibus sparsa» ; può es<
questo tardo raccozzamento di date sparse spieghi anv^v .
tercalamento delle dare anteriori dopo le posteriori, non in-
frequente. Ma quel che salta agli occhi subito è che i du«
nuclei principali del diario sono il brano dt bello comifi^^
inter Sixtum et donùnnm Robcrtnm (k .-frimim ex un^, ''
(1) Infessurae Diar, ad ann. 1469.
// Diario di Stefano Infessura
547
\regan Ferdinandtim dnccmque Calabriat ex altera parie e
ila narrazione della presura e morte del protonotario Co-
lonna, tutti e due composti con gran sentiinento di affetto
romanesco e di clientela verso la popolare famìglia dei
Colonnesi (i). Tutto il resto è ravvicinamento di cellule
Ipiù o meno vaghe, richiamate da parti diverse, senza con-
'tinuiti, senza proporzionata importanza, ma ordinate in-
sieme tuttavia, come in servizio di un medesimo sistema
d'idee, non tanto soggettivo e individuale, quanto popo-
lare e pubblico; donde risulta il pregio principale all'opera
dell' L
Se non che, se abbiamo già avuto luogo a discernere
come male egli si dibatta colle relazioni di tempo, non
però armeggia meglio con quelle di spazio. Prescindendo
dagli svarioni degli amanuensi che manomisero i nomi dei
luoghi e fecero dei Monte degli Orsini, o M. Ursin », « Mar-
« cici », « Marini » e peggio (2), che scambiarono Sulmona
con Sermoneta, Troia con Stura (Astura), Mazzano e Naz-
|zano con Genazzauo, Genazzano con Genzano, Teano con
Ceccano, Capua con Mantova, prescindendo dagli svarioni
o equivoci che fecero comparire Antonio Caldora per
Antonio da Pontedera, Baltasar de Rivo per Baltasar da
Offida, noi vediamo T L confondere Basilea con Costanza
(i) Cf. Diar. aJ ann. 1404. Come la Chiesa, che avea stretto col
popolo di Roma li patto di Giacobbe con Esaù famelico, considerasse
i Ronianeschi, veggasi nel Libro lUUa t'ita d delle visioni Òeìla heaia Frau" ^
ctsca àllramtnU dilli Poniiani, di prete Giovanni Mattiotti, ed. Ar-
mellini, Roma, Monaldi, 1882, p. 113 : « . . . poni bene cura alli spiriti
M romaneschi, non so cica liali, et sono vili et tristi, se lassano in*
« gannarc alli proprii sieì, alla superbia naturale che li fa vergognare ».
Questa edizione è peraltro tanto inesatta, che chi vuol servirsi di questo
prezioso monumento della letteratura dialettale del sec. xv come ter-
tninc di ragguaglio, deve ricorrere al ms. dcU'archivio Vaticano,
fondo di Castel S. Angelo, XII, I, 2j.
(2) SoucHON, Die Papstwahkn von Boitifa^^ Vili bis Urhan VI,
p. 29: a dcr schlechtc Druck liest Mercici ».
J4S
O. Tommasini
e i due concili che nelle due citti si tennero; coaiusid
che è tutta sua, e che mostra com'egli non andasse colle
sue nozioni geografiche molto oltre le porte di Roou.
Che an2Ì le stesse menzioni topografiche dei luoghi i
monumenti della città addiuno com'egli si tenesse .
più presso alle fantasie e tradizioni del popolo regis
dal Muffel (i), suo contemporaneo, che alle critiche J
erudite instaurazioni del Biondo da Forlì e alle dixnna
di Pomponio Leto e della sua Accademia, pur essi, vu
mente, contemporanei suoi. Che, se anche per le desig
zioni topografiche è a mondarlo delle scorie degli
nuensi, e restituire^ ad esempio, « pel aviello » in ve
«pelacciello », « porta Accia» in vece di a poru Avi*
« lopa de metallo », la famosa lupa Capitolina al Laterai
invece dell* a opera de metallo » (2), pxssata malamfl
• (i) Cf. N. McFFELS, Beschnibung àtr Stadi Rom, isS** pMct
tles ìitUrarischen Vere'mi in Stuttgart, iSyó.
(2) Questa lezione originò, come è ovvio, dalla cattiva inicfpK'
tazione della voce n lopa » da pane degli amanuensi e de^li ciitoi
Questa a lopa », che aiuo non è se non la lupa di broruo, ora oci
museo Capitolino e che, non ostante le afTermazioni autorevoli 9
contrario, è lecito dubitare che sia monumento romano dell'cti J^
tìca repubblicana, nella edizione della ^ùstican•;a dì Paolo PetxokIi
diventò « la Icpa di metallo » (Cf. Muratori, SS. XXIV, col. lao)-
I copisti che non intendevano le ragioni dialettali che cella regiotf
romana facevano « lopa » della lupa e « Montclopo » di MontAtf^tS^
Montcluco) credettero poi di sciogliere la voce « lopa > e d''intCTprrtit
remissione di una abbreviatura nel />., d'onde trassero « l'operi ■D*
questa erronea trascrizione ebbe ad originare la lezione 1
La cosa più singolare è che il Rohault de Fleury (Z^ Ì-
moyen àgc, 498), pubblicando estratti del catasto della basilici li'*
ranense compilato da Agostino delle Celle nel 1450, staiiJpòi*^**
■ una posta in ncla piaza de Sancto Ianni dove sta la lopi et 0^
« de metallo », mentre invece nel codice, che per cortesia del t^
rendissimo Capitolo potemmo osservare, a e. xx v sì legge iniBWO'
tamente: « dove sta la lopa et Marche de metallo », àot Marco A**
rclio.
// 'Diario di Stefano Infessura
SA9
nelle edizioni, riman sempre a suo carico la « colonna
« Adriatica o, ch'egli indica al modo stesso del Prospettivo
«milanese (i).
Dapoichè una cosa è a riconoscere: che dell' I. bisogna
dire quel che altra volta dicemmo del Godi e del Bripio (2).
^gH vive immezzo alla cultura del Rinascimento come un
'^^tno del medio evo; sa di giure e si ravvoltola nell'eser-
^*^ìo della sua pratica, ma la fonte gliene riman torbida
^^ immota. L'onda classica bensì lo lambisce, ma non lo
'^Vifica; l'accademia gì* inocula, come un pregiudizio di
'^^ùj la triste passione dei distici messi a servizio de' pette-
^^^lezzi e dell'odio; ma il latino di lui non è mai quel del
^lla, bensì quello che s'andava travolgendo in curia nel
^^rgo dei cerimonieri; quello, a un dipresso, dell'autore
^^lle Gesta Bcnaìicii XIII (j\ dove le matclacia, le scutdiac
^'^^ pl^iij le taxcat, i picherii invadono, colle necessiti bar-
*^^che del linguaggio vivo, la rigida e pulita immobilità
disila lingua morra. Cosi T L scrive : « prò bono foro u per
*« a buon mercato » ; « in capite quìnque dierum >> per a a
*^apo a cinque giorni » ed a erexit se in pedcs » per « si levò
'^ti piedi», e poi: magti::;eria, funiarii, forklicitjj harilia, boti-
Siios, butiglionem, petias drappi imbrocati, artdlaria, Utidac et
f>adiglionc5, partisciana, sotolare. Questo latino del diario suo
tion sarà diverso da quello delPaltro libro che gli si attri-
buisce : De comuniicr acddcntìbus; ma che distanza da
cjuesto a quel del Biondo, del Valla, di Poggio e del Bruni!
Del resto i contatti dell' I. col mondo classico non paiono
né molteplici nò frequenti. Egli cita una volta Ovidio (4);
vana volta Giovenale (5); ma l'allusione, quantunque strana,
(i) Prospettivo MaxNESE, AnliquarU prospettiche romane in Atti
R. Acc. dei Lincei, III* par, 3, p. 51.
(3) Cf. Arcb. della Soc. Rom. ài st, patria. III, 8$ e sgg,
(3) Muratori, Script. Ili, 777 e sgg.
(4) Cf. ediz. Muratori, loc. cii. col. 1225.
(5) Cf. ediz. cit. col. 1250, lin. JO-31.
550
O, Tommasini
alla Tulliola di Cicerone vedemmo che non gli appartiene;
è amico di messer Pomponio, raccoglie pasquilli contro
Sisto IV, Innocenzo Vili, Alessandro VI, ma soloperdic
la curia e la enti ne rigurgitano ; e non è da credere che
il brutto epigramma, soppresso nell'edizione del Muntori,
riferito in quella dell' Eckh;in (i), gli spetti come ad
autore (2). Allega una volta il Platina (3) come autoriti
storica; un volta un versetto di salmo, per malignarvi
intorno alla fecondità di papa Cibo, giovane e genovese (4);
altra volta come dictnm Apostoli una sentenza (5) che ni
nelle lettere, nò negli Atti degli Apostoli si trova ceno;
ma di queste inesattezze di citazioni negli scrittori del 5^
colo XV non è penuria né maraviglia. Bensì la vera auto-
rità che lo domina e gli pervade lo spirito, l'autorità che gli
sostiene il senso morale ferito, che gli nudrisce 1* ironia e
la speranza civile è quella della profezia.
Il calabrese abate Giovacchino
Dì spirito profetico dotato,
che Dante (6) pose immezzo ai campioni dell'esercito Ji
Cristo, nell'alto del Paradiso, l'unico profeta che in tu::^
(i) Ed. EccARD, loc. cit. col. 1949, Un. 21 e $gg. O". f^ .^-
ElcutheropoH, 1544, pp. 5, 76-78.
(a) Le parole che precedono ìmmediatameDte repìgraaimi ini-
caio variano secondo i mss. L*Eccardo legge, insieme cooì«>I»-'
B*, F', P*: « ego tamen susccpi carmina infrascriua 1. A, ^ >. B',
B3, FS G, L», M3, M*, O, O', R', S. V, V: <r ego tamcn
« infrascripta » (B3 omette poi l'epigramma). A*, B, B*, I
L, L', L3, L*, M, P, ?': « carmina infrascripta itiscripti ». f, F^^*
« criraina infrascripta inscripsì ». S* : « subscripsi carmina infraKript»»-
P*: « infrascripta carmina rondiii». Omettono l'epigramma e ^'P*
role che lo precedono B3, C*. C3, V^
(j) Ed. Muratori, loc. cii. coL iai6, lin. $a: «ut legiwriflPl**
a lina tempore dictì lohannis papae undecimì ».
(4) Diur, ad. ano. 1484, psul. 128, v. 5,
($) Ad ann. 1489 : « de male acquisitis non gaudcbit tcrtios hKm '■
(6) Paradiso, XII, 140,
fera cristiana egli conobbe dopo gli Apostoli, è anche per
'ri. un lume lucente che accerta il passato e il futuro. È
'lui che « scripsit de pontificibus futuris usque ad nostra
« tempora «; è lui che « visse a' tempi di san Cataldo », del
quale ultimo pur sì dissotterra nel 1492, a terrore di re Fer-
dinando, una profezia novella (i). Quando Bonifacio Vili
muore come un cane, nella leggenda con cui incomincia
il diario, egli non fa che finire « la sua profetia: intrabit
« ut vulpis, regnabit ut leo, morietur ut canis n (2). E tutto
quel viluppo di dettami profetici che pigliavano nome dalla
Sibilla, da Merlino, dall'abate di Fiora, da Cirillo, le cui
tavole argentee esercitarono gii tanta potenza sulla fantasia
di Cola di Rienzo (3), quelli di Telesforo da Cosenza sopra
d'ogni altro, tale un predominio avevano preso suH' im-
maginazione del popolo da sostenere colla speranza nei mu-
ramenti, che le profezie promettevano, la fede dei cristiani
scossa nel veder la gii unica Chiesa divisa dallo scisma, por-
tata via dalla sede tradizionale ed eterna di Roma, marcia
per la potenza mal goduta, per le ricchezze mal profuse
del clero, per la povert;k evangelica dimenticata (4). E se si
W,
(i) Infessura, Diar. ad ann. Cf. AJ. SS. Boll, io raaìi, II, S70-578;
VII, 679; Ughelli, //. ^acra, IX, 121.
(2) Questa forma della profezìa s* incontra in Fr. Pipini Chrouicon,
SS. It. IX, 741, neìVAquila volante dì Leonardo Aretino, V, cxxv
(ed. Venezia, i$o8): e Et cosi è verificata in lui la prophetia de Mer-
« lino, la quale dìcia cosh intrabit ut vulpis, etc. ». Nelle Io. Abatis
, Prophetiacj Vatic. VI, la profezia a forma diversa.
(3) Cf. DòLLiNGER, Der fVeissaguttgsglaubeand das Propbetentbum in
àer chrisiìichtn Ztit, p. 359; Papencordt, Cola ài Rim\o una stint Zdt,
p. 22S e sgg.; Renan, NouvdUs Hudcs d'bistoirc uììgieuse, p. 308; Tocco,
L'eresia mi medio ct'o, p. 291 e sgg. II Denifle, Dai EvangcUum acUr-
num uftd die Commission \u Anagni^ ne\V Archiv fùr Litteratur- und
j KirchengtschichU da MìtUìalters, I, 90-8, dà notizia della tradizione
manoscritta delle opere dell'abate Gioacchino.
(4) DòLLiNGER, loc. cit. « In der Zeii der grossen Kirchenircn-
« aung (i 378-1455) stand das Prophctenwesen in voller Biute ».
552
O. Tommasini
tollerava l'aspetto di pontefici studiosi delle basse uri
della terra, della cheresia corrotta, della fede schernita come
cose che non fossero, come contingenze passeggere e desti-
nate a sparire, era per fiducia che sarebbe venuto il « t
«ricus absque temporali dominatione », il papa angeli
scevro del temporale dominio, intento solo alle cose cele
0 qui solum vitam animarum et spiritualia curabit ■ i
per la speranza nell'era del Santo Spirito, che doveva seg
a quella del Padre e del Figliuolo, le cui colonne sarebbero
state Tabarc [oachlm, san Fancesco e san Domenico, come
nel principio della nuova alleanza erano stati Zaccaria, Gio-
vanni Battista e Gesù (2). Per questo il profeta di Fiora
era stato da Dante collocato coi due gloriosi isrituiori di
ordini frateschi, che, come notò i! Machiavelli, rìtrisscro
il cristianesimo verso le origini sue (3). E il common-
mento profetico che agitando i luminari del secolo uè
da questi sino alle infime plebi, come freme nel vcK
dantesco (4) e nella cronaca di fra Salimbene, parla in qud
del nostro scribasenaio. Quell'onda d'odio, che, come se
il Renan (>), sono le predizioni ioaclùmìstiche contro a 1
nifacio Vili, dal diario di Stefano, rimbalza ancora con
la storia di lui, narrata dal Tosti (6). Se l'I. accogbc 1
(i) Infessura, Dfiir., ad ann. 1491.
(2) GlRARDINO DA BOKGO SaN DON*NrNO, InirodìUÌOf^ìiì
PLESSis d'Argentré, ColUcUo iudiciorumt I, 163.
(^) Machiavelli, Discorsi, III, 1.
(4) C(. BoNGiovANNi, ProUgomcni ad nuot'O Comento^ p. l$7*^''
LIKGER, Akadtvmchc VortrùgCj p. 94, citando il passo di Annan'"
da Bologna: « Ma, come dice Merlino, tutte finiranno poi per U cK^
« di quel forte Veltro, che caccerà qut'll'affaraata lupa, onde Wffl
<r tanta crudeltadc », annota: « also batte sic im Volksmundc bcr^
« cini; merlinische Weissagung, die sich den Dante' schcn ^c*'"
« aneignete, gcbildet ».
(5) E, Renan, /oa^rAim àe Flort et Vh'angtU H^mtU Noirt^flfl'
d*histoire rtligieusi, 1884, p. 308, in nota.
(6) Tosti, Storia di Bonifacio Vili VI, 195 : « Ecco rhoo»"
// diario di Stefano lufessura
^^ggenda della morte di Benedetto XI « attossicato in un
^^o », è pel vaticinio ioachimisrico che la predice (i). Se
*-* mancare dell'imperatore Federico III, nel 1495, annota
'^ et cum eo perierunt omnes propiietiae », egli è appunto
Perchè vede cadere a vuoto tutte le predizioni guelfe che
**-v-evano dipinto co' più foschi colori quel qualsiasi Federico
^^desco, che fosse venuto dopo il secondo, dopo rHoheri-
^^aufen tanto detestato dalla Chiesa, persino nella memoria,
^ol quale avrebbe dovuto esser perito T impero (2). Per-
^^nto, sino al tempo in cui TI. chiude la sua cronica, dopo
"■--^ morte cioè dell* imperatore Federigo tanto profeticamente
*V)rmidabile, quanto storicamente alla Chiesa innocuo, è
^^ampo a vedere, come i contemporanei facessero continuo
^^iscontro colle profezie ai fiitti della storia. Ma i tentativi
^ procedere oltre col sistema medesimo cadono poco ap-
jDresso scoraggiati e sterili in Italia (3), dove l'ultimo ba-
«r della progenie dì Scarioto... neronicamente regnando, tu morirai
«t sconsolato... perchè tanto desideri il babilonico principato? ecc. ».
lÈ notevole il seguente brano della storia del Tosti che par proprio
Spirato dalla fantastica narrazione dell' I.: « Segutvalo Napoleone
m degli Orsini cardinale, il quale, il pontefice, a dar segno che vera-
« mente lo avesse perdonato, umanamente convitò a mensa. Ma il sel-
« vaggio uomo osò con superbi modi parlargli : essere ormai tempo
*< che dovesse accogliere in grazia i Colonnesi ».
(i) loACHiMi ABATis Calabri Vaticinium VII: « Haec est avis
«t nigerrima corvini generis, nìgra Neronis opcram dissipans, subito
« morienir in terra petrosa, cum videbii fructum pulchrum,
«ad vescendum suavem, tunc cnutriet in gemma qui sibi
«principìum mìnìstrabit mortisn.
(2) De Leva, Dante qual profeta, relazione estratta dagli Atti dèi
R, Istituto v£fu:to di scien^ej lettere ed arti^ t. VI, scric VI, p. 14.
(5) Se ne scorge traccia nel manoscritto della biblioteca Boncom-
pagni di Roma, segnato E, 7, nel quale in seguito alle Kotabilia tem-
porum del notaio de Tummulilli, edile dall'Istituto Storico Italiano,
si contengono profezie che giungono per insino ai tempi ò\ Niccolò V,
Calisto III, Pio II e Paolo II. Ma prescindendo dalla scorrettezza
del testo, lo stile loro ìi perduto quellVnfasi apocalittica, quel « bom-
1
554
O. Tommasini
gliore di fuoco profetico par che si spenga col rogo lU
Girolamo Savonarola.
E dopo l'influenza dei deaami profetici, quello del seiK
timento popolare e colonnese è il più caldo e cospicuo del
diiirio di Stefano. La catastrofe di papa Bonifacio, con cui
la cronica di lui sembra che incominciasse, sta come segno
della vendetta di Dio contro chi s'attenta a colpire hntaJ
tuosa casa dei Colonna; e i Riario dovevano meditare I^H
sempio. L'esilio babilonico, il trapasso della Scdepontìficù
in Avignone, da cristiani e da Romani si considerava come
la principale iattura per la Chiesa e per la cittA; e il pri
principio di tale iattura il popolo voleva ripeterlo da _
Orsina. Cosi V L racconta che fu Napoleone degli Orsinf
da Monte Giord.ino che a ruppe li cardinali « esitanti,
coronare Clemente V fuori di Roma; « e givosene in Fr
« et tutti li altri lo seguitorono et all*hora fu coronai
Ed oggi se la storia imparziale riduce a più stretto lii
« bastischer Ausputs )>,come lo chiama U Dòllincea (loc. ciL p. ip
che è il carattere precìpuo del vaticinio ioachimistico. Invece nel c^
dice Vaticano Regio. >8o, membranaceo, del secolo xv, si à proprio
rcscmpio di quel nucleo dì profezie che si rifletie nel diario JcU'*-
Dopo i vaticini di Merlino, ne* quali l'ultimo riscontro si fcn
e. n V. con: « Di"» Gabriel (Condolmario) de Venetiis, deìnJL
«nius pp. mi cUectus Roma .ii. die martii J431 », segue a <: -
il UbeUiis fratris Tìtcìofori presbiteri et hercmiU simul uuctcnUili. •;''
scriplorum prophetarum et vcrarum cromcarum dU causis stata iopaif^
oc fine prcicntis scismatis et tribtilationufn futuramtn, maximi t^f^
futuri Re^s Aquihtiis vocantis se Federicitm Jmperatorem /ft'*ii« Uifw *
tempora futuri pape vocati Angelici pasioru ci Karoli re^is Frof-
imperaiOTìs post Feàericum Tertium supradictuttt, Item de summ ■
ficibus Romane Ecclesie oc status universalis EccUsie a tempori ^Z*
tetnpus dicti ultimi atttixpi ac post mortem ipsiuJ usque ad txirtsw^"^
iudicium et finem mundi. Le rappresentazioni figxiraie cIk ice»"*'
pagnano il testo aggiungono pregio ed importarua al codice. A^
ornamento della nuova edizione del diario dcll*I. saranno ripro^
quelle che rappresentano il a pastor angelicus i* e la venuti di F^
derico HI a Roma.
Il diario di Stefano In fessura
555
ia responsabilità dell* Orsini, non però lo scagiona de!
furto (i).
Similmente, se nel diario di Stefano vien commemorato
I* infelice Andrea Zuccom^keh, quel domenicano e archiepi-
<« scopus de Cranea » (2) che gì' Italiani chiamarono Zuccal-
xnaglìo, è solo perchè « multa mala dixerat de Ecclesia Dei,
<c potissime de mala vita Sixti et comitis Hicronimi, et de
et inhonesta vita omnium praelatorum » ; e perchè ai Fio-
rentini, alla lega, non meno che ai Colonnesi, quel
(i) Cf. SouCHON, Die Papstwahlen von Bonifax. VUlhii Urban VI una
<iii: EnisUhun^ da Scbismas T}jS, Braunschweig, r88, p. 29. Cf. ìbid.
•a.pp. Il, KapoUonis de Ursinis cardinalis epistola ad Phiìippum, ngem Fran-
corum, de slatti Romance EccUsiae post oHtum Clemeiitis V, p. 185 e sgg.
Xn essa TOrsini dice apertamente : « et quondam cum multis caut?lis
«< quibus potuimus hunc, qui deccssit, elegimus, per quem credeba-
«e mas rcgnum ei regem magnifice esaltasse ». E poco olire: « Pro
«« certo, domine mi rex, non fuit nec est intemionis meae sedem
mt mutare de Roma nec Apostolorum sanctuaria Tacere remanere de-
« serta, quia in fundaraentis fidei scdes universalis Ecclesiae Roma
•«r est stabilita ». Bensi riconosce che « vobis domino nostro et mi hi
«devoto vestro et ceteris dominis Italìcìs, qui solo inluitu
«regio dcfunctum elegimus, praemissa adscribunt ur mala et
« mundo non ventura ».
(2) Il Burckhardt, Er^ischof Andreas vott Krain undder Ut\te Con-
^ibversuch in Basel, nelle Beltrame 5^. vaterl. G&sch. \. Baseì. V, 25, lo
<là per arcivescovo di Strigonio, st. Gran, !in Ungheria. Ma dalle
serie del Gams {Strics cpp. 380) sembra che sino alPanno 1482 di
-quest'ultima sede fosse titolare Giovanni Peckcnschlager. Invece,
il Frantz, Sixius IV und die ReptihUk Fioretti, Regtnsburg, 1880, p. 455,
lo fa arcivescovo della Carniola, gli àà per refidenza Laibach e ri-
sene che dovesse il suo arcivescovato all'alta posizione politica che
godeva presso Federico 111 impcratort. Il Burckhardt trae dai docu-
menti dcirarcfiivio di Basilea molta luce intomo al tentativo di con-
vocar un nuovo concilio in quella città per citarvi papa Sisto IV,
ad istigazione deirarcivescovo Andrea; e trova che la notizia data
dall'I, della carcerazione fatta dì lui dal conte Girolamo e della
deposizione fattane dal papa ò per lo meno « cin an unrechter
■ Stelle angebrachtes Einschiebsd im Juii 1482, da Andreas schon
«làngst in Basel war».
L
556
O. Tommasini
« Crania » potè parere, quale Baccio Ugolini lo descrisse:
« un huomo per fare ogni cosa, purché e* tuffi d papi e
« el conte » (i); per le speranze che i « conciliisii » d'Ialù
riposero in lui.
Ma all' infuori di queste influenze del pensiero popolire
che s' insinua fra i notamenti dell' I. e Y inducono a regi-
strare anche l'insediamento dei fraticelli eremiti in San l
vanni al Laterano come un trionfo del popolo (2), 1
mancano argomenti per riconoscere qua e li anche
mento personale e soggettivo nelle narrazioni e nelle r^P
strazioni sue.
Egli naturalmente panecipa a non pochi dei fatti
rende testimonianza; ma di non tutti ragguaglia conD
pnraneamente all'accaduto. Qualche volta anzi par
rileggi!, dopo certo intervallo di tempo, l'appunto suo ^^
vi supplisca nuove notizie o commenri.
Uno degli appunti personali che copisti e bibliografi
furono solerti a raccogliere, è quello in cui tiel 1478 egli
si dà come potestà ad Orte. Ma precisamente in quello
ci si attesta che il notamento non fu contemporaneo (j).
(i) Fabrosi, Lauretitis MeJicis Maglifici Fita, II, 227 e ^l- -
lere di Baccio Ugolini da Basilea u a dì 20 e 50 disepierobr- .
e <r a dì 25 oct ».
(2) V. nel Diario all'anno 1440: « «foro rimessi in Santo loim»
R li fraticelli, et questo fu del mese di iugno, et colla procesnOK.
« et foro ad accompagnarli li Consen'atorì et caporioni dovi ^
« vecchi, ctc. ».
(j) Diar, ad ann.: « et in quel tempo io Stefano ^
« stava per potfcstà de Horta ». Vanamente ricercammo nel: -
Comunale di Orte alcun documanto rìsguardante la potcstefìi dt^
rinfessura. Per cortesia del sindaco signor Filiaccì, vi consuIonuDO
quanto interessa la storia del secolo dcciraoquinto. Ci parve rofliM*
importanza T inventario cominciato: «Die xxuij nnvcmbris. la *►
V mine dò! amen. Anno dn: ab eiusdem saluberrima nfttJv'itate miS^
« Simo quairigeniesimo sectuagesimo tcrtio tndictìone sexia ictoy^W
« pontiticatus santissimi in xpo patris dni dnì nostri Sixil dim» ^
// diario di Slefano Irijessura
557
^^tto la data del a io giugno 1476» in cui pone Li par-
^^^iza del pontefice, aggiunge la nota: a tornò a di 27 di
" ^* dicembre». Chi non vede I* interpolazione posteriore?
^^^nto più che dopo seguita a narrare fatti del giugno; di
^>iisà che il Muratori, considerando T interpolazione come
^^stranea all'autore, la volle espungere dal suo testo. Il Por-
^^arieialo vidde» pendere, quantunque poi delle altre giu-
* Clizie susseguite alla cospirazione di lui ponga la data « in
<« questo anno». Del protonoiarìo Colonna, della cui pre-
I Sura ed uccisione riferisce tanto minuti particolari, registra
la risposta fatta ai Conservatori di Roma «etìarame prae-
c< sente o, ma poi scrive: « et io Stefano scrittore di queste
« historie con 1Ì miei occhi lo vìddi et con le mie mani lo
« seppellii «. Egli scrive, cioè, quando il fatto è già abba-
stanza remoto da lui. Nel riferire l'assalto dato dai Turchi
a Rodi (1480) nota: « come fo ditto j>. Conta a dì 6 d'a-
gosto del 1482 della rovina della torre del palazzo di San
Marco a prout nunc oculata fide videri potest d, E anche nel-
r accennare alle fortificazioni che Alessandro VI fa di Castel
Sant'Angelo e al corridoio che conduce dalla fortezza al
Vaticano, «prout nunc videtur» scrive; cioè dopo che il
lavoro è compiuto. Pure nel 1484, quando Cave assediata
crudelmente si rende alla Chiesa, avvisa: «H quali patti
o videntia djgnissimi pp. quarti die veri supradìcto Hoc est inven-
« tariam factum icraporc inagistratus ser Mani Leonardi consUiarii
m Petri Nardi, Cencii Finochi et Macteì Stefani dominorum priorum
« civitatis Ortane, vigore r.eforraatìonls et decreti Consilìi generalis
*f populi civitatis Ortane rerum et scrìpturarum ac librorum tam
« civilium quara criminalium spcctantium et pertinentìura tam ad
« Comunitatem predictam quam ad particularcs civcs in ordine ut
o infra jj. Nel detto inventario s'indicano: « Item uno rescriplo che
fl da pena de .l'*. ducati che non se dia stendardo ad alcuno potestà ».
E più oltre : « Item uno quinterno contenente uno processo de cip-
« ladini condempnatì in tempo d'Eugenio per materia di Stato ».
Seguita poi r inventano dei libri de' malefìci e quello dei danni
dati ; manca la parte relativa all'anno 1478.
Archivio della R. Società romana di storta patria. Voi. XI, 37
L
558
O. Tommasini
« mo' veramente non si possono sapere, perchè chi dice in
«un modo et chi in un altro; credo doppo si sapere j
« verità ».
In questa condizione di cose, accade spesso agli se
tori die la morale coscienza dei fatti prenda, malgrado la
migliore sincerità dell'animo, il posto della certezza risul-
tante da argomenti estrinseci, e che quella morale coscienza
non di rado venga in cozzo con questa. Gli scrittori d'au-
tobiografie ne danno fi'equcnte e manifesta riprova. Ma ;
critico uno spostamento di date, una voce riferita, che nq
trovi facile conferma in documenti scritti, una insinuaao
di leggende può far luogo ad avvertenze e ad indig
non scemare il complessivo valore d'una fonte di storia.
Ora, il nostro I. non reca in mezzo facilmente
suo racconto i documenti che vede. Se si eccettua uà
lettera del conte Girolamo Riario al pontefice di cui (U
il tenore ma sembra non guarentire la sostanza (i); un
proclama notificato dal duca di Calabria ai Conservatori,
che per lo meno traduce in latino (2); del resto allega
« unam cedui am » in cui si contenevano grazie e reinte-
grazioni di diritti del popolo romano, giurate dai canlìiuli
nel conclave di Innocenzo Vili; una cedola, la cui impor-
tanza, dopo la pubblicazione del registro degli Officiali di
Roma dello scribasenato M:irco Guidi, ò più agevole di ril^
vare, e che troppo duole di non veder incorpowtJ se-
condo il suo testo autentico nel diario. Similmente, registri
il giuramento di papa Cibo rilasciato in scritto ai Conser-
vatori a piò di certi capitoli (j) ch'egli stesso vide «in p^-
latio ») ; ma non registra disgraziatamente i capitoli formalit
dei quali riferisce appena quanto il papa violò 0 deluse. PurJ
(1) ItjF. Diar. ad ann. 1384: « Comes Hìcronimus scripw Y^ \
tt tifici litteras huìus substantiae d e poi ne reca il contenuto.
(2) Inf. Diar. ad ann. 1484: « eadem die (26 iulii) ».
(5) Ikf. Diar. ad ann. 1484: « intra quae erat Tcrbum huìtu
R icnoris vel substantiae ».
// T>iario di Slefano Infessura
559
non di meno, relememo personale medesimo quando entra
nelle notizie che di^ ne corrobora la fede. Sapendolo let-
tore in civile e temporaneo scribascnato (r), s'intende che,
fra le promesse del sacro collegio, dia importanza a quelle
che mallevano; «observare ad unguem bullam studii, remo-
0 vere OfBciales ad vitam »; s'intende che tra le più forti
accuse lanciate sul feretro di Sisto IV sia quella d'aver
promesso e frodato « lectoribus qui in studio romano pu-
« blice legerunt salaria statura; ... et eos insolutos dimittere
« et pecunias debitas ad ÌUud exercitium ac per eum saepis-
a sime promìssas illis denegare et in alios usus convertere ».
E i regesti Vaticani provano che questa accusa di Stefano
è vera (2), e che non infondate son quelle d'aver ridotto
k
(i) Ncll'arch. Vatic. Rt^. diversor. hmoc. Vlìl, n. 44, e. 274,
questo pontefice nomina scribascnato per un quadriennio e due mesi
Giovan Pietro n de Spiritibus » cittadino romano, in sostituzione di
Lorenzo di Martino Evangelista de Lcnis, dimissionario « dat. Rome
« in Cam. ap. die .xm. octob. i486 a. tertio ». A* 16 di marzo del
1490 poi, conoscendo che gli si devono « ducatos centum et viginti
« auri de Camera raiione cuìusdam domus ... in Urbe et foro Capì-
« tolii site prò ampliatìone platee dìcti fori de mandato S"*' d. n, et
« Cam. aplice demolite », concede a lui e al figliuolo ed credi per dieci
anni l'ufficio di scribascnato, comandando « lU^** duo Alme Urbis
« Senatori et dominis Conservatoribus sub pena arbitrii nostri et sue-
« ccssores tuos durame dicto decennio in predicto ofTicio scribese-
* natus elusque libero exercitio manuteneant et conservent « (Diveis.
Intt. Vili, t 47, p. 117).
(i) Arch. Vat. Rc^. divers. Cam. Sisti IT (t. 59). e. 211 v: a Sp.
« V. dno Migliaduci Cigala pecuniarum Camere Alme Urbis deposi-
« tane salutem in Dno. Auctoritate etc. vobìs harum serie mandamus
« quatenus de summa ìllorum centum et vigintiqulnque floren. de
« Camera quos his diebus ex ordinatìone nostra rciinuistis seu reti-
« nere debuistis ex salarììs omnium doctorum in studio prefate Urbis
« Icgcnttum hoc anno solvatis et numcrctìs vcn. viro dno Nicolao
« de Gigantibus fior, de Cam. sexaginta quinque dandos magistrìs
« qui laborani in dieta fabrica. In deductionem eorum salariorum,
« quos etc. Dat. etc. die .vui\ februari 1475, p. n. a. quarto». Cf.ibid.
7: « Pro magistro Paulo de Carapagnano die. xxxini. feb. 1475 »,
5^0
O. Tommasini
tune le pene a danaro, violando il tribunale del Senatore^
e gli statuti, e d'aver fatto incetta di grani col suoi geno-
vesi (i). Ed è cosa maravigliosa come con pochi tnni|
incisivi il nostro scribasenato riesca a far rilevare i pa
saggi e le mutazioni che si succedon rapide e spiccate tri|
i pontificati brevi e avventurosi del veneziano Barbo, in cui
la curia è veneta e parla di «zoieA e di cpiezariei»;
Ibid. e. 222 v: « prò lulìano Gallo, 1475» die .11. mensis aprìlis». Ibtd
e. 2j8 v: K de pecuniis gabellac studii » siano pagati ai banchieri P*
e compagni a quingentos florenos prò fabrica pontis Sixti, a. I47U|
« die Jtxi.* iuliì », Ibid. e. 241 v ; ai medesimi « fior. 655 de pecunia ga-
< bellac studii prò fabrica pontis Sixii, die 22 scpt. 147^, anno quinto n'
Ibid. e. 244: «de pecuniis gabelle studii Sabbe de Porcatiis Hor.J
« de Camera ducentossexagìntaquaiuor prò totìdem expcnsis in evi-J
et cuaiìonc et emendationc aqueductus foniìs Trìvii ». Ibid.: « fior, aui
<t de Camera in auro ducentos et quìnquaglnta prò e:(pcnsìs in :
n matonaia qua itur eundo a Castro S, Angeli ad palatium Aposta
« licum u. Ibid. e. 24$ v: altri due mandati da pagare ade pccuniiSj
« gabelle studii Urbis « pel lastrico di ponte S. Angelo, per le cor-J
nici di ponte Sisto a Francesco Mei scarpelliiio da Fircoic. Ibili
e. 261 V, ibid. e. 327, ibid. ce. 3 36, 339 v: a prò reparatura acqucductut 1
« Trìvii ». E finalmente {Divers. Ctimcr. lib. VI, t. 41, e. 220) il breve J
a Nicolò Calcagni: « gabelle studii 'ac Camere Alme Urbis licncrali^
a vicedepositario, etc. » in cui gli concede; « liceat tibi tam prcfcaW
H et peiics te cxistentìa quam futura cmolumcnta prcdicta ia tao» j
K tuorumque proprios usus et utilitatem convertere, nec ad reJdea* j
« dum de eis computum a quoquo compelli aut coflraari po»ù.
"Anno 1484 die mensis ianuarii, p. n. a. .xui. ».
(i) Per J^incctu di fromenio: V. arch. Vat. Sisii li' (Oii»*"'-
Cam. i4']2 ad I4y6, lib. 3), n. 38, e. 184: « Ltcentìa emendi ceru*
« quantiutes frementi et ordei ex patrimonio prò Ex«»a cìH* Mio-
« tuano ». Ibid. e. 191 v; « Commissione ad .\ngelo da Corncto*.
Ibid. e. 227 v; « Tracia ex porta Tiberis de modiis 81 grani pToBe- <
« nedicto Gallo de Monelia noclero ». Ibid. e. 257 v; «« prò Jomini ,
« Angela de Ursinis ». E finalmente (Siili IV dtxcrs, Cam^ I4j^)-t4^^*
lib. s, t. 49, e. 40): « Fatens, Universis et sìngulis prcscntcs ter**
n inspecturis sai. etc. Ut necessitati Alme Urbis nostre quc in prc^cO- J
u tiarum maxiraam grani penuriam sustinet consuUmus, fccimuicnu,!
n in provìncia nostra Marchiae Ancomune certam frumenti qaiini*
// ^Diario dì Stefano Infessura $6\
quella dei Riarìo, dei Cibo e dei Borgia, in cui genovesi
e catalani sfruttano la vigna del Signore, e gli uffici ne
vanno ai marrani e i favori cedono a vaghezza di donne.
H Pallido per contrario e quasi senza impronta corre U
pontificato del Piccolomini per l'I. Pure ei fu benefico
ai Colonna ; di quella casata innalzò a prefetto di Roma
Antonio, principe di Salerno; fu alacre e giusto pontefice,
e a Stefano non sarebbero mancate cagioni di celebrarne
le gesta. Invece egli appena ce lo fa vedere di sfug-
gita, in lettica, fiacco. La breve e troppo ironica o troppo
grulla risposta che il papa dà alla legazione del re di
Francia in concistoro, non è neppure accennata da lui'(r).
Gli episodi stessi dell'Innamorato, di Tiburzio^ di Bonanno
Specchio, gittati là quasi non altrimenti che germi di no-
velle, ci comparirebbero ben diversi per V importanza e il
significato loro, se egli li avesse fatti precedere da alcun di
quei cenni che pur non mancano nel Memoriale di Paolo
dello Mastro e nelle Cronache del Della Tuccia. « Certi gio-
o veni romani -scrive il primo all'anno 1460 - se levarono
« su, e non volevano stare a commann.imenco dello Reggi-
^Ftatem. que ad ipsam Almam Urbem nostrani a dilecto filìo Hiero-
«nynio de Rìdoltìs mercatore norcnlìno niitiitur. Iniendenicsautcm
« granum huiusmodì nostrum quantocìus ce sino allquo impcnso vel
o molestia componari, nos onines et singulos hor:.miur in Domino,
«et nihilominus stricte mandaraus, quantum gratium nostram ca-
li ram habeiis. ut per omnia loca et passus granum huìusraodi sìmul
« vel scparatim libere et nbsque allcuius datii vel gabelle solutione
« seu exaclione vehì et deferri permitUlis. Itaque merito commeti-
« darì valcatis. Dat. ut supra (21 nov. 1477). L. Grifus d. E veggansi :
Capitula Sitpcr iraciis graniti àohanuratus saìis provinciarum Patrimonii
ti Marititne (Ibìd. e. 164 v), i quali cominciano con questo pream-
bolo: a Quia ex muhiplicibus subdiiorum nostrorura qtierelis ìntel-
tf leximuspcr dohanerium iraciarum et salis officium suum non recte
« administrantcm non kvia damna et incomoda Camere nostre Apo-
fcsiolice et ipsis subditìs inferri », scaricando sul capo del doganiere
nmariclii de* mercanti.
[t) Cf. De Tummuullis, Notabììia
jé2
O. Tommasim
e mento e di continuo portavano Tarmi, e facendosi beffe
e dell'i officiali, lo Reggimento aveva paura di questi. Capo
e delli compagni era Tiburzio di m. Angelo de Masdo»
(un figliuolo di colui che fu appeso come complice nell-i
cospirazione del Porcari) « e Filippo Soactaro, e dicensi
« ch'era grande compagnia de iovini, e fu fatta una com-
« messìone generale fino a questo di 25 de maggio che as-
« signaro Santa Maria Rotonna e ne andò lo hanno per
« Roma» (i). « Si levò fra quei tempi in Roma - registri
« il Della Tuccia - una gran brigau di giovani di attivi
« condizione, e fero setta per due Romani che avevano briga
« insieme. Facevano assai ribalderie di furare femine, uc-
« cidere uomini e rubare, per modo che né il Senatore né
« altro officiale potevano tener ragione né far giustizia, e
« sotto mantello erano favoreggiaci da molti cittadini n>*
« mani » (2). Stato di cose deplorevole e naturale: i pon-
tefici avevano malamente uccisa la libertà del Comune; gli
officiali di questo non più eletti, non più tratti, madepuuti
dal papa e razzolati nell* ingorda e bassa turma dei devon
alla signoria ecclesiastica, mancavano non meno d'autoriri
che di coraggio. La gioventù pertanto che non avex-a piti
campo onorato ove esercitare vigorosamente le foae sue,
dispettosa d*un governo che voleva parer tollerabile colli
fiacchezza, s'era sviata nell'anarchia e raccolta nelle tenebre
dellesètte,dacuispcrava assicurarsi per ingi urie qucllapotenw
che, perduta la libertà, non poteva più aspettare dal giuJ^-
Come notammo adunque, qui T I. sembra che snur-
risca il criterio storico, sia che gli sfugga la necessiti Ji
collegar l'episodio, come un effetto colla causa sua; >ia
che il nesso gliene paia così ovvio pei posteri come loen
pei contemporanei; sia che dell'episodio stesso esageri l'iffl"
portanza a sé stesso.
(i) Paolo dello Mastro, Diario, loc. cit. p. né.
(a) Delia Tuccia, Cronaca di Viterbo, p. 261 e sgg.
// T)iario di Stefano Infessura
5^
™ wSe non che, a tal punto, convìen proporci nettamente
la questione: presiedette o no criterio storico alJa compo-
sÌ2Ìone del diario di Ste&no ? fu questo meditato con un
intendimento unico, o sorse dairaggruppamento delle note
disperse in protocolli d.i notaio o in registri di scriba?
^b Da quanto premettemmo, ecco quel che ci sembra non
madeguato di concludere: i due brani. De bello Sixti e il
Ricordo della presura e morte del protonotario Colonna, eb-
bero a nascere probabilmente indipendenti l'uno dall'altro;
furono scritti però in diverso idiomn ed ebbero occasione
dairaver lo scrittore assistito come testimonio oculare alle
vicende narrate, ed impulso dalla simpatia o clientela di
lui per la famiglia Colonna. Il resto poi si raccolse intorno
a questi due nuclei, accozzando appunti dispersi, attingendo
da notamenti forse non tutti precedentemente registrati
dallo stesso L Forse il monco principio del diario accenna ad
un lavoro giovanile, frutto d'una naturale tendenza di Ste-
fano a raccontare le vicende del Comune romano, ispira-
usi alla fantasiosa maniera delle Istorie dello filosofo (i), ad
(i) Designamo con questo titolo gV Historiae rovianae Frammenta
editi dal Muratori {Anliq. ìt. HI, 251-548), che nei molteplici mss.
ycngono iniiiolaii: Historia di N. fiìosofo romano incovùnciando dal-
Vanno i)oo sino al 15)7. V. bibl. Chigi, ms. N, 51, sec. xvi e xvn, a
e. 6. È notevole che il ms. incomincia a e. i : MorU \ miserabili e ca-
lamitosa I di papa Boftifdtio S \ ndVanno ijo). Inc.: a HavenJo lo re
«di Francia preso sdegno ». Expl. (e. 4 v): ^ arrabbiò di dolore e di
«quello morie. E cos\ fue adempito quello che si trovava scritto
«nella elettione de papi, che diceva così: Intrahit ut lupus, re^ahit
n ut Uo ti morietur ut canìs ». La Histcrìa di N. filosofo romano termina
ac. 128: « secundum debiiam figuram supine a. Altro ms. Chigiano
(G. IV, 103, sec. xvi-vii) contiene pur esso frammenti à'iìV Historia di
K. fiìosofo romano (capi 5", 5", 18"). Ibìd. ms. G, II, 65, cartaceo, sec. xvi.
Inc. («-".i): «Dice lo glorioso missore s. Isidoro». Expl. (e, 14J r):
ir ComoCola de Rienzi morto ». — Bibl. Barberini, ms. LIV,io(n.a. 922),
cartaceo, sec. xvii. Contiene in principio lo stesso Chronicon incerti
auctoris italico idiomaU antiquo conscriptum, fol. 1-301, Notato al mar-
gine destro superiore : « Chronicon. In codice Valicano quod a.* 1616
564
O. Tommasini
uno stile di narrazione volgare che arieggia quello d(j
lAcsticanxj.ì del Pen'oni. Pure anche in quel lavoro gio
nile, Telemento personale e lo spirito romanesco di eli*
tela verso i Colonnesì, a chi ben lo disamina, si lascia di
leggieri sorprendere, e non consente dubbio che anchequeOa
parte di leggenda debba attribuirsi a lui.
Ne accemianimo glA i motivi più remoti ; ora ne svele-
remo i più prossimi, scruundo i punti essenziali delb leg-
genda stessa. Questi si riducono a due: la difesa della me-
moria di Bonifacio Vili innanzi a Clemente V e al re di
Francia; l'incendio della camera della regina e il salva-
mento di lei, operato con meravigliosa difficoltà e corag
da J^ietro e Stefano Rosselli.
Circa al primo punto è facile ravvisare come la
razione di Stefano entri assolutamente in quella cerchiai'
« d/ Abrah. Bzovius donavit, et in codice D. Cassiani Pulci
« extant». — Bibl. Vat. ras. Vat. 688c, cartaceo, sec. xvi: V. fh
phi Romani \ bistorta suorum Umpontm \ ab anno .mccc. | usqiu éi^
num I j^>j. Ms. di carte 7$ numerate nel retto e incollate irs 1
vegetale. Inc. (e. i): « Come lacovo Saviello senatore fu caccuioi
« CampUuoglio i». Expl. (e 75 r>: k secunJura debium figuram w*
« pino j). E nel verso: «Questi mancano». E seguono alcuni l'WJ
di capitoli, parecchi dei quali sono e in più e diversi da quelli recatila'
Muratori (loc. cìl p. J48). — Un altro ras. delle Istorii d^Uopkfopf^
malto è nelVarchivio Vat. (arm. Il, n. 69). Qua! esser si possi tjucfl^
filosofo romano, non vien fatto di poter affermare in modojlcuo^
Non sembra ch'ei si possa identificare con quel « quìdini cop^
« mento philosophus homo facinorosus et cxul » dì cui parla il nJ
TINA nella Vita di Paolo 11 (Di; vi tis ponti ff. ed. 1529, p. 174) cornei
un accusatore dell'Accaderaia. Forse ebbe ad essere un astrologa
a' servigi del Comune di Roma, atteso che gli astrologi solcvjnop^
spesso nell'età di mezzo chiamarsi filosofi, comperano stali Ji ' -'
matematici nelVantichità classica. Nei citati Kctabilia Ump^<
TuMMULELLi (cap. 199, p. 179) SÌ reca in mezzo un presagio ii'u*'^
logi a nomed'uo « magister leronimus philosophus Eufordicetoff*'^
«ali; philosofi concordantur». Ad ogni modo è desiderabile che u"!
nuova edizione preceduta da un dilìgente studio crìtico di 4"^
Fragimnta historiae romanac vegga presto la luce.
7/ T)ìano di Stefano Infissura
J^5
^^^g^'nde intorno a papa Bonifacio e al suo successore che
trova nel Villani, in Ferrcto Vicentino, neirautore del Pe-
corone, in quello degli Excerpta excbronicis Urbevetanis, nel-
^ -^qttiìa volante attribuita all' Aretino la traccia sua (i ). È facile
'^^vvisare come il soffio fiorentino di Giovanni Villani gli
^^ entrato più particolarmente neiranimo; come dalla Cro-
'"^*» di lui abbia preso le mosse ; poiché dove questi, nel
^5^^3.c:ilio di Vienna in Borgogna fa difendere la memoria
^*- p>apa Bonifacio « per misser Ricciardo da Siena cardinale
* ^^ sommo legista, e per messer Gianni di Namurro per
** ^^^ologia, e per misser fra Gentile cardinale per decreto, e
¥>^v messer Carroccio e messer Guglielmo
^J- * Ebole catalani, valenti e prodi cavalieri per ap-
I^ <2llo di battaglia, per la qual cosa il re e' suoi ri-
asono confusi », Stefano invece fa confondere non già
^^, ma il pontefice da due cavalieri, italiani e non gii di
■«^alogna. E il sentimento che anima queste leggendarie
*^ioni, destituite dì realtA storica, rivela tuttavia una con-
^ one storica e morale verissima : la collera, cioè, di Spagna
i-'' Italia al vedere, col trasporto della sede ad Avignone,
' ^re grettamente infrancesata la Chiesa cattolica; e chi fra
odemi gitta via come mondiglia queste fiabe foggiate
•^ commovimento popolare (2), solo perchè contrastano
^ X::! computi positivi di calendari e registri, dimentica che
^*" storia vive d'altra cosa, oltre che di mappe e di date, e
"^^j come la vera musica non si batte a metronomo, cosi
^^' morale coscien2a dei popoli traversa il tempo resistendo
^^ cronometri.
Ma come mai i due cavalieri itaUani si personifica-
'^"Ono poi dairi. in Pietro e Stefano Rosselli ? donde trasse
(i) Cf. M. Landau, UcHrà§t%ìir Geschkhtc dér iiaìimùchcn 'Novelle,
^ien, 1875, p. 29 e sgg.; Gaspary, Gach. dér italUnischen Litcra-
tur II, 72 ; V. gli Excerpta ex chronic. Urba: nei Bcitrage ^ur politischm
Kirchlkh£H uttiì Cultur^Gcsch. del Dòllinger, III, 317-555.
(2) C£ ScHOTTMULLER, Der Unttrgati^ d^s Tcmplirs Ordms, p. 686.
<c
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«e
oc
il
e-
i
a.
$66 O, Tommasini
egli la storia dell' abbrucUmento della camera delb re^ni
e del salvamento operato da loro? nelle croniche onde
leggende dì Francia o d' Italia esiste alcun fondamente pt^
sitjvo aUa fanUsìosa narrazione dì lui? Queste JomaDdcd
proponemmo, tì-avagUandod nell'indagine per ogai^n
Che se tra le fonti storiche d'Italia sembrò che la ùm
del Villani stesse a base della narrazione dì StefenOitnk
croniche francesi non rilevammo alcuna analogia, 2m, am
era naturale, una antilogia completa, siccome in GoJe&f
de Paris (i). Nìuna tracda di cavalieri che difeadesserocol'
Tarmi contro « Guillaume de Longarec » la memoriji
Bonifacio; ninna memoria d'Incendio nella camera tìli
regina; ninna negli HistariemdeFrance; aìuna nel Pnit^kn
(t) GoDEFUOT DE Paris^ Otfoniqm mèlrifmi eà. Badwoj^*!
£a «I tn nifi tn^ cent et ^x
Fu Te pape Clyment nquìt
Dt GaiJlauine de LoQgtrfil;
Et ce f^t ce qu'il requ^rec
Que le pape qm ot «tè,
Bonìface, feu»t getc
Tout hors de SaÌDE-Pìerre de Rqsm^
Car pas n 'a volt estti tei hommc
Qae Id iiÉpulturc éu<t;
Aìnn requéroit >k}ye Lt fèutt
De là jeiez ce ^as respite,
L,ti OS an camme d*un hi^rìtt
Alnsi e il »i bicn se maìntint
A h court du pape^ et soustint
Cùntr<! Honifice nuJDt età»
Doni il fa au derrepler cu,
Et cuBÙ par droite »entence^
Eì « ne fu le roy de Frnrice
Aiitrem«m le fuat avesu:
Mai» par le rot fu soulenu.
Far Miìienct fu eli GuJItaame
Condampni de Frutice et do rùyvanie,
Por ce 4u*iu pape avoli meifet.
Et por ce que le roi le fec,
N'aTDiLx p»k que f«jt avoft
Blu sire Dia, I qd vU ìroft toìL
Il Diario di Stefano Infessura
5^7
Francorumfacmora; niuna nella Cronica (i) di Jean Golein:
la regina stessa di Francia e di Navarra, a la très sage
«Jeanne» era morta sin dal 1305 (2). Né ci ristemmo di
leggieri dalla ricerca dei Rosselli tra i cavalieri vissuu a quel
tempo alla corte francese; anzi solo quando una voce au-
torevole ci scoraggiò dal potcrveti rintracciare, volgemmo
J3 ricerca ad altro indirizzo (3).
Evidentemente, se il fondamento alla leggenda in do-
cuiuenti sincroni francesi mancava, questo aveva a sorgere
posteriore e interessato da motivo domestico; e assai pro-
'^^bilmente genealogico o «antropologico», come si disse
* C^Mnpi, in cui le maggiori bugìe s'architettarono per amor
'^^Uii schiatta. Ora l'interesse piti forte, e più da sospet-
^^^5 parve dover avvisarlo subito nella famiglia dei Roselli
^^^Ssi; non già di quel Niccolò Roselli, che fu cardinal d'Ara-
^*^i:ia (4), e autore delle File de pimkfici; ma in un'altra,
*^^Xiana e per qualche modo connessa di relazione con
(1) Cf. fra le Notices et cxtraiis àes mamtscrits, XWII, Delisle,
'lotica sur Us mamiscrits lìe Bernard Gui, p. 226 e sgg. Le Cronicht dì
^Tate Jean Golein consultai nel ms. Vat Regio. 697 membranaceo
^-4, sec. XIV, che chiude appunto col ritratto di Filippo V e della
*cgina Giovanna (a e. 129 v).
(2) GODEFROY DE PaRIS» Op. cit. p. I I4.
(3) Consultato da me l'ili. Paul Meyer, nel 1886 scrivevami su
questo proposito: «J'ai le regret de vous informer que les recher-
ei ches que j*ai fait immédiatcraent dans les documents imprJmés que
« nous avons dans notre bibliothèque sur le r^gne de PhIlippe-lc-Bd
« n*ont amene aucun rósultat. Je ne saìs si on serait plus hcureux
« en consultant dcs documents inédìts; mais j'en doute fort. Si un
« Roselli avaii figure à la cour du roi, il est asscz probable qu'il se-
« rait mcntìonné dans Pun des derniers volumes dcs Historims de
s FranUj dont les tables sont remarquablement détaillées, et où du
•creste vous avez probablement cherché avant moi. Le fait auquel se
ff rappone le récit du Diarie me paraìt d'une authentìcité fort con-
« testable ».
(4) Cf. Muratori, 5cr(/)^ III', 368; Soucbon, DU PapstwahUnj
app. p. 179.
5^8
O. Tommasini
. Avignoae e con Francia. Ora, una famiglia romaiu H
Rosello o « Roscello a è memorata dall' Adjnolfi ioiicme
con quelle de' Sinibaldi, de' Corte, de* Martuzzo» <ldlo
Schiavo, de* Petrucci, le quali avevano tombe in S. Oni-
rico e Giulietta (i). Inoltre nei prolegomeni al regesroii
Clemente V si riproduce dagli editori mi breve del r^i
di papa Eugenio IV, gi;ì precedentemente pubblicitoM
Theincr, a un Rosello de' Roseli], chierico di cimerà, i^
quale con Bartolomeo dei Brancaccio, nobile avignooese»
ebbe commissione di ritirare dal cardinale Pietro de Fa»
in Avignone i privilegi, le reliquie, le insegne, gli or»
menti, i regesti che gìA dagli archivi del LatcrinocJi
S. Pietro « ad partes Avinionenses » furono reati (i).
Non si inno notizie, scrive il Gnchard, circa ti succcJ»
della missione del Brancaccio e del Roselli; quello àxt è
certo si è che una gran parte degli archivi ch'era nel f^
lazzo d'Avignone non fu allora riportata in Roma (j)
Ma per noi, per la leggenda di cui studiamo Toriginc e k
(0 Adinolfi, Rottid nell'età di meno, I, ój.Gf. bibl. Vatic. 1*2»-
42; Rcp$rtoriù larcvacci, faro. Roselli, p, J42.
(2) Cf. Regciti a^mtis V Prolcg. XLIV-V ; Theiner. Cflift i^
Ap. Scd. Ili, 8+9, doc. ccxcv. Cf. Gachard, Lcs arthivm h ^
ticatit p. 7.
(3) Vi fu riportati invece a tenapo di Urbano Vili e il Co^l^
lori ripose ntll'archivio Vaticano insieme cogli altri libri tonufiii^
Avignone anche il diario dcirinfcssura. Nel cod. Vat. 9026, p. l^T*
sì ItfgS^ " {Suaresii di àiariii et actihus cc*tisistoriaL') * In lìbm. flO
« Avinìonensis palatii ex archiviis transbti in Urbeni fucff wf* ^*
« bano 8** S"" Mem"" PP. coraplures erant provisionum :
o lionum, quos 111""" Contclorus bo. me. intulìt archivio '^
« ìndustrius ei laboriosus. i. Diaria ab ùhitu Bonifacii S tà J)a^
« drum 6 in BB, Vaticana n. 5622 Codice seu EpliemcriJcs- 1 ^
« rittm dictum Mesticanza, j. Dìariii SUphani Irtfcssura^ rif^» i!/**
n a tempore cttriae romuttae e GdìUis rcductac in Vrh^tn ad Aìanulrs» "*
a ponti fu- 1 sivc ab anno ip4 ad 14^) rerum Romotiorum worum ^if^
a rum n. E in margine annota: «Cedex Vatic. 5299 partiffl iuEW
cr partim latine; incipit: pontificalmente)».
// diario di Stefano In fessura
569
fila, non è poco aver rintracciato un primo rappicco tra
Avignone e la famiglia dei Roselli nel secolo decimo-
quinto. Questo Rosello dei Roselli dalla sua dimora di
Francia ebbe forse a recare con se la lusinga che taluno
dei suoi antenati, valente in armi, seguitando alcuno dei
cardinali italiani in Francia, si trovasse in corte del re o
d<il papa; può anche aver foggiato a conto suo la sto-
riella, e cercato o goduto che altri per lui Li spacciasse iu
Atalia. la Roma poi, dove T istoriografia volgare sbucciava
dalla novella o s'andava appena staccando da questa, dove
^^-Ffistoria di Castalio Metallino (i), le Historic dello filo-
sofo, la Mcstican:(a de' Petroni, il Libro Imperiale stesso
composto « per passare tempo et rubare alla fortuna 1Ì ac-
« cidiosi pensieri » e ad esaltazione e derivazione da Cesare
*i^i prefetti Di Vico e de' Colonnesi (2), provano come gli
Scrittori acconciassero la fantasia al racconto, e come il
'"acconto potesse involgere domestici intendimenti abbar-
t>icati alla tradizione classica; la leggenda dei Roselli ebbe
^ p>arer modesta e a trovare facile accoglienza e diffusione.
^ el ciclo della clientela colonnese ebbe il Roselli stesso a
^c>varsi compreso, quando Eugenio IV, nimicando i Co-
^^Ona, fin dal secondo anno del suo pontificato, lo deputò
gcivcrnatore di Riofreddo, di Vallcfredda e Roviano, e delle
(r) Il Ceccarelli, nel ms. Vat. 4909, a p. 21 scrive: « L'Histo-
^ia di Ca*.tallo Metalltno delle famiglie del Rione de la Re^olUt il
^ui originale aniicho è in mano del s' Cesare Giovenale et una
^opia presso airiU"" sig' Gìovangiorgio Cesarino et Paltra presso
^ s' Fulvio Archangeli ». Cita ancora ibid. !'« Historia dtVorigine
aitila Famiglia de. Palosci et de Normanni che sta insieme coWHistorìa
«5eIMculino in 4" foglio del s*" Fulvio Archaugelo ». Allega poi le
-Hiilorte. dì Francesco Bandìnotto Fiandrese in tutto foglio, tom. due
Vijvuti dairarchivio del n. s. Monaldo MonalJeschi della Cer\'3ra ».
^*^on sarebbero queste le Istorie che Giacinto Mannì « reperir in ras.lo
** codice nobilis magnaiis Caesaris Baldinotti DucÌs » e che pub-
blicò il Muratori {AuL It. III)?
(a) Cf. Arch. deUa Soc. Rom, di si. patr. V, 54 e sgg.
<<
*«
570
O. Tommasini
terre possedute da Antonio Colonna di Riofreddo (i).Li
guerra con questo ramo dei Colonnesi non durò a lungo;
e probabilmente se Antonio d:i Riofreddo, un anno dopo.
ebbe raandaro di tranare accordo col papa anche io niMic
di Prospero, Edoardo, Gianni Andrea e Corradino d'An*
(i) Archivio Vatic. Regesta Eugmii 21' (Secret, lib. XI), Q. (7^
fol. LXXKXV v: <c Eugenius etc. Dileclo filio Mag" Rosello de RorUìj
« aplicae Camere clerico terrarum RivifrigiJi, Ruviani, V^ilhmfrtà
« Tibunine dioc. ac nonnullanim terrarum et locorum Jivmwffl
« dioc. ad dilectum filium Antonìura de Rivofrìgìdo de CjIubiA
w qucm cum ìpsius tcrris el locìs sub nostra ci Romane Ecclcsicta-
H tela et proteccione suscepìmus, pertìnenciura et spcctandum oom
« et Romane Ecclesie nomine gubernatorì salutem etc Ouffi <3m
« universalis dominici gregis superna nobis disposicione iniuficiaffi
« diligenter attendìmus, videntes quod circa singula per Dosmflip»
« exoivcre non valemus debitum apostolice servìtutìs, viros notabile
*f et insignes sciencia ot virtute prò benegerendis negociis DOStriltf
n diete Ecclesie dcputamus, ut ipsonim coopcratione inìunctuiQ o4^
« a Deo ministerium fucilius exequi valeamus. Sane licct cundont»
n christifidelium statum pacìfìcum intenta mentis acSe ittendinuft
« tamen terras Rivifrigidi, Ruvìanì et VallamtVede Tiburtinc Jioctf
<f nonnuilas alias terras et loca ad praefitum Antoniura Jc RivtJ&i*
w gido de Columna spectantia et pertinencia cum omnibus hiWu»-
« ribus et incoHs corumdcra singulari carìtatis et bcnìvolcncie ^
« (ectu intucmur. Attendentes itaquc quod tu quem in vaip^^
rt arduis cximia virtute et scientia probatum gractarum Dominib muJ*
0 tifariam insignivit, pracfatas terras et loca di^nna auistcfitc irnw
« circumspecte et fidcliter gubemabis, te in pracfitìs terris cìlw*
« gubematorem prò nobis et dieta Ecclesìa in temporalibui e«^
(t ralem auctoritate apostolica ex certa sciencia usque ad r '*'"
« beneplacitum facìmus, constituimus et cciam depuiamus» t
.1 lominus nostro et eiusdem Ecclesìe nomine praefatas terra
« incolas ot singulares personas cuiuscumquc status v ci co^ '
« fuerint nobis et diete Ecclesie rebellcs ad nostram et eiwJfoi ^■
« clcsie obediencìara et devocionem reducendi, rccìpicnJi ncco^
« terras el loca praefata, habitaiores et incolas dicto nomine it^^*'
« mandi, regendi. gubemandi et adminìstrandi ac in eis iarisdictoo*
« omnimodam exercendi, civìles et crimin;»les causas per it rei i\^
« audiendi et examinandi ac exequendi atque in praefatis ictni *
« locis potcsiates, iudices et officìales constituendi, suspcnJcOffif*'**
// 'Diario di Stefano Infessura
571
tiochia, e se l'accordo riuscì (i), forse il governatore Ro-
selii non ne andò senza merito.
Stabilito per tal modo il vincolo di relazione probabile
tra i Roselli e la Francia, tra i Roselli e i Colonnesi, nella
clientela de* quali TI. viveva, si rende men difficile il con-
getturare per qual guisa la leggenda che li riguarda trovò
posto nel diario di esso; sia che egU medesimo l'abbia
*oggiata, sia che l'abbia raccolta per primo. Certo che se
^ssa arieggia, come dicemmo, lo stilc dei Fragmenta hi-
^ta^iae rotttanae, certe caratteristiche filologiche la manten-
gono stretta al tempo in cui visse V L Quando Stefano dei
*vc>selli mise mano alla spada e il pontefice voleva gli fosse
* *Xaovcndi, treugas et vindicìas inducendi et firmandi, occupataque
* >xiiusie ab illorum detcntoribus erìpiendi et recipìendì, processus
^ cj^woque» condempnaciones diffìdaciones et finas criminales latas tol-
* l^aidi, cassandi ci eosdem reaffidandi, ac ecìara contra oranes et
* ^ingulos hostes et diciarum tcrrarum pacis inquietaiores et turba-
* t^)res exercitus et auxilia indìcendi et congregandi, et demum omnia
* -^lia et singala quae ad huiusmodi gubernatoratus officium cìusque
*■ Viberum exercitium pertineni de consuetudine vel de iure, aliena-
*" Vìonc tandem rerum immobilium ac proptcrca raobilium dumtaxat
" ^^xcepta, et que ad quietem et pacificum statum dictarum tcrranim
* ^l locorura, habìtatorum et incolarum predictorum cedere videris,
"^ ^tiamsi mandatum exegerint speciale, faciendi, mandandi et exequendi
* F^lenara et liberam concedentes harum serie potcstateni. Mandantes
^ ^amnibus et singuUs pracdictarum lerrarum et locorum oQìcialibus,
** <=astellanls, stipcndiariis quoque tam equestrìbus quam pedestrìbus
^ Ln prefatis terris et locis ad dìcti Antoaii stipendia militantibus nec
*^ don incolis et habitatoribus supradictis quod tibi piene parcant et
** iotcndant. Alioquin processus, linas et pcnas quos et quas per te
** proferrì contigerit ratas habcbimus ac facìemus auctore Domino
*• Usque ad satisfactionem condignam inviolabiliter observarì. Tu igitur
^ ìpsius gubematoratus officìum tibi a nobis ut premitiitur iniunctum
^ sic excrcere studcas sollicite, fideliter et prudcnler quod ex lauda-
^ bilibus operibus tuis propter nostram ci diete Ecclesìe gracìam a
^ largitore munerum superiorum beatae vitae praemia tribuantur.
^ Dat. etc, .VI. id, iulii anno secundo u.
(i) Cf. Theiner, Cedex dipi. Ap. Sed. Ili, 522 e sgg.
572 O. Tommastni
tagliata la testa^ « lo re di Fr^inza lo domandò pe ^
ahomo morto et habbelo », la qua! frase sa dei tcmp -^
delle milbie mercenarie (i); e muore non appena ì mu-^
tati costumi della guerra non più la raamengono nell'uso*
Del resto, non è questa la sola leggenda accolta dalPL
coti quella confidente indifferenza ad appurarne Toriginc
che nasce all'udir cosa creduta e ripetuta dal popolo a à\i-
biiar della quale manca la necessiti o l'impulso. Ad afiro
punto del diario, nell'agosto del 1482^ dopo la vittoria di
Roberto Malatesta a Canipomorto e la disfatta del duca
di Calabria, Stefano racconta la morte di lui, trionfatore,
seguita iniprovvisaineotc a Roma per febbre, appena quin-
dici giorni dopo LI segnalato trionfo. I maligni sospettarono
che Roberto, la cui potenza dava ombra a chi ne aveva go-
duto, fosse stato tolto di mezzo col veleno, <* Sunt qui dìcunt
ftveneno nccatum - scrive TL - cui papa fecit magnum
(1) È sìgnìficaziaoe che i dizionari non registrano. A noi p^re
chiara la rekijone dcirMamo morto con quella óclhpajhe mcrU, proprio
ddlfl milìzia itiercenarìa. In una lettera di Iacopo d^Appìàfio al concU
storo di SÌL^na « t'x Piombino Jie sxvin. deccmbm ,MCCGCXXXin. »,
ringraziando il Comune d*aver prolungato di alcuni giorni la vita a
« Cacciaguerra suo uomo d'armi, in considerazione sua e del cardi-
«naie dì Mantua », aggiungesì: «de novo per le presenti c*e parso
«suplìcare quelle se veglino degnare farcenne un presente come
«de homo morto, del che li restaremo ultra alli altri oblighi
« obligatissimo ». (Arch. di St in Siena, Lett. concisL ad ann.).
Questa locuzione non si trova più nella redazione della leggenda
quale è presentata dai mss. e, d, g, in cui è data nel modo seguente:
« II re di Francia pregò il papa che dovesse restituire al cardinalato
« Pietro e Giacomo e che ardesse Tossa di Bonifacio 8 come ere-
«tico. Et perchè non fu vero papa, non ti poteva far arcivescovo.
«Et Pietro et Stetano delli Roselli misse mano alla spada e disse:
« chi vuol dire che le ossa dì Bonifatio non si ardino, mente come
« traditore. Il papa lo fece pigliare e volle gli fosse tagliata la testa;
« ma il re glielo chiese in grazia per haver salvato la regina circun-
« data dal foco in sua camera ; perchè Stefano e Pietro andaro per
« un trave e là se la presero in collo, e liberarono. Il papa cede ».
// T)tario di Stefano Lt fessura
ce
* honorem eiusque corpus sepelivit in ecclesia Sancii Patri
* <^um marmorea memoria singulari quae ibi videtur. Sunt
^ <liai dicunc quondam Senenses auxilio cuiusdara (la mag-
* ^ior parte dei mss. reca erroneamente eiusdem) (i) magni
* ^^^pitanei fuisse liberatos ab oppressione Florentinorum.
^ T^raditur quod Senenses ipsi erant maximopere obligati
' ^t quotidie cogitabant quid posscnt ei dare dignum me-
•"^tis prò tanto munere, quod acceperunt ab eo; et tan-
^^m iudicabant se impares tanto beneficio; etsi fecissent
** ^Xam domìnum illius civitatis, adhuc non esset satis. Et
** ^Xianubus illis in hac altercatione, quadam die in concilio
^ ^^«nerali, quod prò ista re quotidie faciebant, quidam Se-
'•^v^nsis surrexit, et dixit se invenisse praemium meritum
^^ dignum tali viro, et quod de facili posset dictus populus
^"^ tacere vel concedere; et imposito silentio fuit ei iussum
^*- ut dìceret quidnam esset istud praemium, et dixit: occi-
^^ damus eum, et deinde adoremus eum prò sanerò et prò
"^^tiostro protectore perpetuo, et ita factum fuit a.
Per raffigurare l'occasione e l'origine di questa storiella
Senese introdotta dal nostro scriba nella sua cronica, bisogna
^suscitare per un momento le circostanze vive deUa città
« del Campidoglio, nel momento in cui il nostro cronista
scriveva. Ciò era sui primi dell'anno 1483, quando Lorenzo
Land, che già si trovava in Roma oratore di Siena sua
patria, fu assunto all'officio di Senatore (2). Egli aveva con
(i) Dei codici da noi avud a continuo riscontro per l'edizione
recano « eìusdem *> C, C*, C, E, R» S, S' ; « cuiusdam u soli M. R*.
Che dcbbasi poi leggere « cuiusdam a e non altrimenti vien poi sta-
bilito anche dal fatto che, per quanto consta dai documenti del-
l'archivio Senese, Roberto Malatesta non ebbe mai condotta dalla
città di Siena.
(2) Arch. Vai. Registro di Sisto IV, Offic, 659, a. e. XLMiii:
« d. f. n. V. Laurentìo de Lantis, equiti ac doctori Senen. A. U. n.
« Senatori. Datum Rome, a. .mcccclxxxhi. quarto kal. apriUs, p. n.
a a. decimo s. È deputato « prò semestri incipiendo immediate post fini-
Archivio detta R. Società romana di storia patria. Voi. XI 38
574
O- Tommasini
sé in compagnia un suo fratello, che uccellaio poi da* (<^
nisciti di Siena, convenuti in Roma a causa de' tumulti ti^
Noveschi (i), gli fu cagione di compromessa non piccola
Aveva con sé la sua brigata senese; e di Senesi poi foncx-^"*
colava la citti, dacché i forusciti bramavano coU'appogg^"*^
del papa e del conte Girolamo Riario rovesciare, al s^^'
lito, il governo della patria loro. Le condizioni di mess^*^
Lorenzo Lanti, per quanto savio e avveduto egli fosse, era — ^
dunque tutt' altro che facili, e le lettere di lui, conservaci" .
nell'Archivio di Stato in Siena, ne dinno fede. L suo epfc ^
stolario pertanto riesce di grande utihti storica, poiché 1- f-
lettere del Senatore di Roma, fonte vivo di storia, valgonc^-*^
di riscontro mirabile alle affermazioni dello scribasenato ^^
Ne feci però numerosi estratti, e ne pubblico le parti più^^
considerevoli in appendice a questo scritto, aggiungendovi'i '
alcune lettere di Guidantonio Vespucci, orator fiorentino, -^
perchè non si dubiti che Senatore e scribasenato si tengano
vicendevolmente il sacco.
Stabilita ora la ragione di contatto h^a i Senesi e Y L,
tra r I- e Lorenzo Lanti, è a congetturare che quegli, allo
spettacolo delle ostentate essequie di Roberto Malatesta, se-
polto a San Pietro in Vaticano con tanta pompa, presente
il papa, ragguagliato nell'epitaffio a Cesare, morto non senza
gioia dei prelati (2), udisse da qualche senese novellare
if. tum ofHcium d. Ludovisi Vorsi militis forlivicnsis ». Arch. dì Suto
in Siena, Lttt. al Concistoro ad ann. « Laurentius Lantius orator et
« Senator Urbis, ex Capitolio .xii. aprlHs 148J: hìeri con bona gratìa
(r del pontefice ricevei la bacchetta et possessione deU'otfitio del Se-
0 nato »,
(i) Peggi, Memorie ilorico' critiche di Si^na, I, 17 e sgg.
(2) Ia. VoLATERRANi Diar. Script, XXIII, 179; Guicciardini, Storia
di Firenze, cap. Vii. La scritta della sua tomba fu: (r Veni, vidi, Wcì,
a lauream pontìficis retuli, mors sccundis rebus invìdit», U Volter-
rano, che rappresenta le opinioni della curia, scrive : « Creditum est
« a plerisquc (ut est in omnibus liberum indicare) Roberti obitum
0 magis usui quam detrimento fuisse rebus Ecclesiae ; erat namque»
// diario di Stefano Infessura
575
un altro capitano, condotto già a gran prezzo dalla repub-
tca di Siena, per averne salvezza; e di cui la repubblica
rt>e invece paura; tanto che quando !a paura e il sospetto
(perchiarono, si consultò in comune che cosa fosse da fare.
/u chi diede avviso di levarlo di mezzo e compio l'opera
^n gran gioia del concistoro. Ma non appena fu morto
►i, che come un santo ebbe onori, splendore di essequie,
minaria e tumulo in duomo. L'allusione alla morte di
Uberto da Correggio (i) sembra in tal caso assai proba-
It ii dìcebont, tam a natura quam a tam recenti Victoria ita animo
datuSr ut nunquam prò hìs, quae egerat, cxtìmasset sibi a sumniis
[►ontificibus satisfieri potuisse; non oppida Arimìnensia cura appen-
iicibus, non Fanensis civiiaiis el Scuogalliae vicarìalum dignu suìs
ineritìs crcdìdìsset. Itaque non tam prò obitu dolcndum quam
quod non convaluerìt mirifìce lactandura ».
(i) Intorno a GUberto da Correggio vedi vniWArch. star, il, serie IV,
IV; Banchi, // Piccinino iieììo Staio di Sieva, p. 224 e sgg. Le
fonichedi Gio. Bisdomini, ms. nclI'Arch. di Stato in Siena, ce. 553-4,
ano: 0 a' 8 di ybre in sabbato el sig"" di Correggio venne in
Siena, e subbilo in palazzo de' Sìg**'. Essendo a ragionamento in
concestoro, gli fu mostro che esso haveva mancato del debito e
lic la fede e che era truffatore. E alterandosi e venendosi in ira,
iu gittato d*una fcnesira a capo la porta del Sale, e così mori. E
(fugli fatto un bello ecsequio con cento para di torce, e fu
«polio in duomo appresso al campanile ». E ibid. nelle Croniche sanesi
tóbuitc a Tommaso Fecini, a e. 228: odi settembre in sabbato
il signore di Correggio venne in Siena, e subbilo andò in palazzo
dc*Sìgnori, accompagnato con più cittadini, el essendo a ragiona-
tncnto nella sala del papa colla Balia, li fu mostrato per la Balìa
ch'esso non aveva fatto il debito, e che egli era truffatore; e mo-
strandoli lettere, le negava, e venendo in ira, li fu mostrato sue
lettere più vere, in modo che lui voleva uscire fuore, m. Ludo-
>^co Petroni sedendoli a lato, Io prese per le stringhe del braccio
e fello stare: sonossi il campanello, uscirono fuori alcuni, che lo
gettarono per le finestre della porta del Sale, e mori. Inde a un
Ora gli fu fatto uno bello escquio con 100 para di torce e
In sotterrato in duomo appresso al campanile ». Ma ecco il verbale
co, quale occorre nelTArch. di Stato in Siena, Balìa, Dclìbe-
57^
O. Tommasini
bile e Tunica che soccorra a spiegare l'allusione e Pepi-
sodio recato in mezzo dall' I.
Ma è tempo di far epilogo delle cose esposte. Intorno
all'autore del diario raccogliemmo quelle notizie che po-
temmo per dimostrarne la certezza e la condizione di fatto,
che gli rese agevole il farsi testimonio dei tempi suoi, l^'
tomo all'opera di lui esercitammo il nostro esame, io*^*'
gandone l'origine, il nucleo primitivo, i modi del successi-^*'
svolgimento, le necessarie discrepanze di forma che ne •^
rosoni lib. I, e. 65. Il notaio è ser Antonio di ser Giovaanì: « ^^^
«sabbati .vi, scptembris (145$).
« Leonardo priore
ti Dieta die de sero inicr .xx. ei .xxi. horam dicti magnìti^^
« domìni de Balia habenies noiitiam qualitcr dxcius dominus G:^^^
a bertus ìntravii civitatem Senarum et se contulerai ad mansioncr^
« suani in domo Laureniii de Mareschottis» transmìserunt ad cur^"*^
« plures speciatissimos cives dominuni Francischum de Aringhcnis'^'
« dominum Nicolanm de Saraccnis ci Dinum de Martiis stcrc-^
« tos (•), et alios cives sociaios cum pluribus rotellinls palatii, quii
« omncs ad domura praefatam io qua dictus dominus Gilibertus
<« moram trahebat et ipsum de dicto loco ad palaiium mapitÉ-
tt corura dominorum priorum cum honore et pacifice sociati fucrunt
(t Et intrans palatium adscendendo schalas se conduxìt in capcUa
« palatii, in qua aliquantulum requievit Et paulo post intrans sa-
a lam seu cameram pape in qua dicti domini officialcs Balie resi-
K dcbant» in qua et cum co intravit dominus Lucha de Panna suus
a canccllarius, in qua ab ipsis ofBcialibus honoritìce receptiis et inter
« eos, videlicet inter priores sedendo positus, multa colloquia sìraul
«habuerunt. Inierea dum hec tìebant, ordine dato, fuìl ianua princì-
« palis palatii obserata, cum omnibus aliis hostiis opporrunis in pa-
a latio, usquc ad cappellani, transmissis postea omnibus familìis ipsios
« diii Gitibcrti qui eura sociaverunt in sala dele Balestre, obserata
^
(*) Qlietti nomi sodo sud studioumense cuudUd dal cmceiUerc • le kttne «ttn-
virute da altri Mgni per caDfondcrae la lettura; ma la coafusionc non i tale zbe ami
al venga a capo di leggerli e di riconoscere coloro che ti prettAroao complici a si bd-
l'opera. Esprìmo la mia ricooosccnza al cav. A. Lìsini, benemerito direttore 4cU'A^
chivio Senese, par avermi cortesemente aiutato ad interpretare i nomi tApfihitftall.
// T)ìario di Stefano Infessura
577
rono effetto, Tuniti di pensiero che bastò a mantenerne
il complesso; la parte che in essa è riflesso del tempo e
delle circostanze, quella che è dovuta ai sentimenti e alle
relazioni personali dello scrittore. Certo, TI. non fu un
umanista; pure un critico odierno, che della società del
rinascimento in Italia A giudicato assai bene, potè trarre
solo dagli scritti di lui una pittura vivace della vita ro-
*^ana nel secolo xv (r). L'L, ardente della più pura fede
^i~istiana, rinfocolato dalle profezie ioachimistiche, ineso-
'"'^bile coi pontefici mal cristiani di cui visse contempo-
''^neo, fu dagli apologisti della Chiesa a tutt'oltranza tro-
^ ^to testimonio incomodo, ma da non escludere (2). Scrisse
*^ cappella cum custodibus, magnifìcìs dnis in consistono exìsten
**" libus. Et quum aniea in cancellarla parva camere pape intromìssì
^ Jiierunt aliqui robusti et validissimi iuvcncs, cum armis opportunìs,
^ «t in cursu consìstorii aliqui pedites et robusti iuvenes cum armis
^ bene muniti, post multa colloquia dictì ìuvenes intra cameram pape
^ «istentcs, dato signo, prout sic ordinatum fuerat, foras exeunies,
^* eunidem dominura Gilibertum cum armis aggressi sunt, eumque
^ pluribus vulneribus percussum interfecerunt. Et dum hec fiebant
** alii pedites e consistono cxeuntes, in camera pape cura armis suis
^^ intraverunt, et nilaliud fecerunt quia iam mortuus erat. Capto taraen
^^ corpore extra fenestram in campo fori proiecerunt. Capti sunt do-
** minus Lucas de Parma et Guerrerus Senensis cius canceliarii cum
^ pluribus aliìs suis familiis, et post predicta lohannes de la Gatta eius
^ cancellarius, et in custodia raancipati. Verum corpus suum ho-
* DO ri f ice in cathedra li ecclesia sepultum et tumulatum est.
^ Et totus populus clamabat hoc bene factum esse 0.
(i) BuRKHARDT, op. cit. in Bcitfàge ^ur vaUrlÙndischin GeschichU
Ì9$ Basii, V, 19-20.
(2) Ecco a qual modo giudicava delle condizioni della Chiesa,
^ tempi dcirinfessura, un testimonio non sospetto, il card. Fa-
tiesse, Epp. «Francisco Gonzagae card. Mantuano» (e. 272 r): «Adde
«t publicum odium merito ex tanta insania in nos comparaium. La-
« meniari ecclcsias vìdes, quod his cumulis cgenorum panem eri-
^ pimus : dolere populos quod veneranda pastorJbus loca plaena nunc
^ mercenariis vidcnt: indignar! prìncìpcs quod nuLlis accessionibus
« nostra ingluvies saturatur. Clamant non esse nos memores pauper-
L
J78
O. Tommasini
volgare da trivio e latino da curia; ma quando ad Anton
di Pietro era bastato confessare « multa essent scribendaquae
« dimitto in calamo» (i)> e il Papiense consigliava al Volter-
rano di non propagar notizie « ne videremur nimium a-
« tatis antiquae ; propter quarti crevit Ecclesia: non vìderì «lificifiulai
« Chrìsti, qui de crasiìno vetuit esse solHcitudmem ; et dois vtsco
« habcntem dari alteram non habenti praccipìt. Omnia ad privatim
« pompam luxumque referri. Quodque multorum esse oportrtt
tf iniustfl dispensatione ad unum aliquem redigi. Animac aotera tan
n esse curam exìguam quam magna est corporis. Hìs indignoiìcmibai
R pernitiosa de nobis aliquando incumur Consilia ì ìnque ApoBiolican
ce Sedcm naiioncs tumukuantur. Id autem ut plurimum ac:i^t>t; ol
tt possessum nobis ire prohibilis aut ìndignis prccibus cogainur ^uod
« datum est assequì, aut turpi cessione iriumphare de nobij prioó-
« pcs doceamus ». Nel ras. Vallicelliano S, ai (n. 0168^), /*. Kfwsifi
Monumenta prò annaìih. ab anno 14^^ ad t4}^, t. XVIII, il Raivai^
scrive (an. 1484), e. 417 r, presso alle parole del testo : « Rccrudctota
<t Urbe seditìo Columncnses inter et Ursinos ». (In margine è dmId:
«Stefano Infessura imbroglia poca cosa; ma Rafaelo Vobionae^
« p, 678, col 2* in medio, si vede che le armi pontidcic furono ^
« volte contro Lorenzo Colonna protonotarìo ribelle a cu» fu u^iiti
cr la testa. Id atfirraai ms. diarium, p. 29). Compulsusque csiprctife
« advcrsus illos pacis Icgcs detrcctanies arma expedirc, Hitfonyro
« Riarii nepotis sui opera usus. — Bisognerà vedere Panvino che bon
« non mi trovo bavere. De eisdem factis aguni etiam Bmim tep
cr pontificiam partem aequus et Stephaous Infessura iniqubsimos^
« malevolcntia in Sixtum sufTusus invidiara ìpsi conficiis mctviaoJ*
« conllare nunquam cessar, in sinlstrumque sensum pontifìcia cO^nSU
« gcstaque retorquct. — Si potrà copiar dì luì ciò che si inctìt* ntt
« diario dì Lorenzo Colonna, decapitato e la presa della Cavj UOX
« da Girola*^ Rìario cui ea re vicario gratulatus est (Lìb. brev. utoi tv
« Inter liieras non. iuU) ipsum summis laudibus cflercns quod ro»
« suctudinem egregie usus pulcherrimam eam ccnsuissct victiniffl
« esse, qua a capiivis hostilique sanguine abstinuisset m. — I
del Lantì e del Vespucci provano poi come Y I. nel riferifi.
di papa Sisto non mettesse niente del suo e non gontìassc wt*-
Ni il Rflinildi copiò del resto ciò che Stefano raccontò di Li
Colonna decapitato.
(1) Ant. Petri Diar, passini in Script, A. XXIV^ 974 e
// Diario di Stefano Infessura
579
iosi » (i), Stefano invece notò coraggiosamente quel che
sitava e vedeva. « L'aatiqua casa Colonna, e spetial-
lente quella di Pellestrina, che sempre fo nimica della
Chiesa e del popolo nostro di Roma « (2), maledetta da
Paolo Petroni, fu da lui benedetta, rappresentata giusta-
mente come popolare, e servita con fede. Quando Roma
tumultuò gridando da un lato: Chiesa e Orso, Orso e Cre-
scendi, e dall'altra : Falle e Colonna, Stefano non pur compiè
fedele l'officio suo di scrìbasenato, ma quello d'amico af-
fezionato e devoto presso la salma tormentata di Lorenzo
Colonna, l'infelice protonotario; mentre il notaio dell'Anti-
posio alle guerre si contentò di mettere « doi carratelli alla
« porta carichi de sassi et pontellare molto bene » (3).
Nota individuale, se si eccettua a quando a quando
I qualche sprazzo d'acre 'iroaiaj manca agli scritti dell' L ;
però, mentre sembra che s'addentelli, in sul principio della
' cronica, colle narrazioni leggendarie di Roma, verso il
fine tanto s'accosta alla maniera dei diaristi cerimonieri,
che una parte del dinrio suo potè incorporarsi in quella del
I Burcardo (4). Con tutti gli scrittori di diari e di croniche
■ a lui anteriori e contemporanei A comune il difetto d'insinuar
I nel racconto più quello che lo tocca, che quello che A impor-
I tanza effettuale; di saltare a pie pari avvenimenti di prin-
[xzm
fi) Card. Papiensis, Epp. et Comm. Milano, 1506, Ep. 62p
•t Papiensis Volaterrano ».
(a) Paolo Petroni, Mesticanza in Script. XXIV, 11 14,
i ()) Cf. Diar. in Script. Ili*, 1088.
(4) Il Thuasne (/o/j. Burchardi Diarium, IH, xxn, Paris, 1885)
accennando ad una lacuna del Burcardo a\'vertc: « Pour corabler
« ccttc lacune, les copisies ont inierpolé la panie correspondame du
(«journal dMnfessura dont la relation s'arrétc au mois d'avril 1494;
|«lls ont eu le soin, d'ailleurs, de signaler en marge le nom de Vé-
l«crìvain auquel ils avaient fait l*emprunt et répondu d'avance i ceuz
I « qui, par des motifs intéressés, chercheraieni à discrèdiier ces deux
• joumaux, cn objectant Icurs poinis de ressemblancc et cn jétani
l«Ie doute sur rauthemicité du lexie de chacun tl'eux j>. Lo stesso
j8o
O, Tommasini
cipale rilievo e commemorare bazzecole; ma pure la stoni
di Roma del secolo decimoquinto mancherebbe d*un ma-
teriale prezioso, se il diario dell* I, non le fosse stato ser-
bato. I documenti d'archivio coi quali si i agio di rag-
guagliarlo non fanno che saggiarne e assodarne il valore;
le opere d'arte, cui allude e che sopravanzano, confermano
le atfermazioni sue; ma mollo più delle notizie cheesplia,
son pregevoli quelle che racchiude implicite e che si dicfaii-
rano all'occhio di chi le analizza e raSronta col lume dei
documenti sincroni.
Rosta finalmente che si accenni al sistema seguito per
ristabilire il testo e al modo della pubblicazione.
S'incominciò, com'era naturale, dal far comparozioae
delle due edizioni del Muratori e dell* Eckhan, preso x
fondamento Ìl testo J'un codice del secolo decimosesto, il
quale conservando in molta parte intatte le forme del vol-
gare romanesco e la grafia medievale del latino, e non pre-
sentando né sovrabbondanza di rubriche ne indice, davJ *
sperare d'esser rimasto immune da arbitrarie alterazioni i
copisti e d'aver avuto ad esempio una buona lezione p^
antica. Questo codice fu designato neirelcnco colla sigla C
Parve indispensabile ragguagliario col Vaticano 6389 (R^
e col Capitolino (R), gii collazionato e corretto dal Va-
lesio ; e la comparazione tornò tutt'altro che superfluo,
mettendo a nudo le discrepanze originali tra i due mss.
e quelle che vi rimasero poi, a collazione fatta. De! resw,
se R' offre il gran pregio di non alterar mai la lezione p«f
preconcetto dell'amanuense, se la presenu migliore per es-
sere di certo condotto sopra miglior codice e però, anche
Tbuasne (op. cÌl U, 78-86) incorpora nella sua edizione un laoj(>
passaggio dell'Infessura, tratto da manoscritti in cui, siccome tD-
dicanimo a p. 5;4, si trovarono bensì intercalate poncr
nuazìoni, ma senza dubbio è autentico, e pel consenso dei
mss. e per ragioni intrinseche spetta al diario del nostro scrtM-
senato.
// diario di Stefano Infessura
581
dove erra, rimette non di rado sulla via di raccapezzar la
forma vera del testo, guasta attraverso le graduali trasfor-
mazioni d'errori nei trascrittori; il manoscritto R, segnata-
mente nella parte latina del diario, presenta rettificazioni
grammaticali che più spesso sembrano risultare dall' aver
sciolto senza errore l'abbreviature di cui ebbe ad esser irto
l'archetipo, che dal proposito di correggere per dar garbo
al dettato, con intendimento di critico. Inoltre, nella scrit-
tura dei numeri, serba traccia dell'uso piti antico, sia notan-
doli in caratteri romani, sia mescendo caratteri e cifre (i).
Segna bensì !e date giornaliere più spesso in numeri arabi,
e talvolta dimostra a quali corrompi menti del testo potè
gradatamente dar luogo quella promiscuiti di pratica.
Furon poi tenuti a costante riscontro, per Topportuniti,
i manoscritti Vallicellianì S, S'; e questo secondo, che gii
servi al Rainaldi e porca note di lui, come vedemmo, parve
concorrere coll'altro codice Vaticano per supplire al danno
dell'autografo smarrito. I due codici Chigiani C*, C^ e il
Corsiniano C^ rappresentarono ciascuno una tendenza pre-
giudicata della critica rispetto alla schiettezza del testo, che
era conveniente di non perdere di vista mai. Dacché il primo
offriva le alterazioni indotte nel diario dallo studio di parte
Orsina; Tahro, tutte le azzimature nel dettato, di che po-
teva esser capace quel tal secentista dei Promessi sposi che
considerando la istoria come una a guerra illustre contro il
o Tempo, imbalsamava co' suoi inchiostri le imprese dei
«prencipi»; e però ristringeva in canaletti, secondo lui,
scevri di melma. Tonda libera e qualche volta 0 manche-
vole o torbida del nostro scribasenato. Finalmente, il co-
dice Corsiniano, dando tutto il testo italiano, potè soccor-
rere per l'interpretazione di quelle forme dialettali, corrotte
^
(i) Per esempio: — . All'anno 1456 « die 15 augusti » fa succe-
dere: « mane deinde sequenti .xn. augusti ». E evidente Terronea
leaura del 1$ per 11 nella prima data.
nelle edizioni^ incerte e multiformi nei codici ; ed offerse
talvolta, alla comparazione delle date storiche, qualche ele-
mento di più. E con diligenza raccogliemmo poi nella col-
lazione de' codici ovunque fosse residua e superstite la forma
del volgare romano, restituendola al testo. Nei passaggi
poi che ritenemmo caratteristici, fu procurato il ragguaglio
di lutti i manoscritti che ci furono a conoscenza.
Resta poco ad aggiungere delle norme seguite per U
stampa, le quali sono precipuamente quelle detcrminate nel*
Tórganico per i lavori dciristituto Storico Italiano (Bh//. dil-
VhU Su It. IV, 8). Al capriccioso impiego delle maiuscole
e alla punteggiatura secentistica dell'edizioni precedenti e
di non pochi codici, non demmo peso; né importano
paleografica al promiscuo uso deirw vocale e consonante.
Nelle varianti relative alla lezione, indicammo i codici
secondo le sigle con cui vennero contradistinti in questo
scritto, curando che ne venisse conservata la serie alti-
betica, ogni volta che non fu necessità di ordinarle in
altra guisa, per dare ad intendere come da progressiva al-
terazione della forma schietta si potè arrivare airestrenia
corruzione del testo, o, per l' inverso, come, paragonando
le progressive alterazioni dei manoscritti, fu possibile di ri-
suscitare la forma prima ed originale.
O. TOMMASMI.
registri del Camerlengo della
positcria della gabella dello studio, il codice Cnpitolino
dello statuto vecchio, come vedemmo, fanno ampia testi-
itioaianza della vita di Stefano Infcssura. I Poeta et convett^
tioncs cttm fiìiis domini Sk/am de hifcssuris (doc. n. v) ci
determinano il tempo in cui era morto. Del padre e dei
fratelli suoi certifica Tatto di pace del 147 1 (doc. n. 1). Da
un rogito del 1520 (arch. Stor. Comun. di Roma) sappiamo
che sua moglie ebbe nome Francesca, eh' ei la sposò gi;\
vedova d'un Paparoiii; e che, morto lui, si rimaritò con
Marco Antonio de' Martinelli. Oltre 1 numerosi documenti
sparsi in molti archivi di Roma, oltre le relìquie delle carte
domestiche che rimangono ancora per discendenza e re-
taggi presso la famiglia Savorgnan di BrazzA, si Anno no-
tizie della famiglia Infessura negli spogU di Alfonso Cec-^
carelli (bibl. Vat. ms. Vat. 49 n), nel Repertorio dello laco-
vacd (bibl. Vat. ms. Ottob. 2550), in quetlo del Magalotti
(bibl, Chigi, ms. G, V, 139 e G, V, 144), e nel manoscritto
Casanatensc delle famiglie romane deirAmayden. Anche il
Valesio ne raccolse in fondo alla sua copia del diario di
Stefano (arch. Stor. Capir, t. V, cred. xiv). Sulla tomba
gentilizia in S. Maria in Via Lata era lo stemma consistente
in un bacinetto piantato sopra tre monti. Nel ms. M* si
584
O. Tommasini
annota che la detta tomba si trovava « avanti d^ arriva
« alla porta della sagrestia con l'arme infrancta » (V. sopra i
p. 515). Facemmo ricerche accuratissime, col cortese aiuto del
parroco della chiesa; ma quella lapide più non esiste. L'arme
trovasi delineata nel ms, R, nel ms. Vat. 8253, p. 354 v,
e in altro ms. autografo di Antonio Caffarelli, Repertorii
a e. 138, presso il signor comm. C. Corvisicri, dai qu
due ultimi la riproducemmo, dacché in essi meglio serab
rispondere alla descrizione data dal Magalotti (ms. Chigiaa
G, V, 144): c< hanno per armi un cimo chiuso sopra tre mon
« d'oro ni campo rosso ». L'elmo chiuso diventa solo «1
tt elmo 1) nella descrizione dell' Amayden (ras. CasanaL
p, 283) ed elmo aperto comparisce a dirittura nel diseg
del Valesio e nell' incisione data JairAdinolfi {Roma ntWcé"^
ài vu::j:j}y II, 292). La sagoma dello scudo poi in queste
ultime due rappresentazioni par de! tutto cervellotici
arbitraria. L'epigrafe riportata nel ms. Vaticano 8253,
e. 354 V, dal Gualdi che la vide, è descritta a questo modo^
« lapide sepulcrale con tassello quadro, arma tre moori
« uguali, un morione antico sopra un palo sopra i trcmonnyj
« lettere delineate : Sepulcrum D. lo. Paulilufisurafiliorumi
0 stwr, defamìlia descendentium ohiit anno Dui, .MCcccLXXXin«^
« mar. vi. » . Il Martinelli {Primo trionfo della S"" Croce, Roma,
MDCLV, p. 180) dà giA diverso il testo delTepigrafe e
dello stemma non parla; ma in S. Maria in Via Lata ac-j
cenna: « In terra è il sepolcro dell' Infessura diarista conj
« quest'epitaffio, ecc. », Attìngono a lui il Valesio e il .Maga- 1
lotti. Quest'ultimo (ms. G, V, 144) scrive in vece di Giovin I
Paolo tt Sepulcrum Ioannis Petri « e trae cosi in em)reil]
}Amn\ {Archiatri, II, 200). Il Galletti (/mrri/)/. Rom.inf.atm,
111,421) dA alla scritta la disposizione e il garbo classico;di
lui copia il Forcella {Iscri:^. delle chiese di Roma, Vili, 389)-
Nel ms. di Tommaso Landuzzi (arch. Capit. diS. Mafia!
in Via Lata), Lapideac inscriptioncs et mctnoriac quae mWtl
cxtant in parictibus et pavimento insignis eccL rir^inii Affl-
// diario di- Stefano In/essura
J85
tris ad Viam Latam, anno .mdcccxix. la scritta non e regi-
strata; non esisteva più. Lo lacovacci nel suo Repertorio
citato rimanda al ras. Vat. 491 1, che comprende il Tùr-:^Q
tomo dilla serenissima nohììià àeìV Aìma città di Roma del
noto falsario Alfonso Ceccarelli; intorno a cui annota il
Contelori : « in toto opere plurima sunt falsa, aliqua etiam
«vera ». E il Ceccarelli pone gì' Infessuni fra i nobili per
averli trovati «in registro nobilium laniiliarum urbis Romae
afaao aNicoIao de Cerrinis n e tali gli cita ancora (fol- 208)
« ex catalogo nobiliuni familianim urbis Romae Romani de
« Calvis».
Noi diamo la serie cronologica dei documenti che so-
pravanzano relativi alla cas.ata degl' Infessura, distinguendo
con asterisco quelli che pubblichiamo poi per intero, e ac-
cennando, quando ne sia il caso, colle iniziali quelli tndi-
I cari nelle raccolte deirAmaydea, dello lacovacci, del Ma-
galorà, del Valesio;
1597. « Comproraissum ìnter nobilcm virum Laurentium Cecchi Pa-
^^ lochi Jc regione Monlium et dominum Lodovcura de Pappazuris
^B in personam discreti viri Lellì Infessurae die 9 decembris 1397.
^H Iflcobellus Stephani de Caputgallìs nntarius in quintemulo ».
^H Arch. di Stato in Roma, \ùtiii Capitolini^ n. 477, e. 2423* (A.
~ I. M. V,)
^1408. Nel Catasto 5"»' Salvatorìs: « Lellus Infessurae de regione Trivii
^K nominatur pracsens ad lecturam et confimiatlonem capttulorum
^™ socictatis die 8' februarii 1408 ». (I. M. V.)
1428. Lello Infessura, caporione di Trevi. (M.)
1463. Nel dcuo Catasto 5*^' Salcatoris: « Blasius Mutii Nanny alias
dictus Lampa sepultus esl apud ecclesiam S"' Mariae inier Treyo
prò quo habuit Stcphanus lannelli camcrarìus permanus lohannis
Paulì de Infessura, ui parei in libro dicti camerarii, florenos ,x. ». (I.)
1471 • Sicurtà e pace, tra Giovanpaolo di Lello Infessura a nome
suo e de' figliuoli Stefano, Lello, Renzo e Ceccolo assenti con
Gasparaccio dcU'Arenula, a die .xvni. marti! ». (Roma, arch. Notar.
Coni. Protocollo di Evangelista Bistusd, a, 1470-71, e, 61 r.)
72. Immissione in possesso fatta da « lohanncs Je Buccamacììs de
regione Trivii raarescaUus Curie Capìtulìnc et domìni Scnatoris
commissarius n a favore dì a Paulus lohannes Infesura aroma-
SS6
O. Tommasini
tarìu$ de Regione Trìvìi de quìbusdam domibus diniHs et nù-
natis ac discopertis posìtis in reg. Montium, in contrad;i quc i
citur Caballus marmoreus, inter bos fincs ab uno latcrc tenei i
hcredum Luce lohannis lacobì... ab alio res lohannis de Mara
Hnis, retro tenet ecclesia Sancti Saturnini, ante est via pubK
die 8 iunii in<i" 4^ ». (Roma, arch. Notar. Cora. ProtocoUo Bist»
ioc. cit. e. 70 r.)
1472. Fidanze e patti sponsalizf » inter dominam Vannotiam &Uim
lohannis Paulide Infessuris de reg, Trivii, uxorem conJam cximii
legum doctoris Bencdicti Felicis deFredis olim de Valleraonionc.
matrem M.idlialcne eius et dictì q. dni Benedicti ftlic « facobam
condam domni Galeotti de Norroandisolim de regione Columpoe
et nunc de reg. Trìvìi, pater lohannis Galeotti.» cum dote quiogcn-
torum florenorum currentium in Urbe ad rationem .slvil solìd
provisinorum Senatus prò fìoreno ei cum aliis... quingentis do
prò acconcio, ornata et rebus iocalìbus ipsius Madhalene ».
van Paolo Infessura appare come fideiussore della figlia Va^
nozza. Il pegno dotale è a unam Jomum terrineam et sobritmi
et tectaratn cum scalis, camerìs et coquina supra se, cum tinello
subtus se, cum orto post se, cum porticali columpnato antcK.>
positam in reg. Montium inter hos fìncs, cui ab uno latcre teooi
res ecclesie S. Lorcnsoli de reg. Montium, ab alio res Pauli rni-
gistri Petra; ante est via pubblica ». (Roma, arch. Notar. Coro.
Prctoc. Bistusci, a, 1472-75, ce. 75 r.-76r.)
1474. « Lcllus Ioannis Pauli de Infessuris de regione Trivii* acc«Je
come testimonio in due atti risguardanti due legati fatti di Bu
tolomea moglie di Giovanni Tucci e da Antonina moglie ^
Gìo. Battista Matuzzi ali* immagine del Salvatore ad SanctaS<io-
ctorura a'di 8 d'ottobre. (Roraa^ arch. Com. AUi on'jf. vd. )7i
p. 68.)
1481 •. Vendita di due pezze di vigna fatta « exìmio legum doctodj
domino Stephano Io. Pauli de Infessuris de regione Trivià»dJP»'j
lozza moglie di Domenico di Pietro de Zizi « de regione Colunmc •
{Protoc. Bisttisci cit.)
1481 *. Quitanza per dieci fiorini « qui fuerunt et suol resìdnual
quatraginta Horenoram similium pretìi cuiusdam vìnce vendite pel
dictum Dominicum et dominam Palotiam diete domino St^|
pli.nno » a* d\ }0 ottobre. {Prctoc. Bistusci ciU)
1485 •. « Fidantiae inter eximium I. U. D. Stephanum de Infestar*'
curatorem (i) honestac puellae Antaniae filiae q. Lclii tW^J
(1) 1.0 1. Ugge: a MKcrum».
germani ipsius Stephani ex una et Antonìum filium lobanms Ba-
ptisiae dell.1 Pedacchia ex alia, die 19 maii 148;. lobannes Mat-
thìas de Taglientibus notarìus ». (L M, V.) Aich. di Stato in Roma
Not, Capii, n. lyjo, ce. loo-ioi.
1483. Epitaffio in S. Maria in Via Lata: « Sepulchrum Io. Pauli In-
fessurae Rlìor. fìlìar. et alior. descendent. ex eor. faniilìa. Obiit
a. D. 148; die 6» man. « (i). (A. I. M. V.)
1487. Stefano Infcssura firma le « Rcformaiiones, constitutioncs et
statuta super dote, iocalìbus, acconcio et omatu ac nuptiis mu-
Uerum et super excquus die .xvii. martiì ». (Arch. Stor. Com. di
Roma, cred. iV, voi. 88. p, 191.)
1496. n Locatio molendini mmoris dicti « la mola piccola » extra
portam I.aterancnscm ^d unum milliare ad tertiam generationcm
facta Matthaeo de Infessuris prò responsione ducatorum 13 et
lib. 5 piperis. Bcmardus de Caputgallis notarìus ». (1.) Ardi,
Capit. Lateranense.
Ì500 *. « Pacta et conventiones inhìtc cum filiis dni Stefani de la-
fesuris prò Capitulo S. M'^ in Via Lata ». (Arch. di S, Maria in
Via Lata, Protoc. instrum. ab anno 1495 ad 1514, e. 16 v.)
1505. Nel catasto del S"*» Salvatore: « Dna Pema de Cinciis et
uxor quondam Maithaei Infessurae sepulta est in ecclesìa S^ Tho-
mae de Mercanello (2), prò qua soluti fuerunt floreni quinqua-
gìnta perdictum Matthaeum d^o Gabriello camerario», (I. M. V.)
1508. Luca Antonio « de Infesuris u si obbliga a pagare 15 ducati a
Pietro Vizerro, notaio deJla Rota, per funzioni legali, a' di
jx maggio. De Toro Ferd. not. (Arch. Notar. Com. di Roma,
Atti origifiaJi, voi. 454.)
1513. Copia a Inftrum dotalis D, Hier«*« de luvenalibus de anno 15 ij
die .XI. augusti ». Rogano i notai Gerolamo de Branchini e
Agapito Susanna. Giovan Gerolamo e Giovan Batti:ita del q.
Biagio Giovenale de Manctti in vece e nome dì Gìrolama loro
sorella promettono « de rato et ratihabvtione u, col consenso e
la presenza di Giuliano di Giovenale de Manetti loro zio e tu-
tore, di contrarre matrimonio col « nobilera virum Matheum
q. Stefani de Infesuris regionis Triviì » e: « cum dote et no-
mine dotis sexcentorum ducatorum de carlenis monete veteris
cum duobus aliis sìmilibus ducatis ducentis prò acconcio et or-
natu diete d. Hieronimc ». Ma i predetti: a Io. Hieroniraus et
(1) Il Magalotti lo reca dufi volte: t'una ul ms. Chlg. G, V, 139, p. 134 ; l'altra
■ G, V, 144, in Oli pone >Ioannls Petri u la luogo di alo. Pauli».
(s) Coli in I. M. : • a. Toma di Murdaatllo ■. V. che du M. : ■ a. Tommuio io
Mcrcatello ■.
588
O. Tommasini
Io. fiaptista cum consensu praedicti prò quingentìs similibus da-
catis parte diete dotis, ex nunc dederunt et consignaveruni eidem
Maihco presentì et legitime stipulami In (undura doulem ci pio
fundo dotali tantam quantitatem et portionem in duabus partìbni
de quinque portìonibus medietatis unius tertiae panis casilis d
sui lenimenti vulgariter noncupati S^ Abrocolo iuoctum prò in-
diviso cum aliìs consortibus etc. ; ex qua parte et qaandu&e
dictus Mailieus recipiat et recipere possìt in rcditìbus, casco, ber-
raliìs et omnibus aliis computatis due. .xjl quolihct anno prò
fructìbus et non ultra ad compuium quatuor ducatonioi prò
quoUbet centenario ». E gli altri cento ducati gli vcngoo pa-
gati in danari. (Roma, arch. Brazzd, Carie à<l\a JamgfU Info-
sur a cit.)
1 5 16. » Emptio domus in regione Montìum e conspectu ecclesìie
S. Basilii facta per Peirum Tragalli (i) de Aiaaa a dna. Mina
relieta q. nobilissimi CecchoU de Infcssurìs, romana matrooi,
die 21 augusti 15 té (2). Thcodorus de Gualteronibus dol'ìt. ìa
detta Maria vende col consenso dei suoi propri figli Lucreoi
e Teoftlo e di Cristofora v relieta q. Io. Bapte de Lìanorìs de
Bononia romana ». (I. M.) Arch. di Stato in Roma, *Vc»t Capitoi
n. 899, e. 248.
1520. Matteo del q. Stefano «de Infessuris» e suoi fratelli e Piolo
« de Paparonibus », fratello di madre, essendo debitori di Nicoli
e Ludovico del q. Marco Antonio de' MariineHi, tìgli anche cJ
eredi di Francesca « de Infessuris », per la somma di jSo duati
di carlini vecchi» per residuo di dote e acconcio materno, Jo?a
lunga lite, considerati ducati 152, di cui Matteo era debitore. dJLnoo
in pagamento ai detti Martinelli, con patto di riscatto, doq'jc
rubbia del casale detto Palocco del valore dì 150 ducati. L'ittof
de* 29 dicembre, rogato da Ercole de Grengolis, pubblicato à
Giovanni Nichelchin, scrittore dell'arch. della R. C, (arch. Jcffli
Scrittori della R. C. voi. 64, Diversorum, e. 48. Vi si legge: f Cora
sit quod nobiles viri dni Nicolaus et Ludovicus quondani Si
Marci Antonil de Martinellis et filii et heredcs quondam «tìc
Francisce de Infessuris eorum matris fuerint et sìnt crcditOfO
prò residuo dotium et accontii ipsius q.dne Franciscc io saanu
et quantitate tricentorum octuaginta ducatorum de carlcnls »Ì
rationem decem carlcnorum monete vetcris prò quollbet ducaw,
domìnorum Mathei de Infessuris et aliorum eius frainim «
(t) Cosi l'autogr. I. : - Martelli b.
(1) ti M. pone l'atto nel 151$.
// diario di Stefano In fessura
589
eiìam Pauli de Paparonibus ipsorum de Infessuris etiam fratris
ex Uterc matrìs ctc. »).
537. tf Testaraentum D. Mariae relictac quondam Ceccholi de In-
fessuris, die 20 fcbruariì. Alexius de Peregrinis notarius». Lascia
erede il figlio Teofilo (\) : vuol esser sepolta in Araceli: a Lucre-
zia, sua figlia, tt uxor d. Baldaxaris de PatrìiUs n, una casa nel rione
Monti e una vigna k infira mocnia Urbis, in loco qui dicìtur Vìn-
neto ». (I.) Arch. di Staio in Roma, Vot. Capit. n. 1259, e. 202.
1550. « D. Matiheus de Infessuris patruus Marii f. et ber. q. d.Io.
Pauli de Infessuris civìs Ro. promisii per se ac vice et nomine
dicti Marii ... abbatisse et monialìbus S" Cecilie in regione Trans-
tyberim tradcre, ad vttam sanctimonialem ducendam, Francìscam,
Virgiliam et Bartolomeam sorores camales d' Marii cum dote
inedietatìs casalìs Palochii prò indivìso cum alia medieiate quam
d» Marius dcdìt monasterìo S. Xisti prò dote Lucide, lustinc, et
Livie sororura dicti Marii ad presens raonìaiiura S^ Xisti. Die
8 ianuarii ». (Arch. di Stato in Roma, Archivio 'di S. Cuilia
in TrasUi'eu, a e. '^y/\bìd. Atti nìuliviyCC, 56,98, loi, lOS, 490.)
15^0-51. « Mattheus de Infessuris, consiliarius prò regione Mon-
tium ». (Arch. Com. di Roma, crcd. I*, voi. 16, ce. :-8, ij.)
'543* ** Mattheus de Infessuris, consiliarius ut sup, ». (Arch. Com.
di Roma, cred. 1*, voi. 17, e. 102.)
1550. « Tesiamentum Lucrctiae de Infessuris relictae quondam do-
mini Baldaxaris Patritii de Urbino ». Lascia erede Maria sua
madre : vuol esser sepolta in Araceli. « Ioannes Bapt Amodeus
notarius ». (I.) Arch. di Stato in Roma, Nat, Capit. n. 27, e. 46.
I5$q. « Testamentum honestae matronae dominae Hieronymae de
luvcnalibus relictae q. diVi Matthaei de Infessuris, die 14 novcm-
bris. Curtius Saccoccius noturìus ». Lascia erede il figlio Dome-
Inìco: mille scudi a Claudia sua figlia: seimila a Bartolomeo,
figlio della q. Flamioia sua figlia: vuol sepoltura nella chiesa degli
Apostoli. (I. M.) Arch. dì Slato in Roma, NoL Capii, n. 15 17,
e. 569 V.
(1) tn una Copia di umimento iiitto t Romtt l' tempi dì P&olo HI. poueduii dal
conun. Corvisterì, app«Hicc ootata «per ctuijue bocche» nel rioue Monti nTeo&lc Infci-
■ «ura (puuiu)«, — L'archetipo Ji quel ireosìmcDio 1 1 Londra, ove fu portftto dal Payoe,
<bc ac dece act^uisto iiui«rat con altri mss. dell'archivio Gentile del Drago. Autore di
quel rtgUtro «pparlice uà ut « lacobo HcUìd lo quale ba scritto el preseate libro*.
IlAACa alla copid la parte del rioDc di Trevi, ove gì' Infetiura avevano casa. La corlÌ>
^ana del rione Monii comparisce col nome di chi le faceva le spese ; dacché ael r^litro
ddl'HclUn ai nota lolo ed appena il nome del capo della caia e le bocche che nungUno
ia qudU-
i90
O. Tommasini
t>6i. Domenico de Infessura, « consìllarius prò regioni Momituai,
(Arch. Stor. Com. di Roma, cred. I, voL 2r, e. yj.) i$64. «
siliarius, ut supra ». (Ibìd. voi. 22, ce. J4-J$.) 1$^. Jd.
cred. I, voi. 4, e. 25.) 1573. Id. (Ibìd. cred. 1, voi. 3$, e.
1574. «Caput regio prò regione Campì Martìi ». (Ibid.
voL 26, e, 194.) i>77. < ConsiliarJus prò reg. Monti um a. (Ibìd
cred. I, voi. 27, e. 132.) 1581. « Consiliarius ui supra ».
cred. I, voi. 28, e. 61 e voi. s, e. 16.) 1588. « Consìliarìl
supra M. (Ibid. cred. I, voi. 29, e. 197.) i>93. « Ut supra ».
cred. 1, voi. ?9, p. 107.)
156;. a Àlìud testamentum n. d. Hieronymae de luvenalibus
q. dui Manhaci de Infcssuris, die xo martìi 1563. Curtiiu
cocciusnot. ». Lancia crede il tìglio Domenico: alla lìgtiaCi
seuecento scudi: al nipote Bartolomeo un legalo. (L R.)
di Staio in Roma, iVo/. Capii, n. t>2i,-c. 195.
I ) 67. Domenico vende una casa nel rione Monti a di 8 marzo. O
Saccocci net. (M. V.) Roma, arch. Capitol.
1570. « Fidantiae ìnter d. Io. tacobum (i) de Ostia patretta et le-
gitimum administratorem d. Catherìnac eius 61ìae relìctac q. Stc*
phani de Auria (2) ex una, et mag.c"™ d. Dominlcum de In-
fessurìs no. rom. ex altera, die 15 novembri». Conitis Saccocd
not. ». La dote è di scudi duemila. (I. .M.) Arch. dì Staio tn Rorai.
Kot. Capii, n. IJ34, ce. 556 V-J52 r.
1583. Anestazionc di aito di procura « die vigcsinia novcrabrù i>6j«
fatta dal notaio Domenico Stella : « Fidem facìo ego not* pot-
infrascrìptus qualìter die xiit. maiì 1518 in me personaliter ico-
stituta d. Caterina q. lacobì Magne et uxor magc* dn* Doraoii^
de Infessuris nob. Ro. de Hostìa quae spontc ratiiicandu in pnro ■
et ante omnia omnia acta et actìtata per d. Dominìcum .
thei de Infessura eìusdem procuratorem maritum quotr •
facia, eie. ». (Roma, arch. Brazzà, Carli delia famigìiù hi- *'-
1592. Domenico Infessura affitta a m'o Giovanni Antonio Jel 4. U<i
menico Antonini e a m'"'> Alessandro del q. Giovanni Bomic;-
una cava dì pozzolana esistente nella sua vigna alle Tcrr
luogo detto ceVivaroij per scudi quindici al mese, ti
Arconi Gerolamo notaio. (Arch. Com. di Roma, Aiti oni
voi. IO, e. 261.)
1)9}. Caterina, moglie di Domenico (Infessura) (3), morta nei
(0 l. ed M. iaaoi • Iicobuni de Ostia >,
(a) M. : • TaurU ».
()) Archivio BrazzA, CxrU Jdtta fenùglU ia/cuitr«., U usa «cbeii:
// diario di Stefano In fessura
de* Monti, sepolta in S. Maria in Via Lata. (M.) Roma, bibl. Chigi,
ms, G V, 144, p. 224.
1604. Giacomo Goggi fiorentino vende a Giovanni Franchino Ta-
viani un.1 vigna di circa venti pezze 0 in loco dicto Termini scu
V'ivano » per scudi tremila e cento, vendutagli già da Domenico
hifcssura romano, per atto rogato da Pietro Arcangelo Roberti,
notaio dcU'A. C., in data i" settembre 1599. ^ '^^ ^^ aprile, Ga-
spare de Angelis not. (Arcb. Stor. Com. di Roma, Atti ori^nalx,
voi. 266, lib. II, e. 437.)
1605 Concordia tra Domenico del q. Matteo «de Infcssurìs m e di
Gìrolama « de luvenalibus « e Giacomo Tolomeì nepote ex filio
di Mario Tolomei e di Concordia « de luvenalibus » circa il Ca-
sale di S. Procolo (S. Abrocoli) fuori di porta S. Sebastiano con-
finante con Leone de* Massimi, i signori De Victorìis e Fabrizio
de* Massimi 0 Jìe 2* octobrìs». Gaspare de Angelis in solidum
con Biagio Cigni notai. (Arch. Stor. Com. di Roma, Alti originali,
voi. 266, lib. II, e. 455. Copia anche neirarchivio Brazzà, loc. eli.)
1605. Domenico cr de Infesurìs » dichiara di aver ricevuto da Giacomo
Goggi come padre ed amministratore di Alessandro e dalla si-
gnora Gìrolama m de Infesuris » scudi mille per l'acquisto dì al-
cuni beni in quel di Nepi, come risulta dall' istromcnto fatto da
Pietro Arcangelo Roberti, notaio delTA. C, a dì 1^ novembre.
Gaspar de Angelis not. (Arch. Stor. Com, di Roma, Alti origi-
ttaìi, voi. 266, e. 459.)
1608. Isirumento di concordia tra Domenico Infessura e Iacopo To-
lomeì di terreno della tenuta detta Muratella. « Cum versae fuerini
liies et ditTerentiac ab antiquo tempore incepiac imerq. d. Hierony-
mam luvenalem et q. d. Mattheum Infessuram eius maritum ex
una, et q. d. Concordìam luvenalem uxorem q. d. Marii Tho-
lomei ex altera panìbus, et successive continuatae inter ili. d. Do-
raìnicum Infessura filium et heredem d. q. Hicronymae, et q.
d, Petrum Antonium Tholomcum, filium et hcreJcm d. q. Con-
cordìae, et post eius obitum ìnter ili. d. lacobum Tholomeum,
filium eiusdera q. d. Petri Antonii, eie. Die 12 iulli Antonius An-
geleiii noi. CapìtoL >». (Roma, arch. Brazzi, Curtt della Jamigìia
Infessura cit.) ^
1614. Mandato « de manutendo » simile al seguente « dìe 17 octobrìs ».
(Roma, archivio Brazzà. Carte cit.)
1616. Mandato a favore di Domenico Infessura perchè possegga « prò
mwan «lU i) maggio IS95 prete moglie U Vrn Fnsu Vipereicbi et in ilocc hebbe li
■ di lei roblM per iftromento dì Gio. Grillo oot. de) v^ sotto ».
592
O. Tommasini
indiviso » cogli altri creditori del q. Iacopo Tolomcì in piciJi:!
e quieta quasI-possessioDc o ac possessione fnictuum rcdJitni et
provcntus pcrcìpiendi rubiorum vìginti ceto casaiis noncupati lU
Moratella » positi in agro Romano extra portatn Ss. PauU et S^
bastiani cui ab uno sunt bona M. de Victorìis, ab alio laterv
d. Leonis de Maximls et ab alio 111°° et Exc«o d. luliaci Cc-
sarini, nuncupaii «< Piano di Frasonc >», ab alio tcnutam ArJcc, x?
alio via publica tendens ad Ardeam, eie. die i8 mji'. «. <Kon i
arch. Brazzà, Cark cit.)
1619. Demonico Infessura, morto di anni 70, a' 26 febbraio, jcpoioj
in S. Maria in Via Lala. (M.)
Archivio Notarile Comunale.
147 1. Protocollo di Evangelista Bistusci^ anno 147C
Yesus.
Indìctìone quarta mensìs martii die .xviu.
In presenti:! mei notarli ctc. Egregìus vir lohannes Paulus
dam Lelli de Infcsura, aromatarius de regione Trivii, prò se ip*
et suo proprio nomine, sponte et ex certa eius scientia et non p<r
errQrein,pro se ipso et suo proprio nomine ac ut pater ci K
administrator ac vice et nomine eximìi legum doctorìs dot
phani» Lelii, Laurentii, Ceccholi, Antonii et Dominici eius
absentium prò quibus et eorum qucmlibei dictus lohannes F- -
et bona sua principaliter oblìgavit et promisìt de rato et rati bibi-
tione et se facturum et curaiurum, ita talìter et curo effectu 400Ì
dìcti eius tìlii et quìlibel ipsorum infra&criptam perpeuum sceuriuten
et omnia et singula infrascripta perpetuo ratifìcabunt. omologibuK.
acccptabunt et obscrvabunt, rata, grata et lìrma habcbunt, tcnrbuot
et observabunt, et contro non facient, dicent vel venìent jili<2U4 ri-
tione, iure, modo, tìtulo sivc causa, sponte promisìt et convenìl G^
sparì condam Baptiste lacoboni, alias dicto Gasparraccio. de reiooRe
Arcnule, abstrnti tanquani presenti, et michi notano ut publica pff-
sona presenti, recipienti et legitinic stipulanti prò dicto Gasbare x^
omnium quorum nunc interest vel in futurum potcrit quomotfotibet
interesse quod ipsc lohannes Paulus prò se nec dictì eius Gli) ncc
alter enruni per scsc ipsos, alìum vel alios corum Domimbu» et prò
eis non otTendent nec offendi facient supradìctum Gasparcm In p<r-
sona vel bonis, sub pena et ad penam quingcntnrum ducaionffl
auri et legis tollenda et applicanda dieta pena prò medietJtc CamtR
Urbis et prò alia medìetaie dicto Gaspari^ loltcuda et appl>c<odi t^
// Diario di Stefano In fessura
593
QS qaotìcns per ipsum lohani^em Paulum vel eius fiUorum seu
tero eorura fuerit contrafactum, me notano ut publica persona pre-
nte, recipiente et legitime stipulante vice et nomine diete Camere
pactiSf renumptians dìctus lohannes Paulus prò se et quibus supra
nominibus capitulo statutorum Urbis loqucnte de pcnìs conventiona-
libus non exigenJis, cum hac provisione et proiestatione quod pre-
sens perpetua securitas non valeat nec teneat nisi fuerit per partem
advcrsam presrita similis securitas et quoti non intelligatur fracta nisi
co modo et forma quo pax frangitur secundum formam statutorum
Urbis. Et ad hcc precibus et rogatu dicti lohannis Pauli prò se et
dictis eius (ìliis et eorum quemlibet providì et discreti viri Paulus
Mancini et Antonìus condam Laurcntii de Persona, ambo do regione
Trivii, ìpsi et quilibet ipsorum in solidum sponte promiserunt et
conveneruni michì notano ut publica persona presenti, recipienti et
legitime stipulanti ut supra quod dictus lohannes Paulus nec dicti
€ius fiUi nec alter ipsorum per sese ipsos, alium vel alios eorum no-
minibus et prò eis non offendent nec offendi facienl dictum Gaspa-
rem in persona vel bonis ad penam predìctam tollendam et appli-
candam ut supra. Cum provisionibus et protestationibus predictis
prò quibus omnibus et sìnpulis obser\'andis et plenarie adimplcndis
tam dictas lohannes Paulus prò se et dicti eius filii quam dicti co-
rum (ideiussores et quilibet ipsorum in solidum obligavcrunt et pi-
gnori posucruDi michi notano ut publica persona presenti, recipienti
et legitime stipulanti ut supra, sese et omnia eorum et cuiusque
ipsorum bona mobilia et immobllìa, presentìa et futura. Et voluerunt
prò predictis posse cogi etc. Renumptiarunt etc. Et maxime dicti
fideiussorcs renumptiarunt epistole divi Adriani beneficio nove con-
siitutìonis et omni beneficio fìdciussorum. Et gcneraliter etc. Et ad
maiorcm cautelam omnium et singulorum predictorum tam dictus
lohannes Paulus quam dicli eius ftdeiussores iuravcrunt etc. Q.ue
quidcm etc. Rogavcrunt me noiarium etc.
Actum Rome in regione Triviì, in apotecha spetìaric dicti lohannis
Pauli, presentìbus, audientibus et intelligentibus hììs tcstibus Nicolao
Pctrì Pauli et Nicolao lannutii, ambo de regione Columpne, te-
sti bus etc.
^
481. Ibid. 1429-83.
Vesus.
In nomine Domini. Amen. Anno Domini .m^.cccc^.lxxxi. pon-
tìficatus Sanclìssimi in Christo pairis et domini nostri domìni Sixti
divina provìdentia pape quarti, indictione .xv. mensis octobris die
ultimo. In presentia mei notarii et testium infrascriptorum ad bec
594
O. Tommasini
specialiter vocatorum et rogatorutp discretus vir Dorninicus coatUm
Petri de Zizi de regione Colupne, cum consensu, presentii, verto
et voluntate et assensu honeste domine Palotte eius uxorìs ic etÌAm
dieta domina Palotìa cum consensu, presentia, verbo et '\*DluDtatc
dicti Dominici cius viri unus alteri et alter alteri con
que domina Palotìa primo iuravit ad sancta Dei cvni
nlbus mei nolani infrascripti etc. centra infrascripta omnia « §»-
gula perpetuo non facere. dicere vcl venire, nec non quo ad (wc
rcnumptiavit auxilio Velleiani senatusconsulti autentice: si qua mo*
licr et omni suo iure dotali, donatìonis propter nuptias, alimcntonim,
parafernorum relictorum, legì lulie de funJo dotali etc. quod «t <\nt
in favorcm mulicrum suoi introducta certificata dieta domini Pilotù
per me notarium infrascriptum de dictis Icgìbus auxìlio autentici et
iuramento quid sint, quid dìcant et quid tmportent de verbo ad
verbum materno sermone espositum ad omnem ìpsius dor
nam et claram inlelligcntìam etc. Et generaliter etc. unus
alter alteri consensìendo eorum propriis et sponianeìs volum
et non per crrorem, renumptiaverunt, quietaverunt et rcfuu-; .r'
et per pactum de ulterìus et perpetuo non petendo reroiscnmt ciiouo
legum doctori domino Stephano de Infessuris de Urbe, de rcgioat
Trivii, presenti eie, vidclìccl omnia et singula iura, nomina et acnoua
reales et pcrsonas utiles et dircctas, tacìtas et expressas etc., qoe.
quas et quod dicti Dominicus et domina Palotìa cius uxor et qoi*
libet ipsorum habent vel habere possum etc. sìbique conpctunr et
conpeteri eis posscnl quomodolibet in futurum centra dictuni *t>
minum Stephanum et eius bona prctextu, causa et occasione d«cra
florcnorum currentium in Urbe ad ratìoncm .klvii. sci!
visinorum Senatus per florenum, qui fueruni et sunt tl
tragìnta florenorum sìmilium pretii cuiusdam vince vendite per dicluffl
Domìnicum et dominam Palottam dicto domino Stephano, de qui
venditione patet manu mei notarli infrascripti, et generaliter Jc amiu
alio eo quod dicti domina Palotia et Dominicus eius vir et v
ipsorum ab eodem domino Stephano petere et exigcre pos=-.
casìonìbus predictis, ita quod prcsens refutalio et quictatio sii -' --
ralis et generalissìma, spccialis et specialissima, et si ea venl^w u>
tcUigantur que hic espressa non sunt, ac sì de illis cssct facta tneiiM
specialìs. Hanc autem refuiationem et quìetationcra et omn- :'
singula que dieta sunt et ìnfradiceniur fcceruni dicii Douiinic
dìcu domina Palotia, et quilibct ipsorum ut supra eiJttn do::i 'i^'
Stephano presentì, etc. Eo quia dicti Dominicus et domina VM^^
supradictos deccm Borenos rcsìduum pretii vinee predicte ab eoden
domino Stephano presentialiter, manualiiery numeralìtcr et in cffl^
Il diario di Stefano Infesstira 595
mi in monetis argcntcis habucrunt et rcccpcrunt; post cjuam ma-
ualem receptionem supraJicù Domìnicus et domina Paloila et
ilibet ipsorum de dìctis .x. Horenis residuo predicto sese bene
ontentos, quietos et saiisfactos vocaverunt et renumptiaverunt exce-
piioni non habìte eie. Et generaliter etc. Et proniiserunt dicii Do-
mìnicus et domina Palotia unus alteri et alter alteri consensiendo
t supra et quilibet ipsorum in solidum etc. eidem domino Stephano
'presenti etc. quod dieta ìura supra renumptiata et refulata erant
et sunt ipsorum Dominici et Palotie, et quod ad ipsos et quemlibet
ipsorum spcctant et pertineni pieno iure damìniì vel quasi, et quod
non sunt alteri vendita, data, donata, cessa, concessa, obligata, pi-
gnorata, nec aliquo alio modo alienata, alìenationis largo modo
sumpto vocabuio, et quod de eis seu ipsorum parte cum aliqua alia
persona etc. factus non est nec factus apparet nec apparebit aliquis
alius contractus etc, et si conirarium alìquo tempore appareret,
voluerunt teneri et obligati esse eidem domino Stephano et suis he-
redibus et successoribus de evìctione etc. in forma iuris valida etc.
et ad refectìoncm omnium damnorum, expcnsarum et interesse etc.
Pro quibus omnibus et sin^lis observandis et plenarie adimplendis
tam dictus Dominìcus quam dieta eius uxor et quilibet ipsorum in
solidum obligaverunt et pignori posuerunt cidem domino Stephano
presenti etc. sese ipsos et omnia et sirigula eorura bona etc. Et
voluerunt prò predictìs posse cogi etc. Rcnumptiaverunt etc. lura-
verunt etc.
Acium Rome in regione Trivii, in domo solite habitationis dicti
domini Stephani, presentibus, audicntibus et imelligeniibus hiìs, vi-
delicet Antonio Sancto Antonìì luliani aromatario de regione Are-
nule, et Cola de Montanariis de regione Colupne, testìbus etc.
I 1481. Ibid. 1479-83 e. 82 r.
^H Yesus.
^H^ Indictìone .xini. mensìs iunìi die tertia.
^H In nomine Domini. Amen. In presentia mei notarii etc. Honesta
^Hdomina domina Palotia uxor Dominici condam Pietri de Tnx de re-
^■gione Colupne. Que domina Palotia primo iuravii ad sancta Dei
cvangclia, manìbus tactis per cam corporalitcr scripturis, in manìbus
I mei notarii infrascrlpti centra infrascripta omnia et singula perpetuo
non facere, dicere vel venire aliqua ratione, iure, modo, titulo sive
I causa, nec non quoad hec renumptiavii auxilio Velleano senatuscon-
sulto autentice: si qua mulìer et onini suo iure dotali donationis, propter
nuptìas, alimentorum, parafcrnorum, relictornm, legi lulìe de fundo
dotali, falcidie, trebelleanice, debito iuris nature, quod et que in fa-
V
L
P
O- Tommasini
Ed itiuUcruTD Simt imroJucti^ et gencr^liter onaolbotaifl^l
l<gihu5, Icgum auftiiiis iuiis cinomcl ei civili^ etc^ i|Meit
icta vél ilìquotj preJictorutii facere» dicene vcl TCfltfe,eit
pOiJOÌtb«:t iuvarc, meri et defendere posset» cenificsu frin AH
1^ Pillotta per me cot^num infrascrìptam de 4>ctb hc^
ilo autentica et iufamento et de t'Orum eBecdbisi, ^ìà À
J dicaot et quid iniportcot materno sermone expodtum 4c *e«
vcrbum, asserena se Jt^ UIÌ& plcnaiii notitum ac dirun tota
ritiarn, cum cqnsensu, pre:^eiiti3, verbo et votuotatc dica Boift
,j» ciu» vìn presentii, volemb»consepsieiitì5,«t 'm^ascr^Mis ornato
et AingulU 9uum conserisum prestdittis, AC ctiam dlctus Donvàai
cuni consensu, preacntU, visrbo ei volunute Jìcie sue avoris, >M
alirri et alter alteri consensjeiìJo ipsì ex qoilibec ìp^oruia tom a»-
luiiktini nuAtn divisim, omni mdiori modo. vU, iure et fonziv <}mi
tlttfU, melius et efEcacius Tacere posunt, eorum propHìs Immié A
«pomarik'm tDluntacibus et non per etroTczn TCDdidknmt, doòdw;
fcitf**uriiiit c( con cesse runt, trajQS Icrunt et mAfìdav^^unt iti pcrpCKMD
eftliiild Iv^xum doctorl doitiìno !>ie[^ha»o Io. Paoli éc Iiafesurìa dett^
I{inni3 Trivìl prcseot), ementi, recipienti et legidnie stipulanti proK
tMÌ»t]tic hrrcklitius et ^uccessorìbus^ er cui vel qmbus dìccus domlsos
t)iKjilu»mi Vkl vius hcredej et successore^ vczidcre, d^c^ donare, yyO'
llttf^^fv vili Alienare voluerìnt, et emeciti de suis proprib p^conìii,
pfni^ul» iUcUi \i\. Tuulo eius patre, ex sic esse vemm confitente ei *
Hfl)ifM«JiiU*i vidclicet duAs petias vmeanim cura vitibus et arborilwii
InKHtvM* «I Int'ructifcn» in ea e^htcntìbus» plus ve] minus quiota |
^%\t uum ccirtd parte vasche, vascali^ ei tmi et stati! siti In viae* .
tpilii« Jonilni SKphanì, cum lurìl^us et pertinestiis suìs positìs z^Xn
jiOftiim ÌMncÌi)n4iìi. Inter hos fines^cui ab iìdo laiere tenent et sost ,
(l'I MkilìUit' de NnniMTidiì^, a duobus aliis laicribus suni re* ìpsius
t:in|t!orìs, ab alio sunt res lacobi Laurentìi Kutii lacobutii vel «
i|itì ctc, positis sub proprietate cappelle Sanctì Nicolai site in ec-
i k'sìa Sancte Marie in Via Lata, ad respondendum perpetuo diete
cappelle unam cabalbtam musti ad mensuram Senatus Urbis ad va-
vcaiii tempore vindcmiarum more romano liberam et exemptam ab
omni alio onere scrvitut)^ reilditi sìve census, cum omnibus et sin-
gulis suìs iuribus etc.» introitìbus et exìtibus universis ad dìctas res
venJìtas quomodolihet «pcctantibus et pertinentibus tam de consue-
tudine quam de iure, ad habendum, tenendum, possidendum, ven-
dendum, donandum et alienandum, et de dìctis rebus venditìs per*
petuo faciendum et disponendum ad libitum voluntatis ipsìus emptoris
et suorum heredum et succcssorum. Item eodem titulo vendidonis
prefaii venditores et quilibet ipsorum vendiderunt, dedenmt, cesse-
// T}iarÌQ di Stefano Infessura 597
ant et concesserunt prefato domino Stephano emptorì presenti etc.
pmnia et singula iura etc. que, quas et quod dìcti vendltores et
^uilibct ipsorum habeni, habuerum vel quomodolibet in futurum
babere posseni eisque conpciunt, conpeticruni vcl quoniodoLìbei
ompcterc posscnt in dictìs rebus vendìtìs et ipsaruni occasione,
contra quascunque personas, unìversitates vel loca, nullo iure etc.
sdcm venditoribus, in, de et super dictis rebus vendiiis quo-
Dodolìbet de cetero reservatis, volentes et raandames dicti vendi-
i>rcs quod ipse emptor prò dictis iuribus et actionibus suo proprio
traine agat, pctat, exigat etc, utìlibus et dircctis aciìonibus uiatUr,
ruatur et experiatur in iudìcio ci extra iudicium, ac Je ÌUis faciat
et disponat quemadraodum dicii venditores et quilibet ipsorum de
dictìs rebus vendiiis facere, agere, petere, exigere, recipere et di-
spnncre poterant onte presentem contractum venditionìs, ponentes
«undem emptorcm prcsentiim etc. in predictis in locum, ius et pri-
%ilcgium ipsorum venditorura, constituentesque eundem cmptorera
io predictis procuratorem et vcrum dommum, sicut in rem suam
propriam. Et per discrctuin virum Colam dello Roselo testcm In-
frascriptum de regione Trìvii presentem et acceptantem^quem dicti
venditores eorum constituerunt procuratorem, investiri etc. prefatum
ecnptorem de dictis rebus per cum cmptis voluerunt ac iuxerunt, ad
quam quidem possessioncm apprchcndendani et dciuceps sibi ipsì
reiinendam absquc ipsius emptoris iurium lesione et alicuìus curie vel
iudicis liceniìa vel mandato vel decreto dicti venditores eidem emplori
presenti etc. auciorit.ite propria plenam contulerunt facultatem et
auctoritatem. Et donec etc. Hanc autem venditinnem, dationcm,
cessioncm et concessionem, et omnia et singula que dieta sunt et
infradiccntur feceruni dicti domina Paloiia et Domìnicus et quilibct
ipsorum ut supra eìdem domino Stephano emptori presemi etc.
prò prctio et nomine pretii quatraginta Rorenorum curreniium in
Urbe, AÒ rationem .XLVU. sollidorum provisinorum Scnatus per flo-
renuro, de quibus quatraginta florenorum prciio predicto supradicti
venditores et quilibet ipsorum hahucrunt et manualiter receperunt
io contanti a dicio domino Stephano cmpiore presente et solvente
de suis propriis pccuniis, dicto eius patrc presente, et sic esse verum
confitente et acceptante florenos triginta ad rationcm predictam
manualiter, numeraliter et in contanti in monetis argcnieis capientes
dictam sumam .xxx. florenorum, reliquos alios decem florenos su-
pradicic emptionis prnmisii solvere et satisfaccrc eisdem venditoribus
in vcnderaiis proxirais futuris. Et de inde etc. cum omnibus daranis,
expensis et interesse etc. Postque manualem receptionera supradicti
venditores et quilibet ipsorum sesc de dictis .xxx, florenis per eos
O. Tommasini
itentos et satisfactos vocavertmt et
aon habiie etc. Et gcncraliter ctc Et a plus
florenorum supradictc res veotiite nlatf,
jtuznm valere possent, sive fuerìt parva sivc iiu|M
^m « dcederet dimidiam iusti pretU, eidcn eni'Coh
'«■r vivos irrevocabilitcr et in perpetuuni dedertnrt,
•^^ ■■,-v-sserum» quia sic sìbi bene faccrc placuit. Et yra-
— '.^iiitiorcs eidem emptorì predenti ecc. t^uod didc
.mne et sunt ipsorum venditorum ctc et <]aod noi
<nd)tc, date, donate etc. nec aliquo alio modo 4t(e>
: lood de eis factus non e» nec factus apparti aec af-
ilius contractus etc. in preiudìcium pTcscotis eoo-
.ntorurn in co et dìcti emptoris. Et promiscnmt hok
:»ditìcnìs Tacere consentire omnem personom etc, 0
ctam ccclestam, dominam et proprìetariaxD ctc EtpR>>
>:i^r dicii venditores cìdem cmpiori presenti etc bi,df
:'5 rebus venditis Utem non inferrc nec tnicreoó ^a>
.^'cisentire, quìn yramo ipsum omptorem eiusquc hendes
- ..t»i>fes defendere etc. ab omni molestante persona «at
^LT-- 1"** litem, causam, qucstionem et ocnnein iudicium ac oanea
— f-'*- m dictis rebus venditis movendum, in sesc ipsos eonuDyt
^ et successores suscipere et defendere ab omni moIcsiiBir
c<c. cum propriis advocatis et procuratoribtis % prìac^
.uè ad fìnem omnibus sumptibus et expeosis ìpsorwn mmA-
,t suoruro beredum et succcssoruin eie. Et DtcbUooDnBs
><; teneri et oblìgatos esse cìdem emptorì presenti ctc Je
V* dictarum rerum venditarum in forma iuris valida, ctc Et
,ttoncm omnium dannorum et expcnsaruni et intercise €tc-
.'US stare et credere volucrunt soli et sìmpUci ucmncn»
ìptoris etc. Et precibus et rogata dictorum vcnditonuo, et
- providi et discreti viri lacobus coadam Laurentìì Niftìi li-
.ie regione Trivii, et lohannes condara Luce Comanniftì àt
... ^ Colupne, scientes se ad predìcia non teneri nec obl^v;
><« ecacri et obligatì esse volucrunt ipsi et quilibct ipsomm ia *>'
:%iMai spontc etc fideiusserunt et fìdeiussioncra fcccmm prò dicxb
«rfihttboribus penes et apad dìctum emptorem prcsentetn eie &
^w facturos et curataros ita, taliter et cum efiectu proaiierst
;u«.'*«i iicti venditores omnia et singula per eos ut sapcs ftoaàtx
^.-^««rvabunt etc, et quod diete res vendite [non] stmt akc"
,cv ttc et [quod] facient consentire omncm pertOOiB <'
,. %k1 sunt ìpso[rum] venditorum etc Aliter ìpsi fidcuissofci ct^
)tvt tpsorutn in soUdum volucrunt teneri et obllgatì cnc ciAefl
aptorì presenti ctc. ad omnia et singula ad quo dictì venditores
igorc presentis contracius venJìtionis obligati exìstuni, et in omnem
sum, causam et eventura eviclionis omnium et singulorum pre-
bcionim et diete evictionis, prò quìbus omnibus et singulis obscr-
ttdis et plenarie adimplendis tam supradicti principales venditores
lam dictì eorum fìdciussorcs et quilibet ìpsorum in solidum obli-
Bverunt et pignori posuerunt eidem eraptori presenti etc. sese
3S et omnia et singula eorum bona etc. Et voluerunt prò pre-
llctis posse cogi etc. Renumptiantes etc. Et specialiter dicti fìde-
ssores renumptiavcrunt epistole divi Adriani beneficio nove con-
itutionis et omni beneficio fideiussionis, et generaliter eie. Et
raverunt etc.
Actum Rome in regione Trivìi. in studio domus solite habiiationis
cti cmploris, presentibus, audìentibus et intclligentibus hiis testibus»
lldelicet Dominico Cola de Roscio de regione Montium, et Petro
9ndam lulianì de Bonsignore de regione Trivii, testìbus, etc.
Archivio di Stato in Roma.
Jj. Notai Capitolini^ n, 1750, e, loo-i.
In nomine Domini. Amen. Anno a naiivìiate Domini nostri lesu
iristi millesimo .cccc^LXXMii. pontificatus S"*' in Chrìsto patris
d. nostri d. Sixti divina providentia pape quarti, indictione prima
pensis maiì die .xviiii. In prcsentia providi viri Mariani Scalibastri
mei lohannis Macthie Petri notariorum et lestium infrascriptorum
hec specialiter vocatorum et rogatorura, Hec sunt fidantie date,
abite, trattate et firmate in Dei nomine ecc. inter exlmium legum
»ctorem d. Stephanum de Infessuris, curatorem honcste puelle
atonine eius neptis et filie quondam Lelii ipsius d. Stcphani ger-
nani fratris, de qua curatorta patet manu Paiali Stcphanutìi public!
"notarli, presentis et fidem facìentis; prò qua se et bona sua prìnci-
palìter obligando promisit de raio et rati habitione etc. ex una, et
Antonìum filiura lohannis Baptiste della Pcdacchia de regione Pince»
cum consensu, pre^emia et voluntate dicti lohannis Baptiste sui
pairìs presentis ctc, et qui promisit contra infrascripta omnia et
singula non Tacere, dicerc vel venire raiione sue minorts etatìs .xx.
scu .XXV. annorum restitutioncmque in integrum non petere prin-
cipalitcr vel incìdenter etc. ex altera pariibus. Hinc est quod dictus
d. Stcphanus sponte etc. promisit eie, dicto Antonio presenti etc
dare et assignare sibi dictam eius oeptera cum dote et nomine dotis
quadrigentorum fior, in Urbe currentium ad rationem .xlvii. soli-
^ ^l^glìglA ^IMaMI fMÉMH voimute prò ornatu <*t ^ccomàaSOìi
MHiiiL ^ filMl tt «tom 49P«Rt n quo4am coDtncm impio
V-"- -"^xm»* 4Scti «li p«lH5» spQMC cft^ pnMiÈsit et coQ>ie3lt dkto
•'Mk fntcnt^ cto CI Dobis aocacns pn:sifntìbus eie es j^
|^%Miv>tt» f<o 4kU Antonia ji eie £c&k» Atttonm^m rcdpcr? et
MlMW la <to k^ktìiEiani tnorem cam Aatae et accoticio ^ttScta,
^ yraoi «fiparet io dìcto ìnscrunKOilD i
HiriJt )nfr«acfifH« et promisu tempore
accepturtis sud^cietiter prò dica dode <c
ilotc et lucnoda doDAdooc proptcr '
Ulit^us in Urbe cQosuetts et SApìcORkS i
leUm ptomiscrant dkie paites ioccrr ad
octid dkraza prcxitiie rxmsoratQ. «J j
dVKiftonisa alili appìkAiuU pco
prò «la ntediec^:? pAftì Sdcm iu%mÉJÌ, ■
nuiorì àrmìuie pv^zionini preaìiai^ ad
|PiO qolbos ommbss et s^ngnlts n^l^ nMfli i
ptffc* ^ ttmccA sesc et ofimia cu
hierani prò predict^ pa^e cogl eu^ i
Itoer cntaU ci ^^oIa «oca» bott <
tiuHottin CAOFel43» ommcm predìciranat er^ -::
Actum Rome in ecclesia Sancrorxnn AposTolarna ie Urbe, prt^
j^entìbus hìis testìbos : nobaibns viris d, L<£o ic Siéaxtarììs ^
A Afi:«pìto de Capriolis de regione Pìnec, ei Cìuìsaaceio de Novelli^
de r^onc Canìpitelli, zc cobilìbos et cgrc^às- t^^ lohanne àc
Buccaxnatus capite rcsponis Trivii, d. Sar^cic» 3c Cnjii?v)U legumi
doctOTC ie rcpcme Poutìs, Francisco de Marranis òe Ttgjoue Campi
MATtiì c: Alto 3e Kurris de regione Tr-ri", ad jneficza Tt>cstis etc
Jn nomine Domìni, cadcm die. loco et tesùhns, ei suzìm post
pnedìcta. In prejsentìa nosffronnn noianonnn esc Dìczbs Aamnias
tìììtìs dìctì lohannìs Bapà55e, cum consenso, preseoù*, ^«rÌK> et to-
NwjtJiTc d:cr* loharnìs Batiste sci parrìs presene vrieads et coo-
?ì«vsìc7>r.s oTc. ^"inre e^c. oM"«\-ti e: in pìpics dficaSe ac loco pi-
C(K>rs e: ^-^*^^ccc òo^Ì5 poscit dicto d. Mcphano pscsguC cte.
ot TK>hì? T;o:ir;-< pre^enabn* et «dpularnibES prò ^isa Arocniiu efcc.
>d<^oaAni.''£m òoTnsn: ipsìis^ lobarmìs Hwòsse ìcrnacsm^ caimani
e? rcipflUums e: Ci^ta Iotììs in ca exìsccntìScs, e: cum daaàms orto
«^ osm ciaì^srro rer-o eam. et caie pmeo in dieso danssir» < «ìi^—i
mei Mahini ao-
diae dotìs curare
piitrìs prescQtis ^
proptcr napt^
i^stitu&ida JtcU
le si cauteli^ i&
Quam panai-
tniFA tcn^lnniQ
diicentorruifl
Abne Urbis A
etc Et pf«»
osctilnm oós^
etc. Et»*-
Et geii*E*'
ecc. fil i*
// diario di Stefano Infessura
60 1
cum aliis dictis membris suis universis, posium in regione Pince,
loco qui dicitur La Pedacchia, Inter hos fìnes, cui ab uno tenet
Sabina uxor q. lohannis Cossa, ab alio tcnent ras d. Sancte ....
Ciro sunt res ecclesie S. Marie de Araceli, ante est via publica.
Jtcmctiam quamdara aliam domumdicti lohannis Baptistc tcrrineam
ItX soUratam, sitam in regione Pince, in loco qui dicitur La Scesa,
intcr hos fìnes, cui ab uno tenent res Dominici magistri Pauli Cnl-
xoiarii, ab alio tenent res Aloysii Falconerii, ante est vìa publica.
Itero quamdam altam domum dicti lohannis fì.iptistc terrineam tan-
tum, sitam in dieta regione Pince, in loco qui dicitur La Pedacchja,
cum parte putci retro uam cxistcntis, intcr hos fincs, cui ab uno
laterc tenent res liercdum q. Caroli de Mutìs, ab alio tenct Domi-
nicus Pauli Natii Laurcntiì Petri, et ab alio icnet Christofcrus ser
Nardi, ante est vìa puhlica. Itcm etìam quamdam vìncam ìpsius
lohannis Baptiste sex petiaruni ìntervìneam et cannetum cum dua-
bus vaschis et tinis, positam extra portam Apie, in loco qui di-
3iur La Valle daccia. inter hos fines, cui ab uno tenet Marianus
Principato, ab alio tenent res dìcti loh. Baptiste, et ab alio rìvus
quc Apie, vel si qui ulìi sunt vel eese possunt ad dictas domos et
^neam plurcs aut veriorcs confines antiqui vel moderni, et nomina
vocabula veriorn lìberas etc, et generaliter omnia et stngula
psius lohannis Baptiste et Anionii bona etc. que nunc habcnt et
fin futurum acquisiverini dum hoc pignus et obligatio perdurabuni,
iHoc auteni pignus et hanc obligationem docalem fecit dìctus Anto-
ìnius, cum prcsentia, conscnsu et volumate dicti lohannis Baptiste
jsui patris prcsentìs, volentis et consensientis, prò quadrìngentìs flo-
I rcnis in Urbe currenlibus dote sìbi Antonio promissa per dìctum
\à. Sicphanum prò dieta Antonina sua ncpte, de quibus nunc ma-
knualiter dìctus Antonius cum consensu dicti sui patris habuit et re-
Icepìt florenos ducemos, de quibus ducentis fiorenis post dìctam
Imanualcm recepiioncm se bene quietum etc. vocavit etc. et re-
nuncìavit exceptioni non habitoruni etc. ceterisquc alìis cxceptio-
nibus etc. Rcliquos ducenios flcrenos de dieta dote dictus d. Ste-
phanus curaioris nomine ìpsius Antonine promisit dicto Antonio
solvere et pagare cum cffeciu infra tcrminum unius anni proxime
^^niuri, et deìnde aJ omnem ìpsius Antonii solam et simpliccm pe-
Uttoncra etc, cum omnibus et singulis dampnis etc. Et prò dictis
«Uccntis florcnis obligavit dìcto Antonio presenti etc. quamdam
°*^nium dicti q. Lelii sui fratris et patris diete Antonine, terrineam.
^Qtaratam et tcgulaiam positam in regione Trivii, inter hos
"*^cs, cui ab uno laterc tenet Laurentius de Infcssuris ipsius d. Ste*
phani et q. Lelli germani fratris ante via publica, vel si
602
O, Tommasìni
qui etc, liberam etc, cum pactìs dotalibus infrascripùs, v\\
inter dictas partcs solenipnì et Icgitima stipulationc intervenidite.'
Brraatis, vidclicct: quod sì contìngat dictam Antonioam premon iicto
Antonio suo futuro viro sinc Icgitìraìs et naturaltbus filii!» ci cii 0
eorum comuni matrimonio nascituris, quod tunc et va dicto casti
promìsit et convcnit dìctus Antonìus cuni consenso dictì sui pattis
dictos ducentos Horenos nunc manualiter receptos et alio2 duceotoa
restanies, si tunc recepii reperirentur, reddcre ei restituere d, Hie-
ronime matri diete Antonine, si tunc vixerit, aut cui lex dedent, in
pecunia numerata et non in alia re vel specie infra spatium liimiiii
anni a die obitus diete Antonine computandi. Si cum filili, tunc rt
in dicto casu dictus Antonìus dictam dotem lucretur ad usunifructom
loto tempore vite sue, proprietatcm vero prò comunibus ùlii5 coo-
servaqda sccundum formaro iuris et statutorum Urbis, Si vero coo-
tingat dictum Antonium premorì diete Antonine tam cum fìliis qniCB
sinc filiis ex eis et ex coruni comuni matrimonio nasciturts,tuQC et
in dicto casu promisit et convenit dìctus Antonìus per »c soos^Dc
hcredes et succcssorcs rcddi et restituì Tacere diete .\ntoniac A\<tf»
ducentos nunc receptos et dictos alios ducentos, si tunc rvceptì rt-
perìrentur, in pecunia numerala et non in alia re ve! specie infn
terminum dimidii anni a die obitus ìpsius Antonii comput^tidì, ctsic
per suos heredes et successores restituì voluìt etc. Et quia omais
dos data et recepta meretur donatione propter nuptias ^ccuoditm
formam iuris et statutorum Urbis, prò tanto dictus Antonìus ccn
consensu dictì sui patris etc donavit propter nuptias dìctc Antooin^
sue future uxorì Domino concedente super dictis bonìs supcrius oKr
gatis llorenos centura, redducendos ad ,xxv. fior, prò
tinario, secunduni formam statutorum Urbis, cum pict*-.
videlicet: quod si contìngat dictum Antonium premon Jjctc Anto-
nine sine legitimìs et naturalibus iìliìs ex eis comunìtcr niKÌcor^
quod tunc et in dicto casu dieta Antonina dictam donadoncni propta
nuptias lucretur ad proprìctatem ad faciendum et iìspoocii '
ea prò suo lìbito voluntatis. Si cum tilits, quod tunc ci :
casu dictam donationem lucretur ad usumfructum toto t^r
sue, proprietatcm vero prò comunibus eorum tillis cotiscrvi^.--
cundum formam ìorìs et statutorum Urbis, quia sic actuoi etc. &
quando predicta fuerint adimpleta, tunc hec carta nulla sii; iXxìS lìcc^
diete Antonine et cius hcrcdibus et successorìbus propria auctoriUK
ìntrandi ecc. Et promìserunt dictì lohanncs Baptista ci Anti
buie presenti obligationi et pignori dotali faccre consentire d.
phaniam uxorem dicti loh. Baptistc et matrcm dìcti Antonìi et
pcrsonam adìaccntem ad omnem pctitionem etc. diete Ani
// ^Diario di Stefano Infessura
603
[ttem promiscrunt in solidum quod diete domus et vinca supra obli-
l^ate sunt ipsius lobannis Baptìste et ad eum speciant ec pertinent
fpleno iure ctc. Quod si contrarium aliquo tempore apparerct etc.
P^olucrunt in solidum lencri et obligatos esse de evictione etc. et
ad omnia dampna, expensas et interesse etc. Et ad hec, precibus et
rogaiu ipsorum, et prò cis discreti viri lohannes de Sdarra de re-
gione Montium et Petrus Pauli Cole Rubei de regione Trivii et
quilibet ipsorum in solidum sese et eorura bona principaliter obli-
gando fideiusserunt etc. Et versa vice dictus d. Stephanus. curator
prefate Antonine, promisit etc. dicto Antonio presenti etc. supra-
^dictc obligationi diete domus facte prò dictis ducentis ilor. consen-
Src facerc omnem personam adiaccntem ctc. ad omncm pctitìoncm
Seti Antonii. ttem promisit quod dieta domus est hcreditas quon-
laro Lclìi sui frairis et pairis diete Antonine, et ad dictos pupillos
ectat et pertìnet etc. Pro quo et eius precibus et rogatu nobiles
-iri Petrus Stephanutiì et Paulus Stcphanutii eius germanus fraicr
quilibet ipsorum in solidum etc. sese et eorura bona princìpa-
iter obligando fideiusserunt etc. Pro quibus omnibus et singulis
pbser\'andis etc. dìcii lohannes Bapiista et Anionius et eorum fide-
Drts ex una et dictus d. Stephanus et eius fidciussorcs ex altera
partJbus singula singulis comode referendo obligaverunt etc. una
pars alteri et altera alteri se et omnia et singula eorum bona etc.
St voluerunt prò predìciis posse cogi eie. Citra etc. Et genera-
Bter eie. Et specialiter dicti (ideìussores epìstole divi Adriani etc.
iuc quìdem etc. Et ad maiorem cautelam predictorura iuraverunt etc.
Actum ut supra et prescntibus dictis testibus.
Eodcm die et corani dictis testibus, et statim post prcdicia. In
presentia nosirorum notariorum etc. Dictus Antonius sponte etc.
Dbarravìt dictam Antoninam in suam legitimam uxorem per verba;
ie presenti vis volo, anulique suharratìonc ut mons est, cum ver-
bis etc.
Actum Rome in regione Trivii, in domo habitationis dicti d. Sie-
phaoi, presentibus supradietis testibus. Ego Marianus lohannis Sca-
bastri, civi« romanus^ publicus notarìus, de predictis rogatus una
supradicto lohanne Macthia notano meo collega ad fidem etc.
Arch. S. M. in Via Lata
Ì500. ProthocoIL itisirum. ab anno 1495 ad 1514, a e. lév.
Pgcta et conventiones Inhite cum fìliis domini Stefani de lofe-
Ittrìs prò capitulo Sancte Marie in Via Lata.
6o4
O. Tommasini
In Dei nomine. Amen. Anno Domini i$oo, pontifìcitu domiai
Alexandri pape sexli, ìndictione j' mensìs ianuarii die .xxvt. in pn^
sentia mei nourii ecc. Viri nobile^ Marcellus et Mactheus quocdim
domini Stefani de Infessuris germani fratres» patroni cappelle uocti
Angeli site in ecclesia beate Marie in Via Lata de Urbe, prò sex
ipsis ac vice et nomine alìorum fratrum prò quibus de rato prora-
serunt in forma, ei venerabilis vir D. Andreas de Cleroc
nonicus et camerarius prefate ecclesìe vice et nomine .
dorainorum canonicorum eiusdem prò quibus et de rato prooiiA
in forma, parte ex altera, quìa prefatus d. Stefanus pater et iucitf
dictorum fratrum reliquit diete cappelle unam caballaiam mustitf&o
quolibet supra quandam vìncam que nunc deserta est, et ex ei BulS
frucius percipìuntur. Ideo prò bono et evidenti uiilitate diete af*
pelle spome etc. devcnerunt ad Infrascripta pacta et convcoeniR
ad hoc ut dieta cappella in divinici de^erviatur in hunc raoduni,TV
dclicet quod domini prenominati Marcellus et Mactheus promisenitf
et convcnerunt prefaio domino Andrec presenti, stipulanti prò $t «
prefatis domìnis canonicis et capìtulo, in vindemiìs proximi! fucris
huius presentis anni dare et satisfacere eisdem domìnis canonicis et
capitulo unam caballatam boni et puri mustì ad racnsuram SauDn
Urbis, vidcUcet dominus Marcellus tria barìlia musti et dominusMi*
thcus barile unum, et elapsis dictìs vindemiìs facere et curare cUffi
cffeclu ac reperire unum fundum sive proprietatem lerraruni mci-
larura supra quibus ipsi leneantiir et debeant emerc et acquirct
eorum suptibus dictam rcsponsioncm unius cabaliate musti pp** di£te
cappelle ex dictis terris et proprietate annuatlm tempore viodedij-
rum debitam. Et versavice prefatus dominus Andreas nomine quorasi
supra promisit dictìs prenoniinatìs fratrìbus prcsentibus et stipulai^
tibus prò dieta cappella et alìis successoribus. In ca quìdcm «2ÌA
domini canonici et capìtulum facicnt in etTcctu celebrare uoJC
missam singulo quoque die lune qualibet edomeda prò anima ▼'•■
vorum et defunctoruni ipsorum. Qjuia sic actum etc. Pro quieta
omnibus obligarunt sese dicti fratrcs et d. Andreas proprio nnmioc
ac bona omnia etc. in ampliorl forma etiam cum clausulis et con-
stitutione procuratorum et omni potesiate extendendi etc. Et hirt-
veruni et rogaverunt me notarium.
Actum Rome in regione Trivit, in domo mei nourii, prcscotikos
hìs, videlicei viro nobili Dominico de Casalìbus eiusdem re^&ù
et Io. Piccinino de Caballis regionis Columnc« tcstibus. BcrnirA»
Petrì de Caput gallìs not.
// diario di Stefano Infessura ^07
luti di là et per le lectare s'è affermato el medesimo. Di poi $*è
inteso meglio ci numero et le qualità de lì prcgionl de li quali
mando la lista inclusa in la presente cioè J'alchunì signori condo-
ctierì e altri oltre a li hominl d*arme che erano in numero più
che .ecc. Dipoi sono arrivati hierscra alchunì del signor Roberto, li
quali dicano poi fatta la lista predetta da li villani del paese: sacho-
manni et altri sono andati cerchando hanno trovati per boschi, machie,
valloni e altri luoghi più che cento altri homini d*arme che si erano
ascbosi: no sono arrivali qui in Roma che sono venuti come amici
e sono stati conosciuti e presi et per le campagne di Roma in più
loci e bono numero. La persona del duca vedutosi superare, fuggi
mentre si faceva el fatto d*anne e con bona compagnia verso lì
boschi li quali sono longo la marina et fu seguito circha .nit. miglia,
tanto entrò nel boscho, et fuggendo fu più volte quasi postoli le
mani addosso et per grande aiuto haveva da quelli Tachompagna-
vano fugg): li quali continuo andavano ritenendosi et scharamuc-
ciando per dare tempo a la fuga del duca lo quale dicano fu ferito
in quella fuga: una volta li caschò el cavallo nel passare uno fosso ;
el luogo del fatto d'arme dicano era lontano dal mare circha .vin. mi-
gli. Per infino a hiersera non era nuova akhuna in palalo se el
duca fusse morto o vivo. Disse el cancelliere del capitano haveva
mandato a tutti li loci vicini per sapere dove el duca fusse arrivato
e non se ne trovava cosa certa.
Q.uesta mattina è venuto ci sindico e camarlingo di Civita di-
vina (i): dicano el duca per certo essarea Ncpiunno che è in sul mare
et quasi solo. De le genti sue dicesi non sì sa se ne sia salvate in
loco alchuno, excepto la squadra con la quale el duca di MaIR era
andato vìa per schorta de li carriaggi prima si cominzasse el fatto
d'arme un pezo. Et perù dicano el duca si voleva levare dinanti a
costoro: ma furo soUciti agiognarlo in campo in atto di partire. Di-
cano che li Aragonesi si portorno benissimo di quello potevano,
taliter che dell'una parte e delFaltra sono morti più che .mcc, feriti
numero grandissimo, morti cavagli assai. Però dicano alchuni essare
morti pochi dì quelli del papa. San Piero ad Vincula dice el con-
trario et questa Victoria fuit cruotissìma con perdita dì n;olti homini:
in lo intrare si fece in campo, che si passò per bocha de le bombar-
darie, dicessi quasi tutti li ianizari, perchè non vanno con molta arme,
turo amazaci. Q.ucsia mattina mentre era ci poa a Sancta Maria in
Populo a la messa sono venuti li sindici di Marino a portare le
(l) Coti U n». £ Civiu LaviaU, ch« Plafeiso» cltUmt « Civita loaivlas » e • Civita
6oS
O. Tommasini
cUavì, ieri essendo esciti li villani li serrorno le porti et sonosi ini
al papa. Civita divina ha fatto el simigUante. Dìccsi le bombarde <iel
duca erano a Civita divina : non hebbe tempo a levamele. Ti pcriiatt
Stimasi se durasse la fortuna del mare ch'el duca non si posse imbai-
chare sarà pigiato là dentro in Nettuno, Fu ferito ci conte di Pcti^luo,
non però gravemente.
Hieri venne cavallaro di Lombardia con nuova certa de la presi
di Rovigo e tutto ci Polesine. Qui t fatta grande festa et io per pine
de le S. V. col pontefice et altri s" car. ho fatto ci debito in ralle-
grarmi de la felicità di Sua B. cioè con li suoi cardinali qaalì soao
contenti de la Victoria. Q.ucsti,dc la lista entraranno domane in Ronu
diccsi saranno menati per lì loci dì Roma frequentati et con mab
strepito a mostrarli al popolo.
Mentre scrivevo la presente sentii uno gmode strepito vtru
Campo di Fiore. Mandai a vedere. Era il conte Girolamo che rncDin
con lui el duca dì Melfi con alchuni di quelli de la lista. Di H i tao
pcKo arrivò cavagli e fantaria in bona quantità li quali ordìruQ-
mente andavano a due, uno de la Chiesa et uno prcgionc perlai n]W>*
tutti a pici che fu el numero de li homini d^armc pregioni secoo^^
mi fu riferito .cclx. in circa, li feriti gravemente sono rimasti. Di poi
veniva Io stendardo del duca strascinandosi per terra: diretroalo
stendardo era ci resto di quelli de la lista et più altri infrj lì <iui)i
è Kicolò Petrucci. Tutta questa turba fu menata in pala/o il poft.
Dirietro a tutti erano parechie squadre per guardia di costoro. D»
nuovo non c'è altro per ora: basti questo poco. Mollo a V. S. j
rjc. Ex Urbe .xxiiii. augusti 1482 ora prìma noctìs.
E. D. V.
Servìtor Laureniìus de Lanùs.
[in un fogìictto a^^iunto'\ : Duca di Melll Rosseao da Cipu
D. Maticello S. Baptista da Colalto S. Atoysi da Opiu
S. Vicino Orsino S, Hieronimo da Magnano D. lacobo delli
Mottella lacomo Caldera Georgino Dassarrara U. PifW
Pavolo de la Sassetta El maior domo Antonello ì'
lohanni de la Vada Ferrante ciciliane El barone ^
letta Bisballe Rainìro da Lorgnino Molti gentiloniinì àt
la guardia del duca di Calabria et molti homini d'arme assai ia
modo sonno più di .ccc Ì0>
// diario di Stefano Infessura
^09
Concistoro^ Lett, ad ann. 1483. Laurcutius Lantus dnis pria-
I rihis gubematoribus comunis et capii, ppli civit, Senar.
Rome -xvu. ianuarii 1483, ora ,111. noccis.
El prefecto non è perancho conducto con li Fiorentini secondo
oggi ma decto el card, di Sanpiero ad Vincula. Lo quale sì lamenta
tanto delle S. V. che non lo potrei dire né scrivare, né vele accet-
tare excusazione alchuna, et che la fama d'essare condotto da le S. V.
ha fallo che la lìga nolo ha voluto condurre. Invero sì muove senra
ragione: per me li furo offerti .vi. ducali giatanti mesi quando le
S. V. melcomandaro con quelli modi etc, El lui non vobe accettarli
che ne voleva .xìi. per .lxxx. corazc come scrissi. E se la lega lo
volesse condurre quella ombra non li faria danno. Altra cagione lo
move. In effecto ce'lo habbiamo perduto. Cosi oggi me ha ditto, che
non faccino caso le S. V. più di sua benìvolentia. lo a tutto sempre
ho modestamente risposto, tamen rimase corrucciato. Quello che si
sia sappino le S. V. chel conte e Sangìorgio sono el tutto, lui pò
fare poco male e poco bene. Questo è in effetto e questo ho da buon
loco; pure ho voluto advisare le S. V. del tutto. Le quali per gratia
questa pane terranno in bon secreto.
Ibid. id. eisd. Ex Urbe .xxnr. ianuari 1483,
£1 card, dì Rovano stanocte passò di questa vita ale .vn. ore. La
robba andò in casa del conte exccpto che per lo cielo dela chiesa
lì tu entralo in uno suo riposiìcolo secreto et levato oro et argento
chi dice .xxxx. et chi .lx. due. La cosa non si sapeva. Tiensi per certo
sia stato uno canonico de Maximi, uno prete spagnolo et uno fameglio
del prete di quella chiesa. La robba andò a Venetia già più dì sub
Colore chel canonaco andava a Padua a studiare. La casa sua è data
A SangiorgiOf lì benefitiì en parte distribuiti. El camarlengato a San-
piero a Vincula et a Sangìorgio per ancho nolo certo.
Ibid. id, cisd. Ex Urbe .xxv, ianuarii 1483.
El cardinal di Sangìorgio è creato camerlengo. Qui si dicano
delle cose assai et che la cita nostra babbi hauio garbuglo questi di
passati: io ignaro dì queste cose non so che rispondare a chi mi do-
6 IO 0, Tommasini
mfJùà^ e talvolta sto m c^sa per dubio dì non cesare doinandìto Jl
ijuello non saprei rìspODdare*
Qui k carestìa grande di tutte k cose.
Lettera di Guìdanionio Boninsegni oratore alla Balla di Skm,
Ex Urbe die .xvii, OLirtii 1484.
Apresso sabala passato la S^^ del papa essendo in uno suo gìir*
dtno prc^e un poco ùì freddo el quale 11 de altentdonc et non p>
chola, cioè <:olli<:a ci frt^bbe. Del che ne segui che essendo «tato 1
affermato qua da utio certo astrologo che sua S^* doveva morire
mt^edima a di 16 del prtscnte, quasi per tutti si teneva et giudi-
cava che Sua S^^ il di doveva morire. Et alcuni fbndugbi di geno-
vesi a Ripa sgombrarono et redassero le robbe a luogo salvo, H
cardinale di S*^** Pietro a vincola fé alcuna provisione in Castello ,
S aneto Agliaio. Li Orsini anno preso ponte Molle ei due altri poatì
in sul Teverone et due porti di Roma, In monte Giordano è gente
a&saì et bene aordine. Tutte perù gente romana, panegiam dellì
Orsini ìnmodo che per Èutti si stima che, seguendo la mont sua. '
qijt haverebbe a essere scandali et non plcchoJi; perchè se sene ^
Jubbitò al tempo dela niòrte del pontetìce pas5ato, moho più sene
dubbtta hora, perche a quel tempo lì Colonnesi erano deboli sfavo- ;
riti, hora si sono alquanta riavuti, favori assai di tristi et makon- .
tenti ,in modo che, quando seguita^sse la morte del ponteScCj d dnb^
bita assai non fusse più scandali hora che allora. Questa mattina
per molti sì afferma la Sua S" non havere troppo male, ma pure
iersera havere havuto ìntramento di febbre che pure ne da suspìtioae
perchè si afferma, oltre al primo termine che fu ieri datoli da questo
astrologo, esserglìne dati due altri ; uno per tutto questo mese ; l'altro
per tutto maggio.
Balia, Laurentus Lanius dnis prioribus gubernatoribus comunis
et capii, ppìi civit. Senar. Carteggio, 1884. ExCapitoUo
,xiiii. aprilis 1484.
— Sappino le V. S. ch*el papa ha posto el tutto in lo governo del
conte et Sangiorgio: el temporale, spirituale, denari et ogni cosa, et
non mancharia ìudice che desse la sententia al modo loro. Ora che
lo pare havere conclusione di pace minacciano ogni homo
— Mìsser Nicolò da Castello è venuto e così le cose di là si pos-
// diario di Stefano Infessiira
6X1
DO raectarc per composte et assectate. El prothonotaro colonnese
bìeri concluse con costoro la restitutione de li conudi ; et a lui e
Catello si rende li denari. Virginio Orsino si pigia quelli contadi
lS*Albi et Tagliacozzo.
Ihid. id. cisd. Ex Capitolio -xnii. mai 1484,
A me è fadiga assai a cavalchare spesso, perchè quando el Se-
natore esce di casa mena circha cento fra cavagli et a piedi.
Jbid, id, eisd. Ex Cupitolio ,xxii. maii 1484.
El signor Paolo Orsino non è più condocto. Ecci ci s. Virgino.
La materia di Taglacozo et Albi tra loro e Colonnesì è più intrigata
che mai: Antonello Savello co le spalle de Colonnesi a questi di
iltò li alloggiamenti del s. Paolo et li tolse molti cavagli vicino
l Lamentano. lemotte prese una terra di cas;i Conti. Sì chiama To-
chia vicino a Vellotrì. Le cose stanno qui sollevate assai
Di poi scrissi insino a qui, veduto fare preparatione di gente et
d*arme a Monte Giordano casa deli Orsini, li Colonnesi si posero
a ordine per modo che tutta la nocte passata di venardì, venendo ci
sabato, Roma è stata in arme, ogniuna de le parti preveduta; et perchè
hieri era deliberato mandare a recuperare Torricchia et penare a or-
dine li Orsini, la cosa è bollila per modo che stimo el papa ci vorrà
pensare meglo. El carie Colonna non è In Roma, Ecci el prothono-
tario da Marino, Savello et tanti deli loro che bastano per fare ogni
pericolo.
P
Ibid. id. eisd. Ex Capitolio .xxix. maii, 1484-
Roma, perchè cole spalle de Colonessi fu tolto Torichio a li Conti
amici degli Orsini, sta tutta in arme et dubitasi non si facci un d'i qualche
grande tramazo. Li fuorusciti nostri si sono achosiatì con quelli dela
Valle che sono Colonnesi et mtnacìano ognomo.
Ibid, id. eisd. Ex Capitolio ultimo mai 1484.
Mag** dfii Patres et dnì mei humilì recommendatione. Vedendo el
pontifice le insolentìc si facevano per lo s. Antonello Savello, el s. Lu-
6l2
0. Tommasini
cido et molti altri, ac etìam la poca obedientia del pcpido dì Roqu.
deliberò hieri bavere in poter suo el prothonoiarìo di Colonna sip.'^ di
Marino, Cavi et più altri loci ; lo quale con lì soi partcgiani si fc* forte
in casa del cardinale Colonna, lo quale era absente. El chese&tcoiki
ditto prothonotario coni! suoi partegiani mandò a ochupane uai Jc le
porti di Roma, cioè porta Maiore, et mandò a dire a li frategli et
altri s*** de la sua factione che venissero a Roma da li castelli loro
assai vicini, cioè Colonnesi et Savelli. El papa sapientissimo votsepre-
venire. Convocate le genti d*arme sue et fantarie con tutto Io sfono
di casa Orsina, andò el conte a la ditta casa de Colonnesi in s^^uiilrt
ordinatamente. Et subito assalterò dieta casa verso la montagna ci
dale coste. In lo primo impeto furo morti et feriti di tuttcduc le
parti. Et durò el facto d'arme cìrcha unora e terza : tandem li C>
lonncsi furo venti. El prothonotario preso et menalo in Castcl&tnda-
gnolo al colchare del sole. Fu ammazzato lo s. GiovanillippoSjvdto
et più altri, circha .xxx. in tutto: presi alquanti loro partegiani li qu^
sì crede capitaranno male: la casa posta a sacho et poi aru. la
porla si recuperò. Questa notte li partegiani loro principali in boni
parte sì sono assentati e naschosti. Questo ponto si combitic in
Trastcvare certe case di loro partegiani. Et una neirbola d'uno Rduo
Franccscho vanno posto fuoco. Et stimasi saranno gua5te parccdùc
case et molti appichatì. Per insino aora è fatto assai. Dirò una cosa
per bene che non la tengo molto cena.
Uno fuoruscito, non deli picholi, vedendo aitachato qucsio re-
more, hieri dolendosi de la fortuna, disse chel s. Paolo Orsino lu-
veva preso liccntia, et non haveva preso soldo dal papa, per renincSÉ
n Siena a rìmectargli in casa et che a tutto era fatto booo protredi-
mcnto^ se questa cosa de Colonnesi non havcsse turbato. Le parole
dccte tenete per certe sopra di me. Se è vero non so. Per mio àt-
bito ho voluto dare questo adviso: le V. S. discemeraono ci vero
et anch'io starò a vedere li andamenti. Non si volc bavere |Uflr»
né temere : ma aprire li ochi.
A li .X. di giugno a Dio piacendo fornirò l'offitìo mio. Et ZK^
volesse che mai lo havessi principialo, per le molle adversiti ho so-
stenute. Et maxime di non essate pagalo. Per l'amore dì Dio S^ bùo
recommandatemì per lectare efficaci come ho più volte suplica'.o-
Tutti lì fuorusciti lavorano contra di me. Et hanno deliberato chcU
V. S. non ci tengino oratore et minacciano, finito Toffitio, tonni b
vita. Prego le V. S non mi abandonino in questo perìcolo.
Maestro Ambrosio di Sancto Ausiino presente latore è SUtn^u»
più d\ per alchunc sue faccende apancnenti airOrdinc. Et per qaaKO
babbi inteso non s'è travaglaio con persone suspecte al Rc^imtìto
// diario di Stefano Injesstira
613
omnibus lo recomando a le S. V. a le quali molto mi raccomando.
Capitolio uUimo maii 1484.
* Servitor Laurentìus Lantus
Senaior Urbis.
bid. id. tisd. Ex Urbe .xviii. runii 1484.
dm
Non
Magnifici dni Patres et dm mei sitig. hùU r»*. Non si maravi-
glino le S. V. se dapoi scrissi la novìti et presura del prothonotario
dì ColoDDa, non ho molto frequentato lo scrìvere. Enne suta cagione
le molte ochupationì et cose ochorse dipoi per servitio del ponte-
fice in bavere l'ochio cbc li altri Colonncsi dì fuora et di dentro, che
li tre quarti di Roma si dice essere Colonnesi, non havcssero fatto
qualche nuovo scandalo. Anchora non è achorso dipoi cosa notabile.
Come per altra scrissi, el campo de la Chiesa andò contra Marino
et si fermò a Grottaferrata, vicino a Marino mancho d^uao mìglo:
et al Borgecto li presso, quegli di Marino assaltare ochultaniente Grot-
taferraia in aurora. Fu preso m. Sinolfn commissario, menato a Ma-
rino et subilo relassato. Leone da Momesecho morì d'uno passatoio:
furo amazati assai cavagli ale mangiatoie. EI s. Paolo Orsino sì
salvò in lo campanile. Dipoi si sono fortificati di gente et ripari tale
che ognuno si sta a casa. Li Colonnesì hanno scritto al pontefice
sono boni figliuoli di Sua S^*, et non hanno colpa alchuna. Se el pro-
thonotario loro ha errato, ne facci iustiiìa. Et invochino sempre el
noDie de la Chiesa, non di meno voglano lo Stalo per se, El ponte-
fice ha decto li vole disfare per ogni modo. Fanno conto bavere in
campo squadre .xvr. fanti 800. Dicesi li Colonnesi si partano da Ma-
rino, et fannose forti in Rocha di Papa. Le V. S. pregino Dio che
duri la guerra. In caso s'aconciasse queste cose, di che dubito per
molti respecti, questo umore si porrìa voltare in paese: et dico a le
S. V. havìamo da regratiare Dio. Non mi extendo più perchè sto a
sindacato et costoro mi tengano le mani ne capcgli: da lunedì in là
sarò mio homo, a Dio piacendo; sarà finito et allora alzarò la visiera.
Ho conferito tutto con El dico che bisogna tenere li
ochi aperti.
De la materia d'Orvieto farò quanto V, S. mi comandano et già
ho parlato con alchuni de la Camera. A\ camarlengo et a chi è bi-
sogno farò tutto iniendare. Nec plura. Molto a V. S, mi r. Ex Urbe
-xvni. iunii 1484.
E. D. V.
Servitor et orator
Laureotius Lantus.
6i4 O, Tommasini
Ibid, id. dsd. Ex Capitolio .xx. iunii 1884.
Scrìssi la niina de Colonnest. Dipoi è seguito chel papa ha man-
dato el campo a Manno. Per ancho non se acostato. Sta a Gcot-
taferrata. Continuo cresce la Chiesa, cioè fantarìa, et mectano a ordine
questi Orsini. Dìcesi che lo s. di Camerino, lo quale è soldato de li
Venitìani, aiutava li Colonnesi. Per ancho non se scuperto alchooo
in loro favore
È stato taglato la testa al s. lacomo de Montefortino perchi
era in casa de Colonnesi el dì de la novità.
Ibid, id. eìsd. Ex Roma .xxvl iunii 1484.
.... dipoi è seguito che havendo in tucto deliberato el pontefice di
fare punire el prothonotario Colonna, dì levargli la testa, proseguire
la impresa contro quella casa, essendo carichi molti carri di bom-
bardarìa et artaglarìe che ne vidi .xii. innanti Castello Sancugnolo
et altre preparationi a la destructione loro, è nata pradcha dachordo:
la cosa sì porta molto secreta. El papa voleva Marino, Rocha dì
Papa et Ardea. Li Colonnesi le volevano penare in potere del col-
legio : come si sia, hieri vennero quattro statichi dì Marino. Quesu
mattina in palazo et per tutta Roma è ditto che Marino è assegnato
al commissario del papa. Pare sìa dato principio a lo achordo. Al-
chuni dicano non è per achordo tanto strecto.
Ibid, id, cisd, Rome ultimo iunii 1884.
Scrissi sabato per lo procaccio quanto ochoriva et quello sen-
tivo del trattamento dcla concordia. Dipoi ò successo che non vo-
lendo li Colonnesi consegnare Roccha di Papa et Ardea al pontefice
et in suo proprio potere, questa mattina ale .vini, ore fu taglata
la lesta al prothonotario Colonna: li carri et artapl.iric continuo
creschano: el papa ha deliberato disfare 1Ì Colonnesi : la dieta execu-
tione fu fatta in Castello JiSancto Agnolo. Non s'è mosso alchuno.
C^hi ha male suo danno. Chi è vittorioso usando la prudentia dà
legge ad altri. El populo bolle unipoco e poi tace. Cosi hanno fatto
costoro. Xon so che seguirà apresso : iMarino è in potere del papa.
Alchunì dicano li Colonnesi noi potevano tenere, però lo lassano per
redursi al più forte, cioè a Rocha di Papa, Ncctuno, Cavi et altri
loci: alchuni dicano per placare la mente del pontefice persuasi da
cardinali et cittadini de Roma. Dicesi che questa notte partiranno
questi carri et artaglarie, per che loco non sì può sapere et forse non
// n^ario di Stefano Infessura
è deliberato: chi stima a Rocha di Papa et chi ad Ardea. Per li Co-
lonnesl non s'è scuperto alchuno per quanto s'intenta.
Come per altra scrissi tìnii lotfitio. Fui sindìcato et absoluto. Soli-
cito le polize e pagamenti. Ho contraria la dispositione delli tempi,
ce ancho trovo molto favore La peste fa danno assai per tutta
Roma.
Ibid, id. cisd. Rome ai. iulii 1484.
In questo ponto che sono le .vini, ore passa el conte Girolamo
con le squadre qui dinanti a casa et va fuore la porta di Sangìovanni
centra lì Colonnesì. A che loco in particulare non so: le carra de le
bombardane, secondo sento, andaranno apresso. El populo di Roma
secondo le voluntà parla variamente. Molti laudano et molti biasi-
mano. Credesi li Colonncsi faranno male, perchè non è scoperto al-
chuno in loro favore.
Ibid, ii, eisd. Rome .11. iulii 1484.
Scrìssi la morte del prothonotaro CoIona. Poi la partita del conte
in campo. Oggi li carri de le bombarde et tutte annglarie sono par-
tite con la fantaria verso le terre deli Colonnesì. In questo ponto è
suto decto chel campo si pone in mezo tra Palìano et Cavi. Tutto
con favore di casa Orsina si fa, et gridasi orso orso. Li contadi di
Taglacozzo et Albi sono in potere del s. Virginio. Slimasi univer-
salmente li Colonncsi capitano male questa volta. In questo ponto
uno di Marino, to quale mi ha venduto orzo, ma dccto la cagione
de rarrendersi Marino : fu perchè H homini di quello loco non vole-
vano perdere la ricolta, et per questo li S'^ presero partito di las-
sarlo, et che facessero li fatti loro lo mcglo potessino. Si li Aquilani
non eschano in difesa deli Colonncsi, per eh el conte di Montorio
è loro parente, le cose loro passano male.
IbiJ. id, cisdetiL Rome .viii. iulii 1484.
Roma non potrebbe essare peggio contenta. La ricolta è stata
robbata, buona parte più daglamici che da li inimici. Et Orsi e Co-
lonna ogni homo ha perduto di qua da Tevare.
Ibid, id, cisdenu Ex Roma .xi. iulii 1484,
Scrissi di quanto era ochorso lì preteriti giorni. Et tandem la par-
tita del campo con le artaglarie et bombarde. Dipoi non c'è altro
6i6
O. Tommasini
se non che si sono accostati a Cavi, fanno li ripari per piaotiR le
bombarde et hanno presa una torre di guardia, era fuorc di Can
ctrcha uno miglo. Per anche nullo sì scuopre in favore de li Colao-
nesi. È vero si praticba lo achordo et questo molto piacerìa al re.
£1 pontefice si mostra duro: chi stima di sì et chi del no: li Coloo-
nesi hanno impegnata una loro terra al conte di Fondi; hannoDcn-
ceute parechie mìgliara di ducati. Dubitasi con quegli haraoao fisQ
dal Aquila e cos^ potrebbe abonazarc la cosa et nascìare accorda
Ibid, id. eisd. Rome .xvm. iulii 1484.
i^OD è successo altro doppo la mandata de le bombarde ci ar-
taglarie, se non che hanno cominzato a trarre a Cavi. Ne si $tatt
però habbino fatto lesione notabile. Dicesi che dentro in Cavi sodo
circha 80 Romani partegiani di quelli Colonnesi horoini di bassa mioB
lì quali multo stanno intenti a la difesa con circa .ce. fanti fortstkn
e che danno molestia assai al campo. El capo loro ò el s. Antoodla
Savello ribello del papa. Sento Cavi é situata in modo che non lì
può assidiare. Vero ò le bombarde la possano guastare quasi tuta
perché sta in una costiera relevata. È suto ditto lo s. Cola GacxzDO
ò andato vicino a lanazano per sochorrarc con jcxxx. homini danac
et fanti. Non trovo però la cosa vera. Molti parlano secondo ci d6
siderio. Per ancho di vero non sMntende habbino aiuto scoperto da
alchuno potente. La cosa passa mezanamcnte. Stimasi che li homini
desperati di sochorso vedutosi guastare le case et le possessioaì pi
gliarano partilo. Et essendo Cavi loco principale et più forte, in a»
piglino panilo, li altri faranno ci medesimo; et cosi la guerra po-
trebbe finire presto.
Ibid, id. eisd. Ex Roma .xxiiii. luliì 1484.
hieri venne al pontefice uno auditore del conte lo quale HsK
che la rocha dì Cavi era per terra in modo che al campo noti po-
teva fare lesione alchuna et che le mura de la terra vicino la roclii
erano per terra taliter vi si può entra in squadra, e da U ft>chi
non si può ricevare lesione in lo intrare, in tal modo è ruÌDita.M^
strava essare venuto per intendare se la S«* del pp. si cooicntiss< w-
lerla a patti o che si ponesse a sachomanno: et aflirmava ditto n-
dìtore a più cardinali presente me essare in libert;k del conte ^^it^
a che modo si contenta. Alchuni altri dicano essarvi dctttro grzofc
fantarìa e non si dimostra : aspeciano si dia la baiuglia per co^li^c
el campo in disordine. La terra anchora è mollo ruinau Ja leeoni-
barde, et più volte è suto tempo da scuprirsi se vi fuisc gcntt ft>'
// diario di Stefano Infessura
617
Testiera, sì per assaltare e ripari come per altre oportunità. Né si sente
vi sia aiuto forestiero. Del s. Cola Gaetano et del conte di Montone
non fu cosa ver^. La più parte giudica che Cavi sia spacciata. È vero
li Colonnesi hanno lo Piglio, lanazano, Rocha di Papa et Neptuno,
loci da fare resistcntia come Cavi o più.
Questa sectimana due cardinali si sono parlati col cardinale Co-
lonna in uno loco si chiama la Maglana. Dicesi per ordine del pp.
et eh el cardinale preditto sachorda col pontefice. Se fassc vero re-
stana a fare poco. Et cosi la guerra sana finita perchè le cose forti
restanti sono sue quasi tutte.
i
Ibid. id, eisd, Rome .xxviii. iulii 1484 a ore .xxiiir.
Questa nocte passata venne nuova di campo al pon. dal conte
et a li oratori del caoctUiere del s. Lodovico Sforza è là col s. conte
come hiersera li S" dì Cavi renderò quella terra in potere del conte
. come capitano di S^ncta Chiesa, salve le persone et robbe, et cosi \ì
Sri et lo s^' Antonello Savello e frateglì vennero in campo a baciare
Umano al capìt* ci andarosi con Dìo ad altre terre vicine acorapa-
gnati etc. Dicessi ò suta opera del prefato s. Antonello, lo quale è
acconcio lui et li frategli in questo achorJo co! duca di Milano con
buone conditioni. Et questo è vero. Manchando a Colonnesi ci prc-
I fato s" che faceva el tutto et era capo de limpresa, si può mectare
questa cosa de Colonnesi al parere dì molti expedita. Maxime come
per altra scrissi el car.le Colonna vole essare dachordo col papa :
ho voluto ìndutiare ìnsino a questa sera lo scrivare per bavere la
cosa più certa
,.,.. Scorni ingegnato et per vìa del prefato oratore (i) et per
altri mezi intendare che sia la cagione che le cose publìche no-
stre et ancho deli privati cittadini nostri hanno tanto malo recapito
in questa corte: intra lì quali so io. Emi dìcto che il conte e San-
giorgìo hanno t.into grande sdegno che non furo compiaciuti deli
grani domandare a le S. V. che non lo possano dimenticare. Et di-
cano con cìaschuno non potere haverc piacere alchuiio da questo
presente stato. Et volentieri vi rcndarcbbero cambio.
Ibid, id, eisd, Rome .111, augusti 1484,
El campo andò alla torre di Piscoli come per altra scrìssi (2).
, Nuova non c^è hoggi che habbi fatto : seguitasi contra lì Colonnesi.
(1) Fiorentino.
(i) Qpesu lettera niancA.
6r8
O. Tommasini
Dellachordo se ne ragiona. Però l'oratore fiorentino dice non crede
si faccia per ora et chel conte mostra, volergli spacciare in tolto «
sdmaL havere quello Stato per se.
/Wrf. iiL eisd. Ex Roma .xni. augusti 1884.
Qiiesta nocte a le tre ore piacque al Nostro S" Dìo cìilaroare a
se el papn. Rcquiesc^t in pace^ La sua infermità t stata gocdoh:
t^efi a otA di terza fu in pericolo. La nocte ne civò le ma&l.
4
Ihià, id, eisd. Rome .xitiL augusti 1484.
Hìeri per Paclianino advisai k V, S. de la morte del pomcficc
et volsi prim^ vedLTc che derivare» Dipoi fia corso a furore di po-
pulo a casa del conte, sacchcg^ìiìtaT guasta, portij fincstrCf ferratei
giardino, et se non fusse la dìligentia dell conservatori et altri of*
fitiali di Roma era abruciata. Oggi el conte è venuto a ponte Wolk
colla gente d'arme da ,x^ squadre et circha 800 fanti cole spalle
deli Orsini. Stimasi per molti faranno prova di fare papa per forri
ab intentione loro. Sono stati sacheggiatì li maga^eni di Ripa
deli Genovesi, La terra è tutta in arme. Li fuorusciti nostri atti a
cfò> sono arrnaii a la casa del camerlengo. La città è tutta in arme
e CastelsanctagQolo si tiene per lo conte.
Ihid. id, eisd, Rome xvl augusti 1484.
Magnificidoraìni Patres et domìni mei singuiarissìmihumìli recete.
Scrissi sabato quanto per insino alora era ochorso. Dipoi el colle-
gio si congregò in casa del camarlingo et deliberò in primis bavere
la possessione di Castello Santo Agnolo. Mandaro al castellano lo
quale è el veschovo di Narni, lo quale rispose essare vice del conte.
Mandato al conte fece risposta bavere bauto^ el castello in guardia
dal papa et promesso conservarlo al successore et cosi intendeva vo-
lere fate: li cardinali congregati un'altra volta udite tali risposte con-
sultaro tra loro: li pareri sono stati diversi et tandem con poco achordo
si partirò. Dunde è seguito che lo Orsino, Conti, vìcecancelliere e
Sangiorgio si sono strecti insieme et raunatisi a lo loco già detto,
dove qualche volta v*è andato Novara, Milano, Girona et Agri o
alchuno di loro: San Pietro ad Vincola, Molfecta, Parma e San Chi-
mento non si sono voluti mai più congregare, Dunde è iuditio di
molti che li predecti quattro s'intendano col conte, cioè San Giorgio
// Diario di Stefano Infessiira
^19
e compagni decti, a fare papa el vicecancelltere o quello de Conti per
mantenimenio del conte, casa Orsina e de !ì seguaci loro: et questo
tacite mi ha confessato San Piero ad Vinchula e qualche altro, per
la qual cosa aspectano San Marco, Siena, Foschari, Saniamolo, Ra-
gona e Colonna. Savelli venne hiersera con grande stuolo di gente,
jc» o più: Colonna s'aspecta d'ora in ora con molto maiore e tutti
questi signori Colonnesi e Savelli con molta gente maxime fanti. Di
cavagli si dice hanno circha .c^.homini d'arme. Del popolo di Roma
li tre quarti. Et in effetto hanno deliberato bavere el Castello a petì-
tione del collegio prima sì venga a lectione delpon. et non si voglano
raunare più a tale cffecto. Cosi ciaschuno solda gente e empiesi la
casa. Questi cardinali danno tre ducati el mese e le spese. El conte
era venuto co le genti come scrissi fece deliberare tra quegli cardi-
nali potò congregare che nullo barone potesse entrare in Roma. E
cosi lui entrò in castello. £1 campo col s. Virginio andò a le terre sue
più proxime: exceptuo tre squadre che sono a Roma. Questi altri ba-
roni non obscrvano tale decreto. Ogni homo è in arme. La cosa sta
in modo che si stima si fari una spartitura prima che si facci papa.
Alchuni cardinali si vanno mectendo di mezo, Napoli, Agri e simili:
nondimeno el conte sta fermo e vole co la parte decta restare grande.
Li advcrsarii non voglano comportare e così si stima venuti saranno
quest'altri si farà co le mani e dubitasi di cose strane che Dio cessi se
è per lo meglio per noi. Fu vero che li usciti per lo trattato havevano
cominzato ad aviarsì. LÌ fanti forestieri volevano essare chiari et
denari innanci. Messer Cino e compagni non furo d'achordu a lo
sborsare e contentarli e cosi con discordia si partirò chi qua e chi
U. A Foce era la fusta di Piombino, la sncctìa di Civita Vechia,
ci brigantino di Corneto per levargli secondo dice l'amico. Marchione
Zocho havendoli aspectaii in quelli mari, veduto non venivano, venne
a Ostia. Et castellano havcndo saputo b morte del papa a quello
incognita, lo prese e tolsegli le galee e così Io tiene pregione. Incre-
scemi non bavere possuto usare una cortesia a quello che revelò, che
è danno e vergogna.
Li Colonnesi hanno recuperato Cavi, Marufa, la Torre e tutto et
hanno guadagnata quasi tutta l'artigliarìa e bombardarla.
Roma è tutta in arme. Stancete si sono già afrontati e feritosi molti.
Ogni homo si vendica, robba, fura e ogni male sì fa, ogni ribaldo ha
liberti. Io cscho di casa con grande pericolo per li esciti che sono
soldati di San Giorgio; se mi amazassero saria poco honore. Al pu-
blico bisogna bavere la scorta de li amici li quali non ho, cosi ogni
volta bisogna vorrei ora essare ogni di co li cardinali come li altri
oratori che vanno bene accompagnati e recomandare, trattare, maneg-
O. Tomnmsini
g^are etc. e che paresfcmo vivi tion morti, intendiref advisa^re etc
"Non lo posso fìaCy non ho denaro e mx sarà for^a. t^cìumecite ve-
ttSmii con Dio se le V. Sonori provedaoo; è serrato o^qI cosa, noQ
si trova a comprare per li contantìp ti cav^gU si mor^Qo di fame, ìOi
stano: mai fxx vìsftz malore penuria. Non può andare una. besda c^p-'
fica che non sia tolta. Non so più cbe dire, U far^a mi chieda di qui..
fi(o vìntati li cardinali nomine publico^ condolutomi eiotfeno come.,
è sc^to. Hanno 'accectato tt rengratiato le V. S, a k quali oii
Rome axL aogosti X4S4.
B.D.V.
Servito r L^urentias L^ntus.
Ihìd. ti. mi, Rome .tvm. augusti 1484.
Magnifid domini Patres et domìni mei ^ingularìs^iraì btimiU^
ree etc Scrìssi li .zvi. di questo quanto era achorso in stqo alorx
A^ongo che el conte entrò in Castello Siintagnolo et poi si tomòe
a le genti d'arme con Vlrgixuo Orsino et ^i redusscro a l'Isola e la^
Storta, laoghi vicini a Roma, DI poi entrò el cardinale Colonna, et
s. Prospero^ el s. Fabrìdo Colonna con pid altri caporali. Cavagli
non molti ma pande fanterìa» et t in Sancco Apostolo col czt. di
San Piero ad Vincula. Hicri fero mostra di fanti 40D0 per chi si trovò
a vedere. Aspectano lo s. Antonello Savello e li firatelU cmi hoooa
quantità di homioi d'arme et continuo scrìvano fanti et mandano de
li comandati per le terre loro. La città maxime verso Capitolio, San
Marco, Pellicciarìa secondo ho veduto questa mattina si sbarra et di-
cesi per tutto oggi ogni homo si vole sbarrare, fare ripari e fornirsi
Li cardinali hanno fomite le case loro come castegli di gente et ar-
taglarie. Le genti d'armi di Lombardia vengano et sono arrivate le
squadre del s. lacomo Conte e fìel fratello del vescovo di Massa et
sono entrate in Roma parte alloggiate ne li Monti et parte ho visto
stamattina in Borgo presso a Sancto Spìrito da quella parte di drietro.
Ogniuna de le parti si guarda, dicano che aspectano la venuta di questi
altri cardinali. Questa mactina a lo exequio del pon. che si cominzò
hieri vi fu elvicecancelliere, Napoli, Novara, Madiscone, Conti, San-
clemente, Racanate, Parma, Camarlengo et Orsino. Li altri non vi
vanno. San Pietro molto fornitola chiesa di soldati, pochi altri v'erano,
Ò visitati li cardinali e confortati a fare questa electiooe quieta^ iusta
et secondo el solito. Rispondano bene et che aspectano questi altri
per pigiare buono et salutifero partito. £1 camarlengo e compagni
fecero lacomo Conte guardiano di Roma a provedere che non si
robbi etc. La cosa è tanto scorsa che ogni 6omo straccorre a rob-
// diario di Stefano Infessura
621
e fare ogni ribaldarla, per modo non sì può mandare e cavagli
: né muli fuori di casa. Non c'6 tribunale alchuno che ministri
a et ciaschuno che può se la fa co le mani. Chi leva suo danno,
a buono mantel lo lassa a casJ. Li meglo cittadini robbano
estiert senza riguardo. La casa dove habito è in mczo de le
t e non vi posso fare venire soma né bestia carica: stiamo as-
i. Non si potrebbe credare come le cose vanno stranamente: eia-
o arma la casa per paura de la vita et de la robba.
entre scrivevo la presente sentii uno grande romore verso piaza
.Mandai a vedere, là erano parechie centonara de homini Or-
Colonncsi a le mani. Durò la questione assai et tandem lì Con-
;ori li spartirò per mezo del s. Mariano Savello lo quale retrasse
resi. Intesi vi erano morti .vi. persone e feriti assai.
Antonello Savello in questo ponto m'é referito entra in
rCOD buona compagnia di hominì d*arme e cavagli. Li Conserva-
raticano achordo tra li cardinali et che si facci la electionc del
in la Minerva.
3me per l'altra scrissi non ho modo a andare acompagnato né
e secondo saria conveniente a l'onore de le S. V. Piacci a quelle
dere. £1 pericolo non può cssarc maggiore che andare per Roma
acompagnato: bisognarla a la staffa parechi buoni compagni,
a V. S. mi ree. ce non voliate consentire sia morto per mano
isti ribaldi. Rome .xvui. augusti 1484.
a V.
tServitor Laurentius Lantus
orator.
, eisd, Rome .xx. augusti 1484.
ignìfìci domini Patres et domini mei singularissimì humili
;c Scrissi li .xvm. di questo quanto era ochorso. Dipoi la sera
qui Siena et San Marcho et invero secondo la expectationc era
o S. R""' penso la cosa harà buono assccto. Qui era venuto lo
A da Sermoneta In favore de li Colonnesi dicesì con tre squa-
.e cose si scaldavano molto ut sì vedeva el pencolo manifesto
inde uccisione et robbarie. Hicrmattina a lo exequio si congre-
li cardinali exccpto Colonna, Savcllo, Sanpicro ad Vincula,
to et Milano che é infermo e l'Orsino che era andato per com-
■ del collegio al conte e altri signori Orsini. Doppo lo exe^
j^ongregaro in la sacrestia ove steclero parechie ore. Non si
Icotire altro se nan lì ragionamenti fatti di componarc queste
die. Hierì raon. S. nostro assai andò travagliandosi. Questa
mkivio delta R. Società romjTta di storia patria Voi, XI.
Il nOiario di Stefano Infessura
623
rentia suta tra Matheo et Marco et stalo bene imponarc silentio a
tale caso. Et me^lo saria temperare le cose che non ochorissero si-
bili errori perchè U brigata dì fuore giudica Io slato vostro non es-
sare consolidato né fermo. Li amici vostri ne pigiano diffideniia et
"'-a^Ia opinione et chi ha malo animo ne ingagliardisce. So bene che
"1» dice l'oratore fiorentino, et basti per ora. Li usciti nostri hanno
^' parere mio costì imbasciadori et corrieri. Per quanto posso com-
P'^endare hebbero l'adviso quando io o prima et già havevano comin-
zato a seminare che eravate in arme, et più cardinali me n'avevano
^^^ domandato. Ho facto intendarc tutto dove bisogna. El corriere
^^ Sa qualche cosa che si trovò tale nuova passata innanii a lui.
^ adviso le V. S. per essare morto Sisto non bisogna adorraentarM.
_^ Ttiaterìa del trattato di che scrìssi fu verissima ci io per decto
* più ili questi esciti, che doppo la morte del papa ne hanno ragio-
^to, et molti di costoro s'erano adviati verso ci paese vostro. Se
^hupasscro alchuno de li loci vostri non sarta senza alteratione. So
^no le V, S. haranno provisto e cassari, mutale chiavi, mutato le
**^rsoae suspecte. A chi vuole fare male non niancha aiuto.
Cetcrum questa mattina secondo mi dice Mon. S" nostro R"**
^ concluso dare 8000 ducati a la gente d'arme, li quali prestano al-
^huni cardinali; Castello Sanciagnolo si pone oggi in potere del col-
^^gio liberamente. Al conte prestano parechìe squadre et uno pre-
dato, per acompa«^narlo securo in le terre, sue et subito deve partire.
^l conclavi si farù in palazo dove è solito. Li Colonnesì et Orsini
fanno tregua per uno mese doppo la creattone del pont. Et danno
Securtà Tuna parte a l'altra, comenzando oggi, tutte le genti d'arme
^schano di Roma.
Scrivano el s""* Lodovico el duca di Calabria che Deifebo et uno
«3i casa Savello si partano di Lombardia et vengano con gente d'arme
per racquìstare lo Stato fu.del conte Adverso; et per tale cagione el
<:ollegio manda gente d'arme a quello Stato per defensione. Cosi
^^fon. S**' nostro dice, e che a le V. S. non sìa suspittionc di questa
»-nandata. Le V. S. credo intendaranno el camino di quelle genti et
<:on li S"^' fiorentini provedaranno che passino largo da li paesi vostri,
<;he non faccino danno el ancho danJoli passo et ricecto non saria
^enza scandolo et forse contra li capìtuH de la lega havctc con la
Chiesa, et darìa al nuovo pont. causa di malignare. Le V. S. sono
p>rudenlissime.
Le pratiche di fare et nuovo pon. sono frequentissime. Come le
^', S. per loro prudcntia comprendano, li pareri sono secondo li ape-
rti. Comunamentc da la corte et altri non passionati per utile de la
Chiesa sono desiderati Siena e San Marco. A Siena favorisce el re
L
é24 O- Tammasini
e Id Stato <il MUano dicesl per contr^peso di Sati Marco. El ^ce^
CaOCcUìere noo lassa che fare per se; Conti, sé lo tiene per certo *
wsart?, parechi altri col collo torio ; ogni homo adopera li ferri suoi
et suo ingegno. Dio ccl dia buono, credo non potiamo altro che mc-
glicirare.
Postremo io tengo le V. S. prudenti e tnemorioK, bavendo t^ie
volte scritto la mia tìtctìssiià ec clic non posso più stare per acjo
bavere hauto mai uno denaro del nsio servito ne bavere più clw
vcudare o impegnare et maxime esseoJo ^dvkjito di costi che le
V. S* non fanno pensiero alchuno dì tnandirmi denaro Qè per le
spese né altro. Mi pire superfluo noiarc più le S. V. a le quali fo
noto sarò necessitato fra poclìi d^ venirmi con Dio» non per noti vo-
lere servire ma per non potere. Solo che le V, S. listveasero provista i
a le spese in questo grave bisogno non mi sarei partito» non havendo i
facta provisTonc nò volendola f;ìre come harò solo el basto per coor
dormi verrò a le V, S. et più presto voglio patire costì ogni suj*- i
plicio che pertftire l'onore mìo qui, dove so stato settatore e oratore i
eoo buona grada di tutti. Con la gratia di Dio mi difesi dal piopif I
San Giorgio ci contL- Girolamo W quali, per essare quello die So, al j
presente Rtrg^imento mi voUerO fare fallire io cosiregarinì a pagare i
ogni debito et loro mi riteaero miile due. Ora mi vedo eotrare in '
tino altro maiorc laborinio per non bavere più denaro. Non voglo '
andare in prcgione nt: havemii a fuggire. Le S* V. mi perdonino 4
ìe quali mi ree, Rome ,%%i\, augusti 14S4* A
E. D. V.
Servìtor Laurentius Lantus.
Ibid. id. eisd, Rome .xxvi. augusti 1484.
Magnifici domini Patrcs et domini mei singularissimi humili
ree. etc. Per lo.Rosso fameglio de le V. S. scrissi la concordia (i) fatta
per lo collegio de li cardinali. Di poi ho supraseduto lo scrivare per
bavere visto vacillare le cose. El primo capo de la concordia fu, ri-
ceuti li .vin. ducati per la gente d'arme e due prelati con tre squadre
per sua secureza, el conte si dovesse recto itinere per le terre de la
Chiesa andare a le terre sue. Li denari furo pagati lunedì. La con-
tessa era in Castello. El collegio si fidò del camarlengo lo quale disse
et giurò bavere fornito el Castello secondo el desiderio loro, reraossi
conestabili et ogni altro sospetto» aggiorno al veschovo v'era prima,
ms. Francesco fratello suo, et fatto quanto lo collegio haveva ordinato.
(1) Ha. «concoriU»^
// 'Diario di Stefano Tn fessura
S25
latìel vescovo di Nola et di Caiazaper compagnia, dato reca
logno per lo andare loro. Fu detto la contessa essare ai-
disposta et però era suprascduta la partita sua di Castello,
kente creduto a San Giorgio che tutti li cardinali hi cri furo
Ilio et posmodum in concistorio, che sono .xxv. cotnpu-
O e Girona sono infermi. Questi giorni continuo el castello
^ fornirsi di vìttuaglia. Questa nocte vi sono entrati 150 fanti
' questo ho da uno cardinale, et fecero gran festa dipoi furo
modo che la brigata si tiene giontata et questa mattina
ultimo offitio o vero exequio; non vi è venuto cardinale
pnc contraria a lì Orsini et sono tanto sdegnati che hanno
i sollicitare fanti aspcctano da PAquila et Norcia per in-
b; credano avergli questa noctc et deliberano non essare
ati nò forzati. Li Conservatori hanno di nuovo fornito ci
b. Ciaschuno si mecte in ordine. Li caporioni hanno co-
ti rinieitìno le sbarre dove erano levate et che sì stia pro-
cardinali rimasero in palazo, li oratori si partirò et ho
)co che lo Stato di Milano ha preso cura de lo Stato del
fornitolo di genti, per modo che lui sta securo. Se in le
Ipaa tengano mano ad aiutarlo non intendo bene; ciaschuno
iacqua et parla poco. Se li tradimenti, simulationi et in-
Sro perduti, qui sì ritrovano in questi giorni. Havendo scritto
fino a qui, tornò ci mìo spenditore e mi referì essare in
anctagnolo 8 cardinali; fui a cavallo e andai là. Lì detti
tali mandati dal collegio fecero partire la contessa e tutti
ti fornirò el Castello per lo collegio e così la cosa pare
\ questo ponto cavalcho a palazo dove si dee dire la messa
fAncto e poi entrare in conclave. Dìo cel dia buono, a me
Ificato stanocie che mi tocha a guardare ci conclave in
b S. V. a le quali mi ree. Rome .xxvi. augusti 1484.
V Servitor Laurentius Lantus.
psd. Rome .xxvil augusti 1484.
ci domìni Palres et domini mei sìngularissimì humili.
||r altra scrissi come giovedì doppo la messa delo Spìnto
Edinali tucti di buono achordo entraro in conclavi. Dove
le altri oratori so deputato a la guardia del conclavi e
} di e nocte in palazo a nostre spese. Questa mattina ce
[the Deifcbo ha hauta la rocha dì Ronciglìone in la quale
pmola che Tà venduta. Lo Suto di Milano come per altra
1
6w6
O. Tommasint
sotei Ita preso cura de Io Stato del come Geronimo, fornitolo
OMO d bisogno per modo che lui si sta a piacere, al parere mia
ì3fccttnrtn la creatione del pon. Ttaque non sì può errare hareii
Vecllk) a le cose vostre, che costoro non si fichassero, cine li fco
nasciti, in qualche loco de li vostri et col nuovo pon. si trovnKff
eoa qualche cosa in mano. Ncc plura : molto a V. S. mi ree. Roi
.xxvu. augusti 1484.
B- D. V.
Servitor Lanrentius Ltsiai
inw
Ibid. id. eisd, Rome die .xxviui. [augusti] 1484 aoiejum.
Magnìfici domini Patres et domìni mei sìngularìssimi humilirec
Come per altra scrissi giovedì, decta la messa Je Io Spìrito SncA
H cardinali tucti cntraro in conclavi di buono achordo iu UcipdU
secondo è solito. Oggi col nome di Dio a ore .xinu hamio ^à&-
cato havcre clecto e) cardinale di Malfecta in summo pontefice. D*
lo disponga al bene de la patria nostra. Piaccia a le V. S. dm <1
portatore di questa arrivando in .xxiiii. ore ducati .x. per U sui^-
tiga. Molto ad V. 5. mi reo. Rome die .xxvna. 1484 a ore Jtfltt
E. D. V.
Servitor Laurentius Laottf.
iMrf. id. eisd, (i). Rome .1. sectembrìs 1484.
Magnilicì domini Patres et domini mei sìngularissimì bmait
ree. ctc. Advisai le V. S. per due cavallari de le porte di MiUfloA
la electione facta del pon. Innocenzo Vili et statim post crcitifl&M
fui intromisso con li altri oratori stati a la guardia del coodive W
obsculum secondo è solito. DÌ poi per la frequcntia de canfiniB 11
quali per diverse cagioni hanno continuato el patazo non ho po'*
suto prima di questa mattina havere colloquio con Sua ^toà
recomandai per parte de le V. S. la cittù e slato di quelle, conpO-
landomì per pane di V. S. in primis de la feliciti de la S" Siu» b^
strando a quelle essare stata ìucundissimo, extcndendo le p"--'-
condo mi parse conveniente. Sua S»* molto benignamente ;
poi commemorò con quanto amore et revcrcutia fu da le
ceuto, visitato et facto cittadino; el che disse esserli suto ci:
acettissimo et per molti respccti havere sempre amata la cìtti vo»>
et disse queste formali parole: Scrivete a quelli vos:tri S" chcftiflifl
(1) D'ftltra iBAao e presso 1* m<Uriuo i stito scritto: «fscicBas ti fialai»MfV**
Il 'Diario di Stefano hifossura
627
dì buono animo, li portamenti nostri verso quella comunità saranno
tali che comprendaranno ci ricordiamo cssare loro buono cittadino.
Accectai con debita reverentia Tofferta et renpratiaì secondo mi parse
convenirsi mostrando le Vostre S. bavere unica speranza in la Sua
B. presa licentìa partii. Poi visitando el cardinale nostro R™» ho in-
teso da Sua S. come hiersera Deifebo resignò Ronciglone el cassaro
in mano del pon. et si remisse lotalìter a la clementia di quello. De
le due altre terre haveva ochupatc che sia da farsi è rimesso in
Mon. S. nostro et tre altri cardinali. Deifebo è stato qui dal d\ de
la creatione del pon.
Lo oratore fiorentino ha solicitato a Fiorenza faccino prova di
expedìrsi di Sarezana prima che el pon. babbi ordenate et consolidati
le cose sue. Dubita non facesse pensiero per impedire dare qualche
molestia a le cose vostre : per divertarc potrebbe essare deliberas-
scno volere fare la impresa. Le V. S. prudentissime haranno cura de
le cose loro maxime a lì confini et so ceno in ogni caso si porta-
ranno co la solita prudentia taliter che non si scupriranno nò si
provocaranno ci papa, anzi conservaranno et acresciaranno la beni-
volentia.
La città di Roma è posta in assecto, deposte le armi la brigata
toma a bottega con quiete e tranquillità. Li fuorcsciii frequentano el
pnlazo perancho non hano hauta audìentia starò attento ìntendare li
andamenti loro.
Come per altra scrissi, finiti questi pochi denari verrò a le V. S.
Io maxime che ho intesa la electione fatta de li oratori^ el che è
stato bene e forse saranno li primi a venire. Per ora qui non sarà
che fare; è vero però ch^i li oratori hanno già cominzato a ponare
innanti la materia de la liga et capitutl da farsi e già si maneggiano
le cose. Per mentre starò (che sarà poco) sarò col fiorentino e ope-
rato per le V. S. quanto sia bisogno. Molto a quelle mi rac. Rome
.1. sectembris 1484.
E. D. V.
Sen'ìtor Laurentius Lamus.
Ibid. id. eisd. Rome .v. septembris 1484.
Magnifici domini Patres et domìni mei singularissimi humill ree.
Vedendo io lì esciti nostri frequentare ci palazo et vedendoli acha-
rczare da qualcuno, dubitando che socto spciie di carità non fusse
mostro al pcn. cosa facesse a qualche proposito di Sua B. per bene
e conservatìone de la libertà vostra con utile e comodo de li exciti
predecti, come dimostrava in parole Sixto bone memorie per paura
628
O. Tommasini
de U troppa amicitìa et confìdentia diceva noi havere in li vicini
vostri etc. Le S. V. bene m*inicndaoo. Questa mattina havcnclo
buona comodità di poter riposatamente parlare col pon. come dj
me stesso feci cadere al proposito di parlare di questa materia ci
con acomodato modo li dimostrai li contìnui susptcti in che ci
teneva Sixto pon., le versutie et pratiche del conte, li favori si U-
cevano a li cxcìti, li disfavorì si dimostravano centra la città vostri
publice et privatim, contra li cittadini in tutte le cose. Li appanri
de le genti, le opere si davano a ochupare de le cose x'ostrt. PtT
tractati si maneggiavano per li excit! predetti. Inducevano per font
li animi vostri a fich.irvi socto a cui pensavate potere in tali necessiti
essere aiutati per necessità et quanto erano maggiori li suspecti e con-
tìnui, bisognava più obligarsi per essare aiutati vedendo 1j necessiti'
Commemorai la V. Hep. sempre essare stata obsequientìssima a qucsu
Sedia, le S. V. havere hauio inestimabile dolore in non havere possuto
havere quella speranza in la Sede apostolica a tempo di Sixto come
per lo passato et che da le V. S. non era mai manchato volere essare
buoni et amorevoli fìgluoli di Sixto pon. Ma che Sua S<^ istigato
da altri non vi haveva voluti, ancho date le provisioni a costoro ec
mantenutoli etc. Le quali cose ero certo non farà nù permcctarà
Sua B. per bene costoro si vantino del contrario e cosi la città vo-
stra ne tornarà a continuare la solita BUaiione, amore e revcrentia
con Sua S^ padre e cittadino nostro, extendendo le parole quanto
mi parse convenirsi. Magnifici S. miei, sua S^ mostrò bavere
carissimo fussero achaduti questi ragionamenti et udì benignissima-
mente. Po! rispose che Sua S** come cittadino fu sempre affectio-
nato a quella patria et oggi più che mai e lì cffecti lo dimostraranno
et che Sixto bone memorie l'aveva mandato costì et Sua B. v'era
venuta volentieri per bene et comodo di quella dove haveva trovali
lì animi de li principali bene disposti, et che Sua B. per certo harebbc
facto buono fructo se el papa havesse lassato fare a lui. Ma el conte
et messer Lorenzo da Castello havevano voluto sapere troppo et
guidare le cose per altra via per modo che loro furo cagione di
quello successe, et di poi continuando ìa li suoi disegni el conte era
suio causa de ogni inconveniente et factovi obbligare etc. con le in-
telligentie et pratiche teneva con li esciti et amici loro, affermando
essare verissimo quanto dicevo et disse che Sua S** mostrata cheel
pensiero suo è essare padre di tutti li cristiani, actendarà a quello sia
honorc de la Sede apostolica et di simili cose, come ò trame dì fuo-
rusciti, non s'impacciarà mai come quello che non ha posto ci pen-
siero a Tire grande nissuno né porrà solo actendare a trarre quello
sia offitio di bono pon. et de li vostri fuorusciti le S. V. vedranno
// diario di Stefano Infessura 629
Sua S*^ non sMmpaccìarà m^ né lo darà favore né fomento al-
chuno nò di loro s'impaccìarà in nìun moilo, excepio quando ne fusse
richiesto da le V. S. In tale caso come cittadino e padre offeriri in
ogni vostro comodo volersi amorevolniente travagliare in tutte le cose
fussero augumcnto de la città vostra: et che le V. S. ne piglino se-
curtà e lo irovaranno bene pronto a lì comodi et honore de la città
vostra, et intorno a questa parte de li usciti parlò tanto aperto quanto
sia possibile. Del buono amore et affeciione vostra la quale dissi più
ampiamente le V. S. per li nuovi oratori faranno intendare eie. Ac-
cedo amorevolmente et ringraiiò dicendo saranno li benvenuti et li
vedremo molto volentieri. Accectai ci bono animo di Sua S»* et rcn-
gratia* et dissi tutto farei intendare a le S. V. per Icctare; ore tenus,
quando sarò a li pici de le S. V. le quali di sua optìma dispositione
sono certissime. Sua S*' per sua clctiicntìa mi bacciò in faccia. Cosi
da li suoi sacri piedi mi partile dissiche Giovanni di ser Lazaro scri-
vevo (i) di Sua S<*, lo quale è qui con quella, bene informato anchora
lui de la devotione e desiderio del populo vostro, a le giornate dì
tutto potrà più particularmente dare piena notitia a Sua S**, Ho con-
ferito poi con Giovanni predictOj mostrogli el bisogno, et mi farà of-
fitio dì buono cittadino e sarà continuo aprcsso el pon. suo familiare
di casa, et so giovarà in ogni cosa. Tutto ho facto con buona fede per
amore porto alla patria et come ho dccto per guastare e disegni et
per fare advertei\te el papa a non dar lo provisione nò travagliarsi
di loro. Se ho facto cosa grata a le V. S. so molto contento. Quando
bavessi errato le V. S. imputino tutto al mio buono animo, che harei
facto errore per non conoscìare piò, non posso altro che errare, do-
mando perdono. Molto a \ , S. mi rac. Rome .v. septcmbris 1484,
E E. D. V.
I Servitor Laurentius de Lantis.
u<
IbiéL ii. end. Rome .xiii- septembris 1484.
Magniticì domini etc. Hìerì col nome di Dio sì fece la corona-
tionedel pon. con grandissima tranquilliti, con tutte le seleniti opor-
lunc, in modo si consumò tutto el giorno: et Mon. S. nostro R'"" fu
Tordenatore del tutto et è stato molto commendato. Oggi Sua S'^ ha
dato audientìa solo a cardenali. Frcquentarò el palaio per la lìcentìa
et se la Sua S^ mi volesse dire alchana cosa come parse accennare
dicendomi che doppo la coronatìone tornassi a quella. Ancora pì-
Eliaxò lìcentia da li cardinali come e solito et poi mi conferirò a le
€^0 O, Tommasini
V. S, Sabato U nocte morì el cardinale dì Madisconc francese, era
degno s''^ requtescat in pace. Li fuorescJCi erano 3. Napoli non sono
anchorsi venuti. Questi di qui si vamno travagliando ji$s^i : per ascilo
non scoto habbino facto cosa alchufiacol pon. Penso ^spcciìao quegli
altri. Nec plura* MoUo n V. S. mi rac. Kotìie .xul scptembris 14&4.
E, D. V.
Servitor Laurentitis Lamiis.
Ibid, %i, €Ìsd, Rome .xxi. septembris 1484,
Magnifici domini Patres et domìni mei singT-ilarissìnii humìli
ree. Scrissi sabato quanto ochorriva. Di poi a nulla aitra co&s ho
daio opera exccpto ch^ a UomanLUrc licentia al pon. la che ^on ho
hauia per non ha vere possuto impetrare gratia d'audietìtia* Trovo
tutta la famegUa del papa intorbidata et hierl mi furo hcit parechic
ribuffatc, sono quasi tutti Genovesi, con dinni che le V. S* hanno
hauto poco rcgu^rjg al pon. et a li Genovesi in havere prestadall
Fiorentini li carri da condurre le bombarde coMra PktrasaiicEa iX
altre artagliarie, et fuimmaccìdCo che inantipa^si troppo ci sari fatto
ìmendare che avianio errato, con molte parole ampollose^ ec qu"
commemorano k cose di Sienp quaniJo el poP- allora cardinale fu
costi et dicano cose assai taliter da parecchi à\ in qua mi pare es-
sate tornato al pontificato di Sisto et ricomenzare a trovare quelle
diiHculti. taliter che qualche volta m'è venuto volontà di partirmi
senza liccntia. Non di meno per imcnJare ranimo dt Sua B. ho de-
liberato parlare con quella et intendare destramente se queste cose
sono dì mente di Sua S*^. Io non sapendo altro ho excusatolo meglio
posso et decto sono male informati, et loro tanto più si riscaldano
affermando el si. Le V, S. sono prudenti, non posso stimare che
senza grande cagione si ponessero in tali inimicitie et ora più che
mai: a ogni modo o vero o no ricordo con ogni reverentia el tenere
le cose vostre marittime e di frontiera bene guardate. Secondo le
parole di costoro hanno mala intentione. A me non pare potere vi-
vare tanto che mi levi di questi travagli et malinconie. El s»"* lacomo
Conte è senza inviamento ; desidera servire le S. V, et quando vi pe-
sasse tutta la spesa, offerisce condursi con le S. V. et con li Fioren-
tini insieme: è s" da farne stima in le armi come a le V. S. è noto.
Hammi pregato ve scriva, parendo a le S. V. fare risposta a questa
parte per adviso et eo maxime in caso non facesse per voi ; et se fusse
al proposito vostro, molto più che costui è homo che sa el mestiero.
Attendo con ogni solicitudìne per la licentia et giuro a Dio so con-
dotto a termino che non posso restare né partire con mio honore,
r\
// n^iario di Stefano Infessura
6ii
r non bavere denari che mai più fui tanto dì malavoglia et mi
tare le V. S. poco se ne curino e tanto più mi duole et male mìo.
"Non restarò mai di fare offitio di buono e leale cittadino mentre
harò lo spirito. Molto a V. S. rai rccoraando. Rome .xxi. septem-
bris 1484.
E. D. V.
Servìtor Laurentius Lantua orator.
Ibid* id, eisi, Rome 1° octobris 1884.
..... Le cose di Roma stanno quietissime et tranquille quanto mai
fussero. A questo pont. dali Romani è prestato obcdicniia grandis-
sima, deposte le armi, assectate le brighe. La iustitia è rigorosa in
modo la brigata s'assecta a bene vivare. Le forche stanno fornite
modo li ribaldi sono spaventati
u «" m(
L
^V Lettere di Guidaktonio Vesfucci oratore in Roma
Rome .XXX. mail 1484,
Archivio di Stato in Firenze.
Dieci di Balia, Carteggio. Responsiva.
k
Scripsivi per la mìa de .xxvni. come el sig. Virginio si era re-
sotuto volere andare ad pigliare li contadi per forza, veduto eh' el
proihonotario Colonna non mecteva ad cxecutione alcuna delle sue
promesse. Hieri el conte mi dixe come omnìno voleva acordare
questa cosa et fare il tucto perchè non si venisse allarme, et che '1
prothonotario li havea mandato a dire che si voleva rimettere nelle
mani dì N. S. et del Rcvmo camarlingo: et a questo efTecto, per
acozarsì con il prefato prothonotario, hieri a horc -.t\i. ci camar-
lingo si parti di palazo et venne ad casa sua et mandò per il pro-
thonotario che andasse ad casa S. Revma S., el quale recusò l'an-
dare, allegando che gli era stato detto che lo volevano ritenere et
che lo credeva perchè sapeva dì certo casa Orsina si armava, et per
questo sospetto, questa nocte passata e Colonnesi et Orsini continuo
sono stati in arme, et similiter tutta questa terra et la guardia di
N. Sig*; et cosi sono stati tutto dì tl'hoggi non aUrìmcntì che se
fussino nella bataglia: et eccì tra luna parte et laltra tra cerne et
fanti forestieri et romaneschi armati de le persone di più dì vi et circa
dugento cinquanta homini d'arme, de* quali el maggior numero de
li homini d*arme et cerne et forestieri hanno li Orsini: de' Romane-
6^2
O, Tommasini
schì e Colonnesi. Per ancora non sono venuti alle mani, perchi
N- Sig* et questi conservadori di Roma molto sì sono affatichiti ai
posar questa cosa in pace et fare ch'cl proihonotario si rimetta in
N. Sig% ma a questa bora, che siamo a bore .xxn., non si è hno con-
clusione alcuna et dubito se costoro s*azufono, oltra et glande bo-
micidio cbe potrebbe uscire dì tal zuffa, che questa terra non ridi
ad sacco. È cosa dì mala natura al iudicio mio et pel pubblico tx
pel privato, perchè intendendosi per lì nimìci queste discordie, di-
venteranno più insolenti et animosi, et faranno di nuovi pensisi
Dio sia quello che provegga al bisogno.
£1 conte tutto dì si è stato a palazo et dimostrasi eoa le gesti
de la guardia in favore di questi Ursini.
Post scripta. A bore .xxri. et mczo questi Orsini ed il conte in
persona, con la guardia del papa, sono iti ad trovare questi Cotom-
nesi ad casa loro con una bella geme: et tandem doppo una {
uccisione d*hominì hinc inde, hanno preso la casa del cardinale
prothonotario Colomna, et messola a saccomanno: et continuarne:
la spianano: ci prothonotario si dice essere scampato: del ca
naie Colonna non vi scrìvo altro perchè non è in la terra.
In questo punto, che siamo a bore .xxnii., è passato dinanxi rosdòl
mìo el prothonotario Colomna preso abbraccio col stg. Virginio,
con un mantclleuo paonazo, In sur uno cavallo leardo magro: quei
seguirà apresso darò notilìa a Vostre Maga"*.
Ibid. id, cisd, Rome, die .i. iunii 1484.
Magnìfici dfii priores honorandi, commendationc premissi etc
Per la mia de' .xxx. detti notiiia a V. M. come lo illmo sig, conic
con le genti della guardia di N. Sign'"^, il sig. Virginio con le »Uk
genti d'arme e i suoi partigiani havevano assaltato el protbocario C'>-
lonna, et t<mdem lo haveano preso, et saccomannato la casa sui et
del cardinale Colonna, et fere tutta bruciata. In decta battaglia loon
dì homini di nome el sig. Filippo Savello per la parte del prothono-
tario; per la parte Orsina uno gcniilhomo napoletano ci sette ovcre
octo altri: fu menato el decio protlionotario la sera medesimi il
conspecto di N. Signore, el quale chiamandolo continuo bestiolino ci
Ci^rvellino, ripetè tutto quello havca operaio contro Sua BeatìtuJìnc
nella guerra passata : et come tutto li havca perdonato et rendutolì
tutto el suo Stato: et quanto S. B. havea humanamentc tractatu questo
caso de' contadi per ridurre la cosa dacordo : et come il prcfito pro-
thonotario, poi che h.ivea ridocto el sig. Virginio a fare quanto esso
voleva, molte volte contra le promesse factc per lui di dcpositirt
// T)iario di Stefano Infessura 6}^
flecti contadi, havea beffato e dileggiato Sua B°«, et ultimo loco, aon
Fhavea voluto ubidire a Sua Santità quando havea mandato per lui,
Ine degnatosi di venire sotto la fede di Sua B". immo si era ribel-
lato da lui et cercato di mectere sottosopra Roma, et preso una porta
della terra, et facto ragunata di genti con dire che Dio havea per-
messo quod omnino ubidisse di venire al cospecto di Sua Beatitudine,
et che de li demeriti suoi bisognava meritassi qualche pena. Et a
questo effecto comandò che luì fossi menato in Castello et detenuto
\\ come quelli vi sono per la vita. E! prolhonotario con poche parole,
non scusandoci passato, dixc, come tucto quello haveva fatto al pre-
sente era per sua sicurtà, essendoli stato messo in testa che S. B«e
lo voleva detenere andando a quella: et che mai havea pensato ri-
bellarsi da Sua Santità nò machinarc nulla contro a quella. Et repli-
cando N. S. che da lui non voleva se non ubidientia, li fu levato
dinanzi, et menato in Castello, secondo havea comandato.
La mattina seguente el magnifico raesser Io. Agnolo et io andamo
ad casa el sig. conte dove lo trovamo molto allegro: et con lui ci
ralicgramo de la Victoria hauta : di che prese Sua Sig'* piacere et
gloria assai: et dìxeci come sua intenttone era in su quel punto im-
piccarlo, se non fussi ch'el sig. Virginio li obviò dicendo ci pro-
thonotario essere suo prigione, et che lo voleva menare da N. Sig'=,
et che li pareva omnino da tenerlo vìvo per molti buoni rispecti; et
che a questo effecto lo havea campato; dicendo el prefato conte es-
serne contentissimo non lo bavere morto, con dire che omnino vo-
leva assicurarsi di questi Colomnesi et bavere le loro fortezze et terre
nelle mani, videlicet del prothonotarìo et de' fratelli : et che se non
Phaveva lo impiccherebbe: et in nostra prcsentia commise a un ma-
ziere dì quelli del papa che andassi ad Marino et a laltre terre del
prothonotarìo et fratelli, et comandassi lì homini di quelle terre, che
non dessino più obedientia a decti Colonnesi, et mandassino le chiavi
et giurare fidelità a N. Sig*^: et dimostrò nel suo parlare el conte che
credeva in octo di, quando decte terre facessino repugnantia, farle
venire per forza ad ubidlenza. Demonstrando questa cosa essere molto
favorevole per la comune impresa; perchè, se non si fusse assectata,
ci sig. Virginio, né S. Sig* sarebbono potuti ire in Lombardia. Hora,
bauto che haranno decte terre et li contadi (le quali cose sperava
avere in brevi), et Tuno et l'altro saranno presti. Q.ue5ìta ultima parte
credo toccassi S. Sìg**, o perchù credessi cosi essere il vero, aut per
tagliarci le parole, che noi non havessinio cagione dì sconfortarlo di
questa impresa: perchè essendo implicato di qua, non potrebbe con
tutte le forze unite attendere a la comune impresa. Et quamvis per
noi sì cognoscessì questo parlare essere facto a questo effecto, nìhilo-
«34
0. Tommasini
miniis non si cessò di dimostrarli che quando questa impresa noa
riuscisse così facile come Sua Sig;* mostrava, non era da attcoiiere i
questa per obmcttere quella di Lombardia: et maxime lo andare Ji
S. Sig* et del sig. Virginio, mostrandoli quanto era di rìpuunone
et di utile a la comune impresa lo andar loro. S. Sig* a questa pinr
niente altro rispose se non che sì voleva assicurare et che non du-
bitava spacciare questa impresa in otto di.
Per rerauncratione di quanto havea facto lo illmo. sig. coarti
contro a Colomnesi, la San^^ del papa, in su I*hora del mangiare Is
mattina, mandò a donare a S. Stg'* due coppe bellissime d'arieoto,
di valuta più che cinquecento ducati, le quali furono del 5\
stanzo. Et furano di quelli arientì che Sua Beat*^ hebbe ^cx \
siitura de quella illma Madonna dì Pesaro: et uno rinfrescatoìa iit
cristallo con molti ornamenti d*oro et arìento, di valuta dì ducati mille.
o più, el quale S. Bcat^ hebbe in dono dal vescovo dì Castres frift-
cioso.
In questa città era una famiglia che si chiamano Della Valle, e
quali hanno briga mortale con un*jlcra famiglia di qui chiamata Di
Santa Croce. La prima era adherente con casa Colomna: la secoiKU
con casa Urstna. L'una et l*alcra era rìtenitore di quanti sbioiiiti
et ribaldi erano in questa città, et stavano in modo forti in casi, che
sanza grande sforzo non sì sarebbono potuti cacciare dalla città. Quod
Della Valle, veduto preso il prothonotarìo Colomna, la nocie sgoa-
brorono la città con tutti e loro partigiani, et simìlìter sgombrorofin
la casa, non lasciato in casa se non certe vecchie. N. Signore per
estirpare tutte le radice ha comandato si gìttino in terra le loro case;
et cosi continuo si gittone.
Hiersera al tardi vennono .vii. homlni da Marino, castello Je' Co-
lonnesi, et portorono le chiavi di decto castello, et col mandato 3d
Comune gìurorono fedeltà a Nostro Signore,
Ibid. id, eisd. Rome .n. iunii 1484.
Magnifici domini priorcs honorandi commendatione premissa dc
Per la mia del primo advisai V. M. quanto era successo ocl <
dc^ Colonnesi: di poi ci fu hierisera al tardi, come ci duca di Cavi
fratello del prothonotario, era in Marino con alquante gente J*c
et fanti, et havea mandato ad raccomandarsi a Kostro Signore,*
dire che de la persona et de la robba sua poteva disporre a suol
neplacìto.
Questa mattina la Santità dt N. S., sotto ci governo del sig.Pl<
// diario di Stefano Infessura
635
Orsino et dì Lione di Monte Scccho, ha mandato circa octanta ho-
aini d*arma et circa secento fanti per dare el guasto a Marino et
rie altre terre di questi Coionnesi in caso che non si arrendine: et
per questo si iudica che lo extirpare affatto questi Colomncsi harà
pure qualche difficuhà, come per la mia del primo vi scripsi. Di
che mi è parso dare notitia a Vostre Magnitìcentie.
Ibid. id. t'ìsd. Rome .un. iunìi 1484.
E' Colomnesì si tengono pure forti a Marino: et dove neirtiUima
ia dix; essere in Marino el duca di Cavi, voleva dire el sìg. Pro-
pero. Parmi N. Sig. facci venire qui quelle genti havevano e Ba-
lioni da Perugia per seguitare decta impresa contro e Colomnesì.
Qui nella terra a tutti e loro partigiani è stato tolto gli officii che
Jiavevano in corte et sono perseguitati, chi con disfarli le case, et
ì con farli ricomperare qualche somma di danari. El prothono-
larìo è staio esaminato con darli la stanghetta, nò da luis^é cavato
cosa di fondamento: non se gilè dato corda per cagione d'una fe-
rita ha nella mano. A me pnre che se a questi Coionnesi è dato
tempo, che questa habia a essere non meno pcrnitiosa cosa per la
lega, che si sìa la guerra del reame, se U inimici danno qualche
auxilio di danari a li predecti Colomnesì, et è la cosa in luogo che
con sicurt.i et con honore dì N. Sig'= mal si può ritirare indrielo.
Dio sia quello che provegga al comune bisogno.
El sig. Virginio, questa nocte, con alcune gente d'arme e ito a
pigliare la possessione de li contadi : et dì quello seguirì ne darò
^Htiotizia a V^ Magnifìcentie a le quali mi raccomando.
Ibid* id, cisd, Rome .viir. iunii 1484.
Magnifici dni priores honorandi, comnienJatìone premissa.
Per la ultima mìa de' .111. advisai V.*^ Magn."* come el sìg. Vir-
i^ìnio era ito con alcune gente a pigliare et contado d'Albi et Ta-
gliacoxo per forza: per noi non s'intende di poi quello sia seguito.
Le gente ecclesiastiche ch'erano ite ad campo ad Marino sì sono
tirale indrieto, et per la maggior parte si sono inviate drieto al
^_*ig. Virginio: nò credo prima si offenda a Marino che la impresa
^Bde* contadi sia tinita. Quelli dì Marino attendono ad segare et ri-
^^porre el mietuto in Marino: et N. Sig. et il conte attende arragunare
I gente insieme per quella impresa : et stimasi ragiinerà circa .xvi. squa-
dre. Isto interim per la madre del prothonoiario si tracia accordo
^^^gi^^I. Signore et col conte e quali non se ne mostrano alieni: pure
6^6
O. Tommasim
o non ci presto feJc, atteso la offesa grande a la natura di chi hi
offeso, et dubito non sia praticha per adormentare. Per noi, eoa
quel dextro modo si può non si obmeiie cosa alcuna perch*^ ieoo
accordo habbì luogo, quamvis el come con noi pocho o niente eoo-
ferisca di questa praticha. La forma de Io accordo che sì tracia bo
intexo variamente, et per questo, usque io non habbia la cosa eoa
fundamento, non ne darò altro adviso a V. M.
Per altre mie vi advisai come el sìg. Virginio havca dcposiud
per dare al prothonotario circa xiin," ducati, e quali vanno al prt-
sente alla MaestA del re. Sua Celsitudine li 'havea deputati per k
prestanze del sig. dì Rimino et di Pesaro et Feltrcschi: panni Uin-
tentionc del sig. conte sia che sien dati al duca di Caljbr;
usque nunc, per quello intendo, né luna cosa né laltra ha :m .,
fecto: et di quello seguirà quamprimura ne darò notitia a Voftrc Sig*-
El prothonotario, dopo U stanghetta ha hauto le stecche St
dita et a lunghìe et il dado ali nodi del braccio, et arrandcnjtoli
con una corda la testa: non s'intende quello sì habbia ca-
ci molto segreto sta el suo processo. La madre li è ita a^ ,
et per quanto lei habbia hauto a dire, el prothonotario non ha con-
fessato di preiudicio alcuno.
Ibid, id, eisd, Rome .xi. iunli 1484.
Magnifici domini prìorcs honorandi commcndaiìone premìsn i
L'ultima mia fu de .vai. et per quella advisai V* Magn''* qu
era seguito de la impresa de' Colomnesi. Dipoi merchoIeJl ooatt
successo che essendo parte de le gente ecclesiastiche in Grofi
rata, che è una badia in fortezza del rev.mo S. Pietro in
presso a Marino circa tre miglia, quelli di Marino uscirono fiM
et due hore innanzi di con scale et per una certa fogna cntrort
in decto luogo et trovorooo quasi ognuno in lecto che dormÌTiao:
amazorono nelle stalle circa .xxv. cavalli, par la maggior parte d«l
sig. Paolo, et furono ale mani con li Ecclesiastici. Tandem furono
ributtati di fuori. Micntedimeno fu mono nella mixtia del!
siasticì Leone da Monte Secco, homo dì capo et molto an
conte, et era fratello di Giovan Battista da Monte Secco. La mone
sua si dice variamente; chi dice di una freccia di quelle )ar|b(
nella gola; chi dice di uno scoppietto nel petto. Fu cliam prciO
m. Sinolfo da CastcUoctierì cherìco dì Camera et commissario tB
N. Sig^ in quest.i impresa, et menato prigione a Marino. El sìg. Piolo
Orsino et il sig. Hieronymo di Tutiavilla si rifuggirono nel cjmp
nile, la qual fuga fu lo scampo loro. N. Signore immediate hif"
// diario dì Stefano Infessura 637
fece fare trecento fanti, et non solura che per questo non sì sia
sbigottito, ma demostra essere molto più irritato contra decti Co-
lomncsì, et più gagliardo nella impresa. Ha mandalo Sua Beat" pel
sig. Virginio, che, lasciato la impresa de* contadi, se ne venga ad
Marino, dove contìnuo si raguna gente ccclcsiastice per potere cam-
peggiare con le bombarde. Et fassi per li Ecclesiastici questa
impresa molto facile; che cosi piaccia a Dio che sìa per il bene
public©. Io Marino, in favore de* Colomnesi ò venuto fanti Aquilani,
et stimasi sia presidio che venga dal conte di Montorìo el quale è
molto obblìgiito a casa Colomna per li gran benefìcii ricevuti da
papa Martino. La Santità dì N. Sig' per obvìare a questo presidio
ha scripto al prefato conte che sì debbi contenere di non dare adiuto
a Colomnesi, alìter procederà contro a lui con le censure ei in tutti
quelli modi potrà: et simìliter ha scripto alla Maestà del re che
debba scrivere alla comunità de PAquila et al predecto de Montorio
che non prestino alcuno adiuto a Colonnesi sotto pena de la di-
sgratia etc. Che se per questa via ^i togliessi a' Colonnesi quel fa-
vore, potrebbe essere la impresa sarebbe facile come dice N. Sig. et
il conte: alìter la iudico molto dura. Di che m' è parso dare adviso
a Vostre Magnìficentie.
Ibid. id, dsd. Rome .xvi. iunit 1484-
Dimostrano dubitare Vostre Magn" che per queste novità de' Co-
lomnesi non si habbìno a ritardare o diminuire li provedìmentì di
Lombardia : et ideo m' imponete eh' io faccia ogni istaotia che sìa
possibile, con quella dextreza ricerca la materia, dì volgere Tanimo
di N. Signore et del conte al sedare queste discordie per qualche
modo da cordo: et quando questo non si possa, non sì habbì pi^rciò
per tale cagione ad ritardare o diminuire e provvedimenti in Lom-
bardia. A che vi dico el dubio di V* Sig'* essere mollo ragione-
vole: et ideo intendendo noi oratori questo inanzi a la ricevuta de
la vostra, et de luna cosa et de laltra, et di per se et insieme, ne ha-
biamo facto parole et ogni pruova con la Exc. del conte : et quanto
a la prima parte circa Tacordo, S. Exc. inanzi succedesse la morte
di Lione da Monte Seccho ci prestava orecchi, come per altra vi
scripsi: doppo decta morte, ritoccho da noi più volte, non solura
non ci ha prestato horecchì, ma se n*è molto crucciato, adco che
dopo la ricevuta de la vostra, consultato insieme tra noi oratori se
era bene parlargliene più, havendo hauto simile adviso ci raag" dno
Anello, fu intra noi concluso che non era de directo buono ad ra-
gionarne, sed incidtnter, quando si vedessi el tempo et raptitudine
Archivio delia R. Società romana di storia patria» Voi. XI. 42
O, Tommasinì
•ièm^* r^vyaitepoiessmo cadere tali ragìonimentì, al* bora ciascuno
t^iMae la sua commissione. Si che circa questa par.c^noD
- :u cim Rlpon4ervì se non che veggo indurato ci chore òà
i^MMie n id coate ad seguitare la impresa, et 11 Coloronesi pia
-^o. . : ii^posti ad volere perdere lo Stato loro honorevolmattt
u, _ i-^me uua parte dacordo. Quanto a la seconda pine,
S*L ^osto non volere né differire né diminuire del oa-
i»L .,:.:; che è obligato per li presidi! de ta S*"' Lega, a-
^, ^ la persona del sig. Virginio. Et credo veramente nun-
iì^ti-. . . o de li oblìghi suoi: perchè queste gente che N. Si^
«i^v<. 4 .:; questa impresa qua, excepto el sig. Virginio, non erano
ttailb te» de le gente ecclesiastiche, et per quanto ho inteso hoggl
4il ««crcMno del sig. Lodovico, N. Sig' di nuovo ha condocao
I^VMi Bfeptista Savello con cinquanta homini d'arme, ci quale al
paiMiKc ^ con la Sig** di Vinegìa; et ha S. Exc* mandato e daniri
^Mt U ^tt. Et contìnuo più animosamente si dimostra voler faic J
igHBlO c obbligato : et molto più, fìnìta questa impresa de* CoIomnesL
fUtìL a^ A$i. Rome .xx. iuaiì 1484.
MMgaiHci domini priores honorandi, commendadone prctnissa etc
Btri 1 1 r ■ al tardi venne nuova come et sig. Virginio bavcva biud
4g|& Il contadi, excepto la roccha di Cervara, la quale quam^is tìi
ik li cose apartenente al sig. Virginio, nichìiomìnus non è de li ccfih
(«itt: «t per questo ha licentiato si paghi a la M^* del re e Jc"- àit-
^i depositati per dare al duca di Calabria, proraenendo darli 4"
pà !f A it tempo convenuto con el sig. conte : et a questo cffccto »
i|Miccìa costi una staffetta con lectere di cambio a Filippo Strotri cbc
gi^i e decti .x°*. ducati, che è optimo rìnfrescamento a Sua E.\ceUenttt
/Mi. id. tisd, Rome .xxv. ìunii 1484.
Magnifici domini priores honorandi, commendationc prcmissa*
Per la vostra de' .xxi. V. M'* mi cxonano ad adiutarc per
M^ li può, se fusse possibile si potessi pigiare qualche formi 1
^orJo tra la Santità di N. Sig* et questi Colomnesi : ad che ti dica
i)M per tucti questi oratori insieme con mecho, et dì per se, qoaa^
iff<^Umo ci tempo, non sì cessa dì battere questo chiovo: nidù-
lottittus ìnsino a bora s'è facto pocho profìcto : et bìcriscra vc0U
«iméA. Matheo da Furh, el quale per altre mie vi scripsi essere OfOr
.(viijjrìo in campo, con certi homini da Marino per tractare iccontó
.U dare quella terra. Non so che frucio si faranno, perchè volcoA»
// diario di Stefano Infessura
539
pò! dare quella terra sola, liberare le altre» sono certo faranno po-
tho fructo: con ciò sìa che io, avendone qualche accenno da la
kiadre del prothonotario, la proferissi al conte: Sua Slg*' per niente
li volle prestare orecchi. Ingegnerommi d' intendere quello seguirà,
It di tucto ne adviserò V. M.
ìnd^ id, eisd, .xxvi. iunii 1484.
E Colonincsì, Inteso che uno figliolo di lacotno Conte era andato
n Campagna con alcuni hommì d^arme et fanti; et dubitando dì non
Perdere quello Stato hanno quivi, et maxime Gliina:^ano; et vedendo
pi non potere tenere Marino, quello hanno abandonato et li homini
li Marino si sono dati alla Santità del papa. Et questa mattina
fui B* ne ha mandato a pigliare la possessione; che è una buona
buova per questi Romani, che dubitavano che tucto el Latio, che è
|1 granaio di questa terra, non potessi sicuramente fare le sue ri-
bolte.
Intendesi anchora, ma non lo afTcrnio per certo, che e dectì
uolomnesi sgombrano le case loro che hanno in Rocha di Papa; che
^are segno, o di volerla abandonarc, aut di non credere potere re*
^tere alli Ecclesiastici.
flrid. id, eisL .xxx.
i..
lumi
1884.
Questa mattina fu tagliato la testa in Castello al revdo pro-
Iponotario Colomna, cuius anima requiescac in pace. In su la terza
bon quattro doppieri fu cavato di Castello in una cassa et portato
Id una chiesetta quivi apresso al Castello: non si poteva perciò ve-
dere il corpo. Et fu messa decta cassa nel meio di decta chiesetta,
jfoperta d'un panno nero, publice, che ognuno vi poteva andare ad
rcderc. Dìcesi, la madre et i parenti che sono qui anderanno pel
porpo per honorarlo: nichilommus non lo so certo; di quello se-
^tri ve ne darò notìtìa.
I Tornò tre di fa el sig, Virginio da li contadi con gran festa de
1^ parte sua: et fra due di sì stima insieme col conte usciranno in
iSampo. Non si lasciano bene intendere se anderanno a Roccha dì
^apa, terra dei fratelli del prothanotario Colonna, aut ad Neptunno
loMc si trova il rcvmo cardinale Colomna, aut ad Cavi, dove si truo-
^ano al presente e fratelli del decto prothonotario. Tosto se ne do-
'erebbe essere chiaro di loro ìntentionc, de ta quale darò notitia a
^ Signorie.
Storia esterna del Codice Vaticano
DEL
DIURNUS ROMANORUM PONTIFICUM
'origine e le vicende del prezioso codice che con-
tiene il DlurutiS Romanorum ponti fìcnnij appartenuto
un tempo alla biblioteca Sessoriana di S, Croce in
Gerusalemme e custodito ora nell'archivio segreto Vati-
cano, sono ancora involte in un'oscuriti che le indagini
dotte e pazienti dell' ultimo editore, Eugenio De Ro-
zière (i), non riuscirono a dissipare completamente. Rac-
cogliere notizie intorno ai possessori del codice, riunire le
indicazioni lasciate dai dotti che lo studiarono e le anno-
tazioni dei bibliotecari che lo segnarono nei loro ìndici, e,
risalendo cosi nel passato, cercare di avvicinarsi, per quanto
è possibile, alla origine del codice e di determinarne la
storia; ecco lo scopo dei presente studio. E poichò dalla
storia del codice non può disgiungersi quella degli studi
fatti direnamente su di esso, cosi, servendomi delle traccie
tuttora esistenti o di cenni e racconti di alcuni eruditi, tenterò
di ricostituire la serie degli studi fatti su quel codice, siano
stati essi realmente eseguiti o si siano arrestati ad un punto
(]) Liher diurnus ou recueil àes formuUs usiUis par ìa chanc^lkrie
pontifcaU du v* au xi* siicU,.,, par E. De Roziére; Parigi, 1869.
Vengasi U nota alla p. 6S9.
^42 L Giorgi
più o ineno avinzato dì prepmzicmc. Qwsaa
prÌQdpalmente a cbùrìre k quesnonl Lìsdate
maestrale prefazione del De Rozjère, ho aDf
sigilo e c^iriìuto d«ll' illustre prof. Teodaco toq Sàsàà
X^ienna. Il qu^Ie jv^endo ripreso il disegno <E na Btffi
edizione éc\ Dmrms, Lasciato mterrooo da! compìaffwo Ìr-
tor Dickamp^ e s^uto che io mi occnpava ddb stom da
mjQOKtìtà Sessorìanì dì S. Croce, voÙe, eoo corte» pffi
alla doctrìna^ lasctare a me le ricerche sulla scoria cstemiià
codice. Io glieoe ho comimìcato le coQcIusìoaiy dh'qgli b
riferito nei Ptckg^mefux (i) premessi alla duoti sua ci-
zionc; <ìui ne espongo distesimeatc il cammmo e losfì-
luppo«
Cominciaiìdo la promessa rassegna a ritroso dai tempi
oosùi Jd dietro, tnlasdando di parlare degli srudi rcccaris-
simi del Diekamp e del Sickel, de^ quali si troveranno ampi
raggu^li nei citati Prolegomena e nella nuova edizione, di
quelli del DeRozière, che non potè vedere il codice e quanto
potè sapere espose nella sua prefazione, di quelli del car-
dinal Pitra, il quale ha riprodotto l'edizione Gamier del
Diurnus nel voi. CV della Patrologia del Migne (a) e ne ha
trattato brevemente nei suoi Anahcta novissitna (j)\ frai
dotti che studiarono il codice delZ)i«rnM5 troviamo primi i
nomi del Daremberg e del Renan. Incaricati dal Ministero
d'istruzione pubblica di Francia di fare, insieme ad altri studi,
(i) FroUgomcna ^um Liher diurnus L von Th. R. v. Sickel nel
voi. CXVII delle SitiungsberichU dur kaìs, Ahdtmic der Wissemcbafl»
in Wien. Philosopbische-historische Classe.
(2) Tom. CV, col. 9-187.
(5) PiTRA, Anakcta novissima, Spicikgii SoUnnensis dUra coati-
nuoHo, I, 103-108.
Storia esterna del « Diurnus >»
643
ina collazione del testo del Diurnus dato dal Garnier sul
adice gii Sessoriano, essi vennero in Roma nel 1850. Cre-
levano che il codice, appena soppressa l'edizione dell' Holste,
3sse stato tolto dalla biblioteca di S. Croce per ordine di
Jessandro VII, e che nessuno, meno il Mabillon, Favesse
iù veduta. Sapevano in modo vago che stava in Vaticano,
la dove precisamente, ignoravano. Si rivolsero, come era
laturale, ;u monaci di S. Croce in Gerusalemme e IX dal
bibliotecario D, Alberico Amatori seppero che era conser-
tato neirarchivio segreto Vaticano (i).
Che i due dotti francesi, non avendo fatto studi spe-
lali sulla storia del codice, lo supponessero trasportato in
'Vaticano subito dopo soppressa l'edizione Holsteniana, è
cosa che fino ad un certo punto si comprende, e si può
pur comprendere come, fermi in queir idea, non ponessero
mente alle parole del iVlabillon, il quale, sebbene non lo
dica apertamente, fa intendere abbastanza bene che il ms. si
trovava sempre in S. Croce al tempo del suo viaggio a
Roma (2), Ma è strano commessi, che certamente conosce-
vano YArchtv del Pcrtz cosi ricco di notizie sui fondi di
mss. italiani, anziché cercare 11 la notizia del luogo dove
era custodito il Diiinms, e ve l'avrebbero trovata, come ve-
dremo fra breve, si rivolgessero all' Amatori, Il quale penso
che non potesse dar loro subito V indicazione desiderata.
k
(1) Archio&i da missions srùntifqua et liiUrairei, I, 243 t sgg. Il
primo volume degli Archivcs é divenuto ormai introvabile. In Roma,
ch'io sappia, solo il sig. marchese Gaetano Ferraioli ne possiede
alcuni fascìcoli e debbo alla inesauribile cortesìa di lui se ho potuto
servirmi della relazione Daremberg e Renan.
(2) Riavvicinando il passo nel quale Mabillon {ÌUr Italicum, p. 75),
narrando di aver potuto fìnalraenie trovare il codice del Diurnus,
dice ch'esso aveva appartenuto aJ Ilarione Rancati, col breve cenno
che dà a p. 90 della Vita del Rancali stesso e de' codici da lui rac-
colti in S, Croce, l'idea che si presenta prima alla mente è che,
come realmente avvenne, egli trovasse il Diurnus nella biblioteca
di S. Croce.
/. Giorgi
f fino allora che il Diurmis si trovasM
oanaell'archivio Vaticano. In una lisudi
pcrdud dal tempo del cardinal Ocsozzì,
X ioit Bibliotheca membranacea manuscripu
^AWfi nota per ultimo il Diumus e lo dice
ii^ìioteca Vaticana (i).
anione del codice, Daremberg e Renan fe-
1UÌ liete ricerche intorno al Diunuts. Videro i
•-■ I dell'edizione Holstenìana (2) del celebre
..irono la seguente nota scritta di maoOi
Seaoat su quell'esemplare : I. Ioacliim Bess^^J
"ucìs, ex dono illustrissimi abbuds Comj»-
li cardinalis Maresfusci. — Liber iste Diunuis
ira pontificum rescriptus funive fuit unius nocris
ex codice huius nostrae bibliothecae Sanctic
cum eodem Lucae Holstenio commodossec P. af^
^OL Hìbrius Rancatus.
est, quonìam exempkria huius libri, ne pablì-
x, fuerunt suppressa. Notandum tamen quod^H
'lastre desuntquae capite primo ab Holstenio pnB
HMT dTc:iSuscripttones, quorum tamen in mutilis pri-
mis alìqua vcstigÌLi reperiuntur, sicuti etquodcodei
; j(,iniiui.i> absque uHo ordine fere continet, cum tamen Hol-
. j^ifiiuin (i'/r) ensdein per materias ordinaverit. UnJe Hol-
.• diarnus Ri>manùrum pontificum, ex ^uo Lucas /f
...7 editionem aìf Abate Hilarionc Rancato comodate .•■■•■
ifi* Bibliotheca repericbatur, modo vero asstrvatnr in Bibiitt^
.4. Bvbl. Nar. Vitt. Eraan. cod. Sessor. 554, e. 285 r.
' Là copia deiredizione di Holste donata al cardinale fies^c^
.ite poi cardinale Mario Compagnoni Marefotchi e dal Bc-
.i-v«:iata a S. Croce non é pervenuta alla Vìiiorio Emamule*
iS^fU biblioteca ha una copia di quell'edizione, proveniente
>«h«Ìo<cca del Collegio Romano ed appartenuta al p, Pietro j
'^sscggono questo raro libro anche la Vaticana, TAng
. matense di Roma, la Palatina di Parma, la Fabronia
. la Guamcriana Fontaninìana dì S. Daniele del FrìuU,
Storia esterna del u T>iurnus »
H5
stenius sumpserit laudatas superscriptiones, ipse non dicit
et ego ignoro »,
Senza dire di alcuni errori di trascrizione grossolani e
asi incredibili, poiché, ad esempio, non è da supporre
Ile il Besozzi non sapesse scrivere il proprio nome e quello
el card, Marefoschi, v'ò un'osservazione da fare. Se Da-
mberg e Renan copiarono dairesemplare dell'edizione
Holsteniana di S. Croce la nota autografa del Besozzi,
come mai non s'accorsero ch'era pure di mano del Besozzi
l'altra importante nota: « Pretiosissimus est iste codex, etc. »
che sta innanzi al codice e che fu ugualmente copiata da
loro ? Eppure la scrittura grossa e inelegante del dotto car-
l dinaie ò cosi caratteristica che non si può non riconoscerla
Ldfl chi l'abbia veduta anche una sola volta.
^H Non sodi altri studiosi che prima del iS^oefinoal 1832
^■bbiano consultato il D'mrniis nell'archivio Vaticano. Nei
^Brimi giorni del 1823 Giorgio Enrico Pertz, che da due
Hfinni percorreva T Italia cercando materiali e notizie pei Mo-
^^numcnta GcrmanuUy potò penetrare nell'archivio Vaticano e
I cominciarvi le sue ricerche. Merita d'esser riferita la breve
ma esatta notizia che il dotto tedesco di del Diurnns nel
I volunie V àcW Archiv (^i^: « Der zweite undwcnn ich rich-
« tig urtheile fiir die Geschichte wìchtigere Theil des Ar-
ti. chivs sind die Handschriften oder Urkundcnbùcher von
« denen ich unter andern den Liher diurnus Romarwrutn
« Pontifìctnu sah, und die Handschriften des Cencius be-
« nutzte. Jcner ist, Pergament in octav, aus dem 8"° Jahr-
« hundcrt, in seincn ersten Blattcrn selir verletzt, und ver-
« dienc eine sorgfaltige Vergleìchung mit den Drucken, um
I « so mehr, als in diesen, die einzelnen Bruckstucke der
L « ersten Blàtter willkurlich zusammcngesctzt zu seyn schei-
^■it nea
^^ (i) Àrchiv der Gescllschaft fùr ólUrc Deutsche Gcschichlskundc, V,
.'lorgt
IL
... -ejolo presente cominciano i tempi
... Dùirmts, Il De Roziòre, abbauJoniU
.'. -T.'osso fosse trasportato in Variano
. - . ^-0 VII dopo hi soppressione Jcll*ei-
;,j che il codice seguisse la sorte it^l
,' ■-■ce trasportati alla biblioteca Vaticani
. .: • ii Xapolcone I del 3 settembre rSii,
- Jrj a S. Croce dopo la restaurazione i:
. '^'ggiunge il De Rozicre : « son citic:ì:c
-::jnnina sans doute le souverain ponrifi'
. ians ses archives » (r). Tale con^itnim,
-'avvicina alla vcriti e quasi, dirò coi, '.^
•.: non la raggiunge.
•L;:ito, in cui qualunque indizio, sebbene
. ■:-!si^mificante, può dar molta !::cc, ò r.c-
,-;j niiiiutamente V aspetto cst.r:.^:.- L-
.'w, di (/" 170 Xt>'" Ilo senza \i lv.:.i:::r..
■ :; colla L*i2.Uiir;i. Questa si com:\'r^ J." ■..'■
. , : "ena rÌtaL;liato da uno pin L;ranJv. c':\j ":":'■'■
.. '.'io a riciiprire qualche altro vo!l::t;c, C- '■'.-
■,: Ciro due piegature clic corrono lìci >^'>
,■ : atn'aver.so alle due coperte e a! Jor-^o. N\;'
... • : l^W.x prima coperta è scritto:
N 5
H h h h h 97
lix Capsula X
Storia esterna del « n^iurnus \>
647
5u! dorso nella parte superiore fu scritto da prima di mano
rettolosa e trascurata Diurnas, la qual parola è ora allo
scoperto, per essere lacero e consunto negli orli un cartellino
in carta rossastra che vi fu appiccicato sopra posteriormente,
Sul canellino, in caratteri stampatelli maiuscoli e minuscoli
Tacciati a mino, è una scritta della quale resta quanto
segue :
Code I '^CCX I I I *^iurnu | vom P | ific
Iella parte inferiore del dorso è scritto di mano recentis-
XI . 19. Sopra un primo foglietto di guardia in carta
te sono le seguenti annotazioni ;
« Cedex i}S I Diiirnus | Romanorum Pontijknm \ Pretìo-
sissimus est iste Codex scriptus [ Longobardorum tem-
« pore fortassis inter j septimum et octavum seculum d.
^m « Pagina 6<) sexta synodus que habita | est anno 68 1
^M dicitur niiper celebrata | ex quo inferri potcst coJicem
^■k scriptum \ vel sepdmo scculo vel inchoantc 8*^».
^B L'ultima c.irta del codice, di cui non resta che un fram-
^Bnento, ha nel verso la segnatura : D 117.
^P Ragionerò separatamente di ciascuna di queste indica-
zioni:
^H I. A7. /«?. È la segnatura presente del codice apposta
^Hi mano dell'attuale sottoarchivista D, Gregorio Palmieri.
^■Corrisponde al catalogo compilato da Pier Donnino De Pretis
' custode del!*archivio Vaticano (1827-1840). L'annotazione
Idei catalogo De Pretis è: Armano XI i^, Hoìslcnms Diur-
mus Poniificnm (i).
I 2, N j, i, Hhhh b ^7, 4. Ex Capsula X, Queste tre
Sono pure segnature d'archivio. Della prima non ho trovato
riscontro in nessuno dei cataloghi ed indici dell'archivio
(i) La segnaiurn XI, 19, e rannotazionedel De Pretis, HcIsUnius
humus Pontificumj si riferiscono ad un esemplare stampato deircdi-
6^S
L Giorgi
Vaticano, La secon
dei documenti
De Bellini intorno al i8jo.
Diurnus ;
da corrisponde ad un indice cronologico
qucirarchivio compilato dal]*archivista
Il De Bellini registra cosi il
et H h h h h Diurnus Romanornm Pontifìcum qium Lucas
97 Holstenius typis mandaverai cantra votum
Cardinalis Botta, D, Garnerius edidit ».
La terza è pure una segnatura d'archivio, e Ìl prof. Sickel
crede sia stata scritta di mano di Gaetano Marini. Si ri-
ferisce air/«(/fx diplomatum bullis aureis munitorum dell'ar-
chivio Vaticano,
5. Pagina 6p scxta synodus, tic. È annotazione di uno
studioso che ha potuto esaminare tranquillamente il codice
quando era ancora nell'antica sua sede in S. Croce. È di
mano del dotto abate Gian Colombino Fatteschi, cistcr-
ciense anch'esso, che deve aver avuto famigliariti grande
coi suoi confratelli di S. Croce, poiché lasciò gran pane
dei suoi mss, all'abate di S. Croce D. Sisto Benigni.
6. Code 1 ^CCX I / I ^iiirnu \ \om P | ific. È una se-
gnatura dei mss. della biblioteca Sessoriana sicuramente pò- .
steriore alla morte del card. Besozzi (1755), il quale aveva^f
dato a quei mss. un'altra numerazione. Quale fosse questo ^^
numero romano, ora in parte illeggibile, possiamo sapere ^j
per altra via. Quando, sulla fine del secolo scorso, era in ^|
uso questa numerazione in cifre romane, un bibliotecario ^^
di S. Croce compilò una lista dei mss. col titolo: Codiccs ^
biblioihecae S" Crucis in lerusalem antiquiores et pretiosiores.
E fra questi è notato: u CCCXVI membranaceus in 12
zionc di Holste, non al codice. E forse resemplarc a stampa era
quello col frontespizio dì mano di HolsCe, di cui porla Zaccaria
{Bibliothcca rituaìis, II, n; Dissertatio, p. ccLUi) dicendolo appar-
tenuto al Marini. Probabilmente, smarrito o spostato il volumetto
impresso, ìl posto e la segnatura di esso sono stati attribuiti ol
dice.
4
1
4
Sioria esterna del a^iurnus»
649
« charactere longobardico intcr vn et viii saeculum exa-
« ratus in principio et in fine tineis et antiquitate corrosus.
« Est Diurnus Romanorum Ponrificum: Vide 15 A » (i).
Tutto, infatti corrisponde. In un prospetto topografico della
collocazione de' codici Sessoriani, compilato, sempre sulla
fine del secolo passato, dal bibliotecario Cipriano Treve-
gari,ò notato che il palchetto A dello scaffale 15 era occu-
pato dai codici numerati CCIC-CCCXXXVI. Com'è natu-
rale, il primo e più alto palchetto (A) conteneva tutti codici
di piccolo formato cotne il Diurnus, e la maggior parte di
quei codicettì si trovano ancora nel fondo Sessoriano della
Vinorio Emanuele, anzi alcuni d'essi hanno ancora i car-
tellini rossastri simili a quello del Diurnus e portanti numeri
fira il CCIC e il CCCXXXVI. Ma in qual tempo, dopo
la morte del card. Besozzi, sia stata data ai mss. Scssoriani
tale numerazione in cifre romane non può esattamente
determinarsi. Nel codice CCCIII - uno di quelli del pal-
chetto A dello scaffale ij - ò notato che fu donato a
S. Croce dulFabate Ripamonti il 26 aprile 1783; e cosi,
salvochè fosse stato fiuto uno spostamento per far luogo
al ms. donato dal Ripamonti, è da credere che la nume-
I razione sia posteriore al 26 aprile 1785. Inoltre, in un rozzo
j e incompleto indice alfabetico dei testi contenuti nei mss.
Sessoriani, al tempo in cut essi avevano questa numera-
zione in cifre romane, scritto dalla stessa mano dell'elenco
I dei Codices aniiquiorcs ti pretiosioreSy è notata una miscel-
lanea contenente scritti riguardanti cose politiche evctitusque
qui Romae conìì^crnni (2). Con queste sole indicazioni non
m'è riuscito d' identificare la miscellanea, la quale doveva
• portare il numero CCLXXII ; ma se, com'ò probabile, essa
f (i) Bibl. Naz. Vitt. Eman. cod. Scssor. 490, e. 214 r.
I (2) Miscdlan^a ccntimns nonnulla ad Rem. Ecch-siam^ summum Pon-
iifium ei*entusque qui Romac coniigcTuni spulaniia 2^2. Bibl. Nax. Vitt.
Eman. cod. Sessor. 490, e 194 v.
le Qon bibliogcihcmijdacs
compiuto che ha v^ro valore di documento.
7. Coikx nS. 8. Prctiosissimus, etc, Gioacchino Besozzi,
abate di S. Croce, poi cardinale, uomo dotto e assai be-
nemerito della biblioteca Sessoriana, scrisse queste due note.
>fel fondo dici mss. Sessoriani, che aumentò di molti e pre-
gevoli, il Besozzi fece ere lavori. Stabili una nuova nume-
razione, non potendo più servire Tantica forse per le lacune
sopravvenute. E compilò due cataloghi illustrativi, uno di
142 de' più insigni mss. ranto membranacei che cartacei,
l'altro di 58 mss. di minore importanza e quasi tutti di
nuovo acquisto (:)• Ma nessuno dei due cataloghi conti^ie
(i) Uno ò il Coti. S^ssor. 4.^3 intitolato: Nottu i^óntum quadra-
i^inta duo in St^soriancs :odÌces, Toltro <^ il cod. Seasor. 486 intitolata:
Slon'a esterna del *tT)iurnus »
6ji
una sola parola intorno al Diurnus, Nò è difficile ìmmagi-
-_ nare la ragione per la quale l'opera del Besozzi sul Diurnus
sì limitò ad apporvi il numero ij8 e la nota Pretiosissi-
mus, tic. Il Besozzi, bibliotecario diligentissimo, non poteva
lasciare senza il numero nuovo un codice cosi insigne, e con
quella nota volle avvertire i suoi successori del pregio sin-
golarissimo di esso, ma non volle comprenderlo in alcuno
dei due cataloghi, e non senza ragione. Avrebbe dovuto
parlare diffusamente, com'era suo costume, del contenuto
e dell'importanza del codice, delle edizioni dell'Holste e
del Garnier, delle cause per le quali la prima era stata sop-
pressa, e, quello che ò più, in uno scritto destinato ad an-
dare per le mani degli eruditi, parlare dell'esistenza d'un
codice che la Sessoriana doveva custodire come un tesoro,
ma sul quale è certo non doveva piacere ai monaci di ri-
chiamare di nuovo l'attenzione degli studiosi. Su questo
punto è pur da osservare che la massima parte dei mss. Ses-
soriani, siano o no compresi ne' due cataloghi del Besozzi,
portano nei fogli di guardia numeri e annotazioni simili di
mano di lui.
9. Diurnus Romanorum Pontificnm. Questo titolo non è
di mano del Besozzi, che anzi la nota Pr^//Vi^i;mK; v'ostata
scritta appresso da lui come illustrazione del titolo stesso.
Non è di mano dell'abate Ilarione Rancati o dell'abate
Franco Ferr.iri, i quali, come si vedri in seguito, chiama-
rono costantemente il codice Formularium Pontificum. De-
v'essere stato scritto negli ultimi anni del secolo xvn, pro-
babilmente dopo la visita de! xMabillon a S. Croce.
10. D. iij, È la numerazione che portava il codice al
tempo del Rancati, e il trovarla scritta nel verso del fram-
mento dell'ultima carta, prova che allora il codice era privo
di legatura. Della storia del codice al tempo del Rancati
Kctac cbronolo^^cac, historìcae et criticac in manuscripta Sessoriana, Sono
ambedue autografi licl Besozzi.
6jt L Giorgi
paricri tn seguita; frattanto giova stabilire cheUlctraiD
non è un' ^ibbrvvÌAzion^ delli parola Diurnus scooosóii
.il KiitK'uti. 1114 rivcU un'iacenczza nell*apporre la «epa-
tura» I codici del Rancaci cmn divisi in due saie, otu
di i \S sci;nat.i coti numcrij l'altra dì 54 con lertere; prr
t>i4biliucn{v a! Diurmis s^i stata assegnata priau una k&*
torà, poi il numero che riterme in seguito»
Da quanto Ito Jvtto mtorao a questi segni «sterìon,
mi pare si posAa concludere sicuramente che il codice s
trovAva ancora a Sanw Croce negli ultimi anni del se-
culo xvui. È da vedere se il tempo del trasporto affar-
fhlvio Vaticano possa essere determinato con maggìoie
csattowta. Per ciò il De Rozi^re, come ho accennato^ prende
come punto di partenza il decreto imperiale del 5 otto-
l>rc iHn (l)* Sebbene quel decreto non riguardi le biblio-
teche, c^:no b che i mss* Sc^oriani socco l'ara mrnistraziooe
francc.sie furono trasportali alla Vaticana; ma certo é pure
che ol tcnìpo del trasporto gi:\ fra essi non si trovara più
il Diurfms, Nella prefanone ai Regesti di Cìemmu l\ è
stata starapatA recentemente la rcLizione di aaonsìgnor Ma-
rino Marini, nipote e suL\'essore di Gaetano Marini, intomo
alli riconsei;na e a! via^^io dì ritorno a Roma deU'ai-
chivio segreto Vaticano, il quale, com'è noto, era stato
trasportato per intiero a Parigi per ordine dì Napoleone I
e fu restituito dopo la restaurazione. Ora fra i cimeli più
importanti de* quali vanta la ricuperazione il Marini nel
suo rapporto, ò il Lihcr Jinrntis (2), Il quale, dunque, è
evidente, faceva parte dell'archivio segreto Vaticano prima
che questo andasse in Francia. Cosi il tempo del trasporto
del Dittrmis airarchivio Vaticano deve limitarsi fra gli ul-
(i) Il decreto dei 3 settembre 1S81 inserito nel BulUtin des his
(serie IV, n. 590, decr. n. 7218) sì riferisce agli archivi delle cor-
porazioni soppresse nei dipartimenti dì Roma e del Trasimeno.
(2) Rigtsìa Ckmentis V, I, CCXLnc.
Ì rissimi aani del secolo xvitr, epoca in cui esso compare
Cora fra i Codices antiquiores ci pretiosiorcs di S. Croce,
I 1810, anno del trasporto deirarchivio a Parigi. Ma è
cora possibile una più precisa determinazione di tempo
di circostanze, se sì rifletta, che, secondo ogni proba-
DuitA, fu autore o consigliatore del craspono del Dìurnus
Gaetano Marini. A lui, come a tutti gli eruditi del suo
i^enipo, doveva esser nota in genere V importanza del D'utr-
^■5, e v'ha di più il fatto ch'egli, versatissirao in tutto ciò
■5ne riguardava la storia del papato, conosceva o possc-
eva (i) la copia dell'edizione Holsteniana, che aveva ap-
tenuto allo stesso Holste, e nella quale si trovava il
»ntespizio di mano di lui e il giudizio autografo del car-
iai Bona, che provocò la soppressione. Di più, il Marini
sva posto quella copia a disposizione dell'amico suo Fran-
Sco Antonio Zaccaria, e questi se n'era largamente ser-
io per la dissertazione sul Dittrmis, pubblicata nel voi, 2°
Ila Bihliotheca ritualis, cosicché egli doveva essere per-
tamente al corrente delle ragioni per le quali fu soppressa
lizione di Holste, L' importanza intrinseca e randchiti
pi codice, la lunga storia delle controversie ch'esso aveva
scitato e della soppressione, l'interesse che doveva avere
• Santa Sede a custodire essa l'unico codice antico su-
stiie dell'antichissima raccolta di formolo della cancel-
la pontificia, i pericoli che in quegli anni di rivolgimenti
alitici correvano i Ubri e i manoscritti delle chiese e dei
inventi, sono ragioni più che sufficienti per render pro-
ibile la congettura, la quale, se non erro, è confermata
(i) Malgrado l'asserzione, del resto non troppo esplicita, di Zac-
caria {piturlaiiOy p. ccLUi), mi pare assai più verosìmile che il pre-
xìoso esemplare a stampa col rrontcspìzio autografo di Holste e il
giudizio del card. Bona app:irtencsse aU'archtvio Vaticano anziché
al Marini. Si ricordi Tannotazìone del catalogo De Pretis e quella
più significativa del catalogo De BelLlni, le quali, a parere del Sickel
^niio, si riferiscono a quell'esemplare.
Archivio della R. Società romana Ji storia ^tria. Voi. XI.
^54 ^' Giorgi
da un appunto scritto dal Marini sulla sopraccoperta d'uni
lettera esistente ora alla e. 982 del cod. Vaticano 9114.
Il Marini annota: « Ho veduto ed esaminato il L. diurno
« che stava in S. Croce ... ed ora è deirarchivio Vaticano».
Certo non dice d'averlo fatto trasportare esso, ma questo
non è strano in un appunto d'uso personale, scritto in
fretta da un uomo della modestia del Marini. Nel diritto
della sopraccoperta è T indirizzo: « Al cittadiao abbate Gac-
c tano Marini, bibliotecario ed archivista vaticanOD, cosicché
se, com'è più probabile, la noterella è srata scritta poco dopo
ricevuta la lettera cui appaneneva la sopraccoperta, il
sporto del Dinrnns in Vaticano verrebbe a cadere p;
mente nel breve periodo della prima Repubblica Ro
cioè dal 15 febbraio 1798 al 30 settembre 1799. Il
rini, che salvò l'archivio di Castel S. Angelo,
tandolo in un giorno in Vaticano, pose in sicuro, io
forse nel tempo stesso il Diurnus, provocando una
luzione per la quale fu trasportino da S, Croce nell'an
Vaticano (i).
(i) Alla p. 107 del suo Commentario dc^li aneddoti di Gì
Marini, Marino Marini fa merito allo zio del ritrovamenio
copia del Diurnus « scritta di mano delI'OIstenio in una sola notte <.
La cosa gli sarebbe stata narrata dal can. Baitagllni cui Tivrebbe
più volte ripetuta il card. Zelada e confermata Gaetano Mirini
stesso. E, non contento di queste testimonianze, cita, male a propo-
sito» i passi di Zaccaria relativi all'cscmpUre impresso del DxMims
col frontespizio autografo di Holste e alle noie pure autografe £
HoUte possedute dal Zelada. Ma è chiaro che Marino Marini, ignaro
della non facile bibliografia del Diurnus, confonde stranamente le
cose e non comprende ciò che dice Zaccaria. Vedremo più tardi»
è possibile che Holste copiasse in una notte il Dinmui, ma ad ogfli
modo, fatta o no in una notte, l'esistenza della copia aotogrifi Ji
Holste è un fatto nuovo e della più grande inverosimigUjuLU. 5c
in tanta confusione è lecito avanzare una congettura, s racconti t)d
Battaglini, del Zelada e dì Gaetano Marini stesso si riferiscono «1
trasporto del codice del Diurnus da S. Croce all'archìvio Vaticafto-
Storia esterna del « ^lurnus i
iti
III.
Sebbene custodito con cura tanto gelosa da far credere
che si volesse dtssìmubrne l'esistenza, pure il codice del
DtnrnuSy prima del trasporto in Vaticano, non rimase cosi
celato nella lontana e poco accessibile biblioteca di S. Croce,
che dì tratto in tratto non riuscisse d'esaminarlo e studiarlo
a dotti, specialmente ecclesiastici, di gran fama e di nota
prudenza.
Non è possibile che il Marini non lo abbia esaminato an-
die prima del trasporto in Vaticano; certo deve averlo stu-
diato e probabilmente collazionato per intiero Tamico di lui
I Francesco Antonio Zaccaria, il quale aveva preparato una
nuova edizione del Diurwts, che poi non si decise a pubblicare,
e di cui resta solo la prefazione generale nella dissertazione
inserita, come ho già accennato, nel voi. 2" della BihVtoibeca
ritualis edito nel lySr. Per un'altra edizione, che poi ri-
mase allo stato di disegno, fu collazionato il codice sul
principio del secolo xvnt: quella che si proponeva di fare
il gesuita francese Daville. Giusto Fontanini e Domenico
Passionei lavorarono insieme alla collazione pel Daville (i)',
dell'opera loro è rimasta qualche traccia nel cod. Otrobon.
Vat. 3142, che contiene pochi passi e qualche variante del
Diurnus, preceduti, alla e. 84 r. dalla seguente nota di
mano del Passionei : « Alcune varie lezioni del diurno che
a si trova ms. nella libreria di S. Croce in Gerusalemme in
u Roma. — I! libro suddetto fu intieramente collazionato
« da me insieme colPabate Fontanini e lo diedi a un certo
tt padre Diauille, giesuita francese, affinchè lo stampasse,
« ma egli Immortttus est operi. Questi sono poclii fogli
(i) Galletti, Mcmorù per servire alla vita del caràinaU Dotmmco
Passionei, Roma, 1762, p. 19; Èlo^e hisìorique de M. k cardinal PaS'
^Ofui, La Haye, 1765, p. 9.
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DIVKSVS PONTIFICVM
sive vetus
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qiio sancta Ro. Ecclesia
onte annos mille utebatur.
^t"* Tc^ I*.»>*.-- ScHOEPFLix, ComtiuntatioHts historicae d critìidi;
'S4s>d<!t^ t*4.t. ViCii c'^twrt'oftVKtì premesse alla sua collaiione dell'cd
mI Hciijai cvnt'^ccCi ii Gomier, j>p. 499-501, Schocpfìin non affcnn»
^x^^ictiirtKtc: Sx"^T consultato il codice; ma poiché dice dì esso:
% ^i« ulc ■Jic'Jirc'ctniceus venerandae anùquitatis, scrìptus forma quam
A ^vvaiK .vtLiviriu extjtque adhuc hodie inter codices Cistercìenses
« S* C^4<':^ socolium Romae », e narra d*aver veduto a Roma nn
<^MMt»Un: Jc','.i HoL>:en:ana presso il Fontanìni e uno presso il
\ j;fN*iiv ^ is?a: probabile che lo abbia esaminato.
^ì"» lVìK"*o alla cortese mediazione del presidente della Sodeti
Storia esterna del nT>{urnusn
Il codice contiene inoltre il testo: AVXILII PRESBY-
ERI prò Formosi Papae eiusgut ordinationum defetisione
BER,
Il codice di Castel Gandolfo, segnato M. V. 9, appar-
nuto un tempo al card. Giuseppe Maria Tommasi, è car-
.ceo, di 0™ 267 X o" 191, di più mani della fine del se-
llo XVII 0 dei primi anni del xvni. Contiene:
i" (e. 1 r) Un frammento della tavola delle formole
econdo redizione di Holste (form. XXXIV-LXVI);
2° (e. n r) Un brano di note al Diurnus consistenti
richiami alla collezione di canoni di Deusdedit, alle
[cttere di Gregorio I e Gregorio II e ad Origene;
3** (e. ni r) L'Index formular um codicis tnannscripti
tiquisshni, copia incompleta dell* indice mandato da Hol-
;e al Sirmond;
4" (e. I r) Il titolo DIVRNVS PONTIFICVM etc,
:n tutto simile, salvo qualche lieve variante ortografica, a
quello del codice Vaticano ^8f8;
5** (e. 2 r) L'Ordo diurni^ indice delle formole al-'
quanto diverso da quello del codice Vaticano 6818;
té" (e, 6 r) Il testo delle formole;
7° (e, 9j r) Le note illustrative.
La parentela fra questi due manoscritti è evidente: non
inutile indagare in che precisamente concordino e in che
ifieriscano.
Il titolo, eguale in ambedue, differisce da quello che
[ciste voleva dare airedizione sua per la sostituzione
elle parole Formulanim Lihtr alla parola Formulurium, La
successione delle formole tanto nQÌÌ'Ordo diurni che nel
^su<
nostra, comm. Oreste Tommasìni, e al benevolo concorso del pre-
fetto di Roma e del sindaco dì Castel Gandolfo la comunìcizione
di questo codice che ìi De Rozìère conobbe solo per un brevissimo
cenno datone dal Trova nel suo Discorso dilla condi^iom de' Romani
vinti da' Longobardi, Milano, 1844, p. y$.
6j8
/. Giorgi
testo è quasi uguale nei due manoscritti ; le prime 30 for-
molo si seguono in ambedue coli' ordine stesso dell'etlidooc
Holsteniana, colla sola differenza che il Vaticano esclude
e quello di Castel Gandolfo include le formole 8, aé, 2"
di quell'edizione; circostanza notevole, perchè quelle fw*
mole, non esistenti nel codice di S. Croce, furono preaB
la prima da Dcusdedlt, le altre due dalle lettere di Gre-
gorio 1 e inserite da Holste nella sua edizione. In ambe-
due i manoscritti vengono appresso 22 formole, non J^
condo l'ordine di Holste, ma secondo quello del co&u
di S. Croce; poi dalla formoh Episcopo de ordinando
Uro fino alla fine si riprende in ambedue l'ordine d
zione di Holste, Cosi il ms. Vaticano ^818 ha lo^foraiolej
mancandovi le tre sopradette; l'altro di Castel Gaadolfo,
che contiene quelle tre, ne ha in tutto 109, numerate erro-
neamente loS perchè, per una svista, è rimasta scnn
numero la fonnola de aliare dedicando.
Non è nell'indole di questo studio una minuta analisa
del testo delle formole nei due mss. che è pressoché uguale;
dirò solo che da alcuni confronti eseguiti qua e là rissiti
ch'esso è stato fissato prendendo per base il codice &
S. Croce e adottando per qualche lacuna o per quildic
dubbio la lezione di Holste. Un particolare notcvolissiino
e che prova lo studio posto nel riprodurre, per quanto eia
possibile esaitameiue, il testo del codice antichissimo, lo
troviamo nelle parole finali dell'ultima formoli (XCIX
dell'ed. De Rozière). Quantunque nelle poche copie dei-
l'Holsteniana messe in circohizione sotto Benedetto XIH
l'ultima formola non sia la XCIX dell'ed. De Rozière colh
quale l'Holste voleva chiudere Tedizione, pure sappiamo
con certezza che di quella formola incompleta, pere
codice di S. Croce ò mutilo, THoIstc non leggi
in là delle parole quae reguìariUr. Invece nel ms.
cano 6818 le parole (jtiae regulariler son seguite dalle
in psalmis . . • dea salvatori., . vigilias excubias; nel ms. di
Storia esterna del « ^turnus »
6s9
Castel Gandolfo da queste : in psalmis et hymnis Domino
"ìco salvatori nostro decantandis vigiks exciilnas a^uut. Tutto
3ò si spiega agevolmente esaminando il codice di S. Croce.
'Colle parole qtuu rcgularltcr finisce la e. loi v,; della
carta 102 resta solo un frammento scritto da ambe le parti
e che Tumidità, la quale consumò il rimanente della carta,
rese quasi illeggibile. Eccone la lettura più probabile:
[e. 102 r].
in psalmis
deo saluatori
uigiles e&cubias
lentiis exterioribus
iugiter ualeant piis
ficia in cccl ìli ex^
constai tua rei
uUegiì apostol
postular
tioncs
que h
te
[e. 102 v].
vel cuncta con
sa in unum per
deo Uudes persolue
sicut a deo sibi
uit s.. iugiter per
at». que sub uno ab
'oca coDStituu
nec qui
tur uen
sìbi re
uel
nas
^ Il ms. Vaticano 6818 e quello dì Castel Gandolfo ci
f danno un tentativo simile di lettura del frammento. Nel
primo s'aggiunsero le prime parole leggibili, notando con
puntolìni le lacune, ma leggendo vigilias invece di vigiles.
Nel secondo invece si volle fare di più: si ossen-ò più at-
tentamente il frammento, si lesse rettamente vigiìt's, e le la-
cune si cominciarono a colmare con ingegnose restituzioni.
Un'altra singolaritA degna di osservazione è che nelle
prime pagine del ms. Vaticano 6818 la nota abbreviazione
i7/. del codice di S. Croce ò spiegata illustris, errore :lbban-
donato però ben presto In seguito e che non si ritrova
affatto nel codice di Castel Gandolfo.
In questo ms. le note illustrative son direne a ricercare
nella storia l'uso delle formole del Diurntts ; il loro merito
principale sta nella sobrietà del discorso e nell'abbondanza
^^0
/. Giorgi
dei documenti. L'autore, certo assai dotto negli studi ià-
l'antichità ecclesiastica, e a cui dovevano esser famigluri
tutti i grandi depositi romani di manoscritti e specialmente
la biblioteca Vaticana, con mano esperta e sicura ha pasto
a contributo le lettere dei pontefici» la raccolta di cinooì
di Deusdedit, il regesto di Farfa, ecc.
Dopo questo rapido esame del contenuto dei ducmss.
non può dubitarsi ch'essi abbiano uno stesso autore e che
rappresentino due diversi stati di preparazione di una nuoti
edizione del Diurnus, Il Vaticano 6818 che non ha nott^
che non contiene le tre formolo estranee al codice di
S. Croce, che ha nel principio Terronea spiegazione dd-
l'abbreviatura ///., che ha un tentativo di lettura del fram-
mento finale più inaperfetto e senza supplementi, è eviden-
temente un primo abbozzo; quello di Castel Gandolfo, col
suo ricco apparato illustrativo, colle tre formole gii intro-
dotte da Holste nell'edizione sua, con ulteriori migl:
menti nel testo, è una posteriore e più elaborata pi
razione.
Ora è da cercare chi, sulla fine del seicento o
primi del settecento, può aver pensato e condotto cosi
nanzi senza pubblicarla una nuova edizione del DiumuL
Su questo punto lìon posso che esporre una mia con-
gettura.
L'autore dei due mss. ebbe a mano e studiò tranquil-
lamente e a lungo il codice di S. Croce e l'edizione Ji
Holste. Il fatto d'aver potuto aver comunicazione del
codice antichissimo cosi gelosamente custodito mostra che
egli non era il primo venuto: ma anche più significativo
è Tuso di un esemplare della Holsteniana. Era certo un
esemplare anteriore alla rimozione del sequestro e alfirct-
coloso completamento fatto nel 1724, perchè la scrittura
dei due mss. è anteriore. Se poi si pensi clic l'autore dei
due mss. fece suo, con un lievissimo mutamento - fonm*-
larum liber invece di Formuìarium - il titolo immaginato
Storia esterna del « T)ìurnus » 661
Nfic
Holste e che trovavasi manoscritto in fronte all'escm-
arc presentato da lui per ottenere V approvazione della
ria; poiché non sembra possibile che a molta distanza
i tempo due persone differenti potessero, senza intendersi,
cogitare ambedue lo stesso titolo, conviene concludere
e l'autore dei due mss. abbia avuto a sua disposizione
esemplare a stampa col titolo manoscritto, presentato da
Holste. Ma non è possibile che la Congregazione dell'Indice,
negli uffici della quale doveva trovarsi quell'esemplare, lo
cotiscgnasse ad altri che a persona degna della più assoluta
ducia e preferibilmente ad uno de* suoi consultori, E a
uesto punto il nome che mi si affaccia subito alla mente
è quello del padre, poi cardinale Giuseppe Maria Tommasi.
Chi meglio del dotto teatino, insigne specialista nello
studio dell'antica liturgia, aggregato alla Congregazione
dell'Indice fino dal 1^73, nominalo esaminatore apostoUco
da Innocenzo XII, poteva accingersi ad una nuova edi-
zione del DìurniiS? Forse il giudizio severo del cardinal
Bona pesava alla Congregazione, la quale doveva deside-
rare che, dopo r edizione soppressa di Holste e quella
I disapprovata di Garnier, un cosi venerando monumento
fosse pubblicato di nuovo in una edizione approvata dalla
I curia e quasi ufficiale. E il nome del Tommasi, cui cer-
tamente ha appartenuto, si legge per ben quattro volte
^nel ms. di Castel Gandolfo.
^P A parer mio dunque il ms. Vaticano ^818 e quello
^di Castel Gandolfo, sebbene lavoro materiale di più co-
pisti, rappresentano due stati diversi della preparazione di
una nuova edizione del Diunms curata dal Tommasi. Se
questa congettura è giusta, non è nemmen difficile deter-
minare approssimativamente i limiti di tempo entro i quali
il Tommasi deve aver fatto il suo lavoro e immaginare
le circostanze in mezzo alle quali può esser sorta l' idea
della nuova edizione.
Nel 171 3, poco dopo il suo innalzamento alla dignità
cardinalizia, mori il Tommasi, né credo che il disegno &
ripubblicare il Diurmis gli sorgesse in mente prima de
colloqui che ebbe col Mabillon nel léSj e nel 16S6.IÌ
grande benedettino nel suo viaggio d'Italia sìtrancnncin
Roma dal giugno 1685 al marzo 1686, allontanandosene
solo neir ottobre e nel novembre per visitare Napoli. Cau
e Montecassino. Fin dai primi tempi della sua
chiese notizie del codice del Diurmis usato da Hol
dopo molte ricerche potè consultarlo, né credo d
ricerche e al ritrovamento fosse estraneo il Toraraaa.
Mabillon aveva in grande estimazione il Tommasi,
chiama « amicus noster in primis, tuodc^tia et pici
(c non minus quam doarina et scriptis commendandiis • (]
e per una singolare coincidenza le due menzioni
di lui neir lur Itaìicum (2) sono immediatatnentc
ai passi nei quali parla della biblioteca di S. Qoce in
Gerusalemme, quasiché il pensiero del dono monaco fran-
cese associasse o almeno riavvicinasse il ricordo del Tom-
masi con quello della Sessoriana di S. Croce e de codia
ivi studiati. Certo il Mabillon aveva gran desiderio di ve-
dere Tantichissimo codice del Diurnus studiato da Holstc^
« cuius exemplar invenire magnopere avcbamus » (j), e
Io cercò a lungo e seppe ch'esso si trovava nella Sesso»
nana da un dotto in Roma, « ab homine docto acocpi-
« mus rt (4). Il dotto non è nominato, e si C'
delicata riserva del Mabillon; ma non è imp:
questi fosse Y « amicus noster in primis », il Toi
lavoro cominciato dal Tommasi verosimilmente dopo il
dovette trascinare in lungo, ritardato da altri studi
cupazioni. Lui morto, per qualche anno nessuno pei
(1) Mabillon, lUr Italicum, p. 90.
(2) Mabillon, //- Ital pp. 90, 132,
(5) Mabillon, Jt. Itul. p. 7$.
(4) MABttLON, IL Hai p. 7$.
Storia esterna del i*T)iurntis »
663
DiurnuSy finché nel 1724 alcune copie dell' edizione
lolsteniana ritrovate in Vaticano furono, com' è noto,
rettolosamente e malamente completate.
IV.
Avanzandoci sempre verso i tempi più antichi, giun-
no al periodo che corse fra il governo dell'abate Gioac-
chino Besozzi e quello dell'abate Ilanonc Rnncui, fondatore
della biblioteca Sessoriana (1724- 1626). In altro luogo rac-
conterò la storia di quella biblioteca e specialmente dei
manoscritti che, raccolti dal Rancati, rimasero dopo la morte
di lui a S. Croce; qui basterA accennarne quanto e neces-
^sario per la storia del nostro codice,
^fe II milanese Ilarione Rancati (i), per tre volte abate
^Ki S. Croce in Gerusalemme, uomo dottissimo che ebbe
^^n Roma al tempo suo influenza e riputa/Jone grandi,
raccolse una ricca bibUoteca della quale era pane assai
I pregevole un gruppo di codici provenienti da diversi mo-
na^steri cistcrciensi d'Italia: da Nonantola, da S. Salvatore
di Settimo presso Firenze, da S. Martino de' Bocci presso
Parma, da S. Maria di Casamari presso Veroli, Esiste
ancora un elenco sommario di 138 de' migliori codici del
Rancati compilato mentre esso viveva e forse da lui
stesso (2): dei medesimi 138 codici e di altri 34 ch'e-
' rano sparsi per la biblioteca esiste una più larga descri-
zione che, per ordine di Alessandro VII, compilò, dopo
-|(x) Cf. Macedo, Fr. R. P. V. abbatis àomnì HUarìonis Rancnti in eius
isprtusttitc corporc ad Sanctae Crucis in HicrujaUm habita laudatio;
e A. Fumagalli, l'ita del P. D. Ilarione Rancati, Brescia, 1763,
(2) Index tnanuscriptorum antiquorum bibliothecae P. abbatti D. Hi-
àariomj quo urna utébatur. Fra le carte dì F. Ferrari nel cod. Am-
brosiano C. S. V. II.
664
L Giorgi
la morte del Rancati, il cistcrciense Franco Fémri, com-
pagno di studi al Rancati negli ultimi anni della viu (i).
Nell'elenco sommario di cui, fra le carte del Rancati
conservate nell'Ambrosiana di Milano, esiste ancora la
copia adoperata dal Rancati finché visse (2), il Diurrtus h^È
notato : A^. irj Formularium Pontijictwi, Nella descrizione
più larga del Ferrari, sotto lo stesso n. 117, il Diurnus e
descritto cosi : « 1 17 in-4** pergam. Formularium pontificum^^
o Plora perlerunt tani in principio quam in fine, ideoque
« exordium sumit a formula scribcndi epistolas episcopo,
« praesbiteris, diaconibus et plebi his verbis: Per charissi-
« nium nostrum etc, et finit in formula cuiusdam privilegi!,
« cuius hoc estinitium: Cum in exarandis Dei laudibus, et
t< quod nihilominus truncum est et explicit una cura codice
« his verbis: quae regala. Hic codex conscriptus fuit Longo-
<( bardoruni tempore. CoIIigitur ex formula privilegi! cuius-
<( dam prò confiruiationc donationis patrimoni! Alpium Co-
a tiarum S. R. E. in qua fit mentio de quadam regina
« eiusque tìliis tamquam prò tane viventibus, quae regina
« alia esse non potest ab ea quam Luitprandus rex Longo-
a bardorum non multo post dictam donationcm ab eo factam
« uxorem duxit ut scribit Paulus Dinconus lib, 6 De gestis
txLon^^ob, cap. 43, licet ipse illam Gualtrudam norainet
« filiam Baioariorum ducis. Porro talis donatio a Carolo
« Sigonio, Rc^i Itaìiae lib. 3, refcrtur in annum 716 ideo-
(i) Cod. Chìgiano R, II, 64. È Tesemplarc presentato dal Ferrari
ad Alessandro VII. Una copia di questo catalogo, appartenuta un
tempo alla biblioteca dì St-Gcrmain-des-Prcs, sì trova ora alla bi-
blioteca Nazionale di Parigi ed è il n. 15075 del fondo dei mss,
latini. Da quella copia cavò il Montfaucon la lista di codici di
S. Croce inseriu alle pp. 193 e 194 del tomo I della Bibliosheca
bibliollucarum.
(2) È Vlndex esistente nell'Ambrosiana fra le carte del Ferrari
citato alla p. precedente, nota 2, e si trova riprodotto innanii al citi-;
logo del Ferrari nel codice Chìgiano R, II, 64.
Storia estenta del ti^iurnusn
Ì63
« que circa ea tempora videtur scriptus codcx iste, in quo
a insuper sexta synodus dicitur nuper celebrata In formula
« professionis sive indicalo episcopi et etiam Romani pon-
ce tificis; synodus autom sesta fuit :ibsoIuta anno 68 1 et in
tt indiculo epìscopi de Longobardia habetur expresse quod
« liber scriptus fuerit tempore Longobardorum. Habet foL
« n. 99 )). Lo stato attuale del codice, guasto in principio
e in fine per modo che delle prime quattro carte e del-
Tultima restano solo piccoli brani, ù presso a poco qual'era
a quel tempo; basterebbe a provarlo la segnatura D- iiy
apposta nel verso del frammento dell'ultima carta. Di nuovo
non v'è che la rilegatura e la carta di guardia aggiunta
sulla fine del seicento.
Ed ora eccoci ad uno dei punti più importanti, ma più
oscuri della storia del codice. Intorno al 16^1 (i) Luca
Holstc trova a S, Croce presso il Rancati il codice, lo tra-
scrive, e prepara su di esso quella edizione di cui vivo non
potè ottenere Tapprovazione, e che fu soppressa dopo la
sua morte. Sulla scoperta deli'Holste, e sulla comunicazione
ch'esso ebbe del codice dal Rancati corse una specie di
' leggenda, raccontata da tutti (2), posta in dubbio dal solo
^V (z) Il I^c Ro2Ìère crede che Holstc scoprisse il codice a S. Croce
verso il 1644 o il 1645; il Sickel invece stima di poter riportare
la scoperta al 1641 ; ed io convengo in quest'opinione. Holste aveva
molte occupazioni e con facilità grande concepiva disegni di lavori
che poi per la forza delle cose era costretto a condurre innanzi
lentamente o a lasciare incompiuti. Cosi è verosìmile che assai
prima del 1644 egli vedesse per la prima volta il codice Nel 1641
cominciò il secondo governo abbazialc del Kancati in S. Croce, e
a quel tempo le relazioni personali e letterarie dì lui con Holste
erano gii intime, come lo prova la commendatizia del Rancati che
riferisco alla p. 667.
(2) MABaLON, Ikr Itaìicum, p. 75 ; Museum llulkum, I, 35 ; Besozzi,
nella nota ms. inserita nell'esemplare deiredìzione Holsteniana che
esisteva un tempo a S. Croce (Archives àts missiom scienlifiqtus, I,
^243» nota i); Fumagalli, DóIU istituzioni diplomatiche, 1, 113. Anche
666 L Giorgi
Biluze (i)i da nessuno esaminata scriimeote* Secondo
questa leggenda» narrata la prima volu dal Mabtlloa nel-
ì* Iter haìkum, THolste» riconosciuta T importanza del co-
dice, avrebbe chiesto al Rancati di prestarglielo (2); questi
avrebbe consentito, ma solo per pochissimo tempo, e a
quanto pare, per coosultarb semplicemente, non per co-
piarlo. VHoìstt^ ftirtimj furtivi^ contro ìa ftdcdata^ avrebbe
in una sola notte copiato ratto il codice egli stesso o fitt©
copiare da altri, da Leone Altacd, dicono alcuni (5), Os-
servò il Baluze e riconobbe anche il De Rozièrc essere
maceriainience Impossibile che il codice sia stato copiato
in noa notte, ma nessuno ha spinto più in là Fesame di
questo racconto.
adtl^esempldre d«lÌ*edl£Ìone di Hobte esbtente neir Angelica (H, 9, t)
t un* nota ras. che ctimìncla cosi ; « Liber diumus Rofoanonrtii
« ponciftcum liuJus ^tioiìii per Lucam Holsteoiym fait ab tsto wnius
Il Qoctis spAtìo funitn dcscrìptus ex antiquLs^mo codice bibti«ithccac
« mooasterìj S. Crucis in Tcrusaleto qu«m Celebris P. D. HìluioD
<r Rmcjmii cmsdetm monistenl abbas ipsi Holstem^ legendum com-
* mcMJAverat. Rara est ha ce tSxàò etc» ».
(i) De RoutftE, XLlv nota 24.
(2) R Studio igìtur ìncensus exscrìbendì Libri (Holstenìos), cmus
« praetium nemo erat, qui penitius nosset, a Rancato petiit, ut sibi
ff praestantissimum codìcem utendum ad brevissimum temporìs spa-
a dum daret. Rancatus nonnìhil repugnans tandem se amici doctis-
« sìmi precibus dedidìL Holstenius autem librum, ut Mabillonins
« aliique passim narrant, una nocte describendum curavit ». Zaccaria*
Disstrtatio, CCLU.
(}) Che la copia del Dtumus in una notte sia stata fatta dal-
PAlIaccì e non da Holste è una variante della leggenda che s*ap-
poggia, come mi ha fano giustamente osservare ìl prof. Sickel, sopra
un errore dì stampa incorso nella prima edizione (1687-89) del Musittm
lUdicum e corretto nell*edìzione del 1724. Invece di stampare « quod
or Holstenius commodato cum accepisset > si stampò « quod AUatìas
« commodato cum accepisset ». L^errore rìprodono pel primo dal Cave
nell'HiVtoria UUraria (I, 621) è stato poi ripetuto dal Fabricio nella
Bibliotheca meà. ti in/*. aitaXis (II, 454) e dal GncGUENÉ nel breve cenno
della viu dell' Allacci inserito nella Busgraph'u waivtruXU del Michaud.
r\
Storia esterna del « I burnus ^
667
Il Rancati, teologo e canonista di gran valore, consul-
tto e ascoltato come un oracolo durante i pontificati di
Jregorio XV, di Urbano Vili, di Innocenzo X e di Ales-
indro VII, era Tamìco dei dotti e dei letterati del suo
tmpo (i)- Delle relazioni d'amicizia che correvano fra
ji e r Holste è testimonio la lettera seguente di racco-
andazione del Rancati per THolste, In essa, caso singolare,
tratta di codici che l'Holste desiderava di vedere a Ca-
maldoli e dei quali il Rancati stesso gli aveva dato l' indi-
rione (2).
Rcv«o P'* Prone mio Col™°
II sìg" Luca Holstenio gendlhuomo e bibliothecario del sig*^*
card**^ Barberino per la sua singolare erudicione stimatissimo in
questa Corte se ne viene a CamaldoU per vedere in cotesta librerìa
alcuni manoscritti, de* quali io li ho dato notizia. Prego la V. ptA
Rev™' acciò con particolare carità e cortesia, oltre a quella che con
tutti si suole dbhondantemente usare in cotesto luogo, li voglia es-
sere liberale dcirhospìtio et ogni altra comraodità per il tempo che
gli occorrerà dimorarvi, che oltre al beneficio che ella farà alle
buone lettere obligarà sommamente ancor me, ìì quale porto sin-
goiar osservanza e venerazione a questo gentilhuomo. Né occor-
reodomi altro la riverisco. Di Roma li 26 giugno 1641.
Di V. Pti Rev"»
^_ Dcvotiss^ Ser"
^B D> H1LAR10KE Rancati.
^^ Al Rev»" P»-* Prone mio Col'^o
L n P*"' maggiore di CaraalJoH.
f (1) Narra il Ferrari in una notizia biografica di lui che trovasi
[ nel codice Ambrosiano B. S. VI. ro (voi XIX delle carte del Rancati)
ch'esso avesse due voti nel conclave in cui fu eletto Alessandro VII,
e che gli antiqu.iri, o come diremmo noi i cìceronij gli conducessero
i principi stranieri " per la curiosità dì veder un huomo tanto nomi-
H nato ». E il Fl:magai,li, nella citata Vita del Rancati (p. 144), riferisce
sulla fede di Raimondo Besorri che, udito della morte del Rancati,
Alessandro VII esclamasse : « Exttncta est lucerna Urbis et Orbis w,
(2) Ho trovato una copia di questa lettera nella biblioteca Val-
celliana^ nel voi. CLIV delle carte dcU'AUacci.
668
7. Gl'or
g^
Questa lettera prova, non solo Taniicìzia del Raacaii
per THolste, ma 1* impegno che il primo mene va per liuur
l'altro nelle sue ricerche erudite. Ora sì può credere chflfa
Rancati, il quale canto s'adoperava per aprire al dotioV
desco amico suo le porte delle altre biblioteche, gli chin-
desse in faccia quella della propria ?
Il prestito dei codici era allora cosa abbastanza coniDne,
cosicché non si può pensare ch'egli avesse difficolti di
privarsi per qualche tempo del Diurnus per favorire Fi-
mico SUO- Piuttosto è da cercare se non possano e&seni
state ragioni speciali per negare o limitare quanto al tempo
e al modo la comunicazione del codice. Il punto diiEdk
è qui. Nel 1^41 poteva il Rancati avere intomo ad mu
futura edizione del codice i sospetti, i dubbi e le difficolti
che sorsero verso il 1650 e determinarono tanti anni dopo
la soppressione ? Non lo credo.
Neirelenco sommario del Rancati, nel c;i '
Lu-go del Ferrari il codice è cliiamato sempre /
Pontificum, Raccolta delle formolo che usavano antkar:
pontefici romani (i), chiama il dotto gesuita Sirraond l'alffo
codice, ora perduto, dc'gcsuiti del collegio parigino di CIcT"
mont. L'applicazione del nome di Diurnus o meglio ridcQ'
tificazione del testo contenuto nei codici di S, Croce
Clermont colla raccolta ufficiale citata nelle collezioni
niclie col nome di Diurnus è opera dell* Holsie (2) 0
(i) In una lettera al P. Terenzio Alciad della C. J. G.
14 agosto 1635, che si trova a p. 681 del voL FV delle opere*
SlRMOND.
(2) È questo un punto assai importante, forse il più imp
della storia degli studi sul Diurnus. Il Sirmond conosceva il
lario pel codice che ne possedeva la biblioteca domestica dei {!^
suiti del collegio di Clermont e aveva concepito e partecipato al
cardinale Cobelluzzì il disegno di pubblicarlo» ma non sapeva ut
fosse la raccolta ufficiale citata dai canonisti col nome di Diuntc
Solo airHohte, il quale s*era occupato dì Deusdcdìt, poti balciurc
Storia estet^ta del ^i^yiarnusn
€69
latarc dal tempo degli studi di lui sul codice di S. Croce,
da quel tempo cominciano le diffidenze: prima d'allora
lulla. Nel 1616 il Sirmond promette al cardinale Cobel-
luzzi (i) un'edizione delle formole del codice di Clermont ;
lei 1635 il Sirmond stesso scrivendo al P. Terenzio Alciati
parla senza ritegno del celebre passo relativo alla condanna
l'Onorio che motivò poi la soppressione dell'edizione di
lolste (2). Ma più tardi è dallo stesso Sirmond che comin-
ciano gli scrupoli e i dubbi, quando il formulario, di cui si
ti pensiero della identità del Diurttus coi formulari contenuti nei codici
di Parigi e di Roma. Quanto fermo fosse Holste nella persuasione
di questa identiti Io prova la lettera seguente colla quale egli invìo
a Pietro De Marca, arcivescovo di Tolosa, alcuni fogli del Diurnuu 11
De Rozière parla di quest* invìo, noa non conosce la lettera dì cui io ho
trovalo la minuta autografa alla Barberiniana (cod. XXXI, 64) e una
copiapiùrecentenellaVaUicelliana fra le carte delPAllacci(vol. CLFV').
La lettera non ha data, ma dalla risposta del De Marca, esistente
pare in copia in quel volume delle carte Allacciane e che è dell'ot-
tobre 1660 e allude al ricevimento delta lettera di Holste neiraprile,
è certo che fu scritta anch'essa nel 1660. Holste scrive così al dotto
arcivescovo, col quale entrava allora in corrispondenza: a Mìtto ctiam
« vetcrìs formularli quod nunc cxcuditur capita nonnulla ex quibus
^« perspicies intcr quotidìanas et frcquemes literarum poniiliciarum
^Krformulis monaiicriorura quoque exemptiones coraprehendi. Diur-
^^tius ille solemnis olim Ecclcsiae Romanae liber Gregorii M. tem-
I « pora antcccdit cuius literae complures hac forma scriptae extant, ut
' « vidcre est lib. 8, ep. 63 et lib. 4, episi. 20 et 21, ubi infine ad-
■ ditur et ccUra secundum morem. Earum autem eplstoUrum for-
u mulac ìntcgrae in hoc libro extant. Privilegia autem monasterio-
« rum eidem libro adiuncta Gregorii aetate in usu fuisse scriniariìs
« Ecclcsìae Romanae testantur formulae quae marmori ìnsculptae
*t nunc quoque in ecclesìa SS. Ioannis et Pauli atquc alibi supersunt.
Il Venira haec prolixc in obscrvationibus ad librum illum explico quas
n nunc excudi curo et brevi ad te mittam. Ioaiinis IV decrctum ad
o rena luara facturum existimavi. De aliis simìlibus proximc copiosius
m scrìbam, ne d&sìderium tuum inani ditatione nunc suspensum te-
«Deatn. Vale ».
(i) Sirmond, Optra, IV, 651-652.
(2) Lettera del Sirmond citata alla p. precedente, nota i.
Archivio della W. Società romana di storia patria. Voi. XL
6'jo
L Giorgi
poteva prima discutere se fosse o no uffiòjlc, è i
tiGcato col Ditirnm Romdmntm pottiifiiMm qeao4>Duik
iìu L'Hokce cbe a Parigi doveva aver gii wc^am Ì cbébi
di Clermoat (t)» trovato e copiato tì codice Rancati «n
e fa scriirere dal cardinal Barberini al Sxr^ioiid (l2 e if io-
Tcmbre 1 646) (2) pregandolo di saj^ilBC eoo qad afa
die lacufte di qtiello dd Raocad, dd quale gfi oualirà*
dice delle rubriche. Pregato in tal mchlo» 3 ScnBOalfl-j
^xmde al cardinal BaTt»erìm (é decenibrc ì6^ (j) et j
mandava e mandi di lana 2 Roma all'Holsfc fl
ClermonL Però nella lettera stessa coQa quale
cardinale f invio del codice soggiunge: « xamqge
« sororìs eìus filio (P. Lambeck) qui hic est coodbaiABtf I
m Romam pergens ad avunculum dekrret, scd tx ìtjgt '
« ad tne postea, quod factunim coofido, re coaSccOf bat]
■ est pineta collatione, remìttaL Keque enii
« tctD D, Holstenio esse puto ui in bcetn edar ». Coakztt]
se da una pane abbiamo I*acm generoso e conESC
r invio tmcocdiato del codice, dalTahra à irai£scc 3
di una possìbile pubblkadoiie di esso.
In un* altra lerren direna dal Sìrmond aII*Hc^ste e At^
(i) De RoziEJtE (Introd. xld) crede che Holste
del codice dì Clennont da Pietro Lambcck soo nìpoce» ma è fife
probabile Popìnìone del Siceel {Praie^omuma, ì, 46, nota iX 3q|Bdc
DOD trovando traccia dì óò nella corrispoodenaa finora noa fra
Hol^e e Laxnbeck, ritiene che ne avesse coooscenra gii da prima.
Holste era gii stato a Parigi ed era in strette rrUrìnni coi dooi
francesi. Vci^gas ìntomo a qocste relazksii la Uiiq essante mcJioria
del m:o dotto amico Leon G. Pélxssizx, Lcs amis J'Hcistemms, nà
MclsKCi'-' Sir:h{-^^ tì J'hùi:ir{ fmhìiis par TEcde framfoiu àc Mfftm,
toni. Vili.
(2^ Lettera S Holste al Sìnnoad odia raccoha del BoososLàDC:
LvcAi HoLSTENi: £^£.4.-Jj* aì irrcrs^s^ n. Lxsvn. Lettera dd car-
dinale Ballerini al SìrmonJ nel voL IV, p. 6S;, delle Ofvrm dd
<^^^ Lettera dd Smnooi al card. Baibenii al roL IV, p. 686.
Storia esterna del n^iurnus»
leve appartenere a tempo alquanto posteriore, la premura
Jel dono gesuita per impedire un'edizione del Dinrnus è
iche più palese. In questa non cela la maraviglia e la
[preoccupazione sua nel vedere ricordata la condanna di
)norio nella forraola dì professione di fede del pontefice
nuovamente eletto, e dichiara che per questa sola ragione
s'astenne egli stesso dal farne la pubblicazione promessa
card. Cobelluzzi. et Haec una me potissimum causa de-
|« terruit » (i).
Questi scrupoli e questi timori nascevano dalla condi-
EÌone speciale in cui si trovava il Sirmond per gli studi
atti e pel possesso del codice di Clermont. A Roma, invece,
nessuno a quel tempo poteva aver difficolti o far riserve
er lo studio di quel codice sconosciuto di formole, molto
iene il Rancati, il quale era amico deirHolste e, come lo
prova il lunghissimo elenco de' suoi scritti e la sua corri-
pondenza, non s*era mai occupato delle formole della can-
elleria pontificia. Il racconto dunque della riluttanza del
Uticari a prestare il codice all'Holste, della concessione di
jdiarlo per poche ore e della copia in una notte b una
toriell.i domestica messa fuori per salvare la responsabilità
Rdel Rancati quando del permettere o no la pubblicazione
deircdizione Holsteniana si fece a Roma una vera questione.
A tanta distanza di tempo e dovendo giudicare solo da
parsi frammenti di corrispondenze (2) le relazioni di quei
(i) Lettera del Sìrmond ad Hoiste senza data, pubblicata da
UCCARIA, Disurtatio, p. ccLXxri. l\ De Rozière la crede contempo-
aea all' invìo del codice: io la ritengo d'alquanto posteriore, poiché
dal contenuto non pare sia un'accompagnatoria del codice.
(2) lo credo che la cautela di coloro che ebbero T incarico di
iinare gli scritti e le corrispondenze degli eruditi cattolici del se-
llo xvn dopo la loro morte, e la riservatezza anche maggiore degli
tichi editori dei loro epistolari, ci abbia privato forse per sempre dei
Migliori documenti intomo alle questioni più delicate della loro vita
e della loro operosità scientifica. E poi il formalismo dominante nel
672
L Giorgi
dotti, non è possibile asserire nulla con cenezza; ma io
credo che le difficoltà le quali finirono per deierminirc
la soppressione vennero, non da Roma, ma da Parigi e
furono suggerite dallo stesso Sirmond. Il quale vedendo
che malgrado i suoi consigli si preparava l'edizione de!
Diurnus, deve aver dato Tallarme e svegliati i sospetti Jdli
curia.
Il tramite pel quale si diffuse la leggenda della copialo
una notte dev'essere stato il racconto del Mabillon, e quoa
non può averlo avuto da altri che dai monaci di S. Croa.
Quando Mabillon andò a S, Croce V Holste e il Ranon
eran morti da più anni, ma il ricordo della soppressioni
Jeiredizione di Holste durava, anzi s'era ravvivato per U
disapprovazione con cui la curia aveva accolto la nuovi
edizione del Diurtius fatta dal Garnier sul codice di Qtf-
mont. Era dunque spiegabile la gelosia dei cistercìcnsi od
seicento, il sentimento religioso, il rispetto profondo per b ^uprom
autorità della Chiesa e i vincoli di amicìzia che esistevano tVimoldJt
quegli eruditi dovevano legar loro le lingue e le peone, e intorno 1
certe questioni imporre molti riguardi e reticenze. Holste, Sirtnonifl
cardinal Bona, autore del giudizio pel quale fu soppressa rediiione
Holstcnìana, Rancati, erano in strette relazioni letterarie e pcrsotuB
fra loro e cogli altri dotti d'Europa; ma nelle loro lencne, ilmenn
in quelle che ci son pervenute, si cercherebbero invano notìzie espli-
cite intorno alPandamento di cosa cosi delicata come U sopprtv
sionc del Diurtim. Oltre agli epistolari a stampa del Sirmond, àio-
rHolste e del Bon;i, ho consultato i manoscrittie le lettere di Uolwe
esistenti alla Barberiniana e alla Chigiana, quelli sparai nelltf urv
dell'Allacci conservate nella Vallìcelliana, ho esplorato mìauuni<ctt
i grossi volumi della corrispondenza del Rancati che sono all'Ai
brosiana di Milano, ma ben poco xiCh riuscito dì trovare olut t ilo*
cumenii già noti al Zaccaria e al De Rozìère. Speravo bene àx
ricerca ncirarchivio del Collegio Austriaco deirAnima in Ron
dove Holste mori e nella chiesa del quale ebbe scpolttira, ma iQ
replicate richieste fatte per me dal prof. Sìckcl sì 1^ sempre
che l'archivio non conteneva alcun ms. di Holste o documi
lativo ad esso.
Storia esterna del iiT>iurnusvt
6^i
istodire e quasi ncirocculure il codice (i) e l'artifizio di
lettere in bocca al Mabillon, che l'avrebbe diffusa per tutto
mondo erudito, la strana storia che scagionava la me-
loria del Rancati da ogni accusa d'imprudenza.
Colie ricerche precedenti ho tentato di rifare la storia
>dema del codice; ora è da indagare da dove proveniva
lando venne nelle mani del Rancaci. E questa non è la
:e men difficile delle mie indagini.
Verso Tanno 1641 il codice si trova gii fra i mss. pos-
luti dal Rancati. Il catalogo illustrato di que* mss. com-
iilato nel 16^4 dal Ferrari ne registra 172, notando le
provenienze di alcuni, ma non dice nulla di quella de! Fot-
vttilarittfn poììtificum che è al n. 117 (2). Dalle poche indica-
zioni delle antiche provenienze date dal Ferrari e più da
una osservazione minuta dei segni esteriori dei mss. di
S. Croce che furono già del Rancati, si può stabilire che
essi venivano da cinque monasteri: i"* S. Silvestro di No-
nantola, 2° San Salvatore di Settimo (Firenze), 3" S. Mar-
tino de* Bocci (Parma), 4** S. Maria di Casamari (Verdi),
5* S. Anastasio ad Aqtias Salvias (Roma). I codici venuti
da S. Anastasio e da Casamari son pochissimi di numero e
non antichissimi; quelli di S. Martino de' Bocci, alquanto
^B (i) Si rammenti la riserva del Mabillon nel parlare del modo
con cui rinvenne il codice romano del Diunius e la frase della let-
tera di D. Michel Germain a Claudio Bretagne citata dal De Ro-
ZIÉRE (Introd. CLUI) e pubblicata dal Valéry nella Corrtspotiàanu
in^diU di Mabillon et de Montfaucon avec V Italie (I, 205): « Nous avons
•r pris tout ce que nous .ivons voulu ì Saintc-Croix en Jirusalcm,
« où nous avons trouvé très secrétement un Dìurmts rctnanus an-
a cie-n de huit cent ans oii il y a huit ou neuf pìèces nouveUes u.
(2) Veggasi a p. 664 la descrizione del codice data dal Ferrari
674 ^' Giorgi
numerosi, soa tutti d'epoca relativamente recente, I coàd
di Settimo sono 9 e vanno dal ix al xiv secolo: ma nella
storia, del resto poco nota, di quel monastero (i) non v'ha
nulla che possa aver relazione colla presenza là di im codice
cosi singolare come il Diurnus. Poiché non v'è probabilità
alcuna che il Diurnus possa appartenere ad una di queste
quattro provenienze, rimane da cercare se può esser venuto
da Nonantola.
I codici che nel principio del secolo xvii trovavansl
ancora in quel celebre monastero passarono pressoché
tutti (2) nella raccolta Rancati, della quale costituirona
il nucleo principale e più importante. Ve n'era tra essi unt
buon numero di preziosi per Tantichità e pel contenuto, e
non pochi di quel gruppo scampati alle posteriori disper-
sioni e rimasti fino ai giorni nostri a S. Croce sono ora
custoditi nella biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele. Co-
sicché v'è già una ragionevole presunzione per credere che il
Diurmis appartenga alla stessa provenienza degli altri codici
antichi e preziosi della raccolta Rancati. Tale presunzione
non può acquistare valore di prova se non è accompagnata
da indizi più sicuri; questi sono da cercare nella storia della
badia Nonantolana.
Neiranno 885, narrano gli annali di Fulda (3), il ponte-
fice Adriano III, invitato a recarsi in Francia dall' imperatore
Carlo il Grosso, il quale, come ne corse la fama, voleva
servirsi doirautorità di lui per deporre alcuni vescovi e per
far dichiarare erede del trono il figlio Bernardo natogli da
una concubina, parti da Roma e, passato il Po, venne a mone
e fu sepolto a Xonantola. KclLiber Poniificaìis manca affatto
(i) Cf. Nic. Baccetii SiplimijTidc historiae libri ì'Il; Roma, 1724.
(2) Oltre qualche codice liturgico, restò a Nonantola» dove tuttora
si conserva, il codice miscellaneo che contiene la l'ita Adriani },
della quale parlerò in seguilo.
(5) Atin.iì.s FuUcti-ts, par. V, p. 402 (nel voi. I dei Mon. Ginn,
bist.).
Storia esterna del »^iurnì4S**
«75
la viu di Adriano III, ma in quella del successore Ste-
fano VI si dice che questi fu eletto « defuncto recordandae
« memoriae Hadriano papa super fluvium Scultenna in villa
« quae Viulzachara nuncupatur». Dagli scarsi cenni di queste
due fonti si ricava cosi che verso l' agosto dell' 885
Adriano III, il quale era in viaggio verso la Francia, mori
a Viulzacara, nome longobardo del borgo chiamato ora
S. Cesario, presso il fiume Panaro, ed ebbe sepoltura nel
vicino monastero di Nonantola (i).
Di questo avvenimento, del quale però ignoriamo quasi
tutti i particolari, era naturale che s' impadronisse presto la
leggenda. Era già singolare il caso che i funerali di un pon-
tefice venissero celebrati lontano da Roma e dalla basilica
Vaticana dove riposavano quasi tutti i suoi predecessori; più
singolare ancora era che il pontefice, il quale veniva a chie-
dere a Nonantola rospitalitA del sepolcro, ponasse il nome
stesso di quell'Adriano I che aveva cooperato alla fondazione
di Nonantola, concedendole le reliquie di S, Silvestro (2) e
confermando coll'autoriti sua le concessioni del re Astolfo
per le quali la badia Nonantokma non tardò a divenire la
più ricca e magnifica d'Italia. L'uguaglianza del nome, le
relazioni dei due Adriani con due imperatori franchi che
ebbero nome Carlo, la fama dei miracoli e il culto che eb-
bero ambedue condussero, e presto, a scambiare Adriano III
con Adriano I. E naturale che T immaginazione dei monaci,
sempre avida di quello che tornava a più grande onore del
monastero, non s'acconient;tsse di credere che il pontefice
Adriano sepolto nella basilica Nonantolana fosse il IH, che
ebbe pontificato cosi breve e così scarso d'avvenimenti
(i) Veggas'i la carta topografica del territorio del monastero
Nonantolano unita al voi. I delia Storia dclV augusta Badia di S. Silvestro
di Noftantcla del Tiraboscui.
(2) Cr. la ntd Anselmi abhatis Nottanlulani a p. 567 e segg. degli
Scriptorts rerum Laugobardicarum et Italicarum sacculi vi-uc nella serie
in-4" dei Mon. Gemi, hist.
67^
/- Giorgi
degni di memoria da esser quasi dimenticato dal Ubcr Poi
iificalis. Perchè non avrebbe dovuto essere invece Adriano
che ebbe regno così lungo e cosi ricco di fatti memorane
che era venerato come un santo e che, per soprappiù, e
stato singolare benefattore di Nonantola ?
Sorta cosi nell'immaginazione dei monaci e ferma
negli animi loro e degli abitatori de* luoghi vicini la a
denza che il papa Adriano sepolto a Nonantola e venera
da loro come santo fosse Adriano I, non si doveva tard
molto a dar forma letteraria a quella domestica e popola
leggenda. Infatd già in un codice Nonantolano delTxi s
colo (i) - né è improbabile che ne esistessero in altri p
antichi - troviamo due pretese vite di Adriano I, una
prosa, che è quella pubblicata dal Mabillon nel Museu
Italicum (2), Taltra in versi, che fu ediu in parte d^
rUghellì (3). La vita poetica è un rozzo panegirico pieno
generalità e non contiene nulla che non si ritrovi in quel
in prosa; questa, formata in gran parte di documenti, è i
testo veramente notevole e che ha, a parer mio, non po<
interesse per la storia del Diumus. Ne espongo il coi
tenuto.
Doiv» '/:nr!:o;.i2Ìone : Ir::hit ::-.; ft .Vat.-ì; ^TÌsL'Lzru
AJ'i.:':: I r.iT.:: .y.ti.-u.ze Ryi.u, h viu comincia colli bre\
no::.:,;: ^ Adnaau> :i;::ur narior.e Rominus ex pinre Thei
V xiorv^ e: roci^^ne... Via Lati sedi: ir.nos .xxi:i. me:
v-« 'ics .\. viics .xv:. Hic :gir-:r codino Srephino papa rei?:
.:^ v,.:.^.;:^
TI i •Z^'.'.' IW l-^L-.'% iil PrLVG!
:• v^- ■; \.\ r. -;
' I questi zzc v-re :; i*Ì? scirnr
ì^irl -1 T"A5CfCHi i T. -i e
frta esterna del nDturnusn
677
pio ad orJinem episcopatus communi con-
.1 clericorum ac populorum ekctus est sicut
le^rcium demonstrat quod ita se habct » : seguono,
'••s, il dccrctum che è la formola LXXXII
- v-'-ière, e, ricollegati da brevi frasi narrative,
(form. LXXXIII), la prima professione di fede
CXIV) e la seconda (form. LXXXV). A queste
succedono una succinta relazione delle molestie
_Ja re Desiderio alla Santa Sede, della chiamata di
30, della caduta del regno longobardo, deiro-
Jcll'ercsia degriconoclasti e del secondo concilio
riferendo a proposito di questo la divaUs sacra di
30 e d'Irene ad Adriano I e la risposta di questi.
si chiude con questo passo, che riferisco testual-
perchè costituisce la parte veramente originale del
acconto :
Hic edam cum ad regcm Carolum pergeret, ut vetcrum pandit
noria, in locum qui Spinura-Lambertì vocatur,vitamfinivìt .vni. id.
iU et ad ecclcsiani monasteriumque beati Silvestri, quod Nonan-
la dicitur, pcrductus, honorifice scputtus est: ubi etiam usque hodìe
kiraculis coruscare dignoscìtur. Cuìus morte Carolus Francorura rex
dita, nimium condolult, diuque se in lami^ntis dcdit. Nam ab ipso
Dmanorum patricius constitutus fuerat, regnumque Italiae ipso fa-
nte susceperat, Cantores etiam doctoresque ccclesiae ab eo susce-
Tal, et in Metensiura urbe constiiucrat, cuius ccclesiae cantores
bquehodieRomrinaeEcclesiae pluscetcris GaUisin cantu concordant.
Sepulto itaque summo pontifice et universali papa Adriano apo-
oUcis infuiis involuto, uti mos est Romanum scpelire cpìscopuin,
praedicto Nonautulo monastcrìo, sicut superius praelibati sumus,
septem de ìam dìcto coenobìo diaconi et monachi stolidissimum
consilium rcpererunt dlcentes: quid buie sancto et animae defunctì
prodest, quod tantae pulcrae vesies marccscunt terreno humore?
McHus certe esset, si hacc sancta ecclesia iilìs honorem haberet.
Ideo hac veniente nocte omnes simul ad sepulcrum eius pergamus,
et luctdis ac coruscìs vestibus eum exuamus et vilioribus vestibus
induaraus. Luce igitur discedcme, et tenebris te tram obumbrantibus
oranc5 ad monumcntum euntcs, eum cum silemio desepclicrunt, et
imeota eius arrìpuerunt. Et ut lucìdìus et apettius hoc ab omnibus
é^ L Giorgi
^xateor» ji&oc unam pulcram planetatn, quam crassantcs ci ahsto-
ICBOflb io ooscn3 monasterio habemus. Sed ut animi simUium de ulì
CÉsiaufc conubescant, hoc ìn ventate scimus, quia nuUus cvxàl im*
pHiiBI^ Omnis tumque ille furìosus tumultus tn eotlem aooo saac
^itet tehit cursus, nìsi tantummodo unus.
Di quali fonti principalmente si sia servito il mi
>ÌQttttQtolino il qiule compilò questa Vita non è
fiilD ad un certo punto di stabilire. L'esordio è tratto ibi
t^tr Pontificalis o da un catalogo di pontefici con cenni
biogufici presi dal L, P.; le quattro formole dal Ditinms;
ti bnr\-c racconto della chiamata di Carlo Ma^no e
Soa del regno longobardo dalla Fifa Karoìi di Eini
I& lettera di Costantino e d'Irene, la risposta d'Adriano e
tutto quel che riguarda gì' iconoclasti dagli atti del secondo
concilio di Nicea; i cenni intorno alla morte, ai funerali e
alla profanazione della tomba dalla tradizione locale misn
<£ storia e di leggenda.
Che alla compilazione dell'esordio abbia servito il Uk<f
Ptmtificalis nel suo testo intero, ovvero un catalogo di pon-
tede!, è una questione legata a quella della buona o cai
fede del compilatore. Se questi aveva son' occhio la
notizia biografica d'Adriano I contenuta in un catalogo di
pontefici, l'uso fattone può conciliarsi perfettamente col-
Tx'isunto preso in buona fede di dar forma lettcr.iria ^Ih
tradizione domestica, riunendo insieme tutte le fonti di cui
poteva disporre. Se però aveva a mano il testo intero
della Vita di Adriano I quale si trova nel Libcr Por:'
U mala fede è evidente e inescusabilc. Come pou... ..
serirsi che Adriano I fosse morto a Spilamberto e sepolto
a Nonantola da chi aveva innanzi la lunga Vita del pon-
tefice nella quale è detto chiaramente che esso mori 1
Roma e fu sepolto in San Pietro ?
Io indino a credere che il compilatore abbia adoperalo
un catalogo e sia stato in piena buona fede. Oltreché nei
diversi inventari dei codici di Nonantola non appare, cbc
Storia estenta del «T)n/r«w5»
679
> sappia, un Liber Poniificalis, - e questo non sarebbe argo-
aenco decisivo come dimostrerò in seguito p.irhmdo del
^iurnus - pel racconto della chiamata di Carlo e della scon-
itta di Desiderio non sarebbe stato costretto a ricorrere
ad una fonte straniera, la Vita Karoìi scritta da Einliardo.
Dell'uso fatto dall'anonimo compilatore degli atti del
secondo concilio di Nicea non è qui il luogo di parlare; che
'"il cenno relativo a Carlo Magno e a Desiderio sia un con-
ciso riassunto del più lungo racconto di Hinhardo è cliiaro
dal confronto dei due testi (i); della profanazione della
tomba avrò occasione di parlare ora, trattando, come fonte
della Fita Adriani^ del Dìiirnus che ò l'oggetto di questo
studio.
Al Dinruus Tanonìmo ha attinto più largamente che
[alle altre fonti. Delle dieci formole che contiene riguar-
'danti l'elezione e l'ordinazione del pontefice, quattro ne
ha introdotte nella Fita: il decrcttim, V ìudicuUnn e le due
professioni di fcde^ escludendone, come osservò gii il
Mabillon, le sei lettere all' imperatore, all'esarca e agli altri
(dignitari ravennati, il che mostra com'egli sapesse che al
tempo d'Adriano I eran cadute in disuso le formole le
.quali ricordavano il vincolo di soggezione della Chiesa
(i) Il compilatore della Vita Adriani ha preso da Einhardo,
abbreviandolo, quel tanto che gli serviva per U narrazione sua.
Metto a confronto il passo nel quale il sunto deiranonlmo ripro-
duce firasi e parole di Einhardo:
ElKMAIIDO
{Hon. Gfrm, hist. Script. IT. m),
• Karolus vero post inchoatum a se
bcllum non priiis destitit quam et Desi-
Fdcrtum regcm quem longa obsidione
erat in dcditìonein siisciperet . . .
Fin» tdmcn huìu» belli fuit subacU
i^talia et rex De&ìdcrius perpetuo exilio
rdeportatu» etfilìuseìus Adalgisa» Italia
pubus et refi a Langobardorum regibut
ereptae Adriano Romanae Ecclesìae re-
ctorì restituue •.
Vita Adriani
(Mabillom, \fus. /tal. 1. 39).
• Qui etiam Caroins non prìos destitil
donec Desiderium bello fatìgatum per-
petuo exilio damtiAret et tlllutn cius
Italia pelleret, rev)ue direptas Adriano
papoe rcstitucret •.
6So
L Giorgi
Romana ali* impero d'Oriente. L'anonimo ebbe certamente
a mano un codice del Diurnus e da esso tolse il testo delle
formole che supponeva fossero state adoperate in occasione
dell'elezione di Adriano I.
Ma di qual codice sì sarà egli servito ?
Del Diurnus, formulario il quale ilon poteva scr%-ire
che all'uso quotidiano del pontefice e della cancelleria pon-
tificia, i codici non possono essere stati mai molto nume-
rosi. Son noti la raritA e il pregio dei codici dell'alto medio
evo. La produzione di essi distava appena ai bisogni della
liturgia, della coltura e dell'amministrazione : chi poteva
pensare a sottoporsi all'inutile fatica dì moltiplicare le copie
di un libro inutile per tutti, eccettochò per gli ufficiali delia
curia pontificia ? Tenuto pur conto delle distruzioni e di-
spersioni di libri avvenute in ogni tempo, può calcolarsi
che, salve alcune eccezioni, il numero dei codici di ciascun
testo giunti fino a noi deve star sempre in una certa pro-
porzione colla diffusione, la ricerca e la voga del testo
stesso e colla frequenza con cui venne copiato. Per questa
ragione, non solo nei cataloghi moderni dei manoscritti, i
quali si può dire che rappresentino gli avanzi d'un nau-
fragio, ma anche nei cataloghi antichi originali abbondano
i testi dei quali l'uso e la ricerca erano più frequenti e per
conseguenza più larga la produzione. Ora di copie antiche
del Diurtms giunte fino ai tempi moderni non si cono-
scono che due, il codice di S. Croce, ora Vaticano, e quello
che fu già dei gesuiti del collegio parigino di Clermont, per-
duto da circa un secolo. Nessuno degli antichi cataloghi di
codici registra un Diurnus o un altro codice sotto il titolo
del quale possa supporsi nascosto un testo del Diurnus. Da
ciò io non intendo concludere che i codici di questo for-
mulario fossero ugualmente rari tra il x e 1* xi secolo, epoca
approssimativa della compilazione della Fita Adriani^ ma
certo resistenza fra il x e Txi secolo di un codice del
Diurnus a Nonantola, da dove poi nel secolo xvu furon
Storia esterna del n^ìurnusyt 6Si
si i codici più antichi della raccolta Rancati, nella quale
troviamo un Diurtuts, è un fatto che sorprende e che nie-
rita d'essere attentamente considerato. Soprattutto è da
esaminare se intorno a questa singolare coincidenza venga
ad aggrupparsi qualche altro indizio Ìl quale confermi
ridea che ci si offre spontanea alla mente dell' identitA del
codice adoperato dall' anonimo compilatore della Fila
Adriani con quello di S. Croce che appartenne al Rancati.
Un indizio importante e, a mio credere, decisivo ci è
dato dal testo medesimo delle formole inserite nelk Fita.
Il codice di S. Croce e il codice di Clermont, alquanto dif-
ferenti pel numero e per la successione delle formole, ci
dàrmo delle formole stesse testi somiglianti, ma non per-
fettamente identici; e qui giova ricordare che il testo del
codice perduto di Qcnuont ci è stato conservato fino ad
un ceno punto Jairedixione del Gamier e con assai mag-
I giore esattezza dal Baluze per Tedizione che ne aveva
' preparata e della quale il De Rozière riferisce le varianti.
Ora, un minuto confronto istituito fra il testo delle quattro
formole inserite nella Fila, e quello delle formole stesse
nel codice dì S. Croce e nel codice di Clermout, ci dA che
le quattro formole della Fila hanno tutte le lezioni per le
quali il testo del codice di S. Croce differisce da quello del
codice di Clermont. Le poche lezioni per le quali le for-
mole della Fila differiscono dal testo del codice di
S. Croce non coincidono col testo Claromontano, ma
sono lievi differenze nuove, errori di lezione, sinonimie e
variati ortografiche facilmente spiegabili con una certa li-
berti e con una certa ignoranza dell'anonimo compila-
tore (i).
Tutto dunque induce a credere che rantichissimo co-
^^ce, poi Sessoriano di S. Croce ora Vaticano, si trovasse
^H (i) Veggasi il minuto confronto che fa dei due testi il Sickel
^na ProUgomena II.
/• Giorgi
a Nonantola e che ranonimo nonantoUno^ compOatort
della Vita Adriani, ne togliesse di peso le quattro formolc,
sostituendo, com'era necessario, al luogo dcirahbreviaiiooe
ili. (i), il nome d'Adriano e del predecessore Stefano, e
aggiungendo in fondo al duretum la data a mense felmu-
«rio iadictione .x. », che egli crasse forse dallo stesso
catalogo di pontefici che gli aveva fornito le indicazioai éAr
Tesordìo.
La parte veramente originale della Vita Adriani ci rivtfa
pure in quale occasione il codice del DiurnuSj di cui dovevi
esser sede naturale la libreria privata del pontefice o lo
scrinio del Laterano, fu portato a Nonantola.
Ho già detto come allo scambio di Adriano III per
Adriano I desse occasione il fatto vero della mone di
Adriano III e del trasporto e seppellimento di lui a No-
nantola. E la Vita compilata, per cosi dire, di maniera e su
documenti presuntivi, sulla fine serba ancora qualche ri-
cordo deiravveaimento storico, il quale diede origine alh
leggenda. E questo è il racconto, di cui ho gii riferito il
testo, della morte e dei funerali d'Adriano e della rapina
delle vesti preziose di lui fatta da alcuni monaci di Nonan-
tola. Se Adriano III morisse a Viulzacara, come asserisce
il Libir Pofttificalis, o a Spilamberto, come vuole la FiU, t
una questione estranea allo scopo di questo studio; hm
(i) L'esame del modo col quale Tanommo ha sonicuito PAbbre-
vìazionc i7/. delle formole suggerisce al Sickel uo'acuu o&«m-
zione (Ptoìd£ometta II), Nulla di più facile pel corapilaiorc che nid-
terc ai debiti luoghi i nomi di Stefano e d'Adriano, né difficile pure
dovè essere per lui aggiungere la data in fondo al à^cretum, mx
dove trovare il nome del notaio che aveva dovuto scrivere IWi^iJ»»»
Pontificìs? Il compilatore se Té cavata con una ingenui ghemù*
nella. Ha raschiato il luogo che doveva essere occupato dal oonre
e ha scritto sopra alla rasura la parola iìlum, scioglienklo cosi b un
pronome poco compromettente la nota abbreviatura ilL del f5^
mularìo. H anche questa è una prova di pi£i in favore delle nosire
conclusioni.
'itorìa esterna del « Diurnus »>
683
¥
è più attendibile ruhima versione che s'appoggia alla
adizione domestica. Quello che mi sembra avere tutti i
Aratteri della verità, e che difficilmente si sarebbe potuto
sventare, è il racconto del disseppellimenro e della spoglia-
Ijone del cadavere, confermato dairesistenza a Nonantola
Iella ricca pianeta ai tempi deiranonimo, e tanto più cre-
libile in quanto che, come è detto esplìcitamente, la ra-
aina degli abiti sacri del defunto non aveva per movente
cupidigia personale privata, ma il desiderio d'arricchire
Ji splendidi paramenti la chiesa del monastero. Era un'esa-
gerazione colpevole del sentimento, del resto generale nel
medio evo, che spingeva monaci e abati a procurare sopra
ogni altra cosa 1* ingrandimento, la ricchezza e lo splendore
dei loro monasteri. E se al cadavere di Adriano III Tal-
tazza della dignità e la venerazione popolare non rispar-
miarono la profanazione e la rapina, tanto meno ò da cre-
|ere che i monaci nonantolani avessero cura di rinviare
'a Roma i libri e le altre suppellettili del defunto pontefice.
Tutto o quasi tutto dovè rimanere a Nonantola; special-
mente i libri che il pontefice aveva recato seco per servir-
sene durante il viaggio, de' quali i Nonantolani arricchirono
la loro biblioteca, più specialmente il Ditinius, di un codice
del quale sarebbe altrimenti inesplicabile l'esistenza e l'uso
in quel monastero (i).
(i) È mia ferma convìnEione che il Diurnus non sìa il solo co-
dice appartenuto ad Adriano in, rimasto a Nonantola e passato nella
raccolta Rancati. Se quella raccolta fosse stata conservata intatta
a S. Croce e fosse passata intera nella biblioteca Nazionale di Roma,
uà esame minuzioso dì tutti i codici più antichi ci potrebbe portare
- chi sa? ' a ricostituire il catalogo della biblioteca da viaggio di
Adriano HI. Ma anche fra i più antichi codici attualmente superstiti
del gruppo Rancati ò da credere si nasconda qualche reliquia di
quella biblioteca. 11 codice 55, che contiene una ricca raccolta dì
lesti ascetici e omiletici scritta in caratteri scmioncialì del vi secolo,
il codice 63, che contiene la raccolta di canoni Dionisio-Adriana,
ed altri testi giuridici preceduti da un catalogo di pontefici, appar-
^84
/. Giorgi
Né si può dubitare che Adrianp III possedesse e usasse;
un codice del Diurnns. Pochi atri ci restano di quel pome-
fice che ebbe un regno cosi breve, ma in p,irecclii di quei
pocKi non è difficile riconoscere qua e là l'uso delle formoit
del Diurnus. Specialmente notevole è un privilegio concesso
da Adriano III al monastero di S. Maria di Grasse in
Francia* L*esordiodi esso è tolto dì peso dalla formola LXìV;
!a chiusa contiene frasi prese dalle forinole LXXXVI e
LXXXrX (ed. Sickel) (i). In questi passi il testo com-
dde perfettamente, e quasi sempre anche nella forme ono-
I
I
tennero, io credo, del pari che il Diurma, ad Adrianci IH. Panico*
Urmeme notevole è il codice 63, scrìtto tutto in carotieri del tipo
chiamato cosi impropriamente longobardo nel ix secolo. Kcl cito-
logo dei pontefici che ha ìnnanùt solo anz parte ^ scritta dalla maoo
dti resto del codice e questa si arresta a Leone IH; il resto t ag-
giunto di roano più recente. E quello che è più sitìgoìare è ii ricns-
lìeggiamento che il catalogo ha subito a Non^ntola. Con inchlostrt}
d'un rosso più vivo è stato ripassato il nome di S. SìlvestfO patrono
della badìa Nonamotana, e anche Tantìca scrina relativa ai Adriana I
è stata abrada e rUcritta col nuovo ìnchiosiro rosso in caratten
più spiccati, di forma più recente» r aturai mente, e con una Edzìsle
maiuscola più grande delle altre. La scritta dice: « Adrianus sedii
« annos .xxin. menses .x. dies sedecim ». Ora, mentre il Liber Poati^'
calis e gli altri cataloghi conosciuti hanno k dies decemseptem », questo
e la Vita Adriani hanno a dies sedecim ». Segno evidente che iV
compilatore della Vita e il monaco il quale ripassò il catalogo dei
pontefici attinsero alla stessa fonte. Cosi anche quest^altro codice di
Adriano III avrebbe servito alla glorificazione del suo omonimo I
(0
Diumus (ed. Sickcl).
Form. LXIV.
• Convenic apostolico moderamint pia
religione pollenttbus benivola compa*-
sione succurrere et poscentìam animit
alacri devotioneimpertire assen5uin;cx
hoc enim lucri potissimam premium a
conditore omnium Deo procul dnbio
promereiAur, dum venerabilia loca opdv
tunae ordinata ad meliorem fuerìot sioe
Bolta di Adriano III
per N. I). di Grasse (Bibl. Nazion.
di Parigi, fonds lat. cod. 5455).
■ Convenit apostolico moderamini pia
religione pollentibus benivola compas-
sione succurrere. Et poscentinm animi
alacri devotionc ìmpertirì assensum. Ex
hoc enim lucri potissimum praemium a
conditore hominum Domino promere-
mur dum venerabilia loca opportune
ordinata ad meliorem fuerint sinedubìo
,
afiche, col testo del codice di S. Croce. Argomento non
leve per ritenere che il pontefice Adriano possedesse pre-
isamente quel codice che dopo la morte di lui dovè rima-
ere a Nonantola.
In mezzo a tanta concordia di prove e d* indizi sorge
,na difficolti: nessuno degli antichi cataloghi di codici
onantolani registra un DiurnuSj un Fornmlarittin o un
altro codice che possa supporsi contenesse il testo del
Diumus, Di questa difficoltà, certo non lieve, non conviene
né dissimulare ne esagerare il valore.
Della biblioteca Nonantolana esistono parecchi cata-
loghi; uno inedito del principio dell' xi secolo dei libri
t( adquisiti tempore domniRodulfiabbatis primi (1002-103 3)
« per Petruni monachum Ardenguni » (i), uno del 1166(2)
ì ftlarum perducln. Igitur revercnlia ve-
)0'—
• Statuentes tpostolica censura sub
divini iuJicii ohtrsrarioiic et Dnathematis
interdicium ut nulli umquam . . . •.
^
• Si quii autem (quod non opta-
• sciai se aoatbematì'ì vinculo inno-
daium «t n regno Heì atienua exisrat • .
dubio jitaturn perducta. Igìtur quia pe-
li*>ti a nobis quatcnus . . . ■ .
Form. LXXXIX.
m Statuentei apostolica censura . . .
sub divini iudicii obte«ia1ione et ana-
:hcrai:i5 interdictum ut nulli um-
qaam .,.••.
Form. LXXXVI.
> Si quts autem, quod non opta-
mus . . . • .
Form. LXXXIX.
» scia! se anaTliemntis vinculo cs*e
innodatumet arcgno 0ci alìenum , . * . ,
In questi passi è pochissima la differenza fra il testo dei due co-
dici. Noto le lezioni intenìictum e itmotìatum particolari de! codice Va-
ticano, mentre il codice Claromontano, se qui ÌI Ganiicr è fedele,
leggeva inUrdicìo e innodatam. Debbo alla cortesìa del eh. Michel
Deprez, conservatore dei m;inoscrkti nella biblioteca Nazionale di
Parigi, la copia della bolla d'Adriano III per N. D. di Grasse.
(1) Qiiesio catalogo esìsterne in un codice della biblioteca Uni-
versitaria di Bologna m'è stato comunicato dal mio dotto amico il
prof. Augusto Gaudenzi. Lo pubblicherò npMa prefazione al mio
catalogo dei manoscritti Sessoriani della Vittorio Emanuele.
(2) Il catalogo del 1166 si trova alla e. 62 v del codice Sesso-
nano 31, dal quale lo pubblicò il Mai (SpiciUgìum Romannmf V,
Archivio detta R. Società romana di storia patria. Voi, XI.
6S6
L Giorgi
edito dal Mai e riprodotto dal Becker (r), uno del se-
colo XIV, due del secolo xv (2). Né nei due primi &c
ho attentamente studiato io stesso, né nei tre più rcccna
che a richiesta del prof. Sickel ha cortesemente consuliao
per me il eh. dott, Donabaum è notato alcun codice che
possa credersi contenesse il Diurnas. E così dinana ad
una serie di fatti e d'indizi i quali provano T esistenTa a
Nonantola nell' xi secolo d'un codice del Diurnus^ starebbe
l'assenza di esso nei cataloghi di codici Nonaniolani dil-
r XI al XV secolo, È un argomento negarivo di cui vak
la pena di discutere il valore.
Che il Diurtuis non si trovi fra i codici acquisuii
da Pietro Ardeugo al tempo dell' abate di Nonantoli
Rodolfo I é naturale e conferma la mia opinione che,
cioè, non per acquisto e in tempo molto anteriore il co-
dice pervenisse a Nonantola. Sembra strano invece
ch'esso non debba trovarsi nell'elenco del Ji66f risul-
tato di una Inquisicio intesa a ricercare e fissare in cana
quali fossero allora i codici posseduti dal monastero. Mi
ceno è che la inquisicio non fu troppo diligente e che
quell'elenco non rappresenta esattamente la biblioteca Xo-
nantolana qual'era nel 1166, Infatti, sebbene la idenbfia-
zione dei codici su quell'elenco non sia facile cosa, e lo
prova il tentativo infelice che ne ha fatto il Mai, si puà
assicurare che la biblioteca Nazionale di Roma possiede
ora fra i Sessoriani alcuni codici che nel secolo xn dove-
vano trovarsi certamente a Nonantola e che pure non sono
notati in quell'elenco. Tali sono, ad esempio, il codice 63
del IX secolo contenente la Collcctio canonum Dioniido-
3xH-22i), però conaggÌQDte e divisioni che lo sfìguraao. Anche qnd
catalogo sar:^ da me riprodotto secondo il codice ndU prclióooc
sopra annunziata.
(i) Catato^'i libliothecarum antiqui, pp. 220-2aj, n. loi.
(2) TiRABoscHi, Storia dtlU BaMa di SonanS^U, I, 187.
Stona esterna del «^iurnusn
68j
driana e il codice yj del vi secolo contenente una grande
.ccolra di testi omiletici e ascetici. Del primo è certa, del
secondo probabilissima la provenienza nonantolana, eppure
ambedue non figurano nell'elenco del 1166,
Restano i cataloghi dei secoli xiv e xv : quanto a
^ questi non sarà inutile qualche considerazione più ge-
Hperale.
^B Non è registrato a catalogo: dunque non esiste in bi-
^^lioteca; è prova negativa di dubbio valore, specialmente
se si tratti d'identificare manoscritti negli antichi cata-
loghi. Il mio studio sui due cataloghi Nonantolani più
antichi, quello del dott. Donabaum sai più recenti ci fanno
certi che in quei cataloghi non è registrato alcun codice
col tìtolo Diurnus o Formitìarinm 0 con altro titolo che, a
giudìzio nostro, possa nascondere un testo del Ditirnus.
Ma, qual diligenza o quale acutezza di divinazione può
assicurarci che in quei rozzi elenchi il Diurnus non sia
stato realmente registrato con un titolo fantastico ? Si noti
che il codice, a notizia nostra mutilo in princìpio e in
fine da più di due secoli, poteva aver subito qualche guasto
in principio fin da quando pervenne alla biblioteca di No-
nantola, ed è naturale che per trovare un nuovo titolo ad
un codice il quale ne mancava, un monaco dell' xi e del xii
secolo potesse spaziare quanto voleva nei campi dell' im-
maginazione e della propria coltura.
Ma ammesso pure che il Diurnus non appaia assoluta-
mente e non sia stato notato di fatto in quegli elenchi, non
è argomento bastevole per dubitare dell'esistenza di esso
a Nonantola provata da altri fatti. Una collocazione in
luogo separato, ovvero fra le reliquie del pontefice Adriano
venerato come santo spiegherebbe l'assenza. E anche senza
ricorrere a questa ipotesi, v' ha una condizione di fatto
che potrebbe spiegarla. Oltre i codici già noti, il Rancati
possedeva un gruppo di frammenti aggiunto alla copia
dell' elenco sommario che è nell'Ambrosiana col titolo
6S&
L Giorgi
Frapnenta codicum (i) e formante ora una miscelLuieai
Il Diurnus murilo e guasco in principio e in fine eprmi
di legatura può esser rimasto inosservato in mezzo a i}oei
frammenti. Il Rancati separandolo da quei brani e ins^
rendolo nel suo elenco può avergli restituito quella qualid
di libro a sé e, direi quasi, quella individualitA che^ per b
stato suo esteriore, gli era stata negata e gli aveva impe*
dito di figurare nei cataloghi Nonantolani.
Non sarebbe difficile trovare anciie altre plausibili spie-
gazioni dell'assenza del Dittrnns in quei cataloghi. Spiegare
in un modo o in un altro la cosa è una questione secon»
daria; più importante è fissare il canone critico che il non
trovare registrato un codice nei cataloghi di una biblioteca
monastica del medio evo o del rinascimento non
prova assoluta che il codice non si trovasse in quelli
blioteca.
Da quanto ho esposto fin qui mi pare di poter caS^
eludere che il còdice antichissimo del Diurnus è queto
stesso che appartenne alla biblioteca da viaggio del pan*
tefice Adriano III e che, rimasto dopo la morte di lui a
Nonantola e adoperato dall' anonimo compilatore delli
Vita Adriani /, fu poi nel secolo xvii, insieme cogli altri
codici Nonantolani, portato a Roma a S. Croce in Geni-
salemmc dairabatc Ilarionc Rancati, e sulla fine del se-
colo xviu collocato nell* archivio segreto Vaticano. È coù
accertata l'esistenza di una reliquia della biblioteca dome-
stica pontificia del ix secolo nel codice del Dinrim, e
non solo s'ha un altro argomento per ritenere ch'esso sia
stato scritto a Roma (2), ma si può ragionevolmente sup-
(i) Qp est* annotazione si trova in fine della copia del ciulo^o
Ferrari, fra le carte del Ferrari stesso, nell'Ambrosiana, al voL C.5. V»
li. I Frugmcnta codicum vi sono notati colla segnatura N N imme-
diatamente successiva a quella dcirultimo codice delU 5ccodiU p4rtc
segnato M M.
(2) SiCKEL, PróUgomina 1, iZ t sgg.
Storia esterna del a^ìurnus»
689
DTTc che provenga dallo scrinio Lateranense. Se è così,
fcome io credo, non è da lamentare che il codice prezioso
ia stato separato dagli altri di S. Croce sulla fine del
•colo nono e chiuso nell'archivio Vaticano. Dopo circa
love secoli d'esilio, quasi per diritto di postliminio, il Dittr-
ìtis veniva cosi restituito alla sua sede naturale; reliquia
jlata, e per questo più veneranda, di una serie ricchissima
libri e documenti che l'opera distruggitrice del tempo
degli uomini ci ha rapito per sempre (i).
I, Giorgi.
(i) Sul punto di licenziare per la stampa queste mìe ricerche,
il prof. Sickel ha pubblicata la nuova e aspettata edizione sua del
Diurnus. È intitolata: Z.iT'tJr Di urnus Romano rum Ponti ficum. Ex unico
codice Vaticano denuo cdidit Th, E, ab Sickel, Consilio et impcnsis Aca-
à^miae Qiàsareae Vindobonensis (Vienna^ Gerold, 18S9). Grazie all'usata
cortesia del prof. Sickel, io aveva potuto giovarmi di questa edizione
veramente definitiva anche prima che fosse pubblicata, specialmente
pel confronto del testo delle forraole LXIV, LXXXVI, LXXXIX
colla bolla dì Adriano IH per N. D. di Grasse.
li sodo prof. Castelhnij prefetto della biblioteca Nazio-
nale di S. Marco, ci ha trasmesso un documento importante
estratto dal codice Marc. 174, classe X dei Latini. Èia let-
tera originale, per veritd molto servile, indirizzata dai Con-
servatori di Roma ad Alessandro VI per rendere conto al
pontefice del modo com'eglino avevano eseguita la com-
missione del ricevimento di Carlo Vili nella citti. E il Ca-
stellani aggiunge in proposito le seguenti notizie:
Livio Podocatharo Capriotto, arcivescovo di Nicosia
(Leucosia), nipote al cardinale Lodovico Podocatharo^ ve-
scovo di Benevento, trovandosi in Roma addetto alla corte
pontificia nei giorni del sacco della città dalla parte degl' im-
periali (1527), potè in quel trambusto impossessarsi di molte
carte preziose custodite in quella corte, tra le quali un con-
siderevole numero d*ntti e lettere tutte autografe indirizzate
da principi, alti dignitari della Chiesa, da magistrati e let-
terati e infin da santi ai pontefici Sisto IV, Innocenzo Vili
ed Alessandro VI, e con esse si trasferì a Venezia, dove
mori nel 155^, sepolto onorevolmente in S. Sebastiano,
dove tuttavia s'ammira lo stupendo monumento erettogli
da Iacopo Sansovino. La repubblica prese allora possesso
di quelle carte e le depositò nella Segreta di Stato, donde
nel 1787 furono trasferite nella « Libraria pubblica» ora
Marciana, e ivi ora si conservano in cinque codici, segnati
coi nn. 174-178 della classe X Latini,
Varietà
Il Castellani promette continuare lo spoglio dei colid
suddcscritti e comunicare nuovi documenti se corrispoo-
denci al carattere di questa pubblicazione.
Beatìss.'"* Pater et Clemenlìss.* Dne post pedum oscula beaur.
humiliter còmendatis etc. Non mìrctur V. S.*** si ei antchac hanl
scripscrìmus: occupatìones cnim rerum, ante et post adventum rcpi
Francorum providcndarum. continuo oos detinuerunt. OnmU tama,
que per V. S."" nobis mandata fuerunt surama cum dìUgentia,
cum R."*'' Dnìs legato et gubematore vestro dÌgnìs5imo comnran
cavimus et expedivimus. Nam et ipsi regi oratores civcs nusinifll
Qui Sue M.^^ Duntiart;nt, qualiter V. S.'** nobis in suo disccssu
presse raandaveral, ut Suam M.**™ leto jnìmo et bonorìfìccntis
sima reciperemus, et detnde pridie eundem ad domum visitiTÌimil
Verum cum hoc mane, circa lertiam dici horaxn, ci UrH
omnibus suis dtscesscrìt, omnes V. B.'* feliccm reJditum uoqt
optimi domini et patris summo cum desiderio et hìlaritatc copii
expectant. Q.uam ob rem cidcm V. B.' ex parte totius sui devoti»
simi et peculìaris populi Romani humiliter et devote, ac ex ip!s4
corde supplicamus ut ad hanc suam Almam Urbetn quam primuza
comode potuerit reJdire dignetur. Quod nobis et ioti vrò prete
Romano populo ac omnibus curialibus crit gratìssimum ac paio*
cundura: et ad aropUssimum decus perpetuamque glorìam V. B."
adscribetur et nobis preciperc velit que in posterum Tacere dcbea-
mus. Nam suis mandatis tanquara veri ser^*uli et obcdientìss.' fili
perpetuo ut teneraur obtemperantes crìmus, nullit parcentcs taborìbai
ac sudorìbus prout hactcnus efìTccimus prò felici statu S.*'* V, que
fcliciter valcat. Cui nos et hunc vestrum fìdelem populum sem^
humiliter commendamus. Ex vostra Alma Urbe die tenia ìaoìì
.MCCCCLXXXXV.
E. V. B.i*
Fidelìssìmì ser\'un Comerratores Caitt-*
v.re Alme Urbis.
[ah extra] f Sanctìss."' et clemenliss."* D. N. pape.
Soci presenti, i signori O. Tomraasini, presidente,
R- Ambrosi De Magistris, D. Carutti, G. Coletti, A. Cor-
visieri, C, Corvisieri, G. Cugnoni, E. De Paoli, B. Fon-
tana, I. Giorgi, L Guidi, C. Mazzi, A. Monaci, E. Mo-
^^aci, G. Navone, E. Stevenson, G- Levi, segretario.
^H La seduta è aperta alle ore 3 30 pom.
^M II Segretario legge il processo verbale della seduta
^precedente, il quale viene approvato.
Il Presidente commemora una perdita grave e dolorosa
fatta dagli studi e dalla Società per la immatura morte del
socio Paolo Ewald, venuto meno quando stava per rac-
cogliere il fhitto di lunghi studi, diligenti e sagaci intomo
alle lettere di Gregorio Magno. A questo lavoro, di cosi
capitale imponanza per la storia di Roma, rimarrà colle-
gato il nome di lui, caro a quanti dei soci ebbero la ven-
tura dì apprezzarne le personali qualit^k nei vari soggiorni
da lui fatti in Roma.
I soci sindacatori A. Corvisieri e B. Fontana pro-
pongono l'approvazione del conto consuntivo 1886, che
é approvato airunanimitd senza discussione.
II Segretario legge il processo verbale dello spoglio
delle schede pervenute alla presidenza per proposte di nuovi
socL In conformiti di esso, a termini dello statuto, si
procede allo scrutinio segreto sul nome del prof. Dome-
C/Itti della Socielà
nico Comparetti, che risultò eletto a socio con runammhi
de' suffragi sopra sedici votanti.
Procedutosi alla elezione del segretario, il sodo hrr,
risultò eletto con 13 voti sopra i^ votanti.
Il PRESiDE>rTE propone quindi alla discussione lo schemi
già distribuito ai soci per la compilazione del Coitx H^
maticus Urbis, che corrisponde ad un antico voto delb
Società, reso ora dì più agevole esecuzione per Tincong-
giamento e offerta di aiuto da parte dell' Istituto Storico
Italiano. In un lavoro cosi capitale per la storia di Roma
e di natura veramente sociale, confida nel conco
tutti i soci.
Il socio De Paoli vivamente approva la proposu
come soprintendente agli Archivi romani, dichiara
comunicherà alla Società tutti quei documeud chi
in originale, sia in copia, sia in sunto si trovino nclTar-
chivio di Stato. La maggior parte delle serie dell'archivio
non va al di là del secolo xv. Oltre però che dalla col-
lezione delle pergamene, e dagli indici di S- Silvestro in
Capite, S. Cecilia, ecc., può sperarsi di raccogliere hion
numero di documenti anche per i secoli anteriori al \t
dai sommari aggiunti ai processi. Quanto allo schenulo
approva ; solo chiede se, come gli sembra, tra le fonti di
esplorare non siano da comprendersi gli epistolari e k
iscrizioni.
Il Presidente risponde che non v'à dubbio che
gli epistolari e le iscrizioni siano da comprendersi tra le
fonti pel Codex diplomaticus UrbsSj quando contenj
notizie di documenti o diplomatici o relativi alla e
zione della città; mentre quelle sole relative alla stoi
cosmme, ecc., potranno servire per la Hhtoria Ur^
plomatica, come nello schema è notato. L'elenco
varie categorie di fondi da esplorare, aggiunto allo se
non devesi del resto considerare come una completa e
sativa enumerazione.
chema»!
Q/itti della Società
^95
k
n socio barone Carutti di Cantogno applaude alla
obile intrapresa, che dice degna dell'Italia nuova. Ulsti-
to Storico Italiano non poteva meglio auspicare l'opera
a che promovendo questo lavoro. Egli come presidente
.ella Deputazione dì storia patria per le antiche provincie,
grazia la Società Romana che pronta e coraggiosa ri-
'ndc all' invito e s'accinge a compierlo. Desidererebbe
conoscere con quali criteri è stato determinato il termine
cronologico da cui incominciare il Codcx,
Il Presidente risponde che nell'atto di compilare lo
schema fu riconosciuta la difficoItA, allo stato attuale delle
ricerche, di stabilire un lìmite cronologico. Perciò parve di
non porre alcun termine ai qucm, mentre tino a che
si anno atti relativi alla vita giuridica e civile del Comune
di Roma, questi dovranno trovar posto nel Codice, Quanto
al termine a quo non volendo pregiudicare la questione
se sì debba cominciare dalla cessazione dell' impero o dal
trasporto di esso a Costantinopoli, e volendo lasciare libero
il campo alle indagini, si propone di cominciare dal tempo
di Gregorio Magno, termine intermedio da cui si può
prendere le mosse cosi per discendere come per risalire
fin dove le ricerche e i documenti lo consentiranno.
I soci De Paoli e Carutti ringraziano degli schiari-
menti.
Nessun altro chiedendo la parola, il Presidente pone
a votazione lo schema, avvertendo che verri aperta appo-
sita rubrica ncli' Archivio per pubblicarvi i lavori prepara-
tori, e le adesioni relative aKa pubblicazione del Codex,
Lo schema del Codex Urbis diphmatictts è approvato.
La seduta è levata alle ore 5 pomeridiane.
6^6
oliti della Società
Preparazioìu dtl Codex diplomaticus urbis Romae.
(Kelazione airistìtuto Storico).
Roma, a dì 20 novembre tSSS.
Mi reco a debito di ragguagliare ristituto Storico 1»
liane dell'inizio che questa R. Società Romana di stoni
patria d dato alla preparazione del Codice diplomaAcè M
Roma, in seguito alla deliberazione presa dall'Istituto me-
desimo nella seduta del 31 maggio 1887,
Grata dell'incarico ricevuto, che corrispondeva ad s
antico desiderio dei colleghi, la Società procedeva per
mezzo del suo Consiglio direttivo a proporre le basi e le
linee principali delPopera, sottoponendo ai singoli sod oao
schema, in cui s'indicavano i termini di tempo e di luogo
e il limite logico rispetto alla comprensione dei documend
da incorporare nella raccolta.
Questo schema venne fatto oggetto di discussiooc per
lettera coi sod lontani, e coi presenti nell'assemblea g^
nerale del di 9 gennaio ultimo decorso, in cui, notificare
tutte le osservazioni, lo schema rimase definitivamente ap-
provato nella forma della drcolare che mi pregio di ic-
eluderle (V. Archivio, XI, 6^-66),
Le osservazioni d'autorevoli colleghi si erano aggirac
e intorno al termine cronologico iniziale, e intomo ai do-
cumenti a cui si limitava la comprensione deiropcra, e
intomo ni fondi scientifid che si proponevano ad oggetto
di esplorazione. I soci barone D. Camtti e W. von G^^
sebrecht obbiettarono circa l'incertezza del termine j quo.
Il von Giesebrecht nel febbraio scriveva da Monaco : % Dtf
« Pian, wie er in December vorigen Jahrs in eineia Gir-
V Oliar dargelegt ist, scheint mir durchaus zu billigen, nuf
0 mòchte ich dcr Erwagung anheimsicUen ob nicht ah
e Ausgangspunkider Untergang des abendliindiscben Reìchs
« zu vahlen sei »► Il comm. dott. E. De Paoli, sopraimcn-
fai della Società
697
Ite al R. Archivio di Stato in Roma, proponeva che
le altre fonti si osservasse se noa fosse bene attingere
iche ad iscrizioni ed epistolari. Il prof. Villari notava
che la storia del Comune di Roma trovandosi più d'ogni
altra connessa a quella di rutta l'Italia, le ricerche per le
fonti manoscritte bisognerebbe farle non solo nelle biblio-
teche ed archivi romani, ma anche in quelli del resto d'I-
talia; né forse converrebbe escludere del tutto gli archivi
stranieri; ed aggiungeva Tinvito di tener conto anche delle
pubblicazioni periodiche, molte delle quali hanno documenti
importanti per la storia costituzionale di Roma.
Alle quali osservazioni la Società rispose accettandole,
per quanto concerneva la moItiplicitA dei fondi da esplo-
rare, confidando che il R. Istituto Storico Italiano avrebbe
determinato, d'accordo colla Società stessa, le modalità se-
condo le quali è possibile d'incoraggiare e sostenere viaggi,
dimore e ricerche di studiosi a quest'effetto. Neil' esame del
materiale già edito nulla deve essere omesso o trascurato,
essendo tracciate le linee generali dello schema solo per
indicare e non già per escludere. Il punto di partenza del
Codice non venne recisamente determinato perchè, se ve-
ramente al cessar dell'impero occidentale si tronca e muta
l'antica vita costituzionale di Roma, questa era già infirmata
da una serie non piccola di vicende storiche, prima fra
le quali l'edific:izionc d'una seconda Roma sul Bosforo, che
rassomigliasse e decapitasse la prima ; per cui, stabilitasi la
rivalità tra la città dell'oriente e quella deiroccidence, s'apri
la. via alle vitali agitazioni del medio evo, fitte più chiare ad
intendere, se sì parte da quella legge che vedevasi impressa
ad una colonna in mezzo allo srrategio di Costantinopoli.
La questione si riduce pertanto a cominciare il Codice o
da un brano degli Excerpta di Malco (^Script. Bi:^. Dcxippi
€t alior, fragni, pp. 235-236) o da un frammento della
Storia ecclesiastica di Socrate Scolastico (I, 16); la quale
determinazione potrà meglio aver luogo nel distinguere
698
a/liii
quella parte del materiale che
sere incorporato nel Codice
Roma, alla cui compilazione pc
occasione la preparazione di qi
potranno pertanto aver luogo
non avranno ragione d'esser o
delle schede sari fatta dalla 1
posta alla redazione definitivaì
opportuno di ordinare gli sp^
i due lavori potessero aver ci
stribuito tra i soci un certo 1
allega l'esempio, curando che'
sopra enunciati. La scheda si
Tapprovazione dei colleghi: a
terminare il limite entro al i
studij intendevano di restringa
carono adesioni. .\iresplorazi^
dichiararono d'accingersi i a
mente per le lettere di GregI
per lo spoglio dei regesti edi
per quelli pubblicati dal Pottj
pontijicum Romanorum; ed esscj
ancora di curare l'esame d^
segreto e della biblioteca Vat
tuno accordo il lavoro; il prq
col comm. G* B. De Rossi, q
scrizioni, e di mettere a dispai
appunti intorno alla serie dei |
di curare la collazione dei d^
letti nel Primicerio e Vestiari
possibile, ai documenti cust<j
di S. Maria in Via Lata Topeil
e Tavv, R. Ambrosi di esplon
vincia, comunicando l'uno do^
Àl^
il rev.
Leone
oAtti della Società
^99
rati membranacei della proto-badia Subkcense, che
fssono avere importanza pel nostro assunto; il cav. Luigi
imi di esaminare gli archivi di Toscana, dell'Umbria, e
gnatamcntc di Perugia, Todi, Gubbio, Spoleto, Orvieto,
erni, Narni, Assisi, e di far indagini nell'archivio Vati-
no, preferendo fra tutti gli altri atti quelli che si conten-
mo nei registri del Patrimonio di San Pietro non pub-
icari da altri; il comm. dottor Enrico De Paoli, come
praintendente agli archivi romani, di comunicare tutti
tei documenti che sia in originale, sia in copia, sia in
nto si trovano nel R. Archivio di Stato; il prof. P. Vii-
ri di ricercare gli archivi di Firenze e di fornire la col-
sione e la copia dei documenti reperti ; il prof. Ernesto
onaci di fare lo spoglio delle croniche Muratoriane; il
>nor Th. Hodgkin quello delle lettere di Cassiodoro; il
noscritto di percorrere le collezioni nnnalistiche e ricer-
re le fonti inedite, specialmente del decimoquarto e de-
noquinto secolo ; i signori prof. G. Cugnoni, bibhotecario
Ha Chigiana, C. Castellani, prefetto della Marciana in
^aezia, H. Winkelmann, bibliotecario della università di
jidelberg, di contribuire coi preziosi fondi scientifici
Ile librerie cui sopraintendono a vantaggio del Codice
ìhmatico di Roma.
Necessitando poi di stendere Tesarne al maggior nu-
*ro di collezioni e d'archivi privati e pubblici della nostra
jione, fu indirizzata alle più illustri famiglie e alle Am-
nistrazioni civili ed ecclesiastiche principali della città
circolare che segue;
Roma, li 31 maggio 1888.
On. ed III. Signore,
Fin dalFanno 18.J.S un giornale letterario e scientifico di Roma
lonziava con gioia « come alcuni signori e alcuni capì d'Ammìni*
izioni ecclesiastiche in Roma, pregi:indo la utilità che dalle aa-
le carte possono trarre la storia ed il foro nella trattazione delle
ise civili, decretarono rordinamento de* loro archivi domestici o di
700
Q^iti della Società
quelli sottoposti alla loro presidenza ». Il Saggiatort^ che ic ^
Tanno pubblicava cosV bella notizia (an. 2, voi. IV^ p. jr^), ag^i»
geva lodi al Carine!, conservatore dell'archivio Caeuni e onfi&soet
del cartulario della Fabbrica di 5. Pietro, deirarchivio del nurdiae
Patrìzi-Naro e del prìncipe di Piombino.
Ora questa R. Società Romana, che per invito dell* Istitoio Sto-
rico Italiano sì accìnge a pubblicare il Codcx diplomMicìài L>K<
reputando che le belle disposizioni d'allora abbiano fnjtdiicato, eoo-
fida che alla storia patria non verrà meno in questa occasiooe il sr-
tese contributo delle grandi e generose famigtie e delle potenti J^
ministrazioni civili ed eeclesìastiche per cui la storia dclU ptfm i
gloria domestica e chiede che all'alta intrapresa che le t conuDoa
concorra il favore dei singoli, e si conceda pertanto, con quelle tiu^
leverìe che piCi sembrano desiderabili e d'accordo coi signori irt^
visti, che la Società faccia esplorazione, collazione e pubblio* '
quei documenti che è sperabile si trovino ìn cotesto sper
chivio, di tale qualità che non debbano mancare a un Codtct t: ti
una Storia diplomatica di Romiu
La R. Società Romana di storia patria confida che la pregUicn
che avanza verrà dairon."** S. V. presa in considerazione e siri btu
di notificare nella rubrìca della sua pubblicazione periodica ri^emU
alla preparazione del Cod£x diplomati e ìis Urbis, quella risposta ;bc
alPon. S. V. piacerà di farle pervenire.
Con ossequio, ecc.
Famiglie ed Amministrazioni alle quali fu indirizzau:
Famiglie nobili.
Aldobrandini principe don Camillo — Altieri principe — Barb<^
rìni principe don Enrico — Bolognctti-Cenci principe don Vèrginio —
Borghese principe don Paolo — Caetani duca don Ononto — Ci-
pranica marchese Camillo —- CardclU conte Alessandro — Où^
principe don Mario — Colonna principe don Giovanni — Del Bu£ilo
Della Valle marchese — Dona principe don Gìo\'annì Andrej — G»-
brielli principe don Placido — Orsini principe don Filippo — SfortJ
Cesarinì duca don Francesco.
Capitoli, Collegiate e Monasteiiu
Capìtolo di S. Anastasia — di S. Angelo in Pescheria
Ss. Celso e Giuliano — dì S. Eustachio — dì S. Giovanni in I>
terano — di S. Girolamo degli Schiavoni — dei Ss. Lorenzo e J
Ospedale di S. Giacomo
sìa.
Archxconfraternite e Confraternite.
Archiconfraternita degli Adoratori alla Colonna — degli Amanti
Gesù e Maria — di S. Andrea e S. Francesco — di S. Antonio
Padova — dei Bergamaschi — dei Ss. Carlo ed Ambrogio —
^5. Caterina da Siena — del SS. Corpo di Cristo — del SS. Cro-
sso Agonizzante — del SS. Crocefisso — dei Curiali — dì S. Gio-
oi dei Fiorentini — dei Lucchesi — di S. Maria della Mercede
' di S. Maria dell'Orazione e Morte — del SS. Sacramento — dì
Spirito.
Risposero all' invito con singolare cortesia i signori :
principe Paolo Borghese, marchese Camillo Capranica,
Onorato Caetani duca di Sentioneta, principe Mario Chigi,
principe Colonna, principe F. Orsini, duca F. Sforza Ce-
sarini; il rev. abate di S. Paolo, don Francesco Leopoldo
Zelli, pel Capitolo di S. Lorenzo in Damaso il chiarissimo
monsignor David Farabulini, le Amministrazioni ospita-
liere di S. Spirito in Sassia, del Salvatore ad Sanaa San-
aorum; l'archivista dei Bergamaschi; ed è luogo a sperare
che questi nobili esempi vinceranno altre ritrosie.
Discliiusa la via al lavoro, questo venne incominciato
e in apposita rubrica del nostro Archivio se ne renderà
conto. I contributi dello Stevenson, dell'Ambrosi, dagli ar-
chivi di Anagni e di Velletri e quelli dell'Allodi dall'abadia
Sublacense vi troveranno immediatamente il loro posto;
cosi in seguito i successivi.
Archivio della R. Società romana di itoria patria. Voi. XI. 46
Se non che impona che l'opera sociale sia ben disd)
plinata eoa nella preparazione come nella compLladonij
e se è desiderabile che, in quella guisa che sì reputeri pfl
opponimi da cotesto R. Istituto Storico, si faciiin l'espio^
rmooe d'archivi e di biblioteche, senza la quale sarebbi
riDO accingersi all'Intrapresa, importa pure che un primo
saggio della pubbllcaziaae vengi circoscritto dentro a ris
stretti limm cronologid; dacché se in tutte le opere il aw
nunctameoto è difficile» di questa, che non è lieve» nec»|
sàa ben fissare Tindok e i modi, acciocché il prindpid
del &tto sia gi::da eloquente anche a chi segue ad attefl-i
deve iOe ncercfae preparatorie.
n Presi den ce
O. TOM\tAStNL
BIBLIOGRAFIA
Alessandro Gherardi. Nuovi documenti e studi intorno a Gi-
roìamo Savonarola. Seconda edizione emendata e accre-
sciuta. — Firenze, Sansoni, 1887 (12% pp. xn-400).
Merita lode il pensiero del cav. A. Gherardi, di (are uaa nuova
edizione di questo libro, non che T incoraggiamento dato all'opera dal
Ministero della pubblica istruzione; perchè Tedizione prima stampata
asoli 50 esemplari era quasi irreperibile; e chi non poteva, o per do-
veri d'uHìcio o per altro, recarsi ad esaminarla in qualcuna delle
princìpalìssime biblioteche del Regno, doveva appagarsi d'argomen-
tarne la grande importanza dalle rassegne e dai libri, che ne par*
lavano o che facevano tesoro dei documenti e degli studi in qnelU
raccolti,
Questa lode ha da esser poi tanto maggiore, in quanto non si
uatta di una semplice ristampa; ma il libro ci si presenta veramente
migliorato e accresciuto dì molte cose, alcune delle quali. d'importanza
non lieve. Come sanno quelli, che han visto o questa o la prima edi-
zione, il libro è diviso in ere parti, delle quali la prima, genealogica e
bibliografica, ha a fondamento gli studi del compianto cav. Napoleone
Cittadella di Ferrara sulla famiglia e sulla casa del Savonarola e sa
tutte le pubblicazioni, che ne illustran la vita ; la seconda, sopra tutte
importante, è formata da documenti inediti scoperti in gran parte dal
p. Ceslao Bayonne, domenicano studiosissimo delle cose del Savona-
rola, e qui pubblicati, ordinati, illustrati; la terza contiene la tratta-
zione di certe quisttoni cronologiche, alcune delle quali rilevantis-
sime. Or nella presente edizione la parte prima è accresciuta dì certe
notizie intorno a un amore giovenile del S. per Laodaraia figliuola
naturale di Roberto Strozzi, la quale non aveva degnato la mano
del giovine nato di più umil casata (i); e soprattutto di molte no-
tizie bigUografìche, che hanno indotto il Gh., anziché a fare un sup-
(i) Par. I, $ II. pp. s-8. Le notizie lon tratte, parte da un tratto del Fulntra iìK-
gtnti$ di pu. BiSEDCTTo, giA edito in parte e icorrettameote dal Meier e dall'Aquarone ;
In pane da gualche nuovo docaoMato, dei ^oali n'è pubblicalo uno a p.. {, n. i.
704
bibliografia
plemento alla bibliografìa del Cittadella e All'aggiunta fattivi i
prima edizione, a riunire tutti i vecchi e nuo\n materiali in un t
unico, che è riuscito davvero un bd saggio dì bìbliograàa bìogi
del frate ferrarese. La parte terza è soltanto trattata con ma^
ampiezza^ specialmente richiesta dal modo nel quale et^no stJte
cate quelle questioni nella nuova edizione dciropcra ìn^i^i
prof. Villarì. Quanto alla seconda, dirò colle parole ste««e dell
torCj che «si avvantaggia qui notabilmente sulla prima edizj
a Ventìsci sono i documenti nuovi con le opportune illustrazioi
«Basterà ch'io accenni ai principalissimi, che sono: alcuni \
« della Storia manoscritta di Piero Parenti, che, insieme eoa
e lettera di madonna GugUclmina della Stufa, formano ti quiittfl
•cragrafo, interamente nuovo; diverse note di spese in:
«Signoria e dai Dieci per il fatto dell'esperimento dti
eia cattura e il supplizio del S. e dei compagni (^J ix e &j, v
« brani di cronache, pur manoscritte, dì due frati minori, che ha
«e tra i documenti relativi alla memoria di fra Girolamo (5 ^)
«Anche i documenti delle relazioni del Nostro coi Pratesi, c^y.
« illustrati dal comm. Guasti, ritornano, con qualche
«e U ritoccati, iu questa edizione u (2). E su questa b_ .
che forma quasi tutto il volume del libro, fermeremo paTticoUcflU
la nostra attenzione, cosi sulle aggiunte, come su quel che ^J
prima edizione sì conteneva, giacché la sua scarsa dìt?usion«
quasi farla considerare come un'opera nuova; e lo faremo sc^e
Kordine dei dodici paragrafi, nei quali la materia è distribuii,
quanto la qunlìtJ degli argomenti di ciascuno lo consentiva,
condo la successione dei tempi.
Contiene il primo, che si riferisce ai primordi della vita rcligl
del S., due lettere dell' illustre medico e letterato bolognese Ciov;
Garzoni, lettore di filosofia nel patrio ateneo, che nella prinu ìoà
il S. di esser venuto « ad urbem Bononiensera tamquam .id mere
turam bonarum artìum », e gli preconizzava che si òaic
sua scuola, granJe oratore, come altri, che ricordava, m
noi giungono ignoti (5); neiraltra usava espressioni, che non
mostrano troppo contento del discepolo (4).
Il secondo è formato da una nota, tratu dalle cane del ìOQVì
di S. Marco, dello limosine ricevute in vari tempi da esso
per le prediche del S.; la quale, se pare in se stessa di
pure mi sembra che possa essere utile a stabilire U croaol
prima dimora del S. a Firenze, sulla quale è regnata cojlj
mente, e quasi può dirsi fmo alla nuova edizione delt'o]
(1) Veramenic ^tce : ^ x; nu è un error di tump* erideoie.
(s) PreCàziooe, pp. x»xi. *
(j) Doc. I. p. 58.
(4) Doc. », p. 39. Secondo lui il S. aveva dlcbianita U goen
gramneatc Apollo. La lettere «obo unbwliK fenx» ^u.
bibliografia
705
\^larì» che della pubblicazione del Gh. sì giovò, cosi gran confu-
sione (i).
Il terzo contiene i documenti che concernono alla costituzione
della provincia toscana dei domenicani riformati, ossia alU separa-
[ (1} Vero é per «ttro, che sppoato questi documenti mi eoiuiurrdibcro ad alloatADArBii
da qtunio il V. fcrìste nelli nuova ediiione dell'operi iua, spccUlmeaie intorno all'anoo,
nel qiuJe il S. venne la prima volu « Firente, e dì cui, per verìti, non mì paien di
poter essere inienninite sicuro, quando feci una rassegna del volume I di quell'opera
(pubblic Del GioriuU ttor. dsllt Utt. U, X, ajS sgg.), ceoza aver potuto cootultare ni
riscoatrorc, per le ragiooi che io princìpio ho accennate, la pubblicazione del Gb. II
quale, nella 3* parte di questo libro, si occupa appunto di tal questione (|| 1, p. 369 S(;g.).
«d osserva giustamenie: t" che l'autoriti dell'Ubaldini Traie dì S. Marco, che professò
nel 1490, e che nei mot annali del convento lasciò scritta la data del 1481 accettata dal
p. Marchese, non e punto rocn valida di quella di fra Placido Cinoziì, cbc professò in
S. Marco ad 1496, e che scrìsse nelU sua tjnstcla biografica, a cui attinsero tutti gli
altri amichi biografi, la data del 1481, olla qtule il V., nella KConJa edizione, ritorna;
a" che i biagra6, compreso il Cinozzi, nel dar la cagione di questa venuta, parlano della
guerra di Venezia coatro Ferrara come gid mossa e ÌacommcÌata, e però non vale a so-
iicDere la data del 14^1 l'acuu osservazione del V., che le la guerra cominciò nel 1483,
<* i Torbidi, le incrrteuc, 1 preparativi erano gii assai prima cominciati ■ (loc. cit. pp. 371-
]73. Cf. VuLARi, La itùria di G. S. ecc. nuova ed. pp. js, 7J-74)- Al che, d'altra parie,
potrebbe anche aggiungersi cbe ì torbidi e le incertenc furono nel 14S1 cosà veraneate
incerti, cbe poco ne poteva trasparire in modo da far temere sicura la guerra, e far prea-
dere ai domenicani di Ferrara il provvedimento di chiuder lo studio, o, come dice il Buft-
LswACcni (Fila dtl p. f. G. S. Lucca, 1764, p. 14), di tiravmrt il camtnto; i prepirativl
poi ci conducono senz'altro al 1481. [ofatti, ancfae seguendo soltanto la testimonianza
del Naviglio (Storùt dtlla R.f, cciu^drui, in R. I. S. XXIII), che ci ripona più indietro
di tutti, perchè fa cominciare i primi screxì fra la Repubblica e il duca nel luglio del 14S1.
non vi fu vera minaccia di guerra per tutto quell'anno, tiu un grande ondare e venire
d'ambasciatori, con qualche soddisfazione data dal duca alla Repubblica, e con arti sue per
tirare in lungo e veder di liberarsi dagli obblighi che aveva con quella. Solo aì 3 dì no-
vembre, una deliberazione del Senato di Vcoesia dì far fabbricare nell'arsenale tre bastie,
da mettersi poi in certi luoghi dì confino con alcuni fanti. E più tardi si mandavano genti
in certe castella del Padovano, ■ non gii per desiderio di muover guerra al duca di Per*
«rara, ma per ìndur quello con questo modo all'accordo*. E il duca, pur tenendo am-
basciatori a Venezia, ne mandò ai suol collegati re di Napoli, Milano e Fiorentini, i
quali protestarono presso il pipa (e l'udìenia ci descrive Ucoro Voltcsiuno, in R. l.
S. XXItr, col. s;K e) che scriste ai Veneziani un breve * esortandoli a non turbare la pace
« d* Italia •, al quale essi rispondevano il 14 dì gennaio del 148S. Seguitarono poi ancora
le pratiche, ma coraìnciaruno ìostemc le condotte e gli arroamcoti, finché il 19 d'aprile fu
Ueetuiato da Venezia l'ambasciator di Ferrara; e nondimeno sd giorni dopo « il canceU
> liero del Visdomino restato in Ferrara, il giorno di S. Marco andò nella processione
■ solenne eollu stendardo di S. Msrco spiegato, secondo il solito dei Visdomini •. Pure
il ."l di maggio (il Samuto, VUat ituum, in R. I. S, XXII» lai) e, dice il 3) fo bandita
solenoeroente la guerra a Venezia in piazza di S. Marco 0oc, cit. col. 1169-1172}. Ma le
dovessimo seguire il Diario ferrarese d'anonimo (R. I. S. XXIV), pii^ imporuote al coso
nostro pel luogo dove fu scrìtto, e che in sostanza dal Nsvagero non discorda, le prìne
minacce e lagnanze di Venezia a] duca furono • da sancto Michaele », cìoi alla fic di set-
tembre del 1481 (col. a{6 a), e le bastie piantate presso a Rovigo, cbe intimorirono il
duca e Io fecero rivolgere agli alleati ed al pspA. « di zenaro * 14B1, e soltanto il { di
aprile, in venerdì santo, una scorrerta del Veneziani verso Codigoro, che dette origine a
proteste reciproche (col. zj^-aj?. Cf. Nsvaacio, 1171 e). Certi provvedimenti a difesa
aveva cominciati il duca, ma dopo la risposta rassicurante del papa (ivi), olla quale per
verità contrastavano un poco i gran favorì, che usava ai Veneziani (NavaGGao, 1171 a.
Cf. lacos. VoLSTfcaa. 161 c-s, SsHifTO, op. cit. 1114 e), ì quali nel marzo, come ne fii
fede il Sonuto, che assegna le date precise, ìncotaindarono a aoldor gente (loc. cit.
706
bibliografia
zione della congregazione toscana, o di S. Marco, dilb ^^-^'^-^
lombarda; fatto tanto bramato dal S., che lo sperava pr:
condo di riforma e dell'ordine suo, e della vita fiorentina, e ^■. l^-)
la Chiesa. Al rogito di ser Giovanni da Montevarchi, col qtukBCì
1314 e). Pure U lotaxloiie. che U Giù, per coocUiart te oppone scsmbm, pMf>« • ^
in iofuiui, aon i aUra che quelli del p. Marchese d«tui eoa ma|tpore CMOiflh"
che il S. veoiiM a Firenze prima del 3; dì oqatzd del M^a. qaaiula «ecoAd* W iil^
rentino dura» ancora ranno 1481, noa mi sembra troppo fondata. OltrMkt •viMt*
po' nrano che l'UhaUìnl non aegniuc Io stile Gorcniina, ma j] conoac {tam^ €^
parte, che col raffi^Dto del reato dei suoi annali, chi ha il modo di cooKltartì fttil^
voloiente Tcrìficare); «e i vero quel che tcrìvooo i biografi (vedine le p«r«U aMT ■
Gh. a p. 171, n. a) che quando 11 S. venne a Flrcnac 1« guerra era ffii mtoUm^ lÉM*
per lo meno nel nieie di raag^o, quando doq c'£ più tra I doe itili weMma AftHMa
Ma rimarrebbe quell'argomento, che parrc a me il più forte di tonit <W< f|d»ftft
quaresima predicata io S. Lorcnxo. che il Barlamaccbi (p. 14). aeptendo il GmiÈL ^
cera « U prima..., che successe alla sua Tenuta io Ftrenac • e et» aoQ p«u«« ìmwì—
se non quella del i^8t pi'ti.LABÌ, op. cit. 1, 73). Or questa lista il'f h mwtns Ja Uf^
di mcxEO. Non apparisce da queita che 11 S. predicasse n Firentc nel t^%K K anf^
vento nel monastero delle Murate fp. )9); nel 148}, la quareuma txiio 9BUam ^m^^
e in Orsammichele (p. 40) : nh questa dupliciti di luogo fa dìScohA, perche la |n^
ijooe poteva non esser quotidiana; dopodiché troriamo quest'altra panila M Ifll {^
« A di !j aprite, lire 39.8 avemmo contanti dal Capitolo di S. Loreofo. per kMito
«delle prediche di fra Girolamo da Ferrara. L. )9-8 ». Ecco il qutreaimAlc À S. Lì^b>
(la Pasqua cadde io quell'anDO, se non erro, Ìl 18 d'aprile), che noa t poi yrc *■*
se n Cinozzi e dietro a lui chi lo sepil credi, ]xr un facile error di tatXK- •
Invece che il se:oado dacché il S. era in Firecue; tanto più che, ttu|«vi«
fn, al 14S4 sta la predicazione simultanea del S. in S. Lorenzo e dì fra Karias» ^ :• ^-
che il Villarl aveva dovuto rìgtture e che i biografi attestano. Ki £a oetaco^ U fBk
caaiooc di S. Gemignano, che ai dice £itta nelle quaresime degli anni t^lf e X^ (^a-
L&ai, op. cit. I, 84), poiché queste date sono state argomentate dalla pwolc Ad |i^
proceaao del S. (mollo malsicure a itabtlirri su una data, perché riftcae di d^m^ OB*
enerva il Gh. a p. %-j\) e nell'idea, chiarita falsa dal Ch. nel ^ ti èi ^mtm W*
parte, che nel 1486 si lenesM ìl capitola dì Reggio, che fu Invece c«av«c«la ali 1|b
Or da quelle parole del processo (poiché nnxi vai la pena di cjtnrc la lilljm iia in r
rata, come altre sne, del p. Uaroo della Casa, che riferi qncUa prwScaiìoaaai'
e 1484, ia p. H*Rcns.ss, Awtrtimtnio premesso alla pubblicai. dcUe lencR -'
iiar. it. App. Vin, p 78, n. $. Cf- p. 80) non apparisce in seataaaa ■• aon {«>■». -ai
a S. Gcmigoaao il S. prodìcA imt smmi (TuLaii, op. cit. II, p. e I), scnes cha aiff* *
possa dire se furono avvcoti o quaresime. Ma è probabile che fonerò te ^aifcavi M
due anni 148^ e i486, nei quali non apparisce dal re^tra Jì coi pvhbBcs gk cflraii '
Gh. ch'egli predicasse in Fìrenie, ^ve invece lo ritroviamo ad 1487, ttl ■j^^.lr ars* <
la seguente panila (tvì): • Dalle monache e monastero di Santa Vcrd. '
■ fionni j larghi, per le prediche di fra Girolamo e dì fra Tomaso B^
sia che ì due predicatori si fossero attenuti, sia, come ci par più proba'xie. ;•« ^ztvtt
quella quarcaima il S. fosse stato richiamato da Fireaxe in Lombardia, • d BnAiaH>
seguitato ■ preiicar« io sua vece. E cosi viene ad accorciarsi U tempo della 4^tn da
S. in Lombardia accennato da lui nel processo nel solito modo ìadclcmtBita (• ^f
stetti aoaì circa iiij », loc cit.) ; ma intonu>al quale, salvo il q«arciÌB«ke £ purtt. l^
a&tto lian saputo dirci ì biografi.
Anche della intricata questione della seconda venuta dal S. a Fireata f«g>0aa arf*
bene il Gh. nello vicaso paragrafo della urea pane, lUsdo gioato peso al a Kal^Aiv-
• guni, die dominico • del L»mft»émm mmUtianum, che porta al t«fa il péadlfAi li^
pwfiCMfiont pubblica in S. Marco, t pur appimando a dover» It TrariafiianM dKÌ^
dasacTo il prof. Vìllari ed altri a por la sua venuta io Fireaac sai 148^4 • Meealftt^
nanai due ipotesi a spiegare la cooiraddisione, che Is qoel paaao del C^MwaAa* * *"
scaotra; delle quali, per veriti, mi pare la pifi probabile quella che al Gh. jm ^MktàM
bibliografia
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;ti di S. Marco chiedevano k separazione, protestando di bra-
'la e chiederla spontaneamente e firmandosi di propria mano (i),
>e lettere generalizie di fra Gioacchino Turrìano, che ag^cga-
vano il S. alla nuova congregazione (2), e ne lo costituivano provin-
ciale (3), e più tardi vicario generale (4), e la congregazione stessa
proteggevano dal mal animo dei frati lombardi (5) e ne estendevano
ad altri conventi la giurisdizione (6); altri documenti s'aggiungono
qui, che mostrano il gran favore che la Signoria di Firenze dava
con zelo premuroso all'opera dì fra Girolamo e alla sua difTusione,
sta per mezso del suo ambasciatore a Roma Puccio Pucci (7) e del
segretario Antonio da Colle (8), sia scrivendo direttaraente al car-
I dinalc Oliviero CaratTa, protettore dell'ordine domenicano (9).
Il paragrafo quarto è il più noto e pubblico di tutti, perchè for-
mato dallo studio del comm. Guasti, che fu stampato Tanno 1876
india Rivista univenaU di Firenze, e ha per titolo: Il 5. e i Pratesi.
Trova qui il suo luogo opportuno, perchè in esso il Guasti, dopo
'thra
*tìm U S. fcrìvcste 1489 secando lo stile Sorentioo, rifereadoal ti primi meii di quell'anno,
' e poi seguiuxtc : • quo quidem anno », senza avvertire che. scrìvendo ts qaello stile, l'anno
finiva col 14 di mano. A quel modo non occorre supporre errata la data delta lettera da
i VmYÌM. (dAlLa quale, giusiamcate osserva il Gb., non resta provata ni la sua andata a Ge-
I DOVA, ne molto meno che egli predicasse tatto il quaresimale io quella Cini), e si ^>ìtga
I va po' meglio anclie quel)' « anni circa ìiii • del processo citato, specUlmcole ic il S. tra
I sempre a Firenze a principio del 1487.
(1) Doc. 1; p. 4* HS'
(a) Doc. j; p. $4.
(5) Doc. 4; p, s6
(4) Doc. 17; p. 66.
($) Docc. a. 5; pp. 52, s«.
(£) Docc. Il, 16, ift; pp. 61. 6$, 6S. lì primo t veramente una tenera del priore di
^Fiesole, che parla dell'aggregazione a S. Marco dei conventi di Fiesole e di Pisa; ìJ se-
condo vi aggrega U convento di S. Maria del Sasso; il terao di gìurisdtxìone al S. svile
ttniaric domenicane di 5. Lucia dì Firenie. S'aggiunga il doc. 1 ), col quale il generale
4av« Cscoltà al S. dì mandar fuori dal convento quanti frati gli piacesse, per iraitar questi
negasi, p. 63.
(7) Lettera della Signoria, del 2 gingilo 1494. Raccomanda d'insistere col card, di
Xapolì, per ottenere l'aggregaàone a S. Marco dei conventi di Fiesole e di Pisa. Oocu*
meato i; i p 64.
(t) Lettere della Signorìa scritte allo stesso fine, e anche per l'aggregaaìone del cod-
ismo 4ì S. Domenico di S. Gìmigoano, il a8 novembre e il 17 decembre 149J, 1* li gvn-
naio eli 7 d'aprile del 1494. Docc 7, 8, 9, 10; pp ^9, 60
(9) Lettere della Signoria, scrìtte allo stesso fine, il 26 novembre 149), il 1$ maggio e
il 2 di giugno del 1494. Docc. 6. 12, 14; pp, j8, 62, 6). Dicevano e ripetevano al cardi-
nale: • Nibi! nobis facere potè* In presentia graiius •. £ assai notevole che tutte queste
pratiche ti fxnno, come li vede, dalli Signoria, prima della cicciata Jt Piero dei Medici
e quando questi poteva molto In Firenze (Cf. anche i documenti pubblicati dal VIUatì Ìd
appendice al volume 1 dell'opera sua, sotto i numeri Xl, xiii, :«tv dall'i al 4) e ne vien
confermato quello cbe U S. disse nel terzo processo, che anche la separazione del con-
vento di S. Marco dalla congregazione lombarda ■ era suto per mezo di Piero de' Me-
« dici • (ViLt-ARi, op. cÌL II, claaavj). Or questo non ni i par senza qualche peso a Car
ritenere un po' dìfHcile cbe il S. « fosse scoperto contrario alla politica medicea, dichia-
mndola tinumica, e intimando perfino a Loreoio, ai letto dì morte, di rendere a Fireiue
laUbcrtA.
7o8
bibliografia
accennato il bisogno di rìfomia che sì sentiva cosi destro cose
fuori dei cenobi nel secolo xv, prende appunto le mosse datl'ontf*
vanza introdotta in S. Marco, e dalla separazione della con|7cgh
zione toscana dalla provincia lombarda (i), per poi venire all'ilb-
strazione dì certi inediti documenti, che ci dicono qual fosse U fj*«ii
che la riforma trovò in Prato, e come s'unisse alla nuova 'x
il convento pratese di S. Domenico; come a favorir la rii c>sa
premura insieme e i Difensori di Prato e la Signoria di Firenze, p^ovT^
dcndo d'altra abitazione i domenicani conventuali e assicurando gli os-
servanti dalle molestie di questi (2). Segue poi a dirci YK. come tB
Prato risonasse con gran frutio la voce del S., e come sian da rKerifii
a questa predicazione alcuni fatti, che il Burlamacchi fa avrcnuDi
Pisa (5); come i Pratesi in gran numero s'innamorassero dcili nti
cristianamente costumata e civilmente lìbera, che il S. predicjri. e
v'aderissero con pubbliche soscritioni, a quanto sembra poterai *^
gomentare da un curioso e notevole documento (4), sebbene noa Dia*
cassero neppur \\ al S. e alla vita costumata, ch'egli predicar*, te
nemici (5); come la riforma penetrasse a Prato anche in raoniitcri
d'altro ordine (6); come perdurasse anche con tutte le pen.
che seguirono la mone di fra Girolamo (7), e mantencs-s-:
spirito santamente liberale del convento di S. Marco, del qu4Ìc l'A-
ci presenta un esempio, nel ritratto, col quale chiude splendi da ©crtr
il suo studio (8), di fra Cipriano Cancelli del Ponte a Sicve, ùx
fu priore in S. Domenico di Prato, e confortò l'agonia di quel e^^^
roso amatore della libertà di Firenze, che fu Pier Paolo Bos:
tesso un elogio ispirato a sensi liberi e generosi a Luca dcUi . .
il cui schietto racconto non si può leggere senza fremito e Ksa
lacrime.
Gid altrove abbiamo avuto occasione dì rilevare V im|>ortama dd
paragrafo quinto, aggiunto, come abbìam visto, di sana pianta ifi
questa edizione, per quanto concerne alla parte, che ebbe U S. ndU
provvisione del Governo di Firenze, fatta nel marzo del 149$, di con-
ceder perdono e pace universale per le cose politiche del tempo
trascorso, e facoltà d'appellarsi al Consiglio maggiore dalle coniasse
capitali pronunziate dalla Signoria 0 dagli Otto (9). Qm aggiu&g^
remo che la pubblicazione di quel tratto impoaanti&slixio della rcr-
<i) $ 1; p. 60 ijg.
<») 55 «» 3i P- 7> «BR-
()) 5 4i P> 8j Igg. Ci. VlLLAKI, Op. dt. l\\. IT. p. 4A4, S. t, 40T« é ^^H^
come nuccue l'errore del BufIacuccM.
(4) $ 5 ; p. «6 «gg-
<I) 5$ <- 8; pp »i, 9S »KS.
<*) J 7 ; P- 92 igg.
(7) S 9; P- 97 »«»•
(8) S »o; p. 104 «gg.
{9} Kelia receationc del voltine II dell'opcr* più volte lo^u dei Vlll^
xiooe), injcrìu net Givrmalt tìorteo drlla ttHtratur% lUliam» di Torino, XIL
bibliografia
709
bosa cronaca di Piero Parenti non solo ci dà notuia dì fatti trascu-
rati dai più dei biografi (i), o ce ne fa meglio conoscere altri da
loro travisati o alterati (2) ; ma soprattutto ci rappresenta in modo
vivissimo quel che le carte non registrano, cioè quale fosse la vita
di quei giorni in Firenze, la passione che il popolo, quasi trascinato
ed affascinalo, prendeva alle quistioni politiche, che i predicatori,
con forme or più or meno coperte, trattavano dal pergamo, snatu-
rando forse alquanto lo spirito della predicazione, sebbene si prote-
stassero di parlare pel bene morale, e civile, e religioso del popolo.
La narrazione del predicar simultaneo di fra Girolamo e di fra Do-
menico da Ponzo, il quale già anche altrove e con miglior successo
aveva trattato di cose dì Stato (}), e che ora, forse istigato dal duca
dì Milano, combatteva dal pulpito di S. Croce la legge dell'appello
dalle sei fave, che ÌI S. in S. Maria del Fiore propugnava, ci fa vi-
vere in quell'ambiente, e ci fa comprendere in che cosa consistesse
e come si esercitasse rauioritù di quei frati nelle faccende politiche,
intomo alle quali deliberavano coloro, che uscivano di chiesa esal-
tati o atterriti dalla potente parola dell'oratore. Il quadro vien poi
compiuto dalla lettera qui pubblicata dì madonna Guglielmina della
Stufa cr la prima - come nota l'editore - che venga in luce d'una di
n quelle centinaia, anzi migliaia dì donne, che frequentavano le pre-
« diche del S. » (4). V^appare l'esaltazione deiranimo accanto alla
mitezza dei santi affetti religiosi e domestici ; accanto alle espres-
sioni tenere e affettuose pel marito lontano e pel bambino malazzato,
v*è come il compendio per sorami capì d*una predica Ji fra Giro-
iamo, e Tesortazione al marito di fare le inortificaziom che quegli
suggeriva, non che, in un poscritto, quella d'imporre silenzio, egli
commissario in Arezzo, airavversario del S., fra Domenico da Ponzo,
che in tjuella città allora predicava (5).
Qui comincia la parte più rilevante di tutto il libro: gli arti-
coli VI, VII, Vili, intitolali: « prima interdizione delle prediche al S.
e relative pratiche dei Fiorentini col papa »; « dalla istituzione della
congregazione loscana-romana alla scomunica del S. »; « documenti
relativi alPultìma predicazione del S. »; chiariscono e compiono e,
per certi rispetti, contengono la storia del tempo più notevole della
vita di questo, e gcttan luce sul fatto, che ò in essa massimamente
k
(t) Per «empio dclU cmJtuudA daU ti S. d'etsersi appropriato dd depoiiti dì coie
prezloM fatti da più cittadini in S. Marco, nella cacciata di Piero; della qua) cosa lolo
aveva parlato il Perrciu, attingendo U aotiiia da altre fonti (p. iij).
(]) Cosi la dispuu, se coi) può chunartì, fitta in palagio dei Signori fra il S. « fra
Domenico da Ponzo e fra Tommaso da Kieti il iS dì gennaio del 149; (daucfae rìnilta
appunto dal racconto del Parenti), e che per Ìl BurUmacehi (pp. 68-69) fu uo concilio
di tutti i teologi di Firenze, coropreto Manilio FÌcìdo (pp. in, il], 114).
()) Vedi Giacomo Grasso, Dacumtnti riguardanti U coiHiu^iom di nm* kgA coniro U
Ttirto mi i4St; Genova. 1S80, pp. 9, )2, 71 (docc. xv, xxxiii).
(4) P- las-
(%) Doc. li pp. 118-139.
7IO
bibliografia
importante per la storia, e che fu al fiero domenicano più fecODdo
di conseguenze funeste, cioè a dire sulla sua contesa col pooicfice
Alessandro VI, della quale poi nel due paragrafi successivi vedisai
notevolmente illustrata la catastrofe.
Nei carteggi degli ambasciatori fiorentini a Roma, che vco^obi
qui pubblicati insieme con qualche altro documento, noi segotisn
veramente a passo a passo lo svolgimento di quel dissidio, che ri-
dusse il S. alla condanna e al patibolo ; e per non istare a in osi
i particolari, cì pare che ne risulti dimostrato chiaramente. :'^"ih >
parte fu gii osservalo da altri (i), che il papa non fu me
da odio particolare contro il frate ferrarese, né da sdegno ù<.iii. *■■
dite invettive, che questi pronunziava dal pergamo contro i costumi
corrotti del clero, ma tia cagioni tutte politiche; e che, com< scm>e
il Guicciardini « tenendo per se stesso poco conto di lui, si ei
« mosso a procedergli contro più per le suggestioni e stimoli Jc^
« avversari, che per altra cagione » (2). E questi avversari non ffiflJ
soltanto Piero dei Medici e i suoi fautori, e gli Arrabbiati n-.-
Governo del 1495 e però del frate, che quasi poteva dirscii'.
datore; ma anche gli Stati o i principi italiani collegati ai ddoniik)
re Carlo Vili, i quali allora potevano molto suITanimo dd piipi,
che era stato fino allora e così si mantenne, lìnchò Carlo non moa
fieramente avverso ai Francesi. Eletto a dispetto del re crisliaiiis&inK),
che avrebbe voluto sul trono pontificale Giuliano della Rovere (j),
egli, quantunque stretto in una lega poco favorevole al re F
nando, con Venezia e col Moro (4), al quale era largo e di d.
e di favori (>), era pur sempre ritenuto « aragonese e ghibcl.
anche quando la paura degli apparecchi di Carlo gli eoa:
certe tergiversazioni, per le quali a momenti sembrava riacc
a Francia (6); e quando i fatti li mostravano apertamente favorrvofi
all'impresa del re, non risparmiava minaccte a Lodov" r-'i
che mìnaccìe al cardinale Ascanio, al quale era pur nb: ^:
(1) X>ti compunto prof. Aktomio Cosci, ad koo stUiUo mtitoUta: Gtftimma Smm»^
roU e i nuovi dotumenti intorni' at mtàttim'?, pubbl, n^WAreh. %hrr. itél. MZK IT, L f*
pmstiin.
(1) Storia d'julia, lìl, vi,
(3) GRKCORovtus. Storia dilla tittÀ di Rjìm del mèdia fvo^ i*t. XIII, iv, ii VUtlf^llT
detla uaduztonc iulitna; Venezia, 187V
(4) Siretu il 35 d'aprile <lel 149]. V. ButcR, Dir Bt^ùbun^ iw Mféàtt^ y» fili'
rtitb wahreud der Jihrt I4f4-ìi<f4, tee. p. }!$; Leipzig, 1B79. Dt Cittfttl, lft««
ile Charìtt l'Ili rai dt Franet, I, viii, 34$: Parìa, iS6ft. Ivi t malia i^tà «||0ai^
l' imponaaxa che a questa lega ai poteva da^e.
(5) Ivi, p. J17. £ V. a p. S39 la lettera di FraBOcsco della Casa muitts da S«Ai •
Piero dei Medici il 1" d{ giugno del 149}.
(6) Vedi la lettera di Geaille Becchi a Piero dei MeJld del 14 dicembre u^f^, c^*S
p. (44. Per le tergiversazioni del papa, v. pastini il cap. Vili di ()ueIl*Of«r« WUiMM*Ì
tpccialineiue poi pp. 314, 315.
(7) Ivi. p. 329, E già prìmA il papa l'aveva rìmpnaverato, e Ajcanio oc «««va iB»
le icue. Ivi, p. 333.
bibliografia
711
¥
principale autore della sua esaltazione (i). E con tutte te sue in-
nezze, pure sempre e costantemente rifiutò di dare al re francese
investitura del Regno, prima a Péron de Basche, che gliene usò
ntro minacciose parole (2); poi al Brissonct e all'Aubigny (5), che
ir ricolmava dì paurose carezze umilissimamcnic (4); infine al re
stesso, quando la solita paura e la riluttanza dei Romani a resistergli
glieravevano fatto ammettere in Roma (j), e con lui trattava e con-
cbiudeva un accordo, coi cannoni francesi puntati a Castel S. An-
gelo, dove aveva cercato rifugio (6). Con che animo, lo dimostra-
rono la fuga di Cesare Borgia, e la morte di Zizim, e la sollecitu-
dine, con cui Alessandro annunziava ai signori dì Romagna e di
Marca la conclusione della lega di Venezia, alia quale aderiva (7),
non che il monitorio di depor le armi e non muover più contro gli
Stati italiani, ch^egli faceva a re Carlo, dopo la battaglia del Taro (8).
A questa polìtica s'opponevano oramai in Italia soltanto i Fio-
rentini, che la speranza di riavere da Carlo Pisa e gli altri luoghi
del loro dominio perduti nel 1494, avevano staccati da quell'osti-
nata unione a casa d'Aragona, che era stata la rovina di Piero
dei Medici; e il papa credeva, e non senza buon fondamento, che
a questa amicizia per Francia, pur conforme alle antiche tradizioni
fiorentine, li avesse indotti e ora ve li confermasse la parola dì quel
frate, che aveva salutato e rappresentalo Carlo Vili come Io stru-
mento scelto da Dio a flagellare colle armi I* Italia e la Chiesa, non
che a reintegrare Firenze delle perdite fatte; e che a quest'opera
l'aveva confortato e lo confortava non soltanto andando a lui come
(i) Lo chiose anche, come i noto, in Cutel 5. Angelo. CC Grscokovius, loc. dt.
e IV. 5. p. 418.
(3) • Non pArliamo più della iave*titura, perchè U tp«da tari (pjcllo che cht«rirà U
■ ragiona ». Lettera dì No^'i Tornalntoni, da Roma, a Piero dei Medici dcIl'S agono 149].
Ip Bcs», op. cit. p. ;4j. Cosi credo debba leggerli; non farà, come leuc e intese l'e-
Jiiore (cf. p. )22).
(3) n i£ di maglio del 1494. GaECoKovlus, op. cit. XIII, iv, ;, pp. 401-403. Il
De Cbcrricr dice cbe (]ueiti ambasciatori Ajrono Stuart d'Aubìgny. Matharon e Pèron tic
op. dt. t, viti, 401. Ma veramente gli ambascLatorì furono ^oatiro, dot i tre
da lui, e eoa essi il Brisioneu V. dvESTaiiri Diijakdiks, SigotiatÌ4mt dipt>
mMti^uét de U FrsHct axnt li T»t(Ani, \, 410, 41^; e la lettera dei Dieci di Rreaie a
Cuidantoaio Vespucci e Pier Capponi ambasciatosi in Francia, dal 7 maggio 1494, edita
dal Caproni, Storia dtUa Rtf. di Firtn^t, ti, $51, appendice, a. vii; Firenze, iSv;.
(4) Bcsii, op. cit. pp. 33), )]4. Bea lice a questo proposito il Di CstuiiiK (ivi,
p. 403): ■ Alexandre VI, toul ea dèsiranl pASuanèmeni de fermer l'Italie aos FranfAif,
« Toulait èviter d'en venir <à une nipture manifesta avec Icar roi». E quando gli aiaba-
sciatori furono partiti, fi scopri più risoluto cbe mai in favor d'Aragona (ivi, p, 404).
(5) Gmcosovics, op. dt. pp. 423-433, 4)$. Cf. pp. 416,417. Db CnEasua, op. dt.
IT, ir, 70-74 e 86; e cf. tv. 175.
(é) Svi, p. 4}i-4]3 ; De OtEausa, op. dt. II, ti, 84; Coxmiksi, Xlitnoirtt, VII, Ktl,
ed. Bncfaon (Paris, 1836), p. aio.
(7) Con breve del 7 aprile 149$* ^^ ^ Guooftovict (op. dt. p. 441}. La lega era
•uiUi condusa il ji di marzo. De CrtiaaiEa, 1»^. cit. II, iv, 160^
(8) ti s d'agosto del 149;. Gbccoxovids, op. dt. p. 447. Il Di CuBiain (op. di.
VII, 391) poDC la cosa, in modo oa po' diverso, al jj d'agtMXo,
712
'Bibliografia
ambasciatore della sua patria adottiva, ma scrìvendogli anche in per-
sona propria lettere, che parevan dettate da spìrito profetico. Indi Ì
brevi del 25 di luglio, dell'S di settembre e del 16 d'ottobre del 149J,
col primo dei quali s* invitava il S. a recarsi a Roma^ a render ra-
gione delle cose che egli si diceva profetasse; col secondo gli s'or-
dinava minacciosamente e sotto pena di scomunica dì cessare dalle
prediche e andare dove gli comandasse il superiore della congrega
zione lombarda; col terzo, mite e carerrevole, per effetto della ri-
sposta fatta dal S. Ìl 29 di settembre, pur lodandolo di bonti e ào-
clliii, si rinnovavano con bel garbo e la proibizione, e Y invito di
recarsi a Roma quando che fosse (i).
I documenti qui pubblicati nell'articolo VI, che vanno dal i^ di
novembre del 149$ al 2) d'aprile del 1496 e contengono le pratiche
fatte dalla Signorìa e dai Dieci di Firenze col cardinale di Napoli e
con altri, sia direttamente, sia per mezzo dell'ambasciatore raess. Ric-
ciardo Becchi, perchò il papa revocasse V interdizione e desse licenza
al S. di predicare nell'avvento e nella quaresima (2), non che l'or-
dine espresso fano al frate Tu dì febbraio di ricominciare le pre-
diche, con la solita formula: sìih pena indignationis dictorum domino-
rum (0> e un frammento di consulta che mostra non tutti ì cittadini
di Firenze essere stati su questo punto soddisfatti e tranquilli (4); ci
mostrano in più luoghi come Alessandro VI si movesse contro al
frate per suggestioni altrui, com'era comune opinione (5), tanto che
egli stesso opponeva alle preghiere fiorentine prima d'ogni altra cosa
la contrarietà della lega (6), e poneva Taderirc alla lega come con-
dizione prima di quella e d'ogni altra grazia spirituale, che i Fioren-
tini volessero impetrare da lui (7). E Ascanio Sforza ci apparisce
anche qui fra quelli che più raccolgono e ripetono caldamente U bia-
simo contro Firenze e contro il frate (8), del quale si diceva ogni
male in lettere che venivano da Firenze (9), probabilmente non solo
(1) Le (Utc ^i questi brCTÌ furono cie»sc ia lodo da) GfisKuiDi nel 5 <v dcIU f>artc
iena dell'opera di cut parliamo, dorè fu pubblicato acche U testo orìgìaalc di (]ucUo dd
16 d'ottobre (p. 390). Della graodc Importania dì qacsta de le nni nazione ebbi gì4 « ptf*
lare Della citau recensione del voi. I dall'opera del prof. VilUrì.
(a) SoQ quattro lettere della Signoria al card, dì Napoli, del 15 e 17 novembre 149^
e del z8 gennaio e ^ febbraio 1496; cinque dei Dieci a mea». Ricciardo, e nudici di
questo • loro.
(j) Doc. 6; p. in.
(4) Fra gli altri Pier Capponi. Doc. 9; p. ij£.
()) Vedi ipecialmcnte i docc. 1, 7, io, 11. ij ; pp. 131, 154, i]^, lyft, 139. Cf. Ovic-
ci&iiDiHit Storia jSflr«eliii4, xiv. iji; Firenie» 18^9.
(€) • Dicendomi Sua Beatitudine, la Lega non Tolera conccdcsd t fin leronimo po-
• te»ii predicare, né a coiesia ctpti faceisl grafia alcuna*. Cosi icrivera il Becchi ai
Dicci il 3 di marzo del 1496- Doc. 7; p. 1)4.
(7Ì ■ Insomma, mi diie, fate imendere a ^ne' Signori, non htrtaao onQa da aol, M
• non entrano nella Lega ». Ivi.
(«) Doc. 8; p ij$.
(♦) Doee. 17, 19; pp. 141, 14J.
bibliografia
713
cittadini di parte contraria ai Piagnoni, ma dagli agenti del
>ro (i), che cercava per ogni via di condurre Fironze ai suoi fini,
|tencva le mani nei ctpclli al papa, che si era detto ch'egli tenesse
le suo cappellano. Eppure Topposizione di Alessandro al S. è in
sto tempo assai debole, perchè egli si contenta dì manifestare
l'ambasciatore il suo disgusto, perche i Fiorentini gli permettano,
gli abbiano ordinato di predicare, per certe dubbie parole del
rd. Caraffa e senza che P interdizione sia stata revocata (2); ma né
anova il divieto, nò minaccia o fulmina pene, per quanto fra Giro-
lamo non sia meno ardito di prima^ x\b risparmi ^ul pulpito le al-
lusioni chiarissime e anche violente ai costumi del tempo e in par-
ticolare alla corte di Roma (5).
i Ma i fatti, che frattanto avvenivano e in Firenze e fuori eran
) tali da impensierirlo, e ci rendon ragione dei provvedimenti più se-
I veri, coi quali egli cercò poi di strappare il frate da Firenze, poiché
i le lettere a Carlo Vili (4) e la riforma dei fanciulli (5) e la perdu-
ranxa dei Fiorentini nell'amicizia francese avevano chiarito inefficace
' ed insufficiente farlo scender dal pulpito. Carlo V^III, che non depose
I tnai il pensiero di tornare in Italia (6), appiccava pratiche col duca
I di Ferrara, col marchese di Mantova, col signor di Bologna, e na-
turalmente ancl)c coi Fiorentini, per ritentare l'impresa del Regno, e
I macchinava col cardinale Della Rovere il modo d'insignorirsi di
I Genova (7); e che cosa si pensasse in Italia di queste pratiche e degli
^^^ (i) Confrontili iaiatti U «osunu delle accuse che si dsrano a fra Girolamo e al
Fioreattni espone nella lettera iraponante del Reechi, del 36 dì manco (doc. 17; p. 141),
I con le letlcrs degli agenti ducali pabblìcatc dal Dkl Lcmco (in A^eh. iter. ital. nuova
seri*, XVIII), e in pirticolarc la $* accusa, coi dece, iti e adi quella raccolta (pp. 7, 11).
E quanto alla ficieiza ed all'eSicada dell'opera del Moro e del fratello luo contro U S-,
vedaci il doc. VII, che k una leiierd d'Asunio al duca scritta ìl l ; d'aprile del 1496.
(s) Vedi ipcdalmcnte Ì docc. 8, io, ss. I aemici del S. poi nef;avano, per niBlif^oilA,
I anche le dubbie parole del Caraffa, e dicevano che la licenza US. «se la toUe da si,
i • dot* li t permciso che non li sia deveuu •. Cosi scrìveva Frane. Traacbedioo al duca
I Afc Bologna, il ao dì febbraio del 1496. Del Lungo, doc. vi, p. 9.
^^^{3) Baatcri rammentare che ìl S. faceva allora Ìl quaresimale su A-moi.
^^■'(4) Dì cene lettere del S. a Carlo' Vili iniercetute dal duca di Milano e da lui man-
^^bc a Flrenic, e che non i possibile che egli non facesse conoscete a Roma, parla una
lettera del Srmcon del 38 di agosto del 1496, che è l'xi dei documenti pubblicati dal
Del Lungo. La sosiarua di quella somtgUerebbe molto a quella delle lettere scritte al re
dal S», f9xt dMitiitmnit ra^mi mtmpi>litani, pubblicale dal VtLUUii (op. cil. I, doc. xav,
pp. evi); sgg.), le quali per altro forooo probabilmente icritte assai prima. Ed Infatti U S,
cSceva allora dì non avere scrìtto al re da > molti di •. Ha ad ogni modo, autentiche o
6nte cbe fostero, a Koma dovettero taser date per autentiche; e le reiezioni del S. col
I re di Francia dovevano esservi note, perchi U S. diceva che al re soleva scrivere puhili-
tswunu (Del Lvmgo, doc. cit.). i
il (() ViLLSRi, op. cit. Ili, II. Per lo scalpore, cbe dì qoau rifornu si fece a Rome,
^^■di specialmente, fra i docomenii editi dal Gh.^ la citata lettera del Becchi dei 36 di
ì^^ (O * £< li evolt lon ctzur tousjours de fisirc oti accompllr le rctoor en Italie ■. Com-
) jfixss, Uhnoirti. Vili, xviii. 364.
^7) Ivi. Vili, sv, aj6, sgg. Cf. Goiccuuuiiai, SUrì^ d'IisJi*^ III, 111 e v.
7H
bibliografia
apparecchi, che poi non approdarono altro che alle vsne mosse èA
cardinale contro Savona e del Trivulrio contro Alessandria, lo prvti
un sonetto importantissimo del Pistoia recentemente pubblicato (i)
Vero è che scendeva d*altra pane ai favori della lega l'impcmart
Massimiliano (2); ma non però mutavano i sentimenti dei Ftoreoùn.
anzi può dirsi che questi li affermassero con più risoluteira,fidtflC
negli aiuti di Francia e detcrrainati a resìstere alla lega, che si riteom
favorevole ai Medici e nemica de) governo popolare (3). In favoic
del quale la Signoria chiamava il S^ rìlunante pel divieto di Ront
a predicare in palazzo, e proprio nella sala del Consiglio maggior^
il 20 dì agosto (4); e due mesi dipoi lo faceva predicar oofi*
mente^ per rinfrancare il popolo atterrito dal pericolo di Livflno
assediata da MassimUìano e dalle navi dei Veneziani ( j). Egli lo fece,
(1) RmtEit, / lowttt dtt Pùlirio fimi»» tmfwfnfo Triwmt^immOf loo. 343; cfa iM ■
par nule rìporurc per iaiero:
Io vidi l'aiiro di dentro a Leone
depiou lutti cooie un S«b«stiuo:
11 papa icnza mitra e sceptro io mAno
con Mirco In brìglia, incantato U biscione.
Alfea sotto e Marzocco si ripone,
Gena e Partenopcin grembo a Vulcano^
£rcol congela in rìpa all'Adriano
^an quantità di sai sopra il aabbione,
Vedeai, in Eaculapio conrcrttto,
unar la Eipcrìa a lo stato pristino
il Franco re, a lui dar l'acijutsito.
'N un altro lato col capo canino
gli è il gallo coi tiranni ìncrudetitOt
rimettendo gli oppressi a bon cammino.
Poi nel culto divino
riforma più la fede a miglior leg^
e dà novo pestar al santo gregge.
Un breve ri si Ugge,
qua! dice: il franco Re, Re de cristiani
tolto lia la cerva umil di bocca a' cani.
È tanto chiaro, e ne apparisce cosi eridente quale dovecse essere. iat«l«BaAiM**^
cote, l'animo del papa, che non occorre aggiungere una parola di commento; scp^ms^
fosse utile raramentare che ■ Lione 11 re teneva il foo campo, r ci» Ercoli d'Eaie ifV*
per mo roeuo liberarsi dal vecchio obbligo di ricevere Ìl sai* da VcaMàa, che m *^
una delle caute della guerra del 1483.
(2) E a questo credo si rifcriKa (come dlcon chiaro 1 due primi wti, e lo <oafa**
il luogo, che ocoipa nell'apografo Trlvulziaoo, >iov't a p. 519) l'iltro lonctio i«I rii^
Etto ti ré ed romani e 'It< iU' fdlH, che malAmenle neU'edinoiie di Livorno ltC4 ^'^
rito alla discesa in Italia di Luigi \II (p. |s).
(]) Oltre la citata consulta, ediu in pane dal Gh., e che t anienore a qiHJM <■* **
dansi le lettere del Somenfi pubbtìcste dal Villari sotto il n. xxxt MU'a|f*a^ *
volume I dell'opera sua, e in particolar modo t'uliima. do«« questa ra^4W m»^^
trarietl dei Fiorentini alla tega t detta espressamente (p. caJ).
(4) ViLURit op. cit. Ili, IV, voi I, 470. ,
(l) Qpesta paura dei Fioreotiiil (Marxoua già w'J ài fémfé^ !'**V^) * 1* ^*''* ^^^
S. sbeffava il Piiioia nel sonetto: Mario è FtrramÀe^ Alfonso $ F^rtm^mr. eht i ti W
dell'apografo Trirulziano.
bibliografia 715
confortando il popolo a sperare più neiraiuto divino, che nel terreno,
e in particolare nelle fallaci promesse di Francia (i): ma ciò non ira-
jiedl che Pagante del Moro non interpretasse in tutt*altro senso le
ic parole dandone notizia al suo signore (2), che era quanto dire
che a Roma. II mal successo dell'impresa tentata dal re dei Ro-
lani riempi naturalmente i Fiorentini di gioia (5), e accrebbe cre-
lito al S. e animo ai suoi seguaci e alla parte amica dì Fran-
ìa (4) ; e allora appunto noi troviamo^ che mentre il Moro fa la
ana prova di trarre, per mezzo del suo agente, il S. alla parte della
lega (j), il pontefice, risoluto a levarlo una buona volta di mezzo a
Firenze, spedisce il breve del 7 di novembre, consigliato anche dal
generale dei domenicani e dal cardinale protettore dcirordinc, col
uale si stabiliva una congregazione riunita delle provincie toscana
romana dell'ordine dei predicatori (6); e che se per un lato esten-
leva a maggior numero di conventi le regole dei domenicani osser-
vanti, per un altro, costituendo come convento principale e privile-
giato della provincia quello di Santa Maria sopra Mincr\'a, e scemava
importanza a S. Marco, e soprattutto dava modo di levar di Firenze e
di Toscana il Savonarola; il quale ribellandosi, come fece, all'ingiun-
zione che il breve conteneva, incorreva nella pena della scomunica
in quello minacciata. E poco dipoi, per lenure anche altrimenti
'animo dei Fiorentini, e indurli a aderire alla lega con quella spe-
:za, che invano ponevano nel re di Francia, egli fa loro Tofferta
della restituzione di Pisa, quasi ìn pagamento della loro separazione
da quello, e chiede rinvio di un nuovo ambasciatore, col quale pra-
ticar queste cose, e che la Signoria consentì a mandare nella persona
di ser Alessandro Bracci il 4 di marzo del 1497 (7), Notevolissime
sono le parole, che usò con questo il pontefice nel primo colloquio
(1) Vedi il sunto di quetti predica fttio dal VtLLfcRt (op. cit. Itt, v, voi. I, 485).
(j) Vedi U ktura del Somenzi del 28 di ottobre 1496 edita dal Del Lungo (doc. xvi):
• •oprs tncio eibonó queno popolo %& volere star laMo alla fede, doi del re de Franxa
• (licet ch'el non la dica), et ha aSrmato che tuno qneilo ha predecto delle cose future
• mtA raro atnxa nuncha », ecc.
(j) Gii 6a da quando poterono entrare in LÌTono i soccorsi mandati da Marfiglia,
il )0 d'onobre. Vedine la viva descrirìone nel Villaii, loc. cIt. p. 487. Più die mai poi
quando, poeti giorni dopo (il 13 di DOTembre), Mauìmiliano deverà partirsi aconuio dal-
TuMdio; e lo doveva confessare lo stesso Pistola, per quanto cercasse dì fu* anche di
ciò «n argontcnlD di loda per l'imperatore alleato e congiunto del Moro:
tC^uinio dì Haximian sìa l'acqua e il foco,
lo ingegno, che natura e il del gU di,
Livorno il dice e Marzocco lo sa,
che al SDo partir tra il pianto ha riso un poco-
(Son. }4t dell'apog. Trtv.)-
{4) Vedi quel clic scriveva il 13 di novembre del 1496 da Bologna al duca Francesco
Trucbctiiao (Dsl Lcmgo, doc. xix; p. 17).
(0 Vedi là lettera del Somenzi del 7 novembre 1496 ediu d«l Viluuu, Ioc di, pft-
|ÌAa cxseIx.
(() Vedasi In Villasi, op. cii. I, Append. d, xxxiii, p. cali) sgg.
(7) GitaaiLSi, Nmwì ioammH, tu. $ vit, pp. 147, 14B.
in (
^l'an
~deU
7i6
bibliografia
che ebbe con lui, e tali che le avrebbe potute dire un buon I
del secolo XIX, e avrebber potuto essere scelte come ÌI verbo
nuova Italia assai meglio di quelle d*altri uomini, che forse rviai
bero mai in mente il significato dato ai nostd giorni a certe loro pt^
role. Lamentata la venuta dei Francesi come orìgine, da cui eraoo
« derivati tucti li mali, tucte le spese et tuctì gli affanni, che bi pi-
ti tito Italia », e rilevata la parte che n*era toccata a Firenze, cod-
chiudeva: a per cognoscere noi che, riloraando dì nuovo lì Fnaitti
u in Italia, sarebbe con manifesto perìcolo et con intollerabili
tt et danni de* comuni Stati, maxime quando lì potentati di quella I
CT fussìno trovati concordi; nostro precipuo studio et intento e. CQ
« sa el nostro Signore Dio, di unire insieme et fare uno intero et I
« desìmo corpo di tucta Italia » (i); e detto delle pratiche incoa
ciate per far riaver Pisa ai Fiorentini, vi poneva per condizione • \
«voi vi accostiate a noi et siate buoni Italiani, lassando UFn
o in Francia » (2), che sarebbe stato « comune beneficio di tucial
» lia; perche non intendiamo che in Italia Franzcsi babbìano ilcofl^
«speranza dì ricetto o d'altro; perche quando se ne vedranno pritit.
n leveranno il pensiero dalle cose di Italia ». E (inalmcnte a pro^i
della sinceriti Ji quanto asserìva, aggiungeva: « Et noi, perchè siisa
a buoni Italiani, benché, quando manchò il re Ferrando ultimamauc
« potessimo con iusto et honesto titolo far venire quel reame od xt
t( di Spagna; tnmen per beneficio di Italia, provedemo succcdnscìl
« re Federigho » (3). Non istaremo a cercare quanta sinceriti 6 (ùsk
in queste espressioni, forse veramente sincere nel momento io aà
vcnivan pronunziate; pur troppo sappiamo quale abuso i» fico
per tutto 11 secolo xv e anche dopo, di questo povero nome d*tH
e come il bene d'Italia fosse via via quel che giovava all'utìlìij^
ciascuno che ne parlasse, tanto da far parere dolorosamente vera qua
sentenza del Foscolo:
Amor d'Iulift? A btuo intento é vdo
Spesso (4).
Questo medesimo Alessandro Vi pensò molto diversamcnre p?«
tempo dipoi, pur desiderando anche allora, com'era i
ritalia concorde nel volere di lui (5), quando la ripug-
e risoluta dì Federigo e Carlotta d'Aragona per le norie di quo
col tristo cardinal di Valenza (6), e la speranza di far qucsio gra
e polente in Francia e in Romagna lo condussero a aderire t^''^
fausto primo tranato di Blois e a farsi tutto francese (7). Ma nei w '
(1) GtismARDt, Nuovi docmmtmti, J vii, p. [50.
(a) Ivi. p. i$i.
0) Ivi, p. isa.
(4) Ricorda, atto II, AC 111.
(;) ViLL^Ri, Nietol^ \facbijwlli « i tuoi ttmpi. Introduzione, f. i;;.
(6) Vedi apecialnicnte Crioohdvils, op. ctt. Xltl, v, 1, p. 49».
(7) Ivi. p. 499.
IBibliografia
717
I
ci occupiamo egli seguiva in Italia la parte poliiica-
orc, ed era veramente il più ardente avversario che i
.'ssero in tutta la penisola ; avversione che ci spiega in
condotta verso la Repubblica di Firenze e verso il S.,
luì, come abbiamo già notato, 11 principale autore
tà fiorentina nell'amicizia francese. Tristi tempi per-
fori che mai cominciavano ora pel priore dì S. Marco,
ezxo per l'ingiunzione del pontefice, alla quale non ob-
lenti, che pubblicando V Apolo^eticus che la combatteva (i),
>ul pulpito a predicare l'avvento e poi la quaresima, fru-
tendimenii politici del papa, che doveva pertanto mag-
idcgnarscnc; e d'altra parte, come dimostrano i do-
l'artìcolo VII "del libro che esaminiamo, alienava dal S.
lìmi di coloro, che fmo allora l'avevano favorito. Cosi
ell'ordine, cosi il cardinale Caraffa, che avevano sempre
lato ogni favore e a lui e alle sue riforme, e che nel pro-
costituzione della congregazione nuova, o non avevano
; riposto del pontefice, o più probabilmente non n'erano
Iti, ma era anzi parso loro un buon modo a togliere il
ego, dove rimanendo andava incontro a cena rovina,
avrebbe potuto travolgere poi anche la congregazione
rrvanti, alla quale essi deitcr favore anche dopo la morte
becche si sia di ciò, certo è ad ogni modo che d'ora in
no anch'essi, e specialmente il cardinale di Napoli, uniti
U S., i quali si fanno più baldanzosi e più fieri, perchè
enza di lui dà loro maggior modo di tener desta e aìz-
lamente contro di luì l'ira del papa, come se n'hanno in
nenù testimonianze continue.
, La jfm« ili G. S. IH, li, 491 <gg.
tto, che non iroviuno cosa che posM parer rooua lU aninoiiiA coatro il
ti, che n Gb. pubblici (^ vii, i, a) intorno all'isiiiuiìone della nuova
che anzi, it oominAr coadiutore del {irocuratorc della nuova provìncia il
Sicilia al S. alTczionatis^nio (doc. 1 ; p. 144) poteva addolcire per questo
ntiovo prò vve<fi mento e della oomina a procuratore del p. Fraocesco Mei ;
3xa del 14 gennaio 1497 (doc. 1; p. 146) per la k]uale il p. Giacomo di Si-
fftitar dei suoi frati a eerti conventi, « et reli^uoa frairei ibidem moram
cri HicTonytuo doo graioi, liceniiabit *, lasciava apparire verso dì lui uni
defcrenz/. Q.uanto ai fjivori dati da) Torriano, dopo morto il S.. alla
ofcana dei domenicani rìformati, vedi il $ 9 dello studio del Guaiti, che
sai'opera (pp. jS-ioi). Vero t che egli conferroò e raiìBcd nel marzo
ere ordinanze del p. Mei contro i frati, che non solo parlassero delle
GiroUroo, o ne venerassero le relìquie, o parlaiicro di Piagnoni o
, ma «Dcbe faccsscr di quelle nuove funzioni e cerimonie dal S, introdotte
'5 Xllt docc. 33, 3), 34, 35)1 ma questi provvedimenti d dicevan fatti
MrCurbaltones et acaudata super loqautionibus et cootcntionibus dogmatis
r«tris Hieronymi Ferrarìcnsis * (doc. ij; p. 331), e il generale stesso più
I ai trasgretiori le pene, pur ordinando in fulumm « quod qui de fratre
un secoloiibus vel etiam cum fralribus seminaverìl scandalum, incurrat
orla colpae » (doc. 16, del ao luglio 1499; p. 334), e quanto a quesu
)sene, più lardi (il 1$ di novembre: doc. 27, ivi), nel priore di S. Marco.
A5ociWa romana di itùria patria. Voi. XI 47
CofbSTo kroravaxio anche U nuterìa dtsposu, pel sospetto clie il
pontefice avcra tiei movim^iEÌ dei FmnccB in Ugmu e in Piqpopte,
che lo «nerriTSDO assai, e che davano mo^o if^li atnbasdUsacì éeSÌM
le^ e specialmente al Vcfx^ani^ dì ìfl^ìnaargH fieifiiùmo t9ìp0à
nAggiori contro ; frateschi ed tì &2te (r). Quando pnt ^adU Aiffia
ìmqireta fti and.ita a vuoto, allóra se ne ùnWdaiuxmao pia che mi.
e 1 Ftnrnxe Arrabbiati e Coropogtiace^ prodnaijdo deirabfcMitliiwrntn
d^ PugDOcii (2)p tasto seppur ^re, e coDe ppticlie e caIIc vìoleoie,
ette, col preteno della pestiletiu (;% anche U Sif^oorìa proibì a fri
Girolamo il predicare; e a Rotna Mariano da Ghuuzxano, Gijiiiri
da Camerino e altri psirticobn nemici da lai« proóctando «ocfat U
tmnalto avvenuto il 5 di maggio in Fircmet unendo ropen ìam 1
ipiella di Piero e GìoTanoi dei Medici e dei loro £aixtor\ e «otxtà diSfl
sdegno del cardinale Carai!a per la dUofeb^i^ixa del S. al breve de
7 dì novembre. Indosserò il papa a fulminare fcintm di \m la scorno^
mca in quel breve commìoau (4)- E 1^ scoxniaiica fa prommma e
£itto>ae il breve ii li di maggio (5), sebbene non venire poi pobUF
cm m Firatze fìr^o il iS di g:iugQO, come il Gh, nella tcrta pine
rileva (6), per ragioni che da questi docnaiemi appariscono. In (jadO
{ ITU) 4a£. \i f* t\t : CM orvuri 4*0* l«f«* • te ^«rimAan a -***■'-",
nm 8 pof* ^ icitcr pruìi^ coi HofeuÌBi^ • non «i nrfcB^ *|QCf U JpcfTifi !
• 1ts1Ì4DÌ. et di qucatd tuiamr* beoc U l«f« ; « ck* iMirfiì &«« Sutdttf gH d
. winK^icCTC. et ch< tWQ duna M BdB f0olè; ti tecoÈ&a li—B le cdM ic*
r ii UJUM) iBuuJ o tiruut ■«djrì«w; , . , eim vokn l«el«iBW d p«|« et ianll _ _
• imwd T<f (iute d Hteeesto dì Lanbwdi» et Gc«ov^ Et m^abo ^joac* vo«a» sk^^*1
» Wion« tr diiftu tiiTtJÉ proicdtre ìj* cdii^^ «t perro*^rhQÌ iti fr^te - , . et *efi rr*^
« dono ignan modo vogliate pìglUre partito et esser buoni IuU*nì, Oicntre credete ^^
• frate et che luì governa et sanu lui non ti fa nulU ». E infarti il papa, pochi gior^*^
innanzi, aveva detto a ser Alessandro Bracci, a proposito della géiglisriàM dei Fìomti9^'
che non volevano aderire alla lega : ■ Koi crediamo bene che la nascha dal fonduncnC^
« che voi fate nella prophetia dì «quello vostro parabolano; ma se noi potesnnko parUr"^
« prcscniialmesie a quel vostro popolo, credcrremo con le vere ragione che sì ; '
• allegare, persuaderlo et indurlo totalmente al ben sno, et trario dalla ceóti et <
«in che vi ha indocti ci frate». (Lettera del is marzo, doc. 4 ; p. 1$]. E cf. la Ic^"
tera del Becchi del 25 di marzo, doc. 6; p. is6).
(2) Vedi il sommario di una lettera del Somenzi del z d'aprile 1497, pi^bUcau d^^
Del Lungo (doc. XX, p. 18): • corno li seguali del frate restano scornati, ut sasno pi^^
■ che dire In favore de' Francesi, veduto che non gli t renssita l'impresa coatro lo Hk-^
« lostrttsimo duca di Milano ».
(j) Lettera dei Died a ser Alessandro Bracci, del 6 di ma^o 1497* in qoesto $ vii ^
doc. 9; p- 159.
(4> Lettere del Becchi ai Dieci, del primo (doc 9; p. 158) e del 18 dt maggio (doc lOS
p. 16}) e del 30 dello stesso mese (doc. 14; pp. ì6é, 167); e confrontìnsì le lettere cbe^
scrìveva il Bracci il 27 di maggio (doc. ti, verso la fine; p. 165) e il 14 di giiigao(doc. i6f
p. 167).
(;) Vedi il breve orì^nale nella StorU del Villaii (voi. II, app. doc ▼, p szxix).
(6) Nel ^ V, dove trae argomento dalla citata lettera di ser Alessandro Bracci. deX
27 di maggio, ad avvalorare l'autorìti del Parenti e del Landncd (pp. 391-393). E eoa q«csi9
terminerò di occuparmi di questa parte terza, avendo accennato a tutti 1 cìnqve paragrafi
che contiene e rilevatane l'importanza, eccettuato soltanto 0 111, nel qtialc il Gh. di'
bibliografia
719
lungo inten-allo la Signoria e Tufficio dei Dieci fecero più pratiche
per mezzo dei loro ambasciatori, per vedere clie il papa o revocasse,
,0 non lasciasse pubblicare quel breve, con dire massimamente che
xgU era stato male informato dei tatù di fra Girolamo (i). H sebbene
l'Alessandro VI mostrasse maravigliarsi e sdegnarsi che « le S. V. lo
;>« reputassino st leggieri, che si movessi senza giusta cagione, o senza
';« fondamento ji(2j;pure non sembrava irremovibile, ed ascoltava ta-
cendo le giustificazioni del frate, o dava parole incerte, che non tron-
cavano ogni speranza, quantunque non iscemassero il timore (}).
■Anzi la lettera del S. del 22 di maggio l'aveva così rabbonito, ch'egli
^avrebbe forse gradito, se non altro, di ritardare la pubblicazione del
breve (4). Ma i nemici del frate non se ne stavano, ne bastava loro
un'incerta vittoria (5): e anche dopo pubblicala la scomunica segui-
tarono a battere il ferro caldo e a riscaldarlo più che mai, perchè da
Firenze venivano a Roma lettere sopra lettere, ie quali recavano tali
notizie, da far vani tutti gli sforzi dei due oratori (6). Ma il male più
[grave anche questa volta il S. se lo fece da sé, con la lettera a tutti
i fedeli cristiani contro la scomunica surrettizia. Le pratiche inco-
rxnincìate dal Bracci coi sei cardinali riformatori delle cose ecclesia-
^che gli facevano sperare almeno la sospensione, se non la revoca
biella censura; ma il papa lo fece chiamare e alla presenza di altri
;FioTentini « fece dogUenza che Dio sapeva che di fra Hieronymo havea
■r cominciato a disporsi bene, commendandolo di alcune epistole havea
'«r ricevuto da lui a* giorni passati, dicendo averle factc leggere in
jc consìstono; ma che, havendo veduto una sua epistola, in forma, et
« facta dopo le censure, haveva deliberato procedere contro di lui in
;«tucti li modi permessi da* sacri canoni centra contumaces et re-
kbelles Sancte Matris Ecclesìe; usando intomo a ciò parole molto
le passionate « (7).
Pure questa passione non era così costante, né sempre questo
[sdegno così fiero, che non desse ancora qualche speranza d'aver
la esser placato, o mitigato; e la Signoria dì Firenze e l'ufficio
dei Dicci non cessarono mai di spender Topera loro in favore
del frate e di far pratiche continue a Roma per impetrarne l'asso-
luzione, quantunque fosse uno strano praticare; perché a Roma non
inoftrt con buone ngìoai cbe deve correggerti in 1491 la tUti d'una lettera del S. a
ScefsDO à(L Codiponte, che portA nel codice « nelle stampe (jDclJa del 33 maggio 1493,
Ci) Vedi pastini ì ilocumenti di t^ueito p«rAgrmfo, dal n. il (lett. dei Dieci ÀI Bracd,
del 30 dì maggio) ulla tine.
(3) Letter* del Bracci, del 37 di maggio (dac. 13: p. i€s).
(j) Ui.
(4) Lettere del Bracci del 14 e del 27 di giugno (docc. 16 e 19; pp. 167, 171 agg.)
(5) « L.'absolutiooe non e per baverù a questi tempi; che cbi ha fare non dorme,
• Veggo molti preparamenti in contrario, et tutto viene di comi >. Coii icriven il Becchi
{] 19 dì Inglio (doc. 21; p. 17]).
(ti) Vedi la citala lettera del Bracci del 37 di giugno (p. i?!).
(7) Ivi.
720
bibliografia
sì negava rìcisamentc la cosa, ma vi si poneva soltanto U cao£
zione che il S. si sottoponesse a quel che il breve del 7 di novcnbrt
disponeva e si recasse a Roma a gìustifìcarsi, e dai magistriQ èì
Firenze sì rispondeva sempre al solito modo, ridicendo il gran bene
operato da fra Girolamo nella loro c'wxii e il desiderio, che in qocsti
si aveva di udire la sua parola, e schivando di parbre delle cooé-
zìoni, che Roma poneva, o mostrando che Pesecuzione nonne é^
desse in tutto da loro o dal S., il quale d'ihra parte, come si SJpcn»
a quelle condizioni non avrebbe mai consentito. Così s'andò tniusii
lungamente. Tredici lettere scritte a questo fine dai Dieci a^ti im-
basciatori e dalla Signoria al cardinale Caraffa dal 2 di lu^l^ il i£
decembrc del 1497 furono gii pubblicate dal p. Marchese (i),e«iJ
Gh. ne pubblica qui in parte altre quattro del nuovo oratore messe;
Domenico Bonsi, scritte ai Dieci dal 5 al 12 di febbraio del J-i^i'Jl
precedute da un capìtolo della commissione a luì fatta il 9 di ca-
naio, col quale gli s'ordinava di darsi ogni maggior premuri « t^
« pressoi» Santità del papa et del reverendissimo cardinale di Xì;>o&,
ff et in ogni altro luogo dove fusse necessario, per la integra et libci
« absolutìone per il venerabile predicatore frate Hieronymo # (5J;
commissione molto spinosa, a quanto apparisce dalle lettere stesK
Il papa oramai cercava dì fare intendere, com'era di fatti» che quelli
per lui era una quiscionc di poca importanza, e sfuggiva di parlinx,
premendogli di stringere i panni addosso al Governo di Firente, ptf
condurlo, colla speranza di Pisa, a slaccarsi da Franci;i (4},c«de
parlava, lo faceva per mostrarvisi contrario e dire che molti cardiaifi
*t stimavono assai non essere havuto rìghuardo alle censure •((}.
Infatti il Bonsi non s'adoperava presso dì questi con maguior frutto,
ma dovcv.i scrivere; « Truovocì più ditììcoltà non vorrei •* (6).
Ognuno intende agevolmente se queste dìfBcoltù sccmawfTfl 0
crescessero, quando 1' 11 di febbraio, domenica di Seni-
fidente forse nel favore della Signoria, risali il pergau^
del Fiore e incominciò quelle prediche sull' Esodo, che
più fiere ch'egli dicesse mai, e quelle in cui più apenaroi.;.
delle cose sue, e più liberamente manifestò il suo sentimi
nullità della scomunica pronunziatagli contro; quelle in e-
famosa espressione del Jtrro rotto, di cui tanto seppcr vaiti'
nemici a incitargli contro più fonc lo sdegno del papa, e a:.. :■
rirc Taudace scongiuro, che il Signore lo mandasse all'lnfcn». *
egli chiedesse mai assoluzione da quella scomunica (7). Era un i*^
(j) Pubblicaiionc cii. Sono i Jocc. v-xvii (pp. iSJ-i£)). Le àmu d«Ii'uUl»o*<*
documenti e eorrena t^ui Aaì Gn. (p. 174, j).
(]) $ vai. docc. 1, ). 4. j; p. 17^ sgg. Sono del {.6*8, 11 fcbtMìo M*!
0) Ivi, doc. 1; p. I7S.
(4) Docc. 4 e Si p. 176.
(l> Doc. 4 ; ivi.
(6) Doc, s ; ivi.
(7) VlLLASi, Siaris, «t. IV, V, irol. U, 87 «gg.
bibliografia
721
in mano ai suoi avversari, i quali non desideravano dì
la Firenze, da Venezia, da Milano giungevano alla corte
formazioni ed eccitamenti, che aggiungeviino k'gna a un
p-ande (i). Allora lo sdegno di Alessandro VI vcra-
mpò (2), sebbene apparisca dai documenii che allora
ediche del frate lo irritasse la pertinacia dei Fiorentini
arsì da Francia (3). Già si sapeva, dalla lettera del Bonsi
ibbraio, che cosa avesser detto della cosa il Taverna e
>rza, che pur mostravano a lui di volersi interpor presso
avore dei Fiorentini (4): c'è da figurarsi che favore po-
I Qui viene in luce anche l'opinione e Topera d'altri, e
re dell'ambasciatore di Venezia, che era nemica di Fi-
le bramosa d'aver per sé Pisa in dominio non che in
e nemica dei Francesi e della parte fratesca che in loro
foi lo udiamo continuamente parlare al pap.i e ai car-
io dei Fiorentini, vitjperandoli come discordi e falliti, e
ome spregiatori della dignità della Sede Apostolica, poiché
dicar fra Girolamo; e a narrare il contenuto delle pre-
, agravando la cosa », benché pur troppo a sdegnare
non occorresse aggravarla (5). E intanto i nemici del
"iorcntini prendevano animo sempre maggiore, tanto da
ino a mano armata la casa del Bonsi (6).
di tutto questo fu il breve del 26 di febbraio^ non meno
spro contro i Fiorentini, che contro il S.; nel quale il
gali tutti i fatti pei quali questi si era tirato addosso le
ilevato quel che negli ultimi tempi aveva più inasprito
jsiolica, e il favore che molti gli davano, « vobis prohl-
>stras scientibus et in vllarum contemptum id permicten-
icludeva che il frate gli fosse mandato a Romn^o almeno
I tal guardia, che non potesse convers^ir con alcuno.
(3rte, quod non crcdimus, facere contempscritìs, signi-
ibis quod, prò servanda auctoritate et dignìtatc nostra
inctae Sedis, civìtatem istam vestram, quae hominem ita
cUliaeDtc in più pArtt Q doc. 8 (lenera del Boiui aì Died del a$ Ai Teb-
doc. 6,
lettera del Bonsi del 33 di febbraio (doc. 6 ; p. 178), spccÌAlmente lul prin-
c dcH'ambMciatore m Kspose il papa, ic expreuameple vi Tolevate obblt-
ri ■' Francesi, venendo in luUa • ; e poiché <)uegli gli ebbe risposto in
e inconcludenti, • allora rispose Sua Beatitudine» che bene conosce?a,
I decto lo oratore vinizìano, che voi non eri per spicchirrl dal re dì
e ogni cou fiaciavatc di suo contea timento. Et a un tricto si leva tu,
Itro udire da me; et lucendo dì camera, dove era, tnì ■« volte dicendo :
cmreafra Girolamo i lo non harci mai creduto che cosimi bavcssi tracuio*.
■ dal p. Marche», loc. cìt, doc xviii; p. 164.
8, II, la; pp. 178, 181, iBf.
el Bonsi del 33 e del a$ febbraio, e del 16 sum>; docc. 6, 8, 33 ; pp. 178,
J22
bibliografia
« pemhiosum, cxcommunicatum et poblice nontUmm ic Ai bcft
d suspectum, contra mandau nostri, stistìnere pnsmmàk^nsbm'
« ftìco supponemus ìnierdicto, et ad alU grjvton roMÉi^^Cj
« cxpcdire noverimu», procedere corabumis ■ (iX
n colpo era gravissimo, poiché rinicrdetto Cacc^s vanti
mento; e più grave si faceva pel frate, roquaatocbè bc3«t|
gnorìa, tratta appunto in quel giorno, gli riosma ^ im '
contraria e gonfaloniere Pietro Popoleschi a Ini trn
Pure egli non si perdeva d*jnimo e seguitava a proScve
mamente, sebbene si riducesse dal duomo a S. Harc0;c,
naturale, ne andavano a Roma le nuove, e più *^r*r^ li
Topcra dei nemici di lui (j). Appena entrata ir oKeiov b "
convocava molti cittadini a consulta, per inter-
sa quel che fosse da rispondere al breve de! :
sulta, sebbene non fosse troppa la conc : o^i&oìl^
prevalse assalii numero di coloro, che ^ - .? dowtfiì ÉSti
papa qualche soddisfazione, pur non conceiicndoglì ni U pco*
del frate, né che questi cessasse dal predicare; ma dk
esser segno bastante d'ossequio alla Santa Sede il suo
duomo a S. Marco (4), E i Signori scrivevano il gionio «w^
lettera al pontefice in questo senso, più ardita e caldi it
scrìtte in favore del S. da magistrati composti dì suo» ftóllì*
nella quale non facevano che dirne le Iodi e conchiudcre àf ••
potevano obbedire alle ingiunzioni del pontefice (5). Ciò, wt«p**
ad alcuno (6), per isplrito di moderazione e per riguardo tcw»
Girolamo; o, come sembra al Gh. (7), per dcfcrcn/a il pir^*
maggior numero dei Richiesti chiamati a consulta e «pecUte*
dei Dieci; o, come ci par mollo più probabile. 0 e
upcr irritare il pontefice » siccome scrisse il prof. ^
adduce una validissima prova^ traendoia da una Ict'.n-
Somenzi (9). Certamente se questo vollero rottconcr-
(1) Vedasi pubblicato ààX Villaii, SiorU cit. toI II, Afip. doc. xiv« f- '*'V
(a) Ivi, IV. V. Tol. Il, 10). H lettera del Somcnii del i dì muto, ift«t^- ^ '^
4, p. li'!- ^
(5) Vedi p. es. U lettera J'A&camo Sforu ti fmxello, del i" U oum t|^ 1^
blicatA dal Del Ll'huo (toc. cit. doc. xxik, p. 14).
(4) Vedi là coniutta pubblicala dal turi in Jreb. ttor. ital, mHc fll, t vkP" £
doc. III. E un buon sunto nell'opera pl^ volle citata del Viiiaìi, fV* >< ^
loj agg.
(f) Pubblicata dal p. Ma>cii»i», toc. du doc- vu, pp. ■6s-i<7.
(6) Al prof. Cosci nel iuo articolo «opri ricordato, p. 4$^
(7) Vedi i preaenti Xuoti Je*fumemtÌ, tee. pp. 186, loi.
(8) U tiorii Ji G. 5. !V. V. voi. M, 107.
(y) Il auAle, dandone aotitìa al auo «ignore il a di tnmrto,
» Uiera s« t scrlpta in nome de la Signoria, et ({uellA lu coatenou- .
• queito effccto, . . . acciò la Sua Salititi babbi a procedere piò ■.'-
a ci acciò «nchora che epaa Signorìa pocii poi più iuttificatamest-
• frale, acoxa cbe gli posaa esacre dAto charicbo da pcnona •.fu W.^^--.
bibliografia
723
papa di esser beffato da quella n trista lettera », per la quale ram-
pognò fieraracDte gli oratori fiorentini, che glie la presentarono (i);
e sollecitato e aizzato da Ascanio Sforza e da altri, avrebbe, a quanto
sembra, spedito subito Pinterdeito, se non avesse alquanto placato
il suo sdegno mons, Podocattaro vescovo di Capaccio suo segre-
tario, e che ebbe più tardi da lui Ìl cappello cardinalizio (2). Si dovè
forse ai buoni uffici di questo, se il papa si contentò di rinnovare
le sue miuaccie in modo più perentorio, ma con un breve scritto
forse in forma più rimessa che non si sarebbe aspettato ; perchè in
esso ìl papa scendeva quasi a discutere, riconoscendo il bene operato
a Firenze da fra Girolamo, e giustificando il proprio sdegno, e di-
mostrando non potersi diro la Santa Sede male informala dei fatti
del frate. Tornava in fine a minacciar T interdetto, se non si ottem-
perasse alle condizioni già poste; ma quasi pregando di non esser
costretto a lanciarlo, per l'amore che egli portava a Firenze, ed
esprimendo il desiderio d*una resipiscenza del S,, che potesse davvero
procacciargli l'assoluzione (3).
I Dieci intanto, prima che questo breve giungesse a Firenze, ma
quando già erano informati per lettere del Bonsi dello sdegno del
papa, non sapevano fare altro, che scrivere all'ambasciatore una delle
solite lettere fiacche e inconcludenti, nella quale dicevano di mara-
vigliarsi che il papa si fosse alquanto risentito per la risposta della Si-
gnoria, e che veramente nulla era che potesse irritarlo nelle prediche
del frate, quando si interpretassero « secondo il vero loro senso, come
a veramente si debbono le chose che si scrivono allegorìchamente et
« con gran misterio et fondamento » ; sicché vedesse egli d* indurre
(i) Vc4i U lettera, ebe Kriu« U Boasi ù Oied. il 7 di muico; pubblieatt d«l p. Mia-
cilE», \oc. cit. iloc. %■%., p. t68; e (]uelU, per vero molto fnCBO importante, ch'egli scrUie
alU Signoria, cJita c^ui dal Gri. doc. i& i p. 19J.
(s) Vedi la lettera del Ben» alla Signorìa, del 9 di marzo, edita qui dal Gh. (doc. 19 ;
pp. 191- 193). E per l'opera d'Aacanio Sforxa, vedi la lettera, che gli Krlvera il duca
Il 2$ di marzo; pubblicata à»\ DtL Loaco (loc. cit. doc. xxxiii, p. jS).
(3) Il Gti, pubblica <]ui (doc. so; pp. t<^, Bgg>) U brere, dall'originale, che ealitc
oell'arcbivio di Firenze, in una leiioae molto direraa da quella, oella quale fu edito dal
PeutEKS (op. dt. doc. xi\ che lo trasse da una copia della biblioteca Mirciaaa. identica
a un'altra icoperta dal Vitlari nel cod- RiccarJ. ao;;. Egli suppone che (|uc»ie due copie
(senza inteatazioae ni d«ta) sieno trutte da una bona f4tta stender dal papa, prima che
le parole del Podocanaro lo riducessero a più miti consigli, e che 11 breve in quella forma
non foft» spedito mai (p. 191). La quale ipotesi (seppure non si tratta anche qui di una
di quelle parafrasi allora tanto comuni, e che Ìl prof. MlUrì ammette, per esempio, a
proposito dtlls lettera del S. al papa del ij marzo 1498 nella veni otte che ne pubblicai Ìl
RuDiLaACH. Vedi op. cit. II, 130, in notaj d sembra molto probabile, essendo quasi
asiurdo r invio simultaneo, o quasi, di due brevi coil diveriì intorno alla medesima cosa.
Quanto alle parole dì G. A. Vcspucci che diceva, nella concalta del 14 marzo, questo breve
meno imperioso di quel primo, non vedo pcrchi non potessero alluder* al brere del s6 di
febbraio, come oppone il Villsri (op. ctt. pp. ll{-ll6, n. a), li quale ritiene che am-
bedue i brevi fossero spediti a Firenze ; perche e dal sunto resse che ne abbiamo fatto e
soprairuto dalla lettura dei brevi, apparisce chiaro che U breve del aé di febbraio fu
nella forma assai più impiota, che questo del 9 di mano.
II,'!. »,♦#».
724
^ibliograjia
il papa a concedere alla Repubblica tutti i desiderali (avori (i). E
davvero troppa semplicità o troppa sfrontatezza; e il Bensì era sua
oramai di dover mostrarsi partecipe anch'egU o deiruna o delTilt
t;mto che rispose eoa una lettera, che al Gh. sembra singoUrmei
ardita (2), sebbene in altri tempi anche più ardito linguaggio awa
tenuto talora, coll'uflìcio dal quale dipendevano, gli ambasciatori I
rentini(5). Nella quale, insegnato loro a intendere a dovere le sue h
tere. come essi volevano insegnare al papa a intender le espressioni <
S., mostrava che egli ne sarebbe beffato et rihuctato, se volesse inii
dicendo le solite parole in difesa di quelle prediche, che andavano su
paté per Roma ed esacerbavano gli animi di lutti; e che il papa<
indignatis&imo, e più si sdegnerebbe, se non vedesse da Firenze ns^
non di parole, ma di fatti; infine chiedeva licenza del ritomo, pere
vedeva l'opera sua a Roma inutile per la Repubblica e a sé perii
Iosa (4). Non pare che i Dieci se ne commovessero troppo, né e
mutassero opinione rispetto al S., almeno a giudicare dalla Uctie
colla quale risposero al Bonsì. sebbene mostrassero, per ossequio al
Santa Sede, d*aver consentito air inibizione del predicare faitt al
dalla Signoria (5). Il contegno della quale in tutto questo mese,
apparenza benignissimo a fra Girolamo, pare a me che giasdfic
sempre più l'opinione del Villari, fondata, come abbiam visto, sol
notevole affermazione del Somenzi. 1 Signori, che sapevano l'ania
del papa e che importanza avesse per lui la risposta che al «
nuovo breve sì farebbe, procedevano con singolare lentezza. Dof
essersi indugiati tre giorni, chiamarono a consulta, sia per rispefl
alle consuetudini della Repubblica, sìa per perder più tempo e ^
gnare il papa ognor più, un grandissimo numero di cittadini, i ^ui
manifestarono, come era da aspettarsi, pareri molto discordi, sebbtì
alquanti sì mostrassero favorevoli al S. e alcuni usassero parole moh
forti contro il pontefice, ma i più consigliassero di dargli qDildi
soddisfazione (6). Lasciarono quindi passare altri tre giorni, e poi dù
nurono a praticare 19 cittadini scelti fra quelli della precedente ca
sulta, i quali presentarono una relazione, in conseguenza della qua)
sì decretava « persuadendura esse fratri leronymo ut omnìno a pr«
a dicatione cessaret; sicque satisfieret pontifici. Cetcra autem qocK
«teris apostofìcis petebaotur indigna iudicata stmt Rcìpublìcc; skqpi
(1) Lecttra del 10 dì nuno, Joc. ii; p. 197.
(») P. »«.
()) Vedi, f. ea., te lettere che KrÌMc talora ù Dieci neswr Ri&al4« èti^
particoUrt ^ncllt cbc icriate dal canpo coacra Locca, dov'era cowwJtirttt, 1
tuie f il 16 di mftrro del i4)0* C«mmitsitwà éi Kmatéa étfH Aléi^i fd G
wrm^t, pubbUciie d« CiiA«a GvuTi, III, }oé, «SA.
(4) Lctiers del x6 dì laarxa, doc, zi ; pp. tyt-aoii
(5) Lrttcra del 14 di marra, doc. 3S; p. 107; t vedi UlcClara M tt» «
di ricercr quella del Boasi, doc. aj; p. aoi,
(C) Cooaulu del 14 di mano» pubUicaia dal Lu»t. toc. dt. dAC *, pfL
uta e rìporiau in pane djj Villau* op> eie IV, ti, voL U, ni af(.
bibliografia
725
h
fld oratorem qui Rome erat dominutn Dominìcurn Bonsium Htere
date sunt j»(i). Al S. veniva quest'ordine notìficato quella sera,
egli obbediva, e faceva il 18 di marzo del 149B rultima sua
edica mesta, ma pur risoluta e minacciosa (2). Ma la risposta a
orna si mandava con tanta lentezza, che non vi giungevi prima del
22 (}), e non si faceva direttamente al papa, ma alPoratore (4),
:he non era una prova dì far troppo conto del breve di quello. II
;ui sdegno sì veniva pertanto accrescendo, tanto più che seguita-
ano a venire con assai maggior prontezza altri avvisi da Firenze
a irritarlo più che mai (5). E convocati alcuni cardinali, fra
quali fu, naturalmente, Ascanio Sforza, n'aveva avuto parere di non
chieder più la sospensione delle prtidìche del frate, « ma di vo-
« lerlo a ogni modo qui nelle mani; et che non solamente proce-
tc dessi allo interdecto, ma facessi porre te nuni addosso a questi
« della natione nostra che sono qui, et tenere le loro robe al sicuro;
M et di poi richiedere le S. V. che li mandìnr^ fra G. infra uno ter-
« mine preftxo; et non lo faccendo voi, mettere detti della natione
« in Castel Sancto Agnolo et le robe confischare alla Camera Apo-
« stolìcha » (6). Cos\ scrìveva il Bonsi, al quale forse la cosa era stata
riferita con qualche esagerazione, e forse per intimidire il Governo
dì Firenze; ma intanto i mercanti fiorentini che erano a Roma ne
scrivevano anch'essi alla Signoria, tutti sgomenti, supplicandola ad
ovviare e dare al papa la richiesta soddisfazione (7). Ma la Signorìa
non sì mostrava per nulla impensierita e lasciava che a Firenze, se
fra Girolamo taceva, predicassero fra Domenico da Pescia e fra Ma-
riano degli Ughi, certo non con temperanza maggiore; e perchè Ìl
papa se n'era lagnata col Bonsi, quando questi fu ad annunziargli
la sospensione delle prediche di fra Girolamo (8), rispondevano in
modo, che par giustamente al Gh. assai singolare (9): « che altri
«r frati di S. Marco predicano In vilipendio dì Sua Sanctìtà, noi ìn-
« formatoci non ritragghiamo cotesto da nessuno u (io). Così quanto
(i) Pradcft del 17 di mano, pubblicata e. 1. Joc. v; pp. Jj-Sf.
(>) ViLLARi, St(/TÌa cit. IV, vt, voi. II, 11) »g£. e in particolare p. 138.
(3) Vedi la lettera del Bonsl del 34 dì mano, editi qui dal Gh. doe. ]t ; p, 310. Ecf.
qaeUc del 16, del 19, del ao. nelle qualt «quella risposta solleduva (docc. i2, 2%, 27 ;
pp. 199, IO). 307).
(4) Vedi il poscritto della lettera dei Dicci al Bodsì del 18 di marzo (doc. 3] ; p. 203),
e la loro lettera del 34 (doc. 18; p. 307) fatu per mostrarsi al papa (vedi 11 doc. 39;
p. 308).
(5) Vedi la lettera del Bona! del aj di loarzo (doc. )o ; p. 309). Il papa aveva gìA
«aputo cose nuove da una lettera del 19 di oiarxo prima d'avere la risposta fattagli fare
dàUA SigvoKa il iB.
(£) Lettera del Bonai del 18 di mano, doc. 34; p. «M-
(7) l.a lettera dei mercanti t pure del iS di mano; edita <]ul al n. ì6, pp. 30(-3o6.
(8) Vedi la citau lettera del Bonsi del a) di marzo.
(9) P. 30«.
(io) Vedi la lettera dei Signori al Botui, scritta il 31 A meno, nelU raccoha del p. Hai*
cmsa, doc xxtt ; p. 171.
726
bibliografia
al non essersi degnati di rispondere direttamente al brcTc, della qtut
cosa Alessandro aveva mostrato rincrescimento, allegavano, nella
lettera, colla quale finalmente risposero il jt dì mano, un pretoio
di assai poco valore, dicendo di non potere scrìvere a un papa < sue
« decreto coUegarum nostrorum, qui singulis horarum momentiscoe-
« gregari non possunt " (i). Altro che sinpilis hordrum mo»n«lu; con
una dilaxlonc di venti giorni! Nondimeno il papa pareva ìn questo
tempo assai calmo ; ma chi gli era attorno pensava ad iiuarlo col
dirgli un fatto nuovo e grave. Sia che veramente, come fu nt^
rato, ma pare al Gh. poco probabile pel silenzio dei carteggi (sX '
Milano sMntercettasse e dal Moro si mandasse al papa una li
del S. a re Carlo VIU per incitarlo a convocare un concilio
porre Alessandro (}); sia, come suppone il Villari (4), che I
tera intercetta fosse una dì Domenico Mazzinghi, scrìtta col mede-
simo scopo e per ordine di fra Girolamo a Gìovachino Guasconi,
ambasciatore in Francia; sia che qualche voce imprudente o traditrice
uscita di S. Marco, o qualche invenzione calunniosa dorila corte di
Milano avesser messo dì tale cosa il sospetto nelPanimo del pap;
certo è che questi alla fìne dì marzo non sì contentava più che il 5
tacesse. Temeva, come apparisce soprattutto dal terzo processo, che
le ripetute minaccie del frate di dar volta alla chtavUU avesser fon-
damento in pratiche appiccate da luì o con cardinali poco ami'd del
papa, o con prìncipi d'Italia o dì fuori, per radunar un concìlio, che
seguisse Tesempio dato da quello di Costanza e malamente rìoDO-
vato a Basilea. E s'intende però comVgli, aderendo tinalmenie in
parte ai consigli datigli il 17 di marzo, dicesse il ;t al Bonsì d*avcr de-
liberato dì mandare a Firenze un prelato, « il quale ricerchassì per-
<i suadere fra Jeronimo che si disponesse al venire qui, solo per 00
<t strarsi obscquente alla Sua Santìti, et a questa Santa Sede, et che
tf venendo non gli sarebbe fatta alcuna lesione » ^cc. (5), A questo
l'ambasciatore si era opposto recisamente, allegando più ragioni; mi
ormai era avvenuto, e ne giungevano a Roma le notìzie, quel otto
che doveva dar mano a toglier vìa questo nuovo dissidio fra il papi
e la Signoria ed a chiarir senza dubbi l'avversione di questa al S
Il 25 dì marzo, come apparisce da una lettera di Girolamo Btn-
vdeni pubblicata dal Gh. (6), Francesco di Puglia, predicando io Saou
(1) RaCCOIU del p. MARCMt», doC. XXUI ( p. 173.
(a) P. Jii.
()) BVHLAHACCNI, Op. dt. p. ft6.
(4) op. eìt. IV. TI, voi, li, pp. i]S-i}<. C'è verADenie una diAUetli. yvM I
Mazxinghi disse, nel processo, d'avere avuto la rijpoita. (Ivi^ p. cctsti]. • H f^^*
deli' 11 d'aprile ò riporuia alla pagina scgucote); ma U V. cerca d'climiurli, •Off^'*'
che la lettera fosie tiundat* dupUcaia, o che il Moro l'aveaR laadau a»ltfv al ■* ^
stino dopo averne fitio fare uoa copia ; che non mi pare ipotoi troppo probiMt H*^
p. cclxiv, n. 1).
(5) Lettera del Bonaì del )i di mano, doc. 51 (altimo 4cl 5 nit); fv ti*-
(6) ^ IX, doc. I ; p. 216.
bibliografia 727
^
Croce, aveva lanciato quella sfìiÌ2, che fu ruhtma rovina del frate
ferrarese. I commenti che son qui pubblicati nel J ix sono impor-
tanti soprattutto a mostrare la contrarietà risoluta che incontrò a Roma
la proposta della barbara prova, che duole veder tanto favorita e
sollecitatane U licenza dall'oratore della Signorìa (i); ma gli animi
erano allora a Firenze così potentemente agitati, che la cosa non
pare fuori del naturale. Sia che il papa, come capo della Chiesa,
non volesse, o che non volessero i cardinali accordare essi una cosa
che allo spirico della Chiesa ripugnava; sia che Alessandro temesse,
come i Piagnoni supposero (2), che da quella prova il S. avesse ad
uscire vittorioso e accresciuto di credito e d'autoriti; sia che, volendo
a ogni costo il S. a Roma, non curasse d'approvar tutto quello clie
potesse ritardare o impedir quest'effetto, o non volesse che il frate,
morendo, avesse a portar con sé nella tomba i segreti che a lui pre-
meva di strappargli; certo ò che papa e corte furon sempre all'espe-
rimento contrari, nò ebber risposta le richieste d'approvazione o dì
licenza della Signoria e dei frati di S. Marco, se non in quelle disap-
provazioni, che il fìonsi sentiva darsi (in tre giorni dopo quello del-
l'esperimento, del quale non era peranco giunta a Roma la nuova (j).
Che se poi Alessandro VI fece scriver lodi alla Signoria, e fu
largo coi Fiorentini d'assoluzioni e indulgenze, e spedi un breve gra-
tulatorio e laudativo ai frati di S. Croce; lo fece quando, insìem colla
notizia della prova fallita, gli fu giunta quella del confino e poi della
cattura del S. e dei due suoi compagni (.(), che l'assicurava da ogni
(i) Vedi ì doec. a-7 del 5 ix pKHlm. •
(a) BuR-LAMAcciti, op. cìt. p. 113.
(}) heixttk del Boail «1 Dìcd del 10 d'aprile 1498 Doc. i del 5 x = ' Sunune, M*
• scndo io col c^i. di Perniai, m'affermò, non obBUote che tuvestc ledo U lettera de'
• frati tliligentemente, nsere del mcddimo proposito; bencbò li pareste grave cota U
• cooaeotjmcmo di tuito numero • ; p. aj6. L« lettera dei frati, che £ del j d'aprìU,
à ti doc. ì del 5 IX (pp. 219-320}. E cosi due giorni avanti parlando roratore di quffto
al medesimo cardinale ed al papa, ■ l'uno et l'altro di loro entrarono ìn au t)ueito aito
« dello cxperiraento del fuoJio, dannandolo motto. Et subìunie il papa, che al moravi-
« ^ava cbc costi ai attcndesoi a tali coie, et che e' sarebbe bene levarle via • (doc. 7,
tetterà del Borni del 19 di aprile; p. 221, e zi. più aotto a p. 222). £ il disgusto di lui
appare selle prime parole, che fece al Bond, quando questi per la prima volta glia ne
fMrlA; a Vedete dove queite cOM it conducono I * (Lettera del B. del 4 d'aprile, doc. };
p. 117).
(4) Del confino teppe U papa dal Bonsi la mattina del 10 d'aprile, ■ et ne monstrò
• essere bene conicoto .... monitrò CMcrli molto acccpto la vostra buona dlspotiiiooe verao
• la Sua Santiil : delta i^uale mi dixe che assai per sua parte ve ne ringratìassi ; et che
• «sa paracìssimo od ogni vostro baneficio operarsi come per auoi buoni Èfjtiuoli. Monitrò
• etiamdlo piacergli assai la speranza che per epsa vostm oc date di comporre bene et
• a pace et unione lucia la città ». (L«tt. del B. del 10 d'aprile, 5 ^, docc. 1 e 2 ; p. 127).
La attente mattina ai recA auUto l'oratore a dargli notìzia di quel che era avvenuto poi;
ed «|>U ■ monttrò non solo essergli grato et a.'ceptìsatmo la captura di questi tre frati,
■ B» eoo molle amorevoli parole ve ne rìngratiù sommamente, d'ogni opera intorno
• acciò £acta : coraendjiridovene grnndìsaimameme, et dicendo che non è cosa circa a'chasì
• di Pisa e altri 11 grande, che lui non deaidcri racciere in beneficio vostro •, ecc. (Lctt. del-
1*11 aprile, doc. j; pp. ^^•J•^^Z).\ E soltanto il giorno dì poi (la d'aprile) porttvaBO da
bibliografia 729
¥
Roraa, e come il Bonsì aveva fino da princìpio fatto intendere
papa, che certe cose interne della loro città s'avessero a risapere
c pubblicar fuori (i); e però continuamente si rifiutarono dì con-
ceder tal cosa, sia espressamente, sia cercando di guadagnar tempo
col tacere, sebbene il papa ne li ricercasse con insistenza grandis-
sima, e ne facesse una condizione necessaria dei favori materiali
e spirituali, che essi gli chiedevano (2). Tanto che alla fine toccò
lui a cedere, e contentarsi che i tre frati venissero interrogati a
irenze da qualche suo commissario mandatovi ir per intenderne
tina cosa più che un'altra attinente j) (3) alla Sua Santità; 0 facesse
questo perche la piega che le cose prendevano a Firenze gli avesse
oramai tolto ogni paura dell'animo, o perchè avesse inteso dai sunti
dei processi comunicatigli che non c'era da cavarne nulla, che po-
tesse gravemente compromettere alcuno della curia. Ed è cosa
assai curiosa quella che rileva il Gh., che questa soluzione non fu
dal papa proposta e dalla Signoria accettata, né viceversa, perchè
un giorno prima che la lettera del Bonsi giungesse a Firenze, una
pratica aveva consigliato lo stesso partito, e secondo il consigUo
di quella n'era stato scrìtto all'oratore (4).
Né ci mostrano questo soltanto i documenti pubblicati in questo
paragrafo; ma anche l'effetto, che la notizia di questi fatti produsse
fuori di Firenze, e in particolare in Francia e a Milano, così sui
capì degli Stati (3), come sugli ambasciatori fiorentini, i quali, in
quei due luoghi, appartenevano alla parte del frate, e non nasco-
sero il loro dolore e il loro disgusto, tantoché all'uno di loro, Fran-
cesco Pepi, i Dieci rimproveravano la passione con cui scriveva (6),
e se non lo richiamavano, mandavano almeno un altro oratore di
ben altri sentimenti, Guidantonio Vcspucci, col pretesto d' informar
meglio il duca Lodovico delle cose presenti (7). La lettera poi del
(1) L«it. cìt. del Borni dell'ii d'aprile; e leti. cii. della Signoria al Boiui del ;,
e al papA del 6 di maggio (p. HucHEfi, docc. xxjtvi e xxxvii, pp. 187, 189') Nelle
i]tL«li troviamo delta ancbe ua*ahr<i ragione, che fa diipiaccrc: ■ Acccdii tiuc ctiara «^uod-
• dare dcsiJenunt totiua populi viJendi luppUcìum eìus, quo tot aoais vani» poUìcitatio-
• nibu» deluai lunt «.
(1) Vedi 4pcci«lmentc le leitere del Beasi dei 17, 19 e aj d'jiprìle edite qui ($x, docc. ij
e J3; pp- 139 sgft- >t6). E fin nei brevi delle tue «oncestìoai il papa ioaistcva tu quel
ponto. V. j brevi del taedel 17 d'aprite pubblicati qui dal Ga. (docc. 6 e 14* pp- a)i* 243)-
()) Lett. del Bun&ì Jcl j dì maggio, ediu qui (doc. 37; p. 363).
(4) P. >«i-
(5) Il doc. 9 (p. 35;} t una lettera di larghissima lode e congratulazione scritta alla
^gnorìa l'ii d'aprile da Lodovico il Moro, che contrasta un po' col modo nel quale s'era
eapreaao, scrivendo il giorno ìnnanxi alla Signoria stessa, l'ani bandai ore Francesco Pepi
(doc. S; p. 334'). Il doc. 13 k una lettera dei Perugini, del ts d'aprile, che coaliene umì
prolTen«, roa oetsuna congratulazione, ansi rammarico dd tumulto avvenuto 1 neanche
il ricordo del frate.
(6^ Lett. del 33 d'aprile, edita qui (doc. 19; p. 3$:).
(7) Lett. del 31 d'aprile, e. t. (doc. 18; p. 3So). La ragione la diceva chiara il So-
t( scrivendone al duca l'ii d'aprile. Vedi Del Lungo, pubbl. dt. doc. xli, p. 36.
il nc<
Guasconi ambasciatore in Francia (i) è anche per allro
tante, perchè, insieme coi passi d'altri inediti documenti, o
il Gh. r illustra da par suo (2), rettifica quanto s'at^oracntzl
lettera dì Luigi XII alla Signoria di Firenze scrìtta il 4 i£i
e pubblicata dal p. Marchese ($), cioè che quel re s'adopts
favori del S. soltanto quando questi era già morto ; poich
risce di qui com'egli già avesse saputo i casi di Fìrenxc
aprile, e da altri prima che dairambasciatore, e come pei
mandasse a Firenze Niccola Alamanni, il quale non pot£ Ù
per trovar la materia troppo mal disposta. Cosi ci mostrai
di questi documenti come parecchi dì quelli che erano al fìi
voti da luì s'alienassero (4), e come lo rìnnega5sero pcr€a
intimi fra ì suol frati (5), ingannati dalle false dichiaraci
processi, che altri documenti vengono a dimostrare palpah
in che modo si facessero, e come in quelli la parzialità e V\
fosscr Tunica regola dei giudici, che compirono colla condii
tre frati una svergognata ingiustizia (6). Non si può seia
certa commozione e un senso di dolore e dì sdegno per
questa parte del libro, né gran parte dei documenti racco
paragrafo XII, sotto il titolo: p Documenti relativi alla mcnj
fra Girolamo m (7); quelli in particolare, nei quali \-ediarao £1
trattore del S. un suo vecchio maestro (8), e scrivere contrt
ancor vìvo e carcerato un'aspra e feroce invettiva diretu i
gnoria di Firenze (9) Ugolino Verino, poco ionarm
(1) £ del ai d'apnle (doe. 17; p. 14!).
(3) P. M6-M7-
(5) Loc. cit. tloc. XL, p. 19J.
(4) Fn gli altri il Boo*t ; qUAntuni^ac piO cbe dalU «t
>dcl PugUcM (edita qui, doc. 31 ; p. SS4) ^ pou« tffomenuif il nt
JaIW lettere che tfrirevs «Ji Roms «oche prìau della c«dctJ del S. E t'one'
«uo di C«scitu Frsacekco FortuoAtt, cbc tcracr* d'avere « cucrc implica» ad
(P. 5S«).
({) Fino fra Kkcolò da MUaoo, ■ col fl S. «««va fino far U launtt Adi
ai frtndpi. Vedi la lettera sua aifli cttminatori • pacndopropbatae fratru Hàenmjnl
• rarii • del aa d'aprile, cdìu 4]ui. doc. xo: p. i^a. Q^tuo agB altri (mi, vcA le di
del BoTui ai Dieci e alla Simona, del 15 d'aprile (docc. xs, 14 ; pp. t%é, " '
tcrt loro al papi, edìU AmÌ PtUlKt C/drOMM 5MvÌHr«Ìr, App. 4«c
della ]" edii.).
(6) Vedine ooa bqot* proT* oclle due lettere di Plarfrai
Calcina, che TtngTtno la hioe per la prima Tolta bi ^«wta «vconda adizìoaK
e 16; pp. Ji9. afe).
(7) Non wò « far parola dd 5 <Lt. b^ quale il Gh. ha rae<olio tre
dd S., dì no* graode importanaa, il tnto oKgìiutc d'm'alna, di <ni ■ «
tanto osa tradtuìooc, e usa dtligcatùniDa e ipcno iniporTantìsaima £oUaalu»c
tcn tdhc, delle ^uali. nwaochè iH «m ioU, *aa qui loltaato riponmte la
Icrioai pdbWirtW.
(•) D Garaoai più aopra rùerActo (5 **'• *1ac«- S ' )i PF- ]09* !>*)• La
pMi accrte di quote kttcn del G., .:fae e dd | di Infilo 149», Tie*4> -> l-^«^ 1
prima ^ralia. L'altra del 14 A piapw era aacbe Della prima ediaonic 1
bibliografia
da aver sottoscritto rattcstazione in suo favore fatta da molti
Cittadini di Firen7.e Tanno I-197, e da avergli dedicato un poe-
metto latino, che il Gh. qui pubblica : De christiattae reli^onis ac
vitdc monastica^ felicitate (i). Negli altri apparisce in tutta U sua
acerbità, che giunse talora a cose quasi stolidamente ridicole (2),
la persecuzione contro la memoria del Ferrarese, mossa così dai
suoi nemici reggenti il governo di Firenze, sia che fossero repub-
blicani Arrabbiati (}), sia che fossero Palleschi 0 duchi di casa Me-
dici (.}) ; come dai superiori dell'ordine domenicano, che fino un
secolo dopo ch'egli era morto, vietavano a tutti ì frati e a tutte le
monache di tenerne ritratti e (in di pronunziarne il nome (5). E
apparisce in:>ieme il perdurare in mezzo n tante persecuzioni della
devozione quasi popolare al nome e alla memoria di lui, che si
manifestò fino a un secolo e mezzo fa in una fiorita, che si faceva
in piazza della Signoria nel giamo anniversario della sua morte (6),
i attcstata dalle stesse condanne pronunziate contro chi la propa-
gava (7). Né era solo dì persone volgari, perchè rimangono uffizi
propri latini composti per lui, uno del quali viene appunto qui
pubblicato (8). D'altra parte poi è noto che, sbolliti i primi furori
e cessate le paure e le passioni, che avevano mosso quella perse-
cuzloDC, la cosa mutò; e santi della Chiesa e pontefici cbbcr quasi
Il ^lì
(1) P. 395 <gg. E vedi la lettera, che gli «▼€▼> muidaio Iniutui, a p. 290 sgg.
(s) Tile ci pare il confino delU caropanA pia^mona nel campanile dei frati minori di S. Mi-
nuto al Monte, intorno al quale il Uh. aggiunge qui tre tlclìberaziont dei Signori (docc. 8.
9. io; p- JiO * quelle gii edite dal Villari ( op. cit. Il, ipp. n. xxxii, p. ccxcj ) ; e altri
ottu documenti (docc. ti-i9; pp. JiS^SgO sullo 5calporc grande, che ai fc^c per questa
con, finché la campana non fu tornata a S. Marco il 6 di giugno del 1509.
(1) Vedi, oltre i gi^ ctiati nella nota precedente, i docc. 4, 1. 6 di questo paragrafo.
Ssbbeae « documenti 7 (p. Ji3) e xi (p. 327} moxtrino che la perseeaxione non fu dio-
tuma, com'era d'altra parte assai naturale, perdio potevano pur giungere al supremo
nagiitrato di quelli che erano stati nnceramente araici del frate, come fu di Giovacctiino
GuAtcoci, che fu gonfaloniere per settembre e ottobre nel 1499.
(4) V. doc. ]i (p. J18. De 11 ber a X ione degli Otto del 16 mano IS)3). Uà la penc-
cozione pi6 Aera contro t frati dt S- Marco fu quella del duca Cosimo I, che lì cacciò
da 4]uel convento con decreto del 31 d'agovto 1(4}. ma dov£ poi rinsediarreli per volere
del pontefice Paolo III il t di dicembre di quell'anno nieJctiroo; con quanta sua stiiia
apparisce dalle leitcre del carteggio medìceo, che '^uì pubblica il Gh. fdoec. }2'yS). poiché
e^U s'era meaio a questa cosa con una riaolute/.z! ed una baldaniosa QStinatcu-a singo-
la (redi specialmente le prime tre lettere; p. )4i igg.)* allegando ■ che la orìgioe
« di ratta questa materia naKie dalla falsa dottrina et mali costumi che fra Girolamo
• Sarooorola insegnò a' suoi frati di Santo Marco » (iett. del 14 d'ottobre, all'ambaicia-
torc AleasanJro Del Caccia, doc. j;; pp. )4)-44). Il Gh. pubblica qui Inoltre anche una
BUTazione del fatto, che si trova in una cronaca latina manoscrltu del convento di
S. Umico (p. 340 sgg.).
($) Doc. 19: p. 3ÌO. Ordinanza del generale dei domenicani Sino Fabbri del ; d'a-
prile tsBf. E cf. i docc. ia-30 (pp. )S9-n7)< alcuni dei quali abbiam gii ricordali.
(O V«di doc. 44; p. 3*^7; e r Ìllu5tra£Ìone, che lo precede.
7) Doc ji cii. (p. j)8).
I) Doc. 41: pp. ;t8 i(;g. Un altro ne pubblicò, com'ft noto, il conte Carlo Cap-
e vi fece un proemio Catare Guasti (Prato, t36o).
1
per santo il Savonarola (i): i miscredenti lo dcfiigrarono (2).
telici lo esaltarono; e soprattutto Tordine, che avanti delF
supplizio lo rigeciò dal suo seno, se ne gloriò poi e se ne g)
ne cercò e ne cerca l'esaltazione con cura amorosa (?); e «'è
testimonianza, oltre la Vita, che scrisse nel secolo passato il p
santi e soprattutto gli studi importanti e bellissimi del p. Mar
anche il presente libro, ispirato e in gran parte composto
studio amoroso del p. Bayonne. Al qual proposito, per ahro
possiamo posare la penn*i, senza tnbutare una giusta e grandi
lode al Gh., per la modestia veramente singolare, colla quali
nella prefazione, dà in sostanza il maggior merito nelU et
sizione dell'opera al p. Bayonne e al cav. Cittadella (4)
senza considerare quanto di proprie ricerche egli sxtì aggiunti
loro, certamente per un lato la faticosa collazione, per un d
soprattutto il modo com'egli ha saputo ordinare e illustrare
documenti, non son cose da fame poca stima ; perchè rivi
un* intelligente operosità e un'erudizione ^oda, sicura e t
quali se le possono augurare tutti gli studiosi di cose storìclM
F. C. Pelucw
ProUgomcna ^um Liber Diurnus I voa Th. R, vonSi
wirkl. Mitglicde der Kais. Akadeniie der Wissenscha
Mit einer Tafel. [Sitzungsberichte der Kais. Alcai
derWissenschaften in Wien. Philosophischc-Historc
Classe. Band CXVIL]
L'illustre direttore dell' Isuwto austriaco di studi storici, pro£
doro von Sickel, attende da alcuni anni a preparare una nuovi
«ione del Diurnus RomdHorum pontxficum. U testo della celebre
colta di formole accompagnato da una Priufatio e dt un
rtrum ti vahorum uscirà fra poco: frattanto in questa prima
dei Proy^omota, presentata alla classe filosoftco-storica dclTJ
demìa Imperiale dì Vienna, il Stckel comincia a pubblìcirr
quelle ricerche e quegli studi sul Diurnus che lo hanno
alle conclusioni enunciate nella prefazione, tutto quclT^parAfl
(■) ViLLAU. L» ifVù, n». CoacIiuioDc. Il, %\6. E in
del Goafd. pan* II, 5 '^> P- 94! ' Dcir.4rc&. itvr. iti
•e^BA fiitu ìa Gina Capponi ddU duu pubbiicazioac dcU'nttiio fir .
(1) Vbli Q priocipia dell* pcehnone tfel prof. VlUcri alkjtfia* t^Aoti^ ><^*
tal S.
(}) Aacln da qncvri docvmcatl, pur Uicimdo i]ucl ete «ppwfKC Ai&c
BBO t, e ■ycUiment* Ì« qocdU al Del Ctccù dtua, ti «e4e
•i Ciceiae pma conto in S. lUrco di tjoel cbc i Ini «vcca* appvtantfD e li l
rd^oi* (V«fi i doec 41-4) del t£4; ; p. )<4 HCK-)*
(4) Vedi la pn&òoae, ìa pnacipio, e • p. vii.
bibliografia
733
somma, che non era strettamente necessario all'imelligenza dei testo
e, unito alla prefazione^ ne avrebbe ingrossato vii troppo la mole.
In questa prima pane dei pToUgomtna tratta dei due manoscritii an-
tichi del Diurrtus e dei gruppi di formo! e contenuti in ambedue;
nelle altre, che usciranno in seguito, discorrerà del tempo in cui fu
redatto il Diurruss e dell' liso fatto di esso dal compilatore della yita
/Idriani I Konantuìuna e da Deusdedic nella sua collezione di canoni.
Il capitolo riguardante il codice Vaticano si apre con una minu-
tissima descrizione. La composizione e lo staio del codice, le dilTe-
renti qualità della pergamena, la disposizione, la specie e alcune sin-
golarità della scrittura ; tutto è osservato con squisito acume critico.
Un risultato importante è quello che l'autore trac da alcune dif-
ferenze riscontrate esaminando la scrittura che a primo aspetto pare
uniforme : quelle differenze corrispondono alla divisione ch'egli darà
pili tardi dei tre gruppi di formole che concorsero a formare il
Diurnus Vaticano. E ne conclude non essere lo scrittore del codice
Vaticano die ha unito in un sol corpo i tre gruppi ; egli li ha tro-
vati gìÀ uniti in un codice, ma scrìtti da mani dìfTerenti. Com'è
naturale, la copia riproduce qua e là alcune particolarità grafiche
degli archetipi primitivi.
Anche le indagini sull'età del codice confermano i risultati degli
studi ulteriori dell'autore sul tempo cui appartiene la serie di for-
mole contenuta in esso. Raccolte e discusse le opinioni dei dotti
che hanno giudicato dell'età del codice, dal MabìUon al Delislc,
enumerati i codici di scrittura minuscola con data certa vicina a
quella cui s'attribuisce comunemente il codice Vaticano del Diurnus,
notate le differenze per le quali si distinguono le scritture anteriori
alla riforma carolina e alla scuola dì Tours da quelle posteriori,
giunge a stabilire che il codice fu scritto sotto Adriano 1. A pro-
varne poi l'origine romana, oltre alla qualità del testo che, secondo
ogni verosimiglianza, non poteva essere scritto che a Roma, adduce
il fatto dello sviluppo e dell'uso in Roma di una minuscola preca-
rolìna figlia della scrittura semionciale e la somiglianza della scrit*
tura del codice Vaticano con quella del codice 409 di Montpellier
ch'egli, per ragioni storiche e filologiche, ritiene pure di provenienza
romana. Ad un minuto esame delle abbreviazioni che lo conferma
neiropinione che il Diurnus Vaticano sia stato scritto prima della
riforma carolina, segue uno studio più speciale deirabbreviazìone ili,
usata in ambedue i manoscritti del Diurnus ed in altri codici di for-
mole, e adoperata anche da coloro che più tardi, nell'undecimo se-
colo, introdussero in altre compilazioni formole tratte dal Diurnus,
L'ultimo paragrafo del primo capitolo è dedicato alla storia di questo
codice dal xvii secolo in poi, che il Sìckel ricostruisce tenendo conto
di tutti i segni esteriori esistenti nel codice e fissando di ciascuno il si-
gnifìcato e il valore.
Intorno al codice, ora perduto, che appartenne alla biblioteca
Archivio delia R. Società romana di itoria patria. Voi. XI.
734
bibliografia
dei gesuiti del collegio di Clermont a Parigi, chiamato dal Sic
Codex Oarcmoutanm, riassume quanto era stato gii narrato dal 1
Rozière. R:iccoglie e valuta le descrizioni che ci sort rimaste dì i
codice L- i giudizi pronun/.iatì sull'età di esso dai dotti che lo i
narOQO. Confrontando questi giudizi col contenuto, noto per gU sai^
del Balurc che ne aveva preparata una nuova edirione, stabiU
l'epoca più remota cui si può attribuire il codice dì Clcr
principio del nono secolo, poiché la redazione del Diumus dataci^
esso deve collocarsi intorno al tempo deirdczione di Leone
della ricostituzione dell'impero di Occidente.
Col capìtolo sulla redazione del testo dei due ccmÌìcì tinìscej
prima pane ora pubblicata dei Prohgomtna. Bisognerebbe riprodd
testualmente, poiché non è possibile riassumerli» gli argomemi {
terni ed estemi coi quali il Sickcl prova la preesistenza e la I
nei due codici di tre gruppi di formole. Chi osservi la prima ta»i
di concordanza dell'edizione De Roziére e paragoni U successa
delle formole nel codice Vaticano con quella del codice di
mont vede già disegnarsi nettamente le tre serie. La prima, cha
Sickcl chiama ColUctio I, comprende le formole I-LXHI; la secon4
che chiama ytppendix /, le formole LXIV-LXXXI; 1:» terza,
chiama ColUctio lly le formole LXXXII-XCIX del codice Vaticaij
Dall'altra parte il codice di Clermont riproduce quasi esattarae
la CoUiitio /, ma fonde in una serie, ordinata diversamente, V
pendix I e la Coìkitìo II del codice Vaticano, aggiungendo altre
mole che il Sickel chiama Appendix IL II capitolo sì chiude colH
same delle formole supplementari estranee ai due codici antìd
introdotte nelle edizioni del Diunius. Il Sickel disapprova queste
serzionì colle quali gli editori anteriori hanno pensato dì completi
la raccolta; parlando della formola 107, dell'edizione De Roiìi
dimostra ch'essa è stata fabbricata dal Garnicr alterando il testo 1
una Epistola vocatoria colla quale l'arcivescovo invitava il clero e |
popolo di una diocesi soggetta ad intervenire airordinazione del '
scovo da loro eletto.
Con un'analisi cosi completa e cosi felice nei risultati U SU
ha lasciato a gr.in distanza da sé tutti coloro che antecedente
s'erano occupati delle quebtioni intorno al Dìumm trattate in qac
prima parte dei Pro^'OWt-Hd. E nel cammino non breve né
delle sue indagini ha accennato a fatti ed ha enunciato opinio
possono fornire argomenti a nuovi ed interessanti studi. Le
che adduce per provare resistenza di una scuola gratìca
anteriore alla riforma di Carlo Magno meriterebbero d'c5Jtf j
come traccia e programma di tutta una serie di ricerche din
investigare e accertare quali altri codici ci siano rimasti di
scuola, dell'esistenza della quale non è più possibile dubhjre.
bibliografia
735
Spuimina palaeografica regcstoruin Romanornm ponti ficum ab
Innocentio III ad Urbanum F. Romae, ex archivo Va-
ticano, 1888.
Tra le pubblicazioni che ebbero origine dal Giubileo sacerdotale
di Leone XIII questa dei facsimili dei regesti pontifici merita sin-
cero plauso per l' indole serenamente scientifica, e per V importanza
e opportunità sua. Mentre numerosi studiosi sì affaticano sui detti
regesti sia con intento storico sia con intento diplomatico, riesce
di sommo vantaggio e sussìdio una compiuta serie di facsimili, scelti
con piena conoscenza così dei singoli volumi dei regesti come dei
vari aspetti sotto i quali vanno considerati e dei vari quesiti che essi
offrono. L' impresa non polevasi meglio condurre che dai solerti cu-
stodi dello stesso archivio Vaticano, che alla dottrina e perizia pa-
leografica congiungono per ragione dell' ufficio estesa consuemdine
del materiale affidato alle loro cure. Sono sessanta tavole eseguite
in eliotipia deUMng. Augusto Martelli, corredate di una sobria pre-
fazione di 14 pagine, e delle illustrazioni dei singoli facsimili, nelle
quali si dichiarano e descrivono i facsimili stessi e i volumi dai quali
sono presi, notandone le particolarità riguardanti la paleografia o
attinenti alla diplomatica o alla consuetudine della cancelleria pon-
tificia, con opportuni accenni e riferimenti agli altri volumi dei
regesti.
Nella prefazione sì tratta particolarmente il quesito se la trascrizione
delle lettere papali nei regesti venisse eseguita sugli originali o sulle
minute. L'attento esame de' regesti, e il raffronto con bolle originali,
recanti nel dorso V annotazione della eseguita registrazione condu-
cono a conchiuderc che almeno dal secolo xiii in poi, di regola, la
registrazione facevasi sugli originali, Parecchie delle bolle citate ap-
partengono air archivio Capitolare di S. Pietro, la cui custodia t
pure afìfidata ad uno degli egregi collaboratori della presente opera.
Non si trascura però dì indicare vari casi in cui eccezionalmente la
copia del regesto deriva evidentemente dalle minute. La prefazione
chiude indicando quali regesti si possono considerare con certezza o
con molta probabilità per archetipi; e ne vengono anzi tutto esclusi
quelli di Innocenzo III per motivi già esposti dal Delìsle e dal De-
niflc, uno dei redattori delle illustrazioni.
Basteranno pochi cenni a convincere Io studioso della bontà dei
criteri seguiti nella scella delle pagine facsirailate. Come ò noto, la
serie dei regesti pontifici conservati comincia con quelli dì Inno-
cenzo III. Ad essi appartengono le prime 8 tavole, di cui la 2* offre
la forma più arcaica di scrittura, altre sono notevoli per alcune gra-
fiche illustrazioni, la 8* riproduce dal rcgcstum imperii un privilegio di
Ottone IV con la imitazione del monogramma.
Tra quelle di Onorio III figurano molto opportunamente i primi
fogli del regesto 11; la tav. it contiene l'ep. al cardinale legato
73^ bibliografia
in Terra Santa con varie aggiunte fatterì per rendere più cesfA
renumcrazione deHc somme erogate dal pontefice per U Oodft
Tahra contiene la stessa lettera nel nuovo primo fo^io dd
rifatto in conseguenza dì dette correzionL E come nella
fa dato posto anche ai volumi dei regesti conservati nella
Kadonalc di Parigi, cosi con molta opportunità furono pure
crate due tavole giudiziosamente scelte (r; e i6) al
legazione del cardinale Ugolino d' Ostia- Tra a f^r^^mf!!
gorìo I\ la uv. 17 rappresenta l'indice più antico dì on
mentre la tav. 30 reca il più antico esempio delU distìnzioQe
lettere in curiali e comuni La 21 (Innocenzo W) è nocerolc
un' epistola appartenente ad altro anno inserta per errore ed
lau con la parola va-cat. Tra i regesti di Urbano IV è notevole Ì
26** rt^esium àt liUris hemficiùrum, con annotazioni marginali recasdi
giudizio degli esaminatori sui chierici ammessi al benefìcio. Le a*
vole 27, 28, 29, jo, $7, 40. 41, 43» 47 e 49 (Urbano IV -de
mente V) pongono in cvidetiza una particolare serie di regesti (pt
recchi della biblioteca di Parigi), quella cioè dei regesti camerali 1
ìndole ed uso amministrativo, di lettera meno eleganif^ di più piccoìl
formato, senza lettere miniate e sovente nemmeno rubricate.
Dal regesto dì Clemente IV è trascelta tra l*altre la papna (1
in cui è memoria della sottrazione dì esso a\'venuta nel fc
momento della morte dì Bonifacio Vili. Il primo foglio del
di Gregorio X (tav. $2) presenta un tipo particolare di scrittura,
il fregio rettangolare che racchiude Vlndpit ricorda per a'
Tornato iniziale dei libri greci, facendo pensare ali* Oriente
Gregorio fu chiamato al soglio pontilìcio.
La tav. 41 di Nicolò IV contiene in margine una lettera di
anno anteriore, ivi registrau d'ordine del papa per identità de! «og*
getto. Dei regesti di Bonifacio Vili la tav. 45 riproduce il verbale dei
notai della curia che, a tempo di Clemente V, operarono TabrasioM
della nota lettera contro il re dì Francia; la tav. 46 il testo ddU
bolla Vnam tanctam e il principio della detta abrasione ; la tav. 4J
è dau ad uno speciale registro (lihtr parfulus) contenente le lectert
dirette al cardinale legato Nicolò BoccasinL
Con la tav. 49 sì passa ai regesti dei papi avìgnonesi, che si
suddivìdono in due serie : gli originali che, ad eccezione del pritno
anno dì Clemente V, sono cartacei, e le copie di essi eseguite su per>
gamena. Anche per questi sì è avuto cura, nella scelta dei facsimìli e
nelle illustrazioni, dì porre in evidenza i caratteri speciali delle due
serie, i rapporti che intercedono tra loro e le notazioni marginali che
le rivelano. I regesti cartacei, fatti per tenersi al corrente nella spe-
dizione dei crescenti affari, sono scritti con minore accuratezza e
quasi in corsivo.
La copia in pergamena, in forma più elegante e calligrafica, co<
minciò ai tempi di Giovanni K\II a f^rsi lenta e interrotta, sicché
*
bibliografia 757
onti delia Camera u ha la prova che i regesti degE nltìnii
dì quel pontificato furono trascritd sotto Benedetto 2UL Dopo
o papa cessò Tuso di tale seconda copia membranacea.
noto come Urbano V, venendo a Roma, ordinò la copia dei
ti anteriori, che non volle porre ai rìschi di un viaggio; e come
di lui gli stessi regesti antichi furono corredati di indio. La
$9 riproduce una pagina del regesto di Innocenzo III coA och
: e la tav. 60 offre un saggio dei detti indici
G. L.
NOTIZIE
II fascicolo 6 del BolUitino storico italiano contiene le relazioni
dei professori D'Ancona e Medin sulli raccolta di rime storiche
del scc XV, fatta « dall' infaticabile annalista veneziano Marino Sa-
QUto » dal cod. autografo della Marciana; delVavv. Brando Brandi
sulle ConstUntiones 5. M. EccUsiai del card. Egidio d'AIbomoz ; Glosse
Prtaccursianc che il prof. Pietro Cogliolo ha trane da frammenti di co-
dici membranacei esistenti neirArchivio di Staio ; la relazione su Gli
statuti dtlU Società dJU atyni e àeìU arti in Bologna del prof. Gau-
DENZI ; una Confessione di vassailaf^gio a Ramone ài Sorrento (i 182) edita
da I. Giorgi e il Quaicrnus Adamati Conti expcmarii^ che ci dà il
consumo giornaliero del pane in un castello dell' Emilia nel scc. xiix,
a cura dello stesso Giorgi; Gli antichi statuti dei comune di Bàlogfta
del Gaudenzi.
I Benedettini di Monte Cassino hanno iniziata la pubblicazione
del Codice diplomatico Cassimse: il 1° volume contiene il Codex dipi.
CaUtunns, pars I (787-1055).
II volume V del Codice diplomatico della Vestfalia, edito da quella
Società storica e archeologica, contiene i documenti pontifici a cura
del dottor H. Finke : DiV Papsturkunden Westfaìens bis ^um Jahre x^jS.
La Società Napoletana di storia patria ha dato in luce un vo-
lume di cronache, che contiene : Ji^noti monachi cisterciensis 5. Mariae
de Ferraria chronica et Riccardi de Sancìo Germano chronica priora a
cura del prof. Gaitoenzi.
n signor Giovanni Filippi nella pregevole illustrazione su l'i^rl^
dti mercanti di Calimala in Firgnu sd il suo più antico statuto (To-
740
V^ti^ie
rìno. Fratelli Bocca, 1889) ha raccolto una buona serie (fi 1
fra i quali una lettera di Matteo Kos$o ■ de filns Uni « eNko3à ie*
Conti senatori di Roma (127J) al Comime di Firenze per tìttaat
che Paolo tiglio di Nicolò de Rainerìo non sia impedito dal pcflff
tingere del panno da lui portato a Firenze dall' InghiltcrTa, nOBonMi
contrario statuto dell*arte di Calimala.
Il 16 dicembre deiranno testé decorso mort il come PaoIo Ehi
a Saint-Maurice nel Vallese. Fu membro dell'Accademia deDe oca*
EÌoni e belle lettere di Francia ; fondò la SocUti d& TOrìmd Itfb e
la sostenne in gran parte colla operositl e coQa grnfrmiri ni
Nel 1884 fii eletto a membro della R. Societi Romana di stona ftÒL
Ci giunge la triste nuora della morte £ Cesare Guasti, set-
tario della Crusca, sopraintendente ali* Archivio di Suco in Rreve.
vicepresidente della R. Deputazione Toscana di storia paoù.
Si è cominciato a pabblìcare a Tolosa, sotto il tìtc^o £ ÉmA
du Miiif ona suova rivista trimestrale d*archcolo^a, scorta e fife-
lopa, e si aimuncia imminente la pubblicazione in Friburgo A ■■
Dtmtsche ZdUchrift fùr Geschicbtsu/issenscbùftf la cui redazifloe è A
data al donor L. Qnidde. Questa rìvisu si propooe anche ìb pVK
di sostituirsi alle cessate Forschtmgm ^ur [kuttcÌHm Gt«kit%È$,
L*edlzìone del Li^m' dimnms Romamontm pomtìfkmM carata dil !
ckel, è comparsa in questi giorni, coi tipi del Gcrold dì Viea
Col titolo di Bihhotbica hihìiofraphica italum i sigDorì Fnmgrfi
ed Ottino hanno pubblicato un manuale per la bibliognfia ìuiai
simile a quelli che per la blbltograna in generale eraao stali orifafli
dal Pctzholdt e dal Vallèe. Questo manuale < o^e la cooifScts »
nessi di tutti gli scritti bibliografici itahami, ^■'vfffiì a csasctts pa-
rola di questa &ase la maggiore estensione poss3»lc •. CouìUb*-
vole è il numero delle indicaziom che vi si trovano per U fitei
volta raccolte; F ordinamento delle materie è ciiiaro e aètaont
pratico: diligentissima ci sembra la esecnciooe dì tatto il UvofO, e
nott si può dnbitare ddla moha sna ntilki per gli stodinSL 0 «M
cn sttio nesso a ooocorso dal IGnistcro della poMia
ed è a tocstt» fibra dei signori Ottìao e FoBagdi àt
tooo6
il
Archiv fflr Literatur- imd Kirchen-Geschlchte dea Mittel-
alters. Voi. IV, fase. j. — Denifle, Die alteste Taxrolle der Apo-
stolischen Pònitemiarie (Il piìi antico ruolo delle tasse della Peni-
tenzierìa apostolica). - Urkundenzur Geschichte der mitielalterlichen
Unì versit àteo (Documenti per la storia delle università net medio
evo). - Der plagiator Nicolaus von Strassburg (Il plagiano Nicolò
di Strasburgo). - Ursprung der Historia Nerainis (Origine deirHìstoria
Neminìs). - Zur Geschichte des Cultes Urbans V (Per la storia del
colto di Urbano V).
Archivio storico dell'arte. Anno I, fase. 6-10. — D. Gkoli, Le
demolizioni in Roma. Il palazzo Alleviti. - I. Timarchi, La R. Cal-
cografia in Roma. - D. Gnoli, Un nuovo documento sulla casa d]
Raffaello. * Fumi, Gli alabastri nelle finestre del duomo d'Orvieto. -
D. Gnoli, Disegni del Bernini per Tobelisco della Minerva in Roma. -
Venturi. Di un andchìssimo candelabro pel cero pasquale (Cori).
Archivio storico italiano. Serie V, tom. II, disp. $•. — Antonio
Guasti, Alcuni brevi di Clemente VII sulle ferite e la morte di
Giovanni de' Medici. — Dìsp. 6*. A. Zanelli, Lettere inedite di Lu-
dovico Antonio Muratori al card. Angelo Maria Qucrini.
\cp\
Archivio trentino. Anno VII, fasci. — A. Panizza, I processi
mtro le streghe.
Archivio veneto. Tomo XXXV, parte 1*. — E. Simonsfeld,
Sulle scoperte del dottor Roberto Galli nella cronaca Altinatc. —
Pane 2'. G. GitnuATO, Memorie venete nei monumenti di Roma. -
74^
T^eriodici
G. PiETROGRANDE, Di Mìchelc Lotiigo archivista. — Tomo XXXM,
pane l'ca*. F. Cerone, II papa e I Veneziani nella quarta croófU.
Atti della Società ligure di storia patria. Voi. XIX,£isci-
Desimoni» Nuove giuntele correzioni ad regesti delle lettere poifi-
ficie riguardanti la Liguria.
Atti e memorie della R« Deputazloae di storia patria pir
le Provincie di Romagna. Terza scric, voL VI, fase !•}. —
G. Ferraro, Viaggio de! card. Rossetti fauo nel 1644 da Co! "^
Ferrara, scritto dal suo segretario Armanni Vincenzo. - C.\:
Le origini dello studio di Bologna.
Bibliothèque de Técole des chartes. XLIX, fase 3 e J. —
E. MoLiNiER, Inventaire du trésor du Saint-Siège sous BonifaceNin.
— Fase. 465.?. FouRNiER, Une forme particuiièrt Jes ùujjb
décréules, d*après un ms. de la Grande-Chartreuse.
Bollettino della Commissione archeologica comunale ài
Roma. Serie III, anno XVI, fase. 7. — G. Gatti, DI un sacdlfl
compitale neH'anuchtssìma regione Esquìlina - O. ^L4Rt;ccfi:« U
recenti scoperte presso il cimitero di San Valentino sulla ni
Flaminia. - G. B. De Rossi, Del « praeposìtus de via Fbmixiijr
- C L. Visconti, Trovamenti di oggetti d*ane e di andchiti ó/i*
rata. — Fase. 8. E. Stevensov, Il settizonio Scvcriano e la toru-
rione dei suoi avanzi sotto Sisto V. - G. Gatti, Trovamenti rispl)^
danti la topografia e la epigrafia urbana. - C. L, VtscoxTt, Sflórie
del movimento edilìzio della citti in relazione con l'afcbciòlo^
e con l'arte. - G. Gatti, Scoperte recentissime. — Fase. 9 e »ft
G. Ghirardini, Di una statua d*efeba scoperta suir£squtlino.-LCi.'«-
TARELLi, Anabolìcarìl - G. ToMASsmri, Notìzie del movimento eJl-
lirio della città in relazione con l'archeologia e con l'arte. - G. GATTt
Trovamenti rìsguardanti la topografia e la cpigrilìa urbafl*. —
Fase. 1 1. G. Gatti, Trovamenti rìsguardanti la topografia e U epi-
grafia urbana. - C. L. Visconti, Trovamenti di oggctà d'arte c4i
antichità figurata. - I. Ginoi, Bibliografìa. — Fase. 12 Maki'CCA
Recenti scoperte presso il cimitero di S. Valentino sulla vii Flvni'
nia. - Elenco degli oggetti di arte antica scoperti nel iMé.
BoUettiDo storico della Svizzera italiana. Anno X, ^ 7
*- Curiosici di storia italiana del sec. xv. - Lettera suU' ifloodancpc
del Tevere nel 1476. r
Periodici
743
Giornale ligustico. Anno XV, fase. 9-10. — G. Rezasco, Del
segno degli Ebrei. — Fase. ii-i2. F. Sforza, Il viaggio di Pio VI a
Vienna oel 2783.
Jahrbuch (Histoxisches) im auftrage der Gòrres-Gesell*
schaft. Voi. IX. fase. 5 e 4. — Punk, Der Papstkatolog Hegesipp5(U
catalogo ilei Pjpì dì Egesippo). - F. v. Pflugk-Harttuno, Uber
pàpstlichc Schrcibschulen dcr ilteren Zeit (Sulle scuole pontificie di
scrittura delTepoca più antica). - Schkuerer» Die politischc Stellung
des Papstums zur zeii Theoderichs dcr Grossen (La condizione po-
litica del papato al tempo dì Teodorico il Grande). - Kirch, DieAn-
natcn und Dire Verwaltung in dcr 2. Halfte der 1$ Jahrhunderi (Le
annate e il loro valore nella seconda metà del sec. xv).
Journal of archaeology (The american). Voi. IV, n. 3. —
A. L. Frothingmam Ir.. Documenti: Donazioni di papa Nicolò IH
alla basilica di S. Pietro in Vaticano (1280). - Apertura della tomba
di papa Bonifazio Vili netU basilica Vaticana nel léO). -Donazioni
del cardinal Francesco Tcbaldcschi nel 1378 alla stessa basilica.
Hittheilungen des Instituts fOr Osterrelchiscbe Geschichts-
forschung. Voi. IX (1888), fase. 2-5-4. — P. Schlifeb Boichorst
Kleinere Forschungen zur Geschichie des Mittelaliers (Piccole ri-
cerche per la storia del M. E.). - H. Hoogeveg, Der Krcuzzug von
Damiette 1218-1221 (La Crociata di Daniiata) - F. Thaner, Zur
rechtlichcn Bcdeutung dcr pàpstlichen Regesten (Valore giuridico
dei regesti pontifici). - H. V. Sauerland, Rede dcr Gesandtschaft
der Herzog .Albrecht III von Oesterreich an Papst Urbain VI bei der
Rùckkehr der Lànder der Herzogs Leopold IH unter die ròraische
Obedienz, verfasst von Heinrich Hembuche (.Discorso dell' ambasciata
del duca Alberto HI d'Austria a Urbano VI perii ritorno dei paesi
del duca Leopoldo III all'obbedienza della Chiesa Romana, composto
da Enrico Hembuche). - H, Amma!<!N, Herrog Leopold HI von Oe-
sterreich und Papst Grcgor XI im J, 1572 (Il duca Leopoldo III
d'Austria e papa Gregorio XI ncU'a. 1572).
Quartalschrìft (ROmische) fflr christliche Alterthumskunde
und fflr Kirchengeschichte. ^ I. P. Kirsch, Ort des Marty-
riums des Apostcls Paulus (Il luogo del martirio di Paolo apostolo). -
NuRNBERGER, Documenic zum Ausglcich zwischcn Paul V und der
Republik Venedig (Documenti sul trattato tra Paolo V e U Repub-
blica veneta).
744
Teriodia
Revue de rhistoire des religione (Annales du musèc Gai-
met), XVIII, fase, x, — G. Lafaye, BuUetin archéologique de Urc-
Ugion Romaine (1887), - G. Lapaye. Un nouvcau dieu S)-rien à Rome.
Revae des questìons hiatoriqaes. XXIIl, fase. 88. — Ch. de
SiCEDT, L*organisation des églìses chréciennes jusqu'au milìea do
troisièmc siede. — XXJV, fase. 89. Vacandard, Saint-Bernard et k
schisme d'Anaclet II en Italie. - Battifol, La Vaticane depuis
Paul ni. - De Circourt, Le due Louis d*Orléans, frère de Char-
les VI, scs entreprises en Italie (1392-X396).
Revne historiqae. XXXIX, fase. i. — Paul Viollet, La pot
tique romaine dans les Gaules après les campagnes de Cesar.
Revue (NouveUe) historique de droit fran^ais et étrasger.
XII, fase. 3. — J, Tardif, Les nouveUes tablettes de ciré de Pom-
pei. — Fase. 4. Saleilles, Le domaìne public à Rome et son appli-
cation en malière artistique.
Rivista italiana di numismatica. I, fase. 5. — F. 0)4
Appunti di numismatica romana.
Rivista storica italiana. Anno V, fase. 2. — A^ Coen, Vczio
Agorio Preiestaio. - G, De Leva, La politica papale nella contro-
versia deirimerim di Augusta. - Recensioni di: L. Hobapfel, Ròmi-
sche Chronologie; G. Schepps, Priscillian; P. Villari, La storia di
Savonarola.
Studi e docnmenti di storia e diritto. IX, fase. 2-5-4. —
I. F. Gamurrini, S. SÌIviae Aquitanae peregrinatio ad loca sancta,
annis fere 585- }88, - Talamo, Le origini del cristianesimo ed il
pensiero stoico. - P, De Nolhac, Les correspoodancs dWIde Ma-
nuce. - V. SciALOL\, Di una nuova collezione delle « Disscnsiones
dominonim ». - G. Bossi, La guerra annibalica in Italia da Canne
al Meiauro.
Zeitschrift fiir katholische Theologie. XII, fase. 4. —
H. Kellker, Die ròmische Statth alter von Syrìen und Judia nir Zeit
Christi und der .\postel (1 governatori romani della Siria e Giudei
al tempo di Cristo e degli apostoli).
PUBBLICAZIONI
RELATIVE ALLA STORIA DI ROMA
290. Abraham F. Tiberius und Sejan (Tiberio e Sejano).
Berlin, Gacriner, 1888.
291. Afzelius. Studier till ràtts-och sutsphilosophìens historia,
I. Ciceros ràrts-och statsphìiosophi, jemte ett tillagg om den ro-
merskakratten och ràtt svetenskapen (Studi per la storia della fi-
losofia politica e giuridica. I. La filosofia giuridica e politica di
Cicerone, con un*appcndice sul diritto e sulla scienza del diritto
a Roma). Vpsaìa, 1887.
393. Amadori C.
nografici.
Roma sotto i patrizi e della dittatura ; studi mo-
Ahssandriaf Jacquemod^ 1888.
29}. André I.-I. Études sur le xrv* siècle. Hisioire de la papauti
k Avignon. 2* èdition revuc et corrigée par Tauteur.
Avigtton, Segum, 1888.
294. Arnold F. C. Die Neronìsche Christenverfolgung. Eine kri-
tische Untersuchung rur Gcschichte der àliesien Kirchc (La per-
secuzione di Nerone. Ricerche critiche per la storia della Chiesa
nei primi tempi). ^f^p'^S» R^^^^^''» 1888.
295. AuER H. Di^r Tempel der Vesta und das Haus der Vesta-
linnen am Forum Romanum (Il tempio di Vesta e la casa delle
Vestali al Foro Romano), ìVien, TcupsKy im Comm. 18S8.
296. Avvenimenti tragici e giustizie clamorose seguite in Roma,
raccolte per opera e studio del direttore del Cracm (Costantino
Maes). Roma, Metastasio, 1888.
297. Babuder G. Riflessioni morali e politiche di tre grandi sto-
74^ Pubblicazioni relative alla storia di Q^oma
nei ed uomini di Stato: Tucidide, Cornelio Tacho eKicalòK*-
chiaveili. Studio. Programma di Capodistria. i9tt
298. Balzani Ugo. The popes and the Hohenjtaufcn (I ppit
gli liohcDstaufca). London, Lon^mans, Grwi arsJ Cu. i&9a
299. Baracconi G. I rioni di Roma. Città di CasUUo,Làf\,ìPA
300. Bcncdìcts XrV Bricfc an don Canonicus Pier Francesco Pqp
in Bologna (1729-1758) nebst Bcnedicts Diariora dc$ Cooclircj
von 1740, herausgcgeben von Franz Xavier Kraus. 3. Ausgtóe
vermehrt rait Flaminio Scarselli's, Bìographie des Papsici tari
ciner Bibliographic scincr Wcrke. Mit dcn Bildniist
und des Canonicus Francesco Peggi (Le lettere di I>
al can. P. F. Peggi in Bologna, col diario del conclave dei 17*)
scrìtto da Benedetto, pubblicati da F. ?C K. Seconda e<ÌÌziuAf,
aumentata della biografia di Benedetto, scritta da Flimìnìo Scl^
scili, e da una bibliografìa delle opere scrìtte da quel p< :
Con i ritratti del papa e del Peggi. Prtibur^, Mo'
501. Bérard e. Appendice aux antiquités romaines et du moyi
ige dans la vallèe d*Aoste. Turìn, ParavUj iMS
502. Besson (Mgr.). Frédéric-Franijoìs-Xavicr de Mèrode; ai-
nistrc et auraònier de Pie IX. Sa vìe et ses ccuvrcs. 5* èiìlìa
\BtsanQon, J>^quin, 18
503. BoRALEVi G. I primi mesi del pontificato di Paolo IV; 1
Lix'omOt Giusti, iS
J04. BuRN R. Roman lìteratur in relation to Roman art (Li Ì
teratura romana nei suoi rapporti coirarte romana).
London, MacmHUn^ 1
305. BusiRi-Vici A. La colonna santa del tempio dì Gerusalo
ed il sarcofago di Probo Anìcio, prefetto di Roma; notine 1
riche con documenti e disegni. Rom'i^ GuUi, iSi
jo6, Cagnat R. Épìgraphie gallo-roraaìne de la Mosclle. 5'^
cule. Parti, Dumouhif fi t^, '*
J07. Canova A. Lettere inedite al cardinale Ercole CoowlvirF
blicate da Alessandro Ferraioli (Trattano del trasporto Jtl
numenti romani a Parigi). Roma, For;MÌ, (9
308. Carle G. Le orìgini del diritto romano: ricostruzlooc fton
"Pubblicajioni relative alla stona di 'T^oma 747
dei concetti che stanno a base del diritto pubblico e privato di
Roma. Torino, Bona, 1888.
509. Carré de Malberg R. Histoire de Texceptìon en droit ro-
main. Saint- Amanà, Dfstenay, 1888.
3 IO. Cavalcaselle G. B. Storia della pittura in Italia dal secolo n
al secolo xvi. Voi. IV (Gap. XI : Piaori nel Napoletano, nella
Sicilia e nella provincia di Roma del secolo xiv e parte del xv).
Firenze, Le Motmier, 1888,
jii. Cenni sulla vita di S. S. Leone XIII desunti dalla stampa cat-
tolica settimanale di Perugia e da altri periodici religiosi
Mon\a, Paolitii ed Annoni, 1888.
312. Chambalu a. Die Verbàltnisse der 4. Katilinarìschen Rcde
zu dcn von Cicero in dcr Senatssitzung des 5 Deiember 63
wirklich gehaltcnen Reden (I rapporti tra la 4* Catilinaria e i
discorsi realmente pronunciati da Cicerone nella seduta del Se-
nato del 5 dicembre 65). Keuufied, Hcuser, 1888.
315. CocHiN H. Note sur Stefano Colonna, prévòt de Saint-Omer
et cardinal. Saini-Omtr, Omont^ 1888.
514. CocLiOLO P. Storia del diritto privato romano dalle origini
air impero. Voi. I. Piren^e, Barbèra, 1889.
515. Cola (De) F. Lo stretto dirìno e Tcquità nel diritto romano.
Messina, tip. dell' Avveniu, 1S88,
316. CoLOMiATTi E. Codex iurìs pontificii seu canonici.
Turino, Difossi, 1888.
317. CoRROYER E. L'architecture romainc.
Paris, Quantin, 1S88.
318. Couturier G. Huiiième centenaìre de Grégoìrc VII. Dis-
cours. Sohsmas, Schmiib, 1888.
319. Covino A. Storia romana. Quinta edizione.
Torino, Paravia, 1888.
320. Crostarosa F. La croce in Campidoglio.
Roma, Befani, 1888.
321. CzYCZKiEwiEZ A. Zyàc rodzinne danj-ncb Rrymiara (La vita
di famiglia degli antichi Romani). Programma di Tamopol. 1887.
748 Pubblicazioni relative alla storia di ^a
322. Dahmen J. Das Pontifikat Gregors II aacb dea Qpdki
beitct (n pontificalo dì Grcgorìo II studiato sulle fooiiV
Dms4Uorf, Schomm^iUk
523. Decker (De) P. La Chiesa e l'ordine sociale cristiano. Ptin
traduzìoae italiana autorizzata dall'autore. Firtn^t, Garà^M
324. Decreto di condanna di Galileo, staio pronunciato dilli o
prema Congregazione del S. Ufficio, secondo il lesto icUe ojot
di Galileo Galilei, pubblicate in Padova nel secolo sconi^fidli
stamperia del Seminario. MQamo, katzi, 1
325. Delaunay D. Les institutions de l'ancienne Rome. lUi
nonne polilique et lob agraires : Gouverncment et adminiitrjiM
de Tempìrc. CbdUauroux, M^tsii, iS9k
326. De Leva G. Paolo Paruta nella sua legazione dì Romi
327. Deltour F. Histoire de la littérature ronufoe Prcniòs^
partìc. Bar~lc~Duc, ComU-Jacqwt, il
528. Demole E. Histoire d^un aureus inédit de Tempcretir
lille. GcmH'4, Gterf, 1
329. Denzinger H. Enchiridion symbolorum et dcfinitÌoouni,qOB
de rebus fidei et morura a conciliis occumcnicis et sammis ^
tifìcibus emanarunt. Edilio VI aucta et emendata ab Ign. StiU.
330. Deschamps du Manoir G. Leone XIII ed il suo pomiSa
Traduzione dal francese.
Firenze, tip, dei Minormni corrÌf;tadi, 18
331. Die ròmische Campagna. Eine kuhurhistorische Siudìe v» '
einem Priester aus der Diozcse Breslau (L.i campagm 1
Studio di storia della civiltà, per un prete dclU diocesi dì 1
slavia). Seùu, Hiu^t iS
332. DiLLON G. F. Unsere liebe Frau vom guteo Raihc Etf
kurze Gcschichie und Beschreibung dcs uralten nctligthun» a
Genazzano und der wunderbaren Uebcnragung dcsGnadcnbiU
im Jahrc 1467. Dcutsch bcarbeitet von R. v. Baumbach (U>
donna del Buon Consiglio. Breve storia dcirantichlssimo
tuarìo di Genazzano e della miracolosa traslftxtonc dell' u
gine nel 1467). EinsitUm, Bm;i^ wJ C iW?
Tubblica\ioni relatipe alla storia di T^ma 749
335. Drechsler F. L Ein Beìtrag zur Kritik Uteioìscher Scbrift-
steller (Contributo alla crìtica degli scrittori latini). Programma
di Olmùtz. 1887.
334. DùBi H. Die alten Bemcr und die rdmischen Alterthùmer
Il (I vecchi Bernesi e le antichità romane).
I Bern, Huber toid C. 1888.
335. DucROCQ. T. Étudc d^histoirc financièrc et monétaire (Con-
tiene, ^a altro, articoli sulle monete consolari romane, sulla storia
Idei sesterzio, sulla monetazione dì Costantino, ecc.)-
Poitiers, Ouàin, 1888.
336. EsMARCH K. Ròmische Rechtsgeschichte (Storia giuridica di
I Roma). }■ edizione. Cassel, Vigaud, 1888.
' 337. Fabbri F. Brevis explanatio constitutionis Apostolicae Sedis
a romano pontifìce Pio IX anno 1869 editac. Editio seconda.
L Lucac, Puulini, 1888.
338. Feis (De) L. B. La Bocca della Verità in Roma e il Tritone
di Properzio. Genova, tip. Sordo-muti, 1S88.
339. Ferroglio G. Sunto delle lezioni di statistica, dettate nella
1 regia università di Torino (Cap. IV: La proprietà territoriale e
I i coltivatori della terra presso i Romani), Torino, Bruno, 1888.
340. Fisch a. Les origines du catholicisme romain, cu comment
II rÉglise chrétienne des premiers siècles est-elle devenuc roraaine,
palennc et persécuiricc ? AUn^cn, Ltpa^e, 1888.
341. Frate (Del) Oronte. Scene e costumi medievali di Civita-
Castellana. Parte L Kepi, Ruggieri, 1888.
342. Freida a. Il papato e la civiltà ; conferenza tenuta nel sa-
lone del consolato operaio dì Milano la sera del 19 gennaio 18S8.
' Milano, Guerra, 1888.
345. Caddi L. Le origini dello Stato romano: studio storico in-
[ tomo ai primitivo ordinamento politico di Roma.
' Milano, Bdìini, 1888.
344. Gaetani d^ Aragona don Onorato. Istoria generale della
L casa Gaetani. Caserta, Turi, 2888.
' 345. Giesebrecht W. Geschlchte der deuischen Kaiserzeit. 5 Band,
a Abth. Friedrich I. Kàmpfe gegen Alexander III, den Lombar-
I Archivio delia K. Società romana di storia patria. Voi. XI.
49
JcnbuoJ litid Heinrich den Lòwen (Storia bell'era imperale té-
A, 5 voL p^r. 2^: Federico 1, lotte contrc» Àle^aadio IH,
lA.lega Lombarda ed Enrica il Leone).
Leip^gf Duttch&r una C rS8à,
)46. Gottlob A. Au5 der Camera Apostolica, des 1$ Jhs*
Inmhruch, Wnin^r, iS&S.
Gic£iF F^ De rarigw du tevurneac rouiiiia» Thèse.
J4S4 Guìd^ nuovUsLma di Rema secondo gU schivi più recenti, tx^t-
rcdJU dì una carta topografica conforme alle ultime trasformi*
ùoni ddb città, Roma, Viàoni^ i&S3.
J49» Hauel P. De pontiBcum Romanotum inde ab Augusto usque
ad Aurelianum condicione publica. Brillati, Kofhntr^ t838-
J|0. HòFER P. Die Vanisschlacht| ihf VeiUuf uud Schaupbtz
(La bitt^tglia di Viro, come e dove ebbe luogo),
^P^i> DunektT uni C i8«8.
551. Inscfiptiones christianae urbis Roraae septirao saeeulo ansi-
quìores. Edidìc loannes BapL De Rossi. VoL II, pan L
Roma£^ ex off. Uhn P. Cuggiani, ì838*
).5a. JaffA L. Regesta pontificuin Romanorum ab condita Ecde^
ad annum post Christum nalum MCXCVin. Ed. II, fase, ij-15
(ultimus). Leipzig, Veit und C. 1888.
35J, JuGE W, R. Society in Rome under the Caesars (La società
a Roma sotto i Cesari), London, 1888.
354. Kliment J. Orlivu verejného zivou rìmského na vyvin a
ràz rimského recnictivi (Dell'influenza della vita pubblica romana
sulla formazione e sul tipo deU'ane oratoria romana). Programma
dì Trebitzsch. 1887.
3J5. KopRivsÈK L. Die Gegner des Hellenismus in Rom bis zur
Zeit Cìcero's (Gli avversari dell'ellenismo in Roma fino ai tempi
di Cicerone). Programma di Rudolfswerth. 1887.
3 $6. KòRBER. ROmìsche Mùnzen des mainzer Centralmuscums
(Monete romane del museo Centrale di Magonza). Programma
di Magonza. 1S87.
^ubblica-^ioni relative alla storia di T{oma 751
J57. Krieger B. Quibus fontibus Valerius Maximus usus stt in eìs
cxcmpHs enarrandis quae ad priora rerum romanarum tempora
pcrtinenL Dìssertatio ìnauguralis.
Wk Berlin, Mayer und MùUer, iSSS^
J58. Krippner P. Jak prospivalo rimské biistnictfvi v pr\-nim stolctf
pò Kr. ? (Quale utile arrecò la poesia romana nei primi secoli
dopo Cristo?). Programma di Prerau. 1887.
359. Rrucer P. Geschichte der Quellcn und Litteratur dcs rOmi-
■ schen Rechts (Storia delle fonti e letteratura del diritto romano).
LcipVi» Duncker und Humbìot, 1888.
36a Lacour-Gayet, Antonie le Picux et son temps; essai sur
l'histoirc de Tcmpirc romain au milieu du 11' sièclc.
Paris, Thorin, 1888.
j6l. LACotiR-GxYET. De P. Clodio Pulchro tribuno plebis.
■ Paris, Thorin, 1888.
^62. LÉCRivArs* C. De agris publicis imperatori isque ab Augusti
•tempore usque ad finem imperii romani.
Toulouse, Chaut'in, 1888.
363. Lécrivain' C. Le Sénat romain depuis Dioclétien à Rome
et à Constantinople. Totthuse, Chauxnn, 1888.
364. Lemaire H. Rome: Basilìque de Saint-Pìerre au Vatican.
Paris, Rousscl, 1888.
365. Leroy-Beaulieu a. Un empereur, un roi, un pape, une rcs-
tauration. ^ Sceanx^ Charake et fih, 1888.
366. Livius T. S. Peter, bishop of Rome, or the Roman episco-
pale of the prince of the apostles (S. Pietro, vescovo di Roma,
a Tepiscopato romano del prìncipe degli apostoli).
London, Burns and OaUs, 1888.
367. Marcellino p. da Civezza. Il romano pontiiìcato nella storia
d*Italia. Seconda edizione riveduta e curata dairautore.
Prato, Gìachitti, 1888.
368. Marquardt J. De Torganisarion financière chcz les Romaìns
(Forma il tomo X del v Manuel des antiquités romaincs «, par
^LT. Mommsen et J« Marquardt).
^^^ ChatiBoH-sur-Seint, Pichat, (888.
Pubblicazioni relative alla storia di T^ma
jóg. Mefistofele.
papale.
Vent*anni prima: impressioal e rìconiì dì Rotoi
Perugia, Baridli, i8St
370. Merkel J. Abhandlungen aus dem Gebìcte des rdnùicheo
Rechts. j. Ueber die Entstehung des ròmìschen Beamten^ehifan
und ùbcr ròmische GerichisgebQhren (Disscnazir' ^jo
del dirino romano. Dispensa 5*: SulKorìgine dello :^- _ .:^
impiegati e ddle spese giudiziarie a Roma). •
Haile, Kisméytr, lISL
571. Mever W. Episiolacimperatorum Romanorum ex coUecMe
canonum Avellanae ediue. Gòtiingtn, DieltricVs AViif, iftSft-
372. MouMSEN T. Le provincìe romane da Cesare a Dloclcsiioo.
Par. L Trad. di E. De Ruggiero. Roma, Patqudiuà, 18S&
57}. NlKMlEC W.
lomca.
De quaestoribus romanis. Prograiama di E»-
^74. Pais e. Straboaiana. Contribmo allo studio delle fonti éS^
ramministrazione romana (Dalla Rivista di filologia classica, iSSé).
— Alcune ossen-azioni sulla storia e suiramministnxiiaoe
della Sicilia durante il dominio romano.
PaUrm0, ]88&.
375. Parrini C. Storia di Roma antica dalle origini Italiche sino
alla caduta dell'impero di occidente, corredata di tavole oooo-
togiche. Seconda edizione. Firmai, Pa^i, 18^
376. Paruta P. La legazione di Roma (i592-i;9$). Mooonicoti
storici pubblicati dalla Regia Deputazione Veneta di storia patria.
Serie IV: Miscellanea. Voi. VII-IX- Tm^^iu, y^tniim,!^
377. Pasinetti S. L'opera di Leone XIII pel rindovamcnio e U
pacificazione della società : discorso letto nella solenne accadcnù
tenuta in Bergamo in onore di S. S. Leone XIII il j aprile i^
Bergamo, S, Alasandro, 18SS.
378. Pastor L. Histoirc des papes depuis la fin du moyco i^
Ouvrage écrìte d'apr^s un grand nombre de documents isèdìu
cxtraits des archives secrÈtes du Vatican et autrcs. Tradoii de
Tallcmand par Furcy Raynaud. Pani, Phn, tS&^
379. PoREKA F. La geografìa in Roma e ti mappamondo Vaticano:
conferenza tenuta alla Società geografica italiana i! ' no-
vembre 1887. Ropiu, ^l
Tubblica\iom relative alla storia di T^ma 753
380. Prammer L Sallustianische Misccllea (Miscellanea Sallu.
stiana); Programma di Vienna. 1887.
}8x. Prou M. Étude sur les relations poUtiques du pape Urbaìn V
^kvec les roìs de France Jean II et Charles V (1362-1 no)*
V Mafon, Protdt frhes, 1888.
Ragnau (Mgr). La « Société de Rome » du comte Vasili.
Lyon, VHU et Perrusstì, |888.
383. Ralphinge W. Society in Rome under the Caesars (La so-
cietà a Roma sotto i Cesari). London, [888.
Rau L. Eìn ròraìscher Pftuger. Vortrag Qber cine unbeach-
[lete Aniikc ròmischc Marraorgruppc in Bcrlìncr K.. Museum (Un
aratore romano. Conferenza intorno ad un gruppo marmoreo ro-
mano fin qui inosservato e conservato nei Regio museo di Ber-
lino). Frankfurt, Kelkr, 1888.
385. Rcgistres (Les) d'Innocent IV, recueil des bulles de ce pape,
publièes ou analysées d'après les m:muscrits originaux du Vatican
et de la bibliothèque Nationale par Elie Bcrger. 8* fascìcule.
■ Introduciion: Sainl-Louìs et Innocent IV.
Chaiilhn-sur-Seine, Pichot, l888.
586. Resoconto delle conferente dei cultori di archeologia cristiana
in Roma dal 1875 al 1887. Roma, tip. dilla Paté, 1888.
387. RiBERi G. Vita di S. Santità Leone XIII, esposta ad esempio
del vivere familiare, civile e religioso. Seconda edizione.
Torino, tip. Salaiana, 1888.
388. Rivalta V. Discorso sopra la scuola delle leggi romane in
Ravenna e il collegio dei giureconsulti ravennati.
^k Ravenna, tip. 5. Apollinare, 1888.
389. Robert P. M. Épigraphic gallo-roniaino de la Moselle. j* fa-
scìcule. Paris, Dumoulin et C*', 1888.
390. RoBiou F. Les institutions de Tancienne Rome. III. Eco-
nomie politìque et lois agraires; gouvemement et administration
de l'empire. ChdUauroux, Majcstf, 1888,
391. Rosa U. Lapidi, terrecoite e monete romane recentemente
trovate in Susa. Torino, Paravia, 1888.
392. ScARSELLi F. Biografia di Benedetto XTV. Vedi n. 299.
754 Vubblicaiioni relative alla storia dirama
393. ScHWARZ W. De vita ci scriptis luliani ìnipcratoris. Db»-
Uzione di Bonaa. Bonn, Bibr^Mà, xStt.
394. Septem Notis Carolus. Il papato ed il giudirio àó più
grandi uomini italiani. (Ai fautori della conciliazione).
Cremona, Roni} t Signori^ t886.
395. SoMMERFELDT G. Die Romfahn Kaiser Heinrìchs \TI, iji»
1313 (Il viaggio a Roma dell'imperatore Enrico VII).
Konigihcrg, Grafi tmd Utt^tr^ t&8&
396. SokdermGhlen M. Spuren dcr Varasschlacht (Traccic d(5i
battaglia dì Varo). Btrlin, Lsìtit, i^
597. SoNNLNO G. Di uno scisma in Roma ai tempi di Valcoti-
ntono I. Livorno, Gmti, tUt
398. Steinwender T, Die ròmische Bùrgerschaft in ihrcm Ver-
bàltniss zum Heere (La cittadinanza romana ne* suoi rapp^
coU'escrciio). Programma di Danzig. i^-
399. Stephens W. R. W. Hildebrand and hls timc5 (Ildebraodo
e i suoi tempi). London, LonumMns, iSSS-
400. Stocchi G. La prima conquista della Briiannia per opct
dei Romani. Firenze, Ciìlm, iÌX^-
401. Tawe H. Essai sur Tìte-Live. 5* édition revue et corrigie.
FariSg Laburt, tSSl
402. Tamassia G. Longobardi, Franchi e Chiesa romana fino ai
tempi di re Liutprando. Bologna, ZoHtchtiii, i9Ìl*
405. ToLRA DE BoRDAS I. Le comtc Pellegrino Rossi.
Amiois, Dcìatire-I^tmod, 18A
404. ToRRACA F. Discussioni e ricerche letterarie (Coli di Rienio
e la canzone « Spirto gentil » di Petrarca).
Lix'cmo, ViiOt t88^
40$. VALENTtNi W. Iscrizioni dollari latine, dì alcuni voti, aogiiH
e acclamazioni di antichi cocd romani; dissertazione.
Orxuto, Tonni, ttXL
406. Vita dì 5. Leone Magno papa e dottore dì S. Chlesj.
Asti, MùheUric, iStt-
Tubblìcajtoni relative alla sioria di T^ma 755
407. Wagner F. De omìnibus quae ab Augusti temporibus usque
ad Dioclcnani aetaiem Cacsarìbus facta traduniur. Dissertatio
inauguralis, Jena, Keuenhahn, 1888.
408. Walter F. Studien zu Tacìtus und Cunius. Programma dì
Monaco. 1887.
W:
Weckerling a. Die rómische Abilieilung des Paulus-Mu-
seums der Stadt Worms (La sezione romana del museo Paulus
della città dì Worms). Programma di Worms. 1887.
410. Weise P. duaestionum Catonianarum capita quinque. Dis-
sertazione dì Gottìngen. 1887.
412. WiERZBOwsKi T. Vincent Laureo, évèque de Mondovi, nonce
apostolique cn Pologne 1574-1578, et scs dépòches au cardinal
E de Cóme, ministre secrt^lairc d'État du pape Grégoire XIII, éclar-
cissantes la polìtique du Saint-Siège dans les années susdites re-
lativement à la Pologne, la France, TAuiriche ei la Russie, re-
cueillies aux archivcs secrctes du Vatican,
Varsavia, Bcrgcr, 1888.
*ji2. WiSTT-fLANUS H. Grcgor VII. und Heinrich IV. Krìiischc Be-
^^ leuchlung der Schrift « Heinrich IV. und Gregor VII. » von D/
^b W. Martcns (Gregorio VII ed Enrico IV. Esame critico dello
^H scritto di W. Martcns: «Enrico IV e Gregorio VII»),
^f Danxigt Lcbmannscht, 1887.
1415. Wlassak M. Rómische Processgesetze. Ein beitrag xur Gc-
b schichte des Formulan'crfahrens (Leggi processuali romane. Con-
I tributo alla storia della procedura formulare).
I Leipzig, Dunckttr urtd Humhlot, 1888.
414. Zalla A. Storia di Roma antica dalle origini italiche fino
alla caduta deirimpcro d'occidente, corredata di tavole cronolo-
giche. Seconda edizione. Fircnie^ P^^h 1889.
Il 415. Zeller B. Henri IV, le Saint-Siège et TEspagne. L'édit de
^B Nantes et la paix de Vervins (1594-1598).
^H CcuìommUn, BroJard d Galhis, 1888.
^^16. ZiMMERMANN* A. Der Kulturgeschìchtliche Wcrth der ròmi-
schen Inschriften (Il valore che hanno, per la sioria della civiltà,
le iscrizioni romane). Hamburg, ]. F. Richter, 1888.
75^ ^ubblica\ioni relative alla storia dinoti
417. ZiNzow A. Der Vaterbegrìff bei òen rSmiscken GotlhriM
Eioe Religìonsgeschichilkhe Darstdlung (Ti concetto delU pj8
□ita Ideile divinità roixiane. Studio dì storia della relìgìoQc). f\
gramma di ?yrit£. iS
rKDlCE SISTEMATICO
DELLE PUBBLICAZIONI RELATIVE A SOMA
REGISTRATE NEL PRESENTE VOLUME.
-J
L Storia di Rojìa. Città e territohio.
a) Narrazioni r f, 55, 36, 47, 60, 67, 8j, go, 94^ lOo, lai, U
IJ7, 138, 142, 17S, 190, 191, 194, 201, 20J, 239, 14$, as^4
269, 273, 2S4, 519, J75, 414,
y Fonti: ifiOp Ì05, 226, 24^, 276, 396, 376.
_ cj Crìtica: 151, i64p 170, 177, 192, ao£, 2is, 260, 364, a<
375, 276, -90, 292, 312, J43, 3S7, 361, 380, 401, 416.
n. Storu dell' Impero romano.
a) Narrazioni: 51» 34. 97» 98. Mo* »90» 191* i9+« ^S?! J'
595» 400.
h) Fonti: 371,
e) Critica: 82, 195, 350^ 360, 361, 37*, 374, 374*^ì«, j8j,3<
407. 40S.
III. Storia della Chiesa e del Papato.
a) Narraiioni: 9, 34, 31, 33, yi, jj, 61, 66, 69, 70, 77, Ì
91, 92, 97, 98, 103, 104, 117, iig, 121, 139, 149, 150, J74» i:
1S7, 197, 207, 218, 228, 247, 2Wi 261, 27H, 279, 286,287,3:
367, 37S, 387, 593, 399, 402, 406.
h) Fonili 37, 45, 65, 7S, 86^ 106, 110, ir6, lio, 124» ''
184, 1S8, 225, 234, 23S, 537, 344, UU 287, 300, 324, 346, I
3715, 385» 4n,
e) Critica; 32, 50, 63, 82, 151, 154, 181, 182, 195, 314» 3
227, 220, 230, 23}, 249, 289, 293, 394, 30J, 322, 326, 340p 3
381. 397, 412, 41J.
Vuhblicaponi relative alla storia di ^^pma 757
rv. Storia delle istituzioni e della coltura in Roma.
a) Diritto civile e canonico e istituzioni politiche e civili: ij,
21, 22. 25» jo, 38, 44, 64, 68, 74, 81, 94, 95. 99» 107» 108, in.
123, 140, 167, 168, 171, 172, 186, 202, 206, 210, 211, 212,216,
217, 219, 221, 222, 236, 342, 256, 268, 271, 272, 280, 281, 283,
287, 288. 291, 308, 309, 314. 3»S» 316, 32S. J29, 336, 337, 339,
347, 35 5. 359. 362, 363» 368. 370, 373, 388, 390, 398. 413.
Ih) Lettere, scienze ed arti: 2, 3, 35, 53, 54, 56, 57, 80, 85,
115, 13S, 141, 144, 146, 161, 162, 168, 176, 180, 193, 200t 231,
232, 241, 248, 262, 263, 270, 282, 28J, 291, 297, 304, 507, 310,
■ 317. 3271 355. 354, 355, 35». 3^4, 40i. 404.
e) Usi e costumi: 14, 58, 147, 173, 213, 225, 238, 248, 254,
3»!. 341» 353. 369, 382, 383.
à) Controversia: 10, 15, 16, 23, 27, 28, 42, 43, 84, 105, 129,
■ 145. x6o, 2SS, 318, 323, 342. 365, 366, 577, 394.
V. Discipline ausiliari.
»a) Archeologia: 4, 7. 11, 17, 19, 26, 29, 41, 46,48, 59i 76,
78, 79, 85, 89, 96. 98, loi, 107. 113, 126, X30, 136. 143. n"t
156, IS7, 158, 159, 165, 169, 173. 189, 198, 250, 253, 270, 289,
Ì301, 305, 320, 334, 338, 384, 386, 391, 409, 410, 417.
h) Epigrafia: 49, 73, 78, 114, 306, 351, 389, 391, 405, 416.
e) Numismatica: 18, 163, 328, 335, 356, 391.
d) Paleografia: 155, 267.
e) Diplomatica: 37.^5, 75. «6, 87» i24. 183, 184,245, 352,385.
f) Geografia e topografia: 5, 6, 8, 12, 20, 39, 40, 52, 54, 62,
72,93,100, 112,128. 132, 133, 134, i$5, 166. 179, 185, 196. 203,
209.238,240,259,274. 277, 295,299.331,532.348, 364. 379. 396.
^ Genealogìa e biografia: 71, 102, 118, 125, 146, 148, 152,
178, 199, 204, 220, 227, 266, 300, 302, 311, 313, 344,403.
INDICE GENERALE
delU materie contenute nei quattro fascicoli
del wolume XI
G, CUGNOM. Memorie della viu e degli scrini del car-
Afule Giuseppe Antonio Sala pag.
Id. (CoDtinQazione e fine) 215
ALBERTO PARISOTTI. Eroluzione del tipo di Roma nelle
rappresentanze ógorate deU'anticluti clasaca. ... $9
Q, TOMASSETTL DelU campagna romana 149
Id. (Comìnnazione) 367
EMILIO MOTTA. Docnmenti milanesi intorno a Paolo II
e al card. Riarìo 253
A. GABRIELLL L'epistole di Cola di Rienzo e Tepistolo-
grafia medievale 381
O. TOMMASINL II Diario di Stefano Messm-a. Studio pre-
paratorio alla nuova edizsooe dì esso 481
L GIORGI. Storia estema del codice Vaticano del « Diumns
Romanorum Pontificom» 641
Varietà:
F. GALLINA. Iscrizioni etiopiche ed arabe di S. Stefano
dei Mori 281
A. LUZfO, R. REKIER. Relarione inedtu sulla mone
del duca di Gandia * . , . 296
C. CASTELLANL Lettera dei Conservatori ad Ales-
sandro VI sul ricevimento di Carlo Vili in Roma . . 691
Indice generale del volume XI 761
[Sitsungiberìchte dcr K«U. Akademie der WUsenscluftea ia Wkn. FU-
losophiache-Hutoriiche CUsse. Bud CXVII.J (I. 6.) pcg. 733
Specimint pftUeograficft regestorom Ronuaonun pontificam «b Iano>
eentìo III «d Urlwniim V. — Romu, ex «rchÌTio Vaticano, 1SS8 (G. Z») 73;
Notìzie 193
I<L 361
W 759
Periodici (Articoli e documenti relativi alla stona di Roma) . 195
Id- J63
M 741
Pabblicaziotii relative alla storia di Roma 201
W J67
W 745
FIKE DEL VOLUME XI.
Pubblicazioni ricevute in dono dalla Società
DALLARI dott. Umberto. 1 rotuli de! lettori, legisti e artisti dello
Studio bolognese dal 1384 ai 1799. — Botopia, tip. Frat. Mer-
larli, 1888, pag. 216, ìn-4.
FILIPPI Giovanni. L'arte dei mercanti di Catimala in Firenze ed
il suo più antico statuto. — Torino, tip. Guadagnini e Cande-
letti, 1889, pag. 196, ic-8.
IGNOTI MONACHI CISTERCIENSIS S. MARIAE DE FER-
RARIA Chronica et RYCCARDI DE SANCTO GERMANO
Chronica priora. — Neapolij ex Regio lyp. Franciscì Giannini et
Fil. 1888, pag. 164, in-4.
SANDONNINI T. Ancora del soggiorno di Calvino a Ferrara. —
Modena, 1888, pag. 8, in- 16.
FORCELLA Vincenro. Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici
di Milano dal secolo vni ai giorni nostri. — Milatio, tip. Bor-
tototti, 1889, pag, 515, in-4.
CODEX DIPLOMATICUS CAIETANUS cditus cura et studio
monachorum S. Bencdictì archìcoenobii Mentis Casini. — Mentis
Casini, typ. Archìcoenobii Montis Casini, 1887, voi. I. pag. 426,
in-4 gr-
BALZANI Ugo. The Popes and the Hohenstaufen. — London,
tip. Longmans, Green & Co. 1889, pag. 261, in-S,
TOMMASINI Oreste. Il registro degli ufficiali del Comune di
Roma esemplato dallo scribasenato Marco Guidi. — Roma, dp.
dei Lincei, 1888.
GABRIELLI ANNIBALE. Su la poesia dei Goliardi. — Città di
CasUlìOt Lapi, pag. 43, in-i6.
J
//
DATE DUE
STANFORD UNIVERSITY IJBR^
STANFORD, CALIFORNIA
94505
3
H
1
■
J