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Full text of "Archivio"

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HG3IM  SOGIGTffEOJRHaH 
DI  STOim  PlTRm 


ARCHIVIO 


della 


R.   Società    Romana 


di    Storia    Patria 


Volume  XXVIII. 


25^ 


R  orna 


nella    Sede    della    Società 

alla    Biblioteca    V  a  1  li  cel  Ha  na 
1905 


1121203 


Roma,  Forzani  e  C,  tipografi  del  Senato. 


Di  alcune  reìaiionifra  i  conti  del  Tu  scolo 
ed  i  principi  di  Salerno 


IL  Codex  diplomfl^i(^''^^àvmm^d  ha  serbato  notizia 
di  una  Teodora,  figliuola^  di  Gregorio,  console  e 
%  duca  dei  Romani,  la  quale  andò  sposa  a  Pandolfo, 
figlio  di  Guaimario  IV,  principe  di*  Salerno.  E  già  ancor 
prima  che  il  Codex  Cavensis  fosse  pubblicato,  il  Di  Meo  (i) 
aveva  fatto  ricordo  di  Teodora  il  cui  nome  fu  poi  com- 
preso negli  alberi  genealogici  che  furono  disegnati  della 
famiglia  dei  conti  del  Tuscolo  (2).  Ma,  tranne  il  nome  di 
Teodora,  nulla  sappiamo  di  preciso  intorno  alle  relazioni 
fra  i  principi  longobardi  di  Salerno  e  la  potente  famiglia 
che  per  tanto  tempo  efeb^  >^gi|ii]sii^;, ideile  cose  ecclesiastiche 
e  temporali  di  Roma,  né  in  quali  circostanze  quelle  rela- 
zioni s'improntassero  di  cosi  calda  amicizia  da  tramutarsi 


(i)  A.  Di  Meo,  Annali  critico-diplomatici,  Napoli,  i8o2,VII,  359,  385. 

(2)  Cf.  la  genealogia  del  Galletti  riportata  dal  Pertz  nella  pre- 
fazione alle  Cronica  mon.  Casinensis  in  Mon.  Germ.  hist.,  Script.  VII, 
363.  G.  Tom  assetti  ha  dato  finora  la  genealogia  più  completa  dei 
conti  del  Tuscolo:  cf.  Della  Campagna  Romana  in  questo  Archivio ^ 
IX,  82.  Il  LiVERANi,  Frammenti  di  storia  ecclesiastica.  Macerata,  1859, 
I,  65  sgg.,  ed  il  De  Rossi  in  Bullettino  di  archeologia  cristiana,  1864,  n.  9, 
p.  68,  non  fanno  il  nome  della  nostra  Teodora. 


T,  Jedele 


in  parentela.  Non  mi  parve  perciò  inutile  tentare  di  aggiun- 
gere qualche  notizia  più  sicura  e  determinata,  se  pure  fra 
l'oscurità  dei  tempi  non  rischiamo  di  smarrirci. 

Pandolfo,  quegli  che  sposò  Teodora,  era  figlio  del  prin- 
cipe di  Salerno  Guaimario  IV  e  fratello  di  Guaimario  V  (i). 
Nei  documenti  Cavensi  vien  fatto  la  prima  volta  il  suo  nome 
nell'anno  1032  (2);  ma  egli  dovette  nascere  alcun  tempo 
prima  del  1027.  Invero,  quando  nella  prima  metà  del  1027, 
venne  a  morte  Guaimario  IV,  dopo  circa  quaranta  anni  di 
regno,  il  figliuolo  primogenito  Guaimario  V  non  potè  assu- 
mere il  governo  dello  Stato  che  sotto  la  reggenza  della  ma- 
dre Gaitelgrima,  essendo  egli  allora  forse  quattordicenne  (3)  : 
dal  che  deve  argomentarsi  che  ancor  più  piccolo  dovesse 
essere  il  fratello  Pandolfo.  Né  questi  aveva  ancor  raggiunto 
l'età  maggiore  nel  1032,  poiché  nel  documento  di  sopra 
citato  che  contiene  una  vendita  di  un  terreno  con  castagneto 
fatta  dal  principe  Guaimario  e  dai  suoi  fratelli  Guido  e  Pan- 
dolfo ad  un  tal  Benedetto  di  Galvanico,  figliuolo  di  Rode- 
nando,  Guaimario  si  obbliga  per  sé  e  per  i  suoi  eredi 
«  amodo  et  dum  venerint  ad  legitima  aetatem  ipsi  fratri 
«  sui  »  (4).  Passano  circa  dieci  anni  senza  che  il  nome  di 
Pandolfo  ricorra  più  nelle  carte  di  Cava:  vien  ricordato 
un'altra  volta  nel  1043,  quando  Giovanni,  abate  del  mona- 
stero di  S.  Angelo  e  di  S.  Sofia  in  Salerno,  che  era  di  pro- 
prietà di  Pandolfo  (5),  locò  alcuni  terreni  del  monastero  ad 

(r)  Nel  numero  d'ordine  che  designa  la  successione  dei  principi 
di  Salerno,  seguo  M.  Schifa,  Storia  del  principato  Longobardo  in  Sa- 
lerno in  Arch.  stor.  per  le  prov.  Nap.  XII,  79  sgg.  H.  Bresslau,  Jahr- 
hùcher  des  Deiitschen  Reichs  iinter  Konrad  IL,  Leipzig,  1881,  1884,  I, 
170,  174;  II,  296  sgg.,  dà  ai  nostri  due  Guaimarii  il  nome  di  Guai- 
mario III  e  di  Guaimari®  IV. 

(2)  Codex  diplomaticus  Cavensis,  V,  214. 

(3)  Schifa,  op.  cit.  p.  513. 

(4)  Cod.  Cavensis,  V,  215. 

(5)  Questo  monastero  era  stato  costruito  da  Guaiferio,  sposo  di 
Gemma:  da  Guaiferio  l'aveva  acquistato  Pandolfo.  Cod.  Caz/.  VII,  91. 


/  conti  del  Tuscolo  ed  i  principi  di  Salerno        7 

un  tal  Pietro,  figliuolo  di  Ferrando,  e  ad  Urso  di  Sergio  (i). 
A  Pandolfo  rilasciava  nel  1047  Amato,  vescovo  di  Pesto, 
un  diploma  di  esenzione  per  una  chiesa  da  lui  costruita 
nel  territorio  di  Capaccio  (2).  È  dello  stesso  anno  un  istro- 
mento  col  quale  i  tre  fratelli,  Guaimario  principe.  Guido  e 
Pandolfo  procedevano  ad  una  divisione  dei  loro  beni  posti 
ai  confini  della  Lucania  (3),  ed  un'altra  spartizione  di  pos- 
sedimenti fu  fatta  nel  1049  (4).  Pandolfo  era  gicà  morto  nel 
maggio  del  1052,  quando,  per  la  prima  volta,  nelle  carte 
Cavensi  vien  fatto  il  nome  di  Teodora,  sua  sposa  (5). 

Queste  le  poche  notizie  che  abbiamo  di  Pandolfo  :  né 
Amato,  lo  storico  dei  Normanni,  né  Leone  Marsicano  che 
pur  tante  cose  sanno  della  famiglia  dei  principi  di  Salerno, 
rammentano  mai  il  suo  nome,  per  modo  che  egli  passa  oscu- 
ramente fra  le  vicende  che  agitarono  la  Campania  dal  1027 
al  1052,  proprio  nel  tempo  che  il  principato  di  Salerno  sotto 
il  governo  del  valoroso  e  splendido  Guaimario  V  toccò  tal 
grado  di  floridezza  che  non  era  stato  mai  per  l' innanzi  rag- 
giunto (6),  mentre  d' altra  parte  venivano  germogliando  i 
semi  della  fatale  decadenza  dello  Stato.  Fortuna  per  lui  che 
non  vide  lo  scempio  che  del  cadavere  del  fratello,  morto 
a  tradimento,  fecero  gli  stessi  suoi  congiunti  il  3  giugno 
del  1052!  Forse  avrebbe  anche  egli  insieme  con  Alfano 
lamentato  che  sparisse  con  Guaimario,  come  fumo  ed  ombra, 
ogni  decoro  della  patria  (7). 

(i)  Cod.  Cav.  VI,  229. 

(2)  Cod.  Cav.  VII,  49.  La  chiesa  era  stata  costruita  da  Pandolfo 
«ad  honorem  sancte  Preparationis  in  propria  rebus  sua  in- loco  Gor- 
«  nitu  finibus  Caput  Aquis  » .  Dalle  carte  Cavensi  si  rileva  che  Pan- 
dolfo era  <'  comes  Caputaquensis  ».  Il  nome  del  vescovo  Amato  non 
è  registrato  nella  Series  episcopornm  del  Gams. 

(3)  Cod.  Cav.  VII,  41. 

(4)  Ibid.  94. 

(5)  Ibid.  185. 

(6)  Si  veda  l'elogio  che  di  Guaimario,  in  versi  risonanti  un'antica 
grandezza,  tessè  Alfano.  Cf.  Di  Meo,  op.  cit.  VII,  523. 

(7)  Id.  ibid.  Secondo  lo  Schifa,  op.  cit.  p.  543,  Pandolfo  sarebbe 


T.  Jedele 


Se  poco  sappiamo  di  Pandolfo,  meno  ancora  ci  è  dato 
sapere  di  Teodora,  sua  sposa.  La  particolare  insistenza  con 
la  quale  nelle  carte  di  Cava  al  suo  nome  si  aggiunge  : 
«  filia  Gregorii  consulis  et  ducis  Romanorum  »,  farebbe 
quasi  pensare  che  ella  dovesse  essere  ben  superba  di  appar- 
tenere alla  grande  famiglia  dei  conti  del  Tuscolo.  Non  pre- 
tendevano questi  di  discendere  da  Ottaviano  imperatore?  (i) 
Ed  era  suo  avo  quell'Alberico  II  che  col  titolo  di  principe 
e  senatore  dei  Romani  aveva,  per  tanti  anni,  esercitato  in 
Roma  autorità  di  governo.  Suo  padre  era  quel  Gregorio  del 
Tuscolo  che,  secondo  la  biografia  di  san  Nilo,  fu  per  tirannide 
e  nequizia  notissimo,  ma  nello  stesso  tempo  per  prudenza  e 
per  sottile  ingegno  eccellente  (2).  Egli  era  ora  riuscito,  dopo 
di  avere  abbattuto,  alla  morte  di  Sergio  IV,  l' egemonia  dei 
Crescenzi,  a  ricondurre  presso  la  propria  famiglia  la  su- 
prema autorità  civile  ed  ecclesiastica  di  Roma.  Nipote,  sorella 
e  zia  di  pontefici  (3),  non  avrebbe  avuto  Teodora  più  che 
sufficienti  ragioni  per  vantare  la  sua  nobile  discendenza  ? 

Le  relazioni  fra  i  conti  del  Tuscolo  ed  i  principi  di  Sa- 
lerno non  erano  state  sempre  le  più  favorevoli.  Giovanni  XII, 
zio  di  Teodora,  aveva  tentato,  probabilmente  nel  961  (4), 

caduto  vittima  della  congiura  che  tolse  di  mezzo  Guaimario.  Ciò  non 
è  ammissibile,  se  la  congiura  avvenne,  come  lo  Schipa  dimostra,  il 
3  giugno  del  1052,  poiché  già  nel  maggio  dello  stesso  anno  si  parla 
di  «filios  quondam  domni  Paldulfi»;  Cod.  Cav.  VII,  185. 

(i)  ToMASSETTi,  op.  cit.  p.  79.  Intomo  al  capostipite  della  famiglia, 
Teofilatto,  ed  ai  suoi  primi  discendenti,  vedi  il  dottissimo  lavoro  di 
W.  SiCKEL,  Alherich  IL  und  dar  Kirchenstaat  in  Mittheihingen  des  Insti- 
tuts  fùr  Oesterreichìsche  Geschichtsforschung,  1902,  XXIII,  77  sg, 

(2)  Ppr-j-opto?  . . .  Tvept^orTo;  sv  TupavviSt  xat  àSixtDc  TU-y^àvov,  Xta^ 
oì  à-^y^tvou;  x.aì  auNsast  xsxoCTaviy-éxo;,  Ada  Sanctorum,  Settembre  VII, 
cdiz.  1867,  p.  317. 

(3)  Teodora  infatti  fu  nepote  di  Giovanni  XII,  sorella  di  Bene- 
detto Vili  e  Giovanni  XIX,  e  zia  di  Benedetto  IX. 

(4)  Per  la  data  seguo  lo  Schifa,  op.  cit.  p.  239,  mentre  Kòpke- 
DuMMLER,  Kaiser  Otto  der  Grosse,  Leipzig,  1867^  p.  31$,  pongono  la 
data  del  959. 


1  conti  del  Tuscolo  ed  i  principi  di  Salerno       9 

di  colorire  l' antico  disegno  di  dominazione  politica  dei  papi 
nell'Italia  meridionale.  Raccolto  un  esercito  di  Romani, 
Tusci  e  Spoletini,  s'era  avanzato  nel  Mezzogiorno  per  to- 
gliere Capua  ai  giovani  Pandolfo  e  Landolfo  III,  succeduti 
nel  961  a  Landolfo  II.  Ridotti  a  mal  partito,  i  due  giovani 
invocarono  il  soccorso  del  loro  congiunto  Gisulfo,  principe 
di  Salerno,  il  quale  mosse  verso  Capua  «  con  grande  audacia 
«  e  con  grande  apparato  di  forze  »  (i),  onde  l'esercito  pon- 
tificio fu  preso  da  cosi  forte  timore  che  non  volle  neppur 
tentare  la  prova  delle  armi,  e  rapidamente  riguadagnò  i 
confini  dello  Stato  della  Chiesa.  Fu  la  grande  potenza  del 
principe  di  Salerno  che  indusse  il  papa  a  cambiar  politica  ? 
Di  li  a  poco  Giovanni  XII  inviò  un'ambasceria  a  Gisulfo, 
invitandolo  ad  un  convegno  a  Terracina.  Senza  indugio  il 
principe  vi  si  recò  con  pompa  magnifica,  mentre  il  papa 
vi  si  era  fatto  accompagnare  da  molti  Romani  fra  i  quali, 
assai  probabilmente,  doveva  essere  il  fratello  del  pontefice, 
Gregorio.  Giovanni  XII  e  Gisulfo  strinsero  fra  loro  una 
lega  (2).  Quali  ne  furono  i  patti?  L'anno  seguente,  dopo 
r  incoronazione  di  Ottone,  il  papa  si  faceva  rilasciare  il  ce- 
lebre diploma  che  confermava  i  privilegi  ed  i  possessi  dei 
pontefici.  Ora  è  notevole  il  fatto,  né  da  altri  fu  ancora  os- 
servato, che  mentre  nel  diploma  Ottoniano  si  riconoscono 
i  diritti  dei  pontefici  sui  patrimoni  dell'Italia  meridionale 
ivi  espressamente  nominati,  e  si  accenna  perfino  a  diritti 
del  papa  su  Napoli,  Gaeta  e  Fondi,  non  si  fa  alcuna  parola 
del  patrimonio  Salernitano  il  quale  era  stato  pur  compreso 
nel   privilegio   di   Ludovico  il  Pio  dell'anno  817(3).  Ciò 

(i)  Sono  parole  del  Chronicon  Salernitanum  che  narra  l'avveni- 
mento. Cf.  Mon.  Germ.  hist.,  Script.  Ili,  553. 

(2)  «  Inter  se  alternatim  foedus  inierunt  »  ;  Mon.  Germ.  hist,  Script. 
Ili,  553.  Intorno  a  questi  avvenimenti  cf.  Schifa,  op.  cit.  p.  239;  e 
J.  Gay,  V Italie  meridionale  et  l'Empire  By^antin,  Paris,  1904,  p.  292. 

(3)  Per  il  testo  dei  due  diplomi  cf.  Th.  Sickel,  Das  Privilegium 
Otto  I.  fiir  die  Ròmische  Kirche,  Innsbruck,  1883.  Vedi  i  due  passi  rela- 


IO  T.  Jedele 


non  può  essere  avvenuto  senza  una  particolare  ragione,  ed, 
a  mio  parere,  il  silenzio  sul  patrimonio  Salernitano  corri- 
sponde perfettamente  alle  condizioni  di  fatto  dell' anno  962, 
quando  fra  Giovanni  XII  ed  il  principe  di  Salerno  erano 
annodate  le  più  strette  relazioni  politiche. 

Queste  relazioni  sembrano  poi  essersi  mantenute  costan- 
temente fra  quei  del  Tuscolo  ed  i  Salernitani,  per  quanto 
ci  permettono  d'argomentarlo  le  notizie  scarse  e  frammen- 
mentarie  del  tempo. 

Con  Benedetto  Vili,  figliuolo  di  Gregorio  I  del  Tu- 
scolo, i  discendenti  di  Teofilatto,  dopo  un  periodo  di  tempo 
nel  quale  in  Roma  avevano  dominato  i  Crescenzi,  ripren- 
devano interamente  il  potere  che  essi  vi  avevano  esercitato 
ai  tempi  di  Giovanni  XII  (i).  Benedetto  Vili  fu  uomo  di 
grande  energia,  e  seppe  maneggiare  egualmente  bene  la 
spada  ed  il  pastorale,  per  modo  che  tra  i  papi  inetti  o  per- 
versi della  prima  metà  del  secolo  xi  la  sua  figura  attrae  la 
nostra  simpatia  (2).  Con  grande  senso  politico  egli  com- 
prese che  le  circostanze  erano  ora  fiivorevoli  se  non  a  co- 
lorire gli  antichi  disegni  dei  papi  sull'Italia  meridionale,  ad 
estendere  almeno  la  influenza  pontificia  in  quelle  regioni. 
Anche  con  quest'intento  egli  sostenne  con  fervore  la  poli- 
tica,' tradizionale  nella  sua  famiglia,  di  fedeltà  all'  impero,  e 
nel  IO  14  pose  sul  capo  di  Errico  II  e  di  Cunigonda  la 
corona  imperiale.   Fra  i  grandi  che  assistevano  all'incoro- 


tivj  ai  patrimoni  della  Campania  in  W.  Martens,  Die  Ròmische  Frage, 
Stuttgart,  1881,  p.  371.  Del  patrimonio  Salernitano  si  tace  anche  nel 
diploma  di  Enrico  II  del  1020;  mentre  è  ricordato  nella  falsa  cessione 
di  Leone  Vili.  Cf.  Mon.  Gemi,  hist.,  Leges,  II,  pars  altera,  pp.  169,  175. 

(i)  Nessuno  più  limpidamente  del  Duchesne  ha  riassunto  l'alta- 
lena dei  partiti  in  Roma,  in  questo  periodo.  Cf.  L.  Duchesne,  Les  pre- 
mier s  temps  de  V  Etat  pontificai^  Paris,  1 904,  p.  3  5  3  sgg. 

(2)  Intorno  alla  politica  di  papa  Benedetto  Vili,  oltre  quanto  ne 
disse  il  Gay,  op.  cit.  p.  407  sgg.,  cf.  G.  Wappler,  Papst  Benedikt  Vili., 
Leipzig,  1897. 


/  conti  del  Tuscolo  ed  ì  principi  di  Salerno      ii 

nazione,  vi  era,  sembra,  il  principe  di  Benevento  e  di  Capua, 
Pandolfo  o  suo  figlio  Landolfo  IV  (i),  né  è  improbabile 
che  Guaimario  di  Salerno  abbia  colto  l'occasione  per  pro- 
testarsi devoto  dell'imperatore.  È  appunto  in  questo  tempo 
che  scoppia  nel  Mezzogiorno  la  rivolta  contro  i  Bizantini  : 
Benedetto  Vili  si  pone  a  viso  aperto  dalla  parte  dei  ri- 
belli, ed  è  lui  che,  d'accordo  con  Enrico  II  (2),  concede  a 
Datto,  cognato  di  Melo,  l'eroe  della  rivoluzione  Pugliese, 
la  torre  alla  foce  del  Garigliano  che  era  stata  già  costruita 
da  Docibile,  ipata  di  Gaeta,  a  difesa  contro  i  Saraceni  (3). 
Frattanto  Benedetto  Vili  si  adopra  a  stringere,  a  danno  dei 
Bizantini,  i  legami  fra  l'impero  ed  i  principi  longobardi 
della  Campania.  Nell'aprile  del  io  16,  in  quell'anno  che 
compaiono  per  la  prima  volta  nella  Campania  i  Normanni, 
lo  vediamo  occuparsi  con  amore  di  cose  salernitane.  Invero 
egli  conferma  all'arcivescovo  Benedetto  di  Salerno  tutti  i 
diritti  ed  i  possedimenti  della  chiesa  salernitana,  e  ripone 
sotto  la  dipendenza  dell'arcivescovo  la  diocesi  di  Nola, 
dianzi  sottratta  alla  metropoli  di  Salerno  (4).  Per  l' inter- 
vento attivo  di  Benedetto  Vili,  le  imprese  degli  avventu- 
rieri normanni  nell'Italia  meridionale  acquistano  un  vero 
e  proprio  carattere  politico:  egli  induce  i  Normanni  ad 
offrire  il  loro  braccio  a  Melo,  il  quale  con  l'incoraggia- 
mento aperto  del  papa  e  con  gli  aiuti  che  gli  porgono  Sa- 
lerno e  Benevento  (5),  spiega  per  la  seconda  volta  la  ban- 


(i)  Gay,  op.  cit.  p.  409. 

(2)  È  molto  opportuna  1'  osservazione  fatta  dal  Bresslau  presso 
S.  HiRSCH,  Jahrhùcher  des  Deutschen  Reichs  unter  Heinrich  IL,  Leip- 
zig, 1875,  III,  150,  che  nella  prima  redazione  della  sua  cronica 
Leone  Ostiense  asserisce  che  questo  passo  fu  fatto  da  Benedetto  Vili, 
«  ob  Heinrici  imperatoris  fidelitatem  ». 

(3)  Cf.  P.  Fedele,  La  battaglia  del  Garigliano  dell'anno  5?!/  ed  i 
monumenti  che  la  ricordano  in  questo  Archivio,  XXII,  210  sgg. 

(4)  Jaffé-Loewenfeld,  n.  401 1;  Schifa,  op.  cit.  p,  259. 

(5)  Leo  Marsicanus,  II,   37. 


12  T.  Jedele 


diera  della  rivolta,  la  quale  dopo  avere  vittoriosamente 
sventolato  ad  Arenula,  a  Civitate,  a  Vaccarizza,  è  costretta  a 
ripiegarsi  nella  sanguinosa  battaglia  di  Canne  (ottobre  idi 8). 
Dei  Normanni  che  sfuggirono  al  fato  di  Canne,  Melo  ne 
affidò  alcuni  al  principe  Guaimario  di  Salerno  (i),  altri  a 
Pandolfo  di  Capua,  onde  dobbiamo  dedurne  che  il  principe 
di  Salerno,  seguendo  la  politica  ed  i  suggerimenti  di  Bene- 
detto Vili,  si  era  stretto  agl'insorti  Pugliesi  col  più  grande 
ed  operoso  zelo  (2). 

Frattanto,  essendo  morto  l'arcivescovo  di  Salerno,  Be- 
nedetto, il  papa  rinnovava  nel  io  19  al  successore  Amato  II 
la  conferma  dei  privilegi  e  dei  possessi  della  chiesa  Saler- 
nitana (3). 

La  sconfitta  di  Canne  aveva  rialzato  in  tutta  l'Italia 
meridionale  le  sorti  della  dominazione  bizantina.  Primo  a 
sottomettersi  all'impero  fu  Pandolfo  di  Capua  che  inviò  a 
Costantinopoli  le  chiavi  d'oro,  simbolo  della  sua  sottomis- 
sione; e  l'esempio  di  Pandolfo  fu  ben  presto  seguito  dal 
principe  Guaimario  di  Salerno  (4). 

Quando  nell'anno  1022  Enrico  II  si  recò  nell'Italia 
meridionale  per  rialzarvi  il  prestigio  dell'impero,  gli  era 
compagno  Benedetto  Vili.  L'arcivescovo  Pellegrino  di  Co- 
lonia aveva  ricevuto  l'incarico  di  sottomettere  all'impero 
i  principi  longobardi  della  Campania.  Pandolfo  di  Capua 
non  oppose   una  valida   resistenza,   e   si  dette  nelle  mani 


(i)  AiMÉ,  Ystoire  de  li  Normant,  ediz.  Delarc,  Rouen,  1892,  p.  31. 

(2)  Vedi  anche  lo  Schifa,  op.  cit.  p.  260. 

(3)  Jaffé-Loewenfeld,  n.  4027. 

(4)  Bresslau  presso  Hirsch,  op.  cit.  p.  157,  nota  i  ;  E.  De  Mu- 
RALT,  Essai  de  chronographie  By^antine,  St-Pétersbourg,  1855,  p.  594, 
riporta  la  sottoscrizione  di  un  evangeliario  proveniente  da  Salerno, 
ora  nella  biblioteca  Imperiale  di  Pietroburgo,  dalla  quale  si  rileva  che 
nel  1020  Salerno  era  sottoposta  ai  Bizantini:  'Etti  t^?  PaatXsta;  B.  v.a.ì 
K.  r'yeaoveuovTo;  twn  'iTaXtJcwv,  àvSJuTràTou  'Ito.  tou  Boxavou  xat  èv  ru.£pat; 
roau-epTi  irprvìciiro;. 


1  conti  del  Tuscolo  ed  i  principi  di  Salerno      13 

dell'arcivescovo;  fieramente  resistè  Guaimario  di  Salerno, 
e  Pellegrino,  quantunque  per  quaranta  giorni  tenesse  la  città 
chiusa  d'assedio,  probabilmente  non  se  ne  sarebbe  mai  impa- 
dronito con  la  forza,  se  Guaimario  non  fosse  venuto  a  trat- 
tative. Ora  è  notevole  la  diversa  sorte  serbata  ai  due  principi 
longobardi.  Mentre  Pandolfo  di  Capua  fu  dall'  imperatore 
spogliato  del  possesso  dei  suoi  beni,  dei  quali  fu  investito 
il  cugino  Pandolfo  di  Teano,  e  l'infelice  principe  di  Capua 
venne  poi  condotto  prigioniero  in  Germania  (i),  a  Guaimario 
non  fu  torto  un  capello.  Non  si  era  egli  macchiato  della 
stessa  colpa?  (2)  Anzi,  non  aveva  egli  opposto  più  forte 
resistenza  alle  vendicatrici  armi  imperiali?  Ora  non  è  im- 
probabile che  a  render  più  lieve  la  sorte  di  Guaimario  abbia 
contribuito  Benedetto  Vili  (3),  né  l'ipotesi  è  senza  fonda- 
mento, poiché  narra  Amato  che  Guaimario  aveva  dovuto 
rilasciare,  come  ostaggio,  all'arcivescovo  di  Colonia,  il  suo 
figUo  di  egual  nome,  che,  per  altro,  fu  affidato  a  papa 
Benedetto  (4),  del  quale  conosciamo  così  l' intervento  diretto 
nelle  trattative  fra  l'imperatore  ed  il  principe  di  Salerno. 

(i)  Cf.  intorno  a  questi  avvenimenti  G.  De  Blasiis,  La  insurre- 
zione Pugliese  e  la  conquista  Normanna,  Napoli,  1864,  I,  94  sgg. 

(2)  Si  potrebbe  per  altro  osservare  che  lo  sdegno  di  Enrico  II 
era  maggiore  verso  Pandolfo,  perchè  questi  aveva  concesso  libero  pas- 
saggio per  le  sue  terre  ai  Greci,  quando  essi  vollero  porre  le  mani  su 
Datto,  rifugiatosi  nella  torre  del  Garigliano. 

(3)  Secondo  lo  Schifa,  op.  cit.  p.  261,  anche  il  papa  sembra  fosse 
adirato  contro  Salerno,  poiché  nel  marzo  del  1021  radiava  la  diocesi 
di  Nola  dal  novero  delle  suffraganee  di  Salerno.  Ma  il  documento  dal 
quale  ciò  si  rileverebbe,  è  una  bolla  di  conferma  dei  diritti  della  chiesa 
Salernitana,  ed  il  tenore,  se  tali  fossero  state  le  intenzioni  del  papa, 
avrebbe  forse  dovuto  esserne  diverso.  La  mancanza  della  menzione  del 
vescovato  Nolano  può  forse  spiegarsi  col  fatto,  che  ci  troviamo  dinanzi 
ad  una  tarda  copia  del  documento.  Cf.  Pflugk-Harttung,  Ada  pon- 
tificum,  I,  n.  99,  p.  64. 

(4)  AiMÉ,  op.  cit.  p.  33.  Cf.  anche  lo  Schifa,  op.  cit.  p.  262,  il 
quale  però  dubita  se  fosse  dato  in  ostaggio  l'erede  o  uno  dei  minori, 
Guidò  o  Pandolfo. 


14  'P.  fedele 


Nulla  sappiamo  delle  relazioni  fra  il  successore  di  Be- 
nedetto Vili  che  fu  Giovanni  XIX  ed  i  principi  di  Salerno. 
Durante  il  pontificato  di  Giovanni,  morì  Guaimario  IV  suc- 
cedendogli quel  figliuolo  Guaimario  V  che,  secondo  Amato, 
sarebbe  stato  per  alcun  tempo  affidato  alla  custodia  dei  Tu- 
scolani. 

Sotto  Benedetto  IX,  l' ultimo  dei  papi  del  Tuscolo, 
le  relazioni  con  i  principi  di  Salerno  debbono  essersi  fatte 
più  intime  e  cordiali  così  da  tramutarsi  in  parentela.  Infatti 
le  nozze  fra  Teodora  del  Tuscolo  e  Pandolfo,  fratello  di  Guai- 
mario V,  dovettero  celebrarsi  qualche  tempo  dopo  il  1032, 
poiché,  come  vedemmo  (i),  in  quell'anno  Pandolfo  non 
aveva  ancora  raggiunto  l'età  maggiore,  e  parecchi  anni  prima 
del  1052,  quando  egli  già  era  morto  lasciando,  per  lo  meno, 
quattro  figli  (2).  Ora  con  tali  delimitazioni  di  tempo  siamo 
necessariamente  condotti  al  pontificato  di  Benedetto  IX. 
Questo  tempo  corrisponde  al  più  rigoglioso  fiorire  della 
potenza  di  Guaimario  V,  e  tutto  induce  a  credere  che  le 
nozze  fra  Teodora  ed  il  fratello  di  Guaimario  dovessero 
essere  il  pegno  della  più  stretta  unione  politica  fra  il  grande 
principe  di  Salerno  e  la  casa  del  Tuscolo. 

Benedetto  IX  innalzato  al  trono  pontificale  quasi  ancor 
fanciullo  disonorava  il  papale  ammanto  con  le  più  sbrigliate 
passioni,  e  contro  di  lui  spumeggiavano  non  solo  le  ire  an- 
tiche dei  nemici  del  Tuscolo,  ma  anche  di  quanti  deside- 


(i)  Vedi  sopra  p.  6. 

(2)  Nelle  carte  Cavensi  finora  pubblicate  si  fanno  i  nomi  di 
quattro  figli  di  Pandolfo  e  Teodora,  e  sono:  Guaimario,  Gregorio, 
Guido  e  Giovanni,  Ma  l' abate  D.  Agostino  Venereo  del  quale  l'archivio 
Cavense  non  ebbe  mai  più  dotto  e  minuto  ricercatore,  nelle  sue  carte 
manoscritte  conservate  nella  badia  di  Cava,  aggiunge  ai  quattro  nomi 
ricordati  altri  tre:  «  Guilielmus  castri  Nove  dominus  qui  dicitur  de 
«  Mannia,  Theodora  uxor  luflridi,  mater  Tancrede  de  Altavilla,  Sicel- 
«  gaita  uxor  Asclettini  comitis  de  Siciniano  » .  Teodora  e  Pandolfo 
avrebbero  avuto  adunque  sette  figli. 


/  conti  del  Tuscolo  ed  ì  princìpi  di  Salerno      15 

ravano  di  veder  finalmente  ricondotta  la  Chiesa  a  più  puri 
costumi:  onde  la  necessità  di  opporre  ai  suoi  nemici  ade- 
renze e  protezioni.  Già  fin  dal  novembre  del  1034  il  ve- 
scovo Giovanni  di  Porto,  bibliotecario  e  legato  della  Sede 
apostolica,  era  in  Germania,  e  non  soltanto  per  la  consecra- 
zione  del  monastero  di  S.  Lorenzo  di  Liittlich,  ma  anche 
per  ottenere  dall'  imperatore  il  riconoscimento  dell'  elezione 
di  Benedetto  (i).  E  Corrado  II  non  la  negò,  anzi  coprì  della 
sua  protezione  il  giovane  pontefice,  sia  per  rimeritare  i  conti 
del  Tuscolo  dell'  antica  devozione  all'  impero,  sia  anche 
perchè  nel  vizioso  fantoccio  che  volgeva  le  chiavi  di  Pietro, 
nessun  ostacolo  egli  avrebbe  trovato,  come  poi  i  fatti  dimo- 
strarono, nello  svolgimento  della  politica  imperiale  in  Italia. 
Ora  è  notevole  come  in  questo  tempo  il  sostenitore  più 
fido  della  parte  imperiale  nel  Mezzogiorno  fosse  il  principe 
di  Salerno.  Infatti,  quando  Corrado  II  nel  1038  discese 
neir  Italia  meridionale  per  punire  quel  Pandolfo  di  Capua 
che  vedemmo  esule  di  là  dai  monti,  e  che  tornato  poi 
nella  Campania  era  il  più  fiero  avversario  di  parte  ger- 
manica, egli  s'  era  posto  d' intesa  con  Guaimario  di  Salerno, 
e,  prima  di  muoversi,  gli  aveva  mandato  ambasciatori  (2). 
D'  altra  parte,  essendosi  l' imperatore  indugiato  a  Spello  a 
celebrarvi  la  Pasqua,  quivi  lo  raggiunse  Benedetto  IX  che, 
piegandosi  ai  desideri  dell'  imperatore,  lanciava  la  scomunica 
contro  r  arcivescovo  Ariberto  di  Milano.  È  mai  possibile 
che  nel  convegno  di  Spello  si  sia  taciuto  delle  questioni 
dell'  Italia  meridionale  ?  In  ogni  modo,  quando  nel  maggio 
del  1038,  sotto  le  mura  dell' antica  Capua,  l'imperatore  mise 
al  bando  dell'  impero  Pandolfo  di  Capua  e  lo  depose  dal 
principato,  ne  investì,  per  consiglio  dei  suoi  grandi  e  dei 
magnati  capuani,  il  principe  Guaimario,  ed  anche  lo  investì 
della  sii2:noria  del  ducato  di  Gaeta,  e  sotto  l'autorità  di  lui 


(i)  H.  Bresslau,  Konrad  II.,  Leipzig,  1884,  p,   175. 
(2)  AiM/i,  op.  cit.  p.  55;  Bresslau,  op.  cit,  II,  306. 


i6  T.  fedele 


pose  il  normanno  Rainulfo  al  quale  riconobbe  legittimo  il 
possesso  di  Aversa.  Guaimario  cosi  raccoglieva  i  frutti  della 
sua  abile  politica  ed  insieme  dei  ricchi  doni  che  egli  a  Capua 
aveva  diviso  fra  l'imperatore  ed  i  grandi  del  seguito  (i). 
Ogni  mezzo  egli  aveva  messo  in  opera  per  assoggettare 
tutta  la  Campania  al  suo  dominio  ;  né  è  possibile  che  tra- 
scurasse di  giovarsi  dei  conti  del  Tuscolo,  antichi  sosteni- 
tori del  partito  imperiale  in  Italia.  Ecco  perchè  io  penso  che 
le  nozze  fra  Teodora  ed  il  fratello  di  Guaimario,  avvenute 
certamente  in  epoca  non  lontana  dal  1038,  dovessero  essere 
pegno  deir  unione  politica  tra  la  famiglia  del  Tuscolo  e 
Salerno  e  dei  comuni  vincoli  che  le  stringevano  all'  impero  : 
esse  in  ogni  modo  corrispondono  perfettamente  alle  condi- 
zioni politiche  del  principato  di  Salerno,  come  abbiamo  cer- 
cato di  determinarle,  intorno  al  1038  (2). 

Indizio  delle  intime  relazioni  fra  i  conti  del  Tuscolo  ed 
i  principi  di  Salerno  si  ebbe  alcuni  anni  di  poi.  Fra  il  maggio 
ed  il  luglio  del  1045  i  cittadini  di  Gaeta,  ribellandosi  al- 
l'autorità di  Guaimario,  avevano  acclamato  loro  duca  il 
conte  Adenolfo  d'Aquino.  Alla  prima  notizia  della  ribellione, 
Guaimario  mandò  contro  Gaeta  un  esercito  che  sconfisse 
Adenolfo  e  lo  trasse  prigioniero  (3).  Ora  narra  Luca  I,  abate 
di  Grottaferrata,  nella  biografia  di  san  Bartolomeo,  che  i 
parenti  di  Adenolfo,  dopo  aver  mosso  mari  e  monti  (4)  per 
ottenerne  la  liberazione,  senza  riuscire  a  nulla,  si  rivolsero 
ai  signori  del  Tuscolo  (5)  i  quali  inviarono  a  Salerno  l'a- 

(i)  Per  questi  avvenimenti  eia  bibliografìa  cf.  P.  Fedele,  Il  du- 
cato di  Gaeta  all'  ini'^io  della  conquista  Normanna,  in  Arch.  stor.  per  le 
prov.  Nap.  XXIX,  17  sgg. 

(2)  Lo  Schifa,  op.  cit.  p.  534,  accenna  al  matrimonio  di  Teodora 
con  Pandolfo,  supponendolo  avvenuto  intorno  al  1046.  Le  ragioni  che 
abbiamo  esposto,  e'  inducono  a  giudicare  un  po'  tarda  questa  data. 

(3)  P.  Fedele,  op.  cit.  p.  68  sgg. 

(4)  iràvTa  XtSov,  tò  tou  Xo-you,  xtvouvTS?.  Cf.  Mai,  Novae  Patriim 
Bihliothecae  tomus  VI,  Romae,  1853,  p.  520  sgg. 

(5)  T0~?  àpy^ouaiv   toT;  vi  tw   àoTSt  TouaxouXàvr;.  Ibid. 


/  conti  del  Tuscolo  ed  i  princìpi  di  Salerno      17 

bate  Bartolomeo  che  non  solo  riuscì  a  piegare  Tanimo  del 
principe  Guaimario  in  favore  di  Adenolfo,  ma  lo  indusse 
anzi,  liberatolo  dalla  prigionia,  a  conferirgli  la  signoria  di 
altre  terre  oltre  quella  di  Gaeta.  Ho  detto  altrove  (i)  che 
cosa  si  debba  pensare  del  racconto  dell'  abate  di  Grotta- 
ferrata.  Leone  Marsicano,  testimone  ben  più  autorevole,  non 
fa  alcuna  parola  dell'  intervento  dei  conti  del  Tuscolo  o 
di  san  Bartolomeo  nelle  trattative  fra  Guaimario  ed  il  duca 
di  Gaeta  (2)  :  tuttavia  il  racconto  dell'abate  Luca  deve  avere 
non  piccolo  fondamento  di 'verità,  essendo  egli  assai  vicino 
agli  av^venimenti  che  narra  (3),  e  le  sue  parole  sono  una 
prova  dei  buoni  rapporti  fra  i  signori  del  Tuscolo  ed  i  prin- 
cipi di  Salerno  anche  dopo  che,  per  la  cacciata  di  Bene- 
detto IX  da  Roma,  la  potenza  dei  Tuscolani  cominciava  a 
tramontare  (4). 

Le  poche  notizie  che  le  carte  Cavensi  ci  serbano  di 
Teodora,  destinata  a  sopravvivere  lungamente  al  marito 
Pandolfo  e  ad  assistere  alla  fatale  decadenza  del  principato 
di  Salerno  sotto  i  successori  di  Guaimario  V,  sono  cosi  aride 
che  non  ci  aiutano  in  alcun  modo  a  disegnar  nella  mente 
la  persona  di  questa  principessa  del  Lazio  che  portò  forse 
nella  corte  salernitana,  insieme  con  1'  alta  nobiltà  del  sangue, 
lo  splendore  della  bellezza  romana  !  Trascorso  appena  poco 
tempo  dalla  morte  del  marito,  sembra  che  ella  si    avvol- 

(i)  P.  Fedele,  op.  cit.  pp.  70,  71  in  nota. 

(2)  Leo  Mars.  II,  74. 

(3)  Cf.  A.  Rocchi,  De  coenoUo  Criptoferratensi,  Tusculi,  1893, 
p.  20. 

(4)  Quanto  alla  biografia  di  Benedetto  IX  nessuno  ha  posto  ancor 
mente  ad  una  preziosa  notizia  registrata  nel  verso  di  una  pergamena 
dei  Ss.  Cosma  e  Damiano,  secondo  la  quale  egli  era  ancor  vivo 
nel  1055  ed  insieme  con  i  fratelli  Gregorio,  Pietro  ed  Ottaviano,  figli 
di  Alberico,  donava  al  monastero  dei  Ss.  Cosma  e  Damiano  la  metà 
della  chiesa  di  S.  Pancrazio  «  cum  toto  colle».  Cf.  P.  Fedele,  Carte 
del  monastero  dei  Ss.  Cosma  e  Dannano  in  Mica  Aurea  in  questo  Ar- 
chivio, XXII,  54. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.  2 


i8  T,  Jedele 


gesse  neir  abito  monacale  :  un  documento  infatti  ci  narra 
che  era  «  vestem  sancte  Dei  genitricis  et  virginis  Marie  in- 
«  duta  »,  quando  si  presentò  ad  Amato,  vescovo  di  Pesto, 
per  chiedere  un  diploma  di  esenzione  per  la  chiesa  di 
S.  Matteo  che  ella  aveva  edificato  in  quel  di  Pesto  «  in 
«  finibus  Lucanie,  ubi  proprie  Subarci  dicitur  »  (i).  Ma  ciò 
non  le  tolse  di  provvedere  agi'  interessi  dei  suoi  figliuoli. 
Nelle  carte  Cavensi  ella  appare  come  sollecita  dell'  ammi- 
nistrazione dei  beni  lasciatile  dal  marito,  e  particolarmente 
dei  beni  spettanti  alle  chiese  di  S.  Angelo  e  di  S.  Sofia  che 
già  vedemmo  essere  proprietà  di  Pandolfo.  La  chiesa  di 
S.  Sofia  fu  da  lei  restaurata  ;  ed  un'  altra  chiesa  ella  pos- 
sedeva, dedicata  a  san  Felice,  nel  luogo  detto  Felline,  presso 
Salerno,  che  nel  novembre  del  1057  ella  dava  in  locazione 
al  prete  Romualdo,  figlio  di  Pietro  (2).  Nel  Codex  Cavensis 
è  ricordata  1'  ultima  volta,  come  vivente,  in  un  documento 
del  1060  (3);  ma  è  probabile  chele  carte  posteriori  al  1065, 
al  quale  anno  si  arresta  la  pubblicazione  del  Codice  di  Cava, 
contengano  ancora  memorie  di  Teodora.  L'  ultimo  docu- 
mento fra  quei  non  compresi  nel  Codex  che  ricordi  già 
morta  Teodora  del  Tuscolo,  è  dell'anno  rioo,  e  fu  pub- 
blicato dall'  Ughelli  (4),  ma  con  tali  inesattezze  che  mi  è 
parso  bene  trascriverlo  novamente  dall'  originale,  e  ripub- 
blicarlo qui  per  dare  un  qualche  valore  a  queste  mie  note 
modeste  intorno  alle  relazioni  fra  i  conti  del  Tuscolo  ed  i 
principi  di  Salerno.  Esso  contiene  una  solenne  donazione 
che  neir  agosto  del  11 00,  alla  presenza  di  papa  Pasquale  II, 
Giovanni,  figliuolo  di  Pandolfo  e  di  Teodora,  fece  al  mo- 
nastero di  Cava,  della  chiesa  di  S.  Sofia.  Assistevano  alla 
donazione,  oltre  Pasquale  II,    Oddone,  cardinal  vescovo  di 

(i)  Il  diploma  del  vescovo  Amato  è  del  febbraio  del  1054.  Codex 
Cavensis^  VII,  221. 

(2)  Codex  Cavensis^  Vili,  25. 

(3)  Ibid.  Vili,  144. 

(4)  Ughelli,  Italia  sacra,  VII,  395. 


I conti  del  Tuscolo  ed  {prìncipi  di  Salerno      19 

Ostia,  ed  il  grande  B rimone,  vescovo  di  Segni  (i),  che  si 
sottoscrissero  al  documento,  del  quale  questo  è  il  tenore  (2)  : 


II 00  agosto. 

Alla  presenza  di  Pasquale  II,  Giovanni,  figliuolo  di  Pan- 
dolfo  e  di  Teodora  del  Tuscolo,  dona  a  Pietro,  abate  del 
monastero  di  Cava,  la  chiesa  di  S.  Sofia  in  Salerno. 

Originale.  Archivio  della  badia  di  Cava,  arni.  D,  28.  Le  sottoscrizioni  sono  auto- 
grafe. 

I.  ^  In  nomine  domini  Dei  eterni  et  salvatoris  nostri  lesu  Chri- 
sti.  Anno  ab  incarnatione  eius  millesimo  centesimo,  temporibus  domni 
nostri  Rogerii  gloriosi  ducis,  mense  augusto,  2.  octaba  indictione. 
Ego  Johannes  fìlius  bone  memorie  Paldulfì  qui  fuerat  filius  domni 
Guaimarii  principis,  intra  palatium  huius  Salernitani  archiepiscopii,  co- 
rani 3.  presentia  domni  Paskalis  summi  pontificis  et  universalis 
pape  et  domni  Ottonis  Ostiensis  episcopi  et  domni  Brunonis  Segninis  00 
episcopi  et  domni  Petri  4,  venerabilis  abbatis  monasteri!  sancte  et 
individue  Trinitatis  quod  situm  est  foris  hanc  civitatem  in  loco  Meti- 
liano,  clarifico  quoniam  ipsi  genitori  meo  et  domne  5.  Theodore 

genitricis  mee  filie  bone  recordationis  domni  Gregorii  consulis  et  ducis 
Romanorum  pertinuit  ecclesias  intra  hanc  civitatem  con  6.  structas, 
unam  ad  honorem  sancte  Sophie  et  alteram  ad  honorem  beati  Mi- 
chaelis  Archangeli.  Et  ipsa  ecclesia  Sancte  Sophie  olim  monasterium 
fuit,  7,  et  ob  vetustate  cum  in  ruina  posita  esset,  ipsa  genitrix  me  a 
divino  adiuta  auxilio  a  fundamento  eam  delere  et  in  meliorem  et  am- 
pliore  8.  statu  reedificare  fecerat  absque  episcopali  consecratione, 

sicut  nunc  esse  dinoscitur.  Et  dudum  post  ipsorum  genitoris  et  geni- 

(a)  Cosi  nel  testo. 


(i)  Sull'andata  di  Brunone  a  Salerno  cf.  B.  Gigalscki,  Bruno 
Bischof  von  Segni,  Abt  von  Montecassino,  Mùnster  i.  W.,  1898,  p.  49. 

(2)  Porgo  i  più  sentiti  ringraziamenti  all'  illustre  abate  D.  Silvano 
De  Stefano  ed  ai  monaci  tutti  di  Cava,  e  particolarmente  all'  archi- 
vista D.  Leone  Mattei-Cerasoli,  i  quali  con  ogni  cortesia  favorirono 
le  mie  ricerche  nell'archivio. 


20  "P.  fedele 


tricis  9.  mee  obitum  ambo  ipse  ecclesie  cum  omnibus  ad  eas  per- 
tinentibus  et  cum  aliis  rebus  michi  in  sortem  (a)  obvenerant  a  Guai- 
mario  et  Gregorio  fratribus  meis  ac  filiis  io.  ipsorum  Paldulphi 

et  Theodore  ad  faciendum  ex  eis  ego  et  mei  heredes  quicquid  C^)  vo- 
luerimus,  sicut  continet  cartula  divisionis  quam  ex  eis  ab  ipsis  fratribus 
meis  II.  firmatam  habeo.  Et  inspirante  me  rerum  omnium  factore 
et  gubernatore  Deo  a  quo  bona  cuncta  procedunt,  sicut  michi  valde 
bonum  et  12.  utilissimum  complacuit  prò  redemptione  animarum 
ipsorum  genitoris  et  genitricis  mee  et  Ageltrude  amisse  coniugis  mee 
et  prò  salute  1 3 .  mea  et  Aczoline  karissime  uxoris  mee  et  filiorum 
nostrorum  et  animarum  nostrarum  remedio  per  librum  sacris  manibus 
prephati  domni  pape  com  14.  misi  etiam  et  per  hanc  cartulam  ante 
Siconem  Salernitanum  iudicem  et  Radoaldum  Capudaquensem  iudicem, 
per  eiusdem  domni  pape  licentiam  (0  optuli  in  15.  prephato  monaste- 
rio  sancte  Trinitatis  integram  ipsam  ecclesiam  Sancte  Sophie  quem  adhuc, 
ut  superius  legitur,  consecranda  est,  cum  omnibus  terris  16.  et  casis 
et  rebus  stabiHbus  et  mobilibus  ipsi  ecclesie  pertinentibus  tam  intra 
hanc  civitatem  quam  et  foris  in  quibuscumque  locis  et  cum  omnibus 
que  intra  17.  eas  sunt,  cunctisque  earum  pertinentiìs  et  cum  vice 
de  plateis  et  curtis  et  anditis  et  viis  suis  et  cum  muniminibus  ex  eis 
continentibus.  Ea  scilicet  18.  ratione  ut  integra  suprascripta  oblatio 
semper  sit  in  potestate  iam  dicti  domni  abbatis  et  successorum  eius  et 
partium  ipsius  monasterii,  ea  tenendi,  domi  19.  nandi,  regendi  atque 
gubemandi  et  ex  ea  rationaviliter  (A)  faciendi  quicquid  (b)  voluerint.  Et 
per  convenientiam  ego  prenominatus  Johannes  obligavi  me  et  meos 
20.  heredes  semper  defendere  ipsi  domno  abbati  et  successoribus  eius 
et  parti  ipsius  monasterii  integrum  illud  quod  in  eodem  monasterio, 
ut  dictum  est,  optuli  21.  ab  omnibus  hominibus,  et  tribui  ipsi  domno 
abbati  licentiam  ut  quando  ipse  domnus  abbas  eiusque  successores  et 
pars  ipsius  monasterii  voluerint,  22.  potestatem  habeant  illud  per  se 
defendere  qualiter  voluerint  cum  omnibus  muniminibus  et  rationibus 
quas  de  eo  ostenderint.  Et  si,  sicut  superius  23.  scriptum  est, ego 
et  mei  heredes  non  adimpleverimus,  et  suprascripta  vel  ex  eis  quicquam 
removere  aut  contradicere  presumserimus,  per  convenientiam  obligavi 
me  24.  et  meos  heredes  componere  ipsi  domno  abbati  et  succes- 
soribus eius  et  parti  ipsius  monasterii  ducentos  auri  solidi  (0  constan- 
tinini,  et    sicut   superius   scriptum   est  adimplere.  25.  Iam  dieta 


(a)  sor  (b)  qd  (e)  Le  parole  iudicem  per  eiusdem  domni  pape  licentiam  sono 

scritte  su  rasura  da  prima  mano  ;  ed  a  questo  allude  il  notaio  con  le  parole  alla  fine  del  testo 
del  documento  memorans  illud  quod  superius  disturbatum  est  quia  iudicem  per  eiusdem 
domni  pape  licentiam  legitur         (d)  Nel  testo  ratiovilit  (e)  soli 


1  conti  del  Tuscolo  ed  i  princìpi  di  Salerno     21 

vero  ecclesia  Sancii  Angeli  cum  omnibus  rebus  eidem  ecclesie  perti- 
nentibus  quas  custos  ipsius  ecclesie  Sancii  Angeli  nunc  possidere 
videtur,  26.  ad  meam  reservavi  potestatem  faciendi  ego  et  mei  he- 
redes  quicquid  (0  voluerimus.  Et  taliter  te  Grimoaldum  notarium  seri- 
bere  rogavi,  memorans  C^)  27.  illud  quod  superius  disturbatum  est 
quia  iudicem  per  eiusdem  domni  pape  licentiam  legitur. 

^  Ego  qui  supra  Sico  iudex. 

Ego  frater  Odo  Hostiensis  episcopus  buie  donationi  interfui  et 
laudavi. 

Ego  Bruno  Signinus  episcopus  interfui  et  subscripsi. 

^  Ego  qui  superius  Radoaldus  iudex. 

P.  Fedele. 

(a)  qd         (b)  memorans  su  rasura. 


LE  CARTE  DELL'ARCHIVIO  LIBERIANO 

DAL  SECOLO  X  AL  XV 


Continuazione,  vedi  voi.  XXVIf,  p.  441. 


XXV. 

1208,  maggio  I. 

Copia  aut.  Perg.  D,  II,   24.   Copia  ms.  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,   105. 

A.  dom.  incar.  .m, ce. vili.,  a.  .xi.  d.  Innoceiitii  III,  ind.  .xi.,  mense 
madii,  die  .1. 

Nos  fratres  Romanus  et  Cencius  (a),  filii  olim  Gregorii  Rainerii, 
coram  Petro  de  ludice  advocato  et  consensu  matris  nostre  Blancofloris 
et  sororis  [nostre]  Dulf[ine],  vendimus  ad  vestram  hereditatem  et  per 
lohannem  Pauli  cognatum  nostrum  et  procuratorem,  [tibi]  domno  lohanni 
Capoccie  unum  petium  terre  positum  loco  qui  dicitur  campo  Varano, 

in[ter  hos  affines:  a  duobus  lateribus  tenet ]  Petri  C[apocci]e, 

a  tertio  Sancta  Maria  Maior,  a  quarto  Sanctus  lohannes  Lateranensis-; 
prò  septuaginta  libris  provisinorum   bonorum  senatus.  Pena:  pretium 

duplum.  Testes:  Petrus  Niccolai  C^),  lohannes  Capo  ad  Tra  C»^), 

Nicolai  W  Vincentii,  Filibertus,  Petrus   calzolarus,  Gualeius  bubulcus. 

Ego  Scrofanus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  sicut  inveni  in 
dictis  lohannis  mei  patris,  ita  scripsi  et  exemplavi  (0. 

(a)  Di  lettura  incerta.         (b)  niccol.         (e)  Cosi  nel  testo.         (J)  nicol 


(i)  Nel  verso:  «  eptionis  domni  lohannis  Capocie  facta  a  fiUis  Gre- 
«  gorii  Rainerio  » . 


24  G.  Jerrt 


XXVI. 

I2I2,   luglio    3. 

I  rettori  della  «  Romana  Fraternitas  »  confermano  il  pa- 
gamento annuo  di  otto  soldi  di  proveniensi  del  presbiterio 
comune  al  capitolo  di  S.  Maria  Maggiore  per  le  litanie 
maggiori. 

Orig.  Perg.  D,  li,  25.  Copia  ms.  in  Bull,  Lib.  I,  19;  cf.  anche  G.  Ferri,  La  «  Romana 
Fraternitas-»  in  questo  Archivio,  XXVI,  453. 

I.  Rectores  Romane  Fraternitatis  venerabìlibus  fratribus  domno 
Petro  Saxonis  archipresbitero  et  canonicis  basilice  Sancte  2.  Marie 
Maioris,  tam  presentibus  quarti  futuris,  salutem  in  Eo  qui  est  omnium 
salus.  Cum  omnium  ecclesiarum.  3.  Urbis  profectibus  intendere,  ea- 
rumque  incrementa  semper  augere  modis  omnibus  teneamur,  honori 
et  ex  4,  altationi  ecclesie  pretiose  virginis  Marie  tanto  devotius  et 
specialius  debemus  insistere  quanto  ip  5 .  sam  gloriosam  Virginem 
apud  dilectum  Filium  suum  iudicem  nostrum  prò  nostris  excessibus 
vigilantius  et  6.  fructuosius  '  intercedere,  et  prò  nostris  comodis  in- 
dèsinenter  novimus  potentius  exorare,  Ea  7.  propter,  dilecti  fratres, 
laborem  vestrum  quem  satis  laboriosum  circa  letanias  maiores  geritis  at 
8.  tendentes,  precamina  etiam  prelibate  Virginis  domine  nostre  in  ipsa 
devotionis  nostre  processione  fructuosa  9.  plurimum  fore  sperantes, 
sepe  diete  basilice  vestre  cui  die  noctuque  orando  prò  salute  omnium 
fidelium    devo  io.    te    servitis,  annualiter  de  presbiterio  nostro 

communi  octo  soldos  proveniensium  statuimus  unanimes  et  de  con 
II.  silio  prudentum  clericorum  concedimus  perpetuo  exsolvendos, 
novimus   siquidem  iam  dictos  octo  soldos  vos  a  12.  nobis   et  a 

nostris  predecessoribus  recepisse.  Si  quis  autem  huic  iuste  confir- 
mationi    et    honeste   conces  13.  sioni   contrarius    et   rebellis  vo- 

luerit  existere,  divine  ultioni  et  extreme  dampnationi  subiaceat,  et  a 
14.  consortio  Dei  omnipotentis  et  beate  virginis  Marie  extraneus 
maneat,  et  nisi  resipuerit,  fiat  15.  perpetuo  alienus.  Ut  autem  hec 
nostra  concessio  a  nostris  successoribus  omnibus  firmius  et  diligentius 
16.  observetur,  hanc  presentem  paginam  in  testimonium  sigilli  Romane 
Fraternitatis  munimine  fecimus  roborari.  17.  Actum  est  hoc  anno 
dominice  incarnationis  millesimo  .cc.xii.,  anno  vero  .xv.  pontificatus 
domni  Innocentii  tertii  pape,  18.  indictione  .xv.  mense  iulii,  die  .111. 
Nos  rectores,  videlicet  Bandinus,  archipresbiter  Sancti  Marcelli,  Petrus, 


Le  carte  dell' aìxhìvio  Liberiano 


archipresbìter  19.  Sancti  Eustachii,  presbiter  Angelus  Sancii  Tri- 
fonis,  Petrus,  archipresbìter  Sancti  Salvatoris  de  Lauro,  presbiter  Ni- 
colaus  Sancte   Agathe  20.  in  Manisterio,  Johannes,  archipresbiter 

Sancte  Lucie  in  Silice,  magister  Cencius,  basilice  Sancti  Petri  canonicus, 
Pancratius,  21.  Sancte  Marie  in  Transtiberini,  presbiter  Johannes, 
prior  Sancti  Angeli,  Romanus,  archipresbiter  Sancti  lohannis  de  Mer- 
cato, huic  confir  22,  mationi  consentimus  et  subscribimus,  atque 
omnia  supradicta  solidius  corroboramus.  23.  Data  per  manus  pre- 
sbiteri Romani  eiusdem  canonici  et  rectorum  Romane  Fraternitatis 
cancellarli  (0. 


XXVII. 

1217,  ottobre  22. 

Orig.  Perg.  D,  II,  26.  Copia  ms.  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,   108. 

A.  secundo  pont.  d.  Honorii  tertii,  ind.  .vi.,  mense  octubri,  die  .xxii. 

Ego  Stephanus  [Paparone]  C^)  nomine  libelli  loco  tibi  Petro  Mo- 
nopoli in  decem  et  novem  annos  complendum  et  renovandum  in  per- 
petuum,  unum  ortum  positum  extra  portam  Maiorem  ad  Quartum,  Inter 
hos  fines  :  a  .i.  latere  tenent  heredes  Gregorii  Paparonis  et  ecclesia  C^) 
Sancte  Marie  Maioris,  a  .11.  dieta  ecctesia  Sancte  Marie,  a  -.ni.  et 
a  .mi.  ego  teneo  ;  prò  qua  locatione  recipio  a  te solidos  ho- 
norum provisinorum  senatus;  et  hinc  in  antea  omni  anno  in  festo 
sancte  Marie  de  agusto  detis  mihi  quattor  solidos  provisinorum  [senatus] 
nomine  pensionis;  et  si  in  festo  eam  non  dabitis,  in  octabo  eam  detis; 
et  si  in  octabo  eam  non  dabitis,  postea  duplicetis  [eam]  ;  et  detis  mihi 
quinque  solidos  provisinorum  senatus  prò  renovatione.  Comminus: 
quinque  solidos  provisinorum  senatus.  Pena:  unam  boni  auri  unciam. 
Testes  :  Nicolaus  Bukiniani,  Petrus  Carnelevaminis,  Bartholomeus  Car- 
lonis,  FiHppus,  Gilione. 

Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  (2). 

(a)  V.  perg.  nn.  XXVIH  e  XXIX.  (b)  cccte  e  cosi  piti  sotto. 

(i)  Sul  verso  di  mano  del  secolo  xiii:  «  Privilegium  viii.  soli- 
«  dorum  in  letaniis  |  sancti  Marci  » . 

(2)  Sul  verso  di  mano  del  notaio:  «  Cartula  locatione  orti  Petri 
«  Monopoli  ». 


26  G.  Jerrì 

XXVIII. 

121 7,  ottobre  22. 

Orig.  Perg.  D,  II,  27.  Copia  ms.  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,   109. 

A.  secondo  pont.  d.  Honorii  tertii,  ind.  .vi.,  mense  octubri,  die  .xxii. 

Ego  Stefanus  Paparone  nomine  libelli  loco  vobis  Alexandre  et 
Natalie  uxori  tue  in  decem  et  novem  annos  complendum  et  reno- 
vandum  unum  ortum  positum  extra  portam  Maior[em  ad  Quart]um, 
inter  hos  fìnes  :  a  .i.  latere  tenet  Gualterius  mei  iuris,  a  .11.  ecclesia  (a) 
Sancte  Marie  Maioris,  a  .111.  ecclesia  Sancti  Eusebii,  a  .1111.  ego  teneo; 
prò  qua  locatione  recipio  a  vobis  sex  solidos  bonorom  provisinorum 
senatus;  et  hinc  in  antea  omni  anno  in  festo  sancte  Marie  de  agusto 
detis  mihi  quattuor  solidos  provisinorum  senatus  nomine  pensionis; 
et  si  in  festo  eam  non  dabitis,  in  octabo  eam  detis,  et  si  in  octabo 
eam  non  dabitis,  postea  duplicetis  eam;  et  detis  mihi  quinque  solidos 
provisinorum  senatus  prò  renovatione.  Comminus:  quinque  solidos 
provisinorum  senatus.  Pena  :  unam  boni  auri  unciam.  Testes  :  Nico- 
laus  Bukiniani,  Petrus  Carnelevaminis,  Bartholomeus  Carlonis,  Filippus, 
Gilione. 

Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scrini arius  (i). 

XXIX. 

12 17,  ottobre  22. 

Orig.  Perg.  D,  II,  28.  Copia  ms.  in  Bianchini,  op,  cit.  IX,   113. 

A.  secundo  pont.  d.  Honorii  tertii,  ind.  .vi.,  mense  octubri,  die  .xxii. 

Ego  Stefanus  Paparone  nomine  libelli  loco  tibi  Gualterio  in  decem 
et  novem  annos  complendum  et  renovandum  unum  ortum  positum  extra 
portam  Maiorem  ad  Quartum,  inter  hos  fìnes  :  a  .1.  latere  tenet  Petrus 
Monopoli  nostri  iuris,  a  .11.  ecclesia  Sancte  Marie  Maioris,  a  .111.  et 
a  .1111.  ego  teneo;  prò  qua  locatione  recipio  a  te  sex  solidos  honorum 
provisinorum  senatus  ;  et  hinc  in  antea  omni  anno  in  festo  sancte  Marie 
de  agusto  detis  mihi  quattuor  solidos  provisinorum  senatus  nomine 
pensionis,  et  si  in  festo  eam  non  dabitis,  in  octabo  eam  detis  ;  et  si  in 
octabo  eam  non  dabitis,  postea  duplicetis  eam;  et  detis  mihi  quinque 

(a)  eccle  e  cosi  più  sotto. 

(i)  Sul  verso  di  mano  del  notaio:  «  cartula  locatione  orti  Alexandre 
«  [et]  Natalie  » . 


Le  carte  dell'  archivio  Liberiano  27 

solidos  provisinorum  senatus  prò  renovatione.  Comminus:  quinque  so- 
Hdos  provisinorum  senatus.  Pena  :  unam  boni  auri  unciam.  Testes  : 
Nicolaus  Bukiniani,  Petrus  Carnelevaminis,  Bartholomeus  Carlonis, 
Filippus,  Gilione. 

Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  (0. 

XXX. 

1222,    luglio    19. 

Orig.  Perg.  D,  III,  xxx.  Copia  ms.  in  Bull,  Lib.  I,  26,  e  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,  17 
(intercalata  questa  pagina  e  la  seguente  fra  la   119  e  la  t2i). 

Honorius  [III]  Romano  archipresbitero  et  canonicis  ecclesie  San- 
cte Marie  Maioris.  Confirmamus  et  presentis  scripti  patrocinio  commu- 
nimus  donationem  monasterii  Megalacti,  Squisitiensis  diocesis,  positi 
in  imperio  Romanie,  cum  pertinentiis  suis,  iam  a  dilecto  filio  .1.  tituli 
Sancte  Praxedis  presbitero  cardinali  factam  ecclesie  Sancte  Marie  Maioris. 

Dat.  Lat.  .xiiii.  kal.  aug.  pont.  a.  .vi. 

e-  lustis  petentium  desideriis  » . 

XXXI. 

1222,  luglio    29. 
Orig.  Perg.  D,  III,  xxxi. 

Honorius  [III]  archipresbitero  et  canonicis  ecclesie  Sancte  Marie 
Maioris.  Confirmamus  indulgentias  concessas  basilice  Sancte  Marie  Ma- 
ioris et  mandamus  quatinus  sollempniter  officium  celebretur  in  festo 
consecrationis  ecclesie. 

Dat.  Lat.  .1111.  kal.  aug.  pont.  a.  septimo. 

«Que  reverentia,  que  devotio,  que  laus». 

XXXII. 

1223,  luglio  23. 

Manca  il  doc.  orig,;  ne  desunsi  la  notizia  dal  De  Angei.is,  op.  cit.  p,  105  e.  Cf.  anche 
VxN  DEN  Vivere,  ms.  cit.  ce.  6-7. 

[In  archivio  repperimus]  «  Anno  1223,  die  23  iulii, 
«  Honorii  tertii  anno  septimo,  bullam  eiusdem  pontificis 
«  confirmantis   indulgentias   duorum    annorum   et   totidem 

(  I  )  Sul  verso  di  mano  del  notaio  :  «  cartula  locatione  orti  Gualterii  » . 


28  G.  Jerrì 

«  quadragenarum  ab  aliis  summis  pontificibus  concessas 
«  ecclesiae  Sanctae  Mariae  Maioris,  in  festo  Nivis,  usque 
(i  ad  octavam  Assumptionis  ;  et  ipsum  diem  Nivis  festum 
«  sollemnem  perpetuo  constituentis  et  mandantis  celebrari 
«  officium  » . 

XXXIII. 

1224,  maggio  7. 

«  Johannes    Perhoscinus  »,    canonico    ed    economo    di 

5.  Maria  Maggiore,  intima  all'economo  di  S.  Pudenziana 
la  restituzione  dell'ospedale  e  della  chiesa  di  S.  Alberto, 
con  le  terre  e  le  case  ad  esso  spettanti  e  le  rendite  fino 
ad  ora  godute  dai  chierici  di  S.  Pudenziana. 

Copia  aut.  Perg.  D,  li,   50. 

I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo, du- 
centesimo  .xxiiii.,  pontificatus  vero  Honorii  tertii  pape  anno  eius  .viii., 
indictione  .xii.,  mense  madii,  die  .vii.  Quoniam  ea  que  inter  homines 
aguntur  nisi  publicis  litteris  intimentùr  (0  perpetue  memorie  re  2.  tìnere 
non  possunt,  ego  Blasius  Dei  gratia  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius, 
iussu  et  mandato  adque  rogato  domni  Thomasii  Dei  gratia  presbiteri 
cardinalis  tituli  Sancte  Sabine  subscriptos  libellos  coram  eo  vel  eis 
factos  (b)   prò   fac  3 .    to    questionis   que  vertitur  inter    ecclesiam 

Sancte  Marie  Maioris  et  ecclesiam  Sancte  Pudentiane  prò  facto  Sancti  Al- 
berti a  subscriptis  testibus  nominatis  coram  subscriptis  quinque  testibus 
ad  hec  specialiter  rogatis  prò  audiendis  4.  subscriptis  libellis  ad  per- 
petuam  (0  memoriam  subscriptam  publicationem  et  exemplationem  pre- 
cepto  supradicti  cardinalis  scribere  curo.  Que  quidem  publicatio  talis 
est.  In  nomine  Domini.  Peto  ego  lohannes Perhoscinus,  5.  canonicus 
et  yconomus  Sancte  Marie  Maioris,  prò  ipsa  ecclesia  Sancte  Marie,  ab 
yconomo  Sancte  Pudentiane,  prò  ipsa  ecclesia  Sancte  Pudentiane,  ec- 
clesiam et  hospitalem  Sancti  Alberti,  cum  domibus,  libris  et  cum  to 

6.  ta  terra  que  [est  an]te  ipsam  ecclesiam,  que  iure  proprietatis  ecclesie 
Sancte  Marie  extitit;  in  qua  nominata  ecclesia  Sancti  Alberti  dignoscitur 
edificata;  in  qua  quondam  fuerunt   arbores  olivarum  et  alle  arbores. 

7.  Item  peto  vineam  que  est  apud  modium  Cinthii  de  Ocilenna  i^)  et 
omnes  alias  possessiones  quas  suprascriptus  Amicus  prò  ipsa  ecclesia 
Sancti  Alberti  acquisivit.  Item  peto  ab  eodem  .e.  libras  provisinorum, 

(a)   Itimt'         (b)  factis         (e)  ppam         (d)  ocilena 


Le  carte  delV archivio  Liberiano  29 


quas  habuerunt  clerici  Sancte  Pudentiane  8.  de  bestiis,  de  frumento, 
de  terra  laborata  et  de  ecclesia  Sancti  Alberti  post  litem  promotam. 
Peto  ego  lohannes  yconomus  Sancte  Marie  Maioris  ab  yconomo  Sancte  Pu- 
dentiane restitui  ecclesie  Sancte  Marie  9.  locum  cum  ecclesia  et  ho- 
spitali,  unde  est  questio,  sicut  in  alio  libello  continetur,  quo  per  clericos 
Sancte  Pudentiane  dieta  ecclesia  Sancte  Marie  estitit  spoliata.  Qui  post 
inhibitionem  eis  factani  per  domnum  io.  episcopum  Albanensem, 
de  mandato  domni  Innocentii,  in  loco  predicto  ecclesiam  cum  hospitali 
construxerunt  ;  unde  locum  predictum  cum  ecclesia  et  hospitali  peto 
restitui  ecclesie  Sancte  Marie.  11.  Pono  X^)  yconomus  Sancte  Marie 
Maioris,  ecclesiam  Sancte  Marie  fuisse  in  possessione  illius  loci,  unde 
est  questio,  ante  quam  per  clericos  Sancte  Pudentiane  ibi  edificaretur. 
Item  pono  quod  ante  quam  ibi  esset  12.  edificatum  per  clericos 

prenominatos,  carbonarium  factum  ibidem  clerici  Sancte  Marie  destruxe- 
runt  et  repleverunt,  sicut  in  sua  et  de  sua  possessione.  Item  pono  quod 
Albanensis  episcopus  qui  ad  pe  13.  titionem  clericorum  Sancte  Pu- 
dentiane fuerat  datus  auditor,  prohibuit  prenominatis  clericis  quod  ibi 
non  edifìcarent.  Item  pono  quod  quicquid  clerici  Sancte  (^)  Puden- 
tiane fecerunt  ibi  edificando,  14.  fecerunt  contra  prohibitionem  et 
post  prohibitionem  episcopi  prenominati.  Volo  probare  quod  ecclesia 
Sancte  Marie  fuit  in  possessione  illius  loci,  unde  est  questio,  ante  quam 
per  clericos  15.  Sancte  Pudentiane  ibi  edificaretur.  Item  volo  pro- 
bare  quod  ecclesia  Sancte  Marie  possidebat  illuni  locum  tamquam  suum. 
Item  volo  probare  quod  ante  quam  ibi  esset  edificatum  per  clericos 
Sancte  Pudentiane,  16.  clerici  Sancte  Marie  detruxerunt  et  repleve- 
runt carbonarium  quod  erat  in  eodem  loco.  Item  volo  probare  quod 
domnus  Albanensis  datus  auditor  ad  petitionem  clericorum  Sancte  Pu- 
dentiane probi  17.  buit  clericis  Sancte  Pudentiane  ne  in  eo  loco 
edifìcarent.  Item  volo  probare  quod  edificium  quod  in  eo  loco  fecerunt 
clerici  Sancte  Pudentiane,  fecerunt  violenter  et  post  prohibitionem 
18,  domni  Albanensis  auditoris  a  domno  Innocentio  dati  (0.  19.  Ad 
quam  publicationem  audiendam  hii  quinque  subscripti  testes  vocati 
sunt,  scilicet  :  Astaldus,  clericus  Sancte  Savine,  Oddo  scutifer,  20.  Mar- 
tinus  scutifer,  Lanfrancus  scutifer,  Matheus, 

[STJ  Ego  Blasius  Dei  gratia  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius,  sicut 
inveni  in  supradicto  libello,  precepto  supradicti  cardinalis,  ita  legi,  pu- 
bUcavi  et  exemplavi  sine  additu  et  minutioneCO. 

(a)  Ha  tralasciato  ego  ?  (b)  Segue  una  parola  abrasa.  (e)    Lungo  spa;^io 

in  bianco. 

(i)  Sul  verso  le  seguenti   note  di  poco  posteriori:  i.  «Iste  sunt 
«  cartule  de  vi[nea ».    2.   « Vineas  tcnent  filli  Romani  de 


30  G.  Jerrì 

XXXIV. 

1224,  luglio  14. 

Orig.  Perg.  D,  II,  31. 

A.  dom.  ine.  mill.  .cc.xxiiii.,  pont.  d.  Honorii  tertii,  anno  eius 
octavo,  ind.  .xii.,  mense  iulii,  die  .xiiii. 

Ego  S[tefanus ]  in  pignus  pono  et  obbligo  et 

per  lohannem  Alfredi  a  me  procuratorem  constìtutum  corporaliter 
investiens  tres  petios  terre  positos  extra  portam  Maiorem  seu  portam 
Sancti  Laurentii,  in  valle  Malore,  in  loco  qui  dicitur  Salon  et  in  monte 
Seculorum,  Inter  hos  fines:  a  ,i.  latere  tenet  ecclesia  Sancte  Marie 
Maioris,  a  secundo  et  a  tertio  tenent  heredes  Silvestri  Petri  Arcionis, 

a  quarto  tenent  dicti  heredes ;  recipio  a  te  mutuo  centum  l[ibras] 

b[oni  i  ,  .].  Testes:  Cinthius  Amanionis,  Petrus  lohannis  Bruni  (^), 
magis[ter]  Paulus,  Johannes  Alfredi,  Petrus  Abraczamonte,  Romanus 
magistri  Pauli. 

Leo  sancte  Rom.  Eccl.  scrin.CO. 

XXXV. 

1227  (?),  marzo  25  (2). 

Orig.  Perg.  D,  II,  29. 

ind.]  .XV.  mensis  martii,  die  .xxv. 

[Francis] cus  filius  quondam  Romani  Giffredi  loco  et  nomine  Sacra- 
menti vendidit  domne  Constantie,  uxori  quondam  Nicolai  Prodani,  unam 

petiam  vinee  positam  extra  portam  Sancti  Laurentii super 

heredes  (b)  filii  olim  lacobi  Oddonis  iudicis,  Inter  hos  fines  :  ab  .i.  latere 
tenet  Egidius  calgolarius,  ab  alio  Matia  Bonihominis,  ab  alio  Petrus 
Vetulo,  et  per  lannucium  nepotem  diete  domne  Constantie  iussit  ean- 
dem  investiri.  Dieta  domna  Constantia  teneturCO  dare  Paulo  filio  quon- 

(a)  brun         (b)  hered'         (e)  ten 

«Pauli;).  3.  Libellus  seu  positiones  havite  in  litigio  inter  clelrieos 
«  Sancte  Pudentiane  et  nostros  super  ecclesia  Sancti  Al|berti  ».  4.  «  Tran- 
ce sunptum  ambiguum  prò  ecclesia  S.  Pudentiane  |  super  ecclesia  S.  Al- 
«  berti  » . 

(i)  Sul  verso:  «  pignoratio  cuiusdam  terre». 

(2)  Sul  verso  l'ultimo  ordinatore  dell'archivio  scrisse:  «Anno  1227 
«  vel  1272». 


Le  carte  dell'  archìvio  Liberiano  31 


dam  lohannis  Tiniosi,  proprietario  diete  vince,  omni  anno  tempore 
vindemiarum  quartam  partem  totius  musti  et  unum  canistrum  de  uvis, 
quod  sìt  in  fundo  duorum  palmorum  et  quinque  in  circuitu  et  unius 
summissi  in   altum.  Dictus  Franciscus   confessus   fuit  se  recepisse   a 

dieta  domna  Constantia (-0  honorum  provisinorum  senatus  et 

.XII.  solidos.  Pena  :  dupli.  Testes  :  Petrus  Saxonis  Cesatii,  Vaticannante, 
Matinellus  et  Johannes  dictus  Surdus. 

Eodem  die  Paulus,  filius  quondam  domni  lohannis  Tiniosi,  ven- 
ditioni  consensit,  eo  quod  recepit  .v.  soHdos  provisinorum  prò  consensu. 
Testes:  Donaddeo  Baia,  Vetucius  de  Camiliano  et  Guido  Caroianne. 

Bonapars  sancte  Rom.  Eccl.  not.  (i). 

XXXVI. 

1236,  agosto  24. 

Orig.  Perg.  D,  II,   32.   Copia  ms.  in  Bianchini,  op.   cit.  IX,   125. 

Anno  dom.  ine.  millesimo  .ce.  tricesimo  sexto,  pont.  d.  Gregorii 
noni  anno  eius  decimo,  ind.  .vini.,  mense  agusti,  die  .xxiiii. 

Ego  Stefanus  Paparone  renovo  atque  concedo  et  corporaliter  inve- 
stiens  trado  tibi  Lecconie  prò  Alberto  viro  tuo,  in  omnibus  decem  et 
novem  annis  complendis  et  renovandis  in  perpetuum,  unum  ortum  posi- 
tum  extra  portam  Maiorem  ad  Quartum,  inter  hos  fines  :  a  .i.  latere  tenet 
domnus  archipresbiter  Sancte  Marie  Maioris,  a  .11.  ecclesia  Sanctì  Eusebii, 
a  .III.  ecclesia  Sancte  Marie  Maioris,  a  .1111.  ego  Stefanus  teneo  ;  prò  qua 
renovatione  recipio  .v.  solidos  honorum  provisinorum  ;  et  hinc  in  antea 
omni  anno,  festo  sancte  Marie  de  agusto  reddatis  mihi  quatuor  solidos 
honorum  provisinorum  senatus  nomine  pensionis,  et  semper  prò  reno- 
vatione libelli  detis  quinque  solidos  honorum  provisinorum  senatus. 
Pena:  dimidiam  boni  auri  libram.  Testes:  Petrus  Gorgius(b),  lulianus, 
Andreas  lohannis  macellarii. 

Leo  sancte  Rom.  Eccl.  scrin. 

XXXVII. 

1237,  novembre  13. 

Orig.  Perg.  D,  III,  xxxvn.  Copia  in  Bull.  Lib.  I,  33;  in  Bianchini,  op.  cit.  IX, 
33  (intercalata  questa  carta  fra  la  127  e  la  133)  e  in  Van  den  Vivere,  c.  7,  in  quest'ultimo 
con  la  data  del   1238. 

(a)  Buco  nella  pergamena.         (b)  Di  lettura  incertissima, 

(i)  Sul  verso:  «Instrumentum  de  vincis  extra  portam  sancii  Lau- 
te rentii  » . 


32  G.  Jerri 


Gregorius  [IX]  arcliipresbitero  et  capitulo  ecclesie  Sancte  Marie 
Maioris.  Ordinamus  ut  in  ecclesia  Sancte  Marie  Maioris  de  cetero  cano- 
nicorum  numerus  rèsidentium,  sextumdecimum  non  excedat. 

Dat.  Lat.  id.  nov.  pont.  a.  .xi. 

('Ne  super  laudis  studio». 

XXXVIII. 

1238,  aprile  22. 

Orig'.  Perg.  D,  III,  xxxviii.  Copia  ms.  in  Bull.  Lib.  I,  35  e  in  Bianchini,  op.  cit.  IX, 
37  (questa  carta  intercalata  fra  la  127  e  la  133). 

Gregorius  [IX]  archipresbitero  et  capitulo  ecclesie  Sancte  Marie 
Maioris.  Mandamus  quatinus  in  omnibus  ecclesie  negotiis  et  tractatibus, 
illud,  appellatione  remota,  inviolabiliter  observetur,  quod  a  malori  et 
saniori  parte  capituli  fuerit  ordinatum,  nisi  a  paucioribus  et  inferioribus 
aliquid  rationabile  obiectum  fuerit  et  probatum  quare  id  non  debeat 
fieri  vel  non  possit. 

Dat.?  Lat.  .x.  kal.  mail,  pont.  a.  .xii. 

«  Quia  nonnunquam  in  quibusdam  ecclesiis  » . 

XXXIX. 

1238,  aprile  30. 

Orìg.  Perg.  D,  III,  xxxix.  Copia  ms.  in  Bull.  Lib.  I,  33  b. 

Gregorius  [IX]  archipresbitero  et  capitulo  ecclesie  Sancte  Marie 
Maioris.  Mandamus  quatinus  si  quem  canonicorum  ob  laicalem  poten- 
tiam  absentari  contigerit,  tamen  sibi  de  proventibus  ipsius  ecclesie  portio 
integra  ministretur  donec  ad  eandem  ecclesiam  redire  valeat  et  morari. 

Dat.  Lat.  .11,  kal.  mail,  pont.  a.  .xii. 

«Et  si  ecclesiarum  omnium». 


XL. 

1239,  giugno  22. 

Orig.  Perg.  D,  III,  xli.  Copia  ms.  in  Bull.  Lib.  I,  36,  e  in  Van  den  Vivere,  ms. 
cit.  e.  7,  con  la  data  del  1240. 

Gregorius  [IX]  universis  Christi  fidelibus.  Confirmamus  indulgen- 

--tiam  unius  anni  et  quadraginta  dierum  concessam  a  Clemente  III  et 

Honorio  III  in  die  consecrationis  basilice  Sancte  Marie  Maioris  usque 


Le  carte  dell'  archivio  Liberiano  33 


ad  octavam  Assumptionis,  et  nos  addimus  alium  annum  et  alios  qua- 
draginta  dies. 

Dat.-  Lat.  .x.  kal.  iulii,  pont.  a.  .xiii. 

«Devotio  quam  habemus>). 

XLI. 

....  luglio  .  . 

Orig.  Perg.  D,  III,  xxxiv.  La  pergamen.-i  è  molto  danneggiata  ;  manca  tutto  il  lato 
destro. 

Gregorius  [IX]  rectoribus  et  clero  Urbis.  Concedimus  indulgentiam 
visitantibus  ecclesiam  Sancte  Marie  Maioris  in  die  Nivis  et  usque  ad 
octavam  Assumptionis. 

Dat mense  iulii,  pont.  a.  .  .  . 


XLII. 


Orig.  Perg.  D,  III,  xxxv.  La  pergamena  è  molto  lacera;  è  stracciato  l'angolo  infe- 
riore destro  che  conteneva  le  indicazioni  cronologiche.  Nel  De  Angelis  (op.  cit.  e.  105  e) 
e  ricordata  una  bolla  di  Gregorio  IX  del   1240,  giugno  23,  che  ha  lo  stesso  contenuto. 

Gregorius  [IX]  dilectis  filiis  abbatibus,  prioribus,  archipresbiteris 
et  aliis  ecclesiarum  prelatis  per  Sabiniam  constitutis,  Mandamus  qua- 
tinus  sollemniter  officium  celebretur  in  festo  consecrationis  basilica 
Sancte  Marie  Maioris  ab  ipso  die  qui  celebratur  nonis  augusti  usque 
ad  octavas  Assumptionis. 

Dat pont.  a.  ... 

«Que  reverentia,  que  devotio,  que  laus». 

XLIII. 

1239,  —  25. 

Orig.  D,  II,  33.  La  pergamena  e  tutta  guasta  dalla  muffa;  si  possono  leggere  appena 
la  datazione  e  i  nomi  di  alcuni  testi. 

In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo  .ce. 
.xxxviiii.,  pontificatus  domni  Gregorii  noni  pape,  anno  eius  .xii.,  indi- 
ctione  .XII.,  mense ,  die  .xxv. 

Cinthius  . . .  Sancte  Marie  Maioris  canonicus,  testis. 
,  testis. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.       3 


34  ^'  Jerri 


Philippus  canonicus  eiusdem  basilice,  testis, 
Romanus,  filius  Vincentii  (a)  Stefani,  eiusdem  basilice  canonicus, 
testis. 

Leo  sancte  Rom.  Eccl.  scrin. 

XLIV. 

1243,  marzo   15. 

Orig.  D,  II,  34.  Copia  ms.  in  Bianchiki,  op.   cit.  IX,  133. 

A.  dom.  ine.  mill.  .ce.  quadragesimo  tertio,  ind.  prima,  mense 
martii,  die  .xv.,  apost.  Sede  vac. 

Ego  lacobus  Petronis,  consentientibus  monialibus  Sancte  Bibiane, 
cuius  est  proprietas,  scilicet  domna  Catarena  abatissa,  Cecilia  atque  Mar- 
garita et  aliis  [eiusdem  monasterii]  monialibus,  et  habentibus  prò  com- 
minus  .V.  solidos  bonorum  provisinorum  senatus  prò  consensu,  vendo 
tibi  Buccabeiis  muratori  unam  petiam  vinee  cum  tertìa  parte  de  vasca 
et  vascali  suo,  que  vasca  et  vasca[lis]  est  insta  camminatam  diete  ecclesie 
Sancte  Bibiane,  positam  ad  formam  Claudiam  prope  ipsum  monaste- 
rium,  via  mediante  ;  Inter  hos  fìnes  :  a  .i.  latere  tenet  Romanus  abi . . . 
. . .  iure  dicti  monasteri,  a  .11.  filli  lohannis  Ecclesie  W,  iure  Sancti  Cosme, 
a  .III.  tenet  idem  Romanus,  iure  dicti  monasterii,  a  .iiii.  est  via  publica. 
Recipio  a  te  prò  toto  pretio  decem  libras  bonorum  provisinorum  senatus. 
Pena  :  dupli.  Testes  :  lacobus  Deusceavice,  Thomas,  filius  Beni  (0  de 
Ninno,  lacobus  Oddonis  pecorarii,  Romanus  Niccolai,  Stefanus  V  .  .  . 

Leo  sancte  Rom.  Eccl.  scrin.  (i). 

XLV. 

1244,  marzo  19. 

Orig.  Perg.  D,  III,  xliii.  Copia  ms.  in  Bull.  Lib,  I,  43  ;  Bianchini,  op.  cit.  IX,  137, 
e  Van  den  Vivere,  ras.  cit.  e.   12.  Cf.  anche  De  Angelis,  op.  cit.  e.   31  e. 

Innocentius  [IV]  Astoni,  archipresbitero  ecclesie  Sancte  Marie 
Maioris  de  Urbe  eiusque  fi-atribus  tam  presentibus  quam  fiaturis  cano- 
nice  substituendis.  Ecclesiam  Sancte  Marie  Maioris,  ad  exemplar  felicis 
recordationis  Clementis,  Celestini,  Honorii  et  Gregorii,  predecessorum 
nostrorum,  Romanorum  pontificum,  sub  beati  Petri  et  nostra  protectione 

(a)  Vim         (b)  ecc         (e)  ben" 

(i)  Sul  verso  :  «  .  . . .  emptionis  . . .  .  |  facta  a  lacobo  petronis  \  iure 
«f  sancte  bibiane  » . 


Le  carte  delF archivio  Liberiano  55 


suscipimus,  et  statuimus  quod  possessiones  eius  firme  et  illibate  perma- 
neant.  In  quibus  hec  propriis  duximus  exprimenda  vocabulis.  Claustrum 
iuxta  eandem  ecclesiam  positum,  cum  ortis,  vineis,  cum  costa  eiusdem 
montis  et  criptis  super  fontanam  et  cum  omnibus  domibus  circa  ipsam 
positis.  Ecclesiam  Sanctorum  Cosme  et  Damiani,  ecclesiam  Sancti  Andree 
in  Assaro,  ecclesiam  Sancti  Adriani  et  quasdam  petias  terre,  hortos,  vi- 
nealia.  Ad  hec  confirmamus  possessionem  palatii,  quod  Clemens  papa, 
dum  in  minori  officio  constitutus  Prenestine  sedi  presideret,  de  proprio 
fecit  fabricari. 

Dat.  Lat.  .xiiii.  kal.  aprilis,  ind.  .11.,  incarn.  Dom.  a.  .m.cc.xliiii. 
pont.  a.  .1. 

«Pie  postulatio  voluntatis  efìfectu». 


XLVL 

1247,  febbraio  13. 

Orig.  Perg.  D,  III,  xliv.  Copia  ms.  in  Bull.  Lib.  I,  47,  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,  39 
e  in  un  foglio  accluso  alla  pergamena. 

Innocentius  [IV]  archipresbitero  et  canonicis  Beate  Marie  Maioris. 
Mandamus  ut  per  litteras  ad  receptionem  seu  provisionem  cuiusquam 
nullus  vos  compellere  possit,  nisi  de  presentibus  expressam  fecerint 
eedem  littere  mentionem. 

Dat.  Lugd.  id.  februarii,  pont.  a.  .iv. 

«  Ecclesia  Virginis  gloriose  » . 


XLVIL 

1247,  ottobre  17. 

Orig.  Perg.  D,  III,  xi.v.  Copia  ms.  in  Bull.  Lib.  I,  48  e  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,  63. 

Innocentius  [IV]  archipresbitero  et  capitulo  ecclesie  Beate  Marie 
Maioris.  Mandamus  ut  recipiatur  in  canonicum  lacobum  Manusellam, 
canonicum  ecclesie  Sancte  Marie  in  Transtiberini. 

Dat.  Lugd.  .XVI.  kal.  nov.  pont.  a.  .v. 

«  Cum  olim  dilectis  filiis  » . 


3^  G.  Jerri 


XLVIII. 
1251, 

Orig.  Perg.  D,  III,  xlvi.  Copia  ms.  in  Bm.11.  Lih.  I,  50  e  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,  67. 

Innocentius  [IV]  archipresbìtero  Sanctorum  Cyri  et  lohannis  de 
Urbe.  Deputamus  archipresbiterum  Sanctorum  Cyri  et  lohannis  de  Urbe 
prò  executione  litterarum  apostolicarum  super  numero  sextodenario 
canonicorum  basilic?  Sancte  Marie  Maioris. 

Dat nov.  pont.  a.  .ix. 

«  Volentes  dilectis  filiis  v)  (0. 

XLIX. 

.    1232,  aprile  30. 

Orig.  Perg.  D,  III,  xlviii.  Copia  ms.  in  Bull.  Lih.  I,  49  e  in  Van  den  Vivere,  nis. 
cit.  e.  7. 

Innocentius  [IV]  universis  Christi  fidelibus.  Iniungimus  quatinus 
de  bonis  vobis  a  Deo  collatis  pias  ad  hoc  [capitulum  ecclesie  Beate  Marie 
Maioris]  elemosinas  et  grata  caritatis  subsidia  erogetis,  ut  per  subven- 
tionem  vestram  opus  inceptum  iuxta  basilicam  Sancte  Marie  Maioris 
valeat  consumari  et  vos  ad  eterne  possitis  gaudia  pervenire;  et  qua- 
draginta  dies  de  iniuncta  penitentia  misericorditer  relaxamus  presen- 
tibus  post  quinquennium  minime  valituris. 

Dat.  Perusii,  .11.  kal.  mali,  pont.  a.  .ix. 

«  Quoniam,  ut  ait  Apostolus  » . 

L. 

1252,  luglio  18  e  22. 

Orig.  Perg.  D,  II,   55. 

A.  dom.  ine.  millesimo  .cc.l.il,  ind.  x.,  mense  iulii,  die  .xviii. 

Ego  Stefanus  Arcionis,  filius  olim  domni  Bartholomei  de  Paulo 
Stefanelli,  coram  domno  Petro  Oddonis  de  Insula  causidico  et  lohanne 
Fortibrachio  scriniario  et  subscriptis  testibus  facio  codicillum  in  quo 
confìrmo  testamentum  meum  iam  a  me  factum    manu  Petri  Gentilis 

(i)  La  pergamena  è  molto  danneggiata;  ne  ho  desunto  il  conte- 
nuto da  una  nota  scritta  su  di  un  foglio  di  carta  accluso  al  documento. 


Le  carte  dell'  archìvio  Liberiano  37 


scriniarii  et  codicillum  iam  a  me  factum,  scriptum  manus  lohannis 
Fortibrachii  scriniarii,  in  omnibus,  excepto  quod  volo  et  iiibeo  fratrem 
Petrum  Mancinum  de  ordine  fratrum  minorum  removeri  ab  officio 
amministrationis  seu  executionis  bonorum  meorum,  et  venerabilis  pater 
domnus  Petrus  Capocia  cardinalis  solus  in  officio  perseveret  quem 
executorem  relinquo.  Et  Constantie  sorori  mee  relinquo  habitationem 
in  palatio  meo  tempore  sue  viduitatis.  Relinquo  sorori  mee  de  bonis 
meis  .LXX.  libras  provisinorum  senatus.  Romane  uxori  mee  relinquo 
pallem  varam,  chopertam  scapolato  et  pellem  de  martora.  Testibus: 
donino  Retro  Oddonis  de  Insula  causidico.  Retro  Retri  Salerni,  lacobo 
fratre  suo Retri  Angeli. 

Ind.  .XX.,  mense  iulii,  die  .xxii. 

Ego  Stefanus  Arcionis  facio  codicillum  in  quo  confirmo  testamen- 
tum  iam  a  me  factum  et  codicillos  iam  a  me  factos.  Volo  quod  totum 
granum  et  ordeum  meum  ubicumque  habeo  in  urbe  vel  extra  volo  et 
iubeo  quod  veniat  ad  manus  fratris  Oddonis  et  fratris  Gaudii  de  or- 
dine fratrum  predicatorum,  et  iubeo  reddi  domne  Agnesi  .vi.  rubla 
grani  que  sibi  debeo  et  .x.  solidos  provisinorum  in  aliam  manum,  et 
relinquo  eidem  unum  alium  rublum  grani,  et  Romane  uxori  mee  pre- 
cipio  reddi  .x.  alios  senatus  provisinos  et  .11.  alia  rubla  grani  quos  et 
que  sibi  debeo.  Constantie  olim  uxori  lohannis  Miniarelli  prò  anima 
mea  relinquo  .x.  rubla  grani.  Insuper  volo  et  iubeo  quod  omnes  bonos 

meos  et  equum  meum  et  .vii.  pullos deveniant  ad  manus  fratris 

Oddonis  et  fratris  Gaudii.  Omnia  mea  vestimenta  et et  .e. 

minus  .XVII.  libras  provisinorum,  quos  habeo  apud  Sanctum  Syxtum  ad 
facultatem  de  predictis  procuratorum  voluntatis  arbitrio.  Testibus:  Re- 
tro Alcherutii,  Retro  Salerni,  Retro  Sixti,  Acondato  lohannis  Rericuli, 
Angelo  lohannis  Burdonis,  Angelo  Iacobi*Iohannis  Rauli. 

Johannes  Fortibrachius  sacri  Romani  imperii  scrin  (i). 

EI. 

1252,  settembre  5. 

Orig.  Pcrg.  D,  II,  36.  Copia  ms.  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,   141. 

A.  dom,  ine.  .m.cc.lii.,  pont.  d.  Innocentii  quarti  anno  eius  .x., 
ind.  .XI.,  mense  septembris,  die  quinta. 

Ego  lacobus  Rransus  consentiente  in  hoc  Agnece  uxore  mea,  con- 
sentientibus  monialibus  Sancte  Biviane,  silicet  Catarena  abbatissa,  Mar- 
garita   priorissa,    Anastasia,    Praxede    adque   Angelica    et  habentibus 

(i)  Sul  verso:   «Codicilli  Stephani  arcionis». 


38  G.  Jerri 


.V.  solidos  provisinorum  prò  commìnus  prò  consensu,  vendo  et  per  hunc 
eundem  scriniarium  a  me  procuratorem  constitutum  investiens  trado 
tibi  Martino  Saccarie  et  Romano  fratri  tuo,  secundum  tenorem  cartule 
locationis  in  perpetuum  unam  petiam  vince  cum  dimidia  vasca  et 
vascali  suo  positam  prope  dictam  ecclesiam  Sancte  Biviane,  inter  hos 
fines:  a  primo  latere  tenet  Bivianus  iuris  nostri  monasterii,  a  secundo 

via,    a,   .III.    domnus  Stephanus (»),  ab  alio    heredes    lohannis 

Incantati.  Pro  pretio  quinquaginta  solidorum  provisinorum.  Ecclesie 
Sancte  Biviane  reddatis  omni  anno  tempore  vindemiarum  quartam 
partem  musti  mundi  et  acquati  et  unum  canistrum  iustum  de  uvis 
quod  sit  in  fundo  duorum  palmorum  et  unius  summissi  in  altum,  et 
duos  denarios  nomine  pensionis  prò  vascatico,  et  de  arboribus  allevatis 
medietatem  et  de  allevandis  quartam.  Pena:  dupli.  Testes:  presbiter 
Gerardus  Sancti  Petri  ad  Vincula,  Simeon  lohannis  Ecclesie  (b). 
Remigius  sancte  Romane  Eccl.  scrin. 

LII. 

1253,  ottobre  22. 

Orig.  Perg.  D,  III,  l.  Copia  in  Bull.  Lib.  I,   51. 

Innocentius  [IV]  archipresbitero  et  capitulo  basilice  Beate  Marie 
Maioris.  Inhibemus  ne  absque  nostro  speciali  mandato  aliquem  in  fra- 
trem  et  canonicum  recipere  vel  alieni  ordinato  seu  ordinando  in  ipsa 
ecclesia  portionem  concedere  presumatis  donec  ad  sextumdecimum  ca- 
nonicorum  numerum  portionem  habentium  redacti  fueritis,  a  vobis  iura- 
mento  firmatum. 

Dat.  Lat.  .xi.  kal.  nov.,  pont.  a.  .xi. 

«  Volentes  ecclesie  vestre». 

LUI.- 

1254,  gennaio  22. 

Orig.  Perg.  D,  III,  li.  Copia  ms.  in  Bull.  Lib.  I,  52  e  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,  75. 

Innocentius  [IV]  archipresbitero  et  capitulo  ecclesie  Sancte  Marie 
Maioris.  Prohibemus  ne  recipiatur  canonicus  qui  non  sit  de  legitimo 
matrimonio  procreatus,  nisi  per  litteras  apostolicas  indulgentia  huius- 
modi  fiat. 

Dat,  Lat.  .xi.  [kal.]  febr.  a.  .xi. 

«  Me[moria  ves]tre  devotionis  inducimur». 

e 

(a)  ead'         (b)  ecc 


Le  carte  delF archivio  Liberiano  39 


LIV. 

1255,  ottobre  i. 

Orig.  Perg.  D,  HI,  in.  Copia  nis.  in  Bianchini,  op.  cit.  IX,  83, 

Alexander  [IV]  archipresbitero  et  capitulo  basilice  Beate  Marie 
Maìoris  de  Urbe.  Pr^cipimus  vobis  ut,  non  obstante  statuto,  admittatis 
ad  portionem  canonicalem  lacobum  filium  Petri  Nicolai  Bonifatii,  iu- 
dicis  Romani. 

Dat.  Anagni,  kal.  oct.,  pont.  a.  .i. 

«  Pro  dilecto  filio  lacobo  » . 

G.  Ferri. 

{Continua). 


Tabularium   S,    Traxedis 


Continuazione  e  fine;  vedi  voi.  XXVII,  p.  27 


XXII. 

II 39,  ottobre  26. 

Morico,  col  consenso  di  Crisogono,  cardinale  di  S.  Pras- 
sede,  vende  a  Bobone  «  Sassonis  de  Muto  »  ed  a  Maria 
Miccina  sua  moglie  1'  utile  dominio  su  una  vigna,  fuori 
della  porta  Nomentana  «  ad  Aquam  Tuzziam  » . 

Originale  [A]  presso  il  collegio  di  S.  Giuseppe  in  Pescin.  Copia  da  A  nel  Bian 
CHINI,  cod.  Vallic.  T,  82,  e.  128  [B]  ;  transunti  nel  Galletti,  cod.  Vat.  lat.  7928, 
e.  202  [C]  ;  Van  De  Vivere,  ms.  cit.  n.  3;  cod.  Barb.  lat.  3221,  e.  30.  Non  potendo 
avere  a  mano  l'originale,  riproduco  il  testo  di  B,  confrontandolo  con  un  largo  transunto 
fatto  su  A  dal  prof.  L.  Schiaparelli  e  cortesemente  comunicatomi,  e  col  testo  di  C. 

In  nomine  Domini.  Anno  decimo  pontificatus  domni  Innocentii 
secundi  pape,  indictione  tertia,  mensis  octubris  die  .xxiiiiii.  (=»).  Ego  qui- 
dem  Muricus  cum  consensu  et  voluntate  domni  Grisogani  cardinal is 
venerabilis  tituli  Sanct?  C°)  Praxedis  cuius  iuris  est  subscripta  vinea,  et 
nunc  cominus  ipsi  dedi,  hac  die  propria  mea  voluntate  vendo  et  pu- 
blice  investiens  trado  atque  concedo  tibi  Boboni  Sassonis  de  Muto  et 
Marie  Miccine  uxori  tue  vestrisque  heredibus  hac  successoribus  in  per- 
petuum  secundum  tenorem  subscriptum.  Idest  squatratam  petiam  vinee 
vel  si  plus  est,  cum  terra  vacante  ad  pastinandum,  ut  inter  vineam 
et  terram  sit  unam  petiam  cum  vascatico  communi,  cum  fonte  com- 


(a)  B  .xxviii.  ;  ma  il  numero  .xxiiiiii.  presentato  da  A  i  ripetuto  anche  da  C       (b)  li 
qui  ed  in  seguito  ha  V  e  finale  sen;^a  cediglia. 


42  T.  Jedele 


munì,  cum  suis  arboribus,  cum  introitu  communi,  cum  omnibus  pertì- 
nentiis,  positam  extra  Numentanam  portam  ad  Aquam  Tuzziam,  Inter 
hos  fines  :  a  primo  latere  tenet  Rainerius  Guidonis  de  Anna,  a  secundo 
tenet  ecclesia  Sancte  Pudentiane,  a  tertio  latere  tenet  Normannus,  a 
quarto  latere  est  via  publica.  Sicut  mihi  pertinet  per  meum  acquisi- 
tum  a  predicta  ecclesia  Sancte  Praxedis,  sic  eam  tibi,  ut  dictum  est, 
vendimus  et  publice  investientes  tradimus  atque  concedimus  prò  tri- 
ginta  et  duobus  solidis  et  dimidio  deharìorum  papiensium,  quos  michi 
dedisti  prò  toto  pretio  michique  valde  placentem  (a).  Et  dehinc  omni 
anno  tempore  vindemiarum  reddetis  prephate  ecclesie  Sancte  Praxedis 
quartam  partem  totius  vini  mundi  et  aquati  quod  exinde  habueritis, 
et  unum  iustum  canistrum  plenum  de  uvis,  quale  alii  quartarini  ibidem 
ecclesie  nominate  reddunt,  et  duos  denarios  per  petiam  prò  vascatico. 
Et  illi  de  ecclesia  relaxent  vobis  quattuor  uncias  vini  mundi  de  com- 
muni in  tino  subtus  vasca  in  omnibus  vashis  C^),  Et  si  ibi  inveneritis 
aurum,  argentum,  aliquod  metallum  vel  bonam  lapidem  et  de  petris 
valens  plus  quam  .xii.  denariì,  desuper  detis  ecclesie  medietatem.  Et 
si  per  ostem  publicum  vel  irritum  aut  celi  plagam  in  desertum  ierit, 
in  spatium  trium  annorum  eam  allevetis;  quod  si  non  feceritis,  pre- 
dicte  ecclesie  revertatur.  Et  nulli  alii  ecclesie  nec  ulli  pio  loco  eam 
aliquo  modo  detis,  nisi  iamdicte  ecclesie,  et  omnia  adimpleatis  pre- 
dicte  ecclesie,  sicut  cartula  mee  locationis  legitur.  Et  promitto  defen- 
dere eam  tibi  ab  omni  homine,  si  opus  et  necesse  fucrit.  Quod  si 
non  fecerimus  aut  non  potuerimus,  componemus  vobis  prò  poena  pre- 
dictum  pretium  duplum  ;  et,  soluta  poena,  cartula  hec  permaneat  firma. 
Quam  scribere  rogavimus  Oddonem  scriniarium  sancte  Romane  Ecclesie 
in  mense  et  indictione  suprascripta  .in. 

Signum  ^  manus  dicti  Murici  rogatoris  cartule  huius  et  commi- 
nus  (e)  .XXX.  denariorum  de  petia. 

Et  si  iniuriam  feceritis  hominibus  predicte  ecclesie  Sancte  Praxedis, 
emendetis  ;  et  si  emendare  nolueritis,  cartula  hec  vacua  sit,  et  vineam 
plenam  (A)^  sicuti  fuerit,  prephate  ecclesie  revertatur. 

Rainerius  Guidonis  de  Anna,  testis. 

Normannus  de  Nerbona,  testis. 

Blasius  lohannis  loculi,  testis. 

Nicolaus  Leonis,  testis. 

Cobarellus,  testis. 

[STJ  Ego  Oddo  scriniarius  sancte  Romane  Ecclesie  compievi  et  absolvì. 


(a)   Cosi  B  interpreta  l'abbreviatura  plac  che  deve  essere  in  A,  e  che  deve  interpretarsi 
placabili         (b)  B  valhis  (e)  B  com         (d)  Cosi  in  B 


Tabulariiim  S.  'Piaxedis  43 


XXIII. 

1144,  febbraio  5. 

Ubaldo,  cardinale  di  S.  Prassede,  concede  in  enfiteusi 
perpetua  a  Gregorio  de  Rigitto  ed  a  Dulchiza  sua  moglie 
un  terreno  da  ridurre  a  vigna  fuori  della  porta  Nomentana 
«  in  valle  de  Aqua  Tuzzia  ». 

Originale  [A].  Transunti  :  Galletti,  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  203  ;  Bianchini, 
nel  cod.  Vallic.  T,  82,  e.  38;  Iacovacci,  nel  cod.  Ottobon.  lat.  2548,  B,  e.  259  con  la 
data  errata  del   1145  ;  Van  De  Vivere,  ms.  cit.  n.   3. 

Le  sottoscrizioni  in  minuscola  sono  di  mano  del  notaio,  e  furono  aggiunte  in  altro 
tempo  con  inchiostro  diverso.  Sul  verso  di  mano  del  secolo  xiii  :  «  de  Rigitto  et 
«D[ul]c!iiza in  Aqua  Tuza». 

I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  primo  pontificatus  domni  Ce- 
lestini secundi  papae,  indictione  .vii.,  2.  mensis  februarii  die  .v. 
Ego  quidem  doninus  Obbaldus  Dei  gratia  cardinalis  venerabilis  titilli 
Sanct?  Praxedis  vir  3.  ginis,  cum  consensu  et  voluntate  clericorum 
Dei  predicte  ecclesie,  hac  die  propria  mea  voluntate  loco  atque  conce 
4.  do  tibi  Gregorio  de  Rigitto  et  Dulkizze  uxori  tue  vestrisque  heredibus 
in  perpetuum.  Idest  terram  5.  ad  duas  petias  vinee  pastinandum, 
et  iam  pastinatam  habetis  unam  petiam  et  dimidiam  vinee,  cum  du 
6.  abus  vaskis  et  tinis  atque  cum  puteo  communi  cum  Nicolao  de  Fo- 
llano cum  introitibus  et  exitibus  7.  earum  et  cum  omnibus  earum 
pertinentiis.  Posite  extra  portam  Numentanam  in  valle  de  Aqua  Tuzzia, 
inter  8.  hos  fines  :  a  primo  latere  tenet  Romanus  de  Abbo  nostri 
iuris,  a  secundo  tenet  ecclesia  Salvatoris,  9.  a  tertio  tenet  Nico- 
laus  de  Follano  nostri  iuris,  a  quarto  latere  est  via  publica  :  iuris  no- 
tre  IO.  ecclesi?.  Sic  ut  dehinc  eas  teneatis,  pastinetis,  allevetis  et 
sicut  bone  vine?  decet,  ri.  ad  perfectum  perducatis  et  fruatis  et 
possideatis,  sicut  dictum  est,  in  perpetuum.  Et  ab  ilio  tempore  12.  quod 
vindemiam  exinde  habueritis,  reddatis  michi  meisque  posterioribus  quar- 
tam  13.  partem  totius  vini  mundi  et  aquati  quod  exinde  habue- 
ritis, et  duos.denarios  prò  vasca  14.  tico  de  petia,  et  nos  relaxamus 
tibi  quattuor  uncias  vini  mundi  de  communi  in  tino,  15.  et  detis 
unum  canistrum  plenum  de  uvis  per  petiam  quiC--')  sit  duos  palmos 
in  fundo,  16.  quinque  in  circuitu  et  unum  altum.  Et  si  ibi  invene- 
ritis  aurum,  argentum,  ali       17.  quem  metallum  sive  bonum  lapidem 


(.1)  ^J 


44  "P-  Jedele 


valens  (a)  plus  quam  .xii.  denarii,  desuper  detis  i8.  nobis  medie- 

tatem.  Et  si  per  ostem  publicum  vel  celi  plagam  in  desertum  ierit,  in 
spatium  19.  trium  annorum  allevetis  ;  quod  si  non  feceritis,  nobis 
revertatur.  Et  ulli  pio  loco  aliquo  modo  20.   detis  nisi  nostre  (b). 

Et  si  vendere  volueritis,  prius  nobis  nostrisque  successoribus  vendatis 
minus  .XXX.  denariis  (0  21.  de  petia  ;  quod  si  ita  emere  nolueri- 

mus,  detis  nobis  predictum  comminus,  et  vendatis  eam  tali  persone 
quam  i'^)  22.  nobis  placeat  sine  malitia,  et  omnia  que  dieta  sunt, 

nobis  adinpleat  et  persolvat.  23.  Et  si  iniuriam  feceritis  ministriali 
nostro,  emendetis  :  quod  si  emendare  nolueritis,  24.    cartula  hec 

vacua  sit,  et  vinea,  prout  fuerit,  nostre  ecclesìe  revertatur.  Nos  autem 
et  25.  nostri  successores  defendamus  eam  vobis  ab  omni  homine, 
si  opus   fuerit.    Si  qua  vero  pars  26.  contra  fidem  huius  cartule 

venire  voluerit,  componat  alteri  parti  fidem  27.  servanti  poene  no- 
mine .XXX.  solidos  denariorum  papiensium,  et,  soluta  poena,  cartula 
28.  hec  permaneat  firma.  Quam  scribere  rogavi  Oddonem  scrinia- 
rium  sanct?  Roman?  Ecclesi?  29.  in    mense  et  indictione  supra- 

scripta  .VII. 

Signum  ^  manus  predicti  domni  Obbaldi  cardinalìs  huius  cartule 
rogatoris. 

Rainerius  Petri  de  Mizo,  testis.  Johannes  de  Berla,  testis.  Benen- 
casa,  testis. 

Bastardus,  testis. 

Petraccla,  testis.  Paulus  de  Rubeo,  testis. 

Johannes  qui  vocatur  Pauper,  testis.  Petrus  de  lonatha,   testis. 

y^  Ego  Oddo  scriniarius  sanct?  Roman?  Ecclesi?  compievi  et  absolvi. 

XXIV. 

1148,  agosto  30. 

Sentenza  di  Corrado,  vescovo  di  Sabina  e  vicario  in 
Roma  di  papa  Eugenio  III,  in  favore  delle  chiese  di  S.  Gio- 
vanni a  porta  Latina  e  di  S.  Prassede  contro  T  abate  di 
Grottaferrata,  intorno  al  possesso  di  due  parti  della  chiesa 
di  S.  Primitivo  e  dei  casali  Valle  Bona,  Valle  Colomba  e 
«  de  Rubea  ». 

Originale  [A].  Copie  :  Galletti,  nel  eoa.  Vat.  lat.  7928,  e.  206  ;  Bianchini,  nel 
eoa.  Vallic.  T,  82,  e.  106  ;  Garampi,  nel  eoa.  Vat.  lat.  7926,  e.  243.  Transunto  nel 
Van  De  Vivere,  ms.  cit.  n.  4,  e  nel  cod.  Barb.  lat.  2575,  e.  255. 

(a)  vai         (b)   Completa  ecclesie  (e)  den         (d)   Cosi  nel  testo. 


Tabularium  S,  'Vraxedis  45 


Pierluigi  Galletti,  Del  primìcero,  p.  304,  da  A  . 

Il  documento  fu  scritto  in  due  tempi  :  la  prima  parte  giunge  alla  riga  20  ;  dalla 
riga  20  si  adoprò  un  inchiostro  più  sbiadito.  Testo  e  sottoscrizioni  sono  di  mano  del 
notaio  il  quale  però  non  vi  appose  la  completio:  vi  è  soltanto  la  croce  che  doveva 
precederla. 

I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  quarto  pontificatus  domni  Eu- 
genii  tertii  papae,  indictione  undecima,  mensis  2.  augusti  die  .xxx. 
Ego  Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  ex  precepto  domni 
Conradi  Savinensis  episcopi  et  supradicti  3.  domni  papae  Eugenii 
vicarii  et  iussione  advocatorum  scilicet  Seniorilis,  Philippi  et  Benedicti 
Leonis,  ob  4.  perpetuam  memoriam  publicis  litteris  scribere  curavi. 
Lix  itaque  fuit  inter  ecclesiam  Sancti  lohannis  apostoli  et  5.  evan- 
geliste  sitam  ante  portam  Latinam  una  cum  ecclesia  Sancte  Praxedis 
et  inter  ecclesiam  Sancte  Marie  Cripte  6.  Ferrate.  Petebat  quidem 
ecclesia  Sancti  lohannis  cum  ecclesia  Sancte  Praxedis  ambas  insimul 
adversus  nomi  7.  natam  ecclesiam  Sancte  Marie  restitutionem  pos- 
sessionis  duarum  partium  ecclesie  Sancti  Primitivi  cum  domi  8.  bus 
in  circuitu  eius  et  pertinentiis  suis,  et  duas  partes  unius  clusure  cum 
arboribus  infra  se,  et  duas  partes  9,  casalis  Valle  (0  Bone  et  duas 
partes  casalis  Valli  (a)  Colunbe  et  duas  partes  casalis  de  Rubea, 
IO.  unicuique  istarum  ecclesiarum  prò  tertia  conpetente  adversus  ec- 
clesiam Sancte  Marie.  Et  ad  hoc  11.  conprobandum  ostendebant 
publicum  instrumentum  transactionis  et  diffinitionis  factum  12.  inter 
domnum  Nicolaum  abbatem  et  Romanum  cardinalem  Sancte  Praxedis, 
decimo  an  13.  no  domni  Paschalis  II  papae  et  eius  precepto  et 
auctoritate  interveniente,  et  per  eius  curiales  14.  scilicet  Petrum 
Portuensem  episcopum,  Robertum  cardinalem  Sancti  Eusebii,  Anasta- 
sium  cardinalem  15.  Sancti  Clementis  et  Gregorium  Tusculanen- 
sem  iudicem,  et  Petrum  advocatum  :  et  hanc  16.  diffinitionem  seu 
transactionem  similiter  fecit  cum  Alberto  archipresbitero  Sancti  lo- 
hannis 17.  ante  portam  Latinam.  Qui  omnes  in  ecclesia  Sancti  lo- 
hannis Baptiste  ad  Fontem  supradictam  18.  diffinitionem  fece- 
rant.  Quarum  predictarum  rerum  possessionem  ecclesia  Sancte  Marie 
19.  Cripte  Ferrate  per  advocatum  suum  dicebat  ecclesiam  Sancte  Praxedis 
et  ecclesiam  Sancti  20.  lohannis  minime  habuissent  (a).  Quibus  omni- 
bus hinc  inde  auditis,  predictus  vicarius  21.  habito  Consilio  et  co- 
gnita veritate  per  publicum  instrumentum,  et  quia  de  22.  pluribus 
adhuc  possessionem  predicta  ecclesia  Sancte  Praxedis  et  Sancti  lohannis 
23.  se  habere  ostendebant,  precepit  et  per  virgam  quam  in  manu  te- 
nebat,          24.   omnium  rerum  pertinentium  ecclesie  Sancti  Primitivi 

(a)  Cosi  nel  testo. 


4.6  T.  Jedele 


quarum  possessionem         25.  ad  presens  habebant,  confirmavit,  et  ea 
rum  rerum  quarum  posses         26.  sionem  ecclesia  Sancte  Marie  Cripte 
Ferrate  iniuste  abstulerat,  predio         27.  tis  duabus  ecclesiis  prò  duabus 
partibus  firmiter  restituit.  Vide         28.  licet  restituii  possessionem  dua- 
rum  partium  ipsius  ecclesie  Sancti  29.  Primitivi,  et  duarum  par- 

tium  casalium  Vallis  Bone   el  Vallis  Co  30.  lunbe  cum    duabus 

partibus  casalis  de  Rubea  et  clusurae  ipsius  31.  ecclesie  cum  arbo- 
ribus  infra  se.  Post  hec  predictus  vicarius  precepit  32.  lohanni  Rea- 
tino de  curia  sua,  ut  corporaliter  predictas  ecclesias  33,  possessio- 
nem supradictarum  rerum  investirei.  Quod  sicut  prece  34.  perat, 
adinplevit.  Que  denique  omnia  ego  Nicolaus  scriniarius  35,  sicuti 
vidi  et  audivi  et  cause  interfui,  ita  scripsi. 

Rainerius  filius  Falconis  scriniarius  (0,  testis. 

Oddo  scriniarius  frater  eius,  testis. 

Bonus  filius  lohannis  Petri  de  Polla,  testis. 

Johannes  de  Ildebrando,  testis. 

Petrus  Berardi  de  Cazulo,  testis. 

Landulfus,  testis. 


Satorninus,  testis. 


^ 


XXV. 

1151,  ottobre  i. 

Sentenza  di  papa  Eugenio  III  in  favore  della  chiesa  di 
S.  Prassede  contro  la  chiesa  di  S.  Croce  in  Gerusalemme 
per  il  possesso  di  tre  pezze  di  terra  poste  «  in  fundo  Ponpeii 
«  ad  Turrem  sine  fonte  » . 

L'originale  [A]  è  perduto.  Copia  in  elegante  minuscola  del  secolo  xii  [B].  Copia  da  B  : 
Galletti  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  204.  Transunti  da  B:  Bianchini  nel  cod.  ValHc  T,  82, 
e.  113;  cod.  Barb.  lat,  2375,  e.  253,  e  Barb.  lat.  3221,  e.  30. 

Ho  pubblicato  il  facsimile  di  questo  documento  nell'Archivio  paleografico  italiano,  Mo- 
numenti paleografici  di  Roma,  voi.  II. 

Sul  verso  di  mano  del  secolo  xiii:  «De  lite  quam  habuimus  cum  sancta  CLruce]»  ; 
di  mano  alquanto  posteriore:  «  Sententia  lata  contra  ecdesiam  sancte  Crucis  de  duabus 
«  pedicis  terre  casalis  Pompei  sancte  Praxedis». 

I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo 
centesimo  quinquagesimo  primo  et  anno  septimo  pontificatus  domni 
Eugenii  tertii  pape,         2.  indictione  quinta  decima,  mensis  octubris 

(a)  scrin 


Tabiilaì'iuin  S.  Praxedis  47 


die  prima,  Hacta  publica  si  litterarum  memorie  tradita  fuerint,  nube 
obscuritatis  deleta  perpetua  3.  inspectione  poterunt  lucere,  et  ad 
posteros  facilius  rei  veritas  pervenire.  Quam  ob  rem  ego  Otto  sancte 
Romane  Ecclesie  scriniarius  ut  audivi  et  4.  vidi  et  sicut  supra  dictus 
domnus  papa  precepit  michi,  offuturam  (a)  rei  memoriam  publicis  gestis 
exarare  curavi,  qualiter  causa  intra  ecclesiam  Sancte  Praxe  5.  dis 
et  ecclesiam  Sancte  Crucis  examinata  et  per  predictum  pontificem 
sententia  diffinita  est.  Petiit  itaque  domnus  Hubaldus  cardinalis  diete 
?cclesi?  Sanct?  Praxe  6.  dis  una  cum  Petro  archipresbitero  et  ico- 
nomo  eiusdèm  ecclesi?  per  Benedictum  Leonis  suum  advocatum  ante 
presentiam  nominati  pontificis,  presentibus  7.  quoque  duobus  iudi- 
cibus  Corrensis  (y)  civitatis,  et  uterque  Gregorius  vocabatur,  atque  Petro 
iudice  Beneventane  civitatis,  nec  non  magistro  Alderico  8.  qui 
tunc(0  temporis  curie  aderat,  quibus  omnibus  sepe  dictus  pontifex  sub- 
scriptam  causam  haudiendam  mandaverat,  eo  nichilhominus  presente 
sibi  9.  vero  diffiniendam  servaverat  (A).  Restitutionem  scilicet  posses- 
sionis  trium  [petia]rum  terrarum  in  fundo  Ponpeii  positarum,  et  sub 
proprio  IO.  vocabulo  ad  Turrem  sine  fonte,  que  bis  finibus  con- 

cluduntur  :  a  primo  lat[ere  est  rivu]s  seu  rigaciolus  qui  tenporis  (e) 
intervallo  aquam  ducit  11.  inter  petitas  terras  et  terram  nominate 
ecclesi?  Sancte  Praxedis,  a  secundo  est  forma  antiq[ua  q]ue  est  inter 
exactam  possessionem  pedicarum  et  terram  heredum  Farulfi  mu 
12.  ratoris,  et  tenent  Sanctus  Martinus  et  Petrus  Miculatro,  nec  non 
Otto  scriniarius  iuris  Sancti  Pauli  apostoli,  et  tenet  ecclesia  Sancti  Lau- 
rentii  de  Miranda,  a  tertio  13.  latere  tenet  similiter  ecclesia  Mi- 
rande, a  quarto  latere  est  via  publica.  Adversus  Ubaldum  cardinalem 
Sanct?  Crucis  atque  Guidonem:  per  priorem  et  yco  14.  nomum 
eiusdem  tituli  dicens  disspensatores  Sancte  Crucis  ex  longissimo  ten- 
pore  (0  prò  petitis  possessionibus  sex  denarios  papienses  (g)  nomine 
pensionis  ecclesie  15,  Sancte  Praxedis  singulis  annis  solvisse,  set 
isto  lapso  triennio  yconomus  aut  alius  prò  eo  solitum  canonem  ecclesi? 
Sanct?  Praxedis  minime  persol  16.  vit:  quare  non  inmerito  resti- 
tutionem possessionis  in  iudicio  fieri  desiderabat.  Et  ad  hoc  conse- 
quendum  advocatus  auctoris  con  17.  dictionem  ex  lege  conductores 
rerum  alienarum  proposuit,  et  condictionem  sine  causa  atque  tritica- 
riam  que  generalis  est,  nichilhominus  die  18.  tavit.  Cardinalis  vero 
Sanct?  Crucis  una  cum  Guidone  yconomo  per  lohannem  iudicem 
et    Ildicium    advocatos    suos   responderunt    dicentes  ecclesiam   Sanct? 


(a)  Cosi  nel  testo  per  ob  futuram         (b)   Cosi  parmì  nel  testo.  (e)  Aggiunto  nel- 

V  interlineo  da  prima  mano.         (d)  Nel  testo  servcavcrat  con  il  secondo  e  espunto.        (e)  tpis 
(0  ^P""         (g)  J^el  itiio  paf  iensis 


48  T.  Jedele 


19.  Crucis  his  petitionibus  non  teneri,  quoniam  solutio  ìlla  prò  quibus 
rebus  facta  fuerit,  ignoramus,  et  si  prò  petitis  rebus,  veruntamen  errore 
intervenien  20.te,obesse  non  debet;  et  propter  hoc  attulerunt  legem 
qui  errat  non  consentii  et  alias  quamplures.  Nani  alteri  potius  a  quo 
causam  habemus,  21.  quam  ecclesi?  Sanct§  Praxedis  solvere  de- 
bemus.  Ad  hec  Benedictus  Leonis  advocatus  respondit  legibus  esse 
proditum  dummodo  in  corpore  22.  non  erretur,etsi  indebitum  fuerit, 
actamen  eo  ad  alium  transitum  facìente,  protinus  eius  possessio  amit- 
titur,  maxime  cuni  per  longa  curricula  23.  tenporum  (0  ecclesia 
Sancte  Praxedis  specialiter  prò  nominatis  rebus  certam  dationem  fe- 
cistis.  UH  autem  a  quo  causam  dicitis  habere,  aliquid  nomine  pensio- 
nem(b)  24.  prò  ea  possessione  minime  tribuistis;  quare  ille  non 
potuit  eam  retinere,  nec  ecclesia  Sanct?  Praxedis  quod  semel  quesiverat, 
valuit  am  25.  mittere.  Et  propter  hoc  attulit  legem  positam  sub 
rubrica  de  acquirenda  possessione  in  Novis  Digestis.  His  auditis,  advo- 
cati  Sanct?  Crucis  im  (0  26.  modum  contradictionis  aliam  induxe- 

runt  («1)  exsceptionem,  allegantes  restitutioni  locum  non  fore,  facto 
videlicet  nullatenus  prece  27.  dente    quo    locatio    dici  possit,    et 

pensionem  eius  censeri.  Quibus  Benedictus  Leonis  inquid  is)  :  tametsi 
presens  factum  (0  in    formam    locationis  28.  quod    non    legitime 

dicitis,  cadere  non  possit,  nec  conductionis  nomen(f)  et  pensione  me- 
reatur  habere  quod  non  iure  contenditis,  tamen  quan  29.  tum  ad 
possessionem  alii  transferendam  et  amissam,  deinde  recuperandam 
nichil  interesse  liquet.  Nani  iure  civili  manifestare  (g)  traditur  quod 
30.  meo  nomine  possideo,  possum  (h)  mutando  voluntatem  et  alii  pos- 
sidere,  et  sic  volens  desinere  possidere,  alium  continuo  ministerio  meo 
pos  31.  sessorem  facio.  Quare  dicimus  rectores  ecclesi?  Sanct?  Crucis 
liquido  nomine  ecclesi?  Sanct?  Praxedis  possedisse  :  insuper  hoc  indu- 
bitate apparere  32.  poterat  tum  propter  solutionem  pensionis  que 
testimonio  plurium  personarum  manifestatur,  tum  propter  apocas  quas 
ipsi  debitores  aput  vos  habetis,  33.  tum  denique  propter  antapocam 
que  est  exemplar  apoce  quam  nos  habemus,  per  nietas  quinquaginta 
annorum.  De  quo  facto  et  solutione  pensionis  domnus  34.  pontifex 

cum  cardinalibus  et  prenominatis  iudicibus  in  secretarlo  suo  yconomum 
Sanct?  Crucis    more  solito   interrogavit   ut    quicquid  de  35.  facto 

sciret,  pure  manifestum  faceret.  Prior  vero  ante  presentiam  sumnii 
iudicis  ac  ceterorum  qui  cum  eo  aderant,  confessus  est  se  nominatim 
prò  pre  36.  dictis  petitis  terris  pensionem  sex  papiensium  num- 
niorum  ecclesi?   Sanct?  Praxedis  solvisse.   Quo  bandito  iustus  presul 

(a)  tprm         (b)   Cosi  nel  testo  per  pensionis  (e)    Cosi  nel  testo.  (d)  Nel  testo 

introduxeriint  con  le  lettere  tro  espunte.         (e)  u  corretto  da  a  (f)  nom  (g)  fé  di 

manifestare  aggiunto  nelV  interlineo  da  prima  mano.         (h)  possu 


Tabular  tu  m  S.  T^raxedis  49 


sine  sacramento  calumpni?  quia  neces  37.  sarium  more  iudiciorum 
propter  iam  hauditam  confessionem  yconomi  minime  herat,  diligenter 
communicato  Consilio,  presentibus  cardinalibus  vi  38.  delicet  Ari- 
berto  tituli  Sanct?  Anastasie,  lulio  tituli  Sancii  Marcelli,  Bernardo  tituli 
Sancti  Clementis,  Rolando  tituli  Sancti  Marci  atque  Gregorio  diacono 
cardinali  Sancti  39.  Angeli  et  lohanne  Sanct?  Marie  Nove,  Guidone 
Sancty  Marie  de  Portico  et  lohanne  Sanctorum  Sergii  et  Bachi  atque 
memoratis  iudicibus  aliisque    multis    homimbus  40.   talem    iustis- 

sime  protulit  sententiam.  Condempno  Guidonem  yconomum  ecclesie 
Sanct?  Crucis  in  restitutione  omnium  illarum  terrarum,  de  quibus  petio 
41.  ante  nos  facta  est  et  responsio  subsecuta,  videlicet  Petro  yconomo 
Sanct?  Praxedis.  Qiie  data  est  Sinie  anno  pontificatus  eiusdem  ponti- 
ficis  septi  42,  mo,  mensis  octubris  die  prima,  indictione  .xv.  Post 
recitationem  autem  quatinus  sententia  effectui  manciparetur  precepit 
domnus  papa  Nicolao  43.  Benencasae  de  regione  Pinee  uti  Petrum 
yconomum  nomine  Sanct?  Praxedis  de  predictis  terris  corporaliter  inve- 
stiret.  Quod  denique  sexto  lapso  44.  die  precepto  et  auctoritate 
domni  pape,  sicut  ei  iniuntum  fuerat,  diligentissime  coram  subscriptis 
hominibus  peregit  :  videlicet  Gregorio  45.  Paparone,  Benedicto  Leonis 
qui  in  iudicio  patrocinium  prestiterat,  Ottone  iam  dicto  scriniario,  Petro 
Berardi  de  Cazzulo,  Petro  Paparone,  46.  Gregorio  Mancino,  Lan- 
dulfo,  Benteveniat  de  Rubeo,  Paulo  fratre  eius,  Guidone  Nicolay  fur- 
narii,  lohanne    fratre   eius,  Petro   Calzarubea,  Caro  47.  iohanne, 

lohanne  lohannis  de  Berardo,  lohanne  Abbate. 

Ego  Oddo  scriniarius  sanct?  Romane  Ecclesia  sicut  vidi  et  haudivi, 
et  domnus  papa  michi  precepit  et  placuit  sibi,  ut  quemadmodum  sen- 
tentia data  est,  servata  veritate,  hanc  cartulam  scriberem,  ita  scripsi, 
compievi  et  absolvi. 

XXVI. 

11)3,  agosto  29. 

Niccolò,  abate  di  Grottaferrata,  alla  presenza  di  papa  Ana- 
stasio IV  e  dei  cardinali,  concede  ad  Ubaldo,  cardinal  titolare 
di  S.  Prassede,  V  intera  parte  spettantegli  del  tenimento  di 
S.  Primo,  posto  fuori  della  porta  Maggiore  nei  luoghi  detti 
a  Grifi  et  Cursano  et  lacu  Burrano  ». 

Originale  [A],  Copie  da  A  nel  cod.  Valliceli.  T,  82,  e.  23  ;  nel  cod.  Vat.  lat.  7928, 
e.  207.  Transunti  in  cod.  Ottobon.  lat.  2554,  V,  e.  $57  ed  in  altri  codici  della  medesima 
serie  ;  nel  ms.  Van  De  Vivere,  n.  4. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVUl.       4 


50  "P.  Jedele 


Pierluigi  Galletti,  Del  primicero,  p.  310;  ma  l'edizione  è,  oltre  che  inesatta, 
incompleta,  avendo  il  Galletti  tralasciato  di  pubblicare  le  sottoscrizioni  greche  dopo  la 
coni  pi  et  io    dello  scriniario. 

La  prima  linea  del  documento  è  scritta  con  lettere  allungate.  Il  documento  è  tutto 
di  mano  dello  scriniario  Andrea  che  aggiunse  le  sottoscrizioni  in  minuscola,  tranne  la  firma 
dell'abate  Criptoferratense  che  è  autografa.  Le  sottoscrizioni  dopo  la  completio  sono  di 
altre  mani.  Una  mano  scrisse  le  prime  cinque  sottoscrizioni  greche  :  un'  altra  scrisse  le 
seguenti,  ed  aggiunse  forse,  l'inchiostro  usato  essendo  certamente  lo  stesso,  la  traduzione 
dei  nomi  in  latino. 

I.  yj<  In  nomine  Domini,  Anno  dominice  incarnationis  millesimo 
centesimo  quinquagesimo  tertio,  anno  primo  domni  Anastasii  quarti 
papae,  indictione  prima,  mensis  agusti  (a)  die  .xxviiii.  2.  Ego  quidem 
Nicolaus  abbas  venerabilis  monasterii  Sanctae  Mariae  in  Cripta  Fer- 
rata, consensu  fratrum  monachorum  meorum  Laurentii  decani,  Cosme, 
losep  (a),  Antonii,  Lucae  subdiaconi,  Gerasimi  monachi,  Andreae  mo- 
nachi, Zachei  monaci  (a),  Nicolai  diaconi,  Nichodemi,  Ignati  presbiteri 
et  Bartholomei  diaconi  (b),  3.  hac  die  propria  spontaneaque  mea 
voluntate,  in  presentia  suprascripti  domni  papae  Anastasii  et  cardina- 
lium  suorum,  Gregorii  tituli  Calisti,  Widonis  tituli  Sancti  Crisogoni, 
lordani  tituli  Sanctae  Susannae,  lohannis  Paparonis  tituli  Sancti  Lau- 
rentii in  4.  Damasso,  lohannis  tituli  Sanctorum  Martini  et  Sil- 
vestri, et  lohannis  Neapolitani  diaconi  cardinalis  Sanctorum  Sergii  et 
Bahi  (a),  et  totius  curiae  suae,  loco  et  concedo  tibi  domno  Ubaldo  ve- 
nerabili presbitero  cardinali  venerabilis  tituli  Sanctae  Praxedis  et  per 
5.  vos  ipsi  vestro  venerabili  titulo  Sanctae  Praxedis  omnibusque  cle- 
ricis  qui  nunc  ibi  sunt  et  intraturi  ibidem  erunt  in  perpetuum.  Idest 
totum  quod  monasterio  nostro  competit,  totam  scilicet  in  integrum 
partem  totius  tenimenti  et  possessionis  de  Sancto  Primo,  6.  cum 
omnibus  que  ad  monasterium  nostrum  spectare  videntur  in  subscriptis 
locis  et  vocabulis,  in  fundis  et  casalibus,  terris  sementariciis  cultis  et 
incultis,  pratis,  pascuis,  silvis,  salectis,  paludibus  et  pantanis,  montibus 
et  collibus,  plagis  et  planitiis,  7.  rivis,  fontibus,  aquis  aquarumque 
decursibus,  et  lacu  qui  vocatur  Burrano  cum  piscatione  sua,  et  cum 
omnibus  prefatis  tenimentis  generaliter  et  in  integrum  pertinenti- 
bus.  Positum  extra  portam  Maiorem  in  locis  que  vocantur  Grifi  et 
8.  Cursano  et  lacu  Burrano  vel  si  quis  ahis  vocabulis  nuncupatur, 
sub  his  affinibus  :  a  primo  latere  rivo  Sancti  luliani  et  exinde  recte  per 
limite  qui  est  super  eodem  rivo  usque  in  Termuli  et  deinde  pergente 
in  plagario  maior  qui  9.  vocatur  Aura,  et  per  ipsa  Aura  ducente 
usque  in  silice  antiqua  qui  est  infra  pantano,  et  deinde  per  ipsa  silice 
revertente  in  loco  qui  dicitur  Aquapuzza,  et  exinde  usque  in  miliaro, 

(a)  Cosi  nel  testo.  (b)  Le  parole  Ign.iti  presbiteri  et  Bartholomei  diaconi  furono 

aggiunte,  con  un  segno  di  richiamo,  alla  fine  del  testo  del  documento,  di  mano  del  notaio. 


Tabu  lari  II  fn  S.  T^raxedis  31 


€t  ab  ipso  miliaro  ambulante  usque  in  ipso  rivo  Sancti  luliani  (*'>)  : 
10.  iuris  nostri  venerabilis  monasterii.  Ad  tenendum,utendum,fruendum, 
meliorandum  et,  sicut  dictum  est,  in  perpetuum  possidendum,  prò  eo 
quod  vos  michi  prò  hac  locatione  in  presentia  prefati  domni  papae 
dedistis  triginta  libras  affortiatorum  quos  necessarie  ir.  dedi  domno 
papae  prò  locatione  Tiberiae  C^)  quam  monasterio  nostro  acquisivi.  Et 
omni  anno  in  assumptione  beatae  Mariae  detis  ipsi  nostro  monasterio 
prò  pensione  unum  schiphatum  aut  valens  ipsius  schiphati.  Nulli  alii 
pio  loco  detis  nec  alicui  12.  persone  vendatis  prius  quam  mihi 

meoque  monasterio  iusto  videlicet  pretio  minus  centum  solidis  (0  affor- 
tiatorum; quod  sì  emere  noluerimus,  detis  nobis  centum  solidos  prò  con- 
sensu  et  vendatis  tali  persone  que  nobis  placeat  sine  malitia.  13.  Nos 
autem  et  nostros  successores  defensuros  promittimus  ab  omni  homine 
si  opus  et  necesse  fuerit.  Si  qua  vero  pars  contra  fidem  huius  locationis 
venire  temptaverit  et  cuncta  que  dieta  sunt  non  observaverit,  et  si  ego 

14.  vel  successores  mei  que  suprascripta  sunt  non  defenderimus,  tunc 
det  pars  infìdelis  parti  fidem  servanti  prò  pena  suprascriptum  pretium 
duplum,  et,  soluta  pena,  hee  due  locationis  chartulae  uno  tenore 
conscripte    per    manum    Andr??    scriniarii    in    mense    et    indictione 

15.  suprascripta   prima   secundum   earum   tenorem  firme  permaneant. 

Signum  ^  manus  suprascrìpti  Nicolai  abbatis  venerabilis  mona- 
sterii Sanctae  Mariae  de  Cripta  Ferrata  huius  chartulae  rogatoris. 

^  E-]f(i)  Nr>toXa(o;  r^ouv-avo?  Kprxta  4>3ppa?  rirs-ypatj^a. 

Petrus  Urbis  prefectus.  Cencius  Fraiapanis  egregius  Romanorum 
consul.  Oddo  Fraiapanis  strenuus  Romanorum  consul.  Rainone  Fraia- 
panis nobilis  Romanorum  consul,  testes. 

Petrus  Obicionis  Petri  de  Leone  Romanorum  consul.  lacintus 
domni  papae  dapiferorum  magister.  Petrus  de  Attegia.  Petrus  Cencii 
de  Henrico,  testes. 

Johannes  Fraiapanis  Petrucii  de  Petro.  Petrus  Nicolai  de  Nonbolia. 
Ferrucius.  Johannes  Bonus  mariscalcus,  testes. 

Wiscardus.  Johannes  de  Biviano.  Nicolaus  de  Beneincasa.  Petrus 
Pandulfi.  Nicolaus  de  Demetrio  domni  papae  nepotes,  testes. 

Johannes  iudex  de  Scola  greca.  Johannes  Nicolai  iudicis.  Paulus 
scriniarius.  Bideroccus.  Nicolaus  lohannis  Boni,  testes. 

>J<  W  Ego  Andreas  scriniarius  sanctae  Romanae  Ecclesiae  et  sacri 
Lateranensis  palatii  compievi  et  absolvi. 

(a)  Le  parole  contenenti  la  determina:^ione  dei  confini  cominciando  da  a  primo  latere 
fino  a  Sancti  luliani  furono  aggiunte  posteriormente  e  con  inchiostro  diverso,  ma  da  prima 
mano,  su  lacuna  lasciata  nel  testo.  (b)  È  spesso  incerto  se  e  finale  debba  leggersi  ac  od  e 
(e)  SOI  (d)  Dall'  asta  orizsontale  della  croce,  qui  e  nella  invocazione    simbolica,  come 

in    tutti  i  documenti    di   questo    notaio,  pendono     le    lettere    A  ed  lì 


52  'P.  Jedele 


>Ji  xepoPTTepo;  (b)  Maxpvjvo;  (<^)  s-jp<{^6  (d)  >-p  Sa^a  e-^pa(}^a  >ì^  NyixoXao?  (e) 
•7?<1'*  ^  MapToXoaeo   s-^paij^a  >J< 

>J<  AapevTi  6oi..avou  ^  K[o<7|i.a(;]  )^  Itoaicp  >J<  Avtovio  (0  ^  Kovo 
irpePoite  >J<  XavToXou  (g)  V^  Aouxa  SoiaxoNo  >J<  repaaiao  >^  A^Spota 
(Aovaxo  >ì<  Zaxeo  >^  Noi5co[Xao(;]  Soiaxovo  po^TOU  (h)  ^  NotxoSviaou  Tvps- 
poiTB  ^  H-^vaTio  xpePoite  ^   BapxoXoaeo  (0. 

La[urentius].  Cosmas.  losef.  Antonius.  Cono  [presbite]  r.  Luca  dia- 
conus.  Gelasius.  Andreas  monacus.  Zacheus(k).  Nicola  diaconus  ...[Ni- 
cojdemus  presbiter.  Ignatiiis  presbiterio.  Bartolomeus. 

XXVII. 

115  3,  settembre  4. 

Lodo  arbitrale  pronunciato  da  Franco  di  Bonifazio  e  da 
altri  per  questione  di  confine  sorta  fra  Romano  de  Trotta, 
Seginetta  e  Dulchizza  sue  cognate. 

Originale  [A].  Questo  lodo  arbitrale  è  contenuto  in  un  pezzettino  di  pergamena  che 
fu  posteriormente  cucito  alla  pergamena  n. 


XIX. 


I.  In  nomine  Domini.  Nos  Francus  Bonifatii  et  Gregorius  Petri 
Labruti  et  Johannes  Stefani  vitulatoris,  electi  arbitri  2.  ex  compro- 
misso  pene  centum  solidorum  affortiatorum  (m)  a  Romano  de  Trocta 
et  a  Seginecta  et  Dulchi  3.  za  cognatis  eius,  laudamus  et  precipi- 
mus  te  Romanucium  tenere  et  habere  prò  tuo  a  con  4.  fìnio  seu 
via  que  descendit  a  vassca  usque  in  fractam  que  est  communemC")  inter 
te  et  Gregorium  Orrigecti,  5.  cum  tota  vassca  tua  propria  et  terra 
soda  quantum  huic  vassce  actinet,  et  in  alia  vassca  tufìnea  insta  eam 
6.  cum  terra  soda  ei  contingenti  :  iubemus  te  habere  tantam  partem 
quanto  tu  magis  ibi  vineam  possi  7.  des  quam  cognata  tua  (o)  vidua. 
Factum  anno  primo  domnì  Anastasii  IIII  pape,  indictione  .11.,  mensis 
septembris  die  .mi. 

(a)  Dopo  la  lettera  S  vi   è  una  macchia    d' inchiostro.    Voleva  forse  scriversi  £ta)CoP&? 
(b)    pò?    /«    aggiunto    neW  interlineo    inferiore.  (e)    La    seconda     7]     neW  interlineo. 

(d)   6Tp({/S /«  aggiunto  neW  interlineo  inferiore.  (e)  MrKoXaOJ  .?         (f)  Dopo  aVTOVlO 

sembra  vi  sia  un  i  .  Dovrà  leggersi  avTOVtoi .?  (g)  Incerto  il  X  (li)  La  lettura  è 

incerta,  essendo  qui  ed  in  altri  punti  di  queste  sottoscrizioni  V  inchiostro  quasi  del  tutto  sva- 
nito, (i)  È  incerta  la  z  .  È  poi  da  notare  che  su  alcune  di  queste  parole  come  su  TrpspOtTe 
si  notano  tracce   di   segni    che  non  so  se  siano  d' ahhreviaiione.  (k)  Nel  testo  leggo  sol- 

tanto Zache  (1)  pt)ri  (m)  Ad  affortiatorum  segue  la  parola  lauda  cancellata  da  prima 
mano.         (n)  Nel  testo  coem         (o^  Le  a  finali  delle  parole  cognata  tua  sono  su  rasura. 


Tabulariiifìt  S.  ^raxedis  ^^ 


XXVIII. 

II 60,  gennaio  23. 

Il  senato  di  Roma,  udito  il  parere  dei  giudici  della  città, 
pronunzia  una  sentenza  in  favore  di  S.  Prassede  contro  la 
chiesa  di  S.  Croce  in  Gerusalemme  per  il  possesso  di  alcuni 
terreni  posti  «  in  fundo  Pompeii  »,  nel  luogo  detto  «  ad 
«  Turrem  sine  fonte  ». 

Dubito  che  il  documento  scritto  in  elegante  minuscola  del  secolo  mi  sia  l'originale: 
le  sottoscrizioni  dei  giudici  della  città  non  sono  autografe,  ma  della  stessa  mano  del  testo 
che  considero  come  una  copia  contemporanea  [BJ.  Copia  da  B  in  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  209 
e  cod.  Vat.  lat.  7930,  e.  3.  Transunto  in  Van  De  Vivere,  ms.  cit.  e  nel  cod.  Barb.  lat.  2375, 
e.  253. 

Pierluigi  Galletti,  Del  primicero,  p.  317,  da  B.  Ho  pubblicato  il  facsimile  del  docu- 
mento néW" Archivio  paleografico  italiano,   Monumenti  paleografici  di  Roma,  voi.   II. 

I.  ^  In  nomine  Patris  et  Filii  et  Spiritus  sancti,  amen.  Anno  ab 
incarnatione  domini  nostri  2.  lesu  Christi  millesimo  centesimo  sexa- 
gesimo.  Nos  senatores  a  reverendo  atque  magnifico  3.  populo  Ro- 
mano prò  pace  infra  Urbem  et  extra  manutenenda  et  singulis  sua  iu 
4.  stitia  tribuenda,  in  novo  consistorio  Senatus  annuatim  in  Capitoli© 
constitu  5.  ti,  audientes  murmurationem  et  conquestionem  religio- 
sorum  canonicorum  ecclesi?  6.  Sanct?  Praxedis  quam  nobis  adversus 
canonicos  ecclesi?  Crucis  que  et  Iherusalem  dicitur,  faciebant,  dicentes 
7.  se  non  debere  in  ius  vocari  neque  illis  ad  respondendum  cogi  de 
terris  in  fundo  Pompeii  positis  in  loco  8.  qui  dicitur  ad  Turrem 
sine  fonte,  super  quibus  canonici  ecclesi?  Sanct§  Crucis  nobis  adversus 
illos  proclamave  9.  rant,  et  a  nobis  in  curia  Senatus  eis  respondere 
coacti  erant,  visis  actis  publicis  quibus  senten  io.  tiaC^)  earundem 
terrarum  a  donmo  papa  Eugenio  prò  ecclesia  Sanct?  Praxedis  contra 
ecclesiam  Sanct?  1 1 .  Crucis  edita,  denotata  erat  iamque  dict?  ecclesi? 
Sanct?  Praxedis  canonicis  exceptione  12.  rei  iudicate  a  summo  pon- 
tifice  atque  ecclesiarum  omnium  iudice  se  tuentibus,  optimos  13.  et 
illustres  Urbis  iudices  Petrum  primicerium,  Robertum  primum  defen- 
sorem,  Gregorium  dati  14.  vum,  Philippum  sacellarium,  Petrum  de 
Rubeo  et   Landulfum   dativos  ad  consilium    no  15.  bis  super  hac 

causa  fideliter  sicut  Senatui  iuraverant,  prebendum,  convocavimus  et 
pru         16.  dentem  consenatorem  nostrum  Nicolaum  lohannis  Granelli 

(.1)  Nel  testo    sente  I lentia 


54  T.  Jedele 


ad  illud  diligenti  perscrutatione  17.  suscipiendum  nobisque  referen- 
dum cum  eis  posuimus.  Qui  omnibus  eorum  rationibus,  ut  eo  1 8.  rum 
sapientia  titillabat,  sollerte  perspectis,  tale  consilium  nobis  dederunt.  In 
nomine  19.  Domini.  Nos  iudices  Petrus  primicerius,  Robertus  pri- 
mus  defensor,  Gregorius  dativus,  Phi  20.  lippus  sacellarius,  Petrus 
de  Rubeo  dativus  et  Landulfus  dativus  tale  consili  21.  um  domnis 
senatoribus  damus.  Ut  ecclesia  Sanct?  Crucis  volens  agere  de  posses- 
sione terra  22.  rum,  unde  fuit  actum  in  presentia  pap?  Eugenii, 
ulterius  non  audiatur,  quia  obstat  23.  ei  exceptio  rei  iudicat?.  Si 
vero  de  proprietate  agere  voluerit,  audiri  tantum  de  24.  bet  apud 
successorem  eius  qui  de  possessione  cognovit.  Relato  igitur  nobis  tan- 
torum  sa  25.  pientium  per  prefatum  consenatorem  nostrum  Consilio, 
et  etiam  in  scriptis  nobis  ostenso  vene  26.  rabiles  canonicos  ecclesia 
Sanct^  Praxedis  eorumque  successores  in  perpetuum  ab  omni  mo 
27.  lestia  et  inquietatione  seu  petitione  possessionis  illarum  terrarum 
iuxta  supra  dictorum  28.  sapientium  consilium,  liberos  et  quietos 
fore  decrevimus,  et  ut  numquam  a  nobis  aut  ab  ali  29.  is  per  tem- 
pora senatoribus  in  ius  propter  hoc  vocentur  aut  respondere  cogantur, 
presentes  30.  reverendi  Senatus  apices  eis  fieri  iussimus.  Et  ego 
supra  dictus  Nicolaus  senator  31.  ab  aliis  senatoribus  delegatus, 
cancellarlo  sacri  Senatus  ut  supra  scriptum  est  32.  ad  perpetuam 
stabilitatem  scribere  mandavi,  sub  pena  .1111.  librarum  auri,  si  contra 
33.  hoc  clerici  Sanct?  Crucis  venire  presumpserint,  dimidia  Senatui  et 
dim[idia]  34.  ecclesi?  Sancte  Praxedis  componenda,  et,  soluta  pena, 
hec  carta  firma  sit  semper.  Actum  35.  .xvi.  anno  restaurationis 
Senatus,  indictione  .vili.,  mensis  ianuarii  die  .xxiii.  36.  Capitolio, 
in  curia  Senatus. 

Ego  Mardo  protoscrinius  iudex  laudo  et  confirmo. 

Ego  Paulus  dativus  iudex  iuste  datum  consilium  approbo. 

Ego  Gregorius  de  primicerio  archarius  iudex  iustum  consilium  datum 

ab  aliis  confirmo. 

XXIX. 

II 60,  ottobre  22. 

Siginetta,  figlia  di  Niccolò  di  Fogliano,  col  consenso 
dell'economo  di  S.  Prassede,  vende  a  Nicolò  «  Bucca  pilosa  » 
ed  a  sua  madre  Romana  l'utile  dominio  su  una  vigna,  fijori 
della  porta  Nomentana  nella  valle  di  S.  Prassede. 

Originale  [A].  Transunti  da  A  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  210,  nel  eoa.  ValHc.  T,  82, 
e.  110,  nei  codd.  Ottobon.  lat.  2553,  e.  937,  e  2559  F,  e.  126;  nel  ms.  Van  De  Vivere,  n.  2. 


Tabiilarium  S.  ^raxedis  55 


I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  mille- 
simo centesimo  sex  2.  sagesimo,  indictione  nona,  mensis  octubris 
die  .XXII.  Ego  quidem  Siginitta  3.  filia  Nicolay  de  Foliano,  hac  die 
propria  mea  voluntate,  cum  consensu  domni  Alberti  4.  iconomi  ve- 
nerabilis  ecclesie  Sancte  Praxedis,  vendo  et  publice  investiens  trado 
5.  atque  concedo  tibi  Nicolao  qui  vocaris  Bucca  pilosa,  et  Romane  tue 
matri  6.  vestrisque  heredibus  ac  successoribus  in  perpetuum.  Idest 
unam  petiam  et  unam  quartam  vinee  7.  cum  vasca  et  tino  com- 
muni, cum  introitu  et  exitu  suo  et  cum  omnibus  suis  pertinentiis, 
8.  positam  foris  Numentanam  portam  in  valle  Sancte  Praxedis,  inter  hos 
fines  :  a  primo  latere  tenet  9.  Romanus  de  Trotta,  a  secundo  latere 
tenet  vestra  ecclesia,  a  tertio  tenet  Bonus  filius  de  Al  io.  berto,  a 
quarto  latere  tenet  predicta  ecclesia.  Qualiter  michi  pertinet  per  loca- 
tionem  11.  a  predicta  ecclesia  Sanct?(»)  Praxedis,  taliter  vobis  vendo 
prò  triginta  solidis  probisinorum  (b)  12.  quos  vos  michi  dedistis.  Ita 
ut  ab  ac  bora  licitum  sit  vobis  in  ea  introeundi(0,  tenendi,  13.  fruendi, 
possidendi  et  secundum  tenorem  mee  locationis  vendendi  et  faciendi 
quicquid  14.  volueritis  in  perpetuum.  Et  omni  anno  reddatis  pre- 
dicte  ecclesie  quartam  partem  totius  vini  1 5 .  mundi  et  aquati  quod 
exinde  habueritis,  et  non  detis  eideni  ecclesie  vascaticum,  16.  et 
servitores  ecclesie  non  dimittant  vobis  musti  W  mundi  unciam.  Et  detis 
unum  ca  17.  nistrum  plenum  de  uvis  per  petiam  qui  (e)  sit  duos 
palmos  in  fundo,  quinque  in  circuitu  18.  et  unum  altum,  et  omnia 
alia  adinpleatis  et  persolvatis  predicte  ecclesie  queniad  19.  modum 
in  cartula  me?  locationis  continetur  et  legitur.  Et  promitto  20.  de- 
fendere vobis  ab  omni  homine  si  opus  fuerit;  quod  si  non  fecero  vel 
noluero  aut  21.  non  potuero,  componam  vobis  prò  poena  predictum 
pretium  duplum,  et,  soluta  poena,  cartula  22.  hec  firma  permaneat. 
Quam  scribere  rogavi  Oddonem  scriniarium  in  mense  et  indictione 
suprascripta  nona. 

lohannes  de  Stephano,  testis. 

Rainaldus  rialarius,  testis. 

Petrus  laquintelli,  testis. 

Romanus  de  Trotta,  testis. 

Cono  lohannis  Rubei,  testis, 

lohannes  Rainaldi,  testis. 

Rainucius,  testis. 

>J<  Ego  Oddo  scriniarius  sanct?  Romane  Ecclesi?  compievi  et  absolvi. 


(a)  A  sancte  precede  la  sillaba  ta  cancellala.         (b)  Nel  testo  ^bins  (e)  Nel  lesto 

introend  (d)  i  corretto  da  u  (e)  (j 


S6  T.  fedele 


XXX. 

1162,  marzo  11. 

Ubaldo,  priore  di  S.  Prassede,  concede  in  enfiteusi  per- 
petua a  Giovanni  «  de  Marmanno  »  una  vigna  fuori  della 
porta  Nomentana  «  ad  Aquam  Tuzziam  ». 

Originale  [A].  Transunti  da  A  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  210,  nel  cod.  Vallic.  T,  82, 
e.   55,  nel  cod.  Barb.  lat.  2375,  e.  254. 

Le  sottoscrizioni  in  minuscola  sono  di  mano  del  notaio. 

I.  [STJ  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  mille- 
simo centesimo  2.  sexagesimo  secando,  indictione  .x.,  mensis  martii 
die  .XI.  Ego  quidem  domnus  3.  Obaldus  Dei  gratia  prior  venera- 
bilis  canonice  Sanct?  Praxedis  cum  consensu  cano  4.  nicorum  eius- 
dem  ecclesie  hac  die  propria  mea  voluntate  do  atque  concedo  et  5 .  loco 
-tibi  lohanni  de  Marmanno  tuisque  heredibus  ac  successoribus  in  per- 
petuum.  Idest  6.  unam  petiam  vince  vel  si  plus  est  cum  vasca  com- 
muni, cum  introitu  et  exitu  suo  et  7.  cum  omnibus  suis  pertinentiis. 
Posita  extra  portam  Numentanam  ad  Aquam  Tuzziam,  inter  hos 
8.  fines:  a  primo  latere  tenent  Fericoste  et  Petrus  Cencii,  a  secundo 
Bucca  pilosa,  9.  a  tertio  Petrus  Scannacaballi,  a  quarto  latere  Roma- 
nus  de  Trotta;  iuris  io.  nostre  canonice.  Ad  tenendum, meliorandum 
et  sicut  dictum  est  perpetuo  fruatis  et  possideatis  ;  1 1 .  et  prò  dimidia  de 
predicta  petia  que  fuit  lohannis  Rainaldi  dedisti  michi  12.  quinque 
solidos  probisinorum  (a)  quos  uxori  supradicti  lohannis  dedi  prò  refuta- 
tione  quam  13.  michi  fecit.  Et  in  ista  (*')  proxima  vindemia  nichil 
detis,  in  sequenti  14.  vindemia,  et  deinde  omni  anno  temporis  (e) 
vindemiarum  reddatis  nobis  15.  quartam  totius  vini  mundi  et  aquati, 

quod  exinde  habueritis.  16.  Et  si  ibi  inveneritis  aurum,  argentum, 
aliquem  metallum  sive  bonum  la  17.  pidem  valens  W  plus  quam 
.XII.  denarii  papienses,  desuper  detis  nobis  medietatem.  Et  si  18.  per 
ostem  publicum  vel  irritum  aut  celi  plagam  in  desertum  ierit,  in  spa 
19.  tium  trium  annorum  allevetis;  quod  si  non  feceritis,  nobis  redda- 
tur(e).  Et  nulli  alii  20.  ecclesie  aliquo  modo  detis  nisi  nostre,  et  si 
vendere  volueritis,  prius  nobis  vendetis  minus  .xxx.  denariis  21.  pa- 
piensibus  ad  rationem  de  petia.  Quod  si  sic  comparare  ,22.  noluerimus, 
detis  nobis  predictum  comminus,  et  vendatis  eam  tali  persone  quamC*^) 


(a)  Nel  testo  f)bins  (b)  st  di  ista  corretto  su  altre  lettere.  (e)   Cosi  nel  lesto. 

(d)  vai         (e)  reddatis  ?    Nel  testo  rect 


Tabiilarìum  S.  ^raxedis  57 


23.  nobis    placcai    sine    malitia,   et    omnia   qua    dieta   sunt    nobis  ob 

24.  servet.  Nos  autem  et  nostri  successores  defendamus  eam  vobis  ab 
omni  25.  homine,  si  opus  fuerit.  Si  qua  vero  pars  centra  fidem 
26.  huius  cartule  venire  voluerit,  componat  alteri  parti  fidem  27.  ser- 
vanti poene  nomine  .xx.  solidos,  et,  soluta  poena,  cartula  28.  hec  firma 
permaneat.  Quam  scribere  rogavi  Oddonem  scriniarium  29,  san- 
ct?  Romane  Ecclesi?  in  mense  et  indictione  suprascripla  .x.  30.  Si- 
gnum  ^  manus  predicti   ♦  *  (^)  huius  cartule  rogatoris. 

Beraldus,  testis. 

Romanus  de  Trotta,  testis. 

Nicolaus  de  Goccio,  testis. 

Atticiolus,  testis. 

Rusticus  eius  fi-ater,  testis. 

Ovicio  de  Pagano,  testis. 

v^  Ego  Oddo  C')  scriniarius  sancte  Romane  Ecclesie  compievi  et  absolvi. 


XXXI. 

1163,  ottobre   14. 

Sentenza  data  da  Roberto,  primo  difensore,  e  da  Paolo, 
giudice  dativo,  in  favore  di  Tebaldo  «  Oddonis  Lotha- 
((  rii  »,  contro  Saturnino  per  il  possesso  di  un  casale  posto 
«  in  Gorsano  ». 

Originale  [AJ.  Transunti  da  A  nel  eoa.  Vat.  lat.  7928,  e.  iii;  nel  cod.  Vallic. 
T,  82,0.41;  nei  codd.  Ottobon.  lat.  2548  B.c.  263  625590,  e.  31;  nel  ms.  Van  De  Vi- 
VHRE,   n.   4. 

Pierluigi  Galletti,   Del  primicero,  p.   324,  da  A. 

I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo 
centesimo  sexagesimo  tertio,  anno  vero  quinto  pontificatus  dompni 
Victoris  quarti  pape,  2.  indictione  .xii.,  mense  octubris  (^),  die  .xml. 
Quoniam  que  jnter  homincs  aguntur,  lassù  temporum  ac  rerum  varie- 
tale oblivioni  [t]ra[duntur],  3.  nisi  que  aguntur,  in  scriptis  redi- 
gantur,  idcirco  ego  Henricus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  pre- 
cepto  adque  mandato  subscriptorum  4.  iudicum,  videlicet  Roberti 
primi  defensoris  et  Pauli  Gregorii  de  Parentio  dativi  et  Landulphi 
iudicis  qui  ex  parte  Saturni[ni]  5.  advocatus  fuit,  sententiam  a  pre- 
dictis  iudicibus  datam  de  litigio  quod  fiiit  Inter  predictum  Sàturninum 
et   Tebaldum  Oddonis           6.  Lotharii  de  quoddam    casale   posilo  in 

(a)   Lacuna  nel  testo.         (b)  Oddo  in  monogramma.  (e)  octut"» 


58  T.  Jed&le 


Corsane  in  scribtisW  redigere  et  ad  perpetuam  memoriam  mandare 
curavi.  7,  Que  sententia  talis  est.  Nos  iudices,  Robertus  primus  de- 
fensor et  PaLilus  dativus,  consensu  Landulphi  8.  iudicis  in  hac  causa 
advocati,  absolvimus  Tebaldum  Oddonis  Lotliarii  a  petitione  tertie 
partis  unius  9.  casalis  positi  in  Corsano,  et  fructuum  eius,  quam 

ad  versus  eum  C^)  exercuit  Saturninus  qui  asserebat  io.  suam  loca- 
tionem  esse  factam  ab  ecclesia  Sancti  lohannis  ante  portam  Latinam 
presente  »  *  (0  archipresbitero  1 1 .  predicte  ecclesie  Sancti  lohan- 
nis. Datum  (.^)  anno  dominice  incarnationis  millesimo  centesimo  sexa- 
gesimo  tertio,         12.  indictione  .xii.,  mense  octubris  (e),  die  .v. 

Thomas  de  Violata  (0,  testis. 

Nicolaus  de  Alberto,  testis. 

Gualterius  Rainaldi,  testis. 

Johannes  Rodulfi,  testis. 

Cencius  de  Benedicto,  testis. 

Ego  Henricus  (g)  Oddonis  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  scribsi, 
compievi  et  absolvi. 

XXXII. 

1 164,  febbraio  14. 

Vieta,  vedova  di  Sisto,  riceve  da  Ugo,  priore  di  S.  Pras- 
sede,  alcune  somme  di  danaro  in  nome  di  suo  figlio  Al- 
bertino di  cui  è  nominata  curatrice. 

L' originale  [A]  non  è  più  nell'  archivio  di  S.  Prassede.  Da  A  trassero  copia  il 
Galletti  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  212  [B]  ed  il  Bianchini  nel  cod.  Vallic.  T,  82, 
e.  67  [C].   Pongo  a  base  dell'edizione  B  confrontandolo  con  C. 

In  nomine  Domini.  Qualiter  enim  Wicta  de  Sisto  dudum  coniux 
est  instituta  curatrix  (h)  Albertino  filio  suo  (0  et  Sisti  istis  litteris  (k) 
bene  cognoscitur.  Predicta  namque  Wicta  postquam  senatusconsulti  (0 
renuit  auxilium,  et  se  a  secundis  nubtiis  abstinere  promixit,  Petrus  de 
Bona  (™)  dativus  iudex  heam  legis  actoritate  (")  et  suo  officio  Albertino 
suo  filio  legitimam  curatricem  (o)  instituit.  Cui  dominus  Ugo  Sancte  Pra- 
xedis  (p)  prior,  visis  domini  Hubaldi  Velletrensis  episcopi  licteris  eius 
mandato    ad   utilitatem  iam  dicti    sui  filli  in  presentia  (q)  suprascripti 

(a)  Cosi  nel  testo.  (b)  eum  su  rasura.  (e)   Lacuna  nel  testo  di  circa  olio  lettere. 

(d)  Dat  (e)  octub  (f  )  Cosi  nel  testo,  da  correggersi  forse  in  Via  Lata  (g)  Hen- 
ricus in  monogramma.  (h)  C  tutrix  (i)  C  suo  filio  (k)  C  liteteris  (1)  B  Se- 
natus  consultius  (m)  C  bone  (n)  Cosi  in  B  e  C  (o)  C  tutricem  (p)  C  san- 
ctae  Prassedis         (q)  C  praesentia 


Tabularium  S.  'Vraxedis  59 


iudicis  et  aliorum  honorum  virorum,  videlicet  domini  Gregorii  San- 
ai Clementis  archipresbiteri  et  domini  Berardi  Gregorii  de  Octaviano 
de  Tuscolo  (•'')  et  domini  Guttifredi  {^)  vicedomini  et  domini  Britii  ar- 
chipresbiteri Sancti  lohannis  et  presbiteri  lohannis  de  Sancto  Stefano 
et  Capitonis  et  lohannis  Landonis  Signini  (e),  .vii.  uncias  auri  et  tres 
partes  et  duas  carrubias  W  alterius  uncie  de  auro  tradidit  et  dedit. 
Que  fideliter  dictum  aurum  curare  promixit  data  pace  nomine  fidei 
suo  fìHo  sub  stipulatione  .x.  hbrarum  proveniensium  legitime  facta. 
Insuper  ad  suam  utilitatem  .xl.  solidos  lucenses  et  duas  uncias  auri 
minus  uno  tari  (e),  sicut  Sistus  quondam  suus  vir  in  dispositione  suo- 
rum  honorum  precepit,  dedit.  De  omnibns  enim  que  superius  legitur 
prefatum  priorem  prò  se  et  prò  priore  Sancte  Marie  Nove  quietum 
vocavit. 

Ego  Johannes  Berardi  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  ut  ante  me 
factum  est  et  (0  in  conspectu  suprascriptorum  (g)ita  prout  potui,  scripsi. 
In  indictione  .xii.,  mensis  februarii  die  .xiiti.  ei  anno  .m.c.lxiiii. 

XXXIII. 

1165,  agosto  30. 

Gregorio  fabbroferraio  e  la  moglie  Sergia,  col  consenso 
del  priore  di  S.  Prassede,  vendono  a  «  Tinioso  de  Spi- 
«  nanculo  »  l'utile  dominio  su  una  vigna  fuori  della  porta 
di  S.  Lorenzo   «  ad  Aquam  Tuzziam  » . 

Originale  [A],  Transunti    da  A    nel  eoa.   Vat.  lat.   7928,   e,    213;    nel    cod.   Vaijic. 
T,  82,  e.   53;  nel  cod.  Ottobon.  lat.  25$3,  e.  816;  nel  ms.   Van   De  Vivere,  n.   3. 
Le  sottoscrizioni  sono  in  minuscola,  di  mano  de!   notaio. 

I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  sextopontificatusdomni  Alexan- 
dri  tertii  papae,  indictione  .xiii.,  2.  mensis  augusti  die  .xxx.  Ego 
quidem  Gregorius  ferrarius  insimul  cum  Sergia  uxore  mea  3.  hac 
die  propria  nostra  voluntate  cum  consensu  domni  Uvonis  prioris  San- 
cte Praxedis  vendo  et  trado  tibi  Ti[nio]s[o]  4.  de  Spinanculo  tuisque 
heredibus  in  perpetuum.  Idest  unam  petiam  et  squadratam  vinee  cum 
vasca  et  tino  et  vasca  5.  rio,  in  qua  vasca  hcitum  sit  uxor  Mar- 

manni  solummodo  C^)  vindemiare,  cum  introitu  et  exitu  suo  et  cum 
6.  omnibus  suis  pertinentiis.  Posila  foris  portam  Numentanam  ad  Aquam 
Tuzziam,  inter  hos  fines:  a  primo  latere  tenet  uxor         7.  Marmanni, 

(a)  B  Tuscula         (b)   B  Gueifredi         (e)  C  Signi  (d)  Cosi  in  B  e  C  (e)  B 

force         (t)  In  B  manca  et  (g)   C  supradictoruni  (h)  solum 


6o  T.  Jedele 


ab  aliis  lateribus  tenet  predicta  ecclesia.  Qualiter  nobis  pertinet  taliter 
tibi  vendimus  prò  8.  quinquaginta  solidis  probisinorum  (a)  quos  nobis 
dedisti,  ita  ut  ab  ac  bora  licitum  sit  tibi  in  eam  9.  intrandi,  te- 

nendi,  fruendi  et  secundum  tenorem  mee  locationis  vendendi  et  faciendi 
quicquid  volueris  io.  in  perpetuum.  Et  omni  anno  reddatis  pre- 

dicte  ecclesie  quartam  totius  vini  mundi  et  aquati  quod  exinde  1 1 .  ha- 
bueritis  et  unum  canistrum  plenum  de  uvis  per  petiam  qualem  (t")  alii 
quartarini  ibidem  nobis  12.  reddunt,  et  omnia  alia  adinpleatis  et 

persolvatis  predicte  ecclesi?  quemadmodum  in  cartula  13.  mee  lo- 
cationis continetur  et  legitur.  Et  promittimus  defendere  vobis  ab  omni 
homine  14.  si  opus  fuerit;  quod  si  non  fecerimus  vel  noluerimus 
aut  non  potuerimus,  componamus  tibi  prò  poena  predictum  15.  pre- 
tium  duplum,  et,  soluta  poena,  cartula  hec  permaneat  firma.  Quam 
scribere  rogavi  Oddonem  16.  scriniarium  sanct?  Romane  Ecclesi? 
in  _  mense  et  indictione  suprascripta  .xiii.  17.  Signum  >J<  >J<  manus 
predìcti  Gregorii  et  Sergie  huius  cartule  rogatorum, 

Bonifatulus,  testis. 

Johannes  Bonus,  testis. 

Guerro  frater  eius,  testis. 

Johannes,  testis. 

^  Ego  Oddo  i<^)  scriniarius  sanct?  Roman?  Ecclesi?  compievi  et  absolvi. 


XXXIV. 

1171,  luglio  13. 

I  figliuoli  di  Oddone  «  de  Gregorio  »  rinunziano  in  fa- 
vore di  S.  Prassede  e  di  S.  Giovanni  a  porta  Latina  ad 
ogni  diritto  sulle  terre  poste  in  S.  Primo  o  nel  territorio 
((  de  Ose  )),  ricevendone,  per  transazione,  trenta  soldi  di 
provisini. 

Originale  [A].  Copia  da  A  di  mano  del  Garampi  nel  cod.  Vat.  lat.  7926,  e.  244. 
Transunti  da  A  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  213;  nel  cod.  Valile.  T,  82,  e.  131  ;  nei  codd. 
Ottobon.  lat,  2549,  C,  e.  1021  ;  2553,  S,  e,  289  ed  altrove;  nel  cod.  Barb.  lat.  3221,  e.  30, 
nel  ms.  Vak  De  Vivere,  n.   3. 

I.  [S  T]  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  mille- 
simo centesimo  septuagesimo  primo,  indictione  quarta,  mensis  iulii  (A) 
die         2.  .XIII.  Nos  quidem  fratres  scilicet  Obicio  tam  prò  me  quam 

(a)  Nel  testo  ^bins         (b)  qual         (e)  Oddo  in  monogramma.  (A)  ms  iul 


Tabularium  S.  T^raxedis  6i 


prò  Petro  fratre  meo  cuius  in  hac  re  negotium  gero,  et  Gregorius 
3,  tam  prò  me  quam  prò  Andrea  fratre  meo  cuius  curator  sum  datus 
ei  a  donino  Guillielmo  (»)  iudice  dativo,  et  una  cum  4.  ipso,  omnes 
filii  quondam  Oddonis  de  Gregorio,  propria  et  spontanea  nostra  bona 
voluntate,  in   presentia  dicti  ìudicis  et  5.  eius  decreto   et  actori- 

tate(t')  causa  transactionis  renuntiamus  et  refutamus  vobis  donino 
6.  lohanni  priori  venerabilis  tituli  Sancte  Praxedis  ad  opus  et  utili- 
tateni  tue  ecclesie  et  donino  Matheo  archipresbitero  7.  venerabilis 
ecclesie  Sancti  lohannis  ante  portam  Latinam  ad  opus  et  utilitatem 
tue  ecclesie  vestrisque  successoribus  in  perpetuum.  8.  Idest  omneni 
litem  sive  petitionem  quam  centra  vos  vel  ecclesias  vestras  fecimus 
vel  facere  potuimus  9.  de  toto  lenimento  terrarum  vestrarum  ec- 
clesiarum,  quod  tenimentum  terrarum  prephate  vestre  ecclesie  habent 
IO.  in  territorio  quod  ('-")  vocatur  Sanctus  Primus  sive  territorio  de 
Ose,    et   de  omnibus   fructibus  et  successionibus  11.  earumdem 

terrarum.  Pro  eo  quod  vos  prò  iam  nominatis  vestris  ecclesiis  nomine 
transactionis  1 2.  in  presentia  dicti  iudicis  et  eius  decreto  et  actoritate  C^) 
et  coram  subscriptis  testibus  13.  et  notarlo  dedistis  nobis  prò  no- 
bis  et  predicto  Petro  fratre  nostro  triginta  solidos  proveniensium  (J), 
14.  tu  prior  prò  tua  ecclesia  viginti  solidos,  et  tu  archipresbiter  prò 
tua  ecclesia  deceni  solidos.  1 5 .  Et  hinc  in  antea  vos  vestrique  suc- 
cessores  sitis  securi  quieti  pacifici  et  16.  tranquilli,  et  per  vos  ipse 
vestre  ecclesie  in  perpetuum.  Et  ncque  a  nobis  neque  a  predicto 
17.  fratre  nostro  Petro  neque  ab  heredibus  ac  successoribus  nostris 
neque  etiam  ab  ulla  persona  18.  a  nobis  summissa  exinde  habe- 

bitis  (e)  questionem  aut  calupniam,  set  nos  tam  19.  prò  nobis  quam 
prò  Petro  fratre  nostro  et  prò  nostris  et  eius  heredibus  promittimus 
vobis  vestrisque  20.  successoribus,  ad  opus  et  utilitatem  vestrarum 
ecclesiarum,  hanc  refutationem  perpetuo  firmani  21.  habere,  et  si 
contra  hanc  refutationem  venire  temptaverimus,  componamus  vobis 
vestrisque   successoribus  22.  et   vestris    eclesiis  prò  pena  dictani 

pecuniam  duplam,  et,  soluta  pena,  cartula  hec  firma  23.  permaneat. 
Quam  scribendam  rogavi  Nicolaum  scriniarium  sancte  Romane  Ec- 
clesie 24.  in  mense  et  indictione  suprascripta  .1111.  Preterea  ego 
Obicio  prò  dicto  Petro  et  ego  Gregorius  25.  prò  predicto  Andrea 
cuius  curator  sum,  promittimus  vobis  prò  dictis  vestris  26.  ecclesiis 
quod  si  de  predictis  -rebus  ab  eis  litem  vos  vel  vestri  successores  ha 
27.  bueritis  et  hanc  refutationem  ratam  (O  non  habuerint,  et  in  dani- 
pnum  inde  incideritis  (g),         28.  liceat  vobis  vestrisque  successoribus 


(a)  Guil         (h)  Cosi  nel  testo.  (e)  (J  (d)  f»vcnien^  (e)  hab  (f)  Nr/ 

testo  ratum        (g)  7cid 


T.  Jedele 


totum   dampnum  vendicare  in  bonis  nostris  et  29,  heredum  no- 

strorum.  Signum  ^  manus  dicti  Obicionis  tam  prò  se  quam  prò  dicto 
Petro,  et  dicti  30,  Gregorii  tam  prò  se  quam  prò  dicto  Andrea, 

rogatorum  cartule  huius  . 

Romanus  Bobonis,  testis.  Romanus  lohannis  Cencii,  testis. 

Bobo  de  Fusco,  testis.         Petrus  Seniorilis,  testis. 

Bartolomeus  Girardi  de  Clara,  testis. 

ST]  Ego  Nicolaus  scriniarius  sancte    Romane   Ecclesie  compievi  et 
absolvi. 

XXXV. 

II 74,  dicembre  28. 

Rufinello,  figlio  di  Niccolò  «  de  Ardino  »,  col  consenso 
di  Rogata  sua  moglie  e  del  priore  di  S.  Prassede,  vende  a 
Giovanni  Mancino  l'utile  dominio  di  una  vigna  fuori  della 
porta  Nomentana  «  super  Aqua  Tutia  ». 

Originale  [A].  Transunti  da  A  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  214;  eoa.  Valile.  T,  82, 
e.   37;  codd.  Ottobon.  lat.  2553,  e.  421  e  2559  F,  e.   157. 

I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  sexto  decimo  pontificatus 
domni  Alexandri  tertii  pape,  indictione  octava,  mense  decembris  (0, 
die  .XXVIII.  Ego  quidem  2.  Rufinellus  filius  quondam  Nicolai  de  Ar- 
dino, hac  presenti  die  propria  et  spontanea  mea  bona  voluntatc,  pre- 
sente et  in  hoc  michi  consentiente  Rogata  uxore  3.  mea,  et  quan- 
tum ad  hanc  venditionem  C^)  refutante  omne  ius  pignoris  et  ypothece 
dotis  et  donationis  sue  et  omne  aliud  ius  quod  tacite  vel  expressim 
4.  in  subscriptis  rebus  habet,  et  refutante  adiutorium  senatusconsulti 
Vellaiani  (0  et  omne  aliud  iuris  auxilium  quo  contra  hec  utì  posset, 
et  5.  consentiente  in  hoc  michi  domno  lohanne  priore  venerabilis 
tituli  Sancte  Praxedis  cuius  iuris  subscripta  vinea  esse  dignoscitur,  et 
comminus  triginta  6.  denariorum  papiensium  prò  consensu  habente, 
vendo  et  publice  investiens  trado  adque  concedo  tibi  lohanni  Man- 
cino, tam  prò  te  quam  prò  Ste  7.  phania  germana  tua  et  prò  ve- 
stris  heredibus  ac  successoribus  in  perpetuum,  salvo  omni  iure  et  red- 
ditu  dicti   tituli   Sancte    Praxedis,    secundum  8.  tenorem    cartule 

pastinationis.  Idest  unam  petiam  vinee  cum  vassca  et  vasscali  propriis 
et  cum  puteo    commune    cum    lohanne  Bucca  9.  et  cum  altero 

(a)  deceb  (b)  vendi  di  venditionem  su  rasura.         (e)  Cosi  nel  testo. 


Tabularium  S.  ^raxedis  6} 


puteo  commune  cum  heredibus  Nicolai  Foliani  et  cum  introhitu  et 
exitu  suo,  et  cum  omnibus  suis  usibus  et  utilitatibus  ac  pertinentiis. 
IO.  Posita  extra  portam  Numentanam  super  Aqua  Tutia,  inter  hos 
fines:  a  primo  latere  tenet  lohannes  Bucca  iuris  Sancte  Praxedis,  a 
secundo  ii.  latere  tenet  Benedictus  Urselli  iuris  Salvatoris  i^)  de 
Surraca,  a  tertio  latere  tenet  Petrus  laquintelli  iuris  Sancte  12.  Praxe- 
dis, a  quarto  latere  est  viculus  publicus.  Pro  quadraginta  solidis  pro- 
visinorum  quos  a  te  recepi  prò  te  et  prò  dieta  Stepha  13.  nia  (i^) 
sorore  tua,  recepi  coram  subscriptis  testibus  et  notarlo  prò  toto  pretio 
michi  valde  placabili  (e)  in  omni  vera  decisione.  14.  Ita  quod  hinc 
in  antea  licentiam  et  potestatem  habeatis  in  eam  intrandi,  tenendi, 
possidendi,  vendendi,  donandi,  commutandi  et  quicquid  exinde  15.  tibi 
tuisque  heredibus  ac  successoribus  placuerit  faciendi  in  perpetuum, 
salvo  omni  iure  et  redditu  diete  ecclesie  Sancte  Praxedis  16.  cui 

onmi  anno  tempore  vindemiarum  reddatis  quartam  partem  totius  muxti 
mundi  et  aquati  quod  17.  exinde    habueritis  et  unum   canistrum 

plenum  de  uvis  qualem('J)  alii  quartarini  ei  dant,et  detis  eidem  18.  ec- 
clesie duos  denarios  papienses  prò  vasscatico,  et  ipsa  ecclesia  dimittet 
tibi  quattuor  uncias   muxti   mundi  19.  de  communi    in  tino  sub 

vassca  (e),  et  omnes  alios  tenores  ipsi  ecclesie  adinpleatis  sicut  in  car- 
tula  pasti  20.  nationis  legitur.  Et  ego  tam  prò  me  quam  prò  meis 
heredibus  ac  successoribus  promitto  hanc  21.  venditionem  tibi  et 

suprascripte  sorori  tue  vestrisque  heredibus  ac  successoribus  perpetuo 
firmam  habere  et  22.  defendere  ab  omni  homine  si  opus  et  ne- 

cesse  fuerit.  Quod  si  non  fecero  vel  noluero  aut  non  potuero,  vel  si 
23.  ego  vel  mei  heredes  vel  ulla  persona  a  me  summissa  contra  hanc 
venditionem    venire  temptaverit,   conponam  24.  vobis   prò  pena 

dictum  pretium  duplum,  et,  soluta  pena,  chartula  hec  firma  permaneat. 
Quam  scribendam  25.  rogavi  Nicolaum  scriniarium  sancte  Romane 
Ecclesie  in  mense  et  indictione  suprascripta  .viii.  Signum  ^  manus 
26.  dicti  Rufinelli  et  Rogate  uxoris  sue,  rogatorum  cartule  huius. 

Pizzulus,  testis.  Ferro,  testis. 

Oddo  lohannis  Cesarii,  testis.  Petrus  Rainucii  Scannati,  testis. 

lohannes  Capolopo,  testis. 

[ST]  Ego  Nicolaus  scriniarius  sancte  Romane  Ecclesie  compievi  et 
absolvy. 


(a)  La  seconda  a  su  rasura.         (h)  ni  corretto  da  m         (e)  plac         (d)  qual        (e)  v 
e  la  seconda  s  di  vassca  furono  corrette  su  altre  lettere. 


64  "P.  Jedele 


XXXVL 

1176,  febbraio   io. 

Giovanni,  priore  di  S.  Prassede,  concede  in  enfiteusi 
perpetua  a  Rainardo  e  Nicola,  figli  di  Rambotto,  una  pezza 
di  vigna,  posta  entro  Roma  «  in  Divario  » . 

Originale  [A].  Transunto  da  A  nel  eoa.  Vallic.  T,  82,  e.  109  e  nel  cod.  Vat.  lat.  7528, 
e.    214. 

I.  [ST]^In  nomine  Domini.  Anno  septimo  decimo  pontificatus 
domni  Alexandri  tertii  pape,  indictione  nona,  mense  februarii  {^), 
die  .X.  Ego  quidem  2.  Johannes  Dei  gratia  prior  venerabilis  tituli 
Sancte  Praxedis,  hac  presenti  die  consensu  et  voluntate  canonicorum 
fratrum    meorum    eiusdem  3.  tituli,  scilicet  Rogerii    presbiteri  et 

Gregorii  presbiteri  et  Pascalis  et  Rolandi,  propria  et  spontanea  mea  bona 
voluntate  loco  et  concedo  vobis  Rai  4.  nardo  et  Nicolao  filiis  Q>) 
Rambocti  vestrisque  heredibus  ac  successoribus  in  perpetuum.  Idest  unam 
petiam  vinee  cum  quarta  parte  de  vassca  5.  et  vasscali  et  cum  intro- 
hitu  et  exitu  suo  per  viam  nostre  ecclesie  communem  vobis  et  Urbano  et 
Rambocto  et  lohanni  Maltadi  et  Uvolino  fratri  6.  eius,  quartarinis 
nostre  ecclesie,  usque  a  viculo  publico,  et  cum  omnibus  suis  perti- 
nentiis,  Rosita  intra  urbem  Romam  in  Bivario,  inter  hos  fines:  a 
primo  latere  tenet  7.  lohannes  Maltade  (0  cum  fratre  nostri  iuris, 
a  secundo  latere  tenet  lohannes  Laurenti,  a  tertio  latere  tenet  Oddo 
Nasopeco,  a  quarto  latere  tenet  Gi  8,  rardus  Oddonis:    iuris  do- 

minationis  (d)  nostre  ecclesie.  Ad  tenendum,  bene  laborandum,  cultan- 
dum,  propaginandum,  meliorandum  et  sicut  bone  vinee  decet  ad  per 
9.  fectum  perducendum  et  struendum  possidendumque  in  perpetuum. 
Et  hinc  in  antea  omni  anno  tempore  vindemiarum  vos  vestrique  here- 
des  ac  successores  io.  reddatis  nobis  nostrisque  successoribus  quar- 
tana partem  totius  muxti  mundi  et  aquati  quod  exinde  habueritis,  et 
quartam  partem  de  fructibus  1 1 .  arborum  et  unum  canistrum  de 

uvis  qui  sit  duos  palmos  in  fundo  et  unum  altum.  Et  si  ibi  inveneritis 
aurum,  argentum,  ferrum,  12.  plumbum  vel  aliud  aliquid  valens  (0 
plus  quam  .xii.  denarii  papienses,  medietatem  nobis  delis,  alia  me- 
dietas  vestra  sit.  Et  si  per  ostem  publicum  vel  irritum  seu  celi 
13.  plagam  in  desertum   ierit,  infra  triennium  eam  relevetis;  si  rele- 

(a)  ie.hr         (b)  A  filiis  segue  quondam  cancellato  da  prima  mano.  (e)  lohannes  m- 

su  rasura.         (d)  iurisdon  ;   iurisdictionis  ?         (e)  aliqd  vai 


Tabularium  S.  T^raxedìs  65 


vata  non  fuerit,  ad  nos  revertatur.  Et  si  in  uno  an  14.  no  negle- 
gentiam  laborationis  ibi  mìseritis,  si  in  sequenti  anno  non  restaurave- 
ritis,  in  tertio  anno  ad  nos  revertatur.  i>.  Et  nulli   alii   ecclesie 

aliquo  modo  detis  vel  rclinquatis,  nec  pio  loco  seu  potenti  persone, 
nec  ulli  alii  persone  vendatis  vel  pignoretis  16.  nisi  nobis  nostris- 
que  successoribus  in  eo  pretio  vel  mutuo  quod  exinde  ab  alio  habere 
poteritis,  comminusC»)  in  venditione  triginta    denariorum  17.  pa- 

piensium.  Si  sic  emere  vel  pignori  accipere  noluerimus,  detis  nobis  in 
venditione  predictum  comminus,  et  vendatis  vel  pignoretis  r8.  cum 
nostro  consensu  tali  persone  que  nobis  placeat  sine  malitia,  que  omnia 
que  vos  debetis,  nobis  adinpleat.  Et  nos  prò  nobis  et  nostris  sucesso- 
ribus  19.  promittimus  (t")  hanc  locationem  tibi  tuisque  heredibus  ac 
successoribus  perpetuo  firmam  habere  et  defendere  ab  omni  homine 
si  opus  et  20.  necesse  fuerit.  Si  qua  vero  pars  contra  fidem  huius 
cartule  venire  temptaverit,  conponat  alteri  parti  fidem  servanti  et  le- 
gitime  (0  stipulanti  21.  prò  pena  duas  uncias  auri,  et,  soluta  pena, 
cartula  hec  firma  permaneat.  Quam  scribendam  rogavi  Nicolaum  scri- 
niarium  sancte  22.  Romane  Ecclesie  in  mense  et  indictione  supra- 
scripta  .vini.  Sìgnum  ^  manus  dicti  domni  lohannis  prioris  consensu 
fratrum  rogatoris  cartule  huius. 

Cencius  Francucii,  testis.  Urbanus,  testis. 

Johannes  Maltade,  testis.  Uvolinus  frater  eius,  testis. 

[ST]  Ego  Nicolaus  scriniarius  sancte  Romane  Ecclesie  conpievi  et 
absolvy. 

XXXVII. 

II 77,  maggio  29. 

Giovanni,  priore  di  S.  Prassede,  concede  a  Romanuccio 
fino  alla  terza  generazione,  col  patto  di  miglioria,  una  casa 
posta  presso  la  chiesa  stessa. 

Originale  [A].  Transunti  da  A  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  215  ;  nel  eoa.  ValHc.  T,  82, 
e.   133  e  nel  ms.  Van  De  Vivere,  n.  3. 

Sul  verso  di  mano,  come  sembra,  dello  stesso  notaio  che  rogò  il  documento: 
■  Chartula  domus  Romanucii  » . 

I.  [ST]  In  nomine  Domini,  amen.  Anno  .xviii.  pontificatus  domni 
Alexandri  III  papae,  indictione  .x.,  mensis  madii  (J)  die  .xxviiii.  Ego 
quidem  lohannes  r         2.  eligiosus  prior  venerabili  (0  canonice  tituli 

(a)  coni         (b)  p  corretta  da  h         (e)  kg         (d)  m  mad         (e)  veni 
Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria,  ^^o\.  XXVIII.        5 


U  T,  fedele 


Sancte  Praxedis,  consensu  Gregorii  presbiteri  et  Candulfi  et  Orlandi 
presbiteris  (0  et  3.  aliorum    fratrum,    hac  die  nullo    nos    cogente 

ncque  contradicente  set  propria  spontaneàque  nostra  bona  voluntate 
ad  meliorandum  4.  locamus  et  concedimus  tibi   vero    Romanucio 

et  cuntis  tuis  legitimis  fìliis  et  nepotibus  natis  ex  legitimis  filiis  tuis 
tantum (t");  5.  quod  si  legitimos  filios  non  habueris,  dimittas  eam 

uni  persone  que  nobis  placeat  sine  malitia.  Idest  unam  domum  ter- 
rineam  carticineam  cum  introitu  6.  et  exitu  suo  et  cum  omni  sua 
pertinentia,  positam  prope  dictam  ecclesiam  Sancte  Praxedis,  inter  hos 
affines:  a  tribus  latéribus  7.  tenet  vestra  ecclesia,  a  quarto  vero 

latere  est  via  publica.  Qualiter  nobis  pertinet  iure  bereditario,  taliter 
8.  vobis  ut  dictum  est  locamus  (^")  in  tertia  generatione  i.^),  prò  eo  quia, 
cum  Deus  tibi  concesserit,  promisisti  eam  tegolis  (^)  coperire,  et  dedisti 
no  9.  bis  .XII.  dènarios  papienses  prò  ista  locatione,  et  promisisti 
nobis  dare  prò  pensione  omni  anno  in  festivitate  sancte  Praxedis 
IO.  duos  dènarios  papienses.  Si  in  primo  anno  non  dederitis,  in  se- 
cundo  duplicetis;  si  in  secundo  et  in  tertió  duplicare  11.  contem- 
pseritis,  in  quarto  a  locatione  cadatis.  Nulli  pio  loco  prò  anima  di- 
mittatis  vel  alieni  12.  aliquo   modo  detis  vel  vendatis  nisi  nobis 

iusto  pretio  minus  .xii,  denariis  papiensibus  (f )  ;  si  sic  emere  nolueri- 
mus,  13.  vendatis  tali  persone  que  nobis  placeat  sine  malitia,  dato 
nobis  comminu  (g).  Nos  autem  una  cum  nostris  14.  successoribus 
vobis  vestrisque  filiis  et  nepotibus  ab  omni  homine  defendere  promit- 
timus(h);  1 5. quod  si  non  fecerimus  vel  noluerimus,  vel  si  condu- 
ctor  aut  heredes  tui  cuncta  que  16.  dieta  sunt  non  observaveritis, 
componat  pars  infidelis  parti  .fidem  servanti  prò  pena  17.  .1.  auri 

unciam,  et,  soluta  pena,  hic  contractus  firmus  permaneat.  Quem  seri- 
bere  18.  rogavi  Gregorium  scriniarium  sancte  Romane  Ecclesie  in 
mense  et  indictione  suprascripta  .x.  Signum  19.  ^  manus  predicti 
rogatoris  huius  chartule.  Testes 

Petrus  laquintelli,  testis. 

Clemens,  testis. 

Berardus,  testis. 

Johannes  Berardi,  testis. 

Denerius,  testis. 

[ST]  Ego  Gregorius  scriniarius  compievi  et  absolvi. 


(a)  Cosi  nel  testo.  (b)  Segue  a  tantum  la  parola  Idest  cancellata  da  prima  mano. 

(e)  loc         (ti)  in  tertia  generatione /«  aggiunto  nelV interlineo  da  prima  mano.  (e)  tegot 

(f)  den    pap  (g)  com         (h)    Corretto  da  promisttimus 


Tabularium  S,  ^raxedis  6y 


XXXVIIL 

I  i8o,  marzo  26. 
Gregorio  «  de  Ceburrio  »  rinunzia  in  favore  di  S.  Pras- 
sede  ad  ogni  lite  per  il  possesso  di  due  parti  del  tenimento 
di  S.  Primo  che  si  chiamano  «  Vallis  Bona  »  e  «  Vallis  Pa- 
ce lumba  »,  ricevendone  a  titolo  di  transazione  dieci  soldi  di 
provisini. 

Originale  [A].  Copia  da  A  nel  cod.  Vallic.  T,  82,  e.  69.  Transunto  nel  cod.  Vat. 
lat.  7928,  e.   215. 

Sul  verso  di  mano  del  secolo  xiii  :  «  Cartnlam  refutationis  quam  fecit  Gregorius 
«  de  Ciburio  ». 

I.  [STJ.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  mille- 
simo centesimo  .lxxx.,  anno  .xxi.  domni  Alexandri  III  pape,  indi- 
cione  .XIII,  mense  martii  (a),  die  .xxvi.  2.  Ego  Gregorius  de  Ce- 

burrio hac  presenti  die  coram  domno  Petro  advocato  arbitro  nostro 
[ex  com]promisso  .  3.  pene  .xl.  librarum  provisinorum  propria  et 
spontanea  mea  voluntate  iure  transactionis  (t')  refuto  tibi  dompno  Pa- 
scali yconomo  venerabilis  4.  ecclesie  Sancte  Praxetis  et  per  te  ipsi 
ecclesie  reliquisque  clericis  qui  nunc  in  ea  sunt  et  perpetuo  erunt. 
Idest  omnem  litem  5 .  et  petitionem  quam  contra  vos  (>:)  et  pre- 

dictam  ecclesiam  feci,  petii  vel  petere  potui  de  duabus  partibus  totius 
6.  tenimentiW  a  Sancto  Primo  quod  tenetis,  et  dicitur  Vallis  Bona 
et  Vallis  Palumba,  nec  non  et  generaliter  7.  alio  quoquo  modo  usque 
in  odiernum  diem  quicquid  contra  vos  et  iamdictam  (e)  ecclesiam  tacite 
vel  expressim  8.  petere  possem  in  perpetuum  quicquid  de  iamdi- 

ctis(c)  duabus  partibus  iamdicti  tenimenti  aut  alio  quoquo  modo  ge- 
neraliter 9.  contra  monasterium  Cripte  Ferrate  petere  possem  usque 
in  odiernum  diem.  Eo  quod  coram  predicto  advocato,  scriniario 
IO.  et  testibus  subscriptis  accipio  a  te  iure  transactionis  (f)  decem  so- 
lidos  provisinorum,  et  me  bene  quietum  voco,  11.  et  amodo  quieti 
pacifici  vos  et  vestri  successores  et  predictum  monasterium  Cripte 
Ferrate  a  me  et  meis  12.  heredibus  perpetuo  maneatis.  Quam  re- 
futationem  et  omnia  suprascripta  prò  me  et  meis  heredibus  promitto 
13.  vobis  et  vestris(g)  successoribus  perpetuo  ratam  habere  et  contra 


(a)  ms  mart  (h)  Nel  testo  trasact  (e)  vos  corretto  da  te  (d)  //  primo  i 

f arreno  da  e         (e)  Nel  testo  iaclic  (f)  Nel  testo  trasac         (g)  vobis  et  vestris  corretto 

da  tibi    et  tuis 


68  T.  Jedele 


eam  non  venire,  set  defendere  14,  ab  omni  homine  si  opus  fuerit  ; 
quod  si  noluero  vel  non  potuero,  aut  contra  eam  venire  15.  vo- 

luero,  tunc  componam  vobis  prò  pena  dimìdiam  auri  libram,  et, 
soluta    pena,    hec    cartula    firma    permaneat  16.    in    perpetuum. 

Pacem  meam  nomine  bone  fidei  do  tibi  hanc  refutationem  et  omnia 
suprascripta  perpetuo  17.  rata  habere  et  contra  ea  non  venire  set 
defendere,  ut  dictum    est.  18.  Quam    scribere   rogavi    lohannem 

Scrofanum  sancte  Romane  Eccleste  scriniarium  19.  in  mense  et 
indictione  suprascripta  .xiii. 

Alexander  de  Ceuturio.         Nicolaus  Petri  advocatus  (a),  testis. 

Petrus  Glerus.  Ranerius,  testis. 

Ego  Johannes  Scrofani  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  compievi 
et  absolvì. 

I.  In  nomine  Domini.  Ego  Petrus  advocatus  electus  arbiter  ex 
compromisso  pene  .xl.  2.  librarum    provisinorum  a  dompno  lo- 

hanne  priore  Sancte  Praxetis  et  a  Gregorio  de  Ceburrio  de  lite 
3.  que  inter  eos  erat,  laudo  et  precipio  quod  dictus  Gregorius  refutet  C^") 
omnem  litem  4.  et  petitionem  quam  contra  ecclesiam  Sancte  Praxetis 
fecit,  seu  contra  monasterium  Cripte  5 .  Ferrate  de  duabus  partibus 
tenimenti  a  Sancto  Primo,  quod  dicitur  (0  Vallis  6.  Bona  et  Vallis 
Palumba,  et  generaliter  quicquid  contra  dictas  ecclesias  quoquo  modo 

7.  petere    posset,   et    dictus    prior    det    ei    .x.    solidos    provisinorum. 

8.  Datum  (A)  indictione  et  mense  et  die  suprascripta. 

XXXIX. 

1183,  febbraio  24. 

Romana,  vedova  di  Pietro  laquintello,  consentendolo  il 
priore  di  S.  Prassede,  vende  a  Niccolò  Zofo  l'utile  dominio 
su  una  vigna  «  in  Aqua  Tutia  » . 

Originale  [A],  Transunto  da  A  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  216;  eoa.  Vallic.  T,  82, 
e.  71;  cod.  Barb.  lat.   2375,  e.  253;  ms.  Van  De  Vivere,  n.  3. 

Sul  verso  di  mano  dello  stesso  notaio  che  rogò  il  documento  :  «  Vendicio  Rc- 
«  mane  » . 

I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  .mclxxxiii., 
regnante  domno  Frederico  serenissimo  Romanorum  imperato  2.  re 
et  semper  augusto  et  anno  eius  .xxvii.,  indictione  prima,  mense  fe- 
bruario,  die  .xxiiii.  Ego  quidem  Romana  uxor  quon  3.  dam  Petri 
laquintelli  cum  consensu  et  voluntate  domni  Bertraymi  prioris  ecclesie 

(a)  advoc         (b)  u  corretto  su  altra  lettera.        (e)  q,  dr         (d)  Dat 


Tabnlarium  S.  T^raxedis  69 


Sancte  Praxedis  et  fratruum  suorum,  et  nunc  prò  comminu  tibi  4.  dedi 
quinquaginta  duos  denarios  et  dimidium  papienses  (-i),  in  presentia  sub- 
scriptorum  testium  do,  cedo,  vendo,  et  publice  investi  5.  ens  cor- 
poraliter  trado  tibi  Nicolao  Zofo  tuisque  heredibus  ac  successoribus  in 
perpetuum,  salvo  iure  quarte  ecclesie  Sancte  Praxedis,  6.  ut  in 
chartula  locationis  legitur.  Idest  unani  petiam  et  squatratam  vince 
plus  minus   cum    vasca  et  vascario,    salvo  7.  tamen    iure    vinde- 

miandi  heredi  uxorìs  Marmandi,  cum  introytu  et  exitu  suo  omnibus- 
que   suis    pertinentiis  et  utilitatibus.    Posita  8.  in  Aqua  Tutia  in 

valle  Sancte  Praxedis  :  affines  (b)  eius  a  .1.  latere  Benedictus  Albanen- 
sis  iuris    diete    ecclesie,  a  .11.  Petrus  9.  de  Cencio  dicti  dominii, 

a  .III.  Johannes  Man^inus  iuris  diete  ecclesie,  a  .1111.  Theodorus,  Pro 
.XVIII.  solidis  provisinorum  quos  io.  a  te  recipio  coram  scriniario 
et  testibus  subscriptis,  prò  toto  pretio  michi  placabili  (0.  Et  ab  ho- 
diema  die  licenti  1 1 .  am  et  potestatem  habeas  in  eam  intrare,  te- 
nere, possidere,  vel  ex  ea  facere  quicquid  tibi  placet  C*^)  perpetuo,  salvo 
iure  diete  ecclesie  12.  ut  in  chartula  locationis  legitur.  Et  insuper 
ego  dieta  Romana  promitto  tibi  Nicolao,  quod  si  nepotes  mei  Pilosus 
et  13.  Grisantus  vel  aliquis  prò  eis  contra  hanc  venditionem  aliquo 
in  tempore  venire  voluerint,  eos  quiescere  faciam.  Quod  si  fa  14.  cere 
noluero  vel  non  potuero,  et  tu  vel  tui  heredes  aliquo  in  tempore  ali- 
quod  dampnum  per  eos  passi  fueritis,  vel  quocumque  alio  modo, 
15.  in  quantum  dampnum  fuerit,  tantum  duplum  vestra  auctoritate 
sine  proreclamatione  alicuius  eurie  in  mea  do  16.  te  vendieetis. 
Et  ego  tam  prò  me  quam  prò  meis  heredibus  promitto  tibi  tuisque 
heredibus  ac  successoribus  hanc   venditionem  ra  17.  tam  semper 

habere  et  contra  eam  non  venire,  set  defendere  ab  omni  homine,  si 
opus  et  neeesse  fuerit;  quod  si  contra  18.  facere  voluero,  compo- 
nam  tibi  legitime  stipulanti  tuisque  heredibus  pene  nomine  mediam 
auri  libram,  et,  soluta  pena,  chartula  19.  hec    permaneat    firma. 

Quam  seribendam  rogavi  Cinthium  Dei  gratia  sancte  Romane  Ecclesie 
seriniarium  et  medi  20.  cum,  in  mense  et    indictione    supradieta 

prima. 

Signum  ^  manus  predicte  Romane  huius  chartule  rogatricis. 

Ceneius  Sassonis,  testis. 

Nicolaus  Pinconis,  testis. 

Riecardus,  testis. 

[ST]  Ego  Cinthius  Dei  gratia  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  et 
medicus  compievi  et  scripsi. 

(.1)  dim  p.ip         (b)  Nfl  testo  due  f  tagliate  da  un  segno  di  abbreviatura.  (e)  plac 

(d)  pìac 


70  *P.  fedele 


XL. 


Urbano  III  accoglie  la  chiesa  di  S.  Prassede  sotto  l'apo- 
stolica protezione,  e  le  riconferma  i  suoi  possedimenti. 

Copia  del   1630  in  Narni,   archivio  Capitolare. 

P.  Kehr,  Nachtràgi  ;{u  den  Rómischen  Berichten  in  Nachrichten  der  k.  Gesellschaft  der 
Wissenschaften  ^u  Góitingen.  Philologisch-historische  Klasse,  1903,  Heft  5,  p.  578.  La  tra- 
scrizione di  questo  importante  diploma  di  cui  non  sappiamo  spiegarci  come  si  trovi  uria 
copia  ncH'archivio  Capitolare  di  Narni,  fu  fatta  da  L.  Schiaparelli.  Il  Kehr  si  adoperò 
per  compierne  qualche  lacuna,  giovandosi  dei  documenti  di  S. •Prassede  dei  quali  gli  offrii 
il  manoscritto.  Con  piena  sicurezza  egli  sostituì  le  sottoscrizioni  dei  cardinali,  andate 
per  la  massima  parte  distrutte,  giovandosi  di  un  diploma  di  Urbano  III  per  S.  Maria  del 
Reno  dello  stesso  giorno.  Jaffé-Loewenfeld,  n.  15525.  Io  qui  riproduco  esattamente  il 
testo  e  le  annotazioni  del  Kehr. 

Urbanus  episcopus  servus  servorum  Dei.  Dilectis  filiis  Gualterio 
priori  et  fratribus  Sancte  Praxedis  tam  presentibus  quam  futuris  regu- 
larem  vitam  professisC»)  in  perpetuum.  [Pie  postulatio  voluntatis  effeclu 
debet  prosequente  compleri,  ut  et  devotionis  sinceritas  laudabiliter 
enitescat]  et  utilitas  postulata  |  vires  indubitanter  assumat(b).  Eapropter, 
dilecti  in  Domino  filii,  vestris  iustis  postulationibus  clementer  annuimus 

et  predecessorum  nostrorum  felicis  mem[orie ('^)  Romanorum 

pontificum  vestigiis  inherentes,  prefatam  Sancte  Praxedis  ecclesiam  in] 
qua  divino  mancipati  estis  |  obsequio,  sub  beati  Petri  et  nostra  pro- 
tezione suscipimus  et  presentis  scripti  privilegio  communimus.  In 
primis  siquidem  statuentes  ut  ordo  canonicus  q[ui  secundum  Deum  et 
beati  Augustini  regulam  in  eadem  ecclesia  institutus  esse  dignoscitur, 
perjpetuis  ibidem  temporibus  inviolabiliter  observetur.  Preterea  quas- 
cumque  possessiones,  quecumque  bona  eadem  ecclesia  in  presentiarum 
iuste  et  canonice  possidet  aut  in  futurum  concessione  ponti [ficum,  lar- 
gitione  reguni  vel  principum,  oblatione  fidelium  seu  aliis  iustis  modis 
prestante  Domino  poterit  adipisci,]  firma  vobis  vestrisque  successoribus  j 
et  illibata  permaneant.  In  quibus  hec  propriis  duximus  exprimenda  vo- 
cabulis:  locum  ipsum  in  quo  prefata  ecclesia  sita  est  cum  domibus  et 

aliis  pertinentiis  suis,  lacu[m  qui  vocatur  Burranus inj 

loco  qui  dicitur  Bobium  et  de  iure  |  Beate  Praxedis  ecclesie  antiquitus 
fuisse  dignoscitur,  sicut  per  predecessorem  nostrum  bone  memorie 
papam  Celestinum  vobis  concessa  est  et  restituta,  et  ab  Adam  priore 

(a)  profexis  (b)  afRrmat  (e)  Non  può  stabilirsi  con  precisione  per    quanto  si 

estenda  la  parte  che  manca,  e  perciò  quanti  e  quali  papi  dovevano  esservi  nominati. 


Tabularium  S.  ^raxedis  71 


et  A[lexandro Hu.  Hostiensi  episcopo]  tunc  presbytero 

cardinali  eiusdem  ecclesie  suisque  \  successoribus  et  per  eos  ipsi  ecclesie 
Beate  Praxedis  relutata  et  libere  reddita  et  a  predecessoribus  nostris 
felicis  memorie  Romanis  pontificibus  Lucio,  Eugenio,  Anastasio  (")  et 
Alexa[ndro  confirmata  ....  per]  presentis  scripti  paginam  vobis  vestris- 
que  successoribus  ]  et  per  vos  eidem  Beate  Praxedis  ecclesie  confirmàmus. 
Q.uicquid  etiam  iuris  habet  eadem  Beate  Praxedis  ecclesia  in  ecclesia 
Sancti  Primi  et  possessionibus  eius,  vobis  et  eideni  ecclesie  firmum  et 

incon[vulsum (b)  Pretjerea  [ ]  (0  Criptaferrata  in  eadem  Sancti 

Primi  ecclesia  habebat,  scilicet  |  quod  abbas  eiusdem  ecclesie  predicto 
antecessori  nostro  Anastasio  (»)  papeW  refutavit  et  iam  dictoHu.  Ho- 
stiensi episcopo  tunc  presbytero  cardinali  eiusdem  ecclesie  suisque  suc- 
cessoribus et  per  eos  ecclesie  Beate  Praxedis  donavit  et  in  perpetuum 
habere  decrevit,  ita  nos  quoque  ad  [exempljar  predicti  Alexandri  pape 
duximus  confirmandum  (e),  Ni|chilominus  autem  locationem  quam  di- 
lectus  filius  (0  abbas  Cripteferrate  comuni  consensu  et  voluntate  l'ratrum 
suorum  in  presentia  eiusdem  Anastasii  (h)  antecessoris  nostri  et  fra- 
trum  suorum,  eis  etiam  consentientibus  et  assensum  prebentibus,  de 
possessionibus  ecclesie  prefati  Sancti  Primi  prò  duc[entis  solidisj  afor- 
tiatorum  (h),  quos  ab  eodem  episcopo  |  recepit  et  illi  prò  castro  Tiberie 
dedit,  quod  ab  apostolica  Sede  locavit,  eidem  ecclesie  Beate  Praxedis 
in  perpetuum  fecit,  confirmàmus  et  ratam  haberi  decernimus  (0.  Omne 
etiam  ius  seu  actiones  seu  defensiones  que  in  predictis  rebus  seu  pos- 
sessionibus  ad   agendum    [ ]    per   eundem    episcopum 

prelibate  |  ecclesie  contulit,  vobis  et  ecclesie  vestre  ad  exemplar  predicti 
Alexandri  pape  confirmàmus.  Pro  hac  siquidem  locatione  vos  et  suc- 
cessores  vestri  ecclesie  '  Sancte  Marie  Cripteferrate  schifatum  unum 
annis  singulis  persolvetis.  Ad  hec  diffinitivam  sententiam  quam  super 
causa  CO  que  inter  ecclesiam  vestram  et  ecclesiam  Sancte  Crucis  |  de 
tribus  pedicis  terre  site  in  loco  qui  dicitur  ad  Turrem  sine  fonte, 
diucius  fuerat  agitata,  sancte  recordationis  pater  et  predecessor  noster 
Eugenius  papa  ratione  cognita  protulit,  sicut  in  autentico  instrumento 
exinde  facto  continetur,  ratam  et  firmam  de  cetero  manere  sanccimus 
et  auctoritate  apostolica  |  confirmàmus.  Decernimus  ergo  &:c.  Si  qua 
igitur  &c.  Cunctis  autem  &c. 

R.  Ego  Urbanus  catholice  Ecclesie  episcopus  ss.  bv. 

v^  Ego  Theodinus  Portuensis  et  Sancte  Rufine  sedis  episcopus  ss. 

(a)    Anastaxio  (b)  Da    completare  forse  permanere   censenius  od  altro  di  simile. 

(e)  Da  completare  forse  ius  quod  ecclesia  Sancte  Marie  in         (d)  papa        (e)  confirmadum 

(f)  filius  manca.  {igykvMitAi.'n  (h)  La  lettura  è  mal  sicura.  (i)  decrcvimus 
(k)  ecclesia                   t    >    ,  i       ^ , 


72  T.  Jedele 


>J<  Ego  Henricus  Albanensis  episcopus  ss. 

>J<  Ego  Teobaldus  Hostiensis  et  Velletrensis  episcopus  ss. 

^  Ego  lohannes  presb.  card.  tit.  Sancti  Marci  ss. 

>J<  Ego  Laborans  presb.  card.  Sancte  Marie  Transtiberim  tit.  Ca- 
lixti  ss. 

>J<  Ego  Pandulfus  presb.  card.  tit.  XII  Apostolorum  ss. 

^  Ego  Albinus  presb.  card.  tit.  Sancte  Crucis  in  lerusalem  ss. 

>J<  Ego  Melior  presb.  card.  Sanctorum  lohannis  et  Pauli  tit.  Pa- 
machii  ss. 

>J<  Ego  Adelardus  tit.  Sancti  Marcelli  presb.  card.  ss. 

>J^  Ego  Ardicio  [diac]  card.  Sancti  Theodori  ss. 

^  Ego  Gr[atianus  sanctorum  Cosme  et  Damiani]  diac.  card.  ss. 

>^  Ego  [Soffredus  Sancte  Marie  in  Via  Lata  dijac.  card.  ss. 

)^  E[go  Rollandus  Sancte  Marie  in  Porticu]  diac.  card.  ss. 

>J<  E[go  Petrus  Sancti  Nicolai  in  carcere  Tu]lliano  diac.  card.  ss. 

>J<  [Ego  Radulfus  Sancti  Georgii  ad  Vejlum  aureum  diac.  card.  ss. 

D:it.  Verone  per  manum  Trasmundi  sancte  Romane  Ecclesie  notarii, 
.Vi.  kal.  febr.,,  indictione  quarta,  incarnationis  dominice  anno  mille- 
simo .c*'.LXXX.v°.,  pontificatus  vero  domini  vrbani  pape  III  anno  primo. 

XLI. 

1187,  marzo  20. 

Gerardo,  rettore  di  S.  Giovanni  a  porta  Latina,  col 
consenso  di  Giovanni,  priore  della  basilica  Costantiniana, 
loca  a  Gualtiero,  priore  di  S.  Prassede,  la  terza  parte  della 
tenuta  di  S.  Primo  con  i  diritti  sul  lago  Burrano. 

Originale  [A],  Copia  da  A  de!  Galletti  nel  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  217;  altra  copia 
nel  cod.  Vat.  lat.  7930,  e.  5;  nel  Bianchini,  cod.  ValHc.  T.  82,  e.  17.  Transunti  da  A 
nel  cod.  Ottob.  lat.  2548  A,  e.  81;  cod.  Barb.  lat.   3221,  e.    30;  ms.  Van  de  Vivere  n.  4. 

Pierluigi  Galletti,  Del  primicero,  p.  325,  da  A,  ma  con  la  data  sbagliata  del  1186. 
Il  documento  è  tutto  di  mano  del  notaio  Giovanni.  La  prima  riga  è  scritta  con  lettere 
allungate,  come  nei  diplomi  pontifici  di  questo  tempo. 

■  I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  mille- 
simo centes[imo]  octua[gesimo  sepjtimo,  pontificatus  domni  Urbani 
tertii  pape  anno  eius  secundo,  indictione  quinta,  2.  mensis  martii 
die  vicesima.  Ego  quidem  dompnus  Gerardus  Dei  gra[tia  prior]  et 
rector  venerabilis  ecclesie  Sancti  lohannis  Evangeliste  que  sita  est  ante 
portam  Latinam,  presente  et  in  hoc  michi  consenti  ente  presbitero  Bla 


Tabularium  S»  ^raxedis  73 


3,  xio  predicte  ecclesie,  consensu  quoque  et  bona  voluntate  domni 
lohannis  prioris  venerabilis  basilice  Salvatoris  domini  nostri  lesu  Christi 
que  dicitur  Constantiniana,  Sanctique  lohannis  Battiste,  et  consensu 
canonicorum  predicte  basilice,  videlicet  Calixti,  Simo  4.  nis,  Hac 
presenti  die  propria  et  spontanea  nostra  bona  voluntate  in  presentia 
advocatorum  videlicet  Petri  lohannis  Ade  et  Petri  ludicis,  loco  et  con- 
cedo tibi  domno  Gualterio  Dei  gratia  priori  et  rectori  venerabilis  ec- 
clesie Sancte  5.  Praxedis  virginis  et  Domenico  (a)  presbitero  et  ca- 
nonico predicte  ecclesie  vestrisque  successoribus  ad  opus  et  utilitatem 
predicte  vestre  ecclesie  et  eius  servitorihus  ibidem  persistentibus  in 
perpetuum.  Idest  totum  quod  nostre  ecclesie  conpetit,  tertiam  scilicet 
partem  6.  totius  tenimenti  et  possessionis  in  integrum  de  Sancto  Primo 
cum  omnibus  que  ad  ecclesiam  nostram  spectare  videntur,  in  sub- 
scriptis  locis  et  vocabulis,  in  fundo  et  casalibus,terris  sementariciis  cultis 
et  incultis,  pratis,  pascuis,  silvis,  sallec  7.  tis,  paludibus  et  pantanis, 
montibus,  colHbus,  plagis  et  planitiis,  rivis,  fontibus,  aquis  aquarumque 
decursibus,  et  partem  si  quam(a)  nostre  ecclesie  conpetit  de  lacu  qui 
vocatur  Burranus,  cum  piscatione  et  venatione  sua  et  cum  omnibus 
prefatis  8.  tenimentis  generaliter  et  in  integrum  pertinentibus.  Po- 
sita  (b)  extra  portam  Maiorem  sive  portam  Beati  Laurentii  in  locis  qui 
vocantur  Grifi,  Cursano  et  lacus  Burranus,  vel  si  quis  aliis  vocabulis 
nunccupantur,  sub  his  affinibus  :  a  primo  9.  latere  est  rivus  Sancti  lu- 
liani,  et  exinde  recte  per  limitem  qui  est  super  eodem  rivo  usque  in 
Termuli,  et  deinde  pergente  usque  in  piagarlo  maiori  qui  vocatur  Aura, 
et  per  ipsam  Auram  ducente  usque  in  silicem  antiquam  que  est  infra 
IO.  pantanum,  et  deinde  per  ipsam  silicem  revertente  in  locum  qui 
dicitur  Aqua  Puzza,  et  exinde  usque  in  miliario,  et  ab  ipso  [miliario] 
ambulante  usque  in  suprascripto  rivo  Sancti  luliani  :  iuris  nostre  vene- 
rabilis ecclesie.  Ad  te  11.  nendum  (0,  utendum,  fruendum  et  sicut 
dictum  est  perpetuo  possidendum  ;  prò  qua  denique  locatione,  consensu 
et  voluntate  domni  lohannis  prioris  predicte  basilice  prò  iam  dieta 
ecclesia  Sancti  lohannis  ante  portam  Latinam,  centum  triginta  libras 
honorum  provisinorum  12.  michi  datis;  et  quia  in  rei  ventate  eas 
recipio,  refuto  et  promitto  quod  nullo  in  tempore  nulloque  loco  inde 
opponam  exceptionem  non  solute  et  non  numerate  pecunie  et  de  cetero 
suprascripta  exceptione  non  usurum.  Quarum  quidem  13.  iussu  et 
mandato  predicti  domni  prioris  predicte  basilice  sexaginta  libras  pro- 
visinorum prò  sorte  et  tres  libras  provisinorum  prò  usufructu  reddo 
Boboni  Boni  filli  (A)  Seri  Romani,  et  recoligo  ab  eo  unum  petium  terre 


fa)  Così  nel  testo.  (b)  Po^  (e)   Le  sillabe  ad  te  di  ad  tenendiini  erano  str.te 

ipelule  alla  fine  del  rigo  precedente.  (d)  Bonlfilii  ? 


74  "P-  J^^^^^ 


sementaricie   positum   extra   portam  Apiam  14.  in  valle  Cippitel- 

lorum  post  absidam  Sancti  Sebastiani,  iuxta  pastinos  Sancti  Georgii, 
et  unam  pedicam  terre  sementatricie  positam  extra  eandem  portam 
in  Vinarolo  infra  ortos  et  infra  vias  publicas,  et  duas  petias  vinee  po- 
sitas  in  15.  Apia,  unam  quarum  tenet  per  locationem  Romanuccius 
Go^(;eraimi,  aliam  tenet  Romanuccius  Pretarolus,  et  duas  petias  de- 
sertinorum  positas  extra  portam  Beati  lohannis  Laterancnsis  i.^),  et  unum 
alium  petium  terre  sementaricie  situm  extra  portam  Apiam  16.  in 
valle  Cippitellorum  :  quas  res  in  pignore  a  predicta  nostra  ecclesia  de- 
tinebat,  sicut  publica  instrumenta  pignorum  facta  per  manus  Retri 
Henrici  scriniarii  narrant,  que  incisa  prò  vestra  cautela  vobis  do.  Item 
duodecim  libras  earum  17.  reddo  similiter  iussu  predicti  domni 
prioris  prefate  baxilice  Benedicto  Petracclonis  quas  nostre  ecclesie  mu- 
tuavit,  quas  dedimus  filiis  Henrici  Sancti  Eustachii  prò  refutatione  partis 
eorum  unius  molendini  positi  in  Acia^b)^  que  pars  eis  pervenit  18.  per 
Petrum  Cencii  de  Henrico^  sicut  chartula  nostre  refutationis  predicti 
molendini  dictarum  .xii.  librarum  mentionem  facit,  que  certe  facta  est 
per  manum  Retri  Henrici  scriniarii.  Et  triginta  octo  libras  et  sex  so- 
lidos   provisinorum    solvo    Bartholomeo  19.  Bobonis.de  Fusca,  et 

recolligo  ab  eo  unum  petium  terre  sementaricie  cum  tribus  petiis  vince 
et  dimidiaCO,  sitasC^")  extra  portam.  Apiam  loco  ubi  dicitur  Bolia,  iusta 
viani  publicam  que  pergit  ad  nostrum  molendinum  Cripte  Rubee,  et 
unam  20.  petiam  vinee,  positam  extra  portam  Latinam  ad  Mar- 
morcam,  quam  tenet  per  locationem  Romanuccius  Felluttia,  et  unam 
aliam  petiam  vinee  iusta  eam  quam  tenet  Silvester,  et  unam  petiam 
quam  tenet  Oddolina  cum  filiis  suis  in  monte  Albi  21.  no,  et  tres 
alias  petias  vinearum  positas  in  Acia,  unam  quarum  tenet  Nicolaus 
Blancofloris,  aliam  tenet  Romanuccius  Gog^eraimi,  et  alia  sita  est  in 
monte  Alamagno;  et  aliam  vineam  in  monte  Alamagno  22.  iusta 
molam  nostre  ecclesie;  et  totani  vineam  et  ortum  quam  tenet  Cletiana 
in  monte  Albino;  et  aliam  petiam  quam  tenet'  Nocentia  in  codem 
monte:  quas  res  in  pignore  detinebat,  sicut  publica  instrumenta  pi- 
gnorum 23,  facta  per  manus  Nicolai  Retri  Doni  scriniarii  et  Angeli 
eius  fratris  similiter  scriniarii  aperte  narrant.  Et  centum  solidi  earum 
licet  in  istrumentis  pignorum  non  continentur,  tamen  utiliter  prò  uti- 
litate  nostre  ecclesie  24.  expensi  fuerunt.  Et  quattuor  libras  pro- 
visinorum prò  sorte  et  octo  solidos  provisinorum  prò  usufructu  solvo 
Stephano  Retri  Manusselle,  et  recolligo  ab  eo  duas  petias  vinee  et 
plus,  positas  ante  portam  Latinam  quas  per  locationem  tenet  Bene 
25.  dictus    Retracclonis,   quas  predictus    Stephanus   in   pignore    [i]am 

(a)  lateran  (b)   Cosi  uet  lesto.         (e)  dimid 


Tabularium  5.  ^raxedis  75 


diu  detinuerat,  et  nunc  detinebat,  sicut  apparet  per  publicum  instru- 
mentum factum  per  manus  Nicolai  scriniarii  Abunda.  Et  quattuor- 
decim  libras  et  sex  26.  solidorum  provisinorum  solvo  suprascripto 
domno  priori  basilice  Sancti  lohannis  Lateranensis  (a),  quas  ipse 
domnus  prior  solverat  creditoribus  nostre  ecclesie  Sancti  lohannis 
ante  portam  Latinam,  et  recolligerat  omnes  vineas  quas  nostra 
27.  ecclesia  habet  infra  urbem  in  monte  Calvarello  quas  in  pignore 
detinebant.  Et  omni  anno  in  festivitate  sancti  lohannis  Evangeliste 
unum  skifatum  aut  scptem  solidos  provisinorum  nomine  pensi  28.  onis 
nostre  ecclesie  reddatis.  Et  si  vendere  eam  volueritis,  prius  nostre  ec- 
clesie vendatis  minus  centum  solidisCb)  provisinorum;  quod  si  emere 
eam  noluerit,  vendatis  consensu  nostre  ecclesie  tali  persone  que  diete 
nostre  ecclesie  29.  placeat  sine  nialitia,  et  dictos  centum  solidos 
nobis  date  prò  consensu.  Hanc  autem  locationem .  ideo  facio  quia  in 
bonis  nostre  ecclesie  non  sunt  res  mobiles  nec  inmobiles  minus  utiles 
unde  30.  predicta  debita  solvere  possimus,  et  quia  suprascripti  cre- 
ditores  suprascriptam  eorum  pecuniam  nos  sibi  solvi  cogebant.  Ego 
igitur  prò  me  et  successoribus  meis  promitto  tibi  tuisque  .^uccessoribus 
hanc  31.  locationem  et  omnia  que  dieta  sunt  perpetuo  firma  habere 
et  contra  non  venire  et  defendere  ab  omni  homine  et  onlni  loco,  si 
opus  vel  necesse  fuerit.  Vos  vero  et  successores  vestri  omnia  que 
32.  dieta  sunt  nostre  ecclesie  adinpleatis  et  persolvatis.  Si  qua  vero 
pars  contra  fidem  huius  locationis  venire  temptaverit,  conponat  pai;s 
infìdelis  parti  fidem  servanti  prò  pena  33.  ante  omne  litis  initium 
predictum  pretium  duplum,  et,  soluta  pena,  chartula  hec  firma  per- 
maneat.  Quam  scribere  rogavi  lohannem  Dei  gratia  sancte  Romane 
Ecclesie  scriniarium  in  mense  34.  et  indictione  suprascripta  quinta. 
Signum  ►J<  manus  suprascripti  domni  Gerardi  archipresbiteri  Sancti  lo- 
hannis ante  portam  Latinam  et  presbiteri  Blaxii  predicte  ecclesie  qui 
consensit,  predicti  domni  lohannis  35.  prioris  basilice  Salvatoris 
Sanctique  lohannis  Battiste  hanc  locationis  chartulam  sponte  fieri  ro- 
gaverunt. 

Romanus  Seri  Rainerii,  testis.         Stephanus  Petri  Paparonis,  testis. 

Petrus  Rubens,  frater  eius,  testis.    Roffreda  Pedemontis,  testis. 

Gregorius  Seri  Rainerii,  testis.        Macharius,  testis. 

Johannes  Capoccia,  testis.  Johannes  Bulgarelli,  testis. 

[ST]  Ego  Johannes  (>-")  Dei  gratia  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius 
huius  rei  rogatus  con  pievi  et  absolvi. 

(a)  lat  (b)  s(  I  (e)  lohanncs  in  iiuitto^ramiiia. 


7^  'P.  Jedele 


XLIL 

1189,  maggio  9. 

Gualtiero,  priore  di  S.  Prassede,  loca  in  perpetuo  a  Gio- 
vanni Mancino  una  vigna  fuori  della  porta  Nomentana 
«  ad  Aquam  Tuzzam  ». 

Origiuale  [A].  Transunti  da  A  in  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  219  ;  cod.  Vallic.  T,  82, 
e.   Ili;  cod.   Otcob.  lat.  2551,  M,  e.  242;  ms.  Van  De  Vivere,  n.  2, 

Sul  verso  di  mano  del  secolo  xiii  :  «  Cartula  lohannis  Mancini  de  una  petia  vince 
«  posite  in  Aquatucie  pensione  (a)  ...  ». 

I.  [ST]  In  nomine  Domini,  amen.  Anno  secando  pontificatus 
domni  Clementis  tertii  pape,  indictione  .vii.,  mensis  madii  die  .viiii. 
Ego  quidem  2.  Gualterius  Dei  gratia  prior  et  rector   venerabilis 

ecclesie  Sancte  Praxetis  virginis  cum  consensu  et  voluntate  canonico- 
rum  3.  fratrum  meorum  eiusdem  ecclesie,  videlicet  presbiteri  Gan- 
dulfi,  lohannis  et  Girardi,  hac  presenti  die  et  mea  bona  voluntate 
4.  loco  atque  concedo  tibi  lohanni  Mancino  tuisque  heredibus  ac  suc- 
cessoribus  in  perpetuum.  Idest  unam  petiam  vi  5.  nee  plus  vel 

minus  cum  introitu  et  exitu  suo  omnibusque  suis  pertinentiis,  positam 
foris    portam    Numentanam  ad  6.  Aquam  Tuzzam  in  valle  San- 

cte Praxetis,  inter  hos  affines  :  a  primo  latere  tenet  Raynucius  et  May- 
nardus  7.  iuris   ecclesie    Salvatoris  (b)  Pesilis,   a  .11.   latere   tenet 

Nicolaus  Zofo  iuris  Sancte  Praxetis,  a  .111.  latere  est  vi  8.  colus 
publicus,  a  .1111.  latere  tenet  Beneincasa  iuris  Sancte  Praxetis:  iuris 
dominii   nostre    ecclesie.  Ad  tenendum,  9.  utendum,  fruendum  et 

sicut  dictum  est  perpetuo  possidendum,  et  omni  anno  in  festivitate 
sancte  Praxetis  detis   nobis    nostrisque  io.  successoribus   nomine 

pensionis  .11.  provisinos  (e).  Et  nulli  alii  ecclesie  vel  pio  loco  eam  ali- 
quo  modo  detis  vel  concedatis,  et  nulli  11.  persone  vendatis  nisi 

nobis  nostrisque  successoribus  minus  .xii.  provisinis.  Si  sic  emere  no- 
luerimus,  detis  nobis    dictum    comminus,  12.  et  vendatis    nostro 

consensu  tali  persone  que  nobis  placeat  sine  malitia,  que  omnia  que 
vos  debetis,  nobis  persolvat.  13.  Nos  autem  tam  prò  nobis  quam 
et  prò  successoribus  nostris  promittimus  tibi  tuisque  heredibus  ac  suc- 
cessoribus hanc  14.  locationem  ratam  semperque  firmam  habere 
et  omni  tempore  observare  et  ab  omni  homine  defendere:  tu  vero 
prò  te  et  heredibus  15.  ac  successoribus  tuis,  omnia  que  superius 
dieta  sunt,  nobis  observare  promittis  (^).  Si  qua  vero  pars         16.  con- 

(a)  pn         (b)  Nel  testo  Salvaritoris         (e)  ^vs  su  rasura.         (d)  Nei  testo  promittitis 


Tabular  tuffi  S.  ^raxedis  77 


tra  fidem  huius  cartule  venire  temptaverit,  componat  alteri  parti  fidem 
servanti  prò  pena  17.  duas  uncias  auri,  et,  soluta  pena,  cartula  hec 
tìrma  permaneat.  Quam  scribere  rogavi  Petrum  Hen  18.  rici  scri- 
niarium  sancte  Romane  Ecclesie  in  mense  et  indictione  suprascri- 
pta  .VII,  Signum  ^  manus  dicti  prioris  et  ca  19.  nonicorum  fra- 

trum  suorum  huius  cartule  rogatorum. 

Petrus  Bobonis  sellarius,  testis. 

Johannes  Cazettus,  testis. 

Pandulfus  Stefani  medici,  testis. 

Serevvo,  testis. 

Ego  Petrus  00  Henrici  scriniarius  sancte  Romane  Ecclesie  compievi  et 
absolvi. 

XLIII. 

1196,  aprile  30. 

Celestino  III  sottrae  la  chiesa  di  S.  Prassede  dalla  sog- 
gezione alla  chiesa  di  S.  Maria  del  Reno  sotto  la  quale 
era  stata  posta  da  papa  Anastasio  IV,  e  la  concede  al  cardi- 
nale Sifredo  ed  ai  suoi  successori  nel  titolo  di  S.  Prassede. 

Questa  bolla  della  quale  è  perduto  l'originale  [A],  fu  inserita  nel  Registrum  Vallisum- 
brosae,  e.  2o6,  che  era  in  S.  Prassede,  ma  ora  è  perduto  [B].  Da  B  la  trascrisse  Corn. 
Margarini,  Thesaurus  historicus  in  arch.  Vatic.  arm.  LIV,  III,  e.  584ASgg.  [C].  Essa  fu 
inserita,  ma  senza  la  datazione,  in  una  bolla  d' Innocenzo  III  per  la  quale  vedi  più  in- 
nanzi n.  XLiv. 

C.  CocauELiNES,  5tt//ar««w  l?ow(iw«/m,  Romae,  1750,111,60,  «ex  archivio  Vaticano», 
forse  da  C;  Io.  Lamius,  Deliciae  erudttorum,  Florentiae,  1737,  III,  227,  senza  citazione 
di  fonte,  e  con  la  data  del  pontificato  «anno  .iv.  »,  invece  di  «anno  .vi.»;  Migne,  Pa- 
trologia latina,  COVI,  1069,  dal  Lami;  Bullarium  Vaìlumbrosanuin,  Florentiae,  1729,  p.  85 
nella  bolla  d'Innocenzo  III.  Regesto  in  Jaffé,  n.  10506;  Jaffé-Loewenfeld,  n.  17194 
con  la  data  del   X195. 

Pongo  a  base  della  edizione  il  testo  di  C,  riportando  le  varianti  del  CocavEi-iNES  [D] 
e  del  Lami  [E].  Altra  copia  manoscritta  di  questo  documento  trovasi,  per  indicazione  cor- 
tese del  Kehr,  nel  collegio  di  S.  Giuseppe  a  Pescia,  ma  non  potei  consultarla. 

Coelestinus  (b)  episcopus  servus  servorum  Dei.  Dilecto  filio  Si- 
phredo  (0  tituli  Sanctae  Praxedis  presbytero  («J)  cardinali  salutem  et 
apostolicam  benedictionem.  Cum  (e)  ex  iniuncto  quod  licet  indigni 
gerimus  apostolatus  officio  nobis  immineat  omnium  ecclesiarum  soli- 
citudinemCO  gerere,  ad  eas  tenemur  oculos  specialitcr(g)  paternae  pro- 

(a)  Petrus  in  monogramma.  (b)  E  Caelestinus  (e)  D  Sifredo         (d)    C  pres- 

bitero        (e)   E  quum  (f  )  D  E  sollicitudincm        (g)  E  specialiter  oculos 


78  T.  fedele 


vistonis  extendere  quae  in  Urbe  positae  ad  nos  specialius  spectare 
noscuntur,  et  ad  nullum  alium  sicut  condecet  habentes  respectum  pro- 
videntiae  nostrae  et  curam  speciali  quadam  praerogativa  expectave- 
runt  (•■')  et  expectant  favorabilis  subventionis  auxilium.  Cum  (b)  igitur 
eccclesia  Beatae  Praxedis  priori  et  fratribus  Sanctae  Mariae  de  Rheno 
per  bonae  memoriae  Anastasium  antecessorem  npstrum  olirti  ordi- 
nanda  et  disponenda  commissa  fuisset  ut  ordo  canoniciis  per  eos  in  ea 
perpetuis  temporibus  servaretur  illaesus,  deficiente  tandem  in  ipsa  re- 
lig!onis  vigore,  et  per  incuriam  (0  fratrum  qui  in  eadem  deservierant, 
usurariis  debitis  enormiter  excrescentibus,  instantius  nobis  et  saepius 
postulasti  ut  reparationi  eiusdem  ecclesiae  paterna  solicitudine  debe- 
remus  intendere  et  providere  cautius  ne  ad  extremam  exinanitionem 
deducta  cogeretur  omnimodis  expirare  C'i).  Tuìs  igitur  instantissimis 
postulationibus,  prout  debuimus,  annuentes  per  fratres  nostros  ad  ec- 
clesiam  supradictam  descendimus,  et  centra  nimium  defectum  quo 
laborare  dicebatur  reparationem  necessariam  cognoscentes  (e),  praedi- 
ctos  priorem  et  fratres  Sanctae  Mariae  de  Rheno  per  litteras  (f  )  nostras 
commonuimus  ut  accederent  ad  praesentiam  nostrani  de  bis  quae  prae- 
diximus  responsuri.  Quia  igitur  per  annum  circiter  expectati  in  bis 
quae  per  suos  enormiter  acta  fuerant,  nullum  curaverunt  emendationis 
remedium  adhibere,  nos  sicut  nec  debuimus  nolentes  ut  saepe  dieta 
.ecclesia  tani  in  spiritualibus  quam  in  temporalibus  prorsus  extenuata 
deficeret,  ipsani  de  communi  Consilio  omnium  fratrum  nostrorum  ab  omni 
cura  ordinatione  subiectione  et  obedientia  saepedictorum  fratrum  et  ec- 
clesiae Sanctae  Praxedis  (g)  eisdeni  ab  Ecclesia  Romana  indulta  fuerant, 
ut  oninem  ordinationem  quam  in  ea  fecerant  (h),  decernentes  in  po- 
sterum  virìbus  (0  omnino  carere,  ipsani  tibi  et  successoribus  tuis  dispo- 
nendi  et  ordinandi  tam  in  temporalibus  quam  in  spiritualibus  liberam 
concedimus  auctoritate  apostolica  facultatem.  Decernimus  ergo  ut  nulli 
omnino  hominum  liceat  hanc  (k)  paginam  nostrae  constitutionis  et  con- 
cessionis  infringere,  vel  ei  ausu  temerario  contraire.  Si  quis  autem  hoc 
attentare  praesumpserit,  indignationem  omnipotentis  Dei  et(0  beato- 
rum  Petri  et  Pauli  apostolorum  eius  se  noverit  incursurum.  Datum 
Laterani  secundo  kalendas  niartii,  pontificatus  nostri  anno  .vi.  (™). 


(a)  E  expectaverit  (b)  E  qiium  (e)  CD  E  iniuriam  (d)  E  expectare 
(e)  E  dicebatur  necessarium  cognoscentes  (f)  C  litcras  (g)  C  Sanctae  Mariae  Praxe- 
dis (h)  E  quae  in  ea  fuerant  (i)  C  E  iuribus  (k)  C  han  (1)  D  ac 
(m)  E  anno  IV 


Tabularìum  S.  T^raxedis  79 


XLIV. 

II 98,  giugno   30. 

Innocenzo  III,  riconfermando  la  bolla  precedente  di  Ce- 
lestino III,  concede,  a  preghiera  del  cardinal  Sifredo,  la 
chiesa  di  S.  Prassede  ai  monaci  Vallombrosani,  ed  ordina 
che  due  parti  dei  possedimenti  di  S.  Primo  ed  «  in  Pom- 
((  peio  »  e  delle  altre  rendite  della  chiesa  spettino  ai  mo- 
naci stessi. 

Copia  dal  Regislrum  Fallisumbrosanum,  ora  perduto,  e.  214  [B],  in  Margarini,  arch. 
Vat.  arm.   LIV,  111,   e.    593  a  sgg.   [C]. 

Bullarium  Vallumbrosanum,  Florentiae,  1729,  p.  85  sgg.  [D].  Transunto  con  la  data 
errata  del  2  giugno,  e  riportandovisi  tutte  le  sottoscrizioni  dei  cardinali  in  Davanzati, 
Notizie  al  pellegrino  della  basilica  di  S.  Prassede,  Roma,  1725,  p.  522,  I!  documento  non 
è  registrato  dal  Potthast. 

Riproduco  per  la  presente  edizione  il  testo  di  C  più  corretto,  notando  la  varianti  di  D. 

Innocentius  episcopus  servus  servorum  Dei.  Dilectis  filiis  Mar- 
lino  abbati  monasterii  Vallisumbrosae  eiusque  fratribus  tam  prae- 
sentibus  quam  futuris  regularem  vitam  professis  in  perpetuum.  Decor 
domus  Domini  diligendus  est  et  locus  habitationis  glori?  eius,  attenta 
diligentia  et  reverentia,  honorandus.  Ecclesia  namque  Dei  quae  non 
sine  multo  (*)  sudore  et  labore  peregrinatur  in  terris  prò  illius  amore 
et  desiderio  quae  perpetuis  et  inconcussis  gaudiorum  pr^miis  fruetur 
in  caelis  (t"),  religiosas  personas  quae  famulatui  Conditoris  nostri  man- 
cipatae  sùnt,  attentius  reveretur  et  diligit.  Nosque  quibus  a  provisore 
omnium  bonorum  Domino  universalis  Ecclesiae  cura,  ipso  disponente, 
commissa  est,  beneplacentem  Deo  religiohem  prò  nostri  offici!  debito 
laboramus  statuere  et  stabilitam,  exacta  diligentia,  conservare,  maxime 
in  urbe  Romana  in  qua  sicut  antiquitus  caput  totius  erroris  fuerat, 
ita  nimirum  christianitatis  tempore  dignum  (^)  est  ut  in  ea  totius  san- 
ctitatis  lumen  effulgeat.  Sane  a  C'^)  memoria  nostra  non  exciditur  (<=) 
qualiter  bonae  memoriae  Caelestinus  papa  III  praèdecessor  noster  ec- 
clesiam  Beatae  Praxedis  quae  olim  per  beatae  recordationis  Anastasium 
papam  IIII  (f  )  fuerat  ecclesiae  Sanctae  Mariae  de  Rheno  concessa,  ita 
quod  ordo  canonicus  per  (g)  priorem  et  fratres  eiusdem  ecclesiae  in 
praenominata  ecclesia  Beatae  Praxedis  institueretur  et  perpetuis  tem- 
poribus servaretur  illaesus,  propter  defectum   religionis  et  multimoda 

(a)  In  C  inanca  multo         (b)  D  celis  (e)  D  signum         ("d)  D  sancta         (e)   (." 

cxccditur         (f)  D  C  per  evidente  errore  IH         (g)  In  D  manca  per 


8o  T,  Jedele 


gravamina  quibus  per  insolentiam  praedictorum  fratrum  qui  deservie- 
rant  in  ea,  multipliciter  subiacebat,  ab  omni  cura  ordinatione  subiectione 
atque  obedientia  ipsorum  de  communi  Consilio  fratrum  suorum  exe- 
mit,  et  dilecto  filio  nostro  Siphredo  eiusdem  ecclesiae  cardinali  et 
eius  successoribus  ordinandam  disponendamque  tam  in  temporalibus 
quam  in  («)  spiritualibus  liberam  concessit,  auctoritate  (b)  apostolica, 
facultatem.  Ad  cuius  rei  evidentiam  pleniorem  literas  pr^taxatae  i^) 
exemptionis  i^),  de  verbo  ad  verbum,  huic  nostrae  duximus  paginae 
inserendas.  Quarum  tenor  talis  est  :  Coelestinvs  episcopus  &c.  (e), 
lam  dictus  (0  itaque  cardinalis  manus  mittens  ad  fortia  et  de  animae 
suae  salute  sollicitus,  oculos  ad  arctioris  religionis  vigorem  extendens 
nobis  et  fratribus  nostris  instantissime  supplicavit  ut  in  saepe  dieta 
ecclesia  Sanctae  Praxedis  religionem  vestri  ordinis  admittere  debere- 
mus  per  vos  instituendam  et  perpetuis  temporibus  inviolabiliter  con- 
servandam.  Cuius  igitur  precibus  inclinati  et  intuitu  religionis  inducti 
vobis  eam  ordinandam  disponendamque  committimus,  statuentes  de 
communi  fratrum  nostrorum  Consilio  ut  ordo  monasticus  in  ea  per 
vos,  Deo  authore,  instituatur  et  iuxta  (g)  constitutionem  et  observan- 
tiam  vestri  ordinis,  perpetuis  ibidem  temporibus  inviolabiliter  obser- 
vetur  ita  videlicet  ut  octo  ad  minus  fratres  ibi  iugiter  debeant  Domino 
deservire,  si  ecclesiae  suppetant  C^)  facultates.  Abbas  quoque  iuxta  quod 
abbates  in  ordine  vestro  eligi  consueverunt,  authore  Domino,  in  ipsa 
ecclesia  eligatur.  Electus  vero  cardinali  (0  qui  in  ea  prò  tempore  fuerit, 
confìrmandus  et  ìnstituendus  repraesentetur,  cui  obedientiam  {^)  salva 
vestri  ordinis  disciplina  repromittere  teneatur  ;  vobis  quoque  secundum 
consuetudinem  abbatum  vestri  ordinis  obedientiam  repromittat.  Ad 
haec  duas  partes  communium  possessionum  quas  dieta  ecclesia  in 
praesentiarum  (')  apud  Sanctum  Primum  et  in  Pompeio  vel  alibi  ra- 
tionabiliter  possidet,  vinearum  quoque,  pensionum  atque  oblationum 
quae  ad  eamdem  ecclesiam  pertinent,  vel  in  posterum  eidem,  Domino 
authore,  obvenerint,  iuxta  ("0  dispositionem  praedicti  filli  nostri  Siphredi 
cardinalis,  monachis  vestris  in  eadem  ecclesia  commorantibus  confir- 
mamus  quamdiu  monasticus  ordo  iuxta  (")  beati  Benedicti  regulam  et 
vestri  ordinis  instituta  in  loco  ipso,  Domino  praestante,  viguerit.  Quas 
nec  vobis  nec  fratribus  vestris  in  eadem  ecclesia  (o)  commorantibus  (p) 
vendere  vel  permutare,  locare  vel  infeudare  seu  pignorare  vel  quoquo  ('i) 

(a)  In  D  manca  in  (b)  D  authoritate  (e)  D  quae  taxatae  (d)  D  exentionis 
(e)  Segue  il  testo  della  bolla  di  Celestino  III,  identico  a  quello  già  dato  da  noi  fino  ad  se 
noverit  incursurum ,  mancandovi  la  datazione.         (f)  C  dicti  (g)  D  iustam  (h)  D 

superant         (i)   C  D  cardinalis  (k)  C  obedientia  (1)  In   C  manca  in    praesentiarum 

(ra)  D  iustam  (n)  D  insta         (o)  In  C  manca  ecclesia  (p)  In  C  commorantibus 

confirmamus         (q)  D  quoque 


Tabu  la  r ili  m  S.  Traxedts  8i 


modo  alienare,  sed  nec  etiam  debita  graviora  ultra  decem  libras  in 
anno  contrahere  liceat  sine  licentia  et  assensu  cardinalis  qui  in  ea 
prò  tempore  fuerit,  vel  Romani  pontificis  aut  eius  vicarii,  cum  ecclesia 
ipsa  vacare  contigerit.  Decernimus  ergo  ut  nulli  omnino  hominum  fas 
sit  huius  nostrae  constitutionis  et  confìrmationis  paginam  temerario 
ausu  infringere  seu  quibuslibet  molestiis  perturbare,  salva  Sedis  aposto- 
lice  authoritate  (a)  et  iam  dicti  cardinalis  et  successorum  eius  canonica 
et  debita  reverentia.  Si  quis  igitur  id  attentare  praesumpserit,  secundo 
tertiove  commonitus,  nisi  praesumptionem  suam  digna  satisfactione 
correxerit,  honoris  et  offici!  sui  periculum  patiatur  aut  excommunica- 
tionis  poena  multetur.  Amen,  amen,  amen. 

Signum  pape  Innocenti!  Ili  :  «  fac  mecum  Domine  signum  in  bo- 
num  «(b). 

Ego  Innocentius  catholicae  Ecclesiae  episcopus  ss. 

Ego  Octavianus  Hostiensis  et  Velletrensis  episcopus  ss. 
Ego  Petrus  Portuensis  et  S.  Rufinae  episcopus  ss. 
Ego  lohannes  tit,  S.  Clementis  card.  Viterb.  et  Tuscul.  (0  episco- 
pus ss.  W. 

Ego  Petrus  tit.  S.  Caeciliae  presb.  card.  ss. 

Ego  Guido  S.  Mariae  Transtyberim  tit.  Calisti  (0  presb.  card.  ss. 

Ego  Ugo  presb  card.  S.  Marci  tit.  Equitii  ss. 

Ego  Siphredus  tit.  S.  Praxedis  presb.  card.  ss. 

Ego  Gratianus  Ss.  Cosmae  et  Damiani  diac.  card.  ss. 

Ego  Gerardus  S.  Adriani  diac.  card.  ss. 

Ego  Gregorius  S.  Mariae  in  Aquiro  diac.  card.  ss. 

Ego  Gregorius  S.  Georgiì  ad  Velum  aureum  diac  card.  ss. 

Ego  Nicolaus  S.  Mariae  in  Cosmedin  diac.  card.  ss. 

Ego  Gregorius  S.  Angeli  diac.  card.  ss. 

Ego  Petrus  S.  Mariae  in  Via  Lata  diac.  card.  ss. 

Ego  Centius  S.  Luciae  in  Orhea  (0  diac.  card.  ss. 

Datum  Romae  apud  S.  Petrum  per  manum  Rainaldi,  domini  papae 
notarli  cancellarli  vicesgerentis  (g)  .ii.  kal.  iulii,  indictione  .i.,  incarna- 
tionis  dominicae  anno  .Mcxcviii.,  pontifìcatus  vero  domini  Innocenti! 
papae  tertii  anno  primo. 


(a)  D  auctoritatc  (b)  In   C  mancano  tulle  le  parole  Signum  -  in  bomim         (e)  D 

Tuscanus         (d)  In  D  questa   soitoscriiione  é  posta  dopo  la   sottoscrizione  seguente.        (e)  C 
et  Callisti         (f)  D  Orshea         (g)  D  vices.igentis 


Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII. 


82  "P.  Jedele 


XLV. 

1200,  decembre  12. 

Romano,  abate  di  S.  Prassede,  concede  in  enfiteusi  per- 
petua a  Berardo  «  de  Nerule  »  un  pezzo  di  terra  da  ridursi 
a  vigna  fuori   della  porta  Nomentana  «  in  Aqua  Tutia  » . 

Originale  [A].  Transunti  da  A  in  cod.  Vat.  lat.  7928,  e.  220;  cod.  Vallic.  T,  82, 
e.   112;  cod.  Barb.  lat.  2375,  e.  252;  cod.  Ottobon.  lat.  2548,  B,  e.  264. 

Sul  verso  di  mano  del  secolo  xiii  :  «  Cartula  locationis  vince  Aquetuzie  de  Berardo 
«  de  Nerule  » . 

I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  tertio  pontifìcatus  vero  domni 
Innocentii  tertii  pape,  indictione  quarta,  mense  decembris  («),  die 
2.  .XII.  Ego  quidem  Romanus  Dei  gratia  abbas  tituli  Sancte  Praxedis 
hac  presenti  die  et  ex  precepto  3.  et  mandato  domni  Siffredi  pre- 
sbiteri cardinalis  eiusdem  ecclesie  et  consensu  et  voluntate  omnium 
monachorum  4.  et  fratrum  meorum  eiusdem  ecclesie,  scilicet  pre- 
sbiteri Benedicti  et  Antonii  et  Salvi  et  Pascalis  et  presbiteri  Petri 
5.  yconomi  et  aliorum,  propria  et  spontanea  nostra  bona  voluntate, 
locamus  adque  concedimus  tibi  Berardo  de  Nerule  6.  tuisque  he- 
redibus  ac  successoribus  secundum  tenorem  subscriptum  in  perpetuum. 
Idest  unum  petium  7.  terre  sementaricie  ad  unam  petiam  vince 
ibidem  pastinandum  plus  vel  minus  cum  vasca  et  vascali  et  8.  cum 
puteo  communi  Inter  te  et  alios  nostros  conductores,  cum  introitu  et 
exitu  suo  et  cum  omnibus  9.  suis  pertinentiis.  Positum  extra  por- 
tam  Numentanam  in  Aqua  Tutia,  inter  hos  fines  :  a  primo  latere 
IO.  tenet  Johannes  Guilielmi  nostri  iuris,  a  secundo  Sanctus  Abbacirus 
et  Piniola,  a  tertio  et  11.  a  quarto  nos  tenemus:  iuris  domimi  (b)  no- 
stre ecclesie.  Ad  tenendum,  colendum,  pastinandum,  meliorandum, 
12.  propaginandum,  cultandum  et  bene  laborandum,  utendum,  fruen- 
dum,  et  sicut  dictum  est  in  perpetuum  13.  possidendum;  et  hinc 
ad  quadtuor  annos  nichil  nobis  reddatis,  in  quinto  vero  anno  et 
14.  deinde  in  antea  omni  anno  tempore  vindemiarum  (0  reddatis  nobis 
nostrisque  successoribus  quartam  15.  partem  totius  musti  mundi 

et  acquati  quod  de  dieta  vinea  habucritis,  et  unum  canistrum  16.  iu- 
stum  de  uvis  quod  iA)  sit  in  circuitu  quinque  palmorum  et  duorum  in 
fundo  et  unius  17.  m  altum,  et  quadtuor  provisinos  senatus  prò 

vascatico,  et  de  arboribus  qui  ibidem  sunt  et  de  quibus  ibi  18.  po- 
sueritis   vel    allevaveritis,    quartam    nobis    detis.    Et  si  inveneritis  ibi 

(a)  decct)         (b)  don         (e)  vindem         (d)  q 


Tabnlarium  S.  T^raxedis  8j 


aurum,  19.  argeiitum,  ferrum,  plumbum  vel  aliud  aliquid  valens 
plus  quam  .xii.  denari!  papienses,  medietatem  20.  nobis  detis,  alia 
medietas  vestra  sit.  Et  si  per  ostem  publicum  seu  celi  plagani  21.  aut 
vestram  neglegentiam  in  desertum  ierit,  et  per  spatium  trium  annorum 
releva  22.  ta  non  fuerit  piena  fructibus,  nostre  ecclesie  revertatur. 
Nulli  alii  ecclesie  23.  vel  pio  loco  seu  potenti  persone  aliquo  modo 
eam  detis  vel  relinquatis  aut  24.  concedatis.  Et  si  vendere  vel  pi- 
gnorare eam  volueritis,  prius  nobis  nostrisque  sue  25.  cessoribus 
vendatis  vel  pignoretis  in  eo  pretio  vel  mutuo  quod  ab  aliquo  inde 
26.  habere  potueritis  (•''),  comminus  (b)  in  vcnditione  quinque  solido- 
rum  (^")  provisinorum  senatus  per  petiam;  si  sic  emere  vel  27.  in 
pignore  accipere  noluerimus,  vendatis  vel  pignoretis  eam  nostro  con- 
sensu  tali  per  28.  sone  que  nobis  placeat  sine  malitia  que  omnia 
que  vos  debetis,  nostre  ecclesie  29.  adimpleat  et  persolvat,  et  tunc 
de  venditione  dictum  comminus  nobis  detis.  30.  Nos  igitur  prò 
nobis  et  successoribus  nostris  promittimus  omnia  que  dieta  sunt  obser- 
vare  et  31.  dictam  locationem  ab  omni  homine  et,  omni  loco  de-^ 
fendere  si  opus  et  necesse  fuerit;  tu  32.  et  heredes  tui  omnia  que 
dieta  sunt,  nostre  ecclesie  adimpleatis.  Si  qua  vero  33.  pars  contra 
tenores  huius  cartule  venire  temptaverit,  componat  alteri  parti  fi 
34.  dem  servanti  prò  pena  duas  boni  auri  uneias,  et,  soluta  pena,  car- 
tula  hee  35.  firma  permaneat.  Quam  scribendam  rogavi  Nicolaum 
scriniarium  sanete  Romane  Ecclesie  in  mense  et  indictione  suprascripta 
quarta.  Signum  ^  manus  dictorum  rogatorum  cartule  huius  rogato- 
rum  ('1). 

Stetanus  Paparone,  testis.  Storius  Petri  Rubei,  testis.  Johannes 
Berardi,  testis.  Angelus  Denarii,  testis.  Angelus  Rubei,  testis. 

[ST]  Ego  Nicolaus  Dei  gratia  sanete  Romane  Ecclesie  scriniarius  com- 
pievi et  absolvi. 

XLVI. 

1200,  deeembre  12. 

Romano,  abate  di  S.  Prassede,  concede  in  enfiteusi  per- 
petua a  Tascone  un  pezzo  di  terra  da  ridursi  a  vigna,  fuori 
della  porta  Nomcntana  «  in  Aqua  Tuzia  ». 

Originale  [A]. 

Sul  verso  di  mano  del  secolo  mii  :    «  Cartula  vince  de  Aqua  Tuxia». 

,(a)  pot         (b)  coni         (e)  sot         (d)  Così  la  formili  a    nel  tento. 


84  T.  Jedele 


I.  [ST]  In  nomine  Domini.  Anno  tertio  pontificatus  vero  domni 
Innocenti!  lertii  pape,  indictione  quarta,  mense  decembris  (a),  die  .xii. 
Ego  quidem  2.  Romanus  Dei  gratia  abbas  tituli  (b)  Sancte  Praxedis 
hac  presenti  die  ex  precepto  et  mandato  domni  Sofìfredi  (0  presbiteri 
3.  cardinalis  eiusdem  ecclesie  et  consensu  et  voluntate  omnium  mo- 
nachorum  et  fratrum  meorum  eiusdem  ecclesie,  scilicet  Benedicti  pre- 
sbiteri, 4.  Antonii^et  Salvi  et  Pascalis  et  presbiteri  Petri  yconomi 
et  aliorum,  propria  et  spontanea  nostra  bona  voluntate  lo  5.  camus 
adque  concedimus  tibi  Tasconi  tuisque  heredibus  ac  successoribus 
secundum  tenorerh  subscriptum  6.  in  perpetuum.  Idest  unum  pe- 

tium  terre  sementaricie  ad  unam  petiam  vinee  ibidem  pastinandum 
plus  vel  minus  cuni  vasca  7.  et  vascali  et  cum  puteo   communi 

inter  te  et  alios  nostros  conductores,  cum  introitu  et  exitu  suo  et  cum 
omnibus  8.  suis  pertinentiis.  Positum  extra  portam  Numentanam 

in  Aqua  Tuzia,  inter  hos  fìnes  :  a  primo  latere  est  9.  viculus  com- 
munis,  a  secundo  Gregorius  lohannis  Sorici,  a  tertio  Angelus  Perosci- 
nus,  a  quarto  nos  tenemus:  io.  iuris  dominii  (<i)  nostre  ecclesie.  Ad 

tenendum,  colendum,  pastinandum,  meliorandum,  propaginandum,  cul- 
tandum  et  bene  laborandum,  11.  utendum,  fruendum  et  sicut  dictum 
est  in  perpetuum  possidendum,  et  bine  ad  quadtuor  annos  nichil  nobis 
reddendum,  12.  in  quinto  vero  anno  et  deinde  in  antea  omni  anno 
tempore  vindemiarum  reddatis  nobis  nostrisque  successo  13.  ribus 
quartam  partem  totius  musti  mundi  et  acquati  quod  de  dieta  vinea 
habueritis  (e),  et  unum    canistrum  14.  iustum  de  uvis  quod  (0  sit 

in  circuitu  quinque  palmorum  et  duorum  in  fundo  et  unius  in  altum, 
et  quad  15.  tuor  provisinos  senatus  prò  vascatico,  et  de  arboribus 
qui  ibidem  sunt  et  de  quibus  ibi  posueritis  vel  alleva  16.  veritis,  quar- 
tam nobis  detis.  Et  si  inveneritis  ibi  aurum,  argentum,  ferrum,  plum- 
bum  vel  17.  aliud  aliquid  valens  plus  quam  .xii.  denarii  papienses, 
medietatem  nobis  detis,  alia  medietas  vestra  sit.  18.  Et  si  per  ostem 
publicum  seu  celi  plagam  aut  vestram  neglegentiam  in  desertum  ierit  (g> 
19.  et  per  spatium  trium  annorum  relevata  non  fuerit  piena  fructibus^ 
nostre  ecclesie  revertatur.  20.  Nulli  alii  ecclesie  vel  pio  loco  seu  po- 
tenti persone  aliquo  modo  eam  detis  vel  re  21.  linquatis  aut  con- 
cedatis.  Et  si  vendere  vel  pignorare  eam  volueritis,  prius  nobis  nostris 
22.  que  successoribus  vendatis  vel  pignoretis  in  eo  pretio  vel  mutuo 
quod  ab  aliquo  inde  habere  23.  potueritis  (ii),  comminus  in  venditione 
quinque    solidorum  (0  provisinorum  senatus  ad  rationem  petie.  Si  sic 


(a)  deceb         (b)  titu  ài  tituli  su  rasura.         (e)   Così  nel  testo  per  Siffredi       (d)  don 
(e)    haD  (f)    q  (g)    Ad    ierit  seguono  le  favole  et  per  cancellate   da  prima  mano. 

(h)  pot         (i)  soì 


Tabularium  S.  ^raxedis  85 


cmere  vel  24.  in  pignore  accipere  noluerimus,  vendatis  vel  pignorctis 
eam  nostro  consensu  tali  persone  que  nobis  2$.  placeat  sine  malitia, 
que  omnia  que  vos  debetis,  nostre  ecclesie  adimpleat  et  persolvat,  et  tunc 
26.  de  venditione  dictum  comminus  nobis  detis.  Nos  igitur  prò  nobis 
et  successoribus  nostris  27.  promittimus  omnia  que  dieta  sunt  ob- 
servare  et  dictam  locationem  ab  omni  homine  et  omni  loco  defen- 
dere, 28.  si  opus  et  necesse  fuerit  ;  tu  et  heredes  tui  omnia  que  dieta 
sunt,  nostre  ecclesie  adimple  29.  atis.  Si  qua  vero  pars  contra  te- 
nores  huius  cartule  venire  temptaverit,  componat  alteri  30.  parti 
fidem  servanti  prò  pena  duas  boni  auri  uncias,  et,  soluta  pena,  cartola 
hec  3  r .  firma  permaneat.  Quani  scribendam  rogavi  Nicolaum  scri- 
niarium  sancte  Romane  Ecclesie  32.  in  mense  et  indictione  supra- 
scripta  quarta.  Signum  >^  manus  dictorum  rogatorum  cartule  huius 
rogatorum  (»). 

Stefanus  Paparone,  testis.  Storius  Petri  Rubei,  testis. 

Angelus  Denarii,  testis.  Angelus  Rubei,  testis. 

lobannes  Berardi,  testis. 

[STJ  Ego  Nicolaus  Dei  gratia  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  com- 
pievi et  absolvi. 

XLVII. 

1203,  decembre  7  (0. 

Anno  .VI.  pontificatus  Innocenti!  Ili,  indictione  .vii.,  mense  de- 
cembris,  die  .vii.  Ego  lohannes  rector  ecclesie  Sancte  Praxedis,  consensu 
monachorum,  scilicet  Roberti,  Angeli,  Pas[calis],  Benedicti,  leronimi, 
Antonii  et  Cesarli  et  Petri  yconomi,  locamus  tibi  Girardo  Franconis 
unam  petiam  vinealis  extra  portam  Numentanam  ad  Aquam  Tutiam. 
A  .1.  latere  tenet  lohannes  Berardi  nostri  iuris,  a  .11.  Nicolaus  Piniole, 
a  duobus  [aliis  lateribus]  est  via  communis  et  nos  tenemus.  Et  omni  anno 
tempore  vindemiarum  reddatis  quartam  partem  totius  musti  mundi  et 
acquati  et  unum  canistrum  iustum  de  uvis  et  quadtuor  provisinos  sena- 
tus  prò  vascatico:  et  de  arboribus  qui  ibi  sunt,  medietatem;  de  quibus 
ibi  posueritis  vel  allevaveritis,  quartam  nobis  detis.  Testes  :  lohannes 
Paramanu,  lohannes  Berardi,  Paulus  de  Girardo,  Benedictus  conversus. 

Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

(a)  Cosi  la  formula  nel  lesto. 

(i)  Secondo  le  consuetudini  della  R.  Società  romana  di  storia  pa- 
tria, pubblico  in  estratto  i  documenti  posteriori  all'anno  1200,  avver- 
tendo che  nella  pubblicazione  seguo  fedelmente  il  testo  dal  quale  sono 
tolte  soltanto  le  formule. 


8^  T.  Jedele 


XLVIIL 

120$,  agosto   12. 

Anno  .vili.  Innocenti!  Ili,  indictione  .viii.,  mense  augusti,  die  .xii. 
Ego  Johannes  Berardi  de  Nerule  cum  consensu  domni  lohannis  rectoris 
ecclesie  Sancte  Praxedis  habentis  prò  comminu  quinque  solidos  provi - 
sinorum  senatus  vendo  Ascaro  unam  petiam  vinee  extra  portam 
Numentanam  ad  Aquam  Tuziam.  A  .i.  latere  tenet  Albericus,  a  .ii. 
Johannes  Guilielmi,  a  .in.  ecclesia  Sancti  Abbaciri  et  Piniola,  a  .mi. 
ecclesia  Sancte  Praxedis.  Pro  .x.  solidis  provisinorum  senatus,  salvo 
iure  et  redditu  ecclesie  Sancte  Praxedis.  Et  ego  Maria  uxor  lohannis 
Berardi  huic  venditioni  consentio.  Testes  :  Ronianus  Grece,  lohannes 
Berardi,  lordanus,  Leonardus,  Alexius  magistri  Rainaldi. 

Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

XLIX. 

1209,  febbraio  4. 

Anno  .XII.  Innocenti!  Ili,  indictione  .xii.,  mense  februarii,  die  .1111. 
Ego  lohannes  abbas  Sancte  Praxedis,  consensu  monachorum  scilicet  Ro- 
berti, Benedicti  et  aliorum,  locamus  tibi  Romano  de  Greca,  vita  tua  et  tuis 
legitimis  fìliis  ac  filiabus  et  nepotibus  ac  neptibus  ex  filiis  tuis  natis 
tantum,  unam  domum  positam  Rome  in  regione  nostre  ecclesie.  A  .1.  la- 
tere tenet  Bartholomeus  cocus,  a  .11.  et  a  .111.  est  ortus  nostre  ecclesie, 
a  .IV.  via  publica.  Et  omni  anno  in  festo  sancte  Praxedis  detis  qua- 
tuor  provisinos  senatus.  Tali  conditione  dictam  locationem  tibi  facimus 
ut  vos  claudatis  dictam  domum  tali  modo  ut  non  habeamus  aliquod 
damnum  in  rebus  nostris  per  vestram  domum.  Testes  :  lohannes  Sar- 
racenus,  Guido  Loffrede,  Gaudente,  Leonardus  Duragere,  Marcus. 

Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

L. 

1209,  marzo  23. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccviiil,  anno  .xii.  Innocenti!  tertii, 
mensis  marti!  die  .xxiii.  Ego  Petrus  yconomus  Sancti  Marci,  consen- 
tientibus  clericis  diete  ecclesie,  lohanne  Demetrii  priore,  presbytero  Sil- 
vestro, Nicolao  Damangii,  Tarragone,  Angelo,  lohanne  Angeli,  Lo- 
caro,  per  arbitrium  dicti  Nicolai  Damangii  et  lohannis  Angeli  qui 
fuerunt    electi   arbitri  ab   utraque   parte,    loco    tibi   Henrico    Petri   de 


Tabularium  S.  T^raxedis  87 


Scere  in  perpetuum  unum  vìneale  in  Aqua  Tucza.  A  .1.  latere  tenet 
monasterium  Sancte  Agnetis,  a  .11.  ecclesia  Sancti  Ciriaci  in  Thermis, 
a  .III.  est  via  Oratoria  qua  itur  per  Aquam  Tuczam  et  per  canpum  Sancti 
Laureiitii  de  Miranda,  a  .1111,  tenet  Gregorius  lohannis  Soricis  et  tu 
ipse,  Hanc  locationem  et  concessionem  facio  prò  eo  quod  das  no- 
bis  .XXVIII.  solidos  bonorum  provisinorum  senatus,  minus  .111.  pro- 
visinis.  Et  omni  anno  reddatis  diete  ecclesìe  Sancti  Marci  in  festo 
sancti  Marci  .111.  bernenses,  et  nunc  recipimus  prò  pensione  quingen- 
torum  annorum  .xxxi.  solidos  provisinorum  senatus.  Testes  :  Angelus 
Henrici,  Romanus  Petri  Farolfi,  Oddo  Cinthii,  Sebastianus  filius  Se- 
bastiani. 

Johannes  Petri  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LI. 

1209,  agosto   16. 

Anno  .XII.  Innocentii  III,  indictione  .xii.,  mense  augusti,  die  .xvi. 
Ego  lohannes  Guilielmi  cum  consensu  Benecase  uxoris  mee,  et  ego 
Romana  uxor  quondam  Asscari  et  Erminia  filia  mea  cum  consensu 
domni  lohannis  abbatis  Sancte  Praxedis  prò  comminu  habentis  .v.  sohdos 
"honorum  provisinorum  senatus,  vendimus  tibi  Benedicto  molinario  unam 
petiam  vinee  cum  vassca  et  vasscali  de  qua  quidem  vinea  et  vasca  ego 
lohannes  vendo  tibi  medietatem,  et  ego  Romana  alteram  medietatem, 
cum  puteo  communi  inter  te  et  alios  conductores  diete  ecclesie,  cum 
introitu  et  exitu  suo  per  viculum  qui  est  iusta  vineam  heredum  Sas- 
sonis  Rusticelli  et  Theodori,  positam  extra  portam  Numentanam  ad 
Aquam  Tutiam.  A  .1.  latere  tenent  ecclesia  Salvatoris  in  Risile  et  ec- 
clesia Sancti  Abbaciry,  a  tribus  aliis  lateribus  tenet  ecclesia  Sancte  Praxe- 
dis. Hanc  venditionem  facimus  prò  .xi.  solidis  bonorum  provisinorum 
senatus,  salvo  omni  iure  et  redditu  ecclesie  Sancte  Praxedis  cui  omni 
anno  redatis  quartam  partem  totius  musti  mundi  et  aquati  et  unum 
canistrum  iustum  de  uvis  et  .1111.  provisinos  senatus  prò  vascatico  et 
quartam  partem  de  arboribus,  Testes  :  Gualterius  Fricanulla,  Silvester, 
Romanus  Calisonis,  lohannes  Aginelli. 

Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LII. 

12 12,  agosto  12. 

Anno  .XV.  Innocentii  III,  indictione  .xv.,  mense  augusti,  die  .xii. 

Ego Domna  uxor  quondam  Nicolay   Bobonis  avia  et  tutris  Er- 

minie  filie  quondam  Ascari  cum  consensu  domni  Orlandi  abatis  San- 


88  T.  Jedele 


cte  Praxedis  habentis  prò  comminu  .v.  solidos  honorum  provisinorum 
scnatus,  prò  me  et  prò  dieta  pupilla  vendo  Nicolao  Bufo  unam  petiam 
vinee  desertam  extra  portam  Numentanam  in  Aqua  Tutia.  A  .iii.  la- 
teribus  tenet  dieta  ecclesia,  a  .mi.  Sanctus  Abbaccirus  et  Piniola.  Hanc 
venditioneni  facio  prò  .xv.  solidis  bonorum  provisinorum  senatus  de 
quibus  do  .v.  solidos  dicto  abati  prò  comminu,  alios  expendo  prò  uti- 
litate  diete  pupille.  Et  ideo  dieta  vinea  vendita  fuit  quia  in  desertum 
ibat  et  eam  laborare  non  volebamus  propter  onus  paupertatis.  Omni 
anno  redatis  ecclesie  Sancte  Praxedis  quartam  partem  totius  musti 
mundi  et  aquati  et  unum  canistrum  iustum  de  uvis,  et  quadtuor  pro- 
visinos  senatus  prò  vaseatico  et  de  arboribus  quartam.  Testes:  Johannes 
Britii,  Johannes  Bomese,  Bertoldus,  domnus  Robertus. 
Nicolaus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LUI. 

1222,  settembre  3. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxxil,  anno  .11.  regnante  Fride- 
rico  Romanorum  imperatore,  indietione  .xi.,  mensis  septembris  die  .111. 
Ego  Nicolaus  Cellus  cum  consensu  domni  Geronimi  abbatis  San- 
cte Praxedis  et  Pasealis  camerario,  lohannis  presbiteri.  Boni  et  aliorum,' 
habentium  prò  comminu  .v.  solidos  provisinorum  senatus  et  cum  con- 
sensu uxoris  mee  Bone  vendo  et  per  Robertum  Apulum  meum  procu- 
ratorem  corporaliter  investiens  trado  tibi  Plebano  Picalotto  unam  pe- 
tiam vinee  ad  quartam  reddendum  ecclesie  Sancte  Praxedis,  extra 
portam  Numentanam  in  contrada  que  vocatur  Aquam  Tuziam  sive 
Sectem  Tabulas.  A  .1.  latere  et  .11.  sunt  vie,  una  publiea,  altera  est  vi- 
colus  vicinalis  quem  pergit  ad  puteum  et  per  alias  vineas  diete  ecclesie 
et  ad  istam  vineam,  et  .111.  Petrus  Bufo,  .1111.  Petrus  Rubeus.  Hanc 
venditionem  facio  prò  .vii.  libris  provisinorum  senatus  et  quinque  so- 
lidis. Testes  :  frater  Petrus,  Uvolinus («). 

Rainaldus  Girardi  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LIV. 

1223,  marzo   12, 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxxiii.,  anno  .111.  regnante  domno 
Friderico  Romanorum  imperatore,  indietione  .xi.,  mensis  martii  die  .xii. 
Cum  consensu  Marzueli  qui  vocatur  Bartholomeus  Alexoli  et  Marzue- 

(a)  La  pergamena  fu  lagìiala  nel  margine  inferiore.  Desumo  dal  testo  del  documento  il 
nome  dello  scriniario. 


Tabularium  S.  T^raxedis  89 


lus,  et  cum  consensu  uxoris  sue  Marie  et  nurus  sue  Benencase,  nos 
Geronimus  abbas  Sancte  Praxedis,  cum  consensu  monachorum,  lohannis 
presbiteri,  Boni  presbiteri,  Pascalis  et  aliorum  locamus  tibi  Oddoni  Sasso- 
nis  in  perpetuum  unam  petiam  vinee  que  est  actata  iuxta  vineam  Andree 
Donadei,  extra  portam  Numentanam,  ad  Sectem  Tabulas.  A  .1.  latere 
Gregorius  lohannis  Soricis,  a  .11.  heredes  Henrici  de  Scere,  a  .111.  et  .1111. 
nostra  ecclesia.  Hanc  locationem  facimus  prò  .ex.  solidis  provisinorum 
senatus  quos  damus  dicto  Marzuelo,  uxori  sue  et  nurui  sue,  quia  nobis 
ipsam  vineam  et  locationem  renuntiant  et  refutant.  Et  omni  anno 
reddas  quartam  partem  musti  et  unum  canistrum  de  uvis  et  .1111.  pro- 
visinos  senatus  prò  vascatico.  Testes  :  frater  Guidus,  magister  Johan- 
nes, lanninus,  Tomasius  Aczonis  Nicolai. 

Rainaldus  Girardi  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LV. 

1223,  settembre  12. 

Anno  dominice  incarnationis  .Mccxxiii.,  anno  .111.  regnante  Fri- 
derico  Romanorum  imperatore,  indictione  .xii.,  mensis  septembris 
die  .XII.  Cum  consensu  domni  abbatis  Sancte  Praxedis  et  aliorum  fra- 
trum,  Pascalis,  presbiteri  Boni,  fratris  Bonfanti  et  alteri  Boni,  presbiteri 
Martini  et  aliorum,  habens  (a)  prò  comminu  .v.  solidos  provisinorum 
senatus,  et  cum  consensu  lohannis  Capomaczi  soceri  mei,  renuntiantis 
omne  ius  dotis  donationis  filie  sue  Bone,  ego  Petrus  Bufo  vendo  tibi 
Petro  Sassonis  unam  petiam  vinee  cum  parte  de  vasca  et  de  vascali 
suo,  illius  que  est  iuxta  vineam  Andree  Donadei,  inter  fractas,  et  modo 
acttata  C-^)  est,  extra  portam  Numentanam  ad  Secttem  (a)  Tabulas.  A  .1.  la- 
tere presbiter  Petrus  Salvatoris  de  Cornutis  et  ecclesia  Sancti  Abba- 
ceri,  .11.  Andreas  de  Gualterolo,  .111.  Andreas  Donadei,  .1111.  Johannes 
Velletranus  et  via  de  dieta  vinca,  et  est  alia  via  eundi  ad  dictam  va- 
scam  inter  lohannem  Velletranum  et  Andream  Donadei.  Hanc  vendi- 
tionem  facio  prò  .l.  solidis  provisinorum  senatus,  salvo  iure  San- 
cte Praxedis  ad  quam  reddes  quartam  partem  musti  et  unum  canistrum 
de  uvis.  Testes  :  Rainaldus  de  Petro,  Lockese,  Parente. 
^  Rainaldus  Girardi  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LVI. 

1224,  decembre  io. 

Anno  .villi.  Honorii  III,  indictione  .xiii.,  mense  decembris,  die  .x. 
Ego  Petrus  Sassonis  Buccocii,  consensu  Agnetis  uxoris  mee,  in  pignus 

(a)   Cosi  nel  testo. 


9Ò  "P.  Jedele 


pono  et  obligo  libi  Stefano  Romani  Baruncii  duas  petias  vinearum 
extra  portam  Numentanam  ad  Aquam  Tuctiam.  A  .i,  latere  est  via 
publica,  a  .11.  tenet  Andreas  Oddolini,  a  .111.  presbiter  Petrus  de  Ca- 
ballo,  a  .1111.  tenet  Belletranus.  Hoc  pignus  tibi  facio,  prò  eo  quod  re- 
cipio  a  te  mutuo  sine  usura  hinc  ad  proximum  festum  sancte  Marie 
de  augusto  .xx.  libras  bonorum  provisinorum  senatus.  Quam  pecu- 
niam  si  hinc  ad  dictum  festum  solverò,  cartula  hec  vacua  sit,  et  incisa 
una  cum  pignore  ad  me  revertat  ;  sin  autem,  tua  auctoritate  recipias 
et  tollas  medietatem  musti  quod  exierit  de  dictis  vineis,  salva  quarta 
monasterii  Sancte  Prassetis,  quo  musto  a  te  recepto  prò  lucro  dicti 
pretii.  Si  hinc  ad  unum  annum  ego  vel  heredes  mei  solverimus  dictam 
pecuniam,  pignus  hoc  penitus  evacuetur,  alioquin  habeas  dictas  vineas 
iure  emptionis,  iusto  pretio  tunc  extimandas,  salva  quarta  dicto  mo- 
nasterio,  et  salvo  tamen  tibi,  si  minus  de  dictis  .xx.  libris  diete  vinee 
extimate  vel  arbitrate  fuerint,  quantum  minus  arbitrate  fuerint,  tantum 
habeas  potestatem  vindicandi  in  domo  mea  de  Carnario  quam  nunc 
habito.  Testes  :  Stefanus  Buccapiscis,  Johannes  Sinibaldi  (0,  Gualterius 
de  Luco,  Fetatantus,  Todinus. 

Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 


LVIL 

1225,  gennaio  2. 

Anno  Domini  .mccxxv.,  regnante  Frederico  Romanorum  impera- 
tore anno  eius  quinto,  indictione  .xiii.,  mensis  ianuarii  die  .11.  Ego  An- 
gnes  uxor  quondam  Loterii  Pandulfy  refuto  tibi  dompno  Bono  monaco 
Sancte  Praxedis  omnem  petitionem  quam  diete  ecclesie  feci,  petii  vel 
petere  possem  de  quattuor  libris  provisinorum  senatus  de  mea  dote, 
de  qua  dote  fui  curata  et  ligata  a  viro  meo  super  una  domo  diete 
ecclesie,  posita  in  monte  Sancte  Marie  Maioris  iuxta  portam  rencla- 
stri  Sancte  Praxedis,  cum  intras  ad  palatium  cardinalis.  A  .1.  latere 
est  porta  dieta,  .11.  murum  renelastri,  .111.  dieta  ecclesia,  .1111.  via  pu- 
blica. Et  domum  vobis  renuntio,  atque  refuto  et  casso  instrumenta 
mee  dotis  et  donationis  propter  nuptias  et  dieta  eorum  scripta  .per 
Gregorium  de  ludiee  seriniarium,  et  eonsilium  curie  datum  a  Romano 
lohannis  presbiteri  et  ab  alio  huiusmodi  causidicorum,  scriptum  per 
Nieolaum  Pauli  (b)  seriniarium,  prò  eo  quod  recipio  a  te  .xxv.  solidos 
provisinorum  senatus,  de  residuis  aliis  denariis  de  mea  dote  confìtens 
in  aliis  bonis  viri  mei  fore  soluta.  Testes:  Stefanus  Romani  Varonzii, 

(a)  La  ìettura  di  Sinibaldi  è  incerta.  (b)  Nel  testo    Pauli  pdan  seriniarium 


Tabulariiim  S.  T^raxedis  91 


Romanus  Serranerius  (a),  Matheus  calzolarius  a  domo  lacobi  lohannis 
Capuzii. 

Rainaldus  Girardi  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LVIII. 

1225,  febbraio  23. 

Anno  dominice  incarnationis  .Mccxxv.,  regnante  Friderico  Ro- 
manorum  inperatore  anno  eius  quinto,  indictione  .xi[ii.,  mensis  fe]- 
bruarii  die  .xxiii.  Nos  Sa  .  .  .  rus  de  Ca  .  .  .  .  lo  cum  Andrea  fìlio  meo 
vendimus  vobis  domno  Geronimo  abbati  Sancte  Praxedis  donium  no- 
strani solaratam  quam  habemus  in  castro  Castilione  vestre  ecclesie, 
sicut  concluditur  inter  suos  fines,  cum  muro  circumquoque,  cum  gra- 
nario, cum  solario  et  cum  plaga  ante  se,  positam  in  dicto  Castilione  : 
a  .1,  latere  est  carbonarius  dicti  castri,  a  .11,  est  plaga  *  *  *  (^), 
prò  eo  quod  solvis  .xx.  et  .11.  libras  provisinorum  senatus.  Ad  hec 
ego  Benedictus  de  Castilione  frater  germanus  quondam  presbiteri  lo- 
hannis de  Castilione  promitto  vobis  domno  Geronimo  quod  si  uxor 
Sa  . . .  ri,  silicet  Maria  vel  eius  filius  Andreas  de  dieta  domo  litem  fa- 
cient,  et  dieta  ecclesia  in  dampnum  devenerit,  totum  dampnum  et 
expensas  vobis  reddere  promitto  in  omnibus  meis  bonis.  Et  ego  di- 
ctus  Andreas  corporaliter  iuro  omnia  predicta  observare.  Testes:  Ro- 
manus calzularius  de ,  Johannes  Lenti  eiusdem  castri,  Marcus 

lohannis  b  ....  ri,  Angelus  Bartholomei,  lacobus  de  Castilione,  Petrus 
de  Genule,  Johannes  Pro  ....  nus. 

Rainaldus  Girardi  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LIX. 

1225,  settembre. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxxv.,  pontifìcatus  Honorii  III 
anno  .x.,  indictione  .xiiii.,  mense  septembrio,  die  . . .  Nos  Scotta  uxor 
quondam  Gregorii  lohannis  ludici?  et  Paulus  Gregorii,  mater  et  filius, 
locamus  tibi  Rainaldo  Barberio  in  perpetuum  unani  petiam  vince  cum 
parte  de  vasscali  de  Munumento  subscripto,  extra  portam  Maiorem 
ad  Monunientum  Carucii.  A  .1.  latere  tenent  heredes  Petri  ludicis,  a  .11. 
Johannes  Alfredus  (0  nostri  iuris,  a  .111.  Nicolaus  lohannis  (A)  scrinia- 
rius, a  .1111.  est  via  publica.  Hanc  locationem  facimus  prò  eo  quod 
recipimus  octo  libras  honorum   provisinorum    senatus    quas    solvimus 

(a)  Serrancr  (b)  Lacuna  nei  testo.         (e)  Alfreit         (d)  lohannis  t;,.  ? 


92  T.  fedele 


lohanni  Alfredo  prò  dieta  vinca  nobis  vendenda.  Et  omni  anno  red- 
datis  quartam  partem  musti  et  unum  canistrum  de  uvis;  et  de  arbo- 
ribus  qui  ibi  fuerint  tempore  pastinationis,  medietatem;  de  quibus  ibi 
posueritis,  quartam  nobis  detis.  Testes  :  Nicolaus  lohannis  Rainaldi, 
Nicolaus  Gotifredi,  Petrus  Pauli  Benenate,  Paulus  frater  eius. 
Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LX. 

1226,  febbraio  8. 

Anno  Domini  .mccxxvi.,  regnante  Friderico  Romanorum  impe- 
ratore anno  eius  .vi.,  indictione  .xiiii.,  mensis  februarii  die  .viii.  Nos 
Geronimus  abbas  Sancte  Praxedis  cum  consensu  monachorum,  dompni 
Martini  camberarii,  Pascalis,  presbiteri  Boni,  presbiteri  lohannis  et 
aliorum  locamus  tibi  Cinthio  de  Amato  in  perpetuum  unum  petium 
terre,  de  qua  terra  unam  medietatem  debeas  pastinare  et  mediam  ad 
ortum  relinquere.  Et  in  isto  anno  nomine  pensionis  reddetis  .xii.  so- 
lidos  provisinorum  senatus  et  duos  ruclos  ceparum,  et  ab  isto  anno 
in  antea  in  festo  sancte  Marie  de  augusto  .vii.  solidos  provisinorum 
senatus  et  unum  ruclum  ceparum  de  orto.  Positum  extra  portam  Nu- 
mentanam  in  valle  de  Aqua  Tuczia  :  a  .1.  latere  ecclesia  Sancti  Lau- 
renti  en  (0  Miranda  tenet  et  Nicolaus  Cellus,  .11.  Petrus  Tuzolini, 
.III.  via  Tiburtina.  Et  hinc  ad  quinque  annos  nichil  de  musto  et  de 
uvis  nobis  reddes,  deinde  omni  anno  quartam  partem  musti  et  unum 
canistrum  de  uvis  et  quattuor  provisinos  prò  vascatico,  si  reficiemus 
et  actabimus  vascam.  Testes:  Henricus  lohannis  Calandre,  Stephanus 
Climenti  (b),  Johannes  Rofredi,  Johannes  Guidoctti,  Petrulus,  Silvester 
Retri  Mathei. 

Rainaldus  Girardi  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LXI. 

1226,  settembre  12. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxxvi.,  pontificatus  Honorii  III 
anno  .xi.,  indictione  .xv.,  mense  septembris,  die  .xii.  Ego  Paulus  Gregorii 
lohannis  ludicis  vendo  tibi  lohanni  Sassonis  duos  petios  terre  ad  unam 
petiam  vinee  pastinandam  extra  portam  Maiorem  ad  Quatuor  Basscas. 
Ad  unum. petium  a  .1.  latere  tenent  heredes  Nicolai  lohannis  (0,  a  .11. 
est  via,  a  .11.  lateribus  tenent  fihi  Retri  ludicis.  Fines  ad  ahum  petium 

(a)   Così  nel  testo.         (b)  Climti         (e)  Nel  testo  lohannis  ty  ? 


Tabiilarìum  S.  T^raxedis  93 


a  ,1.  latere  tenent  dicti  filii  Petri  ludicis,  a  .ii.dicti  filli  Petri  ludicis 
et  filii  Angeli  Carrarii,  a  .111.  est  vicolus  communis,  quartum  latus  non 
habet  quia  triagula  est.  Hanc  locationem  facio  prò  eo  qiiod  recipi 
.V.  solidos  honorum  provisinorum  senatus,  tali  tenore  quod  hinc  ad 
quattuor  annos  nichil  nobis  reddatis,  deinde  reddatis  quartam  musti 
mundi  et  unum  canistrum  de  uvis,  et  de  arboribus  quartam.  Testes: 
Saracenus,  Johannes  Nicolai  pelliparius,  Petrus  Henrici,  Paulus  PauH 
Benenate. 

Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXII. 

1229  (?),  febbraio  28. 

Sentenza  di  Giovanni  del  Giudice,  senatore  di  Roma, 
in  flivore  della  chiesa  di  S.  Prassede  e  di  un  tal  Tiburtino, 
uomo  dipendente  dall'abate  di  S.  Prassede. 

Originale  [A].  Copia  da  A  nel  cod.  Vallicelliano   T,  82,  e.  112. 

La  datazione  di  questo  documento  è  incerta,  potendo  noi  adoprare  soltanto  due  note 
cronologiche,  l'indizione  11  ed  il  mese  di  febbraio.  Né  con  precisione  sappiamo  quando  Gio- 
vanni del  Giudice  tenne  l' ufficio  di  senatore  in  Roma.  Secondo  Antonio  Vendettini, 
Serie  cronologica  dei  senatori  di  Roma,  Roma,  1777,  p.  8,  egli  sarebbe  stato  senatore  nel  1238. 
Antonio  Vitale,  Storia  diplomatica  dei  senatori  di  Roma,  1791,  p.  82,  ricorda,  citandolo 
dal  Gigli,  nel  121 3  un  Giovanni  del  Giudice  senatore  di  Roma.  Un  Giovanni  del  Giudice 
fu  certamente  senatore  ai  tempi  di  Gregorio  IX.  Cf.  Muratori,  Rer.  Ital.  Script,  l\\, 
pars  I,  p.  582.  Ora  durante  il  pontificato  di  Gregorio  IX  1'  indizione  11  cade  soltanto 
nel  1229.  Tuttavia  pongo  con  un  segno  di  dubbio  questa  data  tutt'altro  che  sicura.  L' im- 
portanza del  documento  mi  consiglia  di  pubblicarlo  integralmente. 

I.  In  nomine  Domini.  Nos  Johannes  ludicis  Dei  gratia  alme  Urbis 
illustris  senator,  decreto  et  auctoritate  2.  sacri  Senatus,  constitui- 
mus,  sanccimus  et  firmiter  ac  inrevocabiliter  ordinamus  ut  Pucius 
3.  Paulus  Nicolai  Romiti  et  Nicolaus  Adelascie  et  Gualterius  omni 
tempore  omni  die  4.  et  omni  hora  teneantur  solvere  et  dare  et 

reddere  abbati  Sancte  Praxedis  et  eius  yconomo  5.  et  Tvburtino 

.XX.  solidos  honorum  provisinorum  senatus  et  asinum  quem  abstule- 
runt  eidem  Tyburtino,  et  alias  6.  res  aut  extimationem  ipsarum 

sacramento  dicti  Tyburtini  declarandam  aut  yconomi  Sancte  Praxe- 
dis (0,  et  expensas  quas  7.  ammodo  fecerint  prò  ipsa  petitione  et 
rebus  recuperandis.  Et  senatores  qui  erunt  per  tempora,  co  8,  gant 
predictos  solvere  et  dare  et  reddere  ipsam  petitionem  et  asinum  et 
alias  res  aut  ex         9.  timationem  ipsarum  cum  expensis  factis  et  fa- 

(a)  aut  yconomi  Sancte  Praxedis  aggiunto  alla  fine  del  testo  da  prima  titano. 


94  "P-  J^dele 


ciendis.  Hoc  ideo  facimus   quia    predicti  io.  Pucius  et  Paulus  et 

Nicolaus  et  Gualterius  ipsum  Tyburtinum  fidelem  dicti  abba  ii.  tis 
ceperunt  et  carcerali  custodie  manciparunt  (0,  et  ad  ultimum  vendi- 
derunt  eum  et  restitue  12.  runt  prò  .xx.  solidis  provisinorum  iam 
dicto  abbati,  retentis  asino  et  aliis  rebus.  Precipimus  13.  itaque  et 
presenti  sancimus  auctoritate  ut  nullus  senator,  unus  vel  plures  qui 
per  tempora  erunt,  14.  consilium  vel  Consilia  faciendo  seu  quolibet 
alio  modo  vel  ingenio,  contra  hoc  nostrum  privile  15.  gium  venire 
vel  facere  presumant,  immo  secundum  tenorem  huius  privilegii  cogant 
predictos  16.  dictos  .xx.  solidos   provisinorum  et  asinum  et  alias 

res  aut  extimationem  ipsarum  sacramento  dicti  17.  Tyburtini  de- 
clarandam  cum  expensis  reddere  et  restituere  predicto  abbati  et  yco- 
nomo  18.  et  dicto  Tyburtino,  quia  ipsum  Tyburtinum  fidelem  dicti 
abbatis,  ut  dictum  est,  ceperunt  19.  et  ad  nostrum  preceptum  red- 
dere noluerunt.  Si  quis  vero  senator  vel  iustitiarius  contra  facere 
temp  20.  taverit,  teneatur  solvere  nomine  pene  .1.  libram  boni 
auri  cuius  medietas  sit  dicti  abbatis  et  yco  21.  nomi  et  dicti  Ty- 
burtini, et  alia  medietas  sit  Senatus  prò  muris  Urbis  ;  et,  pena  soluta, 
hoc  pri         22,  vilegium  fìrmum  perduret. 

Actum  indictione  .11.,  mense  februario,  die  ultima. 


LXIIL 

1230,  giugno  4. 

Anno  dominice  incarnatienis  .mccxxx.,  anno  .1111.  pontificatus 
Gregorii  Villi,  indictione  .111.,  mense  iunio,  die  .1111.  Ego  Petrus  Ni- 
colai Capaci  (b)  obligo  et  in  pignus  pono  Bonefate  karissime  uxori 
mee  hereditatem  unius  petii  vinee  in  qua  vites  habet  Nicolaus  lo- 
hannis  Nicolai  pelliparii,  posite  in  Tertio;  a  .1.  latere  tenent  Grego- 
rius  Romanus  et  ecclesia  Sancte  Cecihe,  a  .11.  a  pede  lacobus  lohannis 
Mastri,  a  .111.  ego  idem  teneo,  a  .1111.  est  viculus:  prò  .e.  solidis  ho- 
norum provisinorum  senatus,  quos  a  te  mutuo  recepì.  Que  pecunia  in 
veritate  post  hobitum  domne  *  *(>-")  olim  matris  tue  tibi  pervenit 
de  bonis  suis.  Pro  lucro  huius  diete  pecunie  teneatis  et  lucremini 
dictum  pignus  donec  dieta  pecunia  cum  expensis  integre  vobis  soluta 
fuerit.  Testes  :  lohannes  scriniarius,  Cencius  lohannis  Gammetorte,  Gui- 
lielmus  lohannis,  Matheus  lohannis  Gualterii. 

Raynerius  lohannis   Egidi  i'^)  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

(a)  mancipàr'        (b)  Capac  (e)   Lacuna  nel  testo,         (d)  Nel  testo  del  documcuio: 

Raynerius  lohannis  Egidi;  nella  conipletio;  Raynerius  lohannis 


Tabulariiiin  S.  'Traxedis  95 


LXIV. 

1230,  novembre  24. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxxx.,  anno  .xi.  Frederici  impe- 
ratoris,  mense  novembris,  die  .xxiiii.  Nos  Johannes  et  Cencius  ger- 
mani fratres  filii  olim  Gregorii  de  Bulgaminis  inter  vivos  donamus 
donine  Frese  matri  nostre  et  Nicolao  germano  nostro  duas  partes 
omnium  nostrorum  bonorum  mobilium  et  immobilium,  retento  usu- 
fructu  tempore  vite  nostre.  Testes:  dompnus  Guido  presbiter  ecclesie 
S.  Marie  in  Flumine,  Matheus  diaconus  eiusdem  ecclesie,  Angelus  nepos 
presbiteri  Oddonis,  Johannes  Ugolini,  Johannes  bubulcus. 

Donadeus  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LXV. 

1236,  febbraio  13. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxxxvl,  Gregori  VJJIJ  anno  .vini,, 
indictione  .vini.,  mense  ianuarii,  die  .xiii.  Nos  monaci  Sancte  Praxedis, 
Bonus  abas,  presbiter  Johannes,  prior  Pasqualis,  Anestasius,  Benignus, 
Bonus  atque  frater  lacobus  locamus  Stefano  Clementis  unam  petiam 
vinee  inter  pastinatam  et  pastinandam  cum  medietate  de  vasca  et 
vascali  quam  sortires  cum  Henrico,  et  cum  parte  de  fontana,  extra 
portam  Numentanam  seu  Sancti  Laurentii  ad  Aquam  Tutiam.  A  .1.  la- 
tere  tenet  Henricus  lohannis  Culumere;  a  .11.  Angelus  diaconus,  a  .111. 
est  vicolus  communis  quo  itur  ad  fontanam,  a  .mi.  est  via  publica.  Eo 
vero  tenore  quod  de  vinea  pastinata  omni  anno  reddes  quartam  musti  ; 
in  pastinanda,  postquam  vindemiam  habueris,  reddes  quartam  musti, 
et  unum  canistrum  plenum  de  uvis  de  tota.  Testes  :  Nicolaus  Johannis 
Scotte,  Johannes  Penestrinus,  Grifius,  Sylvester,  Cinthius. 

Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXVI. 

1240,  agosto  5. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxl.  ,  Friderici  imperatoris  anno  .xx., 
indictione  .xiii,,  mense  augusti,  die  .v.  Nos  Bona  et  Constantia  uxor 
et  filia  quondam  lohannis  Damassi,  presente  I^etro  Columpna  viro  de 
me  Constantia  volente  et  consentiente,  vendimus  et  per  Angelum  de 
Stephano,  nostrum  legalem  procuratorem,  investicntestradimus  tibi  Pe- 
tro  Abrunamontis  unam  petiam  vinee  cum  parte  vasce  et  vascalis,  que 


9^  T.  Jedele 


aptata  est  iuxta  vineani  Andree  Donadei,  extra  portam  Numentanam 
ad  Settem  Tabulas.  A  .i.  latere  tenet  Reaffrigerìus  iuris  SanctePraxedis, 
a  .II.  Thomassius  (a)  iuris  ipsius  ecclesie,  a  ,iii.  Petrus  Mactarone  et 
Daynensius  (b)  iuris  diete  ecclesie,  a  .mi.  est  vascalis.  Hanc  venditionem 
lacimus  prò  eo  quod  confitemur  a  te  recepisse  .ni.  libras  provisinorum 
senatus,  et  prò  eo  quod  promittis  observare  omnes  tenores  cartule 
locationis  scripte  per  manum  olim  Raynaldi  Girardi  scriniarii  de  dieta 
vinea  ecclesie  Sancte  Praxedis.  Testes  :  Angelus,  Johannes  Tite,  la- 
quintus,  Angelus  de  Stephano. 

Johannes  Henrici  sacri  Romani  imperii  scriniarius. 

LXVIL 

1242,  giugno  15. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxlil,  indictione  .xv.,  mense  iunii, 
die  .XV.  Ego  Petrus  Abrunamontis  cum  consensu  Constantie  uxoris 
mee,  consentientibus  etiam  monacis  Sancte  Praxedis,  silicet  dompno 
lacobo,  dompno  lohanne,  fratre  Pasquali,  fratre  Enrico,  fratre  Bono, 
et  habentibus  prò  comminu  .v.  solidos  honorum  provisinorum  senatus, 
vendo  tibi  Petro  Berardi  unam  petiam  vinee  extra  portam  Numentanam, 
in  via  Oratoria.  A  .1.  latere  tenet  Petrus  Macteronis  et  Daynesius  (^) 
iuris  diete  ecclesie,  a  .11.  est  vicolus  communis  quo  itur  ad  puteum, 
a  .III.  tenet  Rafrigerius  iuris  diete  ecclesie,  a  .1111.  Thomassus  eiusdem 
iuris.  Hanc  venditionem  facio  prò  eo  quod  recepì  a  te  .vii.  libras  ho- 
norum provisinorum  senatus,  salvo  iure  et  redditu  ecclesie  Sancte  Praxe- 
dis cui  reddas  omni  anno  quartam  musti  et  unum  canistrum  de  uvis. 
Testes  :  Marcus  de  cura  Sancte  Praxedis,  Valentinus,  Leonardus  Ro- 
manus,  Matheus  Raynaldi. 

Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXVIIL 

1244,  luglio  17. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxliiii.,  anno  .11.  Innocenti!  IIII, 
indictione  .11.,  mensis  iuhi  die  .xvii.  Ego  Matheus  de  Cambio,  con- 
sentientibus monacis  Sancte  Praxedis,  videlicet  Rainerio  abbate,  lohanne 
presbitero,  lacobo  presbitero,  fratre  Laurentio,  Ventura  et  Petro,  et  prò 
consensu  habentibus  .v.  solidos  provisinorum  senatus,  vendo  tibi  lohanni 
Octinelli  ferrarlo  unam  petiam  vinee,  cum  introhitu  et  exitu  suo  per 

(a)  Thomas;^         (b)    Daynen.9  (e)  Dayncy 


Tabularium  S.  ^raxedis  97 


cancellum  quod  est  in  viculo  inter  vineam  Pauli  Rubei  et  vineam  Sas- 
sonis  Cinthii  Sassonis,  extra  portam  Numentannm  in  via  Horatoria. 
A  ,1.  latere  tenet  Leonardus,  a  .11.  Pauliis  Rubens,  a  .111.  Angelus  ludeus 
et  Angelus  Mancinus,  omnia  iuris  Sancte  Praxedis,  a  .1111.  ecclesia 
Sanctorum  Cyri  et  lohannis,  Hanc  venditionem  facio  prò  eo  quod 
recipio  a  te  .xv.  libras  provisinorum  senatus  minus  .v.  solidos(a).  Ec- 
clesie Sancte  Praxedis  onini  anno  reddatis  quartam  musti  et  unum 
canistrum  uvis  plenum.  Preterea  ego  Soffia  uxor  supradicti  Massei  et 
fìlia  Leonardi  in  hac  venditione  consentio.  Testes:  lohannes  Lucci, 
Cristofonus  Bartholomei,  lohannes  lohannis  Bonini,  Angelus  Mucari. 
lohannes  Petri  (^)  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXIX. 

1247,  luglio   18. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxlvil,  Innocentii  IIII  anno  .v., 
mense  iulii,  die  .xviii..  Ego  Benedictus  Galliola  consensu  Marie  uxoris 
mee,  consentientibus  Thoma  (<^)  et  lohanne  dominatoribus  vinee  subscri- 
pte  et  habentibus  prò  comminu  .v.  solidos  honorum  provisinorum  sena- 
tus vendo  et  per  Nicolaum  Oderiscii  a  me  procuratorem  constitutum  inve- 
stire precipio  tibi  Matheo  Cesarli  unam  petiani  vinee  cum  quarta  parte 
de  vasca  et  vascali  de  Monumento  extra  portam  Maiorem  ad  Quatuor 
Basscas.  A  .1.  latere  tenet  Nicolaus  Oderiscii,  a  .11,  dicti  dominatores, 
a  .III.  presbiter  Raynaldus,  a  .1111.  presbiter  Berardus.  Hanc  venditionem 
fiicio  prò  eo  quod  recipio  .xl.  solidos  honorum  provisinorum  senatus, 
que  pecunia  est  de  dote  lacobe  uxoris  tue.  Thomae  (>^)  et  lohanni  red- 
datis omni  anno  quartam  musti  et  unum  canistrum  de  uvis.  Testes: 
Nicolaus  Oderiscii  ferrarli,  Bartholomeus  Mirilie,  Gregorius  Petri  Ram- 
berie  W,  Petrus  Madii. 

Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXX. 

1247,  agosto  26. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxlvii.,  Innocentii  UH  anno  .v., 
indictione  .V.,  mense  agusti,  die  .xxvi.  Ego  Paulus  Petri  ludicis  iure 
cambii  atque  permutationis  concedo  vobis  Thomae  (*-')  et  lohanni  germanis 
fratribus  filiis  quondam  Pauli  Gregorii  lohannis  ludicis  nepotibus  meis, 
unum  petium  de  vinea  extra  portam  Maiorem  prope  Monumentum  de 

(a)    sol  (b)    Nel    testo    lohannes    Pctrl  ;  tiellit   completi  o  soltanto    lohannes 

(e)  'l'hom  (d)  rabic 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.      7 


98  T,  Jedele 


Carucio  (•'»)  in  vinca  Petronis  in  valle  iusta  vineam  vestram,  A  .i.  ego 
Paulus  Petri  ludicis  tenco  aliam  vineam  meam,  a  .11.  vos  tenetis,  a  .111. 
est  via  qua  vadit  ad  montem  Cupolum  (b),  a  .1111.  *  *  (e).  Hanc  permu- 
tationem  facio  prò  eo  quod  conceditis  michi  illum  petium  vinee  quem 
circa  ipSLim  Monumentum  de  Carucio  i.'^)  habetis  cum  parte  dicti  Mo- 
numenti dicto  petio  vinee  pertinentis.  Et  quia  petium  meum  vinee  a 
me  tibi  iure  cambii  concessum  melius  tuo  videtur,  idcirco  additis 
michi  .XX.  solidos  bonorum  provisinorum  senatus.  Testes  :  Abadengus, 
Rao  bubulcus,  Johannes  Leonardi,  Johannes  lohannis  Petri  ludicis. 
Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXXI. 

1247,  settembre  15. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxlvil,  indictione  .v.  (^i),  mensis 
septembris  die  .xv.  Nos  Oddo  Gregorii  de  Gallicano  et  Sibilia  uxor 
eius  adque  Angela  Andree  lohannis  Geczii  renuntiamus  et  refutamus 
Thomaxio  Oddonis  Landolfì  de  Gallicano  procuratorio  nomine  reci- 
pienti prò  monasterio  Sancte  Praxedis  quatuor  .xx.  libras  et  ,vii.  libras 
provisinorum  senatus  quas  quondam  Andreas  lohannis  Geczii  apud 
monachos  eiusdem  ecclesie  deposuerat,  quia  dictas  quatuor  .xx.  et  .vii. 
libras  provisinorum  senatus  a  dictis  monacis  nomine  eorum  monasterii 
recepimus.  Testes  :  domnus  Johannes  Matano  (e),  Egidius  domni  Cinthii 
Malebrance  (O ,  domnus    Johannes  Abrunamontis,  domnus  Terriscius. 

lacobus  ludicis  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXXII. 

1247,  settembre  25. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccxlvil,  Jnnocentii  JJJJ  anno  qui[nto] , 
indictione  .vi.,  mense  septembris,  die  .xv.  Ego  Conradus,  consensu  la- 
cobe  uxoris  mee,  coram  scriniario  et  Petro  Manno  et  PetroPaulietTo- 
desco,  consentientibus  monacis  Sancte  Praxedis,  silicet  fratre  Jacobo, 
fratre  Pasquale,  fratre  Laurentio,  fratre  Petro,  et  habentibus  prò  com- 
minu  .XXX.  provisinos  senatus,  vendo  et  per  Gregorium  Malossum(g) 
procuratorem  investire  precipio  tibi  Johanni  Jacobi  dimidiam  petiam 
vinee  cum  quarta  parte  de  vasca  quam  sortires  cum  Thoma  (h)  fornario 

(a)  Caruc  (b)  Cupotu  (e)  Lacuna  nel  testo.  (d)  Poiché  in  queste  carte  trovo 
costaiiiemente  adoperata  V indiii^ione  del  i  '  settembre,  l'  indi:(ione  segnata  in  questo  documento 
dovrebbe  essere  VI  e  non  V,  se  pure  questo  notaio  non  segua  1'  indi^j^ione  del  24  settembre. 
(e)  Matano  0  Macano  ?  (f)  Malebranc         (g)  Malos!^  (h)  Thom 


Tabulariimi  S.  T^raxedis  99 


■et  cum  Petro  Berardi,  ad  Aquam  Tutiam,  cum  introitu  et  exitu  per 
cancellum  communem  er  cum  arnario.  A  .1.  latere  tenet  d[ictus]  for- 
narius  iuris  diete  ecclesie,  a  .11.  Maybrandus,  a  .111.  Leonardus,  a  .1111. 
£st  viculus  communis.  Hanc  venditionemfacio  prò  eo  quodrecipio  .1111.  li- 
bras  honorum  provisinorum  senatus.  Ecclesie  Sancte  Praxedis  reddatis 
omni  anno  quartam  musti  et  dimidium  canistrum  de  uvis.  Testes: 
lacobus  Bonus,  Johannes  Stefani  Pauli  Agnetis,  Todescus,  Johannes 
Leonardi,  Berardus  Sancte  Praxedis. 

Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXXIII. 

125 1,  aprile  9. 

Anno  dominice  incarnationis  .mccll,  Innocentii  IIII  anno  .viii., 
indictione  .vini.,  mense  aprilis,  die  .vini.  Nos  monaci  Sancte  Praxedis, 
silicet  Matheus,  lacobus,  dompnus  Laurentius,  frater  Johannes  locamus 
tibi  Petro  Grifi  de  Caballo  unam  petiam  vinee  cum  parte  de  vassca  et 
de  vasscali  quam  sortires  cum  Petro  de  Paccio,  cum  Angelo  Merulupo 
et  cum  Philippe  de  Arcione,  extra  portam  Sancti  Laurentii  ad  Aquam 
Tutiam.  A  .1.  latere  tenet  Henricus  lohannis  Columera,  a  .11.  Nicolaus 
Thollammi  (a),  a  .111.  est  via  publica,  a  .1111.  est  viculus.  Recepimus  a 
te  .XX.  solidos  honorum  provisinorum  senatus,  et  omni  anno  reddatis 
nobis  quartam  musti  et  unum  canistrum  de  uvis. 

[Leo  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius]  (t'). 

LXXIV. 

1260,  maggio  I. 

Anno  nativitatis  Domini  .mcclx.,  indictione  .111.,  mense  madii, 
die  .1.  Nos  Petrus  Angeli  lohannis  Pauli  et  Paulus  clericus  ecclesie 
S.  Heusebii  germani  fratres  vendimus  et  per  lohannem  Alberici  pro- 
curatorem  investiri  precipimus  tibi  dompno  Gabrieli  abbati  S.  Praxedis 
unum  casale  extra  portam  Maiorem  in  loco  qui  vocatur  Quartus  et 
Balnearia,  cum  turri  incepta  ibi  existenti  et  domibus  et  criptis,  Inter 
hos  fines:  a  .1.  latere  tenet  domnus  Johannes  Capucia  Mutus,  a  .11. 
ecclesia  S.  Marie  Maioris  via  mediante  ab  una  parte,  a  .iv.  via  publica. 
Et  quinque  petios  ortorum  positos  in  eodem  vocabulo  de  Quarto:  a 
tribus  lateribus  unius  val(;oli  dictorum  ortorum  tene(<^)  domnus  Johannes 
Capucia  Mutus,  a  .1111.  est  rivus.  Fines  alterius  valsoli  dicti  orti  :  a  .1.  la- 

(n)  Thollanii  (b)  La  pergamena  mutila  manca  lìl  tutto    l' escatocoììo.      Il  confronto 

con  la  scrittura  delle  altre  carte  permette  d'indicare  il  nome  dello  scriniario.  (e)   Così. 


100  T,  Jedele 


tere  et  .11.  domnus  Johannes  Capucia  dictus,  a  .111.  S.  Cesarlus,  a  .1111. 
rivus.  Fines  alterius  valsoli  :  a  duobus  lateribus  tenet  predictus  domnus 
Johannes,  a  .111.  S.  Cesarius,  a  .1111.  est  rivus.  Fines  akerius  vainoli 
quem  tenet  Benedictus  Mentis  S.  Adriani  :  a  .1.  latere  domnus  Johannes 
predictus,  a  .11.  S.  Cesarius,  a  .111.  Benevenuta  et  Margarita  vestri  iuris, 
a  .1111.  rivus.  Fines  akerius  valqoH  quem  tenent  Benevenuta  et  Marga- 
rita: a  .1.  latere  Benedictus  vestri  iuris,  a  .11.  domnus  Angelus  Capucia 
rivo  mediante,  a  .111.  S.  Cesarius,  a  .1111.  uxor  Pauli  lohànnis  macellarii 
et  S.  Cesarius.  Hanc  venditionem  facimus  prò  eo  quod  in  presentia 
Petri  Consolini  iudicis  et  lacobi  Consolini  iudicis  et  scriniarii  et  testium 
recipimus  .ccccxxiiii.  libras  honorum  provisinorum  senatus  in  roma- 
ninis  :  que  sunt  de  summa  quingentarum  librarum  provisinorum  senatus 
quas  domnus  Petrus  Capucia  cardinalis  dimisit  dicto  monasterio  in  sua 
ultima  voluntate,  ut  ad  opus  et  ad  utilitatem  dicti  monasterii  in  aliqua 
possessione  investirentur.  Et  promittimus  nos  facturos  et  curaturos  quod 
Altruda  uxor  de  me  Petro  et  Adelascia  (a)  et  lacoba  fìlie  de  me  Petro 
consentient  in  omnibus  predictis.  Ad  hec  nos  Angelus  domni  Boba- 
ciani,  Oddo  Ciminus  et  Petrus  Scangialemosina  et  Paulus  Scangiale- 
mosina  fide  iubemus  et  promittimus  quilibet  nostrum  in  solidum  facturos 
et  curaturos  quod  Petrus  Angeli  et  Paulus  fratres  omnia  predicta  obser- 
vabunt.  Et  promittimus  facturos  et  curaturos  quod  Altruda  uxor  Petri 
et  Adelascia  et  lacoba  filie  Petri  consentient  in  omnibus  predictis.  Ad 
hec  ego  Altruda  consentio  ;  nos  Adelascia  et  lacoba  consentimus  et 
refutamus  omne  ius  nostrum  nobis  competens  in  predicto  casale  et  ortis 
tam  occasione  dotis  donationis  parafernis  alimentis  et  guarnimentorum 
quondam  Mevilie  matris  nostre,  quam  alio  quocumque  modo.  Testes  : 
dompnus  Bonus  prior  Sancte  Marie  Kove,  domnus  Petrus  cantor  eiusdem 
ecclesie,  frater  La(;arus  eiusdem  ecclesie,  domnus  Pandulfus  eiusdem 
ecclesie,  frater  lacobus  diaconus  eiusdem  ecclesie,  frater  Bernardus 
eiusdem  ecclesie,  ^ampulus  famulus  eorum,  presbiter  [XJystus  Sancti 
Nicolai  de  Colixeo,  presbiter  Petrus  Sanctorum  Cosme  et  Damiani,  do- 
mnus Andreas  eiusdem  ecclesie,  presbiter  Laurentius  eiusdem  ecclesie,, 
Petrus  Talocius,  Bonushomo. 

Johannes  Romani  iudex  et  scriniarius. 


(a)  Nel  testo  Adescia 


Tabularium  S.  ^Praxedìs  loi 


LXXV. 

1264,  luglio  4. 

Anno  nativitatis  Domini  .mcclxiv.,  indictione. vii.,  mense  iulii,  die 
quarta.  Ego  Johannes  Ottinelli  ferrarius  renuntio  Georgio  abbati 
S.  Praxedis  omne  ius  quod  habeo  in  una  petia  vinee  cum  parte  vasce 
et  vascalis  quam  [sorjtitur  cum  Petro  Tutulo  et  congnata  eius,  posita 
extra  portam  Numentanam  in  loco  ubi  diciturMons  Iudeorum:a  .1.  la- 
tere  et  .11.  tenet  ecclesia  Sanctorum  Cyrii  et  lohannis,  a  .111.  Petrus 
Tutulus,  a  .1111.  Pe[trus]  lohannis  loci.  Hanc  refutationem  facio  prò  eo 
quod  confiteor  recepisse  .x.  libras  et  dimidiam  honorum  provisinorum 
senatus.  Testes  :  Silvester  Nicolai  Botii  de  Petta,  Gerardus  lohannis 
Spile,  Johannes  Oderiscii,  Franciscus  Talenti  cocus  S.  Praxedis.  Ad  hec 
ego  Stefania  uxor  lohannis  Ottinelli  consentio.  Testes:  lacobus  Ricius, 
Gulferame,  Dominicus  aurifex,  Johannes  Oderiscii. 

Johannes  Romani  iudex  et  scriniarius. 

Anno  nativitatis  Domini  .mcclxiv.,  indictione  .vii.,  mense  iulii, 
die  quarta.  Ego  Georgius  abbas  S.  Praxedis  una  cum  dompno  Mauro, 
dompno  Laurentio,  fratre  Johanne  concedimus  Johanni  Lopantino  in 
perpetuum  secundum  tenorem  cartule  locationis  facte  Maxeo(a)  Cambii, 
unam  petiam  vine  («)  extra  portam  Numentanam  in  loco  ubi  dicitur 
Mons  ludeorum,  prò  eo  quod  confitemur  a  te  recepisse  ,x.  libras  et 
dimidiam  honorum  provisinorum  senatus:  quam  pecuniam  solvimus 
lohanni  Ottinelli  Terrario  qui  nobis  dictam  vineam  vendidit  et  renun- 
tiavit,  et  prò  eo  quod  promittis  dictam  vineam  bene  laborare  et  ubi 
esset  cavanda  cavare.  Testes  :  Silvester  Nicolai  Botii  de  Petta,  Gerardus 
lohannis  Spile,  Johannes  Odderiscii,  Franciscus  Talenti  cocus S.  Praxedis. 

Sub  eodem  anno  et  indictione,  mense  iulii,  die. xiii.  Ego  Johannes 
Romani  scriniarius  procurator  constitutus  investio  te  lohannem  Lopan- 
tinum  de  vinca,  presente  Gerardo  Johànnis  Spile  et  Bonohomine  car- 
bonario  testibus. 

Johannes  Romani  iudex  et  scriniarius. 

LXXVI. 

1268,  novembre  25. 

Anno  dominice  incarnationis  .mcclxviii.,  indictione  .vili,  (b),  mense 
novembris,  die  .xxiii.  Jn  presentia   Johànnis  Oddonis  iudicis,,.qt.scri- 

(a)  Così  nel  testo.  (b)  Manca  nel  testo  l'anno  del  pontificato:  esso  è  tralasciato  anche 
in  qualche  altro  dei  documenti  seguenti.  L'  indizione  Vili  segnata  qui,  se  io  lessi  bene,  è  cer- 
tamente errata,  corrispondendo  al   126S  novembre  V  indi:(ione  XII. 


102  T.  Jedek 


niarii  et  testium  domna  Angnes  uxor  quondam  Bartholomei  Buccaporci, 
prò  se  et  tanqiiam  tutris  Ioannucii  filli  sui,  et  Angela  filia  quondam 
dicti  Bartholomei  prò  Petro  et  lacobo  fratribus  prediate  Angele  vendide- 
runt  prò  .xx.  libris  provisinorum  senatus  lohanni  Palermi,  salvo  iure 
locationis  S.  Praxedis,  unam  petiam  vinee  extra  portam  Numentanam 
ad  Aquam  Tuctiam:  a  .11.  lateribus  tenet  monasterium  S.  Praxedis,  a 
latere  superiore  est  vicolus,  a  .mi.  via  publica.  Et  per  Angelum  Pacca 
procuratorem  mandaverunt  predictum  lohannem  de  supradicta  vinea 
investiri.  Testes:  Petrus  lohannis  papitarius,  Paulus  lohannis  Angeli 
Varonis,    Angelus  Pacca  papitarius,  Angelus  Rubeus  papitarius. 

Mense  decembris,  die  .111.  Georgius  abas  .  S.  Praxedis  cum  con- 
sensu  et  voluntate  fratrum  suorum,  videlicet  ff atre  Petro,  fratre  Paulo 
et  fratre  Mauro  assensum  prestaverunt  predicto  lohanni,  prò  eo  quod 
receperunt  prò  comminu  et  consensu  .xii.  provisinos  senatus  :  corani 
testibus  lohanne  *  ♦  («>)  scriniario,  lohanne  filio  lacobi  de  Mc:ta  scri- 
niario,  lohanne  Sancù  Abaceri  et  Nicolao  barberìo. 

Eodem  mense,  die  .v.  Angelus  Pacca  ìnvestivit  lohannem  Palermi 
de  supradicta  vinea  corani  testibus  Biasio  Petri  lohannis  Alcerutii, 
Laurentio  Bonifilii,  Angelo  Bonihominis  et  lohanne  Spoletano. 

lacobus  Marcelli  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 


LXXVIL      , 

126^,  gennaio  4. 

Anno  dominice  incarnationis  .mcclXviiil,  indictione  .xii.,  mensis 
iànuarii  die  .liii.  Ego  Sebàstiànus'  Raynucii  à  Sanicto  Marco,  consen- 
tiente  Gemma  uxore  hiea,  consentientibus  et  in  hoc  domno  GrabieleC^') 
abbate  S.  Praxedis  una  cum  fratre  '  Salvo'  et  fratre  Raynaldo  mona- 
cliis,  vendo  et  per  Petrum  lohannis  pelliparium  procuratorem  con- 
cedo tibi  Petro  lohannis  Sassi  W  uriam  petiam  vinee  extra  portam  Nu- 
mentanam in  Monte  ludeorum  :  a  duobus  lateribus  tenet  Petrus 
lohannis  pelliparius,  a  .111.  lohahhes  Stefani  et  lòharines  porcarius, 
a  .1111.  lohannes  Cruce,  et  est  una  pars  vicoli.  Hanc  venditionem  facio 
prò  .VII.  libris  provisinorum  senatus,  salvo  omni  iure  dicti  monasteri! 
cui  omni  anno  reddes  quartani  musti  et  unum  canestrumC')  plenum 
de  uvis.  Testes:  magister  Nicolaus  scriptor  domni  pape,  magister  la- 
cobus càtzolarius,  Petrus  lohannis  pelliparius,  Filippus  Raynaldi. 

Petrus  Cafdegalli  ^^)  apostolìce  Sedis  auctoritate  notarius. 


(a)  Lacuna  nel  testo.  '      (b)  Così  nel  testo'.         ^cj 'Sssi  (J)  Cardegalli 


Tabular ium  S.  Praxedis  103 


LXXVIII. 

1270,  marzo  16. 

Anno  Nativitatis  .mcclxx.,  indictione  ,xiii.,  mense  martii,  die  .xVi. 
Coram  notarlo  et  testibus  Oddolina  uxor  Nycolai  lohannis  Conradi  et 
filia  olim  Henrici  lohannis  Calandre,  viro  suo  presente  et  mandante, 
una  cum  consensu  donine  Rose  matris  Petri  Angeli  vendidit  Salbutio 
Blasii  tres  partes  de  quinque  partibus  vinee  cum  parte  unius  vasce, 
vascalis  et  tini,  extra  portam  Numentanam  in  Aqua  Tutia  :  a  .1.  latere 
tenent  Petrus  Herrici  et  Nicolaus  nepos  eius,  a  .11.  Angelus  Petri  Cidi, 
a  .III.  est  vicolus  vicinalis,  a  .1111.  via  publica.  Hanc  venditionem  fecit 
prò  eo  quod  confessa  est  recepisse  .viii.  libras  bonorum  provisinorum 
senatus. 

Eodem  die  et  mense.  Gabriel  abbas  S.  Praxedis  una  cum  dompno 
Petro,  fratre  Paulo,  fratre  Raynaldo  et  iratre  Bonamenta  (0  prestaverunt 
consensum,  recipientes  prò  consensu  et  comminu  .v.  solidos  minus 
.V.  provismos,  presentibus  lannitelle  et  Petro  Angeli,  testibus. 

Testes:  Leo  lohannis  Angeli,  Johannes  Cidi,  Petrus  Baroncelli, 
Thomas  lohannis  Thome,  Nicolaus  Petri,  Conradus,  Thomas  An- 
geli Dati. 

Johannes  Romani  sacri  Romani  imperii  notarius. 

LXXIX. 

1270,  ottobre  13. 

Anno  nativitatis  Domini  .mcclxx.,  indictione  .xiiii.,  mense  octu- 
bris,  die  .xiii.  Nos  Gabriel  abbas  S.  Praxedis  una  cum  dompno  Angelo, 
dompno  Petro,  fratre  Paulo  et  fratre  Ravnaldo  locamus  tibi  Nycolao  Blasii 
qui  alias  diceris  RubelleC')  in  perpetuum  unam  petiam  vinee  extra  portam 
Numentanam  in  Aqua  Tutia  cum  quarta  parte  vasce,  vascalis  et  tini 
quam  sortiris  cum  Petro  dompne  Rufine:  a  .1.  latere  tenet  Petrus 
dompne  Rufme,  a  .11.  viculus,  a  .111.  Ventura,  a  .1111.  via  publica.  Hoc 
pacto  et  tenore  quod  promittis  dictam  vineam  bene  laborare,  de  qua 
vinea  redes  omni  anno  quartam  musti  et  unum  canistrum  de  uvis; 
et  non  vindemiabis  sine  conscicntia  nostra,  et  non  pistabis  sine  pre- 
sentia  nuncii  dicti  monasterii.  Testes:  Petrus  lohannis  pelliparius,  Ny- 
colaus  lacobi  calzolarius,  Cinthius  Bartholomei,  Bartholomeus  Angeli 
Nastasie,  Petrus  Petri  Angeli,  Petrus  Bartholomei. 

Johannes  Romani  notarius. 

(a)boamta         (b)  rubcllc  e  d'incerta  lelliira. 


IÓ4  "P.  Jedele 


LXXX. 

1273,  settembre  2. 

Anno  nativitiitis  Domini  .mcclxxtii.,  indictione  .11.,  mense  septem- 
bris,  die  .11.  Nos  Gabriel  abbas  S.  Praxedis  una  cum  dompno  Mauro, 
dompno  Petro,  fratre  Paulo  et  fratre  Raynaldo,  consentiente  in  hoc 
Sigligayta  uxore  olini  Pauli  Rubei  et  ut  herediC»)  ipsius  Pauli  Rubei, 
locamus  tibi  lacobo  recipienti  prò  Petro  fratre  tuo,  filiis  olim  Berardi 
ferarii  («)  dimidiam  petiam  desertini  cum  quarta  parte  vasce,  vascalis  et 
tini  et  cum  parte  fontane  in  Aqua  Tutia:  a  .1.  latere  tenet  Petrus 
Angeli,  a  .11.  ecclesia  S.  Laurentii  in  Miranna  C^),  a  .111.  filii  Berardi  Ba- 
roncelli,  a  .1111.  via  publica.  Hanc  locationem  facimus  prò  eo  quod 
recepimus  .xxiii.  solidos  provisinorum  quos  solvimus  Siglegaite  que 
nobis  ipsum  desertinum  renuntiavit  :  hiis  pactibus,  quod  a  cursu  aque 
fontane  usque  ad  viam  inter  istum  annum  et  alium  subsequentem  ca- 
vabitis  et  pastinabitis,  et  ad  primam  vindemiam  redetis  quartam  musti 
et  dimidium  canistrum  de  uvis  ;  et  a  cursu  fontane  versus  proprietatem 
S.  Laurentii  in  Miranda  aliam  medietatem  relevabitis,  propaginabitis, 
cultabitis,  et  omni  anno  respondetis  quartam  nobis.  Testes  :  Nicolaus 
Raynerii,  Nicolaus  lacobi,  Angelus  CoUetanus. 

Johannes  Romani  notarius. 


LXXXI. 

1279,  luglio  25. 

Anno  dominice  incarnationis  .mcclxxix.,  pontificatus  Nicolai  tertii, 
indictione  septima,  mensis  iulii  die  .xxv.  In  presentia  mei  Remigii  et 
testium  dompna  Divittìa  Angeli  Pappardi  cum  consensu  presbiteri  Si- 
meonis,  domni  Bartholomei,  lacobi  Andree,  domni  Laurentii,  laquinti 
et  lohannis  Archarelli  clericorum  S.  Anastasie  recipientium  prò  com- 
minu  prò  consensu  .11.  sollidos  provesinorum,  vendidit  Thome  de 
Campilia  notarlo,  salvis  tamen  tenoribus  instrumenti  locationis  scripti 
per  Petrum  medicum  scriniarium,  unam  pedicam  terre  sementaricie 
quatuor  vel  quinque  rublorum,  extra  portam  Maiorem  seu  portam 
S.  Laurentii  in  loco  qui  dicitur  Cesaranum  ad  Criptam  Ciceram.  A 
duobus  lateribus  tenet  dieta,  ecclesia  S.  Anastasie,  ab  alio  tenet  a  capite 
ecclesia  S.  Marie  Maioris,  limite  mediante,  a  .111.  est  rivus  qui  dicitur 
Cesaranus.  Hanc  venditionem  fecit  prò  eo  quod  confexa  est  recepisse 

(a)  Cosi  nel  testo. 


Tabiilariiim  S.  T^raxedis  105 


.LX.  libras  honorum  provisinorum  senatus,  salvo  tamen  quod  omni 
anno  dictus  emptor  respondebit  ecclesie  S.  Anastasie  duos  bonos  pro- 
vesinos  usualis  monete.  Testes:  Cinthius  Angeli  Baronis,  lacobus  lo- 
hannis  Sarraceni,  Matheus  Arcionis,  Henricus  sararius  et  Donatus 
tabernarius. 

Remigius  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXXXII. 

1280,  agosto  30. 

Anno  nativitatis  Domini  .mcclxxx.,  indictione  .vili.,  mense  agusti, 
die  .XXX.  In  presentia  notarli  et  testium  Egidius  Petri  Tuttebone  cum 
consensu  Altegrime  uxoris  sue  vendidit  Lonbardo  Leonardi  Stefani 
Theodisci  unam  petiam  vinee  positam  infra  menia  Urbis  in  Vivario: 
a  .1.  latere  tenent  heredes  Petri  Citali,  a  .11.  Berardus  frater  dicti  ven- 
ditoris,  a  .111.  domnus  Romanus  filius  Romani,  a  .1111.  Petrus  Thebaldi. 
Hanc  venditionem  fecit  prò  pretio  quadraginta  librarum  honorum  pro- 
visinorum senatus.  Pro  omnibus  observandis  et  plenius  adinplendis 
dictus  venditor  aput  dictum  emptorem  Andream  Petri  Tuttebone  fra- 
trem  eius  dedit  fideiussorem.  Actum  ante  domum  domni  Petri  Comitis, 
presentibus  lohanne  Pauli  porcario,  lohanne  Infante  et  lohanne  Nicolai 
Andree  et  Petro  Basilis  et  lohanne  Stefani  de  Pre[mi]cie  et  Thomasio 
Salsulo  tabernario. 

Eodem  die  Maurus  abbas  Sancte  Praxedis  una  cum  dompno  Matheo, 
dompno  Petro,  dompno  Seraphino,  dompno  Marino  et  dompno  Andrea 
fratribus  suis  eiusdem  monasterii  predicto  venditori  prestaverunt  con- 
sensum,  recipientes  prò  comminu  et  prò  consensu  .v.  solidos  provi- 
sinorum; presentibus  lohanne  Nicolai  Andree  et  lohanne  Stefani  de 
Premicie. 

lohannes  Romani  sacri  Romani  imperii  notarius. 

LXXXIII. 

1283,  gennaio  19. 

Anno  dominice  incarnationis  .mcclxxxiil,  pontificatus  Martini 
quarti,  indictione  .xi.,  mensis  ianuarii  die  .xviiii.  In  presentia  Re- 
migii  scriniarii  et  testium  magister  Laurentius  filius  magistri  Angeli 
promittens  sub  obligatione  honorum  suorum  quod  domna  Viola  uxor 
eiux  et  dictus  pater  eius  hunc  tractatum  ratificabunt,  cum  consensu 
etìam  dompni  Mauri  abbatis  Sancte  Praxedis,  dompni  Rainalli,  dompni 
Henrici,  fratris  Gregorii  et  fratris  Bartolomei  monachorum,  recipien- 


io6  T.  Jedele 


tium  prò  commina  .vili,  sollidos  provisinorum  de  quo  commina  fit 
mentio  in  instrumento  locationis  scripto  per  lohannem  Romani  scri- 
niarium,  vendidit  Petro  Sancte  Crucis  de  Campo  Carici  unam  petiam 
vinee  cum  medietate  vasce  et  vascalis,  quam  vascam  et  vascale  sor- 
titur  cum  Thomasio  indice  et  cum  heredibus  lohannis  Stephani,  ad 
locum  qui  dicitur  Aqua  Tuzia:  a  .i.  latere  tenet  Thomasius  iudex,  a 
.II.  est  proprietas  ecclesie  Sancte  Lucie,  a  .in.  est  proprietas  ecclesie 
Sancti  Laurentii  in  Miranda,  a  .mi.  via  publica.  Hanc  venditionem  facit 
prò  eo  quod  recepit  ab  eo  .xxii.  libras  bonorum  provisinorum  senatus, 
salvo  quod  omni  anno  dictus  emptor  et  heredes  sui  respondeant  ec- 
clesie Sancte  Praxedis  quartam  partem  musti  et  unum  canistrum  plenum 
uvis  et  medietatem  de  arboribus  allevatis  et  quartam  de  allevandis  et 
quartam  de  frugibus  et  leguminibus.  Testes  :  domnus  Dominicus  archi- 
presbiter  ecclesie  Sancti  Martini  in  Strata  Furliviensis  diocoesis,  domnus 
Làurentius  Sancte  Anastasie,  Matheus  dictus  Expesarius,  Johannes  Od- 
donis  et  Rainerius  de  Furlivio. 
'-■■'  Remigius  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXXXIV. 

1285,  novembre   19. 

Anno  dominice  incarnationis  .mcclxxxv.,  pontificatus  Honorii  IV, 
indictione  .xiiii.,  mensis  novembris  die  .xviiii.  In  presentia  scriniarii 
et  testium  Maurus  abbas  Sancte  Praxedis,  dompnus  Paulus,  dompnus 
Petrus  et  frater  Bencevenni  nuper  relocaverunt  dompne  Theodore  uxori 
quondam  Petri  dompne  Rufine  unam  petiam  vinee  positam  in  pro- 
prietate  dicti  monasterii  ad  Aquam  Tuziam  :  a  .1.  latere  tenet  presbiter 
Leonardus,  ab  alio  Nicolaus  Berardi,  ab  alio  est  via  publica,  omnia 
iuris  dicti  monasterii,  ab  alio  tenet  ecclesia  Sancti  Laurentii  in  Miranda. 
Quam  vineam  dompna  Theodora  recompensavit  et  recepit  in  solutum 
prò  sua  dote  sicut  apparet  per  manum  Remigli  scriniarii.  Omni  anno 
Theodora  et  heredes  respondeant  quartam  musti  et  unum  canistrum 
plenum  uvis  et  medietatem  de  arboribus  allevatis  et  quartam  partem 
de  allevandis  et  quartam  partem  leguminum  et  frugum.  Testes  :  frater 
Petrus  bospitalis  Sancti  Mathei  de  Merulana,  Mathéus  dictus  Expen- 
sarius  et  Angelus  Mathei. 
■;;.    Rerhigius  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 


Tabularium  S.  T^raxedis  te 


^;i 


LXXXV. 

1286,  ottobre  6. 

Anno  dominice  incarnationis  .mcclxxxvl,  pontificatus  Honorii  IV, 
indictione  .xv.,  mensis  octubris  die  .vi.  In  presentia  Remigli  scriniarii 
et  testium  donna  Bellitia  uxor  quondam  Stephani  Aringrani,  cum  con- 
sensu  etiam  dompni  lacchi  decani,  dompni  Petri,  dompni  Henrici  et 
dompni  Alkerii  monachorum  monasterii  Sancte  Praxedis  nunc  abbate 
vacantis,  prò  comminu  recipientium  .v.  sollidos  provisinorum,  vcndidit 
Biasio  Egidii  d[e]  Fossa  ceca  unam  petiam  vinee,  positam  infra  Urbem 
in  loco  qui  dicitur  Biviarium:  a  .1.  latere  est  viculus  publicus,  a  .11., 
et  .III.  sunt  viculi  vicinales.  Hanc  venditionem  fecit  prò  pretio  .ix.  li-- 
brarum  bonorum  provisinorum  senatus,  salvo  iure  et  redditu  dicti  mo- 
nasterii. Testes:  Silvester  Angeli,  Johannes  Valentini,  Narconcinus  de 
Castellione  et  Lenzula  de  Monte  Balneanapoli(«). 

Remigius  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius. 

LXXXVI. 

1290,  marzo  13. 

Niccolò  IV  concede  un'  indulgenza  a  coloro  che  visi- 
tano la  chiesa  di  S.  Prassede  nel  giorno  della  dedicazione^ 
di  essa  e  nei  sette  giorni  seguenti.  ,  •■ -, 

Originale.  II  sigillo  è  perduto,  rimanendo  il  cordone  serico  al  quale  era  raccomandato.' 
Con  la  stessa  data  di  questo  documento  e  con  1'  identico  formulario  Niccolò  IV  con- 
cedeva un'indulgenza  a  coloro  «qui  ad  eandem  ecclesiam  in  festo  ipsius  sancte  et  septem , 
«diebus  immediate  sequentibus  causa  devotionis  accesserint  ».  E  con  un'altra  bolla  del 
31  marzo,  concepita  negli  stessi  termini,  concedeva  indulgenza  a  coloro  «qui  ad  eandem 
«ecclesiam  in  secunda  feria  immediate  sequente  post  diem  doniinicam  in  Raniis  Palmarum 
«  ùsqije  ad  octo  dies  dictam  feriam  sequentes  causa  devotionis  accesserint . , .  Datum  apud 
«  S.  Mariam  Maiorem  .11.  kalcndas  aprilis,  pontificatus  nostri  anno  secundo».  Questi  due 
documenti  conservano  ancora  il  sigillo  plumbeo. 

I.  NicoLAUS  episcopus  scrvus  servorum  Dei.  Dilectis  fìliis  abbati 
et  conventui  menaste  2.  rii  Sancte  Praxedis  de  Urbe  ordinLs  Val- 
lisùmbróse  salutém  et  apostolicàm  benedictionem.  Licet  is  de  cuius 
munere  vehit  ut  sibi  '  3.  à'fidelibus  suis  digne  .ac  laudabiliter  ser- 
viatiir,  de  abundantia  pietatis  sue  que  merita  sùpplicum  excedit  et  vota, 
béneservientibus  4.  multo  maiora  retribuat  quarri  valeànt  preme-' 

(a)  Balncanapol 


io8  T.  Jedele 


reri,  nichilominus  tamen  desiderantes  reddere  Domino  populum  accep- 
tabilem,  5.  fideles    Christi  ad  complacendum  ei  quasi    quibusdam 

illectivis  muneribus,  indulgentiis  videlicet  et  remissionibus  invitamus  ut 
6.  exinde  reddantur  divine  gratie  aptiores.  Cupientes  itaque  ut  ecclesia 
monasterii  vestri  que  in  honore  beate  Praxedis  7.  fundata  et  de- 
dicata esse  dinoscitur,  congruis  honoribus  frequentetur,  omnibus  vere 
penitentibus  et  confessis  qui  ad  eandem  8.  ecclesiam  in  die  dedi- 
cationis  ipsius  et  septem  diebus  immediate  sequentibus  causa  de[vo- 
tionis]  accesserint,  annuatim,  de  omnipo  9.  tentis  Dei  misericordia 
et  beatorum  Petri  et  Pauli  apostolorum  eius  auctoritate  confisi,  annum 
unum  et  quadraginta  io.  dies  de  iniuncta  sibi  penitentia  miseri- 

corditer  relaxamus.  Datum  Rome  apud  S.  Mariani  Maiorcm  .111.  idus 
martii,  pontificatus  nostri  anno  secundo. 

LXXXVII. 

13 16,  agosto  II. 

Anno  Domini  .mcccxvl,  Ecclesia  Romana  pastore  vacante  post 
mortem  felicem  domni  Clementis  quinti,  indictione  .xiiii.,  die  .xi. 
mensis  agusti.  Frater  Maurus  episcopus  Ameliensis  considerans  servi- 
tium  receptum  a  Morucio  Pragni  (a)  nepote  suo,  eidem  de  bonis  suis 
et  episscopatus  et  undecumque  dare  yoluit  .l.  florenos  de  auro  puros, 
volens  et  mandans  quod  Raynaldus  frater  dicti  domni  epyscopi  dictam 
quantitatem  florenorum  det,  constituens  eum  suum  executorem.  Et 
comisit  ut  predicta  exequatur  et  spetialitèr  de  denariis  qui  sunt  in 
sacristia  S.  Praxetis  sub  custodiam  dompni  Michaelis  monachi,  una 
cum  ipso  Ranaldo.  Actum  in  palatio  episcopatus  Amelie,  presentibus 
dompno  lacobo  Odonis,  dompno  Leonardo  Benecase  de  Amelia,  dompno 
Petro  de  Gageta  canònico  Ameliensi  et  dompno  Tomasso  de  Cortona 
cappellano  dìcti  domni  epyscopi. 

Andreas  Salomonis  de  Lugnano  (t»)  auctoritate  alme  Urbis  prefecti 
notarius. 

LXXXVIII. 

1327,  aprile  11. 

Anno  Nativitatis  .mcccxxvil,  pontificatus  lohannis  XXII,  indi- 
ctione .X.,  mensis  aprilis  die  .xi.  In  presentia  notarii  et  testium  Maria 
pigoca  yspana  et  Margarita  uxor  quondam  Petri  vulgariter  pissaven- 
doli  de  regione  S.  Angeli  obtulerunt  sese  et  .xiiii.  scrofas  porcellandas 
de  proximo  et  omnia  alia  bona    mobilia  et  immobilia    domno    fi-atri 

(a)  Pagni         (b)  lugnan 


Tabularium  S.  Traxedis  109 


Philippe  abbati  S,  Praxedis,  fratri  Guillielmo,  fratri  Francissco,  fratri 
Ugolino,  fratri  lacobo,  fratri  Benedicto  et  fratri  Cipriano  :  hoc  pacto, 
quod  de  scrofe  sive  allevo  que  de  proximo  seu  de  quocumque  alio 
tempore  nascituros  de  ipsis  scrofìs,  sint  et  esse  debeant  ipsis  Marie  et 
Margarite.  Ad  mortem  ipsarum  diete  scrofe  sint  et  esse  debeant  libere 
et  absolute  ipsis  domnis  abate  et  monachis.  Hanc  donationem  fece- 
runt  prò  eo  quod  abbas  et  conventus  dederunt  eisdem  Marie  et  Mar- 
garite sedium  habitatum  cuiusdam  domus  in  regione  Montis  in  par- 
rochia  dicti  monasterii.  Ab  .1.  latere  est  furnus  dicti  monasterii,  ab 
alio  tenet  domna  Anastasia,  ab  alio  est  palatium  domni  cardinalis, 
ante  est  via  publica.  Actum  in  caustro  (-0  S.  Praxedis  presentibus  Marco 
coquinarius  dicti  monasterii,  Guiducio  lohanucii  olim  de  Spoleto. 
Laurentius  Obicionis  inperiali  auctoritate  notarius. 

LXXXIX. 

1360,  marzo   14. 

Nos  Franciscus  de  Frabiano  (^)  legum  doctor  index  palatinus  super 
appellationibus  et  aliis  extraordinariis  causis  deputatus,  successor  in 
dicto  officio  discreti  viri  domni  Francisci  de  Bononia  dudum  tempere 
proximo  preterito  sententiarum  eiusdem  officii  iudicis,  absentis  ab  Urbe 
et  qui  non  expectatur  de  proximo  reversurus,  cognoscentis  de  lite 
inter  fratem  Marcum  abbatem,  capitulum  et  conventum  monasterii 
S.  Praxedis  et  Petrum  fratem  dicti  monasterii  et  Franciscum  Pucii, 
notarium  procuratores  syndicos  et  yconomos,  actores  ex  una  parte, 
et  magnificos  viros  domnum  Sciarrani  de  Columpna  et  condam  Mac- 
theum  lacobi  domni  lordani  de  Columpna  qui  obiit  pendente  causa, 
et  dato  sibi  termino  ad  probandum  in  causa,  qui  terminus  prò  litis 
contestatione  habetur,  et  nunc  vertitur  inter  heredes  et  honorum  pos- 
sessores  iuris  et  facti  dicti  condam  Macthei  et  specialiter  magnificam 
domnam  lohannam  relictam  dicti  Macthei  tutricem  lacobi  pupilli  filli 
sui,  et  Petrum  lohannis  Ciole  notarium  procuratorem  dicti  condam 
Macthei  in  vita  sua,  Cecchum  Vecchi  notarium,  fratem  lacobum  de 
Zagarolo  guardianum  S.  Silvestri,  executores  testamentarios  dicti  con- 
dam Macthei,  et  lohannem  Bobonis  personam  legitimam  dicti  domni 
Sciarre,  reos  ex  parte  altera  :  pretestu  cuiusdam  laci  qui  vocatur  lacus 
Castilgionis  S.  Prascdis,  positi  extra  portam  S.  Laurentii  extra  muros 
in  proprietate  dicti  monasterii.  De  quo  laco  petebatur  quod  Sciarra  et 
condam  Mactheus  molestiam  aliquam  non  inferrent  abbati  et  capitulo  : 

(a)   Cosi  nel  testo. 


i  IO  T.  Jcdele 


et  ipsi  domnus  Sciarra  et  Mactheus  per  vini  et  violentiam  ipsos  in 
dicto  laco  molestabant  et  non  permittebant  ipsis  totum  lacum  facere 
piscari,  et  asserebant  medietatem  dicti  laci  spectare  et  pertinere  ad 
ipsos.  In  ipsa  causa  nostrum  assumpsimus  consiliarium  domnum  Mac- 
theum  de  Bacchariis.  Nos  Franciscus  iudex  pronuntiamus  mandatum 
fieri  debere  domno  Sciarre  et  heredibus  condam  Macthei  quod  non 
molestent  neque  molestiam  inferant  abbati  et  monasterio,  et  totum 
lacum  fuisse  et  esse  monasterii  S.  Praxedis  et  nullum  ius  in  eo  dom- 
num Sciarra  et  heredes  condam  Macthei  habere.  Et  condempnamus 
domnum  Sciarra  et  dictos  heredes  ad  dandum  abbati  .viii.  florenos 
auri  quos  solvit  consiliario  prò  parte  salarii  sui,  et  dimidium  florenum 
auri  infrascripto  notarlo. 

In  palatio  CapitoHi  sub  anno  nativitatis  Domini  .mccclx.,  indi- 
ctione  .xiiL,  pontificatus  Innocentii  sexti,  mensis  martii  die  .xiiii., 
presentibus  testibus  Francisco  Vorni  («)  et  lohanne  Nicolai  Goffi  et 
lohanne  domni  lacobi  notariis  officii  appellationum. 

Paulus  Smanta  notarius  palatinus. 

xc. 

1365,    luglio    21. 

Anno  Domini  .mccclxv.,  pontificatus  Urbani  V,  indictione  .111., 
mensis  iulii  die  .xxi.  In  presentia  notarli  et  testium  domnus  Stephanus 
Palosci!  canonicus  S.  Marie  Maioris  corani  fratre  Marco  abbate  mona- 
sterii Sanctarum  Prasedis  et  Agnetis  bice  0°)  et  nomine  filiorum  et  here- 
dum  condam  magnifici  viri  domni  Sciarre  de  Columpna  tradidit  et 
posuit  super  altare  dicti  monasterii  quinque  libras  ponderis  bone  et 
pure  cere  quas  in  festo  diete  ecclesie  supradicti  heredes  teneri  respon- 
dere  dicuntur  prò  censu  quarte  partis  totius  lacus  Castiglionis  ipsius 
monasterii  S.  Praxedis  vigore  locationis  Sciarre  procuratori  ipsorum 
heredum  per  capitulum  diete  ecclesie  facte  ut  patere  dicitur  manu 
domni  lohannis  Massaronis  et  ser  Pecci  notariorum,  recognioscens 
dictus  domnus  Stephanus  dominium  et  proprietatem  diete  quarte  partis 
dicti  lacus  Castiglionis  fuisse  et  esse  monasterii  S.  Prasedis;  et  dictum 
procuratorem  ipsorum  heredum  habuisse  in  locatione  a  capitulo 
S.  Praxedis  ad  omnes  .xviiii.  annos  renovandum  et  respondendum 
omni  anno  dictas  quinque  libras  ponderis  cere.  Actum  in  ecclesia 
S.  Prasedis  presentibus .  domno  Laurentio  rectore  ecclesie  S.  Salvatoris 
de  Seburra,  domno  Antonio   filio  Ciccharonis,  donino  presbitero  An- 

(a)   Vorni  d'  incerta  lettura.  (b)   Cesi  nel  testo. 


Tabularium  S.  T^raxedis  ili 


gelo  canonico  S.  Marie  Maioris  et  Rentio  Salucci,  omnibus  de  regione 
Montium. 

Antonius  Stephani  Granni  (a)  civis  romanus  imperiali  auctoritate 
notarius. 


OSSERVAZIONE 

L'archivio  di  S.  Prassede  possiede  pochi  altri  documenti 
che  vanno  dal  secolo  xv  al  xix;  ma,  essendo  essi  privi 
d' importanza,  mi  è  parso  bene  tralasciarli.  È  però  assai  pro- 
babilmente del  secolo  xiv,  e  forse  dell'  anno  1 3  60  che  cor- 
risponde all'  indizione  xiii,  un  documento  che'  contiene 
un'  inquisizione  testimoniale  per  un  possesso  di  S.  Prassede, 
da  servire  ad  una  causa  della  quale  mancano  nell'archivio 
altri  documenti.  Sarebbe  qui  impossibile  riassumerlo,  trat- 
tandosi di  una  carta  composta  di  vari  pezzi  di  pergamena 
insieme  ricuciti  che  formano  la  lunghezza  di  circa  quattro 
metri.  Di  questo  documento  riporto  qui  le  prime  righe  che 
sono  sufficienti  a  dare  un'  idea  del  suo  contenuto. 

Indictione    .xiii.,    mense    martii,  die  .xx.    Testes    producti  a  lo- 

hanne procuratore    scyndico  et  actore   monasteri!  S.  Praxedis 

contra  lohannem  Petri  Gerardi  super  capitulis  ab  eo  productis  et 
datis. 

Angelus  Francuccìi  testis  iuratus  interrogatus  per  sacramentum 
si  sciat  (^5)  ecclesia  Sancte  Praxedis  fuerit  in  possessione  casalis  de 
quo  agitur  positus  in  Corsano  cuius  fines  hii  sunt  :  a  primo  latere  est 
rivus  Salcineus,  a  secundo  tenet  ecclesia  limite  mediante,  a  tertio  est 
via  publica,  a  quarto  latere  est  torale,  dixit  quod  sic.  Interrogatus 
quomodo  scit,  dixit  quia  ipse  testis  fuit  nuncius  abbatis  Sancte  Praxe- 
dis, et  ivit  per  dictum  abbatem,  et  recepit  inde  redditum,  Interrogatus 
ubi  est  posita  dieta  terra,  dixit  quod  in  Corsano.  Interrogatus  quo- 
modo scit  quod  sit  posita  in  Corsano,  dixit  quia  ita  vocatur  ibi.  In- 
terrogatus qui  sint  fines  diete  terre,  dixit  quod  a  primo  latere  est  rivus 
Salcineus,  a  secundo  est    limes,  a  .iir.  est    via    publica,  a  quarto    est 

(a)  grani  (h)  si  sciat  o  si  scit  ? 


112  T.  Jedele 


torale.  Interrogatus  quomodo  scit  quod  illi  sunt  fines  diete  terre,  dixit 
quod  ita  audivit  dici  ab  antecessoribus  suis. 

Il  documento  prosegue  interminabilmente  col  medesimo 
formulario.  Con  esso  ha  relazione  anche  una  lista  di  testi- 
moni, per  la  terra  posta  in  Corsano,  che  è  segnata  su 
un'altra  pergamena  dell'archivio. 

P.  Fedele. 


Tabularìum  S.  T^raxedis  115 


INDICE 

DEGLI  SCRITTORI  DELLE  CARTE  (r) 


987.       B[enedictus?]  {2)  I, 

998?-999?       Remigius  (5)  II. 

loio.       lohaanes  qui  vocatur  Amabile  (4)  HI. 

loii.       Teuzo  (5)  IV. 

1050.       Teudemuadus  vir  et  tabellio  civitatis  Tiburtine  V. 

io5[?-io}2?       Scbastianus  scriniarius  sanctae  Lavicanensis  Ecclesiae  VI. 

iO)6.       Crescentius  (6)  VII. 

1060.       lohannes  S.  H.  E.  scriniarius  atque  iudex  Albanensis  VIII, 

1072.       Crescentius  IX. 

1091.       lohannes  X. 

1100-1157.       Falconius  (7)  XI,  XII,  XVII,  XIX. 

III6-II2I.       Petrus  (8)  XIII,  XIV,  XV. 

1155.       lohannes  XVIII  (9). 

II 39.       Girardus  Tiburtiae  civitatis  iudex  atque  tabellio  XXI. 

1159-1165.       Oddo  XXII,  XXIII,  XXV  (io),  XXIX,  XXX,  XXXIII. 

(i)  Conviene  avvertire  che  i  nomi  ripetuti  in  quest'indice  si  riferiscono  sempre  a  per- 
sone diverse:  la  diversità  o  l' identit.ì  è  desunta  soltanto  dal  confronto  delle  scritture. 

(2)  Nel  testo  «  B.  scriniarius  S.  R.  E.».  Al  documento  manca  la  completio.  Av- 
verrò che  quando  ai  nomi  contenuti  in  quest'  indice  non  è  aggiunta  alcuna  determinazione, 
si  sottintende  sempre  il  titolo  di   «scriniarius  Sanctae  Romanae  Ecclesiae». 

(3)  Nel  testo:  «scriniarius  S.  R.  E.»;  nella  completio:  «scriniarius  et  tabellio 
e  urbis  Romae  ». 

(4)  Nel  testo:  «scriniarius  et  tabellio  S.  R.  E.»;  nella  completio:  «scriniarius  et 
t  tabellio  urbis  Rome  ». 

(5)  Nel  testo:  «scriniarius  S.  R.  E.»;  nella  completio:  «scriniarius  et  tabellio 
«  urbis  Rome  ». 

(6)  Nel  testo:    «scriniarius  S.  P.  E.»;  nella  completio  soltanto:   «scriniarius». 

(7)  Nel  testo  di  XI  e  XVII:  «scriniarius  S.  R.  E,»;  nella  completio  soltanto: 
«  scriniarius  ». 

(8)  Il  primo  dei  due  documenti  ha  nel  testo  :  «  infimus  scriniarius  S.  R.  E.  »  e  nella 
completio  soltanto:  «scriniarius».  Il  secondo  ed  il  terzo  dello  stesso  scrittore  hanno  nel 
testo:  «notarius  et  scriniarius  S.  R.  E.»  e  nella  completio:  «  notarius  regionarius  et 
«  infimus  scriniarius  S.  R.  E.». 

(9)  Nel  testo:  «notarius  S.  R.  E.».  Manca  la  completio,  non  essendo  il  documento 
originale,  ma  una  rinnovazione  dello  scriniario  Niccolò  del  secolo  xni. 

(io)  Il  documento  XXV  non  e  originale:  non  è  perciò  sicuro  che  si  tratti  dello  stesso 
scrittore. 

Archivio  della  R.  Società  romana  dì  storia  patria.  Noi.  XXVI li.         8 


114  T.  Jedele 


1148.      Nicolaus  (i)  XXIV. 
115  3.       Andreas  XXVI. 

1163.  Henricus  Oddonis  XXXI. 

1164.  lohannes  Berardi  XXXII. 

1171-1176.       Nicolaus  XXXIV,  XXXV,  XXXVI. 

1177.       Gregorius  (2)  XXXVII. 

1180.       lohannes  Scrofani  XXXVIII. 

H83.      Cinthìus  XXXIX. 

1187.       lohannes  XLI. 

1189.      Petrus  Henrici  XLII, 

1200-1212.       Nicolaus  (3)  XLV,  XLVI,  XLVII,  XLVIII,  XLIX,  LI,  LII. 

1209.       lohannes  Patri  L. 

1222-1226.       Rainaldus  Girardi  sacri  Romani   imperii  scriniarius  LUI,  LIV, 

LV,  LVII,  LVIII,  LX. 
1224-125 1.      Leo    LVI,    LIX,    LXI,   LXV,   LXVII,   LXIX,   LXX,   LXXII, 

LXXIII. 
1230.       Raynerius  lohannis  Egidi  (4)  LXIII. 
1230.       Donadeus  sacri  Romani  imperii  scriniarius  LXIV. 
1240.       lohannes  Henrici  LXVI. 
1244.       lohannes  Petri  (5)  LXVIII. 
1247.       licobus  ludicis  LXXI. 
1260-1280.       lohannes  Romani  (6)  LXXIV,  LXXV,  LXXVIII,  LXXIX,  LXXX, 

LXXXII. 

1268.  lacobus  Marcelli  LXXVL 

1269.  Petrus  Cardegalli  apostolica  Sedis  auctoritate  notarius  LXXVII. 
1279-1286.       Remigius  LXXXI,  LXXXIII,  LXXXIV,  LXXXV. 

13 16.       Andreas  Salomonis  de  Lugnano  auctoritate  alme   Urbis  prefecti  no- 
tarius LXXXVII. 
1527.       Laurentius  Obicionis  imperiali  auctoritate  notarius  LXXXVIII. 
1560.       Paului  Smanta  notarius  palatinus  LXXXIX. 
1565.       Antonius  Stephani  Granni  imperiali  auctoritate  notarius  XC. 


(1)  Nel  testo  soltanto:    «scriniarius»;  manca  la  completio. 

(2)  Nel  testo:    «scriniarius  S.  P.  E.»;  nella  completio  soltanto:    «scriniarius». 
(5)  Lo  stesso  scrittore  esemplò  il  documento  XVIII. 

(4)  Nella  completio:    «Raynerius  lohannis». 

(5)  Nella  completio  soltanto:   «lohannes». 

(6)  Nei  primi  due  documenti:  «lohannes  Romani  iudex  et  scriniarius»;  nei  docc. 
LXXVIII  ed  LXXXII:  «sacri  Romani  imperii  notarius»;  nei  docc.  LXXIX  ed  LXXX 
semplicemente  :   «  notarius  ». 


DELLA  CAMPAGNA  ROMANA 


(Continuaz.  vedi  voL  XXVII,  p.  461) 


Vie  Labicana   e  Prenestzna. 

Esplorato  il  più  gran  latifondo  imperiale  che  si  esten- 
deva da  S.  Cesario  a  ZagaroJo,  prima  di  procedere  per  la 
via  Labicana,  dobbiamo  volgerci  a  destra  e  per  un'antica 
strada  a  cui  corrisponde  quasi  la  moderna,  salire  alla  col- 
lina di  Monte  Compatri,  che  con  quella  vicina  di  S.  Silvestro 
e  con  Monte  Salomone  forma  il  punto  più  avanzato  del  ter- 
ritorio Labicano  verso  quello  Latino  (i).  Questa  specie  di 
punta  nelle  colline  del  Lazio  spetterebbe,  in  rigore  fisico,  ai 
colli  Albani;  ma  la  storia  si  oppone  alla  geologia  ed  alla 
topografia;  e  quindi  noi  dobbiamo  qui  registrare  questo 
gruppo,  che  rappresenta  la  culla  dei  Labicani  primitivi. 

MONTECOMPATRI    e    S.    SILVESTRO. 

Questo  Comune,  alla  cui  storia  il  Nibby  (III,  p.  338) 
dedicò  poche  righe,  sorge  sopra  l'ultima  lacinia  dei  colli  Tu- 
scolani,  all'altezza  di  m.  583  sul  mare,  con  ampio  orizzonte, 
con  vista  splendida  della  valle  Labicana  e  dei  monti  Sabini 
e  Simbruini.  Ha  poco  più  di  4000  abitanti,  territorio  ferti- 

(i)  Avanzi  dell'antico  selciato  di  questo  tronco  Labicanense  sono 
sparsi  per  tutte  le  vigne  circostanti. 


ii6  G.  Tomassetti 


lissimo  per  castagne,  uve  e  frutta,  il  più  eccellente  vino  del 
Lazio  e  l'acqua  più  pura  della  provincia  romana,  recente- 
mente condotta  sull'altipiano  d' ingresso  al  paese,  dalle  sor- 
genti dette  di  Carpincllo,  con  ingente  spesa,  perforando  monti 
di  selce.  Perciò  la  fonte  moderna  è  decorata  con  una  figura 
rappresentante  il  genio  della  scavazione. 

Sarò  breve  nella  illustrazione  dell'antica  storia  e  del 
sito  di  questo  Comune,  dicendo  che,  tra  gli  scrittori  com- 
petenti sulla  topografia  antica  di  cotesto  suolo,  Pietro  Rosa, 
G.  B.  De  Rossi  ed  Ermanno  Dessau  vi  hanno  riconosciuto 
il  sito  dell'antico  Labico.  Essi  hanno  avuto  ragione,  per 
quanto  non  abbiano  veduto  chiaro  lo  spostamento  dell'an- 
tico e  primitivo  centro  nel  secondo  Labico  Quintanense; 
come  anche  l'esistenza  di  un  castello  Labìcano  poi  villa 
romana,  in  Monte  Salomone^  che  il  Ciuffa  e  il  Vitale, 
esageratamente,  presero  per  il  primitivo  Labico^  mentre  pro- 
babilmente fu  la  seconda  sede  dei  Labicani. 

Il  nome  compitum,  classica  indicazione  del  nodo  di  strade, 
a  cui  faceva  capo  questo  Comune,  fu  corrotto  in  quello 
di  compatnim  nel  medio  evo,  e  fece  perdere  la  testa  al  buon 
cardinal  Piazza,  che  vi  sognò  i  padri  della  patria  adunati 
in  congresso  {Gerarchia  Cardin.  pag.  270),  e  ne  fu  rimpro- 
verato sul  serio  dal  Vitale!  Questo  compitum  Labicamim 
ci  fa  risovvenire  del  non  lontano  compitum  Anagninum 
(Livio,  XXVII,  4).  Antichità  in  Monte  Compatri  non  man- 
cano, per  quanto  sieno  state  distrutte  nel  fare  il  castello 
e  le  case  del  medio  evo,  come  le  pietre  di  Monte  Salo- 
mone sono  servite  a  pavimentare  tutto  il  paese  (i). 


(i)  Ricorderò  il  sepolcro  di  Ti.  Clandius  Ncr.  Aiig.  Uh.  Dnphnus 
e  di  due  suoi  amici  (Henzen.  Bull.  List.  1856,  p.  157)  in  vigna  Pas- 
savanti,  1'  altro  di  Vahrhis  Priscus  aedi  pleb.  tic.  in  vigna  Missori,  a 
monte  Doddo  (ivi)  la  basetta  rotonda  collegi  salutaris  iuvenum  angusta- 
lium  (Garrucci,  Civ.  Catt.  1882,  p.  737),  la  iscrizione  trovata,  nel  1885, 
verso  Roma  con  le  parole  deverticulum  privatum  (Tomassetti  G.  in 


^ella  Campagna  ^I{omana  117 

Per  quanto  le  antiche  memorie  di  M.  C.  trasportino 
verso  la  via  Labicana,  quelle  del  medio  evo  trasportano 
invece  verso  la  via  Latina;  poiché  la  politica  e  strategica 
importanza  dei  castelli  dei  monti  Albani  assorbì  quella  dei 
Labicani  spopolati  e  decaduti.  Così  vedremo  gli  Annibaldi 
e  poi  i  Colonna  signoreggiare  in  M.  C. 


Museo  itili,  d'ant.  class.  1885),  una,  che  credo  inedita,  trovata  nel   li 
sotto  M.  C.  che  si  può  leggere  così,  in  lettere  minuscole: 


POMPEI.M-F-C;///DR//// 

VIXIT  •  ANN  •  IV  •  MENSIB  •  VI  •  DIEB  •  XI 

FILIORVM 

M  •  POMPEI  •  ATIMETI  •  ET 

CINCIAE  •  SATVRNINAE 


nella  prima  linea  è  guasto  il  cognome  (Codriì),  ed  una  delle  note  ta- 
vole lusorie:  idiota  recede  -  ludere  nescis  -  da  liis  ori  locii  (sic)  di  cui  ho 
avuto  il  calco  dal  compianto  avv.  Saturnino  Ciuffa,  amantissimo  delle 
memorie  Compatrensi,  che  mi  ha  donato  anche  parecchi  calchi  di  bolli 
di  figuline. 

Le  antichità  di  questi  luoghi  sono  state  recentemente  e  con  somma 
diligenza  annotate  dal  sig.  Ashby  iunior  (Class,  topogr.  of  the  Rom- 
Campagna,  I,  p,  258  sg.)  delle  cui  osservazioni  per  il  primo  tronco 
della  via  non  ho  potuto  finora  giovarmi,  avendo  già  dato  alle  stampe 
il  mio  testo,  quando  ebbi  in  mano  il  suo  volume.  Neppure  egli  aveva 
veduto  il  mio  lavoro  quando  pabblicava  il  suo.  Lo  ringrazio  delle  ci- 
tazioni che  fa  di  altri  miei  scritti  sulle  memorie  di  questo  territorio. 
Non  ammette  la  coincidenza,  che  io  proposi,  della  villa  di  Prata  Porci 
di  Novius  Crispinus  col  fundus  Crispinis  della  via  Labicana  del  Regesto 
di  Gregorio  II  (non  Gregorio  IX  com'è  stampato,  per  errore  tipo- 
grafico, dall'Ashby)  perchè  la  cifi-a  assegnata  nel  codice  Vaticano  3833 
non  corrisponde.  Ma  io  so  per  esperienza  che  le  cifre  di  quel  codice 
vanno  prese,  come  suol  dirsi,  con  le  molle.  Nel  territorio  di  Montecom- 
patri  esamina  con  dihgenza  le  antichità  dei  casali  Mazzini,  Brandolini, 
Ciufi'a  ed  altri,  e  riproduce  lapidi  e  monumenti.  Ammette  l'esistenza 
dei  Labicani  secondi  (Quintanensi)  dove  si  sono  trovate  le  loro  memorie 
da  me  per  primo  pubblicate;  riconosce  in  Montecompatri  il  primitivo 
Labico,  e  in  M.  Salomone  uua  villa  o  tempio. 


1 18  G.   Tomasseiti 


Verrò  disponendo  in  ordine  cronologico  le  notizie  Mon- 
tecompatrensi,  insieme  con  quelle  del  Monte  S.  Silvestro, 
pittoresco  antico  santuario  dedicato  dai  cristiani  al  santo 
delle  selve,  per  estirparvi  la  pagana  superstizione  ;  e  che  noi 
dobbiamo  considerare  come  parte  del  territorio  Compa- 
trense. 

Dalle  qui  sottoposte  notizie,  non  anteriori  al  secolo  xiv, 
si  può  ricostruire  la  storia  medievale  di  M.  C.  Non  si  co- 
nosce l'origine  del  ripopolamento  di  esso,  che  il  Nibby  at- 
tribuisce, per  congettura,  al  fatto  della  distruzione  di  Tu- 
scolo  del  1191.  Certamente  esso  fu  castello  baronale  degli 
Annibaldi,  e  posto  avanzato  per  la  protezione  della  valle 
della  Molar  a,  centro  della  loro  potenza. 

a.  1340,  15  giugno.  Benedetto  XII  da  Avignone  scrive 
ai  senatori  di  Roma  che  reprimano  la  baldanza  di  Bertoldo 
Orsini  e  Giacomo  Savelli  nella  città,  che  usurpando  la  po- 
tenza senatoria  commettono  prepotenze,  tra  cui  quella  di 
proteggere  e  far  cavalcare  per  la  città  Francesco  Alberte- 
schi  e  Annibaldo  di  Giovanni  Annibaldo  de  Monte  Compa- 
trum  colpevoli  d'intercettare  i  viveri  e  di  altre  violenze 
{Reg.  an.  IV,  ep.  105;  Theiner,  II,  p.  83). 

a.  1347,  gennaio.  Lapide  sepolcrale,  ora  perduta,  di  An- 
taldo  figlio  di  Giovanni  de  Militiis  (Annibaldi)  de  Monte 
Compatrum  sepolto  in  Roma,  nella  chiesa  di  Santa  Maria 
in  Aracoeli  (Casimiro,  Mem.  p.  271). 

a.  1354.  Cola  di  Rienzo,  nel  tempo  che  fu  senatore  di 
Roma,  pose  a  capo  delle  milizie  romane  Riccardo  Anni- 
baldi  signore  di  Montecompatri  affinchè  assediasse  i  Colonna 
in  Palestrina,  come  valoroso,  come  vicino  e  pratico  dei 
luoghi.  Ma  poi,  sospettando  di  lui,  lo  depose,  e  gli  sostituì 
persone  incapaci  -  il  che  contribuì  a  far  decadere  Cola  nella 
pubblica  stima  (M.  Villani,  IV,  23  ;  Papencordt,  ColUy 
p.  280). 

a.  1363,  IO  ottobre.  Atto  di  conferma  di  tutela  sulla 
persona  di  Annibalduccio  di  Giovanni  e  Caradonna  Anni- 


"Della  Campagna  Romana  119 

baldi  di  Montecompatri,  e  su  tutti  i  beni  mobili  ed  immobili 
di  lui,  in  favore  di  Caradonna  stessa,  sua  ava  paterna,  ve- 
dova di  Annibaldo  (Archivio  Colonna,  pergam.  LI,  70). 

a.  141 5,  IO  febbraio.  Riccardo  Annibaldi  signore  di  Mon- 
tecompatri  costituisce  la  dote  di  sua  figlia  Tan:(a,  come  sposa 
di  Giacomo  de  Conti,  nella  metà  dei  castelli  di  Poli,  Gtiada- 
gnolo  e  Santa  Maria.  Not.  Nardo  de  Venettini  (Arch.  Co- 
lonna, perg.  I,  41). 

a.  1423,  23  novembre.  Istromento  di  permuta  di  Mo- 
lara.  Rocca  di  Papa,  Montecompatri,  Colonna,  con  altri  beni, 
fatta  dagli  Annibaldi  con  Giordano  Colonna.  Not.  Antonius 
Blanci  rom.  (Arch.  Colonna,  perg.  XXXIV,  47). 

a.  1423,  24  nov.  Giordano  Colonna  ottiene  in  dono  la 
dodicesima  parte  dei  castelli  di  Rocca  di  Papa,  Molara  e 
Monte  Compatri  e  due  dodicesimi  del  castello  deserto  di  Co- 
lonna, già  spettanti  a  Paluzzo  Annibaldi  omicida  di  Savello 
Savelli  e  venute  in  possesso  della  figlia  dell'ucciso.  Notaro 
Nardo  de'  Venectinis,  ed.  Lanciani  in  Arcìo.  R.  Soc.  rom. 
storia  patria,  XX,  p.  400.  Nella  nar ratio,  che  segue,  sotto  la 
stessa  data,  sono  ricordati  i  confini  di  M.  C.  cioè:  Monte 
Porzio,  Rocca  Priora  e  Colonna. 

a.  1425,  23  genn.  Martino  V  concede  «  universitati  et 
hominibus  castri  Montis  Compatriim  » ,  in  premio  di  essere 
tornati  alla  sua  obbedienza,  di  pagare  la  metà  delle  impo- 
ste del  sale  e  focatico  alla  Camera  Capitolina  {Reg.  an.  Vili, 
f.  148;  Theiner,  III,  p.  288). 

a.  1427,  I  febbraio.  Assegnazione  dei  beni  Colonnesi 
nel  fedecommesso  istituito  da  Martino  V.  A  Prospero  si 
assegnano  Ardea,  Frascati,  Marino,  Molara,  Monte  Compatri 
e  Rocca  di  Papa  (Contelori,  V.  Mart.  F,  p.  5  5  ;  Coppi, 
M.  C  p.  178). 

a.  1430.  Tra  la  via  di  Monte  Compatri  e  Grotta  Ge- 
lone era  il  pala^^^o  delli  Papa7^:(iirri,  tenuta  con  palazzo,  cor- 
tile, cisterna  &c.  indicato  come  comperato  da  Antonio,  Pro- 
spero e  Odoardo  Colonna  nel   1430,  30  ottobre,  dai   fra- 


120  G.  Tomassettì 


telli  lannetti  Giac.  e  Batt.  del  rione  Trevi  (Ardi.  Colonna, 
perg.  XXX,  49). 

a.  1431.  Nella  guerra  tra  Eugenio  IV  e  i  Colonnesi, 
la  regina  Giovanna  II  inviò  in  aiuto  del  Papa  il  condot- 
tiero Iacopo  Caldora,  il  quale  con  3000  cavalli  e  1600  fanti, 
prese  parecchi  castelli  del  Lazio,  tra  cui  M.  C.  e  Borghetto 
di  Grottaferrata.  Passò  quindi  ad  accamparsi  sotto  Genaz- 
zano.  Ma  quivi  Iacopo  si  arrestò,  e  divenne  amico  dei  Co- 
lonnesi -  forse  per  interesse  -  poi  di  nuovo  favori  il  Papa  ; 
ma  senza  più  salire  al  nostro  castello  (Gioni.  Nap.  in  R. 
I.SS.  XXI,  p.  II 93  e  94  A). 

a.  1458,  20  marzo.  Copia  d' istromento,  col  quale  il  Car- 
dinal Prospero  Colonna  vende  al  nobile  Mattia  degli  Anni- 
baldi  della  regione  Trastevere  la  quarta  parte  delle  rendite 
di  Montecompatri.  Not.  Io.  Sanctus  de  Donatulis  (carta) 
(Arch.  Colonna,  perg.  XXI,  33). 

a.  1484,  27  giugno  segg.  «  Item  alli  27  di  giugnio  fu 
tolto  per  Paulo  Ursino  Monte  delli  Compatri  in  questo 
modo  infrascritto,  conciò  sia  de  cosa  che  lo  SS.  Signore 
Sixto  non  per  alcuno  atto  de  iustitia  ma  per  charità  et  cle- 
mentia  della  sua  beatitudine  havesse  concesso  salvo  condutto 
allo  signore  et  huomini  dello  ditto  castello  etc.  etc.  ».  Infes- 
SURA,  ed.  cit.  pag.  136.  Altre  menzioni  alle  pagine  95,  105, 
118,  137  col  monte  di  S.  Silvestro. 

a.  1492,  6  aprile.  Nel  testamento  del  Card.  Giorgio  Costa 
vescovo  di  Albano  :  «  Legamus  monasterio  fratrum  de  Pace  de 
urbe  omnia  bona  nostra  mobilia  et  suppellectilia  quae  repe- 
riuntur  dicto  tempore  in  monasterio  S.  Silvestri  extra  urbem  » 
(Galletti,  del  Prim.  p.  360);  veggasi  il  commento. 

a.  1524,  16  marzo.  Bolla  di  Clemente  VII  che  dichiara 
il  monastero  di  S.  Silvestro  incorporato  nella  Congr.  dei  Ca- 
nonici Lateranensi  (Archivio  Colonna,  perg.  XI,  4). 

a.  1528,  febbraio.  Marcello  Alberini,  romano  (il  noto 
descrittore,  nel  suo  diario,  delle  cose  relative  al  sacco  di 
Roma  del  1527),  condotto  a  Velletri  prigioniero,  riscattato 


Dtilla  Campagna  T^omana  121 

dalla  madre  fu  ricondotto  in  Roma,  e  di  qua  se  ne  fuggì 
d.Monteconipatriy  ove  conosceva  molto  l'arciprete,  suo  primo 
maestro,  dal  quale  confessava  di  avere  imparato  quel  poco 
che  sapeva,  e  sebbene  fosse  poco,  era  colpa  sua  e  non  del- 
l'arciprete! (cf.  Orano  D.  in  Archivio  R.  Soc.  rom.  di  storia 
patria,  1895,  P^g-  73)-  ^^  9^^^^  ritiro  vide  la  presa  di  Rocca 
Priora  e  di  Valmontone  fatta  dall'avanguardia  degli  impe- 
riali, che  si  ritiravano  da  Roma  (17  febbraio).  Del  resto  e 
questo  ed  altri  castelli  Colonnesi  furono  immuni  dalla  inva- 
sione delle  schiere  Borboniche,  per  la  notoria  amicizia  di 
Carlo  V  con  la  nobile  casa. 

a.  15 29- 15 38.  Nell'a.  1529,  ai  3  di  settembre,  Giacomo 
Zambeccari  comperò  il  castello  di  M.  C.  dal  signor  Ascanio 
Colonna,  per  2000  ducati  d'argento,  col  patto  redimendi 
(in  atti  del  notaio  Giulio  pittore). 

a.  1533,  20  maggio.  Istromento  col  quale  il  sig.  Asca- 
nio Colonna  e  il  sig.  Giacomo  Zambeccari  si  dichiarano 
reciprocamente  soddisfatti  in  ogni  loro  rapporto,  anche  sul 
castello  di  Montecompatri  e  sulla  dogana  di  Abruzzo  (Arch. 
Colonna,  perg.  LXV,  32). 

a.  1538,  7  marzo.  Istromento  di  retrovendita  fatta  da 
Giacomo  Zambeccari  del  castello  di  Montecompatri,  per 
2000  ducati  di  argento,  a  favore  del  sig.  Ascanio  Colonna 
(Arch.  Colonna,  pergamena  XXIV,  36). 

a.  1538 Causa  di  D.  Ascanio  e  Marcantonio  Co- 
lonna con  Isabella  Colonna  sulla  eredità  di  Vespasiano  C. 
per  le  pretese  di  lei  su  parte  del  territorio  di  Montecompatri 
(Arch.  Colonna  II,  A,  $6^",  70). 

a.  1539,  2  agosto.  Nella  gran  bolla  di  Paolo  III  con- 
fermante il  fedecommesso  Colonnese  di  Martino  V,  si  legge 
Montecompatri  fra  i  feudi  di  essa  famiglia  (Arch.  Colonna, 
perg.  VII,  8). 

a.  1 541.  Guerra  del  sale  di  Ascanio  Colonna  con  Paolo  III. 
Battaglia  di  Montecompatri.  Lauro  di  Palestrina,  capitano 
Colonnese,  vi  prese  parte  (Petrini,  p.  208,  dal  Guazzo). 


122  G.   Tomasseitt 


a.  1569,  16  marzo.  Testamento  di  Marcantonio  Colonna 
il  trionfante.  In  esso  si  lascia  a  Federico  figlio  il  castello 
di  Nettuno,  la  rocca  di  Astura,  il  castello  di  Monte  Com- 
patri e  il  monte  col  palazzo  vecchio  del  Quirinale  in  Roma 
(Coppi,  p.  350). 

a.  1575,  24  gennaio.  Istromento  di  unione  in  solutum 
fatta  da  D.  Marc' Antonio  Colonna  duca  di  Tagliacozzo  al 
card.  Marco  Sittico  Altemps  del  feudo  di  Monte  Compatri 
per  il  prezzo  di  scudi  34000,  dei  quali  fino  alla  concor- 
renza di  scudi  25  000  in  estinzione  di  tanti  censi  creati  dallo 
stesso  D.  Marc' Antonio  e  venduti  a  persone  diverse,  dalle 
quali  furono  acquistati  dal  predetto  cardinale  Altemps. 

Nello  stesso  istromento  il  cardinale  dichiara  di  cedere, 
sotto  certe  condizioni,  la  proprietà  del  feudo  acquistato  a 
Roberto  Altemps  suo  figlio.  Atti  Mario  Clarussi  di  Turano 
in  Sabina,  notaro  delle  cause  del  Sagro  Palazzo  Apostolico 
(archivio  Borghese,  Prot.  I,  N.  4,  Monte  Compatri).  Nella 
minuta  relativa,  che  ho  letto  nell'archivio  Colonna  (per- 
gamena XXVIII,  90)  la  somma  è  di  25  300  scudi. 

a.  1580  circa.  Stato  agrario  del  territorio  di  Montecom- 
patri  ms.  (Archivio  Colonna,  Misceli.  II,  A,  ^6,  II,  n.  8). 

a.  161 3,  29  novembre.  Istromento  di  vendita  delle  Ville 
Tuscolane  con  Villa,  Pala:(^^o  0  Pala:(7^i  di  Mondragone  ed 
altri  membri,  diritti  e  pertinen:(e,  del  Castello  di  Montecompatrz, 
Tenuta  e  Castello  diruto  della  Molara,  Tenuta  di  S.  Croce 
detta  Grottalta  e  Tirpone  con  altri  suoi  membri,  e  Castello  e 
tenuta  di  Monte  Porzio  alias  di  S.  Gregorio  fatta  dal  Duca 
Gio.  Angelo  Altemps  al  Card.  Scipione  Borghese  per  il  pre:(^o 
di  scudi  trecentomila.  Atti  Felice  De  Totis  (archivio  Borghese, 
Monte  Compatri,  P.  IV,  N.  200). 

a.  1630.  Nesso  della  storia  di  questo  paese  colla  storia 
della  chiesa  di  s.  Maria  in  Monte  Santo  a  Roma.  Medaglia 
del  card.  Scipione  Borghese,  per  la  prima  pietra  di  questa 
chiesa,  ha  da  una  parte  lo  stemma  Borghesiano,  dall'  altra  la 
iscrizione  :  «  fundamenta  eius  |  in  montibus  sanctis  |  Scipio 


^ella  Campagna  Romana  123 

card.  Burghesius  |  m.  p.  ad  novam  aedificandam  |  ecclesiam 
virgini  dei  ge'nitrici  dicatam  sub  antiquo  |  patronatus  iure 
dominjorum  montis  compoti  prjimam  hanc  lapidem  iecjìt 
anno  mdcxxx.  » . 

a.  1695,  20  marzo.  Memoria  della  elezione  ad  Accade- 
mici di  s.  Luca  di  Domenico  Malvagini  architetto  del  ser.mo 
Duca  di  Parma  e  del  sig.  Filippo  Lutii  {sic)  pittore  da  Monte 
de  Compatri  (archivio  della  R.  A.  di  s.  Luca,  voi.  45^  p.  160). 
Menzione  di  un  quadro,  rappresentante  un  santo  pittore,  da 
lui  donato  all'Accademia  (ivi,  p.  163).  Per  la  contribuzione 
alla  festa  centenaria  dell'Accademia  diede  5  testoni  (ivi,  p.  161). 

Lo  Statuto  comunale  di  Montecompatri  non  esiste  nel- 
l'archivio del  paese  e  neppure  in  quello  Borghesiano.  Gli 
atti  del  Comune  più  antichi  sono  così  intitolati:  Libro  di 
Consegli  et  altri  ordinamenti  della  Università  del  Monte  di 
Compatri  in  Tuscolano  cominciato  questo  anno  1587  (Bar- 
nabeo  Martorello  notaro),  leg.  in  pergamena.  GU  atti  no- 
tarili più  antichi  sono  di  Troiano  Giardani  del  1584. 

Appartiene  a  questo  piccolo  Comune  un  uomo  illustre 
nella  scienza  e  nella  letteratura  italiana  moderna,  quale  fu 
Marco  Mastrofini  filosofo  e  filologo  nato  nel  1763  e  morto 
nel  1842,  sepolto  nel  solitario  convento  di  s.  Silvestro. 
D.  Marco  Mastrofini,  sue  opere  edite  ed  inedite  e  suoi  contra- 
dittori,  memorie  storiche  apologetiche  di  Saturnino  Ciuffa,  con 
importantissimi  documenti  inediti  (Roma,  1875,  tip.  Cuggiani, 
con  ritratto). 

Le  memorie  del  cenobio  di  s.  Silvestro  sono  adunate  in 
un  manoscritto  del  secolo  xviii,  che  conservasi  tuttora  dai 
frati  che  vi  dimorano.  Un  articolo  su  di  esso  fu  scritto  dal 
Brandolini  di  M.  C.  neW Album  di  Roma,  anno  14°  e  15". 
Egli  non  seguì  l'opinione  del  ms.,  che  cioè  s.  Silvestro  fosse 
costruito  dai  profughi  di  Tuscolo  distrutta  nel  medio  evo, 
cosa  molto  probabile,  e  che  troverebbe  un  caposaldo  ove  si 
provasse  che  Tuscolo  ebbe  un'antica  chiesa  dedicata  a  s.  Sil- 
vestro. Invece  egli  si  dimena  nella  tradizione  di  papa  Sii- 


124  G.   Tomasselti 


vestro  che  andava  lassù...  a  confortare  gli  sbanditi  dalla 
persecuzione  ! 

Il  Vaddingo  negli  Annales  parla  di  un  frate  Bernardone 
amico  di  s.  Francesco,  che  fu  quassù  e  il  ms.  citato  parla 
di  un  pino  presso  il  quale  furono  sepolti  certi  frati  di  s.  Fran- 
cesco. 

Nella  Curia  di  Frascati  conservasi  un  ms.  sulla  storia 
della  Madonna  del  Castagno  venerata  sulla  pendice  del  monte, 
con  culto  popolare.  Del  resto  i  libri  qcc.  di  s.  Silvestro 
andarono  perduti  nell'  invasione  francese.  Il  Galletti  {Del 
primicerio,  p.  360)  ha  ricordato  che  nell'anno  1448  Te- 
baldo e  Matteo  di  Annibaldo  (Annibaldeschi)  donarono 
questo  luogo  ai  canonici  Lateranensi;  che  nel  testamento 
del  card.  Giorgio  Costa,  vescovo  di  Albano,  del  1492,  è 
nominato  come  contenente  oggetti  di  sua  proprietà,  che  lega 
ai  detti  canonici  della  chiesa  urbana  della  Pace;  che  nel  1541 
passò  alla  S.  Sede;  e  che  vi  alloggiò  il  celebre  letterato  cre- 
monese Girolamo  Vida,  ove  terminò  il  suo  poema  sacro, 
e  che  egli  vi  pagava  un  censo  ai  detti  canonici.  Una  lapide 
postavi  dai  Carmelitani  nel  1605  ricorda  l'insigne  uomo; 
che  il  card.  Gambara  vi  risiedette;  che  il  card.  Pisani  vi 
costruì  una  villa  ora  scomparsa.  Su  questo  luogo  scrisse  un 
opuscolo  il  domenicano  Vairani  (Aug.  Thomas,  nel  voi.  214 
delle  Miscellanee  della  bibl.  Casanatense). 

Accedendo  al  convento,  si  scorge  sulla  destra  un  avanzo 
di  conserva  d'acque  antica,  alto  5  metri. 

Sul  piazzale  della  chiesa  vi  è  un'eco  quadrupla.  Dentro 
il  convento  ammiransi  parecchie  curiosità,  tra  cui  un  quadro 
di  s.  Teresa  dipinto  per  commissione  di  Filippo  II,  ed  uno 
di  s.  Giuseppe  attribuito  a  Gherardo,  delle  Notti. 

Una  monografia  del  dott.  Giuseppe  Calcagni  (Monte- 
compatri  e  il  suo  clima,  Roma,  1889)  ne  loda  altamente  il 
clima  con  dati  di  fatto. 


^ella  Campagna  Romana  12 


LuGNANO  ora  Labico. 

Discesi  da  Montecompatri  riprendiamo  la  via  di  s.  Ce- 
sario e  proseguiamo  la  via  Labicana  antica,  la  quale  seguiva 
a  destra  della  moderna  Casilina,  e  per  le  contrade  di  Valle 
di  Giobbe,  Valle  del  Fico,  sulla  destra,  e  di  Valle  Fredda  sulla 
sinistra,  entra  nel  territorio  del  piccolo  Lugnano  (denomi- 
nato ora  Labico).  In  queste  parti  può  supporsi  quel  fiindus 
Lacitianus  indicato  nella  nota  lapide  Celimontana  (De  Rossi, 
Bull.  1873,  p.  36-41),  che  a  me  sembra  errato  per  Laci- 
nianiis.  Accettando  la  determinazione  del  percorso  di  questa 
via  data  dal  eh.  Ahsby  (op.  cit.  p.  272  sg.)  procediamo 
verso  Valmontone,  non  senza  notare  che  la  Me::;;^a  Selva, 
che  abbiamo  già  lasciato  indietro,  ci  sembra  corrispon- 
dere alla  Massa  Algisia,  il  cui  ohvcto  è  registrato  nel  ri- 
petuto diploma  marmoreo  di  Gregorio  II.  Il  paese  Lugnano, 
patria  dell'antiquario  Francesco  de  Ficoroni,  fu  da  costui 
difeso  come  la  vera  Labico  nella  sua  nota  monografia  del- 
l'anno 1745,  nella  quale,  se  egli  non  riusci  a  provare  il  suo 
assunto,  tuttavia  diede  notizie  utili  a  chiunque  segue  con  in- 
teresse l'erudizione  archeologica  della  campagna.  Ricordiamo 
la  preziosa  iscrizione  arcaica  Lugnanese  delle  spoglie  sacre 
ad  Apollo  (Garrucci,  SylL  n.  560).  Il  Ficoroni  illustrò  la 
grotta  Mammosa,  grande  conserva  d'acqua  di  villa  romana, 
che  può  attribuirsi  alla  madre  di  Severo  Alessandro,  Giulia 
Mammea,  il  cui  nome  comparve  in  condotture  di  piombo 
nelle  vigne  adiacenti  (C.  /.  L.  XIV,  3037,  XV,  7880;  Lan- 
ciANi,  Syll.  324). 

Lugnano-Labico  è  un  Comune  di  1600  abitanti  e  di- 
stante 23  miglia  da  Roma,  celebre  per  la  cista  e  per  lo 
specchio  di  bronzo  ivi  scoperti,  ora  nel  museo  Kircheriano 
di  Roma.  Il  Nibby  (voi.  I,  p.  292)  vi  suppose  l'antica  Boia 
colonia  Albana,  e  ne  riepilogò  la  storia  sulle  fonti  classiche; 


126  G.  Tomassclti 


e  perciò  io  non  la  ripeto.  Del  resto,  non  è  fondata  la  cor- 
rispondenza di  questo  luogo  con  l'antica  Boia,  ma  piuttosto 
è  da  tenersi  che  fosse  un  antico  castello  Labicano,  posto 
com'è  in  luogo  elevato  e  forte,  trasformato  poi  in  villa  ro- 
mana, il  cui  nome  da  qualche  individuo  dal  cognome  Longus, 
ci  è  pervenuto  nella  forma  attuale,  attraverso  al  Longoieianum, 
come  apparisce  (nel  secolo  viii)  nel  regesto  di  Gregorio  II 
insieme  con  un  altro  fondo  Casa  Maior  (Deusdedit  e  Cen- 
cio cit.).  I  conti  Tuscolani,  poi  i  conti  di  Segni  e  poi  gli 
Sforza  di  Santafiora  nel  1575  per  eredità  l'ebbero  in  pos- 
sesso. Nel  1339,  15  febbraio,  Giacomo  di  Leone  padre  di 
Paola  moglie  di  Enrico  Colonna  ratificò  la  vendita  di  Lu- 
gnano  a  Pandolfo  Colonna.  Giacomo  Colonna  dava  procura 
a  Landolfo  Colonna  per  prender  possesso  di  Lugnano  (ar- 
chivio Cesarini.  Arch.  R.  Soc.  rom.  di  st.patr.  1892,  perg.  29, 
30,  p.  233,  ed.  Celani). 

Nell'anno  1347  due  signori  di  Lugnano  caddero  estinti 
nella  battaglia  a  porta  s.  Lorenzo  tra  Cola  di  Rienzo  e  l'a- 
ristocrazia (Papencordt  cit.  p.  170),  della  quale  essi  face- 
vano parte  come  Colonnesi,  discendenti  di  Enrico  Colonna 
ignoto  al  Coppi,  come  pure  orli  fu  ignoto  Lugnano  quale 
possesso  di  un  ramo  dei  Colonna. 

Altre  notizie  di  Lugnano  sono  le  seguenti: 

a  1484,  3  novembre.  Innocenzo  VIII  condona  alla  Co- 
munità del  castello  di  Lugnano  144  ducati  di  debito  Came- 
rale. 

a.  1487,  23  marzo.  Idem,  idem  per  100  ducati. 

a.  1497,  6  settembre.  Alessandro  VI  condona  alla  Com. 
di  Lugnano  il  debito  Comunale  di  un  biennio. 

a.  1504,  27  giugno.  Bartolomeo  d'Alviano  e  fratelli  con- 
segnano oppidum  Lugnani  al  commissario  papale  (da  Brevi 
dei  suddetti  papi,  Contelori,  Hist.  Cam.  s.  v.). 

Nell'anno  1634  P'^ssò  per  vendita  ai  Barberini  per 
70  ODO  scudi,  e  per  la  stessa  causa  ai  Pamphili  nel  1651 
con  Valmontone,  ed  essi  lo  posseggono  tuttora. 


^ella  Campagna  Ternana  127 

In  questa  contrada  debbono  ricordarsi  il  fundus  Encar- 
pianus  iuxta  sanctum  Ciprianiim  via  Lahicana:  inter  affines 
fundus  Capitinianus  iuris  s.  Ecclesìae  romanae  et  fundus  Fla- 
vianus  iuris  puhlici  iuxta  Sabinianum  della  lapide  di  s.  Angelo 
al  Corridoio  (Torrigio,  p.  407  ;  De  Rossi,  Inscr.  I,  p.  513),  il 
fundus  Caianus  in  territorio  Prenestino  dell'elenco  Costanti- 
niano, la  possessio  Marmorata  del  Liber  pont.  (in  Sixto  III)  cor- 
rispondente alla  torre  delle  Marmare  presso  Lugnano;  il  fundus 
Capitinianus  {Lib.  pont.  in  Benedicto).  Circa  questo  punto  era 
il  cimitero  di  s.  Ilario,  verso  la  via  Prenestina  ;  e  la  basilica 
dei  ss.  Nicandro,  Eleuterio  ed  Andrea  (Lib.  pont.  I,  pp.  256, 
381),  altrettante  prove  positive  della  popolazione  di  questa 
regione  Labicana  nei  secoli  sesto,  settimo  e  ottavo. 

Ci  avviciniamo  all'ultima  stazione  della  via  Labicana  ad 
pietas,  il  cui  nome  ci  induce  a  sospettare  che  derivasse  da 
qualche  trofeo  indicante  i  picti  scuta  Labici  di  Virgilio.  Essa 
stava  non  lungi  dal  fontanile  delle  Macere,  tra  la  via  Latina 
e  la  Labicana.  E  con  questo,  chiudiamo  il  nostro  viaggio 
storico,  offrendo  ai  lettori  la  silloge  finora  più  ricca  di  Val- 
montone  e  delle  dipendenze  di  esso,  l'ultimo  luogo  del  nostro 
itinerario  Labicano,  che  a  rigore  di  distanza  da  Roma  esce 
dai  limiti  del  nostro  lavoro,  ma  per  la  importanza  storica 
e  feudale,  come  punto  strategico,  è  indispensabile  per  co- 
noscere le  vicende  di  questa  parte  del  Lazio  nell'antico  e 
nel  medio  evo. 


Valmontone,  Pimpinara  e  Colleferro. 

Valmontone  è  un  Comune  di  4250  abitanti,  capoluogo 
di  mandamento,  posto  sopra  un  monte  isolato  di  tufo  vul- 
canico, all'altezza  di  303  metri  sul  mare.  Ha  una  forma  quasi 
ellittica  ;  è  circondato  da  una  cinta  di  mura  del  secolo  xiii, 
con  torri  rotonde,  in  parte  smantellate  o  diroccate.  Ebbe  già 
doppio    recinto,  come  Nettuno,  ma  ora,  per  i  lavori  della 


128  G.  Tornasse tti 


nuova  ferrovia,  il  recinto  del  paese  è  quasi  scomparso;  e 
non  rimane  che  quello  interiore.  I  Valmontonesi  pretendono 
di  rappresentare  l'antico  Lalnco,  e  lo  scrivono  sullo  stemma 
comunale.  Se  il  Comune  non  corrisponde  all'antica  città, 
certamente  esso  occupa  il  sito  di  una  città  forte.  Il  nome 
rustico,  che  lo  distingue,  deriva  dall'essere  stato  un  centro 
agricolo  del  principio  del  medio  evo,  e  indica  la  posizione 
del  monte  rispetto  alla  valle  (del  Sacco)  ch'esso  domina  dal- 
l'alto. Corrisponde  probabilmente  all'antica  Toleria,  una  delle 
più  antiche  città  del  Lazio,  che  fu  distrutta  dai  Volsci  nella 
guerra  di  Coriolano,  ricordata  da  Dionigi,  da  Plutarco  e  da 
Plinio,  il  quale  annoverò  i  Toleriensi  tra  i  popoli  del  Lazio 
scomparsi  senza  traccia.  Fu  cotesto  un  luogo  strategico,  posto 
tra  i  due  rivi  che  confluiscono  nel  fiume  Sacco  corrispon- 
dente all'antico  Tolero,  e  che  è  il  confine,  da  questa  parte, 
del  Lazio  vero  con  il  paese  degli  Ernici,  che  nel  medio  evo 
fu  detto  provincia  di  Campagna  ed  ora  si  dice  circondario 
di  Fresinone.  Fu  pertanto  il  territorio  di  esso,  sì  nell'età  an- 
tica, come  nella  media  e  nella  moderna,  campo  di  battaglie 
e  luogo  fortificato.  Quando  si  afferma  ciò,  si  deve  compren- 
dere in  esso  il  castello  di  Pimpinara,  quello  del  Sacco  e 
quello  di  Colle/erro,  e  il  monastero  in  Silice,  che  si  per  le 
notizie,  come  per  la  vicinanza,  formano  tutto  un  complesso, 
che  non  può  disgregarsi  con  istorie  separate.  Da  parecchi 
documenti  ricavasi  che  questo  territorio  ebbe  nel  medio  evo 
il  nome  di  Trebanum,  forse  in  causa  di  tre  vie  che  lo  cir- 
condano od  attraversano.  Al  qual  proposito  facciamo  notare 
il  diverticolo  antico  detto  Morino,  che  passa  vicino  a  Cave, 
donde  sbocca  nella  via  Prenestina  (contrada  Croci).  La  più 
memorabile  delle  antiche  battaglie  fu  quella  di  Sacriportus, 
nella  valle  in  discorso;  luogo  il  cui  nome  indica  appunto 
la  importanza  dell'approdo  e  del  ponte  del  Tolero;  batta- 
glia che  fu  vinta  da  Siila  sul  figlio  di  Mario,  nell'anno  672 
di  Roma  (82  av.  l'era  volg.)  e  che  segnò  la  catastrofe  della 
parte  Mariana  (Livio,  LXXXV;  Plut.   in   Siila,   27;  Ap- 


^ella  Campagna  ^£{omana  129 

PIANO,  b.  e.  83).  Ora  questo  gran  fatto  avvenne  nella  pianura 
ove  sorge  il  castello  di  Pìmpinara  o  Plumhinaria,  il  nome 
del  quale  è  corruzione  di  Fin  minar  ia,  cioè  guardia  del  fiume, 
come  rilevasi  da  numerosi  documenti.  Non  conosco  alcuna 
monografia  speciale  su  questo  Comune.  Ma  tutti  gli  scrittori 
della  campagna  ne  parlano,  e  più  specialmente  il  Nibby 
(III,  p.  369  sg.),  il  p.  Casimiro  {Memorie  dei  conventi  ecc. 
p.  411  sg.)  ed  il  Pressutti  (/w/rotì?//;^.  al  Regesto  di  Onorio  III, 
p.  30).  Ciò  che  noi  abbiamo  aggiunto  a  tali  autori  si  vedrà 
da  quanto  segue. 

Prima  di  sottoporre  la  silloge  storico-diplomatica  di  questi 
luoghi,  è  necessario  il  notare  che  in  essi  si  svolse  la  gran 
potenza  della  flimiglia  Conti,  cioè  dei  Conti  di  Segni,  un 
ramo  dei  quali  ebbe  Valmontone  e  i  castelli  annessi.  Non 
è  possibile,  in  questo  lavoro,  il  presentare  la  storia  di  questi 
signori,  che  discendevano  dai  conti  Tuscolani,  e  quindi  rap- 
presentano una  famiglia  feudale,  di  parte  Cesarea,  delle  più 
audaci  e  prepotenti  del  suolo  romano.  Anche  la  storia  let- 
teraria del  secolo  xiv  ha  una  pagina  per  Valmontone,  perchè 
al  ramo  di  questi  signori  appartenne  Giusto  de'  Conti,  l'au- 
tore della  Bella  Mano  (veggasi  Ratti  Nicola,  Vita  di  Giusto 
dei  Co?tti,  R.  1824). 

Da  Paolo  fratello  di  Giovanni  (signore  di  Poli)  e  del 
card.  Stefano  di  Riccardo,  fratello  d' Innocenzo  III,  che  fu 
figlio  di  Trasmondo,  scende  la  linea  di  Valmontone  (com- 
perato per  Paolo  da  Innocenzo  III  dai  canonici  Lateranensi 
oberati).  Cosi  che  fu  detto  ramo  di  Vallemontone  e  Segni, 
come  l'altro  fu  detto  di  Poli  (Petrone  Lello  P.  ai  24  mag- 
gio 1443  la  chiama  Casa  di  Vallemontone).  Il  Contelori 
riporta  un  breve  di  Giovanni  XXII  «  per  Paulum  de  Comite 
dominum  Vallismonloni  potestatem  in  Signina  civitatc  prò 
rom.  ecclesia».  Poi  vengono  Adenolfo  e  Ildcbrandino  tee. 
Adcnolfo  mori  senza  figli.  Ildebrandino  ebbe  molti  figli  :  sta 
sepolto  a  Valmontone  a  s.  Maria  in  Silice  da  lui  eretta.  Egli 
ebbe  il  titolo  di  Maestro  del  s.  Ospizio  da  Martino  V  (25  feb- 

Arcliivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.        9 


ijo  G.  Tomassetii 


braio  1428)  che  così  è  poi  passato  in  casa  Ruspoli  essendo 
state  quattro  le  famiglie  eredi,  cioè  Theodoli,  Ruspoli,  Sforza 
e  Santacroce. 

Dall'estratto  di  un  protocollo  di  Gabriele  di  Piero  di 
Giovanni  si  cava  un  albero  degli  Orsini,  composto  da 
Giovanni  Baldovinetti,  in  cui  sta  a  capo  un  Orso,  il  quale 
ha  per  moglie  Lucrezia  di  Aldobrandino  de'  Conti  signore 
di  Valmontone  (cod.  Vaticano  7928,  f.  157  v.). 

La  storia  antica  di  questa  famiglia  fu  scritta,  da  Felice 
CoNTELORi  (Genealogia  Comitum  Romanorum  nel  1650);  ma 
tanto  il  testo,  quanto  l'albero  genealogico  annesso,  potreb- 
bero essere  aumentati  e  corretti. 

La  parte  che  ebbero  nella  storia  di  Roma,  essendosi  in- 
filtrati nel  Comune  stesso  fin  dal  secolo  xii,  gli  aumenti  di 
territorio,  i  rapporti  con  il  Papato,  ogni  cosa  riceverà  luce 
più  o  meno  efficace  da  questa  serie  di  notizie,  che  per  ora 
sarà  la  più  copiosa,  e  contenendo  cose  in  massima  parte 
finora  sconosciute.  Dopo  questa  serie,  si  darà  una  breve  illu- 
strazione dei  monumenti  di   Valmontone. 

a.  1052,  31  gennaio.  Locazione  in  enfiteusi  di  parte  di 
un  castello  nel  territorio  di  V.  data  dai  canonici  Lateranensi  a 
Landone  ed  Ottone  da  Valmontone  (archivio  Sforza-Cesarini, 
Celani  e.  in  Arch.  R.  Soc.  rom.  di  st.  patr.  1892,  perg.  i). 
Dev'  essere  questo  Landone  antenato  di  uno  che  fu  amba- 
sciatore di  Odone  di  Poli  nel  1138,  come  qui  sotto  noterò. 

a.  1138.  Odone  signor  di  Poh  manda  ambasciatore  al 
papa  Innocenzo  II  un  tal  Landone  de  Vallemontonis  (Annali 
Camaldolesi,  t.  IV,  app.  2*). 

a.  1151,  IO  dicembre.  Actum  prope  castrum  Fluminarie 
in  ecclesia  sancte  Marie  presentihiis  etc.  È  la  nota  permuta 
del  Tuscolo  (metà)  ed  altre  terre  con  Trevi,  fatta  tra  Eu- 
genio III  e  Odone  de  Columna  (Theiner  cit.  I,  p.  14). 

a.  1152.  Ricardo  di  Valmontone,  in  documento  Latera- 
nense,  che  richiama  anche  antenati  (Pressutti,  Reg.  Hon.  Ili, 
prefazione^  I,  p.  80). 


Isella  Campagna  Romana  131 

a.  II 52.  Gregorio  da  Valmontone  giura  fedeltà  ad 
Adriano  IV  (dalla  collettanea  di  Albino  in  cod.  Vat.  Ot- 
tobon.  3057,  fol.  121  V.). 

a.  II 54.  Anastasio  IV  conferma  ai  canonici  Lateranensi 
Castrum  Vallismontonis  cum  ecclesiis  et  omnibus  ad  ipsum 
pertinentibus  (Crescimbeni,  Storia  di  s.  Gio.  a  p.  Latina, 
p.  249). 

a.  II 64.  Gandolfo  di  Valmontone  è  uno  dei  senatori 
eletti  nel  momento  di  alleanza  tra  il  Senato  ed  il  pontefice 
Alessandro  III,  contro  la  prepotenza  di  Federico  Barbarossa 
(Vitale,  St.  dipi  cit.  p.  58). 

a.  1182.  Bolla  di  Lucio  III  (Ughelli,  I,  p.  1238; 
NiBBY,  III,  p.  373),  che  nomina  le  chiese  di  s.  Maria, 
s.  Andrea,  s.  Lorenzo,  s.  Giovanni  de  Selva,  s.  Nicolò, 
s.  Zotico  ed  il  monastero  di  santa  Maria  in  Silice,  cioè  sulla 
via  Labicana. 

a.  1206,  26  maggio.  Guido  di  Giovanni  rettore  della 
chiesa  di  s.  Andrea  di  V.  concede  in  pegno  due  rubbia  di 
terreno  a  Pietro  di  Annibaldo  ed  eredi  (archivio  Sforza- 
Cesarini,  perg.  n.  2,  ed.  cit.). 

a.  1208,  16  marzo.  Donazione  fatta  da  Contessa  di  Oddo 
di  Petaccio,  con  assenso  del  marito  Ubaldo  Massimi,  a  fa- 
vore di  Pietro  di  Stefano  di  Giovanni  Grassi  dei  diritti  sui 
castelli  di  V.,  Sacco  e  Giuliano  (archivio  Sforza-Cesarini, 
perg.  n.  3,  ed.  cit.). 

a.  1208,  6  ottobre.  Celebre  atto  di  Ricardo  conte  di 
Sora  che  presta  giuramento  di  fedeltà  ad  Innocenzo  III. . .  e 
((  de  castro  Vallis  Montonis,  de  Sacco,  de  Plumhinaria  iuravit 
facere  guerram  et  pacem  contra  omnes  homines  ad  manda- 
tum  eorum  »  (dei  Cardinali  presenti).  Da  Cencio  Cam.  (Mu- 
ratori, Antiq.  V,  p.  848  ;  Theiner,  I,  42  ;  ed.  Fabrc-Du- 
chesne  in  corso,  I,  p.  9*). 

a.  1209,3  marzo.  Romanus  di  Giovanni  Tinioso  promette 
a  Riccardo  fratello  d'Innocenzo  III  di  costruire  mnnim,  scl- 
ciatani  et  steccatnm   ad  molcndimnn    Castri   Sacci   (archivio 


132  G.  Tomassetti 


Santacroce,  T.  A.  4.  Il  Contelori,  p.  3,  lo  mette  al  16  feb- 
braio. 

a.  121 3,  II  ottobre.  Tebaldo  de  Monumento  giura  sul 
Vangelo  «  libere  et  absolute  vassallagium  d.°  Richardo  illustri 
Sorano  Corniti  »  e  suoi  eredi  su  tutti  i  tenimenti  «  quae  in 
castro  Vallismontonis  et  eius  tenimentis  quae  ex  parte  uxori s 
suae  »  gli  sono  pervenuti.  Tra  i  testimoni  v'è  Oddo  de  Co- 
lumna  (transunto  in  Contelori,  p.  3,  ed  in  archivio  San- 
tacroce, fase.  Conti,  S.  44). 

a.  12 14,  8  agosto.  Deposito  di  cinquanta  libre  di  argento 
per  pagare  il  debito  alla  Communità  di  V.  fatto  da  Giovanni 
di  Bobo  Bonifilii  (arch.  Sforza-Cesarini,  perg.  n.  5,  ed.  cit.). 

a.  12 19,  12  marzo.  Atto  di  concordia  fra  i  milites  Ca- 
venses  e  Riccardo  de'  Conti  sui  beni  del  castrum  Plumbinaria 
e  sui  casarina  in  Castellano  ubi  est  turris.  I  Cavensi  con- 
cedono a  Riccardo  il  diritto  faciendi  guerram  et  pacem  de 
Plumbinaria  prò  suo  velie  et  promittunt  non  vendere  Pluni- 
hinariam  (copia  in  archivio  Santacroce,  fondo  Conti,  S.  44). 

a.  1226,  4  marzo.  Istromento  di  vendita  di  più  terre 
di  diversi  proprietarii  situate  in  Valmontone,  a  favore  dei 
signori  de'  Conti.  Not.  Gregorius  scrin.  (orig.  in  perg.,  ar- 
chivio Santacroce,  fondo  Conti,  R.  32). 

a.  1226,  3  maggio.  Divisione  dei  beni  tra  il  Cardinale 
Stefano  (di  s.  Adriano),  Paolo  e  Giovanni  de' Conti,  nella 
quale  a  Paolo  si  danno  il  castrum  Vallismontonis,  Sacci, 
Plumbinaria  (scritto  Pleminaria),  due  molarla  e  un  pezzo  di 
Ladano.  A  Giovanni  la  tor  de'  Conti  in  Roma  («  domos 
Montisbalneineapolis  »)  ecc.  (Contelori,  p.  5  ;  copia  in  ar- 
chivio Santacroce,  S.  44). 

a.  1226,  4  maggio.  Pietro  di  Stefano  ed  altri  vendono 
a  Pietro  de'  Conti  terreni  ed  uomini  qui  fuerunt  quondam 
Contissae  dentro  il  castello  e  fuori  di  V.  (archivio  Santa- 
croce, T.  A.  4). 

a.  1238,  15  decembre.  Istromento  di  promessa  di  ma- 
trimonio tra  Giovanni  de'  Conti  e  Filippa  sorella  di  Mattia 


^ella  Campagna  Romana  133 

nipote  del  pontefice  Gregorio  IX,  fatta  dal  padre  di  lui 
Paolo  de'  Conti  proconsole  dei  Romani,  con  promessa  giu- 
rata di  assegnare  a  detto  Giovanni  il  castrum  Vaìlismon- 
touis,  di  non  cederlo  ad  altri  e  di  far  giurare  in  questo 
senso  anche  gli  homines  dicti  castri  -  notaio  Nicolaus  Fe- 
rentinas  S.  R.  E.  scrin.  (orig.  in  perg.  in  archivio  Santa- 
croce, fondo  Conti,  R.  32;  Contelori,  in  sunto,  p.  5). 

a.  1249,  27  maggio.  Pietro  Bosso  di  V.  come  procu- 
ratore del  Card.  Stefano  vicario  del  Papa  investe  Paolo  dei 
Conti  del  castello  di  Sacco  e  territorio  annesso,  con  rocca, 
torre  e  cassavo  (archivio  Santacroce,  T.  A.  4). 

a.  1250.  Testamento  di  Odone  di  Poli,  in  cui  sono 
nominati  molti  abitanti  di  V.  tra  cui  un  Felice  frate  mi- 
nore non  castellano,  come  dice  il  Nibby,  ma  un  castellanus, 
oltre  il  frate  (^Annali  Camald.  IV,  p.  385,  597). 

a.  1256.  Nuovo  patto  tra  il  comune  di  Cave  e  Riccardo 
de'  Conti  per  V.  e  P.  (Contelori  cit.  p.  7). 

a.  1260,  28  settembre.  Transazione  tra  i  figli  di  Stefano 
de'  Conti  demente  (furiosus)  e  Giovanni  de'  Conti  sui  frutti 
e  proventi  di  Val  montone  e  Plumhinaria  (Contelori,  p.  9  ; 
copia  in  archivio  Santacroce,  S.  44). 

a.  1262,  24  novembre.  Mattia  Annibaldi,  curatore  di 
Stefano  de'  Conti  furioso,  cede  in  nome  di  lui  a  Giovanni 
del  fu  Paolo  de'  Conti  castrum  Vallis  Montonis,  castrum 
Sacci  et  castrum  Plumbinariae.  Not.  Octavianus  S.  R.  E. 
index  etc.  (istrom.  orig.  in  perg.  in  archivio  Santacroce, 
fondo  Conti,  R.  32;  Contelori,  p.  io). 

a.  1266,  29  settembre.  Concessione  del  castello  di  Piom- 
hinara  fatta  da  Giovanni  e  Adinolfo  Conti  a  Gregorio  Fra- 
iapane  (archivio  Sforza-Cesarini,  perg.  n.  9,  ed.  cit.). 

a.  1287,  II  agosto.  Giovanni  de' Conti  figlio  di  Paolo 
istituisce  un  fedecommesso  con  i  beni  di  V.,  S.  e  F.  ed 
altri  fondi  in  favore  di  Àdenolfo  suo  figlio  e  di  Giovanni 
figlio  di  costui  (archivio  Ruspoli,  XXVII,  8).  Il  Gregoro- 
vius,  che  conobbe  pel  primo  questo  documento,  scrisse  che 


134  ^'  Tomassetti 


questo  è  il  primo  fedecom messo  romano  (lib.  IX,  2,  2). 
Ma  egli  ignorava  quello  istituito  dal  Savelli  nel  suo  testa- 
mento del  1279  (vedasi  la  mia  pubblicazione  Documenti 
feudali  della  prov.  di  Roma,  1898,  p.  13).  Una  copia  an- 
tica di  questa  istituzione  Conti  è  presso  di  me. 

a.  1292,  2  maggio.  Gottofredo  figlio  di  Stefano  «  de 
Valle  Montonis  habitator  (castri)  Nymphae»  (in  archivio 
Colonna,  perg.  XVII,  74). 

a.  1299,  25  luglio.  Bonifacio  Vili  concede  in  affitto 
perpetuo,  dietro  censo  di  20  solidi  provis.,  il  castello  di 
Giuliano  ed  altri  fondi  ai  quattro  figli  di  Adenolfo  de'  Conti 
domini  de  castro  Montonis  (Bull.  Bonif.  Vili  ad  ann.). 

a.  1299,  25  luglio.  Breve  di  Bonifacio  Vili  ai  tre  figli 
di  Adenolfo  quali  signori  de  castro  Vallis  Montonis  (Reg. 
ad  ann.). 

a.  1305,  3  novembre.  Compera  fatta  da  Giovanni  e  Il- 
debrando Conti  di  terreni  in  valle  di  Pastini  nel  territorio 
di  Piombinara  ceduti  da  Pietro  Biancardo  (archivio  Sforza- 
Cesarini,  perg.  n.  23,  ed.  cit.). 

a.  1306,  26  novembre.  Gli  abitanti  «  castrum  Flumina- 
riae  constituunt  procuratorem  ad  componendum  corani 
Ioanne  Comite  proconsule  romanorum  domino  ipsius  castri 
ad  ordinandum  cum  eo  statuta  etc.  Nicolaus  iudicis  Rai- 
noni  de  Venusio  not.  »  (Contelori,  p.  14;  archivio  Santa- 
croce, fondo  C.  S.  44). 

a.  1309,  i'^  novembre.  Atto  di  reciproca  quietanza  tra  i 
quattro  figli  di  Adinolfo  de'  Conti  e  Francesca  di  Gavignano 
vedova  di  Anniballe  di  Ceccano  sulla  metà  dei  frutti  di  Val- 
montone,  di  Fhiminaria  etc.  (trans,  in  archivio  Santacroce, 
f.  Conti,  S.  44). 

a.  13 18.  Sentenza  arbitrale  che  assegna  a  Giovanni  dei 
Conti  il  diritto  sul  castrum  Collis  ferri  (trans,  in  archivio  San- 
tacroce, S.  44). 

a.  1327,  17  giugno.  Giovanni  XXII  assolve  Paolo  de 
Comite  dominum  Vallismontonis,  che  aveva  ordinato  la  uc- 


^ella  Campagna  ^T(omana  135 

cisione  di  due  chierici  essendo  podestà  di  Segni  (^Epist. 
Ioan.  etc.  ad  an.). 

a.  1338,  25  decembre.  Bolla  di  Benedetto  XII  che  com- 
mette a  Giovanni  (Pagnotta)  vescovo  di  Anagni  la  lite  ver- 
tente tra  Paolo  Conti  e  la  Comunità  di  V.  per  la  chiesa 
di  s.  Zotico  posta  nel  dominio  temporale  di  Paolo  (archivio 
Sforza-Cesarini,  perg.  n.  28,  ed.  cit.). 

a.  1355.  Giovanni  Conti  di  V.  comanda  io  000  romani 
che  coll'Albornoz  vanno  a  battere  il  prefetto  Giovanni  di 
Vico  a  Montefiascone  (M.  Villani,  III  ecc.). 

a.  1377.  Ricevimento  di  Gregorio  XI,  nella  sua  venuta 
in  Italia,  in  V.  per  parte  dei  signori  del  castello  (Masson 
in  R.  L  55.  Ili  b.,  9.  711). 

a.  1378,  2  novembre.  Bolla  di  Urbano  VI,  che  confe- 
risce il  capitanato  generale  di  Marittima  e  Campagna  ad  Adi- 
nolfo  Conti  (archivio  Sforza-Cesarini,  perg.  n.  34,  ed.  cit.). 

a.  1379,  29  aprile.  Procura  della  Comunità  di  Roiate, 
con  autorizzazione  del  Rettore  Steflmo  di  Falmontone  dei 
signori  di  esso  castello  (Roiate)  per  trattare  piena  e  per- 
petua pace  col  magnifico  milite  Agapito  Colonna  (archivio 
Colonna,  perg.  LVI,  7Ó). 

a.  1380,  29  mao^gio.  «  Urbanus  VI  Adinulphum  de  Val- 
lemontonis  Comitem  civitatis  Signinae,  Palliani  et  Serronis 
constituit  capitaneum  in  civ.  Signina,  Palliano  et  Serrone  » 
(Bull,  ad  an.). 

a.  1389,  9  novembre.  Bolla  di  Bonifacio  IX,  che  com- 
mette al  vescovo  di  Segni  di  assolvere  dalle  censure  Adi- 
nolfo  e  Ildebrando  Conti  (arch.  Sforza-Cesarini,  perg.  n.  38, 
ed.  cit.). 

a.  1390  circa.  Nasce  Giusto  de' Conti,  l'autore  della 
Bella  Mano  (Salti,  Della  Storia  leti,  it.,  Mil.  1834,  II,  p.  299). 

a.  1391,  ultimo  di  febbraio.  Ildebrandino  de' Conti  si- 
gnore di  Falmontone,  in  nome  di  Adinolfo  suo  fratello  «  iniit 
quaedam  pacta  cum  Ballistariis  Vallismontonis  »  (archivio 
Santacroce,  f.  cit.  S.  44). 


1^6  G.  Tomassetti 


a.  1402...  Bolla  di  Bonifacio  IX,  che  sancisce  le  con- 
venzioni fatte  tra  la  Camera  Apostolica  e  Ildebrandino  e 
Adinolfo  de'  Conti  di  V.  (archivio  Sforza-Cesarini,  perg. 
n.  42,  ed.  cit.). 

a.  1405,  II  agosto.  Istromento  di  ratiabizione  fatta  dal 
minorenne  Nicolò  de'  Conti  verso  Ildebrandino  quale  erede 
di  Adinolfo,  «  actum  in  castro  Vallismonionis  in  domibus  dicti 
magnifici  d.  Ildebrandini  de  Comite,  praesentibus  et  intel- 
ligentibus  nobilibus  et  sapientibus  viris  etc.  »,  tra  cui  Antonio 
Petrica  de  Vallemontone  ;  rogato  da  Antonius  lohannes  Predi 
de  castro  V.  (orig.  in  perg.,  archivio  Santacroce,  fondo  C. 
R.  32). 

a.  1407,  23  novembre.  Ildebrandino  de'  Conti  «  habens 
iurisdictionem  in  castro  ValUsmontonis  emancipavit  Altum 
suum  natum  » ,  e  gli  concede  in  perpetuo  il  detto  castello, 
con  Sacco  e  col  territorio  sul  fiume  stesso  (trans,  in  ar- 
chivio Santacroce,  f.  cit.  S.  44). 

a.  1408,  26  agosto.  Il  nobile  e  potente  Ildebrandino  dei 
Conti  vende  a  Paolo  di  Pietro  Cola  di  Cave  una  terra 
presso  Valmontone,  contrada  Erna  o  casal  di  Tomasso,  con- 
finante col  teritorio  di  Cave  e  coi  beni  di  s.  Maria  di  V. 
(archivio  Colonna,  perg.  XVIII,  124). 

a.  1421,  13  maggio.  Un  «  lacobus  Vettori  et  Cola  Cap- 
pellutia  de  Fluminaria  »  intervengono  come  testimoni  in  una 
stipulazione  a  Paliano  (archivio  Colonna,  perg.  XXXIV,  1 6)  ; 
dunque  era  ancora  abitato  quel  castello. 

a.  1424,  22  febbraio.  Ildebrandino  de'  Conti  e  suoi  figli 
domicelli  romani,  rei  di  aver  prestato  aiuto  ai  nemici  della 
Chiesa,  vengono  assolti  da  Martino  V,  reintegrati  e  presi 
sotto  la  sua  protezione  insieme  coi  loro  sudditi,  che  stanno 
in  una  città  (Segni)  e  19  castelli,  tra  cui  Valmontone,  Sacco, 
Flnminaria,  Lognano,  Zancati  (Contelori  Felice,  Hist.  Ca- 
meralis,  n.  40  in  archivio  Vaticano). 

a.  1428,  20  novembre.  Ceccho  Rodi  di  Genazzano  fami- 
gliare dei  Colonnesi  acquista  due  pediche,  vicine  alle  rovine 


^ella  Campagna  ^I^mana  137 

di  Settebassi  (via  Latina)  dalle  monache  del  convento  diruto 
di  s.  Maria  in  Silice  di  Genanano.  Not.  N.Vendettini  (^Arch, 
R.  Soc.  rom.  si.  patr.  XX,  p.  445).  Si  colloca  a  Valmontone, 
perchè  il  detto  monastero  appartiene  al  territorio  di  esso. 

a.  143 1,  24  settembre.  «  Vicecamerarius  inhibet  Nicolao 
de  Comite  ne  se  intromittat  in  Roccha  Castri  Colliferri  quae 
spectat  ad  Cameram  Apost.  ))  (ex  libro  diversor.  Eugenii  IV, 
I,  95,  arch.  Vat.). 

a.  143 1,  29  settembre.  «  Nicolaus  de  Comite  intendebat 
reparare  roccham  castri  Coliferri  (sic)  quod  ad  Cameram 
apostolicam  et  non  ad  dictum  comitem  spectat  ».  Segue  la 
inibizione  relativa  con  penale  di  io  mila  fiorini  (Contelori, 
Hist.  Cam.  ms.,  arch.  Vat.  f.  47). 

a.  1437.  Nicola  di  Valmontone,  canonico  Lateranense,  fu 
giustiziato  nel  1437,  sotto  Eugenio  IV  (cod.  Vat.  9405,  f.  1 1  ; 
Infessura,  ed.  cit.  p.  37,  con  tavola). 

a.  1437-1458.  Alto  e  Grato  de'  Conti,  signori  di  Val- 
montone,  protetti  dall'arcivescovo  Giovanni  de'  Conti  le- 
gato di  Marittima  e  Campagna,  commettono  usurpazioni 
e  violenze  di  ogni  genere,  tra  cui  la  occupazione  del  ca- 
stello di  Selvamolk  a  danno  di  Fazio  Caetani  di  Prosinone, 
a  favore  del  quale,  e  dei  suoi  figH  Nardello,  Antonio  e  An- 
gelella,  oppressi  da  essi  con  prigione  ed  altre  angherie,  si 
emanò  sentenza  in  contumacia  contro  i  detti  Conti,  cioè 
Giovanni,  Alto  ed  i  figli  di  Grato,  allora  defunto  (archivio 
Colonna,  perg.  LXIV,  9). 

a.  145 1,  18  settembre.  Dichiarazione  fiitta  in  Campi- 
doglio innanzi  al  senatore  Nicola  de  Porcinari  di  Aquila  e 
suoi  collaterali  Andrea  e  Grato  de'  Conti,  che  quantunque 
alcuni  loro  vassalli  abbiano  nella  tortura  confessato  di  avere 
ricevuto  danari  dal  card.  Colonna  (Prospero)  per  avvelenare 
Alto,  Grato  e  figli  (de'  Conti),  dal  processo  inquisitorio 
successivo,  esso  cardinale  è  risultato  innocente  (archivio 
Colonna,  Misceli.  Star.  II,  A,  27,  n.  48).  È  indirizzata  uni- 
versitati,  non  si  dice  quale  ;  ma  dev'  essere  di  Valmontone. 


138  G.  Tomassettì 


a.  1467,  29  ottobre.  Verbale  di  possesso  della  quarta 
parte  della  tenuta  di  Bresciano  venduta  da  Mario  Dioteaiuti 
da  Valmontone  al  magnifico  prefetto  di  Roma  Antonio  Co- 
lonna, principe  di  Salerno  (per  procuratorem).  Not.  Antonio 
Colonna  (archivio  Colonna,  perg.  LVII,  65). 

a.  1470,  23  luglio.  Papa  Paolo  II  unisce  il  convento  di 
santa  Maria  in  Selce  di  V.  con  la  mensa  dell'abadia  Subla- 
cense  (archivio  di  s.  Scolastica,  II,  68  ;  Federici,  Monasteri 
di  Subiaco,  p.  268). 

a.  1475,  28  ottobre.  Inventario  Sublacense  dei  beni  di 
s.  Maria  in  Selce  di  V.  (archivio  di  s.  Scolastica,  XXIV,  16; 
Federici  cit.  p.  271). 

a.  1482,  2  settembre.  Roberto  Malatesta  il  vincitore 
della  battaglia  di  Campomorto  cade  infermo  a  Valmontone 
dove  il  papa  Sisto  IV  gli  mandò  il  suo  medico  (Marini, 
Archiatri,  I,  209  e  appendice  n.  67),  poi  venne  in  Roma 
dove  mori  nel  palazzo  Nardini.  Sulla  sua  tomba  in  s.  Pietro 
gli  fu  scritto  :  Veni  vidi  vici,  Victoriam  Sixto  dedi  Mors  in- 
vidit  gloriae  (Nantiporto  in  Muratori,  p.  1078). 

a.  1484,  21  gennaio.  Prospero  de' Conti,  avendo  mili- 
tato per  la  Chiesa  sotto  Sisto  IV  e  scacciati  i  cugini  Lu- 
cido ed  altri,  avendo  ridotto  agli  stipendii  della  Chiesa  il 
signor  Giacomo  de'  Conti,  ricevette  dal  Papa  Montefortino 
e  la  metà  di  Rocca  Massima  e  di  Colleferro  (da  bolla  di 
Innocenzo  Vili,  ad  ann.). 

a.  1487,20  giugno.  Bolla  d' Innocenzo  Vili  che  annulla 
la  donazione  di  Montefortino,  Rocca  Massima,  Castel  di- 
ruto, Colleferro  e  Torricella  fatta  da  Prospero  Conti  a  Gia- 
como Conti  (archivio  Sforza-Cesarini,  perg.  n.  92,  ed.  cit.). 

a.  1487,  18  ottobre.  Testamento  del  magnifico  Carlo 
de' Conti,  in  cui  è  nominato  Valmontone  con  gli  annessi 
(archivio  Capitolino,  not.  Gio.  P.  Gregorio). 

a.  1495,  7  agosto.  Importantissimo  capitolato  originale 
di  pacificazione  tra  il  card.  Giovanni  Colonna,  anche  a  nome 
del  fratello  Prospero,  e  Girolamo  con  Giovanni  Battista  dei 


'T>ella  Campagna  Romana  139 


Conti,  figli  del  fu  Bruno,  con  le  firme  dei  signori  Conti  e 
sigilli  in  ostia  (archivio  Colonna,  M/Va'//.  II,  A,  33,  n.  4). 
Le  guerre  e  rappresaglie,  cui  si  poneva  fine,  riguardavano 
il  territorio  di  Segni  e  Falmontone.  Un  ordine  di  Ales- 
sandro VI  (breve  del  1 9  nov.)  a  tutte  le  terre  di  Colonna 
e  di  Conti  annunziava  questa  pace  e  imponeva  multe  a  chi 
la  trasgredisse  (ivi,  perg.  XVI,  49). 

a.  1 501,  24  settembre.  Testamento  di  Girolamo  de' Conti 
vescovo  di  Massa,  che  ordina  la  rifazione  della  chiesa  di 
s.  Maria  di  Falmontone;  e  lascia  la  quarta  parte  della  te- 
nuta Fluminaria  alla  sorella  Bernardina  (trans,  in  archivio 
Santacroce,  f.  cit.  S.  44). 

a.  1501,  24  settembre.  Girolamo  de' Conti  fa  testa- 
mento, nel  quale  raccomanda  che  i  suoi  cugini  Federico, 
Marino  e  Stefano  non  possano  entrare  in  possesso  di  V. 
finché  non  abbiano  sborsato  le  doti  costituite  su  quel  ca- 
stello alle  femmine  della  casa  (archivio  Santacroce,  T.  A.  4). 

a.  1508,  15  aprile.  Divisione  dei  beni  di  casa  Conti, 
nella  quale  il  castello  di  V.  tocca  a  Gio.  Battista,  col  peso  di 
pagare  la  dote  alle  due  sorelle  Francesca  e  Giovannella  (ivi). 

a.  1509,  8  nov.  Testamento  di  Giulia  Sforza  di  Santatìora 
vedova  di  Pietro  Paolo  de'  Conti,  contenente  le  sue  ragioni 
sul  castello  di  V.  (arch.  Capitolino,  not.  Gio.  M.  Taglienti). 

a.  1 5  IO.  Stefano  de'  Conti  cede  a  Giovanni  Battista  ogni 
diritto  in  parecchie  terre,  tra  cui  il  castrum  Fallismontoiiis 
e  le  tenute  di  Giuliano  e  Fluminaria,  e  ne  riceve  altre  in 
correspettivo  (transunto  in  archivio  Santacroce,  S.  44). 

a.  151 1,  28  sett.  Il  capitolo  generale  Cassinese  nomina 
un  procuratore  a  prender  possesso  di  s.  Maria  in  Selce  di  V. 
(archivio  di  s.  Scoi.  XXIV,  17;  Federici  cit.  p.  286). 

a.  15 17,  27  gennaio.  Leone  X  incarica  i  vescovi  Paolo 
di  Nemours  e  Zaccaria  di  Sebaste  di  prender  possesso  del 
priorato  di  s.  Maria  in  Selce  di  V.  a  nome  della  congre- 
gazione Cassinese  (arch.  di  s.  Scoi.  II,  78;  Federici,  p.  290). 

a.   15 18,  15  aprile.  Atto  di  divisione  tra  gli  eredi  Conti 


140  G,  Tomassetti 


notati  nel  testamento  di  Girolamo  del  1501  (archivio  San- 
tacroce, T.  A.  4). 

a.  1518,7  luglio.  Istromento  di  vendita  di  Mow/^/or^/wo 
fatta  a  Pompeo  Colonna  vesc.  di  Rieti  da  Lucido  Conti. 
Tra  i  confini  vi  è  indicato  il  castrum'  dirutum  Pinminaria 
(Arch.  Colonna,  Mise.  II,  A.  3,  p.  435). 

a.  1520,  27  marzo.  Il  priore  di  s.  Maria  in  Selce  di  V. 
affitta  un  casale  in  Tivoli  a  Mariano  di  Pietruccio  di  Tivoli 
(archivio  di  s.  Scoi.  XXIV,  18;  Federici,  p.  291). 

((  Leo  X  remittit  Federico  de  Comitibus  ad  annum  quic- 
quid  prò  sale  solvere  tenetur  camerae  apost.  ratione  Signii, 
Vallismontonis,  Lngnani,  Montislanici  Patrice,  Proxedi,  Rocche 
Siccaey)  in  Lih.  divers.  Leonis  X,  fol.  205  in  1°  et  70  in  2**. 

1520,  7  luglio.  Nell'atto  di  vendita  di  Montefortino 
fatta  da  Lucido  Conti  a  Pompeo  Colonna  vescovo  di  Rieti, 
è  indicato  tra  i  confini  :  «  castrum  dirutum  Piuminariae  » 
(archivio  Colonna,  Misceli.  II,  A.  3,  p.  436). 

a.  1520,  23  settembre.  Leone  X  conferma  alla  casa 
Conti  i  beni  della  provincia  di  Campagna,  compresi  V.  etc. 
(archivio  Santacroce,  T.  A.  4). 

a.  1527,  18  febbraio.  Paolo  del  fu  Marco  di  Bello, 
oblato  nel  monastero  di  s.  Maria  in  Selce  di  V.,  dona  i 
suoi  beni  al  priore  di  essa,  nel  coro  (archivio  di  s.  Scola- 
stica, XXIV,  19;  Federici,  p.  293). 

Quest'anno  fu  tristamente  memorabile  per  l' invasione 
del  Borbone,  da  cui   questi    castelli   soffersero  saccheggio. 

a.  1537,  IO  aprile.  Il  procuratore  di  Ortensia,  figlia  ed 
erede  di  Simeona  di  Francalancia  di  Falmontone,  vende  per 
690  ducati  una  terra  posta  nel  territorio  di  Fluminaria  (ar- 
chivio Santacroce,  T.  A.  4). 

a.  1539,  13  febbraio.  Il  regio  vicario  in  Roma  condanna 
Arnolfo  figlio  di  Giovanni  de'  Conti  a  restituire  ad  Oddo- 
lina  vedova  di  Guido  di  Giordano  il  castello  di  a  Pluminaria 
turrim  et  tenimentum  quae  occupaverat  » ,  e  a  pagare  100  Hb- 
bre.  I  confini  del  detto  castello  sono  indicati  così  :  «  castrum 


^ella  Campagna  Romana  141 


Sacci  -  Collis  Ferri  -  Signium  -  S.  Hyppolitus  -  Pallianum  » 
(archivio  Santacroce,  ivi). 

a.  1547  e  seg.  Causa  agitata  da  Mario  Sforza  duca  di 
S.  Fiora  come  marito  di  Fulvia  Conti  contro  Gio.  B.  Conti 
e  il  breve  di  Paolo  III,  per  Vaìmontone  ed  altri  beni  di 
Roma  (archivio  Santacroce,  Q.  n.  6). 

a.  1548.  Brevi  di  Paolo  III  che  confermano  l'adozione 
fatta  da  Gio.  B.  de'  Conti  di  Federico  conte  di  Santafiora 
nato  dalla  figlia  Fulvia  e  da  Mario  di  Santafiora  (con  che 
gli  Sforza  di  Santafiora  vennero  in  possesso  del  ducato  di 
Segni,  di  Falmontone,  eie).  Un  sigillo  di  un  pronipote  di 
questo  Mario  come  2"  duca  di  Segni  fu  edito  dal  Manni 
(^Sigilli,  XII,  i)  il  quale  riferisce  la  genealogia  di  questo 
ramo. 

a.  1549,  24  aprile.  Lettera  del  Legato  di  Paolo  III,  che 
ordina  al  signore  di  Falmontone  (Giovanni  Battista  Conti) 
accoglienza  a  Girolamo  Gumtaro  parafreniere  pont.  (archi- 
vio Santacroce,  T.  A.  4). 

a.  1557,  8  agosto.  Marcantonio  Colonna,  generale  di 
S.  M.  il  Re  FiHppo  II  nella  Campagna,  scrive  dal  campo  di 
Colleferro  ai  comuni  di  Carpineto,  Gorga  e  Montellanico  che 
forniscano  pane,  vino  e  vettovaglie  al  campo  sopra  Segni, 
il  che  verrà  pagato,  ma  sotto  multa  di  1000  ducati  e  della 
disgrazia  di  S.  M.  (archivio  Colonna,  II,  C.  D.  L). 

a.  1559,  27  luglio.  Battaglia  di  Segni.  Marcantonio  Co- 
lonna scrive  al  Duca  d'Alba  didV osteria  di  Segni.  Al  26  agosto, 
scrive  al  comune  di  Segni  dal  campo  al  ponte  del  Sacco 
(archivio  Colonna,  II,  C.  D.  L). 

a.  1575.  Francesco  Sforza,  figlio  di  Mario,  come  ni- 
pote dell'  ultimo  maschio  di  casa  Conti,  Gio.  Battista,  cioè 
figlio  di  sua  figlia  Fulvia,  eredita  i  castelli  di  F.  e  di  P. 
dal  testamento  dell'avo  dell' 11  gennaio  1574. 

a.  1594,  6  marzo.  L'A.  C.  Camillo  Borghese  fa  un  mo- 
nitorio contro  gli  usurpatori  dei  beni  di  s.  Maria  in  Selce 
di  V.  (archivio  di  s.  Scoi.  XXIV,  20;  Federici,  p.  316). 


142  G.  Tomassetti 


a.  1596.  Il  Duca  Camillo  Conti  vende  Rocca  Massima 
e  Coli  e  ferro  al  Card.  Salviati  per  20  000  scudi  (Causa  Rotale 
coram  Coccini,  Signina  castrorum  del  1623,  in  archivio  di 
Stato,  archivio  Camerale,  Nobiltà  e  Feudi,  n.  14). 

a.  1605,  12  marzo.  Memoria  del  rinnovamento  della 
chiesa  di  s.  Maria  in  Selce  di  V.  per  opera  dell'abadia  Su- 
blacense  (arch.  di  s.  Scoi.  XXIV,  20  tó;  Federici,  p.  321). 

a.  1634.  Mario  Sforza  vende  a  Taddeo  Barberini  il  ca- 
stello di  V.  e  di  P.  per  427  500  scudi  (Nibby  III,  375). 

a.  1651,  29  aprile.  Il  Card.  Francesco  Barberini  vende 
Valmontone,  Liignano,  Montelanico  e  Pimpinara  al  principe 
Camillo  Pamphili  per  687  298  scudi  (Nibby  cit.). 

a.  17 II,  6  febbraio.  Monitorio  dell' A.  C.  Carlo  Cerri 
al  vescovo  di  Segni  a  non  occupare  i  beni  di  s.  Maria  in 
Selce  di  V.  per  la  erezione  di  un  seminario  (archivio  di 
s.  Scoi.  XXIV,  21;  Federici,  p.  339). 

a.  1804,  7  settembre.  Il  Duca  Salviati  vende  CoUeferro 
con  la  giurisdizione  al  Duca  Lante  Della  Rovere  (atti  Si- 
monetti,  archivio  di  Stato  cit.).  Il  Nicolai  perciò  nel  1803 
stampava  che  C.  apparteneva  ancora  al  Salviati  {Mem,  etc.  I, 
p.  229). 

È  dovere,  dopo  le  descrizioni  di  questa  cospicua  terra 
date  dal  Marocco,  dal  Nibby,  dal  Bertarelli,  essere  al- 
quanto diffuso  e  preciso,  per  mantenersi  fedeli  alla  pro- 
messa fatta  nella  prefazione  al  nostro  lavoro.  Imperocché 
si  tratta  di  un  luogo,  che  non  ha  avuto  la  fortuna  di  un 
illustratore  zelante,  e  deve  quindi  essere  attentamente  os- 
servato. Come  fidarsi  infatti  del  Nibby,  il  quale  asserisce 
che  Valmontone  si  trova  tra  le  due  sorgenti  del  fiume 
Sacco y  prendendo  i  fossi  per  vene  d'acqua;  che  le  torri  del 
recinto  sono  quadrangolari,  mentre  sono  rotonde;  un  S.  An- 
tonio abate  con  testa  calva,  autenticato  dal  sottoposto  tau, 
l'ha  preso  per  un  eterno  padre-,  le  case  del  secolo  decimo- 
terzo chiama  di  costruzione  saracinesca^  (pag.  370,  76,  77). 
Ciò  che  ho  trovato  di  età  antica  in  Valmontone  sottopongo 


^ella  Campagna  Romana  143 


ai  lettori  appiè  di  pagina  ;  osservando  che  si  tratta  di  cose 
trovate  presso  la  via  Labicana,  parte  al  colle  de'  Quadri  e 
parte  alla  Cavalla  (i). 

Resta  pertanto  a  descriversi  in  questo  luogo  quanto 
spetta  al  medio  evo.  Avviandoci  a  Valmontone  dall'accesso 
principale,  eh' è  quello  detto  del  molino  Daria  o  di  S.  Gio- 
vanni, soffermiamoci  alquanto.  Questo  moderno  stabilimento, 
nel  quale  l'arte  meccanica,  nell'applicazione  del  vapore  alla 
macinazione  del  frumento,  fornisce  aiuto  all'industria  agri- 
cola dei  circostanti  paesi,  ci  offre  il  più  ragguardevole  og- 
getto odierno  del  paese.  Ora  questo  molino,  per  una  sin- 
golare coincidenza,  sta  addossato  alla  collina,  sulla  quale 
sorgeva  ed  esiste  tuttora  il  più  antico  monumento  Valmon- 
tonese  del  medio  evo,  il  convento  colla  chiesa  di  s.  An- 
gelo una  volta  dedicata  a  s.  Zosimo.  Il  portico  del  convento 
e  della  chiesa  è  formato  da  due  colonne  di  pietra  ottagone 


(i)  L'accesso  antico  di  Valmontone,  corrisponde  precisamente  al 
numero  civico  moderno  9  a  della  via  detta  carrara,  nome  che  ricorda 
appunto  l'antica  strada.  Per  vedere  e  questa  e  la  porta  suddetta,  me- 
glio che  dalla  strada  si  deve  entrare  nella  casa  del  sig.  Marchetti,  il 
quale  ha  convertito  un  letamaio  sottoposto  alla  propria  abitazione,  in 
un  ameno  giardinetto,  in  fondo  al  quale  egli  mostra  volentieri  l'an- 
tico arco  curvilineo  della  porta,  formato  con  grandi  tufi  quadrati,  e 
la  strada,  ora  peraltro  ricoperta  da  due  metri  di  terra  vegetale,  fian- 
cheggiata dalla  roccia.  Il  taglio  di  questa  rupe,  la  bellezza  della  porta, 
la  posizione  del  luogo,  rendono  quest'osservazione  abbastanza  gradita. 
Il  proprietario  possiede  due  piccoli  busti  imperiali  di  marmo  africano, 
con  teste  barbate  di  marmo  bianco,  una  bella  testa  marmorea  femmi- 
nile ornata  sui  capelli  di  una  stefane,  e  un  profilo  di  donna  in  rilievo 
su  medaglione  ovale  marmoreo.  Degli  scavi  fatti  dal  Ludovichetti  ri- 
terì  già  il  GuATTANi  (Mem.  Encicì.  VII,  p.  80).  Negli  atti  del  Camer- 
lengato  all'archivio  di  Stato  in  Roma  trovansi  notizie  di  monete  sco- 
p:;rte,  di  una  statua  e  di  una  via  antica  (nn.  792,  842,  1528,  1704, 
2223).  Le  lapidi  di  Valmontone  sono  pubblicate  nel  C.  /.  L.  XIV,  ai 
nn.  2987,  3009,  3317,  3324,  3330  (il  cippo  di  Butlceius,  gii  nel  mer- 
cato, ed  ora  nella  sagrestia  del  Gonfione),  3399,  5416,  3418  e  i  bolli 
al  n.  4091. 


144  ^'  Tomassetti 


coronate  da  capitelli  accennanti  al  corinzio,  ma  semplici  e 
schiacciati,  lavoro  del  secolo  decimoterzo.  La  chiesa  è  tutta 
rimodernata.  Il  convento  serve  di  alloggio  ai  soldati;  ed 
io  non  vi  ho  trovato  di  medievale  che  questa  lapiduccia 
murata  nel  pilastro  prossimo  alla  scala,  nel  primo  piano  : 

EX.BVLL/V-VITAE.r^EREN 
NICOLAI. PP. DAT. VU 
IVL.MCCLXXXX.COLLIGI 
TVR.QVOD.PF.MINORES 
HIC. MORABNR.  ANTE. D.  ANN  i 

Se  ne  ricava  che  Nicolò  IV,  nella  bolla  Vitae  perennis 
dei  7  luglio  1290  attesta  aver  quivi  dimorato  i  frati  minori 
prima  di  quell'anno,  cioè  antecedentemente.  Discendiamo 
da  questa  collina  ed  ascendiamo  a  Valmontone.  A  sinistra 
ci  si  offre  una  piccola  chiesa  detta  anticamente  delle  Grafie, 
ovvero  di  s.  Antonio,  perchè,  come  ho  già  sopra  notato,  fu 
dei  monaci  Antoniani.  L'esterno  consiste  in  una  costruzione 
propria  del  secolo  undecimo,  con  porta  di  facciata,  ed  altra 
laterale,  ambedue  murate,  del  secolo  decimoterzo,  sormon- 
tate da  un  archetto  tondo  sporgente.  La  porta  della  facciata 
contiene  un  importante  affresco,  in  parte  rovinato,  che  rap- 
presenta S.  Antonio  abate.  Sui  peducci  dell'archetto  delle 
dette  porte  è  scolpito  il  tati  degli  Antoniani.  In  alto  esiste 
anche  una  fenestrella  coronata  dal  solito  archetto  sostenuto 
da  colonnette,  delle  quali  non  rimangono  che  i  capitelli  e 
le  basi. 

Entrando  nel  paese  noi  possiamo  tenere  due  strade,  pas- 
sare cioè  per  porta  Napoletana,  ovvero  per  porta  Romana. 
Nel  primo  caso  ci  troviamo  nel  corso  Garibaldi^  che  ci  pre- 
senta i  più  singolari  avanzi  del  medio  evo.  Quivi  doveva 
essere  concentrata  la  più  ragguardevole  parte  della  popola- 
zione in  queir  età.  Il  viaggiatore  non  lasci  senza  attenta  os- 
servazione quel  punto  largo  della  via,  ove  sorgeva  un  tempo 
una  chiesa  di  s,  Leonardo,  convertita  in  una  casa  moderna. 
Quivi  esistono  a  destra,  per  chi  sale,  tre  bellissime  fenestre 


^Bella  Campagna  Romana  145 

ghibelline  di  pietra  locale  con  archetti  acuti  sfrondati  e  con 
colonnine  ornate  di  capitelli  corinzi  l'uno  diverso  dall'altro. 
A  sinistra  si  veggono  le  severe  fenestre  guelfe  crociate  della 
casa  avversaria.  Poco  più  oltre,  al  numero  civico  8,  a  de- 
stra è  un'  altra  fenestra  ghibellina  con  archetto  tondo.  AI 
numero  42  ve  n'  è  un'  altra  guelfa.  Ma  la  più  splendida  è 
quella  tutta  marmorea,  posta  sopra  al  numero  ^G,  che  con- 
siste in  un  arco  acuto  sfrondato  incassato  in  un  altro  acuto 
semplice  inquadrato  entro  cornice  rettilinea  tutta  intagliata, 
con  due  scudi  francesi  nei  vani  superiori,  e  coronata  da  due 
rosette  all'estremità  superiore.  Entrando  per  la  porta  Ro- 
mana percorreremo  la  via  carrara,  e  vedremo  prima  l'arco 
della  porta,  semi-acuto,  e  poi  presso  la  casa  Marchetti,  ad- 
ditata in  nota  come  quella  in  cui  si  ravvisa  l'antica  porta, 
il  sito  della  chiesa  medievale  di  s,  Andrea,  nominata  già 
nelle  memorie  diplomatiche,  ed  ora  convertita  in  osteria  del 
Conte;  ma  che  ha  lasciato  il  suo  nome  al  vicolo  adiacente. 
Giunti  che  saremo  sulla  sommità  di  Falmontone,  ammire- 
remo il  sontuoso  palazzo  Pamphili,  uno  dei  più  grandiosi 
monumenti  principeschi  moderni  della  nostra  provincia.  A 
d.  Camillo  Pamphili  costò  scudi  600  000,  somma  immensa 
nel  secolo  decimosettimo  ;  eppure  non  è  finito,  come  si  può 
vedere  dalle  morse  del  muro  presso  la  chiesa  collegiata,  alla 
quale  sembra  aver  voluto  il  principe  stesso  dar  la  preferenza 
nella  costruzione.  Nell'oratorio  del  Gonfalone  si  vede  un 
presepio  in  pittura  su  tela  con  la  firma  D ,  che  si  attribuisce 
al  Dughet  (Gaspare  Poussin). 

Sulla  sommità  del  paese  abbiamo  notato  due  sole  cose 
del  medio  evo,  cioè  la  custodia  degli  olii  santi,  eh'  è  nella 
Collegiata,  la  quale  sembra  del  secolo  decimoquinto  ed  è 
ornata  col  noto  partito  dei  pilastrini  e  degli  angeletti,  ed 
ha  nella  sagrestia  una  Madonna  del  Pinturicchio;  e  la  casa 
Aequaroli  nella  prossima  via  dell* Oratorio,  la  quale  con- 
serva le  mura  del  secolo  decimoterzo,  ed  alcune  fenestre 
marmoree  rettilinee. 

Archivio  della  R.  Soci'tà  romana  di  s!oria  patria.  \'oI.  XXVUI.       IO 


146  G.  Tomasseili 


Non  conoscesi  lo  statuto  comunale  di  Valmontone,  ma 
soltanto  alcune  disposizioni  di  danni  dati  ecc.,  di  età  re- 
cente (1818  e  seg.  nel  R.  archivio  di  Stato  in  Roma,  t.  115). 
Sembra  che  si  governasse  con  gli  statuti  di  Roma,  poiché 
vengono  spesso  nominati  negli  atti,  che  si  conservano  nel 
pubblico  archivio.  Il  più  antico  atto  dell'  archivio  notarile  è 
del  1527;  ciò  che  indica  essere  stato  disperso  in  occasione 
della  nota  invasione  Borbonica  di  quell'anno. 

Pimpinara,  cosi  detto  da  Fluminara  castello  del  medio 
evo  sul  fiume  Sacco,  che  serviva  di  guardia  al  confine  tra  il 
Lazio  e  la  provincia  di  Campagna.  Fu  fabbricato  dai  conti 
di  Valmontone  circa  il  mille,  sul  sito  dell'antica  Sacriportus 
villaggio  latino  ascritto  alla  tribù  Fabia,  celebre  per  la  bat- 
taglia di  150000  combattenti  tra  Siila  e  il  figHo  di  Mario, 
il  quale  vinto  si  rifiagiò  a  Preneste,  ove  morì.  La  chiesa 
fii  detta  di  santa  Maria.  Nel  1266  fi.i  donato  dai  Conti  a 
Gregorio  Frangipani.  Nel  1300  fii  restituito  a  Giovanni 
Conti,  quello  che  possedeva  la  tor  de  Conti  a  Roma.  Nel  1520 
era  già  abbandonato.  Nel  1547  Fulvia  Conti  lo  portò  in 
dote  a  Mario  Sforza  duca  di  Santa  Fiora,  poi  dagli  Sforza 
è  passato  per  eredità  ai  Pamphili;  ed  al  presente  è  dei  Doria- 
Pamphili. 

Il  castello  è  splendido  come  tipo  del  secolo  xiii,  ma  edi- 
ficato sopra  un  piano  anteriore  di  almeno  200  anni.  Alta 
torre  spaccata  in  un  lato  ;  recinto  forte,  chiesa  interna,  come 
nei  castelli  di  Borghetto  del  Lazio  e  di  Capodibove;  baluardi, 
tutto  vi  si  riconosce.  È  opera  del  12 io,  di  Riccardo  conte 
di  Sora  e  di  Valmontone.  Crediamo  utile  a  chi  si  diletta 
di  questi  studi  la  pianta  di  questo,  che  può  dirsi  il  più  bel 
castello  medievale  dei  dintorni  di  Roma,  rilevata  dall'egre- 
gio sig.  Gino  Ferrari  che  ce  ne  ha  favorito  una  copia  ed 
un  cenno  descrittivo  che  qui  riferisco. 


^ella  Campagna  Romana 


147 


S  S  H  H  S 


148  G.  Tomassetti 


La  torre  e  le  mura  del  castello,  che  coronano  il  ciglio  dell'altura 
dominante  la  valle  del  Sacco,  si  debbono  attribuire  ai  primi  anni  del 
XIII  secolo,  quando  Riccardo  conte  di  Sora  attese  ad  assicurare  alla 
sua  famiglia  il  possesso  dei  beni  ricevuti  dal  Pontefice  suo  fratello. 
Il  «  Castrum  Fluminariae  -)  di  cui  si  fa  menzione  nel  documento  del  1208 
relativo  all'  investitura  dei  nuovi  feudi,  come  pure  in  documenti  ante- 
riori del  XII  secolo,  si  riferisce  ad  un  castello  preesistente  che  per  gli 
avanzi  che  ancora  rimangono  possiamo  ritenere  sorto  nel  secolo  xi 
sullo  stesso  luogo,  ed  al  quale  appartiene  il  muro  che  abbattuto  al 
livello  del  terreno,  divide  in  due  parti  il  recinto  del  nuovo  castello, 
e  l'altro  adoperato  in  parte  a  racchiudere  il  cassero  dal  lato  sud- 
ovest. 

Libero  da  ogni  avanzo  di  tempi  anteriori,  il  nuovo  tracciato  potè 
svolgersi  secondo  i  sistemi  difensivi  del  tempo,  occupando  tutta  la 
parte  più  elevata  dell'altura,  seguendo,  per  quanto  era  conciliabile  colla 
natura  del  luogo,  la  forma  rettangolare.  La  parte  più  conservata  della 
cinta  è  quella  di  nord-est  a  differenza  di  quella  opposta  quasi  del  tutto 
scomparsa  per  i  franamenti  della  collina.  Le  torri,  prive  di  feritoie  e 
salienti  appena  m.  1.60,  servivano  più  al  rinforzo  che  al  fiancheggia- 
mento delle  deboli  cortine.  Due  sono  le  porte  per  cui  si  accedeva  nel 
recinto,  entrambe  aperte  al  piede  di  una  torre  chiusa  da  tutti  i  lati  e 
formante  alla  gola  una  seconda  porta.  Presso  quella  di  sud-est  è  si- 
tuata la  chiesa  di  cui  non  rimane  che  l'abside  cou  le  custodie  in  qual- 
che parte  ancora  dipinte,  la  torre  attigua  era  adibita  a  campanile. 
Avanzando  ci  si  presenta  un  vasto  fabbricato  rettangolare  di  una  sola 
stanza  ove  alloggiava  il  presidio. 

Una  seconda  cinta  di  mura  racchiude  il  cassero  con  l'alta  torre 
posta  a  guardia  della  porta  e  del  lato  più  debole  della  cinta.  In  esso 
era  situato  il  palazzo  di  cui  non  ci  rimangono  che  i  due  lati  sul  filo 
delle  mura  esterne,  col  camino  nel  saliente  della  torre  d'angolo  e  una 
piccola  porta  protetta  da  uno  stretto  recinto,  verso  la  campagna.  Questa 
che  era  nascosta  nel  fianco  di  una  torre  fungeva  da  porta  di  servizio 
pel  personale  a  guardia  del  castello,  ed  in  guerra,  di  sicurezza  per  in- 
trodurre direttamente  nel  palazzo  viveri,  uomini,  munizioni  od  altro, 
senza  aprire  le  porte  principali. 

Dall'esame  del  lato  sud-est  del  cassero  si  può  ritenere  che  il  pa- 
lazzo fu  aggiunto  in  tempo  di  poco  posteriore  alla  costruzione  della 
cinta  che  in  questo  tratto  ancora  conserva  la  sua  merlatura  guelfa 
riempita  da  costruzioni  della  seconda  metà  del  xiii  secolo  su  cui  pog- 
giano sovrelevazioni  appartenenti  al  secolo  xv  che  rappresenta  il  terzo 
ed  ultimo  periodo  in  cui  si  attese  a  risarcire  in  più  parti  la  cinta  ed 


^ella  Campa  gii  a  ^T(omana  149 


il  palazzo.  Allo  stesso  tempo  appartengono  anche  il  torrione  del  lato 
nord-est  aggiunto  tra  le  due  torri  primitive  ed  ì  modiglioni  per  la  di- 
fesa piombante  della  torre  maestra. 


E  con  questa  interessante  illustrazione  poniamo  termine 
alla  storia  della  via  Labicana. 

Coìleferro  è  del  secolo  xiv.  Fu  dei  Conti  stessi;  e  fu 
nel  1480  incamerato  dal  Papa.  Ha  mutato  aspetto  in  causa 
di  ristauri  posteriori,  ed  è  meno  interessante  dell'altro.  Ap- 
partiene alla  giurisdizione  amministrativa  del  comune  di 
Roma,  insieme  con  il  terreno  annesso,  che  ha  una  superficie 
di  ettari  1182. 

G.    TOMASSETTI. 
(Continua), 


REGESTO 
DELL'ABBAZIA  DI  SANT'ALESSIO 

ALL'   AVENTINO 


lontinuazione;  vedi  voi.  XXVII,  p.   3J1 


XXIV. 

1202. 

Bono  Infante  ed  Egidio  ....  vendono  sette  rubbia  di 
terra  da  seminare  nel  luogo  «  Luzano  » ,  territorio  di  Al- 
bano, alla  chiesa  di  S.  Maria  Rotonda  per  3 1  lire  di  pro- 
visini  del  Senato. 

Dal  Reg.  di  Sant'Alessio,  to,   2",  all'  anno  citato,  11  doc.  è  in  copia  dell'  a.  1259. 

In  nomine  Domini.  Anno  a  nativitate  Domini  millesimo  ducente- 
simo  quinquagesimo  nono,  [.  . . .  (0  pojntificatus  domini  [Alexandri]  IIII 
pape,  indictione  [secunda],  hoc  infrascriptum  instrumentum  pub[licum 
exemplatum  est,  cuius  tenor  talis]  est.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice 
incarnationis  millesimo  ducentesimo  secundo,  anno  vero  .  .  .  [pontifi- 
catus  Innojcentii  (a)  ter[tii]  pape,  ind[ictione]  quinta.  [Bonus  I]nfans  et 

Egi[dius]    [ ijnsimul    et    pariter   hac 

presenti  die  in  presentia  domini  Petri  lohannis  Sassonis  da[tivi  iudi- 

cis] [renuntiantejs 

adiutorium  et  omne  ius  dotis,  donationis,  pignoris  seu  ypothece  quod 

in  subscripta [prae]sentibus  quoque  et  consen- 

tientibus  ....  [PJetro  de  ....  re  et  .. .  Man  . . .  prò prò  die  .  . 

(a)  1?  ...  rentii 

(i)  L'anno  suddetto  può  convenire  tanto  al  quinto  quanto  al  sesto 
anno  del  pontificato,  essendo  stato  Alessandro  IV  eletto  papa  il  12  de- 
cembre  1254. 


152 


qA.  oMonaci 


....  modo  aliquo  in  tempore  habere  posset  tam  ad  agendum,  quam 
ad  excipiendum,  propria  et  spontanea  mea  bona  voluntate,  presente 
etiam  et  consentiente  in  hoc  nobis  Romana  lohannis  Romani  .... 

u s dicto  Bono  Infanti,  velati  apparet  in   cartula 

sui  pignoris,  damus,  cedimus,  vendimus  et  publice  investientes  tradimus 
vobis  domino  Victorino  Dei  gratia  archipresbytero  Sancte  Marie  Ro- 
tunde  [de  Albano]  ....  lohanni  episcopi,  presbitero  Petro,  presbitero 
lohanni,  Henrico  et  Petro  Tadei  clericis  eiusdem  ecclesie  prò  ipsa  ec- 
clesia et  prò  utilitate  ipsius  ecclesiae  Sancte  Marie  Rotunde  vestrisque 

successoribus  ad  veram  hereditatem  in  [perpetuum,] [Idest] 

terram  nostram  que  est  septem  rubli  terre  sementis,  plus  vel  minus, 
cum  introitu  et  exitu  suo  et  omnibus  suis  pertinentiis  et  utilitatibus, 
positam  in  territorio  Albanensi,  in  loco  qui  vocatur  Luza[no,  ijnter  hos 
fines  :  [a  .i.  latere]  tenet  monasterium  Sancti  Pauli,  a  .11.  tenet  Jo- 
hannes Nicolai  Bobonis  de  Muzo,  a  .111.  ecclesia  vestra  Sancte  Marie 

Rotunde,  a  .1111 ulus  Albanensis  prò  .xxxi.  libris 

honorum  provisinorum  Senatus olvitis(a)  prò  toto 

pretio,  et  si  plus  [valuerit,  dona]t[ione]  inter  vivos  donamus  et  conce- 
dimus  vobis  prò  ipsa  ecclesia  vestra.  De  quibus  dictis  .xxxi.  libris  pro- 
visinorum Senatus  remanent  apud  vos  .viiii.  Hbre  provisinorum  Sena- 
tus   Romani  maiesecata   et   escultata  terra,  legitima 

interposita  stipulatione  ab  utraque  parte  tam  de  restitutione  diete  terre 
ad  iam  dictam  ecclesiam,  quam  de  solutione  dictarum  .vini,  librarum 

provisinorum Romanum,  sicud  dictum   est,  maiesecata    et 

scultata  dieta  terra,  et  de  quibus  dictis  .xxxi.  libris  bene  nos  quietos 
vocamus  corani  dicto  indice  et  scriniario  et  subscriptis  testibus  ad  hoc 
s[pecialiter  vocatis  et  rogatis.  Insuper  donajmus  et  refutamus  nullo  in 
tempore  exceptionem  non  numerate  pecunie  dicti  pretii  opponere.  Et 

quia  in dictis  .xxxi.  libris,  nobis  de  mandato  dicti 

iudicis  datis  [et]  so[lutis]  ....  [ab]  hodierna  die  in  antea  licentiam 
et  potestatem  habeatis  dictam  terram  introeundi,  utendi,  fruendi,  pos- 
sidendi  ....  vendendi,  donandi  ....  concedendi  vel  quicquid  exinde 
facere  sive  [peragere  volueritis,  in]  vestra  vestrisque  successoribus  per- 
petuo sit  potestate.  Insuper  damus,  cedimus  et  mandamus  vobis  do- 
mino Victorio  archipresbitero  [ec]clesie  Sancte  Marie  Rotunde  et  Rencio 
yconi[mo]  ipsius  ecclesie,  prò  ipsa  ecclesia  vestrisque  successoribus, 
omne  ius  et  omnem  actionem  personalem  et  in  rem  sive  ypotheca- 
riam  tam  ad  ag[endum  quam]  etiam  ad  excipiendum  quod  quam  .  .  . 
...  in  d  ...  .  [c]um  omnibus  suis  pertinentiis  habemus  et  adversus 
quamcumque  personam  eius  respectu,  quoque  modo,  habere  possemus, 


(a)  /.  [s]olutis 


T^egesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         153 


nullo  iure  nobis  reservato.  Et  insuper  promictimus  vobis  prò  iam  dieta 
[vestra]  ecclesia  [quod  iam]  dictam  terram  nemini  dedimus  nec  con- 
cessimus,  non  pigno[ra]vimus  nec  vendidimus,  ncque  ullo  modo  alie- 
navimus  nisi  praedicto  Romano  lohannis  Romani,  quem  vos  scitis  et 

....  vobis  et  diete venditioni  officiat  ;  et  si  occasione  nostre 

concessionis  a[licui]  persone  facte  aliquod  dampnum  vel  expensas  vos 
vel  [successores  vestri  aliquo]  tempore  habueritis,  omne  dampnum  et 
onmes  ex[pensas,]  nomine  bone  recolte,  vobis  et  diete  ecclesie  reddere 
et  sol[vere]  pro[mictimus.]  Ad  hec  nos  dictus  Bonus  Infans  et  [Egi- 
diusj  ....  tam  prò  nobis  quam  nostris  heredibus  vel  successoribus, 
[sacramento]  corpor[aliter]  prestito,  iuravimus  sine  fraude  et  promi- 
ctimus vobis  prò  [dieta  ecclesia  et  nomine]  diete  ecclesie  vestrisque 
successoribus  hane  venditionem  et  [omnia  que  dieta  sunt]  perpetuo 
firm[a  et  rata]  habere  [et  tenere]  et  contra  ea  [nullo  modo]  venire, 
set  defendere  ab  omni  homine,  [omni  in  tem]pore,  si  opus  [et  ne]- 
cesse  fuerit,  Quod  si  non  feeerimus  aut  [non]  potuerimus,  conpone- 
mus  vobis  et  diete  ecclesie  totum  dietum  pretium  duplum,  et  soluta 
pena,  hec  cartula  firma  permaneat.  [Qu]am  scribere  rogavimus  Creseen- 
tium  sancte  [Romane  Ecclesie]  seriniarium,  in  mense  et  indictione  [su- 
praseriptis.]  Novissime  autem  ego  predictus  Bonus  Infans  fideiubeo  et 
plegium  [do  et,  nomine  bone  re]colte,  promicto  vobis  domino  Victorio 
archipresbitero  diete  ecclesie  Sancte  Marie  Rotunde  et  Reneio  yeo- 
nomo  omnibus  elericis  pre[diete  ecclesie]  et  (-'»)  prò  ipsa  ecclesia  vestris- 
que successoribus  perpetuo,  quod  si  per  dietum  Egidium  am[odo  in 
antea]  de  dieta  terra  aliquod  dampnum  vel  expensas  habueritis  aliquo 
in  tempore,  omne  dampnum  et  omnes  expensas  [vobis  et]  diete  ec- 
clesie, nomine  bone  reeolte,  reddere  et  solvere  promicto,  et  ego  tam 
prò   me  pen  ....  totum  dampnum  et  expensas  duplas. 

Johannes  Berardi  testis. 

Marianus  de  Pastinis  testis. 

Petrus  lohannis  Bone  testis. 

Leonardus  lohannis  ....  [testis]. 

Laurentius  lohannis  Mona  ....  testis. 

s  de  Pastinis  testis. 

Ego  Crescentius,  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius,  scripsi  et  [com]- 
plevi. 

Ego  Bartholomeus  Mathei,  Dei  gratia,  sancte  Romane  Ecclesie  scri- 
niarius sicut  inveni  in  supradieto  publico  instrumento,  nichil  addito 
vel  diminuto,  fideliter  scripsi  et  exemplatus  sum. 

(a)  R  el 


154  ^-  donaci 


XXV. 

1205,  aprile. 

Riscatto  della  torre  di  S.  Eufemia  (colle  appartenenze  e 
il  dritto  di  pesca),  vicina  al  lago  Turno,  nel  territorio  d'Al- 
bano, già  data  in  pegno,  sborsando  il  monastero,  per  il 
riscatto,  le  139  lire  («  libre  »)  di  provisini  già  avute  a  pre- 
stito. «  )J< . .  .  Filippus  scriniarius  sancte  Romane  Ecclesie  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  417-8,  App.  n.  xx;  Reg,  di  San^ Alessio,  to.  2°,  col  testo  com- 
pletamente trascritto. 

Varianti  del  testo  :  N  p.  417,  r.  8  quod  vel  quam  R  que  v.  q.  N  r.  ^  habui  et  habere 
potui  R  habui  vel  h.  p.  N  r,  quart'  ultimo,  tres  libras  provisinorum  Senatus  R  t.  I,  p.  de 
flore  N  p.  418,  r.  6  Johannes  de  Spo  ...  a  2?  Johannes  de  Spole  .  .  , 

XXVI. 

1205,  agosto  28. 

Testamento  nuncupativo  di  Giovanni  Benone  che  isti- 
tuisce eredi  i  suoi  figli  Pietro  e  Scotta,  e  fa  due  parti  delle 
case  che  possedeva  «  in  Marmorata  »  (poi  pervenute  in  pro- 
prietà del  monastero)  per  la  nepote  Guerreria  e  Andrea 
figlio  naturale.  Pena  una  libbra  d'  oro.  «  Johannes  scrinia- 
«  rius  sancte  Romane  Ecclesie  ». 

In  Nerini,  op.  cit,  pp.  414-6,  App.  n.  xix;  Reg,  di  Sant'Alessio,  to.   2°,  doc.  xviii. 
Varianti  :  N  p.  414-ij  Augusti  die  .xxviii.  R  A.  d.  vigesimaseptima  N p,  416,  r.  1/ 
Testamentum  precipi  haberi  firmum  R  T.  praecipio  habere  f. 

XXVII. 

1208. 

Astaldo  «  de  Astaldo  »  ipoteca  a  sua  moglie  Maria  metà 
di  una  pezza  di  terra  da  semiina  e  alcune  case  «in  Mar- 
ce morata  »  (che  poi  vennero  in  proprietà  del  monastero)  per 
quaranta  lire  di  provisini  del  Senato.  «  Deustebenedicat  Dei 
«gratia  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius». 

In  Nerini,  op.  cit,  pp.  418-20,  App.  n.  xxi;  Reg.  di  Sant'Alessio,  to.  2°,  all'anno 
citato. 


Regesto  di  Sant'Alessio  all' Aventino         155 


Varianti  :  N  p.  41^,  r.  2-) Instrumentum  R  tt  instrumentum  N 

quatraginta  R  quadraginta  N  r.  21  tempore  contrac.  .  matrimonii  R  t.  contracti  m. 


XXVIII. 

[12 12],  giugno   I. 

Bolla  d' Innocenzo  III,  che  conferma  la  proprietà  delle 
vigne  sull'Aventino  all'  abbate  Angelo  e  al  convento  di 
S.  Alessio,  contesagli  dalla  chiesa  di  S.  Prisca.  Inc.  «  Co- 
«  ram  dilecto  filio  » .  Datum  Laterani,  idibus  iunii,  pontif. 
a.   15°. 

In  MiGNE,  P.  L.  CCXVI,  643;  e  nel  Regesto  Vaticano  n.  8,  f.  cui,  epist.  124 

XXIX. 

121 7,  giugno    3. 

Bolla  d' Onorio  III,  che  prende  sotto  la  sua  protezione 
la  chiesa  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  e  le  conferma  tutti 
i  beni  di  cui  è  legittimamente  in  possesso,  di  molti  dei 
quali  fa  1'  enumerazione  ed  indica  il  luogo  preciso. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  224-37,  però  senza  note  cronologiche;  Reg.  di  Sant'Alessio, 
t.  2",  all'anno  1219.  Cf.  Potthast,  n.  JS^S»  che  non  conosce  altra  fonte  del  doc.  che  il 
Nerini.  Le  note  cronologiche  in  R  furono  aggiunte  dipoi  da  mano  diversa  da  quella  che 
trascrisse  il  documento,  probabilmente  dopo  la  pubblicazione  del  Nerini. 

[Honorius  episcopus,  servus  servorum  Dei,]  dilectis  filiis  Angelo 
abbati  et  monachis  S.  Alexii,  eorumque  fratribus  tam  presentibus  quam 
futuris  cahonice  substituendis  in  perpetuum,  [salutem  et  apostolicam  be- 
nedictionem].  Cum  universis  per  orbem  constitutis  ecclesiis  debitores 
ex  apostolice  Sedis  auctoritate  et  benivolentia  existamus  ;  illis  tamen 
ecclesiis,  que  in  urbe  Roma  constitute  sunt,  propensiori  nos  convenit  ca- 
ritatis  studio  imminere.  Eapropter,  dilecti  in  Christo  filli,  vestris  iustis 
postulationibus  clementer  annuimus  ;  et  prefatam  Ss.  Christi  (a)  mar- 
tiris  Bonifatii  atque  confessoris  Alexii  ecclesiam,  in  qua  divino  man- 
cipati  estis  obsequio,  ad  exemplar  felicis  rccordationis  predecessorum 
nostrorum  Romanorum  Pontificum,  sub  beati  Petri  et  nostra  protectione 
suscipimus,  et  presentis  scripti  privilegio  communimus,  statuentes,  ut 
quascunque  possessiones,  quecunque  bona  eadem  ecclesia  inpresentia- 

(a)  N  Cristi 


iS6  q4.  oMonaci 


rum  iuste  et  canonice  possidet  in  concessione  pontificum,  sive  largi- 
tione  regum  vel  principum,  oblatione  fidelium,  aut  in  futurum  aliis 
iustis  modis,  prestante  Domino,  poterit  adipisci,  firma  vobis  vestrisque 
successoribus  et  illibata  permaneant.  In  quibus  hec  propriis  duximus 
exprimenda  vocabulis:  Ortos  circa  monasterium,  cum  claustris  et  per- 
tinentiis  suis  ante  dictum  monasterium.  Palatium  Eufimiani  (a)  cum 
edificìis  et  terra  circa  se,  sicut  incipitur  a  dicto  monasterio  et  exinde 
per  viam  publicam  descendit  in  stratam,  que  vadit  ad  portam  S.  Pauli 
iuxta  Testatium,  et  revolvente  manu  sinistra  super  ecclesiam  Sancti  Ni- 
colai de  Aqua  Salvia,  et  exinde  ascendit  ante  ecclesiam  Sancte  Prisce, 
et  exinde  per  viam,  que'  exit  in  aliam  viam  publicam,  que  vadit  ad 
dictum  monasterium  iuxta  ecclesiam  Sancte  Sabine.  Domos  cum  gri- 
ptis  et  casalinis  sub  monasterio,  ubi  dicitur  Marmorata,  ex  utraque 
parte  vie  piscarias  quinque  in  flumine  Tiberis.  Terram  cum  griptis 
et  parietibus  in  Ortis  Publicis.  Extra  portam  S.  Pauli  pedìcam  terre 
que  vocatur  Penna,  in  strata  S.  Pauli  usque  ad  flumen  Tiberis,  et  a 
muris  Urbis  usque  ad  vineas  iuris  S.  Pauli.  Octo  petias  vinearum 
cum  Ortis  in  Castaniola,  et  loco  ad  molendinum  construendum  in  rivo 
Castaniole.  Ecclesiam  Sancte  Pacis,  cum  terra  circa  se  usque  ad  vi- 
neas Castaniole.  Terram  in  monte  de  Bracone.  Vineas  cum  ortis 
et  arboribus  in  Ortis  Prefectis,  et  in  Bivario  extra  portam  Appiam. 
Turrem  cum  domibus,  vineis,  ortis,  canapinis  in  loco,  qui  vocatur  Ci- 
minuli.  Duas  pedicas  terre  in  Pillotti  vel  Cicomola.  Tres  pedicas 
terre  in  Squizanello  iuxta  viam  Ardeatinam,  ab  aliis  lateribus  rivis 
circumdantur,  ubi  dicitur  Curia  de  Calvisavis.  Turrim  cum  vineis, 
Ortis,  canapinis,  silvis  in  Falconiano.  Ecclesiam  S.  Eufemie  cum  turre, 
domibus,  Ortis,  vineis,  canapinis,  terris,  simul  cum  lacu  Turno.  Vi- 
neales  cum  arboribus  et  terris  in  Albano  et  in  Aricia.  Terram  in  Va- 
lerano.  Castellum,  quod  dicitur  Verposa  vel  Nave,  cum  ecclesiis, 
domibus,  hominibus,  terris,  vineis,  ortis,  canapinis,  silvis  cesis,  et  per- 
tinentiis  suis.  Castrum  Pontis  Decimi  cum  omnibus  suis  pertinentiis 
et  tenimentis.  Campilanum,  Miccinam  et  Cornu  Cervinum,  et  terras  et 
silvas,  cum  cesis  ad  pontem  Terzola.  Totum  tenimentum  quod  dicitur 
Prata  de  Pistilierio,  iuxta  rivum  Pretasium.  Totum  quod  vestro  mo- 
nasterio pertinet  in  Asturia  et  in  insula  Asturie,  cum  piscationibus, 
venationibus,  naufragiis.  Terras  cum  silvis  in  Tordarolo  et  Septem 
Pregio,  fundum  Ponpegii  iuxta  tenimentum  Cripte  Ferrate.  Terram 
in  Favarolo  cum  pertinentiis  suis.  Quatuor  pedicas  terre  cum  prato 
et  griptis  in  Centum  Cellis,  a  strata  nova  Tusculana  usque  ad  stratam 
antiquam  Tusculanam.     Extra  portam  Lavicanam  vel  Maiorem  totum 


(a^  R  Eufemiani 


Regesto  di  Sant'Alessio  all' Aventino         157 


tenimcntum,  quod  vocatur  Tabernulo,  iuxta  formam  ...  et  vassaria, 
et  iusta  viam,  que  venit  inter  cancellatam  veterem  et  novam,  et  iuxta 
stratam  Lavicanam  ;  quod  tenlmentum  per  vestrum  monasterium  tenet 
basilica  Lateranensis.  Extra  portam  S.  lohannis  vineam  in  monte 
Honorii.  Castrum  Morori,  et  castrum  Sorbi  (a),  cum  omnibus  eorum 
utilitatibus,  pertinentiis,  possessionibus,  territorio,  coUinis.  Canapariam 
cum  orto  et  pertinentiis  suis.  Turrem,  que  fuit  Maximi,  positam  in 
monte  post  Sanctum  Georgium,  cum  domibus  et  casarinis  ibidem. 
Vineas  et  domos  in  castro  Cesano.  Domos  et  castrum  infra  Urbem. 
Octo  partes  filasalium  in  campo  Ostiensi  in  pedica  Canaparie,  et  sex 
partes  in  Campo  Maiore  in  arola  de  Ticeli  ex  parte  trans  Tiberini. 
Tres  pedicas  terre  ad  monumentum  Prezatum  cum  ipso  monumento, 
in  strata  antiqua  Albani.  Porro  haec  et  universa,  que  ad  eandem 
ecclesiam  pertinere  noscuntur,  vobis,  et  per  vos  ecclesie  vestre  aucto- 
ritate  apostolica  concedimus,  et  presentis  (.^)  scripti  robore  confirma- 
mus.  Decernimus  ergo,  ut  nulli  omnino  hominum  liceat  prefatam 
ecclesiam  temere  perturbare,  aut  eius  possessiones  auferre,  vel  ablatas 
retinere,  minuere,  seu  quibuslibet  fatigationibus  vexare  et  fatigare  ;  se(^ 
illibata  omnia  et  integra  conserventur  eorum,  prò  quorum  guberna- 
tione  et  substentatione  concessa  sunt,  et  usibus  omnimodis  prò  futura, 
salva  Sedis  apostolice  auctoritate.  Si  qua  igitur  in  futurum  ecclesiastica 
secularisve  persona  hanc  nostram  constitutionis  paginam  sciens,  contra 
eam  temere  venire  tentaverit,  secundo  tertiove  conmonita,  nisi  pre- 
sumptionem  suam  digna  satisfactione  correxerit,  potestatis  honorisque 
sui  dignitate  careat,  reumque  se  divino  iudicio  existere  de  perpetrata 
iniquitate  cognoscat,  et  a  sacratissimo  corpore  ac  sanguine  dicti  Do- 
mini redemptoris  nostri  lesu  Christi  alienus  fiat,  atque  in  extremo 
examine  districtae  ultioni  subiaceat.  Cunctis  autem  eidem  loco  iura 
sua  servantibus,  sit  pax  Domini  nostri  lesu  Christi,  quatenus  et  hic 
fructum  bone  actionis  percipiant,  et  apud  districtum  iudiceniCO  premia 
eterne  pacis  inveniant.  Amen.  Amen. 

Datum  Rome  apud  S.  Petrum,  .111.  nonas  iunii,  pontificatus  nostri 
anno  secundo  (l). 

(a)  R  Corbi         (b)  N  presentibus         (e)  N  iudicium 

(i)  La  frase  «  Datum  -  secundo  »  fu  aggiunta  dipoi  da  un  postil- 
latore. Parimente,  a  tergo  dell'  ultima  pagina  della  copia,  leggesi  di 
carattere  del  xviii  sec,  come  la  nota  antecedente  :  «  Ex  archivo 
v  S.  Alexii  de  Urbe  » . 


158  QA,  oAlonaci 


XXX. 

121 8,  giugno  2. 

Bolla  di  Onorio  III  al  monastero  de'  Ss.  Bonifazio  ed 
Alessio,  nella  quale,  menzionata  la  consacrazione  della  chiesa 
di  S.  Alessio,  si  elargisce  l'indulgenza  di  40  giorni  a  chi 
la  visiterà  devotamente  nell'anniversario  della  consacrazione. 
Inc.  «  Inestimabilis  divine  dignatio  ».  Datum  Rome  apud 
Sanctum  Petrum,  pontif.  a.  2°. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  213-S;  Reg.  di  S.  Alessio,  t.   2°.  Potthast,  n.   $829. 
Varianti  :  N  p.  214,  r.  8  Bonifatii  R  Bonifacii  N  r.  1/  accesimus  R  accessimus 

XXXI. 

[I2I8]. 

L'abbate  del  monastero  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio  fa 
noto  ai  fedeli  di  aver  rinvenuto  (nel  maggio  del  12 17,  a.  1° 
del  pontificato  di  Onorio  III,  indiz.  v),  in  una  cripta  sotto 
l'altare  maggiore,  i  corpi  dei  due  santi,  nel  luogo  della  chiesa 
rivelato  al  monaco  Tommaso  da  una  visione  divina.  De- 
scrive la  solenne  consacrazione  della  chiesa  il  terzo  giorno 
dopo  la  domenica  delle  Palme  dell'anno  12 17  (21  marzo); 
e  fa  menzione  dei  40  giorni  d'indulgenza  concessi  (il  2  giu- 
gno) a  chi  visiterà  la  chiesa  nell'anniversario  della  consa- 
crazione (cf.  il  doc.  precedente). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  205-9  *  212-3. 

XXXII. 

1224,  agosto  12. 

Il  monastero,  seguendo  il  giudizio  arbitrale  di  Romano 
ft  de  Morico  »,  loca  per  19  anni  (locazione  da  rinnovarsi 
in  perpetuo)  alla  chiesa  di  S.  Maria  «  de  Aventino  »  una 
pezza  di  vigna  nel  Testacelo,  che  Angelo  di  Raniero  aveva 
lasciato,  in   testamento,  al   monastero,   per   la   somma   di 


'Regesto  di  Sant'Alessio  all' Aventino         159 

20  soldi  di  provisini  del  Senato  e  la  pensione  annua  di 
quattro  provisini  del  Senato.  «  Petrus  Bonegentis  Dei  gratia 
«  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  420-22,  App.  n.  xxii  ;  Reg.  di  S.  Alessio,  t.  2°.  Il  testo  del 
Reg.  di  S.  Alessio  è  più  completo  di  quello  del  Nerini,  che  però  ne  pubblica  la  parte  so- 
stanziale. 

Varianti  :  N  p.  420,  r.  /  Bonifatii  R  Bonifacii  N  p.  421,  r.  4  per  te  Domino  Gui- 
scardo R  prò  te  D.  G,  N  r.  11  a  nobis  per  locationem  R  a  vobis  p.  I. 

XXXIII. 

1224,  settembre  23. 

Il  monastero  investe  Pietro  Frangipane,  figlio  di  Ma- 
nuele Frangipane,  del  castello  di  «  Veperosa,  in  maritimis  » , 
del  castello  di  Ponte  Decimo,  e  dei  dritti  che  aveva  nelle 
tenute  del  castello  di  S.  Pietro  in  Formis  e  nei  prati 
((  Pistilgeriis  »,  per  la  somma  di  850  lire  («  libre  »)  di 
provisini  del  Senato,  oltre  l'annua  pensione  di  io  soldi 
provisini.  «  Petrus,  Dei  gratia,  sancte  Romane  Ecclesie 
«  scrinarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  422-7,  App.  n.  xxiii;  Reg.  di  S.  Alessio,  t.  2°,  col  testo  com- 
pleto, dove,  nella  corroborazione,  si  legge  il  passo  seguente,  non  riprodotto  dal  Nerini: 
«  et  promittimus  vobis  nomine  pleiariae  dare  vobis,  sive  successoribus  vestris  omnia  instru- 
<'  menta,  et  privilegia  de  omnibus  supradictis  rebus,  et  tenutis  pertinentia,  et  si  qua  per  tem- 
«  pora  tam  nos,  quam  successores  nostri  invenire  potuerimus,  vobis  et  successoribus  vestris 
«  deliberabimus  ». 

Varianti  :  N  rr,  1-2  Anno  Dominice  Incarnationis  millesimo  ducentesimo  ..../?  A. 
D.  I.  m.  ducentesimo  vigesimo  quinto  AT  p.  42 j,  r.  6  scorpetis  R  scopetis  N  p.  42;,  r.  j" 
e  JI-12  Item  et  locamus  R  Item  locamus  N  r,  quint* ultimo  hinc  ad  centum  decem  annos 
R  hinc  ad  decem  a. 

XXXIV. 

1229,  settembre  20. 

Il  monastero  di  S.  Alessio  loca,  per  due  generazioni,  a 
Giacomo  Graziano  e  Fiorenzo  di  Scro[fano]  la  terza  parte  del 
tenimento  «  in  Merulano  » ,  tenuta  di  Scrofano,  per  1 6  soldi 
di  buoni  provisini  del  Senato  e  la  pensione  annua  di  sei  pro- 
visini e  mezzo. 

Reg.  di  S,  Alessio,  t.  2".  Da  una  copia  dcll'a.  1276. 


1^0  qA.  oMonaci 


In  nomine  Domini.  Hoc  est  exemplum  cuiusdam  instrumenti,  cuius 
tenor  est  talis.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  mil- 
lesimo ducentesimo  vigesimonono,  an]i[o  vero]  .in.  pontificatus  domini 
Gregorii  noni  pape,  indictione  .ni.,  mensis  septenbris  die  .xx.  Ego 
quidem  dompnus  [Nicolaus]  abbas  venerabilis  monasterii  [Sanctorum] 
Bonifatii  et  Alexii  de  monte  Aventini  hac  die  una  cum  fratribus  meis 
monachis  eiusdem  monasterii   scilicet  dompno  Nicolao  yconomo  pre- 

sbytero dompno  Gregorio Henrico,  nostra  bona  volun- 

tate,  prò  dicto  monasterio  locamus  et  concedimus  vobis  lacobo  Gra- 
tiano  et  Florentio  de  Scro[fano],  unicuique  vestrum  prò  medietate,  vita 
vestra  et  vestrorum  legitimorum  filiorum  et  filiarum,  nepotum  et  ne- 
ptum  ex  ipsis  legitimis  filiis  vestris  [procreatorum]  tantum,  idest  ter- 
tiam  partem  totìus  lenimenti  terrarum  cultarum  et  incultarum,  vinea- 
lium,  silvarum,  scurpeti,  vallium  et  collium  cum  introy[tibus  et]  exitibus 
suis  et  omni  sua  pertinentia,  iuncta  prò  indivisa  cum  aliis  duabus  par- 
tibus  vestris,  et  posita  in  Merulano,  in  lenimento  Scrofani,  sicut  inter 
hos  fines  [supra]dictum  tenimentum  et  aliud  tenimentum,  quod  nostrum 

monasterium  ibi  habet,  concluditur:  a  primo  latere  tenent  Paczone 

a  .II.  est  terra  Prefe[cti,  a  .in.]  tenet  Gregorius  Malossus,  a  .mi.  est 
tenimentum  Bellemontis,  iuris  Sancte  Marie  de  Aventino,  prò  .xvi.  sollis 
bonorum  provisinorum  Senatus,  q[uos]  prò  hac  locatione  recipimus,  de 
quibus  nos  bene  quietos  vocamus.  Unde  renunciamus  exceptioni  non 
solute  et  non  numerate  pecunie.  [Et  omni]  anno,  in  festo  sancii  Bo- 
nifatii, reddatis  dicto  monasterio  prò  pensione  .vi.  bonos  provisinos  et 
dimidium,  quam  pensionem  ipsi  monasterio  [tradalis  et]  adducatis.  Nulli 
aliì  ecclesie  vel  pio  loco  seu  polenti  persone  diclam  locationem  non 
vendatìs,  nec  alio  modo  concedatis;  [nec  alii]  persone  prius  vendalis 
quam  nobis  conminus  .v.  sollis  provisinorum.  Et  si  emere  noluerimus 
vel  non  potuerimus,  vendalis  vel  pignoretis  hominibus  ipsius  ca[salis] 
qui  nobis  placeanl  sine  malilia,  et  dando  nobis  prius  ipsum  conminus 
in  vendilione.  Et  si  hominibus  ipsius  casalis  vendere  vel  pignorare  non 
polueri[tis],  vendatis  vel  pignoretis  alii  persone,  que  nobis  placcai  sine 
malilia,  dando  nobis  prius  .v.  soUos  provisinorum   in  vendilione  prò 

conminu.  Et  si nostro  (0  ibi  venerit,  diclam  pensionem  ibi 

ei  datis,  et  si  tribuere  nolueritis  vel  non  polueritis,  in  termino  trium  Q^) 
annorum  preteritorum  [diclam]  pensionem  nostro  monasterio  tribuatis 
et  adducatis.  Quod  si  non  fecerilis,  hec  cartula  sii  vacua,  et  dieta  lo- 
catio  dicto  monasterio  [revertatur].  Ad  hobilum  uniuscuiusque  vestrum, 
de  hoc  quod  prò  animabus  vestris  dare  debueritis,  tenia  pars  dicto  no- 
stro monasterio  devenial.  Mortuis  [vero  iam]  diclis  personis,  predicla 

(a)  Forse  si  deve  supplire  Et  si  minìster  noster  (b)  R  trum 


^^egesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         i6i 


terra  cum  omni  sua  melioratione  dicto  nostro  monasterio  reddeat;  et 
si  vos  ab  aliqua  persona  prò  dieta  locatione  [tertie  partis  supradicti 
teninienti]  vocati  fueritis  in  aliqua  curia,  vos  prò  vobis  omnes  expen- 
sas  ipsius  cause  facietis.  Nos  similiter  si  vocati  fuerimus,  prò  nobis  et 
nostro  m[onasterio]  expensas  fecerimus.  Nos  vero  prò  nobis  et  dicto 
monasterio  et  nostris  successoribus,  nomine  pleiarie,  promictimus  vobis 
et  vestris  predictis  legitimis  filiis,  [ne]poti[bus  et  neptibus]  utriusque 
sexus  hanc  locationem  et  omnia  que  dieta  sunt  observare  et  de  iure 
ab  Ansedonia  et  suis  heredibus  et  generaliter  ab  omni  alia  persona 
defende  [re.  Quod  si  non]  fecerimus,  dictos  .xvi.  soUos  bonorum  pro- 
visinorum  Senatus  vobis,  nomine  pleiarie,  reddere  promictimus,  et  ex 
tunc  hec  locatio  vacua  sit.  Vos  vero  prò  vobis  [et  prò]  predictis  legi- 
timis filiis  et  filiabus  vestris  omnia  predicta  nobis  et  nostro  monasterio 
observare  et  adimplere  promictis(a).  Si  qua  vero  pars  contra  hec  que 
dieta  sunt  venire  voluerit,  solvat  alteri  parti  [fidem  servanti,  pene] 
nomine,  dictam  pecuniam  duplam,  et  soluta  pena  hec  cartula  firma 
permaneat,  Quam  scri[bendam]  rogavi  Gregorium  Landulfi,  Dei  gratia, 
sancte  Romane  Ecclesie  scriniarium,  mense  et  indictione  suprascripta. 

Benvenutus  senes s  testis. 

Guido  lohannis  Viterbii  testis. 

Baltholomeus  C')  Mathei  scriniarius  testis. 

Petrus  lacobi  Sudi  testis. 

Ego  Gregorius  Landulfi,  Dei  gratia,  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius, 
compievi  et  absolvi. 

Ego  Leonardus  lacobi  Rubei,  sancte  Romane  Ecclesie  notarius, 
sicut  inveni  in  publico  instrumento  [rogato]  per  dictum  Gregorium 
scriniarium,  non  vitiato,  non  cancellato,  non  raso  nec  aliqua  su[i  parte 
ab]olito  seu  vituperato,  ita  scripsi  et  fideliter  exemplavi  et  ipso  in- 
strumento cum  presen[li]  diligenter  abscultato  et  lecto  in  presentia 
discreti  viri  domini  presbyteri  Guidonis  Sancte  Marie  in  MonticelHs 
[Romane]  Fraternitatis  rectoris  per  ipsum  rcctorem  et  per  subscriptos 
testes  literarum  eruditos  et  decreto  et  au[ctoritate]  dicti  rectoris  pu- 
blicavi,  rogatu  religiosi  viri  fratris  Raynerici  ("-0  prioris  Sancti  [Alexii] 
in  anno  dominice  incarnationis  millesimo  ducentesimo  septuagesimo- 
sexto,  indictione  quinta,  mensis  novembris  die  nona,  presentibus  et 
abscultantibus  Egidio  clerico  diete  ecclesie  Sancte  Marie,  fratre  Anto- 
nio canonico io  Octabiani  scriniario, 

licterarum  eruditis. 


(a)  /.   promictitis  (h)  /.    Bartholomcus  (e)  /.   Kayiicrii 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIH.        II 


i62  qA.  Ovlonaci 


XXXV. 

[1231],  gennaio  25. 

Bolla  di  Gregorio  IX,  che  dà  ai  canonici  Premostra- 
tensi  l'abbazia  di  S.  Alessio  con  tutte  le  sue  appartenenze, 
togliendola  ai  Benedettini,  che  avevano  bisogno  di  riforma. 
Inc.  «  Officii  nostri  credimus  ».  Datum  Laterani,  pontif. 
a.  4°. 

In  Nekini,  op.   cit.  pp.  242-3;  Reg.  ài  S,  Alessio,  t.  2°.  I  due  testi  concordano  del 

tutto.    POTTHAST,    n,    8656. 

XXXVI. 

1235,  febbraio   17. 

L'abbate  e  il  convento  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio  lo- 
cano alcuni  fondi  a  Graziano  «  de  Scrophano  »  e  ai  suoi 
legittimi  eredi,  posti  «  in  Merulano  )>  nella  tenuta  di  Scro- 
fano,  per  30  soldi  di  provisini  del  Senato  e  la  pensione 
annua  di  14  provisini;  contratto  da  rinnovarsi  ogni  19  anni 
sborsando  cinque  soldi  di  provisini  del  Senato.  «  Donadeus 
«  Petri  Rabiei  Dei  gratia  sancte  Romane  Ecclesie  [scrinia- 
((  rius]  )). 

In  Nerini,  op.  cit,  pp.  427-8,  App.  n.  xxivj  Keg,  di  S.  Alessio,  t.  2°,  all'anno  1235, 
col  testo  completo.  Nel  quale,  al  principio  del  documento,  si  leggono  le  parole  seguenti, 
che  mancano  alla  trascrizione  del  Nerini  :  «  . .  .  st  (Hoc  est)  exemplum  cuiusdam  publici 
«instrumenti,  cuius  tenor  talis  est».  La  parte  del  documento  omessa  dal  Nerini  si  legge  per 
intero  nel  Registro,  che  ci  fa  sapere  il  vero  nome  del  rogatario  della  copia  :  «  Leonardus  lacobi 
«  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie  notarius»,  che  rogò  l'atto  nel  novembre  del  1276.  Il  roga- 
tario dell'atto  del  1235  è  Donadeus.  Tra  i  testimoni  v'c  il  prete  Guidone  «Romane  Fra- 
«  ternitatis  Rector  » . 

Varianti  :  N  p.  42"],  r.  ultimo  sollis  provisinorum  Senatus  R  s.  provisinis  Senatus 

XXXVII. 

[1238],  marzo  17. 

Bolla  di  Gregorio  [IX],  che  concede  al  monastero  di 
locare  in  perpetuo,  con  censo  annuo,  alcune  vigne  a  Lan- 
dolfo, speziale  in  Roma,  e  di  venderne  quattro  pezze  al 
monastero  di  Casamari,  consentendovi  gli  eredi  del  condut- 


^^egesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         1^3 

tore  del  fondo,  e  rimanendo  tuttavia  intatto  il  censo  sud- 
detto da  pagarsi  al  monastero  di  S.  Alessio. 

NelI'Arch.  Segr.  Vatic.  voi.  (dei  Regesti  Vaticani)   i8,  epist.  406. 

[Gregorius  episcopus  servus  servorum  Dei] . .  Abbati  et  conventui 
monasterii  Sancti  Alexii  de  Urbe.  Ex  parte  vestra  nobis  fuit  humiliter 
supplicatum,  ut  cum  vos  quasdam  vineas  Landulpho  speciario  de  Urbe 
sub  certo  annuo  censu  in  perpetuum  locandas  duxeritis,  et  vos  ex  eis 
quatuor  petias  prò  certo  pretio  convertendo  in  utilitatem  vestri  mona- 
sterii vendere  monasterio  de  Casemario,  heredibus  ipsius  conductoris 
assensum  prebentibus,  disponatis,  ac  ipsi  heredes  se  nichilominus  pre- 
dictum  censum  soluturos  vobis  perpetuo  futuris  temporibus  obligarint, 
constituentes  ob  hoc  possessionem  propriam  predicto  vestro  monasterio 
censualem;  vobis  id  faciendi  licentiam  concedere  curaremus.  Vestris 
igitur  precibus  inclinati,  vobis  auctoritate  predicta  concedimus  postu- 
lata. Nulli  ergo  nostre  concessionis  etc.  Datum  Laterani,  .xvi.  kalendas 
aprilis,  anno  undecime. 

XXXVIII. 

1241,  aprile  5. 

Giovanni  Mancarello  ed  i  figli  Pietro  e  Giovanni  locano 
a  Pantaleone  «  Petri  Ceccaiudee  »  e  a  Leone  Barba  e  ai  loro 
eredi  e  successori,  in  perpetuo,  il  luogo  «  Penna  »  (di  pro- 
prietà del  monastero  di  S.  Alessio),  posto  sul  Tevere,  per 
pescarvi  ;  coll'obbligo,  oltre  il  canone  annuo  di  quattro  Iacee 
(«  duas  ovatas  et  duas  lactinas  ^)),  di  sborsare  ogni  anno 
otto  provisini.  «  Johannes  Henrici  sacri  Romani  imperii 
«  scriniarius,  habens  plenam  potestatem  a  domino  Gregorio 
«  papa  nono  dandi  tutores  et  curatores,  emancipandi  »  &c. 

In  Nerini,  op,  cit.  pp.  428-30,  App.  n.  xxv;  Reg.  di  S,  Alessio,  t.  2°,  col  testo  com- 
pleto, che  concorda  del  tutto  col  doc.  a  stampa. 

XXXIX. 

1242,  agosto  IO. 

L'abbate  Lorenzo  e  i  canonici  di  S.  Alessio  locano  a 
Nicolò ...  e  ai  suoi  eredi  una  casa  con  orto  «  et  cum  plaza 
«  ante   se   in   Marmorata  »,   per   la   somma   di    sei    lire   di 


164  G/^.  donaci 


provisini  del  Senato,  meno  cinque  soldi,  e  la  pensione 
annua  di  quattro  provisini.  «  Ego  Deustebenedicat  Dei 
«  gratia  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius,  sicut  inveni  in 
«  dictis  Deusteadiuvet  iudicis  et  scriniarii,  ita  de  suo  man- 
ce dato  publicis  litteris  scripsi  ». 

In  Nerini,  op,  cit.  pp.  430-31,  App.  n,  xxvi  ;  Reg,  di  S,  Alessio,  t.  2°,  col  testo 
completo.  Il  doc.  è  in  copia  (di  data  indeterminata)  tolta  da  un  registro  notarile. 

XL. 

1243,  febbraio  ii. 

Il  monastero  rinnova,  per  altri  19  anni,  la  locazione 
perpetua,  a  Giacomo  di  Oderiscio  e  ai  suoi  successori,  di 
tre  parti  d'una  casa,  colle  sue  dipendenze,  «  in  porticu  Gal- 
ee latorum  »  innanzi  alla  chiesa  di  S.  Maria  de  Gradellis,  per 
la  somma  di  tre  soldi  di  denari  pavesi  e  l'annua  pensione 
di  quattro  denari  pavesi.  «  Bartholomeus  Mathei  Dei  gratia 
«  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  431-3;  App.  n.  xxvii;  e  Reg.  di  S,  Alessio,  t.  2*,  col  testo 
completo. 

Variante  :  N  p,  4]i,  r.  ^  Februarii  die  .xi.  R  F.  d.   .xii. 

XLI. 

1243,  decembre  8. 

Pietro  «  de  Mandulo  »  loca,  col  consenso  di  Crescenzo 
proprietario,  a  Domenico  di  Nicolò,  e  ai  suoi  eredi  e  suc- 
cessori, un  orto  colle  sue  dipendenze,  posto  fuori  porta  Appia 
nella  Valle  di  Giovanni  Giudice,  per  il  prezzo  di  quattro  lire 
(((  libre  »)  di  provisini  del  Senato,  e  la  pensione  annua  di 
dieci  soldi  di  provisini  del  Senato  a  favore  del  proprietario 
Crescenzo.  «Angelus  Thomasii  sacri  Romani  imperii  scri- 
«  niarius  » . 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  433-5,  App.  n.  xxviii;  Reg.  di  S.  Alessio,  t.  2°,  col  testo 
completo. 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         \6$ 


XLIL 

1246,  marzo  19. 

Il  monastero  loca  di  nuovo,  fino  alla  terza  generazione, 
a  Giacomo  «  Oddonis  ludicis  »,  e  ai  suoi  successori  legit- 
timi, un  pezzo  di  terra  da  semina,  di  sette  rubbia  incirca, 
«  in  Verrano  et  Luzzano  ad  rivum  Siccum  » ,  territorio  di 
Albano,  per  la  somma  di  50  soldi  di  provisini,  e  la  pen- 
sione annua  di  mezzo  rubbio  di  frumento  alla  misyara  del 
Senato.  «  Berardus,  Dei  gratia,  sacri  Romani  imperii  iudex 
«  et  scriniarius  » . 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  43 $-7,  App.  n.  xxix;  Reg,  di  S,  Alessio,  t.  2*,  col  testo  com- 
pleto. 

Varianti  :  N  p.  45/,  r.  2  Martii  die  .xviiii.  R  M.  d.  .xviii.  N  p,  4^6,  r.  17  Terratorio 
R  Territorio  N  r,  2/  ab  alio  est  cavonus  plagiarii  R  a.  a.  e.  e,  plagarii 

XLIII. 

[1250],  luglio  31. 

Innocenzo  [IV]  concede  indulgenza  di  40  giorni  a  chi, 
confessatosi,  avrà  visitato  la  chiesa  di  S.  Alessio,  dell'Or- 
dine Premostratense,  nel  giorno  della  festa  del  santo  o  nel- 
l'ottava seguente.  Datum  Lugduni,  pontif.  a.  8**. 

Bolla  originale,  pubblicata  in  Nerini,  op.  cit.  pp.  250-51,  conservata  nell'Archivio 
di  Stato,  perg.  n.  2.  Trascrizione  esatta.  Reg.  di   S.  Alessio,  t.  2°.    Potthast  n.   14,028, 

XLIV. 

1252,  decembre  28. 

Donadeo,  scriniario  di  S.  R.  C,  attesta  che  Giacomo, 
abbate  de'  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  investi  Paolo,  canonico 
dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  della  chiesa  di  S.  Stefano  pro- 
tomartire presso  Morolo,  affinchè  la  restauri  e  la  conservi, 
colle  sue  appartenenze,  a  nome  dell'abbazia.  «  Donadeus 
«  Petri  Rabiei,  Dei  gratia,  sancte  Romane  Ecclesie  scrinia- 
«  rius,  habens  potestatem  dandi  tutores  »  &c. 

In  Nkrini,  op.  cit.  pp.  4J7-8,  App.  n.  xxx  ;   Reg.  di  S,  Alessio,  t,  2*. 
N'ariante  :  N  p.  .ijS,  r,  <■)  sicut  ei  placuit  R  s.  e.  piacucrit 


i66  QA.  €Monaci 


XLV. 

1256,  febbraio  20. 

Giorgio  «  lohannis  Berardi  »  investe  in  perpetuo  Lo- 
renzo, prete  di  S.  Maria  «  de  Plumbico  »,  e  i  suoi  eredi 
e  successori,  della  metà  d'una  pezza  di  vigna  «  in  descensu 
«  montis  de  Palio  »,  per  la  somma  di  tre  lire  e  mezzo  di 
provisini  del  Senato,  col  canone  annuo  della  quarta  parte 
del  mo^to  e  di  mezzo  canestro  d'uva  alla  chiesa  di  S.  Ales- 
sio, proprietaria  del  fondo.  «  Johannes  Deusteadiuvet  sancte 
«Romane  Ecclesie  scriniarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  438-40,  App.  n,  xxxi  ;  Reg,  di  S.  Alessio,  t.  2*,  col  testo 
completo. 

Collazione  :    N,  p.    4)8,  r.    ;  omne  ius    suum  ypothc s   R   o.  i.  s.  j-pothece 

dotalis 

XLVI. 

1262,  novembre  i  .  . 

Giovanni  Gentile,  Maria  e  Paola,  sua  figlia  e  nepote  di 
lui,  vendono  a  «  .  . .  Donatoris  »  la  locazione  d' una  pezza 
di  terra  vignata  nella  Valle  di  Giovanni  Giudice  (acconsenten- 
dovi Crescenzo  di  Leone  di  Giovanni  Giudice,  proprietario 
della  vigna)  per  quattro  lire  di  provisini  del  Senato,  meno 
cinque  soldi,  coll'obbligo  di  dare  ogni  anno  al  proprietario 
suddetto  la  quarta  parte  del  mosto,  dei  frutti  &c.  «  An- 
ce gelus  Thomae,  imperialis  aulae  scriniarius  » . 

Reg.  di  Sant'Alessio,  to.  2°.  Il  testo  è  stato  ritoccato  dal  trascrittore,  che  non  riusciva 
a  leggerlo  per  intero. 

In  nomine  Domini.  [Anno]  dominice  incarnationis  millesimo  du- 
centesimo  sexagesimosecundo, indictione  .vi.,  mensis  novembris die .x.. . . 

[Ego  quidem]  Johannes  Gentilis  de et  Paula  filia  dictae 

Mariae  et  neptis  dicti  Gentilis de  me  Paula,  de 

consensu  domini  Crescentii  Leonis  lohannis  ludicis,  cuius  est  prop[rie- 

tas]  et  cui  ded[i  prò   consensu] solidos  provisinorum,   hac  die 

omnes  insimul  prò  nobis  et  nostris  heredibus  ac  successoribus  publice 
vend[imus,  donamus  et  tra]d[imus]  .  .  .  oris  procuratorem  nostrum  ad 


^I{e gesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         i6j 


hoc  a  nobis  specialiter  constitutum  ad  investiendum  per  ipsum  poss  .  . 
....  et  concedimus  tibi  vero  Ac  .  .  .  .  Donatoris  et  heredibus  ac  suc- 
cessoribus  tuis  secundum  tenorem  cartule  locationis  perpetuo,  idest 
unam  petiam  (a)  vineae  plus  vel  minus,  cum  quarta  parte  de  vasca  et 
tino  iuntani  cum  aliis  partibus  Petri  de  Biasio  lohannis  bubulci  et  Be- 
rardelli,  et  cum  parte  sua  de  alia  basca  et  tino  et  cum  arboribus  suis 
et  omnibus  suis  usibus,  utilitatibus  hac  pertinentiis,  positam  in  Valle 
dicti  domini,  que  dicitur  lohannis  ludicis,  inter  hos  fines:  a  .i.  latere 
tumet  tenes(b),  a  .11.  Petrus  de  Biasio,  a  .111.  [et  .1111.]  lacobus  de  An- 
dreas, omnia  iuris  dicti  domini.  Hanc  autem  venditionem  et  tradi- 
tionem  tibi  facimus  prò  ,1111.  libris  honorum  provisinorum  Senatus 
minus  .V.  soHdis,  quas  a  te  nomine  pretii  diete  vince  recipimus,  de 
quibus  nos  bene  quietos  et  pacatos  vocamus.  Unde  renunciamus  ex- 
ceptionem  non  solute  et  non  numerate  pecunie  obposituros,  et  ab  ac 
hora  in  antea  liceat  tibi  ac  tuis  [heredibus]  concedimus  dictam  vi- 
neam  cum  suis  pertinentiis  intrare,  tenere,  uti  et  frui  et  secundum  te- 
norem locationis  perpetuo  possidere,  reddendo  dicto  domino  et  suis 
heredibus  ac  successoribus  omni  anno,  tempore  vindemiarum,  quartam 
totius  musti  mundi  et  aquati,  quartam  fructuum  arborum  et  unum  ca- 
nistrum'  [uvarum],  et  omnes  alios  tenores  et  conditiones  dictae  loca- 
tionis [observabis]  (0.  Nos  vero  praedict[e  Maria  et  Paula],  mater  et 
filia,  prò  nobis  et  nostris  heredibus  ac  successoribus,  promittimus  tibi 
predicta [tibi]  et  tuis  heredibus  ac  succes- 
soribus perpetuo  hanc  venditionem  et  traditionem  ratam  et  [firmam 
habere]  et  contra  non  venire,  set  ab  omni  homine  et  loco  iure  de- 
fendere sub  obligatione  o[mnium  honorum]  nostrorum  et  sub  vinculo 
iuramenti  a  nobis  praestito,  et  soluta  pena  W,  hec  cartula  firma  per- 
duret.  Quam  scribere  rogavimus  Angelum  Thom.  imperialis  aule  scri- 
niarium  in  mense  et  indictione  suprascripta. 

Petrus  de  Biasio  testis. 

lacobus  Andree  testis. 

Bartholomeus  de  Amelia  testis. 

Maxeus  Donatoris  testis. 

Angelus  de  Br o  testis. 

Ego  Angelus  Thom.  imperialis  aule  scriniarius  scripxi  et  compievi. 


(a)  R  p.  .1.         (b)  R  tcnct         (e)  R  l'omette.         (d)  R  sub  pena 


1^8  qA.  oMonaci 


XLVIL 

1262,  novembre  23. 

Giacomo,  abbate  della  chiesa  dei  Ss.  Bonifazio  martire 
ed  Alessio  confessore,  loca  di  nuovo,  per  19  anni,  ad  An- 
gelo di  Pietro,  prete  della  chiesa  di  S.  Maria  in  Cosmedin, 
un  orto  fuori  di  porta  S.  Paolo,  nel  luogo  «  Castaniola  », 
sborsando  il  suddetto  Angelo,  per  la  rinnovazione  del  con- 
tratto, 15  soldi  di  buoni  provisini  del  Senato.  E  promette 
ogni  anno,  finché  durerà  la  locazione  (da  rinnovarsi,  in  per- 
petuo, ogni  1 9  anni),  sei  buoni  provisini  del  Senato,  e  altri 
sei  provisini  per  una  casa,  o  «  grypta  »,  che  la  chiesa  di 
S.  Maria  in  Cosmedin  ottenne  in  locazione  dalla  chiesa  dei 
Ss.  Bonifazio  ed  Alessio.  «  Et  si  in  dicto  orto  inveniretur 
«  aurum,  argentum,  plumbum,  es,  metallum  vel  aliquod  la- 
((  pidem  pretiosum  quod  valeat  ultra  .xii.  prov.  Senatus,  me- 
((  dietas  diete  ecclesie  Sancti  Alexii  dabitur  et  alia  medietas 
«  diete  ecclesie  Sancte  Marie  reservabitur  ».  «  Johannes  Do- 
«  mini  Deusteadiuvet,  sancte  Romane  Ecclesie  iudex  et  scri- 
«niarius».  Col  segno  del  tabellionato. 

In  Merini,  op.  cit.  p.  440  segg.,  App.  n.  xxxii,  ma  non  interamente.  Manca  l'ultima 
parte  del  testo  del  documento  (senza  che  ciò  sia  notato,  come  le  altre  volte,  con  un  etc.) 
dove  si  legge  il  passo  sopra  trascritto.  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  3  ;  Reg.  di  Sani' Alessio, 
to.  2°,  col  testo  completo. 

Collazione  :  N  p,  440,  rr,  4-j  testium  subscriptorum  ad  hoc  specialiter  vocatorum 
D  t,  s.  a.  hec  s,  v.  N  p,  442,  r.  ;  transacti  D  transsacti  N  r.  penultimo  Ego  Johannes 
domini  Deus  te  adiuvet  D  E.  I.  d.  Deusteadiuvet 

XLVIII. 

a)  1265,  settembre  6. 

L'abbate  di  S.  Alessio  loca,  fino  alla  terza  generazione, 
a  Mabilia,  figlia  del  fu  Guidone  «  Tici  Astaldi  »,  e  ai  suoi 
discendenti  due  pezze  di  vigna  al  Testacelo  per  la  somma  di 
dieci  lire  («  libre  »)  di  provisini  del  Senato,  e  il  censo  annuo 
di  sei  provisini,  da  pagarsi  il  giorno  della  festa  di  san  Bo- 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         1^9 


nifazio.  Pena    una    libbra  d' oro.    «  Ego    Leonardus  [M.] 
«  lacobi  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie  notarius  ». 

In  Nerini,  op.  cìt.  p.  442  segg.,  App,  n.  xxxiii;  Arch.  di  Stato,  pcrg.  n.  4;  Reg. 
di  Sant'Alessio,  col  testo  completo.  Il  doc.  era  in  istato  di  miglior  conservazione  a!  tempo 
del  Nerini,  che  potè  leggervi  molte  parole  ora  perdute. 

Collazione  :  N  p,  44J,  r.   io DM  (ini:(iale  del  nome  Mabilia). 

Variante:  N  p.  44],  r,  io  e  D  ,  .  ,  ,  olim  Guidonis  R  fj^ilie]  olim  Guidonis 

b)  1265. 

Altro  esemplare  (con  varianti)  del  documento  suddetto; 
esemplare  non  menzionato  dal  Nerini.  Sottoscrizione  :  «  Pau- 
«  lus  Raynerius,  Dei  gratia,  sancte  Romane  Ecclesie  scri- 
((  niarius  » . 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  5. 

Collazione  col  testo  precedente  del  Nerini:  N p.  442,  r,  2  anno  primo  D  a.  vero  p, 
N  r.  2  Clementis  pape  D  Clementis  IV  pape  N  p.  44J,  r.  2  et  testium  subscriptorum 
D  et  Leonardi  lacobi  Rubei  scriniarii  ac  mei  Pauli  Raynerii  e.  t.  s.  ^  r,  1/  a  iv  via 
D  è  mutilo  in  questo  passo.  N  r.  20  quam  D  non  V  ha  più  :  perchè  la  scrittura  è  consunta, 
N.  r,  ter^' ultimo  Angelus  Bulticonis  D  A.  Vulticonis  N p,  444,  r.  2  quia  prcdictis  interfui, 
rogatus  scribsi  D  predicta  omnia  scripsi 

XLIX. 

1266,  maggio  17. 

Carta  di  locazione  della  quarta  parte  d'  una  pezza  di  vi- 
gna e  della  metà  d'un  orto  fuori  porta  S.  Paolo,  in  «Ortis 
((  Prefectis  » ,  che  il  monastero  concede  a  Margherita,  mo- 
glie di  Nicola  «  lohannis  de  Silice  »,  ed  ai  suoi  eredi,  in 
perpetuo,  per  il  censo  annuo  di  dodici  provisini.  Pena  una 
libbra  d'  òro.  «  Ego  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei  sancte 
«  Romane  Ecclesie  notarius  » . 

In  Nkrim,  op.  cit.  pp.  444-$,  App.  n,  xxxiv;  Arch.  di  Stato,  perg,  n.  6;  Reg,  di 
Sant'Alessio,  to.  2°,  col  testo  ora  più  completo,  ora  abbreviato  in  luoghi  diversi  da  quello 
del  Nerini. 

Collazione:  N  p,  44;,  r.  6  ...  111  D  a  iii  (sotitnt.  latere}. 

1267,  ottobre  19. 

Il  monastero  de'  Ss.  Boniflizio  e  Alessio  loca  di  nuovo, 
in  perpetuo,  a  Boccabove,  figlio  del  fu  Giovanni  «  de  Prc- 


lyo  qA.  Odonaci 


«  fectis  )),  e  ai  suoi  ?redi  e  successori,  una  pezza  e  mezzo 
di  vigna  colle  loro  appartenenze,  poste  sul  monte  Aventino, 
per  quattro  lire  di  provisini  e  il  censo  annuo  della  quarta 
parte  del  mosto  &c. 

Arch.  di  Stato,  perg,  n.  7,  ben  conservata;  e  Reg.  di  Sant'Alessio,  to.  2°. 

I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo  du- 
centesimo  sexagesimoseptimo,  anno  vero  tertio  pontifìcatus  domini  Cle- 
mentis  IIII  pape,  inditione  .xi.,  mensis  octobris  die  2.  .xix.  Nos 

quidem  frater  Simeon  prior,  frater  Romanus  cammerarius,  frater  Rai- 
nerius,  frater  Leonardus  et  frater  Agustinus  ecclesie  Santorum  Bonifatii 
et  A  3.  lesii,  nomine  diete  ecclesie  et  prò  ipsa  ecclesia,  locamus  et 
concedimus  tibi  Boccabove,  filio  olim  lohannis  de  Prefectis  et  tuisque 
heredibus  et  successoribus  in  perpetuum.  Idest  unam  petiam  et  dimi- 
diam  4.  vinee,  quam  tu  tenes  et  possides,  et  diu  tennisti  et  posse- 
disti  prò  dieta  ecclesia,  plus  vel  minus,  et  cum  introitu  et  exitu  suo, 
et  omnibus  suis  usibus,  utilitatibus  ac  pertinentiis,  5.  et  cum  ar- 

boribus  et  parietibus  antiquis  in  ea  existentibus,  positas  (0  in  monte 
Aventino,  inter  hos  fines  :  a  primo  latere  tenet  Gulielmus,  nostri  iuris, 
ab  alio  heredes  6.  lohannis  de  Valle,  iuris  diete  ecclesie,  ab  alio 

Petrus  Lommardus,  iuris  ecclesie  Sante  Sabine,  et  Petrus  Bonucii  sui 
iuris,  ab  alio  desuper  Silvester  Leonis,  7.  carbonarii,  iuris  Sante  Pri- 
sce  ;  ad  tenendum,  utendum,  fruendum,  colendum  et  bene  laborandum. 
Pro  qua  locatione  confitemur  recepisse,  nomine  diete  ecclesie,  quatuor 
libras  8.  provisinorum,  et  omni  anno,  tempore  vindemie,  reddetis 
nobis  nostrisque  successoribus,  nomine  diete  ecclesie  et  prò  ipsa  ec- 
clesia, quartam  parteni  totius  musti  mundi  et  aquati  ex  ea  9.  et 
canistrum  unum  plenum  et  dimidium  uvis,  de  duobus  palmis  et  di- 
midio  in  fundo  et  unius  summissum  (b)  in  alto  per  petiam,  et  man- 
ducare et  bibere  io.  ministro  nostro  venienti  prò  quarta  sicut  prò 
te  ibi  habebis,  et  quartam  de  pomis,  que  ibi  sunt  vel  erunt.  Set  non 
liceat  tibi  vestrisque  heredibus  et  successoribus  1 1 .  eam  ulli  ecclesie, 
pio  loco  vel  potenti  persone  vendere,  vel  pignorare,  dare  vel  conce- 
dere, aut  relinquere,  vel  facere  contractum  seu  quasi  contra  12.  ctum. 
Si  vendere  vel  pignorare  volueris,  nobis  nostrisque  successoribus,  no- 
mine diete  ecclesie,  vendere  vel  pignorare  tenearis,  comminus  in  vendi 
13.  tione  et  alienatione  .vii.  solidis  provisinis  et  dimidio,  silieet  .v.  so- 
lidis  provisinis  per  petiam.  Si  sic  reeipere  noluerimus,  cum  nostro  con- 
sensu  vendere  vel  pignorare  tibi  liceat  tali  per         14.  sone,  que  nobis 

(a)  D  pos3         (b)  D  siimmiss3 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         171 

placeat  sine  malitia,  dato  nobis  dicto  commino.  Si  publico  exercitu  (•») 
vel  celi  plaga  aut  defectu  culture  venerit  15.  in  desertum,  et  spatio 
trium  annorum  restorata  non  fuerit,  deinde  ad  dictam  nostram  eccle- 
siam  cum  omni  sua  melioratione  revertatur.  Si  aurum  16.  vel  ar- 
gentum  aut  aliud  metallum,  seu  lapides  valentia  ultra  .xii.  provisinos 
Senatus  ibidem  inveneris,  medietatem»  diete  ecclesie  nostre  reddere 
tene  17,  aris.  Nos  autem  prò  nobis  nostrisque  successoribus,  nomine 
diete  ecclesie,  promittimus  tibi  tuisque  heredibus  et  successoribus  liane 
locationem  perpetuo  observare,  iure  defendere  18.  et  contra  non 

venire.  Siqua  pars  contra  fecerit,  solvere  teneatur  alteri  observanti  prò 
pena  dictam  pecuniam  duplam,  et  soluta  pena  vel  non,  hec  carta 
19.  firma  permaneat.  Quam  scribere  rogavimus  Paulum  filium  olim  Ste- 
fani lohannis  Oddonis  scriniarium  in  mense  et  indictione  suprascriptis. 

Petrus  de  Paulo  testis. 

Petrus  Orbetanus  testis. 

Petrus  cocus  S.  Alesii  testis. 

lacobus  portararius  eiusdem  ecclesie  testis. 

Patrimotus  clericus  Sancti  Cel(;i,  et  Blasius  frater  eius  testis,  testis. 

[S.  T.]  Ego  [ìM,]  Paulus  filius  olim  Stefani  lohannis  Oddonis,  Dei  gratia 
sancte  Romane  Ecclesie  iudex  et  scriniarius,  compievi  et  absolvi. 

LI. 

1267,  ottobre   19. 

Boccabove  e  la  sua  famiglia  vendono  in  perpetuo,  col 
consenso  del  monastero,  a  Pietro  «  Bonutii  »  e  ai  suoi  eredi 
e  successori,  la  locazione  della  pezza  e  mezzo  di  vigna  men- 
zionate nel  documento  precedente,  per  14  lire  di  buoni  pro- 
visini  del  Senato,  salvi  il  censo  e  gli  altri  diritti  della  chiesa 
de'  Ss.  Boniflizio  ed  Alessio,  come  sono  stati  già  affermati. 

Arch.  di. Stato,  perg.  n,  8,  ben  conservata;   Reg.  di  Sant'Alessio,  t<>,  2°  (i). 
(a)  D  public  exercit3 

(i)  Nel  verso  della  pergamena:  i.  « Boccab  . . 

« de  vinea  Petri  Bonutii  Montis  Aventini 

« »  (carattere  del  xiii  secolo).         2.  «  locatio  cuiusdam  vinee  in 

«  Marmorata  facta  Boccabove  filio  olim  lohannis  de  Prefectis  per  ab- 
«  batem  et  canonicos  S.  Alexii  sub  annuo  censu  »  (carattere  del  xiv  se- 
colo). 3.  «Carte  de  vineta  boccavove,  idest  locatio  prima  »  (carat- 
tere del  XIV  sec). 


172  QA.  oMonaci 


I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo 
ducentesimo  sexagesimoseptimo,  anno  vero  .111.  pontificatus  domini 
Clementis  IV  pape,  2.  inditione  .xi.,  mensis  octobris  die  .xviiii. 
Nos  quidem  Boccabove,  Patrimotus  clericus  Santi  Celgi,  Blasius  et  An- 
gelus fratres,  3 .  pater  et  filli  insimul  et  in  sollidum,  consentientibus 
in  hoc  nobis  canonicis  ecclesie  Sanctorum  Bonifatii  et  Alexii,  silicet 
fratre  4.  Simeone  priore,  fratre  Romano  cammerario,  fratre  Rai- 

nerio,  fratre  Leonardo  et  fratre  Agustino,  nomine  diete  5.  ecclesie 
et  prò  ipsa  ecclesia,  recipientibus  prò  consensu  comminus  .vii.  solido- 
rum  provisinorum  et  dimidii,  de  quibus  se  quietos  vocaverunt,  et  con- 
sentiente  in  hoc  6.  nobis  Theoddora,  uxore  mei  Blasii,  et  renun- 

tiante  in  hoc  omni  iuri  pignoris,  ypothece  et  parafernarum,  dotis  fu- 
ture (^)  7.  et  donationis  pròpter  nuptias  et  omni  ahi  iuri  et  actioni 
senatusconsultus  Veleiani,  hac  die  presenti,  nostris  bonis  voluntatibus, 

8.  vendimus,  damus  et  concedimus  et  te  in  rem  tuam  procuratorem  con- 
stituimus,  et  per  Petrum  de  Paulo,  quem  nostrum  procuratorem  ad  hoc 

9.  facimus,  te  investiri  precipimus  et  possessionem  tradi  per  eum,  et 
donec  de  predictis  corporalem  possessionem  fueris  adeptus  nos  io.  tuo 
nomine  constituimus  possidere,  possessionem  cuius  adpreendendi  aucto- 
ritate  propria  hberam  facultatem  concedimus  tibi  Petro  11.  Bonutii 
et  tuisque  heredibus  et  successoribus  in  perpetuum.  Idest  unam  petìam 
et  dimidiam  vince,  plus  vel  minus,  cum  arboribus  1 2.  et  parietibus 
antiquis  in  ea  existentibus,  et  cum  introitu  et  exitu  suo,  et  omnibus 
suis  usibus,  utilitatibus  ac  pertinentiis,  13.  positam  in  monte  Aven- 
tino, inter  hos  fines  :  a  primo  latere  tenet  Gulielmus,  ab  alio  heredes 
lohannis  de  Valle,  iuris  diete  ecclesie,  ab  alio  Petrus  Lommardus, 
iuris  ecclesie  Sancte  Sabine  et  tu  idem  Petrus  Bonutii  tenes,  14.  tui 
iuris,  ab  alio  desuper  Silvester  Leonis,  carbonarii,  iuris  Sancte  Prisce. 
Et  damus  et  concedimus  tibi  omne  15.  nostrum  ius  et  actionem 
nobis  competens  et  competituram  adversus  omnem  personam  et  locum 
occasione  diete  vinee  et  16.  suis  pertinentiis.  Hanc  autem  vendi- 
tionem  tibi  facimus  prò  .xiiii.  libris  honorum  provisinorum  Senatus, 
quas  a  te  prò  to  17.  to  pretio,  nobis  valde  placabili,  recipimus,  de 
quibus  nos  bene  quietos  vocamus  et  pacatos,  et  renuntiamus  exceptioni 
18.  non  solute  et  non  numerate  pecunie,  et  si  plus  isto  pretio  valeat, 
inter  vivos  tibi  donamus  et  concedimus  causa  intime  19.  dilectio- 
nis,  quam  erga  te  habemus.  Unde  a  modo  liceat  tibi  eam  intrare,  te- 
nere, mi,  frui,  possidere,  ven  20.  dere,  donare,  alienare  et  ex  ea 
facere  quicquid  volueris  perpetuo,  salvo  iure  et  redditu  diete  ecclesie, 
cui  omni  anno,         21.  tempore  vindemiae,  reddas  quartam  partem  to- 

(a)  D  fut3 


Regesto  di  San f  Alessio  al l^ Aventino         173 


tius  musti  mundi  et  aquati,  quod  ex  ea  exierit*  et  omnia  a  22.  Ha 
eius  iuris,  ut  in  instrumento  locationis  apparet,  ei  fideliter  adimpleas 
et  persolvas.  Promittimus  prò  nobis  nostrisque  23.  heredibus  et  suc- 
cessoribus  tibi  tuisque  heredibus  et  successoribus  hanc  venditionem  et 
predicta  omnia  et  singula  observare,  iure  defen  24.  dere  et  contra 
non  venire;  et  quod  ius  nostrum  nemini  alteri  dedisse,  concessisse, 
alienasse.  Quod  si  appareat  nos  fecisse  25.  et  dampnum  propterea 
incurras,  tibi  reddere  et  restorare  promittimus.  Pro  qua  restoratione 
omnia  nostra  bona  tibi  obligamus  et  pre  26.  carie  tenemus,  sub 

pena  diete  pecunie  duple,  et  soluta  pena  vel  non,  hec  carta  firma  per- 
maneat.  Quam  scribere  27.  rogavimus  Paulum  filium  olim  Stefani 
lohannis  Oddonis  scriniarium,  in  mense  et  indictìone  suprascriptis. 

Petrus  de  Paulo  testis. 

Petrus  Orbetanus  testis. 

Petrus  cocus  S.  Alexii  testis. 

lacobus  portararius  diete  ecclesie  testis. 

lacobus  Guargellus,  et  Nicolaus  Rainalli' testis  testis. 

[S.  T.]  Ego  [M.]  Paulus  filius  olim  Stefani  lohannis  Oddonis,  Dei  gratia 
sancte  Romane  Ecclesie  iudex  et  scriniarius,  compievi  et  absolvi. 

LIL 

1271,  decembre  8. 

Il  monastero  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio  loca  in  per- 
petuo ad  Angela,  vedova  del  fu  Martino  e  tutrice  dei  pu- 
pilli Angeluccio,  Pietruccio,  Giannuccio  e  Giacobella,  la  metà 
d'  una  pezza  di  vigna  fuori  porta  Appia,  nella  Valle  di  Gio- 
vanni Giudice,  per  la  pensione  annua  di  tre  soldi  e  mezzo 
di  provisini  e  mezzo  rubbio  di  cipolle.  Pena  mezza  libbra 
d' oro. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n,  9,  con  alcuni  passi  guastati  dalla  muffa. 

I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo 
ducentesimo  septuagesimoprimo,  indictione  .xv.,  mensis  decembris 
2.  die  .vili.,  corani  me  Leonardo  notarlo  et  testibus  subscriptis  ad  hec 
vocatis  et  rogatis,  3.  religiosi  et  discreti   viri    dominus   Johannes 

abbas  venerabilis  monasterii  Sanctorum  Bonifatii  4.  et  Alexii  et 
capitulum  seu  conventus  eiusdem,  scilicet  frater  Romanus  prior,  frater 
Raynerius,  frater  Leonardus,  5.  frater  Augustinus  et  frater  Petrus 
canonici  dicti  monasterii  prò  se  ipsis  et  dicto  monasterio  spontc  loca- 


174  ^*  donaci 


veruni  et  6.  concesserunt  Angele,  uxori  olim  Martini,  tutricì  An- 
gelutii,  Petrucii,  lanucii  et  lacobelle  7.  filiorum   suo[rum   suo  et 

ijpsorum  [filiorum]  t[utorio]  nomine  recipienti  prò  eis  eorumque  here- 
dibus  et  successoribus,  perpetuo,  8.  dimidi [am  petiam  vince],  plus 
vel  minus,  cum  introytibus  et  exitibus  suis  et  omnibus  suis  pertinentiis, 
positam  9.  extra  portani  A[p]p[iam]  in  valle  et  proprietate  dicti 

monasterii,  que  vocatur  Vallis  lohannis  ludicis.  Cui  ab  20.  [uno 

latereten]et  Paulus  lanuarii,  via  mediante,  ab  alio  Egidius  Philippi,  iuris 
dicti  monasterii,  11.  ab  alio  monasterium  Sancti  Pauli,  ab  alio  dicti 
filli  Martini.  Quia  promisit  dieta  tutrix  et  12.  dicti  pupilli  tenean- 
tur  dicto  monasterio  reddere  annuatim  in  adsumpsione  Sancte  Marie 
mensis  13.  augusti,   nomine   pensionis,  tres  sollidos  et  dimidium 

provisinorum   et  dimidium  rublum  ceparum.  Et  si  14.  contigeret 

eos  ibi  vineam  pastinare,  reddant  annuatim  dicto  monasterio  quartam 
partem  totius  15.  musti  mundi  et  aquati,  quod  inde  exierit,  et  di- 
midium canistrum  uvarum,  quod  16.  s[i]t  in  fijndo  duorum  pal- 
morum  et  unius  submissi  altum,  et  manducare  et  bibere  17.  mi- 
nistro dicti  monasterii  cum  iverit  prò  quarta,  et  omnes  alios  tenores 
observabunt  in  18.  locationibus  vinearum  consuetos.  Et  nulli  alii 
ecclesie,  pio  loco  seu  pò  19.  tenti  persone  dictum  ortum  seu  vineam 
vendent,  donabunt,  relinquent,  vel  cum  eis  20.  aliquem  contractum 
vel  quasi  facient.  Set  si  predicta  vendere  vel  pignorare  voluerint,  prius 
dicto  21.  monasterio  vendant  et  pignorent  insto  pretio,  quod  ab  alia 
persona  habcre  potuerint  sine  22.  malitia,  minus  .xxx.  provisinis. 
Et  si  monasterium  emere  seu  pignori  recipere  23.  noluerit,  vendat 
et  pignoret,  cum  consensu  dicti  monasterii,  tali  persone,  que  ipsi 
24.  monasterio  s[ine]  malitia  placeat,  soluto  ipsi  monasterio  dicto 
comminu  prò  25.  venditione.  Et  si  in  predictis  aliquid  ultra  ,xii.  de- 
narios  valens  invenerint,  26.  medietatem  dicto  monasterio  dent. 
Et  prò  se  suisque  lieredibus  et  successoribus  promisit  27.  una  pars 
alteri  que  dieta  sunt  observare  et  contra  nullo  modo  venire,  28.  sol- 
vendo [prò]  pena  dimidiam  libram  auri. 

Testes:    lacobus    Andree    de    Ballan(;a,    Thomassinus    Salica  .  .  . 
[Io]h[ann]is  barberius. 

Ego  [M.]  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei,  sancte  Romane  Ecclesie  no- 
tarius,  compievi  et  scribsi. 

LUI. 

Tre   documenti   sull'acquisto   della  Valle   di  Giovanni 
Giudice. 


^gesto  di  Sant'Alessio  alT Aventino         175 


1°)  1271,  settembre  30. 

Testamento  di  Crescenzo  «  domini  Leonis  lohannis 
«ludicis»,  che  lascia  al  monastero  di  S.  Alessio  la  Valle 
di  Giovanni  Giudice  e  100  soldi  di  provisini  «  prò  sub- 
«  tractis  et  male  ablatis  r> ,  con  altri  lasciti  a  diversi.  «  Actum 
«  in  camera  predicti  testatoris.  Magister  Nicolaus,  Dei  gratia, 
«  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  445-8,  App.  n.  xxxv  ;  Arch,  di  Stato,  perg.  n.  io,  qua  e  là 
danneggiata  nel  margine  ;  Reg,  di  S.  Alessio,  t.  2*,  con  testo  non  completo. 

Collazione:  N  p.  446,  rr.  5-4  nuncupativum  D  nuccupativum  N.  p.  448,  r.  quiut' ul- 
timo Nicolaus  Zanconus  DN,  Qanconus.  Al  rigo  ultimo  si  noti  in  fine:   monogramma, 

2")   1271,  Ottobre  27. 

Frate  Bernardo,  precettore  dell'ospedale  di  S.  Spirito 
in  Sassia,  frate  Giacomo  Bovaccano,  priore  di  S.  Sabina, 
dell'ordine  dei  Predicatori,  e  frate  Adinolfo  de  Ponticello, 
dell'ordine  dei  Minori,  esecutori  e  fidecommissari  del  testa- 
mento summenzionato  di  Crescenzo,  costituiscono  loro  pro- 
curatore Pietro  Consulino  giudice,  perchè  metta  in  pos- 
sesso l'abbate  Giovanni,  del  monastero  dei  Ss.  Bonifazio 
ed  Alessio,  della  Valle  di  Giovanni  Giudice.  Pena  una  libbra 
d'oro.  ((  Actum  apud  Sanctam  Sabinam.  Magister  Nicolaus, 
«  Dei  gratia,  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  ». 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.   io;  Reg.  di  S,  Alessio,  t.  2°. 

3°)  1271,  Ottobre  30. 

L'abbate  Giovanni  è  messo  in  possesso  della  Valle  di 
Giovanni  Giudice,  fuori  porta  Appia.  «  Magister  Nicolaus, 
«  Dei  gratia,  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  [M.]  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  448-50,  App,  n.  xxxvi;  Ardi,  di  Stato,  perg,  n,  10;  Reg,  di 
S,  Alessio,  t.  2",  col  testo  abbreviato. 

Collazione:  N  p,  448,  r.  penultimo  lacobo  Bovaczano  D  I,  bovaccano  N p.  449,  r,  6 
quod  D  qui  N  r,  16  suo  ultimo  D  ultimo  suo  N  p.  4^0,  r,  ultimo,  notisi  infine  il  mono- 
gramma del  nome  Giovanni, 


Q/ì,  zMonaci 


LIV. 

1273,  aprile  26. 

Il  monastero  di  S.  Alessio  loca  in  perpetuo  alle  mo- 
nache di  S.  Maria  «  de  Maxima  »  quattro  pezze  di  vigne 
fuori  porta  Appia,  sopra  S.  Maria,  «  ubi  Dominus  appa- 
«  ruit  »,  per  la  pensione  annua  di  quattro  buoni  provisini. 
Pena  una  libbra  d'oro.  «  Ego  [M.]  Leonardus  [M.]  lacobi 
«  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie  notarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  450-52,  App.  n.  xxxvii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  ii;  Reg. 
di  S.  Alessio,  t,  2°,  col  testo  più  completo  che  nel  Nerini  ;  e  cod.  Vat,  lat.  7933  (del 
Galletti),  f.  48,  colla  iscrizione  «Ex  Arch,  secr.  Vaticano». 

Collazione  :  N  p,  4/0,  r.  _j  Aprilis  D  Aprelis  N  r.  ^    specialiter et    roga- 

torum  D  e  R  s.  vocatorum  e,  r.  N  p.  4;!,  r.  7  dal  fine  Domine  D  e  R  domina  N  r.  pe- 
nultimo Petronus  D  et  Petronus 


LV. 

i")  1273,  dicembre  9. 

Angela,  vedova  di  Martino,  e  i  suoi  figli  minorenni 
Pietruccio  e  Giannuccio  vendono  a  Biasio  «  Munaldi  »  e 
ai  suoi  eredi  e  successori,  in  perpetuo,  la  locazione  d'una 
mezza  pezza  d'orto  fuori  porta  Appia  nella  Valle  di  Giovanni 
Giudice  (cf.  il  doc.  lii),  per  la  somma  di  quattro  lire  e 
mezzo  di  provisini,  salvi  i  dritti  del  monastero  di  S.  Alessio, 
cui  il  detto  Biasio  dovrà  la  pensione  annua  di  tre  soldi  e 
mezzo  di  provisini  e  mezzo  nibbio  di  cipolle. 

2°)   1273,  dicembre  17. 

L'abbate  Giovanni  e  i  canonici  di  S.  Alessio  consentono 
alla  vendita  suddetta,  ricevendo,  per  il  consenso,  30  provisini. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n,  12.    Carta  appare  redatta  per  il  monastero  (i). 

(i)  Nel  verso  della  pergamena,  in  carattere  del  xiv  secolo:  «  Ap- 
ft  parum  Sancti  Alexii  de  orto  qui  fuit  filiorum  Martini,  posito  in  Valle 
«lohannis  ludicis,  quem  emit  Blasius  Munaldi». 


^gesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         177 


I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo  du- 
centesimo  septuagesimotertio,  tempore  domini  Gregorii  decimi  pape, 
indictione  secunda,  mensis  decembris  die  nona.  2.  Coram  me  Leo- 
nardo notario  et  testibus  subscriptis  ad  hec  vocatis  et  rogatis,  domina 
Angela  uxor  olim  Martini  et  Petrucius  filius  eius,  3.  prestita  pace 
a  dicto  Petrucio  loco  sacramenti  prò  hiis  omnibus  observandis  nec  re- 
tractandis  ratione  minoris  etatis  vel  alio  modo,  tam  prò  ipsis  4.  quam 
prò  lanucio  fìlio  diete  Angele  et  fratre  dicti  Petrucii,  prò  quo  se  obli- 
gaverunt  quilibet  eorum  in  solidum  quod  hec  omnia  ipse  lanucius 
5.  observabit  et  quod  ipse  vel  eius  persona  legitima  contra  hec  nullo 
modo  veniet,  inmo  qnam  citius  ad  perfectam  etatem  pervenerit  gratis 
consentiet  6.  sub  obligatione  honorum  ipsorum,  presente,  vidente 
et  consentiente  lacobo  Martini  fìlio  diete  Angele  et  Paula  uxore  ipsius 
lacobi,  et  renunti  7.  ante  omne  ius  eis  vel  alteri  eorum  compe- 

tens  et  competiturum  in  hiis  quocumque  nomine  et  specialiter  diete 
Paule    ratione   sue  dotis,  donationis  8.  propter  nuptias,  vel  alio 

modo,  et  renuntiante  auxilio  senatusconsulti  Velleiani  omnique  iuris 
auxilio,  vendiderunt,  dederunt  et  concesserunt  Biasio  Munaldi  prò 
9.  se  et  eius  heredibus  et  successoribus,  perpetuo,  dimidiam  petiam 
orti,  plus  vel  minus,  cum  introytibus  et  exitibus  suis  et  omnibus  suis 
pertinentiis,  positam  extra  portam  Appiani  io.  in  proprietate  mo- 
nasterii  Sancti  Alexii,  in  Valle  que  dicitur  lohannis  ludicis.  Cui  ab 
uno  latere  tenet  Paulus  lanuarii,  via  mediante,  ab  alio  11.  heredes 
Egidii  Philippi,  iuris  dicti  monasterii,  ab  alio  monasterium  Sancti  Pauli, 
ab  alio  ipsa  Angela,  et  cum  omnibus  iuribps  et  actionibus  eis  com- 
petentibus  12.  et  competituris  in  ipso  orto,  reservata  ipsis  vendi- 
toribus  via  eundi  et  veniendi  per  viam,  que  est  inter  hunc  et  ortum 
Pauli  lanuarii,  sine  13.  sauma  lignorum.  Et  de  ipso  orto  eum  vo- 
luerunt  investiri  et  in  possessionem  induci  per  Paulum  lanuarium, 
qui  (•'>)  ad  hoc  investimentum  faciendum  suum  procuratorem  con 
14.  stituerunt.  Et  donec  corporalem  possessionem  adypiscatur,  se  dicti 
emptoris  nomine  constituerunt  possidere,  dantes  sibi  nichilominus 
potestatem  et  licentiam  15.  dictum  ortum  ex  nunc  propria  aucto- 
ritate  intrandi,  tenendi,  possidendi,  vendendi  et  quicquid  voluerit  fii- 
ciendi,  salvo  omni  iure  dicti  monasterii  Sancti  Alexii.  16.  Cui  dictus 
Blasius  promisit  et  tencatur  reddere  annuatim  in  festo  sancte  Marie 
augusti,  nomine  pensionis  dicti  orti,  tres  sollidos  et  dimidium   provi- 

(a)  /.  qiicm 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIU.         12 


178  qA.  oMonaci 


sinorum  0'^)  17.  et  dimidium  rublum  ceparum,  et  alia  observare 
eidem  ut  instrumento  scripto  per  me  notarium  continetur,  scilicet  lo- 
cationis  facte  ipsi  Angele  prò  filiis  suis  18.  in  anno  Domini  mil- 
lesimo ducentesimo  septuagesimo  primo,  indictione  .xv.,  mensis  decem- 
brisdie.vi.(b).  Hanc  venditionem  et  que  dieta  sunt  sibi  fecit  prò  pretio 
•iiii.  librarum  19.  et  dimidia  provisinorum  (a),  quas  confessi  sunt 
recepisse  a  dicto  Biasio,  de  quibus  se  bene  quietos  et  pacatos  voca- 
verunt,  renuntiando  exceptioni  non  solute  et  non  numerate  pecunie 
20.  et  cetera. 

Testes  :    Petrus  ludicis    de  Arenula,  Bactitor  Balatis,   Stephanus 
Falconcelli,  Burgonionus. 


I.  Die  .XVII.  dicti  mensis  decembris,  presentibus  Matheo  Bar- 
tholomei  aurificis,  lohanne  Boni  Hominis,  lohanne  Raynaldi  testi- 
bus,  2.  religiosi  viri  dominus  Johannes  abbas  venerabilis  monasterii 
Sancti  Alexii  predicti,  frater  Petrus,  frater  Raynerius,  frater  3.  Sil- 
vester,  frater  Andreas  et  frater  Antonius  canonici  dicti  monasterii, 
recipientes    prò   consensu  .xxx.  provisinos,  consenserunt  4.   diete 

venditioni;  quia  dictus  Blasius  dictam  pensionem  et  omnia  predicta 
eidem  monasterio  perpetuo  observare  eidem  promisit  ac         5.  solvere. 

Ego  [M.]  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei,  sancte  Romane  Ecclesie  no- 
tarius,  quia  predictis  interfui,  predicta  prò  apparo  dicti  monasterii  ex 
predicta  venditione  scribsi  et  in  publicam  formam  redegi. 

LVL 

1274,  marzo  12. 

Pietro,  figlio  ed  erede  di  Enrico  «  lohannis  Romani  » , 
dona  «  inter  vivos  »  al  monastero  dei  Ss.  Bonifazio  ed 
Alessio  venti  pezze  di  vigne  ed  i  suoi  orti  con  una  torri- 
cella,  fuori  porta  Appia,  nella  Valle  di  Giovanni  Giudice, 
mosso  da  devozione  e  da  sentimento  religioso.  Pena  tre  libbre 
d'oro.  «  lohannes  de  Rapiccis  sancte  Romane  Ecclesie  scri- 
((  niarius  [S.  T.]  )). 

In  Nerini,  op.  cit,  pp.  452-3,  App.  n.  xxxviii,  e  nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  13; 
Reg,  di  S.  Alessio,  t.  2**.  Trascrizione  esatta.  Il  Reg,  di  S,  Alessio  ha  il  testo  meno  abbre- 
viato che  il  Nerini. 

(a)  D  prov         (b)  Invece  nel  documento  meniionato  è  scrino  die  viii 


Regesto  dì  Sant^ Alessio  al l^ Aventino         179 
LVII. 

1277,  maggio  25. 

L'abbate  e  il  convento  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio 
danno  il  loro  consenso  alla  vendita  fatta  a  Giacomo  di 
Bartolomeo  Scorsolini  da  Margherita  consorte  di  Nicola 
(dohannis  Silcis»,  della  quarta  parte  d'una  vigna  vecchia 
e  d'un  pezzetto  di  pastino  fuori  porta  S.  Paolo  «  in  Ortis 
«  Prefectis  » ,  avendo  ricevuto  dalla  suddetta  Margherita 
due  soldi  di  provisini  come  commino  ;  obbligandosi  il  detto 
Giacomo,  invece  della  detta  Margherita,  alla  pensione  annua 
di  dodici  provisini  da  pagarsi  al  monastero  nella  festa  di 
sant'Alessio.  Si  fa  menzione  dell'  istromento  principale  di 
vendita  (per  otto  lire  di  provisini)  redatto  dal  notaro  Mu- 
naldo  Ancontani.  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Ego  [M.]  Leo- 
«  nardus  [M.]  lacobi  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie  no- 
ce tarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit,   pp.  453-4,  App.  n.  xxxix  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.   14. 
Collazione  :   N  p,  4J4,  r,  i Conventus  ejusdem  D  et  e.  e. 

LVIII. 

1°)  1278,  gennaio  23  00, 

Nicolò  Malacena  vende  alla  chiesa  di  S.  Maria  Nuova 
due  tenute  vignate  ed  arborate  «  ad  Formellum  »  fuori 
porta  Appia  per  mille  lire  di  provisini  del  Senato  e  la  pen- 
sione annua  di  tre  soldi  di  provisini  del  Senato,  salvi  i 
dritti  del  monastero  di  S.  Alessio  proprietario.  Che,  in 
caso  d'una  nuova  vendita,  avrà  il  commino  di  20  lire  di 
provisini,  e  se  non  volesse  comprare  le  tenute,  100  soldi 
di  provisini  del  Senato  per  il  consenso  dato.  Pena  il  doppio 
della  somma. 

(a)  Secofido   R  22  gennaio 


i8o  qA,  oMonaci 


Lo  stesso  giorno  l'abbate  e  il  monastero  di  S.  Alessio 
consentono  alla  vendita,  per  il  commino  e  la  pensione 
suddetti. 

f- 

Lo  stesso  giorno,  l'abbate  e  i  canonici  di  S.  Alessio 
dichiarano  di  aver  ricevuto  venti  lire  e  cento  soldi  di  pro- 
visini  del  Senato  per  il  commino  e  il  consenso  dato. 
«  Ego  [M.]  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei    sancte  Romane 

«  Ecclesie    notarius una   cum   Gregorio 

«  notarlo  supradicto  » . 

In  Nerini  (che  però  non  distingue  i  tre  documenti),  op.  cit.  pp.  455-7,  App.  n.  xl  ; 
Arch,  di  Stato,  perg.  n.  15,  danneggiata  dalla  muffa;  Reg.  di  S,  Alessio,  t.  2°,  col  testo 
molto  più  completo  che  quello  del  Nerini. 

Collazione  :  N  p.  4;;  r,  $  die  vicesima  ...  D  die  vicesima    tertia  N  r.  8  sua  bona 

voluntate dit  i?  s.  b.  v.  vendidit  N  rr,  11-2  duo  tenimen us  D  d.  tenimenta 

in    quibus  N  rr.  14';    vicolus  . .  .    pergit    D   v.  qui   p,  N  r.   i; D 

pacem  N  p.  4^6,  r,  2  . , .  aria  D  a[vi  ?]aria    N  p.  4^6    r.  )    cessit davit  R  e.  et 

mandavit  N  p,  4/7,  r.  2  Maczioctus  D  Macgioctus  Al  rigo  seguente  si  aggiunga  nel  testo 
del  Nerini  un  etc.  per  indicare  la  parte  omessa  della  pergamena. 


LIX. 

1278,  maggio  4. 

Il  monastero  loca,  per  cinque  anni,  a  Saba  «  Petri  Od- 
«donis»,  del  rione  di  S.  Angelo,  e  a  Luca  Porticario,  del 
rione  di  Ripa,  le  tre  pescaje  sul  Tevere  «  Palatellum  Stri- 
«  ctum,  Columpnellam  »  e  «  Farum  » ,  per  la  pensione  annua 
di  40  soldi  di  provisini  del  Senato  e,  ogni  anno,  in  aprile, 
14  belle  Iacee  «  bonas,  grassas,  ovatas».  Pena  mezza  libbra 
d'oro.  «  [S.  T.]  Petrus  Henrici  ludicis,  auctoritate  sacro- 
«  sancte  Romane  Ecclesie,  iudex  et  scriniarius  » . 

In  Nerini,  op.  cit,  pp.  457-9,  App.  n.  xli;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  lé.  Trascri- 
zione esatta. 


Regesto  di  Sant^ Alessio  all'Aventino         i8i 


LX. 

1279,  novembre  12. 

Il  monastero  loca  di  nuovo,  fino  alla  terza  generazione, 
a  Tommaso  Raniero  e  ai  suoi  discendenti  in  linea  retta  un 
orto  fuori  porta  Appia  «  in  Ortis  Praefectis  »  nella  valle  del 
monastero,  per  la  pensione  annua  di  sedici  soldi  di  provisini 
e  «  unam  rublicellam  bonarum  ceparum  ad  culmum,  ad 
a  rublicellam  Senatus  »,  facendo  qualche  riserva  sul  reddito 
dell'orto,  e  ricevute  quindici  lire  di  provisini  per  la  rinno- 
vazione della  locazione.  «  Et  si  in  dicto  orto  inveneritis 
«  aurum,  argentum,  plumbum,  metallum,  vel  aliquod  aliud 
«valens  ultra  .xii.  denarios,  medietatem  nobis  dabitis». 
«  Ego  [M.]  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei  sancte  Romane  Ec- 
ce clesie  notarius  » . 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  459-60,  App.  n.  xlii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  17. 

Collazione  :  A'^  p,  4/9^  r,  18  ligare  cannas  D  lig.  can,  prò  nobis  N  p.  460,  r.  9 
Gualterius  Petri,  frater  Stephanus  de  Astura  Oblatus  Monasteri!  S,  Alexii  D  Gualterius 
Petri  frater,  Stephanus  de  Astura  O.  M.  S.  A. 


LXI. 

1°)   1281,  febbraio  6. 

Il  monastero  costituisce  suo  procuratore  frate  Pietro, 
priore  di  S.  Alessio,  per  rinnovare  il  contratto  di  locazione 
del  fondo  seminativo  a  Oliari  »,  nel  territorio  d'Albano,  e 
di  tre  pezze  di  vigna  nel  territorio  dell'Aricela,  a  Stefania 
e  Boniza,  figlie  di  Agnese,  della  fu  Alfania,  per  la  pensione 
annua  di  tre  rubbia  di  grano  (secondo  la  misura  del  Senato) 
per  l'appezzamento  di  terra,  e  di  due  denari  pavesi  per  le 
vigne,  e  l'obbligo,  morendo  in  città,  o  di  aver  sepoltura  in 
S.  Alessio  o  di  erogare  la  metà  del  denaro  in  loro  suffragio 
a  vantaggio  del  monastero.  «Ego  [M.]  Leonardus [M.]  lacobi 
«  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie  notarius  » . 


i82  qA,  oMonacì 


2**)  1271,  febbraio  6. 

Copia  dell'  istrumento  di  locazione,  colla  quale  Stefania 
e  Boniza  suddette  sono  investite  dei  fondi  summenzionati 
dal  procuratore  del  monastero  Pietro,  canonico  e  priore, 
per  la  somma  di  otto  lire  di  provisini  del  Senato,  e  la  pen- 
sione suddetta. 


3°)  1282,  marzo  20. 

Il  suddetto  procuratore  investe  Stefania  e  Andrea  di 
Oddone  (cui  erano  stati  devoluti,  per  ragione  di  dote,  i 
dritti  di  Boniza)  dei  fondi  suddetti.  «  Ego  [M.]  Leonar- 
((  dus  [M.]  lacobi  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie  notarius  ». 
(La  sottoscrizione  vale  anche  per  il  doc.  precedente). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  460-63,  App.  n,  xliii  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  18,  danneg- 
giata dall'umidità;  Reg.  di  5.  Alessio,  t,  2°,  col  testo  più  completo  che  nel  Nerini. 

Collazione:  N p.  460,  r.  /  ad  hoc  D  a.  hoc  N  p.  461,  r.  8  Bonize  D  Bonicfe  N p.  461, 
r.  II  prò  ipsis  et  earum  legitimis  filiis  et  filiabus,  nepotibus  ,  . . . .  D  p.  i.  e.  e.  1.  f.  e.  f.  n. 

[neptib]us  et  filiis  N  r.  ij pedicam  D  unam   p.  N  r.  19   e  D  cuius R  cuius 

hii  sunt  veteres  fines  N  p.  461,  rr.  $-6  dal  fine  Fines  vero   moderni i)  F.  v.  m.  . . . 

sunt  ti  r,  ter:( ultimo,  baltiolus  terre,  quam  D  b.  t.  quem  N p.  461,  r,  penultimo  e  ultimo 

Alexius D  Alexius  Leni  N  r,  ultimo    castri  Sa  ....  i  D  e.  Sabelli  N  p    462,  r.  7 

qua  itur  inter  .  . .  Z)  q,  i.  i.  vineas  N  r,  io  Fines  moderni  alterius  petioli , D  ¥.  va, 

a.  p.  vinearum  A^  rr,  lo-i  e  D  ah  uno  latere  ....  carraria  R  a.  u,  1.  est.  e.  N  r,  13  portam 
de  Maczesis  D  p.  d.  Macfesis  N  r,  quint' ultimo  Re  ... .  sanus  scriniarius  D  Reckisanus  s. 

N  r,  quint' ultimo  e  quart'uliimo heredes colay  Vicovarii    D heredes  .  . 

Nicolay  lohannis  V,  R  ab  alio  heredes  Nicolai  lohannis  Vicovarii  N  r.  quartultimo  ab 
alio  via  se la  D  a.  a.  v.  s  .  .  . .  arola  [seu  carrarola  ?]  N .,,  .  alter  ....  sive  cana- 
pine R  Fines  alterius  horti  s.  e,  N  r,  ter^' ultimo  ab  uno  latere dictus  ortus  me- 
diante dieta  carrarola  D  a.  u.  1.  est  d.  o.  m.  d.  e.  A^  r.  penultimo  ab  alio   sunt , , .  coste 

D  a.  a.  s  .  .  et  coste  R  a.  a.  s.  horti  et  coste  N  p,  46 j,  r,  5  quod  si  in  Urbe  mor crint 

D  q.  s.  i.  u.  mortui  fuerint  N  r,  6  et  quod  mortuis  ....  predicta  ad  dictum  monasterium 
revertantur  De.  q.  m. .  .  iam  dictis   personis    predicta  a,    d.  m.  r,  R  e.  q.  m.    omnibus 

iam  dictis  personis  p.  a.  d.  m.  r.  N  r.  penultimo  del  doc.  Sancte  Romanae  Ecclesie 

dictis  interfui  D  S.  R.  E.  notarius  predictis  i. 

LXII. 

1284,  marzo  26. 

Stefano  abbate  del  monastero  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio 
e  il  capitolo  (di  quattro  frati  canonici)  del  monastero  locano 
a  Francesca  «  uxor  olim  Bartholomei  qui  dicebatur  Meulus, 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino  183 


((  nepotis  olim  Massei  Marci  »,  tutrice  e  rappresentante  le- 
gittima del  figlio  Angelello,  e  ai  suoi  eredi  e  successori  in 
perpetuo,  due  pezze  di  vigne  arborate  e  la  terza  parte  d'una 
pezza  di  vigna,  arborata  e  con  canneto,  fuori  porta  Appia, 
nella  Valle  di  Giovanni  Giudice.  Il  censo  annuo  sarà  della 
quarta  parte  del  mosto,  di  tre  canestri  d'uva  e  della  quarta 
parte  dei  frutti  degli  alberi,  coli' obbligo  di  somministrare 
cibarie  e  bevande  al  ministro  del  monastero,  quando  ogni 
anno  si  recherà  al  fondo  per  raccogliere  la  quarta.  «  Et  si 
«  aurum,  argentum,  ferrum,  plumbum,  metallum,  lapides, 
«  vel  aliquid  aliud  valens  ultra  .xii.  denarios  papienses  in- 
«  venerit,  medietatem  dicto  monasterio  dabit  )> .  «  Ego 
«  [M.]  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie 
((  notarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  463-4,  App.  n.  xliv  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  20,  in  buono 
stato. 

Collazione:  N  p.  464,  r,  16  lacobus  Benedimane  D  I.  Bonedimane  A' r.  quart' ultimo 

Raynerius    R narius    D   Raynerius    rongonarius  N  r.  ultimo    scripsi    et    compievi 

D  scribsi  e.   e. 

LXIII. 

1284,  marzo  26. 

Il  monastero  conferma  a  Francesca,  vedova  di  Bartolo- 
meo, come  tutrice  del  figlio  Angelo,  pupillo,  e  ai  suoi  eredi 
e  successori,  fino  alla  terza  generazione,  la  locazione  di  un 
orto  fuori  porta  Appia  nella  Valle  di  Giovanni  Giudice,  per 
il  canone  annuo  di  io  soldi  di  provisini  del  Senato  e  un 
rubbio  di  cipolle,  oltre  cinque  soldi  di  provisini  pel  consenso. 
Pena  una  libbra  d'  oro.  È  trascritta  nel  doc.  la  locazione 
del  25  settembre  1265,  colla  quale  lo  stesso  fondo  fu  af- 
fittato a  Leonardo  del  fu  Silvestro  e  ai  suoi  eredi  e  succes- 
sori, fino  alla  terza  generazione,  da  Crescenzo  di  Leone  di 
Giovanni  Giudice;  dopo  la  cui  morte  l'orto  venne  in  pro- 
prietà del  monastero.  Si  fa  menzione  nel  doc.  suddetto 
del  testamento  di  Masseo  di  Marco,  che  lasciò  1'  orto,  da 


184  qA.  ^Monaci 


lui  acquistato  dal  predetto  Leonardo  di  Silvestro,  al  nepote 
Bartolomeo  summenzionato. 

NelI'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  19,  ben  conservata,  ma  corrosa  nel  margine  destro 
delle  righe  11-3  per  Io  spazio  di  tre  lettere  (i). 

I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo  du- 
centesimo  octuagesimoquarto,  anno  quarto  pontificatus  domini  Mar- 
tini pape  ini,  indictione  .xii.,  2.  mense  martii,  die  vicesimasexta. 
Cum  quondam  dominus  Crescentius  Leonis  lohannis  ludicis,  post  mor- 
tem,  seu  per  mortem  cuius  mona  3.  sterio  Sancti  Alexii  subscri- 
ptus  ortus  pervenit,  locaverit,  concesserit  Leonardo  filio  olim  Silvestri 
ortum  subscriptum  per  publicum  4.  instrumentum  locationis,  scripte 
quondam  per  Angelum  Thome  scriniarium,  cuius  instrumenti  locationis 
tenor  talis  est  :  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis 
5.  millesimo  ducentesimo  sexagesimoquinto,  indictione  nona,  mense 
septembris,  die  vicesimaquinta.  Nos  Crescentius  Leonis  lohannis  lu- 
dicis hac  6.  die,  de  nostra  bona  voluntate,  prò  nobis  et  nostris 
heredibus  et  successoribus,  locamus  et  iure  locationis,  per  Masseum 
Donatoris  procuratorem  nostrum  ad  hoc  a  nobis  specialiter  7.  con- 
stitutum,  per  ipsum  possessionem  tradimus  et  concedimus  tibi  vero 
Leonardo  filio  olim  Silvestri,  tuisque  filiis  et  filiabus,  nepotibus  et 
neptibus  8.  ex  tuo  legitimo  matrimonio  procreatis  tantum  ;  quod 
si  ad  mortem  tuam  filios  vel  filias,  nepotes  vel  neptes  non  habueris, 
liceat  9.  tibi  unam  personam  tacere  heredem,  que  nobis  placeat 
sine  malitia,  vita  eius  tantum.  Idest  unum  petium  orti  cum  arboribus 
suis  et  pergulis  rasis  io.  et  omnibus  suis  usibus,  utilitatibus  ac 
pertinentiis,  positum  extra  portam  Appiam,  in  valle  nostra  que  dicitur 
lohannis  ludicis,  inter  hos  fines  :  a  primo  latere  11.  tenet  Silve- 
ster  Divitie,  a  .11.  heredes  Angeli  de  Gratia,  a  .111.  Egidius  Spoletinus, 
a  .1111.  *  *  •.  Hanc  autem  locationem  tibi  faci[mus]  12.  quia  in 
presentia  huius  scriniarii  et  testium  subscriptorum  ad  hec  rogatorum 
promictis  nobis  et  nostris  heredibus  et  successoribus  reddere  et  solvere, 
nomine  pensionis  et  prò  pre[tio]  13.  dicti  orti,  omni  anno  in  festo 
Assumptionis  sancte  Marie,  decem  sollidos  provisinorum  (a)  Senatus  et 
unum  rublum  ceparum.  Quod  si  in  festo  non  solveritis,  [in]  14.  oc- 
tavo  duplicetis.  Et  si  in  dicto  orto  feceritis  vineam,  reddat  nobis  et 
nostris  heredibus  et  successoribus  quartam  totius  musti  mundi  et  aquati 

(a)  D  prov 

(i)  Nel  verso  della  pergamena,  in  carattere  del  xiv    sec.  :    «  In- 
«  strumentum  locationis  orti  apud  portam  Appiam». 


'T{e gesto  di  Sant'Alessio  alV Aventino         185 


15.  et  quartali!  fructuum  arborum  et  unum  canistrum  de  uvis  plenum, 
quod  sit  in  fundo  duorum  palmorum  et  altum  unius  submissi,  i6.  et 
omnes  alios  tenores  et  condictiones,  quas  alii  laboratores  faciunt  nobis 
de  aliis  vineis  nostris,  et  de  dieta  pensione  17.  ex  tunc  non  te- 

neamini.  Nulli  ecclesie,  pio  loco  seu  potenti  persone  dictuni  ortum 
seu  vineam  vendatìs  vel  pignoretis  prius  18.  nobis,  neque  cum  ipsis 
aliquem  contractum  faciatis.  Et  si  vendere  vel  pignorare  eum  volue- 
ritis,  prius  nobis  vel  nostris  heredibus  vendatis  vel  19.  pignoretis 

in  eo  pretio  vel  mutuo,  quod  ab  alia  persona  habere  poteris  sine  ma- 
litia,  minus  in  venditione  quinque  sollidis  provisinis  («).  Quod  si  sic 
emere  20.  vel  pignori  accipere   noluerimus,   deinde  vendatur  vel 

pignoretur,  nostro  consensu,  tali  persone  que  nobis  placeat  sine  malitia, 
dato  nobis  21.  dicto  comminu  prò  consensu;  mortuis  vero  predi- 
ctis  personis,  dictum  ortum  cum  omni  melioratione  ad  nos  vel  no- 
stros  heredes  ac  successores  libere  22.  revertatur,  non  obstante  usu 
servante.  Nos  vero  predictus  Crescentius  tam  prò  nobis  quam  prò 
heredibus  ac  successoribus  nostris  promictimus  tibi  predicto  Leo 
23.  nardo  et  tuis  fìliis  et  filiabus,  nepotibus  et  neptibus  ex  tuo  legitimo 
matrimonio  procreatis,  sicut  dictum  est,  hanc  locationem  et  traditio- 
nem  24.  rata  et  firma  habere  et  contra  non  venire,  set  ab  omni 
homine  et  omni  loco  iure  defendere,  prò  eo  quod  tu,  prò  te  et  prò 
heredibus  tuis,  promictis  25.  nobis  predictos  tenores  huius  locationis 
observare  et  adimplere.  Si  qua  vero  pars  contra  teiaores  huius  locationis 
venire  presumpserit,  pars  26.  infidelis   componat  parti  fidem  ser- 

vanti, prò  pena,  dimidiam  libram  boni  auri  et  soluta  pena  hec  carta 
firma  permaneat.  Quam  scribere  27.  rogavimus  Angelum  Thome 
imperialis  aule  scriniarium  in  mense  et  indictione  suprascriptis  ♦  *  * 
Nicolaus  ^anconis  testis.  Presbyter  Thomassius,  clericus  Sancti  Geor- 
gii,  testis.  28.  Paulus,  eiusdem  ecclesie  clericus,  testis.  Johannes  Bo- 
nucius  testis.  Masseus  Donatoris  testis.  *  *  *  Ego  Angelus  Thome, 
imperialis  aule  29.  scriniarius,  scribsi  et  compievi.  Qui  ortus  habet 
nunc  istos  modernos  fines  :  ab  uno  latere  tenet  Thomas  Raynerii 
30.  pesatoris,  iuris  dicti  monasterii  Sancti  Alexii,  ab  alio  Giliotius  Ni- 
colai massarii,  ab  alio  est  alius  ortus  dicti  pupilli,  omnes  iuris  31.  dicti 
monasterii,  ab  alio  est  mons  monasterii  Sancti  Pauli.  Quem  ortum  iure 
diete  locationis  Masseus  Marci  tenuit  per  dictum  32.  monasterium 
secundum  dictos  tenores,  ex  acquisito  facto  per  eum  a  predicto  Leo- 
nardo Silvestri,  et  ad  mortem  suam  dictus  Masseus  in  suo  te  33.  sta- 
mento  scripto  per  magistrum  Nicolaum  {^)  scriniarium  omnia  sua  bona 
reliquid  Bartholomeo  nepoti   suo.  Qui   Bartholomeus   mortuus  est  re- 

(.1)  D  prov         (b)  Aggiunto  dipoi  ueW interlineo. 


i8^  '       qA,  oMotiaci 


lieto  filio  nomine  Angelo  34.  pupillo,  cuius  Francisca  mater  eius 

est  tutrix.  Unde  religiosi  viri  doniinus  frater  Stephanus  abbas  mona- 
sterii  Sancti  Alexii  et  35.  conventus  eiusdem,  scilicet  frater  Petrus 
prior,  frater  Scanibius  et  frater  Angelus  canonici  dicti  monasterii  con- 
senserunt  prò  dicto  monasterio  36.  secundum  formam  et  tenores 

diete  locationis  in  legato  predicto,  quantum  ad  dictum  ortum  pertinet, 
facto  per  dictum  Masseum  ipsi  ne  37.  poti  suo,  recipientes  prò 

comminu  a  dieta  tutrice  prò  dicto  pupillo  quinque  sollidos  provisino- 
rum('i),  et  dictum  ortum  concesserunt  38.  diete  tutrici  prò  dicto 

pupillo,  tenendum  secundum  tenores  diete  locationis  et  pertotumtempus, 
quo  durabunt  diete  persone  39.  quibus  dieta  locatio  faeta  fuit  tan- 
tum ;  cum  tota  costa  usque  in  planitiem  montis,  ubi  sunt  fìnes  lapidei, 
Inter  montem  40.  monasterii  Sancti  Pauli  et  dictam  costam.  Quia 
dieta  tutrix  prò  dicto  pupillo  promisit  dietis  abbati  et  canonicis  dicti 
monasterii  41.  prò  ipso  monasterio,   et    dictus    pupillus   teneatur, 

omni  anno,  durante  dieta  locatione,  solvere  dictam  pensionem  dicto 
monasterio  in  ter  42.  mino  predicto  et   omnes  predictos  tenores 

ipsius  locationis  ipsi  monasterio  adimplere  et  observare  43.  et  in 
omni  venditione,  obligatione,  donatione  et  omni  alienatione  et  omni 
contraetu  vel  quasi  inde  faciendo  dictum  comminus  solvere.  Et  mortuis 
dietis  personis  44.  quibus  dieta  locatio  faeta  apparet,  dictus  ortus 

cum  omni  melioratione  libere  dicto  monasterio  revertatur,  non  obstante 
usu  servante  (b) .  Que  omnia  45.  ambe  partes  ad   invieem  obser- 

vare, attendere  et  contra  non  venire  promiserunt,  sub  pena  unius  libre 
auri.  Testes  :  Milanus  portararius  et  Raynerius  rongonarius  Santi  Alexi, 
lanucius  Petri,  Paulus  lacobi  Laurentii  scriniarius. 

Ego  [M.]  Leonardus  [M]  lacobi  Rubei,  sanete  Romane  Ecclesie  nota- 
rius,  compievi  et  scribsi  rogatus. 

LXIV. 

1285,  settembre  5. 

Roberto,  del  fu  Giacomo  «  Guidonis  Cincii  »,  vende  a 
luzio,  del  fu  Angelo  «  Petri  Benecase,  alias  dicto  Guercio  », 
e  ai  suoi  eredi  e  successori  tre  «  lectas  orti  in  contrata 
«  Cavuli  »  (nel  territorio  di  Viterbo),  per  la  somma  di 
1 50  lire  di  denari  «  papareni  »  (papalini)  piccoli.  Pena  il 
doppio. 

(a)   piov         (b)  D  sen 


Regesto  di  Sant'Alessio  alV Aventino  187 


Ardi,  di  Stato,  perg.  n.  21,  con  caratteri  svaniti  in  tre  passi  dell' (ic/«w.  Segno  del 
tabellionato  al   principio  de!  documento  (i). 

I.  In  nomine  Domini  amen.  Anno  Domini  millesimo  ducente- 
simo  octuagesimoquinto,  tempore  domini  Honorii  quarti  pape,  indi- 
ctione    decimatertia,    mense  2.    septembris    die    .v.   intrantis.   In 

presentia  mei  notarii  et  testium  subscriptorum,  Roberctus  quondam 
domini  lacobi  3.  domini  Guidonis  Cincii  prò  se  suisque  heredibus 
et  successoribus,  iure  proprio  et  in  perpetuum,  vendidit,  tradidit  4.  et 
habere  concessit  lutio  quondam  Angeli  Petri  Benecase,  alias  dicto 
Guercio,  ementi  prò  se  suisque  heredibus  5.  et  successoribus,  tres 
lectas  orti  positas  in  contrata  Cavuli,  una  quarum  est  iuxta  rem  Cole 
de  Platea,  6.  iuxta  rem  Francisci  seu  partem  Scambii  et  iuxta  alios 

suos  confines  ;  alia  lecta  est  in  qua  sunt  7.  cripte  iuxta  rem  seu 

partem  dicti  Francijci,  et  iuxta  partem  dicti  Scambii  et  alios  suos  con- 
fines ;  tertia  8.  lecta  posita  est  in  introytu  dicti  orti  iuxta  rem  here- 
dum  Scambii  Glorii,  iuxta  rem  *  *  *  9.  et  alios  suos  confines;  ad 
habendum,  tenendum,  possidendum,  vendendum,  donandum,  iudican- 
dum,  alienandum  et  quicquid  sibi  suisque  io.  heredibus  dcinceps 

perpetuo  placuerit  faciendum,  cum  accessibus  et  egressibus  suis  {^) 
usque  in  viam  publicam,  et  cum  omnibus  1 1 .  et  singulis  que  infra 
predictos  continentur  confines,  vel  alios  siqui  forent,  et  cum  omnibus  et 
singulis,  que  12.  diete  res  vendite  et  quelibet  ipsarum  habent  et  habet 
in  se,  sub  se  seu  supra  se  vel  intra  se  in  integrum  13.  omnique  iure 
et  actione,  usu  seu  requisitione  sibi  ex  ea  re  vel  prò  ea  re  sive  rebus 
aut  ipsis  rebus  14.  vel  alieni  earum  modo  aliquo  pertinente  sive 

spectante  de  iure  vel  de  facto,  prò  pretio  centuquingita  Q>)  15.  li- 
brarum  denariorum  paparenorumC"^)  parvorum.  Quod  totum  pretium 
dictus  venditor  confessus  fuit  se  integre  a  dicto  16.  emptore   ha- 

buisse  et  recepisse,  renuntians  exceptioni  non  habiti,  non  recepti  et 
non  numerati  dicti  pretii  et  omni  legum  17.  auxilio.  Quarum  re- 
rum venditarum  possessionem  se  suo  nomine  et  prò  eo  constituit  pos- 
sidere  donec  possessionem  18.  ipsarum  et  cuiuslibet  earum  idem 

emptor    intraverit    et    acceperit    corporalem,    quam    intrandi,    acci  pi 

(a)  D  sus  (b)  /.   ccntumqiiinqiiaginta  (e)  7)  pp 

(i)  Nel  verso  della  pergamena,  in  carattere  del  sec.  xiii  o  xiv 
incipiente  :  «  Instrumentum  venditionis  trium  lectarum  orti  positarum 
«in  contrata  Cavuli,  in  tenimento  Viterbii».  Quindi,  in  carattere  del 
XVI  sec:  «Nota  quod  Ioannes  filius  introscripti  Tutii  vendidit  intro- 
«  scripta  bona  monastcrio  Ss.  Bonifacii  et  Alexii  de  Urbe  per  instru- 
«mentum  publicum  existens  in  archivo.   1285.». 


i88  qA,  donaci 


19.  endi  et  retinendi  sibi  deinceps  licentiam  de  iure  contulit  et  de 
facto,  promittens  eidem  emptori  de  ipsis  20.  rebus  vel  aliqua  ipsa- 
rum,  vel  de  aliquo  iure  earum  eidem  emptori  litem  vel  questionem  non 
inferre,  nec  inferenti  21.  consentire,  set  ipsas  res  venditas  ab  omni 
homine  et  persona  legitime  defendere,  autorigare  22.  et  disbrigare 
in  prima,  secunda,  tertia  et  omni  causa,  suis  omnibus  sumptibus  et 
expensis.  Et  quod  idem  23.  res  vendite  et  quelibet  earum  erant  et 
sunt  libere,  nec  sunt  supposite  alieni  servituti,  24.  servitio,  redditui 
sive  censui.  Et  promisit  idem  venditor  eidem  emptori,  stipulatione 
sollepni,  25.  quod  dictas  res  venditas  vel  aliquam  ipsarum,  vel  ali- 
quod  ius  earum  vel  alicuius  ipsarum  nemini  alteri  26.  quam  ipsi 

emptori  vendidit,  cessit,  dedit  vel  mandavit,  vel  aliquem  contractum 
inde  fecit  ali  27.  cui  in  fraudem,  neque  factus  est  vel  fiet  in  futu- 
rum  huic  contractui  nociturum.  Quod  si  contrarium  28.  reperiretur, 
promisit  idem  venditor  eidem  emptori  ipsum,  eius  heredes  et  bona 
exinde  conservare  indempnem  et  indempnes  ab  omni  dampno,  sorte, 
pena  et  interes  29.  se.  Et  nichilominus  sua  sponte  idem  30,  ven- 
ditor se  obligavit  pene  capituli  constitutionis  communis  Viterbii  et  ipsi 
capìtulo,  quod  loquitur  vendentes  vel  alienatam  rem  alii  vcnditam  vel 
obligatam  vel  non  facientes  bonam  ven  31.  ditionem  quam  faciunt 
vel  de  consimili  materia  tractanti  quod  personaliter  compellatur  et 
detineatur  32.  ad  petitionem  emptoris.  Que  omnia  et  singula  su- 

pradicta  idem  venditor  eidem  emptori  33.  actendere  et  observare 
promisit  et  in  nullo  contra  facere  vel  venire  ratione  aliqua  sive  causa, 
sub  obligatione  34.  et  ypotheca  omnium  bonorum  suorum  mobi- 

lium  et  immobilium,  presentium  et  futurorum,  que  constituit  se  suo 
nomine  et  prò  eo  35.  possidere,  et  ea  ab  omni  persona  iure  de- 

fendere promisit.  Et  dampnum  et  expensas,  que  vel  quas  36.  idem 
emptor  fecerit  vel  substinuerit  in  iudicio  vel  extra,  dictus  venditor 
promisit  eidem  37.  emptori  integre  reficere  et  resarcire,  et  in  nullo 
contra  facere  vel  venire  ratione  aliqua  sive  causa,  38.  sub  obliga- 
tione et  ypotheca  omnium  bonorum  suorum  et  sub  pena  dupli  dicti 
pretii,  qua  commi  39.  sa,  soluta  vel  non,  predicta  omnia  rata  et 

firma  consistant.  40.  Possessionem  vero  dictarum  rerum  vendita- 
rum  dictus  venditor  eidem  emptori  incontinenti  41.  dedit,  tradidit 
et  assignavit  inducendo  eum  in  dictas  res  venditas,  dando  eidem  42.  de 
terris,  herbis,  arboribus  et  aliis  rebus  ibidem  existentibus.  Qui  emptor 
stans  in  dictis  43.  rebus  venditis,  ambulando  et  deambulando  per 
eas,  dixit  se  velie  deinceps  dictas  44.  res  venditas  animo  et  cor- 

pore  possidere.         45.  Actum  in  dictis  s lecta  dicti  orti. 

Coram  Leonardo  Benecase,        46.  Stefano  G Castella, 

Petro  Fetacelli,  Castellano  Leonardi         47.  et  lacobutio  Ci 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino  189 


Et  ego  Gualdus  quondam  domini  Nicolay,  civis  Viterbiensis,  imperialis 
aule  auctoritate  notarius  hiis  omnibus  interfui,  scripsi  et  publicavi 
rogatus. 

LXV. 

1287,  novembre  12. 

Giovanni  di  Papa,  figlio  del  fu  Pietro  di  Papa,  dottore 
in  legge  e  milite,  con  testamento  nuncupativo,  tra  le  altre 
disposizioni,  lascia  al  monastero  di  S.  Alessio  60  soldi  di 
provisini,  come  soddisfazione  di  denaro  ad  esso  dovuto,  e, 
sotto  condizione,  dieci  litre  di  provisini,  per  l' acquisto  d' un 
calice.  «  Ego  lustinus  [M.]  lustini.  Dei  gratia,  sancte  Ro- 
«  mane  Ecclesie  index  et  scriniarius  ^) . 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  465-7,  App.  n.  xlv;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  21-bis.  In  al- 
cuni punti  è  affatto  consunto  il  primo  strato  della  pergamena,  sul  quale  correva  la  scrit- 
tura de!  notaro.  Re^,  di  Sant'Alessio,  to.  2°. 

Collazione  :  N  p.  466,  rr.  7-8  prò  satisfactione  alicuius pecunie  R  p, 

s,  a.  convente  p.  N  p.  466,  r,  16  vel  pos D  v.  post[ea  omnes]  N p,  466, 

r.  penultimo  infra  annum  a  die  .  .  .  .  Z)  i.  a.  a.  d,  mortis  N  p.  46'j,  r.  ultimo  del  doc, 
istud  ....  cum  ....  scripsi  D  i,  test[amen]tum  particulare  scripsi. 

LXVI. 

1288,  aprile    24. 

Il  monastero  loca  a  maestro  Bartolomeo,  del  fu  Pietro 
Egidi,  tre  canapine  presso  l' Ariccia,  per  la  somma  di  100  fio- 
rini d'  oro.  Pena  il  doppio.  (Cf.  il  doc.  seguente). 

Nell'Arch.  di  Stato,  pcrg.  n.  22,  molto  guasta  dall'umidità,  specialmente  nei  mar- 
gini (1). 

I.  In  nomine  Domini  nostri  Ihesu  Christi  amen.  Anno  Domini 
millesimo  ducentesimo  octoagesimo  octavo,  pontificatus  [vero  Nijcolai 
quarti  pape  anno  2.  primo,  indictione  prima,  mensis  aprilis  die  vi- 
cesimaquarta.  In  presentia  mei  scriniarii  et  testium  subscriptorum  ad 

(i)  Nel  verso  della  pergamena  (in  carattere  del  sec.  xiv):   «  Car- 

«  tuia  certarum  terrarum vinealium 

«  .  .  .  .  cannapinarum,  positarum  in  valle  Ricie,  facta  ab  illis  de  San- 
«  cto  Alexio  magistro  Bartholomeo  d[omini]  Petri  Egidii  prò  censu 
«  [centum]  florenorum  auri». 


190  qA.  donaci 


hec  3.  specialiter  vocatorum  et  rogatorum,  religiosi  et  discreti  viri 
domini  frater  Stefanus  abbas  monasterii  ecclesie  Ss.  Bonifatii  4.  mar- 
tiris  et  Alexii  confexoris  de  Urbe,  quod  positum  est  in  Aventino,  in 
loco  qui  dicitur  [Bl]a[cerna  et]  conventus  eiusdem  5.  monasterii, 

silicet  frater  Petrus  prior,  frater camerarius   dicti  monasterii, 

frater fr[ater]  ....  6.  frater  An- 

dreas,   frater  Nicolaus   et   frater  Johannes   canonici   dicti   monasterii, 

omnes  insimul  et  quilibet  eorum  in  solidum 

7.  .  .  .  nomine  et  dicti  monasterii  et  [eorum  ac  dicti  monasterii]  suc- 

cessorum et  uno  alteri  consentiente, 

de  bona  eorum  et  libera  voluntate 

8 er 

special  ....  con monasterium  prelibatum  publice  et  inre- 

vocabiliter  locaverunt  9.  et  titulo  locationis  dederunt  [et]  cesserunt 
....  a  ...  t  ...  in  p[er]petu[um]  Bartholomeo,  olim  domini  Petri 

Egidii IO et[iam]  prò  se 

et  prò  suis  heredibus  et  successoribus  quibus[cun- 

que]  ....  et  cui  cedere  voluerit  imperpetuum.  Idest  [tr]es  [ter       11.  ras] 

[et] tres   cannapinas    vineales    positas    in 

territorio castri  Aricie  cum  omnibus  [suis  12.  usi- 
bus,  utilitati]bus  [et  pert]inent[ii]s  et  cum  introitibus  et  exitibus  suis, 
inte[r]  hos  fines  :  aff[ines]  cannapine  maioris  posite  in  13 

ab  uno  latere  est  res  seu  sunt  terre  Romane  Ecclesie,  ab  alio  latere 

[s]eu  res  ecclesie  Sancti  Laurentii  [extra  mu- 

ros]  ...  14 ab  alio  est  via,  que 

vadit  ad  ecclesiam  Sancte  Marie  in  Petrero,  ab  alio  est 

que  dicit a 

15 [vel   si   qui   alii   sunt   verio]res 

confines.  Affines  alterius  cannapine  hii  sunt  :  ab  uno  latere  sunt  terre 

seu  res ab  al[io] 

16 , ne , 

filie  olim  Odivillardi,  ab  alio  sunt  terre  seu  res  ecclesie  Sancti  Lau- 
rentii extra  muros  1  .  .  .  .  17 

.  .  .  is,  vel  si  qui  alii  sunt  veriores  confines.  Affines  alterius  canna- 
pine  vel 18 

hii  sunt  :  ab  uno  latere  via  que  vadit  ad  ec- 
clesiam Sancte  Marie  in  Petrero 

19 de 

ab  alio  sunt  terre  seu  res  ecclesie  Sancti  Laurentii  extra  muros  .... 

20 dicti 


^I{egesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino  191 


abbas,  prior  et  canonici    dicti  monasterii  tam  nomine  [eojrum  .... 

21 , 

[quam  nomine  dicti]  monasterii  et  prò  eo  dede- 

runt,  cesseriint  et  concesserunt  dicto  magistro  Bartholomeo 

22 

[omnes  actiones] [cerjtas  et  expres- 

sas,   generales  et   speciales,   reales    et  personales,  utiles    et  dir[ectas] 

23 [quas  in  predictis]  cannapi- 

nis,  vinealibus  ac  rebus  locatis  habent  et  in  futurum   habere  possent 

contra  omnem 24.   .  .  . 

in  predictis  et  prò  pre- 
dictis et  eorum  occasione,  nuUum  ius  eis  et  dicto  monasterio  [re]se[rvan- 

tes] 25 

denotabitur,  ut  prò  predictis  et  eorum  occasione  possit  dictus 

magister  Bartholomeus 

[agere]  ....       26 [et  ea  omnia]  .... 

facere,  que  ipsi  abbas,  prior  et  canonici  ac  locatores  prò  ipso  monasterio 
possent  ....  27 [ita  ut]  ....  [dictus]  magister  Bartholo- 
meus succedat,  et  ipsum  in  rem  eorum  dicti  monasterii  pr[ocuratorem] 

28.  [constituerunt] [a]d 

tenendum,  possidendum,  vendendum,  alienandum  et  quicquid  ei  eiusque 

heredibus  placuerit  [faciendum] 29 

[abbate,]  priore,  monasterio  et  dictis 

canonicis  inrequisitis  et  ignorantibus  et   aliq  .  .  e 

30 

[sine]  commino  seu  aliqua 

pensione.  Et  per  lohannem  Syniballi  de  Albano  procuratorem 

31 

dictum   magistrum   Bartholomeum   de 

predictis  cannapinis  et  vinealibus  investiri   [iusserunt] 

32 [donec  predictus]  magister  Bartholomeus  de  pre- 
dictis omnibus  possessionem  aprehenderit  corporalem,  et  se 

[interim  prò  eo  predicta] 33 

....  [consti] tueru[nt] [ha] bere  et  precario  recognoverunt. 

Ad  quam  possessionem  aprehendendam 

34 [predicti  abbas,  prior  et 

canonici]  dicti  monasterii  dicto  magistro  Bartholomeo  concesserunt  li- 

beram  fac[ultatem  et  lic]e[ntiam] 

35 m  alienationem   et 

in  perpetuum  concessionem  ;  et  predicti 

36.  [abbas,  prior  et]  canonici 

dicti  monasterii  prò  se  et  nomine  dicti  monasterii  omnes  insimul  et 


192  od.  oMonaci 


quilibet  eorum  in  solidum [liane  locatio 

37.  nem  fecejrunt  prò  pretio  et  nomine  pretii  centum  florinorum  boni 

et  puri  auri  ac  legitimi  ponderis 

38 orum,  etiam  prò 

eo  quod  dictus  magister  Bartholomeus  promisit  et  convenit  dictis  ab- 
bati [.  .  priori  et  canonicis]  39 [predicti] 

monasterii  recipientibus  eorum  nomine  et  dicti  monasterii  et  prò  ipso 

monasterio  dare  [et  solvere] 40 

[omni  anno,]  nomine  pensionis  et  census  Ci)  di- 

ctarum  terrarum,  cannapinarum  et  vinealium,  ipsis  [abbati,   priori   et 

canonicis]         41.  ^ denarios  proveniensìum  Sena- 

tus.  Quos  florenos  predicti  abbas,  prior  et  canonici  [nomine  42.  dicti] 
monasterii  et  prò  ipso  monasterio  recepisse  et  penes  se  habere  contessi 
sunt  ac  conversos  esse  [in  usu,  43.  militate]  et  proprietate  dicti 
monasterii.  De  quibus  florenis  et  predictis  omnibus  dicti  abbas,  prior 

[et  canonici]         44 se  nomine  eorum  et 

dicti  monasterii  bene  quietos  et  pacatos  vocaverunt  et  renunctia[v]erunt 
[ex  45.  ceptioni]  non  solutorum,  non  numeratorum,  non  electo- 
rum,  non  ponderatorum  seu  non  receptorum  et  non  datorum  46.  [di- 
ct]or[um  fl]or[enorum]  et  non  datarum,  locatarum   seu  non  delibera- 

tarum  terrarum,  cannapinarum  seu  vinealium.  Et  etiam         47 

[renuntiav]erunt  et  refutaverunt  exceptione  doli  et  in  factum,  ob  causam 
et  6ine  causa  et  omnibus  aliis  bene[ficiis  48.  legum,  per  que]  .... 
vel  quibus  se  possent  contra  predicta  tueri.  Promiserunt  etiam  dicti 
abbas,  prior  et  canonici  49.  [domini]  dictarum  rerum,  eorum  no- 

mine et  dicti  monasterii  et  prò  ipso  monasterio,  quod  diete  res  locate 

et  qual 50.  [nec]  aliqua  ex  eis  nec  ius  quod  in 

eis  dicti  abbas,  prior  et  canonici  seu  dictum  monasterium  habu[it, 
51.  et  quod  nec  in  totu]m  vel  in  partem  nemini  sunt  data,  concessa, 
alienata,  nec  aliquem  contractum  52.  [vel  quasi  contractum  cum] 
aliqua  persona  vel  loco  factus  est.  Et    si   aliquo   tempore   contractum 

appareret  et 53 [vel]  q[ua]si,  [quo]cumque 

iure  et  modo,  dictus  magister  Bartholomeus,  seu  et  heredes  et  succes- 
sores  [eiusdem]  54 al[iquas]  expensas  facerent,  pro- 
miserunt predicti  abbas,  prior  et  canonici,  eorum  nomine  et  dicti  mo- 
nasterii, 35.  dicto  magistro  Bartholomeo,  recipienti  prò  se  et  nomine 
suorum  heredum  et  successorum,  dare   duplum  pecu  56.  nie  seu 

pretii  supradicti,  secundum  morem  regionis.  Si  in  totum  diete  res  locate 
et  concesse  evicte  fue  57.  [rint]  vel  in  partem,  duplum  vere  exti- 
mationis  (b)  parti  sseu  partium  evictarum.   Quam  sic  esse  in  Urbe  con 


(a)  D  ccnsui  (b)  D  extitionis 


^I{egesto  di  Sant'Alessio  alV Aventino         195 


58.  [suetudinem]  confexi  sunt  et  ex  certa  conscientia  asseruerunt.  Et 
etiam  danipna  omnia  et  expensas,  quas  dictus  magister  59.  Bar- 

tholomeus  et  eius  successores  solo  sacramento  ipsius  magistri  Bartho- 
lomei  se  dixerit  incurrisse  seu  fecisse,  omnibus  aliis  60.  [rajtionibus 
eraditis,  quibus  ipsi  abbas,  prior  et  canonici  tam  prò  se  quam  nomine 
dicti  monasterii  et  eorum  sue  61.  [cessorijbus  expresse  renunctia- 
verunt,  confìtentes  et  asserentes  ipsi  abbas,  prior  et  canonici  locatores 
62.  [dictarum  terrarum]  ipsam  consuetudinem  approbatam  esse  et  fore 
in  Urbe  duplum   reddi  prò  evictione   et  solvi   debere.  63.  [Pro] 

quibus  omnibus  et  singulis  observandis  et  plenarie  adimplendis  dicti 
abbas  et  prior  ac  canonici  64.  [dicti]  monasterii,  eorum  et  dicti 

monasterii  nomine,  obligaverunt  et  pignori  posuerunt  dicto  magistro 
Bartholomeo  65.  [omnia]  bona  eorum  et  dicti  monasterii,  mobilia 
et  inmobilia,  presentia  et  futura,  iura  et  actiones,  et  ipsa  66.  bona 
nomine  dicti  magistri  Bartholomei  et  prò  eo  se  constituerunt  possidere 
et  precario  recognoverunt,   Que  67.  bona  liceat  eidem  magistro 

Bartholomeo  sua  auctoritate  propria,  sine  alicuius  curie  proclamatione 
et  sui  iuris  68.  lesione,  eorum  mandato,  nunc  inrevocabiliter  facto, 
capere,  apprehendere,  intrare,  tenere,  uti,  frui,  possidere,  et  ea  seu  et  (0 
eis,  sine  subastatione  et  arbitrio  alicuius  boni  viri,  vendere  et  alienare, 
et  omnem  quan  69.  titatem  pecunie  recipere  et  habere,  donec  de 
evictione,  dampnis  et  expensis  eidem  magistro  Bartholomeo  70.  in- 
tegre et  plenarie  de  predictis  omnibus  fuerit  satisfactum  ad  suum  be- 
neplacitum  et  mandatum.  Renunc  7i.tiantibus  in  predictis  omnibus 
et  singulis  dicti  abbas,  prior  et  canonici,  eorum  nomine  et  dicti  mo- 
nasterii, 72.  omni  iuri  et  legum  auxilìo,  tam  canonici  quam  civilis, 
consuetudini,  privilegio  seu  statuto  facto  vel  73.  faciendo,  que  pre- 
dicti  abbas,  prior  et  canonici  quoquo  modo  se  iuvare  possent,  in  predi- 
ctis et  quolibet  74.  predictorum,  et  etiam  capitulo,  constitutionibus 
Urbis,  quod  loquitur  de  revocatione  contractus  quod,  probata  75.  pu- 
blica  fama,  de  simulatione  probari  posset,  asserentes  ipsum  contractum 
vere  et  veraciter  et  ad  valere  76.  factum  esse,  et  etiam  capitulo 

constitutionibus  Urbis,  quod  loquitur  de  penis  conventionalibus  non 
77.  exigendis.  Quam  locationem,  dationem  et  concessionem  et  omnia 
ac  singula,  que  dieta  sunt,  78.  dicti  abbas,  prior  et  canonici  dicti 
monasterii,  tam  eorum  nomine  quam  dicti  monasterii  et  eorum  79.  ac 
dicti  monasterii  successoribus,  perpetuo  promiserunt  dicto  magistro 
Bartholomeo,  recipi  80.  enti  prò  se  et  suis  heredibus  ac  successo- 
ribus, imperpetuum  ratam  et  fìrmam  habere  ac  te  81.  nereC^)  et 
observare  et  non  contra  venire,  sed  iure  gratis    defendere    ab   omni 

(a)  /.  ex         (b)  D  tendere 
Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.        13 


194  ^-  donaci 


persona  et  loco,  sub  82.  obligatione   bonorum    dicti    monasterii, 

et  pena  diete  pecunie  duple.  Qua  pena  soluta  vel  non,  8^  omnia 

que  in  hoc  instrumento  continentur  nichilominus  in  sua  firmitate  per- 
durent.  Actum  84.  ante  dictum  monasterium  Sanctorum  Bonifatii 
et  Alexìi,  presentibus  magistro  Petro  Medico  85.  de  Urbe,  Luccese 
de  Lucca,  portarario  dicti  monasterii,  Bellomo  lohannis  Guicgolini, 
86.  Ventura  dompne  Massarie  et  Imbrondago  de  Cisterna. 

Et  ego  Nicolaus  Petrucìi  de  Vico,  sancte  Romane  Ecclesìe  scriniarius, 
rogatus  hiis  interfui,  me  subscripsi  et  mei  nominis  signum  feci  (i). 

LXVIL 

1288,  maggio  24. 

Il  convento  dei  frati  Minori  di  S.  Francesco  di  Viterbo 
vende,  mediante  due  procuratori,  al  monastero  di  S.  Alessio 
di  Roma  un  orto  adiacente  a  Viterbo,  nella  contrada  «  porte 
((  Capitis  Plagie  »,  per  la  somma  di  200  lire  di  denari 
«  papareni  »  (papalini).  Pena  il  doppio.  «  Actum  Viterbii  in 
«  scolis  ecclesiae  Sancti  Francisci  de  Viterbio.  Vitus  Bar- 
((  tholomei,  auctoritate  alme  Urbis  praefecti,  index  ordina- 
«  rius  atque  notarius  ».  Vi  si  fa  menzione  di  100  fiorini 
d'oro  ricevuti  dall'abbate  di  S.  Alessio  da  maestro  Barto- 
lomeo, medico,  di  Roma,  per  un  fondo  posto  nella  valle 
dell'Aricela.  (Cf.  il  documento  precedente). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  467-9,  App.  n.  xlvi  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  23,  col  S.  T. 
al  principio  del  documento. 

Collazione:  N  p.  46S,  r,  11,  dopo  denariorum  paparenorum  si  potila  un  etc.  N  p.  46^, 
r.  2  terre  et  vignalis  positi  D  t.  et  v.  positorum  A''  p.  469,  r.  8  Arzone  D  Arpone  N p.  469, 
r.  quart' ultimo  testibus  ad  hoc  D  t.  a.  hec 

LXVIII. 

1288,  maggio  24. 

Matarozzo  di  Giovanni  «  cansor»,  cittadino  viterbese, 
procuratore  di  frate  Simone  da  Proceno,  custode  dei  frati 
Minori  di  Viterbo,   mette   in   possesso  Stefano,  abbate   di 


(i)  Monogramma  unito  al  segno  del  tabellionato. 


Regesto  di  Sant'Alessio  all' Averi  tino         195 

5.  Alessio,  di  un  orto  nelle  appartenenze  di  Viterbo,  nella 
contrada  «  porte  ad  Capud  Laplagie  «.  (Cf.  il  doc.  pre- 
cedente). 

Archivio  di  Stato,  perg.  n.  24,   molto  bene  conservata  ;  Reg.  di  S.  Alessio,  t,  2°. 

I.  [S.  T.]  In  nomine  Domini  amen.  Anno  eiusdem  nativitatis  mil- 
lesimo ducentesimo  octuagesimo  octavo,  tempore  domini  Nicolai  pape 
quarti,  mense  maii,  die  vigesimaquarta,  indictionis  2.  prime.  In  pre- 
sentia  mei  notarii  et  testium  subscriptorum  Matharotius  lohannis  cansor, 
civis  Viterbiensis,  procurator,  yconomus,  3.  actor,  administrator  et 
syndicus  generalis  nominatus  et  ordinatus  a  fratre  Symone  de  Proceno 
ordinis  fratrum  Minorum,  custode  4.  locorum  et  fratrum  Minorum 
custodie  Viterbiensis,  nomine  et  vice  Sancti  Francisci,  de  Viterbio  et 
ipsius  conventus,  sicut  patet  publico  5.  instrumento  scripto  manu 
magistri  Henrici  lann.  Gauce  notarii,  procuratorio  nomine  ipsorum 
custodis,  fratrum  et  conventus   eorum  Viterbiensis,  vendit,  assignavit 

6.  et  tradidit  dompno  fratri  Stefano  abbati  monasterii  Sancti  Alexii  de 
Urbe,  nomine  ipsius  monasterii  recipienti,  tenutam  et  corporalem  pos- 
sessionem  eiusdem  7.  orti  positi  in  pertinentiis  civitatis  Viterbiensis 
in  contrata  porte  ad  Capud  Laplagie,  iuxta  (0  rem  Mathei  Stefani, 
mediante  8.  fossatello  communi,  iuxta  viam  publicam,  iuxta  rem 
heredis  Grorii  Scambii  Grorii,  rem  olim  domini  lacobi  Guidonis  et 
alios  suos  confines,  9.  capiendo  eumdem  dominum  .  .abbatem  per 
manum  dextram,  et  eundem,  nomine  monasterii  Sancti  Alexii  de  Urbe, 
in  possessionem  dicti  orti  induxit,  atque  immisit,  io.  et  dedit  ei 
de  crebis  et  erbis  dicti  orti  in  singnum  vere  posessionis.  Qui  .domi- 
nus  ..  abbas,  nomine  monasterii  antedicti,  possessionem  dicti  11.  orti 
adeptus  est,  dicens  se  velie  eum  a  modo  nomine  dicti  monasterii  animo 
et  corpore  possidere.  Quem  ortum  ipse  Matha  12.  rotius  una  cum 
Paulo  lohannis  Pauli  comprocuratore  suo  vendidit  eidem  domino  abbati, 
sicut  patet  publico  instrumento  W  scripto  manu  mei  13.  Viti  no- 
tarii infrascripti.  14.  Actum  est  hoc  in  orto  supradicto.  Presentibus 
Matheo  Stephani,  Leonardo  lohannis  Grassi,  Andrea  Roberti,  Laurentio 
Bonapressi,  testibus         15.  ad  hec  vocatis  et  rogatis. 

Et  ego  Vitus  Bartholomei,  auctoritate  alme  Urbis  prefecti  iudex  ordi- 
narius  atque  notarius,  supradictis  omnibus  interfui  et  omnia  supraoicta, 
ut  legitur,  rogatus  scripsi  et  publicavi. 

(a)  D  iuxta  iuxta         (b)  D  imstrumento 


19^  C^.  donaci 


LXIX. 

1288,  novembre  23. 

Maestro  Francesco  notaro,  del  fu  Pietro  Guarnolfo^ 
vende  al  monastero  di  S.  Alessio  un  orto  nelle  pertinenze 
di  Viterbo,  nella  contrada  «  Graham  »,  per  la  somma  di 
305  lire  di  denari  «  papareni  »  (papalini)  minuti.  Pena  il 
doppio.  Nella  sanzione  penale  leggesi  :  «  Et  nichilominus  se 
«  submisit  voluntarie  capitulo  seu  capitulis  statuti  communis 
«  Viterbii,  quod  possit  personaliter  capi  et  detineri  ad  peti- 
«  tionem  dicti  emptoris  ».  «  Acta  sunt  hec  Viterbii  in  domo 
«  dicti  domini  abbatis  et  monasterii  Sancti  Alexii.  Petrus 
«  olim  Rasmi  imperiali  auctoritate  notarius  publicus  » .  Pre- 
cede il  segno  del  tabellionato.  (Vedi  il  doc.  seguente). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  469-71,  App.  n.  xlvu;  Arch,  di  Stato,  perg.  n.  25;  Reg.  di 
5.  Alessio,  t.  2°,  col  testo  molto  più  completo  che  nel  Nerini. 

Collazione:  N  p,  4J0,  rr,  11-2  Grazani  D  Graganì  N  r .  ij  denariorum  paparenorum 
minutorum  D  denariorum  paparenorum  minutorum.  Quod  quidem  pretium  ecc.  N  r.  j  dal 
fine  lacobo  Zamarulis  D  I.  Qamarulis  N  p.  471,  rr.  12  e  ij  Ioannis  Zii  D  I.  Qii  N  r,  penul- 
timo ut  superius  legitur  D  u.  supra  1. 

LXX. 

1288,  novembre  23, 

Maestro  Francesco,  del  fu  Pietro  Guarnolfo,  mette  in 
possesso  l'abbate  di  S.  Alessio  dell'orto  nella  contrada  di 
«  Gracano  »   (cf.    il   doc.   precedente),  «  capiens    eum   per 

«  manum  dextram  et  eundem  mittens  in  ortum  predictum 

«  Qui  dominus    . .  abbas dictum  ortum  intravit  ca~ 

«  piendo  possessionem  vacuam  dicti  orti,  et  eundo,  stando, 
«  sedendo  in  ipso  orto  et  per  ipsum  ortum  et  expellendo 
«  dictum  venditorem  de  possessione  dicti  orti vo- 
ce lendo dictum  ortum  animo  et  corpore  possidere  ». 

«  Actum  in  predicto  orto.  [S.  T.].  Petrus  olim  Rasmi  im- 
<(  periali  auctoritate  notarius  publicus  » . 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  26,  doc.   i";  Reg,  di  S.  Alessio,  t.  2". 


^T{egesto  di  San  f  Alessio  all' Aventino  197 


LXXI. 

1291,  maggio  19 -giugno  7. 
1°)  1291,  maggio  19. 
Enrico,  del  fu  Burgundione,  vende  al  monastero  un  orto 
nelle  pertinenze  di  Viterbo,  nella  contrada  di  «  Valle  Pet- 
((  tinaie»,  vicino  al  fondo  del  monastero,  per  la  somma  di 
170  lire  di  denari  «  papareni  »  minuti.  «In  cuius  quidem 
((  orti  pretio,  emptione  ^^^  et  pagamento  idem  dominus  abbas 
<(  dixit,  asseruit  fore  conversos,  datos  et  pagatos  .xliiii.  flo- 
«  renos  de  auro,  quos  idem  abbas  dixit  se  habuisse  et  re- 
«  cepisse  a  domino  lacobo  Thomasso  et  Branca  de  Sara- 
«  cenis,  prò  affrancatione  unius  territorii,  quod  vocatur 
«  Meroli,  iuxta  suos  confines  :  de  quo  territorio  reddebant 
«  annuatim  in  festo  sancti  Alexii  .x.  libras  cere  ».  «  Actum 
«  est  hoc  Viterbii  in  capitulo  ecclesiae  S.  Francisco  Johannes 
«  Petri  Egidie,  auctoritate  alme  Urbis  prefecti,  notarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp,  473-4,  App.  n.  xlix;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  26  (2),  col  S.  T. 
al  principio  del  doc.  ;  Reg.  di  S.  Alessio,  t.   2",  col  testo  più  completo  che  nel  Nerini. 

Collazione:  N p.  4JJ,  rr.   2-j  mense  maii  die  xix  intrante  Dm.  M.  d.  xix  intrantis 

2°)   1291,  maggio  19. 

L'abbate  del  monastero  costituisce  suo  procuratore  Mat- 
tarozio  di  Giovanni,  «  cansorem  »,  perchè  ottenga  da  Latina, 
madre,  e  Tedora,  moglie  di  Enrico  suddetto,  il  consenso 
alla  vendita  dell'  orto  in  «  Valle  Pettinale  » .  «  Actum  Vi- 
«  terbii  in  capitulo  ecclesie  S.  Francisci  » .  Precede  il  doc. 
il  segno  del  tabellionato  di  Giovanni  di  Pietro  Egidie. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.   26  (3);  Reg.  di  S,  Alessio,  t.   2**. 

3°)  1291,  maggio  19. 
Le  suddette  Latina  e  Tedora,  ad  istanza  di  Mattarozio 
di  Giovanni,  procuratore  del  monastero,  ratificano  la  ven- 
dita  dell'orto  in  «Valle   Pettinale».   «Actum  Viterbii  in 
«  domo  predicti  Henrici.  Johannes  Petri  Egidie,  auctoritate 

(a)  D  e  N  p.  4J4,  r.  7  cmptio  R  emptione 


198  qA,  oMonaci 


«  alme  Urbis  prefecti,  notarius  » .  (Sottoscrizione  che  vale 
anche  per  l'atto  che  immediatamente  precede  nella  stessa 
pagina  della  pergamena). 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  26  (4)  ;  Reg,  di  S.  Alessio,  t.  2". 

4°)  1291,  maggio  26. 

Enrico,  del  fu  Burgundione,  costituisce  suo  procuratore 
frate  Pietro,  priore  del  monastero  di  S.  Alessio,  per  met- 
tere in  possesso  l'abbate  Stefano  dell'orto  suddetto  in  «  Valle 
«  Pettinale  ».  «  Actum  est  hoc  Viterbii  in  domo  monasterii 
((  S.  Alexii.  Johannes  Petri  Egidie,  auctoritate  alme  Urbis 
«prefecti,  notarius». 

Arch,  di  Stato,  perg.  n.  26  (5),  col  S.  T.  al  principio  del  doc.  ;  Reg.  di  S,  Ales- 
sio t.  2°. 

50)   1291,  giugno  7. 

Frate  Pietro,  procuratore  del  suddetto  Enrico  venditore, 
mette  in  possesso  l'abbate  dell'  orto  predetto  nella  «  Valle 
«  Pettinale  ».  «  Actum  est  hoc  in  ortu  predicto.  Johannes 
«Petri  Egidie,  auctoritate   alme  Urbis  prefecti,  notarius». 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  26  (6),  col  S.  T.  al  principio  del  doc;  Reg.  di  S.  Ales- 
sio, t.  2°.  La  pergamena  dell'Arch.  di  Stato  ha  la  forma  d'un  codice,  e  contiene,  cuciti 
nsieme,  sei  documenti  concernenti  i  beni  del  monastero  nel  Viterbese.  Il  primo  doc.  l'ho 
registrato  al  numero  lxx. 

LXXII. 

1289,  novembre  26. 

Il  monastero  concede  a  Marino  di  Nicolò,  del  castello 
di  Marino,  una  pezza  di  terra  nel  territorio  del  castello  di 
Marino,  perchè  sia  lavorata,  e  siano  seminati  i  maggesi, 
ricevendo  ogni  anno  per  canone  13  fiorini  d'oro  e  mezzo 
e  la  quarta  parte  delle  biade.  Pena  il  doppio.  «  Ego  [M.] 
«  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei  sancte  Romane  Ecclesie  no- 
«  tarius  » . 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  472-3,  App.  n.  xlviii.  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  27. 

Collazione  :  N  p,  472,  r.  2  tempore  Nicolai .  .  .  D  t.  N.  quar[ti]  N  r.  4  a.à  hec  voca- 

tis Da.  h.  V.  et   rogatis   N  r.  7  prò  d Monasterio   D  p.    dicto  M.,  N  r.  ^ 

Marino    Nicolay de   castro    Marini  D  M.  N e   de    e.  M.  N  p.  47^,   r.  j 

quatuor  florenos  auri  ;  .  .  D  q.  f.  a.  et  dimidium. 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         199 


LXXIII. 

1296,  maggio  II. 

Frate  Giorgio  da  Bolsena,  guardiano  della  chiesa  di 
S.  Maria  di  Araceli,  e  frate  Nicolò  a  De  Felicibus  »,  Ago- 
stiniano, esecutori  testamentari  di  Boniza,  del  fu  «  Tidiliardi 
«  Gregorii,  lohannis  Gregorii  » ,  del  rione  di  Ripa,  vendono 
a  Pandolfo  «  de  Sabello  »  una  pezza  di  terra  nel  luogo 
((  diari  )) ,  territorio  di  Albano,  per  la  somma  di  70  lire 
di  provisini.  Pena  il  doppio.  ((Ego[M.]  Leonardus  [M.] 
«  lacobi  Rubei,  sancte  Romane  Ecclesie  index  et  notarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  474-6 ,  App.  n.  l;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  28  (doc.  1°),  ta- 
gliuzzata e  danneggiata  in  modo,  che  in  parecchi  punti  è  illeggibile;  Reg.  di  S,  Alessio, 
t.  2",  col  testo  più  completo  che  nel  Nerini. 

Collazione  :  N  p.  47/,  r.  j  .  .  .  .  rii  D  notarii  N  rr.  4-j  vocatorum Z)  v.  et 

rogatorum  N  r.  S  Bonize  D  Bonicfe  N  r,  8  Tiviliardi  D  Tidiliardi  A^  r.  io  bona  D  e  R 
bona  sua  N  p.  476  r.  8  a  primo  latere  D  a  primo 

LXXIV. 

1296,  giugno  13. 

Pandolfo  «  de  Sabello  »  dona,  «  inter  vivos  »,  al  mona- 
stero dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  per  dotare  la  cappella 
di  S.  Giacomo,  costrutta  dai  Savelli  nel  monastero  suddetto, 
una  pezza  di  terra  da  seminare,  nel  fondo  Oliari  (cf.  il 
doc.  precedente)  con  tutte  le  sue  appartenenze.  Pena  una  libbra 
d'oro.  «  Ego  [M.]  Leonardus  [M.]  lacobi  Rubei,  sancte  Ro- 
«  mane  Ecclesie  index  et  notarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  476-7,  App.  n.  i.i  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  28  (doc.  2<*);  Reg, 
di  Sant'Alessio,  t.  2",  col  testo  più  completo  che  nel  Nerini. 

Collazione:  A^  p.  4j6,  r.  5 lunii   .....    madecima  D  mens^is]    lunii  [|die 

tertliadijcima  N  p.  4yj,  r,  ij  Bonize  D  Bonicfe  N  r.  17  cum  cisterna  in  se  D  e.  e.  infra 
se  N  r.  2)  ab  alio  heredes  Alexii  Leni  et  ...  .  castri  Sabelli  D  a.  a.  h.  A.  L.  e.  Curia 
Castri  Sabelli  N  r.  26.   lacobus  Za  ...   D  I.  gaLm]ar[u]Iis 

LXXV. 

1°)  1297,  giugno  IO. 

L'abbate  Andrea  e  il  convento  dei  Ss.  Andrea  e  Gre- 
gorio al  clivo  di  Scauro  costituiscono  loro  procuratore  frate 


200  qA.  donaci 


Antolino,  priore  del  detto  monastero,  per  la  permuta  col 
monastero  di  S.  Alessio  di  alcuni  fondi  al  Testacelo  e 
nel  territorio  di  Albano.  Tra  i  beni  permutati  dal  mo- 
nastero di  S.  Alessio  v'  è  il  seguente  :  «  Item  et  terram  can- 
ee neti  quam  tenet  Paulus  Stephani  Ponciani,  de  qua  dare 
«  debet  omni  anno  in  festo  sancti  Alexii  .xii.  provisinos  prò 
«pensione».  Nell'atto  seguente,  num.  2,  il  contenuto  di 
questo  passo  è  solo  brevemente  accennato.  «  Actum  in  clau- 
<(  stro  dicti  monasteri!.  Ego  lacobus  [M.]  Leonardi  lacobi 
«  Rubei,  imperiali  auctoritate  notarius  ». 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  29,  doc.   i**;  Reg.  di  Sant' Alessio,  t.   2". 

2°)   1297,  giugno  IO. 

Si  rende  di  pubblica  ragione  dal  notaro  la  permuta  fra 
il  mon.  di  S.  Alessio  e  i  monaci  di  S.  Gregorio  al  clivo 
di  Scauro  di  tre  pezze  e  mezzo  di  vigne  al  Testacelo,  del 
monastero  di  S.  Alessio  ricco  di  vigneti,  ma  mancante  di 
terra  seminativa,  con  un  fondo  da  seminare  «  in  Olgiarii  », 
nel  territorio  di  Albano,  di  proprietà  del  monastero  di 
S.  Gregorio.  Pena  looo  fiorini  d'oro.  «  Ego  lacobus  [M.] 
((  Leonardi  lacobi  Rubei,  inperiali  auctoritate  notarius  ». 
(Tra  i  testi  v'  è  «  Petrus  Gusmati  marmorarius  de  regione 
«Violate»). 

In  Merini,  op.  cit.  pp.  478-81,  App.  n.  lii  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  29,  doc.  2°; 
Reg.  di  S.  Alessio,  u  2**,  col  testo  molto  abbreviato. 

Collazione  :  N  p.  478,  r.  j  ,  ,  Inter  pia  et  venerabilia  loca  aguntur  D  ea  que  i.  p.  e.  v, 

1.  a.  iV  r.  7  .  .  .  ,  posset  eo  ......  dep D  de  levi  posset  corum  memoriam  deponere 

N  rr.  4-j  dal  fine  in  territorio  Albanensi  in  loco,  qui  dicitur  Carrabella  D  i.  t.  A.  i,  I.  q.  d. 
Cactabella  N  p.  47^,  r.  6  Bonize  D  Bonife  N  rr.  S-j  Tiviliardi  D  Trivilgiardi  N  p.  479, 
rr.  14-;  Henricus  Zavactarius  D  H.  Qàvactarius  N  r.  ultimo  Calzolarius  D  calsolarius  N 
p.  480,  rr.  4-/  Paulus  Stephani  Ponziani  D  P.  S.  Pongiani  N  p.  481,  r.  ;  dal  fine  del  doc» 
Nicolaus  ....  de  regione  Columpne  D  Nicolaus  Macthei  d.  r.  C. 

A.  Monaci. 

(Continua). 


VARIETÀ 


DUE    LETTERE   INEDITE 

DI    BERNARDINO  OCHINO. 

I  documenti  che  pubblico  qui  appresso,  furono  da  me 
ritrovati  in  copia  sincrona  o  di  poco  posteriore  nell'archi- 
vio Vaticano  e  provengono  dalla  sezione  di  Castel  S.  An- 
gelo (i).  La  biografia  del  celebre  eretico  senese  Bernardino 
Tommasini,  detto  Ochino  dalla  contrada  dell'Oca  o v'era  nato 
nel  1487,  non  ne  riceve  un  contributo  veramente  nuovo; 
pure,  due  lettere  di  un  uomo  che  a'  suoi  tempi  ebbe  molto 
grido  ed  oggi  ancora  occupa  un  posto  importante  nella  storia 
dei  novatori  italiani,  presentano  sempre  interesse  speciale 
per  gli  eruditi.  Interesse  tanto  maggiore  quanto  è  più  solenne 
il  momento  in  cui  l'Ochino  le  scrisse;  quello  in  cui,  abban- 
donato il  cattolicismo,  che  aveva  professato,  più  o  meno 
convinto,  per  undici  lustri  ;  l'ordine  dei  Cappuccini,  che  lo 
aveva  avuto  a  capo;  l'Italia,  che  per  la  bocca  di  Paolo 
Bembo  e  di  Pietro  Aretino  lo  aveva  salutato  predicatore 
insigne,  mangiava  il  pane  dell'esilio  a  Ginevra.  Questa 
città  era  la  prima  tappa  di  una  peregrinazione  travagliata; 
r  ultima  fu  a  Schlackau,  nella  Moravia,  dove  l'ex-frate  mori, 
correndo  il  1564  (2). 

(i)  Principi,  voli.  12°,  ce.  417A-418A,  e  13°,  ce.  121B-122B. 
Nel  foglio  di  guardia  di  questi  volumi  ò  scritto  Di  Castello.  Che  questi 
documenti  siano  inediti  mi  risulta  anche  da  informazioni  favoritemi 
cortesemente  dal  ch.mo  Dittrich. 

(2)  Intorno  aH'Och'no,  v.  Benrath,  B.  O.  voti  Siena.  Ein  Beitrag 


202  T.  T^iccolomini 


Le  missive  in  parola  sarebbero  dirette,  secondo  chi  le 
ha  trascritte,  rispettivamente  al  cardinale  Alessandro  Farnese 
ed  alla  Signoria  di  Venezia;  ma  non  mi  pare  che  sia  da 
credere  in  alcun  modo  alla  testimonianza  del  copista.  Ri- 
guardo alla  prima  lettera,  non  posso  ammettere  nel  diser- 
tore, sicuro  ormai  da  ogni  pericolo,  sentimenti  di  venera- 
zione e  di  fiducia  verso  il  nipote  di  Paolo  III,  da  lui  ritenuto 
ostile  alla  propria  causa  (i);  molto  meno  poi  sentimenti  così 
caldi  come  li  manifesta.  Il  vero  destinatario,  a  mio  vedere, 
si  ha  da  cercare  con  ogni  probabilità  nel  cardinale  Regi- 
naldo  Pole,  partigiano  sincero  di  una  riforma  religiosa,  sia 
pure  neir  orbita  e  per  opera  del  cattolicismo  ;  1'  opinione 
del  quale  sulla  sua  fuga  sappiamo  che  Bernardino  deside- 
rava conoscere  (2). 

Circostanze  di  valore  analogo  mi  conducono  parimente 
ad  escludere  che  l'Ochino  si  rivolgesse  con  la  seconda  let- 
tera alla  Signoria  di  Venezia.  Senza  dubbio,  il  documento 
contiene  il  saluto  ed  il  consiglio  supremo  dell'esule  alla 
città  dove  si  era  formata  gran  parte  della  sua  bella  riputa- 
zione come  oratore  sacro;  ma  ch'ai  scegliesse  ad  interprete 
ed  esecutore  del  proprio  pensiero  il  governo  di  S.  Marco  e 
s'immaginasse  di  sperar  protezione  da  quel  governo,  che 
poco  più  di  un  anno  prima,  per  le  istanze  del  nunzio  pon- 
tificio, Fabio  Mignanelli,  aveva  fatto  arrestare  Giulio  da  Mi- 

:(Mr  Geschichte  der  Reformation,  Braunschweig,  1 892  ;  Ochino  Berti.,  ar- 
ticolo in  Reaìencyklopàdie  fùr  protestantische  TheoJogie  una  Kirche,  XIV 
(Leipzig,  1904),  pp.  256-260.  Il  Benrath  ha  pubblicato  o  riprodotto 
le  lettere  finora  conosciute  del  suo  eroe  nella  monografia  citata  e 
nella  Rivista  Cristiana  (anno  1900,  pp.  44-47:  Lettere  sconosciute  di 
B.  Ochino). 

(i)  Il  22  agosto  1542  l'Ochino  comunicava  a  Vittoria  Colonna  : 
Io  so  che  «  el  Farnese  dice  che  so'  chiamato  perchè  ho  predicato  he- 
«  resie  et  cosa  scandalosa  »  (Benrath,  monografia  cit.  p.  287). 

(2)  Ib.  p.  288.  Si  avverta  che  il  volume  d'onde  ho  estratto  la 
lettera  in  questione,  contiene,  coni'  è  scritto  sul  dorso,  «  diverse  lettere 
«  del  Polo  et  altri  cardinali  et  ministri  » . 


I 


Varietà  203 


lano,  predicatore  sospetto  di  eresia  (i),  non  mi  sembra  plau- 
sibile. L'opinione  mia  è  che  Bernardino  dirigesse  il  suo 
testamento  spirituale  a  qualcuno  dei  molti  ammiratori  tro- 
vati a  Venezia,  nel  quale  propendo  a  riconoscere  non  un 
sacerdote,  ma  piuttosto  un  laico,  cittadino  autorevole  e  cri- 
stiano fervente.  Però  non  è  facile  neppur  congetturare  chi 
fosse  costui  (2)  ;  forse  Luigi  Friuli,  di  cui  sono  ben  cono- 
sciute le  strette  relazioni  con  gli  antesignani  del  partito 
riformatore,  i  cardinali  Fole,  già  menzionato,  e  Gasparo 
Contarini  (3). 

Le  asserzioni  di  fatto  e  la  confessione  di  principi  e  di 
speranze  contenute  nelle  epistole  che  l'Ochino  inviò  per 
congedarsi,  per  esortare,  per  giustificarsi,  per  contraddire 
alla  città  natale,  agli  amici,  Matteo  Giberti  e  Vittoria  Co- 
lonna, all' antagonista,  Girolamo  Muzio  (4),  sono  riaifermate 
ne'  miei  documenti.  Così  l'odio  per  la  Curia  romana,  iden- 
tificata dal  ribelle  coli' Anticristo  (5);  la  confidenza  in  Gesù 
quale  unico  mediatore  tra  Dio  e  l'uomo,  unico  espiatore 
delle  colpe  terrene  (6)  ;  il  presentimento,  finto  o  sincero, 
che   la  propaganda   evangelica,  o   da  lui  ritenuta  per  tale, 

(i)  Benrath,  op.  cit.  pp.  92-93.  L'Ochino  prese  le  parti  del  mi- 
lanese, compromettendosi  ancor  più  agli  occhi  della  corte  di  Roma, 
alla  quale  era  già  stato  denunziato. 

(2)  Il  Benrath  (op.  cit.  pp.  15-20)  discorre  della  predicazione 
deirOchino  a  Venezia  e  dell'ammirazione  che  vi  trovò,  ma  senza  dar 
particolari. 

(3)  DiTTRiCH,  Gasparo  Contarmi.  148^-1^42.  Etne  Monographie. 
Braunsberg,  1885,  pp.  210,  215. 

(4)  V.  in  Benrath,  op.  cit.,  le  lettere  di  Bernardino  al  Giberti 
(da  Morbegno,  31  agosto  1542;  p.  283),  alla  Colonna  (da  Firenze, 
22  agosto  1542;  pp.  287-288),  al  Muzio  (da  Ginevra,  7  aprile  1543; 
pp.  289-294)  ed  alla  Balia  di  Siena  (i  novembre  1543;  pp.  294-302). 
V.  anche  la  prefazione  alle  Prediche,  stampate  dall'Ochino  in  Ginevra, 
colla  data  io  ottobre  1542  (p.  288). 

(5)  Cf.  lettere  al  Muzio  ed  alla  Balia,  passim. 

(6)  Cf.  lett.  cit.,  ove  V  argomento  è  assai  più  sviluppato  (Ben- 
rath, op.  cit.  pp.  293,  295-300). 


204  y*  l^iccolomini 


avrebbe  trionfato  (i).  Così  l'agitarsi  dell' anima  inquieta 
di  fronte  al  bivio  cui  la  ponevano  i  nemici,  intenti  a  get- 
tare olio  sul  fuoco  :  rinnegar  Cristo  o  morire  (2)  ;  la  fuga 
risoluta  da  Bernardino  sull'esempio  di  Cristo  e  degli  apo- 
stoli, poiché  di  andare  a  morte  non  si  sentiva  inspirato,  né 
allontanarsi  gli  pareva  viltà,  certo  com'era,  o  si  diceva,  che 
Dio  lo  avrebbe  raggiunto  dovunque,  se  avesse  voluto  il  suo 
martirio  (3);  i  consigli  degli  amici  (4);  il  colloquio  col 
Contarini,  vicino  a  finire  la  nobile  esistenza  (5).  Quindi 
non  mi  balena  l'ombra  del  dubbio  intorno  all'autenticità 
di  queste  lettere. 

È  degno  di  nota,  e  trova  esso  pure  il  suo  riscontro, 
l'appello  caldissimo  a  Venezia  perchè  si  schieri  dal  lato  dei 
credenti  nel  nuovo  verbo  (6).  Vane  speranze.  L' Ochino 
doveva  vedere  Venezia,  la  sua  Venezia  sacrificare  Pompo- 
nio Algeri  all'ira  Gnatica  di  Paolo  IV  (7). 

Roma.  Paolo  Piccolomini. 


1.(8) 

Re\'erendissimo  et  illustrissimo.  Penso  che  vi  sarà  cosa  nuova  et 
di  non  poca  ammiratione  eh'  io  sia  qui,  et  nel  modo  che  (9)  inten- 

(i)  Cf.  lettera  alla  Balia  (Benrath,  op.  cit.  pp.  299-300). 

(2)  Cf.  lett.  al  Giberti,  alla  Colonna  (p.  287),  e  prefazione  alle 
Prediche. 

(3)  Cf.  locc.  citt.  e  lett.  al  Muzio  (pp.  291-292). 

(4)  Cf.  lettere  alla  Colonna  ed  al  Muzio  (p.  291). 

(5)  Cf.  lettera  al  Giberti. 

(6)  Cf.  lett.  alla  Balia,  pp.  301- J02. 

(7)  V.  in  proposito  De  Blasiis,  Processo  e  supplizio  di  Pomponio 
de  Algerio,  nolano  (Archivio  storico  per  le  Provincie  napoletane,  XIII, 
569  sgg.). 

(8)  In  testa  al  documento  è  scritto,  dalla  medesima  mano  e  col 
medesimo  inchiostro:  «Copia  di  lettera  di  fra  Bernardino  da  Siena 
«^all  {sic)  reverendissimo  et  illustrissimo  signor  cardinale  Farnese»; 
in  margine:  a  Genoa,  42  j  .xi.  d'8bre». 

(9)  Il  ms.  aggiunge  «vederete»,  ma  questa  parola  è  espunta. 


Varietà  205 


derete  dal  presente  latore.  Et  questo  è  perchè  ero  condotto  a  tale  che 
mi  bisognava  morire,  o  era  pericolo  assai  manifesto,  con  non  poter 
predicare  più  et  senza  colpa  mia.  Dico  così  arditamente  perchè  si  può 
sapere  che  dottrina  ho  predicata:  palam  locutus  sum  mundo. 
L'invidie  et  emulationi  sono  state  grandi,  et  è  stato  porto  orecchie  a 
chi  ha  straparlato,  et  l'hanno  governati  come  gli  è  piacciuto;  talché 
dai  miei  più  intimi  amici  sono  stato  consigliato  così,  immo  posso  dire 
sforzato,  che,  quanto  a  me,  sarei  in  ogni  modo  andato  (i).  Et  da 
Verona  per  andare  partendomi,  mi  condussi  a  Firenze  (2),  et  parlai 
a  lungo  con  monsignor  reverendissimo  Contarino  che  già  era  princi- 
piata la  sua  infermità  (3).  Christo  anche  più  volte  fuggì  et  si  ascose, 
et  Paolo  et  degli  altri  santi;  et  andare  voluntariamente  alla  morte  è 
un  tentar  Dio,  il  quale,  quando  vorrà,  mi  troverà  per  tutto.  Questo  è 
il  premio  di  quelli  che  predicano  Christo.  Ma  sappia  vostra  signoria 
reverendissima  che  io  ho  solo  a  render  ragione  a  Dio  d'  haver  havuti 
troppi  rispetti  humani;  però  forse  Christo  mi  ha  condutto  qui  acciò 
possi,  se  non  predicare  con  la  viva  voce,  almanco  scrivere  libera- 
mente, il  che  penso  di  fare  et  già  ho  incominciato  a  dar  principio  (4), 
Il  vostro  (5)  a  bocca  potrà  riferirvi  più  a  pieno.  Io  non  ho  altro  che 
dire  se  non  che  la  signoria  vostra  reverendissima  può  sapere  che  può 
di  me  disporre  come  di  cosa  sua;  et  me  '1  creda  o  ne  facci  espe- 
rienza, et  si  degni  di  pregar  Dio  per  me,  che  mi  perservi  et  augu- 
menti  nella  sua  divina  gratia.  Di  Genevra,  agli  2  di  ottobre  1542  (6). 

11.(7) 

Moisè,  a  tempo  nutrito  sotto  l'ombra  della  figliola  di  Pharaone 
in  ama-^care  l'egytio  monstre,  che  in  verità  non  li  era  figlio,  sì  come 

(1)  La  fuga  fu  suggerita  all'  Ochino  particolarmente  da  Pietro 
Martire  Vermigli  (Benrath,  op.  cit.  p.   103). 

(2)  Corretto,  a  quanto  pare,  su  «  Firenza  « . 

(3)  Nella  lettera  al  Giberti  il  card.  Contarini  è  chiamato  aperta- 
mente in  causa  da  Bernardino  :  «  Mons.  rmo  Contarini  non  mi  disse 
«  che  non  andassi  ma  me  ne  die  cenno.  Questo  dico  perchè  è  morto 
«  e  queste  parole  non  gli  possono  pregiudicare  »  (Benrath,  op.  cit. 
p.  283).  Sul  loro  colloquio,  avvenuto  in  Bologna,  dove  il  Contarini 
era  legato,  cf.  Benrath  e  Dittrich,  opp.  citt.  pp.  99-101,  849  sgg. 

(4)  Allude  certamente  alle  Prediche,  di  cui  più  addietro. 

(5)  Probabilmente  il  latore  della  lettera. 

(6)  Manca  la  firma. 

(7)  Anche  in  testa  a  questo  documento  si  legge,  scritto  dalla  me- 


2o6  T,  l^iccolomini 


Paulo  scrisse  a  li  Hebrei,  al  .11.  (i),  fugi  di  poi  et  ne  forno  causa  li 
falsi  suoi  fratelli.  Del  che  ben  che  molti  se  ne  admirasseno  et  mor- 
morasseno,  nientedimeno  fu  per  voluntà  di  Dio,  et  Paulo  nel  sopra- 
detto loco  el  prova  perchè  elesse  più  presto  esser  afflitto  col  populo 
di  Dio  che  fruir  a  tempo  il  peccato,  et  hebbe  per  magior  richezza 
r  imperio  (2)  di  Christo  che  li  tesori  de  li  Egytii.  Dirò  similmente  di 
me  che  non  harrei  possuto  scientemente  e  voluntariamente  eleger  tante 
calumine  con  tante  mie  (3)  mortificationi  appresso  il  mondo  se  Dio 
non  mi  havessi  mosso  et  governato  lui.  È  ben  vero  che  senza  dargliene 
occasione,  sì  come  possono  testificar  quelli  che  mi  hanno  udito,  se  già 
non  si  chiamano  offesi  perchè  dicano  che  eravamo  salvi  per  Christo; 
mi  condusseno  in  tal  necessità,  lassando  stare  l'haverme  già  publi- 
cato  per  heretìco,  ma  in  citarmi  et  nel  modo  che  teneno  (4),  che  bi- 
sognava andar  o  fugir;  et  andando  era  forsa  o  negarlo  con  Pietro, 
o  tradirlo  con  luda,  o  esser  sepolto  (5)  con  la  sinagoga.  Honoratamente 
morir  con  Christo  mi  sarrebbe  per  sua  gratia  stato  dolce,  ma  non  era 
venuta  anchora  l'hora  mia;  harrei  tentato  Dio.  Paulo  fugi  il  tribunal 
di  sommi  sacerdoti  et  appellò  a  quello  di  Cesare;  hor  pensi  vostra 
signoria  come  sarrebbe  andato  al  tribunal  di  Antechristo,  potendo  fu- 
gire;  il  che  ferno  li  apostoli  più  volte,  immo  et  Christo.  È  ben  vero 
che  volentieri  harrei  eletto  la  mia  Venetia  per  refugio,  né  mi  sarria 
diffidato  del  vostro  giusto  et  honesto  favore  ;  ma  volsi  patir  più  presto 
io  solo  che  dare  occasione  di  far  patire  ad  altri.  Con  l'amor  non  mi 
son  allontanato,  et  Dio  sa  quanto  desidero  veder  che  Christo  regni 
nella  mia  Venetia,  et  che  sia  libera  da  ogni  diabolico  giogo,  et  maxime 
da  quello  che  sotto  spetie  di  bene  la  tiene  più  oppressa,  et  vi  exorto 
ad  essere  in  verità  amici  di  Christo  et  a  volere  intender  il  puro  evan- 
gelio, et  non  perseguitar  ma  favorir  quelli  che  vi  predicano  la  parola 
di  Dio.  La  qual  è  sì  chiara  che  per  sua  defensione  non  ha  bisogno  di 
carcere  né  di  foco,  immo  è  sì  potente  che,  come  Paulo  scrisse,  getta 
per  terra  tutte  le  forze  del  mondo,  la  falza  dottrina  di  Maumet  e  quella 
de  Antechristo,  perchè  non  possono  per  sé  sussistere;  però  hanno  bi- 
sogno di  esser  difesi  con  l'arme.  Accettiamo  adunque  Christo  per  no- 

desima  mano  e  col  medesimo  inchiostro  del  rimanente  :  «  Copia  de  la 
«lettera  di  fra  Dino  a  la  illustrissima  Signoria^). 

(i)  Così  il  ms.  per  11^.  Cf.  infatti  san  Paolo,  Ad  Hebraeos,  XJ, 
24-26,  che  è  il  luogo  cui  fa  allusione  l'O. 

(2)  Corretto  su  altra  parola  inintelligibile. 

(3)  Ms.  «  mei  ». 

(4)  Così  il  ms. 

(5)  Ms.  «  sepolta  ». 


Varietà  207 


stro  signore,  imperochè,  se  bene  stituiscìe  un  regno  di  gratia,  non  però 
ruina  le  republiche,  immo  non  è  cosa  alcuna  che  tanto  le  magnifiche 
et  stabilischa  si  come  l'evangelio:  non  eripit  mortalia  qui  regna 
dat  celestia.'Già  Christo  ha  incominciato  penetrare  in  Italia;  ma 
vorrei  che  v' intrasse  glorioso,  a  la  scoperta,  e  credo  che  Venetia  sarà 
la  porta,  e  felice  a  te  se  la  accettarai,  e  guai  a  quelli  che  con  Erode 
per  human  timore  il  perseguitaranno.  Già  è  venuto  il  tempo  del  regno 
di  Christo,  già  diversi  (i)  parti  del  mondo  incomincia  a  regnare  et 
la  gran  Babilonia  ha  a  cadere  (2),  sì  come  è  scritto  ne  la  Apocalypse; 
l'opre  di  Dio  non  posson  dissolvere,  sì  come  Gamalia  (3)  il  disse. 
Però  accettianlo  con  festa,  il  che  prego  il  Signore  conceda  a  tutti, 
massime  a  la  mia  Venetia.  Di  Genova  (4),  alli  .vii.  di  dicembro  1542. 

Bernardinus  Senensis. 


IL  LEOPARDO  E  L'AGNELLO 

DI    CASA    FRANGIPANE 

Nessuna  famiglia  nella  storia  medievale  di  Roma  pre- 
senta, come  quella  dei  Frangipane,  cosi  mirabile  varietà  di 
figure  a  volta  tragiche  e  crudeli,  a  volta  soavi  e  gentili. 
Accanto  a  Cencio  Frangipane  che  irrompe  nel  conclave 
adunato  nel  monastero  della  Pallara,  ed  atterra  e  calpesta  il 
vecchio  Giovanni  Coniulo  di  Gaeta,  si  presenta  alla  memoria 
Odone  Frangipane  che  la  leggenda  ci  dipinge  pellegrino 
alla  voha  di  Ariano  ove,  durante  una  pestilenza,  compie  mi- 
racoli di  carità.  Accanto  ad  Altruda,  contessa  di  Bertinoro, 
che  virilmente  combatte  contro  l'esercito  di  Cristiano  di 
Magonza,  si  profila  la  figura  soave  di  lacoba  Frangipane, 
l'amica  gentile  di  san  Francesco,  che  egli  soleva  chiamare 
«  frater  lacoba  »,  che,  sola  donna  insieme  con  santa  Chiara, 
potè  gloriarsi  d'aver  bevuto  la  divina  dolcezza  dello  sguardo 
del  Poverello  d'Assisi. 

(i)  Così  il  ms. 

(2)  Ms.  «  accadere  ». 

(3)  Così  il  ms.  per  «  Gamaliele  »  (v.  Atti  cìei^U  Apostoli,  V,  34-39). 

(4)  Così  il  ms.  erroneamente  per  Ginevra. 


2o8  T.  Jedele 


A  Cencio  ed  a  lacoba  Frangipane  si  riferiscono  due  do- 
cumenti che  qui  pubblico. 

h  noto  come  fosse  costume  di  sovrani  e  di  fiimiglie 
nobili  nel  medio  evo  di  custodire  talvolta  delle  bestie  feroci. 
Che  questo  costume  fosse  seguito  nell'alta  Italia,  ne  assi- 
cura, fra  gli  altri,  Fra  Salimbene:  a  Lucerà  Federico  II 
aveva  un  vero  serraglio;  a  Napoli,  nei  giardini  di  Castel- 
nuovo,  Roberto  d'Angiò  custodiva  dei  leoni  (i);  a  Roma 
Cencio  Frangipane  aveva  in  casa  un  leopardo.  Le  case  e 
le  torri  dei  Frangipane  si  ergevano  sulla  somma  Sacra  Via, 
estendendosi  da  una  parte  al  tempio  di  Venere  e  Roma,  dal- 
l'altra fin  sull'alto  del  Palatino  (2).  Erano  casa  e  fortezza 
insieme,  intorno  alle  quali  più  volte  si  combattè  aspramente. 
E  non  era  per  imprimere  un  sentimento  della  propria  altera 
e  feroce  potenza  che  Cencio  Frangipane  faceva  quivi  custo- 
dire, forse  con  altre  belve,  un  leopardo?  O  più  probabilmente 
era  questo  un  animale  ammaestrato  alla  caccia,  come  spesso 
usò  nel  medio  evo?  Ora  accadde  che  un  giorno  la  fiera 
dalla  gaietta  pelle  si  avventò  contro  una  delle  donne  che 
erano  in  casa  Frangipane  ed,  addentatala  per  il  collo,  la 
strangolò.  Nel  documento  che  ricorda  il  fatto,  della  povera 
donna  non  si  fa  neppure  il  nome:  è  semplicemente  una 
«  quaedam  dompna  que  fuit  in  domo  Cinthii  Fraiapane  que 
«  mortua  fuit  sive  strangulata  a  lupardo  »  (3).  Sembra  tut- 
tavia che  nella  casa  di  Cencio  la  tragica  fine  dell'innomi- 
nata suscitasse  qualche  rammarico,  poiché  essa  fu  onore- 
volmente seppellita  in  una  cassa  marmorea  a  cannelli,  forse 


(i)  Cf.  G.  De  Blasiis,  Le  case  dei  principi  Angioini  in  Arch.  stor. 
per  le  prov.  Nap.  XII,  300. 

(2)  Cf.  P.  Fedele,  Una  chiesa  del  Palatino  in  questo  Archivio, 
XXVI,  344. 

(3)  Potrebbe,  a  dire  il  vero,  anche  credersi  che  «  lupardus  »  sia 
nome  di  uomo  :  però  nelle  più  centinaia  di  documenti  romani  da  me 
veduti,  non  mi  accadde  di  trovare  quella  parola  come  nome  proprio. 
Tuttavia  quest'ipotesi  non  può  escludersi. 


Varietà  209 


un  antico  sarcofago,  che  fu  posto  nel  portico  di  S.  Maria 
Nova,  a  sinistra  entrando  nella  chiesa.  Nei  rifacimenti  che 
la  chiesa  subì,  la  tomba  dell'infelice  donna  o  fu  mutata  di 
posto  o  più  probabilmente  fu  adoprata  ad  altro  uso  (i). 
Di  lei  e  della  sua  sepoltura  ci  serba  memoria  una  carta  Ti- 
burtina  del  1209,  conservata  nell'archivio  di  S.  Maria  Nova. 
Con  questo  documento,  alla  presenza  di  Milone,  vescovo  di 
Tivoli,  e  per  preghiera  di  Claro,  priore  di  S.  Maria  Nova, 
Leonardo,  notaio  di  TivoH,  raccoglie  la  testimonianza  di 
Benedetto,  priore  del  monastero  tiburtino  di  S.  Saba,  il  quale 
afferma  di  essersi  trovato  a  Roma  dove  «  vidit,  audivit  et 
((  interfuit  »,  quando  in  casa  Frangipane  avvenne  l' orrendo 
f;itto,  ed  aggiunge  che  fu  ai  tempi  di  papa  Innocenzo  IL 
Doveva  esser  ben  vecchio  il  priore  Benedetto  nel  1209,  e 
la  donna  strangolata  dal  leopardo  in  casa  di  Cencio  Fran- 
gipane doveva  aver  fatto  una  ben  profonda  impressione  nel- 
l'animo suo,  se  egli,  pur  non  ricordandone  forse  il  nome, 
dopo  circa  settant' anni,  rammentava  con  precisione  come 
e  dove  fosse  stata  seppellita  ! 

Ma  perchè  nel  1209  si  senti  il  bisogno  di  raccogUere 
con  tanta  solennità  la  testimonianza  del  priore  Benedetto? 
E  perchè,  altri  potrebbe  domandarmi,  nel  1905  io  ricordo 
ancora  il  leopardo  di  Cencio  Frangipane? 

Il  qual  leopardo  mi  richiama  alla  mente  l'agnello  di 
lacoba  a  de  Septemsoliis  ».  Ricordate  la  leggenda  di  cosi 
delicato  sapor  francescano  che  narra  san  Bonaventura?  (2) 
Durante  uno  de'  suoi  soggiorni  in  Roma,  san  Francesco 
ebbe  in  dono  un  agnello  da  persona  che  sapeva  come  il 
santo  lo  prediligesse  fra  gli  altri  animali,  perchè  simbo- 
leggia la  pazienza  umile  ed  innocente.  Ora,  dovendo  egli 
partire  da  Roma,  lo  affidò  alla  signora  del  Settizonio  che 

(i)  Non  mi  e  possibile  da  Napoli,  dove  scrivo,  controllare  la  notizia. 
Certo  nel  portico  attuale  di  S.  Maria  Nova  non  vi  è  alcun  sarcofago 
di  quel  genere. 

(2)  S.  Bonaventura,  Legenda,  cap.  Vili. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XX Vili.        14 


210  T.  Jedele 


gli  ebbe  cure  tutte  premurose  e  gentili.  Giorno  e  notte 
ella  lo  tenne  presso  di  sé  come  ricordo  di  san  Francesco. 
Se  la  mattina  lacoba  non  era  sollecita  a  destarsi,  l'agnello 
con  i  suoi  belati  pareva  esortarla  ad  affrettarsi  al  tempio, 
per  modo  che,  conchiude  san  Bonaventura,  «  agnus  Tran- 
ce cisci  discipulus,  devotionis  iam  magister  effectus,  ut  mi- 
«  rabilis  et  amabilis  a  domina  servabatur  ». 

La  persona  di  lacoba  Frangipane,  non  ostante  quanto 
disser  di  lei  san  Bonaventura  ed  i  primi  scrittori  Fran- 
cescani, era  stata  finora  avvolta  nei  veli  della  leggenda, 
finché,  alcuni  anni  fa,  il  p.  Eduardo  d'Alencon  non  dedicò 
alla  memoria  di  quella  gentile  uno  studio  che,  per  dottrina 
e  per  garbo,  é  un  vero  gioiello  (i).  Che  cosa  potrebbe  ag- 
giungersi di  nuovo  (2)  a  quello  che  dell'amica  di  san  Fran- 
cesco ha  detto  il  p.  d'Alencon?  Tuttavia  mi  par  prezioso  un 
documento  della  badia  di  Grottaferrata  da  me  ritrovato  nel- 
l'archivio Barberini. 

Secondo  il  biografo  di  lacoba,  questa  sarebbe  nata  pro- 
babilmente nel  II 90,  perché  nel  1210  si  trova  maritata  a 
Graziano  Frangipane,  e  madre  di  un  figliuolo  di  nome  Gio- 
vanni. Più  tardi  ella  avrebbe  avuto  un  secondo  figlio  che 
in  memoria  del  marito  morto  prima  che  il  fanciullo  na- 
scesse, ella  chiamò  Graziano.  Ed  invero  nel  12 17  lacoba, 

(i)  P.  Édouard  D'ALENgoN,  «  Frère  Jacqudim».  Recherches  his- 
toriques  sur  Jacqiieline  de  Settesoli,  l'amie  de  Saint  Francois.  Extrait  des 
Etiides  Franciscaines,  tome  II,  pp.   5-20  et  227-242,  Paris,  1899. 

(2)  Intendo  dal  punto  di  vista  storico  e  biografico,  perchè  non 
tutte  le  osservazioni  del  d'Alencon  mi  paiono  accettabili.  Cf.  la  re- 
censione che  di  ((  Frère  lacqueline'»  pubblicò  il  p.  Mandonnet  nella 
Revue  Thomiste,  luglio  1900,  p.  569.  Colgo  l'occasione  per  notare  che 
quanto  il  d'Alencon  deriva  dai  genealogisti  dei  Frangipane  intorno 
all'  origine  di  questa  famiglia,  non  ha  alcun  fondamento.  Le  origini 
Anicie  dei  Frangipane  sono  una  favola:  essi  sembrano  derivare  dalla 
famiglia  «de  Imperatore»,  della  quale  abbiamo  parecchie  notizie  nel 
medio  evo.  Cf  P.  Fedele,  Tabiilartum  S.  Mariae  Novae  in  questo  Ar- 
chivio d.  R.  soc.  roni.  di  st.  patr.  XXVI,  263. 


Varietà  2 1  r 


in  suo  nome  e  come  tutrice  dei  propri  figli  Giovanni  e 
Graziano,  veniva  ad  una  transazione  con  Sinibaldo,  came- 
rario di  papa  Onorio  IH,  per  alcuni  diritti  che  ella  aveva 
ereditato  dal  marito  sulla  terra  di  Nimfa,  mentre  d'altra  parte 
era  debitrice  dei  nipoti  del  papa  (i).  Nel  1226  i  due  figliuoli 
di  lacoba  sarebbero  stati  ancor  vivi,  perchè  e  lo  Specnlum 
vitae  e  le  Conformitates  e  Tommaso  da  Celano  accennano 
ai  due  figliuoli  di  lacoba  che  accompagnarono  la  madre  ad 
Assisi,  quando  ella  vi  si  recò  per  assistere  agli  ultimi  mo- 
menti del  santo.  Ed  in  Assisi  lacoba  morì,  e  (u  seppellita 
nella  basilica  non  lungi  dalla  tomba  del  Maestro.  Sulla  sua 
pietra  sepolcrale  si  legge  ancor  oggi  l'epigrafe  di  romana 
eloquenza  nella  sua  brevità  :  «  Hic  requiescit  lacoba  sancta 
«  nobilisque  Romana  ». 

Il  documento  criptoferratense  che  pubblico,  corregge 
qualche  tratto  di  questa  biografia. 

Nel  1230,  Pancrazio,  preposto  del  monastero  di  S.  Maria 
di  Grottaferrata,  rinunziava  in  favore  della  vedova  di  Gra- 
ziano Frangipane,  che  interveniva  all'atto  come  tutrice  di 
Angelo,  suo  nipote,  «  Angeli  nepotis  tui,  filli  quondam  la- 
«  cobi  filli  tui»,  ed  in  favore  di  Giovanni,  altro  figliuolo  di 
lacoba,  ad  alcune  terre  poste  presso  il  castello  di  Marino 
che,  come  è  noto,  apparteneva  alla  famigha  Frangipane:  e 
da  parte  loro  lacoba  e  Giovanni  rinunziavano  in  favore  del 
monastero  di  Grottaferrata  ad  alcune  terre  poste  verso  gli 
Squarciarelli.  Ora  da  questo  documento  che  è  originale,  e 
sulla  cui  autenticità  non  può  cader  dubbio,  appar  evidente 
che  il  primo  figlio  di  lacoba  non  fu  già  Giovanni,  ma 
un  altro  che  nel  1230  era  già  morto,  lasciando  di  sé  un 
figlio  di  nome  Angelo.  Né  egli  si  chiamava  Graziano,  ma 
Giacomo,  ripetendo  cosi  il  nome  materno  (2).  Vero  e  che 

(i)  Il  documento  è  nel  Liber  Censuum,  ed  il  d'Alen^on  lo  ripub- 
blica in  appendice  al  suo  lavoro.  Op.  cit.  p.  37. 

(2)  Non  era  questo  il  primo  caso  che  nella  famiglia  Frangipane 
vi  fosse  uno  di  nome  Giacomo.  Fra  le  schede  da  me  raccolte  per  ser- 


212  T.  Jedele 


nel  documento  del  12 17,  ricordato  dal  d'Alengon,  i  due  figli 
di  lacoba  hanno  il  nome  di  Giovanni  e  di  Graziano;  ma 
di  tal  documento  conosciamo  soltanto  la  copia  che  nel  Liher 
Censuum  della  Chiesa  Romana  ne  inserì  Cencio  Camerario: 
e  fra  una  carta  originale  ed  una  copia  non  esito  ad  atte- 
nermi alla  fede  della  prima,  tanto  più  che  nella  seconda  può 
ben  essere  avvenuta  una  confusione  tra  il  nome  del  figlio 
di  lacoba  ed  il  nome  di  Graziano  suo  marito  che  è  nomi- 
nato soltanto  cinque  parole  prima  (i).  Né  par  probabile  che 
lacoba  avesse  più  di  due  figli,  poiché  in  questo  la  tradizione 
francescana  si  accorda  pienamente  col  Liher  Censuum  e  col 
documento  criptoferratense  che  contengono  atti  nei  quali, 
intervenendo  lacoba  come  erede  dei  diritti  di  Graziano,  suo 
marito,  insieme  con  i  figli,  avrebbero  dovuto  essere  ricor- 
dati tutti  i  figli  di  lacoba,  mentre  di  due  soltanto  è  fatto 
il  nome. 

Se  dovessimo  credere  a  Tommaso  da  Celano,  Giacomo 
sarebbe  morto  dopo  il  1226,  perchè  quando  la  madre,  spinta 
da  un  triste  presentimento  della  prossima  fine  di  san  Fran- 
cesco, volle  recarsi  ad  Assisi,  secondo  il  Celano,  ella  vi 
andò  «  cum  filiis  »  (2),  mentre  lo  Speculum  perfectionis  e  la 
Legenda  trium  sociorum  parlano  di  uno  soltanto  dei  figliuoli 
di  lacoba  (3).  Ma  il  racconto  del  Celano  è  forse  inesatto 
anche   in    un   altro   punto,  perché  egli  dice  che  nel  1226 

vire  ad  una  storia  dei  Frangipane,  trovo  un  «  lacobus  Fraiapane  »  che 
si  firma  testimone  ad  un  atto  del  1232;  e  nel  1 240  trovo  un  «  Hen- 
«  rìcus  Fraiapanis  filius  olim  domni  lacobi  Fraiapanis». 

(i)  Difatti  la  parte  dispositiva  del  documento  dì  Cencio  Came- 
sario  comincia  :  «  Ego  quidem  lacoba,  uxor  quondam  domni  Gratiani 
«  Frangespanem  et  tutrix  lohannis  et  Gratiani  » . 

(2)  Cf.  Analecta  BoUandiana,  XVlll,  128.  Anche  lo  Speculum  vitae 
ammette  la  presenza  dei  due  figli  di  lacoba  ad  Assisi  :  «Portarius 
«  invenit  dominam  lacobam  nobilissimam  Romanam  cum  duobus  filiis 
«  senatorum  et  militum  comitum  qui  veniebant  ad  sanctum  Franci- 
«scum».  Cf.  il  testo  dello  Speculum  vitae  del  1504,  e.  137B. 

(3)  Vedi  lo  stesso  o'ALENgoN,  op.  cit.  p.  21. 


Varietà  213 


Giovanni  Frangipane  era  ancor  fanciullo,  «  tunc  puer  » , 
mentre  dalla  carta  criptoferratense  del  1230  si  rileva  che, 
almeno  in  quest'  anno,  egli  aveva  raggiunto  l'età  maggiore, 
perchè  nella  transazione  conclusa  col  monastero  di  Grotta- 
ferrata  egli  interviene  in  suo  nome,  né  vi  si  fa  menzione 
di  alcuna  tutela  della  madre  che  è  invece  ricordata  come 
tutrice  di  Angelo,  figliuolo  di  Giacomo  (i).  Ed  è  notevole 
un  particolare  del  documento.  Il  nome  di  lacoba  è  taciuto 
dal  notaio  che  evidentemente,  nell'atto  di  rogare  l'istro- 
mento,  o  lo  ignorava  o  non  lo  ricordava,  perchè  al  posto 
del  nome  vi  è  nel  testo  una  lacuna.  Si  potrebbe  forse  de- 
durne che  nel  1230,  già  da  un  pezzo,  lacoba  aveva  lasciato 
al  figlio  Giovanni  le  cure  del  governo  di  Marino,  ritraen- 
dosi ad  una  vita  oscura  e  m.odesta  per  aver  più  agio  di 
dedicarsi  alle  cure  del  cielo?  L'ipotesi  sarebbe  meno  impro- 
babile, se  nel  1237  lacoba  non  apparisse  novamente  solle- 
cita, insieme  col  figlio,  del  buon  governo  di  Marino,  poiché 
in  quell'anno  ella  e  Giovanni  confermavano  agli  abitanti  di 
quel  luogo  le  loro  consuetudini. 

Alle  notizie  che  il  p.  d'Alencon  ha  raccolto  intorno  a 
Giovanni  Frangipane,  alcune  altre  posso  aggiungerne  che 
traggo  dall'archivio  di  S.  Maria  Nova.  Sono  tre  documenti 
degli  anni  1224,  1228,  1232(2).  Nel  primo  egli  è  ricor- 

(i)  Mentre  correggo  le  bozze  di  questa  mia  nota,  mi  vien  sot- 
t' occhio  un  assai  notevole  articolo  di  Paul  Sabatier,  De  revolution 
des  légendes  à  propos  de  la  visite  de  Jacqueìine  de  Settesoli  à  saint  Fran- 
cois, pubblicato  nel  i"  fascicolo  del  Buìlettino  critico  di  cose  francescane, 
Firenze,  1905,  Le  conclusioni  del  Sabatier  possono  essere  confermate 
anche  da  questa  osservazione,  che  mentre  nello  Speculnm  perfectionis 
si  parla  di  un  sol  figlio  di  lacoba  la  quale  «  venerat  de  Roma  cum 
«  filio  suo»,  soltanto  nelle  amplificazioni  o  nei  degenerameli  poste- 
riori del  racconto  si  parla  di  più  figli,  mentre  è  probabile  che  uno  dei 
due  figli  di  lacoba  fosse  morto  prima  del  1226. 

(2)  Riporto  qui  il  transunto  dei  tre  documenti.  An.  1224,  luglio  31: 
«  Prior  S.  Mariae  Novae  locat  in  tertiam  generationem  Andree  de 
«  Ballanza  griptam  in  Coliseo  retro  ecclesiam  S.   Salvatoris  positam  : 


214  "P-  Jedele 


dato  soltanto  perchè  aveva  beni  confinanti  con  una  grotta 
posta  nel  Colosseo,  dietro  la  chiesa  di  S.  Salvatore  :  con 
gli  altri  due  egli  pegnorava  in  favore  dello  scriniario  Gia- 
como e  di  Pietro  Salincontra  due  cripte  poste  «  sub  Ani- 
ce phiteatro  Colisei  »  ed  «  in  pede  Colisei  » .  E  presso  al 
Colosseo  erano  le  sue  case,  perchè  certamente  egli  aveva 
ereditato  dalla  madre  il  Settizonio  che  nel  1145  Pietro, 
abate  di  S.  Gregorio,  aveva  venduto  ai  Frangipane.  Là  dove 
ai  tempi  di  Cencio  fu  spesso  fragor  di  guerra  e  ruggito 
di  belve,  si  custodiva  ora  piamente  il  sereno  ricordo  del 
Poverello  d'Assisi.  E  chi  sa  che  gl'istromenti  di  sopra 
ricordati  con  i  quaU  Giovanni  Frangipane  era  costretto  a 
porre  in  pegno  parte  dei  propri  beni,  non  debbano  ricon- 
nettersi con  la  liberalità  sua  verso  i  poveri,  della  quale  di- 
cono gli  storici  di  casa  Frangipane  che  fosse  così  generosa 
che  finì  con  l'assottigliare  le  sue  sostanze!  (i) 

Napoli,  maggio  del  1905. 

P.  Fedele. 


c<  a  .1.  latere  Petrus,  a  .11.  Andreas  Cazolus,  a  .111.  lohannes  Fraiapanis, 
w  a  .IV.  plaza  cum  puteo.  Testes  :  Blasius  Andree  Rubei,  lohannes  Pedo, 
«  Symon  sartor,  Deusdedit,  Andreas.  lohannes  sancte  Romane  Ecclesie 
«  scriniarius  ».  —  An.  1228,  settembre  24:  «  lohannes  Fraiapanis  obligat 
«  et  in  pignus  ponit  Petro  Salincontra  unam  criptam  sub  Amphitheatro 
«Colisei:  a  .1.  latere  domnus  Anibaldus,  a  .11.  monasterium  S.  Xisti, 
«  a  .III.  Andreas  Baldantie,  a  .iv.  via  publica.  Testes  :  Bartholomeus 
«  Salincontra,  Bartholomeus  de  Folca,  lacobus  de  Naso,  Landulphus  de 
«Coliseo,  lohannes  Gallicani.  lacobus  sancte  Romane  Ecclesie  scri- 
«  niarius  ».  —  An.  1232,  settembre  i:  «  lohannes  Fraiapanis  filius  quon- 
«  dam  domni  Gratiani  Fraiapanis  obligat  et  in  pignus  ponit  lacobo 
«scriniario  unam  criptam  in  pede  Colisei:  a  .1.  latere  heredes  Petri 
«  Anìbaldi,  a  .11.  ecclesia  S.  Xisti,  a  .111.  Petro  Andrea  Ballantie,  a  .iv. 
«  via  publica.  Testes  :  lacobus  Fraiapanis,  Petrus  Vetulus,  Paulus  Ricii, 
«  Nicolaus  lohannis  de  Berulis.  Petrus  medicus  scriniarius  sancte  Ro- 
«mane  Ecclelie». 

(i)  Cf.  D'ALENgoN,  op.  cit.  p,  29. 


Varietà  215 


I. 

1209,  decembre  13. 

Alla  presenza  di  Milone,  vescovo  di  Tivoli,  e  per  pre- 
ghiera di  Claro,  priore  di  S.  Maria  Nova,  il  notaio  tiburtino 
Leonardo  raccoglie  la  testimonianza  di  Benedetto,  priore  di 
S.  Saba,  intorno  alla  morte  di  una  donna,  avvenuta  in  casa 
di  Cencio  Frangipane  ai  tempi  d'Innocenzo  II. 

Originale.  Archivio  di  S.  Maria  Nova,  presso  i  monaci  Benedettini  di  Monte  Oliveto 
in  Settignano. 

I.  vj<  In  nomine  Domini.  Anno  incarnationis  eiusdem  millesimo 
ducentesimo  .ix.,  indictione  .xii.,  2.  mensis  decembris  die  .xiii. 
Quoniam  ea  que  in  litteris  manu  publica  redigimtur,  3,  perpetua 
inspectione  clarescunt,  et  rei  veritas  ad  posterorum  notitiam  facillius 
4.  cognoscenda  transmittitur,  idcirco  ego  Leonardus  Dei  gratia  Tybur- 
tine  civitatis  5.  et  inperialis  aule  notarius,  in  presentia  dompni  Mi- 
lonis  Tyburtini  episcopi  ipsius  precepto  6.  et  rogatu  dompni  Clari 
prioris  ecclesie  Sancte  Marie  Nove  Urbis,  testimonium  dompni  7.  Be- 
nedicti  prioris  ecclesie  Sancti  Sabe  Tyburis,  ab  eo  tactis  sacrosanctis 
evangeliis,  sine   frau  8.  de  (•'»)  prestitum   coram  predicto  dompno 

Milone  episcopo  et  subscriptis  quinque  testibus  ad  perpetuam  memo- 
riam  9.  litteris  publicis  scribere  curo.  Quod  quidem  tale  est:  quia 
ipse  dompnus  Benedictus  vidit,  10.  audivit  et  interfuit  quando  que- 
dam  dompna  que  fuit  in  domo  Cinthii  Fraiapane  que  ri.  mortua 
fuit  sive  strangulata  a  lupardo,  et  ipsa  fuit  tunc  sepulta  in  conca 
mar  12.  morea  canelata  a  sinistra  manu  cum  ecclesia  Sancte  Marie 
Nove  ingreditur,  in  porticu  iuxta  13.  portara  ipsius  ecclesie  a  latere 
graduum  qui  ibi  sunt:  et  hoc  fuit  in  tempore  Innocentii  II  pape. 
14.  Testes  qui  huic  publice  interfuerunt  hii  sunt:  dompnus  Rainaldus, 
dompnus  Matheus,  dompnus  Silvester,  lohannes  de  Boni,  Petrus  la- 
conus,  testes.  15.  Et  signum  feci,  et  quia  Romanum  inperium  in- 

peratore  vacabat,  idcirco  nomen  inperatoris  non  apposui. 

Leonardus  C^). 

II. 

1230,  aprile  26. 

Pancrazio,  preposto  del  monastero  di  S.  Maria  di  Grot- 
taferrata,  rinunzia  in  flivbre  della  vedova  di  Graziano  Fran- 

(a)  Nel  lesto  fradc         (b)    //  tiotrte  di  Leonardus  è  in  monogramiua. 


21 6  T,  fedele 


gipane  come  tutrice  di  Angelo  suo  nipote  ed  in  favore  di 
Giovanni  Frangipane  ad  un  lenimento  presso  Marino,  rice- 
vendone in  cambio  una  tenuta  posta  «  versus  castrum  quod 
«vocatur  de  Squargariliis  ». 

Originale,  Biblioteci  Vaticana,  arch.  Barber.,  cred.  Ili,   casella   55,  B.  b. 

I.  In  nomine  Domini.  Anno  dominice  incarnationis  millesimo 
.cc.xxx.,  anno  .mi.  domni  W  Gregorii  noni  pape,  indictione  .ni.,  mense 
aprilis,  die  .xxvi.  Nos  2.  dompnus  Francati  prepositus  venerabilis 
monasterii  Sancte  Marie  Cripte  Ferrate  consentientibus  et  volentibus 
fratris  (b)  3.  Iconomi  monachi  et  iconomi  dicti  monasterii  et  le- 
remie  monachi  dicti  monasterii,  hac  presenti  die  propria  et  spontanea 
4.  nostra  bona  voluntate  refutamus  vobis  donine  *  *  *  (<=)  uxori 
quondam  domni  Gratiani  Fraiapanis  tutrici  Angeli  nepotis  5.  tui, 
filli  quondam  lacobi  tui  filli  prò  ipso  nepote  tuo,  et  tibi  lohanni  Fraia- 
panis prò  te  et  vestris  heredibus  ac  successoribus  6.  perpetuo.  Idest 
totum  illum  ius  quod  nostrum  monasterium  nunc  usque  habuit  seu 
habet  in  totum  illum  tenimentum  terre  et  7.  stirpariorum  et  vi- 
nearum  seu  pastinorum,  quod  est  positum  ab  affinibus  et  (^)  a  carvo- 
narello  positis  et  facto  a  latere  8.  de  castro  vestro  Marini,  ut  per 
affines  et  carvonarellum  diffinitum  est,  et  apparent  per  arbitrium  Inter 
nos  9.  et  vos  factum  a  Tusco  de  Venga  et  lohanne  Greco  de  Ma- 
rini et  a  presbitero  Bartholomeo  de  castro  quod  dicitur  io.  Squar- 
ciriliis  et  a  dompno  Laurentio  de  Pauli,  qui  arbitri  fuerunt  electi  Inter 
nos  et  vos,  sub  pena  quinquaginta  11.  librarum  provisinorum  ho- 
norum senatus,  ut  in  arbitrio  publico  scripto  per  eundem  scriniarium 
appareat  (^j.  Quod  tenimentum  terre  et  stirparli  12.  et  pastinorum 
atque  vinearum,  ut  per  dictos  arbitros  est  dìfiìnitum  a  dictis  afiìnibus 
contra  dictum   castrum  vestrum  Marini  13.  vobis,  ut  dictum   est, 

refutamus  prò  eo  quod  vos  similiter  refutatis  nobis  prò  dicto  nostro 
monasterio  totum  ius  14.  quod   habetis  seu  usque   nunc  habuistis 

in  toto  tenimento  terre  et  stirparli  quod  est  positum  et  divisum  per 
suprascriptos  15.  affines   a    carvonarello    versus    dictum    castrum 

quod  vocatur  de  Squargariliis,  et  hoc  sicud  apparent  in  predicto 
i6.  arbitrio  et  instrumento  refutationis  scriptis  per  eundem  scrinia- 
rium. Et  amodo  liceat  vobis  dictum  teni  17.  mentum  libere  et  in 
pace  tenere  et  habere,  ita  quod  nec  a  nobis  vel  successoribus  nostris 
ab  aliqua  persona  a  nobis  18.  submissa  vel  submictenda  Htem  seu 
questionem  exinde  habeatis.  Et  nos  tam  prò  nobis  quam  prò   nostris 


(a)  domni  neW interlineo,  (b)  consent   et  volent  fris  (e)  Lacuna  nel  testo. 

(d)  Nel  testo  fu  ripetuto  et         (e)  Cosi  nel  lesto. 


Vaiatela  217 


heredibus  19.  ac  successoribus  et  prò  dicto  monasterio  promictimus 
vobis  et  vestris  heredibus  ac  successoribus  omnia  suprascripta  rata  ha- 
bere  et  contra  ea  20.  non  venire.  Quod  si  noluerimus  aut  contra 
ea  que  dieta  k^)  venire  temptaverimus,  componamus  vobis  prò  pena 
.L.  libras  provisinorum  21.  bonorum  senatus,  et,  soluta  pena,  hec 
carta  firma  permaneat,  Quam  scribendam  rogavimus  Scrofanum  0>) 
sancte  Romane  22.  Ecclesie  scriniarium  in  mense  et  indiclione  su- 
prascripta .III. 

Testes  :  Thodinus  de  Turriccla,  Landò  de  Gregorio  Carriia,  Pan- 
dulfus  de  Turriccla,  Nicolaus  de  Gerardo,  Johannes  Benencase  de  Ma- 
rini, dopnus  Gentilis. 

Ego  Scrofanus  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius  habens  potestatem 
dandi  tutorem  et  curatorem  et  uti  omni  iudiciali  officio  preter  senten- 
tiam  dandam  compievi  et  absolvi. 


LA  BADIA  DI  GROTTAFERRATA 

SOTTO    LA    PROTEZIONE    DEI    RE    ANGIOINI    DI    NAPOLI 

Comunico  agli  eruditi  lettori  àdV Archivio  il  seguente 
documento  del  24  giugno  1276  rinvenuto  in  un  registro 
angioino  (i): 

Scriptum  est  (2)  capitaneo  Aquile  (3).  Cum  ad  religiosos  viros  ..(4) 
abbatem  et  prepositum  et  conventum  monasterii  Sancte  Marie  Grecorum 

(a)  Completa  sunt  (b)  Dopo  Scrofanum  è  nel  testo  l'abbrevia:(ione  della  parola  scri- 
niarium cancellata  da  prima  mano. 

(i)  Registri  ang.  voi.  23,  f.  cxx. 

(2)  Nei  registri  della  cancelleria  angioina,  massime  dei  primi  tempi, 
non  fu  frequente  l'uso  di  trascrivere  tutta  l' intitolazione  del  sovrano  : 
essa  talvolta  era  rappresentata  dal  solo  nome  di  lui,  accompagnato  dalla 
sigla  eie;  talvolta  era  sostituita  dalle  due  parole  scriptum  est,  special- 
mente, quando  il  diploma  conteneva  un  semplice  ordine.  Scriptum  est 
adunque  qui  sta  in  luogo  di  Karolus,  Dei  grafia,  rex  Sicilie  Scc. 

(3)  capitaneo  Aquile.  I  capitani  (v.  Cost.  di  Fed.  Il  de  off.  cap.) 
amministravano  giustizia  nelle  città. 

(4)  Manca  il  nome  dell'abbate.  Probabilmente  teneva  allora  quel- 
l'ufficio Ilarione,  eletto  nel  1272,  a  cui  successe  nel  1300  Biagio  II 
(v.  MoRONi,  Dii.  d'ermi,  st.  eccl.  dee,  Venezia,  1845,  XXXIII,  56). 


2i8  "K.  "Battone 


de  Criptaferrata  (i)  ob  sacre  religionis  obervantiam,  qua  virtutum  (5/^) 
domino  famulatur,  nec  non  ob  devotionem  sinceram,  quam  ad  excel- 
lentiam  nostrani  gerunt,  specialem  habentes  affectum,  monasterium 
ipsum  cum  omnibus  personis,  monasteriis,  granciis  et  omnibus  bonis 
et  iuribus  eius,  que  rationabiliter  tenent  et  possident,  sub  protectione 
nostra  recepimus  speciali,  fidelitati  tue  precipiendo  mandamus, 
quatenus  eosdem  abbatem,  prepositum  et  conventum  cum  omnibus 
bonis  eorum,  que  in  tua  iurisdictione  obtinent,  habens  efficaciter  com- 
mendatos,  non  permictas  eos  super  hiis  indebite  molestari,  sed  eos 
auctoritate  nostra  in  illis  manuteneas  et  defendas.  Datum  Romae  (2), 
.xxiiii."  iunii  .1111®.  indictionis  (3). 

Con  questo  diploma  adunque  re  Carlo  I  d'Angiò  annun- 
zia al  capitano  di  Aquila  aver  egli  posto  sotto  la  sua  pro- 
tezione la  badia  di  Grottaferrata,  e  gli  ordina  di  non  per- 
mettere che  ad  essa  sia  recata  molestia  alcuna  o  turbamento 
nel  possesso  de'  beni  posti  nel  territorio  aquilano. 

Grottaferrata,  al  pari  di  tanti  altri  monasteri  e  badie, 
ebbe  molteplici  largizioni  e  donazioni  di  beni  mobili  ed  im- 
mobili, specialmente  prò  remedio  animae,  dai  fedeli.  In  ra- 
gion di  tempo  anche  altre  comunità  religiose  poste  in  luoghi 


{i)  de  Cripta/errata.  Quanto  all'origine  del  nome  è  da  consultare 
la  Civiltà  Cattolica  (quad.  1295,  p.  569)  dove  sono  riportate  le  diverse 
opinioni,  tra  le  quali  quella  dello  Sciomarri,  che  cioè  l'attributo  fer- 
rata derivi  dal  trovarsi,  in  que'  luoghi,  miniere  di  ferro,  e  quella  del 
Tomassetti,  che  cioè  fosse  stata  ivi  un'  immagine  della  SS.  Vergine  pro- 
tetta da  una  grata  di  ferro  contro  l'eccessiva  pietà  dei  fedeli. 

(2)  Re  Carlo  trovavasi,  fin  dal  gennaio  di  quell'anno,  a  Roma 
chiamatovi  dal  pontefice  Gregorio  X.  Morto  costui,  egli  vi  rimase  fino 
al  20  luglio  per  le  elezioni,  che  a  breve  distanza  ebbero  luogo,  d'In- 
nocenzo V  e  di  Adriano  V  (v.  Minieri  Riccio,  //  regno  di  Carlo  I 
d'Angiò  dal  2  gennaio  1273  al  31  dicembre  1283). 

(3)  Manca  la  data  dell'anno.  Ordinariamente  nei  registri  dei  primi 
anni  del  regno  di  Carlo  I  non  notavasi  la  data  completa,  essendo  suf- 
ficiente averla  messa  nel  primo  documento  del  quaderno  ;  e  soleva 
omettersi  anche  l'anno  del  regno.  Ora  dal  primo  documento  del  qua- 
derno si  desume,  che  l'anno  è  il  1276,  che  appartiene  alla  4*  indizione, 
cominciata  il  1°  settembre  1275. 


Varietà  219 


lontani  chiesero  all'autorità  pontificia  di  essere  aggregate  con 
tutti  i  loro  beni  a  quella  badia  (i). 

Siffatte  possessioni,  ogni  di  crescenti,  mossero  l'invidia 
e  l'avidità  de'  baroni,  i  quali  solevano  commettere,  e  lascia- 
vano commettere  ai  loro  bravi,  ladroneggi  e  rapine  d'ogni 
maniera;  laonde  gli  abbati  eran  costretti  ad  invocare  la  pro- 
tezione de'  sovrani.  E  siccome  la  badia  di  Grottaferrata  pos- 
sedeva beni  anche  nel  regno  di  Napoli,  così  chiese  et  ottenne 
la  protezione  di  Carlo  I  d'Angiò.  Costui  l'anno  dopo,  cioè 
nel  1277  (28  agosto),  dimorando  a  Lagopesole  dovè,  ad 
istanza  di  quell'  abbate,  scrivere  al  giustiziere  del  Princi- 
pato e  di  Benevento  (2),  che  costringesse  Simone  de  Bosco, 
signore  di  Campora,  il  quale  temerariamente  aveva  preso 
possesso  della  chiesa  di  S.  Arcangelo  e  del  relativo  leni- 
mento nella  suddetta  terra  di  Campora  (la  quale  chiesa  ap- 
parteneva al  monastero  di  Rofrano),  a  restituirla  al  mona- 
stero medesimo  dipendente  dalla  badia  (3). 

Si  ha  pure  notizia,  che  Carlo,  figliuolo  di  re  Roberto, 
vicario  del  Regno,  per  comporre  le  dissensioni  sorte,  tra 
la  badia  e  Tommaso  di  Marzano  conte  di  Squillace,  a  ca- 
gion  dei  confini  fi-a  Rofrano  e  la  terra  di  Novi,  della  quale 
era  feudatario  quel  conte,  accogliendo  l'istanza  dell'abbate, 


(i)  Fin  dal  1260  vi  era  stata  unita  la  badia  di  S.  Nicola  di  Mor- 
bano  presso  Venosa  (v.  Bollettino  popolare  :  S.  Nilo  di  Rossano  e  la  badia 
di  Grottaferrata  nel  nono  centenario,  1004-1^04  (raccolta  n.  19,  p.  156). 

(2)  I  giustizieri  erano  a  capo  delle  provincie  (iustitiariatus)  ed 
avevano  attribuzioni  amministrative,  giudiziarie  e  finanziarie  (v.  Dur- 
RiEU,  Étude  sur  les  Registres  du  roi  Charles  I",  Paris,  1886,  I,  48). 

(3)  Il  feudo  di  Rofrano  in  provincia  di  Salerno  fu  donato  da  Gu- 
glielmo I  normanno  (e  ne  confermò  il  possesso  re  Ruggiero)  alla  badia 
di  Grottaferrata.  I  PP.  basiliani  vi  tennero  un  romitorio  ed  una  chiesa, 
a  cui  dipoi  venne  dato  il  nome  di  badia  di  S.  Maria  di  Grottaferrata 
di  Rofrano  (v.  Antonini,  Discorso  sulla  Lucania  (Napoli,  179^-17^7), 
I,  387;  RoNSiNi,  Cecini  storici  di  Rofrano  (Salerno,  1873);  Ardì,  di 
Stato  di  Napoli  :  Processi  diversi  della  Curia  del  cappellano  maggiore  (pan- 
detta  3',  m.  I,  n.  136). 


220  C\\  barone 


ordinò  al  giustiziere  del  Principato  citeriore,  che  provvedesse 
alla  esatta  confinazione  delle  due  terre  (i). 

Dal  che  si  argomenta,  che  anche  gH  altri  dinasti  angioini 
ebbero  in  protezione  la  badia  di  Grottaferrata  (2). 


Nicola  Barone. 


(i)  V.  Reg.  ang.  voi.  249,  f.  309  (24  febbraio  1323);  voi.  263, 
f.  220  B  (25  gennaio  1326). 

(2)  Anche  i  sovrani  aragonesi  di  Napoli  ebbero  in  protezione  la 
badia.  Trovo  citati  due  diplomi,  che  non  più  esistono  :  l'uno  del  7  gen- 
naio 1458  relativo  al  possesso,  che  Grottaferrata  aveva,  di  Rofrano  e 
de'  terrltorii  detti  la  Cerqueta  e  la  Frumicella;  l'altro  del  18  giugno 
dello  stesso  anno,  in  cui  era  contenuto  V  orcio  quod  homines  terre  Ro- 
frani  Casellarum,  casalis  C'unii,  Turris  et  Al/ani  deheant  respoiidere  de 
fructibus  terrarum  predictarum  abbati  Cripte/errate. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Seduta  del  ij  febbraio  190J. 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  quattro  e  mezzo. 

Sono  presenti  i  soci  U.  Balzani,  presidente,  V.  Federici, 
I.  Giorgi,  A.  Monaci,  E.  Monaci,  G.  Monticolo,  G.  Na- 
vone, A.  RoMUALDi,  M.  Rosi,  P.  Savignoni,  O.  Tommasini. 
Funge  da  segretario  il  socio  V.  Federici.  Il  socio  L.  Ma- 
riani si  scusa  di  non  poter  intervenire. 

Data  lettura  del  processo  verbale,  che  è  approvato,  il  Pre- 
sidente legge  la  seguente  relazione  : 

«  Egregi  colleghi, 
«  Ho  r  onore  di  presentarvi  il  volume  ventesimoset- 
timo del  nostro  Archivio.  Vedrete  in  esso  che  la  esplora- 
zione degli  archivi  romani  si  continua  alacremente  e  ha  dato 
ancora  frutti  copiosi  come  apparisce  dalle  pubblicazioni  del 
socio  Fedele  sul  Tabularlo  di  Santa  Prassede,  e  del  dottor 
Ferri,  già  alunno  della  nostra  scuola  storica,  sulle  carte  della 
basilica  Liberiana  dal  secolo  x  al  secolo  xv,  alle  quali  pub- 
blicazioni sono  da  aggiungere  quella  del  socio  Alfredo  Mo- 
naci che  dà  in  luce  un  regesto  delle  carte  della  abbazia  di 
Sant'Alessio  all'Aventino,  una  notizia  del  signor  Tonetti 
sugli  archivi  e  sulla  biblioteca  Giovardiana  comunale  di 
Veroli  e  un  ruolo  della  familia  pontificia  sotto  Eugenio  IV 
pubblicato  dal  signor  Giorgio  Bourgin.  Oltre  queste  pub- 
blicazioni di  documenti  tratti  dai  nostri  archivi,  il  volume 


2  22  oAtti  della  Società 

che  vi  presento  contiene  alcune  note  del  professore  Giovan- 
noni  le  quali  recano  un  contributo  pregevole  alla  storia  dei 
marmorari  romani,  il  termine  della  memoria  del  socio  Ca- 
pobianchi  sulle  origini  del  peso  Gallico,  e  il  termine  del 
bello  studio  del  signor  Antonelli  sulle  vicende  della  domi- 
nazione pontificia  dalla  traslazione  della  sede  alla  restaura- 
zione delFAlbornoz;  il  socio  Tomassetti  continua  nel  volume 
il  suo  diuturno  lavoro  sulla  campagna  romana,  e  vi  contri- 
buiscono il  socio  Fedele  con  una  nota  sulla  famiglia  di  Ana- 
cleto II  e  di  Gelasio  II,  il  socio  Federici  con  delle  miscel- 
lanee paleografiche,  il  socio  Giacomo  Lumbroso  e  i  signori 
P.  Tacchi  Venturi  e  Radiciotti  con  brevi  notizie  su  Pom- 
ponio Leto,  sulla  storia  della  Chiesa  Nuova  e  sulla  stampa 
in  TivoH  nei  secoH  xvii  e  xviii. 

((  Tra  pochi  giorni  si  porrà  mano  alla  stampa  del  vo- 
lume ventesimottavo  pel  quale  molta  materia  è  già  pronta. 
Oltre  alle  continuazioni  dei  lavori  non  ancora  condotti  a 
termine,  che  troveranno  posto  in  esso,  il  socio  Fedele  contri- 
buisce con  un  suo  studio  su  alcune  relazioni  fra  i  conti  del 
Tuscolo  e  i  principi  di  Salerno,  e  i  nuovi  alunni  della  scuola 
storica,  dottori  Arias  e  Ramadori,  comincieranno  a  dare  il 
risultato  delle  loro  ricerche  archivistiche,  l'Arias  con  un  la- 
voro sui  Libri  introitus  et  exitus  della  Camera  Apostolica 
ch'egli  è  ora  incaricato  di  studiare  e  che  sarà  un  contri- 
buto alla  storia  economica  del  secolo  xiv,  il  Ramadori  coi 
primi  risultati  delle  sue  esplorazioni  nell'archivio  di  S.  Paolo 
fuori  le  mura.  A  questo  nobilissimo  archivio  sono  ora  prin- 
cipalmente rivolte  le  cure  del  nostro  alunno  per  incarico  della 
Società.  Ai  monaci  benedettini  di  San  Paolo,  che  hanno 
accolto  così  ospitalmente  il  nostro  desiderio  e  dischiusi  con 
tanta  liberalità  i  tesori  del  loro  archivio,  io  non  ho  man- 
cato di  esprimere  la  riconoscenza  nostra;  di  questa  libera- 
lità, che  risponde  alle  antiche  tradizioni  benedettine,  certo  si 
gioveranno  grandemente  gli  studi  nostri,  ed  io  confido  che  i 
prossimi  fascicoli  del  nostro  Archivio  accoglieranno  un  largo 


Q/ltti  della  Società  223 


frutto  delle  ricerche  che  si  vengono  ora  facendo  tra  le  mura 
dell'  insigne  monastero. 

«  Le  indagini  che  si  sperava  di  poter  compiere  nel- 
r  archivio  Barberiniano  hanno  patito  un  ritardo  perchè  non 
si  è  potuto  ancora  compiere  interamente  l'ordinamento  di 
cosi  vasta  mole  di  carte  nella  biblioteca  Vaticana^  ma  è  da 
credere  che  dentro  l'anno  in  corso  si  potrà  incominciare 
una  prima  esplorazione. 

«  Alcune  circostanze  particolari  hanno  vietato  nell'  anno 
decorso  di  riprendere  la  stampa  del  volume  che  completerà 
la  pubblicazione  del  Regesto  di  Farfa.  Spero  che  si  potrà  ri- 
prenderla verso  la  primavera  di  quest'  anno  e  procedere  poi 
senza  interruzione.  Così  sarà  finalmente  conclusa  quest'opera 
laboriosa,  e  ciò  potrà  farsi  senza  che  la  spesa  necessaria 
rechi  alcuno  aggravio  alla  Società. 

«  Ai  lavori  dell'Istituto  Storico  Italiano  la  Società  ha  con- 
tribuito con  la  stampa  iniziata  dal  professore  Egidi  dei  Ne- 
crologi della  provincia  romana,  e  con  la  preparazione  che  si 
continua  del  Diario  di  Antonio  di  Pietro  dello  Schiavo  a 
cura  del  socio  Savignoni  e  del  Chronicon  Viiltnrnense  a 
cura  del  socio  Federici.  Inoltre  in  seguito  alle  ispezioni  de- 
gli archivi  Capitolari  promosse  dai  Ministeri  della  Istru- 
zione e  di  Grazia  e  Giustizia,  alle  quali  la  Società  nostra 
ha  preso  parte  per  invito  dell'Istituto  Storico,  il  socio  Egidi 
ha  presentato  il  risultato  delle  sue  esplorazioni  che  è  in 
corso  di  stampa  e  comparirà  fra  breve  nel  BiilkUino  del- 
l'Istituto. 

«  Tutto  questo  è  il  lavoro  compiuto  nell'  anno  decorso, 
e  parmi  che  voi  possiate  compiacervi  della  operosità  vostra 
e  prevedere  fecondo  di  lavoro  anche  l'anno  presente.  Il 
quale  però  si  è  aperto  per  noi  con  una  grande  tristezza. 
Due  settimane  fa,  immaturamente  quasi  d'improvviso,  si 
è  spenta  la  vita  di  uno  tra  i  nostri  colleghi  di  cui  più  si 
onorava  la  Società  nostra  :  Francesco  Nitti.  È  morto  quando 
l'età  ancor  fiorente  e    l'ingegno    vivo   lasciavano    sperare 


224  Q/ìtti  della  Società 

nuovi  frutti  de'  suoi  studi  poderosi,  del  suo  pensiero  acuto 
e  profondo.  Gli  studiosi  che  ammiravano  i  suoi  scritti  rim- 
piangono la  carriera  spezzata  anzi  tempo  di  uno  storico 
valoroso,  ma  per  noi  che  lo  abbiamo  avuto  compagno  di 
aspirazioni  e  di  vita,  il  rimpianto  è  maggiore,  e  le  sue  no- 
biU  qualità  di  carattere  e  di  cuore  ci  riempiono  l'anima  di 
memorie  piene  di  mestizia,  di  desiderio  e  d'affetto  ». 

Il  socio  ToMMASiNi  si  associa  alle  parole  del  Presidente 
per  commemorare  il  compianto  collega  Nitti.  Posta  ai  voti 
la  relazione  è  approvata. 

Il  socio  Navone,  tesoriere,  dà  lettura  del  bilancio  con- 
suntivo pel  1903  e  del  preventivo  pel  1905  che  sono  ap- 
provati confermandosi  a  revisori  dei  conti  per  l'anno  futuro 
i  soci  Rosi  e  Savignoni. 

Il  socio  Navone  fa  alcune  osservazioni  sulle  condizioni 
attuali  della  sede  sociale  e  sulle  possibilità  di  migliorarle. 
Dopo  breve  discussione  si  delibera  di  tener  conto  delle  op- 
portunità favorevoli  che  potessero  presentarsi. 

Si  procede  quindi  alla  votazione  per  la  nomina  del  Gon- 
gilo direttivo  e  riescono  eletti  :  a  Presidente  il  socio  U.  Bal- 
zani con  dieci  voti,  riportando  un  voto  il  socio  Tommasini; 
a  Tesoriere  il  socio  G.  Navone,  riportando  un  voto  il  socio 
Giorgi;  a  Consiglieri  i  soci  Monaci  e  Tommasini  con  nove 
voti,  riportando  due  voti  il  socio  Giorgi  e  un  voto  il  socio 
Federici.  Il  Presidente  è  confermato  nell'ufficio  di  delegato 
presso  l'Istituto  Storico  Italiano. 

La  seduta  è  tolta  alle  ore  cinque  e  mezzo. 

Seduta  del  io  maggio  ipoj. 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  quattro  e  mezzo. 

Presenti  U.  Balzani,  presidente,  V.  Federici,  I.  Giorgi, 
A.  Monaci,  E.  Monaci,  G.  Monticolo,  A.  Romualdi,  P.  Sa- 
vignoni. Funge  da  segretario  il  socio  V.  Federici. 


oAtti  delta  Società  225 

I  soci  M.  Rosi  e  O.  Tommasini  si  scusano  di  non  po- 
tere intervenire. 

Data  lettura  del  processo  verbale  della  seduta  precedente, 
che  è  approvato,  il  Presidente  propone  la  votazione  per  la 
nomina  del  segretario  in  sostituzione  del  socio  P.  Ecidi  di-' 
missionario. 

Procedutosi  alla  votazione  risulta  eletto  il  socio  V.  Fe- 
derici con  sette  voti  sopra  otto  votanti,,  riportando  un  voto 

il    socio    I.    GlORCI. 

Dovendosi  poi  procedere  alla  elezione  di  nuovi  soci,  si 
legge  il  verbale  dello  spoglio  delle  schede,  in  seguito  a  cui 
si  passa  alla  votazione  per  scrutinio  segreto  e  riescono  eletti 
i  signori  Mercurio  Antonelli,  Leone  Caetani  di  Teano,  Gu- 
stavo Giovannoni,  Federico  Hermanin. 

La  seduta  è  tolta  alle  cinque  pomeridiane. 


Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.  I  5 


BIBLIOGRAFIA 


I  Libri  Commemoriali  della  Republica  di  Venezia.  Regesti, 
t.  VI.  —  Venezia,   1904. 

La  R.  Deputazione  veneta  di  storia  patria  sino  dal  1876  nella 
serie  prima,  «  Documenti  » ,  dei  Monumenti  storici  editi  a  sue  spese, 
iniziò  la  pubblicazione  dei  regesti  dei  Libri  Comtnemoriali  delia  Repu- 
blica di  Venezia,  regesti  che  vennero  composti  dal  valente  archivista 
prof.  Riccardo  Predelli.  La  pubblicazione  non  poteva  essere  più  oppor- 
tuna, perchè  i  numerosi  documenti  trascritti  in  quei  registri  ufficiali 
risguardano  in  gran  parte  in  modo  diretto  la  politica  esteriore  di  Ve- 
nezia e  però  per  molti  secoli  la  loro  collezione  ha  un'  importanza 
storica  generale  di  primo  ordine  in  corrispondenza  alla  grandezza  po- 
litica della  Repubblica  ed  al  complicato  intreccio  delle  sue  relazioni  cogli 
altri  Stati  italiani  e  stranieri.  . 

Il  volume  che  qui  segnalo  agli  studiosi  è  il  sesto  della  serie  di 
questi  regesti  e  corrisponde  alla  materia  dei  sei  libri  dei  Comvietno- 
riali,  compresi  tra  il  XVIII  ed  il  XXIII.  I  documenti  di  questi  sei  re- 
gistri, non  tenendo  conto  dei  pochi  di  data  anteriore  che  qua  e  là  per 
incidenza  vi  furono  trascritti,  appartengono  agh  anni  1495-1574  e  spesso 
riflettono  gì'  importanti  momenti  della  politica  di  Venezia  in  relazione 
ai  trattati  cogli  altri  Stati,  alle  guerre  cogli  Ottomani  ed  agli  avveni- 
menti per  i  quali  l' Italia  dopo  la  discesa  di  Carlo  Vili  fu  per  molti 
anni  il  centro  della  politica  generale  dell'  Europa.  Gli  studiosi  della 
storia  politica  dei  papi  vi  possono  trovare  preziose  testimonianze  in- 
torno alle  relazioni  diplomatiche  tra  la  Santa  Sede  e  la  Repubblica,  ad 
esempio  circa  1'  alleanza  con  Alessandro  VI,  le  convenzioni  di  quel 
papa  perchè  Ferdinando  II  riacquistasse  il  Napoletano,  i  negoziati  di 
Giulio  II  durante  le  guerre  della  Lega  di  Cambrai  e  della  Lega  Santa, 
le  alleanze  con  Leone  X  e  Clemente  VII,  le  concessioni  fatte  dai  papi 
perchè  il  Governo  di  Venezia  nell'  occasione  delle  guerre  coi  Turchi 


228  IBibliografia 


potesse  esigere  per  un  tempo  determinato  le  decime  su  quasi  tutti  i 
beni  del  clero  secolare  e  regolare.  Oltre  ai  documenti  che  contengono 
il  testo  dei  negoziati  politici  ve  ne  sono  altri  che  illustrano  1'  opera 
dei  papi  nell'ambito  delle  loro  funzioni  di  suprema  autorità  ecclesia- 
stica e  contengono  disposizioni  suU'  esercizio  del  giuspatronato  ducale 
in  qualche  chiesa  veneziana,  sulla  procedura  giudiziaria  degli  ecclesia- 
stici imputati  di  lesa  maestà  verso  Venezia,  sugli  abusi  nelle  elezioni 
dei  pievani,  sulla  riforma  di  alcuni  monasteri  di  monache  e  su  altre 
materie  consimili.  Alcuni  documenti  interessano  in  via  diretta  la  città 
di  Roma,  ad  esempio  quelli  che  risguardano  insigni  personaggi  delle 
famiglie  Colonna  ed  Orsini,  e  il  breve  in  data  io  giugno  1564  pel 
quale  Pio  IV  donò  a  Venezia  il  palazzo  di  S.  Marco  in  Roma,  purché 
fosse  sede  del  rappresentante  la  Repubblica  e  del  cardinale  del  titolo 
di  S.  Marco  qualora  fosse  veneto  per  origine. 

Nella  serie  dei  documenti  registrati  in  questi  sei  volumi  non 
manca  qualche  atto  di  carattere  privato,  come  ad  esempio  un  estratto 
di  alcuni  punti  del  testamento  del  cardinale  Domenico  Grimani  in  data 
16  agosto  1523  che  si  riferiscono  al  suo  famoso  breviario,  ora  custo- 
dito alla  Marciana,  e  ai  suoi  oggetti  d'  arte.  Gli  stessi  registri  conten- 
gono anche  la  copia  di  alcuni  scritti  di  natura  oratoria  e  giuridica,  ma 
in  attinenza  intima  colla  politica  di  Venezia  ;  così  ricordo  due  disser- 
tazioni, una  composta  verso  il  1450  dal  dottore  in  legge  di  Bologna 
Niccolò  Raimondi  per  provare  1'  indipendenza  di  Venezia  dall'  Impero, 
l'altra  tra  il  1301  e  il  15 16  dal  teologo  Rainieri  Fioravanti  e  da  lui 
dedicata  al  doge  Leonardo  Loredan  circa  la  giurisdizione  di  Venezia 
sull'Adriatico,  il  panegirico  di  Gian  Francesco  Poggio  Bracciolini  per 
Venezia  dedicato  al  doge  Agostino  Barbarigo. 

Il  modo  col  quale  il  Predelli  fece  questa  pubblicazione  merita  ve- 
ramente lode.  Nella  prefazione  descrisse  in  breve  i  sei  registri  sotto 
r  aspetto  paleografico  e  librario,  e  tra  le  altre  è  degna  di  nota  la  sua 
avvertenza  circa  le  imitazioni  che  in  quelle  trascrizioni  vennero  fatte 
delle  sottoscrizioni  dei  sovrani  e  degli  altri  firmatari.  I  sommari  dei 
millecentosessantasei  documenti  furono  redatti  in  forma  chiara,  sobria 
e  precisa,  la  quale  rivela  nell'  autore  molta  perizia  nell'  interpretazione 
dei  testi  diplomatici.  E  altresì  è  degna  di  lode  la  cura  colla  quale  re- 
stituì in  via  approssimativa  o  in  modo  preciso  le  date  degli  atti  che 
erano  stati  registrati  senza  la  nota  cronologica,  e  corresse  o  integrò 
quelle  che  dal  confronto  con  altre  testimonianze,  per  esempio  colle  de- 
liberazioni secrete  del  Senato,  risultavano  o  errate  o  indeterminate. 
Seguono  al  solito  ai  regesti,  come  nei  volumi  precedenti,  due  indici, 
uno  dei  nomi  di  luogo,  1'  altro  dei  nomi  di  persona.  È  stata  veramente 
una  cattiva  idea  quella  di  non  aver  compilato  sino  dal  primo  volume 


bibliografia  229 


un  indice  a  soggetto,  perchè  molta  della  materia  dei  regesti  non  può 
essere  raccolta  sotto  quei  nomi  propri,  e  per  di  più  la  consultazione 
dell'  indice  per  nomi  di  luogo  è  veramente  penosa  per  tutte  quelle 
voci  di  città  e  luoghi  importanti  alle  quali  segue  di  necessità  una  serie 
molto  estesa  di  indicazioni  numeriche  che  per  la  mancanza  di  dati  più 
determinati  obbliga  lo  studioso  ad  un  lavi:)ro  di  riscontri  molto  lungo 
e  non  sempre  utile  al  fine  delle  sue  ricerche.  Ed  è  superfluo  notare 
che  in  pubblicazioni  di  tal  genere  destinate  più  alla  consultazione  che 
alla  lettura  continuata  la  migliore  composizione  dell'  indice  concorre  a 
determinarne  il  maggior  grado  di  utilità  per,  gli  studiosi. 


G.    MONTICOLO. 


G.  Baracconi,  /  Rioni  di  Roma.  Terza  ristampa  intera- 
mente rifatta.  —  Roma,  Roux  e  Viarengo,  1905,  8<^  fig., 
p.  606.  [Biblioteca  Roma,  n.  i.\ 

Il  libro  del  Baracconi  ha  una  larga  e  favorevole  notorietà,  né  può 
sembrar  necessario  tornare  a  parlarne  a  proposito  di  questa  nuova 
edizione  la  quale  dimostra  di  per  se  stessa  il  buon  esito  dell'opera; 
anzi  parrà  a  molti  anche  poco  opportuno  discorrer  qui,  in  un  periodico 
essenzialmente  destinato  allo  studio  delle  fonti,  di  un'opera  che  non 
può  essere  se  non  di  divulgazione  e  diletto.  Il  fatto  è  che  essa  non 
può  mettersi  in  fascio  con  tutti  gli  altri  libri  che  pretendono  a  questa 
qualifica  e  a  questa  funzione:  l'originalità  dello  stile,  la  copia  e  la  sin- 
cerità delle  impressioni,  il  fervore  con  cui  l'A.  comunica  con  tutti  i 
segni  del  passato  di  Roma,  ne  fanno  un'opera  di  divulgazione  nel 
senso  migliore,  cioè  un  contributo  alla  cultura.  Tale  contributo  è  poi 
più  effettivo  se  si  tien  conto  del  richiamo  continuo  che  l'A.  fa  al 
rispetto  dovuto  ai  monumenti,  instillando  il  suo  sdegno  per  le  viola- 
zioni innumerevoli  che  si  vanno  tuttora  commettendo  a  carico  della 
storia  e  della  bellezza,  come  se  Roma  fosse  «  obbligata  a  contraffarsi 
«sul  figurino  delle  capitali  straniere».  Certo,  questo  suo  sdegno,  come 
quello  di  tanti  altri  idealisti  che  si  afifannano  in  sì  nobili  crociate, 
talora  consegue  qualche  vittoria,  ma  spesso  resta  voce  nel  deserto; 
e  allora  rimarrà  almeno  all'autore  il  tenue  compenso  di  poter  conser- 
vare ne'  suoi  scritti  il  ricordo  di  cose  sparite,  e  Nel  tipico  accozzo  di 
e  case,  legatoci  dall'indipendenza  edificatrice  dei  secoli,  crolla  talora, 
«  con  sorda  ma  profonda  ruina,  tutto  un  sistema  di  tradizioni  storiche, 
«  irreparabili.  Raccoglierle,  illustrarle,  profilando  insieme  i  luoghi  cui 


230  Hibliog  rafia 


«  erano  come  abbarbicate,  questo  il  motivo  capitale  del  mio  scritto,  dove 
«  l'encomio  del  passato  non  suona  protesta  avversa  al  presente,  sfida 
«all'avvenire».  Egli  non  è  dunque  semplicemente  un  laudator  temporis 
adi;  ha,  coni'  ei  stesso  dice,  un'ammirazione  indulgente  per  tutto  ciò 
che  è  Roma  e  un  rammarico  sdegnoso  del  suo  incondizionato  rinnova- 
mento; e  sono  queste  due  note  individuali  che,  secondo  noi,  formano 
il  principal  valore  del  libro. 

In  questa  terza  edizione  (che  l'A.  anzi  chiama  semplicemente 
ristampa)  egli  non  ha  fatto  nel  testo  sensibili  cambiamenti,  e  ciò  è 
spiegabile,  poiché  la  prima  ebbe  lode;  tuttavia  noi  crediamo,  e  forse 
non  saremo  soli,  che  il  libro  avrebbe  guadagnato,  senza  perder  nulla 
del  suo  carattere  e  del  suo  stile,  con  molti  ritocchi  di  periodi  e  di  frasi, 
con  qualche  sfrondamento,  insomma  con  un  lavoro  generale  di  lima. 
È  noto  (e  l'A.  lo  ricorda)  che  il  volume  non  nacque  direttamente  così. 
L'A.  lo  compose  nel  1889  riunendo  una  serie  d'articoli  stampati  nella 
Rassegna  del  1885;  e  poiché  egli  s'accorse,  giustamente,  che  alle  sue 
pagine  avevano  procurato  favore  «  una  certa  vivacità  d' impressioni, 
«  una  arguzia  di  raffronti  e  di  passaggi,  e  la  maniera  del  dettato  »,  temè 
forse  di  snaturare  l'opera  sua,  spontanea  e  sincera,  se  l'avesse  in  qualche 
modo  alterata  nel  trasferirla  dal  giornale  al  libro.  11  che  è  giusto  come 
principio,  ma  non  può  applicarsi  senza  un  certo  temperamento,  per  la 
riflessione  che  il  giornale  e  il  libro  sono  due  cose  diverse,  e  ciò  che  di 
transitorio,  o  come  concetto  o  come  espressione,  può  scriversi  in  un 
giornale  non  conviene  sempre  ad  un  libro  ;  né  la  struttura  di  un  arti- 
colo conviene  sempre  all'armonia  di  un  volume.  E  qui  l'A.,  intelletto 
colto  ed  arguto,  memoria  pronta,  immaginazione  viva  e  plastica,  si 
compiace  di  soverchio  in  quella  effervescenza  di  ricordi  e  di  associazioni 
d'idee,  in  cui  veramente  non  tutti  possono  essere  abili,  e  che  dà  spesso 
pregio  ad  un  articolo  di  giornale,  ma  non  altrettanto  ad  un'opera  di 
seicento  pagine;  cosi  dicasi  di  quegli  accenni  occasionali  che  pèrdono, 
dopo  breve  tempo,  tutto  il  loro  interesse,  e  così  anche  di  molte  arguzie 
troppo  andanti,  che  hanno  corso  soltanto  quando  non  chiedono  che 
la  vita  di  un  giorno.  In  compenso  il  Baracconi  ha  offerto  ai  suoi 
lettori  una  grata  sorpresa  in  questa  edizione:  un'abbastanza  copiosa 
illustrazione  del  libro  con  vedute  quasi  tutte  nuove  tratte  dagli  acquerelli 
di  Roesler  Franz,  che  non  solo  sono  geniali  e  poetici  in  se  stessi,  ma 
molto  adatti  all'  illustrazione  dell'  opera  del  B.,  perché  lo  scrittore  e  il 
pittore  ci  sembrano  avere  una  grande  affinità  di  ispirazione.  Oltre  ad 
esse,  troviamo  riprodotte  parecchie  vecchie  incisioni,  ed  alcune  vedute 
moderne  poco  comuni;  per  il  che  tutt' insieme  la  parte  illustrativa, 
oggi  così  giustamente  apprezzata  in  ogni  libro,  aggiunge  un  pregio  non 
lieve  a  questo  del  Baracconi.  E  di  ciò  conviene  compiacersi  anche  col- 


bibliografia  23 1 


l'editore,  il  quale  con  questo  elegante  volume  inizia  bene  una  collezione 
che  s'intitola  da  Roma,  e  che  potrebbe  con  molto  plauso  raccogliere 
e  divulgare  parecchi  lavori,  ai  quali  la  maggior  parte  del  pubblico 
rimane  oggi  estraneo. 

A.    ROMUALDI. 


Rinaudo  Costanzo,  Indice  della  «  Rivista  Storica  Italiana  )>, 
dal  1884  al  i^oi,  con  V  elenco  alfabetico  degli  autori, 
compilato  dal  prof.  C.  R.  direttore  della  Rivista.  — 
Torino,  1904,  un  voi.  (diviso  in  due  tomi),  pp.  xxxvi, 
805,  in-8. 

Presentato  per  il  Congresso  internazionale  di  scienze  storiche  te- 
nuto in  Roma  nell'  aprile  del  1903,  quest'  Indice  ripete  da  questa  occa- 
sione la  ragion  principale  del  suo  limite  di  18  anni;  ma,  come  di 
altre  somiglianti  pubblicazioni  che  uscirono  nello  stesso  tempo,  rimane 
di  questo  la  non  poca  utilità  che  gli  studiosi  di  storia  italiana  possono 
cavarne.  In  una  Introdw^ione  il  prof.  Rinaudo  fa  la  storia  dello  svol- 
gersi organico  della  Rivista  in  questi  18  anni  ;  specialmente  dei 
criteri  informativi  della  prima  serie  di  essa  e  di  quelli  che,  dopo  l'e- 
sperienza di  dodici  anni,  indussero  a  riduzioni,  modificazioni  e  ag- 
giunte al  programma  primitivo.  Durante  questo  periodo  di  tempo  si 
pubbhcarono  nei  18  volumi  della  Rivista  89  Memorie  originali,  17  "Note 
storiche,  41 17  Recensioni  e  Note  bibliografiche,  lo  spoglio  di  26,256  ar- 
ticoli tratti  da  623  Riviste  italiane  e  forestiere  (senza  tener  conto  delle 
recensioni),  1'  elenco  di  16,240  pubblicazioni  di  storia  italiana,  oltre  le 
notizie.  Eliminare,  con  giudiziosa  opportunità,  quanto  di  soverchio,  di 
ripetuto,  di  poco  omogeneo  trovavasi  in  tanta  svariata  materia  ;  ordi- 
narlo secondo  un  metodo  prestabilito,  avvertendo  che  alla  parola  Italia 
si  è  dato  il  più  largo  senso  geografico,  etnografico  e  politico,  è  stato 
lo  scopo  principale  nella  formazione  di  questo  Indice.  Quanto  al  me- 
todo seguito,  il  prof.  Rinaudo,  che  nell'  ardua  impresa  ha  avuta  la 
paziente  collaborazione  di  amici  e  scrittori  della  Rivista,  si  convinse 
che  giovasse  di  più  la  ripartizione  di  tutto  il  materiale  in  una  prima 
Parte  che  trattasse  della  Storia  generale  non  in  senso  geografico,  ma 
in  quello  cronologico  e  complesso,  e  in  quattro  altre  Parti  corrispon- 
denti ai  quattro  periodi  cronologici  fondamentali  in  cui  può  dividersi 
la  storia  d' Italia  :  1°  Età  preromana  e  romana  ;  2°  Medio  Evo  ;  3°  Tempi 
moderni  fino  al  181 5  ;  4"  Risorgimento  italiano.  Va  da  so  l'intendere 
che  ciascuna  di  queste  parti  è  stata  suddivisa  secondo  la  materia,  per 
la  prima  e  per  1'  ultima  parte,  e  secondo  il  tempo  per  le  altre. 


232  bibliografia 


Con  questo  orientamento  metodico  la  ricerca  di  quanto  interessa 
uno  studioso  è  agevolata,  e  chi  ha  pratica  della  Rivista  stessa  e  abbia 
fatta  buona  conoscenza  con  questo  sistema,  troverà  nel  presente  Indice 
molta  facilitazione  nei  suoi  studi.  Non  è  il  caso  qui  di  prendere  in 
esame  il  metodo  seguito  dal  Rinaudo  per  ricercare  se  a  noi  sembra  il 
migliore.  La  competenza  di  questo  chiaro  storico  e  il  consiglio  di  au- 
torevoli altri  collaboratori  suoi  amici  ci  fanno  sicuri,  che  in  questo 
lavoro  si  è  fatto  il  meglio  che  si  poteva  :  il  meglio,  s' intende,  non 
r  ottimo,  e  una  nota  che  il  Rinaudo  pone  in  fine  della  sua  opera, 
onestamente  dichiara  le  inesattezze  incorse  e  la  necessità  d' una  er- 
rata corrige  se  non  ci  fosse  da  fare  fidanza  con  la  pazienza  e  la  dot- 
trina degli  studiosi  che  ricorreranno  a  questo  Indice.  Non  possiamo 
però  tacere  che  la  necessità  di  un  ìndice  per  soggetto,  il  quale  o  si 
sostituisse  nel  metodo,  o  si  aggiungesse  al  lavoro  fatto,  era  ed  è  molto 
sentita,  per  quanto  lo  spazio  non  lo  avesse  facilitato  o  il  tempo  non 
lo  avesse  permesso.  Il  solo  argomento  di  Roma,  che  più  ci  riguarda, 
che  ha  un  complesso  e  infinito  svolgimento  di  aspetti,  e  che  natural- 
mente nella  Rivista  ricorre  molto  spesso,  diventa,  col  presente  Indice, 
limitato  in  poche  rubriche  e  troppo  sparso  e  confuso,  per  soggetti  e 
tempo.  Questo  diciamo  perchè  quanto  avviene  per  Roma,  accade,  nella 
giusta  proporzione,  per  gli  altri  argomenti,  e  lo  avverte  chiunque  abbia 
già  tratto  vantaggio  dal  presente  pazientissimo  lavoro.  Segue  un  Indice 
dei  nomi  degli  autori  ;  come,  prima  del  lavoro,  stanno  un  prospetto  del- 
l' Indice  metodico,  un  elenco  dei  periodici  presi  in  esame  e  un  elenco 
dei  collaboratori  alla  Rivista,  nel  quale  ultimo  (copioso  di  234  nomi)  s'in- 
contrano in  gradita  compagnia  autorevoli  storici  e  cultori  di  storia 
nazionale  d'  ogni  regione  d' Italia. 


P.  Spezi. 


Biblioteca  del  Senato  del  Regno.  Bollettino  delle  pub- 
blicazioni di  recente  acquisto.  Anno  1904,  n.  i;  1905, 
nn.  1-3,  gennaio-giugno.  —  Roma,  Forzani  e  C.  tipo- 
grafi del  Senato,  1904,  pp.  75;  1905,  pp.  xxxvi,  68. 

Con  sagace  senso  di  opportunità  il  dott.  Fortunato  Pintor  preposto 
alla  biblioteca  del  Senato  del  Regno  ed  il  dott.  Luigi  Ferrari  hanno 
iniziato  la  compilazione  del  Bollettino  delle  pubblicazioni  acquistate  di 
recente  da  quell'  istituto  ed  hanno  assegnato  il  fascicolo  del  primo  bi- 
mestre dell'  anno  corrente  all'  elenco  dei  periodici.  In  questa  serie 
hanno  incluso  anche  gli  Atti  accademici  con  periodicità  più  breve  del- 


"Bibliografia  233 


r  annuale  e  invece  non  vi  hanno  compreso  le  pubblicazioni  periodiche 
che  escono  soltanto  una  volta  1'  anno  o  a  intervalli  maggiori  ;  esse 
verranno  registrate  volta  per  volta  nei  fascicoli  susseguenti.  Il  numero 
dei  periodici  dell'  elenco  ascende  a  ducentottanta,  compresi  i  bollettini 
dei  vari  uffici  e  Ministeri  del  Regno  e  la  Ga^^ietta  Ufficiale.  Molti  di 
essi,  come  risulta  anche  dall'  indice  per  materia  premesso  all'  elenco, 
risguardano  la  storia  e  le  sue  discipline  ausiliarie,  e  la  loro  scelta  è 
stata  fatta  con  retto  criterio  specialmente  per  la  Francia,  per  gli  Stati 
Uniti  d'America  e  per  l' Italia  ;  un  po'  scarsa  invece  appare  per  l' In- 
ghilterra e  la  Germania,  mancando  alla  collezione  periodici  che  come 
la  English  historical  Review,  la  Historische  Zeitschrift,  V  Historisches 
Jahrbtich,  le  Mittheiìungen  des  Instituts  fùr  òsterreichische  Geschichts- 
forschung,  il  Neues  Archiv  dar  Gesellschaft  fiìr  altere  dentsche  Geschichts- 
hinde  e  le  Quelkn  und  Forschungen  aits  italienischen  Archiven  tind  Bi- 
blioteken  trattano  spesso  e  con  grande  autorità  questioni  che  interessano 
in  modo  diretto  la  storia  d' Italia.  Ma  di  questo  stato  di  cose  non  si 
può  fare  neppure  il  minimo  appunto  a  chi  sopravvede  a  quella  biblio- 
teca, perchè  essa  deve  principalmente  servire  alle  richieste  del  Senato 
che  sono  molto  diverse  da  quelle  di  una  biblioteca  pubblica  o  di  una 
Università  degli  studi  o  di  una  Società  storica  ed  erudita. 

Il  pregio  principale  dell'  elenco  non  consiste  nel  numero  dei  suoi 
periodici,  ma  nel  modo  col  quale  è  stato  compilato.  Difatti  di  ciascun 
periodico  non  solo  è  stato  indicato  il  direttore,  1'  editore,  la  tipografia, 
la  forma  libraria,  1'  ente  del  quale  è  organo  e  il  numero  che  ne  de- 
signa r  ultimo  fascicolo  esposto  nella  sala  di  lettura,  ma  anche  il  ge- 
nere della  periodicità  e  all'  uopo  nei  bimestrali,  mensili,  trimensili, 
bimensili  e  settimanali,  il  giorno  della  pubblicazione  e  i  mesi  nei  quali 
costantemente  non  escono.  Inoltre  viene  data  notizia  dell'  ultimo  nu- 
mero del  periodico  posseduto  dalla  biblioteca  e  del  mese  col  quale  la 
sua  annata  comincia  quante  volte  non  coincide  col  gennaio,  indica- 
zioni molto  utili  agli  studiosi,  specialmente  nell'  uso  dei  fascicoli  in 
ritardo. 

Nella  compilazione  dei  numeri  successivi  di  questo  periodico  sarà 
utile  sino  dal  principio  fissare  un  criterio  costante  per  la  registrazione 
dei  titoli  delle  opere  che  fonno  parte  delle  serie  in  continuazione.  Vi 
sono  collezioni  di  carattere  indeterminato  ;  altre  invece  sono  informate 
da  una  rigorosa  unità  di  concetto  in  ordine  alla  materia  delle  loro 
opere  e  agli  intenti  scientifici  della  persona  o  dell'  istituto  che  dirige 
la  loro  pubblicazione.  Le  collezioni  di  questa  seconda  specie,  quali  ad 
esempio  sarebbero  quelle  delle  scuole  francesi  d'Atene  e  Roma,  i  Mo- 
numenta Germaniae  historica,  i  Potiti  per  la  storia  d' Italia  a  cura  del- 
l' Istituto  Storico  Italiano,  gli  Opuscules  de  critique  bistorique,  la  Colle- 


234  bibliografia 


ction  iVètudes  sur  Vhistoire  religieuse  et  littéraire  de  la  France  &c.,  nella 
loro  intima  sostanza  non  differiscono  dalle  altre  pubblicazioni  periodiche 
e  in  una  biblioteca  devono  essere  accolte  per  intero  e  non  parzial- 
mente. La  registrazione  dei  loro  volumi  potrebbe  esser  fatta  secondo 
il  metodo  seguito  nella  Bihìiographie  de  la  France,  Journal  general  de 
Vimprimerie  et  de  la  lihrairie  oppure  secondo  quello  del  noto  catalogo 
semestrale  dell'  Hinrichs  (Hinrichs'  Halhjahrs-Katalog  der  im  deutschen 
Buchhandel  erschienenen  Bilcher,  Zeitschriften,  Landkarten  usw.  Leipzig, 
J.  C.  Hinrichs).  Secondo  il  primo  metodo  viene  indicato  prima  il  ti- 
tolo speciale  dell'  opera  colle  sue  peculiarità  bibliografiche  e  poi  con 
caratteri  di  corpo  più  piccolo  il  titolo  generale  della  collezione,  ma 
questo  non  viene  accolto  nell'  indice  finale  del  volume  e  1'  omissione 
toma  talvolta  a  disagio  nella  ricerca  bibliografica.  Più  pratico  è  il  me- 
todo dell'  Hinrichs  pel  quale  le  collezioni  sono  registrate  in  prima  linea 
col  loro  titolo  generale  e  poi  sotto  di  esso  vengono  indicati  secondo 
r  ordine  della  pubblicazione  i  titoli  speciali  dei  volumi  in  esso  com- 
presi, r  indice  bibliografico  generale  alla  fine  del  volume  rende  age- 
vole la  ricerca  di  queste  opere  che  sono  raggruppate  nell'  elenco  giusta 
le  serie  delle  quali  fanno  parte. 

G.    MONTICOLO. 


R.  Archivio  di  Stato  in  Lucca,  Regesti,  voi.  I:  Pergamene 
del  Diplomatico,  parte  I  (dall' a.  dccxc  all' a.  mlxxxi); 
voi.  II  :  Carteggio  degli  An:(iani,  raccolto  e  riordinato  da 
L.  Fumi,  parte  I  (dall' a.  mcccxxxiii  all' a.  mccclxviii); 
parte  II  (dall' a.  mccclxix  all' a.  mcccc),  pubblicati  in  oc- 
casione del  Congresso  interna:(ionaIe  di  scien:(e  storiche  in 
Roma.  —  Lucca,  Marchi,  1903;  voli.  2,  in-4;  il  I  di 
pp.  i-xxxvi,  1-172,  1-23  ;  il  II  di  pp.  i-xxix,  1-662. 

Nella  prefazione  alla  I  parte  del  voi.  I  (cf  Archivio,  XXVI,  505) 
Giustiniano  degli  Azzi  Vitelleschi,  sottoarchivista,  che,  per  incarico  del 
direttore  del  R.  Archivio  di  Stato  in  Lucca,  compilò  il  Regesto  del 
Diplomatico,  dopo  aver  rilevata  l' importanza  storica,  diplomatica  e  giu- 
ridica del  documento  privato,  si  ferma  ad  esaminare  i  caratteri  estrin- 
seci ed  intrinseci  delle  trecentosette  pergamene,  che  vanno  dal  790 
al  1081.  Spiega  una  sigla  caratteristica  di  quelle  carte,  la  quale  meglio 
che  il  chrismon  o  il  signutn  tahellionatus,  pare  fosse  usata  per  distin- 
guere i  documenti  dei  laici  da  quelli  degli  ecclesiastici,  in  Lucca,  al- 


'\Bib  Ho  grafia  235 


meno  fino  alla  metà  del  sec.  xii,  rinvenendosi  quella  non  solo  in  prin- 
cipio ma  anche  dinanzi  alle  sottoscrizioni  autografe  dei  vari  atti.  Contro 
l'opinione  del  Paoli,  rileva  che  le  formule  più  comuni  per  l'invoca- 
zione divina  nelle  carte  lucchesi  sono  :  «  In  nomine  domini  nostri  lesu 
«  Christi  Dei  aeterni  »  e  «  In  nomine  sanctae  et  individuae  Trinitatis  » 
e  non  (In  Dei  nomine,  amen»;  a  cui  segue,  nelle  più  antiche,  per 
la  datatio  la  formola  «regnante  domno  nostro»,  mentre  nelle  più 
recenti  gli  anni  vengono  computati  anche  separatamente  «  ab  incar- 
«natione».  Per  ciò  che  si  riferisce  all'indizione,  L,  Fumi  in  una  Av- 
verteuT^a  cronologica,  dopo  la  lettera  di  dedica  del  volume  stesso,  di- 
mostra essere  stata  adottata  in  Lucca  quella  costantinopolitana.  Alla 
rogatio  segue  Factum  e  nelle  soscrizioni  precedono  il  signum  manus 
o  i  nomi  degli  autori  e,  ove  occorra,  dei  consenzienti  e  dei  giudici,  se- 
guono i  nomi  dei  testi  e  infine  la  firma  autografa  del  rogatario  senza 
patronimici.  Illustrando  brevemente  la  formula  finale  «  Post  traditam 
V.  compievi  et  dedi)-),  contro  il  Fertile,  che  vi  riscontra  la  dichiarazione 
di  avvenuta  tradizione,  il  compilatore  s'accosta  a  quanto  sostengono 
il  Ficker  e  il  Calisse,  coi  quali  interpreta  che  tale  formula  si  riferisca 
unicamente  alla  consegna  della  carta,  dopo  che  questa  era  compiuta 
dal  rogatario.  Accennato  alla  notificazione  nel  testo  «  Manifestus  sum  » 
e  al  «quia»  della  nar ratio,  passa  a  studiarla  insieme  con  altre  for- 
mole  speciali  e  alle  clausole  finali,  per  esempio  alla  sanzione,  alla 
sponsio,  esponendo  le  norme  generali  seguite  per  la  documentazione 
dei  negozi  d'uso  generale,  cioè  del  contratto  di  compra-vendita,  di 
ripromissione,  di  donazione,  di  cartulae  indicati,  di  livello  e  di  permuta. 
Sulle  chartae  pagenses  di  carattere  pubblico,  che  nel  volume  sono  ven- 
totto,  poco  si  ferma,  perchè  già  pubblicate  e  illustrate  ;  lo  studio  s'ar- 
resta all'anno  1081,  nel  quale  anno  s'inizia  l'autonomia  comunale  di 
Lucca,  mentre  in  una  II  parte  del  volume  I  il  Vitelleschi  promette  di 
presentarci  il  Regesto  delle  carte  lucchesi  posteriori.  Quanto  alla  com- 
pilazione del  Regesto,  che  è  in  italiano,  segue  il  metodo  adottato  già 
dal  Jaffé,  dal  Potthast  e  dal  Bòhmer,  conservando  la  testuale  onoma- 
stica e  toponomastica  e  anche  quelle  forme  che  accennano  al  sorgere 
del  volgare  e  che  richiamano  fatti  giuridici:  il  protocollo  e  l'esca- 
tocollo  sono  riprodotti  per  intero,  come  si  leggono  nell'atto,  con 
quelle  annotazioni  contemporanee  o  posteriori,  scritte  sul  dorso,  che 
importano  alla  storia  esterna  del  documento  e  con  cenni  bibliografici, 
notando  di  ciascuno  le  dimensioni,  lo  stato  di  conservazione  e  nella 
data  tenendo  conto  perfino  dell'  indizione.  Compiono  la  raccolta  un 
glossarietto,  una  tavola  dei  documenti  distinti  progressivamente  e  a 
seconda  della  natura  di  essi,  Con  il  nome  del  rogatario  e  un  indice  co- 
pioso per  materia. 


2}6  'Bib  It  agrafia 


Nel  II  volume  L.  Fumi  ha  raccolto  e  riordinato  il  carteggio  degli 
Anziani  di  Lucca,  che  nella  I  parte  va  dal  1333  al  1368,  e  nella  II 
dal  1369  al  1400.  Nelle  prefazioni  sono  tracciate  le  vicende  della  città, 
che  si  desumono  dalle  stesse  lettere.  Con  lo  stesso  metodo,  seguito 
pel  Regesto  del  Diplomatico,  dopo  aver  notato  il  destinatario  e  se  in 
volgare,  dà  di  ciascuna  lettera  un  fedele  transunto,  in  italiano,  trascri- 
vendo i  brani  o  il  testo  intero,  quando  l'esiga  la  importanza  storica  e 
linguistica,  corredandola  di  riscontri  e  di  cenni  bibliografici  :  vi  segna 
il  «  datum  »,  l'anno  e  l'indizione  e,  ove  occorra,  il  giorno,  rilevando 
anche  se  copia  o  minuta.  Raccoglie  in  un'  appendice  la  corrispondenza 
alla  quale,  per  pochi  indizi  o  men  sicuri,  non  si  è  potuto  assegnare 
una  data  certa.  Non  mancano  un'accuratissima  tavola  cronologica,  ove 
sono  ricordati  i  nomi  dei  mittenti  e  dei  riceventi  con  la  data,  la  pro- 
venienza, la  destinazione,  il  numero  progressivo,  gì'  indici  poi  degli 
Anziani  e  delle  commissioni  istituite  per  gli  affari  di  Lucca  in  quel- 
l'epoca, un  copioso  indice  generale  alfabetico  e  un  glossarietto. 

Trattandosi  di  documenti  epistolari,  ora  redatti  in  lingua  latina, 
ora  in  italiano,  spesso  recenti,  il  metodo  scelto  dal  Fumi  per  il  car- 
teggio degli  Anziani,  ci  pare  buono  ;  e  se  altri  conservatori  di  archivi 
e  ricercatori  di  carte  antiche,  sulle  orme  di  lui,  attendessero  a  studiare 
la  corrispondenza  degli  Stati  e  delle  città  singole,  non  poco  si  avvan- 
taggerebbe la  conoscenza  della  vita  amministrativa,  civile  e  politica 
delle  varie  regioni  italiane. 

Importanza  di  gran  lunga  maggiore  avrebbe  conferito  al  suo 
lavoro  il  Vitelleschi  ove  il  transunto  egli  avesse  reso  con  le  stesse 
parole  dell'originale.  A  lui  non  sfuggirà  che  gli  studiosi,  attraverso 
un  estratto  meglio  che  dal  regesto  avrebbero  potuto  facilmente  rico- 
struire il  documento,  al  quale  non  si  sarebbe  così  tolto  nulla  del  suo 
valore  giuridico,  storico,  letterario  e  diplomatico. 

C.  Ramadori. 


A.  Rocchi,  La  Badia  di  Grottaferrata.  IP  edizione  notabil- 
mente corretta  ed  accresciuta.  —  Roma,  tip.  Artigianelli 
S.  Giuseppe,  1904,  S""  fìg.,  p.  vii,  221. 

La  celebrazione  del  IX  centenario  dell'  illustre  cenobio  ha  già  dato 
motivo  ed  argomento  a  molteplici  pubblicazioni  sui  vari  aspetti  della 
sua  storia  e  delle  sue  glorie,  e  certamente  la  esposizione  di  cimeli  italo- 
bizantini,  che  quei  Padri  hanno  saputo  raccogliere  nelle  stanze  della 
Badia,  avrà  ancora  risultati   estesi  e  durevoli  nel  campo   degli   studi. 


bibliografia  237 


Anzi,  perchè  questo  delle  memorie  artistiche  è  stato  principalmente  il 
mezzo  onde  la  fama  della  Badia  s'  è  oggi  di  nuovo  ed  ampiamente  dif- 
fusa nel  pubblico,  gli  studiosi  medesimi,  e  anche  gli  scrittori  occa- 
sionali, si  sono  rivolti  con  predilezione  ad  approfondire  e  divulgare 
quell'ordine  di  argomenti,  che  oggi  attrae,  e  non  per  sole  ragioni  ac- 
cidentali, un  immenso  numero  di  lettori.  Difatti  il  vigoroso  risveglio 
degli  studi  di  storia  artistica,  che  da  alcuni  anni  ha  conquistato  una 
così  notevole  parte  della  nostra  vita  intellettuale  e  che  comprende 
principalmente,  com'è  naturale,  l'origine  e  l'evoluzione  dell'arte  cri- 
stiana, va  da  qualche  tempo  orientandosi  (è  proprio  la  parola  ad  hoc) 
verso  quelle  plaghe  dove  quella  religione  stessa  ebbe  le  origini  e  i 
primi  fulgori.  La  formula  interrogativa  «  Orient  oder  Rom  ?  »  nella 
quale  uno  studioso  tedesco  sintetizza  la  questione  sulle  origini  dell'arte 
cristiana  rappresenta  con  chiaro  laconismo  i  termini  di  una  fervida 
discussione  che  si  è  aperta  da  quando  i  cultori  dell'Oriente  son  pas- 
sati dalle  congetture  alle  affermazioni  generali  e  risolute,  spodestando 
Roma  per  Bisanzio  prima, e  poi  per  l'Asia  Minore  e  la  Siria  e  l'Egitto  (i). 
Comunque  sia,  nessuno  ora  disconosce  che  nella  formazione  dell'arte 
cristiana  l'Oriente  ha  un'  importanza  primaria,  e  che  quanto  si  rife- 
risce ad  una  più  esatta  e  completa^  comprensione  dell'argomento  è,  e 
dev'essere,  particolarmente  ricercato  ed  apprezzato  ;  giusto  sembra  perciò 
ed  apprezzabile  che  la  curiosità  degli  studiosi  si  volga  con  particolare 
interesse  al  cenobio  basiliano,  che,  proprio  alle  porte  di  Roma,  rappre- 
senta ancora  schiettamente  il  cristianesimo  orientale.  V  ha  un  altro 
lato  poi,  non  meno  significante  per  la  religione  e  la  sua  storia,  che 
la  badia  di  Grottaferrata  offre  all'attenzione  di  una  grande  classe  di 
studiosi  e  di  pubblico:  la  Badia  rappresenta,  insieme  con  l'arte,  la 
Chiesa  orientale,  di  cui  ha  conservate,  essa  sola  in  Occidente,  con  le 
regole  dell'Ordine  basiliano,  le  forme  rituali  del  cristianesimo  greco, 
ripristinate  integralmente  da  Leone  XIIL  Tale  ripristino,  vivamente 
augurato  da  quei  Padri,  e  che  forma  oggi  per  essi  un  particolare  ar- 
gomento di  soddisfazione,  in  quanto  che  pare  indicare  un  nuovo  pe- 
riodo di  prosperità  spirituale,  ha  un  significato  di  indole  anche  più 
generale:  è  un  segno  di  quel  movimento  del  cattolicismo  romano  verso 
l'Oriente  per  ottenere  la  così  detta  unione  delle  Chiese  dissidenti.  Questo 
proposito  ha  un  tale  valore  religioso,  sociale  ed  anche  politico,  che  la 
chiesa  Criptense,  divenuta  in  certo  modo  testimonianza  visibile  della 
propensione  del  pontefice  romano  verso  il  cristianesimo  greco,  e  quasi 
anello  di  congiunzione  fra  le  due  grandi  instituzioni,  ne  assume  perciò 

(1)  Strzygowski  Jos.,  Orz«H/  oder  Rom?  (Lci^izit^,    looi);  A7c;/;ii>/c)/ (Leipzig,  1903); 
Koptische  A'hwj/ (Wicn,  190,1). 


238  bibliografia 


un  interesse  tutto  particolare.  Se  a  queste  condizioni  caratteristiche  si 
aggiungono  altri  numerosi  fatti  che  rilevano  l' importanza  storica  della 
Badia,  come  1  ricordi  archeologici  del  territorio,  le  vicende  politiche 
alle  quali  essa  dovè  prender  parte  come  castello  fortificato,  e  lo  splen- 
dore che  raggiunse  nel  medio  evo,  sia  quale  centro  religioso,  sia  quale 
potestà  civile  e  focolare  di  cultura,  si  intende  bene  come  una  mono- 
grafia complessiva  fosse  opera  desiderabile,  e  sia  quindi  da  lodarsi  il 
padre  priore  Rocchi  e  per  la  prima  idea  che  n'ebbe  parecchi  anni  or 
sono,  e  per  la  nuova  edizione  che  ha  creduto  opportuno  porre  in 
luce  in  questa  occasione. 

Certamente  il  simpatico  volumetto  non  va  considerato  se  non  per 
ciò  che  l'autore  ha  voluto  fare:  un'opera  cioè  che  desse  sommariamente 
notizia,  ad  ogni  persona  di  qualche  cultura,  delle  origini,  delle  vicende 
storiche  e  religiose.  Sei  singoli  monumenti  dell'  illustre  cenobio.  Opera 
fondamentale  non  intese  di  essere,  né  forse  avrebbe  potuto  riuscire,  sia 
per  le  molte  questioni  che  son  tuttora  in  istudio,  sia  per  la  moltepli- 
cità degli  argomenti  che  alla  storia  della  Badia  si  riferiscono  e  che 
richiederebbero  vasto  lavoro  d' indagine  e  di  critica,  e  forse  meglio  di 
più  studiosi  che  d'un  solo.  Ma  convien  riconoscere  che  l'autore,  pur 
compilando,  non  accetta  tradizioni  e  dati  storici  senza  un  qualche 
esame  critico,  e  si  mostra  convenientemente  illuminato  in  ogni  argo- 
mento che  espone;  cosa  naturale  del  resto,  perchè  pochi  potrebbero 
essere  meglio  informati  di  lui. 

L'opera  s' inizia  con  un  capitolo  sul  Tuscolano,  cioè  con  la  descri- 
zione storico-topografica  dell'antico  territorio,  che  fu  splendido  per  ville 
patrizie,  fra  le  quali  primeggiava,  come  è  noto,  la  villa  di  Cicerone. 
Che  sui  ruderi  di  questa  sìa  stato  eretto  il  convento  è  antica  tradizione, 
ed  è  piuttosto  confortata  che  scossa  dalle  esplorazioni  archeologiche, 
e  quindi  volentieri  vi  si  attiene  l'autore,  che  del  resto  non  avrebbe  con- 
traria, per  esempio,  l'opinione  del  prof.  Lanciani,  la  cui  autorità  su  tali 
materie  è  ben  riconosciuta  (i).  Il  secondo  capitolo  ci  informa  della  vita 
interna  del  cenobio,  dal  momento  della  fondazione  (1004),  giungendo, 
attraverso  le  svariate  e  non  sempre  fortunate  vicende,  sino  al  fonda- 
mentale riordinamento  della  disciplina  monastica  secondo  la  regola  di 
san  Basilio,  avvenuto  nel  1901.  La  descrizione  della  basilica  (cap.  iii), 
monumento  di  molteplice  importanza,  benché  malamente  alterato  da 
più  rifacimenti,  potrà  essere  in  una  nuova  edizione  resa  più  completa 
e  più  istruttiva,  dacché  molti  studiosi  odierni  vi  hanno  recato  il  con- 


(i)  Ricordiamo,  incidentalmente,  che  il  Lanciani,  in  una  conferenza  tenuta  nella  scorsa 
primavera  alla  Badia,  espresse  l'opinione  che  provenga  da  quella  località  anche  l'Apollo 
del  Belvedere,  che  per  tradizione  si  ritiene  trovato  ad  Anzio. 


"Btblwg  rafia 


tributo  delle  loro  indagini.  Ricordiamo,  ad  esempio,  che  i  preziosi  af- 
freschi della  navata  centrale,  ultimamente  rimessi  in  luce,  sono  stati 
studiati  con  intelligenza  dal  Toesca  (L'Arte,  anno  VII),  e  che,  per  limi- 
tarci agli  autori  nostrani,  Attilio  Rossi  ha  riesaminato,  in  un  breve  e 
sostanzioso  articolo,  l'età  e  i  caratteri  della  porta  e  degli  stipiti,  del 
mosaico  sovrastante,  nonché  degli  affreschi  suddetti  e  del  mosaico  del- 
l'arco trionfale  (i).  È  ben  vero  che  anche  in  questo  capitolo  l'autore 
non  può  oltrepassare  di  troppo  i  limiti  impostigli  dall'armonia  del- 
l'opera. Del  rito,  altro  caratteristico  argomento,  è  fatta  una  sommaria 
e  abbastanza  chiara  spiegazione  nel  quarto  capitolo,  ove  l'autore  ha 
sempre  avuto  presente  come  il  libro,  pel  suo  carattere,  doveva  perve- 
nire anche  nelle  mani  di  quelli  non  iniziati  a  quell'ordine  di  cogni- 
zioni, ed  è  riuscito  ad  esporre  con  semplice  chiarezza  le  fosi  storiche 
di  quel  rito  greco,  a  cui  si  può  quasi  affermare  che  vada  legata  l'esi- 
stenza della  Badia.  Col  v  capitolo  passa  alla  storia  civile  od  esterna, 
che  ha  in  certo  modo  il  suo  simbolo  nel  castello  Roveriano,  sebbene 
questo  sia  stato  costruito  verso  la  fine  del  secolo  xv,  ed  anche  in 
precedenza  il  convento,  e  per  la  sua  posizione  vantaggiosa  e  per  la  sua 
stessa  prosperità  ed  importanza,  sia  stato  sovente  scelto  a  quartiere  di 
armati  e  siasi  trovato  a  prender  parte  alle  lotte  civili  e  guerresche. 
Quanto  al  castello,  che  l'autore  accuratamente  descrive,  notiamo  ch'ei 
l'attribuisce  tuttora  a  Giuliano  da  Sangallo,  mentre,  come  riferisce  il 
Rossi  citato,  «  oggi  è  noto  che  l'architetto  di  quella  fortezza  fu  il  fio- 
(.(  rentino  Baccio  Pontelli  ».  La  storia  del  villaggio,  che  sussegue  a  quella 
del  castello  (cap.  vi),  è  d' interesse  quasi  affatto  locale,  e  forse  l'autore  vi 
si  diffonde  troppo  famigliarmente  in  piccole  notizie  che  toccano  in  modo 
molto  indiretto  la  vita  della  Badia;  non  disconosciamo  per  altro  che 
in  uno  studio  complessivo,  che  doveva  rivolgersi  anche  agli  abitanti 
del  luogo,  anche  molte  notizie  occasionali  dovevano  parere  all'autore 
opportune.  Forse  anche  il  capitolo  non  è  esattamente  al  suo  posto. 
Gli  studi  monastici  (cap.  vii)  sono  una  tra  le  glorie  non  minori  del 
Cenobio,  che  ebbe  già  nel  suo  fondatore  un  uomo  erudito,  e  in  molti 
de'  suoi  abati  (basti  ricordare  Bessarione)  cultori  e  promotori  di  ogni 
ramo  di  studi,  oltreché  una  riputata  scuola  di  scrittura.  A  questa,  come 
alla  biblioteca  ed  alle  altre  opere  d'arte  che  decorano  la  chiesa  e  il 
convento,  è  dedicato  uno  speciale  capitolo  (vii,  /  codici  e  le  arti),  nel 
quale  sono  esposte  con  qualche  diffusione  le  notizie  della  calligrafia, 

(i)  Rossi  Attimo,  //  cenobio  hasiliano  di  Grotlaferrata  (Estr.  dalla  Rivista  d' Italict, 
a.  VII,  1904,  p.  29  sgg).  Registriamo  questo  buon  articolo,  perchè  riteniamo  che  meriti 
di  essere  segnalato  su  questo  periodico,  e  non  certo  per  la  pretesa  di  rivelarlo  al  P.  Rocchi. 
Per  la  parte  storica  il  Rossi  s'è  anzi  giovato  delia  monografia  del  Rocchi,  ma  la  parte  arti- 
stica, che  è  la  principale,  1'  ha  svolta  espressamente. 


240  'Bibliografia 


della  miniatura  e  della  biblioteca,  nonché  delle  pitture  del  Domenichino 
nella  cappella  Farnesiana:  notizie  le  quali  sarebbero  state  meglio,  ci 
sembra,  distribuite  nei  capitoli  precedenti.  È  bene  invece  che  l'autore 
abbia  descritto  a  parte  la  Raccolta  artistica  (cap.  ix),  argomento  che 
appare  per  la  prima  volta  in  questa  edizione,  perchè  recente  è  la  for- 
mazione del  piccolo  museo,  composto  di  pezzi  archeologici  ritrovati  in 
quel  territorio,  di  framnienti  del  primitivo  edificio  del  convento  e  vari 
altri  pregevoli  oggetti  dei  secoli  posteriori,  di  diverse  provenienze.  Pa- 
recchi d'essi  hanno  concorso  in  quest'anno  al  lustro  dell'esposizione, 
e  da  ciò  l'autore  trarrà  vari  elementi  utili  per  illustrare  la  raccolta  in 
una  nuova  edizione.  Del  capitolo  conclusivo,  che  egli  intitola  //  mo- 
numento, troviamo  si  sarebbe  potuto  fare  a  meno,  poiché  le  cose  ivi 
dette  sono  per  la  maggior  parte  o  inutili  o  inopportune,  come,  per 
esempio,  il  ricordare  con  compiacimento  alcuni  visitatori,  la  cui  pre- 
senza non  aggiunge  un  atomo  di  gloria  ad  un  istituto  come  la  badia 
di  Grottaferrata,  e  che  visitano  con  le  stesse  disposizioni  luoghi  assai 
meno  spirituali  di  quello. 

Ma  pure  in  tali  minuzie  si  palesa  in  fondo  il  grande  affetto  che 
l'autore  ha  posto  alla  trattazione  dell'argomento;  e  noi  ne  prendiamo 
motivo  a  sperare  che,  com'egli  è  stato  il  primo  a  comporre  una  som- 
maria monografìa  generale,  così  possa  darci  in  seguito  un'opera  estesa 
e  definitiva  sulla  storia  della  Badia. 

A.   ROMUALDI. 


Marco  Besso,  Roma  e  il  Papa  nei  proverbi  e  nei  modi  di 
dire.  Nuova  edizione  illustrata.  —  Roma,  Loescher,  1904, 
in-4,  pp.  xLiii-336. 

Se  «  ognuno  non  è  nato  per  andare  a  Roma  » ,  pure  questo  pri- 
vilegio, anzi  premio,  non  può  negarsi  al  «  memore  triestino  » ,  il 
quale  venutovi  ha  inteso  tutta  la  grandezza,  ha  subito  il  fascino  pro- 
prio della  città  eterna.  E  poiché  tale  incanto  si  comunica  a  coloro  che 
«  amano  e  pensano  » ,  agli  studiosi  di  cose  romane  apparirà  in  tutto 
il  suo  pregio  l'opera  che  davvero  «  con  amore  e  con  cura  »  ha  com- 
piuto l'autore,  per  rendere  il  tributo  della  propria  riconoscenza  a  questa 
Roma,  che  fu  in  altri  giorni  per  lui  anche  <'  scuola  impareggiabile  di 
ffvita».  Se  il  nome  della  città  scuote  ognora  la  fantasia  delle  genti 
più  lontane,  degli  ultimi  orientali  persino  che  chiamano  «  occhio  del- 
«  l'universo  ->)  Roma  «in  cui,  se  non  fossero  le  voci  e  il  chiasso  degli 
«  abitanti  suoi,  si  udrebbe  il  rumore  che  fa  il  sole  dove  sorge  e  dove 
«  tramonta  »  ;  se  «  si  raccontano  meraviglie  da  tali  che   non  l' hanno 


bibliografia  24 1 


«  mai  veduta .)  ;  non  potevano  le  vicende  gloriose,  la  tradizione  e  la 
storia  sua  lasciare  indifferente  l'animo  di  quel  patriota  irredento,  che 
conoscendo  Roma  da  quarant'anni,  «non  si  sente  ancora  sicuro  di 
«essere  penetrato  nell'intima  essenza  di  questa  meravigliosa  città, 
«  senza  che  si  sia  mai  affievolita  l'attrazione  che  essa  esercita  sul  suo 
«spirito».  Sotto  tale  impulso  veemente  egli  si  accinse  già  in  altri 
tempi  a  ricercare,  a  riunire,  a  coordinare  le  impressioni  più  o  meno 
vive,  che  lungo  i  secoli  destarono  nella  coscienza  popolare  le  vicende,  che 
Roma  attraversò  :  impressioni  clie  quella  poi  scolpiva  in  motti  concisi 
ed  efficaci,  i  quali  vivranno  quanto  il  mondo  lontani.  Anch'essi  stanno 
monumento  e  monito  di  un'epoca,  che  fu  sotto  il  dominio  della  storia. 
Nella  prefazione,  in  quella  mirabile  e  lucida  sintesi  di  storia  che 
accenna  al  lungo  e  oscuro  periodo  dalla  decadenza  romana  al  rina- 
scimento, egli  lamenta  che  «  di  un  tempo  di  cui  quasi  manca  la  storia, 
«  manchino  pure  quelle  traccie  di  vita  e  di  convivenza  cittadina,  che 
«  s' incontrano  nei  proverbi  e  nei  modi  di  dire  » .  Per  rintracciarle  bi- 
sogna scendere  a  quando  i  volgari  formati  s'incominciano  a  scrivere, 
e  più  propriamente  all'epoca  della  riforma  e  della  contro-riforma,  al- 
lorché tali  espressioni  popolari  si  confondono  spesso  colle  pasquinate. 
Non  solo  tra  noi,  ma  eziandio  tra  i  popoli  anche  più  remoti  Roma 
esercitò  un  influsso,  il  quale  venne  fissato  in  sentenze,  in  modi  di  dire, 
in  proverbi  corroborati  e  sempre  freschi  per  una  viva  e  secolare  tra- 
dizione. Con  lungo  amore  e  con  ampio  criterio  attese  a  raccoglierli 
il  Besso,  per  impedire  che  fossero  travolti  anch'essi  da  quell'onda  de- 
vastatrice, che  è  l'opinione  pubblica  o  meglio  il  giornalismo.  E  la  rac- 
colta accuratissima,  che  già  fu  stampata  nel  1889,  è  stata  ora,  più 
ampliata  e  arricchita  di  tavole  ed  illustrazioni,  data  nuovamente  in 
luce,  coi  tipi  della  ditta  Forzani  e  C,  del  Senato,  in  un'  edizione  arti- 
stica che  anche  nella  veste  tipografica  è  riuscita  un  modello  di 
stampa  dei  tempi  nostri.  L'opera  è  divisa  in  XXX  capitoli;  ciascuno 
presenta  come  titolo  un  modo  di  dire  italiano,  intorno  al  quale  furono 
raccolti  tutti  quegli  altri,  o  dettati  in  epoca  anteriore  in  latino,  o  che 
si  rinvengono  nelle  lingue  moderne.  Ciascuno  quindi  costituisce  quasi 
una  rubrica  (difatti  il  Besso  ha  curato  che  fosse  impresso  in  rosso 
anche  nella  marginatura),  e  trova  spiegazione  nell'  autorità  di  molti 
altri  affini  o  simili.  E  non  poca  fatica  dovè  costare  a  lui  il  rintrac- 
ciarli attraverso  tutte  le  letterature,  anche  nei  secoli  precedenti,  il 
raccoglierli,  l'arricchirli  di  una  bibliografia  amplissima  e  il  fornirli  di 
particolari  riscontri  storici.  Anche  di  riscontri  storici,  perchè  ognuno 
di  quei  proverbi  trae  l'origine  e  ha  la  sua  base  su  un  fatto  più  o  meno 
importante,  per  poi  fissarsi  in  una  perenne  e  viva  tradizione.  Tale 
intento  si  rileva    sopratutto  nel  I  capitolo  ove,  sotto  il  celebre  detto 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVniI.         16 


242  ^ihliografia 


«Roma  caput  mundi»,  ricorda  gli  epiteti  e  le  amplificazioni,  con  cui 
la  magnificarono  i  classici  latini,  testimoni  della  sua  grandezza  ;  e  rag- 
gruppa le  lamentazioni  che  versarono  sulla  sua  decadenza  poeti  e  scrit- 
tori cristiani  e  monaci  del  medio  evo,  memori  della  romanità  ormai 
tramontata.  E  la  eco  di  tanto  fasto  e  dì  tanta  rovina  giunse  fino  ai 
tempi  nostri,  in  cui  le  letterature  più  diverse  rievocarono  tutto  il  fato 
di  Roma  consacrandolo  in  espressioni,  che  anzitutto  furono  raccolte 
dal  volgo,  e  che  l'autore  ha  avuto  cura  di  riunire  nel  suo  libro.  Dopo 
avere  illustrato  pertanto  in  ventisei  capitoli  successivi  i  modi  di  dire  e 
i  giuochi  di  parole  persino,  che  hanno  attinenza  con  l'eterna  città, 
tanto  diversa  dalle  altre,  col  suo  Tevere,  col  suo  «  Bello  »  financo,  egli  • 
passa  a  commentare  nel  XXVII  le  frasi  piìi  caratteristiche  che  alludono 
al  papa  e  al  papato.  Né  ciò  deve  sorprenderci,  «  comechè  da  dieci  secoli 
«  almeno  la  storia  e  la  vita  e  le  vicende  di  Roma  formino  un  tutto  e 
«  sieno  intimamente  e  indissolubilmente  legate  e  intrecciate  con  la 
«  storia  e  la  vita  e  le  vicende  del  papato  e  dei  papi  » .  E  tale  com- 
penetrazione secolare,  tale  fatto  irrefragabile  non  sfuggì  all'osserva- 
zione del  popolo,  che  oggi  ancora  ripete  :  «  Dove  sta  il  papa  sta  Roma  » . 
E  poiché,  anche  qui,  non  mancarono  attacchi  a  codesta  istituzione,  egli 
li  raccoglie  per  lumeggiare  meglio  la  figura  di  molti  rappresentanti 
di  essa.  Ma  in  questo  compito,  altre  volte  spinoso,  egli  é  assurto  al- 
l'altezza di  storico  profondo  e  imparziale.  Già  nella  prefazione  aveva 
accennato  «  sine  ira  et  studio  »  al  trasformarsi  del  papato,  che  egli 
sostiene  sia  rimasto  sempre  al  livello  dei  tempi;  e  poi  nel  XXIX  ca- 
pitolo riferisce  per  molti  di  essi  quanto  cronisti,  diaristi,  scrittori  an- 
che apologetici  e  Pasquino  stesso  ci  tramandarono,  unitamente  alla 
relativa  profezia  di  Malachia  e  a  un'esatta  cronologia.  Non  ha  lasciato 
d' illustrare  nel  XXVIII  capitolo  la  tanto  popolare  leggenda  della  pa- 
pessa Giovanna,  nonché  la  «  sedes  stercoraria  ».  E  chiudono  la  pre- 
ziosa raccolta  (capitolo  XXX)  quelle  sentenze  e  quelle  frasi,  che  sono 
quasi  la  sintesi  della  storia  del  nostro  risorgimento,  e  che  alludono 
ai  destini  di  Roma  intangibile  per  l'Italia  rinnovellata.  Valendosi  del 
famoso  motto  dei  separatisti  tedeschi  «Los  von  Rom»,  prende  con- 
gedo, augurandosi  che  il  lettore  lo  ripeta  con  più  benevola  intenzione 
per  il  «raccoglitore  di  queste  note».  Alla  fine  delle  sue  note,  dense 
di  ricordi  storici  e  di  commenti  letterarii,  non  quel  motto  «  Lungi  da 
«Roma»,  ma  forse  v'avrebbe  trovato  posto  meglio  l'altro  «.  .  .e 
«  sempre  Roma  »  poiché  «  Nulli  sit  ingrata  Roma,  quae  dici  non  po- 
«  test  aliena  » ,  specialmente  quando  ne  parla  o  scrive  con  tanta  ele- 
vatezza di  concetto,  intelletto  d'amore,  e  varietà  arguta  chi  dedicò  a 
essa  «  patria  communis  »  la  vita  e  il  sapere. 

C.  Ramadori. 


NOTIZIE 


Col  titolo  di  Rivista  storico-critica  delle  sciente  teologiche  il  Padre 
Bonaccorsi,  sostituito  recentemente  dal  P.  Bonaiuti,  ha  cominciato  a 
pubblicare  (Bellaco  e  Ferrari)  una  effemeride  col  triplice  scopo  di  «  con- 
te tribuire  al  progresso  delle  discipline  teologiche  ;  diffondere  la  cognizione 
«  dei  risultati  ottenuti  ;  offrire  agli  studiosi  un  utile  strumento  di  lavoro  » . 
La  Rivista  interessa  non  solo  i  cultori  delle  discipline  teologiche,  ma 
anche  coloro  che  si  occupano  di  ricerche  storiche,  come  già  si  vede 
pei  titoli  che  riproduciamo  di  alcuni  degli  articoli  finora  dati  in  luce: 
L' ispirazione  divina  nell'antico  Israele  del  Fracassini  (studio  della  evo- 
luzione della  profezia  dai  tempi  più  antichi  sino  alla  riedificazione  di 
Gerusalemme  dopo  la  schiavitù  babilonese)  ;  /  Pater  ini  in  Firenze  nella 
prima  metà  del  secolo  XIII,  del  Ristori  ;  Uno  sguardo  sintetico  alla  questione 
Hamunirabi,  del  Mari;  L'antica  costituzione  della  Chiesa,  del  Buonaiuti. 

Il  P.  Lugano,  Olivetano,  zelante  investigatore  della  storia  del  suo 
Ordine,  annunzia  una  Rivista  storica  Benedettina  con  intenti  assai  più 
larghi  delle  Studien  und  Mittheilungen  aus  dem  Benedictìner-  und  devi 
Cistercienser-Orden  di  Raigern  (Brùnn)  nell'Austria  e  della  Revue  Béné- 
dictine  di  Maredsous  (Namur)  nel  Belgio.  La  lunga  vita  di  quell'Or- 
dine, le  numerose  sue  ramificazioni,  la  grande  e  varia  influenza  che 
esso  ebbe  in  tutte  le  manifestazioni  della  cultura  medioevale  non  fanno 
parer  troppo  un  terzo  periodico  destinato  ad  illustrarne  le  vicende. 
La  nuova  Rivista  pubblicherà  Memorie  e  studi  originali,  Varietà  di  docu- 
menti agiografici,  letterari,  biografici;  Letteratura  delle  opere  che  ri- 
guardano la  storia  benedettina;  una  Cronaca  del  movimento  storico 
dell'Ordine.  Essa  verrà  compilata  da  membri  dell'Ordine  di  ciascuna 
Congregazione  benedettina  con  la  collaborazione  di  dotti  laici  italiani 
e  stranieri.  La  pubblicazione  del  primo  fascicolo  si  annunzia  oel 
1°  gennaio  venturo. 


244  V^ti'{ie 


Tornare  sull'argomento  delle  Carte  d'Arborea  dopo  che  la  questione 
si  riteneva  definitivamente  giudicata,  poteva  parere,  come  a  taluno 
infatti  parve  (O.  H.  E,,  in  Neues  Archiv  d.  Gesell.  f.  altere  deutscbe 
Gesch.  1905,  p.  547),  tempo  ed  opera  perduta.  Invece,  un  dotto  ben  noto 
e  caro  agli  studiosi,  W.  Foerster,  riprese  a  studiare  la  complessa 
questione  e  ne  fece  oggetto  di  una  comunicazione  speciale  al  Con- 
gresso internazionale  di  scienze  storiche  tenutosi  in  Roma  nell'  aprile 
del  1903.  La  comunicazione  che  negli  atti  di  quel  Congresso  apparve 
solo  in  rapido  riassunto,  fu  recentemente  pubblicata  nella  sua  inte- 
grità fra  le  Memorie  della  R.  Accademia  delle  sciente  di  Torino,  serie  II, 
t.  LV  {Sulla  questione  dell'autenticità  dei  codici  di  Arborea;  esame 
paleografico  . . .  con  una  zincotlpia  nel  testo  e  due  tavole  in  fototipia).  In 
essa  il  Foerster  mette  bene  in  chiaro  la  ragione  per  la  quale  egli 
tornò  ed  altri  indusse  a  tornare  sulle  Carte  d'Arborea,  rifacendone 
brevemente  la  storia  delle  falsificazioni  e  confermando,  con  l' esame 
paleografico  di  quei  documenti,  la  condanna  che  su  tutta  quella  farra- 
gine ebbero  già  a  pronunziare  gli  accademici  di  Berlino  nel  1870. 

Nella  Rivista  di  studi  scientifici  Tridentum,  fase,  i  del  1905,  il 
dott.  Luigi  Sette  illustra  alcuni  codici  attribuiti  a  fra  Bartolomeo  da 
Trento,  domenicano,  vissuto  nella  prima  metà  del  xiii  secolo.  Tali 
codici  si  trovano  ora  nella  biblioteca  Vaticana  e  il  S.,  dopo  averli 
descritti,  riassume  con  diligenza,  nella  seconda  parte  del  suo  articolo, 
le  notizie  biografiche  di  fra  B.  e  studiandolo  come  teologo,  come  sto- 
rico e  come  uomo  politico,  ricompone  e  delinea  nitidamente  il  ritratto 
di  questo  suo  concittadino  ben  meritevole  di  non  essere  dimenticato. 

Facendo  seguito  ad  altre  dissertazioni  su  Como  Romana,  Como 
nelV  invasione  dei  barbari  e  la  Chiesa  comasca,  Santo  Monti  ha  pubbli- 
cato una  memoria  sul  Comune  di  Como  nel  medioevo,  nel  quale  1'  au- 
tore non  fa  che  riassumere  notizie  già  conosciute  con  poco  ordine  e 
senza  alcun  metodo. 

L' infaticabile  illustratore  delle  memorie  viterbesi  Cesare  Pinzi 
ha  pubblicato  (Viterbo,  tip.  Monarchi,  1905)  la  terza  edizione  della 
sua  guida,  /  principali  monumenti  di  Viterbo,  accrescendola  con  due 
Appendici;  nella  prima  delle  quali,  Antonio  del  Massaro  detto  il  Pa- 
stura, pittore  viterbese  del  Rinascimento,  con  documenti  inediti  dell'  ar- 
chivio notarile  viterbese  e  con  notizie  già  conosciute  disegna  la  figura 
biografica  del  Pastura,  pittore  preraffaellita  che  rappresenta  degna- 
mente   l'arte    viterbese    nel  secolo  d'oro  della  pittura  italiana;  nella 


T^oti\ie  245 


seconda,  Quasi  duemila  anni  di  memorie  sulle  terme  viterbesi,  il  Pinzi 
riassume  le  notizie  intorno  alle  terme  di  quella  città  dall'epoca  romana 
fino  ai  tempi  moderni,  aggiungendone  qua  e  là  alcune  tratte  dal  pre- 
zioso archivio  della  sua  città.  La  nuova  edizione  del  Pinzi  è  indubbia- 
mente la  migliore  e  la  più  sicura  guida  dei  monumenti  insigni  di 
Viterbo. 

Una  nuova  e  grandiosa  illustrazione  dei  mosaici  di  Santa  Maria 
Maggiore  è  stata  fatta  da  J.  P.  Richter  in  collaborazione  con  Miss  A. 
Cameron  Taylor  {The  golden  age  of  classi  e  Christian  art,  London,  1904) 
con  risultati  fondamentalmente  diversi  da  quelli  a  cui  erano  giunti  i 
più  illustri  studiosi  precedenti  compreso  il  De  Rossi.  Perocché  gli 
autori,  dopo  aver  fatto  un  lungo  ed  accurato  esame  dei  detti  mosaici, 
si  sono  convinti  che  la  data  di  essi  deve  riportarsi  indietro  di  circa 
due  secoli,  cioè  a  quel  periodo,  che  si  potrebbe  chiamare  degli  epigoni 
dell'  arte  classica  imperiale,  intorno  alla  fine  del  secondo  e  il  principio 
del  terzo  secolo.  Il  libro  è  composto  con  ordine  e  chiarezza  ed  illu- 
strato in  modo  largo  e  sicuro. 

Georges  de  Manteyer,  già  noto  per  i  suoi  studi  intorno  alla  storia 
della  casa  di  Savoia,  torna  sull'argomento  col  volume:  Les  origines 
de  la  maison  de  Savoie  en  Botir gogne  (910-1060),  trattando  più  difili- 
samente  della  Paix  en  Viennois  (Anse  [17  juin?]  1025)  e  des  additions 
à  la  bihle  de  Vienne  (ms.  Bern.  A.  9).  Il  nuovo  contributo  è  pubbli- 
cato nel  BtiUetin  de  la  Sociètè  de  statistique  des  sciences  naturelles  et  des 
arts  industriels  du  département  de  l'I  sère,  4^  sèrie,  t.  VII  (Grenoble,  1904). 

Nei  BuUetins  de  la  Commission  royale  d'histoire  de  Belgique, 
t.  LXXIII,  fase.  Ili,  Ursmer  Berlière  pubblica  un  manipolo  di  docu- 
menti inediti  tratti  dagli  archivi  belgi  e  dal  vaticano,  illustrando  la 
carriera  beneficiale  di  Giovanni  di  West,  vescovo  di  Tournai,  nomi- 
nato da  Urbano  VI. 

Roba  di  Storia  e  d'Arte  è  il  titolo  di  una  nuova  rivista  che  pro- 
mette di  uscire  una  volta  il  mese,  con  articoli  d'argomento  medioevale 
e  moderno  intorno  a  fatti  di  Roma  e  di  Romagna. 

Sotto  la  direzione  di  Andrea  Michel,  conservatore  ai  musei  na- 
zionali e  professore  alla  Scuola  del  Louvre,  si  è  cominciata  la  pub- 
blicazione di  una  Histoire  de  l'art  depiiis  les  premier s  iemps  chréiiens  jnsqnìi 


24^  V^ottiie 


nos  jours  (Colin,  Paris).  N'è  già  uscito  il  primo  volume  che  va  dai  pri- 
mordi dell'arte  cristiana  alla  fine  del  periodo  romanico.  Vi  collaborano 
eminenti  cultori  di  storia  dell'  arte  quali  1'  Enlart,  il  Bertaux,  il  Mo- 
linier,  l'Haseloff,  il  Male,  il  Prou.  L'opera  intera  si  comporrà  di  otto 
volumi  ampiamente  illustrati. 

Nicola  Barone  in  una  Memoria,  letta  all'Accademia  Pontaniana 
[di  Napoli],  nella  tornata  del  5  febbraio  1905,  ragiona  di  Alessio  Au- 
relio Pelliccia,  cattedratico  di  diplomatica  della  R.  Università  degli  studi 
in  Napoli  nel  primo  quarto  del  secolo  XIX  (Napoli,  Giannini,  1905). 

Nel  Bulleiin  de  la  Società  nationale  des  antiquaires  de  France  (1904) 
H.  Omont  pubblica  un  Portrait  de  Guarino  de  Verone,  il  celebre  umanista 
italiano,  autore  della  traduzione  latina  dei  diciassette  libri  della  Geo- 
grafia di  Stradone,  il  cui  originale  ora  si  conserva  nella  biblioteca 
Bodleiana  (n.  31  mss.  latini  dei  fondi  canonici).  Ma  quest'autografo 
non  ha  più  il  ritratto  in  grande  di  Guarino  che  una  volta  vi  era  unito  ; 
ne  esiste  bensì  una  copia  antica,  fatta  in  Italia  verso  la  fine  del  sec.  xv, 
che  presentemente  si  conserva  fra  i  manoscritti  della  biblioteca  Phillips 
(n.  6685),  e  da  questo  esemplare  viene  il  ritratto  che  l' Omont  pub- 
blica nel  citato  articolo. 

La  Società  Storica  Sarda  ha  impreso  la  pubblicazione  di  un  Ar- 
chivio Storico  Sardo  di  cui  dà  il  fascicolo  1-2  del  voi.  I  (Cagliari, 
Dessi,  1905)  contenente,  di  A.  Solmi:  La  Sardegna  e  gli  studi  storici \ 
di  B.  Bandi  di  Vesme,  Guglielmo  giudice  di  Cagliari  e  l'Arborea;  di 
E.  Besta,  Appunti  cronologici  sul  condaghe  di  S.  Pietro  in  Silchis;  di 
S.  Pintus,  Vescovi  ed  arcivescovi  di  Torres  oggi  Sassari;  di  L.  Arezio, 
La  diplomazia  sarda  alla  vigilia  della  ter'^a  coalizione  europea  ;  cui  se- 
guono aneddoti  e  notìzie,  rassegna  bibliografica  e  cronaca. 

Il  Comitato  del  Congresso  internazionale  di  scienze  storiche  te- 
nuto a  Roma  dal  1°  al  9  aprile  1903  continua  la  pubblicazione  degli 
Atti.  Dopo  che  (voi.  XXVII,  p.  295)  si  dette  in  OjUQS'C Archivio  notizia 
dei  volumi  IV,  VI,  X,  XI  sono  venuti  a  luce  anche  i  volumi  II,  V, 
VII,  Vili,  XII.  Nel  volume  II  {Storia  antica  e  filologia  classica)  E.  Petersen 
parla  della  Colonna  Traiana  in  Roma;  B.  Modestov,  della  Questione 
etrusca  ;  L.  Holzapfel,  della  Leggenda  di  Romolo  ;  N.  Vulic,  di  Un'  iscri- 
zione romana  trovata  in  Turchia  e  della  Guerra  di  Ottavio  in  Illiria; 
A.  Galanti,  delle  Opere  di  Claudiano;  F.  Skutsch,  di  Alcune  forme  del 
verbo   latino  ;  F.  Ramorino,    De    codice    Taciti   Aesino   nuper  reperto  ; 


V^tiiie  247 


V.  Ussani,  Del  valore  storico  del  poema  di  Lucano  ;  X.  Solari,  di  Lutaiio 
Catulo  nella  narrazione  della  guerra  ciinhrica  in  Plutarco.  Nel  voi.  V 
{Archeologia)  T.  Asbhy  (iunior)  tratta  dei  Documenti  relativi  alla  storia 
della  zna  Appia  ;  R.  Lanciarli,  della  Ricomposizione  della  <(  Forma  Urbis  »  ; 
G.  Boni,  del  Foro  Romano.  Nel  volume  VII  (Storia  dell'Arte)  F.  PuUè 
parla  dei  Riflessi  indiani  nelV  arte  romanica  ;  V.  Waille  presenta  una 
Note  sur  une  inscription  et  des  peintures  murales  de  la  hasilique  Saint-CU- 
tnent  à  Rome;  M.  E.  Cannizzaro  illustra  L'Oratorio  primitivo  di  S.  Saba-, 
P.  D'Achiardi,  Gli  affreschi  di  S.  Pietro  a  Grado  presso  Pisa  e  quelli  già 
esistenti  nella  basilica  Vaticana  ;  V.  Leonardi  illustra,  nell'articolo  Af- 
freschi dimenticati  del  tempo  di  Martino  V,  l'oratorio  dell'Annunziata 
in  Riofreddo  ;  V.  Waille  parla  dei  Voyages  de  Rabelais  à  Rome  et  l'in- 
fluence  que  l'art  italien  de  la  Renaissance  a  pu  exercer  sur  lui.  Nel 
voi.  Vili  {Storia  dell'  arte  musicale  e  drammatica)  F.  Ramorino  parla 
Dell'opportunità  di  pubblicare  in  edizione  critica  gli  «  Scriptores  musici 
latini  »  ;  G.  Radiciotti,  del  Teatro  e  musica  in  Roma  nel  secondo  quarto 
del  secolo  XIX.  Nel  voi.  Xll  {Storia  delle  sciente  fisiche,  matematiche,  na- 
turali e  mediche)  non  v'  ha  nulla  che  interessi  i  nostri  studi. 

Nella  collezione  dei  Manuali  Hoepli  Solone  Ambrosoli  pubblica  un 
Atlantino  di  monete  papali  moderne  (Milano,  1905,  pp.  131,  con  200  fo- 
toincisioni) dove  raccoglie  ed  illustra  le  monete  di  Alessandro  VII 
ed  YIII,  di  Benedetto  XIII  e  XIV,  dei  sei  Clementi  (dal  IX  al  XIV), 
di  Gregorio  XVI,  dei  quattro  Innocenzi  (dal  X  al  XIII),  di  Leone  XII, 
dei  quattro  Pii  (Pio  VI-IX),  di  Urbano  Vili  e  dei  periodi  di  pontifi- 
cato vacante  dal  165;)  (card.  Barberini)  al  1846  (card.  Riario-Sforza), 
nella  reggenza,  cioè,  dei  camerlenghi  Barberini,  Altieri,  Spinola,  Al- 
bani, Colonna,  Rezzonico,  Pacca,  Galleffi,  Riario-Sforza.  Le  monete 
sono  disposte  e  illustrate  in  ordine  cronologico,  sono  seguite  da  un 
elenco  dei  motti  posti  in  ordine  alfabetico  e  precedute  da  una  breve 
notizia  della  vita  -  di  Angelo  Cinagli,  il  noto  autore  dell'  opera  Le  mo- 
nete de'  papi  descritte  in  tavole  sinottiche  (Fermo,  Paccasassi,  1848)  in 
sussidio  della  quale  l'Ambrosoli  ha  coordinata  la  sua  raccolta.  La 
quale  riesce  una  interessante  ed  utile  appendice  all'opera  dello  stesso 
Cinagli. 

Nella  Bibliothèque  de  l'Ècole  des  chartes  (t.  LXII)  Henri  Omont 
illustra  Le  recueil  d'anciennes  ècritures  de  Pierre  Hanion  (i  566-1 567), 
un  segretario  di  Carlo  IX,  uno  dei  primi  eruditi  francesi  che  tentasse 
una  raccolta  ordinata  a  costituire  una  specie  di  trattato  di  paleografia. 
Costui  pubblicò  a  Parigi  (Royer)  nel  1561  un  Alphabet  de  l'invention 
des    lettres  en  diverses  ècritures.  Nello  stesso  volume  pubblica:   La  bi- 


248  VXpttite 


hliothèque  iVAngìiherto  del  Belilo  due  de  Nardo  et  comte  d'Ugento  au 
royaume  de  NapJes,  desumendone  il  contenuto  da  un  inventario  redatto 
nel  1 544  già  appartenuto  alla  raccolta  di  Antoniello  Pietrucci,  segre- 
tario e  primo  ministro  del  re  Ferdinando,  morto  nel  i486,  e  ora  con- 
servato fra  i  mss.  (n.  8751)  della  biblioteca  Nazionale  di  Parigi.  Nel 
t.  LXIII  lo  stesso  Omont  comunica  agli  studiosi  un  Dictionnaire 
d' abréviations  latines  puhlié  à  Brescia  nel  1534  comunicatogli  da  Nicola 
de  LichatschefF,  professore  all'  Istituto  imperiale  archeologico  di  St-Pé- 
tersbourg.  Contiene  le  abbreviazioni  con  le  spiegazioni  disposte  alfabeti- 
camente, in  tre  colonne,  e  l' indicazione  dell'  edizione  eseguita  a  Brescia 
nel  1534  da  Damiano  e  Giacomo  Filippo  Zurlini,  noti  stampatori  di 
Brescia.  Nel  t.  LXV  (1904,  pp.  364-89)  con  la  sua  memoria:  Dipìómes 
CaroUngiens .  Bulle  du  pape  Benoit  Vili  sur  papyrus  et  autres  documents 
concernant  les  ahbayes  d'Amer  et  de  Camprodon,  en  Catalogne,  dà  la  no- 
tizia e  il  testo  di  nuovi  documenti  acquistati  dalla  biblioteca  Nazio- 
nale di  Parigi  (nn.  2579,  2580  latini)  consistenti  in  due  diplomi  ori- 
ginali di  Carlo  il  Calvo,  uno  di  Carlo  il  Semplice,  un'altra  copia  di 
un  diploma  di  Luigi  d'Oltremare,  una  bolla  papiracea  di  Benedetto  XIII 
ed  altri  atti  privati  originali  del  x  secolo,  quasi  tutti  riguardanti  le 
badie  di  Amer  e  di  Camprodon  in  Catalogna. 

L.  Schiaparelli,  che  aveva  già  trattato  dello  Scriniiim  confessionis 
(cf.  c^tsX' Archivio,  XXIV,  3  sgg.),  torna  sull'argomento  con  Alcune 
osserva'^ioni  intorno  al  deposito  archivistico  della  u  Confessio  S.  Petri  » 
(Archivio  storico  italiano,  dispensa  4^  del  1904)  in  seguito  a  quanto 
del  medesimo  argomento  aveva  troppo  recisamente  affermato  mon- 
signor Duchesne  {Mélanges  d' archeologie  et  d'histoire,  XXII,  421  sgg.) 
e  riassume  le  testimonianze  che  permettono  di  accogliere  l'ipotesi 
dell'  esistenza  di  un  tale  archivio,  ammessa  già  dal  Sickel,  dal  De  Rossi, 
dal  Kehr,  dal  Bresslau  e  dal  Scheffer-Boichorst. 

H.  Omont  nella  Revue  des  études  grecques  (Paris,  Leroux)  pubblica 
il  facsimile  e  la  trascrizione  delle  Ahrèviations  grecques  copièes  par 
Ange  Politien  et  puhliées  dans  le  «  Glos saire  grec  »  de  Du  Gange,  tratte 
da  un  foglio  unico  conservato  fra  le  carte  del  Du  Cange  nella  biblio- 
teca Nazionale  di  Parigi  (ms.  frane.  9467,  fol.   54). 

Vittorio  Lazzarini  ripiglia  in  esame  cinque  originali  dei  dogi  di 
Venezia  :  Vitale  Falìer,  Vitale  I  Michael  e  Ordelaffo  Falier  (una  v  carta 
«  oblacionis  »  del  luglio  1090  pel  monastero  di  S.  Giorgio  Maggiore; 
una  «  cartula  offercionis  »  del  marzo  1098  pel  monastero  di  S.  Bene- 


V^tiiìe  249 


detto  di  Polirone,  un  «  placitum  »  del  luglio  iioo;  una  «  cartula  con- 
ce cessionis  »  del  settembre  1108,  una  «cartula  venditionis  »  del  set- 
tembre II 12),  rilevando  da  esse  {Originali  antichissimi  della  cancelleria 
vene-^iana;  osservazioni  diplomatiche  e  paleografiche,  Venezia,  Visen- 
tini,  1904,  estratto  dal  A^.  Archivio  Veneto,  N.  S.  t.  Vili,  part.  II, 
p.  33,  in-4)  le  caratteristiche  diplomatiche  e  paleografiche  dei  diplomi 
dogali  di  quel  tempo. 

Per  cura  del  Ministero  della  pubblica  istruzione  e  col  titolo  / 
monasteri  di  Suhiaco  sono  stati  pubblicati  due  volumi  (tipogr.  del- 
l'Unione Cooper,  edit.,  Roma,  1904-905)  contenenti  l' illustrazione  sto- 
rica, architettonica  ed  artistica  dei  due  insigni  monumenti  sublacensi. 
Autori  di  essa  sono  P.  Egidi,  G.  Giovannoni,  F.  Hermanin  che  nel 
voi.  I  (pp.  II,  546  con  6  tav.  e  59  illustrazioni  e  disegni  nel  testo) 
parlarono  rispettivamente  delle  Noti:{ie  storiche  della  badia  durante  il 
medioevo;  déiV Architettura  dei  monasteri  Sublacensi  e  degli  Affreschi  del 
S.  Speco;  V.  Federici  che  nel  voi.  II  (pp.  Lxxxi-467  con  4  tav.  e 
8  figure  nel  testo)  raccolse  la  notizia  sommaria  di  tutti  i  documenti 
(418  manoscritti  dei  secoli  ix-xix;  173  incunaboli  degli  anni  1465-1500; 
481 1  documenti  degli  anni  369 -sec.  xix)  riguardanti  la  storia  della 
badia  e  li  illustrò  con  uno  studio  riguardante  la  Biblioteca  e  l'Archivio 
dì  S.  Scolastica  e  dello  Speco. 

Lucien  Auvray  nella  Revue  d'histoire  diplomatique  (Paris,  Plon- 
Nourrit,  1905)  pubblica  un  Inventaire  d'une  collection  de  lettres  de  car- 
dinaux  raccolte  nei  mss.  italiani  1183-1184  della  bibl.  Nazionale  di 
Parigi,  nel  quale  dà  notizia  di  circa  trecento  lettere  di  oltre  cento- 
venti cardinali  del  sec.  xvi  e  della  prima  metà  del  sec.  xvii  riguar- 
danti in  parte  affari  privati  e  semplici  complimenti,  in  parte  affari 
diplomatici,  rapporti  di  missionari  e  di  ambasciatori  fi-ancesi  alla  corte 
di  Roma.  La  raccolta  e  l'inventario  che  ne  dà  l' Auvray  sono  disposti 
in  ordine  alfabetico  dei  nomi  dei  porporati. 

Nel  gennaio  di  quest'anno  fii  pubblicato  (D.  Anderson,  Roma)  il 
fase.  XX  deW Archivio  paleografico  italiano  diretto  da  E.  Monaci,  che 
contiene  quindici  tavole;  delle  quali,  una  a  continuazione  del  voi.  II 
(Monumenti  paleografici  di  Roma)  riproduce  un  frammento  del  più  an- 
tico Statuto  di  Tivoli  (io  settembre  1305)  in  copia  del  1369;  dieci  a 
continuazior.e  del  III  (una  carta  ravennate  del  1 1 3  5  ;  cinque  carte 
provenienti  dal  monastero  di  S.  Michele  Arcangelo  di  Montescaglioso 
(1083-1200);  due  privilegi  di  Giovanna  II  (1419);  due  pagine  che  son 
copia  letterale  fatta  nel  Cinquecento  di  altre  due  pagine  che  già  facevan 
parte  dei  frammenti  autografi  di  F.  Petrarca  conservati  nel  cod.  Vat.  3196 
e  che  oggi  mancano  nel  detto  codice;  quattro  del  voi.  V  contenenti  iscrì- 


250  V^oti^ie 


zioni  romane  del  sec.  iv  e  v,  due  delle  quali  specialmente  interessanti 
nei  saggi  che  offrono  di  minuscola  romana  epigrafica.  Nel  maggio  pure  di 
quest'anno  è  stato  pubblicato  il  fase,  xxi  contenente  quindici  tavole,  delle 
quali  sei  a  continuazione  del  voi.  Il  (pergamena  del  957;  fram.menti  di 
un  passionano  del  sec.  xii;  una  lettera  di  Alessandro  IV  del  1256;  un 
documento  privato  del  1387,  tutti  di  Orte;  una  romana  del  i387);inove 
a  continuazione  del  voi.  Ili  (carte  ravennate  e  cesenati  (983-1183) 
tratte  dal  fondo  Ravennate  di  S.  Paolo  fuori  le  mura). 

Il  dott.  Antonio  Maselli  ricerca  nella  sua  tesi  di  laurea  (Di  al- 
cune poesie  dubbiamente  attribuite  a  Paolo  Diacono,  Montecassino,  1905) 
fra  le  poesie  che  furono  attribuite  a  Paolo  Diacono,  quelle  che  pos- 
sono con  fondamento  dirsi  sue,  ponendone  a  confronto  il  contenuto, 
lo  stile,  la  metrica  con  le  genuine  e  concludendo  che  si  possono 
sicuramente  assegnare  a  lui  l' inno  Ut  queant  laxis  ;  l' iscrizione  Ante 
fores  basilicae;  probabilmente  il  Versus  in  tribunali;  In  basilica  S.  Ma- 
riae;  Super  crucem ;  Sine  titulo ;  Christe  Deus  mundi;  Ad  abbatem\ 
dubbiamente:  il  Distichon  in  foribus ;  Coniurationes  convivarum  prò 
potu  ;  Epitaphiwn  Chlodarii  pueri  regis  ;  In  Assumptione  S.  M.  Virginis  ; 
Olim  romulea;  Sponsa  decora  Dei;  mentre  sono  certamente  spurie 
V  Epitaphiwn  Constantii  ducis;  Quod  fatis  liceat;  ì  due  Alfabetum  de 
bonis  e  de  malis  sacerdotibus  ;  i  Versus  de  Aquileia  nunquam  restauranda  ; 
Martir  Mercuri  saeculi;  Salve  miles  egregie;  Multa  legis  paucis.  Il  M. 
all'analisi  grammaticale  stilistica  e  metrica  delle  varie  poesie  aggiunge 
anche  lo  studio  critico  della  vita  di  Paolo  Diacono  a  maggiore  illu- 
strazione delle  sue  poesie  che  si  riconnettono  tutte  alle  varie  vicende 
in  mezzo  alle  quali  visse  ed  operò  il  Poeta. 

Nel  Bullettino  dell'Istituto  Storico  Italiano  (n.  26)  L.  Schiaparelli 
continua  le  sue  Ricerche  storico-diplomatiche  intorno  ai  Diplomi  dei  re 
d'Italia,  occupandosi  in  questa  II  parte  dei  Diplomi  di  Guido  e  di 
Lamberto.  Fondamento  del  presente  studio  sono  ventitré  diplomi  di 
Guido,  compresi  due  falsi  ;  tredici  di  Lamberto,  di  cui  due  spurii.  Lo 
S.  dopo  aver  parlato  della  denominaiione  e  del  genere  dei  diplomi,  il- 
lustra la  costituzione  della  Cappella-,  della  Cancelleria  di  Guido  e  di 
quella  di  Lamberto;  gli  scrittori  dell'una  e  dell'altra  cancelleria.  En- 
trando poi  a  parlare  della  parte  costitutiva  del  documento,  ne  esamina 
le  formule  del  protocollo,  del  testo,  dell'escatocollo;  il  det- 
tato e  le  falsificazioni.  Chiude  lo  studio  il  prospetto  dei  diplomi  di 
Guido,  quello  dei  diplomi  di  Lamberto.  Fra  i  Fonti  dello  stesso  Istituto, 
G.  B.  Siragusa,  che  attende  con  grande  amore  all'edizione  di  Pietro 
da  Eboli,  il  giorno  dello  Statuto  presentava  all'Accademia  dei  Lincei 
il  Liber  ad  honorem  Augusti  di  Pietro  da  Eboli,  secondo  il  codice  120 


V^ottiie  251 


della  biblioteca  Civica  di  Berna  (Roma,  Forzani,  1905),  cioè  cinquantatre 
tavole  in  fotoincisione,  eseguite  con  grande  senso  d'arte  dal  Danesi 
di  Roma,  le  quali  riproducono  le  miniature  dell'opera  di  Pietro,  già 
largamente  illustrate  dal  Siragusa  nel  Btillettino  dell'Istituto  Storico  Ita- 
liano, n.  25.  In  esse  compaiono,  rappresentati  con  grande  vivacità, 
Ruggero  II,  Enrico  VI  e  la  moglie  Costanza,  Guglielmo  II,  re  Tan- 
credi, Federico  I  imperatore,  e  i  numerosi  episodi  della  vita  pub- 
blica e  privata  di  questi  e  di  altri  personaggi  ricordati  nel  racconto  di 
Pietro:  monumento  prezioso  per  la  storia  di  quei  tempi,  che  il  mi- 
niatore ritrasse  talvolta  con  un  senso  d' umorismo  bonario  che  lo  eleva 
nella  considerazione  nostra  assai  più  che  il  suo  tecnicismo  il  più  delle 
volte  assai  modesto  ed  errato.  Francesco  Novati  ha  pubblicato  la  prima 
parte  del  suo  IV  volume  del  Salutati  {Epistolario  di  Coluccio  Salutati) 
dove  raccoglie  e  commenta  largamente  trentaquattro  lettere  dei  primi 
anni  del  secolo  xv  e  della  seconda  metà  del  secolo  xiv.  Giovanni  Mon- 
ticolo  accresce  la  collezione  dell'  Istituto  del  II  voi.  dei  Capitolari  delle 
Arti  vene:(iane  sottoposte  alla  Giustizia  e  poi  alla  Giusti'^ia  vecchia  dalle 
origini  al  MCCGXXX,  volume  diviso  in  due  parti  complessivamente  di 
pagg.  i-cxcvi,  1-688,  oltre  un  fascicolo  di  cinque  tavole  con  saggi  del 
codice  dei  Capitolari  dei  calcolai,  dei  conciatori  di  pelli  e  coramiy  e  del- 
l'arte del  fustagno.  Questo  secondo  volume  del  Monticolo,  curato  come 
di  consueto  con  irreprensibile  severità  di  metodo,  è  fonte  ricchissima 
di  dati  e  di  notizie  riguardanti  la  vita  commerciale  di  Venezia. 

Il  prof.  Gino  Arias  nel  suo  lavoro,  testé  comparso,  sul  Sistema 
della  costituzione  economica  e  sociale  italiana  nell'età  dei  Comuni  (Roma- 
Torino,  Roux  e  Viarengo,  1905),  ha  voluto,  come  il  titolo  stesso  dice, 
raccogliere  in  ampia  sintesi,  dopo  una  analisi  minuziosa,  i  più  dispa- 
rati fenomeni  della  costituzione  economica  e  sociale  di  quell'età  sto- 
rica e  a  tal  uopo  si  è  servito  di  copiosissime  fonti  anche  inedite.  Il 
lavoro  si  divide  in  due  libri:  il  primo  è  dedicato  allo  studio  della  co- 
stituzione economica,  il  secondo  indaga  1'  azione  della  costituzione 
economica  su  la  costituzione  sociale  ed  espone  infine  alcune  vedute 
generali  riassuntive.  Si  inizia  il  primo  libro  con  un  capitolo  suU'  ori- 
gine delle  associazioni  d'arte  e  mestieri  dell'età  comunali,  che  l'Arias 
ricollega,  con  molte  cautele  e  in  un  certo  senso,  alle  romane,  com- 
battendo la  tesi  dell'  assoluta  separazione,  che  ebbe  per  difensori  il 
Solmi  e  il  Gaudenzi.  Come  fossero  costituite  le  associazioni  di  me- 
stiere, quali  fossero  i  loro  caratteri  essenziali  e  quale  il  fine  loro  eco- 
nomico e  speciale  dice  il  secondo  capitolo,  dopo  il  quale  si  studia  la 
condizione  dei  lavoranti  soggetti  alla  corporazione  stessa,  enumerando 
i  molteplici  sistemi  che  gli  imprenditori  adoperavano  per  limitarne  la 


2  52  ^?>Qoti^ie 


libertà  e  diminuirne  la  mercede.  All'  organizzazione  dello  scambio  è 
dedicato  il  capitolo  terzo,  ove  delle  vicende  generali  mercantili,  spe- 
cialmente del  commercio  bancario,  della  politica  monetaria  e  d'  altri 
analoghi  fenomeni  si  definisce  il  fondamento  nella  costituzione  econo- 
mica del  comune.  Qua  l'Arias  trova  il  modo  di  render  note  copiose 
notizie  inedite  sulle  finanze  pontificie,  sui  mercanti  in  relazione  ai  pon- 
tefici, sui  contratti  di  cambio  che  alla  corte  di  Avignone  si  conclude- 
vano. Nel  nostro  Archivio  darà  l'autore  tra  breve  sopra  siffatti  ed 
analoghi  argomenti,  nel  libro  appena  accennati,  più  ampi  ragguagli. 
Prosegue  e  termina  lo  studio  della  costituzione  economica  con  due 
capitoli  sull'economia  del  contado  nei  suoi  rapporti  con  l'economia  cit- 
tadina e  con  un  capitolo  sull'azione  dello  Stato  sulla  vita  economica 
ove  è  indagata,  per  esempio,  la  ragione  dei  molteplici  monopoli,  specie 
annonarii,  dei  quali  il  Comune  medievale  si  fece  iniziatore.  Qua  si 
muovono  alcune  obbiezioni  alla  teoria  del  Salvemini,  che  vide  un 
troppo  intimo  rapporto  tra  questa  politica  e  1'  interesse  delle  categorie 
borghesi,  là  dove  per  l'Arias  deve  essa  avere  le  proprie  necessità  della 
vita  generale  dei  Comuni,  massime  il  particolarismo  cittadino.  La  se- 
conda parte  del  volume  è  dedicata  all'  indagine  dei  riflessi  economici 
sulla  costituzione  sociale  e  vi  si  conclude  che  la  costituzione  econo- 
mica ebbe  sulla  sociale  virtù  creatrice,  non  già  nel  significato  che  ogni 
singolo  fenomeno  sociale  si  debba  ritenere  creato  direttamente  dall'ele- 
mento economico,  ma  nel  senso  più  retto  ed  equilibrato  che  le  isti- 
tuzioni fondamentali  della  società  sulla  base  economica  si  erigono  e 
ne  traggono  la  vita.  È  insomma  quello  dell'Arias,  come  egli  lo  defi- 
nisce, un  «  naturalismo  economico  » ,  che  consente  l'azione  collaterale 
di  tutti  i  motivi  ideali  collettivi  ed  individuali  e  rifugge  dai  sempli- 
cismi del  «  materialismo  storico  »  volgare,  che  proclama  per  contro 
l'interesse  delle  collettività  e  dei  singoli  unico  arbitro  della  storia. 
Molti  documenti  inediti  del  R.  Archivio  di  Stato  in  Bologna  e  del- 
l'archivio Vaticano  chiudono  il  volume. 

Ottimo  consiglio  è  stato  quello  del  prof.  Pasquale  Villari  di  pub- 
blicare una  seconda  edizione  del  suo  libro  I  primi  due  secoli  della  storia 
di  Firenze,  venuto  alla  luce  dodici  anni  or  sono.  Come  è  a  tutti  noto, 
in  quest'opera  il  Villari  raccolse,  rielaborandoli,  molti  articoli  già  com- 
parsi in  alcune  Riviste  italiane  fino  dal  1866.  Questi  studi  subito  ap- 
parvero di  una  singolare  importanza,  ma  sempre  più  se  ne  apprezzò 
il  merito,  quando  si  vide  come  una  maravigliosa  perspicacia  intuitiva 
li  avesse  animati.  Molte  infatti  delle  idee  dal  Villari  accennate  o  svolte 
ebbero  in  progresso  di  tempo  la  più  espHcita  ed  onorevole  conferma 
dagli  studi  di  molti  autori  egregi,  i  quali,  col  sussidio  di  preziose  fonti 


^N^t^ie  253 


inedite,  illustrarono  vari  punti  della  storia  comunale  fiorentina.  È  so- 
pratutto insigne  merito  del  Villari  d'avere,  primo,  compreso  come  gli 
avvenimenti  della  politica  esterna  ed  interna  di  Firenze  fossero  indi- 
scutibilmente legati  alla  storia  economica  di  quella  città  e  di  aver 
tratto  da  questa  fonte  il  segreto  di  tante  sue  acute  interpretazioni  che 
resistono  tuttora  alla  prova  dei  fatti.  Sono  venuti  dipoi  i  bei  lavori  del 
Davidsohn,  del  Salvemini,  del  Santini  sulla  storia  politica,  molti  la- 
vori di  storia  commerciale,  molto  si  conobbe  pertanto  che  prima  si 
ignorava;  era  quindi  necessario  che  la  sintesi  di  alcuni  anni  addietro 
venisse,  per  cosi  dire,  sottoposta  ad  un  più  ampio  e  difficile  esame. 
Sia  detto  a  grande  lode  dell'autore,  l'esame  ha  dimostrato  la  resistenza 
delle  idee  professate  dal  Villari.  Questa  seconda  edizione  ha  molto  di 
nuovo,  sopratutto  nelle  note,  nelle  quali  si  raccolgono  minute  discus- 
sioni su  questioni  particolari.  Molto  interessanti  sono,  per  ricordare  un 
esempio,  le  obbiezioni,  che  il  Villari  muove  ad  alcune  tesi  del  pro- 
fessore Salvemini,  come  a  quella  relativa  alla  natura  del  governo  in- 
stauratosi a  Firenze  dopo  la  rivoluzione  del  1266  (ved.  p.  213  sgg.). 
Secondo  il  Salvemini  sarebbe  stato  nobiliare  ed  aristocratico,  ma  giu- 
stamente il  Villari,  ricordando  le  testimonianze  di  molti  cronisti,  ri- 
pete che  fu  invece  democratico.  Certamente  ne  fu  anima  la  Parte 
Guelfa^  che  aveva  interessi  commerciali  e  bancari  conformi  a  quelli 
del  popolo  grasso:  tutta  l'opera  del  resto  di  quel  governo  fu  senza 
eccezione  di  sprone  allo  svolgimento  economico  della  città.  Come  si 
spiegherebbe  se  i  nobili  avessero  trionfato?  Belle  le  pagine  (339  sgg.) 
sulla  famiglia  e  lo  Stato  nei  Comuni  italiani,  ove  di  questi  istituti  giu- 
ridici si  indaga  acutamente  la  base  e  ben  si  dimostra  quanto  contri- 
buisse a  dar  loro  l'aspetto  esteriore  la  vita  sociale  dei  Comuni.  Si  in- 
siste molto  bene  su  quello  che  fu  il  carattere  dominante  della  vita 
economica,  politica,  giuridica  dell'evo  comunale  :  il  particolarismo  cit- 
tadino. 

All'ultima  ora  ci  giunge  un  volume  sul  Movimento  storico  della 
popolazione  di  Trieste.  Il  titolo  dell'opera  non  ha  bisogno  di  commenti 
perchè  ne  sia  intuita  l'importanza.  Ne  è  autore  il  signor  Pietro  Mon- 
tanelli, aggiunto  all'ufficio  statistico  anagrafico  di  quella  città.  Egli  ha 
arricchito  il  volume  con  diagrammi,  con  tabelle  statistiche  e  con  do- 
cumenti inediti,  e  tutto  il  suo  lavoro  apparisce  condotto  in  modo  da 
meritare  che  lo  si  additi  tra  i  modelli  migliori  di  opere  consimili. 


PERIODICI 

(Articoli  e  documenti  relativi  alla  storia  di  Roma) 


Académie  des  Inscriptions  et  Belles-Lettres.  Anno  1905, 
genn.-febbr.  —  M.  H.  Omont,  Note  sur  un  recueil  de  grammairiens 
latins,  copie  par  une  femme  au  x®  siede.  —  Mar.-apr.  -  M.  L.  Bréhier, 
Le  protocole  imperiai  depuis  la  fondation  de  l'Empire  romain  jusqu'à 
la  prise  de  Constantìnople  par  les  Turcs. 

Annali  della  Società  degli  ingegneri  ed  architetti  italiani. 

Anno  III,  1904.  —  G.  Giovannoni.    La  sala  termale  della  villa  Li- 
ciniana  e  le  cupole  romane. 

Archivio  storico  italiano.  Serie  V,  tomo  XXXVI,  1905.  — 
M.  Roberti,  recensione  di  F.  Martroye  :  L'Occident  à  l'epoque  byzan- 
tine.  Goths  et  Vandales.  -  Felice  Tocco,  recensione  di  Jean  Guiraud  : 
L'Église  et  les  origines  de  la  Renaissance.  -  F.  Lemmi,  recensioni  di 
P.  I.  RiNiERi  :  Corrispondenza  inedita  dei  cardinali  Consalvi  e  Pacca 
nel  tempo  del  Congresso  di  Vienna  (1814-1815)  e  di  D.  Spadoni: 
Sette,  cospirazioni  e  cospiratori  nello  Stato  pontificio  all'  indomani  della 
restaurazione. 

Archivio  storico  per  le  Provincie  napoletane.  Anno  XXX 
(1905),  fase.  II.  —  P.  Fedele,  I  capitoli  della  pace  fra  re  Ladislao  e 
Giovanni  XXIII. 

Atti  e  memorie  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per 
le  Provincie  delle  Marche.  Voi.  1°  (1904),  fase.  I.  —  G.  Coggiola, 
recensione  di  E.  Piva:  L'opposizione  diplomatica  di  Venezia  alle  mire 
di  Sisto  IV  su  Pesaro  e  ai  tentativi  di  una  crociata  contro  i  Turclii 
(1480-1481).  —  Fase.  III.  -  U.  Aloisi,  Sulla  formazione  storica  del 
«Liber  constitutionum  sancte  matris  Ecclesie».  -  B.  Feliciangeli, 
Cesare  Borgia  a  S.  Angelo  in  Vado. 


2^6  ^en'odict 


Atti  e  memorie  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per 
le  Provincie  della  Romagna.  Voi.  XXIII  (1905),  fase.  I-III.  — 
Lisetta  Giaccio,  Il  cardinal  legato  Bertrando  del  Poggetto  a  Bologna 
(1327-1334).  -  G.  B.  Salviòni,  Il  valore  della  lira  bolognese  nella 
prima  metà  del  secolo  xvi. 

Boletin  de  la  R.  Academia  de  la  historia.  Tomo  XLVI, 
Guadernos  I-III  (1905).  —  Rodriguez  Villa,  E1  emperador  Garlos  V 
y  su  corte  (i  522-1539),  —  Guad.  III.  -  Francisco  Valverde  y  Pe- 
RALES,  Antigùedades  romanas  de  Andalucia.  Excavaciones  en  el  cerro 
del  MingiuUar  cerca  de  Baena, 

Bollettino  della  Società  di  storia  patria  Anton  Ludovico 
Antinori  negli  Abruzzi.  Anno  XVII  (1905),  punt.  X.  —  G.  Geli- 
DONio,  Marco  di  Sciarra  nelle  contrade  Peligne. 

BuUettino  dell'Istituto  Storico  Italiano.  N.  26,  1905. — 
O.  Zenatti,  Il  poemetto  di  Pietro  de  Natali  sulla  pace  di  Venezia  tra 
Alessandro  III  e  Federico  Barbarossa. 

BuUettino  della  Commissione  archeologica  comunale  di 
Roma.  Anno  XXXIII  (1905),  fase.  I.  —  G.  E.  Rizzo,  Sculture  antiche 
del  palazzo  Giustiniani.  -  P.  Spezi,  S.  Salvatore  de  Gallia.  -  G.  Gatti, 
Notizie  di  recenti  trovamenti  di  antichità  in  Roma  e  nel  suburbio.  - 
L.  Gantarelli,  Scoperte  archeologiche  in  Italia  e  nelle  provincie  ro- 
mane. 

Illustratore  (L')  fiorentino.  Anno  1905.  —  G.  Sordini,  La  tomba 
di  fra  Filippo  Lippi  nel  duomo  di  Spoleto. 

Italia  (L')  moderna.  Anno  111(1905),  — L.  Lanzi,  L'antica  cripta 
della  cattedrale  di  Terni. 

Jahrbuch  (historisches).  Anno  1905,  fase.  L  —  Kirsch,  Zum 
Verhalten  des  pàpstlichen  Stuhles  bei  der  Kaiserwahl  Karls  VII  und 
Franz'  I.  —  Fase.  IL  -  Schròrs,  Die  pseudo-Isidorisehe  «  Exceptio 
spolii  »  bei  Papst  Nikolaus  I.  -  Ehses,  Hat  Paolo  Sarpi  fur  scine  Ge- 
schichte  des  Konzils  von  Trient  aus  Quellen  geschopft,  die  jetzt  nicht 
mehr  fliessen?  -  Guggenberger,  Die  Anerkennung  Urbans  VI,  durch 
die  in  Avignon  weilenden  Kardinàle.  -  Naegle,  recensione  di  Bòckler  : 
Die  Tugendlehre  des  Christentums.  —  Fase.  III.  -  Bliemetzrieder, 
Ein  Brief  des  Gegenpapstes  Klemens  VII  (1378).  -  Schmitz-Kallen- 
berg,  Papsturkunden  auf  Marmor  und  Metall? 


T^eriodid  257 


Journal  (American)  of  Archaeology.  Voi.  IX,  n.  i.  —  No- 

tiiie  d'i  A.  Fairbanks:  Hxcavations  in  the  Roman  Forum  during  1904; 
di  Pfeiffer  e  Watertown:  Stamps  ou  Brìcks  and  Tiles  from  the 
Aurelian  Wall  at  Rome;  di  Platner:  The  Rostra.  —  N.  2.  Notizie 
di  Pfuhl:  a.  Harueris  head  in  the  Vatican;  di  Curtius:  A  Female 
Head  at  Rome;  di  Tod:  A  New  fragment  of  the  «Edictum  Diocle- 
«tiani»;  di  Strzygowski,  Petersen  e  HOlsen  :  The  Vatican  Pine- 
cone;  di  Venturi:  Romanesque  sculpture  in  S.  Maria  at  Carpi;  di 
LuEDTKE  :  An  Arabian  Description  of  Rome. 

Mélanges  d'archeologie  et  d*histoire.  XXV^  année,  fase.  I-II 
(janvier-avril),  1905.  —  M.  L.  Halphen,  Le  manuscrit  latin  712  du 
fonds  de  la  reine  Christine  au  Vatican  et  la  «  Lamentatio  de  morte 
«Karoli  comitis  Flandrie».-  Mgr.  L.  Duchesne,  S.  Maria  in  Foro, 
S.  Maria  in  Macello  (Notes  sur  la  topographie  de  Rome  au  moyen- 
age,  n.  XII). 

Mitteilungen  d.  historischen  Literatur.  Anno  1905,  fase.  I.  — 
Preuss,  recensione  di  Haller  :  Papsttum  und  Kirkenreform.  -  Wolf, 
recensione  di  Sickel  :  Ròmische  Berichte  IV,  V.  -  Wolf,  recensione  di 
Susta  :  Die  ròmische  Kurie  und  das  Konzil  von  Trient  unter  Plus  IV.  — 
Fase.  II,  -  Preuss,  recensione  di  Grupp:  Kulturgeschichte  der  ròmi- 
schen  Kaiserzeit.  —  Fase.  III.  -  Dietrich,  recensione  di  Kornemann  : 
Die  neue  Livius-Epitome  aus  Oxyrhynchus.  -  Kòdderitz,  recensione 
diKòPP:  Die  Ròmer  in  Deutschland.  -  Lòschhorn,  recensione  di  Grill: 
Der  Primat  des  Petrus.  -  Volkmar,  recensione  di  Caro:  Die  Bezieh- 
ungen  Heinrichs  VI  zur  ròmischen  Kurie  wahrend  der  Jahre  11  ge- 
li 97.  -  Hahn,  recensione  di  Derselbe:  Der  Gedanke  der  pàpstlichen 
Weltherrschaft  bis  auf  Bonifaz  Vili.  —  Wolf,  Pastor,  Ungedruckte 
Akten  zur  Geschichte  der  Piipste  vornehmlich  im  15.  16.  17.  Jahr- 
hundert. 

Moyen  (Le)  àge.  Ser.  2',  to.  IX,  anno  1905,  gennaio- febbraio.  — 
Gaillard,  recensione  di  Schubert  :  Grundzùge  der  Kirchengeschichte.  - 
Samaran,  recensione  di  Kirsch:  Die  pàpstlichen  Annaten  in  Deutsch- 
land wahrend  des  xiv  Jahrh.;  di  Albe:  Autour  de  Jean  XXII.  Hugues 
Géraud  évèque  de  Cahors,  l'affaire  des  poisons  et  des  envòutements 
en  13 17. 

Neues  Archiv  der  Gesellschaft  ftìr  altere  deutsche  Ge- 
schichtskunde.  Voi.  XXX,  1904-1905.  —  F.  Guterbock,  lìine  zeit- 
genòssisclie    Biographie  Friedrichs  II  :    das  verlorene    Geschichtswerk 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.        17 


258  \Pen'odici 


Mainardinos.  -  O.  Holder-Egger,  Italienìsche  Prophetieen  des  13.  Jahr- 
hunderts.  II.  -  E.  Perels,  Zur  Frage  nach  dem  Verhiiltnis  zwischen 
Nikolaus  I  und  Pseudo-Isidor.  -  H.  Kochendòrffer,  Papstliche  Ku- 
rìalen  wàhrend  des  grossen  Schismas.  -  K.  Hampe,  Ungedruckte  Briefe 
zur  Geschichte  Kònig  Richards  von  Cornwall  aus  der  Sammlung  Ri- 
chards  vom  Poti.  [Lettere  del  re,  di  alcuni  cardinali,  di  Urbano  IV]. 

Quartalschrìft  (Theologische).  Anno  1905,  fase.  I.  —  Schanz, 
Geschichte  und  Dogma.  -  SXgmCller,  Die  Ehe  Heinrichs  II,  d.  heil.  mit 
Kunigunde.  -  Fvjiìk,  recensione  dì  Kirsch:  Die  pàpstlichen  Annaten. - 
Schanz,  recensione  di  Granderath  e  Kirch:  Geschichte  des  vatika- 
nischen  Konzils.  —  Fase.  II.  -  Kellner,  Nochmals  das  wahre  Zeitalter 
der  hi.  Càcilia.  -  Gatt,  Die  Mauer  des  Agrippa.  —  Funk,  recensione 
di  ScHULTE  :  Die  Fugger  in  Rom  ;  di  Schubert  :  Grundzùge  der  Kir- 
chengeschichte.  -  Schanz,  recensione  di  Grabmann  :  Die  Lehre  des  hi. 
Thomas  V.  d.  Kirche.  -  Koch,  r^r^«5/o/7é;  di  Ter-haar:  Das  Dekret  des 
Papstes  Innocenz'  XI.  "—  Fase.  III.  -  Belser,  recensione  di  Clemen  : 
Paulus.  Sein  Leben  und  Wirchen.  -  Funk,  recensione  di  Kirsch  :  Her- 
genròther's  Handbuch  d.  allgem.  Kirchengeschichte ;  dì  Ehses:  Conci- 
lium  Tridentinum.  -  Roch,  recensione  di  Schanz:  Geschichte  der  rò- 
niischen  Literatur. 

Review  (The  American  hìstorical).  Voi.  X,  n.  3.  —  Jesse 
Benedict  Carter,  recensione  di  By  Samuel  Ball  Platner:  The  to- 
pography  and  monuments  of  ancient  Rome.  -  Charles  E.  Bennett, 
recensione  di  By  Harold  Whetstone  Johnston  :  The  Private  Life  of 
the  Romans.  -  Henry  A.  Sill,  recensione  di  By  Charles  W.  C.  Oman 
M.  A.  :  Seven  Roman  Statesmen  of  the  Later  Republic.  —  N.  4.  - 
JosEPHE  H.  Drake,  recensione  di  Greenidge  :  A  Historv  of  Rome  du- 
ring  the  Later  Republic  and  Early  Principate  (I.  from  the  Tribunale 
of  Tiberius  Gracchus  to  the  Second  Consulship  of  Marìus). 

Review  (The  English  historical).  XX,  n.  77.  —  G.  Warner, 
James  VI  and  Rome.  -  Ch.  Johnson,  recensione  di  Mollat:  Lettres 
Communes  des  Papes  d'Avignon:  Jean  XXII.  -  R.  M.  L,  notizia  di 
Castellari:  La  santa  Sede.  -  A.,  notizia  dì  Friedrich:  Der  Papst  und 
das  Concil.  -  C.  J.,  notizia  di  Gay:  Le  pape  Clément  VI  et  les  af- 
faires  d'Orient.  -  A.  F.  P,,  notiiia  dì  Rott:  Friedrich  II  von  der 
Pfalz.  -  D.,  notizia  dì  Meyer:  Clemens  Vili  und  Jakob  I  von  Eng- 
land.  —  N.  78.  -  Barker,  recensione  dì  Luchaire:  Innocent  III, 
Rome  et  l'Italie.  -  R.  M.  I.,  notizia  di  Spadoni:  Sette,  cospirazioni  e 
cospiratori  nello  Stato  pontificio  all'indomani  della  restaurazione.  — 


T^er  iodici  259 


N.  79.  -  Greenidgk,  recensione  dì  Renel  :  Cultes  militaires  de  Rome.  - 
GoLiGHER,  recensione  di  Greenidge  :  A  historv  ot  Rome  during  the  Later 
Republic  and  Early  Principate.  -  Gardner,  recensione  di  Bigg  :  The 
Church's  Task  und  the  Roman  Empire.  -  Bateson,  recensione  di  Bliss 
e  TwEMLOw:  Calendar  of  Entries  in  the  Papal  registers  relating  to 
Great  Britain  and  Ireland.  Papal  Letters.  -  W.  A.  C.,  iioii::^ia  di  Mol- 
tesen:  Acta  pontificLim  Danica:  papal  documents  relating  to  Denmark. 

Revue  Bénédictìne.  Anno  XXII  (1905),  n.  I-II.  —  D.  René 
Ancel,  La  question  de  Sienne  et  la  politique  du  cardinal  Carlo 
Carafa.  -  D.  H.  Leclercq.,  Mélanges  d'épigraphie  chrctienne.  -  D.  P. 
Bastien,  recensione  di  Dom.  Cabrol  :  Dictionnaire  d'archeologie  chré- 
tienne  et  de  liturgie.  -  P.,  recensione  di  Mélanges  Boissier  :  Re- 
cueil  de  mémoires  concernant  la  littérature  et  les  antiquités  romaines.  - 
D.  R.  F.,  recensione  di  T.  Granderath  :  Geschichte  des  Vaticanischen 
Konzils.  -  D.  U.  B.,  recensione  di  L.  Pastor:  Geschichte  der  Piipste 
seit  dem  Ausgang  des  Mittelalters.  -  D.  A.  C.,  recensione  di  E.  C.  Ba- 
but:  Le  concile  de  Turin.  -  D.  P.  B.,  r^f^/mo«^  di  Dom.  H.  LECLERca: 
Les  martyrs.  -  D.  Béde  Lebbe,  recensione  di  J.  Dom.  Leclercq:  Bi- 
bliothèque  de  l'enseignement  de  l'histoire  ecclésiastique.  -  D.  P.  B., 
recensione  di  Kirsh-Zuksch  :    Geschichte  der  katholischen  Kirche  ;  di 

D.  Édouard  Likowschi:  Union  de  l'Église  grecque-ruthène  en  Po- 
logne  avec  l'Église  romaine.  -  D.  R.  T.,  recensione  di  Dom.  U.  Ber- 
LiÉRE  :  Inventaire  analytique  des  «  Libri  obligationum  et  solutionum  » 
des  archives  Vaticanes.  -  D.  U.  B.,  recensioni  di  Helling:  L'érection 
du  collège  des  notaires  à  la  Rota  romaine  par  Sixte  IV  en  1477; 
di  Paulus:  Ambassades  messines  a  la  Cour  Pontificale  à  l'occasion 
du  différend  survenu  en  1462  entre  la  Ville  et  le  Chapitre  de  la  Ca- 
thédrale.  I  due  articoli  sono  pubblicati  in  Festgabe  enthaìteiid  vor- 
nemìich  vorreforniations-geschiclMiche  Forscbungen,  Heinrich  Finke  :;uìn 
7  Augiist  1^04  gewidmet  von  seinen  Schiller n.  -  D.  U.  B.,  recensione  di 

E.  Albe:  Autour  de  Jean  XXII.  -  D.  R.  T.,  recensione  di  E.  Martin: 
Saint  Leon  IX  (1002-1054).  -  D.  R.  F.,  recensione  di  G.  Grupp:  Kul- 
turgeschichte  der  ròmischen  Kaiserzeit. 

Revue  des  questions  historiques.  Anno  1905  (luglio).  — 
E.  Lesne,  Hincmar  et  l'empcreur  Lothaire.  -  E.  Vacandard,  Le  cursus: 
son  origine,  son  histoire,  son  emploi  dans  la  liturgie,  -  P.  Allard, 
Mélanges:  M.  Harnack  et  le  nombre  des  martyrs;  recensione  di  E.  Va- 
candard: Études  de  critique  et  d'histoire  religieuse.  -  M.  Besnier, 
recensione  di  B.  Wolff-Beckh  :  Kaiser  Titus  und  der  jùdische  Krieg.  - 
P.   Allard,   recensione  di  Ch.  Lécrivain:  Études  sur  l'Histoire   An- 


26o  Periodici 


guste.  -  L.  Celier,  recensione  di  DoM.  H.  Leclercq.:  Les  martyrs, 
t.  III.  -  A.  CouLON,  recensione  di  G.  Carotti:  Le  opere  di  Leonardo, 
Bramante  e  Raffaello. 

Revue  de  l'art  ancien  et  moderne.  Anno  1904.  — A.  J.  Ru- 
sconi, Les  collections  particulières  d'Italie:  Rome,  la  collection  Doria 
Pam  ph  ili. 

Revue  des  études  historiques.   Anno  1905,  genn.-febbr.  — 

L.  Batcave,  recensione  di  E.  Martin:  Saint  Leon  IX  (1002- 1054). 

Revue  de  l'histoire  des  religions.  Anno  XXV  (1904), 
t.  XLIX,  n.  I.  —  L.  DE  MiLLOUÉ,  Comparaison  de  quelques  mythes 
relatifs  à  la  naissance  des  Dieux,  des  Héros,  et  des  Fondateurs  de  re- 
ligions. -  GoBLET  D'Alviella,  recensione  di  J.  Robertson:  Pagan 
Christs.  -  J.  R.,  recensione  di  J.  Hocart  :  Le  monachisme.  -  Tony 
Andrée,  recensione  di  B.  Labanca,  Del  nome  papa  ;  Gesù  Cristo  nella 
letteratura  contemporanea.  —  N.  3.  -  A.  Dufourcq.,  recensione  di 
J.  Rendel  Harris:  The  Dioscuri  in  the  Christian  legends.  -  A.  M,, 
recensione  di  L.  Homo  :  L'empereur  Aurélien.  -  H.  Hauser,  recensione 
di  P.  Wernle  :  Die  Renaissance  des  Christentums  in  16.  Jahrhundert.  — 
T.  L,  n.  I.  -  P.  A.,  recensioni  di  J.  VON  Dòllinger:  La  papauté  ; 
di  G.  Paris:  Légendes  du  Moyen-àge,  —  N.  3.  -  P.  A.,  recensioni  à\ 
J.  Gay:  Le  pape  Clément  VI  et  les  affaires  d'Orient;  di  D.  Orano, 
Liberi  pensatori  bruciati  in  Roma  dal  xvi  al  xviii  secolo. 

Revue  d'histoire  ecclésiastique.  Anno  VI  (1905),  n.  i.  — 
G.  Mollat,  Jean  XXIÌ  (1316-1334)  fut-il  un  avare?  -  E.  Albe,  re- 
censione di  G.  Mollat:  Jean  XXII  (13 16-13 34).  Lettres  communes 
d'après  les  registres  dits  d'Avignon  et  du  Vatican.  -  G.  Mollat,  re- 
censione di  J.  Gay:  Le  pape  Clément  VI  et  les  affaires  d'Orient  (1342- 
1352).  -  P.  Allosery,  recensione  di  P.  II.  Rinieri:  La  diplomazia  pon- 
tificia nel  sec.  xix.  —  Ch.  Mohller,  recensione  di  M.  Spahn,  Leo  XIII,  — 
N.  2.  -  DoM,  G.  Morin,  De  la  besogne  pour  les  jeunes.  Sujets  de  tra- 
vaux  sur  la  littérature  latine  du  moyen-àge.  -  J.  Flamion,  recensione 
di  P.  Allard:  Histoire  des  persécutions  pendant  les  deux  premiers 
siècles  et  la  première  moitié  du  iii^  siècle.  -  G.  Mollat,  recensione  di 
C.  Lux  :  Constitutionum  apostolicarum  de  generali  beneficiorum  reser- 
vatione  ab  a.  1265  usque  ad  a.  1378  emissarum,  tam  intra  quam  extra 
corpus  iuris  exstantium,  collectio  et  interpretatio.  -  R.  Deschepper,  re- 
censione di  J.  Susta  :  Die  Ròmische  Curie  und  das  Conci!  von  Trient 
unter  Pius  IV.  —  N.  3.  -  M.  Vaes,  La  papauté  et  l'Église  franque  à 


Periodici  261 


l'epoque  de  Grégoire  le  Grand  (590-604).  -  H.  Nelis,    recensione   di 
L.  ScHiAPARELLi  :  I  diplomi  di  Berengario  I. 

Revue  historique.  Anno  XXX  (1905),  voi.  LXXXVIII,  fase.  IL  — 
M.  Babut,  Le  concile  de  Turin.  —  Voi.  LXXXIX,  1905,  fase.  I-IL  - 
E.  Driault,  Napoléon  I^r  et  l'Italie.  T  parte  :  Bonaparte  et  la  République 
cisalpine;  W  parte:  Bonaparte  et  la  République  italienne.  -  E.  Babut, 
La  date  du  concile  de  Turin  et  le  développement  de  l'autorité  pontificale 
au  V®  siècle.  Reponse  à  Duchesne  et  à  Pfistere.  -  G.  Blondel,  recensione 
di  C.  Schwemer:  Papsttum  und  Kaisertum.  -  M.  Babut,  Un  demier 
mot  sur  le  concile  de  Turin  en  417;  (lettre).  -  G.  Desdevises  du 
Dezert,  recensione  di  A.  Andollent  :  Carthage  romaine. 

Revue  (Nouvelle)  historique.  Anno  XXIX  (1905),  n.  2.  — 
P.  CoLLiNET,  Contributions  à  l'histoire  du  droit  Romain.  -  L.  Bou- 
lard,  recensioni  di  G.  Leoni:  Dell'azione  pauliana  nel  diritto  romano; 
di  S.  S0LAZZ1:  La  revoca  degli  atti  fraudolenti  nel  diritto  romano;  di 
C.  Bertolini  :  Della  transazione  secondo  il  diritto  romano.  -  Ed. 
Meynial,  recensione  di  F.  Ciccaglione:  Manuale  di  storia  del  diritto 
italiano.  —  N.  3.  -  J.  Declauereuil,  recensione  di  Herlich:  Die  An- 
fiinge  des  testamentum  per  aes  et  libram.  Bericht  erstattet  dem  Histo- 
rikercongress  in  Rom. 

Rivista  d' Italia.  Anno  VII,  1 904.  —  Attilio  Rossi,  Il  cenobio 
basiliano  di  Grottaferrata.  —  Anno  VIII,  1905.  -  Avena,  La  loggia 
papale  di  Viterbo.  Il  palazzo  Vitelleschi  di  Corneto  Tarquinia. 

Rivista  di  storia  antica.  Anno  IX  (1904-1905),  fase.  i''.  — 
G.  MusoTTO,  Intorno  alla  tradizione  della  morte  di  Germanico,  figlio 
di  Druso,  presso  Tacito,  Dione  Cassio  e  Svetonio.  -  G.  Grasso,  La 
leggenda  annibalica  nei  nomi  locali  d'Italia.  —  Fase.  2^.  -  G,  Beloch, 
La  conquista  Romana  della  regione  sabina.  —  Fase.  3°.  -  C.  Mar- 
chesi, I  primordii  dell'  eloquenza  agraria  e  popolare  di  Roma.  - 
A.  Solari,  Per  la  presunta  fedeltà  storica  della  biblioteca  di  Fozio.  — 
Fase.  4".  -  A.  Rettore,  Tito  Livio  e  la  decadenza  della  lingua  la- 
tina. -  V.  D'Addozio,  Napoli  Greco-Romana  e  B.  Capasso. 

Rivista  italiana  di  numismatica  e  scienze  affini.  An.  XVIII 
(1905),  fase.  1.  —  F.  Gnecchi,  Appunti  di  numismatica  romana: 
LXIV.  I  Medaglioni  ex-Vaticani.  -  J.  Maurice,  L'atelier  monétaire 
d'Arles  pendant  la  période  Constantinienne.  -  E.  Martinori,  Pro- 
visino  inedito  di  Bonifacio  IX  papa.  —  Fase.  II.  -  F.  Gnecchi,   Ap- 


262  Periodici 


punti  di  numismatica  romana:  LXV-LXIX.  -  P.  Settiner,  I  ritratti 
degli  imperatori  romani  sulle  monete.  -  L.  Na ville,  Monnaies  inédites 
de  l'Empire  romain. 

Rivista  storica  italiana.  Voi.  IV  (1905),  fase.  I.  —  E.  Casa- 
nova, recensione  di  P.  Ecidi  :  Soriano  nel  Cimino  e  l'archivio  suo.  - 
F.  Ramorino,  recensione  di  De  la  Ville  de  Mirmont  :  La  jeunesse 
d'Ovida.  -  G.  M.  C,  recensione  di  DuviauET  G.  :  Héliogabale,  raconté 
par  les  historiens  grecs  et  latins.  -  G.  Roberti,  recensione  di  L.  Homo  : 
Essai  sur  le  rógne  de  l'empereur  Aurélien.  -  C.  Rinaudo,  recensione  di 
Allard  P.  :  Julien  apostat,  t.  II,  III.  -  F.  R.,  recensione  di  Hart- 
mann L.  M.  :  La  rovina  del  mondo  antico.  -  C.  R.  recensione  di  Bar- 
biellini-Ansidei  a.  :  Una  nuova  pagina  della  storia  d' Italia,  ossia  la 
vera  fine  dell'ultima  dinastia  longobarda  e  l'origine  temporale  dei  papi.  - 
A.  Leone,  recensione  di  P.  Ecidi:  Carta  di  rappresaglia  concessa  da 
Luigi  di  Savoia,  senatore  di  Roma.  -  E.  Milano,  recensione  di  De 
Gerbaix  de  Sonnaz  a.  :  Amé  V  de  Savoie  et  les  Savoyards  à  l'expé- 
dition  de  l'empereur  Henri  VII  de  Luxembourg  à  Rome  :  1 308-1 3 1 3.- 
C.  Cipolla,  recensione  di  Eubel  C.  :  BuUarium  Franciscanum  si  ve  Ro- 
manorum  pontificum  constitutiones  epistolae  diplomata  tribus  ordi- 
nibus  Minorum,  Clarissarum,  Poenitentium  a  seraphico  patriarcha 
s.  Francisco  institutis.  -  C.  Rinaudo,  recensioni  di  Del  Cerro  E.  : 
Roma  che  ride.  Settant' anni  di  satira:  1800- 1870;  di  Spadoni  D.  : 
Sette,  cospirazioni  e  cospiratori  nello  Stato  pontificio  all'  indomani  della 
restaurazione  ;  di  Loevison  E.  :  G.  Garibaldi  e  la  sua  legione  nello  Stato 
romano  nel  1848- 1849,  voi.  IL  —  Fase.  IL  -  C.  R.,  recensione  di  Fer- 
rari A.  :  I  sommi  pontefici  da  s.  Pietro  a  Pio  X.  -  C.  Rinaudo,  re- 
censioni  di  Scott  F.  J.  :  Portraitures  of  Julius  Caesar;  Ferrerò  G.: 
Grandezza  e  decadenza  di  Roma.  -  G.  De  Sanctis,  recensione  di  Wolff- 
Beckh:  Kaiser  Titus  und  der  jùdische  Krieg.  -  F.  Ramorino,  recen- 
sione di  Pascal  C. :  Dei  e  diavoli:  saggi  sul  paganesimo  morente.  - 
C.  Cipolla,  recensione  di  Ohr  W.:  Die  Kaiserkrònung  Karls  des  Gros- 
sen.  -  P.  Spezi,  recensione  di  Dell'acqua  C.  :  Di  s.  Pio  V  papa. 
C.  R.,  recensione  di  Narfon  J.  :  Pie  X. 

Rdmische  Quartalschrift.  Anno  1905,  fase.  I-II.  —  Dòlger, 
Die  Firmung  in  den  Denkmàlern  des  christlichen  Altertums.  -  Wù- 
scher-Becchi,  Das  oratorium  des  hi.  Cassius  und  das  Grab  des  hi. 
Juvenal  in  Narni.  -  Kirsch,  recensione  di  Grupp  Georc  :  Kulturge- 
schichte  der  ròmischen  Kaiserzeit.  -  Wittig,  recensione  di  Franciss  : 
Bayern  zur  Ròmerzeit.  -  Wittig,  recensione  di  Profumo  :  Le  fonti 
ed   i   tempi    dell'  incendio    Neroniano.   -   Schaefer,    Frùhmittelalter- 


l^er  iodici  263 


liche  Pfarrkirchen  und  Pfarreinteilung  in  ròmisch-frànkischen  und 
italienischen  Bischofsstiidten.  -  Gòller,  Zur  Stellung  des  Korrektors 
in  der  pilpstlchen  Kanzlei.  -  Eh.,  recensione  di  Reichenberger,  Nun- 
tiaturberichte  aus  Deutschland  1 585-1 590.  2.  Abteilung.  Die  Nuntiatur 
am  Kaiserhofe.  i.  Hàlfte.  Germanico  Malaspina  und  Filippo  Sega.  - 
Gòller,  recensione  di  Kirsch  :  Hergenròthers  Handbuch  der  allgemeinen 
Kirchengeschichte. 

Stimmen  aus  Maria  Laach.  1905,  voi.  LXVIII.  —  Cardinal 
A.  Steinhuber,  Die  schwebenden  Selig-  und  Heligsprectungsprocesse.  - 
A.  Stockmann,  recensione  di  :  Des  Papstes  Leo  III  sàmtliche  Gedichte 
ùbersetzt  von  B.  Barth.  —  Voi.  LXIX,  fase,  i,  2.  -  S.  Beissel,  Umwand- 
lung  heidnischer  Kullusstàtten  in  christliche.  -  J.  Braun,  recensione  di  : 
K.  M.  Kaufmann,  Handbuch  der  christlichen  Archaeologie. 

Zeitschrift  fiir  christliche  Kunst.  Anno  XVII,  1904.  —  E.  Wu- 
scher-Becchi,  Die  Absisfresken  in  Santa  Maria  Antiqua  auf  deni  Forum 
Romanum. 

Zeitschrift  fiir  katholische  Theologie.  Anno  1905,  tasc.  I.  — 
Kròss,  recensione  di  Ehses  :  Concilium  Tridentinum.  -  Hofmann,  re- 
censione di  Heiner  :  Benedicti  XIV  opera  inedita.  —  Fase.  II.  -  Ernst, 
Die  Stellung  der  ròmischen  Kirche  zur  Kessertauffrage.  -  Michael, 
Walther  v.  d.  Vogelweide  u.  f.  Sprùche  gegend.  Pàpste.  -  Kross,  re- 
censione di  Kònig  :  Pius  VII. 

Zeitschrift  fttr  Kirchengeschichte.  1905,  voi.  XXVI,  fase,  i, 
2.  —  W.  Ohr,  Die  Ovationstheorie  iiber  die  Kaiserkrònung  Karls  des 
Grossen. 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio 


^•/rfJ^^L  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  non  è  stato 
'/M  lè\  illustrato  dagli  eruditi  con  monografie  speciali  ;  i 
J^J^-  pochi  che  se  ne  sono  occupati  hanno  parlato  di 
esso  soltanto  per  incidenza  (i),  oppure  in  quanto  il  fondo 
nel  quale  era  edificato  apparteneva  all'antica  famiglia  dei 
Valerii  (2).  La  scarsezza  delle  notizie  intorno  a  questo  ce- 
nobio spiega  facilmente  perchè  gli  studiosi  non  si  siano 
volti  a  narrarne  la  storia.  Manca  infatti  il  miglior  mezzo  per 
conoscerne  le  vicende  religiose  ed  economiche,  perchè  del 
suo  antico  archivio,  che  pur  dovea  contenere  le  carte  rela- 
tive alla  nomina  degli  abati,  alle  deliberazioni  del  capitolo, 
allo  stato  patrimoniale  e  alle  relazioni  con  le  autorità  della 
Chiesa  Romana,  nulla  è  rimasto. 

La  storia  del  Celimontano  può  essere  illustrata  soltanto 
in  modo  frammentario  da  un  numero  molto  esiguo  di  testi- 
monianze :  alcuni  passi  del  Liber  Pontificalis  e  precisamente 
delle  Vite  di   Adeodato   II,    Leone   III,  Gregorio  IV  (3), 

(i)  Cf.  P.  Ecidi,  /  ìiionasteri  di  Suhiaco,  I,  Roma,  tip.  dell'Unione 
tip.  editrice,  1904. 

(2)  De  Rossi,  La  casa  dei  Valerii  ed  il  monastero  di  S.  Erasmo 
in  Studii  e  documenti  di  storia  e  diritto^   Roma,  tip.  della  Pace,   1886. 

(3)  Cf.  Liher  Pontificalis,  ed.  Duchesnr,  I,  346,  437;  II,  25. 


Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII. 


18 


266  J.  Camobreco 


un'iscrizione,  alcuni  documenti  privati  dei  secoli  vii,  viii, 
X,  XI,  XIV,  trascritti  nel  Regesto  Sublacense  (i),  perchè  il  mo- 
nastero di  S.  Erasmo  passò  nel  secolo  x  sotto  la  dipendenza 
del  Sublacense  e  vi  rimase  per  lungo  tempo  soggetto,  un 
semplice  ricordo  nella  descrizione  di  Roma  fatta  dall'ano- 
nimo di  Einsiedeln  (2),  ed  altri  documenti  che  si  trovano 
nell'archivio  di  Subiaco  e  del  Vaticano.  Con  la  scorta  di 
cosi  poco  materiale  mi  sono  proposto  di  trattare  questo  ar- 
gomento, il  quale,  quantunque  molto  ristretto,  pure  darà 
qualche  notizia  fin' ora  sconosciuta  sulle  vicende  del  mona- 
stero. 

Pochi  ruderi  rimangono  ad  attestare  l'esistenza  del  mo- 
nastero di  S.  Erasmo  :  e  sono  le  grandiose  rovine  di  antiche 
fabbriche  scavate  nel  1902,  che  si  vedono  a  sinistra  di  chi 
s' inoltra  per  la  via  Claudia  verso  porta  Metrovia,  nei  pressi 
della  piazzetta  che  piglia  il  nome  della  Navicella  di  pietra, 
elevata  dinanzi  alla  villa  Mattei,  vicino  a  S.  Stefano  Rotondo, 
e  propriamente  le  mura  dell'angolo  settentrionale  di  detti 
scavi,  fra  l'antica  villa  Fonseca  e  S.  Stefano  Rotondo  (3). 

Il  Mirzio  (4)  da  memorie  apocrife  della  vita  di  san  Pla- 


(i)  Regesto  Suhtacertse  del  sec.  xi,  pubblicato  dalla  R.  Società 
romana  di  storia  patria,  a  cura  di  L.  Allodi  e  G.  Levi,  Roma,  1885, 
in  fol.,  pp.  xx-250,  con  tre  tavole. 

(2)  Lanciani,  L'Itinerario  di  Einsiedeln  e  l'Ordine  di  Benedetto 
canonico  in  Monumenti  antichi,  pubblicati  per  cura  dell'Accademia  dei 
Lincei,  1891,  voi.  L 

(3)  Il  terreno  è  stato  acquistato  per  erigere  un  ricovero  di  con- 
valescenti, sotto  il  titolo  dell'Addolorata,  in  conformità  delle  disposi- 
zioni testamentarie  del  compianto  conte  Antonio  Cerasi  proprietario 
del  luogo,  e  nel  mese  di  maggio  dell'anno  1902  s'è  posto  mano  ai 
lavori.  Cf.  G.  Gatti,  Le  casa  Celimontana  dei  Valerii  e  il  monastero 
di  S.  Erasmo  in  Bull,  della  Comm.  arch.  municipale,  Roma,  1902, 
anno  xxx,  III,  155,   160. 

(4)  Mirzio,  Chronicon  Sublacense,  ed.  L.  Allodi,  pubblicata  prima 
nel  periodico  Gli  studii  in  Italia,  anni  1882,   1883-1884;  poi  a  parte 


Il  monastero  dì  S.  Eì^asmo  sul  Celio  267 

cido  apprese  e  ci  tramandò  che  la  chiesa  di  S.  Erasmo  sa- 
rebbe stata  costruita  sui  beni  di  Tertullo,  padre  dello  stesso 
Placido,  e  dedicata  a  Dio,  in  onore  del  santo  martire  Erasmo, 
da  san  Benedetto,  il  quale  avrebbe  ricevuto  dal  patrizio  ro- 
mano oltre  il  colle  di  Montecassino  e  le  diciassette  corti  in 
Sicilia  anche  i  beni  del  Celio. 

Ad  avvalorare  questa  leggenda  concorsero  gli  scavi  fatti 
nel  1554,  1561,  173 1,  1776,  1902  su  quel  colle;  scavi  che 
restituirono  alla  luce  cinque  diplomi  di  bronzo  incisi  negli 
anni  321  e  322  d.  C.  in  onore  di  Quinto  Aradio  Valerio 
Proculo;  basi  di  statue  dedicate  al  console  del  340  L.  Aradio 
Valerio  Proculo,  la  celebre  lucerna  di  bronzo  a  fosRia  di  nave 
sul  cui  albero  era  scritto  :  «  Dominus  legem  dat  Valerio 
((  Severo  »  ;  tavole  di  bronzo  contenenti  decreti  municipali 
di  patronato  e  di  clientela  ad  onore  di  Q.  Aradio  Rufino 
Valerio  Proculo  (prefetto  nel  337,  console  nel  346);  una 
grande  base  di  statua  innalzata  ad  onore  di  «  Attius  lusteius 
«  Tertullius  »  e  finalmente  altri  basamenti  marmorei,  pavi- 
menti in  musaico  e  pezzi  d'iscrizioni  sepolcrah  (i). 


col-  titolo  Cronaca  Suhlaceuse  del  P.  D.  C.  Mirzio  da  Treveri,  monaco 
nella  protobadia  di  Subiaco,  Roma,  Befani,  1885,  in-4,  pp,  xxviii-730. 
Si  fecero  seguire  alcune  note  del  p.  Giuseppe  Macarty  (1741-1774), 
che  non  portano  nessun  contributo  nuovo;  il  p.  L.  Allodi  l'accom- 
pagnò invece  di  un'  abbondante  copia  di  documenti  inediti  ad  illustra- 
zione dei  particolari  fatti  ricordati  dal  Mirzio.  V.  cap.  XXVII,  pp.  67, 
410,  624. 

(i)  Cf.  C.  1.  L.  VI,  1532,  1684,  1685,  1686,  1687,  1688,  1689, 
1690,  1691,  1692,  1693,  1694,  1695;  Bellori,  Le  antiche  lucerne, 
Roma,  1729,  p,  11;  Galletti,  Dei  primicerio  della  S.  Sede  apostolica, 
in-4,  Roma,  Generoso  Salomone,  1776,  p.  136;  De  Rossi,  La  casa 
dei  Valerli  cit.  p.  22  ;  Di  altri  simili  gruppi  di  utensili  sepolti  nelle 
rovine  di  nobili  case  romane  nel  V  secolo  in  Bull  d'arch.  crisi.  (1868), 
p.  35;  Nuove  scoperte  Scc.  cap.  Ili,  in  Bull.  cit.  (1887),  p.  26;  Grisar, 
Geschichte  Roms  und  der  Pàpste  in  Mittelalter  mit  hesonderer  Berucksichti- 
gung  von  Cultur  und  Kiinst,  Freiburg,  Herder'sche  Verlangshandlung, 
1901,  l,  49;  Gatti,  La  casa  &c.  loc.  cit. 


268  J.  Camobreco 


Ma  se  gli  scavi  ricordati  danno  la  certezza  della  conver- 
sione al  cristianesimo  della  flimiglia  dei  Valerli  (i),  e  del- 
l'esistenza della  loro  casa  sul  Celio,  pur  essi  non  valgono  ad 
attestare,  che  veramente  TertuUo  abbia  donati  i  suoi  beni 
del  Celio  a  san  Benedetto,  e  questa  donazione  rimane  leg- 
gendaria come  l'altra  del  nobile  romano  collegata  alla  ori- 
gine del  monastero  di  Montecassino  (2).  Inoltre,  durante  il 
sacco  dato  a  Roma  da  Alarico  nel  410,  S.  Stefano  Rotondo 
e  le  case  dei  Valerli  (3)  furono  incendiati  (4),  né  è  facile 
supporre,  in  tanto  disordine  di  avvenimenti,  che  i  due  edificii 
fossero  stati  presto  riedificati,  e  la  casa  dei  Valerli  trasfor- 
mata in  cenobio. 


(i)  Cf.  Paolino  da  Nola,  Opera  in  Corpus  Script,  eccles.  latin. 
XXI  (Vindobonae,  1894),  218  sgg.;  Slmmacus,  Epist.  l,  2,  Maguntiaci, 
tip.  lonne  Allinus,  1608,  ìn-4;  Palladio,  Storia  Lausiaca  in  Monum. 
eccl.  grec.  I.  B.,  Cotolerii,  (Paris,   1686),  col.  117. 

(2)  Cron.  Subì.  ed.  cit,  p.  49.  Si  attribuisce  a  san  Benedetto  la  fon- 
dazione di  dodici  monasteri  (cf.  P,  Ecidi,  op.  cit.  p.  51,  nota  4);  però 
fra  questi  non  si  vede  annoverato  S.  Erasmo  ;  questo  silenzio  fa  pensare, 
che  la  leggenda  sulla  fondazione  del  monastero  Celimontano  abbia  avuto 
origine  dalla  fantasia  dei  cronisti  sublacensi  e  in  un  tempo  posteriore. 

(3)  Un  documento  trovato  in  un  codice  di  Chartres  del  sec.  vili, 
e  per  cura  del  p.  Smedt  e  dei  suoi  colleghi  pubblicato  nella  Anahcta 
Bollandiana  (a.  1889),  Vili,  16,  servi  al  De  Rossi  {Miscellanea  di 
notiiie  bibliografiche  e  critiche  per  la  topografia  e  la  storia  dei  monu- 
menti di  Roma  in  Bullettino  della  Commissione  arch.  mnnicipah,  1890, 
p.  289)  per  meglio  chiarire  la  storia  della  casa  dei  Valerli.  Il  docu- 
mento dice  che  questa  casa  era  nel  principio  del  sec.  v  (404  o  405) 
di  tanta  sontuosità  e  ricchezza  da  non  potersene  trovare  un  compra- 
tore: «domum,  quam  in  urbe  Roma  habebant  [Valer ii]  venumdare 
«volentes,  ad  tam  magnum  et  mirabile  opus  accedere  nemo  ausus 
«fuit»,  e  che  poi  distrutta  dai  nemici  fu  venduta  «prò  nihilo  quasi 
«incensa»  {Analect.  cit.  p.  31). 

(4)  Cf.  Grisar,  Storia  di  Roma  e  dei  papi  nel  medioevo,  Desclce, 
Lefebvre  e  C.  editori,  Roma,  1899,  I,  117;  Lanciani,  L'Itinerario  cit. 
p.  507;  De  Rossi,  La  casa  dei  Valerli  sul  Celio  incendiata  nella  presa 
di  Roma  per  Alarico  (a.  410)  in  Bull,  della  Comm.  cit.  1890,  p.  288; 
Gatti,  op.  cit.  pp.  152-3. 


Il  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  2^9 


Di  un'altra  fonte  si  valse  la  tradizione  per  confermare 
l'esistenza  del  monastero  di  S.  Erasmo  già  fin  dal  sec.  vi: 
la  Vita  del  vescovo  Agrigentino  Gregorio,  dov'  è  narrato 
che  quando  il  pontefice  Gregorio  Magno  voleva  innalzare 
alla  dignità  vescovile  quell'umile  monaco  di  S.  Saba,  costui 
si  rifugiò  nel  monastero  di  S.  Erasmo  (i).  Ma  Lancia  di 


(i)  Questa  Vita  fu  scritta  in  greco,  sulla  fine  del  secolo  vili  o 
principio  del  ix,  da  Leonzio,  egumeno  di  S.  Saba.  Il  Morcelli  {Gre- 
gorii  II  pontificis  Agrigentini  libri  deceni  explicationiun  eccL,  Venetiae, 
1791,  p.  57  sg.),  nel  tradurla  in  latino,  ne  volle  riordinare  la  crono- 
logia, e  col  Baronio  credette  che  Gregorio  fosse  stato  contemporaneo 
di  san  Gregorio  Magno.  Mi  piace  riportare  qui  un  riassunto  di  ciò 
che  di  Gregorio  vescovo  Agrigentino  dice  il  Krumbacher  {Geschicbte 
der  hy7;antinischen  Litteratur  von  Justinian  bis  :;uiìi  ende  des  ostròmischen- 
reiches  (527-1453).  Mùnchen,  1897,  C  K.  Beck'sche  Verlaiigsbiich- 
handlung  Oskar  Beck,  pp.  128-129):  Gregorio,  vescovo  di  Agrigento 
in  Sicilia,  nacque,  secondo  il  suo  biografo  Leonzio,  verso  la  metà  del 
secolo  VI,  in  Pretoria,  presso  Agrigento.  A  diciotto  anni  andò  in 
Terrasanta  dove  fu  ordinato  diacono;  venuto  poi  a  Roma,  fu  consa- 
crato vescovo  di  Agrigento.  In  seguito  ad  accuse  calunniose  egli  venne 
chiamato  a  Roma  ;  ma,  conosciuta  la  sua  innocenza,  ritornò  in  Sicilia. 
Il  fissare  precisamente  il  tempo  della  sua  vita  dipende  dalla  questione 
s'egli  è  lo  stesso  vescovo  di  Agrigento,  il  quale  è  menzionato  da  papa 
Gregorio  I  nell'  anno  603  ;  comunque  sia,  non  si  può  ammettere  la 
sua  esistenza  anteriore  al  secolo  vii.  Leonzio  menziona  vari  scritti  di 
Gregorio:  discorsi  dogmatici,  panegirici,  un  trattato  sul  digiuno  &c. 
Di  questi  scritti  s'è  conservato  soltanto  un  commento  intorno  aW Ec- 
clesiastico, frutto  dello  studio  delle  sacre  Scritture.  Il  commento  ha  per 
base  un  testo  il  quale  difi"erisce  dagli  altri  e  questo  dà  al  lavoro  un 
altissimo  valore  critico.  Gli  esegeti  anteriori  a  Gregorio  sono  citati  e 
talvolta  anche  criticati;  ma  i  loro  nomi  non  sono  mai  espressi  chia- 
ramente. 11  Morcelli  però  ha  potuto,  con  l'aiuto  dell'indicazione  di 
nomi  che  si  trovano  in  quel  codice,  identificare  molti  altri  passi  di 
esegeti,  cui  voleva  certamente  alludere  Gregorio.  Le 'idee  cosmogra- 
fiche di  queir  epoca,  introdotte  in  quel  lavoro,  sono  una  prova  che  il 
vescovo  di  Agrigento  non  era  inesperto  nella  scienza  profana,  e  di- 
mostrano al  tempo  stesso  la  cultura  straordinaria  di  Gregorio.  Cf.  Mor- 
celli, op.  cit.;  MiGNE,  Patrologia  greca,  XCVIII,  741-1181;  Incith 
and  Was,  Di::jonario  delle  biografie  cristiane,  II,  776  ;  M.  Mira,  Bihlio- 


270  7-  Camobreco 


Brolo,  impugnata  la  cronologia  della  vita  di  Gregorio  ve- 
scovo Agrigentino,  con  documenti  non  sospetti,  non  solo  ha 
accertato  che  in  quel  tempo  (fine  del  sec.  vi)  la  sede  vesco- 
vile di  Girgenti  era  vacante  ;  ma  ancora  che  si  debbono  distin- 
guere due  vescovi  omonimi  Agrigentini,  l'uno  del  secolo  vi 
e  l'altro  della  prima  metà  del  vii,  e  che  a  quest'ultimo  va 
riferito  l'episodio  del  ritiro  nel  monastero  di  S.  Erasmo  (i). 
Nessuna  testimonianza  dunque  che  già  nel  vi  secolo  esì- 
stesse il  monastero  Celimontano:  tutt'al  più  si  può  pensare 
ad  uno  xenodochium  :  perchè  di  xenodochium  Valerii  o  a  l'a- 
leriis  si  parla  in  una  lettera  di  san  Gregorio  Magno  del  589  (2), 


grafia  siciliana,  I  (Palermo,  1875),  458;  Molinier  et  Tobler,  7///wa 
Riero solymitana,  II,   i,  243;  cod.  Vaticano  Pai.  17,  sec.  x-xi,  ce.  1-39. 

(i)  Lancia  di  Brolo  {Storia  delle  chiese  in  Sicilia,  tip.  Lao,  Pa- 
lermo, 1880-84,  II,  38,  44,  47  sg.),  sulla  scorta  delle  lettere  di  san  Gre- 
gorio dimostra  che  nel  594,  essendo  il  vescovado  di  Girgenti  vacante, 
lo  stesso  pontefice  costituì  un  tal  Pietro  di  Treocala  visitatore  di  detta 
chiesa,  dandogli  tutta  la  rendita  che  apparteneva  al  vescovo  titolare 
(Gregorio  Magno,  Epistole,  V,  13).  Nel  595  a  Sebastiano  vescovo 
di  Sirmio  o  Risino  in  Dalmazia,  costretto  dalle  incursioni  barbariche 
d' andar  lungi  dalla  sua  chiesa,  fu  dal  pontefice  Gregorio  offerta  una 
delle  chiese  in  Sicilia,  e  l' unica  vacante  in  quel  tempo  era  quella 
di  Girgenti  {Ep.  V,  42).  Nel  598  a  proposito  di  alcuni  giudei  di  Gir- 
genti, che  volevansi  convertire,  il  medesimo  pontefice  scrive  a  Fantino, 
rettore  del  patrimonio  palermitano,  che  si  rechi  a  Girgenti  «  e  ne 
«conferisca  col  vescovo  del  luogo»  (£/). Vili,  23).  Lancia  di  Brolo  si 
fa  la  domanda  :  È  possibile  che  Gregorio  Magno,  che  tanto  ammirava 
i  santi  uomini  del  suo  tempo,  consapevole  della  santità  di  Gregorio 
Agrigentino  non  faccia,  nella  lettera  citata,  il  nome  di  si  nobile  ve- 
scovo? E  come  spiegare  il  silenzio  assoluto,  intorno  a  Gregorio  Agri- 
gentino, nei  Dialoghi  dello  stesso  san  Gregorio,  scritti  (verso  il  594) 
per  narrare  i  miracoli  che  si  operavano  in  Italia,  se  di  miracoli  è 
coronata  la  vita  del  vescovo  Agrigentino  ? 

(2)  «  Et  ideo  quia  de  possessionibus  Paiano,  Nasoniano  et  Libi- 
«  niano  positis  in  provincia  Sicilia  territorio  Panormitano,  de  quibus 
«  inter  prepositos  monasterii  Sanctorum  Maximi  et  Agathae  quod 
«Lucuxanum  dicitur  et  e  diverso  administratores  xenodochii 
c'in  hac  urbe  Roma  constituti    quod  Valerii    nuncupatur 


//  jnonastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  271 

dove  si  legge  che  il  suddiacono  Antonio  era  preposto  al  go- 
verno dello  xenodochio  dei  Valerii  ;  un'  altra  notizia  si  ha 
in  un  passo  nella  Vita  di  Stefano  IV  (768-772)  (i)  e  in 
uno  nella  biografia  di  Leone  III  (795-816)  (2). 

Sulle  case  dei  Valerii  dunque,  prima  che  una  chiesa  ed 
un  monastero,  sorse  uno  spedale:  a  questo  è  probabile  che 
siano  andate  le  rendite  dei  beni  appartenenti  a  quell'antica 
fii  miglia. 

Notizie  più  sicure,  se  non  tutte  attendibili,  sono  quelle 
posteriori  sul  monastero  di  S.  Erasmo,  che  si  riferiscono 
alle  relazioni  di  esso  con  i  due  cenobii  di  Subiaco.  Narra 
il  Mirzio  (3),  che  il  monastero  di  Subiaco  fu  distrutto  da 
Agilulfo  (601),  e  che  i  monaci,  abbandonato  il  sacro  luogo, 
cercarono  rifugio  a  Roma,  nel  monastero  di  S.  Erasmo  sul 
Celio  :  e  siccome  il  luogo  era  molto  angusto  per  contenerli 


«  longa  se  traxit  contentio,  nunc  inter  te  dilectissimuni  filium  nostrum 
«  Domitium  abbatem  atque  presbiterum  predicti  monasterii  et  Anto- 
«  nium  subdiaconum  nostrum  memorati  xenodochii  prepositum  »  ^x. 
Cf.  SAN  Gregorio,  Epist.  IX,  66,  in  Moii.  Gemi,  hist.,  Berlin,  apud 
Weidmannos,  1893,  Epistolarum  t.  II,  pais.  I,  pp.  86,  97. 

(i)  e  Et  post  modicos  dies  ipsum  de  eadem  custodia  eicientes 
«  Waldipertum  presbiterum,  eumque  proicentes  in  terra,  iuxta  transen- 
te dam  campi  Lateranensis,  eius  effoderunt  oculos  et  linguam  eius  cru- 
«  deliter  ac  impie  abscinderunt,  dirigentesque  illuni  in  xenodochio 
«  Valerii  «  &c.  Cf.  Liher  Pontificalis,  ed.  Duchesne,  I,  473. 

(2)  «  Fecit  autem  et  in  oratorio  Sancti  Abba  Cyri  qui  ponitur  in 
«xenodochium  qui  appellatur  a  Valeriis  canistrum  ex  ar- 
«  gento,  pens.  lib.  .11.  semis».  Cf.  Liber  Pontificalis,  ed.  cit.  II,  25, 
46108.  Dal  Regesto  Suhlaceuse  (ed.  cit,  n.  60,  p.  loi)  si  sa  che  Erfone 
neir  837  vende  a  Teodoro  vescovo  di  Gabii  alcuni  fondi  «positi  in 
«  via  Tiburtina,  miliario  ab  urbe  plus  minus  .xx."io,  iuris  venerabilis 
«  xenodochi,  qui  appellatur  Valerii  > .  Cf.  Coppi,  Documenti  storici  del 
medioevo  &c.  in  Disserta:{ioni  dell'Accademia  romana  d'  archeologia, 
Roma,  tip.  della  rev.  Cam,  apostolica,  1864,  XV,  166;  Gatti,  op.  cit. 
pp.  1 50-1 51  ;   Federici,  I  monasteri  di   Subiaco,  Documenti,  I,  n.  18. 

(3)  Cronaca  Sublacense,  ed.  cit.  cap.  VIII,  89  sg,,  XXVII,  40. 


272  .7-  Camobreco 


tutti,  venne  dal  pontefice  Gregorio  ampliato.  Ma  se  di  altri 
monasteri  realmente  distrutti  dai  Longobardi  si  hanno  do- 
cumenti autentici,  del  Sublacense  mancano  affatto:  e  s'è 
trascurabile  per  noi  il  silenzio  di  Paolo  Diacono,  che  si  cu- 
rava specialmente  di  narrare  i  fatti  che  avvenivano  nell'  Italia 
longobarda  e  degli  altri  ricordare  soltanto  i  più  notevoli,  è 
invece  degno  di  nota  il  silenzio  di  Gregorio  I  che  scriveva, 
proprio  in  quel  tempo,  la  Vita  di  san  Benedetto. 

Forse  la  spiegazione  del  modo  onde  sorse  questa  fan- 
tastica leggenda,  si  ha  nella  notizia  raccolta  anche  dal  Mir- 
zio,  secondo  la  quale,  distrutto  il  monastero  di  Cassino 
nel  598,  quei  monaci,  ^i^ggiti  a  Roma,  furono  da  Pelagio  II 
collocati  nel  Laterano  (i). 

Non  è  improbabile  che  il  cronista  Sublacense  accogliesse 
come  particolare  storico  del  suo  monastero,  un  fatto  rela- 
tivo a  quello  di  Montecassino,  volendo  uniformare  i  fasti 
dell'uno  con  quelli  dell'altro  (2). 

Con  la  seconda  metà  del  sec.  vii  s' incomincia  ad  avere 
qualche  notizia  sicura  del  monastero  CeHmontano;  che  non 
si  può  rifiutare  un  fondamento  storico  a  ciò  che  di  esso  è 
detto  nella  Vita  di  Adeodato  II  (672-676),  dove  il  biografo 
afferma  che  il  pontefice  passò  la  sua  gioventù  in  S.  Erasmo; 
che  arricchì  questo  monastero  di  molti  edifici  e  fondi  rustici 
(«  casalia  »)  e  che  vi  istituì  la  congregazione  e  l'abbate:  «  in 
«  monasterio  S.  Herasmi  situm  in  Celimonte,  in  quo  con- 

(i)  Cronaca  cit.  cap.  V,  p.  62, 

(2)  Questa  ipotesi  è  confermata  dal  fatto  che  il  Mirzio  {Cro-. 
naca  cit.  cap.  V)  riferisce  che  il  Laterano  fu  abitato  dai  monaci  Sub- 
lacensi  per  lo  spazio  di  settant'  anni,  cioè  fino  alla  distruzione  del 
monastero  Cassinese,  avvenuta  nell'anno  589.  Come  si  vede  il  cronista 
Sublacense  è  in  contradizione  con  se  stesso  sia  nel  contesto  sia  nelle 
date.  E  tale  notizia  è  tanto  fantastica  che  nel  519,  quando  i  Subla- 
censi  si  sarebbero  rifugiati  a  Sant'  Erasmo  perchè  Agilulfo  avrebbe 
distrutto  i  loro  monasteri  di  Subiaco,  i  Longobardi  non  erano  ancora 
scesi  in  Italia.  È  noto  del  resto  (Ecidi,  op.  cit,  p.  20  sgg.)  il  poco  valore 
del  Mirzio  come  fonte  storica,  specialmente  per  le  notizie  antiche. 


Il  monastero  di  S,  Erasmo  sul  Celio  273 

«  crevisse  visus  est  sanctissimus  vir,  multa  nova  edificia 
«  augmentavit  ;  sed  et  casalia  conquisivit,  et  in  vita  sua  ab- 
a  batem  vel  congregationem  ibidem  instituit  »  (i). 

Alla  lettura  di  questo  passo  del  Liber  Pontificalis,  in  verità 
un  po'  oscuro,  ma  che  pel  nostro  lavoro  è  di  somma  im- 
portanza perchè  è  l'unico  ricordo  autentico  di  questo  tempo 
che  ci  dà  la  notizia  esatta  dell'esistenza  del  monastero,  sorge 
spontanea  la  domanda  :  come  mai  Adeodato  potè  passar 
la  sua  gioventù  nel  monastero  del  Celio,  s'egli  stesso  v'istituì 
la  congregazione  e  l'abate?  La  risposta  non  è  tanto  facile, 
però  si  potrebbe  fare  una  doppia  ipotesi:  o  che  una  con- 
gregazione di  monaci  greci,  esistente  nei  primi  anni  della 
vita  di  Adeodato,  avesse  già  cessato  di  esistere  quando  questo 
monaco  fu  eletto  papa,  e  che  questi,  volendo  far  risorgere 
di  nuovo  il  monastero  dov'egli  fu  educato,  v'  istituisse  la 
congregazione  e  l'abate  ;  ovvero,  che  da  semplice  convento, 
S.  Erasmo  fosse  da  Adeodato  elevato  al  grado  di  monastero 
col  proprio  abate  e  la  congregazione.  Ammettendo  l'una  o 
l'altra  ipotesi,  si  può  veder  chiaro  quello  che  apparentemente 
sembra  contradirsi  nel  passo  citato  («  concrevisse  visus  est . . . 
«  et  in  vita  sua  abbatem  vel  congregationem  ibidem  insti- 
«  tuit)))  (2),  se  non  si  vuole  negare  assolutamente  l'educa- 
zione di  quel  ponfefice  nel  nostro  monastero,  tanto  più  che 
il  suo  biografo  non  dice  esplicitamente  che  Adeodato  hi 
educato  colà:  ma  scrive  «  visus  est»,  il  che  implica  dubbio 
e  non  certezza  ;  né  è  focile  supporre  che  un  «  Romanus  » 
sarebbe   andato  a  rinchiudersi  in  un  monastero  greco. 

Il  De  Rossi  riferisce  a  questo  tempo  l'epigrafe  sco- 
perta fuori  porta  Pinciana,  in  una  vigna  del  Seminario  Ro- 

(i)   Liber  PoiitificaUs,  ed.  cit.    I,  546. 

(2)  Il  MiRzio  (Cronaca  cit.  cap.  Ili,  43  ;  cap.  Vili,  appendice 
[seconda],  p.  93)  aggiunge  che  Adeodato  era  stato  forse  abbate  di 
S.  Erasmo:  «ex  monacho  vel  potitis  abbate»;  ma  nessun' altra  fonte 
meno  sospetta  della  cronaca  del  monaco  di  Treviri  ricorda  questo 
particolare,  in  perfetta  antitesi  col  passo  del  Lib.  Pont,  sopra  citato. 


274  .7-  Camobreco 


mano(i),  e  crede  che  i  fondi  registrati  in  essa,  da  Teodosio 
Minimo:  «  Cornificio  »,  «  Opiniano  »,  «Africano  »  &c.  (2), 


(i)  Cf,  De  Rossi,  La  basilica  cit.  p.  231. 

(2)  La  storia  di  questa  iscrizione  è  degna,  di  nota  :  la  vigna  del 
Celio  a  S.  Stefano  Rotondo,  già  monastero  di  S.  Erasmo,  era  nel  1 500- 
1600  del  Collegio  Germanico  dei  pp.  Gesuiti.  Poi  essi  comprarono  la 
vigna  dei  monti  Parioli,  ove  trasportarono  molti  marmi  del  Celio. 
Cosi  l'epigrafe  Celimontana  trasmigrò  fuori  porta  Pinciana.  Con  la 
soppressione  dei  Gesuiti  nel  1774  la  vigna  dei  Parioli  fu  data  ai  preti 
del  Seminario  Romano. 

L' epigrafe  vista  dal  De  Rossi  ed  ora  perduta,  era  scritta  in 
greco  (KiRCHHOFF,  C  /.  G.  n.  8853  ;  De  Rossi,  Inscript.  christianae  &c. 
II,  44,  n.  io;  Duchesne,  Liher  Pontificalis,  I,  347,  nota  51  ;  Regesto 
Subì.  cit.  n.  147,  p.  196;  Federici,  /  monasteri  cit.  II,  n.  204).,  ed  il 
De  Rossi  stesso  ne  lasciò  inedita  una  lezione  critica,  pubblicata  {Iscri- 
zione greca  del  monastero  di  S.  Erasmo  in  Bull,  della  Comin.  cit.  1902, 
a.  XXX,  III,  164  sg.)  dal  Gatti.  È  utile  riportare  qui  il  testo  latino 
e  greco  dell'  iscrizione,  ricordando  che  alcuni  dei  fondi  rustici  ivi  rife- 
riti («Rillicis,  Opinianum,  fundus  Africano  et  Palumbara,  fundum  An- 
te ticius,  Pompeianon,  Marmulatula,  Mudano,  fundum  Muciano,  fundum 
«  ad  Cancellatula  ^))  furono  illustrati  dal  De  Rossi  stesso  (Bullettìno  di 
arch.  crisi.,  Roma,  1873,  IV,  41,  97,  99,  108);  dal  Tomassetti  {Della 
Campagna  romana  in  Arch.  della  R.  Soc.  rom.  II  (1879),  137,  142, 
146,  157,  164  ;  V  (1882),  618,  646  ;  VII  (1884),  224,  385  ;  VIII  (1885), 
13,  16,  42,  137,  410,  411,  4I),  425,  XXV  (1902),  85,  86,  94)  e  dal 
Galletti,  Del  primicerio  cit.  pp.  175,  326,  176,  311,  325.  Per  i  fondi 
«  ad  Casa  Ferrata,  Caste,  ad  fundum  Grifis  et  fundum  Strumaciano  » 
ci.  Coppi,  nei  due  lavori:  Memorie  di  alcune  tenute  adiacenti  alla  via 
Appia  in  Dissertazioni  dell' Accad.  rom.  di  archeol.  XIII,  150,  e  Docu- 
menti storici  del  medioevo  ìkc.  in  Dissert.  cit.  XV,  249,  252,  311. 
Cf.  Gatti,  op.  cit.  p.  162  sgg.  : 

+  Y'^<^^  eecoAOciov  eAAXiCJOv  ijpecB.v- 

XepOV  e)7ACJ)HCANTA  CONOMA  A    J'ON    CO- 
NIAKON    I jpOAC'nON  •  1  ()V    APIOV    KAI    GN- 

Aoxov  eiepoMAfi  vpoc  epACMOv  :  KopNi- 

c|)lC    KAMIJIC    P^IAAIKIC    COIllANON   i    4>OVN- 
AOC  Ac|>piKANIC.|<AI  \\C    Jo  nAAOVMt^ApiN  : 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  275 

come  proprietà  del  monastero,  fossero  quelli  donati  a  S.Era- 
smo dal  pontefice  Adeodato. 

CONOf  ANON  .  COAepANON  •  H AANON  .  cj)OVN- 
AOC  ANiKVIC  .  nONI  JINIANON  \  AONÌANON 
MIKfO  AONTaNON  .  MerA  .  MAfMOpXOVAA  \ 
AAKKOy  MeriANoN  P^OVXr)  OVAA  :  c|)OV|x|_ 
AOC  riATperiANON  :  MOVKIANON  :  KOVAf- 
TIAIANON  MAXIMIANON  :  KACa  c|>epf ATA  : 
cj>OVNAOC  .    MOVKIANON   :    J  eCCefAfOVM   : 

Afinov  i  KAcreHc  :  4)ovn aoc  :  rfHcj)Hc  : 

c|>OVNAOC  .  KANKGAAAOVAA  !  cj>OVNAOC  • 
CTpOVMAKIANA.,. 

In  nomine  Domini  lesu  Christi,  incipit  privilegium  de  Sancto  E- 
rasmo  positura  in  Roma  in  Celiomonte  quod  fecit .  .  .  Theodosi[us]  mi- 
nimus  presbiter. 

De  Theodosio  minimo  presbiter  fuerunt  scripte  iste  nomina  :  idest 
in  casali  de  sancti  et  gloriosi  martiris  Erasmi,  Cornificius  campi,  Ril- 
licis,  Opinianon,  fundus  Africano,  et  in  Palumbara,  Onoranon,  Ole- 
ranon,  Pantanon,  fundum  Anticius,  Pompenianon,  Longiano  Miccino, 
Longiano  Malore,  Marmulatula,  Lacu  Megiano,  Ruxitula,  fundum  Pa- 
triano.  Mudano,  Quartuniano,  Maximiano,  ad  Casa  Ferrata,  fundum 
Muoiano,  Tesserarum,  Caste,  ad  fundum  Grifis,  fundum  ad  Cancella- 
tula,  fundum  Strumaciana. 

Le  varianti  del  Regesto  Subì,  (ed,  cit,  p.  196)  con  la  copia  del- 
l'epigrafe riportata  sono  le  seguenti:  i.  ErPA^HSA  TITA  QNOMA- 
TON  2.  KIE  per  KAI'  PACMOr,  KOPNI^KIS  3.  KAxMni-SBIAAIKIS 
4.  AONFANON  6.  KOIAPTINIANON  7.  KASTE  HS  8.  KANKEAA- 
TOrAA,  TPOrMAKIANA  Sono  inoltre  sciolti  tutti  i  nessi  delle  let- 
tere, ed  usate  le  forme  EST  invece  di  C  C  V  come  si  trovavano  nel 
marmo.  La  versione  latina  varia  nelle  parole  seguenti  :  «  presbytero, 
«  martyri,  Opinianon,  Pantano,  Pompenianon,  Longiano  Malore,  Pa- 
ce traiano  » .  Ho  copiato  l' epigrafe  come  il  De  Rossi  la  trascrisse  e 
come  fu  pubblicata  dal  Gatti  {Iscrizione  del  vionastero  di  S.  Erasmo, 
nota  greca  inedita  del  comm.  G.  R.  De  Rossi,  in  Ball,  della  Coìiiiìì. 
cit.  p.   164  sgg.). 


2'j6  f.  Camobreco 


Perduta  ormai  la  pietra,  non  si  può  controllare  l'afferma- 
zione del  De  Rossi,  che  le  attribuì  si  alta  antichità,  quantunque 
l'elenco  non  facesse  menzione  di  quel  papa.  Né  maggior  luce 
viene  alla  ricerca  cronologica  dalla  redazione  .greca  e  latina 
che  di  quel  documento  epigrafico  si  ha  nel  Regesto  Sub- 
Jacense,  compilato  molto  più  tardi,  cioè  nel  sec.  xi;  la  sua 
redazione  greca  può  soltanto  indicare  che  l'iscrizione  venne 
composta  nel  tempo  in  cui  il  cenobio  era  abitato  da  mo- 
naci greci.  E  tale  iscrizione  dovette  esser  considerata  molto 
importante  dai  compilatori  del  Regesto,  e  forse  anche  anti- 
chissima, se  essi  credettero  necessario  ricordarla  fra  tanti 
atti  pubblici  e  solenni  d'imperatori  e  di  pontefici. 

Da  Adeodato  a  Giovanni  VII  (701)  non  si  hanno  più 
notizie  del  monastero  :  ma  durante  il  governo  di  quest'ul- 
timo pontefice  (705),  Stefano,  monaco  S.  Erasmo,  eletto 
abate  di  S.  Benedetto,  avrebbe  ricondotto,  dopo  centoquattro 
anni  di  esilio,  i  pochi  monaci  rimasti  in  vita,  da  Roma  a 
Subiaco,  dove  avrebbe  fatto  risorgere  dalle  ceneri  il  sacro 
asilo,  e  nello  stesso  periodo  di  tempo,  sarebbe  avvenuta 
l'unione  di  S.  Erasmo  col  Sublacense. 

Anche  queste  notizie  date  dal  Mirzio  hanno  il  valore 
delle  precedenti  :  egli  stesso  del  resto  dubita  dell'  esattezza 
della  tradizione  a  proposito  della  durata  dell'esilio,  e  rileva 
che  quando  papa  Giovanni  VII  concesse  il  privilegio  al- 
l'abate Stefano,  già  sin  dal  tempo  dell'abate  suo  predeces- 
sore, i  monaci  abitavano  il  monastero  di  Subiaco  (i).  Ma 
l'unica  fonte  del  ritorno  a  Subiaco  dei  monaci  Benedettini 
e  dell'esistenza  dell'abate  Stefano  nel  705,  la  bolla,  cioè,  attri- 
buita a  Giovanni  VII  (2),  fu  recentemente  dimostrato  appar- 
tenere invece  a  Giovanni  XVIII  (1005)  (3). 


(i)  Mirzio,  Croii.  cit.  cap.  Vili,  94. 

(2)  Ecidi,  op.  cit.  p.  207  sg. 

(3)  Reg.  cit.  pref.  p.  ix;  Georgius  in  Baroxio,  ^««.  XVI,  431; 
Jaffé   L.,  Reg.  pontif.  Rom.  n.  3945;  Kehr,  Nachrichten  der  K.  Gè- 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  l'j'j 

Anche  di  questo  racconto  non  sarebbe  difficile  imma- 
ginare la  fonte:  nel  733,  Gregorio  II,  volendo  far  risorgere 
sulla  incantevole  altura  di  Terra  di  Lavoro  il  distrutto  mona- 
stero di  Cassino,  esortò  Petronace  a  volersi  porre  alla  nobile 
impresa.  Il  santo  uomo  ubbidì,  e  con  i  pochi  Cassinesi  scam- 
pati e  che  ancora  vivevano  in  Roma,  andò  a  Cassino:  il 
manipolatore  della  bolla  di  Giovanni  avrà  voluto,  sulle  tracce 
dell'episodio  cassinese,  attribuire  ai  monaci  Sublacensi  un 
ritorno  da  Roma  a  Subiaeo.  Immaginato  l'esodo  da  Su- 
biaco,  era  necessario  immaginare  il  ritorno. 

Pare  dunque  che  si  debbano  escludere  le  relazioni  fra 
i  monasteri  Sublacensi  e  di  S.  Erasmo  ai  tempi  di  Gre- 
gorio IL  Si  può  soltanto  affermare  che,  dopo  la  morte  di 
Adeodato  II,  e,  certamente  in  conseguenza  dei  larghi  be- 
nefizii  concessigli  da  questo  papa,  il  monastero  vivesse  vita 
fiorente  e  vi  abbondassero  i  monaci.  Secondo  il  Mirzio  (i), 
forse  sarebbe  stato  monaco  di  S.  Erasmo  Leone  III  quando 
fu  assunto  al  pontificato  (795);  ma  questa  congettura  non 
sembra  probabile.  Il  biografo  di  Leone  III  non  fa  men- 
zione di  questa  provenienza,  anzi  dal  contesto  del  suo  rac- 
conto nella  Vita  di  questo  papa  anteriore  alla  sua  elezione, 
ci  induce  a  credere  che  appartenesse  al  clero  secolare:  «  Qui 
«  a  parva  etate  in  vestiario  patriarchìi  enutritus ...  et  dum 
«  taliter  in  ipso  vestiario  precipue  degens  splenderet . . . , 
«divina  inspiratione . . .  a  cunctis  sacerdotibus . . .  et  omni 
«clero  necnon  et  obtimatibus...  electus  est  »  (2).  Inoltre 
conviene  ricordare  che,  secondo  la  testimonianza  del  me- 
desimo biografo,  nella  congiura  contro  di  lui  ordita  dal 
primicerio  Pasquale  e  dal  notaio  Campulo,  il  povero  pon- 
tefice, dopo  che  fu  pesto  e  malconcio,  probabilmente  con 
la  cooperazione  dell' «  egumenus    monasterii  Sancti    Hera- 

sellschaft    der     Wlssenschaflen     ■^ì    Gòttliii^en,    Plìilologisch-historische 
Klasse,  1901,  Heft  2,  p.  202. 

(i)  Cronaca  cit.  cap.  Ili,  44;  cap.  Vili,  94. 

(2)  Liher  Pontìficalis,  ed.  cit.  II,  5. 


278  7-  ^-(^ff^obreco 


«  smi  »,  durante  In  notte  venne  trasportato  nel  monastero 
di  S.  Silvestro  e  poi  in  quello  di  S.  Erasmo,  dove  «  in 
«  arta  et  angustia  custodia  eum  recluserunt  »  (i).  Ma,  come 
ritiene  il  Duchesne,  alcuni  giorni  dopo,  con  l'aiuto  di  un 
certo  Albino,  suo  cubiculario,  e  di  altri,  di  nascosto,  venne 
liberato  e  condotto  nella  basilica  di  S.  Pietro.  I  nemici  di 
Leone  III  non  l'avrebbero  certamente  affidato. ad  un  mo- 
nastero dove  almeno  alcuni  di  quei  monaci  sarebbero  stati 
amici  ad  un  pontefice  scelto  dallo  stesso  loro  seno:  anzi 
bisogna  credere  che  Leone  fu  rinchiuso  nel  Celimontano 
perchè  quel  monastero,  essendo  in  luogo  solitario,  garan- 
tiva a  Campulo  ed  a  Pasquale  la  sicurezza  del  loro  disegno. 

Questo  pontefice  fece  dono  al  monastero  del  Celio  di 
una  veste  in  seta,  della  quale  si  ricordano  i  ricami  ed  i  fregi 
nel  passo  seguente  del  Liber  Pontificalis  :  «  de  stauraci  cum 
«  cruces  et  gamadias  simul  paratrapetis  suis  cum  periclisin 
«  de  chrisoclabo  »  (2),  ed  in  seguito  di  una  lampada  :  «  et 
((  in  monasterio  Sancti  Erasmi  qui  ponitur  in  Coelio  monte 
«  instar  fecit  coronam  ex  argento  pensantem  libras  .1111.  et 
((  uncias  .11.  ))  (3). 

Del  sec.  viii  null'altro  è  noto  del  monastero  di  S.  Erasmo, 
e  nepppure  si  sa  con  certezza  quale  ordine  di  monaci  lo 
abitasse.  Di  questo  il  Mirzio  non  dice  nulla;  ma  pro- 
babilmente il  suo  silenzio  in  questo  fu  prudenza,  poiché 
egli  non  poteva  ignorare  i  numerosi  indizii  che  inducevano 
a  pensare  il  monastero  abitato,  in  quei  primi  tempi,  da 
monaci  greci,  anzi  che  latini,  come  del  resto  pensarono 
tutti  coloro  che  direttamente  o  indirettamente  si  occupa- 
rono dell'  argomento  (4). 

(i)  Liber  Pontificalis,  ed.  cit.  II,  5. 

(2)  Liber  Pontificalis,  ed.  cit.  II,  9. 

(3)  Liber  Pontificalis,  ed.  cit.  II,  22. 

(4)  Galletti,  Del  primicerio  cit.  p.  57,  nota;  De  Rossi,  La  ba- 
silica di  S.  Stefano  cit.  p.  235;  Tomassetti,  Della  Campagna  rom.  cit. 
II  (1878),  142,  143. 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  279 

Le  più  notevoli  prove  della  presenza  di  monaci  greci 
a  S.  Erasmo  sono:  l'elenco -dei  suoi  beni  scritto  in  greco; 
il  fatto  che  Gregorio  Agrigentino  Sabaita  si  rifugiò  fra  le 
sue  mura  ospitali,  quando  lo  si  voleva  nominare  vescovo; 
il  titolo  di  egumeno  dato  dal  Liher  Poniificalis  al  monaco 
che  dette  man  forte  a  Campulo  nell'  episodio  della  som- 
mossa contro  Leone  IIL  A  ciò  si  aggiunga  che  a  Roma, 
dal  sec.  iv  all'  viii,  quasi  tutti  i  monasteri,  di  cui  si  ha  no- 
tizia sicura,  erano  officiati  da  monaci  Basiliani:  e  poco  lon- 
tano da  S.  Erasmo  erano  greci,  almeno  nel  periodo  più  an- 
tico della  loro  esistenza,  i  monaci  di  S.  Cesario  (i),  di 
S.  Giorgio  al  Velabro  (2),  di  S.  Sergio  e  Bacco  presso 
r  arco  di  Alessandro  Severo  (3),  quelli  di  S.  Maria  An- 
tiqua (4)  e  dell'Ara  Coeli,  e  greco  dovette  essere  il  mona- 
stero di  S.  Erasmo  nei  due  secoli,  che  seguirono  al  tempo 
iii  cui  Costantino  Copronimo  aveva  fatto  bandire  dal  con- 
ciliabolo di  Costantinopoli  la  guerra  iconoclasta  (5). 

L'unico  dubbio,  che  nel  nostro  monastero  fossero  mo- 
naci latini,  potrebbe  sorgere  alla  lettura  di  un  documento 
del  758,  dove  si  dice  che  Anastasio,  abate  di  S.  Erasmo, 
riceve  alcuni  beni  da  Giovanni,  vescovo  di  Tivoli  ;  in  questo 
documento,  cosi  antico,  è  nominato  un  abate  e  non  un  egu- 
meno: «Ut  cum  Domini  adiutorio  suscipere  debeat  a  su- 
«  prascripto  lohanne  sanctissimus  episcopus  suprascripte  ec- 
«  clesie    Tiburtine,  sicut   et   suscepit   predictus    venerabilis 

(i)  MiGNE,  Patrol.  lat.  CXXVIII,  1233;  Fedele,  Una  chiesa  sul 
Palatino  in  Arch.  della  R.  Società  rom.  di  storia  patria,   1903,  p.   343. 

(2)  Grisar,  /  papi  del  medioevo  cit.  II,  388. 

(3)  Grisar,  op.  cit.;  Liher  Pont.  ed.  cit.  I,  512,  522. 

(4)  V.  Federici,  S.  Maria  Antiqua  e  gli  ultimi  scavi  del  Foro 
romano  in  Arch.  della  R.  Soc.  rom.  di  storia  patria  (1900),  XXIII, 
517  sgg. 

(5)  Liher  Pontificalis ,  ed.  cit.  I,  415;  Grisar,  op.  cit.  II,  388; 
Hefele,  Histoire  des  conciks  d'après  les  dociiments  originaux,  Paris, 
1869,  IV,  229;  cf.  V.  Federici,  //  Regesto  del  monastero  di  S.  Silvestro 
de  Capite  in  Arch.  della  R.  Soc.  rom.  XXII,  9  sgg. 


280  J.  Camobreco 


«  presbiter  et  abbas  Anastasius,  et  per  eum  in  suprascripto 
«  monasterio  iure  imperpetuiim  »  (i). 

Ma  si  sa  che  questi  documenti  in  gran  parte  furono 
trascritti  nel  Regesto  Suhìacense  nei  secoli  xi  e  xii,  quando 
certamente  il  Celimontano  era  abitato  da  monaci  Benedet- 
tini; non  farebbe  quindi  meraviglia  che  sotto  la  penna  del 
trascrittore  l'cc  egumenos  »  dell'originale  si  fosse  cambiato 
in  ((  abbas  «;  e  se  si  volesse  andar  più  pel  sottile,  si  potrebbe 
aggiungere  che  lo  stesso  nome  dell'abate,  «  Anastasius  » , 
ci  fa  intravedere  un  monaco  greco  e  non  latino.  È  questa 
una  semplice  ipotesi;  ma  comunque  sia,  essa  concorre  per 
confermare  sempre  più  la  nostra  tesi,  ed  anche  nel  Liber 
Pontificalis  l'autore  della  Vita  di  Adeodato  (672)  può  aver 
usato  la  voce  «  abbatem  »  per  quella  di  «  egumenos  »  es- 
sendo più  comune  e  più  nota  in  Occidente. 

Col  secolo  IX  comincia  un  periodo  meno  oscuro  nella 
storia  del  monastero:  la  munificenza  dei  papi  si  estende 
anche  in  questo  tempo  al  Celimontano  e  Gregorio  IV  (827- 
844)  dona  alla  chiesa  di  esso  una  veste  serica,  che  il  biografo 
descrive  nel  passo  seguente  :  «  et  in  monasterio  Sancti  He- 
«  rasmi  fecit  vestem  de  stauraci  cum  periclysin  de  octa- 
«  pulo  .1.  »  (2),  e  sono  di  questo  secolo  ancora  alcuni  do- 

(i)  Regesto  Subì.  cit.  doc.  in,  p.   157  sgg. 

(2)  Liber  Pontificalis,  ed.  cit.  p.  79.  P.  Adinolfi  (Roma  nell'età 
di  me^^o,  Roma,  fratelli  Bocca,  1881,  I,  343)  dice  che  Gregorio  IV 
oltre  ai  doni  aveva  provveduto  all'officiatura  del  monastero,  ponendo 
al  suo  governo  un  vescovo  col  titolo  di  abate,  il  quale  diede  a  Ti- 
berio primicerio  il  fondo  Pioni^  fuori  porta  Salara,  ricevendone  in 
cambio  da  costui  il  fondo  Parioni  vicino  alla  chiesa  di  S.Sebastiano. 
Questa  notizia  è  falsa;  né  l'Adinolfi  si  accorge  che  il  documento  da 
lui  riportato  è  dell' 850,  cioè  quando  Nicola  vescovo  era  abate  di 
S.  Erasmo,  ed  il  papa  di  allora  era  Leone  IV  (847-855).  Né  le  testi- 
monianze che  l'Adinolfi  riporta  per  avvalorare  le  sue  affermazioni  sono 
esatte,  perchè  né  il  Muratori  {Antiq.  Ital.  medii  aevi,  V,  769)  né  il 
Galletti  {Del  primicerio  cit.    doc.    iv)   dicono    nulla    in    proposito  : 


Il  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  281 

e  amenti  raccolti  nel  Regesto  Sublacense,  come  vendite,  cambii, 
donazioni,  enfiteusi  di  beni  appartenenti  ad  esso,  dai  quali 
comincia  a  spuntare  qualche  nome  di  abate  :  Palombo  nel- 
V  821  (i),  Nicola  vescovo  ed  abate  nell'Sjo  (2),  e  Zaccaria 
neir  866  (3). 

Ma  dopo  r  ultimo  abate  che  di  S.  Erasmo  si  conosce 
in  questa  seconda  metà  del  secolo,  cioè  Zaccaria  (866),  pare 
che  il  monastero  rimanga  privo  di  monaci,  perchè  neir895 
l'amministrazione  di  esso  viene  affidata  ad  un  estraneo,  a 
Benedetto  protoscriniario  che  ha  il  titolo  di  visitatore  di 
S.  Erasmo  (4);  e  questo  ci  vien  confermato  dalle  vicende 
posteriori  del  Celimontano  che  noi  veniamo  man  mano 
narrando. 

Pochi  anni  più  tardi  si  vede  accoppiato  il  nome  di  Al- 
berico a  quello  del  monastero  di  S.  Erasmo,  quando  questo 
illustre  principe  mirava  a  risvegliare  tutte  le  energie  mo- 
rali e  religiose  della  città,  dalle  quali  egli  si  riprometteva 
non  piccolo  aiuto  alla  attuazione  dei  suoi  disegni. 

Cosi  s' intende  come,  mentre  la  riforma  di  Cluny  rige- 
nerava ed  infondeva    nuova  vita  ai    monasteri  di   Francia, 

«  Xicolaus  saiicte  Ecclesie  dedit  et  commutavit  tibi  Tiberio  sanctissimo 
«  primicerio  sancte  Sedis  apostolica  fundum,  qui  dicitur  Pionis  &c.  Ego 
«  qui  supra  Nicolaus  humilis  episcopus  et  abbas  prcdicti  venerabilis 
«  monasterii  Sancti  Erasmi  in  iure  et  dominio  suprascripti  monasterii, 
«  a  vobis  sanctissimo  primicerio  terram  sementariciam  &:c.  buie  ces- 
«  sioni  &c.  subscripsi  » .  Rs^.  Subì.  ed.  cit.  p.  69. 

(i)  Copia  sec.  xi,  in  Reg.  Subì.  e.  91  a  sgg.,  ed.  cit.  n.  28; 
Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  27. 

(2)  Copia  sec.  xi,  in  Reg.  Subì.  e.  69  sg.,  ed.  cit.  n.  31;  Fede- 
rici, Doc.  cit.  I,  n.   19. 

(3)  Copia  sec.  xi,  in  Reg.  Subì.  e.  117  a  sgg.,  ed.  cit.  n.  87; 
Federici,  Doc.  cit.  n.  20. 

(4)  «Placuit  igitur  lesu  Christi  auxilio  atque  convenit  inter  Bc- 
«  nedictum  protoscriniarium  sancte  Sedis  apostolice  et  visitatorem  ve- 
«nerabilis  monasterii  Sancti  martyris  Christi  Herasmi  qui  ponitur  in 
«Celio  monte».  Cf.  Reg.  Subì.  ed.  cit.  n.  116. 

Archivio  lidia  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVHI.        19 


tSi  f.  Camobreco 


egli  secondato  da  Leone  VII,  già  monaco,  mite  e  docile 
alla  sua  volontà,  volgeva  le  sue  cure  alle  abbazie  sottoposte 
ai  suoi  domimi.  E  si  può  dire  che  in  forza  di  questo  in- 
teressamento di  Alberico,  i  monasteri,  specialmente  romani, 
ebbero  nel  sec.  x  il  maggiore  sviluppo  economico  e  la  loro 
massima  importanza  politica. 

Ad  Alberico  dovettero  non  poco  i  monasteri  di  S.  Lo- 
renzo, di  S.  Agnese,  e  con  lui  s' incominciò  la  riedificazione 
di  S.  Paolo  (i),  con  lui  si  arricchì  il  monastero  di  S.  Cosma 
e  Damiano  in  Mica  aurea  (2)  e  di  S.  Benedetto  in  Subiaco  (3), 
al  quale  Alberico,  d'accordo  col  pontefice  Leone,  oltre  che 
terre,  vigne,  il  castello  di  Subiaco  ed  altri  beni,  fece  mu- 
nifico dono  del  monastero  di  S.  Erasmo  al  Celio  da  lungo 
tempo  privo  della  congregazione  dei  monaci. 

Era  allora  abate  di  Subiaco  Leone:  a  costui  il  ponte- 
fice Leone  ed  il  principe  Alberico  affidarono  l'incarico  di 
ricondurre  all'abbandonato  monastero  del  Celio  quanti  mo- 
naci erano  necessarii,  perchè  più  oltre  non  tacessero  le  lodi 
a  Dio  in  quel  luogo,  che  pure  aveva  già  avuti  più  secoli 
di  vita,  e  perchè  esso  servisse  di  sicuro  rifugio  alla  con- 
gregazione Sublacense,  minacciata  dall' avanzarsi  degli  Un- 
gheri  (4).   La    bolla  di  Leone  VII   è  il  primo  documento 


(i)  Gregorovius,  Storia  di  Roma  nel  medioevo,  III,  382. 

(2)  Fedele,  op.  cit.  p.  359  sgg. 

(3)  Gregorovius,  op.  cit.  p.  16;  Ecidi,  op.  cit,  p.  69. 

(4)  «  Quia  igitur  monasterium  Sancti  Christi  martyris  Herasmi 
«  qui  situm  est  in  hanc  civitatem  Romani  in  Celio  monte  omnino 
«constat  iam  elapso  tempore  congregatione  servorum  Dei  nudatum, 
«  et  solitudine,  nullo  in  eo  aut  preposito,  aut  monachis  habitantibus,  tra- 
ce ditum;  permoti  proinde  compassione  tanti  piaculi  ac  compulsi  dolore, 
«  apostolica  auctoritate  providimus  ;  et  interventu  nostri  dilecti  spiritualis 
«  filii  videlicet  Alberici  gloriosi  principis  atque  omnium  Romanorum 
«  senatoris,  predictum  monasterium  Sancti  Herasmi  vobis  commissum, 
«  eidem  vestro  monasterio  sodare,  prò  refugio  et  utilitatc  congrega- 
«  tionis  fratrum,  in  eodem  venerabili  loco  laudes  domino  Deo  nostro 
«  exsolvere  debeatis  imperpetuum,  ne,  quod  absit,  a  persecutione  pa- 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  283 

autentico  e  sicuro  della  venuta  dei  Sublaccnsi  in  Roma, 
perciò  non  si  ha  ragione  di  mettere  in  dubbio  l'esodo  di 
detti  monaci  ritiratisi  sul  Celio,  nò  è  lecito  anche  adesso 
negare  la  soggezione  di  questo  al  monastero  Sublacense. 
Inoltre  questo  documento  è  per  noi  prezioso  e  di  somma 
importanza  perchè  ci  aiuta  a  determinare  esattamente  il  sito 
del  nostro  monastero.  Né  la  questione  va  trascurata  oggi 
specialmente  che  del  Celimontano  rimangono  pochi  ruderi, 
dei  quali  si  discute  ancora  se  debbano  identificarsi  con  le 
rovine  del  monastero.  Fino  a  pochi  anni  fa  si  ritenne  con- 
cordemente, che  questo  cenobio,  secondo  la  testimonianza 
dell'anonimo  di  Einsiedeln  (i),  fosse  posto  alla  sinistra  di 
S.  Stefano  Rotondo  (2),  volgendo  il  passo  verso  porta  Me- 
trovia. Ma  nel  189 1  il  Lanciani,  nell'illustrazione  da  lui 
data  dello  stesso  Itinerario,  afferma,  che  «senza  ragione 
«  l'anonimo  trasporta  S.  Stefano  Rotondo  sulla  destra,  men- 
<(  tre  si  sa,  che  trovavasi  dallo  stesso  lato  di  S.  Erasmo  ». 
Leone  VII  conferma  l'autorità  à^ìV Itinerario  :  esso  parlando 
di  quel  monastero  così  lo  determina  :  «  positum  Roma,  re- 


«  ganorum,  vel  ab  iniquis  hominibus  supradictum  monasterium  Sancii  Be- 
«  nedicti  destruatur;  ideo  iam  dictum  monasterium  Sancti  Herasmi 
«.  cum  cellis,  seu  domoras  et  parietinis  in  circuito  et  cum  omnibus 
«  suis  edificiis  atque  ortuis  &c.  in  integro  permanentibus,  positum 
«  Roma,  regione  secunda,  ante  venerabilem  titulo  sancti  Christi  proto- 
<(  martyris  Stephani  ecclesiam,  in  predicto  Celio  monte  &c.  »;  Reg.  Subì. 
n.  24,  p.  63  (9  gennaio  938);  copia  in  arch.  Subì.  Ili,  50  (sec.  xiv);  in 
cod.  Sessor.  della  bibl.  V.  Emanuele  di  Roma  CCXXVII,  p.  60  (sec.  xviii)  ; 
Bull.  Mirtii,  conservato  nell'arch.  Subì.  e.  24  b  (sec.  xvii);  Migne, 
Patrol  latina,  CXXXII,  1078;  cf.  Kehr,  op.  cit.  p.  203;  Reg.  J-L. 
n.  3608;  Federici,  op.  cit.  I,  n.  48. 

(i)  Lanciani,  Itinerario  cit.  p.  11,  e.  82  b. 

(2)  La  stessa  opinione  seguirono  1'  Ugonio  (Historia  delle  stagioni 
di  Roma  Sec,  Romae,  B.  Bonfadino,  1588,  p.  291);  il  Marrocco  (Epi- 
gramma antiqiiae  Urbis,  p.  30);  il  Marini  (cod.  Vat.  9108)  ed  il  Ter- 
RiBiLiNi  (Descriptio  templorum  urbis  Romae,  III,  319),  che  però  non 
attinsero  a  fonti  diverse  ma  si  ripeterono  l'uno  dall'altro. 


284  .7-  Camohreco 


«  gione  secunda,  ante  venerabilem  titulo  sancti  Christi  pro- 
«  tomartyrìs  Stephani  ecclesiam,  in  predicto  Celio  monte  ». 
Con  tale  testimonianza  pare  assodata  per  sempre  la  questione 
del  sito,  e  quantunque  il  Lanciani  non  ci  faccia  comprendere 
esattamente  come  debba  intendersi  la  direzione  della  sini- 
stra e  della  destra  dell'osservatore,  rimane  sempre  certo 
che  S.  Erasmo  trovavasi  posto  innanzi  a  S.  Stefano  Ro- 
tondo come  lo  segna  l'anonimo  di  Einsiedeln. 

Da  questa  stessa  bolla,  dall'epigrafe  più  sopra  riportata 
e  dagli  atti  privati  del  Regesto  (i),  possiamo  avere  una  no- 
tizia precisa  del  patrimonio  del  monastero  al  momento  in 
cui  venne  affidato  alle  cure  del  Sublacense.  I  beni  che 
S.  Erasmo  accumulò  sino  a  tutto  il  sec.  x  erano  intorno 
al  monastero,  vicino  a  Roma,  nel  territorio  di  Tivoli,  di 
Ariccia,  Albano  e  Frascati  (2). 

Quale  patrimonio  essi  rappresentassero,  non  si  sa;  ma 
se  si  bada  alla  decadenza,  che  presto  coglierà  la  badia, 
viene  da  pensare  non  fossero  estranee  alla  caduta  del  mo- 

(i)  Nel  758,  come  sopra  abbiamo  detto,  il  vescovo  di  Tivoli 
concede  ad  Anastasio,  abate  di  S.  Erasmo,  alcuni  beni  in  Tivoli;  ma 
dall'anno  821  al  938  alcuni  fondi  riportati  dall'epigrafe  (cRillicis.), 
«  Apianum»  e  «  Strumaciano»)  vengono  concessi  dagli  abati  del  Celi- 
montano  a  privati.  Cf.  Reg.  Subì.  ed.  cit.  nn.  31,  83,  116;  Federici, 
Doc.  cit.  I,  nn.  23,  27,  850. 

(2)  Al  sec.  X  appartiene  un  sigillo  che  ricorda  il  martire  Erasmo. 
Esso  fu  registrato  dal  Ficoroni  (/  piotnln  antichi,  Roma,  Mainardi, 
1740,  tav.  xviii,  n.  2,  p.  60)  e  dall' Armellini  (Le  chiese  di  Roma, 
tip.  edit.  Romana,  1887,  in-8,  ed.  2*,  p.  228)  che  lo  credette  del  mo- 
nastero di  S.  Erasmo  sul  Celio;  ma  a  questa  attribuzione  l'archeologo 
romano  fu  tratto  dall'  erronea  lettura  della  leggenda  circolare  del  sigillo 
ch'egli  interpretò:  «  loh.  et  Decibius  V.  P.  »,  che  invece  dice  chiara- 
mente :  «  lohannis  et  Decibilis  upatoi  » .  Questi  nomi  si  riferiscono  alla 
regione  Gaetana,  dove  la  città  di  Formia  ebbe  ed  ha  ancora  per  pro- 
tettore sant'Erasmo.  I  due  nomi  degli  ipati  s' incontrano  in  numerosi 
documenti  di  Gaeta;  cf.  Codex  dipìomaticiis  Caietanus,  cura  et  studio 
monachorum&c.,Montecassino,  tip.  Archicoenobii  Montis  Casini,  1887, 
pars  I,  nn.  15,  16,  30,  36,  39,  41,  44,  51. 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  285 

nastero  le  donazioni  e  le  concessioni  a  privati,  insieme  con 
le  agitazioni  della  Chiesa  Romana,  retta  in  questo  secolo 
da  ventisette  papi,  tutti,  fatta  rara  eccezione,  indegni  di  es- 
sere ricordati.  Né  papi,  nò  privati,  né  principi  pensarono 
a  scongiurare  la  caduta  del  Celimontano  e  senza  efficacia 
fu  l'interessamento  di  Alberico  II,  che  forse  ne  sperava  il 
riordinamento  quando  ne  affidò  l' amministrazione  al  Sub- 
lacense. 

Asservito  al  monastero  di  Subiaco  S.  Erasmo,  ne  segue 
Te  vicende  durante  tutto  il  sec.  xi:  lo  stesso  abate  regge  i 
destini  di  entrambi  i  cenobi. 

Governava  allora  l'abazia  Sublacense  Pietro,  cui  le  cro- 
nache dicono  ornato  di  ogni  virtù.  Con  lui  continua  il  pe- 
riodo di  consolidamento  della  potenza  abaziale,  già  comin- 
ciata nel  secolo  precedente,  e  per  la  quale  egli  lotta  anche 
contro  i  grossi  e  piccoli  feudatarii  che  gli  contrastano  il 
dominio  di  terre  e  castelli. 

Tali  lotte  locali  erano  l'eco  di  quella  combattuta  in 
Roma  fra  il  partito  germanico  e  quello  romano,  agitato  dai 
Crescenzi,  per  i  quali  il  monastero  dimostrava  simpatia  :  in- 
dizio di  queste  relazioni  potrebbe  essere  la  donazione  che 
Crescenzo  Marcapullo  (i)  fece  di  alcuni  beni  in  Roma  al- 
l'abate Pietro  (2)  il  30  luglio  1003  ;  e  quando  il  partito  ro- 
mano trionfò  e  riusci  ad  eleggere  abate  di  Subiaco  Stefano, 
questi,  da  Giovanni  XVIII  (1005),  uno  dei  papi  del  partito  ro- 
mano, ottenne  il  21  luglio  del  1005  una  conferma  dei  privilegi 


(i)  Parente  forse  di  Giov.  Crescenzio,  che,  dopo  la  morte  di 
Ottone  III,  assunse  il  titolo  di  patrizio,  e  dopo  quella  di  papa  Sil- 
vestro II,  tenne  in  balìa  la  sede  di  san  Pietro.  Un'altra  prova  della 
simpatia  del  monastero  verso  il  partito  romano  possono  essere  le 
relazioni  con  una  Teodora  (Reir.  Subì.  ed.  cit.  n.  141)  e  Giovanni  di 
Rot icario,  fratello  di  Benedetto  V,  che  fu  imprigionato  e  deposto  da 
Ottone. 

(2)  Copia  sec.  xi,  nel  Reg.  cit.  e.  in  a  sgg,;  ed  cit.  n.  82;  Fe- 
DKRici,  Doc.  cit.  I,  n.   153. 


286  J.  Camobreco 


e  dei  diritti  del  Sublacense  sull'  infelice  monastero  di  S.  Era- 
smo (i),  i  cui  beni  quell'abate  continuò  a  vendere  (2)  in 
servigio  della  grande  badia. 

Il  triste  mercato  degli  ultimi  possedimenti  di  S.  Erasmo 
continuò  ancora  quando  Benedetto  Vili  ebbe  confermato 
(sett.  IO  1 5)  il  possesso  di  quel  luogo  (3)  all'abate  Giovanni  (4), 
e  quando  a  questo  successero  nel  governo  dei  monasteri  Sub- 
lacensi  Demetrio  (5),  Benedetto  (6),  Giovanni  (7)  e  Ot- 
tone (8).  Al  successore  di  Ottone,  ad  Umberto,  che  fu  tra 

(i)  Copia  sec.  xi,  in  Re^r,  cit.  e.  19  a  sgg.;  copia  autentica  1473 
dicembre  io,  arca  III,  43,  1624:  Mmzio,  Bull.  cit.  e.  3B;  ed.  Geor- 
Gius  in  Baronio,  Ann.  XVI,  431;  Allodi  e  Levi,  Reg.  cit.  n.  io; 
Federici,  Doc.  cit.  I,  n.   156. 

(2)  Dà  una  vigna  ed  altre  terre  presso  porta  Maggiore  a  Berta 
e  Stefania  &c.  {Reg.  cit.  e.  1308  sgg.;  ed.  cit.  n.  104;  Federici, 
Doc.  cit.  I,  n.  157;  d.  ToMASSETTi,  op,  cit.  11(1879),  142;  Gatti, 
op.  cit.  p.  176)  ed  un  prato  fuori  porta  Portese  a  Giov.  d'Azzo  {Reg- 
cit.  e.  88  A  sgg.;  ed.  cit.  n.   53  ;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  160). 

(3)  Copia  sec.  xi,  Reg.  cit.  e.  13  sgg.  1623:  Mirzio,  Bull.  cit. 
e.  38;  ed.  Allodi  e  Levi,  Reg.  cit.  n.  15;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  164. 

(4)  Concede,  nel  1016,  una  vigna  nel  territorio  di  Albano  a  Cre- 
scenzo di  Netta  {Reg.  cit.  e.  158  sgg.;  ed.  cit.  n.  136;  Federici,  Doc. 
cit.  I,  n.  i6[),  e  nel  1021  concede  a  Sergia,  diaconessa,  una  vigna 
fuori  porta  Metrovia  {Reg.  cit.  e.  127  a  sg.  ;  ed.  cit.  n.  100;  FeDERici, 
Doc.  cit.  I,  n.   168). 

(5)  Concede,  nel  1024,  a  livello  dei  beni  fuori  porta  Metrovia 
ad  Ottaviano  di  Azzone,  e  a  Giov.  di  Leone  alcuni  beni  nel  territorio 
di  Roma  {Reg.  cit.  e.  123  b  sg.  ;  ed.  cit.  n.  106;  Federici,  Doc.  cit.  I, 
n.  171;  d.  T0MASSETTI,  op.  cit.  II  (1879),  142;  Gatti,  Bull.  cit. 
p.  174),  ed  a  Pietro  di  Biola  un  terreno  fuori  porta  Metrovia  {Reg. 
cit.  e.   129B  sg.;  ed.  cit.  n.   102;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.   172). 

(6)  Concede,  nel  1035,  due  terre  ai  coniugi  Salomone,  una  terra 
fuori  porta  Metrovia  {Reg.  cit.  e.  126  a  sg.  ;  ed.  cit.  n.  98;  Federici, 
Doc.  cit.  I,  n.   178). 

(7)  Concede,  nel  1042,  un  filo  di  saline,  «in  pedica  vetere»,  a 
Crescenzo  di  Luzio  {Reg.  cit.  e.  105  b  sg.  ;  ed.  cit.  n.  99;  Federici, 
Doc.  cit,  I,  n.    183). 

(8)  Concede,  nel  1046,  un  terreno  di  S.  Erasmo,  ad  Andrea  di 
Biola,  fuori  porta  S.  Giovanni  {Reg.  cit.  e.  133 a  sgg.;  ed.  cit.  n.  107; 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  287 

i  più  insigni  abati  di  Subiaco,  il  pontefice  Leone  IX  (3  i  ot- 
tobre 105 1)  conferma  i  possedimenti  ed  i  diritti  sul  con- 
vento del  Celio  (i).  L'ultimo  documento  del  secolo  è  quello 
con  cui  r  abate  Ranieri  concede,  nel  1064,  a  Bianca  ed  a 
Pietro  Muto,  due  terzi  del  filo  salino  «  in  pedica  vetere  » , 
proprietà  di  S.  Erasmo  (2). 

Nulla  vieta  di  supporre,  che  questi  abati  si  fossero  in- 
teressati di  S.  Erasmo,  oltre  che  "per  venderne  i  beni  an- 
che per  altri  bisogni  del  deserto  monastero;  ma  non  ne 
giunsero  i  documenti. 

Una  sola  voce  si  leva  a  rompere  il  silenzio  che  avvol- 
geva le  sue  mura  :  ed  è  il  catalogo,  compilato  nel  sec.  xii  (3), 
dei  beni  appartenenti  al  Sublacense,  fra  i  quali  è  noverato 
anche  S.  Erasmo.  A  quel  che  pare  il  monastero  del  Celio 
era  destinato  ad  arricchire,  con  le  sue  rendite,  V  erario  del 
Sublacense,  che  veramente  doveva  averne  bisogno.  Proprio 
di  questo  tempo  infatti  gli  abati  Giovanni,  Pietro,  Simone, 
più  soldati  che  monaci,  assai  più  famosi  come  principi  po- 
tenti che  come  pietosi  abati,  combattevano  contro  signori 
limitrofi  della  badia,  per  riconquistare  beni  perduti  e  per  ar- 
ricchire il  monastero. 

Dal  1064  fino  al  principio  del  sec.  xiii  nulla  più  si  sa 
di  S.  Erasmo  ;  forse  anch'  esso  soffri  nel  terribile  incendio, 
che  nel  1084,  per  opera  dei  Normanni,  distrusse  il  quartiere 
del  Celio  dal  Laterano  al  Colosseo.  Il  Mirzio  crede  che  esso 


Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  185  ;  et".  Tomassetti,  op.  cit.  II  (1879),  142; 
Gatti,  Bull.  cit.  p.   176). 

(i)  Copia  sec.  xi,  Reg.  cit.  e.  25  b  sgg.,  1623:  Mirzio,  Biiìl.  cit. 
e.  23  b;  ed.  cit.  n.  21;  cf.  Migne,  op.  cit.  CXLIII,  687;  J-L.  n.  4264; 
Pflugk-Harttung,  Iter  Italicum,  Stuttgard,  Kolhammer,  tip.  Fues  L.  F. 
1883,  p.   188;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.   187. 

(2)  Copia  sec.  xi,  Re<:^.  cit.  e.  109  sgg.;  ed.  cit.  n.  97;  Fi-de- 
Rici,  Doc.  cit.  I,  n.    195. 

(3)  Federici,  Dar.  cit.   I,  n.   239. 


288  J.  Camobrcco 


rimanesse  sotto  la  protezione  e  la  cura  dei  monaci  di  Subiaco 
fino  al  pontificato  di  Urbano  II  (1087-1099),  o  del  succes- 
sore Gelasio  II  (1099-1118);  ma  non  ne  fornisce  le  prove. 

Si  riparla  di  S.  Erasmo  ai  tempi  dell'abate  Landò  (1227- 
1243),  il  quale  affidò  chiesa  e  monastero  a  monache  Bene- 
dettine. Ciò  risulta  da  una  nota  del  M  issai  e  antiqmim  Suh- 
lacense  Vallicelliano,  dove  è  scritta,  di  mano  del  sec.  xiii, 
r  annotazione  seguente  :  '«  Hii  sunt  testes  qui  interfijerunt 
«  quando  moniales  Sancti  Herasmi  de  Urbe  receperunt  tc- 
«  clesiam  predictam  a  venerabili  Landò  abbati  Sublacensi, 
«  silicet  Nicolaus  Scotte,  Petrus  Advocati,  Petrus  curie  Ro- 
((  mani  consules.  Ioannes  Randisci.  Rone...  et  Bartholomeus 
«  canonici  Sancte  Savine . . .  Addo  domini  Bartholomei,  et 
«  lohannes  de  Celano  monaci.  Ego  Andreas  monachus,  de 
«  mandato  domini  abbatis  L[andonis],  recepi  sacramentum 
«  fidelitatis  clericis  de...  silicet  de  prefato  Nicolao,  presbi- 
«  tero  Girardo  Vattalle,  presbitero  lohanne  Romano  tam- 
<(  quam...  vassallis  monasterii.  Audientibus  lacobo  monaco, 
<(  presbitero  Lazaro  et  Petruccio  cellarario  )>  (i). 

Non  si  sa  quale  ragione  indusse  il  Sublacense  ad  asse- 
gnare S.  Erasmo  a  monache.  Muta  è  la  storia  dei  primi 
anni  della  loro  dimora:  è  noto  solo  il  nome  di  Lucia  ba- 
dessa nel  1299.  Ma  le  monache  non  fecero  qui  buona 
prova:  il  documento,  che  ricorda  Lucia,  dice  dei  gravi  dis- 
sensi sorti  nel  seno  della  nuova  famiglia  religiosa  :  ba- 
dessa e  monache  non  avevano  uniformità  d'intendimenti,  o 
quella  non  aveva  le  attitudini  e  l'energia  necessarie  a  reggere 
il  convento:  sta  di  fatto  che  Lucia  rinunzia  all'ingrato  ufficio 
per  volontà  di  Francesco  (2),  abate  del  Sublacense  ;  e  questo 

(i)  Bibl.  Valile,  ms.  B,  24;  cf.  Monaci,  Arch.  pai.  ital.  II,  tav.  43  ; 
Federici,  op.  cit.  I  :  Manoscritti,  I,  n.  6. 

(2)  Dal  documento  non  si  può  rilevare  la  causa  di  questa  dimis- 
sione ;  ma  con  certezza  si  sa  che  «  sponte  cessit  et  eius  renuntiavit 
«oneri  et  honori  «  ;  arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  I;  Federici,  Doc. 
cit.  I,  n.  628. 


//  monastero  dì  S,  Erasmo  sul  Celio  289 

pare  fosse  stato  l' unico  merito  di  quest'  abate,  che,  secondo 
il  Mirzio,  divenne  capo  della  badia  (24  sett.  1299),  non 
per  il  consenso  dei  monaci,  ma  per  l'intromissione  del  pon- 
tefice e  dei  cardinali  :  «  Sedem  abbatialem  occupavit  adulte- 
«  rinus  &c.  cardinalium  auctoritate,  summique  pontificis  as- 
ce sensu,dominicum  ovile. . .  per  posticum  ut  fur  degenerans 
«  nobilitate,  nihil  laude  dignum  egit,  praeter  recuperationem 
«  monasterii  Sancti  Erasmi  Coeli  montis»  (i).  L'ultima  frase, 
ben  s'intende,  riferendola  alle  dimissioni  dall'uffficio  di  ba- 
dessa rassegnate  da  Lucia. 

Fra  il  24  e  il  27  settembre  dello  stesso  anno  (1299)  (2), 
al  governo  del  monastero  venne  chiamata  da  alcune  mo- 
nache, a  sostituire  Lucia,  Sabina,  monaca  di  S.  Bibiana  (3). 
Questa  elezione  fatta  dalle  monache,  senza  l'intesa  ed  il 
consenso  dell'abate  Sublacense  dal  quale  dipendevano,  era 
nulla.  L'elezione  fu  contestata,  perchè  fatta  da  persone  non 
giuridicamente  idonee;  Sabina  rinunciò  subito  all'ufficio  e 
l'abate  Francesco  delegò  al  suo  vicario  Bartolomeo  la  no- 
mina di  un'altra  badessa. 

Il  giorno  27  settembre  1299  (4)  fu  infatti  nominata  a 
quell'ufficio  Lucia,  monaca  di  S.  Erasmo;  ma  la  scelta 
del  vicario  non  piacque  alla  comunità  che  vi  si  oppose  (5). 
Allora  il  vicario,  senza  por  tempo  in  mezzo,  usò  la  più  po- 

(i)  Cronaca  cit.  p.    347;  d.  Ecidi,  op.  cit.  p.    118,  nota  3. 

(2)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  i;  Federici,  op.  cit  I,  n.  629. 

(3)  Il  monastero  di  S.  Bibiana,  anch'esso  officiato  da  monache 
Benedettine,  non  ebbe,  almeno  in  certo  tempo,  costumi  migliori  del 
monastero  "di  S.  Erasmo.  Anche  quelle  monache,  come  rilevasi  da 
documenti,  ebbero  mal  governo  di  pessima  badessa,  e  menarono  una 
vita  disonesta  ed  ebbero  commercio  con  uomini,  tanto  che  Eugenio  IV 
(1439,  febbraio  16)  fu  costretto  a  sopprimere  il  cenobio:  «  propter 
«  malum  regimen  vitamque  minus  honestam  ac  suspectas  virorum  con- 
«  versationes  »  ;  ci.  G.  Ferri,  Le  carte  dell'archivio  Liberiano  in  Arch. 
deUa  R.  Soc.  roni.  di  storia  patria,  Roma,    1904,  XXVIII,  153,   160. 

(4)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  i  ;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  630. 

(5)  Il  nome  Lucia  fa  supporre  che  fosse  rieletta  dal  vicario  quella 


290  J.  Camobreco 


tente  delle  sue  armi  e  le  scomunicò.  Il  colpo  era  grave  per 
le  monache;  esse  obbiettarono  che  la  loro  opposizione  mi- 
rava ad  ottenere  una  badessa  più  capace  di  Lucia:  e  pare 
che  avessero  ragione  perchè  ne  riconobbe  la  buona  fede 
lo  stesso  Francesco.  Il  quale,  informato  dal  giudice  Paolo 
di  Subiaco,  che  egli  aveva  mandato,  come  suo  vicario,  a 
Roma,  a  fare  inchiesta  sui  fatti,  che  nel  monastero  le  cose 
procedevano  assai  male,  volle  direttamente  esaminare  la 
questione  e  venne  a  Roma.  Alla  sua  presenza  comparvero, 
pentite  ed  umili:  Romana,  Margherita,  Agata,  Costanza,  Ce- 
cilia e  Maria,  e  dovettero  avere  buone  ragioni  da  esporre 
perchè  l'abate  le  rimandò  assolute  dalla  scomunica  (i). 
Prima  che  spirasse  lo  stesso  mese,  le  monache,  riconoscendo 
che  il  monastero,  sì  nelle  cose  spirituali  come  nelle  tem- 
poraU,  era  soggetto  al  Sublacense  ed  al  suo  abate,  doman- 
darono con  insistenza  a  Francesco  di  dar  loro  al  più  presto 
una  badessa  degna  ed  idonea.  Promise  Francesco  (2),  ma 
non  consta  se  mantenesse  la  promessa.  Certo  la  vita  interna 
del  monastero  s'intristisce  sempre  più  specialmente  per  colpa 
delle  successive  badesse.  Ma  il  governo  di  S.  Erasmo  non 
poteva  essere  migliore  di  quello  del  Sublacense,  il  quale 
in  quel  torno  di  tempo  che  corre  fra  gli  abati  Francesco  I 
ed  Ademaro,  che  sparse  financo  di  sangue  cittadino  (3)  i 
paesi  della  badia,  visse  anni  di  desolazione  e  di  tristi  co- 
stumi, elle  non  dovevano  non  influire  sulla  vita  interna  del 
nostro  monastero. 

Qui  una  turpe  donna,  la  badessa  Giovanna,  gettò  nel 
fango  r  onore  del  luogo  e  delle  sue  monache.  Si  riscosse 
allora  l'abate  Ademaro,  che  dalla  rocca  di  lenne  dov'  era 
rifugiato,  con  ordinanza  del    17  febbraio   1356,   scacciò  da 

stessa  che  prima  aveva  date  le  dimissioni,  e  se  cosi  fosse,  sarebbe 
facile  spiegare  la  causa  dell'  opposizione. 

(i)  Ardi.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  i;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  631. 

(2)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,   i;  Federici,  Doc.  cit.    n.  650. 

(3)  Cronaca  cit.  pp.  377-78;  Ecidi,  op.  cit.  p.   126  sgg. 


//  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  291 

S.  Erasmo  le  monache  e  ne  affidò  la  cura  e  l'amministra- 
zione ai  monaci  dello  Speco,  perchè  vi  restituissero  il  culto 
a  Dio  e  la  regola  di  san  Benedetto  (i). 

Il  documento  di  Ademaro  dà  una  pallida  idea  dello  stato 
miserando  del  nostro  monastero  :  le  monache  sedotte  da 
spiriti  mondani,  vi  menavano  da  qualche  tempo  vita  licen- 
ziosa, e  la  casa  destinata  al  culto  di  Dio  era  divenuta  casa 
di  piaceri.  Esse  avevano  consumato  tutte  le  ricchezze  della 
chiesa,  avevano  rubato  campane,  inferriate  e  serrature  e 
poi  l'avevano  abbandonata,  ridotta  ad  una  spelonca  di  la- 
droni (2). 

Assai  grave  era  dunque  il  compito  assegnato  ai  monaci 
dello  Speco  dall'abate  Ademaro.  Essi  dovevano  sbarazzarsi 
degli  intrighi  della  spodestata  badessa:  perchè  ancora  due 
anni  dopo  l'ordinanza  di  Ademaro  (3),  il  27  maggio  1358, 
Stefano,  priore  dello  Speco,  doveva  nominare  suo  procura- 
tore Pietro  Capogalii,  che  lo  rappresentasse  nella  causa 
contro  la  badessa  Giovanna  (4).  Intanto  altri  possedimenti 
del  deserto  monastero  venivano  venduti  dal  priore  Angelo 
da  Rieti  (5)  ;  né  ad  arrestarne  la  rovina  completa  valse  l'or- 
dine dato  da  Giacomo  di  Ravenna  (27  gennaio  1360)  (6) 
vicario  dello  Speco,  che  nell'eleggere  priore  di  S.  Erasmo  il 
monaco  Tommaco  di  Narni  gì'  impose  di  non  vendere  né 
alienare  i  beni  del  cenobio  Celimontano. 

Dal  1360  al  1370,  per  lo  spazio  di  dieci  anni,  non  si 
hanno  notizie  della  vita  interna  di  S.  Erasmo;  il  28  otto- 
bre 1370  Gentile  d'Atessa,  uditore  delle  cause  della  curia 
del  vescovo  di  Sutri,  allora  vicario  di  Roma,  dalla  chiesa 
di  S.  Eustachio,  invitò   la    badessa  Giovanna  a  discolparsi 

(i)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  3;  Federici,  Doc.  cit.  n.  1423. 

(2)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  2;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  1403. 

(3)  Cronaca  cit,  pp.   377-78  ;  Ecidi,  op.  cit.  p.   126  sgg. 

(4)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  3;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  1425. 

(5)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  4;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  1440. 

(6)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XL,  5  ;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  1654. 


292  J.  Camohreco 


delle  accuse  lanciate  contro  di  essa.  È  chiaro  dunque  che, 
in  quei  dieci  anni,  dovette  essere  avvenuta  un'altra  restitu- 
zione del  monastero  dai  monaci  dello  Speco  alle  monache 
Benedettine:  restituzione  documentata  dalla  cronaca  Subla- 
cense  (i),  che  per  le  notizie  di  questo  tempo  merita  fede. 
Dal  contesto  del  processo  che  ne  segui  si  può  desumere, 
che  quelle  monache  fecero  strazio  della  santità  del  mona- 
stero, menando  vita  oscena,  accogliendo  fra  le  loro  braccia 
frati  e  laici  e  facendo  risuonare  della  bestemmia  i  luo2:hi 
un  tempo  benedetti  dalla  pietà  e  dalla  santità  dei  seguaci 
di  Benedetto.  Le  accuse  che  pesavano  su  Giovanna  abba- 
dessa  erano  le  più  obbrobriose,  ed  i  documenti  le  spe- 
cificano senza  scrupoli  e  senza  metafore.  Sospesi  gli  uf- 
fici divini,  inosservate  le  ore  canoniche,  la  badessa,  despota 
irosa,  scacciava  dal  convento  le  monache,  le  quali,  prive  di 
ogni  mezzo,  n'andavano  limosinando  pel  mondo,  se  pure 
non  venivano  tormentate  dall'  impura  badessa  :  come  accadde 
a  suora  Messana,  la  quale,  forse  perchè  non  volle  rendersi 
complice  delle  turpitudini  di  lei,  fu  chiusa  in  carcere,  ed 
ivi  fu  lasciata  morire  «  ut  desperata  ».  Giovanna  era  anche 
ladra;  risulta  infatti,  ch'essa  aveva  rubato:  salterii,  breviarii, 
la  Regola  del  monastero  e  le  leggende;  asciugamani,  ma- 
terassi, lenzuola,  coltri,  lana,  cinque  rubbia  di  grano,  caldaie, 
calici  di  bronzo  (2).  Ma  l'accusa  si  occupò  principalmente 

(i)  Cronaca  Subì.  ed.  cit.  p.  412;  non  è  improbabile  che  a  questa 
stessa  restituzione  sia  collegata  la  notizia  che  dà  il  catalogo  delle  chiese 
e  dei  monasteri  di  Roma,  conservato  nel  codice  latino  749  della  bi- 
blioteca dell'Università  di  Torino,  secondo  la  quale,  nel  secolo  xiv, 
il  monastero  di  S.  Erasmo  era  officiato  da  monache  :  «  monasterium 
«S.  Herasmi  habet  moniales  .xvi.  »  (Papencordt,  Gesch.  d.  Stadi 
Rom  im  Mittelalter,  p.  58;  cf.  Urlichs,  Codex  urbis  Romae  topogr. 
p.  173;  Gatti,  Bull.  cit.  p.  154). 

(2)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  5  ;  Federici,  Doc.  cit.  I,  n.  1544: 
simili  costumi  erano  allora  comuni  anche  ai  monaci  di  Subiaco,  tan- 
toché quando  l'ab.  Bartolomeo  di  Siena  volle  interrompere  la  troppo 
piacevole  tradizione  di  vita  lussuriosa  dei  monaci,  dovette  proibire  loro 


Il  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  293 


dei  costumi  licenziosi  di  lei  e  la  chiamava  a  rispondere  se 
era  vero  che  «  diversos  homines  carnaliter  se  miscendo  et 
«  fratrem  Franciscum,  ministrum  hospitalis  S.  Thomae  in 
«  Formis(i),  recepit  et  acceptavit  in  dicto  monasterio  Sali- 
ce cti  Erasmi  et  in  camera  ipsius  sororis  lohannae,  iacendo 
«  et  dormiendo  cum  eo  in  eodem  lecto  &c.  ut  uxor  virum 
«  facit  &c.  discedendo  de  dicto  monasterio  Sancti  Erasmi, 
«  et  eundo  ad  hospitale  praedictum  S.  Thomae  in  Formis, 
«  ad  dictum  monasterium  et  stando  ibidem  per  plures  dies 
«  et  noctes  continuos  &c.  cum  dicto  ministro  comedendo, 
«  bibendo,  stando,  iacendo  cum  eo  &c.  ».  Ma  essa  non  com- 
parve e  fu  condannata  in  contumacia  :  alla  restituzione  dei 
beni  mobili  sottratti  al  monastero,  a  pane  ed  acqua  per  quin- 
dici giorni  continui,  scomunicata  e  deposta  da  badessa. 

La  scaltra  donna  però  non  si  diede  per  vinta;  sapeva 
che  il  vescovo  di  Arezzo,  allora  vicario  di  Urbano  V  in  Roma, 
non  poteva  giuridicamente  condannarla,  perchè  tale  diritto 
spettava  esclusivamente  all'  abate  di  S.  Benedetto  da  cui 
S.  Erasmo  dipendeva,  e  appellò  al  pontefice  Gregorio  XI, 
esponendo  il  caso  e  supplicandolo  di  assolverla  dalla  sco- 
munica. Il  21  maggio  del  1371,  il  pontefice  spedì  una  bolla 
al  vescovo  di  Sutri,  suo  vicario  in  Roma,  nella  quale,  men- 
tre mostra  di  tener  conto  delle  ragioni  addotte  dalla  ba- 
dessa, ingiunge  al  vicario  di  assolverla  «  ad  cautelam  »,  di 
cercare  la  verità  e  condannare  i  colpevoli  (2). 

caccie,  mercatanzie,  concubine,  la  libera  disposizione  dei  beni  e  1'  uso 
delle  armi  {Cron.  Subì.  ed.  cit.  p.   306  sgg.  ;   Ecidi,  op.  cit.  p.   128). 

(i)  La  chiesa  di  S.  Tommaso  in  Formis  sul  Celio,  presso  il  for- 
nice di  Silano  e  Dolabella,  fu  una  delle  venti  abbazie  privilegiate  di 
Roma.  Officiata  da  principio  dal  beato  Giovanni  de  Matha  e  poi  dai 
padri  Trinitarii  della  redenzione,  fu,  nel  1395,  da  Bonifazio  IX,  unita 
al  capitolo  di  S.  Pietro  in  Vaticano.  Ebbe  restauri  per  cura  dei  pon- 
tefici Bonifazio  Vili,  Urbano  VII,  Alessandro  VII;  ma  nel  tempo  in 
cui  la  vediamo  segnata  nei  documenti,  che  si  riferiscono  a  S.  Erasmo,^ 
era  un  ospedale  dei  poveri.  Cf.  Armellini,  Le  chiese  cit.  p.  649. 

(2)  Arch.  Vaticano,  Ref^.  Avinion.,  Gregorio  XI,  a.  i,  II,   520. 


294  .7-  (^ciììtob 


leco 


Intanto  reggeva  l'abazia  di  Subiaco  Francesco  di  Padova, 
debole  ed  incapace  di  sostenere  il  peso  del  principato  reli- 
gioso; costui,  quale  priore  di  S.  Erasmo,  fece  procura  a 
Pietro  Capodigallo  di  agire  con  pieni  poteri  in  tutte  le  cause, 
e  specialmente  contro  l'appello  della  badessa  Giovanna  (i  371). 
Ma  né  l'abate  Francesco,  né  il  suo  procuratore  riuscirono  a 
reprimere  gli  scandali  di  detta  badessa;  perciò  l'abate  do- 
vette ricorrere  all'autorità  pontificia. 

Giovanna  aveva  ottenuto  il  suo  fine  appellando  al  pon- 
tefice: quello  cioè  di  prender  tempo  prima,  e  di  aver  poi 
come  giudice  se  non  un  amico,  un  benevolo,  che  il  vescovo 
di  Sutri,  vicario  di  Roma,  cui  Gregorio  XI  commise  la  ri- 
soluzione degli  affari  di  S.  Erasmo,  dopo  avere  esaminato 
la  causa,  giudicò  che  la  badessa  era  stata  ingiustamente  con- 
dannata dal  suo  predecessore,  e  chiamando  la  sentenza  in- 
fame, impose  al  monastero  Sublacense  ingiusti  gravami,  lo 
minacciò  di  scomunica,  revocò  la  sentenza  del  vescovo  di 
Arezzo  e  restituì  la  badessa  «  in  statu  suo  »,  e  con  lettera 
del  7  gennaio  1372  notificò  all'abate  Sublacense  il  tenore 
della  sentenza  da  lui  emanata.  Colpito  da  sì  strana  ed  ina- 
spettata decisione  del  vescovo  Sutrino,  Francesco  di  Padova, 
abate  di  S.  Benedetto,  respinse  sdegnosamente  le  insinua- 
zioni in  essa  contenute,  e  con  frate  Bartolomeo  dello  Speco, 
priore  di  S.  Erasmo,  fece  appello  a  papa  Gregorio  XI,  con- 
tro gli  ingiusti  gravami  e  le  accuse  di  aver  ritirato  dal  mo- 
nastero beni  mobili  del  valore  di  duecento  fiorini  (i),  e 
otto  giorni  dopo  (31  genn.  1572),  il  procuratore  Giovanni 
Cucuzza  presentò  al  vescovo  di  Sutri  l'appello  del  mona- 
stero Sublacense  contro  la  sentenza  che  assolveva  Giovanna 
.  ex  badessa  di  S.  Erasmo  (2). 

In  seguito  all'  appello,  papa  Gregorio  XI  spedì  una  bolla 
(22  giugno  1372)  (3)  con  la  quale  commise  al  priore  di 

(i)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  7;  Federici,  op.  cit.  I,  n.  1682. 

(2)  Arch,  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  7;  Federici,  op.  cit.  I,  n.  1684. 

(3)  Arch.  Subì.,  orig.,  arcali,  31;  Federici,  op.  cit.  I,  n.   1696. 


Il  J710ÌI asterò  di  S.  Erasmo  sul  Celio  295 


S.  Maria  Nova  e  a  Paolo  Paparone,  canonici  di  S.  Pietro, 
la  riforma  del  monastero  di  S.  Erasmo,  dichiarando  che  in 
seguito  questo  avrebbe  dovuto  esser  soggetto  al  Sublacense, 
cui  soltanto  spettava  il  diritto  di  visita,  di  correzione  e  pu- 
nizione della  badessa.  Ma  oltre  questi  provvedimenti  che 
riguardavano  più  generalmente  il  governo  di  S.  Erasmo,  il 
pontefice,  informato  dei  costumi  di  Giovanna  e  dubitando 
che  l'ospedale  di  S.  Tommaso,  il  cui  priore  Francesco  era 
accusato  di  turpi  relazioni  con  Giovanna,  cosi  mal  gover- 
nato, sarebbe  andato  in  rovina,  comandò  ai  detti  reverendi 
d'informarsi  si  della  condotta  di  Francesco,  si  dell'ammi- 
nistrazione dei  beni  dell'ospedale,  di  allontanarne  gì'  indegni 
e  di  sostituirli  con  frati  di  illibati  costumi.  Da  un  docu- 
mento posteriore  (29  giugno  1373)  si  sa  che  il  priore  di 
S.  Maria  Nova  e  Paolo  Paparone,  fatta  severa  inchiesta, 
scomunicarono  Giovanna. 

Il  26  giugno,  il  pontefice  dà  incarico  a  Tommaso  di 
Catellinis,  a  Paolo  Paparone  ed  a  Pietro  Cenci,  canonici  di 
S.  Pietro,  di  rivedere  la  sentenza  del  vescovo  di  Sutri  favo- 
revole a  Giovanna:  ma  anche  questo  incarico  non  pare 
avesse  l' effetto  voluto,  forse  per  V  influenza  del  vicario,  che 
difendeva  a  tutt'uomo  questa  famosa  donna,  perchè  il  17  di- 
cembre del  1372,  i  procuratori  del  Sublacense  vogliono  ap- 
pellare di  nuovo  al  pontefice  contro  detta  sentenza. 

La  causa  di  Giovanna  non  terminò  cosi  presto:  portò 
seco  strascichi  per  ben  nove  mesi,  dovuti  agli  intrighi,  al 
fliscino  esercitato  sul  vicario  di  Roma  e  sui  giudici  da  questa 
donna,  e  forse  anche  alla  potenza  e  alla  nobiltà  del  suo 
casato. 

Certo  che  il  caso  canonico  incominciava  ora  a  divenire 
caso  di  commedia,  nella  quale  pontefice,  vicario,  giudici  e 
priori  venivano  bellamente  tratti  pel  naso  da  questo  tipo  di 
donna,  che  doveva  preannunziare  i  fasti  di  badesse  poste- 
riori. I  procuratori  del  Sublacense  però  non  si  stancavano, 
e  mentre  la  bella  peccatrice  continuava  la  sua  vita  allegra, 


2^6  J,  Camobreco 


facevano  le  pratiche  per  appellare  al  pontefice.  Ma  qui  sorse 
una  difficoltà  di  diritto  canonico  che  pare  non  si  riuscisse 
a  superare  flicilmente. 

Si  sa  che  per  appellare  al  giudice  supremo  i  procura- 
tori dovevano  ottenere  le  lettere  dimissorie(((apostolos  »)(i), 
cioè  dichiarazioni  del  giudice  inferiore  circa  l'obietto  e  la 
ragione  dell'appello  al  giudice  superiore,  altrimenti  il  pon- 
tefice non  poteva  accogliere  l'appello,  né  dare  alcun  giudizio. 

Il  17  dicembre  del  1372,  Giovanni  Buzi,  l'ab.  Fran- 
cesco, i  monaci  Stefano  e  Bartolomeo  e  i  signori  Capogalli 
e  Leila  fanno  i  primi  tentativi  per  ottenere  tali  lettere 
(((  apostolos  )))  da  Angelo,  abate  del  monastero  di  S.  Biagio, 
rappresentante  e  conservatore  dei  beni  di  S.  Erasmo,  per 
appellare  al  papa  contro  la  sentenza  del  vescovo  di  Sutri. 
L'abate  di  S.  Biagio,  subornato  forse  dallo  stesso  vicario, 
rispose  che  non  avrebbe  permesso  l'appello  («apostolos 
«  refutatorios  »). 

Intanto  bisognava  sbrigare  la  faccenda  al  più  presto, 
poiché  le  accuse  del  vescovo  di  Sutri,  che  pesavano  sul- 
r  abate  Sublacense,  erano  gravi  ed  il  solo  pontefice  poteva 
mettere  nella  loro  vera  luce  le  cose;  perciò  il  3  gennaio 
del  1373,  i  procuratori  nuovamente  si  presentavano  all'abate 
di  S.  Biagio  per  chiedere  gli  «  apostoli  »  aperti  per  l' ap- 
pello; ma  l'abate  di  S.  Biagio,  quasi  schernendosi  dei  pro- 
curatori, dava  loro,  forse  con  l'intenzione  d'ingannarli, 
«  quandam  cartulam  sigillatam,  cuius  scriptura,  si  qua  erat, 
«  ab  intus  legi  non  poterat  » .  Giovanni  Buzi  e  Leila  capi- 
rono l'inganno  e  non  accettarono  il  piego,  insistendo  nel 
volere  gli  «  apostoli  »  aperti;  ma  l'ostinato  abate  rispose 
che  non  li  avrebbe  giammai  dati   aperti  (2).   I  procuratori 

(i)  Pel  valore    giuridico  e  diplomatico  delle    parole  «apostoli-), 

«apostoli  dimissorii  »,  «apostoli  refutatorii  »,  cf.  Wolfgangi  Mùhl- 

BACHER   Thesaurus  resolutionum    s.  v.  concilii  &c.,  Monachii,   1872, 

t.  I,  e  GiRY,  Manuel  de    diplomatlque,  Paris,  Hachette,  1894,  p.  811. 

.    (2)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  8;  Federici,  op.  cit.  I,  n.  1714. 


Il  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  297 

dell'abate  Sublacense  non  perdettero  la  fiducia  di  riuscire, 
e  passati  dieci  giorni,  ritornarono  nuovamente  all'abate  di 
S.  Biagio  per  chiedere  gli  «  apostoli  aperti  ».  L'abate,  stanco 
dalle  noie,  avverte  i  procuratori,  che  l'avvocato  della  ba- 
dessa, Giovanni  Facchini,  s'era  opposto  alla  concessione 
degU  «apostoli  aperti»  con  eccezioni  («  alligationibus  ») 
di  cui  egli  non  poteva  non  tener  conto.  Delusi  nuovamente, 
i  procuratori  compresero  che  sarebbe  riuscito  vano  ogni 
loro  tentativo. 

Pare  che  allora  intervenisse  indirettamente  il  pontefice, 
perchè  comparisce  Paolo  Paparoni,  canonico  di  S.  Pietro, 
come  commissario  per  una  visita  al  monastero  di  S.  Erasmo. 
Il  commissario  incarica  il  notaio  Buccio  d'Angelo  di  chie- 
dere gli  «apostoli»  per  l'appello  (i).  La  badessa  previde 
che  la  commedia  volgeva  alla  sua  fine  poiché  il  vicario, 
suo  protettore,  era  stato  sostituito  con  Luca,  vescovo  di 
Nocera;  sparito  dalla  scena  il  protagonista,  la  condanna  di 
Giovanna  doveva  essere  imminente.  Ma  la  donna  vuol  ten- 
tare l'ultima  prova  e  scrive  al  papa  pregandolo  di  volerla 
assolvere  dalla  scomunica  lanciata  contro  di  essa  dal  cano- 
nico Paolo  Paparone,  suo  nemico  capitale,  il  quale  «  contra 
«  iusticiam  »  non  volle  ascoltare  le  sue  ragioni. 

Il  29  giugno  del  1373,  il  pontefice  Gregorio,  non  ancora 
stanco  di  assistere  a  sì  comica  rappresentazione,  scrisse  a 
Luca,  suo  vicario,  di  far  luce  completa  sulla  condotta  della 
badessa  (2). 

L'appello  fiitto  da  Giovanna  ebbe  effetto  opposto:  la 
Sede  apostolica  informata  dal  suo  vicario,  che  realmente  la 
badessa  «  vitio  incontinentiae  laborabat  et  bona  ipsius  mo- 
«  nasterii  S.  Herasmi  dilapidabat  »,  con  bolla  del  27  set- 
tembre  1373,  ordinò  al  vicario  la   riforma  del   monastero 


(i)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  XLI,  9;  Federici,  op.  cit.  I,  n.  1725. 
(2)    Archivio  Vaticano,  Rcg.    Avinion.,  Gregorio  XI,  a.  ni,   XIX, 
238. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.       20 


298  7-  Camobreco 


del  Celio  (i).  Gregorio  XI  per  estirpare  il  male  dalle  sue 
radici  scacciò  nuovamente  (1373)  le  monache,  ed  unì  il 
monastero  di  S.  Erasmo  al  Sublacense.  L'abate  Francesco 
di  Padova  mandò  allora  quale  priore  e  rettore  del  mona- 
stero frate  Stefano  Polono,  monaco  dello  Speco  (18  ot- 
tobre 1373)  (2). 

Se  il  monastero  fu  tolto  al  governo  della  malagurata 
donna,  e  se  fu  riformato  per  volere  del  papa,  sostituendo 
la  scandalosa  badessa  e  le  monache  con  monaci  del  Subla- 
cense, non  perciò  s'ebbe  in  seguito  prosperità;  che  anzi 
vent'  anni  dopo  vi  tornarono  le  monache  :  ma  questa  volta 
l'elezione  della  badessa  non  è  più  fatta  dall'abate  di  Subiaco, 
sì  bene  dal  pontefice  :  si  conosce  infatti  la  nomina  di  Cecilia 
badessa  di  S.  Erasmo,  designata  nel  1393  da  Bonifacio  IX  (3). 
Questo  fatto  si  ricollega  con  la  riforma  di  Urbano  VI  (1378- 
1389),  secondo  la  quale  l'abate  di  Subiaco  non  poteva  più 
essere  eletto  dai  monaci,  ma  dalla  S.  Sede,  alla  quale  doveva 
da  ora  innanzi  esser  soggetto  (4). 

Nel  1400  S.  Erasmo  fu  affidato  temporaneamente  alle 
cure  del  cardinale  Giovanni  del  titolo  dei  Ss.  Nereo  ed 
Achilleo;  ma  quando  questi  rassegnò  l'incarico  (5),  il  pon- 
tefice Sisto  IV  (1478)  vedendo  l'edificio  e  la  chiesa  abban- 

(i)  Arch.  Subì.,  orig.,  arca  II,  33;  Federici,  op.  cit.  I,  n.  1738. 

(2)  Cronaca  Siihl.  ed.  cit.  cap.  XXVII,  p.  413. 

(3)  Arch.  Vat.  Reg.  di  Bonifacio  IX,  a.  v,  p.  245.  Questo  volume 
s'è  perduto,  rimane  però  la  notizia  nelle  schede  dell'  arch.  Vaticano, 
dove  si  legge  :  «  Monasterio  S.  Erasmi  de  Urbe  ordinis  sancti  Bene- 
«  dicti  providet  de  abbatissa  » . 

(4)  Cf.  Ecidi,  op.  cit.  p.   136  sg. 

(5)  A  questo  tempo  pare  si  riferisca  l'esistenza  di  una  «  aedicola 
«  sita  in  hortis  S.  Stefani  Rotundi  in  Coelio  monte  »  menzionata  con 
questa  indicazione  da  fra  Giocondo,  il  quale  vi  copiò  l' iscrizione  me- 
trica di  Follia  Saturnia  (C.  /.  L.  VI,  10131;  Buecheler,  Ant.  Lat. 
n.  1282);  la  stessa  lapide  fu  trascritta  da  Pietro  Sabino,  che  la  indicò 
«in  S.  Erasmo  prope  S.  Stephanum  rotundum»;  cf.  Gatti,  BuIJ.  cit. 
p.   155,  nota  2. 


Il  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio  299 

donati  e  quasi  crollanti,  ne  volle  riaperte  le  porte 'alla  pietà 
dei  fedeli  ed  al  culto  della  cristiana  religione,  e  l'affidò  ai 
monaci  di  S.  Stefano  Rotondo  perchè  ne  restaurassero  e  ne 
godessero  la  rendita  che,  al  momento  della  unione  del  Ce- 
limontano  con  S.  Stefano  Rotondo,  era  di  ventiquattro  fiorini 
d'oro  «de  Camera  »  (i). 

Né  poteva  averne  di  più,  quando  si  ripensi  alle  tristi 
vicende  di  questo  monastero,  del  quale  i  pochi  beni  rimasti 
erano  forse  stati,  come  quelli  del  Sublacense,  a  discrezione 
dei  pontefici  nei  secoli  xiv  e  xv  (2). 

Non  si  sa  con  certezza  quando  le  mura  del  monastero, 
per  l'abbandono  dei  monaci  di  S.  Stefano,  crollassero  :  prima 
certamente  del  15 61  (3),  poiché  si  sa  che  in  quell'anno  sca- 
vandosi sul  Celio  il  terreno,  riapparvero  gli  avanzi  dell'ora- 
torio di  S.  Erasmo:  e  nei  conti  del  cardinale  d'Este,  fra  i 
varii  pagamenti  fatti  per  questo  scavo,  si  trova  registrato  il 
seguente:  a  di  16  di  marzo  1561  «  a  li  cavatori  della  casa 
<(  di  Santo  Stefano  Rotondo  scudi  otto  e  baiocchi  92  per  opere 
«  quarantotto  fatte  a  detta  casa,  et  per  pagare  un  muratore 
«  col  suo  manovale  per  avere  scoperto  la  chiesa  di  S.  Erasmo 
<(  a  la  detta  cava  »  (4). 


(i)  Arch.  Vat.  Reg.  Later.,  Sisto  IV,  a.  vii,  voi.  787,  e.  296 b. 

(2)  Cf.  Ecidi,  op.  cit.  p.  139  sg. 

(3)  Gli  scrittori  di  memorie  antiche  romane,  nei  primi  decenni 
del  secolo  xvi,  come  Pomponio  Leto,  Francesco  Albertino,  Fa- 
BRicio  Varano,  Raffaele  da  Volterra  &c.  (v.  De  Roma  prisca  et 
nova  varii  auctores,  Roma,  1523),  non  menzionano  né  la  chiesa  né  il 
monastero  di  S.  Erasmo.  Andrea  Fulvio  (Antiq.  Urbis,  lib.  IT.  cap. 
de  Co  elio  monte,  Roma,  1527)  dopo  aver  ricordato  la  chiesa  di 
S.  Stefano  Rotondo,  aggiunge  :  «  fuit  in  eodem  ambitu,  memoria  pa- 
«truum  nostrorum,  celeberrimum  S.  Erasmi  monasterium  » .  Cf.  Gatti, 
Bull.  cit.  p.   155. 

(4)  Venturi,  Archivio  stor.  dell'Arte,  Roma,  1890,  p.  199.  Dopo 
la  metà  del  secolo  xiv,  con  le  rovine  apparve  qualche  avanzo  di  an- 
tiche pitture.  Cf.  Ugonio,  op.  cit.  p.  291  ;  Gregorovius,  op.  cit. 
p.  188;  Gatti,  Bull.  cit.  p.   155. 


300  J,  Camohreco 


Dopo  trent'anni,  nel  1592,  lo  Schrader  (i)  annoverava 
fra  le  chiese  di  Roma  anche  il  monastero  di  S.  Erasmo, 
ma  probabilmente  egli  alludeva  al  luogo  dove  già  era  stato 
quel  monastero,  di  cui  ai  suoi  tempi  dovevano  vedersi  solo 
le  reliquie  riapparse  nel  1561,  poco  più  di  quanto  si  vede 
ora  dell'antichissimo  cenobio. 

F.  Camobreco. 

(i)  Monumentorum  Italiae . . .,  Helmaestadii,  edit.  Lucius  lacobus, 
1592. 


T^er  la  storia  economica  del  secolo  XIV 

COMUNICAZIONI  D'ARCHIVIO  ED  OSSERVAZIONI 


A  l^/  ^  ^^  lavoro,  testé  comparso,  sulla  costituzione  eco- 
•J^  IM  nomica  e  sociale  de'  Comuni  medievali  (i)  toccai 
^}^^  varie  questioni  attinenti  alla  storia  delle  finanze 
pontificie  nel  secolo  decimoquarto  e  dai  libri  finanziarii 
ecclesiastici  trassi  anche  copiose  notizie  per  la  storia  eco- 
nomica generale  di  quel  periodo.  Ma  la  natura  sintetica  di 
quel  libro  non  mi  consenti  di  trattare  ex  professo  cosi  in- 
teressanti problemi,  né  di  fare  allora  tesoro  di  un  vasto  ma- 
teriale, che  già  avevo  in  parte  raccolto  e  che,  col  proceder 
del  tempo,  ho  potuto  arricchire. 

In  questo  Archivio  pertanto  mi  propongo  di  compiere 
e  trasformare  l'opera  mia,  aggruppando,  a  seconda  de'  varii 
argomenti,  i  fatti  inediti,  eh'  io  ricavai  dai  libri  Vaticani, 
col  proposito  di  trarre  a  suo  tempo  dall'esposizione  oppor- 
tune conclusioni  particolari  e  generali.  Lo  studio  proseguirà 
oltre  il  secolo  decimoquarto  sino  al  periodo  della  Riforma 
(tale  almeno  il  mio  desiderio)  e  sarà-  diviso  in  varie  parti, 
delle  quali  nella  conclusione  finale  sarà  lumeggiato  l' intimo 
rapporto. 


(i)  //  sistema  della  costitu:(ione  economica  e  sociale  italiana  nell'età 
dei  Comuni,  Roux  e  Viarengo,   1905. 


302  G.  oArias 


I. 

Entrate  e  spese:  loro  rapporti. 

D'onde  si  traggono  dalla  Chiesa  i  danari  e  dove  e  a 
vantaggio  di  chi  si  spendono  ?  Ecco,  nella  sua  semplicità, 
il  problema,  cui  i  fatti  debbono  rispondere,  e  dalla  solu- 
zione del  quale  molto  è  possibile  ricavare  per  l' interpreta- 
zione di  tanti  avvenimenti,  troppo  spesso  considerati  nella 
loro  genesi  apparente  ed  immediata  ed  in  questa  soltanto, 
là  dove,  per  comprenderli,  occorre  vederli  nelle  loro  lon- 
tanissime e  celate  propaggini. 

Cominciamo  da  uno  dei  cespiti  di  prima  importanza: 
i  censi  regii.  Essi  provengono  sì,  come  è  ovvio,  da  varie 
parti,  ma  in  quale  proporzione?  Non  dispiaccia  al  lettore 
che  io  rimandi  la  risposta  a  questa  prima  domanda  a  dopo 
ch'egli  avrà  esaminato  le  notizie  che,  per  un  primo  ed  assai 
vasto  periodo,  sottopongo  alla  considerazione  attenta  di  lui. 

Il  IO  aprile  13 17  il  re  d'Inghilterra  paga,  per  mezzo  dei 
Bardi,  il  censo  annuo  di  4000  fiorini  d'oro  (i),  che  ricom- 
parisce in  seguito  molte  volte  (2).  Il  re  di  Sicilia  versa  con- 
tinuamente notevoli  somme  per  i  suoi  censi,  che  deve  pa- 
gare «  in  festo  Assumptionis  beate  Marie  »  e  «  in  festo 
«  sanctorum  apostolorum  Petri  et  Pauli  » ,  da  ripartirsi  tra 
la  Camera  apostolica  e  la  Camera  dei  cardinali.  Così  nei 
giorni  19  settembre  e  18  ottobre  1323  fa  versare  io  000  e 
12.500  fiorini  e  il  25  ed  ultimo  giugno  1324,40000  fio- 
rini (3),  il  3  settembre  1324,  io  000  fiorini,  ed  altri  io  000 
il  1°  febbraio  1325  (4),  l'S  maggio  e  il  6  luglio  1327  per 

(i)  Archivio  Vaticano,  Libri  introitus  et  exitus  Cam.  ap.  Ave- 
nion.  16,  e.  3.  (2)  /.  E.  29,  ce.  2-3,  7  aprile  1330.  Ved.  anche  per 
pagamenti  a  questo  titolo  /.  E.  130,  e.  20  sgg.  ;  /.  E.  146,  e.  33. 
(3)  I.  E.  57,  ce.  I  B,  3  B.         (4)  /.  E.   58,  ce.  113-115. 


T^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV         303 

la  stessa  ragione  (i)  3333  fiorini  e  un  terzo,  il  27  lu- 
glio 1332  per  censo  ordinario  40000  fiorini  (2),  immedia- 
tamente dopo  avere  sborsato  altri  20  000  fiorini,  in  acconto 
di  una  somma  di  88  852  oncie  e  3  fiorini  dovuta  al  papa 
dallo  stesso  re  Roberto  (3),  per  la  qual  somma  altri  20  000  fio- 
rini si  assegnano  il  28  settembre  dello  stesso  anno  (4).  Il 
26  giugno  1333  paga  lo  stesso  re,  pel  censo  ordinario, 
40000  fiorini  ()),  il  27  giugno  1334  altri  40000  (6),  lo 
stesso  il  27  giugno  1335  (7)  e  il  28  maggio  1336  (8), 
mentre  nuovi  assegni  contemporaneamente  si  fanno  per 
estinzione  di  quel  grosso  debito.  E  il  pagamento  prosegue 
senza  interruzioni, ne  occorre  ch'io  insista  nell'enumerazione. 

Da  altre  parti,  per  motivo  di  censo,  si  pagano  :  il  22  aprile 
1339,  12  250  fiorini  da  Opizone  e  Niccolò  d'Este  pel  vi 
cariato  di  Ferrara  e  contado,  concesso  agli  Este  da  Gio- 
vanni XXII,  col  pagamento  annuo  di  io  000  fiorini,  ed 
ugual  somma  alla  Camera  dei  cardinali  (9)  ;  il  27  giu- 
gno 1343  dal  comune  di  Bologna  alle  due  Camere  apo- 
stolica e  de' cardinali  8000  fiorini  d'oro  (io);  il  9  settem- 
bre 1343,  IO  000  fiorini  da  Luchino  Visconti  di  Milano  e 
e  dall'arcivescovo  della  stessa  città  (n);  il  29  maggio  1352 
Giovanni  Visconti  di  Milano,  per  convenzione  fatta  col  pon- 
tefice intorno  al  dominio  di  Bologna  (12),  assegna  alle  due 
Camere  complessivamente  12  000  fiorini  ed  altri  6000  il 
29  giugno;  il  17  novembre  1356  Aldobrandino  d'Este 
pel  censo  ricordato  1250  fiorini  (13),  il  13  gennaio  1357, 
4000  fiorini  (14),  il  24  febbraio  1358,  2500  fiorini  (15)  alla 
Camera  apostolica. 

Queste  ricordate  ed  ahre  testimonianze,  simili  a  queste, 
ci  dimostrano  che  in  quei  tempi  il  provento  principale,  in 

(i)  /.  E.  81,  e.  3  B.  (2)  7.  E.  32,  e.  3  B.  (3)  /.  E.  ivi. 
(4)  /.  E.  119,  e.  3  B.  (5)  /.  E.  119,  e.  5  B.  (6)  LE.  136,  e.  3. 
(7)  /.  E.  146,0.  7  B.  (8)  /.  E.  150,  e.  3.  (9)  /.  E.  177,  e.  I  B. 
(io) /.  £.  209,  e.  2,  (11) /.  £.  209,  e.  3.  (12)/.  £.  265,00.  17  B-18. 
(13)  7.  E.  278,0.  3.        (14)  7.  £.283,  0.  2.         (15)  LE.  286,  0,  I. 


504  G.  oArìas 


ordine  ai  censi  regi,  veniva  dal  re  di  Sicilia  e  dal  re  d'In- 
ghilterra, ossia  che  le  nominate  due  terre  eran  quelle  che 
dovevano,  oltre  a  tutti  gli  altri  aggravi,  sobbarcarsi  ad  un 
onere  speciale  di  non  lieve  peso. 

Di  maggiore  e  più  decisiva  importanza  è  un'altra  inda- 
gine della  stessa  categoria.  In  quale  proporzione  stanno  fra 
loro  i  proventi  delle  varie  collettorìe,  destinate  a  raccogliere 
le  contribuzioni  dirette  de'  diversi  paesi  alla  Chiesa?  (i) 
Qua  l'indagine  è  assai  più  laboriosa. 

Nel  riferire  i  risultati,  tengo  separati  per  maggior  chia- 
rezza e  perchè  appaia  all'occhio  del  lettore  più  spontanea 
la  conclusione,  i  proventi  italiani  da  quelH  stranieri. 

1321.  Proventi  stranieri.  Il  io  gennaio  13 21  il  collet- 
tore «  censuum  Romane  Ecclesie,  qui  vocantur  denarii  Beati 
«  Petri  »,  sborsa  749  fiorini  d'oro  raccolti  nella  Svezia  (2), 
per  mezzo  dei  Peruzzi. 

1 320-1 321.  Proventi  italiani.  Il  25  aprile  132 1  il  ret- 
tore di  Benevento  e  della  Campania  fa  assegnare  alla  Ca- 
mera per  mezzo  dei  Peruzzi,  per  varie  decime  colà  raccolte, 
2379  fiorini  d'oro  e  9  carlini  d'argento  (3)  e  il  17  giugno, 
per  mezzo  degli  Acciaioli,  300  fiorini  d'oro  (4)  e  il  19  ago- 
sto 1321,  per  mezzo  de'  Bardi,  2531  fiorini  d'oro,  5  soldi  e 
4  danari  viennesi  (5). 

1322.  Proventi  italiani.  \\  i  febbraio  i  Peruzzi  della  teso- 
reria della  Marca  Anconetana  assegnano  397  fiorini  d'oro  (6); 
il  30  agosto  3000  fiorini  d'oro,  per  la  stessa  causa  (7);  il 
24  decembre  272  libre  e  2  soldi  di  giuliati  d'argento  per 
il  distretto  di  Benevento  e  della  Campania  (8). 

1323.  Proventi  italiani.  Il  tesoriere  di  Benevento,  per 
mano  de' Peruzzi,   1000  fiorini  (9),  il   17  maggio. 

(i)  Sulle  fonti  delle  collettorie  (annatae  dei  benefici  vacanti,  de- 
cime &c.)  cf.  Kirsch,  L'administration  des  finances  pontificales  in  Rev. 
hist.  eccl  1900,  p.  283  sgg.  (2)  /.  E.  40,  e.  i  b.  (3)  7.  E.  40, 
e.  26  B.  (4)  Ivi,  e.  26  B.  (5)  Reg.  Av.  47,  e.  509.  (6)  Reg.  Av.  47, 
e,  509  B.         (7)  Ivi,  e.  587.         (8)  Ivi,  e.   588.         (9)  Ivi,  e.  590. 


^'Per  la  storia  economica  del  sec.  XIV  305 

1324.  Proventi  italiani.  Il  rettore  della  Campania,  per 
mezzo  dei  Peruzzi,  il  12  marzo,  1655  fiorini  d'oro  (i);  il 
tesoriere  della  stessa  regione  il  17  novembre,  per  mezzo 
dei  Bonaccorsi,  21 19  fiorini  d'oro  e  8  soldi   viennesi  (2). 

1325.  Proventi  italiani.  Il  14  giugno,  per  mano  dei  Bo- 
naccorsi, 830  fiorini  d'oro,  16  soldi,  8  danari  viennesi,  dal  te- 
soriere della  diocesi  e  distretto  di  Benevento  (3);  il  12  set- 
tembre dal  rettore  «  Campanie  ac  Maritime  »  3000  oncie 
d'argento  (4),  per  mezzo  dei  Bonaccorsi. 

1326.  Proventi  italiani.  Il  16  gennaio,  il  tesoriere  bene- 
ventano 837  fiorini  d'oro,  4  soldi  e  6  danari  viennesi,  per 
mezzo  dei  Bonaccorsi  (5);  il  22  agosto  il  tesoriere  della 
Marca  Anconetana,  per  mezzo  dei  Bonaccorsi,  925  fiorini 
d'oro  e  2  soldi  viennesi  (6). 

1333-133 4.  Proventi  stranieri.  Il  2  settembre  1333  il 
nunzio  inglese  paga,  del  denaro  raccolto  «  in  partibus 
((  Anglie,  Ibernie  et  Wallie  >>,  sia  pei  frutti  dei  benefici  va- 
canti che  delle  decime,  del  denaro  di  S.  Pietro  e  dei  legati 
di  Terra  Santa,  per  mezzo  di  Matteo  Villani,  de'  Bonaccorsi, 
8421  fiorini  d'oro  e  un  danaro  sterlino  d'argento;  il  17  no- 
vembre per  mano  dei  Bardi  9474  fiorini  d'oro,  il  17  no- 
vembre del  pari,  per  mezzo  degli  Acciaioli,  421 1  fiorini  d'oro 
e  per  mezzo  dei  Peruzzi  9143  fiorini  d'oro;  il  7  giugno  1334 
per  mezzo  delle  quattro  compagnie  Acciaioli,  Peruzzi,  Bardi 
e  Bonaccorsi  complessivamente  45  570  fiorini  d'oro  e  2  da- 
nari sterlini  (7). 

Come  si  vede  dunque,  in  questi  anni  dall'  Inghilterra 
provengono  enormi  quantità  di  danaro. 

1335.  Proventi  italiani.  Il  9  decembre  il  nunzio  apo- 
stolico in  Toscana  assegna,  per  mezzo  degli  Acciaioli, 
1940  fiorini  d'oro  (8).   —  Proventi  stranieri.  Il   nunzio  in 


(I)  /.  E.  57,  e.  26  B.  (2)  7.  E.  58,  e.  132.         (3)  I.  E.  58, 

e.  135  B.         (4)  /.  E.  72,  e.  3.        (5)  /.  E.  72,  e.  20.         (6)  /,  E. 
81,  e.  18.         (7)  /.  E.  136,  ce.  20-21.        (8)  /.  E.  146,  e.  19. 


$o6  G,  Q/lrias 


«  Anglia,  Wallia  et  Ibernili  »,  per  mano  degli  Acciaioli,  di 
vari  proventi,  3122  fiorini  d'oro,  e  il  13  luglio  il  nunzio 
«  in  regno  Castelle  »,  300  fiorini  d'oro,  384  regali  d'oro  e 
400  doppie  (i). 

1336.  Proventi  stranieri.  Il  15  maggio,  il  nunzio  in  In- 
ghilterra, per  mezzo  dei  Bardi,  dei  Peruzzi,  degli  Acciaioli 
e  degli  Alberti,  assegna  9729  fiorini  d'oro,  23  danari  ster- 
lini  d'argento  (2)  ;  il  nunzio  di  Polonia,  l'S  novembre,  per 
mano  dei  Bardi  1681  fiorini  (3).  Vari  proventi  da  provincie 
francesi. 

1337.  Proventi  stranieri.  Per  proventi  d'Inghilterra  (4) 
i  Bardi,  gli  Alberti,  i  Peruzzi  e  gli  Acciaioli  pagano,  il 
19  marzo,  1500  fiorini  d'oro  per  ciascuna  compagnia,  il 
2  aprile  gli  Acciaioli  dei  proventi  de'  benefici  vacanti  della 
diocesi  di  Rheims  assegnano  circa  2500  fiorini  (5),  il  24  mag- 
gio i  Bardi,  per  incarico  del  nunzio  in  «  regnis  et  terris 
((  Castelle  et  Legionis  »,  915  regali  e  2000  regali  d'oro  (6). 

1338.  Proventi  italiani,  i  decembre,  il  collettore  «regni 
«  Sicilie  citra  Pharum  » ,  per  mezzo  degli  Acciaioli,  800  fio- 
rini (7).  -  Proventi  stranieri,  d' Inghilterra,  per  mano  dei 
Bardi,  3600  fiorini  (8),  della  provincia  Senonense  il  23  de- 
cembre, per  mano  degli  Acciaioli,  1000  fiorini  (9),  della 
provincia  di  Rheims,  il  2 1  marzo,  per  mano  degli  Acciaioli, 
784  scudati,  215  reali,  411  fiorini,  19  soldi  e  2  danari 
tornesi  e  il  23  decembre,  1996  scudati,  212  reali  e  31  fio- 
rini (io).  -  Proventi  misti,  il  4  luglio,  il  nunzio  «  in  par- 
«  tibus  Lombardie  et  |^Romanie»,  1485  fiorini  d'oro  per 
mano  degU  Acciaioli  e  1475  per  mano  dei  Bardi  (11). 

1339.  Proventi  italiani.  Il  25  maggio  il  collettore  dei 
benefici  vacanti,    decime,  legati  e   censi  in  varie  provincie 


(^i) /.£".  146,  ce.  33,45.  (2) /.  £".  1 50,  e.  29,  (3)  Ivi,  e.  24  B. 
(4)  /.  E.  161,  e.  20.  (3)  /,  E.  161,  e.  34.  (6)  /.  E.  161,  e.  50. 
(7)  /.  E.  170,  e.  48.  (8)  /.  E.  170,0.  22.  (9)  /.  E.  170,  e.  33. 
(io)  /.  E.  170,  e.  37.        (11)  /.  E.  170,  e.  18. 


Ter  la  storia  economica  del  sec,  XIV         307 

Venete,  Lombarde  ed  Emiliane,  per  mano  degli  Acciaioli, 
4000  ^orìm  (^i).- Proventi  stranieri. 1\  21  gennaio  il  nunzio 
d' Inghilterra,  per  mezzo  degli  Alberti^  2400  fiorini  d'oro  (2); 
per  danaro  ricevuto  in  Fiandra,  della  provincia  di  Rheims, 
gli  Acciaioli  assegnano  1935  fiorini  d'oro,  3  soldi  e  7  da- 
nari (3). 

1340.  Proventi  italiani.  Il  27  marzo  il  collettore  dei  be- 
nefici vacanti  nel  regno  di  Sicilia  al  di  qua  del  Faro  as- 
segna, per  mano  degli  Acciaioli,  1000  fiorini  e  per  mano 
dei  Bonaccorsi  500  fiorini,  e  il  25  agosto  altri  1000  per 
mezzo  degli  Acciaioli  (4).  -  Proventi  stranieri.  I  Bardi  in 
tre  volte,  dall'ultimo  di  febbraio  al  penultimo  d'agosto,  as- 
segnano per  danaro  ricevuto  a  Londra  dal  nunzio  inglese 
2667  fiorini  (5).  -  Proventi  misti.  Dal  collettore  dei  benefici 
vacanti  ed  altri  proventi  nelle  provincie  «  Mediolanensi, 
«Aquilegensi  et  Gradensi  )>  1500  fiorini  d'oro  il  i''  giugno 
per  mano  degli  Acciaioli  (6)  ed  il  28  aprile,  1300  senza  la 
trasmissione  dei  mercanti. 

1341.  Proventi  italiani.  Il  vicerettore  di  Benevento,  per 
mezzo  de' Bonaccorsi,  2714  fiorini  d'oro  e  7  giuliati  d'ar- 
gento (7),  il  6  luglio  e  per  mano  degli  Acciaioli  2719  fio- 
rini d'oro  e  4  giuliati  d'argento,  e  il  24  decembre,  per  mano 
dei  Bonaccorsi,  1 940  fiorini  d'oro  ;  il  collettore  dei  fi-utti 
de'  benefici  vacanti  in  Toscana  2000  fiorini  d'oro  (8).  - 
Proventi  stranieri.  Dal  collettore  inglese,  per  vari  proventi 
e  per  mano  de'  Bonaccorsi,  6315  fiorini  d'oro  e  20  soldi 
di  moneta  corrente  (9).  Nello  stesso  anno  altri  proventi  dal 
Portogallo  e  dalla  Castiglia. 

1 342.  Proventi  italiani.  Il  vicerettore  beneventano  1062  fio- 
rini d'oro,  9  giuliati  d'argento,  per  mano  degli  Acciaioli  (io). 


(i)  /.  E  177,  e.  54.         (2)  /.  E.  177,  e.  23.        (3)  /.  E.  177, 
e.  36.  (4)  /.  E.  1,85,  ce.  17  B,  21  B.         (5)  /.  E.  185,  e.  27  sg. 

(6)  Ivi,  e.  50.       (7)  /.  E.  190,  e.  21  sgg.       (8)  Ivi,  e.  42.        (9)  /.  E. 
190,  e.  24.        (io)  /.  E.  193,  e.  8. 


3o8  G.  oArias 


1343.  Proventi  stranieri.  Dal  nunzio  inglese  il  25  feb- 
braio, il  7  maggio,  il  15  maggio,  in  tutto  13  000  fiorini 
d'oro  per  mezzo  degli  Acciaioli  e  dei  Malabaila  Astigiani  (i), 
I  settembre  altri  io  000  fiorini,  per  mezzo  dei  Malabaila  (2), 
il  r6  settembre  dai  Malabaila  Astigiani  4500  fiorini,  somma 
loro  assegnata  a  Bruges  (3),  il  14  giugno  Francesco  Ba- 
ralli,  mercante  avignonese,  assegna  1000  fiorini  di  1916  ch'e- 
gli doveva  per  essere  stati  assegnati  dal  collettore  aposto- 
lico in  Cipro  (4),  Giacomo  Malabaila,  del  danaro  del  nunzio 
in  Polonia  e  Ungheria,  assegna  1433  danari  «ad  angelum 
«  de  secundo  cugno  »,  19  tornesi  grossi,  4  danari  di  moneta 
avignonese  (5)  ed  altre  minori  somme.  Inoltre  vari  altri 
proventi  da  provincie  francesi  e  dal  Portogallo.  -  Proventi 
italiani.  Il  29  aprile  dalla  Toscana,  300  fiorini  (6),  il  5  lu- 
glio dalla  Sardegna,  1000  fiorini  (7). 

1344.  Proventi  italiani.  Il  12  gennaio  dal  rettore  bene- 
ventano, per  mezzo  di  Giacomo  Malabaila  Astigiano  e  soci, 
5000  fiorini  (8),  il  9  dicembre  dalla  Sicilia  1493  fiorini  (9), 
dal  13  marzo  al  14  aprile  1344  il  nunzio  «in  Tuscia  et 
«  Ripparia  lanuensi  »  per  mano  di  diversi  piccoli  mercanti  di 
Firenze  e  Siena  (io), successivamente  200,  580,400  e  670  fio- 
rini, dal  collettore  in  Lombardia  de'  benefici  vacanti,  500  fio- 
rini il  17  agosto,  il  29  ottobre  300  per  mano  dei  Malabaila, 
il  21  ottobre  500  per  mano  d'un  ecclesiastico  e  per  un  mer- 
cante avignonese,  il  io  novembre,  altri  300  (11).  -  Proventi 
stranieri.  Il  20  luglio  dall'  Inghilterra  4000  fiorini,  interme- 
diari i  Malabaila  (12),  il  18  giugno  da  Cipro  916  fiorini  (13) 
ed  altri. 

1345.  Proventi  italiani.  Dal  15  al  28  gennaio  successi- 
vamente, per    mano  di   vari   piccoli   mercanti   fiorentini  e 

(i)  7.  E.  202,  e.  24sgg.  (2)  /.  £".  209,  e.  42.  (3) /.  £".  209, 
e.  33.  (4)  I.  E.  209,  e.  61.  (5)  /.  E.  209,  e.  6).  (6)  /.  E.  202, 
e- 37-  (7) /.  £.  209,  e.  45.  (8)  7.  £".  209,  e.  36.  (9)7.  £".  216,  e.  80. 
(io)  7.  E.  209,  e.  66,  (11)  7.  E.  216,  e.  75.  (12)  7.  E.  216,  e.  46. 
(13)  7.  E.  216,  e.  72. 


Per  la  storia  economica  del  sec.  XIV  309 

pisani,  si  assegnano,  dal  collettore  in  Toscana,  2150  fiorini 
d'oro  (i),  il  4  febbraio,  1000  fiorini  dal  tesoriere  del  ducato 
di  Spoleto,  per  anticipazione  fattane  da  Pietro  Niccolucci, 
senese  (2),  ed  altri  1000  il  16  marzo;  il  4  febbraio  3200  fio- 
rini dall'arcivescovo  di  Brindisi  per  mezzo  dei  Malabaila  (3); 
il  2  giugQO  dal  rettore  del  Patrimonio  di  S.  Pietro  in  To- 
scana, per  anticipazione  del  Niccolucci,  2000  fiorini  (4),  dal 
26  agosto  al  19  decembre  dalla  Sicilia  oltre  éooo  fiorini, 
intermediarli  mercanti  genovesi  ed  astigiani  (5),  dalla  Lom- 
bardia, dal  19  maggio  al  2  decembre,  oltre  3000  fiorini  (6).  - 
Proventi  stranieri.  Dal  nunzio  in  Inghilterra  il  4  febbraio, 
per  mano  di  Giacomo  Malabaila,  si  assegnano  987  fiorini, 
2  soldi  e  2  denari  sterlini  (7)  ed  il  19  maggio  dallo  stesso, 
per  mezzo  dello  stesso,  4000  fiorini  d'oro  (8);  il  18  giugno 
Francesco  Baralli  Avignonese,  del  danaro  raccolto  in  Cipro, 
assegna  io  16  fiorini,  8  tornesi  grossi  (9)  ed  altri  dalla  Nor- 
vegia (700  fiorini)  e  da  provincie  francesi. 

1346.  Proventi  italiani.  Dalla  collettoria  di  Toscana,  dal 
2  gennaio  al  7  aprile,  io  500  fiorini  (io);  dalla  collettoria 
di  Sicilia  il  18  febbraio  e  il  3  marzo  6750  fiorini  (11); 
dalla  Lombardia  r8  marzo  3000  fiorini  (12);  dalla  Sicilia 
dall'i I  giugno  al  io  novembre 7500  fiorini  (13);  dalla  Lom- 
bardia e  dal  ducato  di  Spoleto  dal  2  giugno  al  4  dicembre 
25  140  fiorini  (14);  dalla  Sardegna  dal  giugno  all'ottobre 
540  fiorini  (15).  Sono  intermediarli  ed  anticipano  le  somme 
per  mezzo  di  cambi,  vari  banchieri  fiorentini,  e  specialmente 
i  Bardi  della  Corona. 

1346.  Proventi  stranieri.  Dall'Inghilterra  il  2  giugno, 
per  mezzo  dei  Malabaila,  4000  fiorini  (16)  e  dal  regno  di 

(Oi.^.  216,  e.  77.  (2)/.  £".  216,  ce.  37  B-38  R.  (3)/.  £■.  216, 
C.80.  (4)  /.  £".  236,  e.  21.  (5)  /.  £.236,0.  51.  (6)/.£.236, 
e.  52.  (7)   /.  E.    216,    e.  37  B.  (8)    /.  E.    236,  e.  27. 

(9)  /.£.  236,0.  43.  (io)  /.  E.  236,  e.  48  sgg.  (Il)  I.  E.  236, 
e.  51  sgg.  (12)  /.  E.  236,  e.  )2B.  (13)  /.  E.  243  ce.  62,623. 
(i4)/.£.  243,c.63sg.         (15)  /.  £.243,  e.  50.       (16)/.  £.243,  e.  34. 


310  G,  oArias 


Cipro,  il  IO  luglio,  361  fiorini  e  8  tornesi  grossi  per  mezzo 
del  Bardili  d'Avignone  (i);  l'ultimo  gennaio  dalla  Polonia 
ed  Ungheria,  per  mezzo  dei  Malabaila,  508  fiorini  e  1 1  tor- 
nesi grossi  (2). 

1347.  Proventi  italiani.  Il  25  maggio,  dal  collettore  di 
Lombardia,  per  mano  dei  Malabaila,  1528  fiorini  di  buon 
peso,  di  Firenze,  e  nello  stesso  giorno  altri  471  fiorini  (3); 
il  lé  ottobre  dal  collettore  di  Sicilia,  per  opera  dei  Bardi 
nuovi,  4500  fiorini  di  Firenze  (4),  il  13  novembre  dal  col- 
lettore di  Sardegna  250  fiorini  dopo  averne  ricevuti  altri  150, 
il  6  (5).  -  Proventi  stranieri.  Il  3  novembre  dal  collettore 
di  Bourges,  per  mano  d'un  ecclesiastico,  928  tornesi  grossi 
e  16  danari  e  prima  e  dopo  altre  somme  (6),  l'i  i  decembre 
dal  collettore  inglese  4000  fiorini  di  Firenze  (7),  nonché 
vari  altri  dalle  provincie  fi-ancesi  di  Auch,  Bordeaux,  Tours, 
Rouen,  Rheims,  Arles,  Embrun  e  da  quella  di  Colonia. 

1348.  Proventi  italiani.  Dal  3  gennaio  al  27  marzo 
3000  fiorini  dal  collettore  di  Lombardia  (8),  il  15  ottobre 
2456  fiorini  dai  Bardi  per  lo  stesso  provento  di  Lombar- 
dia (9),  il  19  decembre  per  la  collettoria  di  Sicilia  dagli 
stessi  500  fiorini  (io)  e  dalla  Toscana  e  Liguria  il  5  agosto 
674  fiorini  (11).  -  Proventi  stranieri.  Il  penultimo  febbraio 
dalla  collettoria  di  Polonia  e  d'Ungheria,  per  mano  dei  Mala- 
baila, 21 51  scudi  d'oro,  16  grossi  di  Fiandra  (12)  e  il  27  mag- 
gio 1526  scudati  d'oro  (13);  r8  agosto  dal  collettore  d'In- 
ghilterra, per  mano  degli  stessi  Malabaila,  3000  fiorini  (14), 
nonché  altri  dalle  solite  provincie  fi-ancesi  e  dai  regni  d'Ara- 
gona, Valenza  e  Maiorca  dal  3  luglio  al  15  ottobre  io  500  fio- 
rini, 800  scudati  ed  oltre  (15). 

(i)  /.  E.  243,  e.  54.       (2)  I.  E.  236,  e.  47.  (3)  /.  E.  250, 

e.  58.        (4)  /.  E.  250,  e.  57.        (5)  /.  E.  250,  e.  47.  (6)  /.  E.  250, 

e.  53.      (7)  /.  £".  250,  e.  38.       (8)  /.  E.  250,  e.  58  B.  (9)/.  £".210, 

e.  53.        (io)/.  £".  210, e.  58.       (11)/.  £.  210,  e.  55.  (12)/.  £".  250, 

e.  51.  (13)  LE.  210,  e.  54.  (14)  LE.  210,  e.  38.  (15)  /. 
E.  210,  e.  59. 


'Ver  la  storia  economica  del  sec.  XIV  3 1 1 

1349.  Proventi  italiani  e  stranieri.  Il  13  febbraio,  per  mano 
dei  Bardi  nuovi  e  di  altri,  dal  collettore  dei  benefici  vacanti  in 
Toscana  3000  fiorini  (i),  e  il  1°  aprile  dallo  stesso,  per  mano 
di  Lapo  di  Ruspo,  piccolo  banchiere  fiorentino,  1000  fiorini  (2) 
e  lo  stesso  giorno,  sempre  per  lo  stesso  provento,  2000  fiorini 
per  mano  dei  Bardi,  che  già  innanzi,  a  quanto  si  afferma,  ne 
avevano  dati  per  lo  stesso  motivo  altri  1000  (3)  e  il  13  feb- 
braio 1000  fiorini  dalla  Toscana  e  Liguria  (4)  e  molti  altri 
dalle  Provincie  francesi  (5),  il  29  maggio  dalla  Toscana  e  «Ri- 
«  paria  lanuensi  »  2000  fiorini  e  il  21  luglio  dalla  Lombardia 
2500  fiorini  (6)  ed  altri  da  Cipro,  Aragona,  Valenza  e  Maiorca. 

1350.  Proventi  italiani  e  stranieri.  Dall'Inghilterra  nel 
gennaio  e  nel  febbraio  13  357  fiorini,  undici  soldi,  4  de- 
nari (7);  dalla  Toscana  8700  fiorini  (8);  il  24  luglio  dal  col- 
lettore inglese,  per  mano  dei  Malabaila,  4000  fiorini  (9)  e 
vari  dalle  solite  provincie  francesi. 

13  51.  Proventi  italiani.  Il  io  decembre,  per  mezzo  di 
un  mercante  lucchese,  2000  fiorini  dal  collettore  di  To- 
scana e  Provincie  confinanti,  che  già  altri  2258  ne  aveva 
sborsatili  1°  luglio  (io).  -  Proventi  stranieri.  Il  3  agosto  dal- 
l'Inghilterra, intermediarli  i  Malabaila,  3000  fiorini  (11);  il 
20  agosto,  per  mano  di  Niccolò  Dotta,  mercante  di  Mon- 
talbo,  circa  16  000  fiorini,  dal  regno  d'Aragona  (12);  il  3  set- 
tembre da  Cipro,  per  mezzo  di  un  mercante  narbonese, 
2000  fiorini  (13);  il  7  novembre  dalla  provincia  di  Rheims, 
per  mano  di  un  mercante  lucchese,  197  fiorini  (14),  ed,  oltre 
le  solite  Provincie  francesi,  rilevanti  proventi  dal  Portogallo, 
dalla  Polonia  ed  Ungheria,  dalla  Danimarca  e  Svezia. 

(i)  7.  E.  210,  e.  55.  (2)  /.  E.  210,  e.  55  B.  (3)  1.  E.  210, 
C.55  B.  (4)  /.  E.  210,  e.  55.  (5)  I.  E,  260,  e.  43  sg.  (6)  /.  E.  260, 
ce.  56-57.  Nonostante  che  sien  messi  sotto  il  titolo  «Tuscia»  si  dice 
nel  testo  che  sono  stati  sborsati  a  Venezia  dal  collettore  dei  benefizi 
vacanti  colà.  (7)  /.  E.  260,  e.  42.  (8)  I.  E.  260,  ce.  57,  57  b. 
(9)  /.  £.  261,  e.  42.  (io)  /.  E.  263,  e.  50.  (Il)  /.  E.  263,  e.  33. 
(12)  /.  £.  263,c.  54.         (13)  /.  £.263,  e.  53.        (14)  /.£.  263,0.41. 


312  G.  oArias 

1352.  Praventi  italiani.  Il  20  aprile  dalla  collettoria  di 
Lombardia  e  provincie  confinanti  6000  fiorini,  per  mano 
di  mercanti  lucchesi  (i);  il  12  giugno,  per  mano  di  piccoli 
mercanti,  dalla  collettoria  di  Toscana,  2000  fiorini  (2).  - 
Proventi  stranieri.  Il  14  aprile  (3)  dalla  collettoria  di  Rheims, 
per  mano  di  mercanti  lucchesi,  1800  scudi  nuovi  «  de  signo 
«  Philippi  »,  e  93  scudi  antichi;  dal  giugno  al  decembre  dalla 
collettoria  di  Bourges  4947  fiorini,  957  scudi  ed  oltre; 
non'chè  altri  proventi  da  Kòln  (Germania),  dai  regni  d'Ara- 
gona &c.  (4). 

1353.  Proventi  italiani.  Il  4  aprile,  1 1 90  fiorini  dal  col- 
lettore di  Toscana,  per  mezzo  di  Giudetto  Rossiglioni  (5)  ; 
l'ultimo  d'aprile  e  il  28  settembre  dalla  «Lombardia» 
4000  fiorini  (6).  -  Proventi  stranieri.  Dalla  Svezia  e  Norvegia 
4500  fiorini  il  21  febbraio  (7)  ed  altri  dal  Portogallo  e  pro- 
vincie fi-ancesi. 

1354.  Proventi  stranieri.  Dall'Inghilterra  in  due  volte, 
per  mezzo  dei  Malabaila,  il  7  febbraio  e  il  29  decembre, 
9000  fiorini  (8)  ;  il  20  novembre  dal  collettore  di  Polonia 
ed  Ungheria,  per  mezzo  dei  Malabaila,  4263  fiorini,  13  soldi, 
8  denari  (9)  ed  altri  dalle  provincie  Francesi,  da  Kòln, 
dai  regni  di  Castiglia  e  d'Aragona. 

1355.  Proventi  italiani.  Dalla  Sardegna  il  7  maggio 
300  fiorini  (io).  -  Proventi  stranieri.  Dall'Inghilterra  dal 
13  febbraio  al  29  decembre  fiorini  4701,  29  soldi,  4  da- 
nari (11);  dalla  Polonia  ed  Ungheria,  per  mano  dei  Mala- 
baila (12),  il  6  febbraio,  1686  fiorini,  3  soldi,  io  danari  e 
il  2  aprile,  1445  fiorini,  6  soldi,  8  danari  ;  dalla  Svezia, 
sempre  per  mezzo  dei  Malabaila  o  direttamente,  476  scudi  e 


(i)  /.  E.  263,  e.  48.        (2)  /.  E.  265,  e.  27.        (3)  /.  E.  263, 
e.  41.  (4)  /.  E.  265,  ce.  28-28  B.  (5)  /.  E.  270,  e.  9B. 

(6)  /.  E.  270,  ce.  II  B,  29.  (7)  /.  E.  270,  e  4.  (8)  /.  E.  272, 
e.  39.  (9)  /.  E.  272,  e.  56.  (io)  I.  E.  277,  e.  60.  (11)  /.  E.  l'j'j, 
e.  49.        (12)  /.  E.  277,  e.  66. 


T^ev  la  storia  eco?iomica  del  sec.  XIV  313 

mezzo  «  Philippi    boni    ponderis  »  (i)  ed  altri    dalle  solite 
Provincie  francesi. 

1356.  Proventi  stranieri.  Dall'Inghilterra  il 
1000  fiorini  (2);  dalla  collettoria  di  Rheims  il 
256  fiorini,  154  scudi  di  Filippo,  360  montoni,  11  soldi  e 
6  danari  di  moneta  avignonese  e  l'ii  agosto  300  fio- 
rini, 309  scudi,  1209  montoni  (3);  il  16  settembre  dalla 
collettoria  del  Portogallo  8éo  fiorini  ed  altre  piccole  somme 
prima  e  dopo  (4);  il  7  gennaio  dalla  Polonia  ed  Ungheria 
203  fiorini,  17  soldi  e  4  danari,  l'ultimo  maggio  12  000  fio- 
rini, il  6  agosto  4000  fiorini,  sempre  per  mezzo  dei  Ma- 
labaila  (5);  il  17  maggio  dalla  collettoria  di  Bourges  per 
mano  di  Niccolò  Dini  di  Firenze  200  fiorini  e  il  26  luglio 
400  fiorini  ed  oltre  2000  direttamente  (6);  il  14  novem- 
bre dalla  collettoria  di  Cipro,  per  mezzo  di  un  mer- 
cante narbonese,  2000  fiorini  (7)  ;  dalla  collettoria  d'Ara- 
gona, Valenza  e  Maiorca  l'ii  marzo  4872  fiorini,  il  17 
marzo  11 28  fiorini,  il  19  marzo  1279  fiorini,  12  soldi,  4  da- 
nari, nel  maggio  circa  6000  fiorini,  il  24  giugno  350  fio- 
rini (8)  ;  dalla  Danimarca,  Svezia  e  Norvegia,  1'  8  agosto, 
1500  fiorini,  per  mano  degli  Alberti  antichi  (9),  dalla  Scozia 
il  26  novembre  100  fiorini,  30  scudi  (1*0),  dalla  Boemia 
3307  fiorini,  18  soldi,  8  denari (11),  per  mano  dei  Malabaila. 

1357.  Proventi  stranieri.  Il  4  gennaio  dal  Portogallo 
2000  fiorini  e  nei  mesi  seguenti  più  di  8000  (12);  il  4  ago- 
sto dal  collettore  in  Danimarca,  Svezia  e  Norvegia  550  fio- 
rini (13),  dall'Inghilterra  5000  fiorini  (14)  ed  altri  dalle 
solite  Provincie  fi'ancesi. 


(i)  /.  E.  277,  e.  75.  (2)  /.  E.  278,  e.  45.  (3)  /.  E.  278, 
e.  54.  (4)  1.  E.  278,  e.  59.  (5)  /.  E.  278,  e.  62.  (6)  /.  E. 
278,  e.  64  B.  (7)  /.  E.  278,  e.  67.         (8)  /.  E.  278,  e.  68  sgg. 

(9)  /.£.  278,0.71.  (IO)  /.  E.  278,0.  72.  (ir)  /.£.  278,0.73. 
(12)  LE.  282,  e.  58.  (13)  /.  E.  282,  e.  69.  (14)  /.  E.  282,  e.  non 
num.  sotto  la  rubrica:  «  Collector  Anglie».  Sembra,  per  quanto  con- 
sente la  scrittura  scolorata,   che   si  legga:  «  .VM.  fior.  ».. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patrio.  Voi.  XXVIH.      21 


314  ^'  ^rias 


1358.  Proventi  italiani.  L'  11  luglio  dalla  Sardegna 
500  fiorini  e  il  2  agosto  400  fiorini  (i).  -  Proventi  stra- 
nieri. Il  30  agosto  dall'  Inghilterra,  per  mezzo  dei  Mala- 
baila,  4000  fiorini  (2);  dal  Portogallo  il  penultimo  marzo 
3000  fiorini  e  il  14  luglio  645  fiorini  e  20  soldi  (3);  dalla 
collettoria  di  Polonia  ed  Ungheria  1000  fiorini  il  17  feb- 
braio ed  il  3  marzo  2000  fiorini,  per  mano  dei  Malabaila, 
il  12  settembre,  1463  fiorini  e  12  soldi  (4);  dal  collettore  di 
Boemia  il  io  decembre,  intermediarli  sempre  i  Malabaila, 
1784  fiorini  (5),  da  Cipro  2000  fiorini  (6)  e  proventi  delle 
solite  Provincie  firancesi. 

1 3  60.  Proventi  italiani.  L'  8  gennaio  dal  collettore  della 
Lombardia,  per  mano  d'un  mercante  di  Lucca,  2000  fio- 
rini ed  il  30  gennaio  altri  2000  (7);  dal  io  aprile  all'  11  ago- 
sto dei  proventi  di  Sicilia  si  riscuotono  anticipatamente,  per 
cambi  assicurati  sui  proventi  stessi  e  fatti  con  commercianti 
di  Lucca  e  di  Firenze,  7440  fiorini  (8).  -  Proventi  stranieri. 
Il  15  febbraio,  per  mano  dei  Malabaila,  dal  collettore  di  Po- 
lonia e  d'Ungheria  5916  fiorini  della  Camera,  16  soldi  (9); 
dal  collettore  del  Portogallo,  per  mezzo  di  mercanti  geno- 
vesi, in  tre  volte  dal  28  aprile  al  20  novembre,  6000  fio- 
rini (io);  il  12  decembre  dal  collettore  di  Ungheria,  Boemia 
e  Polonia  297  fiorini  e  2  soldi (i  i);  dall'i  i  febbraio  al  12  ago- 
sto circa  3000  fiorini  dal  collettore  di  Cipro,  per  mezzo  di 
mercanti  francesi  (12).  Nello  stesso  anno,  dalla  Germania, 
per  un  «  subsidium  ...loco  decimarumin  provinciis 
«  Alamannie  »,  circa   11  000  fiorini,  in  più  volte  (13). 

13  61.  Proventi  stranieri.  Dal  collettore  di  Cipro,  per 
mezzo  di  cambio  fatto  con  mercanti  francesi,  in   anticipa- 


ci) /.  E.  286,  e.  57.  (2)  I.  E.  286,  e.  46.  (3)  /.  E.  286, 
e.  60.  (4)  /.  £.  286,  ce.  63-63  B.  (5)7.£.  286,c.  73.  {6)  LE. 
286,  e.  67.  (7)  /.  E.  293,  e.  59.         (8)  /.  E.  293,  ce.  64-64  B. 

(9)  /.  E.  293,  e.  60.  (io)  /,  E.  293,  e.  57.  (11)  I.  E.  293, 

e.  35  B.        (12)  /.  E.  293,  ce.  65-65  B.        (13)  /.  E.  293,  e.  85  sgg. 


^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV         315 

zione  2000  fiorini  in  due  volte,  il  30  ottobre  e  il  14  decem- 
bre  (i);  Tu  ottobre  dal  collettore  di  Magonza,  per  mezzo 
dei  Malabaila,  1000  fiorini  (2);  il  29  novembre  dal  collet- 
tore di  Arles,  per  mano  d'un  mercante  avignonese,  138  fio- 
rini, 21  soldi,  4  denari  (3);  il  2  decembre  dal  collettore  di 
Colonia,  per  mezzo  degli  Alberti  antichi  di  Firenze,  2015  fio- 
rini (4);  il  2  aprile,  per  mezzo  d'un  mercante  avignonese, 
1000  fiorini  dal  collettore  di  Lione  (5),  e  l'ultimo  aprile 
altri  2000  fiorini  (6)  ;  l' ultimo  agosto  dal  collettore  di  Por- 
togallo eCastiglia,  per  mano  di  mercanti  fiorentini,  2370  fio- 
rini (7)  ;  il  1 9  aprile  dal  collettore  in  Polonia  ed  Ungheria, 
per  mano  dei  Malabaila,  2000  fiorini  (8). 

1362.  Proventi  stranieri.  Nel  gennaio  dal  collettore  di 
Polonia  ed  Ungheria,  per  mano  dei  Malabaila,  2500  fiorini, 
e  dal  collettore  di  Portogallo,  per  mano  di  alcuni  mercanti 
genovesi,  1000  fiorini  (9);  nel  febbraio  dal  collettore  di 
Polonia  ed  altri  1540  fiorini  (io). 

1363.  Proventi  stranieri.  Il  26  gennaio  dalla  collettoria 
di  Germania  circa  5000  fiorini  ed  altri  minori  proventi  in 
seguito  (11);  dall'  Inghilterra  oltre  9000  fiorini  in  due  volte, 
il  17  giugno  e  il  4  novembre,  per  mezzo  degli  Alberti  an- 
tichi di  Firenze  (12);  il  14  giugno  dal  Portogallo  1000  fio- 
rini (13);  dal  18  gennaio  al  21  agosto,  dalla  collettoria  di 
Rheim.s,  circa  éooo  fiorini  (14);  dalla  collettoria  d'Aragona, 
il  lé  agosto,  2000  fiorini  d'oro  (15),  e  il  27  ottobre  500  (16); 
il  22  agosto  dal  collettore  in  Candia  500  fiorini  (17).  -  Pro- 


(i)  /.  E.  294,  e.  45.  (2)  /.  E.  294,  e.  61.  (3)  /.  £.294, 
e.  34.  (4)  I-  E.  294,  e.  27.  (5)  /.  E.  295,  e.  45.  (6)  L  E. 
295,  e.  45.  (7)  ^-  E.  295,  e.  55  B.  (8)  /.  E.  295,  e.  59. 

(9)  I.  E.  296,  e.  24.  (io)  /.  E.  296,  e.  30.  (11)  I.  E.  304,  alla 
rubrica  di  questo  nome  (è  illeggibile  1'  indicazione  delle  pagine). 
(12)  I.  E.  304,  ind.  prec.  (13)  /.  E.  304,  ind.  prec.  (14)  /.  E. 
-304,  ind.  prec.  (15)  /.  E.  304,  ind.  prec.  (16)  /.  E.  304,  ind. 
prec.         (17)  /.  E.  304,  ind.  prec. 


^j6  G.  oArias 


venti  italiani.  Dalla  collettoria   genovese,  per  mano  di  un 
mercante  genovese,  loo  fiorini,  il  27  settembre  (i). 

1364.  Proventi  italiani.  Il  24  decembre  da  vari  nunzi 
in  Italia,  per  mezzo  degli  Alberti  antichi,  4000  fiorini  (2).  - 
Proventi  stranieri.  Il  5  e  il  14  decembre,  dalla  provincia 
di  Colonia,  per  mezzo  degli  Alberti  antichi,  4919  fiorini  e 
454  scudi  (3);  dall'Inghilterra,  il  27  novembre,  2824  fio- 
rini (4)  ed  altri  dalla  provincia  di  Rheims. 

1365.  Proventi  italiani.  Il  14  gennaio  e  il  15  marzo,  per 
mezzo  degli  Alberti  antichi,  13  000  fiorini  complessiva- 
mente (5);  il  28  novembre,  per  mezzo  degli  stessi,  8871  fio- 
rini, 20  soldi,  8  denari  e  lo  stesso  giorno  923  fiorini  e 
2  soldi  (6).  -  Proventi  stranieri.  Vari  dall'  Inghilterra  e  dalla 
Francia  (in  ispecie  dalle  provincie  del  Rodano  e  della  Senna), 
dalla  Germania  (7). 

1366.  Proventi  stranieri.  Moltissimi  dall'  Inghilterra, 
dalla  Germania,  dalla  Svezia  e  Norvegia,  dalla  provincia  di 
Rheims  e  dalla  Polonia  ed  Ungheria  (8). 

1367.  Proventi  italiani.  Il  io  luglio  dal  collettore  di 
Toscana  e  Lombardia,  per  mezzo  degli  Alberti,  5730  fio- 
rini, 12  soldi,  6  denari  (9).  -  Proventi  stranieri.  Il  15  gen- 
naio dalla  diocesi  di  Magonza,  per  mezzo  degli  Alberti  an- 
tichi, 50  fiorini,  5  20  franchi  (io);  il  18  giugno  dalla  collettoria 
d'Ungheria,  per  mezzo  degli  stessi  mercanti,  713  fiorini, 
16  soldi,  2  denari  (n);  il  28  luglio  dal  collettore  portoghese 
987  fiorini,  4  soldi,  8  danari  (12);  l'ultimo  luglio  dalla  Ger- 
mania 1186  fiorini  (13);  il  7  ottobre  dalla  collettoria  di 
Rheims  1739  firanchi,  8  soldi  (14). 


(i)  /.  E.  304,  ind.  prec.         (2)  /.  E.  ^ij,  e.  231.        (3)  /.  E. 
317,  e.  32.         (4)  /.  E.  317,  e.  34.  (5)  LE.  317,  ce.  23  B-24B. 

(6)  J.  E.  318,  e.  21.  (7)  /.  E.  317,  e.  34  sg.;  318,  e.  33  sg. 

(8)  /.  E.  318,  e.  33  sg.  (9)  /.  E.  327,  e.  36  B.  (io)  /.  E.  327, 
e.  29.  (ti)/.  £.  327,  e.  34.  (12) /.  £.  327,  e.  38.  (i})EE, 
327,  ce,  38B-39.        (14)  /.  E.  327,  e.  43. 


^er  la  storia  economica  del  sec,  XIV         ^ij 

■. 1 

1368.  Proventi  italiani.  Il  13  luglio  gli  Alberti  assegnano 
IO  000  fiorini,  loro  consegnati  in  Bologna  per  proventi 
vari  (i);  dalla  Lombardia,  per  mano  di  Matteo  de' Cardi, 
215  ducati  di  buon  peso,  e  dalla  provincia  Napoletana,  per 
mezzo  di  Francesco  Soderini,  400  fiorini,  il  31  maggio  ed 
altri  proventi  dalle  stesse  regioni,  senza  l'opera  dei  mer- 
canti (2);  il  14  aprile  17 12  fiorini  dalla  Romagna  (3);  il 
9  giugno  dalla  collettoria  di  Toscana  922  fiorini,  16  soldi  e 
6  denari,  e  il  26  luglio  600  fiorini  dalla  collettoria  genovese, 
per  mezzo  degli  Alberti  (4).  -  Proventi  stranieri.  Il  15  marzo 
2879  fiorini  d'oro  dalla  collettoria  di  Germania  ed  altri  as- 
segni (5);  il  26  luglio  dalla  collettoria  di  Tours  3412  fio- 
rini, 18  soldi,  2  danari  (6);  il  27  ottobre  4000  fiorini  dalla 
collettoria  d'Aragona  (7)  ;  dall'  Inghilterra  oltre  8000  fio- 
rini (8).  Nello  stesso  anno  del  pari  altri  assegni  da  Cipro, 
Provincie  fi'ancesi  &c.  (9). 

Ma  è  ormai  tempo  di  far  parlare,  sin  dove  è  possibile, 
queste  cifre  che,  già  per  un  notevole  spazio  di  tempo,  ab- 
biamo raccolte  sui  proventi  delle  collettorie.  Si  osserva  che 
primeggiano,  per  frequenza  ed  importanza,  i  contributi  del- 
l' Inghilterra,  della  Polonia,  dell'  Ungheria,  della  Cermania, 
della  Francia,  mentre  restano  in  seconda  linea  i  proventi  ita- 
liani. E  se  seguitassimo  l'indagine  per  le  altre  minori  fonti 
di  entrata,  troveremmo  costante  la  stessa  proporzione. 

Se  non  che,  prima  di  ricavare  da  questi  fatti  le  conclu- 
sioni opportune,  devesi  proporre  un  altro  problema.  I  da- 
nari cosi  raccolti,  con  sacrificio  preponderante  delle  nazioni 
dell'  Europa  centrale  e  nordica,  come  si  spendono  dalla  Ca- 
mera avignonese?  Si  spendono  a  vantaggio,  quand'anche 
indiretto,  delle  terre  onde  sono  tratti?  Rispondiamo  ponendo 


(i)  /.  E.  325,  e.  22  B.  (2)  /.  E.  325,  e.  29.  (3)  /.  E.  323, 
e.  32.  (4) /.£".  325,  ce.  32-32  B.  (5) /.£.  325,c.  27.  {6)1.  E. 
325,  e.  28  B.  (7)  /,  E.  325,  e.  30  B.  (8)  /.  E.  325,  e.  27. 

(9)  /.  E.  327,  e.  68  sgg. 


3i8  G.  oArias 

_jt 


sotto  gli  occhi  del  lettore  un'altra  prima  e  non  meno  ampia 
serie  di  fatti  ricavati  dalle  stesse  fonti. 

Tra  le  spese  tengono  il  primo  luogo,  nel  nostro  mo- 
mento, per  la  loro  entità  e  straordinaria  frequenza,  quelle 
per  la  guerra  in  Italia,  diretta  specialmente  alla  riconquista 
del  patrimonio  pontificio.  Potrà  il  lettore  farsene  un'  idea 
adeguata,  tenendo  presenti  le  cifre  che  qua  riporto,  per  or- 
dine cronologico. 

1322.  15  giugno,  si  assegnano  agli  Scali  di  Firenze 
20  0.00  fiorini,  ch'essi  debbono  consegnare  in  Italia  al  legato 
pontificio  Bertrando,  per  gli  stipendi  dei  militi  (i);  altri 
40  000  Vii  novembre  agli  stessi  pel  medesimo  fine  (2). 

1323.  22  aprile.  Allo  stesso  Bertrando  20000  fiorini, 
per  mezzo  degli  Scali  (3),  e  il  9  maggio,  per  mezzo  dei 
Bardi  e  dei  Peruzzi,  20  000  (4),  e  40  000  il  5  giugno,  per 
mano  d' un  ecclesiastico  (5).  Altri  assegni  nei  mesi  seguenti, 
come  nell'ottobre  (6). 

1324.  Nel  novembre  (il  14  e  il  17)  e  nel  decembre  (il  3) 
40  000  fiorini,  per  mezzo  degli  Scali  e  degli  Acciaioh  (7). 

1325.  Dal  febbraio  al  luglio  80000  fiorini  (8);  nel- 
l'agosto e  nel  settembre  50  000  (9),  per  mezzo  degli  Ac- 
ciaioli e  di  due  ecclesiastici. 

1326.  Dal  gennaio  al  luglio  oltre  192000  fiorini,  per 
mezzo  degli  Acciaioli,  Bardi,  Peruzzi,  Bonaccorsi  (io);  il 
28  decembre  60  000  fiorini  (11),  per  mezzo  di  ecclesiastici. 

1327.  Il  18  marzo  éo  000  fiorini,  il  25  maggio  100  000, 
il  6  luglio  altri  100  000  (12),  per  mezzo  di  ecclesiastici. 


(i)  Reg.  Av.  Giov.  XXII,  47,  e.  541  b,        {2)  Reg.Av.4j,  e.  620  b. 
(3)  Reg.  Av.  47,  e.  624.  (4)  Reg.  Av.  47,  e.  624  b.         (5)  Reg. 

Av.  47,  e.  625  B.  (6)  /.  E.  57,  ce.   99,  99  B.  Cf.  Davidsohn, 

Forschungen  :(tir  Geschichte  von  Florenz^,  Florenz,  1903,  III,  163  sgg. 
(7)  /.  E.  58,  ce.  175,  176.  (8)  I.  E.  58,  ce.  178-181.  (9)  /.  E. 
72,  ce.  65,  65  B.  (io)  /.  E.  72,  ce.  72-75  B.  (11)  /,  E.  81,  e.  61. 
(12)  /.  E.  81,  ce.  62  B,  64,  6). 


T^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV  319 

1328  (ottobre-decembre),  65  000  fiorini,  per  mezzo  dei 
soliti  banchieri  (i). 

1329  (gennaio-agosto),  oltre  no  000  fiorini,  per  lo 
stesso  mezzo  (2)  ;   (ottobre-decembre),  70  000   fiorini  (3). 

1330  (aprile-luglio),  70000  fiorini  (4). 

^ììì  (settembre-decembre),  50000  fiorini  (5). 

1334  (gennaio-luglio),  70000  fiorini  (6). 

1350  (maggio-luglio),  per  mezzo  di  varie  compagnie 
lucchesi  e  fiorentine,  si  mandano  a  Giovanni  di  Alberto 
degli  Alberti,  tesoriere  della  guerra  in  Romagna,  30  000  fio- 
rini, 56  soldi  e  IO  danari  (7).  In  tale  anno  si  apprende  che 
fiarono  levati  dal  tesoro  particolare  del  papa  3  6  000  fiorini 
per  destinarli  alle  spese  della  guerra,  oltre  quelli  che,  come 
al  solito,  si  cavarono  dalle  entrate  ordinarie  (8).  Altri 
50000  fiorini  si  mandano  nello  stesso  anno,  15  agosto, 
per  mezzo  di  molte  piccole  compagnie  (9),  ed  in  seguito, 
sempre  nello  stesso  anno,  altri  41  500  fiorini  (io),  suddivisi 
in  piccolissime  quote  di  circa  3000  fiorini  ciascuna  tra  varie 
società.  Il  perchè  di  tale  suddivisione,  prima  non  praticata 
pel  trasporto  di  grosse  somme,  vedremo  a  suo  luogo  tra 
breve. 

1353  (agosto-settembre),  23000  fiorini  (11). 

1355  (marzo-decembre),  per  la  «  guerra  Patrimonii  et 
((  terrarum  Ecclesie»,  192000  fiorini  e  mezzo  e  52  soldi 
di  moneta  avignonese  (12).  Di  questa  enorme  somma  solo 
1500  fiorini  risultano  impiegati  per  la  difesa  «  comitatus 
«  Venecini  contra  dominum  de  Cardia  et  alios  invasores 
«  dicti  comitatus»  (13).  Tutto  il  resto  è  inviato  in  Italia. 


(i)  /.  E.  92,  e.  yosgg.        (2)  /.  E.  92,  e.  72  B  sgg.        (3)  /.  E. 
29,  e.  66  B  sgg.  (4)  I.  E.  29,  e.  69  B  sgg.  (5)  7.  E.   136, 

ce.  75  B-76.  (6)  /.  E.  136,  e.  76  B  sgg.  (7)  /.  E.  261,  e.  243  sgg. 
(8)  7.  E.  245,  e.  133.  (9)  7.  E.  245,  e.  134.  (io)  7.  E.  245, 
e.  13S  B.       (il)  7.  E.  267,  e.  221  sgg.       (12)  7.  E.  277,  ce.  218-221  B. 

(13)    Ivi,    e.    211  B. 


320  G.  ^rias 


1356  (gennaio-decembre),  132  143  fiorini,  23  soldi, 
8  danari  (i). 

1337  (maggio-decembre),  107042  fiorirne  12  soldi  di 
moneta  avignonese  (2). 

1358  (febbraio-decembre),  60  660  fiorini  (3). 

1360,   131  254  fiorini,  68  soldi  complessivamente  (4). 

13  61,  oltre  13  000  fiorini  (5). 

1363,  circa  40000  fiorini  (6). 

1365.  Son  posti,  in  quest'  anno,  sotto  il  capitolo 
«  Guerra  »,  che  comprende  le  spese  precedenti,  9177  fio- 
rini, 6  soldi  e  6  danari  di  moneta  avignonese,  pagati  «  in 
«  deductionem  et  extenuationem  »  di  quel  che  dal  papa  si 
deve  a  Bernabò  Visconti  «  iuxta  ordinationem  per  dominum 
«  nostrum  papam . . .  super  tractatu  pacis  cum  ipso  Bernabone 
((  et  restitutione  terrarum,  castrorum  et  locorum  per  dictum 
((  dominum  Bernabonem  eidem  domino  nostro  pape  et  Ro- 
<(  mane  Ecclesie  seu  eius  gentes  facienda  »  (7). 

Senza  ripetere  ora  per  le  altre  rubriche  raccolte  sotto 
il  generale  titolo  di  «  Expense  »  l' analisi  compiuta  per  la 
((  Guerra  »,  mi  limiterò  a  constatare  eh'  esse  per  la  mas- 
sima parte  sono  destinate  al  mantenimento  della  Corte  pon- 
tificia ad  Avignone,  e  più  specialmeute  ancora  all'  acquisto 
dei  generi  di  prima  necessità  («  Coquina  »,  «  Panhota  »  &c.) 
o  al  pagamento  degli  operai  che  lavorano  per  la  Curia  o  dei 
panni  ed  arredi,  che  i  mercanti  provvedono,  trasportandoli 
specialmente  dalla  Fiandra. 

Pel  nostro  scopo  dobbiamo  conoscere  a  vantaggio  di 
quah  paesi  tali  collocazioni  di  danaro  siano  compiute.  E  la 
risposta  è  assai  facile,  poiché  i  generi  alimentari  sono  com- 
perati ad  Avignone  o  in  altre  regioni  fi-ancesi  (pel  vino  la 
Borgogna);  i  vestiari,  come  diceva,  specialmente  nella  Fian- 


(I)  /.  E.  278,  e.  279  sgg.        (2)  I.  E.  282,  e.  226  sgg.      (3)  /.  E. 
286,  e.  228  sgg.  (4)  7.  E.  293,  e.  211  sgg.  (5)  /.  E.  294, 

ce.  168-168  B.       (6)  I.  E.  304,  e.  182  sgg.      (7)  /.  E.  318,  e.  132. 


T^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV  321 

dra;  gli  operai  sono  naturalmente  scelti  tra  gli  abitanti 
d'Avignone,  tranne  rare  eccezioni,  che  a  suo  luogo  ve- 
dremo. Dunque  la  Francia  ritrae  un  singolare  beneficio 
economico  dalla  residenza  dalla  Curia  in  Avignone  e  solo 
indirettamente  partecipano  a  così  grande  vantaggio  le  vicine 
terre  della  Fiandra. 

In  complesso,  dai  fatti  esaminati  sui  rapporti  tra  le  en- 
trate e  le  spese  della  Camera  avignonese,  si  ricava  questa 
conclusione  principalissima:  che  contribuiscono  alle  entrate 
in  proporzione  molto  maggiore  le  terre  nordiche,  specie 
l'Inghilterra,  che  non  le  meridionali;  mentre  le  spese,  cui 
si  fa  fronte  col  danaro  cosi  raccolto,  vanno  a  vantaggio  quasi 
esclusivo  dell'Italia  e  della  Francia.  Ciò  accade  per  più  cause, 
che  qua  riepilogo. 

I.  Perchè  le  enormi  quantità  di  danaro  per  la  riconquista 
del  patrimonio  pontificio  sono  destinate  ad  un'  impresa,  onde 
non  può  venire  vantaggio  materiale  che  all'Italia,  la  quale  ha 
sommo  interesse  di  aver  nuovamente  la  Sede  pontificia  per- 
duta, interesse,  si  capisce,  d' indole  anche  economica. 

n.  Perchè  queste  stesse  spese  vanno  a  beneficio  im- 
mediato delle  terre  italiane,  entro  le  quali  principalmente 
son  fiitte. 

III.  Perchè  il  trasporto  del  danaro  dalle  varie  terre  alla 
Chiesa  e  dalla  Chiesa  in  Italia  giova  quasi  esclusivamente 
al  commercio  bancario  italiano  ed  in  piccola  parte  al  fran- 
cese, mai  al  commercio  delle  nazioni  sfruttate,  il  quale,  del 
resto,  nella  sua  forma  bancaria,  è  tuttora  fanciullo. 

IV.  Perchè  gli  altri  impieghi  del  danaro  pel  manteni- 
mento della  Camera  pontificia  giovano  quasi  soltanto  alla 
Francia,  entro  il  cui  territorio  (la  parte  meridionale  spe- 
cialmente) hanno  luogo. 

Ma  la  nostra  indagine  non  sarebbe  compiuta,  se  di  tal 
fatto  non  procurassimo  di  vedere  le  probabili  ragioni.  Certo, 
questo  esame  avrà  più  opportuna  sede  quando  le  nostre 
ricerche  saranno  proseguite    pei   tempi    posteriori,  fino   ai 


322  G.  oArìas 


grandi  avvenimenti  del  secolo  xvi,  ma  già  fin  d' ora  mi 
pare  opportuna  qualche  considerazione,  che  deve  accogliersi 
come  semplice,  ma  non  inutile  anticipazione  di  ciò  che  in 
seguito,  dopo  nuova  analisi,  più  compiutamente  dirò. 

Potrebbe  taluno  osservare  che,  se  la  Chiesa,  col  suo 
bilancio  finanziario  a  ripartizione  ingiusta,  nuoce  alle  terre 
nordiche  e  giova  alle  meridionali,  o  meglio  a  certune  fira 
esse,  devesi  soltanto  a  circostanze  storiche  eventuali,  non 
riordinabili  in  leggi  fisse  e,  per  così  dire,  in  un  sistema.  La 
Curia  risiede  ad  Avignone,  le  terre  d' Italia  appartenenti  alla 
Chiesa  son  minacciate  dalle  imprese  conquistatrici  degli  avidi 
signori  italiani  ;  è  ben  naturale  che  la  Camera  avignonese  de- 
stini i  suoi  proventi  al  suo  mantenimento  nel  luogo  ove  ri- 
siede e  alla  riconquista  del  patrimonio  ecclesiastico.  Né  certo 
io  toglierò  valore  a  queste  ovvie  considerazioni,  pur  doman- 
dandomi perchè  non  si  adoperasse,  date  pur  quelle  condi- 
zioni di  fatto,  una  maggior  giustizia  distributiva,  e  non  si- 
facesse  ricadere  sulle  varie  regioni  un  aggravio  direttamente 
proporzionale  ai  presumibili  benefici  e  non  già  piuttosto  in- 
versamente proporzionale. 

Posto  cosi  il  problema,  due  ipotesi  si  presentano  :  o  che 
la  Chiesa  così  operasse  con  meditato  proposito  di  nuocere 
alle  terre  nordiche,  o  che  nell'  opera  sua  fosse  incitata  da 
qualche  grave  cagione.  Ma  delle  due  ipotesi  hen  si  com- 
prende che  la  prima  potrà  accogliersi  soltanto  ove  ogni  altra 
più  fondata  spiegazione  non  ci  apparisca  probabile,  ove  as- 
solutamente non  si  riesca  a  scoprire  qualche  essenziale  dif- 
ferenza tra  le  terre  nordiche  e  le  meridionali,  onde  potrebbe 
derivare  il  fenomeno  descritto.  Ora  questa  diversità  esiste 
ed  è  di  prima  importanza,  poiché  risiede  nella  costituzione 
economica  di  quelle  regioni.  Le  terre  nordiche  hanno  una 
costituzione  economica  prevalentemente  agraria,  alcune  delle 
meridionali  (ed  in  ispecial  modo  l'Italia  alta  e  mxdia)  pre- 
valentemente industriale.  Ora  questo  sfruttamento  finan- 
ziario, per  mezzo  delle  decime  e  delle  altre  contribuzioni. 


"Ter  la  storia  economica  del  sec.  XIV         323 


poteva  svolgersi  con  piena  sicurezza  soltanto  in  territorio 
agrario,  per  duplice  ordine  di  ragioni,  derivate  da  codesta 
preminente,  d' indole  alla  lor  volta  tecnica  e  d' indole  mo- 
rale-politica. D' indole  tecnica,  perchè  sui  prodotti  agrari, 
facilmente  controllabili,  è  assai  più  facile  e  proficuo  imporre 
duraturi  gravami  che  non  sulla  ricchezza  mobiliare,  sempre 
incerta  e  varia.  Tanto  ciò  è  vero  che  le  decime,  come  è 
noto,  gravavano  originariamente  sulla  terra  soltanto. 

Ma  vi  sono  anche  non  meno  importanti  ragioni  di  natura 
morale-politica.  I  paesi,  ove  l'economia  mercantile  ed  in- 
dustriale è  giunta  ad  elevato  grado  di  svolgimento,  sono 
anche  i  più  fieri  e  i  meno  tolleranti  estranee  imposizioni, 
tanto  più  quando  queste  potrebbero  porre  a  serio  repenta- 
gHo  il  benessere  nazionale.  E  grave  pericolo  costituiva  in- 
fatti per  un  paese  mercantile  una  imposizione  finanziaria 
che  sottraeva  ricchezza  per  portarla  all'estero,  senza  sicura 
speranza  di  immediati  compensi. 

Conferma  queste  considerazioni  il  fatto  che  alcune  delle 
terre  meridionali,  come  il  Regno,  contribuiscono  in  note- 
vole proporzione,  mentre  alcune  terre  nordiche,  come  le 
Fiamminghe  (in  questo  momento  fiorenti  neh'  industria), 
non  consta  che  sieno  soverchiamente  oppresse. 

E  cosi  la  politica  finanziaria  della  Chiesa  era  l'emana- 
zione eloquente  di  un  ordine  economico  non  fltcil mente 
mutabile  a  capriccio  degli  uomini.  Tanto  che,  proseguendo 
noi  neir  esame  dei  fatti  per  tempi  posteriori,  dovremo  anche 
(ove  si  constati  il  persistere  dello  stesso  sistema  per  parte 
della  Chiesa)  domandarci  se  per  avventura  la  costituzione 
economica  delle  terre  nordiche  si  mantenga,  in  progresso 
di  tempo,  immutata.  Perchè,  ove  ciò  non  accada  (e  non 
accade  infatti),  si  capisce  bene  come  dovesse  giungere  un 
momento  in  cui,  continuandosi  dalla  Chiesa  nell'antico  si- 
stema, non  più  in  rapporto  con  l'antica  base  sulla  quale  già 
si  erigeva,  dovessero  da  questo  contrasto  provenire  gravi 
inconvenienti.  Ma  di  ciò  a  suo  luogo. 


324  O.  Q/lrias 


II. 

Le  entrate  e  le  spese 
rispetto  ai  vari  problemi  di  storia  economica. 


I.  Le  vicende  del  commercio  bancario, 
a)  Storia  esterna.  -  Le  ditte  bancarie  al   servizio  della  Chiesa. 

Nell'alternarsi  delle  ditte  bancarie  al  servizio  della  Chiesa 
vi  sono  elementi  tali,  che  consentano  di  stabilire  un  ordine 
logico?  In  altre  parole,  esse  compariscono  e  scompariscono 
pel  capriccioso  volere  individuale  dei  pontefici,  che  non  si 
potrebbe  assoggettare  a  norme  sicure,  oppure  qualche  ele- 
mento costante  si  rintraccia,  onde  sia  lecito  detrarre  l' in- 
fluenza di  cagioni  più  serie  e  profonde?  La  ricerca  dell'or- 
dine, del  «  sistema  »,  checché  si  vada  dicendo,  è  il  più 
essenziale  dei  procedimenti  scientifici.  Esaminate  che  avrà 
il  lettore  le  cifre  qua  raccolte,  vedrà  che  un  ordine  esiste 
e  però  subito  si  domanderà  i  motivi  di  questa  regolarità, 
che  non  può  essere  casuale.  Regolarità,  per  dir  così,  tanto 
nella  costante  apparizione  di  certi  fatti,  quanto  nella  muta- 
zione di  certi  altri. 

Il  problema  generale  della  vicenda  delle  ditte  bancarie 
è  da  studiarsi  in  rapporto  non  solo  ai  nomi  delle  ditte, 
quanto,  e  più,  alla  loro  patria  ed  alla  loro  reciproca  im- 
portanza nel  servizio  di  tesoreria  pontificia.  Sotto  questi  ri- 
spetti mi  sembra  bene  dividere  in  alcuni  periodi  la  storia 
bancaria  della  Chiesa,  per  gli  anni  esaminati,  acciò  che  me- 
glio possa  giudicare  il  lettore  le  conclusioni,  che  di  poi  ne 
ricaverò. 


T^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV         325 


1°  periodo.  Monopolio  di  alcune  compagnie  fiorentine. 

13 16.  Bardi,  Peruzzi,  Scali  ed  Acciaioli  in  proporzioni 
simili  (i). 

13 19.  Bardi,  Peruzzi,  Scali  (2). 

1320.  Bardi,  Peruzzi  ed  altri  (3).  Comparisce  eccezional- 
mente la  società  romana  di  Ruggero  Romanucci,  per  una 
assegnazione  di  1500  fiorini  da  farsi  in  Roma  (4). 

13  21.  Peruzzi,  Bardi,  Acciaioli,  Bonaccorsi,  Scali  (5).  I 
Bardi  assegnano  a  nome  dei  Bonaccorsi  una  somma  depo- 
sitata presso  questi  dal  rettore  di  Benevento  (6). 

1322.  Peruzzi,  Bardi,  Scali  (7). 

1323.  Bardi,  Peruzzi,  Scali,  Acciaioli  (8).  Ai  13  di  de- 
cembre  si  dichiara  di  aver  ricevuto  270  lire,  6  soldi  di 
tornesi  piccoli  da  Riccio  Toti  procuratore  della  società  degli 
Ammannati  di  Pistoia,  un  tempo  in  relazione  con  la  Chiesa, 
«  que  societas  dicebatur  teneri  in  magnis  quantitatibus  pe- 
ce cuniarum  Camere  domini  nostri  pape  »  (9). 

1324.  Peruzzi,  Bonaccorsi,  Bardi,  Scali,  Acciaioh  (io). 

1325.  Acciaioli,  Bardi,  Bonaccorsi  (11).  Il  15  marzo  com- 
pariscono per  una  sola  volta  i  Gambacorti  di  Pisa  (12). 

1326.  Acciaioli,  Bardi,  Peruzzi,  Bonaccorsi  (13). 

1327.  Prevalgono  i  trasporti  diretti,  per  mezzo  di  ec- 
clesiastici. 

1328.  Bardi,  Acciaioli  (14).  Insieme  alcune  piccole  com- 
pagnie  fiorentine,  come   di    Bencio  Caruchi,   di    Giovanni 

(i)  I.  E.  16,  ce.  I  B,  2  B,  3,  5,  87  B,  88.  (2)  /.  E.  31,  ce.  8  sgg. 
13  &c.  (3)    /.  E.  40,  e.  I  B  sgg.  (4)    /.  E.  40,  e.  163  B. 

())  /.  E.  41,  e.  I  B  sgg.;  Reg.  Av.  47,  e.  499  sgg-  (6)  ^'T-  ^^-  47> 
e.  509.  (7)  Reg.  -Av.  47,  e.  539  sgg.  (8)  Ivi,  e.  622  sgg.;  LE. 
$7,  e.  I  B  sgg.  (9)  I.  E.  57,  e.  26.         (io)  /.  E.  S7,c.  12  sgg.; 

/.  E.  58,  e.  113  sgg.  (Il)  /.  E.  58,  e.  178  sgg.;  /.  E.  72,  e.  2  sgg. 
(12)  /.  E.  72,  e.  21  B.  (13)  /.  E.  72,  e.  20  sgg.  ;  I.  E.  Sì,  e.  i  sgg. 
(14)  /.  E.  92,  e.   II  sgg. 


326  G.  oArias 


Festa,  di  Martino  Marzioli,  Francesco  Rainucci,  i  quali  però 
pagano  soltanto  piccole  somme,  specie  per  i  «  communia 
«  servitia  »  e  sono  tenuti  lontani  dalle  grandi  imprese,  agli 
altri  riservate  (i). 

1329.  Bonaccorsi,  Bardi,  Acciaioli  (2). 

1330.  Bardi,  Acciaioli,  Bonaccorsi  (3).  I  Peruzzi,  quasi 
scomparsi,  pagano,  il  24  aprile,  500  fiorini,  per  conto  del 
monastero  di  Vallo mbrosa  (4),  e  il  io  luglio,  250  fiorini, 
per  l'arcivescovo  di  Trani  (5). 

133 1.  Bardi,  Bonaccorsi,  Acciaioli,  in  piccola  parte  i 
Peruzzi  (6). 

1332.  Bardi,  Bonaccorsi,  Acciaioli  (7). 

1333.  Bardi,  Bonaccorsi,  Acciaioli  (8)  e  Peruzzi,  che 
ricompariscono. 

1334.  Bardi^  Bonaccorsi,  Acciaioli  e  Peruzzi  (9). 

1335.  Bardi,  Bonaccorsi,  Acciaioli  e  Peruzzi  (io).  Pre- 
minenza, già  innanzi  verificatasi,  degli  Acciaioli. 

i'},'^^'  Bardi,  Bonaccorsi,  Acciaioli  e  Peruzzi.  Compa- 
riscono gli  Alberti,  pur  essi  fiorentini  (11). 

1337.  Bardi,  Bonaccorsi,  Acciaioli,  Peruzzi,  Alberti  (12). 

1338.  Acciaioli, Bardi,  Peruzzi,  Bonaccorsi  (13).  Il  6  mag- 
gio Matteo  di  Federico,  mercante  della  società  di  Encio  da 
Uzano  di  Firenze,  assegna  250  fiorini  «  prò  parte  sui  comunis 
((  servicii,  episcopi  Nimossiensis  »  (14)  e  gli  Alberti  di  Firenze 
una  tenue  somma  «  prò  parte  episcopi  Norwicensis  »  (15). 

1339.  Acciaioli,  Bardi,  Peruzzi,  Bonaccorsi  (i 6).  Matteo 
di   Federico  della    società   dei  Guziati  di   Firenze   assegna 

(r)  /.  E.  92,  ce.  2,  II,  12,  14B,  15  B,  16  B,  18.  (2)  /.  E.  92, 
e.  72  B  sgg.;  /.  E.  29,  e.  66  b  sgg.  (3)  I.  E.  29,  e.  2  sgg.  (4)  /.  E. 
29,  e.   17.  (5)  /.  E.  29,  e.   19.  (6)  /.  E.  32,  e.   IO  sgg. 

(7)  /.  E.  32,  e.  3B  sgg.;  /.  E.  119,    e.  3B  sgg:  (8)  1.  E.  136, 

e-   I  sgg.  (9)  /.  E.  136,  e.  20  B  sgg.  (io)  /.  E.  146,  e.  7B. 

(Il)  /.  E.  150,  e.  3  sgg.         (12)  /.  E.  161,  e.  2  sgg.         (13)  /.  E.  170, 

e.    2B   sgg.  (14)    /.    E.    170,    e.    II.  (15)    /.    E.    170,    e.    II  B. 

(16)  /.  E.   177,  e.  I  B  sgg. 


^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV         327 

350  fiorini  d'oro  per  complemento  di  700  dovuti  dalla  città 
di  Assisi,  a  causa  d'una  transazione  fatta  colla  Chiesa  (i); 
gli  Alberti,  2400  fiorini,  a  nome  del  nunzio  in  Inghil- 
terra (2). 

1340.  Acciaioli,  Bardi,  Bonaccorsi  (3). 

1341.  Acciaioli,  Bardi,  Bonaccorsi  (4). 

1342.  Acciaioli,  Bardi,  Bonaccorsi  (5). 


2°  periodo.  Periodo  intermedio  di  transizione.  Compagnie  fiorentine, 
lucchesi,  senesi,  astigiane  e  d'altri  luoghi. 


1343.  Luca  degli  Abbati,  la  società  dei  Palarchioni  (6)  di 
Firenze;  Francesco  Guezzi  e  Grazia  Mei  di  Siena (7),  Pietro 
Sercenni  di  Siena  (8),  Francesco  Ghetti  e  Niccolò  Torco- 
seUi  di  Firenze  (9),  Francesco  Galli  di  Venezia  (io).  I  Ma- 
labaila,  di  Asti,  da  quest'  anno,  acquistano  un'  importanza 
singolare  (11).  Trovasi  anche  un  mercante  d'Avignone, 
Francesco  Baralli  (12).  Lieve  persistenza  degli  Acciaioli  e 
dei  Bardi  (13). 

1344.  I  predetti  (14)  ed  altri,  come  Lappo  Corbizi,  Clone 
di  Giacomo,  Vanni  di  ser  Lotto  di  Firenze,  Bartolommeo  di 
Francesco  di  Pistoia  (15),  Niccolò  Genestrini  di  Arezzo  (16). 

1345.  Gli  stessi  ed  in  più  il  mercante  lucchese  Giovanni 
Spiefani  (17).  Si  accentua  la  prevalenza  dei  Malabaila.  Si  in- 
contrano altri  piccoli  mercanti  lucchesi,  come  Dino  di  Ca- 


(i)  /.  E.  177,  e.  22  B.        (2)  /.  E.  l'jj,  e.  23.       (3)  I.  E.  18^, 
e.  3B  sgg.  (4)  /.  E.  190,  e.  2  sgg.  (5)  /.  E.  193,  e.  3  sgg.; 

/.  E.  195,  e.  II  sgg.  (6)  /.  E.  202,  ce.  13B,  15.  (7)  /.  E. 

202,  e.  37.         (8)  /.  E.  209,  ce.  12,   16  B.  (9)  /.  E.  209,  e.  2. 

(io)  /.  £.  209,  ce.  20,  21  B.  (11)  /.  £.  202,  e.  24  sgg.;  /.  E.  209, 
ce.  18  sgg.  65  &c.  (12)  /.  E.  209,  e.  61.  (13)  /.  E.  202, 

e.  24  sgg.  (14)  /.  E.  209,  e.  36  sgg.  (15)  1.  E.  209,0.  66  sgg. 
(16)  /.  E.  216,  e.  II  B.  (17)  I.  E.  236  e.  lOB  sgg.  Leggesi  anche 
Spiefami  e  Spiafami. 


328  G,  oArias 


stiglione  (i),  e  fiorentini,  come  sor  Mangiasei  (2),  o  pisani, 
come  Niccolò  di  Volia  (3);  ed  ha  assai  importanza  Lodo- 
vico di  Vinando,  genovese  (4). 

1346-1347.  Situazione  costante  (5).  Si  fli  cenno  della 
nuova  società  dei  Bardi  della  Corona  di  Firenze,  per  la 
prima  volta  (6),  e  degli  Alberti  di  Firenze  (7),  e  tra  i  mer- 
canti non  italiani  il  marsigliese  Pietro  Astri,  che  assegna, 
a  nome  del  collettore  di  Sardegna,  250  fiorini  «  quos  pre- 
ce dictus  Petrus  receperat  a  Vengudo  Capelle  ludeo,  qui  eos 
«  receperat  ratione  cambii  »  (8). 

1348.  Coesistenza  della  compagnia  astigiana  dei  Mala- 
baila,  della  quale  si  accentua  la  prevalenza,  della  compagnia 
fiorentina  dei  Bardi  della  Corona  (9)  e  di  diverse  piccole 
compagnie  fiorentine,  come  di  Niccolò  Solderini,  di  Lapo 
di  Ruspo,  di  Filippo  Porti  (io)  ed  altre  già  nominate.  Pro- 
seguono gli  Alberti  (11). 

1349.  Piccole  compagnie  di  vari  luoghi,  oltre  le  nomi- 
nate. Noto  fra  le  non  ricordate  Benochio  di  Francesco  di 
Firenze  (12),  Guglielmo  Finiamori  di  Genova  (13),  Plebano 
di  Giacomo,  Matteo  di  Baldo,  Dardano  di  Giovanni,  Lo- 
renzo Bartolini,  Martino  di  Luco,  Niccolò  Conti  di  Fi- 
renze (14),  Negro  di  Milano  (15),  Giacomo  Rontini  e  Dotto 
Caritoni  di  Lucca  (16). 

1350.  Coesistenza,  come  negli  anni  antecedenti,  delle 
nominate  compagnie  astigiane  (i  Malabaila,  che  prevalgono), 
lucchesi,  fiorentine,  narbonesi  &c.  (17)  e  di  altre  nuove. 


(i)  /.  E.  236,  ce.  48,  48  B.      (2)  /.  E.  236,  ce.  48,  51.      (3)  LE. 
236,  e.  48.  (4)  I-  E.  236,  e.  51.  (5)  /.  E.  243,  e.  8  sgg. 

(6)  /.  E.  243,  e.  141  B  sgg.  (7)  /.  E.  250,  e.  4.  (8)  /.  E.  250 
e.  47.  (9)  /,  E.  210,  e.  5  B  sgg.  (io)  /.  E.  210,  e.  7  (11)  /.  E. 
245,  e.  133.  (12)  /.  E.  260,  e.  5  sgg.  (13)  /.  E.  260,  e.  lOB. 
(14)  /.  E.  260,  e.  8b  sgg.  (15)  /.  E.  260,  e.  roB.  (16)  /.  E. 
260,  e.  12  sgg.  (17)  /.  E.  260,  e.  57  sgg.;  /.  £.  261,  e.  5  sgg.; 
/.  E.  255,  e.  133  sgg.    • 


'Ver  la  storia  economica  del  sec\  XiV         329 


^^  periodo.  Predoniinio,  alquanto  temperato,  dei  Malahaiìa  asiii^^iaiti 
e  degli  Spie  farli  lucchesi. 

Incomincia  ora  la  prevalenza  vera  e  propria  delle  due 
predette  compagnie,  che  già  prima  si  era,  per  dir  così,  an- 
nunziata. Ma  a  differenza  di  quella  antecedente  delle  cinque 
compagnie  fiorentine  (cf.  1°  periodo),  non  è  mai  assoluta, 
che  sempre  s'incontrano  alcune  ditte  di  vari  luoghi.  Si  ponga 
infatti  mente  ai  dati  seguenti. 

135 1.  Il  predominio  dei  Malabaila  e  degli  Spiefani  ci  è 
attestato  innanzi  tutto  da  queste  eloquenti  cifre.  Su  3 1  a  com- 
(c  munia  servitia  »,  pagati  per  mezzo  di  mercanti,  17  ven- 
gono assegnati  da  Antonio  Malabaila,  9  da  Bartolommeo 
Spiefani,  i  dalla  società  dei  Palarchioni  di  Firenze,  i  da 
Niccolò  Blanqui,  i  dagU  Alberti,  i  da  Martino  Cardi  di 
Firenze,  i  da  Niccolò  Lenti  di  Firenze  (i).  Lo  stesso  per 
altri  proventi. 

1352.  Su  30  «  communia  servitia  »,  8  per  mano  dei 
Malabaila,  14  per  mezzo  degli  Spiefani,  2  per  mezzo  degli 
Alberti,  2  per  mezzo  di  Arnaldo  e  Rinaldo  Ottomanni  di 
Firenze,  i  per  mezzo  di  Giacomo  Blancholi  di  Lucca,  i  per 
mezzo  di  Pietro  Martini  di  Narbona,  i  per  mezzo  di  Pietro 
Bencivenni  di  Firenze,  i  per  mezzo  di  Dottore  Carenchioni 
di  Lucca  (2).  Per  l'assegnazione  di  altri  proventi  s' incontra 
alcune  volte  la  società  pisana  di  Nino  del  Rosso  (3). 

1353.  Prosegue  la  prevalenza  degli  Spiefani  e  dei  Ma- 
labaila, in  quest'anno  con  non  lieve  accentuazione  della  prima. 
Gli  Spiefani  infatti  pagano  per  la  massima  parte  i  «  com- 
((  munia  servitia»  (4)  e  la  a  trigesima  »  (5).  Però  le  asse- 
gnazioni al  tesoriere  del  Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Toscana, 


(i)  /.  E.  261,  e.  22  sgg.;  /.  E.  263,  e.  6  B  sgg.  (2)  /.  E. 

263,  e.   17  sgg.;  /.  E.  265,  e.  2B  sgg.         (3)  /.  E.  265,  ce.  18  h,  27. 
(4)  7.  E.  270,  e.   I  sgg.  (5)  /.  E.  270,  e.  46  sgg. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.      22 


330  G.  oArias 


per  la  guerra  contro  Giovanni  da  Vico,  sono  fatte  per  mezzo, 
oltre  che  degli  Spiefani,  di  alcune  compagnie  fiorentine  e 
pistoiesi  (i). 

1354.  La  stessa  ripartizione  delle  operazioni  bancarie 
tra  gli  Spiefani  e  i  Malabaila  (2),  in  quest'anno  con  minore 
limitazione  del  monopolio  per  parte  d'altre  compagnie  e  con 
più  ampia  partecipazione  dei  Malabaila. 

1355.  Ripetizione  dei  fatti  precedenti  (3).  La  «  trige- 
((  sima  »   è  quasi  interamente  pagata  dagli  Spiefani  (4), 

1356.  Come  nell'anno  precedente,  con  nuova  accentua- 
zione del  monopolio  degli  Spiefani  (5).  Noto,  tra  le  altre 
ditte,  quella  di  Giacomello  Coqui  e  Daniele  Vitturi,  che 
paga  il  censo  del  marchese  d'Este:  non  frequente  esem- 
pio di  banchieri  veneziani  in  relazione  colla  Chiesa  (6).  Si 
incontrano  varie  volte  gli  Alberti  nuovi  e  vecchi  di  Firenze 
ed  altre  società  fiorentine,  come  i  Lamberteschi  e  i  Ri- 
nuccini  (7).  Si  osserva  questo  notevole  fatto:  che  men- 
tre domina  il  monopolio  per  1'  assegnazione  delle  entrate 
alla  Chiesa,  il  danaro  che  si  trasmette  ai  tesorieri  della 
«Guerra»  è  ripartito  tra  molte  compagnie  di  vari  luoghi. 
Anzi  il  23  febbraio  si  fa  patto  cogli  ambasciatori  del  doge 
di  Venezia  perchè  assegnino  al  tesoriere  della  guerra  in 
Ancona  o  Fermo  trentatremila  fiorini  entro  il  mese  di 
marzo,  de'  quali  diecimila  si  sborsano  subito  e  ventitremila 
il  24  marzo  (8). 

1357.  Ripetizione  dei  fenomeni  antecedenti  (9).  Com- 
pariscono anche  in  quest'anno  gli  Alberti  nuovi  e  vecchi 
e  molte  società  fiorentine:  noto,  tra  le  nuove,  gli  Strozzi 
(«li  Strocio  de  Florencia  »)  (io). 


(i)  /.  E.  267,  e.  221.  (2)  /.  E.  272,  e.  7  B  sgg.  (3)  /.  E. 
277,  e,  6  sgg.  (4)  /.  E.  277,  ce.  79  B,  80,  80  B.  (5)  /.  E.  278, 
e-  3  sgg.  (6)  /.  E.  278,  ce.  3,  281  B,  282.  (7)  /.  E.  278, 

e.  279  sgg.  (8)  I.  E.  278,  ce.  279-279  B.  (9)   /.  E.  282, 

ce.  I  sgg.  226  sgg.         (io)  /.  E.  282,  e.  227. 


*Per  la  storia  economica  del  sec.  XIV         ^^  i 

1358.  Come  negli  anni  precedenti,  con  più  ampia  par- 
tecipazione dei  Malabaila  (i)  nell'assegnazione  dei  proventi 
delle  collettorie.  Incontransi  alcuni  banchieri  presumibil- 
mente non  italiani,  come  Stefano  Pererii,  Giovanni  Corbelli 
e  Pietro  de  Bodre  di  Cahors  («diocesis  Caturcensis  )>)  (2) 
e  Celestino  Donssollau  di  Maiorca  (3). 

1360.  Sempre  maggiore  importanza  acquistano  le  com- 
pagnie diverse  dalle  due  principali.  Si  notano  gli  Amman- 
nati  di  Pistoia  (4),  gli  Alamanni  di  Firenze  (5),  Niccolò 
del  Conte  di  Firenze  (6),  un  Riccardi  di  Lucca,  abitante  in 
Napoli  (7),  Francesco  di  Poggio  di  Lucca  e  Bartolommeo 
Ademari  di  Firenze  (8). 

13  61.  Situazione  uguale  a  quella  degli  anni  antecedenti. 
Pel  trasporto  dei  danari  occorrenti  per  la  guerra  si  fa  fre- 
quente ricorso  a  Zenobio  Martini  di  Firenze  (9). 

1362-1363.  Noto  in  questi  anni,  insieme  con  una  ge- 
nerica persistenza  della  fisionomia  del  periodo,  una  più  fre- 
quente comparsa  di  banchieri  francesi  o  spagnuoli,  i  quali 
per  altro  sono  tuttora  eccezione.  Ricordo  Renando  Fabbri, 
Giovanni  «  Sabbaterii  »  (Sabatier?),  Bernardo  Franqui  di 
Montpellier  (io),  Giovanni  Gochii  dì  Barcellona  (11).  Gli 
Strozzi  si  incontrano  un'altra  volta  (12). 

13  64-1 3  65.  Gh  Alberti  antichi  e  nuovi  hanno  molti 
incarichi  (13).  La  prevalenza  degli  Spiefani  si  è  ormai  ri- 
stretta al  pagamento  dei  a  communia  servitia  » .  I  Malabaila 
sono  quasi  scomparsi. 

13  66-1 3  67- 13  68.  Con  questi  anni  sempre  più  si  ac- 
centua il  predominio  degli  Alberti  fiorentini  e  si  inizia  cosi 


(i)  /.  E.  286,  e.  63  sgg.  (2)  /.  E.  286,  e.  60.        (3)  /.  E. 

286,  e.  60.  (4)  /.£.  293,c.  8.  (5)  /.£.293,c.  13.  (6)  /.  E. 
293,    e.  13  B.  (7)  /.  E,  293,  e.  64.  (8)  /.  E.  293,  e.  2i6b. 

(9)  1.  E.  294,  e.  168.  (io)  /.  E.  286,  e,  60;  304,  e.  aititelo:  «  Col- 
«lectoria  Remensis».  (11)  I.  E.  304,0.  al  titolo  :«  Collectoria  Ara- 
«gonensis;).  (12)  /.  E.  304,  e,  al  titolo:  «Collectoria  in  regnis 

«Castelle  et  Legionis».       (15)  /.  E.  317,  e.  24  b  sgg.;  318,0.21  sgg. 


332  G,  Q/^rias 


un  nuovo  periodo,  che  segna  il  ritorno  della  Chiesa  verso 
la  Firenze  bancaria  (i).  Insieme  con  le  due  società  degli 
Alberti  vedonsi  i  Soderini  (2)  di  Firenze  ed  altre  società 
fiorentine.  Non  si  ha  più  quasi  notizia  dei  Malabaila;  agli 
Spiefani  è  riservata  l'assegnazione  di  parte  dei  «  communia 
«  servitia  »  soltanto  (3).  Di  modo  che  con  questi  anni  ha 
principio  una  nuova  prevalenza  fiorentina,  e  più  special- 
mente degli  Alberti,  della  quale  parleremo  a  lungo  in  un 
altro  articolo. 

Frattanto  dai  fatti  raccolti  e  classificati  ricaviamo  le 
prime  conseguenze  logiche. 

Conclusioni  per  la  storia  esteriore.  In  conclusione  la  storia 
esteriore  dei  rapporti  tra  la  Camera  pontificia  e  i  banchieri, 
nel  nostro  periodo,  c'insegna:  I.  Che  per  lungo  tempo  si- 
gnoreggia incontrastato  il  monopolio  delle  quattro  ditte  fio- 
rentine; II.  Che  dopo  la  catastrofe  del  commercio  bancario 
fiorentino  gli  Astigiani,  con  la  ditta  dei  Malabaila,  i  Luc- 
chesi, con  quella  degli  Spiefimi,  sottentrano  ai  Fiorentini  ; 
III.  Che  ciò  non  ostante  il  commercio  bancario  fiorentino 
riacquista  ben  presto,  specie  per  opera  degli  Alberti,  una 
discreta  importanza  alla  Curia;  IV.  Che,  ammaestrata  dalla 
triste  esperienza,  la  Chiesa  cambia,  dopo  la  catastrofe,  il 
sistema  innanzi  seguito  e,  mentre  prima  concedeva  il  mo- 
nopolio ad  alcune  ditte  in  piccolo  numero,  ha  di  poi  cura 
di  suddividere  le  operazioni  bancarie  tra  molte  compagnie 
di  diversi  paesi. 

Passando  ora  all'esame  delle  cagioni  di  questi  fatti,  bi- 
sogna chiedersi  in  primo  luogo  perchè  mai  la  Chiesa  avesse 
preferito  il  monopolio,  nei  primi  decenni  del  secolo  xiv 
(come  già  nel  secolo  xiii),  per  quali  vantaggi  certi  o  pre- 
sunti. E  chiaro  che  le  grandi  operazioni  finanziarie,  cui  la 


(i)  /.  E.  318,  ce.  8  sgg.  42  sgg.  88  &c.;  /.  E.  323,0.  103  b  sgg.  ; 
/.  E.  325,  e.  I  sgg.;  /.  E.  327,  e.  29  sgg.  (2)  I.  E.  318,  e.  43. 

(3)  7.  £.  318,  e.  4B  sgg. 


^er  la  storia  economica  del  scc.  XIV         333 

Curia  doveva  attendere,  richiedevano  la  sollecita  disposi- 
zione di  una  enorme  quantità  di  danaro.  Se  le  somme  rac- 
colte nei  vari  paesi  fossero  state  distribuite  tra  molte  com- 
pagnie, questa  collocazione  del  danaro  sarebbe  stata  meno 
facile  e  meno  sollecita,  perchè  ciascuna  ditta  non  avrebbe 
potuto  disporre  che  delle  modeste  somme  ad  essa  destinate. 
Favorito  invece  l'accentramento  dei  capitali,  col  monopolio, 
si  poteva  tener  fronte,  senza  incomodi  e  qualche  volta  im- 
possibili trapassi,  ad  ogni  evenienza,  anche  se  di  importanza 
non  lieve.  A  questa  ragione,  per  dir  così,  di  valore  tecnico 
doveva  aggiungersi  un  altro  motivo  d' indole  morale  :  la 
persuasione  che,  per  tal  modo,  avrebbesi  maggiormente  po- 
tuto confidare  nelle  compagnie  assunte  al  servizio  della  te- 
soreria pontificia.  Poiché  esse,  fortificate  dal  monopolio  loro 
concesso  (che,  tra  l'altro,  favoriva  loro  l'acquisto  di  molti 
importanti  servizi,  come  di  quelli  de'  principi  in  relazione 
con  la  Chiesa,  di  ecclesiastici  e  di  privati),  offrivano  ga- 
ranzie finanziarie  di  non  Heve  conto. 

Ma  perchè,  è  da  chiedersi  ancora,  il  monopolio  si  limita 
ad  una  sola  città,  Firenze,  anziché  ripartirsi  tra  diverse  città 
bancarie,  come  già  era  accaduto  nel  secolo  xiii?  Di  questo 
secondo  fatto  la  spiegazione  è  riposta,  a  parer  mio,  nelle 
vicende  interne  della  storia  economica  fiorentina,  considerata, 
si  intende,  nei  suoi  ragionevoli  rapporti  con  la  storia  econo- 
mica generale. 

Siena,  Lucca,  Pistoia  avevano,  durante  il  secolo  xiii, 
potentemente  contrastato  il  trionfo  bancario  di  Firenze  (si 
ricordino  le  tre  ditte  fiorentissime  dei  Bonsignori  senesi, 
dei  Ricciardi  lucchesi  e  degli  Ammannati  pistoiesi),  ma 
finalmente  Firenze  aveva  conquistato  la  preminenza.  La 
causa  principale  del  trionfo  è,  a  parer  mio,  in  una  legge 
economica,  la  quale  fa  si  che  il  commercio  bancario  tenga 
dietro  ad  uno  sviluppo  avanzato  dell'economia  industriale 
e  mercantile,  che  naturalmente  porta  con  sé  una  grande 
accumulazione  di  ricchezza;  mentre,  a  sua  volta,  la  banca 


334  .       G,  oArias 


agevola  un  ulteriore  progresso  delle  industrie  e  dei  com- 
merci. Ora,  Firenze  aveva,  lungo  il  secolo  xiii,  soverchiata 
la  concorrenza  nei  mercati  internazionali  delle  altre  città 
toscane  ed  aveva  però  conquistati  tutti  gli  elementi  per  la 
origine  d'un  traffico  bancario  del  pari  considerevole,  al  ter- 
mine del  secolo  stesso.  Cosicché  ben  fu  naturale  che,  giunta 
a  cosi  grande  altezza,  vincesse  nel  traffico  bancario  coi  pon- 
tefici le  tre  rivali  toscane,  un  tempo  più  fortunate,  e  ne  af- 
frettasse la  rovina. 

Ma,  come  sempre  accade  nelle  vicende  collettive  ed  in- 
dividuali, nel  trionfo  stesso  era  nascosto  il  principio  d'  una 
futura  disfatta.  Il  monopolio  fiorentino  alla  Curia  pontificia, 
con  tutte  le  conseguenze  immediate  e  mediate,  fortificò  la 
banca  di  Firenze,  ma  la  trascinò  anche  a  imprese  troppo 
vaste  e  rischiose,  specie  nei  rapporti  coi  principi  laici,  e 
fu  non  ultima  causa  de'  fallimenti  clamorosi,  che,  verso  la 
metà  del  secolo  xiv,  posero  a  pericolo  serio  l'avvenire  eco- 
nomico della  città  trionfatrice  e  recarono  tanto  danno  alla 
Chiesa.  E  allora  si  comprende  come  la  Curia  non  abbia  vo- 
luto più  esporsi  ai  gravi  rischi  d'un  tempo  ed  abbia  ri- 
nunziato ad  una  parte  dei  vantaggi  del  monopolio  bancario 
affidato  ad  alcune  ditte,  piuttosto  che  porre  di  nuovo  a 
repentaglio  le  sue  finanze.  Il  monopolio  degU  Astigiani  e 
dei  Lucchesi  è  di  natura  di  gran  lunga  diversa  da  quello, 
già  imperante,  dei  Fiorentini;  è  un  monopolio,  come  l'ho 
già  definito,  temperato,  ed  ha  il  suo  campo  piuttosto  nella 
raccolta  delle  entrate  che  nell'  assegnazione  delle  spese. 
Anche  questo  si  capisce,  perchè  dei  due  il  secondo  è  il 
servizio  più  delicato  e  pericoloso  per  la  Chiesa. 

Una  domanda  ci  viene  spontanea  alla  mente  :  una  volta 
che  sappiamo  le  cause  per  cui  il  commercio  bancario  fioren- 
tino doveva  perdere  il  suo  monopolio  presso  la  Curia,  perchè 
Asti  acquistò  un  sì  notevole  luogo  per  opera  degli  astigiani 
Malabaila?  Perchè  Asti  era  già  da  molto  tempo  potentissima 
città  bancaria  e  perchè,  ora  che  la  Sede  pontifica  è  ad  Avi- 


T*er  la  storia  economica  del  sec,  XIV         ^^^ 


gnone,  essa  è  la  città  bancaria  italiana  più  prossima  alla  Curia, 
come  era  per  1'  innanzi  Firenze. 

Per  motivi  analoghi  Lucca,  già  colpita  dal  fallimento 
dei  Ricciardi,  è  V  unica  che  risorga  alla  Corte  pontificia 
nel  secolo  xiv,  mentre  questa  sorte  non  tocca  a  Siena  e 
Pistoia,  che  abbiam  visto  co^i  debolmente,  anzi  misera- 
mente rappresentate.  Lucca,  maestra  nell'  arte  della  seta  e 
nella  coniazione  della  moneta,  ha  una  lunga  tradizione,  che 
tuttora  milita  a  suo  vantaggio,  ed  a  fortificarla  valgono,  del 
resto,  gli  avvenimenti  politici  interni  contemporanei:  ricor- 
dinsi  le  gesta  di  Castruccio  Castracani. 

Che  Venezia  sia  nel  traffico  bancario  della  Chiesa  nulla 
o  quasi,  si  comprende,  perchè  il  suo  campo  d' azione  non 
è  in  Occidente,  ove  la  Chiesa  deve  operare,  ma  in  Oriente, 
lungi  cioè  dalle  terre  onde  il  papato  trae  il  danaro  e  dove 
lo  trasporta.  Venezia  non  avrebbe  potuto  ragionevolmente 
e  sicuramente  assumere  due  servizi  di  primo  ordine  am- 
bedue, ma  discordanti  :  Y  Oriente  degli  infedeli  e  1'  Occi- 
dente cristiano,  non  già  per  incompatibilità  religiosa  (l'eco- 
nomia politica  non  ha  questi  riguardi  spirituali),  ma  per 
incompatibilità  puramente  finanziaria.  Servire  la  Chiesa  e 
dominare  insieme  con  la  banca  1'  Oriente  sarebbe  stato 
minacciare,  per  voler  troppo  accogliere,  le  conquiste  fati- 
cosamente assodate.  Notevoli  sono  perciò  gli  eccezionali 
esempi,  che  ho  poco  sopra  addotti,  di  incombenze  affidate 
a  banchieri  veneziani  ed  alla  stessa  repubblica  di  Venezia. 
Esse  provano  che,  in  massima,  nessuna  avversione  allon- 
tanava la  Curia  dalla  città  dell'Adriatico  e  tolgono  perciò 
ogni  valore  ad  una  ipotesi  empirica  di  meditata  volontà  dei 
pontefici,  quale  causa  del  fatto  constatato. 

Infine,  ha  visto  il  lettore  che  la  banca  italiana  domina 
sovrana  ad  Avignone  e  che  di  banchieri  francesi  (cui  sa- 
rebbe logico  si  facesse  ricorso)  si  ha  appena  qualche  no- 
tizia nella  seconda  metà  del  secolo  xiv.  Qua  sta  la  conferma 
delle  due  mie  affermazioni:  che  la  potenza    bancaria   delle 


33^  G^«  Qy'lr^ias 


singole  città  determina  la  loro  assunzione  al  servizio  pon- 
tificio e  che  il  trionfo  bancario  è  necessariamente  conse- 
cutivo al  trionfo  della  grande  industria.  La  Francia,  nella 
quale  la  piccola  industria  è  tuttora  prevalente,  ancorché 
abbia  qualche  grande  città  commerciale,  come  Marsiglia  e 
Narbona  (e  di  Marsiglia  e  di  Narbona  sono  i  pochi  banchieri 
ricordati  nelle  nostre  carte),  non  ha  nessuno  degli  elementi 
indispensabili  nella  vittoria.  La  vicinanza  non  conta,  perchè 
poco  importa  valersi  di  intermediarli  vicini  sì,  ma  deboli  e 
senza  vaste  relazioni  nelle  terre  estere,  onde  si  trae  ed  ove 
si  porta  il  danaro. 

Or  tutte  queste  particolari  conclusioni,  che  sono  andato 
svolgendo,  si  assommano,  direi,  in  un'unica  conclusione 
finale  :  che  la  storia  esterna  del  commercio  bancario  pon- 
tificio è  un  logico  e  significante  episodio  del  commercio 
bancario  generale  e  questo,  a  sua  volta,  delle  generali  vi- 
cende economiche.  Lo  stesso  può  dirsi  di  quel  traffico  me- 
desimo, visto  nel  suo  aspetto  interiore,  cioè  in  rapporto  ai 
contratti  tra  i  banchieri  e  i  pontefici.  Del  che  appunto  mi 
propongo  ora  di  offrire  una  prima  dimostrazione. 

h)  Storia  interna  -  I  contratti  coi  pontefici. 

La  domanda  più  spontanea,  in  quest'argomento,  è  cer- 
tamente questa:  perchè  la  Chiesa  si  vale  dei  banchieri  per 
la  trasmissione  delle  somme?  È  facilissima  la  risposta.  Il  tra- 
sporto diretto,  per  mezzo  di  emissari,  richiederebbe  enormi 
spese,  presenterebbe  rischi  gravissimi,  sarebbe  un  sistema 
addirittura  primitivo.  Il  congegno  bancario  consente  mag- 
giore sollecitudine,  più  ampia  sicurezza,  minore  dispendio. 
Anch'  esso  ha  senza  dubbio  i  suoi  pericoli,  perchè  le  ditte 
fiduciarie  possono  venir  meno  ai  loro  obblighi  e  sottrarre 
anche,  come  accadde  per  opera  dei  Fiorentini,  forti  somme 
alla  Chiesa;  ma,  tutto  calcolato,  non  può  esservi  dubbio 
sul  metodo  più  vantaggioso. 


Ver  la  storia  economica  del  sec,  XIV         337 

A  queste  considerazioni  sembrerebbero  contradire  i  dati 
che  sto  per  riportare,  contradizione  apparente  e  facilmente 
rimediabile,  ove  quei  dati  si  interpretino  razionalmente. 

Negli  anni  1326-27  si  mandano  più  d'una  volta  diret- 
tamente, senza  la  mediazione  dei  banchieri,  forti  somme 
al  legato  Bertrando  «  in  Romandiola  » .  Cosi  il  28  decem- 
bre  1326,  éo  000  fiorini,  il  18  marzo  1327  altri  60000, 
il  25  maggio  1327,  100  000,  il  6  luglio  1327,  100  000  (i). 
Senza  dubbio  in  questo  modo  la  spesa  è  minore,  come 
chiaramente  dimostrano  le  seguenti  notizie.  Pel  trasporto 
dei  60  000  fiorini,  mandati  il  18  marzo,  si  restituiscono 
il  25  maggio  ai  commissari,  che  erano  stati  fuori  63  giorni, 
94  fiorini  d' oro,  24  libre  e  5  soldi,  i  danaro  di  tornesi 
grossi  («  cum  o  rotunda»),  6  danari  viennesi,  e  ai  loro 
«  servientes  »  206  fiorini  d'  oro  e  4  soldi  viennesi  (2).  Il 
7  luglio,  per  la  spedizione  del  25  maggio,  durata  41  giorno, 
93  fiorini  d'oro,  24  libre,  3  soldi  e  4  danari  di  tornesi 
grossi  («cum  o  rotunda»)  e  17  soldi,  4  danari  viennesi, 
e  per  gli  «  scutiferi  et  servientes  »  142  fiorini  d'oro,  7  libre, 
II  soldi  di  tornesi  grossi  (3).  Certamente  queste  cifre  non 
danno  che  approssimativamente  la  spesa  complessiva  dei 
viaggi,  non  comprendendo  quelle  incontrate  prima  della 
partenza,  ma,  tenuto  pur  calcolo  di  ciò,  senza  dubbio  al- 
cuno si  può  dedurre  dal  confronto  tra  queste  spese  e  il 
«  portagium  »  (4)  che  il  trasporto  diretto  costa  assai  meno. 
Se  non  che,  come  il  lettore  fiicilmente  intenderà,  è  questo 
un  beneficio  apparente.  Di  contro  sta  il  fiuto  che,  mentre 
nel  trasporto  per  opera  dei  mercanti  il  rischio  è  tutto  a 
carico  di  chi  si  assume  l' impresa,  qui  ogni  pericolo  è  in- 
teramente della  Chiesa.  Perciò  appunto  l'invio  diretto  è  un 

(I)  /.  E.  81,  e.  61  sgg.  (2)  /.  E.  81,  e.  64.  (3)  /.  E. 

81,    e.    65  B. 

(4)  Il  «  portagium  »  è  il  compenso  dato  ai  banchieri  pel  trasporto 
del  danaro  da  luogo  a  luogo.  Sulla  sua  natura  e  il  suo  valore  cf.  il 
citato  mio  Sistema  &c.  I,  4. 


338  G'  Q^rias 


mezzo  eccezionale,  cui  si  ricorre  in  momenti  difficili,  ma 
che  subito  si  pone  da  parte,  non  appena  lo  stato  normale 
delle  cose  ritorna  e  con  esso  la  giusta  percezione  dell'uti- 
lità economica. 

Può  avvenire  che  la  Camera  apostòlica  pattuisca  l'as- 
se2:nazione  di  certe  somme  di  danaro  ai  vari  nunzi  o  teso- 
rieri,  oppure  che  questi  ultimi  ugual  patto  concludano  pel 
trasporto  di  somme  dalla  periferia  al  centro,  cioè  dai  diversi 
luoghi  d'esazione  alla  Camera  centrale.  Il  contratto  che 
proviene  dalle  due  analoghe  necessità  si  designa  nelle  fonti 
col  nome  generico  di  contratto  di  «  cambio  ».  Ma  sotto 
l'uguaglianza  del  nome  si  nascondono  procedimenti  econo- 
mici e  giuridici  differenti. 

Al  banchiere  può  essere,  al  momento  del  contratto,  con- 
segnata la  quantità  di  danaro  da  trasportarsi,  segnandogli 
un  tempo  prossimo,  entro  il  quale  l'operazione  deve  essere 
compiuta  ed  attribuendogli  pel  trasporto  un  compenso  pe- 
cuniario. Oppure  la  Chiesa,  nelF  atto  stesso  che  incarica  un 
suo  banchiere  di  esigere  alcune  somme  in  certi  luoghi  e 
gli  consegna  speciale  mandato  pel  nunzio  o  tesoriere  apo- 
stolico, che  questo  versamento  deve  esigere,  ha  cura  che 
le  venga  immediatamente  fatta  una  anticipazione  (pari  per 
soHto  alla  metà  dell'  intera  somma)  sul  danaro  pel  quale 
ha  dato  mandato  di  riscossione.  Insomma  due  specie  di 
«cambio  »  s'incontrano,  la  seconda  più  della  prima  perfetta 
economicamente  e  giuridicamente. 

Di  queste  due  specie  di  «  cambio  »  non  v'  ha  dubbio 
che  la  prima  sia  al  mercante  molto  più  giovevole,  come 
quella  che  gli  dà  modo  di  disporre  per  un  certo  tratto  di 
tempo  del  danaro  ricevuto  in  deposito.  Tanto  più  che  i 
mercanti  non  di  rado  prolungavano  a  lor  piacimento  il  pe- 
riodo innanzi  stabilito  per  la  restituzione  della  somma.  Così 
si  restituisce  il  6  febbraio  1365  un  capitale  ricevuto  il  io  ot- 
tobre antecedente  e  che  doveva  rendersi  entro  due  mesi; 
il  22  aprile  1365  un'altra  somma  ricevuta  il  18  luglio  e 


^ev  la  storio  economica  del  sec.  XIV         339 

che  doveva  parimenti  rendersi  entro  due  mesi;  il  5  novembre 
dello  stesso  anno  altri  danari  avuti  agli  stessi  patti  l'ultimo 
gennaio  (i).  Ma  ancor  più  lunghi  sono  gli  indugi,  attesta- 
tici dai  documenti  del  1367.  Dagli  Alberti  antichi  si  asse- 
gnano l'ultimo  luglio  1367  dei  danari  ricevuti  in  Germania 
il  30  aprile  1365  ed  altri  ricevuti  fin  dal  17  novembre  1363, 
cioè  quasi  quattro  anni  innanzi  (2).  È  vero  per  altro  che  di 
cosi  lunghi  ritardi  non  si  hanno  che  rari  esempi,  ma  V  im- 
portante è  che  non  comparisce  mai  nelle  fonti  notizia  di 
multe,  cui  si  assoggettassero  i  mercanti  per  V  indugio  frap- 
posto. Dell'  inverso  invece  abbiamo  ricordo.  Il  20  gen- 
naio 1335  dal  nunzio  «in  partibus  Lombardie»  si  pagano 
agli  Acciaioli  12  fiorini  per  compenso  del  breve  ritardo 
posto  dal  nunzio  a  riscuotere  io  000  fiorini  inviatigli  da 
Avignone  (3). 

I  due  contratti  di  cambio  rappresentano,  a  mio  parere, 
come  il  simbolo  di  due  differenti  momenti  nella  storia  delle 
relazioni  tra  i  pontefici  e  i  banchieri.  Osservo  che  la  seconda 
forma  si  incontra  nelle  nostre  fonti  quasi  soltanto  dopo  la 
metà  del  secolo  xiv,  mentre  la  prima  campeggia  nei  tempi  an- 
teriori (4).  Perchè?  Il  deposito  puro  e  semplice  e  la  pura  e 
semplice  trasmissione  del  danaro  ricevuto  è  un  contratto  nel 
quale  la  parte  contraente  che  confida  nella  rettitudine  dell'altra 
è  interamente  la  Chiesa.  Essa  possiede  naturalmente  la  ga- 
ranzia formale  dell'  obbligazione  contratta  dal  banchiere,  ma 
garanzia  reale  nessuna,  se  al  momento  del  contratto  con- 
segna il  danaro  e  se  questo  danaro  rimane  per  un  certo 
periodo  in  piena  balìa  del  depositario.  Con  la  seconda  specie 
di  cambio  invece  la  situazione  economica  muta  interamente 

(i)  /.  E.  317,  e.  32  B  sgg.  (2)  /.  E.   327,  ce.  38B-39. 

(3)  /.  E.  48,  e.  67. 

(4)  Non  già  che  scomparisca  di  poi:  si  mantiene  accanto  ali  al- 
tra, come  accade  sempre  nelle  trasformazioni  giuridiche.  Ciò  però  non 
esclude  che  dobbiamo  chiederci  onde  la  seconda  forma  provenga  e 
perchè  così  tardi. 


340  G.  oAvias 


e  a  tutto  vantaggio  della  Chiesa,  la  quale,  nell'  istante  in 
cui  il  contratto  è  conchiuso,  riceve  una  forte  anticipazione 
dal  banchiere,  mentre  questi  per  un  certo  tempo  non  ha 
che  la  speranza  (s' intende,  giuridicamente  assicurata)  di 
riscuotere  in  un  prossimo  avvenire  una  somma  maggiore 
dai  nunzi  e  tesorieri  pontifici. 

Se  questo  che  abbiamo  descritto  è  l'elemento  differen- 
ziale tra  i  due  contratti,  se  questo,  a  così  dire,  ne  è  il 
diverso  spirito  animatore,  subito  logica  ne  proviene  una 
domanda.  Perchè  si  succedono  in  ordine  di  tempo  questi 
due  contratti  cosi  profondamente  diversi  nel  loro  signifi- 
cato, perchè  la  forma  più  semplice  precede  la  più  com- 
plessa ? 

Chi  ritiene  che  lo  svolgimento  delle  forme  giuridiche 
avvenga  per  intrinseca  virtù,  può  rispondere  che  natural- 
mente, nei  rapporti  bancari  tra  i  pontefici  ed  i  mercanti, 
dovè  prima  pensarsi  alla  più  ovvia  ed  elementare  forma  di 
contratto  e  soltanto  in  progresso  di  tempo  ad  un'altra  più 
matura  e  complicata.  Ma  così  il  problema  si  elude,  più  di 
quel  che  non  si  risolva.  Dal  semplice  al  complesso,  sta  bene, 
ma  in  virtù  di  quali  cause,  su  quali  basi  riposano  rispetti- 
vamente le  due  forme  giuridiche,  supposto  (né  è  troppo  ar- 
dito supporlo)  che  non  vivano  isolate? 

Queste  basi,  a  mio  parere,  sono  di  duplice  natura,  ge- 
nerali e  speciali,  cioè  consistono,  da  un  lato,  nella  lenta 
elaborazione  degli  istituti  di  credito  medievale  e,  dall'  altro, 
nelle  vicende  particolari  del  commercio  bancario  ponti- 
ficio. La  fiducia  sorregge  le  istituzioni  del  credito,  in  ogni 
età,  ma  la  fiducia,  a  sua  volta,  non  è  un  ente  astratto, 
sibbene  il  resultato  positivo  di  determinate  condizioni  di 
fatto.  Ora,  perchè  tra  banchieri  e  pontefici  potesse  sorgere 
una  fiducia  tale,  da  consentire  ai  primi  quella  così  agile 
ma  pericolosa  forma  di  contratto  bancario,  era  necessario 
che  corresse  una  diuturna  esperienza,  la  quale  assicurasse 
i  mercanti   della   solvibilità   ineccepibile   della  Chiesa,  e  li 


'Ver  la  storia  economica  del  sec.  XIV  341 

assicurasse  con  l'esperienza  dei  fatti.  D'altra  parte,  le  par- 
ticolari vicissitudini  del  commercio  bancario  pontifìcio  con- 
tribuiscono a  spiegare  il  nostro  fenomeno,  per  duplice  modo. 
La  Chiesa  dovè  sentire  la  necessità  di  guarentirsi  contro  i 
suoi  mercanti,  dopo  che  tanto  ebbe  a  soffrire  dai  fallimenti 
delle  grandi  ditte  fiorentine.  Questo  fatto  cardinale  ebbe  le 
sue  conseguenze  tanto  nella  storia  esterna  che  nella  storia 
interna  delle  relazioni  bancarie-pontificie,  e  come  nella  prima 
portò  la  caduta  momentanea  e  sempre  l'attenuazione  del 
monopolio  fiorentino,  così  nella  seconda  favorì  una  tra- 
sformazione del  tipo  di  contratto  bancario  in  senso  per  la 
Chiesa  più  cauto  e  vantaggioso.  Notevole  è  poi  che  le  due 
metamorfosi,  risultato  di  una  unica  causa,  sono  alla  loro 
volta  in  perfetta  armonia  tra  loro  e  vicendevolmente  agi- 
scono l'una  sull'altra.  Mentre  esiste  il  monopolio  di  alcune 
ditte,  le  anticipazioni  alla  Chiesa,  accumulandosi  tutte  a 
rischio  di  costoro,  li  avrebbero  posti  in  grave  imbarazzo; 
cessato  il  monopolio, questo  impedimento  scompare  senz'altro 
e  si  instaura  invece,  con  la  divisione  del  lavoro,  una  condi- 
zione quanto  altra  mai  favorevole  al  dominio  della  seconda 
forma  contrattuale.  Notevole  esempio  di  questo  generale 
fenomeno:  che  i  fatti  sociali  generati  da  altri  fatti  reagi- 
scono sui  fatti  generatori,  ma  questa  reazione  significa  col- 
lahora:;jone  e  non  modificazione,  giova  cioè  a  rinvigorire  la 
causa  iniziale  e  a  far  sì  che  abbia  tutte  le  condizio:ii  posi- 
tive necessarie  pel  suo  pieno  svolgimento. 

A  maggiore  intelligenza  del  lettore  scelgo  e  trascrivo 
qua,  tra  i  moltissimi,  un  esempio  per  ciascuna  delle  due 
forme  di  cambio. 

i"  forma  (i). 

Predictis  anno  &c.  die  .xiii.  mensis  augusti  (1365),  cum  dominus 
Johannes  nunc  Vormaciensis  olim  Hildesemiensis  episcopus,  in  provincia 
Maguntina  apostolice  Sedis  nuntius  et    collcctor  auctoritate  apostolica 

(i)  /.  E.   u8,  e.   33  B. 


342  G.  oArias 


specialiter  deputatus,  de  pecuniis  per  ipsum  habitis  et  receptis  ad  Ca- 
meram  apostolicam  qualitercumque  pertinentibus  . . .  nuper  per  Hugo- 
nem  Spanner  de  Argentina  subcollectorem  suum  in  loco  de  Brugis 
fecisset  fieri  cambium  die  .xiiii".  mensis  iulii  proxime  pre- 
teriti cum  Peroczio  Cursini  de  Florencia,  factore  societatis  Albertorum 
antiquorum  de  Florencia  Brugis  commoranti,  de  .v.  cent.  l.  florenis 
de  Alamania,  per  socios  diete  societatis  solvendis  et  reddendis  diete 
Camere  infra  duos  menses  a  dieta  die  .XIIII^  dicti  mensis 
iulii,  prout  in  instrumento  &c.,  hinc  est  quod  prefatus  Lambertus 
Lambertesqui,  in  solutionem  et  deductionem  diete  summe,  die  ista  pre- 
sentis  mensis  augusti,  prò  dieta  societate  et  aliis  quorum  interest,  ma- 


nualiter  solvit  et  assio;navit  {;  .l.  florenos  de  Alamannia  dietos 


2"  forma  (i). 

Die  .XI.  mensis  iunii  (1346)  fecimus  cambium  cum  ser  Mangiasey 
mercatore  Fiorentino  de  summa  .111.  m.  florenorum,  quos,  ex  paeto 
Inter  Cameram  et  eum  inito,  idem  debet  reeipere  Neapoli  de  pecuniis 
in  illis  partibus  receptis  per  reverendum  patrem  dominum  Guillielmum 
episeopum  nune  Casinensem,  ratione  decime  triennalis,  prout  per  licteras 
apostolicas  super  huiusmodi  cambio  confeetas  et  eidem  domino  epi- 
scopo direetas  potest  liquere qua  die  idem  mereator  manualiter 

assignavit  Camere  apostoliee  .md.  florenos  auri,  et  infra  .x.  dies 
postquam  nobis  constiterit  quod  sibi  vel  procuratori  suo 
fuerit  ibidem  satisfaetum,  idem  mereator  tenetur  solvere 
propter  hoc  alios  .md.  florenos. 

Li  sborsa  infatti  il  20  luglio. 

Tralascio  di  notare  qualche  lieve  differenza  nelle  pra- 
tiche applicazioni  delle  due  specie  di  cambio,  solo  osser- 
vando una  notevole  particolarità,  rispetto  alla  prima  forma. 
L'assegnazione  del  danaro,  per  parte  della  Chiesa,  nel  mas- 
simo numero  dei  casi  è  fatta  prima  che  il  banchiere  o  un 
suo  ((  factor  »  abbia  eseguito  il  pagamento  del  quale  è  in- 
caricato a  chi  di  ragione,  ma  qualche  rara  volta  invece 
codesta  assegnazione  sussegue  di  poco  il  pagamento.  Così 
il  IO  luglio  1367  (2)  è    fatto    cambio   dalla   Camera   con 

(i)  /.  E.  243,  e.  61,  Scelgo  un  esempio  di  poco  anteriore  alla 
metà  del  secolo  xiv,  che  è  tra  i  primi  da  me  incontrati.  (2)  /.  E. 
327,  ce.  48B-49. 


Ver  la  storia  economica  del  sec.  XIV  3.^3 

Andrea  Tici  di  Pistoia,  per  tremila  fiorini,  da  consegnarsi 
in  Montpellier  «  receptori  et  distributori  pecuniarum  operum 
«  monasterii  Sancti  Benedicti  »,  e  si  avverte  che  questa  con-* 
segna  era  già  avvenuta,  al  momento  nel  quale  è  concluso 
il  cambio  tra  la  Camera  apostolica  e  il  banchiere  in  Avi- 
gnone :  «  Quos  idem  Andrea  die  .  v 1 1 1 .  h  u  i  u  s  m  e  n  s  i  s 
((  i  u  1  i  i  fecit  assignari  in  Montepessulano  .  .  .  prout  per  cq- 
«  dulam  dicti  domini  Mercedi  missam  constat  ». 

Qualche  volta  il  cambio  della  seconda  specie  assume  una 
forma  ed  un  contenuto  differenti  da  quelli  tipici  descritti: 
non  si  ha  notizia,  cioè,  dell' antecipazione  di  una  parte  del- 
l'intera somma  per  opera  del  banchiere,  il  che  è  quanto  dire 
che  manca  un  elemento  essenziale  a  quella  forma  giuridica, 
tanto  che  potrebbe  parlarsi  di  una  terza  forma.  Singolare 
esempio  è  il  seguente.  Fino  dal  1364  era  stato  fatto  cambio 
dalla  Camera  apostohca  con  Pietro  Sirani,  di  Montpellier, 
di  tremila  fiorini  d'oro,  ch'egli  avrebbe  ricevuto  dai  collet- 
tori in  Cipro.  Questi  infatti  gli  consegnano  mille  fiorini 
il  30  decembre  1365,  ma  il  mercante  fa  la  restituzione,  cui 
è  tenuto  in  virtù  del  cambio,  soltanto  assai  tempo  dopo  ed 
in  tre  volte,  l'S  luglio  1367,  il  13  maggio  1368  e  il 
25  aprile  1369(1).  Riproduco  anche,  ad  esempio  del  con- 
tratto, il  documento  seguente: 

Die  .XXIX.  mensis  mai  [1349],  cum  iuxta  conventionem  habitam 
Inter  Cameram  apostolicam  et  Lambertum  Lamberteschi  mercatorem 
de  societate  lacobi  Alberti  et  sociorum  suorum  de  Albertis  de  Flo- 
rentia  teneatur  dieta  socìetas  solvere  eidem  Camere  .ii.^  florenos  auri 
recipiendos  per  eandem  societatem  Venetiis  prò  cambio  a  domino 
Raymundo  abbate  Sancti  Nicolai  in  Littore  de  Veneciis  collectore  fru- 
ctuum  beneficiorum  ecclesiasticorum  vacantium   ad  dictam  Cameram 

pertinentium  in  illis  partibus  auctoritate  apostolica  deputato Quia 

Johannes  Duti  de  Florentia  nomine  ipsius  societatis  dictos  florenos 
a  dicto  collectore  iam  recepit....  prefatus  Lambertus  solvit  et 
assignavit  manualiter  dictos  .11."^  florenos  (2). 

(i)  1.  E.   327,  e.  68.         (2)  /.  E.  260,  e.  56. 


344  ^-  ^^^i<^s 


Rimane  per  ultimo  da  spiegare  l'uso  del  vocabolo  cambio, 
che  se  apparisce  naturale  nell'operazione  bancaria  del  secondo 
tipo,  può  sembrare  improprio  nel  primo  caso.  Non  è  forse 
un  semplice  contratto  di  trasporto?  Egli  è  che  il  trasporto 
del  danaro,  come  resulta  più  d'una  volta  chiarissimamente, 
è  semplicemente  fittizio  nel  massimo  numero  dei  casi.  Il 
banchiere  contraente  emana  un  ordine  di  pagamento  al  suo 
rappresentante  nella  piazza,  ove  l'assegno  deve  aver  luogo, 
e  riscuote  intanto  la  somma  oggetto  del  cambio,  ritenen- 
dola presso  di  sé.  Così  egli  trasporta  solo  simbolicamente 
il  danaro  e  non  incorre  nei  pericoli  di  un  trasporto  reale; 
con  ciò  per  altro  non  escludesi  che  qualche  volta  questo  av- 
venisse, specie  quando  il  deposito  per  parte  de'  nunzi  pon- 
tifici aveva  luogo  in  paesi  lontani,  ove  non  sarebbe  stato 
utile  trattenere  forti  somme,  che  non  potevano  convenien- 
temente collocarsi  (i). 

Mutili.  Più  volte  sono  ricordati  dei  mutui  fiuti  o  rice- 
vuti dalla  Chiesa,  ma  non  offrono  motivo  di  considerazione 
speciale. 

Mi  limiterò  a  riferirne  alcuni  più  notevoli. 

Il  28  marzo  1341  (2)  si  mutuano  a  Francesco  Acciaioli 
duemila  fiorini  d'oro  ed  egli  li  riceve  a  nome  del  rettore 
della  Marca  Anconetana,  cui  promette  di  consegnarli,  ob- 
bligandosi insieme  «  de  reddendo  et  restituendo  Camere  obli- 
«  gationem  de  dictis  florenis  faciendam  per  dominum  rectorem 
((  de  solvendo  ipsos  florenos  per  eundem  rectorem  ipsi  Ca- 
«  mere,  de  redditibus  et  proventibus  terrarum  Marchie  An- 
ce conitane,  quam  scito  recipi  potuerit  et  haberi  ».  Il  ban- 
chiere è  dunque  in  questo  caso  non  tanto  un  mutuatario, 
quanto  l'intermediario  o  procuratore  del  mutuatario  vero. 
A  stretto  rigore  poi  ò  questa  una  semplice  finzione  giuri- 


(i)  Pel  «  portagium  » ,  cf.  p.  337,  nota  4. 
(2)  /.  E.   190,  e.    143. 


T^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV  543 


dica,  certamente  ben  trovata,  per  associare  in  un  solo  atto 
due  procedimenti  economici  diversi,  ma  concorrenti  :  la  con- 
segna immediata  di  alcune  somme  e  la  riscossione  sperata 
di  altre  per  un  prossimo  avvenire. 

Pel  modo  di  garanzia  faccio  speciale  menzione  del  mutuo 
seguente  : 

Anno  Domini  .mcccxxv.,  die  .xv.  mensis  ianuarii,  dominus  Petrus 
Marini  archidiaconus  Parmensis  et  ego  Bernardus  predictus  fecimus 
mutuari  ex  causa  et  necessitate  urgente  de  pecunia  Camere  domini 
pape  nostre  administrationi  commissa,  per  manus  Mei  Carducci  mer- 
catoris  Fiorentini,  socii  societatis  Acciaialorum  de  Florencia,  nobili 
viro  Guillielmo  Ramundi  de  Canonionte,  stipendiarlo  Ecclesie,  florenos 
auri  centumtriginta  . .  .  prò  quibus  .cxxx.  florenis  dictus  Meus  Carducii 
retinuit  penes  se  duos  equos  dicti  nobilis  prò  pignore  dictorum  flore- 
norum.  Quos  quìdem  florenos  predictus  Meus  promisit  restituere  Ca- 
mere domini  pape  quam  primum  dictos  equos  vendiderit  seu  pecuniam 
eandem  recuperaverit  a  dicto  nobili  (i). 

Questo  ufficio  d'intermediario  di  mutui  è  sovente  eser- 
citato dai  banchieri,  anche  a  profitto  di  principi.  Così  il  28 
agosto  1350  (2)  si  mutuano  diecimila  fiorini  d'oro  dalla 
Camera  ad  Angelotto  Petri  di  Lucca,  procuratore  del  re  e 
della  regina  di  Sicilia,  dai  quali  il  mercante  s'impegna  di  far 
ratificare  il  contratto  non  dopo  il  venturo  Natale  dell'  anno 
stesso. 

2.  Commercio  dei  panni, 
a)  I  nomi  e  la  patria  dei  mercanti. 

Come  nel  commercio  bancario  abbiam  visto  signoreg- 
giare i  Fiorentini  e  gli  Italiani  in  genere,  così  dobbiamo 
constatare,  pel  commercio  dei  panni,  una  a«sai  più  ampia 
partecipazione  dei  trafficanti  locali,  cioè  degli  Avignonesi  e 
in  generale  dei  Francesi. 

(i)  /.  }:.  48,  e.  78  H.         (2)  /.  E.  245,  e.   134B. 
Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII  23 


34^  G.  oArias 


A  Ricano  dei  Cordi  d'Avignone  si  trovano  di  continuo 
assegnate  somme  ingenti  per  l'acquisto  dei  panni  nella 
Fiandra  e  nel  Brabante.  A  lui  il  29  gennaio  1326  si  danno 
3215  fiorini  d'oro,  16  danari  di  tornesi  grossi,  per  panni 
d'inverno  pei  famigliari  del  papa,  acquistati  in  quelle  re- 
gioni (i)  e  il  IO  agosto  per  panni  estivi  3532  fiorini  d'oro, 
II  danari  tornesi  grossi,  13  danari  tornesi  piccoli;  il  20  feb- 
braio 1327,  3194  fiorini  d'oro,  i  danaro  tornese  grosso 
d'argento  e  il  17  agosto  dello  stesso  anno  3691  fiorini 
d'  oro,  6  danari  tornesi  grossi  (2).  E  così  infinite  volte  negli 
anni  seguenti  (3).  A  questo  mercante  francese  e  ad  altri 
veggo  attribuite  forti  somme  per  l'acquisto  di  panni  nelle 
regioni  Fiamminghe. 

Ciò  per  altro  non  significa  che  qua  pure  non  abbiano  fre- 
quenti incarichi  i  commercianti  fiorentini,  come  i  Bonac- 
corsi  e  gh  Alberti  (4),  o  astigiani,  come  i  Malabaila  (5), 
o  che  anche  qualche  volta  non  si  preferisca  1'  acquisto  di- 
retto per  mezzo  di  messi  pontifici  (6). 

Ma  intanto  ci  è  dato  di  affermare  che,  al  contrario  di 
quanto  accade  nel  contemporaneo  traffico  bancario,  nel  traf- 
fico dei  panni  i  mercanti  francesi  hanno,  fino  dalla  prima 
metà  del  secolo  xiv,  notevole  luogo.  Ora  chi  ben  guardi 
riconoscerà  in  questo  nuovo  fatto  una  palese  conferma  ed 
una  esplicazione  delle  osservazioni  già  enunciate.  L'economia 
della  Francia  non  consentiva  che  il  commercio  bancario 
avesse  allora  una  importanza  di  primo  ordine,  si  invece  l' e- 
conomia  fiorentina  e  d'  altre  città  italiane,  e  perciò  (quale 
eloquente  riflesso  di  questo  stato  di  cose)  abbiamo  alla  corte 
pontificia  il  predominio  italiano.  Ma  la  stessa  economia  fran- 
cese era  ormai  giunta  a  qualche  altezza  nel  commercio  dei 


(i)  /.  E.  72,  e.  50.  (2)  /.  E.  81,  ce.  43-46.         (3)  Cf.  /.  E. 

32,  e.   52;  146,  e.  94  &c.  (4)  Es.  /.  E.   170,  e.  82  sg.  ;   185, 

e.  81  sg.           (5)  Es.  /.  E.  209,  e.   109B.  (6)  /.  E.   190,  e.  70; 

/.  E.  202,  e.  93  sgg. 


^er  la  storia  economica  del  sec,  XIV         347 

panni  e  dei  tessuti,  favorita  in  ciò  anche  dalla  mirabile  vi- 
goria conquistata  dalle  vicine  industrie  fiamminghe,  lungo 
il  secolo  XIII.  h  naturale  dunque  che  la  Curia  pontificia 
fosse  tratta  a  concedere  in  questo  traffico  quello  che  era 
invece  tratta  a  negare  per  la  banca,  perchè,  a  parità  di  uti- 
lità economica  generale,  le  ragioni  di  convenienza  locale  e 
di  vicinanza  dovevano  esercitare  il  loro  influsso. 


h)  I  luoghi  d'esportazione. 

Sotto  questo  rispetto  si  può  afl^ermare  che  la  Fiandra  e 
il  Brabante  sono,  quasi  unicamente,  i  paesi,  d'onde  la  Chiesa 
fa  venire  i  panni  ed  i  tessuti  (i).  Firenze  e  l'Italia  quasi 
scompariscono. 

Significa  forse  che  l' industria  fiorentina  e  l' italiana  non 
poteva  ormai  più  sostenere  vittoriosamente  oltre  Alpe  la 
concorrenza  fiamminga?  Questa  deduzione  è  del  tutto  ille- 
gittima e  troppo  vasta  per  così  piccola  premessa. 

La  Chiesa  concedeva  alla  Fiandra  la  preferenza  indub- 
biamente per  la  minore  spesa  di  trasporto  ad  Avignone, 
sede  papale;  non  ci  è  dato  spingerci  al  di  là  nel  dedurre. 
Ma,  anche  cosi  stando,  la  cosa  non  è  per  noi  meno  im- 
portante, perchè  ci  ammaestra  sopra  un  nuovo  svantaggio 
che  la  permanenza  della  Sede  ad  Avignone  recava  all'  Italia, 
e  particolarmente  all'industria  italiana. 

Tra  i  luoghi  onde  si  estraggono  i  tessuti  veggo  una 
voha  ricordata  Damasco  in  Siria,  ove  era  stato  dato  inca- 
rico ad  alcuni  Saraceni  di  tessere  quaranta  panni  d'oro.  Un 
mercante  di  Montpellier  li  aveva  poi  acquistati  e  traspor- 
tati sino  ad  Avignone  (2).  Questi  rapporti  mercantili  della 
Chiesa  Romana  coi  Saraceni  si  accompagnano  con  le  pene 
pecuniarie  dalla  Chiesa  stessa  imposte  a  quei  mercanti  che 

(i)  Vedi  le  citazioni  precedenti.         (2)  /.  E.  250,  e.  100. 


348  G,  oArias 


trafficavano  nelle  terre  degli  Infedeli.  Il  24  marzo  1344  un 
Siciliano,  per  avere  portato  merci  in  Alessandria,  senza 
averne  nulla  lucrato,  sborsa  tre  fiorini;  il  30  marzo  alcuni 
mercanti  di  Barcellona  per  avere  inviato  nelle  terre  del  Sul- 
tano merci  «  non  tamen  a  iure  prohibitae  » ,  donano  alla 
Chiesa  il  lucro  ricavatone  di  21  fiorini  (i). 


3.  //  trasporto  delie  merci. 

La  difficoltà  e  la  poca  sicurezza  delle  comunicazioni  nel 
medio  evo,  i  sistemi  di  tassazione,  cosi  spesso  gravosi  per  le 
merci  di  transito,  accrescevano  enormemente  il  prezzo  delle 
merci  dal  luogo  d'origine  a  quello  di  vendita.  Fenomeno  que- 
sto che,  ben  lungi  dal  disturbare  l' opera  dei  mercanti,  la  ren- 
deva, in  un  certo  senso,  più  proficua  a  loro  stessi  in  primo 
luogo,  agli  altri  di  poi.  A  loro  perchè,  conducendo  seco  in 
grande  quantità  mercanzie,  ottenevano  non  piccolo  risparmio 
nelle  spese  di  trasporto,  di  pedaggio  &c.;  agli  altri  perchè 
tale  benefizio,  sia  pure  in  piccola  parte,  giovava  agli  acqui- 
renti, che  avevano  ad  ogni  modo,  per  opera  di  quegli  in- 
termediarli, per  quanto  non  disinteressati,  una  diminuzione 
nel  prezzo  d'acquisto  delle  merci,  in  confronto  al  prezzo 
d'acquisto  e  di  trasporto  diretto  nella  piccola  quantità  agli 
acquisitori  necessaria. 

Darò  qualche  esempio  di  accrescimento  del  prezzo  delle 
merci  per  trasporto  da  uno  ad  altro  luogo. 

Il  prezzo  dei  tessuti  di  Damasco  poco  sopra  ricor- 
dati cresce  notevolmente  durante  il  tragitto  da  Damasco  ad 
Avignone  per  infinite  spese  di  trasporto,  di  pedaggio  &c., 
ad  una  ad  una  enumerate  nella  cedola  del  mercante,  ripor- 
tata nei  libri  Introiiiis  ed  Exitiis  (2).  Ad  Avignone  costano 
fiorini  1278. 

(i)  /.  E.  209,  e.  39.        (2)  /.  E.  250,  e.  100. 


T^er  la  storia  economica  del  sec.  XIV         349 

Ed  ecco  qualche  altro  dato,  che  scelgo  tra  i  raccolti,  a 
miglior  documento  della  mia  affermazione: 

1352,  26  maggio  (i).  Per  trasporto  di  35  «  tonelli  » 
di  vino,  da  Chàlons  sur  Saóne  («  Cabilon»)  ad  Avignone, 
4  fiorini  per  tonello,  cioè  140  fiorini. 

1353,  2  gennaio  (2).  Per  trasporto  di  200  «  saumate  » 
di  frumento  da  Chalons  ad  Avignone  108  fiorini  e  4  grossi, 
e  per  }^6   «saumate»   di  avena  154  fiorini.* 

1354,  29  decembre  (3).  Una  salma  d'  avena  in  Borgogna 
costa  di  prima  compra  9  grossi,  6  danari.  Le  spese  di  tra- 
sporto per  acqua  ad  Avignone  ne  accrescono  il  prezzo  di 
6  grossi  per  ogni  salma  ed  altre  spese  di  tre  grossi  e  13  da- 
nari, di  modo  che  ad  Avignone  viene  a  costare  i  fiorino, 
6  grossi  e  19  danari. 


4.  Acquisto  dei  generi  di  prima  necessità. 

La  Curia  pontificia,  nel  periodo  Avignonese  (almeno 
pel  tempo  da  me  esaminato),  acquista  per  intero  i  generi 
di  consumo  nelle  regioni  Francesi  del  Sud  e  del  Nord  ; 
il  vino  in  ispecie  nella  Borgogna.  Se  ne  ricava  che  un  utile 
grandissimo  ne  doveva  provenire  a  quelle  popolazioni,  specie 
se  si  pensi  che  le  somme  spese  non  erano  di  lieve  conto. 

Ma  alquanto  codesta  utilità  era  mitigata  dallo  scrupolo 
severo  onde  la  Chiesa  cercava  di  proteggere  i  suoi  appro- 
vigionamenti. 

Questa  severità  pontificia,  adoperata  a  tutela  degli  ap- 
provigionamenti  per  la  corte  Avignonese,  giunge  a  sì  alto 
grado,  da  degenerare  in  una  vera  e  propria  rappresaglia 
contro  quei  fornitori  che  non  volevano  accordarsi  nel  prezzo 
d'acquisto.  E  ne  abbiamo  esempio  il   io  giugno  1358,  al- 

(i)  /.  E.  265,  e.  49.  (2)  7.  E.  265,  ce.  62,63.  (3)  i'  E- 
i-ji,  e.   117. 


350  G.  oArias 


lorchè  dal  pontefice  si  ordina  che  nessun  uomo  della  Curia 
più  acquisti  vino  od  uva  in  Nimes  perchè  i  consoli  ed  altri 
cittadini  volevano  dalla  Camera  un  prezzo  che  si  riteneva 
esagerato  (i).  Si  dimostra  così  che  la  Camera  apostolica 
poteva  imporre  la  sua  volontà  ai  suoi  fornitori  giovandosi 
de'  sistemi  anche  spirituali  che  erano  suo  privilegio,  cosic- 
ché per  le  popolazioni  francesi  l' utile  economico  non  dub- 
bio proveniente  dalla  residenza  del  papato  in  Avignone, 
veniva  limitato  alquanto  da  questi  mezzi  artificiosi.  Artificiosi 
e  naturali  insieme,  perchè  è  nel  medio  evo  costume  di  tutti 
i  potenti  di  rendere  a  sé  stessi  più  facile  la  vita  a  danno 
degli  inferiori. 

5.  Compre  ed  affitti  di  case. 

Sul  valore  degli  edifizi  e  degli  affitti  ad  Avignone,  verso 
la  metà  del  secolo  xiv,  depongono  le  seguenti  testimonianze  : 

135 1,  22  giugno  compra  di  un  «  h ospiti um  »  presso  il 
palazzo  apostolico,   140  fiorini  (2). 

(i)  Ecco  il  documento  (/.  E.  286,  e.  125):  «Die  ,x.  iunii,  cum 
«  in  vindemiis  proxime  preteritis  buticularii  domini  nostri  pape  fuissent 
«  Nemausum  prò  vinis  ibidem  faciendis  prò  usu  hospicii  domini  nostri, 
«  prout  est  moris,  per  Stephanum  Eyrela  de  Nemauso  corraterium  ra- 
«  cemos  emi  mandassent  prò  dictis  vinis,  quibus  emptis  et  doliis  im- 
«  pletis,  missis  certis  commissariis  prò  parte  camere  et  collegii  apud 
«Nemausum,  prò  conveniendo  et  concordando  cum  consulibus  et 
«  aliis  civibus  de  precio  vindemie  et  vinorum,  prout  est  consuetum, 
«  factaque  relatione  plenaria  per  dictos  commissarios,  quod  de  precio 
«  diete  vindimie  et  vinorum  cum  dictis  consulibus  et  civibus  convenire 
«  non  poterant,  quia  prò  minori  precio  quam  prò  .xii.  grossis  saùma- 
«tam  quamlibet  racemorum  seu  vindimie  dimittere  non  volebant; 
«  propter  quod  de  mandato  domini  nostri  per  camerarti  fuit  inhibicio 
«facta,  sub  pena  excomunicationis,  quod  nullus  curialis  emeret 
«  vinum  nec  vindemiam  in  Nemauso,  nec  solveret  de  vinis  seu  vin- 
«  demiis  precium  quod  petebant,  quousque  fuisset  super  hoc  aliter 
«  ordinatum  . . .  » . 

(2)  I.E.  263,  e.  208., 


'Per  la  storia  economica  del  sec.  XIV  351 

13  51,  17  decembre  :  «  prò  uno  hospitio  empto  »  [da  una 
donna]  libero,  più  un  censo  di  venti  soldi  piccoli  tornesi 
che  la  proprietaria  aveva  sopra  un  edifìzio  confinante,  1 30  fio- 
rini (i). 

1352,  19  gennaio,  un  «  hospitium  quod  serviebat  .11.  sol. 
«  .VI.  den.  turon.  »  eoo  fiorini  ;  uno  gravato  di  2  soldi  tornesi, 
30  fiorini  ;  un  altro  gravato  d'un  censo  di  5  soldi  tornesi, 
500  fiorini;  un  terzo  gravato  di  un  censo  di  15  soldi  tornesi^ 
400  fiorini  (2).  Questi  edifizi  erano  «  sub  dominio  preposi- 
«  turae  Avinionensis  »,  alla  quale  si  pagano  per  «  trezenum 
«  seu  laudinium  »  191  fiorini,  in  ragione  di  2  soldi  e  6  da- 
nari per  libra. 

Id.,  4  aprile.  Per  compra  di  un  censo  di  3 1  soldi  e  3  da- 
nari sopra  un  edifizio,  325  fiorini  (3). 

1353,  Si  prendono  in  afì&tto  vari  edifizi,  pagando  quale 
«  pensio  ))  pel  termine  di  due  anni  rispettivamente  7  fiorini, 
6  soldi,  6  danari;  32  fiorini,  17  soldi  e  4  danari;  16  fio- 
rini; IO  fiorini  (cosi  per  tre  edifizi)  (4);  43  fiorini,  io  soldi 
e  6  danari,  più  un  terzo  pagato  dal  funzionario  della  Curia 
che  vi  ha  la  sua  abitazione. 

1354,  I  settembre.  Compra  di  un  «  hospicium  »,  45  fio- 
rini (5). 

1357.  Affitto  di  edifizi:  io,  30,  60  soldi  viennesi  al 
mese,  8  fiorini,   5  fiorini  1'  anno  (6). 

1358.  Per  compra  di  un  edifizio   120  fiorini  (7). 

Queste  cifre  debbono  aggiungersi  a  quelle  contempo- 
ranee del  D'Avenel,  che  per  Avignone  non  adduce,  in  que- 
sto periodo,  alcuna  testimonianza  (8). 

(i)  /.  E.  263,  e.  208.  (2)  Ivi.  (3)  Ivi,  e.  2o8b.  (4)  /.  E. 
iG'j,  e.  224  B.  Vedi,  ivi,  alle  pagine  antecedenti,  le  «  pensiones  »  pagate 
dalla  Camera  ai  famigliari  per  le  loro  abitazioni.  (5)  /.  E.  272, 

e.  216.         (6)  I.  E.  282,  e.  233  B.         (7)  LE.  286,  e.  235. 

(8)  Per  il  prezzo  delle  case  le  piìi  prossime  cifre  Avignonesi  addotte 
dal  D'Avenel  (Histoire  de  la  propriétè,  des  deiin'es  &c.,  Parigi,  1894, 
II,  20)  appartengono  al  1335  e  sono  le  seguenti:  20  libbre,  150  fiorini, 


^^2  G.  oArias 


6.  Operai  e  loro  salario. 

Nel  mio  lavoro  sulla  costituzione  economica  dei  Comuni 
ho  raccolto  in  appendice  varie  notizie  sul  salario  dei  lavora- 
tori manuali  ad  Avignone.  Per  ora  non  aggiungo  altre  cifre 
a  quelle  comunicate  (i),  alle  quali  rimando  il  lettore,  e  solo 
traggo  dagli  stessi  elementi  alcune  nuove  illazioni. 

Resulta  chiaramente  un  fatto  di  grande  importanza,  in  per- 
fetto accordo  coi  resultati  dei  celebri  studi  del  Rogers  (2)  per 
l'Inghilterra  e  del  D'Avenel  (3)  per  la  Francia:  che  ad  Avi- 
gnone in  conseguenza  della  peste  degli  anni  1348  e  seguenti, 
e  della  forte  diminuzione  di  popolazione,  i  salari  aumen- 
tarono notevolmente,  persino  del  50  °/o  ed  oltre.  Nuovi  au- 
menti si  hanno  nel  1365  per  recrudescenza  ulteriore  del  male. 
Ora  io  mi  domando:  quali  deduzioni  si  possono  trarre  da 
questo  fatto,  nuovamente  documentato,  per  la  storia  dell'eco- 
nomia e  per  le  leggi  economiche  attuali? 

Molti  economisti  si  sono  fatti  forti  di  questo  episodio 
veramente  singolare  della  storia  economica  e  civile  europea 
per  addurre  una  prova  di  fatto  inoppugnabile,  oltre  le  ar- 
gomentazioni teoriche,  a  favore  della  tesi  che  la  diminu- 
zione di  popolazione  giova  alle  classi  lavoratrici,  perchè  di- 
minuisce bensì  la  domanda  di  benij  ma  non  nelle  medesime 
proporzioni,  e  rende  effettivamente  migliore   la  condizione 

18  fiorini,  pari  rispettivamente  a  franchi  245  ;  1830;  341.60.  Dallo  stesso 
autore  si  apprende  (II,  888)  che  il  prezzo  medio  delle  case  è  a  Parigi 
nel  secolo  xiv  di  franchi  2123  e  in  provincia  di  fr.  515.  Mi  pare  che 
se  ne  possa  dedurre  che  Avignone  raggiungeva  se  non  superava  in  que- 
sto momento  la  stessa  media  di  Parigi.  Il  che  è  del  resto  ben  logico, 
data  r  importanza  che  col  trasferimento  della  Sede  aveva  acquistato 
la  nostra  città. 

(i)  Sistema,  Appendice,  Doc.   Vaticani. 

(2)  Six  centuries  of  worh  and  wages.  The  history  of  english  lahour, 
London,  1884, 

(3)  Histoire  de  la  propriété,  des  denrces  &c.  II,  572  sgg.,  577  sgg. 


Ter  la  storia  economica  del  sec.  XI T         ^^^ 

degli  operai  (i).  Non  mi  sembra,  a  dir  vero,  rigorosamente 
logica  ed  esatta  questa  illazione,  che  dai  fenomeni  del  se- 
colo XIV  si  vuol  trarre  pei  fenomeni  d' oggi,  a  vantaggio 
del  neo-Malthusianismo,  timoroso  di  un  aumento  soverchio 
di  popolazione  e  troppo  sollecito  di  porre  in  luce  i  danni 
che  ne  provengono  alla  generalità  ed  in  ispecie  alle  masse 
lavoratrici.  Non  mi  sembra  esatta,  perchè  interamente  astrae, 
per  comodo  di  deduzione,  dallo  speciale  sistema  storico, 
nel  quale  codesto  forte  accrescimento  dei  salari  ebbe  luogo. 
In  altre  parole,  è  bensì  verissimo  che  nel  secolo  xiv  la  forte 
diminuzione  della  popolazione  addusse  un  così  elevato  au- 
mento dei  salari,  ma  ciò  accadde  anche,  e  principalmente, 
perchè  l'economia  particolarista  del  medio  evo  non  consen- 
tiva, a  cagione  delle  infinite  sue  barriere  economiche,  poli- 
tiche, morali,  un  attivo  scambio  delle  energie  lavoratrici  da 
luogo  a  luogo,  che  avesse  in  parte  compensato  alla  gene- 
rale cresciuta  richiesta.  Questo  tenendo  presente,  è  troppo 
ardito  ricavare  senz'altro  dall'esempio  storico  deduzioni 
generali  per  la  vita  d'oggi. 

D' altra  parte  un  altro  errore  commettono,  a  mio  avviso, 
coloro,  i  quali,  constatato  l'accrescimento  dei  salari  per  la  di- 
minuzione della  popolazione,  si  riempiono  di  allegrezza  e  lieti 
concludono  che  quella  diminuzione  é  estremamente  giove- 
vole ai  più. 

Essi  trascurano  di  chiedersi  se  il  rialzo  dei  salari  torni 
a  vantaggio  dell'  economia  generale  ;  che  se  questo  non  ac- 
cade, si  tratta  per  certo  di  un  utile  momentaneo  e  tutto 
apparente.  Pel  medio  evo  intanto  è  lecito  affermare  che 
cosi  fu  e  che  codesto  precipitoso  ed  estremo  aumento  nocque 
a  tutti  e  fu  causa  d' infinito  malessere,  che  si  verificò  so- 
prattutto neir  industria.  Perchè  l' industria  medievale  ripo- 
sava speciahnente  le  sue  speranze  di  utile,  il  che  vuol  dire 


(i)  Ad  es.  PiERSON,    Trattato   d'economia  politica,   trad.  it.,   To- 
rino, 1905,  II,  342  sgg. 


354  ^'  oArias 


la  possibilità  della  sua  vita  economica,  sulla  bassa  mercede 
degli  operai.  La  peste  levò  di  sotto,  per  così  dire,  d'  un  tratto 
all'industria  la  sua  base  naturale,  portò  al  cielo  i  salari,  ma 
depresse  l'industria,  costrinse  le  classi  dominanti  a  una  po- 
litica repressiva  (della  quale  sono  testimonianza  gli  statuti 
contemporanei),  fu  causa  di  lutti,  di  miserie,  di  tumulti. 
Non  molto  differenti  affermazioni  valgono  anche  per  l'agri- 
coltura, la  cui  potenzialità  economica  non  certo  florida  nel 
medio  evo,  in  ispecie  per  la  limitazione  artificiosa  del  mer- 
cato entro  confini  particolaristi,  non  consentiva  al  lavora- 
tore eccessivo  benessere  economico  e  determinava  d'  altra 
parte  le  restrizioni  alla  libertà  di  lui. 

È  necessario  dunque  che  l' economista  tragga  sì,  anche 
dalla  storia,  il  sistema  delle  leggi  economiche  vigenti,  ma 
della  storia  si  valga  a  dovere  e  non  prenda  a  modello  un  fatto 
economico  staccato,  per  cavarne  deduzioni  necessariamente 
fallaci,  ma  lo  ponga  nell'  ordine  economico  generale  di  cui 
fa  parte  e  così  lo  consideri  e  con  altri,  sotto  ugual  luce 
visti,  lo  paragoni. 

Gino  Arias. 


perone  e  l' incendio  di  %pma 


A  cinque  anni  ferve  in  Italia  e  fuori  intorno  all'  in- 
cendio di  Roma  del  64  d.  C.  una  fiera  polemica 
sorta  con  la  pubblicazione  d'un  opuscolo  del  Pascal, 
il  quale  sostiene  che  quell'  incendio  non  fu  ordinato  da  Ne- 
rone, come  s'ammette  comunemente,  né  si  deve  ascrivere 
al  caso,  ma  fu  appiccato  da  fmatici  Cristiani  esaltati  dal- 
l'idea  d'una  conflagrazione  universale  (i). 

Questa  tesi  non  del  tutto  nuova  (2),  ma  svolta  con 
molta  erudizione,  abbondanza  d'argomenti  e  originalità  di 
vedute,  ha  incontrato  pochi  e  ardenti  fautori  (3)  e  nume- 


(i)  C.  Pascal,  L'incendio  di  Roma  e  i  primi  Cristiani,  i^  ed,  Mi- 
lano, Albrighi  e  Segati,  1900;  2*  ed.  Torino,  Loescher,  1900;  3*  ed. 
Parigi,  Fontemoing,  1902;  4"  ed.  in  Fatti  e  leggende  di  Ronza  antica, 
Firenze,  successori  Le  Monnier,  1903,  pp.   1 17-185. 

(2)  Vedi  A.  Coen,  La  persecu:(ione  Neroniana  dei  Cristiani  in  Atene 
e  Roma,   1901,  n.  22,  p,  299  sg. 

(3)  L.  Borsari  in  Giorno,  a.  II,  n.  244,  2  sett.  1900;  C.  Ricci 
in  lllustraiione  italiana,  Milano,  nn.  23  e  24,  1900;  G.  Ferrara,  L'm- 
cendio  di  Roma  e  i  primi  Cristiani  in  Rivista  di  filologia  e  d''istru:(ione 
classica,  a.  XXIX,  fase.  2",  aprile  1901,  pp.  279-315  ;  R.  Ottolenghi, 
L'incendio  di  Roma  dell'anno  64  in  Nuova  Antologia,  fase,  del  1°  set- 
tembre 1904,  pp.  68-80.  Il  Ferrara  accoglie  la  tesi  del  Pascal  solo  in 
parte,  perchè  ritiene  fortuito  il  primo  incendio  e  il  secondo  provocato 
dai  Cristiani. 


SS^  G.  5.  n^amundo 


rosi  e  vivaci  contradittori.  Degli  ultimi  alcuni  riversano  dac- 
capo l'accusa  su  Nerone  (i),  altri  attribuiscono  l'incendio 
al  caso  (2),  altri  restano  indecisi  tra  il  caso  e  Nerone  (3); 
tutti  però  scagionano  i  Cristiani. 

In  una  controversia  cosi  vessata,  cui  hanno  preso  parte 
storici  e  filologi  dottissimi,  non  posso  aver  la  pretesa  di 
dir  molte  cose  nuove  e  originali  ;  forse  solo  mi  avverrà  di 
raccogliere  qualche  briciola  caduta  agli    altri  (4).  Limitan- 

(i)  U.  Benigni,  /  Cristiani  e  l'incendio  di  Roma,  Roma,  1900; 
De  Crescenzo,  Un  difensore  di  Nerone,  Napoli,  1900;  Nerone  incen- 
diario e  i  primi  Cristiani,  Napoli,  1901  ;  T.  Berthaud,  L'incendie  de 
Rome  sous  Néron,  Paris,  1901;  Vindex,  Difesa  dei  primi  Cristiani  di 
Roma  accusati  di  avere  incendiato  la  città,  Roma,  1902;  A.  Profumo, 
Le  fonti  ed  i  tempi  dell'  incendio  neroniano,  Roma,  Forzani,  1905. 

(2)  V.  CosTANZi,  L'incendio  di  Roma  e  i  primi  Cristiani  in  Bol- 
lettino di  filologia  classica,  a.  VII,  1900,  pp.  132-136;  Briciole  polemiche 
sul  cosidetto  incendio  neroniano,  Torino,  1901;  L.  Levi,  L'  incendio  dt 
Roma  nel  64  d.  Cristo  in  Ateneo  Veneto,  a.  XXIV,  voi.  II,  fase,  i,  1901. 

(3)  F.  Ramorino,  L'  incendio  neroniano  e  la  persecn7fone  dei  Cri- 
stiani nel  «  Quo  Vadis  i)  e  secondo  la  verità  storica  in  Rassegna  Nazio- 
nale, 16  febb.  1901,  pp.  565-587;  G.  B01SSIER,  L'incendie  de  Rome  et 
la  première  persécution  chrétienne  in  fournal  des  Savants,  mars,  1902; 
P.  Allard,  L'incendie  de  Rome  et  les  premiers  chrètiens  in  Revue  des  ques- 
tions  historiques,  1903,  LXXIII,  341-378;  ed  estratto  con  titolo  diverso: 
Les  chrètiens  ont-ils  incendiè  Rome  sous  Nèron?  Paris,  Blond,  1904;  A. 
RoviGLio,  L' incendio  di  Roma  e  la  persecuzione  neroniana  dei  Cristiani, 
Reggio  Emilia,  1905. 

(4)  Mi  piace  riportare  le  parole  del  Boissier,  op.  cit.  p.  168: 
«  On  a  repris  des  questions  qui  avaient  été  cent  fois  traitées;  on  a  etn- 
ee die  des  événements,  des  personnages  dont  on  avait  cesse  de  s'occu- 
«  per. . .  Il  ne  me  semble  pas  que  tous  ces  travaux  nous  apprennent 
«  beaucoup  plus  que  nous  ne  savions  déjà  ;  le  terrain  a  été  si  profonde- 
«  ment  fouillé  qu'il  est  difficile  d'y  faire  aujourd'hui  des  découvertes. 
«  Tous  les  textes  sont  connus  depuis  longtemps  ;  je  ne  crois  pas  qu'il 
«  reste  beaucoup  d'espoir  d'en  trouver  d'autres;  ils  ont  été  interprètés 
«  de  tant  de  manières,  tournés  et  retournés  de  tant  de  còtés,  qu'il  ne 
«  paraìt  pas  qu'on  puisse  imaginer  de  nouvelles  fagons  de  les  entendre. 
«  Je  pense  pourtant  qu'il  ne  sera  pas  sans  intérét  de  suivre  de  loin 
e  cette  très  vive  polémique,  où  le  passe  s'est  'quelquefois  anime  des 


U^erone  e  V incendio  di  Roma  357 


domi  alla  questione  principale,  cioè  a  chi  o  a  che  cosa  si 
debba  ascrivere  l'incendio,  e  trascurando  le  innumerevoli 
altre  minori,  mi  propongo  di  discutere  e  vagliare  succin- 
tamente gli  studi  e  le  indagini  già  fatte  e  di  presentare  di 
quell' importante  avvenimento  la  spiegazione,  che  mi  sembra 
migliore. 

Trovasi  la  narrazione  dell'  incendio  in  Tacito,  Suetonio 
e  Dione  Cassio  (i).  Tacito  ci  fornisce  maggior  copia  di 
notizie;  il  suo  racconto  è  più  ampio  e  più  minuzioso,  e 
appare  anche  a  un  primo  esame  più  fedelmente  veridico. 
Suetonio  e  Dione  Cassio  non  aggiungono  nulla  di  nuovo 
senza  essere  con  Tacito  e  tra  di  loro  in  evidente  contrad- 
dizione. La  testimonianza  di  Tacito  è  anche  più  attendibile, 
perchè  egli  era  più  vicino  agli  avvenimenti  che  narra.  Il 
racconto  tacitiano  è  stato  perciò  giustamente  oggetto  di  mag- 
giori ricerche,  e  sarà  posto  anche  a  base  di  questo  piccolo 
studio. 

I  fatti  sono  generalmente  noti,  e  non  occorre  nemmeno 
riassumerli.  Tacito  dice  da  principio  che  era  cosa  dubbia 
se  r  incendio  fosse  avvenuto  casualmente  o  per  opera  di 
Nerone:  le  sue  fonti  storiche  portavano  l'una  e  l'altra  ver- 
sione (2).  Ma  nel  seguito  della  narrazione  mostra  chiara- 
mente la  sua  propensione  ad  incolpare  Nerone,  e  raccoglie 
contro  di  lui  tutti  gì'  indizi,  che  gli  vien  fatto  di  rintracciare. 
«  Nessuno  )),egli  scrive,  a  osava  opporsi  alla  violenza  dell' in- 
«  cendio  per  le  frequenti  minacce  di  molti,  che  vietavano  di 
(.<■  estinguerlo,  e  perchè  altri  al   cospetto  di  tutti  lanciavano 


«  qaerelles  du  présent,  et  qu'en  revenant  à  ces  vieux  textes,  en  Ics 
«  maniant  et  les  remaniant  sans  cesse,  on  le  pénètre  davantage  et 
«Fon  finit  par  les  mieux  comprendre  ». 

(i)  Tacito,  Ann.  XV,  38-45;  Suetonio,  Ner.  38;  Dione  Cassio, 
LXII,  16-18.  La  narrazione  di  Sulpicio  Severo  (II,  29)  deriva  da  Ta- 
cito, quella  d'Oiiosio  (VII,  7)  da  Suetonio. 

(2)  Tacito,  Ann.  XV,  38:  «  Sequitur  clades,  forte  an  dolo  prin- 
«  cipis  incertum  (nani  utrumque  auctores  prodidere)  ». 


358  G.  S.  ^atnundo 


«  iìac'cole  accese,  e  dicevano  di  far  ciò  dietro  ordine  rice- 
«  VLito  »  (i).  Poi  parla  dei  provvedimenti  presi  da  Nerone 
per  favorire  il  popolo,  e  aggiunge  che  non  giovarono  ad  acqui- 
stargli simpatia,  perchè  «  era  corsa  voce  che  proprio  durante 
«  r  incendio  fosse  salito  su  la  scena  domestica,  e  avesse  can- 
«  tato  la  rovina  di  Troia  »  (2).  Estinto  il  primo  incendio  il 
sesto  giorno,  il  fuoco  si  riaccende  in  altri  quartieri  di  Roma, 
e  il  nuovo  incendio  «  destò  maggiore  sdegno,  perchè  era 
«  scoppiato  nei  possessi  Emiliani  di  Tigelhno,  e  pareva  che 
«  Nerone  ambisse  la  gloria  di  fondare  una  nuova  città  e  di 
c(  chiamarla  col  suo  nome  »  (3).  Più  giù  accenna  ancora 
all'opinione  del  volgo,  che  credeva  ordinato  l'incendio,  e 
commiserava  i  Cristiani  puniti  per  soddisfare  la  crudeltà  di 
Nerone  (4). 


(i)  Ann.  loc.  cit.  :  «  Nec  quisquam  defendere  audebat,  crebris  mul- 
«  torum  minis  restinguere  prohibentium,  et  quia  alii  palam  faces  iaciebant 
«  atque  esse  sibi  auctorem  vociferabantur,  sive  ut  raptus  licentius  exer- 
«  cerent  seu  iussu  ». 

(2)  Ann.  XV,  39:  «  Sed  solacium  popuio  exturbato  ac  profugo 
«  campum  Martis  ac  monumenta  Agrippae,  hortos  quin  etiam  suos 
«  patefecit  et  subitaria  aedificia  exstruxit,  quae  multitudinem  inopem 
«  acciperent . . .  Quae  quamquam  popularia  in  inritum  cadebant,  quia 
«  pervaserat  rumor  ipso  tempore  flagrantis  urbis  inisse  eum  domesti- 
«"cam  scaenam  et  cecinisse  Troianum  excidium,  praesentia  mala  ve- 
«tustis  cladibus  adsimulantem  », 

.(3)  Ann.  XV,  40:  «  Necdum  positus  metus,  et  rediit  haut  levius 
«  rursum  grassatus  ignis  patulis  magis  urbis  locis,  eoque  strages  ho- 
«  minum  minor  :  delubra  deum  et  porticus  amoenitati  dicatae  latius 
«  procidere.  Plusque  infamiae  id  incendium  habuit,  quia  praediis  Ti- 
«  gellini  Aemilianis  proruperat;  videbaturque  Nero  condendae  urbis 
«  novae  et  cognomento  suo  appellandae  gloriam  quaerere  ». 

(4)  Ann.  XV,  44  :  «  Sed  non  ope  humana,  non  largitionibus  prin- 
«  cipis  aut  deum  placamentis  decedebat  infamia,  quin  iussum  incen- 
<'  dium  crederetur.  Ergo. . .  quaesitissimis  poenis  adfecit,  quos. . .  vulgus 
«  Christianos  appellabat . . .  linde  quamquam  adversus  sontes  et  novis- 
«-sima  exempla  meritos  miseratio  oriebatur,  tamquam  non  utilitate  pu- 
«  blica,  sed  in  saevitiam  unius  absumerentur  ». 


VX^roue  e  V  incendio  di  Roma  359 

È  neir  indole  di  Tacito  di  riportare  i  fatti,  anche  i  più 
minuti,  anche  le  dicerie  popolari  (i),  e  di  mostrarsi  spesso, 
come  in  questo  caso,  dubbioso  e  perplesso  tra  due  opposte 
versioni,  lasciando  però  trasparire  la  sua  opinione  personale 
dal  contesto  e  dal  colorito  delle  espressioni  che  adotta  (2). 
Egh,  e  si  scorge  da  tutto  il  racconto  e  ancora  meglio  dal- 
l' evidente  compiacimento  con  cui  riporta  le  parole  del  tri- 
buno Subrio  Flavio,  uno  dei  capi  della  congiura  pisoniana, 
che  un  anno  dopo  chiamò  Nerone  incendiario  (3),  vorrebbe 
accusare  anche  di  questo  deHtto  l'odiato  imperatore;  ma 
nella  sua  onesta  coscienza  non  osa  pronunciarsi  esplicita- 
mente. Gli  mancano  le  prove  della  reità  di  lui,  e  le  sue 
fonti  storiche  non  sono  unanimi  neh' accusarlo.  Quali  sto- 
rici saranno  stati  a  favore  di  Nerone,  quali  contro  di  lui? 
Da  tutti  i   critici  s'ammette  che   per  gli   Aìinali  e  per  le 


(i)  Cf.  Ann.  I,  4;  I,  5;  II,  82;  III,  16;  IV,  io;  XIV,  22  &c. 
Tacito  crede  d'esser  più  minuzioso  degli  altri  storici,  e  si  giustifica. 
Ann.  VI,  7  :  «  Ncque  sum  ignarus  a  plerisque  scriptoribus  omissa  mul- 
{'  torum  pericula  et  poenas,  dum  copia  fatiscunt  aut,  quae  ipsis  nimia 
«  et  maestà  fuerant,  ne  pari  taedio  lecturos  adficerent  verentur  :  nobis 
«  pleraque  digna  cognitu  obvenere,  quamquam  ab  aliis  incelebrata  » . 
Ann.  VI,  32:  «Pleraque  eorum,  quae  rettuli  quaeque  refcram,  parva 
«  forsitan  et  levia  memoratu  videri  non  nescius  sum . . .  Non  tamen 
«  sine  usu  fuerit  introspicere  illa  primo  aspectu  levia,  ex  quis  magna- 
«  rum  saepe  rerum  motus  oriuntur  ».  Sdegna  soltanto  i  particolari  fu- 
tili, che  nuocciono  alla  dignità  del  genere  storico.  Cf.  Fabia,  Les  soiir- 
ces  de  Tacite,  Paris,   1893,  p.  424  sg. 

(2)  Cf.  Hist.  III,  28;  III,  54;  Ann.  Ili,  3;  XIV,  9;  XIV,  51; 
XV,  64  ;  XVI,  3  ;  XVI,  6.  Vedi  Teuffel,  Hist.  de  la  liti,  romaine, 
Paris,  1881,  II,  297.  BoissiER,  Le  jugement  de  Tacite  sur  Ics  Cèsars  in 
Revue  des  Deux  Mondes,  1901,  VI,  499. 

(3)  Ann.  XV,  67:  «  Interrogatusque  a  Nerone,  quibus  causis  ad 
«  oblivionem  sacramenti  processisset,  "  oderam  te  ",  inquit,  "  nec  quis- 
«  quam  tibi  fidelior  militum  fuit,  dum  amari  meruisti.  Odisse  coepi, 
«  postquam  parricida  matris  et  uxoris,  auriga  et  histrio  et  incendiarius 
«  extitisti  ".  Ipsa  rettuli  verba,  quia  non,  ut  Senecae,  vulgata  erant, 
«  nec  minus  nosci  deccbat  militaris  viri  sensus  incomptos  et  validos  ». 


3^0  G.  S.  ^amundo 


Storie  le  fonti  principali  sono  Plinio  il  vecchio,  Cluvio  Rufo 
e  Fabio  Rustico  (i).  Tacito  li  cita  relativamente  così  spesso 
da  rimuovere  ogni  dubbio  :  negli  ultimi  libri  degli  Annali 
pei  fatti  interni  di  Roma  cita  essi  esclusivamente.  Uno  degli 
storici  che  accusa  Nerone  è  Plinio.  Parlando  nella  Storia 
naturale,  della  longevità  d'alcuni  alberi,  dice  che  durarono 
((  sino  agi'  incendi,  con  cui  Nerone  arse  Roma  »  (2).  L'AUard 
nota  che  «  Pline  est,  selon  toute  apparence,  l' un  des  a  u  - 
«  e  t  o  r  e  s  auxquels  fait  allusion  Tacite,  qui  attribuèrent  V  in- 
«  cendie  non  au  hasard,  mais  dolo  principis.  On  sait  qu'il 
«  écrivit,  en  trente  et  un  livres,  l'histoire  de  son  temps. 
«  Tacite  s'en  est  servi  pour  raconter  des  événements  de  65: 
«  évidemment  il  a  consulte  la  méme  source  pour  ceux  de 
«  l'année  précédente  »  (3).  Questa  probabilità  s' accresce  e 
diventa  certezza,  se  si  osserva  che  Plinio  parla  d' incendi, 
e  Tacito  distingue  un  primo  incendio  che  scoppia  presso 
il  Circo  Massimo,  e  si  spegne  il  sesto  giorno  alle  radici 
dell'  Esquilino,  e  un  secondo  incendio  che  scoppia  nei  pos- 
sedimenti Emiliani  di  Tigellino;  e  se  si  osserva  ancora  che 
sarebbe  assai  strano  che  Plinio  nella  Storia  naturale  mani- 
festasse una  convinzione  e  un'  altra  diversa  poi  nella  Storia 
«  A  fine  Aufidii  Bassi  ».  Si  è  dato  gran  peso  alle  parole  di 
Plinio,  come  quelle  d'uno  storico  imparziale  e  contempo- 
raneo di  Nerone.  Ma  Cluvio  Rufo  e  Fabio  Rustico  erano 
anche  imparziali  e  contemporanei  di  Nerone,  e  la  loro  testi- 
monianza valeva  quanto  quella  di  Plinio  (4).  Se  Plinio  ac- 
cusava Nerone,  Cluvio  Rufo  o  Fabio  Rustico,  o  più  facil- 


(i)  Più  precisamente,  la  fonte  principale  di  Tacito  per  le  Storie  è 
Plinio;  per  quei  libri  degli  Annali,  che  comprendono  la  fine  dell'im- 
pero di  Claudio  e  l'impero  di  Nerone,  è  Cluvio.  Cf.  Fabia,  op.  cit. 
p.  169  sg.,  p.  210  sg.,  p.  350  sg. 

(2)  C.  Plinio  Secondo,  Hist.  nat.  XVII,  1,1. 

(3)  Allard,  Les  chrétiens  ont-its  incendié  Rome  sous  Ncron?  Paris, 
1904,  p.  54. 

(4)  Fabia,  op.  cit.  p.  376  sg.  Profumo,  op.  cit.  p.  71  sg. 


\N^rone  e  V  incendio  di  Roma  ^6i 

mente  tutti  e  due  dovevano  essere  pel  caso.  Se  una  sola 
delle  tre  fonti  fosse  stata  pel  caso.  Tacito  avrebbe  avuto 
buon  giuoco  a  contrapporre  a  quella  l'autorità  delle  altre  due 
a  sostegno  della  versione  evidentemente  da  lui  preferita  (i). 
Il  Profumo  immagina  che  qui  Tacito  abbia  voluto  tener 
conto  della  versione  ufficiale,  che  spiegava  l' incendio  col 
caso  (2).  Ma  gli  «  auctores  »  sono  gli  storici  (3),  non  la 
versione  ufficiale;  e  se  ad  ogni  modo  Tacito  avesse  voluto 
accogliere  la  versione  ufficiale  del  caso,  cedendo  all'influssc? 
di  Nerva,  come  vuole  il  Profumo,  l'avrebbe  anche  seguita, 
o  almeno  si  sarebbe  mostrato  del  tutto  indeciso  ;  non 
avrebbe   mostrato    così    chiaramente,  come  fa,  d'inclinare 


(i)  E  questa  parmi  la  ragione  per  cui  Tacito,  che  talora  discute 
e  critica  le  sue  fonti  per  particolari  di  poco  rilievo,  per  un  avveni- 
mento così  importante  vien  meno  alla  sua  promessa  di  riferire  i  nomi 
degli  storici  con  le  loro  diverse  opinioni,  quando  siano  in  disaccordo 
{Ann.  XIII,  2i).  Gli  rincresce  di  non  aver  dalla  sua  parte  né  Fabio  Ru- 
stico, né  eluvio  Rufo,  ma  solo  Plinio,  e  se  la  cava  alla  svelta:  «  utruni- 
«  que  auctores  prodidere  )>. 

(2)  Profumo,  op.  cit.  p.  119  sg. 

(3)  Tacito,  Hist.  I,  i:  «multi  auctores  rettulerunt  )>  ;  II,  37: 
«  invenio  apud  quosdam  auctores  »;  III,  25  :  «  rem  nominaquc  auctore 
a  Vipstano  Messalla  tradam  »;  III,  28:  «  Hormine  id  ingenium,  ut  Mes- 
«  salla  tradit,  an  potior  auctor  sit  C.  Plinius  »;  III,  51:  «  celeberrimos 
e  auctores  habeo  »;  V,  3:  «  plurimi  auctores  consentiunt  .>;  V,  6:  v  sic 
«  veteres  auctores  . . .  tradunt  ».  Ann.  I,  81:  «  diversa  non  modo  apud 
«  auctores,  sed  in  ipsius  orationibus  reperiuntur  »;  III,  3:  <•  matrenì 
«  Antoniam  non  apud  auctores  rerum,  non  diurna  actorum  scriptura 
«  reperio  uUo  insigni  officio  functam  »;  III,  30:  «  C.  Sallustius,  rerum 
«  Romanarum  florentissimus  auctor»;  IV,  io:  «  quae  plurimis  maxi- 
((  maeque  fidei  auctoribus  memorata  sunt  rettuli  »;  IV,  11:  «  haec  vulgo 
ciactata...  nullo  auctore  certo  firmantur»;  IV,  57:  v  secutus  pluri- 
«  mos  auctorum  »;  V,  9:  «  tradunt  temporis  eius  auctores  »  ;  XIII,  20: 
«  nos  consensum  auctorum  secuturi»;  XIV,  2:  «  eadem  ceteri  quoque 
«auctores  prodidere»;  XIV,  64:  «  casus  temporum  illorum  nobis  vel 
«  aliis  auctoribus  noscent  ».  Gemi.  28:  «  summus  auctorum  divus  lu- 
«  lius  tradit  ».  Agric.  10:  «  Livius  veterum,  l'abius  Rusticus  recentium 
«  eloquentissimi  auctores  ». 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XX  VI  il.  -  [ 


3^2  G.  S.  ^amundo 


per  la  versione  opposta,  per  la  colpevolezza  di  Nerone. 
E  gli  «  auctores  »  non  sono  neppure,  come  vorrebbe  il 
Ferrara,  gli  autori  di  voci  o  dicerie,  o  i  testimoni  che 
le  riferivano  (i).  Potrebbero  al  più  essere  quegli  storici, 
cui  accennano  Tacito  e  Giuseppe  Flavio,  e  i  quali  alterarono 
la  verità  dei  fatti  per  timore  o  per  adulazione  (2);  ma  non 
si  spiegherebbe  come  mai  Tacito  che  tanto  li  disprezza,  e 
dice  di  riconoscerli  facilmente  e  di  scartarli,  avesse  voluto 
Isolo  e  proprio  in  questo  caso  preoccuparsi  della  loro  falsa 
testimonianza. 

Ma  ammesso  anche  e  non  concesso,  che  gli  «  auctores  » 
siano  gli  autori  di  dicerie,  o  gli  storici  timidi  e  adulatori,  o 
la  versione  ufficiale,  sta  sempre  il  fatto  che  Tacito,  sebbene 
avverso  a  Nerone,  sebbene  propenso  ad  accusarlo  anche  di 
questo  delitto,  non  ardisce  pronunziarsi  apertamente  e  con- 
dannarlo. «Nessuno  scrittore  antico»,  osserva  il  Levi, 
«  mise  in  dubbio  che  Nerone  avesse  commesso  altri  delitti 
((  sotto  un  certo  punto  di  vista  più  efferati  di  questo  »  (ed  io 
aggiungerei  :  più  difficili  ad  accertare)  «  p.  e.  l'uccisione  delle 
((  due  mogli,  del  fratello  e  specialmente  della  madre  «  (3). 
L'indecisione  di  Tacito,  il  disaccordo  degli  «  auctores  »  di- 
mostrano che  contro  di  Nerone  non  ci  erano  prove  sicure, 
ma  pochi  e  sempHci  indizi  e  di  scarso  valore.  Se  altri  argo- 

(i)  Ferrara,  op.  cit,  p.  283.  A  dimostrare  che   «  auctor  »  possa 
avere  il  significato  da  lui  proposto  riporta  alcuni   luoghi  di  Tacito 
Hist.  I,  86  :   «  prodigia  terrebant  diversis  auctoribus  vulgata  »  ;  II,  5  5 
«  cecidisse  Othonem  certi  auctores   in  theatrum   attulerunt»;  II,  73 
«  etsi  vagis  adhuc  et  incertis  auctoribus  »;  Ann.  XVI,  2:  «  non  aucto- 
«  ris,  non  ipsius  negotii  fide  satis  spectata  ».  Ma  si  confrontino  questi 
esempi  anche  presi  così  isolatamente,  fuori  del  contesto,  con  quelli  ci- 
tati nella  nota  antecedente,  e  si  vedrà  se  il  passo  in  discussione  sia  da 
aggrupparsi  con  gli  uni  o  con  gli  altri. 

(2)  Tacito,  Hist.  l,  i;  Ann.  I,  i;  Giuseppe  Flavio,  ^và.  «^/. 
XX,  8,  3. 

(3)  L.  Levi,  L'  incendio  di  Roma  nel  64  d.  Cristo,  estratto  dall' ^- 
teneo  Veneto,  a.  XXIV,  voi.  II,  1901,  Venezia,  p.  5. 


verone  e  F  incendio  di  Roma  ^6^ 

menti  non  si  avessero  a  favore  di  lui,  basterebbe  questo 
solo  ad  obbligare  gli  storici  moderni  a  rimanere  per  lo 
meno  nell'indecisione  di  Tacito. 

GÌ'  indizi  che  Tacito  riporta  contro  Nerone  si  riducono 
a  questi:  la  voce  che  Nerone  abbia  cantato  su  la  scena 
domestica  la  rovina  di  Troia  rassomigliando  alle  antiche 
calamità  la  presente  sciagura,  il  fatto  che  molti  cercavano 
d'impedire  l' estinzione  dell'  incendio  e  altri  gittavano  fiaccole 
accese,  l'essere  scoppiato  un  secondo  incendio  nei  possedi- 
menti Emiliani  di  Tigellino.  Il  primo  non  regge  alla  critica 
storica,  è  una  vera  assurdità.  Tacito  lo  riporta  come  una 
diceria,  cui  non  poteva  prestar  molta  fede;  perchè  egli  stesso 
riferisce  poco  prima,  che  quando  Nerone  giunse  da  Anzio, 
il  fuoco  s'  approssimava  alla  sua  casa.  È  ridicolo  pensare 
che  Nerone  fosse  cosi  matto  da  volersi  divertire  a  cantare 
giusto  nell'imminente  pericolo  di  rimaner  bruciato  vivo.  Il 
suo  primo  pensiero,  appena  giunse  da  Anzio,  dovette  essere 
e  fu  difatti  quello  d'  arrestare  le  fiamme. 

Il  secondo  indizio  appare  ed  è  veramente  più  grave. 
Lo  Schiller  però  non  crede  al  racconto  di  Tacito  (i),  e 
anche  il  Costanzi  ritiene  che  u  questi  scagliatori  di  faci  ar- 
ce denti  siano  esistiti  soltanto  nella  fantasia  di  chi  già  era 
«  dominato  dall'  idea  che  autore  dell'  incendio  fosse  Nerone  ». 
Forse  questa  era  una  diceria  che  correva  per  la  bocca  di 
tutti,  ed  era  stata  accolta  da  alcune  delle  fonti  di  Tacito  (2). 

(i)  H,  Schiller,  Geschichte  des  ròmischen  Kaiserrciches  iinter  der 
Regierimg  Nero's,  Gotha,  1872,  p.  432. 

(2)  A,  Coen,  op.  cit.  p.  303  :  «  Quanto  alla  notizia  che,  dopo  co- 
«  minciato  l' incendio,  si  videro  correre  per  la  città  degli  uomini,  i 
«  quali  impedivano  l'estinzione  del  fuoco  e  gettavano  faci  accese  . .  . 
«  io  rischio  a  credere  abbiano  ragione  quelli  che,  come  lo  Schiller,  lo 
«  Stahr  ed  altri,  esitano  a  prestarvi  fede . . .  Ognuno  sa  che,  quando  un 
«grave  disastro  getta  lo  sgomento  e  la  costernazione  in  una  cittadi- 
«  nanza  e  suscita  generale  confusione,  nascono,  si  diffondono  e  otten- 
«  gono  credito  con  la  massima  facilità  anche  le  notizie  meno  conformi 
«  al  vero  » . 


3^4  G.  S.  panili  11  do 


Certo  egli,  e  non  si  capisce,  la  riporta  come  cosa  assodata. 
Il  Costanzi  non  vede  in  ciò  nulla  di  strano,  e  si  vale  d'un 
esempio  tratto  dalla  storia  di  ieri.  «  Quando  fu  consumato 
((  l'esecrabile  assassinio  del  re  Umberto,  tutte  le  notizie  con- 
ce cordavano  nel  narrare  che  gli  agenti  della  forza  a  stento 
«  poterono  proteggere  il  regicida  dalla  folla  che  voleva 
«  senz'  altro  linciarlo  ;  dal  processo  di  Milano  è  risultata 
«  luminosamente  la  verità  di  questa  prima  versione.  Tut- 
te tavia  fu  possibile,  alla  distanza  di  una  diecina  di  giorni, 
{(  anche  l' efflorescenza  di  un'  altra  diversa,  secondo  la  quale 
«  la  carrozza  reale  sarebbe  stata  circondata  da  gente  inte- 
«  ressata  allo  scampo  del  bieco  esecutore  del  delitto  ;  e,  quel 
«  che  è  più  grave,  questa  versione  inverosimile  trovò  facile 
((  accoglimento  anche  presso  spiriti  non  volgari.  Se  per  caso  - 
«  facciamo  un'ipotesi  improbabile  -  essa  venisse  consacrata 
«  da  un  mionumento  imperituro  come  le  Storie  di  Tacito, 
«  e  ogni  altro  mezzo  di  controllo  non  resistesse  all'  edacità 
((  del  tempo,  si  troverebbero  o  no  i  nostri  posteri  seriamente 
«  imbarazzati  per  ristabilire  la  verità  dei  fatti?  »  (i) 

Ma  si  può  anche  fare  a  meno  di  negare  l'esistenza  di 
questi  incendiari.  Tacito  stesso  ammette  che  potevano  essere 
degli  emissari,  che  eseguivano  un  ordine  (non  dice  di  chi, 
ma  è  chiara  l' allusione  a  Nerone),  o  dei  ladri  che  volevano 
rubare  più  liberamente.  Nel  caso  che  gì'  incendiari  ci  siano 
stati  veramente,  1'  ultima  ipotesi  è  più  probabile.  Nelle  grandi 
calamità  pubbliche  non  mancano  mai  di  quelli  che  cercano 
in  tutti  i  modi  di  profittare  del  disordine  generale,  di  pe- 
scare nel  torbido,  e  il  Sievers  racconta  che  si  videro  degli 
incendiari  nel  grande  incendio  d'  Amburgo  del  1 842,  e  che 
erano  dei  ladri  (2). 

Quanto  al  secondo  incendio  che  scoppiò  nelle  Emiliana, 
sarebbe  interessante  determinare  con  precisione  e  sicurezza 


(i)  V.  Costanzi,  L'incendio  cit.  p.  135. 

(2)  V.  DuRUY,  Histoire  des  Romains,  Paris,  1874,  IV,  47. 


verone  e  V incendio  di  Roma  }6^ 

V  ubicazione  di  quella  località.  Suetonio,  a  proposito  d' un 
altro  incendio,  che  avviluppò  sotto  Claudio  le  Emiliana, 
narra  un  particolare  curioso,  che  cioè  l' imperatore  rimase 
due  notti  nel  Diribitorio,  e  sembrandogli  insufficiente  ad 
estinguere  il  fuoco  il  numero  dei  soldati  e  degli  schiavi, 
mediante  i  magistrati  da  tutti  i  quartieri  fece  accorrere  in 
aiuto  il  popolo,  e  postisi  dinanzi  alcuni  sacchetti  pieni  di 
danaro,  esortava  all'  opera  di  spegnimento  offrendo  a  cia- 
scuno un  premio  proporzionato  al  merito  (i).  Ora  se  Claudio 
osservava  l' incendio  delle  Emiliana,  e  vi  provvedeva  re- 
stando nel  Diribitorio,  finche  il  fuoco  non  s'estinse,  parrebbe 
di  poterne  arguire  che  le  Emiliana  fossero  di  là  visibili,  o 
certo  non  molto  distanti.  Da  un  cenno  di  Varrone  si  dedur- 
rebbe che  fossero  fuori  della  cinta  delle  mura  di  Servio  (2). 
Se  ad  esse  si  riferisce  un'  iscrizione  su  una  tavoletta  di 
bronzo,  che  riguarda  una  navis  harenaria  qtiae  servii  in  Ae- 
miìianis  sub  Arriintio  Stella,  s  estendevano  sino  alla  riva 
del  Tevere  (3).  A  causa  di  così  scarse  e  monche  notizie 
i  topografi  di  Roma  sono  leggermente  discordi;  quasi  tutti 
però  convengono  nel  fissarle  fuori  delle  mura  serviane, 
nella  IX  regione,  più  o  meno  lungi  dal   Campidoglio  (4). 


(i)  Suetonio,  Claiid.  i8. 

(2)  Varrone,  Rerum  rusticarum  lib.  Ili,  2  :  «  Nam  quod  extra 
«  urbem  est  aedificium,  nihilo  magis  ideo  est  villa,  quam  eoruni  ae- 
«  dificia  qui  habitant  extra  portam  Flumentanam  aut  in  Aemilianis». 
Varrone  mette  queste  parole  in  bocca  a  Quinto  Axio,  il  quale  con- 
trappone le  ville  rustiche,  come  la  sua  di  Rieti  «  non . . .  sine  fundo 
«  magno  et  eo  polito  cultura  »,  «  vestigium  ubi  sit  nullum  Lysippi 
e  aut  Antiphili,  at  crebra  satoris  et  pastoris  »,  alle  ville  urbane,  come 
quella  del  suo  amico  Appio  Claudio  in  campo  Marzio,  la  quale  «  neque 
«  agrum  habet  ullum  nec  bovem  nec  equum  » ,  ma  è  «  oblita  tabulis 
«  pictis  nec  minus  signis». 

(3)  C.  /.  L.  XV,  7150. 

(4)  Becker,  Handhuch  dcr  rómischen  Aìlerthùmer,  Leipzig,  1843- 
1851,  I,  643;  Gilbert,  Geschichte  und  Topo^^raphie  der  Stadi  Rem  im 
Aìterthuìii,    Leipzig,  1883-1890,  III,    378;    Richter,    Topographie  der 


^66  G.  S,  T{amundo 


Pare  che  Tacito  dia  loro  ragione;  perchè  parla  di  luoghi 
aperti,  ricchi  di  portici  e  di  tempii,  e  nessuna  delle  regioni 
di  Roma  era  più  aperta  e  più  ricca  di  portici  e  di  tempii 
che  la  IX,  specialmente  la  parte  meridionale  tra  il  Tevere, 
il  Campidoglio  e  il  Circo  Flaminio  (i). 

Il  fuoco,  scoppiato  nel  Circo  Massimo  il  19  luglio, 
attraversò  il  Palatino,  il  Foro,  la  Subura,  e  fu  arrestato 
alle  radici  dell'  Esquilino  (2).  Ne  risulta  che  il  vento,  il 
quale  allora  spirava,  era  certamente  il  vento  di  sud-ovest, 
che  suole  predominare  a  Roma  nell'  estate  (3).  L' incendio 
si  propagava  maggiormente  nella  direzione  del  vento,  ma  si 
diffuse  anche  lateralmente,  come  prova  il  fatto  che  quattro 
regioni  sole  scamparono  all'  orribile  flagello.  Forse  a  sini- 
stra, dalla  parte  del  Foro  Boario  e  del  Velabro,  le  fiamme 
s' andavano  estinguendo,  o  sembravano  già  estinte,  e  si  mancò 
di  vigilanza  ;  sicché  recò  meraviglia  vedere  il  fuoco,  sorpas- 
sate le  mura  serviane,  riprender  forza  e  inoltrarsi  nella  pia- 
nura a  occidente  del  Campidoglio.  Certo  è  che  non  fu  un 
nuovo  e  vero  secondo  incendio,  ma  una  seconda  fase,  una 

Stadt  Rom,  Mùnchen,  1901,  p.  211.  L' Hùlsen  nella  nuova  edizione 
che  sta  pubblicando  dell'opera  del  Jordan,  Topographie  der  Stadt  Rom, 
pone  le  Emiliana  a  nord  del  teatro  di  Balbo,  dove  ora  sorge  il  pa- 
lazzo Farnese. 

(i)  Lanciani,  I  portici  delia  regione  IX  in  Annali  dell'Istituto  di 
corrispondew^a  archeologica,  1883.  Il  passo  di  Tacito  è  riportato  nella 
nota  3  della  p.  358. 

(2)  Tacito,  Ann.  XV,  38  :  «  Initium  in  ea  parte  circi  ortum, 
«  quae  Palatino  Caclioque  montibus  contigua  est,  ubi . .  .  simul  coeptus 
«  ignis  et  statini  validus  ac  vento  citus  longitudinem  circi  corripuit . . . 
«  Impetu  pervagatum  incendium  plana  primum,  deinde  in  edita  ad- 
«  surgens  et  rursus  inferiora  populando,  anteiit  remedia  velocitate 
«mali»;  39:  «  Neque  tamen  sisti  potuit  quin  et  Palatium  et  domus 
«et  cuncta  circum  haurirentur  »;  40:  «  Sexto  demum  die  apud  imas 
«  Esquilias  finis  incendio  factus»;  41:  «  xiiii  Kal,  Sextiles  principium 
«  incendii  huius  ortum  ». 

(3)  Monografìa  della  città  di  Roma  &c.,  pubblicata  dal  Ministero 
di  agricoltura,  Roma,  1881,  pp.  285  e  303. 


V^erone  e  F  incendio  di  Roma  ^6j 

continuazione  del  primo,  e  non  dovè  durare  ed  estendersi 
molto  ;  perchè  Tacito,  che  prima  distingue  questo  dall'altro, 
che  s'  estinse  alle  falde  dell'  Esquilino,  poi  seguitando  ac- 
cenna sempre  ad  un  unico  incendio,  e  non  si  preoccupa 
nemmeno  di  farci  sapere  come,  dove  e  quando  finì  il  fuoco 
scoppiato  nelle  Emiliana,  che  pure,  secondo  lui,  portò  una 
maggior  rovina  di  tempii  e  di  portici. 

Le  EmiUana  si  potrebbero  benissimo  collocare  su  i  fianchi 
meridionali  del  Quirinale,  se,  come  sembrami,  dal  cenno 
di  Varrone  non  si  deve  dedurre  necessariamente  che  fos- 
sero fuori  del  pomerio,  e  se  ad  esse  non  si  riferisce  la  citata 
iscrizione.  Sul  Quirinale,  presso  il  palazzo  dell'  Esposizione 
di  belle  arti,  nel  1887,  in  occasione  degli  sterri  pel  pro- 
lungamento di  via  Genova,  furono  scoperti  gli  avanzi  della 
casa  di  Emilia  Paolina  Asiatica,  tarda  discendente  degli 
Emilii  Paoli,  e  1'  anno  1888  un  po'  più  su,  a  destra  della 
via  Venti  Settembre,  costruendosi  1'  edificio  pel  Ministero 
della  Real  Casa,  fu  rinvenuta  la  celebre  ara  dell'incendio 
neroniano  (i).  A  questa  congettura  non  contraddirebbero 
le  indicazioni  date  da  Suetonio  e  da  Tacito  :  non  saremmo 
molto  lontani  dal  Diribitorio,  e  il  Quirinale  era  una  regione 
elevata  relativamente  alle  altre  e  quindi  aperta,  e  costituiva 
durante  l' impero  un  quartiere  di  carattere  aristocratico  con 
ricchissime  abitazioni  fornite  di  portici  e  frequenti  tempii. 
Il  fuoco,  penetrato  nella  Subura,  a  destra  fu  arrestato  alle 
radici  dell'  EsquiUno  dai  grandi  lavori  di  demolizione  fatti 
fare  da  Nerone;  ma  a  sinistra,  trattenuto  solo  per  breve 
tratto  dai  muri  di  precinzione  dei  Fori  di  Cesare  e  di  Au- 
gusto, si  sarebbe  incanalato  nelle  strette  e  profonde  gole 
del  versante  sud-est  del  Quirinale,  ora  scomparse  per  in- 
genti colmature  di  terra  (2),  e  sarebbe  divampato  terribile 

(i)  Borsari,  Topografia  di  Roma  antica,  Milano,  1897,  p.  177  sg. 
C.  /.  L.  VI,  826.  Lanciani  in  BiilleUino  della  Coiiiih.  archeol.  cotti,  di 
Roma,  1889,  p.  33  sg. 

(2)  Lanciani  in  Buìlettino  cit.  1886,  p.  168  sg. 


3^8  G.  S.  ^amundo 


sul  declivio  e  sul  pianoro  centrale.  Chi  osservava  il  propa- 
garsi dell'  incendio  dall'  alto  dell'  Esquilino  o  del  Viminale 
non  scorgeva  il  fuoco  serpeggiare  in  fondo  a  quelle  gole, 
e  poteva  crederlo  definitivamente  spento;  ma  vedendolo  ri- 
sorgere poco  dopo  più  violento  di  prima,  doveva  natural- 
mente sospettare  che  si  trattasse  d' un  secondo  incendio.  Se 
quella  regione  fu  devastata  dalle  fiamme,  come  parrebbe 
dimostrare  1'  ara  di  Domiziano,  dovette  esser  compresa  nella 
seconda  fase  dell'  incendio.  Se  fosse  stata  compresa  nella 
prima,  Tacito  non  avrebbe  indicato  le  radici  dell'  Esquilino 
come  località  più  distante  dal  Circo  Massimo,  punto  di 
partenza,  luogo  d' origine  del  fuoco. 

Ma  la  ricerca  dell'ubicazione  delle  Emiliana  deve  inte- 
ressare soprattutto  gli  studiosi  della  topografia  di  Roma  an- 
tica. Ovunque  siano  da  collocarsi  non  ne  resta  pregiudicata 
la  questione  a  favore  o  contro  Nerone.  A  torto  il  Ferrara 
giudica  di  capitale  importanza,  per  le  conseguenze  che  ne 
possono  derivare,  stabilire  il  più  esattamente  possibile  la 
topografia  delle  EmiHana  (i).  Tacito  dice  soltanto  che  l'in- 
cendio, che  si  sviluppò  in  quei  luoghi,  parve  più  sospetto, 
accrebbe  le  voci  infamanti;  ma  non  pare  che  egli  lo  ritenga 
certamente  doloso.  Se  quello  fu  davvero  un  secondo  incendio 
e  per  giunta  doloso,  non  so  perchè  si  voglia  a  tutti  i  costi 
incolparne  Nerone.  Senza  ricorrere  a  lui  per  rendersene 
ragione,  si  può  pensare,  e  sarebbe  sempre  molto  più  vero- 
simile, ad  una  privata  vendetta  contro  lo  scellerato  ministro 
dell'  imperatore  (2). 

L'accusa  di  Nerone  non  è  più  sostenibile.  Se,  come  si 
è  visto,  scarsi  e  deboli  sono  gì'  indizi  che  erano  contro  di 

(i)  Ferrara,  op.  cit.  p.  289. 

(2)  Il  RoviGLio,  op.  cit.,  mette  innanzi  un'  altra  ipotesi  plausi- 
bile, che  Tigellino  «  abbia  pensato  ai  mezzi  per  allontanare  da  sé 
«  ogni  sospetto ...  ;  l' incendio  stesso  della  sua  casa  può  essere  stato 
(X  uno  dei  mezzi  a  cui  ricorse  per  ottenere  il  suo  intento». 


^N^rone  e  F  incendio  di  Roma  3^9 

lui,  molto  più  copiosi  e  scrii  sono  gli  argomenti  che  stanno 
a  suo  favore,  tratti  dal  suo  carattere  e  dalla  sua  condotta 
durante  l' incendio.  Riconosco  però  che  i  primi  specialmente 
hanno  un  valore  soggettivo,  e  qualcuno  si  potrebbe  anche 
ritorcere  con  facilità  (i);  ma  presi  tutti  insieme  danno  la 
sicurezza  morale  dell'innocenza  di  Nerone.  Che  egli  fosse 
capace  di  qualunque  delitto  non  si  discute  nemmeno  :  s'am- 
mette da  tutti  unanimemente.  Ma  «  tutti  i  delitti  che  Nerone 
(f  certamente  commise  »,  osserva  il  Levi,  «  furono  contro 
«  singoli,  contro  i  membri  della  sua  famiglia  anzitutto,  poi 
«  contro  uomini  ragguardevoli  per  nobiltà,  per  censo  o  per 
((  posizione  sociale,  dei  quaH  egli,  a  torto  o  a  ragione,  so- 
«  spettava;  la  massa  del  popolo  e  specialmente  la  plebe  non 
«  ebbe  mai  altro  che  da  lodarsi  di  lui  »  (2).  La  plebe  ro- 
mana chiedeva  «  panem  et  circenses  » ,  e  Nerone  offriva  fre- 
quenti spettacoli,  e  provvedeva  all'annona  con  tanta  cura  che 
si  desiderava  la  sua  presenza  continua  nella  città,  temendosi 
la  carestia  quando  egli  fosse  lontano  (3). 

Amante  della  popolarità  e  da  altro  lato  vile  e  pauroso, 
avrebbe  egli  dato  un  ordine,  che  con  certezza  gli  avrebbe 
attirato  l'odio  di  tutti,  e  l'avrebbe  esposto  a  grave  e  quasi 
certo  pericolo?  Quale  causa  poteva  indurlo  a  sfidare  l'ira 
del  popolo?  Si  disse  e  si  dice  che  voleva  ingrandire  il  suo 

(1)  A.    ROVIGLIO,    Op.    Cit,    p.    IO. 

(2)  L.  Levi,  op.  cit.  p.  6. 

(3)  Nerone  fu  sul  punto  di  togliere  tutti  i  dazi,  e  al  principio 
della  crisi  economica  volle  che  i  balzelli  non  fossero  troppo  gravi  al 
popolo,  e  con  un  editto  incaricò  dell'  esazione  tre  uomini  consolari, 
rimproverando  ai  suoi  predecessori  le  soverchie  asprezze.  Anche  quando 
la  crisi  economica  aumentò  a  tal  punto  che  non  si  potevano  pagare 
gli  stipendi  ai  soldati,  ricorse  alle  rapine  e  alle  estorsioni,  saccheggiò 
le  città  e  le  provincie,  spogliò  i  tempii  degli  dèi,  giunse  a  fondere  i 
Penati,  ma  procurò  sempre  di  non  alienarsi  l'affetto  ed  il  favore  della 
mohitudine.  Cf.  Tacito,  ^««.  XIII,  31,  50,  51;  XIV,  12,  14,  15,  20, 
21,  51;  XV,  18,  32,  36,  45;  SuETONio,  Ner.  ir,  12,  21,  32;  Dione 
Cassio,  LXI,  17,  19,  21. 


370  G.  S.  1{amundo 


palazzo,  che  voleva  distruggere  i  quartieri  più  luridi  di  Roma 
per  riedificarli  daccapo  e  poter  quindi  aver  il  vanto  di  chia- 
mare la  città  dal  suo  nome  (i).  Ma  Roma  continuò  a  chia- 
marsi Roma  anche  dopo  il  rinnovamento  edilizio  di  Nerone. 
Il  palazzo  imperiale,  la  «  Domus  transitoria»,  detta  così  o  per- 
chè congiungeva  il  Palatino  e  1'  Esquilino  Oppio  mediante 
un  grandioso  cavalcavia,  o  perchè  lasciava  aperti  al  transito 
pubblico  uno  o  più  luoghi  (2),  era  ancor  troppo  vasta,  e  non 
pare  che  la  «  Domus  aurea»,  che  sorse  su  le  stesse  fonda- 
menta, sia  stata  di  dimensioni  maggiori.  Il  Borsari  ritiene 
che  la  «  Domus  aurea  »  fosse  più  piccola  della  «  Domus  tran- 
ce sitoria  »  (3).  Nerone  inoltre  possedeva  la  casa  di  Augusto, 
la  casa  di  Tiberio  e  quella  di  Caligola  sul  Palatino,  gli  orti 
di  Mecenate  e  gli  orti  Lamiani  e  Pallanziani  sull'  Esquilino, 
gli  orti  di  Caligola,  d'Agrippina  e  di  Domizia  in  Trastevere. 
Mezza  Roma  era  sua,  e  non  aveva  affatto  bisogno  di  nuovi 
acquisti.  Del  resto  lo  sviluppo  che  ebbe  l'incendio  conve- 
niva poco  ai  progetti  edilizi,  che  gli  si  attribuiscono;  perchè 
andarono  distrutti  i  quartieri  più  belU  e  più  ricchi  della  città, 
e  fu  invece  risparmiato  il  lurido  Trastevere  (4). 

(i)  Tacito,  Ann.  XV,  40:  «  videbaturque  Nero  condendae  urbis 
«  novae  et  cognomento  suo  appellandae  gloriam  quaerere  ».  Sueto- 
Nio,  Ner.  38:  «  quasi  offensus  deformitate  veterum  aedificiorum  et  an- 
«  gustiis  flexurisque  viarum  incendit  urbem»;  55:  «  destinaverat  et 
«  Romam  Neropolim  nuncupare  ». 

(2)  Profumo,  op.  cit.  p.  469,  nota  2. 

(3)  Borsari,  op.  cit.  p.  131.  Plinio  il  vecchio  tra  i  grandiosi 
palazzi  di  Roma  nomina  la  «Domus  aurea»:  «  Sed  omnis  eas  dua 
«  domus  vicerunt.  Bis  vidimus  urbem  totani  cingi  domibus  principum 
«  Gai  et  Neronis,  huius  quidem,  ne  quid  deesset,  aurea  »  {Hist.  nat. 
XXXVI,  15,  ih).  Poi  soggiunge:  «Non  patiar  istos  duos  Gaios  vel 
«  duos  Nerones  ne  hac  quidem  gloria  famae  frui,  docebimusque  etiam 
«  insaniam  eorum  victam  privatis  opibus  M.  Scauri»  (XXXVI,  15, 
1 1 5).  La  celebre  «  Domus  aurea  »  poteva  uguagliare  e  magari  supe- 
rare la  casa  di  Caligola,  ma  era  inferiore  alla  casa  d'  un  cittadino  pri- 
vato, di  Marco  Scauro. 

(4)  BoissiER,  op.  cit.  p.   167. 


verone  e  r  incendio  di  Roma  371 

Si  osserva  che  ai  Romani  mancava  l' istituto  dell'espro- 
priazione forzosa  per  causa  di  pubblica  utilità  (i),  e  si  ricorda 
che  Augusto  fece  il  suo  Foro  un  po'  troppo  stretto,  non 
osando  espropriare  le  case  vicine  (2),  e  Nerone  stesso  nella  co- 
struzione del  tronco  celimontano,  che  dall'acquedotto  Claudio 
conduceva  l'acqua  al  laghetto  dei  suoi  giardini,  dove  poi  i 
Flavi  costrussero  l'anfiteatro,  fece  fare  i  piloni  troppo  gracili 
e  sottili  rispetto  all'altezza,  perchè  volle  danneggiare  il  meno 
possibile  gli  edifici  circostanti  (3).  Ma  i  diritti  imperiali  della 
commendatio,  del  veto,  \z  prebensio,  V  ignominia  nell'ambiente 
romano  d'allora  erano  armi  tali  che  valevano  più  di  qua- 
lunque diritto  d'espropriazione  (4).  E  poi  Nerone  poteva  ri- 
correre, e  vi  ricorse  di  fatto  più  volte,  alla  confisca  giudiziaria 
per  una  qualche  accusa  criminale,  specialmente  per  lesa  maestà. 
Qualunque  mezzo  legale  o  violento  avesse  voluto  adottare 
per  raggiungere  il  suo  scopo,  sarebbe  stato  sempre  meno 
odioso  e  pericoloso  di  quello  dell'incendio. 


(i)  Profumo,  op.  cit.  p.  361  sg. 

(2)  Cf.   SUETONIO,  Aug.    56. 

(3)  Lanciani,  Topografia  di  Roma  antica.  I  CoDimentarit  di  Fron- 
tino intorno  le  acque  e  gli  acquedotti  &c.,  Roma,  1880,  p.   153. 

(4)  Profumo,  op.  cit.  p.  372.  «  In  realtà  però,  concorrevano  a 
ff  rendere  non  solo  possibili,  ma  ^facili',  tali  compere  contrattuali  per 
«  lavori  pubblici  -  nel  periodo  imperiale  -  due  specialissimi  fattori .  .  . 
«  Il  primo  di  tali  fattori  era  la  '  commendatio  '  imperiale  ;  cioè,  il  diritto 
«del  Principe  -  a  prò  d'un  candidato  -  d' indirizzare  al  corpo  eletto- 
«  rale  una  raccomandazione  obbligatoria  per  quest'ultimo...  Tale  fa- 
ce colta  faceva  si  ch'ogni  cittadino  romano  cercasse  in  tutti  i  modi 
«d'ingraziarsi  l' Imperatore  ...- Si  aggiunga  a  ciò,  per  converso,  la 
«  facoltà  del  veto  e  quella  della  prehcnsio,  che  gli  Imperatori  avevano 
«  per  la  potestà  trihunicia  che  solevano  assumere  sempre  ;  facoltà  que- 
«  ste,  che  venivano  esercitate  da  loro  soprattutto  nelle  elezioni ...  — 
«  Si  aggiunga  ancora,  da  tale  lato,  il  mezzo  che  avevano  gì'  Impera- 
«tori...  di  far  colpire  con  V  ignominia,  che  toglieva  Vius  snffragii  et 
«  honorum,  quel  cittadino  che  non  avesse  voluto  cedere  ai  loro  intenti 
«  od  anche  solo  ai  loro  desideri,  in  ispecial  modo  poi,  a  riguardo  di 
«  pubblici  bisogni  !  » 


372  G.  S.  ^amitndo 


Si  è  detto  anche  :  Nerone  ordinò  V  incendio  in  un  accesso 
di  pazzia,  per  godersi  la  vista  delle  fiamme  devastatrici.  Ma 
allora  avrebbe  dato  l'ordine  quando  era  presente  in  Roma  (i). 
Quando  scoppiò  l'incendio  era  ad  Anzio (2).  Chi  poteva  as- 
sicurarlo che  sarebbe  giunto  in  tempo  per  assistere  all'or- 
rendo spettacolo?  Appena  gli  giunge  la  notizia  dell'incendio,- 
egli,  che  dopo  l'uccisione  della  madre  si  trattiene  a  lungo 
nella  Campania,  timoroso  dell'accogHenza  che  gli  avreb- 
bero fatto  il  senato  e  il  popolo  (3),  accorre  a  Roma;  arriva 
quando  già  il  fuoco  s'avvicina  alla  sua  casa,  e  subito  s'ado- 
pera per  arrestarlo.  Ma  non  riusci  ad  impedire  che  venissero 
abbruciati  il  Palatino  e  la  sua  casa  e  gli  edifizi  intorno  (4). 
Altro  che  Nerone  incendiario,  che  vuole  godersi  lo  spetta- 
colo delle  fiamme  e  disfarsi  delle  casupole,  le  quali  attorniano 
la  sua  casa! 

E  il  primo  incendio  s'estingue  per  opera  sua.  «  Il  sesto 
((  giorno  »,  dice  Tacito,  «  l'incendio  si  spense  presso  le  radici 
«  dell' EsquiUno,  essendo  state  atterrate  per  immenso  tratto 
«  molte  case,  in  modo  che  all'  incessante  violenza  del  fuoco 

(i)  Pascal,  op.  cit.  p.  130. 

(2)  TAcrro,  Ann.  XV,  39:  «Eo  in  tempore  Nero  Antii  agens 
«  non  ante  in  urbem  regressus  est,  quam  domui  eius,  qua  Palatium 
«et  Maecenatis  hortos  continuaverat  ignis  propinquaret  ».  Dal  modo 
come  Tacito  si  esprime,  pare  che  egli  voglia  insinuare  che  Nerone 
non  si  sia  troppo  affrettato  ad  accorrere  a  Roma.  E  cosi  parecchi  ri- 
tengono che  Nerone  non  si  sia  mosso  subito  da  Anzio,  e  qualcuno  è 
arrivato  a  dire  che  Nerone  non  tornò  a  Roma  se  non  dopo  sei  giorni. 
Ma  se  si  pon  mente  alla  distanza,  che  separa  Anzio  da  Roma,  e  alla 
distanza  che  intercedeva  tra  il  Circo  Massimo,  dove  scoppiò  il  primo 
incendio  e  i  palazzi  imperiali  sul  Palatino,  e  se  si  nota  che  il  sesto 
giorno  l'incendio  era  spento  alle  falde  dell' Esquilino,  e  il  Palatino 
arse  sotto  gli  occhi  di  Nerone,  bisogna  concludere  che  egli  tornò  a 
Roma  abbastanza  presto,  alla  fine  del  secondo  giorno  o,  al  più  tardi, 
al  principio  del  terzo. 

(3)  Tacito,  Ann.  XIV,  13. 

(4)  Tacito,  Ann.  XV,  39  :  «  Neque  tamen  sisti  potuit,  quin  et  Pa- 
«latium  et  domus  et  cuncta  circum  haurirentur  ». 


verone  e  F  incendio  di  Rome  373 

«si  presentasse  solo  aperta  campagna  e  il  vuoto»  (i).  Chi, 
se  non  l' imperatore,  che  in  simili  circostanze  era  investito 
della  potestà  dittatoriale,  ordinò  la  demolizione  di  quelle  case  ? 
Tacito  non  accenna  ad  altri  tentativi  d'estinzione.  Eviden- 
temente non  vuol  nuocere  al  suo  intento  di  porre  in  cattiva 
luce  Nerone  e  d' insinuare  in  noi  la  persuasione  della  col- 
pevolezza di  lui,  e  riporta  alla  sfuggita,  quasi  senza  volerlo, 
impersonalmente  i  due  tentativi  ora  esposti,  che  vanno  senza 
dubbio  ascritti  all'  imperatore.  Ma  bisogna  ritenere  che  per 
tutta  la  durata  dell'incendio  Nerone  abbia  fatto  ogni  possibile 
per  circoscrivere  le  fiamme.  Così  si  spiega  come  il  fuoco 
nel  Foro  dei  monumenti  più  antichi  non  distrusse  che  il 
tempio  di  Vesta  e  la  «  Regia  »  di  Numa  (2),  e  nella  IX  re- 
gione di  monumenti  importanti  non  distrusse  che  l'anfiteatro 
di  Statilio  Tauro  (3). 

Nerone,  mentre  brucia  la  sua  casa,  noncurante  dei  pe- 
ricoli cui  espone  la  sua  persona,  corre  qua  e  là  senza  guardie 
anche  di  notte  (4),  e  quando  qualche  mese  dopo  celebra  i 
giuochi  nel  suo  Circo  e  nei  suoi  orti  Vaticani,  in  mezzo  ai 
terribili  tormenti  inflitti  ai  Cristiani,  si  confonde  tra  la  plebe 
o  percorre  i  viali  sul  cocchio,  che  guida  egli  stesso  (5),  tran- 
quillo e  sicuro  come  chi  nulla  ha  da  rimproverarsi  e  nulla 


(i)  Tacito,  Ahìi.  XV,  40:  «  Scxto  demum  die  apud  imas  Esqui- 
«  lias  finis  incendio  factus,  prorutis  per  immensum  aedificiis,  ut  con- 
«  tinuae  violentiae  campus  et  velut  vacuum  caelum  occurreret». 

(2)  Tacito,  Ann.  XV,  41. 

(3)  Dione  Cassio,  LXIII,  18. 

(4)  Tacito,  Ann.  XV,  50:  «Et  cepisse  impetum  Subrius  Flavius 
«  ferebatur  in  scaena  canentem  Neronem  adgrediendi,  aut  cum  ardente 
«domo  per  noctem  huc  illuc  cursaret  incustoditus  ».  Il  Profumo  (op. 
cit.  p.  186  sg.)  spiega  le  parole  «ardente  domo»  con  «casa  illumi- 
«  nata,  sfavillante,  fulgente  per  notturni  lumi»;  ma  non  adduce  buone 
ragioni  a  sostegno  di  questa  nuova  interpretazione. 

(5)  Tacito,  Ann.  XV,  44:  «Et  pereuntibus  addita  ludibria,  ut 
«  ferarum  tergis  contecti  laniatu  canum  interirent,  multi  crucibus  ad- 
«  fixi  aut  fiamma  usti,  aliique,  ubi    defecisset  dies,  in  usum  nocturni 


374  ^'  ^'  ^cimundo 


ha  da  temere.  Se  fosse  stato  autore  dell'  incendio,  se  su  la 
sua  coscienza  fosse  pesato  il  rimorso  d'un  cosi  orribile  de- 
litto, non  avrebbe  mai  dimostrato  un  così  straordinario  co- 
raggio, né  avrebbe  mai  ardito  di  sottoporre  a  processo  i 
Cristiani.  «  Si  sarebbe  messo  dinanzi  al  popolo  allo  sbaraglio 
«  di  questa  terribile  prova?»  (i)  Per  quanto  occulta  la  sua 
colpa  poteva  essere  conosciuta  o  sospettata,  e  poteva  acca- 
dere che  qualcuno  dei  Cristiani  rinfacciasse  a  lui  il  delitto, 
di  cui  essi  erano  ingiustamente  accusati,  e  lo  chiamasse 
incendiario,  come  lo  chiamò  l'anno  appresso  il  tribuno  Su- 
brio  Flavio.  Né  si  poteva  esser  sicuri  d'ottenere  dai  Cristiani 
qualunque  confessione  si  volesse.  Tre  anni  innanzi,  quando 
si  voleva  convincere  Ottavia  d'adulterio  con  Euchcro  ales- 
sandrino, si  pensò  d' indurre  le  schiave  a  confessare  il  falso. 
Alcune  cedettero  alla  violenza  dei  tormenti,  ma  la  maggior 
parte  resistettero  eroicamente,  e  difesero  fino  all'ultimo  l'o- 
nestà della  loro  padrona  (2). 

Dal  racconto  di  Tacito  parrebbe  che  le  voci  maligne 
accusanti  Nerone  si  diffondessero  nel  popolo  contempora- 
neamente all'incendio  o  subito  dopo.  Ma  é  lecito  dubitarne. 
Che  se  cosi  fosse  avvenuto,  Nerone  sarebbe  stato  sbranato 
vivo,  o  certamente  sarebbe  allora  precipitato  dal  soglio  im- 
periale, non  quattro  anni  più  tardi.  Non  é  affatto  verosimile 
che  la  plebe  romana,  sempre  indocile  e  irrequieta,  vedendo 
arse  le  sue  case  e  ritenendo  l'incendio  voluto  e  ordinato 
da  Nerone,  non  rompesse  in  aperta  rivolta.  Sotto  Tiberio, 
l'anno  ^^,  per  poco  non  ci  fu  una  sedizione  del  popolo  a 
causa  del  rincaro  dei  viveri,  e  dovettero  intervenire  il  senato 
e  i  consoli  (3).  L'anno  51  la  plebe,  minacciata  dalla  carestia 

«  luminis  urerentur.  Hortos  suos  ei  spectaculo  Nero  obtulerat  et  cir- 
«  cense  ludicrum  edebat,  habitu  aurigae  permixtus  plebi  vel  curriculo 
«  insistens  » , 

(i)  Pascal,  op.  cit.  p.  148. 

(2)  Tacito,  Ann.  XIV,  60. 

(3)  Tacito,  Ann.  VI,  13. 


verone  e  F  incendio  di  Roma  375 

e  dalla  fame,  circonda  Claudio  mentre  amministra  la  giu- 
stizia, lo  spinge  all'estremità  del  Foro  con  grida  tumultuose  e 
scagliandogli  anche  croste  di  pane,  e  forse  sarebbe  trascesa  a 
maggiori  atti  di  violenza,  se  i  pretoriani  non  fossero  accorsi 
a  liberare  l' imperatore  dall'  imminente  pericolo,  facendogli 
cerchio  intorno  e  aprendogli  il  passo  in  mezzo  alla  folla  (i). 
Secondo  Suetonio  e  Orosio,  Claudio  si  sarebbe  salvato  fug- 
gendo nel  Palatino  attraverso  una  porta  segreta (2).  L'anno  61 
uno  schiavo  uccide  il  suo  padrone  Pedanio  Secondo,  prefetto 
della  città.  In  conformità  dell'uso  antico  tutti  gli  schiavi  abi- 
tanti sotto  lo  stesso  tetto  debbono  esser  condotti  al  supplizio; 
ma  il  popolo  accorre  a  difesa  di  tanti  innocenti,  e  circonda 
il  senato,  dove  si  discute  la  causa.  È  emanata  la  sentenza  di 
morte,  ma  non  può  eseguirsi  per  l' agglomeramento  della 
folla  divenuta  minacciosa.  Nerone  con  un  editto  rimprovera 
al  popolo  il  suo  contegno,  e  fa  stendere  cordoni  di  soldati 
per  la  via  che  debbono  attraversare  i  condannati  (3).  L'anno 
seguente  Nerone,  per  unirsi  a  Poppea,  divorzia  da  Ottavia, 
che  relega  nella  Campania.  Ma  il  popolo  tumultua,  ed  egli  è 
costretto  a  richiamare  Ottavia  (4).  Non  sarà  male  qui  ricor- 
dare che  Nerone  poi  cadde  non  per  effetto  della  ribellione 
di  Vindice  e  delle  legioni  della  Gallia,  ma  per  l' odio  popo- 
lare, che  si  attirò  negli  ultimi  anni  del  suo  impero.  È  am- 
missibile che  un  popolo,  il  quale  tumultua  pel  rincaro  dei 
viveri,  o  in  vista  d'un  pericolo,  e  prende  la  difesa  degl'in- 
nocenti condannati  o  puniti,  tollerasse  pazientemente  l' in- 
cendio delle  sue  case,  pur  ritenendolo  ordinato  da  Nerone, 
e  si  contentasse  soltanto  di  commiserare  i  Cristiani  puniti 
per  un  delitto,  che  altri  aveva  commesso  ?  E  non  si  dica 
che  dal  silenzio  di  Tacito  nulla  si  possa  arguire.  Egli,  che 


(i)  Tacito,  Ann.  XII,  43. 

(2)  Suetonio,  Claud.  18.  Orosio,  VII,  6. 

(3)  Tacito,  Ann.  XIV,  42-45. 

(4)  Tacito,  Ann.  XIV,  60-61. 


3 7 6  G.  5.  ^amundo 


premurosamente  riporta  tutti  gV  indizi  contro  Nerone,  e  ac- 
cenna air  indignazione  del  popolo,  quando  scoppiò  il  fuoco 
nelle  Emiliana,  e  alla  pietà  destata  dallo  spettacolo  dei  tor- 
menti inflitti  ai  Cristiani,  avrebbe  narrato  anche  le  dimo- 
strazioni ostili  a  Nerone,  se  ce  ne  fossero  state. 

L'acquiescenza  e  la  rassegnazione  del  popolo  romano 
durante  e  dopo  l'incendio  costituiscono  un  altro  argomento 
in  favore  di  Nerone;  perchè  dimostrano  che  non  ci  erano 
non  dico  prove,  ma  nemmeno  gravi  indizi  contro  di  lui,  e 
che  il  popolo,  sempre  maligno  e  sospettoso,  il  quale  suole 
ascrivere  a  colpa  anche  le  sciagure  fortuite  (i),  trovava  in- 
censurabile la  condotta  del  principe  in  quella  triste  occasione. 

Senza  timore  d'essere  accusato  di  simpatia  verso  un 
uomo,  il  quale  è  passato  nella  storia  come  il  più  empio  e 
malvagio,  che  sia  mai  vissuto  al  mondo  (2),  io  oserei  aff'er- 
mare  che  Nerone  non  solo  non  ebbe  colpa  alcuna  in  quel- 
r  immane  disastro,  ma  che  non  conobbe  e  non  compi  mai 
il  dover  suo  cosi  bene  come  allora,  e  altri  al  suo  posto  poco 
o  nulla  avrebbero  saputo  far  di  meglio.  Appena  avuta  notizia 
dell'  incendio  accorre  a  Roma  da  Anzio,  s'  aggira  qua  e  là 
senza  guardie  anche  di  notte,  e  s'adopera  per  far  spegnere 
le  fiamme.  A  lui  si  deve  se  T  incendio  non  ebbe  una  mag- 
giore estensione.  Non  bastando  il  campo  di  Marte  e  i  monu- 
menti d'Agrippa  a  contenere  la  gente  rimasta  senza  tetto, 
apre  anche  i  suoi  giardini,  fa  costruire  delle  baracche  per 
dar  ricovero  ai  poveri,  fa  portare  utensili  da  Ostia  e  dai 
municipi  vicini  e  diminuisce  il  prezzo  del  frumento  sino  a 


(i)  Tacito,  Ann.  XV,  64:  cut  est  vulgus  ad  deteriora  prom- 
«ptum»;  IV,  62:    «qui  mos  vulgo  fortuita  ad  culpam  trahentes  » . 

(2)  A.  Graf,  Roma  nella  memoria  e  nelle  immaginazioni  del  medio 
evo,  Torino,  1882,  I,  332:  «Dopo  Giuda,  per  giudizio  concorde  di 
('tutta  la  cristianità,  l'uomo  più  empio  e  scellerato  che  sia  mai  vis- 
«  suto  al  mondo  è  Nerone  ...  La  prima  e  più  potente  cagione  della 
«  sua  infamia  era,  senza  alcun  dubbio,  la  persecuzione  iniqua  ond'egli, 
«  primo,  afflisse  la  Chiesa  nascente  » . 


verone  e  F  incendio  di  Roma  377 

tre  sesterzi  il  moggio  (i).  Appena  cessato  l' incendio  pone 
mano  a  riedificare  la  città  secondo  un  piano  regolare  e  ben 
concepito,  non  a  casaccio,  con  vie  larghe  e  diritte,  ampie 
piazze,  case  non  troppo  alte  e  con  portici  innanzi,  che  ne 
difendano  la  facciata.  Promette  di  costruire  a  sue  spese 
quei  portici  e  di  consegnare  ai  padroni  il  suolo  netto  dalle 
macerie  (2);  propone  dei  premi  a  chi  in  un  certo  lasso  di 
tempo  riedifichi  la  sua  casa.  I  nuovi  edifizi  sino  ad  una  certa 
altezza  debbono  essere  costruiti  senza  travi,  con  pietra  albana 
(peperino)  e  gabina  (una  specie  di  peperino),  ambedue  resi- 
stenti al  fuoco.  L'acqua,  intercettata  prima  arbitrariamente 
dai  privati,  ha  assegnate  delle  guardie,  perchè  scorra  più 
copiosa  e  in  più  luoghi  a  vantaggio  di  tutti  ;  ciascuno  deve 
avere  a  portata  di  mano  arnesi  atti  a  spegnere  gì'  incendi. 
Le  case  debbono  essere  isolate  le  une  dalle  altre,  senza  muri 
comuni.  Per  affermazione  di  Tacito,  Nerone  abbellì  molto 
Roma  (3). 


(i)  Tacito,  Ann.  XV,  39  e  43. 

(2)  Tacito,  Ann.  XV,  43.  Fu  questo  un  ottimo  provvedimento 
di  Nerone,  che  agevolava  molto  il  lavoro  di  quelli  che  volevano  rie- 
dificare le  loro  case,  e  Tacito  lo  congiunge  con  l'altro  ancora  più 
vantaggioso  di  costruire  a  proprie  spese  i  portici  dei  nuovi  edifizi  : 
(c  Ceterum  urbis  quae  domus  perierant  non,  ut  post  Gallica  incendia, 
«  nulla  distinctione  nec  passim  erectae,  sed  dimensis  vicorum  ordini- 
«  bus  et  latis  viarum  spatiis  cohibitaque  aedificiorum  altitudine  ac  pa- 
ce tefactis  areis  additisque  porticibus,  quae  fi-oritem  insularum  protege- 
V  rent.  Eas  porticus  Nero  sua  pecunia  exstructurum  purgatasque  areas 
«  dominis  traditurum  pollicitus  est  » .  Suetonio  maligna  su  la  gene- 
rosità di  Nerone:  «  Ac  ne  non  hinc  quoque,  quantum  posset  praedae 
«  et  manubiarum,  invaderet,  pollicitus  cadaverum  et  ruderum  gratui- 
«  tam  egestionem,  nemini  ad  reliquias  rerum  suarum  adire  permisit  «  ; 
Nei:  38. 

(3)  Tacito,  ibidem.  Tacito  riconosce  l'abbellimento  portato  al'a 
città  dall'opera  di  Nerone;  ma,  per  soverchio  scrupolo  d'imparzialità, 
non  trascura  i  lagni  di  quei,  che  non  sono  mai  contenti  di  nulla,  ed 
hanno  sempre  qualche  cosa  a  ridire.  «  E  a  ex  utilitate  accepta  deco- 
«  rem  quoque  novae  urbi  attulcre.  Erant  tamen  qui  crederent,  veterem 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.        2) 


78  G.  S.  ^{amundo 


V  accusa  dei  Cristiani  è  ancor  meno  fondata.  Il  Pascal 
traccia  uno  splendido  quadro  della  comunità  cristiana  del 
primo  secolo  e  delle  dottrine,  che  esaltavano  le  menti  d'una 
parte  d' essa,  e  dimostra  la  possibilità  che  alcuni  «  forse  in- 
((  dotti  da  eccitamenti  malvagi  abbian  voluto  farla  finita  con 
«  l'impero  e  con  Roma»  (i).  E  s'accordi  pure  questa  pos- 
sibiHtà  (2).  Però  dove  è  la  prova  che  abbian  veramente 
incendiato  Roma?  Tacito  è  l'unico  autore  che  connette 
r  incendio  di  Roma  con  la  prima  persecuzione  cristiana.  Ma, 
l'abbiamo  già  visto,  egli  a  spiegare  l'incendio  ammette  due 
sole  ipotesi  :  il  caso  o  Nerone.  Si  può  dire  a  priori  che  dal 
suo  racconto  non  potrà  mai  ricavarsi  la  prova  della  reità 
dei  Cristiani. 

«Ma  ne  per  opera  umana»,  egli  dice,  «ne  per  muni- 
«  ficenza  dell'  imperatore,  né  per  sacrifici  d' espiazione  si 
«  riusciva  a  distoghere  il  pubblico  dall'opinione  infamante 
«  di  ritenere  l' incendio  comandato.  Perciò  Nerone,  per  sof- 
«  focare  quella  voce,  accusò  e  punì  coi  supplizi  più  raffinati 
«  quelli  che,  detestati  per  i  loro  infami  delitti,  il  volgo  chia- 
«  mava  Cristiani.  Furono  adunque  arrestati  dapprima  queUi, 
«  che  pubbHcamente  si  professavano  tali  (cioè  confessavano 
«  d' esser  veramente  Cristiani,  come  il  volgo  li  chiamava  : 
«  "  pripum  correpti  qui  fatebantur  ")  ;  dopo  per  denunzia 
«  di  essi  una  turba  grandissima  furono  convinti  non  tanto 
«  del  delitto    d' incendio   quanto   di  odio    contro  il  genere 


«  ilLim  formam  salubritati  magis  conduxisse,  quoniam  angustiae  itine- 
«  rum  et  altitudo  tectorum  non  perinde  solis  vapore  perrumperentur  : 
«  at  nunc  patulam  latitudinem  et  nulla  umbra  graviore  aestu  arde- 
«  scere  » . 

(i)  Pascal,  op.  cit.  p.   135  sg. 

(2)  «  Quelques  insensés,  quelques  anarchistes  « ,  scrive  il  Boissier 
(op.  cit.  p.  161),  «se  seraient  glissés  parmi  les  premiers  disciples  du 
«  Maitre,  qu'il  n'en  faudrait  pas  étre  trop  surpris,  ni  en  rendre  le 
«  christianisme  responsable  » .  Cf.  anche  Semeria,  //  primo  sangue  cri- 
stiano, Roma,  1901,  p.  55;  Allard,  op.  cit,  p.  4  sg. 


^IsLerone  e  F  incendio  di  Roma  379 

«  umano  »  (i).  Il  nodo  della  questione  sta  nella  frase  «  cor- 
«  repti  qui  fiitebantur  ».  L'interpretazione  più  comune  è: 
«  furono  arrestati  quelli  che  confessavano  d'esser  Cristiani  ». 
Il  Pascal  vuole  a  tutti  i  costi  intendere:  «  s'iniziò  il  processo 
«  contro  i  rei  confessi  » ,  cioè  a  contro  quelli  che  via  via  con- 
ce fessavano  (d' essere  autori  dell'  incendio)  »  (2).  Ma  il  signi- 
ficato giusto  di  «  fateri  »  bisogna  dedurlo  dal  periodo  pre- 
cedente. Tra  ((  appellari  »  ed  a  esse  »  ci  è  una  grande  affinità 
d' idee,  che  maggiore  non  potrebbe  desiderarsi.  Nerone  ac- 

(i)  Tacito,  Ann.  XV,  44;  «  Sed  non  ope  humana,  non  largi- 
<'  tionibus  principis  aut  deum  placamentis  decedebat  infamia,  quin  ius- 
«  sum  incendium  crederetur.  Ergo  abolendo  rumori  Nero  subdidit  reos 
«  et  quaesitissimis  poenis  adfecit,  quos  per  flagitia  invisos  vulgus  Chri- 
«  stianos  appellabat.  Auctor  nominis  eius  Christus  Tiberio  imperitante 
«  per  procuratorem  Pontium  Pilatum  supplicio  adfectus  erat  ;  repres- 
«  saque  in  praesens  exitiabilis  superstitio  rursum  erumpebat,  non  modo 
«  per  ludaeam,  originem  eius  mali,  sed  per  urbem  etiam,  quo  cuncta 
«  undique  atrocia  aut  pudenda  confluunt  celebranturque.  Igitur  primum 
«  correpti  qui  fatebantur,  deinde  indicio  eorum  multitudo  ingens  haud 
«  proinde  in  crimine  incendii  quam  odio  humani  generis  convicti 
«  sunt  >) . 

(2)  Il  Pascal  ragiona  cosi  :  «  Corripere  denota  l' inizio  della  pro- 
«  cedura  penale.  Se  la  procedura  penale  fu  iniziata,  dovè  iniziarsi  per 
«il  delitto  di  cui  si  trattava,  il  critnen  incenda...  Quando /rt/m  o 
«  confiteri  sono  adoperati  assolutamente  in  relazione  a  un  processo  si- 
<fgnificano:  'dichiararsi  reo  di  quello  per  cui  si  è  accusati'».  E  il 
suo  ragionamento  fila  dirittamente,  e  sarebbe  giustissimo  anche  in 
questo  caso,  se  Tacito  nel  periodo  antecedente  (il  periodo  «  Auctor 
<f?nominis.)  &c.  può  considerarsi  come  una  parentesi)  dicesse  che 
Nerone  accusò  quelli,  che  il  volgo  indicava  come  autori  dell'  incen- 
dio. Invece  dice  che  Nerone  accusò  quelli,  che  il  volgo  chiamava 
Cristiani.  La  frase  ellittica  che  segue  :  «  Igitur  primum  correpti  qui 
«  fatebantur»  va  completata,  sottintendendo  il  verbo  più  vicino  o  un  verbo 
affine:  «fatebantur  se  appellari  Christianos,  se  esse  Christianos  ».  Il 
CosTANZi,  op.  cit.  p.  5,  nota:  a  il  fateri  non  è  nemmeno  in  relazione 
«  ad  un  processo  che  non  era  stato  istruito  :  la  confessione  era  in  ogni 
«modo  anteriore  al  processo,  e  l' imperfetto /a /^^a«/wr  indica  che  le 
«  confessioni  non  avvennero  in  un  momento  soltanto,  ma  si  ripetevaiìo 
cad  ogni  arresto».  Cf.  anche  Semeria,  op.  cit.  p.  41. 


380  G.  S.  famuli  do 


cusa  quelli  che  il  volgo  chiama  Cristiani.  Ma  il  volgo  può 
,  sbagliare  e  ritenere  e  chiamare  Cristiani  alcuni  che  Cristiani 
non  sono.  Bisognava  prima  di  tutto  cercare  chi  fossero  o 
non  fossero  Cristiani,  bisognava  assodare  la  loro  fede  reli- 
giosa ;  dopo  si  sarebbe  indagato  su  la  loro  partecipazione  al 
delitto  d'incendio.  S'interrogano  adunque  tutti  gli  uomini 
sospettati  d' esser  Cristiani,  e  sono  arrestati  e  sottoposti  a 
regolare  procedura  soltanto  queUi  che  confessano  d'esser 
Cristiani.  Per  denunzia  di  questi  vengono  poi  arrestati  mol- 
tissimi altri,  che  non  si  sapeva  appartenessero  al  cristiane- 
simo. Sono  tutti  Cristiani  ;  non  rinnegano  la  loro  religione, 
e  il  loro  delitto  è  provato,  è  assodata  la  causale  del  deHtto  : 
essi  odiano  il  genere  umano.  Ma  non  è  ugualmente  provato 
che  siano  stati  autori  dell'  incendio  (i). 

S' ammetta  per  un  momento  che  si  possa  interpretare  il 
«  fatebantur  »  come  vuole  il  Pascal.  È  ovvia  la  domanda  : 
perchè  i  Cristiani,  senza  essere  non  dico  sottoposti  alla  tor- 
tura, ma  nemmeno  ancora  processati,  si  sarebbero  dichiarati 
rei?  Bisognerebbe  immaginare  che  avessero  fatto  ciò  nell'ec- 
cesso dell'  esaltazione  e  del  fanatismo.  Ma  in  questo  caso  la 
loro  confessione  spontanea,  non  strappata  mediante  la  vio- 
lenza dei  tormenti,  aveva  maggior  valore  di  qualunque  prova 
testimoniale,  e  non  poteva  essere  affatto  revocata  in  dubbio  ; 
e  non  si  capisce  perchè  le  fonti  di  Tacito  e  Tacito  stesso, 
che  li  dice  «  odiati  per  le  loro  turpi  azioni  »  e  «  meritevoli 

(i)  Cf.  Hardy,  Christianìty  and  the  roman  Government,  Londra, 
1881,  p.  66;  BoissiER,  op.  cit.  p.  164;  Allard,  op.  cit.  p.  29  sg.  &c. 
Leggo  «convicti  sunt»,  non  «  coniuncti  sunt  ».  La  lezione  «  coniuncti 
«  sunt  »  si  trova  nel  ms.  Mediceo  II,  ed  è  difesa  dal  Coen  e  accettata 
dal  Ramorino  e  da  altri;  ma  dopo  le  osservazioni  del  Roviglio  si 
deve  assolutamente  scartare.  Ammessa  questa  lezione,  «  mancherebbe 
e  una  chiara  affermazione  di  ciò  che  più  importa  di  conoscere,  se, 
«  vale  a  dire,  siano  stati  o  no  i  Cristiani  condannati  conseguentemente 
«  al  processo  . . .  Tacito,  il  quale  di  solito  corre  rapido  e  serrato  alla 
«  conclusione,  questa  volta . . .  avrebbe  omesso  appunto  la  conclusione  »  ; 
Roviglio,  op.  cit.  p.  42  sg. 


VH^rone  e  V  incendio  di  Roma  381 

«di  pene  esemplari)),  si  sarebbero  trattenuti  dall' accusarli 
d'  un  delitto  realmente  perpetrato.  Tacito  avrebbe  fatto  un 
ragionamento  cosi  strambo:  «è  incerto  se  l' incendio  sia 
((  stato  fortuito  o  si  debba  ascrivere  a  Nerone,  perchè  gli 
«storici  portano  1' una  e  l'altra  versione;  però  i  Cristiani 
«  di  per  sé  confessarono  d' esserne  stati  essi  gli  autori  » . 
Come  poteva  reggere  per  lui  l' ipotesi  del  caso,  quando  ci 
fosse  stato  chi  spontaneamente  confessava  d'aver  incendiato 
la  città?  (i) 

Ma  il  Pascal,  come  osserva  acutamente  il  Roviglio,  in 
seguito  alle  molte  e  giuste  obiezioni  mossegli  dagli  avver- 
sari, ha  sostanzialmente  modificato  l'interpretazione  che  dap- 
prima dava  al  passo  di  Tacito  ;  e  ciò  dimostra  su  quali  deboli 
fondamenti  sia  basata  quella  particolare  interpretazione  di 
quel  passo,  che  dovrebbe  essere  la  prova  della  tesi  da  lui 
sostenuta  (2). 

L' incendio  fu  puramente  casuale.  D' un  incendio  casuale 
è  la  descrizione  che  abbiamo  in  Tacito:  «  Principiò  in  quella 
«  parte  del  Circo,  che  confina  col  Palatino  e  col  monte  Celio, 
«  dove  a  causa  delle  botteghe  contenenti  merci  che  son  d'esca 
«  alle  fiamme,  appena  scoppiato  fattosi  subito  gagliardo  e 
«  spinto  dal  vento  investi  il  Circo  in  tutta  la  sua  lunghezza. 
«  Poiché  non  ci  erano  di  mezzo  né  case  fornite  di  difesa,  né 
«  tempii  cinti  di  mura  o  altro  intoppo  per  arrestarlo.  Propa- 
«  gandosi  impetuosamente  prima  pel  piano,  poi  salendo  ai 
«  colli  e  di  nuovo  devastando  i  quartieri  bassi,  precorse  ogni 
«  rimedio  sia  per  la  celerità,  sia  per  essere  la  città  esposta  al 
«  pericolo  con  le  sue  strade  strette  e  qua  e  là  tortuose  e  con 
«  quegli  immensi  ammassi  di  case,  siccome  era  la  vecchia 


(i)  Dopo  quanto  è  stato  scrìtto  in  proposito  sin  dalla  prima 
pubblicazione  dell'opuscolo  del  Pascal,  non  insisto  oltre  nella  difesa 
dei  Cristiani. 

(2)  Roviglio,  op.  cit.  p.  19  sg. 


382  G.  S,  ^amujido 


(.(.  Roma.  E  inoltre  le  donne  sbigottite  e  piangenti,  i  vecchi 
«  esausti  di  forze  e  i  fanciulli  inesperti,  chi  intento  a  salvar 
«  so  stesso,  chi  altri,  mentre  trascinano  0  aspettano  gì'  in- 
((  fermi,  gli  uni  per  l' indugio,  gli  altri  per  la  fretta^,  impe- 
«  divano  ogni  soccorso  »  (i). 

GÌ'  incendi  erano  in  Roma,  per  cosi  dire,  accidenti  di 
tutti  i  giorni.  Nelle  raccolte  d' iscrizioni,  in  tutti  gli  scrit- 
tori della  storia  romana  s' incontrano  quasi  ad  ogni  pagina 
accenni  ad  incendi,  che  distruggono  case,  biblioteche,  por- 
tici, tempii,  teatri,  anfiteatri  e  anche  intere  regioni.  Marziale 
paragonava  Roma  all'araba  fenice,  che  bruciandosi  rinasce 
dalle  sue  ceneri,  e  chiamava  quelle  terribili  desolazioni  uno 
spogliarsi  della  vecchiezza  (2).  Il  pericolo  dell'  incendio  era 
un  incubo  continuo.  I  padroni  di  ricche  case,  per  dormire 
sonni  tranquilli,  facevano  vegliare  la  notte  buon  numero 
di  schiavi,  e  tenevano  beli' e  pronte  grandi  secchie,  dette 
«  amae  »,  che  dovevano  servire  per  1'  estinzione  (3).  Au- 
gusto, per  preservare  il  suo  Foro  dal  fuoco  facile  a  scop- 
piare nella  vicina  Subura,  lo  recinse  d' un  robusto  muro  di 
difesa  alto  ben  trentasei  metri,  di  cui  ancora  rimangono  le 
imponenti  rovine  (4)  ;  e  per  impedire  il  frequente  ripetersi 
degl'  incendi  e  attenuarne  gli  effetti  istituì  i  vigiH,  e  li  divise 
in  sette  coorti:  ciascuna  coorte  provvedeva  ai  bisogni  di 
due  regioni  contigue  (5).  Ma  non  ostante  l'ottima  istitu- 
zione gì'  incendi  continuarono  a  spesseggiare  e  a  produrre 
danni  incalcolabili. 


(i)  Tacito,  Ann.  XV,  38. 

(2)  Marziale,  V,  7;  III,  52.  G.  Origo,  Origine  della  guardia 
permanente  contro  gl'incendi  in  Dissertazioni  dell'Accademia  romana  di 
archeologia,  1823,  par.  II,  p.  4  sg. 

(3)  Giovenale,  XIV,  vv.  305-9.  Profumo,  op.  cit.  p.  408. 

(4)  Jordan,  op.  cit.  I,  442  sg.  ;  Gilbert,  op.  cit.  III,  229  sg. 

(5)  MoMMSEN  et  Marqjjardt,  Manuel  des  antiquités  romaines,  Paris, 
1895,  V,  356  sg. 


'TN^roìie  e  F  incendio  di  Roma  ^S^ 

Non  si  contano  gl'incendi  avvenuti  solo  nel  primo  se- 
colo dell'  impero.  Sotto  Augusto  abbruciano  alcuni  tempii 
e  molti  edifizi  presso  il  Foro  e  sul  Palatino  (i).  Sotto 
Tiberio  nel  22  va  a  fuoco  il  teatro  di  Pompeo,  nel  27  la 
regione  del  Celio  e  nel  ^6  la  parte  del  Circo  contigua  al- 
l'Aventino e  lo  stesso  Aventino  (2).  Sotto  Caligola  il  fuoco 
distrugge  molte  case  private  (3).  Sotto  Claudio  un  incen- 
dio, che  dura  due  giorni,  scoppia  nelle  Emiliana,  e  altri 
incendi  distruggono  il  tempio  della  Salute,  il  tempio  della 
Felicità  e  quello  di  Venere  (4),  Nell'anno  69  i  Vitelliani 
assediano  Sabino  e  i  Flaviani  sul  Campidoglio,  e  nel  con- 
flitto tra  le  due  parti  rimane  abbruciato  il  tempio  di  Giove 
Massimo  e  tutto  il  colle  Capitolino  (5).  Nell'anno  80  un 
incendio,  che  dura  tre  giorni  e  tre  notti,  distrugge  il  Serapeo, 
l'Iseo,  le  «  Saepta  lulia  »,  il  tempio  di  Nettuno,  le  terme 
d'Agrippa  e  il  Pantheon,  il  Diribitorio,  il  teatro  di  Balbo,  il 
teatro  di  Pompeo,  il  portico  e  la  biblioteca  d'  Ottavia  e  il 
tempio  di  Giove  Capitolino  (6). 

Si  noti  che  i  Romani  per  spiegare  un  incendio  ricor- 
rono di  solito  a  cause  strane:  più  spesso  è  il  fulmine,  ora 
sono  i  liberti,  ora  i  cittadini  oberati  dai  debiti,  ora  sono  i 
partigiani  di  Mario  o  di  Siila,  ora  sono  le  carni  abbrusto- 
lite d'un  corvo  trasportate  da  un'ara;  molto  raramente  si 
parla  d' incendio  fortuito  (7).  Si  noti  ancora  che  il  più  delle 

(i)  Tacito,  Ann.  II,  49;  Suetonio,  Jtig.  30  e  57;  Dioxe  Cas- 
sio, LV,  12. 

(2)  Tacito,  Ann.  Ili,  72;  IV,  64;  VI,  45  ;  Suetonio,  Tib.  48; 
Dione  Cassio,  LVIII,  26. 

(3)  Suetonio,  Cai.  16;  Dione  Cassio,  LIX,  9. 

(4)  Suetonio,  Clami.  18;  Plinio,  Hist.  nat.  XXXIV,  8,  69; 
XXXV,  4,  19- 

(5)  Tacito,  Hist.  Ili,  71;  Suetonio,  Vitell.  15;  Dione  Cassio, 
LXV,  17. 

(6)  Suetonio,  TU.  8;  Dione  Cassio,  LXVI,  24. 

(7)  Tacito,  Ann.  Ili,  72;  XV,  22;  Dione  Cassio,  L.  io;  LIV, 
29;  LV,  8;  LVIII,  26  &c. 


384  G.  S.  1{amundo 


volte  gl'incendi  si  sviluppano  nelle  vicinanze  del  Circo,  e 
il  Circo  stesso,  andò  distrutto  cinque  volte.  La  ragione  è 
chiara:  dei  tre  piani  del  Circo  solo  l'inferiore  era  di  pietra, 
gli  altri  di  legno;  le  vicinanze  erano  occupate  dalle  casu- 
pole e  dalle  botteghe  dei  piccoli  commercianti  di  Roma  (i). 
Queste  botteghe  erano  per  lo  più  di  legno,  e  si  chiamavano 
appunto  «  tabernae  »,  dice  Pesto,  perchè  erano  fatte  di  ta- 
vole, ((  quod  ex  tabulis  olim  fìebant  » .  Il  legno,  che  aveva 
una  gran  parte  nelle  case  ricche,  specialmente  nei  piani  su- 
periori, che  non  per  nulla  si  chiamavano  «  tabulata  »,  aveva 
certo  una  parte  molto  maggiore  nelle  case  povere  della  re- 
gione XI,  la  quale,  tranne  il  Circo  e  alcuni  antichi  santuari, 
non  conteneva  monumenti  ed  edilìzi  pubblici  o  privati  di 
qualche  importanza. 

L'  origine  dell'  incendio  dell'anno  64  non  deve  sorpren- 
dere nessuno:  scoppiò  proprio  dove  per  le  cause  anzidette 
gì'  incendi  erano  più  frequenti.  L'  immensa  vastità  che  ebbe, 
e  per  cui  solo  differisce  dagli  altri,  non  sorprende  nemmeno, 
se  si  ricorda  la  scarsa  larghezza  della  via  Sacra,  che  pure 
era  la  via  principale  del  centro  di  Roma,  del  Foro,  e  se  ne 
deduce  quanto  dovessero  essere  più  strette  le  vie  secondarie 
e  i  vicoli,  e  se  si  tien  presente  che  questo  incendio  fu  fa- 
vorito dal  vento.  Molti  non  riescono  a  persuadersi  come  un 
incendio  possa  acquistare  tali  proporzioni  senza  essere  ap- 
piccato e  rattizzato  da  qualcuno.  'Eppure  in  tempi  molto 
vicini  a  noi,  sebbene  ora  si  posseggano  potenti  mezzi  d'estin- 
zione, che  gli  antichi  nemmeno  sognavano,  si  sono  avuti 
incendi  così  gravi,  che  forse  rimasero  meno  celebri  di  quello 
di  Roma  dell'  anno  64  unicamente  perchè  non  si  accoppia- 
vano al  nome  di  un  tiranno  come  Nerone.  Basta  menzionare 
per  tutti  r  incendio  diLimoges  nel  18  60,  di  Chicago  nel  1871, 
di  Boston  nel  1872,  di  Chicago  nel  1874,  di  Aalesund  e  di 
Baltimora  nel  1904. 

(i)  Borsari,  op.  cit.  p.  364.  sg.;  Becker,,  op.  cit.  p.  419  sg.  ; 
Gilbert,  op.  cit.  II,  250  sg. 


V^crone  e  l'  iuQendio  di  Roma  385 

Anche  lo  sviluppo  dell'incendio  a  chi  ben  osserva  si 
presenta  affatto  naturale.  Scoppiato  nel  Circo  Massimo, 
s'  estese  alle  regioni  contigue,  e  si  spinse  nella  direzione 
di  nord-est,  nella  direzione  stessa  del  vento  che  spirava. 

Solo  ammettendo  Y  origine  dell'  incendio  casuale  e  na- 
turale lo  sviluppo  si  spiega  come  e  perchè  il  fuoco  distrug- 
gendo tre  regioni  per  intero  (XI,  X  e  IV)  e  sette  in  parte 
<XII,  I,  II,  III,  Vili,  IX  e  VI),  non  toccò  affatto  la  XIV,  la 
regione  di  Trastevere  :  ci  era  di  mezzo  il  Tevere. 

«  Ma  »,  osserva  l'Allard,  «  agli  occhi  del  popolo  nessun 
«flagello  ha  per  origine  il  caso;  ci  deve  essere  un  autore 
«responsabile.  L'autore  era  beli' e  trovato  :  Nerone  »  (i). 
Quando  nell'  80  un  incendio  di  tre  giorni  distrugge  la  re- 
gione IX,  la  più  ricca  di  splendidi  monumenti,  con  vie  larghe 
e  spaziose,  nessuno  sospettò  che  ne  potesse  essere  autore  il 
principe:  Tito  era  la  delizia  del  genere  umano  (2).  «  Ma  », 
dice  il  Muratori,  «  trattandosi  di  un  sì  screditato  imperatore, 
«  conosciuto  capace  di  qualsiasi  enormità,  facil  cosa  allora 
«  fu  l 'attribuire  a  lui  l' invenzione  di  cosi  grande  cala- 
«  mità  »  (3).  E  spuntarono  un  po'  alla  volta,  e  si  diffusero 
rapidamente  negli  ultimi  anni  dell'  impero  di  Nerone  e  più 
dopo  la  sua  triste  fine  le  voci  maligne,  alle  quali  egli  stesso 
aveva  aperto  l'adito.  Qualche  anno  prima  aveva  flitto  rap- 
presentare la  favola  togata  di  Lucio  Afranio  intitolata  V In- 
cendio, e  per  divertire  meglio  gli  spettatori  aveva  permesso 
ai  commedianti  il  saccheggio  della  casa  abbruciata  (4).  Un 
anno  dopo  l' incendio  cantò  in  versi  la  caduta  di  Troia  con 
un  poemetto  intitolato  Troica,  di  cui  rimane  qualche  fram- 


(i)  P.  Allard,  Histoire  des  persècuUons  pendant  ics  deiix  premier s 
siècles,  Paris,  1885,  p,  37. 

(2)  SUETONIO,    TU.    I. 

(3)  Muratori,  Annali  d'Italia,  I,  178. 

(4)  SuETONio,  Ner.  11. 


^S6  G.  S.  ^amititdo 


mento  (i).  Dall'incendio  forse  trasse  profitto  incorporando 
tra  le  sue  case  e  i  suoi  giardini  qualche  area  rimasta  li- 
bera (2).  Mentre  la  «  Domus  aurea  »  s'ergeva  maestosa  e 
magnifica,  intorno  regnava  la  desolazione  delle  rovine  pro- 
dotte dal  fiioco.  L' incendio  era  stato  troppo  vasto  perchè 
egli  potesse  fare  il  bel  gesto  di  Tiberio  e  di  Caligola  di 
riedificare  tutto  a  sue  spese  (3).  Le  rovine  durarono  sino  a 
Vespasiano  (4).  Quelli  in  ispecie^  che  non  poterono  più 
rialzare  le  loro  case  distrutte,  dovevano  in  qualche  modo 
sfogare  il  loro  giusto  dolore.  I  suoi  delitti  e  le  sue 
stranezze  rendevano  credibile  qualunque  diceria  di  persone 
naturalmente  malediche  e  a  lui  ostili,  e  si  formò  quella  che 
io  direi  la  leggenda  dell'incendio  neroniano.  Le  voci  ca- 
lunniose trovavano  anche  un  certo  fondamento  nella  coin- 
cidenza, che  apparve  e  apparisce  strana,  e  forse  tale  non  è, 
che  il  primo  incendio  s' era  sviluppato  nelle  vicinanze  del 
suo  palazzo,  e  il  secondo,  se  così  può  chiamarsi,  nei  pos- 
sedimenti del  suo  tristo  ministro,  Tigellino. 

Ma  non  si  riusci  mai  ad  avere  il  perfetto  accordo  degli 
storici.  Con  tutte  le  dicerie  che  s'  andavano  accumulando 
sul  capo  di  Nerone,  rimanevano  sempre  alcuni,  che  non 
volevano  aggravare  la  soma  dei  suoi  delitti  d''un  altro  mi- 
sfatto, che  non  aveva  commesso.  Giuseppe  Flavio,  che  ha 
così  spesso  occasione  di  menzionare  Nerone,  e  gli  rimpro- 
vera l'uccisione  della  madre,  di  Britannico,  d'  Ottavia  e  di 
molti  uomini  ragguardevoli,  tace  affatto  su  l' incendio.  Mar- 
ziale nei  suoi  epigrammi,  Giovenale  nelle  sue  satire  fanno 
spesso  oggetto  dei  loro  strali  i  vizi  e  i  delitti  di  Nerone, 
ma  non  accennano  mai  al  delitto  dell'  incendio.  Vano  è 
arzigogolare    su  questo  silenzio;  l'unica    deduzione  giusta 


(i)  Dione  Cassio,  LXII,  29. 

(2)  Tacito,  Ann.  XV,  42. 

(3)  Tacito,  Ann.  IV,  64;  VI,  45;  Suetonio,  Tib.  48;  Cai  16. 

(4)  Suetonio,  Vespas.  8. 


verone  e  r  incendio  di  Roma  387 

ed    evidente  è    che   essi  ritenevano    infondata  l' accusa    di 
Verone. 

Non  ci  potevano  essere  e  non  ci  erano  contro  Nerone 
die  pochi  e  semplici  indizi,  di  scarso  valore.  Lo  dimostra 
il  fiuto  che  Tacito  non  ostante  la  sua  avversione  a  Nerone 
e  la  propensione  ad  accusarlo  non  osa  condannarlo  esplici- 
tamente, e  delle  sue  fonti  Cluvio  Rufo,  o  Fabio  Rustico, 
o  facilmente  tutti  e  due,  attribuivano  V  incendio  al  caso. 
La  flmtasia  del  popolo,  specialmente  di  quanti  avevano  in 
odio  quell'imperatore,  creò  strane  dicerie  e  inventò  indizi 
gravi,  che  a  mano  a  mano  col  progredire  del  tempo  si 
moltiplicarono  e  si  trasformarono  in  prove  certe  e  sicure. 
E  cosi  si  osserva  un  fenomeno  curioso  :  le  prove  della 
reità  di  Nerone,  le  quali  mancano  a'  Tacito,  non  mancano 
a  Suetonio  e  Dione  Cassio.  Ma  ponendo  a  confronto  la 
narrazione  dei  tre  storici  si  scorge  subito,  senza  sforzo,  il 
processo  d'amplificazione  e  di  trasformazione.  Tacito  rac- 
coglie accuratamente  alcuni  indizi  contro  Nerone,  ne  insinua- 
la reità,  ma  resta  indeciso  se  ascrivere  l' incendio  al  caso  o 
a  lui.  Suetonio  e  Dione  Cassio  afiermano  recisamente  la 
colpa  di  Nerone  come  cosa  assodata:  anzi  per  essi  egli 
aveva  da  tempo  premeditato  1'  orrendo  delitto.  Suetonio  : 
«  Ma  non  risparmiò  (Nerone)  né  il  popolo,  né  le  mura 
«della  sua  patria.  Dicendo  un  giorno  un  tale:  Quando  io 
«sia  morto  si  mescoli  pure  la  terra  col  fuoco!  anzi,  disse 
«  egli,  anche  mentre  son  vivo!  E  fece  proprio  così  »  (i). 
Dione  Cassio  :  «  Dopo  ciò  (Nerone)  desiderò,  come  sempre 
«  aveva  flitto  voti,  di  veder  distrutta  durante  il  viver  suo  la 
«  città  intera  e   la  reggia,  e  infatti  egli  stimava  essere  stato 

(i)  SuHTONio,  Ner.  38  :  «  Sed  nec  populo,  aut  moenibus  patriac 
v  pepercit.  Dicente  quodani  in  sermone  communi: 

(Mmmo,  inquit,  èaou  ^wvto;.  Planeque  ita  fecit)). 


388  G.  S.  %amundo 


«  felicissimo  Priamo,  perchè  aveva  visto  spegnersi  insieme 
«la  patria  e  il  regno  »  (i).  Suetonio  va  ancora  più  oltre,  e, 
inesorabile  con  Nerone,  gli  attribuisce  il  desiderio  d' incen- 
diare Roma  anche  quando  la  sua  stella  era  per  tramontare, 
nella  Gallia  si  ribellavano  le  legioni  di  Vindice,  che  non 
voleva  obbedire  ad  un  cattivo  cantore,  e  il  popolo  che  prima 
lo  aveva  idolatrato,  gli  si  manifestava  apertamente  ostile  (2). 
Tacito  dice  tassativamente  che  il  primo  incendio  scoppiò 
nella  parte  orientale  del  Circo,  contigua  al  Palatino  e  al 
Celio,  e  il  secondo  nelle  Emiliana,  e  narra  di  molti  che 
proibivano  di  estinguere,  e  di  altri,  che  palesemente  butta- 
vano fiaccole  accese.  Questi  ignoti,  che  per  lui  potevano 
essere  emissari  di  Nerone  o  anche  ladri,  per  Suetonio  sono 
servi  del  cubicolo  imperiale,  per  Dione  Cassio  soldati  e 
vigiU  (3).  Per  essi  l' mcendio  si  sviluppa  contemporanea- 


(i)  Dione  Cassio,  LXII,  16:  Mera  Sa  Taìtra  STreSuaYiaev  ó'-jrsp  ttou 
àeì  rux^"°5  "^"^"^  "^^  xoXtv  ó'Xyiv  xaì  i-h^  |3a<T;>.£iav  (^<3v  à^aX^oaf  tòv  "yoùv 
npiaaov  /.ai  auTÒ;  SauaaaTw;  laa)càp'.Csv  órt  xaì  7y>v  irarpiSa  àaa  xai 
rriv   k^yyi^   aTcoXoasva?  slSev. 

(2)  Suetonio,  Ner.  4* 

(3)  Panili  che  si  possa  intravedere  l'origine  di  queste  voci  strane  e 
contradittorie.  Si  sa  da  Tacito  e  da  Dione  Cassio  che  nell'  incendio 
perirono  molti,  che  Nerone  cercava  di  circoscrivere  il  fuoco,  e  apri 
alla  gente  rimasta  senza  tetto  il  campo  di  Marte  e  i  suoi  giardini. 
Suetonio  dice  che  il  popolo  fu  spinto  e  confinato  colà  a  viva  forza  : 
«  ad  monumentorum  bustorumque  deversoria  plebe  compulsa»,  e  deve 
essere  stato  veramente  cosi.  In  simili  sciagure  si  sogliono  formare 
straordinari  agglomeramenti  di  curiosi,  che  non  solo  non  porgono 
nessun  aiuto,  ma  anche  intralciano  e  impediscono  l'opera  di  soccorso. 
Perchè  si  avesse  il  minor  numero  di  vittime  umane,  perchè  si  fosse 
più  liberi  nei  lavori  di  spegnimento  e  di  circoscrizione  del  fuoco,  la 
quale  s'otteneva  mediante  la  demolizione  d' intere  file  di  case,  era 
necessario  che  la  folla  sgombrasse  dai  luoghi  minacciati.  Soldati,  vi- 
gili eseguivano  l'ordine  dell'imperatore,  coadiuvati  dai  servi  di  Nerone 
e  da  uomini  capaci  e  di  buona  volontà.  Per  essere  più  facilmente  ob- 
bediti, tutti  e  specialmente  i  privati  cittadini  facevano  la  voce  grossa, 
e  adduce  vano  l'ordine  avuto.  Pochi  capivano  la  ragione  di  quel  prov- 


C\y/'o;/e  e  F  incendio  di  Roma  389 

mente  in  più  luoghi.  Suetonio  :  «  Come  disgustato  dalla 
«  luridezza  dei  vecchi  edilìzi  e  dalla  strettezza  e  tortuosità 
((  delle  viuzze  diede  fuoco  alla  città  così  palesemente,  che 
«  molti  consolari  avendo  sorpreso  nei  loro  poderi  i  came- 
«  rieri  di  lui  con  stoppa  e  fiaccole  non  osarono  metter  loro 
«  addosso  le  mani,  e  alcuni  granai  costruiti  in  pietra,  che 
((  erano  presso  la  Casa  d' oro,  della  cui  area  desiderava  som- 
a  mamente  d' impadronirsi,  furono  prima  abbattuti  con  mac- 
«  chine  guerresche  e  poi  incendiati  »  (i).  Dione   Cassio  : 

vedimento;  la  povera  gente  s'allontanava  a  malincuore  dalle  proprie 
case,  e  sospettava  l'incendio  doloso  e  il  saccheggio.  Le  dicerie  sor- 
sero subito,  si  diffusero,  e  furono  poi  accolte  dagli  storici.  «  Adeo 
«  maxima  quaeque  ambigua  sunt,  dum  alii  quoquo  modo  audita  prò 
«  compertis  habent,  alii  vera  in  contrarium  vertunt,  et  gliscit  utrum- 
«que  posteritate»;  Tacito,  Ann.  Ili,  19. 

(i)  Suetonio,  Ner.  38:  «Nani  quasi  offensus  deformitate  vete- 
«  rum  aedificiorum  et  angustiis  flexurisque  vicorum,  incendit  Urbem 
«  tam  palam,  ut  plerique  consulares  cubicularios  eius,  cum  stuppa  tac- 
ce daque  in  praediis  suis  deprehensos,  non  attigerint  ;  et  quaedam  hor- 
«  rea  circa  domum  Auream,  quorum  spatium  maxime  desiderabat  (ut) 
«  bellicis  machinis  labefactata  atque  infiammata  sint,  quod  saxeo  muro 
«  constructa  erant  » .  Questo  periodo  di  Suetonio  mi  sembra  abbastanza 
chiaro.  Forse  l'autore  scrivendo  teneva  presente  il  principio  del  rac- 
conto di  Tacito  :  «  forte  an  dolo  principis  incertum  » .  Egli  accusa  Ne- 
rone, e  dopo  aver  accennato  al  proposito,  che  questi  già  da  tempo 
aveva  d'incendiare  Roma,  vuole  aggiungere  altre  prove  della  reità  di 
lui  :  alcuni  consolari  sorpresero  sul  fatto,  in  flagranti,  i  servi  del  cu- 
bicolo imperiale;  Nerone  stesso,  dopo  l'incendio,  al  cospetto  di  tutti 
iitct  dar  fuoco  a  certi  granai, che  erano  nei  pressi  della  «  Domus  aurea  », 
per  occuparne  il  suolo.  Eppure  il  Profumo  (op.  cit.  p.  465  sg.)  ne  de- 
duce che  da  quei  granai,  i  quali  egli  colloca  sul  Palatino  «al  posto 
«esatto  che  dipoi  venne  occupato  dal  Septiionium  Severi •>ì ,  ^àxW  il 
fuoco.  Passi  la  contraddizione  in  cui  si  trovebbero  Tacito  e  Suetonio. 
Ma  non  risulta  affatto,  come  sembra  al  Profumo,  che  «Suetonio  si  è 
«  servito  inesattamente  del  vocabolo  di  domus  Aurea  » ,  o  che  «  la  pa- 
«  rola  Aurea  non  esisteva  nel  testo  originale,  e  non  sia  in  realtà  che 
«  una  postilla  marginale,  la  quale  introdotta  nel  testo  inquinava  di 
«già  il  codice  tipo  da  cui  provengono  tutti  gli  altri».  Diiatti  proprio 
Suetonio  qualche  capitolo  più  innanzi  distingue  nettamente  la  «do 


390  G.  S.  ^f(amundo 


«  Mandando  in  giro  di  nascosto  certe  persone  quasi  ub- 
«  briache  e  come  per  compiere  qualche  altro  atto  malvagio, 
«  dapprima  in  uno  e  due  punti,  un  po'  qua  un  po'  là,  fece 
«  dar  fuoco,  cosicché  la  gente  era  in  grandissima  incertezza, 
«  e  ne  sapeva  trovare  1'  origine  del  male,  né  era  in  grado 
«  di  porvi  fine,  ma  vedeva  e  udiva  molte  cose  strane.  Molte 
«  case  perirono  per  mano  di  coloro  che  dovevano  recare 
((  aiuto  ;  perchè  e  soldati  e  vigili,  intenti  a  saccheggiare, 
«  non  solo  non  estinguevano  l' incendio,  ma  vieppiù  lo  rat- 
((  lizzavano  »  (i). 

Tacito  parla  della  voce  che  s'  era  diffusa  «  che  pro- 
«  prio  nel  tempo  che  infieriva  l' incendio,  (Nerone)  fosse 
((  comparso  sul  teatro  domestico,  e  avesse  cantato  lo  ster- 
(V  minio  di  Troia  assomigliando  i  mali  presenti  alle  antiche 
((  calamità  »  (2).  Questa  voce  vaga  («  rumor  »)  diventa  un 
fatto  certo  per  Suetonio  e  Dione  Cassio;  ma  la  scena  do- 
mestica si  muta  pel  primo  nella  torre  di  Mecenate,  pel 
secondo  nella  sommità  del  Palatino  o  del  palazzo  imperiale. 

«mus  aurea»  dalla  «  domus  transitoria»  (Ner.  31):  «non  in  alia  re 
«  tamen  damnosior  quam  in  aedificando,  domum  a  Palatio  Esquilias 
«  usque  fecit,  quam  primo  transitoriam,  mox  incendio  absumptam 
«  restitutamque  auream  nominavit  »  ;  e  Orosio  deve  aver  avuto  un 
codice,  in  cui  era  la  stessa  lezione  che  noi  seguiamo,  perchè  para- 
frasando Suetonio,  secondo  il  suo  solito,  e  dandoci  la  giusta  interpre- 
tazione di  quel  periodo  scrive  :  «  Horrea  quadro  structa  lapide  magnae- 
«  que  illae  veterum  insulae,  quas  discurrens  adire  fiamma  non  poterat, 
«  magnis  machinis  quondam  ad  externa  bella  praeparatis  labefactatae 
«  atque  inflammatae  sunt  » . 

(i)  Dione  Cassio,  LXII,  16:  Aàspa  -Y^p  Ttva;  w;  xaì  ixe^usNTa?  ti 
xaì  Suo  jcaì  TrXstova  àXXa  àXXoSt  ùi^Bizi'J.Koa,  wore  toò;  à^SpcÓTrou?  èv  TravTC 
à-TTopta;  'yevsaSJat,  i^-rr'  òt-px"^^  "^^^  x-axou  s^supetv  u-rTe  tsXo?  STra-ya'yetv  6u- 
vausvou;,  àXXà  TroXXà  u.h  ópwvra?  iroXXà  òì  à>couovTa;  àroTra...;  17:  Kaì 
TzoK'koi  aàv  oljcot  IpT.uot  tou  PoTn^rjCOVTo;  crcptfftv  àircóXovro,  -ttoXXoì  6à  xaì 
Gtt'  aUTWv  Twv  £7ri5coupouvTa)V  7i:poCTy-aTeirpìQc5y)aav  *  01  "yàp  arpaTtwTai,  0?  re 
&XX01  )caì  oi  vu;cTOcpu/la)t£?,  -jrpò?  xà?  àpxa-yà?  àcpopwvre?  où^  s'oov  où  )4a- 
TeCT^SNvuaàv  riva,  àXXà  )tat  7rpoae^s)caiov. 

(2)  Tacito,  An7t.  XV,  39. 


ZN^rone  e  V  incendio  di  Roma  391 

Suetonio  :  «  Questo  incendio  contemplando  Nerone  dalla 
((  torre  di  Mecenate  e  compiacendosi  della  bellezza  delle 
((  fiamme,  come  egli  diceva,  cantò  in  quel  suo  abito  da 
«  teatro  la  presa  di  Ilio  »  (i).  Dione  Cassio:  «  Mentre  tutti 
«  gli  altri  erano  immersi  in  quella  sciagura,  e  molti  nel 
«  dolore  gravissimo  si  buttavano  in  mezzo  alle  fiamme, 
«  Nerone  salì  su  la  sommità  del  Palatino,  donde  si  poteva 
«  vedere  gran  parte  dell'  incendio,  e  in  veste  da  citaredo 
«  cantò  la  rovina  di  Troia,  come  egli  diceva,  o  piuttosto 
«  la  rovina  di  Roma,  che  aveva  sotto  gli  occhi  »  (2). 

Il  Pascal  e  il  Profumo  cercano  d'armonizzare  insieme 
queste  cosi  discordi  testimonianze  di  Tacito,  Suetonio  e 
Dione  Cassio  ;  il  Pascal  scarta  solo  l' aneddoto  del  canto 
neroniano  (3).  Vani  sforzi  :  noi  qui  invero  abbiamo  e  in 
una  forma  direi  quasi  tipica  la  creazione  e  lo  sviluppo  di 
una  leggenda.  Non  vorrei  però  esser  frainteso.  Suetonio  è 
di  pochi  anni  più  giovane  di  Tacito  :  secondo  il  Macé,  Ta- 
cito morì  nel  121  o  122,  Suetonio  versoli  141  (4).  Voglio 
dire  soltanto  che  Tacito  attinge  a  fonti  autorevoli,  e  nella 
sua  narrazione  dell'  incendio  l' elemento  leggendario  fa  ap- 


(i)  SuETOXio,  Ner.  38:  «Hoc  incendium  e  turre  Maecenatiana 
<-  prospectans,  laetusque  flammae,  ut  aiebat,  pulchritudine,  àXwatv,  Ilii 
«  in  ilio  suo  scenico  habitu  decantavi!  « . 

(2)  Dione  Cassio,  LXII,  18:  nàvTwv  Ss  H  twv  àXXwv  outco  òiay.st- 
y.£V(i)v,  )cat  TToXXfov  'AoX  l;  auto  tò  Trup  'jirò  tou  ttòcSou?  laTTYiStóvTwv,  ó  Ns'otov 
e;  T2  TÒ  àxpov  tou  riaXaTiou,  ó'Sev  aòcXiaxa  auvoTrra  Tà  xoXXà  twv  xatoasvtov 
•^v,  àvrXSys,  xat  tyiv  areuvìv  ttv  )tt»ap(p6i5ty,v  Xa^óSv  -^crsv  aXtoatv,  w;  uiv 
aÙTÒ;  sXs'Ysv,  'IXtou,  ox;  6è  éwpàTO,  'Pwavi;. 

(3)  Il  Fabrizio  già  nel  1752,  pubblicando  un'edizione  commen- 
tata delle  Storie  di  Dione  Cassio,  notava  le  contraddizioni  degli  sto- 
rici nell'aneddoto  del  canto  neroniano,  e  conchiudeva  trattarsi  evi- 
dentemente d'una  leggenda:  «  tantus  dissensus  non  tam  rumorem 
«quam  fabulam  esse  ostendit».  Il  Profumo  (op.  cit.  p.  639  sg.)  non 
ci  vede  nessuna  contraddizione,  e  vuol  dimostrare  la  verosimiglianza 
di  quella  voce. 

(^)  Macé,  Essai  sur  Suétone,  Paris,  1900,  p.  207  sg. 


592  G.  5.  l^amundo 


pena  capolino  ;  Suetonio  e  Dione  Cassio  per  questi  fatti  cer- 
tamente attingono  a  quella  congerie  di  libelli,  cui  accenna 
Giuseppe  Flavio,  nei  quali  tutte  le  calunnie  e  tutti  gli  ele- 
menti leggendari  avevano  trovato  facile  accoglienza.  La  fan- 
tasia del  popolo  romano  non  si  addimostrò  nemmeno  troppo 
feconda.  Se  si  esamina  bene,  si  trova  che  gF  indizi  gravi 
contro  Nerone,  le  prove  della  sua  colpevolezza,  che  si 
hanno  in  Suetonio  e  Dione  Cassio,  derivano  sempre  diret- 
tamente dai  pochi  e  lievi  indizi  già  raccolti  da  Tacito,  e  se 
ne  scorge  la  traccia,  il  filo  conduttore;  sono  variazioni  dello 
stesso  motivo  con  un  crescendo  continuo  d'intensità  (i). 
Al  Pascal  e  al  Profumo,  Tacito  è  d' inciampo  per  lo  svol- 
gimento delle  loro  tesi  opposte;  non  potendo  sopprimerlo 
tentano  di  diminuirne  l'importanza,  e  esaltano  invece  l'au- 
torità di  Suetonio,  del  libelHsta  (2).  Pel  Profumo  Tacito 
ha  sempre  e  specie  nella  narrazione  dell'evento  (cosi  egli 
chiama  l'incendio)  scarso  valore  documentario  (3).  E  dob- 
biamo essergli  grati  della  temperanza  del  suo  giudizio.  Il 
Pascal  si  contenta  di  dire  che  Tacito  «  si  avvale  di  fonti 
((  diverse,  né  sembra  aver  fatto  studio  per  rendere  coerente 
«  il  racconto  suo  »  (4)  :  Tacito  insomma  sarebbe  un  com- 
pilatore grossolano  e  malaccorto.  Nessuna  taccia  più  in- 
giusta. Tacito  narra  i  fatti  come  si  sono  svolti,  coordinati 
e  coerentissimi  tra  di  loro.  Delle  sue  fonti  alcune  ascrive- 
vano r  incendio  a  Nerone,  altre  al  caso.  Egli  cerca  d'essere 
imparziale,  e  se  da  una  parte  raccoglie  tutti  gì'  indizi,  che 
pesavano  su  Nerone,  dall'altra  non  trascura  tutte  quelle 
circostanze,  che  potevano  far  pensare  ad  un  incendio  casuale. 
Dai  critici  quasi  unanimemente  gli  vien  fatto  l'addebito 
d'aver  talora  nella   storia  dei  primi  imperatori  gravato  la 


(i)  BoissiER,  op.  cit.  p.  166  sg.  ;  Allard,  op.  cit.  p.  57  sg. 

(2)  ScHANZ,  Gesch.  d.  ròm.  Litt.  Ili,  44  sg. 

(3)  Profumo,  op.  cit.  p.  31  sg. 

(4)  Pascal,  op.  cit.  p.  125. 


^T^rone  e  l'  incendio  di  Roma  393 

mano  e  caricate  le  tinte  (i).  Non  deve  recar  meraviglia 
che  egli,  vicinissimo  agli  avvenimenti  che  narra,  risenta 
troppo  l'influenza  dell'ambiente  formatosi,  ostile  ai  Cesari 
e  specialmente  a  Nerone,  l'ultimo  e  certo  il  peggiore  di 
tutti.  A  chi  voglia,  a  tanta  distanza  di  tempo  e  di  passioni, 
studiare  la  questione  con  animo  sereno  e  senza  preconcetti 
«  sine  ira  et  studio  »  (2),  come  Tacito  vorrebbe  e  non  può 
fare,  risulterà  chiara  ed  evidente  l' innocenza  di  Nerone 
come  quella  dei  Cristiani,  la  casualità  dell'  incendio. 

Giovanni  Salvatore  Ramundo. 


(i)  Fabia,  op.  cìt.  p.  447  sg.  ;  Coen,  op.  cit.  p.  258;  Boissier, 
Le  jugement  de  Tacite  sur  les  Cesar s  in  Reviie  des  Deux  Mondes,  1901, 
p.  500. 

(2)  Tacito,  Ann.  I,  i. 


Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVUI.     26 


REGESTO 
DELL'ABBAZIA  DI  SANT'ALESSIO 

ALL'   AVENTINO 


Continuazione  e  fine;  vedi  voi.  XXVIII,  p.   iji 


LXXVI. 

a)  1304,  febbraio  7. 

Bolla  di  Benedetto  XI  a  maestro  Bernardo  di  Andrea 
canonico  di  Narbona.  Gli  conferisce  un  beneficio  ecclesia- 
stico a  scelta,  nella  chiesa  di  Narbona,  dandogli  anche  fa- 
coltà di  ritenere  più  beneficii  insieme.  Ine,  «  Cum  tibi  lit- 
«terarum».   «Datum  Laterani,  pontificatus  anno  1°». 

F)  «  In  eundem  modum  . .  S.  Alexii  de  Urbe  et  . .  Cras- 
«  sensis  ac  . .  S.  Ylarii,  Carcassonensis  diocesis,  monaste- 
«  riorum  abbatibus  » . 

In  Registres  de  Bénoit  XI,  editi  da  Ch.  Grandjean,  Paris,  1883-190  .  .  ,  t.  i**,  col.  496. 
Rcg.  Vatic.  A,  e.  150. 

LXXVII. 

1306,  settembre  6. 

luzio  di  Girardo  Rossi  e  Tuzio  di  Angelo  vendono  a 
Francesco,  abbate  del  monastero  di  S.  Alessio,  un  giardino 
in  contrada  Torricella,  nelle  pertinenze  di  Viterbo,  per  la 
somma  di  150  lire  di  denari  «  papareni  » .  Penali  doppio. 
Istrumento  mutilo  dell'ultima  parte,  che  conteneva  la  cor- 
roborazione, r  a  e  t  u  m  e  le  firme. 


39^  ^'  oMonaci 


In  Nerini,  op.  cit.  pp.  481-2,  App.  n.  lui;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  31.  Precede  il 
testo  il  segno  del  tabellionato,  Reg.  di  S,  Alessio,  t.  2",  col  testo  quasi  completamente 
trascritto. 

Collazione:   N  p.  4S2,  r.   6,  e  D  rem  hereJum  Nangeli  R  r.  h.   Angeli 

LXXVIII. 

1306,  decembre  13. 

Copia  autentica  (1334,  25  novembre)  d'un  istrumento 
di  vendita,  col  quale  maestro  Giacomo  Talentuzio  e  Me- 
nico, fratelli,  figli  del  fii  Giovanni  Bontalenti,  vendono  a 
Caterina,  moglie  di  Ricco  Corbuli,  e  ai  suoi  eredi, -una  vigna 
nella  contrada  Amandruale,  vicino  alla  via  vicinale:  per  la 
somma  di  112  lire  di  a  papareni  »  pagata  in  fiorini  d'oro. 
((  Actum  Viterbii,  in  domo  dictorum  venditorum  ».  La 
copia  dell' istrumento,  estratta  dal  libro  dei  protocolli  di 
Angelo  di  Giovanni  Scrascia,  notaro  defijnto,  fia  letta  e 
autenticata  a  Viterbo  nel  palazzo  del  Comune.  «  Johannes 
«  Andree  Alberti  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis  pre- 
ce fecti  notarius  et  index  ordinarius,  fideliter  exemplando 
«  scripsit  et  publicavit  ». 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.   32,   ben  conservata.  Precede  il  testo  il   «  S.  T.  ». 

LXXIX. 

13  IO,  marzo  3. 

I  Cistercensi  del  monastero  di  S.  Maria  di  Palazzolo, 
affine  di  liberarsi  dai  debiti  e  dalle  usure,  vendono  alle  mo- 
nache Agostiniane  del  monastero  di  S.  Maria  Rotonda,  d'Al- 
bano (i  cui  beni  vennero  poi  in  proprietà  del  monastero  di 
S.  Alessio),  un  fondo  nella  contrada  Torre  dei  Vescovi, 
territorio  di  Albano,  e  tre  fondi  nella  contrada  «  de  Ro- 
«  fellis  »  nello  stesso  territorio,  per  la  somma  di  152  fiorini 
d'oro.  «  Actum  apud  dictum  monasterium,  ante  cameram 
((  domini  abbatis.  [Johannes  BJarnabe  de  Albano  [imperiali 
«  auctoritate  notariusj  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  484-5,  App.  n.  lv. 


'T^egesto  di  Sant'Alessio  air  Aventino         397 


LXXX. 

1°)   13 IO,  aprile  11. 

Giovanni  de  Sabello,  proconsole  dei  Romani,  vende  al 
monastero  di  S.  Maria  Rotonda,  d'Albano,  la  metà  d'una 
pezza  di  terra  seminativa,  di  sei  rubbia  incirca,  nel  tenimento 
suo  di  Sabello,  nella  contrada  «  Formales  Mancacie  »,  per 
la  somma  di  150  fiorini  d'oro.  Pena  il  doppio.  «  Actum  in 
«  rocca  castri  dicti  domini  lohannis,  quod  dicitur  Candul- 
«  forum  )) . 

2"^)  [13  io],  maggio  14. 

L'abbadessa  del  monastero  suddetto  è  messa  in  possesso 
della  mezza  pezza  di  terra  suddetta  dal  procuratore  di  Gio- 
vanni de  Sabello  ;  e  si  procede  all'  investitura  «  carpendo 
«  de  herbis  et  capiendo  de  terra  et  ponendo  in  manibus 
«  domine  abbatisse  predicte  ».  Sottoscrizione  alla  fine  della 
pergamena  :  «  Johannes  Barnabe  de  Albano,  inperiali  aucto- 
«  ritate  notarius  »  [S.  T.]. 

In  Nerini  (che  non  fa  menzione  del  documento  d'investitura^,  op.  cit.  pp.  482-4, 
App.  n.  Liv;  Arch.  di  Stato,  perg,  n.  33,  rósa  dai  sorci  nell'estremo  lato  destro;  Reg.  di 
S,  Alessio,  t.  2",  col  testo  molto  più  completo  che  nel  Nerini. 

Collazione  :  N  p.  48^,  rr.  6-f  dal  fine  Monasterium  Sancte  Marie  de  Palazola  D 
M.  S.  M.  de  Palancola  N  r.  ^  dal  fitte  baltiolum  palatii  Capolopi  D  e  R  h.  p,  capolapi 
N  p.  4S4,  rr.  ;-6  Nicolao  Paul!  de  S  .  .  .  rico  D  N.  P.  Desclcrico 

LXXXI. 

13  IO,  ottobre  27. 

Girolamo,  abbate  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  promette 
al  priore  ed  ai  canonici  della  chiesa  dei  Ss.  Luca  e  Fau- 
stino, di  Viterbo,  per  aver  dato  il  loro  consenso  alla  ven- 
dita d'un  casalino  al  monastero,  nella  contrada  di  S.  Luca, 
in  Viterbo,  otto  lire  di  denari  «  papareni  »  da  sborsarsi  tra 
due  anni.  Pena  il  doppio.  Vi  si  fa  menzione  dell'  istrumento 


398  QA,  donaci 


principale  di  vendita,  fatta  da  Santone  figlio  del  maestro 
Matteo,  rogato  da  Caciato  notaro  sottoscritto.  «  Actam  Vi- 
ce terbii  in  domo  monasterii  predicti  »  (cioè  del  monastero 
di  S.  Alessio).  «  Caciatus  magistri  lohannis  notarli,  aucto- 
«  ritate  alme  Urbis  prefecti  index  ordinarius  et  notarius  ». 

In  Nerini,  op,  cit,  p.  493,  App.  n.  lvii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  36,  col  «  S.  T.  » 
a  capo  del  dee. 

Collazione  :  N  p.  4^^,  r,  ^  mcnsis  Octubris  die  .xxvii.  intrante  D  m.   o.   d  .xxvn. 

intrantis     N  r.  ^  quod  D  quia  N.  r.  14 magistri  Mathei  D  Santonem  m.  M. 

N  r,  7  dal  fitte  presentibus Rollandi  D  p,  Petro  magistri  R. 


LXXXII  a. 

1°)  13  IO,  ottobre  31,  a.  5*^  del  pontificato  di  Clemente  V. 

Nicolò  da  Thiene,  uditore  generale  d' Isnardo,  arcivescovo 
di  Tebe,  e  vicario  generale  del  papa  in  Roma  nello  spiri- 
tuale, sentenzia  a  favore  del  monastero  di  S.  Alessio  nella 
causa  di  alcune  vigne  fuori  porta  Appia  «  supra  ecclesiam 
«  ubi  Dominus  apparuit  »  occupate  dal  monastero  di  S.  Se- 
bastiano «  in  Catacomba».  «  Apud  S.  Basilium  de  Urbe  ». 

2°)  Maggio  22  dello  stesso  anno  (i). 

D.  Matteo  «  Angeli  lohannis  Cinthii  »,  uditore  del  vicario 
del  papa  in  Roma,  ordina  al  mandatario  della  curia.  Paolo 
di  Giovanni  Guitti,  di  mettere  in  possesso  il  monastero  di 
S.  Alessio  delle  vigne  suddette.  [«Apud  S.  Basilium  de 
«  Urbe  »]. 

3°)  Maggio  25  dello  stesso  anno. 

Paolo  «lohannis  Guicti  »,  canonico  della  chiesa  dei 
Ss.  Quirico  e  Giolitta  e  mandatario  della  curia,  investe  i 
canonici  di  S.  Alessio  delle  vigne   suddette.  [S.  T.]  «  lu- 

(i)  Credo  che  voglia  dire  dello  stesso  anno  5°  del  pontificato  di 
Clemente  V. 


Regesto  di  SaJif Alessio  alV Aventino         399 

((  lianus  Guicti  lohannis  Astalli,  Dei  gratia,  sacri  prefecti  au- 
<(  ctoritate  notarius  et  nunc  notarius  domini  vicarii  ». 

In  Nerini,  op,  cit,  pp,  489-92,  App.  n.  lvi;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  34, 
Collazione:  A'' ^.  48^,  r,  4  cognitor  cause  D  congnitor  e.  N  p.  490,  r.  $  Ysuardi 
Ti-  Isnardi  N  r.  19  monasterium  sancti  Sabastiani  D  m.  s.  Sebastiani  N  r,  27  Francisci 
Azaccaferri  de  Piscina  D  F.  Agaccaferri  d.  p.  N  p.  4(^1,  r,  7  possessiones  D  possessionum 
N  r.  IJ  si  tolgano  i  sei  puntini,  N  p,  4^2,  r.  2  si  annullino  il  de  e  i  puntini.  Rigo  4  dopo 
Arenula  si  noti  etc.  N  rr,  y-S  canonicus  ecclesie  sanctorum  Quirici  et  lulitte  D  predictus 
N  r.  8  Nunzolus  Curie  D  Nump^olus  C.  N  r.  <)  Ysuardi  D  Ysnardi  N  r.  ses t'ultimo 
lohannis  Berzi  D  I.  Berfi.  Nel  rigo  quart' ultimo  si  noti  il  S.  T  innanzi  a  Et  Ego  lulianus 
Guicti  etc, 

LXXXII  h. 

Altra  redazione  consimile  dello  stesso  istrumento.  Sot- 
toscrizione :  «  [S.  T.]  lulianus  Guicti  lohannis  Astalli,  Dei 
«  gratia,  sacri  prefecti  auctoritate  notarius  » . 

Neil 'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  35,  con  molte  parole  manfcanti  nel  margine  destro  mu- 
tilo. Il  testo  delle  due  pergamene,  nn.  34  e  35,  è  identico  sostanzialmente.  Però  la  prima 
ha  le  firme  dei  testimonii  nell'actum  del  terzo  documento,  che  mancano  all'altra,  nella 
quale  inoltre  il  secondo  documento  è  quasi  interamente  scritto  alla  fine  della  pergamena, 
perchè  prima  dimenticato.  Perciò  essendo  imperfetta  la  prima  redazione  del  documento,  i 
canonici  di  S.  Alessio  ne  ottennero  una  redazione  migliore  dallo  stesso  notaro.  Il  Nerini 
riproducendo  l'actum  e  le  firme  dei  testimoni  del  3°  doc,  mostra  di  essersi  attenuto  prin- 
cipalmente alla  perg.   34,  meglio  conservata. 

Collazione  col  testo  precedente  del  Nerini:  N  p,  48^,  r.  J  Ysuardi  D  Ysnardi  Nr.  4 
cognitor  cause  D  congnitor  e.  N  r,  ;  abbatem  D  abbatis  {per  inavvertenza)  N  r.  8  Abatem 
D  Abbatem  N  r,  ^  conventum  D  conventui  (per  inavverien:(a)  N  p.  41^0  r.  ;  Ysuardi  D 
Ysnardi  N  rr,  j-6  Vicarii  Generalis  D  in  spiritualibus  Vicarii  Generalis  N  r.  j  legitima 
persona  D  persona  legitima  W  r.  9  in  Catacomba  D  i.  cataconba  N  r,  1/  prò  locatione 
recepit  D  per  locationem  N  r,  7.  dal  fine  Francisci  Azaccaferri  de  Piscina  D  F.  Ac?acca- 
ferri  d.  V.  N  r.  2  dal  fine  renovatio  ipsius  locationis  petita  et  facta  D  renovaverunt  ipsius 
locationis  pacta  et  facta  N p.  4^1,  r.  7  possessiones  D  possessionum  N  r,  1/  terre  scilicet 
D  terre.  A  p.  492,  r.  4  si  aggiunga  un  etc,  che  supplirà  il  secondo  doc,  del  22  maggio, 
non  indicato  dal  Nerini,  N  p,  4^2,  r.  $  Eodem  anno,  Indictione,  et  D  Eodèm  Anno  et 
Indictione  N  p.  4^2,  r.  8  lulitte  D  lulicte  N  Nunzolus  D  Nunzolus  N  r.  9  Isuardi  D 
Ysnardi  ^V  Thebani  Archiepiscopi  D  Archiepiscopi  Thebani  N  r.  4  dal  fine,  omette  il  segno 
del  iabellionaiom  N  rr.  j-2  dal  fine  et  nunc  Notarius  dicti  Domini  Vicarii  D  non  l'ha.  N 
r.  ultimo  de  mandato  supradicti  Domini  Auditoris  D  non  l'ha. 


LXXXIII. 

1 315,  gennaio  ii. 

Il  monastero  dà  in  affitto  a  Nicola  di  Giovanni  Latone 
e   a   Matteo   di  Angelo   dell'Abbate,   ambedue  «  de   castro 


400  qA.  ^Monaci 


«  domini  lohannis  de  Sabello  »,  il  casale  di  S.  Fumia  (Eu- 
femia) nella  tenuta  di  Castel  Savello,  per  cinque  anni,  per 
la  pensione  annua  di  13  lire  di  provisini  nel  giorno  di  Na- 
tale, e  la  corrisposta  della  quarta  parte  del  grano,  dell'orzo  &c. 
Pena  il  doppio.  «  Actum  in  monasterio.  Petrus  Maximi,  Dei 
«  gratia,  alme  Urbis  illustris  prefecture  auctoritate  publicus 
(X  notarius  »  [S.  T.]. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  494-5,  App.  n.  lviii;  Arcb.  di  Stato,  perg.  n.  37. 
Collazione  :  N  p.  4^4,  rr.  /-6  Conradus  Dei    gratia  Abbas  D  Qpnradus  D.  g.  A.  N 
p.  49/,  rr.  5-2  dal  fine  {nella  sotioscriiione  del  notaio)  prefecti  D  prefecture 

LXXXIV. 

1316,  settembre  8. 

Carta  di  Nicolò,  vescovo  di  Tortiboli,  colla  quale  noti- 
fica ai  fedeli  di  aver  consacrato  l'altare  maggiore  e  gli  altri 
quattro  altari  della  chiesa  di  S.  Maria  Rotonda  d'Albano, 
appartenente  all'omonimo  monastero  di  Agostiniane,  e  di 
aver  proceduto  alla  ricognizione  delle  sacre  reliquie,  che 
descrive;  e  accorda  copiose  indulgenze  ai  visitatori  della 
chiesa  in  determinate  feste  e  solennità.  «  Datum  apud  mo- 
«  nasterium  ecclesie  S.  Mariae  Rotunde  de  Albano  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  496-500,  App.  n.  lix;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  38.  Trascri- 
zione esatta. 

LXXXV. 

13 19,  giugno  12, 

L'abbate  Giovanni  e  i  canonici  del  monastero  costitui- 
scono loro  procuratore  legale  innanzi  a  qualunque  curia, 
ecclesiastica  e  secolare,  Caciato,  del  maestro  Giovanni,  di 
Viterbo.  «  Actum  in  dicto  monasterio.  Petrus  Maximi  de 
((  Urbe,  Dei  gratia  [S.  T.],  alme  Urbis  illustris  prefecti  au- 
«  ctoritate  publicus  notarius  » . 

In  Nerini,  op,  cit.  pp,  500-501,  App.  n.  lx  ;  Arch,  di  Stato,  perg.  n.  39;  Reg,  di 
Sant'Alessio,  t.  2*,  col  testo  completo. 

Collazione:  N  p.  ;oi,  r.  $  da/ /«e  "Mattheo  D  Mactheo  iV  Pellipario  D  pellippario 
Manca  al  lesto  del  Nerini  il  S.  T.,  che  pure  in  molti  altri  documenti  tralascia. 


Regesto  di  Sant'Alessio  alFAvenlino        401 


LXXXVL 

1324,  ottobre  i. 

Giovanni  «  de  Ber^o  » ,  giudice,  consente  alla  vendita 
d'una  sua  pezza  di  vigna  a  Buzio  «  domini  Angeli  Alexii  » 
del  rione  Campitelli,  per  parte  di  Bartelluzio  Boccamazza 
detto  anche  Mardone,  per  il  commino  di  sette  soldi  e  mezzo. 
La  vigna,  fuori  porta  Appia,  che  si  vende  per  14  Hre  di 
provisini  del  Senato,  ha  i  confini  :  «  ab  .1.  latere  tenet  Tucto 
«  Bonus  de  Ascesa  Proti,  ab  alio  Cucgius  lordani  familiaris 
«domini  Anibaldi  de  Anibaldis,  ab  alio  viculus  vicinalis». 
Nella  clausola  di  sanzione  si  legge  :  «  quod  si  in  ipsa  vinea 
«  invenerit  aurum,  argentum,  plumbum  vel  rame,  vel  aliquid 
«  aliud  valoris  ultra  .xii.  denarios  ;  quod  medietas  sit  dicti 
«domini  lohannis  et  alia  medietas  sit  dicti  Buccii  ».  Pro- 
mette anche  il  compratore  al  suddetto  Giovanni  la  corri- 
sposta annua  della  quarta  parte  del  mosto  e  dei  frutti  e  un 
canestro  d'uva;  e  di  lavorar  la  vigna  da  bravo.  «  Andreas 
«  Francisci  de  Felicibus  notarli,  Dei  gratia,  alme  Urbis  illu- 
«  stris  prefecti  auctoritate  notarius  »   [S.  T.]. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  40;  Reg.  eli  S.  Alessio,  t.   2",  col  testo  abbreviato. 

LXXXVII. 

1330,  agosto  25. 

Giacomo,  abbate  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  entra  in 
possesso  dei  beni  lasciati,  per  testamento,  al  monastero  da 
Caterina  moglie  di  Ricco  CorbuH,  nelle  pertinenze  della  città 
di  Viterbo:  una  vigna  nella  contrada  Amandruale  ed  i  ter- 
reni nella  contrada  «  de  Bussetis  ».  «  Acta  sunt  hec  in  bonis 
«  predictis  et  quolibet  eorum.  Caciatus  magistri  lohannis 
«  notarli  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis  prefecti  index 
«  ordinarius  et  notarius  » . 


402  qA.  oMonaci 


In  Neriki,  op.  cit.  pp.  501-3,  App.  n,  lxi  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  41,  Precede  il 
testo  il  «  S  T.  »  unito  da  un  legamento  alla  lettera  /  iniziale  del  doc. 

Collazione  :  N  p.  joi,  r.  J  mense  Augusti,  die  .xxv.  intrante  D  m.  A.  d.  .xxv.  in- 
trantis  N  r.  J  de  Peruscia  Dde  Peruscio  A^.  p.  f02,  rr.  j-4  dal  fine  apprehendit  Da.  intrando, 
stando  et  ambulando  in  eas  et  per  eas  et  quamlibet  earum,  de  erbis,  terra,  grebis  existen- 
tibus  in  eis  et  de  uvis  diete  vinee  capiendo  in  singnum  vere  possessionis  N  r.  ultimo  Blascio 
Sandrii  D  B.  Sandri 


LXXXVIIL 

1334,  marzo  7. 

Il  magnifico  Faziolo  dei  Prefetti,  avendo  ricevuto  per 
IO  anni  in  locazione  dal  monastero  i  beni  di  Caterina, 
moglie  di  Ricco  Corbuli,  nel  territorio  di  Viterbo  (come  ri- 
sulta dall' istrumento  di  ser  Egidio  di  ser  Francesco  «  Scambii 
Maczangnoni  »,  notaro  di  Viterbo),  rinunzia  espressamente 
(dopo  più  di  due  anni)  alla  locazione,  perchè  pregiudizie- 
vole e  dannosa  al  monastero,  sebbene  perfettamente  legale. 
I  beni  di  Caterina  Corbuli  consistono  in  un  campo  con  prato 
nella  contrada  «  de  Bussetis  »,  in  una  vigna  nella  contrada 
Amandruale,  e  in  due  case  e  in  una  casa  con  bottega  in 
Viterbo,  contrada  di  S.  Stefano.  Pena  500  lire  di  denari 
((  papareni  ».  «  Actum  Viterbii  ante  domum  viri  magnifici 
«  Fatioli  de  Prefectis.  Johannes  quondam  M.  Mathei  Nutii 
«  de  Viterbio,  alme  Urbis  prefecti  auctoritate  notarius  et 
«index  ordinarius  ». 


In  Nerini,  op,  cit.  pp.   503-5,  App,  n.  lxii  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  42,  col  «  S.  T.  » 
al  principio. 

Collazione  :  N  p,  ;oj,  rr.   1-2  trecentesimo    D   tricentesimo    N  r.  j   mense   Martiì  D 

mensis  martii  N  p.  ^04,  r.  4  Paris zari  D  Pisciancalfari  N  rr.  y-8  Bagnarla 

D  Bangnaria  N  r.  4  dal  fine  Maczangnoni  D  Macgangnoni  A^.  p.  /o/,  rr.  9-S  dal  fine  Ser 
Egidio  M.  Francisci  de  Viterbio  notarlo  D  S.  E.  Ser  Francisci  d.  V.  n.  N  rr.  S-j  dal 
fine  Predepaczo  D  Predepacfo  N  r,  6  dal  fine  Muczarello  lannis  D  Muc^arello   I. 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Apentino         403 


LXXXIX. 

1334,  ottobre  5-22. 

Atti  della  curia  vescovile  di  Angelo  [«  de  Tineosis  »]  (i), 
vescovo  di  Viterbo  e  Toscanella,  per  l'eredità  di  Ricco 
Corbuli  : 

i'')  Ottobre  5. 

lozzo,  nunzio  della  curia  vescovile,  riferisce  di  aver 
citato  Ristoro  Cenni,  procuratore  di  Nicoluzza,  figlia  della 
fu  «  Catalena  » ,  a  comparir  la  sera  appresso  innanzi  ad  An- 
gelo, vescovo  di  Viterbo  e  Toscanella. 

2^)  Ottobre  6. 

Essendo  comparso  innanzi  alla  curia  il  Ristoro  suddetto, 
gli  fu  stabilito  per  termine  il  giorno  seguente  a  mostrare 
i  dritti  eh'  egli  potesse  avere  sui  beni  della  suddetta  Cate- 
rina, lasciati,  come  si  afferma,  in  eredità  al  monastero  di 
S.  Alessio. 

3*^)  Ottobre  5. 

lozzo,  nunzio  della  curia,  riferisce  di  aver  citato  Vanni 
Protogodi  e  il  figlio,  pensionarli  d'  una  bottega  e  d' una 
vigna,  e  Paoluzzo  Clere,  pensionarlo  d'  una  vigna  apparte- 
nuta una  volta  a  Caterina  suddetta,  a  comparir  la  sera  ap- 
presso innanzi  al  vescovo  nominato  Angelo. 

4*^)  Ottobre  6. 

Essendo  comparsi  innanzi  alla  curia  il  Vanni  e  il  Pao- 
luzzo suddetti,  il  vescovo  loro  ingiunse  di  dare   la   corri- 

(i)  Di  Angelo  dei  Tignosi,  romano,  fa  parola  il  Moroni  {D^. 
XCIX,  89)  tra  i  vicarii  generali  del  papa.  Il  Gams  invece  nella  Series 
episcoporum  porta  in  questo  tempo  come  vescovo  di  Viterbo  e  Tosca- 
nella solo  Pandolfo  Capocci,  «scismatico  e  intruso». 


404  G^.  donaci 


sposta  della    bottega  e  della  vigna  suddette    all'abbate  del 
monastero  di  S.  Alessio,  sotto  pena  di  scomunica. 

5°)  Ottobre  io. 

Il  vescovo  stabilisce  il  termine  di  cinque  giorni  a  Pao- 
luzzo  Clere  suddetto,  per  mostrare  il  suo  preteso  dritto 
sulla  vigna  menzionata. 

6°)  Ottobre  22. 

Ristoro  Cenni  suddetto  depone  che  non  tenne  i  beni 
contestati,  ne  ne  raccolse  i  frutti  a  nome  di  Caterina  Cor- 
buli,  ma  li  tenne  e  tiene,  e  ne  raccolse  i  frutti  per  Ricco 
Corbuli  e  i  suoi  eredi.  Interrogato  se  ha  notizia  d'  istru- 
menti  legali  o  se  ha  istrumenti  legali  appartenenti  alla  sud- 
detta paterina  e  riguardanti  i  beni  suddetti,  risponde  di  no. 
«  Stephanus  condam  lannis  de  Viterbio,  auctoritate  alme 
«  Urbis  prefecti  notarius  et  index  ordinarius  et  nunc  no- 
ce tarius  predicti  domini  episcopi  ». 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  43,  col   «  S.   T,  »   a  capo  del  doc. 

xc. 

1334,  ottobre  14-22. 

1°)  Ottobre  14. 

Deposizione  dei  testi  giurati  Cobello  del  fu  Guidone, 
Paoluzzo  Clere,  macellaro,  e  maestro  Giovanni  del  maestro 
Pietro  del  maestro  Angelo  Boccanera  innanzi  alla  curia  di 
Angelo  vescovo  di  Viterbo  e  Toscanella  e  vicario  generale 
del  papa,  sulla  lite  tra  il  monastero  di  S.  Alessio  e  Ristoro 
Cenni,  procuratore,  a  favore  del  monastero. 

2°)  Ottobre  22. 

Il  vescovo  Angelo  decreta  che  le  deposizioni  suddette 
debbano  ritenersi  in  dritto  aperte  e  pubblicate.     «  Stephanus 


Regesto  di  Sant'Alessio  all' Aventino         405 

«  condam  lannis  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis  pre- 
ce fecti  notarius  et  iudex  ordinarius  et  nunc  notarius  pre- 
ce dicti  domini  episcopi  ». 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  44,  col  «  S.  T.  »  a  capo  del  doc.  A  tergo  de!  doc.  leggasi  : 
«  fiat  »  di  mano  contemporanea  al  testo. 

XCI. 

1334,  decembre  8. 

Copia  legale  (1335,  gennaio  19)  d'una  notificazione  di 
Angelo  [«  de  Tineosis  »  ]  vescovo  di  Viterbo  e  Toscanella  e 
vicario  generale  del  papa  in  Roma,  che  ordina  ai  priori, 
arcipreti  e  rettori  delle  chiese  di  Viterbo  di  far  pubblica 
la  sentenza  di  scomunica  contro  Ristorio  Borsciario  viter- 
bese, che  aveva,  in  pubblico,  messe  le  mani  addosso,  prepo- 
tentemente, a  frate  Pietro,  monaco  del  monastero  di  S.  Ajessio 
e  insignito  degli  ordini  sacri.  «  Data  apud  Montem  Pla- 
ce sconem  » .  L'  autenticazione  della  copia  ebbe  luogo  «  Vi- 
ce ter  bii,  ante  ecclesiam  S.  Angeli  ».  ce  Nicola  magistri  Pusci 
ce  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis  prefecti  notarius  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  506-7,  App.  n.  i.xiii,  senza  la  data  della  copia;  Arch.  di 
Stato,  perg.  n.   46,  col  «  S.  T.  »  a  capo  del  doc. 

Collazione:    N  p.  jo6,  r.  4  Thuscancnsis    D    Tuscanensis    N  p,  ;oj,  r.  9  pulzatis 

D  pulfatis  N  p.  )0j,  rr,  IJ-4  et  ab  ilio qui  super    hoc    potestatem    habuerit,    me- 

ruerit  absolutionis  beneficium  obtinere  D  e.  a.  i.  pp*  qui  s.  h.  p.  h.  m.  a.  b,  o.  N  r.  1/ 
mandamus  D  mandavimus 

XCII. 

1334,  (iecembre  14. 

Notificazione  della  pubblicazione  della  scomunica  nella 
chiesa  di  S.  Matteo  in  Sunsa,  di  Viterbo,  fatta  da  ser  Matteo 
del  fu  maestro  Uguiccione,  canonico  e  prete  della  chiesa 
suddetta,  contro  Ristorio  Borsciario  viterbese,  ce  Actum  Vi- 
ce terbii  in  dieta  ecclesia  S.  Mathei.  Nicola  magistri  Pusci 
ce  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis  prefecti  notarius  et 
ce  iudex  ordinarius  » . 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  45,  col  «  S,  T.  »   a  capo  del  doc. 


j[o6  qA.  donaci 


xeni. 

1340,  decembre  17-  1341,  gennaio  6. 

i")  1340,  decembre  17. 

Santa,  figlia  di  Cinzie  «  de  Tubatoris  »  e  moglie  «  Meoli 
«  de  Pennactiis,  Centumcellarum  »,  ora  del  rione  di  Tra- 
stevere, col  consenso  del  padre,  amministratore  dei  suoi 
beni,  cede  l' usufi-utto  d' una  pezza  e  d' una  mezza  pezza  di 
vigna,  fijori  porta  Appia,  nel  luogo  «  Porta  Libera  » ,  a  Biagio 
Rossi  fornaro,  del  rione  di  Ripa,  per  il  prezzo  din  fiorini 
del  Senato. 

2°)   1341,  gennaro  i. 

Le  monache  del  monastero  di  S.  Maria  «  de  Maxima  ))(i) 
acconsentono,  come  proprietarie,  alla  vendita  della  pezza  di 
vigna  suddetta,  ricevendo  per  il  consenso  e  il  commino 
cinque  soldi  di  denari  provisini,  e  pattuendo  il  canone  annuo 
della  quarta  parte  del  mosto  e  dell'acquato  e  d'un  canestro 
d' uva  al  tempo  della  vendemmia. 

3°)  1341,  gennaro  6. 

Frate  Niccolò  da  Poli,  .sindaco  ed  economo  del  mona- 
stero di  S.  Gregorio  (al  clivo  di  Scauro),  consente  alla  ven- 
dita della  metà  della  pezza  di  vigna,  ricevendo  per  il  con- 
senso e  il  commino  tre  soldi  e  sci  denari,  e  pattuendo  il 
canone  della  quarta  parte  del  mosto  mondo  e  dell'acquato. 
«  Petrus  lohannis  Bovacciole,  Dei  gratia,  alme  Urbis  pre- 
«  fecti  authoritate  notarius  et  index  ordinarius  ». 

Reg,  di  S.  Alessio,  to.  2°,  con  trascrizione  completa  del  testo,  ma  mediocre. 

(i)  Ora  S.  Ambrogio  'de  Maxima  (Armellini,  op.  cit.  p.   562). 


Regesto  di  Sant'Alessio  alF Aventino         407 


XCIV. 

1341,  gennaio  1-7. 

Copia  autentica  (1372,  luglio  29)  dei  due  strumenti 
seguenti  : 

i")  gennaio  i. 

Michele  di  Pietro  di  Giovanni  «  Libelli  )>  e  i  suoi  figli  Gio- 
vanni, Pietruccio  e  Bartolomeo,  fratelli,  che  hanno  oltrepas- 
sato il  14**  anno  d'età,  vendono  a  Tuzio  del  fu  maestro 
Angelo  del  fu  maestro  Simeone  mercante  di  Viterbo,  nella 
contrada  di  S.  Stefano,  un  orto  con  torrazzo  e  con  dritto 
d' acqua  per  irrigarlo,  nelle  pertinenze  della  città  di  Viterbo, 
in  contrada  Val  Canale,  per  la  somma  di  750  lire  di  de- 
nari «  papareni  »  sborsata  in  fiorini  d'oro  e  monete  d' ar- 
gento. Pena  il  doppio.  «  Actum  Viterbii  in  claustro  ec- 
ce clesie  S.  Stefani  ». 

2*^)  gennaio  7. 

Il  procuratore  costituito  dai  suddetti  venditori.  Agostino 
Cobelli,  mette  in  possesso  Tuzio  del  maestro  Angelo  del- 
l'orto con  torrazzo  in  Val  Canale.  «  Actum  in  orto  et 
«  turri  seu  torrachio  predictis.  Johannes  condam  magistri 
((  Macthei  Nutii  de  Viterbio  alme  Urbis  prefecti  auctoritate 
«  notarius  et  index  ordinarius  ». 

La  copia  fu  letta  ed  autenticata  nel  palazzo  del  comune 
di  Viterbo  «  presente  et  predicta  fieri  [precipiente]  domino 
«  fratre  Laurentio  condam  Patii  de  Urbevetere,  canonico 
«  et  priore  venerabilis  monasterii  Sanctorum  Bonifitii  et 
((  Alexii  de  Urbe  ».  Seguono  le  sottoscrizioni  dei  testi  e  no- 
tari  Pietro  del  fu  Menico  Massitella,  di  Viterbo,  Leonardo 
del  fu  Vannicelli  Baldi,  di  Viterbo,  Predo  del  fu  Vanni 
Novelli,  di  Viterbo,  e  del  notaro,  che  fece  la  copia  auten- 


4o8  qA.  oMonaci 


tica  del  documento  per  mandato  del  giudice:  «  Quiricus 
«  Petrutii  Thome  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis  pre- 
te fecti  notarius  et  iudex  ordinarius  ». 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  49,  danneggiata;  Reg.  di   S.  Alessio,  to.   2°,  col  testo 

completo.  Altra  copia,  del  secolo  xvni,  se  ne  ha  nel  fascicolo  3",  miscellaneo,  delle  carte 

di  S.  Alessio,  menzionato  nell'introduzione  (p.  359),  e  intitolato  Alti  diversi  &c.  È  in 
24  pp.  cartacee,  ma  manca  del  principio  del  doc. 


xcv. 

1342,  settembre  25. 

Il  monastero  di  S.  Maria  Rotonda,  d'Albano,  permuta 
con  Giovanni  Bartolomei,  speziale  in  Roma  e  vicario  del 
magnifico  Francesco  «  de  Sabello  »,  una  casa  in  Albano  con 
una  vigna  nel  territorio  di  Roma,  nel  luogo  «L'Or  e  taci 
((  iuxta  rem  ecclesie  Sancti  Sebastiani  et  iuxta  viam  pu- 
((  blicam  ».  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Actum  in  dicto  mo- 
te nasterio.  Leonardus  lohannis  Luce  de  Cora  publicus  impe- 
«riali  auctoritate  notarius».  S.  T. 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.   50. 

XCVL     . 

1343,  agosto  6. 

Biancofiore,  vedova  di  Francesco  Robolini,  del  rione  di 
Ripa,  entrando  nel  monastero  di  S.  Maria  Rotonda  d'Al- 
bano, gli  fa  dono  di  tutto  il  suo  avere,  riservandosi  50  lire 
di  provisini.  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Actum  in  domo 
«  ipsius  domine  Blancofloris  »  (nel  rione  di  Ripa).  «  Nico- 
«  laus  domini  Petri  Sancti,  Dei  gratia,  imperiali  auctoritate 
«  notarius  ».  S.  T. 

In  Neriki,  op.  cit.  pp.   507-10,  App.  n.  lmv;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.   51. 

Collazione  :  N  p.  joS,  r.  j  Bobolini  D    Robolini    N  r.  io    Andreucii  de D 

Andreutii  de  Rubeis  N  p,  jo^,  r.  11  irrevocabiliter  D  inrevocabiliter  N  r,  j  dal  fine  et 
prò  multis  gratiis,  servitiis  D  e.  p.  m,  gratis  servitiis 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Apentino         409 


XCVII. 

1345,  giugno  1-3. 

i"^)   1345,  giugno   I. 

Testamento  nuncupativo  di  Giovanni  Bartolomei  spe- 
ziale, del  rione  Campitelli  e  della  contrada  del  Mercato, 
che  conferma  al  monastero  di  S.  Maria  Rotonda  d'Albano 
la  proprietà  delle  terre  da  lui  lavorate  e  avute  dal  detto  mo- 
nastero fuori  porta  Latina  «  ad  Fontem  Marginem  » .  «  Item 
«  habeo  duas  domos  positas  in  regione  Ripe,  in  contrata 
«  Sancte  Marie  de  Fovea.  Actum  Rome  » . 

2*^)  1345,  giugno  3. 

Inventario  delle  masserizie  e  delle  supellettili  del  defunto 
Giovanni.  «Actum  Rome.  S.  T.  Gosmatus  Petri  Merescalci 
«  Dei  gratia  sacrosancte  prefecture  publicus  auctoritate  no- 
ce tarius  »  (sottoscrizione  che  vale  anche  per  il  documento 
che  precede). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  510-12,  App.  n.  lxv  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  52;  Reg,  di 
S.  Alessio,  to.  2°,  col  testo  completo. 

Collazione:  A''  p.  ;ii,  r,  7  e  R  pregnans  D  prengnans  N.  p.  ;ii,  r.  ters^' ultimo 
dispenzandos  D  dispenfandos  N  p.  ;i2,  r.  14  lohanne  Genaczani  D  I.  Genacfani  N p.  jis, 
r.  7  dal  fine  fratribus  et  fìliis  D  fratribus  filiis  N  p.  J12,  al  r,  quart'  ultimo  dopo  vocatis 
et  rogatis  si  ponga  un  etc.  che  indicherà  il  secondo  documento  omesso  dal  Nerini.  N  p.  ji2, 
r.  penultimo,  e  R  scripsi  D  scripssi 

XCVIII. 

1346,  ottobre  7. 

Bolla  di  Clemente  (VI),  che  ingiunge  all'abbate  di 
S.  Prassede  in  Roma  di  far  diligente  ricerca  dei  beni  tolti 
al  monastero  o  illecitamente  alienati  e  di  ricuperarli,  va- 
lendosi, air  uopo,  della  censura  ecclesiastica.  Inc.  «  Ad  an- 
ce dientiam  nostrani  pervenit  ».  «  Datum  Avinione,  pontif. 
«  anno  5°.  Mathias  ». 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  pntria.  Voi.  XXVIU.        27 


410  qA.  ^Monaci 


In  Nerini,  op.  cit.  pp.  268-9;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  53,  originale,  colla  bolla 
pendente;  Reg.  di  S.  Alessio,  t,  2°. 

Collazione:  N  p.  268,  r,  6  Abbas  D .  .  Abbas  N  rr.  i6-j  ad  f..mam  vcl  sub 
censu  annuo  concesserint  D  ad  formam  v.  s.  e.  a,  e,  N  r.  21  quatenus  D  quatinus. 


XCIX. 

1°)    1347,  novembre  8, 

Angelo  di  Tivoli,  giudice  palatino  per  le  investiture, 
commette  a  Pietro  di  Pallone,  mandatario  della  curia,  di 
mettere  in  possesso  il  monastero  di  S.  Maria  Rotonda, 
d'Albano,  d' una  casa  appartenuta  a  donna  Biancofiore. 
(Cf.  il  doc.  xcvi).  «  In  palatio  Capitolii,  tempore  regimi- 
«  nis  . . .  domini  Nicolai  . .  .  tribuni  augusti  ». 

2*')  1347,  novembre  12. 

Pietro  di  Pallone  riferisce  di  aver  proceduto  alla  presa 
di  possesso  commessagli,  il  giorno  io  di  novembre.  «  In 
«  palatio  Capitolii.  lohannes  Oddonis,  notarius  palatinus, 
«  super  investimentis  factis  deputatus  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  512-4,  App.  n.  lxvi;  Arch.  dì  Stato,  perg.  n.  54,  ben  con- 
servata, che  sembra  un  estratto  del  regesto  Capitolino,  copiato  dallo  stesso  notaro  che 
redasse  il  regesto  e  poi  trasmesso  al  monastero  di  S.  Alessio.  Perchè  leggesi  nella  parte 
del  doc.  stampata  dal  Nerini  :  «  Dominus  Angelus  de  Tibure,  iudex  palatinus  ....    com- 

o  misit  et  mandavit    Petro    Pallonis quatenus in    corporalem    te- 

«  nutam  et  possessionem  reducat  et   iramictat de  domo    suprascripta    in    supra- 

«  scripta  offertione  et  oblatione  contenta».  E  nella  parte  indicata  dal  Nerini  con  un  «etc», 
sempre  nel  doc.  1°,  leggesi:  «  Q.ue  quidem  domus  spectat  et  pertinet,  pieno  iure,  ad  dictas 
«  dominas  abbatissam,  moniales  et  conventum  dicti  monasterii,  iure  et  vigore  obligationis 
«  suprascripte  facte  per  dictam  dominam  Blancoflorem,  que  se  et  omnia  bona  sua  et 
«dictam  domum  octulit  et  dedicavit  Deo  et  dicto  monasterio,  abbatisse,  monialibus  et  con- 
«  ventui  monasterii  predicti,  prout  de  predictis  patet  superius  publico  instrumento  scripto 
«manu  Nicolai  domini  Petri  Sancii  notarii».  Vi  si  legge  anche:  «  Dictus  iudex  commisit 
«  dicto  mandatario  et  per  eum  ipsum  Stephanum,  procuratorem  et  scindicum,  nomine  quo 
«  supra  petentem  et  recipientem,  reduci  et  immicti  in  possessionem  domus  predicte,  se- 
«  cundura  ius  et  formam  statutorum  et  tonsuetudinum  Urbis,  et  omni  modo  et  iure  quibus 
«melius  potest  et  debet». 

Collazione  :  A/"  p,  fi},  r.  4  factis  D  fractis  (^er  inavvertenza).  N  r.  ;  3.d  iura  re- 
denJum  D  ad  iura  redenda  (redend.) 


^^ gesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         411 


C. 

1349,  febbraio  24. 

Donna  Giacoma,  vedova  del  magnifico  Buzio  di  Gio- 
vanni «  de  Savello  »,  e  la  nobildonna  Francesca  dei  Pier- 
leoni,  esecutrici  testamentarie  della  nobildonna  Sofia,  vedova 
di  Giovanni  di  Ruggero  dei  Pierleoni  (come  appare  dall' i- 
strumento  rogato  da  Lorenzo  «  Egidii  Leporis  »),  vendono 
al  nobiluomo  Tocio  di  Capodiferro,  del  rione  Arenula, 
procuratore  e  rappresentante  della  nobildonna  Bartolomea, 
vedova  di  Nicola  Callarella  dei  Pierleoni,  la  quarta  parte 
del  casale  Schiaci,  cogli  edifizi  e  tutte  le  altre  sue  ap- 
partenenze, posto  fuori  porta  S.  Paolo,  nella  Marittima, 
per  la  somma  di  340  fiorini  d'oro,  dote  («  dox»)  o  parte 
di  dote  della  detta  Bartolomea.  In  -caso  di  evizione  della 
quarta  parte  del  casale  venduta,  promettono  una  somma 
doppia  «  confitentes  et  asserentes  talem  esse  et  vigere  in 
«  Urbe  consuetudinem,  quod  duplum  evictionis  restituatur 
«  prò  re  evicta  » .  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Johannes  Ani- 
ce balli  imperiali  auctoritate  publicus  notarius  et  index  or- 
<(  dinarius  » .  S.  T. 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  55,  ben  conservata,  di  cm.  59  x  23  ;  bella  scrittura  mi- 
nuscola. 

CI. 

1349,  marzo  28. 

La  nobildonna  Bartolomea,  vedova  del  nobiluomo  Nic- 
colò Callarella  dei  Pierleoni,  vende  ai  monasteri  di  S.  Se- 
bastiano alle  Catacombe  e  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio  la 
quarta  parte,  con  tutte  le  sue  appartenenze,  del  casale  Schiaci 
fuori  porta  S.  Paolo,  nella  Marittima,  riservandosene  l'usu- 
frutto vita  durante,  per  la  somma  di  410  fiorini  d'oro.  Pena 


412  qA.  oJVIonaci 


una  libbra  d'oro.     «  lohannes  Aniballi  imperiali  auctoritate 
«  publicus  notarius  et  iudex  ordinarius  » .  S.  T. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  514-6,  App.  n.  lxvii  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  56,  ben  con- 
servata, di  cm.   53  X  22. 

Collazione  :  N  p.  jif,  rr,  4-)  dal  fine  la  Massima  D  Lamassima  N  r.  penuìtinio  la 
Cicognola   D  Lacicogniola 

CU. 

1349,  giugno  22. 

Pietruzza,  figlia  di  Nicola  Vegie,  d'Albano,  offre  i  suoi 
beni,  tra  i  quali  una  casa  nella  piazza  ed  una  vigna  nel  te- 
nimento  d'Albano,  al  monastero  di  S.  Maria  Rotonda,  del 
quale  Paola  è  badessa,  che  la  riceve  come  monaca  nel  mo- 
nastero. «  Actum  in  reclasto  S.  Marie  Rotunde  de  Albano. 
«  Paxius  Petri  de  Castro  Civite  imperiali  [auctoritate  n]o- 
«  tarius  publicus».  S.  T. 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.   n.   57. 

CHI. 

1356,  marzo  20. 

Lettera  patente,  colla  quale  Bartolomeo,  abbate  del  mo- 
nastero dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  notifica  al  sommo  pon- 
tefice Innocenzo  VI  d'avergli  prestato  giuramento  di  fedeltà 
nella  chiesa  di  S.  Maria  in  Trastevere,  nelle  mani  del  ve- 
scovo Ponzio  [Perotto]  d'Orvieto,  vicario  del  papa  in  Roma, 
nel  giorno  e  nel  luogo  suddetto,  mentre  il  vescovo  cele- 
brava la  messa  pontificale.  Nella  formola  del  'giuramento 
leggesi  :  «  ac  domino  meo,  Innocentio  papa  sexto,  suisque 
«  successoribus  canonice  intrantibus,  non  ero  in  Consilio  aut 
«  consensu  vel  facto,  ut  vitam  perdant  aut  membrum,  vel 
((  capiantur  mala  captione  » .  Data  in  Roma,  nella  chiesa  di 
S.  Maria  in  Trastevere.  Nel  verso  del  doc.  v^è  la  sottoscri- 
zione:  «  Guillelmus  de  Reate  notarius». 

Nell'arch,  Scgr,  Vatic,  Instrumenta  miscellanea;  perg.  originale,  ben  conservata. 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         413 


CIV. 

1356. 

Deposizione  dei  testi  giurati  lozzo,  pizzicagnolo,  Muzio 
di  Giovanni  di  Viterbo  e  Cecco  di  Paltone  di  Viterbo,  pro- 
dotti dal  procuratore  del  monastero  ser  Giovanni  del  mae- 
stro Pietro  Verardi,  notaro  di  Viterbo,  sulla  causa  vertente 
tra  il  monastero  e  Antonio  Smannati  di  Viterbo  per  una 
casa  in  Viterbo,  nella  contrada  di  S.  Stefano,  dell'  eredità 
di  Caterina  moglie  di  Ricco  Corbuli(cf.  i  docc.  Lxxxvii-xc). 
lozzo  e  Cecco  di  Paltone  depongono  che  la  casa  in  que- 
stione appartenne  veramente  alla  suddetta  Caterina.  Muzio 
di  Giovanni  depone  di  non  saper  nulla.  «  Franciscus  lohan- 
«  nis  de  Viterbio,  notarius  »  (che  appose  alla  carta  il  segno 
del  tabellionato),  ricevette  le  deposizioni,  delegato  da  Nicola 
di  Francesco,  di  Prato,  giudice  della  curia  maggiore  per 
le  cause  civili  del  comune  di  Viterbo. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  58,  mutila.  Giunge  fino  alle  interrogazioni  sopra  tutto  il 
3"  articolo  a  Cecco  di  Paltone.  Poi  fu  aggiunto  alla  pergamena,  mediante  cucitura,  un 
frammento  di  quattro  righe  dello  stesso  questionario,  articoli  8°  e  9", 

cv. 

[1356  circa]. 

Interrogatorio  e  deposizione  d'un  teste  in  una  causa  per 
l'eredità  di  Caterina  moglie  di  Ricco  Corbuli  (i). 

(i)  Tre  sono  le  cause,  delle  quali  ci  danno  notizia  le  pergamene 
sulla  eredità  di  Caterina  Corbuli:  una  del  1334,  del  1356  e  1357-9 
le  altre  due.  Nel  doc.  civ  (a.  1356)  lozzo  pizzicagnolo,  teste,  depone 
«  quod  ipse  testis,  iam  sunt  viginti  anni  et  plus,  vidit  dictam  dominam 
«Caterinam  domum  in  ipsis  articulis  contentam  et  confitiatam  tenere 
e  et  possidere  insto  titulo  et  bona  fide  per  se  et  pensionarios  suos».  Ma 
se  nel  1356  si  afierma  che  20  e  più  anni  innanzi  Caterina  era  vivente, 
la  causa  per  l'eredità  sua  (l'anno  1334)  dev'essere  stata  discussa  poco 
dopo  la  sua  morte.  Quindi  leggendosi    nel    nostro    documento,  nella 


4T4  C^-  ^^011  aci 


Arch.  di  Stato,  perg.  n.  86,  mancante  del  principio  e  della  fine.  Vedesi  a  capo  del 
doc.  il  frammento  considerevole  d'un  segno  di  tabellionato  diverso  da  quelli  dei  docc.  civ, 
evi,  cvii  e.cxiv-cxvi,  che  si  riferiscono  alle  due  cause  del  1356-9. 


evi. 

1357,  marzo  28. 

Sentenza,  data  il  23  marzo  1357,  di  Roberto  Angeli  di 
Amelia,  giudice  della  curia  maggiore  per  le  cause  civili  del 
comune  di  Viterbo,  a  favore  di  Giovanni  di  Verarduzzo 
Bonaspene,  barbiere  della  contrada  di  S.  Luca  in  Viterbo, 
e  contro  il  monastero,  circa  una  vigna  nella  contrada  Aman- 
druale,  distretto  di  Viterbo  (ci.  il  doc.  lxxviii).  [S.  T.] 
«  lacobus  condam  magistri  Betti  de  Fighino,  civis  floren- 
«  tinus,  imperiali  auctoritate  index  ordinarius  atque  notarius, 
«nuncque  notarius  et  ofEcialis  domini  potestatis  et  com- 
«  munis  Viterbii  » . 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  59. 


risposta  alla  questione  nona  se  Caterina  era  morta  da  27  anni,  eh'  essa 
era  morta  da  io  anni,  il  documento  si  riferisce  ad  una  delle  due  cause 
del  1356-9.  Anche  Cecco  di  Paltone,  teste,  depone  nel  doc.  civ 
«  quod  publica  vox  et  fama  fuit  et  est  in  civitate  Viterbii  quod  dieta 
«domina  Caterina  et  Riccus  Corbulus,  eius  maritus,  decesserunt  et 
«mortui  sunt  iam  .xvii.  anni  et  plus».  Inoltre  il  nostro  documento 
contenendo  le  questioni  v-xii  ed  essendo  troncato,  perchè  mutilo,  al 
3°  rigo  della  questione  xiii;  mostra  somiglianza  nella  redazione  col 
questionario  del  doc.  civ,  che  fa  menzione  di  11  articoli  del  questio- 
nario e  di  un  ultimo  articolo,  e  differisce  dal  questionario  dei  docu- 
menti Lxxxix  e  xc  (causa  del  1334),  che  non  hanno  affatto  numera- 
zione di  articoli  per  i  vari  quesiti  proposti  al  teste.  Il  soggetto  della 
causa  nel  nostro  documento,  la  possessione  d'  una  casa,  si  ritrova  nel 
doc.  civ  nella  causa  tra  il  monastero  e  Antonio  Smannati,  mentre  nei 
docc.  LXXVIII,  evi,  cxiv,  cxv  e  cxvi,  riferentisi  alla  causa  di  Giovanni 
di  Verarduzzo  Bonaspene,  si  fa  menzione  esplicita  solo  d'  una  vigna. 
Perciò  molto  verosimilmente  trattasi  qui  d' un  documento  appartenente 
alla  causa  tra  il  monastero  e  Antonio  Smannati  di  Viterbo  circa  una 
casa  in  Viterbo,  nella  contrada  di  S.  Stefano  (cf.  il  doc.  precedente). 


Regesto  di  Sant'Alessio  alF Aventino        415 
CVII. 

1357,  giugno  20. 

Copia  autentica  della  sentenza  precedente  di  Roberto 
Angeli  di  Amelia  (cf.  il  doc.  evi).  «  In  claustro  ecclesie 
«  Sancti  Stephani  Viterbiensis.  Bartholomeus  magistri  Patii 
«  condam  magistri  Angeli  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis 
«  prefecti  notarius  et  index  ordinarius  ». 

NcH'Arch.  di  Stato,  perg.  senza  numero  ordinale,  perchè  aggiunta  dipoi  al  fondo. 
Segno  del  tabellionato  a  capo  del  doc. 

CVIII. 

[1358],  febbraio  21  -  marzo  20. 

Inizio  della  causa  in  appello  pel  castello  di  Verposa,  già 
altra  volta  decisa  (come  leggesi  nel  doc.)  a  favore  del  mo- 
nastero. Il  documento,  essendo  mutilo  del  principio,  non 
porta  la  data  dell'anno.  Ma  l'ultimo  atto  contenendo  la  co- 
stituzione d'un  giudice  non  sospetto  alle  parti  nella  persona 
di  D.  Simone  canonico  di  S.  Maria  in  Trastevere,  fatta  dal 
giudice  Bartolomeo  da  Modena,  fa  credere  che  qui  cominci 
la  causa  in  appello.  Quindi  questo  documento  precederebbe 
immediatamente  il  doc.  cxii,  che  contiene  parte  della  di- 
scussione della  causa  già  cominciata.  Anche  nel  Registro  di 
S.  Alessio  questo  documento  è  posto  sotto  Fa.  1358.  Ecco 
il  sunto  degli  atti: 

1°)  Febbraio  21,  giovedì. 

Bucio  di  Lorenzo  Guidoni,  del  rione  di  Ripa,  fli  mal- 
leveria a  favore  del  monastero  che,  se  la  causa  sarà  per- 
duta, saranno  rifatte  le  spese  all'  Orsini  e  all'  Annibaldi. 
«Actum  in  palatio  Capitolii  ». 

2")  Febbraio  21. 

Giacobello  di  Lorenzo  «  Luce  »,  procuratore  di  Giaco- 
bello  Orsini,  muove  sospetto  sul  giudice  deputato  alla  causa. 


^i6  qA.  ^Monaci 


3°)  Marzo  9,  sabbato. 

Lello  Marcuzzi,  mandatario  della  curia,  riferisce  di  aver  il 
giorno  innanzi  citato  il  nobile  Giacobello  Orsini  a  comparire 
avanti  al  giudice  Bartolomeo  da  Modena,  per  riassumere  la 
causa  contro  il  monastero  dei  Ss.  Bonifazio  ed  Alessio. 

4°)  Marzo   18,  lunedì. 

Lello  Marcuzzi  suddetto  riferisce  di  avere  intimato  («  fo- 
ce disse  »)  tre  volte  a  Giacobello  Orsini  «  ad  dandos  suspe- 
«  ctos  »   nella  causa  vertente. 

3°)  Marzo  19,  martedì. 

Lello  Marcuzzi,  mandatario  della  curia,  riferisce  di  aver 
il  giorno  innanzi  citato  Pietro  «  Buccatiole  »,  procuratore 
del  magnifico  Giovanni  Annibaldi,  a  dare  la  lista  delle  per- 
sone sospette  come  giudici:  «  quod  veniat  ad  redducendos 
«  s'i.spectos  assignatos  prò  parte  dicti  lohannis  et  domine 
«  Marsibilie  ad  numerum  quatuor  »,  intendendo  il  giudice 
di  cominciare  la  discussione  della  causa. 

G^)  Marzo  20,  mercoldì, 

Bartolomeo  da  Modena,  dottore  in  legge  e  giudice  pa- 
latino nelle  cause  in  appello,  «  receptis  suspectis  a  dictis 
((  partibus  »,  delega  in  suo  luogo  D.  Simone,  canonico  della 
chiesa  di  S.  Maria  in  Trastevere.  «  Actum  Rome  in  pala- 
te tio  Capitolii.  Paulinus  Bartholomei,  civis  romanus.  Dei 
«  gratia  imperiali  auctoritate  notarius  publicus  et  tunc  (i) 
((  notarius  appellationum  » .  S.  T. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  85,  dimensioni:  mm.  $12  X  158;  Reg.  di  S,  Alessio,  to.  2', 
col  testo  completo. 

(i)  Quest'espressione  fa  credere  che  il  doc.  non  sia  contempo- 
raneo agli  atti  indicati  e  riassunti,  ma  di  poco  posteriore  e  non  ori- 
ginale. Forse  è  una  copia  degli  atti  legali  registrati  dapprima  nei  pro- 
tocolli capitolini  dallo  stesso  notaro,  che  redasse  dipoi  l'estratto  per 
il  monastero  di  S.  Alessio  (cf.  il  doc.  xcix). 


I^egesto  di  Sant'Alessio  all^ Aventino         417 


CIX. 

1358,  febbraio  28, 
essendo  senatore  di  Roma  Giovanni  «domini  Pauli  de  Comite». 

Sentenza  di  Matteo  de  Vaccariis,  giudice  palatino,  che 
dichiara  devoluta  totalmente  al  monastero  la  vigna  nel 
Monte  della  Santa  Pace,  fuori  di  porta  S.  Paolo,  locata  a 
Nello  di  Giovanni  Frederici  detto  Piscello,  ferraro,  del  rione 
della  Pigna,  che  aveva  trascurato  di  lavorarla.  «  Paulinus 
«  Bartolomei  notarius  loco  lohannis  de  Bulgaminis  notarii 
«  appellationum,  de  mandato  domini  Mathei  iudicis  supra- 
«  dicti  )) . 

Nell'Arch.  di  Stato,  P^J'g»  ben  conservata,  senza  numero,  perchè,  credo,  aggiunta  dipoi 
alla  collezione;  Reg,  di  S.  Alessio,  to,  2",  col  testo  completo. 

ex. 

1358,  febbraio  28. 

Sentenza  di  Matteo  de  Baccariis,  giudice  palatino,  a  fa- 
vore del  monastero  contro  molti  «  quartarini  »  delle  vigne 
del  monastero  di  S.  Alessio  (nei  monti  «  Balnearie,  S.  Pa- 
ce cis  et  Pavilgionis  »  fuori  di  porta  S.  Paolo)  per  aver  tra- 
scurato la  lavorazione  della  vigna.  Sono  condannati  ad  una 
indennità,  e  taluni  anche  a  dare  malleveria  o  a  perdere  il 
dritto  di  locazione.  Nomi  degU  affittuarii:  Paolo  Orsini,  ma- 
cellaro, del  rione  Campitelli,  Beneassai,  moglie  di  Cola  di 
Subiaco,  del  rione  di  Ripa,  Teolo  Carletti,  molinaro,  di 
Ripa,  Rita  Tommasi  del  rione  Arenula,  Lello  Rossi,  sarto, 
del  rione  Parione,  Lorenzo  detto  Lo  Nero,  calzolaro,  «  de 
«  regione  Caccabariorum  »,  Pietruzzo  Andrenotte,  detto  an- 
che Lo  Puntato  (altrove,  nella  stessa  pergamena.  Lo  Lifan- 
tato),  «  de  via  Pape  »  nel  rione  di  S.  Eustachio,  Paolo  Muti, 
calzolaro,  del  rione  di  S.  Eustachio,  Biancofiore  vedova  di 
Stefano  Gallati  (altrove:  Guallati),  del  rione  di  S.  Angelo, 


41 8  C^.  zMonaci 


Lello,  calzolaro,  del  rione  di  S.  Angelo,  Cecco  Margarite,  di 
Campo  Carleo,  del  rione  «  Biberatice  » ,  Conte,  taverniere, 
Giorgio  (altrove  Gregorio)  Angeli,  detto  anche  Cunenca, 
del  rione  Arenula,  Cionco  Nurinelli  (altrove  Merinelli), 
calzolaro,  del  rione  Arenula,  Gabriele  («  Grabrielem  »  ),  la- 
vorante, del  rione  di  S.  Eustachio,  e  Cecco  Leno,  mercante, 
del  rione  della  Pigna.  «  Paulinus  Bartolomei  notarius  loco 
«  lohannis  de  Bulgaminis  notarii  appellationum,  de  mandato 
«  domini  Mathei  supradicti  » . 

NelI'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  62;  Reg.  di  S.  Alessio,  to.  2°,  col  testo  complete. 

CXL 

1358,  marzo  9  -  novembre  16,  essendo  senatori  di  Roma  Giovanni 
del  fu  Paolo  de  Comite  e  Raimondo  de  Tholomeis  da  Siena, 
milite. 

Atti  ed  esame  dei  testimoni  nella  causa  per  la  proprietà 
di  Verposa  (cf.  il  doc.  cviii).  Il  questionario  per  le  inter- 
rogazioni dei  testi,  in  cinque  capitoli,  fu  redatto  dai  cano- 
nici di  S.  Alessio,  che  mossero  causa. 

1°)  [1358],  marzo  9,  indiz.  xi. 

Giovanni  de  Comite,  senatore  di  Roma,  avuta  istanza 
dall'abbate  di  S.  Alessio  che  si  facciano  di  pubblica  ragione 
i  dritti  dell'abbazia  su  Verposa,  cita  il  magnifico  Giovanni 
de  Anibaldis  e  MarsibiHa,  madre  di  lui,  vedova  di  Paolo 
de  Anibaldis,  e  gli  altri  aventi  interesse,  a  comparire  in- 
nanzi alla  curia  o  a  mandare  un  legittimo  rappresentante, 
fra  tre  giorni  dopo  ricevuta  la  citazione,  per  assistere  al- 
l'esame dei  testi,  che  dichiareranno  i  dritti  dell'abbazia  su 
Verposa.  «  Hennufrius  loco  Petronis  de  Sabello  scriba  Se- 
«  natus.  Andreas  de  Buccamatiis  notarius  investimentorum 
«  fractorum  (/.  factorum)  et  diete  cause  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  517-21,  App.  n.  i.xvni;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  63;  Reg. 
di  S.  Alessio,  t.   2°. 


Regesto  di  San f Alessio  alF Aventino         419 


2°)  [1358],  marzo  17. 

Il  mandatario  della  curia  «  lubarellus  »  riferisce  al  no- 
taio suddetto  di  aver  portato  il  mandato  di  comparizione, 
ma  che  gli  fu  restituito  dai  destinatari,  che  rifiutarono  di 
riceverlo. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  63. 

3°  [1358],  marzo  20,  indiz.  xi. 

Simeone,  mandatario  della  curia,  riferisce  al  notaio  An- 
drea de  Buccamatiis  di  aver  il  giorno  innanzi  citato  Buo- 
nanno  de  Magistris  di  Luca,  Federico  di  Giacomo  Federici 
e  Giovanni  Bufarli  a  comparire  avanti  al  giudice  Matteo 
de  Baccariis  per  deporre  sulla  causa  per  Verposa. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  63. 

4°)  [1358],  luglio  28,  indiz.  xi. 

I  sette  riformatori  della  repubblica  e  vicari  del  senatore 
di  Roma,  Giovanni  de  Comite,  assente  dalla  città,  ordinano 
a  Cencio  di  Palgicia,  ai  figli  di  Pietro  e  di  Giovanni  Man- 
cini, a  Giacomo  Mancini,  della  città  di  Velletri,  e  a  Giovanni 
Camerini  «  de  Castro  Putealee  »  di  comparire  innanzi  ad  An- 
gelo da  Cantalupo,  giudice  della  curia  della  città  di  Velletri, 
per  dare  testimonianza  sulla  causa  per  Verposa.  «  Datum  in 
«  Capitolio.  Andreas  de  Buccamatiis  notarius  appellationum 
«  et  diete  cause  ». 

In  Nerini,  op,  cit,  pp.  521-2,  App.  n.  lxviii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  63. 

5°)  Agosto  3,  indiz.  xi. 

Furono  citati  i  testi  suddetti  (cf.  doc.  n.  4)  da  Ber- 
nardo Cere,  nunzio  di  Nicolò  Titi  di  Velletri,  vicario  della 
città  di  Lavinia,  a  richiesta  del  suddetto  Angelo  giudice. 
Il  giorno  seguente  n'ebbe  notizia  il  notaio  Lorenzo  de  Cic- 
carellis. 

Arch.  di  Stato,   perg,   n.   63. 


420  qA.  donaci 


6°)  [1358],  luglio  28,  indiz.  XI. 

I  sette  riformatori  della  repubblica  e  vicari  del  magnifico 
Giovanni  de  Comite,  senatore  di  Roma,  citano  gli  aventi 
interesse  e  specialmente  Giovanni  de  Anibaldis  e  donna  Mar- 
sibilia,  a  comparire,  fra  tre  giorni  dalla  consegna  della  pre- 
sente, in  Velletri  innanzi  ad  Angelo  da  Cantalupo,  giudice 
della  curia  di  Velletri,  o  a  mandare  un  loro  rappresentante 
legittimo,  per  essere  presenti  alla  produzione  dei  capitoli  e 
dei  testimoni  sulla  causa  per  Verposa,  e  per  fare  loro  in- 
terrogazioni, se  credono.  «  Datum  in  Capitolio.  Hennufrius 
«  loco  Petroni  de  Sabello  scribe  Senatus.  Andreas  de  Buc- 
«  camatiis  notarius  appellationum  et  diete  cause.  Assignate 
«  die  mercurii,  primo  mensis  augusti,  per  Carrafellam  man- 
ce datarium  curie  mihi  infrascripto  notarlo  referenti  die  se- 
«  cundo  dicti  mensis  » . 

In    Nerini,  op.  cit.   pp.   522-3,   App.  n.   lxviii  j  Arch.  di  Stato,  perg.  n.   63. 

7°)  [n58]5  aprile  24,  indiz.  xi. 

I  testi  Federico  «  domini  lacobi  Frederici  »  (i),  del  rione 
dei  Monti,  Giovanni  Bufarli,  del  rione  dei  Monti,  e  Buo- 
nanno  de  Magistris  di  Luca,  del  rione  di  S.  Angelo,  pro- 
dotti, accettati,  giurati  ed  esaminati  sopra  i  capitoli  asse- 
gnati, innanzi  al  giudice  Angelo  da  Cantalupo  (delegato 
dal  giudice  Matteo  de  Baccariis),  depongono  a  favore  del 
monastero.  «  Laurentius  de  Ciccarellis  de  Urbe  notarius  et 
«  nunc  notarius  ciusdem  domini  Angeli  (da  Cantalupo)  ». 
S.T. 

In  Nerini,  op.  cit,  pp.  523-6,  App.  n.  lxviii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  63. 

8°)  [1358],  agosto  4,  indiz.  xi. 

I  testi  Cencio  di  Palgicia  e  Cola  figlio  di  Pietro  Man- 
cini, ambedue   della   città  di  Lavinia,  depongono  a  favore 

(i)  «  senis  et  antiquus  homo»  è  chiamato  dal  teste  Bufoni. 


Regesto  di  Sant'Alessio  alF Aventino         421 

del  monastero.  Alla  fine  del  doc.  leggesi  :  «  domine  Macthee, 
«  prout  vobis  placuit  mihi  scribere  et  commictere,  exam- 
«  minavi  istos  testes,  quos  vobis  inclusos  destino  per  pre- 
«  sentes  meoque  sigillo  sigillatas.  Angelus  de  Cantalupo 
((  index  communis  civitatis  Velletri  salutem  sapienti  et  di- 
ce screto  viro  domino  Matheo  de  Baccariis  indici  appella- 
«tionum  de  Urbe,  fratri  karissimo.  Assignate  («Assj  ») 
«  die  .VI.  mensis  augusti,  .xi.  indictionis,  mihi  Andree  de 
«  Buccamatiis  notario  diete  cause  » . 

In  Nerim,  op.  cit.  p.  526,  App.  n,  lxviii,  col  testo  abbreviato;  Arch.  di  Stato, 
perg.  n.  63. 

9°)  [1358],  novembre  5. 

Raimondo  de  Tholomeis,  da  Siena,  senatore  di  Roma, 
cita  Giovanni  Anibaldi  e  donna  Marsibilia  a  comparire,  fi-a 
tre  giorni  dalla  consegna  della  presente,  innanzi  al  diggià 
giudice  palatino  Matteo  de  Baccariis  e  ad  Agostino  da  Siena, 
giudice  palatino  e  successore  di  Matteo,  o  a  mandare  un 
loro  legittimo  rappresentante,  per  essere  presenti  alla  pro- 
duzione dei  testi  sulla  causa  per  Verposa,  dando  loro  il 
termine  di  sei  giorni  per  opporre  contro  le  persone  e  i 
detti  dei  testimoni.  «  Datum  in  Capitolio.  Laurentius  scriba 
((  Senatus.  Andreas  de  Buccamatiis  notarius  appellationum 
«  et  diete  cause.  Assignatae  die  iovis,  octavo  mensis  no- 
ce vembris,  per  Smerolum  mandatarium  curie  mihi  infira- 
«  scripto  notario  referenti  die  lune  .xii.  dicti  mensis  ». 

Nerini,  op.  cit.  pp.   526-7,  App.  n,  lxviii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  63. 

10°)  [1358],  novembre  14,  mercoldi. 

I  giudici  Matteo  de  Baccariis  e  Agostino  da  Siena,  dot- 
tore in  legge,  dichiarano  aperte  e  pubblicate  le  testimonianze 
prodotte  e  prefiggono  il  termine  di  sei  giorni  agli  Anni- 
baldi,  assenti,  per  opporre  e  contraddire  alle  persone  e  ai 
detti  dei  testimoni  presentati  dal  monastero. 


422  QA,  oMonaci 


11°)  [1358],  novembre   16. 

Lello  Marcucci,  mandatario  della  curia,  riferi  di  aver 
il  giorno  innanzi  notificato  a  Pietro  Boccaziole,  procuratore 
degli  Annibaldi,  il  suddetto  termine  dei  sei  giorni. 

Sottoscrizione  della  perg.  :  «  Andreas  Riccardi  de  Buc- 
ce camatiis  imperiali  auctoritate  notarius  ».  S.T. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  63,  Dimensioni  mm.  830  x  288.  Il  Nerini  (contro  il  suo 
solito)  ha  dato  un  testo  non  solo  abbreviato,  ma  mutilato,  mancandovi  anche  parecchie 
date  e  sottoscrizioni.  Tuttavia  è  utile  la  collazione  delle  pagine  trascritte  dalla  pergamena: 

N p.  ;i8,  r,  IO  Antonii  Stephani  Angeli notarli  D  A.  S.  A.  senensis  n.  N p.  /19, 

r.  5  copia  D  copiam  (per  inavverlen:(a)  N  r.  8  In  primis  quod  D  Imprimis  quoniam  N 
r.   12  Annibaldis    D  Anibaldis    N  r.  ij  quod    D  quo  ("quoniam^    N   r.    ieri'  ultimo    quod 

D  quo  N  p.  ;20,  r,  2  terre  symentaricie  D  t.  sylvaricie  N  r.  i; D  orto  N  r.  1^ 

quod  D  quo  N  p.  $21,  r.  2  quod  D  quo  N  r.  S  heredi  D  hereddi  N  p,  S22,  r.  2  filiis 
lohannis  Mancini  D  . .  f.  I.  M.  N  r,  i^  heredem  D  hereddem  N  p.  ;2j,  r.  J  heredi 
D  hereddi  N  r.  14  .xxviii.  D  die  .xxviii.  N  r.  S  dal  fine  aprilis  die  .xxiii.  D  a.  d.  .xxiiii, 
§  (seano  del  paragrafo)  N  p.  J24,  r.  penultimo  Fratres  Canonicos  D  fratres  et  canonicos 
N  r.  penultimo  e  ultimo  tenere,  possidere  D  tenere  et  possidere  N  p.  /2/,  rr.  4-f  Leonis 
Domini  Petri  de  Anibaldis  D  Leonis  et  Domini  P.  de  Anib.  N  r.  18  dictis  capitulis  D 
l'omette  N  r.  26  locum  (bene)  D  locus  (per  inavveriens^a)  N  p.  ;26,  r.  11  extitit  D  existit 
N  r.  ij  dopo  ultra  si  ponga  nel  testo  un  etc.    N  r.  20  heredi    D  hereddi    N  p.  )2-j,  r.  ij 

et dicto  processu  D  et  ut  d.  p.  Neil' ultima  sottoscri:(ione  del  notaio  il  Nerini  omette 

di  notare  il  S.T. 


CXII. 

1358,  marzo  23  -  aprile  2, 
senatore  di  Roma   Raimondo  de  Tholomeis,  da  Siena,    milite. 

Procedimento  (a  processus  »)  della  causa  in  .  appello 
sulla  proprietà  della  chiesa  di  S.  Maria  di  Verposa  e  delle 
case  e  dei  beni  ad  essa  spettanti  in  Verposa  e  sul  castello 
di  Verposa,  tra  i  canonici  di  S.  Alessio,  e  Giacobello  Orsini 
con  Giovanni  di  Paolo  di  Nicola  de  Annibaldis  e  la  madre 
sua  Marsibilia.  Il  doc.  è  mutilo  alla  fine.  La  parte  rimasta 
contiene  parte  della  discussione  della  causa  in  appello  (es- 
sendo già  stati  condannati  in  una  prima  sentenza  l'Orsini 
e  gli  Annibaldi)  e  la  costituzione  d'un  giudice  non  sospetto 


Regesto  di  Sant'Alessio  al l^ Aventino         423 

alle   parti   nella    persona  di  Gregorio  de  Marganis.    Sunto 
degli  atti: 

1°)  1358,  marzo  23. 

Pietro  di  Boccaziola,  notaro,  e  procuratore  di  Giovanni 
de  Anibaldis,  protesta  innanzi  alla  curia,  che  gli  è  sospetto 
il  giudice  delegato  da  Bartolomeo  di  Giuliano,  da  Modena, 
D.  Simeone  (o  Simone)  di  Città  di  Castello,  perchè:  a)  è 
forestiere  («  forensis  »)  e  oriundo  di  Città  di  Castello  ; 
b)  non  è  solito  venire  alla  curia  del  CampidogHo  ad  eser- 
citare l'ufficio  d'avvocato  ;  e)  non  gli  furono  mai  commesse 
questioni  del  palazzo  del  Campidoglio;  d)  non  appartiene 
al  collegio  dei  giudici  e  avvocati  della  città;  e)  non  ha 
beni  in  Roma,  né  offici,  né  gravami  di  legge;  f)  l'abbate 
Bartolomeo  del  monastero  di  S.  Alessio  é  molto  intimo 
e  congiunto  col  vicario  del  papa,  che  lo  protegge  in  tutte 
le  cause  dell'  abbazia  di  S.  Alessio,  e  spesso  il  detto  abbate 
fa  regali  al  vicario  e  va  a  mangiare  da  lui. 

2°)  [1358],  marzo  27,  mercoldi. 

Agostino  da  Siena,  dottore  in  legge  e  giudice  delle  cause 
in  appello,  intima  di  nuovo  ai  procuratori  delle  due  parti  di 
dare,  la  mattina  stessa  del  27,  la  lista  dei  [giudici]  sospetti, 
tre  per  ciascuna  parte;  altrimenti  si  darà  corso  al  procedi- 
mento. 

3°)  [1358],  marzo  27. 

Bartolomeo  di  Giuliano,  giudice  in  appello,  annulla  e 
cassa  la  delegazione  per  giudicare  data  a  D.  Simone  di  Ci- 
vita, perché,  in  quanto  era  «  forensis»,  era  giustamente  so-, 
spetto  agli  Annibaldi. 

4°)  [135^]'  ""'arzo  27. 

Il  giudice  Bartolomeo  suddetto,  ricevuta  la  lista  dei  so- 
spetti dalle  parti,  delega  per  giudice  D.  Gregorio  de  Mar- 
ganis, accettato  da  ambe  le  parti. 


424  (3^.  oMonaci 


5'')  [1358],  marzo  29,  venerdì. 

Nicolò,  mandatario  della  curia,  riferisce  al  notaio  della 
causa  di  aver  il  giorno  innanzi  citato  Pietro  Boccaziola, 
procuratore  di  Giov.  Annibaldi,  a  venire  a  pagar  l'onorario 
a  D.  Gregorio  de  Marganis  giudice  delegato,  e  a  proseguire 
la  causa. 

6°)  [1358],  aprile  2. 

Il  mandatario  della  curia  suddetto  riferisce  al  notaio  di 
avere,  dopo  la  citazione  suddetta,  tre  volte,  in  giorni  di- 
versi, fatta  intimazione  («  fodisse  »)  a  Pietro  Boccaziola 
procuratore  suddetto. 

7°)  [1358],  aprile  2. 

Simeone,  mandatario  della  curia,  riferisce  al  notaio  di 
aver  ieri  citato  il  procuratore,  e  V  abbate  e  i  canonici  di 
S.  Alessio  a  .comparire  innanzi  a  Gregorio  de  Marganis, 
giudice  della  causa,  per  udire  la  protesta  degli  Annibaldi  e 
dell'  Orsini,  e  per  dare  malleveria  di  rimborsare  le  spese, 
in  caso  di  condanna,  agli  Annibaldi  e  all'Orsini. 

8°)  [1358],  aprile  2. 

Pietro  Boccaziola,  procuratore  dell' Annibaldi,  a  nome  di 
lui  e  dell'Orsini  «  qui  habet  causam  a  dicto  lohanne  [Anni- 
«  baldi]  )) ,  protesta  che  si  deve  procedere  per  la  via  ordi- 
naria e  libellatica,  e  che  si  deve  presentare  un  libello  dal- 
l' abbate,  sul  quale  facciasi  la  coutestazione  della  lite  e 
che  . . .  (Qui  finisce  la  parte  rimasta  della  pergamena  ;  e 
finisce  ancora  il  Reg.  di  S.  Alessio). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  516-7,  App.  n.  lxviii,  al  principio,  ma  vi  sono  solo  le  prime 
righe  del  doc.  ;  Arch  di  Stato,  perg.  n.  6i,  di  mm.  663  x  273;  Reg.  di  S,  Alessio,  t.  2°, 
col  testo  di  tutti  gli  atti. 


^I(e gesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         423 

CXIII. 

1358,     18-24    aprile. 

1°)  1358,  aprile  18. 

Giovanni  Nicola  di  Nicola  degli  Annibaldi  vende  a  Leno 
Giaquintelli,  speziale  nel  rione  di  Biberatica,  e  a  Teulo  di 
Pietro  di  Vetralla,  del  rione  di  S.  Marco,  il  casale  «  lo 
«  Quatraro  »  fuori  porta  S.  Giovanni  nel  luogo  Favarolo 
(di  proprietà  del  monastero),  per  la  somma  di  3,700  fio- 
rini d'oro. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  527-31,  App.  n.  lxix  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  60;  Reg.  di 
S.  Alessio,  to.  2",  col  testo  completo. 

Collazione  :  N  p.  ^27,  r.  i  In  nomine  Domini D  I.  n.  D.  a[men]  N p.  )2S, 

r.  penultimo  e  ultimo  casale lohannis balli  D  e.  denominatum  I.  Ani- 
balli  iV  p.  )2<),  r,  ij  de  Torri  D  dei  Torri  N  r.  8  dal  fitte  a  dicto  D  silicet  a  dicto  -V 
p.  /50,  rr,  16-J  Laurentio  Barzellone  D  L.  Bari;ellon[e]  A'^  r.  ij  Famante  D  Faniante  N 
et  D  ac  A^  r.  2;  Vetrall  . .  D  Vetralle  N  r.  2y  Franconis  D  Francotii 

2°)   1358,  aprile  23. 

I  nobili  Pietro  del  fu  Nicola  Amatore,  del  rione  di  Ripa, 
Paolo  de  Tartaris,  del  rione  Parione,  Domenico  di  Pietro 
Leoni,  del  rione  di  Ripa,  ora  abitante  nel  rione  di  Parione, 
Francesco  di  Paolo  de  Fuscis  de  Berta,  Cecco  di  Fulco, 
del  rione  dei  Monti,  Pietro,  detto  Suzio,  di  Giovanni  Mattei, 
del  rione  Trastevere  e  Palocco  di  Nicola  «  Pappacurri  »,  del 
rione  della  Pigna,  si  fanno  mallevadori  per  Giovanni  degli 
Annibaldi,  obbligando  tutt'  i  loro  beni.  Pena  il  doppio  del 
prezzo. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.-  6o  ;  Re^.  di  S.  Alessio,  to.  2",  col  testo  completo. 

3°)  1358,  aprile  24.      . 

Antonio  del  fu  Paolo  Poli,  minorenne,  del  rione  di 
S.  Angelo,  Accursino  del  fu  maestro  Tancredi  e  Giovanni 
Palozzi  di  Stefano  di  Paolino,  del  rione  dei  Monti,  consen- 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVlll.        28 


42^  qA.  oMonaci 


tono  alla  vendita  del  casale  «  lo  Quatraro  ».  Pena  il  doppio 
del  prezzo. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  éo  ;  Reg.  di  S.  Alessio,  t.  2",  col  testo  completo.  Sotto- 
scrizione dei  due  notari  al  fine  della  pergamena:  «Nicolaus  Philippi  Francotii  Dei  gratia 
«alme  Urbis  prefecti  auctoritate  notarius  publicus».  S.T.  «  Franciscus  Symeonis  Petri 
«Mathei  dicti  Vecchi  Dei  gratia  alme  Urbis  prefecti  auctoritate  notarius».  S.T.  11  primo 
redasse  la  pergamena;  il  secondo  la  sottoscrisse.  Il  secondo  e  il  terzo  doc.  non  essendo 
neppure  accennati  dal  Nerini,  si  metta  un  &c.  alla  fine  del  r.  26,  a  p.  530.  Manca  ancora 
nel  testo  del  Nerini  la  notazione  del  S.T.,  che  accompagna  le  sottoscrizioni  dei  due  notari, 

CXIV. 

1359,  marzo  25. 

Atti  per  r  istruzione  della  causa  in  appello  tra  il  mona- 
stero e  Giovanni  di  Verarduzzo  Bonaspene  (cf.  il  doc.  evi). 
Si  produce  anche  un  rescritto  di  Egidio  [Carillo  de  Albor- 
noz]  card,  legato  e  vescovo  di  Sabina,  che  delega  il  vescovo 
di  Nepi,  Bonifazio  [de  Getto]  dei  FF.  Minori,  ad  esaminare 
la  suddetta  causa  per  il  possesso  d'una  vigna  e  d'altri  beni, 
confermando  o  annullando  la  prima  sentenza,  contro  il  mo- 
nastero, di  Roberto  Angeli  d'Amelia.  Data  del  rescritto: 
Firenze,  15  settembre  1357,  a.  5°  del  pontificato  d'Inno- 
cenzo VI.  «  In  palatio  episcopatus  Nepesini,  in  sala  ipsius. 
«  Franciscus  Teoli  Petri  Thonni  de  civitate  Nepesina,  Dei 
«  gratia,  auctoritate  alme  Urbis  [prefecti]  notarius  et  index 
«  ordinarius  ».  S.T. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  531-2,  App.  n.  lxx,  dove  però  non  si  legge  che  il  rescritto 
dell'Albornoz.  È  completo  il  testo  del  Reg.  di  S,  Alessio;   Arch.  di  Stato,  perg.   n.   64. 
Collazione  :  N  p.  ;p,  r,  / D  questio  verterttur 

GXV. 

1359,  marzo  26  -  aprile  i. 

Gopia  (in  scrittura  della  seconda  metà  del  sec.  xiv)  di 
due  atti  della  causa  in  appello  tra  il  monastero  e  Giovanni 
di  Verarduzzo  Bonaspene  (cf.  i  docc.  evi  e  cxiv)  tratta  dal 
registro  autentico  degli  atti  della  curia  vescovile  di  Nepi, 
redatto  al  tempo  del  vescovo   Bonifazio,  giudice   delegato. 


Regesto  dì  Sant'Alessio  all'Aventino         427 

S' inizia  la  discussione  della  causa,  dichiarando  il  vescovo 
di  Nepi,  frate  B.  giudice  delegato,  che  si  può  procedere 
sicuramente,  e  che  il  monastero  e  il  suo  procuratore  non 
debbono  avere  alcun  pregiudizio  dal  tempo  legale  già  tra- 
scorso per  essi  inutilmente,  per  la  malattia  e  la  morte  del 
vescovo  predecessore  Giacomo  [Cancellieri]  e  per  la  va- 
canza seguita  della  sede  episcopale  Nepesina.  «  In  palatio 
«  episcopatus  Nepesini,  in  sala  ipsius.  Luca  Francisci  de 
«  civitate  Nepesina  notarius,  et  nunc  notarius  dicti  domini 
«  episcopi  [Bonifacii  de  Getto]  et  sue  curie  »  redasse  il  re- 
gistro autentico  e  la  copia.  S.T. 

Nell'Arch.  di  Stato,  pcrg.  n.  65. 

GXVI. 

13^9,  ottobre  20. 

Il  vescovo  di  Nepi,  frate  B.  giudice  delegato  nella  causa 
d'appello  tra  il  monastero  e  Giovanni  di  Verarduzzo  Bona- 
spene  (cf.  i  sommari  evi,  cxiv  e  cxv),  costituisce  suo  notaio 
ed  officiale  ser  Francesco  luzzi,  notaro  di  Bagnorea.  «  Fran- 
«  ciscus  Teoli  Petri  Tonni,  de  civitate  Nepesina,  Dei  gratia, 
«  auctoritate  alme  Urbis  prefecti  notarius  et  iudex  ordi- 
«narius  ». 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  (>6. 

GXVII. 

1360,  maggio  26. 

Il  monastero  loca  in  perpetuo  (con  rinnovazione  del  con- 
tratto ogni  nove  anni)  a  Giovanni  di  Lello  Lupi,  e  ai  suoi 
eredi  e  successori,  la  metà  dei  beni  nel  luogo  «  Merulano  », 
territorio  di  Nepi,  per  l' annua  corrisposta  di  tre  libbre  di 
cera  nella  festa  di  S.  Alessio.  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Actum 
«  in  dicto  monasterio  et  capitulo  ipsius  monasterii.  lohannes 


428  qA.  oMonaci 


«  lacobi  lordani  de  Bulgamminis,  Dei  gratia,  imperiali  aucto- 
«  ritate  notarius  ».  S.  T. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.   $32-4,  App.  n.  lxxi  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  67. 

Collazione  :  N  p.  S33,  »*.  13  Panzoneschis  D  pan? oneschis  N  r.  24  tradcre  D  trad- 
dere  N  p.  S34,  rr.  3-4  familiare  supradicti  domini  Abbatis  D  fnmiliaribus  s.  d.  A.  N.  r.  / 
Bulgaminis  D  Bulgamminis. 


CXVIII. 

1360,  giugno   13. 

Francesco  da  Bologna,  giudice  palatino,  preso  consiglio 
dal  giureconsulto  Paparone  (il  cui  consulto  è  alla  lettera 
riferito)  sulla  questione  se,  nella  causa  per  Verposa,  Giaco- 
bello  Orsini  e  Giovanni  degli  Annibaldi  possano  essere  am- 
messi air  udienza  del  tribunale  d' appello  senza  dare  pegni 
corrispondenti  al  valore  dei  beni  disputati,  e  considerato  di- 
ligentemente ogni  lato  della  questione,  sentenzia  ch'é  neces- 
sario dare  i  pegni  per  la  prosecuzione  della  causa.  I  pegni 
devono  ammontare  al  valore  del  castello  e  dei  frutti  da  esso 
percepiti  negli  ultimi  nove  anni,  in  ragione  di  50  fiorini  al- 
l' anno.  «  Vel  dicti  lacobellus  et  Johannes  vel  alter  eorum 
«  ponant  se  intus  secundum  formam  statutorum  Urbis;  ac 
«  etiam  interloquendo  pronunptiamus  in  casu  ubi  pignora 
«  non  deponerent,  vel  ipsi  vel  alter  eorum  ponerent  se  intus, 
«  sententiam  latam  in  causa  principali  fore  et  esse  executioni 
«^mandandam.  Quam  sententiam  cum  omnibus  suis  teno- 
«  ribus  et  articulis  confirmamus  et  corroboramus  » .  «  In  pa- 
«  latio  Capitolii.  Scripta  per  Paolum  Smantam  (che  scrisse 
<x  anche  la  sentenza  principale)  notarium  palatinum  super 
«  appellationibus  et  aliis  extraordinariis  causis  deputatum  et 
«  diete  cause.  Subscripta  per  lohannem  domini  lacobi  nota- 
«  rium  palatinum,  super  appellationibus  et  aliis  extraordina- 
«  riis  causis  deputatum  et  diete  cause  » . 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  68,  di  cm.  45  x  28,  mutila  nel  margine  destro. 


T{egesto  di  Sanf Alessio  alFAventino         429 


CXIX. 

1360,  giugno  20. 

Francesco  da  Bologna,  giudice  palatino  per  le  cause  in 
appello  e  fuori  d'ordine,  conferma,  a  favore  del  monastero 
di  S.  Alessio,  le  due  sentenze  già  emanate  da  Francesco 
de  Fabris  e  da  lui  stesso  contro  Giacobello  Orsini  e  Gio- 
vanni de  Anibaldis  nella  lite  per  Verposa.  «  In  palatio  Ca- 
«  pitolii.  Scripta  per  Paulum  Smantam  notarium  palatinum 
((  super  appellationibus  et  aliis  extraordinariis  causis  depu- 
a  tatum  et  diete  cause.  Subscripta  per  lohannem  domini 
«  lacobi  notarium  palatinum,  super  appellationibus  et  aliis 
«extraordinariis  causis  deputatum  et  dicte.cause».  (Questa 
seconda  sottoscrizione  manca  al  testo  del  Nerini). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  $34-5,  App.  n.  lxxii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  69,  di 
mm.   222  X  287. 

Collazione  :  N  p.  ^^4,  r.  5  cognoscentes  D  congnoscicntes  N  r.  J]  reos  convcntos 
D  reos  A^  p.  ;];,  r.  j  sine  pignoris  datione  vel  totius  castri  D  s.  p.  d.  valoris  totius  e. 

N  r.  6  notarii    D    notariorum  AT  r.  9  ad    deponendum    dieta Da.  d.  d.  pignora 

iV  r.  I]  Abbatis  D  domini  abbatis  N  r.  21  Ciccharelli  D  Laurentio  Ciccharelli  X  r.  2; 
de  man Bononia  Z)  de  mandato  domini  Francisci  de  Bononia. 

cxx. 

1°)   1360,  giugno  27. 

Francesco  da  Bologna,  giudice  palatino  nelle  cause  in 
appello  e  fuori  d'ordine,  commette  a  Paolo  Smanta,  no- 
taro,  e  a  Pietro  Palloni,  mandatario  della  curia,  di  accedere 
al  castello  di  Verposa,  di  proprietà  del  monastero  dei 
Ss.  Bonifazio  ed  Alessio,  e  di  metterne  in  possesso  i  ca- 
nonici del  monastero  suddetto  o  il  loro  procuratore  Gio- 
vanni de  Bulgaminis.  «  Paulus  Smanta  notarius  appella- 
((  tionum  et  diete  cause  » . 

2")  1360,  giugno  28. 

Giovanni  de  Bulgaminis,  notaro  e  procuratore  del  mo- 
nastero, è  messo  dalla   curia    in   possesso   del    castello    di 


430  O^.  oMonaci 


Verposa  e  delle  sue  pertinenze.  «  Paulus  Leonardi  Smante, 
«  Dei  gratia,  imperiali  auctoritate  publicus  notarius  ».  S.  T. 

In  Nerini  (op.  cit.  pp.  53S-7>  App.  n.  i.xxiii)  che  omette,  alla  fine,  il  segno  del 
tabcllionato.  Trascrizione  esatta.  Arch.  di  Stato,  perg.  senza  numero,  di  mm.  517  X  127; 
Reg,  di  S.  Alessio,  te.  2",  col  testo  completo. 


CXXI. 

1361,  maggio  25. 

Panessa,  figlia  del  fu  «  Donisius  »  e  vedova  di  Rainaldo 
Simoni,  una  volta  del  castello  di  Astura  ed  ora  del  rione 
di  Ripa,  dona  «  inter  vivos  »  al  monastero  dei  Ss.  Boni- 
fazio ed  Alessio  un  casale  ed  una  vigna  nel  castello  di 
Astura  e  nella  tenuta  del  castello,  per  riverenza  e  devozione 
verso  l'immagine  della  Vergine  nella  chiesa  di  S.  Maria 
in  Astura,  soggetta  al  monastero  di  S.  Alessio.  Pena  una 
libbra  d'oro.  «  Actum  in  dicto  monasterio.  Johannes  lacobi 
«  lordani  de  Bulgaminis,  Dei  gratia,  imperiali  auctoritate  no- 
ce tarius  ».  S.  T. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  537-9,  App.  n.  lxxiv  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  70,  molto 
danneggiata.  I  righi  5-7  avevano  un  foro  considerevole  nel  centro  al  tempo  del  Nerini, 
come  scorgesi  dai  puntini  della  sua  trascrizione.  Ora  sono  suppliti  con  pergamena  recente, 
scritta  con  carattere  che  affetta  malamente  la  forma  trecentista. 

Collazione  :    N  p.    ;j8,    r.    /    recipienti    vice  et D   r.  v.  e.  nomine   diete 

N  r.  J  immediate  D  in  mediate  N  r.  10  Astrucii  D  Asturii  A''  r.   11  lacobus 

via  mediante  D  I.  Garnerus  de  Astrucìo  via   mediante  N  r.   12 eam  D  unam  vi- 

neam  N  r.  ij  capo  delle De.  d.  vig[n]ie  N  r.   14  iur inter  hos  fines 

D  iur de  .  .  inter  hos  fines  N  p.  ;jc/,  r.  ;  Familiari  D  Familiaribus. 

CXXII. 

1361,  agosto  31. 

Testamento  nuncupativo  di  Teolo  di  Pietro  di  Vetralla, 
«  de  Asscesa  Proti  »,  che  lascia  50  lire  di  provisini  alla 
figlia  Angelozza,  natagli  dal  primo  matrimonio,  ed  eredi 
universali  i  due  figli  Pietruzzo  e  Giacobello,  pupilli,  del 
secondo  matrimonio.  «  Item  facio  testamentum  dictis  filiis 
«  meis,  quod  nullo  tempore  liceat  eis  vendere   casale    seu 


Regesto  di  Sant'Alessio  alV Aventino         431 

«  portionem  meam  casalis,  quod  dicitur  Quatrarium  (di 
«  proprietà  del  monastero),  iunctam  prò  indiviso  cum  Mag- 
«  daleno  laquintelli  spetiario  »  (cf.  il  doc.  cxxiv).  «  Nico- 
«  laus  Plìilippi  Francotii,  Dei  gratia,  alme  Urbis  prefecti 
«  auctoritate  notarius  publicus».  S.  T. 

Nell'Arch.   di  Stato,  perg.  n.  71. 

CXXIII. 

1362,  maggio  2  . .   -   novembre  2. 

Copia  autentica  (1444,  3  aprile)  di  tre  istrumenti  di 
vendita,  dal  registro  notarile  di  Giovanni  di  Giacomo  Gior- 
dani de  Bulgaminis,  defunto,  fatta  da  Giannantonio  di  Pie- 
truccio  Miccinelli  ad  istanza  dei  canonici  di  S.  Alessio. 
Precede  una  breve  descrizione  dei  quaderni  del  registro 
notarile  suddetto,  dove  si  fa  cenno  di  alcuni  documenti 
degli  anni  1362  e  1365.  Quindi  segue  il  tenore  abbreviato 
dei  documenti  seguenti  : 

i*^)   1362,  maggio  2..  (i). 

Il  monastero  concede  al  nobiluomo  Folchetto  «  Petri  » 
di  Folco,  del  rione  dei  Monti,  il  dritto  di  pascolo  nella  tenuta 
di  Verposa,  per  alcuni  mesi,  per  la  somma  di  65  fiorini 
d'oro,  [un  certo  numero  di]  provature  grosse  di  bufala,  del 
formaggio,  e  alcuni  castrati,  agnelli  e  capretti.  «  Actum  in 
((  dicto  monasterio  » . 

2°)  1362,  maggio  2..  (i). 

Il  monastero  concede  [per  alcuni  mesi]  al  suddetto 
Folchetto  r  erbe  della  tenuta  di  S.  Eufemia,  per  pascolo, 
ritraendone  una  somma  di  denaro  e  un  rubbio  «  stabliati  » . 
«  Actum  in  dicto  monasterio  » . 

(i)  20  maggio  secondo  il  Registro  di  S.   Alessio,  to.  2". 


432  q4,  donaci 


3°)  [1362],  novembre  2. 

L' abbate  Bartolomeo  concede,  per  alcuni  mesi,  il  dritto 
di  pascolo  nell'erbe  di  Verposa  a  Nicola  lozzi  del  rione  di 
Ripa,  per  la  somma  di  28  fiorini  d'oro  e  due  «  onciatae  »  di 
provature  grosse.  «  Actum  Rome  in  monasterio  infra- 
«  scripto  ».  ft  Guido  de  Staccolis,  de  Urbino,  legum  doctor, 
«  iudex  palatinus  et  coli,  curie  Capitolii  »  attesta  che  le  copie 
presenti  concordano  cogli  originali  nei  libri  e  protocolli  del 
fu  Giovanni  di  Giacomo  Giordani  de  Bulgammis,  notaro. 
«  Antonius  Cecchi  Nicolai  Petri  Oddonis  de  Leys,  Romanus 
«  civis,  Dei  gratia  publicus  imperiali  auctoritate  notarius  et 
«  nunc  corre[ctor]  ....  »  attesta  come  sopra,  l'anno  1444, 
3  aprile.  S.  T.  «  Paulus  Lelli  Petroni,  civis  Romanus,  pu- 
«  blicus  imperiali  auctoritate  notarius  et  nunc  unus  ex  cor- 
ee rectoribus  et  officialibus  venerabilis  co[llegii  notariorum 
«  Urbis]  ))  attesta  quanto  sopra.  «  Johannes  Antonii  Petrutii 
«  Miccinelli,  civis  Romanus,  Dei  gratia  publicus  imperiali 
«  auctoritate  notarius  »  attesta  quanto  sopra.  S.  T. 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  72,  mutila  in  tutto  il  lato  destro,  per  varie  parole  in 
ciascun  rigo;  Reg.  di  S.  Alessio,  to.  2°,  col  testo  molto  abbreviato  e  con  lacune  nella 
trascrizione, 

CXXIV. 

1367,  luglio   17 -giugno  II. 

Copia  autentica  (1444,  3  aprile)  di  quattro  istrumenti, 
secondo  il  sunto  fattone  da  Giovanni  di  Giacomo  Giordani 
de  Bulgaminis,  notaro  defunto.  Precede  una  breve  descri- 
zione dei  quaderni  o  protocolH  del  notaro  suddetto.  Quindi 
segue  il  tenore  abbreviato  dei  documenti  seguenti  : 

i'^)  1367,  luglio  17. 

L' abbate  Bartolomeo,  essendo  a  lui  venuti  Bartolomeo 
de  Arrarellis,  tutore  dei  figli  del  fu  Teolo  di  Vetralla,  e 
Andrea  de  Botiis,  mandatario  dei  figli  del  fu    Maddaleno, 


^I^egesto  di  Sani' Alessio  all'Aventino  433 

speziale,  per  pagare  il  censo  del  casale  «  Quatrario  »;  di- 
chiara che  tal  pagamento  non  deve  portare  alcun  pregiu- 
dizio ai  dritti  del  monastero,  al  quale  è  devoluto  e  ricaduto 
il  casale  suddetto.  «  Actum  Rome,  in  ecclesia  monasterii 
((  S.  Alexii  ».  Tra  i  testi  v'è  il  prete  Pietro,  rettore  della 
chiesa  di  S.  Maria  in  Tufellato. 

Arch.   di  Stato,   pcrg.  n.   73    (i), 

2*')  1367,  Ottobre  io. 

L'abbate  Bartolomeo  affitta,  fino  alla  festa  di  S.  Mi- 
chele Arcangelo,  del  mese  di  maggio  [il  giorno  8],  il  pa- 
scolo dell'  erbe  nella  tenuta  del  castello  di  Verposa,  tranne 
le  ghiande,  a  Paolo  di  Giovanni  Tomarozzi,  del  rione  di 
S.  Eustachio,  per  85  fiorini  d'  oro,  due  castrati,  due  agnelli, 
due  capretti  e  200  pezzi  di  formaggio.  «  Actum  in  mona- 
«  sterio  infrascripto  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  539-40,  App.  n.  i.xxv  (i).  Trascrizione  esatta.  Arcii.  di 
Stato,  perg.   n.   73   (2). 

3°)  1370- 

L'  abbate  Bartolomeo,  essendo  a  lui  venuto  Angelello, 
notaro,  del  rione  della  Pigna,  col  figlio  del  fu  Maddaleno, 
speziale,  a  pagare  il  censo  del  casale  (c  Quadrario  »  in  sei 
soldi  e  nove  denari,  protesta  che  riceve  il  censo  solo  perchè 
v'  è  tenuto,  riservando  i  suoi  dritti  sul  casale  stesso,  devo- 
luto e  ricaduto  al  monastero. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  73  (3). 

4°)   1372,  giugno  II, 

Il  monastero  vende  a  Paluzio  di  Matteolo  Ponziani, 
detto  anche  Garofolo,  del  rione  di  S.  Angelo,  l' uccella- 
gione ((  mortitorum  tantum  »  e  la  caccia  alle  bestie  selvagge 
nelle  selve  e  nella  tenuta  di  Verposa  fino  a  tutta  la  qua- 
resima ventura,  per  due  mancosi  «  mortitorum  condecen- 
«  tium,  et  unum  rofulactum  condecentem  et  unum  crapolum 


434  ^-  donaci 


(c  condecentetn.  Actum  in  ecclesia  dicti  monasterii  » .  Fra 
testi  v'  è  un  Pietro  «  Sapii  de  Francia  coquus  monasterii  », 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  540-41,  App.  n.  lxxv  (2);  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  73  (4) 
Collazione  :  N  p.  ^41,  r.  J  Palutio  Matheoli,    dicto    alias    Garofolo    D   P,  Matheol 
Pontiani  d.  a.  G.  N  r.   io  £ecit  D  V  omette.  N  r.   14  e    i;  rofulattum  D  roflilactum. 

Sottoscrizione  alla  fine  della  pergamena  :  «  Johannes  Antonius  Pctrutii  Miccinelli 
«  civis  Romanus,  Dey  gratia  publicus  imperiali  auctoritate  notarius».  S,  T.  La  copia  < 
autenticata  dalle  sottoscrizioni  di  Guido  de  Senecallis,  da  Urbino,  «  legum  doctor,  iudex 
«  palatinus  et  collegii  curie  Capitoli!,  et  magnifici  viri  domini  Petri  de  Choradis  de  Tu 
«  derto,  militis  et  comitis,  alme  Urbis  senatoris  illustris  »,  di  Antonio  Cecchi  «  Nicola 
«  Petri  Oddonis  de  Leys,  civis  Romanus,  Dei  gratia  publicus  imperiali  auctoritate  notarius 
«  et  nunc  corrector  et  officialis  venerabilis  collegii  notariorum  Urbis  »  S.  T.  e  di  Paolo 
«  Lelli  Petroni,  civis  Romanus,  publicus  imperiali  auctoritate  notarius  et  nunc  unus  ex 
«  correctoribus  et  officialibus  venerabilis  collegii  notariorum  Urbis  ».   S.   T. 


cxxv. 

1372,  gennaio  11-12. 
1°)  1372,  gennaio  11. 

Il  nobiluomo  Cola  del  fu  «  Scolarli  lordanelli  »,  di  Vi- 
terbo e  della  contrada  di  S.  Pietro  dell'  Olmo,  vende  al 
monastero  un  orto  col  dritto  d' acqua,  nel  territorio  di  Vi- 
terbo «  in  contrata  Vallis  Pettinarle  »,  per  la  somma  di 
200  fiorini  d'oro.  Petoncio  Muzegli,  di  Viterbo  e  della 
contrada  di  S.  Pellegrino,  fa  malleveria,  obbligando  tutt'  i 
suoi  beni,  in  favore  di  Cola  Giordanelli.  Pena  il  doppio. 
«  Actum  in  civitate  Viterbii,  in  domo  mei  notarli  infra- 
«  scripti  ». 

2°)  1372,  gennaio  12. 

Frate  Lorenzo  del  fu  Fani  di  Orvieto,  priore  e  cano- 
nico del  monastero  di  S.  Alessio  e  suo  procuratore,  prende 
possesso  dell'  orto  suddetto.  «  Actum  in  orto  predicto. 
«  Franciscus  lohannis  de  Viterbio,  auctoritate  alme  Urbis 
«  prefecti  iudex  ordinarius  atque  notarius  »  redasse  l' istru- 
mento.  Si  sottoscrivono  :  «  Pancratius  magistri  Dominici  de 
«  Capralea  civis  Viterbiensis,  alme  Urbis  prefecti  auctoritate 
«  iudex  ordinarius  et  notarius  » .  «  Pisanus  Brunatii  de  Vi- 


Regesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         435 

«  terbio,  auctoritate  alme  Urbis  prefecti  notarius  et  iudex 
«  ordinarius  » . 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n,  74;  Reg,  di  S.  Alessio,   to.  2**,  col  testo  completo. 

CXXVI. 

1372,  febbraio  9. 

i**)  Giovanni  del  fu  Tuzio  del  maestro  Angelo,  di  Vi- 
terbo e  della  contrada  di  S.  Stefano,  vende  al  monastero 
un  orto  con  dritto  d'  acqua,  nel  territorio  di  Viterbo,  con- 
trada di  Valle  Canale,  e  tre  pezze  di  terra  («  leghas  »)  nel 
luogo  suddetto,  per  la  somma  di  1550  fiorini  d'oro.  Pena 
il  doppio.  Si  fanno  mallevadori  per  il  detto  Giovanni  i  due 
suoi  fratelli  lacobuzzo  e  Fazio.  Nelle  formole  di  obbliga- 
zione si  legge  :  «  Et  prò  predictis  omnibus  et  singulis  su- 
«  pradictis  actendendis  et  firmiter  observandis  obligavit  se 
«  dictus  venditor  et  suos  heredes  personaliter  Viterbii,  Rome 
«  et  ubique  locorum  et  terrarum  et  ubicumque  eum  inve- 
«  nerit  et  ibidem  ab  eo  petere  vel  convenire  voluerit  ». 
«  Actum  in  civitate  Viterbii,  in  apotheca  Patii  Tutii  supra- 
((  dicti,  posita  in  contrata  Sancti  Stephani  » . 

2°)  Il  giorno  stesso  frate  Lorenzo,  priore  e  canonico 
del  monastero,  prende  possesso  del  fondo.  «  Actum  est  hoc 
«  in  possessionibus  et  rebus  venditis  supradictis  et  qualibet 
((  ipsarum  ».  «  Pranciscus  lohannis  de  Viterbio  auctoritate 
((  alme  Urbis  prefecti  iudex  ordinarius  atque  notarius  » .  Si 
sottoscrive  come  teste  «  Pisanus  Brunatii  de  Viterbio  aucto- 
«  ritate  alme  Urbis  prefecti  notarius  et  iudex  ordinarius  » 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  75. 

CXXVII. 

1372,  settembre  5. 

Francesca,  vedova  di  Andrea  de  Rubeis,  del  rione  di 
Ripa,  aggiunge  dei  codicilli  al  suo  testamento,  scritto  per 
mano  del  notaro   Giacomo  «  Mascii  »,  lasciando  al  mona- 


43^  qA'  oMonacì 


stero  di  S.  Maria  Rotonda  d' Albano  una  casa  «  solarata  » 
nel  rione  Ripa,  con  camera  ad  uso  di  cucina,  a  condizione 
che  vi  possa  abitare,  vita  durante,  senza  spesa  alcuna,  Mattia 
sua  serva.  «  Actum  Rome  in  regione  Ripe,  in  domibus 
«  habitationis  diete  domine  Francisce  » .  «  Anthonius  Bar- 
«  tholomei  Varonis,  civis  Romanus,  Dei  gratia,  imperiali 
«  auctoritate  notarius  ».  S.  T. 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.   76. 

CXXVIII. 

1373,  settembre  9, 

Possedendo  il  monastero  un  casalino  «  in  quo  reponitur 
«  et  remictitur  vena  ferri  »  in  Roma,  alla  Marmorata,  locato 
già  al  fu  Pietro  di  Giacomo  «  de  regione  Sancti  Angeli  et 
«  contrata  Piscine  »  ed  ora  devoluto  alle  sue  figlie  Giovanna 
e  Perna  ;  si  riconosce  il  dritto  del  monastero,  come  pro- 
prietario del  casalino,  alla  pensione  annua  di  12  denari 
di  provisini  del  Senato  «  usualis  monete  »,  e  ad  una  pen- 
sione anche  maggiore,  se  la  locazione  anteriore  la  stabi- 
lisse, pagando  le  suddette  al  monastero,  per  mezzo  del  loro 
procuratore,  24  soldi  di  provisini  per  l'istrumento  di  rico- 
gnizione. «  Actum  in  dicto  monasterio  » .  «  Johannes  lacobi 
«  lordani  de  Bulgamminis,  Dei  gratia,  imperiali  auctoritate 
«  notarius  ».  S.  T. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.   77. 

CXXIX. 

1375,  luglio  17  -  1377,  marzo  12. 

Copia  autentica  (1444,  aprile  3)  di  tre  istrumenti  no- 
tarili. Precede  una  breve  descrizione  dei  due  libri  o  proto- 
colli del  notaio  Giovanni  di  Giacomo  Giordani  de  Bulga- 
minis,  donde  fu  estratta  la  copia.  Quindi  segue  il  sunto 
dei  documenti  seguenti: 


T^gesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino        437 


I  )  1375,  luglio  17. 

Marco,  del  fu  Maddalene  speziale,  del  rione  Colonna, 
e  Pietruzzo  Teoli  di  Vetralla,  del  rione  della  Pigna,  avendo 
portato  al  monastero  il  censo  annuale  del  casale  lo  Qua- 
traro  in  sei  soldi  e  nove  denari  di  provisini  del  Senato, 
r  abbate  Bartolomeo  protesta  che,  ricevendo  il  censo,  non 
intende  pregiudicare  menomamente  i  dritti  del  monastero, 
cui  è  devoluto  e  ricaduto  il  casale  suddetto.  «  Actum  in 
((  sacrastia  ecclesie  dicti  monasterii  » .  Tra  i  testimonii  sot- 
toscritti v'  è  un  prete  Pietro  rettore  della  chiesa  di  S.  Maria 
in  Tufellato  (i)  del  rione  di  Ripa. 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  78;  Reg.  di  S.  Alessio,  to.  2",  col  testo  completo, 

2°)   1377,  gennaio   i. 

Il  monastero  loca  per  tre  anni  a  Nucio  di  Pietro  Gi- 
belli,  del  rione  di  S.  Angelo,  la  terza  parte  del  casale  la 
Cicogniola  e  la  metà  d' una  quarta  parte  del  casale  Schiaci, 
fuori  porta  S.  Paolo,  colle  loro  tenute,  per  la  corrisposta 
annua  di  otto  rubbia  di  grano,  secondo  la  misura  del  Se- 
nato, e  di  quattro  fiorini  d' oro.  «  In  camera,  propter  in- 
«  firmitatem  domini  abbatis  ». 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  541-42,  App.  n.  lxxv  (3);  Arch.  di  Stato,  perg.  n  78; 
Keg.  di  S.  Alessio,  to.  2",  col  testo  completo. 

Collazione  :  N  p.  J41,  r.  2  die  primo  lanuarii  D  die  primo  mensis  lanuarii  (^però 
queste  parole  si  leggono  nel  protocollo  della  pergamena  n.  j8  (^doc.  1°),  non  nel  secondo  do- 
cumento, che  comincia  invece  :  Eodem  die,  in  dicto  loco,  coram  supradictis  tcstibus  etc") 
N  r.  4  congregati  in  camera  D  e.  ut  supra  (rinviando  al  protocollo  della  pergamena'). 
N  p.  ;42,  r.  j  Sebastiani  D  Sabastiani  N  rr.   16  e  17  lesu  D  Yhesu. 

3")  ^77?  niarzo  12. 

Il  monastero  loca  per  18  anni  a  Giovanni  di  Cecco 
«Mancini»,  detto  anche  Giovanni  de  Tomassa,  due  case 
insieme  unite  nel  rione  di  Ripa,  ©ella  contrada  «  Porticus 

(i)  V.  Armellini,  Chiese  di  Roma,  2*  ediz.  pp.  81  e  635. 


438  qA.  donaci 


«  Gallatorum  »,  mancando  di  mezzi  per  mantenere  e  ripa- 
rare le  case  suddette,  causa  le  spese  occorse  per  la  crea- 
zione del  nuovo  abbate.  Riceve  in  cambio  io  fiorini  in 
moneta,  e  la  pensione  annua  di  due  soldi  di  provisini. 
«  Actum  in  capitulo  dicti  monasterii  » . 

In  Neriki,  op.  cit.  pp.  S42-3,  App.  n.  lxxv  (4)  ;  e  nelI'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  78. 
Re^.  di  S.  Alessio,  to.  2°,  col  testo  completo. 

Collazione  :  N  p,  ^42,  r.  i  Die  .xxn.  mensis  martii  D  Die  .xii.  m.  va.  N  r,  7 
lubarcllarus  D  lubarullarus  N  p.  f4^,  r,  /  Capitulum  D  capitulo  (per  inavverieni^a). 

Seguono  le  sottoscrizioni,  per  autenticare  la  copia,  di  Guido  de  Staccolis  «  de  Ur- 
«  bino,  legum  doctor,  iudcx  palatinus  et  collegii  curie  Capitolii  et  magnifici  viri  domini 
«  Petri  de  Choradis  de  Tuderto,  militis  et  comitis,  alme  Urbis  senatoris  illustris  »,  di  An- 
tonio Cecchi  a  Nicolay  Petri  Oddonis  de  Leys,  civis  Romanus,  Dei  gratia  publicus  impe- 
«  riali  auctoritate  notarius  et  nunc  corrector  et  officialis  venerabilis  collegii  notariorum 
«  Urbis  »  S.  T.  e  di  Paolo  di  Lello  Petroni  «  civis  Romanus,  publicus  imperiali  auctori- 
«  tate  notarius,  et  nunc  ex  correctoribus  et  officialibus  venerabilis  collegii  notariorum 
«  Urbis  ». 

«  lohannes  Antonius  Petrutii  Miccinelli  civis  Romanus,  Dei  gratia  publicus  imperiali 
«auctoritate  notarius  et  iudex  ordinarius».  S.  T. 

cxxx. 

1377  [gennaio  4  -  marzo  21]. 

L'abbate  Pietro  de  Muscianis  è  messo  in  possesso  del- 
l'abbazia di  S.  Alessio  in  vigore  d'una  bolla  di  papa  Ur- 
bano VI. 

Se  ne  fa  menzione  in  Nerini,  op.  cit.  pp.  273-4  e  544.  Il  testo  del  doc.  originale  è 
ignoto,  sebbene  alcune  bolle  pontificie,  di  questo  tempo  appunto  e  sullo  stesso  soggetto, 
siano  chiaramente  indicate  dal  testo  del  doc.  cxxxi  (perg.  79,  num.  i,  dell'Arcb.  di  Stato). 
Cf,  il  doc.  seguente. 

CXXXI. 

1377,  maggio  25-6. 

Copia  autentica  (1444,  3  aprile)  di  due  istrumenti,  tolta 
da  un  protocollo  o  «  liber  habreviaturarum  »  del  fii  Giovanni 
di  Giacomo  Giordani  de  Bulgaminis  notaro.  Ad  una  bre- 
vissima descrizione  del  protocollo  suddetto  segue  il  sunto 
dei  documenti. 

1°)  1,377,  maggio  25. 

Il  monastero,  mancando  di  mezzi  per  sciogliersi  dai  de- 
biti, delibera  di  locare  per  otto  anni  a  Nicola  Valentini,  del 


Regesto  dì  Sant'Alessio  all'Aventino         439 

rione  dei  Monti,  e  a  Cecco  Peregrini,  del  rione  della  Pigna, 
o  ad  uno  di  loro,  il  casale  di  S.  Fumia  (Eufemia)  fuori 
porta  Appia,  per  il  canone  annuo  di  75  fiorini  d' oro. 
«  Actum  in  capitulo  dicti  monasterii  » .  Tra  i  nomi  dei  testi 
vi  sono  :  «  Paulo  Salvatelli  marmorario  de  regione  Trivii  » 
e  «  Nanne  magistri  lannecti  marmorario  de  Aretio  et  nunc 
«  de  Urbe,  de  regione  Sancti  Eustachii  » . 

In  Nerini,  op,  cit.  pp.  543-4,  App,  n.  i.xxv  (5),  e  nell'Arch.  di  Stato,  pcrg.  n,  79. 
Trascrizione  esatta. 

2°)  1377,  maggio  26. 

Il  monastero,  per  sciogliersi  dai  debiti  (contratti  anche 
per  la  creazione  del  nuovo  abbate  e  che  qui  son  detti  più 
grandi  che  nel  doc.  precedente),  delibera  di  locare  per  otto 
anni  a  Nicola  ,Valentini  e  a  Cecco  Peregrini  il  casale  di 
S.  Eufemia,  per  il  canone  annuo  di  soli  25  fiorini  d'oro. 
«  Actum  in  capitulo  dicti  monasterii  » . 

Nell'Arch.  di  Stato,  perg.  n.  79. 

Per  convalidare  la  copia,  seguono  le  sottoscrizioni  di  Guido  de  Staccolis,  giudice  pa- 
latino, Antonio  Cecchi  de  Leys,  notaro  (col  S.  T.)  e  Paolo  di  Lello  Petroni,  notare  (col 
S.  T.),  simili  in  tutto  a  quelle  della  perg.  precedente.  «  Johannes  Antonius  Petrutii  Micci- 
o  nelli,  civis  Romanus,  Dey  gratia  publicus  imperiali  [auctoritate]  notarius  et  iudex  ordi- 
«  narius  ». 

CXXXII. 

1388,  gennaio  14. 

Il  nobiluomo  «  Giannes  Francisci  Marcucii  domini  Pauli  » 
di  Viterbo  costituisce  suoi  procuratori  Angelo  Morontis,  di 
Viterbo,  e  Genattano  «  Francisci  »,  altrimenti  detto  Pancia, 
per  una  permuta  col  monastero  :  avendone  la  facoltà  di  con- 
durre rivi  d'acqua  attraverso  gli  orti  del  monastero  nei  suoi 
orti  in  Val  Canale,  e  dando  la  metà  d'un  campo  nella  con- 
trada di  Batacciano.  «  Actum  Viterbii  in  domo  habitationis 
«  supradicti.  Tutius  quondam  Benedicti  Tutii,  de  Viterbio, 
«  publicus  auctoritate  alme  Urbis  prefecti  notarius  et  iudex: 
«  ordinarius  ».  S.  T. 


440  O^.  €Monacì 


In   Nerini,  op.  cit,  pp.  544-5,  App.  n.  lxxvi  ;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.   81. 

Collazione  :  N  p.  $4^,  r.  /  alias  Pantie  D  a.  Pancie  N  r.  ^  dal  fine  Vannis 

D  V.  Puree  N  r,  S  dal  fine  alias Da.  Precinchie  Alla  sottoscriiione  del  noiaro 

aggiungasi:  Singnum  Mei  Tucii  (S.  T.)  notarii  et  iud.  supradicti. 

CXXXIII. 

1389,  luglio  IO. 

Marino  [Bulcano],  diacono  card,  di  S.  Maria  Nuova  e 
camerario,  «  nobilibus  viris  Paulucio  de  Perleonibus,  la- 
«  cobello  Butii  magistri  Nicolai  de  regione  S.  Angeli,  Do- 
((  minico  Nucii  Lapi  de  regione  Canipitelli  et  lacobo  Sic- 
«  coccie  de  regione  Campitelli  de  Urbe  )).  Ordina  di  dare 
alla  Camera  apostolica  il  grano  che  dovevano  al  monastero 
di  S.  Alessio  per  alcuni  territorii  e  casali,  che  avevano  in 
affitto  dal  monastero,  debitore  alla  Camera  apostolica  «  sui 
«  communis  servitii  »  e  di  alcune  somme  di  denaro.  «  Dat. 
«  Rome  ». 

Neil'  arch.  Segr.   Vatic.   Armadio  29  (Div.   Canter.^,  to.   1",   e,  75, 

CXXXIV. 

[1389-1390]. 

Bonifacio  IX  affida  il  monastero  di  S.  Alessio  a  Cristo- 
foro [Maroni  o  Marone]  prete  cardinale  del  titolo  di  S.  Ci- 
riaco. 

Da  un  regesto  di  Bonifacio  IX,  ora  smarrito,  segnato  nell'indice  delle  cniese  dei- 
l'arch.  Segr.  Vatic.  num,  555:  A.  B.  B.  9.  I,  9,  a  p.  30. 

cxxxv. 

1390,  maggio  23. 

Inventario  dei  beni  del  monastero  dei  Ss.  Alessio  e  Eu- 
temiano,  che  sono  dati  in  commenda  al  card.  Cristoforo 
[Maroni],  del  titolo  di  S.  Ciriaco.  Nomi  delle  possessioni: 
il  casamento  del  monastero  stesso,  parte  del  casale  della 
Cecognola,  l'ottava  parte   del  casale  Schiaci,  due  pezze  di 


T{egesio  di  Saiit^ Alessio  all'Apeiituio         441 

terra  vicino  al  castello  di  Mareno  (Marino),  il  castello  di 
Verposa  vicino  a  Civita  Lavinia,  vigne  nel  monte  della  Va- 
gnara,  della  S.  Pace,  di  S.  Alessio  e  nel  monte  «  lo  Pavi- 
«glone  »,  una  casa  in  Trastevere,  le  possessioni  nel  Viter- 
bese, le  grotte  e  le  case  intorno  al  monastero  e  nella  con- 
trada della  Marmorata,  due  case  nel  rione  di  Ripa,  nella 
contrada  Ceppitella,  le  vigne  locate  al  monastero  di  S.  Maria 
Nuova,  un  pezzo  di  terra  vicino  al  monastero  di  S.  Paolo 
«  supra  Maceras  » ,  il  censo  annuo  di  due  libbre  di  cera  do- 
vuto dalla  chiesa  di  S.  Maria  dell'Annunziazione  (sulla  via 
Ardeatina)  e  il  casale  «  lo  Quatraro  » .  [«  Franciscus  lohannis 
c(  Pauli  de  Romaulis  notarius  »].  «  Johannes  Matthias  quon- 
«  dam  Petri  de  Taglientibus,  Romanus  civis,  publicus.  Dei 
«  gratia,  imperiali  authoritate  notarius  »  estrasse  la  copia  dal 
registro  notarile,  nella  2*  metà  del  xv  secolo  (cf.  l'intro- 
duzione, p.  358). 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  546-9,  App.  n.  lxxvii  ;  Reg.  di  S.  Alessio,  to.  2**,  col  testo 
più  completo,  e  preceduto  dalla  nota  seguente,  omessa  dal  Nerini  :  o  In  nomine  Domini 
«  amen.  Hoc  est  quoddam  sumptura,  exemplum  sive  transumptum,  sumptum  et  exemplatuni 
«  per  me  lohannem  'Mathiam  de  Taglientibus,  civem  Romanum,  notarium  infrascriptum, 
«  de  quodam  instrumento  reperto  in  libris  et  prothocollis  quondam  bone  memorie  Francisci 
«  lohannis  Pauli  de  Romaulis  notarii  iani  defuncti,  cuius  instrumenti  tenor  per  omnia  talis 
*  est  «. 


CXXXVI. 

1391,  gennaio  6. 

Giacobello  di  Giovanni  Rubei,  del  rione  di  Ripa,  rinunzia, 
a  favore  del  monastero  di  S.  Maria  Rotonda  d'Albano,  ai 
suoi  dritti  sopra  due  case,  una  «  solarata  tantum  »,  l'altra 
«terrinea  tantum  »,  nel  rione  Ripa,  per  8  ^/j  fiorini  d'oro 
((  et  monetas  » .  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Actum  Rome  in 
((  regione  Ripe.  lacobellus  Mascii  de  Urbe,  Dei  gratia,  sacre 
«Romane  prefecture  auctoritate  notarius  publicus».  S.  T. 

Nell'Arch.  di  Stato,  pcrg.  n.  82  ;  Reg.  di  S.  Alessio,  te,   2°,  col  testo  completo. 
Arclìivin  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XX Vili.         29 


442  Q/l-  €\lonaci 


CXXXVII. 

1°)  [1391],  marzo  19  (i),  indiz.  xiv. 

Giovanni  Ottabiani,  del  rione  di  Ripa,  vende  a  Pietro 
Paolo  di  Lorenzo  Canetti,  del  rione  Campitelli,  tré  pezze 
di  vigna,  colle  loro  adiacenze,  dentro  Roma,  sul  Monte  di 
S.  Alessio,  di  proprietà  del  monastero  (cui  è  dovuta  la  cor- 
risposta)^ per  20  fiorini  d'oro,  calcolando  47  soldi  di  pro- 
visini  («  soli.  prov.  »)  per  ogni  fiorino  d'oro.  Paoluzzo  Ot- 
tabiani, molinaro,  del  rione  di  Ripa,  fa  malleveria  per  il 
venditore.  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Actum  Rome  in  regione 
«  Campitelli,  ante  ecclesiam  S.  Marie  de  Curia.  lacobus 
((  magpstri  Antonii  alias  dictus  Pin]o,  Romanus  civis,  Dey 
«  gratia,  imperiali  auctoritate  notarius  publicus  ».  S.  T. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  83  ;  Reg.  di  S,  Alessio,  to.   2°,  col  testo  completo. 

2°)  [1391],  marzo  .  . . 

Agapta,  moglie  di  Giovanni  Ottabiani,  consente  alla 
vendita  suddetta.  Pena  una  libbra  d'oro.  «  Actum  Rome, 
((  in  ecclesia  S.  Gregorii  de  Quatuor  Capitibus  regionis  Ripe. 
«  lacobus  magistri  Anthonii  alias  dictus  Pino,  Romanus 
«  civis,  Dey  gratia,  imperiali  auctoritate  notarius  publicus  » . 
S.  T. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  83;  Reg.  di  S,  Alessio,  to.   2",  col  testo  completo. 

3°)  [1391]?  agosto  7,  indiz.  xiv. 

Il  card,  prete  Cristoforo  [Maroni  o  Marone],  commenda- 
tario del  titolo  di  S.  Ciriaco,  e  il  monastero  consentono  alla 
locazione  suddetta,  a  favore  di  Pietro  Paolo  di  Lorenzo  Ca- 
netti, che  subentra^  nella  locazione  fatta  prima  dal  monastero 
a  Gio.    Ottabiani,  per  il  canone  annuo  d'una  «  facula  »   di 

(i)  Come  leggesi.  nel  doc.  n.  3. 


"J^gesto  di'  Sant'Alessio  alV Aventino         443 

cera  nuova,  del  peso  d'una  libbra,  e  la  somma  di  22  soldi 
e  mezzo  di  provisini  del  Senato  per  il  consenso  dato.  «  Actum 
«  Rome,  in  reclaustro  dicti  monasterii.  lacobus  magistri  An- 
ce tonii  ))  &c.  come  sopra. 

In  Nerini,  op.  cit.  pp.  549-50,  App.  n.  lxxviii;  Arch.  di  Stato,  perg.  n.  83;  Reg. 
di  S,  Alessio,  to.  2°,  col  testo  completo. 

Collazione  :  N.  p.  S49,  rr,  1-2  In  nomine  Domini,  amen.  Anno  Domini 

Pape  Vili.  Indictione  xiii  D  Eisdem  Anno  domini,  pontificata,  indictione  et  N  r.  f  Ci- 
riaci  D  Cinriaci  N  r.  penultimo  infrascripti  D  infra  scripti  N  />,  //o,  rr,  19-20,  e  R  Campi 
Martii  D  campimartis  N  r,  22  Penitenziario  D  penitenziario 

4°)  1391,  settembre  8. 

Bucciarone  di  Napoleone,  del  rione  Campitelli,  procu- 
ratore del  suddetto  Giovanni  Ottabiani,  mette  in  possesso 
Pietro  Paolo  di  Lorenzo  Canetti  delle  tre  pezze  di  vigna 
suddette.  «  Actum  Rome,  in  dieta  vinea.  lacobus  magistri 
«  Anthonii  »  &c.  come  sopra. 

Arch.  di  Stato,  perg.  n.  83  ;  Reg.  di  S.  Alessio,  to.   2°,  col  testo  completo. 

CXXXVIII. 

[1392],  gennaio  9. 

c(  Stephano  tituli  S.  Marcelli,  Francisco  tituli  S.  Susanne 
«  ac  Cristophoro  tituli  S.  Ciriaci  presbyteris  cardinalibus  » . 

Bolla  di  Bonifazio  IX,  che  concede  a  Teobaldo  de  Ani- 
ballis,  domicello  romano,  di  comprare  per  1000  fiorini  d'oro 
dal  monastero  di  S.  Alessio  il  casale  diruto,  una  volta  ca- 
stello, di  Nave,  detto  anche  Verposa,  purché  la  somma  ri- 
tratta dalla  vendita  sia  volta  all'acquisto  di  altri  beni  immo- 
bili, più  utili  pel  monastero.  I  cardinali  Stefano  [Palosi  o 
Palocci]  e  Francesco  [Carbone]  devono  poi  approvare  e  ra- 
tificare coll'autorità  apostoHca  la  compera,  se  loro  sembri 
opportuno.  Inc.  «  Eximie  devotionis  » .  «  Datum  Rome  apud 
«  S.  Petrum,  pontif.  a.  3^  ».  «  lac.  de  Teram.». 

Arch.  Segr.  Vatic.  Dal  voi.  prima  segnato,  secondo  l'indice  delle  chiese  con  titoli 
cardinalizii  :  A  B.  B,  9,  III,  io,  ora:  Bonifazio  IX,  1392,  anno  3**.  Lib.  36  de  Curia, 
[Regesto  Laterancnse,  voi.]  25,  e.  cv. 


^4  ^'  ^(fJi^ci 


CXXXIX. 

[1398],  aprile  18. 

Bolla  di  Bonifazio  IX,  che  annette  il  monastero  dei 
Ss.  Alessio  e  Bonifazio,  con  tutt'  i  suoi  possessi,  alla  basilica 
Vaticana  (le  cui  rendite  erano  notevolmente  diminuite),  dopo 
però  che  il  card.  Cristoforo  Maroni,  commendatario,  abbia 
rinunziato  o  sia  defunto,  riservando  al  vicario  del  monastero 
e  ai  quattro  suoi  amministri  dell'  Ordine  Premostratense 
una  pensione  annua  di  200  fiorini  d' oro.  Inc.  «  Romani 
«  pontificis  )).  (c  Datum  Rome,  apud  S.  Petrum,  pontific. 
«  a.  9°  » . 

In  Nerini  (che  dà  il  testo  abbreviato  ma  senza  lacune),  op.  cit.  pp.  278-81,  e  in 
Collectio  bullarum  .  . . ,  basilicae  Vaticanae,  Romae,  1747-52,  10.2",  pp.  46-8.  Nel  regesto 
dell'arch.  Segr.  Vatic.  prima  segnato:  A  B.  B.  9.  VI.  9,  ora:  Bonifazio  IX,  1398,  anno 
nono,  lib.  74;  [regesto  Lateranense,  voi.]  61,  ce.  ccvi  b-vii  b;  e  nel  regesto  quinto  Epi- 
siolarum  de  Curia  Bonifacii  IX,  e.  49.  L'originale,  secondo  il  Nerini,  era  nell'arch.  della 
basilica  Vaticana,  capsul.   3",  fase.  8°. 


Per  uniformarmi  al  sistema  delle  pubblicazioni  della 
R.  Società  romana  di  storia  patria,  mi  limito,  per  ora,  alla 
edizione  della  prima  parte  del  Regesto  di  S.  Alessio,  fino  a 
tutto  il  secolo  XIV.  Rimangono  ancora  circa  260  documenti, 
di  minor  pregio  dei  precedenti,  sebbene  quasi  tutti  comple- 
tamente inediti.  Di  alcuni  più  importanti  ho  già  fatto  men- 
zione neir  introduzione. 

A.  Monaci. 


Regesto  dì  Sant'Alessio  alF Aventino         445 


INDICE  CRONOLOGICO 

DEGLI    SCRITTORI    DELLE    CARTE 


[395-407?]  lohannes  scrin.  S.  R.  E.  avrebbe  redatto  il  papiro  della  dona- 
zione d'Eufemiano  (I). 

987.       Benedictus  scrin.  S.  R.  E.  (II  e  III). 

[987-8.]       Petrus  scrin.  Sacrosancte  Rom.  Eccl.  (IV). 

996.  Heribertus  cancellarius  ad  vicem  Petri  Cumani  episcopi  et  archican- 
cellarii  recognovit  il  diploma  d'Ottone  III  (V). 

1002.       Benedictus  scrin.  S.  R.  E.  trascrisse  il  doc.  I  apocrifo. 

1043.       Sergius  scrin.  S.  R.  E.  (VI). 

[1050  circa-1300  e]  Willelmus  medicus.  Dei  gratia  S.  R.  I.  scrin.,  trascrisse 
la  copia  del  doc.  I  apocrifo. 

[1072.]       Guinizo  scrin,  (VII). 

1075-?       Lucas  Dei  gratia  S.  R.  I.  iudex  et  scrin.    trascrisse  il  doc.  VII. 

II 16.       Gregorius  scrin.  S.  R.  E.  (Xll). 

[1140.]      Nicolaus  S.  R.  E.  scrin.  (XIII  int.). 

1145.       Nicolaus  «  scrinearius  »   S.  R.  E.  (XIV). 

1148.       lohannes  scrin.  S.  R.  E.  (XV). 

iiS3-[69.]       Oddo  scrin.  S.  R.  E.  (XVI,  XVHI-IX  e  XXI). 

Il 54-?       Filippus  scrin.  S.  R.  E.  trascrisse  il  doc.  XVI.  Cf.  l'a.  1205. 

[1165.]      Nicolaus  scrin.  S.  R.  E.  (XX). 

[117J3.       Petrus  scrin.  S.  R.  E.  (XXII). 

119 3.  lohannes  Leonis  S.  R.  E.  scrin.  habens  potestatem  dandi  tutores  &c. 
(XXIII). 

1202.       Crescentius  S.  R.  E.  scrin.  (XXIV). 

120$.  ..Filippus  scrin.  S.  R.  E.  (XXV).  Verosimilmente  è  lo  stesso  «  Fi- 
«  lippus  scrin.  S.  R.  E.»  che  trascrisse  il  doc.  XVI,  dell'a.  1153,  redatto 
da  Oddone,  scriniario.  I  due  puntini  innanzi  a  «  Filippus  »  si  possono 
togliere  leggendovi:  «Ego». 

1205.       lohannes  scrin.  S.  R.  E.  (XXVI). 

1208.  Deustebenedicat  Dei  gratia  S.  R.  E.  scrin.  (XXVII).  Trascrisse  il 
doc.  XXXIX,  dell'a.  1242. 

1224.       Petrus  Bonegentis,  Dei  gratia  S.  R.  E.  scrin.  (XXXII). 

1224.       Petrus  Dai  gratia  S.  R.  E.  scrin.  (XXXIII). 

1229.       Gregorius  Landulfi  Dei  gratia  S.  R.  E.  scrin.  (XXXIV). 


44^  G^-  donaci 


i2j$-$2.       Donadeus  Petri  Rabici  Dei  gratia  S.  R.  E.  scrin.  (XXXVI),  habens 
potestatem  dandi  tutores  &c.  (XLIV). 

1241.  lohannes  Henrici  S.  R.  I.  scrin.  habens  plenam  potestatem  a  Gregorio 
PP.  IX  dandi  tutores  et  curatores  &c.  (XXXVIII). 

1242.  Deus  Te  Adiuvet  iudex  et  scrin.  (XXXIX).     Cf.  lohannes  Deus  Te 
Adiuvet. 

1243.  Angelus  Thomasii  S.  R.  I.  scrin.  (XLI). 

1245-59.       Bartholomeus    Mathei,  Dei    gratia    S.    R.   E.    scrin.,  trascrisse  il 

dee.  XXIV,  redasse  il  doc.  XL. 
1246.       Berardus  Dei  gratia  S.  R.  I.  iudex  et  scrin.  (XLII). 
i2$6.      lohannes  Deus  Te  Adiuvet  S.  R.  E.  scrin.  (XLV). 
1262.       lohannes  domini  Deus  Te  Adiuvet  S.  R.  E.  iudex  et  scrin.  (XLVII). 
1262-$.      Angelus  Thome  imper.  aule  scrin,  (XLVI  e  LXIII  int.). 
1265.       Paulus  Raynerius  Dei  gratia  S.  R.  E.  scrin.  (XLVIIIb). 
1265-96.       Leonardus  lacobi  Rubei,  S.  R.  E.  not.,  trascrisse  i  docc.  XXXIV 

e  XXXVI;  redasse    i    docc.   XLVIII  a,  XLIX,  LII,  LIV-V,    LVII-VIII, 

LX-LXIII,  LXXII.  ...iudex  et  not.  (LXXIII-IV). 
1266-84.       Un  magister  Nicolaus  scrin.  è  nominato  nel  doc.  LXIII. 
1267.       Paulus  filius  olim  Stefani  lohannis  Oddonis,  Dei  gratia  S.  R.  E.  iudex 

et  scrin.  (L-LI). 
1271.       Magister  Nicolaus,  Dei  gratia  S.  R.  E.  scrin.  (LUI,   1-5). 
1274.      lohannes  de  Rapic^is  S.  R.  E,  scrin.  (LVI), 
[1277.]       Munaldus  Ancontani  not.  è  nominato  nel  doc.  LVII. 

1278.       Gregorius notatius  (LVIII,    1-3). 

1278.       Petrus  Henrici  ludicis,  auctor.  Sacrosancte  Rom.  Eccl.  iudex  et  scrin. 

(LIX). 
1285.       Gualdus  quondam    domini    Nicolay,    civis    viterbiensis,    imper.   aule 

auctoritate  not.  (LXIV). 

1287.  lustinus  lustini  Dei  gratia  S.  R.  E.  iudex  et  scrin.  (LXV). 

1288.  Vitus  Bartholomei,    auctor.   alme    Urbis  prefecti    iudex  ordin.  atque 
not.  (LXVII-VIII). 

1288.      Nicolaus  Petrucii  de  Vico  S.  R.  E.  scrin.  (LXVI). 

1288.       Petrus  olim  Rasmi  imper.  auctor.  not.  publicus  (in  Viterbo)  (LXIX- 

LXX). 
129 1.      lohannes  Petri  Egidie  auctor.  alme  Urbis  prefecti    not.  (in  Viterbo) 

(LXXI,  1-5). 
1297.       lacobus  Leonardi  lacobi  Rubei  imper.  auctor.   not.  (LXXV,  i  e  2). 
1306.       Angelus  lohannis  Scrascia  notarius  (in  Viterbo)  (LXXVIII). 
13 IO.       lohannes  Barnabe  de  Albano,  imper.  auctor.  not.  (LXXIX  e  LXXX). 
13  IO.       lulianus  Quieti  lohannis  Astalli,  Dei  gratia  sacri  prefecti  auctor.  not. 

et  nane  not.  domini  Vicarii  [Pape]  (LXXXII,   a  e  b). 
1310-30.       Caciatus  magistri  lohannis  notarli  auctor.  alme  Urbis  prefecti  iudex 

ordin.  et  not,  (o  Caciatus  m.  l.  notarius  de  Viterbio,  a.  a.  U.  p.  i.  o.  et  n. 

(LXXXI  e  LXXXVII). 
15 15-9        Petrus  Maximi  de  Urbe,  Dei  gratia  alme  Urbis  illustris  prefecti  (o 

prefecture)  auctor.  publicus  not.  (LXXXIII  e  LXXXV). 


Regesto  dì  Sanf Alessio  all'Aventino         447 


1324.       Andreas  Francisci  de  Felicibus  notarli,  Dei  gratia  alme  Urbis  ilìustris 

prefecti  auctor.  not.  (LXXXVI). 
[15 3 1-2.]       Ser  Egidius  Ser  Francisci    Scambii    Maczangnoni,    notare  di  Vi- 
terbo, è  menzionato  nel  doc,  LXXXVIII. 
1334.       Johannes  Andree  Alberti  de  Viterbio,  auctor.  alme  Urbis  prefecti  not. 

et  index  ordin.,  trascrisse  il  doc.   LXXVIII. 
1334.       Stephanus   condam   lannis   de   Viterbio,   auctor.  alme  Urbis  prefecti 

not.  et  index  ordin.  et  nunc  not.  dom,  episcopi  (Viterbiensis  et    Tusca- 

nensis)  (LXXXIX  e  XC). 
1334-5.       Nicola  magistri  Fusci  de  Viterbio,  auctor.  alme  Urbis  prefecti  not., 

trascrisse  il  doc,  XCI;  not.  et  iudex  ordin.  nel  doc.  XCII. 
1334-41.       Johannes  quondam  magistri  Mathei  Natii  de  Viterbio,  alme  Urbis 

prefecti  auctor.  not.  et  iudex  ordin.  (LXXXVIII  e  XCIV). 
1340-41.       Petrus  lohannis  Bovacciole,  Dei  gratia  alme  Urbis  prefecti  author. 

not.  et  iudex  ordin.  (XCIII). 

1342.  Leonardus  lohannis  Luce  de  Cora,  publicus  inper.  auctor.  not.  (XCV). 

1343.  Nicolaus  domini  Petri  Sancti,  Dei  gratia  imper.  auctor.  not.  (XCVI). 
1345.       Gosmatus  Petri  Merescalci,  Dei  gratia  sacrosancte  prefecture  publicus 

auctoritate  not.  (XCVII). 
1347.       Johannes  Oddonis,  notarius  palatinus   ("della  Curia  del   Campidoglio) 

super  investimentis  factis  deputatus  (XCIX). 
f-1349.]       Laurentius  Egidii  Leporis  notare  è  nominato  nel  doc.  C. 
1349.       Johannes  Aniballi  imper.  auctor.  publicus  not.  et  iudex  ordin.  (C  e  CI) 
1349.       Paxius  Petri  de  Castro  Civite  imper.  auctor.  not.  publicus  (CU). 
1356.       Guillelmus  de  Reate  not.  (CHI). 

1356.  Franciscus  lohannis  de  Viterbio  not.  (CIV).     Cf.  l'a.  1372. 

1357.  lacobus  condam  magistri  Betti  de  Fighino,  civis  florentinus,  imper. 
auctor.  iudex  ordin.  atque  notarius,  nuncque  notarius  et  officialis  domini 
potestatis  et  communis  Viterbii  (CVI). 

1357.  Bartholomeus  magistri  Fatii  condam  magistri  Angeli  de  Viterbio, 
auctor.  alme  Urbis  prefecti  not.  et  iudex  ordin,  trascrisse  il  doc.  CVII. 

1558.  Paulinus  Bartholomei,  civis  romanus,  Dei  gratia  imper.  auctor.  nota- 
rius appellationum  (nella  Curia  del  Campidoglio)  (CVllI-X). 

1358.  lohannes  de  Bulgaminis,  notarius  appellationum,  è  nominato  nei 
docc.  CIX-X. 

1358.  Andreas  de  Buccamatiis  notarius  investimentorum  factorum  (CXI,  i), 
appellationum  (nella  Curia  del  Campidoglio)  (CXI,  4,  6  e  9). 

1358.       Petro  de  Sabello,  scriba  Senatus,  è  menzionato  nel  doc.  CXI,  i  e  6. 

1358.  Hennufrius  loco  Petroni  (o  Petronis)  de  Sabello,  scriba  Senatus 
(CXI,  I  e  6). 

1358.  Laurentius  de  Ciccarellis  de  Urbe  not.  appellationum  [Curie  Capi- 
toli!] (CXI,  5  e  6),  ...et  nunc  notarius  domini  Angeli  de  Cantalupo 
(CXI,  7). 

1358.       Laurentius  scriba  Senatus  (CXI,  9). 

1358.  Franciscus  Symeonis  Petri  Mathei  dicti  Vecchi,  Dei  gratia  alme  Urbis 
prefecti  auctor.  notarius,  sottoscrisse  il  doc.  CXIII. 


448 


dA.  donaci 


1358-61.  Nicolaus  Philipp!  Francotii  alme  Urbis  prefecti  auctor.  not.  pu- 
blicus  redasse  il  doc.  CXIII  (1-3),  senza  però  firmarlo;  ...  Dei  gratia  alme 
Urbis  prefecti  auctor.  not.  publicus  (CXXII). 

1359.  Franciscus  Teoli  Petri  Thonni  (o  Tonni)  de  civitate  Nepesina,  Dei 
gratia  auctor.  alme  Urbis  prefecti  not.  et  index  ordin.  (CXIV  e  CXVI). 

1359.  Luca  Francisci  de  civitate  Nepesina  not.,  et  nunc  not.  domini  episcopi 
Nepesiai  et  sue  curie  (CXV). 

1360.  Paulus  Smanta  notarius  palatinus  (del  Campidoglio)  super  appellatio- 
nibusetaliis  extraordinariis  causi;  deputatus  (CXVIII-IX),  notarius  appel- 
lationum  (CXX,  i). 

1360.       Paulus   Leonardi   Smante,    Dei  gratia    imper.    auctor.    publicus   not. 

(CXX,  2). 
1360.       Johannes  domini  lacobi  not,  palatinus  super  appellationibus   et  aliis 

extraordinariis  causis  deputatus  sottoscrisse  i  docc.  CVIII-IX. 
1360-77.       Johannes  lacobi  lordani  de  Bulgaminis  (o  Bulgamminis),  Dei  gratia 

imper.  auctor.  not.  (CXVII,  CXXI,  CXXIII-IV,  CXXVIII-IX  e  CXXXI). 
1372.       Q.uiricus  Petrutii  Thome  de  Viterhio,  auctor.  alme  Urbis  prefecti  not. 

et  index  ordin.,  trascrive  il  doc.  XCIV. 
1372.       Pancratius   magistri   Dominici  de    Capralea,  civis    viterbiensis,  alme 

Uibis  prefecti  auctor.  iudex  ordin.  et  not.  (CXXV). 
1372.       Pisanus  Brunatii  de  Vilerbio,  auctor.  alme  Urbis  prefecti  not.  et  index 

ordin.  (CXXV).     Nel  doc.  CXXVI  si  sottoscrive  come  teste. 
1372.       Anthonius  Bartholomei  Varonis,    civis    romanus.  Dei    gratia    imper. 

auctor.  not.  (CXXVII). 
1372.       Franciscus  lohannis   de  Vi'erbio,  auctor.  alme  Urbis    prefecti    iudex 

ordin.  atque  not.  (CXXV-VI).     Forse  è  lo  stesso  notato  all'a.  1356. 
1372.       lacobus  Mascii  not.  è  menzionato  nel  doc.  CXVIIL 
1388.       Tutius  quondam  Benedicti  Tutii  de  Viterbio,  publicus  auctor.  alme 

Urbis  prefecti  not.  et  iudex  ordin.  (CXXXII). 

1390.  Franciscus  lohannis  Pauli  de  Romaulis  not.  (CXXXV). 

1391.  lacobellus  Mascii  de  Urbe,  sacre  romane  prefecture  auctcritate  not. 
publicus  (CXXXVI). 

139T.       lacobus  magistri  Anthonii  alias  dictus  Pino,  romanus  civis,  Dey  gratia 

imper.  auctor.  not.  publicus  (CXXXVII). 
1444.       Antonius  Cecchi  Nicolai   Petri  Oddonis   de   Leys,  romanus  civis    (o 

civis  rom.),  Dei  gratia  publicus  imper.  auctor.  not.  et  nunc  corrector  et 

officialis  venerabilis  Collegii  Curie  Cipitolii  (ovvero  :   Notariorum  Urbis) 

firma  i  doc.  CXXIII-IV,  CXXIX  e  CXXXI. 
1444.       «  Guido  de  Staccolis  de  Urbino,  legum  doctor,  iudex  palatinus  et  Col- 

«  legii  [notariorum]  Curie  Capitolii  »  (firma  il  doc.  CXXIII),  *  et  ...  dom. 

«  Petri  de  Choradis  de  Tuderto,    militis  et  comitis,  alme  Urbis  senatoris 

«  illustris  ).   firma  i  docc.  CXXIX  e  CXXXL 
Iif4}.       Guido  de  Senecallis  de  Urbino,  cogli   stessi    titoli  dell'antecedente, 

nei  doc.  CXXIX  e  CXXXI.     Redasse  il  docc.  CXXIV. 
1444.       lohannes  Antonius  (o  Antonii)  Petrutii  Miccinelli,  civis  romanus,  Dey 


^I{egesto  di  Sant'Alessio  all'Aventino         449 


(o  Dei)  gratia  publicus    imper.  auctor.  not.,  trascrisse  i  docc.  CXXIII  e 

CXXIV;...  notarius  et  iudex  ordin.  trascrive  i  docc.  CXXIX  e  CXXXI. 
1444.       Paulus  Lelli  Petroni_,  civis  romanus,  publicus  imper.  auctor.  not.  et 

nunc  unus  ex  correctoribus  et  officialibus  venerabilis  Collegii  Notariorum 

Urbis,  firma  i  docc.  CXXIII-IV,  CXXIX  e  CXXXI. 
1451-500  circa.       lohannes  Matthias  quondam  Petri  de  Taglientibus,  romanus 

civis,  publicus,  Dei  gratia,  imper.  author.  notarius,  trascrisse  il  doc.  CXXXV. 


I  gioielli  di  Vanno^a 


ED     UN'  OPERA     DEL    CARADOSSO 


HI  sa  se  nella  vecchia  dama  austera  che,  nei  primi 
anni  del  Cinquecento,  chiedeva  perdono  a  Dio  di 
un  passato  splendidamente  peccaminoso,  frequen- 
tando le  chiese  di  Roma,  da  S.  Giovanni  in  Laterano  a 
S.  Maria  del  Popolo,  dalla  Minerva  a  S.  Maria  in  Portico 
ed  a  S.  Lorenzo  in  Damaso  (i),  era  rimasta  qualche  traccia 
della  bellezza  che  aveva  un  di  acceso  i  desideri  di  Rodrigo 
Borgia  !  La  «  felice  ed  infelice  Vannozza  Borgia  de  Catha- 
«neis»,  come  ella  soleva  firmarsi  nelle  lettere  alla  figliuola 
Lucrezia,  era  ormai  diventata  una  «  donna  dabbene  »  :  cosi 
la  chiamò  Paolo  Giovio  (2).  Tutta  sollecita  delle  pratiche 
di  pietà,  dopo  che  fu  passata  la  burrasca  addensatasi,  alla 
morte  di  Alessandro  VI,  sul  capo  di  quanti  appartenevano 
alla  famiglia  Borgia,  ella  trascorreva  quietamente  gli  ultimi 
anni  della  vita.  Il  ricordo  dei  giorni  pieni  di  Borgiana  gran- 
dezza della  quale  Roma  era  tuttavia  improntata,  l'esser  madre 
della  principessa  di  Ferrara,  le  relazioni  con  quanti  erano 


(i)  Queste  chiese  sono  particolarmente  ricordate  nel  testamento 
di  Vannozza.  Cf.  F.  Gregorovius,  Lucrezia  Borgia,  trad.  Mariano,  Fi- 
renze, 1874,  p,  330. 

(2)  Gregorovius,  op,  cit.  pp.  528,  330. 


452  T.  Jedele 


rimasti  ancor  devoti  alla  memoria  dei  Borgia,  ed  infine  le 
sue  facoltose  condizioni  (i)  la  rendevano  in  Roma  molto 
rispettata.  Marco  Antonio  Altieri  non  la  chiama  altrimenti 
che  «  la  magnifica  et  molto  honorata  donna  madonna  Van- 
«  nozza  della  casa  Cattanea  ^)  (2),  e  frate  Gaudenzio,  vicario 
generale  della  congregazione  Lombarda  degli  Agostiniani, 
le  dà  il  titolo  di  «  illustre  matrona  »  (3).  Bisogna  però  dire 
che,  anche  dopo  il  tramonto  della  potenza  Borgiana,  la  pec- 
catrice, diventata  penitente,  era  riuscita  a  mantenere  le  tra- 
dizioni di  decoro  anzi  di  fasto  proprie  della  famiglia  alla 
quale,  illegittimamente,  ella  si  gloriava  di  appartenere. 

Nella  chiesa  di  S.  Maria  del  Popolo  dove  era  stato  sep- 
pellito il  secondo  marito  di  Vannozza,  Giorgio  della  Croce  (4), 
ella  aveva  ottenuto  dai  frati  Agostiniani  la  cappella  posta  im- 
mediatamente a  destra  dell'  aitar  maggiore,  affinchè,  com'  è 
detto  nella  lettera  con  la  quale  il  vicario  della  congrega- 
zione di  S.  Agostino  le  confermava  la  donazione  della  cap- 
pella (5),  Vannozza  potesse  farvi  eseguire  pitture  ed  ogni 
altro  lavoro  di  abbellimento.  Vero  è  che   al  vicario  gene- 

(i)  Vannozza  era  ricca,  Cf.  P.  Adinolfi,  //  Canale,  di  Ponte, 
Narni,  1860,  p.  14.  Ella  aveva  dei  diritti  sul  castello  di  Bieda  in  quel 
di  Viterbo.  Sono  del  6  luglio  1 5 1 3  le  lettere  esecutoriali  ad  istanza  di 
Vannozza  contro  gli  uomini  e  contro  la  comunità  di  Bieda,  debitori  di 
essa  per  certe  somme  prestate.  Archivio  dèi  Sancta  Sanctorum,  arm.  IV, 
mazzo  VI,  n.  6.  In  questo  medesimo  archivio  sono  parecchi  docu- 
menti che  riguardano  gì'  interessi  patrimoniali  di  Vannozza,  e  special- 
mente le  case  che  ella  possedeva  presso  la  chiesa  di  S.  Lucia  in  Selci 
e  di  S.  Martino  ai  Monti,  e  le  case  poste  in  piazza  Pizzo  di  Merlo, 
e  r  osteria  della  Vacca  presso  Campo  di  Fiore. 

(2)  Vedi  documento  n,  i. 

(3)  Vedi  documento  n.  11. 

(4)  Secondo  il  Gregorovius,  Giorgio  della  Croce  sarebbe  stato  il 
primo  marito  di  Vannozza  ;  ma  lo  Yriarte  dimostrò  che  ella  era  già 
vedova  di  Antonio  de  Brixia  dal  quale  aveva  avuto  il  figlio  G.  Battista, 
canonico  di  S.  Maria  in  Via  Lata.  Cf.  Ch.  Yriarte,  Les  Borgia,  Paris, 
1889,  I,  30  sgg. 

(5)  È  fra  i  documenti  che  pubbEco,  il  secondo. 


/  gioielli  di   ramio\\a  453 

rale,  frate  Gaudenzio,  premeva  soprattutto  che  Vannozza 
assegnasse  alla  cappella  una  dote  conveniente,  e  si  affrettasse, 
perchè,  diceva  V  astuto  frate,  è  breve  la  vita  umana,  e  la 
morte  incerta  ad  ognuno.  Ed  ascoltando  le  esortazioni  di 
frate  Gaudenzio,  Vannozza  il  4  decembre  del  1503  legava 
alla  cappella  di  S.  Maria  del  Popolo  la  casa  che  possedeva 
sulla  piazza  Pizzo  di  Merlo,  riservandosene  Y  usufrutto  vita 
durante  (i).  Frattanto  nella  chiesa  dove  splendevano  le  opere 
del  Pinturicchio,  Vannozza  aveva  fatto  intraprendere  note- 
voli lavori.  Sarà  certamente  gradito  agli  studiosi  d' arte  il 
contratto,  da  me  ritrovato  (2),  che  il  4  ottobre  del  1500 
«  la  spectabile  dona  Vanotia  »  stringeva  col  maestro  An- 
drea  di  Monte  Cavallo  (3)  ed  un  maestro   Giovanni   per 

(i)  Roma,  Archivio  di  Stato;  archivio  del  Sanda  Sanciorum, 
arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  30.  Cf.  anche  Gregorovius,  op.  cit.  p.  326. 
Questa  casa  spettava  a  Vannozza  per  1'  eredità  di  Giorgio  della  Croce. 
Questi  aveva  lasciato  erede  universale  Ottaviano,  suo  figlio,  ed  aveva 
stabilito  che,  morendo  Ottaviano  senza  eredi,  la  casa  di  Pizzo  di  Merlo 
dovesse  assegnarsi  alla  cappella  di  S.  Maria  del  Popolo.  Arch.  Sancta 
SanctoruiH,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  20.  Il  testamento  di  Giorgio  è  del 
9  ottobre  1485.  Ma  Ottaviano  moriva  1'  anno  appresso,  ed  il  7  otto- 
bre i486,  Vannozza  che  intanto  aveva  sposato  Carlo  Canale,  adiva 
r  eredità  di  Giorgio  della  Croce.  In  questo  istromento  la  casa  di  Pizzo 
di  Merlo  è  descritta  con  i  seguenti  confini  :  «  ante  est  platea,  ab  uno 
«  latere  via  que  vadit  ad  Puteum  Blancum,  ab  alio  latere  est  via  per 
«  quam  itur  ad  Canzellariam,  ab  alio  latere  est  donius  capelle  S.  Ma- 
«rie  que  est  in  ecclesia  S.  Cecilie,  ab  alio  latere  est  domus  lacobe 
«  mulieris  de  Bononia,  retro  est  ortus  ».  Arch. Sancta  Sanctorum,  arm.  IV, 
mazzo  VI,  n.  21. 

(2)  L'originale  del  documeuto  avrebbe  dovuto  ritrovarsi  nell'  ar- 
chivio del  Sancta  Sanctorum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  dove  sono  le  altre 
scritture  spettanti  a  Vannozza;  ma  di  là  esso  fu  asportato.  Ne  ho  ri- 
trovato fortunatamente  una  copia  fra  le  schede  di  Costantino  Cor- 
visiERi  presso  la  biblioteca  della  R.  Soc.  rom.  di  storia  patria,  bu- 
sta XIV,  h-p.  Vedi  più  innanzi  documento  n.  iii. 

(3)  Lascio  agli  storici  dell'  arte  il  compito  d' identificare  il  maestro 
Andrea.  Questo  nome  ricorre  più  volte  nei  documenti  del  tempo.  Mi 
par  prezioso  fra  gli  altri  un  documento  del  7  luglio  1484  contenente 


454  "P-  J^deU 


la  costruzione  di  un  tabernacolo  nella  sua  cappella  di 
S.  Maria  del  Popolo.  I  due  artisti  si  obbligavano  a  farlo 
simile  a  quello  di  S.  Giacomo  degli  Spagnuoli  con  cande- 
labrine  e  fregi  ed  altri  «  subtili  lavori».  L'opera  doveva 
esser  compiuta  per  il  gennaio  del  1501.  Nel  marzo  di  que- 
st'  anno  Vannozza  pagava  al  maestro  Andrea  sette  ducati 
che  erano  T  ultima  parte  del  compenso  stabilito.  Sopra 
l'arco  della  cappella  era  l'arma  marmorea  di  Vannozza, 
scolpita  dagli  stessi  artisti.  Forse  Martin  Lutero,  sofferman- 
dosi nel  convento  Agostiniano  di  S.  Maria  del  Popolo,  ce- 
lebrò la  messa  nella  cappella  di  Vannozza  Borgia?  (i) 

Ma  opera  più  splendida  e  di  maggior  valore  fu  quella 
che,  per  merito  di  Vannozza,  venne  affidata  al  grande  orafo 
della  Rinascenza,  Caradosso  Poppa.  Questo  «  eccellentis- 
«  simo  valente  huomo  »  del  quale  «  più  che  di  nessun  altro 
«  haveva  invidia  »  il  Cellini  (2),  in  un  tempo  che  aveva 
visto  Lorenzo  Ghiberti,  Antonio  del  Pollaiuolo,  il  Finiguerra, 
il  Francia,  era  riuscito  ad  emulare  i  migliori  se  non  a  su- 
perarli, elevandosi  alla  grande  arte  nelle   sue    minute  pro- 

r  esame  dei  testimoni  sopra  i  marmi  e  peperini  scavati  in  piazza  Giudia, 
in  tempo  che  Ludovico  Margani  fu  maestro  di  strada  insieme  con  Fran- 
cesco de  Ilperinis,  e  venduti  a  diversi  dal  sottomaestro  Pietro  Paolo 
marmorario.  Nel  documento,  sfuggito  al  Lanciani,  Storia  degli  scavi, 
sono  nominati  «  magister  Antonius  de  Florentia,  scalpellinus  de  re- 
«  gione  Pine?,  magister  Antonius  Brugnanus  marmorarius,  magister 
«  Andreas  Florentinus^  scalpellinus  habitator  in  platea  de  Militibus  in 
«  regione  S.  Eustachii,  magister  Antonius  de  Florentia,  scalpellinus  de 
«  regione  Pine?,  magister  Primus  marmorarius  regione  Pine?  » .  Il 
notaio  fu  «  lacobus  Palonis  notarius  dictorum  magistrorum  » .  Il  docu- 
mento é  neir  archivio  del  Sancta  Sanctoram,  arm.  V,  mazzo  iv,  n.  60. 

(i)  La  chiesa  di  S.  Maria  del  Popolo  possiede  indubbiamente  un 
archivio  che  io  non  ebbi  modo  né  tempo  di  visitare.  Mi  fu  detto  che 
nei  registri  delle  messe  ricorre  il  nome  di  frate  Martino.  La  notizia 
meriterebbe  di  essere  controllata. 

(2)  B.  Cellini,  Vita,  per  cura  di  O.  Bacci,  Firenze,  1901,  p.  52; 
B.  Cellini,  /  trattati  delV  oreficeria  e  della  scultura,  per  cura  di  C.  Mi- 
lanesi, Firenze,  1857,  pp.  31,  72,  96. 


/  gioielli  di  Vannowa  455 

duzioni,  nelle  medaglie,  nei  crocifìssi  d'oro,  nelle  piccole 
piastre  d'  argento  con  figurine  di  rilievo,  smalto  o  niello, 
come  discendendo  alle  più  sottili  minuzie  di  orafo  nelle  sue 
opere  monumentali  (i).  Roma  lo  ammirava  fin  da  quando 
nel  fiore  della  sua  giovinezza  egli  eseguiva  le  portello  del 
reliquiario  delle  catene  a  S.  Pietro  in  Vincoli  (2).  Ora  che 
egli  era  nella  vecchissima  età,  Vannozza  gli  porgeva  l'occa- 
sione di  compiere  l'ultimo  lavoro  della  sua  lunga  e  labo- 
riosa vita  d'artefice,  nel  quale  il  Caradosso,  forse  meglio 
che  altrove,  avrebbe  potuto  dimostrare  la  qualità  unica  in 
lui  della  penetrazione  reciproca  dei  due  generi  così  dissimili 
di  arte,  la  scultura  e  l'oreficeria. 

Da  una  notizia  tratta  dal  catasto  del  Sancta  Sanctorum 
del  1525,  di  Marco  Antonio  Altieri,  alla  quale  i  biografi  del 
Caradosso  non  han  dato,  che  io  sappia,  alcuna  importanza, 
si  sapeva  che  Vannozza  aveva  lasciato  molte  rendite  all'o- 
spedale del  Salvatore  il  quale  strinse  un  accordo  con  lo 
«  excellente  et  celebre  argentiero»,  nominato  Caradosso, 
dandogli  duemila  ducati,  «  accio  che  collo  exceliente  suo 
«  artificio  se  satisfessi  al  desiderio  di  quella  magnifica  et  ho- 
«  norata  donna  »  (3).  Ma  di  qual  genere  fosse  il  lavoro  che 
il  Caradosso  era  invitato  ad  eseguire,  nessuno  dei  suoi  bio- 
grafi (4)  s' è  dato  pensiero  di  ricercare. 

(i)  Cf.  EuGÉNE  MOntz,  Histoire  de  l'art  pendant  la  Renaissance, 
Paris,  1891,  II,  554  sgg. 

(2)  Queste  portelle  gli  furono  recentemente  attribuite  da  A.  Ven- 
turi, Le  primizie  del  Caradosso  a  Roma  in  VArte,  anno  IV,  fase.  i-iv. 

(3)  La  notizia  fu  già  pubblicata,  poco  esattamente,  dal  Gregoro- 
vius,  op.  cit.  p.  331  sg.  Ma  poiché  il  Gregorovius  non  pubblica  il 
testo  originale  di  M.  A.  Altieri,  cosi  ho  creduto  opportuno  ripubbli- 
carlo dal  catasto  del  Sancta  Sanctorum,  fra  i  documenti.  Vedi  doc.  n.  i. 

(4)  Oltre  il  lavoro  già  citato  del  MOntz,  d.  dello  stesso  autore 
Les  arts  à  la  cour  des  papes  Innocent  Vili,  Alexandre  VI,  Pie  III, 
Paris,  1898,  dove  anche  parla  del  Caradosso,  pp.  56,  145.  Parimenti 
nulla  dicono  G.  L.  Calvi,  Notizie  sulla  vita  e  sulle  opere  dei  principali 
architetti,  scultori  e  pittori  che  fiorirono  in  Milano  durante  il  governo  dei 


45^  T.  Jedele 


Una  fortunata  indagine  nell'  archivio  del  Sancta  Sancto- 
rum  mi  permette  di  riempire  questa  lacuna  nella  biografia 
del  grande  artefice  (i). 

Alcuni  anni  dopo  la  morte  di  Vannozza,  il  io  decembre 
del  1524,  Mariano  Castellani  e  Raffaele  Casali,  custodi  del- 
l'ospedale della  società  del  Salvatore,  conchiudevano  un 
contratto  con  Caradosso  de  Poppa  per  il  quale  questi  s'im- 
pegnava ad  eseguire  un  nuovo  tabernacolo  d'argento  per 
r  immagine  del  Salvatore  del  Sancta  Sanctorum. 

Entro  due  mesi  dal  io  decembre  egli  ne  avrebbe  conse- 
gnato il  disegno:  si  obbligava  quindi  a  farne  un  modello 
di  legno  che  sarebbe  stato  poi  rivestito  di  piastre  d' argento, 
lavorate  e  figurate  a  seconda  del  disegno  che  i  custodi  aves- 
sero approvato.  Il  Caradosso  prometteva  di  compiere  il  ta- 
bernacolo di  opera  buona  e  polita  ed  eccellente  entro  tre 
anni.  Si  mettevano  subito  a  disposizione  dell'artista  mille 
cento  e  venti  ducati,  salvo  a  pagare  il  resto  a  lavoro  com- 
piuto secondo  il  giudizio  di  arbitri  eletti  di  comune  accordo. 
Per  cautela  dell'  ospedale  del  Salvatore,  il  Caradosso  poneva 
in  pegno  tutti  i  suoi  beni  e  particolarmente  la  casa  che  egli 
possedeva  nella  regione  di  Ponte,  nella  parrocchia  di  S.  Bia- 
gio della  Pagnotta  (2).  Se  poi  il  maestro  fosse  venuto   a 


Visconti  e  degli  Sforma,  Milano,  1865  ;  M.  Caffi,  Arte  antica  lombarda 
in  Archivio  storico  Lombardo^  1880,  p.  594  sgg.  ;  G.  Campori,  Gli  ar- 
tisti italiani  e  stranieri  negli  Stati  Estensi,  Modena,  1855,  p.  209;  A.  Ber- 
TOLOTTi,  Artisti  lombardi  a  Roma,  Milano,  188 1,  I,  272  sgg.;  II,  313; 
I.  M.  Valeri,  Artisti  lombardi  a  Roma  nel  Rinascimento  in  Reperto- 
rinm  fùr  Ktinstwissenschaft,  1902,  p,  57  sgg. 

(i)  Alla  cortesia  ed  alla  grande  conoscenza  archivistica  del  si- 
gnor Giovanni  Gori  dell'Archivio  di  Stato  di  Roma  debbo  se  le  mie 
ricerche,  quantunque  fatte  in  brevissimo  tempo,  riuscirono  cosi  abbon- 
dantemente fruttuose. 

(2)  Difatti  il  26  de:embre  del  1525,  Lucio  Caradosso,  figliuolo  di 
Niccolò  de  Poppa,  e  nipote  del  maestro  Caradosso,  e,  dopo  la  morte 
di  questo,  suo  erede  universale,  obbligava  all'  ospedale  la  casa  nella 
regione  di  Ponte  e  gli  altri  beni  «  prò  cautela  hospitalis  prò  mille  et 


/  gioielli  di  Vanìio\:{a  457 

morte,  lasciando  incompiuto  il  lavoro,  a  domanda  dei  custodi 
dell'  ospedale  e  degli  eredi  del  Caradosso,  si  sarebbe  fatta  la 
stima  della  parte  già  eseguita  (i).  Non  vi  par  di  sentire  in 
questa  clausula  del  contratto  il  timore  che  per  la  tarda  vec- 
chiezza del  maestro  l'opera  squisita  rimanesse  a  mezzo  ? 
I  millecentoventi  ducati  che  furono  promessi  al  Cara- 
dosso  per  compenso,  erano  le  rendite  di  quattro  anni  del- 
l'osteria della  Vacca  presso  Campo  di  Fiori,  rendite  che 
Vannozza  aveva  destinato  all'ospedale  del  Laterano  con  l'ob- 
bligo di  eseguire  il  nuovo  tabernacolo  (2). 


«  centum  viginti  ducatis  et  forsitan  aliis  a  dicto  hospitali  accepturis»; 
archivio  del  SsLitcta  Sanctorum,  protocollo  del  notaio  M.  A.  Speculum, 
volume  dagli  8  marzo  1523  al  14  aprile  1530,  f.  79  v.  Il  Muntz  trovò 
r  atto  di  compera  del  terreno  sul  quale  il  Caradosso  costruì  la  sua  casa 
vicino  alla  chiesa  di  S.  Biagio  della  Pagnotta.  Cf.  anche  A.  Berto- 
lotti,  Artisti  lombardi  a  Roma,  Milano,  1881,  I,  280.  Dal  protocollo 
del  notaio  Apocello  si  rileva  poi  che  il  io  decembre  del  1534  Lucio 
Caradosso  investì  Graziadio  de  Prata  di  questa  casa  che  gli  proveniva 
dall'  eredità  del  maestro  Caradosso,  con  1'  obbligo  di  spendervi  due- 
cento scudi  «  in  refìciendo  seu  reparando  seu  pingi  faciendo  parietem 
«  versus  stratam  mastram  qua  itur  a  Castro  S.  Angeli  versus  Campum 
«Floris  ».  Ivi  è  anche  la  «Nota  delle  spexe  facte  per  conto  de  messer 
«  Lucio  Caradosso  de  Fopa  » .  Tra  l' altro  è  notato  :  «  A  m.  Gio.  Plettro 
«  pictor  per  depinger  la  faciatta  com  l' arma  de  la  Santità  de  papa 
ff  Paulo  tercio  et  del  illustrissimo  signor  duca  di  Milano  ducati  8». 
Con  rogito  di  Apocello  del  2  luglio  1537  Silvestro  da  Montacuto  e 
Lodovico  da  Palazzo  comprano  questa  casa  per  due,  191 5  e  boi.  54. 
Su  di  essa  gravava  un  censo  di  due.   22  verso  i  canonici  di  S,  Pietro. 

(i)  Per  i  particolari  del  contratto  vedi  documento  n.  iv. 

(2)  La  donazione  dell'  osteria  della  Vacca  è  del  15  gennaio  15 17 
{Sancta  Sanctorum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  28).  I  frutti  di  quattro  anni 
di  quell'osteria  dovevano  mettersi  da  parte  per  il  nuovo  tabernacolo, 
per  eseguirvi,  «  amotis  ornamentis  veteribus  dictae  sacratissimae  ima- 
«  ginis  Salvatoris,  nova  ornamenta  tum  gemmarum,  perlarum,  auri  et 
«argenti,  tum  armis  et  titulo  ipsius  dominae  donatricis  &c.  ».  La  metà 
dell'osteria  della  Vacca  era  stata  venduta  a  Vannozza  da  Leonardo 
Capocci,  canonico  di  S.  Pietro,  il  19  novembre  del  1500  (arch.  Sancta 
Sanctorum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  31).  L'altra  metà  dell'osteria  Van- 

Archivio  della  li.  Società  ro  rana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.       30 


458  T.  Jedele 


Né  di  ciò  soltanto  Vannozza  s'era  accontentata;  ma 
aveva  fatto  anche  sacrifizio  di  quello  che  le  donne  amano 
di  più,  di  cui  assai  a  malincuore  si  privano,  pur  nella  vec- 
chiezza :  dei  suoi  gioielli.  Ma  questi  ormai  non  potevano 
più,  come  una  volta,  far  risaltare  il  lampo  oscuro  dei  suoi 
occhi,  né  accendere  mobili  riflessi  sulle  sue  carni  che  Giu- 
none e  Venere,  come  dice  il  Gregorovius,  s'erano  forse 
insieme  adoperate  ad  abbellire  ! 

Vannozza  infatti  aveva  stabilito  che  oltre  all'oro  ed  al- 
l'argento, si  dovessero  adoprare  gemme  e  perle  con  squisita 
arte  incastonate  non  soltanto  per  adornare  la  veneranda  im- 
magine del  Salvatore,  ma  anche  forse,  tanto  potevano  la 
vanità  e  la  tradizione  Borgiana  pur  nel  tramonto  della  vita!, 
per  abbellire  l'arma  ed  il  titolo  della  donatrice  che  dove- 
vano figurare  nel  nuovo  tabernacolo.  Ed  ella  dette  i  suoi 
gioielli  (i).  Più  caro  ancora  di  questi  non  teneva  ella  forse 
un  busto  d'argento  rappresentante  il  figliuol  suo  Cesare? 
Probabilmente  era  anch'esso  opera  di  uno  dei  grandi  artisti 
della  Rinascenza.  Eppure  Vannozza  l'aveva  donato,  se  non 
erro,  all'ospedale  della  Consolazione  (2).  Fra  le  gioie  de- 
stinate da  Vannozza  al  tabernacolo  v'era  un  anello  d'oro 
con  diamante,  ed  un  altro  egualmente  d'oro  con  rubino.  Un 
anello  con  rubino  era  foggiato  a  testa  di  leone;  e  v'erano 

nozza  r  aveva  acquistata  il  29  novembre  del  1 5 1 3  da  Pietro  Antonio 
e  Ciriaco  de  Matteis  per  ducati  1500  in  ragione  di  carlini  dieci  per 
ducato  di  moneta  vecchia  (ibid.  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  34).  La  via  ove 
tuttora  esiste  la  casa  e  1'  osteria  della  Vacca,  spettante  un  tempo  a 
Vannozza  Borgia,  nel  secolo  xvii  era  detta  «  Vicus  Macellorum  Campi 
«Flore»  (ibid.  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  45,  documento  dell'  anno  1637, 
ottobre  27). 

(i)  Nella  notizia  di  M,  A.  Altieri  è  detto  che  Vannozza  lasciò 
all'  ospedale  «diverse  gioie  et  non  poco  preciose».  V.  doc.  n.  i. 

(2)  In  uno  degl'  inventari  di  questo  ospedale  ricordo  d' aver  veduto 
r  indicazione  del  busto  donato  dalla  Vannozza  ;  ma,  avendone  smar- 
rito r  appunto,  non  posso  da  Napoli,  dove  scrivo,  aver  modo  di  dar 
r  indicazione  precisa  del  documento. 


/  gioielli  di  Varinola  459 

anelli  con  turchesi  ed  un  fermaglio  d'oro;  né  vi  manca- 
vano perle  e  margherite  e  zaffiri,  veri  e  contraffatti  (i). 
Oltre  di  questi,  altri  gioielli  certamente  doveva  possedere 
Vannozza,  avanzo  e  ricordo  del  buon  tempo  antico.  Fra  le 
carte  spettanti  a  Vannozza  che  sono  pervenute  all'archivio 
del  Sancta  Sanctonim,  ho  trovato  due  foglietti  staccati  dove, 
con  calligrafia  feminilmente  impacciata,  sono  segnate  due 
liste  di  gioielli.  Sono  forse  di  mano  della  Vannozza?  Si  tratta 
di  gioielli  dati  in  pegno.  Senti  dunque  talvolta  anch'ella  il 
pungolo  del  bisogno?  Erano  ametiste  e  rubini  e  diamanti, 
e  collane  d'argento  di  sottile  lavoro,  e  coppe  d'argento 
operate  all'antica;  e  v'era  anche  un  pugnale  con  manico 
di  diaspro,  ed  una  corniola,  forse  antica,  con  una  testa  in- 
tagliata (2). 

Vannozza  l'aveva  il  gusto  delle  cose  belle!  Non  so  se 
ella  appartenesse  veramente,  come  suppone  lo  Yriarte  (3), 
alla  piccola  borghesia.  Comunque,  il  suo  gusto,  tra  gli 
splendori  dell'arte  Borgiana,  s'era  affinato,  ed  ella  amava 
circondarsi  di  cose  belle.  È  noto  come  ad  un  orafo  della 
regione  Regola,  Nardo  Antoniazzi,  ella  avesse  affidata  l'ese- 
cuzione di  una  croce  d'argento  (4).  Doveva  essere  ricchis- 
sima, perchè  i  consoli  dell'Arte  degli  orefici  l'avevano  sti- 
mata cinquecento  ducati.  Il  lavoro  fu  compiuto  nel  1502; 
ma  nel  1 5 1 2  Vannozza  non  aveva  ancora  terminato  di  pa- 
garlo, dovendo  all'orafo  Nardo  altri  novantacinque  ducati. 
E  vi  fu  causa  nella  quale  Nardo  affermò  che  un  bel  giorno 

(i)  Vedi  doc.  n.  v. 

(2)  Vedi  documenti  nn.  v,  vi. 

(3)  Ch.  Yriarte,  op.  cit.  I,  30.  Della  famiglia  di  Vamiozza  si  sa 
poco  o  nulla.  Una  ricerca  riuscirebbe  interessante  e  non  infruttuosa. 
Non  so  quale  relazione  avesse  con  Vannozza  quel  Gabriele  de  Cata- 
neis  che  nel  suo  testamento  del  3  aprile  1472,  dopo  l'assegnazione 
delle  doti  di  200  ducati  d'oro  a  ciascuna  delle  sue  figlie,  istituiva  eredi 
Astorgio,  Carlo,  Taddeo  e  Ludovico  suo  figlio.  Arch.  del  Sancta  San^ 
£torum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  27. 

(4)  Il  fatto  è  accennato  dal  Gregorovius,  op,  cit.  p.  327. 


46o  T.  fedele 


Vannozza  aveva  mandato  a  prendere  la  croce,  col  pretesto 
di  vederla,  per  un  tal  Domenico,  giovane  della  bottega  di 
Nardo,  né  più  la  volle  restituire.  Domenico  pregò,  scon- 
giurò ;  ma  era  il  tempo  che  il  Valentino  dominava  in  Roma 
e  sull'Italia,  e  Domenico,  atterrito  dalle  minacce  di  Van- 
nozza, lasciò  nelle  sue  mani  la  croce  (i).  Vannozza  non 
comparve  avanti  ai  giudici;  ma  rispose  per  mezzo  di  pro- 
curatori ed  in  sua  casa  «  per  la  nobiltà  e  l'onestà  sua  » ,  e 
potè  provare  di  essere  calunniata.  Agli  atti  della  causa  è 
allegato  anche  un  contratto  del  5  ottobre  1500  fra  l'orafo 
Damiano  di  Parma  e  Vannozza  per  un'altra  croce  che  «  lo 
«  dicto  Damiano  promecte  de  fare  secondo  lo  disignio  facto 
«  per  mano  de  lo  dicto  Damiano  in  presentia  de  mastro 
«  Antonio  da  Lodi  »  (2). 

Vannozza  non  potè  vedere  neppure  T  inizio  dell'  opera 
del  Caradosso,  poiché  fra  il  rimpianto  sincero  di  quanti 
erano  stati  beneficati  da  lei,  ed  il  basso  mormorare  del 
volgo,  ella  morì  il  26  novembre  del  15 18,  mentre  il  Ca- 
radosso, come  vedemmo,  non  potè  dar  principio  al  lavoro 
che  nel  1525.  Le  gemme  destinate  da  Vannozza  ad  ornare 
il  tabernacolo  rimasero  in  consegna  di  Girolamo  Fichi,  suo 
esecutore  testamentario.  Venuto  questo  a  morte,  le  tenne  il 
figliuolo  Ludovico  che  il  24  decembre  1524  ne  rilasciava, 
con  pubblico  istrumento,  dichiarazione  all'ospedale  del  Sal- 
vatore (3).  Non  furono  consegnate  che  il  io  giugno  del  1525 
da  Paolo  Pichi,  figliuolo  di  Ludovico  (4),  forse  per  solle- 


(i)  «  Garzonus  dicti  Nardi,  perterritus  mìnis  &c,,  attento  eo  tem- 
«  pere  quo  dux  Valentinus  toti  Urbi  et  Italie  fere  dominabatur,  fìlius 
«  diete  Vannozie,  et  timens  sìbi  crucem  huiusmodi  coactus  diete  Van- 
«nozie  dimisit».  Arch,  del  Sancta  Sanctorum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  5. 
Ivi  sono  gli  estratti  degli  atti  della  causa  mossa  contro  Vannozza  «  prò 
«parte  providi  viri  magistri  Nardi  Antonatii  de  regione  Arenule». 

(2)  Ibid. 

(3)  Vedi  doc.  n.  v. 

(4)  Vedi  doc.  n.  viii. 


7  gioielli  di  V annoda  4^1 

citazione  del  Caradosso  che,  in  quel  tempo,  doveva  già  avere 
mandato  innanzi  il  lavoro. 

Ma  di  li  a  poco  il  Caradosso  morì,  e  l'opera  che  avrebbe 
dovuto  forse  riassumere  tutta  la  mirabile  perfezione  che 
egli  aveva  raggiunto  nella  scultura  e  nell'oreficeria,  rimase 
incompiuta.  Sopravvenne  il  sacco  di  Roma  del  1527,  e  la 
parte  del  tabernacolo  già  eseguita  fu  preda  della  soldataglia 
tedesca  di  Sua  Maestà  cesarea.  Si  tentò  o  si  sperò,  a  quanto 
sembra,  di  poterla  ricuperare,  poiché  il  nipote  ed  erede  del 
Caradosso,  Lucio,  che  frattanto  s'era  obbligato  a  restituire 
all'ospedale  duecento  dei  quattrocento  ducati,  già  sborsati 
allo  zio,  s' impegnava  a  far  si  che,  nel  caso  si  potesse  ria- 
vere la  parte  del  tabernacolo  in  argento  già  compiuta  od 
anche  il  modello  di  esso,  tutto  si  restituisse  all'ospedale  (i). 
Ma  fra  le  mani  dei  predoni  tedeschi  pensate  a  che  dovesse 
essere  ridotto  il  gentile  lavoro  dell'orafo  più  squisito  del 
Rinascimento  ! 

Vannozza  che  aveva  sperato  di  porre  sotto  la  veneranda 
immagine  del  Salvatore  l'arma  ed  il  nome  suo,  non  ebbe 
neppure  da  parte  dell'ospedale  il  fiore  perenne  della  grati- 
tudine. Riferisce  Marco  Antonio  Altieri  che  la  confraternita 


(i)  Archivio  del  Sancta  Sanctorum,  arm.  Ili,  lib.  XII,  e.  73  b. 
L' atto  di  concordia  di  Lucio  Caradosso  con  1'  ospedale  è  del  22  giugno 
del  1532.  Lucio  si  obbligava  a  pagare  in  varie  rate  duecento  ducati 
e  r  ospedale  lo  quietanzava  interamente  dei  quattrocento  ducati  dati 
allo  zio  a  conto  dei  millecentoventi  promessigli  per  il  tabernacolo.  No- 
tevole è  il  passo  seguente  :  «  et  dictus  Caradossus  certam  partem  dicti 
«  tabernaculi  fecit  ac  etiam  modellum,  et,  ut  Deo  placuit,  dictus  Cara- 
«  dossus  ab  hac  luce  migravit,  superstite  dicto  domno  Lucio  nepote  et 
«  herede  ;  et  deinde  propter  Urbis  preteritam  eversionem  dieta  pars 
«tabernaculi,  ut  supra  facta,  ut  ipse  dominus  Lucius   asseruit,  depre- 

«  data  fuit  a  militibus  Cesaree  Maiestatis Dictus  Lucius  voluit  et 

«  consensit  quod  in  eventum  in  quem  recuperabitur  dieta  pars  taber- 
«  naculi  in  argento  ut  supra  facta,  vel  aliqua  iuris  ipsius,  ac  dictum 
(f  modellum,  quod  totum  id  quod  recuperabitur,  sit  et  esse  debeat  dicti 
«  hospitalis  ». 


462  T.  Jedele 


aveva  stabilito  che  le  esequie  di  Vannozza  fossero  splendide 
di  onori  e  di  pompe,  e  che  se  ne  celebrasse  ogni  anno  Tan- 
niversario  «  con  confluenza  de  homini,  con  molte  torce  et 
«  candele  alluminate  »  (i).  Ma  già  nel  1736  l'anniversario 
era  stato  tolto  dalla  tabella  dell'arcispedale,  e  poiché  la 
Congregazione  della  Visita  ve  lo  inseri  novamente,  l'ospe- 
dale, immemore  dei  benefìzi  ricevuti  da  Vannozza,  ricorse, 
e  con  decreto  del  18  febbraio  del  1760,  l'anniversario  fu 
cassato  novamente  (2).  Invano  Marco  Antonio  Altieri  aveva 
lasciato  scritto  che  la  confraternita  desiderava  «  mostrare  al 
«  mundo  per  noi  fugirse  quel  si  exoso  et  detestando  titolo 
«  de  ingrato  »  ! 

P.  Fedele. 


(i)  Vedi  doc.  n.  i. 

(2)  Archivio  del  Sancta  Sanctorum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  49. 


/  gioielli  di  Vannowa  463 


DOCUMENTI 


I. 

Archivio  del  Sancta  Sanctorum.  Catasto  del   1525   di   Marco  Antonio  Altieri,  e.  23  a. 

Della  m.  donna  madonna  Vannozza  de  casa  Catanea. 

Né  meno  devemo  smenticarce  della  amorevele  demostratione  ne 
fece  a  quella  sacratissima  imagine  del  nostro  Salvatore  Sancta  Sanctorum 
la  magnifica  et  molto  honorata  donna  madonna  Vannozza  della  casa 
Cattanea,  matre  felice  delli  illustrissimi  signori,  signor  duca  de  Candia, 
signor  duca  Valentino,  dello  signor  prencipe  de  Squillace  et  de  ma- 
donna Lucretia,  magnifica  duchessa  di  Ferrara.  Volendola  ornare  de 
cose  temporale,  lassoce  assai  diverse  gioie  et  non  poco  preciose,  ag- 
giugnendoce  poi  un  tal  subvenimento  chella  compagnia  deliberandose, 
procurando  liberarse  de  tale  obligo,  alquni  anni  da  poi  per  mezzanità 
et  cura  delli  nobili  homini  messer  Mariano  Castellano  et  del  mio  si 
caro  messer  Raffaele  Casale  poco  innanti  guardiani,  se  è  convenuta 
con  quello  exceliente  et  celebre  argentiero  nominato  Caradosso  darli 
doi  milia  ducati,  acciò  che  collo  excellente  suo  artificio  se  satisfessi  al 
desiderio  de  quella  magnifica  et  honorata  donna.  Et  appresso  allo  or- 
nato recercassi  et  poi  el  modo  similmente  de  exequirlo  lassoce  tal  pos- 
sessione da  retrarne  ducati  quattrocento  de  annuale  et  continua  pesone 
per  sustegno  et  nutrimento  de  quel  numero  meschino  de  poveri  et 
infermi.  Si  che  considerandose  el  pientissimo  et  devoto  animo  suo  col 
SI  benigno  et  amorevole  soccurso  de  tanti  abisognosi,  per  usameli 
qualche  gratitudine,  dispusese  la  nostra  venerabil  compagnia  per  parere 
universale  de  non  solo  honorarne  quelle  exequie  de  sumptuosa  et  ho- 
norata pompa,  ma  el  cadavere  anche  insignirlo  de  superbo  et  magni- 
fico sepulchro,  et  poi  decretarne  per  publico  consenzo  in  'quel  mede- 
simo corno  fussi  sepellita,  farne  al  Popolo,  dove  sotterrose,  lo  anniversario 
de  messe,  de  cerimonie,  de  confluenza  de  homini,  con  molte  torce  et 
candele  alluminate,  assai  devotamente  celebrato,  se  per  commendarce 
a  Dio  la  salute  della  anima  sua,  et  anche  desiderando  mostrare  al 
mundo  per  noi  fugirse  quel  si  exoso  et  detestando  titolo  de  ingrato^ 


4^4  'P.  fedele 


IL 

Orig.  in  archivio  del  Sancta  Sanciorum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  29.  Copia  fra  le  schede 
di  Costantino  Corvisieri  presso  la  R.  Soc.  romana  di  storia  patria,  busta  XIV,  h-p. 

Frater  Gaudentius  de  Bargiis,  vicarius  generalis  congregatìonis 
Lombardi?  observantium  Eremitarum  divi  Augustini,  licet  immeritus, 
illustri  matron?  domin?  Vanoci?  de  Cathanis  saluterò.  Postulasti  a 
nobis  ut  capellam  in  nostra  ecclesia  Div?  Mari?  de  Populo  Rom§  sitam 
a  latere  dextro  malori  altari  viciniorem  olim  tibi  sive  marito  tuo 
domino  Georgio  de  Cruce  Mediolanensi  a  fratribus  monasterii  nostri 
predict?  Div?  Mari?  de  Populo  donatam  tibi  confirmaremus,  cupienti 
antedict?  capell?  decentem  et  honestam  dotem  assignare.  Nos  igitur, 
quantum  auctoritas  se  extendit  nostri  vicariatus,  tibi  fuisse  donatam 
prefatam  capellam  a  fratribus  suprascripti  monasterii  declaramus,  et 
presentibus  nostris  litteris  manu  nostra  propria  subscriptis  et  malore 
nostro  sigillo  roboratis  confirmamus,  ut  possis  in  ipsa  capella  laborari, 
fabricari  seu  pingi  facere,  sicut  consueverunt  ceteri,  quum  tales  sibi 
capell?  donantur  vel  alias  assignantur,  hortantes  devotionem  tuam  ut 
sicut  nobis  ore  proprio  te  velie  dixisti,  dotem  eidem  capell?  assignes 
honestam,  et  quanto  citius  melius  erit,  quia  vita  humana  et  brevis  est 
et  mors  omnibus  hominibus  incerta.  Rom?,   1300,  25  februarii. 

(Sigillum)  Fr.  Gaudentius  de  Bargiis  v.  g.  manu  propria. 


in. 

L'originale  è  perduto.  Copia  fra  le  schede  di  Costantino  Corvisieri  presso  la 
R.  Soc.  rom.  di  storia  patria,  busta  XIV,  h-p. 

Yesus. 

In  nomine  domini  nostri  lesu  Christi,  amen.  Sia  noto  a  chiun- 
che  legerà  questa  presente  scripta  ho  cedula  corno  ogi  a  questo  dì 
quatro  del  mese  (=»)  de  octobre  1 500  (b)  la  spectabile  dona  Vanotia 
de  Catani,  citadina  romana,  à  locato  una  certa  opera  di  marmoro  che 
vulgare  se  chiama  tabernaculo  a  maistro  Andrea  de  Monte  Caballo  et 
a  maistro  lohane  de  Larigo  suo  compagno,  nuncupati  scarpellini,  da 
fare  nel  modo  et  forma  che  ne  sta  uno  simile  nela  giesia  de  Sancto  la- 


(a)  del   mese  è  ripetuto  nel  lesto.  (b)   Nel  testo    15001    L'errore  era  nelV  originale 

perchè  nella  copia  Corvisieri,  dopo  i;ooi,  è  un  sic  fra  parentesi. 


I  gioielli  di  Vanno\\a  4^5 


cobo  di  Spagnoli  per  contener  el  sacrato  corpo  di  Christo  lesu.  Et  de 
questo  tabernaculo  ano  dato  el  disegno  a  dieta  dona  Vanotia,  et  ano 
promesso  di  farlo  simile  al  supradecto,  excepto  che  dove  sta  una  figura 
di  Christo  supra  la  cupula,  vi  sera  per  finimento  una  croce  di  marmo 
bella,  et  dove  sono  due  figure  di  apostoli  a  lato  dela  cupula,  vi  f^irano 
doy  tozeti  o  vero  candeleri,  et  che  del  resto  tuto  sera  lavorato  come 
quello  ho  secundo  al  desegno  dato  et  dimonstrato  a  dieta  dona  Vano- 
tia, cum  due  porticelle  ne  le  quale  sera  nela  più  alta  sculpito  uno  ca- 
lice, et  la  bassa  sera  per  riponere  el  sacramento,  et  dali  canti  doy 
proportionati  tozeti  per  ornamento  di  esso  tabernaculo. 

Item  ano  promesso  de  fare  due  belle  colonelle  ho  balaustri  da  poner 
sotto  el  lapide  del  altare,  et  de  lavorare  esso  lapide  el  quale  li  doverà 
dieta  dona  Vanotia  ho  lo  pagarà,  quando  essa  non  lo  trovasse  a  modo 
suo.  Item  de  farli  un'  arma  de  marmo  o  vero  insignia  secundo  el  di- 
segno a  loro  dato  di  palmi  due  almancho  da  poner  supra  lo  archo  de 
ìnfrascripta  capella,  dove  se  debe  poner  decto  tabernaculo  et  altare,  et 
ano  etiam  promesso  di  poner  dicto  altare  et  tabernaculo  cum  dieta 
arma  et  colonelle  nela  sua  capella  posta  ne  la  giesia  di  Sancta  Maria 
del  Populo  di  Roma  et  fermarli  a  sua  expesa,  excepto  el  muro  che  se 
farà  a  lo  altare  de  dreto.  Questa  opera  supradicta  ano  promesso  fare 
et  poner  come  de  supra  dieti  maistri  ala  dieta  madona  Vanotia  per 
precio  di  ducati  quarantatre,  ciohè  due.  43,  de  quali  ne  ano  receputi  ma- 
nualiter  et  in  contanti  per  arra  et  parte  de  pagamento  due.  dieci  de 
cari.  .X.  per  ducato,  perochè  così  se  sono  convenuti  che  siano  ducati 
de  carlini  a  simile  et  dicto  conto,  et  el  resto  esa  madona  Vanotia  li  ha 
promesso  pagarli  secundo  che  farano  la  dieta  opera,  la  quale  essi  ano 
promesso  darla  finita  per  tuto  el  mese  de  ienaro  proximo  da  venire 
senza  fallo,  et  di  farla  di  marmi  bianchi  et  novi  et  bene  adornarla  di 
frexii  et  altri  subtili  lavori  nel  modo  che  sta  el  disegno  et  tabernaculo 
supradieti.  Et  per  fede  ano  voluto  che  io  frate  Fabricio  da  Vercelli, 
frate  di  Sancta  Maria  del  Populo  di  Roma,  scrivesse  la  presente  cedula, 
presente  el  mio  compagno  frate  Pacifico  da  Garlascho  pavese,  et  Rey- 
naldo  da  Pavia,  servitore  di  essa  madona  Vanotia,  al  dì  et  anno  su- 
prascripti. 

Ita  est  id.  fr.  Fabricius  de  Vercellis. 

Et  più  ano  receputo  dieti  maistri  a  dì  ultimo  di  novembre  1500 
per  mano  mea  et  de  Petrone  da  Milano  per  parte  de  pagamento  de  dieta 
opera  marmorea  in  nome  dela  dieta  Vanotia  di  Cathani  ducati  simili 
dece  ciohè  due.  io  Ca™. 

(•'')  Et  più  ha  receputo  maistro  Io.  per  mano  de  dieta  madona  Va- 

(a)  Qui  il  Corvisieri  annota:    «  altra  iiiauu  ». 


4&6  T.  fedele 


notia  a  di  ultimo  de  zenaro  1501  presente,  revera  ut  asseruerunt  mihi 
fr.  Fabricio  due.  io. 

(a>Chonfesso  io  maistro  Andrea  schultore  de  marmo  avere  rece- 
puto  questo  di  18  de  febraro  duellati  sei  de  charlini  da  madona  Va- 
noza  de  Chatani  per  parte  de  pagamento  de  lo  tabernaculo  de  marmo 
eh'  à  fato  fare  a  Santa  Maria  del  Populo,  cioè  due.  6. 

Et  a  dì  4  de  marzo  1501  ò  reeeputo  io  maistro  Andrea  sopra- 
dieto  duchati  sete  da  madona  Vanoza  sopradeta  per  resto  del  tutto  lo 
lauro  fato  de  lo  tabernaculo  cioè  d.  7.  e  in  fede  de  xo  me  chiamo 
chontento  e  pavo  de  tuto. 


IV. 

Archivio  del  Sancia  Sanctorun'.  Instrum.  ab  a.  1523  ad  a.  1550  (M.  A.  Speculum), 
e.    76  A. 

Indictione  .xiii.,  die  vero  .x.  mensis  decembris  1524,  pontificatus 
Clementis  VII  anno  secundo  (b). 

In  presentia  &c.  Cum  hoc  fuerit  et  sit  quod  quondam  domina 
Vannotia  de  Cataneis  inter  alia  reliquerit  seu  donaverit  venerabili 
hospitali  societatis  sacratissime  Imaginis  Salvatoris  ad  Sancta  Sancto- 
rum  de  Urbe  omnes  et  singulos  fructus  et  pensiones  hospitii  Vache 
cum  aliis  apotecis  et  membris  suis  prò  quatuor  annis  post  eius  obitum 
percipiendos  ex  dicto  hospitio  cum  aliis  suis  apotecis  et  membris,  ut 
supra,  ad  hoc  ut  dicti  fructus  seu  pensiones  exponantur  prò  restaurando 
seu  conficiendo  de  novo  tabernaculum  prefate  sacratissime  Imaginis 
Salvatoris  iuxta  ordinationem  prefate  quondam  domine  Vannotie,  prout 
patet  in  instrumento  rogato  per  quondam  dominum  Andream  de  Ca- 
rusiis  notarium  publicum  ;  et  dicti  fructus  sive  pensiones  dictorum  qua- 
tuor annorum  ascendunt  ad  summam  et  quantitatem  mille  et  centum 
viginti  ducatorum  de  carlenis  currentium,  et  dicti  fructus  sive  pensio- 
nes videlicet  mille  et  centum  viginti  ducatus  sunt  percepti  et  partim 
depositati  in  bancho  domini  lohannis  Ardiiigelli,  et  partim  in  bancho 
domini  Michaelis  de  Lantis,  et  partim  sit  debitor  dictum  hospitale; 
idcirco  constituti  personaliter  nobiles  viri  dominus  Marianus  de  Ca- 
stellanis  et  dominus  Rafael  de  Casalibus,  moderni  custodes  diete  socie- 
tatis et  hospitalis,  ex  decreto  et  auctoritate  eis  concessa  a  dieta  socie- 
tate,  prout  patet  per  acta  mei  notarli  et  dicti  hospitalis  secretarli,  volentes 
dictum  tabernaculum  de  novo  fieri  facere  iuxta  dictam  ordinationem  et 


(a)  Qui  il  Corvisieri  annoia:   a  autografo  ».         (b) /«  margine  è  segnato:   Contractus 
prò  edificando  tabernaculo  Salvatoris  cum  Caradosso 


/  gioielli  di  Vannoiia  467 


potestatem  ut  supra  eis  datam  et  attributam  sponte  &c.  ac  omni  me- 
liori  modo  &c.  convenerunt  &c.  cum  magistro  Caradosso  de  Poppa 
laico  Mediolanensi  presenti  &c.,  quod  dictus  Caradossus  de  suo  proprio 
argento  fino  videlicet  de  lega  iuliorum  debeat  lacere  dictum  taberna- 
culum  laboratum  politum  et,  ubi  opus  fuerit,  indoratura  iuxta  formam 
designi  et  modelli  ;  quod  designum  sive  modellum  idem  magister  Ca- 
radossus prò  cautela  dicti  hospitalis  promisit  facere  et  prefatis  dominis 
custodibus  consignare  infra  duos  menses  proxime  futuros  ut  supra  in- 
ceptos  &c.  Cum  hoc  quod,  antequam  incipiat  laborare  de  argento, 
prefatus  Caradossus  debeat  facere  seu  fieri  facere  modellum  dicti  tabef- 
naculi  de  Ugno  et  in  ilio  addere  et  minuere  iuxta  voluntatem  et  de- 
clarationem  dictorum  dominorum  custodum  vel  quorum  prò  tempore 
fuerint,  et  postquam  fuerit  per  prefatos  dominos  custodes  formam  et 
designum  huiusmodi  declaratum,  debeat  dictum  lignum  piastra  de  dicto 
argento  cooperire,  laborare  et  figurare  iuxta  formam  dicti  designi  seu 
modelli.  Et  prefati  domini  custodes  prò  dicto  tabernaculo  integre  finito 
et  posito  omni  sua  perfectione  super  loco  ubi  de  presenti  stat  predicta 
sacratissima  figura  Salvatoris,  et  continue  debet  manere,  omnibus  sumpti- 
bus  dicti  Caradossi  tam  de  argento  forsan  supplendo  et  de  massa  dicti 
operis  quam  manifactura  ipsius  Caradossi  ac  quorumcumque  ministro- 
rum,  tam  de  argento  indorato  quam  magisterio  et  ligno  ac  omnibus 
aliis  ibidem  appositis,  promiserunt  satisfacere  et  cum  efifectu  solvere  et 
pacare  dicto  Caradosso  totum  illud  quod  per  peritos  comuniter  eli- 
gendos  fuerit  iudicatum  et  existimatum,  post  perfectum  predictum  opus, 
lusuper  prefatus  Caradossus  sponte  ut  supra  promisit  et  obligavit  pre- 
fatis dominis  custodibus  presentibus  &c.  et  mihi  notarlo  &c.  dictum 
tabernaculum  facere  ut  supra  de  opera  bona  et  pulita  et  excelienti 
omnibus  suis  expensis  ut  supra  ;  et  prefati  domini  custodes  quibus  supra 
nominibus  promiserunt  dare  et  cum  efifectu  consignare  dicto  Caradosso 
presenti  ut  supra  ducatos  mille  et  centum  viginti  de  carlenis  ut  supra 
exactos  ad  omnem  solam  et  simplicem  requisitionem  dicti  Caradossi 
deinde  &c.  videlicet  prò  arra  et  parte  pacamenti  dicti  tabernaculi,  re- 
siduum  vero,  videlicet  totani  partem  restantem  quod  plus  fuerit  ut  supra 
iudicatum  et  existimatum,  prefati  domini  custodes  quibus  supra  nomi- 
nibus promiserunt  dare  et  cum  efifectu  solvere  et  pacare,  postquam 
dictum  tabernaculum  fuerit  integre  finitum  ac  in  suo  loco  deputato 
positum  :  alias  voluerunt  dicti  domini  custodes  dictum  hospitale  teneri 
ad  omnia  dampna  &c.  quia  sic  actum  &c.  Et  prefatus  Caradossus 
sponte  ut  supra  promisit  dictum  tabernaculum  integre  perfectum  fini- 
tum et  positum  ut  supra  dare  consignare  et  ponere  infra  terminum 
trium  annorum  proxime  futurorum  ut  supra  inceptorum  et  ut  supra 
tempore  finiendorum.  Deinde  &c.  Et  prò  cautela  dicti  hospitalis,  vide- 


4^8  T,  Jedele 


Hcet  de  dictis  mille  et  centum  viginti  ducatis  et  forsitan  de  aliis  a 
dicto  hospital!  accepturis,  antequam  dictum  tabernaculum  sit  integre 
perfectum  et  ut  supra  positum,  ac  in  omnibus  damnis  &c.  prefatus  Ca- 
radossus  sponte  ut  supra  obligavit  omnia  bona  sua  &c.  et  presertim 
in  spetie  quandam  eius  domum  cum  omnibus  suis  membris  &c.  sitam 
in  urbe  in  regione  Pontis  in  parodila  S.  Blasii  della  Pagnotta  suis  finibus 
confinatam  cum  potestate  specificandi  &c.,  in  qua  de  presenti  inabitat 
idem  Caradossus  videlicet  in  parte.  Insuper  convenerunt  prefate  partes 
quod  in  eventum,  quod  Deus  advertat,  prefatus  magister  Caradossus, 
opere  huiusmodi  et  tabernaculo  inperfecto,  ab  hac  vita  decederet,  tunc 
et  eo  casu  debeat  ad  petitionem  prefatorum  dominorum  custodum  ac 
heredum  prefati  Caradossi  existimari  opus  eousque  factum  et  de  ea 
parte  satisfieri,  habito  tamen  respectu  ad  id  quod  deberet  solvi,  ipso 
opere  integre  perfecto,  et  dicti  heredes  ipsis  custodibus  et  ipsi  custodes 
ipsis  heredibus,  compensatis  habitis  et  receptis,  satisfacere.  Que  quidem 
omnia  et  singula  diete  partes  una  alteri  et  altera  alteri  scraper  et 
perpetuo  attendere  et  observare  &c.  Pro  quibus  omnibus  et  singulis  ob- 
servandis  &c.  tam  prefati  domini  custodes  quibus  supra  nominibus 
omnia  dicti  hospitalis  bona  &c.,  quam  dictus  Caradossus  omnia  bona 
sua  &c,  et  in  specie  ut  supra  respective  obligaverunt  sub  penis  Camere 
apostolice  &c.  cum  summissionibus  procuratorum  constitutionibus  et 
aliis  clausulis  &c.  luraverunt  &c.  et  rogaverunt  &c.  et  cum  potestate 
extendendi  &c. 

Actum  Rome  in  regione  Montium  in  aula  audientie  dicti  hospitalis, 
presentibus  &c.  dominis  Marco  Antonio  de  Alteriis  et  Raimundo  de 
Capite  Ferro  et  lordano  de  Serlupis  et  lacobo  Yllirico,  testibus  &c. 


V. 

Archivio  del  Sancia  Sanctorum.  Instrum.  ab  a.  1523  ad  a.  1530  (M.  A.  Speculum), 
e.    78  A. 

Indictione  .xiii.,  die  vero  .xxiiii.  mensis  decembris  1524,  ponti- 
ficatus  Clementis  VII  anno  secundo. 

In  presentia  &c.  Cum  fuerit  et  sit  quod  quondam  domina  Van- 
notia  de  Cataneis  Inter  alia  donaverit  venerabili  societatì  et  hospitali 
sacratissime  Imaginis  Salvatoris  ad  Sancta  Sanctorum  de  Urbe  certos 
anulos  cum  lapidibus  pretiosis  et  ac  etiam  certos  lapides  et  margaritas 
contrafactas  causa  mittendi  in  ornatura  et  utilitatem  tabernaculi  diete 
sacratissime  Imaginis,  et  illos  anulos  cum  lapidibus  pretiosis  et  lapides 
et  uniones  contrafactas  remanserunt  penes  quondam  dominum  leroni- 
mum  de  Pichis   tamquam  unum  ex  executoribus  suis:  idcirco  consti- 


1  gioielli  di  Vaiiìioi\a  469 


tutus  personaliter  nobilis  vir  dominus  Ludovicus  de  Pichis,  filius  dicti 
quondam  domini  leronimi,  non  vi  &c.  sed  sponte  &c.  ac  omni  meliori 
modo  &:c.  confessus  fuit  habere  infrascripta  bona  qua  fuerunt  diete 
quondam  domine  Vannotie  prò  dicto  tabernaculo  ut  supra.  Videlicet 
unum  anulum  aureum  cum  uno  diamante  a  facette.  Item  unum  alium 
anulum  aureum  cum  uno  rubino.  Item  unum  alium  anulum  cum  uno 
capite  leonis  cum  uno  rubino.  Item  unum  alium  anulum  cum  una 
turchina.  Item  unum  fcrmaglium  aureum  cum  uno  falcone  et  cum  una 
perna  sive  margarita  scozese  et  cum  uno  rubino.  Item  duo  pendenti 
cum  lapidibus  et  pernis  contrafactis.  Item  decem  et  septem  berilli  di- 
scolti. Item  quindecim  zaffiri  contrafacti  discolti.  Item  quatuordecim 
rubini  contrafacti  discolti.  Et  prefate  res  dictus  dominus  Ludovicus 
sponte  ut  supra  promisit  redere  restituere  realiter  et  cum  effectu  ad 
beneplacitum  dominorum  guardianorom  quòrum  supra  dicti  hospitalis 
qui  nunc  sunt  et  prò  tempore  erunt  &c.,  dummodo  supradicte  res  ve- 
niant  in  ornatum  et  utilitatem  dicti  tabernaculi  ut  supra.  Pro  quibus 
omnibus  observandis  prefatus  dominus  Ludovicus  obligavit  sese  &c. 
sub  penis  Camere  apostolice  &c.  cum  clausulis  &c.  luravit  &c.  Ro- 
gavit  &c. 

Actum  Rome  in  regione  Montium  in  aula  audientie  dicti  hospitalis, 
presentibus  domino  Nicolao  de  Mutis  et  domino  Carolo  de  Palonibus, 
testibus. 

VI. 

Archivio  del  Saucia  Sanctorum,  arm.  IV,  mazzo  vi,  n.  6. 

Uno  maze  de  perle  grose  segelate  et  infilate. 
Un  altro  mazo  de  perle  picole  infilate  et  sigliate. 
Uno  palasse. 
Una  amatista. 
Uno  robino. 

Dui  robine  et  una  perla. 
Uno  diamante  picolo. 
Un  altro  robino  falzo. 
Una  corneiola  co  na  testa  intagiata. 
Dui  bergete  d'oro. 

Tute  queste  prete  sono  licate  in  voro. 

Dui  cogiare  de  argiente  lavorate  a  litere  retorte  con  le  fugurete 
angele  cole  perle. 

Un  altro  cogare  lavorate  retorto  con  una  fugureta  in  capo. 
Tre  altre  cogare  lise. 


470  'P.  Jedele 


5  forchete  lise  dargente  indorat  (*)  li  capii. 

Una  altra  forcheta  co  el  manico  de  crestaie  lavorata  et  indorate. 

Li  patrenostre  de  argante  indorate  sono  de  canto  .  .  .(b). 

Dui  pentole  de  argite  lavorate  a  l'antica  indoratate. 

Uno  manico  de  diaspere  de  pugiale  fornite  de  aragnites  (0. 

VII. 

Archivio  del  Sancia  Sanctorum,  arni.   IV,  mazzo  vi,  n.   6. 

Uno  diamante  a  fagite. 

Uno  robino  grande  in  taula. 

Uno  balaso. 

Uno  robineto. 

Una  trqinaW. 

Uno  zapilo. 

Dui  diamanto  picolii. 

Uno  liozine  (e)  con  una  liqua  de  robine. 

Uno  anelo  con  dui  rubino  et  una  perla. 

Una  perla  grande  con  uno  robino  et  uno  falcone  (S). 


Vili. 

Archivio  del  Saucta  Sanctorum.  Instrum.  ab  a.   1523  ad   a,  1530  (M.  A.  Speculum), 


Indictìone  .xiii.,  die  vero  .x.  mensis  iunii  1525,  pontificatus  Cle- 
mentis  VII  anno  secundo. 

In  presentia  &c.  Constituti  personaliter  &c.  nobiles  viri  dominus 
Marcus  Antonius  de  Alteriis  et  dominus  lordanus  de  Serlupis,  guar- 
diani venerabilis  societatis  et  hospitalis  Salvatoris  ad  Sancta  Sancto- 
rum de  Urbe,  non  vi  &c.  sed  sponte  &c.  ac  omni  meliori  modo  &c. 
quietaverunt  et  refutaverunt  cum  pacto  de  ulterius  in  perpetuum  non 
petendo  &c.  omnia  et  singula  iura  &c.  que  quas  prefata  societas  et  ho- 
spitale  haberet  contra  et  adversus  filios  et  heredes  quondam  domini 
Ludovici  de  Picchis  causa  et  occasione  certorum  anulorum  cum  lapi- 
dibus  pretiosis  ac  pendentibus  et  aliis  lapillis  contrafactìs,  qui  anuli  et 


(a)  Cosi  nel  testo.         (b)  Dopo  canto  (?)  seguono  due  segni  che  non  intendo.         (e)  Nel 
verso,  della  stessa  mano:  La  scrita  de  le  cose  che  sono  in  pegno  (d)  Credo  torquina 

(e)  Cosi  parmi  nel  testo.  (f)    Nel   verso  della  stessa  mano:  Numero  de  le  cosse  che 

tene  lo  predicto  notario  Philipo 


1  gioielli  di  Vannowa  4JI 


pendentes  et  lapilli  fuerunt  quondam  domine  Vannotie  de  Cataneis, 
prout  de  dictis  anulis  et  aliis  ut  supra  apparet  de  deposito  per  acta  mei 
notarii  in  hoc  protocollo  ad  cartas  78  ad  que  me  refero.  Hanc  autem 
quietantiam  fecerunt  &c.  eo  quia  constitutus  personaliter  nobilis  iu- 
venis  dominus  Paulus,  filius  dicti  quondam  domini  Ludovici,  sponte  ut 
supra  presentialiter  manualiter  dedit  restituit  et  consignavit  prefatis  do- 
minis  guardianis  supradictos  anulos  et  alia  prout  in  dicto  instrumento 
continetur.  Post  dictam  receptionem  &c.  vocaverunt  &c.  et  renuntiave- 
runt  &c.  et  ex  nunc  prefati  domini  guardiani  mandaverunt  cassari  et 
annullari  dictum  instrumentum  ut  supra  depositi  facti  de  dictis  anulis 
et  aliis  per  dictum  dominum  Ludovicum  in  infrascripto  protocollo  ut 
supra.  Pro  quibus  omnibus  observandis  prefati  domini  guardiani  omnia 
dicti  ospitalis  bona  &c.  obligaverunt  sub  penis  Camere  apostolice  &c. 
cum  clausulis  &c.  iuraverunt  &c.  et  rogaverunt  &c.  et  cum  potestate 
extendendi  &c.  et  presertim  scribere  et  annotare  dictos  anulos  et  alia 
ut  supra  in  infrascripto  instrumento. 

Actum  Rome  in  regione  Montium  in  aula  audientie  dicti  hospitalis, 
presentibus  &c.  domino  lohanne  Paulo  de  Ursinis  de  Toffia  et  domino 
Bernardino  de  Palonibus,  testibus. 


VARIETÀ 


LA  LEGAZIONE  DEL  CARD.  D.  CAPRANICA 

AD    ALFONSO    DI    ARAGONA 

(Napoli,  29  luglio -7  agosto  1453). 

Il  grido  di  dolore,  che  s' innalzò  dalla  cristianità  intera 
all'annunzio  della  caduta  di  Costantinopoli,  fu  il  segno  di 
allarme  per  un  pericolo  più  grave  in  mezzo  al  rumore  delle 
lunghe  guerre  accanite  che  da  parecchio  tempo  tormenta- 
vano l'Occidente  e  l' Italia  in  ispecie.  Si  ebbe  allora  un 
momento  di  esitazione,  durante  il  quale  gli  animi  dei  re  e 
dei  principi  si  volsero  a  considerare  tanta  sciagura  e  ad 
escogitare  i  mezzi  per  respingerla;  ma  fu  un  momento 
solo,  giacché  non  cessarono  per  questo  in  Italia  le  rivalità 
e  i  contrasti  fra  Napoli  e  Firenze,  Venezia  e  Milano,  né, 
fuori  d' Italia,  la  concordia  regnò  sovrana.  Sicché  neppure 
di  fronte  al  comune  ed  imminente  pericolo  poterono  i  prin- 
cipi dimenticare  i  meschini  rancori  personali  e  le  loro  am- 
bizioni, unendosi  contro  l'aborrito  nemico  del  nome  cri- 
stiano. Che  se  la  temuta  minaccia  e  il  pericolo  furono  in 
qualche  modo  e  dopo  lunghi  sforzi,  scongiurati,  ciò  si  do- 
vette, più  che  all'opera  di  re  e  imperatori,  al  sacrifizio  e  al 
coraggio  di  poche  anime  elette  coadiuvate  nell'  impresa  da 
una  turba  di  miseri  credenti  animati  in  parte  da  un  pro- 
fondo sentimento  religioso  e  in  parte  stimolati  anche  da 
bramosia  di  guerra  donde  speravano  i  mezzi  per  la  vita. 

Nicolò  V  si  affrettò,  subito  dopo  la  triste  novella,  ad 
inviare  da  per  tutto  ambasciatori,  ammonendo  e  consigliando 
la  pace  e  l'unione:  era  necessario  operare  prontamente  se 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  stona  patria.   Voi.  XXVUI,      3^ 


474  ^'  C^^^^isi 


non  si  voleva  vedere  il  Turco,  imbaldanzito  dal  successo 
ottenuto,  avanzarsi  nelF  Europa  e  celebrare  altri  trionfi  (i). 
Presso  il  re  Alfonso  si  recò  come  legato  il  cardinale  Do- 
menico Capranica,  l'uomo  più  eminente  che  avesse  il  sacro 
collegio  (2).  Questi  parti  da  Roma  il  18  luglio  (3)  e  dopo 
undici  giorni  di  viaggio,  essendosi  fermato  più  volte  per 
via,  giunse  a  Napoli  col  suo  numeroso  séguito  di  ottanta 
persone,  tra  vescovi  e  gentiluomini,  e  sessanta  cavalli.  Il  re 
lo  accolse  fastosamente,  uscendogli  incontro  sotto  un  pallio 
di  damasco  cremisi,  ornato  di  fregi  di  argento,  di  oro  e  di 
seta  (4).  Il  giorno  seguente  il  Capranica  ebbe  un'  udienza 
privata  in  Castelnuovo.  Il  documento  che  qui  pubblico  ci 
fa  conoscere  il  tema  della  conversazione  e  gli  argomenti 
addotti  dal  cardinale  per  convincere  l'Aragonese.  Ricordò 
dapprima  i  meriti  insigni  di  cui  il  genitore,  Ferdinando  il 
Giusto  di  Aragona,  si  era  reso  degno  verso  la  Chiesa,  avendo 
nel  concilio  di  Costanza  attivamente  cooperato  con  l' impera- 
tore Sigism.ondo  a  far  cessare  lo  scisma  ;  un  accenno  agli 
ultimi  strascichi  della  guerra  contro  gli  Angioini  permise 
al  Capranica  di  richiamare  alla  memoria  la  guerra  combat- 
tuta dieci  anni  indietro,  insieme  col  re,  nella  Marca,  contro 
Francesco  Sforza;  il  cardinale  era  allora  legato  di  Eu- 
genio IV  e  aveva  saputo  cattivarsi  la  benevolenza  e  la  stima 
dell'Aragonese;  da  ultimo  toccò  con  arte  l'amor  proprio  del 

(i)  Cf.  L.  Pastor,  Geschichte  der  Pàpste  in  Zeitalter  der  Renaissance 
bis  lur   Wahl  Pius'  II,  Freiburg  in  Breìsgau,  1891,  I,    2,  p.   500  sgg. 

(2)  Cf.  Catalanus  Michael,  De  vita  et  scriptis  Dominici  Capra- 
nicae  cardinaìis  antistitis  Firmani  Cornmentarius,  in  officina  Firmana 
Palladii,  1793,  pp.  98-99;  Pastor,  op.  cit.  p.  502;  L.  Pastor,  Unge- 
druchte  Akten  ^ur  Geschichte  der  Pàpste  vornehmlich  im  XV,  XVI  imd 
XVII  Jahrhimdert,  Erster  Band,  1 376-1464,  Freiburg  in  Breisgau,  1904, 
p.  36,  S.  12-13. 

(3)  Pastor,  Geschichte  &c.  ed.  cit.  p.  502. 

(4)  C.  Minieri-Riccio,  Alcuni  fatti  di  Alfonso  I  d'Aragona.  Dal 
ij-  aprile  14^^  al  ^i  maggio  14^8,  in  Arch.  st.  per  le  Provincie  Napo- 
letane (1881),  VI,  420. 


Valici  à  475 


re:  questi  era  tra  i  principi  cristiani  potente,  saggio  ed  ac- 
corto, sì  che  il  papa  si  aspettava  da  lui  oltre  che  aiuti  ma- 
teriali, anche  consigli  in  tale  ardua  impresa. 

L'Aragonese  si  commosse  alle  lodi  tributate  alla  me- 
moria del  padre  che,  come  egli  diceva,  morendo,  gli  aveva 
raccomandato  di  favorire  sempre  l'unione  della  Chiesa,  d'es- 
sere grato  all'  imperatore  Sigismondo  e  di  combattere  i  Mori  ; 
si  ricordò  volentieri  delle  fatiche  durate  insieme  nella  Marca, 
combattendo  lo  Sforza  ;  lodò  l' iniziativa  del  papa  per  un 
accordo  fra  i  principi  cristiani  e  promise  infine  di  coope- 
rare nella  guerra  contro  il  Turco,  non  dimenticando  per 
altro  di  infiorare  il  suo  discorso  con  ricordi  di  autori  sacri 
e  profani.  Ma  il  cardinale  desiderava  una  promessa  for- 
male, una  risposta  più  categorica  da  comunicare  al  papa,  e 
alle  sue  insistenze  il  re  soggiunse  che  aveva  bisogno  di 
pensarci  su  dieci  o  dodici  giorni,  anche  per  intendersi  con 
i  Veneziani,  perchè  questi  sono  alquanto  sospettosi  et  pure  da 
conservarseli.  Il  cardinale  riferisce  la  sua  convinzione  che  il 
re  ha  già  mandato  un  ambasciatore  a  Venezia,  e  perciò  ha 
chiesto  tanto  indugio.  L'ultima  domanda  dell'Aragonese  ci 
potrebbe  far  supporre  quanta  poca  voglia  egli  avesse  di  cac- 
ciarsi in  mezzo  a  tale  impresa  che  veniva  a  turbare  i  suoi 
sogni  di  ambizione:  siamo  a  così  breve  distanza  dalla  ca- 
tastrofe di  Costantinopoli  ed  egli  vuol  sapere  se  il  papa  ha 
già  dato  particolari  disposizioni  e  se  ha  raccolto  denari  per 
la  bisogna,  perchè  il  cominciare  per  non  finire  saria  danno  et 
vergogna.  Certo,  rispose  il  Capranica,  il  papa  avrebbe  fatto 
tutto  ciò  che  poteva,  ma  aspettava  anche  aiuti  dai  principi 
cattolici  e  da  lui  specialmente. 

Buone  parole  ebbe  soltanto  il  cardinale,  come  egli  stesso 
conchiude  tristemente,  confessando  che  non  sa  neppure  (juali 
habbiano  a  essere  li  effecti.  Pur  troppo  questi  per  allora  fu- 
rono nulli:  né  la  pace  tanto  desiderata  tra  i  principi  ita- 
liani si  potò  conchiudere,  nò  alcuna  seria  intesa  si  ebbe 
per  la  lotta  contro  il  Turco.  Sicchò  gli  eserciti    del  duca 


47^  ^-  Carusi 


di  Calabria  ripresero  l'offensiva  nella  Toscana  e  Venezia 
stipulò  persino  un  trattato  di  alleanza  con  la  vittoriosa  po- 
tenza ottomana  :  ad  essa  premeva  troppo  per  allora  il  grave 
■pericolo  che  correvano  le  *sue  colonie  e  i  suoi  commerci  con 
rOriente.  Un  anno  più  tardi  la  parola  ispirata  di  fra  Simo- 
netto  da  Camerino  riusci  ad  ottenere  ciò  che  il  pontefice 
e  i  suoi  nunzi  avevano  tentato  invano:  la  pace  di  Lodi  fu 
certo  di  grande  importanza  per  la  guerra  contro  i  Turchi. 

Poche  parole  ora  intorno  al  documento.  Esso  è  tra- 
scritto di  mano  dell'Ammanati  nelle  ce.  1 98-200  b  del  cod. 
dell'archivio  Vaticano  arni.  XXXIX,  t.  io;  un  codice  miscel- 
laneo (mm.  305  X  225,  di  ce.  292)  che  contiene  per  la 
maggior  parte  minute  di  lettere  dell'Ammanati  stesso,  auto- 
grafe oppure  trascritte  dal  suo  segretario  Giacomo  Gherardi 
da  Volterra,  alcune  poesie  dell'  Ammanati  e  del  Gherardi, 
poche  lettere,  anche  autografe,  del  Bessarione  e  di  altri  car- 
dinali di  quell'epoca  e  documenti  di  varia  natura  che  interes- 
sano la  storia  della  seconda  metà  del  sec.  xv  (an.   1453- 

1482)  (I). 

(i)  Le  lettere  dell'Ammanati  o  a  lui  dirette  dagli  amici  furono 
pubblicate,  ad  eccezione  di  pochissime  tuttora  sconosciute,  nella  edi- 
zione di  Milano  1506:  Epistoìae  et  commentava  lacohi  Piccolomini  car~ 
dinalìs  Papiensis,  Mediolani,  1506;  se  ne  ebbe  poi  una  ristampa  a  Fran- 
cotbrte  nel  1614,  dove  le  lettere  hanno  una  numerazione  progressiva. 
Di  questa  ultima  edizione  ha  fatto  uso  un  anonimo  annotatore  del 
sec.  XVIII,  che  ha  avuto  cura  di  segnare  nel  codice  a  ciascuna  lettera 

il  numero  corrispondente  dell'  edizione,  con  la  frase  :  é;i/.[ita]   n 

Circa  il  Gherardi  e  la  parte  avuta  nella  composizione  di  queste  lettere, 
cf.  //  diario  di  Iacopo  Gherardi  da  Volterra,  edito  a  mia  cura  nella 
Raccolta  degli  storici  italiani  dal  ^00  al  1^00,  ordinata  da  L.  A.  Mura- 
tori, nuova  edizione  rived.  ampi,  e  corr.  con  la  direzione  di  G.  Car- 
ducci e  V.  Fiorini,  fase.  26-27,  Città  di  Castello,  Lapi,  1904,  p.  xii, 
n.  7,  r.  51  sgg.  ;  p.  xvii,  n.  3.  Molti  dotti  hanno  avuto  fra  mano  questo 
codice,  ma  nessuno,  eh'  io  sappia,  ha  dato  uno  spoglio  completo  dei 
documenti  ivi  contenuti,  scritti  per  la  maggior  parte  in  forma  di  mi- 
nuta e  però  non  di  rado  di  difficilissima  lettura. 


Varietà  477 


Non  deve  destare  meraviglia  che  questa  relazione  sia 
stata  scritta  dall'  Ammanati,  in  primo  luogo  perchè  allora 
questi  era  segretario  del  Capranica  (i),  e  poi  perchè  essa  si 
ritrova  fra  le  sue  carte.  A  mio  avviso  il  cardinale  ebbe  cura 
di  comunicare  subito  a  Nicolò  V  l'esito  della  sua  legazione 
e  incaricò  all'uopo  il  suo  segretario  (2).  Il  quale,  o  presente 
egli  stesso  al  colloquio  del  cardinale  col  re,  o  informato 
con  esattezza  dal  cardinale  stesso,  per  non  dimenticare,  avrà 
creduto  opportuno  prendere  degli  appunti  su  ciò  che  do- 
veva riferire  al  papa  e  avrà  per  certo  sottoposto  l'abbozzo 
all'approvazione  del  suo  patrono.  Perciò  il  documento  è 
redatto  in  terza  persona  e  le  frequenti  correzioni  ed  ag- 
giunte marginali  e  interlineari  dimostrano  che  questa  che 
noi  abbiamo  è  una  minuta  fatta  su  fogli  volanti  e  da  ser- 
vire solo  per  chi  la  scrisse,  come  si  può  argomentare  anche 
dalla  forma,  per  solito  accurata  ed  elegante  nei  componi- 
menti dell'Ammanati,  qui  invece  trascurata  e  qua  e  là  scor- 
retta. Il  legatore  del  codice  ha  poi  confuso  l'ordine  dei  fogli, 
perchè,  a  giudicare  dal  contenuto,  la  carta  segnata  col  n.  200 
doveva  precedere  la  carta  199  (3).  Ho  creduto  opportuno 
restituire  l'ordine  primitivo,  avendo  cura  di  darne  indica- 
zione in  nota,  dove  ho  riportato  pure  le  parole  e  i  passi 
aggiunti,  soppressi  o  mutati  dall'autore  sì  per  esprimere  più 

(i)  Cf.  la  breve  Vita  dell'Ammanati  scritta  dal  Gherardi  a  prin- 
cipio del  suo  Diario,  loc.  cit.  p.  3. 

(2)  Il  Capranica  partì  da  Napoli  il  giorno  7  agosto;  cf.  Minieri- 
Riccio,  op.  e  loc.  cit.  p.  422. 

Anche  la  chiusa  della  relazione  dimostra  che  lo  scrivente  aveva 
avuto  dal  cardinale  1'  incarico  di  parlare  col  papa,  o  per  lo  meno  scri- 
vere a  lui,  come  si  potrebbe  argomentare  da  un  indice  sommario,  forse 
di  mano  del  Gherardi,  che  si  legge  nel  terzo  foglio  di  guardia  non 
numerato.  Ivi,  per  la  e.  198,  si  legge:  «  Instructiones  ad  scribendum 
«pape,  198». 

(3)  Tra  le  carte  198  e  199  vi  e  un  frammento  che  doveva  for- 
mare un  foglio  con  la  e.  199:  il  frammento  e  la  e.  198  sono  tenuti 
insieme  da  un  listino. 


478  E,  Carusi 


chiaramente   e  con  maggiore  proprietà  il   suo  concetto,  si 
per  riparare  ad  involontarie  omissioni  in  cui  era  caduto  (i). 

Roma,  ottobre   1905. 

Enrico  Carusi. 


In  nomine  lesu  Christi. 

Primo,  chome  la  S.V.  è  stata  in  chamino  da  .xi.  di  et  per  che  rispetto 
non  li  habbia  in  questo  mezo  scripto  cosa  alcuna  (a)  et  quale  sia  stata 
la  chasone  dell'esser  rimaso  un  dì  a  Terracina  et  tre  al  monastero  di 
Sancto  Laurentio  extra  muros  Everse  et  chome  la  S.  V.  sia  stata  ho- 
norata  in  tutte  e  due  questi  luoghi. 

Secundario,  del  dì  della  intrata  di  Napoli  et  della  ordinatione  del 
re  et  della  modestia  della  S.  V.  in  renderli  debito  honore  recusando; 
item,  et  dello  acompagnar  la  S.  V.  usque  ad  episcopatum  et  ceremoniis 
consuetis  (t').  Item: 

Tertio,  chome  il  dì  seguente  della  entrata,  che  fu  domenica  a 
•xxviiii*'.  di  luglio  (2),  la  S.  V.  mandò  a  significare  al  re  che  quando 
lui  voleva  era  apparechiata  ad  exporli  i  mandati  della  S.  V.  Et  esso 
per  lo  veschovo  de  Vercelli  C':)  (3)  et  uno  altro  signiore  deputò  aW 
quel  medesimo  dì  a  hore  .xxii.  in  Castel-novo (0.  Item: 

Quarto,  chome  la  S.  V.  fu  con  lui  in  colloquio  per  insino  a  nocte, 
exponendoli  quelle  cose  che  credeva  fusse  la  volontà  della  S.^à  S.  et  lo 

(a)  et  per  che  rispetto  -  alcuna]  frase  aggiunta  nelV  interlinea  dalla  stessa  mano  con 
un  segno  di  richiamo  nel  testo.         (b)  Segue  a  consuetis  uno  spazio  bianco.  (e)  Vercelli] 

//  primo    e    è   aggiunto  nell'interlinea  dalla  stessa  mano.  (d)  a]  ripetuto  neW  interlinea 

per  maggior  chiare:(ia  essendo  riuscito  di  incerta  lettura  nella  sua  prima  forma.       (e)  A  Castel- 
novo  segue  nel  cod.  uno  spoT^io  Manco. 

(i)  Di  questa  ultima  specie  è  ad  es.  il  passo  aggiunto  nel  mar- 
gine superiore  della  e.  198;  invece,  a  e.  199,  l'autore  ha  voluto  am- 
pliare un  concetto  espresso  prima  un  poco  confusamente. 

(2)  Il  MiNiERi-Riccio,  op.  e  loc.  cit.,  afferma  che  re  Alfonso  uscì 
incontro  al  Capranica  il  26  luglio;  il  cardinale  in  questo  giorno  era 
giunto  in  Aversa  e  di  lì  era  ripartito  subito  alla  volta  di  Napoli.  La 
data  della  partenza  da  Roma,  18  luglio,  è  dimostrata  dal  Pastor, 
op.  cit.  p.   502  e  nota  i. 

(3)  Giovanni  «de  Gilliaco  »  ;  cf.  F.  Ughelli,  Italia  sacra,  ed.  Co- 
leti,  Venezia,  17 19,  IV,  808-809;  Eubel,  Hierarchia,  II,  290. 


Varietà  479 


honore  suo  et  della  fede  nostra  et  etiamdio  della  maestà  del  re,  alle- 
gandoli, secondo  la  mediocrità  dello  intellecto  vostro,  molte  rasoni  et 
exempi  inductivi  al  fatto  et  inter  cetera  lo  ex[empl]o  del  padre  di  quanto 
se  affatighò  per  la  unione  di  Costantia  (i);  la  qualW  cosa  lui  intese 
lietamente  et  affermò  esser  vero,  et  agiunse  delle  tre  cose  che  il  padre 
morendo  li  comandò,  videlicet:  la  dieta  C^)  unione  che  la  sequitasse,  la 
devotione  a  Sigismondo  imperatore  el  quale  havea  visitato  il  padre, 
tertio,  che  sempre  facesse  guerra  a  Mori.  Preterea,  che  la  maestà  sua 
si  ricordasse  di  quello  havea  adoperato  (<:)  per  lo  stato  di  sancta  Chiesa  (A) 
nella  Marcha  et  che  così  H  piacesse  adoperare  per  lo  avenire.  La  qual 
commemoratione  li  fu  grata,  et  qui  si  ricordò  di  molte  cose  insieme 
facte  (e)  colla  S.  V.  (0  nella  dieta  Marcha  (2). 

Preterea,  come  la  prefata  S.  V,  se  extese  in  molte  cose  in  com- 
mendatione  sua,  monstrandoli  chome  lui,  fra  li  altri  principi  christiani, 
per  prudentia,  per  experientia  (g)  et  oltra  a  ciò  per  potere,  era  acomo- 
datttssimo  a  (h)  sovenire  al  bisogno  et  honore  di  tutta  la  Christianità. 

Preterea,  chome  la  S.  V.  li  disse  che  N.  S.  li  domandava  in  tal 
materia  non  solamente  aiuto,  ma  etiandio  principalmente  consiglio  di 
quello  li  paresse  se  havesse  a  fare.  Dove  lui  respose  che  li  parea  che 
la  S.tà  s.  fusse  stata  ben  consigliata  di  mandare  (0  ai  principi  christiani 
et  alle  comunitati  exhortandoli  et  animandoli  a  questa  laudabile  im- 
presa, et  che  questa  era,  secondo  il  iudicio  suo,  via  bonissima  di  ve- 
nire allo  effecto(k). 

Quinto,  chome  il  re  particularmente  a  tutte  le  cose  exposte  per 
la  S.  V.  fece  grata  risposta,  dicendo  bavere  a  fare  tal  dimostratione 
che  ogni  homo  intenderà  non  rimaner  per  lui  cosa  alcuna  (0  che  sia 
debita  et  conveniente  a  fare,  allegando  Seneca  in  alchuni   loci  molto 


(a)  la  qual]   Con  questa  frase  comincia  la  e.  I()8  B.  (h)  dieta]  aggiunto  nell'inter- 

linea   dalla    stessa    mano.  (e)    adoperato]    aggiunto    nell'interlinea    dalla    stessa    mano. 

(d)  Dopo  Chiesa  cod.  aggiunge  e  cancella  e.  s.   adoperato  (e)  facte]  aggiunto    nell'inter- 

linea e.  s.  (f)  Dopo  S.  V.  cod.  aggiunge  e  cancella  e.  s.  insieme  facte  (g)  Dopo 

experientia  cod.  aggiunge  e  cancella  e.  s.  di  moltissime  cose  (h)  Dopo  acomodatissimo 

a    cod.  aggiunge  e  cancella  e.  s.  sol  (i)  di  mandare]  ripetuto  nel  cod.,  ma  la  seconda  volta 

è  cancellato.         (k)  Dopo  effecto  segue  nel  cod,  uno  spaiio  bianco.  (1)  Precede  cosa  al- 

chuna  nel  cod.  la  frase  et  sobvenire  che  è  stata  cancellala. 


(i)  Cf  G.  ZuRiTA,  Annales  de  la  corona  de  Aragon,  Zariigosa, 
1610,  III,  110-116. 

(2)  Circa  la  legazione  del  card.  Capranica  nella  Marca  e  la  sua 
amicizia  con  il  re  Alfonso,  d.  Catalanus,  op.  cit.  p.  77;  Eubel, 
op,  cit.  II,  29,  annot.  n.  48;  p.   30,  annot.  n.  67. 


480  E.  Carusi 


oportunamente  et  similiter  la  Bibia,  inter  cetera  di  (a)  loseph  quando 
fuit  missLis  in  carcerem  (t»),  dicendo  che  sperava  in  Dio  che  sì  chomo  la 
captività  di  colui  fu  liberatione  del  popolo  de  Israel,  cosi  habbia  ad  esser 
la  captività  di  Constantinopoli  exterminio  delli  infìdeli  et  securità  nostra. 

SextoCO,  chome  essendo  già  nocte  (A)  et  il  re  per  lungo  rasonamento 
attediato,  la  S.  V.,  per  chavare  qualche  bona  conclusione  (e),  lo  preghò 
humanamente  che  se  lui  intendeva  che  la  stantia  della  S.  V.  havesse 
a  conseguir  fructo,  li  piacesse  notificarglielo,  perché  ogni  indugio  vi 
sarebbe  consolatione,  et  quanto  che  no  <S)  ancora  ve  lo  dimos  trasse 
per  perdere  meno  tempo  si  può.  Alla  qual  cosa  rispose  (g)  il  re  chome 
presto,  innanzi  la  uscita  sua  in  campo,  lo  farebbe  et  che  sarebbe  spatio 
di  dieci  o  dodici  di.  Conciò  sia  cosa  che  ci  voglia  un  pocho  (h)  pensare  su  (0 
et  oltra  di  ciò  comunicarne  co'  Vinitiani,  e  quelli  sonoC^)  alquanto  so- 
spettosi, et  pure  (')  da  conservarseli,  et  e'  quali  dice  haver  mandato  una 
galea  al  Turcho  per  sapere  chome  hanno  a  viver  con  lui  (i).  Et  qui, 
dicendoli  la  S.  V.  non  esser  apta  a  star  più  in  campo  et  pertanto  de- 
siderar prima  la  expeditione  sua,  rispose  :  «  ben  vederemo,  forse  Dio 
«rimedierà»,  mettendo  un  pocho  in  dubio  la  partita  sua  (m). 

Septimo,  chome  la  S.  V.  pensa  che  lui  vel  habbia  mandato  già 
a'  Vinitiani  per  tale  materia  vel  voglia  mandare  et  per  questo  habbia 
posto  tale  indutio  di  .x.  o  .xii.  dì. 

Ultimo  (n),  chome  domandando  il  re  se  la(o)  S.  V.  haveva  cosa  nes- 
suna particulare  da  N.  S.  circa  la  impresa  che  se  havesse  a  fare,  chome 
se  de  denari  che  sarebbeno  di  bisognio  et  de  altre  cose,  perché  il  comin- 
ciare per  non  seguire  saria  danno  et  vergognia;  rispose  la  prefata  S.  V. 
che  N.  S.  faria  quanto  li  fusse  possibile  dal  canto  suo  (p),  ma  che  bi- 

(a)  cetera  di]  Dopo  questa  frase  cod.  aggiunge  e  cancella  della  stessa  mano  lacob 
(b)  carcerem]  corretto  dalla  stessa  mano  su  lacura  leonum  che  è  stato  cancellato.  (e)  Sexto] 
Con  questa  voce  comincia  la  e.  200  A.  (d)   nocte]  Precede  questa  parola  nel  cod,  molto 

che  è  stato  cancellato.  (e)   Dopo  conclusione  cod,  aggiunge  e  cancella  della  stessa  mano 

li  disse  humana  (f)  Dopo   che  no  cod.  aggiu>]ge  e  cancella  della  stessa  mano  anchora 

chiari  (g)  rispose]    ricorretto   dalla   stessa   mano   su   rispondendo  (h)  un  pocho] 

cod.  um  pocho  corretto  dalla  slessa  mano,  neW  interlinea,  su   un  (?)  (i)  su]  aggiunto 

e.  s.  nell'interlinea.  (k)  Dopo  sono  cod.  aggiunge  e  cancella  della  stessa  mano  fa  (1)  pure] 
ripetuto  nell'interlinea  per  maggiore  chiare\7;^a  della  lettura  della  voce  che  nella  prima  sua 
scrittura  era  riuscita  confusa.  (m)  Dopo  sua  segue  nel  cod.  uno  spa:(io  bianco.         (n)  Ul- 

timo -  et  in  questo]  Questo  passo  si  legge  nella  e.  199  A  (o)  se  la]  Cod.  sella         (p)  dal 

canto  suo]  aggiunto  nell'interlinea  dalla  stessa  mano. 

(i)  Sono  note  le  trattative  di  pace  che  Venezia  intavolò  subito 
con  Maometto  II  per  mezzo  di  Bartolomeo  Marcello,  il  quale  riuscì  a 
conchiudere  un'alleanza  col  Turco  l'anno  seguente,  1454;  cf.  Pastor, 
op.  cit.  p.  505  sg. 


Varietà  481 


sognerebbe  che  etiandio  la  maestà  sua  et  li  altri  principi  catholici  con 
quello  potesseno,  desseno  subventione  et  aiuto  a  tale  opera,  non  dubi- 
tando che  (a)  N.  S.  in  ogni  cosa  de  honore  et  utile  farebbe  Q^)  quella  fama 
et  vantaggio  alla  maestà  sua  che  a  lui  (0  fusse  possibile  ;  et  in  questo  ('i) 
la  maestà  (e)  sua  molto  ringraziò  N,  S.  et  aggiunse  più  volte  queste  pa- 
role (0  con(g)  significatione  di  buono  affecto:  «  Se  Dio  m'aiuti  io  porto 
«  quello  amore  et  quella  affectione  a  N.  S.  che  se  1'  avesse  generato  me 
«o  veramente  io  lui».  Item,  che  ancora  a  questa  parte  la  S,  V.  disse 
che  prima  era  necessaria  la  pace  de  Italia  et  consequenter  si  potria  più 
comodamente  mettere  in  pratica  ogni  altra  cosa  pertinente  alla  incepta(h). 

In  somma^  chome  (0  la  S.  V.  di  questo  primo  rasonamento  ne 
ha  hauto  buone  (k)  parole  et  buone  racoglientie,  ma  non  sa  quali  hab- 
biano  a  essere  li  effecti.  Bene  è  vero  che  questi  suoi  intrinsechi  tutti 
hanno  detto  più  volte  alla  S.  V.  chome  il  re  et  in  publico  et  in  privato 
s'è  doluto  tanto  cordialmente  del  caso  di  Const[antinopoli]  quanto  è 
possibile  et  che  per  infino  alle  lacrime  ha  dimostrata  la  tristitia  sua 
et  che  credano  lui  esser  disposto  alli  effecti  et  che  così  sequirà,  ma 
che  va  cerchando  vie  honeste  per  poter  conservar  lo  honor  suo  (U. 
Niente  di  mancho  è  da  preghar  Idio  cuius  in  manu  cor  regis  est  (j^) 
che  provegga  ai  bisogni  nostri. 

Postremo  ("),  ho  a  dire  a  N.  S.  chome  ho  in  comandamento  dalla 
S.  V.  di  non  dir  nulla  a  persona  altra  di  questo  mondo  se  non  alla  S.  Sua 
et  che(o)  cosi  ho  facto  et  farò. 


(a)  Dopo  che  cod.  aggiunge  e  cancella  della  stessa  mano  S  su  il  (b)  Dopo  farebbe 

cod.  aggiunge  e  cancella  e.  s.  fama  tale  (e)  a  lui]   Cod,  allui  (d)    Ultimo   chome 

domandando  -  et  in  questo]  L'intero  passo  è  stato  scritto  dalla  stessa  mano  in  sostitnj^ione  del 
seguente  che  si  legge  alla  e,  200 B  ed  è  stato  cancellato:  Ultimo,  come  domandando  il  re 
se  la  (^cod,  sella)  S.V.  havesse  cosa  alchuna  particolare  da  N.  S.  circa  le  cose  se  haves- 
seno  aquistare  o  a  raquistare,  la  S.V.  rispose  che  no,  ma  era  certissima  che  la  santità 
sua  fra  li  altri  principi  christiani  faria  tale  stima  et  dimostratione  di  lui  che  meritamente 
rimarebbe  contento  et  che  di  questo  non  ne  dubitasse  niente.  Quo  loco.  Ad  indicare  il  posto 
dove  la  sostituzione  deve  farsi  ci  sono  nel  cod.  segni  di  richiamo.  La  e.  i()()  deve  dunque 
seguire  la  e  200,  ed  è  stata  posta  malamente.  (e)  la  maestà"]  Con  questa  frase  comincia 
la  e.  200  B.  (f)  Segue  a  parole  nel  cod.  la  consonante  S  che  è  stata  cancellata,  (g)  Dopo 
con  cod,  aggiunge  e  cancella  dire  (h)  Seguono  a  incepta  nel  cod.  le  seguenti  parole  scritte 
dalla  stessa  mano  e  poi  cancellate:  delli  infedeli.  In  nella  quale  la  santità  (corretto  dalla  stessa 
mano  su  maestà^  sua  harebbe  quanto  li  fusse  possibile  (corretto  dalla  stessa  mano  nel  marg, 
su  ad  bavere  quello  volesse^  riguardo  allo  honore  et  utile  suo  fra  li  altri  principi  et  signori 
christiani         (i)  chome]  aggiunto  nell'interlinea  dalla  stessa  mano.  (k)  buone]  corretto 

e,  s.  su  puone  (I)  ma  che  va  cerchando  -  honor  suo]  L'intero  passo  è  stato  scritto  nel 

margine,  dalla  stessa  mano,  con  un  segno  di  richiamo  ripetuto  nel  testo.  (m)  Dopo  regis  est 
cod.  aggiunge  e  cancella  della  stessa  mano  lassi  prò  (n)  Postremo]  Con  questa  voce  co- 

mincia la  e.  J99  B.         (o)  che]  aggiunto  nell'interlinea  dalla  stessa  mano. 


482  C^C.  "Barone 


PER  LA  BADIA  DI  CASAMARI 

UN    INEDITO    DIPLOMA  DI    CONFERMA    DI  PRIVILEGI 
DATO  DA  RE  CARLO  II  d'aNGIÒ 


Nello  sfogliare  un  registro  della  cancelleria  angioina, 
mi  si  è  offerto  allo  sguardo  il  diploma  di  re  Carlo  II,  in 
virtù  del  quale  sono  confermati  quattro  privilegi,  in  esso 
diploma  inseriti,  relativi  a  concessioni  di  beni  e  d'immu- 
nità a  favore  della  badia  di  Casamari  (i)  :  i  primi  due,  l'uno 
del  II 96,  l'altro  del  1198,  dati  da  Costanza,  moglie  del- 
l'imperatore Enrico  VI;  il  terzo  del  1212  dato  da  Costanza, 
moglie  dell'imperatore  Federico  II  ed  il  quarto  del  121 9 
dato  dall'imperatore  medesimo.  Ora  siccome  questi  quattro 
privilegi  furono  già  pubblicati  (2),  laddove  il  diploma  di 
conferma  di   re    Carlo  II,  per  quanto  io  sappia,  è  ancora 


(i)  La  badia  di  Casamari,  in  quel  di  Veroli,  così  appellata,  per- 
chè eretta,  nel  secolo  xi,  sulle  rovine  del  delizioso  luogo  di  soggiorno 
del  console  Caio  Mario  (Moroni,  Di^^.  d'erud.  stor.  ed  eccL,  Venezia, 
1859,  XCIV,  5,  85  sgg.  ;  De  Persiis,  La  badia  0  trappa  di  Casamari, 
Roma,  1879,  p.  I  sgg.  39  sgg.),  appartenne  prima  ai  Benedettini,  poi 
nel  II 52  fu  affidata  ai  Cistercensi  (Moroni,  op.  cit.  p.  99). 

(2)  Il  privilegio  del  maggio  1196  fu  pubblicato  da  C.  A.  Kehr 
(Die  Urhunden  der  Normannisch-sicilischen  Kònige  &c.,  Innsbruck,  1902, 
p.  483,  n.  46);  l'altro  privilegio  del  maggio  1198  dal  Winkelmann 
{Ada  imperii  &c.,  Innsbruck,  1880,  I,  69);  quello  del  giugno  1212  dallo 
stesso  WiNKELMANN  (I,  371)  e  finalmente  quello  del  settembre  1219 
da  Huillard-Bréholles  (Friderici  secundi  hist.  dipi,  Paris,  1885,  I, 
par.  II,  p.  68$). 


Va?^  l'età  483 


inedito  ;  cosi  ho  creduto  opportuno,  a  cagione  eziandio  della 
perdita  del  noto  Chartariiim  (i),  darlo  in  luce  per  le  stampe 
nell'interesse  degli  studi  diplomatici  e  storici. 


Nicola  Barone. 


Carolus  secundus  Dei  gratia  rex  lerusalem  et  Sicilie,  ducatus  Apu- 
lie  et  principatus  Capue,  Provincie,  Forcalquerii,  ac  Pedimontis  coiues, 
universis  presentis  indulti  seriem  inspecturis,  tam  presentibus  quam 
futuris.  Currentis  evi  spacia  et  temporum  alternata  varietas  sic  omnia 
sursum  deorsum  commiscent  et  variant,  sic  memoriam  humane  fra- 
gilitatis  obliterant,  quod  munimentis  novis  expedit  rccensere  preterita 
et  in  presentem  noticiam  artificiali  quadam  industria  renovare,  per 
seculi  quidem  longevi  curricula  nec  etas  testibus,  nec'actis  integritas, 
nec  fides  suffragari  potest  comode  documentis.  Sane  prò  parte  vene- 
rabilium  virorum  abbatis  (2)  et  conventus  monasterii  Casamarii  Ci- 
sterciensis  ordinis,  nostrorum  fidelium  dilectorum,  nostre  fuit  nuper 
expositum  maiestati,  quod  quondam  Constancia  Romanorum  impera- 
trix,  et  regina  Sicilie  (3),  et  subsequenter  Fredericus  Romanorum  et 
Sicilie  rex,  variis  dudum  et  successivis  temporibus  certas  protectiones, 
defensiones,  confirmaciones  et  concessiones  indulxerunt  imperpetuum 
dicto  monasterio  Casamarii  et  eius  dudum  diversis  abbatibus  et  con- 
ventibus  qui  fuerunt  prò  tempore,  prò  se  scilicet  et  successoribus  eorun- 
dem,  prout  in  tribus  privilegiis  diete  Constancie,  pendentibus  sigillis  de 

(i)  D.  Giovanni  Giacomo  dell'Uva  di  Banco,  cistercense  di  Ca- 
samari,  ebbe  incarico  dal  cardinale  della  Rovere  di  raccogliere  le  me- 
morie di  quella  badia  e  del  monastero  di  S.  Domenico  di  Sora  ad 
essa  aggregato;  ond'egli  terminò  nel  1490  il  Chartarium  (scritto  in 
carattere  gotico,  come  nota  il  Moroni)  che  da  prima  fu  conservato 
nella  badia  stessa;  poi,  nella  prima  metà  del  xviii  secolo,  il  commen- 
datario card.  Albani  volle  fosse  trasferito  nell'archivio  di  sua  fomiglia, 
dove  stette  fino  a  quando  il  pontefice  Pio  IX,  acquistatolo  dagli  credi 
di  lui,  lo  fece  riporre  nella  biblioteca  Vaticana.  Di  quel  Chartarium^ 
di  cui  si  giovarono  il  Rondinini  ed  il  Bethmann  precipuamente,  ai  dì 
nostri  non  esiste  più  traccia. 

(2)  L'abbate  di  Casamari  era  Giovanni  VII  ;  v.  De  Persiis,  op. 
cit.  p.  153. 

(3)  Non  è  fatta  la  distinzione  delle  due  Costanze. 


484  ^.  "Bat^oue 


cera  rubea,  et  alio  sigillo  prefati  Frederici  alba  cera  (i),  munitis,  eidem 
monasterio  et  prefatis  eius  abbatibus  et  conventibus  inde  concessis 
plenius  et  seriosius  continetur.  Devota  per  eosdem  abbatem  et  con- 
ventum  supplicatione  subiuncta,  ut  ipsorum  privilegiorum  series,  ne 
propter  diuturnitatem  temporis  obliterari  possint  de  facili  vel  aliquo 
alio  casu  perdi,  exemplari  et  autenticari  facere,  sub  nostre  maiestatis 
sigillo,  cum  id  sibi  dicti  abbas  et  conventus  prò  se  et  successoribus 
suis  ac  prò  eodem  monasterio  accomodum  reputent,  benignius  digna- 
remur.  Nos  igitur  ex  zelo  caritatis  interne,  qui  ad  ecclesias  et  alia  pia 
loca  nos  provehit,  illorum  causas  debitis  intendentes  fulcire  presidiis 
et  òportunis  favoribus  confovere,  eorundem  abbatis  et  conventus  sup- 
plicationem  in  hoc  ad  exaudicionis  gratiam  admictentes,  privilegia 
ipsa,  que  ostensa  sunt  in  curia  coram  nobis,  queve  in  prima  sui  figura 
per  appensionem  dictorum  sigillorum  cereorum  eorundem  Costancie  et 
Frederici  fuisse  prima  facie  apparebant  non  quidem  abolita,  nec  abrasa, 
nec  viciata  in  aliqua  parte  sui  (2),  de  verbo  ad  verbum,  nichil  addito 
vel  mutato,  exe'mplari  et  prò  futura  certitudine  inseri  presentibus  iussi- 
mus  seriose.  Quorum  unius  tenor  per  omnia  talis  est . . ,  [segue  il  pri- 
vilegio del  1196'].  Alterius  vero  tenor  talis  est . . .  [segue  il  privilegio  del 
ii^8'\.  Tercii  autem  privilegii  series  talis  est...  [segue  il  privilegio 
del  1212].  Tenor  vero  quarti  privilegii  talis  est...  [segue  il  pri- 
vilegio del  121  p].  Et  insuper  prefatis  abbate  et  conventu  petentibus 
iamdicta  privilegia  et  contenta  in  illis,  prò  habundancioris  eiusdem 
monasterii  ac  predictorum  abbatis  et  conventus  et  successorum  eorum 
cautele  suffragio,  per  novum  nostre  ratificacionis  et  approbacionis  mu- 
nimentum  expediens  confirmari.  Nos  attendentes  operam  debere  dari 
per  principem,  ut  que  bene  recteque  geruntur,  firmitatis  effectu  et 
vigoris  presidio  fulciantur,  omnia  et  singula  que  ipsi  abbas  et  con- 
ventus dictumque  monasterium  Casamarii  tenent  et  possident  et  quasi 
possident  ex  vigori  dictorum  privilegiorum,  que  in  prima  sui  figura 
sub  prefatis  sigillis  cereis  eorundem  concedentium  privilegiorum  for- 
mam  continere  videntur,  quatenus  tamen  privilegia  ipsa  in  eorum 
substantia  debita  firmitate  subsistunt,  eisdem  abbati  et  conventui  prò 
se  et  successoribus  suis  ac  prefato  monasterio  Casamarii  per  presentis 

(i)  Nel  museo  storico  paleografico  dell'Archivio  di  Stato  di  Napoli 
è  conservato  un  suggello  di  Federico  II  appartenente  ad  un  diploma 
di  lui  del  25  dicembre  1222:  ha  il  diametro  di  centimetri  sette  ed  è 
custodito  in  teca  di  legno  senza  coperchio.  Vi  si  scorge  l'effigie  del 
sovrano  in  tipo  di  maestà.  È  anch'esso  in  cera  bianca  come  tutti  gli 
altri  di  Federico  II  (cf.  Bréholles,  op.  cit.  introd.  p.  xci). 

(2)  Ciò  prova  l'autenticità  dei  privilegi. 


Varietà  485 


scripti  seriem  confirmamus  de  certa  nostra  scientia  et  gratia  speciali, 
iuribus  aliis  curie  nostre  et  cuiuslibet  alterius  semper  salvis.  In  cuius 
rei  testimonium  dictorumque  abbatis  et  conventus  et  successorum 
eorum,  ac  prefati  monasterii  cautelam  presens  indultum  exinde  fieri,  et 
pendenti  maiestatis  nostre  sigillo  iussimus  communiri. 

Datum  Neapoli  per  manus  Bartholomei  de  Capua  militis,  logothete 
et  prothonotarii  regni  Sicilie,  anno  Domini  millesimo  trecentesimo  sexto, 
die  ultimo  madii  quarte  indictionis,  regnorum  nostrorum  anno  vice- 
simo  secundo  (i). 


(i)  R.  Arch.   di  Stato   in    Napoli,  Reg.  Ang.  n.   155,  ce.  89-91. 
11  medesimo  documento  è  inserito  alle  ce.  17-18  del  Reg.  14J. 


BIBLIOGRAFIA 


M.  Tangl,  Gregor  VII.  judischer  Herhinft?  in  Neues  Archiv 
der  Geseìlschaft  f t'Ir  altere  deutsche  Geschichtsìmnde,  1905, 
XXXI,  159-180. 

L'ipotesi  di  una  probabile  parentela  fra  il  grande  pontefice  rifor- 
matore e  la  famiglia  dei  Pierleoni  da  me  proposta  in  un  recente  la- 
voro {Le  famiglie  di  Anacleto  II  e  di  Gelasio  II  in  Arch.  d.  R.  Soc. 
rom.  di  storia  patria,  XXVII,  399  sgg.)  ha  talmente  impensierito  il  pro- 
fessore M.  Tangl  che  egli  ha  creduto  di  doverla  combattere  con  venti 
nudrite  pagine  del  Neues  Archiv.  Né  io  me  ne  dolgo,  come  non  se 
ne  dorranno  gli  studiosi,  perche  il  Tangl,  che  è  un  maestro  davvero 
insigne,  ha  scritto  un  articolo  di  tanta  eleganza  e  dottrina  che,  sin- 
ceramente, sono  superbo  di  avergliene  offerto  l'occasione.  Ma  gli  argo- 
menti che  egli  adduce,  sono  poi  di  tal  valore  da  scuotere,  anzi  da  ren- 
dere insostenibile  la  mia  ipotesi? 

Innanzi  tutto  debbo  ricordare  che  l' ipotesi  fu  da  me  proposta  con 
le  più  prudenti  cautele  e  riserve,  perchè  mi  era  impossibile  dare  af- 
fermazioni precise  là  dove  mi  si  offrivano  soltanto  degl'  indizi  e  non 
delle  prove.  E  quando  nella  tavola  genealogica  dei  Pierleoni  introdussi 
i  nomi  di  Giovanni  Graziano  e  d' Ildebrando,  li  contrassegnai  con  un 
punto  interrogativo  che  avrei  veduto  volentieri  ripetere  in  quella  parte 
della  tavola  che  il  Tangl  ha  riprodotto.  Del  resto  intendo  bene  come 
porre  la  questione  in  questo  modo,  se  cioè  Gregorio  VII  fosse  di  ori- 
gine ebraica,  sia  un  abile  mezzo  polemico  per  rendere  poco  simpatica 
la  mia  ipotesi  e  darmi  subito  torto;  ma,  in  ogni  caso,  l'origine  giu- 
daica d' Ildebrando  è  una  conseguenza  che  va  molto  al  di  là  delle  mie 
premesse.  Né  vedo  poi  perchè,  data  per  vera  la  mia  ipotesi  di  una 
parentela  fra  Ildebrando  ed  i  Pierleoni,  bisognerebbe  riscrivere,  come 
il  Tangl  afferma,  tutta  la  storia  del  papato  del  tempo  della  riforma. 
Non  erano  forse  risaputi  gli  strettissimi  legami  finanziari  e  politici  fra 


488  "Bibliografia 


Ildebrando  ed  i  Pierleoni?  Fosse  o  non  fosse  egli  loro  parente,  non 
è  forse  vero  che  i  Pierleoni  furono  suoi  alleati,  e  lo  sostennero  e  si 
batterono  sotto  la  sua  bandiera?  L'ipotesi  adunque  di  una  parentela 
potrebbe  chiarir  meglio,  non  mutare  la  natura  di  queste  relazioni  ;  e 
nella  storia  del  papato  dell'undecime  secolo,  senza  cancellare  neppure 
una  pagina,  basterebbe  aggiungere  soltanto  una  noticina  dichiarativa. 
Muove  il  Tangl  dall' osservare  che,  secondo  le  mie  ipotesi,  Gre- 
gorio VII  sarebbe  stato  parente  di  Anacleto  II:  il  che,  per  la  distanza 
di  tempo  fra  i  due,  non  è  probabile.  Ma  non  è  impossibile  :  e  la  nuova 
spiegazione  che  egli  giustamente  suggerisce  della  parola  «  avunculus  » 
che  potrebbe  significare  non  zio,  ma  nipote,  se  quella  parola,  come 
vedremo,  non  provenisse  da  fonte  sospetta,  toglierebbe  di  mezzo  ogni 
difficoltà.  Quindi  egli  nega  la  possibilità  che  Giovanni  Graziano  (Gre- 
gorio VI)  fosse  un  Pierleoni.  Io  confessai  di  «  non  aver  trovato  argo- 
«  menti  decisivi  per  affermarlo»;  ma  che  proprio  gl'indizi  da  me  of- 
ferti non  abbiano  alcun  valore,  non  mi  pare.  Dato  il  costume  costante 
nelle  famiglie  romane  del  medioevo  di  rinnovare  i  nomi,  non  è  sinto- 
matico il  fatto  che  i  nomi  di  Giovanni  e  di  Graziano  siano  ripetuti 
nella  famiglia  dei  Pierleoni?  E  si  badi  che  il  nome  di  Graziano  non 
era  frequentissimo  nel  medioevo  :  nel  Regesto  di  Subiaco  appare  solo 
quattro  volte,  ed  una  volta  soltanto  nelle  mie  numerose  carte  dei  Ss.  Co- 
sma e  Damiano.  Ma,  domanda  il  Tangl,  perchè  mai  i  due  nomi  non 
s'incontrano  più  riuniti  nella  medesima  persona?  Si  può  osservare  che 
il  nome  di  Graziano  non  era  costantemente  unito  a  quello  di  Giovanni. 
Il  Liber  Pontificalis,  gli  Aìinaìes  Romani,  due  carte  del  tempo,  delle 
quali  una  da  me  pubblicata,  chiamano  Gregorio  VI  «  lohannes  archi- 
K  canonicus  » ,  mentre  i  cataloghi  pontificali  soltanto  lo  chiamano  «  Gra- 
«  tianus  »  o  «  lohannes  Gratianus  » .  Nulla  perciò  vieta  di  pensare  che 
anche  i  Pierleoni  possano  avere  avuto  un  secondo  nome,  quantunque 
non  appaia  dalle  fonti.  E  poi  mi  saprebbe  dire  il  prof.  Tangl  come 
avrebbero  fatto  a  distinguersi  i  due  fratelli  di  Anacleto  II  dei  quali 
uno  si  chiamava  Graziano  e  l'altro  Giovanni,  se  i  due  nomi  fossero 
stati  inseparabilmente  congiunti?  Ma  non  bisogna  mai  fidarsi  dell'iden- 
tità dei  nomi:  non  ha  il  Kehr,  esclama  il  Tangl,  ridotto  a  nulla  le 
argomentazioni  dell'  Hartmann  per  l' identità  fra  gli  scrittori  delle  carte 
private  e  gli  scrittori  della  cancelleria  pontificia,  fondate  sull'identità 
dei  nomi?  Il  prof.  Tangl  però  sa  bene  che  poi  il  Kehr  ha  dovuto  ri- 
conoscere, sia  pure  in  minima  parte,  il  valore  degli  argomenti  del- 
l'Hartmann, ammettendo  che  qualche  volta  gli  scrittori  delle  carte  pri- 
vate, come  «  Bonushomo  »  e  talun  *altro,  furono  proprio  le  medesime 
persone  degli  scrittori  della  cancelleria  pontificia.  E  poi  non  è  lo  stesso 
procedimento  il  mio,  perchè  non  deduco  dall'identità  dei  nomi  l'iden- 


^ibliograjid  489 


tità  delle  persone.  Ma  perchè  allora  il  nome  di  Gregorio  o  quello 
d'Ildebrando  non  è  ripetuto  nella  famiglia  dei  Pierleoni,  se  Gregorio  VII 
le  appartenne?  Intendiamoci  bene:  io  non  ho  detto  che  Gregorio  VII 
sia  un  Pierleoni.  Noi  non  sappiamo  nulla  dell'  origine  della  sua  fami- 
glia, né  donde  discendesse  quel  Bonizo,  suo  padre,  che  altri  volle  di 
origine  germanica  !  La  madre,  al  più,  d' Ildebrando  avrebbe  potuto 
esser  legata  di  parentela  con  i  Pierleoni,  ed  il  prof.  Tangl  può  inse- 
gnarmi che  non  è  la  discendenza  materna  ma  quella  paterna  che  dà 
la  costituzione  ed  il  nome  delle  famiglie.  Perchè  poi  il  Tangl  ha  ta- 
ciuto un  indizio  di  grande  valore  per  ammettere  1'  origine  Pierleonia 
di  Gregorio  VI?  La  tradizione  rappresentata  dal  Ciacconio,  dallo  Zaz- 
zera, dal  Crescimbeni  e  da  altre  fonti  manoscritte,  sebbene  recenti, 
afferma  che  Gregorio  VI  era  Pierleoni  ;  e,  quel  che  vale  di  più,  l'afferma 
la  tradizione  familiare  mantenutasi  viva  e  fresca  fino  al  decimosettimo 
secolo.  Nel  1674,  in  un'iscrizione  di  S.  Paolo,  Lucrezia  Pierleoni  ancor 
si  gloriava  di  avere  avuto  fra  i  suoi  antenati  Gregorio  VI  (Forcella, 
XII,  19).  Certo  questa  non  è  una  prova;  ma,  trattandosi  di  un  pro- 
cesso indiziario,  chi  può  condannarmi,  se  io  me  ne  valgo? 

Ciò  posto,  poiché  le  relazioni  fra  Gregorio  VI  e  Gregorio  VII  fu- 
rono senza  dubbio  .strettissime,  non  vedo  perchè  sia  assolutamente 
improbabile  che  fra  i  due  vi  fossero  vincoli  di  parentela.  All'arciprete 
di  S.  Giovanni  a  Porta  Latina,  Giovanni  Graziano,  viene  affidata  l'edu- 
cazione di  Ildebrando  fanciullo.  Quando  nel  1046  Gregorio  VI  è  co- 
stretto a  recarsi  in  Germania,  Ildebrando  lo  segue  al  di  là  dei  monti, 
ed  alla  morte  di  lui  ne  eredita  le  ricchezze.  Ben  è  vero  che  la  fonte 
di  quest'ultima  notizia.  Benone,  è  mal  sicura,  essendo  egli  animato  da 
odio  contro  Ildebrando  ;  ma  qui  si  tratta  semplicemente  di  una  consta- 
tazione di  fatto,  e  non  vi  sono  ragioni  per  negargli  fede.  Il  Tangl 
stesso  afferma  che  «  die  Art  seines  Angriffes  (cioè  contro  Ildebrando) 
«  zeigt  dabei  wieder  hinter  alien  gehàuften  Entstellungen  den  grùndli- 
«  chen  Kenner  der  Vorgànge  und  Verhàltnisse .) .  Il  mio  illustre  con- 
traddittore s' indugia  ad  esaminare  con  molto  acume  un  passo  del  de- 
creto di  scomunica  di  Enrico  IV  del  7  marzo  1080;  ed  io  convengo  pie- 
namente neir  interpretazione  che  egli  gli  ha  dato.  Ma,  comunque  s'in- 
tenda r  espressione  :  «  invitus  ultra  montes  cum  domino  papa  Gregorio 
«abii»,  rimane  sempre  il  fritto  che  Ildebrando  lasciò  Roma  per  accom- 
pagnare il  deposto  Gregorio  VI,  non  di  sua  volontà.  E  per  volontà 
di  chi  adunque?  Perciò  l'ipotesi  della  parentela  fra  Ildebrando  e  Gio- 
vanni Graziano,  senza  essere  certo  l'unica  possibile,  non  mi  par  desti- 
tuita di  ogni  probabilità. 

Con  una  elegante  digressione,  che  io  giudico  la  parte  migliore  e 
più  persuasiva  del  lavoro,  il  Tangl  risolve  il  problema  del  tempo  nel 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XXVIII.         $2 


490  'Bibliografia 


quale  Ildebrando  vestì  1'  abito  monacale.  Egli  prova  come  la  notizia 
di  Bonizone  che  Ildebrando,  alla  morte  di  Gregorio  VI,  entrò  nel  mo- 
nastero di  Cluny,  deve  ritenersi  esatta,  come  anche  dimostra  che  il 
primo  incontro  fra  Ildebrando  e  Leone  IX  dovette  avvenire  a  Besancon 
e  non  a  Worms,  come  il  Martens  aveva  creduto  di  poter  dimostrare. 

E,  tornando  alla  nostra  questione,  osserva  il  Tangl  che  tutti  i 
contradittori  accaniti  di  Gregorio  VII  non  avrebbero  mancato  di  rin- 
facciargli la  sua  origine  giudaica,  se  ne  avessero  avuto  notizia.  Ma  di 
origine  giudaica  è  soltanto  il  Tangl  che  parla.  Io  non  so,  per  esempio,  se 
il  gran  cancelliere  dell'impero  Germanico  abbia  dei  figliuoli.  Li  direbbe  il 
prof  Tangl  di  origine  italiana,  perchè  il  principe  von  Bùlow  ha  sposato  una 
itaHana?  Evidentemente,  se  vincoli  di  parentelavi  furono  tra  Gregorio  VII 
ed  i  Pierleoni,  essi  dovettero  annodarsi  per  linea  femminile.  E  come 
nessuno  avrebbe  potuto  sostenere  che  i  Pierleoni,  soltanto  perchè 
erano  imparentati  con  le  nobili  famiglie  cristiane  di  Roma,  erano  di 
origine  cristiana,  così  egualmente  nessuno  avrebbe  potuto  rimprove- 
rare a  Gregorio  VII  l'origine  giudaica,  anche  se  sua  madre  fosse,  per 
avventura,  imparentata  con  una  famiglia  che  già  da  due  generazioni 
aveva  abbandonato  il  giudaismo.  E  qui  debbo  correggere  un  curioso 
equivoco  nel  quale  il  prof.  Tangl  è  caduto.  Egli  crede,  né  so  donde 
abbia  tratto  la  singolare  notizia,  che  sia  stata  qui  in  Roma  scoperta 
un'  iscrizione  nella  quale  si  fa  parola  della  famiglia  di  Gregorio  VII. 
Io  non  ho  mai  parlato  di  simile  iscrizione,  né  mai  ne  ha  fatto  cenno 
il  Pasquali  alla  cui  opera  mi  richiamavo.  Il  Pasquali,  di  cui  rimpian- 
giamo la  perdita  recente,  era,  non  ostante  i  suoi  difetti,  un  acuto  inda- 
gatore della  storia  di  Roma,  ed  era  giunto  alla  conclusione  dell'origine 
romana  di  Ildebrando  non  col  sussidio  di  iscrizioni,  ma  con  argomenti 
che  prometteva  di  pubblicare  prossimamente  nella  sua  storia  di  S.  Maria 
in  Portico.  È  da  augurarsi  che  quest'opera,  della  quale  so  che  era 
pronto  in  gran  parte  il  materiale,  sia  pubblicata,  non  ostante  che 
la  morte  ne  abbia  rapito  1'  autore. 

E  veniamo  infine  alla  testimonianza  degli  Annali  di  Pegau:  «  Apo- 
«  stolico  igitur  cum  Petro  Leone  avunculo  suo  fugam  ineunte  « .  A  me 
non  era  sfuggito  il  lato  debole  di  questo  argomento,  trattandosi  di  uno 
scrittore  di  epoca  posteriore,  e  che  non  conosce  bene  gli  avvenimenti  : 
e  qualche  dubbio  lo  avevo  pure  esposto.  Ma  le  giuste  osservazioni  del 
Tangl  mi  convincono  pienamente  che  quella  fonte  non  merita  alcuna 
fiducia.  E  dorma  pure  in  pace  la  testimonianza  degli  Annales  Pega- 
vienses  sotto  la  ben  scolpita  pietra  sepolcrale  che  il  Tangl  giustamente 
si  dà  vanto  di  aver  posto  sulla  sua  tomba.  Ma  meritano  per  questo 
di  essere  ricacciati  inesorabilmente  nella  stessa  tomba  tutti  gì'  indizi 
raccolti  di  una  probabile  parentela  fra  Ildebrando  ed  i  Pierleoni?  Non 


"Bibliografia  491 


lo  credo,  e  spero  di  riesaminare  a  miglior  tempo  e  più  pacatamente  la 
questione  alla  quale  forse  porterò  nuovi  elementi  che,  se  non  varranno 
a  risolverla,  potranno  giovare  un  poco  alla  conoscenza  storica  del  grande 
avversario  di  Errico  IV, 

P.  Fedele. 


Il  Canzoniere  di  Francesco  Petrarca  riprodotto  lette- 
ralmente dal  cod.  Vat.  Lat.  3195  a  cura  di  Ettore 
Modigliani.  Pubbl.  della  Società  Filologica  Romana 
(Roma,   1904). 

Non  v'  è  studioso  del  Petrarca,  il  quale  ignori  l' importanza  somma 
del  codice  Vaticano  Lat.  3195.  Esso  contiene  l'originale  intiero  e  com- 
piuto delle  Rime,  quale  l'avrebbe  egli  medesimo  approntato  se  avesse 
dovuto  licenziarlo  per  la  stampa.  Le  strofe  soavi,  «nate  di  notte  in 
«  mezzo  ai  boschi  » ,  erano  da  lui  divulgate  tra  gli  amici  e  i  cono- 
scenti, che  alla  lor  volta  le  ripetevano  e  le  abbandonavano  alla  curio- 
sità del  pubblico  :  sicché  passando  di  bocca  in  bocca,  di  penna  in  penna, 
de  voci  de'  sospir  suoi  in  rima»  s'erano  alterate,  snaturate  al  punto 
eh'  ei  stentava  -  assevera  -  di  riconoscerle  come  sua  proprietà.  Ond'  è 
che  in  una  famosa  lettera  al  Boccaccio,  nel  1366,  manifestava  il  pro- 
posito di  voler  provvedere  a  che  le  migliori  delle  cose  sue  non  fosser 
più  a  lungo  dilaniate  dal  volgo.  Il  proposito  fu  ne'  due  anni  successivi 
a  quello  tradotto  nella  realtà:  e  il  Petrarca  intraprese  la  trascrizione 
de'  Rerum  vulgarium  fragmenta,  fatta  in  parte  per  mano  propria,  in 
parte  per  mano  di  un  copista  in  tutto  e  per  tutto  guidato  da  lui: 
trascrizione,  ch'ei  corresse  e  ricorresse  con  quella  fastidiosa,  eccessiva 
forse,  e  incontentabile  minuziosità,  che  metteva  in  ogni  sua  opera,  e 
di  cui  si  riprende  come  d'un  difetto  in  una  nota  marginale  nell'esem- 
plare del  Plinio,  che  ha  accolto  tante  sue  tacite  confidenze  (Par.  6802). 
Numerosissime  sono  infatti  le  abrasioni,  che  nel  codice  si  incontrano  ; 
«  abrasioni  di  lettere,  di  sillabe,  di  parole,  perfino  di  versi  e  di  com- 
«  ponimenti  intieri,  dovute  quasi  tutte  alla  mano  del  Petrarca,  il  quale 
«  non  solo  rivide  i  componimenti  di  pugno  del  copista,  ma  in  più  luoghi 
«  ritornò  anche  su  quelli  trascritti  da  lui,  o  per  correggere  qualche 
«  lapsus  calami,  o  per  modificare  la  forma,  sempre  nell'  intento  di  rag- 
«  giungere  maggiore  eleganza  ed  armonia  » . 

È  adunque  questo,  contenuto  nel  cod.  Vat.  3195,  il  vero  Petrarca, 
come  lo  chiamò   Pietro    Jkmbo,    il   quale    fece   acquisto    del    prezioso 


49  2  ^ib  liog  rafia 


volume  nel  1544,  e  l'ebbe  si  caro  che  non  se  ne  sarebbe  disfatto,  dice 
in  una  lettera  al  Quirini,  nemmeno  per  la  somma  di  cinquecento  zec- 
chini :  ò  il  testo  definitivo  del  Cannoniere,  la  forma  ultima,  in  cui  messer 
Francesco  volle  che  quelle  sue  poesie  fosser  tramandate  alla  posterità. 
Fu  quindi  saggio  ed  opportuno  pensiero  quello  della  Società  Filologica 
Romana  di  curare  a  che  dell'insigne  cimelio  si  avesse  una  riprodu- 
zione sincera,  che  mettesse  il  manoscritto  tal  quale  alla  portata  del 
maggior  numero  di  studiosi,  che  desse,  cioè,  agio  di  servirsene  larga- 
mente senza  bisogno  di  ricorrere  al  codice.  A  tale  scopo  la  edizione  in 
facsimih  fototipici  non  sarebbe  stata  sufficiente.  Il  cod.  Vat,  3195  è 
in  più  luoghi  di  lettura  difficile  ;  e  tale  difficoltà  non  sarebbe  al  certo 
diminuita  in  una  riproduzione  fotografica,  che,  per  quanto  perfetta,  è 
incapace  di  ridare  tutte  le  traccie,  tutte  le  ombre  superstiti  di  segni 
indeboliti  e  quasi  afl:atto  svaniti.  Inoltre  nel  facsimile  non  si  sarebbe 
potuto  apprezzare  il  valore  dei  numerosi  ritocchi;  come  anche  si  sa- 
rebbe perduta  l'ornamentazione  del  manoscritto.  L' incarico  di  attuare 
il  suo  proposito  fu  dalla  Società  affidato  ad  Ettore  Modigliani,  che  l'ha 
adempiuto  con  cura  paziente,  con  «  intelletto  d'  amore  >■>  sì  da  meritar 
la  gratitudine  di  tutti  i  cultori  di  cose  petrarchesche. 

L'edizione  infatti  offertaci  dal  Modigliani  è  una  fedele  riprodu- 
zione degli  intendimenti,  dei  criteri  del  Petrarca,  quali  risultano  da 
un  esame  acuto,  coscienzioso  del  codice.  Codesta  fedeltà  si  manifesta 
a  incominciar  dal  formato.  Il  Petrarca,  discostandosi  dall'uso  medioe- 
vale, che  aveva  adattato  la  sagoma  dei  codici  a  bisogni  diversi,  era 
risalito  per  il  suo  Cannoniere  ai  modelli  classici  e  aveva  scelto  la  forma 
quasi  quadrata,  che  specialmente  si  prestava  a  contenere  lo  sviluppo 
strofico  della  canzone.  Orbene,  lo  stesso  rapporto  fra  altezza  e  larghezza 
-  ridotte  le  dimensioni  -  è  mantenuto  nel  presente  volume.  Così  v'è  stata 
rispettata  la  quadernatura  dell'originale  e  ne  fu  riprodotta  esattamente 
la  paginatura  e  la  lineatura,  per  modo  che  a  ciascuna  pagina  e  a  cia- 
scuna linea  del  ms.  viene  a  corrispondere  una  pagina  ed  una  linea 
della  edizione.  Il  testo  è  -  come  si  sa  -  diviso  due  parti,  di  cui  la 
seconda  incomincia  con  la  canzone  /  vo  pensando  :  ciascuna  di  esse  è 
contrassegnata  da  una  grande  iniziale  rosa  in  campo  d'oro  e  adorna 
di  fregi  colorati;  inoltre  sono  colorati  in  rosso  e  in  turchino  molte 
delle  iniziali  delle  poesie  e  molti  dei  paragrafi,  che  segnano  il  prin- 
cipio delle  stanze.  Anche  queste  lettere  e  paragrafi  miniati  sono  qui 
riprodotti,  e  con  gli  stessi  colori  e  nello  stesso  ordine  che  hanno 
nell'originale.  In  questo,  sì  nell'una  che  nell'  altra  parte,  figurano  due 
mani  diverse  :  quella  del  poeta  e  quella  del  copista.  Affinchè  esse  fos- 
sero distinte  materialmente  anche  nella  edizione,  il  Modigliani  volle 
stampati  in  carattere  tondo  i  componimenti  trascritti  dall'amanuense, 


bibliografìa  493 


e  in  carattere  corsivo  i  componimenti  trascritti  dal  Petrarca  :  e  in  questo 
stesso  carattere  fece  stampare  le  parole  autografe  scritte  su  rasura  anche 
in  quelli  non  autografi.  In  tal  modo  gli  studiosi  possono,  a  prima  vista, 
riconoscere  il  contributo  diretto  del  Petrarca  nella  trascrizione.  Ha  poi 
adottato  nella  stampa  la  stessa  disposizione  che  i  versi  hanno  nel  codice: 
e  vi  furon  trascritte  con  lettera  maiuscola  le  lettere  che,  o  per  la  loro 
grandezza  maggiore  o  per  la  loro  forma,  sembravano  rivelare  nello 
scrittore  l' intenzione  di  usare  la  maiuscola.  Delle  espunzioni,  delle  ag- 
giunte, delle  rasure  è  rimasta  nella  riproduzione  sicura  e  lucida  traccia 
o  nel  testo  o  nelle  note. 

In  quanto  alla  punteggiatura,  la  cui  importanza  somma  ebbe  già 
a  rilevare  un  grande  commentatore  del  Petrarca,  il  Leopardi,  quando 
asseriva  che  «  spesse  volte  una  virgola  ben  messa  dà  luce  a  tutto  un 
«  periodo  » ,  i  diversi  segni,  e  nella  forma  nella  quale  si  trovano  nel- 
l'originale, vennero  conservati  nella  presente  edizione  :  «  e  tutta  la  cura 
«si  pose»,  si  afferma  nella  particolareggiata  prefazione,  e  affinchè  nes- 
«  suno  sfuggisse,  sebbene,  a  cagione  della  loro  sottigliezza  e  dello  stato 
«  del  codice,  molti  sieno  oggi  svaniti  e  a  stento  visibili  senza  l'aiuto 
«della  lente».  A  questo  riguardo,  è  importante  la  scoperta  fatta  dal 
Modigliani  nella  biblioteca  Vittorio  Emanuele  dell'edizione  quattrocen- 
tina di  un  trattatello  intorno  zWArs  piinctandi,  che  le  bibliografie  degli 
incunaboli  attribuiscono  allo  stesso  Petrarca.  Se  la  attribuzione  sia  giusta, 
non  so  :  in  ogni  modo  gli  è  certo  che  tra  i  segni  indicati  nel  trattato 
e  quelli  del  codice  Vat.  3195  c'è  una  rispondenza  perfetta;  rispondenza, 
che  si  riscontra  anche  rispetto  ad  altri  due  codici  autografi  del  Petrarca, 
il  Vat.  lat.  3358,  contenente  il  Bucoìicum  Carmen,  il  Vat.  lat.  3359,  con- 
tenente il  De  sili  ipsiiis  et  tmiìtorum  ignorantia.  Il  trattatello,  con  la  sua 
sommaria  illustrazione  del  valore  di  ciascun  segno,  ci  dà  agio  di  inter- 
pretare con  sicurezza  il  sistema  d' interpunzione  adottato  dal  Poeta,  e 
ci  apre  la  via  ad  intuire  com'egli  voleva  che  i  suoi  versi  fossero  letti. 

L'intima  famigliarità,  che  per  lungo  tempo  il  Modigliani  ha  avuto 
col  codice,  ha  fatto  sì  che  questo  si  rivelasse  quasi  interamente  a  lui, 
anche  nelle  sue  più  minute  particolarità.  Le  varie  mani,  che  dopo  quelle 
del  Petrarca  e  del  copista  lasciaron  su  di  esso  traccia  di  sé,  sono  indi- 
cate nelle  sobrie  note  dell'edizione  come  vi  son  rilevati  e  lo  scopo  e 
la  portata  dell'opera  loro.  Le  ipotesi  avanzate  sono  caute,  prudenti 
sempre  e  appaion  frutto  di  mature  e  sottili  meditazioni.  Soltanto  circa 
un  asserto,  esposto  nella  prefazione,  noi  dobbiamo  fare  le  nostre  riserve. 
C'è  nel  testo  una  serie  di  lettere  e  di  parole,  già  svanite  e  poi  ritoc- 
cate o  riscritte  più  tardi.  Or  bene  di  esse  il  Modigliani  crede  di  poter 
identificare  l'autore  nella  persona  di  Pietro  Bembo.  Egli  promette  di 
tornire  in  altro  luogo  più  ampia  dimostrazione  di  questo  suo  convin- 


494  bibliografia 


cimento.  E  noi  attendiamo  desiderosi,  ch'ei  mantenga  la  promessa.  Ma 
a  priori  ci  par  ardua  la  certa  identificazione  di  una  mano  dal  semplice 
ritocco  di  qualche  lettera  sbiadita  dal  tempo  :  e  se  altri  argomenti  tratti 
da  altra  origine  che  non  sia  il  codice  non  verranno  a  raffermar  la  sua 
congettura,  temiamo  che  questa  resterà  congettura,  espressione  cioè  di 
una  impressione  puramente  personale. 

La  storia  adunque,  lunga  e  complicata  istoria,  di  questo  prezioso 
manoscritto  si  svolge  pagina  per  pagina,  parola  per  parola,  segno  per 
segno,  innanzi  a  noi  nella  bella  edizione,  che  Ettore  Modigliani  ci  pre- 
senta. E  codesta  storia  è  interessante  non  solo  pel  filologo,  pel  lette- 
rato, ma  anche  per  lo  psicologo.  C  è  una  parte  dello  spirito  del  Petrarca 
nella  materiale  apparenza  di  questi  fogli,  a  cui  egli  ha  affidato  i  suoi 
canti  giovenili  d'amore.  Essi  ci  dicono  innanzi  tutto  cosa  divenisser 
per  lui  questi  canti  negli  anni  della  vecchiaia  :  non  solo  le  care  rimem- 
branze di  giorni  lieti  lontani,  ma  forse  il  titolo  più  superbo  della  sua 
carriera  letteraria,  a  cui  bisognava  convergere  -  ei  n'aveva  coscienza  - 
tutte  le  sue  cure,  tutte  le  sue  abilità  di  artista  provetto.  Ma  principal- 
mente per  il  lento  lavorio  della  lima,  che  ci  divien  quasi  palpabile,  essi 
ci  sono  documento  vivace  in  questo  campo  dell'  arte  di  quella  ansiosa, 
insaziabile  aspirazione  al  meglio,  che  è  stata  una  delle  caratteristiche 
più  recise  dell'anima  sua  :  aspirazione,  che  gli  faceva  esclamare  ad  ogni 
passo  angosciosamente  :  «  Sentio  inexpletum  quoddam  in  praecordiis 
e  meis  semper»,  che  è  stata  la  spina  penosa  della  sua  attività,  ma  che 
ha  formato  la  sua  forza  vera  d'uomo  e  di  poeta. 


Carlo  Segré. 


Francesco    Schupfer,    Precarie  e  livelli    nei    documenti   e 
nelle  leggi  dell' alto  medio  evo.  —   Torino,  1905. 

È  un  lavoro  di  grandissima  importanza  non  soltanto  per  la  copia 
dei  documenti  onde  si  trae  profitto,  si  anche  per  la  vigoria  del  pen- 
siero che  lo  anima.  Un  giovane  scrittore,  il  Pivano,  in  un  suo  recente 
volume  di  molto  pregio  (/  contratti  agrari  in  Italia  nelV  aito  medio  evo, 
Torino,  1904)  tentò  dimostrare  con  sottile  insistenza  questa  tesi:  che 
i  tre  massimi  contratti  agrari  del  medio  evo,  la  precaria,  il  livello  e 
l'enfiteusi,  si  distinguono  fra  loro  per  un  carattere  esclusivamente  este- 
riore. La  precaria  ed  il  livello  sarebbero  due  contratti  formali,  col  qual 
vocabolo  intendesi  nella  scienza  designare  contratti  il  cui  tipo  è  dato 
dalla  sola  forma  adatta  ad  esprimere  contenuti  diversi,  come  era  nella 


bibliografìa  495 


stipulatio  del  diritto  romano;  l'enfiteusi  invece  sarebbe  un  contratto 
sostanziale  e  alla  lor  volta  precaria  e  livello  differirebbero  in  una 
sola  piccolissima  particolarità  di  forma  :  per  costituire  la  precaria 
sono  necessari  due  documenti  di  tenore  diverso,  l'uno  in  forma  di 
petizione,  l'altro  in  forma  di  concessione,  mentre  a  costituire  il  li- 
vello occorrono  due  documenti  dello  stesso  tenore  o  di  concessione 
o  di  petizione.  Già  da  un  primo  giudizio  logico  o,  per  meglio  dire, 
metodologico,  a  chi  scorreva  il  libro  del  Pivano  doveva  apparir 
chiaro  che  1'  autore  si  era  lasciato  sedurre  da  alcuni  preconcetti  empi- 
rico-formalisti, dai  quali  avrebbe  potuto  salvarlo  l'obbedienza  ad  un 
rigoroso  concetto  scientifico,  secondo  noi,  troppo  spesso  calunniato. 
Questo  concetto  scientifico  supremo  insegna  che  gli  istituti  giuridici 
sono  sempre,  nella  loro  veste  esteriore,  il  simbolo  perfetto  e  som- 
mamente eloquente  di  realtà  della  vita,  nella  quale  sorgono.  Non 
vi  è  effetto  senza  causa,  non  vi  è  forma  senza  sostanza.  Si  ha  un  bel 
gridar  contro  al  «preconcetto»,  all'  «  unilateralità  »,  al  «materia- 
lismo» con  le  relative  immancabili  «strettoie».  L'esperienza  insegna 
che  le  vere  strettoie  sono  quelle  di  un  formalismo  strappato  a  forza 
dalla  vita  ed  entro  il  quale  non  si  deve  racchiudere  la  storia  del  di- 
ritto, che  deve  essere  il  vero  simbolo  e  quasi  la  sintesi  della  storia 
generale.  Per  difetto  dunque  di  metodo,  direi,  realmente  scien- 
tifico, il  Pivano  ci  sembra  che  sia  caduto  in  errore  ed  abbia  voluto 
racchiudere  un  grave  problema  entro  confini  troppo  angusti. 

Ma  il  prof  Schupfer,  con  vastità  di  vedute  e  con  poderosa  dot- 
trina, riconduce  alla  realtà  delle  cose  ed  inconfutabilmente  dimostra 
che  la  precaria,  il  livello  e  l'enfiteusi  sono  veri  e  propri  contratti  so- 
stanziali, rispondenti  ciascuno  ad  un  fine  suo  proprio  ben  nitido  e 
distinto.  La  precaria,  che  è  legata,  nell'origine,  al  praecarium  classico, 
contiene  in  se  l' idea  caratteristica  del  godimento  dei  beni  solo  per 
favore  del  concedente,  il  qual  concetto  a  sua  volta  è  tutela  della 
proprietà  ecclesiastica,  al  cui  miglioramento  il  contratto  di  precaria 
deve  provvedere,  pur  salvaguardando  il  diritto  del  concedente  e  po- 
nendo in  prima  linea  questa  necessità  :  indi  tutta  la  configurazione 
giuridica.  L'enfiteusi,  che  conferisce  all'enfiteuta  un  diritto  reale,  per 
cui  quegli  può  godere  pienamente  della  cosa  come  se  fosse  proprie- 
tario, è  per  contro  tutta  intesa  a  proteggere,  nell'  interesse  economico 
del  miglioramento  dei  fondi,  il  diritto  del  lavoratore,  in  subordina- 
zione s'  intende  al  fine  del  miglioramento  stesso.  E  perciò  si  atteg- 
gia nel  medio  evo  assai  differentemente  che  nel  periodo  romano,  fa 
obbligo  all'enfiteuta  di  migliorare  la  terra,  gli  concede  in  proprietà  le 
raigliorazioni,  gli  dà  il  diritto  della  derelictio,  ossia  la  facoltà  dell'ab- 
bandono ogni  volta  che  non   trovi    rimunerativa    la    coltivazione  del 


49^  bibliografia 


fondo.  Il  livello,  che  ha  parentela  con  la  precaria,  se  ne  distingue  non 
per  mìsere 'e  indipendenti  particolarità  di  forma,  ma  sopratutto  per 
la  natura  del  contratto,  perchè  il  rapporto  derivante  dal  livello 
è  strettamente  contrattuale  da  ambo  i  lati  e  dà  luogo  non  a  un  pos- 
sesso precario  piiJ  o  meno  ampio,  ma  a  un  vero  e  proprio  diritto 
reale.  È  simile  all'enfiteusi,  da  cui  trasse  origine,  ma  per  certi  riguardi 
se  ne  discosta  ed  ha  vita  propria.  I  tre  contratti  insomma,  dimostra 
lo  Schupfer,  sono  animati  ciascuno  da  un  proprio  spirito  giuridico, 
che  si  manifesta  in  ogni  punto  della  loro  disciplina.  La  diversità 
giuridica  a  sua  volta  risponde  ad  un  diverso  fine  economico  :  talora 
prevale  l' interesse  del  proprietario,  tal'altra  l'interesse  del  lavoratore. 
Così  abbiamo  una  spiegazione  razionale,  che  ci  lascia  pienamente 
soddisfatti  ;  e  però  è  ben  giusto  che  questo  lavoro  sia  studiato  e  te- 
nuto a  modello,  come  esempio  di  buon  metodo  negli  studi  di  storia 
e  di  diritto  che  non  debbono  essere  abbandonati  dalla  virtìi  anima- 
trice del  pensiero  coordinatore. 

Gino  Arias. 


Bernard  Monod,  Le  moine  Guibert  et  son  temps  (1053- 
II 24)  avec  une  préface  de  M.  Émile  Gebhart.  — 
Paris,  Hachette,   1905,  pp.  xxviii,  342. 

Ora  è  un  anno  che  a  Hyères  Bernardo  Monod  moriva  nel  fiore 
della  più  promettente  giovinezza.  A  soli  venticinque  anni  egli  aveva 
destato  le  più  liete  speranze:  conseguito  il  diploma  di  archivista  e 
paleografo  presso  TÉcole  des  Chartes,  con  una  tesi  su  Pasquale  II  e 
Filippo  I,  entrò  nell'École  des  Hautes  Études  alla  quale,  riprendendo 
il  primo  lavoro,  presentò  un  assai  lodato  Essai  sur  les  rapports  de 
Pascal  II  avec  Philippe  I  et  Louis  IV.  Fu  poi  nominato  membro  del- 
l'Ecole  de  Rome;  ma,  ohimè!,  la  terribile  malattia  che  distrusse  la 
sua  giovinezza,  gì'  impedì  di  venire  a  Roma  a  lavorare  nella  solenne 
quiete  del  palazzo  Farnese.  Ed  il  volume  su  Guiberto  che  egh  veniva 
segretamente  preparando  per  ofìfrirlo  un  giorno,  con  gradita  sorpresa, 
a  suo  padre,  viene  ora  dal  padre  pubblicato  e  deposto  come  una  fu- 
nebre offerta  sulla  sua  tomba.  Quanta  tristezza  ! 

Questo  volume  rende  a  noi  ancora  più  sensibile  la  sua  perdita. 
Con  che  affetto,  con  quanta  giovanile  vivacità  piena  di  buon  senso  e 
di  criterio  1'  autore  ha  tratteggiato  la  figura  di  Guibert  de  Nogent  ! 
Fra  gli  scrittori  medioevali  Guiberto  è  senza  dubbio  uno  dei  più  im- 


^Bibliografia  497 


portanti  per  la  sua  originalità,  per  la  franchezza  e  l'ardire  delle  sue 
opinioni,  e  soprattutto  perchè  nei  suoi  scritti  egli  ha  messo  tanta  parte 
di  se  stesso,  dei  suoi  sentimenti  e  della  sua  vita  che  nessuno  forse 
fra  gli  scrittori  del  medioevo  è,  per  cosi  dire,  più  soggettivo  di  lui. 
L'opera  De  vita  sua  sive  monodiarum  libri  III  è  la  prima  memoria 
autobiografica  dell'età  moderna.  Era  quindi  bene  che  l'originale  figura 
di  questo  monaco  medioevale  fosse  tratta  dall'oHìo. 

Riassumere  il  bel  lavoro  del  Monod  equivarebbe  a  sciuparlo.  Le 
pagine  nelle  quali  egli  ci  narra  i  primi  anni  della  vita  di  Guiberto 
trascorsi  in  un  castello  presso  Clermont-en-Beauvaisis  con  la  madre 
pia  e  piena  di  scrupoli,  con  un  precettore  ignorante  e  manesco  lasciano 
una  profonda  impressione  dì  simpatia  e  di  tristezza.  Entrato  nel  mo- 
nastero di  Saint-Germer-de  Fly,  egli  si  dette  con  ardore  agli  studi 
sacri  e  profani,  e  nella  biblioteca  monastica  egli  trascorreva  ore  deli- 
ziose leggendo  insieme  con  i  Padri  della  Chiesa  i  prosatori  ed  i  poeti 
dell'  età  classica.  Fu  per  lui  una  vera  rivelazione  ! 

Quando  gli  storici  del  rinascimento  si  sofìermano  a  descrivere 
r  impressione  profonda  che  sugli  eruditi  del  Quattrocento  faceva  la 
lettura  delle  opere  che  ad  essi  primi  svelavano  un  mondo  d'ignorata 
bellezza,  probabilmente  non  sanno  che,  già  alcuni  secoli  innanzi,  il 
monaco  di  Saint-Germer,  nella  solitudine  della  sua  cella,  si  abbando- 
nava con  lo  spirito  pieno  di  curiosità  alla  lettura  dei  prosatori  e  dei 
poeti  latini  fino  al  punto  di  avere  quasi  in  dispregio  la  Sacra  Scrit- 
tura e  di  proporsi  di  rivaleggiare,  componendo  carmi,  con  Ovidio  e 
Virgilio.  Proprio  nel  tempo  che  il  senso  della  vita  e  gì'  irrequieti  de- 
sideri si  svegliavano  nel  giovane  organismo  di  Guiberto,  Amarillide 
e  Galatea  riempivano  la  sua  fantasia  e  turbavano  i  suoi  sogni.  Era 
una  via  pericolosa  dalla  quale  si  ritrasse  a  tempo  per  opera  princi- 
palmente di  Anselmo  che  fu  poi  il  grande  arcivescovo  di  Cantorbery, 
ailora  semplice  priore  della  badia  di  Bec.  Anselmo  lo  accolse  sotto  la 
sua  protezione,  notò  il  suo  spirito  vivace  e  desideroso  di  apprendere, 
la  sua  sensibilità  ardente,  e  si  propose  di  regolare  e  di  avviare  al 
bene  lo  sviluppo  rigoglioso  di  quella  giovinezza  esuberante.  Sotto  V  in- 
fluenza dell'  austero  creatore  della  filosofia  scolastica,  Guiberto  abban- 
donò i  suoi  amori  per  la  letteratura  pagana.  Intanto  la  fama  delle 
sue  virtù  e  della  sua  dottrina  andò  di  giorno  in  giorno  crescendo  ;  e 
fu  eletto  abate  del  monastero  di  Nogent-les-Vierges-sous-Coucy. 
L'  alto  onore  non  tolse  a  Guiberto  la  serena  e  studiosa  tranquillità  di 
Saint-Germer-de  Fly  ;  ma  nello  stesso  tempo  l' obbligò  a  prendere 
una  parte  attiva  a  tutti  gli  affari  della  diocesi  di  Laon.  Cosi  fu  inca- 
ricato di  sostenere  presso  Pasquale  II  il  famoso  Gaudry  eletto  alla 
sede  episcopale   di  Laon,  Gnudry  era    certamente   indegno  di    questa 


498  bibliografia 


dignità  ecclesiastica,  e  Guiberto  ebbe  la  debolezza  di  sostenerne  la 
causa  presso  il  pontefice  ;  ma  egli  se  ne  chiama  cosi  candidamente 
in  colpa  che  non  ci  basta  l'animo  di  negargli  il  perdono.  Guiberto 
morì  tra  il  1121  ed  il  11 24,  lasciando  ai  suoi  monaci  il  ricordo  di 
una  vita  piena  di  operosità  e  di  amore. 

Nella  seconda  parte  del  volume  il  Monod  descrive  la  società  fran- 
cese, come  appare  dalle  opere  di  Guiberto.  In  genere  noi  conosciamo 
molto  poco  la  vita  dell'alto  medioevo,  perchè  la  più  parte  delle  fonti 
storiche,  consistendo  in  documenti  d'archivio,  in  cartulari  monastici, 
in  cronache  aride  e  brevi,  mal  si  presta  a  farci  indagare  la  vita  e, 
vorrei  dire,  l'anima  di  quei  tempi.  L'autobiografia  di  Guiberto  è  per 
questo  tanto  più  importante.  Colto,  appartenente  ad  una  nobile  fa- 
miglia del  Beauvaisis,  in  relazione  col  mondo  laico  ed  ecclesiastico 
della  sua  regione,  Guiberto  è  in  eccellenti  condizioni  per  osservare 
tutto  quello  che  si  svolge  intorno  a  lui.  Mentre  egli  ci  rammenta  i 
casi  della  propria  vita,  noi  possiamo  bene  osservare  lo  sfondo  del 
quadro  che  è  formato  dalla  società  ecclesiastica  e  feudale  della  Francia 
dell'undecime  e  dei  primi  anni  del  duodecimo  secolo.  Triste  è  il 
quadro  :  papi,  principi,  nobili  dame,  borghesi,  clero  secolare  e  regolare, 
nessun  grado,  nessun  ordine  sociale  si  può  dire  fosse  immune  da  gravi 
difetti.  Ma,  come  giustamente  ha  osservato  Elie  Berger  ( Biblioihèqiie  de 
lÉcoJe  des  Chartes,  LXVI,  438),  le  tinte  oscure  del  quadro  non  debbono 
far  dimenticare  che  è  ben  questo  il  tempo  che  la  Francia  compie  la 
conquista  della  Terra  Santa,  e  si  adopera  alla  costituzione  di  una 
grande  monarchia,  e  crea  l'arte  e  1'  epopea  medioevale.  Guiberto  ha 
naturalmente  il  più  grande  rispetto  per  i  papi  ;  ma  Urbano  II  in  par- 
ticolar  modo  attira  la  sua  simpatia  non  solo  per  l'austerità  e  la  fer- 
mezza con  la  quale  lotta  contro  i  vescovi  corrotti  ;  ma  soprattutto 
perchè  è  il  primo  ad  organizzare  la  crociata.  Nell'opera  di  Guiberto 
intitolata  Gesta  Dei  per  Francos  risuona  ancora  tutta  l'ammirazione 
entusiastica  che  l'oratore  del  concilio  di  Clermont  aveva  suscitato 
nella  Francia.  Non  egualmente  Guiberto  ammira  Pasquale  II  :  nota  che 
egli  è  meno  colto  di  quel  che  si  converrebbe  alla  sua  alta  dignità,  ed 
è  poi  sdegnato  contro  la  debolezza  del  papa  e  la  venalità  della  corte 
pontificia,  contro  la  folla  di  cortigiani,  officiali,  ciambellani,  segretari, 
camerieri,  prelati  di  ogni  sorta  che  approfittano  del  viaggio  della 
Curia  in  Francia  per  far  denaro,  che,  invece  di  predicar  la  riforma, 
sono  i  primi  a  favorir  la  simonia,  purché  ne  possano  essere  in  qualche 
modo  partecipi.  E  tuttavia  egli  si  compiace  che  la  terra  di  Francia 
sia  l'asilo  scelto  da  Pasquale  II.  Non  è  forse  vero,  osserva  Guiberto, 
che  ogni  volta  che  i  papi  ebbero  potenti  nemici,  ricorsero  per  aiuto 
alla  Francia?  Questa  coscienza  dell'  alta  e  divina  missione  della  Francia, 


bibliografia  499 


questo  sentimento  di  patriottismo  è,  senza  dubbio,  uno  dei  tratti  più 
caratteristici  dell'opera  di  Guiberto.  Se  egli  biasima  i  re  Luigi  e  Fi- 
lippo come  disonesti  e  corrotti,  non  appena  parli  dei  re  «  exterarum 
«gentium»,  il  suo  sentimento  nazionale  si  solleva,  e  si  compiace,  per 
esempio,  di  paragonare  il  fasto  e  l'alterigia  delle  nazioni  straniere  con 
la  naturale  modestia  dei  re  di  Francia.  Non  era  stata  scelta  la  Francia 
da  Urbano  II  come  terra  d'elezione  per  bandire  la  crociata?  e  Se  i 
Francesi,  esclama  Guiberto,  non  avessero  con  la  loro  attività  e  con  il 
loro  coraggio,  opposta  una  barriera  all'avanzarsi  dei  barbari,  sareste 
forse  riusciti  voialtri  Teutoni,  dei  quali  perfino  il  nome  s' ignora,  a  con- 
cluder qualche  cosa?»  Ora  questo  sentimento  di  opposizione  fra  Teu- 
toni e  Francesi  e  l'entusiasmo  di  Guiberto  per  gli  ultimi  è  una  prova 
evidente  che  già  alla  fine  dell'undecimo  secolo  s'era  svolta  e  formata 
in  Francia  un'anima  nazionale.  Egli  biasima  perfino  coloro  che  riten- 
gono le  donne  di  Francia  inferiori  per  grazia  e  bellezza  alle  donne 
orientali,  E  con  che  orgoglio  parla  del  normanno  Boemondo,  il  peri- 
coloso avversario  dell'impero  greco,  come  di  un  francese.  Eppure  a 
quei  tempi  la  Normandia  non  solo  non  era  una  parte  della  Francia, 
ma  era  anzi  una  regione  spesso  ribelle  ai  Capetingi  da  che  il  duca  di 
Normandia  era  diventato  re  d' Inghilterra.  Non  sembra  adunque  che 
Guiberto  concepisse  già  la  Francia  quale  la  formarono  i  secoli  poste- 
riori? 

Non  meno  importante  nel  libro  del  Monod  è  il  quinto  capitolo 
della  seconda  parte,  nel  quale  egli  esamina  l'opera  di  Guiberto  come 
scrittore.  La  profonda  cultura  che  Guiberto  aveva  acquistato  in  qua- 
ranta anni  di  studio  (  1064- 1 104)  nel  monastero  di  Saint-Germer,  gli 
dava  il  modo  di  conoscere  ed  il  diritto  di  giudicare  gli  antichi  ed  i 
contemporanei.  L'  unica  sua  preoccupazione  è  la  ricerca  del  vero  :  e 
critica  e  discute  e  raffronta  e  vuol  rassicurarsi  delle  testimonianze 
discordi.  Egli  è  così  uno  dei  primi  che  adoperi  il  metodo  storico.  Per 
questo  rispetto  il  severo  giudizio  del  Sybel  intorno  all'opera  di  Gui- 
berto sulla  prima  crociata  è  certamente  esagerato. 

Io  non  so  se  mi  sia  riuscito  di  dare  sia  pure  una  lontana  idea  del 
bel  lavoro  del  Monod.  Ed  è  ora  con  un  sentimento  di  accorata  tri- 
stezza che  chiudo  questo  libro  nel  quale  il  povero  Bernardo  ha  posto 
tanto  nobile  entusiasmo,  e  che  ci  fa  rimpiangere  la  perdita  di  un  in- 
telletto acuto  e  colto  ed  insieme  di  un'  anima  buona  e  gentile  ! 


P.  Fedeliì. 


500  "Bibliografia 


Ernesto  Ovidi,  La  Calcografia  romana  e  l'arte  dell'  incisione 
in  Italia. —  Roma-Milano,  Albrighi,  Segati  e  C.  1905, 
pp.  131,  in- 16. 

In  una  lettera  a  Giulio  Monteverde  l'autore  scrive  come  s'invo- 
gliasse di  comporre  questo  libro,  mentre  riordinava  nel  R.  Archivio 
di  Stato  di  Roma  le  carte  della  Calcografia  romana.  Gli  parve  che 
riandar  l' origine  di  questa,  «  lo  svolgimento,  le  dubbiose  alternative, 
V  le  vicende  subite  per  mutamenti  politici  e  1'  apogeo  infine  raggiunto, 
«  irradiasse  altresì  di  luce,  colla  scorta  di  pur  altri  documenti,  e  quasi 
«  rievocasse  dall'oblio  del  tempo,  quanti  cultori  di  si  nobile  arte  si  di- 
«  stinsero,  operando  per  essa,  o  concorsero  coi  loro  pregevoli  lavori  ad 
e  arricchirne  il  prezioso  patrimonio  ».  Ci  sembra  che  abbia  ragione  e  che 
i  principali  autori  di  mirabili  riproduzioni  a  bulino  e  ad  acquaforte 
meritassero  d'essere  ricordati. 

Un  chirografo  di  Clemente  XII,  pubblicato  in  appendice  al  volume, 
istituiva  il  15  febbraio  1738  la  Calcografia  camerale,  che  ereditava  la 
ricca  collezione  di  rami  messa  insieme  da  Gio.  Giacomo,  Domenico 
e  Lorenzo  De  Rossi  e  comprata  dallo  Stato  per  4500  scudi.  L'istituto 
cominciava  a  funzionare  per  conto  del  Governo  che  gli  assegnava 
5000  scudi  annui,  nello  stesso  locale  presso  la  chiesa  della  Pace,  dove 
i  De  Rossi  per  vari  anni  1'  avevano  diretto.  Di  qui  passò  presto  in  via 
Pie  di  Marmo,  e  successivamente  ebbe  altre  sedi  presso  Montecitorio, 
in  alcune  stanze  della  stamperia  camerale,  nei  locali  terreni  del  Colle- 
gio dì  Propaganda  Fide,  in  camere  del  Monte  di  Pietà  e  finalmente 
in  un  proprio  edificio  costruito  appositamente  su  disegno  di  Giuseppe 
Valadier  accanto  al  palazzo  della  stamperia  camerale,  dove  tuttora  si 
trova.  Primo  direttore  fu  Giuseppe  Domenico  Campiglia,  valente  pit- 
tore e  disegnatore  lucchese,  che  lo  resse  dal  lato  artistico  e  finanziario 
con  molta  lode  per  ben  32  anni. 

Dopo  di  lui  vennero  successivamente  altri  direttori,  fra  i  quali 
notissimo  l'architetto  Giuseppe  Valadier  che  lo  governò  dal  1786 
al  1839,  sostituito  ad  intervalli  da  altri  durante  il  mutar  dei  governi 
in  Roma  alla  fine  del  secolo  xviii  e  al  principio  del  xix. 

Egli  tentò  con  vari  progetti  di  mettere  lo  stabilimento  «  sul  piede 
«  dei  negozianti  »,  per  rispondere  a  coloro  che  si  lagnavano  perchè  l'eser- 
cizio era  passivo.  Propose  fra  altro  di  restringere  la  concorrenza  dei 
negozianti  romani,  di  accrescere  la  vendita  delle  riproduzioni  all'estero, 


bibliografia  501 


di  permettere  che  il  personale  partecipasse  ai  proventi  del  lavoro,  spin- 
gendolo così  «a  cercare  il  possibile  maggior  giro  dei  capi  vendibili  ». 
Ma  né  l'economie  fatte  prima  dal  Governo,  né  i  progetti  del  Vala- 
dier  che  non  poterono  essere  applicati,  né  il  suo  zelo,  né  piccole  ri- 
forme fatte  in  seguito,  resero  mai  fruttifero  il  capitale  impiegato  nella 
Calcografia.  Essa,  e  sotto  il  Governo  pontificio,  e  sotto  il  Governo 
italiano,  deve  riguardarsi  specialmente  dal  lato  artistico,  e  questo  fa 
l'autore  intrecciando  opportunamente  la  storia  dello  stabilimento  ro- 
mano colla  storia  dell'arte  dell'incisione  in  Italia  fino  ai  nostri  giorni. 
Il  lettole  quindi  vede  con  piacere  accanto  ai  nomi  di  artisti  scom- 
parsi quelli  di  contemporanei  nostri  che,  come  il  Di  Lorenzo  e  il  Pic- 
cinni,  riescono  ugualmente  bene  nella  riproduzione  di  quadri  storici 
quali  VErodiade  di  Guido  Reni,  il  Romolo  e  Remo  di  Rubens,  ed  in  ri- 
tratti moderni  come  quelli  della  Regina  Elena  e  dei  Re  Vittorio  Ema- 
nuele III  e  Umberto  I. 

M.  R. 


NOTIZIE 


Il  barone  de  Bildt  ha  pubblicato  in  questi  giorni  presso  gli  edi- 
tori Plon-Nourrit  un  volume  intitolato  Christine  de  Suède  et  le  Con- 
clave de  Clément  X.  È  un  racconto  particolareggiato  degli  avvenimenti 
di  questo  Conclave  durato  oltre  quattro  mesi,  e  delle  lotte  e  rivalità 
che  lo  segnalarono.  L' autore  mette  in  rilievo  la  parte  che  ebbe  il  car- 
dinale Azzolino,  r  amico  fedele  della  regina  Cristina,  per  mantenere 
l'indipendenza  del  Sacro  Collegio  di  fronte  alle  corti  di  Francia  e  di 
Spagna.  Azzolino  e  i  suoi  amici  dello  «  Squadrone  Volante  »  appari- 
scono come  i  campioni  dell'idea  romana  e  italiana  nella  Chiesa  contro 
r  invadenza  e  le  pretese  delle  potenze.  Essi  cadono  nella  lotta  per 
aver  voluto  adoperare  le  stesse  armi  dei  loro  avversari  e  andar  con 
loro  per  la  via  degli  intrighi  e  delle  menzogne.  Il  racconto  dell'  autore 
si  basa  sulla  corrispondenza  dei  diplomatici  francesi,  spagnuoli  e  ve- 
neziani, e  sui  biglietti  che  si  scambiavano  giornalmente  l'Azzolino  e 
la  regina  Cristina.  Quest'ultima  fonte  è  la  più  ricca  e  importante,  e 
gl'incidenti  che  ne  vengono  fuori  danno  al  libro  anche  il  carattere 
d'  uno  studio  interessante  sui  costumi  del  secolo  decimosettimo.  Molti 
documenti  assai  curiosi  sono  aggiunti  in  appendice  a  questo  pregevole 
lavoro  del  quale  terremo  parola  più  distesamente  in  uno  dei  pros- 
simi fascicoli  del  nostro  Archivio. 

Il  libro  che  Gabriel  Monod  ha  pubblicato  intorno  al  Michelet, 
Études  sur  sa  vie  et  ses  oeuvres  avec  des  fragments  inédits  (Paris,  Ha- 
chette,  1905),  contiene  un  capitolo  -  il  primo  dell'opera  -  intorno 
alle  relazioni  del  Michelet  con  V  Italia  che  noi  additiamo  ai  nostri 
lettori  come  un  piccolo  capolavoro.  Con  animo  pieno  di  devozione  per 
il  Michelet,  al  quale  il  Monod  deve  in  gran  parte  la  vocazione  agli 
studi  storici,  e  nello  stesso  tempo  pieno  di  calda  simpatia  per  l'Italia, 
il  Monod  parla  dell'  influenza  profonda  che  l' Italia  esercitò  sullo  sto- 
rico della  Rivoluzione  per  mezzo  dei  suoi  poeti  e  dei  suoi  filosoli, 
particolarmente  del  Vico;  ci  narra  con    che  affetto  entusiasta  il   Mi- 


504  US^oii\tt 


chelet  seguisse  l'opera  del  nostro  Risorgimento,  egli  che  scrisse  le  più 
belle  pagine  intorno  al  martire  e  poeta  della  nostra  rivoluzione,  Gof- 
fredo Mameli;  ci  dice  infine  quanti  vincoli  stringessero  il  Michelet  ai 
nostri  scrittori  ed  ai  nostri  uomini  politici.  Dagli  scritti  inediti  del 
Michelet  il  Monod  trae  parecchie  lettere  del  Mazzini,  dell'Amari,  del 
Montanelli  e  di  altri  che  hanno  non  piccola  importanza. 

La  bibliografia  che  il  dotto  ed  operoso  segretario  dell'  Istituto 
Storico  Prussiano  in  Roma,  dott.  Carlo  Schellhass,  viene  da  parecchi 
anni  compilando  per  le  Quellen  limi  Forschungen  aus  ItaUeniscben  Ar- 
chiven  und  Bihliothehen  è  ormai  diventata  un  aiuto  prezioso  agli  studi 
storici,  un  mezzo  rapido  e  preciso  d'informazione  di  tutto  ciò  che  si 
viene  stampando  in  periodici,  atti  accademici  e  pubblicazioni  singole 
sulla  storia  d'Italia.  La  Italienische  Bihliographie  aggiunta  all'ultimo 
fascicolo  delle  Quellen  und  Forschungen,  Band  Vili,  Heft  2,  si  com- 
pone di  circa  cento  fitte  pagine,  e  contiene  più  migliaia  d'indicazioni 
bibliografiche.  Noi  non  sappiamo  lodare  abbastanza  il  direttore  delle 
Quellen  und  Forschungen,  prof.  Kehr,  ed  il  dott.  Schellhas  di  avere  ab- 
bandonato il  vecchio  sistema  seguito  nel  compilar  la  bibhografia  fino 
al  1904,  e  di  averla  resa  ora  sistematica.  Essa  ha  quattro  grandi  di- 
visioni. La  prima  abbraccia  la  metodica,  gli  archivi,  le  biblioteche, 
gì'  indici  e  le  bibliografie.  La  seconda  accoglie  gli  studi  sulle  fonti  e 
le  pubblicazioni  storiche  a  seconda  delle  epoche.  La  terza  riguarda  le 
scienze  ausiliari  e  le  storie  particolari.  La  quarta  infine  comprende  la 
storia  della  lingua  e  della  letteratura,  dell'arte,  della  cultura  &c.  Per 
comprendere  la  ricchezza  di  questa  bibliografia,  basti  dire  che  nel 
compilarla  furono  spogliati  più  di  duecentotrenta  fra  pubblicazioni  pe- 
riodiche, atti  accademici  e  giornali. 

Nella  rivista  londinese  The  Burlington  Magatine  troviamo  un'  in- 
teressante notizia  di  Herbert  Thurston  circa  Two  lost  masterpieces  of 
the  goldsmith's  art  (Vili,  37-43).  Il  primo  è  il  noto  bottone  di  piviale 
eseguito  dal  Cellini  per  Clemente  VII,  e  di  cui  1'  artista  ha  lasciate 
notizie  nella  Vita  e  nel  trattato  dell'oreficeria;  fu  guastato  e  disperso, 
insieme  con  molte  altre  cose  preziose  del  tesoro  papale,  quando  Pio  VI 
pel  trattato  di  Tolentino  dovette  pagare  forti  somme  alla  Francia. 
L'altro  è  la  tiara  di  Giulio  II,  eseguita  dal  Caradosso,  rotta  e  dispersa 
anch'essa  circa  nello  stesso  tempo.  L'A.  ha  trovato  la  riproduzione  di 
questi  due  oggetti  in  un  volume  di  disegni  colorati,  al  British  Mu- 
seum,  eseguiti  verso  il  1729  da  F.  Bertoli  e  I.  Grisoni  per  incarico  • 
dell'inglese  John  Talman. 


V^ti\ie  505 


Nello  stesso  periodico  Roberto  Eisler  illustra  An  unknown  fresco- 
work  hy  Guido  Reni  (VII,  313-323),  cioè  una  decorazione  di  putti  e 
fogliami  eseguita  da  quel  pittore  e  da  Paolo  Bril  sulla  volta  di  una 
loggetta  del  palazzo  Rospigliosi  (allora  di  Scipione  Borghese)  che  fu 
poi  chiusa  e  ridotta  a  stanza.  Quei  belli  affreschi  sarebbero  contem- 
poranei doìV Aurora  (1609). 

René  Arcel,  in  un  articolo  intitolato  Les  tableaux  de  la  reine  Chris- 
tine de  Suède.  La  venie  au  Règent  d'Orléans  {Mèlanges  d'archèol.  et 
d'hist.  XXV,  223-242),  ci  dà  la  storia  documentata  delle  laboriose  trat- 
tative per  l'acquisto  della  magnifica  collezione,  già  di  Cristina  di  Sve- 
zia, più  tardi  di  Livio  Odescalchi,  morto  nel  171 3.  Le  trattative  pas- 
sate tra  gli  eredi  di  lui  e  il  reggente  Filippo  d'Orléans  durarono 
dal  1715  al  1721;  i  quadri  passarono  in  Francia,  e  poi  nel  1792  in 
Inghilterra,  dove  la  collezione  andò  dispersa.  L' autore  pubblica  anche 
un'  inventario,  ove  figurano  i  nomi  di  Raffaello,  Tiziano,  Compagno 
di  Polidoro,  Rubens,  Tintoretto,  Palma  Vecchio,  Andrea  del  Sarto, 
Parmigiano,  Gentileschi,  Bronzino  Vecchio,  Bassano  Vecchio,  Cala- 
brese, Bonati,  Perugino,  Francesco  di  Neve,  Scuola  di  Vandick. 

Nella  Rassegna  d'Arte  (V,  97-102)  Goffredo  Grilli  parla  delle  Pit- 
ture a  graffito  e  chiaroscuro  di  Polidoro  e  Maturino  sulle  facciate  delle 
case  a  Roma.  Nel  secolo  xvi  anche  Roma  era  ancora  ricca  di  case 
decorate  di  affreschi  e  graffiti  a  chiaroscuro,  nei  quali  diventò  mae- 
stro Polidoro  da  Caravaggio  col  suo  collaboratore  Maturino,  fiorentino. 
Oggi  non  ne  restano  che  pochi  avanzi  e  varie  riproduzioni  in  vecchie 
stampe.  Col  sussidio  di  una  di  queste  e  di  alcuni  disegni  della  Gal- 
leria degli  Uffìzi,  nonché  di  un  altro  disegno  di  Polidoro  esistente  nella 
biblioteca  Ambrosiana,  il  Grilli  fa  conoscere  la  decorazione  di  uno  di 
quei  palazzi  (Milesi,  ora  Lancellotti,  in  via  della  Maschera  d'Oro)  or- 
nato con  le  storie  dei  Niobidi. 

Nella  stessa  rivista  (V,  120)  F.  Malaguzzi-Valeri  comunica  Un 
disegno  del  Bernini  per  il  k  Deliquio  di  Santa  Teresa  » .  Il  disegno,  tro- 
vato dall'autore  nella  collezione  del  signor  Francesco  Dubini,  è  diverso 
dal  gruppo  che  fu  poi  eseguito,  e  quindi  mostra  una  concezione  di- 
versa, forse  meno  artistica,  che  il  Bernini  cambiò. 

È  stata  pubblicata  in  questi  giorni  la  prima  parte  del  quarto  vo- 
lume della  Geschichte  der  Piipste  seit  dem  Ausgang  des  Mittelalters  del 
professore  Ludovico  Pastor.  Questa  prima  parte  tratta  del  pontificato 
di  Leone  X;  la  seconda  che  tratterà  dei    pontificati  di  Adriano  VI  e 

Archivin  della  R.  Socic'tà  roinani  di  storia  yatria.  Voi.  XXVIII.       33 


5o6  VSiott-^ie 


Clemente  VII  vedrà  la  luce  nel  maggio  prossimo.  Di  questo  impor- 
tante volume  renderemo  conto  in  uno  dei  prossimi  fascicoli  dell' ^r- 
chivio. 

La  Società  Pistoiese  di  storia  patria  annunzia  la  pubblicazione  del 
Liber  Censiiiim  Comiinis  Pistoni  che  contiene  oltre  novecento  documenti 
che  vanno  dal  1097  fino  alla  seconda  metà  del  secolo  decimoquarto. 
L'edizione  sarà  curata  dal  professor  Quinto  Santoli. 

Il  signor  Eugène  Sol  benemerito  per  le  sue  utili  ricerche  in  vari 
archivi  italiani  ha  pubblicato  testé  un  volume  col  titolo  Les  rapports 
de  la  France  avec  l'Italie  du  xW  siede  à  la  fin  dii  /*''  Empire  d'après 
la  sèrie  K.  des  archives  Nationales.  L'autore  considera  [modestamente 
il  suo  libro  come  un  catalogo,  ma  l'ampiezza  con  la  quale  sono  indi- 
cati i  documenti,  e  i  molti  estratti  e  riassunti  ch'esso  contiene,  danno 
al  suo  lavoro  una  importanza  maggiore  di  quella  che  suole  avere  un 
semplice  catalogo.  I  documenti  classificati  trattano  di  vari  argomenti. 
Alcuni  riguardano  principalmente  Roma  e  la  Chiesa  e  si  riferiscono 
a  conclavi,  al  cerimoniale  ecclesiastico,  allo  stato  politico,  sociale  e  re- 
ligioso di  Roma,  a  molte  questioni  tra  la  Francia  e  la  Santa  Sede. 
Altri  documenti  si  riferiscono  al  Monferrato,  alla  successione  di  Man- 
tova, ai  Gesuiti,  alle  relazioni  della  Francia  con  Genova,  con  Venezia, 
con  la  casa  di  Savoia.  Il  lavoro  del  Sol  può  considerarsi  come  una 
guida  utilissima  ed  è  da  desiderare  che  altri  lavori  consimili  vengano 
a  rendere  sempre  più  facili  le  ricerche  di  storia  italiana  nelle  preziose 
raccolte  degli  archivi  di  Francia. 

È  comparso  il  volume  XIX  della  nuova  serie  delle  Transaciions 
of  the  Royal  Historical  Society  di  Londra.  È  un  volume  che  mostra 
come  la  Società  sia  in  continuo  progresso  e  come  la  sua  influenza  sullo 
sviluppo  degli  studi  storici  inglesi  si  vada  sempre  più  allargando  e  di- 
venti efficace.  Oltre  il  notevole  discorso  inaugurale  del  professor  Pro- 
thero,  presidente,  notiamo  in  questo  volume,  come  di  maggiore  inte- 
resse per  noi,  le  memorie  di  J.  Nevill  Figgis  su  Bartolo  e  lo  sviluppo 
delle  idee  politiche  in  Europa,  di  W.  A.  Parker  sugli  inizii  dell'or- 
dine Cisterciense,  di  O.  Jensen  sul  «  Denarius  Sancti  Petri  »  in  Inghil- 
terra, di  J.  S.  Leadam  su  Polidoro  Virgilio  innanzi  ai  tribunali  inglesi. 

La  romanzesca  istoria  del  senese  Giannino  di  Gucrio  di  Mino  Bu- 
glioni, fattosi  pretendente  al  trono  di  Francia,  sulla  metà  del  secolo  xiv, 
ha  stimolato  la  curiosità  di  molti  studiosi,  e  presenta  ancora,  a  chi 
si  ponga  ad  esaminarla,  un  tema  non  scarso  di  attrattiva,  benché  poco 


U^ott^te  507 


fecondo  di  risultati.  Il  dottor  Ettore  Callegari  ha  dedicato  un  opuscolo 
(Re  Giannino  -  Storia  0  romando  ? ,  estr.  dalla  Rassegna  Na:(ionaJe,  Fi- 
renze, 1905,  p.  39)  a  demolire  la  veridicità  di  quella  narrazione  per- 
venutaci da  un  antico  testo,  che  fu  pubblicato  dal  Maccari  nel  1893. 
Il  complesso  della  storia  ha  troppo  del  favoloso  perchè  possa  essere 
accettato;  ma  alcuni  hanno  voluto  distinguere  il  primo  periodo,  che 
va  dalla  nascita  di  Giannino  sino  alla  sua  venuta  a  Siena,  dal  secondo 
che  comprende  tutte  le  sue  avventure  per  la  conquista  del  trono. 
Questo  secondo  periodo,  in  qualche  modo  documentato  e  verosimile, 
tranne  alcune  circostanze  evidentemente  fantastiche,  avrebbe  fonda- 
mento di  verità.  Il  Callegari  non  è  di  quest'opinione,  poiché  trova  che 
anche  da  un  rapido  esame  delle  circostanze  e  dei  documenti,  quelle  man- 
cano di  verosimiglianza  e  questi  di  autenticità;  cosicché  di  certo  non 
resta  altro  se  non  il  fatto  di  un  Senese  che  fu  invaso  dall'illusione 
di  essere  re  di  Francia;  il  resto  è  opera  di  un  novelliere.  La  confu- 
tazione fatta  dal  Callegari  è  acuta  e  persuasiva,  in  massima;  non  si 
può  negare,  per  altro,  che  la  questione  presenta  un  gran  numero  di 
incognite  e  di  dubbi,  e  la  curiosità  di  poter  discernere  meglio  il  vero 
dal  falso  resta  ancora  inappagata,  specialmente  dove  troviamo  del- 
l' inverosimile,  che,  come  si  sa,  appartiene  più  spesso  alla  storia  che 
al  romanzo. 

Nel  1901  E.  Loevinson  diede  in  luce  la  prima  parte  del  suo  lavoro 
Giuseppe  Garibaldi  e  la  sua  legione  nello  Stato  romano,  che  narrava  le  im- 
prese della  legione  garibaldina  nello  Stato  romano:  ora  la  seconda  fa 
conoscere  l'ordinamento  dei  garibaldini,  e,  come  si  esprime  l'autore, 
«  la  vita,  per  dir  così,  intima  della  legione  Garibaldi  nello  Stato  ro- 
«mano,  durante  gli  anni  1848  e  1849,  e  la  persona  del  generale  in 
(f  quel  glorioso  periodo  della  sua  vita».  Da  questo  volume  s'impara 
come  tra  i  garibaldini  abbondassero  i  nativi  dello  Stato  pontifìcio  e 
come  sopra  121  ufficiali  6357  sottufficiali  e  soldati,  di  cui  si  conosce 
il  paese  di  origine,  ve  ne  siano  rispettivamente  26  e  192  del  territorio 
pontificio  con  forte  prevalenza  dei  nativi  della  Romagna;  la  qual  cosa 
potrebbe  confermare  quanto  grande  fosse  1'  antipatia,  che  in  queste  Pro- 
vincie incontrava  il  Governo  papale.  Si  acquistano  o  si  documentano 
interessanti  notizie  sui  mezzi  da  Garibaldi  usati  per  mantenere  la  di- 
sciplina fra  i  suoi  legionari,  per  procurar  loro  il  necessario  ad  una  vita 
esposta  a  pericoli  ed  a  privazioni  in  momenti,  nei  quali  al  Governo  non 
era  possibile  largheggiare  coi  soldati.  I  documenti  di  cui  si  è  servito 
l'autore  sono  molti  ed  importanti,  eia  pubblicazione  dei  principali  tra 
essi,  che  ci  auguriamo  di  veder  presto  compiuta  nel  terzo  volume  del- 
l'opera, riuscirà  certamente  utile  alla  storia  del  Risorgimento  italiano. 


5o8  TJHioU\ie 


In  occasione  del  decimo  Congresso  internazionale  di  navigazione, 
il  Ministero  della  marina  con  opportuno  pensiero  ha  pubblicato  una 
Monografia  storica  dei  porti  dell' antichità  nella  penisola  italiana.  Nel  suo 
complesso  il  libro  è  assai  pregevole  e  merita  molta  lode,  sebbene  ci 
sembri  che  non  tutte  le  parti  che  lo  compongono  abbiano  ugual  va- 
lore. Accompagnano  il  volume  alcune  tavole  molto  interessanti  e  assai 
ben  riprodotte. 

L'  editore  Loescher  di  Roma  ha  pubblicato  per  i  tipi  di  Forzani 
(Roma,  1905)  un  interessante  volume  di  Ignaz  Philipp  Dengel  {Die 
politische  und  kirchliche  Tàtigkeit  des  Mons.  Josef  Garampi  in  Deutschland 
{ijói-iyóf),  dove  1'  autore  illustra  la  missione  segreta  del  Garampi  al 
Congresso  della  pace  in  Augusta,  lumeggiando  le  idee  che  si  avevano 
a  Roma  a  proposito  del  Congresso,  il  patto  di  successione  in  Baden, 
la  causa  Limburg-Styrum,  la  vita  depravata  del  card.  Giovanni  Teo- 
doro von  Lùttich  fino  all'  infelice  esito  del  Congresso  stesso.  La  se- 
conda parte  del  volume  è  dedicata  al  monastero  di  Salem  (di  fonda- 
zione imperiale)  di  cui  sono  raccontate  le  vicende  anteriori  alla 
sospensione  dell'  abate  Anselmo  II,  la  revoca  di  questa  sospensione 
fatta  dalla  nunziatura  di  Lucerna  e  dal  consigliere  imperiale  ;  le  visite 
fattevi  dal  card.  Garampi  e  la  nuova  investitura  dell'abate  Anselmo  IL 
Chiudono  il  volume  un  indice  delle  fonti  dell'archivio  Vaticano  per  la 
storia  dei  Congressi  europei  per  la  pace  da  quello  di  Westfalia  in  poi  ; 
lettere  di  Maria  Teresa  e  di  Clemente  XIII  e  la  nota  delle  spese  della 
missione  Garampi. 

Il  prof.  Michelangelo  Raymondi  illustra  La  Badia  di  Valvisciolo 
(Velletri,  Stracca,  1905)  dalla  sua  fondazione  fino  ai  recenti  restauri, 
raccogliendo  con  cura  le  notizie  geografiche,  storiche  e  artistiche  di 
essa  e  descrivendone  particolarmente  la  chiesa  e  il  monastero. 

Per  il  nuovo  anno  è  annunziata  la  rivista  Augusta  Perusia.  Si 
propone  di  illustrare  la  vita  della  regione  umbra  nei  monumenti,  nel 
costume  e  nella  storia;  di  curare  la  difesa  delle  reliquie  d'arte  locale 
e  di  diffondere  fra  il  popolo  la  cultura  storica  e  artistica.  È  diretta 
da  Ciro  Trabalza;  comincierà  le  sue  pubblicazioni  il  15  gennaio  1906 
in  fascicoli  di  16  pagine  grandi  illustrate  a  doppia  colonna. 

I  successori  di  Ermanno  Loescher  hanno  pubblicato  (Roma,  1906, 
tip.  Forzani)  una  Bibliografia  di  Roma  nel  medio  evo  con  indici  per  sog- 
getti e  per  autori  a  cura  di  Emilio  Calvi  della  biblioteca  Alessandrina 
di  Roma.  È  questo  il  primo  volume  di   un'opera  vastissima,  iniziata 


V^oti-^ie  509 


dal  Calvi,  Bibliografia  generale  di  Roma,  che  comprenderà  le  indica- 
zioni bibliografiche  dei  secoli  v-xx  e  si  comporrà  di  oltre  quattro 
volumi.  Il  primo,  quello  or  ora  pubblicato,  abbraccia  il  periodo  più 
antico,  dal  476  al  1499.  Esso  contiene  oltre  2600  indicazioni  biblio- 
grafiche, dall'autore  classificate  in:  fonti  bibliografiche;  bibliografia  ge- 
nerale di  Roma  in  ogni  epoca  ;  bibliografia  generale  di  Roma  nel  medio 
evo  ;  bibliografia  generale  di  Roma  nell'  alto  medio  evo  ;  bibliografia 
particolare  di  Roma  nell'alto  medio  evo;  bibliografia  generale  di  Roma 
nel  basso  medio  evo;  bibliografia  particolare  di  Roma  nel  basso  medio 
evo;  secolo  xv  in  generale;  secolo  xv  in  particolare.  Ciascuna  di  queste 
rubriche  è  alla  sua  volta  suddivisa  in  tanti  argomenti,  come:  storia 
civile,  storia  ecclesiastica,  governo  e  amministrazione,  topografia,  epi- 
grafia, numismatica,  istruzione  e  così  di  seguito.  Chiude  il  volume  un 
largo  indice  alfabetico  delle  materie  e  dei  soggetti  contenuti  nell'opera 
e  un  altro  degli  autori,  editori  e  traduttori. 

Opera  degna  d'elogio  ha  compiuto  un  giovane  studioso,  il  dot- 
tor Pietro  Sella,  dando  alla  luce  con  ogni  cura  gli  Statuti  di  Biella  {Sta- 
tuta  comuiiis  Bugelìe  et  documenta  adieda,  Biella,  1904,  voli.  2).  Egli 
ha  così  portato  ad  esecuzione  il  disegno  di  Quintino  Sella,  che  già 
codesta  pubblicazione  aveva  iniziata,  lasciandola,  al  pari  di  quella  del 
Cedex  Astensis,  sventuratamente  in  tronco.  Gli  statuti  di  Biella,  sì 
quelli  del  comune  che  quelli  delle  corporazioni  artigiane,  apparten- 
gono ai  secoli  xiii  e  xiv,  e  consentono  allo  studioso  di  formare  un 
vero  quadro  della  vita  civile  di  Biella  in  codesto  periodo.  Anche  la 
storia  economica,  oltre  che,  s'intende,  la  giuridica,  riceve  un  buon 
contributo  di  notevoli  fatti.  Gli  statuti  delle  corporazioni  artigiane 
confermano  pienamente,  con  tutte  le  loro  norme,  la  disciplina  eco- 
nomica e  giuridica  propria  di  codeste  associazioni  (il  particolarismo 
di  città  e  di  mestiere,  la  solidarietà  economica  e  morale  dei  soci,  la 
tassazione  legale  dei  prezzi  &c.).  Molto  importanti  sono  anche  gli 
Statuta  maleficiorum  per  la  storia  del  diritto  penale,  in  rapporto  tanto 
alla  pena,  assai  spesso  pecuniaria,  quanto  alla  concezione  del  reato. 
Singolare  è  la  severità  con  cui  sono  puniti  i  reati  contro  l'ordine  fa- 
migliare, e  contro  i  buoni  costumi,  come  l'adulterio,  il  ratto  e  il  procu- 
rato aborto.  Nel  prossimo  fascicolo  pubblicheremo  un  breve  comento 
a  questi  statuti,  augurandoci  che  l'autore  stesso  voglia  dottamente  illu- 
strarli. 


PERIODICI 

(Articoli  e  documenti  relativi  alla  storia  di  Roma) 


Académie  des  Inscriptions  et  Belles-Lettres.  Comptes- 
rendus  de  l'année  1905,  juillet-aoùt.  —  Seymour  de  Ricci,  Rapport 
sur  une  mision  en  Egypte  (1905).  -  A.  Dufourccl,  Lérins  et  la  le- 
gende chrétienne.  -  Thédenat,  Deux  bas-reliefs  de  Pompei.  -  A.  Mer- 
lin, Inscriptions  récemment  découvertes  en  Afrique,  relatives  à  Plau- 
tien  et  à  sa  famille. 

Archiv  (Neues)  der  Gesellschaft  ftìr  altere  deutsche  Ge- 
schichtskunde.  Anno  1905,  voi.  31,  fase.  I.  —  B.  Schmeidler,  Ueber 
die  Quellen  und  die  Entstehungszeit  der  Cronica  S.  Mariae  de  Fer- 
raria.  -  H.  Bresslau,  Ueberlieferung  und  Enststehungsverhàltnisse  der 
Relatio  de  Heinrici  VII  itinere  italico  des  Nicolaus  von  Butrinto.  - 
M.  Tangl,  Gregor  VII.  jùdischer  Herkunft?  -  O.  Holder-Egger, 
Fragment  eines  Manifestes  aus  der  Zeit  Heinrichs  IV.  -  A.  Hessel, 
Beitràge  zu  Bologneser  Geschichtsquellen.  I.  Zur  àltesten  Annalistik 
Bolognasf 

Archivio  storico  messinese.  Anno  VI  (1905),  fase.  1-2.  — 
S.  Crino,  Le  mappe  geografiche  della  battaglia  di  Lepanto  che  tro- 
vansi  a  Messina  nei  prospetti  del  basamento  marmoreo  della  statua  di 
Don  Giovanni  d'Austria.  -  G.  Oliva,  Le  contese  giurisdizionali  della 
Chiesa  Liparitana  nei  secoli  xvii  e  xviii  :  parte  II.  -  G.  Rizzo,  I  monu- 
menti epigrafici  di  Taormina. 

Archivio  storico  per  le  provincie  napoletane.  Anno  XXX 
(1905),  fase.  3.  —  Celestino  Galiani,  Diario  della  guerra  di  Velletri. - 
P.  Fedele,  Note  medievali  (Una  carta  fondana  dei  duchi  Leone  e  Ma- 
rino dell'anno  1002.  Per  la  biografia  di  Romualdo  Salernitano). 

Archivio  (Nuovo)  Veneto.  N.  S.  Anno  V  (1905),  t.  IX, 
parte  IL  —  Art.  Segre,  Di  alcune  relazioni  tra  la  repubblica  di  Venezia 
e  la  Santa  Sede  ai  tempi  di  Urbano  V  e  di  Gregorio  XI  (i 367-1 578). 


512  Periodici 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 

Anno  1905,  t.  LXIV,  disp.  io*.  —  V.  Crescini,  Commemorazione  di 
Adolfo  Mussafia.  -  P.  Ragnisco,  Pietro  Abelardo  e  san  Bernardo  di 
Chiaravalle.  -  D.  Olivieri,  Di  una  famiglia  di  codici  italiani  dei  viaggi 
di  Marco  Polo. 

Atti  e  memorie  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per 
le  Provincie  della  Romagna.  Voi.  XXIII  (1905),  fase.  IV- VI.  — 
A.  SoRBELLi,  Il  trattato  di  san  Vincenzo  Ferrer  intorno  al  grande  scisma 
d'Occidente.  -  L.  Giaccio,  Il  cardinale  legato  Bertrando  del  Poggetto 
(coni,  e  fine).  -  P.  Amaducci,  Guido  del  Duca  di  Romagna.  -  A.  Trauzzi, 
Bologna  nelle  opere  di  G.  C.  Croce  (conL  e  fine). 

Bessarione.  Anno  IX  (1905),  fase.  84  (maggio-giugno).  — 
L.'  Voltolini  Matthaus,  La  legazione  del  cardinale  Ippolito  Aldo- 
brandini  in  Polonia  1588.  -  C.  Pacini,  Alcune  osservazioni  filologi- 
che e  storiche  sopra  la  forma  esterna  del  culto  cristiano.  —  Fase.  86 
(settembre-ottobre).  -  Tondini  de  Quarenghi,  Les  titres  exprimant 
directement  la  divine  Matcrnité  de  Marie  dans  le  Thèoiocarion  du  pa- 
triarcat  de  Constantinople.  -  A.  Chachanov,  Le  fonti  della  storia  del 
cristianesimo  in  Georgia  (Grusia).  -  A.  Palmieri,  Un  arcivescovo  la- 
tino di  Nicosia  nel  secolo  xv  (Fra  Guglielmo  Goneme  O.  S.  A.).  - 
J.  WiLPERT,  Das  Pallium  discolor  der  Officiales  im  Kleidergesetz  von 
Jahre  382. 

Boletin  de  la  R.  Academia  de  la  historia.  Anno  1905, 
voi.  XLVII,  fase.  1-5.  —  M.  R.  de  Luna,  Nuevas  inscriptiones  ro- 
manas  de  la  ragion  Norbense.  -  F.  Fita,  Nuevas  inscriptiones  roma- 
nas  y  hebreas.  —  N.  Feliciani,  La  battaglia  di  Ibera.  -  T.  Lopez, 
Inscripción  romana  de  Peiìaranda  de  Duero.  -  Inscripción  romana  de 
la  Carolina. 

Bollettino  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per  l' Um- 
bria. Anno  1905,  voi.  XI,  fase.  I-II.  —  P.  Ferali,  Orvieto  etrusca.  - 
A.  Zanelli,  Tommaso  Fontano.  -  G.  Soranzo,  Atti  d' un  processo 
fatto  a  Perugia  tra  le  minute  d'un  notaio  padovano  (1388).  -  G.  De- 
gli Azzi,  Di  due  antichissimi  registri  tifernati  di  deliberazioni  consi- 
gliari  e  di  processi.  -  A.  Pellegrini,  Gubbio  sotto  i  conti  e  i  duchi 
d'Urbino  (i 384-1632).  -  G.  Pardi,  GH  statuti  della  colletta  del  co- 
mune di  Orvieto.  Lo  statuto  del  1334.  -  G.  Degli  Azzi,  Aneddoti  di 
vita  claustrale  in  due  monasteri  umbri  del  secolo  xiii.  -  M.  Morici, 
Di  Corrado  Trinci    tiranno  e   mecenate   umbro   del  Quattrocento.  — 


T^eriodici  5 1 3 


Fase.  III.  -  G.  Degli  Azzi,  II  tumulto  del  1488  in  Perugia  e  la  poli- 
tica di  Lorenzo  il  Magnifico.  -  A.  Pellegrini,  Gubbio  sotto  i  conti  e 
i  duchi  d'Urbino  (i 384-1632).  -  G.  Pardi,  Gli  statuti  della  colletta 
del  comune  d'Orvieto.  Lo  statuto  del  1334.  -  O.  Scalvanti,  Fram- 
menti di  cronaca  perugina  inedita.  -  R.  Casali,  Notizie  e  documenti 
per  comprovare  la  genealogia  di  san  Francesco  d'Assisi.  -  V.  Ansidei, 
Necrologia  del  conte  dottor  Luigi  Manzoni. 

BuUettino  della  Società  filologica  romana.  Anno  1905, 
n.  VII.  —  P.  Egidi,  Per  la  datazione  del  cod.  Vallicelliano  F.  85.  -• 
Ermini,  Le  schoìae  ricordate  nel  Capitolare  carolingio  n.  196.  - 
V.  Federici,  Per  una  raccolta  di  facsimili  di  iscrizioni  medioevali.  - 
I.  Giorgi  ed  E,  Sicardi,  Abbozzi  di  rime  edite  ed  inedite  di  Francesco 
Petrarca.  -  G.  Salvadori,  Sopra  due  serie  di  sonetti  adespoti  del 
Canz.  Vat.  3793.  -  F.  Hermanin,  Gli  affreschi  di  G.  Baronzio  da  Ri- 
mini e  dei  suoi  seguaci  in  Tolentino.  -  D.  Alaleona,  Papa  Cle- 
mente IX  poeta,  e  due  pubblicazioni  di  Giovanni  Canevazzi.  -  F.  Sensi, 
Sul  cod.  Chig.  L,  Vili,  305. 

BuUettino  senese  di  storia  patria.  Anno  XII,  fase.  I.  — 
P.  Rossi,  Iacopo  della  Quercia.  -  I.  Sanesi,  Girolamo  Gigli  e  Niccolò 
Amenta.  -  P.  Piccolomini,  Inventarlo  del  palazzo  Piccolomini  a  Pienza 
(21  agosto  1590). 

Cultura  (La).  Anno  XXIV  (1905),  n.  io,  —  R.  Bianchi,  re- 
censione di  B.  Labanca:  Il  Papato.  Torino   1905. 

Emporium.  Anno  1905.  —  P.  D'Achiardi,  Il  palazzo  Vitelle- 
schi  in  Corneto  Tarquinia  recentemente  restaurato. 

Giornale  storico  della  letteratura  italiana.  Anno  1905, 
voi.  XLVI,  fase.  3.  —  A.  Pompeati,  Le  dottrine  politiche  di  Paolo 
Paruta.  -  F.  Pellegrini,  Intorno  a  nuovi  abbozzi  poetici  di  F.  Pe- 
trarca. -  A.  Segré,  La  vera  data  di  un  lamento  storico  del  secolo  xv.  - 
G.  Bertoni,  Giammaria  Barbieri  e  Ludovico  Castelvetro. 

Jahrbuch  (historisches).  Voi.  26,  anno  1903,  fase.  4.  —  P. 
M.  Baumgarten,  Curiosa  aus  dem  Vatikanischen  Archiv.  -  Ehses, 
Das  ròmisches  Institut  der  Gòrres-Gesellschaft  im  Jahre  1905. 

Mélanges  d'archeologie  et  d'histoire.  Anno  XXV  (1905), 
fase.  III-IV.  -  Tu.  Ashby   fils,  Monte  Circeo.  -  J.  Calmrtte,  Fpita- 


514  T^er  iodici 


phes  et  poèmes  sur  Charles  VII,  extraits  des  Manuscrits  de  la  Reina 
(Bibliothèque  Vaticane).  -  R.  Arcel,  Les  tableaux  de  la  reine  Chris- 
tine de  Suède.  La  vente  au  Régent  d'Orléans.  -  P.  Hazard,  Les  mi- 
lieux  littéraires  en  Italie  de  1796  à  1799.  -  A.  Grenier,  La  transhumance 
des  troupeaux  en  Italie,  et  son  róle  dans  l'histoire  romaine. 

Mitteilungen  aus  der  historischen  Literatur  hrsg.  von  der 
Histor.  Gesell.  im  Berlin.  Anno  XXXIII  (1905),  fase.  4.  —  H.  Hahn, 
recensione  di  Br.  Krusch:  lonae  vitae  sanctorum  Columbani,  Vedasti, 
lohannis.  Hannover  1905.  -  F.  Kirsch,  recensione  di  R.  Rocholl  : 
Bessarion.  Leipzig  1904. 

Mittheilungen  des  Instituts  ftìr  òsterreichische  Geschichts- 
forschung.  Anno  1905,  voi.  XXVI,  fase.  3.  —  R.  Holtzmann,  Papst 
Bonifaz  VIII,  ein  Ketzer? -M.  Krammer,  recensione  di  P.  Kehr:  Papst- 
urkunden  [in  Italien]  e  A.  Brackmann,  Papsturkundem  [des  Deutsch- 
lands,  der  Schweiz]. 

Mitteilungen  des  kais.  deutschen  Archaeologìschen  Insti- 
tuts: Roemische  Abteilung.  Anno  1905,  voi.  XX,  fase.  i.  —  Ch. 
HùLSEN,  Jahresbericht  ùber  neue  Funde  und  Forschungen  zur  Topo- 
graphie  der  Stadt  Rom.  —  Fase.  2.  -  W.  Amehung,  Zerstreute  Frag- 
mente  ròmiseher  Reliefs.  Weiblieher  Kopf  aus  Glas.  Statuette  der  Arte- 
mis.  -  A.  VON  D0MASZEWSKI,  Insehrift  eines  Germanen  Krieges.  - 
K.  LoHMEYER,  Zwei  Fluehttafeln  von  der  Via  Appia.  -  R.  Schneider, 
Gesehùtze  auf  antiken  Reliefs. 

Moyen  (Le)  àge.  Ser.  2",  to.  IX,  anno  1905,  maggio-giugno.  — 
R.  PouPARDiN,  L'onetion  imperiale. 

Musée  (Le).  Anno  1905,  voi.  II,  n.  5.  —  L.  Chifflot,  Essai  de 
restauration  de  la  Maison  du  Centenaire  à  Pompei.  -  G.  Toudouze, 
La  tradition  et  l'Aeadémie  de  Franee  à  Rome. 

Nachrichten   von  der  kòn.  Gesell.  d.  Wissensch,  zu  G6t- 

tingen  (Phil.-hist.  Kl.).  Anno  1905,  fase.  3.  —  P.  Kehr,  Naehtràge  zu 
den  Papsturkunden  Italiens.  I. 

Quartalschrift  (Ròmische).  Anno  XIX  (1905),  fase.  3.  — 
J.  WiTTiG,  Die  Grabstàtte  der  hi.  Soteris.  -  J.  Wittig,  Die  Basilika 
des  hi.  Cornelius.  -  A.  de  Wahl,  Die  judische  Katakombe  an  der 
Via  Portuensis.- A.  de  Wahl,  Das  Coemeterium  Commodillae.  -  J.  Wit- 


Periodici  5 1 5 


TiG,  recensione  di  L.  Ernst:  Die  Anfange  des  Heiligenkultes  in  der 
christlichen  Kirche.  -  Ròmische  Conferenzen  fùr  christliche  Archàologie 
(Nach  den  Berichten  des  Sekretàrs  Or.  Marucchi).  -  Ausgrabungen  und 
Funde.  -  Schmid  Ulrich,  Kirchen-  und  profanhistorische  Mitteilungen 
aus  italienischen  Archiven  und  Bibliotheken  (Verona,  Padua,  Venedig, 
Florenz,  Rom,  Montecassino).  -  St.  Ehses,  Kardinal  Lorenzo  Cam- 
pegio  auf  dem  Reichstage  von  Augsburg  1530.  — III.  -  Eh.,  recensione 
di  O.  Braunsberger,  Beati  Petri  Canisii  S.  I.  epistulae  et  acta. 

Quartalschrift  (Theologische).  Anno  88°  (1906),  fase.  I.  — 

F.  X.  FuNK,  Die  Aegyptische  Kirchenordnung.  -  K.  Adam,  Die  Lehre 
von  dem  hi.  Geiste  bei  Hermas  und  Tertullian.  -  W.  Feierfeil,  Die 
historische  Entwicklung  der  glagolitischen  Kirchensprache  bei  den  ka- 
tolischen  Sùdslaven.  -  P.  A.  Kirsch,  Der  Portiunkula-Ablass. 

Re  vie  w  (The  American  historical).  Voi.  XI,  n.  i,  1905. — 

G.  W.  Knox,  recensione  di  Sam.  Dill  :  Roman  Society  from  Nero  to 
Marcus  Aurelius.  New  York  1904. 

Review  (The  English  historical).  Voi.  XX,  ottobre  (1905).  — 
E.  W.  Brooks,  recensione  di  C.  Bugiami  :  Storia  di  Ezio,  generale  del- 
l'impero sotto  Valentiniano  IH.  Firenze  1905.  -  J.  B.  Bury,  recensione 
di  J.  Gay:  L'Italie  meridionale  et  l'Empire  byzantin.  Paris  1904.  - 
C.  Johnson,  recensione  di  L.  Pastor:  Ungedruckte  Akten  zur  Ge- 
schichte  der  Pàpste.  Freiburg  i.  B.  1904.  -  E.  Armstrong,  recensione 
di  A.  Schulte:  Die  Fugger  in  Rom.  Leipzig  1904. 

Re  vista  de  archivos,  bibliothecas  y  museos.  Anno  9*^  (1905), 
n.  9-10.  —  [Lettere  del  cardinal  di  Carpi  al  vescovo  di  Arras.   1548]. 

Revue  de  l'Orient   Chrétien.  Anno  1905,  n.  i.  —  J.  B.  Re- 

BOURS,  Quelques  manuscrits  de  musique  byzantine.  -  Fr.  Tournebize, 
Histoire  politique  et  religieuse  de  l'Armenie.  -  Leon  Clugnet,  Vie  et 
récits  d'anachorètes.  -  P.  de  Meester,  Le  dogme  de  l'Immaculée 
Conception  et  la  doctrine  de  l'Eglise  grecque.  -  P.  Girard,  Sivas, 
huit  siècles  d'histoire.  -  L.  Brehier,  recensione  di  Audollent:  Car- 
thage  Romaine.  -  F.  Nau,  recensione  di  C.  Fouard:  Les  origines  de 
l'Eglise.  —  N.  3.  -  C.  Daux,  L'Orient  latin  censitaire  du  Samt- 
Siège. 

Revue  des  questions  historìques.  40®  année,  156'  livr.  — 
P.  Allard,  L'expansion  du  christianisme  à  l'epoque  des  persécutions.  - 


5i6  Ter  iodici 


E.  RoDOCANACHi,  L'éducation  des  femmes  en  Italie  [Su  la  cultura 
femminile  nei  secoli  passati].  -  M.  Skpet,  Pie  VII  et  Napoléon. 

Revue  d'histoìre  ecclésiastique.  Anno  VI  (1905),  n.  4.  — 
M.  Vaes,  La  Papauté  et  l'Eglise  franque  à  l'epoque  de  Grégoire  le 
Grand  {coni,  e  fine).  -  J.-M.  Vidal,  Notice  sur  les  oeuvres  du  pape 
Benoit  XII  {cont.  e  fine).  -  E.  Rémy,  recensione  di  A.  Audollent: 
Carthage  Romaine.  Paris  1901.  -  C.  Callewaert,  recensione  di  G.  Se- 
meria:  La  messa  nella  sua  storia  e  ne' suoi  simboli.  Roma  1904.  - 
A.  Cauchie,  recensione  di  :  Concilium  Tridentinum.  Nova  collectio.  Ed. 
Soc.  Goerresiana.  T.  I  (S.  Merkle);  t.  IV  (St.  Ehses). 

Revue  historique.  XXX^  année,  t.  89,  fase.  177.  —  Ch.  Lecri- 
VAIN,  recensione  di  G.  Oberziner;  Origine  della  plebe  romana.  - 
C.  Bloch^  recensione  di  F.  P.Garofalo:  Studi  storici.  —  Fase.  178.  - 
L.  Batiffol,  Marie  de  Médicis.  -  E.  Driault,  Napoléon  P»"  et  l'Italie. 
3®  partie:  Napoléon  roi  d'Italie  (suite  et  fin).  -  P.  Sabatier,  D'une 
bulle  apocryphe  de  Clément  IV  déclarée  authentique  par  la  Curie  sous 
le  pontificat  de  Benoit  XIII,  et  d'une  bulle  authentique  d'Innocent  IV 
retrouvée  à  Assisi.  -  H.  Hauser,  recensione  di  G.  Arias:  I  trattati 
commerciali  della  Repubblica  Fiorentina. 

Revue  (Nouvelle)  historique  de  droit  fran9ais  et  étranger. 

Anno  29°  (1905),  n.  4.  —  R.  Dareste,  La  lex  Rhodia.  -  A.  Gif- 
fard,  La  loi  6  «  de  confessis  »(D.,  42,  2)  et  r«  oratio  divi  Marci  » .  -  J.  De- 
clareuil,  recensione  di  E.  Ehrlich  :  Beitràge  zur  Theorie  der  Rechts- 
quellen.  Berlin  1902.  —  N.  5.  -  J.  Declareuil,  recensione  di  R.  di  Rug- 
giero: Studi  papirologici  sul  matrimonio  e  sul  divorzio  nell'Egitto 
greco-romano.  -  R.  Caillemer,  recensione  di:  Studi  di  diritto  pubbli- 
cati in  onore  di  Vittorio  Scialoja.  Milano  1905. 

Rivista  italiana  di  numismatica  e  scienze  affini.  An.  XVIII 
(1905),  fase.  3.  —  F.  Gnecchi,  Le  personificazioni  allegoriche  sulle 
monete  imperiali.  -  L.  Laffranchi  e  P.  Monti,  Costantino  II  Augu- 
sto. -  G.  Paxsa,  Due    medaglioni    cerchiati  e    a   tipo    unilaterale.  - 

F.  Gnecchi,  Appunti  di  numismatica  romana:  I  medaglioni  unilate- 
rali. -  O.  V1TALINI,  Scudo  d'oro  inedito  di  Paolo  III  per  Camerino.  - 

G.  Dattari,  La  cifra  xxi  sopra  i  cosidetti  antoniniani  e  sopra  i 
follis  della  Tetrarchia. 

Rivista  storica  italiana.  Anno  XXII  (1905),  fase.  3.  —  F.  Savio, 
recensione  di  E.  Ch.  Babut  :  Le  Concile  de  Turin.  -  G.  Capasso,  re- 


Periodici  517 


censione  di  L.  Pastor  :  Ungedruckte  Akten  zur  Geschìchte  der  Pàpste.  — 
Fase.  4.  -  F.  Ramorino,  recensione  di  A.  Roviglio:  L'incendio  di 
Roma  e  la  persecuzione  neroniana.  -  G.  De  Sanctis,  recensione  di 
C.  BuGiANi:  Storia  di  Ezio,  generale  dell'impero.  -  C.  Cipolla,  re- 
censione di  L.  M.  Hartmann  :  Zur  Wirthschafsgeschichte  Italiens  im 
frùhen  Mittelalter.  -  C.  Capasso,  recensione  di  A.  Schulte:  Die  Fug- 
ger  in  Rom. 

Stimmen  aus  Maria-Laach,  Anno  1905,  fase.  9.  —  J,  Blòtzer, 
Die  Entstehung  des  Christentums  im  Lichte  der  Geschichtsvvissen- 
schaft.  -  A.  Holtschneider,  recensione  di  P.  Mocceiegiani  :  Jurispru- 
dentia  ecclesiastica.  T.  I,  1904. 

Studi  storici.  (1905),  voi.  XIV,  fase.  I.  —  A.  Crivellucci, 
Delle  origini  dello  Stato  pontifìcio.  -  F.  Filippini,  La  seconda  lega- 
zione del  card.  Albornoz  in  Italia  (1358-1367).  Documenti.  -  G.  Briz- 
zolara,  Ancora  Cola  di  Rienzo  e  F.  Petrarca.  -  A.  Mancini,  Sulla 
corrispondenza  fra  Bajazet  II  e  Innocenzo  Vili.  —  Fase.  II.  -  G.  Volpe, 
Emendazioni  ed  aggiunte  ai  «Lombardi  e  Romani  nelle  campagne  e 
nelle  città  ».  -  G.  Volpe,  Per  la  storia  giuridica  ed  economica  del 
medioevo.  -  G.  Cocciola,  recensione  di  M.  Brosch  :  Paul  IV  gegen 
Karl  V  und  Philipp  II.  Innsbruck  1904.  -  E.  C.  recensione  di  E.  LoE- 
vinson:  Giuseppe  Garibaldi  e  la  sua  legione  nello  Stato  Romano. 

Vierteijahrschrift  fiir  Social-  und  Wirthschaftsgeschichte. 

Anno  1905,  voi.  Ili,  fase.  2-3.  —  S.  Rietschel,  recensione  di  F.  Ko- 
cler:  Die  Legitimatio  per  rescriptum  von  Justinian  bis  zum  Tode 
Karls  IV. 

Zeitschrift  fttr  Kirchengeschichte.  Anno  1905,  voi.  XXVI, 
fase.  3.  —  W.  Caspari,  Untersuchungen  zum  Kirchengesang  im  Al- 
tertum. 


INDICE  GENERALE 

delle  materie  contenute  nel  volume  XXVIII 


P.  FEDELE.     Di  alcune  relazioni  fra  i  conti  del  Tuscolo  ed  i 

principi  di  Salerno pag.  5 

G.  FERRI.     Le  carte  dell'archivio  Liberiano  dal  secolo  x  al  xv 

{Continua) 23 

P.  FEDELE.     Tabularium  S.  Praxedis  {Continua^,  e  fine)    .     .         41 

G.  TOMASSETTL     Della  Campagna  Romana  (Continua)  .     .       11$ 

A.  MONACI.     Regesto  dell'abbazia  di  Sant'Alessio  all'Aven- 
tino (Continua) 151 

F.  CAMOBRECO.     Il  monastero  di  S.  Erasmo  sul  Celio     .     .       265 

G.  ARIAS.     Per  la  storia  economica  del  secolo  xiv.  Comuni- 

cazioni d' archivio  ed  osservazioni 301 

G.  S.  RAMUNDO.     Nerone  e  l' incendio  di  Roma     .     .     .     .       355 

A.  MONACI.     Regesto  dell'  abbazia  di  Sant'Alessio  all'Aven- 
tino  (Continua^,  e  fine) 395 

P.  FEDELE.     I  gioielli  di  Vannozza  ed  un'opera  del  Caradosso       451 

Varietà  : 

P.  PICCOLOMINL      Due    lettere    inedite    di    Bernardino 

Ochino 201 

P.  FEDELE.     Il  leopardo  e  l'agnello  di  casa  Frangipane  .       207 

N.  BARONE.  La  badia  di  Grottaferrata  sotto  la  prote- 
zione dei  re  Angioini  di  Napoli 217 

E.  CARUSI.  La  Legazione  del  card.  D.  Capranica  ad  Al- 
fonso di  Aragona  (Napoli,  29  luglio  -  7  agosto  1453)  •       473 

N.  BARONE.  Per  la  badia  di  Casamari.  Un  inedito  di- 
ploma di  conferma  di  privilegi  dato  da  re  Carlo  II 
d'Angiò 482 


520         Indice  generale  del  volume  XXVIU 

Atti  della  Società  : 

Seduta  del  17  febbraio  1905 pag.       221 

Seduta  del  io  maggio  1903 224 

Bibliografia  : 

«  I  Libri  Commemoriali  della  Rcpublica  di  Venezia  ».  Regesti, 
t.  VI.  —  Venezia,  1904(0.  Monticolo) 227 

G.  Baracconi.  «1  rioni  di  Roma».  Terza  ristampa  interamente 
rifatta.  —  Roma,  Roux  e  Viarengo,  190$,  8°  fìg.,  p,  606.  [^Biblioteca 
Rotila,  n.   I."]  (A.  Romualdi) 229 

Rinaudo  Costanzo.  «Indice  della  "Rivista  Storica  Italiana," 
dal  1884  al  1901,  con  l'elenco  alfabetico  degli  autori»,  compilato  dal 
prof,  C.  R.  direttore  della  Rivista.  —  Torino,  1904,  un  voi.  (diviso  in 
due  tomi),  pp.  xxxvi-805,  in-8  (P.  Spezi) 23I 

Biblioteca  dei.  Senato  del  Regno.  Bollettino  delle  pubblica- 
zioni di  recente  acquisto.  Anno  1904,  n.  i  ;  1905,  nn.  1-3,  gennaio- 
giugno.  —  Roma,  Forzani  e  C.  tipografi  del  Senato,  1904,  pp.  75;  1905, 
pp,  XXXVI,  68  (G.  Monticolo)    , ,, 232 

R.  Archivio  di  Stato  in  Lucca,  Regesti,  voi.  I:  «Pergamene 
del  Diplomatico»,  parte  I  (dall'a.  dccxc  ali 'a.  mlxxxi);  voi.  11:  «Car- 
teggio degli  Anziani»,  raccolto  e  riordinato  da  L.  Flmi,  parte  I  (dal- 
'  l'a.  Mcccxxxiii  all'a.  mccclnviii)  ;  parte  II  (dall'a.  mccclxix  all'a.  mcccc), 
pubblicati  in  occasione  del  Congresso  internazionale  di  scienze  storiche 
in  Roma.  —  Lucca,  Marchi,  1903;  voli.  2,  in-4  ;  il  I  di  pp  i-xxxvi, 
1-172,   1-23;  il  li  di  pp.  i-xxix,  1-662  (C.  Ramadori), 234 

A.  Rocchi.  «  La  Badia  di  Grottaferrata  »,  II»  edizione  notabilmente 
corretta  ed  accresciuta.  —  Roma,  tip.  Artigianelli  S.  Giuseppe,  1904, 
8"  fig.,  p.  VI1-221  (A.  Romualdi) 236 

Marco  Besso.  «  Roma  e  il  Papa  nei  proverbi  e  nei  modi  di  dire  ». 
Nuova  edizione  illustrata.  —  Roma,  Loescher,  1904,  in-4,  PP-  xLiii-336 
(C.  Ramadori) 24O 

M.  Tangl.  «  Gregor  VII.  jùdischer  Herkunft  ?  »  in  «  Neues  Ar- 
chiv  der  Ge.sellschaft  flir  altere  deutsche  Geschichtskunde  »,  1905,  XXXI, 
159-180  (P.  Fedele)    487 

Il  Canzoniere  di  Francesco  Petrarca  riprodotto  letteralmente 
dal  cod.  Vat.  Lat.  3195  a  cura  di  Ettore  Modigliani.  Pubbl.  della  So- 
cietà Filologica  Romana  (Roma,   1904).   (Carlo  Segre) 49^ 

Francesco  Schupfer.  «  Precarie  e  livelli  nei  documenti  e  nelle 
leggi  dell'alto  medio  evo».  —  Torino,   1905  (Gino  Arias) 494 

Bernard  Monod.  «  Le  moine  Guibert  et  son  temps  »  (1053-1124) 
avec  une  préface  de  M.  Émile  Gebhart.  —  Paris,  Hachettc,  1905, 
pp.  XXVIII,   342  (P.  Fedele) 49^ 

Ernesto  Ovidi.  «La  Calcografia  romana  e  l'arte  dell'incisione 
in  Italia  ».  —  Roma-Milano,  Albrighi,  Segati  e  C,  1905,  pp.  131,  in-i6 
(M.  R.)   500 

Notizie 243 

Id 503 

Periodici  (Articoli  e  documenti  relativi  alla  storia  di  Roma)  .       255 
Id.  511 


365 


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