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DI STORM PHTRIl
ARCHIVIO
della
R. Società Romana
di Storia Patria
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Volume XXIII.
/l^trV
R orna
nella Sede della Società
alla Biblioteca Vallicelliana
I 900
1121207
Roma, Forzani e C, tip. del Senato.
Mentre si pubblicava questo fascicolo, é so-
praggiunto il ferale annunzio che la vita del no-
stro amatissimo Re, Umberto 1, fu barbaramente
troncata, la sera del 29 luglio, in Monza.
L' animo angosciato rifugge tuttora dal pen-
sare come pur la mano di un assassino abbia
osato levarsi contro il Sovrano che la storia ri-
corderà col nome di Magnanimo e di Buono, per
spezzarne quel cuore generoso nel quale s' adu-
navano la vita, le glorie e le speranze del popolo
italiano. 11 compianto e Y orrore universale de-
stato dal più mostruoso dei parricidi valgano a
lenire il dolore della Donna Augusta, simbolo
della cultura, della gtàzia, della poesia, ed ora,
ohimè !, della sventura d' Italia. E da questa Roma
s' innalzi 1' animo, triste ma non sfiduciato, anche
al giovane Re cui sono affidate le sorti della
patria. Dalla Sua intemerata coscienza, dalle glo-
riose tradizioni di Sua Casa, dalla fermezza dei
propositi nei quali T Italia, in quest' ora nefanda,
rinsalda la sua fede. Egli tragga la forza per estirpare
il mal seme della discordia e dell' odio che avve-
lenano la vita italiana. A Lui conceda Iddio l'aiuto
e la cooperazione di uomini, i quali non da vuote
dottrine, ma dalle esperienze della vita abbiano
appreso l'arte ogni di più difficile del governare;
e possa Egli cosi avviare a migliori destini la
nostra patria, su cui ora discende un velo di lutto
e di vergogna.
La Presidenza.
ITER I TA LI C U M
DI A. VON BUCHELL
Cenni preliminari.
Ìell' anno 1898 la Presidenza della R. Società
romana di storia patria riceveva dal signor dot-
tor Muller,segretario della Historisch Genootschap
di Utrecht, l'invito di pubblicare x\éX Archivio V Iter Itaìicum
di Arnold von Buchell, documento assai interessante per la
topografia di Roma sullo scorcio del secolo decimosesto.
L' offerta della Historisch Genootschap di Utrecht fu
accolta tanto più favorevolmente in quanto che la R. So-
cietà romana di storia patria aveva sino dal 1883 inau-
gurata la pubblicazione di documenti inediti di questa
specie, con la descrizione della città sotto il pontificato
di Sisto V, tratta dal codice Barberiniano XXX, 89 (i). E
fu convenuto che il dott. van Langeraad avrebbe fornito
il testo dell* Iter Itaìicum, con una introduzione risguar-
dante 1' autore, le sue opere inedite e a stampa, e quanti
altri particolari giovassero a mettere in evidenza T origine
e il valore del documento da pubblicarsi.
La Società di storia patria dal canto suo avrebbe illu-
strato il testo con note biografiche, bibliografiche e topo-
grafiche a pie* di pagina.
(i) Vedi Archivio, 1883, VI.
qA. "Buchellius
In seguito a questi accordi il dott. van Langeraad ne
ila cortesemente trasmesso i seguenti cenni preliminari a
maniera di prefazione al testo.
« V Iter Italiciim è tratto da un manoscritto, in due vo-
lumi, che ha per titolo : Commentarius rerum quotidianarum,
in quo praeter itinera diversarum regionum, urhium, oppido-
rumque situs, antiquitates, principes, instituta, mores, multa
eorum quae tam inter publicos quam privatos contingere so-
lente occurrent exempla. lan. 1^60 - iuL i^c/p (i). Esso si
conserva nella biblioteca Universitaria di Utrecht. Ne è
autore Arnold von Buchell (« Arnoldus Buchellius»), Vlter
lialicum vi si trova a carte i a-<^i a del volume secondo.
Arnold von Buchell, figlio naturale di Arent, canonico
della chiesa di S. Pietro in Utrecht, e di Brigida figlia di
un Giovanni il cui nome di famiglia è rimasto finora
sconosciuto, nacque il 18 marzo 15^5. Compiuti i primi
studi in patria, si recò a continuarli nell' Università di
Leida (aprile 1583 - febbraio 1584), dove udì lezioni di
diritto da Ugo Doneau, Giulio Beima, Corrado Daven-
trius, e di belle lettere da Giusto Lipse e Pietro Tiara.
In seguito si diede, secondo il genio della sua gente, a
viaggiare, e si fermò dapprima in Francia, ove frequentò
r Università di Douay (marzo 1584 -giugno 1585), per
recarsi poi a Parigi (luglio 1585 - maggio 1586). Colà fece
conoscenza con Luigi Carrion, eh' egli aveva incontrato,
durante il viaggio, ad Arras, con Paolo Melesius, Gio-
vanni Auratius, Francesco de Cruce e Giovanni Passerai.
(i) Cf. P. A. TiELE, Catalogus codicum mariu scriptoriun hiblio-
ihecae universitatis Rheno-Traiectinae, Traiecti ad Rhenum, 1887,
p. 205, n. 798. Il rimanente testo del Commentario sarà pubblicato
dalla Historìsch Genootschap, salvo le parti relative ai viaggi in
Francia e in Germania che saranno pubblicate, la prima, dalla Société
pour l'histoire de Paris, la seconda, negli Annalen des Vereins fùr die
Geschichte des Niederrheins.
Iter Italiciim
Ritornato a Utrecht, vi si fermò dal giugno 138(3 all'a-
prile 1587; dopo il qual tempo visitò la Germania (aprile-
novembre 1587) e r Italia (novembre 1587 -aprile 1588);
e si fu appunto durante quest' ultimo viaggio eh* egli
scrisse il suo Iter Itaìicum, Il 4 luglio 1588 lo ritroviamo
in patria; ma riprese le sue peregrinazioni, ne stette as-
sente per quattro anni, fino a che, nel dicembre del 1592,
immatricolatosi una seconda volta nello Studio di Leida,
vi si licenziò in diritto il 6 febbraio 1593. Fatto ritorno
a Utrecht, ove poi professò V avvocatura per circa un
ventennio, tolse in moglie, il 6 maggio dell' anno stesso,
Nicoletta von Vonst, vedova di Valentino von der Wort
e sorella di Geltrude von Vonst sposata al dottore in
medicina Elio Everardo Vorstius. Dal suo matrimonio ebbe
il Buchell un solo figlio, natogU il 21 aprile 1594 e ra-
pitogli dalla morte nell* età di sedici anni. Fu si grande
il dolore provato per tanta perdita, che rinunciò all'av-
vocatura e si dedicò tutto alle lettere e alla storia, disci-
pline già da lui coltivate in gioventù e non mai affatto
dimesse. Si diede col maggiore studio a scrutar nelle tenebre
del medio evo, con speciale riguardo alla sua città natale,
alla provincia di Utrecht e al suo paese. A meglio riu-
scire ne' suoi intenti si legò in corrispondenza epistolare
con un gran numero di dotti che l' assistessero dei loro
lumi. Mori a Utrecht, il 15 luglio 1^45, in età d'anni ses-
santasei, e vi fu sepolto nella chiesa di S. Geltrude, ove
un tempo eravi il suo sepolcro con la seguente iscrizione:
Qui iacet hic cunctos Themidi devoverat annos,
Et patriae arcanum noverat omne siiae.
Urna senis Bucheli est, Becani qui scripsit et Hedam,
Hos sibi dum rcddit, redditur ipse Deo.
Gaspare von Baerle chiama il Buchell « vir antiquitatis
<( peritissimus » e « antiquitatum et secretorum Bataviae
« scrutator studiosissimus » ; il celebre Vossius parla di luì
qA. "Bucheiliits
come di « vir antiquitatimi pentissi mus et sublimìs iu-
« dìcii » ; e finalmente il gran teologo e professore Voet
lo stima « eximius iurisconsultus et in arte heraldica ver-
« satissimus ».
Von Buchell era versato nel greco e scriveva bella-
mente il latino così in prosa come in versi. Buon giure-
consulto, anche dopo lasciata la professione d' avvocata
veniva spesso richiesto di consiglio e chiamato nelle revi-
sioni. Ma sovratutto eccelleva nella conoscenza dell' an*
tichità, nella scienza araldica e nella storia del suo paese.
Nulla più amava che T antichità, e questa sua inclinazione
caratteristicamente espresse col detto di Menage :
A rechercher les nouvautez
La plus part du monde s' applique ;
Pour moi, touchez d' autres beautez,
Je n' ai du goùt que pour 1' antique.
Di von Buchell, conchiudendo, si può dire che fu, nei
Paesi Bassi, uno de' più grandi storici del suo tempo.
Lasciò molti manoscritti, che in gran parte si conser-
vano nella biblioteca dell' Università di Utrecht » (i).
Fin qui il signor van Langeraad.
Il testo dell' Iter è accompagnato da undici disegni a
penna o a colori non privi di valore, dei quali diamo la
riproduzione fotografica.
Il primo, a colori, e. 30 b, di mill. 140X70» rappre-
senta il mausoleo di Adriano, ed il ponte Elio, con la leg-
genda « Molis d. Hadriani aug. nunc vulgo castrum S. An-
« geli. Delineatio ut erat ante restaurationem Borgianam ».
Per quanto mal fatto, il bozzetto è di somma importanza
perchè mostra le torri dell' « Hadrianium », cioè della for-
(j) Cf. TiELE, Catal. codd. mss. cit. Index nominum, i. v.
Buchelius.
Iter Ilalicutn
tificazione Onoriana, prima che Alessandro VI ne intra-
prendesse la trasformazione. Il disegno del Buchell è iden-
tico a quello del cod. Barberiniano del Sangallo, pubblicato
dal Borgatti a tav. 12, fig. 20 b: perfino nel particolare
della feritoia a croce, che spicca in nero sul corpo rotondo
del mausoleo. I due bozzetti del Sangallo e del Buchell
pendono da un originale a me finora ignoto.
Il secondo, e. 39 a, pure a colori, e di mill. 97 X ^5>
rappresenta T « area Capitolina » col palazzo del Senatore
e la « domus Conservatorum » già trasformati secondo
r idea di Michelangelo, coi due fiumi ai lati della fontana,
la statua equestre, i castori e i due trofei. La leggenda
dice : « hic ohm templum fuit lovis Capitolini . . . nunc
«vero est templum D. Mariae in ara coeli vocatum ».
Il terzo, e. 42 A, di mill. 145X^18? rappresenta la
veduta del tempio di Romolo sul « clivus Sacrae viae», ed
è importante per la particolarità inedita del sepolcro di stile
cosmatesco che si vede appoggiato contro la parete curvi-
linea a destra della porta di bronzo. Di questo sepolcro
parla anche il Ligorio a e. 97 del codice parigino (i). La
leggenda : « templum olim Saturni, nunc Hadriani in tribus
« foris » è sbagliata. Avrebbe dovuto mentovare invece il
« templum Ss. Cosmae et Damiani». In questo bozzetto sì
ritrova la mano stessa poco felice, ma interessante, che ha
delineato T originale del Castel S. Angelo.
Il quarto bozzetto, e. 42 b, di mill. 145 X ^^2, pare
invece delincato dal vero. Rappresenta Li basilica di Costan-
tino con la colonna (di S. iMaria Maggiore) ancora al po-
sto. Vi si distinguono i lacunari casscttonati coi rosoni a
stucco &c. Nel primo piano i tetti dei granari distrutti
nel 1881. Leggenda: « Relliquiae templi Pacis».
Il quinto, e. 43 n, di mill. 80 X ^o, rappresenta le « rel-
« liquiae fori Nervae imp. » ossia gli avanzi del tempio di
(j) Cf. Biilì. Coni. 1899, p. 32.
IO C/^. ^uchellius
Pallade nel foro transitorio, distrutti da Clemente Vili e
da Paolo V.
Il sesto, a colori, e. 49 b, di mill. 62 X 53 > rappresenta
la colonna della flagellazione in S. Prassede.
Il settimo, pure a colori, e. 5^ A, di mill. ^3 X 5^, rap-
presenta r c( arcus lani quadrifrontis in Boario )).
L' ottavo, a colori, e. 5^3, di mill. 6} X 5^> rappre-
senta il sarcofago porfiretico di santa Costanza.
Il nono, e. 66 a, di mill. 70 X 50» rappresenta il « se-
« pulcrum Metellae nunc Capo di Bove ».
Seguono due altri non appartenenti a Roma (e. 77 a).
Nel nostro coment© biografico e topografico si è avuto
di mira uno scopo principalissimo: quello della sobrietà.
Il diario di un viaggio a Roma nel secolo decimosesto po-
trebbe essere postillato ali* infinito dal punto di vista delle
cose e delle persone. Noi ci siamo contentati di segnalare
i passi più curiosi ed importanti del Diario, di correggere
taluni errori e di citare le fonti dalle quali 1' autore ha
prese le sue informazioni. Le note incominciano con il
giungere dell' autore in sui confini dell' Umbria al passo
del Furio.
Rodolfo Lanciani.
ITER ITALICUM
Italiani vidi fatis ringentibus aegram,
Vidi ruinam gentium.
Tarn variis erat illa malis pienissima morbis
Ut vincerei vim pharmaci.
Impietas miseram turpisq\ie libido premebat
Et fastus hanc infecerat.
Naturam violans adeo scelus opprobriumque
Nunc ultimum corruperat.
Sic vidi, opstipui, medici ars nulla relieta est,
Redii, dedit reditum Deus.
A. BUCIIELLIUS F.
Anni .mdlxxxvii., .xv. kalend. novembr.
Hoc tempore Italiae appropinquare ìncoepimus, Tridentinasque
videre Alpes, ac ipsum tandem ad Athesim, rapidissimum flumen,Tri-
dentum, olim a Sennonis Galliae, vel ut Ptolomeus vult, Germaniae
Sueviae populis conditum oppidum.
Est civitas episcopalis, mediocris, Italico Germanica, paretque
praesuli sub Austriacorum principum defensione. Consilio nuper pon-
tificiorum Celebris, de quo vide Carolum Molinaeum ic. clarissimum.
De hac quoque civitate sic canit Scaliger pater :
Nobilis Italico quae prima urbs imminet orbi
Ausoniis miscet Nerica verba sonis &c.
Habet arcem aulamque episcopalem sumptuosam, de qua Geor-
gius Fabritius:
Praebuit hospitium depressa in valle Tridcntum,
Vidimus hic amplam profusi praesulis arcem,
Artificumque manus multorum, operumque laborem
Et luxum in tectis.
Praesulcm nunc habet Oitonem Madruccium.
Lingua hic utuntur tam germanica quam italica, numerantque
miliaria italica, quorum .v. unam efficiunt leucam germanicam; horas
quoque more italico numerant, et a prima noctis incipiunt usque ad
sequcntis dici fmcm, diemque ita .xxiv. includunt.
12 qA, ^uchellìus
Hic primum gustavi musmm italicum et ominis veteris causa
vetus novum vinuni bibi, ut veteri novo morbo mederer, de quo Fe-
stus et Terent. Varrò.
lam quae viderim monumenta addam. Aedes hic depictas plu-
rimas forinsecus ac illas non invenusta manu, quas Franciscus de
Vicentia fecerat nobiles, spectavi. Hinc summum ingressus templum,
aliquot illustrium virorum monumenta et epitaphia vidi, ac inprimis,
ex marmore rudi, Roberti Sanseverini, qui a Sigismundi Austriaci prae-
fectis in fugam versus, in Athesi submersus ac Tridenti sepultus est,
.IV. id. augusti.
Epitaphium tale legitur:
Italiae victor Severina stirpe Robertus
Sigmundum Australem sensit in arma ducem.
Ter proceres Veneti bello petiere Tridentum,
Ter vieti, hic victus eccQ Robertus adest.
Obiit anno .mcccclxxxvii. Hanc pugnam, inepta oratione, de-
scribit Conradus Wengerus Brixiensis canonicus. Meminere quoque
Sabellicus et Sabinus. Michael autem Marullus epitaphium ei non
indoctum fecit.
Itera :
Petri Alexandrini I. U. D. et can. summi templi.
In sacello divae Annae hi leguntur versiculi:
Hic santi corpus parva iaret aede Simonis
Martj'rio Hebraea gens inimica dedit.
Hunc puerum ludaei morte affecerant, anno christiano .cidcccclxxv.
cuius historiam vide Munsterum.
Ad chori quoque latus, in aere, hi versiculi sculpti leguntur, go-
ticis literis exarati de templi fabrica :
Hoc opus Egidius fabrice lapicida magister
Vigili fecit quo non fuit alcior alter
Mille tricentenos pandebat limite cures
Ter quinque dabat annos totidemque per ortus
Hoc altare strui statuit cum nempe benigna &c.
Fuit etiam sepulcrum Uldarici a Lichtestein, Tridenti praesulis
et principis; et quod sequitur talem habet inscriptionem
L. Romulus Pincius Mantuanus I. U. D. pluribus honoribus sub imp. Ferd. e
card. Bernardo Clesio Trid. functus, quicquid a terra accepit huic sepulcro
reddidit.
Iter Italìciim
D. O. Nt. Bernardo Clesio, S. R. E. tìt. S. Stephani in Caelio monte card, presbit.
episcopo Tridentino, administratori Brixiensi, ob inclyta magnaque in hanc
ecclesiam merita aeterna memoria digno, positura. Obiit anno .mdxxix.
XIX. Portarti Aquileensem egredientes, per viam saxis asperam
et difficilem, valedicto Ioanne Francisco Romano, pervenimus ad pagum
Persingen, ubi via intra montem et lacum profundissimum, calli per-
angusta atque difficili. Sunt in monte castanearum arbores plurimae.
Hinc Lemga pagus occurrit, latior hic campus, in via ruinosarum tur-
rium aliquot fundamenta, quae fortean tempore belli ad regionis de-
fensionem fuerint excitatae. Sequitur Primulanum, primum Venetae
ditionis castellum, arce in scopulo posila munitum, qua pauco prae-
sidio transitum Alpium hac parte defendere possunt. Erat autem in
dura rupe excisum castellum, quod nisi funibus ingredi non posset.
Veri hi erant petrones, in duris habitantibus petris. Columna erat
cum insigniis divi Marci Venetorum, et solvebatur tributum prò capite,
solidus venetus.
XX. Oppidum inde Venetorum Bassianum, ad Brentam, origine
Carrariensium, Patavii olim principum, inclytum.
De familia Carrariensium Inter alios videndus est R.Volateranus,
lib. Geograph. iv, cap. de Venetia. Meminit Bassiani oppidì no-
bilis et opulenti Leander in Marchia Tarvìsina fol. 745.
Est et inscriptio, Inter Epigrammata antiqua Smetii, fol. 152, nescio
an de hoc.
L. Lucceio I L. F. Camil. | Aprili Aug. Bad.
Veneti hic suum habent praetorem annalem (Potestatem vocant),
quemadmodum in reliquis sibi subiectis urbibus et oppidis, quorum ibi
nomina ad praetorium legebantur, inter quos memini Aloisii Contareni,
Marini Soriani. Ex hoc oriundus Lazarus Bonamicus, cognomento Bas-
siniatis, vir graecis latinisque literis eruditissimus, pictorem quoque pri-
mum sui temporis, lacobum Bassanum, cuius ibi .xii. menses, insani
laboris opus spectantur, orbi dedit. Ex hoc quoque originem ducit
Antonius Magius ic. Patav.
Brentae originem quidam iuxta Tridentum constituunt, cuius ego
lacum esse puto, cuius supra memini, de quo Fabritius:
RuiYus stagnantia flumina noti
Medoaci occurrunt: cui Nereus et pater ipsc
Oceanus Nymphacque assurgunt acquoris omnes
Quem proptcr magnu» Patavina Lazarus urbe
Aonios aperit fontes, divinaque morum
Ac vitae praecepta docent dignissima Phocbo %
Et Venusine tuos aequans cantando libcllos :<:c.
Vide practerea plenius de hoc disserentem Leandrum Albertum.
14 C^. ^uchellius
Erant mihi literae commendatitiae ad . , . d' Avittati, cut ducta
erat uxor filia lohannis Calvi; sed, cum e vìa nostra habitaret Cre-
monae, eum non adii, nec Scottos, Placentiae habitantes.
Urbem egressus .xxi. die, duas in via publica pyramides erectas
vidi, hac inscriptione:
Michael Quirinus prae. praef. que Bassiani fieri e. Anno .mdl.
In altera:
Pestis ut Italiani et Venetas invaserat oras
Hos quoque laetifero polluit ore locos.
Hinc illam eiecit coelo aspirante Quirinus
Et lapis hic omni tempore testis erit.
Meminit huius pestis Fernellìus, De ahditis ver. caus.
Sequitur Citadella, oppidulum venetum, hinc Brenta sive Moe-
doacus amnis traiicitur:
Brenta per Euganeos quae labitur advena campos.
XXI. Circa vesperum, intravimus Patavium, urbem veterem et
amplam, ditionis venetae, quae Antenorem conditorem habet, testes
Livius, Virgilius, Pom. Mela, Solinus, unde porta Veneta, quae et
Omnium sanctorum vocatur, nuperrime restaurata, hanc habet inscri-
ptionem :
Hanc antiquissimam urbem literarum omnium asylum, cuius agrum fertilitatis
sumen natura esse voluit, Antenor condidit anno ante Christi adventum .mcxviii. ;
Senatus autem Venetus his belli propugnaculis ornavit. Anno Christi .mdxviii.
Mar. Ant. Lauredano praefect.
Antenoris quoque sepulcrum marmoreum, ante aediculam ad viam
publicam, ostendunt Patavini, sed goticis literis conscriptum epita-
phium, unde in conditoris memoriam tantum esse coenotaphium con-
stat; est autem tale:
Inclitus Antenor patriam vox nisae quietem
Transtulit hic Henetum Dardanidumque fugas
Expulit Euganeos Patavinam condidit urbem
Quem tenet hic humili marmore caesa domus.
De Patavio sic Strabo: « Patavium cunctas eius regionis urbes
« excellens. Nuper quidem in ea censi sunt quingenti equestris or-
« dinis viri portus autem eodem quo
« fluvius nomine vocatur Moedoacus »; hactenus Strabo. Atque hic
status Patavii ante Venetias conditas, atque tempore florentis imperii.
V#netiarum vero progressus (cum iam ceterae urbes Venetae a bar-
baris vastatae iacerent), Patavinorum ad haec usque tempora ruina;
licet nempe ager totius Italiae fertilissimus, et quemadmodum hoc
Iter Italicum
15
loco Strabo : « felix admodum campus et fructuosis collibus varius
« (quamvis hodie planus nisl circa Vincenzam), quem medium fere
« Padus dividit >•>; tamen (ut est vulgare verbum) « Bologna la grassa,
« Padua la passa, ma Vinetia vicina la guasta ».
XXII. Erat nobis hospitium in Sole, ubi .xxx. solidis venetis
coenavimus, vinumque nobis apponebatur purpureum, quod nigrum
vocant,et creticum, quod vulgus malvaticum, optumum, veteres quoque
pramnium et protropon, ut Discorides, dixere: vide Bellonium.
Vidi moenia, fossas et urbis munimenta, propugnaculum Vene-
torum terrestre diceres. Moenia una parte magno aggere aucta, ac
ingens ibi tumulus, ex mortuorum e peste corporibus, congestus, cuius
meminit quoque pyramis Bassiana. Pestis vero descriptionem qualis
haec fuit. vide apud Thucididem et Lucretium.
Tempore pestis, hic, Tridenti, Oeniponti, scedula, quae sanitatis
dicitur, a curatoribus itinerantìum sumitur, sine qua nemo, capitis
poena transgressoribus constituta, progredì potest, urbs nam in qua
pestis, ex communi caeterarum societate excluditur, tantisper donec
pestilentia evanescat, nec cuiquam egredi civitatem permittitur, sin
secus fecerit, ilico poenas suspendio luit. Vicinae urbes, merces, ad
vitam necessarias, ad urbis limites extra deponunt, sine pretio, quod
in scriptis referunt, et cum morbus cessaverit, repetunt.
Arcem praeterea vidi goticam, quam Antenoris imperitura vulgus
appellat. Minorem autem fuisse ante annos aliquot urbem, ex inte-
gris antiquae urbis muris ostenditur.
Vastata haec urbs quam saepe a Barbaris, variisque subiecta
principibus fuit: Attila nam (ut superiora et Romanum imperium spe-
ctantia obmittam), Hunnorum rex, penitus vastavit, ac ita sine moe-
nibus per .lx. amplius annos iacuit, ad tempora Theodorici Ostro
Gotorum regis, inde a Longobardis cremata, tandem et sui iuris sub
Othone primo Germanorum imperatore effecta, Carotio fabricato,
Praetore creato, deinde ab Actiolino oppressa, inde iterum in liber-
tatem restitutam occupavit Marsilius Carrariensis, in cuius familiae
potestate diu remansit, donec ea potitus est Ioannes Galeatiiis Vice-
comes Mediolani, quo a Carrariensibus iterum pulso, a Venetis oc-
cupatur; postremo vero in potestatem Maxaemiliani imperatoris venit,
a quo tandem per Venetos receptum, in quorum adhuc potestate ma-
net, qui praetore misso regunt. Haec brevitcr et summarie a me nar-
rata, prolixius prosequuntur, Paulus Diaconus, Blondus, Sabellicus, Me-
nila, Corius, Acquicola, Volatcrranus, Leander Albertus, Naugcrius.
XXXIII. Urbs haec multos variis scientiis claros in lucem edidit
viros, ac Inter primos, lumen illud romanae cloquentiac T. Liviuni,
cuius ibi santa etiamnum memoria, ac ante portam vetustissimi pre-
i6 qA. "Buchelliiis
torli, et quod mirum nullis trabìbus sustentati, haec eius extat cum
effigie simulata inscriptio:
Ossa T. Livii Patavini. Unius omnium mortalium iuditio dignissimi, cuius prope
invicto calamo, invicti P. R. res gestae conscriberentur.
Porticus hic totus pene marmoreus, multorum praetorum con-
tinens insignia et doctorum virorum simulachra. In aula vero palatii
est T. Livii antiquum simulachrum, ni fallor, cum alio artificio Hie-
ronimi Campaigni Veronensis et hoc veteri epigrammate:
V. F. I T. Livius Liviae T. F. \ quartae L. Halus | concordiae H g 0 11 1 1 Patavi
sibi et suis I omnibus.
Est et porta Liviana, et domus, quae vulgo Livii vocatur, variis
referta statuis antiquis et inscriptionibus.
Produxit quoque Thrasaeam Petum constanti animo virum, de
quo Tacitus exemplo digna in Annalihus reliquit, et Pacuvium co-
micum, Stellam et Valer. Flaccum poetas, ac Paulum senatuscon-
sultorem, lacobum Alvarotum ic, Asconium Pedianum, qui vixit
circa Neronis imperium, Volusium annal. Carmine conditorem, Frane.
Zabarellum ic.
Academia etiam Patavina a Frederico instituta, Bononiensibus
ademptis privilegiis expugnatis.
Schola porticibus marmoreis restaurabatur. Medica ars hic prae-
cipua. Estque hortus omnium herbarum etiam exoticarum refertis-
simus, quem, non exiguo sumptu, ad publicam, imo communem utì-
litatem alit Senatus Venetus; habuitque Hieronimum Mercurialem,
qui iam Bononiam evocatus erat, virum doctissimum et lacobum Me-
nochium iurisconsultorum itahcorum, hoc tempore, facile principem.
Nusquam maior studiosorum insolentia, si quid vero animadversione
dignum deliquerint, potestatui sive praetori (qui singulis .xv. mensibus
ex Senatu Veneto mittitur) subsunt. Sica etiam et pìstolezza (arque-
busi genus insidiosum) interdicta. Raro in aestate, propter calorem,
legitur et praecipuae in hyeme lectiones.
Fuit hic professor Franciscus Robertellus, qui et hic sepultus.
Leovardiae, Frisiae civitatis, celebratae sunt nuptiae Wilhelmi
Nassovii Io. fil. et Annae Nassoviae, Wilhelmi filiae ac Mauritii Nas-
sovii sororis.
XXIV. Invitati hoc die a Ioanne Baptista Supperio, populari
nostro, apud eum pransimus, ubi puella quaedam, vestitu sumptuoso,
more gentis ornatissima, mensae inserviebat, gratia videndi hospites
ut arbitror. Erat haec ex iis, quae pudori iam valedixerant, quas au-
licas vocant, Veneris puto quod inserviant aulae, et procul ab illis
Iter Italicum 17
quas commendat Plinius Nepos. Italicus autem est mos castitatem
vi comprimens, ne exeant temere mulieres, et virorum externorum
omne iis prohibitum consortiura, secundum Ecclesiastici praeceptum,
qui sic scrlbit: « In filia non advertente se, firma custodiam, ne in-
« venta occasione abutatur se ». Veruni propter studentum insolen-
tiam, ac maritorum zelotypiam, nemo, qui castitatis famam suis il-
laesam servare cupit, hos intra limites recipiet, ita ut sibi hospitia
mulierum parum probatae pudicitiae quaerere, velint nolint, cogantur.
Moneta, qua utuntur, est veneta et vulgaris: gazeti, soldi, mar-
quetti, bessi, librae, denari.
Episcopus huius urbis, suffraganeus est patriarchae Aquileensis.
De hac urbe vide: lacob. Sluperium, £/?tV/. lib, I, ep. 9. Familiae
hic sunt celebres: Dottorum, Capedivacca, Frigemelicorum, Galli -
narum, Obizorum. Vide Bernard. Scardeonium, De antiq. Patavinis.
XXV. Nunc monumenta quae viderim referam doctorum illu-
striumque virorum. In tempio divae Virginis, ni fallor, Fichardus
Servitarum vocat, satis pulcro, vidi epitaphium cum simnlachris mar-
moreis Pauli de Castro ic. clarissimi ac eius filli Angeli item ic ,
quod Nicolaus, Pauli N. Angeli filius, parentibus posuit, et extat apud
Io. Fichardum. In tempio divi Antonii Paduani pulcherrimo et multis
istius diu celebratum miraculis, sacellum est marmoreum, rebus gestis
Antonii coelatis ornatissimum. Egregiorum quoque virorum prae-
clara spectantur ornamenta, ut Petri Bembi Musarum parentis, cuius
obitum, non indocto Carmine, olim deflevit Romulus Amazeus et in-
finiti alii summi viri altum celebrarunt ingenium, addito eius mar-
moreo simulachro et Alexandri Veneti, praeterea Raphaelis Fulgosii
Piacentini ic, Reineri de Forolivii ic, lacobi Alvaroti ic, Christophorì
etiam Longolii Belgae ac oratoris ci., cuius epitaphium Francofurti,
typis excusum, legi, Alvaroti quoque legitur apud Fichardum, qui vitas
aliorum ic. descripsit breviter. Monumentum inde Bitinae filiae Io.
Andreae ic et uxoris Io. de San Gcorgio, item ic
Templum hinc divae lustinae, admodum sumptuosum, quod a
fundamentis iam restaurabatur ; diva autem lustina Venetis summo
in honore est, ob divictos eius die et, ut arbitraniur, auspitiis magna
caeJe Turcas, navali apud Naupactum praelìo, ita ut in memoriam
eius victoriae argenteum eius simulachro sìgnent, hoc addito epigram-
mate : « Memor ero tui lustina virgo ». Est mole et architecturae ra-
tione nulli secundum, pavimento marmoreo, lovi olim sacrmii er-
rore gentilium ferunt fuisse.
XXVI. Antiqua monumenta, romani aevi, practer Liviana, quac
iam mcmoriae mandavi, vidi ad antiquae urbis portam egrcgiuni de
cxpiatione fulmiiuim marmor, cuius literas iam fugientes revocavil
Archivio della R. Società romana di storia yatria. Voi. XXIII. 2
i8 qA, "Buche! lius
ab instanti morte Andreas Naugerius, vir doctissimus, qui ob id aeream
ibi meruit effigiem suam coUocari. Extat eius pars apud Ludovicum
Carrionem, vide et Ociographiam Aldi, in voce I u p p i t e r .
Ad coemiterium summi templi, quoque duos lapides sepulcrales
antiquos vidi. Aedes vero pontificiae illisque coniunctum templum
restaurabantur, opera Frederici Cornelii card, et episcopi Patavini.
Est hic quoque marmoreuni triclinium vetus in aedibus Rham-
nusianis, post curiam urbis praefecti, in vico Patriarchae ad divum Pe-
trum, cuius meminit Hieronimus Mercurialis,
Rhamnusiana vero familia nobilis hodie Patavina, ex qua celebrat
Manutius Paulum patrem. Io. Bapt. et Hieronimum filios et Paulum
alterum Baptistae filium.
Huius elogium non fictum prò omnibus unus dat hoc Scaliger
pater:
Huc antiqua Deum domus Ilium, et inclyta bello
Robora Dardanios exposuere Lares
Decepti patrias non vieti amisimus oras.
Perpetuis res est Graeca valere dolis,
Qui viceré suos ideo amisere penatesi
Ast nova sunt profugis regna parata viris.
Arma decent Teucros, vafros sapientia Graios
Victis Euganeis pectus utrumque dedi.
Regna vides Veneto Phrygiis malora ruinis
Atticaque a Fatavo pectore terra sapit.
Venetis cunctis prima origo Phaetontea est (ut inquit Cato), qui
Graecis occasionem mentiendi de Phaetonte et Eridano praebuit; po-
sterius mixta his nobilis stirps Troiana, a quibus Patavium &c.
Extra urbem, non procul, Ateste est oppidulum, sepulcro et mo-
numento Francisci Petrarchae celebre, ni fallor, nam Leander Albertus
Arquatum Montanum vocat.
Hoc die, Lugduni Batavorum, lacobus Volmarius, Cosmus Pe-
scarengius et Nicolaus Mauldius, Anglicanae factionis homines, quod
ipsam urbem, conspiratione facta, invadere tentassent, capti, et capite
puniti sunt, ordinum legatis ipsoque Nassovio subscribentibus.
Circa vesperum huius diei, navim ingressus sum et noctis fere
medio ad officinam Leucae pervenì, ubi gravi machina navis e flu-
mine in stagnura deducta fuit et hora circiter octava Venetias in-
travi. Pretium erat ordinarium .xvi. solidorum venetorum.
XXVII. Venetiae civitas tam ampia, potens, populosa, dives,
ut prima totius Europae, magnam partem originis suae Paduanis re-
ferre debet; vastante nam Athila Italiam ac Aquileiam obsidente,
Patavini sacra et supellectilem praetiosam cum imbelli multitudine in
Rivum altum (quae maior pars est Venetiarum) contulerunt, iuventute
Iter Italicum 19
tantum ad tutanda moenia retenta; diruta vero urbe, plurimi in pa-
ludes suae ditionis, quo et praetiosa miserant bona, habitatum iere;
author Blondus. Venetorum nomen a tota gente in unam urbem
magni tamen populi instar redactum. De his sic scribit Strabo: <rDe
« Venetis duplex est sermo, quidam nempe a Gallis eiusdem appel-
« lationis oceani accolis colonos esse memoriae prodiderunt » &c.
Primus huius urbis magistratus fuere tribuni, qui usque ad annum
urbis conditae .ccLXXXii. duravit, ac tum demum creati duces, quorum
primus fuit Palutius Anafestus. Fuere auteni numero .lxxxvii. usque
ad annum praesentem, cum ducatus titulum possideret Pascalius Ci-
noga [Cicogna]. Horum vitas conscripsere Petrus Marcellus Ven.,
Silvester Girellus Urbinas et Henricus Kelnerus Francofurtiensis.
Multa quoque de caeremoniis, urbis regimine et moribus conscripsere
supra scripti Sabellicus, Leander &c.
Ducis potestas mixta; eligitur nempe ex senatoribus, nec haeredi-
tario iure possidet; nil autem is sine Consilio senatorum agit, aut illi
sine authoritate ducis. Ea scilicet est Veneta aristocratia et monar-
chia ita temperata, ut nec magistatus summi sine ducis sententia
praesentiaque, nec vicissim ille quicquam propria ausit potentia sta-
tuere, adeo ut ne progredì quidem tuto tempore belli in medium
possit, sine capitis periculo, nisi sex viros regionum ut minimum co-
mites habuerit.
Officiorum ordinem et magistratuum, brevitatis causa, omitto,
quuni libello vulgari contineatur et aliorum scriptorum diligentia
notus sit. Legum tantum quarundam breviarium addam; nempe de
vestitu, de epulis, sumptuarias edidere leges, quibus omnibus unus ve-
stitus togatus, decensque antiquitate venerandus et immutabilis, certus
quoque famulorum numerus constitutus ; creati quoque magistratus,
quemadmodum apud Athenienses olim Yi>vaixóvo|xot, qui circa mundum
muliebrem constitutas leges observarent; sanctum nempe erat, ne ulla
patritii sanguinis mulier aut puella in publicum veste serica induta
prodiret, nisi nuptiarum die, et quibus nuptiis conviviisque solem-
nibus adesse mos est. Leges hac de re latae ann. post Christum
natum 1400, 1403, 1442 &c.
Verum cum mei instituti non sit urbem tam amplam et variam
describere, ubi ingens orbis in urbe fuit, ut Nasonis utar, ad elogia
veniam quorundam, ne fatigatus materici magnitudine, oneri succum-
bam. Ac imprimis vere de ea dici potest, quod Flavius Vopiscus de
Alexandria olim: « Opulentam, divitem, faecundam esse, in qua nemo
<( viveret odiosus ». Petrus Curtius sic canit:
Undc urbem Romam Veneta spcctamu» in urbe?
Haec ruit heu, crescit iluctibus illa suit.
20 qA. "Biichelltus
De Venere etiam relieta Cypro sedem Venetiis deligente, vide
Molsam. Scaliger pater hanc hoc celebravit Carmine:
Pervia barbaricis tellus Oenotria turmis
Pertulit impositi pondera dura iugi &c.
Pulcrum est et hoc Gallicum, quamvis invidia plenum:
Il fait bon veoir, Magny, ses colons magnifiques,
Leur superbe Arcenal, leur vaissaux, leur abordz,
Leur S. Marc, leur pallais, leur Realte, leur portz,
Leur changes, leur proufilz, leur bancques, leur trafiques &c.
la. Straparole dicit: « Venise est une cité tresnoble veu le bon
« ordre des magistrats et abondance des gens estranges » &c.
Marchio Vastiae Alphonsus, Caroli V imperatoris exercitus dux,
intrans armamentarium Venetum, illic mansit usque ad vesperum, de-
tentus varietate armorum et copia, et addidit se hunc apparatam bel-
licum quatuor Italiae urbibus praeferre.
Venetae meretrices, vere Seirenes, olim suas habebant aedes in
via vulgo Rampanorum usque ad annum .cioccccxxi. nec sine
legibus vivebant, habentes praepositam matronam custodem aerariae
meretriciae, cui dabatur pecunia ex tam turpi quaestu, quae deinde
hanc dividebat aequaliter singulis mensibus; nunc vero libere magis
incautis insidiantur.
Venetos ab imperio liberos esse ex privilegio dicit Bartholus ic.
Idemque approbat lason Mainus et in bulla aurea se vidisse, scribit
Albertus de Rosatis.
Froisart dit ainsi que nous l'avons experimentez que Venise est
l'une des chers villes du monde pour les estrangers.
De lingua Venetorum, quae rudior, ita quadam scribit &c.
Cives etiam nobiles et patritii mercaturae admodum sunt stu-
diosi (cum Italiae nobilitas malit ea sibi acquirere unde vivat seque
alat, quam aliena diripiendo, vanum nudumque nobilitatis nomen more
gallico (ut ait Postellus) vel etiam germanico praetexere) multasque
inde opes acquirunt. Lipsius parum idoneum hoc genus hominum
ad rempublicam esse putat, quamvis et admittat ab exemplo. Viiis
nostratibus mercatura, non olim Plutarcho: qui ait dignitatem fuisse,
ut quae commoda ex regionibus barbaris afferret, amicitias cum dy-
nastis conciliaret et ad multarum rerum peritiam conferret.
Sermo venetus rudis et ab elegantioribus Italiae populis irrisus.
Veneti, teste Neandro, e solo vectigali, quotannis vicies centena
ducatorum millia capere dicuntur.
Nunc ad praecipuas Venetorum familias transgrediar: Anthe-
noria, Partitiatia &c.
Iter Italiciim 21
Ex his plurimae duces habuere, quas minio notavi, ut discerne-
rentur a caeteris. Ducum vero nomina et vitas refert Petrus Marcellus
et Girallus. Episcoporum sive patriarcharum catalogum dat Leander,
qui et viros eruditione illustres memoriae aeternae consecravit.
Subditis provinciis dant ex Senatu praefectos ad .xv. menses,
cum nihil tam utile esse, quam brevem potestatem, quae magna sit,
arbitrentur.
Oderunt Veneti, ut de Romania olim Cicero scripsit, privatam
luxuriam, publicam magnificentiam diligunt.
Palatium Venetum, quam magnificum quamque ornatum picturis
statuisque rarioribus, vulgari libello particulariter narratur. Meminere
huius Leander et Stephanus Pigius, cui contiguum divi Marci tem-
plum sumptuosissimum, marmoreum, sed obscurius ob antiquitatem,
pavimentuni omne ex opere tesserulato varium ; superfìcies et parietes
musiveo constabant, opere laboriosissimo. Narses, teste Biondo, hic
aediculam posuerat divo Theodoro martyri sacram, cuius quoque
opus oratorium Ss, Menae et Geniani. Habet porticum, in quo se-
pulcra quaedam ducum spectantur cum epitaphiis, quae in Vitis
eorum videre licet. In vestibulo vero templi, quatuor ex aere deau-
rati equi, qui olim Roma, ex arcu Titi, Constantinopolim translati
dicuntur, unde a Venetis occupata et Francis urbe Constantinopo-
litana Venetias traducti. Relliquiae hic plurimae, ut corpus divi Marci
ex Asia anno .dcccxxvii. advectum. Hic quatuor etiam columnae
translucidae. Item corpus divi Isidori martyris, ex Chio insula trans-
latum, anno .mcxxv. Legi item in quadam inscriptione, tunicam Christi
a Bessarione Venetis dono datam.
Scaligerus et Card, aiunt Venetiis patinam esse insigni magni-
tudine solidam e smaragda.
Ambitus urbis .vili. mil. passuum, palatia in ea no, fontes pu-
blic! 148, statuae marmoreae 164, aeneae 24.
Thesaurus quoque divi Marci monstratur, infiniti pretii, de cuius
translatione vide vitam lustiniani a Marcello descriptam &:c.
Ante templum est forum rerum venalium amplissimum, omni-
genis mercibus exoticis, ludicrìs, necessariis refertissimum.
Inscriptiones antiquas, aliunde ut arbiiror allatas, huius urbis ex-
scripsil Smetius numero .v.
Et N. Chytracus receniiores collegit inscriptiones et epithaphia,
ut Ant. Coccei Sabellici &c.
Pontificcs ex hac urbe Romanis dati, Gregorius XII, Eugenius IV,
Paulus secundus.
De tempio Charitatis et relliquiis Donati, vide vitam domini Mi-
chaelis; acde Clemeniis in vita Polani; coenobio Virginis, quod Gru-
22 (3f. "Buchellius
cigeri tenent et aede Mathaei apostoli in vita domini Mauroceni ;
ponte Rivaiti in vita Sebastiani Ziani ; diversorio divi Marci in Petri
Urseoli vita.
Venetam bibliothecam, quam libris tam graecis quam latinis in-
structissimam habent, instituit Bessarion Nicaenus. vir doctissimus
et clarìssimus cardinalis et patriarcha Constantinopolitanus, ac rei-
publicae Venetae donavit; de qua donatione exstat eiusdem epistola
apud Ang. Roccam.
Est hic turris marmorea artificiosissima, cum aedicula item mar-
morea, egregiis statuis aereis lacobi Sansovini optumi artificis ornata^
qui etiam colosseas fecit statuas Mercurii et Neptuni ad gradus pa-
lati! ex marmore.
Sunt et duae columnae ingentes marmoreae, versus Canalem ex
Aitino translatae, tertia in ripa demersa, erectae per Lombardum
quendam architectum, qui impetravi! eo ut alea ibi ludere liceret,
infami et vetito aliqui ludo; fitque hic plerumque malefactorum
supplitium, columnae uni superimposita divi Marci insignia leo
alatus, alterae eiusdem divi Marci statua humana.
Sunt etiam tres pini, quorum bases aereae, his inscriptionibus:
Optiimo principi Leonardo Lauredano duci Venetum anno eius .mi, procuratore
Paulo Barbo .mdv.
Credo, diebus feriatis et solemnibus vela ad hos insigniorum
Venetorum erigi, quemadmodum Romae in castro divi Angeli fieri
vidi.
Est hic templum antiquissimum, de cuius restauratione hoc le-
gìtur in frontispicio epigramma:
Hanc urbis aedem non vetustissimam solum sed et augustissimam, Senatus Venetus
antiqua relligione obstructus magnificentius pecunia publica aedificandam cu-
ravit. Anno .mdlvii. summa Benedicti Massini antistitis cura.
Navalia deinde Venetorum vidi, cuius descriptionem videre li-
cebit apud Pighium ; est ad portam marmoream inscriptio haec :
Victoriae navalis monumentum duce inclyto Pascali Maripetro. Anno ab urbe con-
dita .Mxxxvi. Anno Dom. .mdlxxi.
Sunt praeterea tempia Virginis miraculorum, insignitum Zacha-
riae, pulcrum pavimento columnisque marmoreum, consecratum
anno .mdxliil ab episcopo Io. Lucio Staphilaeo, ubi beati Zachariae
corpus quiescit et sancti Gregorii Nazianzeni ex Constantinopoli trans-
latum.
In tempio sancti Theodori, eius divi corpus ex Samo insula, et
divorum Pancratii, Sabinae, Thrasii, Lazerii.
Iter Italiciim 23
In tempio sancti Petri in Castello, corpora divorum Sergi! et Bac-
chii quiescere dicuntur.
In tempio sancti Danielis, corpus sancti Ioannis Alexandrini ducis.
In tempio sancti Antonini, corpus sancti Sabbae abbatìs.
In tempio sanctae Trinitatis, corpus divi Anastasia
In tempio sancti Laurent!!, Pauli episcopi et martyris, Leonis
Bembi et divi Platonis corpora venerantur.
In tempio sancti Marini, eius corpus, ex Graetia translatum, vi-
situr.
In tempio sancti luliani, corpus divi Pauli primi heremitae osten-
ditur.
In tempio sanctae Mariae Formosae, corpus Nicodemi obdormit.
In sancti Rochi aede corpus eius custoditur.
In tempio sancti Marcuolae, digitus sancti lohannis Baptistae,
quo, videns Christum, eum monstraverit, dicens: «Ecce Agnus Dei,
« qui tollit peccata mundi «, servatur.
In tempio divi ApoUinaris, corpus lonae prophetae hospitium
sumpsit.
In divi Simeonis aede, eius corpus, Constantinopol! allatum, in
honore est.
In fano divae Helenae, matris magni Constantini imperatoris, eius
corpus quiescit.
In Sancto Georgio sancti Stephani corpus habetur.
In tempio sanctae Crucis, relliquiae Athanase! Alexandrini episcopi
monstrar! dicuntur; atque hae sunt relliquiae Venetarum de quibus
potui cognitionem habere praecipuae.
Primum templum factum ex voto Entinopi Cretensis arciiitecti,
qui primus insulam habitare coepcrat, nam cum magnum ibi incen-
dium, vovit, si cesserai illud, se domum suam in aedem sacram
conversurum, quod et factum, quae divo lacobo apostolo consecrata,
anno 421 existente Romae episcopo Zosimo et imperatoribus Ho-
norio ac Theodosio, a 4 pontificibus Severiano Patavino, Hilario Ai-
tino, lucundo Trevisiano et Epodo Vidensi.
Forum tribunorum olim, ubi nunc templum Apostolorum, ubi
portae extant.
In tempio divorum Ioannis et Pauli, quod maxima ex parte est
marmoreum, plurima vidi illustrium virorum monumenta, ut lacobi et
Laurent!! Theupolorum ducum, quorum epitaphium legitur in Vitis.
Leonardo etiam Prato, militari duci, statuam equestrem deaura-
tam cum epitaphio posuit Senatus Venetus; ex aere item deaurato
vidi alieram ex senatusconsulto positam Nicolao Ursino Petiliani et
Nolae principi, qui obiit ann. Dom. mdix. aciat. .LXViii.
24 oA. ^uchellius
Epitaphium et monumentum Marcini Caballi, ducis fortissimi,
ubi quoque vidi simulachrum Bernhardi Donati, hoc addito elogio:
« Nunquam mihi, sed semper patriae ».
Monumentum ibidem ex marmore et aere nobile ducis Ioannis
Mocaenici, cum epitaphio, quod vitae eius additum, et Petri Moce-
nici ducis, cum hoc elogio : « ex hostium manubiis » ; huius res gestas
conscripsere Petrus Marcellus in Vitìs duciim et Coriolanus Cepio,
qui tribus libris res eius maritimas, ante ducatum gestas, complexus est.
In coemiterio est statua ex aere deaurato equestris, in cuius
marmorea basi haec inscripta:
Bartholomeo Coleono Bergomensi ob militare imperium optume gestum statua S. C.
Meniinere Coleoni Sabellicus, Facius, Corius, Pigius, Leander,
P. Marcellus in Christ. Mauro.
Viae urbis lapidibus planissimae, quaedam tamen nimis angustae,
stratis, equos nempe aut currus, propter aquarum abundantiam, non
habent, sed utuntur navibus aut cymbis exiguis, gondolas vocant,
quarum ultra Seco esse privatorum feruntur.
Palatia et illustrium familiarum aedes infìnitae, tempia quam
quoque plurima, quorum nomina et incessus principis solemnis in
urbis delineatione expressus.
Pictores, quorum opera palatium divi Marci et alia, tam privata
quam publica, aedificia illustrata sunt, fuere Paulus Fernesius, lacobus
Tintorettus, lacobus Palma, Bassanus lacobus de Ponte, Bernardinus
et Franciscus Succari fratres, primi sui temporis. De pictura, vide
disputationem Apollonii apud Philostratum, Plinium avunculum, Pa-
terculum Velleium.
Supra aedes, multis in locis, sunt viridaria, id est loca virentibus
herbis et graminibus arbustisque consita, quae etiam cum aedificia
patiantur servitutem ne quid altius tollatur, tamen supra eam altitu-
dinem haberi possunt.
.V. in hac urbe celebriora collegia : Charitatis, Misericordiae,
Rochianum, Marcianum, Zebedeorum &:c.
Cives in urbe censi .iddd.idd.cid.cid.cid.cid.ccc.xlix., id est 59349;
Mulieres EX .idd.cd.cd.id.xxxi., idest 67531;
Pueri .IDDD.IDD. 00. 00. oo.cDXii., idest 58412;
Monachi .mm.c.xxciii , idest 2183;
Vestales et moniales .cid.cid.lxxxix., 2089 ;
ludei .M.c.Lvii., idest 1157, purpureis hi pileis a Christianis di-
stincti.
Pontes in urbe .co. Tempia praeter oratoria .cxc, inter quae
sunt parochiae .lxxii. Gondoles .viii..\i.
Iter Italiciim 25
Erat nobis hospitium in Campana. Hospes vero nos ad Palatium
deducebat, ut nomina scribae daremus, nam iis iniunctum, ne quis
extraneus ignotus pernoctet, poena transgressoribus lege constituta.
Circa vesperum sabbathi, navem conduxi Anconam, .iv. libris
venetis, petìturam, plurimasque praetervectus insulas, media nocte
Fossam Clodianam appulimus.
XXVIII. Visa nobis et pellustrata insula, Giozzam vocant, op-
pidum praetorem habet venetum et episcopum.
Diu ante Venetias conditas Romanis hic locus cognitus Fossae
Clodiae nomine, ubi et Pad: ostium, teste Plinio, meminit huius
quoque Ptolomeus. Oppidum conditum putat Volaterranus a Clodio,
Albanorum duce; Sabellicus tamen ab Atestinis; obscuris uterque
autoribus, a qiiibus restauratum potius credidit Leander, quem exa-
ctius insulam describentem videre licet. Templum vidi mediocre, ubi
pictura Bassani egregia spectabatur: Pluvium mannae et sepulcrum
Christi. Ad parietes templi exteriores antiquum lapidem hac inscri-
ptione :
Aelio Lent. Phidi F. 0 i i | F. L. Lib. Libertabus Q i 1 H | i suis omnibus
ex I T i il Hs .XIII.
Ad littus inde maris delatus mille circiter passus, templum No-
stra Dona de gratiis intravi, non ita diu restauratum, et hac inscri-
ptione notatum :
Templum hoc deiparae Virginis maximis innumerisque miraculis conspicuum, ab
Italiae exterisque populis summa in veneratione habitum, anno .mdlxxiiii. pia
fidelium epe, studio ac labore Gabrielis Flammae episc. Ioan. Legii Andreae
proc. numeris omnibus absolutum est. Civitas Clodiensis ingenti benefitio aucta
et ornata ut antistiti et practoribus beneficentissimis omnibusque fidelibus grati
animi signum ostenderet, monumentum hoc erigi curavit. Operi praeerant
Nordius et Ant. Bassi.
Erat hoc votis peregrinantium et miraculis plenum. Tabulae illic
votivae a summo ad imum omnes parietes occuparant, hìs aut si-
milibus verbis conceptae:
Vodo fato per mi Agnilo di Urbino fui liberato del pregione, lui e tre suoi liliuoli
per gratia della Madona.
Qui modus iam ab ethnicorum olim sacris dimanavit. Inventae tales
tabellae in insula Romana Apollini dicala, quae cxtant apud Mer-
curialem. Meminit quoque Albius Tibullus hoc disticho:
Te dea nunc «uccurrcrc precor, nam posse mcderi
Multa docet templis pietà tabella tuis
Me tabula saccr
26 qA. "Buchellius
et Horatius;
Votiva paries indicat, humid£
Suspendisse potenti
Vestimenta maris Deo.
Nautis relligio erat festo navigare die, iurare, blasphemia dicere,
scortari, vix inter vitia referebant.
Vidi hic primum funus in Italia. Efferebatur cadaver vestitum
solemni veste, lectulo quasi dormiret iacebat, calceos indutum novos,
ob itineris credo longitudinem. Erat in tempio cavea subterranea
ingens velut spelunca, cui unun tantum ostium lapide munitum, hoc
aperiebatur, et cadaver funibus demittebatur. Hic vulgaris funerandi
modus. Hinc circa meridiem solvimus. Erant nobiscum in navi Cre-
tenses milites et ludaeus christianismum professus. luvenis is erat et
Romani, ad sacerdotium obtinendum proficiscebatur ; meo quidem
iuditio non pietatis gratia, sed liberius et licentiosius vivendi, cum
corrupti ingenii signa in ipso non exigua viderim. His igitur sociìs
mare Hadriaticum circa littus navigavimus, ob Turcarum pyratarum
metum. Mare vero Adriaticum nunc Superum, vulgo etiam L a
golfa di Vinetia, Ionici maris pars, de qua sic Strabo : « Sinus
« lonius eius pars est quod Adriaticum hoc tempore vocatur » &c.
Adrianum mare videtur appellare Cicero in L. Pisonem, ni cor-
rupta ibi lectio.
Maximianum Cremensem episcopum Clodiensem anno 1561 in-
terfuisse Consilio Tridentino narratur. Franciscanum fuisse legi.
Clodiensis fuit losephus Latinus qui de anni forma librum in
lucem emisit, anno 1580.
Dionisius, De sita orbis, versu 92 : « 'ASptàg aX[iYj j), id est Adrium
salum vocat mare Adriaticum.
De Beltrando episcopo Adrianae ecclesiae, vide epist. Bembi
nomine Leonis X pont. Rom. conscriptas lib, 2.
Prope Veronam est inscriptio, similis quae superiori folio ita-
lica, talis :
Deo magno aeterno L. Statius Diodorus quod se praecibus compotem fecisset
V. S. L. M.
Chiozza, alio nomine Clugiae, Genuensium Venetias obsi-
dentium clade et hospitio Frederici III imperatoris celebre oppidum.
Incolae piscatu, hortorum cultura et salinis exercendis, quae passim
circa oppidum, vivunt.
Des Venetiens, ita Simeon Gabriel epistola franco-gallica 6:
Car ces messieurs la n'ont point accoustume de se servir en leurs afFaires pi>
bliques des estrangers, comme ceulx quy soni contens de ne croistre plus avant
leur domaine &c.
Iter Italicum 27
De fonte Fapono salubrium aquarum, vide Cassiodorum, Variar.
lib. II, epistola 39; Claudianum in epigram. Est autem in agro Pa-
taviensi, sub dominio Venetorum. Vide ampie vires et naturas bal-
neorum, quae in agro Patavino, describentem Gabr. Falioppium, me-
dicum patavinum et qui de balneis scripserunt apud luntos.
XXIX. Pesto Simonis et ludae, Rhavenna, non procul appel-
lentes portum Pirotolon vocatum, intravimus, nescio an sit Padusa
ubi Padi brachium mare intrat, vel porto di Rhavenna non
inde procul, Messanicum oiim dictum.
Rhavennam pedibus infausto tamen omnine falsa nautae accu-
satione intravimus. Est vero urbs antiqua et olim potens, unde mare
Adriaticum Rhavennatum dictum Dioni, his verbis : « Amitam su-
« stulit, et bonis eius, quae Bais et in mare Rhavennati erant abla-
« tis » &c.
Muris et portis novis hanc muniisse Claudium imperatorem te-
statur marmoreus titulus portae, quam Auream seu Spetiosam vocant,
qui talis:
Ti. Claudius Drusi F. Caesar Aug. Germanicus Pont. Max. Tr. Pot. Cos. .11.
Des. .III. Imp. .III. P. P. Dedit.
Medio autem tempore, declinante iam imperio Romano, ipsaque
Roma a Gotthis aliisque barbaris vastata, Valentianus imperator
moenia ampliavit, nam magnam ibi vitae imperiique partem egerat,
quare et Ioanni episcopo duodecim civitates subiecit ; quae deinceps
exarchatui fuerint subditi: nempe Ariminum, Caesenam, Forum
Livii &c. Haberetur huius (Theodorici Gothi) corpus sive cinerea
diu in porphyretica urna conservati, quae adhuc in foro extat a mi-
litibus, aurum conquirentibus, disrupta, longa pedes .vili., alta .iv. cum
opercolo ex aere corinthiaco, signis et emblematis decorato ab Ama-
lasuntha, ut creditur, posila. Addita nunc haec inscriptio legitur:
Vas hoc porphyreticum olim Theodorici Gotorum imp. ciiieres rotundo apice re-
condens transiatum hoc in loco a Petro Donato praef. in memoriam antiq.
Anno .MDLxviii.
Tenuerunt deinceps illam Ostro Gothi ultra annos .lxx., donec
a Narsete lustiniani imperatoris praefecto Italia pellerentur &c.
Nunc urbs mediocris et munita satis, pontifitiae ditionis. Nomen
olim fuisse Navennam, quidam a navibus arbitrantur, quo autore
nescio, quibus astipulatur lacobus Voraginensis, et vidi illic nimpham
ad urbis portam dcpictam, cum navi in manu, hoc epigrammaic :
« Navenna ».
Ex hac urbe oriundi viri docti: Cassiodorus cuius merainitP. Dia-
conus, Petrus Ferettus, episcopus Miliensis, Guillelmus medicus in-
28 qA, "Buchdlius
signis, Ioannes grammaticus qui primus in Italia eloquentiae artem
restauravit, Des. Spretus. Episcopi vero Rhavennates fuere, qui ap-
paritione columbae creati dicuntur, divus Adericus &c et Seve-
rus, alii quoque archipraesules fuere Apollinaris, vir pius, natus in hac
urbe ac proinde divus tutelaris, cui in foro statua columnae mar-
moreae imposita, cum epigrammate :
Apollinari Rhavennates prò voto posuerunt
Ioannes cuìus iam meminì, Leo 41, Ursus, Petrus &c
XXX. Antiquas Rhavennae relliquias et monumenta ex vetu-
state existentìa vidi, ut ingentis palatii deformes ruinas, Theodorici
fuisse putatur, Herculìs quoque Horarii sive potius Astrologi statuam
non ineruditam, cuius explicationem Steph. Vinandus Pigius dedit.
Erat autem ex marmore facies corrosa, brachium honiinum iniuria
et temporum descriptum. Inscriptio, quae erat in fronte basi incisa,
noviter haec est:
Hieionimus Donatus Praef. Herculis Horarii reliquias, ex Herculanae regionis an-
giportu in forum transtulit, et Rhavennatium antiquitati DD.
Pars postica hanc veterem habet inscriptionem :
Q. Venerius Q. F. Quiri Fastus vixit ann. .xvii. menses .xi. dies .vini. Q. Ve-
nerius Q. F. Quirinus Manllus Achaicus frater et Publicia Priscilla heredes fec.
Ab uno latere erat « Sotiricus » cum lepore; ab altero « Cut li il
« sius » cum cane. De hac statua vide, quae disserit Puteanus, prom.
epist. 42.
Ante Franciscanorum aedes est aedicula marmorea, Danti, illu-
stri Hetruriae vati, consecrata, in qua eius cum viva effigie sepulcrura,
cui tale inscriptum epithaphium :
S. V. F.
Tura monarchiae superos Phlegetonta lacusque
Lustrando cecini, voluerunt fata quousque.
Sed quia pars cessit melioribus hospita castris,
Actoremque suum petit felicior actus,
Hic claudor Dantes patriis extorris ab oris;
Quem genuit parvi Florentia mater amoris.
Virtutì et honori.
Et ad dextrum latus haec leguntur:
Exigua tumuli Dantes hic sorte iacebas
Squallenti nulli cognito pene situ.
Iteì" Italiciim 29
At nunc marmoreo subnixus conderis arcu
Omnibus et cultu splendidiore nites.
Nimirum Bembus Musis incensus Etruscis
Hoc libi imprimis quem coluere dedit (i).
Anno sai. .mcccclxxxiii., .vi. kal. iun. Bernardus Bembus praet. ex aere suo posuit.
Ad hunc Bembum extat Carmen Angeli Politiani. De Dante vero,
cui cognomen Aligerius, ex antiquissima familia anno Christi .mcclx.
nato, in Florentinorum historiis mentio fit. Meminere praeterea eius
Paulus lovius, Marullus, quanto etiam amore literarum flagraverat
Aeneas Silvius.
In coemiterio huius templi, monumentum Hieronimi Rugini,
I. U. D. vidi.
Sunt tempia praeterea, a Galla Placidia Augusta posita, divis
Gervasio et Protasio, variis marmoreis sepulcris celebre, et divo Ioanni
Evangelistae, ubi in cripta marmorea antiqua haec legebantur:
D. O. M. Sub inferiori fornice quas conspicis aras divus Io. Evangelista Orantibus
constituentibusque Galla Placidia Aug. beatoque Barbatiano consecravit D.
Theseus Aldobrandinus Bon. abbas .v. in hanc pulcherrimam formam reduxit
ann. .mdlxix,
Erat hic quoque tumulus Ioannis Arragonii medici. In pariete
vero, qui viam publicam respiciebat, erat marmor antiquis his inscri-
ptionibus:
Propugnatori imperii Romani fundato, | Quietis publicae D. FI. Constantino Max. |
Vict. Semp Augu. D. Claudi nepoti divi | Coiistantis filio. Sertorius Silia-
nus V. P. praepositus fabrice devotis | N. M. Q. E,
M. Cocceio M. Poi. Nepoti j Trib. Pleb. Desig. Leg. Pr. Pr. ; I^rov. in Siciliae
quaest. trib. | Mil. leg. .xi. CI. Seviro Eq. R. ! .xvii. St. Primiturus L fi S
.VI. vir.
Vidi quoque templum, nescio an divis Protasio Gervasìoque sa-
crum, cuius iam mcmini; rotundum erat vario marmore splendidum,
pictura hic in coelo praecipua exiremiiudiiii, autoribus lacobi Bertulii
et lulii Tondutii, egrcgiis pictoribus facta, spectantur passim varia an-
tiquorum marmorum fragmenta; unum nempe contincns sacriliciuni
taurilc, cum quatuor integris personis, simulaDtilnis imperatoris,
laureatiquc viri seminudi et duarum foeminarum ; aliiid quoque gcnii
alati nummuiìi in mano tencntis et alios pucros itcìii alatos draco-
nem custodiuntcs. Ad templi iiit!;rcssuni, est tuimilus in.inmirciis cuni
gracco epitaphio, in anteriori parie erant trcs magi sculpli, sua mu-
Ìuem b«e
y y imprimis quem coluere dedita.
30 C^. ^uchellius
nera Deo ofFerentes; et hac in veteri sculptura aniraadverti non co-
ronatos ut hodie vulgo videri magos. Epitaphium erat in operculo
marmore tale :
GN TAyOA KeiTAI O CTf AThlPHCAC KA-
ACOC i fCOMHNTe(|>Y^^ ^^^ 'ABAABH KAI
THN AycHN Tfìc ex \ eNiAyToFc ToTc
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GCO.
In parìete, lapidem marmoreum sepulcralem integrum vidi. Erat
a dextris feminae simulacrum, a sinistris viri cum ara tanquam sa-
crificantis, hoc in medio legebatur epigramma:
Oliae P. F. I Tertullae | .v. ann. .xv, m. .vini. d. .x. | Olius Tertullianus | Fil.
pientissimae et sibi.
In alio loco coemiterii vidi antiquae inscriptionis fragmentum :
Philon vixit ann. .xx. mens .vi. d || || ||
In tempio divae Mariae maioris, ni fallor, hanc in pavimento
inscriptionem legi:
Rapìdia L. F. | Prima | C. Ca fi if i Celeris.
Iter Italìciim 31
In Francìscanorum tempio est hoc sepulcrum recentius :
D. O. M. Nicolao Sederino equiti Fiorentino exuli innocentìss. fil. in memoriam
posuit. Ann. .mcccclxxiiii.
Vidi et templum cum monasterio, quod lacobus Morandus iu-
risconsultus suo aere posuit, mirabili genere nostris oculis cucul-
latorum. Vidi sepulcrum satis antiquum Pignatiorum, et aliud Qui-
rini Trivilei, imperatoris Rhavennatium, et de sancto Romualdo hoc
epigramma :
S. Romoaldus Ravennas ex ducum stirpe, vixit annos .cxxi., quibus coenobita tribus,
eremita .xcvii. ann. fuit.
Sunt praeterea tempia divae Agnetae, divi Vitalis, splendidum
olim et marmoreum, divi Apollinaris, quod olim divi Martini in coelo
aureo vocabatur, a Theodorico, Gotorum rege, conditum, marmore
multo splendidum.
Archipraesul huius urbis, qui magnis olim privilegiis a Valen-
tiniano fuit donatus, adeo ut de principatu cum Romano et Constan-
tinopolitano certare ausus fuerit, sub se tredecim habet suffraganeos,
inter quos Cerviensem, Cesenatensem et Bononiensem.
Hic memorabile accidit prelium inter Gallos et Hispanos. Hi
vieti a Gastone Foxio.
XXXI. In domo civili hi versicuH statuis recentioribus inscripti
legebantur:
Ut fueram multis quondam decorata tropheis
Et simul Adriacis gloria prima locis,
Nunc quoque magnonim renovantur gesta virorum
Grandia temporibus conspice facta tuis.
Sub altera legebatur:
Nomina Caesareae fuerant celeberrima terrae
Contulerant claros moenia nostra duces,
Quod tamen hic valuit, nocuit cariosa vetustas
Occulit en nostros herbida terra focos.
De Rhavenna sic canit egregius Scaliger lulius:
Prima per Aemathias quondam vetus edita silvas
Adriacum secult Thessala prora sinum &c.
NOVEMBER.
I. Eo quod propter falsam delationem scelestissimi nautae (qui
nos tanquam profugos apud urbis practorcm, pcregrini.s satis iniquum,
ac eo nos nomino muliarat, accusarat) cura vel ultra dimidium iusti
32 qA. ^uchellius
pretii nos circumvenisset et multo plus aequo ìam ante accepisset,
multis molestiis implicaremur; verum illud Catonianum praeceptum
serius intellexi, quo pedibus perveniri posset, navi non incipiendum
iter. Sentii littorale et nauticum hoc genus hominum durum et inhu-
manum ab inclementis elementi inspiratione :
Dicebam Italiae mores mentila benignos
Decipis incautos infida terra viros,
Blandities libi fronte scatent, sunt aurei ocelli
Sub quibus aeternas fraus parat insidias.
Moneta hic cursum habet papalis, iulii, pauli, quadrini, boloi-
gnezi. Julius valet hic 44 quadrinos, Romae tantum 40. Boligneza
.VI. quadrinos, .vii. Boloignezi iulium.
De bisce hominibus duris et ex elemento barbaris, hoc verum
esse arbitror quod Cicero «non ingenerari hominibus mores tam
« a stirpe generis ac seminis, quam ex iis rebus, quae ab ipsa natura
« loci et vitae consuetudine suppeditantur, quibus alimur et vivimus »,
scribat.
IL Rhavenna Cerviam pervenimus. Oppidulum est non adeo
vetus, quamvìs sint qui olim Philocolim dictum putent. Est nunc
sub papatu, habetque episcopum ac eundem cardinalem. Cathedrale
autem rusticanae aedis est instar templum, licet satis opulentum.
Cives sunt plerique salarii. Salis nempe hic magna copia. Plura de
hoc oppido vide apud Leandrum. Episcopum habuit divum Hie-
rontium martyrem. Vide et Scradaerum.
Hinc Cesenam, hodie Cisnatico, oppidum antiquum sed vetustate
pene collapsum exiguumque. Olim veteribus Curva Cesena dictum,
Boiorum in Flaminia oppidum. Huius meminere Plinius in octava
regione Italiae, Strabo, Procopius, Ptolemeus. In vita divi Mauri,
eius episcopi, legitur Flaviam Curvam Papiam antiquitus dictam. Est
in via Aemilia, ad pedem Collis, ubi fluvius Sapis Plinio, Isapis Stra-
boni, cui etiam Silvius (lib, VIII Poenic.) meminit :
Hos Aesis Sapioque lavant.
In ponte erant erectae duae columnae, cum insigniis Gre-
gorii XIII pontificis, qui restaurasse quaedam videbatur. Fuit diu
etiam Longobardorum temporibus sub Romano imperio. Hinc Bo-
nonìenses habuere dominos, inde eius principatum occupavit Orde-
laffus, post haec Malatestae possederunt, donec in potestatem ponti-
ficum rediret. Plura vide apud Leandrum in Romanula. Non magni
olim nominis fuit, ut ex Cicerone cognoscere licet, ep. ult. lib. 16.
Non procul hinc est coenobium divi Mauri, cuius monachi ob-
servant regulam Benedicti. In tempio antiquum est marmor sepul-
Iter Italicum 33
crale Seiae Marcellinae, quod apud Leandrum descriptum invenitur.
Coenobium quoque hic est Franciscanorum fratrum, ubi bibliothecam
splendidissimam condidit Malatesta Novellus.
III. Inde Ariminum equites petivimus. Praeter alios amnes Ru-
biconem notissimum Romani imperii transvecti. Hic quondam finis,
ut ait Plinius, Italìae, ad quem exercitum deponere solebant Romani
imperatores, ante lulium Caesarem, cuius formula extat apud Cri-
nitum. Meminere huius praeterea veterum Strabo, Ptolomaeus, Livius,
Caesar, Plutarchus, Appianus, Lucanus, Silius, Vibius Sequester,
Suetonius. Hodie Pisatella vocatur, cuius meminere Leander Alber-
tus, Munsterus, Pigius. Scradaerus Pisaere vocat.
Ariminum vero vetus oppidum, cuius plerique meminere, et ex
recentioribus descripsere Munster et Leander. Item Pigius, Laur. Scra-
daerus, Moti. Il 3.
Est civitas mediocris pontificis Romani in cuius ponte antiquìs-
siraa haec erat inscriptio maioribus literis :
Imp. Caesar Divi F. Augustus Pont. Max. Cos. .xiii. i Imp. .xx. Tribun. Potest.
.xxxvn. PP. I Ti. Caesar D. Augusti F. D. lulii Nepos Aug. Pont. Max. , Cos. in.
Imp. .vili. Tr. Pot. .xxii. dedere.
Umbrorum coloniam vocat Strabo. Romani vero, eo coloniam
dedu.-iere post bellum Picentinum,consulibus Pub. Sempronio et Appio
Claudio, ut autor est Eutropius. Fuit etiam civilibus bellis .111. virorum
in praedam militibus data. Livius inter colonias vocat, quae secundo
bello Poenico fidelem operam Romanis dederit. Portum habet, et eius-
dem nominis amnem. A Gotis est capta, a Narsete recepta, autore
Biondo; diu quoque Malatestas dominos habuit, ut plenius apud Lean-
drum videre est. Aritmus quoque nonnulla huius urbis descripsit in
EpistoUs. Arcum hic posuit Domitianus triumphalem, portumque re-
stauravi!.
Ad forum urbis hoc legi vetus epigramma:
C. Caesar Augusti F. i Cor. | Vias omnes Ariminis | Erexit |i |1 fi
Haec Suetonius in Octaviano his verbis probat: « Quo auteiiì d-
« cilius urbs adiretur, desumpta sibì via Flaminia Ariminotenus, niu-
«nienda»; cui assentit lulius Obsequens.
Ad basilicam senatoriam in marmore haec est goticis literis in-
scriptio:
\. .Mtc. tempore D. Madii Ari mini presul. Opus hoc factum est.
Ibidem nova haec inscriptio:
Mantii Francisci regi» Bungi Micliaelis Protasii Arimanorum regi?» «e fariholo-
maei Omurae principit lullanique ^f^a^liniqae comitum ab laponorum remcti»-
Archivio della /?. Società romana di ttoria patria. Voi. XXI II. 3
34 G^» ^uchellius
sìmisinsulisad D.Gregorium XIII legatorum .m. iitiam susceptam Christi (idem
profiterenlur optatissimam Ariminum adventui .xvi. kl. iulii publico sumptu maxi-
maque laetitia liospites. mdlxxxv. Sixto V P. O. M. R. sedente S. P. Q. AR. D.
De hac urbe ita Scaliger cecinit:
Prisca fui quondam civiiis meta furoris,
Sed non fortunae meta futura sui.
Non tunc arma togae, non cessit laurea linguae,
Caesaris est facere, haud sub Cicerone loqui.
Habet Ariminum episcopum Romano immediate subiectum.
Circa initium huius mensis, templum Salvatoris Ultraiecti (i)
venumdatum in summo tempio, ac lunae, die sequentì, confringi
coepta; quamvìs plurimum prò eo conservando laborassent canonici
frustra; dicente Prouningio cos. periculum esse, ne tam vicinum
Martiniano gravidaretur.
Fuere Ariminenses Renatus Melioratus, Robertus Ursus iuris-
consulti clarissimi, Aurelius Augurellus. Legimus et Mauritium duceni
fuisse Ariminensem, olim e Longobardis Matheus Brunius ic. Vin-
cent, Manzinus ic.
IV. Inde Arimino exeuntes equites, pluvio nubiloque coelo Ca-
tolicon pervenimus. Exiguum est oppidulum, vici instar, tabernis tantum
diversorìis visundum. Duae hic portae iampridem extructae, una Ver-
cellensis, Gregoriana altera. Non procul hinc, in mare, urbis Conchae
submersae quandoque spectantur relliquiae.
Hinc Picentes incipiunt, in quibus Pisaurum, hodie Pesaro, sub
imperio Urbinensis reguli. Antequam ad oppidum perveniremus, vidi
in pago hanc veterem inscriptionem :
M. Sextius ML. | Stabilio sibi et 1 M. Sextilio M. F. | Patrono | Et M. Sexto ML. |
Philargo li i H I Fratri | Ex testamento.
Amatus lusit in Ohs. e. 6:
Pisaurum venimus urbem antiquam de qua
CatuUus dixerat sedes moribunda Pisaurì.
Nane prò aere salubri et clementi fruitur
Ob exsicaTas paludes. Caeterum ita fructibus
Abundat et ad usum hominis necessariis omnibus
Ut hodie totius Ilaliae portus dicatur,
Erat ibidem sculptura duorum incudem percutientium, ut fabros
ferrarios dixisses.
De urbis huius sat amplae et populosae natalibus apud Solinum
aut Strabonem nil inveni, nisi Picenum sit, cuius et meminit Mela
(i) Utrecht,
Iter Italicum 35
■cum Pisauro. Pisaurum quidam ab amne, quo alluitur, Isauro dictam
volunt. Servius vero ab auro Gallis appenso prò Capitolio per Camilium
recuperato nominatam credidit. In Umbris collocat Plinius, in Seno-
nibus Ptolomaeus. Meminere eius saepe Livius et Procopius. Vel-
leius lib. I, Miletus, Romanos urbis conditores facit, anno a. C. .Dcxxxiii.
^c inde coloniam effectam cum Mutina et Parma.
Quae de magistratu ac dominis huius urbis scripsit Leander, suf-
ficient. Portum habet vadis arenisque obstructum, ita ut ab agaso-
nibus magis quam nautis frequentetur, est tamem mercatoribus Ce-
lebris. Vidi quoque plures in foro inscriptiones antiquas. Velleius
Paterculus, CI. Pulcro et L. Porcio Licinio consulibus quadriennio
post Bononiam coloniam effectam, scriptum reliquit. De hac sic Sca-
lìger :
Hic Romae fulsit primum spes ultima victae,
Unde loco, atque urbi nomina ducta canunt.
Dum Gallus Romana actis imitatur avitis
Arma, premens arma Romula victor adest.
Postquam e sollicita posuit discrimina mente,
Torpuit occulto dextra soluta metu.
Ah ! Quid agis soboles priscorum invida Deorum ?
Rerum, non auri summa petenda libi est.
Episcopum habet haec urbs immediate pontifici Romano ser-
vientem.
Viri eruditione illustres ex liac orti: Pandulphus Collenucius,
•Guido Posthumus, Simon de Praetis ic, Accius antiquissimus poeta.
Urbis ad portam hoc legi ducis elogium:
Guido Ubaldus, pavor et terror hostium.
Sequitur Fanum Fortunae, oppidulum ad mare Hadriaticum an-
tiquum, hodie F an e i, Melae Phanestris colonia; ahi quoque Fanum
Piceni et Umbriae dixerunt. Coloniam ibi deductam ab Augusto putat
Pigius, dicitque a Constantini Magni filiis restauratam. Fanum Fortunae
vocat Plinius, quo nomine et Strabo vocat ac Aurelius Victor (apud
quod Victor in praelio fuit Aurelianus imperator) et Tacitus.
Episcopos habuit Cosmum Gerium, viros doctos, Hieronimum
-Capilupum, nescio etiam an bine orti Gaurici Lucas ac Pomponius,
eruditione varia clari, et lacobus Taurellus cuius meminit Angelus
Rocca in bibl. Vat. de liter. Etruscis, loh. Babt. Flavius Fanestris,
Martinus de Fano ic, Octavius Cleophilus.
In inscriptione, quae ibi est in ambita Augustinianorum et apud
Smetium fol. 76 legitur, est: « Col. lulia Fanestris» et in alia « Co-
« Ionia lulia Fano Fortunae».
^6 qA. "Biichelliits
Inscriptionum variarum huius loci meminit num. .xi. Mart. Sme-
tius. Inscriptionis vero Pisaurensis fol. 76 Fanestr. Faeminae huius
loci commendantur.
V. Forum Sempronii intravimus. Meminit Foro Sempronien-
sium Plinius, in sexta regione, oppidum Straboni, Ptolemaeo, Anto-
nini Itinerario notum; hodie Fossumpron vulgo. Pendei ex montis.
radice non procul ab Apennini iugis. Habet quoque episcopum, quamvis
sub dominio Urbìnatium principum esse credane Vide Leandrum de
hoc in Piceno. Episcopus huius urbis immediate Romano pontifici
subest, Habet flumen Metaurum. Ex hac civitate oriundus: Benedi-
ctus de Vadis ic, Franciscus Morus Saracenus. Thomas Actius epi-
scopus fuit. Paulus Germanus Migdelburgensis vir doctus, de quo in
Epist. II Bembi, ep. 18.
Inscriptiones .viii. huius loci inter suas dat Smetius. Episcopus
quoque fuit Io. Guidoccionus. Foro Sempronii fuit quoque Hyero-
nimus Gigantis ic.
Hinc per dorsum Apennini iter arripuimus, et viam Flaminìam
(cuius multis in locis apparuere vestigia, cum eam Gregorius XIII
pontifex Romanus ante paucos annos restaurali fecerit) calcavimus.
De via Flaminia sic Strabo lib V : « Eodem in consulatu M. Le-
« pidus et C. Flaminius collegae fuere, victores autem Ligurum stra-
« vere, hic quidem Flaminiam e Roma per Tusciam et Umbriam
« usque Ariminum, alter reliquum porro usque Bononiam ».
Forum Sempronii multa habet antiquitatis vestigia praeter aquae-
ductus, nempe vias silicatas, columnas, plurima item marmore disiecta
cernuntur.
Erat ibi porta ex rupe cavata longitudinis .l. passuum, supra quam
legebatur literis tamen paene fugientibus haec inscriptio:
Imp. Caesar Augustus | Vespasianus Don BoN|iMOiiii]iilig Imp. .xvii.
M y 1 il li i I Po Cos il il il il il il il il il e I C. F il C. o AC o Uno Da-^
cusiilii(i).
Aurelius Victor in Vespasiano huius rei sic meminit: « Tunc ca-
« vati montes per Flaminiam sunt prono transgressu ». Vide Cassio-
dorum, Var. 12, ep. i8.
Apenninus vero mons dictus videtur, quod media sua latitudine
Poenini iuga contingat, vel ab Api prisco duce, qui totam devicit Ita-
(i) Relativamente al valore del Buchellio nel campo epigrafico, giovi riferire il-
giuJizio che ne esprimono il Mommsen e lo Henzen nella prefazione al volume VI
del C. I. L. p. Liv, n. liv: « Lapides quos refert ipse vidit descripsitque, praeter
« paucos, ex Marliano, Crinito, Fabricio, similibus auctoribus petitos. Postea adiectae sunt
0 i 1 marginibus ab ipso auctore paginae Smetii, Lipsii, Manutii, interdum etiam Gfuteri.-
«Bjchellius parum accurate lapides descripsit ». ' - ■ ,
Iter Italicum 37
liam; perpetuum mentis huius iugum instar est Italiae dorsi. De hoc
Strabo: « Sunt nempe isti montanum dorsum » &c., et Plinius de eo
in haec verba: v Apenninus mons Italiae amplissimus » &c. Et Polv-
bius: «Apenninus mons paulo supra Inferum mare ab Alpibus oritur,
moxque se magis atque magis ab ilio disiungens, recto dorso in Su-
premum mare fertur fere usque ad Senam, unde rursus ad dextrnm
flectens per mediam Italiam in Siculum fretum discurrit«: Dionis.
Dò sita orhis, versu 339 et seqq, :
Media autem ambarum panditur, Ausonia teilus
Longe extenta : quam quidem mediam mons bifariam secat.
Post hos autem sagax gens est illustrium Latinorum.
Nunc de Italia pauca dicam, de cuius nomine multi multa et in
primis Goropius Becanus: « olim quoque appellata dicitur Oeno-
« tria » &c.
Hinc Caia et Aqualania vici occurrunt ignobiles et campus, in
quo pugna Narsetis cum Totila, Gotorum rege (i).
Post quos Cantianum, oppidum cum arce in colle, et fluvio
eiusdem nominis, conditum ob urbis Luceolorum non procul olim
hinc existentis ruinam; cuius meminit in Piceno Leander et Volate-
ranus, lib. 6, qui Franciscum Cantiani principem nominar.
VI. Ad oppidulum pontifìcium Sigellum perveni, Perusini agri,
•quod sequitur Gualdum Appennini, oppidum a Longobardis conditum.
Deinde civitas Nuceria mediocris. Huius meminit Strabo, ad viam
Flaminiam, et dicit ibi vasa lignea fabricari solita, et Ptolomeus.
Plinius Nucerinos Favonienses memorat lib. Ili, ad differentiam cae-
terarum civitatum hoc nomine dictarum. Habet episcopum imme-
diate Romano subiectum. Leander cum Biondo Alfateniam a Livio
nominatam esse putat.
F u 1 i g n o item mediocris civitas amoena in valle. Fulgineum
vocat Cato, Appianus vero Fulcinium; meminit et Silius:
. . . Parvoque iaccns sine moenibus arvo
Fulginea.
Plinius Fulginates ponit in sexta regione Italiae ; Biondi vero opi-
nionem de hac et aliorum vide apud Leandrum in Umbria Itaìiae.
(t) Allude alla battagli* combattuta nella eatate del $53 fra Totila, che aveva metto
-campo presso l'Apennino in luogo detto Tagina, e Kartete attendato ad Busta
G aliorum. Totila, tirato fuori dalla battaglia agonizzante, mori e fu sepolto in un
terreno detto Capra. 1 luoghi traversati dal Buchelio sono Cagli, Ac^ualena, Can-
aliano, Sigillo, Gualdo Tadino, Nocera, Foligno. Questa parte dell' itinerario pende evi»
dcntemente dal Biondo, Ilal. illuslr. ed Tor. i$37, p. 80. Intorno alU battaglia del J52,
-cf. anche la nuova edizione di Proeopio curata dal Comparitti, III, 319, « le autoritl
citate dal Comparctti iteiio.
38 qA. 'Biichellius
Est iam Spoletini ducatus, habetque episcopum, qui immediate Ro-
mano subest. Fulginatium meminit Cicero in orat. prò Corri. Balbo^
Fulgineae officinae sunt chartaceae, ubi charta conficitur praestantis-
sima. Silvester Telius vir doctus fuit Fulginas.
Circa vesperum Spoletum pervenimus. Civitas est in monte an-
tiqua et Celebris. Fuit colonia Romanorum in Umbria, inter fideles
populo Romano bello Poenico II numerata a Livio. Meminere huius
Strabo, Plinius, Florus, Appianus, Cato. Et vide ante omnes Lean-
drum in Umbria.
Viri eruditione clari ex hac oriundi, C. Melissus, Celebris gram-
maticus, cuius vitam descripsit Suetonius, P. Cornutus, orator insignis^
teste Cicerone, Ludovicus Pontanus ic, Petrus Leonius medicus.
Habet hodie antiquitatis Romanae quaedam monumenta, sed
pauca, et inscriptiones.
Estque satis etiamnum populosa, sed propter ascensum et de-
scensum incommode sita.
Quietem sumpsimus in suburbio, ubi more germanico excepti
laute, vinumque spoletinum, a Martiale commendatum bis versibus:
De Spoletinis quae sint cariosa lagenis
Malueris, qiiam si musta Falerna bibas,
bibimus. Aderat hic nobis monachus ex eorum numero, qui se
Minores vocant, ex Belgia redux. Hic mira narrabat et dubito an
credenda. Tandem aderat et hospes, is Ungariam viderat, monachus
noster et eandem se vidisse et perambulasse asserebat, et loca quaedam
enumerare satis barbare incipiebat; contradicit hospes, monachus re-
prehensionis impatiens pugnis certat, non verbis respondit; hospes
ut acceperat reddit; tum monachus exclamare, iurare, dicere, apud
pessimos se hereticos versatum, ubi nihil tale unquam sibi accide-
rat, quod hic in media regione Italiae, imo in ipsius pontificis maximt
regno; statim cucullam exuere, ibique piane militem gladio armatum
vidisses; nos qui socii aderamus placare hominem conati sumus, idem
famuli hospitis, frustra, nani cum vendicare ut vellet se non posset^
nocte media abiit, irarum plenus, nec unquam nobis deinde visus.
Episcopum habet haec civitas immediate Romano pontifici sub-
iectum, ex quorum numero fuit lacobus Camplo, sub Martino V pon-
tifice Romano (i).
Inter antiquas Smetii, inscriptiones huius loci inveni.
(i) Iacopo de Campello resse la chiesa spoletina, in sostituzione del vescovo-
Giacomo Tordi, tra il 1419 e il 1424.. Fu poi promosso al vescovato di Carpentras.
Iter Italìcum
39
Extra urbem teraplum est antiquissimum Concordiae (i).
In palatio Theodorici a Narsete restaurato (2) ius dicunt septem-
viri, quibus in Consilio adsunt alii .lx. consiliari], summa tamen po-
testas est penes prefectum pontifìcium. De templis et monumentis
recentioribus Scradaeus.
VII. Via, quae Ternos ducit, partim aspera et montosa, olea-
stris circumdata, qui salicum instar crescunt tanta copia, ut integras
easque amplas silvas efficiant; parte ubi oppido propior planior com-
modiorque.
Terni vetus oppidum, Interamna Nahartis sìve Martis, ut apud
Plinium corrupte, et difFerentiam alterius ad Lyrim.
Fuit ex coloniis Romanorum, quae militiam contra Annibalem,
bello Poenico II detrectarunt, ut Livius auctor est, unde a Romanis
cum caeteris impunita non mansit, ut idem scribit. Meminere et hu-
ius Strabo, Ptolemeus, Florus, Tacitus, et vide Pi gium, Leandri et
meam hic opinionem reprehendentem.
In medio foro vidi columnam marmoream antiquam, liane item
inscriptionem veterem in tabella marmorea:
A Pompeio A. F. | Clu. Q. Patrono Municipi | Interamna Nahartis ; Quod eiiis
opera | Universum Municipium [ Ex summis periculeis j Et difficultatibus 1 Expe-
ditum I Et conservatum est | Ex testamento Licini F. F. | Statua slatuta | Est.
Est et ibi basis marmorea cum Neptuni simulacro inscuipto atque
hoc epigrammate antiquo:
Neptuno sacrum j L. Valerius Necri lib. Menander | Portitor ocrisiae.
In utroque latere navigantes conspiciuntur, in postica parte basis
sacrificans.
In tempio Dominicanorum vidi lapidem sepulcralem, Constan-
tino divo Constnntino in Neophito positum.
Non procul bine imperator Gallus cum filio Volusiano ab exer-
citu suo occisi, ut reiert Victor.
(0 Fuor di Spoleto non ci sono altri templi, eccetto quello detto del Clitunno, che
alcuni vogliono edifizio de' tempi incirca Constantiniani, altri del sec. xi ed opera del
marmorario Melioranzio o della sua scuola. Vedi De Rossi, Bull, crisi, iSyi.pp. 71-120,
e Hartmann Grisar, Suovo Bull, arch, crist. 1895, I, ^2-S7. Gli scrittori di antichità
spoletine credono nondimeno alla esistenza di un tempio della Concordia, con le spoglie,
e nel sito del quale sarebbe stata edificata la chicM tuburbana del Salvatore. A questo
forse accenna il Buchellio.
(2) Il « palatium Theodorici a N.irsete restauratum » non è altro che l' anfiteatro
spoletino ridotto a castello, al tempo delle guerre gotiche, mediante la muratura degli
archi terreni. Si veggono ancora le vestigia dell' anfiteatro e delle opere di difesa éet
•ecoli v-vi dentro e sotto l'en-collcgio de' Gesuiti, ridotto a caserma circa il i86a.
4Q QA. ^iichellius
Episcopus huius urbis Romano tantum pontifici subiacet, cae-
teris exemptus. Johannes XIIII pontifex, episcopus fuit(i).
Nomen habet quod inter amnes est constituta, teste Varrone. Ab
Hadriano VI factus episcopus huius oppidi Franciscus Cheregatus,
cuius meminit Erasmus Ubb. 12 et 19 Epìstol. Johannes FonsaHda,
Hispanus, episcopus 1495 (2).
Facta colonia Romanorum anno post captam a Gallis urbem
.ccccxv. secundum Velleium Hb. I. Lucam Antonium Thomasonium
hinc ortum, virum re militari in Galliis prestantem, legi.
Posthaec ad Narnos sive Narniam perveni, Nequinum olim vo-
citatum, Plinio teste, et incolae Nequinates. Coloniam hic romanam
deduxit Q.. Flaminius, ut author est in eius vita Plutarchus. Memin't
huius quoque Livius, inter colonias romanas quae militiam contra
Annibalem detrectaverint. Tacitus quoque et Martialis nec non Clau-
dianus hoc versiculo:
Gelsa dehinc patulum prospectans Narnia campum.
Habet Narem fluvium, unde nominis, ut videtur, origo, qui hinc
paulo post supra Periculum, exiguis navigabilìs navigiis, Tyberim in-
fluit. Alterius fluminis eiusdem nominis meminit Mela, qui ex monte
Scardo in mare Adriaticum se exonerat.
Florentibus Langobardorum in Italia rebus a Spoletinorum duce
capta, Leonis imperatoris imperio.
Narniensis episcopus immediate pontifici Romano subest.
Fluvius Nar sulphureo odore gaudet, ex fontibus ut credo unde
proveniat, quod indicatur hoc versu :
Nar vitiatus odore sulphureo.
E Ficello monte deflluere tradit Spiegelius.
Inscriptiones huius loci sunt ai. apud Smetium.
Templum habet summum divo luvenali (3) dicatum martyri et
episcopo.
Pontem habet antiquissimum summae altitudinis (4), cuius partem
vidi temporis incuria collapsam; solebat haec duos praealtos montes
coniungere subterlabenteflumine. Hunc ab Augusto constructuni,narrat
(i) Pietro di Canevanova, Giovanni XIV (984-685), fu vescovo di Pavia non di Terni.
(2) Giovanni da FonsaHda spagnuolo, cameriere segreto e segretario di Alessandro VI,
bibliotecario della Vaticana, vescovo di Terni dal 1494, -j 1498. Fu sepolto in Roma in.
S, Giacomo degli Spagnuoli.
(3) Giovenale primo vescovo narniense -}- 369.
(4) Il solo arco che sopravvanza dei tre, quello della sponda sinistra é alto m. 19.80
sul pelo magro del fiume.
Ilcr Italie
:iun
41
Procopius, haud unquam arcus pontls excelsiores a se visos scribens.
Martialis huius pontis quoque hoc disticho meminit, lib. VII, 92 :
Sed iam parce mihi nec abutere Narnia Quinto
Perpetuo lìceat sic tibi ponte fruì.
Quaedam etiam de hac civitate Stephanus Piglus, quemadmodum
et de Otriculis, in Principe suo rettulit.
Oriundus hinc Nerva imperator, teste Aurelio Victore; Galeo-
tius quoque Martius, vir eruditione clarus, et Gatta Melata, vir belli
gloria illustris, sepultus Patavii.
Pene dirutum hoc oppidum a Caesareanis, cum Roma sub Ca-
rolo V expugnaretur.
Inter Narniam, Otriculum, Spoletum ac Romam, apud pontem
Sanguinarium ab eius caede dictum, Aemilianus in Mesia imperator
creatus a suis occisus, quemadmodum apud Interannam Gallus et Vo-
lusianus, paulo ante, a suis fuerant trucidati.
Est inscriptio apud Smetium, fol. 90: « C. Coruncani Ocriculae
« leg. .XXI. rapacis mil. ». .v. inscriptiones huius oppidi dat Smetius
in suis Anliquitatihus.
Narniensis dicitur fuisse Ioannes XIII, papa Romanus (i).
De Cassio Narniensi episcopo vide Dial. 3, cap. 6 Gregorii pon-
tificis, de Fulgentio autem Otriculano cap. .xii. Fuit et Marius Arcas
Narniensis ic. Inter scriptores suo tempore illustres, celebrat lovius
in Elog, Galeotum Martium U. D. In Martyrol. Usuardi est luvenalis
Narniensis episcopus et confessor, 63.
Circa vesperum ad Otriculum perveni. Oppidulum est perob-
scurum cum arce in colle. Est autem pervetus, cuius meminere Strabo.
Plinius, Livius, Ptolomeus, Itinerarium Antoninum. Non longe hinc
veteris oppidi plurimae spectabantur relliquiae, Inter quas et amphi-
theatri ampia vestigia.
Flaminea via olim continentibus aedificiis ab Otriculis Romam
usque adeo saepta erat, teste Ammiano Marcellino, ut ibi prima urbis
initia crederentur. De hac via celeberrima et sepius restaurata, vide
Marlian. lib. VII, cap. xiii.
Vili. Hinc post iter planum flumen Tiberis traiecimus, trium
baiocorum pretio (2). Tiberis olim Albula, unde poeta « Albula pota
« Deo », a Tyberino Latinorum rege, in hoc demerso, nomen habet,
ut autor est Eutropius (diversas tamen opiniones adfert Varrò), ex
(0 A. 96$-97a.
(3) Il ponte di Augusto fu ntardto da Sisto quinto (ponte Felice, «. 1589) pochi
mesi dopo che il BucheUio aveva traghettato il fiume alla • scafa • di Borghetto.
42 Qyi. ^iichellius
Apenninis montibus effluir, atque pluribus augetur flurainibus, ac per
Hetruriam, Umbriam, Sabinos, Latinos excurrit in mare Tirrhenum.
Ab albo colore olim appellatum, refert Pesti abreviator. Vide Aeihici
Cosmograh. ©uappiv, apud Dionis.
Sequitur Castellum sive Civita Castellana oppidulum, Tiphernum
antiquibus dictum putant. De quo vide Plinium. Quidam putant Fe-
scennium fuisse, de quo Vergilius:
Hi Fescenninas acies equitesque Faliscos.
Typherni dominium diu tenuit gens Vitellia, nobilis et bellicosa,
unde prodiere Nicolaus, Camillus, Paulus, Vitellotius, Alexander, Ca-
pinus (i).
Castrum Felicitatis dictum putat Platina et inde ortum Cele-
stinum II, pontificem Romanum.
Habet hodie episcopum, Romano tantum pontifici subiectum.
Non procul aperte viae Flaminiae apparebant relliquiae, iussu
Gregorii XIII pontificis purgatae, ut indicabat hoc epigramma:
Clarax Columna viam Flaminiam sentibus et terra obrutam purgar! fecit, iussu
PP. Gregorii XIII.
Qui hanc viam multis, ut ante dixi, locis perpurgavit, quod et
iam ante Pium III pontificem tentasse accepimus. Apparent autem
vestigia illa tot seculis terra et sentibus obruta, quae omne opus
novum longe post se relinquunt magnanimitatis simul et potentiae
Romanorum inditia. Sunt nani viae illae stratae (quemadmodum
Appia, Campana, Aemilia, Latina et reliquae, quarum hodie plurima
extant vestigia) lapidibus magnis rotundis aequalibus, eo ordine, ut
vix incommodum uUum sentiant euntes. Latera marmoreis lapidibus
munita sunt ne luto conspargantur. Varii ex ordine aquaeductus ad-
sunt, quibus pluvialis aqua omnis statini defluat. Eani in rem montes
fuere planati, valles aggeribus aequatae communi terrae, ut omne
(i) L'A. scambia Civita Castellana (Faleria) con Città di Castello (Tifernum Ti-
berinum) patria e dominio dei Vitelli. I Kicolò furon due: il seniore, capitano del 1439,
il giuniore, capitano e tiranno di Castello del 1474-1515. Paolo fu capitano dei Veneti
e de' Fiorentini del 1487; Alessandro generale di Santa Chiesa dal 1525 al 1530: Chiap-
pino, capitano di Toscana e di Venezia dal 1510 al 1555. Del famoso cardinal Vitellozzo
non occorre parlare. Cf. Gregorovius, Storia di i?owfl, VII, 93 sg. 514-559; Giovanni
Gallo, Historin della, casa Vitelli in cod. Vat. 7125, e. 129 sg. Il cod. Vat. 7246 con-
tiene pure notizie genealogiche della famiglia. Avevano « palazzotto » e giardino in Roma,
sul monte di Magnanapoli. L'iscrizione sulla porta d'ingresso diceva: « Vitelliorum gens
a coeli salubritatem et situs amenitatem secuta locum hunc instauravit et exomavit
« .MDL.xxv. ». Cod. Barb. XXX, 89, e. 509.
Iter Italìcum 43
incommodum tolleretur, in quantum humanae vires patiebantur et
ingenia, imo ut iam vulgus a geniis olim factas fabuletur (i).
Inde ad Primam Portam pervenimus, et relliquias prisci aevi vi-
dere coepimus infinitas, nam circa viam mortuorum pallatia con-
speximus, cum olim in more positum fuisse constet, extra urbem cor-
pora sepelire, idque propriis in podiis, quod et iam olim a patribus
fidelibus antiquissimis seculis factitatum legimus. Haec vero via Fla-
minia quemadmodum et Latina utrimqe perpetui instar vici aedificiis
sepulcralibus occupabatur; testes veteres scriptores, et alludit hoc
versu luvenalis:
Experiar quid concedatur in illis
Quorum Flaminia tegitur civis alque Latina,
et alia quaedam monumenta, quorum usus temporis iniuria et bar-
barorum deformata nos fugiebat, at praecipuum in colle semidi-
rutum nescio deorum an hominum monumentum, variis ambagibus
religiosum (2). Hic, nescio an fabula, auri cupiditate conficta, genios
apparuisse, et grande thesaurum latere indicasse ferunt. Iam Romani,
qui semper inexplebili avaritia torquentur, fallacibus geniorum dictis,
vel falsis quorundam nebulonum figmentis, an pueri delirio tìdem ha-
bent, et terrae sedulo scrutantur viscera. Tum nescio quid marmoris
invenerunt, qua spe refecti magnum se thesaurum consequuturos
credunt (3).
IX. Tandem pontemMilvium transgressi, olim tempore Neronis il-
lecebris nocturnis celebrem (4), suburbium intravi, variis sumptuosis-
que aedificiis spectandum ac ipsam denique urbem Romani, .v. idus
novembr. (5). Quae muris continetur, cuius ante multos annos summo
(i) Nel tronco della Flaminia tra Civita Castellana e Prima Porta si conservano
ancora molti avanzi del selciato antico, alla Madonna della Guardia, a Malborghetto, a
Pietra Pertusa &c. Non si ha altrimenti notizia dei lavori eseguiti da Clarice Colonna
pel giubileo del 1575, pei quali, secondo l'uso dei tempi, avranno fornito materiale i
sepolcri mentovati più sotto.
(2) \el «monumentum semidirutum in colle, variis ambagibus religiosum» rico-
noscerei gli avanzi della villa di Livia ad GnUinas albas.
(3) Rimangono anche oggi avanzi cospicui di mausolei presso al ponte di Prima
Porta, alla Celsa, alle Due Case, a' Fosso della Valchetta, a Grottarossa, nelle vicinanze
del sepolcro dei Nasonii, e nelle piane di Tor di Quinto. Quest'ultimo, scoperto nel
gennaio 1876, è stato ricostruito nel 1897 sulla fronte della villa Blanc in via Nomen-
lana. Vedi Ari bivio storico ilei!' arte, 1897, p. 54 sg.
(4) Tacito, Ann. XIII, 47; Hisi. l, 87.
(5) Aveva dunque impiegati circa venticinque giorni nel viaggio dal Brenner a Roma
( < .XV. kal. nov - .v. id. nov»). Si può ricordare, a proposito dell'ultima pane del
percorso da Civita Castellana a Roma, che gli osti e gli albergatori della via Flaminia
erano noti per i prezzi esorbitanti che pretendevano dai viandanti. Nel bando del ca-
44 G/^- ^uchellius
desiderio flagrabam, iam me felicem etiam in summa inopia puta-
bam, cui contigisset calcare hoc orbis caput. O ! inquam, oculi beati,
qui tot heroum vestigia, tot regum, tot consulum, tot imperatorum
perpetua monumenta vident, tot santorum martyrum supplitii theatra,
eorumque a piis viris collectos cineres, qui Phidias, Praxitelis, Gly-
conisque manus pellustrant. O ! Felix lingua, quae haec tuis enar-
rare poteris.
Haec igitur urbs Roma occulto sacrorum nomine Valentia, ut
scriptores tradunt, cum sit urbium princeps, ac totius olim fuerit caput
orbis; quae tot viros illustres et coelo dignos protulit, merito omnes
fere totius orbis scriptores, ad se exornandam, invitavit. Graecorum
hanc illustrarunt Halicarnassaeus Dionisius, Plutarchus, Strabo, Ari-
stides, et infiniti pene Latinorum. Quidam a Roma muliere, alii a
Graecis originem deducunt, sed maior pars a Troianis authoresque
Romulum et Remum facit; quam opinionem affirmant T. Livius,
Crispus Salustius, Sempronius, sive is verus sive falsus ut credit Be-
canus, De divisione Itaììae, qui Romam, anno .11. olympiadis .vii. con-
ditam, id est .ccccxxx. aut circiter anno post adventum Aeneae in
Italiam, Fabius Pictor, De aureo seciilo. C. Solinus in principio sui
operis, ubi varias opiniones Romanae originis refert, Eutropius, Strabo
vero author graecus diligentissimus huius urbis originem, situm et or-
natum pienissime descripsit. Hic, postquam originem a Romuio de-
duxerat, addit (opinionem quae de graeca origine ferebatur relaturus) :
« Haec quidem urbis Romae creatio est, quae maxime fidem ven-
«dicat». In Palatino Roma primum incepta, deinde Tarpeius mons,
in quo Capitolium, adiectus, Coelium Tullius addidit, Aventinum et
laniculum Ancus; Servius vero reliquos tres, Quirinalem, Viminalem,
Aesquilinum, adiunxit. Idem muros et cloacas ac fossas circa muros
fecit. De pomerio veteri nonnul'a Tacitus(i). Melanthon natalem urbis
collegit ex verioribus historiis .xxi. aprilis, quum palilia celebrantur,
anno mundi 3212, .vii. olympiade, i® Achaz .x. et ante Christum
natum 750 (2).
Aurelium (3) imperatorem quoque urbis pomerium et muros di-
latasse, Vopìscus author est. Varias de nomine ac conditione Romae
opiniones enarrat Sextus Pompeius, Festus in voce Romulus.
PHnius suo tempore .xx. millia passuum Romam fuisse in am-
merlengo Spinola del 1529 su «li prezzi del vivere per le strade de Roma», pubblicato
dal ToMASSETTi negli Studi e docum. del 1891, si accenna particolarmente alle « gravi et
« excessive esactioni che si fanno per le poste et hostarie de la via Flaminia».
(1) Ann. XII, 24.
(2) Corr. 7S3.
(3) Corr. « Aurelianum ». ■ '
Iter Italicum 45
bitu, Vopiscus vero .L. millia. Nostro autem tempore, eius ambitus
vix .XIII. millia passuum iraplet, ut refert Marlianus ; instaurata moenia
ab Honorio et Arcadio imperatoribus, indicat vetus marmor ad portam
Portuensem (i):
Impp. Caes. DD. NN. invictissimis principibus Arcadio et Honorio victoribus et
triumphatoribus semper Aiigg. ob instauratos muros et turres egestis immensis
ruderibus et suggestionibus V. C. et inlustris militis et magistri utriusque mi-
litiae ad perpetuitatem nominis eorum simulacra constituit.
Sunt qui Belisarium inde instaurasse muros credunt. Vide etiam
lulium Caesarem de Solis, vulgari lingua, quaedam de hac urbe vera
falsaque referentem, in libro qui inscribitur V origine di molte città del
monde. De Tiberio Claudio extat inscriptio ad sanctae Luciae cloa-
cam (2):
T.CIaudius Drusi F. Caesar | Aug. Germanicus | Pont. Max. Trib. Pot. | .vini. Imp.
Cop. .ini. I Censor PP. | Auclis Populi Romani | Finibus Pomerium i Ampliavi!
terminavitque.
X. Postero die, in Campo Florae, cum hospitium ibi nobis esset
sub insigni Galli (3), profestum divi Martini more patrio hilariter ce-
lebravimus (4), aderatque nobis vinum Cerellum nescio an Coecubum
olim veteribus commendatum, Romanum item et Albanum, nam exul-
tatìo animae et corporis vinum moderate potatum, et illud in iucundi-
tatem creatum est, non in ebrietatem.
In hoc Campo, aedes Ursinorum,in ruinis theatri Pompeiani extru-
ctae, nomenque videtur locus habere a Flora, quae fuit nobile scortum
Pompeio adamatum. Theatrum hoc Pompeius uxoris amori deditus»
teste Plutarcho, condidit. Meminere huius quoque Plinius et Xiphi-
linus. Erat ei superimposita aedes Veneris, ut refert Suetonius. Idem
author est Caium restaurasse. Tacitus Tiberium Pompei theatrum
fortuito igne haustum, se extructurum pollicitum fuisse, scribit: primum
vero omnium mansurum extructum, cum antea subitariis gradibus ad
tempus fieret. Habebat et porticum et curiam vìcinam, ut meminit
(i) C. /. L. VI, 1190.
(a) C. /. L. VI, 1231 a; Bull. com. 1896, p. 146.
(}) L« più tntic* menzione di questo «Ibergo, a me nota, 'icorre a p. 40 del
Ctmimtntc di Ltont X pubblicato dall'ARMELLiNi. Stava nel rion di Parione insieme alle
« hotterie dell'Angelo... della Rosa tenuta da Biasio Fiorentino, la taverna del
«Diamante incontro la Rota; l' hosteria del Sole speronata; l' hosteria dell*
«Vaca tenuta da Bole Lombardo; l' hosteria della Coppa... del Falcone...
«della Schalla &c.». Cf. CtRASon, Ricerche stor» intorno agii albirghi di Roma^
189J, p. II.
(4) L'il novembre ricorre la festa di san .Martino, ch'era patrono JelU cittA
d' Utrecht, ove nacque il Buchell.
46 qA. 'Bitcheiliiis
Appianus, in qua occisus C. Caesar, ut testatur Suetonius, vocaturque
etiamnum is locus hodie Satrium (i). Vide Marlianurn, lib. VI, cap. v.
Feriis Martinalitiìs regem hic sorte fabae quae placentis includitur,
quemadmodum in Galliis in profesto Regum fieri solet, creari moris
est, ut et annotat in Fontano Pet. Summontius.
XI. Urbis partem Transtiberinam novam sive Vaticanam, quae
hodie urbs Leonina vocatur, pellustrare coepi; olim pene aedificiis
vacua erat. Ad montem tamen Vaticanum circus erat Vaticanus sive
Neronis, Tacitus (2) nempe autor est Neronem clausisse in valle
Vaticani spatium, in quo equos regeret. Hic quoque legimus eundem
hortos suos ad varia Christianorum tormenta edenda obtulisse.
Ad Tyberim, quo pontes duo, Triumphalis cuius in aquis extant
vestigia, et non procul Aelius, ab Aelio Hadriano, prope sepulcri sui
molem factus, nunc pons Castelli vel pons Sancti Angeli. Fornices
habet .iv. (3): Spartianus, fecit, inquit, et sui nominis pontem et se-
pulcrum iuxta Tyberim.
Continua est moles Hadriani, nam teste Dione sepultus is iuxta
pontem Aelium, ubi monumentum sibi fecerat (4). Duos habuit ambitus
(i) La piazza dei Satiri, detta Lo Satro nel Quattrocento. Il nome ricorre
frequentemente negli atti notarili contemporanei, p. e. nei protocolli di Evangelista
Bistucci in arch. Stor. Capitol. voi. 66, 67 a &c., dai quali risulta che molte casette « in
« loco qui dicitur Satro, vel Satri» appartenessero a madonna Caterina, vedova di Luca
Suberario (aprile 1457). I due simulacri di Pan, collocati a destra e a sinistra del Mar-
forio nel cortile del museo Capitolino, furono trovati circa il 1550 in questo luogo, che
i topografi credono corrispondere al sito della scena del teatro Pompeiano. 11 nome vien
dunque da altre figure satiresche quivi scoperte o esistenti nei tempi di mezzo.
(2) Ann. XIV, 14.
(3) Sul numero vero degli archi del ponte Elio vedi Bull. com. 1893, pp. 14-26.
(4) Cass. Dio, LXXVI, 15; LXXVIII, 9, 24.
Iter Italie um 47
et dupHcem columnarum ordinem, primus quadratus ex solidis la-
pidibus fuit, interior moles oblonga et praealta, ex parlo marmore;
fuit et olim cognomine Antoninorum sepulcrum, ut ex inscriptionibus
coUigitur extantibus. Describunt Onuphrius, Georgius Fabritius, Mar-
lianus, Andreas Fulvìus. Habentur et ibidem varia marmerà sepul-
cralia cum epigrammatis (i). Nunc firmisslma arx, a Crescentio consule
Romano, qui imperium assumpsit tempore Othonis III, munita, et
diu arx Crescenti! appellata, nunc Castellum Sancti Angeli, ab angeli
simulacro, quod ibi positum, ob memoriam angeli istius, ut quidam
narrant, qui tempore pestis olim Romae singulas domos circuiret et
morituros notaret. Historiam hanc diu quesitam invenire non potui (2).
Instauravit Alexander sextus, addita turri marmorea rotunda, in
qua haec leguntur:
Alexander VI Pont. Max. gente Borgia natione Hispanus patria Valentinus Ca-
lixti III nepos, hanc molem vetustate collabentem restauravuit, propugnacuU,
aggeres, fossas
et paulo infra:
Alexander VI Borgia PP. anno .mcccclxxxxv (3).
Hodie perpetuo praesidio tenetur, et omnia hic tormenta bellica,
niaionbus feriis vel intrante aliquo cardinalium aut principum explodi
solita conservantur. Thesauros quoque suos pontifices habent. Intranti
hoc occurrit epigramma:
E Lybia advenit Romanas victor ad arces
Caesar, et in niveis aureus ivit eqnis.
Ille triumphavit, sed plus tu Panile triumphas,
Victor nempe tuis oscula dat pedibus {4).
Pontificali superbiae dignum hoc epigramma, et vero Antichristo
tantum abest ut Christi vicario.
(i) Non so che cosa intenda dire. Gli epitaffi {Corpus Inscr. VI, nn. 984-995) che
indicavano i nomi dei principi e delle principesse le cui ceneri riposavano nella mole
Adriana, come pure quel poco che sopravvanzava del b.isamento marmoreo erano già
stati portati via da Gregorio XIII (febbraio 1578 luglio 1579) segati in lastre, e metti in
opera nella cappella Gregoriana in S. Pietro.
(2) Gbecor. TuROK. X, I e Paolo Diac. Ili, 34. Vedi GkFFROv, hlilanges dt l'Écoli
frattfaitt, XII, Suppl. p. 561 ; MOmtz, Lis aniiq. dt la ville de Rome, Paris, 1886, p. 60,
nota I ; Lancumi, Ruìhs and Excav. p. 5Sj; Hartmann Gkiiar, Storia dei papi nel tn.e.
par. Ili, p. 39.
()) Sulla torre rotonda di Alessandro VI cf. Noi. seav. 1891, pp. 426-4]7 ; Bull.
fOiti. 189), pp. 24-25. Dagli scavi del 1892 i venuta fuori la seguente epigrafe appartenente
forse allo stesto torrione: ALEXANPtR • vi • pomt • max • of.ntk • rorcia • rvKOAVtr.
(4) ScHR«otR, 318; cod. Barb. XXX, 89, e. $5).
48 G^. "Buchelliùs
Urbs Leonina nomen habet a Leone IV, a quo sex annis fuit
absoluta, a Nicolao V vero muniri incepta, a Paulo III perfecta; vide
Platinam in Vii. Pontifìcmn (i).
Portas habet .vii.: Sancti Angeli sive Castelli, Sancti Petri,
porta Pertusa et Vaticana, Porticella, porta Cavalliferi, porta Cunio-
nis, Sancti Spiritus.
A mole HaJriani, duae viae ad Vaticanum palatium et templum
divi Petri ducunt, vulgo Borgo Novo et Borgo Vechio di-
ctae (2).
Templum hic vidi divae Mariae Transpontinae, quod cum iam
ruinam minaretur, et Castro Sancti Angeli proximum esset, instaura-
tum est pene a fundamentis (3).
Templum quoque divi Michaelis, de quo vide Cornelium Kem-
pium in sua Frisia.
Templum Sancti Spiritus in Saxia, quod illic scholae Saxonum,
nosocomium habet celeberrimum ac locupletissimum. Scholarum
Saxonicarum meminit Platina, scribitque: «Conditura hoc hospitale ab
« Innocentio III, pontifice Romano, proventibusque auctum quibus pe-
ce regrini, aegroti et vulgo concepti alerentur». Sixtus deinde quartus,
eodem authore, magnifice restauravit, ibique vitae suae seriem cae-
lari voluit. Dicit vulgus, reditus unius diei ad .xvi. millia ducatorurn
pervenisse, mihi tamen incredibile et piane fabulosum. In porticu, ad
locum ubi infantes exponuntur, depicta haec videbatur historìa: pisca-
tores infantes a se retibus expiscatos e lacu pontifici deferentes, quae
dicitur extitisse causa huius fundationis, qua provisum est ut pueri de
nocte hic exponerentur potius, quam immani crudelitate ab immise-
ricordibus matribus necarentur (4).
Sunt hic praeterea aedes cardinalium magnificae, ut Caesii, Ru-
(i) Inesatto. Leone IV (843-852)0 l'autore di una cerchia di mura assai ristretta,
che tagliava fuori tutto il Borgo di Pio IV, il Belvedere, e parte dei giardini pontifici.
Nicolò V cinse di mura la vigna di Belvedere, all' estremità della quale Innocenzo VIII
doveva più tardi costruire il suo casino. Vedi Mùmtz, Les arts . . . Innocent Vili, Paris,
Leroux, 1898, p. 77 sg. Paolo III costruì soltanto un bastione avanzato sotto il casino,
anche oggi ornato con lo stemma de' fiordalisi. Il vero costruttore delle fortificazioni di
Borgo alla moderna è Pio IV. Nel 1563-1566 egli riuni il Castello al bastione di Bel-
vedere, con un muro rettilineo, ed il bastione alla porta di S. Spirito con una cinta
poligonale, vero monumento d' architettura militare.
(2) La via Alexandrina e la Carreria Sancta del secolo xv. V'era una terza
strada lungo il corridore di Castello detta via Sixtina, più quella oggi detta di S. Spi-
rito, il Burgum Saxonum dei tempi di mezzo.
(3) Non solo « instaurato » ma mosso di posto. La Traspontina odierna, fabbricata
nel 1564 dal card. Alessandrino, d'ordine di Pio IV, sta a m. 213 a ponente dell'antica^
il cui vero nome era « S. M. in capite Porticus».
(4) Questa storiella è inedita.
Iter Italiciim 49
sticutii, Madrutii, Boromei. Domus etiam sanctae Inquisitionis a Pio V
constructa, ut haec supra ferream portam inscriptio habet:
Pius V Pont. Max. Congregationis santae Inquisitionis domunì hanc qua haere-
ticae pravitatis sectatores cautius coercerentur a fundamentis in augmentum
catolicae relligionis erexit .mdlxix. (i).
Et career in medio Borgi Novi, ubi funibus duos vinctos in tergum
manibus summa vi demittere vidi, quod tormenti genus Italis fa-
miliai'e, crassioribus alioquin et corpulentis periculosum, vulgo vo-
cant donar la corda (2).
De via Triumphali, cuius adhuc relliquiae hic passim, vide Mo-
dium in Pand. Triumphal.
Hinc augustissimum toto orbe terrarum occurrit templum Vati-
canum, divo Petro apostolo dedicatum, olim a Constantino Magno
imperatore conditum, deinde ab aliis aliisque restauratum, auctum
et ornatum, nunc vero sub Paulo III ex artificiosissima Michaelis
Angeli Bonarotae delineatione architectica a fundamentis instaurari
coeptum; cui nondum nec multos post annos ultima ut arbìtror
manus imponetur. Anno 1544 mense februario cum fundamenta huius
templi foderentur, inventa est marmorea arca, longitudinis pedum .viii.,
latitudinis .VI., in qua conditum olim corpus Mariae Honorii impe-
ratoris coniugis desponsatae, ac Stiliconis filiae; corpore vero ab-
(i) Il palazzo Cesi (Moroni), gii del card. Armellini, è ancora in essere tra le vie
di Borgo Vecchio e di Borgo S. Spirito, tra S. Lorenzo in Piscibus ed il palazzo Àccolti-
Serristori. La villa o giardino occupava lo spazio pianeggiante tra la via del Colonnato,
la via della Catena, la porta Cavalleggeri e il monte di S. Angelo. Cf. cod. Barb. XXX,
89, e. 54J B sg. e Forma Urbis, tav. xiii. Conservato parimenti è il palazzo Rusticu:ci-
Accoramboni, edificato dal card. Girolamo circa l'anno 1570, sulla piazza che ancorane
«erba il rome. Quello del card, Madruccio principe di Trento, detto anche palazzo di
S. Clemente dal titolo del suo possessore, stava in piazza Scossacavalli. Nel protoc. 6212
(arch. Stor.) del notaro Reydetto a e. 18 v' è un atto del 1570 col quale il card. Cristo»
foro dona una casa attigua al palazzo di Sco.ssacavallo al suo barbiere Stefano del Durer
da Rothemburg. Non ricordo precisamente dove alloggiasse il card. Carlo Borromeo.
La passione del sant' uomo per le sue varie residenze urbane e suburbane, gli fu causa
di gravi noie. Nel protoc. 6202 del predetto notaio a e. }$i si conservano gli atti prò*
mossi contro di lui dagli artisti che avevano lavorato alla sua celebre vigna detta « la
« vigna della Fontana » fuori porta del Popolo, non ancora soddisfatti delle loro mer-
cedi. Altri documenti relativi al medesimo affare stanno nei protoc. 6204 a e. 411 e
620) a e. 86). Nel 1562 il cardinale aveva preso in affitto la tenuta della Magiiana.
Circa r istefio anno, essendo andati all' asta i famosi Orti Belleiani nel sito delle terme
di Diocleziano, ne rimase deliberatario il card. Carlo per il prezzo di scudi ottomila : ma
lo zio pontefice, che aveva in animo di convertire le terme in certosa, se ne fece cedere
il posaesto.
(2) La curia di Borgo contava molti ufficiali, un • notariui », un « sabexecutor *,
un « cancellariut • &,c.
Archivio della R. Società romana di $toria pUria. Voi. XXIII. 4
50 G/f. ^uchellius
sumpto, dentes, capilli et quaedam ossa supererant, praeterea vestis
et pallium, quibus tantum auri erat intertextum, ut ex his combustis
auri lib. .xxx. coUecti fuerint, gemmae praeterea, annuii, et alia magni
pretìi. Honorius I papa aeris tegulis ex Quirini, ut Blondus, vel ex
lovis Capitolini, ut Platina narrat, cooperuit. Q.uae vero ad pleniorem
huius descriptionem faciant, vide apud Onuphrium, summum urbis Ro-
manae illustratorem, in libello De VII Urbis ecclesiis (i).
De Vaticani nomine videndus Cato in Originibus : « Regionem
« Vaticanam, id est Vagicanam dictam, quod ibi lanus quasi in cunis
« natam primumque vagientem Italiam exceperit ». Vide Pauluni ex
Pesto (2).
Oratorium hic fecit Gregorius XIII pontifex, in quo sepulturae
suae locum elegit, piane id marmoreum politissimi splendidissimique
coloris, coelum opere mosaico splendidum auro varioque distinctum
marmore, simulachraque ostendit eiusdem operis Ambrosii, Augu-
stini, Chrisostomi, Gregorii. Sunt qui credunt Gregorium Nazian-
zenum Venetorum dono huc translatum, sed non vidi. Pavimentum
quoque est marmoreum (3). Nunc epitaphia quaedam et inscriptiones,
quas apud alios non legi, addam. Ac in primis in novo restauratoque
tempio est sepulcrum cum aereo simulacro Paul! Ili papae, cum duabus
statuis faemineis marmoreis, opus, ut indicat inscrìptio, Guilielmi de
la Porta, Mediolanensis. Vulgaris erat fama, nescio an vera, statuarum
harum formam a concubinis pontificiis desumptam; erat ea nudis-
sima papillis caeterisque membris. PauUo infra aureis literis nota-
batur : « Paulo III pontifici maxìmo Farnesio » (4).
Sunt et ibi aliquot vitineae ex candidissimo marmore columnae.
Vulgus lerosolimis translatas ex tempio Salomonis credit, quemad-
(i) Sul « mosileos ad apostolum Petrum » imperiale, e sulle tombe piene d'ogni
ricchezza, scoperte disordinatamente nel giugno 1458, dicembre 1519, e febbraio 1544,
vedi De Rossi, Bull, crist. 1865, p 46 e Inscr. chr. II, 2^5; Ligorio, Barb. XLVIII,
no; Cancellieri, De Secret, p, 99S sg. ; Lanciani, Pagan and Christ. Rome, p. 2oi sg.
(2) Cf. Antonio Elter, Vaiicanum in Rhetnischen Museum far Philologie, XLVI,
112 sg.
(3) Sui marmi antichi di scavo impiegati da Gregorio XIII per questa cappella,
vedi Giovanni Alberti, cod. S. Sepolcro, ce. 25 a, 26, 57 e, 58; Flaminio Vacca,
Mtm. 31.
(4) L' iscrizione (Forcella, VI, 70, n, 179) dice: pavlo • in • farnesio • pont • max.
Il nome dello scultore ricorre tre volte, sotto la statua del papa, nel libro in mano alla
Giustizia, e nella fascia del manto della Prudenza. Gli altri due simulacri della Pace e
dell'Abbondanza (il basamento in origine era isolato, con quattro figure agli angoli)
furono poi messi ai lati del camino nella sala grande del palazzo Farnese. Il monumento
stava prima di prospetto alla Trasfigurazione : fu poi trasportato sotto la cupola nel nic-
chione di S. Andrea : e finalmente, al temco di Urbano VII, nel sito che occupa al
presente.
7/er Italicum 51
modum et hanc cancellis ferreis vulgi attactu defensam, hac inscri-
ptione :
Haec est illa columna in qua dominus noster lesus Christus appodiatus dum po-
pulo praedicatbat, et Deo patri preces in tempio fundebat, adherendo stabat,
quae una cum aliis undecim circumstantibus de Salomonìs tempio in trium-
phum huius basilice hic locata fuit. Demones expellit et ab immundis spiritibus
vexatos liberos reddit et multa miracula cotidie facit. Per reverendum patrem
et dominum cardinalem de Ursinis ornata anno D. .mccccxxxviii (i).
Onuphrius vero dicit, Cotistantinum posuisse .xii. columnas viti-
neas elegantes ante altare divi Petri e Graetia translatas (2). Ad hoc
altare ereditar requiescere caput divi Petri apostoli, et Petrum Romae
a Nerone necatum scribit Eutropius. Paulus Diaconus author est Be-
lisarium, post multas victorias Romam venientem, divo Petro crucem
auream .e. lib., praetiosissimis gemmis exornatam, optulisse. Lactan-
tius, Petrum Paulumque Romae praedicasse scribit. Tertullianus, libro
De praescriptione haereticorum, eosdem Romae necatos tradit. Approbat
Spiegelius. Isidorus, Petrum et Paulum sub Nerone necatos scribit
Orig. lib. V, cap. 44.
Vide et lib. I, cap. De summa Trìnitate, M. Velserum,
lib. 6, Aug. Antiq.^ Onuphrium ad Platinam, Palladium in Vita Phi-
loromi.
De tempio Vaticano iam restaurato, vide Descriptionem hihìiothecae
Vaticanae Angeli Rocci in principio. Effigies vero in eiusdem libri fine
conspicitur (3).
In pavimento est hoc epltaphium antiquis sed literis rudibus:
T. Flavius Constans PP. sibi et suis libertis | Libertabusque posterisque eorum |
Servius inchoavit etFlavii Sabinus et Chrestus | liberti et heredes eius § 1 usum
consummarunt (4).
(i) Forcella, VI, 34, n. 48. Delle dodici colonne vitinee, che formavano cancello
davanti 1' abside, una è perduta, due stanno sull' altare di san Maurizio, una nella cap-
pella della Pietà, otto ai lati delle quattro loggie sotto la cupola.
(2) Cf. Lih. Pont. I, 176 : « Columnae vitineae, quas Constantinus de Graecia per-
« duxit B. Pietro Mallio le dice provenienti dal tempio di Apollo in Troia. Sono invece
uat bizzarria d'artista romano del secolo 111. Sembra che Costantino ne collocasse in
opera sei soltanto: Gregorio III le restanti. Questi preziosi monoliti, descritti quattor-
dici secoli or sono dal Lib. Pont., sul posto che non hanno m a i lasciato, dalle prime
origini della basilica Vaticana sino alla prima metà del decimo sesto secolo, sono stati
testò dichiarati nel periodico L'Arte, ottobre-dicembre 1898, p. 384, opera di roarmorarii
romani del Duecento, eccezione fatta da quello che sta oggi nella cappella della Pietà t
(}) Angklo Rocca, Bihliotheca apott. Val. a Sixto V p, m. in spUuJiJior. locum
translata, Romae, i$9i. L'A. ha dunque scritti o riveduti questi suoi ricordi almeno due anni
dopo il viaggio di Roma.
(4) Male trascritta. Quando l'A. visitò la basilica Vaticana, essa era tagliata in
<iue parti da una parete transveraa, all'altczia della statua di bronzo. La parte • ponante,
52 qA. "Buch^llius
Item hoc:
Benemerenti in pace Proclo qui bixit annos .xvi. | Di. positus .vi. eidus octobris
DD. NN. Honorio Augusto | .viii. et Theodosio .v. coss. (i).
In veteri tempio, monumenta sepulcralia (2) pontificum sunt Ni-
colai V, Piorum II et III, Eugenii IV, et marmoreo in monumento
hoc legitur Pauli II epitaphium:
Paulus II Venetus pontifex maximus e vetusta Barborum familia praeclaris naturae
dotibus avunculo Eugenio IIII non inferior, pielatis, iustitiae divinarumque ce-
remoniarumcultoneligiosissimus, ecclesiasticae libertatis maiestatisque defensor
constantissimus praecipuo pacis servandae studio et singolari omnis generis
munerum abstineniia, formidanda etiam lege magistratibus indicta, clarissimus ii>
principes munificentia, in pauperes misericordia insignis; annonae copiam urbi
dedit, patrimonium beati Petri erratis populi indulgentissime parentis affectu
emendatis conservavit et auxit : furentes armis hereticos repressit, et quod per
difficilem rerum temporumve conditionem perficere non poterat, matura cuncta-
tione saluberrime disposuit. V. A. .lui. M. .v. D .hi. S. A. .vi. M. .x. D. .xxvi,
M. Barbus cardinalis S. Marci patriarcha Aquileensis consanguineo B. M. P..
Ann. Sai. .mcccclxxvii. (3).
In choro veteri, in pavimento sepulcrum est ex aere artificiosum,
cum septem artibus liberalibus aliisque quamplurimis ex eadem ma-
teria simulachris hoc epitaphio :
Xisto mi pontifici maximo ex ordine Minorum. Turcis Italia submotis ; autoritate
sedis aucta, urbe instaurata, templis, ponte, foro, viis, bibliotheca in Vaticano
publicata: iubilaeo celebrato, Liguria servitute liberata; cum modice ac plano
solo condì se mandasset. luiianus card, patruo beatae memoriae maiori pietate
quam impensa fieri curavit (4).
ossia al di là del muro, opera di Giulio II, Paolo III e Sisto V, stava ancora in co-
struzione. La parte al di qua del divisorio manteneva ancora la costruzione Costantiniana,,
ed era piena zeppa di monumenti d' arte e di storia dei tempi di mezzo e del primo Ri-
nascimento.
(i) De Rossi, Inscr. christ. I, p. 254 , n. 598, anno 412.
(2) « Les plus beaux monuments de cette epoque LRinascimento] ont péri malheu-
« reusement, notamment les tombeaux de Nicholas V, et de Paul II . . . Par les fragments-
« qui en restent dans les Grottes, on voit encore l'importance de ces compositions et leur
« valeur du point de vue de l'art » ; Greco rovius, Les tombeaux des papes, ed. Lewy, 1859^
p. iji. Il sepolcro di Nicolò V fu demolito da Giulio IL Quello di Pio II, a S. Andrea
della Valle, porta la data del 1464, ed ha di riscontro quello di Pio III, l'ultimo eretto
in Vaticano. Furono trasportati ambedue nella parrocchia di casa Piccolomini alla piazza,
di Siena (S. Andrea della Valle) sotto Giulio IL Quello di Eugenio IV sta ora a S. Sal-
vatore in Lauro.
(3) Forcella, VI, 44, n. 83. L'iscrizione, mancante delle due ultime lìnee, sta
nelle Grotte, nella parete destra della nave della Madonna della Febbre. Il mausoleo, di
cui rimangono pochi avanzi, è opera di Giovanni Dalmata.
(4) FoRCtLLA, VI, 46, n. 89. Dal coro vecchio, ove lo vide il Buchellio, questo-
capolavoro del PoUaiuolo fu trasportato nel sito che ora occupa, il giorno 21 agosto-
dei 1625.
Iter Italìcum 53
Creaverat hic .xx. cardinales, inter quos et hunc lulianum ad
sanctum Petrum ad vincula. Obiit 1483, mense augusto, pontificatus
sui anno .xxiii.
Est aliud ad parietem Innocenti! Vili papae ex aere cum statua
3iC hoc statua ex Davide versiculo:
In innocentia mea ingressus redime me, Domine, et miserere mei.
Obiit anno .Mccccxcii., pontificatus anno .vii., .xxvi. iulii. Huius
vide a Balaeo(i) vitam descriptam sceleribus plenam, et adde Ma-
rulli versus,
Spectantur hic quoque monumenta ex cocto lapide gypso su-
perinducto aequalia, Calixti III, Alexandri VI, luhi III, Marcelli II,
Pii V (2).
Est ibidem Bonifacii IV statua, qui a Phoca imperatore impe-
travit Pantheon Agrippae, et omnibus santis ac virgini Mariae, per-
purgatum ab idolorum simulacris, dicavit. Sedit hic annos .vi., men-
ses .vili., dies .xiii., et pontifici Bonifacio III immediate successit.
Epitaphium rithmicum ibi legitur hteris goticis tale:
Gregorio ortus iacet hic Bonifacius almus,
Huius qui sedis fuit aeqnus rector et acdis,
Tempora qui Focae tempUim cernens fore Romae
Delubra cunctorum fuerant quae demoniorum
Hoc expurgavit Ac,
quae libri epitaphiorum habent (3).
Astat statua equestris sed muta, nullo epigrammate. Legitur et
Innocentii VII Sulmonensis epitaphium. Quod est apud Platinam (4).
(1) loHANNES Balaeus, Acta Roinanor. ponilficum . . . uujut ad tempora Pauli IV coì-
lecta et descripta a. ijji) (sine loco). « Giovanni Balleo fu apostata inglese. L'edizione
« presente (1559), quella del 1567 e l'altra d'Amsterdam del 161$, acuì è unito Roberto
« Barns, con la continuazione di Giovanni Manni Lidio calvinista, sono proibite ». Cosi
il Ranghiasci.
(2) Nelle Grotte, a destra dell'altare della Pietà, una memoria del 163 1 dice: « Imago
« haec marmorea . . . erat ad sepulclimm Callisti III : hic , , . anno mdcxxxi translata »
(Forcella, VI, 151, n. $58). Sulle vicende del sepolcro di Alessandro VI cf. Armellini,
Chiese, 2' ed, p. 416; Gregorovius, Les lombeaux des papes, ed. Lewy, p. 17J : € jules III,
« Ciocchi del Monte, qui regna cinq ans, et Marcel li, Cervini, qui ne porta (jue vingt-
0 cinq jours le poids de la triple couronne, n'ont pas de to m beau » ; id. ibid, p. 213.
Quanto a Pio V, ti vede che il suo splendido mausoleo a S. Maria Maggiore non era
ancora finito.
(3) L'epitaffio di nonifacio IV (FonctLLA, VI, 23, n. 18) sta presentemente nelle
Grotte, nella parete destra della cappella della Madonna delle Partori spoglie
furono deposte sotto l'altare di san Tommaso il 16 gennaio 1606. Cf. > triiiM et
reliijiiiantm &c, p. 65. U sepolcro primitivo di questo salvatore del Pantheon stava ir* la
porta ludicii e la porta Ravenniana, presso l'oratorio di Bonifacio VIII.
(4) Innocenzo VII, Migliorati, da Sulmona, -j- 1406. L'arca rustica sulla quale k
indso il luo nome, giace ora nelle Grotte, navata Ji S. Maria della Febbre, a destra.
54 ^' "Buchelliiis
In pavimento, non procul ab Innocenti! Vili sepulcro, hoc est
epitaphium :
D. O. M. Francisco Cibo Nepolit. Innocentii Vili Pont. Max. | nepoti Anguill. Fe-
rentilia S. R. E. gubernator generalis vixit | ann. .lxviii. Ob. anno .mdvii. | Mag-
dalenae Laurae Medicis filiae Leonis X Pont. Max. sororis | Clement. patruel
Francisci Cibi uxori. Vixit ann. .xlv. 1 Albericus Cibo sacri Rom. imp. et iten>
Massae princeps [ avo et aviae pos. Sai. an. .mdlxxiii. (i).
Altare sanctorum Philippi et lacobi ornatur tabella excellenti^
ablationem Christi de cruce exprimente, ubi in parietis angulo ob-
scuriore haec leguntur:
Hoc opus fecit Arnolphus architectus(2).
Ad dextram vero parietis partem, ubi plurima pontificum mo-
numenta spectantur et porphyreticum antiquum nullo tamen epigram-
mate notatum, ubi proximae marmoreae tabellae antiquae in quarum
una haec leguntur:
C. Asinia H H || nrentia H. F, | In qua fuit inimitabilis castitas ] Improbissima ve-
recundia incompara|bilis innocentla perpetua quiescat | In pace, quae vixit
annos .xviii., menses .xi., dies ,xxi. | Carius Victor coniugi B. M. D. .xii.
kal. aug.
In pavimento, sequentia ex variis marmoribus notavi epitaphia:
Karola Hierlm Cipri et Armenii regina (3)
et:
Io. Franciscus de Tubaldiscis s. Sabinae presbiter cardinalis &c.
obsoleta (4).
(i) Questa iscrizione goffamente corrotta, anzi formata con brani di più epitaffi, pare
che abbia per fondamento quella di Francesco Cibo, figliuolo d'Innocenzo Vili, di cui ab-
biamo il testo nel cod, Vat. Reg. 770, e. 18, e nel Zazzera, Nobiltà d' Italia, famiglia
Cibo. Francesco era stato sepolto presso il padre suo, nello stesso avello dove ripo-
sava sua moglie, la bella Maddalena de' Medici, figlia di Lorenzo il Magnifico, e sorella
di Leone X. Francesco aveva ricevute le contee di Anguillara, Ferentillo, Cerveteri &c.
che poi rivendè a Virginio Orsini.
(2) L'altare dei santi Filippo e Giacomo stava nella nave centrale, tra la sesta e la
settima colonna a destra, e porta il n. J9 nella tavola 8, p. 25, del Bonanni ed il n. 4J
in quella dell' Alfarano. Se l'A. non iscambia un altare per l'altro, le notizie che dà
sul quadro della Depositatone, e suU' opera di Arnolfo sono inedite, per quanto io ricordi.
(3) L' epitaffio della regina Carlotta, ora nel pavimento delle Grotte, stava, secondo
I'Alveri (Roma in ogni stato, II, 196, coL i"), davanti l'altare del Salvatore.
(4) Incisa sui margini del lastrone che porta nel mezzo la figura del defunto. Sta
nel pavimento delle Grotte, nave del Salvatore, ed è riprodotta in disegno nella tav. xliii
del DiONisi.
Iter Italiciim 55
Epitaphium Petri Balbi (i), episcopi Tropiensis, est in lìbris meis
Epitaphiorum. Sunt et haec :
D. O. M. Diplomatum signatori religioso viro Matheo Leonis X P. M. alumno
.M. D. xxiiii. (2),
et:
D. O. M. Fra Ban Picei archiepiscopo Senens. ossa resurrectionem hic expectant (3),
et:
e. lulio Felici II H H p II I hic sita Honoratus Caietanus | coniugi O 3 0 B 1 (4).
Ante aram Corporis Dominici, ut vocant, templi medio, sunt bis-
sina aureaque plurima ornamenta, cum epigrammatis et emblematibus
Clementis VII papae, Candor illaesus cum aquila, alio epigrammate
semper suspensa ibidem signa diversa ac unum cum aquilae pictura
et hac inscriptione :
Aquila urbs princeps Samnitum, nullum metropolitanum \ praeter Rom. Pont, agno-
scens missis huc religionis causa | primariis civibus: hoc pietatis suae monu-
mentum DD. j sedente Gregorio XIII PP. anno iubilei Cfj ID LXXV (5).
In sacello beatae Mariae Visitationis est statua aenea, nescio an
olim lovis egregia, nunc divo Petro attributa. Erant pedes tam duri
metalli ex osculorum, ut narrabant, multitudine et assiduitate de-
tritae (6). Erat ibidem effigies Servatoris ac Virginis matris a Jote, fio-
rentino egregio olim pictorQ, deliniatae cum hac inscriptione :
Instinctu pietatis hanc Dei eiusque genetricis imaginem quam lotus pinxit ex huius
parietis templi ruinis disiecta eripuit atque in hoc sacellum Nicolaus Acciaius
I. V. cons. pairitius florcntinus, pariterque ex privilegio olìni eius ab avo con-
cesso insigni equiti Donato Acciaio huius almae urbis tum senatori rom. civis
pos. sibi posterisque suis sedente Paulo III. Pont. Max. .m d xliii. (7).
(1) L' elogio di Pietro Balbo, -j- 1479, dettato dal vescovo Bartolomeo Maraschi, è
ricordato dall' Alfarano nella nave del Crocefisso. Cf. Forcella, VI, 4^, n. 84.
(a) È registrata nel solo cod. Vat. R«;g. 770, e. v.
(3) Q.westa piccola lapide, a lettere rilevate di metallo, sta nelle Grotte, a sinistra
della cappella del Salvatore. Forcella, ivi, p 78, n. 219.
(4) Agnesina Colonna Caetani, -j- 1578, «felici fecunditate insignis», tu sepolta,
prima della translazionc nelle Grotte, vicino alla porta ludicii a pie della prima colonna,
dentro la cappella di san Gregorio. Il titoletto di C. Giulio Felice, trascritto la prima volta
dal CiTTAniMi, Vat. $2J3. <= '4S. * notato nel C. /, L. sotto il n. aoooi.
(5) Credo la notizia inedita.
(6) Il simulacro di bronzo, giA nel monast^o di S. Martino (ToRRlOio, / taeri
trojei, in fine), poi ncll' oratorio del Ss. Processo e Martiniano (Vegio), era stato col-
locato da Paolo III « ad altare extructum propc parietem, quo basilica vetut a nova dl-
« videbatur » ; Bokammi, r«w/>// Val. hùl. p. 107. Vedi Grisar, Civ. CmiI. 1898, II, 4(9 sg.
(7) Pessimamente trascritta. L' iscrizione sta ora nelle Grotte, navata del Salva-
tore, n. 80, dove la collocò Urbano VIII l'anno 1630. La pittura di Giotto era cono-
•ciuta sotto il nume di • Madonna sotto 1' organo ■.
5^ G^. "Bue he Ili US
Hoc loco, ante paucos annos, quidam Anglus, sumpia ex manibus
sacrificis celebrantis missam hostia, eam pedibus conculcavit, sta-
tlmque arreptus et multotiens de catolica romana relligione et facti
atrocitate admonitus, nihil respondit aliud, quam se martyrem mori
voluisse, sic tandem variis tormentis laceratus periit (i).
In tempio restaurato varia iacebant simulachra ex marmore, et
statuae, quae sepulcris olim, ut videbatur, servierant, nunc turbatae,
verum usum abscondebant. Erat marmoreum sepulcrum pontifìcis
maximi alicuius simulacro et aquilae insigniis ignotum. Puto his etiam
absoluto tempio restaurationem deberi (2). Huic vicinum est aliud
hoc notatum epigrammate:
Antoniotus cardinalis s. Praxedis mortem prae oculis semper habens vivus sibi
p. anno M. D. I. (3).
Habet hoc templum valvas, aere obductas, media insigni, ut tem-
pora ferebant, sculptura nobilis Antoni! de Florentia, Hic sunt celatae
muscae (quas vulgus vocat muscas divi Petri) minutissimae, quas longo
tempore frustra nisi attentus quis quaesiverit, unde Romam non vi-
disse vulgariter dicitur, qui has non fuerit perscrutatus, quemadmo-
dum de Petro Conieto in urbe Parisiorum iam dixi. Spectabantur hic
res gestae Eugenii IV pontifìcis cum effigie cuius sumptubus erat facta.
Erat autem vir magni animi ex gente Condulmeriorum veneta, cura-
vitque hos insculpi versus:
Ut Graeci, Armeni, Aethiopes, hic aspice ut ipsa
Romanam amplexa est gens lacobina fidem.
Sunt liaec Eugeni monumenta illustria quarti
Excelsi haec animi sunt monumenta sui (4).
Huic contigua est porta marmorea, lerosolimis, ut fama est, huc
translata ; hanc Sanctam vocant, estque lapidibus obturata, et singulis
iubileì annìs aperitur, ipso pontifice malleo primum lapidem labe-
factante. Lapidum vero fragmina superstitiosum vulgus ilico summa
devotione colligit, adeo ut nihil maneat reliquum. .xx. quinquenna-
(i) Il racconto è forse inedi'to.
(2) Stanno ora più o meno disordinatamente collocati nelle Grotte.
(3) Antoniotto Pallavicini. Il marmo, ora perduto, stava, secondo l'Alfarano, presso
gli altari dei santi Bartolomeo e Lucio.
(4) Forcella, VI, 33, n. 46. I battenti di bronzo furono posti in opera il 14 ago-
sto 1445. Nella faccia interna Antonio Filarete incise le parole « Caeteris operis pretium,
« fastus, fumusque mihi ». Cf. Bonanni, Templi Val. hist, p. 140.
Iter' Il alien m 57
libus finitis clauditur quo antea modo. Hic aureis hoc inscriptum
literis legebatur :
Hanc portam sanctam clausam a Tulio III anno .mdl. apertam et clausam aperuit
et clausit anno iubilei .mdlxxv. Gregor. XIII (i).
De origine iubilaei a ludaeis desumpta, vide ampie scribentem
Stephanum Pigium (2).
In area templi est cymba illa asarotica discipulorum Christi,
ubi Petrus, per mare, ad Christum in littore deambulantem properat.
Ioti opus esse quidam arbitrantur. Crinitus tamen aliter de ea scribit
in haec verba: « Notum vero est omnibus, quod ipsa musiva e vitreis
« tesserulis et sectilibus crustis vario multiplicique colore constructa
« sunt, cuiusmodi adhuc Romae visuntur multis in locis, tum in pro-
«pilaeo basilicae Petri nobilis illa et fluitans navis, quam Ioannes,
« pictor, cognomento Cimabovis, mirifico artificio atque diligentia tra-
ce ditur perfecisse ». De reliquis vero ornamentis, ut pinea aenea et
sepulcris Othonis II, Honorii et Valentiani, vide Onuphrium et de
pinea Paulinum in Epistolis (3).
Ad gradus marmoreos, a Constantino ut creditur factos, sunt sta-
tuae marmoreae apostolorum Petri et Pauli, ab Aenea Silvio, ut
habet inscriptio, positis. Est namque in basi marmorea alterius in-
scriptum :
Pius II Paulo vasi electionum.
In area vero Vaticana, praeter fontes incuria pene collapsos et
siccatos, ab Alexandre VI, ut indicant insignia, olim erectos (4), Sixtus
tamen V papa, iampridem e Campo Santo, ubi olim circus Neronis
vel Vaticanus, magnis labore et sumptubus traduxit, pulcerrimum sane
opus, obeliscum Vaticanum, in cuius summitate erat pomum ex aere
deaurato, quo cineres Augusti Caesaris hactenus fuere conservati.
Estque is ex aegyptiaco marmore, carnei coloris splendidissimus, alti-
(i) La porta Santa occupa il sito dell'antica porta «Romana». L'iscrizione del
giubileo del 1575 non apparisce altrimenti nella silloge del Forcella.
(2) Cf. ViTTORELLi, htorla dei giubilei, Roma, 162$ ; P. M. Quarti, Trattato del
giubileo, Venezia, 1698; Angelo Rocca, De sacros. iubilaeo opp. l, 197 sg.
(3) Sulla Pigna di bronzo vedi LACOUR-GAvtT in Milanges dt VÈcole fraufaite de
Rome, i8^^i, p. 312 sg. Sul sepolcro di Ottone II, GaiMALni, Barltr. XXXIV, 50 passim.
Sul « mosileos ad apostolum Petrum » dove erano gli avelli imperiali cf. Lanciami, Pa-
gati and Christian Rome, p. 200 sg.
(4) La fontana, vista dall'A., è quella costruita l'anno 1490 da Innocenzo Vili,
risarcita ed abbellita dieci anni dopo da Alessandro VI. Apparisce in tutte le stampe
anteriori al 1612. La migliore rappresentazione, tuttavia, è quella dell' «flfreico (l'ultimo
della serie) di Giovanni della Maria nel terzo ordine delle Loggie. Secondo un documento
pubblicato ntW'ArMvio stor. dell'arte, 1891, p 368, la fontana di Innoc«nio Vili poruva
ornamenti in metallo, modellati o fusi dall' orafo Alfonso.
58 qA. "Buchellìus
tudinis et integritatis sumniae, suis iam peristyliis ornatus. Incumbit
.IV. leonibus deauratis; in summitatis autem apice, praeter pomum
aereum sunt .v. colles aurei, pontificia insignia, et crux deaurata : an-
tiquitus haec fuere inscripta:
Divo Caesari Divi lulii F. Aug. | Ti. Caesari Divi Augusti F. | Sacrum (i).
Sixtus, post instaurationem, has inscriptiones aureis literis inscri-
psit. In fronte:
Sixtus V Pont. Max. | Obeliscum Vaticanum | Dis gentìum [ Impio cultu | Dicatum |
Ad Apostolorum limina | Operoso labore transtulit.
In lateribus:
Christus vincit | Christus regnat [ Christus imperai | Chrislus ab omni | Malo plebem
suam defendat.
Sixtus V Pont. Max. | Cruci invictae | Obeliscum Vaticanum | Ab impura super-
stitione I expiatum iustius | Et felicius consecravit [ Anno .mdlxxxvi. P. .11.
In peristylio liaec legebantur, artificis nomen indicantia : « Domi-
« nicus de Fontana, ex pago Mili, agri Novocomensis, transtulit et
« erexit ». Hunc ob operam navatam, cum ab aliis fuisset frustra ten-
tatum, Sixtus equitem creavit, deditque censum quatuor millium duca-
torum papalium (2). De obeliscis vide Hieronìmum Cardanum in libris
De vai: rer., Io. Goropium Becanum in Hieroglijìcis passim. Plinius
vero obeliscum Vaticanum in circo Cali et Neronis ex omnibus unum
fractum in molitione scribit; eumque a Nuncoreo, Sosostratris filio,
ìnceptum narrat. Petrus Belonius autor est, obeliscos olim sepulcris
fuìsse ornatui; omnes esse ex lapide thebaico, variis distincto pun-
ctis. Vide Becanum, lib. X Hierogl. (3).
XII. Ad aulam Valicanam pontificiam Petreiano tempio proximam
perveni, eamque a variis pontificibus instauratam, auctam, ornatam,
ut suo ordine describit Onuphrius, perlustravi. Horti ibi amoenissimi,
pulcherrimi prospectus, aediculae maximi pretii statuis ornatissimae,
ut Laocoontis, Cleopatrae et aliarum, quae typis excusae, propter
excellentiam circumferuntur (4). Porticus hic deambulatorii tres, ìnfimus
a Leone X picturis quìbusdam rustìcis ornatus, medius a Gregorio XIII
(1) C. /. L. VI, n. 882.
(2) Cf. HiiBNER, Sixle Quint, II, 128 ; Lanciani, Rutns and Excav. p. 549.
(3) Q.UÌ si trova il disegno a colori colla seguente iscrizione: « Molis divi Ha-
« drìani Augusti, nunc vulgo Castrum S. Angeli, delineatio ut erat ante restaurationem
« Borgianam » già mentovato nella prefazione e riprodotto a p. 46.
(4) Sulle più antiche rappresentazioni delle statue di Belvedere cf. Michaelis, Jahr-
buch des arch. mst. 1890, p- ij sg. Sul Belvedere di Innocenzo Vili cf. Mììmtz. Les arts,
Paris, Leroux, 1898, p. 69 sg.
Iter Italicum 59»
picturis africanis recentioribus illustratus, summus omnium totius orbis
regionum formas complectitur. Est et hìc aula Constantiniana, ubi
pugna Constantini cum Maxentio ad pontem Milvlum per Raphaelem
Urbinatem depicta, quani aeneis quoque typis excusam vidi. Sunt
aulae plures, ubi senatores convenire solili, operosis peripetasmatis et
aulaeis barbaricis ornatae. Oratorium quoque pontificium pictura Bo-
narotae nobile. Intravi bine (i) aulam marmoream, multorum poniifi-
cum sumptubus aedifìcatara, ac praecipue Pii IV, cuius ibi effigies in
parlete marmorea subtilissima, nec a quovis videnda, spectatur. Splen-
dent ex nobilissimo marmore parietes, fulget aureum lacunar, pavi-
mentum non uno colore marmoris nitet. Hinc occurrunt suis locis
artificiosissimae pontificiorum trophaeorum picturae, a Paulo III in-
cepta est, a Gregorio vero XIII absoluta. In pavimento, ad quatuor
angulos est draco, insigne Gregorii tessellatis epigrammatibus; vo-
lanti nempe haec ascripta leguntur: « Felix praesagium », sedenti super
lapidem, «Non commovebitur », alio, «Vigilat», ultimo circulo im-
posito: « A quo ad quem ». Supra portam estnigro in marmore aureis
literis :
Aula haec Paulo III Pont. Max. iussu ornari coepta, et Piorum postea quarti et
quinti studio aucta, anno Gregorii XIII primo ad finem perducta. Anno .mdlxxiii.
Picturae sunt variae, et singulae suis inscriptionibus notatae ut
sequitur.
Tabula I.
Petrus Arragonius rex, ad urbem profectus, Innocentio III pon-
tifici maximo Regnum defert, constituta annui tributi perpetua pen-
sione, obedientiam simul et defensionem Sedis Apostolicae poUicitus.
Hanc historiam diu quaesitam, hoc modo non potui invenire, et,
quod miror, Platina nihil meminit, Petrum vero Arragonium, a Mar-
lino IV excommunicalum eiusque regnum occupanlibus expositum
scribit, et Gerundiae cum illam civitatem contra Franco Gallorum
regem defenderet ex vulnere obiisse sub Honorio IV refert, quae
omnia ex Biondo habere videtur. Nec Martinus longe ab iis discedit.
Tabula II.
Alexander papa III, Frederici primi imperatoris iram et impetum
fugiens, abdidit sese Venetiis. Cognitum et a senato pcrhonorifice su-
(1) Lt descrizione della sala Regia, che più si avvicina a quella dell' A., si trov»
nel cod. Barb. XXX, 89, ce. 515 b-S$ì, ed «o 1' i>o divulgata nel tomo VI dtìì' Arehivio.
Altre notizie inedite di considerevole importanza saranno pubblicate nel I voi. della mi«
Storia digli itavi di Roma. V«di anche Fo»cella, VI, 80, nn. 225, aa6 &c.
^0 qA. "Bucheliius
sceptum, Ottone imperatoris filio navali praelio a Venetis vieto ca-
ptoque, Fredericus pace facta supplex adorat, fidem et obedientiam
pollicitus, ita pontifici sua dignitas Venetae reipublicae benefitio re-
stituta, anno .mclxxvii.
Hanc historiam Blondus lib. VI decadis secundae et ante euni
Martinus ac ex eo Platina, nec non Venetarum rerum scriptores ut
Marcellus, Sabellicus et alii descripsere; sed superbiam, imo petulan-
tiam Alexandri, in conculcando tanti viri capite, ac superbis eius di-
ctis: «Super aspidem et basiliscum ambulabis», cui respondit impe-
ratori «Non tibi sed Petro me submitto »; ad quae papa: « Et mihi
« et Petro «, pontificii illi parasiti omiserunt.
Tabula III.
Sedis pontificiae Romam Gregorium XI Lemovicensem Avenione
ex Galliis reductio; quemadmodum in eius epitaphio, quod est in
Sancta Maria Nova, et a me in Epitaphiorum libris descriptum ha-
betur, videre est. Hanc fecit Georgius Onacharius Aretinus, ut graeca
habet inscriptio.
Tabula IV.
Carolus magnus in Patrimonii possessionem Romanam Eccle-
siam restituit.
Hic nempe precibus Hadriani I pontificis, Desiderium Langobar-
dorum regem compescuit, qui Patrimonium, ut vocant, Petri magna
ex parte occupaverat, circiter annum christianum .dccc. Vide latius
Martinum, Blondum et Platinam.
Tabula V.
Gregorius II, Germaniarum magna parte ad veri Dei cultum tra-
ducta, Arithperti Longobardorum regis donatione per Luithprandum
successorem confirmata, anno sui pontificatus .xvil discessit.
De Gerraanis, per Bonifacium ad relligionem christianam tradu-
ctis, meminit Martinus, caeterum de Langobardorum donatione nil
dicit. Sedit, ut ipse vult, annos .xvl, menses .vin., dies .xx. Sub
IoanneVII hanc primum Arithperti donationem factam scribit Blondus;
ille nam Coctias Alpes, in quibus Genua est, ad Galliarum partes zelo
religionis adductus,divo Petro obtulit, circa annum christianum .dccx.;
paulo post Luithprandum eandem confirmasse sub hoc Gregorio in-
nuere videtur. Platina, sine authore, hanc vulgi famam esse scribit,
Gregoriumque sedisse annos .xvl, menses .ix., dies .xl
Iter Italiciim 6i
Tabula VI.
Gregorius VII Henricumimperatoremmale de Ecclesia merentem,
postea supplicem et poenitentem absolvit.
Hanc historiam Martinus et Platina describunt, sed Blondus, lib. 3
secundae decadis, paulo aliter narrat, nempe Gregorium ab Henrico
Romae obsessum, et a Guiscardo Normanno liberatum, non diu post
obiisse, incidit nam hic Henricus post reconciliationem denuo in ex
communicationem eiusdem Gregorii, quem Martinus Alemannum,
Platina Etruscum dicit, fuitque circa annum .mlxxv.
Tabula VII.
Otho primus imperator, devictis Berengario et Rodulpho eius
filio tyrannis, provincias ab illis occupatas Ecclesiae restituit.
Huius rei meminit Martinus, nihil tamen de filio capto addit, re-
gnasse autem hunc Berengariura cum filio Alberto scribit .1111. annos,
anno Christi .dccccxli. Blondus vero et Platina scribunt, Othonem,
Agapithi II papae precibus, Berengarium cum filio Alberto regno de-
turbasse, et deinde paucis ademptis ac eos pontifici reconciliatos re-
stituisse.
•
Tabula VIII.
Gregorius IX, Frederico imperatori Eccleslam oppugnante, sacris
interdicit.
Hic omnes excommunicationis ceremoniae terribiliter et ad hor-
rorem incutiendum erant depictae. Historiam describit Martinus, qui
Fredericum hunc secundum ab Honorìo prius excommunicatum dicit,
circa annum .mccxv. Deinde Gregorium circa annum .mccxxv. fulmen
excommunicationis in eum confirmasse, quod centra Turcas non pro-
cessisset. Blondus et Platina eadem affirmant.
Tabula IX.
Carolus V imperator, Tunetum a Turcis occupatum, pari virtute
ac felicitate recepii, Paulo III pontifice maxime, .mdxxxv.
Hoc bellum pracier quam quod sit in memoria hominum, et a
plurimis descriptum, Paulus lovius HijtoriarAìb. XXXI ampie enarrai.
62 òA. "Buchelliiis
Tabula X.
Caspar Colignius olim ammiralius, accepto vulnere, domum de-
fertur Gregorii XIII, .mdlxxii.
Haec historia recens et apud Zurium ac recentiores historiarum
Gallicarum scriptores repetitur.
Tabula XI.
Colignii et sociorum caedes.
Tabula XII.
Rex Colignii necem probat.
Haec caedes, vulgo Lutetiaca, facta est die Barptolomei, sub rege
Carolo IX, executore Henrico Valesio, tum Alanzonii duce, regis
fratre.
Tabula XIII.
Hostes perpetui christianae relligionis Turcae, diuturno victo-
riarum successu exultantes, sibique temere praefidentes, militibus, du-
cibus, tormentis, omni denique bellico apparatu, ad terrorem instructi,
ad Echinadas insulas, communi classe, praelio post hominum memo-
riam raaximo, perspicuo divini spiritus ope, profligantur, anno .mdlxxi.
Huius historiae viva adhuc est memoria, ducibus Ioanne Au-
striaco, pontifice et Veneto sociis, eo pene loci, quo Octavianus
Antonium et Cleopatram proelio navali superavit, die lustinae sacro
gestum proelium.
Tabula XIV.
Classes oppositae Turcarumuna, christianae societatis altera, Inter
Pium V pontificem maximum, Philippum Hispaniarum regem et Ve-
netam rempublicam, inito iam foedere, ingentibus utrimque animis
concurrunt.
Pius V eo miserat Marcum Antonium Columnam Romanum,
qui, post victorìam reversus, publica laetitia civium Romanorum ex-
ceptus est. Veneti vero Sebastianum Venenum imperatorem adiunxe-
rant. Vide Ioannem Petrum Contarenum, hanc navalem pugnam cum
bello Cyprio ampie describentem.
Egredeunti hinc, occurrit a Pio IIII papa muro portaque clausus
iocus, ubi habitant Helvetii milites, praesidiariì pontificis.
Iter Italie uni 6^
In hortis Vaticanis hoc legitur epigramma vetus, marmori in-
scriptum :
uirsp atoTYioia; xai Siaaovr; | tou xupiou ai»TOxpaTopo; | >cou.p.o5ou ae^acTOU |
oc vaUxXYliSt TOU TTOpSUTUOU [ aXé^aNOpElNO'J (TTOXOU (i).
XIII. In circo Neronis, ad laevam templi Vaticani, est templum
Teutonicorum, cum coemeterio, quod vocant Campum Santum, cuius
terra fabulatur vulgus e lerosolimitana regione traducta. Hic obe-
liscus, nuper Vaticanus, terrae magna ex parte obrutus iacuit(2);
circuni sunt ossuaria, quam variarum regionum et civitatum rel-
liquiae.
Institutum hic, nescio a quo pontifice, piissimum, ut singulis die-
bus, .XII. peregrinis pauperibus prandium detur, quorum deinde manus
praefectus e pontificia familia, postquam laverint, purissimo lino siccat
et abstergit (3).
De circo Vaticano nonnulla Tacitus scribit, lib. Ann. XIV. Statua
Laocoontis, cuius tertio ab hinc folio memini, in hortis Vaticanis (4)
inventa, non procul a thermis Titi, in vinea Felicis civis Romani,
anno christiano .ciDiovi., ea spetie, qua a Virgilio II Aeneid. descri-
bitur. De hac sic Plinius: « Laocoon in Titi imperatoris domo, opus
« omnibus et picturae et statuariae artis praeponendum, ex uno la-
« pide ». &c. Fecere summi artifices Agesander ac Polydorus et Athe-
nodorus Rhodii.
XIV. Portam Sancti Spiritus egressus, varia vidi munimenta (5),
vallem quoque Inferni, ut vocant, ubi figulorum domus et officinae,
praeterea templum divi Onuphrii, in colle laniculi, ubi olim templum
lani, quem ibi ohm consedisse narrant (6).
De bibliotheca Vaticana, quam Sixtus V pontifex mirum in
modum ornavit et instruxit, vide librum singularem Fr. Angeli Roccae
(i) C. I. G. n, 5889; Bull. Insl. 1868, p. 2}6.
(2) Espressione inesatta. « Ai nostri tempi il terreno per le ruine era cresciuto tanto
« che copriva non solamente tutta la base dell'obelisco, ma ancora due palmi del raggio
« sopra gli astragali » ; Mkrcati, Obelischi, p. 2)9.
(3) Cf. Antonio De Waal, / luoghi pii sul territorio Vaticano, trtd. Marzorati,
Roma, 1886.
(4) Corr. « Esquilinis D, cioè nella vigna di Felice de Fredis alle Sette Sale.
($) Le mura bastionate di Paolo III e Pio IV. La valle dell'Inferno sta dalla parte
opposta fuori della porta Angelica. Forte l'A. intende parlare della valle del Gelsomino,
e della valle delle Fornaci fuori la porta Turrionis (Cavalleggeri), note per 1« cave di creta
figulina.
(6) Cf. Giuseppi: Caterbi, La chiesa di S. Onofrio e U tue tradi{loHÌ, Roma, iSjS,
e il voi. V del Fokciìlla, p. 240.
^4 C^- "Biichellitis
Camerini augustiniani, editum Romae anno 1591, ubi haec inscriptio,
marmori incisa, legitur:
Sixtus V Pont. Max. | Bibliothecam aedificavit | Porticus construxit, coniunxit [
An. .MDLxxxvin. Pont. .111. (i).
XV. Pars urbis Transtyberinae veteris, quatuor olim portas habe-
batjValeriam, Septimianam, Aureliam, et Portuensem (2). Hunc igitur
diem in explorandis Transtyberinis monumentis consumpsi, ac portam
Fontinalem sive Septimianam ingressus, vidi Sanctae Mariae Transty-
berinae basilicam, ubi olim tabernam merìtoriam fuisse ferunt, et olei
fontem fiuxisse, tempore nativitatis Christi. Author est Eutropius, cui
astipulatur Orosius, et hi versiculi, aureo pencillo restaurati, supra
portam in navi posteriore indicant:
Dum tenet emeritus miles, sum magna taberna,
Sed dum Virgo tenet me, maior nuncupor et sum.
Tunc oleum fluo, signas magnam pietatem
Christi nascentis, nunc trado petentibus ipsam.
Est in parvo lapide, non procul a porta, obscuro in loco, simplex
epitaphium Innocentii II papae, goticis literis iam pene fugientibus
signatura, quod est tale:
Hic requiescunt venerabilia ossa santissimae memoriae domini Innocenti! II PP. de
domo Paparascorum qui praesentem ecclesiam ad honorem Dei genitricis Ma-
riae &c.
quae legi vix poterant (.mcxl.), sed ex Platina, Martino, et Biondo
facile suppleri. Fuit is ex Transtyberina regione Romanus, moritur
pontifex anno .xiiii. .mvii., fornices huius templi opere musiveo or-
navi! (3).
Scribit Antoninus episcopus Florentinus, hic, ni fallor, imaginem
esse divae Mariae a beato Luca depictam. Eodem in tempio est epi-
taphium Francisci Amelini Medices (4) cardinalis et eius patris. Item
Stanislai Hosiì Poloni cardinalis, viri doctissimi, qui Consilio Triden-
tino, nomine papae, praefuisse dicitur, et de controversiis relligionis
quaedam edidit. Epitaphium est in Epith. meorum libro, ubi et aliud
(i) L'iscrizione più non esiste. Stava, secondo il Rocca, Ice. cit. p. 2, nella
facciata verso il cortile di Belvedere. La parola • construxit » manca nell originale.
(2) Le porte Onoriane transtiberine erano tre soltanto.
(3^ Innocenzo II, Papareschi, riedificò la basilica nel 11 39 servendosi di colonne e
di capitelli delle terme Antoniniane. Vedi Huelsen, Architeklonische Studien von, . . Iwa-
noff in principio. L'epitaffio di Innocenzo II sta presentemente collocato nel portico.
(4) Il sepolcro del card, Francesco è descritto a lungo dall' Armellini, Chiese, 2' ed.
p. 644 sg. : il titolo sepolcrale del card. Stanislao Osio, -j- 1579, dal Forcella, II, J47,
n. 1070. Cf. voi. Ili, 326, n. 741. Roberto Altemps, primo duca di questo nome, pre-
fetto delle armi papali in Avignone, mori di venti anni nel 1586.
Iter Italiciim 65
est Roberti ab Altaemps, Galesii ducis. Ad sepulcrum Hosii hoc ha-
betur dignum tam valido pontifìciae causae defensori elogium: « Ca-
« tolìcus non est qui a Romana Ecclesia in fidei doctrina discordai » ;
si de vetere, verum, si de hac corrupta, minime. Lactantius Firmianus
veram catolicam ecclesiam hanc esse scribit, in qua est relligio,
confessio et poenitentia, quae peccata et vulnera, quibus est subiecia
imbecillitatis carnis, salubriter curaret. Restant haec in Romana Ec-
clesia etiamnum vocabula, sed longe distat effectus.
Mihi narratum, Henricum Stephani, olim ad bibliotecam Vati-
canam admissum, ut ei excribendi quaedam copia fieret, cumque
crederetur scribere, summa dexteritate cultello clam librum integrum
exscidisse, et coperculo vacuo, ne fraus pateret, relieto, abstulisse.
Inde ad Montorium, lanicularis montis partem, perveni, habetque
templi divi Petri in Monte Aureo, in quo sepulcrum cardinalis Mon-
torii, qui quondam, ut fertur, lulio III in delitiis fuerat, et piclura
excellentissimi Urbinatis (i).
Hunc montem si descenderis in planitie, iuxta muros, est coemite-
rium ludeorum (2). Philon autor est ludaeos olim magnani partem
Transtyberinae regionis tenuisse, in hac quoque viliora et sordidiora
quaeque opificia fiebant.
Hinc iter est per portam lanuensem, nunc Sancti Pancratii, via Vi-
tellia ad mare, cuius meminit in Vitellio Tranquillus, Hinc ambu-
lantes iuxta Tyberim, vidimus relliquias pontis Sublicii in medio
flumine apud Navalia extantes, ad radices fere Aventini. In hoc olim
Horatius Cocles impetum hostium solus sustinuit, donec demoli-
retur, ut Romanarum rerum scriptores abunde posteritati reliquere.
Hic factus per Ancum Martium .iv. Romanorum regem ligneus, ex
lapide inde restauratus per Aemilium Laepidum, et dictus Aemilius,
deinde ab aliis imperatoribus et tandem ex marmore per Antoninum
Pium, Marmoreusque appellatus (3).
Circa vesperum pontem olim Palatinum et Senatorium, hodie San-
ctae Mariae, transivimus, et hospitium, quod tum erat in Aethiope,
repetivimus. Habebat vero is pons hanc inscriptionem marmoream:
Ex autoritate Gregorii XIII P. M. | S. P. Q R. Pontem Senatorium cuius fornices
vetustate collapsos et iampridem refcctos lluminis inipetus dcnuo deìecerat, in
pristinam firmitatem et pulcritudinein restituii; anno iubilaci .mdlxxv. (4).
(i) La Tratjiguraxione, e il sepolcro del card. Del Monte disegnato da Giorgio Vasari.
(2) L' « Ortaccio degli Ebrei » situato tra la presente stazione del Trastevere e le
mura della cittA, sulla linea del viale del Re. Vedi, fra molte autoritA, Biirliner, (/«•
schichit der Juden in Rom, Frankfurt, 189), II, par. i, p. 14; par. li, pp.6}, 64.
(3) L'A. confonde i resti attribuiti al ponte Sublicio con quelli del ponte Emilio.
(4) Gregorio XIII si atnbuisce il merito del risarcimento del ponte pel giubileo
del 1575, merito che spetta invece esclusivamente ai Conservatori della città.
Archivio della R. SocieU rimana ài ttoriA patria. Voi. XXIII. 5
66 Q^d, "Buchellius
laniculum dictum, quod per eum populus Romanusprimitus trans-
ierit in agrum ethruscum, tradìt Festus. Virgilius a vetustissimo op-
pido lani Vili Aenià. derivai nomen, vide Georg. Fabritium De antiq.
urh. Rom. Hic Numam esse sepultum, author est Paulus Diaconus in
Festum, in verbo Numae. Hunc pontem divae Mariae Aegyptiacae a
vicina aede nunc appellatum volunt, in eo inscriptionem antìquam esse
scribit Martianus, quae dubito an iani exstet, cum vi et impetu flu-
minis anno .mdlvii. deiectus fere medius fuerit, ac deinde a S. P. Q. R.
tempore Pii IIII pontificis maximi, anno scilicet .mdlxi., ex lineis
machinelis, reficere curavit. Sed cum opus iam absolutum esset, per-
fracto uno ex validioribus rudentibus, praeceps in Tyberim proruit,
quassata mole et abrupta, sicque usque ad tempora Gregorii XIII
papae anno .mdlxxiv. mansit, cum tempore iubilei iterum restauratur,
architecto Matheo Typhernate, cuius tum sumptus ad .liv. millia
nummorum aureorum ascendit (i).
(i) I documenti relativi a questo restauro saranno da me pubblicati nel voi. I della
Storia degli scavi di Roma. Il ponte, abbattuto dalle acque il 27 settembre 1557, rifatto
prima in legname, poi in muratura, sotto la direzione di Matteo da Castello, cadde nuo-
vamente il 25 dicembre 1599. L'ha sostituito nel 1889 una delle più goffe costruzioni
idrauliche dei tempi moderni.
(Continua).
REGESTO
DEL
MONASTERO DI S. SILVESTRO DE CAPITE
(Continuazione, vedi voi. XXII, p. 489)
LXXXIII.
1227, maggio 31.
« Bonomus Grifonis de castro Vassanelli don[at in perpetuuni
« d. Ianni yconimo Muto ecclesie S. Silvestri de Capo unam petiam
«terre positam in tenimento Vassanelli in loco qui dicitur Silva munda,
« inter hos fìnes W, a capite tenent Crescius Madiane et heredes Petri
« Bonomi, a pede tenent heredes Rustukelli Ortani, ab uno latere est
« via Calcarelle, ab alio latere est via praterie (•>) ». Pena « dupli
«diete rei». «Actum in domo iudicis Nicolai, coram testibus ludice Ni-
« colao, Petro lacobi, Ianni Lucie, Petro lanis, Duranti de Paqo, Ianni
« Grappalli. Nicolaus Petri Romani, per alme Urbis prefectum, no-
« tarius » (i).
LXXXIV.
1228, settembre ...(e).
«...(0 consentiente in hoc Consula uxore [sua et d. Silvestro ha-
« bate monasteri! S. Silvestri et Iohanne[Mut]o(c)diac[ono]...(Oipsius
(a) Fin qui una mano; poi la scrittura cambia ed è quella del notaio,
{h) Nel testo una parola abbreviata che interpreto con incertena, (e) Uno
strappo nel margine superiore destro della pergamena danneggia l' estretnità
delle prime righe.
(1) Nel verso, oltre la solita nota riassuntiva di mano poste-
riore, ò un'altra nota, scritta in minuscola forse sincrona all'atto:
« Cartula donationis de .1. petia terre posita in tenimento VnssancUi
« in loco qui dicitur silva munda ».
^8 V, Jederici
« monasterii et Benedicto et Ioanne Divi(;^e monachi prcdicti mona-
« sterii, habentibus prò eorum consensu .v. solidos provisinorum d[at
«per Petrum Buccafusca [suum procuratorem . . . (») lohannis Girardi^
« secundum tenorem carte locatìonis in perpetuum, scripte per Angelum.
« Petri Mardonis scriniarium u[nam terram bene] (*) pastinatam pie-
ce nam uvis plus vel minus cum medietate de vasca et vascali et tini
« et cum via intus carbonarium, positam extra Flammineam portam^
« in campo S. Valentini, inter hos fines, a .i. latere est vicolus, a .ir.
« Petrus Buccafusca, a .ni. est mons S. Valentini, omnes iuris dicti
« monasterii, a .mi. est via, prò .xx. libris et dimidia provisinorum
« senatus honorum salvo tamen quod a modo, omni anno, in tempore
« vindemiarum redd[et monasterio quartam partem musti mundi et
« acquati quod de ea exierit et unum canistrum plenum uvis quod
« sit in fundo duorum palmorum et unius summissi altum et dah[it
« predicto monasterio .mi. provisinos prò vascaneo et [monasterium
« dimictet [ei in tino .xviii. congitellas musti mundi per vascam de
« musto communi ad congitella de senatu. Comjminus .v. soHdos
«provisinorum». Pena « dictam pecuniam duplam ». Testimoni:
« Petrus Buccafusca, Abbandonatus cursiator, Johannes Ferrarus, la-
« cobus Stefani Benediane, Petrus Laurentii. Romanus Angeli (b) sacri
« romani imperii scriniarius ».
LXXXV.
1229, decembre 18.
« Silvester abbas monasterii Ss. Stephani Dionisii adque Silve-
«stri quod ponitur cata Pauli qd. pape consensu fratrum d. Petri
« Stephani, d. Tebaldi, d. Silvestri monachorum ipsius monasteri*
« loc[at laquinta uxor ohm Stephani Alexii prò filiabus Marta Tedora
« Egidia in .x. et novem annos complendum et semper in alios tantum
« rcnovandum in perpetuum (=) unum casarinum super quem tendiam
« habe[t cum orto post se et iuxta se, positum in regione S. Lau-
« rentii in Lucina, inter hos fines, a .1. latere est via, a .11. Riccardus
« lohannis Periculi, a .111. Riccardus lohannis Periculi iuris mona-
« sterii W, a .un. tenet Petrus Tosus prò duo[bus solid[is provisinorum
(a) Qui la pergamena e bucata. (b) Il patronimico e ricordato soltanto
nella ro ga:^ione . (e) Tre linee del testo sono straordinariamente sva-
nite, sì che la lettura ne e difficilissima. (d) iuris monasterii aggiunto dalla^
stessa mano del testo con un richiamo, dopo la firma dei testimoni.
^gesto di S. Silvestro de Capite 6^
« honorum senatus prò renovatura, et sub pensione unius denari!
« Papié in festo sancii lohannis Baptiste monasterio reddenda ».
Pena « .11. unciarum auri». Testimoni: « Bartholomeus Oddonis,
« Conradus lohannis Matliei, Gentilis terra nanus, Gulielmus cappel-
« lanus. Angelus sacri romani imperii scriniarius».
LXXXVI.
1230, agosto 3.
« D. Silvester abbas monasterii Ss. Stephani Dionisii adque Sii-
« vestri quod ponitur cata Pauli qd. pape cum consensu presbiteri
« Petri Stephani, d. lohannis Muti yconimi, d. Tebaldi, presbiteri
« Benedicti, d. Guidonis monachorum eiusdem monasterii conce-
« d[it iure tertii generis d. Ahcheo Petri Mauritii et procuratorio
« nomine Petro Germano fratri [suo prò medietate subscripte rei
<c et procuratorio nomine Simoni et lohanni sobrinis fratribus et Simo
« olim Sebastiani habitatoribus civitatis Gallese, prò alia medietate
« unam petiam de terra in lenimento suprascripte civitatis, in loco
« qui dicitur Capangiola, ita ut omni anno redd[at prò pensione
« medium tinum de grano in festivitate sancte Marie de agusto, ad
« tinum vendalicium de Gallese, positam inter hos fines, ab omnibus
« lateribus tenet monasterium, excepto quod a capite est via, et a
« pede fossatum, prò .1111. libr[is et dimid[ie senensium et lucen-
« slum, Comjminus .v. solidorum ». Pena « predictam pecuniam du-
« plam ». Testimoni: «Petrus Grassus, Simeon de Rainerio, lustulus,
« Rainaldus cocus, Bartholomeus Oddonis. Angelus sacri romani ini-
« perii scriniarius ».
LXXXVII.
1231, decembre 12, Bassanello (i).
« D. Tebaldus prò se et d, Petro procurator monasterii ecclesie
« S. Silvestri Capite Urbis ex parte una, et lohannes (^antc(*) et Bc-
(a) Nel compromesso pare scritto C,}ance, neU* atto ^ante
(i) In questa pergamena sono trascritti due atti; uno (5. SihestrOf
n. 84, numero nostro lxxxvii), contenente il compromesso del
« laudo », il secondo (5. Silvestro, n. 84, numero nostro Lxxxvin),
contenente il «laudo» medesimo, pronunziato dall'arbitro e scritto
dal notaio, quattro giorni dopo, il 16 decembre.
70 V. federici
«rardus Caporotelle de castro Vassanelli ex altera, compromiserunt
« in Petrum Vecclum (a) tamquam in arbitrum, super questione cu-
ce iusdam molendini, quod est positum ad Fossatum scurum, in pede
« fistolus Aliani iuxta fossatum undique et iuxta rigum, et quicquid
« ipse dixerit ratum habere promiserunt sub pena .xx. librarum lu-
« censium. Actum est hoc in platea Vassanelli, ante domum lohannis
« Canestri, corani testibus Odone Odolini, Andrea Nustoli W, An-
w gelerio Donadei, Filippo Fortisguerre, Petro lohannis Mero?(;e
« de Vassanello. Eodem anno et mense, die .xvi., indictione et loco
« predict[is,coram testibus Petro Necti(«), lohanne Canestri, Mencio W
« Rustichelli, Allebrandino lohanne Nustoli (e), d. Petrus procurator
« et monacus eiusdem monasterii compromisit in dictum Petrum arbi-
« trum. Benencasa Benenterre notarius».
LXXXVIII.
1231, decembre 16, Bassanello.
« Petrus Vetulus potestas (f) Vassanelli electus arbitrer a d. Te-
« baldo et d. Petro monacis monasterii S. Silvestri Capite Urbis ex
« parte una, et a lohanne (^ante, a Berardo Caporotelle de Vassanello
« ex altera arbitrando pronunci[at quod dictì Johannes et Berardus dent
« monacis decimam partem prefati molendini, et aliud totum cum eius
« tenimento maneat liberum. Item laud[at quod si para molendini
« destrueretur exercitu vel diluvio, teneantur monaci prò eorum parte
« eis contengenti reficere. Et si lohannes et Berardus venirent ad
« vendendus(g) [eorum ius, prius vendantur raonasterio, .xv. solidos
« lucenses minus. Si monasterium veniret ad vendendus (g) ius suum,
« prius vendatur lohanni et Berardo, .11. solidos minus.
« Actum est hoc in platea castri Vassanelli, coram testibus Petro
V Necti (h), lohanni Canestro, Mencio (0 Rusticelli, Petrus Mencii W,
(a) Nel compromesso e vecclum, nell'atto vetulus (b) Nel testo n'iolì
e
(e) Nel testo Nti [à) Ahhrev. melo ; nell'atto d'arbitraggio seguente e ri-
petuta la medesima forma abbreviata. (e) Nel testo n'toli (f) Abbre-
viato pot (g) L' ultima d ha V abbreviazione dell' us fd'J ripetuta nello
slesso modo più sotto. (h) Abbrev. nti (i) Nel testo mcio (k) Questo
cognome scritto distesamente e chiaramente conferma V esatteT^a dell'inter-
pretazione del cognome precedente, abbreviato melo Rusticelli,, padre di
Petrus
Regesto di S. Silvestro de Capite 71
« Crescio Lucìe, Petro lohannis Maroqqe, Guidone Bouoni (a), Nicola
« Petri Yoni, lordano Bonomi Raineri', Anielo Capolati, Petrus Bo-
« nomi. Benencasa Benenterre notarius de mandato Petri arbitri ».
LXXXIX.
1253, luglio 28.
« Mathe[us Bufonis iud[ex comunis Ortani per d. lohannem
« Cinthii de Papa, potestatem Ortanum, investire facit per Gentilem
« castaldum [suum Giliolu[m Boninfantis, [qui a Petro Tancredi
« petebat .11. iunctas terrarum positarum in contrada Vaioli (l>), iuxta
« ipsum Giliolum et iuxta viam .xl. solidos existima[tas et apparebat
« per sententiam scriptam per Thomasium notarium qd. comunis
f( Ortani, latam a iudice lohannis Peregrini qd. iudice comunis Ortani;
«prò qua investitura facienda [Giliolus dedi[t prò salario .11. solidos
« et .XII. denarios dicto Gentili, .vili, denarios castaido prò clama-
te tura, et .viii. notario prò carta ». Testimoni : « Placidus, Petrus
« Guitonis, Raynucius Malapresa ». « Lucas sacri romani imperii iudex
« et scriniarius et modo notarius d. lohannis Cinthii potestatis Or-
« tani ».
xc.
1234, gennaio 11.
« Sylvester abbas monasterii Ss. Stephany Dionisii adque Silvestri
«quod ponitur cata Pauli qd. pape de consensu d. Petri Stephany pre-
« sbiteri, lohannis Mutiyconimi,Stephani Cinthii Oddonis eiusdemmo-
" nasterii monachorum loca[t per predictum lohannem yconimum pro-
« curatorem Scangiolongo usque in tertiam generationem, [qua finita,
« quarta generatio danpdo [monasterio .vi. solidos denariorum papien-
« slum, teneji[tur relocare, unam donmm carticineam cum orto post so
" positam regione Colupgne Antonine, inter ortos, inter hos fines, a .1. la-
« tere heredes Petri de Ocre tenent, a .11. retro Confangio Adammi, a
« .III. et .1111. sunt vie, una que vadit in ortum d. Canccliarii, alia
M vero publica, prò .111. libr[is et dimid[ie honorum provisinorum se-
« natus, et a modo annualiter (e) in feslivitate sancti lohannis Balti-
(.1) Sei testo bouoni (b) Nel lesto par che sopra la parola ci sia uh»
abbreviatura: Vaioli ^Vanioli ?y. (e) Nel testo ann
72 F. Jederici
« ste redd[at [monasterio ii. denarios papienses nomine pensionìs.
« Comjminus .xviii. denariorum papiensium ». Pena « .v. unciarum
«boni auri ». Testimoni: « Gyrton calgolarius, Oddo Romani Angeli
« de Pogio, Angelus Alberti, Matheus Zucchi dopgne, Leonardus or-
« tulanus. Guaiengus S. R. E. scriniarius ».
XCI.
1235, settembre 3.
« Silvester abbas monasteri! S, Silvestri de Capite, d. Petrus,
« Johannes Mutus yconimus, d. Benedictus, d. Romanus dicti mo-
•( nasterii monachi consensu d. Tebaldi monachi eiusdem monasteri!
« promitt[unt Andree Cristofani, procuratorio nomine prò d. Ore-
« sma (a), uxore Mathei Cilinie, cuius in hac causa negotium ger[it,
« hinc ad unum annum, dare centum libras honorum proveniensium (b)
« senatus quas nunc apud [monasterium deponi[t, que sunt de dote
« [Oresme, [cui pervenerunt ex bonis [eius paternis et maternis.
« Nomine alimentorum diete dotis promitt[unt dare [Andree .xii. li-
« bras et dimidiam honorum proveniensium (b) senatus, omni anno,
« donec ei fuerit in omnibus satisfactum. Completo anno quo non
« fiat soluto ad eamdem rationem per mensem et per diem ». Pena
« dicti depositi duplum ». Testimoni : « Gualterius de Cesarinis, Oddo
« filius Oddonis Colicoli, Johannes filius olim lohannis Mathei, lo-
« hannes de Capua, Leonardus de Bitorclano. Johannes Coni S. R. E.
« scriniarius ».
XCII.
1256, aprile 6.
« Johannes Gratiani, consentientibus in hoc d. Silvestro abbati
« monasteri! S. Silvestri de Capitis et Tebaldo et Johann! Muto yco-
« nimi et Silvestro et Benedicto monachis eiusdem monasteri!, haben-
« tìbus prò consensu .v. solidos honorum provisìnorum senatus, tradfit
(a) È incerta la lettura tra Crestina e Oresma. Ma per i riscontri fatti
col resto del documento appare paleograficamente più. probabile la legione
Oresma, la quale e poi confermata dalla carta del 6 novembre 12^6 (S. Silve-
stro, n. 8p, nostro XCIIIJ, nella quale è ricordato il presente atto, e ripetuto
il nome Oresma. (b) Abhrev. ^uen
Regesto di S. Silvestro de Capite 73
« per Cressentium procuratorem Synibaldo Oddonis, procuratorio no-
« mine recipiente prò d. Scota uxore qd. Petri Romani cognata [sua,
«in perpetuum, unam petiam vinee plus vel minus cum medietate
« vasca et vascale suo, positam extra portam S. Valentin! in monte
« S. Valentini; fines eius, a .1. latere tenet [ipse Sinibaldus, a .11 he-
« redes Clementis, a .111. est costa dicti montis, a .1111. est via pla-
ce bica, prò .XVI. libr[is bonorum provisinorum senatus ». Pena « pre-
te diete pecunie duple ». Testimoni : « Cresscentius Beraldi, Petrus
« Stephani, Bartholoraeus filius eius, Lucanus, Johannes Baronis. Ni-
« colaus Andree Stephani de Rufino sacri romani imperii scriniarius.
« De quo coniracto sunt duo [exemplaria], unum ecclesia S. Silvestri,
M alium d. Scotta ».
xeni.
1236, novembre 6.
« Silvester abas monasteri! S. Silvestri [quod ponltur cata
« Pau]li (a) qd. pape et d, Petrus presbiter et d. Johannes Mutus
« yconimus et d. Tebaldus et d. Benedictus presbiter et d. Silvester
«diaconus et d. Oddo presbiter et d, Gregorius omnes monachi dicti
« mona[sterii] W vend[unt per d. Tebalduin monachuin et procu-
« ratorem [eorum («) Cinthio Stefani ...(») totum et integrum teiii-
« mentum predicti monasterii, videlicetterrarum sementariciarum cum
« prato et pantano ligneo et carticeto O') et cum pertinentiis intus a
«pantano iuxta flumen et de... [Stefajni (0 de Filippo per dictum
«monasterium iure pignoris tenuerunt; positum extra pontem Sala-
« riura, in loco qui dicitur Silva proba; fines autem terre et prati
« cum ipso pantano ligneo [a .1. laterej («) Stefanus de Filippo, a .11.
a heredes Petri Spelte, a .111. est tlumen, a .1111. Fredericus comitis
« lacobi; fines autem terre extra pantani in costa montis, supra hii sunt
« a tribus lateribus tenet prefa[tus Fijlippo («), a .1111. vero latere est
«via publica Salaria, prò .e. libris provisinorum senatus bo!iorum de
« quibus ...(») Oresme uxori nunc Mathei Celinge (0 solv[unt; quod
« debitum apparet per cartam plubicam scriptam per lohanneni Co-
«nium». Pena « dictam pccuniam duplam». Testimoni: «Factor
(a) // margine superiore destro della pergamena e danne g già tissimo per
corrosione. (b) Kel testo abbreviato canccto (e) Sei testo Cerige . Que-
sto nome si ritrova in un altro atto fS. Silvestro, n, Sj, nostro XCI) dove è
scritto evidentemente Cilinic
74 ^' Jederici
« argasterolus, Teodinus Gentilis, Johannes de Balneo, Petrus Radi-
ce Cina, Caput tecte, Bartolomeus Bru^(;i de Gructa Maro(;ca. Ro-
« manus Angeli sacri romani imperii scriniarius ».
XCIV.
1258, marzo 14.
[Copia di « lacobus lohannis Marchi».]
« Egidius et Johannes, fratres fìlii qd. d. Nicolay Arcìonis [et
« prò Arcione (») fratre [eorum, prò quo [hii [se obliga[nt, sub pena
« .e. librarum provisinorum et lacobus frater dicti Egidiì et lohannis
« et Arcione cum d. Egidio fratre et curatore [suo, dato [sibi decreto
«et auctoritate lohannis Marchi scriniarii, d. Constantia, uxor qd.
« dicti d Kicolay Arcionis, tutris Arcionis, fìlii [sui, trad[unt magi-
« stro Retro de Bofo, procuratorio nomine accipienti prò d. lohanne
« de Roiata (t) notario d. pape, in perpetuum, salvo iure d. Thome et
« Angeli filiis qd. Silvestri, thermas [suas de Paliario (0 cum criptis
« et parietibus positas Rome, regione Biberarie, inter hos fines, a .1. la-
V tere [ipsi et fìlii d. Silvestri, a .11. fìlii lohannis Pa^gi (a), a .111.
« est olivetum, prò pretio .lxx. librarum bonorum provisinorum
« senatus hoc tenore quod lice[at] W [sibi [ìpsis de cimis dictarum
« therminarum (e) facere guerram et pacem contra omnes personas
« excepto contra d. lohannem et d. Sanguineum patrem [eius et fra-
« tres d. lohannis de Roiata; et liceat d. lohanni de Roiata et d. San-
« guineo patri suo et fratribus perpetuo facere guerram et pacem de
« cimis dictarum therminarum (e) contra omnes personas, preter contra
« [se et heredes [suos. Si magister Johannes vendere voluerit, non
« possit nisi [eis infra spatium .1. anni solv[at .lxx. libras provisino-
« rum ; si dictus Johannes hedifìcaverit in dictis thermis et voluerit
« hedifìcium vendere, teneatur [iis vendere prò pretio tassando prò
« estimatione muratorum vel aliorum bonorum virorum comuniter
« electorum; quod pretium non possit tassari ultra summam .ecc. li-
ce brarum provisinorum et .xxx. libras». Pena «.ecce, librarum
«provisinorum». Testimoni: « Archipresbiter S. Silvestri, presbiter
« Petrus ecclesie Salvatoris de Canutis, Andreas clericus eiusdem ec-
(a) Incerta la lettura per guasto della pergamena. (b) La parola non
si legge bene qui; ma non e dubbia la sua interpretazione, perche nel seguito
dell'aito e ripetuta spesse volte. (e) Abbreviato pallai (d) Guasto per
corrosione. (e) Abbreviato thèmjn
Regesto di S. Silvestro de Capite 75
« clesie, Angelus Berardi militis, Berardus frater eius, Leonardus Be-
« rardi, Benedictus de Mauro. lacobus lohannis Marchi sacri romani
«imperii iudex et scriniarius sicut inven[it in dictis patris [sui exem-
« platus [est.
xcv.
1239, settembre 25 (i).
« Gregorius Benedicti Berardi, in presentia scriniariì, prò Go-
« lata nepte [sua, filia olimMathei Rubli qd. fratris [sui, consentiente,
« et consentiente in hoc d. Silvestro abbate monasteri] S. Silvestri, et
« Stephano subdiacono, presbitero Benedicto, d. Tebaldo, et d. Ro-
« gerio, eiusdem monasterii monachis, habentibus prò commino
« .XII. provisinos senatus nomine dotis, existimate prò .vi, librls pro-
« visinorum senatus d[at Bonucio Benedicti Sinibaldi, in perpetuum,
« salvo iure monasterii cuius est proprietas, totam et integram me-
« dietatem unius domus cura medietate orti post se et cum medietate
« cripte, sub monumento et granarli in eadem cripta que commune
« prò indivisis hab[et cum heredibus Petri Philipp!, positam Rome
« in regione Trivii in contrata de Arcionibus, Inter hos fines, a
« .1. latere tenet S. Maria in Campo Martis, a .111 Johannes Mathei,
« iure S. Silvestri, a .1111. est via publica, prò eo quod [is supra
« dieta domu et supra aliis bonis [eius predicte Golaie de .viii. li-
ft bris provisinorum pingnus dotale factum hab[et ». Pena «.1. auri
«libre». Testimoni: « Siniballus Porcarius, Bacus de Auro, Sinibal-
«luccius, Petrus Dyoniscii, Bemmcnulus, Johannes Filippi. Cosmas
« filius qd. iudicis Romani Cecilianus sacri romani imperii iudex et
« scriniarius ».
xcvr.
1242, gennaio 5.
« Hynea et Brunisenda et lacoba filie qd. Petri lohannis Gcrardi
« simul cum d. Theodora consentiente in hoc d. Silvestro abbate
tt monasterii Ss. Stephani Dionisii atque Silvestri quod ponilur caia
(i) « Anno incarnationis .mccxxxviiii., indictione .xiii., mense
«septembris, die .xxv. ». Qui lo scriniario lia adoperato l'indizione
del settembre.
7^ V. federici
« Pauli qd. pape cum consensu d. Stefani subdiaconi et d. Benedicti
« presbiteri, d. Silvestri diaconi, Rogerii et Loterii nec non et . . . (*)
« yconimi ipsius monasterii, habentibus prò consensu .v. solidos
« provisinorum senatus, prò [ipsis et nomine prò Capito adque Pe-
« trucio fratribus [suis, prò quibus promitt[unt subscriptam venditio-
« nem perpetuo observare, sub pena subscripti pretii dupli, vend[unt
« per Bartholomeum de Bona procuratorem [eorum Alexio ludici,
« perpetuo, unam petiam vinee plus vel minus, cum tota vel malori
« parte .i. vassce et vasscale, positam extra portam Flaminiam in
« partis S. Valentini prope Formellum, sicut Inter hos concluditur
« fìnes, a .i. latere tenet Nicolaus Tebalducius, iuris dicti monasterii,
« a tribus lateribus sunt vie publice, prò eo quod recipi[unt prò pretio
« .X. libras provisinorum senatus, ita tamen quod a modo tempore W
« vindemmiarum totius musti mundi et acquati quod de ea exierit,
« et .1. canistrum plenum de uvis quod sit largum in fundo .ti. pal-
« morum et .i. summisse altitudinis eidem monasterio reddende, et
« manducare et biberc ministro monasterii qui prò quarta venerit, et
« .1111. provisinos prò vasscatico. Commin[us .v solidos provisinorum.
« Et si [is invener[it in ea aurum argentum ferrum plumbum ramen
« vel aliquod metallum seu preta bona vel pretas valentes ultra .xii. pro-
« visinorum, medietas erit [sua, alia medietas erit dicti monasterii; et
« si dieta vinea per ostem publicum vel celi plagam aut [eius ne-
« glientiam in desertum ierit et in tribus annis relevata non fuerit
c( dieta vinea ad monasterium revertatnr ». Pena « pecunie duple ».
«Testimoni: « Johannes Debaldeo, Bartholomeus de Bona, Rainal-
« dus de Vetula, Petrus Benedicti, Petrus Clericoni. Seniinivivus (0
« sacre auUe imperialis scriniarius ».
XCVII.
1242, decembre i.
[Copia di Giovanni scriniario.]
« Haliosa uxor olim lohannis Girardi tutrix Petri W filli [sui, prò
«ipso pupillo, et Ypolitus et Siniballus fratres filii olim dicti lohannis
«Girardi una cum Astallo curatore [sibi dato decreto ... (0 iudicis et
« scriniarii cuius est auctoritas prò medietate subscripte rei et Ysa-
(a) Lacuna nella pergamena. (b) Abbreviato p (e) Nella ro ga-
zatone e abbreviato séminiuìi (d) Nel testo si legge solo pe neW estremo
■margine destro. (e) La scrittura e svanita.
Regesto dì S. Silvestro de Capite 77
«bella uxor olim Petri Egidii tamque tutrix Gregorii filli [sui prò
« se et ipso pupillo, et lacobus filius olim dicti Petri Egidii prò alia
« medietate, vend[unt Anastasio bubulco, in perpetuum, unum casali-
« num ex muris circundatum cum orto post se, positum in regione
« Trivii, inier hos fines, a .1. latere tenet Nicolaus ortulanus et lo-
ft hannes Nicolai, ab aliis lateribus est vicolus, ab alio est via publica,
« prò .VI. libris [provisinorum senatus] » W. Pena « diete pecunie
« duple». Testimoni: « Paulus Octabiani, Paulus Alichi, Nicolaus... («)
« Petrus filius eius, Petrus filius lohannis de Girardo (b). ►J< lacobus
« iudex et scriniarius filius d. Consolini primicherii iudicis, adhibens
« fidem buie instrumento fideliter exemplato [se subscrib[it. ►J< Petrus
«iudex filius d. Consolini predicti, cognoscens &c. [se subscrib[it.
« y^ Romanus S. R. E. scriniarius et prior scriniariorum videns liane
« cartam &c. manu subscrib[it. iji Petrus lohannis Guidonis S. R. E.
« scriniarius videns &c. [se subscrib[it. Johannes filius qd. Iudicis
« Romani Cecilianus S. R. E. scriniarius, sicut iuven[it in cartulario
« dicti (0 qd. Cosme scriniarii fratris [sui, cui Deus indulgeat, exem-
« platus [est ».
XCVIII.
1242, decembre 12.
« Silvester abbas monasterii Ss. Stephani Dionisìi atque Silve-
« stri quod ponitur cata Pauli qd. pape cum consensu d. Stephani
« j,ubdiaconi, d. Benedicti presbiteri, d. Roggerii presbiteri, d. Loterii,
« fratris Georgii monachorum dicti monasterii loc[at per Thomam
« [suum procuratorem Apolenario usque in tertiam generationem
« unum casarinum [S, [Silvestri ecclesie cum orto ante se et iusta
« se, positum in regione S. Laurentii in Lucina, Inter hos fines, a
« I. latere tenet Petrus lohannis Simmei, a .n. Matheus de Pe-
« trone et uxor Sarracena, a .111. est via publica et tenet ecclesia
« S. Marine et donius que fuit Barthclomei Bonegentis, a .1111. ante
« est via publica prò eo quod recep[it, nomine mcrcedis, .111. libras
« et .11. solidos provisinorum senatus, salvo tamen quod hinc in an-
« tea annuatim in fesio sancti lohannis Batiste redd[at monastcrio prò
« pensione ,1111. provisinos. Commin[us .vi. solidorum provisinorum ».
(a) Illeggibile per danno della scrittura. (b) Incerta la lettura perchè
il carattere e quasi completamente svanito. (e) Sei testo dictia/ ; sopra Ta
lo scriniario scrisse un i per correggere, sen\a pero cancellar* la forma ori'
gin ale errata.
78 F. Jederici
Pena «diete pecunie duple». Testimoni: « Romanus Angeli Ste-
« pliani Grassi, presbiter Ursus, Silvester nepos d. abbatis, lohan-
« nes Appolafracta. Thomas Obicionis sacri romani imperii iudex et
« scriniarius ».
XCIX.
1243, febbraio 9 (i).
« Loterius, monachus S, Silvestri, filius Adinulfi investivit d. Yl-
« perinum monachum et yconimum S. Silvestri de duabus domibus
« cum Ortis post se W positis in Scortecclari sicut Inter suos conclu-
« duntur fines, cui a .1. latere tenet Oderiscius, a .11. latere ipse Lo-
ft terius tenet, a .111. latere est via publica, a .1111. tenet Leonardus
« Petri Andree: fines vero alie domus a .1. latere tenet ipse d. Lo-
ft terius, tenet a .11 Angelus Trufife, a .ni. est via publica, a .1111. la-
« tere tenet Leonardus Petri Andree. D. Benincasa et d. lannucìa
« uxor Petri laquinti pensionarle dictarum domorum promiserunt ab
« hodierna die in antea sedere ad pensionem per dictum monasterium
« et yconimo pensionem reddere promiserunt, salva ratione d. lan-
« nucie, silicet .xv. solidorum bonorum provisinorum senatus ». Te-
stimoni: « Angelus Petri Mancini, Johannes Garbi, Andreas Garbi,
« Actactius, Pelegrinus. Gratianus S. R. E. scriniarius rogatu d. Yl-
« perini monaci W yconimi monasterii S. Silvestri.
(a) La frase cum ortis post se e aggiunta con una chiamata in fine del
disp ositiv 0 , dalla medesima mano del testo. (b) La r 0 gallone, in
questa carta, e ripetuta pure nel p r 0 toc olio iniziale, dal quale tolgo la qua-
lifica di monacus^ che manca nella sottoscrizione.
(i) « Anno incarnationis .m.ccxliii., vacante sede apostolica,
« post mortem d. Gelestini III pape, anno vero eius .1., indictione .1.,
«mense februario, die .vini. ». L'anno 1243 concorda con l'indi-
zione I. Gelestino IV, eletto pontefice alla fine di ottobre 1241, morì
il 17 o il 18 novembre seguente, prima di essere stato consacrato.
Il 9 febbraio erano dunque appena quindici mesi dacché vacava la
sedi^ pontificia. Le note cronologiche dunque bene interpretate, per
quanto non rigorosamente esatte, non contrastano fra loro.
^^e gesto di S. Silvestro de Capite 79
C.
1243, m-^rzo 8, Gallese.
«Ego P[etrus] C»"* Montanarie tertius arbitrer et prò tertio arbi-
« trer et amicabiliter conipositor, electus de consenso a d. Rainaldo
« lohannis Ferri ex parte una et ^affo lohannis Benencase ex altera
« parte super Htibus omnibus que vertebantur inter eos occasione
« .xiiii. librarum lucensium quas Qaffus petebat a d. Rainaldo sibi
(c dari de summa .xxxx. libras ex iure sibi cesso a Guidone Guictonis
« Alexandri, civi Ortano ., .(•'), dictarum .xxxv. librarum, ut patet
« instrumento confecto per Petrum notarium; occasione .e. solidorum
« lucensium quos petebat Qaffus a d. Rainaldo ex iure sibi cesso
« a Petro Andree Thomasii de summa .x. librarum lucensium, ut
« patet publico instrumento confecto per Petrum subscriptum nota-
« rium ; occasione .xvi. librarum lucensium quas d. Rainaldus dice-
« bat ipsum (^affum habuisse prò pretio terre sue quam emit Qafifus
« olim a lohanne fratri [eius, de mandato dicti Rainaldi, quas Rai-
« naldus petebat sibi solvi vel compensari in summa .xiiii. librarum,
« petit[a ab ipso Caffo, prò eo quod instrumento emptionis terre de
« Calcarla iuxta viam publicam et iuxta salicetum fluminis morlui,
« pretium .xvi. librarum ipsius terre; et occasione .vili, librarum
« lucensium in una mano et .vi. librarum in alia manu; et occa-
« sione .xviii. solidorum lucensium in alia manu quas Rainaldus
« petiebat ab [ipso [Caffo qui coniess[us [erat coram Simeone ar-
« chipresbitero et Simone Petri Conversani ; et occasione fructuùm
« quas d. Rainaldus petiebat ab ipso Caffo sibi restituì; unde Petrus
« Montanarie cum Simone archipresbitero arbitr[o a Rainaldo et a
« Caffo elect[o, ut patet in compromisso confecto per Petrum Fi-
« lippi notarium, arbitrando precipi[unt quod d. Rainaldus solvat
« Caffo bine ad kalendas madii .viii. libras bonorum lucensium et
« Caffus faciat finem et quietationem perpetuam de illis [supra-
« dictis, quas petebat ex iure &c., et de investimento &c., et ex
a iure &c., ut patet publico instrumento confecto per Pttrum sub-
« scriptum notarium et de investimento sibi facto olim a Rogerio
« Malfetani tunc potestate Gallesi! per Simonem comitatus Thca-
« tini et d. imperatori s capitaneum generalcm, super unam petiam
(a) Una macchia danneggia la parola. (b) // danno della pergamena
impedisce qui la lettura.
8ó V, Jcderici
« terre et cese et de biado quod fuit in ea, prò .mi, libris lucensium
« prò existimatione hunius bovis, et prò .ex. solidis lucensium, et de
« .1111. medialibus grani prò lucro diete pecunie ut pa[tet instru-
« mento] («) confecto per Petrum Filippi notarium ».
« Si quis eorum hoc arbitrium non observaverit incidat in pe-
ce nam .x. librarum lucensium, medietas solvendam parti observanti, et
« alia medietas arbitris. Lectum est hoc arbitrium ante domum que
« fuit Sinibaldi Conversani et nunc est Barnabei, coram testibus d.
« Trasmundo potestati Gallesii, Gomigo d. Guidonis...(a), Petro
« Andree Thomasii, Toliaferro, Petro Arture, lohanne Petri Carisi!
«et Simeone Petri Conversani notarlo. Petrus W de Gallese impe-
« riali auctoriiate notarius de mandato Petri et Simeoni arbitrorum
« et ad postulationem d. Rainaldi » (i).
CI.
1243, luglio 28.
« Silvester abbas monasterii Ss. Stephani et Dionisii atque Sil-
« vestri quod ponitur cata Pauli qd, pape et d, Stephanus, d. Bene-
te dictus, Silvester et Ylperinus yconimus dicti monasterii monachi,
« Petro Ciolfi consenti [unt illi dationi et concessioni, in dotem date
((■ unius domus, posile regione S. Marie in Agro, sicut publico appa-
« ret instrumento scripto per lohannem Coni scriniarium, cuius do-
« mus hii sunt fines, a .1. lacere tenet Petrus Luccus, a .11 retro est
« casalinum quod fuit Boemensium (0, a .111. et .1111. latere vie pu-
« blice, salvo tamen quod omni anno [is monasterio in festivitate
« sancti Silvestri redd[at .1. provisinum nomine pensionis. Comjminus
« .XII. provisinorum. Consenti[unt quod recipi[unt .xii. provisinos».
Testimoni : « Michael Petri lohannis Sassi, lohannis Serhomo, Ni-
« colaus Bartolomei, lohannes Cap[u]dedecem. [lohannes Coni S.
« R. E. scriniarius] » {^).
(a) Guasto della pergamena. (b) Il guasto della pergamena non fa leggere
il nome del notaio, che però si desume dal disp ositivo dell'atto. (e) Nel
testo abbreviato boerfiil (d) La pergamena e corrosa nel margine inferiore
e non lascia piìi leggere la firma dello scriniario, che però si desume dal con-
fronto della pergamena S. Silvestro 99^ numero nostro CIV.
(i) Nel dare il riassunto di questo atto, dei dati di fatto ripetuti
spesso nel corso dell'arbitraggio, riporto soltanto quelli nei quaH com-
pariscono nomi o fatti nuovi.
'T{e gesto di S. Sìhestro de Capite 8i
CU.
1244, gennaio 12.
« Silvester humilis habbas monasterii Ss. Stephani Dionisii ad-
« que Silvestri quod ponitur cada Pauli qd. pape cum consensu d.
« Benedicti presbiteris, d. Silvestri camerarii, d. Roggerii conced[it
« d. Stephano de Cinthio priori eiusdem ecclesie liberam et absolu-
« tam potestatem renovandi locationem et contractum civitatis Or-
« tane cum suo comitatu et S. luvenalì et castri Gallesis et con-
« stitui[t [eum [monasterii generalem procuratorem ad pctendum, re-
« spondendum &c. et promicti[t omnia supradicta rata habere sub
« pena dimidie libre boni auri. De qua concessione due sunt cartule
« uno tenore conscripte ». Testimoni: « Gregorius Deustesalvet,
« Omnis Sanctus Appolafracta, Barnabeus, Johannes Gentilis, Paulus
« Albascie Gratianus S. R. E. scriniarius ».
CHI.
1246, gennaio 14.
« BertoUus cursiator, consentientibus in hoc Romana uxore [sua
« et omne ius suum dotis et donationis propter nuptias sue et omne
« aliud ius et specialiter auxilium legis senatus consulti Velleianì
u refutans, et cum consensu Symacy patris diete Romane, vend[it
« per lohannem Paganum [suum procuratorem Laurentio Bernardi,
« in perpetuum, unam petiam vinee ad quartam (•) plus vel minus
« cum medietate vasca et vascale et tini sui, posita[m extra portam
« Flammineam in m[ontc](b) S. Valentini sicut inter hos affines con-
(» cluditur, silicet a .1. latere tenet Nicolaus Penne, a 11. Rosa et
tt heredes qd. Adrioli, omnes iuris monasterii S. Silvestri de Capite,
« a .III. et .1111. sunt vie publice, prò eo quod recip[it prò toto
« pretio .XX. libras provisinorum senatus salvo tamen quod bine in
f( antea [is omni anno in tempore vindemmiarum quartam pariem
« totius nuisti mundi et acquati quod de dieta vinca exierii mona-
« sierio S. Silvestri de Capile dare tenea[tur, et ministcr dìctl nio-
(a) ad quartam aggiunto in fine dell'atto, prima delle firme, d^n un ri-
chiamo, dalla medesima mano del tetto. (b) Qui la scrittura fu abrasa.
Archivio dftla R. Società romana di ttoria patria. Voi. XXIIl. 6
82 r. Jederici
« nasterii relinquet [ei .xvm. congitellas de musto mundo com-
« rauni in tino per vascatam plennm de uvis, et si vasca exit di-
« midia relinquet .vini, congitellas, et si non erit dimidia, relinquet
« secundum quantitatem uve. Comminus .v. solidorum provisinorum.
« Si [is inveneri[t in ea aurum argentum ferrum plummum ramem
« seu aliquod metallum vel petram ultra .xii. provisinorum valen-
V tem, medietas sit [sua, reliqua vero medietas dicto monasterio dare
« tenea[tur. Et si per hostem publicam seu celi plagam aut [eius
« negligentiam vinea in desertum yverit et in spatium trium an-
« norum restaurata non fuerit monasterio revertatur ». Pena « diete
« pecunie duple ».
Marzo 4.
« Gentilis abbas monasteri! S. Silvestri de Dapite, d. Benedictus
« presbiter, d. Silvester diaconus, d. Gregorius subdiaconus, Ylpe-
« rinus presbiter, Stephanus Gregorii, Johannes Ricci, d. Nicolaus
« subdiaconus monachi dicti monasteri!, supradicte venditioni con-
ce senti[unt, prò eo quia receper[unt a dicto Bertollo prò consensu
« .V. solidos provisinorum senatus ». Testimoni: «Nicolaus Octa-
« viani, Andreas Laurentii, Angelus lohannis Debaldeo, Paulus Gre-
ce gorii, Petrus Tosi, lohannes Paganus, Johannes fiiius lohannis Al-
ce fatie scriniarii. Thomas Obicionis sacri romani imperii scriniarius
ce habens iudicialem potestatem ».
CIV.
1246, agosto 26.
ce Scotta uxor olim Petri Romani, consentiente in hoc d. Gen-
ce tìle abbati monasteri! S. Silvestri de Capite, d. Benedicto, d. Sil-
ce vestro, d. Georglo et d. Sergio, habentibus prò consensu .v. soli-
ce dos provisinorum, vend[it per lordanum Berardi, Matheo Veccla-
cc colo muratori, unam petiam vinee plus vel minus cum medietate
ce unius vasce et vascalis, comunis ipsa vasca et vascale et tinum cum
<c sorore Comparitii, positam extra portam Flammineam in monte
ce S. Valentini, inter hos fines, a .1. latere tenet soror Comparitii, a
ce .11. heredes Clementis, ambo iuris dicti monasteri!, a .111. costa mon-
ce tis, a .1111. via, prò .vii. librìs et dimidie honorum provisinorum
ce senatus, salvo quod omni anno monasterio reddere tenea[tur tem-
^ gesto di S. Silvestro de Capite 83
« pore vindemmiarum quartam partem totius musti mundi et acquati
« quod ex ea exierit et unum canistrum uvarum plenum quod sit
« duorum palmorum in fundo et unius summissi in altum. Com-
<c niinus .V. solìdos provisinorum ». Pena « dicti preti! dupli ». Te-
stimoni: « lordanus Berardi, Petrus de Colle, Berardus Adoni, Be-
« rardus cursorius. Johannes Coni S. R. E. scriniarius ».
cv.
1247, luglio 17.
« Conventiones facte inter d. Gentiiem abbatem monasterii Ss. Ste-
« phani Dlonisii adque Silvestri quod ponitur caia Pauli qd. pape et
« d. Benedictum presbiterum, d. Silvestrum, d. Gregorium, d. Ylpe-
« rinum, d. Stephanum Gregorii lohannis Ricii, d. Nicolaum, d. Geor-
<( gium, d. lohannem et d. Placidum monachos ex parte una, et Ste-
« phanum filium olim Romani lohannis presbiteri advocati et d. Biniam
« uxorem qd. predicti Romani tutricem Angeli filii sui ex parte al-
<( tera. Quod ipse Stephanus et d. Binia prò ipso pupillo, in preseniia
« Henrici scriniarii et Gratiani scriniarii, promiserunt et convenerunt
« d. Gemili abbati et monachis et Castorio scriniario prò ipso mo-
« nasterio et iuraverunt quod non dederunt ius et rationem et iusti-
<i tiam quod et quam ipsi Stephano et tutrici prò ipso pupillo com-
« petunt, tamque heredes qd. Romani lohannis, occasione contractus
« donationis facte qd. dicto Romano, de lenimento Pelaioli ad labo-
« randum ab abbate et conventu predicti monasterii, ut apparet pu-
« blico instrumento scripto per Angelum Retri Mardonis scriniarium
«■ qd. &c. eo salvo quod licitum sit Stephano et fratri in diete teni-
«. mento Pelaioli edificare turrim quamdam de .vi. palariis, ad palariam
« senatus, et que habeat murum grossum de tribus palmis ad palmum
<f ipsius Stephani, cum duobus solariis, et que sit larga in ea quanti-
«titate et qualitate sìcut nunc est incepta et nunc apparet. Ipse Sie-
•« phanus et frater receptabunt bo[ve]s («) seu bestias monasterii quos
« et quas habuerit monasterium, prò laborerio faciendo, prò quibus
<i omnibus d. Stephanus et d. Binia obligaverunt se et promisit Ste-
« phanus ita curaturum (*>) quod postquam (0 predictus Angelus corn-
ac pleverit .xiiii. annos ratificabit omnia supradicta. D. Binia et
« Magalta uxor dicti Stcpiiani, de mandato lordani patris cius renun-
(a) ve di bovcs abrase da mano posteriore. (b) Sei tetto curatuaf
{e) La parola e aggiunta sopra linea dalla medesima mano del testo.
84 V' Jeden'ci
«'tiaverunt ius earum dotium et donationum propter nuptias et ypo-
« thecarum, renuntiantes in hoc adiutorium Velleiani senatus consulti.
« Ad hec Arcion lohannis Romani, de scriniarii precibus adque
« rogatu [dicti Stephani et Binie matris eius, tutricis Angeli filli eius
« fideiube[t. Abbas Geatilis et monachi et Castorius scriniarius, Ste-
« phanus et [dieta Binia et [dieta Magalta uxor dicti Stephani et
« [dictus Arcion promict[unt sub pena .11. librarum boni auri. De
« quibus omnibus duo apparent instrumenta, unum quorum scriptum
« est per Henricum scriniarium, aliud vero per Gratianum scriniarium,
« Q,uam scribendam rogaverunt Gratianum S. R. E. scriniarium » (»).
evi.
1249, ap"ls 27.
« Gentilis abbas monasteri! S. Silvestri de Capite una cum con-
« ventu eiusdem monasteri!, scilicet d. Benedicti prioris, d. Stephani
« camerari!, d. Gregori! subdiaconi, Stephani subdiaconi, Nicolai sub-
« diaconi, Gregori! acoliti, presbitero Placito, presbitero lohanne, et
« Castorio scriniario procuratore eiusdem monasteri!, in presentia
« Petr! Nicolai Bonifati! advocati loca[nt in perpetuum Johann! Poli
« corniti totum tenimentum terrarum et terras cultas et incultas cum
« Cripta Maria et vineas et ortos iuxta terras predictas que omnia
« nunc habe[nt, pos!ta[s intus pontem Mammolum, a .1. latere tenent
« S. Laurentius foris muros et heredes Riccardi Petr! Grisoct! limite
« mediante, a .11. latere est . . . (b), a .111. [dictus [Johannes tene[t, et
« alias terras [eius usque in rivum reraeantem iuxta dictam Criptam
« Mariani et revertitur usque in viam Tyburtinam Hmìte media[nte] . . . (b)
«terram, et aliam terram [eius, a .1111. latere est via Tyburtina ad
« Leonem, quas vero d. comes Riccardus pater [eius tenuit ex con-
« tractu concessionis sib! facte a quibusdam quibus ex locatione sibi
« facta a monasterio, prò quibus [monajsterium (b) quoHbet anno,
« nomine pensionis, .xii. denarios et duas saculas cere unius libre tan-
«tum habere debebat. Dictam concessionemfaci[tpro eo quod nomine
« mercedis [dictus [Johannes solvi[t quinquaginta libras provisinorum
« senatus, et annuatim nomine pensionis promitti[t solvere .xii. pre-
te visinos senatus et .xii. denarios prò extimatione dictarum duarum
(a) Il resto della pergamena, tagliato, non lascia distinguere se quesl' aito
e una delle due copie originali 0 un apografo. (b) La corrosione della
pergamena danneggia l'estremità destra dei righi 8-12.
Regesto di S, Silvestro de Capite 85
<' sacularum unius libre cere; de qua vero pecunia restitu[it .xxx. li-
ce bras provisinorum arcliipresbitero S. Marie Rotunde, quas mona-
« sterìo mutuavit, de quibus recolleg[it unam crucem argenteam deau-
« ratam et aliam crucem de argento cum gemmis et duos dossoles
« et duos planetas et unum pluviale. Item restitu[it .xii. libras An-
« ionio quas monasterio mutuavit de quibus recolleg[it unum evan-
« gelistarium et unum epistolare cum tabulis argenteis et unum pin-
ce v[ia]le (a) rubeum. Item persolv[it .1111. libras minus .v. solidis d. Petro
« Malabrance prò pretio unius equi. Item expend[it .1111. libras in aliis
« necessitatibus dicti monasterii. Item expendit .v. solidos prò refu-
« tationibus dictorum denariorum. Stephanus tituli S. Marie Trans-
« tiberim presbiter cardinalis et nunc in Urbe d. pape vicarius, con-
ce firmavi[t. Actum in curia predicti d. c[ardinalis] i» coram testibus
« landonato [p]reposito(0 pistore, magistro Nicolao de Transtiberim,
« Leonardo canonico Re . . . W, Bartholomeo abbate S. Teodori de
« Trebiano (e), magistro Luca de Babuco, magistro Bartholomeo me-
« dico eiusdem d. vicari! cappellanis (0. lacobus Rainucii notarius, de
« mandato d. Stephani cardinalis ».
CVII.
1250, marzo 8.
« Gentilis abbas monasterii Ss. Stephani Dionisii adque Silve-
« stri quod ponitur cata Pauli qd. pape cum consensu d. Benedicti
«presbiteri, d. Silvestri, d. Georgii,d. Placidi presbiteri monachorum
« ipsius monasterii loc[at et renov[at Angelo filio qd. Gregorii Petri
« Tosi, recipiente procuratorio nomine prò Paulo et Francisco fra-
« tribus, filiis qd dicti Gregorii patris [eius, in .x. et .viiir. annos
« complendum et semper in aliud tantum renovandum in perpetuum
« unum casarinum super quem tendiam habe[nt cum orto post se et
« insta se, positum in regione S. Laurentii in Lucina, inter hos fines,
« a .1. laterc est via, a .11. lohannes lohannìs Periculi, a .111. simi-
« liter dictus lohannes tenet, a .mi. [ipsi [Paulus et [Franciscus te-
« ne[nt, prò eo quod recipi[t duos solidos provisinorum scnatus prò
« rcnovatura, et sub pensione .11. denariorum de scnatu in festo
« sancii lohannis Baptiste monasterio reddenda ». Pena « .11. uncìarum
(a) ia abrase da mano posteriore. (b) La parola abrasa da mano po-
steriore, (e) La prima p abrasa da matto posteriore. (d) Qui la ptrga*
mena è corrosa. (e) Ahbr. Treh (f) Abbr. capltis
8^ V. Jedenct
«auri». Testimoni: «Petrus de Pasquale, Blasius scutifer d. abbatis,
« Omnissanctus scutifer, lacobus ostiarius. Tliomas Obicionis sacri
« romani imperii iudex et scriniarius ».
CVIII.
1250, maggio I.
« Gentilis abbas monasterii S. Silvestri de Capite una cum ('>■')
« d. Benedicto presbitero priori et d. Stephano camerario et d. Sil-
« vestro et d. Georgio et d. Placido monachi dicti monasterii con-
ce senti[unt Angelo lohannis Grisocti in illa venditione quam [ei Fa-
ce ctor argasterolus factam habet de uno argasterio quod a monasterio
ce iure locationis habuit, ut patet per cartam locationis plubicam scri-
cc ptam per Angelum Petri Mardonis olim scriniarium, quod argaste-
c( riunì positura in regione Campi Martis in pusterula, inter hos fines,
ce a .1. latere tenet Bartolomeus de Gregorio lohannis Gracpaldi,
ce a .11. Angelus lohannis Rainucii, a .111. retro heredes Angeli Mellini,
ce a .1111. est via plubica, prò eo quod recipi[unt prò consensu a Bar-
cc tolomeo Factoris scriniario .v, solidos provisinorum senatus et quia
ce omni anno promicti[t monasterio in festo sancti Silvestri .1111. provì-
ee sinos, nomine pensìonis dare (b). Comjminus .v. solidos provisi-
ce norum. Finita tertia generatione, quarta generatio dabit monasterio
ce ,xx. solidos provisinorum senatus [prò reloca[tura ». Pena ce dimi-
cc diam auri libram». Testimoni: ce Martinus Sinibaldi, Silvester Meri,
cclovannes qui dicitur (e) Scorgus. Romanus Angeli C'^) sacri romani
ce imperii scriniarius».
CIX.
1250, settembre i, L'one (0.
Innocentius pp. IV mandat abbati S. Silvestri de Capite in Urbe
ut Odonem Scholaris, natum ce lohannis Mathei », civis romani, in
aliqua ecclesiarum Urbis, basilica Principis apostolorum et ecclesia
(a) Abbreviato Q e aggiunto neW interlineo dalla medesima mano del testo.
(b) La parola fu aggiunta nelV interlineo dalla medesima mano del testo.
(e) Nel testo d'r (d) Questo nome e ricordato soltanto nella r 0 ga^ione .
(i) Registro Vatic. 22, n, dgxxxix, c, idi a, e cf. Berger,
Les registres d'Innocent IV, Paris, Thorin, 1887, II, n. 5573.
Regesto di S. Silvestro de Capite
S Mariae Maioris exceptis, faciat auctoritate sua in clericum et in
fratrem recipi.
V Abbati S. Silvestri de Capite in Urbe ».
Inc. « Aspirantes ad divine».
Dat. Lugduni l^alendis septembris, anno .vili.
ex.
125 1, marzo 19.
« Angela uxor lacobi lohannis Sammartini, precipiente eodeni
« lacobo viro [suo, nec non Maria matre [sua, omnes ius actionem
« et rationem quod quamve habet renuntiante undecumque sibi con-
« cessum et delatum, seu ex concessione bone memorie d. R. archi-
« presbiteri S. Marie Rotunde, vel etiam ex testamento ipsius in ea
« vinea annuatim sibi provisum d. G[enr!Ie] (a) abbate monasterii Ss. Ste-
« phani et Dionisii atque Silvestri quod ponitur cata Pauli qd. pape,
« d. Benedicto priore, d. Stephano camerario, d. Placido, d. lohanne
« et d. Georgio monachis consentientibus et recipientibus .v. solidos
« prò consensu vend[it Simeone cong[nato] W [suo, viro Cecilie so-
« roris [sue unam petiam vinee plus vel minus cum niedietate vascu
« et vascali et tino, positam extra portam S. Valentini ad Formellum
« seu aliis quibuscumque vocabulis nuncupatur, Inter hos fines, a .1. la-
« lere tenet dieta Cecilia uxor Simeoni, iuris monasterii, a .11. lo-
« hannes Pauli iuris monasterii, a .111. et .1111. sunt vie publice, prò
« eo quod recipi[t .xxi. libras bonorum provisinorum senatus, renun-
« tians omni iure auxilio benefitio restitutionis epistule divi Adriani
« omni foro et cuilibet exceptioni que [sibi et [suis prodesse posset,
« et salvo iure monasterii secundum tenorem cartule locationis facie
<f per Petrum de Militiis scriniarium, videlicet quod omni anno tcm-
« pore vindemmiarum eidem monasterio redde[t quartam pattern to-
« tius musti mundi et acquati quod de ipsa vinea exierit et unum
« canestrum de uvis quod sit in fundo duorum palmorum ci nltum
« unius summissi, et manducare et bibere ministro recipienti quartanfi
« predictam et .1111. provisinos prò vascatico. Si per hostem publicam
« seu celi plagam vel [eius negligentiam in damnum ierit et trium
« annorum spatio relevata non fuerit, monasterio revertaiur. Coni-
« minus .V. solidos provisinorum senatus ». Pena « dimidic libre auri ».
(a) Sei testo (} (b) Qui la pergamena è guasta.
ss V, Jedevìci
Testimoni: « Matheus de Marco, Lucas Petri de Cicca, Huguitton
« pictor, Bartholomeus Philippì de Ambo. Johannes Stephani S. R. E.
« iudex et scriniarius ».
CXI.
125 I, agosto 20.
« Pe[trus prò medietate et Angelus frater suus prò alia medie-
« tate] (a) cum consensu Romane uxoris [sue, que confìtetur maior
« esse .XXV. annorum, renuntiantis omne suum ius dotis et dona-
« tionis propter nuptias palafernaium et specialiter adiutorium Vel-
« leiani senatus consulti, cum consensu lohannis [abbatis monasterii
« S. Silvestri . , . qui] habet prò consensu .vi. . . . solidos provisinorum
« titulo vendìtionis vend[unt [Bartolomeo . . .] vites et arbores unius
« petie vinee plus vel minus . . . , positas ex portam Pincianam ad
« vallem, fines eius a .1. latere tenet lohannes de Fara, a [.11. la-
te tere . . .], a duabus aliis lateribus sunt vie publice W, prò pretio
«.mi. librarum provisinorum senatus». Pena « dupli pretii. Ad hoc
V Laurentius Silvestri rogatu Petri et Angeli [fideiuss't, sub pena
« duarum unciarum boni auri ». Testimoni: « Romanus lohannis
« de Bianca, Bonuscanius frater eius, lacobus Nicolai, Simeone de
(f Berta, Petrone, Romanellus Montemarius. Christoforus S. R. E.
« scriniarius ».
CXII.
1251, agosto 28.
« Andreas filius qd. lohannis Andree consentiente [sibi Bonaven-
« tura uxor [sua et renuntiante omne iure ypothecarum seu pignoris
« dotis et donationis sue et adiutorium Velleiani senatus consulti, etiam
« consentiente in hoc d. Gentile abbate monasterii Ss. Stephani Dio-
« niscii atque Silvestri quod ponitur cata Pauli qd. pape et d. Be-
« nedicto priore et presbitero Pla[ci]do (e) eiusdem monasterii et ha-
(a) La pergamena nei margini laterali e danne ggiatissima da reagenti chimici
che in piii luoghi hanno corroso interamente la scrittura. Con qualche riscontro
dello stesso atto nelle parti leggibili restituisco nelle parentesi quadre i passi
sicuri. (b) a duabus - publice] frase aggiunta con un richiamo prima della
s 0 i to s cr i^ione dei testimoni. (e) Il margine destro corroso danneggia le
due lettere ci
Regesto di S. Silvestro de Capite 89
«bentibus prò consensu .xxx. provisinorum vend[it per Fi[li]ppum («)
e Maiellum procuratorem lacobo Gualterii perpetuo dimidiam pe-
ce tiam vince plus aut minus cum tertia parte vasce et vascale et tino,
« positam extra portam S. Valentin! in monte qui dicitur de S. Va-
« lentino, inter hos fines, a i. latere tenet Maiheus Bocclarolus, a .11.
« et .III. latere [ipse [Andreas tenet, a .1111. est via publica, quam
« vineam olim Clementis cum alia medietate habuit in locationem
« ab ... (b) abbate dicti monasterii S. Silvestri de Capite, ut conti-
« netur instrumento scripto per . . . (b) olim scriniariì. Hanc vendì-
« tionem faci[t quia recip[it .vii. libras bonorum provisinorum senatus
« que sunt de summa .viii. librarum provisinorum et dimidie, quas
« [dictus [Andreas astuli[t de pretio superstiti domus que vendidi[t
« magistro Angeli Clementi». Pena «dicti pretii dupli». Testimoni:
« Petrus Barisanus, Petrus Florentie, Johannes lordane, Bariholomeus
« Bebonis de Cornagiano, Beneadactus de Bectona, lacobus Angeli
« Gentilis. Mardo lohannis iudicis Mardonis S. R. E. scriniarius ».
CXIII.
1252, maggio 26.
« Alieve Matthei, consentiente in hoc d. Gentile abbate mona-
« sterii S. Silvestri, d. Benedicto presbitero et priore, Georgi© la-
« cono, d. Placido presbitero habentibus prò eorum consensu, prò
« monasterio cuius iuris est .xxx. provisinos senatus et cum con-
ce sensu Gemme uxoris [sue et omne ius suum dotis et donationis
« propter nuptias et omne aliud ius et specialiter auxilium legis se-
cc natus consulti Velleiani, quod in subscripta vinea habet refutant'S
ce vend[it per Gualteronem de Solleten^a CO procuratorem Paulo de
« Accursone in perpetuum dimidiam petiam vinee plus vel minus,
ce positam extra portam Flammineam in monte S. Valentini, inier
ce lì OS fines, silicet a .1. latere tenet Gualterone, a .11. Albertus, a. 111.
<c Incobus Petri lohannis Scoctc et heredes lohannis Nicolai, a .1111.
ce Andreas lacobi de Rustico, omnes iuris monasterii, prò eo quia
ce recipi[t prò toto pretio .ufi. libras et dimidiam provisinorum se-
cc n.itus, salvo tamen quod hinc in antea omnì anno in tempore vin
ce dommiarum quartam partem totius musti mundi et acquati quod
ce de dieta vinea exierit monasteri© reddere tencatur et dictum mo-
la) li di Filippum svanito. (b) Lacuna nel tetto, (e) Abbreviato
90 V. Jederici
« nasterium relinquet [ei .xviii. congitellas de musto mundo communi
«in tino per vascatam de uvis plenam, et si non erit vascata re-
« linquet [ei secundum quantitatem uve ». Pena « diete pecunie du-
ce plum». Testimoni: « Nicolaus mansonarius W, Omniasanctus scu-
« tifer, Bemmenutus cellararius, Marcus scutifer. Thomas Obicionis
« sacri romani imperii index et scriniarius ».
CXIIII.
1252, agosto 6.
« Theodaldus et Laurentius fratres filii olim d. Petri dc-.W
« Thedalli asserens (0 me Laurentium maiorem esse {^), in presentia
« d. Andree Mardonis iudicis vend[unt per Petrinianum testem sub-
« scriptum procuratorem Marroni (e) recipienti prò d. Stephano
« fratri [suo, clerico S. Marcelli terram unius petie vinee plus vel
« minus cum quarta parte vassce vasscale et tino, positam extra
« portam Pincianam ad pisscinam, inter hos fines, a .1. latere Angelus
« Caravite iuris de Siccaficora tenet, a .11. Petrus Forese iuris [suo-
« rum, a .111. seu a pedo Gregorius Pagani, a .1111. seu a capite Pe-
ce trus Simeonis clericus S. Andree de Colupna, in qua terra habet
« vites Nicolaus Pilellis, que terra [sibi pertinet iure divisionis et prò
« parte quam fecerunt cum sororibus, ut instrumento divisionis per
« Adrianum iudicem et scriniarium, ut dictus Nicolaus det quarta
« musti et canistrum uvis et eo quod prò pretio .vii. libras provisi-
« norun bonorum senatus recep[erunt et quod annuatim rede[t mo-
« nasterio S. Silvestri il provisinos senatus prò compengacione unius
« denarii papiensis prò dieta terra nomine pensionis. Ad hoc Ro-
« manus filius olim Petri lohannis Romanutii rogatu dictorum d. Theo-
« daldi et Laurentii fìdeiube[t ». Pena « predicte pecunie duplum ».
Testimoni: « lohannes Petri Benincasa, Petrus procacius, Pau[lus] (S)
« Leonardi, Petrinianius. Gualengus S. R. E. scriniarius ».
(a) Nel testo masonari' senT^' altra ahhrevta^ione. (b) Nel testo abbre-
viato oet (e) Nel testo asserSs (d) La frase fu aggiunta con un richiamo
nel margine superiore dalla medesima mano del testo. (e) Abbreviato màvoirii
(f) lus di Paulus abraso da mano piti recente.
T{e gesto di S, Silvestro de Capite 91
CXV.
1254, gennaio 17 [Sutri?].
« Lucas abbas monasteri! S. Silvestri de Capite cum consensu
« d. Benedicti prioris et d. Georgii, d. Placidi et d. Donadei eiusdem
« monasterii monachorum iure renovationis loca[t Arcolano iudicis
« Raynerii de Sutrio, in secundam generationem unam canapinam
cf positam in pertinentiis Sutri, in Val de S. Cesarli (a), a .1. latere
« iudex Thomassus de Sutrio tenet, ab alio ecclesia S. Fortunate, a
«pede est rivus, a capite est ripa, prò eo quod recipi[t .xl. solidos
« senensium picculorum, sub pensione omni anno reddenda in festi-
it vitate sancti Gregorii, .1. senensis diete ecclesie nomine pensionìs.
«Comjminus in venditione .11. solidos senenses». Pena « dimidiam
« libram boni auri ». Testimoni: « lacobus lohannis Scannacavalli
« de Sutrio, Romanus Sanctorum quatuor, Angelus Petri lacobi.
« Castorius S. R. E. scriniarius ».
CXVI.
1254, maggio 21.
« Lucas abbas monasterii S. Silvestri de Capite consentientibus
« fratribus d. Benedicto priore, d. Georgio diacono, d. Placido pre-
« sbitero, d. Donadeo subdiacono et fratre Nicolao monachìs eiusdem
« monasterii iure renovationis reloca[t lohanni lordano habitatori
a castri Bassanelli, in tertia generatione tenimenlum unum in teni-
« mento dicti castri, in loco qui dicitur Casale de Amerino iuris
« monasterii S. Silvestri predicti, Inter affines, a .1. latere tenet Pru-
« geta, a .11. casale lohannis Homodei O) iuris dicti monasterii, a
« pede est rivus, a capite Silva munda, prò .xxviiii. (0 solidis se-
« nensium et ita quod [is rede[t monasterio S. Silvestri annuatim
« unum stari um de grano, ita quod unum annum dedcri[t dìctum
« granum in assumiione sancte Marie et alium annum dederi[t unum
a siarium de investito ad starium commune dicti castri ». Pena
(a) Ntl Usto valde S. Cesarli (b) Abbrtviato hodei (e) L'ultima
unità è quasi interamtnte abrasa; non si capisce s§ dalla mano iti Itsto o pò*
steriormente.
92 V. federici
« .XX. libras lucensium ». Testimoni: « Rainaldus Aimelini, lohannes
«Angeli, Angelus filius qd. Petri lacobi. Licobus BibianeW S. R. E.
« scriniarius ».
CXVII.
1254, ottobre i.
« Lucas abbas monasteri! S. Silvestri de Capite cum consensu
« d. Bene[dicti] (b), d. Georgii et d. Placidi, d. Nicolai eiusdem mc-
<f nasterii monachorum consenti[t Angelo Imperatori filio qd. Saxonis
« iudicis recipienti prò d. lacoba matre [sua ad illam venditlonem
« quam index Alexius diete d. lacobe matri [sue fecit de una petia
« vinee plus vel minus (0, posita extra portam S. Valentini ad Por-
« mellum S. Valentini, inter hos fines, a .1. latere tenet iudex Angelus
« Romani Baruncii iuris monasteri!, a tribus lateribus sunt vie, quia
« confite[tur recepisse .v. solidos provisinorum prò consensu et omni
« anno tempore vindemmiarum reddet monasterio quartam partem
« totius musti mundi et acquati quod de dieta vinea exierit et unum
« canestrum plenum de uvis quod sit in fundo duorum palmorum
« et unius summissi in altum et .1111. provisinos per quamlibet ba-
« scatam prò vasscatico. Commin[us in venditione .v. solidorum pro-
te visinorum. Et si invenerit in ea aurum plummum ferrum ramen
« vel aliquod metallum seu bonam petram vel petras valentes ultra .xii.
« provisinorum, medietas [sua sit, alia sit [monasteri!. Si in desertum
«yveritper hostem publicam aut celi plagam vel ex neglientia labo-
« randi et per trium annorum spatium renovata non fuerit, in quarto
«anno ad monasterium revertatur». Pena « unius libre boni auri ».
Testimoni: « Guido Silvestri, Leonardus lohannis Benedicti, lo-
« hannis raditor. Castorius S. R. E. scriniarius ».
CXVIII.
1255, decembre 16.
« Bartholomeus Ratinus, consentiente in hoc [sib! Ymilia uxor
« [sua et Petrus socer [suus, consensu d. Marie ...W cuius est proprietas
« diete vinee habentis prò commino et consensu .v. solidos provisi-
(a) Abbreviato bibian (b) Nel margine destro la pergamena e corrosa.
(e) plus vel minus aggiunto con un richiamo, prima della s 0 tt 0 s cri^i one
dei testimoni, dalla medesima mano del testo. (d) Lacuna nel testo.
Regesto di S. Silvestro de Capite 93
« norum vend[it per lohannem Camppi rotundi (*) suum procuratorem
« Spoletoni, in perpetuum vites et arbores unius petie vinee plus
« vel minus, posita extra portam Picganeam ad vallcra Auream, Inter
« hos fìnes,a ,1. latere tenet Bartholomeus Altemilie, ab aliis omnibus
« lateribus sunt vie, prò eo quia recipi[t prò toto pretio .111. libras et
« .vili, sollidos provisinorum bonorum senatus, salvo tamen omni
« iure prediate domine cui omni anno tempore vindemmiarum redde[t
« quartam totius musti mundi et acquati quod de ea cxierit et unum
0 canestrum plenum de uva quod sit largo in fundo duorum palmorum
« et altum unius submissi ». Pena « diete pecunie duple ». Testimoni :
V Egidius de Trani, Rainerius Rubens, Angilone, Johannes Laurentli
« Cercamundi, Andrea frater eius. Gorius Oddonis sacri romani im-
« perii scriniarius».
CXVIIII.
1256, maggio 27.
a Benedictus Gualterii cum consensu d. Luce abbatis monasteri!
« S. Silvestri de Capite et d. Benedictì prioris et Nicolai subdiaconi et
« lohannis levite monachorum eiusdem monasteri! cuius est pro-
« prietas, abentlbus prò consensu .xxx. provisinos vend[it Genme Be-
« rarducie medietatem unius petie vinee plus vel minus cum quarta parte
« de vasca et vascali suo, posita extra portam S. Valentin! in monte
« S. Valentini, inter hos fines, a .1. latere tenet gurgus (b) S. Martini,
«ab alio latere Laurentius... (0, ab alio latere est via publica, prò eo
« quod recepi[t prò pretio .xxx. solidos provisinorum bonorum se-
« natus, salvo omne iure monasteri! S. Silvestri ut omni anno in tem-
« pore vindemmiarum redde[t quartam partem totius musti mundi et
« acquati quod de dieta vinea exierit ». Pena « unius une!! boni auri ».
Testimoni: «Petrus de Marana, lacobucius scudifer, Amatus, Nico-
« laus cocus. Johannes S. R. E. scriniarius ».
cxx.
1256, giugno 25.
«landucia uxor olim Cammii, Matheus, Bartholomeus et Kn-
<( gela filii et filia dicti Cammii, cum con(;en^u d. Luce hnbatc
(a) Abbreviato Cappi rotundi (b) Abbreviato ggus (e) Lacuna nel
testo.
94 ^' Jederici
« monasterii Ss. Stefani Dionisii adque Silvestri quod ponitur cata
« Pauli ed. (a) pape et cum congencju fratrum d. lohannis levite et
« d. Donadei levite et d. Nicolai subdiaconi et d. Leoni acolito et
« d. Rainalli presbìteri habentes prò eorum con5en(;u .v. solidos pro-
(f visinorum senatus conced[unt per lohannem Grecia procuratorem
« [eorum Gualterone Rainalli in perpetuum unam petiam vinee plus
« vcl minus cum medietate unius vasce et tino et vascali suo, po-
« sita[m extra portam Flammineam in monte S. Valentini, inter hos
« fines, a .i. latere tenet Leonardus Theballi, a .11. Romanns Pic(;i,
« a .TU. Theodinus Tiburtinus, a .1111. est via plubica, prò .1111. libris
« bonorum provisinorum senatus, salvo tamen quod hinc in antea
« rede[t dicto monasterio quartam partem totius musti mundi et
« acquati quod de ea exierit, et monachi dicti monasterii dimictent
« [ei .XVIII. congitellas de musto mundo communi in tino per quam-
« libet vascam, et si vasca piena non erit dimictent secundum quan-
« titatem uve. Si inveneri[t in ea aurum argentum plunimum ferrum
« ramen seu aliquod metallum aud bonam pretam vel pretas valentes
« ultra .XII. provisinos, medietas slt [eius, reliqua vero medietas \no-
« nasterio reddere tenea[tur. Comminus .v. solidos provisinorum.
« [li omnia observare monasterio que in carta locationis continetur
« scripta per Angelum Petri Mardonis olim scriniarium promi[ctunt ».
Pena « diete pecunie duple ». Testimoni : « Johannes Grecia, Petrus
« Berardi, Petrus longus, Gaudente, Romanus Oderiscii. Bartholomeus
« Factoris S. R. E. scrìniarius ».
CXXI.
1257, gennaio 15 (().
« Berta uxor lohannis Tebaldi, consentiente d. lohanne viro [suo
« cum consensu conventus monasterii S. Silvestri de Capite et mona-
« chorum scilicet presbìteris Benedicti prioris et presbiteris Georgii
« et lohannis levite et Dopnadeus levite et Leonis acolidus et pre-
<( sbiteri Rainaldi et fratri Cinthii, habentibus prò consensu .v. solidos
(a) Abbreviato 9na
(i) «Anno incarnationis .mcclvii., anno [lacuna nel Usto] pon-
ce tificatus d. Alexandri IIII pape, indictione .xv. ». Qui non son pos-
sibili tutti i riscontri cronologici, mancando Tanno del pontificato di
Alessandro IV.
T{e gesto di S. Silvestro de Capite 95
« provisinorum vend[it Antonino lohannis Antonini in perpetuum
« unam petiam vinee plus vel minus, posita extra portam Flamineam
« in monte S. Valentini, inter hos fines, a .1. latere tenet Romanus
« Pic^us, a .11. latere tenet presbiter Andreas cónimus, a .111. lacobus
« Malagalgla, oranes iuris S. Silvestri, a .1111. latere est via publica,
« prò .e. solidis provisinorum honorum senatus, salvo omni iure mo-
« nasterii S. Silvestri, cui rede[t a modo omni anno in tempore vin-
« demmiarum. quartam partem totius musti mundi et acquati quod de
« dieta vinea exierit, et predictum monasterium dìmictet[ei .xviii. con-
« gitellas in tino de musto communo per vascatam plenam, et si
« vasca erit dimidia dimictet [ei .vini, congitellas, et si non erit di-
« midia dimictet secundum quantitatem uve». Pena v predicte vendi-
« t'onis duple ». Testimoni: «Presbiter Petrus, Leonardus Massimi,
« Rainerius Orte, Angelus Venture. Johannes S. R. E. scriniarius ».
CXXII.
1258, gennaio 23.
« Petrus lohannis Consi, consentente in hoc Teodora uxor [sua
a et Petro Angeli patre ipsius socero [suo, eaque renuntiante omni
« suo iure dotis et donationis propter nuptias et specialiter auxilium
« Velleiani senatus consulti, iure permutationis et cammii ced[it Petro
« Grasso filio qd. Qarre in perpetuum unam partem fili salini cum
« gurga et fossato et locum ad actipplum faciendum quod iu[re...(«)
« cum aliis duabus partibus lohannis Petri Cinthii et una parte he-
« redum Petri Cinthii, positam in Campo maiori in Scrpentarola in
« proprietate monasterii S. Silvestri in Annito qui vocatur Annitus
« maior, inter hos fines, cui a .1. latere [ipse [Petrus tene[l, filum
« lupum, iure dicti monasterii, carraria mediante, ab alio Johannes
«cocus et heredes Pauli de Pisce, ab alio est stannus, ab alio est
« sodus, per Romanectum Bartholomei Tcrranani procuratorem, quia
« [is dedi[t [Petri unam petiam vinee plus vcl minus positam ad
« Guallum ut apparet publico instrumento scripto per hunc cumdem
« scriniarium et [Petrus adidi[i [ei .xl. solidos provisinorum ». Pena
« .1. libre boni auri ». Testimoni: « Scannaiudeus scriniarius, Angelus
« Buccamola, Taliaferrus fcrrarius, Romanectus Bartholomei Terra-
« nani, Yiperinus de ^Grasso. Eodem mense, die .xxiiii. Georgius
« abbas monasterii S. Silvestri cum consensu d. Benedicii prioris et
(a) La scrittura e guasta per macchia della pergamena.
9^ 1^. Je devici
« d. lohannis de Monticelli et d, Stephani Ricii eiusdem monasterii
« monachorum consenti[t Petro Grasso ad illum cammium quia recc-
« pi[t prò consensu .vini, provisinos et quia [Petrus [Grassus promicti[t
« dareomni anno quando dictus filus laborabitur monasterioC») .i tinani
« salis nomine pensionis (b), coram testibus lacobo Gecci, Romanecto
« lohanne Mardonis scriniario. Castorius S. R. E. scriniarius ».
CXXIII.
1258, decembre 15.
« Matheus filius et heres qd. lohannis Petri prò tribus partibus
« infrascriptarum rerum et Petrus filius et heres qd. Andree lohannis
« Petri prò quarta parte vendiderunt d. Georgio abbati monasterii
« S. Silvestri de Capite perpetuo totum unum casale cum silva et
« scurpeto (0 et redimine suo quod a monasterio iure locationis
« antecessores eorum tenuerunt, positum fo[ras] (J) pontem Salarium
« in massa de vestario dompnico prope ecclesiam S. Filippi, inter
« hos fines, a .1. latere tenet dieta ecclesia S, Filippi, a .11. latere
« titulus S. Laurentii in Lucina, a .111. latere est fossatum qui dividit
« inter dictum casale et Capltiniani, a .1111. tenet ecclesia S. Co-
« lumpbe, prò pretio .xlviii. librarum provisinorum senatus recipiendo
« ipsam pecuniam in romaninis grossis de argento valentibus ipsam
« quantitatem, quod pretium fuit dd. iudicum scilicet dd. ConsoHni
« primiceri iudicum, Petri et lacobi filiorum suprum, data ad hoc a
« predictis d. Consolino et filiis abbati, ut eas emeret prò ipso mo-
« nasterio secundum quod apparebit per [subscriptum eumdem scri-
« niarium et per Romanum Henrici procuratorem constitutum [ad
« investi[endum eumdem abbatem ^k Pena «diete pecunie duple».
« Presbiter Bellushomo clericus ecclesie S. Vitalis, predictorum
« venditorum precibus fideiuss[it. Ad hec Biola (e) uxor dicti Matheì
« et Mabilia socrus ipsius et Margeritola soror ipsius et Agnes con-
ce gnata sua consobrina, sponsa sive uxor qd. Andree fratris sui
« consobrini et filia diete Mabilie, predicte venditioni consenserunt,
« renuntiantes omni iure eorum pignoris seu polhece dotium et do-
« nationum propter nuptias palafernorum et alimentorum ipsarum et
(a) La parola fu aggiunta nel margine inferiore con un richiamo dalla
medesima mano del testo. (b) nomine pensionis aggiunte sopra linea dalla
medesima mano del testo. (e) In fin di linea scu; poi il margine e corroso;
nel rigo seguente peto sen\a alcuna abhreviaiione. (d) Corroso il margine
destro. (e) Incerta la lettura per una macchia della pergamena.
Regesto di S. Silvestro de Capite 97
« alicuius earum et speciali auxilio Velleiani senatus consulti ».
Testimoni : « Nicolaus Mancanomine scriniarius, Romanus Henrici,
« lacobus Petrì Macci, lannucius Angele, Cosmas Lucie, Leonardus
« cavalerius, Verxilius («) lohannis Dionisii. Eodem die et coram te-
« stibus Nicolao Mancanomine scriniario et Romano Henrici, presbi-
te tero Geòrgie S. Ypolitì, Virxilio lohannis Dionisii, lacobo Petri
« Macci. Bartholomea uxor dicti Petri Andree lohannis Petri et
« Benvenuta socrus eius predicte venditioni consensum prebuerunt,
« rcnuntiautes &c. Castorius S. R. E. scriniarius « (i).
CXXIV.
1259, decembre 7.
a Petrucia filia Petri Stephani Ymilie et Stephania uxor dicti
« Petri cum consensu d. Georgii venerabilis [abbatis] (t) monasterii
« S. Silvestri de Capite cum consensu d. lohanni, d. Gregorii et
a Donadei et d. Leonis monachorum ipsius monasterii, recipientibus
« prò eorum consensu .xxx. provisinos vend[unt per Venturam Re-
« guardati procuratorem Gregorio de Cesario dimidiam petiam vinee
« plus vel minus ad quartana reddendam, cum parte unius vasce et
« vascali et tigno, positam extra portam Flammineam in monte S. Va-
« lentini, sicut inter hos fines, cui a .1. latere tenet Petrus Laurentii
a iuris dicti monasterii, a .11. Johannes la Taberna iuris dicti niona-
« sterii, a .111. est via, prò toto pretio .xl. solidorum provisinorum
« senatus. Gregorlus de Cesario promict[it habati a modo omni anno
« tempore vindemmiarum de dieta vinca reddere quartam partem
« totius musti mundi et acquati quod de ea exierit. Comminus .xxx.
« provisinorum senatus Si in dictam vineam («) [is invener[it aurum
« argentum plummum ferrum ramem metallum lapidem seu lapides
« valentes ultra .xii. provisinorum, medietas sit [sua, alia medietas sit
« monasterio. Si vinca in aliquo tempore in desertum iverit et in
« tribus annis relevata non erit, monasterio revertatur. Habas pre-
te mitti[t [ci dimittere per quamlibet bascatam uvis que de dieta vinca
«exierit .xviii. congitellas de musto mundo comune in tigno, et sì
(a) Qui abbreviato Vcxilius; piìi sotto vixilius (b) La parola fu di-
menticata dallo ii-.riuiario. (e) AV/ testo in dcam vinca
(i) Nel verso della pergamena una mano di poco posteriore
al testo annotò: « Instrumentum masse de vesiarìo dompnico de terra
« quam tenet d. CensoUnus primiccrius iudicum ».
Archivio di'lla R. Società romana di $toria patriit. Voi. XXIII. 7
98 V. federici
« vasca exierit dimidia dimittere .vini, congitellas, et si non exierit
«dimidia dimittere ad rationem secundum quantitatis uve». Pena
«diete pecunie duple». Testimoni: « Romanus Henrici W, Angelus
« Romani, Matheus Romani, Angelus filius Retri de Rosa, Petrus
« filius Retri Rose, Nicolaus Romani Angeli lohannis Pauli S. R. E.
« scriniarius habens iudicialem potestatem ».
cxxv.
1260, settembre 6.
« Gregorius abbas monasteri! S. Silvestri de Capite cum consensu
« fratrum scilicet d. lohannis Monticelli priori et d. Georgii, presbi-
« teri Placidi, presbiteri Dopnadei, et d. Cinthii monachorum prefati
« monasterii conced[it Romano magistri Rainaldi ad. . .W venditio-
« nem quam Johannes Porri (0 et Stefania uxor eius fecerunt [ipso
« [Romano de una petia vinee, posita extra portam S, Valentini in
« monte S. Valentini, inter hos fines, a .1. latere tenet Petrus lohannis
« Andree, [a .11.] (b) latere tenet Leonardus Salucius, a .111. latere tenet
« Berardus acutarius, a .1111. latere est via, omnes iuris [monasterii] (b),
« prò eo quod recepi[t prò commino diete vinee .v. solidos provi-
« sinorum honorum senatus et prò eo quod omni anno, in tempore
« vindemmiarum [Romanus redde[t monasterio quartam partem totlus
« [mujsti (b) mundi et acquati quod de dieta vinca exierit, salvo quod
« monasterium relinquerit [ei .xviii. congitellas de musto mundo
« communo in tino per vasscatam de uvis plenam, et si non erit
« plenam dimictet [ei secundum quantitatem uve. Comminus .v. so-
« lidorum provisinorum in venditione. Si vinea per oste publicem vel
« celi plaga aut per [eius neglientiam in desertum ierit et in tribus
« annis eam non relevabi[t, monasterio revertatur. Si inveneri[t in ea
« aurum argentum ferrum plummum ramem aut aliquod metallum
« seu bonam petram vel petras valentes ultra .xii. provisinos, me-
« dietas sit [eius, alia monasterii». Testimoni: «Leonardus de scri-
« niario, Petrus Pipponis, Macteus Rainerii, Johannes Berardi. Johannes
« S. R. E. scriniarius ».
(a) Nel testo herici sen\a abbreviazione. (b) La scrittura e svanita.
(e) Abbreviato pori
^ gesto di S. Silpestro de Capite 99
CXXVI.
1261, gennaio 19, Viterbo.
« Gregorius habas monasterii S. Silvestri de Capite in Urbe con-
« sentientibus in hoc Raynaldo monaco yconomo et procuratore dicti
« monasterii, sicut patet publico instrumento confecto per Castorium
« scriniarium et Leone monache eiusdem monasterii, iure reloca-
« tionis reloca[t Raynutio filio olim lacobi Raynutii Carbonis, usque
« ad tertiam generationem, omnes terras domus criptas seu posses-
« siones quas olim Raynutius Carbonis de Aliano tenuit in locatione
« a monasterio, sitas intus et extra castrum Alianum et per .totum
« ipsius tenimentum sicut inter suos confines concluduntur: fines
« .1. domus cum cripta posila in castro Aliano iuxta domum Crenscìs
« Pagoli et iuxta ecclesia S. Marie. Fines duarum terrarum, .1. qua-
« rum est iuxta pedem campanilis, et alia de foris in muro Castellani.
« Item reloca[t [ei .1. petium terre positum in plano Vertiliano iuxta
« Ac^onem et iuxta ipsum Raynutium. Item .1. aliud pectium terre
« positum in ertale iuxta ipsum Raynutium. Item .1. pectium in villa
« nova iuxta Petrum Fossculi et iuxta Actonem ; et .1. pectium terre
« iuxta formam et iuxta filium Guaneli, et .1. pectium iuxta formam
« de foris et iuxta Nectum de Peto. Item .1. pectium supra rivum
« maiorem et iuxta Petrum Tose. Item duas canapinas positas extra
« rivum et .1. pectium terre positum in colle Cave rocte, et aliud
« pectium positum in eodem colle, iuxta Famianum. Item .1. pectium
« terre positum in valle Vertiliana iuxta lannem de Serguido et iuxta
« lulianum. Item .1. pectium positum in plano Simpliniano iuxta Pe-
« irum de Rosa, et .1. aliud pectium positum in eodem plano iuxta
« eumdem Petrum et iuxta terram de Vangoli. Item .1. pectium terre
<' positum in colle Grossarellum et iuxta Petrum de Rosa. Et .1. pe-
« ctium terre vinialis plani in vinialibus plani iuxta Leonardum et
« Cintianum. Et .1. pectium terre positum in plano de Amicala iuxta
« fili de Serguidis. Et .1. pectium positum in castro Venti («) iuxta
« terra filorum ser Raynerii, et .1. criptam positam in carbonaria
« dicti castri ubi fuit focina, prò .e. solidis bonorum denariorum lu-
« censium et senensium pecunia, constituentes ad maiorem huius rei
« firmitatcm magistrum Petrum avunculum [Raynutii prcsentcm et
« Petrum Bonicambii absentem procuralorcs. Comminus .x. solido-
(a) Abbreviato ucti
100 V, Jederici
« rum lucensium. Pro pensione dabi[t omnl anno monasterio in festo
« sancti Silvestri xvi. denarios lucenses et senenses pecunia et si in
« primo anno non solveri[t, in secondo duplicabi[t, in tertìo vero
« perdideri[t locationem predictam ». Pena (c dupli valentie dictarum
« rerum. Actum est hoc ante fontem Sepalis in Viterbio coram
« testibus loseppo Nicolai, Viviano calgolario, lohanne Berardi et
« Benevenuto Mattafellonis. Fatius S. R. E. notarius ».
CXXVII.
1261, maggio 26 (i), Roma.
<f Magister Andreas de Taranto confexus est se recepisse ab
« Alexio Nicolai Raynaldi, solvente prò d. Tebaldo Petri Anibaldi
« .cccLXXiiii. libras bonorum provisinorum senatus prò pretio castri
« Montis Milioris, que sunt de summa quingentarum librarum provi-
« sinorum senatus prò quibus idem magister Andreas promisit facere
« venditionem dicti castri ». Pena « dicti pretii dupli. Actum Rome
« in claustro ecclesie S. lohannis de Laterano, presentibus lohanne
« Molinario, Stephano Siniorilis, Cosmato Oddonis Raci, lacobo
« Sa . . . (a), Tedelgario Rubeo. Johannes Petri Gualterii S. R. E.
« iudex at scriniarius ».
cxxviir.
1262, maggio 14.
« Gregorius habbas monasterii Ss. Stefani Dionlscii adque Sii-
« [vest]ri (b) quod ponitur cata Pauli qd. pape cum consenso fratrum
« Donadei presbiteri, Rainaldi presbiteri et fratris Angeli et consen-
« tientes in hoc prò ipso monasterio lacobus [Crejscentii (b) et Petrus
(a) Una macchia nella pergamena non permette di leggere il nome,
(b) La scrittura e svanita.
(i) «Anno incarnationis .mcclxi. pontificatus d. Alexandri IIII
« pape, anno eius .vii., indictione .1111., mense mai, die .xxvi. ». È
noto (PoTTHAST, Rcg. Potit. II, 1472) che Alessandro IV mori a
Viterbo il 25 maggio 1261. L'errore dello scriniario che il 26 maggio
crede ancora vivo il pontefice, morto invece il giorno prima, non può
far maraviglia.
Regesto dì S, Silvestro de Capite loi
« frater eius et Mariabona mater predictorum et prò Laurentio fra-
<c [tri] (a)... et consentiente in hoc Luciana uxor dicti lacobi loc[at
« Andrea lohannis Andree in perpetuum unam petiam vince desertam
« plus vel minus cum duabus partibus unius vasce et tini et vascali suo,
« posita a capite vinee dicti lacobi Crescentii, extra portam Flami-
« neara in monte S. Valentini, inter [hos] (*) fines, a .i. latere diclus
« lacobus Crescentii, a .11. Pentome, a .111. heredes Petri Stefani, a
« .1111. via pi ubica, tali pactu quod eam ad bonam vineam [is per-
«duca[t et bine ad .1111. annos nihil monasterio redde[t, deinde
« redde[t quartam partem musti mundi et acquati, retinendo [sibi per
« quamlibet vascatam .xviii. congitellas, et si non erit dimidia va-
« scata retinebi[t secundum quantitatem uve. Comrainus .L. (b) pro-
« visinorura. Et non dubitetur quia dicitur .l. provisinorura quia
« est . . . (0, pec[unia] (A) locatione facta lohanni Seromo. Si [Andreas
« inven[iet in ea aurum argentum plumbum et aliquod metallum
« lapidem seu lapides valentes ultra .xii. provisinos, medietas sit [sua,
« alia medietas sit monasteri!. Si vinea per hostem plubicum vel
« celi plaga vel [eius negligentia in [dejsertum W ierit et in tribus
«annis relevata non fuerit, in .ini. monasterio revertatur». Pena
« .1. libre auri. Ad hec Leonardus Cialgia, precibus lacobi Petri et
«Marie, fideiube[t». Testimoni: « Romanus Cervellane, Angelus
« Caput («), Angelus Petri lohannis Andree, Petrus Mathei, lohannis
« Andree, Laurentius lohannis Caballi. Ypolitus sacri romani imperii
« index et scriniarius ».
CXXIX.
1263, maggio I.
« Sergius (f ) abbas monasterii S. Silvestri [d]e (g) Capite, d. lo-
« hannes prior, d. Placidus, d. Leo(h), d. Cinthius monachi dicti mo-
« nasterii consenti [unt illi venditioni facte Erminie uxori lohannis
«Belli a Stefano iudicis lohannis (*») de quadam domo cum orticello
(a) Qui il guasto della pergamena danneggia sette od otto lettere. (b) Wel
testo il numero e alquanto svanii», ma non v' ha dubbio che sia un .L. (e) La
scrittura e svanita. (d) // margine sinistro della pergamena è corroso e m
rimangono danneggiati i rr. 18-22. (e) // caput e seguito nel testo dalli
lettere pa poi cancellate. (f) AV/ testo Ser (g) Danneggiata in parte la
parola da una macchia della pergamena. (li) Incerta la lettura ptrcbi il
carattere i svanito.
102 V. federici
« post se et platea ante se et quam dictus Stefanus emit a [Majtheo (*>
« Riccudime, posita in regione Columpne infra ortos, inter hos fines,
« a duobus lateribus Menfi 0>) d. Petri de Pincio, ab alio Canscianus (e)
« Petri magistri Gregorii W, ab alio ante est via publica, quod re-
« cep[erunt nomine commini (e) et consensus .v. sollidos provisino-
«rum senatus et prò eo quod Johannes Bellus maritus diete Erminie
« promicti[t dare monasterio annuatim in festo sancti lohannis de state,
« nomine pensionis .mi. provisinos senatus. [Comminus ,v. sollidorum
« provisinorum ». « Actum coram testibus Gregorio scriniario, Be-
« rardo Mlccinelli, luvanni Ymilie Reatino. Carlus S. R. E. iudex et
« scriniarius ».
cxxx.
1263, settembre 19, Ravenna.
«In domo dicendorum dominorum ».
« Peti[it a d. Stephano duci Sclavorum domino domus Traver-
« sariorum et d. Traversaria filia olim d. Guilhelmi (f) Traversarie
« iugalibus (g) uti Guidotto ed. d. Citadine petitori prò [se seu liberis
« [suis, et si liberos non habueri[t prò uno [suo successore tamen
« mediante persona qui non sit servus nec de alterius masnada, per
« pactum innovationis conced[unt novem tornaturas W prati in una
« pecia que olim fuit Ainardi de Palladio (0 constituta W in Medafeno
« territorio (0 Ravenne, plebis S. Stefani in Tegurio, a .1. latere via
« Medafeni, a .11. d. Dadea et heredes ed. d. Rainerii de Guillelminis (»"),
« a .III. Andulfus de castaldis et Bondinati, a .1111. d. Rengarda uxor
« Ubaldini de Signorellis (") et heredes ed. Ravenni Aledusii, omnes
« [Stephani et [Traversarie iure (o), confìrmaverunt ipsum in tenuta
« diete rei ad habendum in annis advenientibus .xl. ad renovandum,
« datis tunc prò ealcaico (p) .xxx. soldis ravennatum tantum, sub pen-
« sione omni anno in mense marcii aut infra indictionem .11. dena-
« rios ravennates, prò ea quia exinde da[t calcari! nomine et prò
« innovatione prediete rei .xxx. solidos ravennatum ». Pena « un-
(a) Ma di Matheo svanito. (b) Incerta la lettura perchè il carattere e
svanito. (e) Nel testo Càscùs (d) Nel testo ggi (e) Nel testo comm'
(f) Ahhr. Guilh (g) Aggiunta neW interlineo dalla medesima mano e ab-
breviala iuga.ì (h) Abbr.torh (i) Abbr. PallAq {k) Abbr. yUìt {\) Nel
testo tt (m) Abbr. Guiitminis (n) Nel testo Sig'rellis (o) Le parole
omnes nostro (nel nostro testo cambiate in [Stephani et [Traversarie) iure ag-
giunte neW interlineo dalla medesima mano del testo. (p) Abbr. cal^
Regesto di S. Silvestro de Capite 103
« ciam unam auri. Interfuerunt testes Ri(;ardus Parcitade, lohannes
« Pilatus, Thomasius Theotonicus. Laurentius Albarani sacrosante
«ecclesie Ravennatis notarius » (i).
CXXXI.
1263, no[vem]bre (a) io.
« Gregorius, abbas monasterii S. Silvestri de Capite, cum con-
« sen[su] 0>) fratrum d. lohannis Monticelli priorìs. d. Angeli, fratris
« lacobi monachorum eiusdem monasterii renov[at Romano magi-
« stri Rainaldi in perpetuum unam petiam vinee disertam cum tertia
« parte unius vassce et vasscale suo, posita extra portam S. Valen-
« lini in monte S. Valentini, Inter hos fìnes, a .1. latere tenet Petrus
« lohannis Andree, a .11. latere tenet Leonardus Salucii, a .111. latere
« est ripa montis et tenet Berardus acutarius, a .1111. latere est via,
« omnes iuris dicti monasterii, prò co quod [is promicti[t dictam
« vineam hoc anno repastinare et eam bene laborare et cullare sicut
« bone vinee decet et hinc (0 ad .vi, annos nihil de ea monasterio
« rede[i, set deinde omni anno in tempore vindemmiarum rede[t
« monasterio quartam pariem lotius musti mundi et acquali quod de
« dieta vinea exierit, salvo quod monasterium dimictet [ei .xviii. con-
« gitellas de muslo mundo communo in tino per vassatam de uvis
« plenam, et si erit dimidiam dimictet [ei .vini, congitellas, et si
u non erit dimidia dimictet [ei secundum quantitatem uve. Comminus
« .V. solidorum provisinorum honorum senatus. Si [is inveneri[t in ea
« aurum argentum ferrum plummum ramen aut aliquod metaldum
(a) Nel testo è visibile solo no...b; 1/ resto della parola è svanito.
(b) Svanite le due lettere finali della parola, (e) Nel testo hic senio abbre-
viaxiotte.
(i) Nel margine inferiore della carta la mano del testo annotò:
appa (appare). Quest'atto (5. Silvestro, n. 126), insieme con l'altro
riferentesi ad Aica Traversar! (ivi, n. 157, numero nostro clxvi)
vennero probabilmente al monastero per mezzo di casa Colonna che
ebbe relazioni con S. Silvestro. Vedi per questo la nostra prefazione
(XXII, 233) e cf. anche G. Levi, Aica Traversavi, aneddoto salimbe-
nianOf in Atti e memorie d. Deput. di stor. patr, per le prov. Modenesi
e Parmensi, ser. Ili, voi. IV, par. 11, che pubblica i due documenti
insieme con altri del medesimo argomento.
104 V' Jèderici
« seu bonam pretam vel pretas valentes ultra .xii. provisinorum, me-
« dietas sit [sua, alia mouasterii. Si vinea per hostem publicem vel
« celi plaga aut per [eius neglientiam in desertum ierit et in tribus
« annis eam [is non relevabi[t, monasterio revertatur ». Pena « .1. libre
«boni auri ». Testimoni: «Petrus Alexii, Petrus Passcalis, Paulus
« Reatinus, Petrus Paciius sartor, Silvester Andree de Carlo. Johannes
« S. R. E. scriniarus ».
CXXXII.
1264, settembre 7.
« Gregorius abbas monasterii S. Silvestri de Capite de Urbe de
« consensu d. lohannis prioris, d. Stefani presbiteri, d. Placidi pre-
ce sbiteri monachorum eiusdem monasterii loca[t Guiducio de Infra-
« orta usque in tertiam generationem, finita vero tertia generat'one,
« quarta, dando [monasterio .vi. soUidos denariorum papiensium, te-
« nea[tur ei subscriptam domum relocare, unam domum cum orto
« post se, positam Rome in regione Columpne Antonini infra ortos,
« Inter hos fines, a duobus lateribus sunt vie, ab alio tenet Vuolinus
« Doili que fuit qd. Petri de Ocre iure monasterii et ab alio latere
«tenet Cacgatus eiusdem iuris et per Martinum Synibaldi procurato-
« rem, prò eo quod confite[tur recepisse .111. libras et dimidiam
« bonorum provisinorum senatus, et a modo omni anno in festo
« sancti lohannis Battiste redde[t monasterio .11. («) denarios papienses
« nomine pensionis. Q.ue domus olim locata fuit a Silvestro abbate
« eiusdem monasterii, ut apparet publico instrumento locationis scripto
« per Gualengum scriniarium qd. Comminus .xviii. denariorum pa-
«piensium». Pena « .1. libr[e boni auri. De qua igitur locatione due
« sunt cartule uno tenore conscripte, una quarum est apud mona-
« sterium et alia apud Guiducium ». Testimoni: « Matheus Ricce-
« dopni, Bartholomeus Constantie, Petrus Angeli, Andreas frater
« eius, Lucas Berardi Gentilucie, lacobus Petri Mancini. Gratianus
« S. R. E. scriniarius. Eodem die et mense et coram testibus supra-
« dictis Martynus Synibaldi procurator ipsum Guiducium de supra-
« dieta domo investivit ».
(a) Innan\i alla prima unità era un' altra asta, poi abrasa.
Regesto di S. Silvestro de Capite 105
CXXXIII.
1265, maggio 18.
« Petrus filius olim nobilis Viri d. lohannis de Polo comitis, in
« presentia d. Thomae de Oderisciis iudicis et lohannis scriniarii,
« consentiente infrascriptis lacoba uxore [sua et ea renuntiante omne
« ius suum pignoris dotis et donationis sue propter nuptias et para-
« fernorum suorum conced[it d, Nicolao fratri [suo perpetuo medìeta-
« tem integram omnium terrarum positas inter pontem Mammulum(a)
« et extra ipsum pontem non longe ab ipso ponte in pluribus petiis
a divisas. Item et integram medietatem omnium vinearum et ortorum
« tam locatarum quam non locatarum, positis intus dictum pontem
« in Ortis Grecorum et Cripte marine W, et insule sicui omnia suis
« finibus terminantur, salva semper pensione seu.,.(0 monasterii
« S. Silvestri super Ortis supradictis... (li). Item integram medietatem
« unius quinti castri et rocce luHani et sui tenimenti quod quintum
«est divisum ab aliis partibus et [dictus [Petrus emi[t a lordano
« filio qd. d. Guidoni de lordano et a... W, filia eius, de qua em-
« ptione apparet publicum instrumentum scriptum per Beneintendi
« scriniarìum, cum vassallis et iure vassallorum cum. domibus et
«casarinisCO et sicut omnia eorum finibus terminantur... (g). Item in-
« tegram medietatem su]am de omnibus terris quas d. lohannes Poli
«pater [suus olim acquisivit a...W, positis tam in tenimento dicti
« castri luliani quam etiam in alio quocumque vocabulo et loco
« ipsius contrate, quod castrum luliani positum est in Campania prope
« Montem Fortinum inter hos fines.. .('), et absolv[it omnes vassallos
«< quos habe[t in dicto castro luliani ab omni vinculo sacramenti
« vassallagii quo [sibi tenentur astrictos et v[ult quod a modo [ei
a iurent vassallagium et [ei teneantur ut vassalli... W, per Nicolaum
«de Terami (0 procuratorem. Hanc dationem faci[t prò .n. unciis
« auri quas [ei ut heres dicti patris [sui dare tencba[tur de sunima
(a) S'i'l testo mamù (b) AV/ testo mariiì (e) Lacuna per corrosione
del testo nel marcine destro. (d) Lacuna nel testo per più della metà del
rigo. (e) Lacuna nel testo per uno o due nomi. (f ) cum domibus et
casarinis aggiunte con un richiamo dalla medesima mano del testo prima delle
sottoscrizioni. (g) Lacuna per lo spazio di due o tre nomi. (h) Lacuna
per due ter\i del rigo. (i) Lacuna per quasi tutto il rigo. (k) Lacuna
per breve spailo del rigo. (1) Qui e scritto Teranì ; la forma corretta è
nella firma dei testimoni, dove il procuratore comparisce fra i tati dell'atto.
10^ V. federici
« .M. unciarum auri quas clini d'ictus pater [suus nomine dotis Dia-
« deme olìm uxoris [Nicolai recepi[t in dotem, cui ipse Petrus prò
(( medietate successi[t, et qu'a Nicolaus promi[sit [Petrum conscr-
« vare indempnem de ipsa dote ab omni persona et specìaliter a
« Teodora et a Francisca filiabus [eius, ut patet alio publico instru-
« mento scripto per hunc eumdem scriniarium ». Pena « .m. marca-
te rum argenti boni ». Testimoni: « Johannes filius olim Landolfì filius
« qd. Petri de Columpna, Nicolaus de Terami, Filippus de Bianca,
<( Angelus Gulgelmini, Roffridus Casertanus, Benedictus de porta
« Montis Fortini. Johannes S. R. E. scriniarius ».
CXXXIV.
1265, settembre 20.
« Gregorius abbas monasterìi S. Silvestri de Capite cum con-
ce sensu fratrum d. Placidi, d. Cinthii, d. Girardi, fratris lacobi
« monachorum eiusdem monasterii reloc[at Vitello argastarolo in
<( perpetuum unam petiam vinee plus vel minus posita[m extra Fla-
« mineam portam, in loco qui vocatur orto Pissce, inter hos fines,
« a .1. latere tenet Johannes Tebaldi, a .11. latere tenet Laurentius
« Berardi de Bianca scriniarius, a .111. latere retro est costa montis
« Cacarelle, a .1111. latere antea est via publica, prò eo quod [is pro-
« micti[t omni anno in tempore vindemiarum redde[re monasterio
« quartam partem totius musti mundi et acquati quod de dieta vinea
« exierit et unum canistrum plenum de uvis quod sit in fundo duo-
« rum palmorum et altum unius sum[mìssij W. Comminus .v. soli-
« dorum provisinorum senatus in venditione tantum. Si [is inveneri[t
« in ea aurum argentum ferrum plummum ramem aut aliquod me-
« taldum seu bonam petram vel petras valentes ultra .xii. provisinos,
« medietas sit [sua, alia monasterii. Et si vinea per hostem publicam
« vel celi plaga aut per [eius neglientiam in desertum ierit et in
ce tribus annis eam non relevabi[t, monasterio revertatur ». Pena
«.III. unciarum boni auri». Testimoni: « Bartolomeus Nicolai de
« Trocta, Gusmatus frater eius, lacobus cellararius, Guilielmus Fran-
te cisscus. Johannes S. R. E. scriniarius ».
(a) Illeggibile parte della parola per abrasione della pergamena.
Regesto di S. Silvestro de Capite 107
cxxxv.
1265, novembre 29.
« Tadeus habitator Vallarani scindicus procurator et actor pre-
« dicti castri Vallarani et communitatis eiusdem castri, consiitu[tus
« publico instrumento scripto per Angelum de Simo (») S. R. E. nota-
(c rium renuntia[t d. Gregorio abbati monasteri] S. Silvestri de Capite
« de Urbe orane ius quod ipsa communitas et castrum habet in eccle-
« siis S. Salvatoris de Coriliano, posit[is in tenimento dicti castri, inter
« hos fines, a .1. latere est tenimentum castri Vallarani, ab alio latere
«est tenimentum castri Sirani et ab alio latere est tenimentum castri
« Rungentis et ab alio latere est tenimentum castri lulglianelli, et
« ecclesia S. Silvestri que posita est intus castrum Vallarani ». Pena
« .1111. (b) libras boni auri ». Testimoni : « Johannes Pauli, Angelus
« Romani Stefanie, V[e]rgilius (e) lohannis Dionisii, Rainaldus man-
« sonarius W, lacobus cellararius S. Silvestri, Oddo cocus. Johannes
(f S. R. E. scriniarius ».
CXXXVI.
1266, giugno 27.
« Petrus filius qd. Laurentii Stephani, ut heres in totum dicti
« patris sui, consentiente in hoc religioso viro d. Gregorio abbati
« monasterii Ss. Stephani et Dionisii ac Silvestri qd. pape et d. Pla-
ce cido, d. fratre Donadeo, d. Cencio monachis dicti monasterii, cuius
« est proprietas, habens prò consensu triginta provenientium («) con-
« cessit Retro Falconi unam petiam vince dimidiam plus vel minus,
« positam extra portam Flamineam in monte S. Valentini, inter hos
« fines, a .1. latere tenet Gregorius Cesarli, a .11. Johannes Nicolai,
« a .III. Petrus Siricus iuris dicti monasterii, a .1111. via per Grego-
« rium Cesarli suum procuratorem, salvo quod Petrus et cius heredes
(a) Nel testo Sistmo; con l* s e il t espunti dalla medesima mano del tt'
sto: il t con un punto sotto, l' s con un punto sotto ed uno sopra. (b) Ih'
certo il numero fra .iii. e .un. perchè qui la scrittura è svanita. (e) Un
buco della pergamena danneggia in parte la parola. (d) Sei testo inaso-
narius sen:^a abbreviazione. (e) Nel testo fuen
io8 V. federici
« annuatim reddere teneantur tempore vindemmiarum quartam par-
« tem totius must! mundi et acquati quod de ex dieta vinca exierit
«monasterio, prò .lii. soildis honorum provisinorum senatus ». Pena
« dicti pretii dupli». Testimoni: « Gregorius («) Cesarii, Bartho-
« lomeus putinarius, Silvester Andree Carli. Johannes Coni S. R. E.
« scriniarius ».
CXXXVII.
1268, agosto 2.
« Andreas Boniaccursì consentiente in hoc Flore uxore su]a
« et renuntiante omne ius suum dotis et donationis propter nuptias
« et adiutorium senatus consulti Velleiani, cum consensu d. Gregorii
« habatis monasterii S. Silvestri de Capite et d. Placidi et d. Rainaldi
« monachorum eiusdem monasterii proprietarii subscripte vinee, ha-
« bentibus prò consensu .xx. provisinos senatus vend[it, per Angelum
« lohannis Lovangio su]um procuratorem, Angelo de Palladino de
« regione S. Laurentii in Lucina in perpetuum unam su]am tert'am
« petiam vinee plus vel minus cum tertia parte unius vasce et tino
« et vascale suo, positam extra portam Flammineam in monte S. Va-
« lentini, Inter hos fines, a .1. latere tenet Laurentius qui vocatur Sel-
« vangius, a .11. Petrus Pippone, a .111. a capite est via, a .1111. latere
V est via plubica, prò eo quod confite[tur [se recepisse prò pretio
« .XLvii. solidos bonos provisinorum senatus, salvo tamen quod omni
« anno tempore vindemmiarum [is rede[t monasterio quartam partem
« totius musti mundi et acquati quod de ea exierit et .xx. provisinos
«senatus prò consensu». Pena «diete pecunie dupli». Testimoni;
« Romanus ^ampo qui vocatur lo Regio, Rainaldus de Petro, Paulus
". magistri Nicolai, Presela tabernarius. Angelus Tiburtinus, Berto-
« linus. Bartholomeus Factoris S. R. E. scriniarius» (0.
CXXXVIII.
1268, ottobre 8.
« Gregorius abbas monasterii S. Silvestri de Capite, presbiter
« Placidus, Cinthius monachi dicti monasterii consenti[unt Gerihoni
(a) Nello spailo tra i due nomi si vede traccia di una lettera.
(i) A tergo la mano dello stesso notaio annotò: « Apparum vinee
« montis S. Valentini, Angeli Palladini ».
^^egesto dì S. Sihestro de Capite 109
« filio olim Patroni ad divisionem medietatis .1. domus quani factam
« habe[t cum lohanne Nicolai, que medietas diete domus iunta est
« cum alia medietate ipsius lohannis Nicolai, que tota domus posita
« est in proprietate monasterii et lohannis Mardonis et heredum Andre
« Mardoni, que domus cum orticello retro se posita est in regione
« Colupne Antonine infra ortos, Inter hos fines, a duabus lateribus
« suat. ..(*), ab alio latere tenet Cacciatus, ab alio latere tenet Gui-
« ducius Acti omnes iuris monasterii, prò eo quod nunc recipi[unt
« prò commino et prò consensu .xii. provisinos, et omni anno in feste
« sancti lohannis de state [is redde[t monasterio nomine pensionis
« .1111. provisinos. Comminus .11. solidos denarios papienses «. Pena
« .1. libre boni auri «. Testimoni: « Martinus Sinibaldi, Angelus Pal-
« merii, lacobus Cardarelli, Landulfus Amici. Johannes S. R. E. scri-
« niarius ».
CXXXIX.
1268, novembre 12, Viterbo.
« Clemens pp. IV Gregorii qd. abbatis monasterii S. Silvestri
« de Capite de Urbe postulationem in abbatem monasterii S. Gre-
« gorii in Clivo Scauri de Urbe duxit admittendam, absolvens dictum
« Gregorium a vìnculo quo eidem monasterio S. Silvestri tenebatur
« astrictus eique concedens ad monasterium S. Gregorii transeundi
« liberam facultatem »,
« Gregorio abbati monasterii S. Gregorii in Clivo Scauri de Urbe
« ordinis sancti Benedicti ».
Inc. « Etsi monasteriorum ».
a Datum Viterbii, .11. id. novembris, anno quarto » (r).
CXL.
1268, decembre 23.
« Romana (b) uxor qd. Blasci Durantis calxolarii d[at d. Romano
a Stephani de Cinthio in perpctuum trcs petias vineatas plus vel
(a) La pergamena qui e corrosa in parie (fine del r. ij) e in parte abrasa
{principio dd r. ;./;. (b) // nome, illeggibile qui />, r una macchia della per-
gamena, si desume dalla fine dell'alio,
(i) Reg. Vaiic. 32, n. lxxxi, c. 240 b e cf. E.Jordan, La registra
de Clément IV, Paris, Thorin, 1894, n. 684.
no V. federici
« minus cum medietate vasce et vascalìs et tini, positas extra portam
« Numentanam sive Salariam, ad forraam que dicitur S. Silvestri,
« inter hos fìnes, a .i. latere est dieta forma, a .11. a pede est rìvus,
« a .III. est fontana, a .1111. desuper est via publica, per Laurentium
« lohannis Petri testem subscriptum procuratorem, prò eo quod con-
ce fite[tur prò toto pretio recepisse .l. libras bonorum provisinorum
« senatus, salvo omnì iure et redditu monasterii S. Silvestri, cui omni
« anno tempore vindemmiarum redde[t quartam partem totius musti
« mundi et acquati quod de dictis vineis exierit et .111. canistra piena
« uvarum que sint in fundo .11. palmorum et unius suramissi in altum.
« Renuntia[t hiis omnibus supradictis, omni iure legum ac boni usus
« auxilio et adiutorio Velleiani senatus consulti ». Pena « diete pecunie
« duple ». Testimoni: « Petrus Donadei, Benturas Nicolai, Laurentius
« lohannis Petri, Angelus ser Roman', Nicolaus lohannis Boni la-
« cobus Marcelli S. R. E. scriniarius » (a).
CXLI.
1269, gennaio 8.
a Raynaldus Egidii concessit Laurentio fìlio qd. lacobi Bartho-
« lomei Caccocotti in perpetuum quandam domum cum orto post
« se et iuxta se, positam Rome regione Trivii in campo de Arcio-
« nibus, inter hos fìnes, ab .1. latere tenet Sapia iuris monasterii
« S. Silvestri, ab alio tenet Angela filia Sapie, ab alio retro Blasione
« et ab alio ante est via publica, prò .vii. libris et .v. solidis bono-
« rum provisinorum senatus, [salvo] (b) iure monasterii S. Silvestri
« de Capite cuius est proprietas, cui omni anno in festo beati lohannis
« Baptiste de estate dictus Laurentius solvet .1111. provisinos senatus
<( nomine pensionis et ce[teros] (0 tenores servabit prout in locationis
« cartula scripta per Gualengum [scriniarium] W, et insuper promisit
(a) Nel margine superiore del verso della pergamena e visibile^ nello
spazio compreso da una macchia prodotta da un reagente chimico, qualche
traccia di scrittura in minuscola romana, nella quale appare riassunto V argo-
mento dell'atto; i. ...mane facio .. . calcularii | 2. ...domino ro | 3. mano
Stefani de Cinthio | 4. . . . | (b) Incerta la lettura perche il carattere qui
e mollo svanito. (e) Una macchia lascia vedere incertamente le due prime
lettere della parola, e ha guastato il resto ; ma la frase e ripetuta altre volte
nel corso del documento. (d) La scrittura e svanita; si vede solo un n
finale con una abbreviaiione sopra.
^*gesio di S. Sii pesi 7^0 de Capile 1 1 1
« se curaturum quod Maria uxor eius et lohannes filius eius et Rosa
« nurus sua uxor predicti lohannis refutabunt quicquid iuris vel actio-
« nis baberent in predictis rebus ». Pena a dupli totius pretii. Actum
« presentibus Bonsiniore Pauli, Bonagura sutore, Nicolao Laurent!!
« Romanelli marmorario, Angelo de Vento testibus ».
« Eodem die, monasterio S. Silvestri de Capite, abbate vacante
« propter recessum d. Gregorii qd. ipsius monasteri! abbatis, conventus
« monasteri! antedicti silicet d. lohannes de Monticellis prior, d. Pla-
« cidus, d. Donadeus, d. Raynaldus, d, Leo, d. Cinthius et frater
« lacobus monachi monasteri! prelibati suprascripte venditioni con-
« senserunt prò eo quod receperunt prò consensu .v. solidos provisi-
« norum senatus et consenserunt contractu dationis et concessionis
<' facte dudum ab eodem Raynaldo Petri lohannis de Planis qd. ge-
« nero suo, prò eo quod receperunt prò consensu alios .v. solidos
« provisinorum senatus. Actum presentibus Gottifredo de Monticellis,
« presbitero Donato ecclesie S. Salvatoris de Unda, et Angelo de
«Vento testibus. lacobus Silvestri S. R. E. scriniarius ».
cxLir.
1269, gennaio 15 (i).
« Angela uxor lohannis Macrapellis (») et filia qd. et heres
« Mathe! de Sermoneta 0>), consensiente Sapia matre sua uxor qd. dicti
« Mathe! et nunc uxore Angeli Stephan! Tebaldi, eaque rcnuntiante
« omni suo iure ypothecarum seu pignorum dotis sue et donationis
« propter nuptias et certiorata adiutorio Velleiani senatus consulti
« quod est prò mulieribus introductum et consentientibus in hiis
« discretis et religiosis viris priori et conventu monasteri! Ss. Stephan!
« Dyonisii atque Silvestri quod ponitur cata Pauli qd. pape, mona-
« sterio predicto abbate vacante propter recessum d. Gregorii qd.
« abbatis et d. lohanne de Monticelli priore, d. Placido, d. Donadeo,
« d. Cinthio, d. Leone et fratre lacobo monachis monasteri! prelibati
« habentibus prò comminu et consensu .11. solidos provisinorum se-
« natus vendidit Rodulfncie uxori qd. Raynald! Schibane in perpc-
« tuum unam domum terrineam et tegoUtitiam cum orto post se,
« positam Rome regione Trivi! prope ecdesiam S. lohannis de Ficucia,
<a) Àbbr. macrapctl (b) Se/ testo semi
(i) Questo documento ò scritto dopo il precedente nella mede-
sima pergamena.
112 V. federici
« Inter hos fines, a .i. latere tenet Angelus de Vento iuris diete
« ecclesìe S. lohannis, ab alio Laurentius lacobi Bartholomei Cac^i-
« cotti iuris dicti monasterii, ab alio retro tenet heredes Thomasii
« lohannis Iaconi, et ab ante est via publìca, salvo omni iure monasterii
« supradicti cui dieta Rodulfucia omni anno in festo sancti lohannis
V Baptiste solvet .11. provisinos senatus nomine pensionis et ceteros
« tenores observabit locationis sicut in cartula scripta per Angelum
« sacri romani imperli scriniarium plenius continetur. Predictam ven-
« ditionem fecit prò .viii. libris minus .v. solidis honorum provisino-
« rum senatus ». Pena « dupli totius pretii. Actum presentibus Got-
« llfredo de Monticello, Petro Benedicti calsolario, Carlo scriniario,
« Francisco Pauli de Vecto et Petro Pauli scriniario testibus. lacobus
« Silvestri S. R. E. scriniarius ».
CXLIII.
1269, marzo 8.
« D. Johannes Monticelli prior, d. Placidus, d. Dopnadeus et
« Cinthius, d. Rainaldus, presbiter Leo, frater lacobus monahi mona-
« sterii S. Silvestri de Capite consenti[unt ad venditionem quam
« Sassus Mactei lohannis Sassi nunc factam habet Finite uxori olim
« Petri Vitali de .1. petia vince, posita in monte S. Valentin!, Inter
« hos fines, a .1. latere tenet Johannes Petri Mainardi, ab alio
« latere tenet Nicolaus Musei, ab alio latere tenet Candidus et ab
« alio latere est via omnes iuris monasterii, prò eo quod nunc re-
« cipi[unt prò commino et prò consensu .v. solidos provisinorum
« bonorum senatus, et omni anno in tempore vindemmiarum ipsa
« rcdet monasterio quartam partem totius musti mundi et acquati
« quod de dieta vinea exierit, salvo quod monasterium dimictet
« ipse Finite .xviii. congitellas de musto mundo comuni in tino
« per vasscatam de uvis plenam, et si erit dimidiam dimictet ei
« .vini, congitellas, et si non erit dimidiam dimictet ei secundum
« quantitatem uve. Comminus .v. solidorum provisinorum. Si [Finita
« invener![t in ea aurum argentum ferrum plummum ramen aut ali-
« quod metaldum seu bonam petram vel petras valentes ultra .xii. pro-
« visinorum, medietas sit sua, alia monasterii. Si dieta vinea per ostem
« publieam vel celi plaga aut per suam neglientiam in desertum ierit
« et in tribus annis non relevabit, monasterio revertatur ». Pena
«.II. unciarum auri». Testimoni: « Macteus fornarius, Bartolomeus
« Andree, Johannes Teodini, Nicolaus Musei, Nicolaus Romani. lo-
« hannes S. R. E. scriniarius ».
^{e gesto di S. Silvestro de Capite ii
CXLIV.
1269, giugno 15, Viterbo.
« Presbiter Guido S. Trinitatìs de Vitorclano renuntians clericali
<( et fori prescriptioni fecit presbitero Cinthio priori ecclesie S. Petri
« de Vitorclano, nomine suorum fratrum et successorum et diete ec-
« clesie S. Petri et monasterii de Capite, sub quo est dieta ecclesia
« quietationem de omni eo quod in dieta ecclesia S. Petri petere posset
« nomine sui canonicatus oblationum mortuorum decimarum ba-
« ptismi untionum, penitentiarum sub obligatione omnium suorum bo-
« norum et pen[a .xx. librarum bonorum denariorum paparinorum.
« Actum est hoc Viterbii, ante domum Guidonis Rainuccii, testibus
« Gradeus, Johannes Ianni Montanari!, Gualterius frater Petrioli. lo-
« iiannes Arleisi sacri palatii Lateranensis notarius ».
CXLV.
1269, agosto 20.
« D. Johannes Monticelli prior monasterii S. Silvestri de Capite,
«d. Placidus, d. Leo, d. Cinthius, d. Rainaldus monahi monasterii
« S. Silvestri consenti[unt lacobo lohannis Tasconis etMingarde viro
« et uxori ad illam divisionem quam Johannes Nicolai [eis fecit
« de medietate unius domus, quam comunem (•) habe[nt cum alia
a medietate lohannis Mardonis et heredum Andrea W Mardonis prò
« indivisa, que domus posila est in regione Colupne Antonine infra
« ortos, a .11. lateribus sunt vie, ab alio latere tenet Guidus, ab alio
« latere est d. . . . (<=), prò eo quod nunc rccipi[unt prò commino et prò
« consensu .11. solidos denarios papientium, et omni anno in festo
« sancii lohannis de state [ii redde[nt monasterio .11. denarios papienses.
« Comminus .11. solidorum denariorum papiensium ». Pena « dimidie
« libre boni auri ». Testimoni : « . . . P[e]t[rus] . . . W S. Andree infra
« ortos, Petrus Alexii, Stcfanus Rainaldl, lacobus Gualtcrii, Franci-
« sscus Orlandi, Gcrconcellus Petroni. Johannes S.R. E. scriniarius »(«).
(a) i\V/ Usto comùa (b) Sei tetto Andce (e) Lacuna nel testo.
(d) Una macchia impedisce la lettura del nome del primo teste; con gran diffi-
coltà si scorgono un P ed un t
(i) La stessa matn del testo annotò nel verso: «Carta con-
« cessionis d. lacobi lohanni Tassconis et Mingardc uxoiis sue».
Archivio dftla R. Società romana de $toria patria. Voi. XX III. 8
114 ^' .federici
CXLVI.
1269, agosto 24.
« D. lohannes Monticelli prior, d. Placidus, d. Leo, d. Rainaldus,
« d. lacobus monahi monasterii S. Silvestri de Capite consenti[unt lo-
« hanni filio Romani Sarracenì recipienti nomine prò Bona uxore [eius
« ad venditionem quam presbiter Macteus S. Nicolai de Tufi [ei fecit
« de dimidia petìa vinee, posita in monte S. Valentini, Inter hos fines, a
« .1. latere tenet Blasius Mannuccius, ab alio latere tenet presbiter Nico-
« laus S. Tornei de Vineis et ab alio latere est ripa montis et ab alio la-
« tere est via omnes iuris monasterii, prò eo quod nunc recipi[unt a pre-
ce sbitero Macteo prò commino et prò consensu .xxx. provisinos bonos
« senatus et prò eo quod omni anno in tempore vindemmiarum ipsa
« [Bona redet monasterio quartam partem totius musti mundi et acquati
« quoddevineaexierit, salvo quod monasterium dimictet [ei .xviii. con-
« gitellas de musto mundo communo in tino per vasscatam de uvis
« plenam, et si erit dimidiam dimictet ei .vini., et si non erit dimi-
« diam dimictet ei secundum quantitatem uve. Comminus .xxx. pro-
« visinorum. Si Bona invenerit in ea aurum argentum ferrum plum-
« mum ramem aul aliquod metaldum seu bonam petram vel petras
« valentes ultra .xii. provisinos, medietas sit monasterii, alia sit sua.
« Si vinea per ostem publicam vel celi plaga aut per suam neglien-
« tiam in desertum ierit et in tribus annis eam non renovabit, mo-
a nasterio revertatur ». Pena «.11. unciarum boni auri ». Testimoni:
« d. Angelus Lonterii, Petrus Barberius, Leonardus domine Virde,
«Petrus Casciolus, Angelus Nicolai. lohannes S. R. E. scriniarius ».
CXLVII.
1270, ottobre 23.
«D. lohannes prior monasterii S. Silvestri de Capite, d. Placidus,
« d. Raynaldus, d. Cinthius, frater lacobus et frater Leonardus mo-
« nachi et conventus monasterii supradicti relocaverunt Angelo Paulo
« et Francisco fratribus, filiis olim Gregorii Petri Thosi in decem et
« novem annis complendis et semper in aliis tantum renovandis unam
«domum cum orto post se et insta se, positam in regione S. Lau-
« rentii in Lucina, Inter hos fines, a .1. latere est via, a .11. lohannes
« lohannis Periculi, a .111. similiter dictus lohannes tenet, a .1111. te-
^ gesto di S, Silvestro de Capite 115
<c nent predicti fratres, prò eo quod receperunt .11. sollidos honorum
« provisinorum senatus, sub pensione .11. denariorum honorum de se-
« natu omni anno in festo sancii lohannis Battista reddenda monasterio.
« Comminus .xii. denariorum provisinorum de senatu m. Pena « .11. li-
« brarum boni auri. Actum in claustro (») monasterii, presentibus
« testibus Berardino Carobello, Augustino mandatario et acquistadore.
« Carlus S. R. E. scriniarius ».
CXLVIII.
1270, novembre 9.
« Johannes Monticelli prior, d. Placidus, d. Dopnadeus, d. Cin-
«thius monahi monasterii S. Silvestri de Capite consenti[unt ad ven-
ie ditionem quam Nicolaus Leonardi Dionisii Bartolomeo Georgii fecit
« de .1. petia vinee plus vel minus, posita in monte Sacqui (b) Gui-
«derulfi, inter hos fines, a duobus laterihus [ipse [Bartolomeo tene[t,
« a .111. lacobus Scapolo, a .1111. est via omnes iuris (=), prò eo quod
« nunc recipi[unt prò commino et prò consensu .v. solidos provisi-
« norum honorum senatus, et omni anno in tempore vindemmiarum
■« [is rede[t monasterio quartam partem totius musti mundi et acquati
« quod de dieta vinea exierit et .1. canistrum de uvis plenum quod
<t sit in fundo .11. palmorum et altum .1. summissi. Comminus .v. so-
a lidorum provisinorum. Si [is inveneri[t in ea aurum argentum fer-
« rum plumum ramem aut aliquod metallum seu bonam petram vei
« petras valentes ultra .xii. provisinos, medietas sit [sua, alia mo-
■« nasterii. Si vinea per ostem publicam vel celi plaga aut per [eius
« neglientiam in desertum ierit et in tribus annis [is eam non rele-
<c vabi[t, monaterio rcvertatur ». Pena « .11. librarum boni auri ». Te-
stimoni: «Petrus lohannis Cinthii, Macteus Berardi, Petrus Alexii
« Pauli lohannis Rustici, Petrus Alexandri, Johannes Rome, Johannes
« Cipriani. Johannes S. R. E. scriniarius ».
CXLIX.
1271, ottobre 1 1.
« D. Johannes Monticelli prior, d. Placidus, d. Dopnadeus, d. G'x-
« rardus, frater Angelus monahi monasterii S. Silvestri de Capite re»
(a) Kel testo Clausto (b) Abhr, Sacq (e) Lo tcriniario omise qui
/jtialche parola : forte monasterii
11^ V. federici
« loca[nt Nicolao Musei in perpetuum unam petiam vince desertam
« plus vel minus ad quartam reddenda, positam extra portam S. Va-
« lentini in monte S. Valentini, inter hos fines, a .i. latere [ipse
« [Nicolaus et Terrese (a) tene[nt, a .11. latere tenet Petrus Falconis,
« a .III. latere tenent magister Angelus et heredes Raìnaldi de Bianca
« omnes iuris monasterii, a .1111. latere est via publica, prò eo quod
« [is promicti[t vineam hoc anno cavare et repastinare et bene labo-
« rare et cultare sicut bonam vineam decet, et de omni bladu quod
« in vinea [is seminaveri[t rede[t .v.»™ partem monasterio, oninì anno
« in tempore vindemmiarum [is rede[t monasterio quartam partem
*« totius musti mundi et acquati quod de vinea exierit, salvo quod
« monasterium dimictet [ei .xvjii. congitellas de musto mundo com-
(( muno in tino per vasscatam de uvis plenam, et si erit dimidiam
« dimictet .vini., et si non erit dimidiam dimictet [ei secundum quan-
« t'tatem uve. Comminus .v. solidorum provisinorum bonorum se-
« natus. Si [is inveneri[t in ea aurum argentum ferrum plummum
« ramem aut aliquod metaldum seu bonam petram vel petras valentes
« ultra .XII. provisinos, medietas sit [sua, alia monasterii. Si vinea per
« ostem publicam vel celi plagam aut per [eius neglientiam in de-
« sertum ierit et in tribus annis eam non relevabi[t, monasterio rever-
« tatur ». Pena « ,11. unciarum boni auri ». Testimoni: « Paulus Andree
« Anestasiì, Leonardus Petri Capucie, Angelus familiarius monasterii.
« Johannes S. R. E. scriniarius ».
CL.
1272, gennaio 3.
« D. Johannes Monticelli prior, d. Placidus, d. Donnadeus, d, Gi-
« rardus, d. Leonardus, frater Johannes monahi monasterii S. Silvestri
« de Capite consenti[unt Angelo Pauli Caciagulpe ad venditionem
« .1. petie vinee quam nunc [ei Deusdecem 0>) filius olim Petri Danielis
« factam habet, que vinea posita est in monte Sacqui Guiderulfi, a
« .1. latere tenet Johannes frater eius, a .11. latere tenet Angelus Mactei
« Soffi, a .III. latere est Saccum Guiderulfi omnes iuris monasterii,
«et a .1111. latere est via, prò eo quod nunc recipi[unt prò commino
« et prò consensu .v. solidos provisinorum, et omni anno in tempore
« vindemmiarum [is rede[t monasterio quartam partem totius musti
« mundi et acquati quod de vinea exierit et .1. canistrum plenum de
(a) Jbbr. trese (b) Nel testo deus dece
Regesto di S, Silvestro de Capite 117
« uvis quod sit in fundo .ir. palmorum et ahum .1. summissi. Com-
« minus .V. solidos provisinorum honorum senatus. Si [is inveneri[t
« in ea aurum argentum ferrum plummum ramem aut aliquod me-
« taldum seu bonam petram vel petras valentes ultra .xii. provisinos,
« medietas sit [sua, alia monasterii. Si vinca per ostem publicam vel
« celi plaga aut per [eius ncglientiam in desertum ierit et in tribus
« annis [is non relevabi[t, monasterio revertatur». Pena (f .11. uncia-
« ruiT; boni auri». Testimoni: « lacobus de Albe, lohannes Rustici,
« lacobus Petrucie, lacobus Nicolai Georgii. lohannes S. R. E. scri-
« niarius ».
GLI.
1273, maggio I.
« D. lohannes Monticelli prior, d. Placidus, d. Donnadcus, d. la-
« cobus monahi monasterii S. Silvestri de Capite consenti[unt lo-
ft hanni Cascioli, Angelo Bivacii ad venditionem quam lohannes
« Silvestri et Petrus frater eius nunc factam habent de una petia vinee
«plus vel minus, posita in ][oc]a (0 S. Valentini, ab uno latere tenct
« Andreas Masseronis, ab alio late[re] W [lohannes [et [Angelus te-
« nent, ab alio latere tenent Petrus Angeli lohannis monahi omncs
« iuris monasterii, ab alio latere antea est via publica, prò eo quod
« nunc confite[ntur recepisse prò commino et prò consensu .v. solidos
« bonorum provisinorum, et ab ipsto [a]nno (0 in antea [ipsi red[ciit
« monasterio quartam partem totius musti mundi et acquati quod de
« dieta [vjinea (0 exierit, et .1. canistrum de uvis plenum quod sit
« in fundo duorum palmorum et altum .1. summissi. Comminus .v. so-
ft lidorum bonorum provisinorum senatus. Si [ipsi inveneri[nt in ea
« aurum argentum ferrum plummum ramem aut aliquod metalluni seu
«bonam petram vel petras valentes ultra .xir. provisinos, medietas sit
« [eorum, al'a monasterii. Si vinea per ostem puhlicnm vel celi pl;ii;a
« aut per [eorunì neglientiam in desertum ierit et in tribus annis [ipsi
« eani nf)n relevab[unt, monasterio revertatur». Pena « .111. unciaruni
«boni auri». Testimoni: « Andreas Mastrane, Presbiter Conipam-
« giane. Brunus cocus S. Silvestri, Leonardus cavalerius. loliannes
« S. R. E. scriniarius ».
(a) .V('/ ti sto la parola e molto sluadita ; uuto viuhili ci i.it dinrr.ìr ! . , .i
(b) // tnarginr datro della pcrgaimua è corroso in questo luogo. (e) La
parola è in parie guasta da un buco della pergamena.
ii8 V. Jederici
CLII.
1274, marzo 23, Bassanello.
« Coram d. Homine (*) S. Angeli de Trege ludici et vicario ge-
« nerali in Palatolo et provincia circum se posita per .viii. mlliaria,
« d. Cincius monachus gubernator et rector ecclesie S. Salvatoris Co-
« ruliani et monachus S. Silvestri de Urbe, vice et nomine ecclesiarum
« denuntiat etaccusat Angelum Petri Nigri de Vaxanello qui de mense
« martii entravit et occupavit qu[amdam] (b) suam tenutam unius pctie
« terre pertinentis ad dictas ecclesias, petit eum puniri et condepnari
« secundum formam constitutionis d. capitani (<=) et iustitiam et pre-
te dictam tenutam sibi restituì cum dapnis et expensis.
« Mense martii die .xxiiii. Angelus Petri Nigri de Vaxanello con-
« fitetur se intrasse dictam terram et laborasse et possedisse prò sua,.
« iam sunt .xii. annos. Quibus datus est terminus usque in primum
« diem post octavam passce ad probandum quicquid voluerint.
« Hec est copia cuiusdam instrumenti producti a d. Cincio contra
«Angelum predictum ». 1273, giugno 21. «Angelus Petri Nigri, co-
« ram d. Rayno potestati castri Vassanelli sedenti prò tribunali in
« iudicio sponte confexus fuit habere, nomine monasterii S. Silvestri
« in Capite de Urbe, .1. petiam terre positam in Conspeto {^), inter hos
« confines, silicet a .1. latere lannuccius Petri Arnulfi (e) et a capite
« Forma (S) et iuxta alios suos ionfines, et promisit mietere [d. [Cin-
« cium in possessionem diete terre, hinc ad diem dominicum proxi-
« munì venturum.
« Actum est hoc Vaxanelli, prope domum lannutii lohannis
« Somai vel Angelutii lannis, coram Campovaro lanne Guerrutii,
« Angelo Goigi (g) et Petro Luci testibus. Teballus Petri auctoritate
« apostolica notarius.
« Mense iulii, die .xxvi. Retulit Carosus castallus citaxe hodie
« Angelum Petri Nigri.
(a) Ahhr. Hoie (b) La pergamena dalla piegatura fu corrosa e un
largo buco danneggia la fine dei rr. 4-j. (e) Kel testo capit^ (d) Nella
denuncia e detto: in loco qui dicitur Tulianu sive Cospetum (e) Nella de-
nuncia di Cencio e detto: heredum Petri Arnulfi; nelle susseguenti udien:ie:
heres Petri Arnulfi (f) Nella denuncia : Forma comunis Vassanelli, ab
alio Angelus Tordanus {g) Nelle te stimonianT^e che seguono : Angelus Petii
Gua(;e
Regesto di S. Silvestro de Capite 119
« Die .XXVII. D. Salvestrinus vicarius precepit Angelo quod cras
« per totum diem ducat testes suos.
« Testes producli a d. Cincio centra Angelum, die .xxiiii. mar-
«tii: Angelus lordanis, Petrus lannis, Appatrinus Mathilone ».
1274, aprile 11. « Frater Cincius probare intendit [supradicta et
« quod Rosa Nectaronis uxor qd. ipsius Angeli et ipse Angelus, dum
« vixit ipsa Rosa reddiderunt ipsi vel alius prò eis pensionem dicta-
« rum terrarum procuratoribus monasterii.
«Petrus lannis testis iurat quod bene interfuit iam est annus
« elapsus, de mense iunii messoris, quando Angelus predictus renuit
'c d. Cincio prò monasterio quandam terram, posicam in tenuta Vaxa-
« nelli in Cospeto iuxta rem Leonardi Deutallevi (a).
« lannes Petri Arnolfi testis iurat quod dieta terra est posita in
« Cospeto iuxta rem ipsius testis et fratris sui et rem Leonardi Deo-
« talleve et rem quam tenet Petrus Bellafante prò dote uxoris et rem
« heredum Stephani Laurentii et rem quam tenet lentilonus de Cer-
ti queta.
« Angelus Petri Gua(;e testis iurat quod bene interfuit quando
« promisit investire Angelus dictum monacum et dixit se prò mo-
« nasterio possidere terram quamdam, positam in Cospeto iuxta len-
« tilonem de Cerqueta et rem fiiiorum Petri Arnulfi et rem heredum
« lannis Cese. Leonardus Nectaronis testis iurat quod dieta terra
« vocatu[r Conspeio sive Clusura exvaliata Q>) in tenimento Vaxanelli.
«lannes Nectaronis (=) iurat &:c
« Mense iulii, die .xxvi. Appatrinus testis iurat quod Rosa uxor
« dicli Angeli dum vixit solvit ipsi Appatrino tunc procurator[i mo-
« nasterii S. Silvestri.
«Mense aprilis, die .xi. Pauius lannis Andree testis iurat &:c.
« quod est de hiis publica fama et vox in dicto castri Bassani et eius
« pertincntiis.
« Die Lune penultimo iulii. Lecti aperti et publicati sunt testes
« et eorum dieta mandato dicti vicarii in Vaxanello, ante ecclesiam
« S Angeli, coram d. Locterio et Cliristoforo testibus.
« Hii sunt testes producti ab Angelo Petri Nigri contra Cincium:
« .^ngilerius lannus Guarnerii, lannes Mancini, Marfangonus (•*), lan-
« nucius Angeiice(«), Angelus lordane, Angelus Crcsscii, RiccusCO
« Crcsscii, lentilis lannis Gerardi.
(a) S' intende che delle teslimoman^e riporto quelle che recano qualche dato
di fatto nuovo. (b) Nel testo ex vallata (e) Xrl testo Nectl (d) Questo
teste quando depone è nominato Marfanionn f>iié sotto è nowi-
raa/o larinuccius Angeli Angclice (f) Net ' i forma compieta ti
Ugg* nella deposizione seguente del tette.
120 F. federici
« Intendit probare Angelus Petri Nigri quod ipse et alius prò eo
« habuit et possedit et laboravit et laborari fecit unum petium terre,
« positum in lenimento Vaxanelli in loco qui dicitur Tuliannm sive
« Conspetum, iuxta rem Crescarelli fìlli Petri Arnolphi et iuxta rem
.« Angeli lordani et iuxta alios suos confines spatio .xii. annorum,
« item quod Crescarellus fuit filius et heres Petri Arnulphi.
« Angilerius Guarnerii testis iurat quod Angelufs Petri Nigri fecit
« laborare lannis Nectaronis (»). [Ali! test[es iura[nt ut supra.
« Die Lune, penultimo iulii. Aperti lecti et publicati sunt testes
« et eorum dieta, mandato vicariiin Vaxanello, ante ecclesiam S. An-
« geli, coram d. Locterio et Christophoro testibus. D. Salvestrinus vi-
« carius prefixit dictis partibus terminum bine ad .viii. dies, scilicet
« proximo die lune ante tertiam ad reclpiendam copiam de predictis
« actis.
«Die .VI. augusti. Idem vicarius proroga vit terminum bine ad
« diem Sabbati ante tertiam ad habendam copiam actorum.
« Te[bal]lus Petri auctoritate apostolica notarius et nunc notarius
« cas[tri] predicti, de mandato et auctoritate dicti vicarii » (b).
CLIII.
1274, aprile 19.
« Angelus Imperatoris iudex forensis Tuscie et Colline et lacobus
« Consolini iudex da[nt consilium d, Nicoloso de Riso regionario in
« Urbe vicario quod, salva querela, investia[t Petrum Pauli scrinia-
« rium (e) procuratorem scindicum et actorem monasterii S. Silvestri
« de Capite de subscriptis terris, petitis ab ipso procuratore contra lo-
« hannem Monte W, lohannem Tensa et lohannem Masse (e) de ca-
« stro Gallesi, qui iniuste tenent et possident infrascriptas terras per-
« tinentes ad dictum monasterium: silicet unum petium terre posite
« in tenimento dicti castri, in loco qui vocatur Pomaro, fines, a .1. la-
« tere tenent Gilius Petrus, Conversanus (0 et Simon, a .11. via Cac-
ce cabovina (g), a .111, Giucco, a .1111. lannocgius, ab alio lacobus Summi
(a) Kcl testo nectarois (b) La sottoscrizione del notaio e in parte abrasa
0 danneggiata da macchie di umidità. (e) Nel testo sm^ qui e in seguito
tutte le volle che si ripete. (d) Nel testo mte due volte ; una volta e scritto
interamente, ma e così svanito che e incerta la interpreta'zìone fra monte e
mente (e) Nel testo una volta mass, una volta mess, ma anche in questo caso
V interprcta-^ione e incerta per lo slato della scrittura. ({) Nel testo ')\i^gg
(g) Nel testo Caccaboia
T{e gesto di S, Silvestro de Capite 121
<f et fìlius Petri Summi et si qui alii sunt confines. Hoc autem fa-
« ci[unt quia predicti [tres Johannes vocali fuerunt a dicto scriniario
« per lacobum de Turre (») mandatarium et non venerunt. Scriptum
« per Laurentium Nicolai lohannis Landi notarium (b). Angelus Im-
«peratoris iudex forensis huic Consilio [se subscribi[t. lacobus Con--
« solini iudex [se subscribi[t. Sigilletur. Scriptum per Nicolaum bul-
« larium scriniarium Camere Urbis (0.
« Nicolosus de Riso in Urbe vicarius has litteras iussi[t sigillari
« mense aprelis, die .xxi., indici. .11. W et per Laurentium Petri Hen-
«rici investivi[t Petrum Pauli procuratorem S. Silvestri de supra-
« dictis lerris et de una domo lohannis Monte, posila in Gallese,
a fines, a .1. latere tenet magister Crescentius, a .11. via, a .111. domus
« olim lohannis Consilii.
« Actum mense aprelis, die .xxiii. («) » (i).
CLIV.
1274, agosto 3.
« D. Johannes prior, Donadeus, d. Cinlhius, d. Leonardus et fraicr
« Angelus monaci monasterii S. Silvestri de Capite consentierunl Petro
« lohannis (S) S. lohannis de quadam domo quam uxor Petri . . . (g)
« concedere Merilie noverche ipsius Petri et uxoris olim dicti lohannis
« S. lohannis, que domus po[sita est in pro]prietate(g) dicti mona-
« sterii in regione S. Laurentii in Lucina, a .1. latere tenent heredes
« Theoderande, a 11. Johannes Cocciapenta et Marcus C*'), a .111.
(a) ìsel testo rwre (b) Fin qui la scrittura e del notaio Lorenzo ; le
due firme seguenti sono autografe. (e) Da Sigilletur il carattere cambia ed
e quello di a Nicolaus bullarius ». (d) Qui cessa la mano di « Sicolaus »;
il resto della pergamena mostra una scrittura simile a quella di « Nicolaus »
ma piti minuta. (e) Alla fine del testo delV atto, prima delle sotloscriiioni,
è lanata: quos cxistimat .xxx. libras provisinorum senatus, con un richiamo (r)
che non ha riscontro nel testo, e non si sa quindi a qual passo di esso appar-
tenga. (f) N*/ testo è Petro lohannis lohannis S. lohannis (g) Una
macchia prodotta da reagenti chimici danneggia gran parte dei rr. j-ia, e im-
pedisce ogni lettura in questo posso. (h) Lacuna nel testo.
(i) Nel tergo della pergamena il notaio Lorenzo annoiò: « [die]
« .XXI. aprelis preccptum est fieri investimcntum super bona in con-
« silio contenta. Scriptum per me Laurentium uot.irium dictorum seri-
ci niarium ».
122 V, Jederici
«idem Petrus iuris ecclesie S. Laurentil in Lucina, a .mi. est via pu-
« blica, prò eo quod receperunt a predicto Petro .111. solidos provi-
« sinorum senatus, et prò eo quod ipsa Merilia promisit a modo omni
« anno in festo sancti lohannis Batiste reddere monasterio, nomine
« pensionis .1111. provisinos senatus. Com]minus .111. solidorum provi-
« sinorum senatus ». Pena « unius libre boni auri ». Testimoni: « Gen-
« tilis losep, Tebaldus Maroctie, lohannes Romani Henrici, Petrus
« Mathei de Franco, lacobus Pellegrini, Mallucius Petri Malli. Nico-
« laus Romani Angeli lohannis Pauli S. R. E. scriniarius habens iu-
te dicialem potestatem ».
CLV.
1274, ottobre 2, Bassanello.
« D. Cencius monachus procurator et actor monasterii S. Sil-
« vestri in Capite Urbis ex parte una et Silvester Litolfi ex parte al-
« tera compromiserunt in Saracenum Arnolfi, tamquam in arbitrum
« et amicum, de lite et questione que vertitur inter eos, occasione
« .mi. petiarum terrarum, que posite sunt in tenuta Vassanelli, quas
« terras petebat d. Cencius a d, Salvestro et de omni alia lite, dantes
« eidem arbitro plenam potestatem sub pena .x. librarum bonorum
« denarioruni paparinorum (a) solvenda parti observanti a parte non
« observanti. Actum est hoc in Vassanello, ante domum olim pre-
ce sbiteri Martelluccii, coram testibus Nectuccio lannis Nectaronis, An-
ce gelo Petri Berardi et lohanne lannis Vassalli. Nicolaus Benvenuti
«Acti auctoritate Sedis apostolice index et notarius (b). Saracenus
ce Arnolfi arbiter electus arbitr[atus [est quod d. Salvester Litolfi
c< debeat recipere ad locationem a d. Cencio .11. petias terre de dictis
celili, petiis, videlicet petiam terre positam ad Polcanellum iuxta
(c Petrum lannis et iuxta viam et iuxta formam comunis, alia petia
ce posita est in colle Macriani iuxta Petruccium Petri Necti iuris dicti
ce monasterii, a pede forma comunis iuxta lohannem (^itamanne iuris
ce monasterii : alie vero due petie terre predicte remaneant Salvestro
ee libere.
ce Lectum arbitrium presentibus partibus, ante voltam olim pre-
« sbiteri Martelluc(;i, coram testibus Petro Bonomi, Angelo Petri Nigri,
<e lohanne et l^oqqo Petri, lohanne de Palaggolo in anno D. .mcclxxiiii.
ec mense decembris, die .xii. Nicolaus Benvenuti Acti auctoritate Sedis
ce apostolice iudex et notarius ».
(a) Nel testo papar (b) Segue l'atto d' arbitraggio.
Regesto di S. Silj'est?'o de Capite 123
CLVI.
1275, gennaio 18.
« Petrus (^iarfus de castro Gallese existens in claustro mona-
« sterii S. Silvestri de Capite obtulit dicto monasterio presentibus
« d. lohanne de Monticelli prior . . . («), d. Placido, d. Donadeo,
« d. Berardo et fratri Angelo monachis una domus, a .1. latere he-
« redes . .. (b) Gallese, a .11. latere sunt vie, a .111. est casalinum ... (O,
(f ab alio et antea...W, una alia domus posita in dicto castro, inter
«hos fines ...(«) [a .111.] Paulus Andree et a .1111. lohannes d. Ray-
« naldi, quam domum dictus Petrus reservavit Matheo Bartolomeo
«Miliano(f) filius lohannis . . . (g), positam in lenimento dicti castri
«in loco qui dicitur Caijano, fines a .1. latere sunt vie, a .ir. ...(h)
« Marie, quam iure locationis ipse tenet, ab alio Petrus lohannis fra-
atres...(>) Astalli, ab alio latere lohannes Corte, ab alio Petrus de
« Glunda ed. fratribus . . . (k), unum petium terre que est quatuor
« Messarie ad Gallesanum, a .1. latere a capite forma, a pede he-
« redes Leonardi Blasi, ab al'o heredes Petri Rogii, ab alio Leonar-
« dus lohannis d. Pagoli . . . (0, unus petius terre que est . . . (">), posita
« est in Glossario, fines a pede est via, ab alio Petrus Dure, ab alio
« heredes Vingnoli Vecce, ab alio Angelus lohannes Sassi, unus pe-
« tius terre posite in Pomaro que est proprietas dicti monastcrii,
« Silva . . . (n) seminalis, a capite lanoccius lohannis Girardi, ab alio
« latere lohannes Gregorii . . . (o) iuris dicti monasterii. Hanc autem
« oblaiionem dictus Petrus ^iarff"us fecit &c. sub pena unius libre
« boni auri, presentibus testibus Nicolao Homodei, Francisco de Od-
(a) La pergamena ha la scrittura tutta svanita e danneggiata da piti mac-
chie che impediscono qua e là la lellura, e spesso la rendono molto incerta ;
qui lo spazio illeggibile pub comprendere due o tre parole. (b) Spazio illeg-
gibile che pub contenere cinque o sci parole. (e) Spazio illeggibile per una
parola. (d) Quasi mei^o rigo di spazio illeggibile. (e) Meijjo rigo di
spazio illeggibile. (f) Incerta la lettura perche svanite le lettere. (g) Il-
leggibile per macchia prodotta da reagenti chimici; tutto il rigo seguenti e
gran parte dell' altro non leggibili per svanimento dei caratteri, (h) Illeg-
gibile per uno spazio che pub contenere due parole. (i) Due parali* illeg-
gibili, (k) Quattro parole illeggibili. (1) Cinque o sei parole illeggibili.
(m) Tre o quattro parole illeggibili, (n) Tre o quattro parole illeggibili,
(o) Due 0 tre parole illeggibfìi.
124 ^' J^derici
« (ione scriniario, Francisco [dicto] W Stoppac(;io et lacobello man-
« sionario et lannucio mansionario dicti monasterii.
«Petrus Pauli auctoritate apostolica scriniarius ».
CLVII.
1275, luglio 5, Palazzolo.
« D, Girardus scindicus seu procurator prioris et conventus mo-
« nasterii S. Silvestri de Capite de Urbe ex parte una et Thodinus
« lannis Thodini Oddonis et Oddo eìus filius de Orto ex alia
« promiserunt in Fatium clericum S. Marie de Galesio de lite et
« questione que vertebat inter eos, occasione .1. petie terre, posite in
«loco Nero, a pede flumen, a capite strata et iuxta rem dicti mo-
« nasterii et iuxta rem heredum olim lannis Girardi de Gallesio
« tamquam in arbitrum et amicum comunem, concedentes arbitro
« plenam potestatem laudandi et promi[ctentes ratum habere quic-
« quid arbitrator laudaverit, sub pena ,c. librarum bonorum denario-
« rum papiensium, cuius pene medieta[s rectori monasterii et ali[a
« medieta[s parti observanti. Actum est hoc in castro Palatoli, iuxta
« portam dicti castri, coram lanne Benencase, Rainaldo lacobi, Ro-
« berti de Orte, Paulo Gratiadio et lanne Gratiadio de Gallese te-
« stibus Toannes Blasis civis Ortanus ab imperiali aula iudex et nó-
« tarius ».
CLVIII.
1275, decembre 2.
« Accurribonus Orlandi holìm de Marchia titulo venditionis
« vend[it Laurentio de Colle perpetuo vites et arbores unius pctie
« vinee plus vel minus, posita extra portam S. Valentini in monte
« S. Valentini, cui a .1 latere tenet Petrus Polgelli et a .11. est via
« publica, a .111. Benvenutus frater [suus, a .1111. Johannes ferrarius,
« et iube[t eum investiri per Franciscum lacobi testem subscriptum
« procuratorem, consentientes in hoc d. lohanne priore, d. Placido,
« d. Dompnadeo, frater Angelus, frater Johannes monacos ecclesie
(a) Una macchia causata da reagenti chimici rende incerta la lettura del
nome che pero si ritrova in un' altra pergamena (fondo S. Silv. n. IJ4, nu-
mero nostro CLXII) nella forma identica.
Regesto dì S. Silvestro de Capile 125
«S. Silvestri de Capite, habentes prò eorum consensu .xxx. pro-
« visinos senatus et omni anno tempore vindemmiarum quartam
« partem totius musti mundi et acquati quod de dieta vinea exierit,
e et salvos sint omnibus aliis capitulìs carte locationis scripte per
a lohannem scriniarium. Hanc venditionem faci[t quia recipi[t prò
« toto pretio .VI. libras bonorum provisinorum senatus». Pena « .1. li-
« bre boni auri ». Testimoni: « Francisscus lacobi Nicolai Bibiani,
« lacobonus Reatinus, frater Petrus de (^arfo offertus (»), fratcr Ma-
« theus offertus ()>) S. Silvestri. Petrus Simeonis scriniarius S. R. E. ».
CLIX.
1276, gennaio 20, Gallese.
« lanuctius Finesse de Gallese confessus fuit se recepisse ad la-
« borandum in culto et in magese et a d. Cinthio monaco et pro-
« curatori et conimo S. Silvestri de Capite unam pectiam terre ipsius
<r monasterii, posite in Pruneta (<=) lenimento Gallesi iuxta rivum
« Prunete, iuxta Fatium notarium, a duobus lateribus ìuris dicti mo-
« nasterii et iuxta Clausure, et de omnibus fructibus ipsius terre pro-
« misit reddere quartam partem sine suis expensis, sub pena .e. so-
« lidorum senatus. Actum est hoc Gallese, ante domum lovannecti,
« coram presbitero lacobo S. Fortunati, Vanello et Bartholomuccio
« Dickine de Gallese. Fatius S. R. E. notarius ».
CLX.
1277, gennaio 4 (i).
« Apud monasterium S. Silvestri de Capite
et in camera lohannis prioris ».
« Gavinianus [prò se suisque heredibus ac successoribus] W pre-
« sentibus d. lolianne priore, d. Placidi, d. Donadeo, d. lacobo mo-
(a) *\V/ lesto ofFét' (b) Kel testo ofTètus (e) Abbr. fneta qui e in
tutti gli altri casi. (d) Compio la frase mancante per lo strappo già notato
della pergamena, togliendone il riscontro dai passi paralleli dtll' atto medesimo.
(i) Nel testo uno strappo della pergamena che danneggia parte
delle prime tre linee impedisce la lettura completa delle note cro-
nologiche : «In Dei nomine, anno nativitatis eiusdem .m.cc.l[. .. in]-
126 V. Jederici
« nachis monasterii prelocuti, recipientibus prò consensu .v. solidos
(X honorum provisinorum concessit Berardo Vetulo in perpetuum, per
« Angelum Casale Quintum procuratorem (a) duas domos suas iun-
« tas . . . (b), positas in Campiniano (e) vel si alio vocabulo nuncupa-
« tur, Inter hos fines, a .i. latere tenet >iicolaus Sebastiane, ab alio
« lohannes Marocie, ab alio R . . . (b), [et ab a]l[io] (b) via publica vel
«si qui alii sunt certiores confines, prò pretio xxx. librarum pre-
te visinorum, [eo tenor[e quod semper in .xxviiii. annos complendos
« renovabi[t in perpetuum locationem dictarum domorum et dabunt
« ipse et heredes monasterio prò relocatura .vili, solidos provisino-
« rum senatus et ex nunc omni anno in festo sancti Silvestri rede[t
« monasterio, nomine pensionis .11. bonos provisinos senatus. Com]-
« minus .V. solidos provisinorum senatus ». Pena « duple pecunie
« prelocute, Actum presentibus d. Tebaldo Petri de Octabiani, Angelo
« Casali, presbitero Nicolao Petri Porcari et Nicolao familiari dicti
« d. Tebaldi testibus. lohannes Stephani S. R. E. iudex et notarius » (i).
CLXI.
1277, gennaio 24, Viterbo.
« lohannes pp. XXI Matheum tunc prlorem de specu Subla-
« censi ordinis sancti Benedicti praefecit in abbatem monasterii
« S. Silvestri in Capite de Urbe.
« Matheo abbati monasterii S. Silvestri in Capite de Urbe ad Ro-
manam Ecclesiam nullo medio pertinentis ordinis sancti Benedicti».
Inc. « Dudum monasterio », « Datum Viterbii .vini. kal. februarii,
« anno primo » (2).
(a) La parola fu aggiunta, con un richiamo, in fine dell' atto, prima delle
firme dei testimoni, dalla medesima mano del testo. (b) La pergamena qua
e là ha macchie prodotte da reagenti chimici che danneggiano in piii luoghi
la scrittura, divenuta spesso illeggihile. (e) Incerta la lettura per guasto
della pergamena.
« dictione .v. mensis ianuarii die .1111. pontifìcatus d. lohannis XXI
« pape, anno primo ». Il giorno 4 gennaio del primo anno del pon-
tificato di Giovanni XXI cade nel 1277 col quale concorda l'indi-
zione V.
(i) A tergo della pergamena una mano del secolo xiv annotò:
« Instrumentum domus de pusterula a parrochia S. Lucie in qua-
« tuorportis ».
(2) Reg. Val. 38, n. lxii, c. 18 a. Copia di questa lettera con
Regesto di S. Silvestro de Capite 127
CLXII.
1277, aprile 4.
« D. Matheus abbas monasterii Ss. Stephani Dionisii adque
« Silvestri quod ponitur cata Pauli cum consensu fratrum monacho-
« rum dicti monasterii, d. Placidi prioris, d. Donadci et fratris la-
« cobi reloca[nt Nicolao Cesarini (a) in perpetuum unam petiam
« vince desertam pastinandam cum medietate unius vasca vascalis
«sui et tyni, positam extra portam Flammineam, in monte S. Va-
« lentini, Inter hos fines, a .1. latere tenet Angelus Petri Stephani,
« a .11. heredes Maihei Veclacgioli, a .111. est ripa, et a .1111. via, prò
« eo quod [is promitti[t dictam vineam extrahere et pastinare ubi ne-
« cesse fuerit et restaurare, et pastinatam cultabi[t et laborabi[t ut
« bonam vineam decet, et si in ea seminabi[t promicti[t dare quar-
«tam partem illius quod habuer![t et omni anno dare tempore vin-
« demmiarum promicti[t dicto monasterio quartam partem musti
« mundi et aquari quod de ea exierit. Et si in ea inveneri[t aurum
« argentum plumbum metallum vel aliquod eiusdem valicns ultra
«.XII. denarios, medietas sit [monasterii et alia medietas sit [eius.
« Com]minus .v soliJorum provisinorum. Si dieta vinea celi plaga,
« hostium incursu, aut [eius negligentia et mala laboratione iverìt
«in desertum, in spatio trium annorum [is relevare promitti[t ».
Pena « .1. libre boni auri. Presentibus testibus Francisco dicto Stop-
« pac(;io, Andrea de Afile, Angelo Petri Stephani et lohanne Ca-
« polungo (b). Petrus Pauli auctoritate apostolica scriniarius » (1).
(a) Nel testo Ccsarifi (b) Nel testo caplungo
leggiere varianti è nel medesimo Rcg. Vat. n. ccxxvi. Si riferisce allo
stesso argomento l'altra lettera, indirizzata a Matteo e datata da
Viterbo: « Datum Viterbii, .111. non. ianuarii, anno primo» (ibidem,
n. ccvii).
(i) Nel verso della pergamena la medesima mano del testo
notò: «carta vince Nicolai Cesarii posile in monte S. Valentini ».
Un facsimile di questa pergamena fu pubblicato dal Monaci, Arcìu
paUo^r, itai, Roma, Martelli, II, 29.
128 V, Jederici
CLXiri.
1279, maggio 15, Roma.
« Nicolaus pp. Ili absolvit Matheum a vinculo quo lenebatur
« monasterio S, Silvestri astrictus, et monasterio S. Pauli praefecit
« in abbatem.
« Dilecto filio Matheo abbati monasteri! S. Pauli de Urbe».
Inc. « Inter nostre mentis ».
« Datum Romae, apud S. Petrum, id. maii, anno secundo»(i).
V. Fedekici.
(Continua).
(i) Reg. Vat. 39, n. ciiii, e. 151 b.
DELLA CAMPAGNA ROMANA
(Continuazione, vedi voL XXII, p. 449)
Fia Portuense.
ToR Carbone. Oltrepassata la Magliana, troviamo a
destra della via Portuense il fontanile della Muratella, sulla
cui testata si vede lo stemma marmoreo della nobile fa-
miglia Mattei già proprietaria, cui sottostà la seguente iscri-
zione:
lAC-M
LVD • M
MDXLIIII
Nelle memorie della tenuta di Campo di Merlo indi-
cherò la origine del nome di questi prati detti Ter Car-
bone (232 ettari, proprietà Corsetti), da me accennati nel
precedente abbozzo topografico, ed omessi affatto dal Nibby
e dal Nicolai (i). Essi hanno avuto molti padroni suc-
cessivamente, cioè i Vitelleschi, i Ginnetti, SS. Sanctorum,
i Benzoni e poi il barone Mattei (^Catasto di Alessan-
dro VII).
(0 Singolare fu la scoperta fatta dal sig. Giuseppe Serafini in
l'or Carbone, pochi anni or sono, di un pozzo contenente acqua sa-
lina, alla profondità di 4 metri incirca. Ne fu ricavato del sale ec-
cellente.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIII. 9
G. To?n assetti
Campo di Merlo. È una tenuta di 728 ettari, già
doppia, ed ora riunita, spettante al principe Pallavicini.
Presso il casale di questo fondo, sul margine destro della
via, è un fontanile in capo al quale si legge quest' altra
iscrizione dei Mattei, antichi signori del fondo:
HEREDES DE MATTHAEIS
MARZI FILII
FABII NEPOTES
ANNO • D • MDCXXVn
Il suolo di questa tenuta ha dato scoperte preistoriche,
come grossi frammenti di cervo pliocenico e di elefante.
Neil' età romana fu possedimento di un Menda, nome noto
anche in Roma (via Meruland), il quale è divenuto Me-
riiìus e poi Merlo. Nell'età barbarica fu campo di Totila;
e con un fatto singolare ivi successo, si apre la serie delle
memorie storiche che sottopongo.
a. 547. Narra s. Gregorio (^Dial. Ili, 11) che Totila
ricevette in questo luogo, corrispondente incirca a quello
indicato da Procopio come accampamento di esso (III, 22),
il vescovo di Popuìonium, per nome Cerbonio, accusato di
aver dato ricetto a mercenari bizantini, e quivi lo con-
dannò ad esser divorato da un orso, che però non gli
fece alcun male. Del qual fatto il pontefice afferma esser
tuttora viventi alcuni testimoni. Questo luogo è detto in
Procopio 'AXyyjSwv, nome certamente errato, e che ha dato
luogo alle più strane congetture, che non riporto per bre-
vità. Dirò soltanto che non può essere VAÌsium della
via Aurelia, e molto meno VAlgidmn della Latina ; perchè
Procopio allude alla guerra ed ai movimenti che allora si
fecero da Porto a Roma : e perciò doveva stare sulla Por-
tuense.
a. 6j2-6j6. « Hic (il pontefice Adeodato) ecclesiam
« b. Petri qui est via Portuense, ìuxt^Lponte Mernlì, ut decuit
'Della Campagna T^omana 131
«restauravit atque dedicavi:» (JLiber Pont.l.p. 346). Anche
il Biondo ricorda ch'essa « ad pontcm Menili dirupta cer-
<(nitur» (Roma inst. I, 25). Questa basilica fu scoperta
nel 1858, quando si costruì la ferrovia marittima, sulla
linea di questa, in modo che fu dovuta distruggere. Era
■divisa in tre navi da colonne. Fu descritta dal Pellegrini
in un opuscolo (La basilica di s. Pietro in Campo di Merlo,
R. 18^0). Non si deve confondere con altra omonima
in massa Marulis spettante alla via Latina (De Rossi,
Bidl. 1870, p. 107).
a. IO 18, 1° agosto. Benedetto Vili, nella bolla in fa-
vore della Sede Portuense annovera fra i beni: «pratum
« in integrum cultum atque assolatum situm in campo
« q. V. Memi constitutum via Port. miliario ab urbe Roma
<( p. m. duodecimo sicut affines, prata Cavaci q. v. Memi,
« montem ohm lohannis de Miccina, heredes Steph. nomen-
« clatoris, casale olim lohannis de Sergio, via carraria, ca-
« sale heredum Transtiberini, cas. mon. ss. Cosmae et Da-
« miani (è il Salceto dei documenti), rivus Galeriae, mola
<( de silva, montem Ziimd (?), Staffilem «Scc. » (Marini, Pa-
a piri, p. 66).
a. 1034, 22 nov. Bonfigliolo, Rem.oricto e il pupillo
Conte rifiutano al monastero di s. Ciriaco in via Lata il
casale Sacco de Menili sulla via Portuense, confinante col
casale di Crescenzio de Episcopo, coi prata domnice, col
prato Petro:^ii, col casale di Tebaldo e col fiume (Galletti,
del Prim. p. 274; Hartmann, Eccl. s. Maria in via Lata
tatui, Vienna, 1895, p. 81). La causa delle donazioni di
terreni in questo campo, fatte in fiivore del monastero di
s. Ciriaco in via Lata, sta nella tradizione allora vigente,
che quando fu trasportato in Roma il corpo di s. Ciriaco,
la testa del martire rimanesse immobile lungamente su
-quel terreno, e le matrone Marozia, Stefania e Teodora,
che n'erano le proprietarie, donassero perciò quel fondo alla
chiesa urbana (Martinelli, Pritno trofeo &c. pp. ^9 a 76).
i}2 G. Tomassetti
a. 1138, 9 ottobre. Giovanni (Papareschi) nipote d'In-
nocenzo II riceve in pegno dal monistero di s. Ciriaco in
via Lata tre pediche di terra fuori di porta Portese nel
campo de Merli (tra i confini v* è il fiume, il terreno Sacco-
e un altro detto Decimo, indizio della distanza da Roma ;
dall' ardi, di s. Maria in via Lata, Galletti cit. p. 300).
a. ii^i, 21 settembre. Giovanni cardinale vescovo di
Sabina dà in pegno ai cherici di s. Maria in Trastevere
un terreno « positum in campo qui vocatur de Me-
vrulis)-) (dall' arch. di s. Maria in via Lata, Galletti cit,
p. 320).
a. 1X^2, 19 gennaio. Grisotto di Grisotto di Ingizello
cede al monistero di s. Ciriaco in via Lata terreni posti
« foris portam Portuensem in campo de Meruli in Sacco »
(dall' arch. di s. Maria in via Lata, Galletti cit. p. 322).
a. 1162, 1^ giugno. Grisotto di Grisotto di Ingizello-
refuta al monastero di s. Ciriaco in via Lata un ter-
reno posto in campo de Merlo fuori la porta Portese^
ch'egli avea ottenuto fin dall'anno 1149 (Galletti cit,
p. 161).
a. II 85, 21 giugno. Privilegio del Senato a favore
di s. Maria in via Lata contro Grisotto di Ingizello sulle
terre e prati positis in campo de MeruHs (arch. di s. Maria in
via Lata ed. Amati in Bibliogr. Rom. prefiiz. p. 1^7).
a. 1192. Celestino III conferma alla chiesa urbana
di domina Rosa (s. Caterina de' Funari) un prato con-
cessole, fin dal decimo secolo, da Giovanni XIX, in campO'
Meruli {Bull Vat. I, p. 74; Coppi, Atti cit. VIII, p. 57).
a. 143^. Pietro di Cecco Serlupi vende 20 rubbia di
questo campo a Paolo del fu Giovanni Carbone ed a Fran-
cesco, Giordano ed Alessandro di Pietro di Gio. Carbone
per 221 fiorini (Adinolfi cit. ivi). Con questo docu-
mento si intende il nome di Tor Carbone^ che sopra ho-
accennato, e si spiega lo stemma dei Serlupi, che ora ve-
dromo presso Pontegalera.
^Della Campagna T{omana 133
a. 1442. Alcuni dei detti Carboni vendono la metà
<lei loro beni in Campo di Merio a Lorenzo di Nicolò di
Sabba per 880 fiorini (id. ivi).
a. 1445. Questo fondo, col nome di Comutiaw^e, spetta
a Paolo e Nicolò della Valle (id. ivi).
a. 1467. I figli di Paolo della Valle, Lello, Filippo e
Giacomo, ne fanno divisione tra loro (id. ivi).
Secolo XVI. Gli Alberini possedevano la tenuta di
Campo di Merlo, che affittavano per la somma di scudi 1^02
annui (Fatto con il suo sommario concernente T interesse
dei luoghi di Monte &c. per la tenuta di Campo di Merlo
a favore dei creditori della casa Alberini, cod. Vat. Otto-
boniano 2409; Orano D. in Arch, R. Soc. rom. di storia
patria, 1895, p. 6j).
a. 1527. Dopo il sacco di Roma una parte di questa
tenuta, con altra che poi noterò, fu venduta dal Capitolo
Vaticano ad Antonio Mattei per scudi 500 (^BtilL Vat. II,
p. 390; cod. Chigiano G, III, 58). Cosi vennero poi i
Mattei incorporando T altra parte ; e noi ne vediamo tut-
tora le memorie sul luogo. Dai Mattei fu poi venduta ai
Lepri, dai quali è passata alla famiglia Pallavicini di Roma
che già tenevano T altra porzione degli Alberini.
Attiguo alla descritta tenuta fu il casale detto Furnus
Saractnus, ricordato nella bolla Benedettina citata del io 18
« cum monumento antiquo iuris ecclesiae Portuensis », e in
documenti del tempo di Bonifacio VIII, come donato alla
basilica Vaticana {Epist, 54, fol. 495, e cod. Vat. 79^^,
necrologio di Bonifacio Vili, fol. 285) ^\a questo pontefice,
coi danari raccolti nel famoso giubileo (^BulL Vat, I, p. 228).
PoNTEGALER.\. Pervenuti a questo punto, ove fu il se-
condo estuario preistorico del Tevere (succeduto al primo,
che fu sotto Monte Mario'), vi troviamo il nome storico
del rivo, che ci ricorda la tribù Galeria, una delle prime
ventuna in cui fu diviso il territorio suburbano, dopo la
134 ^- Tornasse t ti
caduta della monarchia di Roma. Dovette esser sempre un-
luogo abitato; ma io non posso provarlo direttamente. Le
poche anticaglie, che vi ho rinvenuto, non offrono interesse
che come reliquie dei sepolcri della via Portuense (i). In-
diretta prova dell'antica importanza di Galena è certa-
mente la domuscuìta fondata quivi dal pontefice Adriano I:
(( via Portuense, mihario ab urbe Roma plus minus duo-
te decimo cum fundis et casalibus, vineis, aquimolis, seu
« monasterio beati Laurentii, posito in insula portus ro-
te mani, cum vineis ei pertinentibus simulque ... et kcticaria
(i) Visitando i casali di Pontegalera ho trovato le cose seguenti
che i miei predecessori non hanno notato : nel casale principale (a
destra della via) che sta in una collinetta, nel muro esterno una
figurina virile marmorea in rilievo tunicata che ornava la fronte di
un sarcofago ; un anello marmoreo di ballatoio medievale ; due soglie
di porta marmoree, l'una con e a lettere superstiti, l'altra con f-m-o^
neir interno del casale un piccolo cippo rettangolare con incavo el-
littico pel cinerario, e che nella fronte porta incisa questa iscrizione ;
D • M
M« AGILI' M'F
PAEDRANNI
ABASCANTVS-LIB
PATRONO -B-M
Si noti la rarità del cognome Paedrannius. Numerosi frammentj
stanno nella costruzione ; e presso l' imboccatura della cordonata
esterna, in terra, é un grosso pezzo di serpentino. Nel casalotto in
basso, ora legnara, nell' angolo del muro esterno, è un avanzo di li-
stello marmoreo scorniciato con queste parole:
./?ECVNIA-FECIT
Neil' area attigua giace un sarcofaghetto marmoreo con titolo anepi-
grafo retto da due graziosi genietti nudi alati. L'Osteria di Ponte^^a-
lera non offre alcuna antichità. La chiesa contigua è completamente
spogliata. Sulla porta di essa vedesi un bello stemma marmoreo dei
Mattei, nel cui campo inferiore è scolpita una banda traversa da si-
nistra a destra, e nel mezzo lo stemma Orsini sovrapposto.
lyella Campagna Romana 135
« qui vocatur Asprula ...» {Lih, Pont, ed. Duchesne, I,
p. 502). Sotto la via Aurelia ho illustrato la origine iden-
tica dell'altra Gaìeria, domusculta, sorella di questa; ed ora
brevemente debbo fermarmi sulla Portuense. La causa della
fondazione è evidente nella sua posizione media per la via
del porto di Roma, come per l'Aureliana era la postura
suir altra via marittima. Ho più volte notato le ragioni
economiche e semipolitiche di tali istituzioni, che coin-
cidono assai bene con la evoluzione del dominio pontificio
neir età Carolingia. La zona Portuense era la chiave della
città di Roma ; e tutto il territorio di Porto era una pro-
prietà ecclesiastica, come più sotto vedremo. Lo squallore
odierno di Pontcgaìera fa meditare sulle tristi conseguenze
dei turbamenti posteriori nella campagna romana. E si noti
che non fu il solo Adriano a profondere le sue cure in
questa contrada; ma che, dopo men di un secolo, Gre-
gorio IV vi costruiva un palazzo : « fecit in curte quae
« Galena vocitatur domum aliam largam ac spatiosam sa-
« tisque praecipuam ad opus atque utilitatem pontificum,
«ubi... cum omnibus qui eis famulantur amplissime ho-
« spitaretur » {Lib. cit. in Greg. IV, voi. II, p. 82). Ap-
presso additerò dov' era il centro di questo villaggio. Com' è
scomparso del tutto un ospizio capace del pontefice e della
sua corte? Questi lo aveva fabbricato come in corrispon-
denza dell' altra ciiìlìs driicoìii<, che aveva sulla via Ostiense ;
di guisa che formavano essi due castelli a mezza strada si
della Ostiense come di questa, secondochè gli piacesse
aiìlarc e tornare dall' una o dall' altra via. Ora di tali vo-
luttuarie costruzioni non rimane più vestigio. Del resto il
nome di ciirlìs dato, sotto Gregorio IV, alla domusculta,
attcsta già la sua fondiaria liinit.i/ione. Nell'anno 846,
mentre i soldati di ' o a mcns.i, i Sar.icini ir-
ruppero su di essi e ne iK^i.Lio molli. (^ • ■ • ■•-
rono a fuggire furono inseguiti lino a inin
p. 100). Continuò a decadere questo fondo; e n
JS^ G. Tomassetti
dimenticarsi che nella citata bolla Benedettina, del 1018,
si trova indicato questo sito, già ragguardevole, col mo-
destissimo titolo di elusa vetus de Galena, Documenti
posteriori attestano che luoghi pii e famiglie trasteverine,
come i Benedetti e i Pellegrini, vi possedevano terre; e
sono i seguenti:
a. 1123. Nella bolla di Calisto II, sopra notata in pro-
posito del Rosaro, si trovano indicate « duas terrae pedicas
ce in Galena )y (cod. Vat. 8051, fol. mod. 47).
a. 1171, 1° decembre. L'abate di s. Gregorio impegna
a Cencio Peregrinus un pezzo di terra in Galena fuori porta
Portese (dall' arch. di s. Gregorio^ cod. Vaticano 8051,
fol. mod. 29).
a. 1181, 1° febbraio. « Cencius quondam Benedicti »
cede a Cencio una terra in Galena fuori la porta Por-
tese, 0 ubi dicitur Monsaltus », confinante con Cencio Ro-
mani (ibid. fol. mod. 31).
Altro d' importante non ricordo in Galena, salvo nel-
l'età moderna un delitto commessovi, nell'anno 1718.
Carlo Antonio Anastasio da Terni, di anni 30, « lavorante
« nella tenuta di Pontegalera, ritenuta in affitto da xMenicuccio
<( macellaro alla Pace, sapui:o che il buttaro possedeva da-
« nari, gli disse se per quella sera gli voleva dare alloggio :
«il buon uomo glie 1' accordò: nel megho del sonno con
« un bastone gli diede in testa ; alla quale (jic^ destatosi
« disse : che mi fai amico ? pure non desistè, anzi glie ne
(( replicò due altre sino che 1' uccise ; cercò delli denari e
(( non trovò che 15 pavoli; li quali presi scappò, e per molti
« mesi mai si seppe dove fosse capitato : finalmente ritornò
« nelle campagne di Roma a lavorare, dove fu ricono-
c( sciuto. Fu preso e, datagh la corda, confessò e ratificò
c( immediatamente». Fu impiccato e squartato il 5 decembre
a Ponte s. Angelo (dal Diario della confraternita degli Ago-
nizzanti in Archivio Soc. rom. storia patria, 188 1, p. 480).
Confinante con questa tenuta è quella detta la Ghie-
^ella Campagna ^I{omana 137
sola del principe Torlonia, di ettari 148, che rappresenta
r antico centro della domusciilta Galeria, si per la elevazione
del fabricato, come per 1' antica chiesetta che vi rimane
tuttora, ma trasformata ora in immondo dormitorio di con-
tadini. La porta di questa chiesetta è ben sagomata, e ri-
corda un restauro del secolo xvi. Sulla porta si vede uno
stemma marmoreo dei Serlupi (con le tre cuspidi gigliate);
e dimostra che questa flxmiglia fu, come dai documenti di
Campo di Merio sì è veduto, proprietaria, almeno in parte,
di questo fondo. Poiitegaìera è appartenuto in età recente
ai Boncompagni, che 1* hanno venduto nel 1895 al signor
Pietro Palica, il quale mi ha dato fiicoltà di esplorare tutto
il terreno e i fabbricati. E perciò ho potuto io scriverne
tanto più a lungo de' miei predecessori.
Campo Salino. Da Pontecralera a Porto noi non tro-
viamo alcuna memoria importante. Attraversiamo una
campagna deserta e piana, che indica T approssimarsi della
spiaggia marina. A sinistra, cioè presso il Tevere, si scorge
il moderno casale di Tor Biifalara ovvero Vignoìciy tenuta
di 4^4 ettari, che nel secolo xvii spettava ai Serlupi {Ca-
tasto di Alessandro VII); quindi è passata alla famiglia Pa-
lombi, ed ora è del principe Torlonia. A destra si estende
il vasto Campo Salino (ettari 1289,14) che conisjMinJj al
campus saìiiiariim roiìiaiiiinim, noto per le iscrizioni, come
!io sopra ricordato, parlando della via Campana, che ne
traeva la denominazione. Questa tenuta porta anche il
nome di Salsare^ ma in parte, cioè per 70(3 ettari soltanto.
Queste saline rappresentarono la prima e vera ragione
delle conquiste dei Romani sugli lìtruschi; e fornirono
})er luni'/) tempo il nutrimento alla città, iii'.ieMie con
quelle di Osliii. Da queste saline ebbe ( : \
tal nome, ma come centro abitato per 1\ m .u ^i.^ wvi ...ie.
Dopo la fondazione del porto di Claudio, h inno pio^e;;uito
le saline Aì\ essere produtti\e, fino .i! leiupo dell' iiiv.i-
ijS G. Tornasse Iti
sione dei Saracini. Cessato il timore delle invasioni, nel
secolo X, hanno ripreso vita fino al secolo xv, quando
sono totalmente e per sempre cessate. Dal secolo x in poi
questo campo ebbe il nome di maior o di saìinarìus. I
documenti che attestano la permanenza della destinazione
a tale uso di cotesto fondo, dimostrano come tanto il
Senato di Roma, divenuto un corpo municipale dal se-
colo IV in poi, quanto il vescovo di Roma, cioè il pontefice,
si adoperassero per tale scopo. Veggasi il testo della bolla
di Giovanni XIX, nella serie diplomatica, che dispongo
qui appresso. La proprietà, almeno parziale, del Comune
di Roma in questo fondo è indicata nella bolla Benedet-
tina deira. 1018, col campus maior publicus. Ed è questa
una delle numerose prove della permanenza del Comune
di Roma prima della rivoluzione del 1143. L'estensione
poi della proprietà ecclesiastica è provata dalle bolle Por-
tuensi; ed in questa medesima ripetuta di Benedetto Vili
troviamo la menzione di una turris de albo nel suolo di
Campo Salino y i cui abitanti erano soggetti alla giurisdi-
zione del vescovo Portuense come veri sudditi. La cura
che la Chiesa romana prese delle saline stesse, di fronte
alla incuria dell'amministrazione senatoria e prefettizia,
produsse un grande incremento nel dominio e nella giu-
risdizione pontificia in questa contrada. Vediamo pertanto
le notizie diplomatiche di Campo Salino, dalle quali appa-
riscono principali possessori i monasteri Sublacense e Gre-
goriano del Celio ; principale centro di salificio la pedica
Feter o Vetera: principali confini il fiume Tevere e lo
stagnum maius, ossia lo stagno di Maccarese.
a. 927, 7 settembre. « Charta de filum saline in Burdu-
« naria » venduto dalle sorelle Teodosia, Anastasia e Lea
al monastero di Subiaco (^Re^. SiihL p. 104).
a. 940 (?), gennaio. « Privilegium de filum salinae in
« pedica vetere » donato al monastero di Subiaco da Leo
subdiaconus (Reg. Subì. cir. p. 105).
niella Campagna T{omana 139
a. 947, marzo. « Libellum de filo salinae in pedica ve-
« tere » concesso dal monastero Sublacense ai fratelli Pietro
mansionario e Giorgio (i^^o^. cit. p. 113).
^- 95 3 j 29 ottobre. « Charta de filum salinae in hurdu-
« naria » donato da Rosa al monastero di Subiaco (Re^, cit.
R- IO?)-
a. 959, IO novembre. « Charta de filum salinae in ser-
(f-pentaria » donato da Marozza senatrix omnium romanorum
(Reg, Subì, cit. p. 107).
a. 9^4, decembre. « Charta libelli de filum salinae in
(f^ pedica vetere » concesso dal monastero Sublacense a Pietro
mansionario di s. Maria in Cyra (^Reg. cit. p. 112).
a. 9^4, decembre. « Charta libelli de pedica vetere »,
come sopra (ibid. p. 114).
a. 9^4, decembre. « Libellum de Brudunaria (5/1) » con-
cesso dal monastero Sublacense a Rimedio e Gregorio (^Rcg.
cit p. 119).
a. 965, novembre. « Charta de filum salinae in /)t'^/f^z
« vetere de terra petie novem » vendute al monastero Su-
blacense dai coniugi Leone e Leonina (^Reg. cit. p. iio).
a. 9^7, febbraio. Il monastero Sublacense concede in
livello a Giovanni e Sigizone preti un filo della salina
Serpenlaria {Reg. cit. p. 1 1 7).
a. 973, 26 novembre. Bolla di Benedetto VI confer-
mante i beni Sublacensi, tra cui « duo fila salinarumy unam
((in burdunaria, aliam in campo maiore*) (^Reg, cit. p. 37).
a. 974, 24 febbraio. « Charta de terra Petiole XII in
« campo maiore » venduta al monastero Sublacense da Gre-
gorio calzolaio e Deodata sua moglie (^Reg. cit. p. 109).
a. 976, IO gennaio. Giovanni abbate del monastero di
s. Andrea ad clivum Scauri rinunzia a Benedetto abbate
Sublacense un filo della salina Scrpentaria (Rcg. cit. p. 1 16).
a. 981, dicembre, a Charta libelli de filum salinae in
« pedica vetere » concesso dal monastero Sublacense a Ber-
none di Teuderanda (^Reg. cit. p. 118).
140 G. Tomassetti
a. 988, ottobre. « Libellum de filum saìinae in pedica
« veterc » concesso dal monastero Sublacense ai fratelli Gio-
vanni e Adriano ed ai fratelli Benedetto e Butco {Rcg* cit.
p. III).
a. 992, ... La nobile Costanza dona al monastero di
s. Gregorio al Celio un terreno « in pedica Velar {sic^ in
scampo malore)') (^Annal. Camaìd. I, p. 113).
a. 993, 8 luglio. « ludicatum de Serpentarian del pre-
fetto di Roma Giovanni a favore del monastero Sublacense
contro Cardinale figlio di Sigizone (^Reg. cit. p. 121).
a. 998, IO maggio. Bolla di Giovanni XII confermante
i beni Sublacensi, tra cui « fila saline, unam in burdunaria,
« aliam in campo maiore » {Reg. cit. p. 29).
a. 1005, 21 luglio. Bolla di Giovanni XVIII al mo-
nastero di Subiaco, che ne conferma i beni, tra cui due
« salìnarum fila in campo fnaiore et serpeniaria » {Reg. cit.
p. 29).
a. 100^, 24 aprile. L' abbate del monastero dei ss. Co-
sma e Damiano dona al suo monastero un filo di salina
in Burdunaria (arch. dei Ss. Cosma e D., Fedele cit. p. 30).
a. loii, I giugno. Pietro, detto Capolonga, col con-
senso di Beriza sua moglie dona all' abbate dei ss. Cosma
e Damiano un filo di salina in Burdunaria (ivi, id. p. 32).
a. IDI 5. Bolla di Benedetto Vili confermante i beni
Sublacensi, tra cui tres fila salinarum, una in burdunaria,
una in campo maiore ed una in serpentaria {Reg. cit. p. 43).
a. 1029. Bolla di Giovanni XIX al vescovo Portuense,
in cui dice che : rr fila salinarum nunc noviter construuntur
« per nostram apostolicam benedictionem » (Marini, Pa-
piri,pp. 70, 239; De Rossi G. B.,BulL A. Crisi. i877,p. 18).
a. 1031, 23 maggio. « Charta emphyteusìs fiictae a lo-
({ hanne abbate s. Gregorii die Urbe de quodam filo sali-
ce norum » posto « in campo maiore in pedica^ que vocatur
a Serpentaria )^ , al monaco Giovanni, detto Debitale (^An-
nales Camald. II, p. 45).
^ella Campagna Romana 141
a. 1042, maggio. «Charta libelli de filum saìinae in
ii p edica vetere » concesso dal monastero Sublacense a Cre-
scenzio de Luzo, Giovanni de Bucto e a Pietro suo nipote
(^Recr. cit. p. 115).
a. 105 1, 31 -ottobre. Bolla di Leone IX confermante
i beni Sublaccnsi, con le tre file di saline suddette {Reg.
cit. p. ^o).
a. 10^3, maggio. « Charta emphyteusis unius fili salitia-
« rii concessae Petro de Sabbatino a Stephano cardinale et
« abbate s. Gregorii de Urbe » (^Annales Cantala. Il, p. 186).
a. 10^4, 24 maggio. « Libellum de pedica vetere » con-
cesso dal monastero di s. Erasmo al Celio (incorporato,
come si sa, al Sublacense) a Bianca e a Pietro de iVluto
(Reg. cit. p. 120).
a. II 58, 24 marzo. « Petrus abbas s. Gregorii de Urbe
« chartam emphyteusis facit stagni a s. Silvia eius mona-
« sterio relieti sito in campo maiore » ad Ottavio Alberici
de Fusco e ai figli Giovanni, Romano e Ottone, e ad altri
uomini {Annaìcs Camaìd. Ili, p. 499).
a. 12 17. Nella nota bolla di Onorio III in favore del
monasterio dei ss. Bonifacio ed Alessio si concedono, oltre
alcune fila delle saline Ostiensi, usex partes in campo maiore
« in arola de Ticoli (nome che ricorre anche nella bolla
«Benedettina del 1018) ex pane trans Tiberim)^ (Merini,
op. cit. p. 236).
a. 1258, 23 gennaio. Istromento di s. Silvestro in Ca-
pite concernente il fondo Campo maiore e Serpentarohi
(V antica Serpentaria) in libro compendiar, (Archivio di Stato
ad ann.; V. Federici, Regesto d. mon, di s. Silvestro de Ca-
pite in Archivio d. R. Soc, rom. st. patr. XXIII, 95).
a. 129^, 6 maggio, a Locatio facia a Matthaeo ep.
0 Portuensi et ab Andrea abb. s. Gregorii de Urbe stagni
a maioris prope Portum » (^Annaìes Camaìd. V, p. 308).
a. 1353. Il pontefice Innocenzo VI incarica i suoi le-
gati in Roma per procedere contro Stefanello Colonna e
142 G. Tomassetti
Bertoldo Orsini, non solo come usurpatori della salina,
che spetta al popolo romano, ma perchè questa era ob-
bligata per ^000 fiorini a favore del pontefice (Theiner,
Cod. dipi. Il, p. 244).
a. 1392 al 1404. Sentenze del senatore di Roma Gio-
vanni de Cinthiis e di altri senatori sul diritto del mona-
stero di s. Gregorio al Celio « quod a tempore cuius me-
te moria non existit habuerit in . . . salinis quamplura fila in
« quibus fit sai per salinarios urbis » (Annales Camald. VI,
P- 573 ^gg-)'
Conferma del diritto in favore del monastero di s. Gre-
gorio su 64 rubbia di sale a carico della Camera Urbis,
per dichiarazione del notaio SignoriH (ivi, p. 585).
a. 1404. Nella pace stipulata tra il popolo romano ed
Innocenzo VII, fu convenuto che tutta la quantità di sale
conservata nel Campidoglio e raccolta a Campo Salino ri-
manesse al Comune, riservandosi al papa 1000 rubbia
(Theiner cit. III, p. iji; Malatesta Sigism., Statuti delle
gabelle, p. ^4).
a. 1430 circa. Una parte di Campo Salino spettava ai
Tosti nobili del Trastevere, col fossato detto Romanesca,
che la donarono alla Compagnia di SS. Sanctorum, come
rilevasi dal catasto di essa, scritto nel 1435 (Adinolfi cit.
I, p. 61, 62).
a. 1482, 1° marzo. Sisto IV istituisce quattro benefici
Vaticani, comperando nella tenuta di Campo Salino una metà
del fondo spettante ad Evangelista Maddaleni Capodiferro
{Bidl Vat. II, p. 223).
a. 1483, 13 settembre. Compra di Campo Salino fatta
dal Capitolo Vaticano da Lorenzo Capodiferro vescovo di
Cesena, e da Domenico, Giuliano e Nicola Capodiferro
(^Atti Capitolini di Camillo Beneimbene, Nardoni).
Potrei sottoporre anche le menzioni del Campo Sahno
che stanno nei registri camerali Capitolini e camerali pon-
tifici, ma rimando chi volesse averne cognizione alla mo-
^ella Campagìia Romana 143
nografia sul registro del sale e focatico della biblioteca di
Siena, che pubblicai nel 1898 (^Archivio della R. Soc. rom.
di storia patria, p. 313 sg.).
PORTO.
Il moderno Porto è un lenimento di 2177 ettari con-
finante col Tevere, col mare Tirreno e con Campo Salino.
Appartiene al principe Torlonia. U Isola Sacra, risultante
dal canale o fossa Traiana, di cui ho già parlato sotto Ostia,
è una tenuta di ettari 1239,52, confinante col canale stesso,
col Tevere e col mare. Appartiene al marchese Guglielmi.
Una piccola borgata, uno stagno, già bacino interno
del porto, alcuni ruderi : ecco tutto ciò che rimane del
primo emporio marittimo di Roma antica ! La storia di
Porlo incomincia con la gigentesca costruzione di Claudio.
Intorno all'autore della fossa o canale, del porto interno
si è scritto non poco, come ancora sui numerosi monu-
menti quivi apparsi alla luce. Gioverà notare le monografie
Portuensi, come già feci delle Ostiensi (i), per ordine al-
fabetico, come appresso :
Canina Luigi, Sulla stagione delle navi in Ostia, sul porto di Clau-
dio &c. e sul porto interno di Traiano &c. in Atti deW Accad. Rom.
d'archjol. Vili, p. 257.
Cantarelli Luigi, Di un frammmto epigrafico crisi, dell' isola Por-
tuensc {Bull. Archeot. Coni. 1896, p. 67 segg.).
CiALDi Alessandro, "Navigazione del Tevere, in Giornale Arcadico^
nn. 106-109, R. 1845, e ntWAUyum di Roma, 1846, 25 luglio.
Idem, Quale debba essere il porto di Roma, R. 1846.
Coppi Astosio, Contiuua:{ioue delle memorie sui luoiihi una volta abitati
ed ora deserti nell'Agro romano (Atti delF Accad. Rom. d' archeo-
logia. Vili, p. 51).
(i) Nella bibliografia Ostiense è accaduto un errore, perchè una
scheda riguardante Ostra (Picena) fu, per inavvertenza di un ama»
nucnse, coUocau tra le Ostiensi, e stampata. È la 2$"'' della serie,
che prego i lettori di voler cancellare.
144 ^- Toniassetti
Decisio S. Rolae Romanae coram r. p. d. Paniiroìo in causa Porlum.
stagni. Lunae i6 dee. 1641. Romae (R. C. A.), 1642, sup. per-
missu.
Idem, Idem &c. Lunae io lunii 1641. Romae (R. C. A.), 1641,
sup. perm.
Idem, Idem (senza data). Romae (R. C. A.), 1640, sup. perm.
De Fazio Giuliano, ingegnere in capo del Corpo reale de' ponti e
strade, Discorso 2° intorno al sistema di costruzione dei porti, con-
cernente alcune ricerche sopra gli antichi porti d'Ostia, d'Ansio, di
Ancona, di Civitavecchia, di Nisida &c., Napoli, 1816 (porto
d'Ostia, pp. 5-17).
Idem, Intorno al miglior sistema di costruzione dei porti. Discorsi tre,
Napoli, 1828, I voi. (del porto di Ostia v. p. 129 sgg.).
Idem, Nuove osservazioni sopra i pregi architettonici dei porti degli an-
tichi &c., Napoli, 1832, I voi.
De Rossi G. B, Bullettino d'archeologia cristiana, 1866, 1868, 1869.
Du Perac, Pianta di Porto, ed. Ant. Lafreri, 1575, riprodotta dal
De Rossi.
Fea Carlo, Novelle del Tevere, R. 18 19, 2^" ed. in voi. I degli Atti
delVAccad. di archeol.
Idem, Alcune osservazioni su V antico porto di Ostia ora Fiumicino,
R. 1824.
Idem, La Fossa Traiana confermata al sig. cav. Linotte ; ivi. Sulla rela-
zione del Vanvitelli intorno al porto di Fiumicino cfr, Fea C, Os-
servazioni &c. sopra l'acqua Felice, p. 3.
Idem, Supplemento alle tiotizie date nella relazione di un viaggio a Ostia
e nelle osservazioni sulla Fossa Traiana intorno al canale detto Fiu-
micino, inserita nelle miscellanea intit. Considerazioni storiche &c ,
R. 1827, 4"*.
Idem, Il Tevere navigabile oggidì come nei suoi piìi antichi secoli, e la
città di Ostia ivi edificata dal re Anco Marcio, emporio di Roma,
da risorgere a nuova vita, R. 1835.
Grossi- GoNDi A. e Cancani F., Descrizione delle rovine di Ostia
Tiberina e di Porto, R. 1883, con pianta top.
Guglielmotti?. Alberto, Delle due navi romane scolpite sul bassorilievo
Portuense del principe Torlonia {Atti dell' Ac e ad. Pont, d' archeo-
logia, N." S.^ voi. I, p. i segg.).
Labacco a.. Libro appartenente a V architettvra nel qval si figvrano
alcvne notabili antiqvità di Roma, in-fol., impresso in Roma in
casa nostra ne gli anni del S, 1552.
Dopo il frontisp. viene la dedica colla sottoscr. : Impresso &c.
Dopo questi due fogli seguono 24 tavole regolarmente nume-
T)ella Campagna Romana 145
rate, segue poscia la tavola doppia che rappresenta il porto di
Traiano e quello di Claudio, senza numeri, indi la tavola di
testo (stampata in corsivo) che ne dà la spiegazione ; seguono le
ultime 4 tavole che non portano numero. Rarissima edizione
sconosciuta a quasi tutti i bibliografi. Manca nel Cicognara, nel
Brunet &c., che citano come prima edizione quella del 13)8.
Idem, Tahulae nonnullae quibus repraesentantur aliqiiot vetusta romana
aedifìcia et Traiani atqtie Claiidii portiis (senza data).
Lanciani Rodolfo, Antichità di Porto in Annali dell'Istituto Arch.y
1868, p. 114 sgg., con grande e perfetta pianta nei Monumenti
dell' Istituto stesso, voi. Vili, tav. 49.
LiGORio Pirro, Pianta di Porto, ed. de Musis Giulio, Venezia 1554,
ed. Tramezino, 1775.
LiNOTTE L., Risposta parziale alle Novelle del Tevere, in Giornale Ar-
cadico, t. XIV b , R. 1822.
Idem, Sulla esistenza delle due foci del Tevere prima della costru:iione
del porto di Claudio, in Giornale cit. XVI, R. 1824.
LucATELLi GiAMP., Sopra il porto d'Ostia e sua medaglia e sopra la
maniera usata dai Romani nel costruire i porti del Mediterraneo
{Atti dell' Accad. di Cortona, VI, pp. 1-24, con 2 tav.) e Roma,
1750.
NiBBY Antonio, Della via Portuense e dell'antica città di Porto, R. 1827,
e neW Analisi della città e dintorni di Roma, voi. II, p. 62 sgg.
Noccioli Ignazio, Cenni dimostrativi la somma utilità di una ferrovia
Roma-Fiumicino, R. 1875.
Rasi G. B , Osservazioni istoricbe sul porto romano di Fiumicino e di
Ostia, R. 1826.
Idem, Sul Tevere e sua navigazione da Fiumicino a Roma, R. 1827.
Idem, Sui due rami tiberini di Fiumicino e di Ostia e sui porti di
Claudio e di Traiano, osservazioni con 4 pianto del cav. Canina,
R. 1830.
Regis ing. A., Il porto di Roma, R. 1896.
RuGGERi C, De Portuensi s. Hyppoliti episcopi et mart. sede dissertatio
postuma ab A. Ruschi© absoiuta et adnot. aucta, R. 1771.
Tocco Efisio, Saggio sui porti antichi ed in ispecie dell' Ostiense di
Claudio e di Centocelle di Traiano, della fossa Traìana, con altre
osservazioni sul Tevere, R. 1856.
Visconti P. Ercole, Sopra un' iscrizione antica dell' imperatore Claudio
trovata in Porto (Atti dell' Accad. Rom d' archeologia, voi. Vili,
p. 211).
Idem, Della fo > . . e di ./;a7/c ./•. /';//;/>. Claudio jcci scavati
dal fiume 'Tevere ai mare &c. (ivi, p. 253).
Archivio dflh R. Società romana di ttoria patria. Voi. XXIII. IO
1^6 G. Tornasse t ti
Volpi e Corradini, Latiutn vetus &c., voi. VI, « de Laurentinis » &c.,
Padova, 1734.
Man'oscritti. Nella pregevole miscellanea del card. Garampi da me
posseduta, oltre i tre trasunti di documenti (di Bonifazio IX, Eu-
genio IV e Urbano VI) sulla gabella di s. Ippolito, ed oltre alla
pianta a penna di Serafino Calindri nella visita che fece a Porto
di Fiumicino l'anno ijóS^ che ho già citato nella bibliografia
Ostiense, vi sono appunti del Garampi stesso, col titolo : Noti-^ie
per l'alveo del Tevere e tiro delle bufale estratte dall' Archivio segreto
Faticano (dall'anno 1561 al 1587).
Ho veduto un recente manoscritto firmato dall' arciprete
di Porto, Giuseppe Bolognesi, senza data, indirizzato al car-
dinale Mario Mattei come vescovo (1854-^0), nel quale
dopo narrata la escavazione della lapide di Claudio fatta dal
marchese Pallavicini, racconta in modo elementare le vi-
cende del porto, poi passa alla religione, a s. Ippolito, con
parecchi errori, poi parla del portico Placidiano, accennando
al frammento placidi anam, poi riporta la iscrizione di
Teodosio e Valentiniano, poi le epistole di Leone IV, le
bolle Portuensi, poi un testo riguardante Pammachio e il
suo xenodochio e memorie del medio evo. Poi dice che
Sisto IV andò a Porto coli* idea di fare riaprire il porto
(Volterrano, Diario), e che Alessandro VI rifece il re-
cinto merlato dell'episcopio, nota i ristauri del 1580 al-
l' episcopio stesso, poi parla del cardinale Laute, 177 1,
colla lapide relativa; poi porta anche la lapide del Ma-
druzzi, e altra lapide di « Antonius Lantius » cardinale
del 1616, allusiva a ristauri, una dell' Ottoboni, idem 1727,
una metrica di cinque distici 1583 (Gregorio XIII), altra
di «Fulvius Corneus», 1582, l'altra di Pacca 1822, l'altra
di Lambruschini 1848, quella della facciata della chiesa (di
Benedetto XIV, 1734), nell'interno quella di Chigi 1^90
e quella di Orsini 1723, poi quella (nel palazzo) in onore
di Giacomo III e figli, collocatavi dal cardinale Otto-
boni, 1738; descrive la croce di bronzo ricevuta e donata
^eila Campagna Romana 147
dal cardinal Pacca (come arciprete Lateranense) neiranno
santo 1825, poi r altra iscrizione del fonte, eh' è del
Pacca del 1822, Taltra rotonda in mezzo alla chiesa (con
stemma) di « Annibal card. s. Clementis anno i^io » (?),
r altra nell'altare di s. Filippo, di Benedetto XIII, del 1735
e un'altra di Ottoboni (ivi) del 1725 e l'altra dell'aitar
maggiore (cardinal Pacca) 1822. ì^qW Isola Sacra nota la
iscrizione del coperchio del pozzo dove si crede essere stato
annegato s. Ippolito, la quale è di Lambruschini; un'altra
del cardinale Leonardo Antonelli, 1802, l'altra del cardi-
nale Carafa allusiva alla consacrazione della detta chie-
setta, del 1753. Ivi indica l'altra chiesetta del Crocifisso
con iscrizione di Pio VI, del 1788, sulla porta. Altra
iscrizione nella chiesa nuova dedicata alla Madonna stava
di fuori, poi portata dentro per sostituirvi una fenestra;
ed è del 1822 (Pacca). Trascrive pure l'altra del cardinal
Roma (1^50) sulla facciata dell'ospedale di Porto. Un
luogo derelitto è cosi ricco di epigrafi moderne ! Vi è an-
nessa una pianta della chiesa e dell'episcopio.
Una mediocre pianta, ma agraria, della tenuta di Porto,
con Campo Salino, è quella di Francesco Torriani, del 1660,
inserita nel Catasto di Alessandro VII più volte citato. Vi
si veggono le due cinte di mura; la prima con la porta
romana fiancheggiata da una gran torre rotonda coperta di
calotta (tempio di Portunno), la seconda con la porta di
Nostra Donna, presso il porto interno. Segue l* episcopio,
poi il gran recinto quadrato, col nome maga:^ni, e poi
una serie di casali sparsi lungo la via che mena a Fiumi-
citWf di cui si scorge la torre antica. Nel quarto verso
Maccarese, è il caseggiato (allora imponente) con chiesa
fornita di campanile, e indicato col nome s. Ninfa. Quella
pianta fu fatta per ordine del Capitolo di s. Pietro.
La pianta di Porto che si trova nella galleria delle
Carte geografiche al Vaticano è desunta da quella del
Du Perac.
148 G. Tomassetti
La magnificenza del porto di Roma, costruito per or-
dine deir imperatore Claudio, rilevasi dagli scrittori e dai
monumenti (i). Il faro di esso era simile a quello di Ales-
sandria. Le dimensioni del porto, ridotte in misure mo-
derne, erano: in superficie mq. 690,795; larghezza delle
due aperture m. 80; l'antemurale m. 180 di lunghezza e
m. 90 di larghezza; il molo curvilineo era lungo m. 389,
quello rettilineo m. 420. La nave, che servì a traspor-
tare a Roma dall' Egitto l' obelisco Vaticano, servi di fon-
dazione air isola dell' antemurale (2). Traiano rese più
vasta ed utile l'opera di Claudio aggiungendovi il porto o
bacino interno, la sola che rimane tuttora di tante opere
magnifiche ; ed è F odierno stagno di Porto. Misura essa
in superficie mq. 391,993. Egli fece scavare il canale, che
coordinato alle altre fosse già scavate da Claudio, contribuì
alla hberazione della corrente Tiberina ed alla congiunzione
diretta di Roma col porto interno ed esterno (5).
(i) SvETONio, in Claudio, 20; Giovenale {Sat. XII, 75); Va-
lerio Placco {Argon. VII, 83) &c. Una personificazione del porto è
in un rilievo di sarcofago della vigna Aquari (von Duhn, Ant. Biìdiu..
II, pp. 334, 335) ed in una statua del museo Ludovisi {Bull. Istit.
1872, p. 7). Per le monete e medaglie che lo riproducono veggasi il
Cavedoni (Bull, dell' Istil. 1864, p. 219), Donaldson, Visconti &c.
II faro è rappresentato in un mosaico Ostiense, nel sarcofago urbano
di Fìlocyrius nel palazzo Bachetoni ed in altri marmi. Il porto con
tutti i suoi monumenti è splendidamente raffigurato nel rilievo del
museo Torlonia scavato in Porto nel 1863, e più volte discusso, perchè
difficile ad ispiegarsi in ogni sua parte (Lanci, in Bull. Ist. 1864; Lan-
ciANi, Ann. cit. 1868; Guglielmotti, op. cit.). L'uhima rappresen-
tanza grafica dell' antico porto è quella della Tavola Peutingeriana,.
in cui si ravvisano abbastanza bene le parti principali di così magni-
fico monumento (Desjardins, La tahle de Peutìnger).
(2) Svet. cit. afferma questo fatto ; ma Plinio dice che la nave
servì per fondazione del molo sinistro {H. N. XVI, 76; XXXVI, 14).
(5) Quanto si è disputato sull' attribuire o no a Traiano questo-
porto e la fossa o canale (detta poi, come ognun sa, Fiumicino) ri-
sulta da numerose monografie, e ciò in causa del silenzio degli scrit-
^ella Campagna T^pmana 149
Le antiche e pregevoli cose, ritrovate nel suolo di Porto
in ogni tempo, meriterebbero una speciale enumerazione,
che r indole del mio lavoro, già di per sé immenso, non
permette (i). Le antichità di Porto non offrono certo le
tori. Ma il Fea difese l'opinione in favor di Traiano col testo di
Plinio il giovine {Ep. Vili, ij): fossa quam provideiiiissimus iviperalor
fccit {Tevere navig. p. 35).
(i) Le lapidi di Porto sono riunite nel Corpus I. L. con le Ostiensi.
Ho già detto che molte associazioni dei lavoranti e industrianti por-
tarono il duplice nome Ostienses e Portuenses. In lapide urbana si ha
Portenses et ostiens. fabri (C. VI, 1741). A Capo due rami^ nel 1836,
fu scavata la celebre lapide di Claudio che ricorda le fosse (Vi-
sconti cit.). Una lapide greca ricorda il culto del dio di Gaza Marmas
nel tempo di Gordiano (C. /. G. 5892), un'altra quello di Serenos
■(ivi, 6001). Naturalmente dovevano esservi domiciliati molti Orien-
tali. Vi appariscono anche indizi di un quartiere di Israeliti. Le la-
pidi pure attestanti il cuho ed il tempio di Portunno furono ritrovate
presso il tempio nel secolo xvi. Una statua di Nettuno ivi rinvenuta
da Panfilo Di Pietro {Mem, Rem. II, 22) è ora nel museo Latera-
nense. La statua detta d'/^m nel museo Torlonia fa parte del gruppo
■di Menelaos, simile ma non uguale a quella Ludovisi {Bull. Isltt. 1883).
Vi era un Scrapeum^ secondo un' iscrizione locale ora al Louvre {Bui-
lettino cit. 1882). Una statua di Bacco rinvenuta presso il suo tempio,
nel secolo xv, fu gittata in mare per ordine del cardinale Bessarione.
Sonosi pure trovate memorie dei templi di Apollo, di Ercole, di Vul-
■cano, di Gioele, di Vesta e di un santuario mitriaco. Così anche del
porticus Placidiana, che doveva stare tra il mare e le mura, tra il
porto Claudio e la fossa Traiana. Una lapide ricorda gli ultimi giuochi
gladiatori eseguiti in Porto (De Rossi, Bull. 186S, p. 84) I-in dal 1675-
1682 vi si fecero scavi con risultati (Fea, Misceli I, 240). Noterò gli
scavi apertivi dall'Amici nel 1744 (id. II, 208), quelli del 1827 che
fruttarono molti oggetti e la scoperta di un tempio; gli altri del
principe Torlonia dal 1863 in poi. Il musco Torlonia di Roma con-
tiene trentasette monumenti scoperti in questo suolo. Della esi-
stenza dei Figili ò prova una statua di Ercole da essi dedicata.
Erano distaccati dalle coorti di Roma (Lanciasi cit p. 186). Nel 1885
furono trovati un musaico col ratto di Proserpina (^Bull. Com. Arch,
p. 171), una lapide greca confermante il culto di Serapide (G. Gatti,
in Bull. cit. 1886, p. 173), alcuni antichi magazzini Sic. I frammenti
della statua di Traiano trovati nel 1794 sull'orlo del mare Interno
ijo ^- Tomasseiti
attrattive che trovansi in quelle di Ostia, nò per la qualità
delle costruzioni, né per lo stato di esse, poiché le Por-
tuensi sono abbandonate e deperite. I monumenti ora su-
perstiti in questo luogo consistono nella cinta delle mura
della città del tempo di Costantino, con torri rettilinee;
delle quali però veggonsi soltanto i resti a fior di terra; in
avanzi delle mura di Settimio Severo ov'é il moderno in-
gresso; nel tempio di Portunno, che si trova prima dei
moderni casali, a sinistra della via moderna da Roma, e,
se si viene dalla stazione della ferrovia, di fronte ad essa,
al di là dei casali stessi; in avanzi dell' acquedotto, che corre
quasi parallelo alla via romana-Portuense ; e in numerosi
ruderi dei magazzini lungo il grande esagono del mare in-
terno, e che proseguono anche sulla destra del canale di Fiii-
niicino. Inoltre, sul lato opposto a Roma, cioè a ridosso del-
l'ora interrato porto esterno, veggonsi gU avanzi del palazzo
imperiale e quelH di un teatro romano ; i ruderi di un
mercato, presso il moderno cimitero; avanzi della stazione
dei vigili, presso l'episcopio, ed altre rovine di difficile attri-
buzione. I magazzini formano, come bene osservò il Lan*-
ciANi, due terzi della città. Egli riconobbe anche il foro
sul canale di communicazione del porto interno con 1' e-
andarono dispersi (Fea, Viaggio^ p. 33). V Isola 5^/^ra contenne pure
splendidi monumenti, tra i quali principale il tempio di Castore e
Polluce (vedi Albert, Le ctiUe de Castor et Polliix eri Italie, in Me-
langes, 1883), a cui celebraronsi sacrifici solenni, fino agli ultimi tempi
del paganesimo, dal pretore urbano. Quivi si ebbero pure molte sco-
perte (Bull. Istit. 1840, p. 43), tra cui il gruppo di Marte e Venere,
ora nel museo Capitolino. Sembra impossibile, dopo ciò che si è
pubblicato sulle antichità di Porto, che una gita vi possa riuscire an-
cora fruttuosa. Eppure vi ho trovato d' inedito un frammento lapidario
monumentale con V C , e un cinerario rettilineo di marmo, ridotto
ad abbeveratoio di galline presso l'episcopio, con questa iscrizione:
TI-CLAVDIO-SP-F
SVRIACO-D-C-C-N
^ella Campagna Romana 151
sterno. Il più attraente avanzo è il tempio di Portunno,
magnifica mole di mattoni rossi, di cui rimangono due
piloni, una parte della volta, tre delle sette nicchie, che
ne decoravano T interno, e più frammenti marmorei de-
corativi sparsi d'attorno. Vengo ora a disporre la sil-
loge storico-diplomatica di Porto insieme con quella di
Flmnicino e dell' Isola Sacra, con la quale sì chiude la illu-
strazione della via Portuense. Sono molte menzioni sto-
riche, in gran parte conosciute dai miei predecessori, in
parte minore affatto nuove. Si faccia attenzione a quelle
risultanti dalle bolle Portuensi, nelle quali si trovano indi-
cati, con termini più o meno corrotti, antichi monumenti
e perfino le due estremità delle grandi braccia del porto
di Claudio ; si rinvengono prove della importanza del ter-
ritorio Portuense, di curìaks ivi esercenti ufficio, di nume-
rose chiese, di forte popolazione. Questa silloge, che non
sarà mai completa, ma è la più copiosa di quelle finora
esposte, contiene anche particolarità curiose, perfino il
prezzo pagato ai rimorchiatori del bucentoro pontificio,
quando Gregorio XI ritornò in Roma con la sede papale,
nel 1377.
a. 42. Claudio imperatore eseguisce il disegno di Ce-
sare col far costruire il porto d* Ostia, che viene poi com-
piuto da Nerone.
a. ^9. Galba imperatore fa costruire i grandi magaz-
zini lungo il porto. Da Galba a Traiano si stabilisce presso
il porto una colonia di veterani.
a. 103. Traiano imperatore fa edificare il porto interno,
aprire la fossa e la foce minore del Tevere, dividere il ter-
ritorio in parallelogrammi ed inciderne in bronzo la me-
moria. Da questo fatto deve supporsi incominciata la in-
dipendenza di Porto da Ostia (Lanciani, op. cit.).
a. 200 circa. Settimio Severo fa ricingere Y oppidum di
Porto con mura.
a. 251 (?). Conferma della separazione dei due Co-
I 52 G. Tomassetti
munì per la istituzione della diocesi cristiana di Porto.
Primo vescovo forse fu s. Ippolito (i).
Secolo IV. Un magistrato Portuense per T annona e
causidicus della prefettura urbana fu Ragonio Vincenzio
Celso, assai benemerito per la sua giustizia e nel comporre
le diuturne quistioni fra i mensores e i caudicarii (C /.
L. VI, 1759, XIV, 138, 139, 175; Symmachi Reìat. e. 23).
Id. A questo secolo spetta il secondo recinto murale
di Porto, tuttora conservato ; ed il titolo di civitas Constan-
tiniana ad essa attribuito (Zosimo, VI, 6] Philostorgius,
Hist. eccì. XII &c.). Allo stesso imperatore si attribuisce,
neir elenco aggiunto alla biografia di papa Silvestro I,
« basilicam in civitate Hostia iuxta portum urbis Romae
« bb. apostolorum Petri et Pauli et lohannis Baptistae, ubi
« et dona obtulit haec : (dopo oggetti preziosi) insulam
« quae dicitur assls-i) (l'Isola Sacra, che allora aveva una
estensione ben minore dell' attuale accresciuta dall' interri-
(i) Non è certo che s. Ippolito, dotto scrittore ecclesiastico,
fosse il vescovo di Porto (Gams, Series epp. p. vili), e nel caso ne-
gativo, il primo vescovo noto sarebbe il Gregorius del 314. Questo
Ippolito, ricordato nel martirologio («in portu urbis Romae H3^p-
« politus qui dicitur Nonnus », De Rossi, Bull. 1866, p 49), e che
dicevasi martirizzato e sepolto colà, è stato confuso da Prudenzio
con l'omonimo martire soldato (De Rossi, Bull. 1882, p. 7 e seg.) ;
e al dottore spetta invece la bellissima statua del museo Lateranense,
che porta incìso nella cattedra il ciclo pasquale (vedi Achelis-Hans,
Hyppolitsstiidien, Leipzig, 1897). Il culto di s. Ippolito in Porto è cer-
tamente antico; ad esso era dedicata una chiesa nell'Isola Sacra, di
cui esistono avanzi. Forse vi contribuì la qualità del nome, che so-
stituiva quella equestre di Castore e Polluce. Da esso s' intitolava la
gabella, di cui dirò le memorie nel testo delle notizie, secondo la
data rispettiva. Consisteva in un barile che dovevano pagare alla
Chiesa romana tutte le navi che, nel medio evo, approdavano al
porto. Che la diocesi di Porto fosse antica ed importante lo prova la
dignità del titolare, eh' è il sotto-decano del s. Collegio dei cardi-
nali, e perciò il secondo suburbicario. Egli aveva anche il privilegio
di recitare un'orazione quando s'incoronava l'imperatore. La costi-
^ella Campagna ^I{oinana 153
mento continuo), nome inesplicabile, in altro luogo del
Liber Pont, detta Arsis (in Leone IV), « quod est inter Per-
ii tum et Hostia, possessiones omnes maritimas usque ad
« digitum SoliSy praestantes solid. Lxxx » {Lib. cit. ed. Du-
CHESNE, I, p. 184). Noterò che il digitiis solis deve signi-
ficare una statua relativa al sole, con un dito in alto, statua
che doveva decorare Forologio solare del porto. Ed ag-
giungo che anche nell'orologio monumentale del Campo
Marzio in Roma si ricorda una statua ma col dito abbas-
sato; alla quale si riferisce la nota leggenda di Gerberto
(papa Silvestro II), che fece scavare nel punto indicato
dal dito di quel simulacro, e vi scoperse preziose anti-
chità. Forse due statue decoravano le antiche meridiane,
l'una col dito in alto, da levante, l'altra col dito in basso,
da ponente.
Id. Nella Notitia dignitatnm, si trovano registrati, tra
gli ufficiali dipendenti dai prefetto urbano, il ncomes portus »
tuzione di tale diocesi dimostra che fosse un centro popolato, e la
sua circoscrizione segue la popolazione formatasi nel suburbio e fin
dentro la città di Roma come in dipendenza dal porto stesso. Quindi
giungeva fino all' isola Tiberina (S. Bartolomeo) ed al Ponte Rotto,
come è dimostrato dalle bolle papali. Tutta la zona commerciale
portuense-urbana dipendeva da! vescovo suddetto. Del resto, il cri-
stianesimo in Porto ha lasciato pregevoli memorie. V'erano le chiese
di s. Pietro, s. Ninfa, s. Lucia (Isola Sacra), s. Lorenzo (ora del Croci-
fisso), s. Ippolito («in insula Port. quae nuncupatur Arsis n, nome
inesplicabile; d. Duchesne, Uh. Pont, in Leone IV, II, 125), s. Biagio,
s. Vito, s. Giorgio, s. Teodoro, e la cattedrale dedicata a s. Lucia
e a s. Rufina (vedi Piazza, Gerarchia card. p. 55 sgg.). In un edificio
dell'età Damasiana, nel 1866, fu trovato un frammento epigrafico del
tipo che dicesi Filocaliano (De Rossi cit. 1866, p. 105). Una parte
dell'antico ciborio marmoreo della basilica Portuense si conserva nel
musco Lateranense ed appartiene al secolo ix, perchè l' iscrizione
nomina Leone III papa. Lo xenodochitim, ospedale pei pellegrini, fon-
dato da Pammachio nel iv secolo, e che citerò nella serie, stava
sul margine destro della fossa o canale. Alcuni avanzi ne furono ri-
conosciuti negli scavi del 1866.
154 ^- Tornasse t ti
e il « ccntQn3.rìus por tus » (ed. Seeck, p. 114; veggasi anche
Cassiodoro, Variar. VII, 9).
a. 374, IV. idus iunii. Legge di Valentiniano contro
r abuso del convertire i granai e i magazzini del Porto di
Roma ad uso privato {Cod, Theodos. XV, I, 12).
a. 380 circa. Il senatore Pammachio fonda un xeno-
dochium pei pellegrini in PortOy ricordato da s. Girolamo
(De Rossi, Bull. Crisi. iS66y p. 50).
a. 425. Il prefetto dell* annona, Flavio Alessandro Cre-
sconio, edifica il portico in onore di Teodosio II e di Pla-
cidio Valentiniano III, portico detto perciò Placidiano nella
iscrizione relativa quivi rinvenuta nel 1822 (C. /. L. XIV,
140-
a. 455. Genserico re dei Vandali sbarca a Porlo, per
invadere e saccheggiare Roma. In quella occasione, la ba-
silica di s. Ippohto martire, nelF Isola Sacra, fu incendiata,
come attesta una iscrizione :
f Vandalica rabies hanc ussit martyris aiilam
quam petrus antistes cultu meliore novatam
che, quantunque trovata nel secolo xvii in Roma, nell'isola
Tiberina, è stata giustamente restituita a Porto dal pro-
fessor L. Cantarelli (Bull Comun. 189^, p. ^9 sgg.). La
restaurazione in essa indicata sarebbe stata fatta dal vescovo
Pietro del 4^5 (i).
(i) La giurisdizione vescovile del vescovo Portuense nell'isola
Tiberina, che l'egregio prof. Cantarelli farebbe risalire al secolo
nono, cioè all'abbandono di Porto, per le invasioni dei Saraceni, a
me parrebbe più antica. Poiché, quantunque le bolle papali che ne
parlano sieno del secolo xi, esse tuttavia riguardano diritti più antichi.
La diocesi imitava la circoscrizione civile ; e come tutta la ripa ti-
berina-portuense dipendeva dal prefetto dell'annona; come la zona
commerciale romana era considerata distinta dalla città, così i cri-
stiani transtiberini e marittimi appartenevano al vescovo del porto
romano. Per tal modo spiegherei anche il condominio dell' isola stessa
col vescovo di Selva Candida, che pretendeva al governo di parte
^ella Campagna ^^omana 155
a. 474. L' imperatore Glicerio, per timo'^e del suo rivale
Giulio Nepote, si ritirò in Porto, dove depose le insegne
imperiali e fu ordinato vescovo, non di questa diocesi
(come il Gams sospetta, apponendogli un punto dubitativo)
ma di Salona in Dalmazia (Iordanes, De reh. get. 45).
a. 500 incirca. Frequentazione e magnificenza del porto
romano attestata da Cassiodoro (Far. VII, 9): « bis primum
« faucibus romanae deliciae sentìuntur . . . duo t3^berini alvei
« meatus ornatissimas civitates (Ostia e Porto) tamquam
«duo lumina susceperunt )>.
a. 537. Incomincia Par/o ad essere campo infelice della
guerra tra Goti e Bizantini. Nelle minute descrizioni, cbe
Procopio (I, 26) ci ha lasciato di questi combattimenti,
trovansi alcuni particolari utili a rappresentare lo stato del
porto romano, come la distanza di 126 stadi da Roma (chi-
lom. 22.680), il tiro dei buoi per fare risalire alle navi il
fiume, ed altre cose, che non ripeto, avendone già riferito
il testo sotto la via Ostiense. Vitige (qcq occupare la for-
tezza di PortOj ma poi dovette farla sgombrare perchè la
flotta bizantina venne ad occupare il porto stesso.
a. 545. Nuovo blocco di Porto per opera di Totila, nella
guerra di riscossa. Egli vi sorprese con piccola flottiglia le
navi cariche di viveri, che il pontefice Vigilio aveva spedito
dalla Sicilia. In questo disastroso incidente un vescovo per
nome Valentino fu accusato di menzogna, e per ordine di
Totila ebbe troncate le mani (idem. III, 13).
della popolazione marittima, quale vescovo del quartiere della via
Aurclia; ma con minore diritto; e perciò da Leone IX ebbe sentenza
contraria; e dovette lasciare la detta isola al vescovo Portuense. Ma
questa duplicità di tradizione dovette essere il precipuo motivo che
indusse Calisto II a riunire le due sedi Portuense e di Silva Candida.
Del resto, se non si fosse trattato di antichitù grande nel possesso
dell' isola Tiberina, tanto che non se ne rintracciavano i documenti,
come risulta dal testo della bolla-sentenza di Leone IX, la questione
non sarebbe stata così diffìcile e grave.
ij^ G. Tom assetti
a. 54^. Isacco, capitano di Belisario, assalìsce da Porto
i Goti; ma è vinto ed ucciso per ordine di Totila. Ciò
agevola V ingresso di Totila in Roma (ivi).
a. 549. Nuova occupazione di Porto fatta dai Goti, la
quale dura fino all' anno 552, quando essi furono dispersi
da Narsete.
a. 817. Nel noto diploma di Ludovico Pio è conside-
rato Porins come spettante al papa (Baronio, ad ann.).
Quantunque non si possa tener conto di tal documento,
perchè fabricato nel secolo xr, tuttavia deve notarsi, perchè
si riferiva a dominio notorio di un fondo cosi vicino a
Roma, e giovava per aggiustar fede alle cose di altre più
lontane regioni.
a. 84^, 24-25 agosto. I musulmani invadono Ostia e
Porto, cW è abbandonata dagli abitanti. Le scholae Saxoniim,
Frisomim et Francorum del Vaticano marciano su Porto e se
ne impadroniscono. I musulmani tentano invano di rioc-
cuparlo, ma sono respinti, lasciando 12 morti. Il 25 agosto
i Romani vanno ad accrescere le forze delle « scholae » a
Porto, vi uccidono 7 musulmani ; e poi ritornano tutti in
Roma per difendere la città (vedere i fonti nella citata mo-
nografia del Lauer, Le poéme de la destniction de Rome,
p. 311).
a. 849. Gran battaglia di rivincita data dai Romani, co-
mandati da Cesario figlio di Sergio, contro i musulmani
in Ostia, tanto in terra quanto in mare, poiché i nemici
erano dalla Sardegna venuti ad occupare Porto. Leone IV,
che fu il promotore di questa riscossa, celebrò la messa
nella chiesa di s. Aurea in Ostia, prima della battaglia. Dei
numerosi prigionieri fatti, alcuni furono appiccati in Porto;
gli altri trasportati in Roma furono condannati a lavorare
nella costruzione della «civitas Leoniana» (Lib.Pont. cit. II,
pp. 118, 119).
Tra le munificenze di Leone IV in Porto va ricordata
una veste preziosa donata alla chiesa della martire s. Ninfa
^ella Campagna Romana 157
(ivi, p. 113); ed altre cose donate alla chiesa del martire
s. Ippolito, qui ponitur in insula Poriuensis quc nuncupalur
Arsis (ivi, p. 125).
a. 852. Importante è la deduzione fatta da Leone IV
di una colonia di Corsi, allo scopo di difendere e di po-
polare questo importantissimo luogo, impresa che è lun-
gamente descritta nel Liber Pont, (ivi, p. 126), con le con-
dizioni cioè deir abitazione, delle nuove opere di difesa
(«firma et munita. .. civitas»), con vigne, prati e coltiva-
zioni ; infine una istituzione in certo modo perfetta.
a. 877. Il concilio Ravennate, sotto Giovanni Vili,
enumerando le rendite della Sede Romana, nomina, come
già notai sotto Ostia, il portus, cioè 1' nncoraggio al porto
romano.
a. 940. Noterò il documento Sublacense relativo al
jiìiim salinae in Liciniana pedica, quantunque io T abbia messo
in Ostia, perchè lo stagno maiore indicato tra i confini po-
trebbe essere quello di Maccaresc, anzi che T Ostiense ; e
poi il nome Placidiae, additato tra i confini, lascia pensare
al porticus Placidiana (v. Rcfr. Subì. cit. p. 105).
a. 9^4. Nel Privilegium di Ottone I in favore di
Leone Vili, Portus è compreso nella giurisdizione del papa
(Baronio, ad ann.).
a. 983, 9 luglio. Documento importante per la topo-
grafia di Porto. È una donazione fitta al monastero dei
ss. Cosma e Damiano di casa e fondi da una Boniza. La
vigna hoharica è posta in insula maiore, ed ha per confini
quattro privati: la casa solarata, con tetto, con grotta &c. è
« posita infra civitatem vctereni », tra i confini : « muro antiquo
« de istius civitatis, gripta et domus » del quondam Stefano,
e una « domus et grepta de rocca » (Fedeli- cit. in Jrch.
cit. 1898, p. 511).
a. 992, 25 giugno. Bolla di Giovanni XV a Gregorio
vescovo Portuense. Gli concede la terra spettante al s. pa-
lazzo Lateranense: « sicut incipit per longitudinem a flu-
ijS G. Tomassetti
« mine recté iuxta murum Portuensis civitatis ante eiusdem
<iportam que dicitur maìor et exinde pergente usque in la-
<( cimi Traianum et ab ipso . . . remeante per aliud fossatum
« usque in supradictum flumen, itemque licentiam toUendi
« aquam ex ipso fluvio et per litus eius mittendi in eodem
<( fossato » &c. Gli concede la facoltà di tenere un vi-
vaio nel lago Traiano, pisces congregare &c. (Marini cit.
lì. XXXVI, p. 59).
a. 993, 16 ottobre. Enfiteusi di un orto a Benedetto
e fratelli fatta dal monistero dei ss. Cosma e Damiano
posto (( infra civitate vetere qui Portuense vocatur » :
tra i confini v' è la rocca e la via pubblica (Fedele, ivi,
p- 518).
Secolo X. Singolare incendio nell' aria veduto « iuxta
iiportum huius urbis miliario ab u. R. decem et octo »
(Benedetto di s. Andrea, in Pertz, III, 715).
a. IO 14. Nel diploma di Enrico imperatore in favore
di Benedetto Vili e successori, è ripetuta la giurisdizione
sul porto di Roma (Baronio, ad ann.).
a. 1018, 1° agosto. Bolla di Benedetto Vili a Bene-
detto vescovo Portuense. Gli concede V « episcopiiim Por-
« tuense foris civitatem cui vocabulum est sci Ypoliti (Isola
«Sacra) cum vineis, ortis, clausura, vinea in Cardeto 3cc.
« in insula maiore » ; la chiesa di s. Lorenzo con l'episcopio
(Portuense) e quelle di s. Pietro, s. Giorgio, s. Teodoro
e di s. Vito presso il fiume (si noti quante chiese e
quante bizantine), una vigna in Scaraio, una torre Cucii-
XÌna o Cucuxiita ed una in Monton^ un fondo Bacanum con
l'appendice dQtts. Scriptula, ove sono antiche cisterne « iuxta
<( civitatem Portuensem », i cui confini sono l'albero Ta-
marice fino alla colonnetta a due miglia dalla città, donde
si prosegue per la Salina (Salaria) fino ad attegiam pisca-
ioriam e si ritorna al mare per buccinam e lungo il mare
fino a 5. Ninfa ed alla foce Miccina, che è Y origine del
moderno nome del canale Fiumicino, che vedremo in un
^ella Campagna Romana 159
atto del 104^ denominato fiiimìceììum Tiberis, ed insieme
i luoghi detti Iiinceta (gioncheti), bagnaria {haìnearia),
porto Traiano, il palatium Progesta (sic), il castello e la
città Costantiniana, con la chiesa dei ss. Pietro e Paolo
distrutta, e con le grotte in cui stanno gli animali della
chiesa. Rilevasi dal seguente contesto la esistenza delle se-
guenti località:
s. Maria in arcu con cisterna ;
domus dieta balneum Feneris;
monasterium s. Agnetis o Jgiintiiì ;
fundus Palmis cum casis &c. ;
insula minor a Scaraio qui fuit portus Traiani presso
Baccano (tempio di Bacco, le cui vestigia stanno ora na-
scoste dagli arbusti vicino al casino Torlonia).
f. Gualdus con fili di saline &c. ;
f. Generula, come sopra;
f. Gualdus maior con una chiesa di s. Andrea;
la terra Pianura con cisterne e acquedotto detto ar-
cione ;
stagnum Portuense, di cui la terza parte si deve alla
chiesa episcopale (Marini, lxii, ^5-^9) (i).
1022, 29 maggio. Martino abbate del monistero dei
ss. Cosma e Damiano concede a Guido, vir nia§n,y sino
alla terza generazione, una casa posta nella città Portuense
(arch. dei ss. Cosma e Damiano, perg. in Arch. di Stato,
ed. Fedele cit. p. 41).
(i) Confini della diocesi Portuense dati dalla bolla stessa: « in-
« cipiente primo termino //air/o ponte (Ponte Rotto di Roma) ubi unda
« dividitur per murum transtiberinae urbis per Septimianam portam,
(( per p. s. Pancracii, per silicem ipsius porte (via Aurelia) usque ad
« pontem marmorcum qui est super Arronem et ducente per ipsam
« silicem usque ad Faritorum indequc revolvente per paludes usque
« in mare indeque (per mare) usque ad duo miliaria ultra Farum et
« usque in focetn maiorcm (la foce d' Ostia) » e risalendo il fiume ri-
tornano al ponte Jractnm.
i^o G. Tornasse! ti
a. 10Ì25, maggio. Bolla di Giovanni XIX al vescovo
Benedetto, con poche varianti dalla precedente (iMarixi
cit. LXiit, 70).
a. 1025 circa. Bolla dello stesso papa allo stesso ve-
scovo. Gli concede il possesso dello Stagnellum makdictum
posto in Porto tra il campus maior e la pedica Ticcìi (o
Ticoli) (Marini, lxiv, 70).
a. 1041, 27 febbraio. Anna detta de Aprile dona al-
l'abbate dei ss. Cosma e Damiano una vigna posta nel-
r isola maggiore nel territorio Portuense, nel luogo detto
Finilia (?) (dall'arch. cit. Fedele cit. p. 77).
id. 12 maggio. Teodora, Stefano ed altri vendono al-
l'abbate dei ss. Cosma e Damiano un territorio semina-
tivo con quattro cripte poste nel territorio Portuense, presso
la chiesa di s. Vito martire, per il prezzo di 5 oncie di de-
nari di Pavia (idem, p. 81).
a. 104^, 21 gennaio. Sergia vedova di Crescenzo de
Ursa dona all'abbate dei ss. Cosma e Damiano alcune
vime nel territorio Portuense nell' z5o/^ ma^mre e iiixta
flumicellum Tiheris (ecco il nome del canale tiberino), ri-
servandosene l'usufrutto vitalizio (idem, p. 8^).
a. 1049, X kal. mai. Bolla di Leone IX a Giovanni
vescovo di Porto, ripete i confini della diocesi e giurisdi-
zione e definisce in favore della sede Portuense la que-
stione dell' isola Tiberina di Roma (Marini, xlix, 84).
a. 1058, 2 ottobre. Rainerio vescovo di Palestrina, ret-
tore &c. del monastero dei ss, Cosma e Damiano, loca per
ventinove anni a Rainerio prete della chiesa dei ss. Qua-
ranta un terreno sul quale possedeva, per metà, una casa,
posto entro la città Poriuense iiixta miiriim ipsiiis civitatis,
per r annua pensione di due denari in argento (arch. cit.
Fedele cit. p. 99).
1074- 1075, 9 novembre. Il cardinale Falcone, rettore
e dispensatore del monastero dei ss. Cosma e Damiano,
concede a Benedetto ed a Clavello, suo figlio, un terreno
niella Campagna Romana i6i
posto nel territorio Portuense nelF Isola maggiore, nel luogo
detto Campitelli, affinchè lo riducano a vigna, col patto
che se ne divida il frutto e che essi provvedano al cibo
del ministeriale del monastero quando vi si rechi (idem,
p. 411).
a. 108^-1088. Di Vittore III ci è noto che a civiiatcm
« Hostiensem et Portuensem in sui iurisdictione tenebat 0 .
Era dunque abitato e valeva abbastanza. Si accamparono i
soldati della contessa Matilde nell* Isola Sacra {Chron.
Cassili, in Muratori, RR. IV, 477).
a. 1091, 3 gennaio. Cintio, priore del monastero dei
ss. Cosma e Damiano, e Giovanni, monaco e prete di
s. Maria in Arco, concedono a Franco di Berta e a Ste-
fano di Berta, cognati, un pezzo di terreno posto nel-
r isola Portuense « ubi dicitur Vasi et Campitellum », affin-
chè lo riducano a vigna, coll'obbligo di dar loro ogni anno
la quarta parte del frutto totale e la decima del rimanente
(arch. cit. Fedele cit. p. 429).
a. 1 1 1 8, 2 marzo. Gelasio II, nella lotta per le investi-
ture, fugge da Roma con due navi e giunge ad Portuiìiy
dove è sorpreso da una gran bufera « ut vix in por tu », dice
il diacono Pandolfo che vi si trovava, « vivi remanere
« possemus nedum mare intrare » (Pano, in Watterich,
FF. PP. RR. II, 98). Questo è V ultimo documento che at-
testa la navigazione fatta del canale di Fiumicino fino al-
l' età moderna.
a. 1120. Unione della sede vescovile Portuense con
quella di Selva Candida, di s. Rufina, fatta dal papa Cal-
listo II. (Nota il Giorgi che non sempre i vescovi succes-
sivi portarono il titolo congiunto; de cath. Setina, p. 145).
Del resto non fu lo spopolamento di Porto che indusse il
papa a questa riunione, quanto quello di s. Rufina o Selva
Candida; come ancora il conflitto di giurisdizione e di con-
fini, che altrove abbiamo osservato. Dopo un secolo ve-
dremo la causa della disabitazione di Porto.
Archivio della R. Società romana di itoria patria. Voi. XXIII. 1 1
1(3 2 G. Tomassetti
a. 1123, 7 giugno. Nella ripetuta bolla di Calisto II,
per s. Maria in Trastevere « totam hereditatem quam intra
« vel extra Portuensem civitatem habetis in terris, casis et
« vineis et ibidem viginti partes filorum de salinis «.
a. lì 66. Il commercio del porto di Roma non era de-
caduto in questo tempo, quando esso venne nominato nel
trattato di navigazione, che ho già collocato pure nella
serie Ostiense, tra Romani e Genovesi {Monum, hist.patriae,
Chart. II, 997).
a. 1204, ^ novembre. Pietro d'Aragona approda di-
visola sacra, per venire in Roma e farsi incoronare da
Innocenzo III {Gesta Inn. Ili, e. 30).
a. 1206. Transazione fra Cinzio del quondam Nicolò di
Cinzio, con cui cede a Giovanni di Girolamo la terza parte
delle terre che possiede nel territorio Portuense già ap-
partenenti air avo ed all' ava materna (nelF arch Orsini,
II, A, I, pergam. 9).
a. 1212, ^ maggio. Vendita di una pedica di terra se-
minativa posta in Pielvovola, territorio di Porto, fatta dai
coniugi Bonifazio e Maria Astalli a favore di Giovanni
Guidoni per la somma di lire diciassette di boni provisini,
confinante con il fiume, la forma, ed i beni della chiesa
di s. Ippolito (arch. Orsini, II, A, I, perg. 12).
a. 122^. Le operazioni ostili del conte Riccardo di
Sora, in Ostia e in tutto il tronco inferiore del Tevere,
ebbero per base Y ìsola sacra {Cron. di Tours, in Reciieil
des hist. des Gaules, XIII, 3 1 1). Onorio III cercò di met-
terlo a dovere con una bolla che ho ricordato sotto Ostia.
a. 1236, 2 agosto. Bolla di Gregorio IX, che conferma
la unione delle due diocesi Ostiense e Portuense, alle-
gando la diminuita popolazione di ambedue (Ughelli).
a. 1256. Che Porto fosse deserto o quasi in quest'anno
è attestato dalla relazione del monaco Goffredo, che vi andò
allo scopo di cercarvi corpi di santi (De Rossi, Bull, crisi.
1870, pp. 38-41).
^ella Campagna T^omana 1^3
a. 12^5, 19 maggio. Carlo d'Anjou sbarca a Porto
{v. fonti in Gregorovius cit. X, i, 3).
a. 1300 circa. Bonifacio Vili concede in nobile feudum
a Tancia vedova di Annibaldo di Francesco Paolo Stefa-
neschi ed ai figli di essa, il « castrimi Porius cum fortilitio
<( seu Rocca Troiano (sic) portu, piscaria et rebus aliis &c.
<( ad episcopatum Portuen. pieno iure spectantia. .. usque
« in sextam generationem sub annuo censu unius apri» (da
bolla di Bonifacio Vili in cod. Vat. ^952, fol. 139, Navone
Giulio in Arch. della R. Soc. rom. di stor. patr. 1878, p. 23 i).
a. 1347. « Beni (case, vignie, orti, selve &c.) che sta-
<( van in porto in loco detto insula, quali erano lochati in
« terza generatione a un certo signor Francesco, homo
« nobile et principale, la qual locatione aveva fatta suor
« Thomassa (abbadessa di san Cosimato) la quale. . era
mestata maritata al signor Martino; le qual robe che liti-
(( gava li erano richadute » (Cronica o Storia di suor Or-
sola in bibl. V. E. fol. 92 b; v. Gabrielli A., Epistolario
di Cola di Rien:(o, pp. 254-255, perchè tal sentenza è
importante siccome data dal tribuno candidatus Spiritns
Sancti &c.).
a. 1347, luglio. Martino, nipote del cardinal di Cec-
^ano (Stefaneschi), era signore di Porto. Cosi si spiega,
anche su questo luogo della campagna romana, T azione
-deleteria del feudalismo. Egli saccheggiava bastimenti e ti-
ranneggiava i pochi abitanti. Fu per ordine di Cola di
Rienzo preso ed appiccato (Cron. toni, o Vita di Cola, l,
II, ov* è detto Martino de Puorto e che aveva grosso idro-
pico ventre e gambe sottili cosi che liuto da sonare parea).
Se non fosse stato cosi abbattuto, esso, come capo di po-
tentissima famiglia trasteverina, sarebbe divenuto il perno
di una fLimiglia feudale di conti o duchi di Porto, da ag-
giungersi alle moderne f;imiglie romane principesche. Ri-
vedremo tuttavia i successori di lui in possesso di privilegi
in Porto, nel 1378.
1^4 O. Tornasse t ti
a. 1377, 14 gennaio. Gregorio XI, come già ho no-
tato sotto Ostia, sbarca presso quella città, che il cronista
contemporaneo Pietro Amelio chiama fiulìius existentiae;
perciò io non dovrei collocare questo fatto nella storia Por-
tuense; ma poiché mi è capitato una nuova notizia, dopo
pubblicata la storia Ostiense, riguardante il risalimento del
fiume fatto dalla galera conducente il pontefice, credo ne-
cessario di collocarla in questo punto: « Dieta die, fue-
« runt soluti ibidem lacobo Estornei de Massilia tradendi
« per eum quatuor pilotis qui in sua galera conduxerunt
« domìnum nostrum de Ostia usque Romam, ipso per
« manus supradicti domini Petri de Morteriis recipiente,
« .X. franch. valentes computati ut supra (io florenos
« cam. = 20 sol. Avenionenses) » (dal registro Vaticano
Introitus et exitus, n. 345, ed. Kirsch Io. Peter, Die
Rikkkehr der PP. Urban V und Greg. XI von Avignon nach
Rom, Paderborn, 1898, p. 224).
a. 1378 e sQgg. Le più antiche memorie della o^(2^^//^
di s. Ippolito, che mi è riuscito di trovare, alcune delle
quali sono state accennate anche dal Coppi (^Atti Accad.
archeol. to. XV, 300), sono le seguenti, che desumo dalla
Miscellanea del cardinal Garampi, il quale le trasse dal Hbro
delle investiture dell' archivio Vaticano.
[Sub Urbano VI.] Portus, castrum Portuensis dioecesis, cum pi-
scaria et aliis rebus de pertinentiis dìcti castri alias concessum Ani-
baldo Francisci Pauli de Stephanescis domicello romano per Petrum
card. Portuensem sub annuo censu 200 fior, auri, et vacante post-
modum Portuen. Ecclesia per Cameram Aplicam confirmatum Lau-
rentio et Petro filiis dicti Anibaldi, nunc per tres annos et sex menses
eisdem fratribus pensio remittitur convertenda in dotem Pernae eorum
sororis si et quando dieta Perna nupserit (in Antiqids, II, 234; in
Islovis, lib. I).
[Sub Bonifatio IX.] Gabella ampulae s. Hippoliti quae consistit
in recipiendo unum barrile vini de quolibet navigio vino onerato in-
tranie fauces Tyberis quae gabella prò pretio quatuordecim aut vi-
giuti florenorum auri annuatim locari consuevit, quaeque ad praesens
^ella Campagna Romana i6^
vacabat et nemini locata erat ad vitam Bucciarono Neapoleonis civi
romano sub annuo censu unius paris pernicum (in Antìq. II, 305 ; in
Novis, lib. io).
[Sub Eugenio IV.] Regimen ampulae s. Hippoliti de ripa romana
et receptio reddituum eidem ampulae obvenientium nobilibus mulie-
ribus de domo de Stephaneschis per summos pontifices alias concessa
et saepius confìrmata fuerat, Eugenius autem ad petitionem Cecco-
lellae de Stephaneschis et Ludovicae uxoris Annibalis de Stephane-
schis ut regimen dictae ampulae debite fiat, mandat Onuphrio de
Sancta Cruce Lateranensi et Geòrgie de Cesarinis et Laurentiio Sancti,
canonicis basilicae principis Apostolorum, ut regimen ampulae et reco-
gnilionem introituum huiusmodi cum omnibus et singulis heribus {sic)
et pertinentiis eisdem mulieribus tenendam regendam committant cum
hac conditione ut onera incumbentia dictae ampulae debeant suppor-
tare, alias eadem administratione censeantur penitus indignae (in An-
tiquis, II, 149; in 'Novìs, lib. io).
[Sub Calisto III.] Concessio facta de regimine et introitibus am-
pulae s. Hippoliti in ripa malori nobilibus mulieribus de Stephane-
schis de Urbe per Eug. IV ac per lohannem tit. s. Laurentii in Lu-
cina presb. cardinalem confirmatur Ceccolellae de Steph. uxoris {sic)
Antonii Lancellotti de Palermo et Ludovicae uxori Annibalis de
Steph. (in Anliq. II de Cur. 85; in Novis, lib. 16).
Vedemmo già la signoria degli Stefaneschi in Porto.
Ora da queste notizie della gabella di s. Ippolito rilevasi
eh' essi ne furono gli affittuari. Dal protocollo di Antonio
de Scambiis ad ann. 1398 risultano notizie circa il subaf-
fitto che essi facevano ai venditori del pesce del diritto di
pesca (v. Navone cit. p. 230).
a. 14(33, 24 gennaio. « Pii II sententia in favorem ca-
ci nonicorum et capituli s. Petri de Urbe contra et adversus
« episcopum Portuensem super nonnullis salinariis, galangis
<( et fossatis cum Litoribus (J) ad pascua et ad sai facien-
« dum sita in Campo Salnìo {sic) prope mare et fauces
« Tyberis ac prope Portum Trnyaimm. Datum Roniae
« .IX. kal. feb. ann. .vi. » (lib. XXIX Bull Pii II, p. 58 b;
Aa Investii, lib. XIX, p. 213, armad. 3; arch. Vatic. Cro-
nologico, to. VII, fol. 66 f).
i66 G. Tomassetti
a. 14^3, 28 gennaio. « Pii II sententia definitiva m
« causa vertente inter cardinalem episcopum Portuensem
« et Bernardum titilli s. Sabinae commendatarium mona-
« sterii s. Anastasii ad Aquas Salevias {sic), capitudum
« s. Petri, et Cecolellam de Stephanescis super possessio-
«nibus et territoriis in Insula Portiiense qu^iQ adiudicantur
« monasterio praedicto » (lib. XXIX Bull. Pii II, p. 160 -,
Aa Divers. lib. XVIII, p. 217, armad. 3; arch. Vatic. Cro-
nologico, to. VII, fol. 6^5). Descrive Pio II la foce, la
quale non avea che tre braccia di profondità per V arena^
e guai al marinaro che vi entrava senza pilota {Coment. XI,
302, ed. Francoforte, 1^14). EgU vi sofferse una gran tem-
pesta e vide un enorme pesce, creduto un delfino, che
fu preso e divorato alla mensa da' suoi cortigiani.
a. 1483, II novembre. Sisto IV si reca da Ostia a
Porto, dove il card, vicecancelliere gli fece trovare un
pranzo plusquam pontifici um. Dopo il pranzo fece un'escur-
sione in mare, perlustrando la spiaggia ed ammirando
le rovine (muri « vetustissimi portus et pene collisi et
« pharos turris adeo ut etiam hodìe eius vocabulum ser-
(cvet)», che pertanto erano ancora ben considerevoli e
tanto degne di essere studiate che il cronista vi aggiunge
subito una digressione sulla storia del porto di Claudio
e relative vicende (Volaterranus in RR. It. SS. XXIIIy
p. 191).
a. 148^, 19 giugno (( Robertus, noctis tempore, et se-
« creto modo se ad Urbem contulit ferturque visum fuisse
« in palatio &c. Dux Calabriae descendit in partibus trans-
« tiberinis et quando stabat in uno loco, quando in alio.
« visus fuitpropemare et civitatem Portuensem)) (Infessura,
ed. cit. p. 201).
a. 1490, 20 novembre. «Papa recessit ab Urbe (Inno-
(( cenzo VIII) ivitque ad civitatem Ostiensem, ubi fuit
« benigne susceptus a cardinale s. Petri in Vincula, et
« deinde a vicecancellario (il cardinal Borgia) in civitate
'Della Campagna ^I^mana 167
« Portuensi, ubi per decem dies triumphavit; deinde ad Ur-
ei bem reversus est » (Infessura eh. p. 261).
a. 1492. Tra le liberalità fritte da A.lessandro VI, ap-
pena eletto^ si legge che : « cardinali s. Angeli (Micheli ?)
« episcopatum Portuensem cum tiirri et cum omni siippel-
« lectili ibi exisUntc concessii et ibi inter alia erat una cella
a vinaria piena vino» (Infessura cit. p. 281).
a. 1494. Alessandro VI fa costruire il recinto dell'epi-
scopio, nel quale veggonsi tuttora le sue arme e riman-
gono alcune fenestre marmoree crociate dell'epoca, nel
lato prospiciente Roma.
a. 1495, 4 marzo. « Florenos 100 de carlenis .x. magi-
« stro Gratiadeo muratori prò residuo expensarum facta-
« rum per eum apud Ostiam, Portum et castrum s. An-
« geli » (archivio Vaticano, Div. Cam. Muntz, Les arts à
la cour de P. Ili, p. 221).
a. 1495, 19 agosto. «Florenos 347 auri de camera ma-
« gistro Francisco de Padua muratori prò residuo fabricae
« et expensis provisionatorum in Portu » Cdall'archivio Va-
ticano, Muntz cit. p. 224).
Con questa notizia chiudo la storia di Porto nell'antico
e nel medio evo. Per T età moderna non v* è da regi-
strare, che una continua decadenza. Nell'anno 155^ vi si
accamparono i soldati del cardinal Carafii per la guerra
contro gli Spagnuoli. Ristauri continui alle chiese super-
stiti vengono attestati dalle numerose lapidi moderne dei
cardinali titolari. Il Tassoni lamentava il porto di Traiano,
lacero e guasto in misera ruina. Gregorio XIII fece accomo-
dare il canale Traiano da Giovanni Fontana ; ma esso fu ro-
vinato dalla famosa inondazione del 1598. Ho già detto,
nella silloge Ostiense, che questa idea dovette essere sug-
gerita dallo sbarco di alcuni corsari quivi avvenuto nel 1579.
Egli kcQ ristaurare la bella torre di s. Ippolito nell'isola,
ch'è di sei piani, ed è la sola pittoresca ed antiquaria
attrattiva di quel malinconico sito. Paolo V, nel j6i2,
1 6S G. Tomassetti
col riattivare il canale di Fiumicino, ha ridonato un poco
di vita alla tenuta, ma non ha ricostruito la scomparsa città.
Una lapide apposta alla casetta di Capodiierami, donde
parte il canale, ricorda il fatto (Fea, Tevere navigabile,
p. 39). Trovo un giornale di bordo del 1^50 incirca, re-
datto da Obizo Guidetti, cavaliere Gerosolimitano da Bo-
logna, nel suo viaggio in Levante (archivio Colonna, Mise,
storica'). Ai fogli 48 e 49 sono disegnate ambedue le foci
Fiumicino (senza centro abitato né torre), Ostia col nome
foce di Roma e con la tor s. Michele. Il castello di Porto è
disegnato nel suo sito esattamente. Nel 1701, la popola-
zione di Porto era di 99 abitanti {Noia dei luoghi delle Pro-
vincie &c. dello Stato ecclesiastico alF Archivio di Stato). Sulla
colonna di destra che orna la porta del recinto dell' epi-
scopio è graffito rozzamente il nome di FI. Stilicho, e forse
dell'epoca di questo generale. Sull'alto della porta si legge
la seguente iscrizione: d-o-m \ fridericns s-r-e-card-lan-
t>:s I epns ' portuensis \ commodiori- successornm \ stationi \ has
acdes suppellectili instruxit \ portam • aperuit • vias • stratas \
arboribus ' ornavit a-mdcclxxi. La raccolta dei marmi por-
tuensi nel cortile e nelle stanze dell'episcopio fu fatta
nel 1822. La tenuta di Porto fu venduta nel 185^, 26 aprile,
dal marchese Stefano Ludovico Pallavicini e Teresa Corsi
al principe don Alessandro Torlonia per scudi 283,450, in-
sieme con quelle di Fignola e Chiesola (atti Filippo Bacchetti).
Il borgo di Fiumicino è del secolo xix. Nel 1815, il
tesoriere pontificio, monsignor Belisario Cristaldi, ha fatto
edificare le case di Fiumicino, che ha sostituito, in mode-
stissime proporzioni, l'antica civitas Constantiniana, ma ben
più lungi da quella, di cui vediamo tuttora le mura. Il sito
di Fiumicino corrisponde a quello che nel secolo undecimo
era detto pulverinula (Marini, Papiri, p. 66). La torre
sulla foce moderna è opera di Clemente XIV, di cui si
scorge lo stemma marmoreo; e da essa si gode una deliziosa
vista del littorale romano. q Tomassetti.
'Della Campagna ^oJiiana i6<)
APPENDICE
ALLA VIA PORTUENSE
Fondi di sito incerto:
Vigna aaiiusdam Urhevetani extra portsim Portuensem»,
ove fu trovata la lapide di Arruntia Proba (dalle schede
del Giorgi alla Casanatense, voi XVI).
« Praediolum Felicis II papae» (v. De Rossi, 5/^//. Crisi.
1883, p. 35^
Ermesate, Tnilhis de Maximo, Ventre Buhìo, Ceconioìa
(negli atti di s. Maria in via Lata dal 1251 al 1348, in
cod. Vat. 8050, fol. 49 e 57).
Posso completare le indicazioni con un documento
di s. iMaria Nova sulla pubblicazione in corso del dot-
tor Fedele, quale è : pel territorio di Galeria V atto
del 1002, ottobre, che attesta la esistenza di una chiesa
dei ss. Cosma e Damiano confinante con una terra Caii-
napina e di una cisterna antiqua (Fedele, Tabularinm
5. M. Novae ncìVArch. d. R. Soc, roni. d. st. patr. XXIII, 185).
In questa occasione faccio anche un'addizione e due
rettifiche riguardanti la Ma^ìiana.
L'aggiunta è un documento del 1391, 23 aprile. Odone
de Ortasegni degli Amateschi di l\oni;i coinpcr.i dalla ba-
silica A'aticana il casale Sacilano fuori la porrà Portiicnsc
(fin loco qui dicitiir la Mii^^^luiìia » lasciato da I.cllo Quai-
trani con testaincnto del 1334 alla basilica suddetta (archi-
vio Santacroce, pergam. IV, 14). Le rettifiche sono: 1" che
170 G. Tomasseiti - ^ella Campagna T{omana
la monografia del compianto Schultze, da me non ve-
duta, è inserita nella Zeitschriet filr Rauiuesen del 1895 a
pp. 175-183, e che un esemplare n'esiste in Roma nella
biblioteca della Scuoia d'applicazione degl'ingegneri', 2° che
il pagamento di lire 100 fatto ai 28 nov. 1521 a Giuliano
da Sangallo dev'essere stato fatto al figlio Gio. Francesco,
essendo mancato il padre fin dal 15 16 ai 20 di ottobre.
Debbo queste due osservazioni alla cortesia del eh. De
Fabriczy.
G. T.
Tahuìarinm S. Mariae TsLovae
AB AN. 982 AD AN. I200
Introduzione.
. A nuova serie di documenti che presentiamo agli
f'J^Wo studiosi della storia di Roma nel medio evo, sarà,
^, forse, per riuscire ad essi non meno gradita di
quella del monastero dei Ss. Cosma e Damiano in Mica
Aureay pubblicata già nQÌY Archivio della R. Società romana
di storia patria (i). Le carte di quel monastero si riferivano
universalmente, tolte ben poche, alla campagna di Roma,
e ne illustravano la topografia e le condizioni economiche
nei secoli x e xi; i documenti invece, di cui imprendiamo
ora la pubblicazione, si riferiscono, per la massima parte,
alla città stessa di Roma, anzi ad una delle sue più nobili
regioni, e ci porgono preziose notizie per un periodo di
tempo nel quale le fonti topografiche contemporanee mag-
giormente scarseggiano.
Notai già altra volta (2) come le antiche chiese del
Foro, che nella mente tanti ricordi destano della storia
medievale di Roma, dovettero, molto probabilmente, come
ogni altra chiesa, possedere un proprio archivio. Ma ora
(0 XXI, 499 sgg.; XXII, 26 sgg., 3P,4 sgg.
(2j .//./•/:■;■.< ./,/.'.; R. Soc. ioni, ili ,./. jhitiiu, XXII, 559 Sgg.
172 T. Jedele
ogni cosa è perduta! I documenti della diaconia dei
Ss. Sergio e Bacco dovettero, nel secolo xvi, andar di-
strutti con la chiesa stessa; nulla, a mio sapere, conservano
le diaconie dei Ss. Cosma e Damiano (i) e di S. Adriano.
La chiesa di S. Lorenzo in Miranda ha solo documenti
d' età posteriore. L' unica chiesa del Foro che possieda
ancora un archivio importante, è quella di S. Maria,
<( quae olim Antiqua, nunc autem Nova vocatur».
Ed è vera fortuna, se 1* archivio di S. Maria non abbia
subito le stesse tristi vicende che, specialmente in quest'ul-
timo secolo, hanno incontrato altri archivi medievali di
Roma, di molti dei quali, distrutti o tolti alle loro sedi
primitive, non è rimasta neppur traccia. Non si può, per
esempio, senza vivo rimpianto, pensare alla dispersione
dell' archivio di S. Gregorio e S. Andrea in clivo Scauri
che, nel 1825, possedeva ancora tremila documenti e tre-
cento manoscritti (2): dispersi gli archivi dei Ss. Alessio
e Bonifazio sull'Aventino, di S. Lucia in Selci, di S. Lo-
renzo in Panisperna, onde trascrisse il Galletti cosi nume-
rosi documenti (3); esulato fuori di Roma l'antico e pre-
zioso archivio di S. Maria in Campo Marzo : è tutta insomma
una fatale opera di distruzione dei poveri avanzi della
storia medievale di Roma!
E se l'archivio di S. Maria Nova non andò, come
tanti altri, disperso, lo dobbiamo all' opera solerte dei mo-
naci di Monte OUveto che, seguendo le nobili tradizioni
Benedettine, fin dalla metà del secolo xiv, quando la
chiesa di S. Maria Nova fu a loro affidata, ne hanno, con
(i) I documenti dei Ss. Cosma e Damiano citati dal Bethmakn
(Neues ArchìVy II, 360), non si riferiscono già alla diaconia del Foro,
né sono punto diversi da quelli che egli ricorda più innanzi (ibid. 361),
come appartenenti a S. Cosimato.
(2) Cf. Nachrichten iiher Jdeinere Bibliotheken iind Archive in Roniy
aus L. Bethmanns Papkren in Neiies Archiv, II, 361.
(3) Si trovano i più nei codd. Vat. lat. 7930, 7946, 8054.
Tabulariuìii S. €Mariae V^vac 173
cura amorosa, custodito T archivio. E dobbiamo partico-
larmente indicare alla gratitudine degli studiosi il nome
dell' ab. Pietro Maria Rosini che, essendo archivista del-
l' ordine Olivetano, pose cure speciali nel riordinamento
e nella conservazione delle carte di S. Maria Nova. Le
pergamene, avvolte prima in rotuli e custodite in capsule,
furono da lui, dopo che T ebbe riordinate e datate, stu-
diandosi anche di restaurare quelle guaste, riunite in vo-
lumi, sulla costola dei quali segnò il titolo : « lurium
« Ecclesiae et Monasterii S. Mariae Novae tabula », con
il numero progressivo di essi. Poi compose una diligente
Rubrìca, ossia un indice nel quale dette un rapido rias-
sunto dei singoli documenti, divisi per secoli, aggiungen-
dovi un elenco di nomi e di luoghi (i). In una breve
prefazione premessa a questo paziente lavoro, il dotto
abate dice di essere stato indotto a farlo, perchè « lo smar-
« rimento di alcune [carte] ed il pericolo di perdere le altre,
« atteso il commodo di levarle separatamente, ed ancora
« di nascosto, hanno fatto conoscere la necessità di rac-
« coglierle ad uso dei Protocolli, e secondo la serie degli
« anni, acciò . . . riesca più facile il ritrovarle, quando ... sia
«noto l'anno». L'indice da lui compilato mostra vera-
mente, non ostante le mende scusabili in un lavoro cosi
difficile, quanta fosse la sua perizia nella paleografìa e
nella diplomatica, scienze, ai suoi tempi, ancora bambine.
Chi perciò volesse scrivere una storia dell'erudizione
e degli studi archivistici in Roma, - e sarebbe un lavoro
(i) Ardi, di S. Maria Nova, Rubrica delle tavole segnate
«lurium Ecclesiae et Monasterii S. Mariae Novae» fatta
sotto il governo dei rmo P. abate D. Francesco M* Fiori
di Fabriano da D. Pietro M* Rosini, archivista olivetano,
nell'anno 1766 in Roma. È un manoscritto cartaceo, legato in
pergamena, di 275 pagine, e contiene il riassunto di tutti i documenti
dell'archivio fino all'anno 1763. Vi è aggiunto un Invcntarium
honorum ecclesiae S. Mariae Novae de Urbe ac S. An-
geli in Piaulis Tyburis, pp. 233-252.
174 "P- J<^dde
pieno di utili ammaestramenti -, non dovrebbe dimenti-
care l'abate Pietro Maria Rosini. Nato in Venezia il 27 ot-
tobre del 1728, vesti il saio benedettino nel novembre
del 1743, e r anno seguente (17 novembre 1744) fece
la solenne professione religiosa (i). A lui furono affidate
le cariche più onorevoli ed importanti della congrega-
zione Olivetana: archivista, cancelliere, segretario generale,
abate. Dimorò presso S. Maria Nova di Roma fino
al 1798, quando dalle vicende politiche fu costretto ad
esulare presso la badia di S. Elena in Insula di Venezia,
ove fu eletto abate nel 1799. Nel 1805 ebbe il governo
della badia di S. Maria in Organo di Verona. Soppresso
questo monastero, si rifugiò in Adria, presso la badia di
S. Maria, ove si spense il io maggio del 1807, vecchio
di settantanove anni (2). E fu la sua una vita veramente
operosa. Poiché non solo egli ordinò l'archivio di S. Maria
Nova di Roma, ma anche quello di Monte Oliveto di
Napoli e quello dell' abbazia di Monte Oliveto Maggiore;
riordinamento che egli fece « con beli' ordine ed eleganza
« che degno sarebbe certamente d' essere norma e mo-
(( dello ad altri depositi d' antiche carte e monumenti pre-
ce ziosi » (3). In quest'ultimo monastero fondò anche un
museo di cose naturali. Non crediamo quindi immeritato
r elogio che nel Liher mortuorum Montis Oliveti Maioris
troviamo fatto al Rosini. «... quicquid esset historiae tum
« veteris, tum recentis, sive ecclesiasticae, sive prophanae
« optime tenebat. Antiquis quoque characteribus extitit pe-
ce ritissimus, ac propterea ipsi demandata cura in ordinem
(i) Arch.di S. Maria Nova, Familiarum tabulae, 1 782-1 802,
Natio Veneta.
(2) Debbo queste notizie al P. Lugano che, con grande cortesia,
volle per me ricercarle negli archivi dell'ordine Olivetano
(3) G. Perini, Lettera sopra V archìcenolno di Monte Oliveto Mag-
giore, Firenze, stamp. Granducale, 1788, p. lxxiv.
Tabulariiim S. €Mariae V^ovae 175
« dirigere scripturas tabulariorum variis in monasteriis,
« quod egregie absolvit. . . » (i).
Ma non ostante le cure poste dal Rosini per impedire
lo smarrimento delle carte di S. Maria Nova, non tutte
quelle da lui ordinate con tanta diligenza sono pervenute
a noi. Dobbiamo specialmente dolerci della perdita di
quattro chartae pagenses della prima metà del secolo xi, una
delle quali, sembra, molto preziosa per le sue indicazioni
topografiche, e del diploma originale di Alessandro III del
30 settembre 1161, col quale si concedeva ad Ugo, priore
di S. Maria Nova, la chiesa di S. Sebastiano in Caia-
ciimha (2). Delle quattro carte una fu pubblicata dal Gal-
letti (3), e possiamo cosi riprodurne il testo nella nostra
raccolta: delle altre tre abbiamo solo notizia dall* indice
del Rosini e dalle schede di E. C. G. Van de Vivere, uno
studioso fiammingo vissuto in Roma alla fine del secolo
passato e nei primi anni di questo, che potè vedere le
carte del nostro archivio (4). Più fortunati per la bolla di
Alessandro III, ne possediamo il testo, pubblicato già dal
Garampi (5) e dal Migne (6), una copia autentica del-
l'anno 151^ (7) ed una copia recente dell'abate Schiaf-
fino, di su r originale (8).
V archivio di S. Maria Nova, quantunque, fra gli ar-
chivi medievali di Roma, sia uno dei meno conosciuti,
non è però interamente sfuggito alle ricerche degli stu-
(i) Liber mortuorum vel Necrologium magnum M.
O. M. e. 224 sg.
(2) J. L. n. 10679.
(3) Galletti, Del primicero della Santa Sede Apostolica &c.,
Roma, 1776, p. 277.
(4) Vedi più innanzi.
(5) Garampi, Illustraiione di un antico sigillo della Garfagnana,
Roma, 1759, p. 62, n. 3.
(6) Migne, Patrologia latina, CC, 126.
(7) Arch. di S. Maria Nova, tab. xi.
(8) Presso D. Placido Lugano.
17^ T. Jedek
diosi. Già fin dal secolo circa xvi 1* ignoto autore di una
miscellanea storica manoscritta, conservata nella biblioteca
Barberini, trasse da quell' archivio alcune brevi e monche
notizie, dopo l'anno noe; non sono che semplici ap-
punti o richiami di nomi, inesatti e senza alcun valore (i).
Meglio conobbe il nostro archivio, e se ne valse per i
suoi Repertorii di famiglie Domenico lacovacci; ma scar-
sissimi nei suoi volumi i richiami alle pergamene del
secolo XI, poco frequenti anche a quelle del xii (2). Pa-
rimenti il Magalotti nelle sue Notizie- di varie famiglie, con-
servate nella biblioteca Chigiana, mostra d* avere studiato
le carte di S. Maria, specialmente quelle riguardanti la
famiglia Frangipane; ma anche qui non troviamo che
nudi nomi o brevissimi riassunti dei documenti citati (3).
Lo stesso ab. Luigi Galletti, infaticabile trascrittore di carte
medievali da tutti gli archivi di Roma, inserì nella sua
raccolta solo pochissime copie delle nostre, accontentan-
dosi, per la più parte dei documenti, di riportare i tran-
sunti deir ab. Rosini (4). Finalmente E. C. G. Van de
(i) Cod. Barbar. XXXII, 166, e. 357 sgg.
(2) Repertorii ài famiglie di Dominico Iacovacci, cavaliere del-
l'abbito di Calatrave, bibl. Vat. Cf. cod. Ottob. 2550, ce. 80, 295,
294, 296, 297, 299, 301, 303; cod. Ottob. 2553, ce. 338, 963 &c.
(3) Notizie di varie famiglie italiane ed oltramontane, cavate da
Ustorie, scritture puhliche e private &c. dal cav. F. Cesare Magalotti,
volumi 8. Bibl. Chigiana G . V. 139-146. Cf. specialmente il voi. VII,
e. 97 sg.
(4) Galletti, cod. Vat. lat. 8054, parte I. A e. 58 è trascritta
la più antica pergamena di S. Maria Nova, con la falsa datazione
dell'anno 972. A. e. 51 è riportato per intero un nostro documento
dell'anno 1166, maggio 31. Numerosi transunti di carte di S. Maria
Nova, copiati dall' indice del Rosini, si trovano nel cod. Vat. lat. 7937,
ce. 17, 24, 26, 27, &c. Nel cod. Vat. lat. 7929, parte II, e. 237 sgg.,
è riportata per intero, di mano del Garampi, la donazione fatta dai
Frangipane alla chiesa di S. Maria Nova, nel 11 62, maggio 4; e da
questo documento come anche dalla bolla di Alessandro III, pub-
Tabulaviiim S. ^lariae oS^opae ijj
Vivere, un patrizio fiammingo, vissuto in Roma ai tempi
che vi dimorava il Rosi ni, potè, per concessione di questi,
trarre dall' archivio di S. Maria Novn, senza però trascri-
vere per intero nessun documento, alcune notizie ed ap-
punti d* indole paleografica e diplomatica che dovevan
forse servirgli per uno studio che egli meditava di fare
sulla storia delle scritture latine (i).
E sono del pari poco frequenti, nelle opere a stampa,
le citazioni o rimandi ai documenti del nostro archivio.
Il grande Antonio Bosio, al quale sembra che nessuno
degli archivi medievali e delle biblioteche romane sia
rimasto celato, frugò fra le carte di S. Maria Nova, dalle
quali cita nella sua Roma sotterranea un documento del-
l' anno 11^7, riguardante la chiesa di S. Apollinare, presso
il cemetero di Pretestato (2). Del nostro archivio si giovò
il Panvinio per la sua Cronologia ecclesiastica (3). Fu esso
invece ignorato dal Pucci che, pubblicando nel 1^21 una
genealogia della famiglia Frangipani, non si valse dei
preziosi documenti che la riguardano, conservati in S. Maria
blicata dal Garampi, apprendiamo che egli visitò il nostro archivio,
mentre ciò non sembra apparire dalle sue schede dell'archivio Va-
ticano.
(i) Bibl. Vitt. Eman., mss. Gesuitici, 554, Scritti di E. C. G.
Va n de Vivere. Gli appunti dall'archivio di S. M. Nova sono in
sette quadernetti sciolti: in tutto 14 carte. Legato d'amicizia col Ro-
sini, il Van de Vivere visitò più vohe il nostro archivio; tra i suoi
appunti ha lasciato scritto: « dieser Vater Rosini war cin sehr geschi-
« chter Archivar und Diplomatister: dies Verzeicliniss hat es mir
« sehr oft bewiesen ». Le carte del Van de Vivere, che frugò in moki
archivi medievali di Roma, mi paiono tali da non essere lasciate in
disparte dagli studiosi, come 51 è fatto sinora.
(2) Antonio Bosio, Roma sotterranea, Roma, 16 j2, p. 190.
(3) Onuphru Panvinii Chronicon eccìesiasticum, Coloniae, 1568.
Cf. ivi l'elenco degli Archivia religionum diversarum.
Non potei esaminare le schede del Panvinio De ecclesiis urbis
Romae, cod. Vat. lat. 6780.
Archivio della R. Società romana di ttoria patria. Voi. XXIII. I 2
lyS "P. Jedele
Nova (i). Fu aperto T archivio al Garampi che ne trasse
la bolla di Alessandro III (2), ed al Galletti, come sopra
dicemmo. Questi però non pubblicò che un solo docu-
mento di S. Maria Nova (3). Il Vitale cita dal Gigli due
carte del 1 162 e 11^3 (4). Dai volumi del Galletti e dal-
l' indice del Rosini il Coppi dette notizia dì non poche
carte di S. Maria Nova, pubblicandole tra i suoi Documenti
storici del medio evo relativi a Roma ed all'Agro romano (5).
Il Coppi fu un uomo di buona volontà; ma non ebbe
lume di critica. Copiò male le stesse trascrizioni del Gal-
letti ed i transunti del Rosini. In un documento, per
esempio, dell' anno io 18, riportato dall' indice del Rosini,
egli cambia i nomi di « Peruncio » in « Petrutio », di
« Palumba » in « Palunta », di « Frasia » in « Frusca » (6).
Se poi egli si provi, e lo fa ben raramente, a trascrivere
dall' originale, gli fioriscono i più ameni svarioni. Basterà
un solo esempio: in un documento dell' anno 1038, « Ste-
« phanus Dei nutu dativus index » diventa per il Coppi
« Stephanus Dinutus dativus index » (7).
E venendo a' tempi a noi più vicini, dobbiamo ricor-
dare il Nibby che si giovò dell'inventario del Rosini (8),
(i) Benedetto Pucci, Genealogia degV illustrissimi signori Fran-
gipani romani &c., Venezia, 1621: operetta rarissima che potei esa-
minare per cortesia del prof. Tomassetti che ne possiede una copia.
(2) Op. cit. p. 62, in nota.
(3) Op. e loc. cit.
(4) Frano. Ant. Vitale, Storia diplomatica de' senatori di Roma,
Roma, 1791, p. 57. Il Vitale non dà il titolo dell'opera del Gigli,
che è certamente quella manoscritta della biblioteca Vaticana, da me
non potuta consultare, sui senatori di Roma. Codd. Vat. lat. 8256, 8257.
(5) Cf. Dissertazioni della Pontifìcia Accademia Romana d'archeo-
logia, XV, 172 sgg.
(6) Ibid. p. 206.
(7) Ibid. p. 207.
(8) A. Nibby, Analisi della carta de' dintorni di Roma, Roma, 1848,
II, 92, ed altrove.
Tabularium S. zMariae V^oi^ae 179
C. Corvisieri che, nell' eruditissimo lavoro suU' acqua
Tocia, fé' menzione di documenti di S. Maria Nova (i),
il Tomassetti che si giovò delle miscellanee Gallettiane per
r illustrazione della Campagna di Roma, ed il De Rossi (2),
il Duchesne (3), il Kehr (4) che ebbero a citare, tutti
però dal Galletti, il più antico documento del nostro ar-
chivio. Ultimo il Lugano, nel suo recente lavoro sulle
origini di S. Maria Nova (5), dava una diligente notizia
dei primi documenti del nostro Tahiiìarium (6).
Questi cenni bibliografici che non hanno punto la pre-
tesa di essere completi, mostrano a sufficienza come V ar-
chivio di S. Maria Nova, per la parte più antica, sia stato
finora poco ricercato dagli studiosi, e quanta perciò sia la
necessità di pubblicarne i preziosi documenti. La nostra
serie o:iuno:erà sino alla fine del secolo xii; ma Y archivio
di S. xMaria Nova contiene altri numerosi documenti po-
steriori a quel tempo, e chi volesse darne ampia notizia,
farebbe opera utilissima agli studi. E cosi a poco a poco,
aggiungendo pietra a pietra, potrebbe sorgere su solide
basi il grande edifizio della storia medievale di Roma.
(i) C. Corvisieri, Dell'acqua Tocia in Roma nel medio evo, nel
Buonarroti, voi. V, 1870, in Roma, pp. 48, 192, Cf. anche G. Cozza-
Luzzi, Documento Romano- Tuscolano dell'anno 114^, Roma, 1898, p. 25
in nota.
(2) Gio. Batt. De Rossi, Piante iconografiche e prospettiche di
Roma anteriori al sa. xvi, Roma, 1879, p. 76 in nota.
(3) Duchesne, Notes sur la topographie de Rome au moyen Age, I,
in y.élam^es d'archeologie et d'histoire, 1886, p. 32 in nota.
(4) Kehr, in Goltingische geleherte An^eigen, 1896, I, 15.
($) P. Lugano, 5. Maria olim Antiqua mine Nora, Roma, 1900,
P. 58 sgg-
(6) Nessun accenno al nostro archivio ncll' Iter ronianum del
Dudìk (Wien, 1885) e nei rendiconti del Bethmann {Archiv^ XII,
201 sgg.). Nelle notizie però sui piccoli archivi di Roma che il Pertz
raccolse dalle schede del Bethmann, troviamo citato anche quello di
S. Maria Nova (J^eues ArchiVy II, 362).
i8o T. Jedele
Quanto al metodo seguito nella pubblicazione di questi
documenti, io non ho che a richiamarmi alle brevi av-
vertenze premesse alle Carte del monastero dei Ss. Cosma e
Damiano in Mica Aurea (i). Nei transunti, posti innanzi
ai singoli documenti, ho creduto bene qui di tralasciare
il nome degli scriniari, ponendone poi l' elenco in fine
del lavoro. Al testo ho aggiunto sempre le annotazioni
di mano antica segnate nel verso della pergamena, trala-
sciando quelle troppo recenti, senza alcun valore né sto-
rico né diplomatico. Quanto alle note, mi sono studiato
di porre solo quelle che giudicavo più necessarie; e per
la punteggiatura, pur regolandola secondo l' uso moderno,
r ho fatto con grande moderazione, senza allontanarmi
troppo dair interpunzione originale. Gioverà poi notare
che i puntini indicano lettere e parole mancanti o illeg-
gibili per rottura o per guasto della pergamena; quando
indichino lacuna nel testo, V ho sempre segnato in nota.
Le lettere o parole chiuse fra parentesi quadre furono da
me supplite. La grafia del testo, tranne 1' uso delle maiu-
scole, fu sempre accuratamente serbata; se taluna lettera,
più che grafia erronea, vero lapsus calami dello scrittore,
fu espunta o corretta, o se tal' altra fu aggiunta, se ne
fece sempre cenno in nota.
Avremmo desiderato di unire alla presente pubbHca-
zione alcuni facsimili delle carte di S. Maria Nova che
contengono beHissimi esempi di scrittura cancelleresca
romana. Ma gli studiosi non avran forse a dolersi che
del solo ritardo. Poiché, se riusciremo a colorire un nostro
disegno, con Y aiuto ed il consiglio di chi ci fu guida in
questi studi, avremmo in animo di iniziare, con determi-
nati criteri, la pubblicazione di una serie di facsimili di
carte, scelte opportunamente dai vari archivi di Roma, i
(i) Ai'ch. della R. Soc. rom. di st. patria, XXI, 463
Ta bii la riu m S. oMa ria e ^N^vae 1 8 1
quali potranno servire per una completa illustrazione pa-
leografica e diplomatica degli atti privati romani.
Debbo infine dire che, qualunque sia il mio lavoro, io
•non avrei potuto farlo senza il gentile consenso dell'illustre
generale dei Benedettini di Monte Oliveto, D. Ildebrando
Polliuti, alla cui diretta vigilanza è affidato T archivio, e
dell' ab. D. Bernardo Felici che con tutti gli altri monaci
di S. Maria Nova, buoni e dotti figli di san Benedetto, mi
usarono ogni sorta di cortesie, agevolandomi, come meglio
potevano, lo studio dei documenti. Non potrò dimenticare
le ore trascorse in quei luoghi, ove la grande anima di
Torquato Tasso trovò, per qualche tempo, conforto ai suoi
mali ed alle sue miserie. E come era lieve T arido lavoro
della trascrizione nella cella monacale dalla cui finestra si
apriva lo sguardo su tanta parte del Foro Romano, dove
ferveva l'opera degli scavi! M'era compagno D. Placido
Lugano, un giovane benedettino, che adorna di studi severi
la solitudine monastica ; e mi è qui ben gradito dovere
quello di rendergli pubbliche grazie per il costante e pre-
zioso aiuto prestatomi nella trascrizione di questi documenti.
P. Fedele.
i82 ^. Jedele
I.
982, marzo 7 (1).
Giovanni, arcidiacono della santa Sede Apostolica e
preposto alla venerabile diaconia di S. Maria Nova, con-
cede, sino alla terza generazione, a Leone, prete della
diaconia dei Ss. Cosma e Damiano sulla Via Sacra, una
casa posta nella regione quarta « non longe a Colossus
«in templum quod vocatur Romuleum».
I. j^ In nomine domini Dei salvatoris nostri (a) lesu Christi.
Anno Deo propitio pontlficatus domni nostri Benedicti summi
po[n] 2. tifìcis et universalis W septimi papae in sacratissima
sede beati Petri apostoli octabo, imperante domno nostro perpetuo
augusto Ott[oneJ 3. a Deo coronato magno imperatore anno
quartodecimo, inditione decima, mense martio, die septima. Q.ui[s-
quis actio] 4. nibus benerabilium locorum praeesse dinoscitur. in-
cunctanter eorum utilitatibus ut profìciant [cum summa di] 5. li-
gentia procurare festinet. Igitur placuit cum Christi auxilio atque
conbenit Inter lohannem divina respec (0 6. archidiaconum
summ? sanctae Apostolicae Sedis et praepositum venerabili diaconiae
sanctae Dei genitricis Mariae domin[ae nostrae] 7. quae appel-
latur Noba, consentientem sibi cuncto clero et serbìtores eidem ve-
nerabili diaconi? W, et te diverso Leonem humilem re 8. ligio-
(a) Nella prima riga, scritta con lettere allungate, la parola nostri è rap-
presentata da due n (b) Qui e nelle carte seguenti la parola universalis è
rappresentata costantemente nel testo da univers, con un segno d' ahhrevia'^j.one.
(e) Da supplire, forse, respec[tante clementia] (d) Dapprima fu scrìtto dua-
conie; la stessa mano corresse poi la lettera u in i
(i) Al 982 corrispondono l'anno ottavo del pontificato di Bene-
detto VII e r indizione decima, ma non l'anno decimoquarto del-
l' impero di Ottone II, secondo il quale dovrebbe assegnarsi a questo
documento la data del 981.
Tabularium S. oMariae V^ovae 183
sumque presbiterum venerabili diaconi? sanctorum martirum Cosme
et Damiani quae ponìtur in Via Sacra, ut cum Domini adiutorio
9. suscipere debeat a suprascripto lohanni prudentissimo archidia-
cono sive praepositum praephate venerabili diaconiae quae appel-
latur Noba, cumque io. eius congregatione eidem venerabili
diaconiae in omnibus consentanea, sicut et suscepit isdem suprascripto
Leoni presbitero condutio 11. nis titulo. Idest domum solarata
tegulìcia et scandolicia una in integrum cum inferiora et superiora sua
a solo et usque a sum 12. mo tecto, cum corticella sua et pergula
atque scala marmorea ante se, cum hortuo suo post se, in qua sunt
13. arbores olibarum seu ceteras arbores pomarum, cum introito et
exoito suo vel cum omnibus ad eam pertinentibus. Posita (a) Romae
re[gij 14. one quarta non longe a Colossus in templum quod vo-
catur Romuleum, inter affines ab uno latere domum de Romano ferra-
no, atque domum 15. de Franco et Sergio germanis, sive hortuo de
heredes quondam Kalopetro, et a secondo latere hortuo de Constantio
presbitero et de suis 16. consortibus, et a tertio latere hortuo de
Anna nobilissima puella et domum de Stephano herario, et a quarto
latere via publ[ica.] 17. luris suprascripta venerabili diaconia. Ita
ut suo studio suoque labore domum et hortuo iam suprascripto in
omnibus tenere et possidere sive 18. fruere debeat, et ad melio-
rem faciendam Deo iubante cultum perducat ipse suprascripto he-
redes successoresque suos prò futurum usque 19. in tertium gra-
dum tertiam personam tertiam heredes tertiam generationem, hoc
est ipso suprascripto filiis heredes nepotes successoreque suos ex
fi 20. liis legitimis procreatis. Quod si vero filiis aut nepotes
minime fuerint, uni etiam extraneam personam cui voluerit, relin
21. quendi abeat licentiam, excepto piis locis vel publicis numerum
militum seu bando, serbatam dumtaxat in omnibus (i>). Pro 22. quam
etiam suprascriptam domum cum corte et pergula ante se cum
hortuo suo post se cum arbores olibarum cum introito suo 25. vel
cum omnibus ad eam pertinentibus, ut superius legitur, dare atque
inferre debeant suprascripto heredesque suos rationibus in supra-
scripta venerabili dia 24. conia, singulis quibusque inditionibus
(a) In questa, come nelle pergamene seguenti, ad indicare una forma qual-
s-asi del participio positus è adoperata costantemente la sillaba pos con un segno
di ahbreviaxjone. Parimenti ad indicare una forma del pronome relativo qui k
adoperata ordinariamente la sola lettera q con un segno d' abbreviazione. Re-
puto cosa inopportuna ripetere di continuo nelle note queste od altre simili ab-
breviature. (b) La formala, incompleta nel testo, sarebbe: serbatam dum-
taxat in omnibus proprietate suprascriptae venerabilis diaconiae
i84 T. Jedele
sine omni mora vel dilatione, pensionis nomine denarios tres (a).
Completam [vero] 25. tertiam generationem ut superius legitur,
tunc suprascripta domus et hortuo ad ius suprascripta venerabili
diaconia cuius et est propietas, modis 26. omnibus in integram (*>)
rebertatur, et quicquit eiusdem venerabili diaconia curam gesserint,
ìterum locandi quibus maluerin[t], 27. liberam abeant sine aliqua
ambiguitate licentiam. De qua re et de quibus modis omnibus iu-
rantes dicunt utra 28. que partes per Deum omnipotentem san-
ctaeque Sedis Apostolicae, princeps a Deo coronato (0 suprascripto
imperator augustus, hec omnia (.^) que liuius chartulae 29. placiti
conventionisque seriern in toto partemve eius quolibet modo venire
temptaverint, tunc non solum periurii reatum 30. incurrant, ve-
rum etiam daturi se heredes successoresque suos promittunt, pars(e)
contrarie partis fidem serbantis, 31. ante omnem litis initium
poene nomine, auri coctos libras trcs, et post poenem absolutionis
manentem hanc charta serie[m] 32. in sua maneat firmitate. As
autem duas uniforme uno tenore conscriptas chartas mihi Leoni
scriniario sanctae Romanae 33. Ecclesiae scribendas pariter di-
ctaveruut eabsque propriis manibus roborantes tesstibus a se rogitis
obtulerunt 34. et sib' invicem tradiderunt sub stipulatìone et
sponsione solempniter interposita.
Actu Romae, anni pontificatus, die, mensis et inditione supra-
scripta decima.
>5< Ego Leo presbiter (i).
IL
1002, ottobre.
Il clero ed i mansionari di S. Maria Nova locano a
diversi, con libello da rinnovarsi ogni diciannove anni,
(a) Una seconda mano corresse denarium in denarios, aggiungendo tres
su rasura. (b) Nel testo intetram (e) coroiì (d) Nel testo orna (e) Xel
testo pars e seguito da un segno d'ahhrevia-^ione.
(1) La pergamena fu tagliata nel margine inferiore, e vi si de-
siderano perciò le firme dei testimoni e la formula dì compimento
del notaio. Nel verso di essa fu scritto da mano forse del secolo xii:
« De domo cum ortulo post se posita iusta Coliseum ».
Tabularium S. oMuìtae V^opae 185
la chiesa dei Ss. Cosma e Damiano, posta nel territorio
di Galera, insieme con alcuni terreni.
I. [>J< A vobis petimus domno W archipresbitero grjeco,
item Petro archipresbitero latino, seu lohanneW 2 (0
[venerabìlis diaconiae] sanctae [Dei] g[enet]ricis semperque virginis
Mariae domine nostre que appellatur Nova, nec [non] 3. [Stejphano
prior mansionariorum eiusdem diaconiae W, sed et lohanni secundo
mansionario, in hoc vobis consentientem Michaheli 4. rectorem
atque dispensatorem eiusdem, seu et cunctas catervas presbiterorum
seu mansionariorum 5. suprascripta venerabili diaconia a ma-
iore (e) et usque ad minores, uti nobis Franco presbitero seu Petrus
scriniario atque A 6. mìco, nec non Petrus de Mauro et Si-
meone scriniario, heredibusque nostris ad supplendum inferius con
7 [scriptos a]nnos, quatinus cum Christi auxilio locare committe-
reque iubeatis libellario 8. [nomine. Idest ecclesiam (f )
sanct]orum rrartyrum Cosme et Damiani sicuti nunc conciata et
9 (g) [eo]rum et ornatum eorum. Po-
sita territorio Gallerano, miliario io. [ab urbe Roma]
00 [Proin]de autem prò amore Dei et ipsius ecclesiae, ut
omni tempore habe 1 1. [ad potestatem] [ser]vitores
ecclesiae petium de terra iuxta eadem ecclesia ad 12.
(0 [a t]r[ibu]s [la]teribus est via carraria publica circumdata a pe
13. ... [li]mite petroso, ubi esse videtur cisterna antiqua, et ipso limite
mittit in silice publica, et in is 14. sta terra habead potestatem servi-
tores suprascripta ecclesia domoras facere seu ortua cullare et semina
15. re, ut qu'cquit ibidem volueritis facere. Et si ex alia parte homo
ibidem intrare voluerit ad ha 16. bitandum per suprascriptos
clcTos presbiteros et mansionarios, ibidem ingrediar, et cum consensu
presbiteri qui in ecclesia sanctorum Cosme et 17. [Damiani] ser-
vierint. Servitium vero que ab ipsis extraneis hominibus datum fuerit,
dimidiam 18. [partem] [pre]dicte [diaconiae] sancte Dei ge-
nitricis Mariae, et dimidiam partem sanctorum Cosme et Dami
19. [ani tribuant predicti servi]tores. Alia terra sementaricia que
(a) vel domnis (b) ioli (e) La pergamena e assai danneggiata : in
questo rigo essa e mancante per uno spazio di circa diciotto lettere. (d) Nel
testo diaq (e) maio (f) Da supplire forse: unam in integrum que ap-
pellatur (g) Da supplire: [meliorata esse \idetur cum decimis et obbtio-
nibus] od alcunché di simile. (li) La pergamena in questa e nelle due linee
seguenti e mancante per uno spa':^io di circa mei^^o rigo. (i) Da supplire,
sembra: ad (suam utilitJtem possidere. Inter afllnes] .. .
i86 T. Jedek
vocatur Cannapina, Inter affines a pe 20 (a) to a
tertio latere limite qui pergit usque in terra de Sergio, a quarto latere
da 21 qui tra[n]s eru[n]t. Omnia iuris
predicte diaconiae. Ad te 22. [nendum utendum fruendum possi-
dendum et] ecclesia (b) cum omni studio conciandum, et omni tem-
pore diae noe 23. [t]uque servitium peragendumque in omnibus,
a diae kalendarum octubriarum presenti prima indictione, et usque
in pridias kalendas 24. easdem vicesima, in annis continuit de-
cem et novem complendum et renobandum in alios tan 25. tos
annos decem et novem, dante autem prò renovatura ad vos qui supra
domìnationes in argentos mancosos bo ' 26. nos novos qualis ipso
tempore per capo ierit, numero quinque. Ita sane ut per singulos
annos pensionem da 27. [re debeamujs in argentos denarios nu-
mero viginti et quaituor, quales ipso tempore per capo ierit, in kalen-
dis 28 (0, [Et si i]n ip[s]o mense data et persoluta non fuerit,
in alio mense duplas dare promitti 29. [mus ajdducere W
spondimus valiente per unoqueque senio denarii duobus. Eo vero te
30. [nore ut non habeatis lijcentiam hunc libellu vel annos quod in
eum continet, a nulla extra 31. [nea persona magna vel] parba
vendere aut donare, sive per covis modis (e) cedere atque alienare, ni
32. si prius ad vos qui supra dominationes et a vestro successore, in
pretium quantum iuste appretiatum 33. fuerit minus denarios cen-
tum, et si vos hemere nolueritis licentiam habeamus ipsi annl(f) nostri
34. vendere cui voluerimus, ad talem hominem parba (g) et libera per-
sona, ut omni anno vestra pensione et 35. senia absque omni con-
tentione per singulos annos dederit 00, Si qua vero pars contra fidem
eorum libellorum 36. [ve]nire temptaverit, det (0 pars infìdelis partis
fidem servante ante omne litis initium 37. [pene] nomine aurì
oblimi libra media, et post penem absolutionis manente hanc charta
in sua 38. [nihilominus manea]d fi[r]mitatem (k). Unde petimus ut
unum ex duobus libelli uno teno 39. [re conscripti per manum
scriniarii] sanctae Romanae Ecclesiae una cum vestra rovora-
tiones nobis contrad 40. [ere dignetis, ut] dum consecuti fueri-
mus, agamus Deo et vobis maxima gratia. Anno Deo propif'o
(a) La pergamena e qui mancante per uno spa:^io di circa venti lettere ;
nelle due linee seguenti per uno spazio di circa ine:^\o rigo. (b) Della ab-
hrevia^ione di ecclesia e nel testo V ultima sillaba al (e) Da supplire, sembra:
[octubris 1'^/ octubribus] (d) Da supplire, sembra: [mus. Et insuper tot senia
vobis ajdducere (e) mod (f) Nel testo ani (g) La lettera r aggiunta
dalla prima mano sulla prima a di parba (h) dd (i) Nel testo de (k) Nel
testo fi[r]mitem
Tabu lati II m S. oMariae V^vae 187
pontifica 41. tus domni nostri Silvestri santissimi secundi papae,
anno quarto, in mense et indictione suprascripta prima (i).
III.
Idi, giugno 24 (2).
La « schola mansionariorum » di S. Maria Nova con-
cede, sino alla terza generazione, a Paolo, e nobilis vir»,
la metà «de absida antiqua infra calcaria», posta nella
regione quarta, presso la diaconia di S. Maria Nova.
I. ;^ In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Christi.
Anno Deo propitio pontificatus domni nostri Sergii summi pon[ti-
ficis] 2. et universalis quarti papae in sacratissima sede beali
Petri apostoli secundo, indictione nona, mense iunio, diae 5. vi-
cesima quarta. Quisquis actionibus venerabilium locorum pr^esse
dinoscitur, incunctan[ter eorum] utili[ta] 4. tìbus ut proficiant
cum summa diligentia procurare festinet. Placuit igìtur [cum Christi
auxilio atque] 5. convenit Inter Stephanus qui Caruci vocatur,
seu (a) clerico et mansionario atque priore de [venerabili scola
man] 6. sionariorum beate Dei genitricis semperque virginis Mariae
(a) Kel testo seuu ; qui ed in seguito alla linea 9.
(1) La pergamena è mutila nella parte inferiore. Il confronto
con gli altri documenti non ci permette di supplire il nome dello
scriniario. Nel verso è scritto di mano, sembra, del xii secolo:
« de concessis ecclesie sanctorum Cosme et Damiani que sita
a est in territorio nostro Galerie ».
(2) Secondo i documenti citali dallo Jai fé (I, 504), Sergio IV
dovè essere consacrato dopo il 20 gugno dell'anno 1009. Il nostro
documento ci offrirebbe un Urminus a quo ancor più recente; è
chiaro difatii che, se nel 24 giugno del loii correva l'anno secondo
del pontificato di Sergio IV, dove* questi essere consacrato dopo il
24 giugno del 1009. Occorre però notare che del nome del mese
«iunio», nella seconda riga del documento, per guasto della per-
gamena, non sono rimaste che poche tracce; ma fu letta bene
questa parola, nel secolo passato, dal Rosìiii che nel suo indice
(cf. Prefazione) datò col mese di giugno la carta presente.
i88 T, Jedele
dominae nostre que hoHm Antiqua [nunc Nova vo] 7. citatur,
seu Gregorius secundo et lohannes tertio prioribus, in hoc ab eis
consentientem cunctas s[cola mansio] 8. nariorum prephate dia-
coniae («), et e diverso Paulus nobili viro, ut cum Domini adiutorio
suscipere [de] 9. beant a suprascripto Stephanus qui Karuci vo-
catur, seu clerico et mansionario atque priore de venerabili schola
man[sio] 10. nariorum iam dieta venerabili diaconia beate Dei
genitricis semperque virginia Mariae dominae nostre quae holim An-
tiq[ua] II. nunc Nova vocitatur, seu Gregorius secundo et Jo-
hannes tertio prioribus memorata scola mansionariorum s[eu] 1 2. a
cunctas scola mansionariorum eidem venerabili diaconiae sibi con-
sentientibus, sicut et susceperunt suprascripto Pau 13. lus nobili
viro heredesque eius conductìonis diaconiae. Idest medietatem in in-
tegrum de absida antiqua 14. infra calcarla, in cauda ipsius cal-
cariae, sicuti evenit et dividit per medium ipsius absi 15. de, ex-
tendente usque in cantum ipsius cripte, in quo finis eiusdem cripte
esse cernitur, a solo terre et usque 16. ad summo sinino, cum
introito et exoito suo per ipsa calcarla usque in via publica et cum
omnibus ad 17. ipsa medietatem generaliter et in integrum per-
tinentibus. Posita Rome regione quarto iusta prephata venerabili
18. diaconia infra nominata calcarla, affines a primo latere alia me-
dietatem ipsius absida quem 19. detinet Petrus scriniarius sanctae
Romanae Ecclesiae germano tuo, a secundo latere ortuo malore de
nos qui supra man 20. sionarii quem insimul cum presbiteri eidem
venerabili diaconiae tenere videmur, et modica terra de cuiusdam
Rigi 21. zo vir honestus(b) qui ex menbrum ipsius ortuo fuisse
dinoscitur, a tertio latere via scilicet pedestrls manu si 22. nistra
pergente intro cripte que vocantur de Bricti, et alio orticello po-
mato de nos qui supra mansionarli, a quarto 23. latere supra-
scrlpta calcarla unde introito esse videtur. luris eidemque venerabili
diaconiae. Ita ut suo studio suoque 24. labore suprascripto Paulus
nobili viro absida ipsa medietatem in integrum in omnibus tenere
et possidere debeant, 25. et ad mellorem faciendum Deo iubante
ad cultum perducant ipso heredesque suos prò futurum us 26. que
in tertium gradum tertiam heredem tertiam personam tertiam ge-
nerationem, hoc est ipso suprascripto filils nepotesque 27. suos
ex filils Icgitimis procreatis. Quod si vero filiis aut nepotes minime
fuerint, uni etiam 28. extranea persona cui voluerint, relinquendi
abeant licentlam, excepto piis locis vel publicum numerum 29. mi-
litum seu bando, servata dumtaxat in omnibus proprletatem su-
(a) Ke\ testo diaqniae ; qui ed in seguilo : talvolta diaq (b) v. h.
Tahulariiim S, oMan'ae V^opae 189
prascriptì W venerabili diaconiae. Pro quibus nempe suprascripta
30. medietatem in integrum de absida antiqua infra calcaria in cau-
dam ipsius calcariae, sicuti evenit 31. et dividit per medium
ipsius abside, extendente usque in canto ipsius cr'pte, in quo finis
eiusdem cripte 32. esse cernitur, a solo terre et usque ad suramo
sinino, cum introito et exoito suo per ipsa calcaria usque 33- in
via publica et cum omnibus ad ipsa medietatem generaliter et in
integrum pert-nentibus, ut supcrius missum 34. est, dare atque
inferre debeat suprascripto Paulus nobilis viro heredesque suos ratio-
nibus in suprascripta scola 3 5. mansionariorum, singulis quibusque
annis sine aliqua mora vel dilatione pensionis nomine, denarios ar-
genteos qua 36. lis per tempore in capo hierit numero W duo
tantum. Completa vero tertiam generationem ut superius legitur,
tunc 37. suprascripta medietatem de absida antiqua infra calcaria,
sicuti fuerit cultas et melioratas, ad ius 38. suprascripta venera-
bili diaconia cuius et est proprietà, in integrum modis omnibus re-
vertatur, ut quicquid eiusdem venerabili diaconiae 39. curam ges-
serint, iterum locandi liberam abeant sine aliqua ambiguitate licentiam.
De qua 40. re et de quibus omn'bus suprascriptis iurantes dicunt
utrasque partes per Deum omnipotentem sanctaeque Sedis Aposto-
lice domni nostri Sergii 41. sanctissimi quarti papae, hec omnia
que huius emphyteusin chartulae seriem testus eloquitur, inviolabi-
liter con 42. servare atque adimplere promittunt. Quod si quis-
quam eorum contra hec placiti conventionisque 43. chartulae
seriem in toto partemve eius quolivet modo venire temtaverint, tunc
non solum (0 periurii 44. reatum incurrant, verum etiam daturi
se successoresque eius promittunt pars partis 45. fidem servante,
ante omne litis initium pene nomine libra dimìdia, et post solutam
penam 46. hec chartulae in sua manead firmitatem. Has autem
duas uniforme uno tenore conscriptas 47. chartulas mihi Johan-
nes scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae scribendam paritcr dicta-
verunt, easque propriis ma 48. nibus roborantes testibus a se ro-
gitis optulerunt subscribendam, et sivi invicem tradiderunt sub
stipulaiione 49. et sponsione solicnniter interposita.
Actum Rome, diae, anno pontificatus, in mense et indictione
suprascripta nona.
»J< Paulus, nobili viro.
i^ Johannes filio Gezzo qui vocaiur de Casamala («*).
>^ Benedictus qui vocatur de Marino.
(a) Coti nel inlo. (b) Sei Usto nuiìi (e) Nel Usto suhini (J) Il e
di CasanuU cornilo da i
190 T. Jedele
^ Petrus Geiuno.
^ Antonio coco.
>ì< Petrus qui vocatur de Agusto.
♦J< Ego Johannes scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae qui supra
scriptor huius chartula post testium subscriptiones et traditiones facta
compievi et absolvi (i).
IV.
1017, giugno 30.
Peruncio e Palomba figli del « quondam » Franco, tes-
sitore, vendono a Giovanni « vir honestus », erario, una
cripta posta nella regione quarta « in Coloseum, iuxta
(( templum Romulis ».
I. >5< In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Christi. Anno
Dee propitio pontificatus domni nostri Benedicti summi 2. pon-
tific'S et universalis hoctavi papae in sacratissima sede beati Petri
apostoli sexto, imperante donino nostro 5. piissimo perpetuo au-
gusto Haeinricus a Deo coronato magno et pacifico imperatore [anno
qu^arto, indictione quinta deci 4. ma, mense iunio, die tricesima.
Quoniam certum est me Perunc[io vir honestus] seu Palomba ohnesta
puella 5. fratribusque germanis, Franco tessitore quondam filli,
hac diae cess'ssemus et cessimus atque 6. tradidimus nenc non
et venundavimus, nullus nobis cogentem ncque contradicen 7. tem
aut vim faciente, sed propriae spontaneaeque nostre voluntatis, vobis
domno lohannes 8. viro honesto («) erario tuisqu'etiam heredibus
et cui largire et concedere placueris. Idest cripta una in integrum
9. sinino opere constructa, una cum desuper tecto scandolicio coo-
perta, seu et terra va io. cante ante se, quod est per longitudo
pedes numero (b) viginti duo et per latitudo pedes numero decem
(a) V. h. ; qui ed in seguito. (b) num ; qui ed in seguito.
(i) Nel verso della pergamena, di mano del secolo xii: « Car-
« tuia de assada et cripta in calcarar[a] de Quatroni » ; di mano
più recente, del sec. xiv : « Cartula donationis quedam [ab]s[i]de cum
■« cripta modica nostra (?) in calcara iusta Templum a terra usque
« ad summum ».
Tabularium S. zMariae V^opae 191
ir. et octo, homnes ad pedes summissales iustos mensuratos, cum
inferiora et superiora sua 12. a solo terre et usque ad sublimia
tecti, cum introito et exoito suo in commune et cum 13. omnibus
sibi pertinentem. Posita Romae regione quarto in Coloseum iuxta
templum Romulis, 14. et inter affines a primo latere domum de
heredes quondam Petrus qui dicebatur de Stefano era 15. rio,
et a secundo vel a tertio latere corte malore sive introito commu-
nalis, et a quarto latere 16. via publica. luris cui existens. Quo-
modo nobis W evenit per ereditariae quondam parentorum nostro
17. rum, et nunc nostris detinemus manibus, ita nos tibi tuisque he-
redibus concedimus tradimus 18. et venundavimus, unde et hanc
cessionis venJitionischartula tibi contradidimus. Proquam ig.etiam
suprascripta cripta una in integrum sinino hopere constructa, una
cum desuper tecto scandolicio cobo 20. perta, seu et terra vacante
ante se quod est per longitudo pedes numero viginti duo et 21. per
latitudo pedes numero decem et octo, homnes ad pedes summissales
iustos mensuratos, 22. cum inferiora et superiora sua a solo terre
et usque ad sublimia tecti, cum intro 23. ito et exoito suo in
communae et cum omnibus (b) sibi pertinentem, sicut superius legitur,
24. accepimus nos (0 qui supra venditoris a te qui supra emptore,
im presentiam subscriptorum testium vide 25. [IJiccet in argentos
mensuratos libra una bonum hobtimum, etiam nobisque placaviles in
26. omnem vera decisionem. Et ab odierna die licentiam et potesta-
tem in suprascripta cripta una cum 27. terra vacante ante se, sicut
superius missum est de presenti introeundi utendi fruendi possi
28. dendi etiam vindendi(d) donandi commutandi vel quicquit exinde
facere sive perhagere volu 29. eris in tuam tuisque heredibus sit
potestatcm, et nunquam ha nobis ncque («) ab heredibus nostris ncque
30. etiam a nulla magna parvaque persona a nobis summissa magna
parvaquc persona (f) con 31. tra tibi tuisque heredibus qualivet
moveri questionem aut calumnia, sed stare nos u 32. na cum
heredibus nostris et defendere promittimus nos tibi tuisque heredibus
ab omni homines et 3^ in omni loco homni in tempore. In qua
et iuratus dicimus perDeum omnipotente sanctequae Sedis 34. Apo-
stolice domni nostri Benedicti sanciissimi hoctavi papac, atquae
Haeinricus imperatore, hcc omnia 35. que in uius cessionis
vcndiiionis chartula scricni textus haeloquitur, inviolabiiiter conser
36. vare atquc adimplcrc proni'.tto. Nani quod absit in quoque tcm-
(a) nobis su rasura. (b) S'tl testo oniibus (e) nos sopra Li
(J) Cosimi testo. (e) La sillaba ne di ncque sopra la linea, (tj
nel testo.
192 "P. Jedele
pore sì nos vel heredibus nos 37. tris centra tibi tuisque here-
dibus de omnia que supcrius notata sunt, hagere vel contendere pre-
sumsero, et 3 8. cuncta que superius promissa sunt non hopservavero,
et minime nobis defendere volueri 39. mus aut non potuerimus, vel
amplium pretium tibi tuisque, hante omnem (») litis initium, 40. poene
nomine suprascripto pretio in dubplo, et post soluta pena hec ces-
sionis venditionis chartula in suam 41. nichilhominus manead fir-
mitate, Quam scribendam rogavi Tlieodoru 42. s scriniarius sancte
Romane Ecclesiae, in mense et indictione suprascripta quinta decima.
Signum >5< manum suprascripto Peruncio viro honesto. Signum >J<
manum suprascripta Palomba ohnesta puella fratribusque germanis
Franco pie memorie . . . (b) filiì, qui hanc chartula fieri rogavit.
^ Gezzo vir honestus, erario, teste.
>J< Pepo vir honestus, erario, teste.
>J< Raino vir honestus, hrotario, teste.
^ Gregorius vir honestus, erario, teste.
i^ Beno vir honestus, rotarlo, teste.
>J< Ego Theodorus scriniarius sancte Romane Ecclesiae qui supra
scriptor huius schartula post testium subscriptiones et traditiones
facta complaevi et absolvi (i).
V.
1018, marzo 4
Peruiico, «vir honestus», e le sue sorelle Frosina e
Palomba, « honestae feminae», vendono a Giovanni, Ce-
sario e Benedetto, « viri honesti sive erarii », ed a Ste-
fania, « honesta femina», figli del « quondam » Pietro, dia-
cono, la porzione loro spettante di una cripta, posta nella
regione quarta «in Coloseo, in Via Sacra».
I. ^ In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Christi. Anno
Deo propitio pontificatus domni nostri Benedicti s[um] 2. mi pon-
(a) Nel testo omem (b) Dopo memorie vi sono nel testo due segni di
cui non intendo tene il valore. Non sembra che essi siano un'abbreviatura della
parola tessitore che potrebbe essere qui comportata dal senso.
(r) Nel verso della pergamena, di mano del sec. xii: « De casa
«solarata»: di mano piìi recente: «In Coloseum w.
Tabulariiim S. ^ariae '^N^vae 193
tificis et universalis octavi papae in sacratissima sede beati Petri
apostoli sex 3. to, imperante domno nostro Heinrigo a Deo co-
ronato magno imperatore anno quinto, indictione prima, mense
4. martio, diae quarta, Quoniam certuni est nos Frosina ohnesta
femina seu Perunco vir honestus nec 5. non Palumba ohnesta
femina germanis fratribus, consentientem in hoc a me Frosina lo-
hannes 6. vir honestus qui vocatur Grasso viro meo, sed consen-
tientem a me Perunco Maria ohnesta femina coniuge 7. mea,
hac diae omnes pariter hac unianimiter cessissemus et cessimus atque
tradì 8. dimus necnon publice et inrevocabiliter venundavimus,
nullo nobis cogente 9. ncque contradicente aut vim facìente, sed
propriae spontaneaeque nostre voluntatis, io. vobis domno Johan-
nes seu Cesario nec non Benedictus viri onesti sive erarii atque
II. Stephania ohnesta femina, filii quondam Petrus diaconus pie me-
moriae, omnes namque uterinis fratribus ves 12. trisque etiam
heredibus et cui vos largire et concedere placueriiis. Idest omne
portionem 13. nostram nobis in integrum competentem de cripta
una in integrum cum sinino infra se, cum inferiora et 14. supe-
riora sua a solo terre et usque ad sinino et desuper sinino usque
ad summo tecto 15. scandolicio, cum omne portionem nostram
de corticella ante se et scala marmore 16. [a,] quod est ipsa cor-
ticella per longitudo pcdes decem et octo (0 et per latitudo pedes
vigin 17. ti duo iustas mensuratas, cum introito et exoito suo per
introito communalis usque 18. in via publica. Posita Rome re-
gione quarto in Coloseo in Via Sacra, et inter affines ad totani
19 cripta circumdantes, a primo latere domum W de heredes quon-
dam Petrus de Stephano, et a secundo latere corte 20 commu-
nalis (0, et a tertio latere suprascripto introitu, et a quarto latere Via
Sacra. Infra hos vero finis 21. concedimus et venundamus supra-
scripta nostra portionem sicuti coniunctani et coadunata esse vide
22. tur cum alia portionem ipsius cripta de vos qui supra emptores.
luris cui existens. Quomodo nobis evenit per e 23. reditariae
quondam parentorum nostrorum sive per quacumque modum, ita eas
vobis vestrisque («*) heredibus concedimus 24. tradimus et venun-
damus, unde et hanc cessionis venditionis charta vobis contradidi-
mus. Pro 25. quam etiam suprascripta omne portionem nostrani
nobis in integrum competentem de cripta una in integrum cum
sini 26. no infra se cum inferiora et superiora sua a solo terre
et usque ad sinino et desuper sinino us[que] 27. ad summo tecto,
(a) dcccm et octo su rasura. (b) Sri testo dora (e) communal; ^«i
td in seguilo. (d) ita cai vobis ve su rasura.
Archivio dftla R. Società romana di ttorùi r.Un\i, V..I. Wlii. 15
194 "P- Jedele
cum omne portionem nostrani de corticella et scala marmorea [an]
28. te se, quod est ipsa corticella per longiludo pedes decem(a) et octo,
et per latitudo pedes numero 29, viginti duo, cum introito et
exoito suo per introito communali usque in via publica et cum omnibus
30. a suprascripta portionem nostram generaliter et in integrum per-
tinentem, sicut superius legitur, accepimus nos 31. qui supra ven-
ditori a vobis qui supra emtori in presentiam subscriptorum testium
videlicet in arg[en] 32. tos mensuratos uncias octo bonum opti-
mum etiam nobisque placabiles, in omne veram de 33. cisionem.
Et ab odierna diae licentiam et potestatem abeatis in suprascripta
omnia ut superius missum est 34. de presenti introeundi utemdi
fruendi possidendi etiam vindendi (b) donandi commutan 3 5- di
vel quicquid exinde facere sive peragere volueritis in vestram ve-
strisque heredibus sit potestà 36. tem. Et numquam a nobis neque
ab heredibus nostris aut a nobis summissa magna parbaque persona
con 37. tra vobis vestrisque heredibus qualivet moveri questionem
aut calumnia, sed si opus necesse fuerit 38. stare nos una cum
heredibus nostris et defendere promittimus (0 eam vobis vestrisque
heredibus ab omni ho 39. mine et in omni locum omnì im tem-
pore. In qua et iuratus dicimus per Deum omnipotentem sanctaeque
Sedis Apostolice domni nostri 40. Benedicti octavi papae atque
Heinrigo magno imperatore, hec omnia que in huius cessionis ven-
diiionis charta se 41. rìem testus eloquitur, inviolabiliter conser-
vare atque adimplere promittimus. Nam quod ab 42. sit, in quo-
que tempore si nos vel heredibus nostris contra vobis vestrisque
heredibus de omnia que superius notata sunt, 43. agere vel
contendere presumserimus, et cuncta que superius legitur non obser-
vaberimus, et minime defen 44. dere noluerimus aut non potue-
rimus vel ampHum pretium vobis vestrisque heredibus quesierimus,
tunc 45. non solum periurii reatum incurramus, verum etiam
daturi nos promittimus una cum heredibus nostris 46. vobis ve-
strisque heredibus ante omne litis initium pene nomine suprascripto
pretium in dumplo, et post solutam 47. penam hec cessionis ven-
ditionis charta in sua nihilominus manead firmitatem. Q.uam seri
48. bendam rogavimus Johannes scriniarius sanctae Romanae Eccle-
siae in mense et indictione suprascripta prima.
Signum >J< )J< >J< manuum (A) suprascripta Frosina seuCO Perunco
nec non (0 Palumba qui hanc charta fieri rogaverunt.
(a) decem su rasura. (b) Così nel testo. (e) L' ultima sillaba di de-
fendere e la prima di ^lomìttìmus sono scritte su rasura. (d) man; qui ed
in seguito. (e) u sopra la linea, (f) Xel testo nec no
Tabularilun S. ^lariae VS^opae 195
Signum y^ ^ manuum suprascripto Johannes seu Maria ohnesta
femìna qui hanc charta consenserunt.
\^ Leo filius Leoni nomencolatori.
>^ Gezo erario qui vocatur de Ciro Nicolao.
)^ Gregorius filius Michael.
>J< Gezzo fili Sebastiano.
^ Gregorio erario gener Sabatino («), rotario.
1^ Ego Johannes scriniarius sanctae Ronianae Ecclesiae qui supra
scriptor huius charta post testium subscriptiones et traditiones facta
•compievi et absolvi (i).
VI.
1025, luglio 12 (2).
Gregorio, diacono della venerabile diaconia di S. Maria
Nova, insieme con i preti ed i mansionari della stessa dia-
<:onia, concede, sino alla terza generazione, ai fratelli Gio-
vanni, erario e priore della « schola erariorum», Cesario e
Benedetto « nobilibus viris », parimenti erarii, due pezze di
^igna, poste nel territorio di Albano, « in fundum quod
<( vocatur Cerclo » .
I. >ì< In nomine domini Dei s[a]lvatorìs nostri lesu Christi.
Anno Deo propitio pontificatus domni nostri lohanni summi ponti-
fici et universali no 2. no decimi pape [in sjacratissima sede
(a) b corretto da p
(i) Nel verso della pergamena, di mano del secolo xii: «De
« casa solarata posila in Coliseo ». Un' altra annotazione, della fine
del XII o del xni secolo, dice: «Carta de domo in qua habitavit
^ Linni Pauli de Tuscho».
(2) Anche se non si accettino le conclusioni che ho esposto
altrove sulla data di consacrazione di Giovanni XIX (cf. Archivio
della R. Soc. rom. di st. patr. XXII, 56 sg.), il documento presente
-ci offre, per determinarla, un terminus ante quem anteriore al 1$ lu-
glio 1024, che vien dato dallo Jaffé (I, 51$). Correndo difatti nel
12 luglio del 102$ il secondo anno del pontificato di Giovanni XIX,
questi dovò essere consacralo anieriormenie al 12 luglio dell'anno
precedente.
19^ "P. Jedele
beati Petri apostoli secundo, indictione octavn, mense iuleo, die duo-
decima. Cluisqu[is] 3. actionibus venerabilium locorum preesse
dinoscitur, incuntanter eorum utilitatibus ut proficiant cum summa
diligentia [prò] 4. curare festinet. Placuit igitur cum Christi
auxilio atque convenit inter domnus Gregorius diaconus venerabili
diaco[ni] 5. a sanctae Dei geni[tri]cis semperque virglni Marie
domine nostre que olim Antiqua vocabatur nunc autem Noba, seu
Johannes religioso ar 6. chipresbitero, et Silvestro secundo, et Pe-
trus tertius, nec non Stefanus prior scole mansionariorum item et
Gregorius secundo, atque Johannes tertius, con 7. sentiente cunta
congregatione presbiterorum adque mansionariorum suprascripta ve-
nerabili diaconia, et e divers's Johannes errario atque priore scole
8. [errajriorum seu Cesarius atque Benedictus nobilibus viris item
errarli omnibusque germanibus fratribus, ut cum Domini adiutorio
9. [suscipejre debeant a suprascripto Gregorio sibi consentientibus
sicut et susceperunt predicti Johannes errario et priore scole erra
10. riorum seu Cesarius atque (*) Benedictus nobilibus viris itemque
errarli omnibus germanibus fratribus heredesque illorum, conductt
11. [onis] suprascripti venerabili diaconia. Jdest vineae bovarice petie
duabus in integrum clusura super se abentem per unaquoque petia
12. in omni partes ordines quadraginta, cum versularìis (b) et sedimen
ad calcatorio ponendum et residendum, cum introito et exoito suo
usque 13. in via plubica (0, et cum omnibus a se pertinentera.
Posita territorio Albanense in fundum quod vocatur Cerclo, et inter
affines a primo latere terra 14. vacante de venerabili monasteri»
sancti Leoni, et a secundo latere terram vacantem de Curtu nobi-
lissima femina, et a tertio latere palma[t]a 15. rio et paries anti-
qua, et a quarto latere via publica. Juris suprascripta diaconia. Jta
ut suprascripti Johannes seu Cesarius 16. atque Benedictus nobi-
libus viris germanis vineae ipse in omnibus tenere et possidere de-
beant et ad meliorem faci 17. endum Deo iubante ad cultum perdu-
cant ipsis heredesque illorum prò futurum usque in tertium gradum
tertiam persona 18. tertia generationem et tcrtia heredes, hoc est
ipsis suprascripti filiis nepotesque illorum ex filiis legitimis procreatis.
Quod si 19. vero filiis aut nepotes minime fuerint, ut etiam W
extranea persona cui voluerint, relinquendi abeant licentiam, 20. ex-
cepto piis locis vel publicum numerum (e) militum seu bandum (0,
servata dumtaxat in omnibus proprietatem suprascripta venerabili
diaconia. Pro quam 21. etiam suprascripte vineae bobarice petie
(a) Nel testo manca a in atque (b) vers, ; qui ed in seguito. (e) Così nei
testo. (d) Così nel testo per uni etiam (e) Nel testo num (f ) Nel testo band
Tabulariiim S. oMai^ìae V^pj^ae 197
duabus in integrum clusura super se abentem per unaquoque petia
in omni partes ordines quadraginta, 22. cum versulariis et sedi-
men ad calcatorio ponendum et residendum, cum introitu et exitu
suo usque in via publica, et cum omnibus suprascripta pertinen
23. tem sicut superius legitur, dare atque inferre debeant suprascripti
lohannes seu Cesarius atque Benedictus ipsis heredesque illorum rati
24. onibus in suprascripta venerabili diaconia, singulis quibusque annis
sine aliqua mora vel dilatione pensionis nomine, in asumtione san-
ctae Ma 25. riae denarios argentos qualis per tempore in capo
hierit numero duo. Completa vero tertia generatione ut superius mis-
sum est, tunc 26. suprascriptae vinae W sicuti fuerint conciate et
meliorate ad ius suprascripta venerabili diaconia cuius proprietas esse
dinoscitur, in integrum modis omnibus re 27. vertatur, ut quicquit
eiusdem venerabili diaconia curam gesserint, iterum locandi quibus
maluerint, liberam abeant sine aliqua 28. ambiguitatem licentiam.
De qua re et de quibus omnibus suprascriptis iurantes dicuntW,
utrasque partes per Deum omnipotentem sanctaeque Sedis Apostoli
29. ce domni nostri lohanni sanctissimi nonidecimi papae, hec omnia
que in huius placiti conventionisque chartule seriem testium eloqui-
tur, inviolabili 30. ter conservare atque adimplere promittunt.
Quod si quisquam eorum contra hec placiti conventionisque char-
tule (0 seriem in to 31. to partem eius quolivet modo venire
tcmtaverint, tunc non solum periurii reatum incurrant, veruni etiam
daturi se heredes sue 32. cessorisque eius promittunt pars partis
fidem servante C<i) ante omen (<=) litis initium pene nomine auri optimi
libras duabus, et post 33. solutam penam hec placiti conventio-
nisque chartulae seriem in sua maneat firmitate. Has autem duas
unifor 34. me uno tenore conscriptas chartulae michi lohannes
Quintus scriniarius vocatus sanctae Romanae Ecdesiae scribendas
pariier dieta 35. verunt easque propriis ma[ni]bus roborantes
testibus a se rogitis optulerunt subscribendas et sivi in 36. vi-
cem (0 tradiderunt sub stipulatione et sponsione soUemniter (g).
►J< Ego Gregorius diaconus ì^ Ego Stefanus prior scole
propria manus subscripsi. mansionariorum subscripsi.
>J< Ego lohannes religioso )^i Ego Gregorius II con-
archipresbitero consensi et sub- sensi,
scrissi (h).
ì^< Ego Silvestro presbitero f[i Ego Johannes III con-
subscripsi. sensi.
(a) Coti nel tetto. (h) \rl testo dicunc (e) Nel testo hTe (d) N*l
testo sevante (e) Cosi nel tetto. (f) Nel testo tnvitem (g) Manca nel
testo /o />aro/a intcrposita (h) Nel testo subrcriui; in seguito subrcripsi
198 T, Jedele
>J< Ego Petrus presbiter subscripsi.
>Jh lohannes vir honestus filio Bonifati, teste.
»J< lohannes qui vocatur («) Spinam bentre, teste.
>^ Petrus abulterinus, teste.
>J^ Gizzo vir honestus errarlo filio (b) Sebastiano, teste.
}J< Gregorlus errario gener Sabbatino, teste.
»J< Ego lohannes Quinto vocatus scriniarius sanctae Romanae Ec-
clesiae qui supra (0 scriptor huius chartam post testium sobscriptìo-
nes (A) et traditiones facta compievi et a («) (i).
VII.
1028, gennaio 8,
Alberico, a illustrissimo et clarissimo viro et comes sacri
« Lateranensis palatii », concede, in parte, a Pietro, abbate
del monastero di S. Maria di Gerusalemme, e a diversi
altri, un molino ad acqua, posto nel territorio della sua
città di Tuscolo, nel luogo detto « Balle Marciana » ; col
patto cioè di dividere a mezzo « totam molituram quas
« in eum introierit ».
I. >J< In nomine Domini. Anno quarto domni nostri lohanni noni
decimi papae, atque Chuonradi imperatoris anno primo 2. imperii
eius, indictione undecima, mense ianuario, die octaba. Quoniam cer-
tura est me domnus Albericus 3. illustrissimo et clarissimo viro
et Comes sacri Lateranensis palatii, hac die ccessissem et cessi at
4. que tradidi nec non locum aque ad aquimolum faciendum in par-
tem dedi propria spontanea mea 5. voluntate, vobis Petrus re-
ligioso presbitero et monacho atque abbate venerabili monasteri©
sanctae Dei genitricis 6. Marie domine nostre quod vocatur de
(a) Nel testo qui (b) Nel testo fit (e) qui supra e ripetuto. (d) Cast
nel testo. (e) Le parole et traditiones /«rono cancellate con la mano ad inchio-
stro ancor fresco ; sulla parola facta /« tirata una linea di cancellatura, e della
parola absolvi, con la quale suol terminare la completio, non fu scritta che
la prima lettera; indi:^io forse che l'atto non ebbe il suo legale compimento.
(i) Nel verso della pergamena di mano del xiii secolo è scritto:
« Cartula locationis vinee que locata est vel fuit lohanni erario
«priori scole erariorum et Cesari et Benedicto fratribus ».
Tabiilarium S. oMarìae 'O^vae 199
Gerusale, seu Petrum ferrarium qui dicitur de Monticelli, atque lo-
hannem vobe . . (») 7. remissione, nec non Petrum de Lunari, et
Roccio gener Lunari, vestrisque successoribus et heredibus [et cui]
8. vobis largire et concedere placueritis. Idest memoratum locum aque
ubi aqu[imoIum] .... 9. vestro sumtui factum abetis, cum omni
conciatura et ferratura vestra cum forma que v[ul] io. go dicimus
scceptum, ab introitum aque usque descensa eius prò utilitate nomi-
nati aquimo i r. li, cum introito et exoito suo et cum omnibus
ad eas pertinentibus. Positum territorio Tusculanense 12. in rivo
qui vocatur Aqua Capr[a in loco ub]i dicitur Balle Marciana. luris
cui existens. Unde et anc 13. ccessionis partionariae chartulae
vobis ut superius diximus, contradidì. Quas suprascriptum aquimo-
lum cum 14. omni sua utilitas et sibi pertinentibus sicut (b) su-
perius legitur, hab oc presenti ora licentiam 15. habeatis eum
retinere habere tenere vel utere et fruere, et totam molìturam
16. quas in eum introierit quoequaliter per medium dividere, me-
dietatem in integrum mihi, 17. et alia medietatem vos vestrisque
[heredibus .... tenejre vestre portione. Si vos et vestris sue 18. cces-
soribus et heredibus venu[ndari hoc aquimolum volueritis, prius no-
bis venunda]ri debetis iustum pretium 19. mìnus denariis trig[inta.
Quod si nos emere noluerimus, vos et vestris successoribus et] he-
redibus licentiam habeatis 20. venundari inter vos unum ad aliu[m]
Si inter vos emere [nolueritis, lice] 21. ad vobis venun-
dari ad hominibus habitaturi mea civitate Tusculanensis 22. cui-
cumque volueritis. Et numquam ha me neque ab heredibus meis
ncque a me summissa 23. magna parvaque persona haliquam ha-
liquando habebitis questionem aut calum 24. nia. Etiam si vo-
[bis] vestrisque heredibus necesse fuerìnt, contra omnes homines sta
25. re me una cum heredibus meis et defendere promitto in omni
tempore gratis. 26, Hec omnia que huius (<=) chartulae seriera
testus eloquitur, inviolabiliter conser 27. vare atque adimplere pro-
mitto. Si enim quod apsit et quoquo tempore 28. ego vel here-
dibus meis contra vos vestrisque successoribus et heredibus aut con-
tra hanc 29. ccessionis partionariae chartulae qua sponte ficrint
rogavi, hagere aut causa 30. re presumsero, et cuncta non obser-
vabero, tane non solum periurii re 31. autum incurra, verum etiam
daturo me esse promitto una cum heredibus meis vo 32. bis ve-
strisque successoribus et heredibus ante omne litis initium poene no-
(a) Dopo e $i vede parte di un'altra lettera, forse <\ ; poi la pergamena
e rotta per lo spazio di circa due lettere. (b) t aggiunto sopra la linea.
(e) Sei testo hius
200 T, Jedele
mine auri opti 33. mi uncias sex, et post soluta poena hec char-
tula in sua nihilominus ma 34. nead firmitate. Quam scribendam
rogavi lohannem scriniarium sanctae Romanae Ecclesiae, 35. in
mense et indictione suprascripta undecima.
>J< Alberic[us Dei] gratia comes palatii,
>Jh Johannes vir honestus qui vocatur de Allo W.
>5< Amico vir honestus castaido.
>5< Johannes vir honestus qui vocatur de Boni.
>J-< Petro Capo ad alto.
>J< lohannem qui vocatur de Rusca.
>J< Ego lohannem scriniarius sanctae (b) Romanae Ecclesiae
scriptor hec chartula compievi et absolvi (i).
Vili.
1028, febbraio 20.
(( Benony, vir magnificiis, qui vocatur de Stephanus
« dello Maximo », e Constanza « honesta femina », ven-
dono a Maria «honesta puella», loro futura nuora, due
pezze di vigna, poste nel territorio di Albano, nel luogo
chiamato Savello.
I. >J< In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Christi. Anno
Deo propitio pontificatus domni lohanni summi pontifici 2. [et
u]niversali nonus decimi papae in sacratissima sede beati Petri apo-
stoli quarto, inperante 3. domno nostro Conrado a Deo coronato
mangno et pacifico inperatore anno primo, indictione 4. [ujnde-
cima, mense februario, diae vicesima. Quoniam certum est me Be-
nony vir magnificus qui vocor de 5. [Stejfanus dello Maximo, seu
Constantia ohnesta femina, hac diae cessisemus et cesimus 6. [con-
trjadidimus nec non et venumdavimus, nullo nobis penitus cogente
ncque contradicen 7. [te a]ut vim faciente, set propriae sponta-
neaque nostre vone bolumtatis, vobis Maria ohnesta 8. [pujella si
(a) Così nel testo. (b) Nel testo scrinuscae
(i) Ai piedi della pergamena è scritto in lettere longobarde:
«de mola de Valle Marciana ». Nel verso, di mano del secolo xiii:
« Chartula de aquimolo territorio Tusculani sancte Marie de lerusa-
« lem pertinenti ».
Tahularium S. oMariae V^opae 201
domino Deo placuerit dilecta norua mea, tibi tuìsque heredibus vel
cui tibi largire et conce 9. [de]re placueris, Idest vinea (a) bova-
rica petlae duobus in integrum quanta infra predicti affines concia
IO. uduntur, cum versulariis W et introito atque sedimen ad calca-
torio ponendum et cum omnibus ad eas pertinen 11. [t]ibus. Posila
territorio Albanense in locum qui vocatur Savellum, quod est Inter
affines, a pri 12. [mo] latere vinea de te qui supra venditore, et
a secundo latere vinea de heredes de Valduino, et a tertio latere
vinea 13. [de] venerabili ecclesia sancti Christi martiris Theo-
doris, et a quarto latere vinea de Benony qui vocatur erario. 14. [lu-
ri]s cui existens. Sic in integrum quomodo mihi aebenit per raeis hac-
quisitionibus et usque modo 15. [no]bis detenuimus manibus, sic
eas tibi in integrum concedimusCO tradidimus et venumdavimus, unde
16. et hanc cessionis venditionis charta tibi contradidimus. Quem
vero suprascripta vinea bovarica petiae duobus 17. '.n integrum
quanta W infra suprascripti affines conclauduntur, cum versulariis et
introito atque sedimen ad calcatorio 18. ponendum, et cum omni-
bus ad eas pertinentibus sicut superius legitur, haccepimus nos qui
supra venditori 19. [a te] qui supra emptori coram presentiam
subscriptorum testium, videlicet in argentos livras numero 20 (O,
bonos optimos iusstoque pesante mihique placabilem. Et ab hodierna
diae li 21. [cen]tiam et potestatem abeas(f) in suprascripta vinea
ut superius legitur, de presenti introeundi utendi fru 22. endi
possidendi vindendi donandi commutandi vel quicquid exinde facere
sive peragere volueris, 23, in tuam tuisque heredibus sit potesta-
tem. Et numquam ad nos neque ab heredibus nostris neque etiam ad
nu 24. llam mangna parvaque persona a nobis summissa aliquam ali-
quando abebitis questi 25. onem aut calumniae. Stare nos una cum
heredibus meis et defendere promitto omni in tem 26. pore gratis. Hcc
omnia que hanc cessionis venditionis charta seriem ptextus eloquitur,
invi 27. [ol]aviIiter conservare atque. adimplere promitto. Si enim
quod apsit et quoquo tem 28. [po]re si nos vel heredibus nostris
contra tibi tuisque heredibus aut centra hanc cessionis venditionis charta
29. qua sponte fieri rogavimus, agere aut causare vel litigare presumpse-
rimus et cuncta 30. que ut superius scriptum est non obscrvavcro et
minime defendere potuerimus aut iioluerinius, vel am 51. plium pre-
tium libi tuisque heredibus quesicrimus, lune non solum periuriuni
reaium incurra, ante 52. omne litis initium pene nomine supra-
(4) vili; qui ed in ieguìto. (b) vcrs, ; qui ed in seguito. (e) ì^el testo
cocedimus (d) S'tl testo quata (e) Lacuua nel testo. (I ) .\V/ testo abet
202 T. Jedele
scripto pretium in dupplo, et post penam obsolutionis W 33. ma-
nente hec venditionìs charta in suam mancaci firmitate. 34. Quam
scribendam rogavi Petrum scriniarium sanctae Romanae Ecclesiae in
mense et indictione 35. suprascripta undecima.
Singun (b) >J< manum suprascripto Benony vir magnificus et ro-
gatori qui supra scribere nescit (e).
Singun (t>) y^ manum suprascripta Constantia ohnesta femina
et rogatrice que supra scribere nescit.
^ Cece vir magnificus qui vocatur de Sergi de Adelmari, testis.
>^ Rigizzo vir magnificus filio Landò, testis.
^ lohanni vir magnificus qui vocatur de Ravenna, testis.
y^ Beno vir magnificus qui vocatur de Firmo, testis.
>^ lohanni vir lionestus qui vocatur Trepidello, testis.
>J< Ego Petrus scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae qui supra scri-
ptor uius charta facta compievi et obsolvi (^) (i).
IX,
1038, febbraio 16.
Gregorio, giudice dativo, concede a Benedetto primi-
cero, vita sua durante, la metà del casale posto fuori la
porta di S. Paolo, nel fondo detto Balirano (2).
In nomine Domini. Anno sexto pontificatus domni Benedicti
noni pape atque Chuonradi . . . anno undecimo, indictione sexta,
mense februario, die sexta decima. Quoniam certum est me Grego-
rium . . . gratiam datibum iudicem, ab hac presenti die dono cedo
trado et inrevocabiliter largior concedo, nullo me cogente atque con-
(a) Così nel testo. (b) Così nel testo, (e) Qui ed appresso, nel rigo
seguente, dopo il segno di abbreviazione che indica qui supra, vi sono delle note
simili a quelle adoprate talvolta a significare la parola legitur Nel nostro caso
però esse sono seguite dalla sillaba scit d' evidente lettura; onde si può supporre
debba qui leggersi scribere nescit
(i) Nel verso della pergamena, di mano del secolo xiii : « Cartula
« Albanensis de duobus petiis vinera (così) posite in Saviello (così) » ;
e di altra mano, sopra: « Saviello ».
(2) Dal Galletti, Del primicero, p. 277. Il documento origi-
nale è smarrito.
Tabularium S. €Mariae V^opae 203
tradicente aut vim faciente sed propria spontaneaque mea voluntate,
libi domno Benedicto Dei gratia sollertìssimo primicerio sancte
Apostolicc Sedis . . . tantummodo subscripto casale concedo ad te-
nendum. Idest ut dixi solummodo dierum vite tue cedo medietatem
in integrum ex universo casale sicuti quemammodum infra inferius
scriptos affines esse videtur, cultum incultum vel cum omnibus ad
suprascripta medietate iam dicti casali generaliter et in integrum per-
tinentibus. Positum foris portam beati Pauli apostoli ex corpore fundi
qui dicitur Balirano W. Inter affines, a . . . ipsum cas ilem de qua integra
medietate, dum vixeris, tibi concedo, a primo latere limite quo di-
vidit inter hunc casalem et casalem lohannis de Faida, qui casale
ad laborandum ab ipso detinet Johannes de be de-
venit in cava, et separare videtur inter hoc casale et casale Stephani
protoscriniarii, a tertio latere vìam publicam, que da massa venire
dinoscitur, et a quarto latere rivo qui exiit ex . . . molis Albanensis
civitatis et dividit inter ipsum casalem et casale heredum Maximi
mei. Set ipso casale olim causa laborationis detinuit Ghone
qui vocatur Buccafumo. Infra hos vero finis in integrum medietatem
ex suprascripto casale tantummodo dum vite tue fuerint dies, concedo
ad tenendum atque fruendum sicuti est coniunctum et coadunatum
cum alia medietatem tuam quam ad propriam hereditatem habes
acquisitum. Et hanc a die presentis donationisque chartulam coram
conspectui subnotatis prudentissimis et sollertissimis censoribus tibi
contradidi. Predictamque quidem medietatem in integrum ex uni-
verso suprasc-ipto casale cum medietatem ex omnia sua adiacentia
vel pertinentia sicut promissum est dierum vite tue ut supra dictum
est concedo tibi habendum ita ut per unumqucmque annum dum in
hoc seculo vixeris, unam operam ad arandum mihi meorumq . .
causa pensionis persolvere debeas. Et cum ex hoc seculo migraveris
suprascripta medietatem casali sine omni intcntione vel
contrarietate aliqua in mea meisque heredibus potestate revertat. Et
quousque in hac vita vixeris, neque ego vel meis heredibus ncque
etiam a nulla magna parvaque persona a me submissa contra et ulla
callumpnia vel intentione fuerit vel excitare valeamus. Et hec omnia
adimplerc poUiceor. Nam quod apsit si contra hanc chartulnm quam
sponte fieri rogavi, agere aut causare vel litigare presumpsero et quod
aperte diccre studeo, si illa suprascripta medietate casalis dum vixeris
tibi toUere vel auferre voluero, tunc daturum me promitto una cum
heredibus meis libi vestrisque heredibus ante omni liiis initium pene
nomine auri optimi uncie sex, et post solutam pcnam maneat hec
(a) /fi altri documenti questo fondo appare col nome di Valeranus
204 T. Jedele
chartula in sua nihilominus firmitate. Quam scribendam rogavi
Grimoaldum scriniarium S. R. E. in mense et indictione suprascripta .vi.
y^ Crescentius Domini gratia nomenculator sancte Apostolice
Sed's. >J< Stefanus Dei nutu («) datibus iudex. >^ . . . . (b) Domini
gratia datibus (<=) iudex.
Ego Grimualdus («i) scriniarius S. R. E. post testium compievi et
absolvi.
X. ♦
1038, novembre 5.
« Instrumento di vendita d'una casa o grotta con case
« et lapide tivertìno poste in regione 4., nel Amfiteatro
« detto Colosseo, fatto da Benedetto di Andrea a Fingio-
« rato per una libra e mezza d'argento. Rogato da Bene-
0 detto Marino, scriniario » (i).
grypta una in integrum sinino hopere coperta cum medietate ....
sasum . . . pilarum ine et inde q . . vulgo vocantur ... ex lapide tiburtino.
Posita Rome regione quarta in ampiteatrum (e) quod nuncupatur
Coloseum. Et Inter affines ab uno latere crypta et terra de Guido
de Berta, et alio latere crypta de Doda caudica .... et a tertio latere
crypta et terra de . . . Singlorecto ... et a quarto latere via publica.
>J< Beno um qui Longo vocor.
(a) Nelle schede del Vati de Vivere (V.) ove sono riportate le sottoscrizioni
di questo documento, si ha nutus (b) Dalle schede del V. appare che il nome
dell' ultimo sottoscrittore doveva essere rappresentato nel documento originale
in maniera mono grammatica insieme con la croce ; non si riesce però ad in-
tendere quale potesse essere. (e) V. dativus (d) Nel transunto del Ro-
si ni, p.^, «.5, lo scriniario è chiamato « Grimaldo ». (e) Così.
(i) Tolgo il transunto del documento, di cui è perduto l'origi-
nale, dall' indice del Rosini, p. 3, n. 4; la parte del testo che segue,
è tolta dalle schede del Van de Vivere, e la riporto coni' è. Nel
transunto del Rosini il nome di « Fingiorato » è una interpretazione
evidentemente errata di « Singiorictus » o « Siniorictus ». Delle sot-
toscrizioni del documento originale il Van de Vivere, come egli
nota, ne riportò solamente alcune
Tabular ium S, oMariac V^vae 205
>~i Andrea videlicet(a) de Fresa.
Y^ lohannes videlicet qui Beclo (b) vocor.
>J< Ego Benedictus qui Marino vocor scriniarius &c.
XI.
1039, ottobre 11.
Leone, Berardo e Bona donano a Paolo, arciprete di
S. Maria Nova, « terram vacantem a foris iuxta archum
0 maiorem templi quod Domus Noba appellatur » (i).
Anno pontificatus Benedicti IX octavo, indictione octava, mense
octobris, die .xi. Leo, Berardus et Bona fratres et soror atque filii
cuiusdam (e) Petri bone memorie damus &c. vobis domno Paulo Do-
mini gratia religioso archipresbitero venerabilis ecclesiae sancte Dei
genitricis semperque virginis Marie et domine nostre que prius An-
tiqua nunc Nova appellatur, et per te cunctis aliis presbiteris ipsius
ecclesie &c. Idest terram vacantem a foris iuxta archum maiorem
templi quod Domus Noba appellatur, tantum scilicet ex ipsa terra
vobis donamus quantum per latitudinem esse videtur iam dictus
archus prefati templi quemadmodum exigitque in via publica. Hanc
igitur terram vobis concedimus prò eo quod vobis necesse videtur
ad vestram utilitatem, videlicet quia via exinde facere vultis ad per-
gendum sine impedimento tum qualecumque causa tam vobis pla-
(a) La parola videlicet qui e nella riga seguente è sicuramente una falsa
interpretazione di v. h. per vir honcstus Così non fu intesa nella riga ante-
cedente l' abbreviazione um per vir magnificus (b) Od anche Bcdo^ come
annota il V. (e) Od anche quondam vel condam (V.)
(ì) Di questo documento che sarebbe stato, forse, assai prezioso
per le sue indicazioni topografiche, non ci rimane che l'esccrpto
del Van de Vivere che qui si pubblica. Il Rosini, mnie interpre-
tando il contenuto del documento, ne ha dato (p. 3, n. 5 ) il tr.insunto
che segue: « Instrumento di donazione di un pezzo di terra, quanto
«era largo l'arco della cliiesa di S. M.-irin Nuova, fallo da Leone e
a Berardo, nobilissimi uomini, i P.mi la feniina, figli della
«ho. me '■ V' ' lolo arciprete ui detta chiesa. Rogato da
a Cresce ^luanto alla cronologia del documento,
vedi la nota alia caria xni.
2o6 T. Jedele
cuerit, silicet cum equis et asinis vel aliis quibuslibet animalibus non
solum vos sed etiam extranei et oratores qui ad vestram veniunt
ecclesiam causa orationis &c.
(Hoc transumptum fecit).
Ego Guillielmus dictus Garofalus de Bazardls Pergamensis pu-
blicus imperiali auctoritate notarius predictum publicum instrumen-
tum non cancellatunì &c. scripsi fideliter de mandato auctoritate et
decreto sapientis viri domni lacobi de Romano generalis auditoris
causarum curiae, reverendi in Christo patris domni fratria Ysnardi
Dei et Apostolice Sedis gratia patriarchae Anthioceni, domni pape
in Urbe vicarii in spiritualibus generalis ex potestate eius ordinaria.
XII.
1042, febbraio io.
« Instrumento di locazione per 1 1 anni d' un filo sa-
« linario fatto da Stefano a Ottaviano " puero magnifico "
« figlio di Teodoro scriniario per otto oncie d' argento.
« Rogalo da Giovanni, scriniario i-> (i).
Signum ^ manus suprascripti Stepliani qui liane chartulam
fieri rogavit
>J< Gregorio filio Michaelis medico, testis.
)^ Paulus filio lobo, testis.
)^ Arnoffo (0 filio Sassa, testis.
>J< Ego lohannes scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi et
absolvi.
XIII.
1042, ottobre 13 (2).
Teudaldo, « nobilis vir;;, per sé e la sua figliuola Be-
nedetta, assente, concede a Giovanni, Teudaldo e Pietro
(a) Così nel testo.
(i) Dall'indice del Rosini, p. 3, n. 6. Le sottoscrizioni che se-
guono, sono tolte dalle schede del Van de Vivere.
(2) Ho già notato altrove (Arch. d. R Soc. rom. ài si.patr. XXII, 67)
come alla data che lo Jaffé assegna (I, 319) alla morte di Gio-
Tabiilarium S. zMariae V^vae 207
un terreno da ridursi a vigna ed a pometo, posto nella re-
gione quarta « in Aura, infra locum qui dicitur Domus
«Nova», col patto che, ridotto il terreno a coltura nel
termine di otto anni, si dia annualmente ai concessori la
quarta parte del frutto.
r. >^ In nomine domini Dei salvaloris nostri lesu Christi. Anno
Deo propitio pontificatus domni nostri Benedicti summi pontificis et
universalis noni papae 2. in sacratissima sede beati Petri apo-
stolice (a) undecimo, indictione undecima, mense octuber, die tertia
decima. Quoniam 3. certum est me Teudaldus nobili viro qui
ab . . . ore (b) dicitur, tam prò me quam et prò ex persona Benedicte
filiae meae 4. qui absens es, hac die cessisse et cesi [ajtque [tradidi
nec] non et ad quarta reddendum ad (0 pastinandum d[e] 5. di,
nullo me cogente neque contradicente aut vim faciente sed propria
spontaneaque mea volunt[ate], 6. vobis domno Johannes qui
lubene vocaris W, seu Teudaldus eximio scriniario, atque Petrus qui
diceris («) Imperatore vir 7. ricis (S) sive germanis fratribus
et filii cuiusdam Benoni sutori, vestrisque etiam heredibus in per-
petuum et secund[um] 8. tenore istius pastinationis largire et
concedere placueritis. Idest terra vacante ubi hoIi[m] 9. fuit vi-
(a) Cosi nel testo. (b) [Imperat]ore (ì) (e) d aggiunto sopra la
linea. (d) voc (e) Jr (f) Da supplire, sembra: vir[is honcstis, vi-
t]ricis
vanni XIX ed alla elezione di Benedetto IX, ponendo questi avve-
nimenti nel gennaio del 1033, contraddicano il doc. $87 del Regesto
di Far/Uy voi. III, ed il doc. xxxix delle Carte del monastero dei
Ss. Cosma e Damiano in Mica Aurea. Secondo quest' ultimo (di Bene-
detto IX, anno 11, indizione 11, 29 ottobre), bisognerebbe ammettere
che Benedetto IX sedesse sul trono pontificale già nel!' ottobre
del 1032. Ora ciò viene confermato dal documento presente. Asse-
gnandosi difatti il 13 ottobre del 1042 all'undecime anno di Bene-
detto IX, conviene pensare che egli sia stato eletto prima del 13 ot-
tobre del 1032. Comunque sia di ciò, e giova ricordare che trattasi
di chartae pa^enses nelle quali talvolta le note cronologiche non sono
esatte, l'autorità di tre documenti può esser sufficiente a farci porre
la morte di Giovanni XIX e la elezione del suo successore, per lo
meno, anteriormente al gennaio del 1033. A queste conclusioni sono
anche conformi le note cronologiche del doc. xi, il quale però non
ci è giunto neiroriginale.
2o8 T. Jcdele
nea, et nunc iterum de omni vestro expendio vinea W pastinandum
atque inpomandum, cum versula io. res suos seu locum ad cal-
catorio ponendum et residendum, cum introitu et exitu suo comune
da locum ii. qui dicitur Trivio, ad carrum et asinum sive equi-
tibus introeundi et exeundi, cum uno alium inlroitum per vi 12. culo
exiente usque in via publica, et cum omnibus ad eam pertinentem.
Posita Rome regione quarto in Aura infra 13. locum qui dicitur
Domus Nova, quod est inter affines, a duobus lateribus teniente Ste-
phano scriniario cum suis 14. germanis, et ortuo de Leoni Petri
Imperato fiiius, a secundo latere ortuo de heredes quondam lohanni
et Gregorii qui vocatur(b) ab Aura, 15. et a tertio(c) latere modica
terra de heredes quondam lohanni Ruscii, et a quarto latere tem-
plum Romuli et ortuo de ecclesiam 16. sancte Mariae Nove. luris
cui existens. Ideo cedo trado ego qui supra contraditore a vos qui
supra laboratores Cd) de suprascripta terra 17. ad vineam pasti-
nandum de omni vestro expendio pastinare atque inpomare debetis,
ammodo et usque in annos 18. octo. Si in terminum octo an-
norum non habuerltis allebata et impomata, unam argenti libram
mihi com 19. ponere debetis et in antea allebare debetis. A
primo anno quod ibidem Dominus fructum donaverit 20. ammodo
et usque in perpetuum in quattuor dividamus partes, tres denique
languenas vos (0 qui supra laboratores, 21. quarta ad me qui
supra dominationes. Simihter de pomis exinde facere debemus. Ita
tamen ip 22. sa suprascr'pta vinea umquam in tempore nequa-
quam dividere debemus, sed usque in perpetuum quartam a vobis
exin 23. de recipere debemus, et quacumque tempore ipsa pre-
dieta vinea discaduta fuerit ut vinea minus 24. ibidem fuerit, in
nostra nostrorumque heredum revertar potestatem, absque omni
ostaculo. Et si 2;, aliquo in tempore vobis necesse fuerit, non
abeatis licentiam alieni primitus venundare, nisi ad 26. me meos-
que heredes pretio iusto minus denarios triginta, et si nos emere
noluerimus, licentiam abe 27. atis venundare cui volueritis, ad
talem hominem qui secundum tenore istius pastinationis ad 28. im-
plead et faciad. Pro quibus numquam a me neque ab heredibus meis
neque etiam a nulla magna par 29. vaque persona a me sum-
missa contra vobis vestrisque heredibus de suprascripta vinea qua-
libetCO moveritis questionem (g) aut 30. kalumnia, sed etiam si
opus aut necesse fuerit, stare me una cum heredibus meis et defendere
31. promitto vobis vestrisque heredibus ab omni homines et in omni
(a) vili neW interlineo. (b) qv (e) a tertio su rasura. (d) Nel
testo laborares (e) vos ncW interlineo. (f ) qual (g) questiò
Tabularium S. €Mariae V^ovae 209
loco omni tempore. In qua et iuratus 32. dico per Deum omni-
potentem sanctaeque (») Sedis Apostolica domni nostri Benedicti noni
papae, hec omnia inviolabiliter 35. conservare atque adimplere
promitto. Si enim quod absit si ego vel mei heredes contra 34. [vo]-
bis [vejstrisque heredibus de omnia que ut superius promissa non
observaverimus, promittimus vobis vestrisque heredibus com 35, po-
nere sex auri obtimi uncias, et post solutam poenam hec chartula
manead in sua fìrmitate. 36. Quam scribendam rogavi Stephanus
scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae in mense et indictione su-
prascripta .xi,
>J< Cohanne O').
>^ Crescentius filio Benedicto de Aura.
>Jh Crescentius de Senioritto.
^ (0
y^ Johannes Porcario gener Geòrgie sutori, teste.
>J< Ego Stephanus scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae post te-
stium compievi et absolvi (i).
XIV.
1050, decembre 25 - 105 1, agosto 30 (2).
Frammento di donazione testamentaria di una vigna,
posta fuori della porta di S. Lorenzo, fatta da Miccina,
« magnifica femina», a Gregorio, a Giovanni ed agli altri
figli di Giorgio, giudice dativo (3).
(a) Xel testo scae te q; (b) Nel testo cohe; forse per lohanne S'in-
contra la medesima sottoscrizione in un documento dell' archivio Capitolare di
S. Maria in Trastevere dell'anno 1057. (e) Questo rigo fu lasciato vuoto,
(i) Nel verso della pergamena, di mano del secolo xiii: «De
a vinea et templum in Q.uatronis ».
(2) Dalla pergamena essendoci dato solo l'anno quinto dell'im-
pero di Enrico III che incomincia il 2j decembre del 1050,6 l' in-
dizione quarta che ha termine il 30 agosto del 105 1, è evidente che
tra questi due limiti estremi deve porsi la data di questo documento.
L'anno del pontificato di Leone IX non può essere che il secondo
o il terzo.
(}) La pergamena è danneggiatissima. Le sostituzioni che io
propongo, esatte quan.o al contenuto, non possono però aver la
pretesi di supplire esattamente anche le parole che mancano nel testo.
ArchMo deUa R. Società romana di noria patria Voi. XXIII. \.\
210 T. Jedele
I. [i^ In nomine Domini. Anno . . . .]s domni Leonis noni papae,
atque Heinrici imperatoris anno quinto, indictione 2. [quarta,
mense .... die sepjtima. Quoniam certum est me Miccina ma-
gnifica femina, filia cuius 3. [dam . . . . aegrotam quidem corpore
s]ed Deo auxiliante pieno sensu et libero arbitrio, hac 4. [die
presenti dono et trado] secundum subscripto tenore, nullo me co-
gente neque contradi 5. [cente sed propria spontjaneaque mea
voluntate, vobis Gregorius et Johannes atque 6. [ («),
omnibus] filiis cuiusdam Georgi Domini gratia dativi ludici, seu et
omnes aliis 7. [filiis qui nascituri fuejrint, prò magno amore et
dilectione quam in vobis nunc habeo 8. [et si vitam no]bis pro-
lixam fuerit, multo magis habere cupio. Ideoque dono et 9. [con-
cedo, sed si Dominus] ex ac infirmitate ad sanitatem mihi perduxerit,
hec chartula inanis io. [et vacua fiat] si, quod non
obto, ex ac infirmitate hobiero, 11. [tunc eam habeatis teneatis
possideatis] et cui eam largir! vel concedere volueritis. 12. [Idest
vineam unam in integrum] ..... longum, cum versulariis (b) et cal-
catorio suo 13. [una cum introitu et exoitu suo et cum omnibus
eius pertinentiis], sita vero foris porta beati Lauren 14. [tii, in
monte sancti Ypoliti. Et inter affines, a duobus lateribus] a, ab
alio latere vinea Petri Sarra 15. [ceni et] Stephani scriniarii
de Giulia, et a quarto latere pastina 16 [Q.]ualiter mihi ac-
cidit per successionem parentum meorum, et quemammodum
17. [meis detineo manibus, vobis] heredibus, ut dixi, concedo trado
et dono. Cum benedictione patris 18. [omnipotentis, habeatis te]-
neatis possideatis, vestro iure vindicetis ac defendatis, vendendi do-
nandi 19. [commutandi] in vestram vestrisque heredibus sit pote-
statem. Et numquam a meis 20. [successoribus quamlibethabebitis]
questionem aut calumpniam, sed vobis defensores essent 21. [pro-
mitto, et haec omnia ad]implere polliceor. Nam quod absit si con
22. [tra hanc chartam] agere aut causare vel litigare presumpsero
per quovis 23. [modis ingenii promjitto una cum succesoribus
meis vobis vestrisque heredibus ante omne litis 24. [initium ....],
et post solutam poenam maneat hec chartula in sua nichilominus
firmitate. 25. [Quam scribendam rogavi Octavianum (0 scrinia-
(a) Cf. gli altri documenti di questo Tabular iuvt degli anni ioj2 lu'
gito, lojj novembre 4, e 106^ novembre i^, che si riferiscono a Gregorio,
marito di Miccina, ed a Giorgio, giudice dativo. (b) vers^ (e) Il nome
dello scriniario Octavianum, lo deduco dal confronto della scrittura di questo
documento con quella dei seguenti (mi. XVI, XIX etc.) che furono rogati ap'
punto dallo scriniario Ottaviano.
Tabularhim S. oMariae V^ovae 211
rium] sanctae Roraanae Ecclesiae, in mense et indictione suprascripta
quarta.
[Signum >J< manus suprascriptae Miccinae quae hanc] chartula
fieri rogavit.
testis.
testis.
.... Rusca Polonga.
testis.
[Petr]us Albanise, testis.
[>J< Ego Octavianus scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae] compievi
€t absolvi (i).
XV.
1052, luglio.
Gregorio, « illustris vir, qui vocatur Gregorii de Mi-
« chaelis », loca per diciannove anni a Peccio ed a Marto,
fratelli uterini, « viri honesti », un pezzo di terreno, posto
nella regione quarta « in Aura, infra locum qui dicitur
« Domus Noba ».
I. >J< A vobis petimus domno Gregorius illustris vir qui voca-
ris (a) Gregorii 2. de Michaelis nomine W, uti nobis Peccio seu
Marto viri honesti uterinis 3. sive germanis fratribus heredesque
nostros, licentiam abeamus ad supplendum et deti 4. nendum
inferius conscriptos annos, quatinus cum Christi auxilio locare com-
mittereque iubeatis 5. libellarii nomine. Idest terra vacante se-
dium unum in integrum ad domum et quicquit voluerimus facien-
dum, 6. quod est ipsa terra longae lateque in omni fronte paedes
numero (0 viginti, omncs namque ad pedes sum 7. missales
ìustos mensuratos, cum modica corticclla ante se, cum introito et
exitu suo commune W 8. da Trivio cambiatoris ad carrum et asi-
num sive equitibus introeundi et exeundi, cum unum ali 9. uni
(a) Nel testo voc. (b) noni (e) num (d) com ; qui ed in seguito.
(l) Nel verso delia pergamena di mano del xii secolo: «( Car-
« tuia vince extra portam sancii Laurcntii » ; una mano, di poco po-
steriore, aggiunse: «in monte saocti Ypoliti ».
212 y. Jedele
introitum per viculum exiente usque in via publica, et cum omnibus (»>
ad eam pertinentera. Posita Rome regione io. quarto in Aura
infra locum qui dìcitur Domus Noba, quod est inter affines, ortuo
dae heredes Petrus ii. de Albana, a secundo latere orticello de
vos qui supra dominationes, a tertio latere orticello de Johannes Di
12. midiam mazza, quem per libelli detinet da Bona filia Eminfredus,.
et a quarto latere suprascripto [in] 13. troito commune qui exiit
foris a Tribio cambiatoris. luris vestri dominii. Ad tenendum colen-
14. dum et domum ibidem faciendum et in omnibus meliorandum,.
a diae kalendarum iul[iarum] 15. presenti quinta indictione et
usque in pridias calendas easdem in annis vidaelicet decem ló. et
novem tantum. Undae autem recepistis vos qui supra dominationes
a nos qui supra libellarii 17. prò libaellatico hobtimi argenti de-
narios uncia una. Ita sanae ut prestet ex ei[s] 18. rationibus pars
nostra vestreque partis, singulis quibusque annis sine aliquam mora
19. vel dilationae, pensionis nomine, denarìos argenteos quattuor
tantum in atsumtione sanctae Mariae. 20. Et non habeamus li-
centiam hunc libellum vel annos quod in eum continet a nulla ex
21. tranea persona primitus vendere, nisi ad te tuosque heredes in
pret'um quantum iustae a 22. pretiatum fuerit minus denarios-
duodecim, et si vos emere nolueritis, licenti 23. am habeamus
vendere ipsi anni nostri cui voluerimus, tali persone hominum ut
24. omnia que superius legitur, vobis persolvat, et ipsos denarios
duodecim vobis tribù 25. amus. Si qua vero pars contra fidem
horum libellorum venire temtaverit, 26. tunc det pars infidaelis
partis fidem servanti ante omne litìs initium 27. poene nomine
auri obtimi uncia una, et post solutam poenam maneant horum li-
bellorum 28. chartulae in earum nihilhominus firmitate. Unde
petimus ut unum ex duobus 29. libelli uno tenore conscripti per
manum (b) Theodaldi scriniarii sanctae Romanae Ecclesiae una cum
30. vestra roborationae nobis contradere dignetis, ut dum consecuti
fuerimus 31. agamus Deo et vobis maxìmas gratias. Anno quarto
pontificatus domni nostri Leonis 32. sanctissimi papae atque Ein-
rici invictissimi Romanorum imperatoris anno sexto, in men 33. se
et indictione suprascripta quinta.
Signum >J< y^ manuum (b) suprascripto Peccio atque Marto ger-
manis fratribus qui hanc appare fieri rogavimus.
y^ Johannes Sardo de Leo de Petrus de Inperato.
>J< Bivo de Benedicta Caprola.
^ Sabino de Andrea de Genzo.
(a) Nel testo omib^ (b) man
Tahularium S, oMariae V^opae 213
>ì< Achinello de lohanni de Amico.
>ì< (a)
^ Ego Theodaldi scriniarii sanctae Romanae Ecclesiae compievi et
absolvi.
XVI.
1055, novembre 4.
Gregorio, figlio di Gregorio di Michele, dona alla
chiesa di S. Maria Nova un orto « cum duabus domucellis
« carticineis iuxta se», posto «in Aura iuxta templum
« Romuli )).
I. ^ In nomine Domini. Anno primo pontificatus domni Vi-
ctoris secundi pape, atque Heinrici imperatoris anno nono, 2. in-
dictione nona, mense novembri, die quarta. Q.uoniam certuni est
me Gregorium Gregorii de Michaele filium, 3. egrotum quidem
corpore, mente tamen sana, a presenti die dono cedo trado et in-
revocabiliter 4. largior simulque offero, propria spontaneaque mea
voluntate, tibi beat? Dei genitrici semperque virgi 5. ni Marie
domine nostr?, et per te in tua sacratissima ecclesia que holim .\n-
tiqua vocabatur nunc autem 6. Nova, et in cunctis tuis servito-
ribus presbiteris qui ibidem modo sunt et in eternum (•>) fuerint, prò
7, omnipotentis Dei amore mercedeque redemptionis anima mea et
anima Miccin? ben? memori? holim con 8. iugis mcae, ut ali-
quantulum indulgentiam ex nostris dclictis valeamus accipere a piis-
simo 9. unico filio tuo Domino nostro. Idest ortum poniaium
unum in integrum, cum duabus domucellis io. carticineis iuxta
se, veluti mihi pertinere videtur per successionem suprascriptae Mic-
cini beat? memori? 11. quondam coniugis meae, et meis detineo
manibus, atque introiiu et exitu earum vcl cum J2. omnibus
suarum pertinentiis. Posita in Aura regione iuxta templum Romuli.
Hanc 13. autem a die presentis donationisque chartulam tibi con-
tradidi et tuis servitoribus ut cum bcncdicti 14. one omnipoicniis
Dei eas habeas teneas possideas, tuo iure vindices ac defendas, vel
quicquid exinde fa 15. cere voluerint servitores tui prò tua utili-
tate et melioratione suprascriptae tu? ?cclcsiac, in eorum sii poiestaie.
16. Et Dumquam a me meisque successoribus nut a me summissa per-
(a) Questo rigo fu lasciato vuoto. (b) Ktl testo elùm
214 T. Jedele
sona contra te tuosque servitores qualibet mo 17. veri questionem
aut calumpniam, sed ego et meis successoribus defendere eas tibi tuis-
que servitoribus prò 18. mitto ab omni homine omni tempore. Et
hec omnia adimplere polliceor. Quod si non fecero, vel si 19. con-
tra hanc chartulam per quemcumque modum ego aut successores vel
consanguineos meos litigare presump 20. serimus, tunc compo-
sìturi simus tibi tuisque servitoribus pene nomine dimidiam auri
libram, 21. et post solutam poenam, maneat hec chartula in sua
nihilhominus G^) firmitate. Quam scribendam rogavi Octavianum scri-
niarium in mense et indictione suprascripta .vini.
Signum >Jh manus suprascripti Gregorii qui hanc chartula fieri
rogavit.
(b)
Astaldus filius Crescentìi de Tedaldo, testis.
Paulus de Theoderanda, testis.
Petrus neptus Baldi erarii, testis.
>^ Ego Octavianus scriniarius compievi et absolvi (i).
XVII.
1060, aprile 29.
Astaldo, figliuolo di Crescenzo di Tedaldo, istituito
fideicommissario da Maria Bona, sua consorte, dona, per
legato, alla chiesa di S. Maria Nova F eredità di lei in
case e terreni.
I. ^ In nomine Domini. Anno secundo pontificatus [domni
N]icolai pap? secundi, indictione tertia decima, mense 2. aprelis,
die vlcesìma nona. Quoniam certum est me Astaldum filium Cre-
scente de Tedaldo, a pre 3. senti die dono cedo trado et inrevo-
cabiUter largior simulque offero, propria spontaneaque mea volun-
tate, 4. tibi beata et superexaltata Dei genitrix virgo Maria do-
mina nostra, et per te in tua sacratissima ecclesia 5. que quondam
(a) Nel testo nihil homns (b) Mancano i nomi di due testimoni per i
quali furono lasciati due righi vuoti nel testo.
(i) Nel verso della pergamena, di mano del xii secolo: « Car-
« tuia de uno horto pomato et duabus domibus in Quatronis ».
Tabular ium S. oMariae V^oi^ae 215
vocabatur Antiqua nunc autem Nova, in qua est domnus Gregorlus
religiosus 6. archipresbiter et canonicus, aliisque tuis servitoribus
canonicis qui ibidem nunc sunt et in antea 7. intraturi sunt in
perpetuum, prò omnipotentis Dei amore mercedeque redemptionis
anime Mari? 8. Bone (») bone memorie coniugis meae, ut ali-
quantulum indulgentiam ex suis delictis valeam accipere a pi 9. is-
simo unico fìlio tuo Domino nostro lesu Christo. Idest criptam a
sinino solaratam unam in integrum cum io, omnia sua perti-
nentia, nec non dimidiam domum solaratam teguliciam et scandoli-
ciam in integrum 1 1 . cum inferiora et superiora sua a solo terre
et usque ad summum cum scala marmorea an 12. te se, illam
medietatem que est ab ecclesia Salvatoris cum orticello iuxta se, et
medietate 15. de ortu pomato post se, sicut ipsa mea coniunx cum
sua germana Constantia divisit, 14. et dum vixit detinuit, atque
terra vacante ultra alteram dimidiam eiusdem domus Constanti?
15. cognate meae, et iuxta atengiam Georgii iudicis, cum introitibus
et exitibus earum per cortem maiorem communemW 16. a via pu-
blica, et medietate de terra vacante que reiacet iuxta ortu lohannis
de Leone Celicio et Sergio, vel 17. omnia que ibidem in por-
tione suprascripte Mari? Bon? bone memorie coniugis meae evenit
et ad mortem suam detinuit, pre[ter] icS. portionem suam de
Arco Maiore que dicitur Triumfale, cum atengia sub se, cum por-
tione earum de iam dieta ma 19. iore corte communi, et preter
portionem de domu cum suis pertinentiis ubi resides Johannes pre-
sbiter. Hanc autem a die 20. presentis donationis chartula exinde
tibi tuisque servitoribus contradidi quia ipsa mea coniunx ad mortem
21. suam mihi precepit et fideicommissario constituit, ut post mor-
tem suam totam suam predictam hereditatem 22. ob remedium
anime su? vobis vestr?que prephate ?cclesi? concederem, propter pre-
tium octo argenti denariorum libras. Q.uas 23. eo tenore vestre
predici? ecclesie offero, ita ut umquam non habeant potestatem ulla
persona hominum magna 24. vel parva a vestra potestate eas
alienare, nisi prò commutatione meliorationis causa aut per emp
25. tionis bone hereditatis ad opus ipsius vestr? ?cclesi?. Quod si
fecerint, sit irrita alienatio ipsa, et pre 26. sides vel populares
vestr? ipsius ?cclesiae aut heredes vel consanguineos meos habeant
potestatem 27. revocandi ea in perpetuum ipsa servitorique eius.
Et numquam a me mcisque heredibus et successoribus 28. aut a
me summissa persona magna sive parva contra te tuosque servitores
(•) bone fu aggiuulo nel margint della ptrgamtna dalla mano slitta dtl
notaio. (b) coni ; qui ed in seguito.
21 6 T. fedele
qualibet 29. moveri questionem aut calumpniam, sed ego et he-
redes ac successores vel consanguineos meos 30. eam tibi tuisque
servitoribus defendere promitto ab omni homine omni tempore. Et
hec ommia adira 31. plere polliceor. Si quis vero contra hanc
chartulam per quemcumque modum litigare presumpserit, 32. tunc
sciat se anathematìs vinculo innodatus esse, insuperque existat tibi
tueque 33. prenominate ?cclesiae et servitoribus tuis compositurus
duas libras auri, et post 34. solutam poenam maneat hec fhar-
tula in sua nihilominus (») firmitate. Q.uam scribendam rogavi lolian-
nem scriniarium, in mense et indictione suprascripta .xiii.
Signum >J< manus suprascripti Astald', qui hanc chartula fieri
rogavit.
>5< Ego Octavianus scriniarius testis, et meis manibus has litte-
rulas feci (i).
>J< Johannes Veculus rotarius, testis.
Gregorius de Romano Racano, testis.
^ Romanus sartore, test's.
Donadeo, testis.
>^ Ego Johannes scriniarius compievi et absolvi (2).
XVIII.
1061, marzo 7.
Gregorio, arciprete e canonico della venerabile cano-
nica di S. Maria Nova, concede, sino alla terza genera-
zione, a Giovanni, figliuolo di Leone «de Ruscia», la
metà di una cripta posta nella regione quarta, « in Am-
« phitheatro malore quod appellatur Colosei».
I. ^ In nomine Domini. Anno tertio pontificatus domni Nicolai
pap? secundi, indictione 2. quarta decima, mense martio, die se-
(a) Nel testo nihl omns
(i) Questo documento è difatti scritto per mano di Ottaviano;
e ciò si deduce anche dal confronto delle altre pergamene scritte
dallo stesso notaio.
(2) Nel verso della pergamena di mano del sec. xi-xii: « Car-
« tuia de cripta una integra et dimidia domo solarata et cum medic-
ee tate orticelli iusta se et aliam medietatem orti post se ad Arcum
« Triumhale (coji) »; di mano più recente: <f iusta coliseum ».
Tabu l ari um S. oMariae V^ppae 217
prima. Placuit igitur cum Christi 3. auxilio atque convenit inter
doranum Gregorium religiosum archipresbiterum 4. et cano-
nicum venerabil's canonie? sancte Dei genitricls semperque virginis
Mari? 5. domine nostr? que nuncupatur Nova, per consensum om-
nes canonicos eiusdem, 6. et e diverso lohannis filio Leonis
de Ruscia, sicut suscepit ab eis 7. conductionis ?cclesiae. Idest
medietatem de cripta terrinea in integrum a si 8. [nino c]oho-
pertam, cum medietatem de curte ante se, atque inferiora 9. [et]
superiora sua a solo enim terre et usque ad summum, seu introitu
IO. et exitu suo communi usque ad viam publicam vel cum omni-
bus ad eam 11. pertinentibus. Posita Rome regione quarta in
Amphitheatro (») maiore quod appellatur Colosei. 12. Inter affines,
a primo latere alteram medietatem eadem cripta cum ea cuncta pre-
phati 13. lohanni, a secundo latere criptam Petri Beccli, a tertio
latere criptam Spose, et a quarto latere 14. prescriptum com-
munem introitum. luris prescript? canonie?. Ita ut suo studio suoque
15. labore suprascriptus labore W criptam predictam cum suis pre-
phatis pertinentiis in omnibus :6. tenere et possidere debeat et
ad meliorem faciendum Deo iuvante cultum perducat, 17. ipse
heredesque suos prò futurum usque in tertium gradum, tertium he-
redem, tertiam personam, 18. tertiam generationem, hoc est ipse
et filiis nepotibusque su"s ex filiis legitimis procre 19. atis. Quod
si vero filiis aut nepotibus minime fuerint, uni etlam extraneae personae
20. cui voluerit, relinquendi abeat licentiam, exscepto piis locis vel
publico numero 21. militum seu bando, servata dumtaxat in omni-
bus proprietatem suprascrìptae ?cclesiae. Pro qua 22. tribuit pre-
dictus Johannes prescriptis presbiteris decem argenti denariorum
solidos, et dare atque inferre 23. debet in eadem ?cclesia, sin-
guHs quibusque annis sine aliqua mora vel dilatione, 24. pcn-
s'onis nomine, denarium argenteum unum in assumptione san-
ctae Mari?. Completa vero terti[am] 25. generationem, hut supcrius
legitur, tunc suprascripta omnia ad ius suprascriptae canonie?, cuius
est proprietas, 26. modis omnibus revertantur. Et hec omnia
adimplere polliceor. Quod si quisquam 27. eorum centra huius
chartulac placiti in toto vel in parte quol bet modo venire tempta-
verit, 28. tunc daturos se heredes successoresque eorum promit-
tunt pars infidelis parti fidem servanti 29. pene nomine supra-
scriptum pretium duplum, et post solutam poenam nianeant hec
chartulae cnphyteoseae 30. in earum nihilhonimus(0 firmitaie.
(a) S'el tisio ampitheatro (b) Cosi nel testo, dove si sarebbt dovuto
din lohannc} (e) S'el testo nihil hoinn»
2i8 T. Jedele
Has autem duas uniforme uno tenore 31. conscriptas chartulas
milìi lohanne scriniario scribendas pariter dictaverunt, easque pro-
priis 32. raanibus roborantes testibus ab eis rogatis obtulerunt
subscribendas et 33. sibi invicem tradiderunt sub stipulatione et
sponsione sollemniter interposita.
Actum Rome die anno pontificatus, in mense et indictione su-
prascripta quarta decima (a).
Signum y^ manus suprascripti lohannis qui liane appare rogavit.
Octavianus sartore Manni filius, testis.
Tocco sartore, testis.
Petrus de Angelo presbitero, testis.
>J< Ego lohannes scrìniarius compievi et absolvi (i).
XIX.
1062, gennaio 23.
Gregorio, arciprete e canonico di S. Maria Nova, con-
cede, «per enphyteoseos cliartulas » , a Fuscone una casa,
posta non lungi dalla chiesa di S. Maria « prope Arcum
« Septem Lucernas ».
I. >J< In nomine Domini. Anno primo pontificatus domni Alexandri
pap? secundi, indictione 2. quinta decima, mense ianuario, die vi-
cesima tertia. Ego Gregorius archipresbiter 3. et canonicus ve-
nerabilis canonie? sanctae Christi virginis Mari? domin? nostre que
olim Antiqua 4. vocitabatur sed modo Nova, per consensum cun-
ctorum presbiterorum ipsius nostr? ecclesiae, 5. spondeo promitto
atque polliceor, propria spontaneaque mea voluntate, tibi Fusconi
6. quondam filio lohannis sartoris tuisque heredibus et successoribus
in perpetuum. Idest quia 7. nunc tibi concessimus per enphyteo-
seos chartulas domum illam unam terrineam 8, scandoliciam et
cartiquiciam (b) cum orticello post se et cum suis omnibus perti
9. nentiis que quondam fuit de Laurentio presbitero nostr? predict?
ecclesiae qui eam in ipsa io. nostra ecclesia offeruit, non procul
ab eadem nostra ecclesia posita, prope Arcum scilicet 11. Septem
Lucernas. Pro qua nunc a te recepimus pretium quadraginta argenti
(a) Nel testo .xiii.ma (b) Così nel testo.
(i) Dell'antica annotazione nel verso della pergamena, quasi in-
teramente svanita, non sono rimaste che pochissime tracce ; sembra
dicesse: « Cartula de cripta in Coles[eum] ».
Tabularium S. oMarìae V^vac 219
dena 12. riorum solidos, idcirco ab ar nosto(0 suisque heredibus
et ab omni persona hominum 13. magna sive parva promitto ego
meique ipsius ecclesiae successores eam tibi tuisque heredibus et
successoribus 14. amodo in antea si necesse fuerit omni tempore
gratis defendere. Quod si legibus 15. facere noluerimus aut non
potuerimus, vel si contra hanc chartulam per quemcumque 16, mo-
dum facere presumpserìmus, tunc composituri existamus tibi tuisque
heredibus et 17. successoribus pene nomine suprascriptos quadra-
ginta solidos duplos, et post solutam 18. poenam maneat hec
chartula in sua nihiiominus fìrmitate. Quam scribendam rogavi
Octavianum 19. scriniarium sanctae Romanae Ecclesiae, in mense
et indictione suprascripta quinta decima.
\ \ '. \ '.'.'.'.'. \ \ \ \ '. '.0)
Octavianus calciolarius, testis.
Romanus calciolarius Sass? fìlius, testis.
Petrus gener Crescente de Gizo, testis.
>^ Ego Octavianus scriniarius compievi et absolvi (i).
XX.
1065, febbraio i.
Gregorio, « Blasii episcopi quondam fìlius », vende alla
chiesa di S. Maria Nova una pezza di vigna, posta fuori
della porta di S. Lorenzo, nel monte di S. Ipolito.
1. ^ In nomine Domini. Anno secundo pontificatus domni
Alexandri papae secundi, indictione prima, mense fé 2. bruario,
die prima. Ego Gregorius Blasii episcopi quondam fìlius, hac die
cedo, trado et propria 3. spontaneaque mea voluntaic venundo,
tibi beata Dei genitrix virgo Maria domina nostra tueque sacratis-
sim? 4. canonie? que olim Antiqua vocabatur nunc autem Nova,
in qua est domnus Gregorius archipresbiter et canonicus 5. c[u]n-
ctique canonici qui in ea nunc sunt et in perpetuum fuerinl. Idest
unam in integrum peiiam vineae bovaric?, cum 6. [vejrsuiariis
suis et calcatorio, atque introita eius et exitu communi usque ad
(a) Coù nel lesto; forse Arnosto {ì) (b) Kel testo furono lasciati vuoti
tre righi, il primo dei quali destinalo al signum m a nus dell'autore del do*
lumtnto; gli altri a due testimoni.
(i) Kel verso della pergamena: «In Palladii».
220 "P. Jedele
viam publicam ei cum omnibus suis 7. [per]tinentiis. Sitarti foris
poitam sancti Laurentii, in monte sanai Ypoliti, affines eius, ab uno
latere vineam Crescentii 8. Cazuli, ab alio latere vineam Georgii
iudicis, a tertio vineam monasterii sancti Laurentii, a quarto vineam
et terram Leonis 9. et Sergii. Qualiter mihi accidit per meam
comparationem et nunc meis quietis manibus teneo, taliter eam
IO. tibi tueque ìam dict? ecclesiae et servitoribus suis contradidì.
Accepi ego exinde a te pretium et a servitoribus 11. ipsius ve-
str? canonie? quinque argenteos denariorum papiensium crossas
libras corani subscriptis testibus, idcirco 12. chartulam istam
venditionis exinde tu? prescript? ecclesiae et presbiteris eius in pre-
sentia domni Benedicti dativi iudicis trado. 13. Ita ut in omni
decisione ab hodierna die licentiam et potestatem habeant presbiteri
ipsius vestre ecclesiae de presenti introeundi 14. utendi fruendi
et in perpetuum possidendi eam. Et numquam a me meisque he-
redibus et successoribus aut a me summissa persona ali 15. quam
exinde habeant questionem aut calumpniam tu? prefate ecclesiae
et servitoribus eius, sed si fuerit necesse defen 16. damus eam
tibi ipsiusque tu? ecclesiae ab omni homine omni tempore. Et hec
omnia adimplere polliceor. Quod si non fecero 17. vel si contra
hanc chartulam per quemcumque modum ego aut heredes vel suc-
cessores mei litigare presumpserimus, aut si hereditatem ipsam
18. defendere vobis noluerimus aut non potuerimus, si opus fuerit,
tunc composituri simus tibi tueque prelibat? ecclesiae 19. et ser-
vitoribus eius pene nomine suprascriptum pretium duplum, et post
solutam poenam maneat hec chartula in sua nihilominus fìrmitate.
20. Quam scribendam rogavi Octavianum scriniarium, in mense et
indictione suprascripta prima.
Signum >J< manus suprascripti Gregorii, qui hanc chartula fieri
rogavit.
)t^ Benedictus Domini gratia dativus iudex.
>^ Alcerius Salomonis filius, testis.
>J< Romanus calciolarius Saxe filius, testis.
>J< Ferraccius filius lohannis sartoris, testis.
>J< Fusco frater eius, testis.
>J< Cencius de Crescentio archipresbitero sancti Theodori, testis.
y^ Ego Octavianus scriniarius compievi ed absolvi (i).
(i) Nel verso della pergamena, di mano del xii secolo: « Car-
« tuia vineae ad portam sancti Laurentii in monte sancti Ypoliti
« quam vendidit ecclesie sancte Marie Nove Gregorius filius Blasii
« episcopi ».
Tabu lari um S, oMariac V^ovae 221
XXL
1063, novembre 19.
Frammento di cessione di una pezza di vigna, posta
nel monte di S. Ipolito, fuori della porta di S. Lorenzo,
fatta da Giorgio, giudice dativo, a Maria, figlia naturale
di Gregorio, fratello di lui.
I. ^ In nomine Domini. Anno tertio pontificatus domni Alcxandri
secundi pap?, indictione secunda, 2. mense novembrio, die nona
decima. Ego Georgius Domini gratia dativus iude[x, per consensum]
3. Zit? coniugis meae, a die hac concedo et inrevocabiliter trado
secundu[m rationcm] 4. subscrìptam, propria spontaneaque mea
voluntate, libi Maria naturalis filia ol[im fratris mei Gregorii] 5. tuis-
que heredibus et successoribus vel cui largiri et concedere volueris
secundum rati[onem subscrìptam]. 6. Idest unam petiam vineae
bovaric? in integrum, cum versulariis et caI[catorio atque ìntro]
7. itu et exitu ad viam publicam et cum omnibus eius pertinentiis.
[Posila foris portam] 8. sancti Laurentii, in monte sancti Ypo-
liti. Affines eius, ab uno latere [vineam Crescentii Ca] (0 9. zuli,
ab alio latere vineam ecclesiae sanctae Mari? que vocatur Nova, a
tertio [vineam Petri Sarraceni] («), io. a quarto vineam heredum
episcopi Sabinensis. Hanc [autem vineam cum versulariis et calca-
torio suo et cum] 11. omnibus suis pertinentiis a die ista tibi
concedo et do [ut habeas possideas, ad fruendum utendum] 12. te-
nendum ad proprietatem, illam trado propter se[ptem grossas ar-
genti dena] (*) 13. riorum libras quas Gregorius frater meus
la[rgitus est patri nostro Gregorio] 14. de Michaele, de quibus
usque nunc tibi deb[itor... Proinde hanc] 15. petiam vineae
cum pertinentiis eius ita ad tenen[dum ad proprie] 16 tatem tibi
trado, ut si, quod non obto, morie[ris] 17. sine licrede, tunc
vinca ipsa cum pertinentiis [suis] ... 18. ut quando lioc evenerit
dcmus matri tu?... [denariorum li] 19. bras si viva fuerit ad
facicndum quid[quid voluerit] ... 20. eam ipsa tua hercs eo tenore,
si... 21. dcmus nos iam dict? matris . . . 22. et vinca ipsa
tunc in nobis... [proprie] 23. tate aliqua vinca... 24. ex
(«) Supplisco dalle scbtdi dti V. che trascrisst in partt qutsto doeu-
mento.
222 "P. Jedek
viginti quinque a.. . [perti] 25. nentiis eiu[s]
« (a) Quam rescribendam rogavi Octavianum scriniarium in mense
« et indictione suprascripta secunda. y^ Ego Georgius Domini gratia
« dativus index manu propria confirmavi.
« Signum >J< manuum suprascriptae Zia? (b) coniugis eius ab eo
fieri cons.
« Ilperinus Bonizonis Auriccliiti filius, testis.
« >J< Cencius filius Luccii, testis.
« y^ Belizo filius lohannis de Angelo presbitero, testis.
« >J< Bonushomo Petri Maliabacca filius, testis.
« ^ Mannus filius Attonis colonis, testis.
« >J< Ego Octavianus scriniarius compievi et absolvi » (i).
XXIL
10Ó5, novembre 1 1.
Giovanni, figlio di Giovanni «de Paparone», rinunzia a
vari terreni, alla porzione di un molino ed a cinque orti
in favore di Tita, « nobilissima femina », sua sorella.
I. >J< In nomine Domini. Anno quinto pontificatus domni no-
stri Alexandri papa? secundi, indictione quarta, mens? november,
die undecima. 2. Ego lohannes filius lohannis de Paparone, hac
die coram presentiam notandorum testium, cessi decisi 3. diffi-
(a) Questa parte del testo, contrassegnata da virgolette, e tolta dalle schede
del V. (b) Cosi nel V. per Zit?
(i) Per lo stato frammentario di questa pergamena, mutila nella
parte inferiore, e nel resto strappata diagonalmente, in tempi recenti,
gioverà qui riportare il transunto fattone dal Rosiki, quando essa
doveva essere in condizioni migliori (Indice cit. p. 5, n. i): « Instru-
« mento di vendita d'un pezzo di vigna posta nel monte S. Ippolito
« fuori di porta S. Lorenzo, fatto da Giorgio dativo giudice a Maria
« figlia naturale di Gregorio di lui fratello per libre sette grosse d' ar-
« gento " denariorum " pagate dal detto Gregorio per motivo della
« detta Maria a Gregorio de Michaele, padre d' entrambi. Rogato da
«Ottaviano scriniario ». Nel verso della pergamena di mano del
secolo XII : « Cartula de uno petio vinee » ; una mano, di poco po-
steriore, aggiunse: «in monte sancti Ypoliti ».
Tabulariiim S. oMariae V^vae 223
nivi, atque per omnia refutavi, propria spontaneaque mea voluntate,
tibi Tira nobilissima femina 4. germana mea, tuisque heredibus
ac successoribus, in perpetuum, et cui largire et concedere placueris.
5. Idest, ut dictum est, omnino tibi refuto totam terram sementa-
ricia eulta vel inculta, quanta 6. cumque fuit Romani de Melio
ad Salone (») cum silva et pantano cum portione de sedium 7. aqui-
moli. Refuto etiam tibi universam terram cultam vel incultam quan-
tacumque 8. fuit predicti Romani nostri consanguinei, que dicitur
da sancta Helena, et totam 9. terram que abuit ipse prephatus
Romanus, iuxta Forma de Basari, cum piscina sua io. et cum
omnibus que ibi abuit, et quinque hortus in Tabernuli cum longura
terre 11. que est inter pratum mei lohannis et vineae que fue-
runt Uuidonis lohannis de Episcopo. Ad hec refuto 12. tibi duos
petios terre in Loreto quibus via dividit hinc et inde, sicuti fuit
prescripti 13. Romani. Super hoc refuto tibi omnia quecumque
abuit iam phato Romano in 14. sancta Scolastica in ortis criptis
seu domibus. Hec predicta omnia sicuti 'domni 15. Romani no-
stri consanguinei fuit et dum ipse vixit suis (b) potestatibus tenuit,
16. presentialiter modis omnibus tibi tuisque heredibus refuto, ad
faciendum tu et heredes tui 17. quodcumque volueritis. Sub obli-
gatione pen§, si in aliquo tempore quod absit ego vel 18. he-
redes mei aut a nobis summissa persona quoquo modo quovis in-
genio ex suprascripta 19. omnia quam tibi voluntarìe refutavi
agere causare litigare presumserimus, 20. composituri existamus
tibi tuisque heredibus decem libras optimi auri, et soluta pena
21. hec refutationis chartulam firma permaneat. Q.uam scribendam
rogavi Leonem 22. scriniarium in mense et indictione suprascripta.
Signum >^ manus suprascripti lohannis rogatoris.
(0
Cencius Andree, testis.
Johannes filius de Cazzulo, testis.
>J-< Petrus Conte filio Johannes Ruscio, testis.
>^ Theodorus de Laurentius, testis.
>^ Ego Leo scriniario sanctae Romane Ecclesiae compievi et absolvi (1).
(a) AT^i testo ad salone ; da intendersi forst Adsaloae (b) Il steondo $
corretto da t (e) Questo rigo fu lasciato vuoto nel testo. Così manca il
signum manus avanti ai nomi del primi due testimoni.
(i) Nel verso della pergamena, di mano del xii secolo: «Car>
a tuia refutationis de silva et pantano cum parte aquimoH, et terram
a ad sanciam Helenam, et terram iusta Forniara de n.issari et .v. ortos
«in Tabernulis, et duobus petiis terre in Loreto
224 "P- Jedele
XXIII.
1° settembre 1070 - 30 agosto 1071.
Frammento di vendita di una vigna posta fuori della
porta di S. Lorenzo nel monte di S. Ipolito, e di una
vigna posta in Roma « in tempio Domus Nova » fatta da
Romano, figlio di Leone di Pietro «de Imperatore», alla
chiesa di S. Maria Nova.
I. [>J< I]n nomine Domini. Anno 2. . . W [dojmni Alexandri
secundi papa?, indictione nona, mensis 3. . , . [die] ma. Ego
Romanus filius Leoni de Petro de Imperato 4. [re] a. Hac
die cessissem et cessi atque tradidi nec 5. [non venumdavi, null]o
me cogente neque contradicente aut vim faciente 6. [sed pro-
pria] spontaneaque mea voluntate, tibi beata et gloriosa semperque
7. [virgini Mari]a domina nostra, et per te in tua venerabilis ecclesia
que vocatur Nova, in 8. [qua videtur esse] priorem atque erectorem
domnus Petrus cancellarius ac car 9. [dinalis sancte Rom]ane Eccle-
siae, ceterisque aliis servitoribus quibus io. [nuric sunt vel erunt
intrjaturi in perpetuum. Idest unam petiam vineaeW bova 11. [rice
in integrum sicut subs]cripti affines concluduntur, cum versulariis
12. [suis et calcatorio suo a]tque introitu vel (0 exìtu suo ad viam
publicam, et cum 13. [omnibus suis pertinentiis]. Posita foris
portam sancii Laurentii 14. [in monte sancii Ypo]lili W, Inter
affines, a primo latere vineam 15 [a duobus aliis l]ate-
ribus vineam predicli sancii Laurentii, 16. [a quarto latere] (e)
a via publica. Qualiter michi accidil 17. [per successionem pa-
renlum meorum(^)] et quemammodum secure et quiete t8. [meis
delineo manibus, ita e]am vobis veslrisque successoribus concedo tra
19. [do in perpetuum. Simul et] venundo vobis omnia mea portione
20. [de vinea in tempio] Domus Nova, cum pomibus 21
[infra] se abentem, cum introitu vel exilu 22. [suo et cum omni-
bus eius] pertinentiis, Hanc vero cessi (g) venditio 23. [nis chartu-
lam, quod] esl suprascripla vinea petia luna in integrum cum sua
(a) nono vel decimo (b) vin; così sempre. (e) vel sopra la linea.
(d) 'Nel testo ... ili (e) Da supplire forse introitus communis (f) vel per
meam comparationem (g) Così nel testo.
Tabiilarium S. oMai^iae V^oi'ae 225
24. [pertinentia et po]rtione de vinea in tempio Domus No 25. [va,
accepi ego vendijtor a vobìs coram presen 26. [tia subscriptorum
testium argenjti quattuor libras 27 [denariorum mihique placajbili,
in omni vera decisione, et 28. [ab hodierna die licentiam habeatis]
omnia ut superius legitur de presen 29. [ti introeundi utendifruendi]
commutandi vel quicquid exinde face 30. [re volueritis in perpe-
tuum], et numquam a me neqiie ab ali 31. [qua summissa persona
molestiam habeatis], set si necesse fuerit defendere 32. [promitto
ab omni homine omni tempore, et hec omnia] adimplere polliceor.
Q.uod si 33. [non fecero vel non defensavero, tunc compo]situri
simus vobis vestrisque 34. [heredibus suprascriptum pretium du-
plum, et] poena soluta maneat hec chartula in 35, [sua nihilo-
minus firmitate. Scriptum per manum scriaiarii (a), in mense]
et indictione suprascripta nona.
[Signum >^ manus suprascripti Romani qui hanc chartulam
fie]ri rogavit.
[tra]ditionis (i).
XXIV.
1074, maggio 13.
Pietro, cardinale e rettore della venerabile diaconia di
S. Maria Nova, concede in enfiteusi a Pietro, figlio di
Obberto, ed ai figli e nepoti di lui un terreno posto presso
la chiesa di S. Maria k in regione ipsius ».
I. ^I^ A vobis peto domno Petro religiosissimo cardinali, recto
2. [rem] et aucmcntatorem vencrabilis diaconi<p beate et gloriose
3. scmperque virginis Marie domine nostre que hoiim vocabatur Anti
4. qua nunc autem Nova, per consensum [con]fratrum tuorum eius-
dem, uti 5. mi[hi P jet[r]o filio Obberti vite meae et de legiiimis meis
(a) // confronto della scritlura di questo documento con gli altri di S. Maria
Sova non ci permette di poter supplire qui il nome dello scxiniario.
(i) Nel verso della pergamena di mano del xii secolo: « Car-
« tuia vineac extra portam [sancii Laurentii in monte sancii Ypojliti
<f (lu.mi vcnliJit fsancte Marie Nove RomanusJ Lconis Petri do Im-
i e l'ahra di questa annotazione iin.i unno
più recente, uci sec. xv, scrisse: « Charta Laurentii ubidicitur V.iculi •>.
Archivio della R, Società romana di storia patria. Voi. XXIIl. 15
226 T. Jedele
6. fìliis hac nepotibus tantum, licentiani abeamus ad subplendum
7. et detinendum ea que subter legitur. Idest sedium t«rre vacantis C«)
8. unum in integrum, cum introitu et exitu suo communi (b) ad viam
publi 9. cam et cum omnibus ad eum pertinentem. Posita Rom?
IO. prope venerabili diaconia in regione ipsius. Affines vero eius,
a pri II. mo latere ortus venerabilis monasterii sancti Laurentii
quod vocatur de Miranda, 12. et a secundo latere ortus Cencii
de presbitero leronimo fìlius, a tertio latere or 13. tus lohannis
Groriosi (0, et a quarto latere curte communi. luris pre 14. dict? dia-
coni?. Ad tenendum colendum fruendum possidendum et 15. usque
ut dictum est superius de me et de legitimis filiis 16. meis hac ne-
potibus tantum, ha die tertia decima men 17. sis madii con-
currente duodecima indictione, et usque dum 18. nos vixerimus
tantum, sicut superius legitur. Dedi enim vobis prob 19. ter hunc
libellum libellaticum unam argenti denariorum 20. hunciam, et ut
prestet exinde pars mea vestre partis 21. omni anno sine aliqua
mora vel dilatione pensionis vero 22. nomine duos denarios argenti
in absumpsione sanctae 23. Mari?. Promisistis vos enim nobis
hunc libellum ab 24. omni persona si nobis necesse fuerint de-
fendere vite nostre tantum, 25. sicut superius narratum est.
Si qua vero pars aut vos vel nos 26. contra fidem horum
libellorum chartulae venire temptaverit, tunc 27. det pars infi-
delis partis fidem servantis ante omnem 28. litis initium pene no-
mine tres auri huncias, et post solutam 29. poenam maneant
horum libellorum chartulae in earum nihilominus f-^) firmitate.
30. Unde petimus ut unus ex duobus libelli uno tenore con-
scripti 31. per manum lohannis scriniarii sanctae Romanae
Hecclesiae rogatu utrarumque 32. partium. Anno secundo pon-
tificatus domni Gregorii septimi pap?, 33. in mense et indi-
ctione suprascripta duodecima.
Signum >5< manus suprascripto Petro huius abpari rogator.
>J< Cencius de presbitero Crescentio, testis.
>5< Nazarius, testis.
^ Johannes de Guinizo, testis.
>J< Johannes fihus luvenci rotarius (0, testis.
>^ Martinus, testis.
^5< Ego Johannes scriniarius compievi et absolvi (i).
(a) vac (b) comm; qui ed in seguito. (e) Così nel testo. (d) Nel
testo nihil omns (e) Nel testo rotarius
(i) Nel verso della pergamena: « In palladia ».
Tabiilariiim S. oMariae V^vae 227
XXV.
1075, marzo 9.
Giovanni de « Paparone » e Pietro, suo figlio, cedono
a Pietro, cardinale e cancelliere del Sacro Palazzo, rettore
di S. Maria Nova, una pedica di terra seminativa, fuori
della porta di S. Paolo, nel luogo detto « Valeranus », e ne
ricevono, in cambio, cinque orti olerarii, fuori della porta
Maggiore a ad Aquam Vullicantem », ed inoltre cinque
libbre di denari.
I. >J< In nomine Domini. Anno secundo pomificatus domni
Gregorii septimi pap?, indictione tertia 2. decima, mense martio,
di? nona. Nos autem (») Johannes qui vocor (^^ de Paparone, atque
Petrus, j. pater videlicet et filius, ha die hac. ante presentiani
domni Benedlcti dativi iu 4. dicis atque Cencii primicerii filii
eius, cessissemus et cessimus atque tradidimus nec 5. non et
commutavimus, nullo vero nobis cogente ncque contradicente aut
vim faci 6. cntem, sed propria spontancaque nostra voluntate,
vobis domno Petro cardinali atque 7. cancellano Sacri Palatii,
rectorem et aucmentatorem venerabilis hecclesiae sanctae Mari?
8. que holini vocabatur Antiqua nunc autem Nova, atque Laurentio
presbitero, videlicet et lohanni 9. presbitero predict? hecclesiae,
cunctisque aliis successoribus qui ibidem nunc sunt et im perpetuum
per IO. manentibus. Idest pedica terre sementarici? una in in-
tegrum, sicut usque nunc cum i r. nostris manibus ad laborandum
tenuimus, eulta vel incolta, cum finis terminis 12. limitibusque
suis, cum arboribus fructiferis vel infructiferis infra se habeniem,
13. et cum homnibus ad eam pertinentem. Posila foris portam beati
Pauli apostoli, 14. loco autem ubi nominatur Valeranus. Inter
affines, a primo laterc et a secundo terram 1 5. monasteri!
sancti Pauli, et a tertio latere terram Transtìberis que fuit uxor
Fuscarelli 16. bone memori?, a quarto latere terram Bonìzi
filii Ilperini. luris cuius existit. Q,ua 17. liter nobis periìnere vi-
detur per successionem parenlum nostrorum et («) nunc nostris
quietis manibus 18. tcnemus, taliter eam vobis conccdimus alquc
(a) .W/ testo atcm (b) vòc (e) et sopra la Unta.
228 T. Jedele
commutamus. Hanc autem commutatio 19. nis chartulam vobis
contradimus, eo quod accipimus a vobis quinque ortos holerarios,
20. quos positos foris portam Maiorem ad Aquam Vullicantem cum
pertinentiis heorum per chartulam commuta 21. tionis quam vos
facitis nunc, et insuper ibsos adiungitis nobis quinque libras dena-
riorum 22. subtiles (a) nobisque placabilem prò ea. Ideoque ut ab
hac die in antea licentiam et potestatem 23. abeatis in supra-
scripta pedica terre sementaricie introeundi fruendi utendi et 24. im
perpetuum possidendi vendendi commutandi vel quicquit exinde
facere volueritis in vestra vestrisque successoribus 25. sit potestate
ad salutem dict? hecclesiae. Et numquam a nobis nostrisque here-
dibus et successoribus 26. exinde abeatis questionem haut ca-
lumpniam, set si necesse fuerit, defendere prò 27. mittimus nos
nostrique lieredes et successores vobis vestrisque successoribus im
perpetuum ab omni homine homni 28. tempore. Et hec omnia
adimplere promittimus. Quod si non fecerimus vel si contra hanc
29. comutationis chartulam litigare presumpserimus nos vel nostri Q>)
heredes aut successores, tunc 30. etiam composituri existamus
vobis vestrisque successoribus ante homme litis initium pene nomine
du 31. as libras boni auri, et post solutam poenam hec commu-
tationìs chartula firma permaneat. 32. Q,uam scribendam roga-
vimus lohannem scriniarium sanctae Romanae Hecclesiae, in mense
et indictione suprascripta .xiii.
Signum ^ manus suprascripti Petri filius predicti lohannis, qui
hanc chartulam fieri rogavit.
Alkerius de Salomone, testis.
Petrus filius episcopi Tiburtinensis hecclesi?, testis.
Johannes de Berardo filius, testis.
>J^ Romanus filius Leonis ex Imperato, testis.
v^ Johannes filius lohannis Pilli, testis.
^ Ego Johannes scriniarius compievi et absolvi (i).
(a) Così nel testo. (b) Nel testo nosstri
(i) Nel verso della pergamena, di mano del xir secolo: « Car-
« tuia de Balerano, ubi dici[tur] ... »; di mano più recente: « Car-
«tula de balneolo (?) quod est iuxta terram sancti Pauli ».
Tahularium S. oMariae V^pi^ae 229
XXVI.
1081, novembre 11.
Costanza, figlia di Alscerio, rinunzia in favore di S. Maria
Nova ad una pedica di terra seminativa, posta in Valerano,
ricevendone in cambio una pezza di vigna in Albano nel
luogo detto Miliarolo.
I. >^ In nomine Domini. Anno nono pontificatus domni Gregorii
septimi pape, indictione quinta, mense novembri, [die] un 2. de-
cima. Ego quidem Constantia filia Alsceri, hac die ante presentia
dcmni Bene 3. dicti dativi et Cencius primicerius Sacri Palatii et
subscriptorum tesstibus, tibi o beata 4. et super choros angelo[rum
exalta]ta Dei genitricis virgo Maria qui apellatur Noba, et per te
doni 5. no Petro cancellarius (0 et rector ipsius ecclesia, refuto et
per omnia renuntio. Idest videli 6. cet unam pedicam terre se-
mentaricia W illam quae fuit Andree, cum finibus terminis 7. li-
mitibusque suis cum introito et exitu suo vel cum homnia pertinentia
sua. Posita in Val 8. lerano, affinis vero, a primo latere est rivo,
a secundo terre heredum Nicolai Crescentionis detinet (=), a tertio
9. est silice, a quarto tenet dieta ecclesia. Hec predicta terra sicut
dieta est, et quomodo io. cumquae mihi pertinere videtur per
successione mariti meo et per donatione sive per successione 11. fi-
lia mca sivc per quecumquae modum, taliter eam refuto. Pro qua
tu Pctro can 12. cellarius, consensu confratrum tuorum dieta ec-
clesia, refutasstis mihi videiicet unam petiam 13. vineae posita
in Albano in loco qui vocatur Miliarolu, cum omnibus suis perti-
nentiis, proinde suprascripta 14. terra in dieta ecclesia refuto et
per omnia renuntio in perpctuum ad proprictatcm. Si umquam
15. ego in tempore aut mei heredes aut a me sumniissa vel summit-
tenda persona liiem promo 16. vere volucrinius, aut aliquam
controversiam facere presumserimus, coni 17. ponamus prò poena
ad opus dieta ecclesia sex bor.i auri libras, et soluta poena proposita
lis 18. inanis sit et vacuam, et hec refutatio sicut in ac legitur
cartula perpetuo stabilis et 19. firma perniancat. Qu.ini ut seri-
bendam rogavi Gregorium scriiiiarium, in mense ci indictione supra-
scripta .V. C<1).
(a) n sopra la linea. (b) Nel Usto semenuria (e) S'fl tnto dcuiii
(i!) Sri letto .XV.
230 T. Jedeh
Signum \^ manus predicta Constantia qui hec refutatio fieri
rogavit.
Leo de lohannes Celicio, testis.
Stephanus W gener de Benedicto iudice, testis.
Gregorius nlius Benedicti iudicis, testis.
Benencasa filius Alsceri, testis.
Georgius gener eius, testis.
>^ Ego Gregorius scriniarìus sanctae Romanae Ecclesiae compievi
et absolvi (i).
XXVII.
10S5, febbraio 16.
I coniugi Bona e Benedetto, col consenso del clero di
S. Maria Nova, vendono a Giovanni Albo ed a Maria,
sua consorte, i propri diritti libellatici su una casa posta
nella regione « que est suptus Fallarla » .
I. >J< In nomine Domini. Anno duodecimo pontificatus domni
Gregorii septimi 2. papae, indictione octava, die sexta decima
mensis februarii. Nos denique 3. Benedictus et Bona maritum quo-
que et coniunx, hab ac enim die venunda 4. mus per consensu
clericoram venerabilis (b) diaconia sancte Dei genitricis virginis Marie
5. que vocatur Nova, proprie spontaneaque nostre voluntatis, tibì
lohanne Albo nec non et Mari 6. a tua mulier et tua heredes
qui de legitimo coniugio natus fiad et secundum tenorem 7. et
condicionem que in ilio libello refert que ego recepi a domno Leone
archi 8, presbitero iam diete ecclesie et ab aliis clerici qui ibi
in ilio tempore erant. Idest u 9. nam domum solarata tegulicia
scandolicia cooperta cum introitu et exitu a vi io. a publica cum
scala marmorea (0 et sicut nos detinuimus ita sicud dictum est venun-
damus. Posita ipsa 11. domo in regione que est subtus Fallarla,
afHnes eius, a primo latere W ortuo de 12. monasterio quod vocatur
Mirandi, et a secundo latere tenet suprascripta diaconia, et a tertio
latere tenet Laurent! 13. us de suprascripta diaconia clericus, et
(a) ìid testo Stehanus (b) Ntl testo venerabit (e) cum scala marmorea
sopra la linea. (d) Nel testo tae ; qui ed in seguito.
(i) Nel verso della pergamena, di mano del xii secolo: « Car-
« tuia de terra in Vallerano ».
Tabularhim S, €Mariae ^T^vae 231
a quarto latere domum de Stephania de lohanne Por 14. cario,
luris diete ecclesi?. Qualiter nobis pertinere videtur taliter venun-
damus 15. tibi sicud dictum est, prò eo quod nos recepimus a
te decem solidos denariorum nobis placabilis in omni 16. vera
dicisione, et ab odierna die licentiam et potestatem abeas, sicud su-
perius 17. dictum est, a presenti die teneas possideas tu et tua
mulier nec non et tua legitima 18. heredes, et nos promittimus
defendere omni tempore. Quod si non fecerimus, compo 19. na-
mus prò pena tibi tuisque heredibus suprascriptum pretium duplum,
et soluta pena hec chartula 20. firma permanead. Unde petimus
ut(*) due facte chartulae uno tenore 21. conscripte per manus
Boniomini scriniarii W rogatus utrarumqne partium, 22. in mense
et indictione suprascripta octava. Signum >J< >J< manibus suprascri-
ptorum 23. Benedictus et Bona qui fieri rogaverunt.
Patio de lohanne Vetulo, testis.
Dattolinus nepos Benedicti iudicis, testis.
Johannes filius Benedicti de Pepo, testis.
Teuzo, testis.
Cencius filius Guidoni, testis.
»J< Ego Bonushomo scriniarius compievi et absolvi (i).
XXVIII.
1089, maggio 19(2).
Locazione di una casa, posta nella regione di S. Maria
Nova, non lungi dalla chiesa stessa.
I. \^ In nomine Domini. Anni ab incarnatione Domini nostri
lesu Christi millesimo octuagesi 2. mo nono, et est primus annus
(a) t di ut sopra la linea. (b) Nel testo ricriniarii
(i) Nel verso della pergamena: (c Pallaria ». Di questo Atto si
conserva ancora l' altra copia v uno tenore conscripta » ; dove natu-
ralmente appare come autore dell'atto quello che nella prima copia
era il destinatario. Si ha qui difatti nell* escatocollo: «Signum ^X-i
« manus suprascriptus lohannes Albo qui anhc appare fieri rogavid ».
(2) Segno questa data che è quella posta esplicitamente nella
datazione del documento, quantunque non vi corrisponda Tanno del
pontificato di Urbano II che dovrebbe essere il secondo, essendo
egli suto eletto e consacrato il 13 marzo del 1088.
232 T. Jedele
domni Urbani papae secundi, indictione duodecima, men 3. se
madius, die nona decima. Nos denique presbiter Crescentius et Lau-
rentius levita 4. nec non et Benedictus levita et Theodorus aco-
lithus(a), consentientibus omnibus aliis clericis 5. de ecclesia sanct?
Dei genitrix virginis Marie domine nostr? qu? vocatur Nova, hac
die loca 6. nius proprie spontane? nostr? voluntatis, vobis Johan-
nes et Maria virum et coniunx et in vestri 7. filii tantum, nec
non et in Maria lohanni Vetuli tua mater vit? vestr?. Idest do
8. mum terrinea scandolicia cum introitu suo et exitu usque ad viam
publicam 9. et cum omni sua pertinentia. Posita in regione sancte
Maria Nove, non procul a die io. ta ecclesia, Inter affines, a
primo later? ortum heredum presbiteri Geronimi, et a secundo
II. latcrae est ortum monasterii Mirandi, et a tertio later? domum
suprascript? ecclesia, et a quar 12. to laterae via exeuntem ad via
publica. luris suprascripte ecclesi?. Qualiter nobis pertine 13. re
videtur taliter vobis locamus sicut superius dictum est, prò eo quia
recepì 14. musa te quinque solidos denarorium nobis placabiles,
et ab bora teneatis possideatis 15. et ad meliorem culmen per-
ducatis vos et vestri filii tantum, et omni anno 16. in assum-
tione sancte Marie duos denarios prò pensione dabitis, et nos
17. promittimus defendere cum nostri successores omni tempore
gratis. Nam quot absit, 18. si qua vero pars centra fidem uius
chartul? venire temtaverit, tunc det 19. pars infidelis parti fidem
servanti prò pena viginti solidos denariorum, 20. et soluta pena
oc locatum firmum permaneat. De qua re due facte 21. chartule
uno tenore conscripte per manus Bonihomini scriniarii rogatus
22. utrarumque partium, in mense et indictione suprascripta xii.
Signum v^ manus suprascriptus Johannes qui prò se et prò su-
prascripti alii hoc appare rogavit.
Rufinus filius Os fiarni, testìs.
Fatius lohanni Vetuli, testis.
Benedictus de Ruta, testis.
Cencius presbiteri leronimi, testis.
Donatolus de Marina, testis.
>^ Ego Bonushomo scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi
et absolvi (i).
(a) h sopra la linea.
(i) Nel verso della pergamena, di mano del xii secolo : « Car-
« tuia de domo posita iusta ortum sancti Larentii {così) de Mi[ran]da » ;
di mano contemporanea: «Palladia».
Tabiilariiim S, ^MariaeV^vae 233
XXIX.
1092, giugno 6.
Il clero di S. Maria Nova loca a Giovanni Cristiano,
a Durabia, sua moglie, ed ai loro figli una casa posta nella
regione quarta «in Ascensa Palatii Maioris et Pallarie »,
non lungi dalla diaconia di S. Maria.
I. >J< In nomine Domini. Anno ab incarnatìone Domini mille-
simo nonagesimo secundo, per indictione 2. quinta decima, mense
iunio, die sexta. Nos denique clericis sancte Marie Nove 3. vide-
licet Laurentius et Benedictus levitas nec non Theodoro omnes cleri
4. cis suprascripte ecclesi?, hac die locamus et concedimus proprie
spontanee nostre 5. voluntatis, tibi Johannes Christianus et Du-
rabia virum et coniunx et in vestri filli vel 6. filie tantum. Idest
domum unam tegulicia scandoHcia cooperta solara 7. ta cum scala
marmorea cum puteo et curte communale cum ortuo post 8. se
cum introitu suo et exitu et cum omni sua pertinentia. Posita Rome
9. regio quarta in Ascensa Palatii Maioris et Pallarie non procul
10. a suprascripta diaconia. luris suprascripte ecclesi? sanct? Marie
Nove. Qualiter nobis 11. predicta ecclesia pertinere videtur ta-
liter vobis locamus prò eo quia recepimus 12. a vobis prò une
locatum videlicet tredecim solidorum papiensiura, et omni 13. anno
pensionem duos denarìos in assumtione sancte Marie. Et si 14. vo-
lueritis vendere, vendatis in suprascripta ecclesia iusto pretio com-
minus trigin 15. ta denariis, quot si ecclesia noluerit emere, ven-
datis vestro placito ta 16. li persone ut omnia que in charlula
legitur, adimpleat et suprascriptum comminus in 17. ecclesia tri-
buatur. Hec omnia ut superius dictum est, teneatis posside 18. atìs
et ad meliorem culmen Deo iuvante perducatis, et cum mortai
19. eritis vos suprascripti, tunc domum suprascriptam ad iusccclcsiv,
cuius est proprietaSf 20. revertatur, et hec omnia ambobus partibus
observare promit 21. timus. Nam quot absit, si quis vero pars
centra promissa venire 22. temtaverit, lune det pars infidelis parti
promissa 23.(*)ser 24. vanti prò pcnam suprascriptum preiium
(a) Li paroU venire teintavcrit tunc det pars infidelis parti promiSM «rtno
tlatt ripttutt ntl tttlo, t furono dal notaio ttttto eanefìlalt.
234 "P- Jedele
duplum, et soluta pena hoc loca 25, tum firmum permaneat. De
quibus rebus facte sunt duo 26. carte uno tenore conscripte per
manus Bonihomini seri 27. niarii rogatus utrarumque partium,
in mense et indictione suprascripta. xv.
Signum >J< y^ manibus lohanni Christiani et Durabie qui anc
appare precaverunt.
Petrus Arcedro, testis.
Beliczo filius Octaviani, testis.
Paulus frater eius, testis.
Dodolus de Billana, testis.
Petrus Spata, testis.
^ Ego Bonushomo scriniarius sanct? Romane Ecclesie compievi
et absolvi (i).
XXX.
1093, maggio 31.
Raniero e Giovanni de Lucia, fideicommissari e te-
stamentari di una donna per nome Fayda, donano alla
chiesa di S. Maria parte di una casa con un orto nella
regione di S. Maria Nova.
I. >J< In nomine Domini. Anno ab incarnatione Domini mille-
simo nonagesimo tertio, indictione prima, mense madio, die trice-
sima 2. [pri]ma. Nos denique presbiter Raynerius et Johannes de
Lucia fideicommissarii atque testamentarii cuiusdam femine nomine
3. Fayda, hac di? ambo insimul prò remedio anim? predicte Fayde
et mariti sui lohannis et omnium suorum con 4. sanguiniorum
damus donamus offerimusW propria spontaneaque nostra voluntate,
tibi beata virgo Maria et tu? ?cciesi? qu? olim 5. Antiqua nunc
autem Nova, et per te domno Laurentio archipresbitero et cunctis(b)
clericis qui ibi modo sunt et in perpetuum 6. intraturi. Idest
(a) Dapprima fu scritto do dono off^ro ; poi si corresse, e si aggiunse mus
neir interlineo. (b) // secondo e neW interlineo.
(i) Nel verso della pergamena, di mano, sembra, contempo-
ranea: «de domo Massare in Palacio».
Tabiilariiim S, oMarìae VS^ovae 235
domus totam partem que contigit sibi ex parte dotls et donationis
predicti lohannis viri sui, 7. cum ortuo pomato post se et curte
ante se cum introita suo et exitu et cum omni sua pertinentia. Po-
sita regio 8. sanct? Marie Nov?. Affines eius, a primo iatere (0 via
qu? pergit ad ortum monasterii sancti Laurentii quod vocatur Mi-
randi, 9. a secundo Iatere ortus predicti monasterii, a tertio Iatere
domus Alexii filii lohannis scriniarii, a quarto Iatere via io. qu§
pergit ad Palatium Maiorem. luris cuius existit. Q.ualiter nobis per-
tinere videtur per commissum prephate 11. Fayde, taliter ob re-
medium anime sue et viri sui et suorum consanguiniorum, donamus
sicut superius 12. dictum est, teneant et possideant tuos servitores,
illorum iure vindicent et defendant in usu et utilità 15. te tu?
ecclesi?. Et hec omnia observare et defendere promittimus cum no-
stris hercdibus et successoribus 14. tibi luisque servitoribus omni
tempore et in omni loco gratis. Quot si non fecerimus aut non po-
tuerimus 15. sive in aliquo litem vel contemtionem exinde fece-
rimus, tunc componamus prò penam 16. unam libram obtimi
aurì, et solutam (b) penam hec chartula perpetuo stabilis et firma
permaneat, 17, Quam scribendam rogavimus Bonumhominem
scriniarium sanct? Romane 18. Ecclesi?, in mense et indiclione
suprascripta prima.
Signum y^ manus suprascripti presbiteri Raynerii fideiiussori
suprascripl? defuncte qui fieri precavit.
Signum ^ manus suprascripti lohannis Lucie fideiiussori (<=)
suprascript? defuncte qui hanc chartulam precavit.
Petrus filius Cencii iudicis, testis.
Johannes filius Benedicti de Pepo, testis.
^ Benedictus de Ruta, testis.
Romanus betrarolus, testis.
>^ Cencius presbiteri leronimi, testis.
f^ Ego Bonushomo scriniarius sanct? Roman? Ecclesi? compievi et
absolvi(i).
(a) lae; qui ed in seguilo. (b) Wclt4stosoì (e) Nel /«/o fidciiiussori
(1) Nel verso della pergamena, di mano del secolo xii: « De
«fdomo Girardo Mancini qui est iusta domo Marie de ..es...»»; di
mano posteriore: a Palladii ».
236 T. fedele
XXXI.
iioo, luglio 20(1).
Ratti dona a Berta, sua figlia, una casa comprata « ad
« sancto lohanne in civitate Tiburtina in locum ad san-
« ctum Paulo », ed un vignale posto nel luogo detto Tur-
tiliano.
I. >J< In nomine Domini. Anno primo pontificatus domni Pas-
scali secundi pape, indictione septima, mense 2. iuleo, die vìcesima.
Ego quidem Ratti, hac die propria mea voluntate 3. tibi Berta
dilecta et valde amabilis carissima filia mea prò magno amore 4. et
dilectione quam in te abeo, concedo et trado et ìnrevocabiliter dono
tuisque heredibes, quod 5. autem dono. Idest illam videlicet
domum unam in integrum quam abeo acquisitam («) ad 6. sancto
lohanne in civitate Tiburtina, in locum ad sanctum Paulo, cum omnia
sua pertinentia. 7. Affines vero a primo latere desuper ecclesia
sancti Pauli, a secundo teneo 0>) ego denatrice, a tertio tenent heredum
8. Guelti, a quarto est via plubica (0. Item dono tibi vinialem unum
in integrum qui ponitur in locum 9. ubi dicitur Turtilianum,
cum omnia sua pertinentia, Affines vero eìus a primo tenet
IO. Johannes de Bona, a secundo tenet lohanne de presbiter Girardus,
a tertio tenet lohanne Casamagi 11. nco W, a quarto est flumine
Tiburtinum. Quam deniquae domum ipsam et viniale 12. sicut
dictum est, taliter tibi concedo et dono a die presenti ad proprieta-
tem, 13. cum benedictione Dei patris et mea abeatis teneatis in
perpetuum. Promitto 14. ego cum meis heredibus vel successo-
ribus suprascripta omnia tibi et tuis heredibus eam defendere, si vobis
15. necesse fuerit, contra homnes ominem. Quod si facere noluerimus
aut si aliquam contrari 16. etatem exinde facere voluerimus,
componamus tibi tuisque heredibus vel successoribus prò poena
17. dimidiam boni auri libram, et soluta poena, hec donatio firma
(a) Nel testo acquisam (b) ten; qui ed in seguito, (e) Cosi. (d) Ca-
samaginto (?)
(i) Questa data corrisponde al primo anno di Pasquale II; vi
si oppone però l'indizione settima, segnata nel documento, che cre-
diamo errata per la ottava.
Tahiilarium S, oJ^Iariae VXppae 237
permanead. Q.uain ut 18. scribemdam rogavi Gregorium scrinia-
rium, in mense et indictione suprascripta .vii.
Signum >J< manus predicta Ratti qui hec doni («) fieri rogavi.
Petrus aurifice, testis.
lohanne Cerasia, testis.
Benedictus de Boso, testis.
Romanus de Diacono, testis.
Cara cosa, testis.
y^ Ego Gregorius scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae compievi
et absolvi (i).
(Continua).
(a) Cosi nel testo.
(i) Nel verso della pergamena: «in Tyburtina civitate».
STUDII
SUL
PONTIFICATO DI CLEMENTE XI
I7OO-I72I
(Continuazione; vedi voi. XXII, p, 109)
Provvisto alla sicurezza dello Stato, si pensò di arrecare
aiuto ai Veneziani. Ripetute le istanze ai Maltesi (i), ed
avuta risposta dal gran mastro don Raimondo de Perellos
che le navi della Religione aspettavano gli ordini del papa,
il Ferretti fece rotta colla squadra; ed unitosi con quei di
Malta in Calabria, insieme raggiunsero Girolamo Dolfin.
Non si venne alle strette in quell'anno. Coggià tornossene
ai Dardanelli; e i Veneti cogli ausiliari, smantellato il ca-
stello di Antiro alle bocche di Lepanto, misero al sicuro
Zante, Cefalonia e Cerigo.
Il modo come si chiuse la campagna del 17 15, più che
scemare, accrebbe i timori pel futuro.
Per eccitare gli interessati alla guerra. Clemente XI mo-
strossi arrendevole alle richieste di sussidi pecuniari di Ve-
nezia, dell* Austria e di Malta. AH* uopo, itct rintracciare
negli archivi della Santa Sede le disposizioni adottate dai
suoi precedessori in casi consimili (2); e, non iscarseg-
(i) Ephi. cit. II, 491, 13 luglio, 171 5.
(2) Misceli, di Clemente XI, 213, pp. 1-83: NotiiiU di vani sus-
sidii, decime e contribuzioni imposte da sommi pontefici sopra li beni iC'
240 J. ^ometti
giando con Malta, e rinnovando le profferte delle decime
ecclesiastiche all' Austria (i) con nuove promesse (2), fece
intendere anche al Senato veneto che, oltre i sussidi inviati,
era disposto a concederne un altro di centomila scudi
d' oro, suir esempio dei papi precedenti (3).
Per sopperire a queste necessità, ed ai bisogni dell'eser-
cito e deir armata pontificia, si fece uso dei denari desti-
nati alla fabbrica di S. Pietro (4) ; ma questi non essendo
sufficienti, si fé' appello, imitando Innocenzo XI, ai fedeli,
e la contribuzioni volontarie impinguarono 1' erario della
Santa Sede (5).
desiastici in occasione delle oiierre contro li Turchi, eretici 0 altri, e di
quelli imposti da Clemente XI nell'ultima guerra contro li Turchi. (No-
tevoli sono, da p. 2 a 80, le notizie su i sussidi elargiti da Gre-
gorio XIII per la guerra di Cipro nel 1572; di Clemente Vili al-
l'Austria nel 1594; di Urbano Vili, pure all'Austria, nel 1632; gli
incitamenti di Clemente IX nel 1668 e di Innocenzo XI nel 1682,
alla Francia, contro la Turchia &c.)-
(i) V. in questo Archivio, XXII, 156, 157.
(2) Misceli, di Clemente XI, 213, p. 141 sgg. : Scritture spettanti
alle decime imposte da Clemente XI, nella stessa guerra fatta contro il
Turco, nel Regno di Napoli e Stato di Milano nel lyiy.
(3) Ivi, pp. 2 1^-24(^1 Sussidi e altri aiuti dati alla repubblica di Ve-
nezia per la guerra contro il Turco tanto da papa Clemente XI quanto
da pontefici suoi antecessori.
(4) Ivi, p. 260-280: Scritture concernenti li denari presi dalla fa-
brica di S. Pietro per erogarli nella guerra contro il Turco. Molte di
esse sono bozze di pugno del papa ; altre sono scritture da lui
emendate £ corrette. Sullo stesso argomento veggansi, nell'Archivio
di Stato in Roma, i Chirografi pontifici dall'anno 1688 all'anno 1726^
B, 19, ce. 101-102 (un ordine al cardinale Albani, nipote del papa
e prefetto della Congregazione della basilica di S. Pietro, di versare
alla Depositeria generale 100 mila scudi dalla fabbrica, 3 agosto 171 5);
Chirografi pontifici dall' anno i6()() all' anno 1^24, B, 21, ce. 138-140
(ripetizione dello stesso ordine); ce. 143-147, 150-152, 153-155
(altri ordini, in data 11 gennaio e 4 marzo 17 16, per togliere, a profitto
dell'armamento, altri danari dalla fabbrica di S. Pietro).
(5) Ivi, pp. 290-312. Vi si trovano varie notizie su contribuzioni
volontarie, come da pp. 299-305 un Sussidio accordato volontariamente
Sliidii sul poiilìjìcato di Clemente XI 241
Mercè tali risorse, si pensò, innanzi tutto, ad accrescere
le difese dello Stato, perchè i provvedimenti già presi ap-
parvero ben presto inadeguati alla bisogna. Furono sosti-
tuiti il Cerruti e il Buonaccorsi col brigadiere Degli Oddi
e col sergente maggiore dell' Umbria Claudio Aureli, af-
fidando al primo la difesa di Ancona, al secondo la tutela
del littorale da Loreto al confine napoletano (r). Ad An-
cona, il cui porto era T unico d* importanza da Malamocco
a Brindisi, furono concentrate le forze terrestri ; vi con-
dussero truppe, da Ferrara, il conte Vitale Del Sale, te-
nente colonnello; da Ascoli, T altro tenente colonnello
G. B. Valenti; da Roma, Eustachio Mosca e Ciro Aldro-
vandi; mentre il Degli Oddi vi faceva la leva di marinai
per le galee pontificie, e riforniva di viveri e di munizioni
i magazzini della piazza (2).
Nel contempo, guernivasi di vedette e di armati la co-
stiera pontificia dell'Adriatico. Dal Tronto al confine della
Romagna, oltre Ancona, Fano, Loreto e altri luoghi impor-
tanti, ogni più umile borgata ebbe posti di guardia prov-
visti di segnali di allarme. I battitori, o soldati a cavallo,
percorrevano dall' un capo air altro la spiaggia indicata,
compiendo un diligente servizio di continua vigilanza, sotto
la direzione di comandanti provetti. Nella rocca del porto
dai cardinali nel lyió, scudi i),8So; e poi un Altro sussidio da cardi-
nali, prelati monsignori etc. scudi 10,^80.
(i) Queste, e le notizie che seguono, dalla Relazione cit. di
G. Stampa in Misceli, di Clemente XI, 212, p. 265 sg., par. II e III.
(2) V. gli allegati AeB della Rdaiione cit. ; Misceli, di Clemente A7,
212, pp. 374-389: Nota de' risarcimenti, Jortifica\ioni e altri bonifica'
menti che si sono fatti e si stanno tuttavia facendo nella forte^a mag-
giore di Ancona d'ordine della Santità di N. 5. papa Clemente XI (muri
rifatti, speroni di fabbrica, casematte, parapetti, baluardi &c.); pa-
gine 390-391: \ota delle armi, attreni militari, munizioni e altro di
ragione della R. C. A. sfedite in Ancona dal Ponte di La^^oscuro, t da
Roma, per serviiio dell' armamento pontificio (fucili, baionette, brandi-
stocchi, selle, giustacuori &c.).
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIII. l6
242 J. Torneiti
di Fermo risiedeva il castellano Antonio Matteucci; da
S. Tomaso sino al Tronto comandava il capitano Ago-
stino Costantini; dal porto di S. Elpidio alla torre dell* A-
spio, il capitano Pietro Gigli. In Loreto, oltre il coman-
dante della piazza, Aureli, era a capo del presidio Zerbino
Gozzi, coir alfiere Niccolò Gottifredi e coli* aiutante Do-
menico Rochefort ; vi dirigeva il servizio di cavalleria
E. Mosca coir aiutante Giuseppe Cappelletti. In Ancona
coadiuvavano il comandante Degli Oddi il capo del pre-
sidio Vitale Del Sale, 1' alfiere conte Carbonara, e gli uf-
ficiali Tommaso Forti, Marco Pagani, Niccolò Galeotti,
G. D. Roncaglia; il porto era affidato alla speciale sorve-
glianza di C. Aldrovandi e di Claudio Mendre.
La congregazione delle armi residente in Roma prov-
vedeva ad ogni bisogno con sollecita cura (j).
(i) Sono interessanti, a tal riguardo, alcune notizie sull'ammi-
nistrazione dell'esercito pontifìcio, nel voi. 15 Soldatesche e galere, óqì-
TArchivio di Stato in Roma. Trovansi in carte sciolte, mancanti di
numerazione progressiva. La notizia più antica che riguarda l'eser-
cito nel pontificato di Clemente XI, è la seguente: Istromenti di
concessione seu conferma del ius e facoltà di locare et affittare i letti nella
forte^^a di Castel Sant'Angelo, fatti dalla R. C. A., cioè per quelli da
lasso a favore di Tranquillo e Salomone Raffaele Corcos, e per quelli
del maschio a favore di Tranquillo Volterra, sotto il 28 febraro lyoi
per gli atti del sig. Gio. Ant. Tartaglia, segretario e cancelliere della
R. C. A. Questa concessione (come da altro istromento) fu rinno-
vata agli stessi Corcos e Volterra il 31 marzo 17 io per la durata
di nove anni. Riguarda l'esercito anche Vlstromento e memoriale di-
retto alla Santità di N. S. PP. Clemente XI con suo rescritto d'ohliga-
lione fatta tra mons. Molara commissario dell'armi et il Conservatorio
delle TJtelle mendicanti ad Templum Pacis per la fabbrica delle saie e
panni per servi:(io delle soldatesche di Roma, stipolato li 11 luglio lyi^
per gli atti di Gio. Ant. Tartaglia. È da consultare, nello stesso vo-
lume, un grosso pacco di stampe e mss., che una fascia distingue
col titolo Romana armorum: sono conti di amministrazione dal 1708
al 1720. Da tener presente la Nuova descrizione ossia rincontro del-
l' inventario dell'anno lyi^ dell' armeria Vaticana, Jatto dal sig. Ambrogio
Vebro custode della suddetta armeria con il sig. Tommaso Sinibaldi e prin-
Si udii sul pontificato di Clemente XI 243
Procedevano di pari passo le disposizioni per le cose di
mare, come sì rileva da un dovizioso numero di scritture
neirArchivio di Stato in Roma, le quali permettono d' in-
tendere fin nei più minuti particolari il bilancio della ma-
rina pontificia in quegli anni (i). L' assento, o governo
economico delle galere, da Cristoforo Felici, morto prima
che r appalto terminasse, era passato ad Antonio Papi e
Giulio Pazzaglia (2), che lo tennero insieme per alcun
tempo (3). Ma nel 171 3 il Pazzaglia (4) aveva ottenuto
ripiato il 2j i^in^no lyi) e terminato li 2 dicembre dello stesso anno. E
più direttamente pel nostro soggetto: Vlstromento di convenzione sopra
li vestiti delli soldati fra la R. C. A. e Moisc del Monte et Isach de Ascarello
rogato li IO giugno 1/16 per gli atti del sig. Gio. Ant. Tartaolia\ ed an-
che la Lisia delle pigioni di case che si tengono per servitio delle soldatesche
della guardia di X. S. e della coinpagiiia di corale acquartierate a l'er-
viini per il semestre di luglio iji) a gennaio jyió.
(i) Il Guglielmotti (op. cit. IX), a giudicarne dalle citazioni,
non dovette vederle ordinate, com'ora si trovano. Non le vide neanche
il Manfroni, che scrìvendo de La marina pontificia a Corfìi (in
questo Archivio, XIV, 505-365) si servi soltanto di alcune Lettere
di Civitavecchia e di certe Lettere diverse, conservate nell'archivio
Vaticano. Le scritture dell'Archivio di Stato costituiscono un bilancio
preciso e minuzioso, che va dall'aprile al marzo seguente per ogni
anno. Ciascun volume, composto di più fasci, contiene invariabil-
mente i conti dell' asscntista, o appaltatore, e le giustificazioni, ossia
le ricevute originali delle spese fatte.
'li Da un chirografo pontificio del 16 luglio 1713 (in Soldateschi
1 3, Archivio di Stato in Roma), si apprende che C. Felici (a
CUI .i i' aprile 1707 era stato rinnovato l'assento fino al 1715, con-
tentandosi di percepire 1500 scudi di meno all'annoV .ucv.i designato
a suo successore ncll'assento il proprio nipote (• 1 Nepi
e che era mono lasciando un grosso debito clu .0 pa-
trimonio. Ma perla giovine età del Pisani la Camera apostolica affidò
l'assento al Papi ed al Pazzaglia, i quali, perchè compartecipi del
Felici, accettarono la diminuzione annua dei 1 500 scudi e promisero
di soddisfare i creditori del loro socio.
(5) Come risulta .iai volumi (ial.re - Conti diversi, JO, $l, del-
l'.\rcliivio di Stato in r
U; Il Calisse (5/. :....:.. .la, Firenze, Barbèra, 1898,
244 J' ^ometti
da solo r assento (i), e il nome e V opera sua sono stret-
tamente legati alle vicende della flotta pontificia, la quale,,
dal 17 14, si accresce e si trasforma, e tocca, due anni
dopo, il massimo della sua potenza nel pontificato di Cle-
mente XI (2).
La difesa della costiera sarebbe stata insufficiente senza
la cooperazione delle forze marittime, e perciò fu disposto^
ai primi del 171^, di allestire ed accrescere il naviglio pon-
tificio (3), del quale una parte doveva dar mano alla tu-
p. 539) ne parla con lode: discendeva da antica famiglia di Civita-
vecchia, ed aveva preso parte alle campagne della Morea, di Candia
e di Dalmazia. Fu amministratore onesto. Morì il 28 febbraio 1734.
(i) Archivio di Stato in Roma, Soldatesche e gaUre, 15, Concessio-
assenti triremiiim prò dno lidio Pa:{^aglia, 17 agosto 171 3.
(2) V., ad esempio, in un fascicolo del cit. voi. 31, Galere - Conti
diversi^ Conto della gente tenuta di più et di meno nelle galere di N, S.
dal 1° aprile 1J14 a tutto il 51 mario ijij, adi ove appare la preva-
lenza della gente tenuta in più: e più oltre il Ristretto e valutazione
della gente tenuta in più delVohbligo dal i® api-ile 1^14 a tutto il 51 tnari&
lyi^. In un altro fascicolo è la ISJota de li nobili di poppa delle galera
di N. S. dal 1° aprile ^14 a tutto il 51 mar:(o *i^. Nel voi. 32 della
stessa collezione (fase. I : Giustiftcatione del conto delle galere per il
presenti anno dell'assento del sigr. Pa:(;{agHa, i** aprile lyi^ a tutto mag-
gio iyi6) v'è la lista dei nob"li di poppa soprannumerari: Giacoma
Tavernelli, Sebastiano Capponi, Pietro Agostini, Stefano Giusti,.
Ottaviano Belli. Per paga a ciascun d'essi è segnata la somma di
scudi 262. Vi sì trovano inoltre segnate le spese di munizioni
(Ristretto di polvere^ palle e miccie) e le ricevute originali del Ferretti,,
del Bussi, del Lamotte d'Orléans &c., comandanti delle galee. Segue
il Rollo delli uffitiali subalterni e soldati distaccati dalla compagnia di
Uva, e marciati da Roma a Civitavecchia li 5 maggio lyi^ per imbarcarsi
sopra le galei e di N. S. per il viaggio del corrente anno, quali sono stati
soddisfatti in Roma di pane a tutto li 4 maggio sudetto.
(3) V. all'uopo, nel voi. 15 Soldatesche e galere dell'Archivio di
Stato in Roma, V Istromento et ordine diretto al sigr. Monchioni depo-
sitario della R. C. della vendita di 200 alberi posti nelle macchie del-
l'ecmo sigr. prencipe di Caserta per fabricare le galere, fatta a favore
della R. C. A., stipolato li 12 febraro lyió, per gli atti del sigr. Antonio-
Gulosi. E, inoltre, un chirografo in data 22 gennaio 171 6 al cardinal
Studìi sul pontificalo di Clemente XI 24 j
tela della spiaggia, T altra tenersi pronta per gli eventi
della guerra in Levante. Per conto della Camera apostolica
furono acquistati nel porto di Ancona due vascelli : No-
stra Signora delle GraT^ie e Sant'Antonio di Padova, e 5. Gio-
vanbattista (i). In Livorno furono tolte a noleggio due
tartane, comandate dai genovesi Giuseppe d'Andrea e
Antonio Giolfi, le quali giunsero nel porto di Ancona la
sera del 16 maggio. Nel .giugno vi giunse anche la Fenice
risorta, noleggiata dal veneziano Raddi, la quale, affidata al
provenzale cavalier Sabran, fece subito rotta per Malta, a
fine di congiungersi alla squadra destinata contro il Turco.
Si die ordine di far costrurre sei galeotte al Degli Oddi,
che si avvalse dell' opera di G. B. Rossi, provetto operaio
dell'arsenale veneto. Il 4 e agli 1 1 di aprile, alla presenza
dei cardinali Bussi e Parracciani, furon varate le prime due
galeotte, S. Clemente e 5. Teresa, la prima affidata al ca-
pitano Da Scorno, pisano; la seconda, al capitano De
Hochnor, irlandese. Altre due galeotte. Madonna di Loreto
e 5. Giuseppe, varate nel luglio, ebbero a comandanti Gio-
vanni Barovich, perastino, e Benedetto Della Casa, ge-
novese.
La congregazione militare ordinò che la squadra pren-
desse la seguente disposizione: precedere il vascello Nostra
Signora delle Grafie ; seguire le due tartane 55. Conceiionc
e Nostra Signora del Rosario; poi il 5. G. Battista; ultime,
le galeotte; fra queste, prima la 5. Clemente, capitana; poi
Patrizi tesoriere generale, col quale gli si ordina di provvedere i danari
occorrenti per le nuove costruzioni navali (Arch. di Stato in Roma,
Chirografi pontifici dall'anno 1688 all'amo 1^24^ B, 21, ce. 141- 142).
(i) Misceli di CUmenU A7,2I2: Relazione cit.di G. Stampa, par. Ili,
p. 318 sgg. Gli strumenti di vendita furono rogati da Filippo Buon*
vicini, notaio della reverenda Camera npostoiica, il 12 m.irzo e il
15 aprile 17 16. Il primo vascello fu venduto per scudi 4500 dal ge-
novese G. B. Botti; il secondo, per scudi 2 5(H), dai capitani francesi
Aubo e Mary,
24^ .7- Torneiti
S. Teresa, Madonna di Loreto, S. Giuseppe» Si volle aggiun-
gere a queste altre forze, e cioè cinque bastimenti di al-
cuni particolari delle isole Lipari, noleggiate per scudi 1505
al mese e affidate a Giuseppe Lauricella. Giunsero nel porto
di Ancona il io agosto (i).
A questa squadra fu dato T incarico di tener lontani i
Turchi dall'Adriatico; e infatti si die subito ali* opera, com-
piendo escursioni di vigilanza in quelle acque (2).
Diffidenza dì Venezia verso Roma, e dell'Austria verso la Spagna. —
Il principe Ragotzi tenta d' indurre il papa ad aiutare i ribelli
d' Ungheria contro l'Austria. — La congiura del marchese di
Langallerie. — Missioni religiose sulla squadra pontificia e sulle
galee di Genova. — Le navi di Spagna nel porto di Civita-
vecchia.
Alcuni episodi occorsi nel 17 16 non sarebbero degni
di menzione se nel loro insieme non costituissero una spe-
ciale caratteristica di quel tempo, e cioè una mal celata
diffidenza tra gli Stati cristiani : diffidenza che doveva in-
fluire non beneficamente sull* esito finale della guerra.
Il primo di questi episodi ci narra d'un momento di
gelosia provata da Venezia contro Roma.
Mentre per conto della Santa Sede si costruivano, si
noleggiavano e si armavano navi e galee, T attenzione del
Vaticano era rivolta all' atteggiamento che avrebbe preso
Venezia, la quale presumeva tal dominio nell'Adriatico da
ritenere come atto lesivo della propria giurisdizione qual-
(i) Misceli, di Clemente XI, 212: Rela^; cit. par. Ili, pp. 332-335.
(2) V. le scritture aggiunte alla Relazione dello Stampa, nel cit.
voi. 212 della Misceli di Clemente A7, da p. 407 a 481.
Sliidii sul pontificato di Clemente XI 247
sivoglia armamento di altro principe nel golfo. Negli anni
precedenti non era solito vedersi comparire nel littorale
pontificio legni armati veneziani, tranne che in estate, nei
giorni prossimi alla fiera di Sinigaglia, o perchè si fidas-
sero essi in quella sola stagione di allontanarsi dai porti
della Dalmazia, o per la necessità di assicurare la navi-
gazione ai bastimenti che da più parti, e singolarmente da
Venezia, confluivano a quella fiera. Mail 17 marzo del 171^
entrarono nel porto di Ancona quattro galeotte veneziane.
Erano di modeste proporzioni, con iscarse armi e con ap-
pena cinquanta uomini di equipaggio ciascuna, in gran
parte infermi. Al comandante di esse, presentatosi al go-
vernatore della città ad offrirgli i suoi servigi, fu risposto
che senza ordini da Roma non potevasi accettarli ; né gli
ordini vennero poi.
L* intempestiva venuta di quelle galeotte proprio sul
principio dei lavori, i discorsi e i misurati andamenti degli
ufficiali delle stesse, diedero luogo a credere che il fine
della spedizione di queste fosse unicamente diretto a far
apprendere superfluo l'armamento pontificio, come che re-
stassero abbastanza difese le spiagge ecclesiastiche dai legni
veneti. Tanto più che sembrava impossibile poter condurre
a termine quell* armamento in luogo privo di arsenali e di
attrezzi. Il dubbio non tardò a mutarsi in certezza. Per
ogni più lieve sospetto, i Veneziani prendevano il mare,
facendo pompa d'inutile coraggio; al vnro della 5. Cìe*
mente, essi non fecero fuochi di gioia coinè le altre navi
ancorate nel porto; mostravansi vigili e premurosi anche
quando di vigilanza e di premura non v' era bisogno: era
insomma la loro condotta più da padroni che da amici.
Sul cadere di maggio il governo della repubblica inviò in
Ancona il colonnello Medin, « uomo di somma accortezza
2 e destrezza, d* un tratto assai insinuante e di una pani-
« colare dissimulazione ». Dichiarò di essere mandato ad
invigilare la disciplina dei soldati veneti, affinchè la più
248 J, Torneiti
perfetta armonia regnasse fra questi e i pontificii. In realtà,
la sua missione era ben altra; poiché non essendo riuscita
la repubblica a far sospendere l'armamento pontificio col-
r invio delle galeotte, il Medin doveva destramente ado-
perarsi di ottenere almeno che le navi del papa si con-
tenessero come ausiliarie di quelle venete.
Infatti, col pretesto d'un assalto contro Dulcigno, il
Medin propose di prendere a' suoi ordini le navi ponti-
ficie. Informatone dal governatore, il papa non die risposta.
Non per questo il colonnello desistè da' suoi propositi, che
alcuni incidenti, forse piuttosto voluti che fortuiti, lo con-
dussero allo scopo cui mirava. Veleggiando il Cadohni nelle
acque di Pesaro, incontrò alcune galeotte ; chiesto il sa-
luto e non ottenutolo, pensò che fossero navi nemiche,
che le venete le sapeva in Ancona. Tirò a palla. Allora
gli fu risposto : erano le galeotte venete. Più tardi, varate
le due ultime galeotte pontificie e recatesi in Sinigaglia
pel saluto al governatore, il Medin ve le precedette. En-
trando in quelle acque, la fortezza non rispose al suo sa-
luto. Questa volta le proteste e le minacce furon più vivaci,
e i Veneti pretesero si stabilissero segnali d'intelligenza.
In quest' accordo il Medin seppe ottenere una tal quale
dichiarazione di precedenza (i).
Non abbiamo bisogno di ripetere, e tanto meno di di-
mostrare, che se gli sforzi di Clemente XI erano intesi a
ridar prestigio alla Santa Sede, è innegabile che dalla guerra
vantaggi reali non poteva ritrarlì che Venezia e non lo
Stato ecclesiastico. Ora, quale gelosia poteva destare in
Venezia l'armamento pontificio ? Potevasi in realtà con esso
diminuire la supremazia veneta nell'Adriatico? Ed era il
caso di preoccuparsi della sicurezza del golfo, cui poche
navi (e per giunta d'uno Stato amico) non potevano at-
(i) Misceli, di CUmente. XI, 212, pp. 337-365, della cit. Relazione
di G. Stampa, parte quarta.
Studii sul pontificato di Clemente XI 249
tentare, quando contro il nemico che minacciava T esi-
stenza stessa della repubblica era prudente non turbare il
buon accordo col Vaticano, che in prò di Venezia aveva
sollevato il mondo cattolico ? Devesi in ciò vedere piut-
tosto uno degli aspetti più caratteristici della politica ve-
neta: la diffidenza, anche verso gli alleati innocui e ge-
nerosi. Caratteristica che non manca di manifestarsi dove
più dove meno nella storia delle relazioni fra Venezia e
gli altri Stati ad essa vicini o lontani; e che essendo in-
sita air indole di quella forma di governo, con essa si
era evoluta e trasformata, peggiorando, che, agli anni in cui
siamo, quasi decrepito organismo ci appare lo Stato veneto ;
e come nei corpi fiacchi, così negli Stati deboli, prevale
il male sul bene.
Per altro, benché più giustificata, la diffidenza erasi
manifestata un po' dappertutto. Abbiamo narrato a prezzo
di quali promesse da parte dei Gabinetti di Madrid e di
Parigi il pontefice era riuscito a decider Y Austria alla
guerra. Né l'apparente accordo copriva interamente il so-
spetto, come si vide all'appressarsi della squadra spagnola
in Italia. Già l'Aldrovandi, per giustificare la sua partenza
da Cadice, erasi servito del pretesto di vincere la diffidenza
di Filippo V, circa la nomina del comandante generale
degli ausiliari. E l'Austria, dal canto suo, sospettava: se
la squadra spagnola, invece di proseguire da Civitavecchia
per Corfù, tentasse un colpo di mano su Napoli ?... L'im-
peratore aveva potuto imporre al papa di non accettare i
soccorsi terrestri offertigli dalla Spagna, ma non poteva
opporsi air invio della squadra. Occorreva premunirsi in
qualche modo contro il probabile pericolo; ed è appunto
in ciò che va rintracciata la causa della mancata presenza
delle navi napoletane fra le squadre ausiliarie. Monsignor
Vicentini, nunzio in Napoh', erasi adoperato di ottenere
da quel viceré quante galee e vascelli fosse stato possibile
250 J, T^ ometti
per unirli alla squadra pontificia; e pareva che fosse riu-
scito allo scopo, quando la nuova che gli Spagnoli si av-
vicinavano a Civitavecchia fece mutare avviso a Carlo VI.
Per quanto deboli, egli stimò di non privare le coste del
reame degli aiuti che le poche navi potevano prestare.
La diffidenza fu larvata col pretesto che non essendo stato
ancor nominato il comandante generale degli ausiliari, né
sapendosi se la scelta fosse caduta su persona accetta a
tutti, il viceré, per non esporre le navi di Sua Maestà Ce-
sarea a qualche torto, le riteneva in porto.
Quanto veniva maturandosi per la guerra marittima,
non prometteva buon esito. Cresceva la reciproca diffi-
denza e si accentuava il malanimo e la rivalità. Ai sospetti
di Venezia contro Roma, a quelli scambievoli tra Spagna
ed Austria, ed al ritardo dei soccorsi portoghesi, metteva
il colmo la condotta della squadra veneta, che come diret-
tamente interessata alla guerra, aveva assunto atteggia-
mento da padrone nelle acque di Morea, a fine di preve-
nire le pretese degli altri in caso di vittoria e di spartizione.
Quella doveva esser la flotta combattente e il primo posto
doveva esser suo; gli ausiliari dovevano servire in caso
di bisogno. Sicché li si chiamava ad una partecipazione
di casi tristi, non di eventi lieti; a render meno disastrosa
la sconfitta, non ad accrescere importanza alla vittoria. A
comporre i dissensi sulla nomina del comandante degli
ausiliari, il papa aveva creduto di dare un buon esempio
non affidando la sua squadra ad un generale di Santa
Chiesa (carica abolita sotto Innocenzo XII), ma al Fer-
retti, governatore generale della marina, quasi a dire che
ogni squadra fosse guidata dal proprio comandante. Egli
forse sperava che, riunitisi gli ausihari ai Veneti in Corfù
e venuto il momento di operare, l'unità di comando si
fosse imposta sulle gare personali, e di comune accordo si
scegliesse e il piano da eseguire e il duce a cui obbedire.
La squadra pontificia, quella di Malta e le galere di Ce-
Siudii sul pontificato di Clemente XI 251
nova e di Toscana formavano di già per se stesse un'unità
di comando sotto lo stendardo della Chiesa. Restava a ve-
dere se quelle di Spagna e di Portogallo accetterebbero di
porsi sotto il medesimo vessillo, e se i Veneti presumes-
sero intera T unità di comando sugli ausiliari, o lasciereb-
bero a questi la elezione di un altro comandante.
Forse a Roma si era pensato che interessante era l'aver
soccorsi da ovunque e comunque; ma più imperioso avrebbe
dovuto apparire il bisogno di avere sia anche minor nu-
mero di navi, ma disciplina maggiore. Ai malumori latenti
accrebbe esca questa irresolutezza. A bello studio gli ausi-
liari avvicinavansi lentamente a Civitavecchia, spiandosi
Tun l'altro. Una franca parola avrebbe dissipati i sospetti;
pure, come accade quando gli animi son perplessi, e quando
la franchezza può apparire pericolosa audacia, nessuno osò
proporre che, siccome il papa aveva ottenuto l'assenso degli
ausiliari e siccome la sua era un'autorità alla quale si era
usi inchinarsi senza diminuzione di dignità, T espediente
migliore era che lo stendardo pontificio servisse di guida
a tutti gli ausiliari. Ma Clemente XI temeva di urtare
Venezia, di dispiacere alla Spagna, di fiir ombra all'Austria.
Egli non era guidato che da un solo pensiero : proseguire
la guerra ; gli eventi e i bisogni si sarebbero incaricati
del resto !... Il pensier suo, o meglio, la forza impulsiva
del suo pensiero, era lodevole, ma si può dire che fosse
anche previdente ì Andare incontro al nemico senza un
piano prestabilito, senza sapere a chi obbedire, era, più
che imprudenza, incoscienza.
Non per desiderio di criticare, ma per la necessità di
rilevare il momento psicologico attraversato dalle potenze
cattoliche in quell'anno, ci siamo indugiati su questo punto.
E la diffidenza di cui parliamo appare come una morbosa
affezione morale, che appunto come malore infettivo spande
il suo contacio nel mondo cristiano. Che se poi, ad onta
della mancata unità di comando, la Turchia non fu vit-
252 7* T^ ometti
toriosa in mare, ciò si deve agli eventi della guerra in
Ungheria, come il racconto ed altre considerazioni dimo-
streranno.
Come se le preoccupazioni accennate non fossero state
bastevoli a tenere agitato l'animo del pontefice, altre se
ne aggiunsero di natura diversa, ma egualmente impron-
tate da quel fenomeno della diffidenza, che tendeva a di-
sgregare le forze dei potentati cristiani.
Proprio sui primi di quell'anno, quando più incerto era
Tatteggiamento degli ausiliari, una strana notizia era stata
inviata a Roma dal nunzio in Polonia. Si era presentato
a costui Tabate Brainier agente del principe Ragotzi (ri-
belle all'Austria, com' è noto), per dirgli, a nome del prin-
cipe, che l'Ungheria, d'accordo col Turco, era per solle-
varsi nuovamente contro l' imperatore. Anche questa volta
Ragotzi avrebbe capitanato gli insorti. La ribellione avrebbe
arrestata l' invadente preponderanza alemanna in Italia. Si
fosse perciò il papa adoperato in favore dei ribelli... (i).
Non troviamo traccia di risposta alcuna alle notizie del
nunzio, e probabilmente nessuna risposta fu data, che troppo
grossolana era la proposta per abboccarvi alla leggiera.
Muovere guerra all'Austria in Ungheria, non era un dila-
zionare la guerra alla Turchia ? E il rispondere in un modo
qualsiasi non poteva far sospettare che qualche intelligenza
fosse corsa fra il Vaticano e i ribelli?
xMa se fu facile stornare quest' argomento di nuove
(i) Misceli, di Clemente A7, 210, pp. 2-7 : Relazione fatta al cardinale
Paolucci dal nuniio di Polonia sopra il tentativo che si faceva dal principe
Ragoix} di suscitar nuovi torbidi in Ungaria uniti al Turco, cercando di
lusingare il papa a non temer male alcuno all' Italia.
Circa le relazioni tra il Vaticano e i ribelli d'Ungheria, veggasi
la Storia generale delle congiure, cospirazioni e sollevazioni celebri antiche e
moderne, dedicata da Antonio Graziosi ad Antonio Greppi, Venezia,
Società tipografica, 1778.
Stiidii sul pontificato di Clemente XI 25^
diffidenze, non fu agevole di veder subito chiaro in una
più strana notizia che empi di stupore il Vaticano, e mo-
strò che non bastava premunirsi colle armi, ma eh* era
anche indispensabile vigilare e diffidare ovunque e d'ogni
cosa, per T integrità dello Stato ecclesiastico.
Intendiamo accennare la congiura del Langallerie. Fi-
lippo marchese di Langallerie e Renato di Hachard lan-
gravio di Linange, francesi, d'accordo colla Porta e col mi-
nistro turco air Aja, Osman Agà, nel marzo del 171(3
progettarono uno sbarco sulle coste dello Stato pontificio,
per abbattere, nientemeno !, il papato. Dissoluto e strava-
gante, il Langallerie dalla caserma era passato alla sagre-
stia, poi alla sinagoga, in ultimo era divenuto protestante.
Traeva da vivere come e dove meglio poteva, ad esempio
dell' Hachard che da ecclesiastico era stato spretato per
ruberie, ed era finito protestante anche lui. A questi due
avventurieri parve propizia occasione F imminenza della
guerra per tentare nuove furfanterie. Sollecitati dalla Tur-
chia e provvisti di danaro dagli Ebrei di Amsterdam, fe-
cero in quella città compera di navi e di armi, ed erano
infatti per tentare alcunché di audace, quando la congiura
fu svelata. Se ne fece delatore presso il ministro cesareo
in Amburgo Giovanni René segretario del Langallerie ; ma
il nunzio all*Aja fin dal 6 aprile aveva avuto sentore della
trama e probabilmente dovette scriverne al Paolucci (i).
(i) Misceli, di Clemente. XL 210, pp- 7-9*. Fogli di notiiie concementi
lo scoprimento dell'empio disegno ordito dal famoso Langallerie, non solo
a datino dello Stato ecclesiastico, ma di tutta la Cristianità, aprile iji6.
Da questi fogli non appare che il nunzio scrivesse della congiura al
Paolucci, ma soltanto che egli ricevè dall'Aja un avviso anonimo,
che lo ammoniva della trama (come è detto nell'indice a principio
del voi. 210 della cit. Misceli). Pare verosimile che alla sua volta ne
avvertisse poi il Paolucci. La Copia capitulationis marchionis de LangaU
Urie et principis Linange cum Magno Sultano. Mensis Tulche^ero iitS,
Signatitm Osman Agà. Confirmatum et regestratum per Solimannum secret.
254 .7- "Pometli
Scoperti, i congiurati furoii condotti prigioni in Vienna,
ove il Langallerie si die da se stesso la morte (i).
Il progetto del Langallerie, ridicolo più che audace,
anche se effettuato non poteva toccare la meta; ma la no-
tizia di quel tentativo, di certo ingrandita ed esagerata,
dovette produrre in Vaticano un effetto di paura e di dif-
fidenza, che è più facile intuire che dire. Per buona for-
tuna, proprio in quel tempo riunivansi in Civitavecchia la
squadra pontificia e le galee di Genova. Dissipato il ti-
more, fu disposto che gli equipaggi prima di muovere per
Corfù fossero visitati da alcuni religiosi, « affinchè colti-
« vassero colle sante missioni tutto queirarmamento, e net-
<( tate colla grazia del Signore le anime dai peccati, le
<( disponessero alle misericordie e vittorie del Dio degU eser-
«citi». Il 9 maggio recaronsi colà sei gesuiti che si die-
dero a visitare le carceri e gli ospedali per udire le con-
fessioni « di quei miserabili infetti », dei quali circa trecento
erano ammalati di febbre maligna. Alle confessioni tennero
dietro le prediche; e all'uopo, finito di plasmare le navi e
disposto in semicerchio il navigho nella darsena, fu innal-
zato un pulpito sulla capitana, che aveva preso posto nel
centro. La sera del mercoledì 13 maggio, sulle ventuna ora,
lògatorum^ che è nello stesso volume da p. 9 a 16, si trova prima
dell' avviso anonimo, e può sembrare come un allegato al medesimo,
(i) Il nunzio Spinola premurò 1' imperatore di far catturare il
Langallerie (Nunxiat. di Germania, 255, 16 maggio e 6 giugno), che
infatti fu arrestato presso Brema (ivi, 27 giugno) col Linange, che
aveva assunto il titolo di Generalissimo del Verbo Incarnato i\v\y2<)6,
18 luglio). Fu sequestrato il piano della congiura (ivi, 8 agosto,
19 settembre). Il pericolo fu ingrandito oltre misura dai nunzi: lo
Spinola non quietossi fino all' inizio del processo, che durò a lungo;
ne trasse motivo di lagnanze il Girardelli per infervorare a prò della
Chiesa Filippo V (Nuniiat. di Spagna, 216, 6 luglio); il Bentivoglìo
lo tolse a pretesto per ripetere al d'Uxelles i soliti lamenti, ma senza
risultato (Niiniial. di Francia, 230, io e 20 aprile, 18 maggio).
Stilali sul pontificato di Clemente XI 255
i capuccini uscirono in processione col SS. Sacramento dalla
Porta della Rocca, e seguiti dalle soldatesche si avviarono alla
darsena. Le galee abbatterono le tende, tuonarono i can-
noni, squillarono le trombe. Predicò il Padre superiore;
e le prediche, i sermoni e le distribuzioni dei libri sacri
seguirono nei giorni successivi. Ma poiché i peccatori erano
riottosi, si ricorse alle flagellazioni: due capuccini per un
intiero giorno si percossero a sangue col cilicio. Ne sortì
scarso risultato : si convertirono soltanto uno schiavo turco
ed un eretico zinvigliano ; in compenso, settanta paia di
dadi e centoventisette mazzi di carte da giuoco furono
bruciate « in sacrifizio odoroso all'Altissimo.,.)) (i).
Giungevano intanto le notizie della squadra spagnola.
Le galee al comando del Guevara entrarono nel porto di
Civitavecchia verso la metà di giugno, accolte e compli-
mentate da monsignor Nicolò Lercari (2). Il 25 luglio
le sei navi al comando del Mari toccavano Genova. Come
è noto, a Cadice vi si era imbarcato il nunzio Aldrovandi,
che si proponeva di recarsi a Roma per dar conto di tale
sua risoluzione. Arrivato a Genova, e costretto a fermnr-
visi per qualche giorno, a causa di avarie subite dalle navi
nel golfo di Lione, scriveva al Paolucci anticipando le con-
fidenze: Alcuni zelanti avevano consigliato Filippo V a non
far partire i vascelli se prima non fosse avvenuta la no-
mina del comandante supremo degli ausiliari. Sarebbe stato
(i) Misceli, di CUììunU XI, 214. V. fra le Scritture spettanti ai-
Tarmata marittima ausiliare inviata dal sommo pontefice Clemente XI in
Lez'unte nell'anno jyió (pp. 1-77) la « Breve relazione delle Missioni
« fatte in Civitavecchia il 17 16 per ordine di N. S. P. Clemente XI»,
da p. I a 30, Le missioni furono quattro: alle galere pontificie, a quelle
di Genova, nella fortezza, a tutta la soldatesca. Particolari piacevo-
lissimi si trovano da p. 30 a 77.
(2) Ivi, pp. 83-84. In una lettera da Civitavecchia, in data
19 giugno, il Lercari informa il Paolucci che, a seconda delle istru-
zioni ricevute da costui, ha offerto al Guevara dodici botti e sci
casse di vino, e ducmilacinquecento libbre di formaggio.
2^6 f. Torneiti
costui un uomo d' incontrastata autorità? Sarebbe stato un
amico della Spagna ? Se il caso lo avesse balzato sulle
coste napoletane, come si sarebbe contenuto? Per non fare
differire la partenza delle navi e per assicurare il re che
nessun torto sarebbesi fatto alla squadra di luì, aveva in-
trapreso quel viaggio (i). Veniva invece, come apparirà
dal terzo studio, per sollecitare la nomina a cardinale del-
TAlberoni, e sfruttava abilmente il tema della diffidenza.
Redatta questa lettera e sceso a terra, aveva trovato un
plico del 13 luglio, nel quale il Paolucci gli ordinava di
far partire immediatamente le navi per Corfù, senza toccare
Livorno e Civitavecchia. Aftrettossi ad informarne il Mari
e a farlo piegare ai desiderii del Vaticano (2).
Il re aveva ordinato al Mari di prendere accordi a Ci-
vitavecchia. Accondiscendendo alla richiesta del papa, che
ne sarebbe avvenuto ? EgU aveva innalzato la bandiera di
viceammiraglio al trinchetto, e non poteva, in conseguenza,
obbedire al generale di Malta, il quale, secondo vocife-
ravasi, era stato investito del comando sugli ausiliari.
A stento piegossi il Mari; e da Genova scrivendo al
Paolucci che si disponeva a partire, pure contravvenendo
agU ordini ricevuti a Cadice da D. Michele Duran segre-
tario di Stato, dichiarava che non avrebbe obbedito al ge-
nerale di Malta (3).
Dopo tre giorni sciolse le vele per Corfù. U Aldro-
vandi recossi a Roma.
In queste disposizioni d'animo i Veneti e gli ausiliari
si accingevano a combattere intorno a Corfù.
(i) Misceli, di Clemente XI, 214, pp. 85-102, Genova, 25 lu-
glio 1716.
(2) Ivi, pp. 103-112. Altra lettera dell' Aldrovandi al Paolucci,
anche in data del 25 luglio.
(3) Ivi, pp. II 3-1 15, 25 luglio.
Sliuiii sul pontijìcato di Clemente XI 257
VI.
Gli avvenimenti militari del 1715. — Errori dalla politica veneta. —
Preparativi militari nel 1716 in Venezia ed in Costantinopoli. —
L'Austria dichiara la guerra alla Turchia. — Vittorie di Eugenio
in Ungheria. — Condi-iioni degli assediati e delle flotte rivaH in
Corfù. — Le squadre ausiliarie. — I Turchi levano 1' assedio
dall'isola. — Accuse contro Andrea Pisani. — Risentimento di
Clemente XI. — Voci di pace.
Gli avvenimenti militari del 17 15, appena menzio-
nati (i), qui meritano qualche cenno più ampio, per me-
glio far intendere quelli dell'anno successivo.
Nel maggio dunque del 17 15 era uscita dai Dardanelli
l'armata turchesca, composta di trentadue grossi vascelli e
di gran numero di palandre e zattaroni, al comando di
Janum Coggià, di Corone nella Morea, peritissimo di quei
luoghi per avervi passata la giovinezza e per esservi stato
sulle galee venete, come schiavo, sette anni.
Coggià si portò da prima a Scio, ove lo raggiunsero
con vascelli alcuni principi tributari della Barberia; e di là
air isola di Tenos, che per esser posta nella parte più alta
dell'Arcipelago, segnava, allora, il confine tra i possedi-
menti cristiani e quelli maomettani.
La fortezza dell' isola, sull' erta d' una rupe, era presi-
diata da mille soldati italiani col capitano Ferdinando Pe-
trovich. Governatore delle armi era Lorenzo Locatelli, e
provveditore straordinario Bernardo Balbi. I Turchi sbar-
carono e imposero la resa. Il Petrovich e il Locatelli consi-
gliarono la resistenza, perchè il forte era quasi inespugnabile
e provvisto in modo da resister tanto che i Turchi, per non
dare nelle secche o negli scogli poi venti impetuosissimi
in quel seno di mare, non .ivrebbero tardato a togliere
(i) W in 4 u est'.//, /;/.•'/■(>. XXII, i|^ i-lO- i)f.
Archivio Ji-lln A'. SncirtJ ìonutiia jì iloti.) p.ìliui. Voi. \.\lll. 17
258 J. "Pometti
l'assedio. Tuttavia, il Balbi volle capitolare (per il che fu
condannato a carcere perpetua dal Senato) ; e Coggià,
smantellata la fortezza, e resa F isola aperta come le altre
dell'Arcipelago, drizzossi verso la Morea per coadiuvare
coir armata all'assedio di Corinto, ove il visir, toccate La-
rissa e Tebe, si era avviato coli' esercito. Il castello di Co-
rinto, presidiato da quattrocento Italiani e da duecento
Greci agli ordini di Giacomo Minotto, fu investito da ogni
lato dai tiri dell' artiglieria. Ad ogni rifiuto di resa, cre-
sceva r intensità dell' attacco e scemava la probabilità della
resistenza. Alessandro Bono, generale del regno di Morea,
richiesto di soccorsi, e non potendo inviarne, rispose al
Minotto di consigliarsi secondo prudenza. Fu stabilita la
resa ; ma rotto con inganno Y accordo dai Turchi, parte
del presidio fu trucidato, parte, col comandante, tratto in
ischiavitù. Nessuno ostacolo oppose Egena.
Ostacoli non lievi li presentava Napoli di Romania, il
cui castello e gli altri forti secondari potevano opporre
valida e lunga resistenza. Il visir vi pose 1' assedio e in-
cominciò il bombardamento il 12 luglio. La milizia era
esigua, gli animi depressi. La malafede dei soldati greci e
il tradimento del colonnello La Sai affrettarono il disastro,
lasciando occupare dal nemico il forte Bonetto.
Il generale Zacco sforzossi a resistere; ma una mina
f:itta scoppiare dai Turchi apri a questi le mura della città,
che fu teatro di scene selvagge. Il vescovo, lo Zacco, altri
ufficiali furono trucidati; altri condotti nelle Sette Torri.
In soli sette giorni quella piazza ritenuta fortissima era
ridotta in un mucchio di rovine.
Il seguito di questi rovesci mostrò di quanto erasi
affievolito il valore veneto, e di quanto era scemata la
fama di previdenza di quel Senato.
Dopo la pace di Carlowitz, che ai Veneziani, più che
agli altri, avrebbe dovuto sembrare quello che in realtà era,
Sludii sul pontificato di Clemente XI 259
-e cioè una tregua da parte della Turchia, la repubblica
si era preoccupata assai poco della difesa delle isole lon-
tane, stimandone il possesso oneroso piuttosto che utile.
Una corrente di gretta economia nell'opinione pubblica si
era fatta strada in Venezia, sotto lo specioso pretesto che
col possesso deir isola di Tenos e della Morea, la po-
tenza dello Stato veneto, più che crescere, era diminuita,
perocché dall' acquisto di territori dopo una guerra dispen-
diosa, non si ritrae mai quanto si è speso; e che le forze
del Governo centrale si sperperano nel mantenere alto il
suo prestigio in luoghi lontani, donde non viene alcun
utile, ma timori e danni. Sicché non un esercito forte ed
agguerrito, né capitani esperimentati e fedeli, mandò Ve-
nezia in Morea per tutelarne T acquisto e mostrare che
sapeva opporsi colla forza alla forza, ma poche soldatesche
tolte qua e là dai presidi di terraferma e della Dalmazia.
A questo primo e fondamentale errore, e appena dopo
iniziate le vittorie turchesche, altro se ne aggiunse, per gli
opposti pareri che dividevano il Senato sul modo di con-
tinuare la campagna (i).
I più savi proponevano di abbandonare tutte le piazze
della Morea e concentrarne le forze in Napoli di Romania
e in Napoli di Malvasia, perché essendo esigui ovunque
i presidi, e perciò vana la resistenza, quelle due piazze^
fortissime pel luogo, accresciute di milizie, avrebbero di
certo arrestata la marcia del nemico e dato campo alla
(0 A questo punto, occorre uno schiarimento. Nel primo 5///(/io
«ul pontificato di Clemente XI, nel paragrafo delle fonti (in questo
Archivio^ XXI, 291), è detto che il Musatti {La storia politica di
Vetiii^ia &c.) trascurò la narrazione degli avvenimenti che stiamo
svolgendo: in verità volevasi dire che i cenni che egli ne dà nel
■cap. XXVII della sua opera sono assai scarsi; e che, tranne qualche
notizia tolta dai Commcvioriaìi dell'Archivio di Stato in Venezia, egli
non fa che riassumere il Diedo {Storia iklla repubblica di Venezia Sic,
Venezia, Poletti, 175 1, tom. IV).
2^0 J, Tornei ti
repubblica di provvedere ai bisogni futuri. I più nudaci,
invece, basandosi anch' essi sulla necessità di guadagnar
tempo, si fecero forti dell* esperienza dell' ultima guerra,
ricordando che i Turchi avevano atterrate ad una ad una
tutte le piazze della Morea, impiegandovi sei anni. Questa
tattica, che aveva condotto alla vittoria, non sarebbe stata
abbandonata; e in ciò consistere la salvezza della repub-
blica. Avvaloravano inoltre il loro argomento con considera-
zioni che non mancavano di persuasiva, e cioè: l'abban-
dono delle piazze secondarie avrebbe accresciuta la bal-
danza del nemico e sfiduciati i presidi; avrebbe indotte le
popolazioni senza difesa a flir causa comune coi Turchi;
rinfocolato T odio dei malcontenti, ed aperta la via a con-
quiste maggiori. Prevalse questo consiglio.
L' esito poi della guerra dimostrò che non sempre la
esperienza può prendersi a norma delle nostre azioni, spe-
cialmente quando, come nel caso presente, le condizioni
dei belligeranti non erano più quelle di prima.
Il concetto della politica estera della repubblica era,
come si vede, radicalmente diverso da quello che aveva
guidato nel passato il leone di S. Marco nei mari lontani;
e questo impicciolirsi nella laguna, questa rinunzia al pas-
sato, è un manifesto segno di decadenza e di decrepitezza.
Dopo i rovesci subiti, si pensò di circoscrivere le per-
dite, ordinando all'armata di evitare qualsiasi incontro col
nemico, e rispondendo con un diniego ai capitani delle
navi ausiliarie, desiderosi di combattere. Per la qual cosa
si scrisse a Girolamo Dolfin, capitano generale di mare,
ed a Fabio Bonvicini, capitano straordinario delle navi, di
sfuggire la pugna in condizioni disuguali, di fornire di gente
e di viveri le piazze più deboli, di frastornare i piani del
visir per terra, di tenere a bada Coggià per mare.
Nel tempo stesso si fece leva di soldati italiani, svizzeri
e grigioni; si pattuirono con grosso soldo alcuni reggi-
menti di principi tedeschi; si affidò la tutela della Dalmazia
Studii sul ponli ficaio di Clemente XI 261
al conte di Nostiz, ed il comando di tutte le truppe terre-
stri a Giovan Mattia di Feltz conte di Schulemburg, ve-
nuto in fama nelle guerre di Ungheria, di Germania e di
Fiandra.
Intanto i Turchi eransi avviati a Modone, ove li aveva
preceduti la notizia degli eccidi di Napoli di Romania, e
dove i Greci dei borghi apprestavansi, colla rivolta, in loro
aiuto. Il provveditore straordinario della provincia di
Messenia, Vincenzo Pasta, e il sergente generale Jansich,
comandante della milizia, benché stimassero inutile il resi-
stere per la scarsezza delle truppe e per la malafede degli
abitanti, pure respinsero animosamente il Bergliebey della
Romelia, che il 13 agosto era riuscito a sfondare una trincea.
Furon erette nuove difese, s* incitarono i più devoti a Ve-
nezia ad armarsi, si chiesero aiuti al Dolfìn.
Ma questi, quand' ebbe riunita tutta la flotta, si av-
vide che era si debole a fronte della nemica da non
poter tentare alcuna mossa: dodici piccole navi e sedici
galee, oltre lo scarso numero delle ausiliarie ; poco alle-
nati gli equipaggi; difettose le munizioni ed i viveri. Passò
da Corfù in Val d'Alessandria ; di là, a Lepanto ; e, saputo
dell* assedio di Modone, si avviò a quella volta, per mo-
strare di far qualcosa. Riusci a trattenere Coggià, che era
per muoversi contro Zante e Cefalonia; ma nello stesso
tempo, non essendo i Veneti in condizioni di attaccare,
avvenne che la presenza di Coggià, paralizzando il Dolfin,
diede agio al Bergliebey di stringer più forte l'assedio di
Modone e determinare la rivolta degli abitanti. Ferito di
moschetto il Pasta in un assalto, e ammutinatesi anche le
milizie, fu convenuta la resa.
Il Bergliebey accettò ostaggi per le trattative; il visir
volle la resa incondizionata e permise il saccheggio. Gli
ufficiali eran per essere tratti a morte se CoggiA, che dal
Pasta era stato umanamente trattato nella sua schiavitù
sulle galee venete, non fosse intervenuto in loro favore,
262 J. Tomctii
facendoli mandare prigionieri in Costantinopoli. Ricupera-
rono la libertà a guerra finita.
Espugnata anche Modone, il visir mandò il seraschiere
con metà dell' esercito a compiere la conquista. Caddero^
senza quasi resistenza, Patrasso e Cerigo. Napoli di Mal-
vasia, piazza assai forte, poteva opporre valida difesa; ma
bastò che il seraschiere si mostrasse, che Coggià appa-
risse, perchè le milizie e gli abitanti, atterriti, chiedessero
di arrendersi.
In poco più d' un mese, e cioè prima ancora che Tagostcv
terminasse, tutta la Morea era caduta in potere dei Turchi.
Poco dopo Coggià occupava anche Suda e Spinalunga,
ultima reliquia del dominio veneto in Morea.
Di là i Turchi si mossero contro la Dalmazia. Quivi
però la repubblica era riuscita a radunare buon nerbo di
truppe, ed a preparare la difesa coli' aiuto dei Montene-
grini e dei Dalmatini. Angelo Emo, provveditore gene-
rale della Dalmazia, seppe impedire Toccupazione di Cat-
tare ; Giorgio Balbi, quella della piazza di Singh.
Col verno sopraggiunto, sostarono le ostilità.
Ai primi di gennaio del 1716 il Senato veneto decretò
che si approntassero pel Levante ventimila soldati, trenta
navi, quattro brulotti, nonché altre navi per munizioni e
viveri; diecimila uomini furon destinati per la Dalmazia,
altre galee per la difesa del golfo. Per fronteggiare le spese,
furono imposte due nuove decime (i).
Sul finire di marzo già Antonio Loredano era pronta
per recarsi in Corfù, come provveditore generale ed inqui-
sitore delle isole. Le truppe venute dalla Germania, furono
destinate a rinforzare quei presidi (2) ; altre, assoldate di
(i) Misceli, di Clemetite XI, 215, pp. 244-245, Avviso di Veneiia,
9 gennaio 17 16.
(2) Ivi, pp. 253-255, Avviso di Venezia, 21 marzo 1716.
Studìi sul pontificato di Clemente XI 263
fresco anche nell'impero, e giunte su trenta burchi da Ve-
rona nel maggio, mandate in Dalmazia, ove trovavasi lo
Schulemburg ad ispezionare le piazze di quella regione;
mentre, sempre più a tenere in rispetto i Dulcignotti, spe-
dìvasi il Badoer in Ancona come capitano straordinario (i).
Nel giugno, il capitano generale Andrea Pisani aveva
disposto ogni cosa per mare e per terra; e, inviato il grosso
dell'armata nelle acque di Zante, e poste due navi a guardia
delle bocche del golfo, erasi fermato a Corfù colle navi
sottili, in attesa degli ausiliari (2).
Anche la Turchia fece nuovi e più ampi apparecchi
nel 171(3, e per sopperire ai bisogni dell'erario, ricorse ai
suoi soliti mezzi, esiliando o trucidando i ricchi, vendendo
le cariche, eccitando il fanatismo religioso. Il popolo però
era rimasto malcontento di tanto sperpero di danaro e di
vite; e r 8 gennaio, assembratosi attorno alla dimora del-
l' ambasciatore cesareo, Fleschmann, colla scusa che vi si
era appiccato il fuoco, tentò derubarla, mutando l'assem-
bramento in un principio di rivolta.
Il Governo turco non se ne commosse, forse per dar
sfogo al malcontento popolare; ma il Fleschmann, comuni-
cato a Vienna l'incidente abbastanza significativo, informò il
Governo imperiale che non era più tempo di indugiare d'in-
nanzi ai nuovi preparativi guerreschi della Porta. Banditori
correvano per la Turchia promettendo quaranta reali di
(i) Misceli, di Clcviente A7, 215, pp. 262 - 26 'y. Avviso di Vene^ja,
25 maggio 17 16. Nel naviglio comandato dal Badoer vi erano alcuni
bastimenti di nuova invenzione, delti capre, che, accompagnando il
Bucintoro nella festa dell'Ascensione, avevano dato prova di grande
velocità.
(2) Ivi, pp. 275-275, Avviso di Venezia, 13 giugno 1716. Pre-
vedendo l'attesa, il Pisani erasi raccomandato all'ambasciatore Mo-
rosini in Roma per ottenergli la dispensa di leggere i libri proibiti,
e fra gli altri il Machiavelli (ivi, p. 272. Lettera orig. del gen. A. P.
all'ambasciatore F. M. in Roma, Venezia, 15 giugno 1716).
2^4 /• "Pometti
donativo a chi si arrolava come fante, ottanta a chi con
cavallo ; si armavano altre sei sultane nuove ; a Jannina
era giunto un rinforzo di mille Turchi di Albania; altri
tremila erano in marcia su Santa Maura. Ovunque, fra-
gore e preparativi di armi. Il principe di Vallachia, Ste-
fano Cantacuzeno, era stato deposto, ed innalzato in sua
vece Nicolò Maurocordato come più ligio alla Porta. Il
seraschiere Cora Mustafà, per essersi fiaccamente compor-
tato sotto Corfù, era stato decapitato a Salonicco, e sosti-
tuito da Osman Pascià, audace e sanguinano uomo(i).
Il Fleschmann, dopo l'incidente ricordato, aveva mu-
tato dimora senza sollevare lagnanze, che sentiva ormai di
trovarsi a disagio in Costantinopoli. Interrogato dal primo
visir sugli armamenti imperiali in Ungheria, rispose aver
r imperatore sempre religiosamente rispettato il trattato
di Carlowitz, e più volte offerta la sua mediazione per
{scongiurare la guerra; ma che avendo vista rotta la pace,
rifiutata la mediazione, accresciute le forze turchesche per
terra e per mare, aveva creduto dover suo preservare i
propri domini da qualsiasi sorpresa, e apprestare alla re-
pubblica veneta quell' assistenza che aveva giurata nella
pace suddetta. — Anche la Porta (aveva risposto il visir)
sentiva di non esser venuta meno all' impegno di Carlowitz,
specialmente quando l'Austria era stata impegnata nelle
guerre d' Occidente ; né aveva motivi di querele in quella
contesa, circoscritta fra la Porta e Venezia.
Ricevute nuove istruzioni da Vienna, e specialmente
dal principe Eugenio, il Fleschmann aveva ripetuto con
maggior calore le argomentazioni di prima; e fatto inten-
dere che, se inascoltato, avrebbe chiesto il congedo, pro-
pose che per restare in pace coli' Austria bisognava anche
(i) Misceli, di Chmente X/, 215, p. 246, Avviso di Costaiitinopoliy
21 gennaio 171 6; pp. 247-249, Avviso di VeruTÌci, 20 febbraio;
Nun:(iat. di Germania, 255, Avviso di Vienna, 15 febbraio.
Stiidii sul pontificato di Clemente XI 2^5
esserlo con Venezia, restituendo a questa quanto le era
stato tolto, e rifornito T imperatore delle spese di guerra
già fatte (i).
L'Austria (aveva già prima avvertito lo Spinola) tentava
con queste risposte di guadagnar tempo in Ungheria, e di
provocare anche l'orgoglio turco, perchè le grandi spese
fatte per l'esercito imponevano ormai che la guerra si fa-
cesse (2).
Sparsasi la nuova che l'Austria erasi decisa alla guerra,
r Inghilterra s' interpose da mediatrice, per le rimostranze
rivolte dal primo visir all'ambasciatore britannico in Co-
stantinopoli. La Turchia ora, impensierita degli apparecchi
imperiali in Ungheria, protestava di non voler distrug-
gere il dominio veneto, ma soltanto infliggere una puni-
zione alla repubblica; 1' amicizia coli' Austria doveva restare
inalterata: ammetteva la mediazione. xMa era tardi. Il
Fleschmann ripetè le proposte ed accordò tre giorni di
tempo (3). Fu adunato il Divano alla presenza di Acmet.
La discussione fu rapida ed agitata ; si decise la guerra.
Passati i tre giorni, e non ricevendo risposta, Fleschmann
chiese il congedo. Essendogli stato negato, e propostogli
di andar via da privato, protestò, reclamando gli onori
dovuti d\ suo grado, come T imperatore li aveva concessi
ad Ibraim Agà. Per tutta risposta fu tenuto in guardia e
costretto a seguire il sultano in Adrianopoli (4). Un vio-
lento manifesto, nel quale si accusava l'Austria di mala-
(i) Nuniiat. di Germania, 255, dalle lettere del nunzio al Pao-
lucci li e 12 aprile 1716; e dalla Misceli, di Clemente A7, 215,
pp. 257-258, Avviso di Veneiia, 18 aprile 17 16.
(2) S linciai, di Germania^ 255, in due lettere del nunzio al Pao-
lucci, nel corriere del 15 febbraio 1716.
(3) Nuniiat. di Gt^rmania, 256, lettera del nunzio al Paolucci,
18 luglio 17 16.
(4) Ivi, nella lettera sopra citata; \UsccU. di CkmenU A7, 215,
pp. 280-283, Avviso di Veneiia, 27 giugno.
iGG J, Tornelli
fede, fu pubblicato per tutti i paesi del sultano a giustifica-
zione della guerra. Furono indette pubbliche preghiere e
penitenze per eccitare il fanatismo religioso; fatte venire
dall'Asia nuove truppe; rafforzate quelle della Dalmazia;
aumentata la flotta per Corfù. Usci tutta la squadra dai
Dardanelli: quaranta sultane di linea; dodici vascelli del
Cairo con quaranta cannoni ciascuna; numerose navi bar-
baresche. L'armata sottile di ventuna galee e ottanta ga-
leotte, fra grosse e piccole, fu in parte mandata nel Mar
Nero per tenere in rispetto lo czar, che i Tartari, d'ac-
cordo colla Turchia, minacciavano anche da terraferma (i).
Ma che la Russia si fosse mossa, era una vana paura.
Alle sollecitazioni del nunzio di Polonia, lo czar aveva
rimandata ogni decisione a dopo la pace colla Svezia. In
realtà, egli aspettava di esser direttamente invitato dall' im-
peratore, e questi taceva, che l'invito significava, a guerra
terminata, un qualche compenso, come, ad esempio, il
porre presidi a Witmar: «... massime oraw, confidava lo
Spinola, « che ha dato la sorella al duca di Mecklemburg;
« e ciò terrà molto guardingo l' imperatore, al quale so
« che non piaceva la presenza del medesimo czar nel-
« r impero con trentamila uomini, oltre 1' armata navale
« sul Baltico, ove pareva che disponesse le cose colla stessa
« autorità come se fosse nei propri Stati» (2).
Ma oramai l'Austria poteva tentare l'impresa da sola,
e i lunghi indugi ed i ripieghi di prima trovavan scusa
nella savia organizzazione della campagna. Nel marzo,
trentasei generali avevan già ricevute le istruzioni pel piano
(i) Misceli, di Cìemente. XJ, 215, pp. 273-275, Avviso di Feneiia,
13 giugno I7i6;pp. 276-277, lettera di A. Loredano all'ambasciatore
Duodo (Corfù, 16 giugno), in cui sono riassunti due avvisi di Jannina
del 31 maggio e dell' 11 giugno 1716.
(2) Nuniiat. di Germania, 256, lettera del nunzio al Paolucci,
1° agosto 17 16. Altre notizie simili, in Misceli, di Clemente XI, 215,
pp. 250-252, 7 marzo 17 16.
Studìi sul pontificato di Clemente XI 2^7
strategico da eseguire ; eraii staci chiamati il maresciallo
Palfi bano di Croazia e il maresciallo Guido di Starem-
berg, esperti e valorosi uomini di guerra; e da Ulma, da
Ratisbona, da altri paesi dell' impero affluivano soldatesche
in Ungheria. L' esercito era stato addensato presso Pe-
tervaradino, non dalla parte di Belgrado per evitare l'osta-
colo della Sava, ma da quella del Danubio, sopra il quale
numerosi ponti improvvisati lasciavan libero il transito alle
truppe, e per dove l'esercito poteva essere coadiuvato dalla
flottiglia (i).
A queste notizie, che contrastavano con quelle sull'of-
ferta mediazione dell' imperatore, il nunzio erasi affrettato
ad oflrire a Carlo VI un altro sussidio di centomila fiorini,
«dei quali», scriveva al Paolucci, « non ho avuto occa-
« sione di pentirmi, stante che posso dire abbiano dato
« l'ultimo impulso alla partenza del signor principe Eu-
« genio » (2).
Infatti, il principe Eugenio era partito qualche giorno
prima da Vienna col nipote Emanuele di Savoia, per le
campagne di Futach, ov' erasi radunato l'esercito. Gli avve-
nimenti di quella guerra son noti; li accenneremo appena,
e sohanto quando possono chiarire le vicende delle due
flotte nemiche.
Il visir era giunto colle truppe nelle vicinanze di Bel-
grado. Giammai nelle guerre precedenti l'impero ottomano
era riuscito a radunare esercito si numeroso, che tra fanti
e cavalli ascendeva a dugentomila uomini. Gì' imperiali
erano meno della metà; e, sia per questo, sia perchè non
voleva essere il primo a rompere la tregua, Eugenio stette
alcun tempo sulla difensiva. Anche gli Ottomani presero
(i) Misceli di ClemenU XI, 215, Aii'isi di Veneiia, dal 7 marzo
al 4 luglio, a pp. 250-255, 269-271, 273-275, 284-285; Nunxjat, di
Germania, 255, Avvi " '"una, 14 marzo 17 16.
(2) Nuniiat. di ( , 256, cifra del nunzio al Paolucci, 4 lu-
glio 171 6, decifrau in Roma il 15 dello stesso mese.
268 J. Torneiti
lo stesso atteggiamento, protestando di guardare i confini.
Ma essendosi posta più tardi l'armata turca tra Corfù e le
bocche dell'Adriatico, coli' intento manifesto di forzare il
passo e penetrare nelle coste italiane, Carlo VI avverti
lo Spinola (affinchè ne informasse il papa) di aver ordi-
nata l'apertura delle ostilità (i). Finalmente, il vivo desi-
derio di Clemente XI incominciava a realizzarsi ! Al primo
scontro, l'esercito turco fu messo in fuga; gl'imperiali
mossero in piena marcia al passaggio del Tibisco, mirando
a Temisvar. Ma il Palfi non potè investirla colla cavalleria
per l'acqua troppo alta nei dintorni di Petsch, e passò
oltre, fermandosi a Zenta, il memorabile luogo, ove gH
Ottomani erano stati sconfitti nella guerra precedente. Vi
si riunì l'esercito, ed Eugenio chiamò a consiglio i gene-
rali. Ma, prima di decidersi, occorreva sapere che fosse
successo a Corfù.
Corfù era a buon diritto stimata 1* antemurale d'Italia.
La sua vantaggiosa posizione contava ricordi gloriosi, per-
chè contro essa erasi fiaccata la baldanza di Pirro, e nei
tempi a noi più vicini, nel 1537, quella del corsaro Bar-
barossa. Ma al tempo del nostro argomento 1' isola non
trovavasi in condizioni da resistere all' attacco, che gli Ot-
tomani preparavano poderoso; e l' impreviggenza del Se-
nato e la scarsezza del danaro, 1' avevan lasciata in ab-
bandono. La fortezza vecchia era cadente; e la cittadella
(eretta nel 1574 su disegno del Savorgnano), cinta da de-
bole muraglia, non dava alcuno affidamento di resistenza.
Lo Schulemburg vi aggiunse palizzate ed altre opere este-
riori, per contrastare il terreno al nemico palmo a palmo;
e mostrando T imminenza e la gravità del pericolo, chiese
(i) NuHiiat. di Germania, 256, lettera del nunzio al Paolucci,
nel corriere del 1° agosto 1716.
Studii sul pontificalo di Clemente XI 2^9
soccorsi di uomini e di danaro. Ma l'erario della repub-
blica (che dopo la guerra di Candia non aveva mai più
toccata la floridezza primiera), per le spese giA fatte dal
principio della campagna, assoldando milizie e fortificando
le isole e le piazze di Cefalonia e di Albania, era esausto
a segno che, per soddisfiire in qualche modo alle richieste
dello Schulemburg, il Governo ricorse a misure estreme,
come le tasse sulle industrie personali e sui traffici, e la
vendita dei titoli di nobiltà e delle cariche pubbliche. Mi-
sure estreme, ma risultati scarsi. Era convinzione generale
che Corfù sarebbe caduta.
Quando ai primi di luglio comparvero nel canale di
Corfù alcune navi ottomane, Andrea Pisani (che era suc-
ceduto al Dolfin nel comando di tutte le forze marittime)
aveva disegnato di attaccarle per intimorire V inimico, se
non fosse stato avvertito che Coggià dirigevasi a quella
volta col grosso della flotta. Giuntigli nuovi rinforzi con
Andrea Cornar© (succeduto al defunto Bonvicini), e saputo
che i Turchi, intenti allo sbarco per l'assedio, eransi di-
stesi colle galee per circa due miglia attorno T isola, avan-
zossi per isfondare quella debole linea e dare il guasto a
quante più navi nemiche potesse. Senonchè, giunti all'al-
r altezza di Casopo, i Veneti, per aver fatto il consueto
saluto col cannone alla Vergine del luogo, scovrironsi a
Coggià; il quale, raggruppate le galee, respinse il Pisani e
continuò indisturbato i preparativi dell' assedio. Sbarcarono
trentamila uomini e tremila cavalli al comando del sera-
schiere. Il loro primo sforzo fu contro il posto avanzato
del Monte Abramo, e ne furon respinti. Il mese di luglio
passò in preparativi tra assedianti ed assediati; ma essendo
riusciti i Turchi ad erigere due batterie, con una bombar-
darono la fortezza nuova e le galee venete (che dovettero
allontanarsi dallo scoglio di Vido), coli' altra mirarono ad-
dirittura dentro la città. Ripetuto l'attacco al Monte Abramo,
270 J. Torneiti
il seraschiere se ne impadronì; occupò in seguito T altro
posto avanzato di S. Salvatore; aprì una breccia al rivel-
lino sotto l'angolo della fortezza nuova verso la marina;
danneggiò la porta Raimonda, e strinse in un formidabile
cerchio di ferro tutto V abitato.
Corfù era presso che perduta. Per tentare di salvarla
con aiuti esterni, attaccando i nemici alle spalle, bisognava
sfondare la linea delle galee ottomane; nv.x i Veneti non
erano in numero da tanto ; e benché avanzata la stagione,
tardavano ancora gli aiuti promessi dai principi cristiani.
Quando sarebbero giunti gli ausiliari ?
Gli ausiliari, che dovevano trovarsi a Corfù alla fine di
maggio, chi per una chi per un' altra cagione, avevano
ritardata la partenza fino agli ultimi di giugno.
La squadra pontificia aveva perduto un tempo prezio-
sissimo, sia per accrescersi di alcune galeotte e rifornirsi di
artiglierie, sia per inseguire nel Tirreno alcune navi di cor-
sari turchi. Non prima del 16 giugno riunironsi nel porto
di Civitavecchia le galee pontificie, genovesi, toscane e
spagnole. Fu ordinata la partenza. Il Langon colle navi
leggere di Sua Santità era già a Napoli dalla fine di mag-
gio per provvedersi di vettovaglie; il 19 giugno si avviò
la prima divisione della squadra, composta del S. Pietro,
del 5. Atanasio e delle due galere genovesi al comando del
La Motte; il 23 parti il Ferretti colle galee di Spagna. 11
5. Pio e il S. Maria rimasero col Bussi e col Saladini a Ci-
vitavecchia, in guardia contro i barbareschi.
Frequenti intanto giungevano a Roma le lagnanze di
Venezia; e Clemente XI, alla sua volta contrariato e con-
tristato dell' indugio, inviava messaggi al Ferretti, al Lan-
gon, al La Motte, incitandoli ad accorrere in soccorso di
Corfù. Una triste fatalità incombeva sulla sorte dei Cri-
stiani, che agi' indugi di prima, altri ora ne aggiungevano
gli avversi elementi.
Siudiì sul pontificalo di Clemente XI i-ji
Il 20 luglio il Langon non era più in là di Roccella Io-
nica con due navi guaste; il 24 il La Motte non aveva
ancora potuto lasciar Reggio di Calabria; il 28 il Ferretti
era tuttora trattenuto dai venti al Capo S. Maria; poi, ri-
preso il cammino, era stato sviato or qua or là da spioni
nemici, che manifestando le cautele di Coggià, indicavano
dond' egli temesse il pericolo. Finalmente, dopo quaranta
giorni di viaggio, gli ausiliari unironsi ai Veneti ed ai
Maltesi. Erano in più di cento vele nelle acque di Corfù.
Radunaronsi a consiglio gli ammiragli sotto la presidenza
del Pisani, e fu deciso in massima di attaccare i Turchi
alla prima occasione favorevole ; ma i malumori latenti e
la mancanza d' unità di comando dovevano condurre a
quanto più innanzi sarà detto.
In questo frattempo, e prima che gli ausiliari si radu-
nassero, le condizioni degli assediati erano peggiorate. Il
Pisani aveva da prima bordeggiata l'isola; aveva poi ten-
tato di soccorrere la piccola rocca di Parga alla bocca del
canale, ma altro non potendo, molestava di nottetempo Tini-
mico (i). Le due flotte stavano di faccia: la turchesca, che
avrebbe potuto sopraffare il Pisani, non rompeva la linea
per rendere più valido T assedio, ed aspettava di essere
attaccata ; la veneta, per inferiorità di numero, era da prima
rimasta indecisa, poi aveva tentato il rimorchio per venire
a cimento. Erasi deciso il Pisani colle sole sue forze di
venire a battaglia, perchè egli e Coggià avevano intuito, con
opposti desideri, che bisognava affrettarsi. Non giungendo
gli ausiliari, pericolando le fortificazioni, stremati i presidi,
il Pisani si decise per un' azione audace e disperata, sia
per r onor suo, sia per la pietà degli assediati, sia per le
incessanti premure di Venezia e di Roma (2). Coggià,
(i) Misceli, di ChmenU XI, 215, pp. 28.j-2<S), 288-289; Avvisi di
Venezia, 4011 luglio ; Avvisi di Otranto, 7 luglio, a pp. 286-287.
(2) Circa l'assedio di Corfù, lo Spinola scriveva dì aver detto
272 7* Torneiti
d' altra parte, avvisato dagli spioni del prossimo arrivo
degli ausiliari, incitava il seraschìere all' assedio, e d' ac •
cordo fulminavano le fortezze e la città con incessante e
furioso cannoneggiamento.
Giunti i rinforzi cristiani, si era per venire alle mani,
quando ai 20 di agosto scoppiò un' inattesa tempesta, dal-
l' alba al mezzodì. Le trincee nemiche ne furon guaste, al-
lagate le gallerie, disordinate le schiere, sbattuta l'armata.
Crebbe il disordine e lo scompiglio col sopraggiungere della
notte. Ma, al levare del nuovo giorno, ecco dalle ronde
mattutine, dai bastioni partirsi grida di stupore e di gioia:
il nemico era scomparso... i Turchi eran fuggiti!
Cannoni, mortati, granate, bombe giacevan tra le
trincee, disseminati per la campagna, precipitati tra i
burroni. Dappertutto le tracce d' una fuga precipitosa.
Non un Turco a terra ; tutti sulle navi, e le navi lontane,
fuo:o:enti...
Com'era avvenuto quell'evento inatteso? Perchè mai
i Turchi abbandonavano la città quasi espugnata? (i)
La paura che, nell' incertezza, ingigantisce le notizie,
aveva consigliato la fuga. Le vittorie di Eugenio in Un-
gheria, la marcia in avanti dell' esercito imperiale, l'arrivo
degli ausiliari che bilanciava le due armate, consigliarono
i Turchi a levare l'assedio e serbare almeno incolume la
air imperatore che se l' isola fosse stata liberata, il papa avrebbe
compiuta la « generosa offerta fatta di 300 m. fiorini, i quali ogni
« volta che giungessero, riuscirebbero molto opportuni, avendo no-
ce tìz'a particolare che il sigr. principe Eugenio abbia spedito per
« avere qualche considerabil somma, e eh' ora qui si travaglia non
« poco per unirla ». Nuniiat. di Germania, 256, 5 settembre.
(i) Notizie particolareggiate sulla Hberazione di Corfìi trovansi
da p. 582 a 499 del voi. 215 della Misceli, di Clemente XI: Scritture
spettanti alla liberazione dell'isola di Corfù dall'assedio de Turchi acca-
duta nel mese di agosto dell anno lyió, con la pianta della detta isola.
E ciò che si fece da Clemente XI Sommo Pontefice in qnesl' occasione.
Stndii sili pontijìcato di Clemente XI 2
-/:>
flotta, quando 1' esercito era stato sconfitto. Per quanto su-
bitanea ed arrischiata, la fuga fu eseguita con accorgimento,
tornando a vantaggio dei Turchi, a scorno dei Cristiani.
Il Pisani, infatti, poteva affrontare nel canale gli inimici,
impegnare battaglia, riportare facile vittoria. Restò inerte,
e non gli furon risparmiati biasimi, fin quasi a sospettarlo
di tradimento. Ma forse quella decisione repentina scom-
pigliò i piani prestabiliti, forse la ritirata fu interpretata
diversamente; e sopratutto la gelosia fra i comandanti e
la mancanza d' un' autorità da tutti riconosciuta, non fece
trarre esito da quell' occasione per quanto inaspettata, al-
trettanto favorevole.
Dileguato lo stupore e T incertezza, finalmente il Pi-
sani si die ad inseguire l'inimico, ma era già tardi. Restò
colle sue galee in quelle acque. Gli altri presero la via del
ritorno a poco a poco. Ritornarono anche indietro i Por-
toghesi, sopraggiunti proprio allora.
Baldassarre di Guevara tenne alcun poco dietro alle
mosse del Pisani, ma «... conoscendo 0, egli scriveva, «non
« avere altro fondamento questa risoluzione dei Veneziani
« che un' apparente esteriorità di dare ad intendere al mondo
« che hanno voluto attaccare il nemico», quando i fatti
avevano « scoperto senza il minor dubbio che la loro in-
« tenzionc e stata sempre il contrario », faceva vela pei
Zantc, dirigendosi in Ispagna (i).
GÌ' indugi, le pretese dei Veneziani, le gelosie ira i
capi erano riusciti a vantaggio dei Turchi (2). Quella del
mare, per quell' anno, era una partita rimandata.
(1) MÌ,i\U .;'/■ (': inniìr XI. 2 1.1. PP. 12 2-1 27: Cupiloli di ìiltdc Ài
D. Pnihhi^sar /.//.■ Mi-rLrc il j; <; v /.'■ N' . T^r
le parole riporiatc nei testo, cjuciia ticl 29 ago '^ ' ' 'M «^ia Cortù.
Sono copie. Manca 1' indirizzo.
(2) Nelle 5n' 1 a nula fede dei
Veneziani e dei v* ; ■
Archivio della H. Società romana di storia patri
i8
274 .7- ^ometti
È fiicile immaginare con quale rincrescimento Cle-
mente XI apprendesse la fuga dei Turchi ed il ritorno
delle squadre ausiliarie. Tuttavia, era necessità mostrarsi
contento, perchè occorreva tenere unite le forze per Tanno
prossimo. Per questo fece buon viso ad una lettera del
doge di Venezia, che magnificando 1' eroismo dei difen-
sori di Corfù, dava il merito della liberazione dall'assedio
alle cure zelanti del pontefice (i). E il papa, ad accrescere
importanza a quella liberazione che aveva del miracoloso,
riuniti i cardinali presenti in Roma, mosse con pompa so-
lenne alla chiesa di S. Maria in Vallicella a celebrarvi una
messa di ringraziamento dinanzi a un braccio di san Spi-
ridione, protettore di Corfù. Fece anche coniare una me-
daglia commemorativa (2). Ma, dentro, fremeva, e non
mancò di confidare allo Spinola il suo cordoglio e il suo
dispetto. H il nunzio rispose che alla corte austriaca ave-
vano trovate giuste le lagnanze di Sua Santità contro il
Pisani; ma che siccome costui inseguiva il nemico (pre-
testo evidente, egli aggiunse, per ismorzare le mormora-
zioni comuni), bisognava aspettare l'esito dell' inseguimento
prima di muovere aperte lagnanze a Venezia, « acciocché
G la mia insinuazione possa meglio produrre 1' effetto de-
ce siderato da Sua Santità, senza che fomenti i sospetti, che
« in molti di questa corte pare che regnino » (3).
Dopo la vittoria riportata a Petervaradino, il prin-
cipe Eugenio aveva cinto di assedio Temiswar, rivolgendo
(r) Misceli, di Clemente XI, 215, pp. 421-422, Venezia, 12 set-
tembre 171 6 (copia).
(2) Ivi, pp. 423-430: Copia dell' tiffi:(io fatto d'ordine di papa Cle-
mente XI al Senato di Venezia da mons. nuuT^io Aldohrandini nel mese
di settembre lyió. In occasione della libera:(ione di Corfù, con la risposta
data dal Senato alV istesso uffi:(io.
(3) Nuniiat. di Germania, 256, cifra del io ottobre, decifrata in
Roma il 21 dello stesso mese.
Studii sul pontificato di Clemente XI 275
i suoi sforzi per abbattere la palanca, una fortissima pa-
lizzata prima del fosso di cinta. Dopo ripetuti assalti (i),
fu superata, e poco dopo, ai primi di ottobre, entrava colle
truppe in Temiswar (2).
Questi successi, e il sopraggiungere dell' inverno, fe-
cero sospendere le ostilità, tanto più che tornavano a circo-
lare le voci di pace. Il signor di Montagut, che l' Inghilterra
inviava ambasciatore in Costantinopoli, si recava prima a
Vienna per T apertura di tali trattative. Il Sinzendorff ne
avverti lo Spinola, che a sua volta comunicò la poco lieta
notizia a Roma. Per buona fortuna, T inizio delle tratta-
tive fu differito, perchè fin dalle prime intese apparve che
r imperatore non avrebbe ceduto sulle vittorie conseguite,
e che il sultano non era disposto a cedere i territori occu-
pati (5). Questi propositi, che assecondavano le aspirazioni
del papa, cioè il proseguimento della guerra, li rafforzò
lo Spinola, sborsando altri centomila fiorini per la pros-
sima campagna (4).
L' esercito imperiale, intanto, si chiudeva nei quartieri
■d' inverno, il generale Steinville tornava in Transilvania,
il generale Merci si fortificava sul Danubio, e il principe
Eugenio tornava a Vienna; mentre a convalidare le voci
(i) In uno di essi erasi comportato valorosamente, restando fe-
rito, l'infante di Portogallo. Lo zio principe Eugenio ne riferì con lode
a Vienna, e l' imperatore offrì il comando d'un reggimento al ferito,
che rifiutò 1' onore, stimandosi inadatto a quella carica. Kun\iat. di
Germania, 256, in una lettera del nunzio al Paolucci, nel corriere
^el 2 settembre 1716.
(2) Da una Relazione dal campo sotto Temisvar, il 1° ottobre iyi6,
annessa ad una lettera del nunzio nel corriere del io ottobre, in
Nuniiat, di Germania^ 256.
(3) Nuniiat. di Germania, 256, cifra del io ottobre, e lettera del
nunzio al Paolucci del 17 dello stesso mese.
(4) Ivi, in una lettera del nunzio al Paolucci, nel corriere del
17 ottobre 1716, alla quale sono annesse le ricevute originali del pa>
gamcnto
27^ J- "ToniQtti — Stiidii etc.
di pace si assicurava che il Fleschmann fosse stato libe-
rato, e che il Montagut recavasi alla corte di Hannover
per averla consenziente alla sua missione (i).
F. POMETTI.
(Continua).
(i) Nun^iat. di Germania, 256, lettere del nunzio al Paolucci del
7 e 28 novembre 171 6.
VARIETÀ
DUE DOCUMENTI PONTIFICI
ILLUSTRANTI LA STORIA DI ROMA
NEGLI ULTIMI ANNI DEL SECOLO XI.
I.
Il P. Zaccaria nell' 7/^r lìtterarium per Italiani (1762),
p. ^^, pubblicò da un codice Marciano di Firenze del se-
colo XII (i) un breve di un papa V., che egli supponeva fosse
Urbano IL È cosa ben singolare come questo documento,
quantunque getti non poca luce sulla situazione politica
del papato negli ultimi anni del secolo xi, sia sfuggito a'
tutti gli storici. Nessuno difatti lo cita, e non fu neppur
registrato nella seconda edizione dei Rcfj^esta poutifictim
Romanorum dello Jaffé. Il testo di esso è il seguente:
V. episcopus servus servorum Dei. Dilectis fratribus Romanae
ecclesiae fidelibus salutem et apostolicam benedictionem. Angustias
animi vestri super contritìonem Romanae ecclesiae cognoscentes,
novo nuntio vos relevamus. In vigiliis it^que apostolorum Petrì et
Paul! milites nostri cum castellanis adversus heresiarcam pugnantes
annuente Deo ita vicérunt ut nepos eius O. armis nudatus equo
vexilloque perdilo fugcrit. Cetera omnia Deus prospere egit ila ut
sequenti die laccssiii pugnare omnino timuerint. Pracfecio tiimcn
regio cquus est interfeclus. Die altero Romani omncs ad rcJdcnda
debita cum provocantes ita in iram excitaverunt ut paralisi optus
dicatur, certissime tamen et maxime languct. Misericordia deinde
(r) Ora neUa biblioteca Laurenziana, Cod. s. Marci 655.
278 T. Kehr
postulata a nostris abire permissus est, sui pene omnes pedìtes abie-
runt. Cameram prò iumentorum inopia apud Theobaidum Cincii
filium reliquit (»). Nos die mensis iulii tercio, clero et popolo, equi-
tibus ac peditibus, cum floribus et palmis, cum cimbaiis et citharis
prosequentibus, via palliis coperta porticum adivimus, missas pacifice
in beati Petri basilica celebravimus, et in Urbem coronati redivimus.
Nobiscum ergo gratias agite qui sine omni Nortmannorum ope supra
spem nobis misericordiam suam contulit. Deum autem timentibus
que a Deo acta sunt notificare curate. Valete.
Dobbiamo innanzi tutto domandarci: a qual papa ed a
qual anno appartiene questo documento ? Non v'ha dubbio
che il P. Zaccaria abbia con ragione attribuito il breve ad
Urbano II. L'eresiarca, in esso ricordato, non può essere
ahri che il famoso Wiberto di Ravenna, T antipapa Cle-
mente III (i). Il suo nipote O. è egli il conte Odo di
Sutri ? Il nome del prefetto regio non è indicato; ma è
da pensare che fosse Wezelo, conosciuto già da un altro
documento.
La situazione manifestataci da questo breve era dunque
la seguente: la città occupata dai partigiani di Wiberto
sotto il comando del conte Odo e del prefetto regio We-
zelo; contro di essi papa Urbano, senza l'aiuto dei Normanni,
con le sole forze della milizia di S. Pietro e dei castel-
lani, cioè dei vassalli dei castelli romani. Il 28 giugno si
fa gran battaglia: i Wibertini sono sconfitti; Odo, sbal-
zato da cavallo e spogliato delle sue armi, fugge lasciando
la bandiera nelle mani del nemico. Il di seguente, 29 giugno,
i Wibertini scoraggiati non osano di riprendere il combat-
timento; nel terzo giorno, 30 giugno, i Romani abbando-
nano il prefetto il quale è preso da tanta rabbia che viene
(a) Il passo Cameram - reliquit è aggiunto dopo Valete ; e doveva stare
originalmente o dopo fugerit o dopo abierunt
(i) Cf. Gregorovius, GeschichU der Stadt Rom im Mittelalter, IV,
260, n. i; GiESEBRECHT, G&schichtn der deutschen Kaiserieit, III, ii8i;
KòHNCKE, Wihert voti Ravenna, p. lor.
Varietà 279
colpito d' apoplessia, e V esercito di lui si discioglie. Il 3 lu-
glio il papa, in mezzo alla consueta pompa solenne, entra
vittoriosamente in Roma.
Il nostro documento è una circolare diretta ai vescovi
fedeli a papa Urbano, annunziante la vittoria: è il bullettino
militare del vincitore.
Alcuni dati di fatto ci permettono di fissare anche Tanno
di questi avvenimenti.
Papa Urbano era stato eletto il 12 marzo del 1088
fuori di Roma, a Terracina, mentre T autorità delT anti-
papa aveva in Roma il predominio. Solo verso il 1° no-
vembre il papa potè entrare nella città; ma a gran pena
vi si sosteneva, ridotto, quasi senza mezzi, alla sola isola
di San Bartolomeo. Nel 1089 però riuscì a cacciare Tanti-
papa e ad impadronirsi della città; secondo Bernoldo (i):
« Guibertus. . . turpiter expellitur et ne amplius apostolicara
« sedem invadere praesumat iuramento promittere com-
«pellitur». In una bolla delT 8 luglio 1089, concessa al
clero e popolo di Velletri, Urbano II fé' allusione a questo
successo con tali parole: « Nec ignotum, dilectissimi fra-
« tres, vobis esse cognoscimus, qua immani crudelitate
« Guibertus heresiarcha sedis apostolice invasor, antiquus
c< hostis, nostris temporibus per apostatas et tirannos sancte
« Ecclesie, Hugonem Album et Ioannem Portuensem ex-
« episcopos et Petrum quondam cancellarium, Wezelonem
« et Ottoncm tiranum, membra diaboli, seduxerit filios Dei,
« cogitans eos blanditiis et atrocitate suis pedibus posse
« submittere. In eum vero sperantes qui suos non despicit,
« constanter per vos et alios filios nostros illorum incursum
« comprimemus. Quapropter de pr[esenti dilectos filios]
a Raynerium presbiterum, Formosuu) nostrum dapiferum
« ac Fornicem nostrum emissarium cum presentibus scriptis
« vobis niandamus, a quibus velut a nobis audietis quanta
(i) Bhrnoldi Chronicon ad a. 1089 {Mon. Gcnn. Script. V, 450).
28o T. Kehr
«prelia nostri fideles strenue commisere et
(( quomodo ad Christi spense utilitatem ultra montes accel-
<( lerare disposuimus ». Il v. Pflugk-Harttung, pubblicando
questa bolla da una copia conservata nell'archivio Muni-
cipale di Velletri (i), In giudicò una falsificazione; ma gli
argomenti da lui addotti mi sembrano senza valore, e tali
parvero anche al Lòwenfeld {Regesta pontificum Romanorum,
n. 5403). Le parole del papa in questa bolla corrispon-
dono così esattamente alle parole del nostro documento
che non e è nessun dubbio che ambedue fossero scritti
nella medesima situazione. Il documento dello Zaccaria
conferma V autenticità della bolla di Velletri ; e questa da
parte sua prova che anche il breve appartiene all'anno 1089.
Da ciò adunque si deduce che, negli ultimi giorni del
giugno 1089, papa Urbano riuscì a sconfiggere l'antipapa,
e che il 3 luglio entrò solennemente nella città. E quanta
gli dovesse sembrare T importanza di questi avvenimenti,
ce lo palesano bene il breve diretto ai suoi fedeli con la
nuova della vittoria, e la bolla diretta ai Velletrani, an-
nunziante anche a loro i suoi miUtari successi.
IL
L' altro documento che propongo agli studiosi della
storia medioevale di Roma, ci porta alF anno 1099.
Papa Urbano morì il 29 luglio 1099. Appunto in questo
momento 1' antipapa levò il capo, risoluto a tentare la for-
tuna per r ultima volta. Si presentò coi suoi partigiani
innanzi alle mura di Roma; in Albano, dove il vescovo
Teodorico era suo fautore, pose il quartiere generale, donde
minacciava il partito clericale adunato ad eleggere il nuovo
papa. Ma anche questa volta gli falli l' intento. Il nuovo
(i) Ada pontificum Romanorum, II, 145, n. 178 (J.-L. 5403).
Varietà 281
papa, Pasquale II, elettoli 13 agosto, guadagnò gli abitanti di
Albano coli' oro del conte Ruggiero Normanno, e costrinse
r antipapa a sgombrare Albano ed a ritirarsi a Sutri e poi
a Civita Castellana. Quivi Wiberto si sostenne fino alla
morte, che lo raggiunse, abbandonato e rifinito, nel settembre
del UGO.
Cosi racconta l'autore della Vita di Pasquale II (i).
Orn, un notevole contributo alla conoscenza di questi
avvenimenti ci offre una bolla di Clemente III, che si con-
serva neir archivio della Certosa di Trisulti. Ne dobbiamo
il prezioso ritrovamento al dott. Luigi Schiaparelli, mio
indefesso collaboratore, il quale raccogliendo negli archivi
della Campania il materiale per la edizione critica delle
bolle pontificie, intrapresa dalla R. Società delle scienze
di Gottinga, scopri a Trisulti una copia di questa bolla,
autenticata, nel secolo xii, da Biagio, scriniario della Chiesa
Romana.
La bolla fia spedita il 18 ottobre 1099 ^^ Tivoli, evi-
dentemente quando Wiberto vi passò, recandosi da Albano
a Sutri : essa così ci porge una bella notizia suU* itinerario
dell' antipapa nel 1099.
È concessa a Romano, cardinale del titolo di S. Ciriaco
<« in Thermis »; e poiché della storia di questa antica chiesa
ben poco conosciamo, il nostro documento san\, anche per
questo, bene accolto.
La bolla è sottoscritta dai partigiani di Wiberto, e le
sottoscrizioni ci rappresentano quasi tutto il collegio car-
dinalizio dell'antipapa: onde, anche per tal riguardo, è
documento di non lieve importanza.
Essa infine è datata da Guido vescovo di Ferrara, ce-
lebre autore del trattato De schismaU Hildchrandi; un per-
sonaggio eminente, per il quale il Dùmmlcr si doleva,
or non è molto, della scarsezza di documenti che ne illu-
(i) DucHESNE, Le Libcr poulij. II, 297.
282 T. Kehr
strassero la vita (i): e sono cosi lieto di offrire una nuova
testimonianza della sua carriera. Eccone il testo :
Clemens episcopus servus servorum Dei. Sicut indignum est in-
dignis votis annuere, sic honestum est honestis petitionibus assensum
tribuere, et maxime, cum ecclesiarum Dei profectus expetitur, facilis
est commodandus auditus; sicut enim periculi res est earum utili-
tates negligere, sic salutis est causa necessitatibus providere. Ad hoc
enim episcopi dicimur et pastoris officio fungimur et ecclesiarum
omnium gubernacula moderand[a] suscepimus, ut utilitatibus omnium
consulamus, ut videlicet ditemus inopes, erigamus iacentes, levigemus
honustas, consolemur afflictas. Talibus enim benefìciis divina nobis
gratia provenir, religionis nostre fructus excrescit, merces nobis eterne
retributionis accedit. Nunquam enim bonum studium bonus dominus
deserit nec pium laborem inremuneratum relinquid. Conferamus igitur
omnibus adiumentum et auxilii nostri temporale procuremus soia-
cium. Notum itaque sit («) omnibus presentibus et futuris quod ob
anime nostre remedium et dilectissimi C^) filii nostri Romani videlicet
presbiteri cardinalis supplicem institutum res omnes et possessiones
ecclesie tituli beati Ciriaci martiris que est iuxta Thermas Diocli-
tiani, quas usque modo iuste (0 detinuit vel in posterum acquisierit,
sibi per hanc nostre preceptionis paginam confirmamus, firmiter sta-
tuentes et terribiliter universis denuntiantes ut nulla persona parva
vel magna, videlicet dux, marchio, comes, vicecomes vel quisquam
omnino mortalium res supradicte ecclesie absque legali iudicio dis-
traere, toUere vel minuere presumat. Res autem supranominate ec-
clesie beati Ciriaci martiris hee sunt: scilicet claustrum eiusdem ti-
tuli cum edificiis, parietibus, terris et vineis circumquaque positis,
item porta Numentana cum omnibus sibi pertinentibus, item tres
petie vinearum que posile sunt in Albano in loco qui dicitur Luc-
cianum. De quibus omnibus firmiter decernimus et precipimus ut
nullam omnino minorationem, molestiam sive violentiam supradicta
Dei ecclesia patiatur. Si quis autem huius nostre preceptionis con-
temptor fuerit et transgressor extiterit eamque violare temptaverit,
sciat se vinculis perpetue maledictionis, nisi resipuerit W, innodandum.
Qui vero diligenter illam observaverit et obediens per omnia fuerit,
benedictionem apostolicam et gratiam consequatur. Ut autem omnia
(a) scit (b) delectissirai (e) iuxte (d) recipuerit
(i) Mon. Gemi. Script. Libelli de lite^ I, 530.
pianeta 283
verius credantur et ab omnibus diligentius observentur, preceptionis
huius paginam sigillo nostro iussimus roborari. Bene valete.
R.
Ego Johannes archidiaconus sancte Romane ecclesie hoc privi-
legium roborans subscribo.
Ego Ugo episcopus (•) sancte Penestrinensis ecclesie subscribo et
confirmo.
Ego Theodericus Albanensis ecclesie episcopus laudo et con-
firmo.
Ego Paulus primicerius sancte Romane ecclesie subscribo.
lohannes cardinalìs tituli sancte Prisce subscribo.
Guido cardinalis tituli sancte Balbine roborans subscribo.
Romanus cardinalis sancti Marci huius privilegii initiator et lau-
dator et subscriptor.
Romanus cardinalis tituli sancti Ciriaci in Thermis cui factum
est hoc privilegium confirmo et laudo.
Nicolaus cardinalis tituli sancte Savine subscribo.
Ego Octavianus W designatus cardinalis tituli sancte Susanne (=)
interfui et subscripsi.
Petrus diaconus Romane ecclesie tituli sancti Adriani et archi-
presbiter sancte Agnetis virginìs subscribo.
Guido diaconus sancte Romane ecclesie subscribo.
Paganus diaconus sancte Romane ecclesie ex diaconia sancte
Marie in Via lata subscribo.
Data Tibure per manus Guidonis Ferrariensis episcopi vice(<i)
cancellarli et bibliothecariì anno ab incarnatione Christi millesimo
.Lxxxxviiii., quinto decimo kalendas novembris, indictione .vii.
Goettingen.
P. Kehr.
(a) epis (b) Ottauianus (e) Suxanne (d) Da supplire Petri
284 L. Jiimì
UNA LETTERA DEL BAYEUX
ORATORE DI FRANCESCO I IN VENEZIA
AL DATARIO GIAN MATTEO GIBERTI IN ROMA
(il dicembre 1526).
Riferisce Marin Sanuto, che agli 11 dicembre 1526 fu
presentata alla Signoria di Venezia una lettera del datario
di Clemente VII, Giovan Matteo Giberti, in data di Roma,
del 5 dello stesso mese. Indirizzavasi al legato, il vescovo
di Pola (Altobello Àveroldi). Si richiedevano all' alleata re-
pubblica i mandati per venire ad un accordo con Carlo V.
Era quello il momento del maggiore imbarazzo del papa.
Di Francia non si vedeva mai arrivare né denaro, né aiuti.
La flotta spagnola minacciava da una settimana ali* altra.
Non avrebbe bastato un mese per apprestare la difesa.
Clemente VII si sentiva troppo debole a sostenere un peso
che si andava aggravando tutto sulle sue spalle. O per
sollecitare il Cristianissimo a muoversi, o perchè non ve-
desse ormai una via di scampo, si decise a trattare, senza
intesa del re, coir imperatore. Era un brutto tiro che egli
mirava ai Francesi. Ma egli pensava unicamente allo Stato
ecclesiastico e a Firenze, e non badava agli alleati. La
morte, avvenuta il 30 novembre, di Giovanni de' Medici,
sul quale riposava tutta la sua fiducia, 1' arrivo del Lannoy
e le sollecitazioni interessate di Schomberg e del Quinonnes,
il generale dei Francescani, decisero il papa a scrivere a
Venezia dell* accordo. I Veneziani erano incerti. Ma l'ora-
Varietà 285
tore di Francia, Ludovico di Canossa, vescovo di Bayeux,
si riscaldò, tuttoché conoscesse fin dal mese di agosto la
tendenza della corte pontificia. Invitato ad esser presente
al Consiglio, disse avanti ad esso :
Volé vu che sia testimonio a questo? Vi dico non se dia tratar;
né sì poi tratar alcuna cosa senza saputa del re che è colegato; però
che si acorderà contra de voi.
E con la berretta in mano, si faceva a pregare Dio che
ispirasse il meglio. Il doge stesso si levò e parlò lunga-
mente contro il parere de' Savi, i quali pareva si accostas-
sero alle vedute del papa. Facendo le viste di temere il
re unito colF imperatore ai danni della repubblica, i Vene-
ziani consigliarono il papa a chiedere una tregua di quattro
o sei mesi. Cosi risposero nello stesso giorno, 11 di-
cembre (i).
Ma, proprio nello stesso giorno, un'altra lettera fu
scritta da V"enezia, in ordine a ciò, al datario. Chi la scrive
è informato della lettera indirizzata al legato, quella del
5 dicembre sopra ricordata, e vi risponde per conto pro-
pria. La copia non reca firma, ma evidentemente è scritta
dal Canossa. Ci dice il Sanuto in data de' 22 :
El Baius, in questi zorni, ha scritto a Roma, al datario una bona
lettera per intertenir il papa non sì accordi con li cesarei, dicendo
haver scritto aire Christianissimo; et se il papa si acordarà, farà che
'1 suo re farà ogni partito con Cesare per poter poi vendicarsi contra
Soa Santità et a la sua ruina (2).
Appunto questo è il tenore della lettera che sotto la data
degli 1 1 dicembre fu scritta da Venezia al datario. Ed è
scritta dal Bayeux, non vi è dubbio. Trattenuta, prima di
spedirla, ben sette giorni, non credo tanto per sentirci la
mente del doge e del Consiglio (come nell'annotazione
(i) Sanuto, DianV, XXIII, 420.
(2) Op. cit. p. 478.
28^ L. fumi
alla lettera stessa), quanto per attendere gli avvisi di Fran-
cia, che giunsero il 22, quando essa arrivò al datario non
pare che facesse un grande effetto. Invettive! (si disse). E
non ne fu tenuto conto. Cosi V annotazione suddetta. Ed è
vero; poiché abbiamo precisamente una lettera del datano
dei 17 dicembre che risponde, e risponde per V appunto
al Baiusa ambasciatore. Risponde tranquillo, prolisso, circo-
stanziato a lui che era stato indiscreto, intemperante, ve-
hemente. Riversa la colpa su i Francesi.
L' estremo de' mali che può portarci l' accordo (dice il datario)
non è niente più di quello ove ci conduce la guerra, non havendo
alcun modo di sostenerla, se non per pochissimo tempo ... Ha un
bel dire chi ha li pie' fermi et grida a quel che è nell' acqua per an-
negarsi, che si aiuti, non li porgendo né la mano, né un pezzo di
tavola da sostenersi ... La poca cura che' Francesi hanno havuto
delle cose nostre ci ha fatto perdere questa impresa : che s' avessero
amata Italia quanto V. S. dice, non 1' hariano disprezzata et refutata,
quando essa, per non andare in preda d'altri, se li é voluta buttar
nelle braccia: il che é segno, che non solo non l'amino, ma che
quasi per dispetto, che si levasse già dal giogo loro, 1' habbìno vo-
luta mettere sotto uno assai più grave . . . Nessuno [errore] é, forse,
stato maggiore, che 1' haver creduto che' Francesi fossero per gover-
narsi a questa volta con più prudentia et più bontà che non sogliono;
il che fu causa, che, pensando che lor ci seguissero gagliardamente,
fummo SI corrivi a cominciar la guerra . . . Non avanzando hora a
Nostro Signore altri partiti, che, o di fuggirsi e lasciar lo stato della
Chiesa e di Fiorenza in preda all' imperatore, donde possa cavar
quanti danari vuole per far la guerra a' signori Veneziani, et, forse,
in Francia; o d'accordarsi et mettersi più presto a risico di minare,
mancandoli l' imperatore della fede che a certezza di minar per
l'ostination sua, a me par manco male pigliare accordo, come si
può... (i).
Cosi il Giberti rimbeccò il Canossa, accaparrandosi il
disfavore della repubblica veneta, la quale, molti anni dopo,
doveva, invece, accagionarlo di tener bordone alla politica
francese.
(i) Lettere di principi, Venezia, Ziletti, 1575, pp. 187 b a 192 a.
l'ari età 287
Anche Sanuto scrive in data de' 24:
Vene U legato che parlò zerca le cose di Roma et monstroe let-
tere del datario. Li scrive : il papa voi star saldo et aspetar che zonzi
il signor Renzo da Cere che vien di Pranza (i).
Tuttavia, dopo il Natale, Clemente VII era ancora ir-
resoluto. Si andava indugiando, nella speranza che i Fran-
cesi si muovessero. Le condizioni proposte dal Lannoy non
erano certamente tali da far decidere anche i più risoluti.
La guerra, in Campagna, con vicende varie alternandosi,
allargava il cuore, dopo la vittoria di Prosinone e dopo la
ritirata del viceré. Da Francia arrivava il desiderato oro.
Finalmente il Lannoy riusci ad entrare nella fiducia del
papa, il quale, malgrado le dissuasioni di Renzo da Ceri,
del Rapel e de' Veneziani, si persuase ad accettare il trattato
dei 16 marzo. Doveva portare la pace, e, invece, recise
le fila in mano alla diplomazia. Le avide milizie del Bor-
bone non si tennero più, e piombarono su Roma.
La lettera dell' oratore francese, tratta da una copia (se-
colo xvi) dell'archivio Vaticano, dal fondo dtì politici, è assai
notevole. Scritta cinque mesi avanti il sacco, è sommamente
sintomatica, gravissima. Risponde ab irato, e nella sua vio-
lenza prende il tono di quei censori acri della Curia che
si andavano, allora, moltiplicando, specialmente in Germa-
nia. I severi giudizi del vescovo di Baiosa, le terribili mi-
nacele sue arrivavano già molto tempo prima che il fati-
dico Brandano diffondesse per l'eterna città i suoi lunghi
lai. I sarcasmi sono sanguinosi; non cosi le parodie inglesi;
né a tanto arrivò il Derni, giudicando il papato di Cle-
mente VII :
Un papato composto di rispetti,
Di considerazioni e di discorsi,
Di più, di poi, di ma, di si, di forsi,
Di pur, di assai parole senza effetti;
(i) Diarii cit. p. $00.
L, fumi
Di pensier, di consigli, di concetti,
Di conghìettLire magre per opporsi ;
D' intrattenerti, pur che non si sborsi,
Con audìenze, risposte e bei detti;
Di pie' di piombo e di neutralità.
Di pacìenza, di dimostrazione
Di fede, di speranza e carità;
D' innocenzia, di buona intenzione,
Ch' è quasi come dir semplicità.
Per non le dar altra interpretazione.
Sia con sopportazione,
Lo dirò pur, vedrete che pian piano
Farà canonizzar papa Adriano (i).
L. Fumi.
Lettera scritta da Venetia a m. Gio. Matteo Giberti
datario, et vescovo di Verona per la quale fu pre-
detto il sacco di Roma. 1526.
[Arch. Vatic, PolilU. 6, e. 258.]
Io son certo, R. signor mio oss.^^o^ eh' io non intesi mai, né
temo di potere, per l'avvenire, intender cosa, che tanto mi dispia-
cesse, quanto mi dispiace 1' haver compreso, per quello che per l'ul-
tima vostra si scrive al r.mo Legato qua, che siate del tutto risoluti,
non solo d'accordarvi con l' imperatore, ma di farlo senza, non dirò
volontà, ma saputa del re. II che, quanto sia lontano da ogni pietà
et religione, temo che la pena et rovina che ne riceverete lo farà
manifesto a tutto il mondo. La qual rovina non vedo come possiate
fuggire. Lasciamo il giudicio di Dio, che mai non erra; ma discor-
riamo, per r evidenti et infallibili ragioni che habbiamo davanti agli
occhi; et le quali io ho più volte scritte. Le quali, vedendo io che
(i) Nell'edizione dei Sonetti, Navo, 1540, il presente, che vi è
stampato per la prima volta, ha per titolo: Bernia per Cle-
mente VII. V. Berni, Rime, Firenze, Succ. Le Monnicr, pag. 43,
n. XVII.
Varietà 289
non bastano a far lume a tanta vostra cecità, io sono risoluto che
Iddio vi vuole per istroraento della rovina d' Italia et di tutta Chri-
stianità insieme. Et se prima non vi sete accorto della causa di tante
vostre grandezze, hora ve ne possete accorgere, et ragionevolmente
pentire d' haverle conseguite ; poiché elle hanno ad essere usate so-
lamente per instrumento di tanto male! È egli possibile che non vi
avveggiate, che, se vi accordiate senza Francia, [che] lo sforzare [il
Cristianissimo] a darsi in preda all' imperatore per recuperare li suoi
figliuoli? Ma anco più per vendicarsi di tanta iniqua ingiuria, quanta
gli parerà di ricevere, et che in effetto riceverà? E, conoscendo voi
che è in potestà di Sua Maestà il farlo, non so come anco non co-
nosciate perchè non lo debba poi fare; vedendosi abbandonato, et senza
alcuna causa, da coloro, la libertà de' quali ha havuto tanto a cuore,
che ha posposto l'amore delli figli, et lasciata la fede sua in dubio,
per non consentire a quella rovina della povera Italia. La qual ro-
vina voi con tanta vostra infamia procurate che segua ! Et Dio vo-
glia, che anco non diate denari agli inimici, per haver maggior parte
in tal rovina; et anco acciocché non vi resti senza alcuna scusa d'es-
servi accordati ; non fondando in altro l' accordo vostro, che nel bi-
sogno del denaro; oltra di questo parendovi di non poter fare soli
tanta ingiuria a Francia, quanta vorreste; o, forse, temendo che Sua
Maestà habbia più riguardo alla fede di questa Signoria, che all' in-
fedeltà vostra; et che perciò si faccia più difficile l'impresa d'Italia
all'imperatore; overo per aver voi compagni alla vergogna vostra,
fate tanta instanza, che la detta Signoria, posposta la fede sua, mandi
li mandati per accordarsi; non gli allegando, però, altra causa, perchè
si debba fare, se non per non rovinare, ad instanza di Francia. Quasi
che si potesse haver maggior rovina di quella, che, al certo, s' ha-
rebbe, accettando le conditioni che sono proposte da quel vostro ge-
nerale. Ma io spero, anzi son certo, che questi illustrissimi Signori
si porteranno di sorte, che l'amicitia loro sarà sempre più stimata
della vostra. Le chiese havranno a rovinare, il che Dio non voglia.
Vorranno che la forza et non l'infedeltà li rovini?
Alla parte che V. S. dice, che il re volse già dare due millioni
d'oro per rihaver li figli, vi rispondo: che questo non si può credere
aJ altro che il dica; né anco all' imperator proprio, quando lo di-
cesse. Perchè, in simili casi, molte cose si dicono, molte volte, per
tentare gli animi et non per farle. Ma presupponiamo che '1 sia vero:
forse, fu a tempo che il re non haveva ancora scoperto l'animo suo
verso l'imperatore, et che forse harebbe pagato un niillione d'oro
d' avantaggio, più presto che prender Tarmi contro quello; al quale,
prigion però, haveva obligata la fede sua ; et questo per non met-
Archivin della R. Società romana di storia fa tri t. >' -' ^\\\\. 19
290 L. Jiimi
tere in dubbio, s'era obligata, o no, ad osservarla. Ma lasciamo questo.
Perchè vogliamo noi esser giudici et determinatori della volontà di
Sua Maestà, la quale, se sarà contenta di pagare tanta somma, l'ac-
cordo seguirà con sua sodisfattìone et con honor vostro, se altra
difficoltà non vi sarà? Ma non essendo ella contenta, perchè la vo-
lete voi astringere che lo faccia? Quasi, come se la povertà di Francia,
et la ricchezza dell' imperatore fosse per portar gran commodo al-
l'Italia, et non la total rovina sua!
Quanto a quello che V. S. dice, che il re non ha osservato quello
che haveva promesso, dico, che io penso, ch'egli habbia sodisfatto
all' obligo suo. Ma, quando pur non gli havesse sodisfatto, era debito
delli confederati di protestarli di non voler essere più obligati alla
capitulatione fatta; poi che Sua Maestà era mancata, et non torli li
suoi denari, et ogni dì cercar d'haverne d'avantaggio, senza mo-
strarli di volerlo mai, per simil conto, abbandonare. Et certo, se io
credessi che l' iscusare lo mancamento vostro vi potesse liberar da
quella rovina che vi vedo nascere, non solo io escusarei voi, ma, per
minor male, accusarci il re. Ma conoscendo io che questo v' ha da
giovar poco, voglio (non possendo io sodisfare con altro alla servitù
eh' io vi porto) sodisfargli col dirvi il vero. 11 che se vi dispiace che
v' habbia detto, sappiate che a me molto più duole et rincresce della
causa che m' havete data di doverlo dire.
Né altro vi scrivo, né sono per iscrivere circa questo, se non
che, per hora, et nei presenti maneggi, non vi possete fidare del-
l' imperatore, et manco delli suoi ministri ; et che facendo l' accordo,
disperate per sempre, non dico solo il re, ma tutto il regno suo, et
che sforzarete ognuno a desiderare la rovina vostra et ad allegrarsi
d' essa, et che non trovarete più a chi poter appoggiare la debolezza
vostra, perchè non si trovarà chi più si vogha fidar di voi.
AUi .XI. dicembre 1526.
[Annotazione scritta dalia stessa mano.]
Questa soprascritta lettera fu scritta da Venetia a m. Giovan
Matteo Giberti, datario et vescovo di Verona ; il quale scrivea per
papa Clemente VII de' negotii &c. Et prima che si mandasse, fu
mostrata al serenissimo principe et al suo Collegio, per intendere il
parer loro s'era di mandarla o no. La tennero sette giorni: alla
fine si risolvettero che si mandasse, in ogni modo. Fu scritto da
Varietà 291
Homa, indietro, che se li scrivevano invettive: non ne fu tenuto
conto.
Alli .VI. o .VII. di maggio 1527 seguente, Roma fu presa et sac-
cheggiata dagli imperiali &c.; et molti di quelli signori gentilhuo-
mini del Collegio, et insieme il duca, ricordandosi di questa let-
tera, come intesero del sacco di Roma, ne volsero copia, come di
una profetia profitizzata tanti mesi innanzi; et ne fumo fatte circa
40 copie. .
ATTI DELLA SOCIETÀ
SedtUa del 22 gennaio igoo.
Sono presenti i soci U. Balzani, presidente; I. Giorgi,
segretario; O. Tommasini, L. Duchesne, T. von Sickel,
G. LuMBROso, L. Mariani, ed i signori Pometti, Fedele
e Federici, invitati alla riunione.
Il Presidente dà la parola al prof. Lumbroso, il quale
fa una breve comunicazione sul Concilio per li Romani in
Araceli, alla morte di Eugenio IV. Questa comunicazione
sarà pubblicata nei prossimi fascicoli àoiV Archivio,
Il prof. Mariani parla intorno alla stele del Foro Ro-
mano, facendo osservare che a torto si vuole abbassare la
data di quel monumento per mezzo di criteri indiretti. I
dati archeologici, come ha recentemente messo in luce il
von Duhn, non permettono di scendere più giù del prin-
cipio del VI secolo a. C. Il Mariani dimostra principal-
mente senza valore il criterio delle misure, secondo il piede
attico, che si vuole introdotto in Roma, non prima del
350 a. C. La misura fondamentale italica, come risulta dal-
l'esame delle terremare, è appunto di 0.29— 0.30 cm., cioè
identica al piede romano seriore, il quale quindi non ò
un* importazione greca. Osserva inoltre che la cronologia
romana tradizionale, invece di essere « arcaizzante » è stata
ringiovanita; confronta le antichità della necropoli esqui-
294 (2/^/// della Società
lina. Nota infine alcuni particolari della costruzione del-
Tedifizio che è un'edicola compitale, di architettura etrusca.
Il dott. Vincenzo Federici comunica di aver trovato-
fra le pergamene dell'archivio di S. Maria in Trastevere
una bolla di Callisto II; l'originale -invano cercato da Ulisse
Robert {Le huììaire da pape Calixte II, Paris, Picard, 1891,.
II, 213), di cui questi pubblica una copia traendola dal Mo-
retti {Ritus danài preshyterium, p. 332). La bolla è datata
da Alba, il io luglio 1123 ; è scritta « per manum Alexit
« scriniarii regionarii et notarli sacri Palatii », scriniario che
si trova questa volta sola nelle bolle di Callisto; e data
« per manum Americi S. R. E. diaconi cardinalis et cancel-
« larii », che apparisce in bolle posteriori al 28 aprile 1123.
Manca la « bulla plumbea », ma son visibili i buchi dove
era appesa: la pergamena è spezzata dall' umiditcà e dalle
pieghe in dodici frammenti; ma tranne alcuni luoghi in
cui la scrittura è completamente scomparsa, nel resto è
chiaramente leggibile.
Fra i documenti di qualche interesse che si conservane^
neir archivio di S. Marco, il Federici segnala due mano-
scritti gotici della fine del secolo xv, che aggiungono qual-
che cosa alle scarse notizie che si posseggono della mi-
niatura e deirornamento dei codici romani. Il primo volume
(n. 374) è un lezionario in pergamena di carte centodo-
dici (i), scritto tutto d' una mano. La carta 2 a ha una
bella miniatura ornamentale nel margine superiore dove
è una storia con la figura di Paolo, nel margine sinistra
e neir inferiore dove è dipinto, entro una corona, lo stemma
di Paolo II Barbo.
Altre belle lettere miniate sono nelle ce. 82 a, 94 a;
e in tutte le altre carte, sempre alternate con due colori,
il rosso e il verde.
Il secondo volume (n. 373), anche esso in pergamena
(i) Sono lasciate in bianco le ce. 109 b, ho, ih, 112; della
e. 109 A sono scritte le sole linee 1-14.
oAtti della Società 295
di carte centosei scritte tutte della medesima mano (i), ha
una bella miniatura ornamentale (e. 2 a) con lo stemma
dello stesso Paolo IL Nel lato destro della medesima carta
è dipìnta una viola con grande sentimento e con delicata
armonia di colori. Le prime ottanta carte del manoscritto
hanno le lettere iniziali ornate; da e. 80 in poi le iniziali
sono tutte miniate.
Il dott. Pietro Fedele esamina la data di elezione di
Benedetto IX. Le note cronologiche di alcuni documenti
medievali, del Regesto di Farfa, di S. Cosiraato e dell' ar-
chivio di S. Maria Nova, consiglierebbero a porre l'elezione
di quel pontefice anteriormente al gennaio del 1033, data
posta dallo Jaffé (ci, questo stesso fascicolo àdV Archivio a
p. 20^, nota 2). Inoltre il dott. Fedele offre un contributo alla
storia delle associazioni in Roma nel medioevo. Ricordate
le più antiche « scholae » finora conosciute, dà notizia del-
l'esistenza di alcune nuove associazioni in Roma nella prima
metà del secolo xi. Fra queste è particolarmente notevole la
(( Schola aerariorum» che appare nei documenti di S. Maria
Nova. Il dott. Fedele ne discorre a lungo, e chiude la sua
comunicazione, esaminando un documento del xii secolo,
spettante ad una « Schola salinariorum », che non è senza
importanza per farci conoscere lo sviluppo e la vita giu-
ridica di queste associazioni in Roma nel medioevo.
Seduta del 26 marzo igoo.
La seduta è aperta alle ore 15.30 nella sede sociale.
Sono presenti i soci U. Balzani, presidente; I. Giorgi,
segretario; G. Navone, tesoriere; P. Savignoni, C. Schia-
PARELLI, O. TOMMASINI.
(i) Sono in bianco le ce. 79, 105 b, 106; sono scritte solo !a
prima linea della e, 59 b, le prime due di e. loi b, le prime dicci
di e. 105 A.
29^ (^tti della Società
I soci Maes ed E. Monaci hanno scritto scusandosi
di non potere intervenire.
II Segretario legge il verbale della seduta precedente
che è approvato.
Il Presidente annunzia che ha avuto T onore di pre-
sentare a S. M. il Re le pubblicazioni sociali dell' anno
precedente e che S. M. si è degnata incaricarlo di espri-
mere ai colleghi i sentimenti del suo interesse per l'opera
della Società. Legge quindi la seguente relazione:
« Egregi colleghi,
« Il volume veiitesimosecondo del nostro Archìvio, di
cui vi presento Tultimo fascicolo, ci dà prova sicura che
gli studi nostri destano molto interesse nei giovani, e che
una nuova schiera di eruditi viene sorgendo, la quale potrà
un giorno continuare l'opera a cui ci siamo dedicati. In
questo volume, il signor abate Maurice muovendo dallo
studio sulla Schola cantorum lateranense già pubblicato dal
collega Ernesto Monaci, studia una raccolta d' inni sacri
contenuti in un codice Vaticano e in uno Parigino, e ne
dimostra l'origine romana. Il dottor Federici, alunno della
nostra Scuola storica, ha incominciata e condotta molto
innanzi la pubbHcazione delle carte del monastero di S. Sil-
vestro in Capite, e il dottor Fedele, anch'egli alunno della
Scuola storica, ha continuata e compiuta quella della parte
più antica delle carte del monastero dei Ss. Cosma e Da-
miano. Inoltre il dottor Fedele ha pubblicato due note-
voli memorie, 1' una sulla battaglia del Garighano del 915,
e sui monumenti che la ricordano, 1' altra relativa alla to-
pografìa del Foro Romano nel medio evo, e alle origini
di S. Maria Nova. Il prof. Pometti ha continuato i suoi studi
sul pontificato di Clemente XI, e il socio Tomassetti ha
ripresa la sua illustrazione della Campagna romana nel medio
evo, lungo e pregiato lavoro che oramai si accompagna e
aderisce a tutta la serie del nostro Archivio. Contributo in-
OAtii della Società 297
teressante recano a questo volume anche i documenti pub-
blicati dal professor Rosi sulla congiura di Giacinto Cen-
tini contro Urbano Vili, e dal professore Casanova sopra
una visita di un papa avignonese (Clemente V) ai suoi
cardinali, e sulla donazione fatta da Leone X al cardinale
de' Medici ; nonché le memorie del professore Egidi in-
torno al terzo vescovo di Viterbo e ad una leggenda vi-
terbese suir origine dei Paleologi, e quella del socio Al-
fredo Monaci sul sarcofligo di sant* Elena nel museo Pio
dementino.
« Di alcuni di questi lavori avevano già dato notizia gli
autori nelle riunioni destinate alle comunicazioni scienti-
fiche, che la Società ha iniziato e dalle quali trarremo sempre
maggiore profitto se, come io spero, esse troveranno nella
volenterosa cooperazione vostra, il necessario incremento.
« I lavori che ho ricordato dei due alunni della Scuola
storica, fanno solo in parte testimonianza della molta e
lodevole attività loro. Altri lavori essi hanno già pronti o
in preparazione che saranno pubblicati nei prossimi fasci-
coli deir Archivio, tra i quali mi limito per ora a segnalare
la edizione delle carte importantissime della chiesa di
S. Maria Nova, che sarà curata dal dottor Fedele. Di altri
archivi pure importanti, che egli e il suo collega dottor Fe-
derici stanno esplorando, sarà opportuno dar conto quando
il risultato delle ricerche sarà più completo. Questi lavori,
oltre la continuazione di quelli già in corso, ed altri di
cui già si tenne parola nelle precedenti relazioni e di cui
per diverse ragioni si era differita la pubblicazione, daranno
materia più che bastevole al futuro volume del nostro Ar-
chivio.
« La preparazione delle pubblicazioni libere procede an-
ch' essa senza rallentare. Si sono continuati gli studi pre-
paratori per i futuri fascicoli dei diplomi imperiali e reali
delle cancellerie d' Italia pubblicati a facsimile, e tra questi
studi ricordo con riconoscenza un elenco pregevole dì di-
298 oAtti della Società
plomi inviato dal professor Paolo Kehr dell'Università di
Gottinga, che certo agevolerà le ricerche necessarie a com-
pletare il piano dell' intero lavoro. Ho poi l'onore di pre-
sentarvi le prove di pagina dei primi fogli del Liber hysto-
riarnm Romanorum, intorno al quale spende le sue cure
il collega Ernesto Monaci, e le prime bozze dell' indice
dei luoghi del Regesto di Far/a. Esaminando quel che vi
pongo innanzi del primo di questi lavori, potrete facilmente
rendervi conto e della sua importanza e della rara perizia
con la quale è condotto; e quanto all'indice del Regesto
di Farfa vi sarà pur facile di vedere come si tratti di la-
voro lungo, minuzioso, paziente, che richiede assai tempo
per essere ridotto a quella precisione che gli darà il pregio
storico, topografico e filologico eh' esso deve avere.
« Vi presento anche le prove di stampa dei fogli con-
tenenti la Constructio Farfensis e gli scritti dell' abbate Ugo
di Farfa che debbono precedere il testo del Chronicon Far-
fense nella edizione che per incarico della Società io vengo
curando, e che sarà pubblicata dall'Istituto Storico Italiano.
Fra pochi giorni potrò Ucenziar questi fogli e cominciar
la stampa del Chronicon. Così la nostra continuata colla-
borazione alla vasta impresa dell' Istituto Storico dà no-
vella prova dei rapporti cordiali che ci legano all' Istituto
stesso, e mi gode l' animo di potervi assicurare che questa
cordiahtà di rapporti continua pur sempre con le altre So-
cietà e gli altri Istituti di storia in Italia e fuori, a cui ci
stringono aspirazioni affini e il comune amore della scienza
storica )).
Il socio ToMMASiNi notando con compiacenza che il
presidente nella sua relazione fa cenno dei cordiali rap-
porti tra la nostra e le altre Società di storia patria, do-
manda schiarimenti circa la rappresentanza che la Società
avrà al Congresso storico di Palermo.
Il Presidente dichiara di aver mandato avviso a tutti
i soci invitando coloro che desiderassero recarsi al Con-
oAtti della Società 299
gresso, di dare annunzio della loro adesione. Finora si ha per
certa l'adesione del socio Tommasini stesso, e il socio Giorgi,
segretario, spera di potere essere libero di andare. Il Pre-
sidente aggiunge che non mancherà di far nuove premure
ai soci, e eh' egli stesso è assai dolente di non potersi
recare in persona a Palermo, ma gli vietano il viaggio
gravi impedimenti che lo tengono anche in dubbio sulla
sua possibilità di rimanere in ufficio per l' intero biennio.
La relazione è approvata.
Il Presidente riferisce intorno ad alcuni lavori ese-
guiti e da eseguirsi dal Genio civile per assicurare la sta-
bilità del tetto della biblioteca Vallicelliana e alle tratta-
tive in corso col Ministero della Istruzione per guarnire
di scaffali una delle stanze dei nuovi locali.
Il tesoriere Navone dà lettura del bilancio consuntivo
per l'anno 1899, e preventivo pel 1900 che vengono ap-
provati, confermandosi a sindacatori dei prossimi bilanci
i soci Ambrosi e Fontana.
Dovendosi procedere alla elezione di nuovi soci si dà
lettura del verbale dello spoglio delle schede, in conse-
guenza del quale si procede alla votazione per scrutinio
segreto a tenore del regolamento, e riescono eletti i si-
gnori professor Michele Rosi, professor Paul Kehr, cano-
nico Ulysse Chevalier.
Si procede poi alla elezione del segretario e a questo
ufficio viene confermato il socio Ignazio Giorgi. Del pari
è confermato al presidente l' incarico di delegato presso
r Istituto Storico.
La seduta è tolta alle ore 17.
Seduta del 2j aprile H)oo,
Sono presenti i soci U. Balzani, [^resiliente; I. Giorgi,
segretario; P. Kehr, E. Monaci, A. Monaci, O. Tomma-
300 Q^tti della Società
siNi, Coletti, C. Schiaparelli: ed i signori Federici,
PoMETTi e Fedele, invitati alla riunione.
Pregato dal Presidente, prende la parola il prof. Kehr
intorno ai due preziosi documenti pontifici illustranti la
storia di Roma negli ultimi anni del secolo undecimo,
che si pubblicano in questo fascicolo.
Il socio prof. Alfredo Monaci ha la parola, ed ag-
giunge una sua nota alle osservazioni sui rilievi del fron-
tone deir attico dell' arco di Costantino già comunicate
all'Accademia Pontificia di archeologìa nella seduta del
25 gennaio 1900, di cui fu stampato il resoconto nel n. 30
(a. 1900) dell' Osservatore Romano,
La scultura sesta nella serie dei rilievi suddetti rap-
presenterebbe nel fondo, a destra, l* arco trionfale di Lucio
Vero, erettogli in memoria del trionfo partico l'anno \66.
Ciò si scorge:
1° Dalla topografia della scultura, identica a quella
della tavola ^^"^ della Forma Urbis Romae del eh. profes-
sore R. Lanciani ;
2° Dal vedersi sulla sommità dell' arco quattro ele-
fanti tirare la quadriga del vincitore: allusione ad un trionfo
neir Oriente. Gli altri due archi trionfali nella I regione
della porta Capena, di Traiano e di Druso, celebravano
vittorie contro i Germani e i Daci;
3° Dalla composizione della scultura, la quale per-
derebbe il suo maggior significato, se l'arco trionfale non
alludesse al primo trionfo di M. Aurelio.
Nella medaglia Aureliana n. 3 del catalogo di E. Cohen
{Description historiqiie &c.) è probabile che vi sia una rap-
presentazione dell' arco di Lucio Vero suddetto, non av-
vertita dall' autore, che non dà alcun nome all' arco.
Il prof. F. PoMETTi, trattando del codice Vaticano
n. 1984, a proposito degli Annaìes Romani pubbHcati dal
Pertz {Monum. Germ. hist., Script. V), arriva alla con-
clusione che il detto codice rispetto alla natura del con-
oAtli della Società 301
tenuto può distinguersi in tre parti: storia greca, storia
romana e storia medioevale fin quasi il secolo xii; che,
invertendo 1' ordine dei fogli, si può in esso stabilire un' ap-
prossimativa progressione cronologica; che l'ultimo qua-
derno (quello donde furono tolti gli Annales) è stato ag-
giunto posteriormente; e che infine il contenuto dell'ultimo
quaderno è una continuazione posteriore alla storia dei
Longobardi di P. Diacono, come avvertì il Bethmann
(^Archiv, V), ma contrariamente all'opinione dello storico
tedesco egli la reputa suscettibile di fornire altre notizie
da aggiungersi agli Annales Romani,
Il dott. Federici annunzia il ritrovamento di un ma-
noscritto del secolo ix, il più antico codice databile che si
conosca finora, in minuscola romana, scritto a Roma o
nella provincia.
È il codice C, 185 dell'archivio di S. Maria Maggiore,
scritto da un tal Ermenulfo, forse monaco, per ordine di
Martino, vescovo della chiesa di Piperno, di cui si sa che
sottoscrisse 1' atto di condanna contro Giovanni, arcive-
scovo di Ravenna, emanato dal concilio Lateranense del-
l' 8^1 (xMuratori, Rer. It. Scr, II, i, 104). Il volume,
preceduto da una bella miniatura, rappresentante san Gre-
gorio Magno, contiene la Regula pastoralis di quest'illustre
pontefice, in lezione tanto corretta che il manoscritto viene
a prendere uno dei primi posti nella classificazione delle
varie lezioni di quell' opera giunte fino a noi.
Il dott. Pietro Fedele, dimostrato come la donazione
del territorio di Gaeta fatta da Gregorio II ad un tribuno
Anatolio, che venne riferita dall' ab. Costantino Gaetani
nelle note alla Vita di Gelasio II, e fu ripetuta poi da altri
scrittori, non abbia nessun fondamento isterico, esamina
il primo documento del Cedex diplomaticns Caietantis; giu-
dica che esso è stato malamente assegnato all' anno 787,
e dimostra come non possa per niun modo essere addotto
a prova dell* esistenza di un Anatolio, duca di Gaeta, cosi
302 oAtti della Società
come gli editori del Codex Caietanus ed altri storici avevano
supposto.
Presenta poi alla Società di storia patria una trascri-
zione del noto documento dell' anno 982, contenente una
donazione fatta dal vescovo di Tivoli al monastero di
S. Agnese sulla via Nomentana. Questo documento che
il dott. Fedele, grazie alla grande cortesia del can. Stella,
potè studiare nell'archivio di S. Pietro in Vincoli, fu pub-
blicato già con molti errori dal Fea e poi dal Bruzza nel
Regesto di Tivoìiy e dette luogo a false deduzioni. Della
denominazione « in agro Velisco » attribuita al monastero
di S. Agnese, ed alla quale il Bruzza fece così dotti com-
menti, non si ha traccia nella carta di donazione, dove si
dice di quel monastero che era posto « in confinio AgelH 0.
Inoltre nella formula di compimento del notaio, non es-
sendovi la frase « regestum ecclesiae (Tyburtinae) scri-
« bens )) che vi fu letta dal Fea e dal Bruzza, non vi ha
nessuna ragione per ammettere che quel documento sia
stato inserito nel Regesto di Tivoli, e che da esso si possa
in qualche modo trarre argomento per fissare 1' età di
queir insigne codice dell' archivio Vaticano.
Il prof. E. Monaci richiama infine l' attenzione sopra
alcuni versi pubblicati recentemente dal Traube nel Neues
Archiv, che sono un nuovo e prezioso contributo alla
storia della Schola cantorum.
BIBLIOGRAFIA
Francis Stevenson Seymour M. P., Robert Grosseteste
bisbop of Lincoln. A contrihution to the reìigious politicai
and intellectual history of the thirteenth centiiry. — London,
Macmillan and Co., 1899.
Il Crossereste, la cui personalità cosi varia Matteo Paris de-
scrive riassumendola come « domini papae et regis redargutor.ma-
« nifestus, praelatorum correptor, monachorum corrector, presbite-
« rorum director, clericorum instructor, scolarium sustentator, populi
« praedicator, incontinentium persecutor, scripturarum sedulus perscru-
« tator diversarum, Romanorum malleus et contemptor », aspettava
e ha trovato un biografo capace di apprezzare la sua molteplice at-
tività. Il signor Stevenson, come uomo di affari e come membro del-
l' Opposizione nel Parlamento inglese, lia una simpatia istintiva verso
r indirizzo principale della vita politica del Grosseteste, Come il Gros-
seteste, cosi pure lo Stevenson è uno « scripturarum sedulus per-
« scrutator diversarum », e s'interessa al concetto della universalità
ed unità del sapere. Del resto egli porta sulla posizione ecclesia-
stica del Grosseteste un giudizio di laico colto ed imparziale, che si
raccomanda certamente alle varie scuole del pensiero odierno, perchè
si rifiuta sempre di attribuire certi pensieri al Grosseteste che nessun
pensatore del decimoterzo secolo ha mai avuto, e per mezzo di que-
sto MI r;-M negativo solamente, egli ha potuto dissipare la nebbia che si
è intorno alla memoria del celebre vescovo di Lincoln.
Sebbene lo Stevenson abbia scritto la sua opera durante gli in-
tervalli di una vita occupatissima, egli ha tenuto d' occhio tutte le
ricerche niodcriìc che potevano contribuire a dar conoscenza di qua-
li'" '" •' '^ ''<' 'ici tempi di Roberto Grosseteste, ed ha saputo inoltre
'/.u'e criticamente le fojiti contemporanee. Per queste
(lue ra-ioni si può dir giust. unente clic il libro, secondo la speranza
304 bibliografia
dell' autore, sarà considerato come la storia definitiva della vita del
Grosseteste, e appunto per questo sarà perdonabile se ci permettiamo
di notare alcuni tratti nei quali ci pare che possa trovar luogo una
parola di correzione.
E anzitutto bisogna notare che il suo riassunto della posizione
del Grosseteste quale pensatore, non può essere definitivo, mentre
tanto lavoro rimane ancora per chi voglia impegnarsi nelle grandi
opere inedite dell'uomo che Ruggero Bicone ha onorato così alta-
mente. Senza dubbio lo Stevenson colla sua descrizione del com-
plesso delle attività del Grosseteste ci fa sentire eh' egli è un gi-
gante, ma restiamo pur sempre nel buio quando cerchiamo di
sapere quale fosse il suo vero valore come matematico e come
filosofo. Qui ci possono aiutare solamente gli storici della matema-
tica e della filosofia, ed il loro aiuto è davvero necessario. Nella
grande storia della matematica del Cantor, Roberto Grosseteste non
è neppure nominato, e 1' opera maggiore ch'egli ci ha lasciato, quella
che ha fatto dire di lui a Bacone eh' egli sapeva « causas omnium
« explicare, et tam humana quam divina sufficienter exponere », è an-
cora in manoscritto e non è stata nemmeno veduta dai due ultimi
biografi del Grosseteste, il Felten e lo Stevenson. Per un qualche
errore inesplicabile, esso fu descritto dallo Hauréau come « perduto »
e questa asserzione è passata da un libro all' altro. L'opera maggiore
menzionata cosi onorevolmente da Bacone, è la Siimma philosophìae
che lo Stevenson descrive in poche parole, togliendole dal resoconto
di Leland, come se fosse di poco interesse, non il Compendium
scientiarum. La Summa è lavoro di grande importanza e meriterebbe
una edizione accurata, mentre invece il Compendium, che non è per-
duto come ritiene lo Stevenson, è lavoro di poco pregio. Entrambi
i manoscritti di questi lavori sono nella biblioteca dell'Università di
Cambridge. Colpa questo malaugurato equivoco nella descrizione
dei due libri, la possibilità di restituire il Grosseteste al suo vero
posto tra i filosofi per una strana fatalità è mancata di nuovo. Pos-
siamo inoltre notare come diversi lievi errori in questa biografia,
ricordino talvolta al lettore che sebbene lo Stevenson occupi una
notevole posizione come erudito per la sua larga e spregiudicata
conoscenza del secolo decimoterzo, pure gli sfuggono taluni parti-
colari caratteristici di quel secolo e taluni significati del linguaggio
allora usato. Cosi, per esempio, tutta la lunga discussione sulla
famiglia del Grosseteste potrebbe essere riassunta nelle parole « filius
« villani ». Traduce come « lupo di mare » {Sea wolf) il « lupus
« aquat'cus », che non è altro che il luccio, così caro ai pranzi me-
dioevali. I nomi dei luoghi troppo spesso sono scritti coli' ortografia
'bibliografia 305
originale come se veramente non esistessero più o non si potessero
identificare, e certe idenr'ficazioni non sono corrette. Sono mende
lievi, ma abbiamo voluto tenerne conto perchè si può ragionevolmente
sperare in una seconda edizione di un libro che rappresenta, con
grande imparzialità e in modo interessante, una delle maggiori figure
della storia ecclesiastica d' Inghilterra, una figura che ha lunga-
mente aspettato che un suo concittadino gli rendesse in fine la
giustizia che meritava.
Mary Batesom.
Luigi Fumi, Eretici e ribelli nell'Umbria dal ipo al i))o. —
Perugia, Unione tipografica coop., 1899.
La questione della povertà evangeUca, risorta in Italia durante la
vacanza della Santa Sede che seguì la morte di Clemente V, sì ac-
cese in special modo nell' Umbria e nella Marca, dove già erano
stati precursori fra lacopone da Todi ed i suoi seguaci. I ghibellini
si unirono ad essi, il Bavaro, Federico da Montefeltro e Guido Tar-
lati cercarono trarne vantaggio per il trionfo delle loro idee: Arezzo,
Assisi, Spoleto, Fabriano, Todi ed Amelia erano le rocche loro più
forti, varie volte conquistate e perdute da ambidue i partiti. Morto
il Montefeltro, la fortuna volse in meglio per i guelfi. Perugia, se-
guendo la politica guelfa di Firenze, seppe tanto abilmente destreg-
giarsi, che uscì dnlla lotta assai più potente di prima, mentre nelle
altre terre, per le morti e le proscrizioni, le case ed i palazzi cade-
vano in rovina, i campi non coltivati s' isterilivano, ed il popolo
soffriva la fame, angariato dagli ufficiali avignonesi, che dal rettore
all' ultimo valletto erano di una malafede e di una disonestà incre-
dibili, tanto che al pontefice giungeva ben poco delle somme estorte
per multe e composizioni. Contro le eresie che si giovarono della
rivolta, spinta alle grida di « Morte ai forestieri ! », si scagliarono i
fulmini dell'Inquisizione che le soflfocò violentemente; bisogna però
ben dire che essa aveva preso delle forme nuove e strane che si espli-
cavano in fatti giudicabili anche dal braccio secolare. Il dissidio fra
la Chiesa ed i Comuni aveva fatto allontanare dall'ubbidienza dovuta
ai canoni anche molti religiosi, per 1* attaccamento ai beni materiali
e per la rilassatezza della disciplina divenuti intolleranti di freno.
Da ciò una forte reazione verso i costumi primitivi del Cristianesimo
e verso la regola di san Francesco, reazione esagerata che generò
dissensi che andarono ben più oltre del modo di intendere la po-
Archivio della R. Società romana di storia patria Voi. XXIII. 20
3o6 bibliografia
verta evangelica. Che la fede del Poverello di Assisi nell' amore,
illimitata ed operosa, abbia potuto generare il misticismo erotico,
fiorito dal 1320 al 1330, non farà troppa meraviglia quando si pensi
che secondo gli insegnamenti di lui la gioia perfetta consiste nella
perfetta abnegazione, ed a causa di un pervertimento morale, 1' ac-
cendersi di desiderio con tutti i lenocini del senso, non permetten-
dosi il soddisfacimento finale, poteva essere ritenuto un sacrificio, e
non dei minori. L' inquisitore fra Bartolino da Perugia, in un pro-
cesso di Todi, fa l'enumerazione di tutte le differenti specie di eretici
che sarebbero stati sottoposti al suo giudizio, e nomina i paterini,
i seguaci dello spirito di libertà, e come derivanti dall' unione di
queste due sètte, i sensuali. Da ultimo, gli ebrei, i partigiani del li-
bero esame, e gli scismatici che dal campo religioso passavano in
quello politico, gente più di fatti che di parole. Del resto le difi"erenze
confessionali sono mal definite, perchè nemmeno allora esisteva una
delimitazione precisa fra l'una e l'altra setta, tanto che nemmeno il
papa sapeva raccapezzarcisi.
Ma quanta fosse la tendenza verso l'eresia del libero spirito nel-
r Umbria lo mostrano non solo l'astuto frate Bentivegna, tentatore
di santa Chiara, fra Iacopo, fra Nallo, fra Raimondo, fraticello di
Spoleto, maestro dì quel Paolo Zoppo che si chiamava spirituale, e
somigliava in tutto ai beghini d; Francia, ma anche quell' infinita
schiera di ecclesiastici che dai Registri del ducato di Spoleto, altro ampio
lavoro parallelo del Fumi, pubblicato nel Bollettino delia Depiiia^jone
Umbra, consta aver assai derogato dalle leggi della morale, sicché
pare che avesse ragione il suddetto inquisitore di citare la nuovamente
introdotta setta del libero spirito, che si ha ragione di considerare
quale prevalente. In tutto questo strano inviluppo il Fumi mette in
guardia il lettore e, per prudenza, quasi sempre si limita a narrare
i fatti che sorgono spontanei dai documenti, senza fare molte osser-
vazioni, specie nel caso nostro, più appropriate al filosofo che allo
storico. Il suo obbiettivo principale è di rappresentare, moraliz-
zando, la vita ed i costumi di quel tempo e le condizioni delle
terre della Chiesa nei rapporti con essa. Dove si parla, come nel
capo IV, di alcune città umbre più avverse al dominio temporale,
si nota che ivi era anche più viva l'agitazione religiosa. Ne è esempio
Todi, nella quale si trovano tracce di veri impugnatori del dogma ;
alcuno nega l'eucaristia, altri qualche articolo del Credo; sicché
dove i ghibellini padroneggiavano, lo scisma metteva profonde radici.
Il Bavaro e 1' antipapa vi posero sicura stanza, ricevuti ed acclamati
entusiasticamente, specie dai Francescani che avevano disertato da
Giovanni XXII ; e suU' esempio di Todi e col suo aiuto, anche
^ibliograjia 307
Amelia insorse, sollevando alla sede un vescovo scismatico, e muo-
vendo colle armi contro i paesi rimasti guelfi. Tra le molte figure
di quel grande movimento religioso e civile, campeggia quella di
frate Angelo Clareno da Cingoli, uomo non ignorante, nel quale sì
riassume tutta la schiera di quei riformatori i quali, sebbene con-
dannati in un fascio coi fraticelli più colpevoli, erano appunto l'an-
titesi e dei vizi che si rimproveravano alla curia e delle colpe che
-dalla curia stessa si rimproveravano ai dissidenti Ma se 1' ambiente
^ra guasto, in verità non si fece abbastanza per sanarlo, anzi i co-
stumi e r intransigenza della curia d' Avignone furono causa che
■dopo più di un secolo dalla morte di Giovanni XXII ancora fossevi
della gente che, come i jraticdli dell' opinione, vivendo molto libera-
mente, riteneva illegittimo quel papa e per conseguenza anche i
successori che furono un' emanazione di lui. La grande figura di quel
periodo fu Federico I da Montefeltro, al quale, e non a Federico II
della stessa famiglia, il Fumi crede che Dante abbia alluso col suo
veltro, dandone opportunamente le ragioni. Tracciato il profilo di
Federico, esamina la sua condanna come idolatra. Disgraziata-
mente non abbiamo il processo, ma il papa ne riassume tutti i
-capi d'accusa, ed è notevole quel passo della lettera ove dice che
Federico : « non advertens quod illa Virtus, illaque Sapientia et illa
« est vere colenda Maiestas que universitatem mundi creavit ex nihilo,
« et in quas formas voluit et mensuras, terrenam celestenique sub-
« stantiam omnipotenti ratione produxit, ydolatrie nephandis-
•«simo cultui per prophanas superstitiones et horridas, ceca et stulta
« dementia se ingessit, pestifera labe respersus heretice pravitatis » (Ap-
pend. II, pp. 83-84). Nella medesima lettera si dice che si dovesse spian-
tare la casa dove egli adorava un « obscenum ydolum ». Qui il Fumi
stesso si domanda se è possibile ritenere Federico per idolatra, e,
dato r ambiente, conclude per V afiftrmativa. E questa conclusione ò
giustificata, oltre che dai documenti da lui riportati, anche da uno
inedito dell'archivio Vaticano (cass, 182), molto agli altri somigliante,
dove si legge che Federico con altri della Marca, « per obscenitates
« execrabilis erroris »,era stato condannato come idolatra. Lo scrive il
papa air arcivescovo di Magonza, e benché la fonte della notizia sia
sempre la medesima alla quale ha attinto l'autore, non ci è lecito, in
mancanza di documenti contrari, di ritenerli tutti completamente non
veri nella sostanza. L'accusa sarà stata esagerata, ma un fondamento
di vero ci doveva essere. Del resto non pare strano che Federico
partecipasse all'idolatria, poiché nella curia e dal pontefice stesro si
prestava fede agli incantesimi ed alle fatture, e tanto meno strano
che partecipasse alla scita del libero spirito, che fu veramente fciia,
3o8 ^ibliogi^ajìa
come abbiamo visto, non manifestazione sporadica secondo il pen-
siero dell' illustre prof. Tocco, come quelle di Giovanni da Leida o
di suor G'ulia da Napoli, poiché essa era propria del partito della
rivolta contro la Chiesa ed assai propagata per la Marca dove la ri-
volta stessa aveva preso le forme più violente di anarchia politica
e religiosa (vedi nota i, p. 243).
Questo in breve è il sunto del lavoro del Fumi, pubblicata
prima nel BolUltino della R. Deputaiiotie umbra di storia patria degli ul-
timi tre anni, e poi estratto in volume; e da questa semplice ed af-
frettata esposizione se ne può comprendere 1' importanza. Il momento-
storico in esso trattato è uno dei più oscuri e dei meno discussi, men-
tre certe degenerazioni morali, che toccano un' intiera regione, me-
ritano davvero di essere studiate molto profondamente nelle loro ori-
gini e nelle loro cause ed effetti. L' autore, troppo modesto, in una
avvertenza che chiude il volume, si qualifica per un semplice eru-
dito, desideroso di appianare la via a storici futuri, ma 1' opera,
il sicuro ed acuto senso critico nella scelta dei numerosissimi do-
cumenti pubblicati, quasi tutti inediti, per la diligenza ed opero-
sità delle ricerche, per la perfetta conoscenza dei tempi e dei luoghi^
per la lucidezza del concetto e per i risultati veramente nuovi ed
importanti ai quali è giunto, considerando la questione dal punto di
vista morale e sociale, è di un valore storico non comune. Le fi-
gure sono ben delineate, e 1' ambiente della vita umbra nell' agita-
tissimo principio del secolo xiv è ricostruito con evidenza. Il libro-
è scritto in uno stile semplice e chiaro ed è piacevole a leggere a
causa dell' interesse che desta la narrazione di molti episodi scono-
sciuti e strani, come appunto gli incantesimi contro il papa. Dante
mago, i processi contro gli eretici e parecchi altri. Tra tanti pregi
è scorsa pure qualche menda, che consiste in una certa indetermi-
natezza di alcune idee, ed in qualche ripetizione, difetto quest' ul-
timo derivato dalla quantità vasta del materiale, dall' essere stata
pubblicato il lavoro in diverse riprese, dall' aver dato intenzional-
mente ad ognuno dei sei capitoli una certa indipendenza, intenzione
che si scorge, anche dopo una lettura superficiale. Però questa
lieve pecca non menoma il valore dell' opera, e sarebbe da augu-
rarsi che simili monografie illustranti una regione in modo cosi
efficace fossero più frequenti, perchè, come dice il Fumi stesso nel
rapporto quinquennale dei lavori sociali della R. Deputazione umbra
di storia patria, « gli studi così condotti avviano al necessario indi-
te rizzo verso 1' unità storica regionale ed a preparare quella nazio-
« naie».
F. TONETTI.
bibliografia 309
H. Grisar S. I., / papi nel medio evo (traduzione dal te-
desco); voi. I, Roma alla caduta delV impero; voi. II,
Roma sotto la dominazione ostrogota e bizantina ; parte III,
voi. I, Roma alla fine del mondo antico.
Dopo la pubblicazione del Gregorovius sulla Storia della città di
Roma nel medio evo, che parve per i suoi tempi stupenda, gli sludi
di archeologia antica e niedioevale si sono succeduti cosi incessan-
temente e felicemente, che l'opera del Gregorovius era destinata ad
invecchiare dopo trascorsi non ancora trent'anni. Era dunque neces-
sario che tutti i tesori scoperti ed illustrati dal 1870 in poi venis-
sero adoprati in un'opera che parlasse della Roma del medio evo,
la quale, correggendo certi principi aprioristici accolti dallo spirito
poetico del dotto tedesco, tenesse stretto conto delle ultime conclu-
sioni alle quali era giunta la scienza moderna nello studio dei nu-
merosi problemi che si agitano intorno alla storia di Roma dall'o-
rigine del Cristianesimo. A quest'opera ha posto mano da lunghi
anni con ingegno poderoso H. Grisar preparandosi al grave lavoro
con una serie di studi su vari punti controversi di archeologia sacra
■e profana: studi che poi ha già cominciato a raccogliere negli Ana-
lecta romana di cui si è pubblicato il primo volume (Lefebvre, Ro-
ma, 1899).
L'opera del Grisar nei tre volumi già pubblicati comprende
un'ampia illustrazione della città nei secoli v e vi (voi. I); il rac-
conto delle invasioni degli Ostrogoti e dei Bizantini (voi. II) ed uno
studio completo intorno al pontificato di san Gregorio Magno
(parte III).
Come l'autore stesso dichiara nella prefazione, la storia dei papi
€ quella di Roma nel medio evo sono quasi trattate insieme in modo
che l'una e l'altra si spieghino e si completino vicendevolmente, ma
con particolare riguardo a quella del Papato, che in verità è il centro
di vita intorno al quale convergono tutte le attività dell'opera e del
pensiero specialmente nei primi secoli susseguenti alla caduta del-
l'impero d'Occidente. Però essa non è esposta in modo da trattare
tutti i rapporti e le estrinsecazioni del Papato con le altre regioni
ove allora si cominciava a venerare la religione di Cristo, in modo
da comprenderne e ritrarne generalmente tutta l'attività, ma è limi-
tata alla Roma sede della Chiesa e centro della cultura svoltaci in-
310 'bibliografia
torno alla Chiesa stessa. In ciò l'autore batte una via assolutamente
diversa da quella del Gregorovius, che poco fa caso del carattere
chiesastico di Roma, trattandone la storia medioevale come tratte-
rebbe quella di qualunque altra grande città d'Italia. Di questo me-
todo del Gregorovius il Grisar quasi sfugge parlare, e quando non
può fare a meno di combatterlo, non porta nella questione alcuna
tendenziosità politica, mantenendo grande equanimità di giudizio ed
una cortesia di polemica veramente degna di essere imitata in ogni
studio storico di simil genere.
Ciò che rende veramente utile e pregevole l'opera del Grisar è
la gran copia di notizie archeologiche, che riassume nitidamente
dalle numerose effemeridi scientifiche di questi ultimi tempi. Nessun
tempo in fatto è stato così fortunato per ì ritrovamenti del medio-
evo. Dopo il sepolcreto di Testona illustrato dal Calandra negli
Atti della Società archeologica di Torino, abbiamo avuti due gruppi
importanti di ritrovamenti: quello di Castel Trusino sullo sbocca
della via Salaria verso l'Adriatico e l'altro delle tombe di Maiera
sulla via Flaminia, ambedue sedi di famiglie gotiche, che per circa
quarant'anni ebbero il dominio della valle del Topino e delle cir-
costanti fino al passo del Furio, poco distanti da dove Totila ebbe
a subire la grande sconfitta che pose fine alla dominazione gotica in
Italia. In Roma stessa, sia per rettificazione od apertura di nuove
strade, sia per costruzione di nuovi edifizi, sia per scavi compiuti a
scopo scientifico con metodo rigoroso, le conoscenze delle antichità
si sono molto avvantaggiate, ed il passato monumentale e topcgra-
fico di Roma si è largamente chiarito. Con la scorta dei nuovi
monumenti il Grisar fa assistere, per così dire, il lettore agli ultimi
periodi della lotta tra il paganesimo morente e l'onda incalzante
della nuova civiltà cristiana, allo spettacolo della disperata tenacia
con cui lo sp'rito pagano si agita contro il nuovo spirito cristiano,,
che lentamente ma sicuramente pervade tutto il mondo latino, agli
ultimi conati dell'impero che dalla lontana Bisanzio tenta nuova-
mente la supremazia su Roma e su tutto 1' Occidente.
Merito speciale dell'opera del Grisar è la chiara, semplice e
sempre sicura esposizione del movimento di riforma spirituale ini-
ziato dalle dottrine cristiane, dello sviluppo dell'arte pagana, cui il
soffio del Cristianesimo infonde nuova vita, dello sviluppo edilizio
della città, dell'ingrandirsi della società cristiana in mezzo alla vita
civile di Roma e d'Italia, esposizione che induce nell'animo del let-
tore la certezza dei fatti narrati, perchè desunti da testimonianze
storiche, cui la lunga rifiessione dell'autore e la sua straordinaria
conoscenza del tempo danno vitalità nuova ed efficace.
bibliografia 311
Nei tre volumi pubblicati finora abbiamo larga garanzia che
l'opera iniziata dal Grisar sarà continuata con tanta severità di me-
todo fino al periodo illustrato da Ludovico Pastor, che alla sua
completa pubblicazione lo studioso della storia di Roma potrà avere
in essa il repertorio più ricco e più sicuro di bibliografia medioevale
romana e delle cognizioni che finora si hanno intorno ai primi
secoli della storia di Roma nel medio evo.
R. Ambrosi de Magistris.
Achille Dina, Uultimo periodo del principato longobardo
e l'origine del dominio pontificio in Benevento. — Bene-
vento, Giuseppe De Martini, 1899.
La storia della dominazione longobarda in Benevento è, da
qualche tempo, oggetto di particolari ricerche. La memoria dell'Hirsch
sul ducato Beneventano, della quale abbiamo l'ottima traduzione dello
Schipa, gli studi cronologici del Crivellucci, le ricerche intorno al
principe Arechi ed ai suoi successori del Pugliese illustrarono gli
avvenimenti che si svolsero dalla fondazione del ducato (571?) sin
verso il mezzo del secolo ix. Men nota è la storia dell'età succes-
siva; età di decadenza nella quale il principato longobardo di Be-
nevento si smembrò, e che, secondo il Dina, può essere divisa in
tre periodi: principato retto prima da principi propri (847-900), di
poi annesso a Capua (900-901), infine novamente separato, ma sotto
principi di origine capuana. I due volumi dello Stroflfolini sulla
contea di Capua (fino all'anno 949) poco o nulla giovano alla co-
noscenza delle aggrovigliate vicende di quei tempi, per mancanza
di ricerche originali e di metodo scientifico. Abbiamo, in compenso,
una utile memoria di Oscar M. Testa su Pandolfo Capodiferro che
tenne insieme la suprema direzione di Capua e di Benevento. Molta
utilità poi traggono gli studi beneventani da quegli affini dello Schipa
su Salerno, e soprattutto dall'opera di Almerico Meomartini su i mo-
numenti e le opere d'arte della città di Benevento, dove, insieme con
la descrizione, mirabile per esattezza e per squisito sentimento arti-
stico, dei monumenti del periodo longobardo rimasti in Benevento,
si trovano molte utili notizie sulla topografia di quella illustre città
nell'età antica e nel medio evo.
Il Dina si propone ora di narrare l'ultimo periodo del princi-
pato Beneventano che va dal 981 al 1077, dalla morte, cioè, di Pan*
312 '\BibliograJia
dolfo Capodiferro allo stabilirsi della dominazione pontificia in Be-
nevento. Di questa parte, assai oscura, di storia italiana non si hanno
che monche e scolorite notizie nei cronisti e nei genealogisti del-
l'Italia meridionale, mentre, come nota l'autore (p. 6), nei trattati
d'indole generale perfino i nomi dei principi, quando vi si accenni
di passaggio, sono sovente errati e presi l'uno per l'altro.
Si discorre nel primo capitolo del territorio di Benevento, della
città, del feudalismo, dello stato chiesastico, della coltura e delle
varie classi della popolazione. Qui però ben poco troviamo che si
riferisca direttamente all'età che l'autore prende a narrare, sebbene
quanto egli riassume da studi e ricerche recenti, aggiuntovi il frutto
di proprie osservazioni sui documenti del cartario di S. Sofia (Chro-
nicou S. Sophiae), pubblicato dall' Ughelli, giovi ad intendere quali
fossero le condizioni del Beneventano al tempo della sua ricostitu-
zione a Stato separato. Con Pandolfo II (981-1014) incomincia pro-
priamente la storia che il Dina raccoglie con diligenza ed acume
dai cronisti, ricollegandola opportunamente con le vicende generali
dell'epoca. Importante è il capitolo terzo ove si parla di Landolfo V
e dell'origine del comune di Benevento che l'autore, argomentandolo
da un passo degli AnnaUs Beneventani, pone nell'anno 1015. Col
principato di Pandolfo III (103 3- 1059) comincia nell'Italia meridio-
nale quella rapida successione d'avvenimenti per i quali essa fu alla
fine ridotta tutta, ad eccezione dì Benevento, sotto il dominio dei
Normanni. Qui sarebbe stato opportuno parlare, con una certa lar-
ghezza, delle relazioni tra i pontefici e Benevento; ma l'autore non
ha creduto di spendervi che quattro pagine frettolose (pp. 53-57),
troppo poche invero per trattare, come egli intende, della politica
dei papi verso l' Italia meridionale da Carlo Magno ad Arrigo III.
Gli avvenimenti, già noti, per i quali Leone IX venne in possesso
di Benevento, acquistano nuova luce nella narrazione dell'autore, in-
trecciati come sono con il rapido progredire dell'invasione normanna,
fino alle porte stesse di Benevento. Nel sesto capitolo, che è l'ul-
timo dell'opera, si parla di Landolfo VI che chiuse la serie dei prin-
cipi di Benevento, e del consolidarsi della dominazione papale sino
al trattato di Ceprano, dove nel giuramento di fedeltà e rispetto ai
domìni pontifici, prestato da Roberto Guiscardo a Gregorio VII, do-
vette essere fatta, senza dubbio, menzione di Benevento.
Senza segu're l'autore nella sua conclusione ove egli parla della
dinamica storica dell'Italia meridionale nel 1000, e di materialismo
ed idealismo storici, gioverà piuttosto dire quello che, a mio parere,
manca al lavoro del Dina, perchè possa essere veramente utile e
definitivo.
bibliografia 3 1 3
Né intendo qui indugiarmi a ripeter gli appunti che già furono
mossi al Dina dallo Schipa nella Rivista storica italiana (1899, voi. IV):
mancanza di precisione nelle citazioni, uso talvolta poco esatto ed in-
completo delle fonti, manchevolezza nella bibliografia, affermazioni ar-
rischiate, mende tipografiche piuttosto gravi. Voglio solamente notare
come, allo stato presente della cognizione delle fonti di storia be-
neventana, un lavoro, come quello del Dina, non può essere che
difettoso. Per esempio: tra le fonti storiche adoprate dall'autore, tra
le quali però non avremmo voluto veder mai citato il Pratilli, nep-
pure con forma dub'tativa, è giustamente ricordato il cartario di
S. Sofia che contiene circa duecentotrenta diplomi beneventani. Ma
l'edizione dell' Ughelli è orribile, e non può servire di fondamento
a studi nei quali tutte le probabilità d'inesattezza si vogliono, con
somma cura, tenere lontane. Già il compianto B. Capasso {Arch.
stor. per le prov. merid, I, 25) aveva giudicata necessaria una ristampa
del cartario di S. Sofia ; ma pochi forse sanno come l'edizione del-
l'Ughelli sia a tal punto priva di ogni sussidio critico e piena di
inesattezze e d'errori da essere giudicata inservibile a qualsiasi studio
severo. Per convincersene basterebbe collazionare una sola pagina
del testo dato dall' Ughelli col cod. Vat. 4939 che contiene, come
è noto, il regesto di S. Sofia; e se le angustie di una recensione
ce lo consentissero, potremmo dar qui esempi di date sbagliate, di
nomi di persone e di luoghi stranamente alterati, di parole e frasi
intere tralasciate, e via dicendo. Ma d'altra parte l'unica edizione è
l'Ughelliana, e non si può davvero muovere rimprovero al Dina, se
non ne ha fatta un'altra.
Ma quello che mi sembra difetto non facilmente scusabile nel
Dina è l'avere questi trascurato interamente gli archivi beneventani,
dei quali anzi nel suo lavoro non si fa quasi parola. Eppure Bene-
vento è città ricchissima di materiale archivistico, a traverso '\ quale
poi è anche facile l'orizzontarsi, grazie alle cure di Benedetto XIII
che, arcivescovo di quella città, fé' ricercare sistematicamente, ordi-
nare e catalogare tutti gli archivi di essa dal monaco benedettino
Kasimiro Graienvski e dall'archivista Agnello Rendina. La biblio-
teca Capitolare ha codici preziosi e numerose pergamene, fra le quali
parecchi diplomi originali dei duchi di Benevento, a partire dal-
l'anno 926 (i). L'archivio parrocchiale di S. Modesto ha undici volumi
di pergamene; quello di S. Vittorino, conservato ora nell'orfanotrofio
(i) Colgo quest'occasione per prufessarmi gratisstmo a D. Salvatore Imperlino, ca«
nonico archivista della cattedrale di Henevento, che, durante una mia breve dimora colA,
mi permise di esaminare e di studiare, con ogni agio, t documenti dell'archivio dpi-
tolare.
314 "Bibliograjìa
femminile di S. Filippo, nove volumi, dei quali il primo contiene
donazioni sin dall'anno 1016. L'archivio del monastero di S. Sofia
si trova sfortunatamente diviso in vari luoghi. Una parte è in pos-
sesso di privati; un'altra fu dei Gesuiti, ed è ora nel R. liceo Gian-
none (i); un'altra infine ed importantissima ò conservata nell'orfa-
notrofio di S. Filippo, dove sono ben trentotto volumi di pergamene
provenienti da quel famoso monastero. Scarsi i documenti anteriori
alla metà del secolo x; ma poi, come dappertutto negli archivi
d'Italia, essi diventano numerosissimi. E chi può dire qual tesoro
di notizie sulle condizioni economiche del paese, sulla topografia,
sulla cronologia stessa dei duchi di Benevento essi celino ancora?
Di questi documenti solo pochi furono sinora pubblicati; e sarebbe
desiderabile che si ponesse mano alla pubblicazione di un Codex di-
plomatkns dì Benevento, poiché allora solo, senza voler punto far
torto alla coltura ed all'ingegno del Dina, la storia di quella città
nel medio evo potrà essere degnamente illustrata.
P- Fedele.
G. A. Garufì, La curia stratigo:(iaìe di Messina a proposito
di Guido delle Colonne; estratto dai Rendiconti della
R. Accademia dei Lincei, class, stor. e filol., voi. IX,
fase. I, 1900, in-4, pp. 18.
Nella vecchia questione della patria di Guido delle Colonne
interviene il Garufi con questa memoria breve ma interessantissima,
e condotta con un rigore di metodo e un' analisi critica cosi strin-
gente che, allo stato delle nostre conoscenze, le sue conclusioni per
quanto negative ci appaiono sicure ed indiscutibili. Il quesito intorno
al quale egli svolge la sua dottrina è il medesimo posto già dal Mo-
naci: se, cioè, Guido delle Colonne giudice di Messina negli ultimi
anni di Federico II, sotto Corrado Manfredi e Carlo d'Angiò fosse
oriundo di quella città. Egli constata che per giungere a qualche
risultato ben sicuro, nell' analisi delle fonti bisogna distinguere le
leggi che appartengono alle costituzioni di Melfi, pubblicate in Si-
(i) duivi ho trovato un inventario generale dell'archivio di S. Sofìa, fatto nel se-
colo scorsa, prima che esso andasse disperso ; ma, per ricerclie che abbia fatto, non
sono riuscito a trovare le pergamene che vi videro già il Bethmann (Archtv, XII, 226),
e recentemente lo Schiaparelli. Cfr. Nachrichten d. K'òtng. Gestii, d. Vissen. ^« Gò/-
tingen. Phil.-histor. Klasse, 1898, Heft. i, p. 51. Secondo il Del Giudice che pubblicò
nel giornale napoletano, Museo di sciente e di ie//<?rfl<«ra, II, 347-357, una relazione sugli
archivi di Benevento, una parte dell'archivio di S. Sofia sarebbe stata trasportata nel
secolo XVI a Roma nell'archivio Colonnese.
bibliografia 315
cilia nel 1252, dalle altre promulgate nel 35 e nel 44, e che è ne-
cessario restringere le ricerche determinatamente al periodo svevo.
Le costituzioni di Melfi davano il diritto a Messina, considerata fra le
città minori, di uno stratego e di un giudice ai contratti, nominato
dal camerario, di tre giudici e sei notari nominati dall'imperatore:
e ciò dal 1232 all'agosto 40, anno in cui andò in vigore la legge
pubblicata nel settembre 39. In questo tempo i giudici di Messina
nominati dall' imperatore dovevano essere del luogo ?
Dal silenzio che su questo argomento serbano le costituzioni
Melfitane, le quali dicono soltanto che i giudici dovevano essere sud-
diti dell' imperatore, si può arguire che fino al 39 gli ufficiali mag-
giori o minori potevano esser nati nel luogo che veniva sottoposto
alla loro giurisdizione; ma il Garufi riporta alcuni esempi da' quali
risulta che gli ufficiali maggiori erano scelti da qualunque luogo e
s' avvicendavano 1' ufficio a seconda dei bisogni ; dei minori, fra al-
cuni esempi citati da lui, uno solo è messinese.
Così pure le costituzioni di Melfi non stabiliscono quanto
tempo i giudici dovevano rimanere in un luogo determinato : solo
nella legge del 1239 Federico prescrive che i giudici non durino in
carica più di un anno, benché questa disposizione fu rigorosamente
osservata fino al 1247, ma poco curata negli ultimi anni dell'im-
pero. In questo medesimo tempo Federico stabiliva che i giustizieri,
gli assessori e i notari preposti alle provincie non fossero nativi del
luogo in cui esercitavano 1' ufficio, i giudici maggiori o minori fos-
sero « homines demanii industres fideles et iurisperiti », i giudici
maggiori «non sint de provinciis oriundi, nec in eis habeant incola-
« tum ». Il grado di capacità e d' intelligenza e la qualità di essere
cittadini del regno dava dunque diritto d' essere giudici maggiori o
minori e notari, non quello di esser nati nel luogo che si amministrava.
Guido de Columpnulis comparisce con la qualhà di magister in un
documento del 1243, e in seguito col nome de Coliimpnìs in docu-
menti del 47, 57, 6r, 64, al quale anno s'arresta il Garufi con le sue
ricerche. E la prima questione che si pone egli è questa: Guido può
essere stato giudice prima del 1243? ^^^ ^M5 ^ *^ documento più
antico che si conosca, ma come la nomina coincideva col principio
dell'anno indizionale, è da credere ch'egli cominciasse ad esser giu-
dice fin dal settembre, e la qualifica di magister eh' egli si dà in
questo documento ci fa credere che il 1243 fosse il suo primo anno
di nomina, perchè è proprio di novellini sfoggiar titoli. Sotto il regno
di Federico comparisce un'altra volta sola il suo nome: nel 47.
Ma sarà stato giudice anche altrove f* Q.uesto secondo quesito
non può risolversi con sicurezza, mancando documenli del tempo.
$16 'Bibliografia
Certo però, pensando che dalla loro professione i giudici dovevano
ritrarre da vivere e che i proventi dei giudici minori (che tale fu
sempre Guido) erano molto tenui, è più che ammissibile che Guido
sia stato sempre giudice ed abbia disimpegnato 1' ufficio nei vari luoghi
sottoposti alla giurisdizione del camerario della provincia di Messina.
Era Guido di Messina? Da quanto è stato fin qui detto risulta
chiaramente che Guido ben poteva esser di Messina ma non doveva-^
bisogna ancora dunque dimostrare che realmente lo fosse.. Di esso
sappiamo solo che era homo demanii imperaloris, cioè cittadino del
regno, che vai quanto o oriundo del regno o che ne abbia ottenuta
la cittadinanza : l' esame dunque delle leggi della curia stratigoziale
del tempo non fornisce pel nostro argomento nessun elemento di
prova né positivo né negativo. Guido, se potè esser nativo di Messina,
non può dimostrarsi per ora che lo sia stato, e le probabilità maggiori
seno per la esclusione. V. Federici.
Italy and her invaders by Thomas Hodgkin, voi. VII,
Book vin; Frankìsh ìnvasions, pp. xvii-397, in-i^;
voi. Vili, Book IX, The FranJdsh Empire, pp. xi-j^ji,
ìn-i6, — Oxford, 1899.
11 signor Tommaso Hodgkin dedica alla storia dei Franchi in
rapporto coli' Italia fino alla morte di Carlo Magno questi due vo-
lumi, coi quali conchiude la sua Storia d'Italia e dei suoi invasori. Nel
primo, che è il settimo della serie, ricorda le più antiche relazioni
passate fra Longobardi e Franchi, utili assai per ispiegare la politica
da questi tenuta verso l' Italia nella seconda metà del secolo ottavo,
e seguita trattando questioni importanti riferentisi alla storia nostra.
Così studia la celebre donazione di Costantino, rammenta la bene-
volenza che questo principe fin dal suo primo salire al trono ebbe
per il cristianesimo, e ricordando la presidenza del concilio di Nicea
tenuta dall'imperatore, osserva: «Cosi la sua famosa presidenza al
« concilio di Nicea, corrispondeva pienamente alla sua attitudine
« precedente verso la Chiesa fin dal primo momento ch'egli aveva
« cinto il diadema» (p. 137). Costantino pertanto si prestava ad es-
sere rappresentato come protettore del cristianesimo, il che spiega la
fede trovata dalla donazione di questo imperatore, fede ormai spenta
da un pezzo.
Nella storia del secolo viii non si può dimenticare l' esarcato dì
Ravenna, del quale opportunamente in questo volume si tratta. Esso
destava nei Longobardi molta ambizione, specialmente al tempo del
'^Bibliografia 317
re Astolfo, il quale fu appassionatamente chiamato nel Liher Ponli-
ficalis: « crudelissimus rex, nequissimus, malignus rex », non perchè
la lotta combattuta dal re fosse religiosa, ben sapendosi che « i Lon-
« gobardi sono oramai per le loro dottrine assolutamente in accordo
«con la Chiesa romana» (p. 170); ma perchè prevalevano motivi
politici e di razza.
Astraendo dalle doti personali di Astolfo e di Stefano II, ben
si capisce che il regno longobardo dovrà presto cadere. E difatti le
condizioni di esso andarono peggiorando sotto il pontificato di Paolo I,
che acquistava in Italia prestigio ajpcor maggiore di Stefano, essendo
i Longobardi agitati dall'ambizione e dai pentimenti di Ratchis, ed
invano sorretti poco appresso dal re Desiderio, dimostratosi veramente
energico nei suoi rapporti coli' impero d' Oriente e col papa. Le re-
lazioni fra questo e i Longobardi non furono in questi ultimi anni
mai molto buone, ma addirittura pessime diventarono dopo la morte
di Carlomanno e l' arrivo della vedova Gerberga alla corte di Pavia.
« L'arrivo di Gerberga », come si esprime 1' Hodgkin, «coi suoi figli
« e consiglieri, diede una nuova arma in mano a Desiderio per ven-
« dicarsi del marito di sua figlia» (p. 349). Senza dubbio Desiderio
bramando vendicarsi di Carlo, col suo contegno aflfrettava la caduta
del regno longobardo, la quale accrebbe l'autorità politica dei papi,
anche volendo ritenere poco attendibile la celebre donazione di Carlo
Magno a papa Adriano, come si mostra sulla fine di questo volume.
L' ultimo studia 1' importante periodo che va dalla caduta del
regno longobardo alla morte di Carlo Magno. La politica di Adriano I,
le guerre contro Sassoni, Avari, Bavari &c., i rapporti coli' impero
greco, le relazioni di questo col papato, divenute specialmente im-
portanti quando Irene tentò di riunire la Chiesa greca alla romana,
attirano l'attenzione del grande principe franco, ma non gì' impedi-
scono di vincere le difficoltà incontrate in ItaPa per le opposizioni
fatte da parecchi grandi dopo la caduta del regno longobardo. Questi
avvenimenti mettono in evidenza la grandezza di Carlo, la quale in-
sieme con molta semplicità di costumi appare anche meglio confron-
tando la sua corte con quella di Costantinopoli, che pure aveva in
proprio vantaggio lo splendore d'una lunga tradizione. Ma ormai gli
intrighi di palazzo, le rivoluzioni di piazza, le molestie esterne, ren-
devano difficile l'esistenza stessa dell' impero, specialmente al tempo
di Irene, posta a capo d'uno Stato, al quale non confaceva troppo
il governo femminile. E questa imperatrice, « che si chiamava Au-
a gusta e attraversava nel suo carro dorato le vie di Costantinopoli,
« non aveva diritto al nome e alla pompa dcgl' imperatori di Roma »
(p. 122). Invece ad Aquisgrana le cose andavano diversamente. Il
3i8 ^ibliografa
luogo stesso e gli edifici alzati da Carlo Magno invitavano al proficuo
lavoro, i semplici costumi del principe, la protezione da esso accor-
data agli studi, la pietà armonizzata con molta energia contro gli
abusi del clero, rendevano gradita la corte carolingia. A ragione
Carlo amava questa città, che acquistò nuovo prestigio dopo che il
re franco venne incoronato imperatore.
Di questa incoronazione a lungo si occupa 1' Hodgkin, il quale,
appoggiandosi alle fonti franche, crede che il papa rendesse omaggio
all' imperatore, sebbene questa circostanza non sia riferita nel Liher
Pontificalis, che avrebbe comodamente omesso un fatto « che la curia
« romana non amava rammentare, ma non v' è ragione di credere
«ch'esso non avvenisse realmente, e che il vescovo di Roma non
« tributasse a Carlo Augusto, oramai riconosciuto come suo signore,
«quell'omaggio che il patriarca di Costantinopoli avrebbe tributato
«a Giustiniano o ad Eraclio» (p. 195).
Risolta questa controversia, che certo non tutti riconosceranno
finita, il volume parla delle trattative di matrimonio fra Carlo ed
Irene, in vero poco promettenti fin da principio per le ostilità bizan-
tive, ricorda i rapporti dell' impero bizantino coi Franchi, coli' Italia
in generale e con Venezia in particolare, prendendo la storia di questa
città come punto principale di quest'ultime vicende colle quali finisce
lo studio della carriera politica di Carlo Magno.
Poche pagine son pure dedicate a descrivere la morte di questo
principe e il compianto da essa destato in mezzo al popolo, com-
pianto, che non fu davvero « un convenzionale tributo alla sua di-
« gnità reale » (p. 269).
L ultima parte del volume tratta specialmente della vita longo-
barda e franca in Italia, argomento importantissimo, ma che non si
può svolgere appieno per scarsezza di fonti. L'egregio autore, rico-
nosciuto come « le fonti letterarie ci vengano meno » (p. 277), si
limita pei Longobardi ad esaminare le ultime loro leggi, rilevando
la tendenza a diminuire il giuramento giudiziario, ad allargare il di-
ritto delle donne &c. Pei Franchi ricorda i principali cambiamenti
introdotti da Carlo Magno, come la nomina dei conti, la promulga-
zione dei capitolari, la protezione della Chiesa unita alla punizione
degli abusi ecclesiastici, nota la forte tendenza al feudalismo ed ac-
cenna alle difRcoltà che s' incontreranno nel reggere l' impero caro-
lingio dopo la morte del suo fondatore.
I giudizi che 1' Hodgkin dà di Carlo Magno sono favorevoli, e
noi conveniamo ben volentieri ch'essi derivano logicamente da quanto
si espone con molta chiarezza nei due volumi, che abbiamo esa-
minati. M. Rosi.
NOTIZIE
Il 17 aprile di quest'anno si riuniva in Roma, presieduto dal-
l'abate L. Duchesne, il secondo Congresso d'archeologia cristiana,
al quale, insieme con i dotti italiani, presero parte molti archeologi
d'altri paesi. Numerose ed importanti furono le memorie scientifiche
presentate al Congresso. Il P. Grisar parlò sulle vicende di alcuni
monumenti romani dopo la caduta dell' impero, intrattenendosi in
particolar modo intorno al Mausoleo d'Augusto, alla Curia Sciiatus ed
al Pantheon. Il Duchesne lesse un elegante studio sulla chiesa di
S. Cesario « in Palatio ». Il professor Mùller dell'Università di Berlino
illustrò una statuina di bronzo, rappresentante san Pietro. Il profes-
sore Venturi parlò delle colonne dell'altare di S. Marco a Venezia;
monsignor Wilpert delle pitture scoperte recentemente nel cimitero
dei Ss. Pietro e Marcellino; l'ingegnere Canizzaro delle scoperte fatte
in quest'anno nella chiesa di S. Saba; il professor Gamurrini della
topografia in relazione alle antichità cristiane. Sarebbe poi impossibile
ricordare qui tutti i lavori delle varie sezioni : ben sette ne annoverava
il Congresso ! Notevoli nella seconda, che si riferiva ai monumenti
medievali, le comunicazioni del P. Ehrle sopra due nuove vedute pro-
spettiche di Roma, del professore Venturi, del signor Lauer, di monsi-
gnor Ferraro sopra il cereo pasquale del duomo di Gaeta, del dottor
Hermanin, dell' ingegnere Giovannoni,del dottor Bariola, del dottor Fo-
golari &c. Tra i voti presentati al Congresso ricordiamo qui quello
rivolto alle autorità ecclesiastiche, perchè « si proibisca a tutti i parroci
«e rettori di chiese l'alienazione di qualunque opera d'arte o docu-
« mento manoscritto conservato in loro custodia, senza il consenso
« dei superiori a ciò delegati». I cultori di storia applaudiranno tutti
ad una proposta così importante. Appena pochi mesi or sono, il capi-
tolo di una chiesa italiana vendeva a stranieri un prezioso rotolo mi-
niato del secolo xi, per la somma di lire 8500; e, crediamo, col con-
senso dell' autorità ecclesiastica. Si vorrà mutar proposito dopo il
secondo Congresso d'archeologia cristiana?
320 C\p//"^7t?
Al chiudersi delle feste per il secondo Congresso d'archeologia
ricordato di sopra, fu solennemente inaugurata nel descenso della
basilica dei Ss. Nereo, Achilleo e Petronilla sulla via delle Sette
Chiese un' epigrafe commemorante Antonio Bosio, il Colombo della
Roma sotterranea. Di questi, che fu uomo veramente grande, ha
pubblicato or ora un'eccellente biografia il signor Antonio Valeri
{Cenni biografici di Antonio Bosio, con documenti inediti. Roma, t'po-
grafia dell'Unione cooperativa editrice, 1900, di pp. no). Questo
studio, quantunque « preparato e compiuto in brevissimo tempo », è
fatto con quell'accuratezza e con quel garbo che il Valeri suol porre
in tutte le sue pubblicazioni.
Il 3 marzo di quest'anno si spense in Napoli Bartolomeo Ca-
passo tra 1' universale compianto dei dotti e dell' intera città di Na-
poli, la cui storia egli aveva così nobilmente illustrato. Egli era, dopo
la morte del Troya, lo storico più autorevole del Mezzogiorno di
Italia. Nella critica delle fonti della storia delle provincie meridio-
nali ha lasciato delle traccie veramente profonde ed indelebili. La
sua memoria è raccomandata ad opere di grande valore, e special-
mente ai due volumi dei Monumenta ad Neapolitani ducatus historiam
pertinentia.
Da un codice del secolo xiv, conservato nell'archivio Capitolare
della basilica Vaticana, il signor D. Quattrocchi, procustode dello
stesso archivio, ha tratto il testo per una nuova edizione dell'opera
del cardinale Iacopo Gaetano Stefaneschi sul Giubileo del 1500, De
Centesimo seti Iiibileo anno liher (cf. Bessarione, an 1900, nn. 45-46).
Le edizioni che si avevano di questo opuscolo del celebre cardinale,
erano talmente scorrette che molti, citandole, caddero in errori non
lievi. L'edizione del Quattrocchi, e per la bontà del testo e per le
cure che egli ha posto nel pubblicarlo, si avvantaggia di molto sulle
precedenti. Secondo l' autore, il codice Vaticano sarebbe stato scritto
anteriormente al 1350 e forse prima del 1343. I cenni biografici sullo
Stefaneschi, premessi dal Quattrocchi alla sua edizione, sono fatti
con accuratezza.
Fra le pubblicazioni intorno alla storia medioevale di Roma non
possiamo tacere la ristampa che la Società editrice nazionale sta fa-
cendo della Storia di Roma nel medio evo di F. Gregorovius. Il carattere
puramente commerciale dell'impresa appare già dalla scelta del testo: si
ripubblica, cioè, la traduzione che dell'opera fece ilManzato sulla prima
edizione tedesca ; mentre è noto che il Gregorovius rifuse in gran parte
U^otì^ie 321
e corresse tutta l'opera sua nella quarta edizione che si pubblicò a
Stuttgart nel 1886-96. Le note aggiunte nella parte bibliografica del
Gregorovius non corrispondono abbastanza al progresso fatto in questi
ultimi trent'anni dagli studi storici medioevali, e le illustrazioni non
sono sempre opportunamente scelte né soddisfacenti per la loro ese-
cuzione.
Pei tipi di Forzani e C. (tipografi del Senato), il dott. Donato
Tamilia ha pubblicato ultimamente un bel volume, dove sono rac-
colti i risultati delle sue ricerche intorno alla storia del Monte di
pietà di Roma (7/ Sacro Monte di pietà di Roma, ricerche storielle e
docuvienti inediti; contributo alla storia della beneficenza e alla storia
economica di Roma del dott. D. T. con -llustrazioni e tavole, 1900).
I quattro capitoli del volume (I. Origini del Monte di pietà di Roma;
II. Legislazione statutaria; III. Vita economica; IV. Il Monte e le sue
sedi) sono redatti interamente su fonti inedite che il Tamilia ha tro-
vato e studiato nell'archivio Storico del Monte stesso, v\t\V Archiviuni
camerale (sezione Monte di pietà) dell'Archivio di Stato, nei codd.
Vat. 6203 e Ottob, 2498 della bibl. Vaticana, ed illustrano la vita
di quell'insigne istituto dalle sue origini, che risalgono all'anno 15^9,
fino al 1874 in cui il sacro Monte fu intieramente rinnovato. Al
testo, illustrato da quattordici fotoincisioni, segue un' appendice di
documenti e un indice dei nomi e delle cose più notevoli del volume.
Di due lavori storici riguardanti due diversi luoghi della pro-
vincia di Roma facciamo qui ricordo insieme, quantunque essi dif-
feriscano grandemente e per il metodo e per l' intrinseco valore. Il
prof G. Tomassettì nel suo Amaseno (Roma, tip. dell'Unione coope-
rativa, 1899, pp. 180) ci offre un bell'esempio del modo col quale
anche i più umili luoghi possano essere storicamente illustrati. Il
lavoro si divide in tre parti: nella prima si contiene la descrizione
di Amaseno, nella seconda quella del santuario di S. Maria di Auri-
cola, nella terza la storia del paese stesso. Il volume è inoltre cor-
redato di una serie di oltre a trecento documenti o notizie inedite. —
II signor Giulio Cicchetti invece, pubblicando una Storia di Rocca
Canterano e della badia di Siil'iacn (Roma, tip. Agostiniana, 1899,
pp. 219), ci porge un esempio non imitabile di monografia storica,
fatta senza un giusto criterio e senza alcuna sutiiciente preparazione.
Se il signor Cicchetti si fosse accontentato di riunire nel suo volume,
con qualche accuratc/./.a, le sole notizie riguardanti Rocim (' m,:. r.ino,
quantunque di ben liev • importanza, avrebbe fatto ^ 'tii
inutile. Ma la storia del più insigne monastero dciia provincia di
Archivio detta R. Società romana di storia patria. Voi. XXIII 21
322 ^oti:^ie
Roma, dopo qudlo di Farfa, sembra che non sia peso adatto agli
omeri del signor Cicchetti, il quale avrebbe pure potuto lasciar da
parte la cronaca del Mirzio, da cui ha creduto di trarre il materiale
per questo lavoro.
Ci duole di poter dare soltanto un cenno di due lavori del
dott. Niccolò Rodolico, già allievo della scuola del prof. Paoli, ed
ora libero docente di paleografìa latina e di diplomatica all' Uni-
versità di Bologna.
La formula del Comandamento della guarentigia che ricorre più
che altrove nei documenti toscani dal secolo xiii al xv fu inserita
nei contratti privati di obbligazione nel medioevo per rendere più ra-
pida la procedura di certi afifari. Sulla guarentigia, il cui primo esempio
si trova in un documento fiorentino dell' 8 marzo 1230, e la cui
origine va certamente assegnata alla Toscana, il Rodolico pubblica il
primo statuto (N, Rodolico, Del comandamento della guarentigia negli
statuti piìi antichi fiorentini. Girgenti, Formica e Caglio, 1900, in-4,
pp. 51), statuto che per gli accenni ai tempi anteriori e per le mo-,
dificazioni, le rimesse e le aggiunte fattevi dopo, rappresenta 1' opera
legislativa di più secoli. Il testo primitivo di questo statuto è del 1322;
le aggiunte marginali interlineari e le correzioni vanno dal 1322
al 1355. Il Rodolico distingue le diverse aggiunte, determinandone i
tempi diversi, con chiarezza di esposizione e con sicurezza mirabile
di critica.
Neil' altro volume {Note paleografiche e diplomatiche sul privi-
legio pontificio da Adriano 1 ad Innocen:(o III. Bologna, Zanichelli, 1900,
in-4, PP- 162), dedicato al Paoli suo maestro, egli raccoglie quanto
di meglio è stato scritto intorno al privilegio pontificio nel periodo
meno noto della storia della diplomatica pontificia. Premette al la-
voro un capitolo di cenni introduttivi ed osservazioni generali sulle
varie parti del documento; tratta nel secondo capo ampiamente del-
V Escatocollo nelle sue varie parti, dello Scriptum, della Suhscriptio papae,
del Benevalete, della Rota, delle Sottoscrizioni dei cardinali e del Datum,
e chiude il volume con un capitolo intorno alla scrittura del privi-
legio. Nella ricerca delle cause che determinarono l'uso della doppia
forma, corsiva e minuscola, nelle lettere pontificie, il Rodolico, ri-
gettate le esagerazioni dello Pflugk-Harttung, che dava a quel fatto
una ragione soltanto politica, aff'erma che la diversità di scrittura de-
riva unicamente dal diverso luogo dal quale si datavano le bolle.
Le bolle, afferma il Rodolico, scritte a Roma dove erano i soliti
ufficiali di cancelleria, sono in corsiva, quelle scritte fuori di Roma
sono in minuscola più o meno pura e calligrafica.
C\o//^;V 323
Il dott. xMedardo Morici illustra in un volume {Dei conti Atti,
signori di Sasso/errato, e ufficiali forastieri nelle maggiori città d* Italia.
Castelpiano, Romagnoli, 1899, in-4, pp. 104) la storia dei conti Atti
per il corso di quasi tre secoli, coordinando documenti editi ed ine-
diti, seguendone a passo a passo i vari membri, da Ugo ed Attone,
podestà d'Arezzo del 1225, fino a Luigi di Sassoferrato che appare
già morto il 27 febbraio 1462, pubblicando in appendice dieci docu-
menti illustranti la famiglia, di cui dà anche un albero genealogico
che è il più completo ed esatto di quanti se ne conoscono finora.
La letteratura sacra del Quattrocento si arricchisce con 1' altra
pubblicazione del Morici (7/ cardinale Alessandro Oliva, predicatore
5im/froc<;///r5/i;.Firenze, Società tipografica fiorentina, 1899, in-4, pp. 68)
sul cardinale Alessandro Oliva di Sassoferrato (1407-146?) di un
altro sermone che per semplicità e schiettezza di forma, per vee-
menza calda di sentimento religioso sta bene a pari delle più belle
pagine di eloquenza sacra di quel tempo. Il Morici pubblicando il
sermone, finora inedito, vi premette uno studio accurato intorno alla
vita del cardinale di S. Susanna, del quale fa rilevare la nobile
austera figura di religioso, di letterato e di d'plomatico.
Le origini della congregazione dei Flagellati si sorprendono in
una leggenda pubblicata già dal Mazzatinti : La le:(enda de fra Rai-
nero Faxano, un eremita perugino che intorno al 1260 usava battersi
con una sferza nel segreto della sua cella per ottenere perdono dei
suoi peccati. Da Perugia i Flagellati si diffusero a Spoleto, a Roma,
per tutta Italia, in Provenza, in Polonia. A Viterbo la compagnia
strana si costituì nel 13 15 e di questa appunto pubblica ora il
dott. Pietro Egidi (Dai primi statuti dei Flagellati di Viterbo. Gir-
genti, Formica e Caglio, 1900, in-4, PP* xxii) quattro rubriche di
uno staiuto da lui trovato ncll' archivio di S. Maria Maddalena di
Viterbo, in un codice di scrittura gotica del secolo xiv, premetten-
dovi brevi e interessanti notizie riassuntive dello svolgimento storico
di queir associazione.
Mentre nel Bullctlino senese di storia patria, col concorso del Mi-
nistero dell'interno, si viene pubblicando 1' inventario generale dei do-
cumenti consci vali nell'Archivio di Stato 'l signor A. Lisini,
direttore di quell'Archivio, pubblica un imario delle nume-
rose serie di carie che lo costituiscono 1 ;00, pp, iji). Quc-
st* Indice^ che è una nuova prova della varia e dotta attività del Li-
324 ^oti\ie
sini, sarà di grande aiuto agli studiosi, e sarebbe desiderabile che
tutti gli Archivi di Stato ne possedessero uno simile.
In occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione
del suo corso pratico di storia, il signor Godefroid Kurth, profes-
sore nell'Università di Liegi, ha veduto intorno a sé i suoi antichi
allievi, tra i quali sono i migliori storici del Belgio, riuniti per una
solenne manifestazione d'onore. Il metodo dell'insegnamento pratico
della storia, seguito ora nelle quattro Università del Belgio, ha pro-
dotto i risultati più fecondi ; ed è veramente utile a noi Italiani, presso
i quali le scuole di magistero non sono che una pallida imagine di
quanto, per l' insegnamento pratico, si fa nelle Università straniere,
leggere la relazione completa sull'origine, l'organizzazione e lo svi-
luppo dei corsi pratici di storia nelle quattro Università del Belgio,
scritta dal signor Paolo Fredericq, professore nell'Università di Gand,
e dedicata, in elegante volume, a Godefroid Kurth, il rinnovatore
dell'insegnamento storico nel Belgio.
Nel t.XIX dei Mèlanges d' archeologie, et d' histoire, il signor G. de
Manteyer ha pubblicato uno studio importante sulle origini della
casa di Savoia in Borgogna. Se ne renderà conto in uno dei pros-
simi fascicoli dell' Archivio.
Nei Mélanges de ìitlérature et d'histoire religieuses piiblìès a Vocca-
sion du jubilé épiscopal de Mgr. De Cahrières èvéqtie de Montpellier
(Paris, Alphonse Picard, 1899, voli. 2), notiamo: Voi. I. Douais, Les
origines de VEpiscopat. - G. Boissier, Le jiigement de Tacite sur hs
Jitifs. - Duchesne, Le Forum Chrétien (I, « Les traditions apostoli-
« ques )) ; II, « Les églises du Forum » ; III, « Le Forum et la li-
turgie ))). - Jules Gay, Saint-Adrien de Calabre. Le monastere Basilien
et le Collège des Alhanais. — Voi. IL Mougel, Voeiivre lìltèraire de
Denys le Chartreux. - Le cupiiaitie de Hoyrn de Marien. Sceaux ecclé-
siastiques Langiiedociens du tnoyen dge et de la Renaissance.
Nel 3" fascicolo del XXV voi. del Neues Archiv il prof. Kehr
dà notizia di due notevolissimi gruppi di documenti dell'archivio Va-
ticano, che erano sinora sfuggiti alle ricerche degli studiosi. Il primo
di essi, al quale si potrebbe dare il nome di Instrutnenta miscellanea
Veneta, proviene dall'archivio di S. Giorgio in Alga di Venezia, dove
si trovavano anche il materiale archivistico di S. Teresa, le carte
^oti-^ie 325
del monastero di S. Giorgio in Braida e probabilmente anche i di-
plomi per i Ss. Fermo e Rustico di Verona e S. Pietro di Castello
pure di Verona. Questi diplomi si trovano ora nell' archivio Vati-
cano. Un' altra serie di documenti è formata dalle pergamene di No-
nantola in sette capsule : un materiale certo di grande valore dal
quale il Kehr ha tratto tre diplomi Carolini, finora sconosciuti: Lu-
dovico il Pio per il monastero di S. Maria di Val di Fabbrica nel
territorio di Assisi, Aachen, 820, dicembre 8 (copia del secolo x);
Ludovico il Pio per la cella di S. Maria di Val di Fabbrica, Aachen,
820, decembre 8 (spurio del sec. xi); re Carlo per il monastero di
Nonantola (copia del 27 gennaio del 1295, da un testo spurio).
PERIODICI
(Articoli e documenti relativi alla storia di Roma)
Archiv fùr katholisches Kirchenrecht. Anno 1900, fase. 1°. —
Saegmueller, Die Geschichte der Congregatio Condili vor dem Mo-
tuproprio « Alias nos nonnullas » vom 2 August 1564 (La storia della
Congregazione del concilio prima del motuproprio « Alias nos non-
nullas » del 2 agosto del 1564). — Fase. 2. Kirsch, Das durch Papst
Benedict XIV im Jahre 1753 mit Spanien abgeschlossene Concordai
(Il Concordato conchiuso nell'anno 1753 da papa Benedetto XIV
con la Spagna).
Archivio storico per le provincie napoletane. Anno XXV,
fase. 1°. — F. Cerasoli, Gregorio XI e Giovanna I regina di Na-
poli. Documenti inediti dell'archivio Vaticano.
Bollettino della Società Geografica italiana. Anno 1900,
serie IV, voi. I, n. 3. — A. Béquinot, Sopra un'antica collezione di
piante conservata nel Gabinetto di storia naturale del liceo E. Q.. Vi-
sconti di Roma. — La popolazione di Roma al 31 dicembre 1899.
Historisches Jahrbuch. Anno 1900, fase. i«. — Schnitzer. Zur
Geschichte Alexanders VI (Intorno alla storia di Alessandro VI).
Mitteilungen aus der historischen Litteratur. Anno 1900,
fase, i" — Heydenreich, recensione dell'opera del Lersch : Einloi-
tung in (.iic Chronologie. I, II (Avviamento alla cronolei^i.i. r.iite I
e II). - Kkuni.k, recmùonc dell'opera del Grisar : Geschichte Roms
und der Papstc im Mittd.iltc-r (Storia di Roma e dei papi nel me-
dioevo). - Altman '/<■ dell'opera di Love: Les archives
de la Chambre apo.: 1 xiv* siècle. — I-asc. 2". LA^^ciihorn'.
recensione dell'opera ilei Iami-kecht: Die kultuii.
(Il metodo storico).- Loevinson, rccd/zi/uwi; dell' open uli dkh.ilh:
328 Periodici
La paleografia e i raggi di Rontgen. - Sternfeld, recensione del-
l'opera dello Schwemer: Papsttum und Kaisertum (Il papato e l'im-
pero). - Heydenreich, recensione dell'opera del Keller: Die ròmische
Akademie und die aitchristlichen Katakomben im Zeitalter der Re-
naissance (L'Accademia Romana e le catacombe cristiane al tempo
del Rinascimento). - Scn^wTz, recensione àtW o^Q.rn del Pastor :
Geschichte der Pàpste seit deni Ausgang des Mittelalters III, 4 Aufl.
(Storia dei papi dalla fine del medioevo. Voi. Ili, 4'' ediz.).
Mittheilungen des Instituts fùr oesterreichische Ges-
chichtsforschung. Anno 1900, fase. 1°. — B. Krusch, Nochmals
die Afralegende und das Martyrologium Hieronymianum (Ancora la
leggenda di Afra ed il martirologio Geronimiano). - Bericht ùber
die Arbeiten der ordenti! chen Mitglieder des Istituto austriaco in
Rom im Jahre 1898-99 (Rendiconto dei lavori dei membri ordinari
dell'Istituto austriaco in Roma nell'anno 1898-99). — Fase. 2°.
R. RòHRiCHT, recensione dell'opera di Delaville le Roulx: Car-
tulaire general de l'ordre des Hospitaliers de St-Jean-de-Jérusalem,
e recensione dell' opera di N. Jorga : Notes et extraits pour servir à
l'histoire des Croisades.
Re vista de archi vos, bibliotecas y museos. Anno 1900,
n. I. — D. M. R. De Berlanga, Estudios epigràficos. Fragmento
de una epistola romana. — N. 3. D. V. V., recensione dell' opera
di G. Daumet: Innocent VI et Bianche de Bourbon.
Revue historique. Annata XXV, 1900. Fase. i**. — Camille
Jullian, France: Travaux sur l'antiquité romaine. - H. Vast, re-
censione dell'opera di L. Pastor: Geschichte der Pàpste seit dem
Ausgang des Mittelalters (Storia dei papi dopo la fine del medioevo). -
Idem, recensione dell'opera di Evelyn S. Shuckburgh: A History
of Rome for beginners (I primi tempi della storia di Roma).
Rivista italiana di numismatica. Anno XIII, 1900, fase. 1°. —
M. Bahrfeldt, Le monete romano-campane; traduzione dal tedesco
del dottor Serafino Ricgl - Manuale Gnecchi, Monete romane.
Rivista storica italiana. Anno XVII, N. S., voi. V, fase. 1°. —
Brandileone, recensione dell'opera del Calisse: Storia di Civitavec-
chia. - Spezi, recensione dell'opera di Foglietti : S. Petri Damiani au-
tobiographia.- Rinaudo, recensione dell'opera di Messeri : La questione
romana dal 1858 al 1870. -Idem, recensione dell'opera di Crawford:
^ertoci tei 329
Ave Roma immortalis. - M. R., recensione dell'opera di Cantalupi;
La magistratura di Siila. - Bonino, recensione dell'opera di Colomb:
Campagne de Cesar contre Arioviste. - Capasso, recensione dell'o-
pera di NDrnberger, Papsttum und Kirchenstaat. - Rinaudo, recen-
sione dell' opera di Del Cerro : Cospirazioni romane.
Ròmische Quartalschrift. Anno 1900, fase. 1° e 2^. — Schwar-
zenski, Ein unbekanntes Bùcher- und Schatzverzeichniss des Cardinal-
bistums Porto aus dem xi. Jalirhundert (Un inventario sconosciuto
di libri e di suppellettili appartenenti al cardinal vescovo di Porto,
del secolo xi).
Theologische Quartalschrift. Anno 1900, fase. 1°. — H. Kock,
recensione dell'opera di Gigalski : Bruno von Segni (Bruno da Se-
gni). - Schanz, recensione dell'opera di Glossner : Savonarola. —
Fascicolo 2^ Punk, recensione dell'opera di Baumgarten : Die ka-
tholische Kirche, Rom (La Chiesa cattolica, Roma). — Fase. 3"
FuNK, recensione dell'opera di Stapper : Papst Johannes XXI (Papa
Giovanni XXI).
Zeitschrift fùr katholische Theologie. Anno 1900, f;isc, i"
e 2°. — N. NiLLES, Innocenz IV und die glagolitisch-slavische Li-
turgie (Innocenzo IV e la liturgia glagolitica-slava). - N. Paulus,
Zur Geschichte des Jubilàums vom Jahre 1500 (Intorno alla storia
del giubileo dell'anno 1500). - E. Michael, Papstgeschichte von
Pastor (La storia dei papi del Pastor). - L. Schaefer, recensione
dell'opera: Festschrift zum elfhundertjàrigen Jubilàum des deutschen
Camposanto in Rom (Scritti pubblicati in occasione del 1100° anni-
versario del Camposanto dei Tedeschi in Roma). - G. Allmang,
recensione dell'opera di B. M. Lersch : Einleitung in die Chronologie
(Avviamento alla cronologia). - N. Nilles, Annus ab incarnatione =
aim. a trabeatione
La fraternità dei Disciplinati di Viterho
I.
UALCHE anno fa in questo stesso Archivio vedeva
la luce uno studio sulle corporazioni d'Arte della
città di Viterbo e sui loro statuti (i), tra i quali
però, come è naturale, non trovavano posto quelli dei
Disciplinati. Capitatami la buona fortuna di scovarli nel
fondo di un armadio in una sagrestia piena di ragnateli
e di polvere, mi parve non privo di pregio spendervi su
qualche fatica, e raggrupparvi intorno quante notizie mi
fosse dato raccogliere dell'antica associazione.
È vero che la fraternità viterbese non ebbe mai, presa
da sola, grande importanza né politica, né sociale, pure
per lo studioso è già di un interesse non scarso anche
solo il poter seguire davvicino la nascita, lo sviluppo, la
decadenza di un' istituzione, specialmente quando le varie
vicende siano dipendenti dal progressivo trasformarsi del
sentimento religioso e delle condizioni sociali. L'interesse
cresce quando, come nel caso nostro, V istituzione non è
un fenomeno isolato e la sua vita non e in sé assoluta-
mente rinchiusa, ma si riallaccia più o meno direttamente
(i) r. e L TURI, L( corporaiwni dtlU Ai li nei Comune in P^iUrbo,
a. 1883, VII, I s.i^g.
Are 'litio dtlla li. Società romana di itoria patria. Voi. XXIII -2
332 7^. Egidi
da una parte con la vita della città e dall' altra con uno
stato d' animo che occupò tutta Italia, anzi gran parte
d* Europa per lungo volger d' anni, lasciando dietro di sé
conseguenze profonde e durature. Poiché non fa certo
bisogno che io rammenti quanto le compagnie dei Flagellati
abbiano influito nella costituzione o nella trasformazione
degli innumerevoli sodalizi laico-religiosi, che come una
rete a maglie fittissime avvolsero tutta la nostra società
fin quasi ai giorni nostri, portando nella sua vita econo-
mica un fattore non privo di efficacia con le loro proprietà
collettive; né che ripeta quanto altri disse magistralmente
intorno all'azione da loro esercitata nello svolgimento della
lirica popolare sacra e nella genesi della drammatica ita-
liana, nonché nella progressiva cultura dei vernacoli e dei
dialetti (i).
IL
Non mi è possibile stabilire esattamente il momento
che i Battuti comparvero a Viterbo per la prima volta.
E naturale però che la città, posta a così breve distanza dai
due centri principali di irradiazione, Perugia e Roma, non
abbia potuto a lungo sfuggire al generale commovimento.
Da Perugia a Roma la fiumana dei frustatori prese la via
umbro-sabina (Assisi, Foligno, Spoleto) lasciando in di-
(i) Basterà qui citare i due scritti del Monaci: Appunti per la
storia del teatro italiano. Uffici drammatici dei Disciplinati dell'Umbria
in Rivista di filologia romanza, I, 235 sgg, ; II, 29 sgg. ; Aneddoti per
la storia letteraria dei Laudesi, dei Disciplinati e dei Bianchi in Rendiconti
dell' Acc. dei Lincei, classe delle Scienze morali, stor. e fil. serie V,
a. 1892, voi. I, fase. 2, p. 73 sgg. e l'opera fondamentale del D'An-
cona, Origini del teatro italiano, Torino, Loescher, 1891, 2 volumi.
La bibliografia intorno ai Battuti e specialmente alle laudi e agli
statuti è abbondante e non sarebbe privo di merito il raccoglierla me-
todicamente.
La fraternità dei T)isciplinati di Viterbo 335
sparte la nostra regione : ma è più che probabile che dopo
Civita Castellana e Nepi una parte volgesse per la via Cassia,
che ivi presso si innesta, e attraversato Vetralla o Ronci-
glione giungesse a Viterbo, donde, dopo allagato tutto il
contado, corresse a fondersi col ramo umbro-toscano che
per Cortona era arrivato fino a Siena. Che a noi perve-
nisse il flusso direttamente dall' Umbria e non il riflusso da
Roma, me lo persuadono le copiose tracce umbre che si
scorgono negH statuti primitivi. È vero che essi furono stesi
in tempo più tardo e potrebbero dipendere dagli umbri anche
se il primo movimento fosse partito da Roma; ma non
è più naturale che si prendessero di là donde era venuta
la vita? (i)
Comunque si fosse, la mancanza di una memoria qual-
siasi (2) ci è testimonio che in Viterbo non dovette esser
grande la intensità della agitazione disciplinata. Né po-
teva essere altrimenti. Quel selvaggio misticismo poca
presa era atto a fare sugH animi dei Viterbesi, u in tutt*altre
« faccende affaccendati ». Appena pochi anni prima usciti
da una «[uerra che li aveva condotti all' orlo della rovina
completa, essi si trovavano in un periodo di balda opero-
sità, come se il pericolo cui erano scampati avesse loro
data una nuova gioventù. Con un' attività che non trova
confronti nei tempi posteriori, riparavano ai danni che le
guerre e 1' assedio di Federico II (momento più epico del
Comune) avevano arrecato; restauravano le mura; pro-
fondevano nella città signorilmente palazzi, fontane, chiese
(1) Anche quando le confraternite viterbesi si riunirono alla ro«
mana (sec. xvi), non si fece alcun cenno ad antiche relazioni. V. in
seguito.
(2) I cronisti non ne fanno pur un cenno; cosa naturale se si
pensi che quello del secolo xni (Lanzillotto) narrò sino al 1255,
quelli del xiv vissero nella seconda metà del secolo. Essi ci dettero
notizie della venuta dei Bianchi, ma non s' accorsero, nò era facile,
della parentela che correva tra questi e i Battuti.
334 *?• Egidi
che anche oggi ne attestano la vigoria, la pietà, il severo
sentimento artistico; colle armi o coi trattati riafferma-
vano r egemonia su gran parte del Patrimonio e, proprio
negli anni che i Battuti andavano predicando la penitenza
e il distacco dai beni terreni, s' adoperavano a tutt'uomo
per rapire alla città eterna la sedia di Pietro e posarla
stabilmente in mezzo a loro (i). Avrebbero potuto mai
essere numerosi coloro che, vestito il sacco, scalzi e pian-
genti, fossero andati frustandosi a sangue le spalle, in una
città tutta intesa a sfruttare la miniera d* oro apertasele in
seno colla venuta della corte pontificia ? Troppo erano
volti gli animi ad ottener privilegi, a fittar case e palazzi,
a nutrir cardinali, a spennacchiar cortigiani, perchè potes-
sero esser sensibili al grido doloroso che aveva fatto cor-
rere un brivido di terrore per tutta T ItaHa (2).
Papa Alessandro IV, venuto in Viterbo nel maggio
del 1257, ^'^ s^ trattenne sino ai primi del 1259 (3). Vi
dimorava dunque quando dietro a Ranieri Faxano trassero
gli esaltati Perugini, e probabilmente quando 1' onda dei
Battuti giunse nella città. A chi ricordi come tra le principali
cause della distruzione del mondo decretata da Cristo, per
scongiurar la quale era sorta la devozione della « scopa »,
era indicato il malcostume del clero, e come tra le dot-
trine rimproverate ai Disciplinati era appunto la ribellione
alla gerarchia, tanto da procurare loro un' espHcita con-
(i) Sull'operosità dei Viterbesi in questo cinquantennio vedi
il voi. II della Storia di Viterbo di C. Pinzi (Roma, tip. della Ca-
mera, 1889). Su quella del ventennio 1250- 1270 vedi specialmente
lib. V, cap. Ili (pp. 37-55, attività politica), lib. VI, cap. i (pp. 131-
155, attività edilizia). Quanto alla dimora dei pontefici si ricordi che
furono eletti in Viterbo durante questo periodo cinque papi e ve ne
morirono quattro e che, tra gli altri, a lungo vi dimorò Clemente IV
nel tempo che Carlo d'Angiò compiva l'impresa di Napoli.
(2) I fitti « toto tempore quo papa stabit, debeant adraduplare »
dicono le carte di quel tempo ; op. cit. p. 59.
(3) Pinzi, op. cit. II, 62 e 73.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo ^i^
danna dal papa(i), non parrà dubbio che la presenza della
Curia dovesse ammorzare lo spirito di penitenza, e che
r interesse proprio dovesse spingere il Comune a limitarlo
più che fosse possibile, in modo da mostrare ad Alessandro
di essere alieno da poco ortodosse agitazioni e degno di
accogliere il vicario di Cristo.
La più antica notizia dei Disciplinati viterbesi ci viene
data dagli statuti volgari conservati nell' archivio della con-
fraternita di S. M. Maddalena. Essi ci dicono che la « fra-
« ternitade fune comengata in anno Domini .m.ccc.xv.
« indictione ter^^a decima » (2). La attendibilità della fonte
è indiscutibile, poiché questi statuti furono stesi certa-
mente prima del 1345, anno in cui vennero approvati da
Aliotto di Narni, vicario generale per gli affari spirituali
di Bernardo da Lacu vescovo di Viterbo e rettore del
Patrimonio (3). Questa data non è in contraddizione se
non apparente con la mia opinione intorno alla comparsa
dei Battuti in Viterbo alla metà del secolo xiii; essa deve
riferirsi solamente, come dice anche la lettera dello sta-
tuto, al costituirsi della compagnia, non al primo inizio
della devozione, cose che quasi mai andarono insieme (4).
(i) Raymald. Ann. Eccl. n. 1260, ed. Manzi, III, 57.
(2) Arch. S. M. Madd. Statuto 7, e. i. Per maggiore speditezza
indicheremo d'ora innanzi questo statuto colla lettera A.
(3) Statuto A, e. XV B, 22 ottobre 1345, notaio « Johannes filius
a quondam Gerii de Florentia ». V. App. n. 11.
(4) Non è a dubitare che la compagnia stabile sia uno stadio
ulteriore del movimento battuto. Da principio le unioni erano tem-
poranee (53 giorni di solito) e tumultuarie, non regolate da alcun
dettame ben definito, solo vincolate dal comune desiderio di peni-
tenza. Solo quando questo si affievolì e agitò un più ristretto numero
di persone, poterono sorgere le regolari associazioni con norme fìsse.
Non c' debbono trarre in inganno le date attribuite agli statuti di
Maddaloni (E. Monaci, Crestomazia italiana dei primi secoli con pro-
spetto delle flessioni iframmaticali e glossario^ Città di Castello, Lapi, 1897,
II, 420-24, n. 138) e di Bologna (A. Gaudenzi, Le Società del popolo
3s6 T. E oidi
Contraddittoria sarebbe invece un'altra notizia consacrata
in una lapide marmorea infissa nella parete a destra di
chi entra nella chiesa di S. Maria Maddalena. Eccone il
tenore :
D. O. M. I CONFRATERNITAS DISCIPLINATORUM | S. MARIAE
MAGDALENAE VITERBIEN. | ORTUM HABUIT ANNO SALUT.
1345 I TEMPLUM S. M. AD HEDERAM AERE | PROPRIO
STRUXIT ET EXPLEVIT | AGGREGATA EST PIAE AC VENE-
RABILI I ARCHICONFRATERNITATI | S. SUDARI D. N. lESU
CRISTI I DE URBE | A. D. 1619.
U iscrizione è di epoca così vicina a noi e cosi lon-
tana invece dal fatto cui accenna, che sol per questo la
sua testimonianza, di fronte a quella dello statuto, è di
valore lievissimo. Diventa poi assolutamente inattendibile
se si badi che, probabilmente (io direi certamente), prende
origine da una falsa lettura degli stessi statati. Di questi
la prima pagina e specialmente la linea che contiene la
data 13 15, per il diuturno contatto di mani spesso non
troppo nette, è di lettura assai difficile anche a chi abbia
certa familiarità colle vecchie carte : nitidissima è invece
la cifra 1345, ^^^^ ddh conferma già indicata. Ben natu-
ralmente da chi non seppe leggere la prima cifra, questa
ultima fu presa per la data di costituzione della fraternità,
tanto che anche in marcine del manoscritto sta seo:nato :
di Boìo^ìia, II, 432-56, in Fonti per la storia d' Italia edite a cura
dell' Ist. Stor. It ). Del primo è assurda la data 11 50 che una mano
posteriore vi ha segnato a tergo e sebbene abbia l' aspetto di uno
statuto primitivo non si hanno elementi per stabilirne con approssi-
mazione r epoca di fattura. Del secondo solo si può dire che era
formato nel 1286, in cui fu confermato dal vescovo, ma sebbene nel
proemio porti la data 1260 tempore generalis devotionis^ pure eviden-
temente nella forma in cui ci è giunto, non può essere che il risul-
tato di parecchie elaborazioni, poiché presenta tra le varie parti no-
tevoli contraddizioni (cf. ì capp. i, 38 e 39; 23 e 36).
La fraternità dei T)isciplinati di Viterbo 537
« fu principiata la nostra compagnia di S. xMaria Madda-
« lena 1345 » (i).
Di maggiore gravità sarebbe invece la contraddizione
con la notizia di un acquisto di terre fatto dalla società
dei Disciplinati nell'anno 1300, testimoniato da una carta
coeva, la quale avrebbe esistito nella « Credentia Hospitalis»
dell' archivio segreto municipale di Viterbo (2) ancora
nel i8^r, a quanto ci assicura un manoscritto anonimo di
quest'anno (3). Ma in detto archivio non esiste più alcuna
« Credentia Hospitalis ». Tutte le carte riguardanti l'ospe-
dale nel 1880 furono estratte dall'archivio Comunale e im-
messe in quello particolare dello Spedai Grande, allora
divenuto autonomo. Le più antiche di queste carte sono
raccolte in due regesti de' quali l'uno comincia con un atto
del 28 febbraio 1400 {Margarita Hospitalis), l'altro con un
atto del 1378 (4); sicché è inutile cercarvi la cartaio que-
stione. Potrebbe pensarsi che essa andasse perduta negli anni
intermedi tra il momento in cui 1' anonimo scrisse (1861)
e quello che i documenti cambiarono di sede. Però di
fronte ad una notizia cosi recisa come quella dello sta-
tuto, registrata a cosi breve distanza dall' avvenimento,
propendo piuttosto a credere in un errore di lettura e ri-
tengo ferma la data 13 15 fino a convincente prova con-
traria (5).
(1) St. A, e. XV A.
(2) Tomo I, lett. A, n. 2.
(3) Risposta ai quesiti della sacra visita dell' a. 1S61, nell'archivio
della confr. del Gonfalone di Viterbo.
(4) Q.ueste notizie ebbi da una gentilissima lettera del cav. Ce-
sare Pinzi, bibliotecario della Comunale viterbese, nel gennaio 1899.
Neir agosto poi ebbi modo di controllarle personalmente e frugai
nei due volumi, sperando che, come succede talvolta, i documenti non
fossero disposti dentro di essi in ordine cronologico : ma senza ri-
sultato.
(5) Nella stessa Risposta cit. e detto che della confraternita di-
sciplinata si parla in un Compendio della storia delle confraternite viter-
3.38 T, Egidi
Facilmente il ravvivamento del moto disciplinato av-
venuto intorno al 1310 (i) ebbe eco anche tra noi, rinno-
vando negli animi dei vecchi le memorie di mezzo secolo
prima, ispirando nei giovani i fervori cui eran preparati
dalle parole dei genitori, e la « fraternità dei Disciplinati e
(( degli Accomandati » di Gesù Cristo fu costituita; a meno
che non voglia pensarsi alla preesistenza di piccole cap-
pelle di Battuti che nel 15 si unissero in un sol corpo.
Certo la compagnia viveva già prima del 1334 e se in
quest* anno dalla predicazione di Venturino da Bergamo
potè avere spinta a maggiore incremento, non ne ebbe
certo la nascita (2).
Noi non sappiamo se in Viterbo a quelle dei Battuti
preesistessero le unioni dei Laudesi che altrove appaiono
ìiesi da un' antica cronaca di casa Sacchi, conservata nell' arch. della
Cattedrale. Anche questo compendio, strana fatalità, è scomparso, o
almeno non mi è stato possibile rintracciarlo ad onta di lunghe e
pazienti ricerche fatte con 1' aiuto del canonico D. Giacomo Bevi-
lacqua, archivista.
(i) D'Ancona, op. cìt. p. 109; Coen, 1 Capitoli della compagnia
del Crocione di Pisa composti nel secolo xiv, Pisa, Mariotti. 1895, p. 4 sg.
(2) Così pensò il Pinzi, Gli Ospi:(i medievali e V Ospedal Grande
di Viterbo, Viterbo, Monarchi, 1893, pp. 121-23; Storia Scc, Viterbo,
Agnesotti, 1899, -^^^j '^7* ^^" poteva essere facile avere altro pen-
siero quando il documento più antico che parlasse dei Disciplinati
risaliva al 1337 (un tale Pacefuglolia (?) dona « tres libras papari-
« norum » all'ospedale della Disciplina; arch. Notar. Vit. prot. IV
di Pietro Amadei da Vit. « die .xxi. aug. »).
Un altro argomento ci porta pure a ritenere che la constitu-
zione della fraternità si debba fissare se non al 13 15 almeno in quel
torno. Tra le preghiere conservateci in un officio de' Disciplinati della
seconda metà del sec. xiv, ve ne è una per l'anima di « missere
« Agnilo e missere Nicola... ovescovi di Viterbo capo et guida di
« questa sancta et benedecta fraternitade » (arch. S. M. M. St. B,
p. 9). Ora Angelo, che è il più antico dei due, sedette dal 13 18
al 1343 e già nel 1326 aveva consecrata una cappella di « ricoman-
« dati » della B. V. M. in Santa Maria Maggiore di Roma (Ms. del-
l'Episcop. Viterh. arch. Catt. Vit. p. 72).
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 339
già nel secolo xn e che debbono avere influito molto sulla
costituzione delle nuove società, prestando loro esemplari
di regole da imitare, come prima avevano prestato lau-
dari (i); certo non mancavano confraternite laico-religiose.
Abbiamo sicura conoscenza di una tra queste, la fraternità
(( hospitale de valle S. Leonardi » (o « S. Leonardi deValle»)
da una carta della metà del secolo xii che ci conserva le
linee principali de' suoi statuti, dalle quali ci è dato rico-
noscere che essa aveva gli speciali caratteri delle posteriori
confraternite e cioè la contribuzione pecuniaria dei soci,
r impiego del denaro nelle funzioni religiose e nell'assi-
stenza mutua, la sepoltura comune, il riconoscimento di
una gerarchia, e soprattutto il rispetto per 1' autorità del-
l'ordinario e il diritto di possedere (2). Cosi viene a con-
fermarsi una volta di più che confraternite, anche nel senso
ristretto che noi ora diamo alla parola, esistevano prima
del movimento flagellato (3), e che anzi questo da
quelle subì non lieve influenza, riuscendo poi alla sua
volta a trasformarle e modificarle. Sodalizi noi troviamo
sino ne' più alti tempi del medio evo. Arduo sarebbe af-
fermare la dipendenza loro dai sodalizi pagani, o, come
altri volle, dai collegi funeratici del primitivo cristiane-
simo (4), sebbene vi siano indizi che ci spingano in tale
opinione. Per mio conto si deve pensare delle fratellanze
(i) E. Betta/./i, Xotirja d' un ìuiidario </,/ xiii secolo, Arezzo,
Bellotti, 1890.
I2) Ardi. Catt. Vit. perg. 7 a. Fu pubblicata dal Pinzi, 0.t/>/^/ ^c.
Append. n. i : credo però opportuno riportarla in Appendice, essen-
domi riuscito ,1 IcL'L^crne parecchie parole di più e a correggere la
lettura di ali probabile esistenza di una confraternita di bi
folcili viterbesi cu ,, u medesimo temim, vedi p. 386.
(5) W Murai Oli, //;////. //,;/. tu. .ir. \'ll, diss. 75 ; E. Bettazzi,
op. cit. ; I{. Monaci, Cicionurjn iialunu, n. 146, p. 450, fase. II.
(\) ('.. CoiN, op. ci;, pp. ?]-2-j. Hgli aflferma che collegi fu-
: levali '( ebbero vita unicamente dal sen-
340 ^P. Egìdi
pie, quello che delle corporazioni artiere e di ogni altra
associazione. Lo spirito corporativo è inerente ad un dato
grado di civiltà. Il legame da cui la corporazione è stretta
varia col variare de' tempi, delle religioni, dello stato eco-
nomico, politico, sociale: una continuità ininterrotta a tra-
verso delle trasformazioni così profonde che subì la società
nel passaggio dal paganesimo al cristianesimo, dalla civiltà
romana alla cristiano-germanica, non è possibile pur ima-
ginarla; ma come ogni stagione ha i suoi frutti, cosi ogni
secolo ebbe le sue associazioni. Alcune di esse nacquero
dal trasformarsi delle antiche, tenute in vita da speciali
condizioni ; la maggior parte cambiando indole e aspetto
sorsero sulle ceneri delle prime, morte quando non rispon-
devano più ai bisogni dei tempi (i).
L' epoca di redazione dello statuto più antico che ci
rimanga, è compresa tra l'anno 1345 (conferma di Allotto
vicario) e il 13 15 (in cui « fune comencata la frater-
« nita ») (2). Non voglio tentare di stabilire termini più
precisi: sono però d'opinione che non ci si debba allon-
tanar troppo dalla data più antica, sia in vista della forma
(i) Cf. A. Gaudenzi, Statuti delle Soc. del popolo di Bologna, II,
Pref. pp. viii-xii.
(2) Neil' ardi, della confr. di S. M. Maddalena sono conservati
tre .statuti dei Disciplinati, i^ Questo, anteriore al 1345. Pergam.
mm. 230 X 1)5» in gotico librario del sec, xiv di bella forma; ini-
ziali e rubriche in rosso. È composto di due quaderni: la pagina
scritta è mm. 160 X 95 meno la prima che è mm. 150 X 95- Ogni
pagina ha ventiquattro righe meno la 28 che ne ha ventidue e la 29
con venticinque, però in queste la vecchia scrittura è stata raschiata
(eccetto che nelle ultime cinque linee della 29) e sopra è stato ri-
scritto. Le regole terminano a e. 1 5 ; a e. 1 5 b sta la conferma di Aliotte
indicata: manca la e. 16. Chiameremo questo statuto: St. A. —
2° Statuto compilato nell' a. 1355 : lo chiameremo: St B, — 3° Sta-
tuto del 1482 con correzioni ed aggiunte posteriori. Lo diremo: St. C.
Di B e C parleremo più ampiamente in seguito. Spero di poter pub-
blicare presto A per intero, di B e di C quelle parti che con A pre-
sentino divari interessanti.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 341
di scrittura, sia perchè, mentre nel 1345 i Disciplinati pos-
sedevano due ospedali, quello di S. Apollonia e quello
della Carità (i), negli statuti è ricordato solo il primo (2).
Questo silenzio fa escludere anche la facile ipotesi che i
capitoli fossero compilati nel primo quarto del secolo de-
cimoquarto, ma che la copia giunta a noi fosse del 1345,
espressamente distesa per esser sottoposta alla approvazione
episcopale. Certo che, così come ci sono giunti, i trentotto
capitoli presentano 1 caratteri tutti di un abbozzo di sta-
tuto, se non uscito di getto dalle mani dell' artefice, al-
meno ben poco limato e perfetto. Una contraddizione,
forse solo apparente, tra V art. xxx[ e il xxxv, de' quali il
primo permette che gli officiali di una cappella si possano
scegliere tra i membri di ogni altra, mentre il secondo
ordina che il governatore sia sempre di un' altra cappella,
ci fa escludere che questa sia proprio la primissima forma
che ebbero.
Ma del resto vi si trovano la indeterminatezza delle
espressioni, la poco esatta concordanza delle rubriche
colle disposizioni cui sono premesse, V arruffìo della ma-
teria, che sono propri di un primo tentativo non ela-
borato ne limato e che scompaiono negli statuti poste-
riori. Poi mentre questi da se stessi si dicono correzioni
e revisioni di regole anteriori (3), quello non ha alcun
accenno ad esemplari tenuti avanti agli occhi, anzi colle
parole del suo prologo dà ad intendere di essere senza
precedenti (4).
(i) Arch. Catt. Vit. voi. V, pcrg. 451, 15 agosto 1545, di cui
più tardi.
(2) St. A, cnpp. VII e XXXVII.
(]) St. R, e. II ii : « Quc?;te sonno l'ordinamento della fr;itcriiita
" dei Disciplinati di Viterbo (acti et corrccti per lo rc\-ereiid() pa-
, ' ^ , ì :■'.■: ; ,, • , l i
. i:verenao p.ww i.\c ».
, ,/ Si. A, e, i; u .Ad huiiorc et rcverciuia del nostro signore
342 *?. Egidi
L'esemplare che ci è giunto fu steso in servigio della
cappella di S. Lorenzo (i), che, come vedremo, aveva un
certo predominio sulle altre, come quella che aveva sua sede
nella chiesa episcopale: però dal contesto si scorge chiaris-
simo che doveva servire a tutta l' intiera fraternità, essen-
dovi racchiuse, oltre le disposizioni particolari per ciascuna
cappella, quelle generali per tutte.
L' associazione prendeva il nome di « Fraternitade dela
« Disciplina e del' Aricomandati di leshu Christo croci-
« fixo », ed era istituita ad onore di Dio, de' santi e della
Chiesa romana, nonché alla pace, riposo e buono stato di
Viterbo e del contado. Essa era divisa in un numero illi-
mitato di cappelle (talvolta dette luochi e compa^nie^ (2)
che prendevano nome dalla chiesa o dal luogo in cui si
radunavano a hr penitenza. Il vescovo era il padre e pro-
tettore naturale (prologo); per la sua approvazione i ca-
pìtoli diventavano legge, né potevano mutarsi se quella
mancasse (cap. xxxiii). A capo della intiera fraternità si
trovava un generale, eletto in settembre il giorno di
santa Croce dai governatori delle varie cappelle che eleg-
gono anche quattro visitatori. Il generale, che è pure go-
« leshu Christo crocifixo e dela sua matre vergene Maria e dì misere
« sancto Lorenco, di tucti li santi e le saticte di Dio. Et ad honore
« e reverentia de la santa matre Ecclesia di Roma. Et a pace e ri-
« poso e buonu stato de la cita di Viterbu e del suo contadu, e di
« tucta r altra cristenitade. Et a salute e consolatione dell' anime de
« tutti chiloro chi sonno e sseranno della fraternitade dela Disciplina
« e del' Aricomandati de leshu Christo crocifixo. Q.ueste sonno li
« capituli e r ordinamenta di quelli che sonno e sseranno per inaci
« dela fraternitade de Viterbo &c. ».
(i) St. A, e. i: « Questi sono le capitula e le costitutioni de li
« Disciplinati dela cappella di Sancto Lorenco di Viterbo ».
(2) Da un documento del 1345, di cui v, p. 356, pare che vi
fosse distinzione tra cappelle e luoghi. Difatti col primo nome sono
indicate le compagnie residenti in chiese, e col secondo quelle in
ospedali.
La fraternità dei 'Disciplinati di Viterbo 345
vernatore della cappella di S. Lorenzo (i), si presenta in-
sieme coi quattro al vescovo o al suo vicario per la ra-
tifica della elezione : se la ottiene, dura in carica per un
anno, rinnovando a suo arbitrio ogni tre mesi i quattro
visitatori che formano il suo consiglio. I suoi poteri sono
estesi: dietro inchiesta dei visitatori e loro parere favore-
vole, può cambiare o punire il rettore dell' ospedale o qua-
lunque ufficiale delle cappelle (cap. xxxviii). Avuti per
iscrìtto i nomi dei postulanti, li comunica ai visitatori
perchè inquisiscano sui loro costumi; udito il loro referto,
concede o nega l'ammissione nelle varie cappelle (cap. iv).
Egualmente a lui è riservata la facoltà di concedere o no,
sentito sempre il parere de* visitatori, la riammissione di
un fratello cacciato (cap. xviii). Ha diritto di sindacato
sui governatori delle singole cappelle e se trova chi non
faccia osservare i capitoli, può escluderlo dalla compagnia
anche per un anno (cap. i). Insieme coi visitatori fissa la
quota pecuniaria che ciascuna cappella deve versare al ca-
merlengo generale (cap. vii). Risiede nella cappella di S. Lo-
renzo, può però esser scelto tra i fratelli di ogni altra, pur-
ché la cappella donde è tratto si scelga il governatore tra
i fratelli di quella di S. Lorenzo (cap. xxxix).
Intorno al generale, come suoi consiglieri, stanno i
quattro visitatori. Cambiano ogni trimestre; pel primo
d'ogni anno sono eletti dall'assemblea dei governatori in-
sieme col generale, per gli altri tre da quest'ultimo col con-
senso del vescovo; possono esser tratti da ogni cappella:
uno però deve essere sempre di quella di S. Lorenzo
(cap. xxxviii). Danno il loro parere intorno all'ammissione
de* fratelli nuovi (cap. iv) e alla riammissione dei cacciati,
(i) Questo non ci appare dagli statuti ma dal predetto doc.
del 1545 in cui un certo «Andreas magistri Blasii » ò « generalis
« totius societatis discipline et disciplinatorum de Viterbio videlicet
« gubernator disciplinantium discipline cathedralis ecclesie Vitcrbii
« sub qua consistunt &c. ».
344 "P- ^8^^^
dopo inquisito sui loro costumi (cap. xviii): almeno ogni
settimana visitano l'ospedale ; sorvegliano che ne* luoghi
si osservino i capitoli: di tutto fanno relazione al generale
e con lui prendono i provvedimenti necessari contro gli
ufficiali e i fratelli (cap. xxxviii).
Il camerlengo generale sopraintende airamministrazione
dei denari della fraternità. Non si dice da chi sia eletto. Ri-
ceve dai camerlenghi delle cappelle le quote fissate dal ge-
nerale e dai quattro visitatori, nonché tutte le multe pagate
dai fratelli e le spende a prò dell'ospedale (cap. vii).
Questi gli ufficiali che presiedono all'intiera fraternità.
Nelle singole compagnie poi i fratelli eleggono a scrutinio
segreto un governatore e un camerlengo, ì quali si scelgono
quattro consiglieri o discreti (capp. i e ii) detti anche uffi-
ciali, che durano in carica tre mesi, non possono esser
rieletti se non dopo sei (capp. ii, xxi) e sono presi da qua-
lunque cappella (capp. x e xxi).
Il governatore (una volta è detto anche priore, cap. vi)
deve essere scelto tra gli appartenenti ad un'altra cappella
(cap. xxxv), con l'avvertenza la quale già indicammo, cioè
che la cappella donde fu tratto il generale, lo scelga tra i
fratelli di S. Lorenzo (cap. xxxix). Larghi erano i poteri
e grandi le responsabilità del governatore. Badava all'osser-
vanza degli statuti e all'amministrazione e ne era garante,
sì che, sottoposto a sindacato dal generale e trovato in fallo,
poteva esser costretto a rifare il danno che la cappella avesse
sofferto per sua colpa ed anche esser sospeso dalla comu-
nione dei fratelli per un anno (cap. i). Insieme col camer-
lengo sceglie i quattro discreti (cap. ii) e in compagnia del
nuovo governatore e di alcuni fratelli scelti da questo, sin-
daca, terminato il suo officio, il camerlengo che gli fu com-
pagno (cap. xvii). Ha il dovere di pensare alle funzioni
religiose del suo luogo: di fiir dire le trenta messe desti-
nate al suffragio di ogni fratello defunto (cap. xii), di sta-
bilirne co' discreti le luminarie e l'officio (cap. xiii e xiv), di
La fraternità dei T)ìsciplinati di Viterbo 345
rendere avvisati i fratelli e di queste cerimonie e di quelle
che si celebrano l'S novembre pure in suffragio dei morti, e
una volta il mese in onore della Croce (cap. xiv), punendo
chi manchi (cap. xix). Fa la lavanda de' piedi il Giovedì
santo (cap. xxii). Insieme col confessore cerca se i fratelli si
siano accostati al confessionale almeno una volta nel mese,
e alla mensa eucaristica almeno quattro volte neiranno:
espelle per un anno chi non lo fece, salvo non avesse le-
gittima ragione (cap. v). Pure in unione del confessore ri-
ceve delazioni segrete intorno ai costumi dei fratelli, se
bestemmino, se giuochino, se frequentino case disoneste,
e ammoniti i peccatori tre volte vanamente, li espelle
(cap. III).
Ha la direzione della disciplma: fissa i luoghi da toc-
care nelle due processioni annuali (giorno delle Ceneri e
Venerdì santo) (cap. xxx). Punisce chi non si rechi alla
cappella ogni venerdì o negli altri giorni fissati per la peni-
tenza (cap. xvi), chi parli con estranei delle cose della frater-
nità o introduca alcuno nelluogo della disciplina o nella cap-
pella (cap. vi) e chi presti la sua veste ad estranei o senza
suo permesso indossi quella di altro fratello, o adoperatala
con la licenza, poi non la riponga (cap. xxviii). La sua au-
torità è limitata in parte da disposizioni dello statuto, in
parte dalle attribuzioni del generale. Per esempio, come
non è permesso ad alcuno di frustarsi senza sua licenza,
così è a lui proibito di ordinare per penitenza che si fru-
stino in pubblico (cap. xxvi). Quando espelle qualcuno
deve mandarne avviso al generale che lo segna nell* appo-
sito libro (cap. xxxvi). Il generale ha il diritto di sinda-
carne quando che voglia l'operato e punirlo come meglio
gli sembri opportuno. Terminato l'ufficio, il governatore
rientra nella sua cappella, lasciando per iscritto notizia dei
provvedimenti disciplinari che aveva intenzione ma non
potè applicare, affinchè il successore li ponga in atto (ca-
pitolo xxxv).
34^ "P- Egìdi
Amministratore della cappella è il camerlerif^Oy nominato,
come vedemmo, dai fratelli a scrutinio segreto in una col
governatore (cap. i); sceglie con questo i quattro discreti
(cap. Il), sta in ufficio come gli altri per tre mesi con va-
cazione di sei (cap. xxxi). A lui erano versate le quote
trimestrali dei fratelli (cap. vii), le offerte volontarie e le
multe imposte dal governatore a chi contravveniva ai ca-
pitoli; queste ultime consegnava per intero al camerlengo
generale perchè le erogasse a prò dell' ospedale, insieme
con quella parte delle entrate ordinarie che era stabilita
dal generale e dai visitatori. Del rimanente si sovvenivano
i poveri della cappella o si spendeva in messe e lumina-
rie. Compiuti i tre mesi egli presentava al sindacato del
governatore vecchio, del neoeletto e di alcuni fratelli, da
questo deputati, il libro dei conti (capp, xvii e vii).
Come il generale aveva il consiglio de* quattro visi-
tatori, così a fianco del governatore e del camerlengo si
trovavano i quattro discreti, scelti tra « quelli che a loro
« miglori parranno )> (cap. i), senza badare se apparten-
gano ad altra cappella (cap. xxxii). De' loro consigli il
governatore si deve valere in ogni bisogna della compa-
gnia, specialmente nel determinare i luoghi da toccarsi nelle
processioni di disciplina (cap. xxx), le limosine da elar-
gire ai fratelli poveri ed infermi (cap. xxxviii), e le lumi-
narie da accendersi in occasione delle funzioni religiose
(cap. xiv).
Ogni cappella è suddivisa in decine, guidate ciascuna
da un capodece, perchè più facile e spedito riesca riunirsi
ad ogni comando del governatore. Al capodece ricorrono
i malati della decuria ed egli pensa a darne notizia al
governatore, perchè li visiti e provveda ai loro bisogni
(cap. xxxvii).
Un certo velame di segreto avvolgeva la fraternità e
i suoi membri. Gli statuti prescrivevano « che ciaschuno
a de la fraternitade per fugiare vana gloria, non deia più-
La fraternità dei 'Disciplinati di Viterbo 347
a bicare la lora peneten^a, né di quelli de la fraternitade.
« Et nigunu po(;a, né deia menare alcuna persona Chirico
« o laico ne la cappella de la fraternitade oi ine loco de
«la disciplina». Anzi chi sapeva che altri fosse caduto
in queste colpe aveva obbligo di riferirne al governatore
(cap. vi). Non so comprendere la ragione di questo na-
scondersi, se non si voglia credere ciecamente a quell'evan-
gelico desiderio di fuggir la vanità; e pure parve tanto im-
portante al legislatore il mantenerlo, che imponeva ai
fratelli di scambiarsi in presenza di estranei le parole di sa-
luto: «Laudato sia leshu Cristo crocifixo: Laudato sia
« et benedecto », « cosi discretamente che persona non
« l'oia » ; che se vi fosse timore di questo, bastava accen-
nare col capo (cap. ix). Che più ? si doveva fingere di non
esser fratelli, anche quando si era « adimandati da alcuno
« uomo che volesse entrare » e si doveva rispondere solo,
« che esso [fratello] ci vole entra co lui » ; e nell'atto della
vestizione si faceva giurare al novizio di « tenere silenzio
« di sie e di tutti quelli della fraternitade » (cap. iv). Pen-
sai dapprima che questo affanno di mistero potesse essere
un resto del bisogno di nascondersi che i Disciplinati aves-
sero potuto provare nell' inizio del movimento, quando a
Viterbo si sapeano in non buona vista presso e Comune
e Curia. E per quel che riguarda il Comune, confermava
l'idea mia il trovare negli statuti del 1251 proibita la ere-
zione di ogni società, « exceptis societatibus et compagniis
« Artium civitatis que sunt vel esscnt de mandato et volun-
« tate balivi communis et iudicis et Artium », ed anzi or-
dinata la distruzione di quante altresì trovassero esistenti (i).
Ma perchè conservarlo adesso che il vescovo approvava
gli statuti? perché, specialmente, conservarlo nello statuto
del 1355 a compilare il quale concorre il vescovo stesso
(i) Ciampi, StalutOy art. 230 Jclla terza sezione: De compn
gniis in Viterbio concedendis.
Archivio dflla R. Società romana di itoria patria Voi. XXIII. 23
3'48 T. Egidi
e nel quale T autorità episcopale è così assoluta che non
si può ammettere alcun nuovo fratello senza permesso
dell'ordinario, pena la scomunica (cap. iii) ? perchè la
stessa disposizione si riscontra negli statuti di altre città,
in condizione tutta differente di Viterbo ?(i) Eppure non
so capacitarmi che essa sia dettata da puro spirito di umiltà
evangelica (2).
Le pratiche e le formalità dell' ammissione non erano
né brevi né semplici. Il nome del postulante era mandato
per iscritto al generale. Questi lo rendeva noto ai visita-
tori, che inquisivano sulla sua condizione e sui costumi,
e facevano rapporto. Se questo era favorevole, il generale
(1) Lo statuto della fraternità di Maddaloni, già citato, nel cap. 11
impone che non si dica quel che si vede nella casa. Quello di Siena
dell'anno 1295 ordina «di tenere segreti i fatti della compagnia»
(cap. xii) e quello del 1399 che «chi rivela i segreti, sia cacciato»
(cap. Ili), Capitoli della compagnia dei Disciplinati di Siena de' secoli xiii,
XIV, XV, restituiti alla vera legione con l'aiuto degli antichi manoscritti da
LuciAKO Banchi, Siena, Gatti, 1886. Quello di Pisa dispone che la
disciplina si faccia «sì discretamente che chi fae la disciplina non
« sia cognosciuto dalli altri » (cap vi), Coen, op. cit. p. viii. Quello
di Palermo: « chascuno di kista cumpangnia sia tinuto di non revi-
«lari ni a ssi ne ad altru di la cumpagnia, ne nulla cosa ki si parli
« intra la cumpagnia ad alcuno ki fussi fora di la cumpangnia recu-
« lari » (cap. iv), G. De Gregorio, Capitoli della prima compagnia di
Disciplina di S. Nicolò a Palermo del sec. xiv in volgare siciliano, Pa-
lermo, Clausen, 1891, p. 22. Quello di Perugia del 1375: «i statute
« de fuore non se sacciano, quando se receve alcuno degga giurare
«credenza» (e. 25), G. Mazzatinti, Costituiioni dei Disciplinati di
S. Andrea di Perugia, Forlì, Bordandini, 1893, p. xiii.
(2) Anche alcune delle confraternite posteriori imposero ai fra-
telli questo silenzio. Così in uno statuto della confr. del SS. Sacra-
mento in Girgenti, steso nel 1567, si ordina che non si parli della
compagnia essendo « cosa che porta pregiudizio ed arreca gravissimo
« scandalo alla stessa » (arch. della Congregaz. di carità). In un
altro statuto anche più recente si fa distinzione tra le congregazioni
che allora sorgevano (1777) e quelle « scerete ed antiche » (Stai,
della confr. di S. M. degli Angioli di Girgenti, ibid.).
La fr attimi la dei disciplinati di Viterbo 349
dava licenza che si ammettesse nella cappella richiesta, e
comunicava questa decisione al governatore e al catecu-
meno. Questi è affidato allora alle cure del confessore che
deve confessarlo o assicurarsi che sia confessato, e cura
che abbia il cingolo, la frusta e la veste o che almeno
abbia già versato al sarto il denaro necessario. Venuto il
momento della vestizione, il postulante si spoglia di tutto,
meno la camicia, dinanzi all'altare; il confessore gli do-
manda, se è ben confessato, se segua la dottrina cattolica
secondo la Chiesa di Roma, se conviva con donna alcuna,
e avute risposte soddisfacenti, gli fa promettere di obbe-
dire in tutto ai capitoli, al governatore, al generale; di
mantenere il segreto; di farsi seppeUire colla veste. S'egli
annuisce, il prete benedice la veste, la corda, la frusta e
il nuovo fratello, abbigliatosi, fa un'offerta di mezza libra
di cera o del valsente, mentre gli altri cantano il Veni
Creator spiritus. Assolutamente proibito di accettare gio-
vani inferiori ai venti anni, o chi presti ad usura, o chi
<( fusse d'altra mala usan(;a » (cap. iv).
Così divenuto fratello egli è per intiero sotto 1' autorità
degli officiaU cui ha giurato obbedienza. Non gli è pur
permesso di censurare gli atti loro, solo può ricordare
■quanto gli sembri opportuno pel bene della compagnia.
Chi non obbedisca, è cacciato, a meno che non chiegga
misericordia entro otto giorni (cap. xx). Che se la disob-.
bedienza è contro i capitoli, verrà punita a libito del go-
vernatore e del confessore (cap. xxiu), salvo il caso che
sia provata la ignoranza o la « sciempicitadc)) del colpe-
vole (cap. xxxii). Gli obblighi finanziari verso l'associa-
zione si restringono ad una tassa trimestrale di due soldi
da versarsi al camerlengo (cap. x\ii). Xinnerosi invece
sono gli obblighi che hanno tra loro i Iratelli. Il più per-
fetto accordo deve regnare: se v'ha qualche lite, il gover-
natore l'accheti ed espella chi non voglia mantener c]uclla
pace (cap. xvii) che a tutti ha giurata col bacio dato a
330 T. Egidi
lui stesso nel momento della vestizione (cap. iv). Chi
sappia che alcuno è malato, se è della propria decina, av-
verte il capodece, se no il governatore, che provvedano
ai suoi bisogni temporali e spirituali (cap. xxxvii). Se il
malato muore, alla sua casa vanno il prete e quattro o
sei fratelli prescelti dal governatore, lavano il cadavere, lo
vestono della sola cappa, gli circondano i fianchi col cin-
golo, gli pongono sopra la frusta. Poi tutti i Battuti lo
accompagnano in chiesa portando in mano candelette da
ventisei per libra, e assistono alla messa funebre ed all' in-
terramento. Chi non va, ha una multa di due soldi e una pe-
nitenza a volontà del governatore e del confessore (cap. xi).
A suffragio dell' anima del defunto, coi denari della com-
pagnia si celebrano trenta messe (presto ridotte a dieci)
durante il trigesimo (cap. xii). Nulla però si fa per il
morto, se egli sia stato di mala vita : non si assiste nep-
pure al suo funerale (cap. xxxiv). A suffragio generale di
tutti i fratelli trapassati si celebra una messa agli 8 di no-
vembre, ottava di Tutti i santi, con quella luminaria che
piaccia al governatore e al confessore (cap. xiii) (i).
Numerosi sono anche gli obblighi religiosi, come por-
tava l' indole stessa della associazione. Ogni giorno si deb-
bono recitare sette Pater e sette Ave (il venerdì dodici)
senza contare un altro Faier e un'altra Ave alla levata e
al coricarsi e altrettanti ad ogni principio e fine di pa-
sto (cap. iv). Ogni mese è obbligatorio confessarsi, o dal
prete del loco o da altri in presenza di un fratello che ne
faccia fede: a Natale, a Pasqua, a Pentecoste e ai 15 di
agosto (Assunzione di M. V.) bisogna comunicarsi. I
visitatori, il governatore, i discreti invigilino; chi non ot-
temperi, sia cacciato per un anno (cap. v). In due giorni
(i) Curiosa questa disposizione in un tempo che la commemo-
razione dei morti era già fissata dalla consuetudine al 2° giorno di
novembre. Cf. Giry, Manuel de diplomatiqtiej p. 261.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 351
di ogni mese, stabiliti dal governatore, si celebri la messa
della santa Croce e chi non vi intervenga senza legittima
cagione, si abbia una multa di tre denari o faccia altra pe-
nitenza che più piaccia al governatore stesso (cap. xiv).
Il mercoldì di quaresima si prenda la cenere (cap. xxiv) ;
il Giovedì santo si assista al Mandato celebrato dal gover-
natore e la notte si passi nel loco, poco dormendo, im-
piegandola invece in preci e meditazioni (cap. xxii).
Ma r espressione più perfetta dell' indole della compa-
gnia, quella in cui questa trovava la sua ragione di essere,
era la santa disciplina, per cui i fratelli cercavano remis-
sione dei propri peccati e si procacciavano meriti per la
vita futura. Era di due sorta : pubblica, per le vie della città
durante le processioni ; privata, nel silenzio e nel segreto
di ciascuna cappella. La prima, che originariamente dovette
essere la più comune, la sola anzi prima che confrater-
nite stabili esistessero, era adesso riservata a due sole gior-
nate: quella in cui ogni fedele è chiamato a rammentarsi
di esser polvere, e quella che ricorda T agnello divino im-
molato sulla croce (i). Disgraziatamente gli statuti ci sono
avari di dettagli, che avrebbero potuto essere curiosi ed
interessanti. Ci dicono solo, che uscita ciascuna cappella
dalla sua sede si recava per suo conto in quei luoghi che
erano stati indicati dal governatore e dagli ufficiali (2). I
fratelli dovevano avere i piedi scalzi, il capo ravvolto dal
cappuccio e andavano « disciplinando ordinatamente uno
«pò* l'altro». Tutti dovevano essere presenti, a pena di
due soldi (cap. xxx). Certamente le processioni erano ac-
(i) Come si vede smorzato il fervore del primo commovimento !
Prima per trentatre giorni di seguito erano processioni e battiture e
ciò si rinnovava più volte in un anno: adesso appena due volte e
per poche ore !
(2) Anche ora a Bagnala, presso Viterbo, la sera del Venerdì
santo le confraternite escono separatamente, visitano tutte le chiese,
per riunirsi poi in una sola processione.
352 ^P. Egidi
compagnate da canti latini e volgari, ma per disgrazia nep-
pure un cenno ne è giunto fino a noi. Però tenuto conto
del fatto più volte rilevato dagli studiosi che le laude
de' Battuti delle varie regioni d' Italia hanno tra loro si
stretta parentela da trovarle senza grandi variazioni ripetute
ne* luoghi più discosti, la perdita di quelle viterbesi non è
da lamentare, se non perchè esse avrebbero fornito un no-
tevole materiale per lo studio di uno tra i più negletti
vernacoli del Lazio.
Neil' interno delle cappelle la disciplina era più fre-
quente. Obbligatoria ogni venerdì, poteva esser rinnovata
anche ogni altra volta che al governatore piacesse. Nes-
suno poteva esimersene, salvo licenza del governatore o
legittima. cagione. Di questa sorte di disciplina, per noi tanto
meno interessante, ci è conservato intiero l'ufficio (i). Era
composto di tre lezioni di cui le prime due vertono in-
torno alle battiture di Cristo e la terza intorno ai dolori
di Maria Vergine. Sono intercalati dei responsori tratti
quasi esclusivamente dal racconto della Passione. Seguiva
la disciplina, flitta durante la recitazione del Miserere o di
cinque Pater e cinque Ave (2). Si ripetevano le battiture
per tre volte e per la stessa durata, frapponendo fra l'una
e l'altra la recitazione di un Pater ed un Ave a mo' di
riposo. Quando era possibile, precedeva la messa, celebrata
dal prete della compagnia, senza la cui assistenza non era
permesso far disciplina. Egli recitava le preci, sebbene il
governatore dirigesse l'ufficio (cap. x). Il silenzio più per-
fetto lo doveva accompagnare: chi lo rompesse, era con-
dannato a subir una battitura suppletoria di dieci Pa-
ter (cap. xx). Terminata la disciplina, un fratello eletto dal
(i) Nello Stat. A, cap. x; in B (dove è per disteso ogni pre-
ghiera clie in A è invece accennata) precede lo statato e occupa le
prime quindici pagine.
(2) Lo Stat. B indica solo questo secondo modo (cap. iv).
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 353
governatore leggeva la tavola. Era questa un quadro con-
tenente i nomi degli ascritti alla cappella, a fianco di cia-
scuno dei quali era praticato un foro. Si (diceva l'appello:
nel foro vicino al nome di chi era assente, si ficcava un
piuolo, con una tacca se queir assenza era la prima, con
due se la seconda, con tre se la terza. La quarta assenza
era punita con l'espulsione, pronunciata dal governatore,
salvo che il negligente non arrecasse scusa legittima, c\\q
allora era sottoposto solo ad una multa (cap. xv). Letta
la tavola si passava in un apposito locale e si procedeva
i\\V accusa o colpa. Chi si sentiva in peccato, ginocchioni
in mezzo alla sala avanti al confessore, col cappuccio ca-
lato, ad alta voce enumerava in che e quante volte avesse
trasgredito gli ordinamenti ed ascoltava la pena impostagli
dal governatore e dal confessore (cap. xx).
Per la fratellanza che legava le varie parti della con-
gregazione, ogni confrate poteva recarsi alla disciplina di
qualsiasi cappella e, indossata, con licenza del governatore,
la cappa di uno dei fratelli del luogo, prender parte alla
penitenza (cap. xxv). Nella propria compagnia, se alcuno
mancasse di cappa, non poteva togliersi l' altrui, senza li-
cenza del governatore e tanto meno portar fuori del luogo
la propria (cap. xxviii). Anche più severamente era proi-
bito di battersi fuori delle cappelle, sia pure individual-
mente, senza licenza degli officiali {ca\). xxvi).
Come abbiamo accennato, la disciplina era inilitta anche
come punizione e completava la serie di pene sancite dai
ca[)it()li. l{ra allora detta « penetenva », e imposta dal go-
vernatore e dal confessore per quella dose di Palcr e di
Ave che credessero opportuna. Però era esplicitamente proi-
bito diesi imponesse di subirla Inori della cappella (cap. xwi).
Del resto le p-iiii/ioni (multe, esclusioni temporanee, espul-
sione) non er.uìo mai molto se\ere, troppo spesso i colpe-
voli erano salvati dalla « lcL;ittiin 1 scusa >. Anche re-.pulsione
non era irrevocabile. Se il cacciato chiedev.i pei' misericordia
354 *P- ^>'^«'
d' essere riammesso, se rifaceva cappa, cingolo e frusta
(anzi anche questa spesa gli era risparmiata se era stato di
buona condotta dal di della esclusione), non era difficile
che la sua domanda, dal governatore trasmessa al generale
e ai visitatori, trovasse buona accoglienza (cap. xviii).
III.
Da questo rapido studio dello statuto risulta chiaro
r isolamento della nostra società nella vita comunale : essa
ha un carattere esclusivamente religioso e non si prefigge
direttamente alcuno scopo politico od economico. Concorda
in questo il silenzio delle altre fonti, le quali mai ci di-
cono che i Disciplinati prendessero in qualche modo parte
attiva, come società, agli avvenimenti cittadini (i). Eppure
è evidente che almeno indirettamente essi dovettero influirvi.
Nel seno della compagnia s'incontravano e si chiamavano
fratelli, nobili, ricchi borghesi, artieri di ogni corporazione,
e tra loro si stringeva un legame, che se pure di leggera
resistenza, non poteva repentinamente spezzarsi appena,
varcata la soglia delle cappelle, essi rientravano nella vita
pubbhca. La communione delle idee pietistiche non poteva
non generarne un'altra, più o meno intima, specialmente
intorno a quegli argomenti che con la pietà avessero una
qualche attinenza. Economicamente poi i Disciplinati ebbero
una funzione pari a quella di tutte le altre congregazioni
laico-religiose preesistenti e posteriori, concorrendo a for-
mare patrimoni collettivi con le donazioni fatte o diretta-
(i) Il solo accenno ad una partecipazione dei Disciplinati, non
come società ma come individui, alla cosa pubblica è di tempo assai
posteriore. Un decreto aggiunto dopo il 1528 agli statuti C, pre-
scrive quello che ciascun fratello debba fare se sappia di congiure
contro il governatore o nel caso che scoppino disordini. V. p. 376.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo $)S
mente a loro favore o a favore degli ospedali da loro am-
ministrati.
In questo primo periodo della sua vita la fraternità
aveva un solo ospedale detto di S. Apollonia o della Di-
sciplina. Esso accoglieva i fratelli infermi, ed era posto
sotto la direzione di un rettore, sorvegliato attentamente
dal generale e dai quattro visitatori (cap. xxxviii). Le en-
trate erano amministrate dal camerlengo generale e con-
sistevano in una quota imposta dal generale a ciascuna
cappella e nel prodotto delle multe pagate da qualsiasi fra-
tello (cap. vii).
Non sappiamo se quest'ospedale fosse fondato dai Bat-
tuti o se, sorto già anteriormente tra i tanti che vivacchia-
vano nella città (i), venisse in un modo qualsiasi nelle mani
loro. Però il trovarne menzione solo adesso mi fa propen-
dere a considerarlo nato per opera loro. Forse esisteva la
chiesa di Santa Apollonia e a lei fu addossato 1' ospedale ;
sebbene anche quella non dovesse esser guari più antica,
perchè un Orda ìetaniaruin compilato in parte nel secolo xin
e in parte nel seguente, indicando le chiese da visitare, non
fa il nome suo che nelle carte più recenti (2). Comunque
(1) Per notizie intorno a questi, vedi l'interessante libro del
Pinzi, (jÌì Ospiti niedìoevali e l'Ospi-ihiì Grande di Viterbo già citato, e
che dovrò citare ancora spessissimo.
(2) Quest' Ordo geiieralis et maioris Utanie seti processionimi in
anno fundarum sta nell'arch. della Cattedrale. È un codicetto pcrgam.
non numerato nò catalogato. Tra le aggiunzioni (pp. 22 e 24) stanno
riportati due Oremus da recitarsi avanti alla chiesa di S. Apollonia,
che trascrivo per curiosità, essendo tutt' affatto differenti da quelli
che ora sono nell' ufficio della santa: « Deus qui beatam Appollo-
" iiiam virginem et martirem tuam spetiali privilegio decorasti ut
iiv.iii. dono et mcritis dolore? dentium a paiieiitibus expellantur,
iius ut cuius fiduciam gcrimus prò eadcni sanititc
" n-iiu(ÌMiiii .Miiscqu.imur. Per i\'c. ». "Deus (]■•■ '^"- -^ ''"'r.ihilcm
" pru. lenti, un ci ckni(.Miti.)iii sini'.ul.irciii nobis i cxem-
" plum et presiJiuni tribuisti ut corum iios illuiiiin^i oju : a toveantquc
S6 T. Egùiì
sia, esisteva già nel 1337, quando un tal « Pacefuglolia (?)
« Petri Panfollie reliquid hospitali Discipline prò auxilio
« capelle sancte Apolonie per tres libras paparinorum » (i)
e sorgeva in fondo all' odierno corso Vittorio Emmanuele,
dove ora s' alza la casa Fretz (2).
Ci è impossibile stabilire quale fosse il numero delle
cappelle in questi primi anni. Nel 1341 pare che già ve
ne fosse una insediata nella chiesa di S. Maria di Gradi,
dei padri predicatori (3): nel 1345 se ne trovano nominate
sette, le quali formano un sol corpo sotto la suprema di-
rezione di Andrea di maestro Biagio « de ordine Continen-
«tium beati Francisci de Viterbio, gubernator generalis to-
« tius societatis». Cinque cappelle avevano sede in altret-
tante tra le principali chiese della città e cioè la Catte-
drale, S. Sisto, S. Maria Nuova, S. Maria di Gradi, e
S. Francesco; le due rimanenti presso ospedali; quello già
indicato di S. Apollonia e quello di S. Elena o della Ca-
rità (4). Era questo a cento passi appena da quello di S. Apol-
« presidia, tue piissime pietati humiliter supplico ut per intercessio-
« nem beate Appollonie virginis et martiris tue que escussionem
«dentium per tuum nominis amorem patienter et viriliter pertulit,
« nos famulos tuos a dolore dentium sempiterno et ab omni dolore
« corporali misericorditer liberare digneris. Per &c. ».
(i) Ardi. Notar. Vit. Protoc. IV di Pietro Amadei da Viterbo,
«die .XXI. aug. 1337». Il Pinzi, Ospìzi, ^. 121, n. 2, legge « Pacifi-
« cus » : a me non fu possibile leggere chiaramente.
(2) L' ubicazione fu fissata dal Pinzi, loc. cit., desumendola dal-
l'atto di vendita dell'ospedale fatto nel 1509, di cui più tardi par-
leremo.
(3) Arch. della Cattedr. Memorie del convento di Gradi fatte
nel iyo6, ms. cap. xiii, p. 74: «Alia fraternità . . . a fratribus nostris
«instituta fuit intitulata Disciplinatorum S. M. ad Gradus, modo
« destructa sed alibi est traslata: legata sunt ei multa a primis tem-
« poribus et inter alia a domina lohanna uxore domini lulii de Vi-
« terbio a. 1341 et a Chirico Vit. a. i348prout in nostro archivio... ».
(4) « A. millesimo trecentesimo quatragesimo quinto. Tempore
« sanctissimi patris et domini domini Clementis pape VI, indictione
La fraternità dei Disciplinati di Viterbo 357
Ionia, sulla stessa via. Sorto sullo scorcio del secolo xin,
fu retto in origine dai frati di S. Francesco; nel 1303 la
Curia lo aveva dato ad amministrare ad un certo Stefano
tedesco e a sua moglie Riccaldina, i quali donavano per
gì' infermi ogni loro possesso (i). Ma sia che i generosi
Tedeschi fossero morti, sia che le loro cure non riuscis-
« tertiadecima, die .xv. mensis aug. In presentia mei notarii et te-
« stium subscriptorum providi et discreti viri frater Andreas magi-
« stri Blasii de ordine Continentium beati Francisci de Viterbio, gu-
« bernator generalis totius societatis discipline et disciplinatorum de
« Viterbio, videlicet gubernator disciplinantium discipline cathedralis
« eccles'e Viterbii sub qua consistunt omnes alie discipline omnium
(( aliarum ecclesiarum et aliorum locorum civitatis Viterbii, ac et'am
« magister Petrus Blandi gubernator societatis discipline et discipli-
(f nantium ecclesie beate Marie Nove de Viterbio, Iute Vannis Petri
« Angeli gub soc. disc, et discipl. eccl. S. Sixti, Cola Vannis Pauli
« gub. soc. disc, et discipl. eccl. S. Marie ad Gradus Viterbiensis,
« magister lohannes magistri Stasii gub. soc. disc, et discipl. eccl.
« S. Francisci de Viterbio, Bartolomeus Sthefani {sic) gub. soc. disc.
« et discipl. hospitalis de Caritate siti in contrata S. Egidii Viter-
ie biensis et Gerardus Vèngoli gub. hospitalis Discipline quod est
« diete societatis, positi in contrata Sancti Mathei de Sumpsa Viter-
« biensis, unanimiter et concorditer » accettano a nome della società
che sia irrito e nullo l'atto di donazione fatto a questa da « frater
« Thomas olim lohannis de ordine Continentium ». Frate Tom-
maso dichiara nulli i patti cui la società si era astretta. « Actum
« Viterbii apud predictum hospitale de Caritate seu in capella disci-
« pline ipsius hospitalis, presentibus discretis viris fratre Angelo quon-
« dam domini lacobi de ordine Continentium, Rainaldo magistri
« Angeli, magistri Gregorii notarii, Vanne olim Bosi et lutio ma-
« gisiri Petri Volglo de Viterbio testibus &c. Et ego lohannes Sandrì
«domini Christofori de Viterbio autem a. U. p. n. et i. o. &c. »;
arch. della Cattedr. &it., voi. V, n. 351 (Rep. Magri). È indicato
anche dnl Pin/.t, Oipiii &c. p. 124, n. 2, ma gli sfuggì l'accenno
della compagnia sedente nell'ospedale della Carità: egli accenna
invece ad un' altra nella chiesa della Trinità di cui non trovo notizia,
(i) Pinzi, Ospiti &c. pp. 118, 119; Append. doc. xxi, p. 370.
Nel documento il nome della mogl'e di Stefano è « Riccaldina », nel
testo « Ildibrandina ».
3)8 'P. E oidi
sero a far prosperare l' ospedale come non v* erano riuscite
quelle dei frati Minori, sia per altra ragione, d'ora innanzi
esso è legato alla compagnia dei Battuti e ne segue le vi-
cende. Forse i Disciplinati da principio non furono che
ospiti, poiché né il primo statuto, né quello del 1355 fanno
menzione di altro ospedale, oltre quello di S. Apollonia (i),
certo però che nel 1368 ambedue erano in proprietà della
compagnia, la quale anzi destinava un solo rettore a go-
vernarli (2).
Il citato documento del 1345 ci porge modo di fare
due considerazioni.
La confraternita è retta da un governatore generale
minorità. Questo ci è un indizio ulteriore degli stretti le-
gami che univano ai Francescani i Disciplinati, e ci fa
pensare inoltre che i Minoriti abbiano cercato di dirigere
il movimento battuto per farselo alleato nella lotta contro
(i) Nello statuto del 1355 si dice, è vero, che non siano mai
«ricepute... persone che occupassero o vero usurpassero il bieni
« dell'ospedali » (cap. vii;. Così pure il cap. xxiii parla dei beni
stabili e mobih, dei frutti ed entrate « del decti hospital! » ; anzi una
delle preghiere che precedono Io statuto è « per tucti benefactori e
« benefactrici dell'ospedale di Sancta Apollonia e di quello della Ca-
« rità di Viterbo » (p. 12). Ma nel cap. xxix, quando si parla della
erogazione delle quote mensili dei fratelli, si dice chiaramente che
un terzo va all' ospedale di S. Apollonia e si tace di quello della
Carità. La contraddizione sparisce se si pensi che, se è vero che lo
statuto fu steso nel 1355, la copia però che giunse a noi fu scritta
solo dopo il 1385, quando cioè la fusione dei due ospedali era già av-
venuta. L' estensore si è ricordato di questo nel trascrivere i capi-
toli VII e XXIII e la preghiera ed ha corretto il singolare in plurale;
se n' è dimenticato invece nello scrivere il cap. xxix. D' altra parte
però in una carta del 28 agosto 1348 (arch. della Cattedr. n. 492)
noi troviamo fatti eredi in solido gli ospedali di S. Spirito di Faul,
della Disciplina, della Cariti.
(2) Pinzi, Ospiti &c. p. 127, n. i. « Cola Petri de Marsciano,
« camerarius hominum et hospitalium Caritatis et Discipline et re-
« ctor ipsorum... » ; arch. Sped. protoc. Bartolomeo Fazio, 26 giu-
gno 1368.
La fraternità dei 'Disciplinali di Viterbo 359
Talta gerarchia; tentativo di cui ci pare di trovar traccia
evidente nella lettera di condanna emanata da Clemente VI
contro i Battuti quattro anni dopo. Il papa si duole più
che di altro che tra gli eretici si trovino dei religiosi, spe-
cialmente mendicanti, che con la parola e con l'esempio
trascinino gli altri « dogmatizando contra ecclesiasticam
«libertatem et fidei catholicae puritatem » (i).
L' indole dei Battuti, almeno originariamente, non li
portava air acquisto della proprietà. Sorti ad espiazione dei
peccati, per scongiurare i flagelli meritati dalla corruzione
e dalla malvagità di cui le ricchezze erano il primo flittore,
tendevano a richiamare tutti ad una vita di penitenza e di
preghiere ed a sprezzare non solo il lusso, bensì anche
r agiatezza. Epperò da principio ogni pensiero di proprietà
doveva essere precluso e proibito (2). Quando poi le loro
associazioni divennero stabili e si dovette sopperire alle
spese necessarie pel culto, i fratelli si imposero una tassa,
che desse quanto bastava a provvedervi. Gli ospedali, nati
per opera loro, appunto con questa tassa venivano man-
tenuti. Se non che o questa non fosse sufìiciente, o il de-
siderio di possedere vincesse ogni altro pensiero, presto si
(i) «Epistola Clem. VI ad omnes arcliiepiscopos eorumquc
a suffraganeos,de Flagellantìum hereticorum condennatione »; Labbé,
Concilia, XV, 565.
(2) L'art. 4 degli Ordinamenti della conip. della Ver^iine Maria
composti ed ordinati per lo priore e fratelli della comparila della Disci-
plina dello spedale Sante Marie di Siena, ordinamenti clie sebbene giunti
a noi in una copia del 1400, hanno tutto l'aspetto di assai antichi e
forse risalgono ai primi tempi delle associazioni battute, prescrive
che la confraternita non abbia nò beni mobili né immobili meno la
casa di residenza; che non si accettino donazioni se non consen-
zienti tre quarti de' soci; che si accetti pane e denaro da distribuire
ai poveri ; che quanto provenga da elemosine e doir, se denaro, si
distribuisca entro otto giorni; se immobile, si venda subito, ma non
a fratello e il prezzo pure si distribuisca. L. Banchi, Capitoli della
comp. dei Disciplinati di Siena &c. p. 58. Anche gli statuti di Mad-
daloni citati non fanno menzione di proprietà.
S6o T. Egidi
accettarono le donazioni e i lasciti a favore degli infermi,
e poco più tardi, fatta T abitudine, anche quelli a favore
delle confraternite. Eccone la prova evidente per quella
viterbese. Lo statuto primitivo non parla mai di beni pa-
trimoniali. I camerlenghi non fanno che racco^^liere le
o o
contribuzioni mensili e le multe e distribuirle a seconda
delle disposizioni date dal generale e dai governatori.
Nel 1337 invece, come vedemmo, l'ospedale accettava
un lascito: nel 1345 la società aveva accolto per sé la
donazione de' beni fiutagli da Fr. Tommaso « olim lo-
« hannis de ordine Continentium 0, e se poi, d'accordo
col donatore, l'annullò, non fu certo per rispetto al voto di
povertà, che allora non T avrebbe accettata fin dal primo
momento. Che più ? dieci anni dopo la proprietcà della fra-
ternità aveva già incontrata la sorte, che tanto spesso in-
contrano le proprietà collettive, era stata manomessa dai
suoi amministratori, e in un articolo del nuovo statuto si
dovevano comminare pene severe a chi ne abusasse o la
usurpasse (i). Nei Battuti viterbesi il desiderio di ricchezza
non spinse sino ad obbligare i fratelli a far, morendo,
qualche lascito alle cappelle cui appartenevano, come ac-
cadde altrove (2) ; pure essi accolsero ben volentieri quelli
che furono lor fatti dalla carità de' fedeli. E questa non do-
vette essere avara, specialmente verso ì due ospedali, se a
noi, cui pure non pervennero che pochissime delle antiche
carte dei Battuti (3), è stata conservata memoria di quat-
tordici donazioni tra il 1341 e il 1400 (4).
(i) Stat. B del 1355, cap. vii. .
(2) Statuti ài Bologna cit. cap. 22 : « Quod quicunque diete
« congregationis teneatur relinquere de bonis suis diete congrega- '
« tioni ». Ciascuno doveva fare lascito alla confraternita « quando di-
<( sposuerit suam ultimam voluntatem.. . ad nianuteneiidani ipsani
<( domum et opera misericordie».
(3) Possiamo dire che ci siano conservate solo parte di quelle -
della cattedrale.
(4) Alle dieci citate dal Pìnzi. Ospixi, pp. 4 17-18, e alle -due di'-
La fratejiiila dei IJiscipiiiiatì di Viterbo 361
La floridezza della società del resto era anche conse-
guenza del numero grande dei suoi adepti. Le cappelle
crescevano continuamente. Una carta del 22 fjiu^rno ]26^
ci ripete i nomi di quelle della Cattedrale, di S. Sisto, di
S. Maria di Gradi, di S. Maria Nuova, dell'ospedale della
Disciplina, di S. Francesco, ed aggiunge quelli delle com-
pagnie della Trinità e dell' ospedale di messer Guercio (i).
cui si itcQ. cenno a p. 356, nota 5, aggiungi quella di luzzo fu Bar-
tolomeo di venti soldi « hospitali Sante Apolloniae prò sustenta-
« tione pauperum », 24 luglio 1548 (arch, Cattedr. n. 486; nota
che nel Repeitorio del Magri è segnata col n. 487); nonché quella
più importante di « Symon Petri Angeli Bosci de Viterbio », il
quale, fatti vari lasciti, « in omnibus aliis autem bonis suis mobi-
« libus et immobilibus, iuribus et actionibus ubicunque sunt et in-
« venir! poterunt, sibi heredes universales hospitalia Sancti
«Spiriti de Pabuli, Discipline et Caritatis de Viterbio
« instituit atque fecit, faciens et constituens suos executores &c. A.
« est hoc Vitcrbii... et ego Donatus quondam lohannis de Viterbio
« not. imperiali auct. ìxc. », 28 agosto 1348 (arch. Cattedr. perg.
n. 492). Dalla carta non si giunge a comprendere se i tre ospedali
fossero uniti o ciascuno vivesse da sé. Dell' unione di quelli della
Disciplina e della Carità si veda quel che si disse a p.3)6sgg.: di
quello di S. Sp'rito v. p. 362.
(i) Arch. Cattedr. Vit. perg. 557. I: molto avariata: le prime
tre righe hanno perduto le prime parole; le altre dicono: «[In no-
« mine Domini] amen. Anno Domini millesimo .cccL.xiii. tempore
«domini Urbani pape quinti... die .xxii. mensis iulii, in prescntia
^' mei notarli et testium subscriptorum. .. [Petrujcius ohm Borgo-
te gnutii de \'iterbio de centrata Sancti Stephani Dei gratia [/j ; /i,7;c' ./,
«;, 6 sono iìh'j^^ihUi, nella settiina ìicsco a tlic i fra re] :.. .pMrì ci domino
« Viterbiensi et Tuscanensi [episcopo] . . . ecclesie Sancti Stephani
« Viterbicnsis apud quam sui elcgit corporis sepulturam reliquld
« quiiiqiie libras p.ip.irinorum. Iteiii rel'qu'd disciplinatis ecclesie
<' S. Marie ad CJradus, disciplinatis ecclesie S, Sixti, disciplinntis ec-
(' dis'c S. Marie Nove, disciplinatis ecclesie S. Laurcntii, discipli-
.' natis ecclesie S. Trinitalis, disciplinatis ecclesie S.mcti l-raiicisci,
«disciplinatis hospit.tljs domini Gucrcii et disciplinatis hospitalis I)i-
« scipline Vitr t omnibus disciplinatis dictanmi ec>.K" '.in;iii
«et locorum d..... .. ..r; cere prò qualibet dictarum ecclesiarum et
'^62 T. Egidi
Dobbiamo credere che, oltre quelle indicate dal documento,
in cittA ve ne fossero altre, poiché non troviamo nomi-
nata quella residente presso l'ospedale della Carità, che
vedemmo esistere già nel 1345 e che viveva ancora agli
inizi del secolo xvi, né quella che aveva sua sede presso
l* ospedale di Santa Croce. Di questa ci parla lo sta-
tuto del 1355, che or ora esamineremo, il quale ordina
che il camerlengo venga eletto « dal generale e dal go-
te vernatori e dal quactro visitatori, in nel dì di sancta
«Croce del mese di sectembre nell'ospitale della Croce»
(cap. xxiii). Potrebbe pensarsi che, pur avendo ivi luogo
r elezione, non vi fosse cappella disciplinata, ma sarebbe
stato veramente strano che la fraternità scegliesse a tale
uopo un luogo estraneo, pur potendo disporre di tanti altri
di sua proprietà. Più difficile é invece stabilire T ubicazione
di quest* ospedale e il determinare se debba aggiungersi al
numero dei molti altri ospizi viterbesi di quell'epoca, o
identificare con uno di questi, poiché quella degli statuti
é la sola menzione che io ne conosca (i).
« locorum exercendas in dlvìnis offìciis dum dicti disciplinati fa-
te ciunt... \jl principio di sei riohe manca, essendo lacerata la perga-
w mena, ma nulla poteva esservi di interessante poiché segue :] Item re-
« liquid ecclesie Sancti Petri Centucellarum prò fabrica ipsius ecclesie
(( decem florenos.. . Actum est hoc in ecclesia Sancte Marie de Ve-
ce ritate prope civitatem Viterbii presentibus &c. Et ego Johannes
« ser Stephani quondam Ioannis de Viterbio auct. a. U. pr. not. et
« i. o. &c. ». Nella stessa pergamena è steso un codicillo del i** lu-
glio (sic) dello stesso anno 1363, « actum in domo Petrucii » dallo
stesso notaro.
(i) Né i documenti a me noti, né la storia degli osp'zi del ca-
valier Pinzi, ne parlano mai. Questi oralmente mi espresse il pen-
siero che potesse identificarsi coU'ospcdale di S. Spirito in Paul, di
cui gli pareva ricordare qualche menzione col nome di S. Croce.
Anche a me parve giusta da principio tale ipotesi pensando che
anche ora la vecchia chiesa di S. Spirito ha il nome di S. Croce e
che il doc. del 1348 di cui parlammo a p. 361 univa il nome del-
l' ospedale di S. Spirito a quelli degli altri due ospedali disciplinati
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 3^3
Già conosciuto invece è 1* altro ospedale che la carta
del 13^3 ci dice occupato dai Disciplinati, e merita ricordo,
perchè a lui va unito il nome di un personaggio che fu
pars macina della vita cittadina negli inizi del secolo xiv.
Era detto di messer Guercio, perchè prossimo alle case di
Pietro di Rolando dei Gatti, per soprannome « Frater
« Guercius, defensor rector et gubernator populi civitatis
«Viterbii», primo che vi acquistasse un predominio cui
nulla mancava, fuorché il titolo, per essere una vera si-
gnoria (i). Ma né il nome del potente patrizio né Tombra
della torre gattesca, che anche oggi prende nome da Ro-
lando, padre di Frate Guercio, bastarono a dare all' ospizio
una vita duratura. Povero, non curato dai Disciphnati che
spendevano la loro opera in quelli, a lui vicinissimi,
di S. Apollonia e della Carità, si trascinò innanzi misera-
di S. Apollonia e della Carità. Ma in opposizione sta il fatto che
nel secolo xiv esso era in mano dei frati Crociferi (Pinzi, Ospiii,
p. 227) e che da questi passò alla confraternita della Misericordia
nel 1480 (Id. Append. doc. xlvii). Un catasto dei beni della con-
fraternita di S. Maria Maddalena dell' ultimo quarto del xvi secolo
dice, è vero, che la chiesa di S. Maria Maddalena si trova presso
l'ospedale di S. Spirito, « hospidale di nostra communità in Paulo »
(arch. di S. M. Madd. cat. 1574, e 2), ma è da ritenersi che lo dica
tale perchè proprietà della confraternita della Misericordia, la quale,
sebbene sorta nel 1479, ^^^ considerata come emanazione dei Di-
sciplinati, tanto che in alcune carte è addirittura data come di Di-
sciplinati (Pinzi, op. cit. p. 229), mentre che non lo fosse ce lo fa
vedere la assenza sua dall'adunanza generale delle cappelle discipli-
nate tenuta nel 1509 per la vendita dell'ospedale di S. Apollonia,
di cui parleremo più tardi (v. Pinzi, Ospì:^i, App. doc. xxii). La que-
stione rimane indecisa. Non potrebbe quest' ospedale della Croce
essere una cosa coli' ospedale di S. Apollonia, in cui era « cjpclla
X Sancte Crucis ubi soliti sunt disciplinari »? (Catasto Bagottini, e. 8,
n. 47, istrum. i.) settembre 1397; arch. dello Spedai Grande di Vi-
terbo. Da Pinzi, Sloiia &c. Ili, 191, n. 2).
(i) Vedi di lui Pinzi, Ospiii^ p. 120; Storia di Viterbo, III, 55
sgg. Fu defensor nel 1306. *•
Archivio Jciìn R. Società romano di storia fatrin. Voi. XXIIl. 2 |
3^4 "J^- %?''^^"
mente pochi anni, poi si spense senza lasciare traccia al-
cuna (i).
Invece prosperarono per molto tempo ancora gli ospe-
dali riuniti della Carità (detto poi anche di S. Elena) e
di S. Apollonia. Da un catasto conservatoci nelT archivio
dello Spedai Grande sappiamo che nel 1378 il loro patri-
monio era composto di diciotto case, quindici vigne, due
orti, quarantadue campi e dieci prati (2). Dunque verso la
metà del secolo xiv la fraternità era in pieno rigoglio. Le
cappelle erano disseminate in tutta la città, spandendo per
ogni dove il loro influsso pietistico. Era naturale che si
sentisse il bisogno di capitoli più ordinati e più chiari.
L* iniziativa facilmente parti dal vescovo, il quale aveva
interesse che 1' autorità sua divenisse sempre maggiore. Gli
statuti nell'anno 13 15 furono ripresi in esame, corretti,
rifusi ; più organicamente distribuite le disposizioni, se ne
formò un corpo nuovo del quale fortunatamente ci è con-
servata una copia pure nell* archivio della confraternita di
S. Maria Maddalena (3).
La scrittura ci spinge a racchiudere Fetà dell' esemplare
tra lo scorcio del secolo xiv e gli inizi del xv. Certo fu
steso dopo l'annuo 1385, poiché sino a quelP anno fu ve-
scovo di Viterbo Nicola (II) per 1' anima del quale è re-
gistrata una preghiera tra quelle che precedono lo statuto (4).
(i) L'ultimo ricordo è del 1369; "^mzi, O spili, p. 12:.
(2) Catasto Bagottini, p 62 ; da Pinzi, Ospiti, p. 127.
(3) Pergamenacea, carattere gotico del sec. xv ineunte (?); com-
posta di due quaderni e un quinterno 0.216X0.16, raffilata nel marg.
sup. Scritto: 0.145X0.10; ventuna righe per pagina; lettere 0.003.
Iniziali e rubriche in rosso. Comprende l'uffizio da recitarsi durante
la disciplina, e per la vestizione dei nuovi fratelli, sino a p. 22,
r. 8: seguono le regole (pp. 22-56). Come altrove dicemmo, lo chia-
meremo St. B.
(4) St. B, p. 9. Nicola fu vescovo dal 13 50- 1385. Era stato
priore della chiesa di S. Angelo in Spada. Vedine notizie nel Cala-
La fraternità dei disciplinati di Viterbo ^6^
Questo, come F antico, è in volgare, anzi di un aspetto
forse più schiettamente locale.
Le innovazioni introdotte non sono numerose ne di
grande entità. Si afferma più recisamente 1' autorità suprema
del vescovo, alla cui approvazione debbono sottoporsi non
solo la nomina degli ufficiali (capp. i, xx.vi) ma anche
l'accettazione dei postulanti; che anzi se questa avvenga
senza la dovuta licenza, gli ufficiali incorrono nella sco-
munica (cap. III). Anche nell'amministrazione a lui è avo-
cato il supremo controllo, al quale due volte 1' anno si
deve sottoporre il camerlengo generale (cap. xxiii). Queste
disposizioni danno a divedere la tendenza verso un mas,-
giore accentramento del potere ed una maggiore sogge-
zione dei laici alla Curia, tendenza generata per un lato
dall'interesse che aveva l'ordinario di impadronirsi di as-
sociazioni, le quali raccoglievano tanta parte della cittadi-
nanza e che avevano avuto in origine una impronta di
avversione quasi alla gerarchia ecclesiastica, per l'altro fa-
cilmente dal desiderio di provvedere a quei disordini cui
poteva dare luogo la troppo grande libertà lasciata in pas-
sato alle compagnie. Di questo stesso spirito ci fanno te-
stimonianza le disposizioni che tolgono ai governatori il
diritto di regolare le processioni di disciplina, e lo riser-
vano al solo generale (cap. xvi), il quale doveva essere
ubbidito in tutto da tutti, pena l' espulsione (cap. xxv), e
il fatto che alle vecchie pene si aggiunge un' altra che solo
il vescovo può infliggere: la scomunica.
La scelta del generale, tolta ai governatori, è affidata
ai visitatori, i quali sono eletti dal generale, dai quattro
visitatori uscenti e dai governatori (cap. xxiv). Il venerdì
dircto (ultimo?) di ottobre, visitatori e generale nuovi sono
hgus episcoporuin omnium ViUrbii de qiiibus ttotitia haberi potitit ex
variis publicis scriptuiis et iliplotnatibtis. Ms. nella biblioteca della Cai-
tedralc di Viterbo, pp. 9J-9).
S66 T. Egìdi
insediati nell* ufficio dagli uscenti e subito dopo dalla cap-
pella di S. Lorenzo, loro residenza abituale, nuovi e vecchi
si recano al vescovo per la conferma (cap, xxvi). Dal gene-
rale, dai quattro visitatori, dai governatori è eletto il camer-
lengo nel dì di santa Croce di settembre (14) : è custode
di tutti « li bieni stabili e mobili dell'ospedali » e di tutti
i frutti ed entrate per 1* intiera annata (cap. xxiii).
Nelle singole cappelle è cresciuto il numero degli uffi-
ciali, indizio anche questo dello sviluppo preso dall'asso-
ciazione, della cresciuta proprietà e della diminuzione di
fiducia in chi Tamministrava, tanto da sentire più vivo
il bisogno di controllo; accanto del governatore si pon-
gono un sogovernatore e un limosiniere (cap. 1). Alcuni fra-
telli hanno speciale incarico dal governatore di provvedere
agli infermi, sia nei bisogni spirituali che nei temporali
(cap. xix).
In genere le proibizioni sono divenute più severe e le
sanzioni più gravi. Il segreto si deve conservare ad ogni
costo, pena V espulsione (cap, vi) : anche se altri mostri
desiderio di entrare nella fraternità, si deve fingere di non
appartenervi e rispondere: « mi piace ch'entriamo ». In-
tanto si dee portare il nome per iscritto al governatore
che lo mette a partito nella compagnia a scrutinio segreto,
per riferire del risultato al generale; questi e i visitatori,
fatte le consuete inquisizioni, ne domandano al vescovo
e solo dopo avuto il suo assenso, rifatta all' indietro la me-
desima lunghissima via, il fratello può dirigere il postu-
lante al confessore, che lo interroghi prima e poi lo am-
maestri (cap. III). Tale raddoppiamento di garanzie, già
esagerate nel primo statuto, era certo dettato dalla reazione
contro la larghezza eccessiva con cui erano stati ascritti i
fratelli nei primi tempi della devozione, e fors'anche nelle
•mani della Curia era un mezzo per poter meglio padro-
neggiare la società, ormai potente, e servirsene nel modo
che le sembrasse più opportuno.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 3^7
L' associazione non ha cinquant* anni di vita e giA va
perdendo non poco del suo carattere speciale. Perfino la
flagellazione pubblica da cui essa era sorta e che nei primi
tempi doveva essere raffrenata, va ora in dissuetudine. Lo
statuto del 1355 riduce ad una sola le processioni di peni-
tenza e le dà tanto piccola importanza che neppure ne
parla in un capitolo a sé, come si era fatto nel 13 15, ma
per incidente nella rubrica che impone obbedienza al go-
vernatore (cap. xvi). Prende invece maggiore importanza
r « examinatione » mensile, per cui il vescovo, servendosi
del confessore che da lui è scelto, esercita un sindacato
diretto sui singoli membri della società, obbligandoli a
mutuamente accusarsi delle colpe che abbiano commesso
contro gli statuti (cap. xxi).
Le pene di chi giuochi, bestemmi &c. sono aggravate
(capp. IV, v, vili, vjiii): la quota di trimestrale s' è cam-
biata in mensile e consiste in viii denari (cap. x) : è cac-
ciato chi abbia usurpato beni degli ospedali o deHa fra-
ternità, se non li renda entro quindici giorni (cap. vii).
In complesso pare di scorgere che dal 13 15 al 1355
s'andassero rallentando i legami tra cappelha e cappella e che
ognuna tendesse ad acquistare una tal quale autonomia. La
riforma del 1355 ha per iscopo di ristabilire la compagine so-
ciale, e vuol giungervi sottoponendo tutti ad un'autorità in-
discutibile, quella dell* ordinario. Pure non riesce a cancel-
lare tutte le tracce della trasformazione già iniziata, le
quali, se non m' inganno, traspariscono in due nuove di-
sposizioni, che consacrano la individualità oramai acqui-
sita dalle cappelle contro lo spirito delle prime regole.
Mentre queste in segno di piena fratellanza permettevano
che ognuno fosse libero di prender parte alla disciplina in
quella delle cappelle che gli piacesse, ora si vieta di farlo
fuor della propria (cap. x). Mentre prima chi fosse cacciato,
era riammesso per decreto del generale, ora bisogna che
almeno il maggior numero dei fratelli della compagnia
3^8 'P. Egidi
cui egli apparteneva siano contenti di riaverlo tra loro
(cap. xxix). Insomma virtualmente è piena già quella indivi-
duazione delle varie membra che permetterà ad alcune di
giungere sino a noi, dopo altre trasformazioni, comple-
tamente indipendenti tra loro. Lo statutario cerca di com-
battere questo venticello di fronda e impone con maggior
insistenza la lettura delle regole comuni, ma il bisogno
che sente di minacciare pene severissime (trenta Pater e
Ave di disciplina a chi manchi alla lettura, l' espulsione
per un anno al governatore che non curi si faccia) tradisce
il timore di non essere obbedito (cap. xvii) È già pene-
trato nelle fibre della società il baco che dovrà corroderle
e farle cadere marcite.
IV.
Non abbiamo notizia che questi statuti fossero modifi-
cati in alcun modo nello scorcio del secolo xiv o nel corso
del XV sino all'anno 1482 e dobbiamo credere che secondo
essi continuassero a reggersi le cappelle disciplinate. Però
dalla scarsezza dei ricordi possiamo arguire senza temerità,
che la decadenza fosse rapida assai. Uscirebbe dai limiti
di questo studio ricordare le cause d' indole generale che
si opponevano al rigoglio ch'ebbero i Battuti nei secoli
precedenti. Accenneremo solo che ad aiutare l'opera loro
venne tra noi e l' indole stessa del popolo viterbese, troppo
facile ad annoiarsi di ciò che breve tempo innanzi ha amato
con entusiasmo, e la quiete relativamente maggiore che
la città aveva trovato nel dominio dei papi. La venuta dei
Bianchi, la predicazione di qualche eloquente oratore po-
terono si per qualche istante risuscitare apparentemente,
galvanicamente certi stati di animo, ma la vita vera era
finita. La forza d'inerzia, la quale assai spesso mantiene
in piedi istituzioni anche quando han perduta ogni ragione
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 3^9
di esistenza, fece sì che in Viterbo le compagnie disci-
plinate vivacchiassero ancora. Due avvenimenti miracolosi
che suscitarono profonda commozione negli animi dei cit-
tadini e che ricorderò rapidamente, forse furono loro d'aiuto.
Addi otto di maggio del 144^, « tre mammolini anda-
« rono in S. Maria della Verità, in mercordi su l'ora di nona
« e videro su l'altare della Madonna una bella dama vestita
«di bianco, che cantava; poi videro un omo vestito di
« sacco, a modo di frustatore, che gridava misericordia.
« Poi fu posta cura a quella figura su '1 viso che ci sta
« adesso ; tutta era piena di goccie di sangue, e da quel di
ce in qua ha fatti molti miracoli » (i). La visione ed i mi-
racoli dovettero risuscitare per qualche tempo il fanatismo
religioso e certo a scongiurare i mali che il sudore san-
guigno della Vergine minacciava, le processioni di disci-
plina si successero frequenti, e il sangue sprizzò di sotto
alle sferze e i Battuti andarono per le vie gridando mise-
ricordia a somiglianza di quel loro fratello apparso ai mam-
molini.
Più vivace impressione e d'effetto più duraturo pro-
dusse pochi anni dopo un' altra serie di prodigi, attribuiti
ad un' imagine della Vergine che, dipinta sopra una te-
gola, era stata per lungo tempo esposta alla venerazione
del popolo dall'alto di un tronco di quercia a metà strada
circa tra Viterbo e Bagnaia. A folla vi accorse il popolo
di Viterbo e dei paesi circonvicini; processioni di grazia
e di deprecazione ebbero per meta la santa quercia, e in
copia da ogni parte piovvero olFcrte, che permisero di rac-
chiuderla dapprima dentro un' umile cappelletta e poi in
(i) Niccolò di:ll\ Tuccia, r, ' i" op. cit. p. 56.
Oscure sono le parole: « poi fu pò -ura su '1 viso
" che ci sta adesso », ne saprei in c]ual modo uHcrpu-t.irlc ; torse
è .il n:nit(Mf(ri:iri- : "li.-ur.i, su '1 viso, clic ci sia» t^cc. La copia (.Iella
( 'ilÌ1'.\i\;Ii. di S:au) di Koma ha la data iS di
nia;.;^io.
370 ^- Egidi
im tempio splendido, il più bello che alle nostre contrade
abbia dato V arte del rinascimento (i). Alle processioni
non mancavano i Battuti. Li venticinque di luglio del 14^7
ci venne tutto il popolo di Montefiascone con quaranta-
sette frustatori; ai trenta dello stesso mese quello di To-
scanella con cento frustatori, e cosi quelli di Caprarola,
Carbognano, Bassano, Soriano, Civitella, Bagnala, Bo-
marzo, Vetralln, Lugnano, Canepina e d' altre comunità
« con tutti loro disciplinanti, fanciulli ignudi, frustandosi,
« omini e donne » (2). Per un momento parvero rivivere
gli entusiasmi di penitenza di due secoli prima. Ogni
nuova grazia che si credeva dispensata da Maria, era in-
centivo di nuove processioni di ringraziamento e di im-
petrazione. Notevole tra queste una solenne, indetta dal ve-
scovo ai venti di settembre, perchè ci dà a conoscere la
reverenza che riscotevano ancora a quel tempo i nostri
Battuti. Essi presero posto tra il clero, rivestito dei sacri
indumenti, e il vescovo, occupando quindi un luogo d'o-
nore, mentre le altre compagnie laiche, venendo dopo il
vescovo, chiudevano il corteo (3).
Disgraziatamente dagli archivi delle due confraternite,
che derivando in linea retta dai Battuti avrebbero potuto
conservarci notizie importanti, sono scomparse quasi tutte
le carte che riguardano questi tempi, né ci è dato riem-
pire la lacuna con altro mezzo. Son persuaso del resto che
esse avrebbero confermato il progressivo declinare della
associazione, il quale ci è indicato chiaramente dall'unico
documento di qualche valore che è pervenuto sino a noi:
yo' dire dallo statuto riformato nel 1482.
(i) Intorno alla costruzione della chiesa di S. M. della Quercia
vedi la monografia del cav. C, Pinzi, Memorie e documenti inedili
sulla basilica di S. M. della Quercia, monumento nazionale in Archivio
dell'Arte, a. III, Roma, tip. Laziale, 1890, Vili, 26 sgg.
(2) N. DELLA Tuccia, Cronaca ed. cit. p. 92.
(3) N. DELLA Tuccia, loc. cit. p. 93.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 371
Fa compilato in quest' anno, sedendo nell'episcopato
Francesco Maria Visconti e nel generalato della compa-
gnia Vincenzo di Giovanni. La copia che ci è conservata
insieme a quelle dei due precedenti neirarchivio di S. Maria
Maddalena (i), è composta di due parti nettamente di-
stinte. La prima comprende quarantotto articoli le cui ru-
briche sono ripetute nella tavola che precede le regole;
la seconda altri sette che altra mano scrisse più tardi
senza aver cura di aggiungerne le rubriche alla tavola (2).
Dei quarantotto capitoli della prima parte, trentatre sono
quelli dello statuto B (1355), riprodotti con lievissime
modificazioni di forma e di ordine (3) ; quindici sono di
nuova fattura, ed hanno specialmente per oggetto T am-
ministrazione del patrimonio degli ospedali e della com-
pagnia.
(i) Perg. 0.227X0.155, di un quaderno e di un quinterno, rac-
chiusi in due fogli che nelle prime quattro pagine hanno la tavola,
nelle ultime due decreti episcopali. Calligr. irregolare, gotica della
fine del scc. xv, sino alla p. 37 di una mano, di una seconda mano di
li in poi: correzioni numerose di una terza mano che è quella che
ha steso il primo dei due decreti episcopali (del 1528). Le pagine
contano ventidue linee: le iniziali, le rubriche e la tavola sono rosse.
L'epoca della cop'a è compresa tra il 1482 e il 1528; la parte stesa
dalla prima mano ò di certo anteriore al 1 509 perchè vi si fa men-
zione una volta dell' ospedale di S. Apollonia e più volte della cap-
pella di S. Lorenzo, mentre in quell' anno il primo fu venduto, la
seconda più non aveva vita (cf. p. 373).
(2) La prima parte va dalla p. i alla 37: la seconda da questa
alla fine. La numerazione degli articoli nella tavola è sbagliata: è
stata dimenticata la rubrica dell'art, xxviii (manca di rubrica anche
nel testo) e alla rubrica del xxxi si sono invece dati i numeri xxxi
e xxxii.
(j) I primi ventisette stanno nel medesimo ordine in B e in C.
II xxviii C è quello aggiunto in B dopo il xxxiii, quindi i capi-
toli XXIX, XXX, XXXI, xxxu, XXXIII C corrispondono ai xxviii, xxix,
XXX, XXXI, xxxiii B; il xxxii B 6 stato portato al n. xlvhi C come
chiusura: « Che Tordinamenta si mantengano et non sì posano gua-
« stare».
372 T. Egidi
Il rettore dell'ospedale visiti le possessioni a seconda
delle stagioni, ne accolga ogni entrata, tenendone però in-
formato il camerlengo, possa trattar fìtti dopo conferitone
col generale (cap. xxxiv). Tenga conto degli ammalati
raccolti nell'ospedale, e se muoiano, i denari trovati loro
indosso dia al camerlengo; dei panni, se di valore inferiore
a venti soldi, faccia elemosina, se superiore, li venda e
dia il prezzo al camerlengo (cap. xxxv). Il generale e i
quattro visitino ogni venerdì le cappelle (cap. xxxxiv) e
insieme cogli altri officiali vadano spesso nei fondi della
compagnia e vedano come sono tenuti (cap. xxxx). In-
sieme col rettore e coi quattro, il generale nella settimana
santa faccia limosina di una soma di pane e di qualche
pò* di denaro ai luoghi pii e a quei privati che gli pa-
ressero abbisognarne (cap. xxxxii). Gli ufficiali visitino
spesso gli ospedali e ne riferiscano al generale (cap. xxxviii).
Questi coi quattro durante il suo officio doti T ospedale di
quattro letti con « quattro para de lin(;oli e due pellic-
c( cioni » o provveda quel « che più bisognasse » (cap. xxxix).
Passiamo sotto silenzio altre disposizioni di minor conto
per indicarne due che sono la conferma della opinione da
noi espressa poco sopra. Nei primi statuti si proibiva di
andarsi flagellando per le vie, fuorché nelle processioni
ordinate dai governatori o dal generale : segno evidente
che talvolta il fervore spingeva i frustatori ad uscire
isolati e percorrere la città insanguinandosi le spalle. In
questi invece si sente la necessità di minacciare una multa
di dieci soldi a quel fratello che non vada alle processioni
generaU regolarmente fissate (cap. xlvi). Che più? il nu-
mero dei fratelli si andava ogni giorno più assottigHando ;
le cappelle minacciavano di rimanere deserte. Perfino quella
di S. Apollonia, che pur risiedeva presso l'ospedale prin-
cipale dei Disciplinati, scarseggiava tanto di frequentatori
da far sentire il bisogno di porre negU statuti che ogni
luogo il quale avesse più di venticinque fratelli potesse
La fraternità dei 'Disciplinati di Viterbo 373
eleggerne due, che per un anno officiassero in detta cap-
pella e poi tornassero alla propria, sostituiti da altri due
(( per conservamento dell'ospedale et discipline » ! Né que-
sta disposizione era esclusiva a prò della cappella di S. Apol-
lonia, ma poteva mettersi in atto a prò di ogni altra, che
non avesse più di dodici o quattordici adepti (cap. xlui) (i).
La stessa triste nota di decadimento ci vien fatto di
sentire nei sette articoli aggiunti posteriormente e con
probabilità prima del 1528 (poiché portano correzioni della
stessa mano che scrisse il decreto episcopale di quell'anno
aggiunto in calce). Ci si avvede facilmente che mancano
proseliti che prendano il posto dei vecchi. Al camerlengo
generale che durava un anno, con altrettanta vacazione,
si sostituisce un depositario per tre anni (cap. li): i ca-
merlenghi delle cappelle che stavano in ufficio tre mesi
con sei di vacazione, vi rimangono per un anno e di va-
cazione non si fa più parola (cap. lui) e i governatori si
estniggono a sorte pei tre anni venturi, durando il loro
ufficio un anno (cap. lii). Si è perfino costretti dì ob-
bligare airaccompagnamento dei morti tutti i fratelli e non
più solo quelli della cappella del defunto (cap. xlix).
Nel 1509 una sola delle cappelle sorte nei primi tempi
era ancora in piedi; quella di S. Francesco. Due altre le
erano compagne, annidate, una, facilmente derivata da quella
di S. Lorenzo, nella chiesuola di S. Maria Maddalena,
l'altra in quella di S. Giovanni di Valle, forse figliola della
cappella già residente presso l'ospedale di S. Elena o della
Carità. Le rimanenti erano morte e in quell'annosi spense
anche T ospedale di S. Apollonia che pure era stata la
prima istituzione filantropica della società. Fu venduto per
seicento scudi al card. Fazio Santoro, che suU' area sua
aveva intenzione di erigere un sontuoso palazzo. Ci re-
(1) La rubrica dice: Come si deve supplire al loco
dove mancassero li omini.
374 "P- Egi<'^i
stano il verbale dell'adunanza generale, tenuta a tal pro-
posito dai Disciplinati nell'ospedale di S. Elena, e Tistru-
mento di vendita (i) e sono per noi preziosi, perchè mentre
da una parte ci fanno conoscere che la costituzione della
compagnia non ha subito variazioni notevoli (2), dall'altra ci
dicono esattamente a qual esiguo numero fossero ridotti
i devoti che un secolo e mezzo prima erano sparsi in tutta
quanta la città (3).
Cosi le cure spedaliere dei Disciplinati si restrinsero al-
l'ospizio della Carità o di S. Elena, del quale riassumerò
brevemente le ultime vicende, narrate dallo storico degli
ospizi viterbesi, tante volte citato.
Nel 1514 venne fuso con l'ospedale di S. Sisto per
comune accordo tra i Battuti e l'Arte degli speziali, che
era padrona del secondo: al nuovo ospizio fu dato il nome
di spedale della Misericordia e n'ebbe il governo Pierfe-
lice Tignosini col titolo di commendatore (4). Ma qualche
anno appresso (fine del 1518 o 15 19), per ragioni che
non ci sono ben note, gli speziali e i Battuti cedono ogni
loro diritto sui due ospedali al Comune, che ne prende
(i) Furono pubblicati ambedue dal Pinzi, Ospiti, pp. 372-375,
App. docc. XXII e xxiii. L' adunanza fu in data 25 settembre, la
vendita il giorno seguente. Ambedue sono estratti dal prot. IV del
notaio Spinello Altibelli esistente nell' arch. Notar, viterbese.
(2) Vi sono ancora un generale, quattro visitatori, un rettore ed
un camerario degli ospedali; in ciascuna cappella un governatore e
un camerlengo ; non appaiono piii i quattro discreti.
(3) In tutto erano sessanta; ventitre facevan parte della cappella
di S. Giovanni, ventidue di quella di S. M. Maddalena, quindici di
quella di S. Francesco. Questo ci spiega come l'ultima ben presto
si spegnesse. Dalla relazione dell'adunanza sono dati i nomi di tutti
i fratelli presenti ed assenti, sicché non può sorgere dubbio alcuno
intorno al numero loro.
(4) Pinzi, Ospiti, p. 197 e App. docc. xxxiii e xxxiv. In questi
si parla dei beni degli ospedali di S. Elena e di S. Apollonia. Si
comprende che così s' intendono i beni già appartenenti all'ospedale
di S. Apollonia ed ora passati in proprietà di quello di S. Elena.
La fraternità dei T)iscipliiiati di Viterbo 375
il dominio e ramministrazione (i). A poco a poco intorno
a questo primo nucleo si raccolsero tutti gli spedali laici
della città, collo scopo di dar vita ad uno solo, che, unite
le rendite di tutti, meglio provvedesse alle necessità degli
infermi (2). Questo provvedimento che avrebbe dovuto tor-
nar gradito ad ogni persona di senno e tanto più ai gover-
nanti, invece trovò un oppositore accanito in persona che
meno d'ogni altra avrebbe dovuto esserlo : nel legato del
Patrimonio, card. Nicola Ridolfì. Addì io dicembre del 1528
egli ordinava che gli ospedali i quali volontariamente si
erano fusi (3), tornassero di nuovo a vita individuale, sotto
gli antichi padroni. È difficile stabilire le ragioni vere di
un disposto che rendeva vana Y opera laboriosa di uni-
ficazione del decennio precedente; perchè non è certo
da credere troppo ciecamente al cardinale che dice: « licet
a complura sint hospitalia, nullam tamen fieri erga pan-
ce peres hospitalitatem, incuria et eorum negligentia, qui
« regimini et hospitalium administrationi presunt ». Se que-
sta fosse stata la causa vera, rimedio ovvio ed efficace sa-
rebbe stato di cambiare i rettori conservando Tunità am-
ministrativa, e sottoporli ad un controllo severo, che con
la divisione era invece assai più malagevole (4).
Secondo questo decreto 1' ospedale di S. Sisto tornava
alla società aromatariorum e quello di S. Elena ai Disci-
plinati. Ma non pare che questa scissione fosse tradotta in
efi^etto poiché quattro anni dopo i due ospedali ci appaiono
uniti in un sol corpo (5).
(i) La cessione era già accaduta ai 9 sett. 15 19 ; op. cit. p. 205.
(2) Op. cit. pp. 198, 199; App. docc. XXXVIII, xxxvii, xxix, xl.
(3) Erano quelli di S. Elena, di S. Sisto, di S. Angelo (dei sar-
tori), di S. Tommaso (degli osti), dei Pellegrini (dei calzolai).
(4) V. Append. doc. 111.
(5) « Ser Paulus Voce aromatarius et magister Laur. Arenstori
« rectores hospitalium S. Hclene et Apolonie et S. Sixti, quae ho-
«spitalia sunt unius corpus...»; Martorila hospitalis, e. 18; 20 gen-
naio 15^'.; Pinzi, Ospiti, p. 217, n. i.
37^ "P. Egidi
Nel 1538 poi i due ospedali cessarono di vivere e i
loro beni andarono ad impinguare il patrimonio dell* o-
spedale dì S. Spirito in FauUe che in queiranno era dive-
nuto ospizio comunale (1). Conciò i Disciplinati perdono
ogni partecipazione alla attività ospitaliera della città, se
se ne tolga un*ultima, allorché uniti con i fratelli di alcune
Arti traggono fuori dell* ospedale di S. Spirito i malati e
le masserizie e li trasportano altrove, per sforzare il Comune
a rimuovere l'ospedale da quel luogo inadatto e malsano (2).
Eppure, vedi ironia, è di questo torno, quando cioè le
forze della compagnia sono stremate e rari ospiti rompono il
silenzio e la solitudine delle cappelle altra volta affollate,
è di questo torno l'unico documento che ci dica come i
Disciplinati tentassero di prendere una certa qual parte nella
vita pubblica. Della metà circa del xvi secolo è una pre-
scrizione, che dal tono pare episcopale, la quale impone
ai fratelli il giuramento di mai « né con fatti né con pa-
« role venire contra la publica pace et tranquillità » e di
non praticare luoghi o conventicole in cui si sparU del
governo o si trami contro la quiete: anzi chi avesse no-
tizia alcuna di ciò, sia obbligato a riferirne al governatore,
sia direttamente che indirettamente.
Che se alcuna fazione si levasse... ogni et ciasche fratello sia
tenuto et obligato non andare alle porte di S. Sisto, di S. Lucia,
né alla svolta o alla fonte sine pari o altri luochi dove si ragunino
li solili a malignare; ma, potendo, pigliare le sue arme, andarsene
immediate al palazzo del signor governatore della città o vero nel
luogho deputato da esso, stando ad ogni obedienza del detto per laude
et per honore di Dio et la Siede apostolica et per utilità del pros-
simo et per mantenere detta pace et publica quiete et obviare a tutti
e scandali . . . (5).
(i) Pinzi, Ospìzi, p. 224.
(2) Pinzi, Ospiiì, p. 408, n. li.
(3) In fondo allo statuto C, ce. 22 e 22 B, in bella calligrafia
umanistica del sec. xvi, accuratissima e senza alcun nesso.
La fraternità dei Tìiscipliiiali di Viterbo 377
La deviazione della società dai suoi scopi non potrebbe
essere più completa. Nata per desiderio di penitenza espia-
toria, adombrata da una certa tinta di opposizione alla
gerarchia specialmente ecclesiastica, essa tra le mani del ve-
scovo diventa prima uno strumento di dominio spirituale,
poi un mezzo di governo e quasi di polizia. E questa non
fu forse ultima causa del suo graduale inaridire.
Delle tante cappelle solo due si reggevano in piedi,
quella di S. Giovanni in Valle e quella di S. Maria Mad-
dalena (quella di S. Francesco si era estinta) e più non ci
resta che dare le poche notizie che potemmo raccogliere
intorno alla vita che strascicarono fixticosa fino a noi.
V.
La chiesa di S. Giovanni in Valle esisteva già nel se-
colo decimosecondo. Se anche non ce lo dicesse aperta-
mente una carta di quei tempi (i), con facilità si sarebbe
potuto arguire dai ruderi che ne restano. Secondo la carta
indicata, in quel tempo sarebbe stata parrocchia. Per quanto
però sia da ritenere che la valle del Duomo, ora deserta,
fosse allora seminata di numerose abitazioni, non saprei
credere con sicurezza che la parola debba esser presa nel
senso che ha conservato in seguito e che conserva tuttora,
piuttosto che in quello, non raro a quei tempi, di chiesa
di campagna (2). Alla prima opinione mi spingerebbe il
trovare nella medesima carta la stessa qualità attribuita oltre
che a S. Giovanni anche a due altre chiese delle quali una,
(!) Vedi Appendice, doc. i. Le ultime parole della carta sono:
« . ..Guido... concessit terra illa in testimonio populi qui ibi fuerunt,
« scilicet D[omin:cus] de parodila S. Blasii, et magisler Andreas de
« parochia S. Pclegrini et Simious de parochia S. lohannis
« in \' a 1 1 e » .
(2) Cf. DucAKGE, Glossario^ ad vcrbum.
378 T, Egidi
S. Pellegrino, la ritenne sino ai nostri giorni, T altra,
S. Biagio, la perdette solo in tempo a noi relativamente
assai vicino (i).
Più difficile è stabilire in qual tempo abbiano messo
sede nella chiesa i nostri Battuti. Essa non compare tra
quelle che li ospitavano nei secoli xiv e xv, e se dobbiamo
credere ad una notizia conservataci nel Liber ecclesiastl-
coruiìi, non {qcq che raccogliere F eredità della cappella di-
sciplinata dell'ospedale di S. Elena (2). Quando avvenisse
r esodo resta avvolto di tenebre. La perdita del massimo
numero delle carte che conservava l'archivio della confrater-
nita del Gonfalone, fighuola di quella di S. Giovanni, ci im-
pedisce ogni ulteriore indagine. Secondo T anonimo autore
della Risposta ai quesiti della sacra visita del 1861, si aveva
menzione dei Disciplinati di S. Giovanni in un istrumento
del 1448, anch' esso disgraziatamente scomparso (3). Non
(i) S. Biagio era parrocchia ancora verso la fine del sec. xvi
(Pinzi, Ospìzi, p. 252), S. Pellegrino lo è tuttora. Questa chiesa è
slata restaurata nel 1899 a spese del vescovo A. M. Grasselli. Il re-
stauro se può avere un qualche pregio artistico non ne ha alcuno sto-
rico. Esso si ridusse più che altro a rinnovare il pavimento e ad
addossare una facciata in concio (elegante per verità) all' irregola-
rissimo edificio, quale a noi è pervenuto attraverso tre o quattro ri-
costruzioni, fatte senza alcun criterio artistico, e fors' anche senza
altro criterio che quello di utilizzare per la fabbrica ruderi di co-
struzioni vicine. Della chiesa più vetusta resta in piedi solo la parete
nord, che si distingue per maschia severità dai rabberciamenti po-
steriori. Nel rinnovare il pavimento, venne alla luce la pianta pri-
mitiva. Essa era rettangolare, molto più corta e stretta della presente,
giungendo con una piccolissima abside ai gradini che ora dividono
il presbiterio dal resto della chiesa, e con le pareti meridionale e
occidentale (prospetto) a circa due metri dalle presenti.
(2) « Pro venerabili confraternita Sancti lohannis Baptistae in
«Valle olim Disciplinatorum Sanctae Helenae, hodie vero nuncupata
« Confalonis comparuit &c. »; ardi. Episcop. Vit. ; Liher ecclesiastico-
min, a. 1601-1608, e. 75 b.
(3) Ardi, del Gonfalone, Risposta &c. p. 17. Quest'opuscolo ms.
non porta nome d' autore. Però non esito un istante ad attribuirlo
La fraternità dei "Disciplinati di Viterbo 379
credo però conforme a verità la notizia, poiché ci consta
che nel 1^66 ancora era viva la cappella dell'ospedale di
S. Elena (i). Cosicché per conoscenza diretta non possiamo
risalire oltre all'anno 1509, col mezzo dell'atto di vendita
dell' ospedale di S. Apollonia di cui parlammo poco sopra,
al quale intervengono « Angelus Nicole Clementis gu-
« bernator societatis disciplinatorum S. lohannis Baptiste,
« Sixtus Petri Piatosi camerarius » e sedici confratelli, es-
sendone assenti altri sette (2). Il misero numero degli adepti
mostra la decadenza della società e ci fa meglio compren-
dere le cause della trasformazione accaduta mezzo secolo
dopo (3). Fu nel 15^0 che si decise di chiedere l'aggre-
gazione alla archiconfraternita del Gonfalone di Roma, con
la partecipazione di tutte le indulgenze e dei privilegi di
al signor Gabriele Cristofori allora segretario, uomo di cultura scien-
tifica superiore, di animo tanto integro e retto che ancora viene ri-
cordato con desiderio da quanti ebbero la fortuna di conoscerlo.
Nello stesso archivio è conservata anche un' altra risposta ai que-
siti della sacra visita del 1868, la quale non è che una copia letterale
della precedente. Al cav. Luigi Cristofori, nipote di Gabriele, e pre-
sentemente capo della confraternita, porgo qui le grazie più vive
per la gentilezza con cui permise e agevolò le mie ricerche nell' ar-
chivio.
(i) Cf. il doc. citato dal Pinzi, Os[>iii, p. 127, n, i, datato ai
25 marzo di quest'anno.
(2) Cf. p. 374.
(3) Dal 1509 al 1560 ci sono conservate pochissime carte in un
Libro D contenente memorie de' lasciti falli a S. G. dà disc, dell'arch.
del Gonfalone. È il solo volume di qualche valore che vi si trovi.
Comprende atti trascrittivi senza alcnn ordine cronologico tanto che
il più antico datato nel 1552 (a margine per errore 1572) si trova a
e. 22 B, mentre il primo ò del 1591 (e. i). Fu cominciato di certo
nei primi anni del sec. xvii o negli ultimi del precedente e giunge
sino all'a. 1705. Da due documenti citati dal Pinzi (O.piii, pp. 270-
271, nota) sappiamo che ai 26 marzo 1515 il capitolo del Duomo
concedeva in enfiteusi ai Disciplinati di S. Giovanni la chiesa di
S. Donalo (tra il Duomo e l'ospedale), la quale ai 19 ottobre 1519 fu
da questi venduta al card. Egidio.
Archivio della R. Società romana di storia yatria. Voi. XXIM. 2)
380 T. Egidi
cui essa godeva (r). Ambedue le società avevano origine
comune, poiché anche la romana era sorta per opera dei
DiscipHnati nei primissimi tempi della devozione: ma già
da un secolo e mezzo essa aveva modificato T indole sua,
proponendosi un'opera ben più meritoria ed utile che non
la penitenza, e ben più conforme ai nuovi tempi : la re-
denzione degli schiavi (2).
Se, come credo, lo scopo dell' unione pei Viterbesi era
d' infondere nel corpo agonizzante vita novella, possiamo
dire che in parte almeno esso venne raggiunto, come ci
mostra il numero dei fratelli notevolmente aumentato (3).
Segno dell' antica origine rimase ancora per un ventennio
il nome di « honoranda societas S, lohannis Baptistae Di-
ce sciplinatorum in Valle « (4), ma la essenza della società e
la sua interna costituzione erano radicalmente cambiate. Se
da principio scompaiono solo il sottogovernatore, il limo-
siniere e i quattro discreti, e si conserva il governatore (5),
ben presto anche questo cede il posto a due rettori che ac-
centrano ogni potere (6) e che prendono più tardi il nome
di guardiani (7), il quale conservano fino ad oggi. Di pro-
cessioni di disciplina e di penitenza più non si fa parola.
(i) Ardi. Notar. Vit. 25 aprile 1560, Protoc. I di Iacopo del-
l'Anna; Pinzi, Ospiti, p. 125, nota. La Risposta cit. p. 18, assegna
a tal fatto 1' anno 1561.
(2) RuGGERi, L' archi confraternita del Gonfalone ài Roma, Roma,
Morini, p. 248. L' archiconfraternita del Gonfalone di Roma già si
adoperava a tal fine nell' anno 1404.
(3) Addi 3 agosto 1562 intervengono ad un'adunanza trenta-
nove fratelli, i quali hanno mandato anche « prò absentibus )>. Alla
riunione del 12 gennaio 1566 erano presenti ventitre fratelli oltre gli
ufficiali, e anche allora hanno mandato per gli assenti. Arch. Gonf.
Libro D, e. 3 B e e. 14.
(4) L'ultima carta in cui trovo questo titolo è dell' a. 1581 ;
arch. del Gonf Lib. D, e. 28 b.
(5) Atti del 3 e dell' 11 agosto 1562; ibid. e. 3 b e e. 6.
(6) Istrumento del 18 gennaio 1563; ibid. e. 7 b.
(7) Istrumento del 12 gennaio 1566; ibid. e. 14.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 381
Quando poi con bolla del 19 gennaio 1381 Grego-
rio XIII volle dare maggiore impulso all' opera di reden-
zione degli schiavi e officialmente ne incaricò 1' archicon-
fraternita del Gonfalone di Roma, modificandone appunto
in quel senso i vecchi statuti (i), l'unione della nostra so-
cietà con quella della città eterna divenne anche più intima
-e profonda. La compagnia di S. Giovanni si fonde con
quella dell'Annunziata di Viterbo per formare un sol corpo
che si sottoponga alle regole fissate per il Gonfalone di
Roma dal moiu proprio di Gregorio e che prenda perfino
il nome della madre adottiva (2). Cosi fin T ultima traccia
-dei Disciplinati scompare : la « societas Disciplinatorum
« S. lohannis in Valle» che nel 1560 era divenuta « so-
« cietas Disciplinatorum S. lohannis in Valle sub titulo
« Confalonis », d'ora innanzi è semplicemente la a societas
<( Confalonis in ecclesia S. lohannis in Valle » (3).
Più di ottanta anni ancora hi nuova confraternita con-
servò per sua sede questa chiesetta, poi nella seconda metà
del secolo xvii sentì il bisogno di averne un'altra, la
-quale si trovasse in luogo meno deserto e meno eccen-
trico (4), e fosse più degna della floridezza a cui si era
pervenuti. Fu decretata l'erezione della nuova chiesa sulla
(1) Cf. RUGGERI, Op. Cit. p. 250.
(2) La fusione tra le due società viterbesi ha luogo addi 17 giu-
gno 1581: dalla carta che ce ne conserva la memoria si vede che
-essa non avviene sulla base della perfetta eguaglianza, ma che in-
vece i Disciplinati si riservano un certo predominio. Per es. l'elenco
dei fratelli si deve aprire con uno di S. Giovanni; segue uno del-
r Annunziata, poi tre di S. Giovanni, poi uno dell'Annunziata. L'ul-
timo deve essere dell' Annunziata. Il vescovo di Viterbo confermò
l'unione ai 27 dello stesso mese; arch. del Gonf. e. 28 B.
(3) È questo il titolo della società in tutti gli atti posteriori
al 1581.
(4) Già da due secoli la valle del Duomo si era andata spo-
polando e in questo momento era poco più abitata di quel che sia
ni giorno d' oggi.
582 "P. Egidi
fine dell'anno 166^, e il 2 dicembre di quell'anno per du-
cento scudi fu comperato da Paluzo Paluzi e da Decio An-
caiani « quendam situm seu horticulum cum turraccio »
sul quale farla sorgere (i). Senza por tempo in mezzo con
gran solennità fu posata la prima pietra per mano del ve-
scovo Giovanni Brancacci, appena diciannove giorni dalla
compera del terreno (2) : ma a questa premura iniziale non
corrispose in seguito pari alacrità. O che i calcoli preven-
tivi riuscissero fallaci e le risorse della società non potes-
sero far fronte rapidamente alla spesa ; o che si cambiasse
più d' una volta il piano di costruzione, o qualunque altra
si fosse la causa, i lavori furono condotti con tale lentezza
che solo nel 172^ fu terminata la facciata (3).
Sarebbe stato di un certo interesse per la conoscenza
della vita economica viterbese, T arrivare a stabilire T in-
sieme delle spese sostenute per la fabbrica e più F ammon-
tare delle mercedi degli operai; per disgrazia si è perduto
il libro che doveva contenere tali appunti e da quello degli
introiti ed esiti, assai monco e disordinato, si arriva a com-
prendere ben poco (4). N.eppure si arriva a stabilire quando
(i) Arch. del Gonf. Lih. D, e. 336 b. Sotto la stessa data a e. 341
è registrata la compera di ragioni utili del sito scelto per la chiesa.
Notaro è Polidoro de Polydori. Per far queste compere la società
aveva dovuto vendere un orto che aveva.
(2) Il 21 dicembre 1664 secondo la già citata Risposta; il Pinzi,
loc. cit., dà l'anno 1665.
(3) Dalla Risposta cit. loc. cit. Sulla fascia sottostante al tim-
pano corre la iscrizione: « Archiconfratern. Confalonis erexit a. D.
.M.DCCXXVi. ». Le due e sono erose.
(4) Dal 1663 al 1673 sono registrati appena cinque o sei ver-
samenti fatti dai depositari prò tempore della compagnia a certo
Pettorossi amministratore dei fondi perla fabbrica. Ai 17 ottobre 1672
Massimiliano Rossini consegna al Pettorossi scudi cento, residuo
della precedente amministrazione (arch. del Gonf. Lib. dell' entrata
ed uscita dal 1 595-1675, e. 369). Ai 22 luglio 1675 lo stesso Rossini
dà al Pettorossi scudi quarantacinque e ordina al Poggi, precedente
depositario, dì pagare al pittore Francesco Strigelli, per lavori fatti
La fraternità dei ^iscipiittati di Viterbo 383
la vecchia residenza fu abbandonata per la nuova. Pare
però che non si aspettasse che questa fosse interamente
perfetta, poiché non troviamo più menzione di riunioni in
S. Giovanni di Valle dopo Y anno 1670 (i). Deserta e ne-
gletta essa venne ridotta a magazzino, mentre ad ornare
la chiesa del Gonfalone si chiamavano gli artisti migliori
che avesse allora la città nel suo seno. È anzi cosa note-
vole che, mentre della loro vita tre volte secolare i Discipli-
nati nostri non ci lasciarono alcun documento artistico, pur
noverando tra i fratelli pittori, scultori ed orafi di non
spregevole valentia (2), la nuova corporazione ci offra nella
sua chiesa come una raccolta delle opere di quanti cittadini
si distinguevano nelle arti in quei tempi, tanto che essa può
considerarsi come un museo della pittura viterbese dello
scorcio del secolo xvir. Non vi sono certo racchiusi dei
capolavori, ma T esclusivismo, foss' anche dettato da gretto
spirito di campanile, fu in certo modo utile per noi, cui
basta visitare questo tempio per farci un'idea abbastanza
esatta di quel che valesse 1' arte cittadina del tempo (3).
nella chiesa, scudi dieci (ibid e. 369 b). Egualmente versa «se. 60
« b. 22 », residuo attivo della gestione Calabresi (io dicembre 1673,
e. 376), e così ogni altro resto attivo delle amministrazioni da lui
sindacate (e. 385 b). È impossibile però formarsi un'idea anche ap-
prossimativa, perchè non si dà quasi mai giustificazione dell' esito.
Il depositario Poggi, per esempio (1663-73), non fa che dire : «date
«a... come per mandato», e i mandati sono perduti. Nemmeno è
facile discernere in che modo fosse tenuta 1' amministrazione. Con-
temporanei ed anzi inseriti l' uno nell' altro troviamo conti del de-
positario e dell' esattore. Per curiosità segnerò alcune cifre totali.
Nel 1645: entrata se. 308.37, uscita se. 292.73 1/2; "el 1648: entrata
se. 824.98, uscita se. 802.88; nel 1653 : entrata se. 318.10, uscita
se. 224.98; nel 1654; entrata se. 208.53, uscita se. 175.05. Dal 1656-
1662; entrata se. 2607.331/.^, uscita se. 1852.63 (ibid. ce. 316B-323).
(i) L'ultima è del 2 agosto di quest'anno; ardi, del Gonf.
Lib. D, e. 360 B.
(2) Cf. Pinzi, Ospiii, p. 128.
(',) Per la descrizione della chiesa e dei dipinti ivi conservali
384 T. E gì di
VI.
La fortuna ci volle conservare alcuni documenti che
ci fiinno assistere alla nascita e al primo sviluppo della
chiesa di S. Maria Maddalena, nella quale pur ora vive
stentatamente la confraternita che più a lungo d' ogni altra
conservò vestigia degli antichi Battuti. Nel secolo xii i
monaci di S. Salvatore del monte Amiata possedevano in
Viterbo le due chiese di S. Giovanni di Sonza e di S. Marco,
le quali facevano officiare ed amministrare da alcuni oblati.
Nel ii^o tra questi era un tal prete Canonico, cui venne
in mente d' impiegare il denaro di dette chiese nella co-
struzione di un ospedale e di una chiesuola. A tale uopo
pose l'occhio su di un terreno situato nella contrada di
Filello a pochi passi dalla porta urbica di S. Biagio. Questo
terreno era in mano di due proprietari, da uno dei quali
Canonico comprò il dominio, dall'altro ne ottenne dona-
zione, avuto riguardo alla pietà delle sue intenzioni (i).
rimando alla Guida dei principali monumenti di Viterbo di C. Pinzi e
alla Risposta più volte citata.
(i) Ricavo queste notizie dai Documenti Amiatini pubblicati da
C. Calisse neir Arch. della R. Soc. rom. di stor. patr. XVIII, fase, i
e 2. 11 doc. LXi, p. 117, dice che Rufo di Vitorchiauo vende e Neri-
cone di Zaccaria dona a Canonico « unum petium de terra ad ho-
« spitalem in servum (servitium?) servorum Dei levandum ad uti-
« litatem peregrinorum et pauperes Cliristi; que terra reiacet in loco
« qui vocatur Filello, prope portam Sancti Blasii et habet fines et
« accessiones ab una parte olivetum et ripam Sancte Marie Nove, a
« duabus vero partibus viam publicam ... » ; aprile 1 160. Questa con-
trada aveva il nome di Filello fin dal 1060 (cf Pinzi, Ospiti, p. 3/1):
le ripe che la limitavano verso sud-est presso la chiesa di S Ma-
riano, avevano ora preso il nome di ripe di S. Maria Nova, da al-
cuni possedimenti di questa chiesa {Doc. Amiatini, n. lxiv, a. 1165,
un fondo in Filello ha per confine « a secunda casalinum S. M. N. »):
la porta urbica prendeva il nome di « porta S. Blasii » o « porta
« Filelli » (doc. LXIV, p. 119, aprile 1164 o 65), che poco più tardi,
La fraternità citi 'Disciplinati di Viterbo 385
Tre anni dopo ospedale e chiesa erano costruiti, ma que-
st' ultima non ancora consecrata, e Canonico che fino a
quel momento aveva agito di sua testa, senza procurarsi
la debita approvazione dell' abate di S. Salvatore, se volle
continuare nell'opera intrapresa, dovè fare verso di lui atto
di completa dipendenza. In premio della sottomissione
r abate lasciò a Canonico la libera amministrazione della
chiesa e dell'ospedale a sua «et pauperum sustentationem,
c( quos semper misericordiae oculis respicere soles » (i).
Dell' ospedale è scomparsa ogni traccia ; a mio credere
sorgeva di fronte alla chiesa sul lato opposto della strada,
e a quella era unito per mezzo di un cavalcavia (2).
dalla nuova chiesa, cambiava in quello di « porta S. Marie Magda-
« lene » (doc. lxvii, p. 123, a. 1 193). Sono importanti queste notizie,
perchè unite con quella che ci dà un'altra carta (lxiv cit ) di un
« murum Viterbii » in questo stesso luogo, ci permettono di stabilire
che già in questo tempo per mezzo di mura le ripe del castello del
Duomo erano congiunte con il prato di Cavalluccalo e il borgo di
Sonza.
(i) Calisse, op. cit, doc. LXiii, 4 giugno 1163: « Ego Cano-
« nicus... omnia quae habeo et presertim maxime ecclesiam n on-
ce dum consecratam Sanctae Mariae Magdalenae cum suo ho-
« spitali et cum omnibus appenditiis suis et omnibus ad se pertinentibus,
« iuri et potestati iamdictae ecclesiae Sancti Salvatoris suppono, licet
« ipso iure supposiia sit et ad eam pertineat, cum ex pecunia eccle-
« siae Sancii lohannis de Sonsa fundus sit comparatus in quo est
« aedificata ».
(2) Se non si accetta questa ubicazione, diffìcilmente si possono
spiegare i confini del casalino donato nel 1164 (o 65) da Cecco di
Vetralla a Canonico: «casalinum quod reiacet iuxta portam Filelli
« et habet fines et accessiones ab una parte murum Viterbii, a sc-
ic cunda casalinum Sanctae Marie Nove, a tertia iam dictum hospi-
« tale, a quarta vero viam publicam »; Calisse, op. cit. doc. lxiv.
Se non m' inganno, questo pezzo di terra corrisponde all' orto che
ora si trova di fronte alle conce dei Petri sotto il giardino Chigi, e
che tocca il vecchio muragllone, residuo dell* antica cinta murata. A
tale ubicazione mi spìnge anche la notizia data dal Pinzi {Ospìjj,
p. 231) di un arco, ce cum una stantia supra », che cavalcando la via
^U T. Egidi
Nel 1 193 Canonico era già morto o almeno non aveva
più r amministrazione della chiesa (i): dopo di lui si suc-
cedono vari procuratori di S. Salvatore del monte Amiata
dei quali non fa bisogno parlare in questo luogo. Ram-
menteremo solo prete Leonardo, sotto il rettorato del quale
fu concluso un notevole contratto tra la chiesa e i bifolchi
del territorio viterbese. Centosettantasette di costoro, of-
ferta una campana ad onore di Dio, della Vergine, di S. Maria
Maddalena « et sancti Caloci » (?), promettono di recare
ogni anno alla chiesa un cero, le primizie e le decime che
« Deus in cordibus. .. mittet » e nella Pasqua un' oblazione,
a patto che, se malati, siano accolti e custoditi dalla chiesa
« donec liberentur vel moriantur », e Leonardo si obblighi
a donar loro una casa in cui possano ricovrare il fru-
mento e trovare ospizio nelle malattie, fornendola di tre
o quattro « lectulos » ; e pei morti prometta di allestire
tre sepolture « vel tres canteras » o di donare terreno ove
essi scavino le tombe. Da ultimo ogni anno nella festa
della chiesa dia loro vino « ad . . . libitum » e a Pasqua
«agnumquod bene sufficiat » ; né nomini o licenzi chierici
senza il consenso loro «et parrophianorum » (2).
univa la chiesa ad una casa di sua proprietà; arco che fu distrutto
solo nell'anno 1539, ed in cui mi pare di riconoscere un mezzo di
comunicazione tra la chiesa e l'ospedale piuttosto che i resti della
porta urbica, come crede il Pinzi. Questa doveva essere più a monte
e precisamente un poco sulla sinistra del Ganfione, protetta dalla
torre dì cui ancora si scorgono i resti. Nel catasto del 1574 con-
servato neir arch. di S. M. Maddalena si dice che 1' ospedale si tro-
vava presso la chiesa di Santo Spirito. I documenti citati sfatano
questa opinione : come essa sia sorta si può arguire da quanto di-
cemmo a p.. 369, nota i.
(i)GH era succeduto un prete Fidanza; Calisse, op.cit. doc.LXYii.
(2) Questo documento fu pubblicato già dall' Orioli, Gìorn.
^/raJ. CXXXVl, 203 sgg. e poi dal Calisse, op. cit. doc. lxix, p. 126,
II agosto 1196. Intorno al modo di intendere la parola « parrophia-
« norum » si veda quel che dissi a p. 377.
La fraternità dei T)isciplinati di Viterbo 387
Mi parve interessante soffermarmi su questo avveni-
mento, dal quale non sembra ardito ritrarre T esistenza
di una associazione di bifolchi già nella seconda metà del
secolo XII, poiché, sebbene nella carta non si accenni aper-
tamente ad un'Arte costituita, pure Tatto ha tutta l'aria di
esser redatto e fermato per conto di un vero e proprio ente
collettivo (i).
Da quest' istante sino alla fine del secolo xiii potremmo
seguire, sebbene non troppo davvicino, la vita economica
ed amministrativa della chiesa. Le carte Amiatine edite dal
Calisse e quelle inedite conservate nel R. Archivio di Stato
di Siena ci danno notizia dei vari rettori che si succedet-
tero nella chiesa sino al 1279 e di parecchi dei loro atti:
ma soffermarcisi qui escirebbe dall' indole del nostro la-
voro (2). Dopo questo termine non ci occorre più alcuna
notizia anteriore al secolo xv e anche di questo ne restano
scarsissime per abbondare invece nel secolo seguente e spe-
cialmente nella seconda metà. Né di ciò si deve far me-
raviglia, quando si pensi che un « irreparabile incendio »
(i) Cf. infatti r indicazione d'un santo protettore (san Calocio),
il dono di « unam bonam campanam », il presente annuo di « hu-
« num bonum cereum sive bonam faculam », la sepoltura comune ìn:c.
(2) Basti qualche cenno. Nel 1197 era ancora rettore Leo-
nardo che ai 2 febbraio comperava da Ranuccio Bellamogne e dai
suoi figli la metà di una vigna per otto libre di denari senesi (Ca-
lisse, op. cit. doc. Lxx, p. 128). Agli II febbraio 1240 fu nomi-
nato Bartolomeo economo, sindaco e amministratore (Arch. di Stato
senese, Diplomatico. S. Salvudore in Montamiata, copia aut. dell'S feb-
braio 1244). Nel 1256 Bartolomeo ancora era vivo (ibid. carta 5 feb-
braio): era morto invece nel 1266, sostituito temporaneamente da
« Monaldus Richi clericus de Viterbio » (ibid. carta del 24 maggio),
che nello stesso anno rimette V ufficio a Pietro monaco dì S. Sal-
vadore dell' Amiata (ibid. altra carta della stessa data). Nel 1279 tro-
viamo rettore Giovanni monaco di S. Salvadore (carta del 20 maggio).
Dopo quest' anno più non ci soccorrono notizie della chiesa nelle
carte Amiatine, sebbene altre notizie viterbesi si incontrino sino al-
l'anno 128S.
388 T. Kg idi
divorò quasi completamente la chiesa addi 22 luglio 15^7
e con essa anche quasi tutte le carte dell'archivio (i). Ci
manca modo pertanto di stabilire esattamente il momento
che i Disciplinati vi si insediarono: solo crediamo che si
possa riuscire a racchiuderlo in brevi confini. Infatti tro-
viamo in possesso della confraternita gli statuti che erano
stati esemplati nel 1482 per la cappella di S. Lorenzo (2),
e in alcune rubriche di essi è cancellato il nome di questo
santo per sostituirlo con quello di S. Maria Maddalena. Sic-
ché avremmo il termìnus a quo. Il terminus ad quem ci è
poi dato dall' istrumento di vendita dell'ospedale di S. Apol-
lonia più volte citato (1509) che tra le fraternite segna
(i) Di questo incendio, oltre che nelle memorie archiviali, resta
traccia nel fabbricato della chiesa, di cui la parte inferiore appar-
tiene alla costruzione antichissima, la superiore con la copertura
alla ricostruzione del 1568. L'archivio presentemente contiene: 1° Gli
statuti di cui abbiamo parlato passim ; 2° Un libro d' istrumenti
cartaceo che comincia dall' a. 1553, ma vi è inserito anche un foglio
contenente una carta del 1447; 3° Nota delle spese fatte per riedifi-
care la chiesa dopo l'incendio: comincia ai 22 luglio 1567; 4° Ma-
tricola dei fratelli e degli uffiziali defunti dal 1 568-1666; 5° Quattro
pagine con frontispizio del libro dei cacciati dopo il 1568; 6" Ca-
tasto e inventario del 1574, cui sono aggiunti quelli del 1625, 1634,
1636, 1645, 1674, e il libro dei sindacati dal 1568-1590; 7° Libro
delle entrate e frutti della chiesa di S. M. dell' Hedera a cominciare
dal 1606; 8" Libro d'istrumenti ed obblighi a favore di S. M. Mad-
dalena dal 1657- 1838, con copia d'un istrumento del 1619 (e. 74);
9** Matricola dei fratelli, degli uffiziali e dei defunti dal 1660-1898;
10° Catasto dal 1761-62; 11° Libro delle doti dal 1 661 -1858; 12" Libri
dell' introito ed esito dal 1842-1860 e dal 1865-1879; 13° Libro degli
affitti e delle rendite. Con questi documenti non sarebbe impossibile
rifare la storia economica della società dalla metà del secolo xvi
a noi. Non mi fu dato di vedere l'attuale statuto della confraternita
perchè non conservato nell'archivio, ma in casa d'uno degli ufficiali,
ai quali mi piace qui render grazie per l'agio che mi concessero di
rovistare tra le carte dell'archivio e di trascrivere gli statuti
(2) Stat. C, e. 3 ; comincia: « Ihesus; per la fraternità di Sancto
« Lorenzo ».
La fraternità dei T)isciplinati di Viterbo 389
anche la nostra. È facile concludere che appunto dentro
questo lasso di tempo, i Disciplinati, abbandonata la catte-
drale, venissero a porre stanza nel piccolo oratorio, più
conveniente al loro esiguo numero.
L'ospedale era sparito interamente, ma la chiesa con-
servava ancora nel 1574 dipendenza dal monastero di S. Sal-
vatore, cui pagava un annuo canone (i). Tre anni avanti
anche questa fraternità aveva fatto domanda d'essere unita
a quella del Gonfalone di Roma (2), seguendo l'esempio
della consorella di S. Giovanni : pure ha conservato sino
ad epoca a noi vicinissima T uso della penitenza dei Disci-
pUnati, sebbene ne abbia abbandonato pure l' abito (3).
Sullo scorcio del secolo xvi impiegò le sue rendite per
r erezione di una chiesa a poca distanza dalla porta urbica
di S. Lucia, sulla via che conduce al santuario di S. Maria
della Quercia. Il nuovo edificio, che veniva a prendere
il posto di una misera cappelletta e da questa togHeva il
nome di S. Maria dell' Edera, fu incominciato ai 15 giu-
gno 1579, gettando la prima pietra il vescovo Carlo Mon-
tilio. La flicciata fu compita nel 1595 con l'aiuto concesso
dal cardinale Mariano Perbeni (4) e dal vescovo della
città; ma i lavori durarono ancora qualche anno (5). Ci
sono conservate parecchie notizie intorno alle spese so-
stenute per questa costruzione e alle lotte che sorsero per
essa tra la Curia e la confraternita; qui ci basti ricordare
(r) Arch. di S. M. Maddalena, Libro degli istrtim. e. io b e
ce. 262-265; Catasto del 1574, e. 2.
(2) L' istrumento ne è conservato in un quadro appeso nllc pa-
reti della camera di disciplina, 23 dicembre 1571.
{]) Anche dopo il 1870 si univano per far disciplina.
(4) Questa e la precedente notizia sono date dalla iscrizione che
si legge sopra la porta mediana della chiesa.
(5) Nel 1608 fu ridotta internamente allo stato presente; arch.
di S. M. Maddalena, Memorie delle entrate di S. M. dell' Edera ^ e. i.
Nel 1606 vi fu messo un cappellano; le entrate annue erano dai
sessanta agli ottanta scudi ; ibid.
390 7^. Egidì
che la chiesa, sebbene non ricca, pure ci porge nella purezza
delle linee un buon esempio dell'architettura cinquecen-
tista.
Nei tempi successivi^ datosi esclusivamente alle ceri-
monie del culto, il pio sodalizio menò vita misera e sten-
tata, finché nel 1892 perdette i suoi beni per Y incamera-
mento comandato dalla legge sulle Opere pie ed oggi la
chiesetta è ordinariamente chiusa: solo di rado i fratelli vi
si riuniscono" a salmeggiare durante la celebrazione della
messii, ma di flagelli e di battiture resta appena il ricordo.
Girgenti, 3 giugno 1900.
Pietro Ecidi.
La fraternità dei disciplinati di Viterbo 3 9 1
APPENDICE
I.
II43-
[^Archivio della Cattedrale di Viterbo, perg. 7 a] (i).
[In] nomine domini nostri Ihesu Christi cum Patre et Spirita
sancto, amen. Tempore domini Celestini secundi pape, anno primo
mense]... septimanis (a) indictio. Scripta bone memorie nostre fra-
ternitatis qunm prò Dei amore et nostrorumque peccaj[torum] re-
dempcione fecimus, sicut [boni] antesessores nostri quorum no[mina]
asubtus scribenda sunt. Prius Gilius et Galterius (b) atque Gui do et
Anivinus invenerunt et in manu Boni[c]ardi presbiteris Sancti Lau-
rencii constituerunt et per stolam invenerunt et se| ... st fecisti vitam
omnium. Sex fratres convenirent simul, octo denarios infortiatorum
colligerent, caritatis nostre I oleo ad lumen duplum in lampada ante
senctum CO altarem Protogenii suisque sociis lumen redderent, et de
predicta cari tate fratribus nostris indigentibus subvenirent, et si quis
de fratribus nostris aliqua parte unius diei perrexserit et aliquo | im-
pedimento tcmtus fuerit quod per se redire non possit, nos fratres
cum caritate eum reducere et si morte occuavejrit et [indigue]rit,
vel non habuerit de suis, debemus eum cum cereis et alio nostro
adiutorio sepellire onorifice | in canteris nostris ante Senctum Lau-
rcncium a predicto archiipresbitero cum suis fratribus nobis concesse.
(a) Nella lettura nessun dubbio; forse septimanae per septimae (b) Galerins?
(e) Lettura incerta : parrebbe piuttosto penctum (?)
(i) Copia non autentica del scc. xii, scrittura longobarda. È
obliterata in alcuni punti lungo il ni.iginc sinistro, sicchò mancano
alcune lettere in principio di riga. Le lettere e \c p. ir. tic i,u\!iii:i'
dentro pare-" •■ • • •• • y.cWc sostituite alle illeggibili. l'ubM. ;m.i .i.il
PlN/.l, O/v . Appcnd. 11. I. Qui si d.'i più coniiMcti <•
corretta.
392 'P. Egidì
Et nos memoraci arjchilprcsblter et fratres nostri dedimus et per
invenistimentum concessimus vobis vestrìsque et absentibus (*) Sancta
Maria liev|... ales seper (b) predictam fraternitatem et tenentibus in
perpetiium nostre fraternitatis et caritatis elemosinis, oracionibus, \ of-
ficiis et omnibus beneficiis participes fierent Manfredus et Camari et
Girardus cum Elia et Albertinus. 1 Et si quis de predictis fratribus
nostris de ista fraternitate a nobis scandalizaverit aliquo modo et ad
mandacilonem venire volueritCO postquam appellntus fuerit, et in su-
perbia stare voluerit, nostro ] nuncio patri nostro intimatum vetet ei
penitenciam donec emendaverit. Quod si non | vetaverit erit bene epi-
scopo proclamationem facere et officium eì proibere. Et inventores
recupejratores huius nostre fraternitatis Mamfredus cum sociis suis,
Rainerius si licet in futuro seculo | mercedem accrescat ar.imabus
eorum : et si aliquis homo destruere voluerit istam fraternitatem |
vadat sub pena idest (?) .v. uncias auri ad curiam domini pape. Forstu-
natus. . .
Neìlo stesso foglio e nella stessa pagina di altra mano di età però
poco differente continua :
[In nomine Patris et Filli et Spiritus sanctl], amen. Sanctus Pro-
tegenus papa instituit istam fraternitatem hospitale de Valle S, Leo-
nardi. Quiscumque | voluerit hobedire nostro ospitale S. Leonardi de
Valle, dat ei unum uncina de auro. Si nullus iacet in infirmltate,
aliquis I eum visitare dcbet usque ad mortem, et ad mortem fratris
qulsque debet dicere .vii. pater noster et una candela in manu sua
tenere j... bent .vii. qulsque et nostro Deo unam missam prò elus.
Et si frater ambulet in peregrlnacione unus qulsque debet secum ire
extra villam | . . . semper est qulsque facere debet solacionem sive fir-
mitas capiebant eum usque ad unam diurnam aut duo fratres eum
debent ... | . . . Guido . . . dedit .ni. stareas terre ad pecinas balnei, qui
sunt tria starras semenchie prò anima sua. Unde. .. | . .. eius. .. sue
in presencla fuit et concesslt Illa in testimonio populi qui ibi fuerunt,
scllicet D[omi:nicus] de parodila S. Blasii et magister Andreas de
parodila S. Pelegrini et Simious de parodila S. lohannls in Valle (i).
(a) Nel testo vestrisq et abs (lì) (b) semper? (e) Mollo facilmente da correg-
gere noluerit
(i) Nel verso dello stesso foglio per quattordici l'.nee pare che
continui la stessa mano dell'ultima parte del retto: se ne leggono
a stento qua e là poche parole. Pare che fosse scritta solo una co-
lonna a sinistra. Nella riga 3" si legge: « anno m », nella 7": v ad
« festum sanctl Leonardi...», nella 8": «...ad festum sancti Leo-
« nardi », nella 9^": «...in finem », nella 14": « ...ego».
La fraternità dei 'Disciplinati di Viterbo 395
IL
22 ottobre 1345.
[Archivio della chiesa di S. M. Maddalena in Viterbo,
Statuti della fraternità dii Disciplinali, e, xv.]
In Cristi nomine amen. Anno ab eius nativitate millesimo tre-
centesimo quadragesimo quinto, tempore pontificatus domini Clemen-
tis pape VI, indictione .xiii., die vigesimo secundo mensis octubris.
In presentia mei notarli et infrascriptorum testium venerabiles domini
Petri prioris Sancii Mathey in Sunsa, Petruccii Michaelis canonico
ecclesiae Sancti Matthey predicti, presbitery Raynery Tuccii cappel-
lani ecclesie Sancti Angeli Viterbiensis et Corradi Tucci aurifìcis de
Viterbio ad infrascripta vocatis et rogatis.
Venerabilis vir dominus Alioctus canonicus Narniensis in spiri-
tualibus Patrimoni! ac reverendi in Cristo patris et domini domini
Bernardi Dei gratia Viterbiensis et Tuscanensis episcopi vicarius ge-
neralis, prcsentes constitutiones tanquam rite et ad honorem et lau-
dem omnipotentis Dei et beate Marie virginis et totius curtis paradisi
editas, existens in episcopali palatio Viterbii confirmavit, adprovavit,
omologavit et eas perpetua roboris firmitate voluit ottinerc.
Ego lohannes filius quondam Gerii de Florentia, imperiali au-
ctoritate iudex ordinarius et notarius publicus et nunc notarius of-
ficialis dicti domini episcopi et curtis episcopatus Viterbiensis, pre-
dicia omnia in hac presenti margine scripta coram me acta rogatus
et de mandato predicti domini vicarii publice sciipsi et publicavi.
Signum lohannis Gerii.
III.
18 dicembre 1528.
[Arch. della chiesa di S. M. Maddalena di Viterbo] (1).
In Dei nomine amen. Infrascripta est copia cuiusdani mandati
reverendissimi domini dom'ni Nicolai Sancti Viti in Macello marti-
rum diaconi cardinalis de Radulfis, provincie Patriiìionii legati di-
fi) Da copia autentica in calce agli Statuii della confratii iiita dei
l-ìj.yìlitl di ì'it.rì'o compilati ncU' a. 1482, pp. 10-41. Pubblicato
dal Pr>/.i, (^'pi-i, Appcnd doc. xr.\i, p, 41), togliendolo da altra copia
esistente ncirArch. dell'ospedale. Si ripubblica più completo e cor-
retto.
394 ^' Egidi
gnissimì, emanati in infrascriptis actibus magnifice civltatls Viterbii
sub anno millesimo quingentesimo vigesimo octavo, indictione prima,
pontificatus sanctissimi in Cristo patris et domini nostri domini Cle-
mentis divina providentia papae septimi, et scripta et publicata per
me notarium infrascriptum die vero decima mensis decembris. Tenor
talis est: (a) Nicolaus (b) Sancii Viti in Macello martirum diaconus
cardinalis Radulfus (e), province Patrimonii legatus. Q,uoniam(<') inter
cetera studia, que in regimine legationis nostre Patrimonii animum
nostrum valde soUicitant, ea sunt precipue que non modo ad con-
servationem et religionis nostre augumentum, verum etiam ad pau-
perum subventionem et commodum tendunt et pertinent; percipientes
et oculata fide cernentes in hac magnifica civitate Viterbii, licet com-
plura sint hospitalia, nullam tamen fieri erga pauperes hospitalitatem,
incuria et eorum negligentia, qui regimini et hospitalium administra-
tioni presunt; cupientes itaque et volentes quantum in nobis est
buie tam nefando morbo salubrem (e) adhibere medelam et tanti cri-
minis detestationi succurrere et providere; vobis infra adnotatis et
quorum virtutem, solertiam et in pauperes caritatem (f ) satis confi-
dimus, sub pena arbitrii nostri precipimus et mandamus ut congrc-
gationibus vestrarum artium incorporetis et agregetis quilibet suum
hospitale iuxta distinctionem et agregationem inferius per nos de-
scriptum (g) et annotatam quemadmodum nos tenore et a data pre-
sentium omni meliori modo, via et forma quibus magis possumus
et debemus, agregamus et perpetuo incorporamus. Et insuper sub
eadem pena precipimus et mandamus modernis rectoribus cuiuslibet
dictarum vestrarum artium ut illorum computa qui usque in hanc
diem dieta hospitalia quacumque auctoritate administrarunt et gu-
bernarunt(h) revideatis et calculctis eos absolvendo vel condenando,
sicut iuris etiam reperietis 0), dantes et cuilibet vestrum elargientes
auctoritatem et facultatem ad hoc oportunam (0. In contrarium non
obstantibus &c. In quorum fidem &c. Datum Viterbi die .x. decem-
bris .MDXXVIII.
Deinde sequebantur alie linee sub huiusmodi tenoris, videlìcet («") :
Hospitale Sancti Sixti corporatur arti et congregationi aroma-
tariorum. Rectores in presenti sunt Baldassar Itellus (") et Marcus
Zelli Co), et consiliarii Petrus Pulionus (p) et Geminus Thurinus.
(a) Pini% lascia tutte le linee precedenti. (b) P. Kos (e) P. Rodulpluis (d) P.
manca. (e) P. saliibriter (f) P. meglio: de quorum virtute, solertia et in pauperes
caritate (g) Sic; P. descriptam (h) P. administraverunt et gubernaverunt (i) P.
esse reperitur; /or5e è da leggere: esse reperietis (1) P. oporlunas (m) P. non ri-
porta questa linea e subito dopo la data segue Hospitale etc. (n) P. Usollus ? (o) P.
Zolle (p) P. Tollionus
La fraternità dei T)isc{pliìiati di Viterbo 595
Hospitale Sancte Helene incorporatur sotietati Disciplìnatorum,
cuius rectores (0 Sermontinus et Dominicus Nelli.
Hospitale Sancti Thome incorporetur arti et congregationi cer-
donum, cuius rectores 0) Petrus Ciglioni et Michael Maestruzi (O
Hospitale Sancti Angeli incorporetur arti et congregationi su-
torum, cuius rector magister Antonius Florentinus.
Hospitale Anglium incorporetur arti et congregationi cauponum,
cuius rector Petrus Johannes Nannius W.
Presentetur per quemcunque: et mandamus registrari in libris
cuiuscumque artis quelibet suum hospitale incorporetur (e) et... (0
spacio trium dierum restituatur. Loco si f gilli. Vincentius Durans (g).
Et ego Sebastianus quondam Petri lohannis Pauli de Malagri-
ciisC'O de Viterbio publicus apostolica auctoritate notarius et iudex
ordinarius predictum (') mandatum recopiavi ex suo proprio origi-
nali nihil addens vel minuens quod facti veritatìs substantie 0) mutet
vel variet nisi punctum vel sillabam lapsu calami prò errore tan-
tum (m). Currentibus annis (") a salutifera nativitate millesimo quin-
gentesimo vigesimo octavo, ind. prima, pontificatus prelibati (») san-
ctissimi in Christo patris et domini nostri domini Clementis divina
providentia pape Vll(p); die vero .xviii. (q) decembris et ad fidem
premissorum omnium signum meum infra signavì. Signum mei Se-
bastiani notari predicti (O,
(a) P. salta a Petrus Ciglioni et Michael Maestruci (b) li mio testo dà rector «'i-
iìenteniente errato. (e) P. Mastruci (d) P. Nannus (e) P. que habet suum hospi-
tale incorporatum (f) Illeggibile. P. presentatum (g) P. manca. • (h) P. Ma-
lagricciis (i) P. supradictum (!)■?• meglio substantiam (m) P. prò errore etc.
(n) P. anno (o) P. manca. (p) P. decimi (..]) P. .xxiii. decembris etc; et ad
lìdcm (r) Manca in P. l' ullinia frase.
Archivio Jf Ila R. Società romana di st VI XXIII.
Un affresco di Tietro Cavallini
A S. CECILIA IN TRASTEVERE
URANTE certi lavori di restauro che rAmministra-
zione del fondo per il culto faceva eseguire al
=f^^^ coro delle monache nel convento di S. Cecilia in
Trastevere, rimuovendo gli stalli, comparve un grande
affresco medievale che la Direzione generale delle antichità
•e belle arti m' incaricò di esaminare e di studiare.
L'affresco scoperto occupa tutta la parete maggiore
del coro, addossata al muro della facciata della basilica,
proprio di fronte ali* altare maggiore; giacché è da notare
che questo coro delle monache si trova in una specie di
sala sorretta da pilastri, che formano come un portico in-
terno nella chiesa, subito dopo T ingresso. Descrivo bre-
vemente r affresco, per quel tanto che mi è dato di scor-
gere, prima che il restauratore lo liberi dal grosso strato
di polvere che lo ricopre e che ne rende qua e lA incerta
la visione.
Nell'affresco, che ha una lunghezza di metri 14 ed
un'altezza di metri 2.20, è rappresentato Gesù in gloria.
Nel centro, entro una grande aureola di colore purpureo,
seduto su di un ricco trono, ò il Redentore col capo cinto
di nimbo crucigero, gemmato e segnato della scritta:
IHS-XR in caratteri gotici. lìgli ha le braccia aperte
598 J. Hermanin
come in atto di suprema pietà verso i fedeli, ed a testimo-
nianza del suo martirio, la tunica è aperta sul fianco destro
scoprendo la piaga sanguinante del costato, le mani ed i
piedi sono segnati delle stimmati. Quattro angioli a destra
e quattro a sinistra circondano l'aureola divina. I due an-
gioli superiori, dal colore e dalla forma delle ali mostrano
d'essere dell'ordine dei Cherubini. Dei Serafini che dove-
vano seguire immediatamente a questi, non si scorge che la
parte inferiore delle ali, poiché il resto è distrutto. Infatti,
poco al disopra della mandorla, che contiene Gesù, corre
lungo tutta la parete una fessura, ed osservando attenta-
mente si scorge che a questo punto il muro vecchio e
troncato e si aggiunge un muro di costruzione più recente.
Oltre alla parte inferiore delle ah dei Serafini sono da
notarsi, lateralmente ^W aureola, tre fascie, una rossa, una
verde ed una bianca, seminata di croci, che dipartendosi
dalla zona esterna dell' aureola, corrono verso 1' alto incur-
vandosi, sino al punto dove il vecchio muro è troncato.
Mi pare che queste fascie non possano essere che ravanza
dell' iride circolare, che conteneva la corona colla mano di
Dio, secondo 1' antico uso cristiano, conservatosi durante
tutto il medio evo, come ad esempio nell' affresco di
S. Sebastianello al Palatino, che è dell' xi secolo.
Ai lati dell' aureola di Gesù stanno ritti in piedi, colle
mani giunte, Maria Vergine e san Giovanni Battista. xMentre
la figura del Santo Precursore per disegno, colore e buona
conservazione è fra le più belle- dell' affresco, quella della
Madonna è irriconoscibile per il grosso strato di tinta
ad olio che la ricopre. La pia leggenda, comunicatami
dall' abadessa del monastero, racconta che quando nel Cin-
quecento, davanti all' affresco, fu costruito il coro, lo spec-
chio dello stallo, che doveva ricoprire la figura della \'er-
gine, cadeva da per sé, per quanto tentassero di rimetterlo
a posto, lasciando scoperta l' immagine santa, tanto che
convenne di allontanarlo. Cosi l' immagine, stimata mi-
Un affresco di dietro Cavallini 399
racolosa, restò senza difesa e fu dipinta e ridipinta, scom-
parendo forse per sempre, seppure il professore Luigi Bar-
tolucci, al quale il Ministero dell' istruzione ha affidato il
restauro, non riuscirà a liberare dalla cotenna di vernice
quest' unica figura femminile del grande affresco.
Vicino alla Madonna sta seduto san Paolo, riconosci-
bile al tipo fisiognomico tradizionale ed al grande spadone;
seguono altre quattro figure d' apostoli, giovani e vecchi,
fra i quali è facile riconoscere san Bartolomeo, dal breve
coltellaccio e dalla scritta ai suoi piedi, della quale non
restano che le lettere «... art ... ». Dalla parte sinistra, a
san Giovanni Battista segue san Pietro, seduto anch'esso
in cattedra e con una squadra in mano, forse per caratte-
rizzarlo quale edificatore della Chiesa; ai suoi piedi è il
frammento d'iscrizione «...tr...». Dopo san Pietro,
san Giovanni Evangelista colla coppa, san Tommaso, san
Giacomo Maggiore, sant'Andrea colla croce ed un apostolo
che non sono riuscito ancora ad identificare.
Per quanto ho potuto scoprire, sotto al denso strato di
polvere solidificata, che ancora vela la pittura, tutti gli
apostoli sono seduti in cattedre di stile semigotico. Lungo
r afi'resco, ai due lati dell'aureola, proprio ai piedi delle
figure, corre una fiiscia rossa, su cui con lettere bianche
sono scritti i nomi dei personaggi, nomi, come abbiamo
visto, frammentari. Tutte le figure hanno nimbi rilevati e
dorati.
Forse gli aflreschi non si restringono alla parete di
fondo, poiché anche nelle due laterali minori, sotto all'im-
biancatura, sembra che appariscano tracce di colore. Nò
basta ; ai due lati della porta, che dal corridoio del mona-
stero, corridoio che corre lungo tutto il fianco sinistro della
chiesa, conduce al coro affrescato, sono due medaglioni,
di cui uno contiene la Vergine Maria, l' altro V Angiolo
annunziante. Queste due pitture, benché completamente
rovinate, perchè ricoperte <.\\ grosso colore ad olio, pos-
400 J. Hermanin
sono, pel disegno, che ancora s'intravede, e pei nimbi, a
rilievo, credersi contemporanee a quelle del coro.
Probabilmente le due figure della Vergine e dell'Ar-
cangelo furono tolte da una delle pareti laterali e forse
proprio da quella di sinistra, dove si vede rimosso tutto
r intonaco, e trasportate ai lati della porta, aperta nel
muro per dare accesso al nuovo coro, costruito indubbia-
mente dopo il 1527, cioè dopo che per T insediamento a
S. Cecilia delle monache benedettine vi fu necessità di un
coro separato dalla chiesa. Gli affreschi infatti non pote-
vano limitarsi a quella parte della basilica, dove li vediamo
ora, ma si estendevano certamente lungo i lati ed anche
più in basso del pavimento odierno.
Qu:mto all'Arcangelo ed alla Madonna, spero che il
professore Bartolucci, tanto valente, riuscirà a liberarli dalla
tinta ad olio che li ricopre, aumentando cosi il numero
degli affreschi da studiare.
Per ora esaminerò ciò che abbiamo sott' occhio, cer-
cando di determinarne il tempo e possibilmente anche
r autore. Non posso qui che accennare brevemente alle
varie questioni, riserbandomi di trattarne con maggiore
larghezza in uno studio ampio, che sto preparando.
L'affresco ci si presenta con caratteri spiccatamente me-
dievali. La rappresentazione di Gesù in gloria, circondato
dagli apostoli, schierati secondo un concetto perfettamente
gerarchico, è caratteristica dell' iconografia medievale più
antica e noi troviamo la genesi di questa disposizione della
corte celeste nell' arte cimiteriale e nei musaici romani,
da quello del 390 a S. Pudenziana a quello del vi secolo
nella chiesa dei Ss. Cosma e Damiano, da quelli del ix
in S. Cecilia ed in S. Marco sino ao^H affreschi dell' xr a
S. Elia di Nepi, e di S. Sebastianello sul Palatino.
Questa disposizione semplice delle figure, allineate le
une presso alle altre, è veramente un carattere sicuro di
arcaicità, perchè sino dal secolo xiii i pittori cominciarono
Un affresco di \P tetro Cavallini 401
a comporre simili rappresentazioni con maggiore studio,
addensando dietro agli apostoli moltitudini di anime beate
e di angeli.
La disposizione simmetrica delle figure, che fanno co-
rona al Redentore, è ancora secondo la consuetudine del-
r antica arte cristiana, consuetudine che si manifesta tanto
nelle opere che hanno provato influenze bizantine, quanto
in opere che più sinceramente mostrano di risentirsi di
tradizioni artistiche locali.
Questo affresco di S. Cecilia accoglie in se veramente
le varie tendenze, che hanno avuto forza nel determinare
le caratteristiche dell'arte a Roma, dal primo sorgere del-
l' arte cristiana, che spuntava dal tronco classico, sino a
quel malaugurato trasferimento della sede pontificia ad
Avignone, che fa cominciare il sonno dell'arte indigena
a Roma, sonno che dura poi per lunghissimo tempo.
Il Cristo col nimbo crucigero e gemmato, colle braccia
aperte, è ancora quello delle tarde pitture cimiteriali delle
cripte di Ponziano, di Generosa; è quello stesso che gi-
ganteggia nei musaici di S. Pudenziana e dei Ss. Cosma
e Damiano. La figura maestosa, in atto di infinita pietà,
ha veramente ancora in sé tutta la serena grandezza della
fede ingenua dei primi cristiani. Nella forma, nell'espres-
sione del volto e nell' atteggiamento del corpo la massima
semplicità s' accoppia alla più solenne maestà, formando il
perfetto tipo del Dio Uomo. Ogni tratto in questa figura
è arcaico, dai grandi occhi, che pare guardino nell'infinito,
dalla braccia aperte, che ricordano l' atto dell' antichissima
orante, sino al trono gemmato, che per forma rammenta
quello di S. Pudenziana.
Di caratteri medievali posteriori ci sono la ferita s.in-
L;uiiiantc del costato, le stimmati e l'ornato del trono a
L;cininc, imitanti nella forma le tessere dei musaici, or-
nato che si ritrova in tutti gli affreschi romani dal ix al
Mii sect)lo.
402 J» Herman in
Nient' altro di nuovo nella forma della figura di Gesù,
che pure è la più bella di quante ha creato in Roma l'arte
del basso medioevo. Pare che uno spirito nuovo sia pe-
netrato nella vecchia forma tradizionale, non osando di
mutarla in nulla esteriormente, ma animandola di una
grande vita interna.
D' intorno ali* aureola del Cristo gli otto angioli sono
come il raggio della bontà di Dio, tanto hanno lieta e
gioiosa r espressione dei bei volti giovanili. I pallii che
li recingono hanno lo stesso ornato del trono, ed io ricordo
che angioli con baltei ornati di dischi e di gemme, dipinti
e disposti in modo identico a questi, sono ai lati di Gesù
in un affresco della cappella inferiore della chiesa di S. Gio-
vanni e Paolo che è dell' xi secolo.
Come nella figura di Gesù, così pure negli angioli la
forma è antica, ma lo spirito è nuovo. Basterebbe l' an-
giolo in basso a sinistra, per mostrare chiaramente con
quanta libertà il pittore scuotesse da sé il convenziona-
lismo rituale importato dai Bizantini. L' angioletto leva in
alto il viso e guarda con curiositcì influitile il Signore. E
così come lui, nell'affresco di S. Cecilia tutti gli angioli
sono qualcosa di più che semplici particolari gerarchici
della gloria divina.
Come ho già detto, l' unica figura femminile della
grande composizione, la Madonna, è forse sparita per
sempre sotto la vernice.
San Giovanni Battista, ritto alla sinistra del Cristo, è
studiato dal vero ed il volto magro colla barba rada ed i
capelli scarmigliati, il corpo adusto stretto in un vecchio
mantello logoro sono ripresi dalla realtà. Il pittore ha tolto
a modello un mendico, che ha veramente vissuto ed ha
sofferto freddo e f^ime, come già il Precursore aveva sof-
ferto privazioni infinite nel deserto. Questa figura del Bat-
tista è la più viva dell' affresco e quella che più si risente
d' una nuova tendenza estetica.
Un affresco di ""P tetro Capai lini 403
San Pietro, san Paolo e gli altri apostoli hanno in ge-
nerale i corpi poco mossi ed alquanto impacciati con quel
che di stentato ed incerto nel disegno, che è tutto proprio
di quegli artisti, che stanno per liberarsi da una tradizione
arcaica e per abbracciare una maniera nuova. Le teste sono
invece bellissime, perchè tutte studiate sul vero, da diffe-
renti modelli. L' intero affresco insomma apparisce come
dipinto in un momento di transizione dell' arte.
Delle cose descritte ricordo adesso poche caratteristiche,
per meglio determinare Tarte ed il tempo di questa pittura.
Nell'affresco noi vedinmo vicino a Gesù, ritratto an-
cora nella forma consacrata dalla tradizione, e per cosi dire
composto di maniera, gli apostoli studiati sul vivo; vicino
alla forma classica del trono divino, le cattedre semigotiche
dei discepoli, insomma gli ultimi avanzi dell' arte classica
che s' incontrano colle forme medievali più recenti, che
preludono al Rinascimento. Ciò che riunisce e fonde tutto
in un assieme armonico è la grande e squisita maestria del
p'ttore, che sa trarre il massimo effetto dal tipo tradizio-
nale tramandatogli, che non si scosta dalla disposizione,
dallo schema abituale, ma lo anima collo studio intenso
del vero, colla rappresentazione colorita della vita vissuta.
Come ho già detto da principio, in questa pittura paro
che si riassumano le due tendenze che hanno sempre te-
nuto il campo deir arte a Roma, durante tutto il medioevo,
sino al secolo xiv; T arte aulica, bizantina e bizantineg-
giante, degenerazione delle vecchie forme cristiane, tor-
nate travestite a Roma, donde erano partite ingenue e sin-
cere, e l'arte popolare, veramente e schiettamente indigena,
r arte della chiesa inferiore di S. Clemente, dove nell'af-
fresco di Beno di Rapizza compare una delle prime frasi
volgari italiane.
San Giovanni Battista, san Bartolomeo, san Simone
dal volto irsuto di peli bianchi e rubizzo come un pesca-
tore, abbruciato dal molto sole e dal vento, san Giovanni
404 J' Hermanin
Evangelista e tutti gli altri apostoli sono belli per la gran
disinvoltura e verità del disegno e del colore. L'artista ha
lasciato da parte i visi compassati dei musaicisti bizantini e
continuando la sana tradizione dell'arte romana, ha ritratto
uomini di carne ed ossa come quelli che gli stavano a
fianco.
Non v'è poi amatore che non debba grandemente am-
mirare il disegno robusto delle teste e quei colpi sicuri
di pennello coi quali il maestro sa segnare ogni ruga, ogni
pelo, raggiungendo uno squisito effetto e dimostrando di
essere un vero pittore, lontano dai partiti grossolani dei
musaicisti.
Senza tema d'essere rimproverato di volere soverchia-
mente esaltare questa pittura, credo di poter dire che per
disegno, per composizione e sentimento essa è la più bella
e solenne opera d' arte del medioevo romano. Più perfe-
zionata, e grandemente, degli affreschi romani dell' xi e
XII secolo, di cui pure conserva molte caratteristiche ico-
nografiche ed ornamentali, ricca di motivi gotici, essa non
può ascriversi che allo scorcio di quel secolo xiii che segnò
in Italia il rinascere delle arti.
L' autore è poi senza alcun dubbio romano e tutte le
figure hanno caratteristiche locali, che le distinguono da
quelle di qualsiasi altra scuola italiana contemporanea,,
anche da quelle gloriose scuole toscane, che allora sovra-
stavano a tutte.
Nelle teste, più che in qualsiasi altra parte del corpo,,
si manifestano questi caratteri locali. La testa è di forma
tondeggiante con fronte aperta, ma non soverchiamente
alta; gli occhi sono grandissimi ed oscuri; classico poi in
tutto è il naso, che è largo e robusto alla base, unendosi
alla fronte con quella salda ed ampia attaccatura, che si
ritrova in tutte le teste dell'età classica e che dura ancora
a Roma nei musaici di S. Pudenziana, dei Ss. Cosma e
Damiano ed in altre opere anche più recenti.
Un affresco di Tieiro Cavallini 405
Di certo il pittore di S. Cecilia in Trastevere aveva
dinanzi agli occhi le statue ed i rilievi classici di Roma; i
suoi concittadini ed i magnifici avanzi dell' antichità erano
i modelli dai quali egli traeva l' ispirazione.
Classico è anche il drappeggio delle vesti, e le tuniche
ed i palili avvolgono le figure dei santi con pieghe gran-
diose di sapore antico. Mai il pallio tradizionale, che ricorda
l'antica toga, prende la forma di semplice mantello, come
tanto spesso nelle pitture giottesche; sembra che quasi in-
consciamente r artista medievale abbia disposto le pieghe
alla romana, seguendo quella tradizione che qui non s'era
mai spenta nelle pitture delle catacombe, anche tardissime,
nei musaici del iv, del v e del vi secolo, nelle pitture
rozze ma vivaci dall' viii al ix.
Nelle pitture dei toscani anche grandissimi, contempo-
ranei o di poco posteriori a questo affresco, le teste sono
in generale deboli di struttura e colla caratteristica quasi
costante del naso sottile alla sua base. Come pure nelle
loro opere ben di rado le figure hanno la giusta propor-
zione statuaria di queste di S. Cecilia, fra testa e corpo,
tendendo invece ad esagerare in lunghezza.
Altro carattere romano di questo affresco è quello degli
ornati.
Chi conosce le pitture delle piccole chiese di Roma e
della sua campagna dal ix al xiii secolo, rammenta senza
dubbio quel caratteristico uso di adornare gli abiti con
fregi fatti di tondini, che ricordano le tessere dei musaici,
tondini disposti geometricamente. I più begli esempi di
questi ornamenti si trovano nelle pitture di S. lìlia di Nepi,
di S. Abbondio ed Abbondanzio a Rignano llaniinio, di
S. Sebastianello sul l^ilatiuo e della chiesa inferiore dei
Ss. Giovanni e Paolo, tutto chiese dell' xi e del xii se-
colo. Ora r ornamentazione a tessere si trova nel nostro
affresco sul trono e, come ho <^ià detto, sui palili che cin-
gono il petto degli angioli.
40^ J, Herman in
Ricordo qui i due cherubini della chiesa inferiore dei
Ss. Giovanni e Paolo, già da me citati, perchè sui loro
pallii l'ornato a cerchi e tessere, derivato dalle antiche calìì-
ciilaCy è identico a quello di questi di S. Cecilia. Dalla fine
dell' XI alla fine del xiii secolo gli ornamenti sono rimasti
identici, perchè tali duravano nella tradizione artistica locale.
Non può però negarsi che, nelF affresco, quel certo che
di nuovo, di gotico sia venuto dal di fuori. Quell'aria
di gentilezza, quell* amabile espressione di alcune figure,
come pure il carattere di certe teste, di quelle dei giovani
apostoli in ispecie, ricordano la maniera di Giotto.
Non v' ha dubbio ; il pittore degli affreschi di S. Ce-
cilia è un romano, che ha conosciuta 1' arte di Giotto e,
se ripensiamo a ciò che ho detto finora, un romano del
secolo xiii, ed anzi della seconda metà di questo secolo,
perchè mentre conserva le caratteristiche fisiognomiche e
gli ornamenti locali antichi, derivati dai classici, usa già
di motivi nuovi, che si risentono della influenza toscana,
rinnovatrice in quel tempo dell'arte italiana.
E questo artista romano è un maestro singolare e gran-
dissimo per la robustezza del disegno e del colore, e per
la vivace riproduzione del vero.
Dopo ciò non mi resta che ricercare a quale fra gli
artisti romani dello scorcio del secolo xiii si possa attri-
buire questo affresco bellissimo.
E subito mi si presenta alla mente il nome di un pit-
tore, vantato più per tradizione che per conoscenza di sue
opere, come il più eccellente fra gli artefici romani del
medio evo.
Egli è quel Pietro Cavallini del quale Giorgio Vasari (i)
scrisse che «... essendo già stata Roma molti secoli priva
« non solamente delle buone lettere, e della gloria del-
« Tarmi, ma eziandio di tutte le scienze e buone arti,
(i) Giorgio Vasari, Le. Vite, Firenze, Sansoni, 1878, I, 537.
Un affresco di T tetro Cavallini 407
« come Dio volle, nacque in essa Pietro Cavallini ... ». Ed
il Vasari, dopo avere narrato di pitture fritte dal Cavallini
in S. Maria d'Aracaeli, in S. Maria in Trastevere ed in
S. Crisogono, scrive: « Parimente, pure in Trastevere, à\-
« pinse in S. Cecilia quasi tutta la chiesa di sua mano ... ».
E dice poi in seguito che Pietro Cavallini segui gli
ammaestramenti di Giotto, e che « fu il primo che dopo
« Giotto illuminasse quest'arte [della pittura], e che comin-
« ciasse a mostrar di non essere stato indegno discepolo
« di tanto maestro ».
Ora non mi pare avventato il ravvicinare a questi af-
freschi romani medioevali il nome del maggiore pittore
che Roma abbia avuto durante il secolo xiii.
Il volere cercare altro autore sarebbe come volere inu-
tilmente creare un autore incognito, quando le fonti ci
dAnno un nome, che non potrebbe calzare meglio.
Le figure di Giacomo Torriti e di Filippo Rusuti nei
musaici di S. Maria Maggiore e di S. Giovanni in Late-
rano non sono che larve al paragone di quelle di S. Ce-
cilia, e poi, anche escludendo il paragone di stile, che pure
in questioni simili ha valore massimo, perchè vorremmo
preferire due sconosciuti, solo perche hanno seg'nato' il
loro nome in due opere meno che mediocri, al Cavallini,
che la tradizione vanta come primo fra gli artisti romani ?
Giorgio Vasari avrA certamente visto quella parte delle
pitture del Cavallini, che durò in S. Cecilia sino al 1725,
quando il cardinale d*Acquaviva trasformò la basilica.
Il Ficoroni, contemporaneo dell' Acquavivn, scriveva
circa nel 1744 (i): «Ivi appresso [a S. Maria dell'Orto]
« e un monastero di monache la cui chiesa è dedicata a
o s. Cecilia . . . Era questa antica chiesa tutra ne' lati di-
« pinta a fresco di figure di gotico disegno e perciò venne
(1) Irancesco Dt' Ficoroni, Le wsli^^u . /.;/,, /; Isoma an-
lìcay Roma, Mainardi, 1744, parte II, p. 2H.
40 8 J. Hcrmanin
<( ultimamente rimodernata dalla munificenza del defonto
«Cirio principe cardinale Acquaviva».
Le -figure di gotico disegno del Ficoroni non fanno che
confermare ciò che ha scritto il Vasari. Ora anche se
questi non vide proprio F affresco scoperto ora, che pro-
babilmente fu nascosto dietro gli stalli del coro, quando
Clemente VII nel maggio del 1527 pose a S. Cecilia le
monache benedettine, vide certamente le gotiche figure,
osservate poi ancora nella metà del secolo xviii dal Fi-
coroni lungo i Iati della chiesa.
Secondo Giambattista De Rossi (i), i musaici fatti sui
disegni del Cavallini nell' abside di S. Maria in Trastevere,
per commissione di Bertoldo Steflmeschi, sono del 1291;
lo stile dell'affresco di S. Cecilia è tanto più avanzato
di quello dei musaici e mostra già influenze giottesche,
sicché credo che si possa ritenere dipinto ad ogni modo
dopo il 1298, cioè dopo la venuta di Giotto a Roma.
Non posso in questa breve comunicazione trattare con
precisione la questione della data, ma credo di non sba-
gliare ponendo l' affresco in quegli anni che vanno dal 1298
al 1308, quando troviamo il Cavallini a Napoli ai servizi
di re Roberto (2), perchè è chiaro che il pittore, nell* af-
fresco di S. Cecilia, mostra d' essere giunto al massimo
della sua arte, il che ne spiega la chiamata a Napoli.
Di opere del Cavallini a Roma si conoscono ora, sempre
secondo il Vasari, i musaici della zona inferiore dell' ab-
side dì S. Maria in Trastevere, studiati storicamente dal
De Rossi e da Giulio Navone (3), quello di S. Crisogono
(i) Giambattista De Rossi, Musaici cristiani dcìU chiese di Roma,
Roma, Spitboever, 1899.
(2) ScHULTZ, Denkmaeler der Kiinst des MitieìalteiS in Unteritalien,
Dresden, 1860, III, 76; IV, 127.
(j) Giulio Na^'oke, Di un musaico di Pietro Cavallini in S. Maria
Transliherina e degli Slefaneschi di Trastevere, n^WArchivio dilla Soc.
roni. di si. patria, l, 219.
Un affresco di T^ielro Cavallini 409
e quello della facciata di S. Paolo fuori le mura, che sta
ora diviso fra la parte interna dell'arco trionfale e l'arco
che recinge F abside, ma è talmente rifatto e rabberciato
da non conservare più nulla dei suoi caratteri originali.
Della Kaviceììa dì san Pietro, in cui il Cavallini avrebbe
cooperato con Giotto, non parlo, perche questa collabo-
razione è troppo discussa.
Principalissimo monumento per il raffronto col nostro
affresco sono i musaici di S. Maria in Trastevere, che ri-
producono scene della vita della Vergine. Purtroppo, in
essi, r opera del grande pittore romano non comparisce che
attraverso il lavoro dei musaicisti, e chi ha visto 1' affresco
di S. Cecilia ed ha potuto apprezzare di quali finezze fosse
capace il pennello del Cavallini, comprende subito quale
grande differenza debbano porre fra le due opere le grosse
tessere musive.
Eppure con tutto ciò, a chi osservi attentamente il mu-
saico, non possono sfuggire le molteplici affinità coli' af-
fresco. Pur seguendo molto fedelmente il modello dei me-
nologi bizantini miniati, il Cavallini ha saputo porre nelle
composizioni molto di nuovo e di personale. In luogo
delle teste quasi tutte monotonamente uguali, ripetute se-
condo una stessa formola, ogni volto ha caratteri propri
e distinti dagli altri.
Come nell'affresco di S. Cecilia, cosi pure nei musaici
di S. Maria in Trastevere, ogni figura fa parte a se; nel
riquadro colla rappresentazione del Transito della Vergine
gli apostoli che si affollano d'intorno al letto sono l'uno
diverso dall'altro e la stessa faccia non è ripetuta due volte;
nasi dritti e camusi, fronti alte e basse, volti scarni e ben
pasciuti. Fra i giovani apostoli del Transito si ritrova il
volto di san Crovanni Evangelista e di san Giacomo Minore
di S. Cecilia.
Prezioso poi per il raffronto è V apostolo san Giacomo
Maggiore deirafFresco. Quella sua gran testa colla caratte-
410 J. Hcnnanìn
ristica barba a folte ciocche, si ritrova precisa nel più vecchio
dei Re Magi e nel san Simeone di S. Maria in Trastevere.
In questa comunicazione non posso indugiarmi più ohre
in raffronti stilistici, che approfondirò e completerò in seguito.
Oltre i musaici di S. Maria in Trastevere e di S. Cri-
sogono, poiché di quelli rifatti di S. Paolo non è da tener
conto, abbiamo quindi del Cavallini V affresco di S. Ce-
cilia in Trastevere, ma anche con questa aggiunta preziosa
non conosciamo che la minima parte di ciò che il maestro
romano ha dipinto in Roma. Difatti, Giorgio Vasari parla
di suoi affreschi in S. Francesco a Ripa, in S. Crisogono^ in
S. Maria Transtiberina, ed in S. Maria in Aracaeli descrive un
grande affrésco nel catino dell'abside colla rappresentazione
della Sibilla che mostra ad Augusto la Vergine col Bam-
bino, ed una minore pittura sulla porta della sagrestia.
È possibile che per alcune di queste. altre pitture il Va-
sari abbia preso abbaglio, attribuendole al Cavallini, come
sbagliò assegnandogli la fascia di musaico colle vergini
folli e le vergini savie sulla facciata di S. Maria in Tra-
stevere, che è del xii secolo,- e quella Crocifissione nella
chiesa inferiore d'Assisi, che è indubbiamente d'uno sco-
laro dei Lorenzetti, ma di certo non in tutto ciò che dice
il Vasari può essere errore.
Ora la ricerca di queste pitture, ancora nascoste, po-
trebbe condurci a svelare del tutto questo maraviglioso
artista, che sullo scorcio del secolo xin dipingeva in modo
da apparire più che seguace, emulo di Giotto.
Quel poco che abbiamo visto di lui ci fa rimpiangere
che l'esilio d'Avignone togliesse ogni aiuto alla scuola
pittorica romana, la quale con Pietro Cavallini veniva a
schierarsi fra le maggiori e più potenti d' Italia.
Federico Hermaxin.
REGESTO
DEL
xMONASTERO DI S. SILVESTRO DE CAPITE
(Continuazione e fine, vedi voi. XXIII, p. 67)
CLXIV.
1279, giugno 6.
« Cum ecclesia b. Marie Virginis de Cerreto, posila in teni-
« mento castri Flaiani (*) pieno iure monaster[ii S. Silvestri de Ca-
« pite de Urbe vacasset archipresbitero per mortem Pauli olim Cin-
te thii Margarite, parochiani seu patroni diete ecclesie, convocati ad
'f sonuni campane ut moris est prò archipresbitero faciendo una-
« nimiter dederunt egregio viro d. Gentili filio magnifici viri d. Ber-
« tulli de filiis Ursi W absolutam potestatem ad electionem faciendam.
« Q.UÌ quidem Henricum Frederici Saraceni subdiaconum archipre-
« sbiterum elegit, prout hoc et alia apparet publico instrumento
« scripto per Andream de Urbevetere auctoritate Apostolice Sedis
« iudicem et notarium. Post dictam electionem Landulfus Pauli Li-
« tolfi procurator lacobi archipresbiteri de Flaiano et lacobini lacobi
« Saxonis, quibus commissum est represcntare archipresbiterum Hen-
« ricum ecclesie S. Marie de Cerreto represcntavit ipsam electionem
« petens a monachis confìrmari. Monachi scilicet d. Donadeus, fra-
(' ter lacobus, frater lohannes et fratcr Angelus et frater Petrus, co-
« ram d. lacobo Con[so]lini(«) iudicc supradictam electionem ratitì-
« caverunt et per fratrem lohannem nionacuni dicti monasterii in
(a) Abbr. Flaian (b) Sci testo pare Filus ursi ; ma nella pergamena di
qutilo stesso fondo n. Jfj, numero nostro CLXVI, il nome e ripetuto molta,
chiaramente Filiis Urti (e) Nel testo 9..tin
Archivio della R, Società romana di ntoria patria. Voi. XXIII. -7
412 F. federici
«• possessionem induci iusserunt. Idem Fredericus iuravit adim-
« plere &c. et ecclesie dare ex nunc in antca omni anno in festo
« sancii Silvestri predicti duos bonos lepores et duas bonas rogatas de
« grano (0, et in festivitatesanctiDionisii .x. paria bonorum columborum
e grossorum cum mil ...» (^). Pena « .i. libre boni auri. Presentibus
« testibus d. presbitero lacobo ecclesie S. Marie in Via, presbitero
« Leonardo S. Nicolai de Porcis et Petro Pagani (0. Petrus Pauli
« auctoritate apostolica scriniarius ».
CLXV.
1279, giugno 12.
« Oddo natus qd. Angeli de S. Eustachio vendidit d. Paulo
« germano suo medietatem casalis seu castri quod dicitur Gualca in
« perpetuum cum medietate vinealium vinearum arborum cum me-
« dietate turris paltonariorum &c, cum medietate vassallorum et cum
« medietate vasce ad vascandum pannos, positam extra pontem Mol-
« lem Inter hos fines (totius dicti castri): a .1. latere est rivus Oli-
« veti, ab alio est casalis d. Petri Ponyengi W, ab alio est tenimentum
(f Tres Columpne et ab alio est flumen, que omnia coniuncta fuerunt
(c prò indiviso cum altera medietate dicti d. Pauli. Item et medic-
ee tatem domus cum medietate trulli et arcu in qua habitat Mathias
« de S. Heustachio, posita in regione S. Heustachii inter hos fines,
«a .1. latere tenet ecclesia S. Heustachii, a duobus lateribus sunt vie
« publice. Item medietatem domus que qd. fuit Cynthii S. Marci,
« positam in regione S. Marie in Aquiro inter hos fines, a .1. latere
K tenet Angelus Marcii, ab alio tenet Petrus lohannis Petri et Ni-
« colaus fihus eius, ab alio via publica. Item et medietatem domus in
<( qua habitat dictus Oddo, positam in regione S. Heustachii inter
«hos fines, a duobus lateribus sunt vie publice, ab alio tenet An-
ce gelus de Marcu. Item medietatem domus in qua habitat Angelus
« Petri Stefani, positam in regione S. Marie in Aquiro inter hos
«fines, a .1. latere tenet Oddo Brunus notarius, ab alio sunt casa-
« reni dicti Angeli Petri Stefani et ab alio via publica. Item et me-
« dietatem duarum domorum in quibus inhabitant Hanca et San-
« guiniolus, positam in regione S. Marie in Aquiro inter hos fines,
« a .1. latere tenet Oddo Brunus notarius, ab alio via publica, ab
« alio lohannes Ficus et heredes Pauli Veccli et magistri Manduca-
(a) Nel testo grano (b) La parola in parte abrasa. (e) Incerta la
lettura di questo nome perchè il carattere qui è quasi svanito. (d) Nel testo
pon^eng.
^gesto di S. Silvestro de Capite 41
« toris (a). Item et medietatem palatii in quo habitat Falco acorarius
« et medietatem domus terrinee iuxta dictum palatium, positam in
« regione S. Marie in Aquiro, fines a duobus iateribus sunt vie
« publice, ab alio Siccaficora. Item et medietatem domus in qua
« habitant heredes qd. Laurentii Petri Stefani, positam in regione
« S. Marie in Aquiro, fines a .1. latere tenet Franciscus Rosarii, a
« duobus lateribus sunt vie publice, ab alio est via Porticelle S. Marie
« Rotunde. Item et medietatem domus in qua habitat Alegrectus
« qui dicitur Oita et medietatem. gerninarii (b) quod tenet Tho-
« masius Specialis (<=) positum in regione S. Marie in Aquiro, fines
« a .1. latere tenet Thomasius Specialis (0, ab alio est via diete Por-
« ticelle, ab alio tenet Romanus Assaltuli. Que omnia dictus Oddo
« dicit se habere communia cum dicto d. Paulo et Mathia de S. Heu-
« stachio et fratribus ipsius Mathie prò indiviso. Item et totani par-
« tem sibi contingentem in domo maiori turricelle et arcu, posila
« in regione S. Marie in Aquiro inter hos fines, a .1. latere est via,
« ab alio Compangius lohannis Lucide, ab alio est murus ecclesìe
« S. Marie Rotunde. Item et partem sibi contingentem de altare
« S. Marie Rotunde et de ipsa ecclesia S. Marie Rotunde et fortil-
« lec(;a ipsius ecclesie. Item et partem sibi contingentem de domo in
« qua habitat Laurentius Acti, posita in regione Pinee, a .1. latere
« est via, ab alio tenent heredes Francisci Carbuncelli, ab alio est via
« vicinalis. Item et partem sibi contingentem de domo in qua habitat
« Thomarroijius lacobi cal^olarius, posita in regione S. Marie in Aquiro,
« fines a .1. latere est porticalis {^) S. Marie Rotunde, ab alio ante
« via publica et ab alio est via diete Porticelle, per Angelum de Pe-
« truccio procuratorem,eo quod [is confessus fuit recepisse decem milia
«librarum honorum provisinorum senatus ». Pena «diete pecunie
«duple». Testimoni: « Thebaldus de Viperini, Angelus Petruccius,
« Laurentius Vitalis, Nicolaus...(e), Bartholomeus Quallione de castro
« Amate. Bonceporcis (0 S. R. E. notarius ».
CLXVL
1280, novembre 30, Reggio (i).
« Corani Retro Catanio de Marmurolo, Bartholameo qd. d. M.i-
« thei de Foliano, Spille de Albineto et aliis testibus, nobilis vir
(a) Nel testo manduc (b) Ahhr, Geminar (e) AV/ lesto Spcc (d) Sei
ieslo puticat (e) Una macchia del testo impedisce la lettura del patroni'
mico. (f) Ahhr. BoncepoTi
(i) Cf. aota i al doc. n. cxxx.
414 ^« Jederici
« d. Matheus de Follano constìtuit suum procuratorem loliannem de
« Nigono ad comparendum coram egregio viro d. Bertholdo cernite
« Romaniole et coram eius vicario et ad porigendum instituendum
«et iurandum infrascriplam accusationem cuius.tenor talis est: Co-
« rani vobis d. Petro vicario d. Berthold! de filiis Ursi comitis pro-
« vincie Romaniole, denunciat et accusat d. Matheus de Foliano
« Pascetam quod falsum comisit dupliciter, in eo videlicet quod cum
« vocaretur Pasceta et esset sclava, se nominari facit et fecit Aycham
« et filiam d. Pauli [Traversar!, ut bona et hereditates qd. dicti Pauli
« et filii eius Gulielmi (a) haberet, que omnia redundant in grande dan-
ce num ipsìus d. Mathei ad quem bona predicta pertinent pieno iure
« tam ex successione qd. Pauli filii qd d, Thomaxii de Foliano et
« d. Traversarie eius matris et uxoris predicti d. Thomaxii et filie
« qd. d. Guilielmi Traversarli, unde petit ipsam puniri: quarum fal-
ce sitatum et quorum criminum quocumque nomine censeantur Guil-
« lelmotus (b) qui eam tenet prò uxore fuit auctor conscius minister
« et particeps, quare petit eum condempnari. Et paratus est idem
« d. Matheus probare per testes et alias legitimas probationes in
« quibus si defficeret dicit se paratum probare per pugnam. Et predicta
« dicit fuisse in civitate Ravenne et Forlivii et aliis terris et locis pro-
« vintie Romagnole sub millesimo ducentesimo .lxv. et .lxvi. et ab
«inde citra singulis annis. Actum Regii in domo dicti d. Mathei.
« Gullielmus qd. d. Phylippi filius, notarius sacri palati! ».
CLXVIL
1282, marzo 19,
« Sihynulfus abbas monasteri! S. Silvestri de Cap'te, una cum
(( fra tre Leonardo (e), fratre Petro, fratre Thomassio et fratre lacobo-
cc eiusdem monasteri! monachis consenti[unt venditioni facte Carlo
(( Andree de Carlo a Paulo Vedo de una petia vinee plus vel minus
« cum medietate vasce vascalis et tini, posita extra portam Pin^ianam,
(f in loco qui vocatur Pelagiolus, inter hos fines, a .1. latere tenet
« ipse Paulus, ab alio Johannes Rustici et ab alio heredes d. Bobonis
« lohannis Raynerii, prò pretio .x. librarum et dimidie provisinorum
(a) Ahhr. Guiìt (b) Ahhr. Guiìlotus (e) Il nome è in gran parie
abraso, ma si desume dalle tracce rimaste e dal confronto del luogo parallelo
nella pergam, n. 1/9 (num. nostro CLXvni) che e dello stesso anno e del me-
desimo notaio, •
Regesto di S. Silvestro de Capite 415
« ut apparet publico instrumento scripto per hunc eumdem scriniarium.
« Consensum faci[unt quia recipi[unt prò commino .v. solidos prò-
« visinorum et prò eo quod [ipse [Paulus promicti[t monasterio omni
« anno tempore vindemmiarum dare quartam partem totius musti mundi
« et aquati quod ex dieta vinea exierit et unum canistrum de uvis quod
« sit in fundo duorum palmorum et unius summissi in altum. Com-
« minu[s .V. solidorum provisinorum ». Pena « unius libre boni auri,
« presentibus testibus lanuario cellarario dicti monasterii, Petro lo-
« hannis converso, Paulo coco. Petrus Pauli auctoritate apostolica
« scriniarius ».
CLXVIIL
1282, novembre 11.
« Sihynulfus abbas monasterii S. Silvestri de Capite et conventus
« dicti monasterii silicet frater Leonardus, frater Angelus et frater
« Raynaldus eiusdem monasterii monachi renova[nt Cecilie. .,(*) filie
« olim Benincase Andree Angeli in .xxviiii. annis complendis et
« semper renovandis computatis .vini, annis proximis elapsis unam
« domum cum orticello post se, positam Rome, in regione Trivii,
« Inter hos fìnes, a .1. latere tenent heredes Angeli de Merita viculo
« mediano, a .11. d. Nicolaus de Cointe, ab alio Angela Gibunge et
« ab alio via, quia recipi[unt prò renovatura .111. solidos provisinorum
« senatus et quia [Cecilia prom;cti[t dare monasterio omni anno in
« festo sancii Silvestri .1. denarium papiensem et semper in tempore
« renovationis dabi[t monasterio prò renovatura xii. denarios papien-
« ses. Comjminus .xir. denarios papienses ». Pena « .1. libre boni auri,
« presentibus testibus presbitero Sisto S. Ypoliti, Sisto Sancti, Paulo
« coco dicti monasterii, Petruccio famulo de monasterio. Petrus Pauli
« auctoritate apostolica scriniarius »,
CLXIX.
1285, aprile 27, Orvieto.
« Martinus pp. IV concedit monasterio S. Silvestri per mortcm
« qd. Syinolphi abbatis eiusdem monasterii abbatis regimine desti*
« tuto, liceniiam ad provisionem faciendam ». « Convcntui monasterii
(a) Lacuna nel testo.
41 6 V. Jedericì
« S. Silvestri de Capite de Urbe ad Romanam Ecclesìam nullo medio
(( pertinentis ordinis sancti Benedictì ». Inc. « Dum sìcut intimantibus ».
« Datum apud Urbem vetcrem, .v. kal. maii, anno tertio » (i).
CLXX.
1284, decembre 29, Orvieto.
«Martinus pp. IV ne prolixiori vacationi expositum remaneat
« monasterium S. Silvestri de Capite de Urbe confirmat electionem
« abbatis Girardi ab Angelo de Monte Opulo et Petro de Cerreto
« ipsius monasterìi monachis factam quibus a conventu facultas elì-
ce gendi abbatem data erat ». « Dilecto filio Girardo abbati monasterìi
« S. Silvestri de Capite de Urbe ad Romanam Ecclesìam nullo medio
« pertinentis ordinis sancti Benedicti ». Inc. « Et si iuxta pastoralis ».
« Datum apud Urbem veterem ,1111. kl. ianuarii, anno tertio » (2).
CLXXL
1285, settembre 24, Tivoli.
« Honorius pp. IV confirmat electionem Erminie abbatisse, eique
« et eius sororibus monasterium S. Silvestri in Capite de Urbe hac-
(' tenus ordinis sancti Benedicti vacans per translationem sui abbatis
« ad monasterium S. Laurentìi foris muros Urbis, ordinis supradicti,
« monachis ipsius monasterii S. Silvestri alibi coUocatis, quod quidem
« monasterium S. Silvestri non facile poterat de personis eiusdem
« ordinis reformari, cum domibus ortis vineis terris casalibus posses-
« sionibus vassallis et omnibus aliis bonis privilegiis immunitatibus
« et qulbuslibet suis pertinentiis et iuribus, duxit concedendum, sta-
rt tuentes ipsum monasterium S. Silvestri in Capite ordinis so-
«rorum minorum inclusarum de cetero nominandum».
« Dilectis in Christo filiabus Herminie abbatisse monasterii S. Sil-
« vestri in Capite de Urbe eiusque sororibus tam presentibus quam
« futuris regularem vitam professis in perpetuum ». Inc. v Ascendit
« fumus aromatum ». «Datum Tibure per manum magistri Retri de
(i) Reg. Vat. 41, n. in, e. 121 b.
(2) Reg. Vat. 41, n. GV, e. 149 a.
^T{e gesto dì S. Silvcslro de Capite 417
« Mediolano S. R. E, vice cancellarli, .viii. kl. octobris, ind. .xiiii. ,
« incarnationis Dom. a. .mgclxxxv., pont. vero d. Honoriì pp. IIII
« anno primo » (i).
CLXXII.
1285, ottobre 9, Tivoli.
« Flonorius pp. IV regulam sororum minorum inclusa-
«rum assignatam de suo speciali mandato per venerabilem fratreni
(( suum Penestrinum episcopum sororibus sectatoribus beate qd. Mar-
te garite de Columna, ut eamdem regulam amplius et accuratius ipse
« observare valeant, sub bulle sue testimonio destinat ». « Dilectis in
« Chrìsto filiabus Herminie abbatisse et conventui monasteri! S. Sil-
« vestrì de Urbe, ad Romanam Ecclesiam nullo medio pertinentis,
« ordinis sororum minorum inclusarum ». Inc. « In mandatorum suo-
« rum ». « Datum Tibure, .vii. id. octobris, anno primo » (2).
CLXxiir.
1285, novembre 2, Roma.
« Honorius pp. IV mandat quod sex fratres ordinis minoris expe-
<( rientia longa .probati perpetuo in monasterio S. Silvestri ordinis
« sororum minorum inclusarum, continue mancant ad divina officia
« celebranda et ecclesiastica sacramenta ministranda ». « Dilectis filiis. . .
«generali et... provincie Romane ministris ordinis fratrum minorum
« tam presentibus quam futuris». Inc. « Nuper dilectein Christo filie».
«Datum Romeapud S.Sabinam,.iiii. non.novembris, anno primo »(5).
(i) Re^. Val. 43, n. cxvir, e. 35 a, e cf. Potthast, Ri/,:!.;,
n. 22295, e M. Pkou, Les regislres d' Honorius IV, Paris, Thorin, i^^8,
n. 121.
(2) Re'^. Val. 43, n. clxvi, c. 46 a ; cf. Potthasi-, n. 22506, e
M. Pkou, op. cit. n. 170.
(x) Re. ì\it. .\], n. n.xxviii, e. 50 a ; cf. Potthast, n. 22517,
e M. I'kou. op. cit. n. i,S2. I-ra le pergamene del fondo 5. v /■•>''•■',
c'è una copia di t|;icst.i lettera (n. i6o), la quale nel suo
ha la nota del tempo: « Cardinali de Columpna ». Questa e dunque
la copia rilasciata ad un parente dcll.i beata Margherita (v. Prefaz.
P- 233 sgg.).
•418 "... V. federici
CLXXIV.
1286, luglio 18, Canapina.
« Frater Angelus monachus monasteri! S. Gregorii [in] W Clivo
« Scauri de Urbe tamquam procurator religiosarum [mulierum] (0
(( d. Herminie habatisse et... (b) conventus monasterii [S. Silvestri] (a)
« in Capite.de Urbe ordinis sororum minorum [inclusarum] (a) prout
« de ips.i procurationc public um instrumentum scriptum per [manusJW
« Antonani (0 de vìa Lata clerici de Urbe notarli cuius procurationis
« tenor W die et consule talis est. In nomine Domini, amen. Anno &c.
«128,6. Religiose mulieres d. Herminia abbatissa et ... (b) conventus
« monasterii S. Silvestri in Capite de [Ur]b[e] (0 ordinis sororum
« minorum inclusarum, constituerunt suum procuratorem fratrem
« Angelum monachum rnonasterii S. Gregorii in Clivo Scauri de Urbe
« ad petendum a quibuscumque personis seu locis omnes fructus &c.
« de quibuscumque terris &c. positis in diversis locis et vocabuHs in
« partibus Tuscie ubicumque et specialiter in civitate . . . ema et eius
« diocesis, presente fratre Petro de Reate ordinis minorum, magistro
« Alegru^o muratore et Laurentlo Andree Carli notarlo. Antonanus
« de via Lata clericus de Urbe auctoritate sacri imperii notarius.
« [Frater Angelus] (0 confèssus se habuisse et [rece]pisse/*) a presbi-
te tero lohanne de Canapina nomine pensionis ecclesie S. Corone et
« possessionum ipsius ecclesie, positarum in pertinentiìs castri Cana-
te pine duos soldos paparinorum (g) de quibus procurator fecit presbi-
te tero absolutionem. ^ Actum hoc in territorio dicti castri Canapine
« [iu]xta (a) rivum dicti castri, coram testibus. . . W de Corgnenta 00,
« Viterbulo Christofori, Henrico lannis, [Io]h[anne] 0) lanis et Todesco
« Ianni de dicto castro Canapine. Ego Henricus Petri de Gallese
« imperialis aule ac prefecture auctoritate iudex ordinarius et nota-
te rius ».
(a) La scrittura è completamente svanita in molti luoghi della pergamèna.
(b) Nel testo lacuna con tre punti (. . .). (e) Incerta qui la forma fra An-
tonini ed Antonani; ma nella procura che segue il nome e ripetuto ed e scritto
chiaramente Antonanus (d) Dopo la parola tenor^ che appare riscritta
dalla medesima mano del testo, sopra un luogo abraso, si vede traccia di una
lettera che non riesco a distinguere. Forse e un avan':io della parola cancel-
lata, (e) Svanita la scrittura; visibile con difficoltà la parte superiore
del b (f ) Anche qui la scrittura è danneggiatissima : la frase desumo dal
contesto di tutto V atto. (g) Nel testo pap24 (h) Nel testo cognèta
(i) Della parola, quasi interamente svanita, e visibile solo un h
^I{e gesto di S. Si/pesiro de Capite 419
CLXXV.
1287, febbraio 6, Bassanello.
« D. Andreas de Afilo procurator et ac[tòr] (*) constitutus a d.
« Herminia abbatissa monasterii S. Silvestri de Capite et d. Sistera,
« d. Barbara et d. Margarita monialium dicti monasterii iure re-
fe novationis dedit Petruc^io ed. lohannis Petri lohannis et Domini-
« cu[ccio] (a) filio ed. Petruggii Marie W Cutrignani fratribus de castro
«■Vassanelli usque in tertiam generationem quoddàm tenimentiim
« terrarum dicti monasterii, positum in vocabolo Polganelli seu quo-
« cumque alio nomine censetur tenimento dicti castri, iuxta fossatum,
« iuxta viam Collis Avatriani, iuxta rem quam tenet Homodéus
« iuris monasterii et iuxta rem heredum Angeli Angelerii iuris mo-
«nasterii, quod tenimentum fuit locatum ad Elya ed. abb-ate mdna-
« sterii Petro de Cinthio prò se et Thebaldo fratri suo ex tenore
« instrum«riti confecti per lohannem Petri Basili! riotàrìum, tali pacto
« quod singulis annis redent prò pensione in festo sancte Marie
« agusti mediam quartarolam grani et si non redet in Testo, in octava
« duplicabit. Comjminus .XX. solidorum pape (=). Quam relocationem
« fecit prò .XL. solidis pape » (<=). Pena « .xxv. librarum pape (-=). De
« hiis preceperunt fieri dua instrumenta unius tenoris. Actum est
« hoc in castro Vassanelli, in ecclesia S. Angeli iuris monasterii
« corani testibus Petrucqio Predi qui dicitur Specclus, lohanni Appa-
« trini de castro Vassanelli, lacobuccio lacobi Miglorati de dicto castro,
« lacobugio lohannis Mixinelli et loncula de Galiesio. Christoforus
« de Galiesio S. R. E. auctoritate notarius ad petitionem dicti d.
« Andree ».
CLXXVI.
1287, febbraio 13 (i), Gallese.
« D. Andreas de Afilo procurator et actor constitutus a d. Her-
« minia abbatissa monasterii S. Silvestri de Capite in Urbe et con-
(a) Un guasto della pergamena nel suo margine destro impedisce in parte
la lettura della parola. (b) \'el testo in (e), Nel. testo ppcj.
(i) Questo documento è scritto nella medesima pergamena nella
quale e il precedente.
420 V, federici
« vcntu ipsius monasterii ut de ipsius procuratione constat publico
« instrumento confecto per lohannem Petri Capud Galli iure relo-
« cationis concessìt d. RomangeC») de castro Vassanelli recipienti
« prò Nicolu(;?ia Nicolai Donadei Veraldi de dicto castro usque
« in tertiam generationem medietatem prò indiviso lenimenti dicti
«monasterii quod dicitur CoUicellum tenimento dicti castri; fines
« totius lenimenti sunt prim.us Preneta iuris monasterii, ab alio Claune.
« Aliam medietatem dicti tenimenti tenent Arnolfus loggius Gilii
« Pauli et alii consortes: quam medietatem supra dictam tenuit iure
« locationis lannuccius Gilii Donadei Veraldi. Com]minus .xl. so-
«lidos papo(b): salvo semper iure monasterii [cui singulis annis
(c redet prò pensione in festo sancte Marie agusti unum quartum
«grani et unum quartum biadi mistìcati. Et si in festo non sol-
fe vet dictam pensionem, in octava duplicabit. Quam relocationem
« fecit prò .e. soldis bonorum denariorum parvorum ». Pena « .x. li-
« brarum pape (b). De hiis preceperunt fieri duo instrumenta unius te-
(c noris. Acium est hoc Gallesio in domo Christofori coram testibus
« magistro Thomasino de Orte, presbitero Clemente, presbitero
«Francisco, Petro lohannis Rubei et pluribus aliis. Christoforus de
«Gallesio S. R. E. auctoritate notarius ad petitionem d. Andree ».
CLXXVII.
1287, maggio 5, Gallese.
« Ange[lus] (0 Leonardi Landulfi de Gallesio (^) clericus eman-
« cipatus a patre suo, constitutus ante pre[sentiam] (0 Tebaldi Rai-
« nerii et Capgie de Gallesio qui dicuntur viarii communis Gallesii,
« ad bancam cu[rie] (f) Gallesii ubi ius reditur more solito dicit et
« protestatur et requirit ex parte curie pub[lice] (g) Montis Flasconis
« et Senatus Urbis quatinus debea[nt amovere omnem terminum quem
« misisse dicitur Silvester Sanis mentis et magister R[ainutius] (^-) mu-
la) Nel testo Romanger; ma nel seguito dell'atto e scritto chiaramente
Roman(;a^ Romange (b) Nel testo ppe (e) La corrosione del margine
destro della pergamena danneggia la fine dei righi i-j: qui e visibile parte
della parola abbreviata Angt; (d) Nel testo de Gallesio de Gallesio, e la
seconda volta con le due parole espunte dalla medesima mano del testo.
(e) Nel testo si vede soltanto p (f ) Nel testo si vede soltanto cu della pa-
rola danneggiata dal guasto della pergamena; ma la medesima frase e ripe-
tuta neW escato collo . (g) Guasta anche qui la pergamena. (h) Nel
testo R; il resto della parola danneggiato dal guasto della pergamena.
Regesto di S. Silpeslro de Capite 421
«ratore quorum presentia nunc de fncili haberi non potest, in terra
«sua, posita in Salecto, tenimento Gallesìi, iuxta viam et iuxta Ta-
ce lentum Petri lohannis Girardi et a pede est flumen. Cumipsam
« terminationem diete terre feccri[nt ipso Angelo inrequisito tac-
«ceperi[nt de terra [eius tanta que valet .x. libras paparlnorum et
« plus, Q.uam terrani dictus Angelus adserit esse suani prò emanci-
« patione quam ipse Leonardus pater eius fecit de dicto Angelo ut
« patet instromento publico diete emancipationis scripto per Marcel-
« lum notarium de Gallesio. Actum est hoc Gallesi! in platea curie
« comunis ad bancam curie presentibus abbate Rogerio S. Famiani,
« Somao Fortunato et Biasio Odonis testibus. Marcellus de Gallesio
« imperiali auctoritate notarius ».
CLXXVIII.
1287, giugno 27(0, Gallese.
« Le[onardus](b) ed. Landulfi de castro Gallesii dedit in perpe-
« tuum Andree de Afile recipienti procuratorio nomine prò d. Her-
« minia haba[tissa] (e) monialibus et conventu monasterii S. Silvestri
« in Capite de Urbe . ..W duas suas petias terrarum, positas in Pan-
ce tano seu Salceto vetulo sive in . . . W tenimento Gallesii, una qua-
« rum posita est... ('^), fines a pede cuius est fiumen, a capite via et
« iuxta rem Talenti Petri lohannis Girardi . . . W . . . [alia] petia est
« iuxta rem Talenti Petri lohannis Girardi (0 a duobus lateribus, a
« pede est ripa costa et a capite tenet Laurentius Berardi, et constituit
« suum procuratorem lohannem Pacis. Confirmaverunt Lellus [Leo-
u nardi fìlius et uxor Castellana». Pena « .e. librarum pape (^ ). Actum
« est hoc in castro Gallesii ante domum dicti monasterii corani te-
'f stibus Christoforo Landi notarlo, lohanne Pacis, Nicola ... et lane
«Petri Marci de Gallesio. Sub eodem anno et indictione et mense
« augusti die quinto coram testibus Christoforo Landi notano, lohanne
« Raineri! et lacobo Petri Mi^^inelli ante domum Gregorii lohannis
« Gregorii in Gallese: Angelus filius dicti Leonardi donationi con-
ce sensit. Marcellus de Gallesio imperiali auctoritate notarius ».
(a) Un guasto della pergamena che si estende per i righi 2-1} ha danntg-
giato della data la parola vlcesimo di cui qui si vede solo l'iniziale v (b) \'el
tetto e visibile solo Le di Leonardus (e) La parola e in parte danneggiata
dal guasto della pergamena. (d) Scrittura illeggibile per il danno già notato
(e) Quest'ultimo patronimico e aggiunto, con un richiamo, dal medesimo notato,
in jine dell'atto. (f) Kel testo ppc
422 V. Jederici
CLXXIX.
1287, agosto IO, [Gallese].
« lohannes Pacis de Gallesio procurator constitutus ab Angelo
« Leonardi Landulfi emancip[ato] (*) ab ipso Leonardo, et de ipsius
(f emancipatione constat publico instrumento confecto per Marcellum
« nota[rium] W ad investimentum faciendum d. Andree procuratori
« d. Herminie abatisse et con[ventuJ (») monasterii S. Silvestri in
« Capite de Urbe scriptum per Marcellum notarium investivit pre-
ce fatum d. Andream de quibusdam terris positis in Salecto, teni-
« mento Gallesi!, iuxta rem heredum Petri lohannis Girardi, iuxta
« flumen et iuxta viam, Actuni est hoc coram testibus d. Luca Pe-
ce trica, Leonardo Vaccaglerii et pluribus aliis. Christoforus de Gallesio
« S. R. E. auctoritate notarius ».
CLXXX.
1287, settembre 2, Vitorchiano.
« Coram patre d. Simeone civitatis Balnèoregii episcopo, pre-
ce sentibus presbiter[is Guidone Ranallo, lohanne Caro et Trambo
ce clericis castri Vitorclani diete civitatis, Andreas de Afilo procurator
ce d. Herminie abbatisse et conventus monasterii S. Silvestri in Capite
«de Urbe, quod cum ecclesia S. Petri de castro Vitorclani sit mater
ce ecclesiarum dicti castri eo quod in ipsa ecclesia homines dicti castri
c( recipiunt baptismatum et sepolturam iam sunt quadraginta anni et
ce ab ipso tempore ipsa ecclesia pertineat pieno iure ad monasterium
ce [S. [Silvestri, protest[atur et instanter pet[iit prò ipsa abbatissa [sibi
ce dari quartam partem omnium decimarum exactarum et exigenda-
cc rum ab hominibus dicti castri competentiarum prò dieta ecclesia
ce S. Petri ex iuribus supradictis et aliis que [se offer[t probare coram
ce indice competenti ad cetum (*>) dominorum cardinalium et ad fu-
ceturum pontificem et ad quemlibet iudicem competentem appel-
ce l[ans ; ad quam appellationem episcopus respondit quod paratus
ce erat petita facere si de iure tenetur hostenso sibi a d. Andrea, et
ce ipse d. Andreas dixit quod se hostensurum suo loco et tempore
(a) Nel margine destro (righi i-y) la pergamena e guasta dairumidità e
la scrittura danneggiata. (b) Cetù nel testo.
Regesto di S. Silvestro de Capite 423
« coram iudice competenti et de indice vult deliberare cum dieta d.
« abbatissa. Acta sunt hec in ecclesia S. Marie de dicto castro. Coram
« testibus Verardo lacobi ...(») de dicto castro, Vanne castellano
«castri Corbiani, sub annis d. millesimo ducentesimo octuagesimo
« septimo, tempore vacationis apostolice sedis, mense septembris, die
« secunda intrante, quintadecima indictione. Christoforus de Gallesio
« S. R. E. auctoritate notarius ».
CLXXXI.
1288, luglio 12, Gallese.
« D. Andreas de Afilo procurator constitutus a d. Herminia ab-
«batissa monasteri! S. Silvestri in Capite de Urbe et conventu ipsius
« monasterii ut de ipsius procuratione constat publico instrumento
« conscripto per lohannem Peiri Capud Galli notarium iure reloca-
« tìonis concessit Ferro cà. Catello(;i de Gallesio recipienti prò Pe-
« trogolo Catellozzo et Francisco filiis [eius et Petro Catellini reci-
« pienti prò Angelucio luliano Guictoncello et Leonardu^io filiis [eius
«tertiam partem prò indiviso cuiusdam petie terre, posite in voca-
« buio Vasselli, lenimento Gallesii: que terra tota locata fuit Catel
« lo^^io ed. patri ipsorum prò duabus partibus et per tertiam partem
«prò lohanne Petri serfb) Ferri; que tertia pars erat devoluta ad
« dictum monasterium per mortem Petrogoli qd. filii dicti lohannis.
« Fines eius terre: a duobus lateribus via publica, a .iir. fossatus
« Vasselli, a capite pons Vasselli. Comminus .x. solidorum et singulis
« annis [ipsiredc[nt dicto monasterio in festo sancteMarie augusti qua-
« tuor dcnarios paparenorum, prò centum solidis paparenis ». Pena
« centum solido[rum papareno[rum. Actum est hoc Gallesio ante do-
« mos dicti monasterii quae fuerant Petri Gafìlì, coram testibus pre-
« sbitero lohanne Papinello et Petro(;(;elo luliani Christoforus de
« Gallesio S. R. lì. auctoritate notarius ».
(a) Lacuna nel testo. ,(b) Kel testo una s minuscola tagliata da una
lìnea ad angolo retto ed ambedue i segni congiunti in forma di nesso.
424 V. federici
CLXXXII.
1289, marzo 2, Roma.
[Copia di Bartolomeo di Pietro di Sante del 1363, ottobre 5] (i).
« In presenlia venerabilis priorls d. lacobi S, Marie in via Lata
« diaconi cardinalis constitutis viro fratre Philippe abbati monasterii
« S. Andree de Poncano civitate Castellane diocesis et discreto viro
« Antonino canonico ecclesie S. Marie in via Lata de Urbe, procu-
« ratori monasterii S. Silvestri in Capite de [Urb]e (*) ordinis sororum
« minorum inclusarum. Idem abbas confessus est quod monasterium
« S. Andree habet titulo locationis a monasterio S. Silvestri loca et
« res seu terras infrascriptas, positas in tenimento castri S. Heristi
« eiusdem diocesis. Et in primis quasdam terras seu res positas in
« loco qui dicitur Clìvanum (b), fines quarum sunt: a pede est rivus
« Novelli, a .11. et .111. latere terre seu res que fuerunt heredum
« Arcionis et que fuerunt ed. Leonis Romanucii Romani et terra
« quam monasterium S. Silvestri emit a Romano lohannis Segnìni
« et via et a .1111. latere est via et terra que fuit ed. lohannis Retri
« Leonis; aliud petium terre positum in eodem loco in quo est murus
« antiquus, fines cuius, a .1. latere terra seu res que fuerunt heredum
<v Arcionis et Leonis Romanucii et terra quam tenet monasterium S. Sil-
(a) Un luco della pergamena danneggia in parte la parola. (b) Una
piega della pergamena non lascia leggere interamente il nome che però e
chiaro in n. 16^.
(i) Di questo atto esiste nel medesimo fondo di S. Silvestro una
copia (n. 169) mancante dell'autentica nel protocollo iniziale
(che è invece nell'esemplare n. 168: «Hoc est exemplum seu tran-
ce sumptum cuiusdam publici instrumenti cuius tenor per omnia talis
« est »), delle firme dei quattro testimonii che autenticano la copia
di Bartolomeo e della firma del notaro trascrittore che certamente
non è lo stesso della copia n. 168. La trascrizione n. 169 è di
poco posteriore all' altra dalla quale forse deriva : cf. per ciò il passo
dell' e s e a t o e o 1 1 o (n. 1 69, r. 32) dove l' amanuense lesse : a domino
« lacobo de labro » nel suo esemplare dove originariamente era scritto
«labico», ma 1'/ era abraso e non si intendeva più giustamente a
parola.
Regesto dì S, Silvestro de Capite 425
<f vestri a dicto Romano Segnini, a. 11. dictus rivus Novelli et a duobus
« aliis lateribus terre seu res que fuerunt lohannis Petri Leonis. Item
« quoddam aliud petium terre positum ab alio latere dicti rivi Novelli,
« cuius a .1. latere terra sive res que sunt heredum Alexandri et res
« que fuit Berardi Carleti et res que fuit Petri Guidoct[i] (a) et
« a .11. res sive terra que fuit heredum Luculi. Item quoddam aliud
«petium terre positum in Salecto (b), cuius a .1. latere res que fuit
e predictorum heredum Arcionis et res que fuit Leonis Romani et res
« eiusdem monasterii S. Silvestri, a .11. latere est fossatum Pentume,
« a .III. res que fuit lohannis Petri Leonis. Item quoddam aliud petium
« terre positum in Cli[vano] (0, cuius a duobus lateribus vie publice,
« a ITI. fossatum et a .1111. res que fuerunt heredum Arcionis et res
<' que fuerunt dicti Leonis et res dicti monasterii. Item quasdam terras
« posita[s] (<:) in Tecano, quarum a .1. latere res que fuit heredum
« Egidii Paganelli, et a .11. res que fuit ed. lohannis Gentilis. Item
« terras et silvas positas in Monterotundo ubi . . . (e) dicitur Tusci-
i< lianum, cuius a .1. et .11. latere vie publice, a .111. et .1111. latere
« petretum vallis Stephanie. Item quasdam terras et silvas positas in
« Germanello, quarum a .1. latere est vallis Trivii, a .11. Claranum («i),
« a .III. res que fuit heredum lohannis Gregorii et a .1111. rivus Ger-
« manelli. Dictum monasterium S. Andree ex causa locationis tenetur
« reddere monasterio S. Silvestri prò pensione dictarum rerum quo-
« Hbet anno in festo Assumptionis beate Marie virginis usque ad
« octavam ipsius festi octo rubla boni grani ad mensuram senatus
« sub pena .1. libre auri. Actum Rome in domibus S. Laurentii in
« Lucina ubi idem d. cardinalis morabatur presentibus testibus fratrc
<f Girardo abbate monasterii S. Laurentii foris muros Urbis, d. lacobo
« de Labico («) camarario, Petro d. Montanani C^ ) de Urbeveteri do-
<' micelio d. lacobi cardinalis, fratre Matheo ordinis minorum guar-
« diano S. Silvestri, fratre Symone procerio (g) eius ordinis familiari
« d. cardinalis ».
(a) Una rasura della pergamena impedisce la lettura della vocale finale
della parola : in copia n. 16^ e Guidocii (b) La copia ha Salcio (e) La
parola è in parte danneggiata da uno strappo della pergamena che interrompi
il testo nel margine destro dei righi i)'Jj. (d) Nella copia fu. ìb<)) si legge
solo Clara per danno della pergamena. (e) Nel testo labico, ma V i e abraso,
e di esso rimane soltanto il punto. Il trascrittore della copia (n. ibi)) non vide
l'abrasura e trascrisse labro (cf. qui indietro p 42.}, nota 1). {() Nel testo
Montani; poi la medesima mano del testo aggiunse sopra la parola, nell'in*
terlineo, na; Montanani è trascritto in copia (n. 16^). (g) Così nelle due
copie : forse primicerio
42^ V. federici
(c lohannes dictus Parlator de Sctia apostolice Sedis auctoritatC'
« index et notarius.
« >J< Franciscus Maruccioli de Balneoregio iudex ordinarius pa-
ci latinus habens fidem huic exemplo seu transumpto per infrascriptum
« Bartholomeum d. Petri Sancti notarium fideliter scripto &c. sub-
(( scnb[it.
« >J< Nicolaus lohannis Quccha clvis Romanus imperiali aucto-
« ritate notarius &c. subscrib[it.
« >J< Franciscus Petri Rosani civis Romanus alme Urbis sacre
« prefecture et imperiali auctoritate notarius &c. subscrib[it.
« >J< Petrus Francisci Vecchi civis Romanus imperiali auctori-
«tate notarius &c. subscrib[it.
« yji Franciscus Pucii Romanus civis alme Urbis sacre prefecture
«auctoritate notarius &c. subscrib[it (i).
« >p Bartholomeus d. Petri Sancti civis Romanus imperiali aucto-
« ritate notarius habens fidem de dicto publico instrumento quod non
« est exibitum corani dicto indice palatino scrips[it in presentia d.
« Francisci Maruccioli de Balneoregio iudicis ordinarli palatini in
« anno D. millesimo .ccclxiii, pont. d. Urbani pp. V, indict. .il,
« mense octobris, die .v. et tempore d. Guelfi militis de Pulgensi de
«Prato alme Urbis senatoris illustrissimi».
CLXXXIII.
1290, luglio 18, Gallicano.
« Petrus de Colupna pape capellanus fihus ed. d. Petri de Co-
« lumpna, in presentia Nicolai de Penestre notarli institu[it in he-
« redem Ioannem de Columpna nepotem [suuni filium ed. Landulu
« de Columpna fratris [sui in tota silicet parte [sua totius castri
« Gallicani ita quod dictus d. lohannes de hac hereditate se intro-
« mietere &c. donec .md. florenos infrascriptis commissariis et execu-
« toribus [eius pervenire faciat. De quibus .md. florenis leg[at ecclesiae
« S. Andree de Gallicano ubi elig[it sepulturam (a) e. florenos auri in
« tot vineis, ita tamen quod eiusdem ecclesie clerici celebrare teneantur
(a) Una macchia della pergamena impedisce qui la leltura di circa tre
parole.
(r) Le firme di questi cinque testimoni che autenticano la copia
sono autografe. Ognuno di questi notari appose anche il segno del
tabellionato.
Regesto di S, Silvestro de Capite 427
« annis singulis die silicet lune prò mortuis missam solemnem eidem
« ecclesie S. Andree et ecclesiis S. Lucie eiusdem castri Gallicani et
« ecclesie S. Ioannis in campo Oratii et ecclesie S. Cesarei .x. flo-
« renos auri inter eas equaliter dividendos. Si in Urbe decesser[it
« v[u]t se sepelliri apud ecclesiam b. Marie fratrum minorum de Ca-
« pitolio quibus dari v[ult .e. florenos, et sepelliri apud ecclesiam
« [eorum; monasterio S. Andree de Beveratica de Urbe .e. florenos;
« hominibus dictorum castrorum Gallicani et S. Ioannis in campo
«Oratii .CL. florenos auri inter eos equaliter dividendos; insuper
« Persete filie cuiusdam paupercule de Gallicano, Giare nomine,
K .L. libras provisinorum et unam domum que valeat libras .x. Insuper
« lohanni de Pulia relinqu[it feudum quod tenet in castro S. Ioannis
« in campo Oratii liberum et ab omni servitio absolutum. Insuper
« Matthiae ac Landoni fratri [eius adiung[it super eorum feudum
« .VI. rubla terre que magis eidem feudo sint contigue, a cripta a
<c parti inferiori. Item servientibus [suis v[ult dari mercedem secundum
« quod [sibi toto tempore servierunt. In toto vero castro S. Ioannis
« in campo Oratii, Tiburtine diocesis cum rocca territorio teni-
'( mento &c. et casali [suo de Pantano posito in tenimenro castri
« Gallicani [sibi appropriatum per divisionem et castro S. Cesarli
« inter [se olim ex una parte ac dictos nepotes [suos ex altera prò
« ut apparet publico instrumento iudicis Bartholomei lohannis Octa-
« biani de Tibure et notarli [sibi heredem institu[it monasterium
« S. Silvestri de Capite in Urbe, ubi pauperes quedam spiritu moniales
« existunt ita tamen quod ibi erigatur altare in quo capellanus per-
« petuus habeatur qui teneatur celebrare die lune prò mortuis ac die
« sabati prò b. Marie virgine. Preterea dictas deprec[atur moniales
« quatenus neptes [eius Bartholomeam ffliam Fortìsbrachie fratris
(f [eius cuiusdam et Angelellam eiusdem Fortisbrachie filiam natu-
« ralem nec non et Andream cuiusdam paupercule de Gallicano,
<c Gemme nomine, filiam in monacas recipiant et sorores monacari
«si voluerint. De supradictis .md. florenis v[ult in integrum solvi
«omnia debita; prò debitis de quibus [se constare non posset relin-
« qu[it .e. florenos auri prò animabus illorum quibus sic tene[tur for-
« sitan et nesc[it; prò exequendo et solvendo patris [sui qd. Peiri de
« Colupna et fratrum qd, d. Leonis et predicti Foriibrachii testamento
« .ecce, florenos, ad plenum satisfieri Bariholomee nepti [sue prò
« parte scilicet [sibi contingente de .oc. libris provisinorum [sibi prò
«dote sue in dicti patris testamento rclictis; insuper ipsi Bartholo-
« mee .e. florenos auri; insuper supradictc Angelellc ad plenum sa-
« tisfleri de denariis ac domo [ei in supradicti patris testamento re-
« lictis cidem[que decem libras provisinorum ; d. Ioanni Petro et
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIII. -S
428 F. Jederìci
« Gregorio nepotibus [suis ]eg[at in stirpes et non in capita tertìam
« partem [suam domorum que in Urbis cum eis prò indiviso habe[t:
K eisdem [que .ce. florenos auri et emptiones quas feci[t ab [eis de
« feudi s Brigoldi et d. Petri Rabulci; item castellano castri Gallicani
« x. florenos auri, alios .x. florenos castellano S. Ioannis in campo
« Oratii, et alios .x. florenos muczo S. Cesarli. Item monasterio
« Sublacensi leg[at melioramenta quae [est adeptus vel operatus in
« ecclesiis B. Virginis Marie et S. Pastoris [quas tene[t ab eo. Item
« committ[it bona sua expendenda et distribuenda in manibus d. la-
te cobi de Colupna et d. Petri de Colupna S. Marie in via Lata et
«S. Eustachii diaconorum cardinalium ac etiam strenui viri d. lo-
« annis de Colupna alme Urbis illustris senatoris. Actum in castro
« Gallicani in palatio dicti d. Petri de Colupna testatoris, presentibus
« testibus magistro Matthia medico de Tibure, muczo S. Cesarli,
« Petro Surdi de Gallicano, Vernerio S. Ioannis in campo Oratii,
« Ioanne Tinioso de Gallicano, Bartholomeo Tomasi et Matheo
« Galloppi de Gallicano, Nicolaus filius olim Annibaldi Tiburtini
«imperiali auctoritate notarius de Preneste».
CLXXXIV.
1291, gennaio 18, Orvieto.
[Copia di Antonio di Francesco di Nicola del 1361, gennaio 27.]
« Nicolaus pp. IV indulge[t quod monasteria ordinis sancte Giare
« ad exhibendum procurationes aliquas legatis vel nuntiis apostolice
« Sedis sive ad prestandum subvenctionem quamcumque vel ad con-
ce tribuendum in exactionibus vel coUectis seu subsidiis aliquibus per
« litteras diete Sedis aut legatorum vel nuntiorum ipsorum seu re-
« ctorum terrarum vel regionum quascumque impetratas vel etiam
(c impetrandas minime tenea[ntur », « Dilectis in Christo filiabus uni-
« versis abbatissis et conventibus sororum inclusarum monasteriorum
« ordinis sancte Giare w.Inc. « Quanto studiosius devota mente ». «Da-
« tum apud Urbera veterem, .xv. kal. februarii, anno .111. Antonius (i)
« Francìsci Nicolai de Alatro publicus imperiali auctoritate notarius
ce predictum transumptum exemplavi[t, et coram d. Paulo episcopo
(i) Nel margine della pergamena il notaio che trascrisse la bolla
segnò in forma di sigla le prime due lettere del suo nome A N. Nei
due fori della plica è appesa la hulla ovale di cera rubra con la rap-
presentazione e la leggenda molto danneggiate dal tempo.
Regesto di S. Silvestro de Capile 429
« Alatrino prò tribunali sedente prope hostium domorum ecclesie
« S. Gregorii site in territorio Alatri, abscultavi[t una cum d.
« Rogerio lohannis Bartholomei de Verulis, Petro Christiane clerico
« de Alatro et fratre lacobo de Prenestre de ordine minorum et in
« publicam formam redegi[t ad instantiam fratris Petri de Frusinoni
«guardiani loci S. Francisci de Alatro de ordine minorum. Actum in
«loco supradicto sub anno D. millesimo .ccclxi. , pont. d. Innocenti!
« pp. VI a. .vili. ind. .xiiii. mense ian. die .xxvii. » (i).
(i) È questa, come appare dall'ultima sua parte, una copia auten-
tica della bolla di Nicola IV (Potthast, n. 23528 e arch.V 2i\.\c. Regi-
5/ro 45, n. DCLXXiiii, e. 137 b: nello stesso Registro ^'^^ n. ccccxxxiii,
e. 86 A, è un'altra lettera dello stesso anno, « .111. kal. oct., a. tertio »,
del medesimo argomento, nella quale si richiama una disposizione
simile di Clemente IV). Un'altra copia di essa fatta in Alatri, «In
« Alatro, Sancti Sebastiani », è nello stesso fondo di S. Silvestro,
n. 181, I. Conferma del medesimo privilegio è nella lettera indiriz-
zata alle monache di S. Silvestro da Giovanni XXII, « Sacra vestra
«religio», del 14 ottobre 1326, data da Avignone, « datum Avinioni,
« .11. idus oct. a. .x. (arch. Vatic. Reg. Avign. 24, n. lxxii, c. 66 a),
di cui abbiamo una copia {Fondo S.Sìlv. n. 181, 3) redatta a Napoli,
« In Neapolim in Sancti Corpore Christi ». La pergamena qui sopra
più volte citata (5. Silv. n. 181) è della scrittura e pare anche della
medesima mano del notaio Antonio di Francesco di Alatri che re-
dasse la copia da me riportata nel Regesto. Essa contiene, insieme
con quella di Nicola IV, anche copia di una lettera di Bonifacio VIII,
di una di Giovanni XXII e di due di Alessandro IV. Quella di Ni-
cola IV è la prima della serie. Le cinque lettere pontificie sono trascritte
senza nessuna di quelle autentiche che ci permetterebbero di ritenerle
copie legali. La prima bolla di Alessandro IV (n. 181, 4) si riferisce
al monastero di S. Angelo di Terracina dell'ordine di san Damiano e
pare che non abbia nulla che fare con S. Silvestro [« Dilectis in
« Christo filiabus abbatisse et conventui monasteri! S. Angeli Terraci-
« nensis ordinis sancti Damyanì ». Inc. « Quanto siudiosius divina con-
« lemplacionis ». « Datum Viterbii, .11. kl.febr., a. .iv. »J. Il documento
e trascritto a Terracina, « In Taraceno S. Angeli ». Circa un mese
dopo la spedizione di questa lettera, Alessandro conferma il privi-
legio con l'altra, « Devocionis vestrc precibus inclinati», datata da
Viterbo il 29 febbraio 1258 (pongo il 29 invece del 28 febbraio
perchè il 12)8 è bisestile: Gww , Manuel de dipìomatiqne, pp. 152, 241,
février, nota), « Datum Viterbii, .11. kl. marcii, a. .iv. » e trascritta
a Terracina, « In Tarraceno Sancti Angeli» (n. 181, 5). Il Registro
430 V, federici
CLXXXV.
1292, decembre 16.
« D. Ranuccius Blasii iudex, Angelus frater eius, Blasius locgii
« Blasii, Tanus Calg[ani] W Maxei ipso Galgano patre suo presente
«et consentiente et ipse Galganus, Buci[u]s (i»), Fantoncellus Fren-
« tanis, Rapìcellus Rapigi et Matheus lohannis Octabiani cives (.e)
(( Ortani W domini castri Vagnoli vendiderunt et mandaverunt discreto
« viro d. Falcone Camagnare civi Orlano (0 reverendi patris d. lacobi
«de Columpna permissione doniinum (f ) S. Marie in via Lata dia-
« coni cardìnalis (g) ut de ipsius procuratione constai per Benencasam
« de Ananio 00 notarium castrum totum integrum cum eius teni-
« mento &c. cum campo de cisterna: fines tenimenti dicti castri sunt
« tenimentum civitatis Ortane, tenimentum Gallesii quod dicitur. .. (»)
« iuris monasteri! S. Silvestri in Capite de Urbe iuxta tenimentum
« castri Vassanelli tenimentum ecclesie S. luvenalis iuris dicti mona-
« sterii et usque in viam Calcarle 0^) valle plani et si quos veriores
« alios habet fines prò prec^io sex milia librarum honorum de[na-
« riorum] pa[piensium] (0 in florenis boni et puri auri ». Pena
« dupli dicto procuratori. Et Gaita uxor dicti Blasii iuramento ab ea
« prestito corporaliter tacto libro de consensu ipsius viri sui, renun-
«tians iuri ypothecarum et adiutori© Velleiani senatus consulti et
«omni alio legitimo iuris et usus ausilio, predicte vendiccioni con-
(a) Qui la scrittura è ahrasa e il nome non si può leggere completamente.
(b) Kel testo Bu(;ì..s; e nel me:^:^o uno spazio abraso che poteva contenere
una lettera, (e) Nel testo la parola cives ha un segno di abbreviazione
sopra. (d) Abbr. ony. qui rinterpreta^ione e incerta per danno della per-
gamena; ma la medesima ahbrevia'^ione è adoperata piti sotto con significato
evidente. (e) La frase Falcone - orlano riscritta, sopra luogo abraso, e^
pare, dalla medesima mano del testo. (f) Abbr. dium (g) Abbr. diacoù
card> ; non si sa se le due parole vadano accordate col reverendi etc. regolar-
mente, 0 con l'errato dominum (h) Abbr. Anan (i) Kel testo Cinciiaii
poi il secondo e fu corretto in 1; che sia un errore per Cicilianum ? (k) Kel
testo Caicar (1) Una macchia prodotta da reagente chimico lascia vedere
solo qualche lettera, e fra le due parole denariorum e papiensium^ dove può
entrare un'altra parola abbreviata, ha distrutto ogni traccia di lettere.
Vatic. n. 25 (arch. Valle.) che contiene le lettere dell'a. iv di Ales-
sandro IV non registra queste due. Ma è da tener presente che in
questo registro mancano le ce 172-187.
Regesto di S. Sih^estro de Capite 431
« scnsit. Promiserunt se facturi et curaturi dicto procuratori ita quod
« d. lacoba uxor d. Ranugci, d. Adelascia uxor Mathei W . . . Actum
«est hoc in dicto castro Vagnoli. Coram testibus d. Petro priore
« Ballevogcii, d. Nello priore S. luvenalis, Petro lohannis Nectaronis,
«Arnolfo, Crescio Petri Arnolfi, d. Andrea de Afile et Benencasa
« de Ananio notarlo et pluribus aliis 0^) . . . Christoforus de Gallesio
« S. R. E. auctoritate notarius w (0 (i).
CLXXXVI.
1295, febbraio 14.
« Venerabilis mulier d. Herminia humills abbatissa monasterii
« S. Silvestri de Capite ordinis sororum minorum inclusarum cum
« consensu et voluntate dominarum Rofine, Margarite et Angele mo-
« nialium dicti monasterii nomine ipsius monasterii et conventus
« eiusdem et prò ipso consentiit venditioni facte a Petro filio qd.
« Stephani Romani lohannis presbitero de regione Columpne Egidio
« filio ed. Angeli Malabrance eiusdem regionis de una domo cum
« orto post se, posita in dieta regione, inter hos fines, a trlbus late-
«c ribus tenet idem Petrus et fratres eius iuris dicti monasterii, ab alio
«ipse Egidius iuris dicti monasterii, ante est via publica ut apparet
« publico insirumento venditionis scripto per [subscriptum notarium.
« Hunc autem consensum fecit quod recepit prò consensu et com-
« minu ,xii, denarios et prò eo quod dictus Egidius promisit diete
« d. abbatisse omni anno in festo saneti lohannis de estate
« redderc duos denarios prò pensione et si in festo non solventur in
« octavo duplicare promisit. Comminus .xii. denariorum ». Testi-
moni: «Petrus Stephani Boniscangni, Saba Laurentii Pagani, Frnn-
« ciscus lacobi Consolini, Nieolaus Laurentii Pagani, Johannes ^ucka.
« lohannes Laurentii S. R. prcfecture iudex et scriniarius » (2).
(a) Qui la scrittura e interrotta e prima deìl'Actum v'hanno ancora un*
dici righi vuoti. (b) // resto del rigo, dove sono scritte due o tre parole,
non si legge per danno della pergamena prodotto da un reagente chimico,
(e) La sottoscrizione del notaio vien dopo due righi vuoti che seguono VA cium
del documento.
(i) Una nota sincrona all'atto è nel verso della pergamena
(oltre le solite riassuntive comuni) e dice « Iste suni carte Vangoli ».
(2) Nel verso della pergamena, oltre le note riassuntive poste-
riori, si scorgono le tracce di una nota sincrona che non si riesce
a leggere, perchè qui la scrittura è in parte abrasa ed in parte sbiadita.
432 V. Jederici
CLXXXVII.
1294(1), decembre 19.
« Religiosa et honesta mulier d. lohanna filia qd. nobilis viri
« d. lohannis de Columpna gerens vicem d. Barbare abbatisse mo-
« nasterii S. Silvestri de Capite ordinis sororum minorum inclusnrum
« et d. Herminia, Sistera, Mabilia et Egidia moniales dicti monasterii
« locaverunt Petro lohannis Nicolai de regione Trivii in perpetuum
« duas petias terrarum ad pastinandum ibidem duas petias vinte ita
« quod quelibet petia sit .xlv. quarantine (0 vituum (b) cum quinta
« parte trium vascarum vascalis et tini ibidem existentium, positas
« extra portam Flammineam in proprietate dicti monasterii, in loco
« qui dicitur mons S. Valentin!, Inter hos fines, ab uno latere tenet
« Johannes Pauli Petri Boni iuris dicti monasterii, ab alio Bertellus
« iudex Petri Nicolai Albuc<;elle, ab alio ante est via publica prò eo
« quod idem Petrus promisit diete d. lohanne et monialibus a modo
«in antea omni anno in kal. mensis madii dare unum florenum boni
« et puri auri et recti ponderis prò pensione et si in dictas kal. pen-
« sione non solvetur in octavo dupplicare promisit, et si post elapsum
« unum mensem a dicto octavo pensionem Petrus non dupplicavcrit
« dieta terra cum omni suo melioramento ad monasterium revertatur.
« Comjminus .v. sollido[rum provisinorum per quamlibet petiam terre
« et vinee. Si in dieta terra Petrus invenerit aurum argentum plum-
« mum rame stagnum metallum aut bonum lapidem seu pretas va-
« lientes ultra .xii. denarios medietatem dabit d. lohanne, alia me-
« dietas erit ipsius Petri. Petrus promisit omnia supradicta observare
« sub obligatione omnium honorum suorum et sub pena unius libre
« boni auri renuntians in predictis Petrus capitulo consuetudinum Urbis
(eloquenti de penis conventionalibus non exigendis ». Testimoni:
« Laurentius Nicolai Romanelli, lacobus Nicolai de Trocca, Petrus
« Nicolai Ratini, Angelus lohannis Triani. Johannes Laurentii S. R.
« prefecture iudex et scriniarius » (2).
(a) Nel testo quaràtin (b) Nel testo vituii
(i) Nel testo « Anno [eiusdem: la parola è illeggibile perchè qui
« la pergamena è stracciata] incarnationis millesimo ducentesimo
« nonagesimo quarto, indictione .v[ii]i.». (Un buco danneggia qui
due unità del numero, ma non e' è dubbio che debba leggersi viii).
(2) Nel verso della pergamena, oltre la solita nota riassuntiva
Regesto di S. Silvestro de Capite 433
CLXXXVIII.
1295, maggio I).
(f D. Angelus Gre[gorii] (O de [Ra]ynerio (*) de regione Trivii
« concessit Stefano W Surdo filio olim d. Petri Surdi presenti et re-
« cipienti omne [ius] (b) suum quamcumque actionem sibi compe-
« tente &c., quod et que ipse d. Angelus nunc habet is:c. contra
«< Alexium 0[d]donem (e) et Angelum fratres et filios d. Oddonis
« Cine W de Surdis ut principales debitores et eorum bona et
« contra quemlibet eorum in solidum et contra d. lohannem
« Solfarate, lohannem iudicem, Oddonem de Fulco et heredes et
« bonorum possessores qd . . . («) dicti Alexii et contra quemli-
(c bet eorum in solidum et bona eorum. Et etiam (f) contra capi-
« taneum (g) [Anjdream baccinarium, lohannem Capone 00 Andree
(c ferrarium et Blasium CanponisO) fideiussorem predicti Oddonis
« et contra quemlibet eorum in solidum et bona eorum, Nec non
« contra lacobum Surdum, Blasium Petri Guidonis, Petrum Cre-
(f scentii, Slephanellum filium qd. iudicis Thome lohannis baccani
« fideiussorem dicti Angeli et contra quemlibet eorum in solidum et
« eorum bona occasione et respectu centum fiorenorum boni et puri
« auri et ipsorum dampnorum et expensarum in quibus dicti princi-
<f pales et dicti eorum fydeiussores et quilibet eorum in solidum eidem
'( d. Angelo annuatim et quolibet anno dum d. Oddo Cina pater
<f predictorum Alexii Oddonis et Angeli vixerit dare et solvere te-
« nentur prout apparet publico termino cartule scripte per Angelum
'< magistri Synibaldi notarium, volens quod de cetero dictus Stephanus
« proprio nomine agat exigat &c. et in locum [eius recip[iat, ipsumque
(a) La pergamena e in gran parte svanita e spesso e difficile incerta od
impossibile la lettura del testo. (b) Kel testo si vede solo oe (e) Un'abra-
sione dannegf^ia il primo d di Oddonem (d) // C iniziale e completamente
svanito : ma è esatta la interpretazione della parola che nella medesima forma
si ritrova piit sotto nel testo del documento. (e) La seconda metà del
rigo e completamente svanita : rimangono solo poche tracce di lettere che
confondono ogni tentativo di interpretazione. (f) Nel testo ctj (g) Ntl
testo capita (h) Nel testo Capoc (i) Nel testo Canpofi
posteriore, la mano del notaio segnò: «Instrumentum locationis
(( terrarum ...» (il resto non si legge per il danno della pergamena
già notato sopra, nota i).
434 ^'^' Jederici
« Stephanum in rem suam dictus d. Angelus procurator constitu-
«tLis...(0». Pena «diete pecunie duple». Testimoni: « lohannes
« Bonihominis, lacobellus Romani... (b), Nicolaus domini Pe[tri] (0.
«lohannes Christofori alme Urbis prefecti notarius».
CLXXXIX.
1296, maggio 23.
[Copia di DonaJeo di maestro Tommaso, del 15 ij, agosto $•]
« In nomine Domini amen. Hoc est exemplum cuiusdam instru-
« menti cum die et consule sic dicentis: Reliosa W et honesta mulier
« d. lohanna filia qd. nobilis viri d. lohannis de Colupmne et d. Her-
« minia Albertina (O, Sistera, Egidia, lacoba, Margarita d. Odonis(f)
« de Colupmne, F[ran]cisca (g) de Afilio et Margarita Francisciì mo-
« niales locaverunt Nicolocio Ofreducii de Sipicciano usque in tertiam
« generationem unum petium terre, posite in plano [c]ast[ri] CO
« S. Terengani quod olim fuit ... (0 iuxta rem Ferrantis et iuxta rem
« heredum olim magistri lentilis et iuxta rem magistrì Verardi et
« iuxta ripas. Item unum^ alium p[etium] C') terre in eo dicto plano,
« posite iuxta ripam S. Terentiani et i[uxta] 0) viam et iuxta [rem](in)
« Ferrantis et iuxta feudum Petri Boni. Item u[num] (n) alium petium
« terre, posite ad rotam (o) de Ceso, iuxta feudum Villani et iuxta
« silvani abbatis et iuxta ventia (p). Item et planum et plagias a...(q)
« Campuvallo, iuxta ecclesiam S. Cristine et iuxta rem CaniotiiCO et
(a) Nella parte inferiore la scrittura e tanto svanita che riesce estrema-
mente difficile leggerla completamente. (b) Segue un altro nome di cui leggo
solo le due lettere da (e) Nel testo è visibile solo pe (d) Così nel testo
per religiosa (e) Incerto se debba leggersi Albertina o Alberana (f) Nel
testo abbrev. Odois (g) Nel testo si vede solo f ; le ultime lettere del rigo
sono svanite: f[rà]; // resto della parola si legge chiaramente nel principio
del rigo seguente. (h) La parola e in parte svanita. (i) Nel margine
destro la pergamena e corrosa in modo che ne rimangono danneggiati i
rr. 8-10: qui si leggono e con poca sicure^Pia le lettere tasb (k) La cor-
rosione già notata permette di leggere solo p (1) Una macchia della per-
gamena danneggia in gran parte la parola. (;r.) Una macchia, della per-
gamena rende illeggibile la parola che pero si può facilmente desumere dal
contesto del documento. (n) La corrosione già notata nel margine destro
lascia vedere della parola la sola lettera iniziale. (o) Nel testo ad rota
(p) Nel testo vètia (q) La corrosione del margine destro rende illeggibile
la parola. (r) Nel testo caiotij
Regesto di S. Silvestro de Capite 435
« magistrum Gentilis et iuxta ripas et iuxta ventiam (a) cum gripta
« ibidem existenti. Hanc autem locationem eidem Nicolocio fecerunt
« prò eo quod dictus Nicolocius prom[isit] (b) ipsi monasterio a modo
« in antea omni anno dare decimam partem omnium fructuum seu biadi
« dict[arum terr[arum et decimam partem omnium fructuum vinearum
« et omnium arborum existentium in dictis vineis et quatuor florenos
« boni auri ad petitionem diete d. abbatisse quacumque die bora sibi
« placuerit et prò eo quod dictus Nicolocius promisit d. abbatisse
<f bine ad unum annum facere et fieri facere unam domum in dicto
« castro S. Terengani et eam facere cohabitatam sub obligatione
« omnium bonorum suorum. Comjminus .XX. solidorum bonorum
« provisinorum senatus. Si in dieta vinca Nicolocius invenerit aurum
« argentum plummum stagnum vel metallum aut bonum lapidem seu
« petras valientes ultra .xir. denarios medietas erit monasterii et alia me-
« dietas erit Nicolocii. Que omnia Nicolocius promisit observare sub
« obligatione omnium bonorum et sub pena .xxv. librarum provisino-
« rum senatus renumptians in predictis Nicolocius capitulo consue-
« tudinis Urbis loquenti de pena conventionalibus &c. ». Testimoni:
« Frater Matbeus guardianus dicti monasterii, presbiter Andreas de
« Afilo, Vanne Nicolay Venne de Viterbio, Franciscus Capocia,
«... berardi de Bulmartio, lobannes Laurentii S. R. prefecture iudex
« et notarius. Lectum boc exemplum Bulmartii, corani domnu Bardi
« Freducii, Guido Borgarelli, Nallo olim Freducii de dominis Bulmar-
« tii (e) et magistro Angelo magistri W de Viterbio («) iudex ordinarius
«■ sub anno Domini .mcccxiii. indie, .x., tempore d. Clementis pp. quinti,
« die .V. mense augusti. Donadeus magistri To[m]assii (f) imperiali
« auctoritate iudex et notarius w.
cxc.
1296, luglio 22 (g).
(a) Nel tato vèlia (b) Un'altra corrosione nel margine destro dannefigia
in parie la parola. (e) \el testo But (d) Nel lesto m (e) Incerta
la interprelaiione perchè qui la scrittura è molto svanita. (f) Un guasto
della pergamena danneggia parte della parola. (g) La pergamena ha la
scrittura cosi svanita che non riesco a trarne un riassunto, pure breve, ma
sicuro. La stessa data che le ho assegnato per porla nel novero delle altre
in queito Regesto è tolta dal transunto posteriore che ogni pergamena di questo
fondo ha nel suo verso. L'unico meno col quale si potrebbe ridar vita
alla scrittura svanita, l'uso di qualche reagente, e giustamente vietato dal
regolamento archivistico.
43^ ^. Jederìci
CXCI.
1298, aprile 5 (i), Roma.
(c Bonifacius pp. Vili concedi[t conventibus sororam inclusarum
«ordinis sancte Giare ut possint uti et gaudere omnibus privìlegiis
« fratribus minoribus concessis ». « Dilectis in Christo filiabus uni-
« versis abbatissis et conventibus sororum inclusarum W ordinis
cf sancte Giare ». Inc. « In sinu Sedis apostolice ». « Data Rome apud
« S. Petrum non. aprilis pontificatus [eius anno quarto».
CXCII.
1298, maggio 25.
« Religiosa et honesta mulier d. Systera vicaria venerabilis mo-
« nasterii S. Silvestri de Gapite de Urbe cum conventu et monia-
« libus dicti monasterii stantibus ad vicaria ad quam consuete sunt
« stare ad ncgotia monasterii exercenda constituerunt Oddonem
« lohannis Philippi de civitate Ortana presentem et presbiterum
K Blaxium de Gallesio absentem legitimos procuratores ad recipien-
« dum omnes fructus provenctus &c. omnium possessionum et bonorum
« pertinentium dicto monasterio positorum in civitatibus castris et
« villis existentibus in Tuscia et Gollini et eorum tenimentis et ad
« concedendum ad laborandum prò uno anno vel prò duobus ipsa
« bona terras seu tenimenta et ad pensiones dandas quibuscumque
« personis voluerint et ad promissionem recipiendam &c. et ad pe-
« tendum et recipiendum a Rapiscilo Rapici de civitate Ortana pre-
ce dieta .Lxxx. libras paparinorum quas dictum monasterium recipere
« debet ab eo &c, ». Pena « unius libre auri. Actum presentibas
(a) Nel Reg. cil. sororibus inclusis
(i) Questo è il secondo dei documenti contenuti nella perga-
mena n. 181 (cf. p. 429, nota i), trascritto in Anagni, «In Ana-
ce gnie in Sancti Petri ». La nostra copia ha la data « nono aprilis »
probabile errore per « nonas aprilis ». E infatti nel Registro Vaticano
di Bonifacio (arch. Vat. 49, n. lxxxxii, c. 20 b) è scritto «Non.
« aprilis » (« nonas aprilis »).
^l{egesto di S. Silvestro de Capite 457
« testibus Nicolao Omnìasancti, fratri W Leonardo lohannis Nicolai,
« et Frammarino famulo S. Silvestri. Johannes Omniasancti imperiali
« auctoritate notarius ».
CXCIII.
1299, gennaio 17 0>).
« Oddo Ioannis Phylippi (0 de Orto ut procurator conventus et
« monasterii S. Silvestri de Capite de Urbe pro[curatorioj W nomine
« [di]cti(e) conventus locavit ad pastinandum prò bine ad sex [anjnos
« Pastinello Scangni et Vanno Leonardi Scangni de castro Valle-
« rani omnes terras S. Salvatoris super positas . . . (^ ) cum omnibus
« pertinentiis et adiacentiis . . . (f ) et fruendi et Iaborandi usque ad
a dictum ... (0 quod Pastinellus et Vannus ... (0 dictas terras et
« omnes alias terras que dictum monasterium habet. . . (f) prò pensione
« omni eorum risico ... (0 ». Pena « .xxv. librarum provisinorum (g).
« Et insuper Pocius Petri Raynucii de Orte fìdeiussit. Actum est hoc
« Orte in platea loci...(f), coram religioso viro fratre Licobo de
« Vallerano, Meo Ofreducci de...(0, Lello Canneti (i^), Vene et le
« pelle (h), Salvestri de Orte...(f). Leonardus Naldi civis Orta-
« nus . . . (f) alme Urbis iudex et notarius ...» (0.
CXCIV.
[Sec. XIII fine.]
«In nomine Domini et estera (i). Fordevolia monasterii S. An-
« dree de Ponzana abbas consensu presbiteri Petri et fratris lohannis
(a) yiel tato fri (b) La pergamena e straordinariamenle svanita e cor-
rosa lungo il margine destro : il riassunto ne sarà quindi frammentario e non
sempre sicuro. (e) Nel testo pny; ahbrevia\ione danneggiata da un buco
della pergamena. (d) Completamente svanita : si legge con difficoltà f> (proj.
(e) La prima parte della parola svanita. (f) Scrittura completamente sva-
nita, (g) Incerta la lettura fra papicnsium, provisinorum, paparinorum
avendo il testo nei vari luoghi dove la frase e ripetuta ora pa; ed ora pps
(h) Incerta la lettura perchè la scrittura e svanita.
(i) La pergamena contiene due documenti, nel primo dei quali,
dopo r invocazione, manca nel protocollo iniziale la da-
tazione e nell'escatocollo, dopo la corroborazione, è
438 V. Jedenci
«de Montecilli(^) atque fratris lohannis de CoUenena fratrum eiusdem
«monasterii monachorum promict[it lohannì presbitero de Sardis
(creddere annuatlm in festivitate sancte Marie de agusto vel eius octa-
« vario (b) octo carrulos de bono grano sine maliiia ad carrulum se-
« natus [suis expensis in Romani ad domum [lohannis [presbiteri
« et hoc prò lenimento in S. Laurentio de Cloiano quod per loca-
« tionem a monasierio S. Silvestri in Capite habe[t. Johannes (i)
« presbiter hac presenti die propria voluntate sponde[t(0.
« Steplianus (2) abbas venerabiHs monasterii Ss. Stephani et
« Dionisii atque Silvestri quod ponitur cata Pauli qd. pape hac pre-
« senti die (3) cum consensu monachorum eiusdem monasterii Mathei,
« Sergii presbiteri, Berardi, Rustici et Stephani iure feudi conced[it
« lohanni presbitero nepoli [suo vita [eius et filiorum masculorum
« tantum totum tenimentum S. Heresti quod vocatur S. Laurentius
« de Cloiano quod tenimentum abbas S. Andree de Ponzano nunc
(a) Nel testo montecitt (b) N12I testo cct (e) Nel testo spondeo
omessa la sottoscrizione dei testimoni e quella del notaio; nel se-
condo manca, nel protocollo iniziale l' invocazione e la da-
tazione e neir escatocoUo la firma dei testimoni e del notaio.
Queste due copie non sono dunque autentiche benché appaia chiaro
che il trascrittore trascurò quelle parti essenziali dei due documenti solo
per risparmio di tempo o perchè a lui, per l'uso cui serviva la copia,
interessava soltanto il contenuto degli atti. La copia è di una sola
mano e in minuscola notarile che può bene attribuirsi agli ultimi
anni del sec. xiii. Dei due documenti il più antico è il secondo e
perchè contiene fatti che debbono necessariamente precedere i fatti
registrati nel primo e perchè fu redatto quando nel monastero di
S. Silvestro erano ancora i monaci Benedettini, anteriore dunque
al 4 settembre 1285. (Cf. Prefazione, p. 232).
(i) Questa formula, che certo si riferisce all'atto antecedente, è
scritta dopo una lacuna della pergamena e come principio della copia
dell'atto seguente. Essa ricorda la datazione nelle parole: «hac
«presenti die», datazione che doveva essere espressa nel proto-
collo iniziale e che, chi trascrisse l'atto, comprese nella frase
abbreviata: «In nomine Domini et estera».
(2) Di qui comincia il secondo atto.
(5) Anche qui fu richiamata la data che doveva trovarsi, in
questo secondo atto, nel protocollo iniziale completamente
omesso dal notaio trascrittore dei due documenti.
Q^gesto di S. Silvestro de Capite 439
« per monastenum tenet tali tamen tenore ut omne reddit[um] (»),
« quod abbas monasterio annuatim debet de dicto lenimento, [Johannes
« a modo habea[t et percipia[t et omne ius &:c. [eì conced[it, et si
« successores [sui noluerint dare [ei omni anno vita [eius et filiorum
« ceto rugla boni grani in monasterio S. Silvestri, quod [is tenea[t
« dictum tenimentum et omnes fructus quod [is haberc debea[t an-
te nuatim. Hoc [ei da[t prò multis et bonis servitiis ab [eo iam mo-
« nasterio factis et a modo Deo annuente facturis. Hec omnia supra-
« dieta promitt[it ratahabere &c. nomine pene .111. librarum auri »(r).
V. Federici.
(a) Svanite le ultime lettere della parola come tutte quelle che si trovano
nel fine dei righi dove la pergamena per tutta la sua alle::i:;_a e danneggiata.
(i) Nel verso della pergamena, oltre la solita nota riassuntiva
posteriore, ve ne ha un'altra dei primi anni del sec. xiv che ricorda
un procedimento civile iniziato in base ai due documenti qui tra-
scritti: «Die tertio mensis ianuarii .x. indictione. j Assertum et pro-
« ductum fuit presens instrumentum per Demetrium (*) Petrojlate (*)
« notarium syndicum et procuratorem abbatisse monialium et j con-
te ventus monasteri! Sancti Silvestri de Capite de Urbe | coram re-
te verendo in Christo patre domino confratre dominico \ abbate mo-
(.(. nasterii S. Marie de Griptaferrata ac | commissario et conservatore
ftdicti monasteri! S. Silvestri j existente in domibus sue solite habi-
ectationis in (**) ecclesia | S. Marceli! sitis contra abbatem . . . (***)
« de Ponzano ; Filippus Nuciii Venancii (*•**) notarius j dicti domini
« conservatoris et commissari! ».
(*) La scrittura e svanita. (**) in cancellato e poi riscritto. {***) Una
lettera che non riesco ad iuterpetrare : forse un c|tiam/J (****) Nel testo
venacii sen^a abbreviazione.
440 F. Jederici
INDICE
DEGLI SCRITTORI DELLE CARTE
1093?, 1095? Actitio iudex et tabellio (vii).
1125. Angelus iudex civis Sutrinus (xv).
1133?, 1139. Alexius scriniarius S. R. E. (xvii, xix).
1194. Albertus civis Sutrinus et notarius (xliii-iv).
1198. Andreas scriniarius S. R. E. (lii).
121 2 - 1230. Angelus sacri romàni imperii scriniarius (i) (lxvii-viii,
LXXIX-LXXXII, LXXXV-Vl).
121 8. Angelus Mardonis scriniarius (lxxv).
1361. Antonius Francisci Nicolai de Alatro publicus imperiali aucto-
ritate notarius (clxxxiv) (2).
1028. Bonifatius scriniarius S. R. E. (v).
. . . . Bartholomeus Remigli auctoritate sacre prefecture notarius (3)
(VI).
mi. Baldinus S. Tyburtine ecclesie notarius (ix-x) (4).
1151. Baldus notarius (xvi).
II 94. Benedictus a sacra Sede scriniarius mandato Alberti patris sui
civis Sutrini et notarli (xliii-iv) (5).
1205. Berardus S. R. E. scriniarius (lix).
1208. Benedictus civis Sutrinus a sacra Sede scrlnarius (lxiv).
121 3. Boamons sacri romani imperii scriniarius (lxix).
1231. Benencasa Benenterre notarius (lxxxvii-viii),
1256, 1268. Bartholomeus FactorisS. R. E. scriniarius (cxx, cxxxvii).
1279. Bonceporcis S. R. E. notarius (clxv).
1383. Bartholomeus d. Petri Sancti civis Romanus imperiali auctori-
tate notarius (clxxxii) (6).
(i) Cosi si firma in tutte le carte tranne in quella 1220, apr. 19, (lxxix) : « Angelus
« sacri imperii scriniarius ».
(2) È il trascrittore di una bolla di Nicola IV del 1291, genn. 18.
(3) È il trascrittore della carta di « Dominicus tribunus » del marzo 1058.
(4) I due documenti sono contenuti in una sola pergamena.
(5) È lo scrittore materiale delle due carte per incarico di suo padre Alberto.
(6) È il trascrittore della carta del 1289, marzo 2.
Regesto di S. Silvestro de Capite 441
.... Cirinus S. R. E. scriniarius (iv) (i).
1149. Cirinus S. R. E. scriniarius qd. Ata (xx).
1158- 1184. Cirinus S. R. E. scriniarius (xxii, xxvi, xxviii-xxx,
xxxii-iii, xxxv) (2).
II 77. Cinthius S. R. E. scriniarius (xxxiv).
1202. Carolus notarius (lvii) (3).
1207- 1292. Christoforus de Gallesio S. R. E. auctoritate notarius
(CLXXV-VI, CLXXIX-XXXI, CLXXXV) (4).
12 10, 12 14. Cyrinus Ioannis Sassi S. R. E. scriniarius (lxv, lxx).
1239. Cosmas filius qd. iudicis romani Cecilianus s. r. i. iudex et
scriniarius (xcv).
1251. Christoforus S. R. E. scriniarius (cxi).
.... Cinthius Petri Cinthii S. R. E. iudex et scriniarius (ix-x,
Lxxi) (s)-.
1254. Castorius S. R. E. scriniarius (6) (cxv).
1254, 1258. Castorius S. R. E. scriniarius (cxvii, cxxii-iii).
1263, 1270. Carlus S. R. E. iudex et scriniarius (7) (cxxix, cxlvii).
1058. Dominicus tribunus et Dei gratia iudex et tabellio civis Or-
tana (vi).
121 1. Donadeus Frederici Ortanus notarius (lxvi).
13 13. Donadeus magistri To[m]assii imperiali auctoritate iudex et
notarius (clxxxix) (8).
1164. Egidius scriniarius S. R. E. (xxvii).
12 19. Falco S. R. E. notarius (lxxviii).
1261, 1276. Fatius S. R. E. notarius (cxxvi, clix).
(i) È il trascrittore della bolla 962, marzo 8, di Giovanni. Non conoscendo noi il
tempo di questa copia, non possiamo riscontrare se questo scriniario sia lo stesso che i
seguenti dello stesso nome.
(2) I documenti 1172 (xxxii), 1175 (xxxin), 1184 (xxxv) hanno la forma « Cy-
'■rinus», ma il notaio è il medesimo.
(5; È il trascrittore dell'atto del 120J, apr. 14, del quale non è riportato il nome
del notaio rogatore.
(4) È il trascrittore del documento 1207, marzo j (lx). I due documenti 1287,
fcbbr, 6, 1} (cLxxv-cuxxvi), hanno l'aggiunta « ad petitionem d. Andree de Afilo pro-
* curatori! ».
(5) È il trMcrittore degli atti mi, genn. 14, e 1214, ai marzo.
(é) Lo «tesso scriniario è il trascrittore dell'atto di Giovanni di Cencio del 1190,
luglio aj, e dell'atto di Cirino del 1149, dee. a} (xx, xxxvii).
(7) In quella del ia70 (cxtvn) k detto solo « S. R. E. scriniarius ».
(8) È il trascrittore dell' atto del 1396, maggio 33, di « lobannta Laurentii •
(clxxxix).
442 V. federici
[Sec. XIII fine.] Filippus Nucii Venancii notarius d. conservatoris et
commissarii (i).
844? Gaudiosus protoscrinius S. R. E. (2) (11).
II 56. Guido civis Sutrinus iudex et tabellio (xxi).
1234, 1252. Gualengus S. R. E. scriniarius (xc, cxiiii).
1 243-1264. Gratianus S. R. E. scriniarius (3) (xcix, cu, cv, cxxxii)
1255. Gorius Oddonis sacri romani imperii scriniarius (cxviii).
1280. GuUielmus qd. d. Philipp! filius notarius sacri palatii (clxvi)
1159. Henricus S. R. E. scriniarius filius Alexii scriniarii (4) (xxxiii)
1286. Henricus Petri de Gallese imperiali aule ac prefecture aucto
ritate iudex ordinarius et notarius (clxxiv).
962. Johannes episcopus et bibliothecarius S. Sedis Apostolice (iv)
.... Johannes filius qd. ludicis Romani Cecilianus S. R. E. scrinia
rius (5) (xcvii).
II 04?, Il 19? Johannes iudex et notarius (viii e cf. Correzioni).
II 3 8. lohannes scriniarius (xviii).
1184. lohannes Rainaldi S. R. E. scriniarius (xxxvi),
1190. lohannes imperialis curie scriniarius Cencii scriniarii filius
(xxxvii).
119S. lohannes scriniarius Tyburis civitatis (xlviii).
1203. lohannes Scrofani (6) S. R. E. scriniarius (lviii).
1214. lohannes S. R. E. et SS, Monasterii iudex et scriniarius (lxxi).
1218, lohannes Berardi sacri romani imperii scriniarius (lxxiv).
123 5-1266. lohannes Coni S. R. E. scriniarius (xci, ci, civ, cxxxvi).
1249. lacobus Rainucii notarius (evi).
125 1, 1277. lohannes Stefani S. R. E. iudex et scriniarius (7) (ex,
CLX).
1254. lacobus Bibiane S. R. E. scriniarius (cxvi).
.... lacobus lohannis Marchi sacri romani imperii iudex et scrinia-
rius sicut inveni[t in dictis patris [sui (8) (xciv).
(i) È ili un ricordo di procedimento scritto di mano dei primi del sec. xiv a tergo
della perg. cxciv.
(2) Per la realtà storica di questo «Gaudiosus» cf. mia Prefazione, pp. 246-7.
(3) È anche il trascrittore della carta di Stefano di Lorenzo del 16 apr. 1198(1.1).
(4) È anche il trascrittore dell'atto di Egidio scriniario 1164, dee. 7 (xxvii). In
questa trascrizione manca la frase « filius Alexii scriniarii ».
(5) È il trascrittore dell'atto di Cosmas, dell'i dee. 1242, del quale è fratello 0 qd.
« Cosme scriniarii fratris sui».
(6) « Scrofani » e non « Stefani» come ho letto in Regesto (lviii), p. I2J.
(7) Nella perg, 1277 (clx) è detto invece di «scriniarius», «notarius».
(8) È il trascrittore della carta del 1238, 14 marzo, della quale manca il nome del
notaio.
^I{e gesto di S. Silvestro de Capite 443
1256- 1273. Johannes S. R. E. scriniarius (cxviin, cxxi, cxxv, cxxxr,
cxxxiii-v, cxxxviir, cxliii, cxlv-vi, cxlviii-ix, cl-i).
1261. Johannes Petri Gualteriì S. R. E. index et scriniarius (cxxvii).
1268. lacobus Marcelli S. R. E. scriniarius (cxl).
1269. lacobus Silvestri S. R. E. scriniarius (cxli-ii).
1269. Johannes Arleisi sacri palatii Lateranensis notarius (cxliv).
1275. Joannes Blasis civis Ortanus ab imperiali aula index et nota-
rius (CLVIl).
1289. Johannes dictus Parlator de Setia apostolice Sedis auctoritate
iudex et notarius (clxxxi).
1293-1296. Johannes Laurentii S. R. prefecture iudex et scriniarius
(CLXXXVI-VII, CLXXXIX).
1295. Johannes Christofori alme Urbis prefecti notarius (clxxxviii).
1298. Johannes Omniasancti imperiali auctoritate notarius (cxcii).
13 18. Johannes Laurentii Angeli de Urbe auctoritate S. R. prefecture
notarius (iv) (i).
.... Johannes Mardonis S. R. E. scriniarius (2) (lxxv).
955. Leo notarius regionarius atque scriniarius S. Jl. E. (3) (ni).
962. Leo scriniarius S. R. E. (3) (iv).
1233. Lucas sacri romani imperii iudex et scriniarius et modo no-
tarius d. Johannis Cinthii potestatis Ortani (lxxxix).
1263. Laurentius Albarani sacrosante ecclesie Ravennatis notarius
(cxxx).
1299. Leonardus Naldi civis Ortanus alme Urbis iudex et notarius
(cxciii).
955. Marinus episcopus Polimartiensis ecclesie et bibliothecarius
summe Sedis apostolice (ni).
125 1, Mardo Johannis iudicis Mardonis S. R. E. scriniarius (cxii).
1287. Marcellus de Gallesio imperiali auctoritate notarius (cLXXvii-
CLXxvin).
1297. Mattheus Bartholomaci Nicolai auctoritate alme Urbis prefecti
iudex ordinarius atque notarius (4) (lx).
II 69. Nicolaus S. R. E. scriniarius (xxxi).
1219. Nicolaus S. R. E. iudex et notarius (Lxxvn).
(i) È il trascrittore della copia di Cirino della bolla di Giovanni XII. Mancando
la copia, non sappiamo se qnesto e il medesimo degli altri Giovanni.
(a) È il trascrittore del documento di Angelo di Mardone del i8 nov. iai8.
(}) Mancandoci gli originali di questi due atti, non possiamo riscontrare se i due
Leoni sono una stessa persona.
(4) È il trascrittore dell'altro esemplare (fondo S. Silv. n. 58) che possediamo del*
l'atto di Tebaldo del 1207, marso }.
Archivio della li. Società romauit di storia patria. Voi. -\.\III. 29
444 ^* J(^àerici
1227. Nicolaus Petrì Romani per alme Urbis prefectum notarius
(lxxxiii).
J236. Nicolaus Andree Stephani de Rufino sacri romani imperii
scriniarius (xcii).
1259, 1274. Nicolaus Romani Angeli lohannis Pauli S. R. E. scri-
niarius habens iudicialem potestatem (cxxiv, cliv).
1274. Nicolaus bullarius scriniarius camere Urbis (cliii).
1274. Nicolaus Benvenuti Acti auctoritate Sedis apostolice index et
•notarius (clv).
1290. Nicolaus filius olim Annibaldi Tiburtinì imperiali auctoritate
notarius de Preneste (clxxxiii).
^277. Omniasanctus S. R. E. index et notarius (i) (ni),
1194. Petrus Malegalie S. R. E. scriniarius (xlv).
1207. Petrus Malaeci S, R. E. scriniarius (lxii).
1243. Petrus de Gallese imperiali auctoritate notarius (e).
1275-1282. Petrus Pauli auctoritate apostolica scriniarius (clvi, clxii,
CLXIV, CLXVIl-VIIl).
1275. Petrus Simeonis scriniarius S. R. E. (clviii).
1162. Rainerius index (xxv).
1218-1250. Romanus Angeli sacri romani imperii scriniarius (lxxvi,
Lxxxiv, xeni, CVIIl),
1191 - 1200. Stephanus Laurentii bibliothecarius sacri romani imperii
index et scrinarius (xxxviii-ix, XLVi-vii, xlix, li, liii-iv) (2).
1194. Sanguentinus Ortensis notarius civitatis Ortane helectus per
prefectum Urbis (xl).
1201. Sanguentinus S. R. E. scriniarius (lv-vi).
1217. Stefanus S. R. E. scriniarius (lxxiii).
1242. Semivivus sacre aulle imperialis scriniarius (xcvi).
1116. Tebaldu index et notarius (xiii).
1124. Tebaldus index et tabelio (xiv).
1194. Tebaldus sacri palatii notarius (xlii).
1198, 1208. Tebaldus S. R. E. scriniarius (L, lxiii).
1207. Thebaldus sacri palatii notarius de mandato d. Veraldi vice-
comitis Vitorclani (lx).
(i) È il trascrittore della bolla di Agapito del 2j marzo 955.
(2) L'atto del 27 agosto I191 (xxxvm) ha la leggenda « Stephanus Laurentii sacri
et romani imperii dativus iudex et scriniarius». Nell'atto 5 febbr. 1198 (xlix) manca il
titolo di « bibliothecarius ». Nell'atto H98, apr. 16 (li), è detto « bibliotecarius et iudex ».
Regesto dì S. Silvestro de Capite 445
1242-1252. Thomas Obicionis sacri romani imperii iudex et scri-
niarius (i) (xcviii, cui, cvii, cxiii).
1274. Te[bal]lus Petri auctoritate apostolica notarius et nunc nota-
rius castri (Vaxanelli) (cm).
. . . . Verardus notarius (2) (lvii).
1262. Ypolitus sacri romani imperii iudex et scriniarius (cxxviii).
(i) Il documento del 1246, genn. 14, marzo 4 (cui), lia 1' aggiunta « scriniarius
« habens iudicialem potestatem ».
(2) È il trascrittore della copia di Carlo il quale alla sua volta ha copiato l'atto
del 1202, apr. 14.
446 V. federici
CORREZIONI
Nella prefazione al mio Regesto (XXI, 251), ho affermato non
esattamente che fra le varie indizioni è preferita, in questi documenti,
quella del gennaio, solo poche volte quella del settembre. Per chia-
rire r inesattezza pubblicherò presto in questo medesimo Archivio una
nota intorno alla indizione dei documenti privati romani dei se-
coli X e XI.
Pergg. Ili, IV, V, VII, XI, xiv. La frase « In sacratissima (al. sa-
« gratissima) sede b. Petri Apostoli » che fa parte nel protocollo
iniziale della formula adoperata dai pontefici nelle bolle per de-
signare r anno del loro pontificato, è stata per svista posta nel « Da-
« tum » del nostro Regesto.
Perg. vili (Fond. S. Silv. 5). La pergamena è danneggiata spe-
cialmente nel protocollo iniziale dove la datazione non è
nemmeno completa mancando l' anno di governo di Enrico e di
Pasquale: « I[n nomine djomini salv[atori]s nostri lesu [Chrìsti] im-
« perante domino Henrico gratia Dei corona[to] temporibus domi[ni]
« P[asc]hali I[IJ (0 pape in mense decembrio indictione tertiade-
« ci [ma] (*) ».
Il pontificato di Pasquale II va dal 13 agosto 1099 al 21 gen-
naio 1118. Il regno di Enrico V dal 1099 al 1125. In questo pe-
riodo di tempo l' indizione xiii del settembre, 1' unico dato di con-
fronto che abbiamo in questa carta per determinarne l' anno, cade
il 1104 («temporibus domini Paschali II pape»), e il 1119 («im-
« perante domino Henrico gratia Dei &c. «). La data del documento
rimane dunque incerta fra il 1104 ed il 11 19.
Perg. XVII. In questo documento la datazione nel proto-
collo iniziale ha la scrittura svanita nel principio del rigo 2
(i) Ho messo in questa datazione fra parentesi quadra tutte le parole facilmente
sostituibili nei luoghi danneggiati dal guasto della pergamena. Qui del nome del papa si
vede il p iniziale: segue una rasura che occupa lo spazio di un' a corsiva (tó : che tale
è la forma di questa lettera adoperata nel documento) ; poi si vede la curva superiore
della 1" minuscola, della e, quasi interamente la h e tutte le tre lettere finali.
(2; È ancora visibile la prima asta della m e la curva di destra della (i) corsiva.
^geslo di S, Silvestro de Capite 447
dove è r indicazione del mese. II dott. Brigiuti del R. Archivio di
Stato mi avverte gentilmente che invece di « mense iulii » come
aveva interpretato io, si potrebbe leggere « mense ia[nua]rii )).
Ma anche ammessa la correzione ì dati cronologici di questa
carta rimangono discordanti, a meno che non debba attribuirsi allo
scriniario Alexius l'uso di segnare l'anno dal 1° gennaio, come ge-
neralmente facevano nella cancelleria papale per le bolle di Inno-
cenzo II. Cf. De Mas-Latrie, Trésor de Chronologie^ col. 11 13.
Nella compilazione del Regesto mi sono sfuggite alcune tavole ri-
prodotte, dalle pergamene di S. Silvestro, nel II volume (Mon. pa-
Uogr. di Roma) deWArchivio paleografico italiano del Monaci e che
ora indico qui, completando le note già date ai singoli luoghi.
Perg, XXXIV riprodotta in Arch. pai. II, tav. 24.
» LIV » » » 2).
» xc » » » 26.
» e vili » » » 27.
» cxxii » » » 28.
STUDII
SUL
PONTIFICATO DI CLEMENTE XI
I7OO-I72I
(Continuazione e fine; vedi voi. XXIII, p. 239)
VII.
Disposizioni di Clemente XI per la campagna del 17 17. — Il ge-
nerale Schoulembourg e il cardinal segretario di Stato. — Altre
elargizioni del pontefice a Carlo VI per incitarlo alla guerra. —
Preparativi dell' Austria in Ungheria. — La doppia condotta
dell' Alberoni per conseguire il cappello cardinalizio. — Girar-
dellieDaubenton. — Si vieta all'Aldrovandi di entrare in Spagna,
fino a quando il papa non concede la porpora ali' Alberoni. —
Il nunzio Bentivoglio e Pietro il Grande. — La squadra spa-
gnola salpa da Cadice.
L'esito della campagna precedente, ed in ispecie delle
operazioni marittime, consigliò nuove disposizioni a Cle-
mente XI per Tanno 17 17.
Elaborato di proprio pugno un questionario (i), lo sot-
topose air esame di una congregazione, radunata il 28 set-
tembre 171(3, alla quale intervennero, fra i cardinali, il
Paolucci, il Tanara, lo Spinola, il Casoni, il Corsini, il
Patrizi, l'Imperiali, e l'Orighi; e, fra i prelati, il Marefo-
sebi auditore di Sua Santità, il D'Aste commissario del
mare, il Molara commissario delle armi, ed il segretario
Iknchieri.
(1) Misceli di Cletiieiità XI, 211. L' originale, di mano del papa,
è da p. 227 a p. 251; l.i copia, da p. 235 a 239.
450 J. Tometli
T quesiti furono cinque: i*" Che può fare il papa colle
sue forze in Levante, e occorrono all'uopo altre galee e
vascelli pontificii ? 2° Che bisogna fare per la difesa della
spiaggia ecclesiastica dell'Adriatico ? quante navi nel porto
di Ancona? oltre la spiaggia, devesi anche presidiare l'in-
terno colle corazze mandate da Roma e colle truppe distac-
cate da Ferrara e dal Forte Urbano? 3° Quale sussidio
dare all' imperatore per l'anno venturo ? 4** Come conte-
nersi coi Veneziani ? 5° Come contenersi cogli Spagnoli,
coi Portoghesi e cogli altri ausiliarii?
Fu deciso: i** Bastare pel Levante, nella futura cam-
pagna, quattro galee; 'le altre due lasciarle a Civitavecchia
per la difesa di quella spiaggia. I vascelli avevan costato
troppo e servito poco, perciò licenziarli. 2° Disarmare i
legni che avevan guardata la spiaggia adriatica; licenziare
i legni liparotti, le due tartane e gli altri noleggiati. Richia-
mare le corazze a Roma; rimandare i presidii a Ferrara ed
al Forte Urbano. Fare a meno di armata terrestre in quelle
parti, per Tanno venturo; tener pronti, invece, a salpare
un vascello e quattro galeotte. 3° NelT anno corrente erano
state assegnate all'imperatore le decime ecclesiastiche su
tutti i suoi dominii oltramontani, e inoltre cinquecento -
mila fiorini. Di questi, essendosene versati quattrocento-
mila, e gli altri centomila non essendo pronti, non dare
altro denaro, ma estendere le decime sui beni ecclesiastici
del Regno di Napoli e dello Stato di Milano (i). 4° Ai
Veneziani concedere pel nuovo anno il solito sussidio di
centomila scudi d'oro sopra i beni ecclesiastici dei loro do-
minii. 5° Accettare l'offerta di far restare in aspettativa in
qualche porto del Genovesato le navi spagnole, essendo
fallito il tentativo coli' Austria per farle svernare nel porto
di Napoli (2).
(i) Si vedrà in seguito come questa decisione venne mutata,
elargendo altri sussidi, per la prosecuzione della guerra.
(2) Fin dal luglio precedente, il nunzio Spinola, a seconda delle
Si udii sui poni ideato di Clemente XI 451
Malta avrebbe dato il solito soccorso; si era sicuri che
Genova e il granduca di Toscana avrebbero fatto lo stesso.
Ai Portoghesi, piena libertà di restare in qualche porto
d'Italia o di tornarsene a Lisbona, nulla temendo dello
zelo di re Giovanni, che per la campagna futura aveva
acquistati appositamente alcuni vascelli in Olanda (i), e
istruzioni ricevute, aveva tentato di ottenere dalla corte austriaca il
permesso di far ricoverare nel porto di Napoli la squadra spagnola,
quando fosse tornata da Corfù. Si rivolse allo Starembergh, tenuto
in gran conto da Carlo VI ed intimo del principe Eugenio: «...gli
« dissi altresì », narra lo Spinola, « che quando egli stimasse che avesse
«potuto facilitare l'assenso dell'imperatore se i detti legni fossero
« entrati ne' porti con lo stendardo pontificio, essi in tal caso non
« avrebbero avuto difficoltà d' inalberarlo ; e per ultimo gli misi in
« considerazione che attesa la nota neutralità stipulata in Utrecht,
« mi sembrava non potesse difficoltarsi 1' accesso nei porti, massime
« nei casi di qualche urgenza ». Lo Starembergh trovò la missione
assai scabrosa, « massime appunto », avevagli risposto, « che si trat-
te tava d' un ricovero da darsi nel regno di Napoli, ove era noto pur
« troppo che vi restavano dei parziali per la corte di Madrid ». Aveva
inoltre suggerito al nunzio « che non parea conveniente che N. S.
« prendesse parte ed impegno in questo affare » {Nim:(iat. di Germania,
256, lettera del 25 luglio 1716) Come non aveva permesso che Cle-
mente XI accettasse soccorsi terrestri da Filippo V, così ora Carlo VI
dava un'altra prova della sua diffidenza verso la Spagna: diffi-
denza, anche questa, non priva di fondamento, come gli eventi di-
mostrarono.
Citeremo in seguito, e a tale riguardo, una lettera dell' Albe-
roni del 15 settembre 1716 all' Aldrovandi in Roma, colla quale gli
comunica che i vascelli spagnoli sverneranno nel Genovesato {Misceli,
(li Clementù A7, 216, p. 7).
(i) Misceli, di Clemenle A7, 21 1, p. 222, lettera originale del re
di Portogallo, Lisbona, 4 luglio 17 16: «...Logo que recebi a
« carta e breve de V. S.<* em que me participava o risco a que se
« achava exposta a Igreja, relHgiao, e a sua santissima persòa, cuidey
« seriosamente em succorrer a V. SA* com o major numero de na-
« vios que me fosse possivel, e por \r\o ter ncstcs Heynos os quo de-
<f zejava, por se liaver cxperimcniado no Rio de Janeiro a perda de
« una esquadra, e acharse ouira no BraziI, para comboyar as frotas,
452 J. T* ometti
che, ottenuta la mutazione della cappella regìa in chiesa
patriarcale, si mostrava deferentissimo verso il pontefice (i)-
Dalla sola lettura di queste disposizioni, è facile intuire
che era di molto scemata la preoccupazione di Clemente XI.
11 dado ornai era tratto. Carlo VI, impegnato con tutte le
sue forze in Ungheria, non sarebbesi ritratto dall' impresa
senza prima infliggere alla Turchia gravi perdite; Vene-
zia, fiancheggiata dagli alleati procuratile dalla perseve-
tc alem das naos de guerra, que em margo partirao para a India,'
« havendo tambem a guerra do Norte embara^ado a condu^ao dos
« materiaes necessarios para se acabarem as que se achao no estal-
« ciro, para satisfazer ao meu ardente zello de succorrer a Igreja, e
« ao filial amor, que professo a V. SA^, mandey logo solicitar a
« compra de alguns navios em Inglaterra e Holanda para que succorro
«fosse iqual ao meu dezejo...».
(i) La richiesta del re di Portogallo, di mutare la cappella pri-
vata del suo palazzo in chiesa patriarcale, urtava contro gravi osta-
coli, come quello di una giurisdizione separata dall'arcivescovado di
Lisbona. In vista dei soccorsi ottenuti, e più ancora per gli altri da
ottenere, Clemente XI ricorse all'espediente di considerare Lisbona
divisa in due parti: l'orientale e l'occidentale. Alla prima assegnò
l'antico arcivescovo; alla seconda, il nuovo patriarca, che ebbe pre-
rogative e privilegi come quello di Venezia, La bolla fu sottoscritta
e spedita il 22 ottobre 17 16, natalizio del re, perchè il papa (dice'
r Ottieri, op. cit. VII, 119) era « attentissimo a certe minute ri-
« flessioni », E i ministri portoghesi in Roma, che avean fatto pompa
di grandi ricchezze (tanto che le monete d' oro dette lisbonine erano
comunissime in Roma) per sollecitare la grazia, ottenutala, vollero
accrescerle fastigio, facendo suggellare la bolla non con piombo, ma
con oro finissimo.
Due mesi dopo, il 14 dicembre, il papa faceva scrivere al nunzio
in Portogallo, perchè re Giovanni apparecchiasse i vascelli pel nuovo
anno, non tanto per i sussidi concessigli sopra gli ecclesiastici de'
suoi dominii, ma «■ principalmente per mostrar gratitudine della straor-
« dinarissima et essorbitantissima gratia fatta con erigere in patriar*
« cato la sua regia cappella » {Misceli, di Clemente XI, 216, pp. 13-16).
Nello stesso volume, da p, 9 a 11, trovasi una copia di lettera del
papa al re del Portogallo, con correzioni di pugno di Clemente XI,
sullo stesso argomento.
Si udii sul pontificato di Clemente XI 453
rante politica del papa, non poteva più disperare della vit-
toria, e risorgendo il suo dominio sulle coste levantine
(quale antemurale contro gli Ottomani), sarebbe tornata
la tranquillità sulle coste pontificie; la Spagna, il Porto-
gallo e gli ausiliarii minori avevan quasi contratto un obligo
morale nella prima spedizione, sia verso la Cristianità
e verso i cattolici dei propri paesi, sia verso il pontefice,
che abbiamo visto come generosamente profondesse e sus-
sidi e benefizi e onori. Non era a dubitare che gli eventi
si sarebbero svolti a seconda dell' impulso ricevuto, e che
la vittoria avrebbe arriso alle armi cristiane.
Mai prima, dopo la giornata di Lepanto, la politica
estera vaticana aveva toccato un successo più completo,
facendo assorgere la potenza del papato ad arbitra quasi
delle sorti di Venezia e di Costantinopoli. E infatti, chi può
prevedere quali sarebbero stati i risultati di quella lotta, se
essa si fosse svolta come era stata iniziata, senza la tur-
bolenta intromissione d' un alto prelato die ne arrestò il
corso nel punto migliore della sua esplicazione?
Benché adunque Clemente XI fosse più tranquillo al-
l'aprirsi del 1717, pure non intiepidì dalle solite insistenze
presso le corti di Vienna e di Madrid. Le istruzioni man-
date ai nunzi racchiudevano un ardito, ma sicuro piano
strategico: affrontare il nemico in Ungheria, prima che
la primavera gli permettesse di portarvi nuove forze; adu-
nare le squadre cristiane dinnanzi ai Dardanelli, prima che
ne uscissero le navi ottomane (i).
(i) Veggansi, ad esempio, questi due brani di lettere dello Spi-
nola al Paolucci :
« Ho partecipato al sigr principe Eugenio le promesse che dalle
a corti di Madrid e di Lisbona vengono fatte a N. S. di voler man-
« dare ciascuna dr loro dodici vascelli di linea, e la speranza che si
« ha, atteso le gran premure che Sua SM andava loro facendo, d'un
« soccorso tanto considerabile sia per unirsi nell' ncque di Corlù nel
« bel principio della campagna, acciò rinforzati li signori Veneti da
454 J' Torneiti
La sagacia del nunzio Spinola, gì' ingenti soccorsi tri-
butati e le vittorie in Ungheria lo facevan sicuro che
il progetto sarebbe accolto dall'Austria; i componenti la
camarilla della corte spagnola, nella quale il Daubenton
e l'Alberoni erano potentissimi e non ambivano che in-
graziarsi il papa, dovevano facilitare lo stesso compito
presso FiUppo V. Restava a scrutare il pensiero intimo
del Senato veneto: una sfinge terribile, chiusa in una dop-
piezza imperscrutabile, e tanto più temibile verso i suoi
alleati quanto più propizia volgeva per essa la fortuna :
i ricordi delle repentine paci tra Venezia e la Turchia
erano un monito da non trascurare.
In mancanza di meglio, Clemente XI cercò di gua-
dagnarsi Tanimo del conte Schoulembourgh, un protestante
sincero quanto valoroso soldato, e nel quale il Governo
della repubblica riponeva ogni fiducia. Alcune lettere da
noi rinvenute, testimoniano che lo Schoulembourgh era
in relazioni amichevoli con personaggi della corte romana,
come ne fa fede una lettera del cardinale Gualterio al papa,
nella quale gli narra di aver ricevuto minuziose informa-
« queste squadre e dall'altre ausiliarie siano in stato non solo d' ini-
« pedire ogni intrapresa che possa idear V inimico, ma pensare al-
« tresi ad agire offensivamente, rimostrandogli in ultimo che tutto
« ciò averebbe obligati i Turchi a dividere le loro forze, onde l'A S.
« avrebbe avuto maggior campo di far spiccare il suo valore con
«nuovi acquisti in Ungheria...»; Nuii:{iat. di Germania, 257, let-
tera del 13 marzo 171 7. — « È ben proprio del zelo con cui N. S. pro-
te muove i vantaggi del Cristianesimo, le sollecitudini [che] si dà
« perchè le squadre ausiliarie di Spagna e di Portogallo si trovino uni-
re tamente all'armata veneta nell'acque dei Dardanelli prima che possa
« uscire da essi quella dei Turchi, poiché in tal caso, o sarebbe la
«nemica obligata a combattere con molto svantaggio, o resterebbero
« liberi tutti li Stati cristiani dal timore d'ogni insulto di quei bar-
« beri, oltre il vantaggio d' obligarli anche in tal forma a tenere un
« grosso numero di soldatesche in quelle parti per propria difesa. .. »;
ivi, lettera del 3 aprile 171 7.
Sludii sul pontificalo di Clemente XI 455
zioni suir assedio di Corfù dal predetto generale, che scri-
veva anche di recarsi in Roma, tornando dall'isola a Ve-
nezia (i). Tre lettere dello Schoulembourgh ce lo mostrano
in più intimi rapporti col segretario di Stato Paolucci.
Scritte da Venezia nei primi due mesi del 17 17, esse ri-
specchiano la situazione militare generale, e le preoccupa-
zioni per la prossima campagna. Per Y importanza dell'ar-
gomento di cui trattano, e per le notizie d'indole politico-
militare che racchiudono (le quali difficilmente potrebbero
ricavarsi da altra fonte), stimiamo, piuttosto che riassu-
merle, riprodurre testualmente quei brani di esse, che più
fanno al nostro soggetto (2); non senza mancare di avvertire
(i) Il Gualterio, ricevuto in udienza dal papa la mattina del
7 ottobre 1716, mandava una lettera al pontefice nel pomeriggio dello
stesso giorno « da casa », accludendovi quella dello Schoulembourgh
a lui diretta. Dalla lettera del Gualterio appare che la sua relazione
col generale datava da parecchio tempo. Misceli, di CUtmni& A7, 215,
pp. 486-4^8. (È da avvertire che nel voi. cit., dopo la lettera del
Gualterio, non v' è quella dello Schoulembourgh).
(2) Le lettere mancano dell' indirizzo, ma questo si rileva dal-
l'indice del voi. 216 della Misceli, di Clemente XI. Per altro, il con-
tenuto e la forma non lasciano alcun dubbio che esse fossero indi-
rizzate al segretario di Stato. La firma è di pugno dello Schoulem-
bourgh. Dalla prima (voi. cit. p. 58 sgg.) appare che egli risponde
ad una lettera del Paolucci, circa le previsioni sulla campagna fu-
tura. Premette grandi lodi per Clemente XI, che stima « comme un
« des plus grands papes »; e aggiunge: « Il est vrai que je suis hé-
« rétique, mais je prétends étre un de plus raisonables, et qui entre
« très bien en tout ce qui regarde la cause commune, et par con-
«siquentla chrétientée...». Spera di venire in Roma nella prima-
vera per trovarsi « aux pieds de Sa Sainteté... ». Poi entra in ar-
gomento.
Selon mes dernières lettres de Vienne les Turcs sont fort occupés k ajuster
leurs affaires et à les mettre en état pour pouvoir agir ofTcnsivemcnt; par on
ils auront bien plus d'avantage quo lorsqu'ils se tiendroient sur la dcftnsi^c ;
par la première demarche on donne la loy, au lieu qu'on la rccoit en se
tenant sur la defensive.
Les infidèles à ce qu'on m'assure font construire phisieurs nouvcaux
vaisseaux; ils sont nuit et jour après pour mcltre Belgr.id cn meillcur ctat de
456 J. ^ometti
però che lo Schoulembourgh non ci sembra sincero, perchè
i timori eh' egli manifesta sui pericoli che stava per cor-
dcfense, se servant en cette demarche, comme ils ont fait en d'autrej rencontres
la campagne passée, des moyens, que les plus habiles ont consideré comme
des secrets du metier, et ils content d'avoir deux cent mille hommes contre
l'empereur, quatre vint mille moitié pour observer les Moscovites, moitié en
Valachie pour soutenir Cho^in et resister au corps des troupes de l'empereur
de ce coté là, vint mille contre la Dalmatie et sòixante mille pour l'attaque
de Corfu, sans ce qu'ils auront sur leur flotte, ce qui fera ensemble quatre
cent mille hommes tant bons que mauvais qu'ils sont en état de mettre sous
les armes pour embarrasser leurs ennemys, tout ceus nous doit éveiller en
Italie sans se flatter, comme òn a fait par le passe de n'avoir pas toutes les
Ibrces sut le bras, ils pourroient méme faire quelque chose de plus, s'ils se
mettoient en téte de disputer et de chicanner aux imperiaux le terrain derrière
la Save, que je connois ayant été au premier siège de Belgrad, non obstant
que Mauro Cordato soit pris et qu'il se trouve entre les mains des imperiaux.
Les Turcs auront une flotte formidable conduite par un fort habile liomme,
on a vu ses belles manoeuvres à nos depens et avec grand regret la campagne
passée, il sera difficile de determiner ce qu'il voudroit entreprendre contre
nous; le coups fatai sera toujours de nous eniever l' isle et la place de Corfu;
le reìte seroit toujours plus hasardeux et plus embarrassant pour eux, méme
il ne menerait à rieu d'essentiel sans avoir le port de Corfu pour y faire
rester leur flotte hyver et été, et je ne sais, quand ils seroient une fois maitres
de cette place, qui les en rechasseroit si facilement et toute T Italie seroit
desormais à tous momen? exposée à leur invasion. Mais jusque là ils n'ose-
roient songer de faire des descentes de conséquence en Italie ni de s'avancer
vers l'Albanie ou vers la Dalmatie sans risquer beaucoup avant que de n'avoir
pas battu notre flotte. On travaille icy de son mieux à'remedier à tant d'incon-
vénients, la guerre étant icy par la grande distance, transport sur mer et par
la séparation des Etats tout d'une autre nature que par tout ailleurs, et que
je trouve que la Ser.me République a fait une espèce de miracle après avoir
été surprise et après les troupes et les tresors qu'elle a perdu en Morée
d'avoir mis en mer une flotte considérable et une armée capable de se
defendre. Si Sa Saint.é a la bonté de porter le auxiliaires à venir joindre
cette année icy notre force maritime plutót que l'année passe, et que tout
les vaisseaux sont d'une force et grandeur à pouvoir entrer dans le cordon,
on pourroit que moins sé flatter avec fondement de resister aux tentatifs et
au progrès des infidèles, si on, je ne scais, si on ne sera pas exposé à tout ce
quo les infidèles voudroiént faire de nous; je sais que Sa Saint.é a fait des
depenses extraordinaires l'année passée, Votre Em.ce est trop illuminée pour
n'ètre pas informée à fond en quel état les armées ont été de part et d'autre,
et de tout ce qui s^est passe de plus remarquable ; ainsi qu'il seroit superflu
d'entrer plus en détail la dessus.
Elle scaura sans dout aussi que les afi^aires en Europe sont peutétre plus
ou autant embrouillées que jamais. Le système etant méme changé en bien
Sludii sul pontificato di Clemente XI 457
rero lo Stato ecclesiastico per gli straordinari! armamenti
della Turchia destano il sospetto che egli, per favorire
des endroits, c'est ce qui me fait croire que nous aurons des révolutions, et
que les premières épagnes en pourroient peutétre éclater vers le nord, ces
.choses icy demandent sans doute l'attention de S. M. Imp., qui pourra en
avoir des distractions et des diversions méme pour ne pas étre en son pouvoir
d'employer la plus grand partie de ses forces contre les infidèles, nous en
aurions toujours d'autant plus d'embarras du coté du Levant, il me semble
qu'il sera sagement fait de se précautionner en toutes manières envers et
contre tout ce qui pourrait arriver de plus facheux
Dans la Q.uarantaine le 2 de janvier 1717.
Monseigneur de Votre Eminence
le plus humble et tres obéiss. servif
Comtc de Schoulembourgh.
La seconda (voi. cit. p. 66 sgg.) è anche in risposta ad una del
Paoluccl del 4 gennaio 17 17.
... On continue de mander de Vienne, que les Turcs font des préparatifs
cxtraordinaires pour faire une vigoureuse campagne; ils sont sans doute
informés de la situation des afFaires de la plus part des Etats de l'Europe, ils
auront des amys, qui les serviront de leurs avis et conseils, c'est ce qui nous
doit animer sans doute d'étre sur nos gardes et à nous mettre de bonne
heure en état à ne rien craindre de quelle manière que les affaires puisscnt
tourner, ce qui ne pourroit janiais étre effectué avec une sureté suffisante, si
les vaisseaux des auxiliaires ne viennent pas joindre à temps la flotte de la
République.
On travaille icy nuit et jours pour tenir pronipt l'armement de mer vers
lemois d'avril, on espère d'avoir trente vaisseaux de guerre, ce qui est une
fofce considérable, et qui ne craindra pas ù combattre celle des Turcs, mais
V. E. s^ait à quels accidens une force inférieure est toujours exposée à celle
qui la surpasse de beaucoup, outre que le capit. Bassa est sans contredit très
habile hommc.
Il est sur que personne pourra micux procurer cette sureté si desirée que
Sa Sainteté, disposant les souverains, afìn qu'ils mandent leurs vaisseaux à temps.
Quant au cerémoniel je puis assurer V. E., que je me suis informe la
dcssus chez S. E. Delfino cydevant capit. general, et chez plusieurs autres,
sans cependant faire connoitre la raison de vouloir le s^avoir.
Ils ro'ont tous assurés qu'il n'y avoit la dessus aucune difficulté entre la
/lotte vcniticnne et les cscadres des auxiliaires; que le sudit capit. general
Delfino s'étoit entendu la dessus avec les auxiliaires sans aucun embarras, et
que l'année passée on avoit agi avec cux d'une manière, que tous ces naes-
sieurs avoient été contens . . .
J'ai fait avant mon depart de Corfu toutes 4es dispositions nécessatres par
rapport aux fortifications, et le Sénat vicnt de donner un ordre précis que
tout mon projet doit étre cxccuté vers le niois d'avril ; si cela te fait comme
458 J. Tonni t ti
gli interessi di Venezia, allarmasse, più del convenevole,
la corte di Roma.
j'espère, le corps de la place de Corfu avec ses dehors sera en assez bon état.
L'isle de Vido sera occupée par plusieurs fortins, et à mon retour au Levant
j'y ajouterai encor quelque chose, qui ne mancherà pas comme j'espère d'em-
barrasser les Infìdèles en cas d'attaque ; mais comme ceite place doit sans
doute étre regardce comme le boulevard de tonte l'Italie contre les Ottomans,
et que la République non obstant les pertes considérables en Morée fait des
depenses extraordinaires, il me semble qu'il seroit assez juste qu'on nous
assistàt de son mieux. La République est obligée de transporter jusqu'à la
moindre chose par mer d'icy a Corfu, on voit journellemeat les pertes et les
accidens facheux de transports par le golfe; Elle paye tres chèrement les
troupes suisses et celles d'Allemagne ne content pas peu aussi, sans les quelles
on ne S(;auroit pourtant faire cctte guerre. La grande mortalité de la milice
au Levant cause des dommages et des pertes considérables, la séparation des
Etats et qu'on est obligé d'entretenir bon nombre des fortresses en Dalmatie
et en Albanie, outre ce grand armement de mer, tout cela ensemble servant
pour couvrir V Italie aussi bien que de se defendre eux mémcs devroit porter
leurs voisins à les assister puissamment, car si jamais, à Dieu ne plaise, leur
flotte recevroit quelque echcc considérable, les Turcs ravageroient sans doute
l'Etat ecclésiastique jusqu'aux portes de Rome, et abimeroient le royaume de
Naples; je laisse à juger à V. E. qui est si eclairée dans les afFaires publiques,
ne sachant méme assez admirer de quelle manière. Elle détaille tonte chose
par ces lettres pas seulement en ministre consommé, mais en grand general,
si on ne doit pas remuer ciel et terre pour faire venir les vaisseaux auxiliaires
à temps en contribuant méme quelque chose pour pousser les fortifìcations de
Corfu avec vigueur.
Il s'agirà cette campagne de trop, et il pourroit couter cher à l'Italie,
si on hésite à agir à temps et surtout, comme il est à craindre, si les Turcs
s'avisent à se mettre sur la defensive en Hongrie, et qu'ils nous attaquent de
bonne heure avec des grandes forces. Il est sur que si notre flotte n'est pas
supérieure à celle des Infidèles, et que l'on n'eit pas en état à se defendre a
Corfu un tres long temps, et à resister en Dalmatie et en Albanie, nous
pourrions courrir risque d'étre surèment enblutés quelque part . . .
Venise le 23 de janvier 1717.
Monseigneur de Votre Eminence
le plus humble et tres obéissant servit.
Comte de Schoulembourgh.
Anche la terza (voi. cit. p. 72 sgg.) è in risposta ad una del
Paolucci del 30 gennaio. Egli è sempre più conquiso dalle attenzioni
della corte di Roma.
... V. E. sait que les gens de guerre reglés et philosophes qu'ils puisscnt
étre ne se trouvent jamais excmpts de tonte vanite, voicy la mienne entiè-
rement satisfaite; mais sans center sur la bonté particulière dont V. E. m'ho-
Studii sul pontificalo di Clemente XI 459
Da Vienna lo Spinola mandava buone notizie sulla ri-
presa delle ostilità ; e tutte le sue lettere e gli avvisi in esse
nore, jc serois plus qu'embarrassé de luy écrire, sachant que mes lettres ont
le bonheur de paroitre quelquefois devaat lej yeux du St. Pere, mais comme
je me suis entièrement devoué à V. E. je la laisse faire, et je la suppHe seu-
lemcnt de vouloir disposer de moy en toutes manières, je luy repond d'une
obéissance toute entière et d'une discrétion à toute épreuve , . .
Le carneval n'a pas peu cause de distractions dans les esprits d'icy, je
l'ai souhaité mille fois fini, si j'étois moins agé, j'en aurois sans doute vu
la fin a\ec autant de regret que plusieurs autres, je n'ai pas laissé de pousser
les préparatifs de mon mieux, on fait et on fera quoiqu'un peu tard tout ce
qui sera humainement possible dont je puis repondre à V. E., mais comrae
la depense en est cxcessive, je ne doute point qu'on ne se trouve quelquesfois
bien embarrassé pour remedier et pourvoir à tout aussi prompteaent qu'on
le souhaiteroit ; s'il m'est permis de dire, comme je pense, il me semble,
qu'il seroit juste, que toute l'Italie contribuàt aux fraix d'une si juste guerre.
La Ser.me République perd déjà en cette guerre icy bien près de qua-
rante mille hommes, je laisse à juger à V. E., si l'empereur et le roy de
France sont en état de soutenir à proportion de pareilles depenses.
On a encore à l'heure qu'il est vint milles soldats au Levant et dix mille
en Dalmatie et Albanie; il est vray qu'il y en a deux à trois mille malades,
mais on est après à lever du monde à force de toutes parts, ainsi que j'espère,
qu'on sera en meilleur état que l'année passée ; outre qu'on tachera de mettre
trente vaisseaux de guerre en état d'entrer en mer le mois d'avril, si avec
cela les auxiliaires vouloient les venir joindre à temps, on pourroit étre sur
contre les entreprises des infidèles et peutètre pourroit on agir quelque part
ollensivement. Non obstant tout ce que je viens de dire, je dois remarquer
icy, qu'on auroit grand tort de se trop flatter, tout ceux dependant plus que
d'un ressort, outre tandis que les infidèles auront un armement de soixante
vaisseaux de guerre, la République et toute l'Italie doit étre allarmée.
Les Turcs s'ils n'avoient pas l'esprit de conquéte se garderoient bien de
faire une si grande depense par mer pour couvrir leurs Etats, ce qu'ils pour-
roient faire tres certainement avec vint vaisseaux par raport aux ports et à la
situation du royame de Morée et de l'Archipel, à quoi vient, que comme ils
pcrdent considérablement du coté de l'Hongrie, ils ne se pourroient jamais
mieux de dommager, ni nous embarrasser d'avantage, qu'en se rendant maitrcs
de l'isle et de la place de (-orfu. Avant mon depart de là j'ai fait toutes Ics
dispositions nécessaires pour pousser Ics ouvrages, ce que le Scnat a ordonné
d'icy très cxprcssémcnt, cepcndant le mauvais temps, et que les matériaux
n'abondcnt jamais de ce coté là, ne laissent pas de Ics rctardcr toujours, pour
cet effet, je n'en retournerai le plutót que jc pourrai au Levant, et je me
flattc pour peu que j'aye le nécessaire, que si l'cnvie prcud aux Turcs de
revenir une seconde fois à attaquer l'isle et la place de Corfu, ils rencontre-
ront bien plus de diffìculté que la première fois . . .
Je n'entre point cn deuil des places de Dalmatie et Albanie, il n'y a
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIII. >0
4^0 /. Torneiti
inclusi nei primi di queir anno, offrono una messe abbon-
dantissima di particolari sui preparativi dell' Austria (i).
Agli ufficiali superiori dell'esercito erasi ordinato dì rag-
giungere i loro reggimenti pel primo di aprile ; e alle
truppe già radunate, di marciare alle frontiere, ove, tra rap-
presaglie ora in Croazia, ora in Transilvania, il conte di
Herbestein aveva munito validamente il forte di Waradin.
Le voci di pace eran sopite; il Fleschmann, recatosi a
par moyen de remedier présentement à bieu des défauts, ccs deux provinces
ont leurs avantagcs et desavantages, Ics Turcs auront de la peine d'agir en
mème temps au Levant et en ces deux provinces, pourvù qu'on mette ensemble
et qu'on tienne prét ce qui a été arrété et dispose icy, si on ne gagne pas
gres, du moins j 'oserai assurer, qu'on ne perdra pas grande chose non plus;
mais, monseigneur, vous n'écrivés pas seulement en ministre accompli mais
encore en vray general, ainsi vous savez mieux que personne, qu'en paireilles
rcncontrcs et selon la situation des affaires par icy, on conte souvent sans son
hóte, du moins soyez persuade que je n'aurois rien à me reprocher en au-
cune manière.
Ce qui se passe à Vienne, comme partout ailleurs V. E. en est mieux in-
formée que mei, le monde a été et sera toujours de mème, cependant selon
les apparences il y aura du bruit et du remuement en plus d'un endroit; ce
qui se flattent d'obtenir la paix avec la Porte ou cette campagne ou l'hyver
prochain pourroient devenir juste, mais le cas est bien casuel, cela dependra
en partie du succez de la campagne et des influences de quelques autres
Puissances, dont une partie par plus d'une raison pourroit ètre plus pour
que contre la Porte ; elle pourroit mème avoir des amys qui l'assisteront de
leurs avis. et conseils. On se prépare à Vienne de faire le siège de Belgrad,
je ne sais, si c'est tout de bon ou si on ne choisit un outre point de vue,
qui pourra embarrasser les infìdèles tout autant et rendre ensuite la prise de
cette place plus facile; je serais quasi du sentiment que la paix avec la Porte
se fera sans que l'empereur aura Belgrad ou le retiendra, ce qui pourra faire
selon les conjonctures alors ...
Venise 2 3.me de fevrier 1717.
Monseigneur de Votre Eminence
le plus humble et tres obéissant servit.
Comte de Schoulembourgh.
(i) Gli Avvisi di allora non erano meno pettegoli delle gazzette
odierne. In uno del 2 gennaio, ad esempio, è detto che l' imperatore
aveva una indisposizione catarrale, e che il principe « D. Emanuele
«di Portogallo si trova da parecchi giorni coli' incomodo dei geloni
«alle mani» (Ntin^iat. di Germania, 257).
Studii sul pontificato di Clemente XI ^61
visitare lo Spinola al ritorno dalla Turchia (i), lo aveva
assicurato che la Porta ne aveva smesso, per allora, il pen-
siero ; il Montagut, tornata infruttuosa la sua missione,
aveva lasciata la corte di Hannover, e per V Ungheria erasi
incamminato verso Costantinopoli, ai primi di febbraio.
Scemando i rigori dell' inverno, crescevano le notizie
di guerra: ovunque fervevano i preparativi; le reclute, che
dalle Provincie giungevano in Vienna, si mandavano a pas-
sare la Sava, prima che il nemico si fosse ingrossato presso
Belgrado; a misura che il Danubio liberavasi dai ghiacci,
i trasporti fluviali per 1' esercito diventavano più attivi. Il
comandante delle truppe cesaree in Vallachia, erasi spinto
su Nicopoli, riportandone ricco bottino; ma i Turchi, che
alla lor volta avevan tentato di penetrare nel ducato di
Sirmis, ne erano stati ricacciati (2).
Dinnanzi a queste prove sicure che la guerra sarebbe
stata proseguita (pensiero tormentoso di Clemente XI e
dei diplomatici vaticani), ogni altra questione nella nun-
yjatura di Germania passava in seconda linea: torna qua
e là, nelle lettere del nunzio, qualche accenno sulla que-
stione di Comacchio, sulle prerogative degli ambasciatori
a Roma, sulla giurisdizione ecclesiastica nell' impero e nel
reame di Napoli, ma son notizie fugaci. Financo due af-
fari, che pure direttamente e con urgenza interessavano
il papa, furon lasciati in silenzio senza rammarico : la ces-
sione d* un vascello imperiale ai cavalieri di Malta (3), e
(i) Nwiiiat.iìi Germania, 257, lettera del nunzio, 2 gennaio 1717:
«... Il Fleschman, che fu nei giorni scorsi da me, mi ha assicuralo
« che né alla sua partenza da Belgrado, ne dopo, gli è stata fatta
•u alcuna apertura di pace; anzi crede egli che la superbia de' Turchi
«vorrà sperimentare la sorte dell'armi nella ventura campagna...».
(2) Ivi, lettera del nunzio, 30 gennaio; Avviso di r/twwfl, 6 feb-
braio.
(3) A mezzo dello Spinola, il papa aveva fatto chiedere a
Carlo VI, per la squadra di Malta, il vascello 5. Barbara disarmato
462 J, Torneiti
un qualche asilo nel territorio dell' impero al profugo
Giacomo d'Inghilterra (i): ogni cura, ogni pensiero era
per quello sforzo supremo : la guerra al Turco 1
Alla notizia che tra il finire di marzo e i primi di aprile
le ostilità sarebbero state riprese, Clemente XI informava
r imperatore di aver avuta novella assicurazione di aiuti
da Madrid e da Lisbona; che le squadre ausiliarie presto
si sarebbero radunate dinanzi ai Dardanelli; e che per ve-
nire in aiuto delle spese guerresche, concedeva nuovi e
vistosi sussidi sui beni degli ecclesiastici diNapoh, di Milano
e di Mantova (2). Poco dopo faceva trasmettere al nunzio
in Napoli. Il nunzio ne interessò il principe Eugenio, e i conti di Rialp
e Stella. Sulle prime ebbe buone promesse; polla cessione fu negata.
Nuniiat. di Germania, 256, lettera del nunzio, 19 dicembre 17 16;
id. 257, lettere del 16, 23 e 30 gennaio 1717.
(i) Da Avignone, re Giacomo aveva supplicato Carlo VI di
poter risiedere in Bruxelles o in qualche altra città vicina al Reno.
Lo Spinola era intervenuto suggerendo al principe Eugenio che l'al-
leanza conchiusa tra la Francia, l' Inghilterra e 1' Olanda, non es-
sendo di pieno gradimento dell' imperatore, potevasi accordare il per-
messo. Ma, in vista della prossima guerra, l' imperatore prudente-
mente si diniego, dichiarando di voler vivere in pace in Europa.
Dopo questo rifiuto, re Giacomo prese la via di Roma. Nuniiat. di
Germania^ 257, lettere del nunzio, 13 e 27 febbraio.
(2) Nunziat. di Germania, 257, lettere del nunzio nei corrieri del
13 marzo e 3 aprile, e quest'altra del 19 giugno che ci sembra op-
portuno riprodurre: «Vedo dal benigno foglio di V. E. la nuova
« condiscendenza, che per dare all' imperatore tutti gli aiuti possibili
« viene ora praticata da N. S., mentre si degna dì accordare che in
« luogo delle decime s'esigga dagli efìfetti degli ecclesiastici del regno
« di Napoli e delli ducati di Milano e di Mantova un sussidio di
« 100 m. scudi annui per il corso di cinque anni; ond' io non mancai
« nell'udienza di domenica di parteciparlo alla M. S., e di rilevarle
« quanto merita questo nuovo considerabilissimo aiuto. Io ben m'av-
« viddi che la M. S., la quale forse non n'aveva avuta per anche la
« notizia, ne sentì un particolar contento, prorompendo subito in lodi
« verso di S. S.^^ . . . M' assicurò poi che anche questo denaro sarebbe
« stato ben impiegato, mentre sarebbe servito in vantaggio e servizio
Stiidii sul pontificato dì Clemente XI 463
centosessantamila fiorini da offrire al principe Eugenio per
la cassa militare; i quali, in assenza del principe, già par-
tito pel campo, furon versati al commissario generale conte
di Tiraim.
Ricevuto poi in udienza da Carlo VI, lo Spinola gli
dimostrò la sollecitudine del papa per la guerra, e com'egli
fosse sicuro che da essa sarebbero venuti vantaggi territo-
riali air impero.
Il papa, aveva detto lo Spinola all' imperatore, « no-
« nostante i grossi e gravi dispendii che soffre per la
<( dimora del re d'Inghilterra nello Stato ecclesiastico, e
« per il mantenimento di tanti ecclesiastici che di continuo
« arrivano in Roma esiliati dalla Sicilia (i), non per altro
« titolo che per mostrarsi figli obbedienti della Santa Sede,
« e per le molte spese che gli converrà d' accrescere per
« difendere li propri sudditi, e specialmente per mettere al
« coperto le spiagge della Marca dalle minacciose incursioni
« dei Turchi... », tuttavia aveva trovato modo di mandare
quella non lieve somma per dimostrare che la guerra era
da continuare a qualsiasi costo. L'offerta giunse inaspettata;
e poiché il nunzio si avvide che l'imperatore ne era ri-
masto oltremodo soddisfatto, non mancò di colorire anche
in quella circostanza il pensiero del pontefice: «...rag-
« guagliai poi la M. S. dell'armamento che ha avuto no-
te tizia V. E. si facesse in Dolcigno con disegno d' inferire
« i maggiori danni alla spiaggia dello Stato ecclesiastico,
« e posso dire all' E. V. che la M. S. ne palesò una somma
« dispiacenza » (2).
«della nostra santa fede... Io poi posso dire all'È. V. che qui l'an-
« gustie sono maggiori di quello che possa esprimersi; mentre si cal-
<' cola eh' ogni mese la pura paga dell'esercito, non compreso né il
« pane né il formaggio, per i quali s' è impiegata la somma di quasi
« due milioni, sorpassi 800 m. fiorini .. . ».
(i) V, a pp. 126-127.
(2) Xiiniiat. di Germania, 257, lettera del nunzio, 22 maggio.
4^4 J- "Pometti
Dal carteggio dello Spinola appare manifesto che la
guerra al Turco era propugnata dal Vaticano allo scopo
di abbassare la potenza ottomana in Europa, colla lusinga
che se il risultato della lotta fosse stato favorevole, avrebbe
giovato a Venezia, ma ancor più all'Austria: il papato
avrebbe ottenuto un successo morale soltanto, abbattendo
lo Stato politico-religioso che da più di tre secoU minac-
ciava la Cristianità. Ma se si era nel vero che non ad in-
grandimenti territoriali mirava la politica vaticana, non si
può per altro negare che tutto l'armeggio politico di Cle-
mente XI tendeva a preservare V integrità dello Stato
ecclesiastico, opponendo fra questo e il secolare nemico
la potenza veneta per mare e quella tedesca lungo i Balcani.
Il Sinzendorff, che mostravasi, non senza secondo fine,
premuroso verso il Vaticano (i), comunicava al nunzio le
notizie del campo : 1' esercito imperiale si radunava presso
Peterwaradino ; il Tibisco e i Marassi si covrivano di ponti
pel passaggio delle truppe; il principe Eugenio, congiun-
tosi al corpo comandato dal generale Merci per operare
su Orsova e Belgrado, aveva cinto d' assedio quest'ultima
città che, mal difesa, non avrebbe a lungo resistito (2).
Ma, nel contempo, facevansi deste novellamente le voci
di pace : il primo visir e 1' ambasciatore britannico eransi
abboccati in Adrianopoli; la Turchia desiderava la pace,
ma non avanzava proposte, sia per orgoglio, sia perchè
(i) Nelle lettere dello Spinola (Nuniiat. di Germania, 257, giu-
gno 17 17), si parla spesso del desiderio espresso ed ottenuto dal Sin-
zendorff della promozione ad abate d' un suo figliuolo. Da una let-
tera del nunzio del 19 giugno pare che l'abate procurasse qualche
noia al Paolucci, per la qual cosa lo Spinola scrive che parlerà al
conte Sinzendorff della condotta del figlio.
(2) Nun:(iat. di Germania^ 257, Avviso di Vienna, 12 giugno; altro
del 26 dello stesso mese, e lettera del nunzio del 14 agosto, alla
quale è accluso un Diario del campo sotto Belgrado dalli 26 giugno alli
16 luglio.
Stiidii sul pontificato di Clemente XI 4^5
temeva le si fosse chiesta la cessione di Temiswar (r).
Rinascevano, ad ogni modo, le speranze di un accomoda-
mento.
Le promesse della Spagna erano state, in sulle prime,
ben liete e generose, per la campagna del 17 17. Già prima
che terminasse il 1716, e cioè l'ii settembre, TAlberoni
comunicava al nunzio Aldrovandi in Roma alcune favo-
revoli disposizioni per la campagna futura (2).
Lo stesso Filippo V, al principio dell' anno nuovo, ri-
spondendo ad una lettera del papa del 14 dicembre scorso,
ripeteva la promessa (3). La quale, assicurava in una sua
(i) Nuniiat. di Germania, 257, da una lettera del nunzio nel cor-
riere del 26 giugno : « Il corriere che giunse nella settimana decorsa da
« Costantinopoli spedito da quel ministro britannico, per quanto ho
« potuto sapere, non porta che la notizia de' discorsi avuti in Adria-
« nopoli col gran vizir, quali tendono bensì a dimostrare che da quella
« parte si desideri la pace coli' imperatore, ma senza fare alcuna pro-
c( posizione, per la quale qui si possa dare orecchio; mentre il vizir
« istesso s' è dichiarato che in alcuna maniera poteva il sultano ac-
« cordare che restasse Temiswar in potere di S. M. C, tanto per
« essere quella piazza troppo necessaria alla Portk ottomana, copren-
te dole tante provincie, quanto perchè sarebbe mal' inteso da suoi po-
« poli che si facesse la cessione medesima.,.».
(2) Misceli, di diluente X/, 216, p. 7, capitolo di lettera scritta
dal conte Alberoni a monsignor Aldrovandi da Madrid, li 11 set-
tembre 1716 (è una copia di mano di Clemente XI): «Puòassicu-
« rare la V. S. Ima il papa che i vascelli sverneranno nei porli del
«< Genovesato. Ho fatto comprare buona somma di frumento di An-
« daluzia, sapendo essercene scarsezza in Italia. Ho in mano lettere
'( di cambio per Genova per il resto della spesa dell' inverno, e cento
« cinquanta mila scudi per la ventura campagna. Dalla flotta ha S. M.
« tirato trecento mila scudi, che stanno a mia disposizione, senza che
« alcuno vi possa mettere la mano ; laonde spero che S. S.»* sarà
« contenta delle disposizioni, che si vanno prendendo ».
(3) Misceli di Clemente XI, 216, p. 3 : « A nuestro muy Santo
« Padre. Muy Santo Padre. He recivido con toda estimacion la carta
« que V. S<i me escrive en 14 de diciembre proximo passado en que
466 J. "Pomelli
lettera il Girardelli, era per effettuarsi, e, con ogni proba-
bilità, pel marzo, perchè erano state destinate all'uopo sei
navi nuove di Discaglia, altre sei fra le migliori dell' ar-
mata; e, oltre centomila razioni pronte, erasi commissio-
nata in Olanda la compera di attrezzi e di munizioni (i).
Ma in un'altra lettera dello stesso corriere degli 1 1 gen-
naio incominciano ad apparire titubanze e malumori : pro-
dromi della torbida politica dell' Alberoni, la quale molli
dolori doveva arrecare a Clemente XI, e non pochi danni
alla causa della Cristianità. Il Girardelli crasi presentato
all' Alberoni per avere più sicure notizie sulla squadra desti-
nata in Levante, «sapendo di certo», egli scriveva, «che
« dipendenze di tale importanza corrono sotto la direzione
« e cura di lui ... ; et avanzandomi a supplicarlo de' suoi
« propizii influssi, confesso che lo riconobbi abbattuto e ben
«di fervore differente dal ritrovato in esso... ». Quali le
cause di questo mutamento? Oneste, e fors' anche giuste,
in apparenza. «Si espresse», continua il Girardelli, « di es-
« sersegli levate tutte le forze dal ritardarsi costà l'aggiu-
« stamento, e con esso le grazie richieste ».
Le pendenze giurisdizionali fra Roma e Madrid eran
tuttora insolute da quando il nunzio Zondadari era stato
costretto ad abbandonare la Spagna; sui beni personali
degli ecclesiastici restavano frequenti litigi fra l' autorità
regia e il tribunale della nunziatura; si era concesso al re,
« con occasion de las noticias de las fuerzas que preparali los Turcos
« centra la plaza de Corfu y para reparar las perdidas que han echo
« en Ungria en la campana passada, me exhorta V. D'i a los mas
« promptos y oportunos socorros; sobre cuyo asumpto puedo asse-
te gurara V. B^l de mi filial y atento afecto a su persona y de mi zelo
« al mayor bien de la Yglesia y que me fuere possible, de mani-
ne festar, corno lo he echo, hasta a que la atencion que me deven tan
« especiales motivos y circumstancias. Nuestro Seiìor quede a V. S^
« corno desseo. De Madrid a 1 5 de henero de 1717. Muy humilde hijo
« de V. S<i. el Rey ».
(i) ìsun-^iat. di Spagna, 2ij; 11 getmaio 1717.
Stiidii sul pontificato di Clemente XI 4^7
per la guerra, un sussidio di cinquecentomila pezze sui
beni ecclesiastici dell' India, per un triennio, ed era una
derisione, perchè, a conti fatti, non se ne sarebbero rica-
vate che dugentomila a pena, se pure era possibile riscuo-
terle in paesi si lontani e si vasti... (i).
Tuttavia, un corriere straordinario era stato inviato in
Roma coir avviso dei concessi soccorsi marittimi, ad onta
delle lagnanze di tutti, perchè « il re non riceve da S. S.
« quell' animo et aiuto, eh' essige si dispendioso soccorso »,
confidava il Girardelli (2). E poiché questa faccenda era
rimasta « interamente appoggiata dal re alla sollecitudine
«et vigilanza del signor conte Alberoni », egli aveva pre-
sentato allo stesso T espressione del grato animo del pon-
tefice, raccomandandogh che la squadra fosse pronta pel
marzo; e che, ad evitare discussioni di competenza, il re
ordinasse d' inalberare il solo stendardo di caposquadra,
giacche avendo il papa scelto un luogotenente generale
per tutte le squadre ausiliarie, occorreva il comando di
un solo per assicurare la riuscita delle operazioni marit-
time (3).
Un mutamento di grande importanza era intanto av-
venuto nella corte spagnola. Abbattuto il potere della
principessa Orsini, TAlberonì era riuscito a sbarazzarsi an-
che del cardinale Giudice, grande inquisitore ed aio del
principe ereditario, inviandolo ambasciatore di Spagna in
Jloma; e, secondato dal cardinale Acquaviva, influentissimo
in Vaticano, lo sostituiva nell' alta carica con monsignor
Molines, che da Madrid ebbe ordine di lasciare Roma (4).
Ma questo mutamento, che accentrava tante gelose pre-
(i) Kun\iul. di Spa^na^ 217, terza lettera del medesimo corriere
degli II gennaio 17 17.
(2) Ivi, 18 gennaio 171 7.
(j) Ivi, lettera del 25 gennaio.
(4) GÌ' itinerari del Giudice e del Molines veggansi negli Av-
visi di Madrid dagli 11 gennaio 171 7 in poi. Nuniiat. di Spagna, 217.
4^8 J, Torneiti
rogative neirAlberoni, dovette insospettire la corte ro-
mana; per la qualcosa, essendo andata anche a vuoto la
missione dell'Aldrovandi (il quale erasi recato in Roma non
tanto per le ragioni da lui esposte, quanto per la promo-
zione a cardinale dell' Alberoni, come si vedrà meglio nel
terzo nostro studio), ordinossi a costui di ritornar subito
a Madrid (i), ove il Girardelli, improvvisato diplomatico,
incominciava a perder la bussola. Infatti, egli non riusciva a
vincere la fredda e compassata alterigia del prelato piacen-
tino: «A tutti gli eccitamenti (pei soccorsi marittimi)»,
egli scriveva, «risponde in una istessa conformità: di trattarsi
«quest'affare tra Sua Beatitudine et il re, e ch'egli non
«vi ha parte...» (2). Il poveruomo si affannava a di-
mostrare che il Turco si armava formidabilmente, che il
pontefice provava dolorosa sorpresa vedendo inascoltate le
sue istanze... Ma, gli aveva risposto TAlberoni, « che la
« Santità Sua e cotesta corte doveva a lui solo la risolu-
« zione presa da S. M. di far cessare il Consiglio di Stato
« dall' ingerirsi, se non ricercato, in dipendenze politiche,
«che lo risguardino; poiché senza questa previdenza si
« sarebbero continuati i dissapori tra le due corti... E re-
« plicandomi più volte che ad esso si doveva questo van-
« taggio, ne gli diedi le gratie...» (3).
Altro che le grazie del GirardeUi, bramava T Albe-
roni !... Non s' avvedeva il papa che ormai egli, Alberoni,
era il despota della Spagna ? E si poteva lasciare col sem-
plice titolo di abate un religioso che era salito a tanto ?
La Orsini e il Giudice erano allontanati ; il Daubenton ed
Elisabetta avean l'incarico, fra le pratiche religiose e quelle
amorose, che il re non pensasse ad altro; e financo la
(i) Nuniiat. di Spagna, 217. Da una lettera dell' Aldrovandi al
Paolucci, datata da Bologna, 5 febbraio 17 17.
(2) Ivi, da una lettera del Girardelli al Paolucci, nel corriere
degli 8 febbraio 17 17.
(3) Ivi, in un' altra lettera dello stesso corriere.
Siiidìi sul pontificalo dì Clemente XI 4^9
suprema autorità del Consiglio di Stato era stata sminuita.
D* ora innanzi, scriveva il Girardelli, i principi ed i ministri
corrisponderanno col marchese Grimaldo « sotto la dire-
« zione di chi al presente si considera 1' unico arbitro del
« governo » (i).
Il Girardelli si sentiva inadeguato al compito affidato-
gli, e lo manifestava. Erasi invano rivolto a tutt' i ministri
e cortigiani perchè la squadra si trovasse a Corfù per
l'aprile; aveva replicate le istanze all'Alberoni, e « l'ar-
ce bitro del governo», quasi a non esser più importunato,
aveagli risposto definitivamente che tgYi non poteva più
nulla presso il re e la regina! (2).
Meno male che monsignor Pompeo Aldrovandi, prov-
videnziahnente, ritornava. Il 3 febbraio era a Bologna, sua
patria, l'S a Parma, ove le strade guaste ritardavano il
viaggio; Tu a Piacenza, per accordarsi col Farnese. Il 20
era per imbarcarsi a Genova per xMarsigha su d'una galea
offertagli dalla Repubblica, ma il mare agitato non permise
il viaggio. Si trattenne colà fino ai primi di aprile (3).
(i) Vedi la nota precedente.
(2) L' Alberoni, interrogato dal Girardelli sui soccorsi marittimi,
«non uscì dalle prime risposte »; e sollecitato di nuovo con effi-
cace descrizione sulle forze turchesche, « mi rispose », continua il
Girardelli, « d' bavere, finché gli è stato permesso, con tutto zelo pro-
« mosso quest'affare appresso ambo le maestà del re e della regina con
« quasi certe speranze di tutto quel buon esito che potesse empire il
«desiderio di N. S.; che poi lagnandosi le M.»^ Loro di essere di-
« sattese, si era a lui tolta la facoltà di proseguire nell'opera, anzi
« cercando egli d'influirvi, incontrava nelle medesime disapprovazione,
« come se ne parlasse come interessato nell' adempimento de" voleri
«di S. S»^, senza havere riguardo alla loro stima e riputazione,
« quando trattandosi di monarchi co^ì propensi alla religione et alla
« Sede Apostolica, dovevano meritare distinzione sopra gli ai'ri, che
«la molestavano e la disattendevano ...» ; Nun^iat. di SpUi^na, 217,
22 febbraio.
(0 Ivi, lettere dell' Aldrovandi al Paolucci del 3, 8, 11, 20 e
27 febbraio, e 6 marzo.
470 J, ^ometti
È facile immaginare che, alFannunzio del ritorno del-
l'Aldrovandi, il Girardelli dovette sentirsi come alleviato
da un grave peso. Ma ben presto la gioia provata mutossi
in sorpresa spiacevole, « udendo qui », egli scriveva, circa
quelle notizie, « di non haverla il re intesa bene». Ne
chiese al Daubeuton, e « mi disse apertamente che se fosse
« seguito [il ritorno del nunzio], S. M. non ne avrebbe
« gusto » ; si rivolse all'Alberoni, e costui non si peritò di
dirgli che sarebbe stato meglio che l' Aldrovandi non fosse
tornato... (i).
Quali voci maligne eransi sparse sul conto del nunzio?
Perchè, evidentemente, non si trattava che di qualche ca-
lunnia. Così opinava il buon Girardelli; ed esortando il
Paolucci affinchè il nunzio, tornando, avesse portato « quei
(( obici (concessioni) che concepii et avvisai con le pas-
te sate a V. E. perchè riesca grata la sua venuta», dichia-
rava che egli era sfiduciato (2); che coU'Alberoni non era
più possibile il disbrigo di qualsiasi pratica; che il Dau-
benton diventava misterioso, e che, in breve, il signor
conte era scontento non vedendosi giungere da Roma
alcun segno di distinzione, e che, in conseguenza, dolenti
ne erano il re e la regina.
Tuttavia, si era longanimi, perchè non si desisteva dai
preparativi marittimi : a Cadice si lavorava attivamente
negli arsenaU; l'intendente di marina, Patigno, metteva la
flotta «sul piede di Francia»: dalle coste di Andalusia e
da Siviglia reclutavansi operai pratici pel disbrigo dei la-
vori, i quali, per poco interrotti dal cattivo tempo, erano
stati ripresi di buona lena (3).
Era avvenuta in quel tempo la promozione a cardinale
di monsignor Borromeo, e il Girardelli, eseguendo istru-
(i) ì^uniiat. di Spagna, 217, lettera del Girardelli al Paolucci,
i" niarzo.
(2) Ivi, 8 marzo.
(3) Ivi, lettere del 5 e 12 aprile, e Avvisi di Madrid delle stesse date.
Studii siti pontificato dì Clemente XI 4J1
zioni avute, riferiva al segretario di Stato in Roma che
nessuna apparente alterazione quella nomina aveva pro-
dotta nel Ministero spagnolo (quel bravo uomo non era
sempre di facile intuizione); ma «solo», confidava, «mi
«ha riferito un amico gran confidente d'un primario ga-
« binettista che, discorrendo seco di tal novità portata da
« uno straordinario che passò in Portogallo, si spiegò nei
«seguenti termini: che il re dovrebbe mandare la squadra
« ausiliaria ai Veneziani, non a Sua Beatitudine, in segno
« di sentimento di essere disatteso ». E nel frattempo chie-
sto al ministro di mare e guerra se finalmente sarebbero
mandate le navi a Corfù, questi « sorrise dicendomi che
« poca necessità poteva esservi, quando dai Maltesi non
« si fornivano che due navi : che la Repubblica veneta
« metteva in mare nove vascelli meno dell'anno passato,
« e che S. S. istessa haveva minorate le vele, anzi non
«applicava a spedirle» (i).
Ad accrescere la confusione e i timori, ecco spandersi
una notizia dolorosa e sorprendente: all'Aldrovandi, giunto
da Marsiglia a Perpignano il 17 aprile, gli si era fatto in-
contro, allo scendere dal calesse, un ufficiale spagnolo,
mandato da Barcellona dal principe Pio. Era latore d'una
lettera breve e recisa: Filippo V vietava al nunzio di en-
trare nei dominii spagnoli ! Prudentemente, per non su-
scitare scandali e non rendere più strepitosa la rottura (il
ricordo dello Zondadari non era dileguato), il nunzio fer-
mossi a Perpignano. Di là egli scrisse al Paolucci (2).
(i) Nìtniiat. di Spagna, 217, lettera del 19 aprile.
(2) Ivi, lettera dell'Aldrovandi al Paolucci, 22 aprile (nella quale
acclude quella del principe Pio).
Raccontato il poco piacevole incontro a Barcellona, il nunzio
continua: « ...Questa novit;\, come ben può figurarsi VE. V., non
« lasciò di molto sorprendermi et amareggiarmi, e dopo il dibatti-
« mento di varii pensieri..., stimai meglio di fermarmi in questo
« luogo, prima per non risolvere cosa alcuna senza gli ordini pre-
472 J. T^ ometti
Scrisse anche, come la prudenza consigliava, airAlberoni
e al Daubenton, affinchè si fossero interposti per la revoca
dell'ordine, o almeno per ottenergli il permesso di dimorare
nei dominii regi, a Barcellona o a Saragozza, per esempio.
Il Girardelli, al quale aveva affidato il recapito di queste
lettere, gli scriveva che l' Alberoni era dolente dell* acca-
duto, ma che nulla poteva fare, perchè temeva anche per
se, essendo stata presa quella risoluzione a sua insaputa...
Era chiaro che le Loro Maestà si consideravano «disattese »
dal papa ; « onde trattandosi di rispetto e decoro, si tro-
« vava [r Alberoni] fuor di proporzione d' operare, poiché
« qualunque sua azione o persuasiva, verrebbe mirata dai
« padroni come promossa da proprio interesse, senza ri-
« guardo al loro, oltre che teneva per inutile qualsivoglia
« tentativo o suo o d' altrui, a fine di conseguire la mu-
« tazione o moderazione del risolutosi... ». Egli, Alberoni,
non poteva che dare un consigUo, ed era questo : che il
nunzio non si fosse mosso da Perpignano se prima il papa
non ottemperava il desiderio del re... (i).
L'infingimento era ben sottile. Egli che aveva tutto
predisposto e tramato, si traeva in disparte; e, assumendo
« ventivi di S. S*^ e di V. E., e poi per non dare col ritornarmene
« addietro 1' adito ad una piii strepitosa rottura, tanto più che avendo
« avuto riscontro, che una tal risoluzione fusse stata pigliata coeren-
« temente alli risentimenti fatti costì dal Ministero di Spagna per li
« motivi ben noti a V. E., et essendo questi totalmente disparati dalle
« materie, che cadono in discussione, voglio sperare che ciò non
« debba far nascere un intiero scioglimento alla composizione cosi
«bene incaminata... ». In quella congiuntura l'Aldrovandi fece uso,
in vero, di molto buon tatto e di assai accortezza. Da Perpignano,
come se fosse stato a Madrid, egli continuò le relazioni amichevoli
colla corte spagnola, e le insistenze pei soccorsi marittimi, riuscendo,
in grazia alla disinvoltura del suo carattere, a ricomporre subito quel-
r incidente che poteva avere più penose conseguenze fra Roma e
Madrid.
(i) Nimiiat.di Spagna, 217, copia di lettera del Girardelli all'Al-
drovandi, 24 aprile 17 17.
Si udii sul pontificato di Clemente XI 473
atteggiamento da vittima, ben poteva esclamare che non
aveva alcuna colpa se i Reali di Spagna volevan vedere
premiato dal papa nella sua persona il servitore devoto,
il tramite benefico che tanto aveva operato in prò del
cristianesimo, che si era ingegnato a comporre i dissidii
fra Roma e Madrid. Era mia questione di puntiglio da
parte della corte spagnola, ed egli vi si trovava impli-
cato, senza volerlo!
11 Daubenton, che girava da umile satellite intorno al-
l'astro maggiore della corte madrilena, ma che più tardi,
nel periodo della disgrazia, gli si doveva mutare in nemico
spietato, lo secondava mirabilmente. In quei giorni, visi-
tato dal Girardelli, mostrossi ignaro della risoluzione con-
tro TAldrovandi, per la qualcosa gli occorreva di « prender
« lengua in palazzo», ma aveva intuito il motivo della
dolorosa soluzione: «Si stese bene in dolersi che costi
« non si fosse prestata fede a' suoi ragguagli e dettami,
« succedendogli che cotesta corte lo risguarda per appas-
« sionato del re, e questa lo tiene per venduto a S. S. et
« interessi di Roma ; che egli sempre si persuase che non
« doveva porsi in consulta una risoluzione, dalla quale di-
ce pendeva Y aggiustamento d* ogni controversia a piena
« soddisfazione della Santità Sua e Sede Apostolica; essere
u la regina di troppo alta mente e d' animo eroico per spe-
« rare che si renda a verun partito; dichiarata già per
« sentita di non essersi costà convenuto nelle sue suppli •
« che, alle quaU fu mossa da intendimenti del maggior
« servizio della Santa Sede e religione, li cui risguardi ts-
« sendo in essa naturali, necessitava di fortificarsi per Tese-
te guzione per mezzo di soggetto in cui trovava li mede-
<( simi principi!, e nel quale haveva posta la sua total
« confidenza, aggiungendomi il padre Daubenton di bavere
« riconosciuto nel signor conte Alberoni sentimenti di buon
« Italiano quanto alla venerazione verso S. B. e Santa Sede
« e suoi interessi, e che vi andava sopra sicuro in con-
474 .7- 'T^ometti
«decorarlo con la dignità richiesta; poiché li principii che
«si imbevono nei naturali difficilmente si mutano». Ma
omai il re era «entrato ne' sentimenti della regina», e
c'era da «temere funesta sequela da questi principii...)).
Avesse visto, ad ogni modo, l'Alberoni. E il Girardelli rac-
conta che corse a trovarlo e gli parlò moderatamente, pre-
gandolo « d'evitare maggiori rompimenti . ..». L'Alberoni,
egli narra, « hebbe la bontà di aprirsi meco, affermandomi
« che se S. S. havesse usata la generosità di consolare la
« regina, se 1' havrebbe guadagnata in perpetuo »; ma allo
stato presente non osava parlarle, sapendola irritatissima,
sicuro di non ottener nulla, « e di acquistarsi il concetto
«di fiirlo per proprio interesse», giacché «...la passione
«non r haveva già mai mosso al minor passo...». Ma
c'era di peggio: il re aveva ordinato che il Girardelli fosse
espulso dalla Spagna... — Si deve ricorrere proprio a que-
sto estremo ? — chiese il poveruomo. Lo rassicurò l'Al-
beroni, soggiungendo d'essersi interposto presso il re, e
che questi erasi piegato al suggerimento di dispensare il
Girardelli dall' ufficio fino allora tenuto (i).
In verità, l'Alberoni voleva minacciare soltanto, e non
provocare, con quell'estrema misura, rappresaglie al car-
dinale Acquaviva, suo protettore in Roma.
Non questa notizia soltanto aveva funestato 1' animo
del Girardelli, perchè altre ne circolavano nella corte spa-
gnola, con manifesta intenzione di intimorire il Vaticano:
la squadra era già pronta, ma, per trattative bene avviate
tra i ministri e il cavalier Mocenigo, sarebbesi ceduta a
Venezia, se questa provvedeva alle spese del viaggio. Sa-
rebbe partita non più pel Levante, ma per la Sicilia, ove
Francia, Inghilterra e Olanda disegnavano insediare il ra-
mingo re Giacomo (2).
(i) KnniìaL di Spagna, 217, altra lettera del Girardelli al Pao-
lucci, 26 aprile.
(2) Ivi, lettere del Girardelli al Paolucci, 3 e io maggio.
Stiidii sul pontificato di Clemente XI 475
In questo frattempo, il duca di Parma e il cardinale
Acquav'iva eransi adoperati a rendere meno tesi i rapporti
fra Roma e Madrid, ottenendo da Filippo V che il nunzio
si recasse alla corte per esporre a voce i sentimenti del
papa. La corte trovavasi a Segovia (i). AU'Aldrovandi fu
« gratiosamente motivato » di non passare per Madrid, ma
di recarsi direttamente a Segovia o alFEscuriale. Si mosse
egli con grande giubilo da Perpignano (2), e toccando
Girona e S. Filius, ebbe agio di vedere il Mari, dal quale
ebbe assicurazione sulla prossima partenzadella squadra (3).
Fu accolto con onore entrando nei domini spagnoli: don
Tiberio Caraffa gli mosse incontro fuor di Barcellona, a
nome del governatore; lo stesso principe Pio gli offri splen-
dida ospitalità. Agli otto di giugno era ad Alcalà, a sei
leghe da Madrid; nella notte del nove giunse all' Escu-
riale. La mattina dopo recaronsi da lui T Alberoni e il
Daubenton, i quali, quasi segregandolo, lo consigliarono,
prima di presentarsi al re, di attendere risposta da Roma,
dopo il generoso temperamento usato a suo riguardo. La
squadra, intanto, era pronta, protestava l* Alberoni; e giu-
stificava il ritardo per la defezione di molti marinai rifiu-
tatisi di recarsi in Levante e sostituiti con altri raccolti in
Cartagena, giacche Filippo e la corte anteponevano ad
ogni altro interesse quello della religione... (4). L' Aldro-
(i) Nuttiiat. di SpagnUy 217, Avvisi di Madrid, io e 17 maggio.
(2) Ivi, leu. dell' Aldrovandi al Paolucci, da Perpignano, 18 maggio.
(}) Ivi, lettera dello stesso allo stesso, 23 maggio. A S. Filius
il Mari fece assistere 1' Aldrovandi al varo di un nuovo vascello di
novanta pezzi, e gli confidò che il soccorso marittimo sarebbe stato
ancora rimandato, « se il signor conte Alberoni non avesse trava-
« gliato indefessamente per render vano ogni attentato ». Altre notizie
sulla squadra, che dicevasi diretta a Corfù sotto gli ordini del Gue-
vara e del Mari, veggansi nelle lettere del Girardelli al Paolucci, in
data 31 maggio e 7 giugno.
(4) Ivi, lettera dell' Aldrovandi al Paolucci, Hscurial, 13 giu-
gno 1717.
ArchMo della li.Socirtà romana di storia patria Voi. XX IH. 3^
47^ J' "Pometì
vandi comunicò la lieta notizia al Paolucci; e tornato a
Madrid, in attesa di esser ricevuto dal re, e per togliere
di pena il Girardelli, il 21 di giugno annunziava che il 15
di quel mese la squadra era partita da Cadice diretta in
Levante (i).
La risposta da Roma non tardò a giungere, e fu come
il raggiro di corte aveva predisposto che fosse, e come la
necessità delle cose imponeva: Clemente XI, all'annunzio
che r Aldrovandi era tornato in ^Madrid e che la squadra
era partita, concesse finalmente all'Alberoni la porpora ago-
gnata (2). Fu il 12 luglio del 17 17. Al Pardo, ove la corte
soggiornava, la notizia, benché prevista, fu accolta con vi-
vissima gioia ; e il nunzio, che vi si recò per la conferma
ufficiale di essa e per la presentazione dei brevi, ebbe dal
re, dalla regina e dal principe delle Asturie magnifica ac-
coglienza (3).
Monsignor Benti voglio che nel 17 17 reggeva ancora
la nunziatura di Francia, dopo i ripetuti e costanti dinieghi
altrove narrati, aveva cessato di far pratiche per la guerra
(i) Niinitat. di Spagna, 217, come sopra, 21 giugno. Tornato a
Madrid, il nunzio fu alloggiato nel collegio imperiale dei PP. della
Compagnia, perchè il palazzo della nunziatura era in rovina. (Ivi, let-
tera del Girardelli al Paolucci, 21 giugno). A richiesta del Paolucci,
circa un compenso da offrire al Girardelli, il nunzio consigliava che
non gli si desse più di mille scudi (scudo = 5 lire e 0.37). Poca cosa
invero, se si tien conto delle spese di rappresentanza e di posta. (Ivi,
lettera dell' Aldrovandi al Paolucci, 21 giugno). Il Girardelli, fin dal
I 5 marzo di quell'anno (ivi), aveva fatto notare al Paolucci che, benché
da quarantasette anni al servizio della Santa Sede, trovavasi tuttora
« nudo di qualunque rendita ecclesiastica « ; tuttavia, mostrossi con-
tento dell' off'erta, e ponendo fine al suo ce inutil carteggio», ritornò
all'esattoria dei quinquenni (ivi, 9 agosto).
(2) Ivi, lettera del nunzio al Paolucci, 5 luglio.
(3) Ivi, Avviso di Madrid, 5 luglio, e lettera del Girardelli al
Paolucci, 2 agosto.
Studii sul pontificato di Clemente XI 477
presso la corte di Parigi, ove i giansenisti avevano il so-
pravvento (i). Sicché la sua corrispondenza, fin dalla metà
deir anno precedente, è presso che priva d* interesse pel
nostro argomento, ma in compenso è ricca di svariate
notizie, delle quali potrà avvantaggiarsi la storia della Reg-
genza.
La questione tra i figli legittimi ed i legittimati di
Luigi XIV (2) e gF intrighi di corte per gli educatori del
giovane re (3) attraggono la sua attenzione; ma più ancora
egli osserva e tien dietro al movimento diplomatico (4),
(i) Ntiniìat. di Francia, 230, 28 settembre 171 6. In questa lettera
il Bentìvoglio ringrazia il Paolucci di avergli comunicata la libera-
zione di Corfù, perchè quella notizia, giunta prima per altra via, non
era stata creduta. In tal modo egli era in grado di « chiudere la
« bocca ai geniali turchi che non mancano in questo paese, ove ab-
« bondano i giansenisti ».
(2) Ivi. Veggasi a tal proposito una particolareggiata ReJatione
del nunzio, inviata col corriere del 31 agosto.
(3) Leggasi, ad esempio, la cifra dell'S febbraio 1717, ove parla
dell' abate Fleury. È uomo di bassi natali, dice, e più versato nelle
leggi canoniche che in quelle teologiche, che conosce appena. È
nemico aperto dei giansenisti, « ma è altrettanto sempre stato av-
« verso a cotesta corte, per la quale e nel parlare e nei scritti che
« ha stampati, non solo ha dato segno di poco rispetto, ma indizi di
« gran livore ». È stato scelto confessore del re per non darla vinta
ai gesuiti, ma questi « si tengono come sicuri del posto, lusingan-
« dosi che appunto Sua Altezza (l'Orléans) habbia scelto nelle con-
« giunture presenti un huomo cadente come è lo stesso Fleury, che è
« sopra li ottanta anni, perchè intende di rimetterne in possesso [del
<' posto di confessore] la Compagnia ^ (Nutiiiat. di Francia, 232).
(4) Egli unisce immancabilmente ai suoi corrieri gli Avvisi di
Parigi, durante l' anno 17 16 {Nnniiat. di Francia, 250), dai quali pos-
sono ritrarsi curiose e minuziose notizie sulla vita mondana e diplo-
matica della capitale francese. Di preferenza invia quegli avvisi che
riguardano personaggi italiani: il conte Mari succede al conte Du-
razzo quale rappresentante di Genova (26 aprile, 17 magg'o); il conte
righetti di Rivazzo, rappresentante di Parma, si ritira in congedo;
il marchese Corsini sostituisce il conte Bardi quale incaricato di To-
scana (28 giugno); e notizie sulla deposizione del cardinale Giudice
478 J. Torneiti
e seconda il Vaticano negli amichevoli rapporti col Por-
togallo (i).
Però a lui ed alla corte di Roma, intenti ad osteg-
giare il giansenesimo, sfuggiva (poiché non ne troviamo
traccia) la causa vera della condotta del d'Orléans. Questi,
lusingandosi che la fragile salute di Luigi XV gli aprisse
la vìa per la successione al trono, e temendo di Filippo V
che a quella successione non nascondeva di aspirare, mi-
rava a farsi proseliti dentro e fuori della Francia. Le ri-
forme per sollevare l'erario regio e 1' abile politica contro
i figli legittimati di Luigi XIV, gli acquistavano le sim-
patie del Parlamento e del paese; le gelosie suscitate contro
Carlo VI per le vittorie in Ungheria e le nuove infram-
mettenze del re di Svezia, lo consigliavano a non perder
di mira gli eventi che maturavano. Infatti, Carlo XII, tor-
nato in Isvezia dalla Turchia col desiderio di vendicarsi
di Augusto di Polonia e di Giorgio di Hannover, erasi
piegato alle lusinghe dell' intraprendente Arrigo di Goerts,
che gli aveva proposto di rappaciarsi collo czar Pietro per
(lettera 27 luglio) ; sul soggiorno del cavalier Mocenigo in Parigi,
destinato ambasciatore di Venezia in Madrid, il qual soggiorno in-
genera sospetti nel nunzio (lettera 12 ottobre); sul passaggio del
conte Guicciardi da Londra a Parigi come rappresentante del duca
di Modena (Nimiiat. di Francia, 2 ji, io gennaio 1717); sulla destina-
zione del duca de la Feuillade ad ambasciatore in Roma, sostituito poi
dall'abate Du Bois (Avvisi, 31 gennaio, 18 aprile); sul ritorno del-
l'ambasciatore francese Des Alleurs da Costantinopoli (20 marzo) &c.
(i) Avverte che renderà grandi onori ad Emanuele di Portogallo,
giunto in Parigi, perchè colla Santa Sede il re di quel paese è « nei
« presenti bisogni il più pronto ad accorrere in difesa della mede-
« sima » (Nwiiiat. cit. 230, lettera 18 maggio, e Avviso del 17 dello
stesso mese, 171 6). Manda più tardi notizie sulla partenza per 1' Un-
gheria di Emanuele (Avviso, 12 luglio); intercede presso il Vaticano
perchè il Ribeyra, ambasciatore portoghese a Parigi, sia accontentato
in certe sue pendenze colla giurisdizione ecclesiastica (lettera 14 set-
tembre).
Sludii sul pontificato di Clemente XI 479
averlo consenziente nel rimettere sul trono di Polonia Sta-
nislao Leszczinski e su quello di Inghilterra Giacomo III.
Parve che lo czar accettasse la proposta; ma più espli-
cito di lui fu FAlberoni nell' aderire, perchè sperava, con
quel mezzo, di togliere la reggenza all' Orléans. Ma ve-
nuto questi a conoscenza della trama, ne avvisò re Giorgio,
che fece arrestare in Olanda il Goerts, e in Inghilterra il
Gyllenborg, compagno di costui, provocando con tal misura
sdegno nei diplomatici (i), e rappresaghe in Isvezia. Passò
il timore, ma rimase il lievito di quelle macchinazioni, che
poco dopo presero altra forma nella torbida mente del-
l' Alberoni. Tranne il re di Svezia, gli altri reclinarono
ogni partecipazione alla congiura, come fece Io czar, re-
candosi a Parigi (2).
Non mancò il Vaticano, nell'occasione di quel viaggio,
di far pratiche presso Pietro il Grande in favore del cat-
tolicesimo in Russia, colà più che mai minacciato dopo la
riorganizzazione ecclesiastica del 1700: un accordo collo
czar, oltre che vantaggiare la fede cattolica, avrebbe in-
fluito favorevolmente sulle sorti della guerra contro la
Turchia.
Monsignor Bentivoglio e' informa dell' arrivo e del
soggiorno di Pietro in Parigi (3), e narra che ricevuto
r ordine « di farla corte allo czar », egli, benché sofferente
(i) È interessante a tal riguardo una lettera di mons, Bentivo-
glio, nella quale si fa eco dei lamenti sollevati dagli altri diploma-
tici contro questi arresti violenti. Chi maggiormente indignossi fu il
marchese di Monteleone ambasciatore di Spagna in Parigi, il quale
osò scrivere alla corte inglese « ch'egli compativa molto il re d'cs*
a sere ridotto a non aver altro mezzo per assicurare il suo trono,
a che quello di violare il diritto delle genti ...» {Nimiiat. di Fran-
cia, 251, 1* marzo 1717).
(2) V. BrCckner, op. cit. pp. 588, 589.
(3) Nuniiat. di Frauda^ 251, Avvisi di Parigi, 2, 16 e 2} mag-
gio 1717.
480 J, Torneiti
di podagra, pensò di visitare uno del seguito, il principe
Kurakin, che aveva conosciuto nel 1707 in Roma (i),
quando costui aveva tentato di dissuadere Clemente XI dal
riconoscere il Leszczinski per re di Polonia (2).
Ammesso alla presenza dello czar, gli recitò un fiorito
elogio, del cui effetto si stimava sicuro; ma era destinato
a non spuntarne una, perchè Pietro ringraziò brevemente
e « all' articolo della religione non rispose parola » (3).
(i) Nun^iaL di Francia, 231; da una lettera del corriere del
7 giugno: «L'ordine che ricevei l'ordinario scorso di far la corte
«al czar, mi trovò incomodato da un piccolo attacco di podagra;
«ciò non ne ha ritardato però l'esecutione . . . Tanto il signor mare-
« sciallo di Tessè che l'assiste per ordine del re, quanto il prìncipe
« Kourachim alli quali mi sono indirizzato per udienza mi hanno
« fatto rispondere che subito che S. M. sarà di ritorno me la fa-
« ranno avere. Per insinuarmi con questo ultimo gli ho fatto fare
« un complimento per il gentiluomo mandato ad appuntare l'udienza,
« facendoli dire che io avevo avuto l'onore di conoscerlo in Roma,
« al che mi ha egli fatto rispondere gentilissimamente esprimendosi
« che egli voleva venirmi a visitare. Sabato doppo pranzo andai io
« stesso all' hotel de l'Ediguiers, ove il czar alloggia con tutto il suo
«seguito per prevenirlo e visitarlo; ma lo trovai uscito di casa».
(2) V. Bruckner, op, cit. p. 726.
(3) Data l'importanza dell'argomento e le particolarità del dia-
logo tra il Bentivoglio e il Kourachin, nonché le osservazioni che
il nunzio fa sullo czar Pietro, stimiamo utile la riproduzione di al-
cuni passi d'una lettera del corriere del 14 giugno 171 7 (Nuniiat. di
Francia, 231).
Il nunzio premette che, avuto l'assenso del reggente d'Orléans, circa la
visita allo czar, recossi dal principe Kourachin «... il quale malgrado una
risipola sofferta in una gamba, da cui era appena guarito, mi venne a rice-
vere ed accompagnare fino alla carrozza. Doppo i primi convenevoli, io mi
estesi nelle lodi del czar; nella stima che S. S. ne aveva concepita, uè
mancai di lusingare lo stesso principe sul buon nome che egli aveva lasciato
a Roma, e su la confidenza intiera che S. S.tà aveva avuta, e tuttavia aveva
in lui. Corrispose egli con espressione di veneratione e di rispetto verso la
sicra persona di N. S. ...Doppo di che credendo io di dovermi stringere,
cominciai a metterlo sul discorso delle sue negotiationi di Roma; li dissi che
in quel tempo io veramente non facea che cominciare la mia carriera; e che
Stiidit sul ponlijìcato di Clemente XI 481
Ma oramai anche senza quell' intervento T esito della
guerra era assicurato. In Ungheria, Eugenio si stimava si-
non era informato a dentro nella midolla degli affari ; ma che mi ricordavo
di aver inteso dire ch'egli era riuscito in tutto ciò che avea al papa richiesto,
e che n'era partito molto contento. Dal che (soggiuns'io) può lei ben com-
prendere che non è cattivo negoziare con noi, e che siamo uomini di buona
fede. Confessò egli ch'era ben riuscito nelle sue commissioni, e che non avea
soggetto che di lodarsi del papa. Ma con tutto ciò non veniva da se stesso,
come avrei desiderato, a parlarmi degli affari della religione; mi trovai dunque
in necessità d'entrare io stesso in materia, e d'ingnorante che m'ero fatto
fin' allora, cominciai a poco a poco a mostrarmi informato. Le dissi che era
stato gran disgrazia, che doppo che il papa avea dal suo canto accordato
quanto se gli era chiesto, e attenuto quanto avesse promesso, non avesse poi
S. S.tà in ricompensa potuto venire a capo di stabilire i vantaggi, che per
la nostra S. religione gli erano stati intenzionati in Moscovia, e in Mosco.
Il principe mi replicò che la nostra religione era permessa, che i Cappuccini
avevano case e chiese, e li Giesuiti in Mosco un collegio, ove quasi tutta
la loro gioventù andava ad imparare. Ma parmi (soggions'io) che era stato
intenzionato a S. S.tà di darli un diploma del czar, che fissasse per sempre
quello che fino ad ora non era che semplice tolleranza. Ed egli mi rispose
che questo era stato un desiderio ed un negoziato del vescovo di Cujaccia,
e che veramente non credeva che il diploma fosse stato spedito; ma che
questo non era un punto di grande importanza, mentre in sostanza l'uso e
l'esercizio della religione lomana era in vigore. Parendomi che il principe
dissimulasse la verità del fatto, e che cercasse di tenersi lontano dall'entrare
nelle circostanze, credei sempre più espediente all'aliare venire, come si suol
dire, ai ferri, e di parlarli più chiaro; che però gli dissi: parermi pure ch'egli
essendo a Roma, avesse avuto per le mani il trattato di questo diploma, il
che mi negò egli costantemente; ed io allora gli dissi ch'io era uomo libero
e franco, e che non volea dissimularli essere io certamente informato che
questo negozio non era mancato che per contestationi di cerimoniali ... Il prin-
cipe che fino allora avea paruto schermirsi dal fare un negoziato del nostro
discorso, rallegrandosi per quanto parve, mi parlò da ministro, e mi disse che
mi pregava a darli due giorni di tempo, ch'egli avrebbe reso conto al czar
di quanto io l'aveva esposto . . . Qui io esagerai il peso dell'amicizia di S. S.tà,
la veneratione che per lui avevano tutti principi cattolici, e quanto potesse
influire negli afiari temporali, e massime in quelli della Polonia, che più da
vicino riguardavano S, M. czariana, il clic tutto mi viene dal principe accor-
dato, e mi confessò che quanto alla Polonia assolutamente l'autorità del papa
influisce molto negli affari ... — Il giovedì non venne il czar a Parigi, ed il
principe andò il venerdì a Versailles a trovarlo... 11 czar se non muta dee
partire alli i6, onde non restandomi più che tre o quattro giorni, non posso
lusingarmi di finir questo affare... Domenica mattina, quando meno ci pen-
sava, il sig.r maresciallo di Tessè mi mandò su le io ore ad avvisare che il
ciar era di ritorno, e clic S. M. m'avcrcbbe veduto volentieri se voleva »n-
482 J. Tometti
curo della vittoria; a Corfù, si radunavano gli ausiliarii.
Financo la squadra spagnola si avviava a quella volta, ben-
dare da lui un'ora doppo il mezzogiorno. Cosi feci e gionsi che era ancora a
tavola ; mi trattenni nell'appartamento che il maresciallo occupa per stare
appresso il czar. Lo feci avvisare del mio arrivo; e poco doppo discese il ma-
resciallo, e mi condusse nel gabinetto di S. M.tà, ove entrai con tutto il mio
seguito. Io era nell'abito ordinario in cui vado alla corte, cioè sottana pao-
nazza, camaglio, croce pettorale e mantellone. Trovai il czar circondato da
molti de suoi gentiluomini e che stava inchinato su una tavola riguardando
un libro d'antichità. Al mio giungere si staccò dal tavolino, ed io li feci un
breve complimento. Le dissi che la fama delle sue virtù si morali che mili-
tari, alle quali erano stati termini troppo angusti i confini del suo vasto im-
perio, essendosi dall'estrema parte del settentrione diffusa per tutta l'Asia e
per tutta l'Europa, avea eccitato N. S., ottimo discernitore ed estimatore dei
meriti più sublimi, ad amore e stima della sua persona, che quelli che avevano
l'onore d'essere suoi ministri non potevano rendere un più aggradevole ser-
vigio a S. S.tà, quanto facendo la corte alla M.tà Sua per tutto, ove avevano
l'onore di rincontrarla; ch'io mi presentava a lui per assicurarlo in nome di
N. S. del paterno affetto con cui n'era risguardata, e dell'intiera fiducia che
aveva nella bontà, con cui S. M. proteggeva ne suoi Stati la nostra religione,
sperando che S. M. si sarebbe degnata di continuarla ed accrescejla, e di to-
talmente stabilirla. Che quanto a me era troppo felice di poter ammirare da
vicino un si gran principe ; che doppo avere agguerrita la sua nazione per
munirla contro i nemici esterni, avea saputo, introducendo in essa ogni sorte
di scienze ed arti e d'ogni più onesto costume, assicurarla al di dentro contro
i più fieri nemici domestici, quali erano la ferocia e l'ozio. Queste o simil
cose esposi al czar, che gli furono interpretate nella sua lingua dal suo can-
celliero. Lo stesso mi rispose in cattivissimo italiano, e con molta fatiga e con-
fusione, la risposta di S, M., che compresi esser piena di sensi di riconosci-
mento e di stima per S. S.tà, con qualche espressione di benignità per me;
ma all'articolo della religione non rispose parola. Mi fece poi domandare della
salute di S. S.tà . . . Vedendo poi io che S. M. non parlava più, dissi in italiano
al principe Kourachim ch'io attendeva gli ordini di S. M. per ritirarmi; al
che il principe nella stessa lingua mi rispose ch'io potea pure andarmene...
Il czaro è principe di gran statura più alto di me e più asciutto; ha la fisio-
nomia fiera e militare, di faccia piccola a proporzione dell'altezza del corpo,
di colore olivastro e pallido; ha una specie di convulsione che li fa fare un
certo movimento quasi continuo di capo, e di tempo in tempo qualche con-
torcimento di bocca. Di pelo tirante nel nero, con un mostacchio che li corte
per tutto il labro superiore, non longo e folto come gli Ussari e i Cappel-
letti, ma corto e arricciato all'in su; porta una perucca da abate nera, corta
e mal pettinata; il suo vestire non può essere né più semplice né più dimesso,
duesto é il ?uo ritratto esteriore ; quanto all'interno, senza che io non ne
sarei buon giudice, doppo ancora averlo a bell'agio esaminato, non è possibile
d'averlo conosciuto in una sola visita. Le sue azioni e la sua condotta pos-
Stitdii sul pontificato di Clemente XI 483
che lentamente. Partita da Cadice, era giunta a Barcellona
il 12 luglio; e, per affrettarne il cammino, si dispose di
non fermarsi in alcun porto d' Italia. Cosi scriveva l'Al-
drovandi; e ricordando che nell'anno precedente la squadra
aveva impiegati sedici giorni da Cadice a Barcellona, men-
tre ora in soli undici giorni era giunta nella capitale della
Catalogna, ne deduceva il convincimento che presto gli
Spagnoli si sarebbero trovati nelle acque di Corfù (i).
Vili.
Ripresa delle ostilità nel 17 17. — Scontri per mare fra Turchi e
Cristiani. — Vittorie dei Veneti nell' Erzegovina. — Caduta di
Belgrado. — Impresa dei Veneti e dei Pontifici contro Dulci-
gno. — La pace di Passarowitz. — Conclusione.
Dileguate le speranze di pace ed incitato dai prepara-
tivi guerreschi dell'Austria, Acmet III deliberò, con inu-
sitato fervore, di continuare la guerra; e benché la peste
infierisse ne' suoi Stati, e 1' Ulema e parecchi membri del
Divano fossero contrari alla ripresa delle ostilità, egli volle
lavar l'onta dell' ultima campagna, mirando ad impadro-
nirsi di Corfù e di Temiswar.
sono caratterizzarlo. Qui s'è egli fatto conoscere per un principe curioso d'ac-
cumular notizie e di farne conserva per arricchirne il suo regno. Tutto quello
clie vede lo nota di sua mano, ed è molto desideroso d' introdurre nei suoi
Stati il commercio con le nazioni straniere. La marina è la sua passione domi-
nante, ed intende perfettamente le matematiche. Quanto al suo modo di vivere
pare regolato, a prima vista, mettendosi sempre a tavola la mattina a 1 1 ore,
e la sera a 7 in otto, ed essendo sempre in piedi alle sei della mattina, nel
qual tempo accudisce ai negotii e ai dispacci ; ma quanto ai costumi risente
ancora Io sregolamento della nazione, essendo molto dato ai piaceri e alle
crapule ; cosi anche la generosità non è multo conosciuta da lui, il che l'ha
fenduto meno plausibile in un paese, ove gii s'erano figurati che dovesse
sparger monti d'oro . . .
(1) Nuniiat, di Spagna, 217, lettere dcH'AIdrovandi si Paolucci,
28 giugno e 5 luglio 1717.
484 .7". Torneiti
A ciò lo spingevano quei suoi cortigiani che tra la
confusione di una guerra disperata agognavano di conse-
guire onori e ricchezze, e la Francia che, sperando in
quella contingenza di vedere infiacchita 1' Austria e pro-
mettendo una diversione di anni che non eseguiva, spar-
geva r oro fra i partigiani della guerra (i).
A fine di prepararsi convenientemente per la prossima
campagna, il primo visir Chahl-pascià fece leva di nuove
truppe, riattivò la corrispondenza coi ribelli ungheresi Ra-
koczi e Berczeny, ordinò le preghiere abituali, e si avviò
poscia verso Nissa, mentre il sultano da Adrianopoli pas-
sava a Sofia.
In questo mentre Atscì-AU muniva fortemente Bel-
grado da lui governata, ben pensando che il principe Eu-
genio sarebbesi rivolto contro di essa per rinnovare attorno
le sue mura gU eroismi di offesa e di difesa, di che quella
città era spettatrice da due secoli; il governatore della Ro-
melia, Schatir-Ali-pascìà, erasi avanzato nel piano di We-
retschar; quello di Diarbetz, Redscheb, presa Mehadia,
sforzavasi con trentamila uomini verso Belgrado per arre-
stare la marcia del nemico a Pancsova ; e Ali-pascià,
mandato in avanti al ponte della Morawa, avvistosi del-
l' imminente arrivo degli imperiaH, sollecitava rinforzi che
il visir gli condusse il 12 luglio.
Eugenio intanto, superato il Danubio a Visnitza nelle
vicinanze di Pancsova, erasi accampato tra il Danubio e
la Sava, proprio dirimpetto a Belgrado. Un largo stuolo
di principi era accorso sotto le sue bandiere a prender parte
a quella nuova crociata contro gì' Infedeli. I principi di
Baviera, di Wurtemberg, di Hesse, di Bevern, di Culm-
bach, di Anhat-Dessau, di Lichtenstein, di Dombes, di
Marsillac, di Pons; i conti di Charolais, di Estrade, il mar-
(i) Salaberry, Storia dell'impero ottomano &c., traduzione di
G. Barbieri, Milano, Bettonì, 1821, III, 14-16.
Studii sul pontificato di Clemente XI 485
chese d'Alincourt, figlio del maresciallo di Villeroi, erano
per ripetere gli atti di coraggio e di abnegazione compiuti
dai loro avi agli assedi di Candia e di Ofen ed alla bat-
taglia di Nicopoli.
Riunito r esercito, che nella prima linea aveva, tra gli
altri, il generale Montecuccoli, e nella seconda Emanuele
di Savoia nipote di Eugenio, questi cinse d'assedio Bel-
grado, sperando di espugnarla prestamente; quand* ecco
comparire, il i'' agosto, dalle alture di Crutzka, l'esercito
ottomano, che, forte di centocinquantamila uomini, chiuse,
come a Peterwaradino, gì* imperiali nel loro stesso campo.
Postate le artiglierie in modo da fulminare dall' alto le
truppe cesaree, e fatto pervenire ordine ai trentamila uo-
mini raccolti in Belgrado di tenersi pronti all' attacco, il
visir avanzava lentamente ogni notte, stringendo sempre
più da presso Eugenio, fin quasi a tiro d'archibugio. La
condizione degl* imperiali era disperata ; e soltanto la fiducia
nel genio militare del loro comandante supremo ne sor-
reggeva r animo e ne spronava V ardire.
Clemente XI si era afl^rettato a rinnovare le istanze
affinchè le squadre ausiliarie giungessero per tempo in Le-
vante (i). L'aiuto della Spagna, per quanto abbiamo dotto,
non prometteva di riuscire che di assai dubbia eflScacia;
ma il Portogallo (2), Toscana, Malta avevano risposto
sollecite all' appello. Il 28 aprile la squadra portoghese
(i) Episloìae et brevia sekciiora cit. p. 593, 30 gennaio 171 7, let-
tere esortative a Genova ed al granduca di Toscana per mandare
soccorso di navi a Corfù ; p. 594, 26 febbraio, nuovi incitamenti al
re di Polonia; p. 601, 11 marzo, loda i preparativi di Venezia, e le
concede altri centomila scudi d'oro.
(2) Oltre l'erezione in patriarcato della cappella regia, il papa
aveva concesso al re di Portogallo non pochi sussidi sui beni ec
clesiasiici {Misceli, di CkmcnU- XI, 216, pp. 15-16; Biillar. Clan. A7,
pp, 2r^'-22l).
48^ J. "Pometti
usci da Lisbona al comando del conte di Rio Grande; il
24 maggio fu a Palermo, e mosse sulle tracce di quella
veneta; erano sette navi, due brulotti e due tartane (i).
Il granduca di Toscana mandò due galere: la Santo Ste-
fano, comandata dal cavaliere Pier Francesco Minucci da
\'olterra, e la San Francesco, al comando del cavaliere Pier
Iacopo Marescotti, senese; inoltre, due barche: la SS, Con-
cezione del padrone Giuseppe d'Andrea dn Livorno, per
ospedale, eia Santo Eustachio del francese Giuseppe Human,
per provvigioni (2). Le galere di Malta furono cinque in
queir anno a partire per Corfù (3). Le comandava il ca-
valiere De Cintray. Il bali Bellefontaine ebbe dal papa il
comando supremo delle squadre ausiliarie, per ovviare agli
sconci della campagna precedente (4).
(i) Misceli, ài CUm&nte. XI, 216, pp. 28-30, Rela^ioìì e della squadra
che S. M. di Portogallo mandò in soccorso dell'armata cristiana, ad
istanza di N. S. Clemente XI in quest'anno lyiy, uscita da Lisbona nel
28 d'aprile, e arrivata a Palermo il 24 maggio; ìv', pp. 33-34, Stato
delle navi spedite in soccorso delle armi ausiliarie dalla Maestà del re di
Portogallo ad istanza di N. S. papa Clemente XI, nel presente anno lyiy.
(2) Ivi, pp. 54-57. Vi sono segnati molti nobili toscani che pre-
sero parte a quella spedizione.
(3) Ivi, p. 36, Stato dell'armamento della squadra di cinque galere
di Malta partite da quel porto li 50 maggio lyiy ecc.; p. 37, Nome, co-
gnome e lingua dei cavaglieri officiali col posto che occupano sulle navi
della sacra Religione GierosoVnnitana, imharcate su le medesime li 5 di
giugno lyiy, spedite in aiuto dell'armata veneta.
(4) Ivi, p. 39, copia di lettera del bali Bellefontaine, spedita
(non è detto da dove) il 5 aprile 1717 al gran mastro di Malta:
<( Monseigneur. Je n'eu pas plustost recu les ordres de Vostre Allesse
« eminentissime au sujet du commandement des forces maritimes
« auxiliaires de l'armée de Venise, que je dcpeché dans le moment
« un courrier à la cour pour en obtenir la permission que nous at-
« tendons a tous moments, et comme ces sortes de commandemens
« avec des estrangers me sont fort nouveaux, je vous suplie de faire
« en sorte que M'' le commandeurde Cintray s'embarque avec moy,
« a fin d'agir de concert pour la cause commune, et d'ailleurs Mgr
« vous pouvés compter sur ma bonne volontè et ma diligence lors-
Studii sul pontificato dì Clemente XI 487
Partite da Civitavecchia qualche giorno prima, e ai
5 di maggio lasciato Pozzuoli, le galere pontificie giun-
sero il 12 dello stesso mese al capo di S. Maria di Leuca,
e il giorno dopo alle Merlere. 11 viaggio si compi in con-
dizioni migliori dell'anno precedente. Sulla Reale era im-
barcato il gran priore e governatore generale Francesco
Maria Ferretti; la S. Giuseppe era comandata dal cavaliere
Vincenzo Ancaiani, la 5. Pietro dal cavaliere De La Motte
d'Orléans, la 5. Pio da Papirio Bussi (i).
La squadra turca si teneva chiusa nei Dardanelli ; ma
al seraschiere era stato comandato di trasportare ottomila
uomini a Corfù; altri dodicimila si mandavano presso
S. Maura ov'era il Loredano con soli quattromila soldati;
ad Elvano, sulla terraferma, si ammassavano le provvi-
gioni (2).
Per la levata dell'assedio di Corfù, era avvenuto un
mutamento nella direzione della flotta ottomana. Quella
« que je serai en place cependant avec tous les secours qui convie-
« nent au service, et suis de Vostre Aitasse eminentissime avec tous
« les respect imaginable les tres humblc et tres obeissant serviteur
« le bailli de Bellefontaine ».
11 duca d'Orléans cosi rispose sulla nomina del Bellefontaine
(Misceli, eh. 216, p. 40: Copie d'une lettre escritte par S. A. R. Mgr le
regent a S. A. E. Mgr le gruìid maitre de Malte, le 7 avril iji}):
« Monseigneur mon cousin. Vous ne pourriez certainement jetter les
(( yeux sur personne plus capable de commandement que M"" le
« bailly de Bellefontaine. Je luy donne avec d'autant plus de plaisir
« le congé, et la permission que vous demandés pour luy qu'il n'y
« a point d'occasion, oli je ne desire de faire chose qui vous soit
<( agreable, et de vous marquer lous les sentimcnts d'amitié et d'at-
" tachement avec les qucls je suis, monseigneur mon cousin, vostre
«tres afFectionné cousin. Signé Philippe d'Orleans».
(i) Miscellanea di Clemente XI, 216, da p. 41 a 53: vi sono molli
particolari sui comandami, sugli equipaggi e sulla poten/ialità di
ciascuna nave.
(2) Ivi, pp. 79-80, copia di lettera di Francesco Bosalii, scritu
da Otranto airambasciatore di Venezia il 26 gennaio 17 17.
488 J. 'Pometti
inconsiderata decisione fu in gran parte attribuita al ca-
pitan pasci A Dschanun Coggia, che accusato d* aver la-
sciato fuggire r armata veneziana a Modone, era uscito
felicemente da un* inchiesta fatta sulla sua condotta. A
Corfù, per gelosia contro il seraschiere, non aveva con-
venientemente assecondato le operazioni di costui; e in-
vece di tener segreto l'annunzio del disastro di Peterwa-
radino, Taveva propalato determinando la precipitosa par-
tenza della flotta. Deposto, fu sostituito da Ibraim pascici,
che sotto il visirato di Ali di Tschorli aveva avuto per tre
anni il comando generale della marina (i).
Dopo quel successo, i Veneziani passarono dalla di-
fesa all'offesa. Il Pisani era corso lungo l'Arcipelago aspet-
tando inutilmente che la flotta turca uscisse dal golfo di
Corone ov'erasi chiusa ; e a nient' altro riuscendo, aveva
occupato S. Maura.
Nella primavera del 17 17, in sostituzione di Andrea
Cornaro, era stato nominato capitano straordinario Ludovico
Flangini. Mosse costui con ventisei navi verso i Darda-
nelli per impedirne l'uscita al nemico, o almeno non per-
metterne l'unione coi barbareschi (2). Lasciò Corfù, e agli
otto di giugno, dopo essersi fermato per qualche tempo a
S. Maura e al Zante ad imbarcare milizie e munizioni,
giunse nelle acque di Imbro, a diciotto miglia dalle bocche
di Costantinopoli. Vi si fermò per ristorare le truppe dalle
fatiche del viaggio e per ispiare l' inimico. I Turchi fu-
rono avvistati fra i primi ed i secondi castelli dalla parte
d'Asia il giorno dieci, a quindici ore. Fu ordinata la bat-
taglia ; ma pel rapido insorgere d'un burrascoso vento da
tramontana, furon scompigliate le file, rotti i contatti, e
(i) De Hammer, op. cit. Ili, 370.
(2) Misceli, di Clemente XI, 216, pp. 93-94, foglio da Venezia
portante notizie di Corfù, 22 maggio; Romanin, op. cit. Vili, 53.
Stiidii sul pontificato di Clemente XI 489
dopo un'ora d* inutile manovrare sì ritornò ad Imbro. Il
giorno dopo il nemico era scomparso; ma continuando
la burrasca, e questa volta con vento favorevole agli Ot-
tomani, ecco questi ritornare e muovere audaci alla pugna
alle ore ventuna del giorno dodici. Otto sultane si stac-
cano dalla coda della linea e minacciano l'estremità della
flotta cristiana; Ibraim, col resto, appoggia verso terra. Mar-
cantonio Diedo, capitano ordinario delle navi, sostiene in-
trepido il primo assalto, e dà campo al Flangini, se può,
di attaccare Ibraim; egli ad arte si offre in aperto bersa-
glio, e cerca di attirare su di sé l'attenzione del nemico.
Durò la manovra e la zuffa sino a un'ora di notte; poi
le sultane, perduto un brulotto e scoverta l' intenzione del
Flangini, lasciano il Diedo e corrono in appoggio di Ibraim.
Riarde più accanita la pugna, e per altre due ore è un
raggrupparsi, un gridare, un battagliare incessante. I Ve-
neti alla fine si son riuniti : stringon le file, scambiano
ordini e in linea serrata avanzano verso terra ; ma il ne-
mico, a fuochi spenti, in silenzio si allontana e dilegua.
Accendono i fanali i Veneti e veleggiano tutta la notte
per unirsi alle conserve.
Al far del giorno si trovano presso Lemno e scorgono
il nemico con tre vele di meno. Il Diedo non gli dà tempo
di riaversi dalla sorpresa, e gli muove contro. Invano sette
sultane tentano sbarrargli la via: s'avanza animoso e, fa-
vorito dal vento, si caccia fra le navi nemiche e le scom-
piglia. Nuova fuga e nuovo inseguimento. La mattina
del 14 l'armata veneta si trova fra Lemno e Montesanto,
a poca distanza dai Turchi, che ripiglian la rotta. La con-
tinuano il giorno dopo, fra Montesanto e Santi Strati. Ma
la mattina del sedici non riescon più a fuggire, e i Veneti
l'obbligano a battaglia. Erano le ore quindici. Per cinque
ore durò la pugna, sanguinosissima. I Turchi, incalzati,
stretti, decimati, pensarono di salvarsi colla fuga. Oltre
il Diedo, anche Ludovico Flangini rinnovò eroismi d'altri
490 J' Torneiti
tempi, che ferito alla parte sinistra del collo da un colpo
di archibugio, fasciatosi a pena, ritornò imperterrito alla
pugna; e qualche giorno dopo, sparsosi il grido che i ne-
mici tornavano, fattosi cìngere le armi volle essere portato
sul cassero della sua nave, ove illanguidito mori. Marco
Flangini suo nipote, e Giovanni Morosini di Michele vi
rimasero malconci (i).
Le perdite dei Turchi, benché non conosciute con cer-
tezza, pure non furono lievi: un brulotto bruciato, una
sultana sommersa, quattro altre smontate. I Veneti per-
dettero cinquecento uomini fra morti e feriti; la nave
Coìombay danneggiata da un colpo di cannone, fu facil-
mente risarcita (2) ; ma in quelle tre battaglie successive
(i) Misceli, di Clemente XI, 216, pp. 81-88, da una Kelaiioìie
sul conflitto colVarmata turchesca. Di questo conflitto di non poca im-
portanza, sia sotto il rispetto della tattica navale che sotto quello
morale che poi ebbe sugli scontri successivi, non si hanno che im-
perfetti e superficiali accenni. Ad esempio, il Salaberry (op. cit. Ili,
tit. 18) non ne parla affatto; il Romania (op. cit. Vili, 53, 54) men-
ziona rapidamente il solo scontro del giorno 12, e lo narra come
avvenuto dopo la battaglia di Belgrado; il Guglielmotti (op. cit.
IX, 76) lo sorvola. Per l'errore in cui incorse il Randaccio a tal pro-
posito, è da vedere il Manfroni (op. cit in questo Archivio^ XIV,
35) sgg.).
(2) Ivi da p. 106 a ITI, con lievi varianti da un'altra Relazione
delll combattimenti seguiti tra l'armata Veneta e V Ottomana nell'acque
ili Jmhro et in quelle di Santi Strati e Monte Santo nei giorni 12, i) e
16 giugno lyiy. Veggasi inoltre, ivi a p. 112, un disegno riproducente
questi combattimenti; da p. 113 a 118 un Ristretto Diario di essi;
da p. 128 a 151, un altro Ristretto Diario con maggiori particolari,
e stampato in Roma presso F. Chracas; da p. 132 a 135, un'altra
Relazione stampata a Venezia presso Girolamo Albrizzi; e infine, a
p. 127 sgg., una Historia della battaglia seguita tra l'armi Venete e Ot-
tomane, con la vittoria ottenuta dai Veneti li 12, i) e 16 giugno 171/,
composta in ottava rima da me Gio. Antonio Giofo. In Venetia. (Sono
venticinque ottave; manca l'indicazione tipografica). Circa la nave
Colomba, di cui è parola nel testo, v. da p. 139 a 141 una relazione
datata « Nel Zante li 28 giugno ».
Stiidìi sul pontificato di Clemente XI 491
rinverdirono gli allori militari della Repubblica, perchè due
battaglie in soli cinque giorni, e per giunta combattute
sotto vento, non era caso comune (i).
In questo frattempo il Ferretti era giunto colle navi
pontificie a Corfù, accolto con gioia dal Pisani e dallo
Schoulembourgh (2) ; il 15 giugno tutte le squadre ausi-
liarie, tranne la spagnola, vi si trovarono raccolte e si pre-
sero gli accordi. Surse qualche difficoltà da parte del conte
di Rio Grande, che portava il padiglione di viceammiraglio,
sulla nomina a generale degli ausiliari del baly Bellefon-
taine; ma il ricordo dell'anno precedente la fece subito
appianare.
All'annunzio delle battaglie sostenute dal Flangini e
dal Diedo, il Pisani diede ordine il 29 giugno alla flotta
sottile di unirsi al grosso dell'armata, che fu avvistata il
primo lugho presso Cerigo. Fatti i segnali e riparate al-
cune avarie (3), si tenne consiglio fra i capitani nelle acque
di Matapan. Ed ecco il quattro luglio comparire la fiotta
ottomana e rinchiudersi nel golfo di Calamatta. Il vento
non era favorevole ai Cristiani, sicché i Veneti, cogli equi-
paggi ancora malconci dalle ultime pugne, si rifiutarono
di attaccare. Si entrò nel golfo di Passava in attesa degli
eventi, ma risoluti a combattere prima di dividersi, come
solennemente avevano giurato gli ausiliari.
(i) A proposito delle condizioni nelle quali pugnarono i Veneti,
è da vedere la relazione anonima, datata « Dalla nave Patrona,
«21 giugno 1717» (Misceli, di Clemente A7, 216, pp. 136-138).
(2) Misceli di Clemente XI, 216, pp. 89-92, Avviso da Corfit,
18 maggio.
(5) Ivi, pp. 189-197. In un Avviso da Zante, 11 luglio, si legge
che la galea pontificia San Pio, urtata dalla Padrona di Malta il 15 di
quel mese, perdette lo sperone. Nello stesso giorno, a causa del
vento, ad una nave veneta si ruppe l'albero di trinchetto; il 14 una
bastarda veneta fece incagliare la Capitana pontificia. Altre notizie
dal 30 giugno in poi trovansi ivi, pp. 149-172, nella relazione « Zanie
« li 30 giugno. Dalla galera reale pontifìcia ».
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXII I. 32
492 J, T^ometti
Il i8 luglio, a sera, una corvetta dava l'allarme che
l'armata turca, uscita dalla Sapienza, si avvicinava. I Cri-
stiani presero il largo un* ora dopo T avemaria, ma fu
tanta la bonaccia in tutta la nottata che non si riuscì a
doppiare il capo Matapan. Fattosi giorno, il nemico si
scovrì in tre linee con trentanove vascelli, quattro galee
e due brulotti. Gli altri schierarono trentasette vascelli,
ventidue galee e quattro brulotti. La destra, comandata
dal Diedo, si avvicinò alla sinisra del nemico. I Turchi
aprirono il fuoco. Rispose pel primo il Diedo ed avanzò.
Erano le otto del mattino. Il Pisani, non volendosi sepa-
rare dalle galee che il vento portava a ridosso della Sa-
pienza, le segue e si allontana. Ne profitta Ibraim e si spinge
arditamente fra Tarmata grossa e la sottile. Il vento caccia
assaliti e assalitori verso Matapan; i Turchi, venendo
dietro, bombardano incessantemente. D'un subito il Pisani
rallenta la marcia, orza a destra, sfila dinanzi alle sultane
e copre con rapida mossa le galee. Mutano le sorti della
pugna. Il baly, che stava alla coda, s'avanza, ed oflre a
bersaglio la 5. Caterina maltese e il 5. Pio pontificia. I
gridi, il rullìo del vento, il fragor delle armi e il rimbombo
del cannone annunziano che la battaglia è divenuta gene-
rale. Favoriti dal vento, i Turchi avanzano, urgono e cercan
di chiudere in breve cerchio i Cristiani. Ma è tardi, che
oramai vascelli e galee, Veneti e ausiliari uniti in un sol
fascio si precipitano come valanga improvvisa sul nemico
e lo mettono in rotta (i).
(i) Misceli, di Clemente XI, 2i6, pp. 173-180, Relaiione spettanti alle
cose accadute nel giugno e luglio-, pp. 189-197, Avviso da Zante 11 luglio;
pp. 181-187, Journal de gè qui s'est passe à Varmèe de la Républìque de
Venìse, pendant la campagne du lyi'] &c.: è del comandante della nave
maltese Santa Caterina. Da queste relazioni appare che le perdite di
uomini dei Cristiani furon ben poche. Forse il Guglielmotti (op. cit.
IX, 59) esagera, portando la cifra a cinquecento morti e mille feriti; e
ci pare più nel vero l'anonimo estensore della relazione da Zante (ivi,
pp. 194-105) che calcola i morti a cencinquanta e moltissimi i feriti.
Studìi sul pontijicato di Clemente XI 495
Ma se il nemico era fuggito, la vittoria non era rimasta
nel campo cristiano; se i nostri avevano combattuto con
valore, con pari energia si erano opposti gli Ottomani;
se il Pisani era riuscito a coprire le galee pericolanti,
Ibraim ne aveva prima paralizzate le mosse, poi si era ri-
tratto a buon punto, salvando la propria flotta (i).
(i) Nel medesimo volume 216 della Misceli, di Clemente XI, si
legge a p. 198: «La prima relazione mandata con una tal qual
« pianta viene da un tal Angelo Rossetti chirurgo in una galera pon-
ce tificia. Egli ha casa in Corneto. L'altra per via di lettera è di un
« caporale chiamato Carlo Marucci. Gavoni (?) non sa in quali ga-
« lere facciano viaggio; gli pare però che il primo vada nella galera
«comandata dal sig. cav. Ancaiani». La pianta, mal disegnata, è
a p. 199; da p. 200 a 21 5, la relazione del Rossetti; da p. 216 a 219,
la lettera del Marucci (senza indirizzo), nella quale appunto è detto
che l'armata cristiana ebbe « poco successo », e che « la verità è che
«la veneta (armata) fu maltrattata ;>. Altre notizie anteriori, contem-
poranee e posteriori alla battaglia del 19 luglio sono raccolte nello
stesso volume da p. 220 a 250, e specialmente in una lettera del ca-
valiere De Lavai al Paolucci, «Malte le 31 juillet 1717 », pp. 231-237,
la quale mette conto di esser riprodotta.
... Ne doutant pas que V. E. ne soit informée du succes des trois coiu-
bats qu'ont rendus lès Venitiens contre les Turcs avant que les auxiliaires les
cussent ioints, ie ne luy parleray que de ce qui s'est passe dcpuis la ionction.
Los dernieres nouvelles que nous avions eiàes par une barque fran>;aise arrivée
lev le 17 du courant, étoient que l'armée navalle des Venitiens avoit esté en
prcsciice de celle des Turcs les 5. 6. et 7. iusqu'au soir qu'elles s'etoient
pcrdiies de vùe ; ces nouvelles nous furent confirniées hier par une barque
arinéc icy cn guerre, comniandcc par un chevalier lieutenant de vaisseaux,
qu'on .ivoit envoyée avec ceux de la religion pour leur servir en cas de
besoin, et qui a esté obligée, par le mauvais état ou elle se trouvoit faisant
une quintile prodigieuse d'eau et ne pouvant aisèment se raccomoder ailleurs,
de rcvcnir icy. Voicy Monseigneur ce qu'elle a dit qui s'cst passe depuis le
susdit iour 7 du niois; Ics Turcs s'etants niis au large et les Venitiens, igno-
rants quelle route ils avoient tenue, dcmcurerent a louvoyer sur les caps
Matapan et St. Ange, le rs ils s^jurent que Ics Turcs etoient a Coroii, et le 18
se irouvant dans une necessitò extresme d'eau, n'en pouvants porter que pour
i^ ou 14 iours, parcc qu'ils ne veullent point se servir, comnic toutes les
autrcs nations, de tonncaux, et qu'ils n'ont que des pays qui n'en contien-
ncnt que peu ci qui est touiours niauvaise, ils rcsolurcnt d'cn allcr fairc dans
le golfc de Passava, ou il se tint un conseil de guerre dans le quel Ics gc-
494 J' Tornelli
Sicché, per essere nel vero, bisogna scemare di pa-
recchio r entusiasmo di quegli storici che proclamarono
come una nuova vittoria delle armi cristiane il combat-
timento del 19 luglio. Anzi, ci fu di peggio. Il giorno
dopo, 20, i Turchi, approfittando del vento prospero, ri-
neraux venitiens representerent le mauvais état on étoit reduitte leur arnice
par les combats precedents et conclurent par dire qu'ils ne pouvoient plus
rien entreprendre, les commandants des auxiliaires au contraire representerent
la necessité indispensable de combattre et direni qu'ils n'étoient venus au
secours de la république que dans ce dessein ; pendant que chacun exploit
ses raisons, les corvettes, qu'on avoit envoyées au large pouf n'estre pas
surpris, donnerent avis que les ennemis paroissoient sortants de dessous Coron
et faisants route vers le cap Matapan; l'eloignement et le calme qui regnoit
alors firent esperer aux Venitiens que les Turcs ne pourroient pas les ioindre
ce iour la et qu'ils auroient le temps de sortir du golfe, il firent effective-
ment tous leurs efforts pour doubler le cap Matapan, mais ce fut inutille-
ment, le vent du large et les courants contraires les en ayant empeschcs ;
les signaux que leurs firent les corvettes la nuit, pour leur faire connoistre
que les Turcs s'approchoient, redoublerent l'envie qu'ils avoient de sortir de
ce golfe, mais il leur fut absolument impossible, et on prétend que leur perte
étoit inévitable si les ennemis avoient mieux manoeuvré qu'ils se firent.
Le 19, a 6 heures du matin l'armée des Turcs, commandée par Aly Rays,
algerien, et composée de 39 vaisseaux de ligne, 2 brulots et 4 galeres, se
presenta en ligne sur trois divisions, a environ deux lieiies de celle des Ve-
nitiens sur la quelle elle avoit le vent; cellecy, au nombre de 37 vaisseaux,
4 brulots et 22 galeres, se mit en ligne le mieux et le plus promptement
qu'elle le put; Mr. Diedo capitaine ordinaire des naves et commandant l'ar-
mée depuis la mort de Mr, Flangini, commandoit l'avant-garde, et Mr. le
bailly de Bellefontaine l'arriere garde ayant dans sa division les vaisseaux
portuguais et quelques venitiens, et les galeres formoient une seconde ligne ;
les Turcs s'approcherent en bon ordre et furent a 8 heures a portée de com-
mencer un combat qui sembloit devoir estre decisif pour eux ; le general des
Venitiens se trouva le premier assés pres pour repondre au feu des ennemis, et
peu apres Mr. de Bellefontaine, avec sa division, se trouva dans la mesme situa-
tion et fit tout ce qu'on peut attendre de son experience et de sa valeur. Le
combat dura jusqu'a 4 heures du soir et fut fort vif, si on en doit iuger par le
grand feu, que dit l'armement de la susdite barque, que firent les deux armées,
mais, si on en iuge par les morts et les blessés, il est a croire qu'elles n'ont
pas combattu de fort pres; Mr. de Bellefontaine fit ce qu'il put pour s'appro-
cher davantage, et les ennemis, qui etoient au vent a luy, prirent grand soin
de l'eviter. La perte des Maltois et des Portuguais n'a coté que de 25 ou
30 hommes tués et 100 ou 120 blessés, sans qu'aucun vaisseau ait ésté consi-
derablement incommodé, si ce n'est un portuguais qui fut dématé de son petit
Stiidii sul ponti ficaio di Clemente XI 495
tentarono l'attacco; i Veneti e gli ausiliari non credettero
prudente impegnarsi, e si allontanarono. Il 22, sorpresi a
Matapan da un furioso temporale, e col nemico alle coste,
si sbandarono; parecchie navi, sbattute dalla tempesta, si
credettero perdute ed errarono a lungo (i). Tuttavia, il
hunier; nous ignorons encore celle des Venitiens, mais comme ils étoient déjà
fort maltraittés, ils doivent avoir soufFert plus que les autres et ils ont eu
plusieurs navires dématés. Pendant le combat plusieurs vaisseaux turcs étoient
tombés sous le vent et étoient suivis et battus par Mr. de Bellefontaine et les
Portuguais qui, selón les apparences, en auroient rendu bon compte, si ils
n'avoient iugé plus utile d'aller degager touttes les galeres qui étoient au
fond du golfe sous le vent des ennemis, et qui étoient dans un perii evident
si elles n'avoient esté promptement secourues. Enfin apres huit heures de
combat les deux armées se separerent, l'une et l'autre ayant gagné le large,
la turque a hauteur du cap Matapan, ou allerent moùiller les galeres, et la
venitienne a hauteur du golfe; le 20 elles furent encore tout le jour en vùe
et mesme assés pres, les Turcs, qui alors se trouvoient sous le vent aux Veni-
tiens, ne pouvant pas venir a eux, mais faisants bonne contenance et mar-
quants les attendre pour en venir a un second combat, mais ceux cy sont si
maltraités, tant par les combats qu'ils ont rendus, que par ce qu'ils sont,
selon leur coutume, sans rechange et fort mal agréés, que probablement ils
ne le risqueront pas a moins qu'ils n'y soient absolument contraints ; le 21
au matin les deux armées ne se voyoient plus et la veneticnne fut chargée
d'un coup de vent de nordovest qui obligea les galeres a courir vers le se-
rigot, ou appareniment les vaisseaux les auront suivies. La retraitte de cette
armée paroist difficile sans qu'il y ait encore quelqu'action, la turque étant
sur son passage, et la necessitò ou elle est de vivres, et la quantité de ma-
lades qu'elle a pourroit bien luy faire risquer quelque chose. La susditte
barque, qui étoit avec les galeres, n'etant pas en état de soutenir une longue
navigation, et ayant remplacé le iour precedent 25 hommes tués ou blcssés
sur le vaisseaux de Mr. de Bellefontaine prit le parti de faire route pour
Malte ou elle n'a dit aucune autre particularité de ce qui s'est passe, nous
cn attendons des nouvelles plus positives avec impatience, et des que nous
en aurons j'auroy l'honneur d'en informer V. E....
Malte le 31 iuillet 1717.
Le tres humble et tres obeissant serviteur
Le ciievalier de Lavai.
(i) Sulle peripezie di alcune di esse, è da consultare il citato
volume 216 della Misceli, di Clemente XI: p. 2)6, lettera del cava-
liere La Motte d' Orléans (Zantc, 3 agosto) al Paolucci, in cui si
parla dei Ferretti separato dalla tempesta ; p. 266, Avviso da ZanU
49^ J. Tomettt
Pisani e gli altri capì non smarrironsi d'animo; e riunita la
flotta sottile a quella degli ausiliari, a fine dì agevolare alla
flotta grossa di rifornirsi d' acqua, e ristoratisi alquanto,
mossero da capo Matapan. Incontrarono il nemico che usciva
da Corone e 1* affrontarono. Si battagliò con incerta for-
tuna per circa dieci ore, fino a notte avanzata; ma gli
equipaggi dall'una parte e dall'altra erano esausti, le navi
pressoché tutte danneggiate, e, se non difettavano le mu-
nizioni, lo scompìglio e la stanchezza le rendevano quasi
inutili. La notte inoltrata impose una sosta. Il giorno dopo
i Turchi presero il largo novellamente (i). Era un van-
taggio che ridava opportunità ai Cristiani di riordinarsi e
ristorarsi ancora, per ritentare poi le armi in migliori con-
dizioni e forse con maggior successo. Ma ecco, quasi pre-
sagita, spargersi una notizia che rincora i nostri e getta
la costernazione fra gli Ottomani.
Mentre svolgevansi i fatti narrati e durava l'assedio di
Belgrado, i Turchi con ardito disegno eransi spinti altrove,
allargando il campo delle azioni guerresche e minacciando
i confini e le vie dell' impero austriaco.
Redscheb pascià, destinato dapprima per la Transilvania
con tremila soldati e diecimila Tartari agh ordini di Ka-
3 agosto; pp. 274-281, Avviso dal Capo di Santa Maria, 4 agosto;
pp. 285-290, lettera del cavaliere Zenobi de Ricci « a di 7 agosto
«dalla Roccella in Calabria» (manca l'indirizzo); p. 291, lettera
del cavaliere De Centray al Paolucci, « 7 agosto, dal capo Spartì-
« vento a bordo della Santa Caterina ^r, alla lettera è unita una rela-
zione, pp. 293-305 ; pp. 306-307, due lettere del Ferretti da Corfù,
6 agosto: nella prima parla delle avarie del San Pio; pp. 311-317,
lettera e relazione del cavaliere De Lavai al Paolucci, Malta, 17 ago-
sto; p. 326, altra lettera del Ferretti al Paolucci, da Corfù, 29 agosto,
(r) Misceli, di Clemente X7, 216, pp. 254-255, Copia di relazione
venuta per via d'Otranto dall' illmo capitan generale Andrea Pisani, in
data 5 agosto corrente, dalla spiaggia del Zante; p. 308, Avviso dall'acque
di Parga, 15 agosto 17 17.
Stitdiì sul pontificato di Clemente XI 497
plan-Girai, devastati i dintorni di Mehadia, erasi poi get-
tato su Orsova e Viddino. Nella Bosnia, Koeprili-Nuu-
mann pascià era riuscito a far retrocedere il generale
Petrosch, portandosi con tutte le sue forze suU' incrocio
delle vie di Novi e di Zwornick. Czerich, viste minacciate
le piazze turche di Novi, Kamingrad e Maydan dai co-
mandanti di Zrin e di Costanizza, aveva passato improv-
visamente rUnna, occupando di sorpresa S. Caterina. Quelle
fortunate irruzioni turchesche avevano sparso il terrore e
la desolazione nei cantoni della Transilvania, del Banato
e dell'Alta Ungheria (i).
Intanto Sebastiano Mocenigo, provveditore generale
di Dalmazia e di Albania, che nella campagna precedente
aveva retto con molto valore quelle provincie, arrivato a
Spalato il 7 giugno, aveva posto al sicuro d'ogni sorpresa
nemica Popovo, Ottovo e Zarina. Mandate soldatesche a
Narenta e nei paesi vicini, si portò poi ad Iril, passo del
fiume Cettina, ove l'attendeva il grosso dell'esercito. Suo
obiettivo era di espugnare Imoscki. La fortezza d' Imoscki,
punto strategico dell'Erzegovina, si ergeva a cavaliere di
un paese fertilissimo, proteggendo, dalla parte della Dal-
mazia, i castelli di Sing, Almissa, Duare ed altri meno
importanti; e dalla parte dell'Erzegovina, le vie verso Duuno,
Gliubuschi, Pocitegl e Mosztar. Il 27 luglio dispose l'as-
sedio ed incominciò il bombardamento. In quel giorno
medesimo, una bomba caduta nel primo recinto della for-
tezza vi appiccò il fuoco e rese inutile la resistenza. Alla
fine del mese i Turchi furono costretti a capitolare e l'Er-
zegovina fu libera (2).
(i) De Hammer, op. cit. Ili, 372.
(2) Misceli, di Ckmetile A7, 216, p. 282, lettera dell'arcivescovo
di Zara al Paolucci: Zara, 5 agosto 1717; p. 240, Pian des environs
et l'attaquc da chaUaii de Imoschi (bellissimo disegno); p. 241, Caria
dclVEr^ef^ovina; p. 242, disegno rappresentante «La fortezza d'Imo-
« schi nell'Erzegovina che si rende alle armi venete l'anno 1717
498 J, Torneiti
Ma un rovescio ben più grave doveva toccare agli Ot-
tomani. Dicemmo come l'esercito imperiale si trovasse
assediato, assediando Belgrado, e che l'estrema speranza
di salvezza fosse riposta in qualche geniale arditezza del
principe Eugenio. Nella notte del 15 ngosto, profittando
d'una fitta nebbia, Eugenio die' ordine ai suoi di gettarsi
improvvisamente sull' inimico. Il colpo ardito fu coronato
da strepitoso successo: i Turchi, male avvezzi a star sulle
guardie, non si avvidero degl' imperiali se non quando
questi eran presso le trincee. Svegliatosi il campo di so-
prassalto, accrebbero la confusione e lo stordimento il rullo
dei tamburi, lo squillar delle trombe, gli ordini dati e mu-
tati ad ogni istante. I Turchi s'urtano, s' impacciano, s'in-
calzano, e, tra il panico, tentano la fuga. Atscì-Ali oppone
ai fuggiaschi la cavalleria tartara, e con essa si getta fra
l'ala destra e il centro degli imperiali. Invano. Dopo breve
pugnare, centocinquantamila uomini si sbandano e fuggono
dinanzi a soli trentacinquemila, abbandonando nel campo
vistosi tesori, sulle alture e dappertutto le armi e le ar-
tiglierie.
Due giorni dopo fu segnata la capitolazione di Bel-
grado (i).
«nel giorno sabato ultimo di luglio»; pp. 238-239, lettera di Ste-
fano arcivescovo di Spalato al Paolucci: Spalato, 11 agosto 17 17.
In questa lettera, Stefano, coi disegni citati, manda notizieifra serie e
curiose; come, ad esempio, dopo aver detto che settanta sacerdoti
della sua diocesi eransi battuti da prodi, narra poi che sulla porta
d' Imoschi erano state trovate due rose scolpite in marmo, e che il
Mocenigo, vedendole, avesse esclamato che lo scalpello aveva profetato
il conquitatore, perchè nello stemma dei Mocenigo sonvi due rose...
conchiudendo che in ciò vedeva la protezione di Maria, intitolata
Rosa Mistica. La « lunga e vigorosa resistenza » opposta dai Turchi
al Mocenigo, come vuole il Romanin (op cit. Vili, 55), è un'esage-
razione.
(i) Misceli, di Clemente XI, 217, pp. 1-99: Scritture spettanti alla
guerra fatta col Turco nelVUngaria, et altre vittorie riportate daWeser-
Stiidii sul pontijìcato dì Clemente XI 499
Non soltanto l'annunzio di sì clamorosa vittoria e la
perdita dell* Erzegovina prostrarono Acmet III, perchè il
2 dicembre per T imprevidenza dei piloti e dei capitani la
marina turca subì il più grave disastro che potesse toc-
carle, nel breve giro di ventiquattro ore: due fra le navi
migliori arenarono presso le Sette Torri e si perdettero;
un'altra saltò in aria, per uno scoppio fortuito, con tutto
l'equipaggio. Poco dopo un incendio distrusse nell' arse-
nale i magazzeni delle munizioni e le navi in ripara-
zione (i). Per questi incidenti Ibraim fu deposto e confi-
nato ad Aszow, come dopo la perdita di Belgrado era stato
deposto il gran visir Chali I-pascià.
Finalmente mutavasi in realtà il lungo sogno vagheg-
giato da Clemente XI: l'Arcipelago era libero ei cristiani
potevano solcarlo da padroni! Quei secolari nemici della
Cristianità erano abbattuti per terra e quasi senza speranza
di rialzarsi; per mare erano stati oppugnati con valore e
perseguitati da sinistri incidenti...; ancora un ultimo sforzo,
e la politica vaticana avrebbe posto il suggello alla tenace
opera sua di opposizione all'Osmanesimo.
Ma, sia per qualche malumore latente fra i comandanti,
sia pei danni sofferti e la stagione inoltrata, accampando
il pretesto che, per quell' anno almeno, la missione sul
mare era finita, i Portoghesi (2), i Toscani (3) ed i Maltesi
cito dell* imperatore Carlo VI negl'i anni Jyi6 e i'Ji']\ Misceli, cit. 217,
pp. 281-290: Vittorie ottenute contro li Turchi in Vngaria nel mese di
agosto iji'j, con la presa di Belgrado &c.
(i) De Hammer, op. cit. Ili, 373.
(2) Misceli, di Clemente XI, 216, pp. 248-252, Rela\wne man-
data dal conte di Rio Grande comandante dei vascelli portoghesi, tra-
dotta nella lingua italiana, spettante alle cose di Levante del mese di
giugno^ luglio, fino al 14 agosto.
(3) Ivi, pp. 268-271, Ristretto di lettera venuta dal Zante in data
dei j agosto 171J, scritta dal capitano covtandante delle galere di To-
scana. In Firenze, mdccxvii, nella stamperia di S. A. R. Per i Tar-
linl e Franchi.
500 J. Tometli
vollero ritirarsi. Fu forza arrendersi; e, nella lusinga d*una
ripresa delle ostilità (i), il papa fu largo di lodi e di do-
nativi (2), e cercò con feste, con indulgenze e con suffragi
di tener desto nel mondo cattolico l'entusiasmo suscitato
dai prosperi eventi (3).
Le navi pontificie non abbandonarono però i Veneti
dopo la partenza degli altri ausiliari; perchè se questi non
avevan creduto di prolungare la guerra, non volle man-
care dal canto suo Clemente XI a proseguirla coi Vene-
(i) Tanto vero che, saputo essersi le navi portoghesi fermate
in Sicilia per provvigioni, si era pensato di farle ritornare in Levante
{Misceli cit. p. 328, viglietto del Paolucci, 3 settembre, privo d' in-
dirizzo, ma pare destinato all'ambasciatore veneto in Roma).
(2) Il gran maestro di Malta, in una sua lettera (Malta, 4 ago-
sto 17 17) al priore Sacchetti, ambasciatore maltese in Roma, rin-
graziando per le lodi tributate dal papa ai cavalieri, promette aiuti
per l'avvenire, ma insiste che al baly sia dato il titolo di viceammi-
raglio; e non sa persuadersi come «ad un cavaliere, il quale si sa-
(f crifica per servizio della Santa Sede e della causa comune, gli abbi
« da esser negata la soddisfazione di un nudo titolo, quando quello di
« luogotenente generale lo godeva già nell'armata del re Christianis-
«sirao» (Misceli, cit. pp. 272-273). Il papa non prese impegno, ma
fece mandare al baly, in attestato di ringraziamento, una croce con
entro « una piccola porzione dell' istesso prezioso e sagrosanto In-
« stromento della nostra redenzione » (ivi, pp. 32,-330), come ap-
prendesi dalla copia di una lettera del Paolucci al baly Bellefontaine,
del 3 settembre 17 18. A p. 331 del cit. voi. vi è l'ordine a monsi-
gnor Carlo Calligola, protesoriere generale, di pagare le spese del
donativo al « magnifico Pietro Paolo Gelpi, gioielliere del Sacro
« Palazzo )).
(3) Misceli, di Clemente XI, 217, pp. ico-200: Note di niancie e
regali dati tanto dal papa Innocenzo XI quanto da Clemente XI, in oc-
casione d'essersi recate nuove di felici successi contro il Turco ; pp. 200-258 :
Indulgente pubblicate nell'anno l'ji'j, tanto per implorare il divino aiuto
contro il Turco, quanto per render gra-^ie delle vittorie conceduteci \
Misceli, cit., tutt' intero il voi. 218: Scritture spettanti alle solenni ese-
quie e divini sacriji'^i fatti celebrare da Clemente XI per l'anima dei fe-
deli rimasti uccisi nelle spedizioni di mare e di terra contro li Turchi
negli anni lyió e lyiy.
Studii sul pontificato di Clemente XI 501
ziani. Sicché il Pisani e il Ferretti, cercato inutilmente
Ibraim, e molestati di continuo da guerriglie e rappresaglie
di barbareschi, tornarono al Zante ed a Corfù. Rinfran-
cata quella gente, ed accordatisi sul da fare per 1' anno
nuovo, il Ferretti tornò in Italia; ed il Pisani mosse contro
Prevesa e Vonizza che conquistò senza molti sforzi (i).
L'anno di poi, 1718, il Ferretti con sei galee e seicentodie-
cinove fiinti tornò a congiungersi a Corfù col Pisani. Ivi
presi gli accordi collo Schoulembourgh, si diedero a cor-
rere, Veneti e pontifici, per le coste della Morea ; e saputo
che Tarmata turca non era in grado di tentare il mare,
voltarono improvvisamente ad espugnare Dulcigno, covo
di pirati, molestia dei Veneziani, molestia ed incubo dei
pontifici. E bombardandola incessantemente per parecchi
giorni nel mese di luglio di quell'anno erano per espu-
gnarla, quando le voci di pace vennero a troncare le loro
speranze.
I rovesci per terra e per mare subiti dalla Porta non
avevano del tutto fiaccato il sultano. Affrettatosi a far ve-
nire dalla Francia il Rakoczi, lo nominò principe di Tran-
silvania, come a dimostrare per non avvenute le vittorie
deir Austria; tra i valorosi del suo esercito ricompensò
degnamente il fedele governatore della Bosnia Kocprili-
Nuumansade, e concesse la terza coda di cavallo al fratello
di lui, ad incitamento degli altri ; depose il muftì Ismail
e conferi la prima dignità della fede ad Abdullah; esiliò
(i) Misceli, di Clemente Xly 216, pp. 336-339: Rela:^ione dell'acqui-
sto della forteiia di Prevesa, ottenuta dall'armi della serenissima Repub-
blica, sotto la valorosa condotta del capitan generale Andrea Pisani. In
Venezia, mdccxvii, presso G. Albizzi; pp. 332-535: Rela:^ione del-
Vacquiito della forte^a di Voniiat soggiogata dall' armi delia serenissima
repubblica di Venezia, sotto il comando dell* ecc. capitan generale Andrea
Pisani. In Venezia, mdccxvii, presso G. Albizzi; Romanin, op cìt.
vili, 55.
502 J. Torneiti
Ghialil e lo sostituì nel visirato col proprio genero Ibraim
pascià (i). Adottati questi provvedimenti per rassicurare
l'animo agitato del popolo ottomano circa il prestigio del-
l'impero e come promessa d'un nuovo governo più ocu-
lato ed energico, Acmet IH, che in cuor suo sapeva di
non poter più oltre resistere all'Austria, piegò a poco a poco
ai consigli di pace, quasi presago che neir indugiare stesse
un'ancora di salvezza.
L' Inghilterra, come nel conflitto precedente fra la Porta
e la Polonia, aveva offerta la sua mediazione a mezzo
dell' ambasciatore Sutton prima, di Worthley Montagne
poi, che, come narrammo, aveva a tale scopo visitato la
corte di Vienna. Fu dopo la resa di Belgrado che l'antico
governatore di questa piazza^ Elhadsch-Mustafà-pascià,
scrisse al principe Eugenio il 5 settembre 17 17, offrendo
la cessione di Belo^rado e del territorio adiacente. Eug^enio
rispose prendendo a base dei negoziati tutte le possessioni
conseguite, e negando l'armistizio chiesto dal primo visir.
Ma mentre i plenipotenziarii inglesi Stanyan, Sutton e
Worthley Montagne s'adoperavano attivamente per la pace,
l'ambasciatore francese, il principe Rakoczi e 1' agente spa-
gnolo Boissemène s'ingegnavano con pari ardore a dila-
zionarla, di modo che i membri più autorevoli del Divano
erano divisi in opposti partiti, desiderando il muftì e gli
ulemi la pace, il gran visir propugnando la guerra.
Prevalse infine, anche per l'intromissione conciliatrice
dell'Olanda, il concetto d'un accordo. I preliminari furono
discussi a Vienna fra il principe Eugenio e il Talman per
l'impero, il Grimani e il Ruzzini per Venezia, Ibraim e
Mohammed-Effendi per la Turchia. L'Austria chiese per
sègla Serbia, la Bosnia, quanta parte della Vallachia si
estende dalla Moldava al Niester, e la consegna del ribelle
Rakoczi; per Venezia, la Morea. Il sultano, che già vo-
(i) De Hammer, op. cit. Ili, 273 sgg.
Studìì sul pontificato di Clemente XI 503
leva escludere dal trattato di pace Venezia, stimò si esor-
bitanti le proposte, che die' ordine di riprendere le ostilità.
Or come avvenne che la Turchia, coll'esercito disor-
ganizzato e colla flotta a metà distrutta, osò parlare nuo-
vamente di guerra e si mostrò pronto a riaccenderla ? Chi
ad un punto troncò le speranze di Clemente XI ed ar-
restò il corso della vittoria all'esercito austriaco ?
Qui entra in iscena il cardinale Giulio Alberoni, la cui
opera politica come ministro di Spagna, studiata in rap-
porto alle relazioni fra Madrid e la Santa Sede, sarà ar-
gomento d'un prossimo lavoro.
A schiarimento del soggetto che stiamo per esaurire,
basta ricordare che l'azione un po' intrigante ma non priva
di zelo e di buona fede dell' Aldrovandi, le premure del
Girardelli, l'arrendevolezza di Roma verso la corte madri-
lena in varie faccende ecclesiastiche e infine la sospirata
concessione della porpora cardinalizia all'Alberoni, erano
state frustrate nel modo più sorprendente e doloroso: mentre
la flotta spagnola salpata da Cadice nel 17 17 sì supponeva
in viaggio per Corfù, si era invece portata improvvisa-
mente sulle coste di Sardegna, sbarcandovi truppe e scac-
ciandone il presidio austriaco.
Quali acerbe rampogne non si ebbe e quale dolore non
provò Clemente XI per la mancata fede della Spagna
verso la neutralità d' Italia !
Carlo VI, diflidando della Francia, esasperato dalla vio-
lenza della Spagna, temendo complicazioni al nord dei
suoi Stati ed altre aggressioni nei dominii d' Italia, venne
a più miti consigli e limitò le pretese di prima. I delegati
per la pace si riunirono verso la fine di aprile del 1718
a Passarowitz, piccolo borgo della Serbia sulla Morawa.
Vi erano, per l'Austria, il conte di Wirmond e il consigliere
Talman ; per Venezia, il Ruzzini e il segretario Vendra-
mino Bianchi che scrisse la storia di quelle trattative ; per
la Turchia, Ibraim e Mohammed-Effendi. All'impero fu-
504 J. T^ ometti
roiio cedute Temiswar e Belgrado, segnando il Danubio,
e non più i Carpazi, la linea di divisione fra i due con-
tendenti; a Venezia fu negata la iMorea, ed ebbe, per
magro compenso, i castelli conquistati in Dalmazia, nel-
l'Albania e neir Erzegovina, e le isole di Cerigo, Butrinto,
Prevesa e Vonizza.
La pace fu sottoscritta il 21 luglio del 17 18.
Come a Carlowitz per la successione di Carlo II, cosi
anche a Passarowitz la Spagna faceva gl'interessi della
Turchia: entrambe quelle paci erano state stipulate in
fretta dall'Austria, chiamata a rivolgere altrove le armi
proprio sul punto di fiaccare la sua antica rivale. Dopo
d'allora, è vero, incominciò il periodo di decadenza del-
l'impero ottomano, e il bacino del Mediterraneo si sot-
trasse all' incubo del pensiero egemonico dei sultani di
Costantinopoli; ma chi potrebbe dire quali sarebbero state
da quel tempo le condizioni della Turchia se l'Austria,
non minacciata dalla Spagna, poteva imporre ad Acmet III
quei;patti che la caduta di Belgrado e l'azione delle navi
cristiane potevano dettare?
Clemente XI non potè vedere coronato appieno l'edi-
fìcio delle sue speranze, iniziato con mirabile fervore, con-
tìnuato con indomita tenacia; tuttavia, se altre amarezze
(delle quali discorreremo trattando dell' Alberoni) non aves-
sero contristati gli ultimi anni di sua vita, egli avrebbe
potuto, se non del tutto pago, stimarsi soddisfatto della
politica che lo aveva guidato dal 17 14 al 17 17. La guerra
alla Turchia fu da lui voluta e propugnata in vario modo.
Infatti, per radunare in armi il mondo cattoHco, o indurne
una parte a restar neutrale, noi vedemmo per quali vie
passasse, quali concessioni facesse e quali ostacoli supe-
rasse; e benché non si possa dire quale risultato avrebbe
avuto la guerra senza l'intromissione del Vaticano, non
Studii sul pontificato di Clemente XI 505
si può d*altra parte disconoscere che all' iniziativa di Cle-
mente XI fu dovuta la riunione in sol fascio delle forze
cristiane.
Fu questo un effetto dell' ascendente morale del pa-
pato ?
Dallo studio precedente è apparso quale esito disa-
stroso ottenesse la politica vaticana nella contesa per la
successione di Spagna, e fu anche dimostrato per quali
motivi alle simpatie per la Francia si sostituì, nella corte
di Roma, il bisogno di un nuovo orientamento verso l'Au-
stria. Abbandonato da Luigi XIV e tradito da Filippo V
nelle più gelose prerogative temporali, quale la mancata
clausola d' investitura nella cessione della Sicilia a Vittorio
Amedeo II, Clemente XI dovette, per logica evoluzione
di eventi, considerare di secondaria importanza i torti di
Carlo VI verso la Santa Sede.
Per chi ricordi l'opera sua da cardinale intesa al ravvi-
cinamento di Roma a Parigi, la personale e spiccata sua
propensione verso Luigi XIV, il peso del suo consiglio
nel far proporre da Innocenzo XII il nipote del re di
Francia a successore di Carlo II ; e per chi rammenti co-
m'egli, eletto pontefice, ad onta delle dichiarazioni di neu-
tralità, non fosse immemore dell'antica predilezione verso
la corte parigina, e come per questa sua mal celata sim-
patia vedesse poi invaso dagli Austriaci il territorio eccle-
siastico...; per chi tutte queste cose riassuma e consideri, e
le colleghi all'abbandono della Francia ed allo strappo dal-
l' Inghilterra imposto alla Spagna, non può non trovare
spiegabile l' evoluzione compiutasi nel pensiero di Cle-
mente XI, se agli avvenimenti storici si vuol dare quella
sicura interpretazione che può venirle primieramente dal-
l'elemento passionale che i fatti storici determina.
H nel caso in esame, non vi è maggiore giustificazione
per Clemente XI che rapportando il mutamento d'indi-
rizzo della sua politica ai precedenti che lo determinarono;
So6 J. "Pometti
come si troverà spiegabile ratteggiamento della Cristianità
neir impresa contro la Turchia, quando si pensi che chi
lo determina è un'autorità morale di tradizioni secolari, la
quale se in apparenza seconda un bisogno dello spirito,
in realtà provvede ad una necessità politica, esagerata ma
innegabile.
Ora, senza nulla togliere a quanto di generoso e sincero
possa esservi nella condotta di Clemente XI circa la guerra
contro il Turco, non può disconoscersi che egli si decide
a parteciparvi determinatovi da -ragioni che hanno radice
nella sua personalità di uomo e di pontefice, e che trovano
un*eco concorde in quanti delle tradizioni morali e tem-
porali della Santa Sede si stimavano custodi o ferventi
seguaci. Clemente XI era uscito disilluso, sdegnato e umi-
liato dalla guerra chiusa colla pace di Utrecht; l'organismo
politico del papato aveva ricevuto un fiero colpo da quella
pace, la quale, abrogando i diritti d'investitura, doveva
con lento ma fatale cammino preparare la caduta del po-
tere temporale dei papi.
E come chi, dopo un evento tanto più doloroso se
non previsto o supposto, sente rinascere novella forza che
all'onta subita vuol porre riparo, specialmente se offende
nella nostra persona un principio che è fede, diritto, idea-
Htà per noi e per altri ; cosi il papa e Talta gerarchia del
Vaticano dovettero sentire imperioso il bisogno di una
nuova affermazione di potenza, che ridasse ascendente e
splendore alla corte di Roma.
La guerra mossa dalla Turchia a Venezia non poteva
impensierire Clemente XI se non per qualche molestia sui
lidi pontificii dell'Adriatico, altre volte sopportate passiva-
mente o allontanate con lieve sforzo, perchè, prima di una
seria minaccia contro lo Stato ecclesiastico, la tutela di altri
interessi avrebbe infrenata la Turchia; ma una ripresa delle
ostiHtà ottomane in quella congiuntura era il seme più
Siiidii sul pontijìcato di Clemente XI 507
adatto a germogliare nella disposizione d'animo del Vati-
cano, tanto che infuse improvvisa vitalità ad un vetusto
concetto della politica papale: Topposizione al Turco.
In vero, se negli atti della politica vaticana si vuol
trovare qualcosa che non urti collo spirito primitivo della
Chiesa e che fonda armonicamente V ascendente morale
del papato colla potenza materiale delle armi, bisogna ri-
cordare la lunga lotta sostenuta dai pontefici contro i
Turchi, dalla caduta di Costantinopoli in poi. È un pen-
siero tenace, proseguito con pazienza, alimentato con co-
stanza, trasmesso da un papa all' altro come una grave
eredità da custodire, ora più ora meno evidente, interrotto
mai. Molte gare piccine, molti atti di politica interna o di
quella circoscritta all'Italia ed allo Stato ecclesiastico, si
obliano o si attenuano al cospetto dell'opposizione al Turco.
Per circa tre secoli il Vaticano è perennemente vigile col
consiglio e colle armi contro la barbarie turchesca minac-
ciante la Cristianità ; ed ergendosi come baluardo in difesa
delle fede riesce, dal 1453 al 17 17, a tener desto il con-
cetto dell' opposizione con tanto fervore da poter distin-
guere il tempo accennato col titolo di periodo delle se-
conde crociate.
Dalla caduta deir impero greco, Roma e Costantinopoli
rappresentano due centri di forza morale e materiale:
questa mira ad espansioni territoriali nell'occidente d* Eu-
ropa ed alla supremazia nel mare che la bagna; quella,
alla tutela dello Stato ecclesiastico ed al prestigio politico
del papato. Le opposte fedi religiose dei due centri ser-
vono efficacemente ad alimentare la lotta dall' una parte e
dall' altra; e il pensiero dell* opposizione al Turco, per le
rapine e le desolazioni dei corsari lungo le coste del Tir-
reno e dell' Adriatico, e per le predicazioni della Chiesa,
entra talmente nella coscienza della Cristianit.^, ed in
ispecie delle popolazioni littoranee italiane, che nelle arti
del disegno, nella letteratura, nelle tradizioni popolari e
Archivio dfUa R, Società romana di storia patrir, Vo'. XXIII. 35
5o8 J. Torneiti
perfino iiell' arte industriale veneta, il Turco vi rappre-
senta una parte importantissima.
Che il ricordo di Lepanto tentasse Clemente XI e gli
suggerisse di rinverdire gli allori delle armi cristiane come
il mezzo più acconcio per ripristinare T ascendente mo-
rale del papato, è cosa evidente, e dove occorreva l'ab-
biamo rilevata nel corso del nostro lavoro. Egli prende a
modello la condotta di Pio V, e non soltanto da quella
si lascia guidare, ma cerca consiglio anche dall' opera dei
papi posteriori al Ghisleri, come per trarre dalla somma
delle esperienze altrui la norma più sicura pel trionfo della
propria idea. Sulle testimonianze ricercate negli archivi
della Santa Sede, in quelli di monasteri e di famiglie
patrizie, egli determina le istruzioni ai nunzi, provvede ai
bisogni dell* armata, dell' esercito e delle spiagge ponti-
ficie, invia sussidi ai principi cristiani, stabilisce le elargi-
zioni da farsi dal clero ; conforta Venezia, si riavvicina
alla Francia, sprona l'Austria, incita la Spagna, il Porto-
gallo, Firenze, Genova, i cavalieri di Malta; e nell' espli-
cazione di questo lavorio lungo e faticoso non soltanto
la sua attività si esercita e si raddoppia, ma vi trova oc-
casione d'instancabile operosità 1' azione dei cardinali, dei
nunzi, dei legati, degli uomini d' arme, di quanti infine
all' organismo del Vaticano appartenevano in vario modo.
E r attrattiva dell' impresa che è per cancellare il re-
cente insuccesso della diplomazia vaticana è sì potente-
mente sentita dal papa e dai suoi cooperatori che, per
uno di quei fenomeni di psicologia collettiva facili a rile-
vare, ma difficili ad analizzare, si diffonde pel mondo cat-
tolico e vi susc:ita, come ai bei tempi trascorsi, il fervore
delle crociate. Venezia sembra risorgere dalla fiacchezza
che r opprime, e in uno sforzo che esaurisce tutta la
sua energia, popola di navi il lido e le lagune sui cui
r alato leone figge novellamente gli sguardi in un ri-
Studii sul pontificato di Clemente XI 509
sveglio dì memorie eroiche; rAustria scende nei campi
d* Ungheria a fronteggiare ancora una volta il nemico
della fede, e vede accorrere d* ogni dove sotto i suoi sten-
dardi principi cattolici a rinnovare le gesta degli avi ; Spagna
€ Portogallo con ispirito cavalleresco entrano nella lotta
col fiore delle loro armate, pronte, come i crociati d' un
tempo, ad atti di abnegazione e di valore; Malta, Genova
e Firenze offrono quanto possono; la Francia rimane
estranea, ma non può esimersi dal contagio comune e si
atteggia a protettrice dei Cristiani d' Oriente; Roma invia
navi in Levante, altre per l'Adriatico; e come centro
generante calore e vita profonde consigli, incitamenti, sus-
sidi. La federazione dei cristiani determina spontanea-
mente dall' altra parte 1' unione di tutte le energie musul-
mane, e attorno alle bandiere degli eserciti barbari ma
valorosi di Turchia, come sulle sue navi guidate da esper-
tissima gente di mare, accorrono seguaci dall' Africa e
xiair Asia, per misurarsi con quasi tutto 1' Occidente in
uno scontro supremo che par debba fare stridere sui suoi
cardini la compagine politica dell' Europa, e sconvolgerla.
Senonchè, i tempi, le cose e gli uomini erano mutati,
-da Lepanto.
A chi mediti sul contenuto dell* argomento svolto, la
guerra alla Turchia appare, più che il prodotto spontaneo
del sentimento cristiano, un fenomeno in cui la sugge-
stione e l'interesse tengono il primo posto.
Clemente XI vi partecipa con nobile intenzione, ma
non può negarsi che vi cerca, foss' anco indirettamente,
qualcosa che rialzi il prestigio del papato; ed eccitando
se stesso e quanti da lui dipendono, non si avvede che
il concetto dell' opposizione al Turco ha già descritta la
parabola. Il compromesso della neutralità è accettato in
mala fede, e T impresa contro la Sardegna lo dimostra.
La I-rancia, che non può abbassare 1' Austria colle armi,
510 J. T^ometti
incita la Turchia alla resistenza, per riuscire con altri
mezzi al suo intento. Il Portogallo, smanioso di conces-
sioni pontificie, ottiene V erezione in patriarcato della cap-
pella regia. L'Alberoni, che governa e muove la Spagna,
ne consegue la porpora cardinalizia. L* Austria, che pure
ha interessi vitali da tutelare, non si decide alla guerra
se non dopo aver compromesso il Vaticano con Francia
e Spagna ed ottenuto dal papa ingenti soccorsi finanziari.
A tutti, ai maggiori come ai minori Stati cristiani (non
esclusa Venezia, Malta, Genova, Firenze), Roma accorda
in tanta misura decime, concessioni, elargizioni, bene-
fizi, che, pur restando nella realtà e convenendo che le
guerre si fanno col danaro, non pare azzardato affermare
che r interesse, più che la fede, muove la Cristianità contro
r Osmanesimo, e crea un fittizio entusiasmo.
Comunque, Clemente XI, benché meno esposto a pe-
ricoli che non fossero Venezia e Vienna, e benché senza
speranza di qualsiasi guadagno da quell' impresa, pure
propugnò con sincerità e con fervore la guerra, ed è dove-
roso riconoscerlo, come, d' altra parte, non è da attribuirgli
a gran torto se egli non vide (come noi a tanta distanza
possiamo discernere) che i tempi erano mutati.
E che, infatti, il periodo delle seconde crociate avesse
compiuto il suo ciclo, lo si scorge, oltre che dalle cause
riposte per le quali gH Stati cristiani unirono i loro sforzi
contro la Turchia, dagli scontri delle forze combattenti.
Per mare, personali atti di valore, mischie, inseguimenti;
ma non concordia d' intenti, sibbene gelosie; non un ideale
per guida, ma V interesse per consiglio ; e sopra tutto,
non una pugna decisiva, prima non voluta dai Veneti,
poi mancata per 1* invasione della Sardegna. Per terra,
più che la strategia, è la fortuna che seconda Eugenio di
Savoia, e d' innanzi al suo piccolo esercito quello nume-
rosissimo dei Turchi si sbanda inopinatamente a Temiswar
ed a Belgrado: proprio come il frutto che, percosso in-
St II citi sul pontificato di Clemente XI 511
nanzi tempo, resiste sul ramo, e cede poi alla più lieve
scossa, appena maturo; così si dissolveva la formidabile
potenza ottomana e cadeva per sempre il concetto del-
l' opposizione al Turco.
Senza congetturare quali risultati avrebbe avuti la
guerra se l'Austria non fosse stata costretta a chiuderla
nel 1718, basta fermare per poco Y attenzione sulle con-
seguenze della pace di Passarowitz, per rilevare l'impor-
tanza del soggetto che abbiamo trattato.
La pace di Passarowitz segna il termine d' una tradi-
zione medioevale che, riassumendosi nel concetto del-
l'opposizione del Cristianesimo all' Osmanesimo, interessa
principalmente 1' esistenza politica della repubblica veneta
e degli imperii di Turchia e d'Austria.
La perdita della Morea affrettò il disfacimento della
Repubblica ; e da quel tempo, limitato il commercio, im-
miserito r erario, negletta la flotta, Venezia visse di ri-
cordi, e illanguidi a mano a mano, fino a quando Napo-
leone non le tolse 1' ultima parvenza di vitalità che le
restava. La Turchia segna nella sua storia la pace di
Passarowitz non tanto per le perdite territoriali che vi subì,
quanto pel definitivo abbandono di conquiste europee che
quel trattato le impose. D' allora essa rivolse le armi
contro la Persia e la Russia; le tentò di nuovo contro
l'Austria nel 173(5, con esito infelice. Infrenata sul Bo-
sforo, decadde colla sua potenza il concetto musulmano
che aveva mirato all' egemonia dell' Europa, della Spagna
prima coi Mori, da Costantinopoli poi coi Turchi.
L'Austria si rassodò definitivamente in Ungheria,
Non meno sensibili pel Vaticano furono gli effetti di
quella pace. L' armata pontifìcia, che conta pagine di in-
dubbio valore e che fu cura precipua di molti pontefici,
crebbe a ragguardevole potenza quando più urgente era il
pericolo di invasioni ottomane sui lidi pontifici ; poi ces-
512 J. Torneiti
sato il pericolo (tanto che dopo il 171 8 non ebbe più
occasione di misurarsi in gravi cimenti), mancò conse-
guentemente a poco a poco la necessità della sua esistenza.
Per la stessa causa cessò anche T azione politica del Vati-
cano, originata dalle conquiste ottomane di Costantinopoli;
e gli sforzi della diplomazia pontificia si rivolsero di nuovo,
nei rapporti tra la Santa Sede e 1' Oriente, alla soluzione
del problema di riunire a Roma le Chiese dissidenti : la
lotta dei pontefici contro i Turchi è una larga parentesi
nella storia della politica estera dei papi.
Il decadimento di Venezia, della Turchia, della flotta
(B di un lato importantissimo della politica vaticana, danno
r immagine d* un grandioso e melanconico tramonto, a
cui si sostituiscono altre energie a preparare i tempi nuovi:
la Russia, dalla pace di Passarowitz, si fa più ardita nella
questione d' Oriente iniziata da Pietro il Grande, e mira,
come un tempo i sultani da Costantinopoli, ad espansioni
al di là dei Balcani; T Inghilterra, cresciuta potentissima
sul mare, domina, come un tempo Venezia, il Mediter-
raneo e gli sbocchi commerciali coir Oriente.
Questa nuova condizione politica era stata preparata
da un lento maturare dei tempi in armonia ai bisogni
sociali di popoli rimasti estranei alle antiche lotte, e sa-
rebbesi egualmente determinata anche senza altre vittorie
sui Turchi, anche senza la spedizione spagnola in Sar-
degna. Pure, Clemente XI non potè attribuire il naufragio
delle sue speranze che alla mala fede del cardinale Albe-
roni, e 1' inganno tesogli da costui fu il più grande dolore
di tutta la sua vita.
Francesco Pometti.
Studii sul pontificato di Clemente XI 313
AGGIUNTE E CORREZIONI
Nel primo dì questi Studii (del quale, quando era in corso di
stampa, per ragioni indipendenti dal mio buon volere non potei
convenientemente curare le bozze) sono incorsi degli errori, che stimo
mio dovere emendare.
Sono errori avvenuti per mancata revisione tra le prime bozze
e l'impaginato, i seguenti: p. 364, nota i, Colhi. Bolognetti, 130, cor-
reggi: 131 ; p. 364, nota 2; Ivi, pp. 337-340 = Collei. Bolognetti, 150,
PP- 537-540 ; P- 414. Colìei. cit. = Misceli, di Clemente XI, 106; p. 449,
nota I, Xuniiat. ciL= Nuniiat. Paci^ 50. La nota i a p. 327 va tra-
sportata a p. 328, al posto della nota i, che va soppressa. P. 343,
((per appianare le difficoltà» aggiungi: Nun:{iat. di Venezia, 293,
II giugno, 1701; p. 348, «moltissimo gli altri» aggiungi: Kunxjat. di
Venezia, 293, 20 agosto 1701; p. 444, la nota 2 va dopo le parole
« delle nostre ragioni ».
Sono da mutarsi le seguenti espressioni: p. 342 (( decida » ^
« risolvi »; p. 343, (( sentimenti » -- k intendimenti » ; p. 343, » parti-
« colari » =: (( fastidiose »; p. 344, (c vi aderisse » = « vi aderisca »;
p. 3)5, « non aveva potuto» = c< non potei »; p. 436, « soltanto » -
(( solamente »; p. 436, « potrebbero » = « possono »; p. 437, k pro-
(( fìcua *) - (( propria »; p. 440, «senza lesione indebita della... » -
(( senza lesione della indubitata... »; p. 441, «perchè quando s'in-
(( troducesse >i « perchè quando la prattica s'introducesse »; p. 443,
((privatissimamente» - «premurosissimamente»; p. .\\^, «pomo
« principale » - « punto principale ».
Sono errori materiali di stampa, in parte dovuti alhi natura di
miscellanea di alcuni volumi, i seguenti: p. 303, nota i,di pp. 64 46;
p. ^12, nota 2, A/mv//. .// Cl.-m. .\7, 54 aggiungi (X° di quelli sul
RcL^no di Napoli); p. 312, n<ita 3, pp. 1 1 3-1 15 ^ pp. 121-1 30; p. 3 1 3,
nota I, pp 130-156 - pp. I ; ^-i ;A p. 313, nota r, 5 aprile- 3 agosto;
p. 317, nota 3. 8 dicembre i8 dicembre; p. 320, nota 2, 21 feb-
braio 19 febbraio; p. 320, noia 3, pp. 215-240^217-240; p. 356,
nota 4, i^ febbraio ■■ 17 febbraio; p. 348, nota i, 20 agosto = 30 lu-
514 J. Tomctti
glio; p. 353, nota i, pp. 2^5-249 = 245-259; p. 368, nota i, lettere
del nunzio del gennaio e 2 febbraio = del 24 febbraio; p. 370, note 3
e 4, lettera = cifra; p. 374, nota 2, 91 (IV ^ 91 (I; p. 377, nota i,
lettera = cifra; p. 378, nota i, lettere = lettera; p. 378, nota 3, 2 set-
tembre = 3 ottobre; p. 381, nota i, no - 120; p. 383, nota 4, 29 giu-
gno = 28 giugno; p. 386, nota 3, dei primi del 1704 = del 30 gen-
naio 1704; p. 390, nota I, 45 (IV = 45 (I; p. 409, note i, 263,
1708= 1709; p. 423, nota I, 21 febbraio = 21 marzo; p. 427, nota i,
17 agosto, 31 ottobre e 28 novembre- 31 ottobre e 28 novembre;
p. 431, nota I, 19 ottobre = 9 ottobre; p. 431, nota i (voi. 54,
e. 105) = (voi. 54, e. 99); p. 434, nota 2, ce. 177-179 = e. 177;
p. 436, nota 3, 16631 dicembre = 16 e 30 dicembre; p. 437, nota 3,
16 gennaio e 19 febbraio = cifra del 16 gennaio e avviso del 19 feb-
braio; p. 440, nota 2, e. 494 = e. 495 ; p. 445, nota 2, e. 300 = e. 500;
p. 447, nota 2, Nnniiat. Paci = Ntiniiat. Paci, 5 1 ; p. 448, nota 2,
Nuniiat. Paci, ^4 = Nimiiat. Paci, 54, ce. 200-201.
Sono da considerarsi come sunti dell' originale, ma che però
non ne alterano il contenuto, i passi nelle pp. 317, 518, 329, 333,
345 (note 3 e s), 346, 372 (nota i), 377 (note 2 e 6), 387, 388,
393 (note I e 2), 397, 406, 407 (3" capoverso), 410 (nota 2), 416
(nota i), 426 (nota 2), 444 (nota 1), 449 (note i e 3).
Sono anche sunti dell' originale i passi dalle parole « Riteniamo
che Erizzo » a « con cautela rì, p. 347, nota 5 (ciò comprende anche
la nota 2 a p. 357); « senza neanche volerne parlare ... « senza manco
volerne parlare » p. 377; « Su tutto questo» «Ella dovrà mostrare »,
p. 415 ; « Dica chiaramente » « della porpora », p. 426, nota 3 ; « Tutti
li gazzettanti ne parlano, ma V. S. non se ne preoccupi », « Tutti
li gazzettanti ne parlano », p. 431, nota i ; « L'ambasciatore veneto »
« Piemonte », p. 433 ; « V. S. per riuscire » « minacci », p, 438 ; a Fac-
cia che il congresso vincoli . . . faccia « che il congresso istesso vin-
coli », p. 440; « Privatamente» « i nostri diritti », p. 441.
Vanno modificati i passi: p. 314, « per partecipargli il suo av-
« vento al trono pontificio, a fine di sapere » = « forse per indagare »;
p. 344, « il granduca di Toscana aveva promesso di accettare » =
« si era quasi sicuri che accettasse »; p. 344, « sei mila da Roma » =
« sei mila dalla Toscana »; p. 366, « avrebbe occupata quella città » =
« avrebbe occupato tutto lo Slato »; p. 371, «e di tenersene estra-
« neo » =: « e di tenersi quasi estraneo ad esse » ; p. 371, « attribuendo
« ad essa il riserbo » = « forse attribuendo ad essa il riserbo ».
Anche in alcune pagine della prima puntata di questo secondo
studio (voi. XXII) sono sfuggiti degli errori. Ad esempio, sono avvisi
e non Zt^/Z^rt; quelle citate a p. no, nota 3 ; p. in, note i e 3, p. 112,
Studii sul pontificato di Clemente XI 51 j
note I e 2. A p. 124 si legga: « si avevano in depositeria 500 m. scudi
« di credito »; a p. 141 è un sunto dell'originale; a p. 142 la nota 2 de-
v' essere i, e viceversa ; a p. 143 sopprimere la nota 2 ; a p. 145, nota 3,
« la corte francese » = « la corte spagnola » ; a p. 148, « assicura-
te zìoni » = ((insinuazioni ». A p. 1 55 si legga: « Non posso riferire tutte
« le parole all' E, V., perchè S. M. si è estesa questa volta di molto. . . w:
a p. 157, nota i (Nun:^iat. di Vene^iay ijó) = (Nunzia t. di Vene\ia^ 166);
a p. 157, nota 2, (( 8 febbraio » = « i" febbraio » ; a p. 159, nota 3
(Misceli, cit. 215, p. 295) = (. . . p. 259); a p. 160, nota i, p. 109, lett.
del card. Tanari al Paolucci = . . . all' elemosiniere del papa ; a
p. 162, nota 3, 24 febbraio = 2marzo; a p. 163, nota 3 (^Miscell di Cle-
mente XI, 211, p. 291 = (. . . p. 201) ; a p. 169, nota i, « dell' Escu-
te rial » = <( da Madrid »; a p. 170 « Agli 1 1 di luglio » = (( Agli 8 di
«luglio » ; a p. 170, nota 4, « 16 luglio » = « 11 luglio »; a p. 176,
nota I, (( pp. 188-198 » = « pp. 180-198 » ; a p. 179, nota 2, « pp. 62-
102 » = « 69-102 ».
Santa Diaria antiqua
E GLI ULTIMI SCAVI DEL FORO ROxMANO
A demolizione di S. Maria Liberatrice ha rivelato
^[v|^^ l'esistenza di due edifizi religiosi la cui impor-
5^^^)^ tanza storica ed artistica è di gran lunga supe-
riore a ciò che era lecito sperare prima degli scavi. Arti-
sticamente, ambedue offrono tracce così ricche di affreschi
di molti secoli dell' età di mezzo, che si può ben dire val-
gano a colmare una grande lacuna nella storia della pit-
tura italiana anteriore a Giotto. Storicamente, una delle
due chiese risolve, e crediamo in modo definitivo, una
questione di topografia molto vivacemente dibattuta in
questi ultimi tempi. Dalla descrizione che ne daremo più
innanzi apparirà chiaramente che due chiese ben distinte
da principio, poi, con muri di costruzione più recente, riu-
nite insieme, sorgevano all'angolo nord del Palatino fra
il tempio di Vesta e quello dei Dioscuri e fin dentro il iem-
pillili ilii'i Au^ii^^iì. A che tempo risalgano l' una e T altra
non ò facile stabilire: bisognerà per questo attendere i risul-
tati dello studio intorno agli affreschi avanzati sulle mura
venerande; studio che, per la grande importanza storica di
quegli avanzi, ci aiii'uri uno venga intrapreso da qualcuno
fri i più competenti della materia. Benché non credo con-
5i8 V.Jedeìici
venga eccedere troppo nelle deduzioni che potrebbero trarsi
dalla ricerca delle prime origini delle due chiese.
Intorno ad esse era un vasto convento di monaci greci,
come appar chiaro dai numerosi graffiti e dalle iscrizioni
in lingua greca trovate in ambedue le chiese. Altri in-
dizi della presenza del convento non mancano. Nella
navata di sinistra della chiesa grande una piccola scala (jx)
metteva in comunicazione il tempio con la grande rampa
palatina ; aditi che dalla chiesa danno ai lati se ne
hanno, nella navata sinistra uno, nella navata destra due;
nel nartece ce ne sono due a destra, due a sinistra. S' ag-
giunga un altro fatto che mi pare abbia valore più che di
semplice indizio. V adito centrale (Jj) nel muro di sinistra
del nartece, adito che ora, per rinforzi, è stato chiuso, ha
tracce notevolissime di affreschi nei suoi lati; la parte
esterna del muro di destra del medesimo nartece (e) ha
un affi-esco rappresentante un santo nimbato. A qual fine
queste mura, che non son più della chiesa, sarebbero
state adornate di pitture? Il convento probabilmente s'e-
levava sulle due navate laterali della chiesa o forse anche
a destra del nartece, in quella parte del teniphim Augusti
che volge sulla via di S. Teodoro e dove sono evidenti
avanzi di costruzioni medioevali adattate alle mura im-
periali.
Un monastero situato nelle vicinanze della Nova via
è ricordato nelle lettere di san Gregorio (i): « xenodochii
« de via Nova » con frase che ci lascia incerti se per via
Nova s'abbia da intender quella che dava accesso alle terme
di Caracalla o l' altra che menava dal Palatino al Ve-
labro (2) e che tagliava ad angolo retto il victis Tuscus
non lungi dal tempio dei Dioscuri. E con il viciis Tuscus
e quindi col nostro monastero greco non sappiamo che
(i) Lib. I, ep. XLiv in Migne, Patr. Lat. LXXVII, 507.
(2) DucHESNE, Le Liber Pont. II, 46, nota 108.
Santa oMaria Q/intiqita 519
relazione abbia quello ricordato nella Vita di Leone III (i):
« Xenodochium qui appellatur Tucium ».
Qualunque fosse il monastero di cui rimangono in
questi luoghi tante tracce, le due chiese erano officiate am-
bedue da monaci greci; né è da credere che fossero troppo
popolate dalla gente di Roma. Anche se si voglia risalire
a porre la trasformazione di questi edilìzi molto in su nel
tempo, siamo sempre in una età nella quale il Foro non
era più il centro della vita civile di Roma, anzi giaceva
abbandonato ed isolato e cominciava già a volgere verso
quella lenta rovina che doveva, con F andar del tempo,
sollevarne il piano e nasconderlo quasi completamente ai
posteri. Il culto alla Vergine e ai santi del cristianesimo
si svolgeva in queste chiese molto solitario, e poco inte-
resse, almeno nei primi tempi, doveva trovare nel popolo
che fu tenace nella sua antica religione quanto forse non
è stato giustamente rilevato finora. Con ciò io non voglio
dire che le chiese nel Foro abbiano fatto per i monaci
greci che vi officiavano nel vi secolo, l'ufficio che facevano
le catacombe per i cristiani del i e del 11 secolo, né dimi-
nuire oltre il giusto il valore del fatto per se stesso.
Delle due chiese, la II della nostra pianta, posta fra
il tempio delle Vestali e quello di Castore e Polluce, ha
nell' abside la rappresentazione del Martìrio dei Onarauta
di Sebaste. Questa storia dipinta nella parte più interna e
più sacra della chiesa, dove generalmente si dipingeva l'im-
magine che dava il titolo al luogo, ci ix sospettare che
r edificio fosse dedicato alla schiera di soldati, vittime del-
l' imperatore Licinio. E questa ipotesi parrebbe confermata
<\a un altro indizio.
Xcir esterno dell'abside sopra il muro (a) di rinforzo
della prima colonna appoggiata alla cappella, che, come ve-
(i) Liber cit. II, 25 e :\(\ nota i<>.^.
520 V, federici
(iremo, è di costruzione posteriore al resto deircdificio (i),
fra i quattro tondi danneggiatissimi, uno ha la leggenda
O AriOC GY^^Y['^'^^']» iio""'^ portato da non pochi
santi, ma anche da uno dei Quaranta martiri di Sebaste.
Alla possibile identificazione si opporrebbe la ragione ico-
nografica; perchè si sa che i Quaranta erano soldati giovani,
forti, belli e tali sono dipinti nell* abside: se non belli, forti,
giovani certo, mentre V GyoyKìOC non è più gio-
vane ed ha la barba. Ma non dobbiamo dimenticare che
la ragione iconografica non è sempre assolutamente sicura
anche per le varie opere di un medesimo pittore: come
potrà invocarsi per opere di pittori diversi e di tempi di-
versissimi come sono quelli dei due affreschi citati ? Questa
constatazione, qualora potesse essere confortata da qualche
testimonianza antica, non sarebbe senza valore per la storia
del culto dei martiri di Licinio e del governatore Agricola.
Finora poche chiese si conoscevano intitolate a quei
nomi e quelle poche molto recenti. Il culto ai Quaranta
martiri se era molto vivo nei primi secoli posteriori al loro
martirio, par che venisse lentamente affievolendosi a mano
a mano che col tempo se ne allontanava Favvenimento (2).
(1) V. pp. 535-36.
(2) Nella Vita di Leone III {Liber cit. Il, 25) è ricordato un
«. oratorio Ss. Cosma et Damiani qui ponitur in xenodochium qui
« appellatur Tucium » : la parentela fonetica dell'appellativo « Tu-
« cium » col « vicus Tuscus » non ci pare sufficiente a stabilire la
identità di questo xenodochium e quindi dell'oratorio dei Ss. Cosma
e Damiano con il monastero di cui troviamo tante tracce in questi
scavi e quindi con la II delle due nostre chiese (cf. p. 519). Nella
stessa Vita di Leone III (ivi, p. 26) si parla, subito dopo la diaconia
di S. Maria Antica, di un « oratorium S. Andree » posto « ubi su-
«pra», cioè nella stessa diaconia di S. Maria Antica, come com-
menta lo stesso DucHESNE a questo passo (ivi, p. 46, nota 109). Dopo
quanto ho osservato a proposito della prima chiesa e dei Quaranta
martiri rappresentati nella sua abside, non penso nemmeno ad iden-
tificare V oratorium del biografo di Leone con questa chiesa. Il Va-
Santa oMaria oAntiqua 521
Non è necessario, cred' io, riferire T importazione dì
questo culto in Italia all' ingresso delle truppe bizantine a
Roma con Belisario. È noto che di questo martirio si ser-
viva già per ornare le sue orazioni il vescovo Gaudenzio (i)
verso la fine del secolo iv. Non più antica di questo tempo
può essere dunque la nostra chiesa. Al secolo vi ci riporta
r epigrafe mortuaria scoperta sul pavimento fuori dell'ab-
side (2); ai secoli vi-vii i graffiti greci e latini sui muri
della cappella e l' iscrizione greca in onciale sul sarcofago
del gerusiarca (3). Di questa chiesa prima degli scavi non
si sospettava nemmeno l'esistenza. Essa era sepolta sotto
le fondamenta di S. Maria Liberatrice (che posavano lungo
il muro destro dell* abside) e si protendeva con il resto
delle navate parallelamente alla Nova vìa (4). Dell'altra
LERi, in un suo studio pubblicato da pochi giorni (/ monumenti cri-
stiani del Foro Romano in Rivista d' Italia, 15 dee. 1900, p. 710), per
confortare l' ipotesi sua dell' identità di S. Francesca Romana con
S. Maria Antica, riporta una epigrafe, tolta dalle schede del defunto
Stevenson (cod. Vatic, 10548, e. 45) e da questi trovata « presso uno
(( scarpellino in via dello Stradone di S. Giovanni, già credo al Tempio
«di \'enere e Roma», nella quale è ricordato un sant'Andrea:
/ORTITER ANDREAS XPM CRVCE MORTE FATETVr
ma l'argomento, a parte il valore discutibile dell'epigrafe, non mi
pare molto valido. L' « oratorium S. Andree » è nominato nella Vita
di Leone III (795-816) subito dopo la diaconia di S. Maria Antica,
la quale è ancora detta « quae appellatur Antiqua », proprio come è
nell'epigrafe scoperta nella navata sinistra di cui parleremo in seguito,
che è del tempo di papa Zaccaria (741-752): testimonianze ambedue
anteriori alla ricostruzione di Leone IV (847-855). Se dunque, al-
meno fino a Leone III, la S. Maria Antiqua è quella scoperta, come
vedremo, sotto S. Maria Liberatrice, 1' « oratorium S. Andree » posto
presso S, Maria Antiqua, doveva essere vicino più al tempio dei Dio-
scuri che all'arco di Tito.
(i) Acta Sane ter um, io marzo, p. 14.
(2) V. p. 562.
(3) V. p. 562.
C4) Lanciani, Forma urbis Romac, tav. 29.
522 F. Jederici
invece (I della nostra pianta) si conosceva il nartece ap-
parso negli scavi del 1884 (i) e la parte superiore dell'ab-
side scoperta per caso quando nel 1702 le monache di
Ter di Specchi, che possedevano la chiesa di S. Maria
Liberatrice, bisognando di tavole per fabbricare, affittarono
ad un capomastro muratore il giardino dietro la chiesa
suddetta. Allora « ad un tiro di sasso » dalla moderna ab-
side di S. Maria si scoperse un' « abside antichissima » ap-
partenente ad una chiesa « venti e più palmi depressa di
« sito con pitture del Salvatore crocifisso, di molti santi
« fra i quali la figura di Paolo I, col diadema quadrato in
« segno eh' era vivente » (2).
Questa chiesa il Lanciani colla guida dell' Itinerario di
Einsiedeìn (^l) aveva identificata con a S. Maria Antiqua »,
per primo discordando dalla vecchia teoria, ostinata nel
fare una cosa sola di S. Maria Antica e S. Maria Nova
(ora S. Francesca Romana). La nuova opinione, accolta
e sostenuta anche dal padre Grisar (4), trovò un opposi-
tore ardente nell'abbate Duchesne, che in un magistrale
(i) Wotiiie degli scavi, 1885, p. 156; cf. De Rossi, Bulìettino,
1885, P" 142.
(2) Arch. storico Capitolino, Diario di Roma dell'anno 1702,
cred. XIV, to. 12, e. 115. Il volume, che è di mano del Valesio, è
cartaceo, di ce. 355, e contiene le notizie, in ordine cronologico, più
importanti dell'annata. Nella medesima e. 115, dove è la relazione
del ritrovamento, è riprodotto in acquarello il disegno della tribuna
con gli affreschi che si vedevano allora. L'acquarello ha la scritta:
Veduta dell'antichissima chiesa scoperta nel Campo Vaccino
l'anmo 1702; cf. Cancellieri, Storia dei solenni possessi &c., Roma,
Lazzarini, 1802, p. 370, nota 4.
(5) R. Lanciani, L' itinerario di Einsiedeln e V Ordine di Bene-
detto canonico in Monumenti antichi, pubblicati per cura dell' Acca-
demia dei Lincei, voi. I, puntata 3", 1891, e Forma urbis Romae, tav. 29.
(4) In Zeitschrift fiìr catolische Theologie, XX, 113, e in Civiltà
Cattolica, 1896, p. 458 sgg. ; Storia di Roma e dà papi nel medioevo,
I, I, 327 sgg.
Santa C\Iarta oAntiqua 525
lavoro pubblicato nel 1897, giunse a conclusioni che allo
stato delle conoscenze d' allora parevano irrefragabili.
Il Duchesne affermava che, rigettata la testimonianza
àtW Itinerario in questo punto guasta, e restituito nella sua
integrità il passo, pervenutoci incompleto della Vita di
Benedetto III nel Liber Ponlificaìis, nessun altro monu-
mento, nessuna tradizione monumentale o leggendaria as-
segnano a S. Maria Antica il posto che le si vuol dare
dal Grisar e dal Lanciani ; che nessuna testimonianza seria
permette di stabilire V esistenza di un monumento reli-
gioso prima del secolo viii nei pressi di S. Maria Libera-
trice, e che la chiesa, intravista ivi nel 1702 e nel 1884,
fu edificata in onore di S. Antonio e non della Vergine,
il cui nome comparisce in quel luogo molto tardi (i).
Questa opinione, sostenuta con tanta dovizia di dot-
trina e con tanta acutezza, parve confermata dalla pubbli-
cazione del Tahularinm S. Mariae Novae iniziata dal dottor
Fedele, in questo stesso Archivio (2), nel quale non poche
pergamene del secolo xi chiamano la discussa chiesa nello
stesso modo del passo dal Duchesne ricostruito nella Vita
di Benedetto III: « diaconia quae olim Antiqua vocabatur
<( nunc autem Nova ».
Sui nuovi documenti principalmente si fondavano il
Fedele (3), il Padre Lugano che riprese la questione da
capo (4) e A. Valeri in un recente studio sui Moruunenti
cristiani del Foro Romano (^$): tutti e tre a sostegno della
(i) 5. Maria Antiqua. Notes sur la lopographic de. Rome au moycii
àgi in Mèlanges d'archeologie et dlnstoireyWlV^ i\nn(:Q,{:ìSc. i, p. 13 sgg.
(2) Archivio della R. Soc. rom. di st. palr. XXIII, 171 sgg.
(3) Per la topografia del Foro Romano nel medio evo in Arch. cir,
XXII, 559 sgg.
(4) 5. Maria Antiqua e le origini di S. Maria Nova de Urbe al
Foro Romano, rivendicate su documenti finora inediti. Saggio storico-
topografico, Roma, tipografia degli Artigianelli di S. Giuseppe, 1900.
(5) Art. cit. in Rivista cit.
Archivio della lì. Società romana di storia patria. Voi. XX HI. ì \
524 V. federici
loro convinzione che era la medesima espressa dall' abbate
Duchesne.
Gli scavi hanno dato ragione al Lanciani. La chiesa,
segnata I nella nostra pianta, che è quella di cui nel 1702
si vide parte dell'abside e nel 1884 parte del nartece, è
S. Maria Antica. Ce lo dice una iscrizione scoperta in fondo
alla navata di sinistra. Questa cappelletta ha tutte le pareti
dipinte con istorie rappresentanti il martirio dei santi Qui-
rico e Giulitta. Sul muro di fronte sotto la grande Cro-
cifissione sono dipinte sette figure: nel mezzo la Vergine
in trono col Bambino in braccio, con Pietro e Paolo ai
lati, a sinistra santa Giulitta e Zaccaria papa col nimbo
quadrato, a destra san Quirico e Teodoto che offre, volto
verso Maria Vergine, una chiesa, quella di S. Maria Antica.
L' iscrizione, in tinta bianca, si legge sopra il capo di
Teodoto:
^ [tJheodotvs PKiM(icer)o defensorvmj et d[ispen]-
SATORE SANCTE DEI | GE[NtTRl]ciS SENPERQ.VE | BIRGO MAr[i]a
QVE APPELLATUR I ANTIQ.A.
Questa iscrizione e tutto V affresco ci riportano dunque
ai tempi di Zaccaria papa, alla metà del secolo vili (741-
752). Perchè non c'è dubbio che il gruppo di Teodoto e
Quirico formino un tutto unico col gruppo della Vergine
e degli apostoli e con 1' altro di Zaccaria dipinto vivente
e di Giulitta che sono nella medesima zona e d' un me-
desimo pennello.
Viveva allora quel « Theodotus » , zio di Adriano I,
di nobilissima famiglia (i), il medesimo che restaurò e
consacrò la chiesa di S. Angelo in Pescheria, dove rimane
di lui un ricordo epigrafico i cui dati cronologici conven-
gono egualmente bene cogli anni 755 e 770 (2).
(i) Liber cit. I, 486.
(2) L' iscrizione, riportata anche dal Duchesne (Liber cit. I,
514, nota 2), dice che la chiesa fu dedicata nell'anno 6263 del
mondo, nell'viii indizione, a tempo di Stefano « papae iunioris »,
Santa Ilaria Q^n tigna 525
Nella iscrizione di S. Angelo il « Theodotus » già duce
(« holim dux ») è chiamato primicero (« nunc primice-
« rus »). Nella iscrizione di S. Maria Antica il « Theodo-
« tus » non ha titoli ; ma il vederio dipinto in atto di of-
frire alla Vergine una chiesa farebbe sorgere il dubbio
chi egli fosse già primicero ai tempi del papa Zaccaria.
Comunque, egli affida la chiesa al primo dei difensori,
« primicero defensorum ».
I « defensores » avevano nel medio evo il doppio uf-
ficio di difensori dei poveri e delle chiese di cui dove-
vano curare quanto valesse a promuoverne l'incremento (i).
Il capo di questo collegio era il primicero dei difensori detto
pure primo primicero. l\ primicerus defensorum era uno dei
più alti uffici ecclesiastici della curia : esso accompagnava
il pontefice e lo aiutava insieme col primicero di S. R.
Chiesa e col secondicero a vestirsi quando doveva cele-
brare il divin sacrificio in qualche stazione, lo assisteva
sempre con i due compagni durante la messa, lo accompa-
gnava quando si recava alla stazione di S. Maria Maggiore
e insieme col secondicero, tornato il papa, lo ricondu-
ceva, per mano, nelle sue stanze (2). Ricordi di defen-
sores sono nella Vita di Felice III (3), di Gregorio III (4),
di Adriano I, dove comparisce un « defensor regiona-
« rius » (5) e un « Anastasium primum defensorum » fra
i messi spediti da Stefimo a Desiderio re dei Langobardi
per ricordargli certe sue promesse (^). Pari in dignità a
questo Anastasio è il « primicero defensorum » della no-
stra iscrizione, che era « dispensator » di S. Maria An-
(i) Galletti, Dd primicero della 5. Sede apostolica, Roma, Sa-
lomoni, 1776, p. 152.
(2) Ivi, p. I I sgg.
(5) Liber cit. I, 252.
(4) Ivi, p. 416
(5) Ivi, p. 489.
(6) Ivi, p. 487.
52^ V. federici
tica (i). Con questo stesso significato è ricordato una volta
nel Liber Pontificalis un « dispensator » in un passo della
Vita di Adriano I che si riferisce alla diaconia dei Ss. Ser-
gio e Bacco. Il papa restaurò questa chiesa venendo in
aiuto dell' amministratore di essa che non aveva mezzi di
fiirlo, perchè il tempio della Concordia, presso il quale la
chiesa sorgeva, da tempo pericolante era finalmente ca-
duto su di essa e l' aveva distrutta (2). Come Adriano
soccorre l' amministratore dei Ss. Sergio e Bacco, Teodoto
aiuta quello di S. Maria Antica anch'esso forse impotente a
ricostruire la chiesa deperita. Perchè questa appare infatti
nel disegno ornata di marmi nelle due facciate e nelle due
porte e ricoperta da una volta a nervature.
Dei tempi vicini al pontificato di Zaccaria pochi nomi
ci soccorrono col titolo di « primicerus defensorum ». Ac-
(i) Nella iscrizione « dispensatore « invece del dativo « dispen-
« satori » voluto dalla grammatica del periodo. Dello scambio, credo
noti vorrà meravigliarsi nessuno che abbia pratica del latino me-
dioevale, specialmente nelle iscrizioni. Di un dispensatore di S. Maria
Nova (ufficio quello del dispensatore delle chiese notissimo nel medio
evo) è memoria in una pergamena dell' ottobre 1002 (P. Fedele,
Tahiilarium S. Mariae Novae, in Arch.cìt.,perg. 11, p. 184). La stessa
ragione per la quale il « dispensatore » può interpretarsi per « di-
ce spensatori » mi suggerisce l'altra spiegazione dell' intera epigrafe :
« Theodotus primicerus defensorum et dispensator sancte Dei » &c.
L'offerta della chiesa, in questo caso, verrebbe fatta da Teodoto di-
rettamente alla Vergine.
(2) Cos'i mi pare che debba interpretarsi il periodo, non molto
chiaro, del Liber Pontificalis (ed. cit. I, 312) che dice: « Item diaco-
« niam sanctorum Sergii atque Bachi, eiusdem diaconiae dis pen-
te sator, propter metum templi quod situm super eam videbatur,
« evertens super eandem ecclesiam a fundamentìs ipsam basilicam
« exterminavit, quam restaurare minime valens, misericordia motus
« ob eorum martyrium amorem, hic praesagus antistes, a fundamentis
« in ampliorem restauravit decore nimio statum », Non vedo, almeno
nel testo latino, il significato che gli ha dato il Ducheske (Le Forum
chrétien, Roma, Cuggiani, 1899, p. 49) desumendolo forse da altre
testimonianze.
Santa ^^an'a oAntiqua 527
cenno solo a quel « Petrum primiim defensorum » che
nel 7^1 viene mandato da Paolo I al re di Francia Pi-
pino, come « fidelissimum missum » del pontefice (i). Ad
un ufficiale di pari grado a questo Pietro affida il nobile
Teodoto la chiesa restaurata di S. Maria « qui appellatur
« Antiqa ».
Con questo medesimo nome « Basilica quae appellatur
« Sancta Maria Antiqua », è ricordata la chiesa nel codice
della biblioteca Capitolare di Salzburg (n. 209, ora in
\'ienna 1008), scritto nel secolo ix o x, che il De Rossi (2)
crede compendio di un libro più vasto che par risalga
agli anni del pontificato d'Onorio I (625-^40); cosi nella
biografia di Leone III (795-81^) che la arricchì di arredi
sacri (3): e quest' appellativo essa conservò ancora per
circa un altro mezzo secolo, fin quando cioè, rovinata, fu
restaurata da Leone IV (847-855) « a fundamentis » ed
anche dopo come appare da un passo della Vita di Bene-
detto III (855-858): « basilica. . . qui vocatur Antiqua » (4).
Ma già lo stesso biografo di Benedetto allude chiaramente
al nuovo periodo della storia dell' edifizio, iniziato dalla
ricostruzione di Leone IV, in un altro passo della Vita di
quel pontefice giunto a noi corrotto e felicemente ri-
costruito dal Duchesne: « basilica beate Dei genitricis
« quae olim antiqua vocabatur nunc autem [nova dicitur
(i) MiGNE, Palr. Lai. XCVIII, 182. Non mi fermo nemmeno
un momento, benché l'anno in cui comparisce converrebbe all'età
della nostra iscrizione, su quell'Anastasio di una bolla di Stefano II
« data per m. Anastasii I episcopi dioeccsanorum S. S Apostolice »
che il Galletti {Del primiccro cit. p. 155) vorrebbe correggere:
«data per m. Anastasii primicerii defensorum S. S. Apostolice»,
perchè la bolla è ritenuta ancora oggi spuria (Jaffi'ì L., Regesta pout.
h 2310).
(2) Roma sotterranea cristiana, I, 14^-53.
(3) Liber cit. II, 26.
(4) Liber cit. II, 145.
528 V. feden'ci
« quae] sita est <Scc. » (i) e confermato dalla Vita di Nicola IT
(858-867) (2) il quale fi^ce pure ornare la chiesa, « pul-
ce Chris ac variis fecit depingi coloribus » : parole che ben
si convengono agli affreschi ora scoperti nella antica
chiesa ma che male potevano riferirsi al musaico di S. Fran-
cesca Romana non anteriore al secolo xii (3).
Vicino a questa chiesa Giovanni VII aveva fatto ele-
vare la sua casa, « super eandem ecclesiam episcopium quan-
te tum ad se construere maluit », vi andò ad abitare e vi
finì la vita: « illicque pontificati sui tempus vitam fini-
te vit » (4). Abbiamo già accennato alle tracce di altre
costruzioni medioevali in un lato della chiesa I. Ancora
costruzioni medioevali si vedono vicino air abside della
chiesa II, vicino alle sostruzioni del tempio dei Dioscuri e
intorno al sacro fonte di Giuturna. La lezione del Liber
Pontificalis non è dubbia : V « episcopium » doveva essere qui
air angolo nord del Palatino « super eandem ecclesiam »
presso (5) la chiesa di S. Maria Liberatrice e non dove lo
poneva Giov. Batt. De Rossi (6) vicino alla « turris char-
«tularia... edificata addosso all'arco di Tito verso il
« Palatino ». Questa ubicazione si intendeva quando la mo-
derna S. Francesca Romana era creduta il rinnovamento
di S. Maria Antica e di S. Maria Nuova. Conferma della
verità rivelata dagli scavi recentissimi s' ha nella scoperta
fiitta nel 1883 nelF ultimo angolo dell' atrio delle Vestali,
verso il Foro e verso la chiesa di S. Maria Liberatrice (7)
di un tesoro di monete anglo-papali cosi bene illustrato
(i) S. Maria Antiqua &c. in Mélanges cit. p. 27.
(2) Liher cit. p. 158.
(3) De Rossi, Musaici, tav. xxxiii.
(4) Liher cit. I, 385.
(5) Mi pare ovvia l' interpretazione che alla frase dà il Padre
Lugano (op. cit. p. 35).
(6) Noti:(_ie degli scavi di antichità, 1883, p. 495 sgg.
(7) Ivi, p. 493.
Santa oMaria oAntiqua 529
dal De Rossi. Si ripensi al luogo dove furono trovate
quelle monete, vicino cioè a S. Maria Liberatrice ; si ri-
pensi alla fibula che il De Rossi crede appartenesse ad uno
degli alti personaggi della corte pontificia, ad un arcarius
o ad un vestararius, con sopra inscritta la leggenda j- domxo
MARINO PAPA che V illustre archeologo bene determina sia
stato Marino II (942-946) (i); si ripensi ai tegoloni col-
r impronta del sigillo f IQANN(y]?) appartenente al pe-
riodo romano bizantino, pel quale il De Rossi pone in-
nanzi la doppia ipotesi che possa rìconoscervisi o il nome
del figulo o pure il figlio di Platone, dell' illustre restaura-
tore delle prisca palatia dei Cesari, di nome Giovanni, che
poi divenne papa col nome di Giovanni VII. Tutte queste
particolarità concorrono mirabilmente a localizzare T episco-
piiim in quel gruppo di avanzi di costruzioni medioevali
che sono addossate all'abside dei Quaranta, intorno al
fonte di Giuturna e al lato nord della casa di Vesta.
L* episcopiuntj ì Santi Quaranta e S. Maria Antiqua for-
mavano, nel secolo viii, al tempo di Giovanni VII, un
vasto corpo di edificii religiosi che occupava la linea in-
terna nord-sud del teiuplum divi Augusti, la linea sud-nord
che dal fonte di Giuturna costeggia la Nova via e la linea
nord-sud che dall' abside dei Quaranta giunge alla aedes
Vcslae, lungo le pendici del Palatino. E con 1' episcopio
r altro edificio pontificio, la Ttirris chartuìaria che faceva
parte del palazzo papale. Né a questa ubicazione contrasta
un passo del biografo della Vita di Gelasio (i 1 18-1 119) (2)
dove e detto che i cardinali per eleggere il novo papa si
ritirarono in luogo sicurissimo « veluti qui curie cedit »
nel monastero « quod Palladium dicitur ».
Di questo convento si vedono gli avanzi presso S. Se-
bastiano alla Polveriera. Il Duchesne spiega il « veluti qui
(1) Svli;ic cit. p. 490.
(2) Libcr cit. II, 31}.
530 V. Jederici
« curie cedit » con la vicinanza del monastero e del pa-
lazzo pontificale che, secondo le conclusioni del De Rossi,
si sarebbe elevato presso la Ttirris chartidaria (i). Ma non
era forse sottoposto alla curia il monastero stesso « quod
« Palladium dicittir »? I cardinali ben si sentivano sicuri
nel recinto sacro indipendentemente dalla vicinanza del-
Yepiscopinmy che del resto non era nemmeno molto lontano
dal monastero anche se elevato, come realmente era, più
vicino al palazzo di Augusto che all' arco di Tito.
Ma il biografo di Benedetto nella seconda testimo-
nianza, che ho recata sopra, determina la località di « S. Ma-
« ria Antiqua viam iuxta Sacram ». Leone IV quando ri-
costruì la chiesa ne cambiò dunque il sito primitivo e la
innalzò di nuovo presso T arco di Tito nel luogo dove
ora sorge S. Francesca Romana ? Io non credo : nella
S. Maria Antica scoperta ora v' hanno tracce di pitture ben
posteriori alla ricostruzione di Leone IV e tracce di iscri-
zioni, specialmente due mortuarie e quella che ricorda un
« Leo » nel nartece (2), che non possono essere molto
lontane dai secoU xi-xii. E non anteriore a questo tempo
deve essere il pavimento del presbiterium, pavimento a
mosaico con il nome del compositore, in itahano, inciso
in un tondo a destra di chi entra: matia compse. Certo
la testimonianza della Vita di Benedetto ha il suo va-
lore, ma da sé sola non mi pare che valga a togliere
importanza agU elementi che abbiamo testé ricordato.
Oltre di che, pur non ripetendo 1' argomento che il testo
della Vita di quel papa ci è pervenuto in cattive condi-
zioni, perchè potrebbe parere argomento troppo comodo,
noi non sappiamo fin dove si sarà esteso quel vasto corpo
di edifici religiosi comprendente due gnandi chiese, un
episcopio ed un archivio pontificio. Non poteva per av-
(i) Lib. cit. II, 310, nota 14.
(2) Vedi p. 538.
Santa oMaru'a Contìgua 531
ventura giungere fin dentro nel cuore del Foro, presso la
Sacra via? E volendo il biografo di Benedetto determinare
la località della chiesa, quale altra strada era più vicina a
questi edifici, che potesse, anche per la sua importanza,
venir subito sulla penna del cronista ?
Più importante certo della Nova via (i) che gli scavi
recenti hanno rivelato chiusa completamente poco oltre l'in-
gresso di S. Maria Antiqua da un muro di costruzione
imperiale e sbarrata più innanzi da due muretti che con-
giungevano le due chiese ; si che forse al tempo del bio-
grafo non esisteva nemmeno (2). All' interpretazione del
passo « viam iuxta Sacram » alla quale ci fanno incli-
nare le condizioni degli scavi novissimi, non contrastano
i documenti del secolo xi di S. Francesca Romana pubbli-
cati finora dal dott. Fedele (3): di essi, sette hanno la de-
signazione della chiesa « quae appellatur Nova » semplice-
mente, e vanno dal 7 marzo 982 al 19 maggio 1089 (4);
nove hanno invece V altra « quae holim Antiqua nunc
« Nova vocitatur » e vanno dal 24 giugno loii al 31 mag-
gio 1093 (5). Ma insieme con queste due denominazioni
non s' incontra mai nessun dato topografico che valga a
farci credere ad una traslazione dell' antica diaconia nel
posto dove più tardi sorse la moderna S. Francesca.
Già dopo quanto ha scritto recentemente il Valeri (6) a
proposito delle pretese traslazioni di titoli presbiterali o
(i) Lanciani, Forma cit. tav. 29.
(2) La testimonianza del passo già citato di san Gregorio
(v. p. 518) che ci darebbe esistente questa via alla fine del vi secolo
non sappiamo se debba riferirsi alla via in questione.
(3) V. p. $23; Archivio cit. XXIII, 171 sgg.
(4) Sono le pergamene i, 11, xviii, xxiii, xxvi, xxvii, xx\ 111.
(5) Sone le pergamene iii, vi, xi, xvi, xvii, xix, xx, xxv, xxx.
Non riporto le semplici varianti di parola che non alterano il valore
della designazione.
(6) Art. cit. p. 107 sgg.
532 V, Jeden'ci
diaconiali da una chiesa ad un* altra nell'età di mezzo,
dovremo guardarci dal ricorrere troppo facilmente ad una
ipotesi che sarebbe ben comoda, specialmente quando,
come nel caso nostro, della antica chiesa rimangono
tracce così significanti del medioevo più recente. Quindi
noi non siamo alieni dal pensare che S. Maria Antiqua,
adattata nel templum divi Augusti, abbia continuato a vi-
vere anche dopo che dalla ricostruzione di Leone IV
essa s* ebbe il nome « quae olim Antiqua nunc autem
«Nova vocatur », per qualche secolo ancora, fin al tempo
cioè delle più recenti pitture, delle più recenti epigrafi
che si vedono nel suo nartece e del pavimento di Mattia;
che quando poi, nei secoli xi-xir, un terremoto fortissimo,
come mi suggerisce il direttore degli scavi ing. Boni,
od altre cause ne riempirono i vani di grandi rovine, ciò
che fu scampato dal danno passasse nell' altra chiesa della
regione IV, presso il Colosseo, alla quale per la vicinanza
dei luoghi la tradizione attribuì l'antichità, il decoro e il
nome della primitiva S. Maria Antiqua, presso la quale
Giovanni VII aveva costruita la sua residenza.
Colla vicinanza della residenza pontificia ci spieghiamo
anche la grande ricchezza di pitture in questa chiesa, dove
non era un palmo di muro che potesse capire un pen-
nello e che non fosse ornato da pitture. Strati d' intonaco
dipinti ve ne sono molti specialmente neir abside, ed il
primo risale forse ad un tempo più antico di quello indi-
catoci dal primo ricordo che della chiesa abbiamo nel cata-
logo Salzburgense (i). Vi fece dipingere poi Giovanni VII
(705-707) : « basilicam Dei genitricis qui Antiqua vocatur
« pictura decoravit illicque ambonem noviter fecit » (2);
(i) Cf. p. 527.
(2) Libercìt. I, 385. Mentre rivedo le prove di stampa di questa
nota mi giunge la notizia che è stato scoperto negli ulteriori sterri
presso Viconostasis il fondo ottagonale di un ambone, certo quello di
Santa oMaria cAniiqua ^^^
de! tempo di Zaccaria (741-52) sono tutti gli affreschi rap-
presentanti la storia dei santi Quirico e Giulitta del fondo
della navata sinistra (tranne forse la scena della Crocifis-
sione nell' edicola superiore che par più recente); vivente
Paolo I (757-^8) furono eseguiti i freschi del centro del-
l' abside. Dopo la ricostruzione di Leone IV, dalla quale
dobbiamo escludere il fondo della navata sinistra con le
storie del martirio dei santi Quirico e Giulitta e l'abside
centrale della chiesa, Nicola II (858-8^7) la rende bella di
pitture numerose, « pulcliris ac variis fecit depingi coloribus
« augens decorem et plurimis corde puro ornavit speciebus »,
quelle forse di cui rimangono tante figure nel muro late-
rale della navata sinistra. Furono già giudicati del se-
colo XI (i) gli avanzi pittorici del nartece che potranno
esser più sicuramente datati dalla immagine di un papa
dipinta sul muro di destra dello stesso nartece, se sarà
possibile completare la lettura della leggenda danneggia-
tissima al lato sinistro del nimbo quadrato di essa.
Per migliore intelligenza facciamo seguire una pianta delle due
chiese novamente messe alla luce, delineata dall' ingegnere Gustavo
GiovANNONi e dall'ingegnere Tommasimi, accompagnandola con una
descrizione architettonica che dobbiamo pure alla cortesia dell' inge-
gnere Giovannoni.
V. Federici.
Giovanni VII, sul ciglio del quale sono inscritte da un lato le parole:
lOHANNES SERVVS SCE MARIAE
e dall'altro:
IQANNOr AOrAOr THS eEQTOKOr
Secondo C. Maes (Basilica pp. Itilii I iuxta Forum, Roma, tip.
della Pace, Cuggiani, 1901), si riferirebbe alla dissotterrata S. Maria
Antiqua il passo controverso della biografia di Giulio I (Liber Poti-
tif. I, 205), secondo il quale quel papa avrebbe costruito una basilica
« iuxta Forum ». Sulla questione torneremo in altra occasione.
La nuova scoperta conferma pienamente le nostre osservazioni.
(1) Dk Rossi, /?/<//. 1885, p. 142.
534 ^- J^derici
APPENDICE.
I.
Descrizione architettonica.
Delle due chiese tratte alla luce dai recenti scavi del Foro Ro-
mano, l'una, quella indicata nella nostra pianta con I, è una basi-
lica importante e completa, l'altra, la II, ha l'apparenza d'un sem-
plice e modesto santuario.
Ambedue si adattano a preesistenti edifici romani. La prima, che
occupa il vano tra la rampa che ascende al Palatino e il templiim divi
Anglisti, è racchiusa da muri potenti, dell' epoca imperiale. È prece-
duta da una vasta sala, il nartece della chiesa, che ha l' ingresso
principale sulla Nova via, sulla strada romana cioè che andava a
raggiungere all'arco di Tito la via Sacra prima che, ancora nei bassi
tempi dell' impero, un muro trasversale venisse a sbarrarla subito
dopo r ingresso alla rampa del Palatino. Ha questa sala nelle pareti
la traccia delle antiche nicchie alternativamente rettangolari e semi-
circolari che ne costituivano la decorazione; altre nicchie più re-
centi e più basse si aprono nei muri sovrapponendosi alle antiche o
intersecandole. Una grande volta doveva costituire la copertura, ed
un pilastro nel mezzo dell' ambiente, costituito da massi frammen-
tari di pietra (tra cui si riconoscono i blocchi di peperino tratti dalle
sostruzioni del prossimo tempio dei Dioscuri), mostra un tardo ten-
tativo di sostenerla ed impedirne la completa rovina mediante un
appoggio intermedio. Dal nartece per un grande arco si entra nella
chiesa: è questa una vera basilica ricavata forse utilizzando la strut-
tura di un antico atrio; non grandi ne sono le dimensioni: all' in-
circa 20 metri la larghezza, e circa 31 metri la lunghezza dall'arco
d'ingresso al fondo dell'abside; ma ricchissima la decorazione co-
stituita da dipinti a fresco che ne coprivano completamente la super-
ficie delle pareti e perfino quella delle colonne. Quattro pilastri d'an-
golo e quattro colonne di stile corinzio, due a destra, due a sinistra,
limitavano la navata centrale; la quale doveva evidentemente ele-
varsi più in alto delle volte a botte che. ricoprono le navate laterali
e gli anditi trasversali, sia per poter essere illuminata dall'alto, sia
Santa oMaria oAiitiqua 555
per la statica delle colonne che richiedeva un forte carico verticale
che venisse a comporsi colla spinta orizzontale delle volte. I fusti
delle colonne ed i capitelli corintii ancora di fattura classica sono tutti
rinvenuti e potranno essere di nuovo elevati sulle basi. Subito dopo
r arco trionfale si trova nel fondo V abside, la cui nicchia, piccola e
poco profonda, appare scavata in un vecchio muro; ai suoi lati sono
due cappelle rettangolari, il diaconicon e il protbesis, che si aprono
sull'asse delle navate laterali; i soli spazi sui quali ancora siano ri-
maste intatte le volte di copertura: due volte a botte molto alte a
struttura concreta, sul cui intradosso le impronte delle tavole stanno
ancora ad indicare il semplice procedimento costruttivo.
Tutta una serie di muretti alti circa 80 centimetri, ricoperti an-
ch'essi di pitture, costituiscono le divisioni tra le varie parti della
basilica ; e ad alcuni di essi è addossato uno zoccolo di muro più
basso che doveva servire da sedile. Gli spazi laterali (^A e B) da
essi limitati subito a destra ed a sinistra dell' ingresso racchiudevano
forse i due amboni in cornu epistolae e in cornu evangeìii; quasi tutta
la navata centrale era occupata daWa schola cantorum (C) ; il muretto
indicato con d limitava il presbiterio ed erano probabilmente elevate
su di esso le colonnine che costituivano l' icojwstasis, delle quali due
sono state là vicino rinvenute. Nel presbiterio erano la cattedra ve-
scovile e il ciborio, di cui sono state ritrovate le colonnine tortili che
lo sostenevano, ed una delle fronti il cui intaglio in marmo, che ri-
corda molto quelli dell'altare di Valpolicella, ci riporta al vii o al-
l' vili secolo. Appunto nel presbiterio è la parte più conservata del
pavimento. È questo a mosaico ed appartiene forse al secolo xii o xiii
al qual tempo pare si possa attribuire la frase inscritta in esso in-
torno ad un tondo: matia comp(o)se.
La chiesa che abbiamo indicato col n. II trovasi dall'altra parte
della via Nova dirimpetto alla rampa del Palatino ed occupa una
parte del portico romano, di cui ora tornano in luce gli avanzi, che
fronteggiava tal via nel lato sinistro. Questa chiesa, che estendevasi
precisamente al disotto delle fondazioni di S. Maria Liberatrice, ha
il suo muro laterale di est adiacente al fonte di Giuturna. La sua
orientazione è dal nord al sud, quasi ortogonale rispetto a quella
della basilica I, È essa un semplice grande ambiente rettangolare nel
cui fondo è l'abside; nel lato maggiore volto al tempio dei Dio-
scuri si apre la porta d' ingresso e forse un atrio la precedeva ed
aveva accesso dalla via fiancheggiante detto tempio. Anche qui
tutte le pareti portano importantissimi avanzi delle pitture che le
adornavano, di affreschi ricchi di figure, di zoccoli a finto marmo
o a drappeggi; e tracce d'intonaco e di pittura si trovano anche
^$6 V. federici
nella parete esterna del muro anteriore e dei pilastri che in quel
lato sono venuti a racchiudere e a rafforzare le colonne dell'antico
portico. Il pavimento del santuario era a mosaico. Ai due lati del-
l'abside restano ancora le testate di due muretti che venivano a se-
parare dal resto della chiesa il presbiterio.
Il tipo della struttura romana appare sempre in queste costruzioni
di cui ci siamo ora occupati; tanto che nella costanza dei materiali e
del procedimento costruttivo è ben difficile in essi sceverare da muri di
epoca classica, muri di periodi più vicini a noi. Addossate tuttavia ai
due monumenti altre traccie di costruzione appaiono che indicano chia-
ramente un'epoca ancora più tarda e più rozza: sono muri di piccolo
spessore costituiti da mattoni sovente irregolari e da una malta spessa
e friabile; sono tracce di volte di calcestruzzo di massa informe e
quasi sprovviste di legature coi muri d' imposta. Anteriormente alla
chiesa II si ha, ad esempio, un tratto di muro, che indicheremo
con la lettera K, di questa struttura veramente medievale, che è con-
formato a nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari, e
che sembra racchiudere una sala, quasi un nartece del santuario.
Più in là intorno al pozzo di Giuturna ed alla fontana, fiancheg-
giami la via parallela al tempio dei Dioscuri, altre traccie di queste
costruzioni appaiono per ogni dove sino quasi alla Sacra via, indizio
di tutta una serie di edifici che andavano a ricongiungersi alle due
chiese. Nella Nova via due muretti trasversali che portano tracce di
pitture nelle pareti mostrano una comunicazione, ottenuta sbarrando
la strada, tra la basilica I e il santuario II. Infine nell' interno del
iimplum divi Augusti appariscono evidenti le tracce di due costru-
zioni addossate alla parete di fondo e costituite da un piano ter-
reno e da due piani superiori: si scorgono ancora i resti delle volte
che coprivano gli ambienti e dei muri che li dividevano; nel muro
di confine colla basilica si disegnano colle impronte dei travicelli e
delle legature le linee dei muri principali e delle scale e dei tetti di
questi due edifizi i quali lasciavano tra di loro una stretta via, o più
probabilmente un cortile interno. Le pitture sacre che anche su
questo lato della parete si ritrovano, le comunicazioni aperte in essa
per avere accesso diretto alla basilica, mostrano evidentemente che in
tali fabbricati nel Umplum divi Augusti era il monastero annesso all'u-
nica grande chiesa in cui si erano oramai fusi i due organismi ori-
ginariamente distinti I e II.
Santa oMarìa oAntiqua 537
II.
Le Pitture.
La chiesa I della nostra pianta, ha tracce molto numerose di
pitture e avanzi veramente insigni. Tutto 1' edifizio religioso aveva
affreschi con una profusione di cui si conoscono pochi esempi; per-
fino le quattro colonne della navata centrale, perfino gli anditi che
dal nartece mettevano al templum divi Augusti e alla grande scala pa-
latina avevano dipinte immagini di santi : in tutte le pareti del por-
tico e della chiesa erano affreschi ornamentali o figurativi di cui la
massima parte sono periti. Vedemmo già che il nartece di questa
è in comunicazione con V altra chiesa. Neil' interno dei muri che
dividono le due chiese, due piccole edicole con pitture molto sva-
nite: in quella di sinistra (i) le immagini di sant'Agnese e di santa Ce-
cilia con le vesti e la corona ornate di perle, con la leggenda greca
in tinta bianca.
[HAriA] AFNH | [HAriA] (2) KHKHAHA
In quella di destra 1' affresco rappresenta tre santi ritti in piedi,
quello di destra ha in mano una croce, un libro gli altri due: non
v' hanno però tracce di leggende : solo qualche graffito in capitale
greca: IIETPOI. Il muro di sinistra, nei due piloni che fanno angolo
mostra qualche lieve traccia di affresco. Poi nel muro si apre il
primo andito, ora rinchiuso, verso la grande scala palatina. A destra
di questo andito una grande edicola presenta tracce di pitture irri-
conoscibili : a sinistra di questa edicola è visibile il panneggiamento
di una figura ; a destra tracce di affreschi con frammento di leggenda
in tinta nera che la paleografia designa del scc. xi o xii:
LE I SAC I NA
Poi nel muro si apriva un adito, ora rinchiuso per rinforzare le
mura: le due pareti laterali di esso hanno ricchissime tracce di af-
freschi. Alla destra di questo adito si leggono, in un tratto di into-
naco, con avanzi di affreschi, poche parole di una iscrizione sotto-
(i) Nel designare le pitture mi riferisco sempre alla ilesini e
alla sinistra dell' osservatore.
(2) Cosi si deve leggere il nesso che presenta 1' epigrafe.
538 V. federici
posta ad un dipinto: è essa in capitale di imitazione, come la prece-
dente, del sec. xi o xii :
////TVO NOMINE XP(iste) \ [...]C HISTORIA GAU-
DENT///// 1 ////[PI]NGERE FECIT EGO LEO////|
/////AS XPE SACER ET MONAC////
A destra di questa iscrizione un'altra grande edicola: poi fram-
menti minuscoli di dipinti ;* un terzo adito alla scala palatina mostra
più tracce di affreschi; a destra dell'adito, in basso, entro una pic-
cola edicola, una grande testa di santo dalla barba e dai capelli
bianchi, che porta in mano un piccolo bastone: è la testa di sant'Ab-
baciro: la leggenda incompleta è scritta con tinta bianca su fondo
celeste bleu ai lati della figura:
^ () Ance I ABBAKYfOC
In alto sopra la nicchia di Abbaciro sono rappresentati due santi
ai lati del Cristo, con croce nimbata che sopra il capo ha un fram-
mento di iscrizione X[P]; alla destra del Salvatore una figura dal
volto giovanile, alla sinistra un santo barbuto, con le mani aperte in
atto di pregare.
Nella fascia inferiore dell'affresco la iscrizione frammentaria:
[ ABBAKJVRVS (r) ET lÓHS | [. . . . PING]ERE
ROGA[Vl]T
Il muro di divisione del nartece con la chiesa aveva tre archi :
sul pilone di destra dell' ingresso centrale sopra un frammento di
intonaco, dove rimane ancora qualche traccia del colore degli affre-
schi, leggo un graffito in scrittura onciale greca:
ereAHcooH gn [oejcozi | gn . . . (2)
Sul pilone di destra del terzo ingresso, a fianco di un loculo
funerario dove sono state rinvenute ossa sepolte, il frammento della
iscrizione funebre, in tinta nera, che non appare, come le due già
notate, anteriore al sec. xi o xii:
[HIC P0SI]T(m5) E{st) I [THEODJORUS |
[QUI VIXIT ANN]OS • V- | [MENSES ].
DIE
(i) RV formano nesso.
(2) MorUius est in Deo, in . . .
Santa oAlaria oAntiqua 539
Nel muro di destra del nartece, traccia dì molti affreschi, dei
quali si distingue solo un panneggiamento e una leggenda fram-
mentaria :
Ac{)eC////A MAflH CONTHC A
Neir adito che da questo muro mette nel Umplum divi Augusti,
tracce di pitture in tutte tre le pareti : quelle di sinistra completa-
mente distrutte, come pochissimo visibili sono anche quelle del muro
di volta dell'adito: si vedono però ancora cinque figure con nimbo,
disegnate in piedi a destra. Sul capo delle prime due alla nostra
sinistra è traccia di qualche leggenda in tinta nera.
SCS BLAS[IVS] ! SCS BA[SILIUS]
È l'adito scoperto negli sterri fatti in questo palazzo nel 1884:
allora, oltre queste due leggende pure ora visibili, si lessero ancora
sopra la terza figura: [L]AVRE[NTIVS], sopra la quarta: CRI-
STOFARVS, che oggi non si vedono più. A sinistra, dove ora non
restano più nemmeno tracce di pitture, si lesse:
SCS BENEDICTVS
Continuando nella parete di destra del nartece, alla destra del
suddetto andito, è una serie di pitture ancora abbastanza conservate.
Da prima si vede una figura di frate col cappuccio; indi una figura
di donna col nimbo rotondo; poi un riquadro con più figure: in
mezzo il Redentore in trono con due angeli ai lati e un devoto
che si prostra ai suoi piedi, forse l' imagine di colui di cui sotto I' af-
fresco si vede il loculo scavato nel muro con sotto una iscrizione
mortuaria che il tempo ci ha invidiata, e che dalle lievi tracce ri-
maste si può dedurre fosse del medesimo tempo di quella di Leo
del muro di contro.
Dopo questa rappresentazione un riquadro danneggiatissimo
dove si intravede un nimbo rotondo. Segue una figura con nimbo
quadrato di cui la iscrizione, in tinta bianca, è cosi danneggiata
che la lettura ne è incertissima :
[SANCTJISSIMUS | A////PA | PA
Sanctissimus è 1' unica parola la cui restituzione sia sicura. La se-
conda linea, se la confrontiamo con la analoga di Paolo I neirabside,
dovrebbe contenere il nome del papa e, dopo, la parola papa (PP) ;
in essa invece si riesce a leggere una A molto in alto, poi un P A
molto in basso: nella terza linea molto in basso un P A sembra a
destra del nimbo. Che s'abbia da fare con un Pasquale?
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. X.XIII. 5)
540 V. federici
Dopo la figura del papa, un santo con nimbo rotondO; un altro
santo recante un libro in mano, senza tracce di iscrizioni. Una Ma-
donna seduta in trono con un manto ricco di perle e la leggenda:
[MJARIA i REGIN[A]
alla quale pare che un santo presenti il papa. A destra della Madonna,
un altro santo col nimbo rotondo, e con una leggenda molto incerta:
SCS I [AGV]STI[N]VS
Segue una figura con nimbo rotondo e con libro in braccio, ed
un' altra figura simile, senza tracce di iscrizioni.
Dal nartece entriamo nella chiesa. I muri del vano A, B non
hanno affreschi. Ha invece pitture il muro seguente che limita la can-
toria. In questo muro, che non ha il corrispondente a sinistra, entro
una edicola 1' affresco della Madonna col Bambino ben conservato
e con la leggenda:
HAriA MAFIA (i)
Intorno a questa edicola sono dipinti tre santi : a destra una
figura di donna con nimbo rotondo, sotto e a sinistra altre due figure
mancanti della parte superiore del corpo. Poggiato nella costruzione
al grande pilone è il muricciuolo che chiudeva la schola cantorum;
esso ha affreschi da ambedue le parti: verso la navata di destra si
vedono due strati di ornamentazione; verso la navata centrale da un
lato un cavallo mancante del capo con sopra un cavaliero con scudo
e lancia, anch' esso mancante di testa : a terra un uomo stramazzato.
Dall' altro lato si vedono le parti inferiori di tre figure.
Traversiamo lo spazio della Schola cantorum: ci troviamo di-
nanzi ai resti dell'arco trionfale. Nel pilone di sinistra da un lato
del muro è la traccia di una figura molto danneggiata con fram-
mento d'iscrizione:
MATTIO^
Neil' altro lato la figura di san Demetrio con ampio vestito, con
la croce in mano e la leggenda:
^ AHOC I AHMHTflOC
A fianco di san Demetrio l' Annunziazione di Maria: da un lato
l'arcangelo che avanza la destra in atto di chi parla, mentre con la
(i) Così si devono leggere le due sigle di cui è composta l'i-
scrizione.
Santa oMarìa oAntiqua 541
sinistra tiene il bastone che è appoggiato sulla spalla, dall'altro Ma-
ria, seduta sopra una cattedra col cuscino di porpora. La leggenda
greca, di tinta nera, dice:
XAip[e KeXAfITCO] I MGNH [O KYrJC)S MGTA
soY ey] I AorH[MeNH sy] I ^n ryN-
AIXIN [KAI ey] I AOrHMGNOp O KAf] |
noe THc )<oi[aia:: eon] (i).
Nella parte superiore, in uno strato più antico appare sotto il
nimbo cilestro dell' angelo un nimbo giallo ornato di nero e in conti-
nuazione del suo bastone esce un bastone più grosso, e presso la mano
dell' angelo, inferiormente, una mano atteggiata come quella della
figura più recente, e a destra evidenti tracce dell' Annunziata sotto-
posta. Un' altra Annunziazione era dunque dipinta sull' intonaco più
antico e pare con disegno analogo a quello di san Demetrio di cui il
colore giallo e 1' orlo nero del nimbo si rassomigliano ai corrispon-
denti del nimbo della figura più antica dell' angelo.
Nella parte opposta di questo pilone, nel muro cioè che guarda
r abside, quattro figure dipinte in piedi : nel mezzo la immagine di
Cristo che ha ai lati san Giovanni Battista e Maria vergine: alla
estrema sinistra un' altra figura svanitissima.
Nel margine superiore dell' affresco era una scritta in tinta
bianca ora quasi completamente illeggibile :
///////////A///////eoc///////ece
Ai due lati di san Giovanni
[O] AnOC I [ICOJANNIC
Nel pilone di destra, nella parete che guarda l'abside è pog-
giato il muricciuolo che chiudeva il presbiterium. In esso si vedono
ancora due storie molto rozze nel disegno ; in una è rappresentato
David in tunica corta e col bastone in mano, che calpesta Golia,
caduto sopra il prato verde sparso di fiori. La leggenda in tinta
bianca è:
COLI 1 ATH (2)
Ci) Cf. TiscHENDORF, Evangelia apocrypìia^ Proloevangeìium la-
cobi, cap. XI (nel testo sino alla parola yova'.giv, nella nota pel resto),
Lipsia, Mendelssohn, 1876, pp. 21 e 22.
(2) TU sono in nesso.
542 V' Jederìci
Neir altra è la scena del profeta Isaia che predice la morte al re
Ezechia. Il profeta è vestito di bianco con le dita alzate in atto mi-
naccioso; le due leggende dicono:
[ISA]IAS I PROPHETA
^ DISPONE DOMVI TVE [ QVIA MORIERIS
^ HEZECHIAS REX-Y
Fra il re e il profeta è una figura di fanciullo avvolto in fas:e
e nimbato ; allusione forse al Cristo della profezia di Isaia.
Nella parete opposta di questo medesimo pilone una rappresen-
tazione composta di sette figure: nel mezzo una figura di santa,
raccolta nel mantello con le mani aperte e stese in avanti 1' una
sopra r altra : a destra la leggenda :
AFIA COAOMCUNH
a sinistra: GAGAZAp
Intorno a queste figure altre rappresentazioni di giovani e di fan-
ciulli vohi verso la Vergine. Più in alto l' intonaco è in parte ca-
duto, ne rimane ancora un tratto alla destra, dove si vede una
grande figura femminile senza leggenda. A fianco di questa un' altra
figura muliebre nimbata e nell'altro lato del pilone tracce di un'altra
figura. Nella parte opposta di questo pilone tre figure con i nimbi
rotondi; quella di sinistra ha un libro in mano.
Passata 1' iconostasis, due ingressi mettevano in comunicazione
r abside con il diaconicon e il prothesis.
Sulla parete di destra del preshiteniim, a fianco dell' apertura
r immagine di una santa, forse sant'Anna con una bambina in braccio,
ben conservata, della quale l' intonaco caduto ci ha invidiato il nome,
lasciando solo:
^ HAPIA
In tutta questa parete di destra l' intonaco della fascia inferiore
è quasi completamente perduto. Rimane solo qua e là qualche trac-
cia degli originali ornamenti, che erano uccelli, fiori, fogUami Sic.
Sopra la zona inferiore era disegnata la fascia dei tondi: se ne ve-
dono solo cinque degli originali nove.
Il primo, il secondo ed il terzo a destra sono stati danneggiati
dall'apertura che dà accesso alla navata di destra. Del quarto è ri-
masta la parte superiore del nimbo, ma il danno dell' umidità non
ci permette di riconoscerlo, e la stessa cosa accade per il quinto.
Conservato, ma irriconoscibile il sesto ; del settimo è rimasta poca
Santa oMaria oAntiqua 543
parte, nulla dell'ottavo, la parte superiore del nono. Nessuna traccia
di iscrizione in essi.
Immediatamente superiore a questa era un' altra fascia di af-
freschi divisa pure in cinque storie con la rappresentazione degli Atti
degli Apostoli, completamente danneggiate dall' umidità : solo sulla
seconda storia (cominciando da sinistra) si legge un frammento di
iscrizione:
[^ AP]OSTOLI
e sulla terza la parola ben chiara :
^ APOSTOLI
e sulla quarta ancora :
>^ APOSTOLI
Alla metà circa di questa fascia l' intonaco è spezzato e si vede
uno strato di intonaco inferiore che continua anche nella quarta
fascia dello strato più recente nella quale forse era un' altra storia.
Perchè si riesce a vedere, cominciando da sinistra, due o tre affre-
schi rappresentanti santi nimbati. Sul primo a sinistra riesco a leg-
gere in tinta bianca:
[^ SXA] ANN[A]
A fianco del secondo affresco:
[SCS] I lOSEF
Della terza figura nimbata non vedo leggende.
Lo strato più arcaico ha evidenti tracce di affreschi; ma ora
non si distingue che un nimbo rotondo. Dove comincia la quinta
fascia r intonaco è completamente caduto portando seco nella sua
rovina affreschi e leggende.
Osserviamo ora il muro di fondo alla destra dell'abside: in
basso continua la fascia inferiore di ornamentazione. Seconda zona:
due figure ritte in piedi, ciascuna delle quali reca in mano un rotolo
aperto con iscrizione greca in tinta nera.
Sono le due figure analoghe a quelle del muro di sinistra che
vedremo, e rappresentano forse i quattro evangelisti con ciascuno
il principio del loro evangelio. La figura di sinistra ha la leggenda
frammentaria, a sinistra
y^A o Anoc:
544 ^'^' J^ devi ci
La figura di destra ha pure frammentaria la leggenda, ma con-
serva la parola di destra, cioè:
^ [O AI^IOC] I ICOANNeC
Nella zona immediatamente supcriore: altre due figure in piedi.
Esse sono in parte danneggiate dalla caduta dell' intonaco sotto il
quale appare uno strato più arcaico di affreschi: le figure più antiche
si confondono con quelle più recenti, delle quali quella di sinistra
appare alla destra della immagine più antica e la sua leggenda, scritta
perpendicolarmente in tinta nera, dice:
^ o Arioc rferopi[oc] | o GeoAAroc
La figura di destra è molto danneggiata e della sua leggenda,
pure in tinta nera, si vede solo :
^ O AFIOC I [B]ACIA[IOC]
Neir intonaco più antico è rappresentata una Madonna in trono
con il Bambino: è un bello esempio di pittura bizantina. La figura
è coperta da un ampio manto ornato di gemme. La testa della Ma-
donna si vede alla sinistra di san Gregorio dell' intonaco più recente:
sopra la Madonna e alla sua destra, in uno strato certo diverso dai
due già qui nominati, si vedono due figure di disegno più fine ed
accurato: della prima è rimasto solo il volto: della seconda il volto
e quasi tutto il fianco sinistro.
Più in su un' altra zona di affresco, con la rappresentazione di
due papi. Nello sfondo si vede un colonnato con drappeggiamenti.
Dinanzi a questo, a destra, la figura di un papa con un libro in mano,
con la stola e la leggenda frammentaria verticale:
se [AN...] (?) 1 PP ROMANVS
A sinistra l' altro papa, di cui sì vede parte del nimbo, la stola e
parte della iscrizione, quella cioè che, come di solito, meno ci interessa :
[SC///////] I [PP ROJMANUS
Nella zona superiore gran coro di seniores curvi dalla destra
verso la sinistra con ampie tuniche : se ne vedono parecchie decine.
Sopra di essi correva per tutta la larghezza del muro una grande
iscrizione in tinta bianca, in lettere onciali greche, che riporta passi
del vecchio Testamento. Della iscrizione ci è rimasta solo la metà
Santa oMaria oAntiqua 545
destra e le prime lettere nell' estremità sinistra ad angolo con la
volta deir abside (i).
Sopra l'iscrizione greca un coro di angeli con ali e nimbi; più
in alto due cherubini alla destra del crocifisso, di cui si vede solo
il braccio superiore e quello di destra. Poco più sotto il nimbo di una
santa: quello di Maria. Il resto è distrutto. Il Valesio nel 1702 aveva
vista però completa questa rappresentazione: intera la croce, con
quattro cherubini, due per parte, e ai lati della croce san Giovanni
e Maria. Ora alla sinistra del crocifisso l'intonaco è completamente
caduto: ricomparisce in parte nella zona dei papi, dove se ne vedono
sbiaditissimi due, vestiti come i corrispondenti di destra, senza nes-
suna traccia di leggende. Tuttavia è molto chiaro il nimbo quadrato
del papa di sinistra, a differenza dell' altro che 1' ha rotondo, come
rotondo l' hanno i due papi dell'altra parte. Meno intonaco è rimasto
nella zona inferiore: a sinistra si vede traccia di un nimbo rotondo
e vicino a questo nimbo la scritta in tinta bianca :
^ SCS AVGVS[TI]N[V]S | [^ SCjS ....
Nella fascia che divide questo scompartimento dall' inferiore è
il frammento di questa iscrizione che occupa tutta la larghezza del
muro di sinistra ed è nello strato più recente:
^ SC[A]E DI [genitrici semperque virgini MarijAE
perchè qui ricompaiono i vari strati: nella divisione fra questi due
scompartimenti è visibile una testa, che appartiene alle decorazioni
più arcaiche, del tempo stesso, cioè, delle due figure che hanno in
mano i due rotoli con scritture greche. Dal cartello della figura dì
destra leggiamo qualche frammento:
OC I . . . NONoyx I
j ifcroc I ToycoY i<e k ope
l<[A] I . . . AM I NGMO CO I
yoN oc MIAO .... I rHcoyjo j
YAHceie ^
(i) L'iscrizione, che noi «da così basso loco» non possiamo
leggere, sarà pubblicata dal comm. G. Boni nelle Notiiie degli
scavi.
54^ ^- Jederìci
Dal cartello della figura di sinistra leggiamo:
y I NO or
GBHIAI lON I HKeN'JO e
or ... . MT. ... A I NO xo pe
HM'JOYA ... O / OYAGCOM ... G
TGAONIOC I NTOyCO MA . . .
OMGN I TY coAy. . . I vcy I J". . . ^N
Queste quattro figure, due a destra e due a sinistra, paiono i
quattro evangelisti. Partendo da quello di destra del muro di destra
che ha la scritta e si identifica con Giovanni, potremmo forse iden-
tificare il sinistro del muro di destra con Luca, la figura di destra nel
muro di sinistra con Marco, e quella di sinistra con Matteo.
Nella zona inferiore le tracce rimaste dei due strati mostrano
in ambedue la medesima decorazione comune allo zoccolo inferiore
di tutta l'abside e della chiesa intera. Nel muro di sinistra del presbi-
Urhnii appaiono come in quello di destra le tracce delle varie zone
di affreschi; ma anche qui l' intonaco è quasi completamente caduto.
In basso la fascia ornamentale con tracce di uccelli di varia natura :
a mezzo di questa fascia si vede un frammento di figura con un' i-
scrizione monca :
AriA
Nella zona superiore i tondi corrispondenti a quelli del muro
di destra sono meglio conservati: del primo è visibile la parte su-
periore: si vede la testa del santo e la leggenda non completa:
^ PAV I LVS
Del secondo tondo conservata bene la testa che sembra un
Giove con folta chioma e barba bianca, e quasi tutta la leggenda:
^ ANDR[E] I AS
Del terzo in parte la testa e la leggenda:
>^I^ lOHA I [N]NES
11 quarto distrutto completamente; del quinto s'è conservata parte
del capo e della leggenda :
>^ BA[R] ! TH[0]LO[MEVS]
Nella zona immediatamente più alta era rappresentata la storia
delia Passione. Non ne rimane che il primo riquadro in cui cam-
Santa Ilaria oAntìqua Sii
peggia la dolce figura del Redentore benedicente, avvolto tutto in
bruno manto che gli copre anche parte della testa, adorna del nimbo
crociato. Lo precede una figura maschile che sulle spalle porta la
croce e di cui ci dà il nome la leggenda:
SIMON CYRENE(;/)SIS W
figura volgare e poco espressiva, tutto al contrario degli spettatori
che stanno nel fondo, avanti a Simone e tra questi e Gesù ; uno
specialmente, vestito di celeste, col capo coperto di berretto, che
guarda con gran compassione il Cristo, stendendo versò di lui le
braccia con movimento pietoso e verissimo. Seguono Cristo due di-
scepoli dalle faccie barbute piene di dolore, e un terzo che correndo
pare venire al Maestro in atto d' interrogare.
Ancora più in alto, un altro ordine di affreschi dei quali è
conservata una sola storia che sarebbe facile comprendere anche
senza la leggenda, [M]AGI, che le sovrasta. Di questi uno è chi-
nato verso Maria, il secondo è volto indietro come a chiamare il
terzo, che sopraggiunge correndo. Maria sta seduta a destra con in
seno il bambino Gesù: dietro la sedia di Maria, ritto in piedi Giu-
seppe, giovanissimo, appoggiato il gomito sullo schienale e la testa
nella palma della mano destra; la leggenda in tinta bianca dice:
lOSEF
Fra Maria e i Magi in alto si libra un angelo alato e nimbato;
nimbati del resto sono tutti gli altri personaggi meno che i Magi.
La scena è dipinta con espressione e movimento.
Nella parte più interna dell'abside spicca grandiosa la figura di
Cristo seduto in trono. A destra e a sinistra, all'altezza delle sue
spalle, v' hanno due cori di quattro cherubini, dei quali quelli di
destra si vedono benissimo, quelli di sinistra sono quasi completa-
mente svaniti: si riesce a fatica a distinguere qualche incerta traccia
di ali.
Più in basso, ai fianchi del Cristo, originariamente dovevano
essere rappresentate due figure a destra e due a sinistra: forse i santi
il cui ricordo si voleva consacrare con questa chiesa e il pontefice
che la dedicò. Di queste figure, per le quali e' è sufficiente posto ai
lati del Redentore, ora non si vedono più quelle di destra.
A sinistra, immediatamente più vicino al Salvatore, è rimasta
traccia di un santo: si vede la parte destra superiore del nimbo e,
più a sinistra, del volto un occhio e il naso. Di iscrizione nessuna
traccia. Ancora a sinistra è la figura molto danneggiata ma ancora
548 F. Jederici
visibile del papa Paolo I col nimbo quadrato e con la leggenda in
tinta bianca:
SANCTISSIMVS | PAVLVS PP | ROMA[NVS] ^
Inferiormente all'affresco, per tutta la curva dell' abside, corre
una iscrizione greca in grandissima parte danneggiata. Più che la
metà di sinistra cadde con la caduta dell' intonaco ; del resto si ca-
piscono poche lettere, perchè uno strato superiore tinse 1' affresco
e la iscrizione confondendone i caratteri:
////////////////////// NKv. . eoeeoce . .
INe HNGTflNHI . . [ING T61N . .] . . OC
Questa iscrizione greca è di uno strato anteriore a quello di
Paolo che mostra le leggende in latino: è dello strato delle leggende
greche. Ciò apparisce anche dall'affresco del Cristo che poggia i
piedi sopra un predellino soverchiante la Tascia con l' iscrizione
greca, la quale limitava 1' affresco anteriore. Il Cristo è del tempo
dell' affresco di Paolo. La fascia ornamentale inferiore mostra tracce
di più strati di pitture d' ornamentazione.
Passiamo ora nella navata di destra.
Poggiato al muro di divisione tra il nartece e la chiesa, ad
angolo, s' è rinvenuto un sarcofago striato, con la seguente iscri-
zione :
D-M-S. I CLODIAE • SE | CVNDAE CONIV | Gì
DVLCISSIMAE ET BENE | MERENTl QVAE
VIXIT AN 1 XXV- MEN • X • DIE • XIIII • IN CO-
NIVGIO MECVM FVIT SI | NE QVERELLA
AN- VII . MEN . mi I DIEB • XVIII • L • CAELIVS •
FLO I RENTINVS • 7 COH • X . | POSVIT •
Scritto poi con carattere più minuto intorno alla cornice nei
margini della targa:
NAT-MAMERTINO-ET | RVFO-COS • PRID • NON •
AVG . D I [X]XV KAL [IJVL-APRO • ET MAXIMO
COS .
Sulla parete di destra l' intonaco è completamente caduto : solo
qua e là v' hanno sei piccoli frammenti di dipinto, fra i quali due
elegantissime testine di bambini. In una edicola, ben conservata la
rappresentazione di sant'Anna, santa Maria e santa Elisabetta.
Santa ^aria cAn tigna 549
Maria in mezzo e ai lati sant'Anna e santa Elisabetta, con le
leggende :
SCA I ANNA I SCÀ | MARIA | SCA | ELISABET
Sopra quest'edicola qualche traccia di affresco indistinguibile e
le lettere :
AI Ari/// I lAOI I ANN/// I MAr
Nello stesso muro, quasi all'altezza del pilone dell'arco trion-
fale, tre eleganti testine con tracce incerte di lettere.
In fondo alla navata, nella parte corrispondente all'abside della
navata centrale, le quattro mura erano completamente ornate di af-
freschi. Ne sono rimaste poche tracce. La parete di fronte all'in-
gresso ha nel suo mezzo una specie di edicola con i margini ornati
di palme e sul fondo cinque figure di santi di cui è rimasto ben poco.
La prima a sinistra appare, come tutti gli altri, col nimbo ro-
tondo: ha sul capo la leggenda in tinta bianca:
^ O AnOC I KOCMAC
Del secondo si vede solo la leggenda:
^ O noe (sic) i Af^l^AKYfOC
Del terzo poco più del nimbo e della leggenda:
^ o Ance I c're<:j)ANOC
Il quarto è completamente guasto:
^ o Ar[io]c I nfOKon[io]c
Danneggiatissimo il quinto:
^ O AnOC I AAMHAN
Nel muro di sinistra si vedono delle pitture i disegni in tinta
nera senza colore ; in un luogo, in mezzo ad un panneggiamento è
segnato il monogramma di Cristo con T A e la 2 .
Nella parete di destra più della metà dell* intonaco è caduto, e
precisamente la metà di sinistra; alla destra sono ancora rimaste, non
sempre ben conservate, alcune pitture.
La prima ha ancora soltanto le gambe e il panneggiamento infe-
riore: nessuna traccia di iscrizioni. Segue una figura impaludata al-
l'orientale con la leggenda :
>ì< O AIIOC I l>A|'XA[////]
550 V. Jederici
Viene poi una figura di frate coi cappuccio in testa:
^ o Ance I Aa3MeT////c
Poi un'altra figura di santo con la leggenda:
^ O AHOC I nANTGAeHMON
L' ultima di questo muro è mutila anche nella leggenda :
a, o Anoc 1 //////e////////
Anche la quarta parete è danneggiatissima per la caduta dell'in-
tonaco: dove questo è rimasto si vedono ancora le tracce del nimbo
rotondo delle figure che in questo luogo dovevano essere almeno nove.
Cominciando dalla destra, della prima sì vede solo la testa senza
traccia di iscrizione; della seconda solo in parte il nimbo; della
terza, quarta e quinta appaiono lievi segni del contorno; la sesta
e la settima mostrano ancora i loro nimbi e la settima parte della
sua iscrizione:
^ O AFIOC
La ottava si vede quasi completamente, ma non è sicura la lettura
del nome nella sua leggenda:
^ o Anoc I KGAeOC
La nona si vede completamente con la sua iscrizione:
^ O Anoc I ICOANNGC
Nella navata di sinistra si aprono due aditi verso la grande scala
palatina; il primo, vicino all'abside, ha qualche gradino, l'altro vi-
cino al muro del nartece ha tracce di pitture in ambedue i muri la-
terali. Anche il muro che divide la navata del nartece e quello della
navata stessa a sinistra dell'adito hanno tracce di pitture dove però
non si riesce a vedere nessuna iscrizione. Il grande muro fra i due
aditi invece è quello dove più numerosi e meglio conservati ci ri-
mangono gh aflfreschi. Anche qui la parte inferiore del muro ha una
zona ornamentale; segue poi la zona con la grande fila dei santi ai
lati del Salvatore. Questo aflTresco è d'un effetto straordinario: tutte
quelle figure fissano l'osservatore con una dignità religiosa che in-
cute rispetto. Nel mezzo è il Salvatore seduto in trono, nimbato, con
la croce, recante nella sinistra un libro e con la destra benedicente
alla latina. Ha alla sinistra undici santi latini, nove greci alla destra.
Queste rappresentazioni sono vestite tutte con lungo abito ta-
lare, con la fascia recante la croce episcopale e con un volume
in mano.
Santa oMarta oAiitiqua 551
I nomi dei santi sono scritti con tinta bianca e lettere onciali
greche perpendicolarmente ai due lati* di ognuno. Alla destra in or-
dine di grado e di dignità:
0 AnOC [lOjANNIC XflCOCTOMOC
[o] Ar[io]c [qpirofloc
[O] Ance BACIAIOC
o Anoc nerfoc o A[A]e2.ANApiN(:)C
O Anoc KYflAAOC
o Anoc eneicj)ANioc
O Anoc [ATJANACIOC
O Anoc NIKOAAOC
O Anoc CfACMOC
Gli undici santi alla sinistra sono:
O Anoc KACIMCNTIOC
o Anoc ceAP»ecT|Moc
O Anoc ACCO
o Anoc AA[eXAN]ApOC
[O Anoc] BAACN TINOC
o Anoc [ARoyN] \o[c]
o Anoc cyoYMioc
o Anoc [c(c?) ]
o Anoc [r]eo|M~i[oc]
o Anoc )7ir[o|>]i()c
o Anoc [ oc:] (i)
Nell'ultimo riquadro della stessa zona, verso l'abside era un
grande affresco di cui rimangono solo pochi centimetri d' intonaco a
sinistra: vi si vedono due figure coperte solo con una tunica breve
nelle parti pudende, con i piedi nell'acqua e con una mano sul seno
come per nascondere vergognosamente la loro nudità. Lungo tutto
l'affresco, nel lembo posteriore era una iscrizione greca, in tinta
bianca e in lettere onciali, di cui rimangono poche tracce:
lll'v iirpA>lniTii (2) c:cii<oNoc
AirciJi ii>|*co//// (3)
(i) È nome breve, non mancano più di tre lettere.
(2) H e r sono unite in nesso.
(3) NB in nesso.
552 r. Jedevìci
La terza zona di affreschi di questo muro rappresenta i fatti della
vita di Giuseppe ebreo. La prima storia a destra rappresenta il ban-
chetto di Faraone dove si vedono seduti a mensa tre personaggi,
di cui quello a sinistra ha perduto con l'intonaco il capo; a destra
un coppiere porge una tazza; all'estrema destra del quadro si vede
un piede, una mano ed una testa di uno che pare appiccato contro
la fascia che chiude il riparto: forse questa figura appartiene allo
strato più arcaico, del quale però non apparisce traccia. In alto della
tavola riscrizione con tinta bianca:
VBI R [E] BERS? (lOSEF ?) SIT ?
IN OFFICIO
E a fianco del personaggio seduto alla sinistra:
REX.FA[RA]0[N]
La seconda rappresenta due scene: a sinistra Giuseppe fra due
personaggi. È visibile solo la leggenda.
lOSEPH
Di quella che sì riferisce agli altri due in alto non se ne vedono
più che tracce irriconoscibili; a destra Giuseppe con la moglie di
Putiphar dinanzi ad una casa dove si vede un letto:
EN DI lOSEPH CONCVPIB[IT] EVM
La terza rappresenta la carcerazione di Giuseppe. Giuseppe a
sinistra con la leggenda:
IO[SEPH]
A sinistra un altro personaggio che guida Giuseppe verso una
casa nella quale si vedono ad una finestra due testine: la leggenda:
VBI IO[S]E[PH] I DVCITVR IN CAR | CERE
La quarta scena: Giuseppe messo nel pozzo. All'estrema destra
un camello carico, vicino al quale un personaggio volge le braccia
verso il gruppo maggiore che è a sinistra: sono tre personaggi da
un lato e tre dall'altro: in mezzo Giuseppe tratto da costoro in un
pozzo: a sinistra di Giuseppe la leggenda:
lOSEP
Santa oMavìa ^Antiqua 555
In alto un'altra leggenda in tinta bianca:
[EN ANSATVS EST NEGV CO?] | [lOSEJPH IN-
DVCTVS I EST IN PVT[E]0 A | FRATRIBVS
SVIS
Il quinto riparto. Danneggiatissimo l'affresco: si vede ancora a
destra un giovine in piedi dinanzi ad un personaggio seduto: man-
cano le teste ai due.
Sesto riparto. A sinistra una figura sbarbata che par dorma; a
destra una figura curva sovra essa, con la mano mossa in avanti.
Da una traccia di ala par che questa figura sia un angelo. L' iscri-
zione rimasta in tinta bianca è molto frammentaria:
[IA]COB(/^^) I A I [E]VANGEL[I]A | BE-
N[E]DI[C]T . . . . O I R[P ?] O
Settimo riparto. Danneggiatissimo: sì vede solo una figura dor-
miente: della leggenda rimane solo:
////AGO
L'ultima zona ornamentale rimasta in parte non ha affreschi
cos'i completi da permetterci di dire che cosa rappresentassero ori-
ginariamente. Essi sono in gran parte danneggiati dalla caduta del-
l'intonaco. Si comincia a vedere qualche cosa all'altezza del quarto
riparto della storia di Giuseppe cominciando a sinistra.
Quarto riparto. Si vede solo una figura sdraiata dormiente.
Quinto. Apparisce la parte inferiore di tre figure.
Sesto. Disegnato un mare.
Settimo. La parte inferiore di tre figure.
Entriamo nell'ultima parte di questa navata, all'altezza cioò del-
l'abside principale. La cappella aveva tutti e quattro i muri ricoperti
di affreschi. Nel muro di fronte all' ingresso, in alto, in fondo ad una
grande edicola è la più bella e la meglio conservata pittura di tutta
la chiesa, la quale rifulge ancora dei colori e delle tinte come se
avesse pochi anni di vita. Rappresenta la crocefissione. In mezzo
Cristo ancor vivo, sereno il volto chinato verso la Madre, ravvolto
il corpo lungo ed elegante in una tunica celeste con due liste d'oro,
stese le braccia sulla croce, inchiodate le mani. In alto la luna e il
sole oscurati che proiettano l'ultimo loro raggio di luce sul croce-
554 ^- Jederid
fisso sopra tm fondo di cielo bigio. In cima al braccio centrale della
croce una targa con la scritta greca in onciale:
h^ l(£au)C O NAZCDf Aloe | O RACIACyC 'J CON
I I OyAAICON
Ai lati della croce, a sinistra la Vergine addolorata, con dietro
la montagna rossa, e la leggenda in tinta bianca:
SCA MARIA
A destra san Giovanni con la montagna verde:
SCS IOANNIS I EVGAGELISTA (sic)
Più da presso alla croce i due farisei; a sinistra Longino, a cui ridona
la vista il sangue del costato del Redentore, e la leggenda:
LONGINVS
a destra un altro del quale non si vede la leggenda e forse non c'era.
Ai lati dell' edicola magnifiche palme con i datteri pendenti.
Sotto l'affresco dell'edicola col crocefisso e san Giovanni il muro è
diviso in tre zone perpendicolari. In quella di mezzo è rappresentata in
trono seduta la Vergine col Bambino in seno. Del trono si vedono i
guanciali su cui siede Maria ; l'affresco caduto danneggia la parte su-
periore della figura. Ai due lati di essa sono due figure, i due apo-
stoli forse, anch'essi danneggiati nella loro parte superiore. Quello
di sinistra ha un' iscrizione frammentaria :
[^ PAVJLVS
In quello di destra manca l' iscrizione, portata via dalla caduta del-
l' intonaco.
Nella zona di sinistra due figure: a sinistra quella del papa Zac-
caria col nimbo quadrato e la leggenda:
^ ZACCHARIA ] PAPA
a destra la figura con nimbo rotondo di santa Giulitta e la leg-
genda :
SCA IVLITTA(i)
(i) I due T dell' iscrizione sono in nesso.
Santa €Man'a oAntiqiia ^^^
Nella zona di destra l'affresco importantissimo: due figure: a
sinistra san Quirico col nimbo rotondo, le braccia larghe in atto di
preghiera con gli occhi rivolti al cielo e la leggenda:
SCS CVIRICVS
A destra un « Theodotus » in piedi involto in un gran manto,
che reca nelle due mani coperte da questo manto una chiesa, rivolto
verso la Madonna che è nel mezzo dell'affresco. La chiesa è «S. Maria
(f Antiqua » e la leggenda inscritta nella parte superiore della zona
in tinta bianca, dice così:
^ [TJHEODOTVS • (i) ^Kl}A(iur)0 • DEFENSO-
ilYM-ì ET D[ISPEN]SATORE'S(a;0C(0E • 0(^1 «l
GE[NITRIC][S • SENPERQVE • | BIRGO • MA-
R[IJA • QVE • APPELLATVR ■ | ANTIQA
All'altezza di questa zona le due pareti di destra e sinistra sono
tutte ornate di affreschi, come egualmente i muri che limitano l'ingresso
in questa cappella : gli affreschi rappresentano la storia dei santi Qui-
rico e Giulitta. È nota la leggenda del loro martirio. GiuHtta, per
sfuggire alla persecuzione contro i cristiani, fuggì da Iconio (in Asia)
col figlio Quirico di tre anni e con due domestiche a Seleucia, poi a
Tarso nella Cilicia. Qui riconosciuta fu arrestata col figlio e condotta
dinanzi al governatore Alessandro, che la fece distendere e battere
con nervi di bue. Alessandro, invaghito del bambino, se lo fece por-
tare e volle carezzarlo. Ma il piccolo, col capo rivolto ostinatamente
verso la mamma, si dimenava e graffiava in viso il governatore, e
alle grida della madre: «Io sono cristiana», faceva eco con altre
grida : i' Io sono cristiano ». Il giudice, inasprito, in un momento di
ira furiosa lo prese per un piede e lo scaraventò di sotto dal tribunale;
il bambino ebbe poi la testa fiagellata e mori nel proprio sangue.
Il martirio pare avvenuto nel 304 o nel 305. Non completamente
simili a questa redazione della leggenda sono le numerose storie
quivi riprodotte.
Nel muro di sinistra ve ne ha sei, delle quali le prime due molfo
danneggiate dall'umidità. La prima storia rappresenta forse il primo
episodio del martirio dei due santi, quando cioè vengono condotti
dinanzi al tribunale dove ò il preside Alessandro. A sinistra il trono.
Ai lati di esso due assistenti, con sul capo una iscrizione di cu
(i) TV nell'iscrizione sono in nesso.
Archivio della H. Società romana di storia patria. Voi. XXIH. 56
^1^6 V. Jederici
rimangono tracce irriconoscibili. Segue in mezzo una figura col nimbo
rotondo che pare una donna: essa ha alla sua sinistra un soldato
con lancia. Sopra queste figure non si distinguono iscrizioni di sorta.
Nello scompartimento più in alto è visibile con qualche difficoltà la
leggenda:
^ SCÀ . [IV]LI[T]TA
La seconda storia è anch'essa molto danneggiata. Si vede a si-
nistra il medesimo edificio: di fuori la figura del preside Alessandro
che dà la mano al fanciullo Quirico, dipinto nel mezzo della scena
e condotto da due guardie con lancia, una delle quali è dipinta alla
•estrema destra della storia, innanzi ad un altro edificio, dove forse
era stato rinchiuso il fanciullo.
Alla destra del preside è la traccia di una iscrizione, di cui ri-
mane poco:
[PRE]SE[S] 1 [ALEXANDRVS]
Sul capo del bambino:
^ SCS CVIRICVS B . . . .
Nel margine superiore del dipinto la leggenda principale affatto
frammentaria :
[yl^ VBI SCS] CVIRICVS • A . . .
TE VO TVI (i).
Della terza storia è rimasto un leggerissimo frammento: a si-
nistra si vede il viso di una figura e un poco in alto, a destra, il
principio della leggenda:
SC[S CVIRICVS]
E nel margine superiore il frammento della iscrizione generale:
^ VBI SCS CVIRICVS//////////
La quarta storia rappresenta la flagellazione di san Quirico, dan-
neggiata alla sinistra dalla parte del preside. Quivi si vede una figura
di cui rimane il viso, l' estremità inferiori e la mano destra volta
verso il centro dell'affresco. La capigliatura di questa figura ci dice
che è la figura del preside che incoraggia un soldato dipinto nel
(i) TV nell'iscrizione formano nesso.
Santa oMaria ^Antiqua 557
mezzo della storia in atto di frustare un bambino, Quirico. Il bam-
bino è tenuto in braccio da un soldato in tunica corta. Di san Qui-
rico si vede solo parte del nimbo e la gamba destra. Sopra questo
nimbo la leggenda:
SCS CVIRIC[VS]
Nel margine superiore la leggenda generale:
vi. VBI SCS CVIRICVS CATO MVLE BAT/7//SET///
Nello sfondo del quadro si vedono due finestre.
La quinta storia rappresenta il miracolo di san Quirico, che
parla anche dopo che gli è stata tolta la lingua. La storia si com-
pone di cinque figure. A sinistra, dinanzi al solito edificio del tribu-
nale, una guardia con Alessandro. La leggenda perpendicolare dice :
PRAESES I ALEXANDRVS
Segue una immagine che accenna con una mano ai due santi
guardando il preside.
Poi son dipinti santa Giulitta e san Quirico con le leggende:
SCS CVIRICVS I SCA IVLITTA
San Quirico ha la mano destra in atto di benedire il preside.
La leggenda nella fascia superiore dice:
^^ VBI S~C:s CVIRICVS LINGVA ISCISSA
LOQyiT^ I AD PRESIDEM
La sesta ed ultima storia del muro rappresenta la prigione dei
due santi.
L' afifresco è danneggiato alla sua sinistra. Vi si vede, a destra,
una casa con un tetto che ha la stessa modellatura tecnica della
chiesa portata da Teodoto.
La facciata dinanzi ha una loggia dalla quale si vedono le due
figure di santa (ìiulitta e di san Quirico. Le leggende perpendicolari
dicono:
SCS CX'IRICUS SCA IVLITTA
[SCS CVIJRICVS CVM MATRE
.Muro di destra.
Ha tre grandi storie, quasi in ogni parte danneggiate.
558 F. federici
La prima nella parte superiore di un adito che metteva in co-
municazione questa navata con l'abside della navata centrale rappre-
senta l'episodio dei due santi posti in una padella.
A sinistra, in alto, il Salvatore con la croce nimbata circondato
di angeli, anch'essi nimbati, che manda raggi di luce sui due mar-
tiri, rappresentati supini sopra una specie di padella, ai cui lati due
uomini chinati la alzano dai quattro manubri in atto di staccarla da
terra e portarla via.
Sopra la leggenda:
^ UBI SC~S CVIRICVS CVM MATRE SVAM
IN SARTAGINE MISSI SVNT
La seconda storia rappresenta due momenti del martirio di
san Quirico, quello degli aculei e quello in cui vien precipitato dal
tribunale. A sinistra, in alto, un angelo che si libra per l'aria diffon-
dendo luce sul capo di san Quirico, dipinto sotto fra due soldati,
di cui quello di destra lo regge, quello dì sinistra gli conficca un
chiodo in testa donde sprizza sangue. A fianco dell'angelo la leg-
genda:
ANGELVS
A sinistra della scena del martirio :
^VBI SCS CVIRICVS ACVTIBV(i) CONFICTVS (i)
[ES]T ^
Segue l'altra scena divisa in due gruppi: a destra il preside sul
trono circondato da due soldati con gli scudi e la scritta:
PRE[S]IDE
il quale è rivolto verso la sinistra, dove un soldato ha afferrato per
una gamba san Quirico e lo lancia dal tribunale. La tunica di questo
soldato svolazza dalla veemenza del colpo, e nel margine superiore
è rimasto un frammento d'iscrizione:
^ VBI SCS CVIRICVS IN.
Con questa storia la leggenda dei due santi è finita e sul resto
della parete sono dipinte cinque figure. Esse sono danneggiate nella
parte superiore: mancano quindi il capo delle tre figure più impor-
tanti dell'affresco e l'iscrizione superiore.
(i) TV neir iscrizione formano nesso.
Santa oMar^ìa oAntiqua 559
La prima figura a sinistra pare un uomo recante in mano due
candele, di cui è restata solo la parte inferiore, con vesti per colore
simili a quelle di Teodoto. Segue una figura piccola con nimbo
quadrato, che non rassomiglia iconograficamente a san Quirico.
La terza figura è dipinta con un predellino sotto i piedi, ritta,
con ricchissime vesti. Si vede, oltre tutto il corpo al disotto del seno,
anche una mano, la sinistra, e i piedi di un bambino seduto sul
seno della mamma: probabilmente la Vergine col Redentore. La
quarta figura è la corrispondente della piccola seconda figura dell'af-
fresco. Ha il nimbo quadrato, una magnifica collana, i pendenti e
un fiore in mano in forma di giglio. L'ultima figura è danneggiata
nella parte superiore del corpo: l'abito ne è ricchissimo e bellamente
adorno. Forse era in tutta la storia rappresentato Teodoto con la
famiglia dinanzi all'immagine della Vergine.
Nel muro, alla destra di chi entra, un altro affresco di tre figure,
anch'esse danneggiate nella parte superiore e prive quindi della iscri-
zione che doveva essere nel lato superiore dell' intonaco. A sinistra
una figura con nimbo quadrato, ginocchioni, con due candele accese,
volto verso le altre figure, anch' essa vestita come Teodoto. La
seconda manca del capo: è una donna in piedi, di cui si vede la
mano destra: i colori delle vesti la designano probabilmente per
santa Giuliita. La terza è una figura di fanciullo che anche per i
vestiti può essere identificato con san Quirico; è anch'esso dipinto
in piedi, con nimbo rotondo e con i segni del martirio. Proba-
bilmente r intera storia presenta Teodoto che venera i due santi ai
quali era dedicata la cappella.
Nel muro, alla sinistra di chi entra, quattro figure dipinte in
piedi, con nimbo rotondo, ampie tuniche ed in mano la croce e la
corona. Ai lati della prima figura appaiono, indistinguibili, alcune
tracce di scrittura; della terza si legge invece chiaramente:
v:^ scs armi:ntise/////
Nel margine superiore, lungo tutto l'affresco, era una iscrizione
in t'nta bianca, di cui rimane solo un frammento a destra:
iUS QUORYM. NOMINA. DO'/OS-SCET <^
i imo ora dalla chiesa II ;',li ;iv,in/i dc;;!i :ltìVc>^^lli e delle
pitti "'■'■1 era ricca: niisL-ri .iv:in/,i ne sono limasti liu^ri
del! di atfrcsclii orii.iniciu.ili sono sui muretti che uni-
sco:. ,:: questa navata col muro esterno del nartece della
5^0 V. federici
chiesa I. Q.ui stesso furono rinvenuti due sarcofaghi con un fram-
mento d' iscrizione mortuaria in tinta nera :
VENIET I TERRIS O | S
i DI
Sul muro di rinforzo addossato all'abside è un avanzo di pit-
tura e il frammento di un' epigrafe in tinta nera :
. . . Ol I H 1 KG I AOrOl KA'J'G . . . | XO-
MGNON 1 efG GTHN | TON
e I CGKT I QyiN
Sul secondo muro di rinforzo (d) sono visibili quattro tondi, con
teste di santi; riconoscibile soltanto il primo in basso. Esso rappre-
senta un santo barbuto con la iscrizione:
yji o A[noc] I eYBY[^<'^^^-]
Gli altri tre tondi si distinguono soltanto per la traccia, lasciala
suir intonaco dal cerchio che li racchiude.
Più numerosi sono invece gli avanzi di dipinti nell' interno della
cappella. Tutto intorno nella zona inferiore si vedono tracce d'or-
namentazioni identiche a quelle che si sono scoperte negli scavi del-
l'antica chiesa di S. Saba. Sul muro di divisione a sinistra l'umidità
ha così fortemente sviluppate le muffe che qua e là è rimasto solo
in parte il colore delle tinte: trascriviamo qualche graffito in scrit-
tura corsiva e in latino :
Ego grego[ritis] \ hivani in deo \ semper
in scrittura onciale e in lingua greca :
ynef e {sic) \ ynerey xie kgn j . . . ik | y^g-
TG X^GCG I NGNACKA [
Sulla parete laterale di sinistra l'intonaco è danneggiatissimo;
la seconda zona aveva una fila di santi vestiti riccamente, con tu-
niche a righe longitudinali bianche e rosse, alcuni con corone in
capo e con nimbi alternatamente azzurri e gialli. In mezzo risalta
la figura del Salvatore con le braccia distese sopra di essi. Nessuna
traccia d' iscrizioni in questa parete ; incerta la determinazione del-
l'affresco eseguito nella nicchia di questo stesso muro perchè quasi
tutto svanito e nel colore e nel disegno. Sulla parete di fondo, a
sinistra, due grandi croci ornate di pendenti e delle lettere A ed Q
Santa oMaria oAntiqua 5^1
circondate da ghirlande rotonde a tre colori, delle quali una ha nel
mezzo la faccia del Cristo. In basso agnelli, pavoni ed altri animali.
Nel concavo absidale l' affresco è interessantissimo. Rappresenta
su parecchie file molti giovani ignudi fino alla cintola, con faccie
vigorose di tipo classico, ritti in mezzo alle onde. A sinistra una pic-
cola grotta simile ad un casotto di una sentinella, e in basso due
soldati con elmo, lancia e scudo. Uno dei giovani è dipinto in atto di
abbandonare i compagni e di entrare nel casotto. Sono i quaranta mar-
tiri di Sebaste che il governatore romano, per costringerli a rinne-
gare la fede di Cristo, fece esporre di notte in uno stagno agghiacciato,
presso il quale aveva fatto porre un bagno caldo che offriva a chi
acconsentisse di sacrificare agli Dei. Nell'affresco, guasto verso si-
nistra, si vedono ancora ventiquattro figure: quindici conservate quasi
completamente ; nove solo nella parte inferiore del corpo.
Questa pittura appare come l'affresco più antico di questa chiesa.
In alto, sul capo di ognuno dei soldati, era iscritto il nome, in tinta
nera, in caratteri onciali greci. Queste iscrizioni sono quasi tutte
danneggiate. Ne rimane una sola intera: K^piCON, uno dei qua-
ranta martiri nominati dal compendio che di questo martirio ci è
stato tramandato « ex lingua armena » da Bartolomeo Abagaro (i).
Procedendo verso sinistra si colgono traccie di un altro nome
[ ]ll<IOC
forse « Epichius » o « Hysichius », greco : 'Haóxioc; (2).
Altre lettere sono ancora visibili al di sopra del capo di altri
tre giovani
I CJ>IM)I MCOI I TiGOC I CGY'
Sulla parete di fondo a destra dell' abside, rimangono un pan-
neggiamento di figura; nella fascia ornamentale inferiore solo i piedi
di una figura, e sotto di essi un graffito relativamente recente:
hl^ Goy^Ni I (:Go Pc3RBrr(:
Sulla parete laterale di destra, originariamente si aprivano due
edicole : la prima ha tracce di affreschi. Si vede a sinistra in basso
(i) Ada Sanclortiiii, io marzo, p. 18. Nel testo è veramente
chiamato « S. Quirion » (ivi, pp. 18 e 19), ma oltre che i due nomi
sono simili foneticamente, altre redazioni danno di quel nome la
forma « Cyrion » (ivi, p. 20, nota e).
(2) Ivi, p. 18.
5^2 V. federici - Santa oMaria oAntiqua
lina gamba, una veste e più in alto due ali, a destra un viso di
donna : una Annunziazione. L' altra edicola fu murata nella poste-
riore ricostruzione e sopra l' intonaco della ultima muratura, dipinti
affreschi ornamentali dì cui rimangono rare ed incerte tracce.
Fra le due edicole v' hanno due riquadri, con due storie dan-
neggiate dall' umidità.
A sinistra non si distingue nulla: a destra è visibile una giu-
menta. Così pure indistinguibili sono le tracce di affreschi e senza
iscrizioni di sorta nel muro a destra di chi entra. Addossato a questo
muro e sepolto nel pavimento s' è rinvenuto un sarcofago romano
con due cadaveri, e nella faccia anteriore è una targa con la scritta
greca in caratteri onciali dei secoli vi-vii:
CiNOAAG XI I T\\ Cei AIKIC | rGf OICIAf Kl IC !
)<e CCOcj^pONIA CYN|BIOC AYToy K^3
HAJpiA KG NlKANAfOC YC> A | Y^^^^N (i).
Dinanzi all'ingresso di quest'abside, sul pavimento una tomba
con avanzi di cadaveri coperta da una lastra di marmo che reca la
seguente iscrizione, dell'anno 570 [marzo 12-15]:
^ HIC REQVISCIT IN PACE AMANTIV[S^PI]-
FEX QVI VIXIT I PLVS M(0N(//5) ANN(Ù)
^ h <4^ DEPOSITVS SVB D0>) XII[. .. . MJAR-
TIAS QVINQ.VIES V{pst) Cipnsuìatiim) D{omi)ì^l
IVSTINI V^atris) F^atriae) AYGQisti) lND(ictione)
QVARTA
Sopra questo sarcofago e nel lato opposto ad esso posavano le
vive fondamenta di S. Maria Liberatrice (2).
(i) Hic iacet Seilici Gerusiarca et Sofronia iixor eins et Maria et
Nicandrtis filii eorum.
(2) Non posso terminare questa pur troppo incompletissima
descrizione degli avanzi pittorici delle due chiese senza rivolgere,
anche a nome e per incarico del Presidente della R. Società romana
di storia patria, i più vivi ringraziamenti al direttore degli scavi
comm. G. Boni, che mi facilitò con ogni mezzo il lavoro e mi fu
sempre largo di consigli e di aiuti nella interpretazione delle epigrafi.
VARIETÀ
UN EPISODIO
DEL PONTIFICATO DI GIULIO IL
Quando nel settembre del 13 io Giulio II, risoluto più
che mai a impadronirsi di Ferrara, si volle trasferire con
tutta la corte a Bologna « per strignere più con la sua pre-
ce senza, e dare maggiore autorità alle cose, ed accrescere
«la caldezza dei capitani inferiore all'impeto suo » (i),
durante il viaggio cinque cardinali, cioè i due spagnoli di
S. Croce e di Cosenza, i due francesi di Baiusa e di S. Malo,
e r irrequieto Federigo di Sanseverino, in vece di far in-
sieme a lui la via di Romagna, ottennero il permesso di
passare per la Toscana. Ma, giunti a Firenze, si ferma-
rono, e di lA andavano rispondendo con varie scuse al
pontefice, che insospettito fini con imporre loro di recarsi
subito a Bologna «sotto pena della sua indegnazione». I
cinque cardinali, in cambio d'ubbidire, se ne andarono a
Milano per la Lunigiana.
Quanto questo atto di aperta ribellione irritasse il papa,
è fiicile immaginarlo; moho più che l'idea di un « con-
« cilio », che già il re di Francia gli minacciava, poco gli
andava a genio.
Le vicende di quella guerra, tra cui il famoso assalto
della Mirandola, ma più che altro, forse, la speranza che
(i) Guicciardini, Istoria d* Italia, Ub. IX, cap. 5.
5^4 ^' Grimaldi
i ribelli avrebbero finito con il sottomettersi, trattennero il
collerico pontefice dalF occuparsi della cosa con la solita
furia.
Fu dopo la perdita di Bologna, quando, alla notizia del-
l' assassinio del cardinal legato, si levò in fretta da Ravenna
per tornarsene a Roma, che gli giunse a Rimini la notizia
del concilio intimato a Pisa, per il i° di settembre del 151 1,
al quale veniva citato a comparir personalmente. Allora,
mentre alle porte delle chiese gli attaccavano le cedole
dell' intimazione, e la canaglia bolognese trascinava e vi-
tuperava la sua statua nel fango, egli, con una di quelle
risoluzioni energiche così frequenti nella sua fiera e tem-
pestosa anima di acciaio, indisse il conciHo universale in
Roma, a S. Giovanni Laterano, per il r^ maggio pros-
simo; e disperando ormai di poter ridurre con le buone
all'obbedienza i cardinaU ribelli, pubblicò contro tre di loro
un monitorio, « sotto pena di privazione della dignità del
« cardinalato e di tutti i benefizi ecclesiastici, se infra ses-
« santacinque giorni non si presentassero innanzi a lui » (i).
Credeva cosi che il « conciliabolo » convocato dagli
avversari non avrebbe più luogo; ma in vece il 1° di set-
tembre questo veniva aperto ugualmente dai procuratori
dei cardinali, rimasti allora a Borgo S. Donnino, e subito
il papa dichiarò che Firenze e Pisa eran cadute sotto T in-
terdetto ecclesiastico, per la bolla del concilio intimato
da lui.
Intanto, dopo lunghi negoziati, s'era stretta finalmente
tra il papa, il re di Spagna e Venezia, contro la Francia,
quella lega, che lo stesso Giulio II volle che venisse chia-
mata (( sanctissima », e il 5 ottobre era pubblicata solen-
nemente a S. Maria del Popolo. Assicuratosi da questa
parte, attese con più anima alla cosa dello scisma, che su-
scitato dal re di Francia con il solleticare l' ambizione di
(2) Op. cit. lib. X, cap. I.
Varietà 565
qualcuno, e l'avarizia di qualche altro (i), si trascinava
stentatamente fra la noncuranza, o meglio Fodio del po-
polo, il quale vedeva nei riformatori le stesse macchie e
gli stessi vizi, contro cui levavano così fieramente la voce.
Fino dal 6 ottobre Bernardo di Bibbiena, che alla corte
pontificia trattava gì' interessi del cardinal de' Medici, il
quale in quei giorni era stato flitto legato di Bologna e della
Romagna, scrive al padrone che « N. S. vole omnino pri-
« vare li tre scysmatici cardinali et pargli mille anni sia ve-
ce nuto il tempo, et ha giurato volere privare ancora San Se-
« verino et in vero le opere sue son di natura, da procedere
« in ogni cosa contro di lui » (2). Tuttavia continuavano
le trattative per venir a una conciliazione, poiché, special-
mente il cardinale di S. Croce e quel di Cosenza, erano,
o si fingevano disposti a tornare all' ubbidienza; ma il papa
metteva, come condizione indispensabile, il ritorno a Roma,
e non cedeva agli assalti dell' oratore di Spagna, che trat-
tava la pratica (3). Alla fine, poiché i due cardinali spa-
gnoH proponevano di recarsi, in vece, a Siena o a Piom-
bino, Giulio II disse che si sarebbe piegato, in tal caso,
« allungare .x. giorni più il termino del monitorio », perchè
avessero tempo di andar poi a Roma a far segno di ob-
bedienza (4). A tale scopo anzi il Cattolico e i Sanesi man-
darono loro un salvacondotto (5). Ma stava per cadere il
termine del monitorio, e non veniva dai cardinali nessuna
(i) « Dicenii [Niza] vcchio, haver per certo come [il Christia-
« nissimo ha] mandato ad [Santa f, S. Malo et Cosenza] octanta
« [mila franchi] ... ». Cosi Bernardo di Bibbiena al cardinal de' Me-
dici, il 3 ottobre 1511, da Roma. Questa, e le altre lettere citate
in seguito, si trovano inedite nel VI voi. delle CaiU Stroi\iane^ nel-
l'archivio Centrale di Firenze. I passi compresi tra i segni [] nel-
l'originale sono in cifra.
(2) Ivi, a e. 25.
(3) Ivi, a ce. 23 e 21; lettere del io e dell' 1 1 ottobre.
(4) Ivi, a e. 29; lettera del 12 ottobre.
(j) Ivi, a e. 33 ; lettera del 16 ottobre; e a e 38, del 19 ottobre.
^66 G. Grimaldi
risposta; solo che l'oratore di Spagna il lunedì, 20 ot-
tobre, propose al papa una sicurtà di 100 000 ducati, per
il cardinale di S. Croce e il cardinale di Cosenza (quest'ul-
timo allora ammalato gravemente del male, per cui morì poco
dopo) (r), promettendo che sarebbero venuti a Siena, pur-
ché soprassedesse di qualche giorno al privarli. Ma « N. S. »,
scrive Bernardo di Bibbiena, « non ne ha voluto udir niente,
« et se domani non si muta, mercore mattina li priverrà &:c.
« [S. S**^] stasera [mi ha] decto che [lo oratore] disopra
« li ha facto tucto [rincircumire il] sangue per quel che ha
« cerco, contrario a tucto quel che hanno domandato questo
« anno, et par che [tema de] inzoppamento ... « (2).
Non valse neppure che il cardinale di S. Croce offrisse
di dargli in mano, come ostaggi che avrebbero osservato
la promessa di andare a Siena, due suoi nepoti, per ot-
tener una proroga di qualche giorno, dicendo che, per la
malattia dell'altro, da Modena, dove si trovavano, non
era possibile « che al termino del monitorio potessino essere
« a Siena ». Il papa, sospettando che « loro usassino questi
« termini a qualche loro proposito, et che in facto non fus-
« sino a Modona et che manco havessino voglia di venire
«a Siena», rispose all'oratore spagnolo, che gli chiedeva
la. proroga, di non ne voler far niente, « concludendo che
(( omnino domattina in consistorio vole privarli, et cosi ha
(i) « Conferendo a N. S. l'aviso che mi mandò mcsser Giulio
« del mal di Cosenza iuxta la lettera del governator di Ravenna, mi
« rispose che il morirsi da per se saria la ventura sua, attento che se
« mercoledì fussi pur ancor vivo, lo amazeria la S. B."^^ volendo inferire
«che non venendo a Siena lo priveria con li altri ». Carte Stroi:(jane^
a e. 38; lettera del 19 ottobre. Nella medesima lettera appare già il
malcontento di alcuni, che disapprovavano la condotta severa del
papa; tra gli altri il card, di S. Giorgio, il quale « duolsi che [S. S.tà]
« voglia procedere così presto [contra li cardinali], et immediate vole
« [citare Sanseverino et Baius] né dar loro più tempo che .xv. in
« .XX. dì ».
(2) Ivi, a e. 48; lettera del 20 ottobre.
Varietà 567
« facto intendere a tucti li cardinali, che vole che si tro-
« vino al consisterlo di domattina etiam a quelli che sono
« alquanto indisposti et cosi intendo che hanno promesso
« di andarvi, salvo che Aux, quale è ricascato malato et
« ha la febre et non poca. In somma se stanocte non si
« muta consiglio et voluntà, domattina si proponerà la pn-
« vatione delli 4 cardinali (i) &c. et se bene alcuni.. . di-
« cono voler enixe supplicare per questa prorogatione,
<c pure io credo che si farà all'usanza, et che ognuno ca-
« lerà le vele, perchè [li due pazi Monte et Ancona] (2)
« caccia[no più la] cosa [che non fa S. S*-^] » (3).
Il mutamento notturno non venne; e il giorno dopo
infatti, 22 di ottobre, si fece il concistoro, del quale cosi
scrive Bernardo al cardinale de* Medici:
Reverendissime domane mi &c.
Stamattina se è facto consistono, nel quale N. S. prepose la
privatione delli cardinali citati replicando tucte le arti et dolceze,
che S. S.*-^ ha usato per levarli dal mal camino nel quale si erano
messi, et cosi dixe tucte le loro malignità et iniqui pensieri per fare
scyxma et per minare la Chiesa, et decto di loro tre (4) entrò in Bayus,
mostrando che per se stesso se era privato alhor che si partì di Roma
per non andare ove era S. S.'^ contra la obligatione facta in con-
sistono dopo la captura de Aux &c. e su questo furono chiamati
drento lo advocato et procuratore fiscali, notarlo et testimonii, ffa
quali fu il R''** nostro Grossetano et finalmente facti tucti li acti, ri-
cercò S. S'* li voti &c. Il R'"" camerlingo, Grimanno, Arborense,
Flisco, Nantes, et qualchuno altro, parlarono in conformità, molto
bene, ma maxime San Giorgio, suplicando a S. Bnc che per vedere
se dicevano da vero maxime li due Spagnoli, si prorogasse alcuni
pochi dì, per che venendo a Siena, era di molta reputatione di S. H"*^
(i) Contro il card, di Sanseverino, benché favorisse apertamente
il concilio di Pisa, pure ancora non era stato lanciato il monitorio.
(2) Antonio del Monte, del titolo di S. Vitale, e Pietro degli
Accolti, del titolo di S. Eusebio, erano i due cardinali favoriti ed on-
nipotenti.
(3) Carle Stroniane, a e. 44; lettera del 21 ottobre.
(4) Cioè di S. Croce, S. Malo e Cosenza.
5^8 G. Grimaldi
et di certa quiete &:c. Non veiìendo, S. Bne era tanto più iustificata
a farlo, et ognuno ne la aiuteria &c. Circum circa fu da molti par-
lato, ma la S. S^^ li strinse a dare li voti chiari et resoluti, et final-
mente ognuno dette il voto alla prìvatione di tucti quattro, et ve-
nerdì si farà consistorio publico nel quale saranno dichiarati privati
del capello della dignità et de beneficii.
Alla S. V. R'"* humilmente me raccomando.
Rome 22 oct. 15 ii. Lunedì farà N. S. consistorio per dare le
cose de privati: fora di quelle che ha promesso di dare a voglia del
Catolico forse anche tenera in collo quelle di Francia.
Raptissimc.
humilìs. servus D. V. R"^^
Bernard US (i).
Come si vede, era solo a malincuore che molti cardi-
nali avevano ceduto alla volontà del papa; e a Giulio de*
Medici, il quale accompagnava il cugino nella legazione,
Bernardo quello stesso giorno scriveva che
... di questa privatione de cardinali non è chi si sia rallegrato. Du-
bitando che per questo li animi di là se habbino molto ad infiam-
marsc al possibile, ove ora parevano assai mitigati.
E più sotto:
Dite a mons. che la maggior parte de cardinali all'uscir si ralle-
gravano meco della absentia di mons. presertim Flisco et Sauli, a quali
par che mons. usassi già dire [che non] consenti[ria mai] &c. A chi
voleva punto [replicare] sopra la cosa [S. S^i dava sulla voce] dicendo
'che [dessino il voto libero] senza tante cerimonie et parole &c. Perchè
[il Vincula] mandò hiersera a replicare che haveva male &'c, Dixe
N. S. che non fece mai cosa di che più si pentissi che d'averlo facto,
et che meritava più lui de esser [privato che] alcuno di quelli &c,
et venne in consistorio . . . (2).
Notava Giulio II la freddezza degli uni, il servilismo
e la prontezza degli altri; e mentre prometteva subito al
cardinale Grassi un* abbazia che il cardinale di Cosenza
aveva a Ravenna, dicendo che « sempre haveva inteso S. S.
(i) CarL Stro:i\iiUU, a e. 30.
(2) Ivi, a e. 30.
Varietà 5^9
« essere homo da bene ma non haveva conosciuto già
« prima che hiermattina in dare cosi liberamente il voto
«suo contra quelli ribaldi » (i), parlando con Bernardo sì
doleva invece assai del cardinale Grimanno, « el quale dice
« che stette duro » (2).
E il 24 ottobre si ebbe l'epilogo.
Reverendissime domine mi colendissime &:c.
In questa bora torno da palazo, ove ho visto la cerimonia di
questi cardinali privati. La quale se è facta nella sala delli Re tra
l'una et l'altra cappella parata excellentissimamente. La residentia con
le panche spallierate è stata apiè di decta sala ove era la scala mu-
rata. Essendo N. S. nella sede sua, senza cardinali da canti, et li
R™^ alli lochi loro, imposto a ciascuno silentio, cominciò ad orare
lo advocato fiscale, mostrando quanto era laudabile la unione delli
membri della Sede apostolica, et quanto sancta la obbedientia verso
colui che gerebat vices Christi in terris, et e converso quanto dete-
stabile la disunione et inobbedientia &c. Extendendosi in le laude di
papa lulio che tante fatiche et spese facte havessi per accrescere la
reputatione, lo stato et la grandeza della Chiesa, et che volendo, l'anno
passato, recuperare la sua città di Ferrara, si mosse infermo andarvi
impersona, ma li tali iniqui cardinali si partirono, come disubbidienti &c.
et qui narrò quanto N. S. haveva cercato redurli alla vera via, il che
loro non havevano mai facto, ma sempre andati di male impeggio,
et ultimamente intimato il concilio, per fare scysma, dividere la
Chiesa et metterla sotto sopra &c. che N. S. li aveva facto il mo-
nitorio penale, al quale non havevano obbedito, et che per questo
nel ultimo;secreto consistorio S. S»^ col consenso di tucto il collegio li
haveva privati, pregando hora come advocato fiscale insieme col pro-
curatore fiscale che S. S'^ degnassi concluderli dichiarati privati della
dignità del cappello, d'ogni honore, d'ogni auctorità, d'ogni chiesa,
e beneficio &c. et cosi N. S. dixe. Concludimus. Dipoi parlò il pro-
curatore fis. che era drieto alle spalle del camarlingo, suppHcando a
X. S. che volessi far leggier la sententia, et dixe: Volumus, et fu-
rono date al secretarlo certe carte che leggessi : et cosi fece, ma
quasi nessuno lo intese. Contenevono li errori commessi di questi
cardinali di per se quelli delli tre citati, da quelli di Bayus, et in
(i) Carle Strc:^iiaiie, a e. 52; lettera del 2^ ottobre.
(2) Ivi, a e. 57; altra lettera del medesimo giorno.
570 G. Grimaldi
ultimo gli sententiava et dichiarava privati di quanto dico di sopra
aggiugnendovi etiam della voce activa et della voce passiva.
Riparlò il procuratore supplicando a S. 5*^ che ad futuram rei
memoriam commectessi che di ciò si facessi publico instrumento,
et che lì era il notaro, mostrandolo a S. B^e la qual dixe: Com-
mictimus, et così il notaro, voltatosi alli R™i cardinali et alii pre-
lati, dixe, et vos estis testes, et qui finì la commedia per N. S. et
la tragedia per li privati. Andando su fino in camera di N. S. vidi
S. S^à benché un poco stanca, tanto allegra quanto dir si può. Io
me ne son venuto a casa per obbedire a S. Bne di spacciarvi questa
stafTecta.
Alla S. V. R"^^ humilmente me raccomando. Roma 24 oct. 151 1.
•••* ,...,,
humil factura di V. S. R™*
Bernardo (i).
Poco appresso avvenne la privazione del cardinale di
San Severino, che poi dal «conciliabolo», trasferitosi da
Pisa a Milano, e finalmente a Lione, fu eletto legato di
Bologna, e contrapposto al cardinale de' Medici.
Ma quello scisma fu una ben misera cosa, non avendo
il consentimento e 1' appoggio del popolo, che anzi ne ma-
lediceva e scherniva pubblicamente gli autori, quasi rite-
nendolo causa delle sciagure di quel periodo fortunoso, e
alla perdizione dei corpi aggiungesse quella delle anime.
Eppure ancora cinque o sei anni, e il frate agostiniano
avrebbe lanciato il grido della rivolta, mettendo sossopra
tanta parte della Cristianità. La corruzione della Chiesa non
era certo divenuta più grande in cosi breve spazio di tempo ;
(i) Cariò cit. a e. 61. Il giorno dopo così dice in un poscritto:
« Il papa si dolse hiersera meco molto del oratore hispano, dicendo
« che contra la saputa et expressa voluntà del re haveva operato
« per questi privati et che oltra di questo haveva cerco con molti
« cardinali che stassino duri et forti a dare li voti alla privatione,
« tra quali credeva che fussi uno il Petruccio, che stette un poco du-
ce retto &c. . . . Crede ognuno che questa [privatione] babbi a gene-
« rare gran [scandalo] et che forse [a Bologna] subito verranno [fran-
« zesi] ... ». Ivi, a e. 62.
Varietà 571
né Leon X fu peggiore di Alessandro VI o di Giulio IL
Perchè mai, dunque, i cardinali ribelli non riuscirono a
commover nessuno, benché avessero il favore e Y aiuto di
un sovrano cosi potente come Luigi XII ?
Mancò l'uomo, mancò l'apostolo: non era la luce di
un' idea, una visione di verità e di libertà, che aveva spinto
i cinque cardinali a intimar al papa di presentarsi al con-
cilio ; ma o r avevan £uto per ossequio servile al re di
Francia, del quale erano sudditi, o li aveva allettati qualche
bassa cupidigia di denari o di onori. Mancava poi anche
nel popolo superstizioso quella fede che fa i martiri o i
fanatici, tenendo i più con scettica noncuranza alle pratiche
esterne e alle belle cerimonie, che appagavano l'occhio
e l'orecchio, anziché all'austerità e alla purezza dei principi.
Quasi appena morto Giulio II, i cardinah privati ve-
nivano per desiderio del novo pontefice restituiti alla di-
gnità del cardinalato, dopo essersi umiliati e aver aderito
pubblicamente al concilio Laterano, confessando e ricono-
scendo gli errori commessi. E alla fine dello stesso anno
anche il re di Francia, a nome suo e della chiesa galli-
cana, aderiva al conciho Lateranense, rinunziando afflitto
e per sempre al suo infehce tentativo di riforma reli-
giosa (i).
Giulio Grimaldi.
(i) Guicciardini, htoria d' Italia, lib. XI, cap. 6, e lib. XII, cap. i.
Archivio della R. Società rimana di sl<.i/\i yaiiu. \\A. XMll. 57
572 J. S, Cardasi
ORIGINE PAGANA DI DUE CHIESE
IN ROMA.
Nessuno dei descrittori delle chiese urbane ha saputo
ritrovare 1' origine della chiesa di S. xMaria Maddalena, ne
di quella della Pietà in piazza Colonna. L'Armellini, il più
recente di essi, si limita a dire di quella della Maddalena
eh' è molto antica; che nel 1403 già esisteva, e che ad
essa vicino sorgeva T arco della pietà, un antico fornice
creduto di Traiano, detto forse della pietà perchè situato
a poca distanza dal primitivo Monte dei pegni, e che alla
chiesa era annesso un ospedale detto dei Battensi. Prose-
gue poi a narrare le vicende della chiesa, cioè la con-
cessione fattane dall' arciconfraternita del Gonfalone, che
n' era proprietaria, ai ministri degl' infermi, cioè al loro
fondatore san Camillo de Lellis, nel i58(^, ed infine la
riedificazione posteriore fino alla bizzarrissima facciata eretta
da Giuseppe Sardi (i). Occorre anzi tutto eliminare la
ipotesi che il nome della Pietà venisse dall' arco, che ve-
ramente sorgeva tra il Pantheon e la Maddalena, dal Monte
dei pegni, sia perchè questo fu molto discosto, essendo
stato da Sisto V collocato presso la via de' Coronari, ove
se ne conserva il nome (piazza di Monte vecchio'), sia per-
chè questo istituto fu fondato da Sisto V nel 158^; men-
tre invece l* arco era cosi denominato nel medio evo, come
dovrò notare. Inoltre si deve reclamare una ben più re-
(i) Armellini, Chiese eli Roma, 2" ed. p. 318.
Varietà 575
mota antichità per questa chiesa, poiché essa è annoverata
nel catalogo delle chiese urbane esistente in Torino, eh* è
del secolo xiv (i). Anche la chiesa della Madonna della
Pietà in piazza Colonna, di recente passata in proprietà
dei Bergamaschi, ha origine ignota (2). Mette conto il
ricercare queste due curiosità, con la massima parsimonia
di citazioni e di discorso.
Gli studiosi delle antichità di Roma sanno perfetta-
mente come la leggenda famosa di Traiano che, sul punto
di partire per la guerra, rese giustizia ad una vedova cui
era stato ucciso il figlio, si era formata sulla rappresen-
tanza di un rilievo marmoreo che decorava il Foro Tra-
iano, e probabilmente 1' arco trionfale che a questo serviva
d' ingresso (3). Ora, senza che io qui riferisca tutta la let-
teratura storica con cui si svolge questo soggetto, che si
connette con la storia di Gregorio Magno e che è stato
reso immortale nella Divina Commedia (^Purgatorio, X,
73-93), osserverò soltanto che 1' appellativo di arciis pietatis
derivato da questa scena, che in verità rappresentava Y im-
peratore in mezzo ai suoi uffiziali, avanti al quale una
provincia conquistata si genuflette, fu di antica data, poi-
ché si trova nelle più antiche descrizioni dei monumenti
romani dal secolo xii in poi. Cosi nell' Ordo romanus del
secolo suddetto leggiamo che il pontefice dal Quirinale
veniva ad sanctam Mariani in Aquiro ad arcum pietatis (4).
Nel cosi detto anonimo MagHabecchiano si trova: « arcus
« pietatis ad S. Mariam Rotundam triumphalis est versus
« ubi est hospitale iuxta Magdalene et Bactentium difor-
« matus murus ubi fuit historia imperatoris cum pauper-
(i) Papencordt, Gesch. d. St. Rom. p. 6^.
(2) Idem, p. 307.
(3) G ASTON Paris, La léi^cnde de Traian nella Bibìioih. des huutes
t'iitdes, 1878, p. 271; Arturo Graf, Roma nella vientoria e neW imagi'
nazione del medio evo, II, 5.
(4) Urlichs, Codex top. U. R. p. 79.
574 .7- *^- Cardasi
« cula » <Scc. (i). È pertanto cosa certa che, come nel Foro
Traiano questa rappresentanza fu causa delle celebre leg-
genda per la quale san Gregorio avrebbe liberato Tanima
dell' imperatore dall' inferno, cosi, di fronte al Pantheon,
ve n'era un' altra, che fu soprannominata delia pietà. L'arco
trionfale occupava il centro dell'area, che ora è occupato
da un' isola di case, tra le vie della Rosetta e del Sole. Que-
st' arco fu demolito insieme con 1' ala settentrionale del
quadriportico, nel secolo xvii ; e i marmi ne furono portati
via a carrettate, come si legge in un appunto manoscritto
in casa Chigi.
Questo rilievo del Pantheon, e non quello già scom-
parso del Foro Traiano, dev'essere stato osservato dal di-
vino poeta ; ed anch' egli volle seguirne la popolare deno-
minazione, quando fece dire a Traiano, a cui sempre e
dappertutto risaliva il fatto : « giustizia il vuole e pietà mi
« ritiene ». Tutto il quartiere circostante fu intitolato della
Pietà, e cosi anche 1' ospedale dei pax^erelli, il primo ma-
nicomio d' Italia, che con i suoi fondi, orto e ricinto giun-
geva fino alla piazza ora detta di Pietra, dai numerosis-
simi marmi del tempio di Nettuno quivi scoperti. Su questa
piazza stava la fronte della piccola chiesa detta della Pietà,
che adesso è spostata verso piazza Colonna (2). L' ima-
gine della Madonna, eh' è in essa chiesa, è modernissima
importazione da Subiaco : il titolo è ben più antico; ed
è la Pietà di Traiano. Questo monumento è forse il mo-
tivo del titolo ancora della chiesa della Maddalena, che
ho ricordato per la prima. Il soggetto della donna genu-
flessa innanzi all' imperatore, che significava la provincia
sottomessa, interpretato per la ripetuta scena pietosa, do-
vette servire anche alla fantasia del popolo per indicare la
donna di Magdala prostrata innanzi al divino Maestro. Se
(i) Urlichs, op. cit. p. 155.
(2) Armellini cit. p. 307.
Varietà 575
noi potessimo ricostruire T ambiente perfetto di quella
piazza, nel pieno medio evo, vedremmo quel rilievo ve-
nerato come imagine di Cristo e della Maddalena, ornato
forse di luminarie e di oggetti votivi, finché, crollato l'in-
tiero edifizio (« archus diruptus et fractus », lo dice il Ma-
gliabecchiano cit.), fu sostituito da un oratorio dedicato alla
Santa, e quindi dalla moderna chiesa. Questo soggetto, che
fu anche interpretato in Paneade, ossia in Cesarea di Fi-
lippo, per r incontro del Redentore con l'Emorroissa, sug-
gerì alla imaginazione religiosa dei Romani la ragione di
una chiesa speciale, come T antica denominazione della
Pietà suggeriva quella del quartiere e dell' ospedale dei
pazzi. E quando l'ospedale stesso fu trasferito alla via della
Lungara, mantenne la intitolazione di S. Maria della Pietà.
Francesco Saverio Cardosi.
Raffaele Ambrosi De Magistris.
Un' altro de' più antichi della nostra Società, Raffaele
Ambrosi De Magistris, è mancato ai vivi, rapito quasi
improvvisamente all' affetto dei congiunti e degli amici,
la notte del 29 dicembre ultimo passato.
Era nato in Anagni, di nobile famiglia, nel 183 1. A
Subiaco, nel convitto presso l'abbazia dei Benedettini,
aveva fatto i primi studi e nell' Università di Roma aveva
conseguita la laurea in giurisprudenza. Chiamato più tardi
air ufficio di Bibliotecario della Vittorio Emanuele, a quello
accudì con tutto sé stesso, pago di poter dedicare a' suoi
studi prediletti le ore che i doveri dell'ufficio gli lascia-
vano libere. D' animo buono, affabile di maniere, cordial-
mente servizievole verso chiunque si fosse rivolto a lui,
lascia in quanti lo conobbero il ricordo di una di quelle
figure che ogni giorno si vanno facendo più rare. L' a-
more dei suoi studi fu la storia, e il nostro Archivio rac-
colse la maggior parte dei lavori coi quali egli s' era ve-
nuto preparando a rifare gli annali della sua città nativa,
opera alla quale intendeva di dedicare quanto gli restava
della vita. Ma la perdita di una figlia amatissima, indi
quella della sua compagna, portarono nel suo spirito il
lutto e la stanchezza, e la morte lo sorprese prima an-
cora ch'egli avesse portata a compimento la bella storia
d'Anagni, alla quale pur resta onoratamente legata la me-
moria del suo nome.
E. M.
ATTI DELLA SOCIETÀ
Seduta del ij dieembre i^oo.
Sono presenti i soci: U. Balzani, presidente, I. GiORcr,
segretario, G. Navone, tesoriere, C. Maes, E. Monaci,
G. MoNTicoLO, M. Rosi, O. Tommasini, ed i signori
Federici, Focolari, Giovankoni, Hermanin invitati alla
riunione. Si scusano di non potere intervenire i soci
Guidi e Torraca.
Il Presidente notando come la ripresa dei lavori so-
ciali sia quest' anno oscurata da un velo di profonda tri-
stezza, riferisce che non appena giunse in Roma il ferale
annunzio dell' assassinio che ha funestato il mondo civile
e ha coperto T Italia di lutto, il seguente telegramma fu
diretto, in nome della Società, alla Reggia di Monza:
A. S. E. LA Marchesa di Villamarina.
La Reale Società Romana di Storia Patria prega V. E. d'essere
interprete presso S. M. Li Regina Margherita dei sensi con cui, nel-
r angoscia di quest' ora nefanda, si associa al lutto d' Italia e all'e-
secrazione del più orrendo dei parricidi.
Il Vicepresidente: E. Monaci.
A questo telegramma S. E. la Marchesa di Villamarina
rispondeva :
Società Romana di Storia Patria.
Nella parte presa al suo straziante dolore S. M. la Regina rav-
visava un atto di devozione affettuosa di cui ringrazia vivamente ri-
conoscente.
La Dama d'onore: Marchesa di Villamarina.
jSo oAtti della Società
Nel giorno poi del giuramento di S. M. Vittorio Ema-
nuele III, non avendo il Presidente potuto trovarsi in
Roma, inviò alla Reggia del Quirinale quest' altro tele-
gramma :
A. S. E. IL Primo Aiutante di campo di S. M.
Palazzo Quirinale - Roma.
La Reale Società Romana di Storia Patria invia alla Maestà del
Re in questo giorno solenne un augurio reverente e l'espressione
della sua sudditanza devota e fedele. Ai tempi nuovi che Iddio ma-
tura nel destino dei popoli, soccorra lungo fermo glorioso il regno
di Vittorio Emanuele III, e riveli ancora una volta al mondo l'alta
perpetua missione della madre Italia nella storia delle genti umane.
Il PresidmU: Ugo Balzani.
S. E. il Ministro della Real Casa inviava la seguente
risposta :
Conte Ugo Balzani
Presidente della R. Società Romana di Storia Patria.
I sentimenti di rinnovata devozione alla Casa di Savoia, dei
quali V. S. rendevasi interprete, giungevano ben graditi a S. M. il
Re, che ringrazia dello spontaneo omaggio.
Il Ministro: E. Ponzio Vaglia.
II Presidente annunzia inoltre di avere avuto l'onore
di presentare a S. M. il Re l'espressione del devoto omaggio
della Società, e che Sua Maestà si è degnata incaricarlo
di riferire ai colleghi i suoi sentimenti di benevolenza e
d' interesse per la Società stessa. Legge poi la seguente
commemorazione :
« U ultima volta che ci adunammo, io ebbi l'onore
di portarvi il saluto che Sua Maestà il Re Umberto I vi
mandava, e ripetervi le parole benevole eh' Egli mi aveva
incaricato di dirvi. Pochi mesi dopo 1' Italia era in lutto,
piena di raccapriccio per un delitto nefando dal cui pen-
siero rifugge l'animo. Il bello e altero soldato d'Italia non
era caduto sul campo col sole radioso in fronte, tra il
oAtti della Società 5S1
rombo dei cannoni e lo squillar delle trombe, guidando i
suoi alla battaglia. Così soltanto pareva che un Savoia
potesse morir di ferite, ma nei misteri della vita il suo era
un diverso destino. A lui che fanciullo aveva udito sulle
labbra del padre risuonar cupo il nome di Novara, e fre-
mere fiero il giuramento della riscossa, che nella adole-
scenza aveva provata V ansia impaziente d' essere troppo
giovane per trovarsi a Palestro e a S. Martino, che a Vil-
lafranca aveva finalmente goduta 1' ebbrezza del pericolo
sfidato per la patria, dovevano essere troncati i palpiti del
cuore dalla mano abietta d* un assassino in agguato.
« Il corso del suo regno fu arduo ad un* anima de-
siderosa d* espandersi e d'uscir dal comune. UltaHa, dopo
il grande sforzo compiuto pel suo risorgimento, pareva
stanca quando Umberto I saliva al trono. Egli che aveva
trascorsa la giovinezza tra sogni di gloria, accanto ai grandi
che circondavano il suo gran padre, non trovò intorno a
se che forze mediocri e mediocri aspirazioni. Nessuna
maggiore malinconia che avere nel segreto del cuore il
sentimento dell' eroico e non vedersi vicino petti a cui
comunicarne il sospiro. Altri si sarebbe sfiduciato. Egli
comprese ed accettò il grave dovere che gì* incombeva. Il
suo fu genio d'amore. Intuì le forze latenti del suo popolo
e si consacrò ad esso. Pose la sua gloria negli umili, e si
diede ad essi dimentico di se nella coscienza alta della
sua missione. Non tutte le grandi virtù e le più pure ri-
vela sempre la storia, e virtù suprema è l* operare il bene
in silenzio. La pietA di Casamicciola, la carità di Busca e
di Napoli, dove Egli parve accarezzare la morte per ad-
dolcirla ai morenti, sono come lampi di luce che illumi-
nano tutta una vita di benefici amorosamente celati. Con
verace espressione ha detto testé un nostro consocio che
il grido Fado dove si muore, riscontra nella storia sabauda
le supreme parole di Amedeo Vili: Facitc iustitiam et di'
lipie pauperes.
582 oAtti della Società
« Egli infatti amava facendo giustizia, e Topera sua s'in-
formava a un principio educatore aiutando il suo popolo
verso un moto di rigenerazione morale che ancora procede
e di cui solo col tempo si vedrà il frutto. Ogni tentativo
per avanzare la civiltà del paese in tutte le sue espressioni
trovava in lui pronta simpatia ed aiuto. Fedele ai suoi
doveri di Re, Egli fece quanto era da lui per tenere in-
sieme le forze spesso discordi che dovevano guidare V I-
talia in una via di sincero progresso. Quale e quanto sia
stato questo progresso vedranno i posteri, a noi ora vieta
di scernerlo appieno il sobbollimento di male passioni che
vanno venendo a galla nelle acque intorbidate della poli-
tica italiana. Fra le sue aspirazioni e T attuazione di esse
si ponevano sovente come un cuneo queste male passioni,
ed egli lo sentiva e se n* addolorava. Gli doleva di non
essere assecondato come avrebbe voluto, e dai suoi di-
scorsi familiari spesso traspariva un sentimento misto d'en-
tusiasmo e di tristezza che lasciava pensoso chi l'ascoltava.
Certo nelle ore sue più tediose e meste doveva crescergli
più intenso nell' anima generosa 1' ardore di trovarsi col
popolo e fra il popolo ch'egli amava e comprendeva, e da
cui si sentiva amato e compreso. I suoi valligiani di Val
d'Aosta, i fieri onesti Romagnoli a cui s' abbandonava si-
curo, questa Roma immutata dal giorno che gli giurò fede,
i braccianti d'Ostia, le espansive popolazioni di Napoli, di
cui aveva consolato i dolori e i terrori, lo compensavano
della lunga pazienza che gli era necessaria nel lavoro quo-
tidiano, lavoro prezioso del quale terrà conto un giorno
e farà giustizia la storia.
« Col regno d'Umberto I si chiude un periodo storico
di elaborazione lenta e faticosa, e nuovi problemi s" affac-
ciano innanzi ai quali l' Italia avrà bisogno di tutte le forze
eh' egli cercò di educare, avrà soprattutto bisogno di fede
in sé stessa e nei suoi destini. Egli ha dato tutto sé alla
patria, e la stessa sua morte è come un simbolo di sa-
oAttì della Società 583
grifìcio di cui tutti dobbiamo cercare d' intendere T alto
significato.
« Dalla sua tomba come da un'ara sacra s'innalza la
preghiera di tutto un popolo, e la solleva a Dio una cosi
santa interprete d'amore e di dolore, che par quasi pro-
fano profferirne il nome augusto e pio, e i cuori non
possono che seguirla riverenti in silenzio. Accolga Iddio
la preghiera, e quando la sua benedizione scenderà sul
capo del giovane Re che gli succede e sulF Italia, esulterà
in alto l'anima immacolata d'Umberto il Buono».
Il signor Hermanin, invitato dal Presidente, legge una
relazione intorno alle pitture scoperte nel convento di
S. Cecilia e attribuite al Cavallini (Un affresco di Pietro
Cavallini a S. Cecilia di Trastevere'). Dopo alcune osserva-
zioni del socio Navone a cui risponde il signor Hermanin,
il Presidente dà la parola al signor Federici per una
comunicazione intorno alle pitture recentemente scoperte
nel Foro (5. M. Antiqua e gli nltimi scavi del Foro Romano).
La Società ringraziando gli autori delibera che le due
interessanti comunicazioni vengano per intero inserite in
questo stesso fascicolo àdV Archivio (i).
La Società dehbera anche che si mandi un voto di
plauso alla Amministrazione del Fondo pel culto e alla
Direzione generale degli scavi per 1' opera sapiente di ri-
cerche cosi bene iniziate e che hanno recato tanta luce
alla storia medioevale di Roma.
La seduta è sciolta alle ore 15.
(i) V. pp. 397 e 517.
BIBLIOGRAFIA
Pasquale Villari, Le invasioni barbariche in Italia, con tre
carte. — Milano, Hoepli, 1901, pp. xiii-480, in- 16.
Pasquale Villari nota opportunamente nella Prefazione a questo
libro come in mezzo al fiorire degli studi storici la classe colta
d' Italia, lasciati i manuali scolastici, non potendo leggere le opero
critiche degli specialisti, sia obbligata per conoscer la storia del po-
polo nostro a ricorrere ai libri stranieri. L' illustre autore con questo
suo scritto accresce il prestigio ad una serie di volumi di storia che
r Hoepli ha cominciato a pubblicare, perchè anche l' Italia abbia
delle opere, le quali narrino i fatti « nella loro cronologica succes-
« sionc, senza discutere o dissertare, e, per quanto è possibile, senza
« annoiare » (Pref. p. xii).
Valendosi di buoni autori moderni, del suo studio delle fonti e
della propria coltura acquistata con tanti anni di proficuo lavoro, il
Villari narra nei quattro libri di questo volume la storia nostra dagli
ultimi tempi dell' Impero d' Occidente all' incoronazione di Carlo
Magno.
Tutta l'opera si legge volentieri e con profitto, comprese quelle
parti che trattano di cose difficili in sé, e che più difficili appariscono
quando son trattate brevemente. Ciò, per esempio, avviene per la
descrizione della società barbarica e della romana fatta vivacemente
e con sobrietà nei primi due capitoli, i quali servono tanto bene per
far capire gli elementi che costituiscono la società medioevale. Chiaro
è r intuito dei danni preparati a Roma per la concessione da Teo-
dosio fatta ai Goti di abitare come federati in Tracia. « Questi bar-
« bari », come giustamente osserva il Villari nel lib. I, cap. v, p. 5,
« che potevano da un momento all'altro risorgere, erano il richiamo
« continuo di altri, i quali passavano il Danubio alla spicciolata, o di-
« sertavano le bandiere romane, o spezzavano le catene della schiavitù ».
È pregio notevole di quest' opera lo studio delle condizioni dei
popoli e dell'amministrazione degli Stati. Vedasi a questo proposito
SS6 bibliografia
la descrizione delle condizioni dell'Africa sotto i Vandali (I, viii, 90),
dell' Italia sotto Odoacre (II, i, 132) e sotto Teodorico (II, ni, 152).
E non meno pregevole può dirsi il racconto di leggende e di epi-
sodi fatto con molta opportunità. Per averne un saggio si legga la
narrazione della morte del generale Bonifazio (I, viii, 87), l'episodio
di Onorio e di Attila (I, ix, 97), la leggenda dei morti combattenti
in aria la notte successiva alla battaglia vinta da Ezio a Chàlons
contro gli Unni (I, ix, 105), l'incontro di Attila con Leone I (I, ix,
ire), la visita di Odoacre a san Severino (II, i, 128) &c.
Allo scopo propostosi dal libro giova pure la descrizione dei ca-
ratteri di alcuni personaggi celebri, come Leone I (I, ix, 108), Teo-
dosio (II, IV, 173), san Benedetto (II, vii, 209), san Gregorio Magno
(III, IV, 285) &c.
L'illustre autore in tutto il libro riconosce l'importanza della
Chiesa, lo spirito di sacrificio e la fede sublime de' suoi primi sa-
cerdoti : e con poche e precise parole fa, quando occorre, giusti
apprezzamenti. Così, per esempio, dopo aver ricordato il saccheggio
di Roma fatto dai barbari e la carità del vescovo di Cartagine Deo-
gratias, dice : « In mezzo alla spaventosa rovina del mondo romano,
(( solo i rappresentanti della religione e della Chiesa sapevano dar
«prova di umana dignità e di eroica grandezza. Certo è che col
«sacco dato dai Vandali l'antica Roma è caduta, la nuova già co-
« mincia a sorgere facendo prova d'una grandezza diversa, ma non
« meno ammirabile. La gloria del Campidoglio più non esiste, co-
te mincia quella del Vaticano» (I, x, 117).
E nel medesimo modo parla della coltura e dei costumi, finendo
così col mettere insieme elementi bastevoli per conoscer la vita del
popolo nostro nell' intricato periodo che termina colla restaurazione
dell' Impero romano d' Occidente.
Le carte geografiche unite al volume ne agevolano la lettura, e
un diligente indice alfabetico lo rende utile anche a quelli che vo-
lessero soltanto consultarlo.
M. Rosi.
Orazio Bacci, Vita di Benvenuto Celìini. Testo critico con
introduzione e note storiche. — Firenze, G. B. San-
soni, 1901.
L'edizione critica dell'autobiografia del Cellini a cura di Orazio
Bacci era attesa da un pezzo. Si sapeva che egli vi lavorava da al-
cuni anni, sin da quando cioè Giosuè Carducci lo aveva incaricato
"Bibliografia 587
di apprestare un'edizione scolastica commentata della Vita celliniana.
Essa vede ora la luce, dedicata a « Firenze madre, nel IV centenario
«della nascita di Benvenuto Cellini». Tutti i precedenti editori della
Vitay qual più, qual meno, si proposero di scusare e, peggio ancora,
di correggere le capestrerie e le irregolarità che sono invece le doti
più singolari e più belle del Cellini. Il curioso si è che le incertezze
e le mescolanze crebbero pure con editori diligenti, ma ben poco
fortunati, quali il Carpani, la cui opera attesta il desiderio e il bi-
sogno di una edizione definitiva. E cosi si perpetuarono, perfino nella
accurata edizione del Bianchi, i difetti originali delle prime stampe,
che erano anche i difetti delle copie manoscritte: l'infedeltà e T ar-
bìtrio.
Prima del Bacci, nelle ultime edizioni fiorentine, si era, è vero,
collazionato il testo sull' originale. Ma la collazione fu compiuta senza
quel metodo che la critica moderna richiede, in fretta, trascurando
completamente l' interpretazione della punteggiatura e degli altri segni
grafici. Movendo dal concetto di correggere, si videro errori dove
non erano e si alterarono forme più che legittime, si ebbero fedeltà
inopportune e libertà, anzi licenze non giustificabili. Il bello si è che
alcuni editori, mentre affermavano di avere studiato il manoscritto
originale, in realtà ne avevano appena conosciuta l'esistenza. Cosi
il Plon (nell'opera B. Cdlini orfèvre, médaiìleur &c., Paris, 1883, p. 114)
dice il manoscritto coperto di pergamena {parchemin), mentre invece
è legato in pelle verde, e Gaetano Guasti, ultimo ripubblicatore (Bar-
bera, 1890) della intera Vita^ asserisce la medesima cosa: il che non
gli impedì peraltro di scrivere sulla copertina del suo libro: «Nuo-
ce vamente riscontrata sul manoscritto Laurenziano ».
Del metodo tenuto nella edizione del manoscritto originale il
Bacci parla a lungo nel capitolo III della Prefazione (pp. lviii-lxxiv).
Egli giustamente osserva come il metodo da serbare nella ricostru-
zione dei testi anticiii ha progredito assai, e dai tentativi empirici,
in odio alla filologia e alla storia, ci ha condotti ad una rappresen-
tazione razionale e conveniente. L'editore critico si trova dinnanzi
quasi per ogni testo ad un caso nuovo, reso tale da quelle piccole
contingenze di luogo e di tempo che egli avrebbe gran torto di tra-
scurare. Sin dove ha da essere fedele riproduzione? Quali cambia-
menti si possono fare? Nel caso attuale il manoscritto originale, che
ha valore di autografo anche nelle parti non di mano del Cellini,
non poteva risolvere di per sé ogni questione di metodo. Il ripro-
durlo del tutto tale e quale non avrebbe mentito il nome di opera
critica, come avrebbe meritato ben contrario nome T.ivor uniformato
rigidamente quello che è per sua natura e fortuna disforme e vario.
Archivio della li. Società romana di storia patria. \'oI. \XIII. ^"^
588 "Bibliografia
Il manoscritto si può distinguere in due parti principali: l'auto-,
grafa e la non autografa, e questa quasi tutta messa insieme da un
garzoncello di bottega: Michele di Goro della Pieve a Groppine,
che scriveva sotto dettatura. Il garzoncello scrivendo ci portava la
sua inesperienza ortografica e grafica. Ma le scorrezioni dell'ama-
nuense in certo qual modo riconobbe e fece proprie il Cellini che
dovette pur rivedere il dettato del ragazzo. Come rispetto allo stile,
it Bacci stimò doveroso conservare e non correggere i costruiti ge-
nuini, così per quello che è forma e colorito gli parve necessario
mantenere ragionevole fedeltà all'originale, accettando le grafie biz-
zarre, incoerenti, ma nella loro bizzarria e incoerenza appunto più
celliniane. Non dunque riproduzione fotografica, ne diplomatica, ma
trascrizione fedele con discreta interpretazione di segni della scrittura,
mirando a rispettare le forme caratteristiche e accogliendo pur qualche
temperamento, di cui non si può fare a meno con nessun sistema.,
Cosi facendo il Bacci riuscì - come egli stesso ci dice - a non
deformare la storica e legittima forma di un testo, che è ben sin-
golare sì, ma che trova poi alla sua legittimità facili attestazioni e
riscontri in molte scritture popolari del secolo ; riuscì ad evitare gli
inutili arbitri, e a serbare il loro carattere originario alle capestrerie,
del manoscritto, evitando il pericolo di ridurre a legge ciò che è
eslege e di costruire teoriche per ogni fantasia di un copista igno-
rantello e di uno scrittore strambo.
Primo ad avere notizia del manoscritto originale fu il Maglia-
becchi, ma sino al 1829 esso non fu esaminato da nessuno.
La storia del codice è una delle più intricate e il Bacci stesso
non riesce a poter determinare esattamente le vicende che subì.
Certo è però che i primi possessori dell'autografo ceUiniano ci
appariscono i Cavalcanti. Come dai Cellini passasse ai Cavalcanti
non si sa. Il primo dei Cavalcanti che possedette il prezioso mano-
scritto fu Andrea, che il Bacci identifica col noto accademico, figlio
di Lorenzo di Vincenzo, e dal 1658 accademico della Crusca. Altro
possessore fu Lorenzo Maria Cavalcanti che lo donò a Francesco
Redi. L'anno in cui il Redi l'ebbe in dono s'ignora. Il Bacci però
riesce a precisarlo nell'anno 1691.
Ai primi di questo secolo il codice era in mano degli Scolopi,
che sembra lo acquistassero dai Gesuiti. Nel 1805 Luigi de Poirrot,
bibliotecario della Mediceo-Laurenziana, I' acquistò dal libraio « Cec-
« chino dal Seminario» e morendo nel 1825 lo lasciò alla biblioteca
stessa.
Il Bacci ha voluto fissare bene i tratti caratteristici della scrit-
tura celliniaila e nella Prefazione, senza riferire la minuta analisi che
"Biblìogra/ìa 589
ne ha fatto, ha creduto però opportuno dichiarare che molti e par-
ticolari raffronti dell'originale fece specialmente col Libro dei ricordi
e conti autografo (ms. Riccardiano 3082) e colle scritture della cas-
setta palatina della Nazionale di Firenze, contenente autografi cel-
liniani, raffronti non inutili per la ragione che la scrittura del Cellini
e quella del fanciullino hanno molti punti di contatto.
Completa è la rassegna critica che il Bacci fa delle edizioni a
stampa e delle traduzioni in lingue straniere e l'elenco dei drammi,
delle commedie, dei romanzi, che dalla autobiografia del Cellini tras-
sero argomento.
L'edizione ha delle note critiche e delle note storiche. Nelle prime
ha raccolto via via elementi sufficienti per la posizione e soluzione
dei piccoli problemi che sono risoluti nel testo. Nelle note storiche, ha
riassunto quanto gli ultimi editori avevano detto in proposito, non
risparmiando però ricerche a fonti non usate o poco esplorate, rifa-
cendo, per esempio, del tutto le esplorazioni d'archivio per le per-
sone che sono ricordate della famiglia Cellini.
Alcuno potrebbe forse osservare che qualche nota avrebbe po-
tuto essere, se non più esatta, certo più completa, ma il Bacci non
ha inteso di fare vere e proprie ricerche dirette sulle fonti, acconten-
tandosi di richiamare poche e sicure noti/'e su personaggi ed avve-
nimenti noti ad ogni lettore mediocremente colto.
Il Bacci premette alla Vita la lettera indirizzata il 22 maggio 1559
dal Cellini al Varchi, ricollazionata però sull'autografo, contenuto
fra le carte celliniane della cassetta palatina. Alla Vita è anche pre-
messa una nota critica di I. B. Supino sull' unico ritratto del Cel-
lini, raffigurato in un dipinto del Vasari nella gran sala di Cosimo,
in Palazzo Vecchio.
L'edizione critica è completata óaW Albero genealogico dei Cellini
dal secolo xv al xvii; da una minuta Notiiia dei documenti editi ed
inediti su Benvenute, da un Sommario cronologico della vita del me-
desimo; àzW Elenco delh opere d'arte ricordate nella Vita, e da un mi-
nuzioso Indice delle persone e delle cose notabili nella Vita.
Alcuni documenti inediti intorno al Cellini sono ricordati a
pp. 428 e 429 della sua edizione, altri sono riprodotti per intero in
fine del volume, come quelli rifercntisi alla sepoltura (2 marzo e
27 marzo 1571).
L'edizione critica dell'autobiografia celliniana era una vera la-
cuna nel campo della letteratura nostra e questa lacuna ha colmato
ora con rara maestria e profondo acume critico Orazio Bacci.
Domenico Orano.
590 bibliografia
Bruno Albers, Consuetudines monasticae. Voi. I. Consuetii-
dines Farfenses ex archetypo Faticano mine primum re-
eensuit B. A. — Stuttgardiae et Vindobonae, Roth, 1900,
in-4, pp. LXXXi-20^.
È il primo volume di una serie che nel disegno dell'autore deve
comprendere le diverse Consuetudines dei vari monasteri benedettini.
Le Farfenses pubblicate ora dall' Albers sono tratte dal cod. Vaticano
lat. 6808, un tempo del monastero di Farfa, donde, non sappiamo
quando, passò nella ricca raccolta di manoscritti della biblioteca apo-
stolica. Dal Prologo stesso delle Consuetudini si desume facilmente
che esse furono recate dal monaco Giovanni in Italia da Cluny e
introdotte nel monastero di S. Maria di Farfa dopo che l'abate Ugo
si ritrasse nel famoso cenobio (1009); anzi il codice stesso ci dice
che queste regole di vita spirituale furono fatte scrivere dal succes-
sore di Ugo nel governo badiale del convento, dall' abbate Guido,
al quale sicuramente si riferisce il distico che si legge nel principio
del manoscritto Vaticano (i) :
Hoc opus in Christi monachos, Guido fecit hon |
Hunc rogo, Christe, tuo fac dlgnum semper am \
distico col quale un monaco del secolo xiii, ben sapendo a chi la
comunità dovesse la trascrizione delle regole, volle ricordarne il nome
in testa dell'opera e raccomandarne l'anima a Dio buono e miseri-
cordioso. Sì che non è ben chiara la ragione per la quale l' Albers
presenta come ipotetico il riferirsi dei due versi all'abbate Guido,
cosa che, con gli aiuti del codice stesso, appare invece ovvia e si-
cura, quando d'altronde essa può confermarsi con l'analisi della scrit-
tura e della composizione del codice, sulle quali l' Albers in parte
ha sorvolato ed in parte ha taciuto completamente. L'osservazione
(1) Carta i b marg. sup. Questo distico, benché, come risulta dal Prologo delle
Consuetudini, si riferisca certamente alla traduzione di esse, lo credo aggiunto qui da
mano posteriore, quando cioè le varie parti del codice erano già riunite insieme come
sono ora. Chi lo appose a questa carta volle ricordare il nome di Guido, 1' autore di
queste regole, al quale ci riportano anche ragioni paleograficlie. Sarebbe pur questo
uno dei tanti casi di attribuzione posteriore, che per il nostro codice appare sicura anche
perchè rìsale ad un tempo non troppo lontano da quello in cui le regole furono tra-
scritte, non potendo quella nota essere posteriore alla seconda metà del secolo xiu.
bibliografia 591
di questi due elementi esterni lo avrebbe forse guidato a porre in
modo diverso il quesito delle origini e dell' importanza del codice,
ricercare cioè se tutlo il codice risalga al tempo in cui giustamente
egli pone la trascrizione delle Consuetudini; se la parte del mano-
scritto che contiene le Consuetudini sia veramente del tempo in cui
esse furono introdotte nel monastero di Farfa, e quindi se il Vati-
cano 6808 abbia in tutto il valore d'archetipo che gli attribuisce l'Al-
bers. Già lo stesso Albers avverte che la scrittura del manoscritto
è di varie mani. Ma converrà qui subito aggiungere il dubbio se, nel
caso nostro, s'abbia un materiale connesso nelle diverse sue parti da
formare una raccolta organica, come avviene nella massima parte
dei codici monastici, anche in quelli cosi detti :(ibaldoni, dove pure
la varietà della materia ha sempre un legame qualsiasi che spiega la
sua unione, o se non più tosto il manoscritto, così come è pervenuto
a noi, non sia altro che la riunione di varie parti di più codici, rac-
colte insieme per comodo o per ignoranza, in tempo posteriore. Guar-
diamo infatti come fu composto il volume. I quaderni che conten-
gono le Consuetudines (i) sono contrassegnati con una nota di mano
sincrona al testo, posta nel margine inferiore della ottava facciata,
nota che riproduce la prima parola o frase con la quale comincia il
quaderno immediatamente seguente; invece le orazioni che prece-
dono il testo delle Consuetudini (2) non hanno in fondo al quaderno
nessuna nota e nessuna numerazione; una vera e propria numera-
zione hanno invece i quaderni che vengon dopo le Consuetudini (3),
distinti oltre che dalla nota anche dal numero romano visibile nel
primo quaderno soltanto, per il danno prodotto dal tempo nei mar-
gini inferiori dei rispettivi fogli. Del IV quaderno (4) furono adope-
rali solo tre fogli; del VI (5) solo cinque carte; dell' Vili (6) sette
carte. Come si spiega tanto disordine di composizione? Ammettendo
anche che l' abbate o chi presiedeva allo scriptoriuvi^ stabilita una
volta la composizione del volume, avesse assegnato a diversi monaci
la trascrizione delle varie parti di esso, quando le riuniva insieme
egli non avrebbe mancato di ordinarne la parte esterna, anche per
quel senso di correttezza elegante che distingue il benedettino in tutte
le sue opere e che, per non uscire dallo scriptorium di Farfa, non
manca mai nei codici Farfensi. Corrispondente alla composizione del
(1) Ce. 9 A-iia n, rr. 1-16.
(a) Ce. 1-8 ».
(j) Ce. 113-iao B.
(4) Ce. iJ7-'39»
($) Ce. 148 A-IS2 B.
(6) Ce. 161 A-:67B.
592 'Biblìograjia
codice è anche, in gran parte, la natura varia degli argomenti: stanno
a sé i tredici quaderni delle Consuetudini (i); sono in quaderno a
parte (2) un Officio di messa, un Kyrie eleyson ed altre orazioni varie;
ben distinte da altri argomenti sono le omelie e i canoni diversi con-
tenuti in quattro quaderni (3), del quali l'ultimo mutilo, che seguono
alle Consuetudini; a sé l'esposizione del Cantico dei cantici e l'inter-
pretazione di certe parole bibliche contenute in un quaderno intero
e in uno mutilo (4); da parte pure \ì Sermo sancti lohannis Cbrisostomi
suir annunziazione di Maria, una Lectio S. Evangelii seciindum Lucani,
un Servio sancti Ambrosii episcopi de feria IV e un Nataìis S. Pelegrhii
contenuti pure in due quaderni incompleti (5); argomenti tutti che
troverebbero loro posto più opportunamente in un Breviarium mona-
sticum che in un volume dove si conservavano le regole della vita
spirituale dei monaci, che per la loro importanza avrebbero do-
vuto trovarsi trascritte, e forse erano, in un solo volume, come da
sole in libri a parte ci son pervenute varie redazioni della Regola di
Benedetto in codici benedettini. Il nostro dubbio parrebbe confor-
tato anche dalla diversità di tempo in cui le varie parti del codice
furono scritte. Perché se quasi tutto il testo delle Consuetudini (6) è
d'una sola mano (A), la medesima forse che scrisse anche l'esposizione
del Cantico dei cantici (7) ; di mano diversa (B) invece appaiono le
orazioni che precedono le Consuetudini (8) ; il Canon de tonsura (9),
la spiegazione di alcune parole bibliche (io), alcuni Canones diversi (i i);
come diversa va considerata la mano (E) dell'indice delle materie
contenute nel resto del manoscritto, nella colonna sinistra di e. 113 b
e diversa quella della colonna di destra con quella della facciata se-
guente (114 a); ad un monaco sciatto e negligente (F) si debbono
alcuni brani tratti da un'omelia (12), la lezione dell'Evangelio secondo
il testo di Luca (13); e ad un altro (G) il discorso intorno all'annun-
(1) Ce. II3-I20; I2I-I28; 129-136; 137-139 B.
(2) Il Canon de tonsura (e. iiib, rr. 17-31) può ben esser posteriore al testo del
libretto o al tempo in cui questo fu rilegato con gli altri quaderni.
(3) Ce. 1-8 B.
(4) Ce. 140-147; 148-152.
(5) Ce. 153-160; 161-167.
(6) Ce. 9A-9IB, rr. 1-25 e ee. 92 a, r. 8-ii2b, rr. 1-16. Son di carattere diverso
solo i rr. 26-31 di e. 91 b, cominciando: « Deinde faciat » &e. fino a r. 7 di e. 92 b.
(7) Ce. 140 A-150 B.
(8) Ce. 1-8 B.
(9) C. 112 B, rr. 17-31.
(10) Ce. 151 A-I$2 B.
(11) Ce. I q B-115 B, rr. i-i$ ; 116 a- 139 a, rr. 1-26; 161 a, r. 7 167 b.
(12) Ce. 139 a, r. 34-139 B.
(15) C. 157 A, rr. 7-31.
^ibliografa 593
zlazione di Maria di san Giovanni Crisostomo (i), il discorso di san-
t'Ambrogio intorno alla feria IV secondo Luca (2). Di queste diverse
scritture la più antica è quella delle Consuetudini (mano A). Q.uesto
monaco farfense (tale lo dimostrano oltre tutto il resto anche il modo
di ornar le lettere iniziali maiuscole, che è l' identico che si trova
in tutti i codici Fnrfensi) scrive quella minuscola nella quale si sente
già lo studio della forma d' imitazione che apparisce nei primi anni
del secolo xi: fra le sue lettere troverai raramente la s capitale finale
sostituita alla più arcaica f ; e vi trovi ancora il ricordo dei migliori
tempi di questa forma d'arte nei nessi NT in fin di parola, e talora
anche TR in mezzo di parola («trina» e. ij b, r. io) che muovono
dall'uso delle scritcure maiuscole, e che troviamo già completamente
dimenticati nella minuscola di transizione che apparirà fra poco con
la trasformazione dei migliori esempi della scrittura romana. E più
o meno minuscole di transizione e quindi posteriori ad A sono tutte
le altre scritture del manoscritto nelle quali diventa comune in luogo
della minuscola la forma della S maiuscola in fine di parola, che
spesso s'innalza al disopra dell'altezza comune delle altre lettere,
talvolta è scritta in alto sull'ultima vocale della parola, e nelle quali,
in proporzione più o meno grande, si trovano anche altri segni pe-
culiari della minuscola di transizione e della minuscola romanesca,
come i nessi minuscoli rt, ri. Paragonata con queste più recenti, la
scrittura delle Consuetudines va riportata con grande sicurezza ai primi
anni del secolo xi, proprio nel tempo in cui l'abbate Guido, suc-
cesso nel governo abbaziale al suo predecessore Ugo, commetteva
ad uno dei monaci suoi dipendenti di trascrivere le regole che Ugo
aveva accolto nel suo convento. Cosi dunque per una via forse più
aspra di quella tenuta dall' Albers siamo giunti alle medesime sue
conclusioni; ma il cammino noioso non parrà inutile quando si pensi
che non è indifferente il sapere con minore o maggiore sicurezza
che valore dobbiamo attribuire ad un testo, che ò così importante
per la vita interna di uno dei più importanti monasteri italiani del
medio evo. E quanto al testo le Consuetudines escono molto più cor-
rette che non fossero nella edizione precedente dell' Ilerrgott (^ per
l'opera diligente dell' Albers che nelle lezioni incerte s'è potuto va-
lere di riscontri su codici Cassinesi del secolo xi. Fra le note di
qualche interesse storico aggiunte in vari tempi nei margini del co-
(i) Ce. IJJ-I57Ì, rr. 1-7.
(2) Ce. 15811, r. 14-161 A, r. 6.
(3j .Mabillon, Vtlui dite, man , PatUiit, 17 j6.
594 bibliografia
dice ve n'ha qualcuna omessa nell'edizione che di esse dette il
Bethmann nei Monumenta Germaniae hìstorica (i).
Del secolo xiii è la terza nota (2): « ,ccc xc vini. Christì incar-
« nationis anno, iubente imperatore Honorio. Sunt tempia eversa
« et fracta simulacra | . . . quo usque ad annos ferme .xxx. tempore
« S. Augustini multum crevit ecclesia ».
L'altra, più lunga e più importante, è datata dal 1234, e con-
serva memoria di un atto di amministrazione interna del monastero (3):
« Ut que geruntur in tempore cum tempore nequeant deperire, solet
« ea sapientum virorum | astutia per licteras eternare. Ideoque no-
« scant presentes et posteri non ignorent, quod Farfensis [ conventus
« statuit de communi assensu et fratrum omnium voluntate ut qui-
« libet prepositus [ cui alicuius castri vel ville gubernacula commit-
« tuntur solvat ipsi conventui annuajtim dominica septuagesima prò
(( p'scibus .VII. soUos. Si quis autem ipsorum hoc statutum tam bojnum
« et utile noluerit observare, sit quousque satisfecerit ab omni fratrum
« conjsortio segregatus. Factum est hoc in Farfensi capitulo anno
« Domini .mccxxxiiii ».
Vincenzo Federici.
Donato Tamilia, // Sacro Monte di Pietà di Roma. Ricerche
storiche e documenti inediti con illustrazioni e tavole. —
Roma, Forzani e C, 1900.
Della storia del Monte di Pietà di Roma nessuno finora si era
occupato di proposito. Incidentalmente molti ne parlarono nei loro
scritti, ma le loro notizie erano vaghe ed inesatte. Il Moroni, nel
suo Dizionario d'erudizione. (XLVI, 157-268), scrisse un articolo che
era ancora il più compiuto che intorno al Monte si avesse, saccheg-
giando le opere di Camillo Fanucci (1600), di Teodoro Amideno
(1625) e dell'anonimo autore dell'opuscolo intitolato: lì vero stato degli
Ebrei in Roma (Roma, 1668),
Ora, d'incarico della Commissione del Monte di Pietà di Roma,
il dottor Donato Tamilia, archivista del Monte, ha compiuto una
monografia storica che illustra le origini e le varie vicende dell' im-
portante istituto.
(i) Scriplcres, XI, 589 sgg.
(2) Nel margine superiore di e. 8 n. Danneggiata la pergamena al principio del
(3) Margine laterale di destra di e, 5 a.
Ti ibi log rafia 595
Il Tamilia si trovava dinanzi ad un campo completamente ine-
splorato, ad una vera miniera sfuggita sino al presente allo ricerche
degli eruditi: l'archivio del Monte, e dai documenti originali rinve-
nuti in esso ha tratto notizie importantissime. Nella biblioteca Vati-
cana il Tamilia ebbe la fortuna di trovare nel cod. Vat. 6203 gli sta-
tuti originali del Monte e, nel codice Ottoboniano 2498, alcune
importanti notizie intorno alla sua amministrazione nel 1669. Nel-
l'Archivio di Stato {Archìvium Camerale^ sezione Monte di Pietà) rin-
venne altri preziosi documenti riguardanti la sua vita economica du-
rante le vicende anteriori e posteriori alla Repubblica romana degli
anni 1798- 1799. Ma fonte principale della monografia del Tamilia
furono, come ho già detto, i documenti dell' archivio del Monte, tutti
originali ed inediti e che misero a dura prova la pazienza del Ta-
milia, perchè si trovano riuniti in grossi fascicoli o registrati in
codici, per lo più senza alcun ordine né di tempo nò di materia.
Il manoscritto più prezioso è il Registro di lettere apostoliche e d' istni-
inenti diversi^ che contiene anche documenti anteriori al settembre 1539,
cioè alla bolla di costituzione del Monte. Segue ad esso il Registro
di brevi, strumenti e decreti di congregazione dal 1^40 al 1604 ; le Bolle
e brevi e lettere apostoliche ; i Decreti della Congregazione del Monte ; le
Patenti e i Mandali dal i)y4 al 1^76; i Bilanci dal i6)<) al ij^i.
Il Tamilia nell'Appendice riproduce alcuni fra i documenti più
importanti, fra cui la Copia concessionis luriiim domus factae per do-
ininum Io. Petruni Cribellimi in favorem Montis, ì Capitoli et ordina-
zioni del Sacro Monte de la Pietà di Roma, un Chirografo di Paolo J'
dell'ir ottobre 1611 ed un altro del 25 novembre 1735 di Cle-
mente XII.
Sulla scorta di questi documenti il Tamilia costruisce la storia
del Monte, dimostrando che nei secoli passati esso non solo fu un
Monte di prestiti sopra pegno, ma anche il principale istituto di cre-
dito della città e che, se non ha il vanto di essere stato il primo a
sorgere - poiché il primo Monte di Pietà fu quello di Perugia nel 1462 -
pure per la sua vita economica ha una importanza storica superiore
a quella di qualsiasi Monte di Pietà d' Italia.
Il Tamilia spiega l'incremento ch'ebbe il Monte anche colla
sua legislazione statutaria e colle « relazioni immediate con il go-
« verno dei papi ». Ora io non credo che la legislazione statutaria
del Monte di Pietà di Roma abbia avuto originalità alcuna. I primi
ordinamenti del Monte furono copiati di sana pianta da quei di Bo-
logna, come del resto il Tamilia comprova irrefragabilmente I primi
statuti del Monte di Pietà di Roma non risalgono che al 1565 e lutti
i loro rifacimenti non sojio che un rimpasto di quelli alla loro volta
59^ '^ìb liog rafia
modellati sopra quei delle altre città italiane. Le relazioni immediate
poi con il governo dei papi furono il tarlo che fini col far crollare
un edificio cosi mirabile come quello del Monte. I pontefici - e il
Tamilia lo determina con documenti ineccepibili - dopo la seconda
metà del secolo xvii ed anche prima distolsero - malgrado l'aperta
violazione degli statuti fondamentali - i denari dei poveri o a bene-
ficio dell' erario, o autorizzando in favore dei privati prestiti gratuiti
senza pegno, oppure con semplice ipoteca sopra i loro beni.
Malgrado questi difetti, dirò così, organici, è indubitato che il
Monte di Pietà di Roma raggiunse un notevole stato di floridezza,
quale non raggiunse mai alcun altro Monte di Pietà, poiché, sorto
con un capitale di pochi scudi, per i sentimenti umanitari di un fran-
cescano, Giovanni Mattei di Calvi, in breve volger d' anni ebbe un
patrimonio dei più ingenti fra quelli degli istituti pii di Roma.
Gli studiosi di cose romane devono esser grati al Tamilia del
suo lavoro, col quale oltre una storia minuta del Monte di Pietà di
Roma, egli ha dato un prezioso contributo alla storia della benefi-
cenza e alla storia economica della città eterna.
Domenico Orano.
Dott. Giacomo Gorrini, La cattura e prigionìa di Annibale
Maìvex^xi in Germania, Episodi delle lotte di rappresaglia
in Bologna, 14)2-14^4. — Bologna, Zanichelli, 1900,
pp. 147.
Nella storia della diplomazia e del diritto internazionale l'Italia,
nei tempi passati, ebbe indubbiamente il primato sugli altri paesi
d' Europa, perchè la divisione nostra in molteplici Stati, Statarelli e
autonomie comunali fu occasione di continue relazioni politiche, con-
cordati, arbitraggi, incidenti e vertenze: d'onde scaturì un materiale
giuridico copioso e vario di carattere internazionale, principio e fon-
damento delle norme, che oggi regolano i rapporti diplomatici fra i
popoli civili. Pertanto ben si comprende quanta importanza abbiano i
lavori, che off"rono nuovo contributo a questo genere di studi: e fra
i migliori va segnalato il libro, che il dottor Gorrini ha dato alle stampe.
Fra gl'istituti giuridici, che nel medio evo e nell'età moderna
ebbero piij largo sviluppo e più estesa letteratura, fu certamente quello
delle rappresaglie, prede, vendette e ritorsioni. Ogni antico statuto o
legge municipale contiene più rubriche, che concernono questa ma-
"Bibliogj^afia 597
teda. Anche gli Stati maggiori d' Europa sentirono la necessità di
stabilire regole fisse su tale argomento; e i più celebrati giurecon-
sulti nostri lessero dalla cattedra e pubblicarono dotti trattati in ma-
teria di rappresaglia. Ciò nondimeno, difficilmente avvenne che, sorta
una vertenza fra Stato e Stato per occasione di rappresaglia, fossero
sempre seguite le norme, riconosciute legali per comune consenso:
il più delle volte le parti contrastanti fra di loro trascendevano ad
atti arbitrari di eccessiva difesa, di ritorsione o di vendetta; ed ap-
punto di casi simili dobbiamo ora occuparci.
La Memoria del dottor Gorrini, fatta su documenti inediti e fmo
ad oggi sconosciuti, raccoglie una quantità d'episodi e d'incidenti
di rappresaglia fra la città di Bologna da una parte e la corona di
Ungheria e l'impero dall'altra, nel corso degli anni 1452-1494.
Il libro prende nome dal più importante episodio: la cattura e pri-
gionia di Annibale Malvezzi in Germania. I documenti sono pubbli-
cati per esteso in Appendice al lavoro, nelle pp. 81-141: e riguar-
dano due distinte serie di avvenimenti, che pur s' intrecciano fra di
loro. Il primo periodo corre fra gli anni 1432-1444 (docc. 1-2); il
secondo fra gli anni 1477- 1480 (docc. 3-31). Gli ultimi tre docu-
menti della serie (anno 1482) concernono la vita di Annibale Mal-
vezzi, dopo la sua scarcerazione.
Nel 1432 Ercole Fantuzzi, mercante bolognese, fu derubato delle
sue merci e imprigionato nella città di Zagabria da un nobile Ro-
ther, connivente forse la regina Elisabetta d' Ungheria. Potè essere
liberato mediante riscatto; ma ebbe a subire di \\ a poco nuova ru-
beria di costosi panni serici fiorentini, da parte anche questa volta
del prepotente ungherese. II comune di Bologna, chiesta invano sod-
disfazione e risarcimento di danni, decretò le rappresaglie contro la
regina d' Ungheria e contro i sudditi di lei. Parecchi anni più tardi
un Enrico Hayden passava per Bologna con una buona somma di
denaro e con tre pezze d'oro, diretto a 1-irenze per commissione
della regina d' Ungheria, che lo mandava colà per acquistar seterie.
11 magistrato bolognese, ad istanza del Fantuzzi, sequestrò ed inca-
merò il denaro e l'oro. Elisabetta protesta, minaccia e poi nel 1440
decreta in tutti i suoi Stati le rappresaglie contro i Bolognesi, con-
fermate nel 1444, dopo vani tentativi di arbitraggio, dall' imperatore
Federico III. Se fossero seriamente applicate non sappiamo. Sembra
però che la questione per allora rimanesse sopita: ma più tardi, come
vedremo, si ridesterà.
Passiamo ora ai fatti, che sono descritti nella scvoiuia e più co-
piosa serie di documenti. Un tedesco, Giovanni .M.i^no, che per pro-
prie faccende soggiornò per qualche toni) o a Venezia, nel 1474 era
598 bibliografia
passato a Bologna, ove trovavasi ancora nel 1477. Giovanni era de-
bitore per una rilevante somma di denaro di certi fratelli Stuliden,
signori di Othen, luogo situato presso Kempten in Baviera. I cre-
ditori non avevano fatto alcun passo, neppure amichevole, presso il
magistrato bolognese, per essere soddisfatti, forse perchè ben sape-
vano che non avrebbero raggiunto l' intento, essendo norma gene-
ralmente riconosciuta in quel tempo che non si dovesse, eccetto il
caso di trattati speciali, concedere estradizione per ragion di debiti o
per altro reato a danno di un fuggitivo ospitato in Stato straniero:
e neppure fosse consentito di chiamare in giudizio presso il magi-
strato del luogo di rifugio il debitore, che godeva guarentigia d' in-
dennità.
Ma gli Stuliden ricorsero alla privata vendetta ed a rappresaglia
illegale contro il comune di Bologna, che accusavano di aver dato
in mala fede un salvacondotto al debitore, pur avendo notizia del
loro credito. Catturarono cioè, e tennero lungamente imprigionato
e incatenalo, un nobile bolognese, che a caso trovavasi nel dicembre
del 1479 ^ Kempten, Annibale Malvezzi, capitano della Repubblica
veneta, figlio di un rinomato maggiorente di Bologna, Virginio Mal-
vezzi, uno degli anziani e dei riformatori della città in quell'anno
medesimo. A causa dell'alta condizione sociale del detenuto nacque
naturalmente in Bologna indignazione grande. Pure il magistrato cit-
tadino si comportò dapprima con molta moderazione, sia perchè,
non essendo mai stata chiusa la vertenza del Fantuzzi, nominalmente
vigevano ancora le rappresaglie, decretate in altro tempo dall' Im-
pero contro Bologna; sia perchè non volevasi provocare l'allonta-
namento dallo Studio bolognese della università tedesca, assai nu-
merosa in quella età. Il governo cittadino iniziò trattative amichevoli
con gli Stuliden, scongiurandoli di rilasciare il Malvezzi; e, riusciti
vani i suoi sforzi, minacciò rappresaglie e chiamò in causa i rettori
della città di Kempten; ma nell' istesso tempo dichiarò, per mezzo
di un bando, la piena sicurezza dei mercanti tedeschi nel Bolognese.
Se non che, crescendo sempre più il fermento per la mancata sod-
disfazione, il bando non fu osservato; perchè nel febbraio del 1478
furono sequestrate a Bologna per rappresaglia cinque balle di zaffe-
rano, dirette ai fratelli Welter di Augusta in Baviera. Entrano allora
in iscena i Fiorentini, il papa, l' imperatore, la Repubblica di Ve-
nezia. Le lettere diplomatiche e le missioni s' intrecciano e si suc-
cedono senza posa, ma non approdano a buon porto. Infine i Bolo-
gnesi, perduta la pazienza, inaspriscono le rappresaglie con la cattura
di un Alberto Nyeser, cittadino di Augusta, liberato non molto dopo
mediante mallevadoria. Pure continuano le trattative, specie presso
'Bibliografia 599
r imperatore, che mostrava buona disposizione verso i Bolognesi,
ma non riusciva a vincere l'ostinazione degli Stuliden. Intanto, a
rendere più malagevole la condizione del disgraziato Malvezzi, torna
a galla la questione Fantuzzi-Hayden, sorta trentacinque anni in-
nanzi, ed è fatto ai Bolognesi il monito, che le rappresaglie, decre-
tate in quel tempo dall' impero, non erano mai state ritirate : e ciò
avveniva mentre i fratelli Welser si davano sempre più da fare per
riavere le robe loro e gli Stuliden non prestavano orecchio né a mi-
nacele, né a preghiere.
L'alta signoria, che la Chiesa esercitava su Bologna, imponeva
al papa la protezione della città. Sisto IV non mancò d' insistere
presso le autorità locali bavaresi e presso l' imperatore per la libe-
razione del Malvezzi; e promise ai Bolognesi che, quando non fosse
data loro soddisfazione, avrebbe decretate le rappresaglie negli Stati
pontifici contro i Tedeschi. Ma poi si apprese a partito più mode-
rato, rievocando a sé la decisione delle controversie, e chiamando
i contendenti in giudizio a Roma. Se effettivamente le parti conven-
nero a Roma, e se colà fu pronunziato il lodo, non ci é dato di as-
sicurare per mezzo dei documenti. £ certo però che il papa e l'im-
peratore riuscirono ad ottenere la liberazione di Annibale Malvezzi
sul finire del 1479 ^ "^^ seguente anno; bisogna dunque credere che
in quel tempo fossero anche composte tutte le altre controversie,
che avevano data occasione a tanta operosità diplomatica.
Al coscienzioso racconto delle vicende, che ho riassunte, l'au-
tore fa seguire importanti notizie sulla nobil casa Malvezzi nel se-
colo XV, e più specialmente sulla vita di Antonio; ed offre nei due
ultimi paragrafi della Memoria un utile contributo alla storia della
città dì Bologna ed a quella dell' istituto giuridico delle rappresaglie.
Lo studio, condotto nel suo insieme con chiarezza e con metodo
sicuro, è preceduto da una breve esposizione delle fonti consultate
e da un difiuso indice bibliografico.
Pietro Santini.
NOTIZIE
Il 14 gennaio 1901 nella sua residenza di Fulham moriva il no-
stro socio dott. Mandell Creighton, vescovo di Londra. La sua morte
è una perdita grave per gli studi storici e per la Chiesa d' Inghil-
terra della quale per nobiltà di cuore e felici attitudini della mente
era, tra molti uomini insigni, il più cospicuo prelato. Nato a Car-
lisle nel 1843, compi il corso dei suoi studi all'Università di Oxford,
dove, ottenuti con grande lode i gradi accademici, fu chiamato ad
insegnare e mostrò per circa dieci anni qualità non comuni di mae-
stro educatore. Lasciata l'Università si ritrasse nel Northumberland,
dove resse una parrocchia per quasi un altro decennio dedicandosi con
pari ardore ai suoi studi e ai suoi doveri sacerdotali. Quivi cominciò
a pubblicare i primi volumi della sua Storia dei papato nel tempo
della Rifonna, che poi continuò quando fu eletto canonico nella cat-
tedrale di Worcester e professore di storia ecclesiastica all'Università
di Cambridge. Chiamato a reggere la sede episcopale di Peterborough,
e poi nel 1896 quella di Londra, spiegò le maravigliose attitudini
sue come uomo di Chiesa, lasciando in quelle sedi una traccia che
rimarrà notevole. L'attività straordinaria e lo zelo sereno ma fer-
vente con cui si sforzò di disimpegnare i molteplici e delicati uffici
del suo alto ministero, gli spezzarono la fibra robusta. Agli studi
storici oltre il suo grande lavoro Storia del Papato nel tempo della Ri-
forma, diede contributo di molti altri lavori, tra i quali citiamo The
age of Eliiabethy la Vita del IVolseVj la storia della città di Carlìsle,
The story of some enarlish Sbires, e alcuni notevoli saggi, tra cui quelli
intitolati: Persecution and loleratice, The early Renaissance in Eui^land,
The English national character. Fondò e per alcuni anni diresse la
Em^lish Historical Revieiu. Ebbe amici molti e caldissimi tra i mag-
giori uomini non solo d'Inghilterra, ma d'ogni paese da lui visitato
nei suoi viaggi frequenti, e specialmente in Italia eh' egli amava
d' intenso amore. La memoria di lui resterà santa e viva, come di
fratello, in quanti ebbero la ventura d'avvicinarlo e d'amarlo.
6o2 "Moii^ie
Gli editori Bocca hanno recentemente pubblicato il primo vo-
lume di un' opera del professore Francesco Ruffini sulla Libertà re-
ligiosa. Di questo primo volume, assai notevole, in cui si studia la
storia dell' idea, si renderà conto particolareggiato in uno dei pros-
simi fascicoli delV Archivio.
Per la notizia conservatane dal Panvinio e dal Marangoni si
sapeva che sotto la scala santa, elevata da Sisto Quinto, si conserva-
vano ancora i resti dell'oratorio dedicato a san Lorenzo da Gregorio
Magno, ma da lungo tempo ninno li aveva veduti, né si conosceva
con esattezza in che cosa consistessero. Il signor Lauer ha eseguito
delle ricerche coronate da assai fortunato successo. Sotto la scala
sono al presente tre vani preceduti da una costruzione rettangolare
che il Lauer crede possa essere la base del campanile che v' è no-
tizia ornasse 1' oratorio. Il suolo delle tre sale scandagliato attenta-
mente non ha lasciato scoprire traccia di pavimento ; invece nel ter-
riccio si son trovati resti numerosi (frammenti di colonne, un' urna
funeraria, scudi pontifici, un piccolo capitello, un timpano a mo-
saico &c.) di epoche assai svariate, dalla romana a quelle a noi più
vicine (un' iscrizione è del sec. xvii). Più importanti i resti architetto-
nici e pittorici. Nel lato nord due colonne, ad intervallo di due metri,
dai capitelli bassi e grossolani, le quaU il Lauer crede giustamente
facessero parte della facciata del patriarchium, quale ce lo indicano
i piani del xvi secolo. Nella seconda e terza sala e in una quarta
che esce fuor della scala verso mezzogiorno, gli venne fatto di rico-
noscere tre ordini di pilastri per massima parte incorporati nei muri
con cui fu divisa l' area dell' antico edificio. Questo non poteva es-
sere una basilica perchè le distanze tra i pilastri sono sempre eguali
e mancherebbe quindi la distinzione tra navata principale e seconda-
rie, perciò i pilastri dovettero appartenere in origine a un vestibolo
o a un portico. Il Lauer crede si tratti del portico, vestibolo o ma-
crona che Zaccaria e Adriano I avevano abbellito, Leone III riedi-
ficato, e Gregorio IV completato o restaurato. I piloni sono ornati
di pitture già vedute dal Marangoni e dal Rohault de Fleury, tra cui
notevole una che il Duchesne ha interpretato per l' interramento di
san Giovanni Evangelista, e che deve attribuirsi ad un discreto artefice
del secolo xi. Alla medesima epoca appartengono anche le altre più
o meno rozze, di cui una che probabilmente rappresenta santo Ste-
fano papa, è stata più tardi (xiii secolo?) trasformata in un san Lo-
renzo, togliendole gli attributi poutificali. Anche le altre pitture han
sofferto grossolane restaurazioni che però non tolgono loro gli spe-
cifici caratteri del secolo xi.
"'N^oti^ie 60^
Gli scavi furono estesi anche nel massiccio di sostruzioni su cui
è poggiata la cappella del Sancta Sanctorum. Si rinvenne un piccolo
pozzo o meglio un loculo, le cui pareti appartengono a tempi vari
ma tutti anteriori al xiii secolo, ripieno di ossa che, data V anti-
chità e il luogo ove si trovano, molto probabilmente sono reliquie
asportate dalle catacombe. Le mura più antiche recano tracce di
panneggi dipinti, un' iscrizione disgraziatamente tanto mutila da non
poter dare un senso completo, e da ultimo una seconda iscrizione
accennante un Padre della Chiesa che « omnia dixit. Romano eloquio
« mystica sensa tonans », sottoposta ad una figura ornata del clavus
nella quale il Lauer piega a riconoscere sant'Agostino. Questo affresco
rimonterebbe al secolo vi o lì vicino, e i resti architettonici su cui
è dipinto sarebbero le reliquie dell' antico « scrinium sanctum La-
« teranense » o deposito degli archivi pontifici e sede della Schola
notarioruw, del quale resterebbe in tal modo fissata 1' ubicazione presso
r oratorio di S. Lorenzo del Laterano, dopoché fu distaccata da S. Lo-
renzo in Damaso, dove si trovava nel secolo iv. Tale opinione ver-
rebbe rafforzata dalla notizia dataci dal Liber Pontificalis che Zac-
caria avanti allo scrinio fece erigere un portico ed una torre, parole
che si converrebbero agli altri resti di cui sopra si è parlato. Queste
le conclusioni che il signor Lauer, alunno della Scuola francese di
Roma, prima comunicò nel secondo Congresso di archeologia cri-
stiana e ora ha rese di pubblica ragione nel to. XX dei Mélanges
d'archeologie, et cVhistoire.
Di minore importanza, ma sempre d'un certo rilievo sono gli
scavi compiti nel mese di ottobre a Viterbo, nella chiesa di S. An-
drea. Si sapeva per notizia conservata dall' Orioli e si arguiva dal-
l' esterna costruzione dell' abside che la chiesa anticamente fosse
fornita di una cripta : ora questa per gli scavi fatti dal parroco, con
l'aiuto del vescovo e del comune, è stata liberata dal terriccio con
cui era stata riempita, e ha mostrato per intero la sua pianta. Era
quadrilatera e con i lati maggiori nel senso delia larghezza della
chiesa, leggermente più lungo quello opposto all' abside. Tre archi
rotondi in concio si aggirano attorno alle calotte delle tre absidi ; i
due laterali, naturalmente minori, con questo di strano che non sono
concentrici alle calotte sottoposte. Poggiano gli archi su tre gruppi
lombardi dal capitello elegante e lavorato con cura. La parete di fronte,
invece che tre, aveva quattro archi pure rotondi. A metà distanza
tra le due pareti erano piantate tre colonne su cui poggiavano degli
archi non sappiamo se tondi od acuti, poiché la volta 6 caduta, che
formavano le crociere. Dalla colonna di mezzo partiva un segmento
Archivio della li. Società romana di storia yatria. Voi. XXlll. 39
604. '^oii^i'e
d'arco che s'appoggiava sulla chiave del grande arco mediano, so-
prastante all'abside principale; gli archi aderenti alle pareti laterali
erano acuti anziché tondi. L' intera costruzione presenta i caratteri
del secolo xii. Tutte le pareti, anzi anche il vivo peperino delle
colonne, delle cordonate, dei capitelli erano ricoperti di freschi. Ne
restano parecchie tracce, che però non ci fan dolere molto della per-
dita del resto. Sono pitture rozze nel disegno e prive di vivacità nel
colorito. Neil' abside maggiore la calotta aveva 1' agnello pasquale
circondato dei simboli de' quattro Evangelisti, più in basso Gesù (o
la Vergine) tra due schiere di sante, quasi interamente perdute. Lo
stesso è accaduto delle altre pitture: le tracce più importanti sono
un busto del Salvatore, non bello ma severamente maestoso, nella
calotta dell'abside a corna epistolae, e due scene della vita di Gesù
bambino, 1' adorazione dei Magi e la fuga in Egitto, nella parete di
contro. Da un'iscrizione mutila pinta nell'abside a cornu epistolae e
da un' altra pur mutila sottoposta ad uno de' quadri nella parete
opposta alle absidi, si verrebbe a sapere che la cripta fu dipinta per
cura di certo P(éfr«)S MICCALDA, ma non è detto quando né per
mano di chi. Dal complesso però, e specialmente dalla forma dei
caratteri delle leggende in gran parte gotici, si é spinti a crederla
dipinta nel secolo xiii, certo non contemporaneamente all' erezione.
La cripta servi a lungo da cimitero ed era accessibile ancora alla
fine del secolo xv[ : non si sa quando e perchè venisse così barba-
ramente sconciata.
Dal suolo, coperto già dalla chiesa dì S. Maria Liberatrice, che
ci è stato prodigo di tante ricchezze, é venuto fuori anche un fondo
di ambone ottagonale, sul cui ciglio stanno le due iscrizioni:
JOHANNES SERVVS SCE MARIE
e IQANNOr AOIAOT THS eESTOKOr
le quali ci riportano con certezza a Giovanni VII (705-708) e al-
l' ambonem novum da lui fatto costruire in S. Maria Antiqua come
ci dice il Liher Pontlficalis.
Il prof. Adolfo Venturi ha pubblicao per i tipi dell' Hoepli il
suo primo volume della Storia dell' Arte. Abbraccia il periodo che
corre dall' inizio del cristianesimo all' impero di Giustiniano. L'opera
è ricchissima di illustrazioni, che però non sempre soddisfano per
intero. Qualunque possa essere il giudizio che ne daranno gli inten-
denti (e di gran cuore lo auguriamo favorevole), ci rallegriamo che
si sia accinto a tale lavoro un Italiano, dando così lieto testimonio
C\o//\/e ^05
del risveglio avvenuto negli ultimi anni in questo genialissimo ramo
di studi.
Il prof. N. Rodolico, come bel saggio di un lavoro sulla demo-
crazia fiorentina dopo il tumulto dei Ciompi, che sarà compimento
dell'altro suo sul popolo minuto, pubblica per nozze un prezioso do-
cumento: la petizione presentata alla Signoria dalle Arti dei tintori
e dei farsettai, dopo che la loro scissione dai Ciompi o popolo di Dio
ne aveva determinata la caduta, perchè approvi la loro costitu-
zione. Cosi ci è possibile di queste minime tra le Arti conoscere
almeno per sommi capi l' interno ordinamento, che fino ad ora ci
era rimasto ignoto, i roghi accesi dalle Arti vittoriose avendone
bruc-ati gli statuti. Col nome di farsettai s' intendevano i farsettai, ì
sarti, i cimatori, i cappellai, i retaioli, i bandierai e i barbitonsori :
predominavano i primi due mestieri con diritto alla nomina di tre
consoli su sei da cavare due in un mestiere ed uno nell'altro a
turno. Gli altri artieri si univano in due gruppi, tra i quali si avvi-
cendava la scelta dei rimanenti tre consoli con la stessa regola.
Dell'Arte de' tintori, oltre questi, facevano parte, aggruppati due a
due, i cardatori ed i saponai, i cardaioli e i pettinatori, i tiratori e i
rimandatori, poi da soli i tessitori di drappi e ultimi i lavandai di
sudicio. Su dodici consoli quattro erano de' tintori, tre dei cardatori
e saponai, due de' cardaioli e pettinatori, uno per ogni altro gruppo
o mestiere, rimanendo in tal modo ribadita la disuguaglianza tra
Arte e Arte anche tra le minime, ed esclusi assolutamente i Ciompi
(9 o 10000), elemento perpetuo di malcontento e di disordine.
Il signor Filippo Monnier ha pubblicato per i tipi del Perrin di
Parigi una storia letteraria d'Italia nel secolo decimoquinto {Le
Quattrocento) in due grossi volumi. A lungo egli si è soffermato
sulla vita letteraria della corte romana.
Presso la regia Università romana il Ministero ha istituito una
scuola di storia dell' arte medioevole e moderna, ponendola sotto la
direzione del prof. Adolfo Venturi: i due posti di studio furono con-
quistati per concorso dai dottori Gino Fogolari e Pietro Tocsca.
Il nostro socio signor Henry Charles Lea ha di questi giorni
pubblicato un importante volume intitolato The Moriscos of Spain,
Ihdir convenion and expulsion. il un importante contributo alla storia
della Inquisizione di Spagna a cui l' illustre autore attende da molti
anni. Se ne terrà parola in uno dei prossimi fascicoli dcWÀrchivio,
6o6 V^pti^ie
Nelle Mittheilungen des Insllluts fùr osterreichische Geschichl^jorchun-
f^eti (fase. VI), il nostro socio Paul Kehr ha pubblicato un breve
scritto dal titolo : Scrinium una Palaiinm, in cui tratta da par suo
della storia della cancelleria pontificia nel secolo xi. Basti ora ac-
cennarvi, se ne parlerà poi più ampiamente, come si farà anche del-
l'altro suo scritto intorno ad Umberto de Silva Candida e della prima
relazione intorno ai documenti pontifici di Roma (Papstiirkunden in
Rom-Erster Bericht) che egli ha inseriti nel i° e nel 2° fascicolo
delle Nachrichten der K. Geseìlschajl der fVissenschaften ^u Gòttingen di
quest' anno.
Dall' editore Ulrico Hoepli è stata iniziata una Colle:iione Villari
degnamente aperta dall' opera del Villari stesso, Le invasioni harha-
riche, e da quella di P. Orsi, L'Italia moderna.
PERIODICI
(Articoli e documenti relativi alla storia di Roma)
American (The) Historical Review. Voi. VI, fase. I, ot-
tobre 1900 — R&censiom dell'opera dell' Holmes: Caesar's Conquest
of Gaul (La conquista della Gallia fatta da Cesare). - Platner,
recensione dell' opera del Newman : A Manual of Church History
(Manuale di storia della Chiesa).
American Journal of Archaeology. Serie 2% voi. IV, fasci-
colo I. — C. L. Meader, Symmetr)' in Early Christian Relief Sculp-
ture (La simmetria nel primitivo bassorilievo cristiano).
American Journal of Philology. Voi. XX, fase. I. — J. H.
Drake, Studies in the Scriptores Historiae Augustae (Studi sugli
S. d. S. A.).
Archivio storico italiano. Serie V, to. XXVI, 1900, disp. i". —
F. P. Garofalo, recensione dello scritto di D. Comparetti: Inscri-
zione arcaica del Foro Romano. — Disp. 3". S. Minocchi, La « Le-
« genda trlum sociorum ». Nuovi studi sulle fonti biografiche di
san Francesco d'Assisi. IL Critica comparata delle Leggende Fran-
cescane. — Disp. 4"*. G. Pansa, Un documento inedito per Li storci
degli eretici e ribelli nelle Marche. - D. ÌAkkli^ recensione dclT opera
del GoRRiNi: La cattura e prigionia di Annibale Malvezzi in Ger-
mania. Episodi delle lotte di rappresaglia in Bologna, 1432-94.
Archivio storico siciliano. N. S. An. XXV, 1900, fascicoli i*
e 2". — F. Pollaci Nuccio, I papi e la Sicilia nel medio evo.
Bibliothèque de l'École des Chartes. An. io(h\ Ii
e 4". — MoKTirr, La mcsure des voùtcs roinaincs ci'.ii'tr . .e
d'origine antique.
Ut
^o8 T^eriodicì
Bollettino storico della Svìzzera italiana. An. 1900, fasci-
coli I-IO. — Lettere di sovrani, principi e prelati dirette a Pio IV,
al cardinale Borromeo e ad altri (i 561-1630).
Bollettino della R. Deputazione di storia patria per l' Um-
bria. Voi. VI, 1900, fascicoli 1° e 2°. — L. Fumi, I registri del du-
cato di Spoleto dall'archivio segreto Vaticano, Camera Apostolica. -
F. GoRi, Due monumenti relativi ad un vescovo e ad un antipapa
francese e ad un antipapa svizzero.
Bullettino della Commissione archeologica comunale di
Roma. An. 1900, fascicoli 1°, 2° e 3". — R. Lanciani, Le escava-
zioni del Foro. - T. Ashby, Un altro panorama di Roma delineato
da Antonio van den Wagagaerde. - R. Paribeni, Di un' iscrizione
inedita di via Labicana menzionante un re straniero. - L. Correrà,
Il toro e r Ercole Farnese. - D. Vaglieri, Nuove scoperte al Foro
Romano. - G. Pinza, Necropoli laziali della prima età del ferro. -
R. Paribeni, Ancora del re straniero ricordato in una antica iscri-
zione.
Englìsh (The) Historical Review. Voi. XV, fase. 59°, lu-
glio 1900. — Greenidge, recensione, dell'opera del Drumann: Ges-
chichte Roms in seinem Ùbergange von der republikanischen zur
monarchischen Verfassung (Storia di Roma nel passaggio dalla co-
stituzione repubblicana alla monarchica). - Rashdall, recensione del-
l'opera deir EuBEL : Hierarchia catholica medii aevi. — Fase. 60°,
ottobre 1900. Ward, recensione dell'opera dell' Immisch: Papst Inno-
cenz XI (Papa Inn. XI).
Giornale storico della letteratura italiana. An. 1900, fasci-
coli 1° e 2« (voi. XXXVI, fascicoli io6« e 107°). — V. Gian, recen-
sione dell'opera del Pastori Geschichte der Pàpste seit den Aus-
gang des Mittelalters. III. Band, sec. edizione (Storia dei papi dopo
la fine del M. E).
Historisches Jahrbuch. An. 1900, fase. 2° e 3°. — Schnitzer,
Savonarola am Sterbebette Lorenzo de Medicis (Savonarola al letto
di morte di L. d. M.). - Ketterer, recensione dello scritto del Mar-
TENs: Beleuchtung der neuesten Kontroversen ùber die ròmische
Frage unter Pippin und Karl d. Gr. (Esame delle ultime controversie
sulla questione romana sotto Pipino e Carlo Magno).
T^eriodici ^09
Mélanges d'archeologie et d'histoìre, fase, agosto-dicem-
bre 1900. — M. Besnier, Les cartes vaticanes. Une vue de Rome
en 163 1. — D. Serruys, Les feuillettes de garde de l'Urbinas grec
N. 92. — L. DucHESNE, Saint-Denis in Via Lata, notes sur Li to-
pographie de Rome au moyen àge.
Mittheilungen des Instìtuts fiir oesterreichische Ges-
chichtsforchung. An. 1900, fase. 4''. — Steinherz, Das Schisma
von 1378 und die Haltung Karl's IV (Lo scisma del 1378 e il con-
tegno di Carlo IV).
Mittheilungen aus der historischen Litteratur. An. 1900,
fase. 3°. — Dietrich, recensione dell'opera dell' Ihxe: Ròmische Ges-
chichte (Storia romana). - Id. recensione dell'opera del Drumann:
Geschichte Roms in seinem Uebergange von der republikanischen
zur monarchischen Verfassung (Storia di Roma nel suo passaggio
dalla repubblica alla monarchia). - Volkmar, recensione dell'opera
del Lux: Papst Silvesters IL Einfluss auf die Politik Kaiser Ottos III.
(Influsso di papa S. Il sulla politica dell' imperatore O. III). —
Fase. 4**. Martens, recensione dell'opera del Clementi: Il carnevale
romano nelle cronache contemporanee.
Nouvelle Revue historique. An. 1900, fase. i<*. — Dareste,
recensione dell'opera del Kiaer: L'Édit de Rotharis, études sur la na-
tionalité des Langobards. — Fase. 2°. D'Arbois de Jubainville, Le
Fundus et la Villa. — Fase. 3°. Flach, Fundus, Villa, Village. —
Fase. 5°. HuvELiN, recensione dello scritto del Prrnard: Le droit ro-
main et le droit grec dans le théàtre de Piante et de Térence.
Nuovo Archivio Veneto. To. XX, par. I. — C. Cipolla, Pub-
blicazioni sulla storia medioevale italiana (1897): Roma e Lazio. —
To. XIX, par. IL G. Della Santa, Il vero testo dell'appellazione
di Venezia dalla scomunica di Giulio IL - Preoelli, recensione del-
l'opera del Kehr: Papsturkundcn in Venetien und Friaul. Bcrichte
ùber die Forschungen L. Schiaparelli's (Doc. pontifici sulla Venezia
e sul Friuli; relazione delle ricerche di L. Schiaparclli).
Revue d'histoire ecclósiastique. An. I, fase. 2'^. — Kauf-
mann, recensione dello scritto del Dh Vaal: Der Sarkofag des Junius
Bassus in der Grotten von St. Peter (Il sarcofago di Giunio Basso
nei sotterranei di S. Pietro). — Fase. 3°. Cauchie, recensione del-
l'opera del Dufourcq.: Étude sur les Gesta martyrum romains. —
610 T^er iodici
F^sc. 4**. De Ridder, La question romaine en 1862. - Brants, recen-
sione dell'opera del Tamilia: Il Sacro Monte di Pietà di Roma.
Revue Historique. An. XXV, 1900, fase. 2°. — Guiraud, rg-
censione delle opere del Suchon: Die Papstwahlen von Bonifaz Vili
bis Urban VI, und die Entstehung des Schismas 1378 (Le elezioni
pontificie da B. Vili a U. VI e l'inizio dello scisma del 1378) e Die
Papstwahlen in der Zeit des grossen Schismas (Le elezioni ponti-
ficie nel tempo del grande scisma).
Revue des Questìons historiques. An. 1900, i** luglio. —
M. B,, recensione dell'opera del Mirot: La politique pontificale et le
retour du St-Siège à Rome en 1376. - Péllissier, recensione del la-
voro del PoMETTi: Studi sul pontificato di Clemente XI (1700- 1721).
La Santa Sede nella guerra di successione al trono di Spagna. -
G. P., recensione dell'opera del De Love: Les archives de la Chambre
apostolique au xiv^ siede. — Fase, del 1° ottobre. Vidal, Le pape
Jean XXII, son intervention dans le conflit entre la Savoie et le Dau-
phiné (1319-1334).
Rivista italiana di numismatica e scienze affini. An. 1900,
fascìcoli 1°, 2" e 3°. — F. Gnecchi, Appunti di numismatica ro-
mana. - G. Camozzi, Intorno alla « Adoptio » di Adriano impera-
tore: note di storia e numismatica.
Rivista storica italiana. An. XVII. N. S. voi. V, fascicoli 3"-
4°. — Mariani, recensione dello scritto del Tropea: La stele arcaica
del Foro Romano. - Id,, recensione dello scritto dell' Eumann: Die
archaische Inscr. d. ròm. Forums. - Io., recensione dello scritto del
Courbaud: Le bas-relief romain. - Tahamelli, recensione delV opera
del Duhn: Alteste lat. Inscrift am Forum rom. - Rinaudo, recen-
sione dell'opera del Lair: Bulle du pape Sergius IV. Lettres de Ger-
bert. - Spezi, recensione dell'opera del Del Lungo, Da Bonifacio VIII
ad Arrigo VII. - Cipolla, recensione dell'opera del Kirsch, Die
Rùckkehr Urban V u. Gregor XI nach Rom. - Battistella, recen-
sione dell'opera del Cogoi La guerra di Venezia contro i Turchi
del 1499. - Id., recensione dell'opera del Della Santa, Le appella-
zioni di Venezia dalle scomuniche di Sisto IV e Giulio IL - Ca-
PASSO, recensione dell'opera del Wolf : Deutsche Geschichte im Zeit-
alter der Gegenreformation. - C. M., recensione dello scritto del
Rosi, Storia della relazione fra la Repubblica di Genova e la Chiesa
romana. - Battistella, recensione dell'opera del Celani: Documenti
Periodici 6 1 1
pel dissidio tra Venezia e Paolo V, - Id., recensione dell'opera del-
l'Arezio: Politica della S. Sede rispetto alla Valtellina. — Fase. 5".
L. M. recensione dell'opera del Russel: The Roman Aqueducts. -
Galli, recensione dell'opera del Cortellini: Leggi delle XII Ta-
vole. - CoRAZZiNi, recensione dell'opera del Ferrerò: Nuove iscri-
zioni ed osservazioni sulle armate romane. - Sangiorgio, recensione
dell'opera del Tedeschi: Il diritto marittimo dei Romani. - Ecidi,
recensione delio scritto del Fedele: Un consolato nel protocollo d'una
carta nel 1004. - Schiaparelli, recensione dell'opera del Fraikin •
Bulles inédites relatives à diverses églises d' Italie. - Ecidi, recen-
sione dell'opera del Mirot: La politique pontificale et le retour du
St-Siège à Rome. — Fase. 6°. Mariani, recensione dello scritto del
Thédenat: Le Forum Romain et les forums impériaux. - Ramo-
RiNO, recensione dell'opera del Neumann : Die Grundherrsch der rò-
mischen Republik. - Io., recensione degli scritti del Ribbeck: Sena-
tores romani qui fuerint idibus martii a. U.c. 710, e del Tropea:
Studi sugli « Scriptores historiae Augustae». - Cipolla, recensione
dell'opera del Rappaport: Die Einfiille der Goten in das ròmischen
Reich. - Spezi, recensione dell'opera del Ginetti: Avanti lo scisma
Laurenziano. - Cipoll\, recensione dell'opera dell' Hartmann: Ròmer
und Langobarden bis zur Theilung Italicns. - Spezi, recensione dello
scritto dell' Ecidi: Intorno ad una leggenda viterbese sull'origine dei
Paleologi. - Rondoni, recensione dell'opera del Moro, Di sant'An-
tonino in relazione con la riforma cattolica. - Id., recensione dello
scritto del Casanova : La legazione dì A. Piccolomini a Roma e a
Napoli. - Spezi, recensione degli scritti del Viti Mariani: L'archiduc
Ernest d'Autriche et le St-Siège; La Spagna e la S. Sede. - Ci-
polla, recensione dell'opera del Bischoffhausen : Papst Alexander Vili
u. d. Wiener Hof.
Ròmische Quartalschrift. An. 1900, fase. 3°. — Stecensek,
Architek'tonische Untersuchung von S. Croce in Gerusalemme in
l^om (Esame architettonico di S. C. in G. di Roma). — Fase. 4°.
De Waal, Die Coemeterial-Basilikcn Roms um die Wende des vili.
Jahrhunderts nach dem Liber Pontifìcalis (Le basiliche cemeteriali
di Roma del secolo viii secondo il L. P.). - Ehses, Vertrag zwischen
Papst Plus II und der Markgrafcn Ludwig von Mantua fùr die Dauer
dcs 1-urstenkonvcntes zu Mantua 1459 (Patto tra Pio II e il mar-
chese Ludovico di Mantova per il congresso de' principi a Mantova
nel 1459).
Stimmen aus Maria-Laach. An. 1900, fase. 7 '. — Knlller,
recensione dtìV opera del Grisar: Analecta romana, voi. I. — Fase. 8°,
6 12 Periodici
Braun: recensione dell'opera del Wiegand : Das altchristliche Haupt-
portal an der Kirche der hi. Sabina auf den aventinischen Hùgel zu
Rom (Dell'antica porta maggiore cristiana di S. Sabina sull'Aven-
tino in Roma). — Fase. 9°. Borkowoski, recensione dell' opera del-
l' Aust: Die Religion der Ròmer (La religione dei Romani).
Studi e documenti di storia e diritto. An. XXI, 1900, fasci-
coli i^-j". — G. BoNELLi, Le imposte indirette di Roma antica. -
P. Brand, Innocenzo VII e il delitto di suo nipote Migliorati Lu-
dovico.
Studìen und Mittheilungen aus dem Benedictiner- und
dem Cistercienser-Orden. An. 1900, fascicoli 2° e 3°. — Albers,
Aus Vaticanischen Archiven. Zur Reformgeschichte des Benedicti-
nerordens ini xvr. Jahrh. (Dagli archivi Vaticani. Per la storia della
riforma dell'Ordine Benedettino nel secolo xvi).
Zeitschrift fiir Kirchengeschichte. An. 1900, fase. 3°. —
KuPKE, Die Audienz des pàpstlichen Nuntius ani Hofe in Dresden,
Monsignor Arezzo, bei Napoleon I in BerHn (Udienza concessa da
Napoleone I in Berlino a mons. Arezzo, nunzio pontifìcio presso la
corte di Dresda). — Fase. 4°. Blumenthal, Johann XXIII, scine
Wahl und seine Personlickeit (G. XXIII, la sua elezione e la sua
personalità).
INDICE GENERALE
delle materie contenute nel volume XXIII
A. BUCHELLIUS. Iter Italicum {Continua) .... pag. 5
V. FEDERICI. Regesto del monastero di S. Silvestro de Ca-
pite 67
LI. (Continuazione, e fine) .. . , » . . 411
G. TOMASSETTI. Della Campagna romana (Continua^:). 129
P. FEDELE. Tabularium S. Mariae Novae ab an. 982 ad
an. 1200 (Continua) 171
F. POMHTTI. StuJii sul pontificato di Clemente XI (1700-
1721) 239
Id. (Continuazione e fine) 449
P. ECIDI. La fraternità dei Disciplinati di Viterbo ... 331
F. HERMANIN. Un affresco di Pietro Cavallini a S. Ce-
cilia in Trastevere 397
V. FEDERICI. Santa Maria Antiqua e gli ultimi scavi del
Foro Romano 517
Varietà :
P. KEHR. Due documenti pontifici illustranti la storia
di Roma negli ultimi anni del secolo xi 277
L. FUMI. Una lettera del Bayeux oratore di Francesco I
in Venezia al datario Gian Matteo Gibcrti in Roma
(11 dicembre 1526) 284
G. GRIMALDI. Un episodio del pontificato di Giulio II. 563
F. S. CARDOSI. Origine pagana di due chiese in Roma. 572
Necrologia :
Raffaele Ambrosi De Magìstris . $77
6i^ Indice generale del volume XXIII
Atti della Società:
Seduta del 22 gennaio 1900 pag. 295
Seduta del 26 marzo 1900 295
Seduta del 23 aprile 1900 299
Seduta del 15 dicembre 1900 579
Bibliografia :
Francis Stevenson Seymour M. P. « Robert Grosseteste
bisliop of Lincoln. A contribution to the relìgious politicai and intel-
lectual history of the thirteenth century », — London, Macmillan
and Co., 1899 (Mary Bateson) 3^3
Luigi Fumi. « Eretici e ribelli nell' Umbria dal 1320 al 1330».' —
Perugia, Unione tipografica coop., 1899 (F. Tonetti...) 3^S
H. Grisar S. I. « I papi nel medio evo » (traduzione dal tede-
sco) ; voi. I : Roma alla caduta dell' impero : voi. II : Roma sotto la
dominazione ostrogota e bizantina; parte III, voi. I: Roma alla fine
del mondo antico (R. Ambrosi de Magistkis) l>^^
Achille Dina. « L' ultimo periodo del principato longobardo e
l'origine del dominio pontificio in Benevento ». — Benevento, Giuseppe
De Martini, 1899 (P. Fedele) 3 I I
G. A. Garitfi. «La curia stratigoziale.di Messina a proposito di
Guido delle Colonne » ; estratto dai « Rendiconti della R. Accademia
dei Lincei », class, stor. e filol., voi IX, fase. I, 1900, in-4, pp. 18
(V. Federici) .' 3 I4
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Book vili : « Frankish invasion », pp.xvti-397, in-i6 ; voi. VIII, Book lx :
« The Frankish Empire », pp. xi-331, in-i6. — Oxford, 1899 (M. Rosi)
Pasquale Villari. « Le invasioni barbariche in Italia » con
tre carte. — Milano, Hoeplì, 1901, pp. xiii-480, in-i6 (M. Rosi) 5"5
Orazio Bacci. « Vita di Benvenuto Cellini ». Testo critico con
introduzione e note storiche. — Firenze, G. B. Sansoni, 1901 (Dome-
nico Orano) 5 °"
Bruno Albers. « Consuetudines monasticae ». Voi. I. « Consue-
tudines Farfenses ex archetypo Vaticano nunc primum recensuit A. B. —
Stuttgardiae et Vindobonae, Roth, 1900, in- 4, pp. lxxxi-2o6 (V. Fe-
derici). 590
Donato Tamilia. « Il Sacro Monte di Pietà di Roma ». Ricerche
storiche e documenti inediti con illustrazioni e tavole. — Roma, For-
;.anl e C, 1900 (D. Orano) 591
Dott. Giacomo Gorrini. « La cattura e prigionia di Annibale
Malvezzi in Germania. Episodi delle lotte di rappresaglia in Bologna,
1432-1494». — Bologna, Zanichelli, 1900, pp. 147 (Pietro Sani ini). 59^
Notizie 319
Id ■ 601
Periodici (Articoli e documenti relativi alla storia di Roma) 327
Id. 607
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BG
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V.23
Società romana di storia
patria
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