HG3IM SOGIGTffEOJRHaH
DI STOim PlTRm
ARCHIVIO
della
R. Società Romana
di Storia Patria
Volume XXVIII.
25^
R orna
nella Sede della Società
alla Biblioteca V a 1 li cel Ha na
1905
1121203
Roma, Forzani e C, tipografi del Senato.
Di alcune reìaiionifra i conti del Tu scolo
ed i principi di Salerno
IL Codex diplomfl^i(^''^^àvmm^d ha serbato notizia
di una Teodora, figliuola^ di Gregorio, console e
% duca dei Romani, la quale andò sposa a Pandolfo,
figlio di Guaimario IV, principe di* Salerno. E già ancor
prima che il Codex Cavensis fosse pubblicato, il Di Meo (i)
aveva fatto ricordo di Teodora il cui nome fu poi com-
preso negli alberi genealogici che furono disegnati della
famiglia dei conti del Tuscolo (2). Ma, tranne il nome di
Teodora, nulla sappiamo di preciso intorno alle relazioni
fra i principi longobardi di Salerno e la potente famiglia
che per tanto tempo efeb^ >^gi|ii]sii^;, ideile cose ecclesiastiche
e temporali di Roma, né in quali circostanze quelle rela-
zioni s'improntassero di cosi calda amicizia da tramutarsi
(i) A. Di Meo, Annali critico-diplomatici, Napoli, i8o2,VII, 359, 385.
(2) Cf. la genealogia del Galletti riportata dal Pertz nella pre-
fazione alle Cronica mon. Casinensis in Mon. Germ. hist., Script. VII,
363. G. Tom assetti ha dato finora la genealogia più completa dei
conti del Tuscolo: cf. Della Campagna Romana in questo Archivio ^
IX, 82. Il LiVERANi, Frammenti di storia ecclesiastica. Macerata, 1859,
I, 65 sgg., ed il De Rossi in Bullettino di archeologia cristiana, 1864, n. 9,
p. 68, non fanno il nome della nostra Teodora.
T, Jedele
in parentela. Non mi parve perciò inutile tentare di aggiun-
gere qualche notizia più sicura e determinata, se pure fra
l'oscurità dei tempi non rischiamo di smarrirci.
Pandolfo, quegli che sposò Teodora, era figlio del prin-
cipe di Salerno Guaimario IV e fratello di Guaimario V (i).
Nei documenti Cavensi vien fatto la prima volta il suo nome
nell'anno 1032 (2); ma egli dovette nascere alcun tempo
prima del 1027. Invero, quando nella prima metà del 1027,
venne a morte Guaimario IV, dopo circa quaranta anni di
regno, il figliuolo primogenito Guaimario V non potè assu-
mere il governo dello Stato che sotto la reggenza della ma-
dre Gaitelgrima, essendo egli allora forse quattordicenne (3) :
dal che deve argomentarsi che ancor più piccolo dovesse
essere il fratello Pandolfo. Né questi aveva ancor raggiunto
l'età maggiore nel 1032, poiché nel documento di sopra
citato che contiene una vendita di un terreno con castagneto
fatta dal principe Guaimario e dai suoi fratelli Guido e Pan-
dolfo ad un tal Benedetto di Galvanico, figliuolo di Rode-
nando, Guaimario si obbliga per sé e per i suoi eredi
« amodo et dum venerint ad legitima aetatem ipsi fratri
« sui » (4). Passano circa dieci anni senza che il nome di
Pandolfo ricorra più nelle carte di Cava: vien ricordato
un'altra volta nel 1043, quando Giovanni, abate del mona-
stero di S. Angelo e di S. Sofia in Salerno, che era di pro-
prietà di Pandolfo (5), locò alcuni terreni del monastero ad
(r) Nel numero d'ordine che designa la successione dei principi
di Salerno, seguo M. Schifa, Storia del principato Longobardo in Sa-
lerno in Arch. stor. per le prov. Nap. XII, 79 sgg. H. Bresslau, Jahr-
hùcher des Deiitschen Reichs iinter Konrad IL, Leipzig, 1881, 1884, I,
170, 174; II, 296 sgg., dà ai nostri due Guaimarii il nome di Guai-
mario III e di Guaimari® IV.
(2) Codex diplomaticus Cavensis, V, 214.
(3) Schifa, op. cit. p. 513.
(4) Cod. Cavensis, V, 215.
(5) Questo monastero era stato costruito da Guaiferio, sposo di
Gemma: da Guaiferio l'aveva acquistato Pandolfo. Cod. Caz/. VII, 91.
/ conti del Tuscolo ed i principi di Salerno 7
un tal Pietro, figliuolo di Ferrando, e ad Urso di Sergio (i).
A Pandolfo rilasciava nel 1047 Amato, vescovo di Pesto,
un diploma di esenzione per una chiesa da lui costruita
nel territorio di Capaccio (2). È dello stesso anno un istro-
mento col quale i tre fratelli, Guaimario principe. Guido e
Pandolfo procedevano ad una divisione dei loro beni posti
ai confini della Lucania (3), ed un'altra spartizione di pos-
sedimenti fu fatta nel 1049 (4). Pandolfo era gicà morto nel
maggio del 1052, quando, per la prima volta, nelle carte
Cavensi vien fatto il nome di Teodora, sua sposa (5).
Queste le poche notizie che abbiamo di Pandolfo : né
Amato, lo storico dei Normanni, né Leone Marsicano che
pur tante cose sanno della famiglia dei principi di Salerno,
rammentano mai il suo nome, per modo che egli passa oscu-
ramente fra le vicende che agitarono la Campania dal 1027
al 1052, proprio nel tempo che il principato di Salerno sotto
il governo del valoroso e splendido Guaimario V toccò tal
grado di floridezza che non era stato mai per l' innanzi rag-
giunto (6), mentre d' altra parte venivano germogliando i
semi della fatale decadenza dello Stato. Fortuna per lui che
non vide lo scempio che del cadavere del fratello, morto
a tradimento, fecero gli stessi suoi congiunti il 3 giugno
del 1052! Forse avrebbe anche egli insieme con Alfano
lamentato che sparisse con Guaimario, come fumo ed ombra,
ogni decoro della patria (7).
(i) Cod. Cav. VI, 229.
(2) Cod. Cav. VII, 49. La chiesa era stata costruita da Pandolfo
«ad honorem sancte Preparationis in propria rebus sua in- loco Gor-
« nitu finibus Caput Aquis » . Dalle carte Cavensi si rileva che Pan-
dolfo era <' comes Caputaquensis ». Il nome del vescovo Amato non
è registrato nella Series episcopornm del Gams.
(3) Cod. Cav. VII, 41.
(4) Ibid. 94.
(5) Ibid. 185.
(6) Si veda l'elogio che di Guaimario, in versi risonanti un'antica
grandezza, tessè Alfano. Cf. Di Meo, op. cit. VII, 523.
(7) Id. ibid. Secondo lo Schifa, op. cit. p. 543, Pandolfo sarebbe
T. Jedele
Se poco sappiamo di Pandolfo, meno ancora ci è dato
sapere di Teodora, sua sposa. La particolare insistenza con
la quale nelle carte di Cava al suo nome si aggiunge :
« filia Gregorii consulis et ducis Romanorum », farebbe
quasi pensare che ella dovesse essere ben superba di appar-
tenere alla grande famiglia dei conti del Tuscolo. Non pre-
tendevano questi di discendere da Ottaviano imperatore? (i)
Ed era suo avo quell'Alberico II che col titolo di principe
e senatore dei Romani aveva, per tanti anni, esercitato in
Roma autorità di governo. Suo padre era quel Gregorio del
Tuscolo che, secondo la biografia di san Nilo, fu per tirannide
e nequizia notissimo, ma nello stesso tempo per prudenza e
per sottile ingegno eccellente (2). Egli era ora riuscito, dopo
di avere abbattuto, alla morte di Sergio IV, l' egemonia dei
Crescenzi, a ricondurre presso la propria famiglia la su-
prema autorità civile ed ecclesiastica di Roma. Nipote, sorella
e zia di pontefici (3), non avrebbe avuto Teodora più che
sufficienti ragioni per vantare la sua nobile discendenza ?
Le relazioni fra i conti del Tuscolo ed i principi di Sa-
lerno non erano state sempre le più favorevoli. Giovanni XII,
zio di Teodora, aveva tentato, probabilmente nel 961 (4),
caduto vittima della congiura che tolse di mezzo Guaimario. Ciò non
è ammissibile, se la congiura avvenne, come lo Schipa dimostra, il
3 giugno del 1052, poiché già nel maggio dello stesso anno si parla
di «filios quondam domni Paldulfi»; Cod. Cav. VII, 185.
(i) ToMASSETTi, op. cit. p. 79. Intomo al capostipite della famiglia,
Teofilatto, ed ai suoi primi discendenti, vedi il dottissimo lavoro di
W. SiCKEL, Alherich IL und dar Kirchenstaat in Mittheihingen des Insti-
tuts fùr Oesterreichìsche Geschichtsforschung, 1902, XXIII, 77 sg,
(2) Ppr-j-opto? . . . Tvept^orTo; sv TupavviSt xat àSixtDc TU-y^àvov, Xta^
oì à-^y^tvou; x.aì auNsast xsxoCTaviy-éxo;, Ada Sanctorum, Settembre VII,
cdiz. 1867, p. 317.
(3) Teodora infatti fu nepote di Giovanni XII, sorella di Bene-
detto Vili e Giovanni XIX, e zia di Benedetto IX.
(4) Per la data seguo lo Schifa, op. cit. p. 239, mentre Kòpke-
DuMMLER, Kaiser Otto der Grosse, Leipzig, 1867^ p. 31$, pongono la
data del 959.
1 conti del Tuscolo ed i principi di Salerno 9
di colorire l' antico disegno di dominazione politica dei papi
nell'Italia meridionale. Raccolto un esercito di Romani,
Tusci e Spoletini, s'era avanzato nel Mezzogiorno per to-
gliere Capua ai giovani Pandolfo e Landolfo III, succeduti
nel 961 a Landolfo II. Ridotti a mal partito, i due giovani
invocarono il soccorso del loro congiunto Gisulfo, principe
di Salerno, il quale mosse verso Capua « con grande audacia
« e con grande apparato di forze » (i), onde l'esercito pon-
tificio fu preso da cosi forte timore che non volle neppur
tentare la prova delle armi, e rapidamente riguadagnò i
confini dello Stato della Chiesa. Fu la grande potenza del
principe di Salerno che indusse il papa a cambiar politica ?
Di li a poco Giovanni XII inviò un'ambasceria a Gisulfo,
invitandolo ad un convegno a Terracina. Senza indugio il
principe vi si recò con pompa magnifica, mentre il papa
vi si era fatto accompagnare da molti Romani fra i quali,
assai probabilmente, doveva essere il fratello del pontefice,
Gregorio. Giovanni XII e Gisulfo strinsero fra loro una
lega (2). Quali ne furono i patti? L'anno seguente, dopo
r incoronazione di Ottone, il papa si faceva rilasciare il ce-
lebre diploma che confermava i privilegi ed i possessi dei
pontefici. Ora è notevole il fatto, né da altri fu ancora os-
servato, che mentre nel diploma Ottoniano si riconoscono
i diritti dei pontefici sui patrimoni dell'Italia meridionale
ivi espressamente nominati, e si accenna perfino a diritti
del papa su Napoli, Gaeta e Fondi, non si fa alcuna parola
del patrimonio Salernitano il quale era stato pur compreso
nel privilegio di Ludovico il Pio dell'anno 817(3). Ciò
(i) Sono parole del Chronicon Salernitanum che narra l'avveni-
mento. Cf. Mon. Germ. hist., Script. Ili, 553.
(2) « Inter se alternatim foedus inierunt » ; Mon. Germ. hist, Script.
Ili, 553. Intorno a questi avvenimenti cf. Schifa, op. cit. p. 239; e
J. Gay, V Italie meridionale et l'Empire By^antin, Paris, 1904, p. 292.
(3) Per il testo dei due diplomi cf. Th. Sickel, Das Privilegium
Otto I. fiir die Ròmische Kirche, Innsbruck, 1883. Vedi i due passi rela-
IO T. Jedele
non può essere avvenuto senza una particolare ragione, ed,
a mio parere, il silenzio sul patrimonio Salernitano corri-
sponde perfettamente alle condizioni di fatto dell' anno 962,
quando fra Giovanni XII ed il principe di Salerno erano
annodate le più strette relazioni politiche.
Queste relazioni sembrano poi essersi mantenute costan-
temente fra quei del Tuscolo ed i Salernitani, per quanto
ci permettono d'argomentarlo le notizie scarse e frammen-
mentarie del tempo.
Con Benedetto Vili, figliuolo di Gregorio I del Tu-
scolo, i discendenti di Teofilatto, dopo un periodo di tempo
nel quale in Roma avevano dominato i Crescenzi, ripren-
devano interamente il potere che essi vi avevano esercitato
ai tempi di Giovanni XII (i). Benedetto Vili fu uomo di
grande energia, e seppe maneggiare egualmente bene la
spada ed il pastorale, per modo che tra i papi inetti o per-
versi della prima metà del secolo xi la sua figura attrae la
nostra simpatia (2). Con grande senso politico egli com-
prese che le circostanze erano ora fiivorevoli se non a co-
lorire gli antichi disegni dei papi sull'Italia meridionale, ad
estendere almeno la influenza pontificia in quelle regioni.
Anche con quest'intento egli sostenne con fervore la poli-
tica,' tradizionale nella sua famiglia, di fedeltà all' impero, e
nel IO 14 pose sul capo di Errico II e di Cunigonda la
corona imperiale. Fra i grandi che assistevano all'incoro-
tivj ai patrimoni della Campania in W. Martens, Die Ròmische Frage,
Stuttgart, 1881, p. 371. Del patrimonio Salernitano si tace anche nel
diploma di Enrico II del 1020; mentre è ricordato nella falsa cessione
di Leone Vili. Cf. Mon. Gemi, hist., Leges, II, pars altera, pp. 169, 175.
(i) Nessuno più limpidamente del Duchesne ha riassunto l'alta-
lena dei partiti in Roma, in questo periodo. Cf. L. Duchesne, Les pre-
mier s temps de V Etat pontificai^ Paris, 1 904, p. 3 5 3 sgg.
(2) Intorno alla politica di papa Benedetto Vili, oltre quanto ne
disse il Gay, op. cit. p. 407 sgg., cf. G. Wappler, Papst Benedikt Vili.,
Leipzig, 1897.
/ conti del Tuscolo ed ì principi di Salerno ii
nazione, vi era, sembra, il principe di Benevento e di Capua,
Pandolfo o suo figlio Landolfo IV (i), né è improbabile
che Guaimario di Salerno abbia colto l'occasione per pro-
testarsi devoto dell'imperatore. È appunto in questo tempo
che scoppia nel Mezzogiorno la rivolta contro i Bizantini :
Benedetto Vili si pone a viso aperto dalla parte dei ri-
belli, ed è lui che, d'accordo con Enrico II (2), concede a
Datto, cognato di Melo, l'eroe della rivoluzione Pugliese,
la torre alla foce del Garigliano che era stata già costruita
da Docibile, ipata di Gaeta, a difesa contro i Saraceni (3).
Frattanto Benedetto Vili si adopra a stringere, a danno dei
Bizantini, i legami fra l'impero ed i principi longobardi
della Campania. Nell'aprile del io 16, in quell'anno che
compaiono per la prima volta nella Campania i Normanni,
lo vediamo occuparsi con amore di cose salernitane. Invero
egli conferma all'arcivescovo Benedetto di Salerno tutti i
diritti ed i possedimenti della chiesa salernitana, e ripone
sotto la dipendenza dell'arcivescovo la diocesi di Nola,
dianzi sottratta alla metropoli di Salerno (4). Per l' inter-
vento attivo di Benedetto Vili, le imprese degli avventu-
rieri normanni nell'Italia meridionale acquistano un vero
e proprio carattere politico: egli induce i Normanni ad
offrire il loro braccio a Melo, il quale con l'incoraggia-
mento aperto del papa e con gli aiuti che gli porgono Sa-
lerno e Benevento (5), spiega per la seconda volta la ban-
(i) Gay, op. cit. p. 409.
(2) È molto opportuna 1' osservazione fatta dal Bresslau presso
S. HiRSCH, Jahrhùcher des Deutschen Reichs unter Heinrich IL, Leip-
zig, 1875, III, 150, che nella prima redazione della sua cronica
Leone Ostiense asserisce che questo passo fu fatto da Benedetto Vili,
« ob Heinrici imperatoris fidelitatem ».
(3) Cf. P. Fedele, La battaglia del Garigliano dell'anno 5?!/ ed i
monumenti che la ricordano in questo Archivio, XXII, 210 sgg.
(4) Jaffé-Loewenfeld, n. 401 1; Schifa, op. cit. p, 259.
(5) Leo Marsicanus, II, 37.
12 T. Jedele
diera della rivolta, la quale dopo avere vittoriosamente
sventolato ad Arenula, a Civitate, a Vaccarizza, è costretta a
ripiegarsi nella sanguinosa battaglia di Canne (ottobre idi 8).
Dei Normanni che sfuggirono al fato di Canne, Melo ne
affidò alcuni al principe Guaimario di Salerno (i), altri a
Pandolfo di Capua, onde dobbiamo dedurne che il principe
di Salerno, seguendo la politica ed i suggerimenti di Bene-
detto Vili, si era stretto agl'insorti Pugliesi col più grande
ed operoso zelo (2).
Frattanto, essendo morto l'arcivescovo di Salerno, Be-
nedetto, il papa rinnovava nel io 19 al successore Amato II
la conferma dei privilegi e dei possessi della chiesa Saler-
nitana (3).
La sconfitta di Canne aveva rialzato in tutta l'Italia
meridionale le sorti della dominazione bizantina. Primo a
sottomettersi all'impero fu Pandolfo di Capua che inviò a
Costantinopoli le chiavi d'oro, simbolo della sua sottomis-
sione; e l'esempio di Pandolfo fu ben presto seguito dal
principe Guaimario di Salerno (4).
Quando nell'anno 1022 Enrico II si recò nell'Italia
meridionale per rialzarvi il prestigio dell'impero, gli era
compagno Benedetto Vili. L'arcivescovo Pellegrino di Co-
lonia aveva ricevuto l'incarico di sottomettere all'impero
i principi longobardi della Campania. Pandolfo di Capua
non oppose una valida resistenza, e si dette nelle mani
(i) AiMÉ, Ystoire de li Normant, ediz. Delarc, Rouen, 1892, p. 31.
(2) Vedi anche lo Schifa, op. cit. p. 260.
(3) Jaffé-Loewenfeld, n. 4027.
(4) Bresslau presso Hirsch, op. cit. p. 157, nota i ; E. De Mu-
RALT, Essai de chronographie By^antine, St-Pétersbourg, 1855, p. 594,
riporta la sottoscrizione di un evangeliario proveniente da Salerno,
ora nella biblioteca Imperiale di Pietroburgo, dalla quale si rileva che
nel 1020 Salerno era sottoposta ai Bizantini: 'Etti t^? PaatXsta; B. v.a.ì
K. r'yeaoveuovTo; twn 'iTaXtJcwv, àvSJuTràTou 'Ito. tou Boxavou xat èv ru.£pat;
roau-epTi irprvìciiro;.
1 conti del Tuscolo ed i principi di Salerno 13
dell'arcivescovo; fieramente resistè Guaimario di Salerno,
e Pellegrino, quantunque per quaranta giorni tenesse la città
chiusa d'assedio, probabilmente non se ne sarebbe mai impa-
dronito con la forza, se Guaimario non fosse venuto a trat-
tative. Ora è notevole la diversa sorte serbata ai due principi
longobardi. Mentre Pandolfo di Capua fu dall' imperatore
spogliato del possesso dei suoi beni, dei quali fu investito
il cugino Pandolfo di Teano, e l'infelice principe di Capua
venne poi condotto prigioniero in Germania (i), a Guaimario
non fu torto un capello. Non si era egli macchiato della
stessa colpa? (2) Anzi, non aveva egli opposto più forte
resistenza alle vendicatrici armi imperiali? Ora non è im-
probabile che a render più lieve la sorte di Guaimario abbia
contribuito Benedetto Vili (3), né l'ipotesi è senza fonda-
mento, poiché narra Amato che Guaimario aveva dovuto
rilasciare, come ostaggio, all'arcivescovo di Colonia, il suo
figUo di egual nome, che, per altro, fu affidato a papa
Benedetto (4), del quale conosciamo così l' intervento diretto
nelle trattative fra l'imperatore ed il principe di Salerno.
(i) Cf. intorno a questi avvenimenti G. De Blasiis, La insurre-
zione Pugliese e la conquista Normanna, Napoli, 1864, I, 94 sgg.
(2) Si potrebbe per altro osservare che lo sdegno di Enrico II
era maggiore verso Pandolfo, perchè questi aveva concesso libero pas-
saggio per le sue terre ai Greci, quando essi vollero porre le mani su
Datto, rifugiatosi nella torre del Garigliano.
(3) Secondo lo Schifa, op. cit. p. 261, anche il papa sembra fosse
adirato contro Salerno, poiché nel marzo del 1021 radiava la diocesi
di Nola dal novero delle suffraganee di Salerno. Ma il documento dal
quale ciò si rileverebbe, è una bolla di conferma dei diritti della chiesa
Salernitana, ed il tenore, se tali fossero state le intenzioni del papa,
avrebbe forse dovuto esserne diverso. La mancanza della menzione del
vescovato Nolano può forse spiegarsi col fatto, che ci troviamo dinanzi
ad una tarda copia del documento. Cf. Pflugk-Harttung, Ada pon-
tificum, I, n. 99, p. 64.
(4) AiMÉ, op. cit. p. 33. Cf. anche lo Schifa, op. cit. p. 262, il
quale però dubita se fosse dato in ostaggio l'erede o uno dei minori,
Guidò o Pandolfo.
14 'P. fedele
Nulla sappiamo delle relazioni fra il successore di Be-
nedetto Vili che fu Giovanni XIX ed i principi di Salerno.
Durante il pontificato di Giovanni, morì Guaimario IV suc-
cedendogli quel figliuolo Guaimario V che, secondo Amato,
sarebbe stato per alcun tempo affidato alla custodia dei Tu-
scolani.
Sotto Benedetto IX, l' ultimo dei papi del Tuscolo,
le relazioni con i principi di Salerno debbono essersi fatte
più intime e cordiali così da tramutarsi in parentela. Infatti
le nozze fra Teodora del Tuscolo e Pandolfo, fratello di Guai-
mario V, dovettero celebrarsi qualche tempo dopo il 1032,
poiché, come vedemmo (i), in quell'anno Pandolfo non
aveva ancora raggiunto l'età maggiore, e parecchi anni prima
del 1052, quando egli già era morto lasciando, per lo meno,
quattro figli (2). Ora con tali delimitazioni di tempo siamo
necessariamente condotti al pontificato di Benedetto IX.
Questo tempo corrisponde al più rigoglioso fiorire della
potenza di Guaimario V, e tutto induce a credere che le
nozze fra Teodora ed il fratello di Guaimario dovessero
essere il pegno della più stretta unione politica fra il grande
principe di Salerno e la casa del Tuscolo.
Benedetto IX innalzato al trono pontificale quasi ancor
fanciullo disonorava il papale ammanto con le più sbrigliate
passioni, e contro di lui spumeggiavano non solo le ire an-
tiche dei nemici del Tuscolo, ma anche di quanti deside-
(i) Vedi sopra p. 6.
(2) Nelle carte Cavensi finora pubblicate si fanno i nomi di
quattro figli di Pandolfo e Teodora, e sono: Guaimario, Gregorio,
Guido e Giovanni, Ma l' abate D. Agostino Venereo del quale l'archivio
Cavense non ebbe mai più dotto e minuto ricercatore, nelle sue carte
manoscritte conservate nella badia di Cava, aggiunge ai quattro nomi
ricordati altri tre: « Guilielmus castri Nove dominus qui dicitur de
« Mannia, Theodora uxor luflridi, mater Tancrede de Altavilla, Sicel-
« gaita uxor Asclettini comitis de Siciniano » . Teodora e Pandolfo
avrebbero avuto adunque sette figli.
/ conti del Tuscolo ed ì princìpi di Salerno 15
ravano di veder finalmente ricondotta la Chiesa a più puri
costumi: onde la necessità di opporre ai suoi nemici ade-
renze e protezioni. Già fin dal novembre del 1034 il ve-
scovo Giovanni di Porto, bibliotecario e legato della Sede
apostolica, era in Germania, e non soltanto per la consecra-
zione del monastero di S. Lorenzo di Liittlich, ma anche
per ottenere dall' imperatore il riconoscimento dell' elezione
di Benedetto (i). E Corrado II non la negò, anzi coprì della
sua protezione il giovane pontefice, sia per rimeritare i conti
del Tuscolo dell' antica devozione all' impero, sia anche
perchè nel vizioso fantoccio che volgeva le chiavi di Pietro,
nessun ostacolo egli avrebbe trovato, come poi i fatti dimo-
strarono, nello svolgimento della politica imperiale in Italia.
Ora è notevole come in questo tempo il sostenitore più
fido della parte imperiale nel Mezzogiorno fosse il principe
di Salerno. Infatti, quando Corrado II nel 1038 discese
neir Italia meridionale per punire quel Pandolfo di Capua
che vedemmo esule di là dai monti, e che tornato poi
nella Campania era il più fiero avversario di parte ger-
manica, egli s' era posto d' intesa con Guaimario di Salerno,
e, prima di muoversi, gli aveva mandato ambasciatori (2).
D' altra parte, essendosi l' imperatore indugiato a Spello a
celebrarvi la Pasqua, quivi lo raggiunse Benedetto IX che,
piegandosi ai desideri dell' imperatore, lanciava la scomunica
contro r arcivescovo Ariberto di Milano. È mai possibile
che nel convegno di Spello si sia taciuto delle questioni
dell' Italia meridionale ? In ogni modo, quando nel maggio
del 1038, sotto le mura dell' antica Capua, l'imperatore mise
al bando dell' impero Pandolfo di Capua e lo depose dal
principato, ne investì, per consiglio dei suoi grandi e dei
magnati capuani, il principe Guaimario, ed anche lo investì
della sii2:noria del ducato di Gaeta, e sotto l'autorità di lui
(i) H. Bresslau, Konrad II., Leipzig, 1884, p, 175.
(2) AiM/i, op. cit. p. 55; Bresslau, op. cit, II, 306.
i6 T. fedele
pose il normanno Rainulfo al quale riconobbe legittimo il
possesso di Aversa. Guaimario cosi raccoglieva i frutti della
sua abile politica ed insieme dei ricchi doni che egli a Capua
aveva diviso fra l'imperatore ed i grandi del seguito (i).
Ogni mezzo egli aveva messo in opera per assoggettare
tutta la Campania al suo dominio ; né è possibile che tra-
scurasse di giovarsi dei conti del Tuscolo, antichi sosteni-
tori del partito imperiale in Italia. Ecco perchè io penso che
le nozze fra Teodora ed il fratello di Guaimario, avvenute
certamente in epoca non lontana dal 1038, dovessero essere
pegno deir unione politica tra la famiglia del Tuscolo e
Salerno e dei comuni vincoli che le stringevano all' impero :
esse in ogni modo corrispondono perfettamente alle condi-
zioni politiche del principato di Salerno, come abbiamo cer-
cato di determinarle, intorno al 1038 (2).
Indizio delle intime relazioni fra i conti del Tuscolo ed
i principi di Salerno si ebbe alcuni anni di poi. Fra il maggio
ed il luglio del 1045 i cittadini di Gaeta, ribellandosi al-
l'autorità di Guaimario, avevano acclamato loro duca il
conte Adenolfo d'Aquino. Alla prima notizia della ribellione,
Guaimario mandò contro Gaeta un esercito che sconfisse
Adenolfo e lo trasse prigioniero (3). Ora narra Luca I, abate
di Grottaferrata, nella biografia di san Bartolomeo, che i
parenti di Adenolfo, dopo aver mosso mari e monti (4) per
ottenerne la liberazione, senza riuscire a nulla, si rivolsero
ai signori del Tuscolo (5) i quali inviarono a Salerno l'a-
(i) Per questi avvenimenti eia bibliografìa cf. P. Fedele, Il du-
cato di Gaeta all' ini'^io della conquista Normanna, in Arch. stor. per le
prov. Nap. XXIX, 17 sgg.
(2) Lo Schifa, op. cit. p. 534, accenna al matrimonio di Teodora
con Pandolfo, supponendolo avvenuto intorno al 1046. Le ragioni che
abbiamo esposto, e' inducono a giudicare un po' tarda questa data.
(3) P. Fedele, op. cit. p. 68 sgg.
(4) iràvTa XtSov, tò tou Xo-you, xtvouvTS?. Cf. Mai, Novae Patriim
Bihliothecae tomus VI, Romae, 1853, p. 520 sgg.
(5) T0~? àpy^ouaiv toT; vi tw àoTSt TouaxouXàvr;. Ibid.
/ conti del Tuscolo ed i princìpi di Salerno 17
bate Bartolomeo che non solo riuscì a piegare Tanimo del
principe Guaimario in favore di Adenolfo, ma lo indusse
anzi, liberatolo dalla prigionia, a conferirgli la signoria di
altre terre oltre quella di Gaeta. Ho detto altrove (i) che
cosa si debba pensare del racconto dell' abate di Grotta-
ferrata. Leone Marsicano, testimone ben più autorevole, non
fa alcuna parola dell' intervento dei conti del Tuscolo o
di san Bartolomeo nelle trattative fra Guaimario ed il duca
di Gaeta (2) : tuttavia il racconto dell'abate Luca deve avere
non piccolo fondamento di 'verità, essendo egli assai vicino
agli av^venimenti che narra (3), e le sue parole sono una
prova dei buoni rapporti fra i signori del Tuscolo ed i prin-
cipi di Salerno anche dopo che, per la cacciata di Bene-
detto IX da Roma, la potenza dei Tuscolani cominciava a
tramontare (4).
Le poche notizie che le carte Cavensi ci serbano di
Teodora, destinata a sopravvivere lungamente al marito
Pandolfo e ad assistere alla fatale decadenza del principato
di Salerno sotto i successori di Guaimario V, sono cosi aride
che non ci aiutano in alcun modo a disegnar nella mente
la persona di questa principessa del Lazio che portò forse
nella corte salernitana, insieme con 1' alta nobiltà del sangue,
lo splendore della bellezza romana ! Trascorso appena poco
tempo dalla morte del marito, sembra che ella si avvol-
(i) P. Fedele, op. cit. pp. 70, 71 in nota.
(2) Leo Mars. II, 74.
(3) Cf. A. Rocchi, De coenoUo Criptoferratensi, Tusculi, 1893,
p. 20.
(4) Quanto alla biografia di Benedetto IX nessuno ha posto ancor
mente ad una preziosa notizia registrata nel verso di una pergamena
dei Ss. Cosma e Damiano, secondo la quale egli era ancor vivo
nel 1055 ed insieme con i fratelli Gregorio, Pietro ed Ottaviano, figli
di Alberico, donava al monastero dei Ss. Cosma e Damiano la metà
della chiesa di S. Pancrazio « cum toto colle». Cf. P. Fedele, Carte
del monastero dei Ss. Cosma e Dannano in Mica Aurea in questo Ar-
chivio, XXII, 54.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 2
i8 T, Jedele
gesse neir abito monacale : un documento infatti ci narra
che era « vestem sancte Dei genitricis et virginis Marie in-
« duta », quando si presentò ad Amato, vescovo di Pesto,
per chiedere un diploma di esenzione per la chiesa di
S. Matteo che ella aveva edificato in quel di Pesto « in
« finibus Lucanie, ubi proprie Subarci dicitur » (i). Ma ciò
non le tolse di provvedere agi' interessi dei suoi figliuoli.
Nelle carte Cavensi ella appare come sollecita dell' ammi-
nistrazione dei beni lasciatile dal marito, e particolarmente
dei beni spettanti alle chiese di S. Angelo e di S. Sofia che
già vedemmo essere proprietà di Pandolfo. La chiesa di
S. Sofia fu da lei restaurata ; ed un' altra chiesa ella pos-
sedeva, dedicata a san Felice, nel luogo detto Felline, presso
Salerno, che nel novembre del 1057 ella dava in locazione
al prete Romualdo, figlio di Pietro (2). Nel Codex Cavensis
è ricordata 1' ultima volta, come vivente, in un documento
del 1060 (3); ma è probabile chele carte posteriori al 1065,
al quale anno si arresta la pubblicazione del Codice di Cava,
contengano ancora memorie di Teodora. L' ultimo docu-
mento fra quei non compresi nel Codex che ricordi già
morta Teodora del Tuscolo, è dell'anno rioo, e fu pub-
blicato dall' Ughelli (4), ma con tali inesattezze che mi è
parso bene trascriverlo novamente dall' originale, e ripub-
blicarlo qui per dare un qualche valore a queste mie note
modeste intorno alle relazioni fra i conti del Tuscolo ed i
principi di Salerno. Esso contiene una solenne donazione
che neir agosto del 11 00, alla presenza di papa Pasquale II,
Giovanni, figliuolo di Pandolfo e di Teodora, fece al mo-
nastero di Cava, della chiesa di S. Sofia. Assistevano alla
donazione, oltre Pasquale II, Oddone, cardinal vescovo di
(i) Il diploma del vescovo Amato è del febbraio del 1054. Codex
Cavensis^ VII, 221.
(2) Codex Cavensis^ Vili, 25.
(3) Ibid. Vili, 144.
(4) Ughelli, Italia sacra, VII, 395.
I conti del Tuscolo ed {prìncipi di Salerno 19
Ostia, ed il grande B rimone, vescovo di Segni (i), che si
sottoscrissero al documento, del quale questo è il tenore (2) :
II 00 agosto.
Alla presenza di Pasquale II, Giovanni, figliuolo di Pan-
dolfo e di Teodora del Tuscolo, dona a Pietro, abate del
monastero di Cava, la chiesa di S. Sofia in Salerno.
Originale. Archivio della badia di Cava, arni. D, 28. Le sottoscrizioni sono auto-
grafe.
I. ^ In nomine domini Dei eterni et salvatoris nostri lesu Chri-
sti. Anno ab incarnatione eius millesimo centesimo, temporibus domni
nostri Rogerii gloriosi ducis, mense augusto, 2. octaba indictione.
Ego Johannes fìlius bone memorie Paldulfì qui fuerat filius domni
Guaimarii principis, intra palatium huius Salernitani archiepiscopii, co-
rani 3. presentia domni Paskalis summi pontificis et universalis
pape et domni Ottonis Ostiensis episcopi et domni Brunonis Segninis 00
episcopi et domni Petri 4, venerabilis abbatis monasteri! sancte et
individue Trinitatis quod situm est foris hanc civitatem in loco Meti-
liano, clarifico quoniam ipsi genitori meo et domne 5. Theodore
genitricis mee filie bone recordationis domni Gregorii consulis et ducis
Romanorum pertinuit ecclesias intra hanc civitatem con 6. structas,
unam ad honorem sancte Sophie et alteram ad honorem beati Mi-
chaelis Archangeli. Et ipsa ecclesia Sancte Sophie olim monasterium
fuit, 7, et ob vetustate cum in ruina posita esset, ipsa genitrix me a
divino adiuta auxilio a fundamento eam delere et in meliorem et am-
pliore 8. statu reedificare fecerat absque episcopali consecratione,
sicut nunc esse dinoscitur. Et dudum post ipsorum genitoris et geni-
(a) Cosi nel testo.
(i) Sull'andata di Brunone a Salerno cf. B. Gigalscki, Bruno
Bischof von Segni, Abt von Montecassino, Mùnster i. W., 1898, p. 49.
(2) Porgo i più sentiti ringraziamenti all' illustre abate D. Silvano
De Stefano ed ai monaci tutti di Cava, e particolarmente all' archi-
vista D. Leone Mattei-Cerasoli, i quali con ogni cortesia favorirono
le mie ricerche nell'archivio.
20 "P. fedele
tricis 9. mee obitum ambo ipse ecclesie cum omnibus ad eas per-
tinentibus et cum aliis rebus michi in sortem (a) obvenerant a Guai-
mario et Gregorio fratribus meis ac filiis io. ipsorum Paldulphi
et Theodore ad faciendum ex eis ego et mei heredes quicquid C^) vo-
luerimus, sicut continet cartula divisionis quam ex eis ab ipsis fratribus
meis II. firmatam habeo. Et inspirante me rerum omnium factore
et gubernatore Deo a quo bona cuncta procedunt, sicut michi valde
bonum et 12. utilissimum complacuit prò redemptione animarum
ipsorum genitoris et genitricis mee et Ageltrude amisse coniugis mee
et prò salute 1 3 . mea et Aczoline karissime uxoris mee et filiorum
nostrorum et animarum nostrarum remedio per librum sacris manibus
prephati domni pape com 14. misi etiam et per hanc cartulam ante
Siconem Salernitanum iudicem et Radoaldum Capudaquensem iudicem,
per eiusdem domni pape licentiam (0 optuli in 15. prephato monaste-
rio sancte Trinitatis integram ipsam ecclesiam Sancte Sophie quem adhuc,
ut superius legitur, consecranda est, cum omnibus terris 16. et casis
et rebus stabiHbus et mobilibus ipsi ecclesie pertinentibus tam intra
hanc civitatem quam et foris in quibuscumque locis et cum omnibus
que intra 17. eas sunt, cunctisque earum pertinentiìs et cum vice
de plateis et curtis et anditis et viis suis et cum muniminibus ex eis
continentibus. Ea scilicet 18. ratione ut integra suprascripta oblatio
semper sit in potestate iam dicti domni abbatis et successorum eius et
partium ipsius monasterii, ea tenendi, domi 19. nandi, regendi atque
gubemandi et ex ea rationaviliter (A) faciendi quicquid (b) voluerint. Et
per convenientiam ego prenominatus Johannes obligavi me et meos
20. heredes semper defendere ipsi domno abbati et successoribus eius
et parti ipsius monasterii integrum illud quod in eodem monasterio,
ut dictum est, optuli 21. ab omnibus hominibus, et tribui ipsi domno
abbati licentiam ut quando ipse domnus abbas eiusque successores et
pars ipsius monasterii voluerint, 22. potestatem habeant illud per se
defendere qualiter voluerint cum omnibus muniminibus et rationibus
quas de eo ostenderint. Et si, sicut superius 23. scriptum est, ego
et mei heredes non adimpleverimus, et suprascripta vel ex eis quicquam
removere aut contradicere presumserimus, per convenientiam obligavi
me 24. et meos heredes componere ipsi domno abbati et succes-
soribus eius et parti ipsius monasterii ducentos auri solidi (0 constan-
tinini, et sicut superius scriptum est adimplere. 25. Iam dieta
(a) sor (b) qd (e) Le parole iudicem per eiusdem domni pape licentiam sono
scritte su rasura da prima mano ; ed a questo allude il notaio con le parole alla fine del testo
del documento memorans illud quod superius disturbatum est quia iudicem per eiusdem
domni pape licentiam legitur (d) Nel testo ratiovilit (e) soli
1 conti del Tuscolo ed i princìpi di Salerno 21
vero ecclesia Sancii Angeli cum omnibus rebus eidem ecclesie perti-
nentibus quas custos ipsius ecclesie Sancii Angeli nunc possidere
videtur, 26. ad meam reservavi potestatem faciendi ego et mei he-
redes quicquid (0 voluerimus. Et taliter te Grimoaldum notarium seri-
bere rogavi, memorans C^) 27. illud quod superius disturbatum est
quia iudicem per eiusdem domni pape licentiam legitur.
^ Ego qui supra Sico iudex.
Ego frater Odo Hostiensis episcopus buie donationi interfui et
laudavi.
Ego Bruno Signinus episcopus interfui et subscripsi.
^ Ego qui superius Radoaldus iudex.
P. Fedele.
(a) qd (b) memorans su rasura.
LE CARTE DELL'ARCHIVIO LIBERIANO
DAL SECOLO X AL XV
Continuazione, vedi voi. XXVIf, p. 441.
XXV.
1208, maggio I.
Copia aut. Perg. D, II, 24. Copia ms. in Bianchini, op. cit. IX, 105.
A. dom. incar. .m, ce. vili., a. .xi. d. Innoceiitii III, ind. .xi., mense
madii, die .1.
Nos fratres Romanus et Cencius (a), filii olim Gregorii Rainerii,
coram Petro de ludice advocato et consensu matris nostre Blancofloris
et sororis [nostre] Dulf[ine], vendimus ad vestram hereditatem et per
lohannem Pauli cognatum nostrum et procuratorem, [tibi] domno lohanni
Capoccie unum petium terre positum loco qui dicitur campo Varano,
in[ter hos affines: a duobus lateribus tenet ] Petri C[apocci]e,
a tertio Sancta Maria Maior, a quarto Sanctus lohannes Lateranensis-;
prò septuaginta libris provisinorum bonorum senatus. Pena: pretium
duplum. Testes: Petrus Niccolai C^), lohannes Capo ad Tra C»^),
Nicolai W Vincentii, Filibertus, Petrus calzolarus, Gualeius bubulcus.
Ego Scrofanus sancte Romane Ecclesie scriniarius sicut inveni in
dictis lohannis mei patris, ita scripsi et exemplavi (0.
(a) Di lettura incerta. (b) niccol. (e) Cosi nel testo. (J) nicol
(i) Nel verso: « eptionis domni lohannis Capocie facta a fiUis Gre-
« gorii Rainerio » .
24 G. Jerrt
XXVI.
I2I2, luglio 3.
I rettori della « Romana Fraternitas » confermano il pa-
gamento annuo di otto soldi di proveniensi del presbiterio
comune al capitolo di S. Maria Maggiore per le litanie
maggiori.
Orig. Perg. D, li, 25. Copia ms. in Bull, Lib. I, 19; cf. anche G. Ferri, La « Romana
Fraternitas-» in questo Archivio, XXVI, 453.
I. Rectores Romane Fraternitatis venerabìlibus fratribus domno
Petro Saxonis archipresbitero et canonicis basilice Sancte 2. Marie
Maioris, tam presentibus quarti futuris, salutem in Eo qui est omnium
salus. Cum omnium ecclesiarum. 3. Urbis profectibus intendere, ea-
rumque incrementa semper augere modis omnibus teneamur, honori
et ex 4, altationi ecclesie pretiose virginis Marie tanto devotius et
specialius debemus insistere quanto ip 5 . sam gloriosam Virginem
apud dilectum Filium suum iudicem nostrum prò nostris excessibus
vigilantius et 6. fructuosius ' intercedere, et prò nostris comodis in-
dèsinenter novimus potentius exorare, Ea 7. propter, dilecti fratres,
laborem vestrum quem satis laboriosum circa letanias maiores geritis at
8. tendentes, precamina etiam prelibate Virginis domine nostre in ipsa
devotionis nostre processione fructuosa 9. plurimum fore sperantes,
sepe diete basilice vestre cui die noctuque orando prò salute omnium
fidelium devo io. te servitis, annualiter de presbiterio nostro
communi octo soldos proveniensium statuimus unanimes et de con
II. silio prudentum clericorum concedimus perpetuo exsolvendos,
novimus siquidem iam dictos octo soldos vos a 12. nobis et a
nostris predecessoribus recepisse. Si quis autem huic iuste confir-
mationi et honeste conces 13. sioni contrarius et rebellis vo-
luerit existere, divine ultioni et extreme dampnationi subiaceat, et a
14. consortio Dei omnipotentis et beate virginis Marie extraneus
maneat, et nisi resipuerit, fiat 15. perpetuo alienus. Ut autem hec
nostra concessio a nostris successoribus omnibus firmius et diligentius
16. observetur, hanc presentem paginam in testimonium sigilli Romane
Fraternitatis munimine fecimus roborari. 17. Actum est hoc anno
dominice incarnationis millesimo .cc.xii., anno vero .xv. pontificatus
domni Innocentii tertii pape, 18. indictione .xv. mense iulii, die .111.
Nos rectores, videlicet Bandinus, archipresbiter Sancti Marcelli, Petrus,
Le carte dell' aìxhìvio Liberiano
archipresbìter 19. Sancti Eustachii, presbiter Angelus Sancii Tri-
fonis, Petrus, archipresbìter Sancti Salvatoris de Lauro, presbiter Ni-
colaus Sancte Agathe 20. in Manisterio, Johannes, archipresbiter
Sancte Lucie in Silice, magister Cencius, basilice Sancti Petri canonicus,
Pancratius, 21. Sancte Marie in Transtiberini, presbiter Johannes,
prior Sancti Angeli, Romanus, archipresbiter Sancti lohannis de Mer-
cato, huic confir 22, mationi consentimus et subscribimus, atque
omnia supradicta solidius corroboramus. 23. Data per manus pre-
sbiteri Romani eiusdem canonici et rectorum Romane Fraternitatis
cancellarli (0.
XXVII.
1217, ottobre 22.
Orig. Perg. D, II, 26. Copia ms. in Bianchini, op. cit. IX, 108.
A. secundo pont. d. Honorii tertii, ind. .vi., mense octubri, die .xxii.
Ego Stephanus [Paparone] C^) nomine libelli loco tibi Petro Mo-
nopoli in decem et novem annos complendum et renovandum in per-
petuum, unum ortum positum extra portam Maiorem ad Quartum, Inter
hos fines : a .i. latere tenent heredes Gregorii Paparonis et ecclesia C^)
Sancte Marie Maioris, a .11. dieta ecctesia Sancte Marie, a -.ni. et
a .mi. ego teneo ; prò qua locatione recipio a te solidos ho-
norum provisinorum senatus; et hinc in antea omni anno in festo
sancte Marie de agusto detis mihi quattor solidos provisinorum [senatus]
nomine pensionis; et si in festo eam non dabitis, in octabo eam detis;
et si in octabo eam non dabitis, postea duplicetis [eam] ; et detis mihi
quinque solidos provisinorum senatus prò renovatione. Comminus:
quinque solidos provisinorum senatus. Pena: unam boni auri unciam.
Testes : Nicolaus Bukiniani, Petrus Carnelevaminis, Bartholomeus Car-
lonis, FiHppus, Gilione.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius (2).
(a) V. perg. nn. XXVIH e XXIX. (b) cccte e cosi piti sotto.
(i) Sul verso di mano del secolo xiii: « Privilegium viii. soli-
« dorum in letaniis | sancti Marci » .
(2) Sul verso di mano del notaio: « Cartula locatione orti Petri
« Monopoli ».
26 G. Jerrì
XXVIII.
121 7, ottobre 22.
Orig. Perg. D, II, 27. Copia ms. in Bianchini, op. cit. IX, 109.
A. secondo pont. d. Honorii tertii, ind. .vi., mense octubri, die .xxii.
Ego Stefanus Paparone nomine libelli loco vobis Alexandre et
Natalie uxori tue in decem et novem annos complendum et reno-
vandum unum ortum positum extra portam Maior[em ad Quart]um,
inter hos fìnes : a .i. latere tenet Gualterius mei iuris, a .11. ecclesia (a)
Sancte Marie Maioris, a .111. ecclesia Sancti Eusebii, a .1111. ego teneo;
prò qua locatione recipio a vobis sex solidos bonorom provisinorum
senatus; et hinc in antea omni anno in festo sancte Marie de agusto
detis mihi quattuor solidos provisinorum senatus nomine pensionis;
et si in festo eam non dabitis, in octabo eam detis, et si in octabo
eam non dabitis, postea duplicetis eam; et detis mihi quinque solidos
provisinorum senatus prò renovatione. Comminus: quinque solidos
provisinorum senatus. Pena : unam boni auri unciam. Testes : Nico-
laus Bukiniani, Petrus Carnelevaminis, Bartholomeus Carlonis, Filippus,
Gilione.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scrini arius (i).
XXIX.
12 17, ottobre 22.
Orig. Perg. D, II, 28. Copia ms. in Bianchini, op, cit. IX, 113.
A. secundo pont. d. Honorii tertii, ind. .vi., mense octubri, die .xxii.
Ego Stefanus Paparone nomine libelli loco tibi Gualterio in decem
et novem annos complendum et renovandum unum ortum positum extra
portam Maiorem ad Quartum, inter hos fìnes : a .1. latere tenet Petrus
Monopoli nostri iuris, a .11. ecclesia Sancte Marie Maioris, a .111. et
a .1111. ego teneo; prò qua locatione recipio a te sex solidos honorum
provisinorum senatus ; et hinc in antea omni anno in festo sancte Marie
de agusto detis mihi quattuor solidos provisinorum senatus nomine
pensionis, et si in festo eam non dabitis, in octabo eam detis ; et si in
octabo eam non dabitis, postea duplicetis eam; et detis mihi quinque
(a) eccle e cosi più sotto.
(i) Sul verso di mano del notaio: « cartula locatione orti Alexandre
« [et] Natalie » .
Le carte dell' archivio Liberiano 27
solidos provisinorum senatus prò renovatione. Comminus: quinque so-
Hdos provisinorum senatus. Pena : unam boni auri unciam. Testes :
Nicolaus Bukiniani, Petrus Carnelevaminis, Bartholomeus Carlonis,
Filippus, Gilione.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius (0.
XXX.
1222, luglio 19.
Orig. Perg. D, III, xxx. Copia ms. in Bull, Lib. I, 26, e in Bianchini, op. cit. IX, 17
(intercalata questa pagina e la seguente fra la 119 e la t2i).
Honorius [III] Romano archipresbitero et canonicis ecclesie San-
cte Marie Maioris. Confirmamus et presentis scripti patrocinio commu-
nimus donationem monasterii Megalacti, Squisitiensis diocesis, positi
in imperio Romanie, cum pertinentiis suis, iam a dilecto filio .1. tituli
Sancte Praxedis presbitero cardinali factam ecclesie Sancte Marie Maioris.
Dat. Lat. .xiiii. kal. aug. pont. a. .vi.
e- lustis petentium desideriis » .
XXXI.
1222, luglio 29.
Orig. Perg. D, III, xxxi.
Honorius [III] archipresbitero et canonicis ecclesie Sancte Marie
Maioris. Confirmamus indulgentias concessas basilice Sancte Marie Ma-
ioris et mandamus quatinus sollempniter officium celebretur in festo
consecrationis ecclesie.
Dat. Lat. .1111. kal. aug. pont. a. septimo.
«Que reverentia, que devotio, que laus».
XXXII.
1223, luglio 23.
Manca il doc. orig,; ne desunsi la notizia dal De Angei.is, op. cit. p, 105 e. Cf. anche
VxN DEN Vivere, ms. cit. ce. 6-7.
[In archivio repperimus] « Anno 1223, die 23 iulii,
« Honorii tertii anno septimo, bullam eiusdem pontificis
« confirmantis indulgentias duorum annorum et totidem
( I ) Sul verso di mano del notaio : « cartula locatione orti Gualterii » .
28 G. Jerrì
« quadragenarum ab aliis summis pontificibus concessas
« ecclesiae Sanctae Mariae Maioris, in festo Nivis, usque
(i ad octavam Assumptionis ; et ipsum diem Nivis festum
« sollemnem perpetuo constituentis et mandantis celebrari
« officium » .
XXXIII.
1224, maggio 7.
« Johannes Perhoscinus », canonico ed economo di
5. Maria Maggiore, intima all'economo di S. Pudenziana
la restituzione dell'ospedale e della chiesa di S. Alberto,
con le terre e le case ad esso spettanti e le rendite fino
ad ora godute dai chierici di S. Pudenziana.
Copia aut. Perg. D, li, 50.
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo, du-
centesimo .xxiiii., pontificatus vero Honorii tertii pape anno eius .viii.,
indictione .xii., mense madii, die .vii. Quoniam ea que inter homines
aguntur nisi publicis litteris intimentùr (0 perpetue memorie re 2. tìnere
non possunt, ego Blasius Dei gratia sancte Romane Ecclesie scriniarius,
iussu et mandato adque rogato domni Thomasii Dei gratia presbiteri
cardinalis tituli Sancte Sabine subscriptos libellos coram eo vel eis
factos (b) prò fac 3 . to questionis que vertitur inter ecclesiam
Sancte Marie Maioris et ecclesiam Sancte Pudentiane prò facto Sancti Al-
berti a subscriptis testibus nominatis coram subscriptis quinque testibus
ad hec specialiter rogatis prò audiendis 4. subscriptis libellis ad per-
petuam (0 memoriam subscriptam publicationem et exemplationem pre-
cepto supradicti cardinalis scribere curo. Que quidem publicatio talis
est. In nomine Domini. Peto ego lohannes Perhoscinus, 5. canonicus
et yconomus Sancte Marie Maioris, prò ipsa ecclesia Sancte Marie, ab
yconomo Sancte Pudentiane, prò ipsa ecclesia Sancte Pudentiane, ec-
clesiam et hospitalem Sancti Alberti, cum domibus, libris et cum to
6. ta terra que [est an]te ipsam ecclesiam, que iure proprietatis ecclesie
Sancte Marie extitit; in qua nominata ecclesia Sancti Alberti dignoscitur
edificata; in qua quondam fuerunt arbores olivarum et alle arbores.
7. Item peto vineam que est apud modium Cinthii de Ocilenna i^) et
omnes alias possessiones quas suprascriptus Amicus prò ipsa ecclesia
Sancti Alberti acquisivit. Item peto ab eodem .e. libras provisinorum,
(a) Itimt' (b) factis (e) ppam (d) ocilena
Le carte delV archivio Liberiano 29
quas habuerunt clerici Sancte Pudentiane 8. de bestiis, de frumento,
de terra laborata et de ecclesia Sancti Alberti post litem promotam.
Peto ego lohannes yconomus Sancte Marie Maioris ab yconomo Sancte Pu-
dentiane restitui ecclesie Sancte Marie 9. locum cum ecclesia et ho-
spitali, unde est questio, sicut in alio libello continetur, quo per clericos
Sancte Pudentiane dieta ecclesia Sancte Marie estitit spoliata. Qui post
inhibitionem eis factani per domnum io. episcopum Albanensem,
de mandato domni Innocentii, in loco predicto ecclesiam cum hospitali
construxerunt ; unde locum predictum cum ecclesia et hospitali peto
restitui ecclesie Sancte Marie. 11. Pono X^) yconomus Sancte Marie
Maioris, ecclesiam Sancte Marie fuisse in possessione illius loci, unde
est questio, ante quam per clericos Sancte Pudentiane ibi edificaretur.
Item pono quod ante quam ibi esset 12. edificatum per clericos
prenominatos, carbonarium factum ibidem clerici Sancte Marie destruxe-
runt et repleverunt, sicut in sua et de sua possessione. Item pono quod
Albanensis episcopus qui ad pe 13. titionem clericorum Sancte Pu-
dentiane fuerat datus auditor, prohibuit prenominatis clericis quod ibi
non edifìcarent. Item pono quod quicquid clerici Sancte (^) Puden-
tiane fecerunt ibi edificando, 14. fecerunt contra prohibitionem et
post prohibitionem episcopi prenominati. Volo probare quod ecclesia
Sancte Marie fuit in possessione illius loci, unde est questio, ante quam
per clericos 15. Sancte Pudentiane ibi edificaretur. Item volo pro-
bare quod ecclesia Sancte Marie possidebat illuni locum tamquam suum.
Item volo probare quod ante quam ibi esset edificatum per clericos
Sancte Pudentiane, 16. clerici Sancte Marie detruxerunt et repleve-
runt carbonarium quod erat in eodem loco. Item volo probare quod
domnus Albanensis datus auditor ad petitionem clericorum Sancte Pu-
dentiane probi 17. buit clericis Sancte Pudentiane ne in eo loco
edifìcarent. Item volo probare quod edificium quod in eo loco fecerunt
clerici Sancte Pudentiane, fecerunt violenter et post prohibitionem
18, domni Albanensis auditoris a domno Innocentio dati (0. 19. Ad
quam publicationem audiendam hii quinque subscripti testes vocati
sunt, scilicet : Astaldus, clericus Sancte Savine, Oddo scutifer, 20. Mar-
tinus scutifer, Lanfrancus scutifer, Matheus,
[STJ Ego Blasius Dei gratia sancte Romane Ecclesie scriniarius, sicut
inveni in supradicto libello, precepto supradicti cardinalis, ita legi, pu-
bUcavi et exemplavi sine additu et minutioneCO.
(a) Ha tralasciato ego ? (b) Segue una parola abrasa. (e) Lungo spa;^io
in bianco.
(i) Sul verso le seguenti note di poco posteriori: i. «Iste sunt
« cartule de vi[nea ». 2. « Vineas tcnent filli Romani de
30 G. Jerrì
XXXIV.
1224, luglio 14.
Orig. Perg. D, II, 31.
A. dom. ine. mill. .cc.xxiiii., pont. d. Honorii tertii, anno eius
octavo, ind. .xii., mense iulii, die .xiiii.
Ego S[tefanus ] in pignus pono et obbligo et
per lohannem Alfredi a me procuratorem constìtutum corporaliter
investiens tres petios terre positos extra portam Maiorem seu portam
Sancti Laurentii, in valle Malore, in loco qui dicitur Salon et in monte
Seculorum, Inter hos fines: a ,i. latere tenet ecclesia Sancte Marie
Maioris, a secundo et a tertio tenent heredes Silvestri Petri Arcionis,
a quarto tenent dicti heredes ; recipio a te mutuo centum l[ibras]
b[oni i , .]. Testes: Cinthius Amanionis, Petrus lohannis Bruni (^),
magis[ter] Paulus, Johannes Alfredi, Petrus Abraczamonte, Romanus
magistri Pauli.
Leo sancte Rom. Eccl. scrin.CO.
XXXV.
1227 (?), marzo 25 (2).
Orig. Perg. D, II, 29.
ind.] .XV. mensis martii, die .xxv.
[Francis] cus filius quondam Romani Giffredi loco et nomine Sacra-
menti vendidit domne Constantie, uxori quondam Nicolai Prodani, unam
petiam vinee positam extra portam Sancti Laurentii super
heredes (b) filii olim lacobi Oddonis iudicis, Inter hos fines : ab .i. latere
tenet Egidius calgolarius, ab alio Matia Bonihominis, ab alio Petrus
Vetulo, et per lannucium nepotem diete domne Constantie iussit ean-
dem investiri. Dieta domna Constantia teneturCO dare Paulo filio quon-
(a) brun (b) hered' (e) ten
«Pauli;). 3. Libellus seu positiones havite in litigio inter clelrieos
« Sancte Pudentiane et nostros super ecclesia Sancti Al|berti ». 4. « Tran-
ce sunptum ambiguum prò ecclesia S. Pudentiane | super ecclesia S. Al-
« berti » .
(i) Sul verso: « pignoratio cuiusdam terre».
(2) Sul verso l'ultimo ordinatore dell'archivio scrisse: «Anno 1227
« vel 1272».
Le carte dell' archìvio Liberiano 31
dam lohannis Tiniosi, proprietario diete vince, omni anno tempore
vindemiarum quartam partem totius musti et unum canistrum de uvis,
quod sìt in fundo duorum palmorum et quinque in circuitu et unius
summissi in altum. Dictus Franciscus confessus fuit se recepisse a
dieta domna Constantia (-0 honorum provisinorum senatus et
.XII. solidos. Pena : dupli. Testes : Petrus Saxonis Cesatii, Vaticannante,
Matinellus et Johannes dictus Surdus.
Eodem die Paulus, filius quondam domni lohannis Tiniosi, ven-
ditioni consensit, eo quod recepit .v. soHdos provisinorum prò consensu.
Testes: Donaddeo Baia, Vetucius de Camiliano et Guido Caroianne.
Bonapars sancte Rom. Eccl. not. (i).
XXXVI.
1236, agosto 24.
Orig. Perg. D, II, 32. Copia ms. in Bianchini, op. cit. IX, 125.
Anno dom. ine. millesimo .ce. tricesimo sexto, pont. d. Gregorii
noni anno eius decimo, ind. .vini., mense agusti, die .xxiiii.
Ego Stefanus Paparone renovo atque concedo et corporaliter inve-
stiens trado tibi Lecconie prò Alberto viro tuo, in omnibus decem et
novem annis complendis et renovandis in perpetuum, unum ortum posi-
tum extra portam Maiorem ad Quartum, inter hos fines : a .i. latere tenet
domnus archipresbiter Sancte Marie Maioris, a .11. ecclesia Sanctì Eusebii,
a .III. ecclesia Sancte Marie Maioris, a .1111. ego Stefanus teneo ; prò qua
renovatione recipio .v. solidos honorum provisinorum ; et hinc in antea
omni anno, festo sancte Marie de agusto reddatis mihi quatuor solidos
honorum provisinorum senatus nomine pensionis, et semper prò reno-
vatione libelli detis quinque solidos honorum provisinorum senatus.
Pena: dimidiam boni auri libram. Testes: Petrus Gorgius(b), lulianus,
Andreas lohannis macellarii.
Leo sancte Rom. Eccl. scrin.
XXXVII.
1237, novembre 13.
Orig. Perg. D, III, xxxvn. Copia in Bull. Lib. I, 33; in Bianchini, op. cit. IX,
33 (intercalata questa carta fra la 127 e la 133) e in Van den Vivere, c. 7, in quest'ultimo
con la data del 1238.
(a) Buco nella pergamena. (b) Di lettura incertissima,
(i) Sul verso: «Instrumentum de vincis extra portam sancii Lau-
te rentii » .
32 G. Jerri
Gregorius [IX] arcliipresbitero et capitulo ecclesie Sancte Marie
Maioris. Ordinamus ut in ecclesia Sancte Marie Maioris de cetero cano-
nicorum numerus rèsidentium, sextumdecimum non excedat.
Dat. Lat. id. nov. pont. a. .xi.
('Ne super laudis studio».
XXXVIII.
1238, aprile 22.
Orig'. Perg. D, III, xxxviii. Copia ms. in Bull. Lib. I, 35 e in Bianchini, op. cit. IX,
37 (questa carta intercalata fra la 127 e la 133).
Gregorius [IX] archipresbitero et capitulo ecclesie Sancte Marie
Maioris. Mandamus quatinus in omnibus ecclesie negotiis et tractatibus,
illud, appellatione remota, inviolabiliter observetur, quod a malori et
saniori parte capituli fuerit ordinatum, nisi a paucioribus et inferioribus
aliquid rationabile obiectum fuerit et probatum quare id non debeat
fieri vel non possit.
Dat.? Lat. .x. kal. mail, pont. a. .xii.
« Quia nonnunquam in quibusdam ecclesiis » .
XXXIX.
1238, aprile 30.
Orìg. Perg. D, III, xxxix. Copia ms. in Bull. Lib. I, 33 b.
Gregorius [IX] archipresbitero et capitulo ecclesie Sancte Marie
Maioris. Mandamus quatinus si quem canonicorum ob laicalem poten-
tiam absentari contigerit, tamen sibi de proventibus ipsius ecclesie portio
integra ministretur donec ad eandem ecclesiam redire valeat et morari.
Dat. Lat. .11, kal. mail, pont. a. .xii.
«Et si ecclesiarum omnium».
XL.
1239, giugno 22.
Orig. Perg. D, III, xli. Copia ms. in Bull. Lib. I, 36, e in Van den Vivere, ms.
cit. e. 7, con la data del 1240.
Gregorius [IX] universis Christi fidelibus. Confirmamus indulgen-
--tiam unius anni et quadraginta dierum concessam a Clemente III et
Honorio III in die consecrationis basilice Sancte Marie Maioris usque
Le carte dell' archivio Liberiano 33
ad octavam Assumptionis, et nos addimus alium annum et alios qua-
draginta dies.
Dat.- Lat. .x. kal. iulii, pont. a. .xiii.
«Devotio quam habemus>).
XLI.
.... luglio . .
Orig. Perg. D, III, xxxiv. La pergamen.-i è molto danneggiata ; manca tutto il lato
destro.
Gregorius [IX] rectoribus et clero Urbis. Concedimus indulgentiam
visitantibus ecclesiam Sancte Marie Maioris in die Nivis et usque ad
octavam Assumptionis.
Dat mense iulii, pont. a. . . .
XLII.
Orig. Perg. D, III, xxxv. La pergamena è molto lacera; è stracciato l'angolo infe-
riore destro che conteneva le indicazioni cronologiche. Nel De Angelis (op. cit. e. 105 e)
e ricordata una bolla di Gregorio IX del 1240, giugno 23, che ha lo stesso contenuto.
Gregorius [IX] dilectis filiis abbatibus, prioribus, archipresbiteris
et aliis ecclesiarum prelatis per Sabiniam constitutis, Mandamus qua-
tinus sollemniter officium celebretur in festo consecrationis basilica
Sancte Marie Maioris ab ipso die qui celebratur nonis augusti usque
ad octavas Assumptionis.
Dat pont. a. ...
«Que reverentia, que devotio, que laus».
XLIII.
1239, — 25.
Orig. D, II, 33. La pergamena e tutta guasta dalla muffa; si possono leggere appena
la datazione e i nomi di alcuni testi.
In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo .ce.
.xxxviiii., pontificatus domni Gregorii noni pape, anno eius .xii., indi-
ctione .XII., mense , die .xxv.
Cinthius . . . Sancte Marie Maioris canonicus, testis.
, testis.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 3
34 ^' Jerri
Philippus canonicus eiusdem basilice, testis,
Romanus, filius Vincentii (a) Stefani, eiusdem basilice canonicus,
testis.
Leo sancte Rom. Eccl. scrin.
XLIV.
1243, marzo 15.
Orig. D, II, 34. Copia ms. in Bianchiki, op. cit. IX, 133.
A. dom. ine. mill. .ce. quadragesimo tertio, ind. prima, mense
martii, die .xv., apost. Sede vac.
Ego lacobus Petronis, consentientibus monialibus Sancte Bibiane,
cuius est proprietas, scilicet domna Catarena abatissa, Cecilia atque Mar-
garita et aliis [eiusdem monasterii] monialibus, et habentibus prò com-
minus .V. solidos bonorum provisinorum senatus prò consensu, vendo
tibi Buccabeiis muratori unam petiam vinee cum tertìa parte de vasca
et vascali suo, que vasca et vasca[lis] est insta camminatam diete ecclesie
Sancte Bibiane, positam ad formam Claudiam prope ipsum monaste-
rium, via mediante ; Inter hos fìnes : a .i. latere tenet Romanus abi . . .
. . . iure dicti monasteri, a .11. filli lohannis Ecclesie W, iure Sancti Cosme,
a .III. tenet idem Romanus, iure dicti monasterii, a .iiii. est via publica.
Recipio a te prò toto pretio decem libras bonorum provisinorum senatus.
Pena : dupli. Testes : lacobus Deusceavice, Thomas, filius Beni (0 de
Ninno, lacobus Oddonis pecorarii, Romanus Niccolai, Stefanus V . . .
Leo sancte Rom. Eccl. scrin. (i).
XLV.
1244, marzo 19.
Orig. Perg. D, III, xliii. Copia ms. in Bull. Lib, I, 43 ; Bianchini, op. cit. IX, 137,
e Van den Vivere, ras. cit. e. 12. Cf. anche De Angelis, op. cit. e. 31 e.
Innocentius [IV] Astoni, archipresbitero ecclesie Sancte Marie
Maioris de Urbe eiusque fi-atribus tam presentibus quam fiaturis cano-
nice substituendis. Ecclesiam Sancte Marie Maioris, ad exemplar felicis
recordationis Clementis, Celestini, Honorii et Gregorii, predecessorum
nostrorum, Romanorum pontificum, sub beati Petri et nostra protectione
(a) Vim (b) ecc (e) ben"
(i) Sul verso : « . . . . emptionis . . . . | facta a lacobo petronis \ iure
«f sancte bibiane » .
Le carte delF archivio Liberiano 55
suscipimus, et statuimus quod possessiones eius firme et illibate perma-
neant. In quibus hec propriis duximus exprimenda vocabulis. Claustrum
iuxta eandem ecclesiam positum, cum ortis, vineis, cum costa eiusdem
montis et criptis super fontanam et cum omnibus domibus circa ipsam
positis. Ecclesiam Sanctorum Cosme et Damiani, ecclesiam Sancti Andree
in Assaro, ecclesiam Sancti Adriani et quasdam petias terre, hortos, vi-
nealia. Ad hec confirmamus possessionem palatii, quod Clemens papa,
dum in minori officio constitutus Prenestine sedi presideret, de proprio
fecit fabricari.
Dat. Lat. .xiiii. kal. aprilis, ind. .11., incarn. Dom. a. .m.cc.xliiii.
pont. a. .1.
«Pie postulatio voluntatis efìfectu».
XLVL
1247, febbraio 13.
Orig. Perg. D, III, xliv. Copia ms. in Bull. Lib. I, 47, in Bianchini, op. cit. IX, 39
e in un foglio accluso alla pergamena.
Innocentius [IV] archipresbitero et canonicis Beate Marie Maioris.
Mandamus ut per litteras ad receptionem seu provisionem cuiusquam
nullus vos compellere possit, nisi de presentibus expressam fecerint
eedem littere mentionem.
Dat. Lugd. id. februarii, pont. a. .iv.
« Ecclesia Virginis gloriose » .
XLVIL
1247, ottobre 17.
Orig. Perg. D, III, xi.v. Copia ms. in Bull. Lib. I, 48 e in Bianchini, op. cit. IX, 63.
Innocentius [IV] archipresbitero et capitulo ecclesie Beate Marie
Maioris. Mandamus ut recipiatur in canonicum lacobum Manusellam,
canonicum ecclesie Sancte Marie in Transtiberini.
Dat. Lugd. .XVI. kal. nov. pont. a. .v.
« Cum olim dilectis filiis » .
3^ G. Jerri
XLVIII.
1251,
Orig. Perg. D, III, xlvi. Copia ms. in Bm.11. Lih. I, 50 e in Bianchini, op. cit. IX, 67.
Innocentius [IV] archipresbìtero Sanctorum Cyri et lohannis de
Urbe. Deputamus archipresbiterum Sanctorum Cyri et lohannis de Urbe
prò executione litterarum apostolicarum super numero sextodenario
canonicorum basilic? Sancte Marie Maioris.
Dat nov. pont. a. .ix.
« Volentes dilectis filiis v) (0.
XLIX.
. 1232, aprile 30.
Orig. Perg. D, III, xlviii. Copia ms. in Bull. Lih. I, 49 e in Van den Vivere, nis.
cit. e. 7.
Innocentius [IV] universis Christi fidelibus. Iniungimus quatinus
de bonis vobis a Deo collatis pias ad hoc [capitulum ecclesie Beate Marie
Maioris] elemosinas et grata caritatis subsidia erogetis, ut per subven-
tionem vestram opus inceptum iuxta basilicam Sancte Marie Maioris
valeat consumari et vos ad eterne possitis gaudia pervenire; et qua-
draginta dies de iniuncta penitentia misericorditer relaxamus presen-
tibus post quinquennium minime valituris.
Dat. Perusii, .11. kal. mali, pont. a. .ix.
« Quoniam, ut ait Apostolus » .
L.
1252, luglio 18 e 22.
Orig. Perg. D, II, 55.
A. dom. ine. millesimo .cc.l.il, ind. x., mense iulii, die .xviii.
Ego Stefanus Arcionis, filius olim domni Bartholomei de Paulo
Stefanelli, coram domno Petro Oddonis de Insula causidico et lohanne
Fortibrachio scriniario et subscriptis testibus facio codicillum in quo
confìrmo testamentum meum iam a me factum manu Petri Gentilis
(i) La pergamena è molto danneggiata; ne ho desunto il conte-
nuto da una nota scritta su di un foglio di carta accluso al documento.
Le carte dell' archìvio Liberiano 37
scriniarii et codicillum iam a me factum, scriptum manus lohannis
Fortibrachii scriniarii, in omnibus, excepto quod volo et iiibeo fratrem
Petrum Mancinum de ordine fratrum minorum removeri ab officio
amministrationis seu executionis bonorum meorum, et venerabilis pater
domnus Petrus Capocia cardinalis solus in officio perseveret quem
executorem relinquo. Et Constantie sorori mee relinquo habitationem
in palatio meo tempore sue viduitatis. Relinquo sorori mee de bonis
meis .LXX. libras provisinorum senatus. Romane uxori mee relinquo
pallem varam, chopertam scapolato et pellem de martora. Testibus:
donino Retro Oddonis de Insula causidico. Retro Retri Salerni, lacobo
fratre suo Retri Angeli.
Ind. .XX., mense iulii, die .xxii.
Ego Stefanus Arcionis facio codicillum in quo confirmo testamen-
tum iam a me factum et codicillos iam a me factos. Volo quod totum
granum et ordeum meum ubicumque habeo in urbe vel extra volo et
iubeo quod veniat ad manus fratris Oddonis et fratris Gaudii de or-
dine fratrum predicatorum, et iubeo reddi domne Agnesi .vi. rubla
grani que sibi debeo et .x. solidos provisinorum in aliam manum, et
relinquo eidem unum alium rublum grani, et Romane uxori mee pre-
cipio reddi .x. alios senatus provisinos et .11. alia rubla grani quos et
que sibi debeo. Constantie olim uxori lohannis Miniarelli prò anima
mea relinquo .x. rubla grani. Insuper volo et iubeo quod omnes bonos
meos et equum meum et .vii. pullos deveniant ad manus fratris
Oddonis et fratris Gaudii. Omnia mea vestimenta et et .e.
minus .XVII. libras provisinorum, quos habeo apud Sanctum Syxtum ad
facultatem de predictis procuratorum voluntatis arbitrio. Testibus: Re-
tro Alcherutii, Retro Salerni, Retro Sixti, Acondato lohannis Rericuli,
Angelo lohannis Burdonis, Angelo Iacobi*Iohannis Rauli.
Johannes Fortibrachius sacri Romani imperii scrin (i).
EI.
1252, settembre 5.
Orig. Pcrg. D, II, 36. Copia ms. in Bianchini, op. cit. IX, 141.
A. dom, ine. .m.cc.lii., pont. d. Innocentii quarti anno eius .x.,
ind. .XI., mense septembris, die quinta.
Ego lacobus Rransus consentiente in hoc Agnece uxore mea, con-
sentientibus monialibus Sancte Biviane, silicet Catarena abbatissa, Mar-
garita priorissa, Anastasia, Praxede adque Angelica et habentibus
(i) Sul verso: «Codicilli Stephani arcionis».
38 G. Jerri
.V. solidos provisinorum prò commìnus prò consensu, vendo et per hunc
eundem scriniarium a me procuratorem constitutum investiens trado
tibi Martino Saccarie et Romano fratri tuo, secundum tenorem cartule
locationis in perpetuum unam petiam vince cum dimidia vasca et
vascali suo positam prope dictam ecclesiam Sancte Biviane, inter hos
fines: a primo latere tenet Bivianus iuris nostri monasterii, a secundo
via, a, .III. domnus Stephanus (»), ab alio heredes lohannis
Incantati. Pro pretio quinquaginta solidorum provisinorum. Ecclesie
Sancte Biviane reddatis omni anno tempore vindemiarum quartam
partem musti mundi et acquati et unum canistrum iustum de uvis
quod sit in fundo duorum palmorum et unius summissi in altum, et
duos denarios nomine pensionis prò vascatico, et de arboribus allevatis
medietatem et de allevandis quartam. Pena: dupli. Testes: presbiter
Gerardus Sancti Petri ad Vincula, Simeon lohannis Ecclesie (b).
Remigius sancte Romane Eccl. scrin.
LII.
1253, ottobre 22.
Orig. Perg. D, III, l. Copia in Bull. Lib. I, 51.
Innocentius [IV] archipresbitero et capitulo basilice Beate Marie
Maioris. Inhibemus ne absque nostro speciali mandato aliquem in fra-
trem et canonicum recipere vel alieni ordinato seu ordinando in ipsa
ecclesia portionem concedere presumatis donec ad sextumdecimum ca-
nonicorum numerum portionem habentium redacti fueritis, a vobis iura-
mento firmatum.
Dat. Lat. .xi. kal. nov., pont. a. .xi.
« Volentes ecclesie vestre».
LUI.-
1254, gennaio 22.
Orig. Perg. D, III, li. Copia ms. in Bull. Lib. I, 52 e in Bianchini, op. cit. IX, 75.
Innocentius [IV] archipresbitero et capitulo ecclesie Sancte Marie
Maioris. Prohibemus ne recipiatur canonicus qui non sit de legitimo
matrimonio procreatus, nisi per litteras apostolicas indulgentia huius-
modi fiat.
Dat, Lat. .xi. [kal.] febr. a. .xi.
« Me[moria ves]tre devotionis inducimur».
e
(a) ead' (b) ecc
Le carte delF archivio Liberiano 39
LIV.
1255, ottobre i.
Orig. Perg. D, HI, in. Copia nis. in Bianchini, op. cit. IX, 83,
Alexander [IV] archipresbitero et capitulo basilice Beate Marie
Maìoris de Urbe. Pr^cipimus vobis ut, non obstante statuto, admittatis
ad portionem canonicalem lacobum filium Petri Nicolai Bonifatii, iu-
dicis Romani.
Dat. Anagni, kal. oct., pont. a. .i.
« Pro dilecto filio lacobo » .
G. Ferri.
{Continua).
Tabularium S, Traxedis
Continuazione e fine; vedi voi. XXVII, p. 27
XXII.
II 39, ottobre 26.
Morico, col consenso di Crisogono, cardinale di S. Pras-
sede, vende a Bobone « Sassonis de Muto » ed a Maria
Miccina sua moglie 1' utile dominio su una vigna, fuori
della porta Nomentana « ad Aquam Tuzziam » .
Originale [A] presso il collegio di S. Giuseppe in Pescin. Copia da A nel Bian
CHINI, cod. Vallic. T, 82, e. 128 [B] ; transunti nel Galletti, cod. Vat. lat. 7928,
e. 202 [C] ; Van De Vivere, ms. cit. n. 3; cod. Barb. lat. 3221, e. 30. Non potendo
avere a mano l'originale, riproduco il testo di B, confrontandolo con un largo transunto
fatto su A dal prof. L. Schiaparelli e cortesemente comunicatomi, e col testo di C.
In nomine Domini. Anno decimo pontificatus domni Innocentii
secundi pape, indictione tertia, mensis octubris die .xxiiiiii. (=»). Ego qui-
dem Muricus cum consensu et voluntate domni Grisogani cardinal is
venerabilis tituli Sanct? C°) Praxedis cuius iuris est subscripta vinea, et
nunc cominus ipsi dedi, hac die propria mea voluntate vendo et pu-
blice investiens trado atque concedo tibi Boboni Sassonis de Muto et
Marie Miccine uxori tue vestrisque heredibus hac successoribus in per-
petuum secundum tenorem subscriptum. Idest squatratam petiam vinee
vel si plus est, cum terra vacante ad pastinandum, ut inter vineam
et terram sit unam petiam cum vascatico communi, cum fonte com-
(a) B .xxviii. ; ma il numero .xxiiiiii. presentato da A i ripetuto anche da C (b) li
qui ed in seguito ha V e finale sen;^a cediglia.
42 T. Jedele
munì, cum suis arboribus, cum introitu communi, cum omnibus pertì-
nentiis, positam extra Numentanam portam ad Aquam Tuzziam, Inter
hos fines : a primo latere tenet Rainerius Guidonis de Anna, a secundo
tenet ecclesia Sancte Pudentiane, a tertio latere tenet Normannus, a
quarto latere est via publica. Sicut mihi pertinet per meum acquisi-
tum a predicta ecclesia Sancte Praxedis, sic eam tibi, ut dictum est,
vendimus et publice investientes tradimus atque concedimus prò tri-
ginta et duobus solidis et dimidio deharìorum papiensium, quos michi
dedisti prò toto pretio michique valde placentem (a). Et dehinc omni
anno tempore vindemiarum reddetis prephate ecclesie Sancte Praxedis
quartam partem totius vini mundi et aquati quod exinde habueritis,
et unum iustum canistrum plenum de uvis, quale alii quartarini ibidem
ecclesie nominate reddunt, et duos denarios per petiam prò vascatico.
Et illi de ecclesia relaxent vobis quattuor uncias vini mundi de com-
muni in tino subtus vasca in omnibus vashis C^), Et si ibi inveneritis
aurum, argentum, aliquod metallum vel bonam lapidem et de petris
valens plus quam .xii. denariì, desuper detis ecclesie medietatem. Et
si per ostem publicum vel irritum aut celi plagam in desertum ierit,
in spatium trium annorum eam allevetis; quod si non feceritis, pre-
dicte ecclesie revertatur. Et nulli alii ecclesie nec ulli pio loco eam
aliquo modo detis, nisi iamdicte ecclesie, et omnia adimpleatis pre-
dicte ecclesie, sicut cartula mee locationis legitur. Et promitto defen-
dere eam tibi ab omni homine, si opus et necesse fucrit. Quod si
non fecerimus aut non potuerimus, componemus vobis prò poena pre-
dictum pretium duplum ; et, soluta poena, cartula hec permaneat firma.
Quam scribere rogavimus Oddonem scriniarium sancte Romane Ecclesie
in mense et indictione suprascripta .in.
Signum ^ manus dicti Murici rogatoris cartule huius et commi-
nus (e) .XXX. denariorum de petia.
Et si iniuriam feceritis hominibus predicte ecclesie Sancte Praxedis,
emendetis ; et si emendare nolueritis, cartula hec vacua sit, et vineam
plenam (A)^ sicuti fuerit, prephate ecclesie revertatur.
Rainerius Guidonis de Anna, testis.
Normannus de Nerbona, testis.
Blasius lohannis loculi, testis.
Nicolaus Leonis, testis.
Cobarellus, testis.
[STJ Ego Oddo scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi et absolvì.
(a) Cosi B interpreta l'abbreviatura plac che deve essere in A, e che deve interpretarsi
placabili (b) B valhis (e) B com (d) Cosi in B
Tabulariiim S. 'Piaxedis 43
XXIII.
1144, febbraio 5.
Ubaldo, cardinale di S. Prassede, concede in enfiteusi
perpetua a Gregorio de Rigitto ed a Dulchiza sua moglie
un terreno da ridurre a vigna fuori della porta Nomentana
« in valle de Aqua Tuzzia ».
Originale [A]. Transunti : Galletti, nel cod. Vat. lat. 7928, e. 203 ; Bianchini,
nel cod. Vallic. T, 82, e. 38; Iacovacci, nel cod. Ottobon. lat. 2548, B, e. 259 con la
data errata del 1145 ; Van De Vivere, ms. cit. n. 3.
Le sottoscrizioni in minuscola sono di mano del notaio, e furono aggiunte in altro
tempo con inchiostro diverso. Sul verso di mano del secolo xiii : « de Rigitto et
«D[ul]c!iiza in Aqua Tuza».
I. [ST] In nomine Domini. Anno primo pontificatus domni Ce-
lestini secundi papae, indictione .vii., 2. mensis februarii die .v.
Ego quidem doninus Obbaldus Dei gratia cardinalis venerabilis titilli
Sanct? Praxedis vir 3. ginis, cum consensu et voluntate clericorum
Dei predicte ecclesie, hac die propria mea voluntate loco atque conce
4. do tibi Gregorio de Rigitto et Dulkizze uxori tue vestrisque heredibus
in perpetuum. Idest terram 5. ad duas petias vinee pastinandum,
et iam pastinatam habetis unam petiam et dimidiam vinee, cum du
6. abus vaskis et tinis atque cum puteo communi cum Nicolao de Fo-
llano cum introitibus et exitibus 7. earum et cum omnibus earum
pertinentiis. Posite extra portam Numentanam in valle de Aqua Tuzzia,
inter 8. hos fines : a primo latere tenet Romanus de Abbo nostri
iuris, a secundo tenet ecclesia Salvatoris, 9. a tertio tenet Nico-
laus de Follano nostri iuris, a quarto latere est via publica : iuris no-
tre IO. ecclesi?. Sic ut dehinc eas teneatis, pastinetis, allevetis et
sicut bone vine? decet, ri. ad perfectum perducatis et fruatis et
possideatis, sicut dictum est, in perpetuum. Et ab ilio tempore 12. quod
vindemiam exinde habueritis, reddatis michi meisque posterioribus quar-
tam 13. partem totius vini mundi et aquati quod exinde habue-
ritis, et duos.denarios prò vasca 14. tico de petia, et nos relaxamus
tibi quattuor uncias vini mundi de communi in tino, 15. et detis
unum canistrum plenum de uvis per petiam quiC--') sit duos palmos
in fundo, 16. quinque in circuitu et unum altum. Et si ibi invene-
ritis aurum, argentum, ali 17. quem metallum sive bonum lapidem
(.1) ^J
44 "P- Jedele
valens (a) plus quam .xii. denarii, desuper detis i8. nobis medie-
tatem. Et si per ostem publicum vel celi plagam in desertum ierit, in
spatium 19. trium annorum allevetis ; quod si non feceritis, nobis
revertatur. Et ulli pio loco aliquo modo 20. detis nisi nostre (b).
Et si vendere volueritis, prius nobis nostrisque successoribus vendatis
minus .XXX. denariis (0 21. de petia ; quod si ita emere nolueri-
mus, detis nobis predictum comminus, et vendatis eam tali persone
quam i'^) 22. nobis placeat sine malitia, et omnia que dieta sunt,
nobis adinpleat et persolvat. 23. Et si iniuriam feceritis ministriali
nostro, emendetis : quod si emendare nolueritis, 24. cartula hec
vacua sit, et vinea, prout fuerit, nostre ecclesìe revertatur. Nos autem
et 25. nostri successores defendamus eam vobis ab omni homine,
si opus fuerit. Si qua vero pars 26. contra fidem huius cartule
venire voluerit, componat alteri parti fidem 27. servanti poene no-
mine .XXX. solidos denariorum papiensium, et, soluta poena, cartula
28. hec permaneat firma. Quam scribere rogavi Oddonem scrinia-
rium sanct? Roman? Ecclesi? 29. in mense et indictione supra-
scripta .VII.
Signum ^ manus predicti domni Obbaldi cardinalìs huius cartule
rogatoris.
Rainerius Petri de Mizo, testis. Johannes de Berla, testis. Benen-
casa, testis.
Bastardus, testis.
Petraccla, testis. Paulus de Rubeo, testis.
Johannes qui vocatur Pauper, testis. Petrus de lonatha, testis.
y^ Ego Oddo scriniarius sanct? Roman? Ecclesi? compievi et absolvi.
XXIV.
1148, agosto 30.
Sentenza di Corrado, vescovo di Sabina e vicario in
Roma di papa Eugenio III, in favore delle chiese di S. Gio-
vanni a porta Latina e di S. Prassede contro T abate di
Grottaferrata, intorno al possesso di due parti della chiesa
di S. Primitivo e dei casali Valle Bona, Valle Colomba e
« de Rubea ».
Originale [A]. Copie : Galletti, nel eoa. Vat. lat. 7928, e. 206 ; Bianchini, nel
eoa. Vallic. T, 82, e. 106 ; Garampi, nel eoa. Vat. lat. 7926, e. 243. Transunto nel
Van De Vivere, ms. cit. n. 4, e nel cod. Barb. lat. 2575, e. 255.
(a) vai (b) Completa ecclesie (e) den (d) Cosi nel testo.
Tabularium S, 'Vraxedis 45
Pierluigi Galletti, Del primìcero, p. 304, da A .
Il documento fu scritto in due tempi : la prima parte giunge alla riga 20 ; dalla
riga 20 si adoprò un inchiostro più sbiadito. Testo e sottoscrizioni sono di mano del
notaio il quale però non vi appose la completio: vi è soltanto la croce che doveva
precederla.
I. [ST] In nomine Domini. Anno quarto pontificatus domni Eu-
genii tertii papae, indictione undecima, mensis 2. augusti die .xxx.
Ego Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius ex precepto domni
Conradi Savinensis episcopi et supradicti 3. domni papae Eugenii
vicarii et iussione advocatorum scilicet Seniorilis, Philippi et Benedicti
Leonis, ob 4. perpetuam memoriam publicis litteris scribere curavi.
Lix itaque fuit inter ecclesiam Sancti lohannis apostoli et 5. evan-
geliste sitam ante portam Latinam una cum ecclesia Sancte Praxedis
et inter ecclesiam Sancte Marie Cripte 6. Ferrate. Petebat quidem
ecclesia Sancti lohannis cum ecclesia Sancte Praxedis ambas insimul
adversus nomi 7. natam ecclesiam Sancte Marie restitutionem pos-
sessionis duarum partium ecclesie Sancti Primitivi cum domi 8. bus
in circuitu eius et pertinentiis suis, et duas partes unius clusure cum
arboribus infra se, et duas partes 9, casalis Valle (0 Bone et duas
partes casalis Valli (a) Colunbe et duas partes casalis de Rubea,
IO. unicuique istarum ecclesiarum prò tertia conpetente adversus ec-
clesiam Sancte Marie. Et ad hoc 11. conprobandum ostendebant
publicum instrumentum transactionis et diffinitionis factum 12. inter
domnum Nicolaum abbatem et Romanum cardinalem Sancte Praxedis,
decimo an 13. no domni Paschalis II papae et eius precepto et
auctoritate interveniente, et per eius curiales 14. scilicet Petrum
Portuensem episcopum, Robertum cardinalem Sancti Eusebii, Anasta-
sium cardinalem 15. Sancti Clementis et Gregorium Tusculanen-
sem iudicem, et Petrum advocatum : et hanc 16. diffinitionem seu
transactionem similiter fecit cum Alberto archipresbitero Sancti lo-
hannis 17. ante portam Latinam. Qui omnes in ecclesia Sancti lo-
hannis Baptiste ad Fontem supradictam 18. diffinitionem fece-
rant. Quarum predictarum rerum possessionem ecclesia Sancte Marie
19. Cripte Ferrate per advocatum suum dicebat ecclesiam Sancte Praxedis
et ecclesiam Sancti 20. lohannis minime habuissent (a). Quibus omni-
bus hinc inde auditis, predictus vicarius 21. habito Consilio et co-
gnita veritate per publicum instrumentum, et quia de 22. pluribus
adhuc possessionem predicta ecclesia Sancte Praxedis et Sancti lohannis
23. se habere ostendebant, precepit et per virgam quam in manu te-
nebat, 24. omnium rerum pertinentium ecclesie Sancti Primitivi
(a) Cosi nel testo.
4.6 T. Jedele
quarum possessionem 25. ad presens habebant, confirmavit, et ea
rum rerum quarum posses 26. sionem ecclesia Sancte Marie Cripte
Ferrate iniuste abstulerat, predio 27. tis duabus ecclesiis prò duabus
partibus firmiter restituit. Vide 28. licet restituii possessionem dua-
rum partium ipsius ecclesie Sancti 29. Primitivi, et duarum par-
tium casalium Vallis Bone el Vallis Co 30. lunbe cum duabus
partibus casalis de Rubea et clusurae ipsius 31. ecclesie cum arbo-
ribus infra se. Post hec predictus vicarius precepit 32. lohanni Rea-
tino de curia sua, ut corporaliter predictas ecclesias 33, possessio-
nem supradictarum rerum investirei. Quod sicut prece 34. perat,
adinplevit. Que denique omnia ego Nicolaus scriniarius 35, sicuti
vidi et audivi et cause interfui, ita scripsi.
Rainerius filius Falconis scriniarius (0, testis.
Oddo scriniarius frater eius, testis.
Bonus filius lohannis Petri de Polla, testis.
Johannes de Ildebrando, testis.
Petrus Berardi de Cazulo, testis.
Landulfus, testis.
Satorninus, testis.
^
XXV.
1151, ottobre i.
Sentenza di papa Eugenio III in favore della chiesa di
S. Prassede contro la chiesa di S. Croce in Gerusalemme
per il possesso di tre pezze di terra poste « in fundo Ponpeii
« ad Turrem sine fonte » .
L'originale [A] è perduto. Copia in elegante minuscola del secolo xii [B]. Copia da B :
Galletti nel cod. Vat. lat. 7928, e. 204. Transunti da B: Bianchini nel cod. ValHc T, 82,
e. 113; cod. Barb. lat, 2375, e. 253, e Barb. lat. 3221, e. 30.
Ho pubblicato il facsimile di questo documento nell'Archivio paleografico italiano, Mo-
numenti paleografici di Roma, voi. II.
Sul verso di mano del secolo xiii: «De lite quam habuimus cum sancta CLruce]» ;
di mano alquanto posteriore: « Sententia lata contra ecdesiam sancte Crucis de duabus
« pedicis terre casalis Pompei sancte Praxedis».
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo quinquagesimo primo et anno septimo pontificatus domni
Eugenii tertii pape, 2. indictione quinta decima, mensis octubris
(a) scrin
Tabiilaì'iuin S. Praxedis 47
die prima, Hacta publica si litterarum memorie tradita fuerint, nube
obscuritatis deleta perpetua 3. inspectione poterunt lucere, et ad
posteros facilius rei veritas pervenire. Quam ob rem ego Otto sancte
Romane Ecclesie scriniarius ut audivi et 4. vidi et sicut supra dictus
domnus papa precepit michi, offuturam (a) rei memoriam publicis gestis
exarare curavi, qualiter causa intra ecclesiam Sancte Praxe 5. dis
et ecclesiam Sancte Crucis examinata et per predictum pontificem
sententia diffinita est. Petiit itaque domnus Hubaldus cardinalis diete
?cclesi? Sanct? Praxe 6. dis una cum Petro archipresbitero et ico-
nomo eiusdèm ecclesi? per Benedictum Leonis suum advocatum ante
presentiam nominati pontificis, presentibus 7. quoque duobus iudi-
cibus Corrensis (y) civitatis, et uterque Gregorius vocabatur, atque Petro
iudice Beneventane civitatis, nec non magistro Alderico 8. qui
tunc(0 temporis curie aderat, quibus omnibus sepe dictus pontifex sub-
scriptam causam haudiendam mandaverat, eo nichilhominus presente
sibi 9. vero diffiniendam servaverat (A). Restitutionem scilicet posses-
sionis trium [petia]rum terrarum in fundo Ponpeii positarum, et sub
proprio IO. vocabulo ad Turrem sine fonte, que bis finibus con-
cluduntur : a primo lat[ere est rivu]s seu rigaciolus qui tenporis (e)
intervallo aquam ducit 11. inter petitas terras et terram nominate
ecclesi? Sancte Praxedis, a secundo est forma antiq[ua q]ue est inter
exactam possessionem pedicarum et terram heredum Farulfi mu
12. ratoris, et tenent Sanctus Martinus et Petrus Miculatro, nec non
Otto scriniarius iuris Sancti Pauli apostoli, et tenet ecclesia Sancti Lau-
rentii de Miranda, a tertio 13. latere tenet similiter ecclesia Mi-
rande, a quarto latere est via publica. Adversus Ubaldum cardinalem
Sanct? Crucis atque Guidonem: per priorem et yco 14. nomum
eiusdem tituli dicens disspensatores Sancte Crucis ex longissimo ten-
pore (0 prò petitis possessionibus sex denarios papienses (g) nomine
pensionis ecclesie 15, Sancte Praxedis singulis annis solvisse, set
isto lapso triennio yconomus aut alius prò eo solitum canonem ecclesi?
Sanct? Praxedis minime persol 16. vit: quare non inmerito resti-
tutionem possessionis in iudicio fieri desiderabat. Et ad hoc conse-
quendum advocatus auctoris con 17. dictionem ex lege conductores
rerum alienarum proposuit, et condictionem sine causa atque tritica-
riam que generalis est, nichilhominus die 18. tavit. Cardinalis vero
Sanct? Crucis una cum Guidone yconomo per lohannem iudicem
et Ildicium advocatos suos responderunt dicentes ecclesiam Sanct?
(a) Cosi nel testo per ob futuram (b) Cosi parmì nel testo. (e) Aggiunto nel-
V interlineo da prima mano. (d) Nel testo servcavcrat con il secondo e espunto. (e) tpis
(0 ^P"" (g) J^el itiio paf iensis
48 T. Jedele
19. Crucis his petitionibus non teneri, quoniam solutio ìlla prò quibus
rebus facta fuerit, ignoramus, et si prò petitis rebus, veruntamen errore
intervenien 20.te,obesse non debet; et propter hoc attulerunt legem
qui errat non consentii et alias quamplures. Nani alteri potius a quo
causam habemus, 21. quam ecclesi? Sanct§ Praxedis solvere de-
bemus. Ad hec Benedictus Leonis advocatus respondit legibus esse
proditum dummodo in corpore 22. non erretur,etsi indebitum fuerit,
actamen eo ad alium transitum facìente, protinus eius possessio amit-
titur, maxime cuni per longa curricula 23. tenporum (0 ecclesia
Sancte Praxedis specialiter prò nominatis rebus certam dationem fe-
cistis. UH autem a quo causam dicitis habere, aliquid nomine pensio-
nem(b) 24. prò ea possessione minime tribuistis; quare ille non
potuit eam retinere, nec ecclesia Sanct? Praxedis quod semel quesiverat,
valuit am 25. mittere. Et propter hoc attulit legem positam sub
rubrica de acquirenda possessione in Novis Digestis. His auditis, advo-
cati Sanct? Crucis im (0 26. modum contradictionis aliam induxe-
runt («1) exsceptionem, allegantes restitutioni locum non fore, facto
videlicet nullatenus prece 27. dente quo locatio dici possit, et
pensionem eius censeri. Quibus Benedictus Leonis inquid is) : tametsi
presens factum (0 in formam locationis 28. quod non legitime
dicitis, cadere non possit, nec conductionis nomen(f) et pensione me-
reatur habere quod non iure contenditis, tamen quan 29. tum ad
possessionem alii transferendam et amissam, deinde recuperandam
nichil interesse liquet. Nani iure civili manifestare (g) traditur quod
30. meo nomine possideo, possum (h) mutando voluntatem et alii pos-
sidere, et sic volens desinere possidere, alium continuo ministerio meo
pos 31. sessorem facio. Quare dicimus rectores ecclesi? Sanct? Crucis
liquido nomine ecclesi? Sanct? Praxedis possedisse : insuper hoc indu-
bitate apparere 32. poterat tum propter solutionem pensionis que
testimonio plurium personarum manifestatur, tum propter apocas quas
ipsi debitores aput vos habetis, 33. tum denique propter antapocam
que est exemplar apoce quam nos habemus, per nietas quinquaginta
annorum. De quo facto et solutione pensionis domnus 34. pontifex
cum cardinalibus et prenominatis iudicibus in secretarlo suo yconomum
Sanct? Crucis more solito interrogavit ut quicquid de 35. facto
sciret, pure manifestum faceret. Prior vero ante presentiam sumnii
iudicis ac ceterorum qui cum eo aderant, confessus est se nominatim
prò pre 36. dictis petitis terris pensionem sex papiensium num-
niorum ecclesi? Sanct? Praxedis solvisse. Quo bandito iustus presul
(a) tprm (b) Cosi nel testo per pensionis (e) Cosi nel testo. (d) Nel testo
introduxeriint con le lettere tro espunte. (e) u corretto da a (f) nom (g) fé di
manifestare aggiunto nelV interlineo da prima mano. (h) possu
Tabular tu m S. T^raxedis 49
sine sacramento calumpni? quia neces 37. sarium more iudiciorum
propter iam hauditam confessionem yconomi minime herat, diligenter
communicato Consilio, presentibus cardinalibus vi 38. delicet Ari-
berto tituli Sanct? Anastasie, lulio tituli Sancii Marcelli, Bernardo tituli
Sancti Clementis, Rolando tituli Sancti Marci atque Gregorio diacono
cardinali Sancti 39. Angeli et lohanne Sanct? Marie Nove, Guidone
Sancty Marie de Portico et lohanne Sanctorum Sergii et Bachi atque
memoratis iudicibus aliisque multis homimbus 40. talem iustis-
sime protulit sententiam. Condempno Guidonem yconomum ecclesie
Sanct? Crucis in restitutione omnium illarum terrarum, de quibus petio
41. ante nos facta est et responsio subsecuta, videlicet Petro yconomo
Sanct? Praxedis. Qiie data est Sinie anno pontificatus eiusdem ponti-
ficis septi 42, mo, mensis octubris die prima, indictione .xv. Post
recitationem autem quatinus sententia effectui manciparetur precepit
domnus papa Nicolao 43. Benencasae de regione Pinee uti Petrum
yconomum nomine Sanct? Praxedis de predictis terris corporaliter inve-
stiret. Quod denique sexto lapso 44. die precepto et auctoritate
domni pape, sicut ei iniuntum fuerat, diligentissime coram subscriptis
hominibus peregit : videlicet Gregorio 45. Paparone, Benedicto Leonis
qui in iudicio patrocinium prestiterat, Ottone iam dicto scriniario, Petro
Berardi de Cazzulo, Petro Paparone, 46. Gregorio Mancino, Lan-
dulfo, Benteveniat de Rubeo, Paulo fratre eius, Guidone Nicolay fur-
narii, lohanne fratre eius, Petro Calzarubea, Caro 47. iohanne,
lohanne lohannis de Berardo, lohanne Abbate.
Ego Oddo scriniarius sanct? Romane Ecclesia sicut vidi et haudivi,
et domnus papa michi precepit et placuit sibi, ut quemadmodum sen-
tentia data est, servata veritate, hanc cartulam scriberem, ita scripsi,
compievi et absolvi.
XXVI.
11)3, agosto 29.
Niccolò, abate di Grottaferrata, alla presenza di papa Ana-
stasio IV e dei cardinali, concede ad Ubaldo, cardinal titolare
di S. Prassede, V intera parte spettantegli del tenimento di
S. Primo, posto fuori della porta Maggiore nei luoghi detti
a Grifi et Cursano et lacu Burrano ».
Originale [A], Copie da A nel cod. Valliceli. T, 82, e. 23 ; nel cod. Vat. lat. 7928,
e. 207. Transunti in cod. Ottobon. lat. 2554, V, e. $57 ed in altri codici della medesima
serie ; nel ms. Van De Vivere, n. 4.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVUl. 4
50 "P. Jedele
Pierluigi Galletti, Del primicero, p. 310; ma l'edizione è, oltre che inesatta,
incompleta, avendo il Galletti tralasciato di pubblicare le sottoscrizioni greche dopo la
coni pi et io dello scriniario.
La prima linea del documento è scritta con lettere allungate. Il documento è tutto
di mano dello scriniario Andrea che aggiunse le sottoscrizioni in minuscola, tranne la firma
dell'abate Criptoferratense che è autografa. Le sottoscrizioni dopo la completio sono di
altre mani. Una mano scrisse le prime cinque sottoscrizioni greche : un' altra scrisse le
seguenti, ed aggiunse forse, l'inchiostro usato essendo certamente lo stesso, la traduzione
dei nomi in latino.
I. yj< In nomine Domini, Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo quinquagesimo tertio, anno primo domni Anastasii quarti
papae, indictione prima, mensis agusti (a) die .xxviiii. 2. Ego quidem
Nicolaus abbas venerabilis monasterii Sanctae Mariae in Cripta Fer-
rata, consensu fratrum monachorum meorum Laurentii decani, Cosme,
losep (a), Antonii, Lucae subdiaconi, Gerasimi monachi, Andreae mo-
nachi, Zachei monaci (a), Nicolai diaconi, Nichodemi, Ignati presbiteri
et Bartholomei diaconi (b), 3. hac die propria spontaneaque mea
voluntate, in presentia suprascripti domni papae Anastasii et cardina-
lium suorum, Gregorii tituli Calisti, Widonis tituli Sancti Crisogoni,
lordani tituli Sanctae Susannae, lohannis Paparonis tituli Sancti Lau-
rentii in 4. Damasso, lohannis tituli Sanctorum Martini et Sil-
vestri, et lohannis Neapolitani diaconi cardinalis Sanctorum Sergii et
Bahi (a), et totius curiae suae, loco et concedo tibi domno Ubaldo ve-
nerabili presbitero cardinali venerabilis tituli Sanctae Praxedis et per
5. vos ipsi vestro venerabili titulo Sanctae Praxedis omnibusque cle-
ricis qui nunc ibi sunt et intraturi ibidem erunt in perpetuum. Idest
totum quod monasterio nostro competit, totam scilicet in integrum
partem totius tenimenti et possessionis de Sancto Primo, 6. cum
omnibus que ad monasterium nostrum spectare videntur in subscriptis
locis et vocabulis, in fundis et casalibus, terris sementariciis cultis et
incultis, pratis, pascuis, silvis, salectis, paludibus et pantanis, montibus
et collibus, plagis et planitiis, 7. rivis, fontibus, aquis aquarumque
decursibus, et lacu qui vocatur Burrano cum piscatione sua, et cum
omnibus prefatis tenimentis generaliter et in integrum pertinenti-
bus. Positum extra portam Maiorem in locis que vocantur Grifi et
8. Cursano et lacu Burrano vel si quis ahis vocabulis nuncupatur,
sub his affinibus : a primo latere rivo Sancti luliani et exinde recte per
limite qui est super eodem rivo usque in Termuli et deinde pergente
in plagario maior qui 9. vocatur Aura, et per ipsa Aura ducente
usque in silice antiqua qui est infra pantano, et deinde per ipsa silice
revertente in loco qui dicitur Aquapuzza, et exinde usque in miliaro,
(a) Cosi nel testo. (b) Le parole Ign.iti presbiteri et Bartholomei diaconi furono
aggiunte, con un segno di richiamo, alla fine del testo del documento, di mano del notaio.
Tabu lari II fn S. T^raxedis 31
€t ab ipso miliaro ambulante usque in ipso rivo Sancti luliani (*'>) :
10. iuris nostri venerabilis monasterii. Ad tenendum,utendum,fruendum,
meliorandum et, sicut dictum est, in perpetuum possidendum, prò eo
quod vos michi prò hac locatione in presentia prefati domni papae
dedistis triginta libras affortiatorum quos necessarie ir. dedi domno
papae prò locatione Tiberiae C^) quam monasterio nostro acquisivi. Et
omni anno in assumptione beatae Mariae detis ipsi nostro monasterio
prò pensione unum schiphatum aut valens ipsius schiphati. Nulli alii
pio loco detis nec alicui 12. persone vendatis prius quam mihi
meoque monasterio iusto videlicet pretio minus centum solidis (0 affor-
tiatorum; quod sì emere noluerimus, detis nobis centum solidos prò con-
sensu et vendatis tali persone que nobis placeat sine malitia. 13. Nos
autem et nostros successores defensuros promittimus ab omni homine
si opus et necesse fuerit. Si qua vero pars contra fidem huius locationis
venire temptaverit et cuncta que dieta sunt non observaverit, et si ego
14. vel successores mei que suprascripta sunt non defenderimus, tunc
det pars infìdelis parti fidem servanti prò pena suprascriptum pretium
duplum, et, soluta pena, hee due locationis chartulae uno tenore
conscripte per manum Andr?? scriniarii in mense et indictione
15. suprascripta prima secundum earum tenorem firme permaneant.
Signum ^ manus suprascrìpti Nicolai abbatis venerabilis mona-
sterii Sanctae Mariae de Cripta Ferrata huius chartulae rogatoris.
^ E-]f(i) Nr>toXa(o; r^ouv-avo? Kprxta 4>3ppa? rirs-ypatj^a.
Petrus Urbis prefectus. Cencius Fraiapanis egregius Romanorum
consul. Oddo Fraiapanis strenuus Romanorum consul. Rainone Fraia-
panis nobilis Romanorum consul, testes.
Petrus Obicionis Petri de Leone Romanorum consul. lacintus
domni papae dapiferorum magister. Petrus de Attegia. Petrus Cencii
de Henrico, testes.
Johannes Fraiapanis Petrucii de Petro. Petrus Nicolai de Nonbolia.
Ferrucius. Johannes Bonus mariscalcus, testes.
Wiscardus. Johannes de Biviano. Nicolaus de Beneincasa. Petrus
Pandulfi. Nicolaus de Demetrio domni papae nepotes, testes.
Johannes iudex de Scola greca. Johannes Nicolai iudicis. Paulus
scriniarius. Bideroccus. Nicolaus lohannis Boni, testes.
>J< W Ego Andreas scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae et sacri
Lateranensis palatii compievi et absolvi.
(a) Le parole contenenti la determina:^ione dei confini cominciando da a primo latere
fino a Sancti luliani furono aggiunte posteriormente e con inchiostro diverso, ma da prima
mano, su lacuna lasciata nel testo. (b) È spesso incerto se e finale debba leggersi ac od e
(e) SOI (d) Dall' asta orizsontale della croce, qui e nella invocazione simbolica, come
in tutti i documenti di questo notaio, pendono le lettere A ed lì
52 'P. Jedele
>Ji xepoPTTepo; (b) Maxpvjvo; (<^) s-jp<{^6 (d) >-p Sa^a e-^pa(}^a >ì^ NyixoXao? (e)
•7?<1'* ^ MapToXoaeo s-^paij^a >J<
>J< AapevTi 6oi..avou ^ K[o<7|i.a(;] )^ Itoaicp >J< Avtovio (0 ^ Kovo
irpePoite >J< XavToXou (g) V^ Aouxa SoiaxoNo >J< repaaiao >^ A^Spota
(Aovaxo >ì< Zaxeo >^ Noi5co[Xao(;] Soiaxovo po^TOU (h) ^ NotxoSviaou Tvps-
poiTB ^ H-^vaTio xpePoite ^ BapxoXoaeo (0.
La[urentius]. Cosmas. losef. Antonius. Cono [presbite] r. Luca dia-
conus. Gelasius. Andreas monacus. Zacheus(k). Nicola diaconus ...[Ni-
cojdemus presbiter. Ignatiiis presbiterio. Bartolomeus.
XXVII.
115 3, settembre 4.
Lodo arbitrale pronunciato da Franco di Bonifazio e da
altri per questione di confine sorta fra Romano de Trotta,
Seginetta e Dulchizza sue cognate.
Originale [A]. Questo lodo arbitrale è contenuto in un pezzettino di pergamena che
fu posteriormente cucito alla pergamena n.
XIX.
I. In nomine Domini. Nos Francus Bonifatii et Gregorius Petri
Labruti et Johannes Stefani vitulatoris, electi arbitri 2. ex compro-
misso pene centum solidorum affortiatorum (m) a Romano de Trocta
et a Seginecta et Dulchi 3. za cognatis eius, laudamus et precipi-
mus te Romanucium tenere et habere prò tuo a con 4. fìnio seu
via que descendit a vassca usque in fractam que est communemC") inter
te et Gregorium Orrigecti, 5. cum tota vassca tua propria et terra
soda quantum huic vassce actinet, et in alia vassca tufìnea insta eam
6. cum terra soda ei contingenti : iubemus te habere tantam partem
quanto tu magis ibi vineam possi 7. des quam cognata tua (o) vidua.
Factum anno primo domnì Anastasii IIII pape, indictione .11., mensis
septembris die .mi.
(a) Dopo la lettera S vi è una macchia d' inchiostro. Voleva forse scriversi £ta)CoP&?
(b) pò? /« aggiunto neW interlineo inferiore. (e) La seconda 7] neW interlineo.
(d) 6Tp({/S /« aggiunto neW interlineo inferiore. (e) MrKoXaOJ .? (f) Dopo aVTOVlO
sembra vi sia un i . Dovrà leggersi avTOVtoi .? (g) Incerto il X (li) La lettura è
incerta, essendo qui ed in altri punti di queste sottoscrizioni V inchiostro quasi del tutto sva-
nito, (i) È incerta la z . È poi da notare che su alcune di queste parole come su TrpspOtTe
si notano tracce di segni che non so se siano d' ahhreviaiione. (k) Nel testo leggo sol-
tanto Zache (1) pt)ri (m) Ad affortiatorum segue la parola lauda cancellata da prima
mano. (n) Nel testo coem (o^ Le a finali delle parole cognata tua sono su rasura.
Tabulariiifìt S. ^raxedis ^^
XXVIII.
II 60, gennaio 23.
Il senato di Roma, udito il parere dei giudici della città,
pronunzia una sentenza in favore di S. Prassede contro la
chiesa di S. Croce in Gerusalemme per il possesso di alcuni
terreni posti « in fundo Pompeii », nel luogo detto « ad
« Turrem sine fonte ».
Dubito che il documento scritto in elegante minuscola del secolo mi sia l'originale:
le sottoscrizioni dei giudici della città non sono autografe, ma della stessa mano del testo
che considero come una copia contemporanea [BJ. Copia da B in cod. Vat. lat. 7928, e. 209
e cod. Vat. lat. 7930, e. 3. Transunto in Van De Vivere, ms. cit. e nel cod. Barb. lat. 2375,
e. 253.
Pierluigi Galletti, Del primicero, p. 317, da B. Ho pubblicato il facsimile del docu-
mento néW" Archivio paleografico italiano, Monumenti paleografici di Roma, voi. II.
I. ^ In nomine Patris et Filii et Spiritus sancti, amen. Anno ab
incarnatione domini nostri 2. lesu Christi millesimo centesimo sexa-
gesimo. Nos senatores a reverendo atque magnifico 3. populo Ro-
mano prò pace infra Urbem et extra manutenenda et singulis sua iu
4. stitia tribuenda, in novo consistorio Senatus annuatim in Capitoli©
constitu 5. ti, audientes murmurationem et conquestionem religio-
sorum canonicorum ecclesi? 6. Sanct? Praxedis quam nobis adversus
canonicos ecclesi? Crucis que et Iherusalem dicitur, faciebant, dicentes
7. se non debere in ius vocari neque illis ad respondendum cogi de
terris in fundo Pompeii positis in loco 8. qui dicitur ad Turrem
sine fonte, super quibus canonici ecclesi? Sanct§ Crucis nobis adversus
illos proclamave 9. rant, et a nobis in curia Senatus eis respondere
coacti erant, visis actis publicis quibus senten io. tiaC^) earundem
terrarum a donmo papa Eugenio prò ecclesia Sanct? Praxedis contra
ecclesiam Sanct? 1 1 . Crucis edita, denotata erat iamque dict? ecclesi?
Sanct? Praxedis canonicis exceptione 12. rei iudicate a summo pon-
tifice atque ecclesiarum omnium iudice se tuentibus, optimos 13. et
illustres Urbis iudices Petrum primicerium, Robertum primum defen-
sorem, Gregorium dati 14. vum, Philippum sacellarium, Petrum de
Rubeo et Landulfum dativos ad consilium no 15. bis super hac
causa fideliter sicut Senatui iuraverant, prebendum, convocavimus et
pru 16. dentem consenatorem nostrum Nicolaum lohannis Granelli
(.1) Nel testo sente I lentia
54 T. Jedele
ad illud diligenti perscrutatione 17. suscipiendum nobisque referen-
dum cum eis posuimus. Qui omnibus eorum rationibus, ut eo 1 8. rum
sapientia titillabat, sollerte perspectis, tale consilium nobis dederunt. In
nomine 19. Domini. Nos iudices Petrus primicerius, Robertus pri-
mus defensor, Gregorius dativus, Phi 20. lippus sacellarius, Petrus
de Rubeo dativus et Landulfus dativus tale consili 21. um domnis
senatoribus damus. Ut ecclesia Sanct? Crucis volens agere de posses-
sione terra 22. rum, unde fuit actum in presentia pap? Eugenii,
ulterius non audiatur, quia obstat 23. ei exceptio rei iudicat?. Si
vero de proprietate agere voluerit, audiri tantum de 24. bet apud
successorem eius qui de possessione cognovit. Relato igitur nobis tan-
torum sa 25. pientium per prefatum consenatorem nostrum Consilio,
et etiam in scriptis nobis ostenso vene 26. rabiles canonicos ecclesia
Sanct^ Praxedis eorumque successores in perpetuum ab omni mo
27. lestia et inquietatione seu petitione possessionis illarum terrarum
iuxta supra dictorum 28. sapientium consilium, liberos et quietos
fore decrevimus, et ut numquam a nobis aut ab ali 29. is per tem-
pora senatoribus in ius propter hoc vocentur aut respondere cogantur,
presentes 30. reverendi Senatus apices eis fieri iussimus. Et ego
supra dictus Nicolaus senator 31. ab aliis senatoribus delegatus,
cancellarlo sacri Senatus ut supra scriptum est 32. ad perpetuam
stabilitatem scribere mandavi, sub pena .1111. librarum auri, si contra
33. hoc clerici Sanct? Crucis venire presumpserint, dimidia Senatui et
dim[idia] 34. ecclesi? Sancte Praxedis componenda, et, soluta pena,
hec carta firma sit semper. Actum 35. .xvi. anno restaurationis
Senatus, indictione .vili., mensis ianuarii die .xxiii. 36. Capitolio,
in curia Senatus.
Ego Mardo protoscrinius iudex laudo et confirmo.
Ego Paulus dativus iudex iuste datum consilium approbo.
Ego Gregorius de primicerio archarius iudex iustum consilium datum
ab aliis confirmo.
XXIX.
II 60, ottobre 22.
Siginetta, figlia di Niccolò di Fogliano, col consenso
dell'economo di S. Prassede, vende a Nicolò « Bucca pilosa »
ed a sua madre Romana l'utile dominio su una vigna, fijori
della porta Nomentana nella valle di S. Prassede.
Originale [A]. Transunti da A nel cod. Vat. lat. 7928, e. 210, nel eoa. ValHc. T, 82,
e. 110, nei codd. Ottobon. lat. 2553, e. 937, e 2559 F, e. 126; nel ms. Van De Vivere, n. 2.
Tabiilarium S. ^raxedis 55
I. [ST] In nomine Domini. Anno dominice incarnationis mille-
simo centesimo sex 2. sagesimo, indictione nona, mensis octubris
die .XXII. Ego quidem Siginitta 3. filia Nicolay de Foliano, hac die
propria mea voluntate, cum consensu domni Alberti 4. iconomi ve-
nerabilis ecclesie Sancte Praxedis, vendo et publice investiens trado
5. atque concedo tibi Nicolao qui vocaris Bucca pilosa, et Romane tue
matri 6. vestrisque heredibus ac successoribus in perpetuum. Idest
unam petiam et unam quartam vinee 7. cum vasca et tino com-
muni, cum introitu et exitu suo et cum omnibus suis pertinentiis,
8. positam foris Numentanam portam in valle Sancte Praxedis, inter hos
fines : a primo latere tenet 9. Romanus de Trotta, a secundo latere
tenet vestra ecclesia, a tertio tenet Bonus filius de Al io. berto, a
quarto latere tenet predicta ecclesia. Qualiter michi pertinet per loca-
tionem 11. a predicta ecclesia Sanct?(») Praxedis, taliter vobis vendo
prò triginta solidis probisinorum (b) 12. quos vos michi dedistis. Ita
ut ab ac bora licitum sit vobis in ea introeundi(0, tenendi, 13. fruendi,
possidendi et secundum tenorem mee locationis vendendi et faciendi
quicquid 14. volueritis in perpetuum. Et omni anno reddatis pre-
dicte ecclesie quartam partem totius vini 1 5 . mundi et aquati quod
exinde habueritis, et non detis eideni ecclesie vascaticum, 16. et
servitores ecclesie non dimittant vobis musti W mundi unciam. Et detis
unum ca 17. nistrum plenum de uvis per petiam qui (e) sit duos
palmos in fundo, quinque in circuitu 18. et unum altum, et omnia
alia adinpleatis et persolvatis predicte ecclesie queniad 19. modum
in cartula me? locationis continetur et legitur. Et promitto 20. de-
fendere vobis ab omni homine si opus fuerit; quod si non fecero vel
noluero aut 21. non potuero, componam vobis prò poena predictum
pretium duplum, et, soluta poena, cartula 22. hec firma permaneat.
Quam scribere rogavi Oddonem scriniarium in mense et indictione
suprascripta nona.
lohannes de Stephano, testis.
Rainaldus rialarius, testis.
Petrus laquintelli, testis.
Romanus de Trotta, testis.
Cono lohannis Rubei, testis,
lohannes Rainaldi, testis.
Rainucius, testis.
>J< Ego Oddo scriniarius sanct? Romane Ecclesi? compievi et absolvi.
(a) A sancte precede la sillaba ta cancellala. (b) Nel testo ^bins (e) Nel lesto
introend (d) i corretto da u (e) (j
S6 T. fedele
XXX.
1162, marzo 11.
Ubaldo, priore di S. Prassede, concede in enfiteusi per-
petua a Giovanni « de Marmanno » una vigna fuori della
porta Nomentana « ad Aquam Tuzziam ».
Originale [A]. Transunti da A nel cod. Vat. lat. 7928, e. 210, nel cod. Vallic. T, 82,
e. 55, nel cod. Barb. lat. 2375, e. 254.
Le sottoscrizioni in minuscola sono di mano del notaio.
I. [STJ In nomine Domini. Anno dominice incarnationis mille-
simo centesimo 2. sexagesimo secando, indictione .x., mensis martii
die .XI. Ego quidem domnus 3. Obaldus Dei gratia prior venera-
bilis canonice Sanct? Praxedis cum consensu cano 4. nicorum eius-
dem ecclesie hac die propria mea voluntate do atque concedo et 5 . loco
-tibi lohanni de Marmanno tuisque heredibus ac successoribus in per-
petuum. Idest 6. unam petiam vince vel si plus est cum vasca com-
muni, cum introitu et exitu suo et 7. cum omnibus suis pertinentiis.
Posita extra portam Numentanam ad Aquam Tuzziam, inter hos
8. fines: a primo latere tenent Fericoste et Petrus Cencii, a secundo
Bucca pilosa, 9. a tertio Petrus Scannacaballi, a quarto latere Roma-
nus de Trotta; iuris io. nostre canonice. Ad tenendum, meliorandum
et sicut dictum est perpetuo fruatis et possideatis ; 1 1 . et prò dimidia de
predicta petia que fuit lohannis Rainaldi dedisti michi 12. quinque
solidos probisinorum (a) quos uxori supradicti lohannis dedi prò refuta-
tione quam 13. michi fecit. Et in ista (*') proxima vindemia nichil
detis, in sequenti 14. vindemia, et deinde omni anno temporis (e)
vindemiarum reddatis nobis 15. quartam totius vini mundi et aquati,
quod exinde habueritis. 16. Et si ibi inveneritis aurum, argentum,
aliquem metallum sive bonum la 17. pidem valens W plus quam
.XII. denarii papienses, desuper detis nobis medietatem. Et si 18. per
ostem publicum vel irritum aut celi plagam in desertum ierit, in spa
19. tium trium annorum allevetis; quod si non feceritis, nobis redda-
tur(e). Et nulli alii 20. ecclesie aliquo modo detis nisi nostre, et si
vendere volueritis, prius nobis vendetis minus .xxx. denariis 21. pa-
piensibus ad rationem de petia. Quod si sic comparare ,22. noluerimus,
detis nobis predictum comminus, et vendatis eam tali persone quamC*^)
(a) Nel testo f)bins (b) st di ista corretto su altre lettere. (e) Cosi nel lesto.
(d) vai (e) reddatis ? Nel testo rect
Tabiilarìum S. ^raxedis 57
23. nobis placcai sine malitia, et omnia qua dieta sunt nobis ob
24. servet. Nos autem et nostri successores defendamus eam vobis ab
omni 25. homine, si opus fuerit. Si qua vero pars centra fidem
26. huius cartule venire voluerit, componat alteri parti fidem 27. ser-
vanti poene nomine .xx. solidos, et, soluta poena, cartula 28. hec firma
permaneat. Quam scribere rogavi Oddonem scriniarium 29, san-
ct? Romane Ecclesi? in mense et indictione suprascripla .x. 30. Si-
gnum ^ manus predicti ♦ * (^) huius cartule rogatoris.
Beraldus, testis.
Romanus de Trotta, testis.
Nicolaus de Goccio, testis.
Atticiolus, testis.
Rusticus eius fi-ater, testis.
Ovicio de Pagano, testis.
v^ Ego Oddo C') scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi et absolvi.
XXXI.
1163, ottobre 14.
Sentenza data da Roberto, primo difensore, e da Paolo,
giudice dativo, in favore di Tebaldo « Oddonis Lotha-
(( rii », contro Saturnino per il possesso di un casale posto
« in Gorsano ».
Originale [AJ. Transunti da A nel eoa. Vat. lat. 7928, e. iii; nel cod. Vallic.
T, 82,0.41; nei codd. Ottobon. lat. 2548 B.c. 263 625590, e. 31; nel ms. Van De Vi-
VHRE, n. 4.
Pierluigi Galletti, Del primicero, p. 324, da A.
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo sexagesimo tertio, anno vero quinto pontificatus dompni
Victoris quarti pape, 2. indictione .xii., mense octubris (^), die .xml.
Quoniam que jnter homincs aguntur, lassù temporum ac rerum varie-
tale oblivioni [t]ra[duntur], 3. nisi que aguntur, in scriptis redi-
gantur, idcirco ego Henricus sancte Romane Ecclesie scriniarius pre-
cepto adque mandato subscriptorum 4. iudicum, videlicet Roberti
primi defensoris et Pauli Gregorii de Parentio dativi et Landulphi
iudicis qui ex parte Saturni[ni] 5. advocatus fuit, sententiam a pre-
dictis iudicibus datam de litigio quod fiiit Inter predictum Sàturninum
et Tebaldum Oddonis 6. Lotharii de quoddam casale posilo in
(a) Lacuna nel testo. (b) Oddo in monogramma. (e) octut"»
58 T. Jed&le
Corsane in scribtisW redigere et ad perpetuam memoriam mandare
curavi. 7, Que sententia talis est. Nos iudices, Robertus primus de-
fensor et PaLilus dativus, consensu Landulphi 8. iudicis in hac causa
advocati, absolvimus Tebaldum Oddonis Lotliarii a petitione tertie
partis unius 9. casalis positi in Corsano, et fructuum eius, quam
ad versus eum C^) exercuit Saturninus qui asserebat io. suam loca-
tionem esse factam ab ecclesia Sancti lohannis ante portam Latinam
presente » * (0 archipresbitero 1 1 . predicte ecclesie Sancti lohan-
nis. Datum (.^) anno dominice incarnationis millesimo centesimo sexa-
gesimo tertio, 12. indictione .xii., mense octubris (e), die .v.
Thomas de Violata (0, testis.
Nicolaus de Alberto, testis.
Gualterius Rainaldi, testis.
Johannes Rodulfi, testis.
Cencius de Benedicto, testis.
Ego Henricus (g) Oddonis sancte Romane Ecclesie scriniarius scribsi,
compievi et absolvi.
XXXII.
1 164, febbraio 14.
Vieta, vedova di Sisto, riceve da Ugo, priore di S. Pras-
sede, alcune somme di danaro in nome di suo figlio Al-
bertino di cui è nominata curatrice.
L' originale [A] non è più nell' archivio di S. Prassede. Da A trassero copia il
Galletti nel cod. Vat. lat. 7928, e. 212 [B] ed il Bianchini nel cod. Vallic. T, 82,
e. 67 [C]. Pongo a base dell'edizione B confrontandolo con C.
In nomine Domini. Qualiter enim Wicta de Sisto dudum coniux
est instituta curatrix (h) Albertino filio suo (0 et Sisti istis litteris (k)
bene cognoscitur. Predicta namque Wicta postquam senatusconsulti (0
renuit auxilium, et se a secundis nubtiis abstinere promixit, Petrus de
Bona (™) dativus iudex heam legis actoritate (") et suo officio Albertino
suo filio legitimam curatricem (o) instituit. Cui dominus Ugo Sancte Pra-
xedis (p) prior, visis domini Hubaldi Velletrensis episcopi licteris eius
mandato ad utilitatem iam dicti sui filli in presentia (q) suprascripti
(a) Cosi nel testo. (b) eum su rasura. (e) Lacuna nel testo di circa olio lettere.
(d) Dat (e) octub (f ) Cosi nel testo, da correggersi forse in Via Lata (g) Hen-
ricus in monogramma. (h) C tutrix (i) C suo filio (k) C liteteris (1) B Se-
natus consultius (m) C bone (n) Cosi in B e C (o) C tutricem (p) C san-
ctae Prassedis (q) C praesentia
Tabularium S. 'Vraxedis 59
iudicis et aliorum honorum virorum, videlicet domini Gregorii San-
ai Clementis archipresbiteri et domini Berardi Gregorii de Octaviano
de Tuscolo (•'') et domini Guttifredi {^) vicedomini et domini Britii ar-
chipresbiteri Sancti lohannis et presbiteri lohannis de Sancto Stefano
et Capitonis et lohannis Landonis Signini (e), .vii. uncias auri et tres
partes et duas carrubias W alterius uncie de auro tradidit et dedit.
Que fideliter dictum aurum curare promixit data pace nomine fidei
suo fìHo sub stipulatione .x. hbrarum proveniensium legitime facta.
Insuper ad suam utilitatem .xl. solidos lucenses et duas uncias auri
minus uno tari (e), sicut Sistus quondam suus vir in dispositione suo-
rum honorum precepit, dedit. De omnibns enim que superius legitur
prefatum priorem prò se et prò priore Sancte Marie Nove quietum
vocavit.
Ego Johannes Berardi sancte Romane Ecclesie scriniarius ut ante me
factum est et (0 in conspectu suprascriptorum (g)ita prout potui, scripsi.
In indictione .xii., mensis februarii die .xiiti. ei anno .m.c.lxiiii.
XXXIII.
1165, agosto 30.
Gregorio fabbroferraio e la moglie Sergia, col consenso
del priore di S. Prassede, vendono a « Tinioso de Spi-
« nanculo » l'utile dominio su una vigna fuori della porta
di S. Lorenzo « ad Aquam Tuzziam » .
Originale [A], Transunti da A nel eoa. Vat. lat. 7928, e, 213; nel cod. Vaijic.
T, 82, e. 53; nel cod. Ottobon. lat. 25$3, e. 816; nel ms. Van De Vivere, n. 3.
Le sottoscrizioni sono in minuscola, di mano de! notaio.
I. [ST] In nomine Domini. Anno sextopontificatusdomni Alexan-
dri tertii papae, indictione .xiii., 2. mensis augusti die .xxx. Ego
quidem Gregorius ferrarius insimul cum Sergia uxore mea 3. hac
die propria nostra voluntate cum consensu domni Uvonis prioris San-
cte Praxedis vendo et trado tibi Ti[nio]s[o] 4. de Spinanculo tuisque
heredibus in perpetuum. Idest unam petiam et squadratam vinee cum
vasca et tino et vasca 5. rio, in qua vasca hcitum sit uxor Mar-
manni solummodo C^) vindemiare, cum introitu et exitu suo et cum
6. omnibus suis pertinentiis. Posila foris portam Numentanam ad Aquam
Tuzziam, inter hos fines: a primo latere tenet uxor 7. Marmanni,
(a) B Tuscula (b) B Gueifredi (e) C Signi (d) Cosi in B e C (e) B
force (t) In B manca et (g) C supradictoruni (h) solum
6o T. Jedele
ab aliis lateribus tenet predicta ecclesia. Qualiter nobis pertinet taliter
tibi vendimus prò 8. quinquaginta solidis probisinorum (a) quos nobis
dedisti, ita ut ab ac bora licitum sit tibi in eam 9. intrandi, te-
nendi, fruendi et secundum tenorem mee locationis vendendi et faciendi
quicquid volueris io. in perpetuum. Et omni anno reddatis pre-
dicte ecclesie quartam totius vini mundi et aquati quod exinde 1 1 . ha-
bueritis et unum canistrum plenum de uvis per petiam qualem (t") alii
quartarini ibidem nobis 12. reddunt, et omnia alia adinpleatis et
persolvatis predicte ecclesi? quemadmodum in cartula 13. mee lo-
cationis continetur et legitur. Et promittimus defendere vobis ab omni
homine 14. si opus fuerit; quod si non fecerimus vel noluerimus
aut non potuerimus, componamus tibi prò poena predictum 15. pre-
tium duplum, et, soluta poena, cartula hec permaneat firma. Quam
scribere rogavi Oddonem 16. scriniarium sanct? Romane Ecclesi?
in _ mense et indictione suprascripta .xiii. 17. Signum >J< >J< manus
predìcti Gregorii et Sergie huius cartule rogatorum,
Bonifatulus, testis.
Johannes Bonus, testis.
Guerro frater eius, testis.
Johannes, testis.
^ Ego Oddo i<^) scriniarius sanct? Roman? Ecclesi? compievi et absolvi.
XXXIV.
1171, luglio 13.
I figliuoli di Oddone « de Gregorio » rinunziano in fa-
vore di S. Prassede e di S. Giovanni a porta Latina ad
ogni diritto sulle terre poste in S. Primo o nel territorio
(( de Ose )), ricevendone, per transazione, trenta soldi di
provisini.
Originale [A]. Copia da A di mano del Garampi nel cod. Vat. lat. 7926, e. 244.
Transunti da A nel cod. Vat. lat. 7928, e. 213; nel cod. Valile. T, 82, e. 131 ; nei codd.
Ottobon. lat, 2549, C, e. 1021 ; 2553, S, e, 289 ed altrove; nel cod. Barb. lat. 3221, e. 30,
nel ms. Vak De Vivere, n. 3.
I. [S T] In nomine Domini. Anno dominice incarnationis mille-
simo centesimo septuagesimo primo, indictione quarta, mensis iulii (A)
die 2. .XIII. Nos quidem fratres scilicet Obicio tam prò me quam
(a) Nel testo ^bins (b) qual (e) Oddo in monogramma. (A) ms iul
Tabularium S. T^raxedis 6i
prò Petro fratre meo cuius in hac re negotium gero, et Gregorius
3, tam prò me quam prò Andrea fratre meo cuius curator sum datus
ei a donino Guillielmo (») iudice dativo, et una cum 4. ipso, omnes
filii quondam Oddonis de Gregorio, propria et spontanea nostra bona
voluntate, in presentia dicti ìudicis et 5. eius decreto et actori-
tate(t') causa transactionis renuntiamus et refutamus vobis donino
6. lohanni priori venerabilis tituli Sancte Praxedis ad opus et utili-
tateni tue ecclesie et donino Matheo archipresbitero 7. venerabilis
ecclesie Sancti lohannis ante portam Latinam ad opus et utilitatem
tue ecclesie vestrisque successoribus in perpetuum. 8. Idest omneni
litem sive petitionem quam centra vos vel ecclesias vestras fecimus
vel facere potuimus 9. de toto lenimento terrarum vestrarum ec-
clesiarum, quod tenimentum terrarum prephate vestre ecclesie habent
IO. in territorio quod ('-") vocatur Sanctus Primus sive territorio de
Ose, et de omnibus fructibus et successionibus 11. earumdem
terrarum. Pro eo quod vos prò iam nominatis vestris ecclesiis nomine
transactionis 1 2. in presentia dicti iudicis et eius decreto et actoritate C^)
et coram subscriptis testibus 13. et notarlo dedistis nobis prò no-
bis et predicto Petro fratre nostro triginta solidos proveniensium (J),
14. tu prior prò tua ecclesia viginti solidos, et tu archipresbiter prò
tua ecclesia deceni solidos. 1 5 . Et hinc in antea vos vestrique suc-
cessores sitis securi quieti pacifici et 16. tranquilli, et per vos ipse
vestre ecclesie in perpetuum. Et ncque a nobis neque a predicto
17. fratre nostro Petro neque ab heredibus ac successoribus nostris
neque etiam ab ulla persona 18. a nobis summissa exinde habe-
bitis (e) questionem aut calupniam, set nos tam 19. prò nobis quam
prò Petro fratre nostro et prò nostris et eius heredibus promittimus
vobis vestrisque 20. successoribus, ad opus et utilitatem vestrarum
ecclesiarum, hanc refutationem perpetuo firmani 21. habere, et si
contra hanc refutationem venire temptaverimus, componamus vobis
vestrisque successoribus 22. et vestris eclesiis prò pena dictani
pecuniam duplam, et, soluta pena, cartula hec firma 23. permaneat.
Quam scribendam rogavi Nicolaum scriniarium sancte Romane Ec-
clesie 24. in mense et indictione suprascripta .1111. Preterea ego
Obicio prò dicto Petro et ego Gregorius 25. prò predicto Andrea
cuius curator sum, promittimus vobis prò dictis vestris 26. ecclesiis
quod si de predictis -rebus ab eis litem vos vel vestri successores ha
27. bueritis et hanc refutationem ratam (O non habuerint, et in dani-
pnum inde incideritis (g), 28. liceat vobis vestrisque successoribus
(a) Guil (h) Cosi nel testo. (e) (J (d) f»vcnien^ (e) hab (f) Nr/
testo ratum (g) 7cid
T. Jedele
totum dampnum vendicare in bonis nostris et 29, heredum no-
strorum. Signum ^ manus dicti Obicionis tam prò se quam prò dicto
Petro, et dicti 30, Gregorii tam prò se quam prò dicto Andrea,
rogatorum cartule huius .
Romanus Bobonis, testis. Romanus lohannis Cencii, testis.
Bobo de Fusco, testis. Petrus Seniorilis, testis.
Bartolomeus Girardi de Clara, testis.
ST] Ego Nicolaus scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi et
absolvi.
XXXV.
II 74, dicembre 28.
Rufinello, figlio di Niccolò « de Ardino », col consenso
di Rogata sua moglie e del priore di S. Prassede, vende a
Giovanni Mancino l'utile dominio di una vigna fuori della
porta Nomentana « super Aqua Tutia ».
Originale [A]. Transunti da A nel cod. Vat. lat. 7928, e. 214; eoa. Valile. T, 82,
e. 37; codd. Ottobon. lat. 2553, e. 421 e 2559 F, e. 157.
I. [ST] In nomine Domini. Anno sexto decimo pontificatus
domni Alexandri tertii pape, indictione octava, mense decembris (0,
die .XXVIII. Ego quidem 2. Rufinellus filius quondam Nicolai de Ar-
dino, hac presenti die propria et spontanea mea bona voluntatc, pre-
sente et in hoc michi consentiente Rogata uxore 3. mea, et quan-
tum ad hanc venditionem C^) refutante omne ius pignoris et ypothece
dotis et donationis sue et omne aliud ius quod tacite vel expressim
4. in subscriptis rebus habet, et refutante adiutorium senatusconsulti
Vellaiani (0 et omne aliud iuris auxilium quo contra hec utì posset,
et 5. consentiente in hoc michi domno lohanne priore venerabilis
tituli Sancte Praxedis cuius iuris subscripta vinea esse dignoscitur, et
comminus triginta 6. denariorum papiensium prò consensu habente,
vendo et publice investiens trado adque concedo tibi lohanni Man-
cino, tam prò te quam prò Ste 7. phania germana tua et prò ve-
stris heredibus ac successoribus in perpetuum, salvo omni iure et red-
ditu dicti tituli Sancte Praxedis, secundum 8. tenorem cartule
pastinationis. Idest unam petiam vinee cum vassca et vasscali propriis
et cum puteo commune cum lohanne Bucca 9. et cum altero
(a) deceb (b) vendi di venditionem su rasura. (e) Cosi nel testo.
Tabularium S. ^raxedis 6}
puteo commune cum heredibus Nicolai Foliani et cum introhitu et
exitu suo, et cum omnibus suis usibus et utilitatibus ac pertinentiis.
IO. Posita extra portam Numentanam super Aqua Tutia, inter hos
fines: a primo latere tenet lohannes Bucca iuris Sancte Praxedis, a
secundo ii. latere tenet Benedictus Urselli iuris Salvatoris i^) de
Surraca, a tertio latere tenet Petrus laquintelli iuris Sancte 12. Praxe-
dis, a quarto latere est viculus publicus. Pro quadraginta solidis pro-
visinorum quos a te recepi prò te et prò dieta Stepha 13. nia (i^)
sorore tua, recepi coram subscriptis testibus et notarlo prò toto pretio
michi valde placabili (e) in omni vera decisione. 14. Ita quod hinc
in antea licentiam et potestatem habeatis in eam intrandi, tenendi,
possidendi, vendendi, donandi, commutandi et quicquid exinde 15. tibi
tuisque heredibus ac successoribus placuerit faciendi in perpetuum,
salvo omni iure et redditu diete ecclesie Sancte Praxedis 16. cui
onmi anno tempore vindemiarum reddatis quartam partem totius muxti
mundi et aquati quod 17. exinde habueritis et unum canistrum
plenum de uvis qualem('J) alii quartarini ei dant,et detis eidem 18. ec-
clesie duos denarios papienses prò vasscatico, et ipsa ecclesia dimittet
tibi quattuor uncias muxti mundi 19. de communi in tino sub
vassca (e), et omnes alios tenores ipsi ecclesie adinpleatis sicut in car-
tula pasti 20. nationis legitur. Et ego tam prò me quam prò meis
heredibus ac successoribus promitto hanc 21. venditionem tibi et
suprascripte sorori tue vestrisque heredibus ac successoribus perpetuo
firmam habere et 22. defendere ab omni homine si opus et ne-
cesse fuerit. Quod si non fecero vel noluero aut non potuero, vel si
23. ego vel mei heredes vel ulla persona a me summissa contra hanc
venditionem venire temptaverit, conponam 24. vobis prò pena
dictum pretium duplum, et, soluta pena, chartula hec firma permaneat.
Quam scribendam 25. rogavi Nicolaum scriniarium sancte Romane
Ecclesie in mense et indictione suprascripta .viii. Signum ^ manus
26. dicti Rufinelli et Rogate uxoris sue, rogatorum cartule huius.
Pizzulus, testis. Ferro, testis.
Oddo lohannis Cesarii, testis. Petrus Rainucii Scannati, testis.
lohannes Capolopo, testis.
[ST] Ego Nicolaus scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi et
absolvy.
(a) La seconda a su rasura. (h) ni corretto da m (e) plac (d) qual (e) v
e la seconda s di vassca furono corrette su altre lettere.
64 "P. Jedele
XXXVL
1176, febbraio io.
Giovanni, priore di S. Prassede, concede in enfiteusi
perpetua a Rainardo e Nicola, figli di Rambotto, una pezza
di vigna, posta entro Roma « in Divario » .
Originale [A]. Transunto da A nel eoa. Vallic. T, 82, e. 109 e nel cod. Vat. lat. 7528,
e. 214.
I. [ST]^In nomine Domini. Anno septimo decimo pontificatus
domni Alexandri tertii pape, indictione nona, mense februarii {^),
die .X. Ego quidem 2. Johannes Dei gratia prior venerabilis tituli
Sancte Praxedis, hac presenti die consensu et voluntate canonicorum
fratrum meorum eiusdem 3. tituli, scilicet Rogerii presbiteri et
Gregorii presbiteri et Pascalis et Rolandi, propria et spontanea mea bona
voluntate loco et concedo vobis Rai 4. nardo et Nicolao filiis Q>)
Rambocti vestrisque heredibus ac successoribus in perpetuum. Idest unam
petiam vinee cum quarta parte de vassca 5. et vasscali et cum intro-
hitu et exitu suo per viam nostre ecclesie communem vobis et Urbano et
Rambocto et lohanni Maltadi et Uvolino fratri 6. eius, quartarinis
nostre ecclesie, usque a viculo publico, et cum omnibus suis perti-
nentiis, Rosita intra urbem Romam in Bivario, inter hos fines: a
primo latere tenet 7. lohannes Maltade (0 cum fratre nostri iuris,
a secundo latere tenet lohannes Laurenti, a tertio latere tenet Oddo
Nasopeco, a quarto latere tenet Gi 8, rardus Oddonis: iuris do-
minationis (d) nostre ecclesie. Ad tenendum, bene laborandum, cultan-
dum, propaginandum, meliorandum et sicut bone vinee decet ad per
9. fectum perducendum et struendum possidendumque in perpetuum.
Et hinc in antea omni anno tempore vindemiarum vos vestrique here-
des ac successores io. reddatis nobis nostrisque successoribus quar-
tana partem totius muxti mundi et aquati quod exinde habueritis, et
quartam partem de fructibus 1 1 . arborum et unum canistrum de
uvis qui sit duos palmos in fundo et unum altum. Et si ibi inveneritis
aurum, argentum, ferrum, 12. plumbum vel aliud aliquid valens (0
plus quam .xii. denarii papienses, medietatem nobis delis, alia me-
dietas vestra sit. Et si per ostem publicum vel irritum seu celi
13. plagam in desertum ierit, infra triennium eam relevetis; si rele-
(a) ie.hr (b) A filiis segue quondam cancellato da prima mano. (e) lohannes m-
su rasura. (d) iurisdon ; iurisdictionis ? (e) aliqd vai
Tabularium S. T^raxedìs 65
vata non fuerit, ad nos revertatur. Et si in uno an 14. no negle-
gentiam laborationis ibi mìseritis, si in sequenti anno non restaurave-
ritis, in tertio anno ad nos revertatur. i>. Et nulli alii ecclesie
aliquo modo detis vel rclinquatis, nec pio loco seu potenti persone,
nec ulli alii persone vendatis vel pignoretis 16. nisi nobis nostris-
que successoribus in eo pretio vel mutuo quod exinde ab alio habere
poteritis, comminusC») in venditione triginta denariorum 17. pa-
piensium. Si sic emere vel pignori accipere noluerimus, detis nobis in
venditione predictum comminus, et vendatis vel pignoretis r8. cum
nostro consensu tali persone que nobis placeat sine malitia, que omnia
que vos debetis, nobis adinpleat. Et nos prò nobis et nostris sucesso-
ribus 19. promittimus (t") hanc locationem tibi tuisque heredibus ac
successoribus perpetuo firmam habere et defendere ab omni homine
si opus et 20. necesse fuerit. Si qua vero pars contra fidem huius
cartule venire temptaverit, conponat alteri parti fidem servanti et le-
gitime (0 stipulanti 21. prò pena duas uncias auri, et, soluta pena,
cartula hec firma permaneat. Quam scribendam rogavi Nicolaum scri-
niarium sancte 22. Romane Ecclesie in mense et indictione supra-
scripta .vini. Sìgnum ^ manus dicti domni lohannis prioris consensu
fratrum rogatoris cartule huius.
Cencius Francucii, testis. Urbanus, testis.
Johannes Maltade, testis. Uvolinus frater eius, testis.
[ST] Ego Nicolaus scriniarius sancte Romane Ecclesie conpievi et
absolvy.
XXXVII.
II 77, maggio 29.
Giovanni, priore di S. Prassede, concede a Romanuccio
fino alla terza generazione, col patto di miglioria, una casa
posta presso la chiesa stessa.
Originale [A]. Transunti da A nel cod. Vat. lat. 7928, e. 215 ; nel eoa. ValHc. T, 82,
e. 133 e nel ms. Van De Vivere, n. 3.
Sul verso di mano, come sembra, dello stesso notaio che rogò il documento:
■ Chartula domus Romanucii » .
I. [ST] In nomine Domini, amen. Anno .xviii. pontificatus domni
Alexandri III papae, indictione .x., mensis madii (J) die .xxviiii. Ego
quidem lohannes r 2. eligiosus prior venerabili (0 canonice tituli
(a) coni (b) p corretta da h (e) kg (d) m mad (e) veni
Archivio della R. Società romana di storia patria, ^^o\. XXVIII. 5
U T, fedele
Sancte Praxedis, consensu Gregorii presbiteri et Candulfi et Orlandi
presbiteris (0 et 3. aliorum fratrum, hac die nullo nos cogente
ncque contradicente set propria spontaneàque nostra bona voluntate
ad meliorandum 4. locamus et concedimus tibi vero Romanucio
et cuntis tuis legitimis fìliis et nepotibus natis ex legitimis filiis tuis
tantum (t"); 5. quod si legitimos filios non habueris, dimittas eam
uni persone que nobis placeat sine malitia. Idest unam domum ter-
rineam carticineam cum introitu 6. et exitu suo et cum omni sua
pertinentia, positam prope dictam ecclesiam Sancte Praxedis, inter hos
affines: a tribus latéribus 7. tenet vestra ecclesia, a quarto vero
latere est via publica. Qualiter nobis pertinet iure bereditario, taliter
8. vobis ut dictum est locamus (^") in tertia generatione i.^), prò eo quia,
cum Deus tibi concesserit, promisisti eam tegolis (^) coperire, et dedisti
no 9. bis .XII. dènarios papienses prò ista locatione, et promisisti
nobis dare prò pensione omni anno in festivitate sancte Praxedis
IO. duos dènarios papienses. Si in primo anno non dederitis, in se-
cundo duplicetis; si in secundo et in tertió duplicare 11. contem-
pseritis, in quarto a locatione cadatis. Nulli pio loco prò anima di-
mittatis vel alieni 12. aliquo modo detis vel vendatis nisi nobis
iusto pretio minus .xii, denariis papiensibus (f ) ; si sic emere nolueri-
mus, 13. vendatis tali persone que nobis placeat sine malitia, dato
nobis comminu (g). Nos autem una cum nostris 14. successoribus
vobis vestrisque filiis et nepotibus ab omni homine defendere promit-
timus(h); 1 5. quod si non fecerimus vel noluerimus, vel si condu-
ctor aut heredes tui cuncta que 16. dieta sunt non observaveritis,
componat pars infidelis parti .fidem servanti prò pena 17. .1. auri
unciam, et, soluta pena, hic contractus firmus permaneat. Quem seri-
bere 18. rogavi Gregorium scriniarium sancte Romane Ecclesie in
mense et indictione suprascripta .x. Signum 19. ^ manus predicti
rogatoris huius chartule. Testes
Petrus laquintelli, testis.
Clemens, testis.
Berardus, testis.
Johannes Berardi, testis.
Denerius, testis.
[ST] Ego Gregorius scriniarius compievi et absolvi.
(a) Cosi nel testo. (b) Segue a tantum la parola Idest cancellata da prima mano.
(e) loc (ti) in tertia generatione /« aggiunto nelV interlineo da prima mano. (e) tegot
(f) den pap (g) com (h) Corretto da promisttimus
Tabularium S, ^raxedis 6y
XXXVIIL
I i8o, marzo 26.
Gregorio « de Ceburrio » rinunzia in favore di S. Pras-
sede ad ogni lite per il possesso di due parti del tenimento
di S. Primo che si chiamano « Vallis Bona » e « Vallis Pa-
ce lumba », ricevendone a titolo di transazione dieci soldi di
provisini.
Originale [A]. Copia da A nel cod. Vallic. T, 82, e. 69. Transunto nel cod. Vat.
lat. 7928, e. 215.
Sul verso di mano del secolo xiii : « Cartnlam refutationis quam fecit Gregorius
« de Ciburio ».
I. [STJ. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis mille-
simo centesimo .lxxx., anno .xxi. domni Alexandri III pape, indi-
cione .XIII, mense martii (a), die .xxvi. 2. Ego Gregorius de Ce-
burrio hac presenti die coram domno Petro advocato arbitro nostro
[ex com]promisso . 3. pene .xl. librarum provisinorum propria et
spontanea mea voluntate iure transactionis (t') refuto tibi dompno Pa-
scali yconomo venerabilis 4. ecclesie Sancte Praxetis et per te ipsi
ecclesie reliquisque clericis qui nunc in ea sunt et perpetuo erunt.
Idest omnem litem 5 . et petitionem quam contra vos (>:) et pre-
dictam ecclesiam feci, petii vel petere potui de duabus partibus totius
6. tenimentiW a Sancto Primo quod tenetis, et dicitur Vallis Bona
et Vallis Palumba, nec non et generaliter 7. alio quoquo modo usque
in odiernum diem quicquid contra vos et iamdictam (e) ecclesiam tacite
vel expressim 8. petere possem in perpetuum quicquid de iamdi-
ctis(c) duabus partibus iamdicti tenimenti aut alio quoquo modo ge-
neraliter 9. contra monasterium Cripte Ferrate petere possem usque
in odiernum diem. Eo quod coram predicto advocato, scriniario
IO. et testibus subscriptis accipio a te iure transactionis (f) decem so-
lidos provisinorum, et me bene quietum voco, 11. et amodo quieti
pacifici vos et vestri successores et predictum monasterium Cripte
Ferrate a me et meis 12. heredibus perpetuo maneatis. Quam re-
futationem et omnia suprascripta prò me et meis heredibus promitto
13. vobis et vestris(g) successoribus perpetuo ratam habere et contra
(a) ms mart (h) Nel testo trasact (e) vos corretto da te (d) // primo i
f arreno da e (e) Nel testo iaclic (f) Nel testo trasac (g) vobis et vestris corretto
da tibi et tuis
68 T. Jedele
eam non venire, set defendere 14, ab omni homine si opus fuerit ;
quod si noluero vel non potuero, aut contra eam venire 15. vo-
luero, tunc componam vobis prò pena dimìdiam auri libram, et,
soluta pena, hec cartula firma permaneat 16. in perpetuum.
Pacem meam nomine bone fidei do tibi hanc refutationem et omnia
suprascripta perpetuo 17. rata habere et contra ea non venire set
defendere, ut dictum est. 18. Quam scribere rogavi lohannem
Scrofanum sancte Romane Eccleste scriniarium 19. in mense et
indictione suprascripta .xiii.
Alexander de Ceuturio. Nicolaus Petri advocatus (a), testis.
Petrus Glerus. Ranerius, testis.
Ego Johannes Scrofani sancte Romane Ecclesie scriniarius compievi
et absolvì.
I. In nomine Domini. Ego Petrus advocatus electus arbiter ex
compromisso pene .xl. 2. librarum provisinorum a dompno lo-
hanne priore Sancte Praxetis et a Gregorio de Ceburrio de lite
3. que inter eos erat, laudo et precipio quod dictus Gregorius refutet C^")
omnem litem 4. et petitionem quam contra ecclesiam Sancte Praxetis
fecit, seu contra monasterium Cripte 5 . Ferrate de duabus partibus
tenimenti a Sancto Primo, quod dicitur (0 Vallis 6. Bona et Vallis
Palumba, et generaliter quicquid contra dictas ecclesias quoquo modo
7. petere posset, et dictus prior det ei .x. solidos provisinorum.
8. Datum (A) indictione et mense et die suprascripta.
XXXIX.
1183, febbraio 24.
Romana, vedova di Pietro laquintello, consentendolo il
priore di S. Prassede, vende a Niccolò Zofo l'utile dominio
su una vigna « in Aqua Tutia » .
Originale [A], Transunto da A nel cod. Vat. lat. 7928, e. 216; eoa. Vallic. T, 82,
e. 71; cod. Barb. lat. 2375, e. 253; ms. Van De Vivere, n. 3.
Sul verso di mano dello stesso notaio che rogò il documento : « Vendicio Rc-
« mane » .
I. [ST] In nomine Domini. Anno dominice incarnationis .mclxxxiii.,
regnante domno Frederico serenissimo Romanorum imperato 2. re
et semper augusto et anno eius .xxvii., indictione prima, mense fe-
bruario, die .xxiiii. Ego quidem Romana uxor quon 3. dam Petri
laquintelli cum consensu et voluntate domni Bertraymi prioris ecclesie
(a) advoc (b) u corretto su altra lettera. (e) q, dr (d) Dat
Tabnlarium S. T^raxedis 69
Sancte Praxedis et fratruum suorum, et nunc prò comminu tibi 4. dedi
quinquaginta duos denarios et dimidium papienses (-i), in presentia sub-
scriptorum testium do, cedo, vendo, et publice investi 5. ens cor-
poraliter trado tibi Nicolao Zofo tuisque heredibus ac successoribus in
perpetuum, salvo iure quarte ecclesie Sancte Praxedis, 6. ut in
chartula locationis legitur. Idest unani petiam et squatratam vince
plus minus cum vasca et vascario, salvo 7. tamen iure vinde-
miandi heredi uxorìs Marmandi, cum introytu et exitu suo omnibus-
que suis pertinentiis et utilitatibus. Posita 8. in Aqua Tutia in
valle Sancte Praxedis : affines (b) eius a .1. latere Benedictus Albanen-
sis iuris diete ecclesie, a .11. Petrus 9. de Cencio dicti dominii,
a .III. Johannes Man^inus iuris diete ecclesie, a .1111. Theodorus, Pro
.XVIII. solidis provisinorum quos io. a te recipio coram scriniario
et testibus subscriptis, prò toto pretio michi placabili (0. Et ab ho-
diema die licenti 1 1 . am et potestatem habeas in eam intrare, te-
nere, possidere, vel ex ea facere quicquid tibi placet C*^) perpetuo, salvo
iure diete ecclesie 12. ut in chartula locationis legitur. Et insuper
ego dieta Romana promitto tibi Nicolao, quod si nepotes mei Pilosus
et 13. Grisantus vel aliquis prò eis contra hanc venditionem aliquo
in tempore venire voluerint, eos quiescere faciam. Quod si fa 14. cere
noluero vel non potuero, et tu vel tui heredes aliquo in tempore ali-
quod dampnum per eos passi fueritis, vel quocumque alio modo,
15. in quantum dampnum fuerit, tantum duplum vestra auctoritate
sine proreclamatione alicuius eurie in mea do 16. te vendieetis.
Et ego tam prò me quam prò meis heredibus promitto tibi tuisque
heredibus ac successoribus hanc venditionem ra 17. tam semper
habere et contra eam non venire, set defendere ab omni homine, si
opus et neeesse fuerit; quod si contra 18. facere voluero, compo-
nam tibi legitime stipulanti tuisque heredibus pene nomine mediam
auri libram, et, soluta pena, chartula 19. hec permaneat firma.
Quam seribendam rogavi Cinthium Dei gratia sancte Romane Ecclesie
seriniarium et medi 20. cum, in mense et indictione supradieta
prima.
Signum ^ manus predicte Romane huius chartule rogatricis.
Ceneius Sassonis, testis.
Nicolaus Pinconis, testis.
Riecardus, testis.
[ST] Ego Cinthius Dei gratia sancte Romane Ecclesie scriniarius et
medicus compievi et scripsi.
(.1) dim p.ip (b) Nfl testo due f tagliate da un segno di abbreviatura. (e) plac
(d) pìac
70 *P. fedele
XL.
Urbano III accoglie la chiesa di S. Prassede sotto l'apo-
stolica protezione, e le riconferma i suoi possedimenti.
Copia del 1630 in Narni, archivio Capitolare.
P. Kehr, Nachtràgi ;{u den Rómischen Berichten in Nachrichten der k. Gesellschaft der
Wissenschaften ^u Góitingen. Philologisch-historische Klasse, 1903, Heft 5, p. 578. La tra-
scrizione di questo importante diploma di cui non sappiamo spiegarci come si trovi uria
copia ncH'archivio Capitolare di Narni, fu fatta da L. Schiaparelli. Il Kehr si adoperò
per compierne qualche lacuna, giovandosi dei documenti di S. •Prassede dei quali gli offrii
il manoscritto. Con piena sicurezza egli sostituì le sottoscrizioni dei cardinali, andate
per la massima parte distrutte, giovandosi di un diploma di Urbano III per S. Maria del
Reno dello stesso giorno. Jaffé-Loewenfeld, n. 15525. Io qui riproduco esattamente il
testo e le annotazioni del Kehr.
Urbanus episcopus servus servorum Dei. Dilectis filiis Gualterio
priori et fratribus Sancte Praxedis tam presentibus quam futuris regu-
larem vitam professisC») in perpetuum. [Pie postulatio voluntatis effeclu
debet prosequente compleri, ut et devotionis sinceritas laudabiliter
enitescat] et utilitas postulata | vires indubitanter assumat(b). Eapropter,
dilecti in Domino filii, vestris iustis postulationibus clementer annuimus
et predecessorum nostrorum felicis mem[orie ('^) Romanorum
pontificum vestigiis inherentes, prefatam Sancte Praxedis ecclesiam in]
qua divino mancipati estis | obsequio, sub beati Petri et nostra pro-
tezione suscipimus et presentis scripti privilegio communimus. In
primis siquidem statuentes ut ordo canonicus q[ui secundum Deum et
beati Augustini regulam in eadem ecclesia institutus esse dignoscitur,
perjpetuis ibidem temporibus inviolabiliter observetur. Preterea quas-
cumque possessiones, quecumque bona eadem ecclesia in presentiarum
iuste et canonice possidet aut in futurum concessione ponti [ficum, lar-
gitione reguni vel principum, oblatione fidelium seu aliis iustis modis
prestante Domino poterit adipisci,] firma vobis vestrisque successoribus j
et illibata permaneant. In quibus hec propriis duximus exprimenda vo-
cabulis: locum ipsum in quo prefata ecclesia sita est cum domibus et
aliis pertinentiis suis, lacu[m qui vocatur Burranus inj
loco qui dicitur Bobium et de iure | Beate Praxedis ecclesie antiquitus
fuisse dignoscitur, sicut per predecessorem nostrum bone memorie
papam Celestinum vobis concessa est et restituta, et ab Adam priore
(a) profexis (b) afRrmat (e) Non può stabilirsi con precisione per quanto si
estenda la parte che manca, e perciò quanti e quali papi dovevano esservi nominati.
Tabularium S. ^raxedis 71
et A[lexandro Hu. Hostiensi episcopo] tunc presbytero
cardinali eiusdem ecclesie suisque \ successoribus et per eos ipsi ecclesie
Beate Praxedis relutata et libere reddita et a predecessoribus nostris
felicis memorie Romanis pontificibus Lucio, Eugenio, Anastasio (") et
Alexa[ndro confirmata .... per] presentis scripti paginam vobis vestris-
que successoribus ] et per vos eidem Beate Praxedis ecclesie confirmàmus.
Q.uicquid etiam iuris habet eadem Beate Praxedis ecclesia in ecclesia
Sancti Primi et possessionibus eius, vobis et eideni ecclesie firmum et
incon[vulsum (b) Pretjerea [ ] (0 Criptaferrata in eadem Sancti
Primi ecclesia habebat, scilicet | quod abbas eiusdem ecclesie predicto
antecessori nostro Anastasio (») papeW refutavit et iam dictoHu. Ho-
stiensi episcopo tunc presbytero cardinali eiusdem ecclesie suisque suc-
cessoribus et per eos ecclesie Beate Praxedis donavit et in perpetuum
habere decrevit, ita nos quoque ad [exempljar predicti Alexandri pape
duximus confirmandum (e), Ni|chilominus autem locationem quam di-
lectus filius (0 abbas Cripteferrate comuni consensu et voluntate l'ratrum
suorum in presentia eiusdem Anastasii (h) antecessoris nostri et fra-
trum suorum, eis etiam consentientibus et assensum prebentibus, de
possessionibus ecclesie prefati Sancti Primi prò duc[entis solidisj afor-
tiatorum (h), quos ab eodem episcopo | recepit et illi prò castro Tiberie
dedit, quod ab apostolica Sede locavit, eidem ecclesie Beate Praxedis
in perpetuum fecit, confirmàmus et ratam haberi decernimus (0. Omne
etiam ius seu actiones seu defensiones que in predictis rebus seu pos-
sessionibus ad agendum [ ] per eundem episcopum
prelibate | ecclesie contulit, vobis et ecclesie vestre ad exemplar predicti
Alexandri pape confirmàmus. Pro hac siquidem locatione vos et suc-
cessores vestri ecclesie ' Sancte Marie Cripteferrate schifatum unum
annis singulis persolvetis. Ad hec diffinitivam sententiam quam super
causa CO que inter ecclesiam vestram et ecclesiam Sancte Crucis | de
tribus pedicis terre site in loco qui dicitur ad Turrem sine fonte,
diucius fuerat agitata, sancte recordationis pater et predecessor noster
Eugenius papa ratione cognita protulit, sicut in autentico instrumento
exinde facto continetur, ratam et firmam de cetero manere sanccimus
et auctoritate apostolica | confirmàmus. Decernimus ergo &:c. Si qua
igitur &c. Cunctis autem &c.
R. Ego Urbanus catholice Ecclesie episcopus ss. bv.
v^ Ego Theodinus Portuensis et Sancte Rufine sedis episcopus ss.
(a) Anastaxio (b) Da completare forse permanere censenius od altro di simile.
(e) Da completare forse ius quod ecclesia Sancte Marie in (d) papa (e) confirmadum
(f) filius manca. {igykvMitAi.'n (h) La lettura è mal sicura. (i) decrcvimus
(k) ecclesia t > , i ^ ,
72 T. Jedele
>J< Ego Henricus Albanensis episcopus ss.
>J< Ego Teobaldus Hostiensis et Velletrensis episcopus ss.
^ Ego lohannes presb. card. tit. Sancti Marci ss.
>J< Ego Laborans presb. card. Sancte Marie Transtiberim tit. Ca-
lixti ss.
>J< Ego Pandulfus presb. card. tit. XII Apostolorum ss.
^ Ego Albinus presb. card. tit. Sancte Crucis in lerusalem ss.
>J< Ego Melior presb. card. Sanctorum lohannis et Pauli tit. Pa-
machii ss.
>J< Ego Adelardus tit. Sancti Marcelli presb. card. ss.
>J^ Ego Ardicio [diac] card. Sancti Theodori ss.
^ Ego Gr[atianus sanctorum Cosme et Damiani] diac. card. ss.
>^ Ego [Soffredus Sancte Marie in Via Lata dijac. card. ss.
)^ E[go Rollandus Sancte Marie in Porticu] diac. card. ss.
>J< E[go Petrus Sancti Nicolai in carcere Tu]lliano diac. card. ss.
>J< [Ego Radulfus Sancti Georgii ad Vejlum aureum diac. card. ss.
D:it. Verone per manum Trasmundi sancte Romane Ecclesie notarii,
.Vi. kal. febr.,, indictione quarta, incarnationis dominice anno mille-
simo .c*'.LXXX.v°., pontificatus vero domini vrbani pape III anno primo.
XLI.
1187, marzo 20.
Gerardo, rettore di S. Giovanni a porta Latina, col
consenso di Giovanni, priore della basilica Costantiniana,
loca a Gualtiero, priore di S. Prassede, la terza parte della
tenuta di S. Primo con i diritti sul lago Burrano.
Originale [A], Copia da A de! Galletti nel cod. Vat. lat. 7928, e. 217; altra copia
nel cod. Vat. lat. 7930, e. 5; nel Bianchini, cod. ValHc. T. 82, e. 17. Transunti da A
nel cod. Ottob. lat. 2548 A, e. 81; cod. Barb. lat. 3221, e. 30; ms. Van de Vivere n. 4.
Pierluigi Galletti, Del primicero, p. 325, da A, ma con la data sbagliata del 1186.
Il documento è tutto di mano del notaio Giovanni. La prima riga è scritta con lettere
allungate, come nei diplomi pontifici di questo tempo.
■ I. [ST] In nomine Domini. Anno dominice incarnationis mille-
simo centes[imo] octua[gesimo sepjtimo, pontificatus domni Urbani
tertii pape anno eius secundo, indictione quinta, 2. mensis martii
die vicesima. Ego quidem dompnus Gerardus Dei gra[tia prior] et
rector venerabilis ecclesie Sancti lohannis Evangeliste que sita est ante
portam Latinam, presente et in hoc michi consenti ente presbitero Bla
Tabularium S» ^raxedis 73
3, xio predicte ecclesie, consensu quoque et bona voluntate domni
lohannis prioris venerabilis basilice Salvatoris domini nostri lesu Christi
que dicitur Constantiniana, Sanctique lohannis Battiste, et consensu
canonicorum predicte basilice, videlicet Calixti, Simo 4. nis, Hac
presenti die propria et spontanea nostra bona voluntate in presentia
advocatorum videlicet Petri lohannis Ade et Petri ludicis, loco et con-
cedo tibi domno Gualterio Dei gratia priori et rectori venerabilis ec-
clesie Sancte 5. Praxedis virginis et Domenico (a) presbitero et ca-
nonico predicte ecclesie vestrisque successoribus ad opus et utilitatem
predicte vestre ecclesie et eius servitorihus ibidem persistentibus in
perpetuum. Idest totum quod nostre ecclesie conpetit, tertiam scilicet
partem 6. totius tenimenti et possessionis in integrum de Sancto Primo
cum omnibus que ad ecclesiam nostram spectare videntur, in sub-
scriptis locis et vocabulis, in fundo et casalibus,terris sementariciis cultis
et incultis, pratis, pascuis, silvis, sallec 7. tis, paludibus et pantanis,
montibus, colHbus, plagis et planitiis, rivis, fontibus, aquis aquarumque
decursibus, et partem si quam(a) nostre ecclesie conpetit de lacu qui
vocatur Burranus, cum piscatione et venatione sua et cum omnibus
prefatis 8. tenimentis generaliter et in integrum pertinentibus. Po-
sita (b) extra portam Maiorem sive portam Beati Laurentii in locis qui
vocantur Grifi, Cursano et lacus Burranus, vel si quis aliis vocabulis
nunccupantur, sub his affinibus : a primo 9. latere est rivus Sancti lu-
liani, et exinde recte per limitem qui est super eodem rivo usque in
Termuli, et deinde pergente usque in piagarlo maiori qui vocatur Aura,
et per ipsam Auram ducente usque in silicem antiquam que est infra
IO. pantanum, et deinde per ipsam silicem revertente in locum qui
dicitur Aqua Puzza, et exinde usque in miliario, et ab ipso [miliario]
ambulante usque in suprascripto rivo Sancti luliani : iuris nostre vene-
rabilis ecclesie. Ad te 11. nendum (0, utendum, fruendum et sicut
dictum est perpetuo possidendum ; prò qua denique locatione, consensu
et voluntate domni lohannis prioris predicte basilice prò iam dieta
ecclesia Sancti lohannis ante portam Latinam, centum triginta libras
honorum provisinorum 12. michi datis; et quia in rei ventate eas
recipio, refuto et promitto quod nullo in tempore nulloque loco inde
opponam exceptionem non solute et non numerate pecunie et de cetero
suprascripta exceptione non usurum. Quarum quidem 13. iussu et
mandato predicti domni prioris predicte basilice sexaginta libras pro-
visinorum prò sorte et tres libras provisinorum prò usufructu reddo
Boboni Boni filli (A) Seri Romani, et recoligo ab eo unum petium terre
fa) Così nel testo. (b) Po^ (e) Le sillabe ad te di ad tenendiini erano str.te
ipelule alla fine del rigo precedente. (d) Bonlfilii ?
74 "P- J^^^^^
sementaricie positum extra portam Apiam 14. in valle Cippitel-
lorum post absidam Sancti Sebastiani, iuxta pastinos Sancti Georgii,
et unam pedicam terre sementatricie positam extra eandem portam
in Vinarolo infra ortos et infra vias publicas, et duas petias vinee po-
sitas in 15. Apia, unam quarum tenet per locationem Romanuccius
Go^(;eraimi, aliam tenet Romanuccius Pretarolus, et duas petias de-
sertinorum positas extra portam Beati lohannis Laterancnsis i.^), et unum
alium petium terre sementaricie situm extra portam Apiam 16. in
valle Cippitellorum : quas res in pignore a predicta nostra ecclesia de-
tinebat, sicut publica instrumenta pignorum facta per manus Retri
Henrici scriniarii narrant, que incisa prò vestra cautela vobis do. Item
duodecim libras earum 17. reddo similiter iussu predicti domni
prioris prefate baxilice Benedicto Petracclonis quas nostre ecclesie mu-
tuavit, quas dedimus filiis Henrici Sancti Eustachii prò refutatione partis
eorum unius molendini positi in Acia^b)^ que pars eis pervenit 18. per
Petrum Cencii de Henrico^ sicut chartula nostre refutationis predicti
molendini dictarum .xii. librarum mentionem facit, que certe facta est
per manum Retri Henrici scriniarii. Et triginta octo libras et sex so-
lidos provisinorum solvo Bartholomeo 19. Bobonis.de Fusca, et
recolligo ab eo unum petium terre sementaricie cum tribus petiis vince
et dimidiaCO, sitasC^") extra portam. Apiam loco ubi dicitur Bolia, iusta
viani publicam que pergit ad nostrum molendinum Cripte Rubee, et
unam 20. petiam vinee, positam extra portam Latinam ad Mar-
morcam, quam tenet per locationem Romanuccius Felluttia, et unam
aliam petiam vinee iusta eam quam tenet Silvester, et unam petiam
quam tenet Oddolina cum filiis suis in monte Albi 21. no, et tres
alias petias vinearum positas in Acia, unam quarum tenet Nicolaus
Blancofloris, aliam tenet Romanuccius Gog^eraimi, et alia sita est in
monte Alamagno; et aliam vineam in monte Alamagno 22. iusta
molam nostre ecclesie; et totani vineam et ortum quam tenet Cletiana
in monte Albino; et aliam petiam quam tenet' Nocentia in codem
monte: quas res in pignore detinebat, sicut publica instrumenta pi-
gnorum 23, facta per manus Nicolai Retri Doni scriniarii et Angeli
eius fratris similiter scriniarii aperte narrant. Et centum solidi earum
licet in istrumentis pignorum non continentur, tamen utiliter prò uti-
litate nostre ecclesie 24. expensi fuerunt. Et quattuor libras pro-
visinorum prò sorte et octo solidos provisinorum prò usufructu solvo
Stephano Retri Manusselle, et recolligo ab eo duas petias vinee et
plus, positas ante portam Latinam quas per locationem tenet Bene
25. dictus Retracclonis, quas predictus Stephanus in pignore [i]am
(a) lateran (b) Cosi uet lesto. (e) dimid
Tabularium 5. ^raxedis 75
diu detinuerat, et nunc detinebat, sicut apparet per publicum instru-
mentum factum per manus Nicolai scriniarii Abunda. Et quattuor-
decim libras et sex 26. solidorum provisinorum solvo suprascripto
domno priori basilice Sancti lohannis Lateranensis (a), quas ipse
domnus prior solverat creditoribus nostre ecclesie Sancti lohannis
ante portam Latinam, et recolligerat omnes vineas quas nostra
27. ecclesia habet infra urbem in monte Calvarello quas in pignore
detinebant. Et omni anno in festivitate sancti lohannis Evangeliste
unum skifatum aut scptem solidos provisinorum nomine pensi 28. onis
nostre ecclesie reddatis. Et si vendere eam volueritis, prius nostre ec-
clesie vendatis minus centum solidisCb) provisinorum; quod si emere
eam noluerit, vendatis consensu nostre ecclesie tali persone que diete
nostre ecclesie 29. placeat sine nialitia, et dictos centum solidos
nobis date prò consensu. Hanc autem locationem . ideo facio quia in
bonis nostre ecclesie non sunt res mobiles nec inmobiles minus utiles
unde 30. predicta debita solvere possimus, et quia suprascripti cre-
ditores suprascriptam eorum pecuniam nos sibi solvi cogebant. Ego
igitur prò me et successoribus meis promitto tibi tuisque .^uccessoribus
hanc 31. locationem et omnia que dieta sunt perpetuo firma habere
et contra non venire et defendere ab omni homine et onlni loco, si
opus vel necesse fuerit. Vos vero et successores vestri omnia que
32. dieta sunt nostre ecclesie adinpleatis et persolvatis. Si qua vero
pars contra fidem huius locationis venire temptaverit, conponat pai;s
infìdelis parti fidem servanti prò pena 33. ante omne litis initium
predictum pretium duplum, et, soluta pena, chartula hec firma per-
maneat. Quam scribere rogavi lohannem Dei gratia sancte Romane
Ecclesie scriniarium in mense 34. et indictione suprascripta quinta.
Signum ►J< manus suprascripti domni Gerardi archipresbiteri Sancti lo-
hannis ante portam Latinam et presbiteri Blaxii predicte ecclesie qui
consensit, predicti domni lohannis 35. prioris basilice Salvatoris
Sanctique lohannis Battiste hanc locationis chartulam sponte fieri ro-
gaverunt.
Romanus Seri Rainerii, testis. Stephanus Petri Paparonis, testis.
Petrus Rubens, frater eius, testis. Roffreda Pedemontis, testis.
Gregorius Seri Rainerii, testis. Macharius, testis.
Johannes Capoccia, testis. Johannes Bulgarelli, testis.
[ST] Ego Johannes (>-") Dei gratia sancte Romane Ecclesie scriniarius
huius rei rogatus con pievi et absolvi.
(a) lat (b) s( I (e) lohanncs in iiuitto^ramiiia.
7^ 'P. Jedele
XLIL
1189, maggio 9.
Gualtiero, priore di S. Prassede, loca in perpetuo a Gio-
vanni Mancino una vigna fuori della porta Nomentana
« ad Aquam Tuzzam ».
Origiuale [A]. Transunti da A in cod. Vat. lat. 7928, e. 219 ; cod. Vallic. T, 82,
e. Ili; cod. Otcob. lat. 2551, M, e. 242; ms. Van De Vivere, n. 2,
Sul verso di mano del secolo xiii : « Cartula lohannis Mancini de una petia vince
« posite in Aquatucie pensione (a) ... ».
I. [ST] In nomine Domini, amen. Anno secando pontificatus
domni Clementis tertii pape, indictione .vii., mensis madii die .viiii.
Ego quidem 2. Gualterius Dei gratia prior et rector venerabilis
ecclesie Sancte Praxetis virginis cum consensu et voluntate canonico-
rum 3. fratrum meorum eiusdem ecclesie, videlicet presbiteri Gan-
dulfi, lohannis et Girardi, hac presenti die et mea bona voluntate
4. loco atque concedo tibi lohanni Mancino tuisque heredibus ac suc-
cessoribus in perpetuum. Idest unam petiam vi 5. nee plus vel
minus cum introitu et exitu suo omnibusque suis pertinentiis, positam
foris portam Numentanam ad 6. Aquam Tuzzam in valle San-
cte Praxetis, inter hos affines : a primo latere tenet Raynucius et May-
nardus 7. iuris ecclesie Salvatoris (b) Pesilis, a .11. latere tenet
Nicolaus Zofo iuris Sancte Praxetis, a .111. latere est vi 8. colus
publicus, a .1111. latere tenet Beneincasa iuris Sancte Praxetis: iuris
dominii nostre ecclesie. Ad tenendum, 9. utendum, fruendum et
sicut dictum est perpetuo possidendum, et omni anno in festivitate
sancte Praxetis detis nobis nostrisque io. successoribus nomine
pensionis .11. provisinos (e). Et nulli alii ecclesie vel pio loco eam ali-
quo modo detis vel concedatis, et nulli 11. persone vendatis nisi
nobis nostrisque successoribus minus .xii. provisinis. Si sic emere no-
luerimus, detis nobis dictum comminus, 12. et vendatis nostro
consensu tali persone que nobis placeat sine malitia, que omnia que
vos debetis, nobis persolvat. 13. Nos autem tam prò nobis quam
et prò successoribus nostris promittimus tibi tuisque heredibus ac suc-
cessoribus hanc 14. locationem ratam semperque firmam habere
et omni tempore observare et ab omni homine defendere: tu vero
prò te et heredibus 15. ac successoribus tuis, omnia que superius
dieta sunt, nobis observare promittis (^). Si qua vero pars 16. con-
(a) pn (b) Nel testo Salvaritoris (e) ^vs su rasura. (d) Nei testo promittitis
Tabular tuffi S. ^raxedis 77
tra fidem huius cartule venire temptaverit, componat alteri parti fidem
servanti prò pena 17. duas uncias auri, et, soluta pena, cartula hec
tìrma permaneat. Quam scribere rogavi Petrum Hen 18. rici scri-
niarium sancte Romane Ecclesie in mense et indictione suprascri-
pta .VII, Signum ^ manus dicti prioris et ca 19. nonicorum fra-
trum suorum huius cartule rogatorum.
Petrus Bobonis sellarius, testis.
Johannes Cazettus, testis.
Pandulfus Stefani medici, testis.
Serevvo, testis.
Ego Petrus 00 Henrici scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi et
absolvi.
XLIII.
1196, aprile 30.
Celestino III sottrae la chiesa di S. Prassede dalla sog-
gezione alla chiesa di S. Maria del Reno sotto la quale
era stata posta da papa Anastasio IV, e la concede al cardi-
nale Sifredo ed ai suoi successori nel titolo di S. Prassede.
Questa bolla della quale è perduto l'originale [A], fu inserita nel Registrum Vallisum-
brosae, e. 2o6, che era in S. Prassede, ma ora è perduto [B]. Da B la trascrisse Corn.
Margarini, Thesaurus historicus in arch. Vatic. arm. LIV, III, e. 584ASgg. [C]. Essa fu
inserita, ma senza la datazione, in una bolla d' Innocenzo III per la quale vedi più in-
nanzi n. XLiv.
C. CocauELiNES, 5tt//ar««w l?ow(iw«/m, Romae, 1750,111,60, «ex archivio Vaticano»,
forse da C; Io. Lamius, Deliciae erudttorum, Florentiae, 1737, III, 227, senza citazione
di fonte, e con la data del pontificato «anno .iv. », invece di «anno .vi.»; Migne, Pa-
trologia latina, COVI, 1069, dal Lami; Bullarium Vaìlumbrosanuin, Florentiae, 1729, p. 85
nella bolla d'Innocenzo III. Regesto in Jaffé, n. 10506; Jaffé-Loewenfeld, n. 17194
con la data del X195.
Pongo a base della edizione il testo di C, riportando le varianti del CocavEi-iNES [D]
e del Lami [E]. Altra copia manoscritta di questo documento trovasi, per indicazione cor-
tese del Kehr, nel collegio di S. Giuseppe a Pescia, ma non potei consultarla.
Coelestinus (b) episcopus servus servorum Dei. Dilecto filio Si-
phredo (0 tituli Sanctae Praxedis presbytero («J) cardinali salutem et
apostolicam benedictionem. Cum (e) ex iniuncto quod licet indigni
gerimus apostolatus officio nobis immineat omnium ecclesiarum soli-
citudinemCO gerere, ad eas tenemur oculos specialitcr(g) paternae pro-
(a) Petrus in monogramma. (b) E Caelestinus (e) D Sifredo (d) C pres-
bitero (e) E quum (f ) D E sollicitudincm (g) E specialiter oculos
78 T. fedele
vistonis extendere quae in Urbe positae ad nos specialius spectare
noscuntur, et ad nullum alium sicut condecet habentes respectum pro-
videntiae nostrae et curam speciali quadam praerogativa expectave-
runt (•■') et expectant favorabilis subventionis auxilium. Cum (b) igitur
eccclesia Beatae Praxedis priori et fratribus Sanctae Mariae de Rheno
per bonae memoriae Anastasium antecessorem npstrum olirti ordi-
nanda et disponenda commissa fuisset ut ordo canoniciis per eos in ea
perpetuis temporibus servaretur illaesus, deficiente tandem in ipsa re-
lig!onis vigore, et per incuriam (0 fratrum qui in eadem deservierant,
usurariis debitis enormiter excrescentibus, instantius nobis et saepius
postulasti ut reparationi eiusdem ecclesiae paterna solicitudine debe-
remus intendere et providere cautius ne ad extremam exinanitionem
deducta cogeretur omnimodis expirare C'i). Tuìs igitur instantissimis
postulationibus, prout debuimus, annuentes per fratres nostros ad ec-
clesiam supradictam descendimus, et centra nimium defectum quo
laborare dicebatur reparationem necessariam cognoscentes (e), praedi-
ctos priorem et fratres Sanctae Mariae de Rheno per litteras (f ) nostras
commonuimus ut accederent ad praesentiam nostrani de bis quae prae-
diximus responsuri. Quia igitur per annum circiter expectati in bis
quae per suos enormiter acta fuerant, nullum curaverunt emendationis
remedium adhibere, nos sicut nec debuimus nolentes ut saepe dieta
.ecclesia tani in spiritualibus quam in temporalibus prorsus extenuata
deficeret, ipsani de communi Consilio omnium fratrum nostrorum ab omni
cura ordinatione subiectione et obedientia saepedictorum fratrum et ec-
clesiae Sanctae Praxedis (g) eisdeni ab Ecclesia Romana indulta fuerant,
ut oninem ordinationem quam in ea fecerant (h), decernentes in po-
sterum virìbus (0 omnino carere, ipsani tibi et successoribus tuis dispo-
nendi et ordinandi tam in temporalibus quam in spiritualibus liberam
concedimus auctoritate apostolica facultatem. Decernimus ergo ut nulli
omnino hominum liceat hanc (k) paginam nostrae constitutionis et con-
cessionis infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc
attentare praesumpserit, indignationem omnipotentis Dei et(0 beato-
rum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum. Datum
Laterani secundo kalendas niartii, pontificatus nostri anno .vi. (™).
(a) E expectaverit (b) E qiium (e) CD E iniuriam (d) E expectare
(e) E dicebatur necessarium cognoscentes (f) C litcras (g) C Sanctae Mariae Praxe-
dis (h) E quae in ea fuerant (i) C E iuribus (k) C han (1) D ac
(m) E anno IV
Tabularìum S. T^raxedis 79
XLIV.
II 98, giugno 30.
Innocenzo III, riconfermando la bolla precedente di Ce-
lestino III, concede, a preghiera del cardinal Sifredo, la
chiesa di S. Prassede ai monaci Vallombrosani, ed ordina
che due parti dei possedimenti di S. Primo ed « in Pom-
(( peio » e delle altre rendite della chiesa spettino ai mo-
naci stessi.
Copia dal Regislrum Fallisumbrosanum, ora perduto, e. 214 [B], in Margarini, arch.
Vat. arm. LIV, 111, e. 593 a sgg. [C].
Bullarium Vallumbrosanum, Florentiae, 1729, p. 85 sgg. [D]. Transunto con la data
errata del 2 giugno, e riportandovisi tutte le sottoscrizioni dei cardinali in Davanzati,
Notizie al pellegrino della basilica di S. Prassede, Roma, 1725, p. 522, I! documento non
è registrato dal Potthast.
Riproduco per la presente edizione il testo di C più corretto, notando la varianti di D.
Innocentius episcopus servus servorum Dei. Dilectis filiis Mar-
lino abbati monasterii Vallisumbrosae eiusque fratribus tam prae-
sentibus quam futuris regularem vitam professis in perpetuum. Decor
domus Domini diligendus est et locus habitationis glori? eius, attenta
diligentia et reverentia, honorandus. Ecclesia namque Dei quae non
sine multo (*) sudore et labore peregrinatur in terris prò illius amore
et desiderio quae perpetuis et inconcussis gaudiorum pr^miis fruetur
in caelis (t"), religiosas personas quae famulatui Conditoris nostri man-
cipatae sùnt, attentius reveretur et diligit. Nosque quibus a provisore
omnium bonorum Domino universalis Ecclesiae cura, ipso disponente,
commissa est, beneplacentem Deo religiohem prò nostri offici! debito
laboramus statuere et stabilitam, exacta diligentia, conservare, maxime
in urbe Romana in qua sicut antiquitus caput totius erroris fuerat,
ita nimirum christianitatis tempore dignum (^) est ut in ea totius san-
ctitatis lumen effulgeat. Sane a C'^) memoria nostra non exciditur (<=)
qualiter bonae memoriae Caelestinus papa III praèdecessor noster ec-
clesiam Beatae Praxedis quae olim per beatae recordationis Anastasium
papam IIII (f ) fuerat ecclesiae Sanctae Mariae de Rheno concessa, ita
quod ordo canonicus per (g) priorem et fratres eiusdem ecclesiae in
praenominata ecclesia Beatae Praxedis institueretur et perpetuis tem-
poribus servaretur illaesus, propter defectum religionis et multimoda
(a) In C inanca multo (b) D celis (e) D signum ("d) D sancta (e) (."
cxccditur (f) D C per evidente errore IH (g) In D manca per
8o T, Jedele
gravamina quibus per insolentiam praedictorum fratrum qui deservie-
rant in ea, multipliciter subiacebat, ab omni cura ordinatione subiectione
atque obedientia ipsorum de communi Consilio fratrum suorum exe-
mit, et dilecto filio nostro Siphredo eiusdem ecclesiae cardinali et
eius successoribus ordinandam disponendamque tam in temporalibus
quam in («) spiritualibus liberam concessit, auctoritate (b) apostolica,
facultatem. Ad cuius rei evidentiam pleniorem literas pr^taxatae i^)
exemptionis i^), de verbo ad verbum, huic nostrae duximus paginae
inserendas. Quarum tenor talis est : Coelestinvs episcopus &c. (e),
lam dictus (0 itaque cardinalis manus mittens ad fortia et de animae
suae salute sollicitus, oculos ad arctioris religionis vigorem extendens
nobis et fratribus nostris instantissime supplicavit ut in saepe dieta
ecclesia Sanctae Praxedis religionem vestri ordinis admittere debere-
mus per vos instituendam et perpetuis temporibus inviolabiliter con-
servandam. Cuius igitur precibus inclinati et intuitu religionis inducti
vobis eam ordinandam disponendamque committimus, statuentes de
communi fratrum nostrorum Consilio ut ordo monasticus in ea per
vos, Deo authore, instituatur et iuxta (g) constitutionem et observan-
tiam vestri ordinis, perpetuis ibidem temporibus inviolabiliter obser-
vetur ita videlicet ut octo ad minus fratres ibi iugiter debeant Domino
deservire, si ecclesiae suppetant C^) facultates. Abbas quoque iuxta quod
abbates in ordine vestro eligi consueverunt, authore Domino, in ipsa
ecclesia eligatur. Electus vero cardinali (0 qui in ea prò tempore fuerit,
confìrmandus et ìnstituendus repraesentetur, cui obedientiam {^) salva
vestri ordinis disciplina repromittere teneatur ; vobis quoque secundum
consuetudinem abbatum vestri ordinis obedientiam repromittat. Ad
haec duas partes communium possessionum quas dieta ecclesia in
praesentiarum (') apud Sanctum Primum et in Pompeio vel alibi ra-
tionabiliter possidet, vinearum quoque, pensionum atque oblationum
quae ad eamdem ecclesiam pertinent, vel in posterum eidem, Domino
authore, obvenerint, iuxta ("0 dispositionem praedicti filli nostri Siphredi
cardinalis, monachis vestris in eadem ecclesia commorantibus confir-
mamus quamdiu monasticus ordo iuxta (") beati Benedicti regulam et
vestri ordinis instituta in loco ipso, Domino praestante, viguerit. Quas
nec vobis nec fratribus vestris in eadem ecclesia (o) commorantibus (p)
vendere vel permutare, locare vel infeudare seu pignorare vel quoquo ('i)
(a) In D manca in (b) D authoritate (e) D quae taxatae (d) D exentionis
(e) Segue il testo della bolla di Celestino III, identico a quello già dato da noi fino ad se
noverit incursurum , mancandovi la datazione. (f) C dicti (g) D iustam (h) D
superant (i) C D cardinalis (k) C obedientia (1) In C manca in praesentiarum
(ra) D iustam (n) D insta (o) In C manca ecclesia (p) In C commorantibus
confirmamus (q) D quoque
Tabu la r ili m S. Traxedts 8i
modo alienare, sed nec etiam debita graviora ultra decem libras in
anno contrahere liceat sine licentia et assensu cardinalis qui in ea
prò tempore fuerit, vel Romani pontificis aut eius vicarii, cum ecclesia
ipsa vacare contigerit. Decernimus ergo ut nulli omnino hominum fas
sit huius nostrae constitutionis et confìrmationis paginam temerario
ausu infringere seu quibuslibet molestiis perturbare, salva Sedis aposto-
lice authoritate (a) et iam dicti cardinalis et successorum eius canonica
et debita reverentia. Si quis igitur id attentare praesumpserit, secundo
tertiove commonitus, nisi praesumptionem suam digna satisfactione
correxerit, honoris et offici! sui periculum patiatur aut excommunica-
tionis poena multetur. Amen, amen, amen.
Signum pape Innocenti! Ili : « fac mecum Domine signum in bo-
num «(b).
Ego Innocentius catholicae Ecclesiae episcopus ss.
Ego Octavianus Hostiensis et Velletrensis episcopus ss.
Ego Petrus Portuensis et S. Rufinae episcopus ss.
Ego lohannes tit, S. Clementis card. Viterb. et Tuscul. (0 episco-
pus ss. W.
Ego Petrus tit. S. Caeciliae presb. card. ss.
Ego Guido S. Mariae Transtyberim tit. Calisti (0 presb. card. ss.
Ego Ugo presb card. S. Marci tit. Equitii ss.
Ego Siphredus tit. S. Praxedis presb. card. ss.
Ego Gratianus Ss. Cosmae et Damiani diac. card. ss.
Ego Gerardus S. Adriani diac. card. ss.
Ego Gregorius S. Mariae in Aquiro diac. card. ss.
Ego Gregorius S. Georgiì ad Velum aureum diac card. ss.
Ego Nicolaus S. Mariae in Cosmedin diac. card. ss.
Ego Gregorius S. Angeli diac. card. ss.
Ego Petrus S. Mariae in Via Lata diac. card. ss.
Ego Centius S. Luciae in Orhea (0 diac. card. ss.
Datum Romae apud S. Petrum per manum Rainaldi, domini papae
notarli cancellarli vicesgerentis (g) .ii. kal. iulii, indictione .i., incarna-
tionis dominicae anno .Mcxcviii., pontifìcatus vero domini Innocenti!
papae tertii anno primo.
(a) D auctoritatc (b) In C mancano tulle le parole Signum - in bomim (e) D
Tuscanus (d) In D questa soitoscriiione é posta dopo la sottoscrizione seguente. (e) C
et Callisti (f) D Orshea (g) D vices.igentis
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII.
82 "P. Jedele
XLV.
1200, decembre 12.
Romano, abate di S. Prassede, concede in enfiteusi per-
petua a Berardo « de Nerule » un pezzo di terra da ridursi
a vigna fuori della porta Nomentana « in Aqua Tutia » .
Originale [A]. Transunti da A in cod. Vat. lat. 7928, e. 220; cod. Vallic. T, 82,
e. 112; cod. Barb. lat. 2375, e. 252; cod. Ottobon. lat. 2548, B, e. 264.
Sul verso di mano del secolo xiii : « Cartula locationis vince Aquetuzie de Berardo
« de Nerule » .
I. [ST] In nomine Domini. Anno tertio pontifìcatus vero domni
Innocentii tertii pape, indictione quarta, mense decembris («), die
2. .XII. Ego quidem Romanus Dei gratia abbas tituli Sancte Praxedis
hac presenti die et ex precepto 3. et mandato domni Siffredi pre-
sbiteri cardinalis eiusdem ecclesie et consensu et voluntate omnium
monachorum 4. et fratrum meorum eiusdem ecclesie, scilicet pre-
sbiteri Benedicti et Antonii et Salvi et Pascalis et presbiteri Petri
5. yconomi et aliorum, propria et spontanea nostra bona voluntate,
locamus adque concedimus tibi Berardo de Nerule 6. tuisque he-
redibus ac successoribus secundum tenorem subscriptum in perpetuum.
Idest unum petium 7. terre sementaricie ad unam petiam vince
ibidem pastinandum plus vel minus cum vasca et vascali et 8. cum
puteo communi Inter te et alios nostros conductores, cum introitu et
exitu suo et cum omnibus 9. suis pertinentiis. Positum extra por-
tam Numentanam in Aqua Tutia, inter hos fines : a primo latere
IO. tenet Johannes Guilielmi nostri iuris, a secundo Sanctus Abbacirus
et Piniola, a tertio et 11. a quarto nos tenemus: iuris domimi (b) no-
stre ecclesie. Ad tenendum, colendum, pastinandum, meliorandum,
12. propaginandum, cultandum et bene laborandum, utendum, fruen-
dum, et sicut dictum est in perpetuum 13. possidendum; et hinc
ad quadtuor annos nichil nobis reddatis, in quinto vero anno et
14. deinde in antea omni anno tempore vindemiarum (0 reddatis nobis
nostrisque successoribus quartam 15. partem totius musti mundi
et acquati quod de dieta vinea habucritis, et unum canistrum 16. iu-
stum de uvis quod iA) sit in circuitu quinque palmorum et duorum in
fundo et unius 17. m altum, et quadtuor provisinos senatus prò
vascatico, et de arboribus qui ibidem sunt et de quibus ibi 18. po-
sueritis vel allevaveritis, quartam nobis detis. Et si inveneritis ibi
(a) decct) (b) don (e) vindem (d) q
Tabnlarium S. T^raxedis 8j
aurum, 19. argeiitum, ferrum, plumbum vel aliud aliquid valens
plus quam .xii. denari! papienses, medietatem 20. nobis detis, alia
medietas vestra sit. Et si per ostem publicum seu celi plagani 21. aut
vestram neglegentiam in desertum ierit, et per spatium trium annorum
releva 22. ta non fuerit piena fructibus, nostre ecclesie revertatur.
Nulli alii ecclesie 23. vel pio loco seu potenti persone aliquo modo
eam detis vel relinquatis aut 24. concedatis. Et si vendere vel pi-
gnorare eam volueritis, prius nobis nostrisque sue 25. cessoribus
vendatis vel pignoretis in eo pretio vel mutuo quod ab aliquo inde
26. habere potueritis (•''), comminus (b) in vcnditione quinque solido-
rum (^") provisinorum senatus per petiam; si sic emere vel 27. in
pignore accipere noluerimus, vendatis vel pignoretis eam nostro con-
sensu tali per 28. sone que nobis placeat sine malitia que omnia
que vos debetis, nostre ecclesie 29. adimpleat et persolvat, et tunc
de venditione dictum comminus nobis detis. 30. Nos igitur prò
nobis et successoribus nostris promittimus omnia que dieta sunt obser-
vare et 31. dictam locationem ab omni homine et, omni loco de-^
fendere si opus et necesse fuerit; tu 32. et heredes tui omnia que
dieta sunt, nostre ecclesie adimpleatis. Si qua vero 33. pars contra
tenores huius cartule venire temptaverit, componat alteri parti fi
34. dem servanti prò pena duas boni auri uneias, et, soluta pena, car-
tula hee 35. firma permaneat. Quam scribendam rogavi Nicolaum
scriniarium sanete Romane Ecclesie in mense et indictione suprascripta
quarta. Signum ^ manus dictorum rogatorum cartule huius rogato-
rum ('1).
Stetanus Paparone, testis. Storius Petri Rubei, testis. Johannes
Berardi, testis. Angelus Denarii, testis. Angelus Rubei, testis.
[ST] Ego Nicolaus Dei gratia sanete Romane Ecclesie scriniarius com-
pievi et absolvi.
XLVI.
1200, deeembre 12.
Romano, abate di S. Prassede, concede in enfiteusi per-
petua a Tascone un pezzo di terra da ridursi a vigna, fuori
della porta Nomcntana « in Aqua Tuzia ».
Originale [A].
Sul verso di mano del secolo mii : « Cartula vince de Aqua Tuxia».
,(a) pot (b) coni (e) sot (d) Così la formili a nel tento.
84 T. Jedele
I. [ST] In nomine Domini. Anno tertio pontificatus vero domni
Innocenti! lertii pape, indictione quarta, mense decembris (a), die .xii.
Ego quidem 2. Romanus Dei gratia abbas tituli (b) Sancte Praxedis
hac presenti die ex precepto et mandato domni Sofìfredi (0 presbiteri
3. cardinalis eiusdem ecclesie et consensu et voluntate omnium mo-
nachorum et fratrum meorum eiusdem ecclesie, scilicet Benedicti pre-
sbiteri, 4. Antonii^et Salvi et Pascalis et presbiteri Petri yconomi
et aliorum, propria et spontanea nostra bona voluntate lo 5. camus
adque concedimus tibi Tasconi tuisque heredibus ac successoribus
secundum tenorerh subscriptum 6. in perpetuum. Idest unum pe-
tium terre sementaricie ad unam petiam vinee ibidem pastinandum
plus vel minus cuni vasca 7. et vascali et cum puteo communi
inter te et alios nostros conductores, cum introitu et exitu suo et cum
omnibus 8. suis pertinentiis. Positum extra portam Numentanam
in Aqua Tuzia, inter hos fìnes : a primo latere est 9. viculus com-
munis, a secundo Gregorius lohannis Sorici, a tertio Angelus Perosci-
nus, a quarto nos tenemus: io. iuris dominii (<i) nostre ecclesie. Ad
tenendum, colendum, pastinandum, meliorandum, propaginandum, cul-
tandum et bene laborandum, 11. utendum, fruendum et sicut dictum
est in perpetuum possidendum, et bine ad quadtuor annos nichil nobis
reddendum, 12. in quinto vero anno et deinde in antea omni anno
tempore vindemiarum reddatis nobis nostrisque successo 13. ribus
quartam partem totius musti mundi et acquati quod de dieta vinea
habueritis (e), et unum canistrum 14. iustum de uvis quod (0 sit
in circuitu quinque palmorum et duorum in fundo et unius in altum,
et quad 15. tuor provisinos senatus prò vascatico, et de arboribus
qui ibidem sunt et de quibus ibi posueritis vel alleva 16. veritis, quar-
tam nobis detis. Et si inveneritis ibi aurum, argentum, ferrum, plum-
bum vel 17. aliud aliquid valens plus quam .xii. denarii papienses,
medietatem nobis detis, alia medietas vestra sit. 18. Et si per ostem
publicum seu celi plagam aut vestram neglegentiam in desertum ierit (g>
19. et per spatium trium annorum relevata non fuerit piena fructibus^
nostre ecclesie revertatur. 20. Nulli alii ecclesie vel pio loco seu po-
tenti persone aliquo modo eam detis vel re 21. linquatis aut con-
cedatis. Et si vendere vel pignorare eam volueritis, prius nobis nostris
22. que successoribus vendatis vel pignoretis in eo pretio vel mutuo
quod ab aliquo inde habere 23. potueritis (ii), comminus in venditione
quinque solidorum (0 provisinorum senatus ad rationem petie. Si sic
(a) deceb (b) titu ài tituli su rasura. (e) Così nel testo per Siffredi (d) don
(e) haD (f) q (g) Ad ierit seguono le favole et per cancellate da prima mano.
(h) pot (i) soì
Tabularium S. ^raxedis 85
cmere vel 24. in pignore accipere noluerimus, vendatis vel pignorctis
eam nostro consensu tali persone que nobis 2$. placeat sine malitia,
que omnia que vos debetis, nostre ecclesie adimpleat et persolvat, et tunc
26. de venditione dictum comminus nobis detis. Nos igitur prò nobis
et successoribus nostris 27. promittimus omnia que dieta sunt ob-
servare et dictam locationem ab omni homine et omni loco defen-
dere, 28. si opus et necesse fuerit ; tu et heredes tui omnia que dieta
sunt, nostre ecclesie adimple 29. atis. Si qua vero pars contra te-
nores huius cartule venire temptaverit, componat alteri 30. parti
fidem servanti prò pena duas boni auri uncias, et, soluta pena, cartola
hec 3 r . firma permaneat. Quani scribendam rogavi Nicolaum scri-
niarium sancte Romane Ecclesie 32. in mense et indictione supra-
scripta quarta. Signum >^ manus dictorum rogatorum cartule huius
rogatorum (»).
Stefanus Paparone, testis. Storius Petri Rubei, testis.
Angelus Denarii, testis. Angelus Rubei, testis.
lobannes Berardi, testis.
[STJ Ego Nicolaus Dei gratia sancte Romane Ecclesie scriniarius com-
pievi et absolvi.
XLVII.
1203, decembre 7 (0.
Anno .VI. pontificatus Innocenti! Ili, indictione .vii., mense de-
cembris, die .vii. Ego lohannes rector ecclesie Sancte Praxedis, consensu
monachorum, scilicet Roberti, Angeli, Pas[calis], Benedicti, leronimi,
Antonii et Cesarli et Petri yconomi, locamus tibi Girardo Franconis
unam petiam vinealis extra portam Numentanam ad Aquam Tutiam.
A .1. latere tenet lohannes Berardi nostri iuris, a .11. Nicolaus Piniole,
a duobus [aliis lateribus] est via communis et nos tenemus. Et omni anno
tempore vindemiarum reddatis quartam partem totius musti mundi et
acquati et unum canistrum iustum de uvis et quadtuor provisinos sena-
tus prò vascatico: et de arboribus qui ibi sunt, medietatem; de quibus
ibi posueritis vel allevaveritis, quartam nobis detis. Testes : lohannes
Paramanu, lohannes Berardi, Paulus de Girardo, Benedictus conversus.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius.
(a) Cosi la formula nel lesto.
(i) Secondo le consuetudini della R. Società romana di storia pa-
tria, pubblico in estratto i documenti posteriori all'anno 1200, avver-
tendo che nella pubblicazione seguo fedelmente il testo dal quale sono
tolte soltanto le formule.
8^ T. Jedele
XLVIIL
120$, agosto 12.
Anno .vili. Innocenti! Ili, indictione .viii., mense augusti, die .xii.
Ego Johannes Berardi de Nerule cum consensu domni lohannis rectoris
ecclesie Sancte Praxedis habentis prò comminu quinque solidos provi -
sinorum senatus vendo Ascaro unam petiam vinee extra portam
Numentanam ad Aquam Tuziam. A .i. latere tenet Albericus, a .ii.
Johannes Guilielmi, a .in. ecclesia Sancti Abbaciri et Piniola, a .mi.
ecclesia Sancte Praxedis. Pro .x. solidis provisinorum senatus, salvo
iure et redditu ecclesie Sancte Praxedis. Et ego Maria uxor lohannis
Berardi huic venditioni consentio. Testes : Ronianus Grece, lohannes
Berardi, lordanus, Leonardus, Alexius magistri Rainaldi.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius.
XLIX.
1209, febbraio 4.
Anno .XII. Innocenti! Ili, indictione .xii., mense februarii, die .1111.
Ego lohannes abbas Sancte Praxedis, consensu monachorum scilicet Ro-
berti, Benedicti et aliorum, locamus tibi Romano de Greca, vita tua et tuis
legitimis fìliis ac filiabus et nepotibus ac neptibus ex filiis tuis natis
tantum, unam domum positam Rome in regione nostre ecclesie. A .1. la-
tere tenet Bartholomeus cocus, a .11. et a .111. est ortus nostre ecclesie,
a .IV. via publica. Et omni anno in festo sancte Praxedis detis qua-
tuor provisinos senatus. Tali conditione dictam locationem tibi facimus
ut vos claudatis dictam domum tali modo ut non habeamus aliquod
damnum in rebus nostris per vestram domum. Testes : lohannes Sar-
racenus, Guido Loffrede, Gaudente, Leonardus Duragere, Marcus.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius.
L.
1209, marzo 23.
Anno dominice incarnationis .mccviiil, anno .xii. Innocenti! tertii,
mensis marti! die .xxiii. Ego Petrus yconomus Sancti Marci, consen-
tientibus clericis diete ecclesie, lohanne Demetrii priore, presbytero Sil-
vestro, Nicolao Damangii, Tarragone, Angelo, lohanne Angeli, Lo-
caro, per arbitrium dicti Nicolai Damangii et lohannis Angeli qui
fuerunt electi arbitri ab utraque parte, loco tibi Henrico Petri de
Tabularium S. T^raxedis 87
Scere in perpetuum unum vìneale in Aqua Tucza. A .1. latere tenet
monasterium Sancte Agnetis, a .11. ecclesia Sancti Ciriaci in Thermis,
a .III. est via Oratoria qua itur per Aquam Tuczam et per canpum Sancti
Laureiitii de Miranda, a .1111, tenet Gregorius lohannis Soricis et tu
ipse, Hanc locationem et concessionem facio prò eo quod das no-
bis .XXVIII. solidos bonorum provisinorum senatus, minus .111. pro-
visinis. Et omni anno reddatis diete ecclesìe Sancti Marci in festo
sancti Marci .111. bernenses, et nunc recipimus prò pensione quingen-
torum annorum .xxxi. solidos provisinorum senatus. Testes : Angelus
Henrici, Romanus Petri Farolfi, Oddo Cinthii, Sebastianus filius Se-
bastiani.
Johannes Petri sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LI.
1209, agosto 16.
Anno .XII. Innocentii III, indictione .xii., mense augusti, die .xvi.
Ego lohannes Guilielmi cum consensu Benecase uxoris mee, et ego
Romana uxor quondam Asscari et Erminia filia mea cum consensu
domni lohannis abbatis Sancte Praxedis prò comminu habentis .v. sohdos
"honorum provisinorum senatus, vendimus tibi Benedicto molinario unam
petiam vinee cum vassca et vasscali de qua quidem vinea et vasca ego
lohannes vendo tibi medietatem, et ego Romana alteram medietatem,
cum puteo communi inter te et alios conductores diete ecclesie, cum
introitu et exitu suo per viculum qui est iusta vineam heredum Sas-
sonis Rusticelli et Theodori, positam extra portam Numentanam ad
Aquam Tutiam. A .1. latere tenent ecclesia Salvatoris in Risile et ec-
clesia Sancti Abbaciry, a tribus aliis lateribus tenet ecclesia Sancte Praxe-
dis. Hanc venditionem facimus prò .xi. solidis bonorum provisinorum
senatus, salvo omni iure et redditu ecclesie Sancte Praxedis cui omni
anno redatis quartam partem totius musti mundi et aquati et unum
canistrum iustum de uvis et .1111. provisinos senatus prò vascatico et
quartam partem de arboribus, Testes : Gualterius Fricanulla, Silvester,
Romanus Calisonis, lohannes Aginelli.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LII.
12 12, agosto 12.
Anno .XV. Innocentii III, indictione .xv., mense augusti, die .xii.
Ego Domna uxor quondam Nicolay Bobonis avia et tutris Er-
minie filie quondam Ascari cum consensu domni Orlandi abatis San-
88 T. Jedele
cte Praxedis habentis prò comminu .v. solidos honorum provisinorum
scnatus, prò me et prò dieta pupilla vendo Nicolao Bufo unam petiam
vinee desertam extra portam Numentanam in Aqua Tutia. A .iii. la-
teribus tenet dieta ecclesia, a .mi. Sanctus Abbaccirus et Piniola. Hanc
venditioneni facio prò .xv. solidis bonorum provisinorum senatus de
quibus do .v. solidos dicto abati prò comminu, alios expendo prò uti-
litate diete pupille. Et ideo dieta vinea vendita fuit quia in desertum
ibat et eam laborare non volebamus propter onus paupertatis. Omni
anno redatis ecclesie Sancte Praxedis quartam partem totius musti
mundi et aquati et unum canistrum iustum de uvis, et quadtuor pro-
visinos senatus prò vaseatico et de arboribus quartam. Testes: Johannes
Britii, Johannes Bomese, Bertoldus, domnus Robertus.
Nicolaus sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LUI.
1222, settembre 3.
Anno dominice incarnationis .mccxxil, anno .11. regnante Fride-
rico Romanorum imperatore, indietione .xi., mensis septembris die .111.
Ego Nicolaus Cellus cum consensu domni Geronimi abbatis San-
cte Praxedis et Pasealis camerario, lohannis presbiteri. Boni et aliorum,'
habentium prò comminu .v. solidos provisinorum senatus et cum con-
sensu uxoris mee Bone vendo et per Robertum Apulum meum procu-
ratorem corporaliter investiens trado tibi Plebano Picalotto unam pe-
tiam vinee ad quartam reddendum ecclesie Sancte Praxedis, extra
portam Numentanam in contrada que vocatur Aquam Tuziam sive
Sectem Tabulas. A .1. latere et .11. sunt vie, una publiea, altera est vi-
colus vicinalis quem pergit ad puteum et per alias vineas diete ecclesie
et ad istam vineam, et .111. Petrus Bufo, .1111. Petrus Rubeus. Hanc
venditionem facio prò .vii. libris provisinorum senatus et quinque so-
lidis. Testes : frater Petrus, Uvolinus («).
Rainaldus Girardi sacri Romani imperii scriniarius.
LIV.
1223, marzo 12,
Anno dominice incarnationis .mccxxiii., anno .111. regnante domno
Friderico Romanorum imperatore, indietione .xi., mensis martii die .xii.
Cum consensu Marzueli qui vocatur Bartholomeus Alexoli et Marzue-
(a) La pergamena fu lagìiala nel margine inferiore. Desumo dal testo del documento il
nome dello scriniario.
Tabularium S. T^raxedis 89
lus, et cum consensu uxoris sue Marie et nurus sue Benencase, nos
Geronimus abbas Sancte Praxedis, cum consensu monachorum, lohannis
presbiteri, Boni presbiteri, Pascalis et aliorum locamus tibi Oddoni Sasso-
nis in perpetuum unam petiam vinee que est actata iuxta vineam Andree
Donadei, extra portam Numentanam, ad Sectem Tabulas. A .1. latere
Gregorius lohannis Soricis, a .11. heredes Henrici de Scere, a .111. et .1111.
nostra ecclesia. Hanc locationem facimus prò .ex. solidis provisinorum
senatus quos damus dicto Marzuelo, uxori sue et nurui sue, quia nobis
ipsam vineam et locationem renuntiant et refutant. Et omni anno
reddas quartam partem musti et unum canistrum de uvis et .1111. pro-
visinos senatus prò vascatico. Testes : frater Guidus, magister Johan-
nes, lanninus, Tomasius Aczonis Nicolai.
Rainaldus Girardi sacri Romani imperii scriniarius.
LV.
1223, settembre 12.
Anno dominice incarnationis .Mccxxiii., anno .111. regnante Fri-
derico Romanorum imperatore, indictione .xii., mensis septembris
die .XII. Cum consensu domni abbatis Sancte Praxedis et aliorum fra-
trum, Pascalis, presbiteri Boni, fratris Bonfanti et alteri Boni, presbiteri
Martini et aliorum, habens (a) prò comminu .v. solidos provisinorum
senatus, et cum consensu lohannis Capomaczi soceri mei, renuntiantis
omne ius dotis donationis filie sue Bone, ego Petrus Bufo vendo tibi
Petro Sassonis unam petiam vinee cum parte de vasca et de vascali
suo, illius que est iuxta vineam Andree Donadei, inter fractas, et modo
acttata C-^) est, extra portam Numentanam ad Secttem (a) Tabulas. A .1. la-
tere presbiter Petrus Salvatoris de Cornutis et ecclesia Sancti Abba-
ceri, .11. Andreas de Gualterolo, .111. Andreas Donadei, .1111. Johannes
Velletranus et via de dieta vinca, et est alia via eundi ad dictam va-
scam inter lohannem Velletranum et Andream Donadei. Hanc vendi-
tionem facio prò .l. solidis provisinorum senatus, salvo iure San-
cte Praxedis ad quam reddes quartam partem musti et unum canistrum
de uvis. Testes : Rainaldus de Petro, Lockese, Parente.
^ Rainaldus Girardi sacri Romani imperii scriniarius.
LVI.
1224, decembre io.
Anno .villi. Honorii III, indictione .xiii., mense decembris, die .x.
Ego Petrus Sassonis Buccocii, consensu Agnetis uxoris mee, in pignus
(a) Cosi nel testo.
9Ò "P. Jedele
pono et obligo libi Stefano Romani Baruncii duas petias vinearum
extra portam Numentanam ad Aquam Tuctiam. A .i, latere est via
publica, a .11. tenet Andreas Oddolini, a .111. presbiter Petrus de Ca-
ballo, a .1111. tenet Belletranus. Hoc pignus tibi facio, prò eo quod re-
cipio a te mutuo sine usura hinc ad proximum festum sancte Marie
de augusto .xx. libras bonorum provisinorum senatus. Quam pecu-
niam si hinc ad dictum festum solverò, cartula hec vacua sit, et incisa
una cum pignore ad me revertat ; sin autem, tua auctoritate recipias
et tollas medietatem musti quod exierit de dictis vineis, salva quarta
monasterii Sancte Prassetis, quo musto a te recepto prò lucro dicti
pretii. Si hinc ad unum annum ego vel heredes mei solverimus dictam
pecuniam, pignus hoc penitus evacuetur, alioquin habeas dictas vineas
iure emptionis, iusto pretio tunc extimandas, salva quarta dicto mo-
nasterio, et salvo tamen tibi, si minus de dictis .xx. libris diete vinee
extimate vel arbitrate fuerint, quantum minus arbitrate fuerint, tantum
habeas potestatem vindicandi in domo mea de Carnario quam nunc
habito. Testes : Stefanus Buccapiscis, Johannes Sinibaldi (0, Gualterius
de Luco, Fetatantus, Todinus.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LVIL
1225, gennaio 2.
Anno Domini .mccxxv., regnante Frederico Romanorum impera-
tore anno eius quinto, indictione .xiii., mensis ianuarii die .11. Ego An-
gnes uxor quondam Loterii Pandulfy refuto tibi dompno Bono monaco
Sancte Praxedis omnem petitionem quam diete ecclesie feci, petii vel
petere possem de quattuor libris provisinorum senatus de mea dote,
de qua dote fui curata et ligata a viro meo super una domo diete
ecclesie, posita in monte Sancte Marie Maioris iuxta portam rencla-
stri Sancte Praxedis, cum intras ad palatium cardinalis. A .1. latere
est porta dieta, .11. murum renelastri, .111. dieta ecclesia, .1111. via pu-
blica. Et domum vobis renuntio, atque refuto et casso instrumenta
mee dotis et donationis propter nuptias et dieta eorum scripta .per
Gregorium de ludiee seriniarium, et eonsilium curie datum a Romano
lohannis presbiteri et ab alio huiusmodi causidicorum, scriptum per
Nieolaum Pauli (b) seriniarium, prò eo quod recipio a te .xxv. solidos
provisinorum senatus, de residuis aliis denariis de mea dote confìtens
in aliis bonis viri mei fore soluta. Testes: Stefanus Romani Varonzii,
(a) La ìettura di Sinibaldi è incerta. (b) Nel testo Pauli pdan seriniarium
Tabulariiim S. T^raxedis 91
Romanus Serranerius (a), Matheus calzolarius a domo lacobi lohannis
Capuzii.
Rainaldus Girardi sacri Romani imperii scriniarius.
LVIII.
1225, febbraio 23.
Anno dominice incarnationis .Mccxxv., regnante Friderico Ro-
manorum inperatore anno eius quinto, indictione .xi[ii., mensis fe]-
bruarii die .xxiii. Nos Sa . . . rus de Ca . . . . lo cum Andrea fìlio meo
vendimus vobis domno Geronimo abbati Sancte Praxedis donium no-
strani solaratam quam habemus in castro Castilione vestre ecclesie,
sicut concluditur inter suos fines, cum muro circumquoque, cum gra-
nario, cum solario et cum plaga ante se, positam in dicto Castilione :
a .1, latere est carbonarius dicti castri, a .11, est plaga * * * (^),
prò eo quod solvis .xx. et .11. libras provisinorum senatus. Ad hec
ego Benedictus de Castilione frater germanus quondam presbiteri lo-
hannis de Castilione promitto vobis domno Geronimo quod si uxor
Sa . . . ri, silicet Maria vel eius filius Andreas de dieta domo litem fa-
cient, et dieta ecclesia in dampnum devenerit, totum dampnum et
expensas vobis reddere promitto in omnibus meis bonis. Et ego di-
ctus Andreas corporaliter iuro omnia predicta observare. Testes: Ro-
manus calzularius de , Johannes Lenti eiusdem castri, Marcus
lohannis b .... ri, Angelus Bartholomei, lacobus de Castilione, Petrus
de Genule, Johannes Pro .... nus.
Rainaldus Girardi sacri Romani imperii scriniarius.
LIX.
1225, settembre.
Anno dominice incarnationis .mccxxv., pontifìcatus Honorii III
anno .x., indictione .xiiii., mense septembrio, die . . . Nos Scotta uxor
quondam Gregorii lohannis ludici? et Paulus Gregorii, mater et filius,
locamus tibi Rainaldo Barberio in perpetuum unani petiam vince cum
parte de vasscali de Munumento subscripto, extra portam Maiorem
ad Monunientum Carucii. A .1. latere tenent heredes Petri ludicis, a .11.
Johannes Alfredus (0 nostri iuris, a .111. Nicolaus lohannis (A) scrinia-
rius, a .1111. est via publica. Hanc locationem facimus prò eo quod
recipimus octo libras honorum provisinorum senatus quas solvimus
(a) Serrancr (b) Lacuna nei testo. (e) Alfreit (d) lohannis t;,. ?
92 T. fedele
lohanni Alfredo prò dieta vinca nobis vendenda. Et omni anno red-
datis quartam partem musti et unum canistrum de uvis; et de arbo-
ribus qui ibi fuerint tempore pastinationis, medietatem; de quibus ibi
posueritis, quartam nobis detis. Testes : Nicolaus lohannis Rainaldi,
Nicolaus Gotifredi, Petrus Pauli Benenate, Paulus frater eius.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LX.
1226, febbraio 8.
Anno Domini .mccxxvi., regnante Friderico Romanorum impe-
ratore anno eius .vi., indictione .xiiii., mensis februarii die .viii. Nos
Geronimus abbas Sancte Praxedis cum consensu monachorum, dompni
Martini camberarii, Pascalis, presbiteri Boni, presbiteri lohannis et
aliorum locamus tibi Cinthio de Amato in perpetuum unum petium
terre, de qua terra unam medietatem debeas pastinare et mediam ad
ortum relinquere. Et in isto anno nomine pensionis reddetis .xii. so-
lidos provisinorum senatus et duos ruclos ceparum, et ab isto anno
in antea in festo sancte Marie de augusto .vii. solidos provisinorum
senatus et unum ruclum ceparum de orto. Positum extra portam Nu-
mentanam in valle de Aqua Tuczia : a .1. latere ecclesia Sancti Lau-
renti en (0 Miranda tenet et Nicolaus Cellus, .11. Petrus Tuzolini,
.III. via Tiburtina. Et hinc ad quinque annos nichil de musto et de
uvis nobis reddes, deinde omni anno quartam partem musti et unum
canistrum de uvis et quattuor provisinos prò vascatico, si reficiemus
et actabimus vascam. Testes: Henricus lohannis Calandre, Stephanus
Climenti (b), Johannes Rofredi, Johannes Guidoctti, Petrulus, Silvester
Retri Mathei.
Rainaldus Girardi sacri Romani imperii scriniarius.
LXI.
1226, settembre 12.
Anno dominice incarnationis .mccxxvi., pontificatus Honorii III
anno .xi., indictione .xv., mense septembris, die .xii. Ego Paulus Gregorii
lohannis ludicis vendo tibi lohanni Sassonis duos petios terre ad unam
petiam vinee pastinandam extra portam Maiorem ad Quatuor Basscas.
Ad unum. petium a .1. latere tenent heredes Nicolai lohannis (0, a .11.
est via, a .11. lateribus tenent fihi Retri ludicis. Fines ad ahum petium
(a) Così nel testo. (b) Climti (e) Nel testo lohannis ty ?
Tabiilarìum S. T^raxedis 93
a ,1. latere tenent dicti filii Petri ludicis, a .ii.dicti filli Petri ludicis
et filii Angeli Carrarii, a .111. est vicolus communis, quartum latus non
habet quia triagula est. Hanc locationem facio prò eo qiiod recipi
.V. solidos honorum provisinorum senatus, tali tenore quod hinc ad
quattuor annos nichil nobis reddatis, deinde reddatis quartam musti
mundi et unum canistrum de uvis, et de arboribus quartam. Testes:
Saracenus, Johannes Nicolai pelliparius, Petrus Henrici, Paulus PauH
Benenate.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXII.
1229 (?), febbraio 28.
Sentenza di Giovanni del Giudice, senatore di Roma,
in flivore della chiesa di S. Prassede e di un tal Tiburtino,
uomo dipendente dall'abate di S. Prassede.
Originale [A]. Copia da A nel cod. Vallicelliano T, 82, e. 112.
La datazione di questo documento è incerta, potendo noi adoprare soltanto due note
cronologiche, l'indizione 11 ed il mese di febbraio. Né con precisione sappiamo quando Gio-
vanni del Giudice tenne l' ufficio di senatore in Roma. Secondo Antonio Vendettini,
Serie cronologica dei senatori di Roma, Roma, 1777, p. 8, egli sarebbe stato senatore nel 1238.
Antonio Vitale, Storia diplomatica dei senatori di Roma, 1791, p. 82, ricorda, citandolo
dal Gigli, nel 121 3 un Giovanni del Giudice senatore di Roma. Un Giovanni del Giudice
fu certamente senatore ai tempi di Gregorio IX. Cf. Muratori, Rer. Ital. Script, l\\,
pars I, p. 582. Ora durante il pontificato di Gregorio IX 1' indizione 11 cade soltanto
nel 1229. Tuttavia pongo con un segno di dubbio questa data tutt'altro che sicura. L' im-
portanza del documento mi consiglia di pubblicarlo integralmente.
I. In nomine Domini. Nos Johannes ludicis Dei gratia alme Urbis
illustris senator, decreto et auctoritate 2. sacri Senatus, constitui-
mus, sanccimus et firmiter ac inrevocabiliter ordinamus ut Pucius
3. Paulus Nicolai Romiti et Nicolaus Adelascie et Gualterius omni
tempore omni die 4. et omni hora teneantur solvere et dare et
reddere abbati Sancte Praxedis et eius yconomo 5. et Tvburtino
.XX. solidos honorum provisinorum senatus et asinum quem abstule-
runt eidem Tyburtino, et alias 6. res aut extimationem ipsarum
sacramento dicti Tyburtini declarandam aut yconomi Sancte Praxe-
dis (0, et expensas quas 7. ammodo fecerint prò ipsa petitione et
rebus recuperandis. Et senatores qui erunt per tempora, co 8, gant
predictos solvere et dare et reddere ipsam petitionem et asinum et
alias res aut ex 9. timationem ipsarum cum expensis factis et fa-
(a) aut yconomi Sancte Praxedis aggiunto alla fine del testo da prima titano.
94 "P- J^dele
ciendis. Hoc ideo facimus quia predicti io. Pucius et Paulus et
Nicolaus et Gualterius ipsum Tyburtinum fidelem dicti abba ii. tis
ceperunt et carcerali custodie manciparunt (0, et ad ultimum vendi-
derunt eum et restitue 12. runt prò .xx. solidis provisinorum iam
dicto abbati, retentis asino et aliis rebus. Precipimus 13. itaque et
presenti sancimus auctoritate ut nullus senator, unus vel plures qui
per tempora erunt, 14. consilium vel Consilia faciendo seu quolibet
alio modo vel ingenio, contra hoc nostrum privile 15. gium venire
vel facere presumant, immo secundum tenorem huius privilegii cogant
predictos 16. dictos .xx. solidos provisinorum et asinum et alias
res aut extimationem ipsarum sacramento dicti 17. Tyburtini de-
clarandam cum expensis reddere et restituere predicto abbati et yco-
nomo 18. et dicto Tyburtino, quia ipsum Tyburtinum fidelem dicti
abbatis, ut dictum est, ceperunt 19. et ad nostrum preceptum red-
dere noluerunt. Si quis vero senator vel iustitiarius contra facere
temp 20. taverit, teneatur solvere nomine pene .1. libram boni
auri cuius medietas sit dicti abbatis et yco 21. nomi et dicti Ty-
burtini, et alia medietas sit Senatus prò muris Urbis ; et, pena soluta,
hoc pri 22, vilegium fìrmum perduret.
Actum indictione .11., mense februario, die ultima.
LXIIL
1230, giugno 4.
Anno dominice incarnatienis .mccxxx., anno .1111. pontificatus
Gregorii Villi, indictione .111., mense iunio, die .1111. Ego Petrus Ni-
colai Capaci (b) obligo et in pignus pono Bonefate karissime uxori
mee hereditatem unius petii vinee in qua vites habet Nicolaus lo-
hannis Nicolai pelliparii, posite in Tertio; a .1. latere tenent Grego-
rius Romanus et ecclesia Sancte Cecihe, a .11. a pede lacobus lohannis
Mastri, a .111. ego idem teneo, a .1111. est viculus: prò .e. solidis ho-
norum provisinorum senatus, quos a te mutuo recepì. Que pecunia in
veritate post hobitum domne * *(>-") olim matris tue tibi pervenit
de bonis suis. Pro lucro huius diete pecunie teneatis et lucremini
dictum pignus donec dieta pecunia cum expensis integre vobis soluta
fuerit. Testes : lohannes scriniarius, Cencius lohannis Gammetorte, Gui-
lielmus lohannis, Matheus lohannis Gualterii.
Raynerius lohannis Egidi i'^) sancte Romane Ecclesie scriniarius.
(a) mancipàr' (b) Capac (e) Lacuna nel testo, (d) Nel testo del documcuio:
Raynerius lohannis Egidi; nella conipletio; Raynerius lohannis
Tabulariiiin S. 'Traxedis 95
LXIV.
1230, novembre 24.
Anno dominice incarnationis .mccxxx., anno .xi. Frederici impe-
ratoris, mense novembris, die .xxiiii. Nos Johannes et Cencius ger-
mani fratres filii olim Gregorii de Bulgaminis inter vivos donamus
donine Frese matri nostre et Nicolao germano nostro duas partes
omnium nostrorum bonorum mobilium et immobilium, retento usu-
fructu tempore vite nostre. Testes: dompnus Guido presbiter ecclesie
S. Marie in Flumine, Matheus diaconus eiusdem ecclesie, Angelus nepos
presbiteri Oddonis, Johannes Ugolini, Johannes bubulcus.
Donadeus sacri Romani imperii scriniarius.
LXV.
1236, febbraio 13.
Anno dominice incarnationis .mccxxxvl, Gregori VJJIJ anno .vini,,
indictione .vini., mense ianuarii, die .xiii. Nos monaci Sancte Praxedis,
Bonus abas, presbiter Johannes, prior Pasqualis, Anestasius, Benignus,
Bonus atque frater lacobus locamus Stefano Clementis unam petiam
vinee inter pastinatam et pastinandam cum medietate de vasca et
vascali quam sortires cum Henrico, et cum parte de fontana, extra
portam Numentanam seu Sancti Laurentii ad Aquam Tutiam. A .1. la-
tere tenet Henricus lohannis Culumere; a .11. Angelus diaconus, a .111.
est vicolus communis quo itur ad fontanam, a .mi. est via publica. Eo
vero tenore quod de vinea pastinata omni anno reddes quartam musti ;
in pastinanda, postquam vindemiam habueris, reddes quartam musti,
et unum canistrum plenum de uvis de tota. Testes : Nicolaus Johannis
Scotte, Johannes Penestrinus, Grifius, Sylvester, Cinthius.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXVI.
1240, agosto 5.
Anno dominice incarnationis .mccxl. , Friderici imperatoris anno .xx.,
indictione .xiii,, mense augusti, die .v. Nos Bona et Constantia uxor
et filia quondam lohannis Damassi, presente I^etro Columpna viro de
me Constantia volente et consentiente, vendimus et per Angelum de
Stephano, nostrum legalem procuratorem, investicntestradimus tibi Pe-
tro Abrunamontis unam petiam vinee cum parte vasce et vascalis, que
9^ T. Jedele
aptata est iuxta vineani Andree Donadei, extra portam Numentanam
ad Settem Tabulas. A .i. latere tenet Reaffrigerìus iuris SanctePraxedis,
a .II. Thomassius (a) iuris ipsius ecclesie, a ,iii. Petrus Mactarone et
Daynensius (b) iuris diete ecclesie, a .mi. est vascalis. Hanc venditionem
lacimus prò eo quod confitemur a te recepisse .ni. libras provisinorum
senatus, et prò eo quod promittis observare omnes tenores cartule
locationis scripte per manum olim Raynaldi Girardi scriniarii de dieta
vinea ecclesie Sancte Praxedis. Testes : Angelus, Johannes Tite, la-
quintus, Angelus de Stephano.
Johannes Henrici sacri Romani imperii scriniarius.
LXVIL
1242, giugno 15.
Anno dominice incarnationis .mccxlil, indictione .xv., mense iunii,
die .XV. Ego Petrus Abrunamontis cum consensu Constantie uxoris
mee, consentientibus etiam monacis Sancte Praxedis, silicet dompno
lacobo, dompno lohanne, fratre Pasquali, fratre Enrico, fratre Bono,
et habentibus prò comminu .v. solidos honorum provisinorum senatus,
vendo tibi Petro Berardi unam petiam vinee extra portam Numentanam,
in via Oratoria. A .1. latere tenet Petrus Macteronis et Daynesius (^)
iuris diete ecclesie, a .11. est vicolus communis quo itur ad puteum,
a .III. tenet Rafrigerius iuris diete ecclesie, a .1111. Thomassus eiusdem
iuris. Hanc venditionem facio prò eo quod recepì a te .vii. libras ho-
norum provisinorum senatus, salvo iure et redditu ecclesie Sancte Praxe-
dis cui reddas omni anno quartam musti et unum canistrum de uvis.
Testes : Marcus de cura Sancte Praxedis, Valentinus, Leonardus Ro-
manus, Matheus Raynaldi.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXVIIL
1244, luglio 17.
Anno dominice incarnationis .mccxliiii., anno .11. Innocenti! IIII,
indictione .11., mensis iuhi die .xvii. Ego Matheus de Cambio, con-
sentientibus monacis Sancte Praxedis, videlicet Rainerio abbate, lohanne
presbitero, lacobo presbitero, fratre Laurentio, Ventura et Petro, et prò
consensu habentibus .v. solidos provisinorum senatus, vendo tibi lohanni
Octinelli ferrarlo unam petiam vinee, cum introhitu et exitu suo per
(a) Thomas;^ (b) Daynen.9 (e) Dayncy
Tabularium S. ^raxedis 97
cancellum quod est in viculo inter vineam Pauli Rubei et vineam Sas-
sonis Cinthii Sassonis, extra portam Numentannm in via Horatoria.
A ,1. latere tenet Leonardus, a .11. Pauliis Rubens, a .111. Angelus ludeus
et Angelus Mancinus, omnia iuris Sancte Praxedis, a .1111. ecclesia
Sanctorum Cyri et lohannis, Hanc venditionem facio prò eo quod
recipio a te .xv. libras provisinorum senatus minus .v. solidos(a). Ec-
clesie Sancte Praxedis onini anno reddatis quartam musti et unum
canistrum uvis plenum. Preterea ego Soffia uxor supradicti Massei et
fìlia Leonardi in hac venditione consentio. Testes: lohannes Lucci,
Cristofonus Bartholomei, lohannes lohannis Bonini, Angelus Mucari.
lohannes Petri (^) sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXIX.
1247, luglio 18.
Anno dominice incarnationis .mccxlvil, Innocentii IIII anno .v.,
mense iulii, die .xviii.. Ego Benedictus Galliola consensu Marie uxoris
mee, consentientibus Thoma (<^) et lohanne dominatoribus vinee subscri-
pte et habentibus prò comminu .v. solidos honorum provisinorum sena-
tus vendo et per Nicolaum Oderiscii a me procuratorem constitutum inve-
stire precipio tibi Matheo Cesarli unam petiani vinee cum quarta parte
de vasca et vascali de Monumento extra portam Maiorem ad Quatuor
Basscas. A .1. latere tenet Nicolaus Oderiscii, a .11, dicti dominatores,
a .III. presbiter Raynaldus, a .1111. presbiter Berardus. Hanc venditionem
fiicio prò eo quod recipio .xl. solidos honorum provisinorum senatus,
que pecunia est de dote lacobe uxoris tue. Thomae (>^) et lohanni red-
datis omni anno quartam musti et unum canistrum de uvis. Testes:
Nicolaus Oderiscii ferrarli, Bartholomeus Mirilie, Gregorius Petri Ram-
berie W, Petrus Madii.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXX.
1247, agosto 26.
Anno dominice incarnationis .mccxlvii., Innocentii UH anno .v.,
indictione .V., mense agusti, die .xxvi. Ego Paulus Petri ludicis iure
cambii atque permutationis concedo vobis Thomae (*-') et lohanni germanis
fratribus filiis quondam Pauli Gregorii lohannis ludicis nepotibus meis,
unum petium de vinea extra portam Maiorem prope Monumentum de
(a) sol (b) Nel testo lohannes Pctrl ; tiellit completi o soltanto lohannes
(e) 'l'hom (d) rabic
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 7
98 T, Jedele
Carucio (•'») in vinca Petronis in valle iusta vineam vestram, A .i. ego
Paulus Petri ludicis tenco aliam vineam meam, a .11. vos tenetis, a .111.
est via qua vadit ad montem Cupolum (b), a .1111. * * (e). Hanc permu-
tationem facio prò eo quod conceditis michi illum petium vinee quem
circa ipSLim Monumentum de Carucio i.'^) habetis cum parte dicti Mo-
numenti dicto petio vinee pertinentis. Et quia petium meum vinee a
me tibi iure cambii concessum melius tuo videtur, idcirco additis
michi .XX. solidos bonorum provisinorum senatus. Testes : Abadengus,
Rao bubulcus, Johannes Leonardi, Johannes lohannis Petri ludicis.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXXI.
1247, settembre 15.
Anno dominice incarnationis .mccxlvil, indictione .v. (^i), mensis
septembris die .xv. Nos Oddo Gregorii de Gallicano et Sibilia uxor
eius adque Angela Andree lohannis Geczii renuntiamus et refutamus
Thomaxio Oddonis Landolfì de Gallicano procuratorio nomine reci-
pienti prò monasterio Sancte Praxedis quatuor .xx. libras et ,vii. libras
provisinorum senatus quas quondam Andreas lohannis Geczii apud
monachos eiusdem ecclesie deposuerat, quia dictas quatuor .xx. et .vii.
libras provisinorum senatus a dictis monacis nomine eorum monasterii
recepimus. Testes : domnus Johannes Matano (e), Egidius domni Cinthii
Malebrance (O , domnus Johannes Abrunamontis, domnus Terriscius.
lacobus ludicis sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXXII.
1247, settembre 25.
Anno dominice incarnationis .mccxlvil, Jnnocentii JJJJ anno qui[nto] ,
indictione .vi., mense septembris, die .xv. Ego Conradus, consensu la-
cobe uxoris mee, coram scriniario et Petro Manno et PetroPaulietTo-
desco, consentientibus monacis Sancte Praxedis, silicet fratre Jacobo,
fratre Pasquale, fratre Laurentio, fratre Petro, et habentibus prò com-
minu .XXX. provisinos senatus, vendo et per Gregorium Malossum(g)
procuratorem investire precipio tibi Johanni Jacobi dimidiam petiam
vinee cum quarta parte de vasca quam sortires cum Thoma (h) fornario
(a) Caruc (b) Cupotu (e) Lacuna nel testo. (d) Poiché in queste carte trovo
costaiiiemente adoperata V indiii^ione del i ' settembre, l' indi:(ione segnata in questo documento
dovrebbe essere VI e non V, se pure questo notaio non segua 1' indi^j^ione del 24 settembre.
(e) Matano 0 Macano ? (f) Malebranc (g) Malos!^ (h) Thom
Tabulariimi S. T^raxedis 99
■et cum Petro Berardi, ad Aquam Tutiam, cum introitu et exitu per
cancellum communem er cum arnario. A .1. latere tenet d[ictus] for-
narius iuris diete ecclesie, a .11. Maybrandus, a .111. Leonardus, a .1111.
£st viculus communis. Hanc venditionemfacio prò eo quodrecipio .1111. li-
bras honorum provisinorum senatus. Ecclesie Sancte Praxedis reddatis
omni anno quartam musti et dimidium canistrum de uvis. Testes:
lacobus Bonus, Johannes Stefani Pauli Agnetis, Todescus, Johannes
Leonardi, Berardus Sancte Praxedis.
Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXXIII.
125 1, aprile 9.
Anno dominice incarnationis .mccll, Innocentii IIII anno .viii.,
indictione .vini., mense aprilis, die .vini. Nos monaci Sancte Praxedis,
silicet Matheus, lacobus, dompnus Laurentius, frater Johannes locamus
tibi Petro Grifi de Caballo unam petiam vinee cum parte de vassca et
de vasscali quam sortires cum Petro de Paccio, cum Angelo Merulupo
et cum Philippe de Arcione, extra portam Sancti Laurentii ad Aquam
Tutiam. A .1. latere tenet Henricus lohannis Columera, a .11. Nicolaus
Thollammi (a), a .111. est via publica, a .1111. est viculus. Recepimus a
te .XX. solidos honorum provisinorum senatus, et omni anno reddatis
nobis quartam musti et unum canistrum de uvis.
[Leo sancte Romane Ecclesie scriniarius] (t').
LXXIV.
1260, maggio I.
Anno nativitatis Domini .mcclx., indictione .111., mense madii,
die .1. Nos Petrus Angeli lohannis Pauli et Paulus clericus ecclesie
S. Heusebii germani fratres vendimus et per lohannem Alberici pro-
curatorem investiri precipimus tibi dompno Gabrieli abbati S. Praxedis
unum casale extra portam Maiorem in loco qui vocatur Quartus et
Balnearia, cum turri incepta ibi existenti et domibus et criptis, Inter
hos fines: a .1. latere tenet domnus Johannes Capucia Mutus, a .11.
ecclesia S. Marie Maioris via mediante ab una parte, a .iv. via publica.
Et quinque petios ortorum positos in eodem vocabulo de Quarto: a
tribus lateribus unius val(;oli dictorum ortorum tene(<^) domnus Johannes
Capucia Mutus, a .1111. est rivus. Fines alterius valsoli dicti orti : a .1. la-
(n) Thollanii (b) La pergamena mutila manca lìl tutto l' escatocoììo. Il confronto
con la scrittura delle altre carte permette d'indicare il nome dello scriniario. (e) Così.
100 T, Jedele
tere et .11. domnus Johannes Capucia dictus, a .111. S. Cesarlus, a .1111.
rivus. Fines alterius valsoli : a duobus lateribus tenet predictus domnus
Johannes, a .111. S. Cesarius, a .1111. est rivus. Fines akerius vainoli
quem tenet Benedictus Mentis S. Adriani : a .1. latere domnus Johannes
predictus, a .11. S. Cesarius, a .111. Benevenuta et Margarita vestri iuris,
a .1111. rivus. Fines akerius valqoH quem tenent Benevenuta et Marga-
rita: a .1. latere Benedictus vestri iuris, a .11. domnus Angelus Capucia
rivo mediante, a .111. S. Cesarius, a .1111. uxor Pauli lohànnis macellarii
et S. Cesarius. Hanc venditionem facimus prò eo quod in presentia
Petri Consolini iudicis et lacobi Consolini iudicis et scriniarii et testium
recipimus .ccccxxiiii. libras honorum provisinorum senatus in roma-
ninis : que sunt de summa quingentarum librarum provisinorum senatus
quas domnus Petrus Capucia cardinalis dimisit dicto monasterio in sua
ultima voluntate, ut ad opus et ad utilitatem dicti monasterii in aliqua
possessione investirentur. Et promittimus nos facturos et curaturos quod
Altruda uxor de me Petro et Adelascia (a) et lacoba fìlie de me Petro
consentient in omnibus predictis. Ad hec nos Angelus domni Boba-
ciani, Oddo Ciminus et Petrus Scangialemosina et Paulus Scangiale-
mosina fide iubemus et promittimus quilibet nostrum in solidum facturos
et curaturos quod Petrus Angeli et Paulus fratres omnia predicta obser-
vabunt. Et promittimus facturos et curaturos quod Altruda uxor Petri
et Adelascia et lacoba filie Petri consentient in omnibus predictis. Ad
hec ego Altruda consentio ; nos Adelascia et lacoba consentimus et
refutamus omne ius nostrum nobis competens in predicto casale et ortis
tam occasione dotis donationis parafernis alimentis et guarnimentorum
quondam Mevilie matris nostre, quam alio quocumque modo. Testes :
dompnus Bonus prior Sancte Marie Kove, domnus Petrus cantor eiusdem
ecclesie, frater La(;arus eiusdem ecclesie, domnus Pandulfus eiusdem
ecclesie, frater lacobus diaconus eiusdem ecclesie, frater Bernardus
eiusdem ecclesie, ^ampulus famulus eorum, presbiter [XJystus Sancti
Nicolai de Colixeo, presbiter Petrus Sanctorum Cosme et Damiani, do-
mnus Andreas eiusdem ecclesie, presbiter Laurentius eiusdem ecclesie,,
Petrus Talocius, Bonushomo.
Johannes Romani iudex et scriniarius.
(a) Nel testo Adescia
Tabularium S. ^Praxedìs loi
LXXV.
1264, luglio 4.
Anno nativitatis Domini .mcclxiv., indictione. vii., mense iulii, die
quarta. Ego Johannes Ottinelli ferrarius renuntio Georgio abbati
S. Praxedis omne ius quod habeo in una petia vinee cum parte vasce
et vascalis quam [sorjtitur cum Petro Tutulo et congnata eius, posita
extra portam Numentanam in loco ubi diciturMons Iudeorum:a .1. la-
tere et .11. tenet ecclesia Sanctorum Cyrii et lohannis, a .111. Petrus
Tutulus, a .1111. Pe[trus] lohannis loci. Hanc refutationem facio prò eo
quod confiteor recepisse .x. libras et dimidiam honorum provisinorum
senatus. Testes : Silvester Nicolai Botii de Petta, Gerardus lohannis
Spile, Johannes Oderiscii, Franciscus Talenti cocus S. Praxedis. Ad hec
ego Stefania uxor lohannis Ottinelli consentio. Testes: lacobus Ricius,
Gulferame, Dominicus aurifex, Johannes Oderiscii.
Johannes Romani iudex et scriniarius.
Anno nativitatis Domini .mcclxiv., indictione .vii., mense iulii,
die quarta. Ego Georgius abbas S. Praxedis una cum dompno Mauro,
dompno Laurentio, fratre Johanne concedimus Johanni Lopantino in
perpetuum secundum tenorem cartule locationis facte Maxeo(a) Cambii,
unam petiam vine («) extra portam Numentanam in loco ubi dicitur
Mons ludeorum, prò eo quod confitemur a te recepisse ,x. libras et
dimidiam honorum provisinorum senatus: quam pecuniam solvimus
lohanni Ottinelli Terrario qui nobis dictam vineam vendidit et renun-
tiavit, et prò eo quod promittis dictam vineam bene laborare et ubi
esset cavanda cavare. Testes : Silvester Nicolai Botii de Petta, Gerardus
lohannis Spile, Johannes Odderiscii, Franciscus Talenti cocus S. Praxedis.
Sub eodem anno et indictione, mense iulii, die. xiii. Ego Johannes
Romani scriniarius procurator constitutus investio te lohannem Lopan-
tinum de vinca, presente Gerardo Johànnis Spile et Bonohomine car-
bonario testibus.
Johannes Romani iudex et scriniarius.
LXXVI.
1268, novembre 25.
Anno dominice incarnationis .mcclxviii., indictione .vili, (b), mense
novembris, die .xxiii. Jn presentia Johànnis Oddonis iudicis,,.qt.scri-
(a) Così nel testo. (b) Manca nel testo l'anno del pontificato: esso è tralasciato anche
in qualche altro dei documenti seguenti. L' indizione Vili segnata qui, se io lessi bene, è cer-
tamente errata, corrispondendo al 126S novembre V indi:(ione XII.
102 T. Jedek
niarii et testium domna Angnes uxor quondam Bartholomei Buccaporci,
prò se et tanqiiam tutris Ioannucii filli sui, et Angela filia quondam
dicti Bartholomei prò Petro et lacobo fratribus prediate Angele vendide-
runt prò .xx. libris provisinorum senatus lohanni Palermi, salvo iure
locationis S. Praxedis, unam petiam vinee extra portam Numentanam
ad Aquam Tuctiam: a .11. lateribus tenet monasterium S. Praxedis, a
latere superiore est vicolus, a .mi. via publica. Et per Angelum Pacca
procuratorem mandaverunt predictum lohannem de supradicta vinea
investiri. Testes: Petrus lohannis papitarius, Paulus lohannis Angeli
Varonis, Angelus Pacca papitarius, Angelus Rubeus papitarius.
Mense decembris, die .111. Georgius abas . S. Praxedis cum con-
sensu et voluntate fratrum suorum, videlicet ff atre Petro, fratre Paulo
et fratre Mauro assensum prestaverunt predicto lohanni, prò eo quod
receperunt prò comminu et consensu .xii. provisinos senatus : corani
testibus lohanne * ♦ («>) scriniario, lohanne filio lacobi de Mc:ta scri-
niario, lohanne Sancù Abaceri et Nicolao barberìo.
Eodem mense, die .v. Angelus Pacca ìnvestivit lohannem Palermi
de supradicta vinea corani testibus Biasio Petri lohannis Alcerutii,
Laurentio Bonifilii, Angelo Bonihominis et lohanne Spoletano.
lacobus Marcelli sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXXVIL ,
126^, gennaio 4.
Anno dominice incarnationis .mcclXviiil, indictione .xii., mensis
iànuarii die .liii. Ego Sebàstiànus' Raynucii à Sanicto Marco, consen-
tiente Gemma uxore hiea, consentientibus et in hoc domno GrabieleC^')
abbate S. Praxedis una cum fratre ' Salvo' et fratre Raynaldo mona-
cliis, vendo et per Petrum lohannis pelliparium procuratorem con-
cedo tibi Petro lohannis Sassi W uriam petiam vinee extra portam Nu-
mentanam in Monte ludeorum : a duobus lateribus tenet Petrus
lohannis pelliparius, a .111. lohahhes Stefani et lòharines porcarius,
a .1111. lohannes Cruce, et est una pars vicoli. Hanc venditionem facio
prò .VII. libris provisinorum senatus, salvo omni iure dicti monasteri!
cui omni anno reddes quartani musti et unum canestrumC') plenum
de uvis. Testes: magister Nicolaus scriptor domni pape, magister la-
cobus càtzolarius, Petrus lohannis pelliparius, Filippus Raynaldi.
Petrus Cafdegalli ^^) apostolìce Sedis auctoritate notarius.
(a) Lacuna nel testo. ' (b) Così nel testo'. ^cj 'Sssi (J) Cardegalli
Tabular ium S. Praxedis 103
LXXVIII.
1270, marzo 16.
Anno Nativitatis .mcclxx., indictione ,xiii., mense martii, die .xVi.
Coram notarlo et testibus Oddolina uxor Nycolai lohannis Conradi et
filia olim Henrici lohannis Calandre, viro suo presente et mandante,
una cum consensu donine Rose matris Petri Angeli vendidit Salbutio
Blasii tres partes de quinque partibus vinee cum parte unius vasce,
vascalis et tini, extra portam Numentanam in Aqua Tutia : a .1. latere
tenent Petrus Herrici et Nicolaus nepos eius, a .11. Angelus Petri Cidi,
a .III. est vicolus vicinalis, a .1111. via publica. Hanc venditionem fecit
prò eo quod confessa est recepisse .viii. libras bonorum provisinorum
senatus.
Eodem die et mense. Gabriel abbas S. Praxedis una cum dompno
Petro, fratre Paulo, fratre Raynaldo et iratre Bonamenta (0 prestaverunt
consensum, recipientes prò consensu et comminu .v. solidos minus
.V. provismos, presentibus lannitelle et Petro Angeli, testibus.
Testes: Leo lohannis Angeli, Johannes Cidi, Petrus Baroncelli,
Thomas lohannis Thome, Nicolaus Petri, Conradus, Thomas An-
geli Dati.
Johannes Romani sacri Romani imperii notarius.
LXXIX.
1270, ottobre 13.
Anno nativitatis Domini .mcclxx., indictione .xiiii., mense octu-
bris, die .xiii. Nos Gabriel abbas S. Praxedis una cum dompno Angelo,
dompno Petro, fratre Paulo et fratre Ravnaldo locamus tibi Nycolao Blasii
qui alias diceris RubelleC') in perpetuum unam petiam vinee extra portam
Numentanam in Aqua Tutia cum quarta parte vasce, vascalis et tini
quam sortiris cum Petro dompne Rufine: a .1. latere tenet Petrus
dompne Rufme, a .11. viculus, a .111. Ventura, a .1111. via publica. Hoc
pacto et tenore quod promittis dictam vineam bene laborare, de qua
vinea redes omni anno quartam musti et unum canistrum de uvis;
et non vindemiabis sine conscicntia nostra, et non pistabis sine pre-
sentia nuncii dicti monasterii. Testes: Petrus lohannis pelliparius, Ny-
colaus lacobi calzolarius, Cinthius Bartholomei, Bartholomeus Angeli
Nastasie, Petrus Petri Angeli, Petrus Bartholomei.
Johannes Romani notarius.
(a)boamta (b) rubcllc e d'incerta lelliira.
IÓ4 "P. Jedele
LXXX.
1273, settembre 2.
Anno nativitiitis Domini .mcclxxtii., indictione .11., mense septem-
bris, die .11. Nos Gabriel abbas S. Praxedis una cum dompno Mauro,
dompno Petro, fratre Paulo et fratre Raynaldo, consentiente in hoc
Sigligayta uxore olini Pauli Rubei et ut herediC») ipsius Pauli Rubei,
locamus tibi lacobo recipienti prò Petro fratre tuo, filiis olim Berardi
ferarii («) dimidiam petiam desertini cum quarta parte vasce, vascalis et
tini et cum parte fontane in Aqua Tutia: a .1. latere tenet Petrus
Angeli, a .11. ecclesia S. Laurentii in Miranna C^), a .111. filii Berardi Ba-
roncelli, a .1111. via publica. Hanc locationem facimus prò eo quod
recepimus .xxiii. solidos provisinorum quos solvimus Siglegaite que
nobis ipsum desertinum renuntiavit : hiis pactibus, quod a cursu aque
fontane usque ad viam inter istum annum et alium subsequentem ca-
vabitis et pastinabitis, et ad primam vindemiam redetis quartam musti
et dimidium canistrum de uvis ; et a cursu fontane versus proprietatem
S. Laurentii in Miranda aliam medietatem relevabitis, propaginabitis,
cultabitis, et omni anno respondetis quartam nobis. Testes : Nicolaus
Raynerii, Nicolaus lacobi, Angelus CoUetanus.
Johannes Romani notarius.
LXXXI.
1279, luglio 25.
Anno dominice incarnationis .mcclxxix., pontificatus Nicolai tertii,
indictione septima, mensis iulii die .xxv. In presentia mei Remigii et
testium dompna Divittìa Angeli Pappardi cum consensu presbiteri Si-
meonis, domni Bartholomei, lacobi Andree, domni Laurentii, laquinti
et lohannis Archarelli clericorum S. Anastasie recipientium prò com-
minu prò consensu .11. sollidos provesinorum, vendidit Thome de
Campilia notarlo, salvis tamen tenoribus instrumenti locationis scripti
per Petrum medicum scriniarium, unam pedicam terre sementaricie
quatuor vel quinque rublorum, extra portam Maiorem seu portam
S. Laurentii in loco qui dicitur Cesaranum ad Criptam Ciceram. A
duobus lateribus tenet dieta, ecclesia S. Anastasie, ab alio tenet a capite
ecclesia S. Marie Maioris, limite mediante, a .111. est rivus qui dicitur
Cesaranus. Hanc venditionem fecit prò eo quod confexa est recepisse
(a) Cosi nel testo.
Tabiilariiim S. T^raxedis 105
.LX. libras honorum provisinorum senatus, salvo tamen quod omni
anno dictus emptor respondebit ecclesie S. Anastasie duos bonos pro-
vesinos usualis monete. Testes: Cinthius Angeli Baronis, lacobus lo-
hannis Sarraceni, Matheus Arcionis, Henricus sararius et Donatus
tabernarius.
Remigius sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXXXII.
1280, agosto 30.
Anno nativitatis Domini .mcclxxx., indictione .vili., mense agusti,
die .XXX. In presentia notarli et testium Egidius Petri Tuttebone cum
consensu Altegrime uxoris sue vendidit Lonbardo Leonardi Stefani
Theodisci unam petiam vinee positam infra menia Urbis in Vivario:
a .1. latere tenent heredes Petri Citali, a .11. Berardus frater dicti ven-
ditoris, a .111. domnus Romanus filius Romani, a .1111. Petrus Thebaldi.
Hanc venditionem fecit prò pretio quadraginta librarum honorum pro-
visinorum senatus. Pro omnibus observandis et plenius adinplendis
dictus venditor aput dictum emptorem Andream Petri Tuttebone fra-
trem eius dedit fideiussorem. Actum ante domum domni Petri Comitis,
presentibus lohanne Pauli porcario, lohanne Infante et lohanne Nicolai
Andree et Petro Basilis et lohanne Stefani de Pre[mi]cie et Thomasio
Salsulo tabernario.
Eodem die Maurus abbas Sancte Praxedis una cum dompno Matheo,
dompno Petro, dompno Seraphino, dompno Marino et dompno Andrea
fratribus suis eiusdem monasterii predicto venditori prestaverunt con-
sensum, recipientes prò comminu et prò consensu .v. solidos provi-
sinorum; presentibus lohanne Nicolai Andree et lohanne Stefani de
Premicie.
lohannes Romani sacri Romani imperii notarius.
LXXXIII.
1283, gennaio 19.
Anno dominice incarnationis .mcclxxxiil, pontificatus Martini
quarti, indictione .xi., mensis ianuarii die .xviiii. In presentia Re-
migii scriniarii et testium magister Laurentius filius magistri Angeli
promittens sub obligatione honorum suorum quod domna Viola uxor
eiux et dictus pater eius hunc tractatum ratificabunt, cum consensu
etìam dompni Mauri abbatis Sancte Praxedis, dompni Rainalli, dompni
Henrici, fratris Gregorii et fratris Bartolomei monachorum, recipien-
io6 T. Jedele
tium prò commina .vili, sollidos provisinorum de quo commina fit
mentio in instrumento locationis scripto per lohannem Romani scri-
niarium, vendidit Petro Sancte Crucis de Campo Carici unam petiam
vinee cum medietate vasce et vascalis, quam vascam et vascale sor-
titur cum Thomasio indice et cum heredibus lohannis Stephani, ad
locum qui dicitur Aqua Tuzia: a .i. latere tenet Thomasius iudex, a
.II. est proprietas ecclesie Sancte Lucie, a .in. est proprietas ecclesie
Sancti Laurentii in Miranda, a .mi. via publica. Hanc venditionem facit
prò eo quod recepit ab eo .xxii. libras bonorum provisinorum senatus,
salvo quod omni anno dictus emptor et heredes sui respondeant ec-
clesie Sancte Praxedis quartam partem musti et unum canistrum plenum
uvis et medietatem de arboribus allevatis et quartam de allevandis et
quartam de frugibus et leguminibus. Testes : domnus Dominicus archi-
presbiter ecclesie Sancti Martini in Strata Furliviensis diocoesis, domnus
Làurentius Sancte Anastasie, Matheus dictus Expesarius, Johannes Od-
donis et Rainerius de Furlivio.
'-■■' Remigius sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXXXIV.
1285, novembre 19.
Anno dominice incarnationis .mcclxxxv., pontificatus Honorii IV,
indictione .xiiii., mensis novembris die .xviiii. In presentia scriniarii
et testium Maurus abbas Sancte Praxedis, dompnus Paulus, dompnus
Petrus et frater Bencevenni nuper relocaverunt dompne Theodore uxori
quondam Petri dompne Rufine unam petiam vinee positam in pro-
prietate dicti monasterii ad Aquam Tuziam : a .1. latere tenet presbiter
Leonardus, ab alio Nicolaus Berardi, ab alio est via publica, omnia
iuris dicti monasterii, ab alio tenet ecclesia Sancti Laurentii in Miranda.
Quam vineam dompna Theodora recompensavit et recepit in solutum
prò sua dote sicut apparet per manum Remigli scriniarii. Omni anno
Theodora et heredes respondeant quartam musti et unum canistrum
plenum uvis et medietatem de arboribus allevatis et quartam partem
de allevandis et quartam partem leguminum et frugum. Testes : frater
Petrus bospitalis Sancti Mathei de Merulana, Mathéus dictus Expen-
sarius et Angelus Mathei.
■;;. Rerhigius sancte Romane Ecclesie scriniarius.
Tabularium S. T^raxedis te
^;i
LXXXV.
1286, ottobre 6.
Anno dominice incarnationis .mcclxxxvl, pontificatus Honorii IV,
indictione .xv., mensis octubris die .vi. In presentia Remigli scriniarii
et testium donna Bellitia uxor quondam Stephani Aringrani, cum con-
sensu etiam dompni lacchi decani, dompni Petri, dompni Henrici et
dompni Alkerii monachorum monasterii Sancte Praxedis nunc abbate
vacantis, prò comminu recipientium .v. sollidos provisinorum, vcndidit
Biasio Egidii d[e] Fossa ceca unam petiam vinee, positam infra Urbem
in loco qui dicitur Biviarium: a .1. latere est viculus publicus, a .11.,
et .III. sunt viculi vicinales. Hanc venditionem fecit prò pretio .ix. li--
brarum bonorum provisinorum senatus, salvo iure et redditu dicti mo-
nasterii. Testes: Silvester Angeli, Johannes Valentini, Narconcinus de
Castellione et Lenzula de Monte Balneanapoli(«).
Remigius sancte Romane Ecclesie scriniarius.
LXXXVI.
1290, marzo 13.
Niccolò IV concede un' indulgenza a coloro che visi-
tano la chiesa di S. Prassede nel giorno della dedicazione^
di essa e nei sette giorni seguenti. , •■ -,
Originale. II sigillo è perduto, rimanendo il cordone serico al quale era raccomandato.'
Con la stessa data di questo documento e con 1' identico formulario Niccolò IV con-
cedeva un'indulgenza a coloro «qui ad eandem ecclesiam in festo ipsius sancte et septem ,
«diebus immediate sequentibus causa devotionis accesserint ». E con un'altra bolla del
31 marzo, concepita negli stessi termini, concedeva indulgenza a coloro «qui ad eandem
«ecclesiam in secunda feria immediate sequente post diem doniinicam in Raniis Palmarum
« ùsqije ad octo dies dictam feriam sequentes causa devotionis accesserint . , . Datum apud
« S. Mariam Maiorem .11. kalcndas aprilis, pontificatus nostri anno secundo». Questi due
documenti conservano ancora il sigillo plumbeo.
I. NicoLAUS episcopus scrvus servorum Dei. Dilectis fìliis abbati
et conventui menaste 2. rii Sancte Praxedis de Urbe ordinLs Val-
lisùmbróse salutém et apostolicàm benedictionem. Licet is de cuius
munere vehit ut sibi ' 3. à'fidelibus suis digne .ac laudabiliter ser-
viatiir, de abundantia pietatis sue que merita sùpplicum excedit et vota,
béneservientibus 4. multo maiora retribuat quarri valeànt preme-'
(a) Balncanapol
io8 T. Jedele
reri, nichilominus tamen desiderantes reddere Domino populum accep-
tabilem, 5. fideles Christi ad complacendum ei quasi quibusdam
illectivis muneribus, indulgentiis videlicet et remissionibus invitamus ut
6. exinde reddantur divine gratie aptiores. Cupientes itaque ut ecclesia
monasterii vestri que in honore beate Praxedis 7. fundata et de-
dicata esse dinoscitur, congruis honoribus frequentetur, omnibus vere
penitentibus et confessis qui ad eandem 8. ecclesiam in die dedi-
cationis ipsius et septem diebus immediate sequentibus causa de[vo-
tionis] accesserint, annuatim, de omnipo 9. tentis Dei misericordia
et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius auctoritate confisi, annum
unum et quadraginta io. dies de iniuncta sibi penitentia miseri-
corditer relaxamus. Datum Rome apud S. Mariani Maiorcm .111. idus
martii, pontificatus nostri anno secundo.
LXXXVII.
13 16, agosto II.
Anno Domini .mcccxvl, Ecclesia Romana pastore vacante post
mortem felicem domni Clementis quinti, indictione .xiiii., die .xi.
mensis agusti. Frater Maurus episcopus Ameliensis considerans servi-
tium receptum a Morucio Pragni (a) nepote suo, eidem de bonis suis
et episscopatus et undecumque dare yoluit .l. florenos de auro puros,
volens et mandans quod Raynaldus frater dicti domni epyscopi dictam
quantitatem florenorum det, constituens eum suum executorem. Et
comisit ut predicta exequatur et spetialitèr de denariis qui sunt in
sacristia S. Praxetis sub custodiam dompni Michaelis monachi, una
cum ipso Ranaldo. Actum in palatio episcopatus Amelie, presentibus
dompno lacobo Odonis, dompno Leonardo Benecase de Amelia, dompno
Petro de Gageta canònico Ameliensi et dompno Tomasso de Cortona
cappellano dìcti domni epyscopi.
Andreas Salomonis de Lugnano (t») auctoritate alme Urbis prefecti
notarius.
LXXXVIII.
1327, aprile 11.
Anno Nativitatis .mcccxxvil, pontificatus lohannis XXII, indi-
ctione .X., mensis aprilis die .xi. In presentia notarii et testium Maria
pigoca yspana et Margarita uxor quondam Petri vulgariter pissaven-
doli de regione S. Angeli obtulerunt sese et .xiiii. scrofas porcellandas
de proximo et omnia alia bona mobilia et immobilia domno fi-atri
(a) Pagni (b) lugnan
Tabularium S. Traxedis 109
Philippe abbati S, Praxedis, fratri Guillielmo, fratri Francissco, fratri
Ugolino, fratri lacobo, fratri Benedicto et fratri Cipriano : hoc pacto,
quod de scrofe sive allevo que de proximo seu de quocumque alio
tempore nascituros de ipsis scrofìs, sint et esse debeant ipsis Marie et
Margarite. Ad mortem ipsarum diete scrofe sint et esse debeant libere
et absolute ipsis domnis abate et monachis. Hanc donationem fece-
runt prò eo quod abbas et conventus dederunt eisdem Marie et Mar-
garite sedium habitatum cuiusdam domus in regione Montis in par-
rochia dicti monasterii. Ab .1. latere est furnus dicti monasterii, ab
alio tenet domna Anastasia, ab alio est palatium domni cardinalis,
ante est via publica. Actum in caustro (-0 S. Praxedis presentibus Marco
coquinarius dicti monasterii, Guiducio lohanucii olim de Spoleto.
Laurentius Obicionis inperiali auctoritate notarius.
LXXXIX.
1360, marzo 14.
Nos Franciscus de Frabiano (^) legum doctor index palatinus super
appellationibus et aliis extraordinariis causis deputatus, successor in
dicto officio discreti viri domni Francisci de Bononia dudum tempere
proximo preterito sententiarum eiusdem officii iudicis, absentis ab Urbe
et qui non expectatur de proximo reversurus, cognoscentis de lite
inter fratem Marcum abbatem, capitulum et conventum monasterii
S. Praxedis et Petrum fratem dicti monasterii et Franciscum Pucii,
notarium procuratores syndicos et yconomos, actores ex una parte,
et magnificos viros domnum Sciarrani de Columpna et condam Mac-
theum lacobi domni lordani de Columpna qui obiit pendente causa,
et dato sibi termino ad probandum in causa, qui terminus prò litis
contestatione habetur, et nunc vertitur inter heredes et honorum pos-
sessores iuris et facti dicti condam Macthei et specialiter magnificam
domnam lohannam relictam dicti Macthei tutricem lacobi pupilli filli
sui, et Petrum lohannis Ciole notarium procuratorem dicti condam
Macthei in vita sua, Cecchum Vecchi notarium, fratem lacobum de
Zagarolo guardianum S. Silvestri, executores testamentarios dicti con-
dam Macthei, et lohannem Bobonis personam legitimam dicti domni
Sciarre, reos ex parte altera : pretestu cuiusdam laci qui vocatur lacus
Castilgionis S. Prascdis, positi extra portam S. Laurentii extra muros
in proprietate dicti monasterii. De quo laco petebatur quod Sciarra et
condam Mactheus molestiam aliquam non inferrent abbati et capitulo :
(a) Cosi nel testo.
i IO T. Jcdele
et ipsi domnus Sciarra et Mactheus per vini et violentiam ipsos in
dicto laco molestabant et non permittebant ipsis totum lacum facere
piscari, et asserebant medietatem dicti laci spectare et pertinere ad
ipsos. In ipsa causa nostrum assumpsimus consiliarium domnum Mac-
theum de Bacchariis. Nos Franciscus iudex pronuntiamus mandatum
fieri debere domno Sciarre et heredibus condam Macthei quod non
molestent neque molestiam inferant abbati et monasterio, et totum
lacum fuisse et esse monasterii S. Praxedis et nullum ius in eo dom-
num Sciarra et heredes condam Macthei habere. Et condempnamus
domnum Sciarra et dictos heredes ad dandum abbati .viii. florenos
auri quos solvit consiliario prò parte salarii sui, et dimidium florenum
auri infrascripto notarlo.
In palatio CapitoHi sub anno nativitatis Domini .mccclx., indi-
ctione .xiiL, pontificatus Innocentii sexti, mensis martii die .xiiii.,
presentibus testibus Francisco Vorni («) et lohanne Nicolai Goffi et
lohanne domni lacobi notariis officii appellationum.
Paulus Smanta notarius palatinus.
xc.
1365, luglio 21.
Anno Domini .mccclxv., pontificatus Urbani V, indictione .111.,
mensis iulii die .xxi. In presentia notarli et testium domnus Stephanus
Palosci! canonicus S. Marie Maioris corani fratre Marco abbate mona-
sterii Sanctarum Prasedis et Agnetis bice 0°) et nomine filiorum et here-
dum condam magnifici viri domni Sciarre de Columpna tradidit et
posuit super altare dicti monasterii quinque libras ponderis bone et
pure cere quas in festo diete ecclesie supradicti heredes teneri respon-
dere dicuntur prò censu quarte partis totius lacus Castiglionis ipsius
monasterii S. Praxedis vigore locationis Sciarre procuratori ipsorum
heredum per capitulum diete ecclesie facte ut patere dicitur manu
domni lohannis Massaronis et ser Pecci notariorum, recognioscens
dictus domnus Stephanus dominium et proprietatem diete quarte partis
dicti lacus Castiglionis fuisse et esse monasterii S. Prasedis; et dictum
procuratorem ipsorum heredum habuisse in locatione a capitulo
S. Praxedis ad omnes .xviiii. annos renovandum et respondendum
omni anno dictas quinque libras ponderis cere. Actum in ecclesia
S. Prasedis presentibus . domno Laurentio rectore ecclesie S. Salvatoris
de Seburra, domno Antonio filio Ciccharonis, donino presbitero An-
(a) Vorni d' incerta lettura. (b) Cesi nel testo.
Tabularium S. T^raxedis ili
gelo canonico S. Marie Maioris et Rentio Salucci, omnibus de regione
Montium.
Antonius Stephani Granni (a) civis romanus imperiali auctoritate
notarius.
OSSERVAZIONE
L'archivio di S. Prassede possiede pochi altri documenti
che vanno dal secolo xv al xix; ma, essendo essi privi
d' importanza, mi è parso bene tralasciarli. È però assai pro-
babilmente del secolo xiv, e forse dell' anno 1 3 60 che cor-
risponde all' indizione xiii, un documento che' contiene
un' inquisizione testimoniale per un possesso di S. Prassede,
da servire ad una causa della quale mancano nell'archivio
altri documenti. Sarebbe qui impossibile riassumerlo, trat-
tandosi di una carta composta di vari pezzi di pergamena
insieme ricuciti che formano la lunghezza di circa quattro
metri. Di questo documento riporto qui le prime righe che
sono sufficienti a dare un' idea del suo contenuto.
Indictione .xiii., mense martii, die .xx. Testes producti a lo-
hanne procuratore scyndico et actore monasteri! S. Praxedis
contra lohannem Petri Gerardi super capitulis ab eo productis et
datis.
Angelus Francuccìi testis iuratus interrogatus per sacramentum
si sciat (^5) ecclesia Sancte Praxedis fuerit in possessione casalis de
quo agitur positus in Corsano cuius fines hii sunt : a primo latere est
rivus Salcineus, a secundo tenet ecclesia limite mediante, a tertio est
via publica, a quarto latere est torale, dixit quod sic. Interrogatus
quomodo scit, dixit quia ipse testis fuit nuncius abbatis Sancte Praxe-
dis, et ivit per dictum abbatem, et recepit inde redditum, Interrogatus
ubi est posita dieta terra, dixit quod in Corsano. Interrogatus quo-
modo scit quod sit posita in Corsano, dixit quia ita vocatur ibi. In-
terrogatus qui sint fines diete terre, dixit quod a primo latere est rivus
Salcineus, a secundo est limes, a .iir. est via publica, a quarto est
(a) grani (h) si sciat o si scit ?
112 T. Jedele
torale. Interrogatus quomodo scit quod illi sunt fines diete terre, dixit
quod ita audivit dici ab antecessoribus suis.
Il documento prosegue interminabilmente col medesimo
formulario. Con esso ha relazione anche una lista di testi-
moni, per la terra posta in Corsano, che è segnata su
un'altra pergamena dell'archivio.
P. Fedele.
Tabularìum S. T^raxedis 115
INDICE
DEGLI SCRITTORI DELLE CARTE (r)
987. B[enedictus?] {2) I,
998?-999? Remigius (5) II.
loio. lohaanes qui vocatur Amabile (4) HI.
loii. Teuzo (5) IV.
1050. Teudemuadus vir et tabellio civitatis Tiburtine V.
io5[?-io}2? Scbastianus scriniarius sanctae Lavicanensis Ecclesiae VI.
iO)6. Crescentius (6) VII.
1060. lohannes S. H. E. scriniarius atque iudex Albanensis VIII,
1072. Crescentius IX.
1091. lohannes X.
1100-1157. Falconius (7) XI, XII, XVII, XIX.
III6-II2I. Petrus (8) XIII, XIV, XV.
1155. lohannes XVIII (9).
II 39. Girardus Tiburtiae civitatis iudex atque tabellio XXI.
1159-1165. Oddo XXII, XXIII, XXV (io), XXIX, XXX, XXXIII.
(i) Conviene avvertire che i nomi ripetuti in quest'indice si riferiscono sempre a per-
sone diverse: la diversità o l' identit.ì è desunta soltanto dal confronto delle scritture.
(2) Nel testo « B. scriniarius S. R. E.». Al documento manca la completio. Av-
verrò che quando ai nomi contenuti in quest' indice non è aggiunta alcuna determinazione,
si sottintende sempre il titolo di «scriniarius Sanctae Romanae Ecclesiae».
(3) Nel testo: «scriniarius S. R. E.»; nella completio: «scriniarius et tabellio
e urbis Romae ».
(4) Nel testo: «scriniarius et tabellio S. R. E.»; nella completio: «scriniarius et
t tabellio urbis Rome ».
(5) Nel testo: «scriniarius S. R. E.»; nella completio: «scriniarius et tabellio
« urbis Rome ».
(6) Nel testo: «scriniarius S. P. E.»; nella completio soltanto: «scriniarius».
(7) Nel testo di XI e XVII: «scriniarius S. R. E,»; nella completio soltanto:
« scriniarius ».
(8) Il primo dei due documenti ha nel testo : « infimus scriniarius S. R. E. » e nella
completio soltanto: «scriniarius». Il secondo ed il terzo dello stesso scrittore hanno nel
testo: «notarius et scriniarius S. R. E.» e nella completio: « notarius regionarius et
« infimus scriniarius S. R. E.».
(9) Nel testo: «notarius S. R. E.». Manca la completio, non essendo il documento
originale, ma una rinnovazione dello scriniario Niccolò del secolo xni.
(io) Il documento XXV non e originale: non è perciò sicuro che si tratti dello stesso
scrittore.
Archivio della R. Società romana dì storia patria. Noi. XXVI li. 8
114 T. Jedele
1148. Nicolaus (i) XXIV.
115 3. Andreas XXVI.
1163. Henricus Oddonis XXXI.
1164. lohannes Berardi XXXII.
1171-1176. Nicolaus XXXIV, XXXV, XXXVI.
1177. Gregorius (2) XXXVII.
1180. lohannes Scrofani XXXVIII.
H83. Cinthìus XXXIX.
1187. lohannes XLI.
1189. Petrus Henrici XLII,
1200-1212. Nicolaus (3) XLV, XLVI, XLVII, XLVIII, XLIX, LI, LII.
1209. lohannes Patri L.
1222-1226. Rainaldus Girardi sacri Romani imperii scriniarius LUI, LIV,
LV, LVII, LVIII, LX.
1224-125 1. Leo LVI, LIX, LXI, LXV, LXVII, LXIX, LXX, LXXII,
LXXIII.
1230. Raynerius lohannis Egidi (4) LXIII.
1230. Donadeus sacri Romani imperii scriniarius LXIV.
1240. lohannes Henrici LXVI.
1244. lohannes Petri (5) LXVIII.
1247. licobus ludicis LXXI.
1260-1280. lohannes Romani (6) LXXIV, LXXV, LXXVIII, LXXIX, LXXX,
LXXXII.
1268. lacobus Marcelli LXXVL
1269. Petrus Cardegalli apostolica Sedis auctoritate notarius LXXVII.
1279-1286. Remigius LXXXI, LXXXIII, LXXXIV, LXXXV.
13 16. Andreas Salomonis de Lugnano auctoritate alme Urbis prefecti no-
tarius LXXXVII.
1527. Laurentius Obicionis imperiali auctoritate notarius LXXXVIII.
1560. Paului Smanta notarius palatinus LXXXIX.
1565. Antonius Stephani Granni imperiali auctoritate notarius XC.
(1) Nel testo soltanto: «scriniarius»; manca la completio.
(2) Nel testo: «scriniarius S. P. E.»; nella completio soltanto: «scriniarius».
(5) Lo stesso scrittore esemplò il documento XVIII.
(4) Nella completio: «Raynerius lohannis».
(5) Nella completio soltanto: «lohannes».
(6) Nei primi due documenti: «lohannes Romani iudex et scriniarius»; nei docc.
LXXVIII ed LXXXII: «sacri Romani imperii notarius»; nei docc. LXXIX ed LXXX
semplicemente : « notarius ».
DELLA CAMPAGNA ROMANA
(Continuaz. vedi voL XXVII, p. 461)
Vie Labicana e Prenestzna.
Esplorato il più gran latifondo imperiale che si esten-
deva da S. Cesario a ZagaroJo, prima di procedere per la
via Labicana, dobbiamo volgerci a destra e per un'antica
strada a cui corrisponde quasi la moderna, salire alla col-
lina di Monte Compatri, che con quella vicina di S. Silvestro
e con Monte Salomone forma il punto più avanzato del ter-
ritorio Labicano verso quello Latino (i). Questa specie di
punta nelle colline del Lazio spetterebbe, in rigore fisico, ai
colli Albani; ma la storia si oppone alla geologia ed alla
topografia; e quindi noi dobbiamo qui registrare questo
gruppo, che rappresenta la culla dei Labicani primitivi.
MONTECOMPATRI e S. SILVESTRO.
Questo Comune, alla cui storia il Nibby (III, p. 338)
dedicò poche righe, sorge sopra l'ultima lacinia dei colli Tu-
scolani, all'altezza di m. 583 sul mare, con ampio orizzonte,
con vista splendida della valle Labicana e dei monti Sabini
e Simbruini. Ha poco più di 4000 abitanti, territorio ferti-
(i) Avanzi dell'antico selciato di questo tronco Labicanense sono
sparsi per tutte le vigne circostanti.
ii6 G. Tomassetti
lissimo per castagne, uve e frutta, il più eccellente vino del
Lazio e l'acqua più pura della provincia romana, recente-
mente condotta sull'altipiano d' ingresso al paese, dalle sor-
genti dette di Carpincllo, con ingente spesa, perforando monti
di selce. Perciò la fonte moderna è decorata con una figura
rappresentante il genio della scavazione.
Sarò breve nella illustrazione dell'antica storia e del
sito di questo Comune, dicendo che, tra gli scrittori com-
petenti sulla topografia antica di cotesto suolo, Pietro Rosa,
G. B. De Rossi ed Ermanno Dessau vi hanno riconosciuto
il sito dell'antico Labico. Essi hanno avuto ragione, per
quanto non abbiano veduto chiaro lo spostamento dell'an-
tico e primitivo centro nel secondo Labico Quintanense;
come anche l'esistenza di un castello Labìcano poi villa
romana, in Monte Salomone^ che il Ciuffa e il Vitale,
esageratamente, presero per il primitivo Labico^ mentre pro-
babilmente fu la seconda sede dei Labicani.
Il nome compitum, classica indicazione del nodo di strade,
a cui faceva capo questo Comune, fu corrotto in quello
di compatnim nel medio evo, e fece perdere la testa al buon
cardinal Piazza, che vi sognò i padri della patria adunati
in congresso {Gerarchia Cardin. pag. 270), e ne fu rimpro-
verato sul serio dal Vitale! Questo compitum Labicamim
ci fa risovvenire del non lontano compitum Anagninum
(Livio, XXVII, 4). Antichità in Monte Compatri non man-
cano, per quanto sieno state distrutte nel fare il castello
e le case del medio evo, come le pietre di Monte Salo-
mone sono servite a pavimentare tutto il paese (i).
(i) Ricorderò il sepolcro di Ti. Clandius Ncr. Aiig. Uh. Dnphnus
e di due suoi amici (Henzen. Bull. List. 1856, p. 157) in vigna Pas-
savanti, 1' altro di Vahrhis Priscus aedi pleb. tic. in vigna Missori, a
monte Doddo (ivi) la basetta rotonda collegi salutaris iuvenum angusta-
lium (Garrucci, Civ. Catt. 1882, p. 737), la iscrizione trovata, nel 1885,
verso Roma con le parole deverticulum privatum (Tomassetti G. in
^ella Campagna ^I{omana 117
Per quanto le antiche memorie di M. C. trasportino
verso la via Labicana, quelle del medio evo trasportano
invece verso la via Latina; poiché la politica e strategica
importanza dei castelli dei monti Albani assorbì quella dei
Labicani spopolati e decaduti. Così vedremo gli Annibaldi
e poi i Colonna signoreggiare in M. C.
Museo itili, d'ant. class. 1885), una, che credo inedita, trovata nel li
sotto M. C. che si può leggere così, in lettere minuscole:
POMPEI.M-F-C;///DR////
VIXIT • ANN • IV • MENSIB • VI • DIEB • XI
FILIORVM
M • POMPEI • ATIMETI • ET
CINCIAE • SATVRNINAE
nella prima linea è guasto il cognome (Codriì), ed una delle note ta-
vole lusorie: idiota recede - ludere nescis - da liis ori locii (sic) di cui ho
avuto il calco dal compianto avv. Saturnino Ciuffa, amantissimo delle
memorie Compatrensi, che mi ha donato anche parecchi calchi di bolli
di figuline.
Le antichità di questi luoghi sono state recentemente e con somma
diligenza annotate dal sig. Ashby iunior (Class, topogr. of the Rom-
Campagna, I, p, 258 sg.) delle cui osservazioni per il primo tronco
della via non ho potuto finora giovarmi, avendo già dato alle stampe
il mio testo, quando ebbi in mano il suo volume. Neppure egli aveva
veduto il mio lavoro quando pabblicava il suo. Lo ringrazio delle ci-
tazioni che fa di altri miei scritti sulle memorie di questo territorio.
Non ammette la coincidenza, che io proposi, della villa di Prata Porci
di Novius Crispinus col fundus Crispinis della via Labicana del Regesto
di Gregorio II (non Gregorio IX com'è stampato, per errore tipo-
grafico, dall'Ashby) perchè la cifi-a assegnata nel codice Vaticano 3833
non corrisponde. Ma io so per esperienza che le cifre di quel codice
vanno prese, come suol dirsi, con le molle. Nel territorio di Montecom-
patri esamina con dihgenza le antichità dei casali Mazzini, Brandolini,
Ciufi'a ed altri, e riproduce lapidi e monumenti. Ammette l'esistenza
dei Labicani secondi (Quintanensi) dove si sono trovate le loro memorie
da me per primo pubblicate; riconosce in Montecompatri il primitivo
Labico, e in M. Salomone uua villa o tempio.
1 18 G. Tomasseiti
Verrò disponendo in ordine cronologico le notizie Mon-
tecompatrensi, insieme con quelle del Monte S. Silvestro,
pittoresco antico santuario dedicato dai cristiani al santo
delle selve, per estirparvi la pagana superstizione ; e che noi
dobbiamo considerare come parte del territorio Compa-
trense.
Dalle qui sottoposte notizie, non anteriori al secolo xiv,
si può ricostruire la storia medievale di M. C. Non si co-
nosce l'origine del ripopolamento di esso, che il Nibby at-
tribuisce, per congettura, al fatto della distruzione di Tu-
scolo del 1191. Certamente esso fu castello baronale degli
Annibaldi, e posto avanzato per la protezione della valle
della Molar a, centro della loro potenza.
a. 1340, 15 giugno. Benedetto XII da Avignone scrive
ai senatori di Roma che reprimano la baldanza di Bertoldo
Orsini e Giacomo Savelli nella città, che usurpando la po-
tenza senatoria commettono prepotenze, tra cui quella di
proteggere e far cavalcare per la città Francesco Alberte-
schi e Annibaldo di Giovanni Annibaldo de Monte Compa-
trum colpevoli d'intercettare i viveri e di altre violenze
{Reg. an. IV, ep. 105; Theiner, II, p. 83).
a. 1347, gennaio. Lapide sepolcrale, ora perduta, di An-
taldo figlio di Giovanni de Militiis (Annibaldi) de Monte
Compatrum sepolto in Roma, nella chiesa di Santa Maria
in Aracoeli (Casimiro, Mem. p. 271).
a. 1354. Cola di Rienzo, nel tempo che fu senatore di
Roma, pose a capo delle milizie romane Riccardo Anni-
baldi signore di Montecompatri affinchè assediasse i Colonna
in Palestrina, come valoroso, come vicino e pratico dei
luoghi. Ma poi, sospettando di lui, lo depose, e gli sostituì
persone incapaci - il che contribuì a far decadere Cola nella
pubblica stima (M. Villani, IV, 23 ; Papencordt, ColUy
p. 280).
a. 1363, IO ottobre. Atto di conferma di tutela sulla
persona di Annibalduccio di Giovanni e Caradonna Anni-
"Della Campagna Romana 119
baldi di Montecompatri, e su tutti i beni mobili ed immobili
di lui, in favore di Caradonna stessa, sua ava paterna, ve-
dova di Annibaldo (Archivio Colonna, pergam. LI, 70).
a. 141 5, IO febbraio. Riccardo Annibaldi signore di Mon-
tecompatri costituisce la dote di sua figlia Tan:(a, come sposa
di Giacomo de Conti, nella metà dei castelli di Poli, Gtiada-
gnolo e Santa Maria. Not. Nardo de Venettini (Arch. Co-
lonna, perg. I, 41).
a. 1423, 23 novembre. Istromento di permuta di Mo-
lara. Rocca di Papa, Montecompatri, Colonna, con altri beni,
fatta dagli Annibaldi con Giordano Colonna. Not. Antonius
Blanci rom. (Arch. Colonna, perg. XXXIV, 47).
a. 1423, 24 nov. Giordano Colonna ottiene in dono la
dodicesima parte dei castelli di Rocca di Papa, Molara e
Monte Compatri e due dodicesimi del castello deserto di Co-
lonna, già spettanti a Paluzzo Annibaldi omicida di Savello
Savelli e venute in possesso della figlia dell'ucciso. Notaro
Nardo de' Venectinis, ed. Lanciani in Arcìo. R. Soc. rom.
storia patria, XX, p. 400. Nella nar ratio, che segue, sotto la
stessa data, sono ricordati i confini di M. C. cioè: Monte
Porzio, Rocca Priora e Colonna.
a. 1425, 23 genn. Martino V concede « universitati et
hominibus castri Montis Compatriim » , in premio di essere
tornati alla sua obbedienza, di pagare la metà delle impo-
ste del sale e focatico alla Camera Capitolina {Reg. an. Vili,
f. 148; Theiner, III, p. 288).
a. 1427, I febbraio. Assegnazione dei beni Colonnesi
nel fedecommesso istituito da Martino V. A Prospero si
assegnano Ardea, Frascati, Marino, Molara, Monte Compatri
e Rocca di Papa (Contelori, V. Mart. F, p. 5 5 ; Coppi,
M. C p. 178).
a. 1430. Tra la via di Monte Compatri e Grotta Ge-
lone era il pala^^^o delli Papa7^:(iirri, tenuta con palazzo, cor-
tile, cisterna &c. indicato come comperato da Antonio, Pro-
spero e Odoardo Colonna nel 1430, 30 ottobre, dai fra-
120 G. Tomassettì
telli lannetti Giac. e Batt. del rione Trevi (Ardi. Colonna,
perg. XXX, 49).
a. 1431. Nella guerra tra Eugenio IV e i Colonnesi,
la regina Giovanna II inviò in aiuto del Papa il condot-
tiero Iacopo Caldora, il quale con 3000 cavalli e 1600 fanti,
prese parecchi castelli del Lazio, tra cui M. C. e Borghetto
di Grottaferrata. Passò quindi ad accamparsi sotto Genaz-
zano. Ma quivi Iacopo si arrestò, e divenne amico dei Co-
lonnesi - forse per interesse - poi di nuovo favori il Papa ;
ma senza più salire al nostro castello (Gioni. Nap. in R.
I.SS. XXI, p. II 93 e 94 A).
a. 1458, 20 marzo. Copia d' istromento, col quale il Car-
dinal Prospero Colonna vende al nobile Mattia degli Anni-
baldi della regione Trastevere la quarta parte delle rendite
di Montecompatri. Not. Io. Sanctus de Donatulis (carta)
(Arch. Colonna, perg. XXI, 33).
a. 1484, 27 giugno segg. « Item alli 27 di giugnio fu
tolto per Paulo Ursino Monte delli Compatri in questo
modo infrascritto, conciò sia de cosa che lo SS. Signore
Sixto non per alcuno atto de iustitia ma per charità et cle-
mentia della sua beatitudine havesse concesso salvo condutto
allo signore et huomini dello ditto castello etc. etc. ». Infes-
SURA, ed. cit. pag. 136. Altre menzioni alle pagine 95, 105,
118, 137 col monte di S. Silvestro.
a. 1492, 6 aprile. Nel testamento del Card. Giorgio Costa
vescovo di Albano : « Legamus monasterio fratrum de Pace de
urbe omnia bona nostra mobilia et suppellectilia quae repe-
riuntur dicto tempore in monasterio S. Silvestri extra urbem »
(Galletti, del Prim. p. 360); veggasi il commento.
a. 1524, 16 marzo. Bolla di Clemente VII che dichiara
il monastero di S. Silvestro incorporato nella Congr. dei Ca-
nonici Lateranensi (Archivio Colonna, perg. XI, 4).
a. 1528, febbraio. Marcello Alberini, romano (il noto
descrittore, nel suo diario, delle cose relative al sacco di
Roma del 1527), condotto a Velletri prigioniero, riscattato
Dtilla Campagna T^omana 121
dalla madre fu ricondotto in Roma, e di qua se ne fuggì
d.Monteconipatriy ove conosceva molto l'arciprete, suo primo
maestro, dal quale confessava di avere imparato quel poco
che sapeva, e sebbene fosse poco, era colpa sua e non del-
l'arciprete! (cf. Orano D. in Archivio R. Soc. rom. di storia
patria, 1895, P^g- 73)- ^^ 9^^^^ ritiro vide la presa di Rocca
Priora e di Valmontone fatta dall'avanguardia degli impe-
riali, che si ritiravano da Roma (17 febbraio). Del resto e
questo ed altri castelli Colonnesi furono immuni dalla inva-
sione delle schiere Borboniche, per la notoria amicizia di
Carlo V con la nobile casa.
a. 15 29- 15 38. Nell'a. 1529, ai 3 di settembre, Giacomo
Zambeccari comperò il castello di M. C. dal signor Ascanio
Colonna, per 2000 ducati d'argento, col patto redimendi
(in atti del notaio Giulio pittore).
a. 1533, 20 maggio. Istromento col quale il sig. Asca-
nio Colonna e il sig. Giacomo Zambeccari si dichiarano
reciprocamente soddisfatti in ogni loro rapporto, anche sul
castello di Montecompatri e sulla dogana di Abruzzo (Arch.
Colonna, perg. LXV, 32).
a. 1538, 7 marzo. Istromento di retrovendita fatta da
Giacomo Zambeccari del castello di Montecompatri, per
2000 ducati di argento, a favore del sig. Ascanio Colonna
(Arch. Colonna, pergamena XXIV, 36).
a. 1538 Causa di D. Ascanio e Marcantonio Co-
lonna con Isabella Colonna sulla eredità di Vespasiano C.
per le pretese di lei su parte del territorio di Montecompatri
(Arch. Colonna II, A, $6^", 70).
a. 1539, 2 agosto. Nella gran bolla di Paolo III con-
fermante il fedecommesso Colonnese di Martino V, si legge
Montecompatri fra i feudi di essa famiglia (Arch. Colonna,
perg. VII, 8).
a. 1 541. Guerra del sale di Ascanio Colonna con Paolo III.
Battaglia di Montecompatri. Lauro di Palestrina, capitano
Colonnese, vi prese parte (Petrini, p. 208, dal Guazzo).
122 G. Tomasseitt
a. 1569, 16 marzo. Testamento di Marcantonio Colonna
il trionfante. In esso si lascia a Federico figlio il castello
di Nettuno, la rocca di Astura, il castello di Monte Com-
patri e il monte col palazzo vecchio del Quirinale in Roma
(Coppi, p. 350).
a. 1575, 24 gennaio. Istromento di unione in solutum
fatta da D. Marc' Antonio Colonna duca di Tagliacozzo al
card. Marco Sittico Altemps del feudo di Monte Compatri
per il prezzo di scudi 34000, dei quali fino alla concor-
renza di scudi 25 000 in estinzione di tanti censi creati dallo
stesso D. Marc' Antonio e venduti a persone diverse, dalle
quali furono acquistati dal predetto cardinale Altemps.
Nello stesso istromento il cardinale dichiara di cedere,
sotto certe condizioni, la proprietà del feudo acquistato a
Roberto Altemps suo figlio. Atti Mario Clarussi di Turano
in Sabina, notaro delle cause del Sagro Palazzo Apostolico
(archivio Borghese, Prot. I, N. 4, Monte Compatri). Nella
minuta relativa, che ho letto nell'archivio Colonna (per-
gamena XXVIII, 90) la somma è di 25 300 scudi.
a. 1580 circa. Stato agrario del territorio di Montecom-
patri ms. (Archivio Colonna, Misceli. II, A, ^6, II, n. 8).
a. 161 3, 29 novembre. Istromento di vendita delle Ville
Tuscolane con Villa, Pala:(^^o 0 Pala:(7^i di Mondragone ed
altri membri, diritti e pertinen:(e, del Castello di Montecompatrz,
Tenuta e Castello diruto della Molara, Tenuta di S. Croce
detta Grottalta e Tirpone con altri suoi membri, e Castello e
tenuta di Monte Porzio alias di S. Gregorio fatta dal Duca
Gio. Angelo Altemps al Card. Scipione Borghese per il pre:(^o
di scudi trecentomila. Atti Felice De Totis (archivio Borghese,
Monte Compatri, P. IV, N. 200).
a. 1630. Nesso della storia di questo paese colla storia
della chiesa di s. Maria in Monte Santo a Roma. Medaglia
del card. Scipione Borghese, per la prima pietra di questa
chiesa, ha da una parte lo stemma Borghesiano, dall' altra la
iscrizione : « fundamenta eius | in montibus sanctis | Scipio
^ella Campagna Romana 123
card. Burghesius | m. p. ad novam aedificandam | ecclesiam
virgini dei ge'nitrici dicatam sub antiquo | patronatus iure
dominjorum montis compoti prjimam hanc lapidem iecjìt
anno mdcxxx. » .
a. 1695, 20 marzo. Memoria della elezione ad Accade-
mici di s. Luca di Domenico Malvagini architetto del ser.mo
Duca di Parma e del sig. Filippo Lutii {sic) pittore da Monte
de Compatri (archivio della R. A. di s. Luca, voi. 45^ p. 160).
Menzione di un quadro, rappresentante un santo pittore, da
lui donato all'Accademia (ivi, p. 163). Per la contribuzione
alla festa centenaria dell'Accademia diede 5 testoni (ivi, p. 161).
Lo Statuto comunale di Montecompatri non esiste nel-
l'archivio del paese e neppure in quello Borghesiano. Gli
atti del Comune più antichi sono così intitolati: Libro di
Consegli et altri ordinamenti della Università del Monte di
Compatri in Tuscolano cominciato questo anno 1587 (Bar-
nabeo Martorello notaro), leg. in pergamena. GU atti no-
tarili più antichi sono di Troiano Giardani del 1584.
Appartiene a questo piccolo Comune un uomo illustre
nella scienza e nella letteratura italiana moderna, quale fu
Marco Mastrofini filosofo e filologo nato nel 1763 e morto
nel 1842, sepolto nel solitario convento di s. Silvestro.
D. Marco Mastrofini, sue opere edite ed inedite e suoi contra-
dittori, memorie storiche apologetiche di Saturnino Ciuffa, con
importantissimi documenti inediti (Roma, 1875, tip. Cuggiani,
con ritratto).
Le memorie del cenobio di s. Silvestro sono adunate in
un manoscritto del secolo xviii, che conservasi tuttora dai
frati che vi dimorano. Un articolo su di esso fu scritto dal
Brandolini di M. C. neW Album di Roma, anno 14° e 15".
Egli non seguì l'opinione del ms., che cioè s. Silvestro fosse
costruito dai profughi di Tuscolo distrutta nel medio evo,
cosa molto probabile, e che troverebbe un caposaldo ove si
provasse che Tuscolo ebbe un'antica chiesa dedicata a s. Sil-
vestro. Invece egli si dimena nella tradizione di papa Sii-
124 G. Tomasselti
vestro che andava lassù... a confortare gli sbanditi dalla
persecuzione !
Il Vaddingo negli Annales parla di un frate Bernardone
amico di s. Francesco, che fu quassù e il ms. citato parla
di un pino presso il quale furono sepolti certi frati di s. Fran-
cesco.
Nella Curia di Frascati conservasi un ms. sulla storia
della Madonna del Castagno venerata sulla pendice del monte,
con culto popolare. Del resto i libri qcc. di s. Silvestro
andarono perduti nell' invasione francese. Il Galletti {Del
primicerio, p. 360) ha ricordato che nell'anno 1448 Te-
baldo e Matteo di Annibaldo (Annibaldeschi) donarono
questo luogo ai canonici Lateranensi; che nel testamento
del card. Giorgio Costa, vescovo di Albano, del 1492, è
nominato come contenente oggetti di sua proprietà, che lega
ai detti canonici della chiesa urbana della Pace; che nel 1541
passò alla S. Sede; e che vi alloggiò il celebre letterato cre-
monese Girolamo Vida, ove terminò il suo poema sacro,
e che egli vi pagava un censo ai detti canonici. Una lapide
postavi dai Carmelitani nel 1605 ricorda l'insigne uomo;
che il card. Gambara vi risiedette; che il card. Pisani vi
costruì una villa ora scomparsa. Su questo luogo scrisse un
opuscolo il domenicano Vairani (Aug. Thomas, nel voi. 214
delle Miscellanee della bibl. Casanatense).
Accedendo al convento, si scorge sulla destra un avanzo
di conserva d'acque antica, alto 5 metri.
Sul piazzale della chiesa vi è un'eco quadrupla. Dentro
il convento ammiransi parecchie curiosità, tra cui un quadro
di s. Teresa dipinto per commissione di Filippo II, ed uno
di s. Giuseppe attribuito a Gherardo, delle Notti.
Una monografia del dott. Giuseppe Calcagni (Monte-
compatri e il suo clima, Roma, 1889) ne loda altamente il
clima con dati di fatto.
^ella Campagna Romana 12
LuGNANO ora Labico.
Discesi da Montecompatri riprendiamo la via di s. Ce-
sario e proseguiamo la via Labicana antica, la quale seguiva
a destra della moderna Casilina, e per le contrade di Valle
di Giobbe, Valle del Fico, sulla destra, e di Valle Fredda sulla
sinistra, entra nel territorio del piccolo Lugnano (denomi-
nato ora Labico). In queste parti può supporsi quel fiindus
Lacitianus indicato nella nota lapide Celimontana (De Rossi,
Bull. 1873, p. 36-41), che a me sembra errato per Laci-
nianiis. Accettando la determinazione del percorso di questa
via data dal eh. Ahsby (op. cit. p. 272 sg.) procediamo
verso Valmontone, non senza notare che la Me::;;^a Selva,
che abbiamo già lasciato indietro, ci sembra corrispon-
dere alla Massa Algisia, il cui ohvcto è registrato nel ri-
petuto diploma marmoreo di Gregorio II. Il paese Lugnano,
patria dell'antiquario Francesco de Ficoroni, fu da costui
difeso come la vera Labico nella sua nota monografia del-
l'anno 1745, nella quale, se egli non riusci a provare il suo
assunto, tuttavia diede notizie utili a chiunque segue con in-
teresse l'erudizione archeologica della campagna. Ricordiamo
la preziosa iscrizione arcaica Lugnanese delle spoglie sacre
ad Apollo (Garrucci, SylL n. 560). Il Ficoroni illustrò la
grotta Mammosa, grande conserva d'acqua di villa romana,
che può attribuirsi alla madre di Severo Alessandro, Giulia
Mammea, il cui nome comparve in condotture di piombo
nelle vigne adiacenti (C. /. L. XIV, 3037, XV, 7880; Lan-
ciANi, Syll. 324).
Lugnano-Labico è un Comune di 1600 abitanti e di-
stante 23 miglia da Roma, celebre per la cista e per lo
specchio di bronzo ivi scoperti, ora nel museo Kircheriano
di Roma. Il Nibby (voi. I, p. 292) vi suppose l'antica Boia
colonia Albana, e ne riepilogò la storia sulle fonti classiche;
126 G. Tomassclti
e perciò io non la ripeto. Del resto, non è fondata la cor-
rispondenza di questo luogo con l'antica Boia, ma piuttosto
è da tenersi che fosse un antico castello Labicano, posto
com'è in luogo elevato e forte, trasformato poi in villa ro-
mana, il cui nome da qualche individuo dal cognome Longus,
ci è pervenuto nella forma attuale, attraverso al Longoieianum,
come apparisce (nel secolo viii) nel regesto di Gregorio II
insieme con un altro fondo Casa Maior (Deusdedit e Cen-
cio cit.). I conti Tuscolani, poi i conti di Segni e poi gli
Sforza di Santafiora nel 1575 per eredità l'ebbero in pos-
sesso. Nel 1339, 15 febbraio, Giacomo di Leone padre di
Paola moglie di Enrico Colonna ratificò la vendita di Lu-
gnano a Pandolfo Colonna. Giacomo Colonna dava procura
a Landolfo Colonna per prender possesso di Lugnano (ar-
chivio Cesarini. Arch. R. Soc. rom. di st.patr. 1892, perg. 29,
30, p. 233, ed. Celani).
Nell'anno 1347 due signori di Lugnano caddero estinti
nella battaglia a porta s. Lorenzo tra Cola di Rienzo e l'a-
ristocrazia (Papencordt cit. p. 170), della quale essi face-
vano parte come Colonnesi, discendenti di Enrico Colonna
ignoto al Coppi, come pure orli fu ignoto Lugnano quale
possesso di un ramo dei Colonna.
Altre notizie di Lugnano sono le seguenti:
a 1484, 3 novembre. Innocenzo VIII condona alla Co-
munità del castello di Lugnano 144 ducati di debito Came-
rale.
a. 1487, 23 marzo. Idem, idem per 100 ducati.
a. 1497, 6 settembre. Alessandro VI condona alla Com.
di Lugnano il debito Comunale di un biennio.
a. 1504, 27 giugno. Bartolomeo d'Alviano e fratelli con-
segnano oppidum Lugnani al commissario papale (da Brevi
dei suddetti papi, Contelori, Hist. Cam. s. v.).
Nell'anno 1634 P'^ssò per vendita ai Barberini per
70 ODO scudi, e per la stessa causa ai Pamphili nel 1651
con Valmontone, ed essi lo posseggono tuttora.
^ella Campagna Ternana 127
In questa contrada debbono ricordarsi il fundus Encar-
pianus iuxta sanctum Ciprianiim via Lahicana: inter affines
fundus Capitinianus iuris s. Ecclesìae romanae et fundus Fla-
vianus iuris puhlici iuxta Sabinianum della lapide di s. Angelo
al Corridoio (Torrigio, p. 407 ; De Rossi, Inscr. I, p. 513), il
fundus Caianus in territorio Prenestino dell'elenco Costanti-
niano, la possessio Marmorata del Liber pont. (in Sixto III) cor-
rispondente alla torre delle Marmare presso Lugnano; il fundus
Capitinianus {Lib. pont. in Benedicto). Circa questo punto era
il cimitero di s. Ilario, verso la via Prenestina ; e la basilica
dei ss. Nicandro, Eleuterio ed Andrea (Lib. pont. I, pp. 256,
381), altrettante prove positive della popolazione di questa
regione Labicana nei secoli sesto, settimo e ottavo.
Ci avviciniamo all'ultima stazione della via Labicana ad
pietas, il cui nome ci induce a sospettare che derivasse da
qualche trofeo indicante i picti scuta Labici di Virgilio. Essa
stava non lungi dal fontanile delle Macere, tra la via Latina
e la Labicana. E con questo, chiudiamo il nostro viaggio
storico, offrendo ai lettori la silloge finora più ricca di Val-
montone e delle dipendenze di esso, l'ultimo luogo del nostro
itinerario Labicano, che a rigore di distanza da Roma esce
dai limiti del nostro lavoro, ma per la importanza storica
e feudale, come punto strategico, è indispensabile per co-
noscere le vicende di questa parte del Lazio nell'antico e
nel medio evo.
Valmontone, Pimpinara e Colleferro.
Valmontone è un Comune di 4250 abitanti, capoluogo
di mandamento, posto sopra un monte isolato di tufo vul-
canico, all'altezza di 303 metri sul mare. Ha una forma quasi
ellittica ; è circondato da una cinta di mura del secolo xiii,
con torri rotonde, in parte smantellate o diroccate. Ebbe già
doppio recinto, come Nettuno, ma ora, per i lavori della
128 G. Tornasse tti
nuova ferrovia, il recinto del paese è quasi scomparso; e
non rimane che quello interiore. I Valmontonesi pretendono
di rappresentare l'antico Lalnco, e lo scrivono sullo stemma
comunale. Se il Comune non corrisponde all'antica città,
certamente esso occupa il sito di una città forte. Il nome
rustico, che lo distingue, deriva dall'essere stato un centro
agricolo del principio del medio evo, e indica la posizione
del monte rispetto alla valle (del Sacco) ch'esso domina dal-
l'alto. Corrisponde probabilmente all'antica Toleria, una delle
più antiche città del Lazio, che fu distrutta dai Volsci nella
guerra di Coriolano, ricordata da Dionigi, da Plutarco e da
Plinio, il quale annoverò i Toleriensi tra i popoli del Lazio
scomparsi senza traccia. Fu cotesto un luogo strategico, posto
tra i due rivi che confluiscono nel fiume Sacco corrispon-
dente all'antico Tolero, e che è il confine, da questa parte,
del Lazio vero con il paese degli Ernici, che nel medio evo
fu detto provincia di Campagna ed ora si dice circondario
di Fresinone. Fu pertanto il territorio di esso, sì nell'età an-
tica, come nella media e nella moderna, campo di battaglie
e luogo fortificato. Quando si afferma ciò, si deve compren-
dere in esso il castello di Pimpinara, quello del Sacco e
quello di Colle/erro, e il monastero in Silice, che si per le
notizie, come per la vicinanza, formano tutto un complesso,
che non può disgregarsi con istorie separate. Da parecchi
documenti ricavasi che questo territorio ebbe nel medio evo
il nome di Trebanum, forse in causa di tre vie che lo cir-
condano od attraversano. Al qual proposito facciamo notare
il diverticolo antico detto Morino, che passa vicino a Cave,
donde sbocca nella via Prenestina (contrada Croci). La più
memorabile delle antiche battaglie fu quella di Sacriportus,
nella valle in discorso; luogo il cui nome indica appunto
la importanza dell'approdo e del ponte del Tolero; batta-
glia che fu vinta da Siila sul figlio di Mario, nell'anno 672
di Roma (82 av. l'era volg.) e che segnò la catastrofe della
parte Mariana (Livio, LXXXV; Plut. in Siila, 27; Ap-
^ella Campagna ^£{omana 129
PIANO, b. e. 83). Ora questo gran fatto avvenne nella pianura
ove sorge il castello di Pìmpinara o Plumhinaria, il nome
del quale è corruzione di Fin minar ia, cioè guardia del fiume,
come rilevasi da numerosi documenti. Non conosco alcuna
monografia speciale su questo Comune. Ma tutti gli scrittori
della campagna ne parlano, e più specialmente il Nibby
(III, p. 369 sg.), il p. Casimiro {Memorie dei conventi ecc.
p. 411 sg.) ed il Pressutti (/w/rotì?//;^. al Regesto di Onorio III,
p. 30). Ciò che noi abbiamo aggiunto a tali autori si vedrà
da quanto segue.
Prima di sottoporre la silloge storico-diplomatica di questi
luoghi, è necessario il notare che in essi si svolse la gran
potenza della flimiglia Conti, cioè dei Conti di Segni, un
ramo dei quali ebbe Valmontone e i castelli annessi. Non
è possibile, in questo lavoro, il presentare la storia di questi
signori, che discendevano dai conti Tuscolani, e quindi rap-
presentano una famiglia feudale, di parte Cesarea, delle più
audaci e prepotenti del suolo romano. Anche la storia let-
teraria del secolo xiv ha una pagina per Valmontone, perchè
al ramo di questi signori appartenne Giusto de' Conti, l'au-
tore della Bella Mano (veggasi Ratti Nicola, Vita di Giusto
dei Co?tti, R. 1824).
Da Paolo fratello di Giovanni (signore di Poli) e del
card. Stefano di Riccardo, fratello d' Innocenzo III, che fu
figlio di Trasmondo, scende la linea di Valmontone (com-
perato per Paolo da Innocenzo III dai canonici Lateranensi
oberati). Cosi che fu detto ramo di Vallemontone e Segni,
come l'altro fu detto di Poli (Petrone Lello P. ai 24 mag-
gio 1443 la chiama Casa di Vallemontone). Il Contelori
riporta un breve di Giovanni XXII « per Paulum de Comite
dominum Vallismonloni potestatem in Signina civitatc prò
rom. ecclesia». Poi vengono Adenolfo e Ildcbrandino tee.
Adcnolfo mori senza figli. Ildebrandino ebbe molti figli : sta
sepolto a Valmontone a s. Maria in Silice da lui eretta. Egli
ebbe il titolo di Maestro del s. Ospizio da Martino V (25 feb-
Arcliivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 9
ijo G. Tomassetii
braio 1428) che così è poi passato in casa Ruspoli essendo
state quattro le famiglie eredi, cioè Theodoli, Ruspoli, Sforza
e Santacroce.
Dall'estratto di un protocollo di Gabriele di Piero di
Giovanni si cava un albero degli Orsini, composto da
Giovanni Baldovinetti, in cui sta a capo un Orso, il quale
ha per moglie Lucrezia di Aldobrandino de' Conti signore
di Valmontone (cod. Vaticano 7928, f. 157 v.).
La storia antica di questa famiglia fu scritta, da Felice
CoNTELORi (Genealogia Comitum Romanorum nel 1650); ma
tanto il testo, quanto l'albero genealogico annesso, potreb-
bero essere aumentati e corretti.
La parte che ebbero nella storia di Roma, essendosi in-
filtrati nel Comune stesso fin dal secolo xii, gli aumenti di
territorio, i rapporti con il Papato, ogni cosa riceverà luce
più o meno efficace da questa serie di notizie, che per ora
sarà la più copiosa, e contenendo cose in massima parte
finora sconosciute. Dopo questa serie, si darà una breve illu-
strazione dei monumenti di Valmontone.
a. 1052, 31 gennaio. Locazione in enfiteusi di parte di
un castello nel territorio di V. data dai canonici Lateranensi a
Landone ed Ottone da Valmontone (archivio Sforza-Cesarini,
Celani e. in Arch. R. Soc. rom. di st. patr. 1892, perg. i).
Dev' essere questo Landone antenato di uno che fu amba-
sciatore di Odone di Poli nel 1138, come qui sotto noterò.
a. 1138. Odone signor di Poh manda ambasciatore al
papa Innocenzo II un tal Landone de Vallemontonis (Annali
Camaldolesi, t. IV, app. 2*).
a. 1151, IO dicembre. Actum prope castrum Fluminarie
in ecclesia sancte Marie presentihiis etc. È la nota permuta
del Tuscolo (metà) ed altre terre con Trevi, fatta tra Eu-
genio III e Odone de Columna (Theiner cit. I, p. 14).
a. 1152. Ricardo di Valmontone, in documento Latera-
nense, che richiama anche antenati (Pressutti, Reg. Hon. Ili,
prefazione^ I, p. 80).
Isella Campagna Romana 131
a. II 52. Gregorio da Valmontone giura fedeltà ad
Adriano IV (dalla collettanea di Albino in cod. Vat. Ot-
tobon. 3057, fol. 121 V.).
a. II 54. Anastasio IV conferma ai canonici Lateranensi
Castrum Vallismontonis cum ecclesiis et omnibus ad ipsum
pertinentibus (Crescimbeni, Storia di s. Gio. a p. Latina,
p. 249).
a. II 64. Gandolfo di Valmontone è uno dei senatori
eletti nel momento di alleanza tra il Senato ed il pontefice
Alessandro III, contro la prepotenza di Federico Barbarossa
(Vitale, St. dipi cit. p. 58).
a. 1182. Bolla di Lucio III (Ughelli, I, p. 1238;
NiBBY, III, p. 373), che nomina le chiese di s. Maria,
s. Andrea, s. Lorenzo, s. Giovanni de Selva, s. Nicolò,
s. Zotico ed il monastero di santa Maria in Silice, cioè sulla
via Labicana.
a. 1206, 26 maggio. Guido di Giovanni rettore della
chiesa di s. Andrea di V. concede in pegno due rubbia di
terreno a Pietro di Annibaldo ed eredi (archivio Sforza-
Cesarini, perg. n. 2, ed. cit.).
a. 1208, 16 marzo. Donazione fatta da Contessa di Oddo
di Petaccio, con assenso del marito Ubaldo Massimi, a fa-
vore di Pietro di Stefano di Giovanni Grassi dei diritti sui
castelli di V., Sacco e Giuliano (archivio Sforza-Cesarini,
perg. n. 3, ed. cit.).
a. 1208, 6 ottobre. Celebre atto di Ricardo conte di
Sora che presta giuramento di fedeltà ad Innocenzo III. . . e
(( de castro Vallis Montonis, de Sacco, de Plumhinaria iuravit
facere guerram et pacem contra omnes homines ad manda-
tum eorum » (dei Cardinali presenti). Da Cencio Cam. (Mu-
ratori, Antiq. V, p. 848 ; Theiner, I, 42 ; ed. Fabrc-Du-
chesne in corso, I, p. 9*).
a. 1209,3 marzo. Romanus di Giovanni Tinioso promette
a Riccardo fratello d'Innocenzo III di costruire mnnim, scl-
ciatani et steccatnm ad molcndimnn Castri Sacci (archivio
132 G. Tomassetti
Santacroce, T. A. 4. Il Contelori, p. 3, lo mette al 16 feb-
braio.
a. 121 3, II ottobre. Tebaldo de Monumento giura sul
Vangelo « libere et absolute vassallagium d.° Richardo illustri
Sorano Corniti » e suoi eredi su tutti i tenimenti « quae in
castro Vallismontonis et eius tenimentis quae ex parte uxori s
suae » gli sono pervenuti. Tra i testimoni v'è Oddo de Co-
lumna (transunto in Contelori, p. 3, ed in archivio San-
tacroce, fase. Conti, S. 44).
a. 12 14, 8 agosto. Deposito di cinquanta libre di argento
per pagare il debito alla Communità di V. fatto da Giovanni
di Bobo Bonifilii (arch. Sforza-Cesarini, perg. n. 5, ed. cit.).
a. 12 19, 12 marzo. Atto di concordia fra i milites Ca-
venses e Riccardo de' Conti sui beni del castrum Plumbinaria
e sui casarina in Castellano ubi est turris. I Cavensi con-
cedono a Riccardo il diritto faciendi guerram et pacem de
Plumbinaria prò suo velie et promittunt non vendere Pluni-
hinariam (copia in archivio Santacroce, fondo Conti, S. 44).
a. 1226, 4 marzo. Istromento di vendita di più terre
di diversi proprietarii situate in Valmontone, a favore dei
signori de' Conti. Not. Gregorius scrin. (orig. in perg., ar-
chivio Santacroce, fondo Conti, R. 32).
a. 1226, 3 maggio. Divisione dei beni tra il Cardinale
Stefano (di s. Adriano), Paolo e Giovanni de' Conti, nella
quale a Paolo si danno il castrum Vallismontonis, Sacci,
Plumbinaria (scritto Pleminaria), due molarla e un pezzo di
Ladano. A Giovanni la tor de' Conti in Roma (« domos
Montisbalneineapolis ») ecc. (Contelori, p. 5 ; copia in ar-
chivio Santacroce, S. 44).
a. 1226, 4 maggio. Pietro di Stefano ed altri vendono
a Pietro de' Conti terreni ed uomini qui fuerunt quondam
Contissae dentro il castello e fuori di V. (archivio Santa-
croce, T. A. 4).
a. 1238, 15 decembre. Istromento di promessa di ma-
trimonio tra Giovanni de' Conti e Filippa sorella di Mattia
^ella Campagna Romana 133
nipote del pontefice Gregorio IX, fatta dal padre di lui
Paolo de' Conti proconsole dei Romani, con promessa giu-
rata di assegnare a detto Giovanni il castrum Vaìlismon-
touis, di non cederlo ad altri e di far giurare in questo
senso anche gli homines dicti castri - notaio Nicolaus Fe-
rentinas S. R. E. scrin. (orig. in perg. in archivio Santa-
croce, fondo Conti, R. 32; Contelori, in sunto, p. 5).
a. 1249, 27 maggio. Pietro Bosso di V. come procu-
ratore del Card. Stefano vicario del Papa investe Paolo dei
Conti del castello di Sacco e territorio annesso, con rocca,
torre e cassavo (archivio Santacroce, T. A. 4).
a. 1250. Testamento di Odone di Poli, in cui sono
nominati molti abitanti di V. tra cui un Felice frate mi-
nore non castellano, come dice il Nibby, ma un castellanus,
oltre il frate (^Annali Camald. IV, p. 385, 597).
a. 1256. Nuovo patto tra il comune di Cave e Riccardo
de' Conti per V. e P. (Contelori cit. p. 7).
a. 1260, 28 settembre. Transazione tra i figli di Stefano
de' Conti demente (furiosus) e Giovanni de' Conti sui frutti
e proventi di Val montone e Plumhinaria (Contelori, p. 9 ;
copia in archivio Santacroce, S. 44).
a. 1262, 24 novembre. Mattia Annibaldi, curatore di
Stefano de' Conti furioso, cede in nome di lui a Giovanni
del fu Paolo de' Conti castrum Vallis Montonis, castrum
Sacci et castrum Plumbinariae. Not. Octavianus S. R. E.
index etc. (istrom. orig. in perg. in archivio Santacroce,
fondo Conti, R. 32; Contelori, p. io).
a. 1266, 29 settembre. Concessione del castello di Piom-
hinara fatta da Giovanni e Adinolfo Conti a Gregorio Fra-
iapane (archivio Sforza-Cesarini, perg. n. 9, ed. cit.).
a. 1287, II agosto. Giovanni de' Conti figlio di Paolo
istituisce un fedecommesso con i beni di V., S. e F. ed
altri fondi in favore di Àdenolfo suo figlio e di Giovanni
figlio di costui (archivio Ruspoli, XXVII, 8). Il Gregoro-
vius, che conobbe pel primo questo documento, scrisse che
134 ^' Tomassetti
questo è il primo fedecom messo romano (lib. IX, 2, 2).
Ma egli ignorava quello istituito dal Savelli nel suo testa-
mento del 1279 (vedasi la mia pubblicazione Documenti
feudali della prov. di Roma, 1898, p. 13). Una copia an-
tica di questa istituzione Conti è presso di me.
a. 1292, 2 maggio. Gottofredo figlio di Stefano « de
Valle Montonis habitator (castri) Nymphae» (in archivio
Colonna, perg. XVII, 74).
a. 1299, 25 luglio. Bonifacio Vili concede in affitto
perpetuo, dietro censo di 20 solidi provis., il castello di
Giuliano ed altri fondi ai quattro figli di Adenolfo de' Conti
domini de castro Montonis (Bull. Bonif. Vili ad ann.).
a. 1299, 25 luglio. Breve di Bonifacio Vili ai tre figli
di Adenolfo quali signori de castro Vallis Montonis (Reg.
ad ann.).
a. 1305, 3 novembre. Compera fatta da Giovanni e Il-
debrando Conti di terreni in valle di Pastini nel territorio
di Piombinara ceduti da Pietro Biancardo (archivio Sforza-
Cesarini, perg. n. 23, ed. cit.).
a. 1306, 26 novembre. Gli abitanti « castrum Flumina-
riae constituunt procuratorem ad componendum corani
Ioanne Comite proconsule romanorum domino ipsius castri
ad ordinandum cum eo statuta etc. Nicolaus iudicis Rai-
noni de Venusio not. » (Contelori, p. 14; archivio Santa-
croce, fondo C. S. 44).
a. 1309, i'^ novembre. Atto di reciproca quietanza tra i
quattro figli di Adinolfo de' Conti e Francesca di Gavignano
vedova di Anniballe di Ceccano sulla metà dei frutti di Val-
montone, di Fhiminaria etc. (trans, in archivio Santacroce,
f. Conti, S. 44).
a. 13 18. Sentenza arbitrale che assegna a Giovanni dei
Conti il diritto sul castrum Collis ferri (trans, in archivio San-
tacroce, S. 44).
a. 1327, 17 giugno. Giovanni XXII assolve Paolo de
Comite dominum Vallismontonis, che aveva ordinato la uc-
^ella Campagna ^T(omana 135
cisione di due chierici essendo podestà di Segni (^Epist.
Ioan. etc. ad an.).
a. 1338, 25 decembre. Bolla di Benedetto XII che com-
mette a Giovanni (Pagnotta) vescovo di Anagni la lite ver-
tente tra Paolo Conti e la Comunità di V. per la chiesa
di s. Zotico posta nel dominio temporale di Paolo (archivio
Sforza-Cesarini, perg. n. 28, ed. cit.).
a. 1355. Giovanni Conti di V. comanda io 000 romani
che coll'Albornoz vanno a battere il prefetto Giovanni di
Vico a Montefiascone (M. Villani, III ecc.).
a. 1377. Ricevimento di Gregorio XI, nella sua venuta
in Italia, in V. per parte dei signori del castello (Masson
in R. L 55. Ili b., 9. 711).
a. 1378, 2 novembre. Bolla di Urbano VI, che confe-
risce il capitanato generale di Marittima e Campagna ad Adi-
nolfo Conti (archivio Sforza-Cesarini, perg. n. 34, ed. cit.).
a. 1379, 29 aprile. Procura della Comunità di Roiate,
con autorizzazione del Rettore Steflmo di Falmontone dei
signori di esso castello (Roiate) per trattare piena e per-
petua pace col magnifico milite Agapito Colonna (archivio
Colonna, perg. LVI, 7Ó).
a. 1380, 29 mao^gio. « Urbanus VI Adinulphum de Val-
lemontonis Comitem civitatis Signinae, Palliani et Serronis
constituit capitaneum in civ. Signina, Palliano et Serrone »
(Bull, ad an.).
a. 1389, 9 novembre. Bolla di Bonifacio IX, che com-
mette al vescovo di Segni di assolvere dalle censure Adi-
nolfo e Ildebrando Conti (arch. Sforza-Cesarini, perg. n. 38,
ed. cit.).
a. 1390 circa. Nasce Giusto de' Conti, l'autore della
Bella Mano (Salti, Della Storia leti, it., Mil. 1834, II, p. 299).
a. 1391, ultimo di febbraio. Ildebrandino de' Conti si-
gnore di Falmontone, in nome di Adinolfo suo fratello « iniit
quaedam pacta cum Ballistariis Vallismontonis » (archivio
Santacroce, f. cit. S. 44).
1^6 G. Tomassetti
a. 1402... Bolla di Bonifacio IX, che sancisce le con-
venzioni fatte tra la Camera Apostolica e Ildebrandino e
Adinolfo de' Conti di V. (archivio Sforza-Cesarini, perg.
n. 42, ed. cit.).
a. 1405, II agosto. Istromento di ratiabizione fatta dal
minorenne Nicolò de' Conti verso Ildebrandino quale erede
di Adinolfo, « actum in castro Vallismonionis in domibus dicti
magnifici d. Ildebrandini de Comite, praesentibus et intel-
ligentibus nobilibus et sapientibus viris etc. », tra cui Antonio
Petrica de Vallemontone ; rogato da Antonius lohannes Predi
de castro V. (orig. in perg., archivio Santacroce, fondo C.
R. 32).
a. 1407, 23 novembre. Ildebrandino de' Conti « habens
iurisdictionem in castro ValUsmontonis emancipavit Altum
suum natum » , e gli concede in perpetuo il detto castello,
con Sacco e col territorio sul fiume stesso (trans, in ar-
chivio Santacroce, f. cit. S. 44).
a. 1408, 26 agosto. Il nobile e potente Ildebrandino dei
Conti vende a Paolo di Pietro Cola di Cave una terra
presso Valmontone, contrada Erna o casal di Tomasso, con-
finante col teritorio di Cave e coi beni di s. Maria di V.
(archivio Colonna, perg. XVIII, 124).
a. 1421, 13 maggio. Un « lacobus Vettori et Cola Cap-
pellutia de Fluminaria » intervengono come testimoni in una
stipulazione a Paliano (archivio Colonna, perg. XXXIV, 1 6) ;
dunque era ancora abitato quel castello.
a. 1424, 22 febbraio. Ildebrandino de' Conti e suoi figli
domicelli romani, rei di aver prestato aiuto ai nemici della
Chiesa, vengono assolti da Martino V, reintegrati e presi
sotto la sua protezione insieme coi loro sudditi, che stanno
in una città (Segni) e 19 castelli, tra cui Valmontone, Sacco,
Flnminaria, Lognano, Zancati (Contelori Felice, Hist. Ca-
meralis, n. 40 in archivio Vaticano).
a. 1428, 20 novembre. Ceccho Rodi di Genazzano fami-
gliare dei Colonnesi acquista due pediche, vicine alle rovine
^ella Campagna ^I^mana 137
di Settebassi (via Latina) dalle monache del convento diruto
di s. Maria in Silice di Genanano. Not. N.Vendettini (^Arch,
R. Soc. rom. si. patr. XX, p. 445). Si colloca a Valmontone,
perchè il detto monastero appartiene al territorio di esso.
a. 143 1, 24 settembre. « Vicecamerarius inhibet Nicolao
de Comite ne se intromittat in Roccha Castri Colliferri quae
spectat ad Cameram Apost. )) (ex libro diversor. Eugenii IV,
I, 95, arch. Vat.).
a. 143 1, 29 settembre. « Nicolaus de Comite intendebat
reparare roccham castri Coliferri (sic) quod ad Cameram
apostolicam et non ad dictum comitem spectat ». Segue la
inibizione relativa con penale di io mila fiorini (Contelori,
Hist. Cam. ms., arch. Vat. f. 47).
a. 1437. Nicola di Valmontone, canonico Lateranense, fu
giustiziato nel 1437, sotto Eugenio IV (cod. Vat. 9405, f. 1 1 ;
Infessura, ed. cit. p. 37, con tavola).
a. 1437-1458. Alto e Grato de' Conti, signori di Val-
montone, protetti dall'arcivescovo Giovanni de' Conti le-
gato di Marittima e Campagna, commettono usurpazioni
e violenze di ogni genere, tra cui la occupazione del ca-
stello di Selvamolk a danno di Fazio Caetani di Prosinone,
a favore del quale, e dei suoi figH Nardello, Antonio e An-
gelella, oppressi da essi con prigione ed altre angherie, si
emanò sentenza in contumacia contro i detti Conti, cioè
Giovanni, Alto ed i figli di Grato, allora defunto (archivio
Colonna, perg. LXIV, 9).
a. 145 1, 18 settembre. Dichiarazione fiitta in Campi-
doglio innanzi al senatore Nicola de Porcinari di Aquila e
suoi collaterali Andrea e Grato de' Conti, che quantunque
alcuni loro vassalli abbiano nella tortura confessato di avere
ricevuto danari dal card. Colonna (Prospero) per avvelenare
Alto, Grato e figli (de' Conti), dal processo inquisitorio
successivo, esso cardinale è risultato innocente (archivio
Colonna, Misceli. Star. II, A, 27, n. 48). È indirizzata uni-
versitati, non si dice quale ; ma dev' essere di Valmontone.
138 G. Tomassettì
a. 1467, 29 ottobre. Verbale di possesso della quarta
parte della tenuta di Bresciano venduta da Mario Dioteaiuti
da Valmontone al magnifico prefetto di Roma Antonio Co-
lonna, principe di Salerno (per procuratorem). Not. Antonio
Colonna (archivio Colonna, perg. LVII, 65).
a. 1470, 23 luglio. Papa Paolo II unisce il convento di
santa Maria in Selce di V. con la mensa dell'abadia Subla-
cense (archivio di s. Scolastica, II, 68 ; Federici, Monasteri
di Subiaco, p. 268).
a. 1475, 28 ottobre. Inventario Sublacense dei beni di
s. Maria in Selce di V. (archivio di s. Scolastica, XXIV, 16;
Federici cit. p. 271).
a. 1482, 2 settembre. Roberto Malatesta il vincitore
della battaglia di Campomorto cade infermo a Valmontone
dove il papa Sisto IV gli mandò il suo medico (Marini,
Archiatri, I, 209 e appendice n. 67), poi venne in Roma
dove mori nel palazzo Nardini. Sulla sua tomba in s. Pietro
gli fu scritto : Veni vidi vici, Victoriam Sixto dedi Mors in-
vidit gloriae (Nantiporto in Muratori, p. 1078).
a. 1484, 21 gennaio. Prospero de' Conti, avendo mili-
tato per la Chiesa sotto Sisto IV e scacciati i cugini Lu-
cido ed altri, avendo ridotto agli stipendii della Chiesa il
signor Giacomo de' Conti, ricevette dal Papa Montefortino
e la metà di Rocca Massima e di Colleferro (da bolla di
Innocenzo Vili, ad ann.).
a. 1487,20 giugno. Bolla d' Innocenzo Vili che annulla
la donazione di Montefortino, Rocca Massima, Castel di-
ruto, Colleferro e Torricella fatta da Prospero Conti a Gia-
como Conti (archivio Sforza-Cesarini, perg. n. 92, ed. cit.).
a. 1487, 18 ottobre. Testamento del magnifico Carlo
de' Conti, in cui è nominato Valmontone con gli annessi
(archivio Capitolino, not. Gio. P. Gregorio).
a. 1495, 7 agosto. Importantissimo capitolato originale
di pacificazione tra il card. Giovanni Colonna, anche a nome
del fratello Prospero, e Girolamo con Giovanni Battista dei
'T>ella Campagna Romana 139
Conti, figli del fu Bruno, con le firme dei signori Conti e
sigilli in ostia (archivio Colonna, M/Va'//. II, A, 33, n. 4).
Le guerre e rappresaglie, cui si poneva fine, riguardavano
il territorio di Segni e Falmontone. Un ordine di Ales-
sandro VI (breve del 1 9 nov.) a tutte le terre di Colonna
e di Conti annunziava questa pace e imponeva multe a chi
la trasgredisse (ivi, perg. XVI, 49).
a. 1 501, 24 settembre. Testamento di Girolamo de' Conti
vescovo di Massa, che ordina la rifazione della chiesa di
s. Maria di Falmontone; e lascia la quarta parte della te-
nuta Fluminaria alla sorella Bernardina (trans, in archivio
Santacroce, f. cit. S. 44).
a. 1501, 24 settembre. Girolamo de' Conti fa testa-
mento, nel quale raccomanda che i suoi cugini Federico,
Marino e Stefano non possano entrare in possesso di V.
finché non abbiano sborsato le doti costituite su quel ca-
stello alle femmine della casa (archivio Santacroce, T. A. 4).
a. 1508, 15 aprile. Divisione dei beni di casa Conti,
nella quale il castello di V. tocca a Gio. Battista, col peso di
pagare la dote alle due sorelle Francesca e Giovannella (ivi).
a. 1509, 8 nov. Testamento di Giulia Sforza di Santatìora
vedova di Pietro Paolo de' Conti, contenente le sue ragioni
sul castello di V. (arch. Capitolino, not. Gio. M. Taglienti).
a. 1 5 IO. Stefano de' Conti cede a Giovanni Battista ogni
diritto in parecchie terre, tra cui il castrum Fallismontoiiis
e le tenute di Giuliano e Fluminaria, e ne riceve altre in
correspettivo (transunto in archivio Santacroce, S. 44).
a. 151 1, 28 sett. Il capitolo generale Cassinese nomina
un procuratore a prender possesso di s. Maria in Selce di V.
(archivio di s. Scoi. XXIV, 17; Federici cit. p. 286).
a. 15 17, 27 gennaio. Leone X incarica i vescovi Paolo
di Nemours e Zaccaria di Sebaste di prender possesso del
priorato di s. Maria in Selce di V. a nome della congre-
gazione Cassinese (arch. di s. Scoi. II, 78; Federici, p. 290).
a. 15 18, 15 aprile. Atto di divisione tra gli eredi Conti
140 G, Tomassetti
notati nel testamento di Girolamo del 1501 (archivio San-
tacroce, T. A. 4).
a. 1518,7 luglio. Istromento di vendita di Mow/^/or^/wo
fatta a Pompeo Colonna vesc. di Rieti da Lucido Conti.
Tra i confini vi è indicato il castrum' dirutum Pinminaria
(Arch. Colonna, Mise. II, A. 3, p. 435).
a. 1520, 27 marzo. Il priore di s. Maria in Selce di V.
affitta un casale in Tivoli a Mariano di Pietruccio di Tivoli
(archivio di s. Scoi. XXIV, 18; Federici, p. 291).
(( Leo X remittit Federico de Comitibus ad annum quic-
quid prò sale solvere tenetur camerae apost. ratione Signii,
Vallismontonis, Lngnani, Montislanici Patrice, Proxedi, Rocche
Siccaey) in Lih. divers. Leonis X, fol. 205 in 1° et 70 in 2**.
1520, 7 luglio. Nell'atto di vendita di Montefortino
fatta da Lucido Conti a Pompeo Colonna vescovo di Rieti,
è indicato tra i confini : « castrum dirutum Piuminariae »
(archivio Colonna, Misceli. II, A. 3, p. 436).
a. 1520, 23 settembre. Leone X conferma alla casa
Conti i beni della provincia di Campagna, compresi V. etc.
(archivio Santacroce, T. A. 4).
a. 1527, 18 febbraio. Paolo del fu Marco di Bello,
oblato nel monastero di s. Maria in Selce di V., dona i
suoi beni al priore di essa, nel coro (archivio di s. Scola-
stica, XXIV, 19; Federici, p. 293).
Quest'anno fu tristamente memorabile per l' invasione
del Borbone, da cui questi castelli soffersero saccheggio.
a. 1537, IO aprile. Il procuratore di Ortensia, figlia ed
erede di Simeona di Francalancia di Falmontone, vende per
690 ducati una terra posta nel territorio di Fluminaria (ar-
chivio Santacroce, T. A. 4).
a. 1539, 13 febbraio. Il regio vicario in Roma condanna
Arnolfo figlio di Giovanni de' Conti a restituire ad Oddo-
lina vedova di Guido di Giordano il castello di a Pluminaria
turrim et tenimentum quae occupaverat » , e a pagare 100 Hb-
bre. I confini del detto castello sono indicati così : « castrum
^ella Campagna Romana 141
Sacci - Collis Ferri - Signium - S. Hyppolitus - Pallianum »
(archivio Santacroce, ivi).
a. 1547 e seg. Causa agitata da Mario Sforza duca di
S. Fiora come marito di Fulvia Conti contro Gio. B. Conti
e il breve di Paolo III, per Vaìmontone ed altri beni di
Roma (archivio Santacroce, Q. n. 6).
a. 1548. Brevi di Paolo III che confermano l'adozione
fatta da Gio. B. de' Conti di Federico conte di Santafiora
nato dalla figlia Fulvia e da Mario di Santafiora (con che
gli Sforza di Santafiora vennero in possesso del ducato di
Segni, di Falmontone, eie). Un sigillo di un pronipote di
questo Mario come 2" duca di Segni fu edito dal Manni
(^Sigilli, XII, i) il quale riferisce la genealogia di questo
ramo.
a. 1549, 24 aprile. Lettera del Legato di Paolo III, che
ordina al signore di Falmontone (Giovanni Battista Conti)
accoglienza a Girolamo Gumtaro parafreniere pont. (archi-
vio Santacroce, T. A. 4).
a. 1557, 8 agosto. Marcantonio Colonna, generale di
S. M. il Re FiHppo II nella Campagna, scrive dal campo di
Colleferro ai comuni di Carpineto, Gorga e Montellanico che
forniscano pane, vino e vettovaglie al campo sopra Segni,
il che verrà pagato, ma sotto multa di 1000 ducati e della
disgrazia di S. M. (archivio Colonna, II, C. D. L).
a. 1559, 27 luglio. Battaglia di Segni. Marcantonio Co-
lonna scrive al Duca d'Alba didV osteria di Segni. Al 26 agosto,
scrive al comune di Segni dal campo al ponte del Sacco
(archivio Colonna, II, C. D. L).
a. 1575. Francesco Sforza, figlio di Mario, come ni-
pote dell' ultimo maschio di casa Conti, Gio. Battista, cioè
figlio di sua figlia Fulvia, eredita i castelli di F. e di P.
dal testamento dell'avo dell' 11 gennaio 1574.
a. 1594, 6 marzo. L'A. C. Camillo Borghese fa un mo-
nitorio contro gli usurpatori dei beni di s. Maria in Selce
di V. (archivio di s. Scoi. XXIV, 20; Federici, p. 316).
142 G. Tomassetti
a. 1596. Il Duca Camillo Conti vende Rocca Massima
e Coli e ferro al Card. Salviati per 20 000 scudi (Causa Rotale
coram Coccini, Signina castrorum del 1623, in archivio di
Stato, archivio Camerale, Nobiltà e Feudi, n. 14).
a. 1605, 12 marzo. Memoria del rinnovamento della
chiesa di s. Maria in Selce di V. per opera dell'abadia Su-
blacense (arch. di s. Scoi. XXIV, 20 tó; Federici, p. 321).
a. 1634. Mario Sforza vende a Taddeo Barberini il ca-
stello di V. e di P. per 427 500 scudi (Nibby III, 375).
a. 1651, 29 aprile. Il Card. Francesco Barberini vende
Valmontone, Liignano, Montelanico e Pimpinara al principe
Camillo Pamphili per 687 298 scudi (Nibby cit.).
a. 17 II, 6 febbraio. Monitorio dell' A. C. Carlo Cerri
al vescovo di Segni a non occupare i beni di s. Maria in
Selce di V. per la erezione di un seminario (archivio di
s. Scoi. XXIV, 21; Federici, p. 339).
a. 1804, 7 settembre. Il Duca Salviati vende CoUeferro
con la giurisdizione al Duca Lante Della Rovere (atti Si-
monetti, archivio di Stato cit.). Il Nicolai perciò nel 1803
stampava che C. apparteneva ancora al Salviati {Mem, etc. I,
p. 229).
È dovere, dopo le descrizioni di questa cospicua terra
date dal Marocco, dal Nibby, dal Bertarelli, essere al-
quanto diffuso e preciso, per mantenersi fedeli alla pro-
messa fatta nella prefazione al nostro lavoro. Imperocché
si tratta di un luogo, che non ha avuto la fortuna di un
illustratore zelante, e deve quindi essere attentamente os-
servato. Come fidarsi infatti del Nibby, il quale asserisce
che Valmontone si trova tra le due sorgenti del fiume
Sacco y prendendo i fossi per vene d'acqua; che le torri del
recinto sono quadrangolari, mentre sono rotonde; un S. An-
tonio abate con testa calva, autenticato dal sottoposto tau,
l'ha preso per un eterno padre-, le case del secolo decimo-
terzo chiama di costruzione saracinesca^ (pag. 370, 76, 77).
Ciò che ho trovato di età antica in Valmontone sottopongo
^ella Campagna Romana 143
ai lettori appiè di pagina ; osservando che si tratta di cose
trovate presso la via Labicana, parte al colle de' Quadri e
parte alla Cavalla (i).
Resta pertanto a descriversi in questo luogo quanto
spetta al medio evo. Avviandoci a Valmontone dall'accesso
principale, eh' è quello detto del molino Daria o di S. Gio-
vanni, soffermiamoci alquanto. Questo moderno stabilimento,
nel quale l'arte meccanica, nell'applicazione del vapore alla
macinazione del frumento, fornisce aiuto all'industria agri-
cola dei circostanti paesi, ci offre il più ragguardevole og-
getto odierno del paese. Ora questo molino, per una sin-
golare coincidenza, sta addossato alla collina, sulla quale
sorgeva ed esiste tuttora il più antico monumento Valmon-
tonese del medio evo, il convento colla chiesa di s. An-
gelo una volta dedicata a s. Zosimo. Il portico del convento
e della chiesa è formato da due colonne di pietra ottagone
(i) L'accesso antico di Valmontone, corrisponde precisamente al
numero civico moderno 9 a della via detta carrara, nome che ricorda
appunto l'antica strada. Per vedere e questa e la porta suddetta, me-
glio che dalla strada si deve entrare nella casa del sig. Marchetti, il
quale ha convertito un letamaio sottoposto alla propria abitazione, in
un ameno giardinetto, in fondo al quale egli mostra volentieri l'an-
tico arco curvilineo della porta, formato con grandi tufi quadrati, e
la strada, ora peraltro ricoperta da due metri di terra vegetale, fian-
cheggiata dalla roccia. Il taglio di questa rupe, la bellezza della porta,
la posizione del luogo, rendono quest'osservazione abbastanza gradita.
Il proprietario possiede due piccoli busti imperiali di marmo africano,
con teste barbate di marmo bianco, una bella testa marmorea femmi-
nile ornata sui capelli di una stefane, e un profilo di donna in rilievo
su medaglione ovale marmoreo. Degli scavi fatti dal Ludovichetti ri-
terì già il GuATTANi (Mem. Encicì. VII, p. 80). Negli atti del Camer-
lengato all'archivio di Stato in Roma trovansi notizie di monete sco-
p:;rte, di una statua e di una via antica (nn. 792, 842, 1528, 1704,
2223). Le lapidi di Valmontone sono pubblicate nel C. /. L. XIV, ai
nn. 2987, 3009, 3317, 3324, 3330 (il cippo di Butlceius, gii nel mer-
cato, ed ora nella sagrestia del Gonfione), 3399, 5416, 3418 e i bolli
al n. 4091.
144 ^' Tomassetti
coronate da capitelli accennanti al corinzio, ma semplici e
schiacciati, lavoro del secolo decimoterzo. La chiesa è tutta
rimodernata. Il convento serve di alloggio ai soldati; ed
io non vi ho trovato di medievale che questa lapiduccia
murata nel pilastro prossimo alla scala, nel primo piano :
EX.BVLL/V-VITAE.r^EREN
NICOLAI. PP. DAT. VU
IVL.MCCLXXXX.COLLIGI
TVR.QVOD.PF.MINORES
HIC. MORABNR. ANTE. D. ANN i
Se ne ricava che Nicolò IV, nella bolla Vitae perennis
dei 7 luglio 1290 attesta aver quivi dimorato i frati minori
prima di quell'anno, cioè antecedentemente. Discendiamo
da questa collina ed ascendiamo a Valmontone. A sinistra
ci si offre una piccola chiesa detta anticamente delle Grafie,
ovvero di s. Antonio, perchè, come ho già sopra notato, fu
dei monaci Antoniani. L'esterno consiste in una costruzione
propria del secolo undecimo, con porta di facciata, ed altra
laterale, ambedue murate, del secolo decimoterzo, sormon-
tate da un archetto tondo sporgente. La porta della facciata
contiene un importante affresco, in parte rovinato, che rap-
presenta S. Antonio abate. Sui peducci dell'archetto delle
dette porte è scolpito il tati degli Antoniani. In alto esiste
anche una fenestrella coronata dal solito archetto sostenuto
da colonnette, delle quali non rimangono che i capitelli e
le basi.
Entrando nel paese noi possiamo tenere due strade, pas-
sare cioè per porta Napoletana, ovvero per porta Romana.
Nel primo caso ci troviamo nel corso Garibaldi^ che ci pre-
senta i più singolari avanzi del medio evo. Quivi doveva
essere concentrata la più ragguardevole parte della popola-
zione in queir età. Il viaggiatore non lasci senza attenta os-
servazione quel punto largo della via, ove sorgeva un tempo
una chiesa di s, Leonardo, convertita in una casa moderna.
Quivi esistono a destra, per chi sale, tre bellissime fenestre
^Bella Campagna Romana 145
ghibelline di pietra locale con archetti acuti sfrondati e con
colonnine ornate di capitelli corinzi l'uno diverso dall'altro.
A sinistra si veggono le severe fenestre guelfe crociate della
casa avversaria. Poco più oltre, al numero civico 8, a de-
stra è un' altra fenestra ghibellina con archetto tondo. AI
numero 42 ve n' è un' altra guelfa. Ma la più splendida è
quella tutta marmorea, posta sopra al numero ^G, che con-
siste in un arco acuto sfrondato incassato in un altro acuto
semplice inquadrato entro cornice rettilinea tutta intagliata,
con due scudi francesi nei vani superiori, e coronata da due
rosette all'estremità superiore. Entrando per la porta Ro-
mana percorreremo la via carrara, e vedremo prima l'arco
della porta, semi-acuto, e poi presso la casa Marchetti, ad-
ditata in nota come quella in cui si ravvisa l'antica porta,
il sito della chiesa medievale di s, Andrea, nominata già
nelle memorie diplomatiche, ed ora convertita in osteria del
Conte; ma che ha lasciato il suo nome al vicolo adiacente.
Giunti che saremo sulla sommità di Falmontone, ammire-
remo il sontuoso palazzo Pamphili, uno dei più grandiosi
monumenti principeschi moderni della nostra provincia. A
d. Camillo Pamphili costò scudi 600 000, somma immensa
nel secolo decimosettimo ; eppure non è finito, come si può
vedere dalle morse del muro presso la chiesa collegiata, alla
quale sembra aver voluto il principe stesso dar la preferenza
nella costruzione. Nell'oratorio del Gonfalone si vede un
presepio in pittura su tela con la firma D , che si attribuisce
al Dughet (Gaspare Poussin).
Sulla sommità del paese abbiamo notato due sole cose
del medio evo, cioè la custodia degli olii santi, eh' è nella
Collegiata, la quale sembra del secolo decimoquinto ed è
ornata col noto partito dei pilastrini e degli angeletti, ed
ha nella sagrestia una Madonna del Pinturicchio; e la casa
Aequaroli nella prossima via dell* Oratorio, la quale con-
serva le mura del secolo decimoterzo, ed alcune fenestre
marmoree rettilinee.
Archivio della R. Soci'tà romana di s!oria patria. \'oI. XXVUI. IO
146 G. Tomasseili
Non conoscesi lo statuto comunale di Valmontone, ma
soltanto alcune disposizioni di danni dati ecc., di età re-
cente (1818 e seg. nel R. archivio di Stato in Roma, t. 115).
Sembra che si governasse con gli statuti di Roma, poiché
vengono spesso nominati negli atti, che si conservano nel
pubblico archivio. Il più antico atto dell' archivio notarile è
del 1527; ciò che indica essere stato disperso in occasione
della nota invasione Borbonica di quell'anno.
Pimpinara, cosi detto da Fluminara castello del medio
evo sul fiume Sacco, che serviva di guardia al confine tra il
Lazio e la provincia di Campagna. Fu fabbricato dai conti
di Valmontone circa il mille, sul sito dell'antica Sacriportus
villaggio latino ascritto alla tribù Fabia, celebre per la bat-
taglia di 150000 combattenti tra Siila e il figHo di Mario,
il quale vinto si rifiagiò a Preneste, ove morì. La chiesa
fii detta di santa Maria. Nel 1266 fi.i donato dai Conti a
Gregorio Frangipani. Nel 1300 fii restituito a Giovanni
Conti, quello che possedeva la tor de Conti a Roma. Nel 1520
era già abbandonato. Nel 1547 Fulvia Conti lo portò in
dote a Mario Sforza duca di Santa Fiora, poi dagli Sforza
è passato per eredità ai Pamphili; ed al presente è dei Doria-
Pamphili.
Il castello è splendido come tipo del secolo xiii, ma edi-
ficato sopra un piano anteriore di almeno 200 anni. Alta
torre spaccata in un lato ; recinto forte, chiesa interna, come
nei castelli di Borghetto del Lazio e di Capodibove; baluardi,
tutto vi si riconosce. È opera del 12 io, di Riccardo conte
di Sora e di Valmontone. Crediamo utile a chi si diletta
di questi studi la pianta di questo, che può dirsi il più bel
castello medievale dei dintorni di Roma, rilevata dall'egre-
gio sig. Gino Ferrari che ce ne ha favorito una copia ed
un cenno descrittivo che qui riferisco.
^ella Campagna Romana
147
S S H H S
148 G. Tomassetti
La torre e le mura del castello, che coronano il ciglio dell'altura
dominante la valle del Sacco, si debbono attribuire ai primi anni del
XIII secolo, quando Riccardo conte di Sora attese ad assicurare alla
sua famiglia il possesso dei beni ricevuti dal Pontefice suo fratello.
Il « Castrum Fluminariae -) di cui si fa menzione nel documento del 1208
relativo all' investitura dei nuovi feudi, come pure in documenti ante-
riori del XII secolo, si riferisce ad un castello preesistente che per gli
avanzi che ancora rimangono possiamo ritenere sorto nel secolo xi
sullo stesso luogo, ed al quale appartiene il muro che abbattuto al
livello del terreno, divide in due parti il recinto del nuovo castello,
e l'altro adoperato in parte a racchiudere il cassero dal lato sud-
ovest.
Libero da ogni avanzo di tempi anteriori, il nuovo tracciato potè
svolgersi secondo i sistemi difensivi del tempo, occupando tutta la
parte più elevata dell'altura, seguendo, per quanto era conciliabile colla
natura del luogo, la forma rettangolare. La parte più conservata della
cinta è quella di nord-est a differenza di quella opposta quasi del tutto
scomparsa per i franamenti della collina. Le torri, prive di feritoie e
salienti appena m. 1.60, servivano più al rinforzo che al fiancheggia-
mento delle deboli cortine. Due sono le porte per cui si accedeva nel
recinto, entrambe aperte al piede di una torre chiusa da tutti i lati e
formante alla gola una seconda porta. Presso quella di sud-est è si-
tuata la chiesa di cui non rimane che l'abside cou le custodie in qual-
che parte ancora dipinte, la torre attigua era adibita a campanile.
Avanzando ci si presenta un vasto fabbricato rettangolare di una sola
stanza ove alloggiava il presidio.
Una seconda cinta di mura racchiude il cassero con l'alta torre
posta a guardia della porta e del lato più debole della cinta. In esso
era situato il palazzo di cui non ci rimangono che i due lati sul filo
delle mura esterne, col camino nel saliente della torre d'angolo e una
piccola porta protetta da uno stretto recinto, verso la campagna. Questa
che era nascosta nel fianco di una torre fungeva da porta di servizio
pel personale a guardia del castello, ed in guerra, di sicurezza per in-
trodurre direttamente nel palazzo viveri, uomini, munizioni od altro,
senza aprire le porte principali.
Dall'esame del lato sud-est del cassero si può ritenere che il pa-
lazzo fu aggiunto in tempo di poco posteriore alla costruzione della
cinta che in questo tratto ancora conserva la sua merlatura guelfa
riempita da costruzioni della seconda metà del xiii secolo su cui pog-
giano sovrelevazioni appartenenti al secolo xv che rappresenta il terzo
ed ultimo periodo in cui si attese a risarcire in più parti la cinta ed
^ella Campa gii a ^T(omana 149
il palazzo. Allo stesso tempo appartengono anche il torrione del lato
nord-est aggiunto tra le due torri primitive ed ì modiglioni per la di-
fesa piombante della torre maestra.
E con questa interessante illustrazione poniamo termine
alla storia della via Labicana.
Coìleferro è del secolo xiv. Fu dei Conti stessi; e fu
nel 1480 incamerato dal Papa. Ha mutato aspetto in causa
di ristauri posteriori, ed è meno interessante dell'altro. Ap-
partiene alla giurisdizione amministrativa del comune di
Roma, insieme con il terreno annesso, che ha una superficie
di ettari 1182.
G. TOMASSETTI.
(Continua),
REGESTO
DELL'ABBAZIA DI SANT'ALESSIO
ALL' AVENTINO
lontinuazione; vedi voi. XXVII, p. 3J1
XXIV.
1202.
Bono Infante ed Egidio .... vendono sette rubbia di
terra da seminare nel luogo « Luzano » , territorio di Al-
bano, alla chiesa di S. Maria Rotonda per 3 1 lire di pro-
visini del Senato.
Dal Reg. di Sant'Alessio, to, 2", all' anno citato, 11 doc. è in copia dell' a. 1259.
In nomine Domini. Anno a nativitate Domini millesimo ducente-
simo quinquagesimo nono, [. . . . (0 pojntificatus domini [Alexandri] IIII
pape, indictione [secunda], hoc infrascriptum instrumentum pub[licum
exemplatum est, cuius tenor talis] est. In nomine Domini. Anno dominice
incarnationis millesimo ducentesimo secundo, anno vero . . . [pontifi-
catus Innojcentii (a) ter[tii] pape, ind[ictione] quinta. [Bonus I]nfans et
Egi[dius] [ ijnsimul et pariter hac
presenti die in presentia domini Petri lohannis Sassonis da[tivi iudi-
cis] [renuntiantejs
adiutorium et omne ius dotis, donationis, pignoris seu ypothece quod
in subscripta [prae]sentibus quoque et consen-
tientibus .... [PJetro de .... re et .. . Man . . . prò prò die . .
(a) 1? ... rentii
(i) L'anno suddetto può convenire tanto al quinto quanto al sesto
anno del pontificato, essendo stato Alessandro IV eletto papa il 12 de-
cembre 1254.
152
qA. oMonaci
.... modo aliquo in tempore habere posset tam ad agendum, quam
ad excipiendum, propria et spontanea mea bona voluntate, presente
etiam et consentiente in hoc nobis Romana lohannis Romani ....
u s dicto Bono Infanti, velati apparet in cartula
sui pignoris, damus, cedimus, vendimus et publice investientes tradimus
vobis domino Victorino Dei gratia archipresbytero Sancte Marie Ro-
tunde [de Albano] .... lohanni episcopi, presbitero Petro, presbitero
lohanni, Henrico et Petro Tadei clericis eiusdem ecclesie prò ipsa ec-
clesia et prò utilitate ipsius ecclesiae Sancte Marie Rotunde vestrisque
successoribus ad veram hereditatem in [perpetuum,] [Idest]
terram nostram que est septem rubli terre sementis, plus vel minus,
cum introitu et exitu suo et omnibus suis pertinentiis et utilitatibus,
positam in territorio Albanensi, in loco qui vocatur Luza[no, ijnter hos
fines : [a .i. latere] tenet monasterium Sancti Pauli, a .11. tenet Jo-
hannes Nicolai Bobonis de Muzo, a .111. ecclesia vestra Sancte Marie
Rotunde, a .1111 ulus Albanensis prò .xxxi. libris
honorum provisinorum Senatus olvitis(a) prò toto
pretio, et si plus [valuerit, dona]t[ione] inter vivos donamus et conce-
dimus vobis prò ipsa ecclesia vestra. De quibus dictis .xxxi. libris pro-
visinorum Senatus remanent apud vos .viiii. Hbre provisinorum Sena-
tus Romani maiesecata et escultata terra, legitima
interposita stipulatione ab utraque parte tam de restitutione diete terre
ad iam dictam ecclesiam, quam de solutione dictarum .vini, librarum
provisinorum Romanum, sicud dictum est, maiesecata et
scultata dieta terra, et de quibus dictis .xxxi. libris bene nos quietos
vocamus corani dicto indice et scriniario et subscriptis testibus ad hoc
s[pecialiter vocatis et rogatis. Insuper donajmus et refutamus nullo in
tempore exceptionem non numerate pecunie dicti pretii opponere. Et
quia in dictis .xxxi. libris, nobis de mandato dicti
iudicis datis [et] so[lutis] .... [ab] hodierna die in antea licentiam
et potestatem habeatis dictam terram introeundi, utendi, fruendi, pos-
sidendi .... vendendi, donandi .... concedendi vel quicquid exinde
facere sive [peragere volueritis, in] vestra vestrisque successoribus per-
petuo sit potestate. Insuper damus, cedimus et mandamus vobis do-
mino Victorio archipresbitero [ec]clesie Sancte Marie Rotunde et Rencio
yconi[mo] ipsius ecclesie, prò ipsa ecclesia vestrisque successoribus,
omne ius et omnem actionem personalem et in rem sive ypotheca-
riam tam ad ag[endum quam] etiam ad excipiendum quod quam . . .
... in d ... . [c]um omnibus suis pertinentiis habemus et adversus
quamcumque personam eius respectu, quoque modo, habere possemus,
(a) /. [s]olutis
T^egesto di Sant'Alessio all'Aventino 153
nullo iure nobis reservato. Et insuper promictimus vobis prò iam dieta
[vestra] ecclesia [quod iam] dictam terram nemini dedimus nec con-
cessimus, non pigno[ra]vimus nec vendidimus, ncque ullo modo alie-
navimus nisi praedicto Romano lohannis Romani, quem vos scitis et
.... vobis et diete venditioni officiat ; et si occasione nostre
concessionis a[licui] persone facte aliquod dampnum vel expensas vos
vel [successores vestri aliquo] tempore habueritis, omne dampnum et
onmes ex[pensas,] nomine bone recolte, vobis et diete ecclesie reddere
et sol[vere] pro[mictimus.] Ad hec nos dictus Bonus Infans et [Egi-
diusj .... tam prò nobis quam nostris heredibus vel successoribus,
[sacramento] corpor[aliter] prestito, iuravimus sine fraude et promi-
ctimus vobis prò [dieta ecclesia et nomine] diete ecclesie vestrisque
successoribus hane venditionem et [omnia que dieta sunt] perpetuo
firm[a et rata] habere [et tenere] et contra ea [nullo modo] venire,
set defendere ab omni homine, [omni in tem]pore, si opus [et ne]-
cesse fuerit, Quod si non feeerimus aut [non] potuerimus, conpone-
mus vobis et diete ecclesie totum dietum pretium duplum, et soluta
pena, hec cartula firma permaneat. [Qu]am scribere rogavimus Creseen-
tium sancte [Romane Ecclesie] seriniarium, in mense et indictione [su-
praseriptis.] Novissime autem ego predictus Bonus Infans fideiubeo et
plegium [do et, nomine bone re]colte, promicto vobis domino Victorio
archipresbitero diete ecclesie Sancte Marie Rotunde et Reneio yeo-
nomo omnibus elericis pre[diete ecclesie] et (-'») prò ipsa ecclesia vestris-
que successoribus perpetuo, quod si per dietum Egidium am[odo in
antea] de dieta terra aliquod dampnum vel expensas habueritis aliquo
in tempore, omne dampnum et omnes expensas [vobis et] diete ec-
clesie, nomine bone reeolte, reddere et solvere promicto, et ego tam
prò me pen .... totum dampnum et expensas duplas.
Johannes Berardi testis.
Marianus de Pastinis testis.
Petrus lohannis Bone testis.
Leonardus lohannis .... [testis].
Laurentius lohannis Mona .... testis.
s de Pastinis testis.
Ego Crescentius, sancte Romane Ecclesie scriniarius, scripsi et [com]-
plevi.
Ego Bartholomeus Mathei, Dei gratia, sancte Romane Ecclesie scri-
niarius sicut inveni in supradieto publico instrumento, nichil addito
vel diminuto, fideliter scripsi et exemplatus sum.
(a) R el
154 ^- donaci
XXV.
1205, aprile.
Riscatto della torre di S. Eufemia (colle appartenenze e
il dritto di pesca), vicina al lago Turno, nel territorio d'Al-
bano, già data in pegno, sborsando il monastero, per il
riscatto, le 139 lire (« libre ») di provisini già avute a pre-
stito. « )J< . . . Filippus scriniarius sancte Romane Ecclesie ».
In Nerini, op. cit. pp. 417-8, App. n. xx; Reg, di San^ Alessio, to. 2°, col testo com-
pletamente trascritto.
Varianti del testo : N p. 417, r. 8 quod vel quam R que v. q. N r. ^ habui et habere
potui R habui vel h. p. N r, quart' ultimo, tres libras provisinorum Senatus R t. I, p. de
flore N p. 418, r. 6 Johannes de Spo ... a 2? Johannes de Spole . . ,
XXVI.
1205, agosto 28.
Testamento nuncupativo di Giovanni Benone che isti-
tuisce eredi i suoi figli Pietro e Scotta, e fa due parti delle
case che possedeva « in Marmorata » (poi pervenute in pro-
prietà del monastero) per la nepote Guerreria e Andrea
figlio naturale. Pena una libbra d' oro. « Johannes scrinia-
« rius sancte Romane Ecclesie ».
In Nerini, op. cit, pp. 414-6, App. n. xix; Reg, di Sant'Alessio, to. 2°, doc. xviii.
Varianti : N p. 414-ij Augusti die .xxviii. R A. d. vigesimaseptima N p, 416, r. 1/
Testamentum precipi haberi firmum R T. praecipio habere f.
XXVII.
1208.
Astaldo « de Astaldo » ipoteca a sua moglie Maria metà
di una pezza di terra da semiina e alcune case «in Mar-
ce morata » (che poi vennero in proprietà del monastero) per
quaranta lire di provisini del Senato. « Deustebenedicat Dei
«gratia sancte Romane Ecclesie scriniarius».
In Nerini, op. cit, pp. 418-20, App. n. xxi; Reg. di Sant'Alessio, to. 2°, all'anno
citato.
Regesto di Sant'Alessio all' Aventino 155
Varianti : N p. 41^, r. 2-) Instrumentum R tt instrumentum N
quatraginta R quadraginta N r. 21 tempore contrac. . matrimonii R t. contracti m.
XXVIII.
[12 12], giugno I.
Bolla d' Innocenzo III, che conferma la proprietà delle
vigne sull'Aventino all' abbate Angelo e al convento di
S. Alessio, contesagli dalla chiesa di S. Prisca. Inc. « Co-
« ram dilecto filio » . Datum Laterani, idibus iunii, pontif.
a. 15°.
In MiGNE, P. L. CCXVI, 643; e nel Regesto Vaticano n. 8, f. cui, epist. 124
XXIX.
121 7, giugno 3.
Bolla d' Onorio III, che prende sotto la sua protezione
la chiesa dei Ss. Bonifazio ed Alessio, e le conferma tutti
i beni di cui è legittimamente in possesso, di molti dei
quali fa 1' enumerazione ed indica il luogo preciso.
In Nerini, op. cit. pp. 224-37, però senza note cronologiche; Reg. di Sant'Alessio,
t. 2", all'anno 1219. Cf. Potthast, n. JS^S» che non conosce altra fonte del doc. che il
Nerini. Le note cronologiche in R furono aggiunte dipoi da mano diversa da quella che
trascrisse il documento, probabilmente dopo la pubblicazione del Nerini.
[Honorius episcopus, servus servorum Dei,] dilectis filiis Angelo
abbati et monachis S. Alexii, eorumque fratribus tam presentibus quam
futuris cahonice substituendis in perpetuum, [salutem et apostolicam be-
nedictionem]. Cum universis per orbem constitutis ecclesiis debitores
ex apostolice Sedis auctoritate et benivolentia existamus ; illis tamen
ecclesiis, que in urbe Roma constitute sunt, propensiori nos convenit ca-
ritatis studio imminere. Eapropter, dilecti in Christo filli, vestris iustis
postulationibus clementer annuimus ; et prefatam Ss. Christi (a) mar-
tiris Bonifatii atque confessoris Alexii ecclesiam, in qua divino man-
cipati estis obsequio, ad exemplar felicis rccordationis predecessorum
nostrorum Romanorum Pontificum, sub beati Petri et nostra protectione
suscipimus, et presentis scripti privilegio communimus, statuentes, ut
quascunque possessiones, quecunque bona eadem ecclesia inpresentia-
(a) N Cristi
iS6 q4. oMonaci
rum iuste et canonice possidet in concessione pontificum, sive largi-
tione regum vel principum, oblatione fidelium, aut in futurum aliis
iustis modis, prestante Domino, poterit adipisci, firma vobis vestrisque
successoribus et illibata permaneant. In quibus hec propriis duximus
exprimenda vocabulis: Ortos circa monasterium, cum claustris et per-
tinentiis suis ante dictum monasterium. Palatium Eufimiani (a) cum
edificìis et terra circa se, sicut incipitur a dicto monasterio et exinde
per viam publicam descendit in stratam, que vadit ad portam S. Pauli
iuxta Testatium, et revolvente manu sinistra super ecclesiam Sancti Ni-
colai de Aqua Salvia, et exinde ascendit ante ecclesiam Sancte Prisce,
et exinde per viam, que' exit in aliam viam publicam, que vadit ad
dictum monasterium iuxta ecclesiam Sancte Sabine. Domos cum gri-
ptis et casalinis sub monasterio, ubi dicitur Marmorata, ex utraque
parte vie piscarias quinque in flumine Tiberis. Terram cum griptis
et parietibus in Ortis Publicis. Extra portam S. Pauli pedìcam terre
que vocatur Penna, in strata S. Pauli usque ad flumen Tiberis, et a
muris Urbis usque ad vineas iuris S. Pauli. Octo petias vinearum
cum Ortis in Castaniola, et loco ad molendinum construendum in rivo
Castaniole. Ecclesiam Sancte Pacis, cum terra circa se usque ad vi-
neas Castaniole. Terram in monte de Bracone. Vineas cum ortis
et arboribus in Ortis Prefectis, et in Bivario extra portam Appiam.
Turrem cum domibus, vineis, ortis, canapinis in loco, qui vocatur Ci-
minuli. Duas pedicas terre in Pillotti vel Cicomola. Tres pedicas
terre in Squizanello iuxta viam Ardeatinam, ab aliis lateribus rivis
circumdantur, ubi dicitur Curia de Calvisavis. Turrim cum vineis,
Ortis, canapinis, silvis in Falconiano. Ecclesiam S. Eufemie cum turre,
domibus, Ortis, vineis, canapinis, terris, simul cum lacu Turno. Vi-
neales cum arboribus et terris in Albano et in Aricia. Terram in Va-
lerano. Castellum, quod dicitur Verposa vel Nave, cum ecclesiis,
domibus, hominibus, terris, vineis, ortis, canapinis, silvis cesis, et per-
tinentiis suis. Castrum Pontis Decimi cum omnibus suis pertinentiis
et tenimentis. Campilanum, Miccinam et Cornu Cervinum, et terras et
silvas, cum cesis ad pontem Terzola. Totum tenimentum quod dicitur
Prata de Pistilierio, iuxta rivum Pretasium. Totum quod vestro mo-
nasterio pertinet in Asturia et in insula Asturie, cum piscationibus,
venationibus, naufragiis. Terras cum silvis in Tordarolo et Septem
Pregio, fundum Ponpegii iuxta tenimentum Cripte Ferrate. Terram
in Favarolo cum pertinentiis suis. Quatuor pedicas terre cum prato
et griptis in Centum Cellis, a strata nova Tusculana usque ad stratam
antiquam Tusculanam. Extra portam Lavicanam vel Maiorem totum
(a^ R Eufemiani
Regesto di Sant'Alessio all' Aventino 157
tenimcntum, quod vocatur Tabernulo, iuxta formam ... et vassaria,
et iusta viam, que venit inter cancellatam veterem et novam, et iuxta
stratam Lavicanam ; quod tenlmentum per vestrum monasterium tenet
basilica Lateranensis. Extra portam S. lohannis vineam in monte
Honorii. Castrum Morori, et castrum Sorbi (a), cum omnibus eorum
utilitatibus, pertinentiis, possessionibus, territorio, coUinis. Canapariam
cum orto et pertinentiis suis. Turrem, que fuit Maximi, positam in
monte post Sanctum Georgium, cum domibus et casarinis ibidem.
Vineas et domos in castro Cesano. Domos et castrum infra Urbem.
Octo partes filasalium in campo Ostiensi in pedica Canaparie, et sex
partes in Campo Maiore in arola de Ticeli ex parte trans Tiberini.
Tres pedicas terre ad monumentum Prezatum cum ipso monumento,
in strata antiqua Albani. Porro haec et universa, que ad eandem
ecclesiam pertinere noscuntur, vobis, et per vos ecclesie vestre aucto-
ritate apostolica concedimus, et presentis (.^) scripti robore confirma-
mus. Decernimus ergo, ut nulli omnino hominum liceat prefatam
ecclesiam temere perturbare, aut eius possessiones auferre, vel ablatas
retinere, minuere, seu quibuslibet fatigationibus vexare et fatigare ; se(^
illibata omnia et integra conserventur eorum, prò quorum guberna-
tione et substentatione concessa sunt, et usibus omnimodis prò futura,
salva Sedis apostolice auctoritate. Si qua igitur in futurum ecclesiastica
secularisve persona hanc nostram constitutionis paginam sciens, contra
eam temere venire tentaverit, secundo tertiove conmonita, nisi pre-
sumptionem suam digna satisfactione correxerit, potestatis honorisque
sui dignitate careat, reumque se divino iudicio existere de perpetrata
iniquitate cognoscat, et a sacratissimo corpore ac sanguine dicti Do-
mini redemptoris nostri lesu Christi alienus fiat, atque in extremo
examine districtae ultioni subiaceat. Cunctis autem eidem loco iura
sua servantibus, sit pax Domini nostri lesu Christi, quatenus et hic
fructum bone actionis percipiant, et apud districtum iudiceniCO premia
eterne pacis inveniant. Amen. Amen.
Datum Rome apud S. Petrum, .111. nonas iunii, pontificatus nostri
anno secundo (l).
(a) R Corbi (b) N presentibus (e) N iudicium
(i) La frase « Datum - secundo » fu aggiunta dipoi da un postil-
latore. Parimente, a tergo dell' ultima pagina della copia, leggesi di
carattere del xviii sec, come la nota antecedente : « Ex archivo
v S. Alexii de Urbe » .
158 QA, oAlonaci
XXX.
121 8, giugno 2.
Bolla di Onorio III al monastero de' Ss. Bonifazio ed
Alessio, nella quale, menzionata la consacrazione della chiesa
di S. Alessio, si elargisce l'indulgenza di 40 giorni a chi
la visiterà devotamente nell'anniversario della consacrazione.
Inc. « Inestimabilis divine dignatio ». Datum Rome apud
Sanctum Petrum, pontif. a. 2°.
In Nerini, op. cit. pp. 213-S; Reg. di S. Alessio, t. 2°. Potthast, n. $829.
Varianti : N p. 214, r. 8 Bonifatii R Bonifacii N r. 1/ accesimus R accessimus
XXXI.
[I2I8].
L'abbate del monastero dei Ss. Bonifazio ed Alessio fa
noto ai fedeli di aver rinvenuto (nel maggio del 12 17, a. 1°
del pontificato di Onorio III, indiz. v), in una cripta sotto
l'altare maggiore, i corpi dei due santi, nel luogo della chiesa
rivelato al monaco Tommaso da una visione divina. De-
scrive la solenne consacrazione della chiesa il terzo giorno
dopo la domenica delle Palme dell'anno 12 17 (21 marzo);
e fa menzione dei 40 giorni d'indulgenza concessi (il 2 giu-
gno) a chi visiterà la chiesa nell'anniversario della consa-
crazione (cf. il doc. precedente).
In Nerini, op. cit. pp. 205-9 * 212-3.
XXXII.
1224, agosto 12.
Il monastero, seguendo il giudizio arbitrale di Romano
ft de Morico », loca per 19 anni (locazione da rinnovarsi
in perpetuo) alla chiesa di S. Maria « de Aventino » una
pezza di vigna nel Testacelo, che Angelo di Raniero aveva
lasciato, in testamento, al monastero, per la somma di
'Regesto di Sant'Alessio all' Aventino 159
20 soldi di provisini del Senato e la pensione annua di
quattro provisini del Senato. « Petrus Bonegentis Dei gratia
« sancte Romane Ecclesie scriniarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 420-22, App. n. xxii ; Reg. di S. Alessio, t. 2°. Il testo del
Reg. di S. Alessio è più completo di quello del Nerini, che però ne pubblica la parte so-
stanziale.
Varianti : N p. 420, r. / Bonifatii R Bonifacii N p. 421, r. 4 per te Domino Gui-
scardo R prò te D. G, N r. 11 a nobis per locationem R a vobis p. I.
XXXIII.
1224, settembre 23.
Il monastero investe Pietro Frangipane, figlio di Ma-
nuele Frangipane, del castello di « Veperosa, in maritimis » ,
del castello di Ponte Decimo, e dei dritti che aveva nelle
tenute del castello di S. Pietro in Formis e nei prati
(( Pistilgeriis », per la somma di 850 lire (« libre ») di
provisini del Senato, oltre l'annua pensione di io soldi
provisini. « Petrus, Dei gratia, sancte Romane Ecclesie
« scrinarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 422-7, App. n. xxiii; Reg. di S. Alessio, t. 2°, col testo com-
pleto, dove, nella corroborazione, si legge il passo seguente, non riprodotto dal Nerini:
« et promittimus vobis nomine pleiariae dare vobis, sive successoribus vestris omnia instru-
<' menta, et privilegia de omnibus supradictis rebus, et tenutis pertinentia, et si qua per tem-
« pora tam nos, quam successores nostri invenire potuerimus, vobis et successoribus vestris
« deliberabimus ».
Varianti : N rr, 1-2 Anno Dominice Incarnationis millesimo ducentesimo ..../? A.
D. I. m. ducentesimo vigesimo quinto AT p. 42 j, r. 6 scorpetis R scopetis N p. 42;, r. j"
e JI-12 Item et locamus R Item locamus N r, quint* ultimo hinc ad centum decem annos
R hinc ad decem a.
XXXIV.
1229, settembre 20.
Il monastero di S. Alessio loca, per due generazioni, a
Giacomo Graziano e Fiorenzo di Scro[fano] la terza parte del
tenimento « in Merulano » , tenuta di Scrofano, per 1 6 soldi
di buoni provisini del Senato e la pensione annua di sei pro-
visini e mezzo.
Reg. di S, Alessio, t. 2". Da una copia dcll'a. 1276.
1^0 qA. oMonaci
In nomine Domini. Hoc est exemplum cuiusdam instrumenti, cuius
tenor est talis. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis mil-
lesimo ducentesimo vigesimonono, an]i[o vero] .in. pontificatus domini
Gregorii noni pape, indictione .ni., mensis septenbris die .xx. Ego
quidem dompnus [Nicolaus] abbas venerabilis monasterii [Sanctorum]
Bonifatii et Alexii de monte Aventini hac die una cum fratribus meis
monachis eiusdem monasterii scilicet dompno Nicolao yconomo pre-
sbytero dompno Gregorio Henrico, nostra bona volun-
tate, prò dicto monasterio locamus et concedimus vobis lacobo Gra-
tiano et Florentio de Scro[fano], unicuique vestrum prò medietate, vita
vestra et vestrorum legitimorum filiorum et filiarum, nepotum et ne-
ptum ex ipsis legitimis filiis vestris [procreatorum] tantum, idest ter-
tiam partem totìus lenimenti terrarum cultarum et incultarum, vinea-
lium, silvarum, scurpeti, vallium et collium cum introy[tibus et] exitibus
suis et omni sua pertinentia, iuncta prò indivisa cum aliis duabus par-
tibus vestris, et posita in Merulano, in lenimento Scrofani, sicut inter
hos fines [supra]dictum tenimentum et aliud tenimentum, quod nostrum
monasterium ibi habet, concluditur: a primo latere tenent Paczone
a .II. est terra Prefe[cti, a .in.] tenet Gregorius Malossus, a .mi. est
tenimentum Bellemontis, iuris Sancte Marie de Aventino, prò .xvi. sollis
bonorum provisinorum Senatus, q[uos] prò hac locatione recipimus, de
quibus nos bene quietos vocamus. Unde renunciamus exceptioni non
solute et non numerate pecunie. [Et omni] anno, in festo sancii Bo-
nifatii, reddatis dicto monasterio prò pensione .vi. bonos provisinos et
dimidium, quam pensionem ipsi monasterio [tradalis et] adducatis. Nulli
aliì ecclesie vel pio loco seu polenti persone diclam locationem non
vendatìs, nec alio modo concedatis; [nec alii] persone prius vendalis
quam nobis conminus .v. sollis provisinorum. Et si emere noluerimus
vel non potuerimus, vendalis vel pignoretis hominibus ipsius ca[salis]
qui nobis placeanl sine malilia, et dando nobis prius ipsum conminus
in vendilione. Et si hominibus ipsius casalis vendere vel pignorare non
polueri[tis], vendatis vel pignoretis alii persone, que nobis placcai sine
malilia, dando nobis prius .v. soUos provisinorum in vendilione prò
conminu. Et si nostro (0 ibi venerit, diclam pensionem ibi
ei datis, et si tribuere nolueritis vel non polueritis, in termino trium Q^)
annorum preteritorum [diclam] pensionem nostro monasterio tribuatis
et adducatis. Quod si non fecerilis, hec cartula sii vacua, et dieta lo-
catio dicto monasterio [revertatur]. Ad hobilum uniuscuiusque vestrum,
de hoc quod prò animabus vestris dare debueritis, tenia pars dicto no-
stro monasterio devenial. Mortuis [vero iam] diclis personis, predicla
(a) Forse si deve supplire Et si minìster noster (b) R trum
^^egesto di Sant'Alessio all'Aventino i6i
terra cum omni sua melioratione dicto nostro monasterio reddeat; et
si vos ab aliqua persona prò dieta locatione [tertie partis supradicti
teninienti] vocati fueritis in aliqua curia, vos prò vobis omnes expen-
sas ipsius cause facietis. Nos similiter si vocati fuerimus, prò nobis et
nostro m[onasterio] expensas fecerimus. Nos vero prò nobis et dicto
monasterio et nostris successoribus, nomine pleiarie, promictimus vobis
et vestris predictis legitimis filiis, [ne]poti[bus et neptibus] utriusque
sexus hanc locationem et omnia que dieta sunt observare et de iure
ab Ansedonia et suis heredibus et generaliter ab omni alia persona
defende [re. Quod si non] fecerimus, dictos .xvi. soUos bonorum pro-
visinorum Senatus vobis, nomine pleiarie, reddere promictimus, et ex
tunc hec locatio vacua sit. Vos vero prò vobis [et prò] predictis legi-
timis filiis et filiabus vestris omnia predicta nobis et nostro monasterio
observare et adimplere promictis(a). Si qua vero pars contra hec que
dieta sunt venire voluerit, solvat alteri parti [fidem servanti, pene]
nomine, dictam pecuniam duplam, et soluta pena hec cartula firma
permaneat, Quam scri[bendam] rogavi Gregorium Landulfi, Dei gratia,
sancte Romane Ecclesie scriniarium, mense et indictione suprascripta.
Benvenutus senes s testis.
Guido lohannis Viterbii testis.
Baltholomeus C') Mathei scriniarius testis.
Petrus lacobi Sudi testis.
Ego Gregorius Landulfi, Dei gratia, sancte Romane Ecclesie scriniarius,
compievi et absolvi.
Ego Leonardus lacobi Rubei, sancte Romane Ecclesie notarius,
sicut inveni in publico instrumento [rogato] per dictum Gregorium
scriniarium, non vitiato, non cancellato, non raso nec aliqua su[i parte
ab]olito seu vituperato, ita scripsi et fideliter exemplavi et ipso in-
strumento cum presen[li] diligenter abscultato et lecto in presentia
discreti viri domini presbyteri Guidonis Sancte Marie in MonticelHs
[Romane] Fraternitatis rectoris per ipsum rcctorem et per subscriptos
testes literarum eruditos et decreto et au[ctoritate] dicti rectoris pu-
blicavi, rogatu religiosi viri fratris Raynerici ("-0 prioris Sancti [Alexii]
in anno dominice incarnationis millesimo ducentesimo septuagesimo-
sexto, indictione quinta, mensis novembris die nona, presentibus et
abscultantibus Egidio clerico diete ecclesie Sancte Marie, fratre Anto-
nio canonico io Octabiani scriniario,
licterarum eruditis.
(a) /. promictitis (h) /. Bartholomcus (e) /. Kayiicrii
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIH. II
i62 qA. Ovlonaci
XXXV.
[1231], gennaio 25.
Bolla di Gregorio IX, che dà ai canonici Premostra-
tensi l'abbazia di S. Alessio con tutte le sue appartenenze,
togliendola ai Benedettini, che avevano bisogno di riforma.
Inc. « Officii nostri credimus ». Datum Laterani, pontif.
a. 4°.
In Nekini, op. cit. pp. 242-3; Reg. ài S, Alessio, t. 2°. I due testi concordano del
tutto. POTTHAST, n, 8656.
XXXVI.
1235, febbraio 17.
L'abbate e il convento dei Ss. Bonifazio ed Alessio lo-
cano alcuni fondi a Graziano « de Scrophano » e ai suoi
legittimi eredi, posti « in Merulano )> nella tenuta di Scro-
fano, per 30 soldi di provisini del Senato e la pensione
annua di 14 provisini; contratto da rinnovarsi ogni 19 anni
sborsando cinque soldi di provisini del Senato. « Donadeus
« Petri Rabiei Dei gratia sancte Romane Ecclesie [scrinia-
(( rius] )).
In Nerini, op. cit, pp. 427-8, App. n. xxivj Keg, di S. Alessio, t. 2°, all'anno 1235,
col testo completo. Nel quale, al principio del documento, si leggono le parole seguenti,
che mancano alla trascrizione del Nerini : « . . . st (Hoc est) exemplum cuiusdam publici
«instrumenti, cuius tenor talis est». La parte del documento omessa dal Nerini si legge per
intero nel Registro, che ci fa sapere il vero nome del rogatario della copia : « Leonardus lacobi
« Rubei sancte Romane Ecclesie notarius», che rogò l'atto nel novembre del 1276. Il roga-
tario dell'atto del 1235 è Donadeus. Tra i testimoni v'c il prete Guidone «Romane Fra-
« ternitatis Rector » .
Varianti : N p. 42"], r. ultimo sollis provisinorum Senatus R s. provisinis Senatus
XXXVII.
[1238], marzo 17.
Bolla di Gregorio [IX], che concede al monastero di
locare in perpetuo, con censo annuo, alcune vigne a Lan-
dolfo, speziale in Roma, e di venderne quattro pezze al
monastero di Casamari, consentendovi gli eredi del condut-
^^egesto di Sant'Alessio all'Aventino 1^3
tore del fondo, e rimanendo tuttavia intatto il censo sud-
detto da pagarsi al monastero di S. Alessio.
NelI'Arch. Segr. Vatic. voi. (dei Regesti Vaticani) i8, epist. 406.
[Gregorius episcopus servus servorum Dei] . . Abbati et conventui
monasterii Sancti Alexii de Urbe. Ex parte vestra nobis fuit humiliter
supplicatum, ut cum vos quasdam vineas Landulpho speciario de Urbe
sub certo annuo censu in perpetuum locandas duxeritis, et vos ex eis
quatuor petias prò certo pretio convertendo in utilitatem vestri mona-
sterii vendere monasterio de Casemario, heredibus ipsius conductoris
assensum prebentibus, disponatis, ac ipsi heredes se nichilominus pre-
dictum censum soluturos vobis perpetuo futuris temporibus obligarint,
constituentes ob hoc possessionem propriam predicto vestro monasterio
censualem; vobis id faciendi licentiam concedere curaremus. Vestris
igitur precibus inclinati, vobis auctoritate predicta concedimus postu-
lata. Nulli ergo nostre concessionis etc. Datum Laterani, .xvi. kalendas
aprilis, anno undecime.
XXXVIII.
1241, aprile 5.
Giovanni Mancarello ed i figli Pietro e Giovanni locano
a Pantaleone « Petri Ceccaiudee » e a Leone Barba e ai loro
eredi e successori, in perpetuo, il luogo « Penna » (di pro-
prietà del monastero di S. Alessio), posto sul Tevere, per
pescarvi ; coll'obbligo, oltre il canone annuo di quattro Iacee
(« duas ovatas et duas lactinas ^)), di sborsare ogni anno
otto provisini. « Johannes Henrici sacri Romani imperii
« scriniarius, habens plenam potestatem a domino Gregorio
« papa nono dandi tutores et curatores, emancipandi » &c.
In Nerini, op, cit. pp. 428-30, App. n. xxv; Reg. di S, Alessio, t. 2°, col testo com-
pleto, che concorda del tutto col doc. a stampa.
XXXIX.
1242, agosto IO.
L'abbate Lorenzo e i canonici di S. Alessio locano a
Nicolò ... e ai suoi eredi una casa con orto « et cum plaza
« ante se in Marmorata », per la somma di sei lire di
164 G/^. donaci
provisini del Senato, meno cinque soldi, e la pensione
annua di quattro provisini. « Ego Deustebenedicat Dei
« gratia sancte Romane Ecclesie scriniarius, sicut inveni in
« dictis Deusteadiuvet iudicis et scriniarii, ita de suo man-
ce dato publicis litteris scripsi ».
In Nerini, op, cit. pp. 430-31, App. n, xxvi ; Reg, di S, Alessio, t. 2°, col testo
completo. Il doc. è in copia (di data indeterminata) tolta da un registro notarile.
XL.
1243, febbraio ii.
Il monastero rinnova, per altri 19 anni, la locazione
perpetua, a Giacomo di Oderiscio e ai suoi successori, di
tre parti d'una casa, colle sue dipendenze, « in porticu Gal-
ee latorum » innanzi alla chiesa di S. Maria de Gradellis, per
la somma di tre soldi di denari pavesi e l'annua pensione
di quattro denari pavesi. « Bartholomeus Mathei Dei gratia
« sancte Romane Ecclesie scriniarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 431-3; App. n. xxvii; e Reg. di S, Alessio, t. 2*, col testo
completo.
Variante : N p, 4]i, r. ^ Februarii die .xi. R F. d. .xii.
XLI.
1243, decembre 8.
Pietro « de Mandulo » loca, col consenso di Crescenzo
proprietario, a Domenico di Nicolò, e ai suoi eredi e suc-
cessori, un orto colle sue dipendenze, posto fuori porta Appia
nella Valle di Giovanni Giudice, per il prezzo di quattro lire
((( libre ») di provisini del Senato, e la pensione annua di
dieci soldi di provisini del Senato a favore del proprietario
Crescenzo. «Angelus Thomasii sacri Romani imperii scri-
« niarius » .
In Nerini, op. cit. pp. 433-5, App. n. xxviii; Reg. di S. Alessio, t. 2°, col testo
completo.
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino \6$
XLIL
1246, marzo 19.
Il monastero loca di nuovo, fino alla terza generazione,
a Giacomo « Oddonis ludicis », e ai suoi successori legit-
timi, un pezzo di terra da semina, di sette rubbia incirca,
« in Verrano et Luzzano ad rivum Siccum » , territorio di
Albano, per la somma di 50 soldi di provisini, e la pen-
sione annua di mezzo rubbio di frumento alla misyara del
Senato. « Berardus, Dei gratia, sacri Romani imperii iudex
« et scriniarius » .
In Nerini, op. cit. pp. 43 $-7, App. n. xxix; Reg, di S, Alessio, t. 2*, col testo com-
pleto.
Varianti : N p. 45/, r. 2 Martii die .xviiii. R M. d. .xviii. N p, 4^6, r. 17 Terratorio
R Territorio N r, 2/ ab alio est cavonus plagiarii R a. a. e. e, plagarii
XLIII.
[1250], luglio 31.
Innocenzo [IV] concede indulgenza di 40 giorni a chi,
confessatosi, avrà visitato la chiesa di S. Alessio, dell'Or-
dine Premostratense, nel giorno della festa del santo o nel-
l'ottava seguente. Datum Lugduni, pontif. a. 8**.
Bolla originale, pubblicata in Nerini, op. cit. pp. 250-51, conservata nell'Archivio
di Stato, perg. n. 2. Trascrizione esatta. Reg. di S. Alessio, t. 2°. Potthast n. 14,028,
XLIV.
1252, decembre 28.
Donadeo, scriniario di S. R. C, attesta che Giacomo,
abbate de' Ss. Bonifazio ed Alessio, investi Paolo, canonico
dei Ss. Bonifazio ed Alessio, della chiesa di S. Stefano pro-
tomartire presso Morolo, affinchè la restauri e la conservi,
colle sue appartenenze, a nome dell'abbazia. « Donadeus
« Petri Rabiei, Dei gratia, sancte Romane Ecclesie scrinia-
« rius, habens potestatem dandi tutores » &c.
In Nkrini, op. cit. pp. 4J7-8, App. n. xxx ; Reg. di S, Alessio, t, 2*.
N'ariante : N p. .ijS, r, <■) sicut ei placuit R s. e. piacucrit
i66 QA. €Monaci
XLV.
1256, febbraio 20.
Giorgio « lohannis Berardi » investe in perpetuo Lo-
renzo, prete di S. Maria « de Plumbico », e i suoi eredi
e successori, della metà d'una pezza di vigna « in descensu
« montis de Palio », per la somma di tre lire e mezzo di
provisini del Senato, col canone annuo della quarta parte
del mo^to e di mezzo canestro d'uva alla chiesa di S. Ales-
sio, proprietaria del fondo. « Johannes Deusteadiuvet sancte
«Romane Ecclesie scriniarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 438-40, App. n, xxxi ; Reg, di S. Alessio, t. 2*, col testo
completo.
Collazione : N, p. 4)8, r. ; omne ius suum ypothc s R o. i. s. j-pothece
dotalis
XLVI.
1262, novembre i . .
Giovanni Gentile, Maria e Paola, sua figlia e nepote di
lui, vendono a « . . . Donatoris » la locazione d' una pezza
di terra vignata nella Valle di Giovanni Giudice (acconsenten-
dovi Crescenzo di Leone di Giovanni Giudice, proprietario
della vigna) per quattro lire di provisini del Senato, meno
cinque soldi, coll'obbligo di dare ogni anno al proprietario
suddetto la quarta parte del mosto, dei frutti &c. « An-
ce gelus Thomae, imperialis aulae scriniarius » .
Reg. di Sant'Alessio, to. 2°. Il testo è stato ritoccato dal trascrittore, che non riusciva
a leggerlo per intero.
In nomine Domini. [Anno] dominice incarnationis millesimo du-
centesimo sexagesimosecundo, indictione .vi., mensis novembris die .x.. . .
[Ego quidem] Johannes Gentilis de et Paula filia dictae
Mariae et neptis dicti Gentilis de me Paula, de
consensu domini Crescentii Leonis lohannis ludicis, cuius est prop[rie-
tas] et cui ded[i prò consensu] solidos provisinorum, hac die
omnes insimul prò nobis et nostris heredibus ac successoribus publice
vend[imus, donamus et tra]d[imus] . . . oris procuratorem nostrum ad
^I{e gesto di Sant'Alessio all'Aventino i6j
hoc a nobis specialiter constitutum ad investiendum per ipsum poss . .
.... et concedimus tibi vero Ac . . . . Donatoris et heredibus ac suc-
cessoribus tuis secundum tenorem cartule locationis perpetuo, idest
unam petiam (a) vineae plus vel minus, cum quarta parte de vasca et
tino iuntani cum aliis partibus Petri de Biasio lohannis bubulci et Be-
rardelli, et cum parte sua de alia basca et tino et cum arboribus suis
et omnibus suis usibus, utilitatibus hac pertinentiis, positam in Valle
dicti domini, que dicitur lohannis ludicis, inter hos fines: a .i. latere
tumet tenes(b), a .11. Petrus de Biasio, a .111. [et .1111.] lacobus de An-
dreas, omnia iuris dicti domini. Hanc autem venditionem et tradi-
tionem tibi facimus prò ,1111. libris honorum provisinorum Senatus
minus .V. soHdis, quas a te nomine pretii diete vince recipimus, de
quibus nos bene quietos et pacatos vocamus. Unde renunciamus ex-
ceptionem non solute et non numerate pecunie obposituros, et ab ac
hora in antea liceat tibi ac tuis [heredibus] concedimus dictam vi-
neam cum suis pertinentiis intrare, tenere, uti et frui et secundum te-
norem locationis perpetuo possidere, reddendo dicto domino et suis
heredibus ac successoribus omni anno, tempore vindemiarum, quartam
totius musti mundi et aquati, quartam fructuum arborum et unum ca-
nistrum' [uvarum], et omnes alios tenores et conditiones dictae loca-
tionis [observabis] (0. Nos vero praedict[e Maria et Paula], mater et
filia, prò nobis et nostris heredibus ac successoribus, promittimus tibi
predicta [tibi] et tuis heredibus ac succes-
soribus perpetuo hanc venditionem et traditionem ratam et [firmam
habere] et contra non venire, set ab omni homine et loco iure de-
fendere sub obligatione o[mnium honorum] nostrorum et sub vinculo
iuramenti a nobis praestito, et soluta pena W, hec cartula firma per-
duret. Quam scribere rogavimus Angelum Thom. imperialis aule scri-
niarium in mense et indictione suprascripta.
Petrus de Biasio testis.
lacobus Andree testis.
Bartholomeus de Amelia testis.
Maxeus Donatoris testis.
Angelus de Br o testis.
Ego Angelus Thom. imperialis aule scriniarius scripxi et compievi.
(a) R p. .1. (b) R tcnct (e) R l'omette. (d) R sub pena
1^8 qA. oMonaci
XLVIL
1262, novembre 23.
Giacomo, abbate della chiesa dei Ss. Bonifazio martire
ed Alessio confessore, loca di nuovo, per 19 anni, ad An-
gelo di Pietro, prete della chiesa di S. Maria in Cosmedin,
un orto fuori di porta S. Paolo, nel luogo « Castaniola »,
sborsando il suddetto Angelo, per la rinnovazione del con-
tratto, 15 soldi di buoni provisini del Senato. E promette
ogni anno, finché durerà la locazione (da rinnovarsi, in per-
petuo, ogni 1 9 anni), sei buoni provisini del Senato, e altri
sei provisini per una casa, o « grypta », che la chiesa di
S. Maria in Cosmedin ottenne in locazione dalla chiesa dei
Ss. Bonifazio ed Alessio. « Et si in dicto orto inveniretur
« aurum, argentum, plumbum, es, metallum vel aliquod la-
(( pidem pretiosum quod valeat ultra .xii. prov. Senatus, me-
(( dietas diete ecclesie Sancti Alexii dabitur et alia medietas
« diete ecclesie Sancte Marie reservabitur ». « Johannes Do-
« mini Deusteadiuvet, sancte Romane Ecclesie iudex et scri-
«niarius». Col segno del tabellionato.
In Merini, op. cit. p. 440 segg., App. n. xxxii, ma non interamente. Manca l'ultima
parte del testo del documento (senza che ciò sia notato, come le altre volte, con un etc.)
dove si legge il passo sopra trascritto. Arch. di Stato, perg. n. 3 ; Reg. di Sani' Alessio,
to. 2°, col testo completo.
Collazione : N p, 440, rr, 4-j testium subscriptorum ad hoc specialiter vocatorum
D t, s. a. hec s, v. N p, 442, r. ; transacti D transsacti N r. penultimo Ego Johannes
domini Deus te adiuvet D E. I. d. Deusteadiuvet
XLVIII.
a) 1265, settembre 6.
L'abbate di S. Alessio loca, fino alla terza generazione,
a Mabilia, figlia del fu Guidone « Tici Astaldi », e ai suoi
discendenti due pezze di vigna al Testacelo per la somma di
dieci lire (« libre ») di provisini del Senato, e il censo annuo
di sei provisini, da pagarsi il giorno della festa di san Bo-
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino 1^9
nifazio. Pena una libbra d' oro. « Ego Leonardus [M.]
« lacobi Rubei sancte Romane Ecclesie notarius ».
In Nerini, op. cìt. p. 442 segg., App, n. xxxiii; Arch. di Stato, pcrg. n. 4; Reg.
di Sant'Alessio, col testo completo. Il doc. era in istato di miglior conservazione a! tempo
del Nerini, che potè leggervi molte parole ora perdute.
Collazione : N p, 44J, r. io DM (ini:(iale del nome Mabilia).
Variante: N p. 44], r, io e D , . , , olim Guidonis R fj^ilie] olim Guidonis
b) 1265.
Altro esemplare (con varianti) del documento suddetto;
esemplare non menzionato dal Nerini. Sottoscrizione : « Pau-
« lus Raynerius, Dei gratia, sancte Romane Ecclesie scri-
(( niarius » .
Arch. di Stato, perg. n. 5.
Collazione col testo precedente del Nerini: N p. 442, r, 2 anno primo D a. vero p,
N r. 2 Clementis pape D Clementis IV pape N p. 44J, r. 2 et testium subscriptorum
D et Leonardi lacobi Rubei scriniarii ac mei Pauli Raynerii e. t. s. ^ r, 1/ a iv via
D è mutilo in questo passo. N r. 20 quam D non V ha più : perchè la scrittura è consunta,
N. r, ter^' ultimo Angelus Bulticonis D A. Vulticonis N p, 444, r. 2 quia prcdictis interfui,
rogatus scribsi D predicta omnia scripsi
XLIX.
1266, maggio 17.
Carta di locazione della quarta parte d' una pezza di vi-
gna e della metà d'un orto fuori porta S. Paolo, in «Ortis
(( Prefectis » , che il monastero concede a Margherita, mo-
glie di Nicola « lohannis de Silice », ed ai suoi eredi, in
perpetuo, per il censo annuo di dodici provisini. Pena una
libbra d' òro. « Ego Leonardus [M.] lacobi Rubei sancte
« Romane Ecclesie notarius » .
In Nkrim, op. cit. pp. 444-$, App. n, xxxiv; Arch. di Stato, perg, n. 6; Reg, di
Sant'Alessio, to. 2°, col testo ora più completo, ora abbreviato in luoghi diversi da quello
del Nerini.
Collazione: N p, 44;, r. 6 ... 111 D a iii (sotitnt. latere}.
1267, ottobre 19.
Il monastero de' Ss. Boniflizio e Alessio loca di nuovo,
in perpetuo, a Boccabove, figlio del fu Giovanni « de Prc-
lyo qA. Odonaci
« fectis )), e ai suoi ?redi e successori, una pezza e mezzo
di vigna colle loro appartenenze, poste sul monte Aventino,
per quattro lire di provisini e il censo annuo della quarta
parte del mosto &c.
Arch. di Stato, perg, n. 7, ben conservata; e Reg. di Sant'Alessio, to. 2°.
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo du-
centesimo sexagesimoseptimo, anno vero tertio pontifìcatus domini Cle-
mentis IIII pape, inditione .xi., mensis octobris die 2. .xix. Nos
quidem frater Simeon prior, frater Romanus cammerarius, frater Rai-
nerius, frater Leonardus et frater Agustinus ecclesie Santorum Bonifatii
et A 3. lesii, nomine diete ecclesie et prò ipsa ecclesia, locamus et
concedimus tibi Boccabove, filio olim lohannis de Prefectis et tuisque
heredibus et successoribus in perpetuum. Idest unam petiam et dimi-
diam 4. vinee, quam tu tenes et possides, et diu tennisti et posse-
disti prò dieta ecclesia, plus vel minus, et cum introitu et exitu suo,
et omnibus suis usibus, utilitatibus ac pertinentiis, 5. et cum ar-
boribus et parietibus antiquis in ea existentibus, positas (0 in monte
Aventino, inter hos fines : a primo latere tenet Gulielmus, nostri iuris,
ab alio heredes 6. lohannis de Valle, iuris diete ecclesie, ab alio
Petrus Lommardus, iuris ecclesie Sante Sabine, et Petrus Bonucii sui
iuris, ab alio desuper Silvester Leonis, 7. carbonarii, iuris Sante Pri-
sce ; ad tenendum, utendum, fruendum, colendum et bene laborandum.
Pro qua locatione confitemur recepisse, nomine diete ecclesie, quatuor
libras 8. provisinorum, et omni anno, tempore vindemie, reddetis
nobis nostrisque successoribus, nomine diete ecclesie et prò ipsa ec-
clesia, quartam parteni totius musti mundi et aquati ex ea 9. et
canistrum unum plenum et dimidium uvis, de duobus palmis et di-
midio in fundo et unius summissum (b) in alto per petiam, et man-
ducare et bibere io. ministro nostro venienti prò quarta sicut prò
te ibi habebis, et quartam de pomis, que ibi sunt vel erunt. Set non
liceat tibi vestrisque heredibus et successoribus 1 1 . eam ulli ecclesie,
pio loco vel potenti persone vendere, vel pignorare, dare vel conce-
dere, aut relinquere, vel facere contractum seu quasi contra 12. ctum.
Si vendere vel pignorare volueris, nobis nostrisque successoribus, no-
mine diete ecclesie, vendere vel pignorare tenearis, comminus in vendi
13. tione et alienatione .vii. solidis provisinis et dimidio, silieet .v. so-
lidis provisinis per petiam. Si sic reeipere noluerimus, cum nostro con-
sensu vendere vel pignorare tibi liceat tali per 14. sone, que nobis
(a) D pos3 (b) D siimmiss3
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino 171
placeat sine malitia, dato nobis dicto commino. Si publico exercitu (•»)
vel celi plaga aut defectu culture venerit 15. in desertum, et spatio
trium annorum restorata non fuerit, deinde ad dictam nostram eccle-
siam cum omni sua melioratione revertatur. Si aurum 16. vel ar-
gentum aut aliud metallum, seu lapides valentia ultra .xii. provisinos
Senatus ibidem inveneris, medietatem» diete ecclesie nostre reddere
tene 17, aris. Nos autem prò nobis nostrisque successoribus, nomine
diete ecclesie, promittimus tibi tuisque heredibus et successoribus liane
locationem perpetuo observare, iure defendere 18. et contra non
venire. Siqua pars contra fecerit, solvere teneatur alteri observanti prò
pena dictam pecuniam duplam, et soluta pena vel non, hec carta
19. firma permaneat. Quam scribere rogavimus Paulum filium olim Ste-
fani lohannis Oddonis scriniarium in mense et indictione suprascriptis.
Petrus de Paulo testis.
Petrus Orbetanus testis.
Petrus cocus S. Alesii testis.
lacobus portararius eiusdem ecclesie testis.
Patrimotus clericus Sancti Cel(;i, et Blasius frater eius testis, testis.
[S. T.] Ego [ìM,] Paulus filius olim Stefani lohannis Oddonis, Dei gratia
sancte Romane Ecclesie iudex et scriniarius, compievi et absolvi.
LI.
1267, ottobre 19.
Boccabove e la sua famiglia vendono in perpetuo, col
consenso del monastero, a Pietro « Bonutii » e ai suoi eredi
e successori, la locazione della pezza e mezzo di vigna men-
zionate nel documento precedente, per 14 lire di buoni pro-
visini del Senato, salvi il censo e gli altri diritti della chiesa
de' Ss. Boniflizio ed Alessio, come sono stati già affermati.
Arch. di. Stato, perg. n, 8, ben conservata; Reg. di Sant'Alessio, t<>, 2° (i).
(a) D public exercit3
(i) Nel verso della pergamena: i. « Boccab . .
« de vinea Petri Bonutii Montis Aventini
« » (carattere del xiii secolo). 2. « locatio cuiusdam vinee in
« Marmorata facta Boccabove filio olim lohannis de Prefectis per ab-
« batem et canonicos S. Alexii sub annuo censu » (carattere del xiv se-
colo). 3. «Carte de vineta boccavove, idest locatio prima » (carat-
tere del XIV sec).
172 QA. oMonaci
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
ducentesimo sexagesimoseptimo, anno vero .111. pontificatus domini
Clementis IV pape, 2. inditione .xi., mensis octobris die .xviiii.
Nos quidem Boccabove, Patrimotus clericus Santi Celgi, Blasius et An-
gelus fratres, 3 . pater et filli insimul et in sollidum, consentientibus
in hoc nobis canonicis ecclesie Sanctorum Bonifatii et Alexii, silicet
fratre 4. Simeone priore, fratre Romano cammerario, fratre Rai-
nerio, fratre Leonardo et fratre Agustino, nomine diete 5. ecclesie
et prò ipsa ecclesia, recipientibus prò consensu comminus .vii. solido-
rum provisinorum et dimidii, de quibus se quietos vocaverunt, et con-
sentiente in hoc 6. nobis Theoddora, uxore mei Blasii, et renun-
tiante in hoc omni iuri pignoris, ypothece et parafernarum, dotis fu-
ture (^) 7. et donationis pròpter nuptias et omni ahi iuri et actioni
senatusconsultus Veleiani, hac die presenti, nostris bonis voluntatibus,
8. vendimus, damus et concedimus et te in rem tuam procuratorem con-
stituimus, et per Petrum de Paulo, quem nostrum procuratorem ad hoc
9. facimus, te investiri precipimus et possessionem tradi per eum, et
donec de predictis corporalem possessionem fueris adeptus nos io. tuo
nomine constituimus possidere, possessionem cuius adpreendendi aucto-
ritate propria hberam facultatem concedimus tibi Petro 11. Bonutii
et tuisque heredibus et successoribus in perpetuum. Idest unam petìam
et dimidiam vince, plus vel minus, cum arboribus 1 2. et parietibus
antiquis in ea existentibus, et cum introitu et exitu suo, et omnibus
suis usibus, utilitatibus ac pertinentiis, 13. positam in monte Aven-
tino, inter hos fines : a primo latere tenet Gulielmus, ab alio heredes
lohannis de Valle, iuris diete ecclesie, ab alio Petrus Lommardus,
iuris ecclesie Sancte Sabine et tu idem Petrus Bonutii tenes, 14. tui
iuris, ab alio desuper Silvester Leonis, carbonarii, iuris Sancte Prisce.
Et damus et concedimus tibi omne 15. nostrum ius et actionem
nobis competens et competituram adversus omnem personam et locum
occasione diete vinee et 16. suis pertinentiis. Hanc autem vendi-
tionem tibi facimus prò .xiiii. libris honorum provisinorum Senatus,
quas a te prò to 17. to pretio, nobis valde placabili, recipimus, de
quibus nos bene quietos vocamus et pacatos, et renuntiamus exceptioni
18. non solute et non numerate pecunie, et si plus isto pretio valeat,
inter vivos tibi donamus et concedimus causa intime 19. dilectio-
nis, quam erga te habemus. Unde a modo liceat tibi eam intrare, te-
nere, mi, frui, possidere, ven 20. dere, donare, alienare et ex ea
facere quicquid volueris perpetuo, salvo iure et redditu diete ecclesie,
cui omni anno, 21. tempore vindemiae, reddas quartam partem to-
(a) D fut3
Regesto di San f Alessio al l^ Aventino 173
tius musti mundi et aquati, quod ex ea exierit* et omnia a 22. Ha
eius iuris, ut in instrumento locationis apparet, ei fideliter adimpleas
et persolvas. Promittimus prò nobis nostrisque 23. heredibus et suc-
cessoribus tibi tuisque heredibus et successoribus hanc venditionem et
predicta omnia et singula observare, iure defen 24. dere et contra
non venire; et quod ius nostrum nemini alteri dedisse, concessisse,
alienasse. Quod si appareat nos fecisse 25. et dampnum propterea
incurras, tibi reddere et restorare promittimus. Pro qua restoratione
omnia nostra bona tibi obligamus et pre 26. carie tenemus, sub
pena diete pecunie duple, et soluta pena vel non, hec carta firma per-
maneat. Quam scribere 27. rogavimus Paulum filium olim Stefani
lohannis Oddonis scriniarium, in mense et indictìone suprascriptis.
Petrus de Paulo testis.
Petrus Orbetanus testis.
Petrus cocus S. Alexii testis.
lacobus portararius diete ecclesie testis.
lacobus Guargellus, et Nicolaus Rainalli' testis testis.
[S. T.] Ego [M.] Paulus filius olim Stefani lohannis Oddonis, Dei gratia
sancte Romane Ecclesie iudex et scriniarius, compievi et absolvi.
LIL
1271, decembre 8.
Il monastero dei Ss. Bonifazio ed Alessio loca in per-
petuo ad Angela, vedova del fu Martino e tutrice dei pu-
pilli Angeluccio, Pietruccio, Giannuccio e Giacobella, la metà
d' una pezza di vigna fuori porta Appia, nella Valle di Gio-
vanni Giudice, per la pensione annua di tre soldi e mezzo
di provisini e mezzo rubbio di cipolle. Pena mezza libbra
d' oro.
Arch. di Stato, perg. n, 9, con alcuni passi guastati dalla muffa.
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
ducentesimo septuagesimoprimo, indictione .xv., mensis decembris
2. die .vili., corani me Leonardo notarlo et testibus subscriptis ad hec
vocatis et rogatis, 3. religiosi et discreti viri dominus Johannes
abbas venerabilis monasterii Sanctorum Bonifatii 4. et Alexii et
capitulum seu conventus eiusdem, scilicet frater Romanus prior, frater
Raynerius, frater Leonardus, 5. frater Augustinus et frater Petrus
canonici dicti monasterii prò se ipsis et dicto monasterio spontc loca-
174 ^* donaci
veruni et 6. concesserunt Angele, uxori olim Martini, tutricì An-
gelutii, Petrucii, lanucii et lacobelle 7. filiorum suo[rum suo et
ijpsorum [filiorum] t[utorio] nomine recipienti prò eis eorumque here-
dibus et successoribus, perpetuo, 8. dimidi [am petiam vince], plus
vel minus, cum introytibus et exitibus suis et omnibus suis pertinentiis,
positam 9. extra portani A[p]p[iam] in valle et proprietate dicti
monasterii, que vocatur Vallis lohannis ludicis. Cui ab 20. [uno
latereten]et Paulus lanuarii, via mediante, ab alio Egidius Philippi, iuris
dicti monasterii, 11. ab alio monasterium Sancti Pauli, ab alio dicti
filli Martini. Quia promisit dieta tutrix et 12. dicti pupilli tenean-
tur dicto monasterio reddere annuatim in adsumpsione Sancte Marie
mensis 13. augusti, nomine pensionis, tres sollidos et dimidium
provisinorum et dimidium rublum ceparum. Et si 14. contigeret
eos ibi vineam pastinare, reddant annuatim dicto monasterio quartam
partem totius 15. musti mundi et aquati, quod inde exierit, et di-
midium canistrum uvarum, quod 16. s[i]t in fijndo duorum pal-
morum et unius submissi altum, et manducare et bibere 17. mi-
nistro dicti monasterii cum iverit prò quarta, et omnes alios tenores
observabunt in 18. locationibus vinearum consuetos. Et nulli alii
ecclesie, pio loco seu pò 19. tenti persone dictum ortum seu vineam
vendent, donabunt, relinquent, vel cum eis 20. aliquem contractum
vel quasi facient. Set si predicta vendere vel pignorare voluerint, prius
dicto 21. monasterio vendant et pignorent insto pretio, quod ab alia
persona habcre potuerint sine 22. malitia, minus .xxx. provisinis.
Et si monasterium emere seu pignori recipere 23. noluerit, vendat
et pignoret, cum consensu dicti monasterii, tali persone, que ipsi
24. monasterio s[ine] malitia placeat, soluto ipsi monasterio dicto
comminu prò 25. venditione. Et si in predictis aliquid ultra ,xii. de-
narios valens invenerint, 26. medietatem dicto monasterio dent.
Et prò se suisque lieredibus et successoribus promisit 27. una pars
alteri que dieta sunt observare et contra nullo modo venire, 28. sol-
vendo [prò] pena dimidiam libram auri.
Testes: lacobus Andree de Ballan(;a, Thomassinus Salica . . .
[Io]h[ann]is barberius.
Ego [M.] Leonardus [M.] lacobi Rubei, sancte Romane Ecclesie no-
tarius, compievi et scribsi.
LUI.
Tre documenti sull'acquisto della Valle di Giovanni
Giudice.
^gesto di Sant'Alessio alT Aventino 175
1°) 1271, settembre 30.
Testamento di Crescenzo « domini Leonis lohannis
«ludicis», che lascia al monastero di S. Alessio la Valle
di Giovanni Giudice e 100 soldi di provisini « prò sub-
« tractis et male ablatis r> , con altri lasciti a diversi. « Actum
« in camera predicti testatoris. Magister Nicolaus, Dei gratia,
« sancte Romane Ecclesie scriniarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 445-8, App. n. xxxv ; Arch, di Stato, perg. n. io, qua e là
danneggiata nel margine ; Reg, di S. Alessio, t. 2*, con testo non completo.
Collazione: N p. 446, rr. 5-4 nuncupativum D nuccupativum N. p. 448, r. quiut' ul-
timo Nicolaus Zanconus DN, Qanconus. Al rigo ultimo si noti in fine: monogramma,
2") 1271, Ottobre 27.
Frate Bernardo, precettore dell'ospedale di S. Spirito
in Sassia, frate Giacomo Bovaccano, priore di S. Sabina,
dell'ordine dei Predicatori, e frate Adinolfo de Ponticello,
dell'ordine dei Minori, esecutori e fidecommissari del testa-
mento summenzionato di Crescenzo, costituiscono loro pro-
curatore Pietro Consulino giudice, perchè metta in pos-
sesso l'abbate Giovanni, del monastero dei Ss. Bonifazio
ed Alessio, della Valle di Giovanni Giudice. Pena una libbra
d'oro. (( Actum apud Sanctam Sabinam. Magister Nicolaus,
« Dei gratia, sancte Romane Ecclesie scriniarius ».
Arch. di Stato, perg. n. io; Reg. di S, Alessio, t. 2°.
3°) 1271, Ottobre 30.
L'abbate Giovanni è messo in possesso della Valle di
Giovanni Giudice, fuori porta Appia. « Magister Nicolaus,
« Dei gratia, sancte Romane Ecclesie scriniarius [M.] ».
In Nerini, op. cit. pp. 448-50, App, n. xxxvi; Ardi, di Stato, perg, n, 10; Reg, di
S, Alessio, t. 2", col testo abbreviato.
Collazione: N p, 448, r. penultimo lacobo Bovaczano D I, bovaccano N p. 449, r, 6
quod D qui N r, 16 suo ultimo D ultimo suo N p. 4^0, r, ultimo, notisi infine il mono-
gramma del nome Giovanni,
Q/ì, zMonaci
LIV.
1273, aprile 26.
Il monastero di S. Alessio loca in perpetuo alle mo-
nache di S. Maria « de Maxima » quattro pezze di vigne
fuori porta Appia, sopra S. Maria, « ubi Dominus appa-
« ruit », per la pensione annua di quattro buoni provisini.
Pena una libbra d'oro. « Ego [M.] Leonardus [M.] lacobi
« Rubei sancte Romane Ecclesie notarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 450-52, App. n. xxxvii; Arch. di Stato, perg. n. ii; Reg.
di S. Alessio, t, 2°, col testo più completo che nel Nerini ; e cod. Vat, lat. 7933 (del
Galletti), f. 48, colla iscrizione «Ex Arch, secr. Vaticano».
Collazione : N p, 4/0, r. _j Aprilis D Aprelis N r. ^ specialiter et roga-
torum D e R s. vocatorum e, r. N p. 4;!, r. 7 dal fine Domine D e R domina N r. pe-
nultimo Petronus D et Petronus
LV.
i") 1273, dicembre 9.
Angela, vedova di Martino, e i suoi figli minorenni
Pietruccio e Giannuccio vendono a Biasio « Munaldi » e
ai suoi eredi e successori, in perpetuo, la locazione d'una
mezza pezza d'orto fuori porta Appia nella Valle di Giovanni
Giudice (cf. il doc. lii), per la somma di quattro lire e
mezzo di provisini, salvi i dritti del monastero di S. Alessio,
cui il detto Biasio dovrà la pensione annua di tre soldi e
mezzo di provisini e mezzo nibbio di cipolle.
2°) 1273, dicembre 17.
L'abbate Giovanni e i canonici di S. Alessio consentono
alla vendita suddetta, ricevendo, per il consenso, 30 provisini.
Arch. di Stato, perg. n, 12. Carta appare redatta per il monastero (i).
(i) Nel verso della pergamena, in carattere del xiv secolo: « Ap-
ft parum Sancti Alexii de orto qui fuit filiorum Martini, posito in Valle
«lohannis ludicis, quem emit Blasius Munaldi».
^gesto di Sant'Alessio all'Aventino 177
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo du-
centesimo septuagesimotertio, tempore domini Gregorii decimi pape,
indictione secunda, mensis decembris die nona. 2. Coram me Leo-
nardo notario et testibus subscriptis ad hec vocatis et rogatis, domina
Angela uxor olim Martini et Petrucius filius eius, 3. prestita pace
a dicto Petrucio loco sacramenti prò hiis omnibus observandis nec re-
tractandis ratione minoris etatis vel alio modo, tam prò ipsis 4. quam
prò lanucio fìlio diete Angele et fratre dicti Petrucii, prò quo se obli-
gaverunt quilibet eorum in solidum quod hec omnia ipse lanucius
5. observabit et quod ipse vel eius persona legitima contra hec nullo
modo veniet, inmo qnam citius ad perfectam etatem pervenerit gratis
consentiet 6. sub obligatione honorum ipsorum, presente, vidente
et consentiente lacobo Martini fìlio diete Angele et Paula uxore ipsius
lacobi, et renunti 7. ante omne ius eis vel alteri eorum compe-
tens et competiturum in hiis quocumque nomine et specialiter diete
Paule ratione sue dotis, donationis 8. propter nuptias, vel alio
modo, et renuntiante auxilio senatusconsulti Velleiani omnique iuris
auxilio, vendiderunt, dederunt et concesserunt Biasio Munaldi prò
9. se et eius heredibus et successoribus, perpetuo, dimidiam petiam
orti, plus vel minus, cum introytibus et exitibus suis et omnibus suis
pertinentiis, positam extra portam Appiani io. in proprietate mo-
nasterii Sancti Alexii, in Valle que dicitur lohannis ludicis. Cui ab
uno latere tenet Paulus lanuarii, via mediante, ab alio 11. heredes
Egidii Philippi, iuris dicti monasterii, ab alio monasterium Sancti Pauli,
ab alio ipsa Angela, et cum omnibus iuribps et actionibus eis com-
petentibus 12. et competituris in ipso orto, reservata ipsis vendi-
toribus via eundi et veniendi per viam, que est inter hunc et ortum
Pauli lanuarii, sine 13. sauma lignorum. Et de ipso orto eum vo-
luerunt investiri et in possessionem induci per Paulum lanuarium,
qui (•'>) ad hoc investimentum faciendum suum procuratorem con
14. stituerunt. Et donec corporalem possessionem adypiscatur, se dicti
emptoris nomine constituerunt possidere, dantes sibi nichilominus
potestatem et licentiam 15. dictum ortum ex nunc propria aucto-
ritate intrandi, tenendi, possidendi, vendendi et quicquid voluerit fii-
ciendi, salvo omni iure dicti monasterii Sancti Alexii. 16. Cui dictus
Blasius promisit et tencatur reddere annuatim in festo sancte Marie
augusti, nomine pensionis dicti orti, tres sollidos et dimidium provi-
(a) /. qiicm
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIU. 12
178 qA. oMonaci
sinorum 0'^) 17. et dimidium rublum ceparum, et alia observare
eidem ut instrumento scripto per me notarium continetur, scilicet lo-
cationis facte ipsi Angele prò filiis suis 18. in anno Domini mil-
lesimo ducentesimo septuagesimo primo, indictione .xv., mensis decem-
brisdie.vi.(b). Hanc venditionem et que dieta sunt sibi fecit prò pretio
•iiii. librarum 19. et dimidia provisinorum (a), quas confessi sunt
recepisse a dicto Biasio, de quibus se bene quietos et pacatos voca-
verunt, renuntiando exceptioni non solute et non numerate pecunie
20. et cetera.
Testes : Petrus ludicis de Arenula, Bactitor Balatis, Stephanus
Falconcelli, Burgonionus.
I. Die .XVII. dicti mensis decembris, presentibus Matheo Bar-
tholomei aurificis, lohanne Boni Hominis, lohanne Raynaldi testi-
bus, 2. religiosi viri dominus Johannes abbas venerabilis monasterii
Sancti Alexii predicti, frater Petrus, frater Raynerius, frater 3. Sil-
vester, frater Andreas et frater Antonius canonici dicti monasterii,
recipientes prò consensu .xxx. provisinos, consenserunt 4. diete
venditioni; quia dictus Blasius dictam pensionem et omnia predicta
eidem monasterio perpetuo observare eidem promisit ac 5. solvere.
Ego [M.] Leonardus [M.] lacobi Rubei, sancte Romane Ecclesie no-
tarius, quia predictis interfui, predicta prò apparo dicti monasterii ex
predicta venditione scribsi et in publicam formam redegi.
LVL
1274, marzo 12.
Pietro, figlio ed erede di Enrico « lohannis Romani » ,
dona « inter vivos » al monastero dei Ss. Bonifazio ed
Alessio venti pezze di vigne ed i suoi orti con una torri-
cella, fuori porta Appia, nella Valle di Giovanni Giudice,
mosso da devozione e da sentimento religioso. Pena tre libbre
d'oro. « lohannes de Rapiccis sancte Romane Ecclesie scri-
(( niarius [S. T.] )).
In Nerini, op. cit, pp. 452-3, App. n. xxxviii, e nell'Arch. di Stato, perg. n. 13;
Reg, di S. Alessio, t. 2**. Trascrizione esatta. Il Reg, di S, Alessio ha il testo meno abbre-
viato che il Nerini.
(a) D prov (b) Invece nel documento meniionato è scrino die viii
Regesto dì Sant^ Alessio al l^ Aventino 179
LVII.
1277, maggio 25.
L'abbate e il convento dei Ss. Bonifazio ed Alessio
danno il loro consenso alla vendita fatta a Giacomo di
Bartolomeo Scorsolini da Margherita consorte di Nicola
(dohannis Silcis», della quarta parte d'una vigna vecchia
e d'un pezzetto di pastino fuori porta S. Paolo « in Ortis
« Prefectis » , avendo ricevuto dalla suddetta Margherita
due soldi di provisini come commino ; obbligandosi il detto
Giacomo, invece della detta Margherita, alla pensione annua
di dodici provisini da pagarsi al monastero nella festa di
sant'Alessio. Si fa menzione dell' istromento principale di
vendita (per otto lire di provisini) redatto dal notaro Mu-
naldo Ancontani. Pena una libbra d'oro. « Ego [M.] Leo-
« nardus [M.] lacobi Rubei sancte Romane Ecclesie no-
ce tarius ».
In Nerini, op. cit, pp. 453-4, App. n. xxxix ; Arch. di Stato, perg. n. 14.
Collazione : N p, 4J4, r, i Conventus ejusdem D et e. e.
LVIII.
1°) 1278, gennaio 23 00,
Nicolò Malacena vende alla chiesa di S. Maria Nuova
due tenute vignate ed arborate « ad Formellum » fuori
porta Appia per mille lire di provisini del Senato e la pen-
sione annua di tre soldi di provisini del Senato, salvi i
dritti del monastero di S. Alessio proprietario. Che, in
caso d'una nuova vendita, avrà il commino di 20 lire di
provisini, e se non volesse comprare le tenute, 100 soldi
di provisini del Senato per il consenso dato. Pena il doppio
della somma.
(a) Secofido R 22 gennaio
i8o qA, oMonaci
Lo stesso giorno l'abbate e il monastero di S. Alessio
consentono alla vendita, per il commino e la pensione
suddetti.
f-
Lo stesso giorno, l'abbate e i canonici di S. Alessio
dichiarano di aver ricevuto venti lire e cento soldi di pro-
visini del Senato per il commino e il consenso dato.
« Ego [M.] Leonardus [M.] lacobi Rubei sancte Romane
« Ecclesie notarius una cum Gregorio
« notarlo supradicto » .
In Nerini (che però non distingue i tre documenti), op. cit. pp. 455-7, App. n. xl ;
Arch, di Stato, perg. n. 15, danneggiata dalla muffa; Reg. di S, Alessio, t. 2°, col testo
molto più completo che quello del Nerini.
Collazione : N p. 4;; r, $ die vicesima ... D die vicesima tertia N r. 8 sua bona
voluntate dit i? s. b. v. vendidit N rr, 11-2 duo tenimen us D d. tenimenta
in quibus N rr. 14'; vicolus . . . pergit D v. qui p, N r. i; D
pacem N p. 4^6, r, 2 . , . aria D a[vi ?]aria N p. 4^6 r. ) cessit davit R e. et
mandavit N p, 4/7, r. 2 Maczioctus D Macgioctus Al rigo seguente si aggiunga nel testo
del Nerini un etc. per indicare la parte omessa della pergamena.
LIX.
1278, maggio 4.
Il monastero loca, per cinque anni, a Saba « Petri Od-
«donis», del rione di S. Angelo, e a Luca Porticario, del
rione di Ripa, le tre pescaje sul Tevere « Palatellum Stri-
« ctum, Columpnellam » e « Farum » , per la pensione annua
di 40 soldi di provisini del Senato e, ogni anno, in aprile,
14 belle Iacee « bonas, grassas, ovatas». Pena mezza libbra
d'oro. « [S. T.] Petrus Henrici ludicis, auctoritate sacro-
« sancte Romane Ecclesie, iudex et scriniarius » .
In Nerini, op. cit, pp. 457-9, App. n. xli; Arch. di Stato, perg. n. lé. Trascri-
zione esatta.
Regesto di Sant^ Alessio all'Aventino i8i
LX.
1279, novembre 12.
Il monastero loca di nuovo, fino alla terza generazione,
a Tommaso Raniero e ai suoi discendenti in linea retta un
orto fuori porta Appia « in Ortis Praefectis » nella valle del
monastero, per la pensione annua di sedici soldi di provisini
e « unam rublicellam bonarum ceparum ad culmum, ad
a rublicellam Senatus », facendo qualche riserva sul reddito
dell'orto, e ricevute quindici lire di provisini per la rinno-
vazione della locazione. « Et si in dicto orto inveneritis
« aurum, argentum, plumbum, metallum, vel aliquod aliud
«valens ultra .xii. denarios, medietatem nobis dabitis».
« Ego [M.] Leonardus [M.] lacobi Rubei sancte Romane Ec-
ce clesie notarius » .
In Nerini, op. cit. pp. 459-60, App. n. xlii; Arch. di Stato, perg. n. 17.
Collazione : A'^ p, 4/9^ r, 18 ligare cannas D lig. can, prò nobis N p. 460, r. 9
Gualterius Petri, frater Stephanus de Astura Oblatus Monasteri! S, Alexii D Gualterius
Petri frater, Stephanus de Astura O. M. S. A.
LXI.
1°) 1281, febbraio 6.
Il monastero costituisce suo procuratore frate Pietro,
priore di S. Alessio, per rinnovare il contratto di locazione
del fondo seminativo a Oliari », nel territorio d'Albano, e
di tre pezze di vigna nel territorio dell'Aricela, a Stefania
e Boniza, figlie di Agnese, della fu Alfania, per la pensione
annua di tre rubbia di grano (secondo la misura del Senato)
per l'appezzamento di terra, e di due denari pavesi per le
vigne, e l'obbligo, morendo in città, o di aver sepoltura in
S. Alessio o di erogare la metà del denaro in loro suffragio
a vantaggio del monastero. «Ego [M.] Leonardus [M.] lacobi
« Rubei sancte Romane Ecclesie notarius » .
i82 qA, oMonacì
2**) 1271, febbraio 6.
Copia dell' istrumento di locazione, colla quale Stefania
e Boniza suddette sono investite dei fondi summenzionati
dal procuratore del monastero Pietro, canonico e priore,
per la somma di otto lire di provisini del Senato, e la pen-
sione suddetta.
3°) 1282, marzo 20.
Il suddetto procuratore investe Stefania e Andrea di
Oddone (cui erano stati devoluti, per ragione di dote, i
dritti di Boniza) dei fondi suddetti. « Ego [M.] Leonar-
(( dus [M.] lacobi Rubei sancte Romane Ecclesie notarius ».
(La sottoscrizione vale anche per il doc. precedente).
In Nerini, op. cit. pp. 460-63, App. n, xliii ; Arch. di Stato, perg. n. 18, danneg-
giata dall'umidità; Reg. di 5. Alessio, t, 2°, col testo più completo che nel Nerini.
Collazione: N p. 460, r. / ad hoc D a. hoc N p. 461, r. 8 Bonize D Bonicfe N p. 461,
r. II prò ipsis et earum legitimis filiis et filiabus, nepotibus , . . . . D p. i. e. e. 1. f. e. f. n.
[neptib]us et filiis N r. ij pedicam D unam p. N r. 19 e D cuius R cuius
hii sunt veteres fines N p. 461, rr. $-6 dal fine Fines vero moderni i) F. v. m. . . .
sunt ti r, ter:( ultimo, baltiolus terre, quam D b. t. quem N p. 461, r, penultimo e ultimo
Alexius D Alexius Leni N r, ultimo castri Sa .... i D e. Sabelli N p 462, r. 7
qua itur inter . . . Z) q, i. i. vineas N r, io Fines moderni alterius petioli , D ¥. va,
a. p. vinearum A^ rr, lo-i e D ah uno latere .... carraria R a. u, 1. est. e. N r, 13 portam
de Maczesis D p. d. Macfesis N r, quint' ultimo Re ... . sanus scriniarius D Reckisanus s.
N r, quint' ultimo e quart'uliimo heredes colay Vicovarii D heredes . .
Nicolay lohannis V, R ab alio heredes Nicolai lohannis Vicovarii N r. quartultimo ab
alio via se la D a. a. v. s . . . . arola [seu carrarola ?] N .,, . alter .... sive cana-
pine R Fines alterius horti s. e, N r, ter^' ultimo ab uno latere dictus ortus me-
diante dieta carrarola D a. u. 1. est d. o. m. d. e. A^ r. penultimo ab alio sunt , , . coste
D a. a. s . . et coste R a. a. s. horti et coste N p, 46 j, r, 5 quod si in Urbe mor crint
D q. s. i. u. mortui fuerint N r, 6 et quod mortuis .... predicta ad dictum monasterium
revertantur De. q. m. . . iam dictis personis predicta a, d. m. r, R e. q. m. omnibus
iam dictis personis p. a. d. m. r. N r. penultimo del doc. Sancte Romanae Ecclesie
dictis interfui D S. R. E. notarius predictis i.
LXII.
1284, marzo 26.
Stefano abbate del monastero dei Ss. Bonifazio ed Alessio
e il capitolo (di quattro frati canonici) del monastero locano
a Francesca « uxor olim Bartholomei qui dicebatur Meulus,
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino 183
(( nepotis olim Massei Marci », tutrice e rappresentante le-
gittima del figlio Angelello, e ai suoi eredi e successori in
perpetuo, due pezze di vigne arborate e la terza parte d'una
pezza di vigna, arborata e con canneto, fuori porta Appia,
nella Valle di Giovanni Giudice. Il censo annuo sarà della
quarta parte del mosto, di tre canestri d'uva e della quarta
parte dei frutti degli alberi, coli' obbligo di somministrare
cibarie e bevande al ministro del monastero, quando ogni
anno si recherà al fondo per raccogliere la quarta. « Et si
« aurum, argentum, ferrum, plumbum, metallum, lapides,
« vel aliquid aliud valens ultra .xii. denarios papienses in-
« venerit, medietatem dicto monasterio dabit )> . « Ego
« [M.] Leonardus [M.] lacobi Rubei sancte Romane Ecclesie
(( notarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 463-4, App. n. xliv ; Arch. di Stato, perg. n. 20, in buono
stato.
Collazione: N p. 464, r, 16 lacobus Benedimane D I. Bonedimane A' r. quart' ultimo
Raynerius R narius D Raynerius rongonarius N r. ultimo scripsi et compievi
D scribsi e. e.
LXIII.
1284, marzo 26.
Il monastero conferma a Francesca, vedova di Bartolo-
meo, come tutrice del figlio Angelo, pupillo, e ai suoi eredi
e successori, fino alla terza generazione, la locazione di un
orto fuori porta Appia nella Valle di Giovanni Giudice, per
il canone annuo di io soldi di provisini del Senato e un
rubbio di cipolle, oltre cinque soldi di provisini pel consenso.
Pena una libbra d' oro. È trascritta nel doc. la locazione
del 25 settembre 1265, colla quale lo stesso fondo fu af-
fittato a Leonardo del fu Silvestro e ai suoi eredi e succes-
sori, fino alla terza generazione, da Crescenzo di Leone di
Giovanni Giudice; dopo la cui morte l'orto venne in pro-
prietà del monastero. Si fa menzione nel doc. suddetto
del testamento di Masseo di Marco, che lasciò 1' orto, da
184 qA. ^Monaci
lui acquistato dal predetto Leonardo di Silvestro, al nepote
Bartolomeo summenzionato.
NelI'Arch. di Stato, perg. n. 19, ben conservata, ma corrosa nel margine destro
delle righe 11-3 per Io spazio di tre lettere (i).
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo du-
centesimo octuagesimoquarto, anno quarto pontificatus domini Mar-
tini pape ini, indictione .xii., 2. mense martii, die vicesimasexta.
Cum quondam dominus Crescentius Leonis lohannis ludicis, post mor-
tem, seu per mortem cuius mona 3. sterio Sancti Alexii subscri-
ptus ortus pervenit, locaverit, concesserit Leonardo filio olim Silvestri
ortum subscriptum per publicum 4. instrumentum locationis, scripte
quondam per Angelum Thome scriniarium, cuius instrumenti locationis
tenor talis est : In nomine Domini. Anno dominice incarnationis
5. millesimo ducentesimo sexagesimoquinto, indictione nona, mense
septembris, die vicesimaquinta. Nos Crescentius Leonis lohannis lu-
dicis hac 6. die, de nostra bona voluntate, prò nobis et nostris
heredibus et successoribus, locamus et iure locationis, per Masseum
Donatoris procuratorem nostrum ad hoc a nobis specialiter 7. con-
stitutum, per ipsum possessionem tradimus et concedimus tibi vero
Leonardo filio olim Silvestri, tuisque filiis et filiabus, nepotibus et
neptibus 8. ex tuo legitimo matrimonio procreatis tantum ; quod
si ad mortem tuam filios vel filias, nepotes vel neptes non habueris,
liceat 9. tibi unam personam tacere heredem, que nobis placeat
sine malitia, vita eius tantum. Idest unum petium orti cum arboribus
suis et pergulis rasis io. et omnibus suis usibus, utilitatibus ac
pertinentiis, positum extra portam Appiam, in valle nostra que dicitur
lohannis ludicis, inter hos fines : a primo latere 11. tenet Silve-
ster Divitie, a .11. heredes Angeli de Gratia, a .111. Egidius Spoletinus,
a .1111. * * •. Hanc autem locationem tibi faci[mus] 12. quia in
presentia huius scriniarii et testium subscriptorum ad hec rogatorum
promictis nobis et nostris heredibus et successoribus reddere et solvere,
nomine pensionis et prò pre[tio] 13. dicti orti, omni anno in festo
Assumptionis sancte Marie, decem sollidos provisinorum (a) Senatus et
unum rublum ceparum. Quod si in festo non solveritis, [in] 14. oc-
tavo duplicetis. Et si in dicto orto feceritis vineam, reddat nobis et
nostris heredibus et successoribus quartam totius musti mundi et aquati
(a) D prov
(i) Nel verso della pergamena, in carattere del xiv sec. : « In-
« strumentum locationis orti apud portam Appiam».
'T{e gesto di Sant'Alessio alV Aventino 185
15. et quartali! fructuum arborum et unum canistrum de uvis plenum,
quod sit in fundo duorum palmorum et altum unius submissi, i6. et
omnes alios tenores et condictiones, quas alii laboratores faciunt nobis
de aliis vineis nostris, et de dieta pensione 17. ex tunc non te-
neamini. Nulli ecclesie, pio loco seu potenti persone dictuni ortum
seu vineam vendatìs vel pignoretis prius 18. nobis, neque cum ipsis
aliquem contractum faciatis. Et si vendere vel pignorare eum volue-
ritis, prius nobis vel nostris heredibus vendatis vel 19. pignoretis
in eo pretio vel mutuo, quod ab alia persona habere poteris sine ma-
litia, minus in venditione quinque sollidis provisinis («). Quod si sic
emere 20. vel pignori accipere noluerimus, deinde vendatur vel
pignoretur, nostro consensu, tali persone que nobis placeat sine malitia,
dato nobis 21. dicto comminu prò consensu; mortuis vero predi-
ctis personis, dictum ortum cum omni melioratione ad nos vel no-
stros heredes ac successores libere 22. revertatur, non obstante usu
servante. Nos vero predictus Crescentius tam prò nobis quam prò
heredibus ac successoribus nostris promictimus tibi predicto Leo
23. nardo et tuis fìliis et filiabus, nepotibus et neptibus ex tuo legitimo
matrimonio procreatis, sicut dictum est, hanc locationem et traditio-
nem 24. rata et firma habere et contra non venire, set ab omni
homine et omni loco iure defendere, prò eo quod tu, prò te et prò
heredibus tuis, promictis 25. nobis predictos tenores huius locationis
observare et adimplere. Si qua vero pars contra teiaores huius locationis
venire presumpserit, pars 26. infidelis componat parti fidem ser-
vanti, prò pena, dimidiam libram boni auri et soluta pena hec carta
firma permaneat. Quam scribere 27. rogavimus Angelum Thome
imperialis aule scriniarium in mense et indictione suprascriptis ♦ * *
Nicolaus ^anconis testis. Presbyter Thomassius, clericus Sancti Geor-
gii, testis. 28. Paulus, eiusdem ecclesie clericus, testis. Johannes Bo-
nucius testis. Masseus Donatoris testis. * * * Ego Angelus Thome,
imperialis aule 29. scriniarius, scribsi et compievi. Qui ortus habet
nunc istos modernos fines : ab uno latere tenet Thomas Raynerii
30. pesatoris, iuris dicti monasterii Sancti Alexii, ab alio Giliotius Ni-
colai massarii, ab alio est alius ortus dicti pupilli, omnes iuris 31. dicti
monasterii, ab alio est mons monasterii Sancti Pauli. Quem ortum iure
diete locationis Masseus Marci tenuit per dictum 32. monasterium
secundum dictos tenores, ex acquisito facto per eum a predicto Leo-
nardo Silvestri, et ad mortem suam dictus Masseus in suo te 33. sta-
mento scripto per magistrum Nicolaum {^) scriniarium omnia sua bona
reliquid Bartholomeo nepoti suo. Qui Bartholomeus mortuus est re-
(.1) D prov (b) Aggiunto dipoi ueW interlineo.
i8^ ' qA, oMotiaci
lieto filio nomine Angelo 34. pupillo, cuius Francisca mater eius
est tutrix. Unde religiosi viri doniinus frater Stephanus abbas mona-
sterii Sancti Alexii et 35. conventus eiusdem, scilicet frater Petrus
prior, frater Scanibius et frater Angelus canonici dicti monasterii con-
senserunt prò dicto monasterio 36. secundum formam et tenores
diete locationis in legato predicto, quantum ad dictum ortum pertinet,
facto per dictum Masseum ipsi ne 37. poti suo, recipientes prò
comminu a dieta tutrice prò dicto pupillo quinque sollidos provisino-
rum('i), et dictum ortum concesserunt 38. diete tutrici prò dicto
pupillo, tenendum secundum tenores diete locationis et pertotumtempus,
quo durabunt diete persone 39. quibus dieta locatio faeta fuit tan-
tum ; cum tota costa usque in planitiem montis, ubi sunt fìnes lapidei,
Inter montem 40. monasterii Sancti Pauli et dictam costam. Quia
dieta tutrix prò dicto pupillo promisit dietis abbati et canonicis dicti
monasterii 41. prò ipso monasterio, et dictus pupillus teneatur,
omni anno, durante dieta locatione, solvere dictam pensionem dicto
monasterio in ter 42. mino predicto et omnes predictos tenores
ipsius locationis ipsi monasterio adimplere et observare 43. et in
omni venditione, obligatione, donatione et omni alienatione et omni
contraetu vel quasi inde faciendo dictum comminus solvere. Et mortuis
dietis personis 44. quibus dieta locatio faeta apparet, dictus ortus
cum omni melioratione libere dicto monasterio revertatur, non obstante
usu servante (b) . Que omnia 45. ambe partes ad invieem obser-
vare, attendere et contra non venire promiserunt, sub pena unius libre
auri. Testes : Milanus portararius et Raynerius rongonarius Santi Alexi,
lanucius Petri, Paulus lacobi Laurentii scriniarius.
Ego [M.] Leonardus [M] lacobi Rubei, sanete Romane Ecclesie nota-
rius, compievi et scribsi rogatus.
LXIV.
1285, settembre 5.
Roberto, del fu Giacomo « Guidonis Cincii », vende a
luzio, del fu Angelo « Petri Benecase, alias dicto Guercio »,
e ai suoi eredi e successori tre « lectas orti in contrata
« Cavuli » (nel territorio di Viterbo), per la somma di
1 50 lire di denari « papareni » (papalini) piccoli. Pena il
doppio.
(a) piov (b) D sen
Regesto di Sant'Alessio alV Aventino 187
Ardi, di Stato, perg. n. 21, con caratteri svaniti in tre passi dell' (ic/«w. Segno del
tabellionato al principio de! documento (i).
I. In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo ducente-
simo octuagesimoquinto, tempore domini Honorii quarti pape, indi-
ctione decimatertia, mense 2. septembris die .v. intrantis. In
presentia mei notarii et testium subscriptorum, Roberctus quondam
domini lacobi 3. domini Guidonis Cincii prò se suisque heredibus
et successoribus, iure proprio et in perpetuum, vendidit, tradidit 4. et
habere concessit lutio quondam Angeli Petri Benecase, alias dicto
Guercio, ementi prò se suisque heredibus 5. et successoribus, tres
lectas orti positas in contrata Cavuli, una quarum est iuxta rem Cole
de Platea, 6. iuxta rem Francisci seu partem Scambii et iuxta alios
suos confines ; alia lecta est in qua sunt 7. cripte iuxta rem seu
partem dicti Francijci, et iuxta partem dicti Scambii et alios suos con-
fines ; tertia 8. lecta posita est in introytu dicti orti iuxta rem here-
dum Scambii Glorii, iuxta rem * * * 9. et alios suos confines; ad
habendum, tenendum, possidendum, vendendum, donandum, iudican-
dum, alienandum et quicquid sibi suisque io. heredibus dcinceps
perpetuo placuerit faciendum, cum accessibus et egressibus suis {^)
usque in viam publicam, et cum omnibus 1 1 . et singulis que infra
predictos continentur confines, vel alios siqui forent, et cum omnibus et
singulis, que 12. diete res vendite et quelibet ipsarum habent et habet
in se, sub se seu supra se vel intra se in integrum 13. omnique iure
et actione, usu seu requisitione sibi ex ea re vel prò ea re sive rebus
aut ipsis rebus 14. vel alieni earum modo aliquo pertinente sive
spectante de iure vel de facto, prò pretio centuquingita Q>) 15. li-
brarum denariorum paparenorumC"^) parvorum. Quod totum pretium
dictus venditor confessus fuit se integre a dicto 16. emptore ha-
buisse et recepisse, renuntians exceptioni non habiti, non recepti et
non numerati dicti pretii et omni legum 17. auxilio. Quarum re-
rum venditarum possessionem se suo nomine et prò eo constituit pos-
sidere donec possessionem 18. ipsarum et cuiuslibet earum idem
emptor intraverit et acceperit corporalem, quam intrandi, acci pi
(a) D sus (b) /. ccntumqiiinqiiaginta (e) 7) pp
(i) Nel verso della pergamena, in carattere del sec. xiii o xiv
incipiente : « Instrumentum venditionis trium lectarum orti positarum
«in contrata Cavuli, in tenimento Viterbii». Quindi, in carattere del
XVI sec: «Nota quod Ioannes filius introscripti Tutii vendidit intro-
« scripta bona monastcrio Ss. Bonifacii et Alexii de Urbe per instru-
«mentum publicum existens in archivo. 1285.».
i88 qA, donaci
19. endi et retinendi sibi deinceps licentiam de iure contulit et de
facto, promittens eidem emptori de ipsis 20. rebus vel aliqua ipsa-
rum, vel de aliquo iure earum eidem emptori litem vel questionem non
inferre, nec inferenti 21. consentire, set ipsas res venditas ab omni
homine et persona legitime defendere, autorigare 22. et disbrigare
in prima, secunda, tertia et omni causa, suis omnibus sumptibus et
expensis. Et quod idem 23. res vendite et quelibet earum erant et
sunt libere, nec sunt supposite alieni servituti, 24. servitio, redditui
sive censui. Et promisit idem venditor eidem emptori, stipulatione
sollepni, 25. quod dictas res venditas vel aliquam ipsarum, vel ali-
quod ius earum vel alicuius ipsarum nemini alteri 26. quam ipsi
emptori vendidit, cessit, dedit vel mandavit, vel aliquem contractum
inde fecit ali 27. cui in fraudem, neque factus est vel fiet in futu-
rum huic contractui nociturum. Quod si contrarium 28. reperiretur,
promisit idem venditor eidem emptori ipsum, eius heredes et bona
exinde conservare indempnem et indempnes ab omni dampno, sorte,
pena et interes 29. se. Et nichilominus sua sponte idem 30, ven-
ditor se obligavit pene capituli constitutionis communis Viterbii et ipsi
capìtulo, quod loquitur vendentes vel alienatam rem alii vcnditam vel
obligatam vel non facientes bonam ven 31. ditionem quam faciunt
vel de consimili materia tractanti quod personaliter compellatur et
detineatur 32. ad petitionem emptoris. Que omnia et singula su-
pradicta idem venditor eidem emptori 33. actendere et observare
promisit et in nullo contra facere vel venire ratione aliqua sive causa,
sub obligatione 34. et ypotheca omnium bonorum suorum mobi-
lium et immobilium, presentium et futurorum, que constituit se suo
nomine et prò eo 35. possidere, et ea ab omni persona iure de-
fendere promisit. Et dampnum et expensas, que vel quas 36. idem
emptor fecerit vel substinuerit in iudicio vel extra, dictus venditor
promisit eidem 37. emptori integre reficere et resarcire, et in nullo
contra facere vel venire ratione aliqua sive causa, 38. sub obliga-
tione et ypotheca omnium bonorum suorum et sub pena dupli dicti
pretii, qua commi 39. sa, soluta vel non, predicta omnia rata et
firma consistant. 40. Possessionem vero dictarum rerum vendita-
rum dictus venditor eidem emptori incontinenti 41. dedit, tradidit
et assignavit inducendo eum in dictas res venditas, dando eidem 42. de
terris, herbis, arboribus et aliis rebus ibidem existentibus. Qui emptor
stans in dictis 43. rebus venditis, ambulando et deambulando per
eas, dixit se velie deinceps dictas 44. res venditas animo et cor-
pore possidere. 45. Actum in dictis s lecta dicti orti.
Coram Leonardo Benecase, 46. Stefano G Castella,
Petro Fetacelli, Castellano Leonardi 47. et lacobutio Ci
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino 189
Et ego Gualdus quondam domini Nicolay, civis Viterbiensis, imperialis
aule auctoritate notarius hiis omnibus interfui, scripsi et publicavi
rogatus.
LXV.
1287, novembre 12.
Giovanni di Papa, figlio del fu Pietro di Papa, dottore
in legge e milite, con testamento nuncupativo, tra le altre
disposizioni, lascia al monastero di S. Alessio 60 soldi di
provisini, come soddisfazione di denaro ad esso dovuto, e,
sotto condizione, dieci litre di provisini, per l' acquisto d' un
calice. « Ego lustinus [M.] lustini. Dei gratia, sancte Ro-
« mane Ecclesie index et scriniarius ^) .
In Nerini, op. cit. pp. 465-7, App. n. xlv; Arch. di Stato, perg. n. 21-bis. In al-
cuni punti è affatto consunto il primo strato della pergamena, sul quale correva la scrit-
tura de! notaro. Re^, di Sant'Alessio, to. 2°.
Collazione : N p. 466, rr. 7-8 prò satisfactione alicuius pecunie R p,
s, a. convente p. N p. 466, r, 16 vel pos D v. post[ea omnes] N p, 466,
r. penultimo infra annum a die . . . . Z) i. a. a. d, mortis N p. 46'j, r. ultimo del doc,
istud .... cum .... scripsi D i, test[amen]tum particulare scripsi.
LXVI.
1288, aprile 24.
Il monastero loca a maestro Bartolomeo, del fu Pietro
Egidi, tre canapine presso l' Ariccia, per la somma di 100 fio-
rini d' oro. Pena il doppio. (Cf. il doc. seguente).
Nell'Arch. di Stato, pcrg. n. 22, molto guasta dall'umidità, specialmente nei mar-
gini (1).
I. In nomine Domini nostri Ihesu Christi amen. Anno Domini
millesimo ducentesimo octoagesimo octavo, pontificatus [vero Nijcolai
quarti pape anno 2. primo, indictione prima, mensis aprilis die vi-
cesimaquarta. In presentia mei scriniarii et testium subscriptorum ad
(i) Nel verso della pergamena (in carattere del sec. xiv): « Car-
« tuia certarum terrarum vinealium
« . . . . cannapinarum, positarum in valle Ricie, facta ab illis de San-
« cto Alexio magistro Bartholomeo d[omini] Petri Egidii prò censu
« [centum] florenorum auri».
190 qA. donaci
hec 3. specialiter vocatorum et rogatorum, religiosi et discreti viri
domini frater Stefanus abbas monasterii ecclesie Ss. Bonifatii 4. mar-
tiris et Alexii confexoris de Urbe, quod positum est in Aventino, in
loco qui dicitur [Bl]a[cerna et] conventus eiusdem 5. monasterii,
silicet frater Petrus prior, frater camerarius dicti monasterii,
frater fr[ater] .... 6. frater An-
dreas, frater Nicolaus et frater Johannes canonici dicti monasterii,
omnes insimul et quilibet eorum in solidum
7. . . . nomine et dicti monasterii et [eorum ac dicti monasterii] suc-
cessorum et uno alteri consentiente,
de bona eorum et libera voluntate
8 er
special .... con monasterium prelibatum publice et inre-
vocabiliter locaverunt 9. et titulo locationis dederunt [et] cesserunt
.... a ... t ... in p[er]petu[um] Bartholomeo, olim domini Petri
Egidii IO et[iam] prò se
et prò suis heredibus et successoribus quibus[cun-
que] .... et cui cedere voluerit imperpetuum. Idest [tr]es [ter 11. ras]
[et] tres cannapinas vineales positas in
territorio castri Aricie cum omnibus [suis 12. usi-
bus, utilitati]bus [et pert]inent[ii]s et cum introitibus et exitibus suis,
inte[r] hos fines : aff[ines] cannapine maioris posite in 13
ab uno latere est res seu sunt terre Romane Ecclesie, ab alio latere
[s]eu res ecclesie Sancti Laurentii [extra mu-
ros] ... 14 ab alio est via, que
vadit ad ecclesiam Sancte Marie in Petrero, ab alio est
que dicit a
15 [vel si qui alii sunt verio]res
confines. Affines alterius cannapine hii sunt : ab uno latere sunt terre
seu res ab al[io]
16 , ne ,
filie olim Odivillardi, ab alio sunt terre seu res ecclesie Sancti Lau-
rentii extra muros 1 . . . . 17
. . . is, vel si qui alii sunt veriores confines. Affines alterius canna-
pine vel 18
hii sunt : ab uno latere via que vadit ad ec-
clesiam Sancte Marie in Petrero
19 de
ab alio sunt terre seu res ecclesie Sancti Laurentii extra muros ....
20 dicti
^I{egesto di Sant'Alessio all'Aventino 191
abbas, prior et canonici dicti monasterii tam nomine [eojrum ....
21 ,
[quam nomine dicti] monasterii et prò eo dede-
runt, cesseriint et concesserunt dicto magistro Bartholomeo
22
[omnes actiones] [cerjtas et expres-
sas, generales et speciales, reales et personales, utiles et dir[ectas]
23 [quas in predictis] cannapi-
nis, vinealibus ac rebus locatis habent et in futurum habere possent
contra omnem 24. . . .
in predictis et prò pre-
dictis et eorum occasione, nuUum ius eis et dicto monasterio [re]se[rvan-
tes] 25
denotabitur, ut prò predictis et eorum occasione possit dictus
magister Bartholomeus
[agere] .... 26 [et ea omnia] ....
facere, que ipsi abbas, prior et canonici ac locatores prò ipso monasterio
possent .... 27 [ita ut] .... [dictus] magister Bartholo-
meus succedat, et ipsum in rem eorum dicti monasterii pr[ocuratorem]
28. [constituerunt] [a]d
tenendum, possidendum, vendendum, alienandum et quicquid ei eiusque
heredibus placuerit [faciendum] 29
[abbate,] priore, monasterio et dictis
canonicis inrequisitis et ignorantibus et aliq . . e
30
[sine] commino seu aliqua
pensione. Et per lohannem Syniballi de Albano procuratorem
31
dictum magistrum Bartholomeum de
predictis cannapinis et vinealibus investiri [iusserunt]
32 [donec predictus] magister Bartholomeus de pre-
dictis omnibus possessionem aprehenderit corporalem, et se
[interim prò eo predicta] 33
.... [consti] tueru[nt] [ha] bere et precario recognoverunt.
Ad quam possessionem aprehendendam
34 [predicti abbas, prior et
canonici] dicti monasterii dicto magistro Bartholomeo concesserunt li-
beram fac[ultatem et lic]e[ntiam]
35 m alienationem et
in perpetuum concessionem ; et predicti
36. [abbas, prior et] canonici
dicti monasterii prò se et nomine dicti monasterii omnes insimul et
192 od. oMonaci
quilibet eorum in solidum [liane locatio
37. nem fecejrunt prò pretio et nomine pretii centum florinorum boni
et puri auri ac legitimi ponderis
38 orum, etiam prò
eo quod dictus magister Bartholomeus promisit et convenit dictis ab-
bati [. . priori et canonicis] 39 [predicti]
monasterii recipientibus eorum nomine et dicti monasterii et prò ipso
monasterio dare [et solvere] 40
[omni anno,] nomine pensionis et census Ci) di-
ctarum terrarum, cannapinarum et vinealium, ipsis [abbati, priori et
canonicis] 41. ^ denarios proveniensìum Sena-
tus. Quos florenos predicti abbas, prior et canonici [nomine 42. dicti]
monasterii et prò ipso monasterio recepisse et penes se habere contessi
sunt ac conversos esse [in usu, 43. militate] et proprietate dicti
monasterii. De quibus florenis et predictis omnibus dicti abbas, prior
[et canonici] 44 se nomine eorum et
dicti monasterii bene quietos et pacatos vocaverunt et renunctia[v]erunt
[ex 45. ceptioni] non solutorum, non numeratorum, non electo-
rum, non ponderatorum seu non receptorum et non datorum 46. [di-
ct]or[um fl]or[enorum] et non datarum, locatarum seu non delibera-
tarum terrarum, cannapinarum seu vinealium. Et etiam 47
[renuntiav]erunt et refutaverunt exceptione doli et in factum, ob causam
et 6ine causa et omnibus aliis bene[ficiis 48. legum, per que] ....
vel quibus se possent contra predicta tueri. Promiserunt etiam dicti
abbas, prior et canonici 49. [domini] dictarum rerum, eorum no-
mine et dicti monasterii et prò ipso monasterio, quod diete res locate
et qual 50. [nec] aliqua ex eis nec ius quod in
eis dicti abbas, prior et canonici seu dictum monasterium habu[it,
51. et quod nec in totu]m vel in partem nemini sunt data, concessa,
alienata, nec aliquem contractum 52. [vel quasi contractum cum]
aliqua persona vel loco factus est. Et si aliquo tempore contractum
appareret et 53 [vel] q[ua]si, [quo]cumque
iure et modo, dictus magister Bartholomeus, seu et heredes et succes-
sores [eiusdem] 54 al[iquas] expensas facerent, pro-
miserunt predicti abbas, prior et canonici, eorum nomine et dicti mo-
nasterii, 35. dicto magistro Bartholomeo, recipienti prò se et nomine
suorum heredum et successorum, dare duplum pecu 56. nie seu
pretii supradicti, secundum morem regionis. Si in totum diete res locate
et concesse evicte fue 57. [rint] vel in partem, duplum vere exti-
mationis (b) parti sseu partium evictarum. Quam sic esse in Urbe con
(a) D ccnsui (b) D extitionis
^I{egesto di Sant'Alessio alV Aventino 195
58. [suetudinem] confexi sunt et ex certa conscientia asseruerunt. Et
etiam danipna omnia et expensas, quas dictus magister 59. Bar-
tholomeus et eius successores solo sacramento ipsius magistri Bartho-
lomei se dixerit incurrisse seu fecisse, omnibus aliis 60. [rajtionibus
eraditis, quibus ipsi abbas, prior et canonici tam prò se quam nomine
dicti monasterii et eorum sue 61. [cessorijbus expresse renunctia-
verunt, confìtentes et asserentes ipsi abbas, prior et canonici locatores
62. [dictarum terrarum] ipsam consuetudinem approbatam esse et fore
in Urbe duplum reddi prò evictione et solvi debere. 63. [Pro]
quibus omnibus et singulis observandis et plenarie adimplendis dicti
abbas et prior ac canonici 64. [dicti] monasterii, eorum et dicti
monasterii nomine, obligaverunt et pignori posuerunt dicto magistro
Bartholomeo 65. [omnia] bona eorum et dicti monasterii, mobilia
et inmobilia, presentia et futura, iura et actiones, et ipsa 66. bona
nomine dicti magistri Bartholomei et prò eo se constituerunt possidere
et precario recognoverunt, Que 67. bona liceat eidem magistro
Bartholomeo sua auctoritate propria, sine alicuius curie proclamatione
et sui iuris 68. lesione, eorum mandato, nunc inrevocabiliter facto,
capere, apprehendere, intrare, tenere, uti, frui, possidere, et ea seu et (0
eis, sine subastatione et arbitrio alicuius boni viri, vendere et alienare,
et omnem quan 69. titatem pecunie recipere et habere, donec de
evictione, dampnis et expensis eidem magistro Bartholomeo 70. in-
tegre et plenarie de predictis omnibus fuerit satisfactum ad suum be-
neplacitum et mandatum. Renunc 7i.tiantibus in predictis omnibus
et singulis dicti abbas, prior et canonici, eorum nomine et dicti mo-
nasterii, 72. omni iuri et legum auxilìo, tam canonici quam civilis,
consuetudini, privilegio seu statuto facto vel 73. faciendo, que pre-
dicti abbas, prior et canonici quoquo modo se iuvare possent, in predi-
ctis et quolibet 74. predictorum, et etiam capitulo, constitutionibus
Urbis, quod loquitur de revocatione contractus quod, probata 75. pu-
blica fama, de simulatione probari posset, asserentes ipsum contractum
vere et veraciter et ad valere 76. factum esse, et etiam capitulo
constitutionibus Urbis, quod loquitur de penis conventionalibus non
77. exigendis. Quam locationem, dationem et concessionem et omnia
ac singula, que dieta sunt, 78. dicti abbas, prior et canonici dicti
monasterii, tam eorum nomine quam dicti monasterii et eorum 79. ac
dicti monasterii successoribus, perpetuo promiserunt dicto magistro
Bartholomeo, recipi 80. enti prò se et suis heredibus ac successo-
ribus, imperpetuum ratam et fìrmam habere ac te 81. nereC^) et
observare et non contra venire, sed iure gratis defendere ab omni
(a) /. ex (b) D tendere
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 13
194 ^- donaci
persona et loco, sub 82. obligatione bonorum dicti monasterii,
et pena diete pecunie duple. Qua pena soluta vel non, 8^ omnia
que in hoc instrumento continentur nichilominus in sua firmitate per-
durent. Actum 84. ante dictum monasterium Sanctorum Bonifatii
et Alexìi, presentibus magistro Petro Medico 85. de Urbe, Luccese
de Lucca, portarario dicti monasterii, Bellomo lohannis Guicgolini,
86. Ventura dompne Massarie et Imbrondago de Cisterna.
Et ego Nicolaus Petrucìi de Vico, sancte Romane Ecclesìe scriniarius,
rogatus hiis interfui, me subscripsi et mei nominis signum feci (i).
LXVIL
1288, maggio 24.
Il convento dei frati Minori di S. Francesco di Viterbo
vende, mediante due procuratori, al monastero di S. Alessio
di Roma un orto adiacente a Viterbo, nella contrada « porte
(( Capitis Plagie », per la somma di 200 lire di denari
« papareni » (papalini). Pena il doppio. « Actum Viterbii in
« scolis ecclesiae Sancti Francisci de Viterbio. Vitus Bar-
(( tholomei, auctoritate alme Urbis praefecti, index ordina-
« rius atque notarius ». Vi si fa menzione di 100 fiorini
d'oro ricevuti dall'abbate di S. Alessio da maestro Barto-
lomeo, medico, di Roma, per un fondo posto nella valle
dell'Aricela. (Cf. il documento precedente).
In Nerini, op. cit. pp. 467-9, App. n. xlvi ; Arch. di Stato, perg. n. 23, col S. T.
al principio del documento.
Collazione: N p. 46S, r, 11, dopo denariorum paparenorum si potila un etc. N p. 46^,
r. 2 terre et vignalis positi D t. et v. positorum A'' p. 469, r. 8 Arzone D Arpone N p. 469,
r. quart' ultimo testibus ad hoc D t. a. hec
LXVIII.
1288, maggio 24.
Matarozzo di Giovanni « cansor», cittadino viterbese,
procuratore di frate Simone da Proceno, custode dei frati
Minori di Viterbo, mette in possesso Stefano, abbate di
(i) Monogramma unito al segno del tabellionato.
Regesto di Sant'Alessio all' Averi tino 195
5. Alessio, di un orto nelle appartenenze di Viterbo, nella
contrada « porte ad Capud Laplagie «. (Cf. il doc. pre-
cedente).
Archivio di Stato, perg. n. 24, molto bene conservata ; Reg. di S. Alessio, t, 2°.
I. [S. T.] In nomine Domini amen. Anno eiusdem nativitatis mil-
lesimo ducentesimo octuagesimo octavo, tempore domini Nicolai pape
quarti, mense maii, die vigesimaquarta, indictionis 2. prime. In pre-
sentia mei notarii et testium subscriptorum Matharotius lohannis cansor,
civis Viterbiensis, procurator, yconomus, 3. actor, administrator et
syndicus generalis nominatus et ordinatus a fratre Symone de Proceno
ordinis fratrum Minorum, custode 4. locorum et fratrum Minorum
custodie Viterbiensis, nomine et vice Sancti Francisci, de Viterbio et
ipsius conventus, sicut patet publico 5. instrumento scripto manu
magistri Henrici lann. Gauce notarii, procuratorio nomine ipsorum
custodis, fratrum et conventus eorum Viterbiensis, vendit, assignavit
6. et tradidit dompno fratri Stefano abbati monasterii Sancti Alexii de
Urbe, nomine ipsius monasterii recipienti, tenutam et corporalem pos-
sessionem eiusdem 7. orti positi in pertinentiis civitatis Viterbiensis
in contrata porte ad Capud Laplagie, iuxta (0 rem Mathei Stefani,
mediante 8. fossatello communi, iuxta viam publicam, iuxta rem
heredis Grorii Scambii Grorii, rem olim domini lacobi Guidonis et
alios suos confines, 9. capiendo eumdem dominum . .abbatem per
manum dextram, et eundem, nomine monasterii Sancti Alexii de Urbe,
in possessionem dicti orti induxit, atque immisit, io. et dedit ei
de crebis et erbis dicti orti in singnum vere posessionis. Qui .domi-
nus .. abbas, nomine monasterii antedicti, possessionem dicti 11. orti
adeptus est, dicens se velie eum a modo nomine dicti monasterii animo
et corpore possidere. Quem ortum ipse Matha 12. rotius una cum
Paulo lohannis Pauli comprocuratore suo vendidit eidem domino abbati,
sicut patet publico instrumento W scripto manu mei 13. Viti no-
tarii infrascripti. 14. Actum est hoc in orto supradicto. Presentibus
Matheo Stephani, Leonardo lohannis Grassi, Andrea Roberti, Laurentio
Bonapressi, testibus 15. ad hec vocatis et rogatis.
Et ego Vitus Bartholomei, auctoritate alme Urbis prefecti iudex ordi-
narius atque notarius, supradictis omnibus interfui et omnia supraoicta,
ut legitur, rogatus scripsi et publicavi.
(a) D iuxta iuxta (b) D imstrumento
19^ C^. donaci
LXIX.
1288, novembre 23.
Maestro Francesco notaro, del fu Pietro Guarnolfo^
vende al monastero di S. Alessio un orto nelle pertinenze
di Viterbo, nella contrada « Graham », per la somma di
305 lire di denari « papareni » (papalini) minuti. Pena il
doppio. Nella sanzione penale leggesi : « Et nichilominus se
« submisit voluntarie capitulo seu capitulis statuti communis
« Viterbii, quod possit personaliter capi et detineri ad peti-
« tionem dicti emptoris ». « Acta sunt hec Viterbii in domo
« dicti domini abbatis et monasterii Sancti Alexii. Petrus
« olim Rasmi imperiali auctoritate notarius publicus » . Pre-
cede il segno del tabellionato. (Vedi il doc. seguente).
In Nerini, op. cit. pp. 469-71, App. n. xlvu; Arch, di Stato, perg. n. 25; Reg. di
5. Alessio, t. 2°, col testo molto più completo che nel Nerini.
Collazione: N p, 4J0, rr, 11-2 Grazani D Graganì N r . ij denariorum paparenorum
minutorum D denariorum paparenorum minutorum. Quod quidem pretium ecc. N r. j dal
fine lacobo Zamarulis D I. Qamarulis N p. 471, rr. 12 e ij Ioannis Zii D I. Qii N r, penul-
timo ut superius legitur D u. supra 1.
LXX.
1288, novembre 23,
Maestro Francesco, del fu Pietro Guarnolfo, mette in
possesso l'abbate di S. Alessio dell'orto nella contrada di
« Gracano » (cf. il doc. precedente), « capiens eum per
« manum dextram et eundem mittens in ortum predictum
« Qui dominus . . abbas dictum ortum intravit ca~
« piendo possessionem vacuam dicti orti, et eundo, stando,
« sedendo in ipso orto et per ipsum ortum et expellendo
« dictum venditorem de possessione dicti orti vo-
ce lendo dictum ortum animo et corpore possidere ».
« Actum in predicto orto. [S. T.]. Petrus olim Rasmi im-
<( periali auctoritate notarius publicus » .
Arch. di Stato, perg. n. 26, doc. i"; Reg, di S. Alessio, t. 2".
^T{egesto di San f Alessio all' Aventino 197
LXXI.
1291, maggio 19 -giugno 7.
1°) 1291, maggio 19.
Enrico, del fu Burgundione, vende al monastero un orto
nelle pertinenze di Viterbo, nella contrada di « Valle Pet-
(( tinaie», vicino al fondo del monastero, per la somma di
170 lire di denari « papareni » minuti. «In cuius quidem
(( orti pretio, emptione ^^^ et pagamento idem dominus abbas
<( dixit, asseruit fore conversos, datos et pagatos .xliiii. flo-
« renos de auro, quos idem abbas dixit se habuisse et re-
« cepisse a domino lacobo Thomasso et Branca de Sara-
« cenis, prò affrancatione unius territorii, quod vocatur
« Meroli, iuxta suos confines : de quo territorio reddebant
« annuatim in festo sancti Alexii .x. libras cere ». « Actum
« est hoc Viterbii in capitulo ecclesiae S. Francisco Johannes
« Petri Egidie, auctoritate alme Urbis prefecti, notarius ».
In Nerini, op. cit. pp, 473-4, App. n. xlix; Arch. di Stato, perg. n. 26 (2), col S. T.
al principio del doc. ; Reg. di S. Alessio, t. 2", col testo più completo che nel Nerini.
Collazione: N p. 4JJ, rr. 2-j mense maii die xix intrante Dm. M. d. xix intrantis
2°) 1291, maggio 19.
L'abbate del monastero costituisce suo procuratore Mat-
tarozio di Giovanni, « cansorem », perchè ottenga da Latina,
madre, e Tedora, moglie di Enrico suddetto, il consenso
alla vendita dell' orto in « Valle Pettinale » . « Actum Vi-
« terbii in capitulo ecclesie S. Francisci » . Precede il doc.
il segno del tabellionato di Giovanni di Pietro Egidie.
Arch. di Stato, perg. n. 26 (3); Reg. di S, Alessio, t. 2**.
3°) 1291, maggio 19.
Le suddette Latina e Tedora, ad istanza di Mattarozio
di Giovanni, procuratore del monastero, ratificano la ven-
dita dell'orto in «Valle Pettinale». «Actum Viterbii in
« domo predicti Henrici. Johannes Petri Egidie, auctoritate
(a) D e N p. 4J4, r. 7 cmptio R emptione
198 qA, oMonaci
« alme Urbis prefecti, notarius » . (Sottoscrizione che vale
anche per l'atto che immediatamente precede nella stessa
pagina della pergamena).
Arch. di Stato, perg. n. 26 (4) ; Reg, di S. Alessio, t. 2".
4°) 1291, maggio 26.
Enrico, del fu Burgundione, costituisce suo procuratore
frate Pietro, priore del monastero di S. Alessio, per met-
tere in possesso l'abbate Stefano dell'orto suddetto in « Valle
« Pettinale ». « Actum est hoc Viterbii in domo monasterii
(( S. Alexii. Johannes Petri Egidie, auctoritate alme Urbis
«prefecti, notarius».
Arch, di Stato, perg. n. 26 (5), col S. T. al principio del doc. ; Reg. di S, Ales-
sio t. 2°.
50) 1291, giugno 7.
Frate Pietro, procuratore del suddetto Enrico venditore,
mette in possesso l'abbate dell' orto predetto nella « Valle
« Pettinale ». « Actum est hoc in ortu predicto. Johannes
«Petri Egidie, auctoritate alme Urbis prefecti, notarius».
Arch. di Stato, perg. n. 26 (6), col S. T. al principio del doc; Reg. di S. Ales-
sio, t. 2°. La pergamena dell'Arch. di Stato ha la forma d'un codice, e contiene, cuciti
nsieme, sei documenti concernenti i beni del monastero nel Viterbese. Il primo doc. l'ho
registrato al numero lxx.
LXXII.
1289, novembre 26.
Il monastero concede a Marino di Nicolò, del castello
di Marino, una pezza di terra nel territorio del castello di
Marino, perchè sia lavorata, e siano seminati i maggesi,
ricevendo ogni anno per canone 13 fiorini d'oro e mezzo
e la quarta parte delle biade. Pena il doppio. « Ego [M.]
« Leonardus [M.] lacobi Rubei sancte Romane Ecclesie no-
« tarius » .
In Nerini, op. cit. pp. 472-3, App. n. xlviii. ; Arch. di Stato, perg. n. 27.
Collazione : N p, 472, r. 2 tempore Nicolai . . . D t. N. quar[ti] N r. 4 a.à hec voca-
tis Da. h. V. et rogatis N r. 7 prò d Monasterio D p. dicto M., N r. ^
Marino Nicolay de castro Marini D M. N e de e. M. N p. 47^, r. j
quatuor florenos auri ; . . D q. f. a. et dimidium.
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino 199
LXXIII.
1296, maggio II.
Frate Giorgio da Bolsena, guardiano della chiesa di
S. Maria di Araceli, e frate Nicolò a De Felicibus », Ago-
stiniano, esecutori testamentari di Boniza, del fu « Tidiliardi
« Gregorii, lohannis Gregorii » , del rione di Ripa, vendono
a Pandolfo « de Sabello » una pezza di terra nel luogo
(( diari )) , territorio di Albano, per la somma di 70 lire
di provisini. Pena il doppio. ((Ego[M.] Leonardus [M.]
« lacobi Rubei, sancte Romane Ecclesie index et notarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 474-6 , App. n. l; Arch. di Stato, perg. n. 28 (doc. 1°), ta-
gliuzzata e danneggiata in modo, che in parecchi punti è illeggibile; Reg. di S, Alessio,
t. 2", col testo più completo che nel Nerini.
Collazione : N p. 47/, r. j . . . . rii D notarii N rr. 4-j vocatorum Z) v. et
rogatorum N r. S Bonize D Bonicfe N r, 8 Tiviliardi D Tidiliardi A^ r. io bona D e R
bona sua N p. 476 r. 8 a primo latere D a primo
LXXIV.
1296, giugno 13.
Pandolfo « de Sabello » dona, « inter vivos », al mona-
stero dei Ss. Bonifazio ed Alessio, per dotare la cappella
di S. Giacomo, costrutta dai Savelli nel monastero suddetto,
una pezza di terra da seminare, nel fondo Oliari (cf. il
doc. precedente) con tutte le sue appartenenze. Pena una libbra
d'oro. « Ego [M.] Leonardus [M.] lacobi Rubei, sancte Ro-
« mane Ecclesie index et notarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 476-7, App. n. i.i ; Arch. di Stato, perg. n. 28 (doc. 2<*); Reg,
di Sant'Alessio, t. 2", col testo più completo che nel Nerini.
Collazione: A^ p. 4j6, r. 5 lunii ..... madecima D mens^is] lunii [|die
tertliadijcima N p. 4yj, r, ij Bonize D Bonicfe N r. 17 cum cisterna in se D e. e. infra
se N r. 2) ab alio heredes Alexii Leni et ... . castri Sabelli D a. a. h. A. L. e. Curia
Castri Sabelli N r. 26. lacobus Za ... D I. gaLm]ar[u]Iis
LXXV.
1°) 1297, giugno IO.
L'abbate Andrea e il convento dei Ss. Andrea e Gre-
gorio al clivo di Scauro costituiscono loro procuratore frate
200 qA. donaci
Antolino, priore del detto monastero, per la permuta col
monastero di S. Alessio di alcuni fondi al Testacelo e
nel territorio di Albano. Tra i beni permutati dal mo-
nastero di S. Alessio v' è il seguente : « Item et terram can-
ee neti quam tenet Paulus Stephani Ponciani, de qua dare
« debet omni anno in festo sancti Alexii .xii. provisinos prò
«pensione». Nell'atto seguente, num. 2, il contenuto di
questo passo è solo brevemente accennato. « Actum in clau-
<( stro dicti monasteri!. Ego lacobus [M.] Leonardi lacobi
« Rubei, imperiali auctoritate notarius ».
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 29, doc. i**; Reg. di Sant' Alessio, t. 2".
2°) 1297, giugno IO.
Si rende di pubblica ragione dal notaro la permuta fra
il mon. di S. Alessio e i monaci di S. Gregorio al clivo
di Scauro di tre pezze e mezzo di vigne al Testacelo, del
monastero di S. Alessio ricco di vigneti, ma mancante di
terra seminativa, con un fondo da seminare « in Olgiarii »,
nel territorio di Albano, di proprietà del monastero di
S. Gregorio. Pena looo fiorini d'oro. « Ego lacobus [M.]
(( Leonardi lacobi Rubei, inperiali auctoritate notarius ».
(Tra i testi v' è « Petrus Gusmati marmorarius de regione
«Violate»).
In Merini, op. cit. pp. 478-81, App. n. lii ; Arch. di Stato, perg. n. 29, doc. 2°;
Reg. di S. Alessio, u 2**, col testo molto abbreviato.
Collazione : N p. 478, r. j , , Inter pia et venerabilia loca aguntur D ea que i. p. e. v,
1. a. iV r. 7 . . . , posset eo ...... dep D de levi posset corum memoriam deponere
N rr. 4-j dal fine in territorio Albanensi in loco, qui dicitur Carrabella D i. t. A. i, I. q. d.
Cactabella N p. 47^, r. 6 Bonize D Bonife N rr. S-j Tiviliardi D Trivilgiardi N p. 479,
rr. 14-; Henricus Zavactarius D H. Qàvactarius N r. ultimo Calzolarius D calsolarius N
p. 480, rr. 4-/ Paulus Stephani Ponziani D P. S. Pongiani N p. 481, r. ; dal fine del doc»
Nicolaus .... de regione Columpne D Nicolaus Macthei d. r. C.
A. Monaci.
(Continua).
VARIETÀ
DUE LETTERE INEDITE
DI BERNARDINO OCHINO.
I documenti che pubblico qui appresso, furono da me
ritrovati in copia sincrona o di poco posteriore nell'archi-
vio Vaticano e provengono dalla sezione di Castel S. An-
gelo (i). La biografia del celebre eretico senese Bernardino
Tommasini, detto Ochino dalla contrada dell'Oca o v'era nato
nel 1487, non ne riceve un contributo veramente nuovo;
pure, due lettere di un uomo che a' suoi tempi ebbe molto
grido ed oggi ancora occupa un posto importante nella storia
dei novatori italiani, presentano sempre interesse speciale
per gli eruditi. Interesse tanto maggiore quanto è più solenne
il momento in cui l'Ochino le scrisse; quello in cui, abban-
donato il cattolicismo, che aveva professato, più o meno
convinto, per undici lustri ; l'ordine dei Cappuccini, che lo
aveva avuto a capo; l'Italia, che per la bocca di Paolo
Bembo e di Pietro Aretino lo aveva salutato predicatore
insigne, mangiava il pane dell'esilio a Ginevra. Questa
città era la prima tappa di una peregrinazione travagliata;
r ultima fu a Schlackau, nella Moravia, dove l'ex-frate mori,
correndo il 1564 (2).
(i) Principi, voli. 12°, ce. 417A-418A, e 13°, ce. 121B-122B.
Nel foglio di guardia di questi volumi ò scritto Di Castello. Che questi
documenti siano inediti mi risulta anche da informazioni favoritemi
cortesemente dal ch.mo Dittrich.
(2) Intorno aH'Och'no, v. Benrath, B. O. voti Siena. Ein Beitrag
202 T. T^iccolomini
Le missive in parola sarebbero dirette, secondo chi le
ha trascritte, rispettivamente al cardinale Alessandro Farnese
ed alla Signoria di Venezia; ma non mi pare che sia da
credere in alcun modo alla testimonianza del copista. Ri-
guardo alla prima lettera, non posso ammettere nel diser-
tore, sicuro ormai da ogni pericolo, sentimenti di venera-
zione e di fiducia verso il nipote di Paolo III, da lui ritenuto
ostile alla propria causa (i); molto meno poi sentimenti così
caldi come li manifesta. Il vero destinatario, a mio vedere,
si ha da cercare con ogni probabilità nel cardinale Regi-
naldo Pole, partigiano sincero di una riforma religiosa, sia
pure neir orbita e per opera del cattolicismo ; 1' opinione
del quale sulla sua fuga sappiamo che Bernardino deside-
rava conoscere (2).
Circostanze di valore analogo mi conducono parimente
ad escludere che l'Ochino si rivolgesse con la seconda let-
tera alla Signoria di Venezia. Senza dubbio, il documento
contiene il saluto ed il consiglio supremo dell'esule alla
città dove si era formata gran parte della sua bella riputa-
zione come oratore sacro; ma ch'ai scegliesse ad interprete
ed esecutore del proprio pensiero il governo di S. Marco e
s'immaginasse di sperar protezione da quel governo, che
poco più di un anno prima, per le istanze del nunzio pon-
tificio, Fabio Mignanelli, aveva fatto arrestare Giulio da Mi-
:(Mr Geschichte der Reformation, Braunschweig, 1 892 ; Ochino Berti., ar-
ticolo in Reaìencyklopàdie fùr protestantische TheoJogie una Kirche, XIV
(Leipzig, 1904), pp. 256-260. Il Benrath ha pubblicato o riprodotto
le lettere finora conosciute del suo eroe nella monografia citata e
nella Rivista Cristiana (anno 1900, pp. 44-47: Lettere sconosciute di
B. Ochino).
(i) Il 22 agosto 1542 l'Ochino comunicava a Vittoria Colonna :
Io so che « el Farnese dice che so' chiamato perchè ho predicato he-
« resie et cosa scandalosa » (Benrath, monografia cit. p. 287).
(2) Ib. p. 288. Si avverta che il volume d'onde ho estratto la
lettera in questione, contiene, coni' è scritto sul dorso, « diverse lettere
« del Polo et altri cardinali et ministri » .
I
Varietà 203
lano, predicatore sospetto di eresia (i), non mi sembra plau-
sibile. L'opinione mia è che Bernardino dirigesse il suo
testamento spirituale a qualcuno dei molti ammiratori tro-
vati a Venezia, nel quale propendo a riconoscere non un
sacerdote, ma piuttosto un laico, cittadino autorevole e cri-
stiano fervente. Però non è facile neppur congetturare chi
fosse costui (2) ; forse Luigi Friuli, di cui sono ben cono-
sciute le strette relazioni con gli antesignani del partito
riformatore, i cardinali Fole, già menzionato, e Gasparo
Contarini (3).
Le asserzioni di fatto e la confessione di principi e di
speranze contenute nelle epistole che l'Ochino inviò per
congedarsi, per esortare, per giustificarsi, per contraddire
alla città natale, agli amici, Matteo Giberti e Vittoria Co-
lonna, all' antagonista, Girolamo Muzio (4), sono riaifermate
ne' miei documenti. Così l'odio per la Curia romana, iden-
tificata dal ribelle coli' Anticristo (5); la confidenza in Gesù
quale unico mediatore tra Dio e l'uomo, unico espiatore
delle colpe terrene (6) ; il presentimento, finto o sincero,
che la propaganda evangelica, o da lui ritenuta per tale,
(i) Benrath, op. cit. pp. 92-93. L'Ochino prese le parti del mi-
lanese, compromettendosi ancor più agli occhi della corte di Roma,
alla quale era già stato denunziato.
(2) Il Benrath (op. cit. pp. 15-20) discorre della predicazione
deirOchino a Venezia e dell'ammirazione che vi trovò, ma senza dar
particolari.
(3) DiTTRiCH, Gasparo Contarmi. 148^-1^42. Etne Monographie.
Braunsberg, 1885, pp. 210, 215.
(4) V. in Benrath, op. cit., le lettere di Bernardino al Giberti
(da Morbegno, 31 agosto 1542; p. 283), alla Colonna (da Firenze,
22 agosto 1542; pp. 287-288), al Muzio (da Ginevra, 7 aprile 1543;
pp. 289-294) ed alla Balia di Siena (i novembre 1543; pp. 294-302).
V. anche la prefazione alle Prediche, stampate dall'Ochino in Ginevra,
colla data io ottobre 1542 (p. 288).
(5) Cf. lettere al Muzio ed alla Balia, passim.
(6) Cf. lett. cit., ove V argomento è assai più sviluppato (Ben-
rath, op. cit. pp. 293, 295-300).
204 y* l^iccolomini
avrebbe trionfato (i). Così l'agitarsi dell' anima inquieta
di fronte al bivio cui la ponevano i nemici, intenti a get-
tare olio sul fuoco : rinnegar Cristo o morire (2) ; la fuga
risoluta da Bernardino sull'esempio di Cristo e degli apo-
stoli, poiché di andare a morte non si sentiva inspirato, né
allontanarsi gli pareva viltà, certo com'era, o si diceva, che
Dio lo avrebbe raggiunto dovunque, se avesse voluto il suo
martirio (3); i consigli degli amici (4); il colloquio col
Contarini, vicino a finire la nobile esistenza (5). Quindi
non mi balena l'ombra del dubbio intorno all'autenticità
di queste lettere.
È degno di nota, e trova esso pure il suo riscontro,
l'appello caldissimo a Venezia perchè si schieri dal lato dei
credenti nel nuovo verbo (6). Vane speranze. L' Ochino
doveva vedere Venezia, la sua Venezia sacrificare Pompo-
nio Algeri all'ira Gnatica di Paolo IV (7).
Roma. Paolo Piccolomini.
1.(8)
Re\'erendissimo et illustrissimo. Penso che vi sarà cosa nuova et
di non poca ammiratione eh' io sia qui, et nel modo che (9) inten-
(i) Cf. lettera alla Balia (Benrath, op. cit. pp. 299-300).
(2) Cf. lett. al Giberti, alla Colonna (p. 287), e prefazione alle
Prediche.
(3) Cf. locc. citt. e lett. al Muzio (pp. 291-292).
(4) Cf. lettere alla Colonna ed al Muzio (p. 291).
(5) Cf. lettera al Giberti.
(6) Cf. lett. alla Balia, pp. 301- J02.
(7) V. in proposito De Blasiis, Processo e supplizio di Pomponio
de Algerio, nolano (Archivio storico per le Provincie napoletane, XIII,
569 sgg.).
(8) In testa al documento è scritto, dalla medesima mano e col
medesimo inchiostro: «Copia di lettera di fra Bernardino da Siena
«^all {sic) reverendissimo et illustrissimo signor cardinale Farnese»;
in margine: a Genoa, 42 j .xi. d'8bre».
(9) Il ms. aggiunge «vederete», ma questa parola è espunta.
Varietà 205
derete dal presente latore. Et questo è perchè ero condotto a tale che
mi bisognava morire, o era pericolo assai manifesto, con non poter
predicare più et senza colpa mia. Dico così arditamente perchè si può
sapere che dottrina ho predicata: palam locutus sum mundo.
L'invidie et emulationi sono state grandi, et è stato porto orecchie a
chi ha straparlato, et l'hanno governati come gli è piacciuto; talché
dai miei più intimi amici sono stato consigliato così, immo posso dire
sforzato, che, quanto a me, sarei in ogni modo andato (i). Et da
Verona per andare partendomi, mi condussi a Firenze (2), et parlai
a lungo con monsignor reverendissimo Contarino che già era princi-
piata la sua infermità (3). Christo anche più volte fuggì et si ascose,
et Paolo et degli altri santi; et andare voluntariamente alla morte è
un tentar Dio, il quale, quando vorrà, mi troverà per tutto. Questo è
il premio di quelli che predicano Christo. Ma sappia vostra signoria
reverendissima che io ho solo a render ragione a Dio d' haver havuti
troppi rispetti humani; però forse Christo mi ha condutto qui acciò
possi, se non predicare con la viva voce, almanco scrivere libera-
mente, il che penso di fare et già ho incominciato a dar principio (4),
Il vostro (5) a bocca potrà riferirvi più a pieno. Io non ho altro che
dire se non che la signoria vostra reverendissima può sapere che può
di me disporre come di cosa sua; et me '1 creda o ne facci espe-
rienza, et si degni di pregar Dio per me, che mi perservi et augu-
menti nella sua divina gratia. Di Genevra, agli 2 di ottobre 1542 (6).
11.(7)
Moisè, a tempo nutrito sotto l'ombra della figliola di Pharaone
in ama-^care l'egytio monstre, che in verità non li era figlio, sì come
(1) La fuga fu suggerita all' Ochino particolarmente da Pietro
Martire Vermigli (Benrath, op. cit. p. 103).
(2) Corretto, a quanto pare, su « Firenza « .
(3) Nella lettera al Giberti il card. Contarini è chiamato aperta-
mente in causa da Bernardino : « Mons. rmo Contarini non mi disse
« che non andassi ma me ne die cenno. Questo dico perchè è morto
« e queste parole non gli possono pregiudicare » (Benrath, op. cit.
p. 283). Sul loro colloquio, avvenuto in Bologna, dove il Contarini
era legato, cf. Benrath e Dittrich, opp. citt. pp. 99-101, 849 sgg.
(4) Allude certamente alle Prediche, di cui più addietro.
(5) Probabilmente il latore della lettera.
(6) Manca la firma.
(7) Anche in testa a questo documento si legge, scritto dalla me-
2o6 T, l^iccolomini
Paulo scrisse a li Hebrei, al .11. (i), fugi di poi et ne forno causa li
falsi suoi fratelli. Del che ben che molti se ne admirasseno et mor-
morasseno, nientedimeno fu per voluntà di Dio, et Paulo nel sopra-
detto loco el prova perchè elesse più presto esser afflitto col populo
di Dio che fruir a tempo il peccato, et hebbe per magior richezza
r imperio (2) di Christo che li tesori de li Egytii. Dirò similmente di
me che non harrei possuto scientemente e voluntariamente eleger tante
calumine con tante mie (3) mortificationi appresso il mondo se Dio
non mi havessi mosso et governato lui. È ben vero che senza dargliene
occasione, sì come possono testificar quelli che mi hanno udito, se già
non si chiamano offesi perchè dicano che eravamo salvi per Christo;
mi condusseno in tal necessità, lassando stare l'haverme già publi-
cato per heretìco, ma in citarmi et nel modo che teneno (4), che bi-
sognava andar o fugir; et andando era forsa o negarlo con Pietro,
o tradirlo con luda, o esser sepolto (5) con la sinagoga. Honoratamente
morir con Christo mi sarrebbe per sua gratia stato dolce, ma non era
venuta anchora l'hora mia; harrei tentato Dio. Paulo fugi il tribunal
di sommi sacerdoti et appellò a quello di Cesare; hor pensi vostra
signoria come sarrebbe andato al tribunal di Antechristo, potendo fu-
gire; il che ferno li apostoli più volte, immo et Christo. È ben vero
che volentieri harrei eletto la mia Venetia per refugio, né mi sarria
diffidato del vostro giusto et honesto favore ; ma volsi patir più presto
io solo che dare occasione di far patire ad altri. Con l'amor non mi
son allontanato, et Dio sa quanto desidero veder che Christo regni
nella mia Venetia, et che sia libera da ogni diabolico giogo, et maxime
da quello che sotto spetie di bene la tiene più oppressa, et vi exorto
ad essere in verità amici di Christo et a volere intender il puro evan-
gelio, et non perseguitar ma favorir quelli che vi predicano la parola
di Dio. La qual è sì chiara che per sua defensione non ha bisogno di
carcere né di foco, immo è sì potente che, come Paulo scrisse, getta
per terra tutte le forze del mondo, la falza dottrina di Maumet e quella
de Antechristo, perchè non possono per sé sussistere; però hanno bi-
sogno di esser difesi con l'arme. Accettiamo adunque Christo per no-
desima mano e col medesimo inchiostro del rimanente : « Copia de la
«lettera di fra Dino a la illustrissima Signoria^).
(i) Così il ms. per 11^. Cf. infatti san Paolo, Ad Hebraeos, XJ,
24-26, che è il luogo cui fa allusione l'O.
(2) Corretto su altra parola inintelligibile.
(3) Ms. « mei ».
(4) Così il ms.
(5) Ms. « sepolta ».
Varietà 207
stro signore, imperochè, se bene stituiscìe un regno di gratia, non però
ruina le republiche, immo non è cosa alcuna che tanto le magnifiche
et stabilischa si come l'evangelio: non eripit mortalia qui regna
dat celestia.'Già Christo ha incominciato penetrare in Italia; ma
vorrei che v' intrasse glorioso, a la scoperta, e credo che Venetia sarà
la porta, e felice a te se la accettarai, e guai a quelli che con Erode
per human timore il perseguitaranno. Già è venuto il tempo del regno
di Christo, già diversi (i) parti del mondo incomincia a regnare et
la gran Babilonia ha a cadere (2), sì come è scritto ne la Apocalypse;
l'opre di Dio non posson dissolvere, sì come Gamalia (3) il disse.
Però accettianlo con festa, il che prego il Signore conceda a tutti,
massime a la mia Venetia. Di Genova (4), alli .vii. di dicembro 1542.
Bernardinus Senensis.
IL LEOPARDO E L'AGNELLO
DI CASA FRANGIPANE
Nessuna famiglia nella storia medievale di Roma pre-
senta, come quella dei Frangipane, cosi mirabile varietà di
figure a volta tragiche e crudeli, a volta soavi e gentili.
Accanto a Cencio Frangipane che irrompe nel conclave
adunato nel monastero della Pallara, ed atterra e calpesta il
vecchio Giovanni Coniulo di Gaeta, si presenta alla memoria
Odone Frangipane che la leggenda ci dipinge pellegrino
alla voha di Ariano ove, durante una pestilenza, compie mi-
racoli di carità. Accanto ad Altruda, contessa di Bertinoro,
che virilmente combatte contro l'esercito di Cristiano di
Magonza, si profila la figura soave di lacoba Frangipane,
l'amica gentile di san Francesco, che egli soleva chiamare
« frater lacoba », che, sola donna insieme con santa Chiara,
potè gloriarsi d'aver bevuto la divina dolcezza dello sguardo
del Poverello d'Assisi.
(i) Così il ms.
(2) Ms. « accadere ».
(3) Così il ms. per « Gamaliele » (v. Atti cìei^U Apostoli, V, 34-39).
(4) Così il ms. erroneamente per Ginevra.
2o8 T. Jedele
A Cencio ed a lacoba Frangipane si riferiscono due do-
cumenti che qui pubblico.
h noto come fosse costume di sovrani e di fiimiglie
nobili nel medio evo di custodire talvolta delle bestie feroci.
Che questo costume fosse seguito nell'alta Italia, ne assi-
cura, fra gli altri, Fra Salimbene: a Lucerà Federico II
aveva un vero serraglio; a Napoli, nei giardini di Castel-
nuovo, Roberto d'Angiò custodiva dei leoni (i); a Roma
Cencio Frangipane aveva in casa un leopardo. Le case e
le torri dei Frangipane si ergevano sulla somma Sacra Via,
estendendosi da una parte al tempio di Venere e Roma, dal-
l'altra fin sull'alto del Palatino (2). Erano casa e fortezza
insieme, intorno alle quali più volte si combattè aspramente.
E non era per imprimere un sentimento della propria altera
e feroce potenza che Cencio Frangipane faceva quivi custo-
dire, forse con altre belve, un leopardo? O più probabilmente
era questo un animale ammaestrato alla caccia, come spesso
usò nel medio evo? Ora accadde che un giorno la fiera
dalla gaietta pelle si avventò contro una delle donne che
erano in casa Frangipane ed, addentatala per il collo, la
strangolò. Nel documento che ricorda il fatto, della povera
donna non si fa neppure il nome: è semplicemente una
« quaedam dompna que fuit in domo Cinthii Fraiapane que
« mortua fuit sive strangulata a lupardo » (3). Sembra tut-
tavia che nella casa di Cencio la tragica fine dell'innomi-
nata suscitasse qualche rammarico, poiché essa fu onore-
volmente seppellita in una cassa marmorea a cannelli, forse
(i) Cf. G. De Blasiis, Le case dei principi Angioini in Arch. stor.
per le prov. Nap. XII, 300.
(2) Cf. P. Fedele, Una chiesa del Palatino in questo Archivio,
XXVI, 344.
(3) Potrebbe, a dire il vero, anche credersi che « lupardus » sia
nome di uomo : però nelle più centinaia di documenti romani da me
veduti, non mi accadde di trovare quella parola come nome proprio.
Tuttavia quest'ipotesi non può escludersi.
Varietà 209
un antico sarcofago, che fu posto nel portico di S. Maria
Nova, a sinistra entrando nella chiesa. Nei rifacimenti che
la chiesa subì, la tomba dell'infelice donna o fu mutata di
posto o più probabilmente fu adoprata ad altro uso (i).
Di lei e della sua sepoltura ci serba memoria una carta Ti-
burtina del 1209, conservata nell'archivio di S. Maria Nova.
Con questo documento, alla presenza di Milone, vescovo di
Tivoli, e per preghiera di Claro, priore di S. Maria Nova,
Leonardo, notaio di TivoH, raccoglie la testimonianza di
Benedetto, priore del monastero tiburtino di S. Saba, il quale
afferma di essersi trovato a Roma dove « vidit, audivit et
(( interfuit », quando in casa Frangipane avvenne l' orrendo
f;itto, ed aggiunge che fu ai tempi di papa Innocenzo IL
Doveva esser ben vecchio il priore Benedetto nel 1209, e
la donna strangolata dal leopardo in casa di Cencio Fran-
gipane doveva aver fatto una ben profonda impressione nel-
l'animo suo, se egli, pur non ricordandone forse il nome,
dopo circa settant' anni, rammentava con precisione come
e dove fosse stata seppellita !
Ma perchè nel 1209 si senti il bisogno di raccogUere
con tanta solennità la testimonianza del priore Benedetto?
E perchè, altri potrebbe domandarmi, nel 1905 io ricordo
ancora il leopardo di Cencio Frangipane?
Il qual leopardo mi richiama alla mente l'agnello di
lacoba a de Septemsoliis ». Ricordate la leggenda di cosi
delicato sapor francescano che narra san Bonaventura? (2)
Durante uno de' suoi soggiorni in Roma, san Francesco
ebbe in dono un agnello da persona che sapeva come il
santo lo prediligesse fra gli altri animali, perchè simbo-
leggia la pazienza umile ed innocente. Ora, dovendo egli
partire da Roma, lo affidò alla signora del Settizonio che
(i) Non mi e possibile da Napoli, dove scrivo, controllare la notizia.
Certo nel portico attuale di S. Maria Nova non vi è alcun sarcofago
di quel genere.
(2) S. Bonaventura, Legenda, cap. Vili.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XX Vili. 14
210 T. Jedele
gli ebbe cure tutte premurose e gentili. Giorno e notte
ella lo tenne presso di sé come ricordo di san Francesco.
Se la mattina lacoba non era sollecita a destarsi, l'agnello
con i suoi belati pareva esortarla ad affrettarsi al tempio,
per modo che, conchiude san Bonaventura, « agnus Tran-
ce cisci discipulus, devotionis iam magister effectus, ut mi-
« rabilis et amabilis a domina servabatur ».
La persona di lacoba Frangipane, non ostante quanto
disser di lei san Bonaventura ed i primi scrittori Fran-
cescani, era stata finora avvolta nei veli della leggenda,
finché, alcuni anni fa, il p. Eduardo d'Alencon non dedicò
alla memoria di quella gentile uno studio che, per dottrina
e per garbo, é un vero gioiello (i). Che cosa potrebbe ag-
giungersi di nuovo (2) a quello che dell'amica di san Fran-
cesco ha detto il p. d'Alencon? Tuttavia mi par prezioso un
documento della badia di Grottaferrata da me ritrovato nel-
l'archivio Barberini.
Secondo il biografo di lacoba, questa sarebbe nata pro-
babilmente nel II 90, perché nel 1210 si trova maritata a
Graziano Frangipane, e madre di un figliuolo di nome Gio-
vanni. Più tardi ella avrebbe avuto un secondo figlio che
in memoria del marito morto prima che il fanciullo na-
scesse, ella chiamò Graziano. Ed invero nel 12 17 lacoba,
(i) P. Édouard D'ALENgoN, « Frère Jacqudim». Recherches his-
toriques sur Jacqiieline de Settesoli, l'amie de Saint Francois. Extrait des
Etiides Franciscaines, tome II, pp. 5-20 et 227-242, Paris, 1899.
(2) Intendo dal punto di vista storico e biografico, perchè non
tutte le osservazioni del d'Alencon mi paiono accettabili. Cf. la re-
censione che di (( Frère lacqueline'» pubblicò il p. Mandonnet nella
Revue Thomiste, luglio 1900, p. 569. Colgo l'occasione per notare che
quanto il d'Alencon deriva dai genealogisti dei Frangipane intorno
all' origine di questa famiglia, non ha alcun fondamento. Le origini
Anicie dei Frangipane sono una favola: essi sembrano derivare dalla
famiglia «de Imperatore», della quale abbiamo parecchie notizie nel
medio evo. Cf P. Fedele, Tabiilartum S. Mariae Novae in questo Ar-
chivio d. R. soc. roni. di st. patr. XXVI, 263.
Varietà 2 1 r
in suo nome e come tutrice dei propri figli Giovanni e
Graziano, veniva ad una transazione con Sinibaldo, came-
rario di papa Onorio IH, per alcuni diritti che ella aveva
ereditato dal marito sulla terra di Nimfa, mentre d'altra parte
era debitrice dei nipoti del papa (i). Nel 1226 i due figliuoli
di lacoba sarebbero stati ancor vivi, perchè e lo Specnlum
vitae e le Conformitates e Tommaso da Celano accennano
ai due figliuoli di lacoba che accompagnarono la madre ad
Assisi, quando ella vi si recò per assistere agli ultimi mo-
menti del santo. Ed in Assisi lacoba morì, e (u seppellita
nella basilica non lungi dalla tomba del Maestro. Sulla sua
pietra sepolcrale si legge ancor oggi l'epigrafe di romana
eloquenza nella sua brevità : « Hic requiescit lacoba sancta
« nobilisque Romana ».
Il documento criptoferratense che pubblico, corregge
qualche tratto di questa biografia.
Nel 1230, Pancrazio, preposto del monastero di S. Maria
di Grottaferrata, rinunziava in favore della vedova di Gra-
ziano Frangipane, che interveniva all'atto come tutrice di
Angelo, suo nipote, « Angeli nepotis tui, filli quondam la-
« cobi filli tui», ed in favore di Giovanni, altro figliuolo di
lacoba, ad alcune terre poste presso il castello di Marino
che, come è noto, apparteneva alla famigha Frangipane: e
da parte loro lacoba e Giovanni rinunziavano in favore del
monastero di Grottaferrata ad alcune terre poste verso gli
Squarciarelli. Ora da questo documento che è originale, e
sulla cui autenticità non può cader dubbio, appar evidente
che il primo figlio di lacoba non fu già Giovanni, ma
un altro che nel 1230 era già morto, lasciando di sé un
figlio di nome Angelo. Né egli si chiamava Graziano, ma
Giacomo, ripetendo cosi il nome materno (2). Vero e che
(i) Il documento è nel Liber Censuum, ed il d'Alen^on lo ripub-
blica in appendice al suo lavoro. Op. cit. p. 37.
(2) Non era questo il primo caso che nella famiglia Frangipane
vi fosse uno di nome Giacomo. Fra le schede da me raccolte per ser-
212 T. Jedele
nel documento del 12 17, ricordato dal d'Alengon, i due figli
di lacoba hanno il nome di Giovanni e di Graziano; ma
di tal documento conosciamo soltanto la copia che nel Liher
Censuum della Chiesa Romana ne inserì Cencio Camerario:
e fra una carta originale ed una copia non esito ad atte-
nermi alla fede della prima, tanto più che nella seconda può
ben essere avvenuta una confusione tra il nome del figlio
di lacoba ed il nome di Graziano suo marito che è nomi-
nato soltanto cinque parole prima (i). Né par probabile che
lacoba avesse più di due figli, poiché in questo la tradizione
francescana si accorda pienamente col Liher Censuum e col
documento criptoferratense che contengono atti nei quali,
intervenendo lacoba come erede dei diritti di Graziano, suo
marito, insieme con i figli, avrebbero dovuto essere ricor-
dati tutti i figli di lacoba, mentre di due soltanto è fatto
il nome.
Se dovessimo credere a Tommaso da Celano, Giacomo
sarebbe morto dopo il 1226, perchè quando la madre, spinta
da un triste presentimento della prossima fine di san Fran-
cesco, volle recarsi ad Assisi, secondo il Celano, ella vi
andò « cum filiis » (2), mentre lo Speculum perfectionis e la
Legenda trium sociorum parlano di uno soltanto dei figliuoli
di lacoba (3). Ma il racconto del Celano è forse inesatto
anche in un altro punto, perché egli dice che nel 1226
vire ad una storia dei Frangipane, trovo un « lacobus Fraiapane » che
si firma testimone ad un atto del 1232; e nel 1 240 trovo un « Hen-
« rìcus Fraiapanis filius olim domni lacobi Fraiapanis».
(i) Difatti la parte dispositiva del documento dì Cencio Came-
sario comincia : « Ego quidem lacoba, uxor quondam domni Gratiani
« Frangespanem et tutrix lohannis et Gratiani » .
(2) Cf. Analecta BoUandiana, XVlll, 128. Anche lo Speculum vitae
ammette la presenza dei due figli di lacoba ad Assisi : «Portarius
« invenit dominam lacobam nobilissimam Romanam cum duobus filiis
« senatorum et militum comitum qui veniebant ad sanctum Franci-
«scum». Cf. il testo dello Speculum vitae del 1504, e. 137B.
(3) Vedi lo stesso o'ALENgoN, op. cit. p. 21.
Varietà 213
Giovanni Frangipane era ancor fanciullo, « tunc puer » ,
mentre dalla carta criptoferratense del 1230 si rileva che,
almeno in quest' anno, egli aveva raggiunto l'età maggiore,
perchè nella transazione conclusa col monastero di Grotta-
ferrata egli interviene in suo nome, né vi si fa menzione
di alcuna tutela della madre che è invece ricordata come
tutrice di Angelo, figliuolo di Giacomo (i). Ed è notevole
un particolare del documento. Il nome di lacoba è taciuto
dal notaio che evidentemente, nell'atto di rogare l'istro-
mento, o lo ignorava o non lo ricordava, perchè al posto
del nome vi è nel testo una lacuna. Si potrebbe forse de-
durne che nel 1230, già da un pezzo, lacoba aveva lasciato
al figlio Giovanni le cure del governo di Marino, ritraen-
dosi ad una vita oscura e m.odesta per aver più agio di
dedicarsi alle cure del cielo? L'ipotesi sarebbe meno impro-
babile, se nel 1237 lacoba non apparisse novamente solle-
cita, insieme col figlio, del buon governo di Marino, poiché
in quell'anno ella e Giovanni confermavano agli abitanti di
quel luogo le loro consuetudini.
Alle notizie che il p. d'Alencon ha raccolto intorno a
Giovanni Frangipane, alcune altre posso aggiungerne che
traggo dall'archivio di S. Maria Nova. Sono tre documenti
degli anni 1224, 1228, 1232(2). Nel primo egli è ricor-
(i) Mentre correggo le bozze di questa mia nota, mi vien sot-
t' occhio un assai notevole articolo di Paul Sabatier, De revolution
des légendes à propos de la visite de Jacqueìine de Settesoli à saint Fran-
cois, pubblicato nel i" fascicolo del Buìlettino critico di cose francescane,
Firenze, 1905, Le conclusioni del Sabatier possono essere confermate
anche da questa osservazione, che mentre nello Speculnm perfectionis
si parla di un sol figlio di lacoba la quale « venerat de Roma cum
« filio suo», soltanto nelle amplificazioni o nei degenerameli poste-
riori del racconto si parla di più figli, mentre è probabile che uno dei
due figli di lacoba fosse morto prima del 1226.
(2) Riporto qui il transunto dei tre documenti. An. 1224, luglio 31:
« Prior S. Mariae Novae locat in tertiam generationem Andree de
« Ballanza griptam in Coliseo retro ecclesiam S. Salvatoris positam :
214 "P- Jedele
dato soltanto perchè aveva beni confinanti con una grotta
posta nel Colosseo, dietro la chiesa di S. Salvatore : con
gli altri due egli pegnorava in favore dello scriniario Gia-
como e di Pietro Salincontra due cripte poste « sub Ani-
ce phiteatro Colisei » ed « in pede Colisei » . E presso al
Colosseo erano le sue case, perchè certamente egli aveva
ereditato dalla madre il Settizonio che nel 1145 Pietro,
abate di S. Gregorio, aveva venduto ai Frangipane. Là dove
ai tempi di Cencio fu spesso fragor di guerra e ruggito
di belve, si custodiva ora piamente il sereno ricordo del
Poverello d'Assisi. E chi sa che gl'istromenti di sopra
ricordati con i quaU Giovanni Frangipane era costretto a
porre in pegno parte dei propri beni, non debbano ricon-
nettersi con la liberalità sua verso i poveri, della quale di-
cono gli storici di casa Frangipane che fosse così generosa
che finì con l'assottigliare le sue sostanze! (i)
Napoli, maggio del 1905.
P. Fedele.
c< a .1. latere Petrus, a .11. Andreas Cazolus, a .111. lohannes Fraiapanis,
w a .IV. plaza cum puteo. Testes : Blasius Andree Rubei, lohannes Pedo,
« Symon sartor, Deusdedit, Andreas. lohannes sancte Romane Ecclesie
« scriniarius ». — An. 1228, settembre 24: « lohannes Fraiapanis obligat
« et in pignus ponit Petro Salincontra unam criptam sub Amphitheatro
«Colisei: a .1. latere domnus Anibaldus, a .11. monasterium S. Xisti,
« a .III. Andreas Baldantie, a .iv. via publica. Testes : Bartholomeus
« Salincontra, Bartholomeus de Folca, lacobus de Naso, Landulphus de
«Coliseo, lohannes Gallicani. lacobus sancte Romane Ecclesie scri-
« niarius ». — An. 1232, settembre i: « lohannes Fraiapanis filius quon-
« dam domni Gratiani Fraiapanis obligat et in pignus ponit lacobo
«scriniario unam criptam in pede Colisei: a .1. latere heredes Petri
« Anìbaldi, a .11. ecclesia S. Xisti, a .111. Petro Andrea Ballantie, a .iv.
« via publica. Testes : lacobus Fraiapanis, Petrus Vetulus, Paulus Ricii,
« Nicolaus lohannis de Berulis. Petrus medicus scriniarius sancte Ro-
«mane Ecclelie».
(i) Cf. D'ALENgoN, op. cit. p, 29.
Varietà 215
I.
1209, decembre 13.
Alla presenza di Milone, vescovo di Tivoli, e per pre-
ghiera di Claro, priore di S. Maria Nova, il notaio tiburtino
Leonardo raccoglie la testimonianza di Benedetto, priore di
S. Saba, intorno alla morte di una donna, avvenuta in casa
di Cencio Frangipane ai tempi d'Innocenzo II.
Originale. Archivio di S. Maria Nova, presso i monaci Benedettini di Monte Oliveto
in Settignano.
I. vj< In nomine Domini. Anno incarnationis eiusdem millesimo
ducentesimo .ix., indictione .xii., 2. mensis decembris die .xiii.
Quoniam ea que in litteris manu publica redigimtur, 3, perpetua
inspectione clarescunt, et rei veritas ad posterorum notitiam facillius
4. cognoscenda transmittitur, idcirco ego Leonardus Dei gratia Tybur-
tine civitatis 5. et inperialis aule notarius, in presentia dompni Mi-
lonis Tyburtini episcopi ipsius precepto 6. et rogatu dompni Clari
prioris ecclesie Sancte Marie Nove Urbis, testimonium dompni 7. Be-
nedicti prioris ecclesie Sancti Sabe Tyburis, ab eo tactis sacrosanctis
evangeliis, sine frau 8. de (•'») prestitum coram predicto dompno
Milone episcopo et subscriptis quinque testibus ad perpetuam memo-
riam 9. litteris publicis scribere curo. Quod quidem tale est: quia
ipse dompnus Benedictus vidit, 10. audivit et interfuit quando que-
dam dompna que fuit in domo Cinthii Fraiapane que ri. mortua
fuit sive strangulata a lupardo, et ipsa fuit tunc sepulta in conca
mar 12. morea canelata a sinistra manu cum ecclesia Sancte Marie
Nove ingreditur, in porticu iuxta 13. portara ipsius ecclesie a latere
graduum qui ibi sunt: et hoc fuit in tempore Innocentii II pape.
14. Testes qui huic publice interfuerunt hii sunt: dompnus Rainaldus,
dompnus Matheus, dompnus Silvester, lohannes de Boni, Petrus la-
conus, testes. 15. Et signum feci, et quia Romanum inperium in-
peratore vacabat, idcirco nomen inperatoris non apposui.
Leonardus C^).
II.
1230, aprile 26.
Pancrazio, preposto del monastero di S. Maria di Grot-
taferrata, rinunzia in flivbre della vedova di Graziano Fran-
(a) Nel lesto fradc (b) // tiotrte di Leonardus è in monogramiua.
21 6 T, fedele
gipane come tutrice di Angelo suo nipote ed in favore di
Giovanni Frangipane ad un lenimento presso Marino, rice-
vendone in cambio una tenuta posta « versus castrum quod
«vocatur de Squargariliis ».
Originale, Biblioteci Vaticana, arch. Barber., cred. Ili, casella 55, B. b.
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
.cc.xxx., anno .mi. domni W Gregorii noni pape, indictione .ni., mense
aprilis, die .xxvi. Nos 2. dompnus Francati prepositus venerabilis
monasterii Sancte Marie Cripte Ferrate consentientibus et volentibus
fratris (b) 3. Iconomi monachi et iconomi dicti monasterii et le-
remie monachi dicti monasterii, hac presenti die propria et spontanea
4. nostra bona voluntate refutamus vobis donine * * * (<=) uxori
quondam domni Gratiani Fraiapanis tutrici Angeli nepotis 5. tui,
filli quondam lacobi tui filli prò ipso nepote tuo, et tibi lohanni Fraia-
panis prò te et vestris heredibus ac successoribus 6. perpetuo. Idest
totum illum ius quod nostrum monasterium nunc usque habuit seu
habet in totum illum tenimentum terre et 7. stirpariorum et vi-
nearum seu pastinorum, quod est positum ab affinibus et (^) a carvo-
narello positis et facto a latere 8. de castro vestro Marini, ut per
affines et carvonarellum diffinitum est, et apparent per arbitrium Inter
nos 9. et vos factum a Tusco de Venga et lohanne Greco de Ma-
rini et a presbitero Bartholomeo de castro quod dicitur io. Squar-
ciriliis et a dompno Laurentio de Pauli, qui arbitri fuerunt electi Inter
nos et vos, sub pena quinquaginta 11. librarum provisinorum ho-
norum senatus, ut in arbitrio publico scripto per eundem scriniarium
appareat (^j. Quod tenimentum terre et stirparli 12. et pastinorum
atque vinearum, ut per dictos arbitros est dìfiìnitum a dictis afiìnibus
contra dictum castrum vestrum Marini 13. vobis, ut dictum est,
refutamus prò eo quod vos similiter refutatis nobis prò dicto nostro
monasterio totum ius 14. quod habetis seu usque nunc habuistis
in toto tenimento terre et stirparli quod est positum et divisum per
suprascriptos 15. affines a carvonarello versus dictum castrum
quod vocatur de Squargariliis, et hoc sicud apparent in predicto
i6. arbitrio et instrumento refutationis scriptis per eundem scrinia-
rium. Et amodo liceat vobis dictum teni 17. mentum libere et in
pace tenere et habere, ita quod nec a nobis vel successoribus nostris
ab aliqua persona a nobis 18. submissa vel submictenda Htem seu
questionem exinde habeatis. Et nos tam prò nobis quam prò nostris
(a) domni neW interlineo, (b) consent et volent fris (e) Lacuna nel testo.
(d) Nel testo fu ripetuto et (e) Cosi nel lesto.
Vaiatela 217
heredibus 19. ac successoribus et prò dicto monasterio promictimus
vobis et vestris heredibus ac successoribus omnia suprascripta rata ha-
bere et contra ea 20. non venire. Quod si noluerimus aut contra
ea que dieta k^) venire temptaverimus, componamus vobis prò pena
.L. libras provisinorum 21. bonorum senatus, et, soluta pena, hec
carta firma permaneat, Quam scribendam rogavimus Scrofanum 0>)
sancte Romane 22. Ecclesie scriniarium in mense et indiclione su-
prascripta .III.
Testes : Thodinus de Turriccla, Landò de Gregorio Carriia, Pan-
dulfus de Turriccla, Nicolaus de Gerardo, Johannes Benencase de Ma-
rini, dopnus Gentilis.
Ego Scrofanus sancte Romane Ecclesie scriniarius habens potestatem
dandi tutorem et curatorem et uti omni iudiciali officio preter senten-
tiam dandam compievi et absolvi.
LA BADIA DI GROTTAFERRATA
SOTTO LA PROTEZIONE DEI RE ANGIOINI DI NAPOLI
Comunico agli eruditi lettori àdV Archivio il seguente
documento del 24 giugno 1276 rinvenuto in un registro
angioino (i):
Scriptum est (2) capitaneo Aquile (3). Cum ad religiosos viros ..(4)
abbatem et prepositum et conventum monasterii Sancte Marie Grecorum
(a) Completa sunt (b) Dopo Scrofanum è nel testo l'abbrevia:(ione della parola scri-
niarium cancellata da prima mano.
(i) Registri ang. voi. 23, f. cxx.
(2) Nei registri della cancelleria angioina, massime dei primi tempi,
non fu frequente l'uso di trascrivere tutta l' intitolazione del sovrano :
essa talvolta era rappresentata dal solo nome di lui, accompagnato dalla
sigla eie; talvolta era sostituita dalle due parole scriptum est, special-
mente, quando il diploma conteneva un semplice ordine. Scriptum est
adunque qui sta in luogo di Karolus, Dei grafia, rex Sicilie Scc.
(3) capitaneo Aquile. I capitani (v. Cost. di Fed. Il de off. cap.)
amministravano giustizia nelle città.
(4) Manca il nome dell'abbate. Probabilmente teneva allora quel-
l'ufficio Ilarione, eletto nel 1272, a cui successe nel 1300 Biagio II
(v. MoRONi, Dii. d'ermi, st. eccl. dee, Venezia, 1845, XXXIII, 56).
2i8 "K. "Battone
de Criptaferrata (i) ob sacre religionis obervantiam, qua virtutum (5/^)
domino famulatur, nec non ob devotionem sinceram, quam ad excel-
lentiam nostrani gerunt, specialem habentes affectum, monasterium
ipsum cum omnibus personis, monasteriis, granciis et omnibus bonis
et iuribus eius, que rationabiliter tenent et possident, sub protectione
nostra recepimus speciali, fidelitati tue precipiendo mandamus,
quatenus eosdem abbatem, prepositum et conventum cum omnibus
bonis eorum, que in tua iurisdictione obtinent, habens efficaciter com-
mendatos, non permictas eos super hiis indebite molestari, sed eos
auctoritate nostra in illis manuteneas et defendas. Datum Romae (2),
.xxiiii." iunii .1111®. indictionis (3).
Con questo diploma adunque re Carlo I d'Angiò annun-
zia al capitano di Aquila aver egli posto sotto la sua pro-
tezione la badia di Grottaferrata, e gli ordina di non per-
mettere che ad essa sia recata molestia alcuna o turbamento
nel possesso de' beni posti nel territorio aquilano.
Grottaferrata, al pari di tanti altri monasteri e badie,
ebbe molteplici largizioni e donazioni di beni mobili ed im-
mobili, specialmente prò remedio animae, dai fedeli. In ra-
gion di tempo anche altre comunità religiose poste in luoghi
{i) de Cripta/errata. Quanto all'origine del nome è da consultare
la Civiltà Cattolica (quad. 1295, p. 569) dove sono riportate le diverse
opinioni, tra le quali quella dello Sciomarri, che cioè l'attributo fer-
rata derivi dal trovarsi, in que' luoghi, miniere di ferro, e quella del
Tomassetti, che cioè fosse stata ivi un' immagine della SS. Vergine pro-
tetta da una grata di ferro contro l'eccessiva pietà dei fedeli.
(2) Re Carlo trovavasi, fin dal gennaio di quell'anno, a Roma
chiamatovi dal pontefice Gregorio X. Morto costui, egli vi rimase fino
al 20 luglio per le elezioni, che a breve distanza ebbero luogo, d'In-
nocenzo V e di Adriano V (v. Minieri Riccio, // regno di Carlo I
d'Angiò dal 2 gennaio 1273 al 31 dicembre 1283).
(3) Manca la data dell'anno. Ordinariamente nei registri dei primi
anni del regno di Carlo I non notavasi la data completa, essendo suf-
ficiente averla messa nel primo documento del quaderno ; e soleva
omettersi anche l'anno del regno. Ora dal primo documento del qua-
derno si desume, che l'anno è il 1276, che appartiene alla 4* indizione,
cominciata il 1° settembre 1275.
Varietà 219
lontani chiesero all'autorità pontificia di essere aggregate con
tutti i loro beni a quella badia (i).
Siffatte possessioni, ogni di crescenti, mossero l'invidia
e l'avidità de' baroni, i quali solevano commettere, e lascia-
vano commettere ai loro bravi, ladroneggi e rapine d'ogni
maniera; laonde gli abbati eran costretti ad invocare la pro-
tezione de' sovrani. E siccome la badia di Grottaferrata pos-
sedeva beni anche nel regno di Napoli, così chiese et ottenne
la protezione di Carlo I d'Angiò. Costui l'anno dopo, cioè
nel 1277 (28 agosto), dimorando a Lagopesole dovè, ad
istanza di quell' abbate, scrivere al giustiziere del Princi-
pato e di Benevento (2), che costringesse Simone de Bosco,
signore di Campora, il quale temerariamente aveva preso
possesso della chiesa di S. Arcangelo e del relativo leni-
mento nella suddetta terra di Campora (la quale chiesa ap-
parteneva al monastero di Rofrano), a restituirla al mona-
stero medesimo dipendente dalla badia (3).
Si ha pure notizia, che Carlo, figliuolo di re Roberto,
vicario del Regno, per comporre le dissensioni sorte, tra
la badia e Tommaso di Marzano conte di Squillace, a ca-
gion dei confini fi-a Rofrano e la terra di Novi, della quale
era feudatario quel conte, accogliendo l'istanza dell'abbate,
(i) Fin dal 1260 vi era stata unita la badia di S. Nicola di Mor-
bano presso Venosa (v. Bollettino popolare : S. Nilo di Rossano e la badia
di Grottaferrata nel nono centenario, 1004-1^04 (raccolta n. 19, p. 156).
(2) I giustizieri erano a capo delle provincie (iustitiariatus) ed
avevano attribuzioni amministrative, giudiziarie e finanziarie (v. Dur-
RiEU, Étude sur les Registres du roi Charles I", Paris, 1886, I, 48).
(3) Il feudo di Rofrano in provincia di Salerno fu donato da Gu-
glielmo I normanno (e ne confermò il possesso re Ruggiero) alla badia
di Grottaferrata. I PP. basiliani vi tennero un romitorio ed una chiesa,
a cui dipoi venne dato il nome di badia di S. Maria di Grottaferrata
di Rofrano (v. Antonini, Discorso sulla Lucania (Napoli, 179^-17^7),
I, 387; RoNSiNi, Cecini storici di Rofrano (Salerno, 1873); Ardì, di
Stato di Napoli : Processi diversi della Curia del cappellano maggiore (pan-
detta 3', m. I, n. 136).
220 C\\ barone
ordinò al giustiziere del Principato citeriore, che provvedesse
alla esatta confinazione delle due terre (i).
Dal che si argomenta, che anche gH altri dinasti angioini
ebbero in protezione la badia di Grottaferrata (2).
Nicola Barone.
(i) V. Reg. ang. voi. 249, f. 309 (24 febbraio 1323); voi. 263,
f. 220 B (25 gennaio 1326).
(2) Anche i sovrani aragonesi di Napoli ebbero in protezione la
badia. Trovo citati due diplomi, che non più esistono : l'uno del 7 gen-
naio 1458 relativo al possesso, che Grottaferrata aveva, di Rofrano e
de' terrltorii detti la Cerqueta e la Frumicella; l'altro del 18 giugno
dello stesso anno, in cui era contenuto V orcio quod homines terre Ro-
frani Casellarum, casalis C'unii, Turris et Al/ani deheant respoiidere de
fructibus terrarum predictarum abbati Cripte/errate.
ATTI DELLA SOCIETÀ
Seduta del ij febbraio 190J.
La seduta è aperta alle ore quattro e mezzo.
Sono presenti i soci U. Balzani, presidente, V. Federici,
I. Giorgi, A. Monaci, E. Monaci, G. Monticolo, G. Na-
vone, A. RoMUALDi, M. Rosi, P. Savignoni, O. Tommasini.
Funge da segretario il socio V. Federici. Il socio L. Ma-
riani si scusa di non poter intervenire.
Data lettura del processo verbale, che è approvato, il Pre-
sidente legge la seguente relazione :
« Egregi colleghi,
« Ho r onore di presentarvi il volume ventesimoset-
timo del nostro Archivio. Vedrete in esso che la esplora-
zione degli archivi romani si continua alacremente e ha dato
ancora frutti copiosi come apparisce dalle pubblicazioni del
socio Fedele sul Tabularlo di Santa Prassede, e del dottor
Ferri, già alunno della nostra scuola storica, sulle carte della
basilica Liberiana dal secolo x al secolo xv, alle quali pub-
blicazioni sono da aggiungere quella del socio Alfredo Mo-
naci che dà in luce un regesto delle carte della abbazia di
Sant'Alessio all'Aventino, una notizia del signor Tonetti
sugli archivi e sulla biblioteca Giovardiana comunale di
Veroli e un ruolo della familia pontificia sotto Eugenio IV
pubblicato dal signor Giorgio Bourgin. Oltre queste pub-
blicazioni di documenti tratti dai nostri archivi, il volume
2 22 oAtti della Società
che vi presento contiene alcune note del professore Giovan-
noni le quali recano un contributo pregevole alla storia dei
marmorari romani, il termine della memoria del socio Ca-
pobianchi sulle origini del peso Gallico, e il termine del
bello studio del signor Antonelli sulle vicende della domi-
nazione pontificia dalla traslazione della sede alla restaura-
zione delFAlbornoz; il socio Tomassetti continua nel volume
il suo diuturno lavoro sulla campagna romana, e vi contri-
buiscono il socio Fedele con una nota sulla famiglia di Ana-
cleto II e di Gelasio II, il socio Federici con delle miscel-
lanee paleografiche, il socio Giacomo Lumbroso e i signori
P. Tacchi Venturi e Radiciotti con brevi notizie su Pom-
ponio Leto, sulla storia della Chiesa Nuova e sulla stampa
in TivoH nei secoH xvii e xviii.
(( Tra pochi giorni si porrà mano alla stampa del vo-
lume ventesimottavo pel quale molta materia è già pronta.
Oltre alle continuazioni dei lavori non ancora condotti a
termine, che troveranno posto in esso, il socio Fedele contri-
buisce con un suo studio su alcune relazioni fra i conti del
Tuscolo e i principi di Salerno, e i nuovi alunni della scuola
storica, dottori Arias e Ramadori, comincieranno a dare il
risultato delle loro ricerche archivistiche, l'Arias con un la-
voro sui Libri introitus et exitus della Camera Apostolica
ch'egli è ora incaricato di studiare e che sarà un contri-
buto alla storia economica del secolo xiv, il Ramadori coi
primi risultati delle sue esplorazioni nell'archivio di S. Paolo
fuori le mura. A questo nobilissimo archivio sono ora prin-
cipalmente rivolte le cure del nostro alunno per incarico della
Società. Ai monaci benedettini di San Paolo, che hanno
accolto così ospitalmente il nostro desiderio e dischiusi con
tanta liberalità i tesori del loro archivio, io non ho man-
cato di esprimere la riconoscenza nostra; di questa libera-
lità, che risponde alle antiche tradizioni benedettine, certo si
gioveranno grandemente gli studi nostri, ed io confido che i
prossimi fascicoli del nostro Archivio accoglieranno un largo
Q/ltti della Società 223
frutto delle ricerche che si vengono ora facendo tra le mura
dell' insigne monastero.
« Le indagini che si sperava di poter compiere nel-
r archivio Barberiniano hanno patito un ritardo perchè non
si è potuto ancora compiere interamente l'ordinamento di
cosi vasta mole di carte nella biblioteca Vaticana^ ma è da
credere che dentro l'anno in corso si potrà incominciare
una prima esplorazione.
« Alcune circostanze particolari hanno vietato nell' anno
decorso di riprendere la stampa del volume che completerà
la pubblicazione del Regesto di Farfa. Spero che si potrà ri-
prenderla verso la primavera di quest' anno e procedere poi
senza interruzione. Così sarà finalmente conclusa quest'opera
laboriosa, e ciò potrà farsi senza che la spesa necessaria
rechi alcuno aggravio alla Società.
« Ai lavori dell'Istituto Storico Italiano la Società ha con-
tribuito con la stampa iniziata dal professore Egidi dei Ne-
crologi della provincia romana, e con la preparazione che si
continua del Diario di Antonio di Pietro dello Schiavo a
cura del socio Savignoni e del Chronicon Viiltnrnense a
cura del socio Federici. Inoltre in seguito alle ispezioni de-
gli archivi Capitolari promosse dai Ministeri della Istru-
zione e di Grazia e Giustizia, alle quali la Società nostra
ha preso parte per invito dell'Istituto Storico, il socio Egidi
ha presentato il risultato delle sue esplorazioni che è in
corso di stampa e comparirà fra breve nel BiilkUino del-
l'Istituto.
« Tutto questo è il lavoro compiuto nell' anno decorso,
e parmi che voi possiate compiacervi della operosità vostra
e prevedere fecondo di lavoro anche l'anno presente. Il
quale però si è aperto per noi con una grande tristezza.
Due settimane fa, immaturamente quasi d'improvviso, si
è spenta la vita di uno tra i nostri colleghi di cui più si
onorava la Società nostra : Francesco Nitti. È morto quando
l'età ancor fiorente e l'ingegno vivo lasciavano sperare
224 Q/ìtti della Società
nuovi frutti de' suoi studi poderosi, del suo pensiero acuto
e profondo. Gli studiosi che ammiravano i suoi scritti rim-
piangono la carriera spezzata anzi tempo di uno storico
valoroso, ma per noi che lo abbiamo avuto compagno di
aspirazioni e di vita, il rimpianto è maggiore, e le sue no-
biU qualità di carattere e di cuore ci riempiono l'anima di
memorie piene di mestizia, di desiderio e d'affetto ».
Il socio ToMMASiNi si associa alle parole del Presidente
per commemorare il compianto collega Nitti. Posta ai voti
la relazione è approvata.
Il socio Navone, tesoriere, dà lettura del bilancio con-
suntivo pel 1903 e del preventivo pel 1905 che sono ap-
provati confermandosi a revisori dei conti per l'anno futuro
i soci Rosi e Savignoni.
Il socio Navone fa alcune osservazioni sulle condizioni
attuali della sede sociale e sulle possibilità di migliorarle.
Dopo breve discussione si delibera di tener conto delle op-
portunità favorevoli che potessero presentarsi.
Si procede quindi alla votazione per la nomina del Gon-
gilo direttivo e riescono eletti : a Presidente il socio U. Bal-
zani con dieci voti, riportando un voto il socio Tommasini;
a Tesoriere il socio G. Navone, riportando un voto il socio
Giorgi; a Consiglieri i soci Monaci e Tommasini con nove
voti, riportando due voti il socio Giorgi e un voto il socio
Federici. Il Presidente è confermato nell'ufficio di delegato
presso l'Istituto Storico Italiano.
La seduta è tolta alle ore cinque e mezzo.
Seduta del io maggio ipoj.
La seduta è aperta alle ore quattro e mezzo.
Presenti U. Balzani, presidente, V. Federici, I. Giorgi,
A. Monaci, E. Monaci, G. Monticolo, A. Romualdi, P. Sa-
vignoni. Funge da segretario il socio V. Federici.
oAtti delta Società 225
I soci M. Rosi e O. Tommasini si scusano di non po-
tere intervenire.
Data lettura del processo verbale della seduta precedente,
che è approvato, il Presidente propone la votazione per la
nomina del segretario in sostituzione del socio P. Ecidi di-'
missionario.
Procedutosi alla votazione risulta eletto il socio V. Fe-
derici con sette voti sopra otto votanti,, riportando un voto
il socio I. GlORCI.
Dovendosi poi procedere alla elezione di nuovi soci, si
legge il verbale dello spoglio delle schede, in seguito a cui
si passa alla votazione per scrutinio segreto e riescono eletti
i signori Mercurio Antonelli, Leone Caetani di Teano, Gu-
stavo Giovannoni, Federico Hermanin.
La seduta è tolta alle cinque pomeridiane.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. I 5
BIBLIOGRAFIA
I Libri Commemoriali della Republica di Venezia. Regesti,
t. VI. — Venezia, 1904.
La R. Deputazione veneta di storia patria sino dal 1876 nella
serie prima, « Documenti » , dei Monumenti storici editi a sue spese,
iniziò la pubblicazione dei regesti dei Libri Comtnemoriali delia Repu-
blica di Venezia, regesti che vennero composti dal valente archivista
prof. Riccardo Predelli. La pubblicazione non poteva essere più oppor-
tuna, perchè i numerosi documenti trascritti in quei registri ufficiali
risguardano in gran parte in modo diretto la politica esteriore di Ve-
nezia e però per molti secoli la loro collezione ha un' importanza
storica generale di primo ordine in corrispondenza alla grandezza po-
litica della Repubblica ed al complicato intreccio delle sue relazioni cogli
altri Stati italiani e stranieri. .
Il volume che qui segnalo agli studiosi è il sesto della serie di
questi regesti e corrisponde alla materia dei sei libri dei Comvietno-
riali, compresi tra il XVIII ed il XXIII. I documenti di questi sei re-
gistri, non tenendo conto dei pochi di data anteriore che qua e là per
incidenza vi furono trascritti, appartengono agh anni 1495-1574 e spesso
riflettono gì' importanti momenti della politica di Venezia in relazione
ai trattati cogli altri Stati, alle guerre cogli Ottomani ed agli avveni-
menti per i quali l' Italia dopo la discesa di Carlo Vili fu per molti
anni il centro della politica generale dell' Europa. Gli studiosi della
storia politica dei papi vi possono trovare preziose testimonianze in-
torno alle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica, ad
esempio circa 1' alleanza con Alessandro VI, le convenzioni di quel
papa perchè Ferdinando II riacquistasse il Napoletano, i negoziati di
Giulio II durante le guerre della Lega di Cambrai e della Lega Santa,
le alleanze con Leone X e Clemente VII, le concessioni fatte dai papi
perchè il Governo di Venezia nell' occasione delle guerre coi Turchi
228 IBibliografia
potesse esigere per un tempo determinato le decime su quasi tutti i
beni del clero secolare e regolare. Oltre ai documenti che contengono
il testo dei negoziati politici ve ne sono altri che illustrano 1' opera
dei papi nell'ambito delle loro funzioni di suprema autorità ecclesia-
stica e contengono disposizioni suU' esercizio del giuspatronato ducale
in qualche chiesa veneziana, sulla procedura giudiziaria degli ecclesia-
stici imputati di lesa maestà verso Venezia, sugli abusi nelle elezioni
dei pievani, sulla riforma di alcuni monasteri di monache e su altre
materie consimili. Alcuni documenti interessano in via diretta la città
di Roma, ad esempio quelli che risguardano insigni personaggi delle
famiglie Colonna ed Orsini, e il breve in data io giugno 1564 pel
quale Pio IV donò a Venezia il palazzo di S. Marco in Roma, purché
fosse sede del rappresentante la Repubblica e del cardinale del titolo
di S. Marco qualora fosse veneto per origine.
Nella serie dei documenti registrati in questi sei volumi non
manca qualche atto di carattere privato, come ad esempio un estratto
di alcuni punti del testamento del cardinale Domenico Grimani in data
16 agosto 1523 che si riferiscono al suo famoso breviario, ora custo-
dito alla Marciana, e ai suoi oggetti d' arte. Gli stessi registri conten-
gono anche la copia di alcuni scritti di natura oratoria e giuridica, ma
in attinenza intima colla politica di Venezia ; così ricordo due disser-
tazioni, una composta verso il 1450 dal dottore in legge di Bologna
Niccolò Raimondi per provare 1' indipendenza di Venezia dall' Impero,
l'altra tra il 1301 e il 15 16 dal teologo Rainieri Fioravanti e da lui
dedicata al doge Leonardo Loredan circa la giurisdizione di Venezia
sull'Adriatico, il panegirico di Gian Francesco Poggio Bracciolini per
Venezia dedicato al doge Agostino Barbarigo.
Il modo col quale il Predelli fece questa pubblicazione merita ve-
ramente lode. Nella prefazione descrisse in breve i sei registri sotto
r aspetto paleografico e librario, e tra le altre è degna di nota la sua
avvertenza circa le imitazioni che in quelle trascrizioni vennero fatte
delle sottoscrizioni dei sovrani e degli altri firmatari. I sommari dei
millecentosessantasei documenti furono redatti in forma chiara, sobria
e precisa, la quale rivela nell' autore molta perizia nell' interpretazione
dei testi diplomatici. E altresì è degna di lode la cura colla quale re-
stituì in via approssimativa o in modo preciso le date degli atti che
erano stati registrati senza la nota cronologica, e corresse o integrò
quelle che dal confronto con altre testimonianze, per esempio colle de-
liberazioni secrete del Senato, risultavano o errate o indeterminate.
Seguono al solito ai regesti, come nei volumi precedenti, due indici,
uno dei nomi di luogo, 1' altro dei nomi di persona. È stata veramente
una cattiva idea quella di non aver compilato sino dal primo volume
bibliografia 229
un indice a soggetto, perchè molta della materia dei regesti non può
essere raccolta sotto quei nomi propri, e per di più la consultazione
dell' indice per nomi di luogo è veramente penosa per tutte quelle
voci di città e luoghi importanti alle quali segue di necessità una serie
molto estesa di indicazioni numeriche che per la mancanza di dati più
determinati obbliga lo studioso ad un lavi:)ro di riscontri molto lungo
e non sempre utile al fine delle sue ricerche. Ed è superfluo notare
che in pubblicazioni di tal genere destinate più alla consultazione che
alla lettura continuata la migliore composizione dell' indice concorre a
determinarne il maggior grado di utilità per, gli studiosi.
G. MONTICOLO.
G. Baracconi, / Rioni di Roma. Terza ristampa intera-
mente rifatta. — Roma, Roux e Viarengo, 1905, 8<^ fig.,
p. 606. [Biblioteca Roma, n. i.\
Il libro del Baracconi ha una larga e favorevole notorietà, né può
sembrar necessario tornare a parlarne a proposito di questa nuova
edizione la quale dimostra di per se stessa il buon esito dell'opera;
anzi parrà a molti anche poco opportuno discorrer qui, in un periodico
essenzialmente destinato allo studio delle fonti, di un'opera che non
può essere se non di divulgazione e diletto. Il fatto è che essa non
può mettersi in fascio con tutti gli altri libri che pretendono a questa
qualifica e a questa funzione: l'originalità dello stile, la copia e la sin-
cerità delle impressioni, il fervore con cui l'A. comunica con tutti i
segni del passato di Roma, ne fanno un'opera di divulgazione nel
senso migliore, cioè un contributo alla cultura. Tale contributo è poi
più effettivo se si tien conto del richiamo continuo che l'A. fa al
rispetto dovuto ai monumenti, instillando il suo sdegno per le viola-
zioni innumerevoli che si vanno tuttora commettendo a carico della
storia e della bellezza, come se Roma fosse « obbligata a contraffarsi
«sul figurino delle capitali straniere». Certo, questo suo sdegno, come
quello di tanti altri idealisti che si afifannano in sì nobili crociate,
talora consegue qualche vittoria, ma spesso resta voce nel deserto;
e allora rimarrà almeno all'autore il tenue compenso di poter conser-
vare ne' suoi scritti il ricordo di cose sparite, e Nel tipico accozzo di
e case, legatoci dall'indipendenza edificatrice dei secoli, crolla talora,
« con sorda ma profonda ruina, tutto un sistema di tradizioni storiche,
« irreparabili. Raccoglierle, illustrarle, profilando insieme i luoghi cui
230 Hibliog rafia
« erano come abbarbicate, questo il motivo capitale del mio scritto, dove
« l'encomio del passato non suona protesta avversa al presente, sfida
«all'avvenire». Egli non è dunque semplicemente un laudator temporis
adi; ha, coni' ei stesso dice, un'ammirazione indulgente per tutto ciò
che è Roma e un rammarico sdegnoso del suo incondizionato rinnova-
mento; e sono queste due note individuali che, secondo noi, formano
il principal valore del libro.
In questa terza edizione (che l'A. anzi chiama semplicemente
ristampa) egli non ha fatto nel testo sensibili cambiamenti, e ciò è
spiegabile, poiché la prima ebbe lode; tuttavia noi crediamo, e forse
non saremo soli, che il libro avrebbe guadagnato, senza perder nulla
del suo carattere e del suo stile, con molti ritocchi di periodi e di frasi,
con qualche sfrondamento, insomma con un lavoro generale di lima.
È noto (e l'A. lo ricorda) che il volume non nacque direttamente così.
L'A. lo compose nel 1889 riunendo una serie d'articoli stampati nella
Rassegna del 1885; e poiché egli s'accorse, giustamente, che alle sue
pagine avevano procurato favore « una certa vivacità d' impressioni,
« una arguzia di raffronti e di passaggi, e la maniera del dettato », temè
forse di snaturare l'opera sua, spontanea e sincera, se l'avesse in qualche
modo alterata nel trasferirla dal giornale al libro. 11 che è giusto come
principio, ma non può applicarsi senza un certo temperamento, per la
riflessione che il giornale e il libro sono due cose diverse, e ciò che di
transitorio, o come concetto o come espressione, può scriversi in un
giornale non conviene sempre ad un libro ; né la struttura di un arti-
colo conviene sempre all'armonia di un volume. E qui l'A., intelletto
colto ed arguto, memoria pronta, immaginazione viva e plastica, si
compiace di soverchio in quella effervescenza di ricordi e di associazioni
d'idee, in cui veramente non tutti possono essere abili, e che dà spesso
pregio ad un articolo di giornale, ma non altrettanto ad un'opera di
seicento pagine; cosi dicasi di quegli accenni occasionali che pèrdono,
dopo breve tempo, tutto il loro interesse, e così anche di molte arguzie
troppo andanti, che hanno corso soltanto quando non chiedono che
la vita di un giorno. In compenso il Baracconi ha offerto ai suoi
lettori una grata sorpresa in questa edizione: un'abbastanza copiosa
illustrazione del libro con vedute quasi tutte nuove tratte dagli acquerelli
di Roesler Franz, che non solo sono geniali e poetici in se stessi, ma
molto adatti all' illustrazione dell' opera del B., perché lo scrittore e il
pittore ci sembrano avere una grande affinità di ispirazione. Oltre ad
esse, troviamo riprodotte parecchie vecchie incisioni, ed alcune vedute
moderne poco comuni; per il che tutt' insieme la parte illustrativa,
oggi così giustamente apprezzata in ogni libro, aggiunge un pregio non
lieve a questo del Baracconi. E di ciò conviene compiacersi anche col-
bibliografia 23 1
l'editore, il quale con questo elegante volume inizia bene una collezione
che s'intitola da Roma, e che potrebbe con molto plauso raccogliere
e divulgare parecchi lavori, ai quali la maggior parte del pubblico
rimane oggi estraneo.
A. ROMUALDI.
Rinaudo Costanzo, Indice della « Rivista Storica Italiana )>,
dal 1884 al i^oi, con V elenco alfabetico degli autori,
compilato dal prof. C. R. direttore della Rivista. —
Torino, 1904, un voi. (diviso in due tomi), pp. xxxvi,
805, in-8.
Presentato per il Congresso internazionale di scienze storiche te-
nuto in Roma nell' aprile del 1903, quest' Indice ripete da questa occa-
sione la ragion principale del suo limite di 18 anni; ma, come di
altre somiglianti pubblicazioni che uscirono nello stesso tempo, rimane
di questo la non poca utilità che gli studiosi di storia italiana possono
cavarne. In una Introdw^ione il prof. Rinaudo fa la storia dello svol-
gersi organico della Rivista in questi 18 anni ; specialmente dei
criteri informativi della prima serie di essa e di quelli che, dopo l'e-
sperienza di dodici anni, indussero a riduzioni, modificazioni e ag-
giunte al programma primitivo. Durante questo periodo di tempo si
pubbhcarono nei 18 volumi della Rivista 89 Memorie originali, 17 "Note
storiche, 41 17 Recensioni e Note bibliografiche, lo spoglio di 26,256 ar-
ticoli tratti da 623 Riviste italiane e forestiere (senza tener conto delle
recensioni), 1' elenco di 16,240 pubblicazioni di storia italiana, oltre le
notizie. Eliminare, con giudiziosa opportunità, quanto di soverchio, di
ripetuto, di poco omogeneo trovavasi in tanta svariata materia ; ordi-
narlo secondo un metodo prestabilito, avvertendo che alla parola Italia
si è dato il più largo senso geografico, etnografico e politico, è stato
lo scopo principale nella formazione di questo Indice. Quanto al me-
todo seguito, il prof. Rinaudo, che nell' ardua impresa ha avuta la
paziente collaborazione di amici e scrittori della Rivista, si convinse
che giovasse di più la ripartizione di tutto il materiale in una prima
Parte che trattasse della Storia generale non in senso geografico, ma
in quello cronologico e complesso, e in quattro altre Parti corrispon-
denti ai quattro periodi cronologici fondamentali in cui può dividersi
la storia d' Italia : 1° Età preromana e romana ; 2° Medio Evo ; 3° Tempi
moderni fino al 181 5 ; 4" Risorgimento italiano. Va da so l'intendere
che ciascuna di queste parti è stata suddivisa secondo la materia, per
la prima e per 1' ultima parte, e secondo il tempo per le altre.
232 bibliografia
Con questo orientamento metodico la ricerca di quanto interessa
uno studioso è agevolata, e chi ha pratica della Rivista stessa e abbia
fatta buona conoscenza con questo sistema, troverà nel presente Indice
molta facilitazione nei suoi studi. Non è il caso qui di prendere in
esame il metodo seguito dal Rinaudo per ricercare se a noi sembra il
migliore. La competenza di questo chiaro storico e il consiglio di au-
torevoli altri collaboratori suoi amici ci fanno sicuri, che in questo
lavoro si è fatto il meglio che si poteva : il meglio, s' intende, non
r ottimo, e una nota che il Rinaudo pone in fine della sua opera,
onestamente dichiara le inesattezze incorse e la necessità d' una er-
rata corrige se non ci fosse da fare fidanza con la pazienza e la dot-
trina degli studiosi che ricorreranno a questo Indice. Non possiamo
però tacere che la necessità di un ìndice per soggetto, il quale o si
sostituisse nel metodo, o si aggiungesse al lavoro fatto, era ed è molto
sentita, per quanto lo spazio non lo avesse facilitato o il tempo non
lo avesse permesso. Il solo argomento di Roma, che più ci riguarda,
che ha un complesso e infinito svolgimento di aspetti, e che natural-
mente nella Rivista ricorre molto spesso, diventa, col presente Indice,
limitato in poche rubriche e troppo sparso e confuso, per soggetti e
tempo. Questo diciamo perchè quanto avviene per Roma, accade, nella
giusta proporzione, per gli altri argomenti, e lo avverte chiunque abbia
già tratto vantaggio dal presente pazientissimo lavoro. Segue un Indice
dei nomi degli autori ; come, prima del lavoro, stanno un prospetto del-
l' Indice metodico, un elenco dei periodici presi in esame e un elenco
dei collaboratori alla Rivista, nel quale ultimo (copioso di 234 nomi) s'in-
contrano in gradita compagnia autorevoli storici e cultori di storia
nazionale d' ogni regione d' Italia.
P. Spezi.
Biblioteca del Senato del Regno. Bollettino delle pub-
blicazioni di recente acquisto. Anno 1904, n. i; 1905,
nn. 1-3, gennaio-giugno. — Roma, Forzani e C. tipo-
grafi del Senato, 1904, pp. 75; 1905, pp. xxxvi, 68.
Con sagace senso di opportunità il dott. Fortunato Pintor preposto
alla biblioteca del Senato del Regno ed il dott. Luigi Ferrari hanno
iniziato la compilazione del Bollettino delle pubblicazioni acquistate di
recente da quell' istituto ed hanno assegnato il fascicolo del primo bi-
mestre dell' anno corrente all' elenco dei periodici. In questa serie
hanno incluso anche gli Atti accademici con periodicità più breve del-
"Bibliografia 233
r annuale e invece non vi hanno compreso le pubblicazioni periodiche
che escono soltanto una volta 1' anno o a intervalli maggiori ; esse
verranno registrate volta per volta nei fascicoli susseguenti. Il numero
dei periodici dell' elenco ascende a ducentottanta, compresi i bollettini
dei vari uffici e Ministeri del Regno e la Ga^^ietta Ufficiale. Molti di
essi, come risulta anche dall' indice per materia premesso all' elenco,
risguardano la storia e le sue discipline ausiliarie, e la loro scelta è
stata fatta con retto criterio specialmente per la Francia, per gli Stati
Uniti d'America e per l' Italia ; un po' scarsa invece appare per l' In-
ghilterra e la Germania, mancando alla collezione periodici che come
la English historical Review, la Historische Zeitschrift, V Historisches
Jahrbtich, le Mittheiìungen des Instituts fùr òsterreichische Geschichts-
forschung, il Neues Archiv dar Gesellschaft fiìr altere dentsche Geschichts-
hinde e le Quelkn und Forschungen aits italienischen Archiven tind Bi-
blioteken trattano spesso e con grande autorità questioni che interessano
in modo diretto la storia d' Italia. Ma di questo stato di cose non si
può fare neppure il minimo appunto a chi sopravvede a quella biblio-
teca, perchè essa deve principalmente servire alle richieste del Senato
che sono molto diverse da quelle di una biblioteca pubblica o di una
Università degli studi o di una Società storica ed erudita.
Il pregio principale dell' elenco non consiste nel numero dei suoi
periodici, ma nel modo col quale è stato compilato. Difatti di ciascun
periodico non solo è stato indicato il direttore, 1' editore, la tipografia,
la forma libraria, 1' ente del quale è organo e il numero che ne de-
signa r ultimo fascicolo esposto nella sala di lettura, ma anche il ge-
nere della periodicità e all' uopo nei bimestrali, mensili, trimensili,
bimensili e settimanali, il giorno della pubblicazione e i mesi nei quali
costantemente non escono. Inoltre viene data notizia dell' ultimo nu-
mero del periodico posseduto dalla biblioteca e del mese col quale la
sua annata comincia quante volte non coincide col gennaio, indica-
zioni molto utili agli studiosi, specialmente nell' uso dei fascicoli in
ritardo.
Nella compilazione dei numeri successivi di questo periodico sarà
utile sino dal principio fissare un criterio costante per la registrazione
dei titoli delle opere che fonno parte delle serie in continuazione. Vi
sono collezioni di carattere indeterminato ; altre invece sono informate
da una rigorosa unità di concetto in ordine alla materia delle loro
opere e agli intenti scientifici della persona o dell' istituto che dirige
la loro pubblicazione. Le collezioni di questa seconda specie, quali ad
esempio sarebbero quelle delle scuole francesi d'Atene e Roma, i Mo-
numenta Germaniae historica, i Potiti per la storia d' Italia a cura del-
l' Istituto Storico Italiano, gli Opuscules de critique bistorique, la Colle-
234 bibliografia
ction iVètudes sur Vhistoire religieuse et littéraire de la France &c., nella
loro intima sostanza non differiscono dalle altre pubblicazioni periodiche
e in una biblioteca devono essere accolte per intero e non parzial-
mente. La registrazione dei loro volumi potrebbe esser fatta secondo
il metodo seguito nella Bihìiographie de la France, Journal general de
Vimprimerie et de la lihrairie oppure secondo quello del noto catalogo
semestrale dell' Hinrichs (Hinrichs' Halhjahrs-Katalog der im deutschen
Buchhandel erschienenen Bilcher, Zeitschriften, Landkarten usw. Leipzig,
J. C. Hinrichs). Secondo il primo metodo viene indicato prima il ti-
tolo speciale dell' opera colle sue peculiarità bibliografiche e poi con
caratteri di corpo più piccolo il titolo generale della collezione, ma
questo non viene accolto nell' indice finale del volume e 1' omissione
toma talvolta a disagio nella ricerca bibliografica. Più pratico è il me-
todo dell' Hinrichs pel quale le collezioni sono registrate in prima linea
col loro titolo generale e poi sotto di esso vengono indicati secondo
r ordine della pubblicazione i titoli speciali dei volumi in esso com-
presi, r indice bibliografico generale alla fine del volume rende age-
vole la ricerca di queste opere che sono raggruppate nell' elenco giusta
le serie delle quali fanno parte.
G. MONTICOLO.
R. Archivio di Stato in Lucca, Regesti, voi. I: Pergamene
del Diplomatico, parte I (dall' a. dccxc all' a. mlxxxi);
voi. II : Carteggio degli An:(iani, raccolto e riordinato da
L. Fumi, parte I (dall' a. mcccxxxiii all' a. mccclxviii);
parte II (dall' a. mccclxix all' a. mcccc), pubblicati in oc-
casione del Congresso interna:(ionaIe di scien:(e storiche in
Roma. — Lucca, Marchi, 1903; voli. 2, in-4; il I di
pp. i-xxxvi, 1-172, 1-23 ; il II di pp. i-xxix, 1-662.
Nella prefazione alla I parte del voi. I (cf Archivio, XXVI, 505)
Giustiniano degli Azzi Vitelleschi, sottoarchivista, che, per incarico del
direttore del R. Archivio di Stato in Lucca, compilò il Regesto del
Diplomatico, dopo aver rilevata l' importanza storica, diplomatica e giu-
ridica del documento privato, si ferma ad esaminare i caratteri estrin-
seci ed intrinseci delle trecentosette pergamene, che vanno dal 790
al 1081. Spiega una sigla caratteristica di quelle carte, la quale meglio
che il chrismon o il signutn tahellionatus, pare fosse usata per distin-
guere i documenti dei laici da quelli degli ecclesiastici, in Lucca, al-
'\Bib Ho grafia 235
meno fino alla metà del sec. xii, rinvenendosi quella non solo in prin-
cipio ma anche dinanzi alle sottoscrizioni autografe dei vari atti. Contro
l'opinione del Paoli, rileva che le formule più comuni per l'invoca-
zione divina nelle carte lucchesi sono : « In nomine domini nostri lesu
« Christi Dei aeterni » e « In nomine sanctae et individuae Trinitatis »
e non (In Dei nomine, amen»; a cui segue, nelle più antiche, per
la datatio la formola «regnante domno nostro», mentre nelle più
recenti gli anni vengono computati anche separatamente « ab incar-
«natione». Per ciò che si riferisce all'indizione, L, Fumi in una Av-
verteuT^a cronologica, dopo la lettera di dedica del volume stesso, di-
mostra essere stata adottata in Lucca quella costantinopolitana. Alla
rogatio segue Factum e nelle soscrizioni precedono il signum manus
o i nomi degli autori e, ove occorra, dei consenzienti e dei giudici, se-
guono i nomi dei testi e infine la firma autografa del rogatario senza
patronimici. Illustrando brevemente la formula finale « Post traditam
V. compievi et dedi)-), contro il Fertile, che vi riscontra la dichiarazione
di avvenuta tradizione, il compilatore s'accosta a quanto sostengono
il Ficker e il Calisse, coi quali interpreta che tale formula si riferisca
unicamente alla consegna della carta, dopo che questa era compiuta
dal rogatario. Accennato alla notificazione nel testo « Manifestus sum »
e al «quia» della nar ratio, passa a studiarla insieme con altre for-
mole speciali e alle clausole finali, per esempio alla sanzione, alla
sponsio, esponendo le norme generali seguite per la documentazione
dei negozi d'uso generale, cioè del contratto di compra-vendita, di
ripromissione, di donazione, di cartulae indicati, di livello e di permuta.
Sulle chartae pagenses di carattere pubblico, che nel volume sono ven-
totto, poco si ferma, perchè già pubblicate e illustrate ; lo studio s'ar-
resta all'anno 1081, nel quale anno s'inizia l'autonomia comunale di
Lucca, mentre in una II parte del volume I il Vitelleschi promette di
presentarci il Regesto delle carte lucchesi posteriori. Quanto alla com-
pilazione del Regesto, che è in italiano, segue il metodo adottato già
dal Jaffé, dal Potthast e dal Bòhmer, conservando la testuale onoma-
stica e toponomastica e anche quelle forme che accennano al sorgere
del volgare e che richiamano fatti giuridici: il protocollo e l'esca-
tocollo sono riprodotti per intero, come si leggono nell'atto, con
quelle annotazioni contemporanee o posteriori, scritte sul dorso, che
importano alla storia esterna del documento e con cenni bibliografici,
notando di ciascuno le dimensioni, lo stato di conservazione e nella
data tenendo conto perfino dell' indizione. Compiono la raccolta un
glossarietto, una tavola dei documenti distinti progressivamente e a
seconda della natura di essi, Con il nome del rogatario e un indice co-
pioso per materia.
2}6 'Bib It agrafia
Nel II volume L. Fumi ha raccolto e riordinato il carteggio degli
Anziani di Lucca, che nella I parte va dal 1333 al 1368, e nella II
dal 1369 al 1400. Nelle prefazioni sono tracciate le vicende della città,
che si desumono dalle stesse lettere. Con lo stesso metodo, seguito
pel Regesto del Diplomatico, dopo aver notato il destinatario e se in
volgare, dà di ciascuna lettera un fedele transunto, in italiano, trascri-
vendo i brani o il testo intero, quando l'esiga la importanza storica e
linguistica, corredandola di riscontri e di cenni bibliografici : vi segna
il « datum », l'anno e l'indizione e, ove occorra, il giorno, rilevando
anche se copia o minuta. Raccoglie in un' appendice la corrispondenza
alla quale, per pochi indizi o men sicuri, non si è potuto assegnare
una data certa. Non mancano un'accuratissima tavola cronologica, ove
sono ricordati i nomi dei mittenti e dei riceventi con la data, la pro-
venienza, la destinazione, il numero progressivo, gì' indici poi degli
Anziani e delle commissioni istituite per gli affari di Lucca in quel-
l'epoca, un copioso indice generale alfabetico e un glossarietto.
Trattandosi di documenti epistolari, ora redatti in lingua latina,
ora in italiano, spesso recenti, il metodo scelto dal Fumi per il car-
teggio degli Anziani, ci pare buono ; e se altri conservatori di archivi
e ricercatori di carte antiche, sulle orme di lui, attendessero a studiare
la corrispondenza degli Stati e delle città singole, non poco si avvan-
taggerebbe la conoscenza della vita amministrativa, civile e politica
delle varie regioni italiane.
Importanza di gran lunga maggiore avrebbe conferito al suo
lavoro il Vitelleschi ove il transunto egli avesse reso con le stesse
parole dell'originale. A lui non sfuggirà che gli studiosi, attraverso
un estratto meglio che dal regesto avrebbero potuto facilmente rico-
struire il documento, al quale non si sarebbe così tolto nulla del suo
valore giuridico, storico, letterario e diplomatico.
C. Ramadori.
A. Rocchi, La Badia di Grottaferrata. IP edizione notabil-
mente corretta ed accresciuta. — Roma, tip. Artigianelli
S. Giuseppe, 1904, S"" fìg., p. vii, 221.
La celebrazione del IX centenario dell' illustre cenobio ha già dato
motivo ed argomento a molteplici pubblicazioni sui vari aspetti della
sua storia e delle sue glorie, e certamente la esposizione di cimeli italo-
bizantini, che quei Padri hanno saputo raccogliere nelle stanze della
Badia, avrà ancora risultati estesi e durevoli nel campo degli studi.
bibliografia 237
Anzi, perchè questo delle memorie artistiche è stato principalmente il
mezzo onde la fama della Badia s' è oggi di nuovo ed ampiamente dif-
fusa nel pubblico, gli studiosi medesimi, e anche gli scrittori occa-
sionali, si sono rivolti con predilezione ad approfondire e divulgare
quell'ordine di argomenti, che oggi attrae, e non per sole ragioni ac-
cidentali, un immenso numero di lettori. Difatti il vigoroso risveglio
degli studi di storia artistica, che da alcuni anni ha conquistato una
così notevole parte della nostra vita intellettuale e che comprende
principalmente, com'è naturale, l'origine e l'evoluzione dell'arte cri-
stiana, va da qualche tempo orientandosi (è proprio la parola ad hoc)
verso quelle plaghe dove quella religione stessa ebbe le origini e i
primi fulgori. La formula interrogativa « Orient oder Rom ? » nella
quale uno studioso tedesco sintetizza la questione sulle origini dell'arte
cristiana rappresenta con chiaro laconismo i termini di una fervida
discussione che si è aperta da quando i cultori dell'Oriente son pas-
sati dalle congetture alle affermazioni generali e risolute, spodestando
Roma per Bisanzio prima, e poi per l'Asia Minore e la Siria e l'Egitto (i).
Comunque sia, nessuno ora disconosce che nella formazione dell'arte
cristiana l'Oriente ha un' importanza primaria, e che quanto si rife-
risce ad una più esatta e completa^ comprensione dell'argomento è, e
dev'essere, particolarmente ricercato ed apprezzato ; giusto sembra perciò
ed apprezzabile che la curiosità degli studiosi si volga con particolare
interesse al cenobio basiliano, che, proprio alle porte di Roma, rappre-
senta ancora schiettamente il cristianesimo orientale. V ha un altro
lato poi, non meno significante per la religione e la sua storia, che
la badia di Grottaferrata offre all'attenzione di una grande classe di
studiosi e di pubblico: la Badia rappresenta, insieme con l'arte, la
Chiesa orientale, di cui ha conservate, essa sola in Occidente, con le
regole dell'Ordine basiliano, le forme rituali del cristianesimo greco,
ripristinate integralmente da Leone XIIL Tale ripristino, vivamente
augurato da quei Padri, e che forma oggi per essi un particolare ar-
gomento di soddisfazione, in quanto che pare indicare un nuovo pe-
riodo di prosperità spirituale, ha un significato di indole anche più
generale: è un segno di quel movimento del cattolicismo romano verso
l'Oriente per ottenere la così detta unione delle Chiese dissidenti. Questo
proposito ha un tale valore religioso, sociale ed anche politico, che la
chiesa Criptense, divenuta in certo modo testimonianza visibile della
propensione del pontefice romano verso il cristianesimo greco, e quasi
anello di congiunzione fra le due grandi instituzioni, ne assume perciò
(1) Strzygowski Jos., Orz«H/ oder Rom? (Lci^izit^, looi); A7c;/;ii>/c)/ (Leipzig, 1903);
Koptische A'hwj/ (Wicn, 190,1).
238 bibliografia
un interesse tutto particolare. Se a queste condizioni caratteristiche si
aggiungono altri numerosi fatti che rilevano l' importanza storica della
Badia, come 1 ricordi archeologici del territorio, le vicende politiche
alle quali essa dovè prender parte come castello fortificato, e lo splen-
dore che raggiunse nel medio evo, sia quale centro religioso, sia quale
potestà civile e focolare di cultura, si intende bene come una mono-
grafia complessiva fosse opera desiderabile, e sia quindi da lodarsi il
padre priore Rocchi e per la prima idea che n'ebbe parecchi anni or
sono, e per la nuova edizione che ha creduto opportuno porre in
luce in questa occasione.
Certamente il simpatico volumetto non va considerato se non per
ciò che l'autore ha voluto fare: un'opera cioè che desse sommariamente
notizia, ad ogni persona di qualche cultura, delle origini, delle vicende
storiche e religiose. Sei singoli monumenti dell' illustre cenobio. Opera
fondamentale non intese di essere, né forse avrebbe potuto riuscire, sia
per le molte questioni che son tuttora in istudio, sia per la moltepli-
cità degli argomenti che alla storia della Badia si riferiscono e che
richiederebbero vasto lavoro d' indagine e di critica, e forse meglio di
più studiosi che d'un solo. Ma convien riconoscere che l'autore, pur
compilando, non accetta tradizioni e dati storici senza un qualche
esame critico, e si mostra convenientemente illuminato in ogni argo-
mento che espone; cosa naturale del resto, perchè pochi potrebbero
essere meglio informati di lui.
L'opera s' inizia con un capitolo sul Tuscolano, cioè con la descri-
zione storico-topografica dell'antico territorio, che fu splendido per ville
patrizie, fra le quali primeggiava, come è noto, la villa di Cicerone.
Che sui ruderi di questa sìa stato eretto il convento è antica tradizione,
ed è piuttosto confortata che scossa dalle esplorazioni archeologiche,
e quindi volentieri vi si attiene l'autore, che del resto non avrebbe con-
traria, per esempio, l'opinione del prof. Lanciani, la cui autorità su tali
materie è ben riconosciuta (i). Il secondo capitolo ci informa della vita
interna del cenobio, dal momento della fondazione (1004), giungendo,
attraverso le svariate e non sempre fortunate vicende, sino al fonda-
mentale riordinamento della disciplina monastica secondo la regola di
san Basilio, avvenuto nel 1901. La descrizione della basilica (cap. iii),
monumento di molteplice importanza, benché malamente alterato da
più rifacimenti, potrà essere in una nuova edizione resa più completa
e più istruttiva, dacché molti studiosi odierni vi hanno recato il con-
(i) Ricordiamo, incidentalmente, che il Lanciani, in una conferenza tenuta nella scorsa
primavera alla Badia, espresse l'opinione che provenga da quella località anche l'Apollo
del Belvedere, che per tradizione si ritiene trovato ad Anzio.
"Btblwg rafia
tributo delle loro indagini. Ricordiamo, ad esempio, che i preziosi af-
freschi della navata centrale, ultimamente rimessi in luce, sono stati
studiati con intelligenza dal Toesca (L'Arte, anno VII), e che, per limi-
tarci agli autori nostrani, Attilio Rossi ha riesaminato, in un breve e
sostanzioso articolo, l'età e i caratteri della porta e degli stipiti, del
mosaico sovrastante, nonché degli affreschi suddetti e del mosaico del-
l'arco trionfale (i). È ben vero che anche in questo capitolo l'autore
non può oltrepassare di troppo i limiti impostigli dall'armonia del-
l'opera. Del rito, altro caratteristico argomento, è fatta una sommaria
e abbastanza chiara spiegazione nel quarto capitolo, ove l'autore ha
sempre avuto presente come il libro, pel suo carattere, doveva perve-
nire anche nelle mani di quelli non iniziati a quell'ordine di cogni-
zioni, ed è riuscito ad esporre con semplice chiarezza le fosi storiche
di quel rito greco, a cui si può quasi affermare che vada legata l'esi-
stenza della Badia. Col v capitolo passa alla storia civile od esterna,
che ha in certo modo il suo simbolo nel castello Roveriano, sebbene
questo sia stato costruito verso la fine del secolo xv, ed anche in
precedenza il convento, e per la sua posizione vantaggiosa e per la sua
stessa prosperità ed importanza, sia stato sovente scelto a quartiere di
armati e siasi trovato a prender parte alle lotte civili e guerresche.
Quanto al castello, che l'autore accuratamente descrive, notiamo ch'ei
l'attribuisce tuttora a Giuliano da Sangallo, mentre, come riferisce il
Rossi citato, « oggi è noto che l'architetto di quella fortezza fu il fio-
(.( rentino Baccio Pontelli ». La storia del villaggio, che sussegue a quella
del castello (cap. vi), è d' interesse quasi affatto locale, e forse l'autore vi
si diffonde troppo famigliarmente in piccole notizie che toccano in modo
molto indiretto la vita della Badia; non disconosciamo per altro che
in uno studio complessivo, che doveva rivolgersi anche agli abitanti
del luogo, anche molte notizie occasionali dovevano parere all'autore
opportune. Forse anche il capitolo non è esattamente al suo posto.
Gli studi monastici (cap. vii) sono una tra le glorie non minori del
Cenobio, che ebbe già nel suo fondatore un uomo erudito, e in molti
de' suoi abati (basti ricordare Bessarione) cultori e promotori di ogni
ramo di studi, oltreché una riputata scuola di scrittura. A questa, come
alla biblioteca ed alle altre opere d'arte che decorano la chiesa e il
convento, è dedicato uno speciale capitolo (vii, / codici e le arti), nel
quale sono esposte con qualche diffusione le notizie della calligrafia,
(i) Rossi Attimo, // cenobio hasiliano di Grotlaferrata (Estr. dalla Rivista d' Italict,
a. VII, 1904, p. 29 sgg). Registriamo questo buon articolo, perchè riteniamo che meriti
di essere segnalato su questo periodico, e non certo per la pretesa di rivelarlo al P. Rocchi.
Per la parte storica il Rossi s'è anzi giovato delia monografia del Rocchi, ma la parte arti-
stica, che è la principale, 1' ha svolta espressamente.
240 'Bibliografia
della miniatura e della biblioteca, nonché delle pitture del Domenichino
nella cappella Farnesiana: notizie le quali sarebbero state meglio, ci
sembra, distribuite nei capitoli precedenti. È bene invece che l'autore
abbia descritto a parte la Raccolta artistica (cap. ix), argomento che
appare per la prima volta in questa edizione, perchè recente è la for-
mazione del piccolo museo, composto di pezzi archeologici ritrovati in
quel territorio, di framnienti del primitivo edificio del convento e vari
altri pregevoli oggetti dei secoli posteriori, di diverse provenienze. Pa-
recchi d'essi hanno concorso in quest'anno al lustro dell'esposizione,
e da ciò l'autore trarrà vari elementi utili per illustrare la raccolta in
una nuova edizione. Del capitolo conclusivo, che egli intitola // mo-
numento, troviamo si sarebbe potuto fare a meno, poiché le cose ivi
dette sono per la maggior parte o inutili o inopportune, come, per
esempio, il ricordare con compiacimento alcuni visitatori, la cui pre-
senza non aggiunge un atomo di gloria ad un istituto come la badia
di Grottaferrata, e che visitano con le stesse disposizioni luoghi assai
meno spirituali di quello.
Ma pure in tali minuzie si palesa in fondo il grande affetto che
l'autore ha posto alla trattazione dell'argomento; e noi ne prendiamo
motivo a sperare che, com'egli è stato il primo a comporre una som-
maria monografìa generale, così possa darci in seguito un'opera estesa
e definitiva sulla storia della Badia.
A. ROMUALDI.
Marco Besso, Roma e il Papa nei proverbi e nei modi di
dire. Nuova edizione illustrata. — Roma, Loescher, 1904,
in-4, pp. xLiii-336.
Se « ognuno non è nato per andare a Roma » , pure questo pri-
vilegio, anzi premio, non può negarsi al « memore triestino » , il
quale venutovi ha inteso tutta la grandezza, ha subito il fascino pro-
prio della città eterna. E poiché tale incanto si comunica a coloro che
« amano e pensano » , agli studiosi di cose romane apparirà in tutto
il suo pregio l'opera che davvero « con amore e con cura » ha com-
piuto l'autore, per rendere il tributo della propria riconoscenza a questa
Roma, che fu in altri giorni per lui anche <' scuola impareggiabile di
ffvita». Se il nome della città scuote ognora la fantasia delle genti
più lontane, degli ultimi orientali persino che chiamano « occhio del-
« l'universo ->) Roma «in cui, se non fossero le voci e il chiasso degli
« abitanti suoi, si udrebbe il rumore che fa il sole dove sorge e dove
« tramonta » ; se « si raccontano meraviglie da tali che non l' hanno
bibliografia 24 1
« mai veduta .) ; non potevano le vicende gloriose, la tradizione e la
storia sua lasciare indifferente l'animo di quel patriota irredento, che
conoscendo Roma da quarant'anni, «non si sente ancora sicuro di
«essere penetrato nell'intima essenza di questa meravigliosa città,
« senza che si sia mai affievolita l'attrazione che essa esercita sul suo
«spirito». Sotto tale impulso veemente egli si accinse già in altri
tempi a ricercare, a riunire, a coordinare le impressioni più o meno
vive, che lungo i secoli destarono nella coscienza popolare le vicende, che
Roma attraversò : impressioni clie quella poi scolpiva in motti concisi
ed efficaci, i quali vivranno quanto il mondo lontani. Anch'essi stanno
monumento e monito di un'epoca, che fu sotto il dominio della storia.
Nella prefazione, in quella mirabile e lucida sintesi di storia che
accenna al lungo e oscuro periodo dalla decadenza romana al rina-
scimento, egli lamenta che « di un tempo di cui quasi manca la storia,
« manchino pure quelle traccie di vita e di convivenza cittadina, che
« s' incontrano nei proverbi e nei modi di dire » . Per rintracciarle bi-
sogna scendere a quando i volgari formati s'incominciano a scrivere,
e più propriamente all'epoca della riforma e della contro-riforma, al-
lorché tali espressioni popolari si confondono spesso colle pasquinate.
Non solo tra noi, ma eziandio tra i popoli anche più remoti Roma
esercitò un influsso, il quale venne fissato in sentenze, in modi di dire,
in proverbi corroborati e sempre freschi per una viva e secolare tra-
dizione. Con lungo amore e con ampio criterio attese a raccoglierli
il Besso, per impedire che fossero travolti anch'essi da quell'onda de-
vastatrice, che è l'opinione pubblica o meglio il giornalismo. E la rac-
colta accuratissima, che già fu stampata nel 1889, è stata ora, più
ampliata e arricchita di tavole ed illustrazioni, data nuovamente in
luce, coi tipi della ditta Forzani e C, del Senato, in un' edizione arti-
stica che anche nella veste tipografica è riuscita un modello di
stampa dei tempi nostri. L'opera è divisa in XXX capitoli; ciascuno
presenta come titolo un modo di dire italiano, intorno al quale furono
raccolti tutti quegli altri, o dettati in epoca anteriore in latino, o che
si rinvengono nelle lingue moderne. Ciascuno quindi costituisce quasi
una rubrica (difatti il Besso ha curato che fosse impresso in rosso
anche nella marginatura), e trova spiegazione nell' autorità di molti
altri affini o simili. E non poca fatica dovè costare a lui il rintrac-
ciarli attraverso tutte le letterature, anche nei secoli precedenti, il
raccoglierli, l'arricchirli di una bibliografia amplissima e il fornirli di
particolari riscontri storici. Anche di riscontri storici, perchè ognuno
di quei proverbi trae l'origine e ha la sua base su un fatto più o meno
importante, per poi fissarsi in una perenne e viva tradizione. Tale
intento si rileva sopratutto nel I capitolo ove, sotto il celebre detto
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVniI. 16
242 ^ihliografia
«Roma caput mundi», ricorda gli epiteti e le amplificazioni, con cui
la magnificarono i classici latini, testimoni della sua grandezza ; e rag-
gruppa le lamentazioni che versarono sulla sua decadenza poeti e scrit-
tori cristiani e monaci del medio evo, memori della romanità ormai
tramontata. E la eco di tanto fasto e dì tanta rovina giunse fino ai
tempi nostri, in cui le letterature più diverse rievocarono tutto il fato
di Roma consacrandolo in espressioni, che anzitutto furono raccolte
dal volgo, e che l'autore ha avuto cura di riunire nel suo libro. Dopo
avere illustrato pertanto in ventisei capitoli successivi i modi di dire e
i giuochi di parole persino, che hanno attinenza con l'eterna città,
tanto diversa dalle altre, col suo Tevere, col suo « Bello » financo, egli •
passa a commentare nel XXVII le frasi piìi caratteristiche che alludono
al papa e al papato. Né ciò deve sorprenderci, « comechè da dieci secoli
« almeno la storia e la vita e le vicende di Roma formino un tutto e
« sieno intimamente e indissolubilmente legate e intrecciate con la
« storia e la vita e le vicende del papato e dei papi » . E tale com-
penetrazione secolare, tale fatto irrefragabile non sfuggì all'osserva-
zione del popolo, che oggi ancora ripete : « Dove sta il papa sta Roma » .
E poiché, anche qui, non mancarono attacchi a codesta istituzione, egli
li raccoglie per lumeggiare meglio la figura di molti rappresentanti
di essa. Ma in questo compito, altre volte spinoso, egli é assurto al-
l'altezza di storico profondo e imparziale. Già nella prefazione aveva
accennato « sine ira et studio » al trasformarsi del papato, che egli
sostiene sia rimasto sempre al livello dei tempi; e poi nel XXIX ca-
pitolo riferisce per molti di essi quanto cronisti, diaristi, scrittori an-
che apologetici e Pasquino stesso ci tramandarono, unitamente alla
relativa profezia di Malachia e a un'esatta cronologia. Non ha lasciato
d' illustrare nel XXVIII capitolo la tanto popolare leggenda della pa-
pessa Giovanna, nonché la « sedes stercoraria ». E chiudono la pre-
ziosa raccolta (capitolo XXX) quelle sentenze e quelle frasi, che sono
quasi la sintesi della storia del nostro risorgimento, e che alludono
ai destini di Roma intangibile per l'Italia rinnovellata. Valendosi del
famoso motto dei separatisti tedeschi «Los von Rom», prende con-
gedo, augurandosi che il lettore lo ripeta con più benevola intenzione
per il «raccoglitore di queste note». Alla fine delle sue note, dense
di ricordi storici e di commenti letterarii, non quel motto « Lungi da
«Roma», ma forse v'avrebbe trovato posto meglio l'altro «. . .e
« sempre Roma » poiché « Nulli sit ingrata Roma, quae dici non po-
« test aliena » , specialmente quando ne parla o scrive con tanta ele-
vatezza di concetto, intelletto d'amore, e varietà arguta chi dedicò a
essa « patria communis » la vita e il sapere.
C. Ramadori.
NOTIZIE
Col titolo di Rivista storico-critica delle sciente teologiche il Padre
Bonaccorsi, sostituito recentemente dal P. Bonaiuti, ha cominciato a
pubblicare (Bellaco e Ferrari) una effemeride col triplice scopo di « con-
te tribuire al progresso delle discipline teologiche ; diffondere la cognizione
« dei risultati ottenuti ; offrire agli studiosi un utile strumento di lavoro » .
La Rivista interessa non solo i cultori delle discipline teologiche, ma
anche coloro che si occupano di ricerche storiche, come già si vede
pei titoli che riproduciamo di alcuni degli articoli finora dati in luce:
L' ispirazione divina nell'antico Israele del Fracassini (studio della evo-
luzione della profezia dai tempi più antichi sino alla riedificazione di
Gerusalemme dopo la schiavitù babilonese) ; / Pater ini in Firenze nella
prima metà del secolo XIII, del Ristori ; Uno sguardo sintetico alla questione
Hamunirabi, del Mari; L'antica costituzione della Chiesa, del Buonaiuti.
Il P. Lugano, Olivetano, zelante investigatore della storia del suo
Ordine, annunzia una Rivista storica Benedettina con intenti assai più
larghi delle Studien und Mittheilungen aus dem Benedictìner- und devi
Cistercienser-Orden di Raigern (Brùnn) nell'Austria e della Revue Béné-
dictine di Maredsous (Namur) nel Belgio. La lunga vita di quell'Or-
dine, le numerose sue ramificazioni, la grande e varia influenza che
esso ebbe in tutte le manifestazioni della cultura medioevale non fanno
parer troppo un terzo periodico destinato ad illustrarne le vicende.
La nuova Rivista pubblicherà Memorie e studi originali, Varietà di docu-
menti agiografici, letterari, biografici; Letteratura delle opere che ri-
guardano la storia benedettina; una Cronaca del movimento storico
dell'Ordine. Essa verrà compilata da membri dell'Ordine di ciascuna
Congregazione benedettina con la collaborazione di dotti laici italiani
e stranieri. La pubblicazione del primo fascicolo si annunzia oel
1° gennaio venturo.
244 V^ti'{ie
Tornare sull'argomento delle Carte d'Arborea dopo che la questione
si riteneva definitivamente giudicata, poteva parere, come a taluno
infatti parve (O. H. E,, in Neues Archiv d. Gesell. f. altere deutscbe
Gesch. 1905, p. 547), tempo ed opera perduta. Invece, un dotto ben noto
e caro agli studiosi, W. Foerster, riprese a studiare la complessa
questione e ne fece oggetto di una comunicazione speciale al Con-
gresso internazionale di scienze storiche tenutosi in Roma nell' aprile
del 1903. La comunicazione che negli atti di quel Congresso apparve
solo in rapido riassunto, fu recentemente pubblicata nella sua inte-
grità fra le Memorie della R. Accademia delle sciente di Torino, serie II,
t. LV {Sulla questione dell'autenticità dei codici di Arborea; esame
paleografico . . . con una zincotlpia nel testo e due tavole in fototipia). In
essa il Foerster mette bene in chiaro la ragione per la quale egli
tornò ed altri indusse a tornare sulle Carte d'Arborea, rifacendone
brevemente la storia delle falsificazioni e confermando, con l' esame
paleografico di quei documenti, la condanna che su tutta quella farra-
gine ebbero già a pronunziare gli accademici di Berlino nel 1870.
Nella Rivista di studi scientifici Tridentum, fase, i del 1905, il
dott. Luigi Sette illustra alcuni codici attribuiti a fra Bartolomeo da
Trento, domenicano, vissuto nella prima metà del xiii secolo. Tali
codici si trovano ora nella biblioteca Vaticana e il S., dopo averli
descritti, riassume con diligenza, nella seconda parte del suo articolo,
le notizie biografiche di fra B. e studiandolo come teologo, come sto-
rico e come uomo politico, ricompone e delinea nitidamente il ritratto
di questo suo concittadino ben meritevole di non essere dimenticato.
Facendo seguito ad altre dissertazioni su Como Romana, Como
nelV invasione dei barbari e la Chiesa comasca, Santo Monti ha pubbli-
cato una memoria sul Comune di Como nel medioevo, nel quale 1' au-
tore non fa che riassumere notizie già conosciute con poco ordine e
senza alcun metodo.
L' infaticabile illustratore delle memorie viterbesi Cesare Pinzi
ha pubblicato (Viterbo, tip. Monarchi, 1905) la terza edizione della
sua guida, / principali monumenti di Viterbo, accrescendola con due
Appendici; nella prima delle quali, Antonio del Massaro detto il Pa-
stura, pittore viterbese del Rinascimento, con documenti inediti dell' ar-
chivio notarile viterbese e con notizie già conosciute disegna la figura
biografica del Pastura, pittore preraffaellita che rappresenta degna-
mente l'arte viterbese nel secolo d'oro della pittura italiana; nella
T^oti\ie 245
seconda, Quasi duemila anni di memorie sulle terme viterbesi, il Pinzi
riassume le notizie intorno alle terme di quella città dall'epoca romana
fino ai tempi moderni, aggiungendone qua e là alcune tratte dal pre-
zioso archivio della sua città. La nuova edizione del Pinzi è indubbia-
mente la migliore e la più sicura guida dei monumenti insigni di
Viterbo.
Una nuova e grandiosa illustrazione dei mosaici di Santa Maria
Maggiore è stata fatta da J. P. Richter in collaborazione con Miss A.
Cameron Taylor {The golden age of classi e Christian art, London, 1904)
con risultati fondamentalmente diversi da quelli a cui erano giunti i
più illustri studiosi precedenti compreso il De Rossi. Perocché gli
autori, dopo aver fatto un lungo ed accurato esame dei detti mosaici,
si sono convinti che la data di essi deve riportarsi indietro di circa
due secoli, cioè a quel periodo, che si potrebbe chiamare degli epigoni
dell' arte classica imperiale, intorno alla fine del secondo e il principio
del terzo secolo. Il libro è composto con ordine e chiarezza ed illu-
strato in modo largo e sicuro.
Georges de Manteyer, già noto per i suoi studi intorno alla storia
della casa di Savoia, torna sull'argomento col volume: Les origines
de la maison de Savoie en Botir gogne (910-1060), trattando più difili-
samente della Paix en Viennois (Anse [17 juin?] 1025) e des additions
à la bihle de Vienne (ms. Bern. A. 9). Il nuovo contributo è pubbli-
cato nel BtiUetin de la Sociètè de statistique des sciences naturelles et des
arts industriels du département de l'I sère, 4^ sèrie, t. VII (Grenoble, 1904).
Nei BuUetins de la Commission royale d'histoire de Belgique,
t. LXXIII, fase. Ili, Ursmer Berlière pubblica un manipolo di docu-
menti inediti tratti dagli archivi belgi e dal vaticano, illustrando la
carriera beneficiale di Giovanni di West, vescovo di Tournai, nomi-
nato da Urbano VI.
Roba di Storia e d'Arte è il titolo di una nuova rivista che pro-
mette di uscire una volta il mese, con articoli d'argomento medioevale
e moderno intorno a fatti di Roma e di Romagna.
Sotto la direzione di Andrea Michel, conservatore ai musei na-
zionali e professore alla Scuola del Louvre, si è cominciata la pub-
blicazione di una Histoire de l'art depiiis les premier s iemps chréiiens jnsqnìi
24^ V^ottiie
nos jours (Colin, Paris). N'è già uscito il primo volume che va dai pri-
mordi dell'arte cristiana alla fine del periodo romanico. Vi collaborano
eminenti cultori di storia dell' arte quali 1' Enlart, il Bertaux, il Mo-
linier, l'Haseloff, il Male, il Prou. L'opera intera si comporrà di otto
volumi ampiamente illustrati.
Nicola Barone in una Memoria, letta all'Accademia Pontaniana
[di Napoli], nella tornata del 5 febbraio 1905, ragiona di Alessio Au-
relio Pelliccia, cattedratico di diplomatica della R. Università degli studi
in Napoli nel primo quarto del secolo XIX (Napoli, Giannini, 1905).
Nel Bulleiin de la Società nationale des antiquaires de France (1904)
H. Omont pubblica un Portrait de Guarino de Verone, il celebre umanista
italiano, autore della traduzione latina dei diciassette libri della Geo-
grafia di Stradone, il cui originale ora si conserva nella biblioteca
Bodleiana (n. 31 mss. latini dei fondi canonici). Ma quest'autografo
non ha più il ritratto in grande di Guarino che una volta vi era unito ;
ne esiste bensì una copia antica, fatta in Italia verso la fine del sec. xv,
che presentemente si conserva fra i manoscritti della biblioteca Phillips
(n. 6685), e da questo esemplare viene il ritratto che l' Omont pub-
blica nel citato articolo.
La Società Storica Sarda ha impreso la pubblicazione di un Ar-
chivio Storico Sardo di cui dà il fascicolo 1-2 del voi. I (Cagliari,
Dessi, 1905) contenente, di A. Solmi: La Sardegna e gli studi storici \
di B. Bandi di Vesme, Guglielmo giudice di Cagliari e l'Arborea; di
E. Besta, Appunti cronologici sul condaghe di S. Pietro in Silchis; di
S. Pintus, Vescovi ed arcivescovi di Torres oggi Sassari; di L. Arezio,
La diplomazia sarda alla vigilia della ter'^a coalizione europea ; cui se-
guono aneddoti e notìzie, rassegna bibliografica e cronaca.
Il Comitato del Congresso internazionale di scienze storiche te-
nuto a Roma dal 1° al 9 aprile 1903 continua la pubblicazione degli
Atti. Dopo che (voi. XXVII, p. 295) si dette in OjUQS'C Archivio notizia
dei volumi IV, VI, X, XI sono venuti a luce anche i volumi II, V,
VII, Vili, XII. Nel volume II {Storia antica e filologia classica) E. Petersen
parla della Colonna Traiana in Roma; B. Modestov, della Questione
etrusca ; L. Holzapfel, della Leggenda di Romolo ; N. Vulic, di Un' iscri-
zione romana trovata in Turchia e della Guerra di Ottavio in Illiria;
A. Galanti, delle Opere di Claudiano; F. Skutsch, di Alcune forme del
verbo latino ; F. Ramorino, De codice Taciti Aesino nuper reperto ;
V^tiiie 247
V. Ussani, Del valore storico del poema di Lucano ; X. Solari, di Lutaiio
Catulo nella narrazione della guerra ciinhrica in Plutarco. Nel voi. V
{Archeologia) T. Asbhy (iunior) tratta dei Documenti relativi alla storia
della zna Appia ; R. Lanciarli, della Ricomposizione della <( Forma Urbis » ;
G. Boni, del Foro Romano. Nel volume VII (Storia dell'Arte) F. PuUè
parla dei Riflessi indiani nelV arte romanica ; V. Waille presenta una
Note sur une inscription et des peintures murales de la hasilique Saint-CU-
tnent à Rome; M. E. Cannizzaro illustra L'Oratorio primitivo di S. Saba-,
P. D'Achiardi, Gli affreschi di S. Pietro a Grado presso Pisa e quelli già
esistenti nella basilica Vaticana ; V. Leonardi illustra, nell'articolo Af-
freschi dimenticati del tempo di Martino V, l'oratorio dell'Annunziata
in Riofreddo ; V. Waille parla dei Voyages de Rabelais à Rome et l'in-
fluence que l'art italien de la Renaissance a pu exercer sur lui. Nel
voi. Vili {Storia dell' arte musicale e drammatica) F. Ramorino parla
Dell'opportunità di pubblicare in edizione critica gli « Scriptores musici
latini » ; G. Radiciotti, del Teatro e musica in Roma nel secondo quarto
del secolo XIX. Nel voi. Xll {Storia delle sciente fisiche, matematiche, na-
turali e mediche) non v' ha nulla che interessi i nostri studi.
Nella collezione dei Manuali Hoepli Solone Ambrosoli pubblica un
Atlantino di monete papali moderne (Milano, 1905, pp. 131, con 200 fo-
toincisioni) dove raccoglie ed illustra le monete di Alessandro VII
ed YIII, di Benedetto XIII e XIV, dei sei Clementi (dal IX al XIV),
di Gregorio XVI, dei quattro Innocenzi (dal X al XIII), di Leone XII,
dei quattro Pii (Pio VI-IX), di Urbano Vili e dei periodi di pontifi-
cato vacante dal 165;) (card. Barberini) al 1846 (card. Riario-Sforza),
nella reggenza, cioè, dei camerlenghi Barberini, Altieri, Spinola, Al-
bani, Colonna, Rezzonico, Pacca, Galleffi, Riario-Sforza. Le monete
sono disposte e illustrate in ordine cronologico, sono seguite da un
elenco dei motti posti in ordine alfabetico e precedute da una breve
notizia della vita - di Angelo Cinagli, il noto autore dell' opera Le mo-
nete de' papi descritte in tavole sinottiche (Fermo, Paccasassi, 1848) in
sussidio della quale l'Ambrosoli ha coordinata la sua raccolta. La
quale riesce una interessante ed utile appendice all'opera dello stesso
Cinagli.
Nella Bibliothèque de l'Ècole des chartes (t. LXII) Henri Omont
illustra Le recueil d'anciennes ècritures de Pierre Hanion (i 566-1 567),
un segretario di Carlo IX, uno dei primi eruditi francesi che tentasse
una raccolta ordinata a costituire una specie di trattato di paleografia.
Costui pubblicò a Parigi (Royer) nel 1561 un Alphabet de l'invention
des lettres en diverses ècritures. Nello stesso volume pubblica: La bi-
248 VXpttite
hliothèque iVAngìiherto del Belilo due de Nardo et comte d'Ugento au
royaume de NapJes, desumendone il contenuto da un inventario redatto
nel 1 544 già appartenuto alla raccolta di Antoniello Pietrucci, segre-
tario e primo ministro del re Ferdinando, morto nel i486, e ora con-
servato fra i mss. (n. 8751) della biblioteca Nazionale di Parigi. Nel
t. LXIII lo stesso Omont comunica agli studiosi un Dictionnaire
d' abréviations latines puhlié à Brescia nel 1534 comunicatogli da Nicola
de LichatschefF, professore all' Istituto imperiale archeologico di St-Pé-
tersbourg. Contiene le abbreviazioni con le spiegazioni disposte alfabeti-
camente, in tre colonne, e l' indicazione dell' edizione eseguita a Brescia
nel 1534 da Damiano e Giacomo Filippo Zurlini, noti stampatori di
Brescia. Nel t. LXV (1904, pp. 364-89) con la sua memoria: Dipìómes
CaroUngiens . Bulle du pape Benoit Vili sur papyrus et autres documents
concernant les ahbayes d'Amer et de Camprodon, en Catalogne, dà la no-
tizia e il testo di nuovi documenti acquistati dalla biblioteca Nazio-
nale di Parigi (nn. 2579, 2580 latini) consistenti in due diplomi ori-
ginali di Carlo il Calvo, uno di Carlo il Semplice, un'altra copia di
un diploma di Luigi d'Oltremare, una bolla papiracea di Benedetto XIII
ed altri atti privati originali del x secolo, quasi tutti riguardanti le
badie di Amer e di Camprodon in Catalogna.
L. Schiaparelli, che aveva già trattato dello Scriniiim confessionis
(cf. c^tsX' Archivio, XXIV, 3 sgg.), torna sull'argomento con Alcune
osserva'^ioni intorno al deposito archivistico della u Confessio S. Petri »
(Archivio storico italiano, dispensa 4^ del 1904) in seguito a quanto
del medesimo argomento aveva troppo recisamente affermato mon-
signor Duchesne {Mélanges d' archeologie et d'histoire, XXII, 421 sgg.)
e riassume le testimonianze che permettono di accogliere l'ipotesi
dell' esistenza di un tale archivio, ammessa già dal Sickel, dal De Rossi,
dal Kehr, dal Bresslau e dal Scheffer-Boichorst.
H. Omont nella Revue des études grecques (Paris, Leroux) pubblica
il facsimile e la trascrizione delle Ahrèviations grecques copièes par
Ange Politien et puhliées dans le « Glos saire grec » de Du Gange, tratte
da un foglio unico conservato fra le carte del Du Cange nella biblio-
teca Nazionale di Parigi (ms. frane. 9467, fol. 54).
Vittorio Lazzarini ripiglia in esame cinque originali dei dogi di
Venezia : Vitale Falìer, Vitale I Michael e Ordelaffo Falier (una v carta
« oblacionis » del luglio 1090 pel monastero di S. Giorgio Maggiore;
una « cartula offercionis » del marzo 1098 pel monastero di S. Bene-
V^tiiìe 249
detto di Polirone, un « placitum » del luglio iioo; una « cartula con-
ce cessionis » del settembre 1108, una «cartula venditionis » del set-
tembre II 12), rilevando da esse {Originali antichissimi della cancelleria
vene-^iana; osservazioni diplomatiche e paleografiche, Venezia, Visen-
tini, 1904, estratto dal A^. Archivio Veneto, N. S. t. Vili, part. II,
p. 33, in-4) le caratteristiche diplomatiche e paleografiche dei diplomi
dogali di quel tempo.
Per cura del Ministero della pubblica istruzione e col titolo /
monasteri di Suhiaco sono stati pubblicati due volumi (tipogr. del-
l'Unione Cooper, edit., Roma, 1904-905) contenenti l' illustrazione sto-
rica, architettonica ed artistica dei due insigni monumenti sublacensi.
Autori di essa sono P. Egidi, G. Giovannoni, F. Hermanin che nel
voi. I (pp. II, 546 con 6 tav. e 59 illustrazioni e disegni nel testo)
parlarono rispettivamente delle Noti:{ie storiche della badia durante il
medioevo; déiV Architettura dei monasteri Sublacensi e degli Affreschi del
S. Speco; V. Federici che nel voi. II (pp. Lxxxi-467 con 4 tav. e
8 figure nel testo) raccolse la notizia sommaria di tutti i documenti
(418 manoscritti dei secoli ix-xix; 173 incunaboli degli anni 1465-1500;
481 1 documenti degli anni 369 -sec. xix) riguardanti la storia della
badia e li illustrò con uno studio riguardante la Biblioteca e l'Archivio
dì S. Scolastica e dello Speco.
Lucien Auvray nella Revue d'histoire diplomatique (Paris, Plon-
Nourrit, 1905) pubblica un Inventaire d'une collection de lettres de car-
dinaux raccolte nei mss. italiani 1183-1184 della bibl. Nazionale di
Parigi, nel quale dà notizia di circa trecento lettere di oltre cento-
venti cardinali del sec. xvi e della prima metà del sec. xvii riguar-
danti in parte affari privati e semplici complimenti, in parte affari
diplomatici, rapporti di missionari e di ambasciatori fi-ancesi alla corte
di Roma. La raccolta e l'inventario che ne dà l' Auvray sono disposti
in ordine alfabetico dei nomi dei porporati.
Nel gennaio di quest'anno fii pubblicato (D. Anderson, Roma) il
fase. XX deW Archivio paleografico italiano diretto da E. Monaci, che
contiene quindici tavole; delle quali, una a continuazione del voi. II
(Monumenti paleografici di Roma) riproduce un frammento del più an-
tico Statuto di Tivoli (io settembre 1305) in copia del 1369; dieci a
continuazior.e del III (una carta ravennate del 1 1 3 5 ; cinque carte
provenienti dal monastero di S. Michele Arcangelo di Montescaglioso
(1083-1200); due privilegi di Giovanna II (1419); due pagine che son
copia letterale fatta nel Cinquecento di altre due pagine che già facevan
parte dei frammenti autografi di F. Petrarca conservati nel cod. Vat. 3196
e che oggi mancano nel detto codice; quattro del voi. V contenenti iscrì-
250 V^oti^ie
zioni romane del sec. iv e v, due delle quali specialmente interessanti
nei saggi che offrono di minuscola romana epigrafica. Nel maggio pure di
quest'anno è stato pubblicato il fase, xxi contenente quindici tavole, delle
quali sei a continuazione del voi. Il (pergamena del 957; fram.menti di
un passionano del sec. xii; una lettera di Alessandro IV del 1256; un
documento privato del 1387, tutti di Orte; una romana del i387);inove
a continuazione del voi. Ili (carte ravennate e cesenati (983-1183)
tratte dal fondo Ravennate di S. Paolo fuori le mura).
Il dott. Antonio Maselli ricerca nella sua tesi di laurea (Di al-
cune poesie dubbiamente attribuite a Paolo Diacono, Montecassino, 1905)
fra le poesie che furono attribuite a Paolo Diacono, quelle che pos-
sono con fondamento dirsi sue, ponendone a confronto il contenuto,
lo stile, la metrica con le genuine e concludendo che si possono
sicuramente assegnare a lui l' inno Ut queant laxis ; l' iscrizione Ante
fores basilicae; probabilmente il Versus in tribunali; In basilica S. Ma-
riae; Super crucem ; Sine titulo ; Christe Deus mundi; Ad abbatem\
dubbiamente: il Distichon in foribus ; Coniurationes convivarum prò
potu ; Epitaphiwn Chlodarii pueri regis ; In Assumptione S. M. Virginis ;
Olim romulea; Sponsa decora Dei; mentre sono certamente spurie
V Epitaphiwn Constantii ducis; Quod fatis liceat; ì due Alfabetum de
bonis e de malis sacerdotibus ; i Versus de Aquileia nunquam restauranda ;
Martir Mercuri saeculi; Salve miles egregie; Multa legis paucis. Il M.
all'analisi grammaticale stilistica e metrica delle varie poesie aggiunge
anche lo studio critico della vita di Paolo Diacono a maggiore illu-
strazione delle sue poesie che si riconnettono tutte alle varie vicende
in mezzo alle quali visse ed operò il Poeta.
Nel Bullettino dell'Istituto Storico Italiano (n. 26) L. Schiaparelli
continua le sue Ricerche storico-diplomatiche intorno ai Diplomi dei re
d'Italia, occupandosi in questa II parte dei Diplomi di Guido e di
Lamberto. Fondamento del presente studio sono ventitré diplomi di
Guido, compresi due falsi ; tredici di Lamberto, di cui due spurii. Lo
S. dopo aver parlato della denominaiione e del genere dei diplomi, il-
lustra la costituzione della Cappella-, della Cancelleria di Guido e di
quella di Lamberto; gli scrittori dell'una e dell'altra cancelleria. En-
trando poi a parlare della parte costitutiva del documento, ne esamina
le formule del protocollo, del testo, dell'escatocollo; il det-
tato e le falsificazioni. Chiude lo studio il prospetto dei diplomi di
Guido, quello dei diplomi di Lamberto. Fra i Fonti dello stesso Istituto,
G. B. Siragusa, che attende con grande amore all'edizione di Pietro
da Eboli, il giorno dello Statuto presentava all'Accademia dei Lincei
il Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli, secondo il codice 120
V^ottiie 251
della biblioteca Civica di Berna (Roma, Forzani, 1905), cioè cinquantatre
tavole in fotoincisione, eseguite con grande senso d'arte dal Danesi
di Roma, le quali riproducono le miniature dell'opera di Pietro, già
largamente illustrate dal Siragusa nel Btillettino dell'Istituto Storico Ita-
liano, n. 25. In esse compaiono, rappresentati con grande vivacità,
Ruggero II, Enrico VI e la moglie Costanza, Guglielmo II, re Tan-
credi, Federico I imperatore, e i numerosi episodi della vita pub-
blica e privata di questi e di altri personaggi ricordati nel racconto di
Pietro: monumento prezioso per la storia di quei tempi, che il mi-
niatore ritrasse talvolta con un senso d' umorismo bonario che lo eleva
nella considerazione nostra assai più che il suo tecnicismo il più delle
volte assai modesto ed errato. Francesco Novati ha pubblicato la prima
parte del suo IV volume del Salutati {Epistolario di Coluccio Salutati)
dove raccoglie e commenta largamente trentaquattro lettere dei primi
anni del secolo xv e della seconda metà del secolo xiv. Giovanni Mon-
ticolo accresce la collezione dell' Istituto del II voi. dei Capitolari delle
Arti vene:(iane sottoposte alla Giustizia e poi alla Giusti'^ia vecchia dalle
origini al MCCGXXX, volume diviso in due parti complessivamente di
pagg. i-cxcvi, 1-688, oltre un fascicolo di cinque tavole con saggi del
codice dei Capitolari dei calcolai, dei conciatori di pelli e coramiy e del-
l'arte del fustagno. Questo secondo volume del Monticolo, curato come
di consueto con irreprensibile severità di metodo, è fonte ricchissima
di dati e di notizie riguardanti la vita commerciale di Venezia.
Il prof. Gino Arias nel suo lavoro, testé comparso, sul Sistema
della costituzione economica e sociale italiana nell'età dei Comuni (Roma-
Torino, Roux e Viarengo, 1905), ha voluto, come il titolo stesso dice,
raccogliere in ampia sintesi, dopo una analisi minuziosa, i più dispa-
rati fenomeni della costituzione economica e sociale di quell'età sto-
rica e a tal uopo si è servito di copiosissime fonti anche inedite. Il
lavoro si divide in due libri: il primo è dedicato allo studio della co-
stituzione economica, il secondo indaga 1' azione della costituzione
economica su la costituzione sociale ed espone infine alcune vedute
generali riassuntive. Si inizia il primo libro con un capitolo suU' ori-
gine delle associazioni d'arte e mestieri dell'età comunali, che l'Arias
ricollega, con molte cautele e in un certo senso, alle romane, com-
battendo la tesi dell' assoluta separazione, che ebbe per difensori il
Solmi e il Gaudenzi. Come fossero costituite le associazioni di me-
stiere, quali fossero i loro caratteri essenziali e quale il fine loro eco-
nomico e speciale dice il secondo capitolo, dopo il quale si studia la
condizione dei lavoranti soggetti alla corporazione stessa, enumerando
i molteplici sistemi che gli imprenditori adoperavano per limitarne la
2 52 ^?>Qoti^ie
libertà e diminuirne la mercede. All' organizzazione dello scambio è
dedicato il capitolo terzo, ove delle vicende generali mercantili, spe-
cialmente del commercio bancario, della politica monetaria e d' altri
analoghi fenomeni si definisce il fondamento nella costituzione econo-
mica del comune. Qua l'Arias trova il modo di render note copiose
notizie inedite sulle finanze pontificie, sui mercanti in relazione ai pon-
tefici, sui contratti di cambio che alla corte di Avignone si conclude-
vano. Nel nostro Archivio darà l'autore tra breve sopra siffatti ed
analoghi argomenti, nel libro appena accennati, più ampi ragguagli.
Prosegue e termina lo studio della costituzione economica con due
capitoli sull'economia del contado nei suoi rapporti con l'economia cit-
tadina e con un capitolo sull'azione dello Stato sulla vita economica
ove è indagata, per esempio, la ragione dei molteplici monopoli, specie
annonarii, dei quali il Comune medievale si fece iniziatore. Qua si
muovono alcune obbiezioni alla teoria del Salvemini, che vide un
troppo intimo rapporto tra questa politica e 1' interesse delle categorie
borghesi, là dove per l'Arias deve essa avere le proprie necessità della
vita generale dei Comuni, massime il particolarismo cittadino. La se-
conda parte del volume è dedicata all' indagine dei riflessi economici
sulla costituzione sociale e vi si conclude che la costituzione econo-
mica ebbe sulla sociale virtù creatrice, non già nel significato che ogni
singolo fenomeno sociale si debba ritenere creato direttamente dall'ele-
mento economico, ma nel senso più retto ed equilibrato che le isti-
tuzioni fondamentali della società sulla base economica si erigono e
ne traggono la vita. È insomma quello dell'Arias, come egli lo defi-
nisce, un « naturalismo economico » , che consente l'azione collaterale
di tutti i motivi ideali collettivi ed individuali e rifugge dai sempli-
cismi del « materialismo storico » volgare, che proclama per contro
l'interesse delle collettività e dei singoli unico arbitro della storia.
Molti documenti inediti del R. Archivio di Stato in Bologna e del-
l'archivio Vaticano chiudono il volume.
Ottimo consiglio è stato quello del prof. Pasquale Villari di pub-
blicare una seconda edizione del suo libro I primi due secoli della storia
di Firenze, venuto alla luce dodici anni or sono. Come è a tutti noto,
in quest'opera il Villari raccolse, rielaborandoli, molti articoli già com-
parsi in alcune Riviste italiane fino dal 1866. Questi studi subito ap-
parvero di una singolare importanza, ma sempre più se ne apprezzò
il merito, quando si vide come una maravigliosa perspicacia intuitiva
li avesse animati. Molte infatti delle idee dal Villari accennate o svolte
ebbero in progresso di tempo la più espHcita ed onorevole conferma
dagli studi di molti autori egregi, i quali, col sussidio di preziose fonti
^N^t^ie 253
inedite, illustrarono vari punti della storia comunale fiorentina. È so-
pratutto insigne merito del Villari d'avere, primo, compreso come gli
avvenimenti della politica esterna ed interna di Firenze fossero indi-
scutibilmente legati alla storia economica di quella città e di aver
tratto da questa fonte il segreto di tante sue acute interpretazioni che
resistono tuttora alla prova dei fatti. Sono venuti dipoi i bei lavori del
Davidsohn, del Salvemini, del Santini sulla storia politica, molti la-
vori di storia commerciale, molto si conobbe pertanto che prima si
ignorava; era quindi necessario che la sintesi di alcuni anni addietro
venisse, per cosi dire, sottoposta ad un più ampio e difficile esame.
Sia detto a grande lode dell'autore, l'esame ha dimostrato la resistenza
delle idee professate dal Villari. Questa seconda edizione ha molto di
nuovo, sopratutto nelle note, nelle quali si raccolgono minute discus-
sioni su questioni particolari. Molto interessanti sono, per ricordare un
esempio, le obbiezioni, che il Villari muove ad alcune tesi del pro-
fessore Salvemini, come a quella relativa alla natura del governo in-
stauratosi a Firenze dopo la rivoluzione del 1266 (ved. p. 213 sgg.).
Secondo il Salvemini sarebbe stato nobiliare ed aristocratico, ma giu-
stamente il Villari, ricordando le testimonianze di molti cronisti, ri-
pete che fu invece democratico. Certamente ne fu anima la Parte
Guelfa^ che aveva interessi commerciali e bancari conformi a quelli
del popolo grasso: tutta l'opera del resto di quel governo fu senza
eccezione di sprone allo svolgimento economico della città. Come si
spiegherebbe se i nobili avessero trionfato? Belle le pagine (339 sgg.)
sulla famiglia e lo Stato nei Comuni italiani, ove di questi istituti giu-
ridici si indaga acutamente la base e ben si dimostra quanto contri-
buisse a dar loro l'aspetto esteriore la vita sociale dei Comuni. Si in-
siste molto bene su quello che fu il carattere dominante della vita
economica, politica, giuridica dell'evo comunale : il particolarismo cit-
tadino.
All'ultima ora ci giunge un volume sul Movimento storico della
popolazione di Trieste. Il titolo dell'opera non ha bisogno di commenti
perchè ne sia intuita l'importanza. Ne è autore il signor Pietro Mon-
tanelli, aggiunto all'ufficio statistico anagrafico di quella città. Egli ha
arricchito il volume con diagrammi, con tabelle statistiche e con do-
cumenti inediti, e tutto il suo lavoro apparisce condotto in modo da
meritare che lo si additi tra i modelli migliori di opere consimili.
PERIODICI
(Articoli e documenti relativi alla storia di Roma)
Académie des Inscriptions et Belles-Lettres. Anno 1905,
genn.-febbr. — M. H. Omont, Note sur un recueil de grammairiens
latins, copie par une femme au x® siede. — Mar.-apr. - M. L. Bréhier,
Le protocole imperiai depuis la fondation de l'Empire romain jusqu'à
la prise de Constantìnople par les Turcs.
Annali della Società degli ingegneri ed architetti italiani.
Anno III, 1904. — G. Giovannoni. La sala termale della villa Li-
ciniana e le cupole romane.
Archivio storico italiano. Serie V, tomo XXXVI, 1905. —
M. Roberti, recensione di F. Martroye : L'Occident à l'epoque byzan-
tine. Goths et Vandales. - Felice Tocco, recensione di Jean Guiraud :
L'Église et les origines de la Renaissance. - F. Lemmi, recensioni di
P. I. RiNiERi : Corrispondenza inedita dei cardinali Consalvi e Pacca
nel tempo del Congresso di Vienna (1814-1815) e di D. Spadoni:
Sette, cospirazioni e cospiratori nello Stato pontificio all' indomani della
restaurazione.
Archivio storico per le Provincie napoletane. Anno XXX
(1905), fase. II. — P. Fedele, I capitoli della pace fra re Ladislao e
Giovanni XXIII.
Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per
le Provincie delle Marche. Voi. 1° (1904), fase. I. — G. Coggiola,
recensione di E. Piva: L'opposizione diplomatica di Venezia alle mire
di Sisto IV su Pesaro e ai tentativi di una crociata contro i Turclii
(1480-1481). — Fase. III. - U. Aloisi, Sulla formazione storica del
«Liber constitutionum sancte matris Ecclesie». - B. Feliciangeli,
Cesare Borgia a S. Angelo in Vado.
2^6 ^en'odict
Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per
le Provincie della Romagna. Voi. XXIII (1905), fase. I-III. —
Lisetta Giaccio, Il cardinal legato Bertrando del Poggetto a Bologna
(1327-1334). - G. B. Salviòni, Il valore della lira bolognese nella
prima metà del secolo xvi.
Boletin de la R. Academia de la historia. Tomo XLVI,
Guadernos I-III (1905). — Rodriguez Villa, E1 emperador Garlos V
y su corte (i 522-1539), — Guad. III. - Francisco Valverde y Pe-
RALES, Antigùedades romanas de Andalucia. Excavaciones en el cerro
del MingiuUar cerca de Baena,
Bollettino della Società di storia patria Anton Ludovico
Antinori negli Abruzzi. Anno XVII (1905), punt. X. — G. Geli-
DONio, Marco di Sciarra nelle contrade Peligne.
BuUettino dell'Istituto Storico Italiano. N. 26, 1905. —
O. Zenatti, Il poemetto di Pietro de Natali sulla pace di Venezia tra
Alessandro III e Federico Barbarossa.
BuUettino della Commissione archeologica comunale di
Roma. Anno XXXIII (1905), fase. I. — G. E. Rizzo, Sculture antiche
del palazzo Giustiniani. - P. Spezi, S. Salvatore de Gallia. - G. Gatti,
Notizie di recenti trovamenti di antichità in Roma e nel suburbio. -
L. Gantarelli, Scoperte archeologiche in Italia e nelle provincie ro-
mane.
Illustratore (L') fiorentino. Anno 1905. — G. Sordini, La tomba
di fra Filippo Lippi nel duomo di Spoleto.
Italia (L') moderna. Anno 111(1905), — L. Lanzi, L'antica cripta
della cattedrale di Terni.
Jahrbuch (historisches). Anno 1905, fase. L — Kirsch, Zum
Verhalten des pàpstlichen Stuhles bei der Kaiserwahl Karls VII und
Franz' I. — Fase. IL - Schròrs, Die pseudo-Isidorisehe « Exceptio
spolii » bei Papst Nikolaus I. - Ehses, Hat Paolo Sarpi fur scine Ge-
schichte des Konzils von Trient aus Quellen geschopft, die jetzt nicht
mehr fliessen? - Guggenberger, Die Anerkennung Urbans VI, durch
die in Avignon weilenden Kardinàle. - Naegle, recensione di Bòckler :
Die Tugendlehre des Christentums. — Fase. III. - Bliemetzrieder,
Ein Brief des Gegenpapstes Klemens VII (1378). - Schmitz-Kallen-
berg, Papsturkunden auf Marmor und Metall?
T^eriodid 257
Journal (American) of Archaeology. Voi. IX, n. i. — No-
tiiie d'i A. Fairbanks: Hxcavations in the Roman Forum during 1904;
di Pfeiffer e Watertown: Stamps ou Brìcks and Tiles from the
Aurelian Wall at Rome; di Platner: The Rostra. — N. 2. Notizie
di Pfuhl: a. Harueris head in the Vatican; di Curtius: A Female
Head at Rome; di Tod: A New fragment of the «Edictum Diocle-
«tiani»; di Strzygowski, Petersen e HOlsen : The Vatican Pine-
cone; di Venturi: Romanesque sculpture in S. Maria at Carpi; di
LuEDTKE : An Arabian Description of Rome.
Mélanges d'archeologie et d*histoire. XXV^ année, fase. I-II
(janvier-avril), 1905. — M. L. Halphen, Le manuscrit latin 712 du
fonds de la reine Christine au Vatican et la « Lamentatio de morte
«Karoli comitis Flandrie».- Mgr. L. Duchesne, S. Maria in Foro,
S. Maria in Macello (Notes sur la topographie de Rome au moyen-
age, n. XII).
Mitteilungen d. historischen Literatur. Anno 1905, fase. I. —
Preuss, recensione di Haller : Papsttum und Kirkenreform. - Wolf,
recensione di Sickel : Ròmische Berichte IV, V. - Wolf, recensione di
Susta : Die ròmische Kurie und das Konzil von Trient unter Plus IV. —
Fase. II, - Preuss, recensione di Grupp: Kulturgeschichte der ròmi-
schen Kaiserzeit. — Fase. III. - Dietrich, recensione di Kornemann :
Die neue Livius-Epitome aus Oxyrhynchus. - Kòdderitz, recensione
diKòPP: Die Ròmer in Deutschland. - Lòschhorn, recensione di Grill:
Der Primat des Petrus. - Volkmar, recensione di Caro: Die Bezieh-
ungen Heinrichs VI zur ròmischen Kurie wahrend der Jahre 11 ge-
li 97. - Hahn, recensione di Derselbe: Der Gedanke der pàpstlichen
Weltherrschaft bis auf Bonifaz Vili. — Wolf, Pastor, Ungedruckte
Akten zur Geschichte der Piipste vornehmlich im 15. 16. 17. Jahr-
hundert.
Moyen (Le) àge. Ser. 2', to. IX, anno 1905, gennaio- febbraio. —
Gaillard, recensione di Schubert : Grundzùge der Kirchengeschichte. -
Samaran, recensione di Kirsch: Die pàpstlichen Annaten in Deutsch-
land wahrend des xiv Jahrh.; di Albe: Autour de Jean XXII. Hugues
Géraud évèque de Cahors, l'affaire des poisons et des envòutements
en 13 17.
Neues Archiv der Gesellschaft ftìr altere deutsche Ge-
schichtskunde. Voi. XXX, 1904-1905. — F. Guterbock, lìine zeit-
genòssisclie Biographie Friedrichs II : das verlorene Geschichtswerk
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 17
258 \Pen'odici
Mainardinos. - O. Holder-Egger, Italienìsche Prophetieen des 13. Jahr-
hunderts. II. - E. Perels, Zur Frage nach dem Verhiiltnis zwischen
Nikolaus I und Pseudo-Isidor. - H. Kochendòrffer, Papstliche Ku-
rìalen wàhrend des grossen Schismas. - K. Hampe, Ungedruckte Briefe
zur Geschichte Kònig Richards von Cornwall aus der Sammlung Ri-
chards vom Poti. [Lettere del re, di alcuni cardinali, di Urbano IV].
Quartalschrìft (Theologische). Anno 1905, fase. I. — Schanz,
Geschichte und Dogma. - SXgmCller, Die Ehe Heinrichs II, d. heil. mit
Kunigunde. - Fvjiìk, recensione dì Kirsch: Die pàpstlichen Annaten. -
Schanz, recensione di Granderath e Kirch: Geschichte des vatika-
nischen Konzils. — Fase. II. - Kellner, Nochmals das wahre Zeitalter
der hi. Càcilia. - Gatt, Die Mauer des Agrippa. — Funk, recensione
di ScHULTE : Die Fugger in Rom ; di Schubert : Grundzùge der Kir-
chengeschichte. - Schanz, recensione di Grabmann : Die Lehre des hi.
Thomas V. d. Kirche. - Koch, r^r^«5/o/7é; di Ter-haar: Das Dekret des
Papstes Innocenz' XI. "— Fase. III. - Belser, recensione di Clemen :
Paulus. Sein Leben und Wirchen. - Funk, recensione di Kirsch : Her-
genròther's Handbuch d. allgem. Kirchengeschichte ; dì Ehses: Conci-
lium Tridentinum. - Roch, recensione di Schanz: Geschichte der rò-
niischen Literatur.
Review (The American hìstorical). Voi. X, n. 3. — Jesse
Benedict Carter, recensione di By Samuel Ball Platner: The to-
pography and monuments of ancient Rome. - Charles E. Bennett,
recensione di By Harold Whetstone Johnston : The Private Life of
the Romans. - Henry A. Sill, recensione di By Charles W. C. Oman
M. A. : Seven Roman Statesmen of the Later Republic. — N. 4. -
JosEPHE H. Drake, recensione di Greenidge : A Historv of Rome du-
ring the Later Republic and Early Principate (I. from the Tribunale
of Tiberius Gracchus to the Second Consulship of Marìus).
Review (The English historical). XX, n. 77. — G. Warner,
James VI and Rome. - Ch. Johnson, recensione di Mollat: Lettres
Communes des Papes d'Avignon: Jean XXII. - R. M. L, notizia di
Castellari: La santa Sede. - A., notizia dì Friedrich: Der Papst und
das Concil. - C. J., notizia di Gay: Le pape Clément VI et les af-
faires d'Orient. - A. F. P,, notiiia dì Rott: Friedrich II von der
Pfalz. - D., notizia dì Meyer: Clemens Vili und Jakob I von Eng-
land. — N. 78. - Barker, recensione dì Luchaire: Innocent III,
Rome et l'Italie. - R. M. I., notizia di Spadoni: Sette, cospirazioni e
cospiratori nello Stato pontificio all'indomani della restaurazione. —
T^er iodici 259
N. 79. - Greenidgk, recensione dì Renel : Cultes militaires de Rome. -
GoLiGHER, recensione di Greenidge : A historv ot Rome during the Later
Republic and Early Principate. - Gardner, recensione di Bigg : The
Church's Task und the Roman Empire. - Bateson, recensione di Bliss
e TwEMLOw: Calendar of Entries in the Papal registers relating to
Great Britain and Ireland. Papal Letters. - W. A. C., iioii::^ia di Mol-
tesen: Acta pontificLim Danica: papal documents relating to Denmark.
Revue Bénédictìne. Anno XXII (1905), n. I-II. — D. René
Ancel, La question de Sienne et la politique du cardinal Carlo
Carafa. - D. H. Leclercq., Mélanges d'épigraphie chrctienne. - D. P.
Bastien, recensione di Dom. Cabrol : Dictionnaire d'archeologie chré-
tienne et de liturgie. - P., recensione di Mélanges Boissier : Re-
cueil de mémoires concernant la littérature et les antiquités romaines. -
D. R. F., recensione di T. Granderath : Geschichte des Vaticanischen
Konzils. - D. U. B., recensione di L. Pastor: Geschichte der Piipste
seit dem Ausgang des Mittelalters. - D. A. C., recensione di E. C. Ba-
but: Le concile de Turin. - D. P. B., r^f^/mo«^ di Dom. H. LECLERca:
Les martyrs. - D. Béde Lebbe, recensione di J. Dom. Leclercq: Bi-
bliothèque de l'enseignement de l'histoire ecclésiastique. - D. P. B.,
recensione di Kirsh-Zuksch : Geschichte der katholischen Kirche ; di
D. Édouard Likowschi: Union de l'Église grecque-ruthène en Po-
logne avec l'Église romaine. - D. R. T., recensione di Dom. U. Ber-
LiÉRE : Inventaire analytique des « Libri obligationum et solutionum »
des archives Vaticanes. - D. U. B., recensioni di Helling: L'érection
du collège des notaires à la Rota romaine par Sixte IV en 1477;
di Paulus: Ambassades messines a la Cour Pontificale à l'occasion
du différend survenu en 1462 entre la Ville et le Chapitre de la Ca-
thédrale. I due articoli sono pubblicati in Festgabe enthaìteiid vor-
nemìich vorreforniations-geschiclMiche Forscbungen, Heinrich Finke :;uìn
7 Augiist 1^04 gewidmet von seinen Schiller n. - D. U. B., recensione di
E. Albe: Autour de Jean XXII. - D. R. T., recensione di E. Martin:
Saint Leon IX (1002-1054). - D. R. F., recensione di G. Grupp: Kul-
turgeschichte der ròmischen Kaiserzeit.
Revue des questions historiques. Anno 1905 (luglio). —
E. Lesne, Hincmar et l'empcreur Lothaire. - E. Vacandard, Le cursus:
son origine, son histoire, son emploi dans la liturgie, - P. Allard,
Mélanges: M. Harnack et le nombre des martyrs; recensione di E. Va-
candard: Études de critique et d'histoire religieuse. - M. Besnier,
recensione di B. Wolff-Beckh : Kaiser Titus und der jùdische Krieg. -
P. Allard, recensione di Ch. Lécrivain: Études sur l'Histoire An-
26o Periodici
guste. - L. Celier, recensione di DoM. H. Leclercq.: Les martyrs,
t. III. - A. CouLON, recensione di G. Carotti: Le opere di Leonardo,
Bramante e Raffaello.
Revue de l'art ancien et moderne. Anno 1904. — A. J. Ru-
sconi, Les collections particulières d'Italie: Rome, la collection Doria
Pam ph ili.
Revue des études historiques. Anno 1905, genn.-febbr. —
L. Batcave, recensione di E. Martin: Saint Leon IX (1002- 1054).
Revue de l'histoire des religions. Anno XXV (1904),
t. XLIX, n. I. — L. DE MiLLOUÉ, Comparaison de quelques mythes
relatifs à la naissance des Dieux, des Héros, et des Fondateurs de re-
ligions. - GoBLET D'Alviella, recensione di J. Robertson: Pagan
Christs. - J. R., recensione di J. Hocart : Le monachisme. - Tony
Andrée, recensione di B. Labanca, Del nome papa ; Gesù Cristo nella
letteratura contemporanea. — N. 3. - A. Dufourcq., recensione di
J. Rendel Harris: The Dioscuri in the Christian legends. - A. M,,
recensione di L. Homo : L'empereur Aurélien. - H. Hauser, recensione
di P. Wernle : Die Renaissance des Christentums in 16. Jahrhundert. —
T. L, n. I. - P. A., recensioni di J. VON Dòllinger: La papauté ;
di G. Paris: Légendes du Moyen-àge, — N. 3. - P. A., recensioni à\
J. Gay: Le pape Clément VI et les affaires d'Orient; di D. Orano,
Liberi pensatori bruciati in Roma dal xvi al xviii secolo.
Revue d'histoire ecclésiastique. Anno VI (1905), n. i. —
G. Mollat, Jean XXIÌ (1316-1334) fut-il un avare? - E. Albe, re-
censione di G. Mollat: Jean XXII (13 16-13 34). Lettres communes
d'après les registres dits d'Avignon et du Vatican. - G. Mollat, re-
censione di J. Gay: Le pape Clément VI et les affaires d'Orient (1342-
1352). - P. Allosery, recensione di P. II. Rinieri: La diplomazia pon-
tificia nel sec. xix. — Ch. Mohller, recensione di M. Spahn, Leo XIII, —
N. 2. - DoM, G. Morin, De la besogne pour les jeunes. Sujets de tra-
vaux sur la littérature latine du moyen-àge. - J. Flamion, recensione
di P. Allard: Histoire des persécutions pendant les deux premiers
siècles et la première moitié du iii^ siècle. - G. Mollat, recensione di
C. Lux : Constitutionum apostolicarum de generali beneficiorum reser-
vatione ab a. 1265 usque ad a. 1378 emissarum, tam intra quam extra
corpus iuris exstantium, collectio et interpretatio. - R. Deschepper, re-
censione di J. Susta : Die Ròmische Curie und das Conci! von Trient
unter Pius IV. — N. 3. - M. Vaes, La papauté et l'Église franque à
Periodici 261
l'epoque de Grégoire le Grand (590-604). - H. Nelis, recensione di
L. ScHiAPARELLi : I diplomi di Berengario I.
Revue historique. Anno XXX (1905), voi. LXXXVIII, fase. IL —
M. Babut, Le concile de Turin. — Voi. LXXXIX, 1905, fase. I-IL -
E. Driault, Napoléon I^r et l'Italie. T parte : Bonaparte et la République
cisalpine; W parte: Bonaparte et la République italienne. - E. Babut,
La date du concile de Turin et le développement de l'autorité pontificale
au V® siècle. Reponse à Duchesne et à Pfistere. - G. Blondel, recensione
di C. Schwemer: Papsttum und Kaisertum. - M. Babut, Un demier
mot sur le concile de Turin en 417; (lettre). - G. Desdevises du
Dezert, recensione di A. Andollent : Carthage romaine.
Revue (Nouvelle) historique. Anno XXIX (1905), n. 2. —
P. CoLLiNET, Contributions à l'histoire du droit Romain. - L. Bou-
lard, recensioni di G. Leoni: Dell'azione pauliana nel diritto romano;
di S. S0LAZZ1: La revoca degli atti fraudolenti nel diritto romano; di
C. Bertolini : Della transazione secondo il diritto romano. - Ed.
Meynial, recensione di F. Ciccaglione: Manuale di storia del diritto
italiano. — N. 3. - J. Declauereuil, recensione di Herlich: Die An-
fiinge des testamentum per aes et libram. Bericht erstattet dem Histo-
rikercongress in Rom.
Rivista d' Italia. Anno VII, 1 904. — Attilio Rossi, Il cenobio
basiliano di Grottaferrata. — Anno VIII, 1905. - Avena, La loggia
papale di Viterbo. Il palazzo Vitelleschi di Corneto Tarquinia.
Rivista di storia antica. Anno IX (1904-1905), fase. i''. —
G. MusoTTO, Intorno alla tradizione della morte di Germanico, figlio
di Druso, presso Tacito, Dione Cassio e Svetonio. - G. Grasso, La
leggenda annibalica nei nomi locali d'Italia. — Fase. 2^. - G, Beloch,
La conquista Romana della regione sabina. — Fase. 3°. - C. Mar-
chesi, I primordii dell' eloquenza agraria e popolare di Roma. -
A. Solari, Per la presunta fedeltà storica della biblioteca di Fozio. —
Fase. 4". - A. Rettore, Tito Livio e la decadenza della lingua la-
tina. - V. D'Addozio, Napoli Greco-Romana e B. Capasso.
Rivista italiana di numismatica e scienze affini. An. XVIII
(1905), fase. 1. — F. Gnecchi, Appunti di numismatica romana:
LXIV. I Medaglioni ex-Vaticani. - J. Maurice, L'atelier monétaire
d'Arles pendant la période Constantinienne. - E. Martinori, Pro-
visino inedito di Bonifacio IX papa. — Fase. II. - F. Gnecchi, Ap-
262 Periodici
punti di numismatica romana: LXV-LXIX. - P. Settiner, I ritratti
degli imperatori romani sulle monete. - L. Na ville, Monnaies inédites
de l'Empire romain.
Rivista storica italiana. Voi. IV (1905), fase. I. — E. Casa-
nova, recensione di P. Ecidi : Soriano nel Cimino e l'archivio suo. -
F. Ramorino, recensione di De la Ville de Mirmont : La jeunesse
d'Ovida. - G. M. C, recensione di DuviauET G. : Héliogabale, raconté
par les historiens grecs et latins. - G. Roberti, recensione di L. Homo :
Essai sur le rógne de l'empereur Aurélien. - C. Rinaudo, recensione di
Allard P. : Julien apostat, t. II, III. - F. R., recensione di Hart-
mann L. M. : La rovina del mondo antico. - C. R. recensione di Bar-
biellini-Ansidei a. : Una nuova pagina della storia d' Italia, ossia la
vera fine dell'ultima dinastia longobarda e l'origine temporale dei papi. -
A. Leone, recensione di P. Ecidi: Carta di rappresaglia concessa da
Luigi di Savoia, senatore di Roma. - E. Milano, recensione di De
Gerbaix de Sonnaz a. : Amé V de Savoie et les Savoyards à l'expé-
dition de l'empereur Henri VII de Luxembourg à Rome : 1 308-1 3 1 3.-
C. Cipolla, recensione di Eubel C. : BuUarium Franciscanum si ve Ro-
manorum pontificum constitutiones epistolae diplomata tribus ordi-
nibus Minorum, Clarissarum, Poenitentium a seraphico patriarcha
s. Francisco institutis. - C. Rinaudo, recensioni di Del Cerro E. :
Roma che ride. Settant' anni di satira: 1800- 1870; di Spadoni D. :
Sette, cospirazioni e cospiratori nello Stato pontificio all' indomani della
restaurazione ; di Loevison E. : G. Garibaldi e la sua legione nello Stato
romano nel 1848- 1849, voi. IL — Fase. IL - C. R., recensione di Fer-
rari A. : I sommi pontefici da s. Pietro a Pio X. - C. Rinaudo, re-
censioni di Scott F. J. : Portraitures of Julius Caesar; Ferrerò G.:
Grandezza e decadenza di Roma. - G. De Sanctis, recensione di Wolff-
Beckh: Kaiser Titus und der jùdische Krieg. - F. Ramorino, recen-
sione di Pascal C. : Dei e diavoli: saggi sul paganesimo morente. -
C. Cipolla, recensione di Ohr W.: Die Kaiserkrònung Karls des Gros-
sen. - P. Spezi, recensione di Dell'acqua C. : Di s. Pio V papa.
C. R., recensione di Narfon J. : Pie X.
Rdmische Quartalschrift. Anno 1905, fase. I-II. — Dòlger,
Die Firmung in den Denkmàlern des christlichen Altertums. - Wù-
scher-Becchi, Das oratorium des hi. Cassius und das Grab des hi.
Juvenal in Narni. - Kirsch, recensione di Grupp Georc : Kulturge-
schichte der ròmischen Kaiserzeit. - Wittig, recensione di Franciss :
Bayern zur Ròmerzeit. - Wittig, recensione di Profumo : Le fonti
ed i tempi dell' incendio Neroniano. - Schaefer, Frùhmittelalter-
l^er iodici 263
liche Pfarrkirchen und Pfarreinteilung in ròmisch-frànkischen und
italienischen Bischofsstiidten. - Gòller, Zur Stellung des Korrektors
in der pilpstlchen Kanzlei. - Eh., recensione di Reichenberger, Nun-
tiaturberichte aus Deutschland 1 585-1 590. 2. Abteilung. Die Nuntiatur
am Kaiserhofe. i. Hàlfte. Germanico Malaspina und Filippo Sega. -
Gòller, recensione di Kirsch : Hergenròthers Handbuch der allgemeinen
Kirchengeschichte.
Stimmen aus Maria Laach. 1905, voi. LXVIII. — Cardinal
A. Steinhuber, Die schwebenden Selig- und Heligsprectungsprocesse. -
A. Stockmann, recensione di : Des Papstes Leo III sàmtliche Gedichte
ùbersetzt von B. Barth. — Voi. LXIX, fase, i, 2. - S. Beissel, Umwand-
lung heidnischer Kullusstàtten in christliche. - J. Braun, recensione di :
K. M. Kaufmann, Handbuch der christlichen Archaeologie.
Zeitschrift fiir christliche Kunst. Anno XVII, 1904. — E. Wu-
scher-Becchi, Die Absisfresken in Santa Maria Antiqua auf deni Forum
Romanum.
Zeitschrift fiir katholische Theologie. Anno 1905, tasc. I. —
Kròss, recensione di Ehses : Concilium Tridentinum. - Hofmann, re-
censione di Heiner : Benedicti XIV opera inedita. — Fase. II. - Ernst,
Die Stellung der ròmischen Kirche zur Kessertauffrage. - Michael,
Walther v. d. Vogelweide u. f. Sprùche gegend. Pàpste. - Kross, re-
censione di Kònig : Pius VII.
Zeitschrift fttr Kirchengeschichte. 1905, voi. XXVI, fase, i,
2. — W. Ohr, Die Ovationstheorie iiber die Kaiserkrònung Karls des
Grossen.
// monastero di S. Erasmo sul Celio
^•/rfJ^^L monastero di S. Erasmo sul Celio non è stato
'/M lè\ illustrato dagli eruditi con monografie speciali ; i
J^J^- pochi che se ne sono occupati hanno parlato di
esso soltanto per incidenza (i), oppure in quanto il fondo
nel quale era edificato apparteneva all'antica famiglia dei
Valerii (2). La scarsezza delle notizie intorno a questo ce-
nobio spiega facilmente perchè gli studiosi non si siano
volti a narrarne la storia. Manca infatti il miglior mezzo per
conoscerne le vicende religiose ed economiche, perchè del
suo antico archivio, che pur dovea contenere le carte rela-
tive alla nomina degli abati, alle deliberazioni del capitolo,
allo stato patrimoniale e alle relazioni con le autorità della
Chiesa Romana, nulla è rimasto.
La storia del Celimontano può essere illustrata soltanto
in modo frammentario da un numero molto esiguo di testi-
monianze : alcuni passi del Liber Pontificalis e precisamente
delle Vite di Adeodato II, Leone III, Gregorio IV (3),
(i) Cf. P. Ecidi, / ìiionasteri di Suhiaco, I, Roma, tip. dell'Unione
tip. editrice, 1904.
(2) De Rossi, La casa dei Valerii ed il monastero di S. Erasmo
in Studii e documenti di storia e diritto^ Roma, tip. della Pace, 1886.
(3) Cf. Liher Pontificalis, ed. Duchesnr, I, 346, 437; II, 25.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII.
18
266 J. Camobreco
un'iscrizione, alcuni documenti privati dei secoli vii, viii,
X, XI, XIV, trascritti nel Regesto Sublacense (i), perchè il mo-
nastero di S. Erasmo passò nel secolo x sotto la dipendenza
del Sublacense e vi rimase per lungo tempo soggetto, un
semplice ricordo nella descrizione di Roma fatta dall'ano-
nimo di Einsiedeln (2), ed altri documenti che si trovano
nell'archivio di Subiaco e del Vaticano. Con la scorta di
cosi poco materiale mi sono proposto di trattare questo ar-
gomento, il quale, quantunque molto ristretto, pure darà
qualche notizia fin' ora sconosciuta sulle vicende del mona-
stero.
Pochi ruderi rimangono ad attestare l'esistenza del mo-
nastero di S. Erasmo : e sono le grandiose rovine di antiche
fabbriche scavate nel 1902, che si vedono a sinistra di chi
s' inoltra per la via Claudia verso porta Metrovia, nei pressi
della piazzetta che piglia il nome della Navicella di pietra,
elevata dinanzi alla villa Mattei, vicino a S. Stefano Rotondo,
e propriamente le mura dell'angolo settentrionale di detti
scavi, fra l'antica villa Fonseca e S. Stefano Rotondo (3).
Il Mirzio (4) da memorie apocrife della vita di san Pla-
(i) Regesto Suhtacertse del sec. xi, pubblicato dalla R. Società
romana di storia patria, a cura di L. Allodi e G. Levi, Roma, 1885,
in fol., pp. xx-250, con tre tavole.
(2) Lanciani, L'Itinerario di Einsiedeln e l'Ordine di Benedetto
canonico in Monumenti antichi, pubblicati per cura dell'Accademia dei
Lincei, 1891, voi. L
(3) Il terreno è stato acquistato per erigere un ricovero di con-
valescenti, sotto il titolo dell'Addolorata, in conformità delle disposi-
zioni testamentarie del compianto conte Antonio Cerasi proprietario
del luogo, e nel mese di maggio dell'anno 1902 s'è posto mano ai
lavori. Cf. G. Gatti, Le casa Celimontana dei Valerii e il monastero
di S. Erasmo in Bull, della Comm. arch. municipale, Roma, 1902,
anno xxx, III, 155, 160.
(4) Mirzio, Chronicon Sublacense, ed. L. Allodi, pubblicata prima
nel periodico Gli studii in Italia, anni 1882, 1883-1884; poi a parte
Il monastero dì S. Eì^asmo sul Celio 267
cido apprese e ci tramandò che la chiesa di S. Erasmo sa-
rebbe stata costruita sui beni di Tertullo, padre dello stesso
Placido, e dedicata a Dio, in onore del santo martire Erasmo,
da san Benedetto, il quale avrebbe ricevuto dal patrizio ro-
mano oltre il colle di Montecassino e le diciassette corti in
Sicilia anche i beni del Celio.
Ad avvalorare questa leggenda concorsero gli scavi fatti
nel 1554, 1561, 173 1, 1776, 1902 su quel colle; scavi che
restituirono alla luce cinque diplomi di bronzo incisi negli
anni 321 e 322 d. C. in onore di Quinto Aradio Valerio
Proculo; basi di statue dedicate al console del 340 L. Aradio
Valerio Proculo, la celebre lucerna di bronzo a fosRia di nave
sul cui albero era scritto : « Dominus legem dat Valerio
(( Severo » ; tavole di bronzo contenenti decreti municipali
di patronato e di clientela ad onore di Q. Aradio Rufino
Valerio Proculo (prefetto nel 337, console nel 346); una
grande base di statua innalzata ad onore di « Attius lusteius
« Tertullius » e finalmente altri basamenti marmorei, pavi-
menti in musaico e pezzi d'iscrizioni sepolcrah (i).
col- titolo Cronaca Suhlaceuse del P. D. C. Mirzio da Treveri, monaco
nella protobadia di Subiaco, Roma, Befani, 1885, in-4, pp, xxviii-730.
Si fecero seguire alcune note del p. Giuseppe Macarty (1741-1774),
che non portano nessun contributo nuovo; il p. L. Allodi l'accom-
pagnò invece di un' abbondante copia di documenti inediti ad illustra-
zione dei particolari fatti ricordati dal Mirzio. V. cap. XXVII, pp. 67,
410, 624.
(i) Cf. C. 1. L. VI, 1532, 1684, 1685, 1686, 1687, 1688, 1689,
1690, 1691, 1692, 1693, 1694, 1695; Bellori, Le antiche lucerne,
Roma, 1729, p, 11; Galletti, Dei primicerio della S. Sede apostolica,
in-4, Roma, Generoso Salomone, 1776, p. 136; De Rossi, La casa
dei Valerli cit. p. 22 ; Di altri simili gruppi di utensili sepolti nelle
rovine di nobili case romane nel V secolo in Bull d'arch. crisi. (1868),
p. 35; Nuove scoperte Scc. cap. Ili, in Bull. cit. (1887), p. 26; Grisar,
Geschichte Roms und der Pàpste in Mittelalter mit hesonderer Berucksichti-
gung von Cultur und Kiinst, Freiburg, Herder'sche Verlangshandlung,
1901, l, 49; Gatti, La casa &c. loc. cit.
268 J. Camobreco
Ma se gli scavi ricordati danno la certezza della conver-
sione al cristianesimo della flimiglia dei Valerli (i), e del-
l'esistenza della loro casa sul Celio, pur essi non valgono ad
attestare, che veramente TertuUo abbia donati i suoi beni
del Celio a san Benedetto, e questa donazione rimane leg-
gendaria come l'altra del nobile romano collegata alla ori-
gine del monastero di Montecassino (2). Inoltre, durante il
sacco dato a Roma da Alarico nel 410, S. Stefano Rotondo
e le case dei Valerli (3) furono incendiati (4), né è facile
supporre, in tanto disordine di avvenimenti, che i due edificii
fossero stati presto riedificati, e la casa dei Valerli trasfor-
mata in cenobio.
(i) Cf. Paolino da Nola, Opera in Corpus Script, eccles. latin.
XXI (Vindobonae, 1894), 218 sgg.; Slmmacus, Epist. l, 2, Maguntiaci,
tip. lonne Allinus, 1608, ìn-4; Palladio, Storia Lausiaca in Monum.
eccl. grec. I. B., Cotolerii, (Paris, 1686), col. 117.
(2) Cron. Subì. ed. cit, p. 49. Si attribuisce a san Benedetto la fon-
dazione di dodici monasteri (cf. P, Ecidi, op. cit. p. 51, nota 4); però
fra questi non si vede annoverato S. Erasmo ; questo silenzio fa pensare,
che la leggenda sulla fondazione del monastero Celimontano abbia avuto
origine dalla fantasia dei cronisti sublacensi e in un tempo posteriore.
(3) Un documento trovato in un codice di Chartres del sec. vili,
e per cura del p. Smedt e dei suoi colleghi pubblicato nella Anahcta
Bollandiana (a. 1889), Vili, 16, servi al De Rossi {Miscellanea di
notiiie bibliografiche e critiche per la topografia e la storia dei monu-
menti di Roma in Bullettino della Commissione arch. mnnicipah, 1890,
p. 289) per meglio chiarire la storia della casa dei Valerli. Il docu-
mento dice che questa casa era nel principio del sec. v (404 o 405)
di tanta sontuosità e ricchezza da non potersene trovare un compra-
tore: «domum, quam in urbe Roma habebant [Valer ii] venumdare
«volentes, ad tam magnum et mirabile opus accedere nemo ausus
«fuit», e che poi distrutta dai nemici fu venduta «prò nihilo quasi
«incensa» {Analect. cit. p. 31).
(4) Cf. Grisar, Storia di Roma e dei papi nel medioevo, Desclce,
Lefebvre e C. editori, Roma, 1899, I, 117; Lanciani, L'Itinerario cit.
p. 507; De Rossi, La casa dei Valerli sul Celio incendiata nella presa
di Roma per Alarico (a. 410) in Bull, della Comm. cit. 1890, p. 288;
Gatti, op. cit. pp. 152-3.
Il monastero di S. Erasmo sul Celio 2^9
Di un'altra fonte si valse la tradizione per confermare
l'esistenza del monastero di S. Erasmo già fin dal sec. vi:
la Vita del vescovo Agrigentino Gregorio, dov' è narrato
che quando il pontefice Gregorio Magno voleva innalzare
alla dignità vescovile quell'umile monaco di S. Saba, costui
si rifugiò nel monastero di S. Erasmo (i). Ma Lancia di
(i) Questa Vita fu scritta in greco, sulla fine del secolo vili o
principio del ix, da Leonzio, egumeno di S. Saba. Il Morcelli {Gre-
gorii II pontificis Agrigentini libri deceni explicationiun eccL, Venetiae,
1791, p. 57 sg.), nel tradurla in latino, ne volle riordinare la crono-
logia, e col Baronio credette che Gregorio fosse stato contemporaneo
di san Gregorio Magno. Mi piace riportare qui un riassunto di ciò
che di Gregorio vescovo Agrigentino dice il Krumbacher {Geschicbte
der hy7;antinischen Litteratur von Justinian bis :;uiìi ende des ostròmischen-
reiches (527-1453). Mùnchen, 1897, C K. Beck'sche Verlaiigsbiich-
handlung Oskar Beck, pp. 128-129): Gregorio, vescovo di Agrigento
in Sicilia, nacque, secondo il suo biografo Leonzio, verso la metà del
secolo VI, in Pretoria, presso Agrigento. A diciotto anni andò in
Terrasanta dove fu ordinato diacono; venuto poi a Roma, fu consa-
crato vescovo di Agrigento. In seguito ad accuse calunniose egli venne
chiamato a Roma ; ma, conosciuta la sua innocenza, ritornò in Sicilia.
Il fissare precisamente il tempo della sua vita dipende dalla questione
s'egli è lo stesso vescovo di Agrigento, il quale è menzionato da papa
Gregorio I nell' anno 603 ; comunque sia, non si può ammettere la
sua esistenza anteriore al secolo vii. Leonzio menziona vari scritti di
Gregorio: discorsi dogmatici, panegirici, un trattato sul digiuno &c.
Di questi scritti s'è conservato soltanto un commento intorno aW Ec-
clesiastico, frutto dello studio delle sacre Scritture. Il commento ha per
base un testo il quale difi"erisce dagli altri e questo dà al lavoro un
altissimo valore critico. Gli esegeti anteriori a Gregorio sono citati e
talvolta anche criticati; ma i loro nomi non sono mai espressi chia-
ramente. 11 Morcelli però ha potuto, con l'aiuto dell'indicazione di
nomi che si trovano in quel codice, identificare molti altri passi di
esegeti, cui voleva certamente alludere Gregorio. Le 'idee cosmogra-
fiche di queir epoca, introdotte in quel lavoro, sono una prova che il
vescovo di Agrigento non era inesperto nella scienza profana, e di-
mostrano al tempo stesso la cultura straordinaria di Gregorio. Cf. Mor-
celli, op. cit.; MiGNE, Patrologia greca, XCVIII, 741-1181; Incith
and Was, Di::jonario delle biografie cristiane, II, 776 ; M. Mira, Bihlio-
270 7- Camobreco
Brolo, impugnata la cronologia della vita di Gregorio ve-
scovo Agrigentino, con documenti non sospetti, non solo ha
accertato che in quel tempo (fine del sec. vi) la sede vesco-
vile di Girgenti era vacante ; ma ancora che si debbono distin-
guere due vescovi omonimi Agrigentini, l'uno del secolo vi
e l'altro della prima metà del vii, e che a quest'ultimo va
riferito l'episodio del ritiro nel monastero di S. Erasmo (i).
Nessuna testimonianza dunque che già nel vi secolo esì-
stesse il monastero Celimontano: tutt'al più si può pensare
ad uno xenodochium : perchè di xenodochium Valerii o a l'a-
leriis si parla in una lettera di san Gregorio Magno del 589 (2),
grafia siciliana, I (Palermo, 1875), 458; Molinier et Tobler, 7///wa
Riero solymitana, II, i, 243; cod. Vaticano Pai. 17, sec. x-xi, ce. 1-39.
(i) Lancia di Brolo {Storia delle chiese in Sicilia, tip. Lao, Pa-
lermo, 1880-84, II, 38, 44, 47 sg.), sulla scorta delle lettere di san Gre-
gorio dimostra che nel 594, essendo il vescovado di Girgenti vacante,
lo stesso pontefice costituì un tal Pietro di Treocala visitatore di detta
chiesa, dandogli tutta la rendita che apparteneva al vescovo titolare
(Gregorio Magno, Epistole, V, 13). Nel 595 a Sebastiano vescovo
di Sirmio o Risino in Dalmazia, costretto dalle incursioni barbariche
d' andar lungi dalla sua chiesa, fu dal pontefice Gregorio offerta una
delle chiese in Sicilia, e l' unica vacante in quel tempo era quella
di Girgenti {Ep. V, 42). Nel 598 a proposito di alcuni giudei di Gir-
genti, che volevansi convertire, il medesimo pontefice scrive a Fantino,
rettore del patrimonio palermitano, che si rechi a Girgenti « e ne
«conferisca col vescovo del luogo» (£/). Vili, 23). Lancia di Brolo si
fa la domanda : È possibile che Gregorio Magno, che tanto ammirava
i santi uomini del suo tempo, consapevole della santità di Gregorio
Agrigentino non faccia, nella lettera citata, il nome di si nobile ve-
scovo? E come spiegare il silenzio assoluto, intorno a Gregorio Agri-
gentino, nei Dialoghi dello stesso san Gregorio, scritti (verso il 594)
per narrare i miracoli che si operavano in Italia, se di miracoli è
coronata la vita del vescovo Agrigentino ?
(2) « Et ideo quia de possessionibus Paiano, Nasoniano et Libi-
« niano positis in provincia Sicilia territorio Panormitano, de quibus
« inter prepositos monasterii Sanctorum Maximi et Agathae quod
«Lucuxanum dicitur et e diverso administratores xenodochii
c'in hac urbe Roma constituti quod Valerii nuncupatur
// jnonastero di S. Erasmo sul Celio 271
dove si legge che il suddiacono Antonio era preposto al go-
verno dello xenodochio dei Valerii ; un' altra notizia si ha
in un passo nella Vita di Stefano IV (768-772) (i) e in
uno nella biografia di Leone III (795-816) (2).
Sulle case dei Valerii dunque, prima che una chiesa ed
un monastero, sorse uno spedale: a questo è probabile che
siano andate le rendite dei beni appartenenti a quell'antica
fii miglia.
Notizie più sicure, se non tutte attendibili, sono quelle
posteriori sul monastero di S. Erasmo, che si riferiscono
alle relazioni di esso con i due cenobii di Subiaco. Narra
il Mirzio (3), che il monastero di Subiaco fu distrutto da
Agilulfo (601), e che i monaci, abbandonato il sacro luogo,
cercarono rifugio a Roma, nel monastero di S. Erasmo sul
Celio : e siccome il luogo era molto angusto per contenerli
« longa se traxit contentio, nunc inter te dilectissimuni filium nostrum
« Domitium abbatem atque presbiterum predicti monasterii et Anto-
« nium subdiaconum nostrum memorati xenodochii prepositum » ^x.
Cf. SAN Gregorio, Epist. IX, 66, in Moii. Gemi, hist., Berlin, apud
Weidmannos, 1893, Epistolarum t. II, pais. I, pp. 86, 97.
(i) e Et post modicos dies ipsum de eadem custodia eicientes
« Waldipertum presbiterum, eumque proicentes in terra, iuxta transen-
te dam campi Lateranensis, eius effoderunt oculos et linguam eius cru-
« deliter ac impie abscinderunt, dirigentesque illuni in xenodochio
« Valerii « &c. Cf. Liher Pontificalis, ed. Duchesne, I, 473.
(2) « Fecit autem et in oratorio Sancti Abba Cyri qui ponitur in
«xenodochium qui appellatur a Valeriis canistrum ex ar-
« gento, pens. lib. .11. semis». Cf. Liber Pontificalis, ed. cit. II, 25,
46108. Dal Regesto Suhlaceuse (ed. cit, n. 60, p. loi) si sa che Erfone
neir 837 vende a Teodoro vescovo di Gabii alcuni fondi «positi in
« via Tiburtina, miliario ab urbe plus minus .xx."io, iuris venerabilis
« xenodochi, qui appellatur Valerii > . Cf. Coppi, Documenti storici del
medioevo &c. in Disserta:{ioni dell'Accademia romana d' archeologia,
Roma, tip. della rev. Cam, apostolica, 1864, XV, 166; Gatti, op. cit.
pp. 1 50-1 51 ; Federici, I monasteri di Subiaco, Documenti, I, n. 18.
(3) Cronaca Sublacense, ed. cit. cap. VIII, 89 sg,, XXVII, 40.
272 .7- Camobreco
tutti, venne dal pontefice Gregorio ampliato. Ma se di altri
monasteri realmente distrutti dai Longobardi si hanno do-
cumenti autentici, del Sublacense mancano affatto: e s'è
trascurabile per noi il silenzio di Paolo Diacono, che si cu-
rava specialmente di narrare i fatti che avvenivano nell' Italia
longobarda e degli altri ricordare soltanto i più notevoli, è
invece degno di nota il silenzio di Gregorio I che scriveva,
proprio in quel tempo, la Vita di san Benedetto.
Forse la spiegazione del modo onde sorse questa fan-
tastica leggenda, si ha nella notizia raccolta anche dal Mir-
zio, secondo la quale, distrutto il monastero di Cassino
nel 598, quei monaci, ^i^ggiti a Roma, furono da Pelagio II
collocati nel Laterano (i).
Non è improbabile che il cronista Sublacense accogliesse
come particolare storico del suo monastero, un fatto rela-
tivo a quello di Montecassino, volendo uniformare i fasti
dell'uno con quelli dell'altro (2).
Con la seconda metà del sec. vii s' incomincia ad avere
qualche notizia sicura del monastero CeHmontano; che non
si può rifiutare un fondamento storico a ciò che di esso è
detto nella Vita di Adeodato II (672-676), dove il biografo
afferma che il pontefice passò la sua gioventù in S. Erasmo;
che arricchì questo monastero di molti edifici e fondi rustici
(« casalia ») e che vi istituì la congregazione e l'abbate: « in
« monasterio S. Herasmi situm in Celimonte, in quo con-
(i) Cronaca cit. cap. V, p. 62,
(2) Questa ipotesi è confermata dal fatto che il Mirzio {Cro-.
naca cit. cap. V) riferisce che il Laterano fu abitato dai monaci Sub-
lacensi per lo spazio di settant' anni, cioè fino alla distruzione del
monastero Cassinese, avvenuta nell'anno 589. Come si vede il cronista
Sublacense è in contradizione con se stesso sia nel contesto sia nelle
date. E tale notizia è tanto fantastica che nel 519, quando i Subla-
censi si sarebbero rifugiati a Sant' Erasmo perchè Agilulfo avrebbe
distrutto i loro monasteri di Subiaco, i Longobardi non erano ancora
scesi in Italia. È noto del resto (Ecidi, op. cit, p. 20 sgg.) il poco valore
del Mirzio come fonte storica, specialmente per le notizie antiche.
Il monastero di S, Erasmo sul Celio 273
« crevisse visus est sanctissimus vir, multa nova edificia
« augmentavit ; sed et casalia conquisivit, et in vita sua ab-
a batem vel congregationem ibidem instituit » (i).
Alla lettura di questo passo del Liber Pontificalis, in verità
un po' oscuro, ma che pel nostro lavoro è di somma im-
portanza perchè è l'unico ricordo autentico di questo tempo
che ci dà la notizia esatta dell'esistenza del monastero, sorge
spontanea la domanda : come mai Adeodato potè passar
la sua gioventù nel monastero del Celio, s'egli stesso v'istituì
la congregazione e l'abate? La risposta non è tanto facile,
però si potrebbe fare una doppia ipotesi: o che una con-
gregazione di monaci greci, esistente nei primi anni della
vita di Adeodato, avesse già cessato di esistere quando questo
monaco fu eletto papa, e che questi, volendo far risorgere
di nuovo il monastero dov'egli fu educato, v' istituisse la
congregazione e l'abate ; ovvero, che da semplice convento,
S. Erasmo fosse da Adeodato elevato al grado di monastero
col proprio abate e la congregazione. Ammettendo l'una o
l'altra ipotesi, si può veder chiaro quello che apparentemente
sembra contradirsi nel passo citato (« concrevisse visus est . . .
« et in vita sua abbatem vel congregationem ibidem insti-
« tuit))) (2), se non si vuole negare assolutamente l'educa-
zione di quel ponfefice nel nostro monastero, tanto più che
il suo biografo non dice esplicitamente che Adeodato hi
educato colà: ma scrive « visus est», il che implica dubbio
e non certezza ; né è focile supporre che un « Romanus »
sarebbe andato a rinchiudersi in un monastero greco.
Il De Rossi riferisce a questo tempo l'epigrafe sco-
perta fuori porta Pinciana, in una vigna del Seminario Ro-
(i) Liber PoiitificaUs, ed. cit. I, 546.
(2) Il MiRzio (Cronaca cit. cap. Ili, 43 ; cap. Vili, appendice
[seconda], p. 93) aggiunge che Adeodato era stato forse abbate di
S. Erasmo: «ex monacho vel potitis abbate»; ma nessun' altra fonte
meno sospetta della cronaca del monaco di Treviri ricorda questo
particolare, in perfetta antitesi col passo del Lib. Pont, sopra citato.
274 .7- Camobreco
mano(i), e crede che i fondi registrati in essa, da Teodosio
Minimo: « Cornificio », « Opiniano », «Africano » &c. (2),
(i) Cf, De Rossi, La basilica cit. p. 231.
(2) La storia di questa iscrizione è degna, di nota : la vigna del
Celio a S. Stefano Rotondo, già monastero di S. Erasmo, era nel 1 500-
1600 del Collegio Germanico dei pp. Gesuiti. Poi essi comprarono la
vigna dei monti Parioli, ove trasportarono molti marmi del Celio.
Cosi l'epigrafe Celimontana trasmigrò fuori porta Pinciana. Con la
soppressione dei Gesuiti nel 1774 la vigna dei Parioli fu data ai preti
del Seminario Romano.
L' epigrafe vista dal De Rossi ed ora perduta, era scritta in
greco (KiRCHHOFF, C /. G. n. 8853 ; De Rossi, Inscript. christianae &c.
II, 44, n. io; Duchesne, Liher Pontificalis, I, 347, nota 51 ; Regesto
Subì. cit. n. 147, p. 196; Federici, / monasteri cit. II, n. 204)., ed il
De Rossi stesso ne lasciò inedita una lezione critica, pubblicata {Iscri-
zione greca del monastero di S. Erasmo in Bull, della Comin. cit. 1902,
a. XXX, III, 164 sg.) dal Gatti. È utile riportare qui il testo latino
e greco dell' iscrizione, ricordando che alcuni dei fondi rustici ivi rife-
riti («Rillicis, Opinianum, fundus Africano et Palumbara, fundum An-
te ticius, Pompeianon, Marmulatula, Mudano, fundum Muciano, fundum
« ad Cancellatula ^)) furono illustrati dal De Rossi stesso (Bullettìno di
arch. crisi., Roma, 1873, IV, 41, 97, 99, 108); dal Tomassetti {Della
Campagna romana in Arch. della R. Soc. rom. II (1879), 137, 142,
146, 157, 164 ; V (1882), 618, 646 ; VII (1884), 224, 385 ; VIII (1885),
13, 16, 42, 137, 410, 411, 4I), 425, XXV (1902), 85, 86, 94) e dal
Galletti, Del primicerio cit. pp. 175, 326, 176, 311, 325. Per i fondi
« ad Casa Ferrata, Caste, ad fundum Grifis et fundum Strumaciano »
ci. Coppi, nei due lavori: Memorie di alcune tenute adiacenti alla via
Appia in Dissertazioni dell' Accad. rom. di archeol. XIII, 150, e Docu-
menti storici del medioevo ìkc. in Dissert. cit. XV, 249, 252, 311.
Cf. Gatti, op. cit. p. 162 sgg. :
+ Y'^<^^ eecoAOciov eAAXiCJOv ijpecB.v-
XepOV e)7ACJ)HCANTA CONOMA A J'ON CO-
NIAKON I jpOAC'nON • 1 ()V APIOV KAI GN-
Aoxov eiepoMAfi vpoc epACMOv : KopNi-
c|)lC KAMIJIC P^IAAIKIC COIllANON i 4>OVN-
AOC Ac|>piKANIC.|<AI \\C Jo nAAOVMt^ApiN :
// monastero di S. Erasmo sul Celio 275
come proprietà del monastero, fossero quelli donati a S.Era-
smo dal pontefice Adeodato.
CONOf ANON . COAepANON • H AANON . cj)OVN-
AOC ANiKVIC . nONI JINIANON \ AONÌANON
MIKfO AONTaNON . MerA . MAfMOpXOVAA \
AAKKOy MeriANoN P^OVXr) OVAA : c|)OV|x|_
AOC riATperiANON : MOVKIANON : KOVAf-
TIAIANON MAXIMIANON : KACa c|>epf ATA :
cj>OVNAOC . MOVKIANON : J eCCefAfOVM :
Afinov i KAcreHc : 4)ovn aoc : rfHcj)Hc :
c|>OVNAOC . KANKGAAAOVAA ! cj>OVNAOC •
CTpOVMAKIANA.,.
In nomine Domini lesu Christi, incipit privilegium de Sancto E-
rasmo positura in Roma in Celiomonte quod fecit . . . Theodosi[us] mi-
nimus presbiter.
De Theodosio minimo presbiter fuerunt scripte iste nomina : idest
in casali de sancti et gloriosi martiris Erasmi, Cornificius campi, Ril-
licis, Opinianon, fundus Africano, et in Palumbara, Onoranon, Ole-
ranon, Pantanon, fundum Anticius, Pompenianon, Longiano Miccino,
Longiano Malore, Marmulatula, Lacu Megiano, Ruxitula, fundum Pa-
triano. Mudano, Quartuniano, Maximiano, ad Casa Ferrata, fundum
Muoiano, Tesserarum, Caste, ad fundum Grifis, fundum ad Cancella-
tula, fundum Strumaciana.
Le varianti del Regesto Subì, (ed, cit, p. 196) con la copia del-
l'epigrafe riportata sono le seguenti: i. ErPA^HSA TITA QNOMA-
TON 2. KIE per KAI' PACMOr, KOPNI^KIS 3. KAxMni-SBIAAIKIS
4. AONFANON 6. KOIAPTINIANON 7. KASTE HS 8. KANKEAA-
TOrAA, TPOrMAKIANA Sono inoltre sciolti tutti i nessi delle let-
tere, ed usate le forme EST invece di C C V come si trovavano nel
marmo. La versione latina varia nelle parole seguenti : « presbytero,
« martyri, Opinianon, Pantano, Pompenianon, Longiano Malore, Pa-
ce traiano » . Ho copiato l' epigrafe come il De Rossi la trascrisse e
come fu pubblicata dal Gatti {Iscrizione del vionastero di S. Erasmo,
nota greca inedita del comm. G. R. De Rossi, in Ball, della Coìiiiìì.
cit. p. 164 sgg.).
2'j6 f. Camobreco
Perduta ormai la pietra, non si può controllare l'afferma-
zione del De Rossi, che le attribuì si alta antichità, quantunque
l'elenco non facesse menzione di quel papa. Né maggior luce
viene alla ricerca cronologica dalla redazione .greca e latina
che di quel documento epigrafico si ha nel Regesto Sub-
Jacense, compilato molto più tardi, cioè nel sec. xi; la sua
redazione greca può soltanto indicare che l'iscrizione venne
composta nel tempo in cui il cenobio era abitato da mo-
naci greci. E tale iscrizione dovette esser considerata molto
importante dai compilatori del Regesto, e forse anche anti-
chissima, se essi credettero necessario ricordarla fra tanti
atti pubblici e solenni d'imperatori e di pontefici.
Da Adeodato a Giovanni VII (701) non si hanno più
notizie del monastero : ma durante il governo di quest'ul-
timo pontefice (705), Stefano, monaco S. Erasmo, eletto
abate di S. Benedetto, avrebbe ricondotto, dopo centoquattro
anni di esilio, i pochi monaci rimasti in vita, da Roma a
Subiaco, dove avrebbe fatto risorgere dalle ceneri il sacro
asilo, e nello stesso periodo di tempo, sarebbe avvenuta
l'unione di S. Erasmo col Sublacense.
Anche queste notizie date dal Mirzio hanno il valore
delle precedenti : egli stesso del resto dubita dell' esattezza
della tradizione a proposito della durata dell'esilio, e rileva
che quando papa Giovanni VII concesse il privilegio al-
l'abate Stefano, già sin dal tempo dell'abate suo predeces-
sore, i monaci abitavano il monastero di Subiaco (i). Ma
l'unica fonte del ritorno a Subiaco dei monaci Benedettini
e dell'esistenza dell'abate Stefano nel 705, la bolla, cioè, attri-
buita a Giovanni VII (2), fu recentemente dimostrato appar-
tenere invece a Giovanni XVIII (1005) (3).
(i) Mirzio, Croii. cit. cap. Vili, 94.
(2) Ecidi, op. cit. p. 207 sg.
(3) Reg. cit. pref. p. ix; Georgius in Baroxio, ^««. XVI, 431;
Jaffé L., Reg. pontif. Rom. n. 3945; Kehr, Nachrichten der K. Gè-
// monastero di S. Erasmo sul Celio l'j'j
Anche di questo racconto non sarebbe difficile imma-
ginare la fonte: nel 733, Gregorio II, volendo far risorgere
sulla incantevole altura di Terra di Lavoro il distrutto mona-
stero di Cassino, esortò Petronace a volersi porre alla nobile
impresa. Il santo uomo ubbidì, e con i pochi Cassinesi scam-
pati e che ancora vivevano in Roma, andò a Cassino: il
manipolatore della bolla di Giovanni avrà voluto, sulle tracce
dell'episodio cassinese, attribuire ai monaci Sublacensi un
ritorno da Roma a Subiaeo. Immaginato l'esodo da Su-
biaco, era necessario immaginare il ritorno.
Pare dunque che si debbano escludere le relazioni fra
i monasteri Sublacensi e di S. Erasmo ai tempi di Gre-
gorio IL Si può soltanto affermare che, dopo la morte di
Adeodato II, e, certamente in conseguenza dei larghi be-
nefizii concessigli da questo papa, il monastero vivesse vita
fiorente e vi abbondassero i monaci. Secondo il Mirzio (i),
forse sarebbe stato monaco di S. Erasmo Leone III quando
fu assunto al pontificato (795); ma questa congettura non
sembra probabile. Il biografo di Leone III non fa men-
zione di questa provenienza, anzi dal contesto del suo rac-
conto nella Vita di questo papa anteriore alla sua elezione,
ci induce a credere che appartenesse al clero secolare: « Qui
« a parva etate in vestiario patriarchìi enutritus ... et dum
« taliter in ipso vestiario precipue degens splenderet . . . ,
«divina inspiratione . . . a cunctis sacerdotibus . . . et omni
«clero necnon et obtimatibus... electus est » (2). Inoltre
conviene ricordare che, secondo la testimonianza del me-
desimo biografo, nella congiura contro di lui ordita dal
primicerio Pasquale e dal notaio Campulo, il povero pon-
tefice, dopo che fu pesto e malconcio, probabilmente con
la cooperazione dell' « egumenus monasterii Sancti Hera-
sellschaft der Wlssenschaflen ■^ì Gòttliii^en, Plìilologisch-historische
Klasse, 1901, Heft 2, p. 202.
(i) Cronaca cit. cap. Ili, 44; cap. Vili, 94.
(2) Liher Pontìficalis, ed. cit. II, 5.
278 7- ^-(^ff^obreco
« smi », durante In notte venne trasportato nel monastero
di S. Silvestro e poi in quello di S. Erasmo, dove « in
« arta et angustia custodia eum recluserunt » (i). Ma, come
ritiene il Duchesne, alcuni giorni dopo, con l'aiuto di un
certo Albino, suo cubiculario, e di altri, di nascosto, venne
liberato e condotto nella basilica di S. Pietro. I nemici di
Leone III non l'avrebbero certamente affidato. ad un mo-
nastero dove almeno alcuni di quei monaci sarebbero stati
amici ad un pontefice scelto dallo stesso loro seno: anzi
bisogna credere che Leone fu rinchiuso nel Celimontano
perchè quel monastero, essendo in luogo solitario, garan-
tiva a Campulo ed a Pasquale la sicurezza del loro disegno.
Questo pontefice fece dono al monastero del Celio di
una veste in seta, della quale si ricordano i ricami ed i fregi
nel passo seguente del Liber Pontificalis : « de stauraci cum
« cruces et gamadias simul paratrapetis suis cum periclisin
« de chrisoclabo » (2), ed in seguito di una lampada : « et
(( in monasterio Sancti Erasmi qui ponitur in Coelio monte
« instar fecit coronam ex argento pensantem libras .1111. et
(( uncias .11. )) (3).
Del sec. viii null'altro è noto del monastero di S. Erasmo,
e nepppure si sa con certezza quale ordine di monaci lo
abitasse. Di questo il Mirzio non dice nulla; ma pro-
babilmente il suo silenzio in questo fu prudenza, poiché
egli non poteva ignorare i numerosi indizii che inducevano
a pensare il monastero abitato, in quei primi tempi, da
monaci greci, anzi che latini, come del resto pensarono
tutti coloro che direttamente o indirettamente si occupa-
rono dell' argomento (4).
(i) Liber Pontificalis, ed. cit. II, 5.
(2) Liber Pontificalis, ed. cit. II, 9.
(3) Liber Pontificalis, ed. cit. II, 22.
(4) Galletti, Del primicerio cit. p. 57, nota; De Rossi, La ba-
silica di S. Stefano cit. p. 235; Tomassetti, Della Campagna rom. cit.
II (1878), 142, 143.
// monastero di S. Erasmo sul Celio 279
Le più notevoli prove della presenza di monaci greci
a S. Erasmo sono: l'elenco -dei suoi beni scritto in greco;
il fatto che Gregorio Agrigentino Sabaita si rifugiò fra le
sue mura ospitali, quando lo si voleva nominare vescovo;
il titolo di egumeno dato dal Liher Poniificalis al monaco
che dette man forte a Campulo nell' episodio della som-
mossa contro Leone IIL A ciò si aggiunga che a Roma,
dal sec. iv all' viii, quasi tutti i monasteri, di cui si ha no-
tizia sicura, erano officiati da monaci Basiliani: e poco lon-
tano da S. Erasmo erano greci, almeno nel periodo più an-
tico della loro esistenza, i monaci di S. Cesario (i), di
S. Giorgio al Velabro (2), di S. Sergio e Bacco presso
r arco di Alessandro Severo (3), quelli di S. Maria An-
tiqua (4) e dell'Ara Coeli, e greco dovette essere il mona-
stero di S. Erasmo nei due secoli, che seguirono al tempo
iii cui Costantino Copronimo aveva fatto bandire dal con-
ciliabolo di Costantinopoli la guerra iconoclasta (5).
L'unico dubbio, che nel nostro monastero fossero mo-
naci latini, potrebbe sorgere alla lettura di un documento
del 758, dove si dice che Anastasio, abate di S. Erasmo,
riceve alcuni beni da Giovanni, vescovo di Tivoli ; in questo
documento, cosi antico, è nominato un abate e non un egu-
meno: «Ut cum Domini adiutorio suscipere debeat a su-
« prascripto lohanne sanctissimus episcopus suprascripte ec-
« clesie Tiburtine, sicut et suscepit predictus venerabilis
(i) MiGNE, Patrol. lat. CXXVIII, 1233; Fedele, Una chiesa sul
Palatino in Arch. della R. Società rom. di storia patria, 1903, p. 343.
(2) Grisar, / papi del medioevo cit. II, 388.
(3) Grisar, op. cit.; Liher Pont. ed. cit. I, 512, 522.
(4) V. Federici, S. Maria Antiqua e gli ultimi scavi del Foro
romano in Arch. della R. Soc. rom. di storia patria (1900), XXIII,
517 sgg.
(5) Liher Pontificalis , ed. cit. I, 415; Grisar, op. cit. II, 388;
Hefele, Histoire des conciks d'après les dociiments originaux, Paris,
1869, IV, 229; cf. V. Federici, // Regesto del monastero di S. Silvestro
de Capite in Arch. della R. Soc. rom. XXII, 9 sgg.
280 J. Camobreco
« presbiter et abbas Anastasius, et per eum in suprascripto
« monasterio iure imperpetuiim » (i).
Ma si sa che questi documenti in gran parte furono
trascritti nel Regesto Suhìacense nei secoli xi e xii, quando
certamente il Celimontano era abitato da monaci Benedet-
tini; non farebbe quindi meraviglia che sotto la penna del
trascrittore l'cc egumenos » dell'originale si fosse cambiato
in (( abbas «; e se si volesse andar più pel sottile, si potrebbe
aggiungere che lo stesso nome dell'abate, « Anastasius » ,
ci fa intravedere un monaco greco e non latino. È questa
una semplice ipotesi; ma comunque sia, essa concorre per
confermare sempre più la nostra tesi, ed anche nel Liber
Pontificalis l'autore della Vita di Adeodato (672) può aver
usato la voce « abbatem » per quella di « egumenos » es-
sendo più comune e più nota in Occidente.
Col secolo IX comincia un periodo meno oscuro nella
storia del monastero: la munificenza dei papi si estende
anche in questo tempo al Celimontano e Gregorio IV (827-
844) dona alla chiesa di esso una veste serica, che il biografo
descrive nel passo seguente : « et in monasterio Sancti He-
« rasmi fecit vestem de stauraci cum periclysin de octa-
« pulo .1. » (2), e sono di questo secolo ancora alcuni do-
(i) Regesto Subì. cit. doc. in, p. 157 sgg.
(2) Liber Pontificalis, ed. cit. p. 79. P. Adinolfi (Roma nell'età
di me^^o, Roma, fratelli Bocca, 1881, I, 343) dice che Gregorio IV
oltre ai doni aveva provveduto all'officiatura del monastero, ponendo
al suo governo un vescovo col titolo di abate, il quale diede a Ti-
berio primicerio il fondo Pioni^ fuori porta Salara, ricevendone in
cambio da costui il fondo Parioni vicino alla chiesa di S.Sebastiano.
Questa notizia è falsa; né l'Adinolfi si accorge che il documento da
lui riportato è dell' 850, cioè quando Nicola vescovo era abate di
S. Erasmo, ed il papa di allora era Leone IV (847-855). Né le testi-
monianze che l'Adinolfi riporta per avvalorare le sue affermazioni sono
esatte, perchè né il Muratori {Antiq. Ital. medii aevi, V, 769) né il
Galletti {Del primicerio cit. doc. iv) dicono nulla in proposito :
Il monastero di S. Erasmo sul Celio 281
e amenti raccolti nel Regesto Sublacense, come vendite, cambii,
donazioni, enfiteusi di beni appartenenti ad esso, dai quali
comincia a spuntare qualche nome di abate : Palombo nel-
V 821 (i), Nicola vescovo ed abate nell'Sjo (2), e Zaccaria
neir 866 (3).
Ma dopo r ultimo abate che di S. Erasmo si conosce
in questa seconda metà del secolo, cioè Zaccaria (866), pare
che il monastero rimanga privo di monaci, perchè neir895
l'amministrazione di esso viene affidata ad un estraneo, a
Benedetto protoscriniario che ha il titolo di visitatore di
S. Erasmo (4); e questo ci vien confermato dalle vicende
posteriori del Celimontano che noi veniamo man mano
narrando.
Pochi anni più tardi si vede accoppiato il nome di Al-
berico a quello del monastero di S. Erasmo, quando questo
illustre principe mirava a risvegliare tutte le energie mo-
rali e religiose della città, dalle quali egli si riprometteva
non piccolo aiuto alla attuazione dei suoi disegni.
Cosi s' intende come, mentre la riforma di Cluny rige-
nerava ed infondeva nuova vita ai monasteri di Francia,
« Xicolaus saiicte Ecclesie dedit et commutavit tibi Tiberio sanctissimo
« primicerio sancte Sedis apostolica fundum, qui dicitur Pionis &c. Ego
« qui supra Nicolaus humilis episcopus et abbas prcdicti venerabilis
« monasterii Sancti Erasmi in iure et dominio suprascripti monasterii,
« a vobis sanctissimo primicerio terram sementariciam &:c. buie ces-
« sioni &c. subscripsi » . Rs^. Subì. ed. cit. p. 69.
(i) Copia sec. xi, in Reg. Subì. e. 91 a sgg., ed. cit. n. 28;
Federici, Doc. cit. I, n. 27.
(2) Copia sec. xi, in Reg. Subì. e. 69 sg., ed. cit. n. 31; Fede-
rici, Doc. cit. I, n. 19.
(3) Copia sec. xi, in Reg. Subì. e. 117 a sgg., ed. cit. n. 87;
Federici, Doc. cit. n. 20.
(4) «Placuit igitur lesu Christi auxilio atque convenit inter Bc-
« nedictum protoscriniarium sancte Sedis apostolice et visitatorem ve-
«nerabilis monasterii Sancti martyris Christi Herasmi qui ponitur in
«Celio monte». Cf. Reg. Subì. ed. cit. n. 116.
Archivio lidia R. Società romana di storia patria. Voi. XXVHI. 19
tSi f. Camobreco
egli secondato da Leone VII, già monaco, mite e docile
alla sua volontà, volgeva le sue cure alle abbazie sottoposte
ai suoi domimi. E si può dire che in forza di questo in-
teressamento di Alberico, i monasteri, specialmente romani,
ebbero nel sec. x il maggiore sviluppo economico e la loro
massima importanza politica.
Ad Alberico dovettero non poco i monasteri di S. Lo-
renzo, di S. Agnese, e con lui s' incominciò la riedificazione
di S. Paolo (i), con lui si arricchì il monastero di S. Cosma
e Damiano in Mica aurea (2) e di S. Benedetto in Subiaco (3),
al quale Alberico, d'accordo col pontefice Leone, oltre che
terre, vigne, il castello di Subiaco ed altri beni, fece mu-
nifico dono del monastero di S. Erasmo al Celio da lungo
tempo privo della congregazione dei monaci.
Era allora abate di Subiaco Leone: a costui il ponte-
fice Leone ed il principe Alberico affidarono l'incarico di
ricondurre all'abbandonato monastero del Celio quanti mo-
naci erano necessarii, perchè più oltre non tacessero le lodi
a Dio in quel luogo, che pure aveva già avuti più secoli
di vita, e perchè esso servisse di sicuro rifugio alla con-
gregazione Sublacense, minacciata dall' avanzarsi degli Un-
gheri (4). La bolla di Leone VII è il primo documento
(i) Gregorovius, Storia di Roma nel medioevo, III, 382.
(2) Fedele, op. cit. p. 359 sgg.
(3) Gregorovius, op. cit. p. 16; Ecidi, op. cit, p. 69.
(4) « Quia igitur monasterium Sancti Christi martyris Herasmi
« qui situm est in hanc civitatem Romani in Celio monte omnino
«constat iam elapso tempore congregatione servorum Dei nudatum,
« et solitudine, nullo in eo aut preposito, aut monachis habitantibus, tra-
ce ditum; permoti proinde compassione tanti piaculi ac compulsi dolore,
« apostolica auctoritate providimus ; et interventu nostri dilecti spiritualis
« filii videlicet Alberici gloriosi principis atque omnium Romanorum
« senatoris, predictum monasterium Sancti Herasmi vobis commissum,
« eidem vestro monasterio sodare, prò refugio et utilitatc congrega-
« tionis fratrum, in eodem venerabili loco laudes domino Deo nostro
« exsolvere debeatis imperpetuum, ne, quod absit, a persecutione pa-
// monastero di S. Erasmo sul Celio 283
autentico e sicuro della venuta dei Sublaccnsi in Roma,
perciò non si ha ragione di mettere in dubbio l'esodo di
detti monaci ritiratisi sul Celio, nò è lecito anche adesso
negare la soggezione di questo al monastero Sublacense.
Inoltre questo documento è per noi prezioso e di somma
importanza perchè ci aiuta a determinare esattamente il sito
del nostro monastero. Né la questione va trascurata oggi
specialmente che del Celimontano rimangono pochi ruderi,
dei quali si discute ancora se debbano identificarsi con le
rovine del monastero. Fino a pochi anni fa si ritenne con-
cordemente, che questo cenobio, secondo la testimonianza
dell'anonimo di Einsiedeln (i), fosse posto alla sinistra di
S. Stefano Rotondo (2), volgendo il passo verso porta Me-
trovia. Ma nel 189 1 il Lanciani, nell'illustrazione da lui
data dello stesso Itinerario, afferma, che «senza ragione
« l'anonimo trasporta S. Stefano Rotondo sulla destra, men-
<( tre si sa, che trovavasi dallo stesso lato di S. Erasmo ».
Leone VII conferma l'autorità à^ìV Itinerario : esso parlando
di quel monastero così lo determina : « positum Roma, re-
« ganorum, vel ab iniquis hominibus supradictum monasterium Sancii Be-
« nedicti destruatur; ideo iam dictum monasterium Sancti Herasmi
«. cum cellis, seu domoras et parietinis in circuito et cum omnibus
« suis edificiis atque ortuis &c. in integro permanentibus, positum
« Roma, regione secunda, ante venerabilem titulo sancti Christi proto-
<( martyris Stephani ecclesiam, in predicto Celio monte &c. »; Reg. Subì.
n. 24, p. 63 (9 gennaio 938); copia in arch. Subì. Ili, 50 (sec. xiv); in
cod. Sessor. della bibl. V. Emanuele di Roma CCXXVII, p. 60 (sec. xviii) ;
Bull. Mirtii, conservato nell'arch. Subì. e. 24 b (sec. xvii); Migne,
Patrol latina, CXXXII, 1078; cf. Kehr, op. cit. p. 203; Reg. J-L.
n. 3608; Federici, op. cit. I, n. 48.
(i) Lanciani, Itinerario cit. p. 11, e. 82 b.
(2) La stessa opinione seguirono 1' Ugonio (Historia delle stagioni
di Roma Sec, Romae, B. Bonfadino, 1588, p. 291); il Marrocco (Epi-
gramma antiqiiae Urbis, p. 30); il Marini (cod. Vat. 9108) ed il Ter-
RiBiLiNi (Descriptio templorum urbis Romae, III, 319), che però non
attinsero a fonti diverse ma si ripeterono l'uno dall'altro.
284 .7- Camohreco
« gione secunda, ante venerabilem titulo sancti Christi pro-
« tomartyrìs Stephani ecclesiam, in predicto Celio monte ».
Con tale testimonianza pare assodata per sempre la questione
del sito, e quantunque il Lanciani non ci faccia comprendere
esattamente come debba intendersi la direzione della sini-
stra e della destra dell'osservatore, rimane sempre certo
che S. Erasmo trovavasi posto innanzi a S. Stefano Ro-
tondo come lo segna l'anonimo di Einsiedeln.
Da questa stessa bolla, dall'epigrafe più sopra riportata
e dagli atti privati del Regesto (i), possiamo avere una no-
tizia precisa del patrimonio del monastero al momento in
cui venne affidato alle cure del Sublacense. I beni che
S. Erasmo accumulò sino a tutto il sec. x erano intorno
al monastero, vicino a Roma, nel territorio di Tivoli, di
Ariccia, Albano e Frascati (2).
Quale patrimonio essi rappresentassero, non si sa; ma
se si bada alla decadenza, che presto coglierà la badia,
viene da pensare non fossero estranee alla caduta del mo-
(i) Nel 758, come sopra abbiamo detto, il vescovo di Tivoli
concede ad Anastasio, abate di S. Erasmo, alcuni beni in Tivoli; ma
dall'anno 821 al 938 alcuni fondi riportati dall'epigrafe (cRillicis.),
« Apianum» e « Strumaciano») vengono concessi dagli abati del Celi-
montano a privati. Cf. Reg. Subì. ed. cit. nn. 31, 83, 116; Federici,
Doc. cit. I, nn. 23, 27, 850.
(2) Al sec. X appartiene un sigillo che ricorda il martire Erasmo.
Esso fu registrato dal Ficoroni (/ piotnln antichi, Roma, Mainardi,
1740, tav. xviii, n. 2, p. 60) e dall' Armellini (Le chiese di Roma,
tip. edit. Romana, 1887, in-8, ed. 2*, p. 228) che lo credette del mo-
nastero di S. Erasmo sul Celio; ma a questa attribuzione l'archeologo
romano fu tratto dall' erronea lettura della leggenda circolare del sigillo
ch'egli interpretò: « loh. et Decibius V. P. », che invece dice chiara-
mente : « lohannis et Decibilis upatoi » . Questi nomi si riferiscono alla
regione Gaetana, dove la città di Formia ebbe ed ha ancora per pro-
tettore sant'Erasmo. I due nomi degli ipati s' incontrano in numerosi
documenti di Gaeta; cf. Codex dipìomaticiis Caietanus, cura et studio
monachorum&c.,Montecassino, tip. Archicoenobii Montis Casini, 1887,
pars I, nn. 15, 16, 30, 36, 39, 41, 44, 51.
// monastero di S. Erasmo sul Celio 285
nastero le donazioni e le concessioni a privati, insieme con
le agitazioni della Chiesa Romana, retta in questo secolo
da ventisette papi, tutti, fatta rara eccezione, indegni di es-
sere ricordati. Né papi, nò privati, né principi pensarono
a scongiurare la caduta del Celimontano e senza efficacia
fu l'interessamento di Alberico II, che forse ne sperava il
riordinamento quando ne affidò l' amministrazione al Sub-
lacense.
Asservito al monastero di Subiaco S. Erasmo, ne segue
Te vicende durante tutto il sec. xi: lo stesso abate regge i
destini di entrambi i cenobi.
Governava allora l'abazia Sublacense Pietro, cui le cro-
nache dicono ornato di ogni virtù. Con lui continua il pe-
riodo di consolidamento della potenza abaziale, già comin-
ciata nel secolo precedente, e per la quale egli lotta anche
contro i grossi e piccoli feudatarii che gli contrastano il
dominio di terre e castelli.
Tali lotte locali erano l'eco di quella combattuta in
Roma fra il partito germanico e quello romano, agitato dai
Crescenzi, per i quali il monastero dimostrava simpatia : in-
dizio di queste relazioni potrebbe essere la donazione che
Crescenzo Marcapullo (i) fece di alcuni beni in Roma al-
l'abate Pietro (2) il 30 luglio 1003 ; e quando il partito ro-
mano trionfò e riusci ad eleggere abate di Subiaco Stefano,
questi, da Giovanni XVIII (1005), uno dei papi del partito ro-
mano, ottenne il 21 luglio del 1005 una conferma dei privilegi
(i) Parente forse di Giov. Crescenzio, che, dopo la morte di
Ottone III, assunse il titolo di patrizio, e dopo quella di papa Sil-
vestro II, tenne in balìa la sede di san Pietro. Un'altra prova della
simpatia del monastero verso il partito romano possono essere le
relazioni con una Teodora (Reir. Subì. ed. cit. n. 141) e Giovanni di
Rot icario, fratello di Benedetto V, che fu imprigionato e deposto da
Ottone.
(2) Copia sec. xi, nel Reg. cit. e. in a sgg,; ed cit. n. 82; Fe-
DKRici, Doc. cit. I, n. 153.
286 J. Camobreco
e dei diritti del Sublacense sull' infelice monastero di S. Era-
smo (i), i cui beni quell'abate continuò a vendere (2) in
servigio della grande badia.
Il triste mercato degli ultimi possedimenti di S. Erasmo
continuò ancora quando Benedetto Vili ebbe confermato
(sett. IO 1 5) il possesso di quel luogo (3) all'abate Giovanni (4),
e quando a questo successero nel governo dei monasteri Sub-
lacensi Demetrio (5), Benedetto (6), Giovanni (7) e Ot-
tone (8). Al successore di Ottone, ad Umberto, che fu tra
(i) Copia sec. xi, in Re^r, cit. e. 19 a sgg.; copia autentica 1473
dicembre io, arca III, 43, 1624: Mmzio, Bull. cit. e. 3B; ed. Geor-
Gius in Baronio, Ann. XVI, 431; Allodi e Levi, Reg. cit. n. io;
Federici, Doc. cit. I, n. 156.
(2) Dà una vigna ed altre terre presso porta Maggiore a Berta
e Stefania &c. {Reg. cit. e. 1308 sgg.; ed. cit. n. 104; Federici,
Doc. cit. I, n. 157; d. ToMASSETTi, op, cit. 11(1879), 142; Gatti,
op. cit. p. 176) ed un prato fuori porta Portese a Giov. d'Azzo {Reg-
cit. e. 88 A sgg.; ed. cit. n. 53 ; Federici, Doc. cit. I, n. 160).
(3) Copia sec. xi, Reg. cit. e. 13 sgg. 1623: Mirzio, Bull. cit.
e. 38; ed. Allodi e Levi, Reg. cit. n. 15; Federici, Doc. cit. I, n. 164.
(4) Concede, nel 1016, una vigna nel territorio di Albano a Cre-
scenzo di Netta {Reg. cit. e. 158 sgg.; ed. cit. n. 136; Federici, Doc.
cit. I, n. i6[), e nel 1021 concede a Sergia, diaconessa, una vigna
fuori porta Metrovia {Reg. cit. e. 127 a sg. ; ed. cit. n. 100; FeDERici,
Doc. cit. I, n. 168).
(5) Concede, nel 1024, a livello dei beni fuori porta Metrovia
ad Ottaviano di Azzone, e a Giov. di Leone alcuni beni nel territorio
di Roma {Reg. cit. e. 123 b sg. ; ed. cit. n. 106; Federici, Doc. cit. I,
n. 171; d. T0MASSETTI, op. cit. II (1879), 142; Gatti, Bull. cit.
p. 174), ed a Pietro di Biola un terreno fuori porta Metrovia {Reg.
cit. e. 129B sg.; ed. cit. n. 102; Federici, Doc. cit. I, n. 172).
(6) Concede, nel 1035, due terre ai coniugi Salomone, una terra
fuori porta Metrovia {Reg. cit. e. 126 a sg. ; ed. cit. n. 98; Federici,
Doc. cit. I, n. 178).
(7) Concede, nel 1042, un filo di saline, «in pedica vetere», a
Crescenzo di Luzio {Reg. cit. e. 105 b sg. ; ed. cit. n. 99; Federici,
Doc. cit, I, n. 183).
(8) Concede, nel 1046, un terreno di S. Erasmo, ad Andrea di
Biola, fuori porta S. Giovanni {Reg. cit. e. 133 a sgg.; ed. cit. n. 107;
// monastero di S. Erasmo sul Celio 287
i più insigni abati di Subiaco, il pontefice Leone IX (3 i ot-
tobre 105 1) conferma i possedimenti ed i diritti sul con-
vento del Celio (i). L'ultimo documento del secolo è quello
con cui r abate Ranieri concede, nel 1064, a Bianca ed a
Pietro Muto, due terzi del filo salino « in pedica vetere » ,
proprietà di S. Erasmo (2).
Nulla vieta di supporre, che questi abati si fossero in-
teressati di S. Erasmo, oltre che "per venderne i beni an-
che per altri bisogni del deserto monastero; ma non ne
giunsero i documenti.
Una sola voce si leva a rompere il silenzio che avvol-
geva le sue mura : ed è il catalogo, compilato nel sec. xii (3),
dei beni appartenenti al Sublacense, fra i quali è noverato
anche S. Erasmo. A quel che pare il monastero del Celio
era destinato ad arricchire, con le sue rendite, V erario del
Sublacense, che veramente doveva averne bisogno. Proprio
di questo tempo infatti gli abati Giovanni, Pietro, Simone,
più soldati che monaci, assai più famosi come principi po-
tenti che come pietosi abati, combattevano contro signori
limitrofi della badia, per riconquistare beni perduti e per ar-
ricchire il monastero.
Dal 1064 fino al principio del sec. xiii nulla più si sa
di S. Erasmo ; forse anch' esso soffri nel terribile incendio,
che nel 1084, per opera dei Normanni, distrusse il quartiere
del Celio dal Laterano al Colosseo. Il Mirzio crede che esso
Federici, Doc. cit. I, n. 185 ; et". Tomassetti, op. cit. II (1879), 142;
Gatti, Bull. cit. p. 176).
(i) Copia sec. xi, Reg. cit. e. 25 b sgg., 1623: Mirzio, Biiìl. cit.
e. 23 b; ed. cit. n. 21; cf. Migne, op. cit. CXLIII, 687; J-L. n. 4264;
Pflugk-Harttung, Iter Italicum, Stuttgard, Kolhammer, tip. Fues L. F.
1883, p. 188; Federici, Doc. cit. I, n. 187.
(2) Copia sec. xi, Re<:^. cit. e. 109 sgg.; ed. cit. n. 97; Fi-de-
Rici, Doc. cit. I, n. 195.
(3) Federici, Dar. cit. I, n. 239.
288 J. Camobrcco
rimanesse sotto la protezione e la cura dei monaci di Subiaco
fino al pontificato di Urbano II (1087-1099), o del succes-
sore Gelasio II (1099-1118); ma non ne fornisce le prove.
Si riparla di S. Erasmo ai tempi dell'abate Landò (1227-
1243), il quale affidò chiesa e monastero a monache Bene-
dettine. Ciò risulta da una nota del M issai e antiqmim Suh-
lacense Vallicelliano, dove è scritta, di mano del sec. xiii,
r annotazione seguente : '« Hii sunt testes qui interfijerunt
« quando moniales Sancti Herasmi de Urbe receperunt tc-
« clesiam predictam a venerabili Landò abbati Sublacensi,
« silicet Nicolaus Scotte, Petrus Advocati, Petrus curie Ro-
(( mani consules. Ioannes Randisci. Rone... et Bartholomeus
« canonici Sancte Savine . . . Addo domini Bartholomei, et
« lohannes de Celano monaci. Ego Andreas monachus, de
« mandato domini abbatis L[andonis], recepi sacramentum
« fidelitatis clericis de... silicet de prefato Nicolao, presbi-
« tero Girardo Vattalle, presbitero lohanne Romano tam-
<( quam... vassallis monasterii. Audientibus lacobo monaco,
<( presbitero Lazaro et Petruccio cellarario )> (i).
Non si sa quale ragione indusse il Sublacense ad asse-
gnare S. Erasmo a monache. Muta è la storia dei primi
anni della loro dimora: è noto solo il nome di Lucia ba-
dessa nel 1299. Ma le monache non fecero qui buona
prova: il documento, che ricorda Lucia, dice dei gravi dis-
sensi sorti nel seno della nuova famiglia religiosa : ba-
dessa e monache non avevano uniformità d'intendimenti, o
quella non aveva le attitudini e l'energia necessarie a reggere
il convento: sta di fatto che Lucia rinunzia all'ingrato ufficio
per volontà di Francesco (2), abate del Sublacense ; e questo
(i) Bibl. Valile, ms. B, 24; cf. Monaci, Arch. pai. ital. II, tav. 43 ;
Federici, op. cit. I : Manoscritti, I, n. 6.
(2) Dal documento non si può rilevare la causa di questa dimis-
sione ; ma con certezza si sa che « sponte cessit et eius renuntiavit
«oneri et honori « ; arch. Subì., orig., arca XLI, I; Federici, Doc.
cit. I, n. 628.
// monastero dì S, Erasmo sul Celio 289
pare fosse stato l' unico merito di quest' abate, che, secondo
il Mirzio, divenne capo della badia (24 sett. 1299), non
per il consenso dei monaci, ma per l'intromissione del pon-
tefice e dei cardinali : « Sedem abbatialem occupavit adulte-
« rinus &c. cardinalium auctoritate, summique pontificis as-
ce sensu,dominicum ovile. . . per posticum ut fur degenerans
« nobilitate, nihil laude dignum egit, praeter recuperationem
« monasterii Sancti Erasmi Coeli montis» (i). L'ultima frase,
ben s'intende, riferendola alle dimissioni dall'uffficio di ba-
dessa rassegnate da Lucia.
Fra il 24 e il 27 settembre dello stesso anno (1299) (2),
al governo del monastero venne chiamata da alcune mo-
nache, a sostituire Lucia, Sabina, monaca di S. Bibiana (3).
Questa elezione fatta dalle monache, senza l'intesa ed il
consenso dell'abate Sublacense dal quale dipendevano, era
nulla. L'elezione fu contestata, perchè fatta da persone non
giuridicamente idonee; Sabina rinunciò subito all'ufficio e
l'abate Francesco delegò al suo vicario Bartolomeo la no-
mina di un'altra badessa.
Il giorno 27 settembre 1299 (4) fu infatti nominata a
quell'ufficio Lucia, monaca di S. Erasmo; ma la scelta
del vicario non piacque alla comunità che vi si oppose (5).
Allora il vicario, senza por tempo in mezzo, usò la più po-
(i) Cronaca cit. p. 347; d. Ecidi, op. cit. p. 118, nota 3.
(2) Arch. Subì., orig., arca XLI, i; Federici, op. cit I, n. 629.
(3) Il monastero di S. Bibiana, anch'esso officiato da monache
Benedettine, non ebbe, almeno in certo tempo, costumi migliori del
monastero "di S. Erasmo. Anche quelle monache, come rilevasi da
documenti, ebbero mal governo di pessima badessa, e menarono una
vita disonesta ed ebbero commercio con uomini, tanto che Eugenio IV
(1439, febbraio 16) fu costretto a sopprimere il cenobio: « propter
« malum regimen vitamque minus honestam ac suspectas virorum con-
« versationes » ; ci. G. Ferri, Le carte dell'archivio Liberiano in Arch.
deUa R. Soc. roni. di storia patria, Roma, 1904, XXVIII, 153, 160.
(4) Arch. Subì., orig., arca XLI, i ; Federici, Doc. cit. I, n. 630.
(5) Il nome Lucia fa supporre che fosse rieletta dal vicario quella
290 J. Camobreco
tente delle sue armi e le scomunicò. Il colpo era grave per
le monache; esse obbiettarono che la loro opposizione mi-
rava ad ottenere una badessa più capace di Lucia: e pare
che avessero ragione perchè ne riconobbe la buona fede
lo stesso Francesco. Il quale, informato dal giudice Paolo
di Subiaco, che egli aveva mandato, come suo vicario, a
Roma, a fare inchiesta sui fatti, che nel monastero le cose
procedevano assai male, volle direttamente esaminare la
questione e venne a Roma. Alla sua presenza comparvero,
pentite ed umili: Romana, Margherita, Agata, Costanza, Ce-
cilia e Maria, e dovettero avere buone ragioni da esporre
perchè l'abate le rimandò assolute dalla scomunica (i).
Prima che spirasse lo stesso mese, le monache, riconoscendo
che il monastero, sì nelle cose spirituali come nelle tem-
poraU, era soggetto al Sublacense ed al suo abate, doman-
darono con insistenza a Francesco di dar loro al più presto
una badessa degna ed idonea. Promise Francesco (2), ma
non consta se mantenesse la promessa. Certo la vita interna
del monastero s'intristisce sempre più specialmente per colpa
delle successive badesse. Ma il governo di S. Erasmo non
poteva essere migliore di quello del Sublacense, il quale
in quel torno di tempo che corre fra gli abati Francesco I
ed Ademaro, che sparse financo di sangue cittadino (3) i
paesi della badia, visse anni di desolazione e di tristi co-
stumi, elle non dovevano non influire sulla vita interna del
nostro monastero.
Qui una turpe donna, la badessa Giovanna, gettò nel
fango r onore del luogo e delle sue monache. Si riscosse
allora l'abate Ademaro, che dalla rocca di lenne dov' era
rifugiato, con ordinanza del 17 febbraio 1356, scacciò da
stessa che prima aveva date le dimissioni, e se cosi fosse, sarebbe
facile spiegare la causa dell' opposizione.
(i) Ardi. Subì., orig., arca XLI, i; Federici, Doc. cit. I, n. 631.
(2) Arch. Subì., orig., arca XLI, i; Federici, Doc. cit. n. 650.
(3) Cronaca cit. pp. 377-78; Ecidi, op. cit. p. 126 sgg.
// monastero di S. Erasmo sul Celio 291
S. Erasmo le monache e ne affidò la cura e l'amministra-
zione ai monaci dello Speco, perchè vi restituissero il culto
a Dio e la regola di san Benedetto (i).
Il documento di Ademaro dà una pallida idea dello stato
miserando del nostro monastero : le monache sedotte da
spiriti mondani, vi menavano da qualche tempo vita licen-
ziosa, e la casa destinata al culto di Dio era divenuta casa
di piaceri. Esse avevano consumato tutte le ricchezze della
chiesa, avevano rubato campane, inferriate e serrature e
poi l'avevano abbandonata, ridotta ad una spelonca di la-
droni (2).
Assai grave era dunque il compito assegnato ai monaci
dello Speco dall'abate Ademaro. Essi dovevano sbarazzarsi
degli intrighi della spodestata badessa: perchè ancora due
anni dopo l'ordinanza di Ademaro (3), il 27 maggio 1358,
Stefano, priore dello Speco, doveva nominare suo procura-
tore Pietro Capogalii, che lo rappresentasse nella causa
contro la badessa Giovanna (4). Intanto altri possedimenti
del deserto monastero venivano venduti dal priore Angelo
da Rieti (5) ; né ad arrestarne la rovina completa valse l'or-
dine dato da Giacomo di Ravenna (27 gennaio 1360) (6)
vicario dello Speco, che nell'eleggere priore di S. Erasmo il
monaco Tommaco di Narni gì' impose di non vendere né
alienare i beni del cenobio Celimontano.
Dal 1360 al 1370, per lo spazio di dieci anni, non si
hanno notizie della vita interna di S. Erasmo; il 28 otto-
bre 1370 Gentile d'Atessa, uditore delle cause della curia
del vescovo di Sutri, allora vicario di Roma, dalla chiesa
di S. Eustachio, invitò la badessa Giovanna a discolparsi
(i) Arch. Subì., orig., arca XLI, 3; Federici, Doc. cit. n. 1423.
(2) Arch. Subì., orig., arca XLI, 2; Federici, Doc. cit. I, n. 1403.
(3) Cronaca cit, pp. 377-78 ; Ecidi, op. cit. p. 126 sgg.
(4) Arch. Subì., orig., arca XLI, 3; Federici, Doc. cit. I, n. 1425.
(5) Arch. Subì., orig., arca XLI, 4; Federici, Doc. cit. I, n. 1440.
(6) Arch. Subì., orig., arca XL, 5 ; Federici, Doc. cit. I, n. 1654.
292 J. Camohreco
delle accuse lanciate contro di essa. È chiaro dunque che,
in quei dieci anni, dovette essere avvenuta un'altra restitu-
zione del monastero dai monaci dello Speco alle monache
Benedettine: restituzione documentata dalla cronaca Subla-
cense (i), che per le notizie di questo tempo merita fede.
Dal contesto del processo che ne segui si può desumere,
che quelle monache fecero strazio della santità del mona-
stero, menando vita oscena, accogliendo fra le loro braccia
frati e laici e facendo risuonare della bestemmia i luo2:hi
un tempo benedetti dalla pietà e dalla santità dei seguaci
di Benedetto. Le accuse che pesavano su Giovanna abba-
dessa erano le più obbrobriose, ed i documenti le spe-
cificano senza scrupoli e senza metafore. Sospesi gli uf-
fici divini, inosservate le ore canoniche, la badessa, despota
irosa, scacciava dal convento le monache, le quali, prive di
ogni mezzo, n'andavano limosinando pel mondo, se pure
non venivano tormentate dall' impura badessa : come accadde
a suora Messana, la quale, forse perchè non volle rendersi
complice delle turpitudini di lei, fu chiusa in carcere, ed
ivi fu lasciata morire « ut desperata ». Giovanna era anche
ladra; risulta infatti, ch'essa aveva rubato: salterii, breviarii,
la Regola del monastero e le leggende; asciugamani, ma-
terassi, lenzuola, coltri, lana, cinque rubbia di grano, caldaie,
calici di bronzo (2). Ma l'accusa si occupò principalmente
(i) Cronaca Subì. ed. cit. p. 412; non è improbabile che a questa
stessa restituzione sia collegata la notizia che dà il catalogo delle chiese
e dei monasteri di Roma, conservato nel codice latino 749 della bi-
blioteca dell'Università di Torino, secondo la quale, nel secolo xiv,
il monastero di S. Erasmo era officiato da monache : « monasterium
«S. Herasmi habet moniales .xvi. » (Papencordt, Gesch. d. Stadi
Rom im Mittelalter, p. 58; cf. Urlichs, Codex urbis Romae topogr.
p. 173; Gatti, Bull. cit. p. 154).
(2) Arch. Subì., orig., arca XLI, 5 ; Federici, Doc. cit. I, n. 1544:
simili costumi erano allora comuni anche ai monaci di Subiaco, tan-
toché quando l'ab. Bartolomeo di Siena volle interrompere la troppo
piacevole tradizione di vita lussuriosa dei monaci, dovette proibire loro
Il monastero di S. Erasmo sul Celio 293
dei costumi licenziosi di lei e la chiamava a rispondere se
era vero che « diversos homines carnaliter se miscendo et
« fratrem Franciscum, ministrum hospitalis S. Thomae in
« Formis(i), recepit et acceptavit in dicto monasterio Sali-
ce cti Erasmi et in camera ipsius sororis lohannae, iacendo
« et dormiendo cum eo in eodem lecto &c. ut uxor virum
« facit &c. discedendo de dicto monasterio Sancti Erasmi,
« et eundo ad hospitale praedictum S. Thomae in Formis,
« ad dictum monasterium et stando ibidem per plures dies
« et noctes continuos &c. cum dicto ministro comedendo,
« bibendo, stando, iacendo cum eo &c. ». Ma essa non com-
parve e fu condannata in contumacia : alla restituzione dei
beni mobili sottratti al monastero, a pane ed acqua per quin-
dici giorni continui, scomunicata e deposta da badessa.
La scaltra donna però non si diede per vinta; sapeva
che il vescovo di Arezzo, allora vicario di Urbano V in Roma,
non poteva giuridicamente condannarla, perchè tale diritto
spettava esclusivamente all' abate di S. Benedetto da cui
S. Erasmo dipendeva, e appellò al pontefice Gregorio XI,
esponendo il caso e supplicandolo di assolverla dalla sco-
munica. Il 21 maggio del 1371, il pontefice spedì una bolla
al vescovo di Sutri, suo vicario in Roma, nella quale, men-
tre mostra di tener conto delle ragioni addotte dalla ba-
dessa, ingiunge al vicario di assolverla « ad cautelam », di
cercare la verità e condannare i colpevoli (2).
caccie, mercatanzie, concubine, la libera disposizione dei beni e 1' uso
delle armi {Cron. Subì. ed. cit. p. 306 sgg. ; Ecidi, op. cit. p. 128).
(i) La chiesa di S. Tommaso in Formis sul Celio, presso il for-
nice di Silano e Dolabella, fu una delle venti abbazie privilegiate di
Roma. Officiata da principio dal beato Giovanni de Matha e poi dai
padri Trinitarii della redenzione, fu, nel 1395, da Bonifazio IX, unita
al capitolo di S. Pietro in Vaticano. Ebbe restauri per cura dei pon-
tefici Bonifazio Vili, Urbano VII, Alessandro VII; ma nel tempo in
cui la vediamo segnata nei documenti, che si riferiscono a S. Erasmo,^
era un ospedale dei poveri. Cf. Armellini, Le chiese cit. p. 649.
(2) Arch. Vaticano, Ref^. Avinion., Gregorio XI, a. i, II, 520.
294 .7- (^ciììtob
leco
Intanto reggeva l'abazia di Subiaco Francesco di Padova,
debole ed incapace di sostenere il peso del principato reli-
gioso; costui, quale priore di S. Erasmo, fece procura a
Pietro Capodigallo di agire con pieni poteri in tutte le cause,
e specialmente contro l'appello della badessa Giovanna (i 371).
Ma né l'abate Francesco, né il suo procuratore riuscirono a
reprimere gli scandali di detta badessa; perciò l'abate do-
vette ricorrere all'autorità pontificia.
Giovanna aveva ottenuto il suo fine appellando al pon-
tefice: quello cioè di prender tempo prima, e di aver poi
come giudice se non un amico, un benevolo, che il vescovo
di Sutri, vicario di Roma, cui Gregorio XI commise la ri-
soluzione degli affari di S. Erasmo, dopo avere esaminato
la causa, giudicò che la badessa era stata ingiustamente con-
dannata dal suo predecessore, e chiamando la sentenza in-
fame, impose al monastero Sublacense ingiusti gravami, lo
minacciò di scomunica, revocò la sentenza del vescovo di
Arezzo e restituì la badessa « in statu suo », e con lettera
del 7 gennaio 1372 notificò all'abate Sublacense il tenore
della sentenza da lui emanata. Colpito da sì strana ed ina-
spettata decisione del vescovo Sutrino, Francesco di Padova,
abate di S. Benedetto, respinse sdegnosamente le insinua-
zioni in essa contenute, e con frate Bartolomeo dello Speco,
priore di S. Erasmo, fece appello a papa Gregorio XI, con-
tro gli ingiusti gravami e le accuse di aver ritirato dal mo-
nastero beni mobili del valore di duecento fiorini (i), e
otto giorni dopo (31 genn. 1572), il procuratore Giovanni
Cucuzza presentò al vescovo di Sutri l'appello del mona-
stero Sublacense contro la sentenza che assolveva Giovanna
. ex badessa di S. Erasmo (2).
In seguito all' appello, papa Gregorio XI spedì una bolla
(22 giugno 1372) (3) con la quale commise al priore di
(i) Arch. Subì., orig., arca XLI, 7; Federici, op. cit. I, n. 1682.
(2) Arch, Subì., orig., arca XLI, 7; Federici, op. cit. I, n. 1684.
(3) Arch. Subì., orig., arcali, 31; Federici, op. cit. I, n. 1696.
Il J710ÌI asterò di S. Erasmo sul Celio 295
S. Maria Nova e a Paolo Paparone, canonici di S. Pietro,
la riforma del monastero di S. Erasmo, dichiarando che in
seguito questo avrebbe dovuto esser soggetto al Sublacense,
cui soltanto spettava il diritto di visita, di correzione e pu-
nizione della badessa. Ma oltre questi provvedimenti che
riguardavano più generalmente il governo di S. Erasmo, il
pontefice, informato dei costumi di Giovanna e dubitando
che l'ospedale di S. Tommaso, il cui priore Francesco era
accusato di turpi relazioni con Giovanna, cosi mal gover-
nato, sarebbe andato in rovina, comandò ai detti reverendi
d'informarsi si della condotta di Francesco, si dell'ammi-
nistrazione dei beni dell'ospedale, di allontanarne gì' indegni
e di sostituirli con frati di illibati costumi. Da un docu-
mento posteriore (29 giugno 1373) si sa che il priore di
S. Maria Nova e Paolo Paparone, fatta severa inchiesta,
scomunicarono Giovanna.
Il 26 giugno, il pontefice dà incarico a Tommaso di
Catellinis, a Paolo Paparone ed a Pietro Cenci, canonici di
S. Pietro, di rivedere la sentenza del vescovo di Sutri favo-
revole a Giovanna: ma anche questo incarico non pare
avesse l' effetto voluto, forse per V influenza del vicario, che
difendeva a tutt'uomo questa famosa donna, perchè il 17 di-
cembre del 1372, i procuratori del Sublacense vogliono ap-
pellare di nuovo al pontefice contro detta sentenza.
La causa di Giovanna non terminò cosi presto: portò
seco strascichi per ben nove mesi, dovuti agli intrighi, al
fliscino esercitato sul vicario di Roma e sui giudici da questa
donna, e forse anche alla potenza e alla nobiltà del suo
casato.
Certo che il caso canonico incominciava ora a divenire
caso di commedia, nella quale pontefice, vicario, giudici e
priori venivano bellamente tratti pel naso da questo tipo di
donna, che doveva preannunziare i fasti di badesse poste-
riori. I procuratori del Sublacense però non si stancavano,
e mentre la bella peccatrice continuava la sua vita allegra,
2^6 J, Camobreco
facevano le pratiche per appellare al pontefice. Ma qui sorse
una difficoltà di diritto canonico che pare non si riuscisse
a superare flicilmente.
Si sa che per appellare al giudice supremo i procura-
tori dovevano ottenere le lettere dimissorie(((apostolos »)(i),
cioè dichiarazioni del giudice inferiore circa l'obietto e la
ragione dell'appello al giudice superiore, altrimenti il pon-
tefice non poteva accogliere l'appello, né dare alcun giudizio.
Il 17 dicembre del 1372, Giovanni Buzi, l'ab. Fran-
cesco, i monaci Stefano e Bartolomeo e i signori Capogalli
e Leila fanno i primi tentativi per ottenere tali lettere
((( apostolos ))) da Angelo, abate del monastero di S. Biagio,
rappresentante e conservatore dei beni di S. Erasmo, per
appellare al papa contro la sentenza del vescovo di Sutri.
L'abate di S. Biagio, subornato forse dallo stesso vicario,
rispose che non avrebbe permesso l'appello («apostolos
« refutatorios »).
Intanto bisognava sbrigare la faccenda al più presto,
poiché le accuse del vescovo di Sutri, che pesavano sul-
r abate Sublacense, erano gravi ed il solo pontefice poteva
mettere nella loro vera luce le cose; perciò il 3 gennaio
del 1373, i procuratori nuovamente si presentavano all'abate
di S. Biagio per chiedere gli « apostoli » aperti per l' ap-
pello; ma l'abate di S. Biagio, quasi schernendosi dei pro-
curatori, dava loro, forse con l'intenzione d'ingannarli,
« quandam cartulam sigillatam, cuius scriptura, si qua erat,
« ab intus legi non poterat » . Giovanni Buzi e Leila capi-
rono l'inganno e non accettarono il piego, insistendo nel
volere gli « apostoli » aperti; ma l'ostinato abate rispose
che non li avrebbe giammai dati aperti (2). I procuratori
(i) Pel valore giuridico e diplomatico delle parole «apostoli-),
«apostoli dimissorii », «apostoli refutatorii », cf. Wolfgangi Mùhl-
BACHER Thesaurus resolutionum s. v. concilii &c., Monachii, 1872,
t. I, e GiRY, Manuel de diplomatlque, Paris, Hachette, 1894, p. 811.
. (2) Arch. Subì., orig., arca XLI, 8; Federici, op. cit. I, n. 1714.
Il monastero di S. Erasmo sul Celio 297
dell'abate Sublacense non perdettero la fiducia di riuscire,
e passati dieci giorni, ritornarono nuovamente all'abate di
S. Biagio per chiedere gli « apostoli aperti ». L'abate, stanco
dalle noie, avverte i procuratori, che l'avvocato della ba-
dessa, Giovanni Facchini, s'era opposto alla concessione
degU «apostoli aperti» con eccezioni (« alligationibus »)
di cui egli non poteva non tener conto. Delusi nuovamente,
i procuratori compresero che sarebbe riuscito vano ogni
loro tentativo.
Pare che allora intervenisse indirettamente il pontefice,
perchè comparisce Paolo Paparoni, canonico di S. Pietro,
come commissario per una visita al monastero di S. Erasmo.
Il commissario incarica il notaio Buccio d'Angelo di chie-
dere gli «apostoli» per l'appello (i). La badessa previde
che la commedia volgeva alla sua fine poiché il vicario,
suo protettore, era stato sostituito con Luca, vescovo di
Nocera; sparito dalla scena il protagonista, la condanna di
Giovanna doveva essere imminente. Ma la donna vuol ten-
tare l'ultima prova e scrive al papa pregandolo di volerla
assolvere dalla scomunica lanciata contro di essa dal cano-
nico Paolo Paparone, suo nemico capitale, il quale « contra
« iusticiam » non volle ascoltare le sue ragioni.
Il 29 giugno del 1373, il pontefice Gregorio, non ancora
stanco di assistere a sì comica rappresentazione, scrisse a
Luca, suo vicario, di far luce completa sulla condotta della
badessa (2).
L'appello fiitto da Giovanna ebbe effetto opposto: la
Sede apostolica informata dal suo vicario, che realmente la
badessa « vitio incontinentiae laborabat et bona ipsius mo-
« nasterii S. Herasmi dilapidabat », con bolla del 27 set-
tembre 1373, ordinò al vicario la riforma del monastero
(i) Arch. Subì., orig., arca XLI, 9; Federici, op. cit. I, n. 1725.
(2) Archivio Vaticano, Rcg. Avinion., Gregorio XI, a. ni, XIX,
238.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 20
298 7- Camobreco
del Celio (i). Gregorio XI per estirpare il male dalle sue
radici scacciò nuovamente (1373) le monache, ed unì il
monastero di S. Erasmo al Sublacense. L'abate Francesco
di Padova mandò allora quale priore e rettore del mona-
stero frate Stefano Polono, monaco dello Speco (18 ot-
tobre 1373) (2).
Se il monastero fu tolto al governo della malagurata
donna, e se fu riformato per volere del papa, sostituendo
la scandalosa badessa e le monache con monaci del Subla-
cense, non perciò s'ebbe in seguito prosperità; che anzi
vent' anni dopo vi tornarono le monache : ma questa volta
l'elezione della badessa non è più fatta dall'abate di Subiaco,
sì bene dal pontefice : si conosce infatti la nomina di Cecilia
badessa di S. Erasmo, designata nel 1393 da Bonifacio IX (3).
Questo fatto si ricollega con la riforma di Urbano VI (1378-
1389), secondo la quale l'abate di Subiaco non poteva più
essere eletto dai monaci, ma dalla S. Sede, alla quale doveva
da ora innanzi esser soggetto (4).
Nel 1400 S. Erasmo fu affidato temporaneamente alle
cure del cardinale Giovanni del titolo dei Ss. Nereo ed
Achilleo; ma quando questi rassegnò l'incarico (5), il pon-
tefice Sisto IV (1478) vedendo l'edificio e la chiesa abban-
(i) Arch. Subì., orig., arca II, 33; Federici, op. cit. I, n. 1738.
(2) Cronaca Siihl. ed. cit. cap. XXVII, p. 413.
(3) Arch. Vat. Reg. di Bonifacio IX, a. v, p. 245. Questo volume
s'è perduto, rimane però la notizia nelle schede dell' arch. Vaticano,
dove si legge : « Monasterio S. Erasmi de Urbe ordinis sancti Bene-
« dicti providet de abbatissa » .
(4) Cf. Ecidi, op. cit. p. 136 sg.
(5) A questo tempo pare si riferisca l'esistenza di una « aedicola
« sita in hortis S. Stefani Rotundi in Coelio monte » menzionata con
questa indicazione da fra Giocondo, il quale vi copiò l' iscrizione me-
trica di Follia Saturnia (C. /. L. VI, 10131; Buecheler, Ant. Lat.
n. 1282); la stessa lapide fu trascritta da Pietro Sabino, che la indicò
«in S. Erasmo prope S. Stephanum rotundum»; cf. Gatti, BuIJ. cit.
p. 155, nota 2.
Il monastero di S. Erasmo sul Celio 299
donati e quasi crollanti, ne volle riaperte le porte 'alla pietà
dei fedeli ed al culto della cristiana religione, e l'affidò ai
monaci di S. Stefano Rotondo perchè ne restaurassero e ne
godessero la rendita che, al momento della unione del Ce-
limontano con S. Stefano Rotondo, era di ventiquattro fiorini
d'oro «de Camera » (i).
Né poteva averne di più, quando si ripensi alle tristi
vicende di questo monastero, del quale i pochi beni rimasti
erano forse stati, come quelli del Sublacense, a discrezione
dei pontefici nei secoli xiv e xv (2).
Non si sa con certezza quando le mura del monastero,
per l'abbandono dei monaci di S. Stefano, crollassero : prima
certamente del 15 61 (3), poiché si sa che in quell'anno sca-
vandosi sul Celio il terreno, riapparvero gli avanzi dell'ora-
torio di S. Erasmo: e nei conti del cardinale d'Este, fra i
varii pagamenti fatti per questo scavo, si trova registrato il
seguente: a di 16 di marzo 1561 « a li cavatori della casa
<( di Santo Stefano Rotondo scudi otto e baiocchi 92 per opere
« quarantotto fatte a detta casa, et per pagare un muratore
« col suo manovale per avere scoperto la chiesa di S. Erasmo
<( a la detta cava » (4).
(i) Arch. Vat. Reg. Later., Sisto IV, a. vii, voi. 787, e. 296 b.
(2) Cf. Ecidi, op. cit. p. 139 sg.
(3) Gli scrittori di memorie antiche romane, nei primi decenni
del secolo xvi, come Pomponio Leto, Francesco Albertino, Fa-
BRicio Varano, Raffaele da Volterra &c. (v. De Roma prisca et
nova varii auctores, Roma, 1523), non menzionano né la chiesa né il
monastero di S. Erasmo. Andrea Fulvio (Antiq. Urbis, lib. IT. cap.
de Co elio monte, Roma, 1527) dopo aver ricordato la chiesa di
S. Stefano Rotondo, aggiunge : « fuit in eodem ambitu, memoria pa-
«truum nostrorum, celeberrimum S. Erasmi monasterium » . Cf. Gatti,
Bull. cit. p. 155.
(4) Venturi, Archivio stor. dell'Arte, Roma, 1890, p. 199. Dopo
la metà del secolo xiv, con le rovine apparve qualche avanzo di an-
tiche pitture. Cf. Ugonio, op. cit. p. 291 ; Gregorovius, op. cit.
p. 188; Gatti, Bull. cit. p. 155.
300 J, Camohreco
Dopo trent'anni, nel 1592, lo Schrader (i) annoverava
fra le chiese di Roma anche il monastero di S. Erasmo,
ma probabilmente egli alludeva al luogo dove già era stato
quel monastero, di cui ai suoi tempi dovevano vedersi solo
le reliquie riapparse nel 1561, poco più di quanto si vede
ora dell'antichissimo cenobio.
F. Camobreco.
(i) Monumentorum Italiae . . ., Helmaestadii, edit. Lucius lacobus,
1592.
T^er la storia economica del secolo XIV
COMUNICAZIONI D'ARCHIVIO ED OSSERVAZIONI
A l^/ ^ ^^ lavoro, testé comparso, sulla costituzione eco-
•J^ IM nomica e sociale de' Comuni medievali (i) toccai
^}^^ varie questioni attinenti alla storia delle finanze
pontificie nel secolo decimoquarto e dai libri finanziarii
ecclesiastici trassi anche copiose notizie per la storia eco-
nomica generale di quel periodo. Ma la natura sintetica di
quel libro non mi consenti di trattare ex professo cosi in-
teressanti problemi, né di fare allora tesoro di un vasto ma-
teriale, che già avevo in parte raccolto e che, col proceder
del tempo, ho potuto arricchire.
In questo Archivio pertanto mi propongo di compiere
e trasformare l'opera mia, aggruppando, a seconda de' varii
argomenti, i fatti inediti, eh' io ricavai dai libri Vaticani,
col proposito di trarre a suo tempo dall'esposizione oppor-
tune conclusioni particolari e generali. Lo studio proseguirà
oltre il secolo decimoquarto sino al periodo della Riforma
(tale almeno il mio desiderio) e sarà- diviso in varie parti,
delle quali nella conclusione finale sarà lumeggiato l' intimo
rapporto.
(i) // sistema della costitu:(ione economica e sociale italiana nell'età
dei Comuni, Roux e Viarengo, 1905.
302 G. oArias
I.
Entrate e spese: loro rapporti.
D'onde si traggono dalla Chiesa i danari e dove e a
vantaggio di chi si spendono ? Ecco, nella sua semplicità,
il problema, cui i fatti debbono rispondere, e dalla solu-
zione del quale molto è possibile ricavare per l' interpreta-
zione di tanti avvenimenti, troppo spesso considerati nella
loro genesi apparente ed immediata ed in questa soltanto,
là dove, per comprenderli, occorre vederli nelle loro lon-
tanissime e celate propaggini.
Cominciamo da uno dei cespiti di prima importanza:
i censi regii. Essi provengono sì, come è ovvio, da varie
parti, ma in quale proporzione? Non dispiaccia al lettore
che io rimandi la risposta a questa prima domanda a dopo
ch'egli avrà esaminato le notizie che, per un primo ed assai
vasto periodo, sottopongo alla considerazione attenta di lui.
Il IO aprile 13 17 il re d'Inghilterra paga, per mezzo dei
Bardi, il censo annuo di 4000 fiorini d'oro (i), che ricom-
parisce in seguito molte volte (2). Il re di Sicilia versa con-
tinuamente notevoli somme per i suoi censi, che deve pa-
gare « in festo Assumptionis beate Marie » e « in festo
« sanctorum apostolorum Petri et Pauli » , da ripartirsi tra
la Camera apostolica e la Camera dei cardinali. Così nei
giorni 19 settembre e 18 ottobre 1323 fa versare io 000 e
12.500 fiorini e il 25 ed ultimo giugno 1324,40000 fio-
rini (3), il 3 settembre 1324, io 000 fiorini, ed altri io 000
il 1° febbraio 1325 (4), l'S maggio e il 6 luglio 1327 per
(i) Archivio Vaticano, Libri introitus et exitus Cam. ap. Ave-
nion. 16, e. 3. (2) /. E. 29, ce. 2-3, 7 aprile 1330. Ved. anche per
pagamenti a questo titolo /. E. 130, e. 20 sgg. ; /. E. 146, e. 33.
(3) I. E. 57, ce. I B, 3 B. (4) /. E. 58, ce. 113-115.
T^er la storia economica del sec. XIV 303
la stessa ragione (i) 3333 fiorini e un terzo, il 27 lu-
glio 1332 per censo ordinario 40000 fiorini (2), immedia-
tamente dopo avere sborsato altri 20 000 fiorini, in acconto
di una somma di 88 852 oncie e 3 fiorini dovuta al papa
dallo stesso re Roberto (3), per la qual somma altri 20 000 fio-
rini si assegnano il 28 settembre dello stesso anno (4). Il
26 giugno 1333 paga lo stesso re, pel censo ordinario,
40000 fiorini ()), il 27 giugno 1334 altri 40000 (6), lo
stesso il 27 giugno 1335 (7) e il 28 maggio 1336 (8),
mentre nuovi assegni contemporaneamente si fanno per
estinzione di quel grosso debito. E il pagamento prosegue
senza interruzioni, ne occorre ch'io insista nell'enumerazione.
Da altre parti, per motivo di censo, si pagano : il 22 aprile
1339, 12 250 fiorini da Opizone e Niccolò d'Este pel vi
cariato di Ferrara e contado, concesso agli Este da Gio-
vanni XXII, col pagamento annuo di io 000 fiorini, ed
ugual somma alla Camera dei cardinali (9) ; il 27 giu-
gno 1343 dal comune di Bologna alle due Camere apo-
stolica e de' cardinali 8000 fiorini d'oro (io); il 9 settem-
bre 1343, IO 000 fiorini da Luchino Visconti di Milano e
e dall'arcivescovo della stessa città (n); il 29 maggio 1352
Giovanni Visconti di Milano, per convenzione fatta col pon-
tefice intorno al dominio di Bologna (12), assegna alle due
Camere complessivamente 12 000 fiorini ed altri 6000 il
29 giugno; il 17 novembre 1356 Aldobrandino d'Este
pel censo ricordato 1250 fiorini (13), il 13 gennaio 1357,
4000 fiorini (14), il 24 febbraio 1358, 2500 fiorini (15) alla
Camera apostolica.
Queste ricordate ed ahre testimonianze, simili a queste,
ci dimostrano che in quei tempi il provento principale, in
(i) /. E. 81, e. 3 B. (2) 7. E. 32, e. 3 B. (3) /. E. ivi.
(4) /. E. 119, e. 3 B. (5) /. E. 119, e. 5 B. (6) LE. 136, e. 3.
(7) /. E. 146,0. 7 B. (8) /. E. 150, e. 3. (9) /. E. 177, e. I B.
(io) /. £. 209, e. 2, (11) /. £. 209, e. 3. (12)/. £. 265,00. 17 B-18.
(13) 7. E. 278,0. 3. (14) 7. £.283, 0. 2. (15) LE. 286, 0, I.
504 G. oArìas
ordine ai censi regi, veniva dal re di Sicilia e dal re d'In-
ghilterra, ossia che le nominate due terre eran quelle che
dovevano, oltre a tutti gli altri aggravi, sobbarcarsi ad un
onere speciale di non lieve peso.
Di maggiore e più decisiva importanza è un'altra inda-
gine della stessa categoria. In quale proporzione stanno fra
loro i proventi delle varie collettorìe, destinate a raccogliere
le contribuzioni dirette de' diversi paesi alla Chiesa? (i)
Qua l'indagine è assai più laboriosa.
Nel riferire i risultati, tengo separati per maggior chia-
rezza e perchè appaia all'occhio del lettore più spontanea
la conclusione, i proventi italiani da quelH stranieri.
1321. Proventi stranieri. Il io gennaio 13 21 il collet-
tore « censuum Romane Ecclesie, qui vocantur denarii Beati
« Petri », sborsa 749 fiorini d'oro raccolti nella Svezia (2),
per mezzo dei Peruzzi.
1 320-1 321. Proventi italiani. Il 25 aprile 132 1 il ret-
tore di Benevento e della Campania fa assegnare alla Ca-
mera per mezzo dei Peruzzi, per varie decime colà raccolte,
2379 fiorini d'oro e 9 carlini d'argento (3) e il 17 giugno,
per mezzo degli Acciaioli, 300 fiorini d'oro (4) e il 19 ago-
sto 1321, per mezzo de' Bardi, 2531 fiorini d'oro, 5 soldi e
4 danari viennesi (5).
1322. Proventi italiani. \\ i febbraio i Peruzzi della teso-
reria della Marca Anconetana assegnano 397 fiorini d'oro (6);
il 30 agosto 3000 fiorini d'oro, per la stessa causa (7); il
24 decembre 272 libre e 2 soldi di giuliati d'argento per
il distretto di Benevento e della Campania (8).
1323. Proventi italiani. Il tesoriere di Benevento, per
mano de' Peruzzi, 1000 fiorini (9), il 17 maggio.
(i) Sulle fonti delle collettorie (annatae dei benefici vacanti, de-
cime &c.) cf. Kirsch, L'administration des finances pontificales in Rev.
hist. eccl 1900, p. 283 sgg. (2) /. E. 40, e. i b. (3) 7. E. 40,
e. 26 B. (4) Ivi, e. 26 B. (5) Reg. Av. 47, e. 509. (6) Reg. Av. 47,
e, 509 B. (7) Ivi, e. 587. (8) Ivi, e. 588. (9) Ivi, e. 590.
^'Per la storia economica del sec. XIV 305
1324. Proventi italiani. Il rettore della Campania, per
mezzo dei Peruzzi, il 12 marzo, 1655 fiorini d'oro (i); il
tesoriere della stessa regione il 17 novembre, per mezzo
dei Bonaccorsi, 21 19 fiorini d'oro e 8 soldi viennesi (2).
1325. Proventi italiani. Il 14 giugno, per mano dei Bo-
naccorsi, 830 fiorini d'oro, 16 soldi, 8 danari viennesi, dal te-
soriere della diocesi e distretto di Benevento (3); il 12 set-
tembre dal rettore « Campanie ac Maritime » 3000 oncie
d'argento (4), per mezzo dei Bonaccorsi.
1326. Proventi italiani. Il 16 gennaio, il tesoriere bene-
ventano 837 fiorini d'oro, 4 soldi e 6 danari viennesi, per
mezzo dei Bonaccorsi (5); il 22 agosto il tesoriere della
Marca Anconetana, per mezzo dei Bonaccorsi, 925 fiorini
d'oro e 2 soldi viennesi (6).
1333-133 4. Proventi stranieri. Il 2 settembre 1333 il
nunzio inglese paga, del denaro raccolto « in partibus
(( Anglie, Ibernie et Wallie >>, sia pei frutti dei benefici va-
canti che delle decime, del denaro di S. Pietro e dei legati
di Terra Santa, per mezzo di Matteo Villani, de' Bonaccorsi,
8421 fiorini d'oro e un danaro sterlino d'argento; il 17 no-
vembre per mano dei Bardi 9474 fiorini d'oro, il 17 no-
vembre del pari, per mezzo degli Acciaioli, 421 1 fiorini d'oro
e per mezzo dei Peruzzi 9143 fiorini d'oro; il 7 giugno 1334
per mezzo delle quattro compagnie Acciaioli, Peruzzi, Bardi
e Bonaccorsi complessivamente 45 570 fiorini d'oro e 2 da-
nari sterlini (7).
Come si vede dunque, in questi anni dall' Inghilterra
provengono enormi quantità di danaro.
1335. Proventi italiani. Il 9 decembre il nunzio apo-
stolico in Toscana assegna, per mezzo degli Acciaioli,
1940 fiorini d'oro (8). — Proventi stranieri. Il nunzio in
(I) /. E. 57, e. 26 B. (2) 7. E. 58, e. 132. (3) I. E. 58,
e. 135 B. (4) /. E. 72, e. 3. (5) /. E. 72, e. 20. (6) /, E.
81, e. 18. (7) /. E. 136, ce. 20-21. (8) /. E. 146, e. 19.
$o6 G, Q/lrias
« Anglia, Wallia et Ibernili », per mano degli Acciaioli, di
vari proventi, 3122 fiorini d'oro, e il 13 luglio il nunzio
« in regno Castelle », 300 fiorini d'oro, 384 regali d'oro e
400 doppie (i).
1336. Proventi stranieri. Il 15 maggio, il nunzio in In-
ghilterra, per mezzo dei Bardi, dei Peruzzi, degli Acciaioli
e degli Alberti, assegna 9729 fiorini d'oro, 23 danari ster-
lini d'argento (2) ; il nunzio di Polonia, l'S novembre, per
mano dei Bardi 1681 fiorini (3). Vari proventi da provincie
francesi.
1337. Proventi stranieri. Per proventi d'Inghilterra (4)
i Bardi, gli Alberti, i Peruzzi e gli Acciaioli pagano, il
19 marzo, 1500 fiorini d'oro per ciascuna compagnia, il
2 aprile gli Acciaioli dei proventi de' benefici vacanti della
diocesi di Rheims assegnano circa 2500 fiorini (5), il 24 mag-
gio i Bardi, per incarico del nunzio in « regnis et terris
(( Castelle et Legionis », 915 regali e 2000 regali d'oro (6).
1338. Proventi italiani, i decembre, il collettore «regni
« Sicilie citra Pharum » , per mezzo degli Acciaioli, 800 fio-
rini (7). - Proventi stranieri, d' Inghilterra, per mano dei
Bardi, 3600 fiorini (8), della provincia Senonense il 23 de-
cembre, per mano degli Acciaioli, 1000 fiorini (9), della
provincia di Rheims, il 2 1 marzo, per mano degli Acciaioli,
784 scudati, 215 reali, 411 fiorini, 19 soldi e 2 danari
tornesi e il 23 decembre, 1996 scudati, 212 reali e 31 fio-
rini (io). - Proventi misti, il 4 luglio, il nunzio « in par-
« tibus Lombardie et |^Romanie», 1485 fiorini d'oro per
mano degU Acciaioli e 1475 per mano dei Bardi (11).
1339. Proventi italiani. Il 25 maggio il collettore dei
benefici vacanti, decime, legati e censi in varie provincie
(^i) /.£". 146, ce. 33,45. (2) /. £". 1 50, e. 29, (3) Ivi, e. 24 B.
(4) /. E. 161, e. 20. (3) /, E. 161, e. 34. (6) /. E. 161, e. 50.
(7) /. E. 170, e. 48. (8) /. E. 170,0. 22. (9) /. E. 170, e. 33.
(io) /. E. 170, e. 37. (11) /. E. 170, e. 18.
Ter la storia economica del sec, XIV 307
Venete, Lombarde ed Emiliane, per mano degli Acciaioli,
4000 ^orìm (^i).- Proventi stranieri. 1\ 21 gennaio il nunzio
d' Inghilterra, per mezzo degli Alberti^ 2400 fiorini d'oro (2);
per danaro ricevuto in Fiandra, della provincia di Rheims,
gli Acciaioli assegnano 1935 fiorini d'oro, 3 soldi e 7 da-
nari (3).
1340. Proventi italiani. Il 27 marzo il collettore dei be-
nefici vacanti nel regno di Sicilia al di qua del Faro as-
segna, per mano degli Acciaioli, 1000 fiorini e per mano
dei Bonaccorsi 500 fiorini, e il 25 agosto altri 1000 per
mezzo degli Acciaioli (4). - Proventi stranieri. I Bardi in
tre volte, dall'ultimo di febbraio al penultimo d'agosto, as-
segnano per danaro ricevuto a Londra dal nunzio inglese
2667 fiorini (5). - Proventi misti. Dal collettore dei benefici
vacanti ed altri proventi nelle provincie « Mediolanensi,
«Aquilegensi et Gradensi )> 1500 fiorini d'oro il i'' giugno
per mano degli Acciaioli (6) ed il 28 aprile, 1300 senza la
trasmissione dei mercanti.
1341. Proventi italiani. Il vicerettore di Benevento, per
mezzo de' Bonaccorsi, 2714 fiorini d'oro e 7 giuliati d'ar-
gento (7), il 6 luglio e per mano degli Acciaioli 2719 fio-
rini d'oro e 4 giuliati d'argento, e il 24 decembre, per mano
dei Bonaccorsi, 1 940 fiorini d'oro ; il collettore dei fi-utti
de' benefici vacanti in Toscana 2000 fiorini d'oro (8). -
Proventi stranieri. Dal collettore inglese, per vari proventi
e per mano de' Bonaccorsi, 6315 fiorini d'oro e 20 soldi
di moneta corrente (9). Nello stesso anno altri proventi dal
Portogallo e dalla Castiglia.
1 342. Proventi italiani. Il vicerettore beneventano 1062 fio-
rini d'oro, 9 giuliati d'argento, per mano degli Acciaioli (io).
(i) /. E 177, e. 54. (2) /. E. 177, e. 23. (3) /. E. 177,
e. 36. (4) /. E. 1,85, ce. 17 B, 21 B. (5) /. E. 185, e. 27 sg.
(6) Ivi, e. 50. (7) /. E. 190, e. 21 sgg. (8) Ivi, e. 42. (9) /. E.
190, e. 24. (io) /. E. 193, e. 8.
3o8 G. oArias
1343. Proventi stranieri. Dal nunzio inglese il 25 feb-
braio, il 7 maggio, il 15 maggio, in tutto 13 000 fiorini
d'oro per mezzo degli Acciaioli e dei Malabaila Astigiani (i),
I settembre altri io 000 fiorini, per mezzo dei Malabaila (2),
il r6 settembre dai Malabaila Astigiani 4500 fiorini, somma
loro assegnata a Bruges (3), il 14 giugno Francesco Ba-
ralli, mercante avignonese, assegna 1000 fiorini di 1916 ch'e-
gli doveva per essere stati assegnati dal collettore aposto-
lico in Cipro (4), Giacomo Malabaila, del danaro del nunzio
in Polonia e Ungheria, assegna 1433 danari «ad angelum
« de secundo cugno », 19 tornesi grossi, 4 danari di moneta
avignonese (5) ed altre minori somme. Inoltre vari altri
proventi da provincie francesi e dal Portogallo. - Proventi
italiani. Il 29 aprile dalla Toscana, 300 fiorini (6), il 5 lu-
glio dalla Sardegna, 1000 fiorini (7).
1344. Proventi italiani. Il 12 gennaio dal rettore bene-
ventano, per mezzo di Giacomo Malabaila Astigiano e soci,
5000 fiorini (8), il 9 dicembre dalla Sicilia 1493 fiorini (9),
dal 13 marzo al 14 aprile 1344 il nunzio «in Tuscia et
« Ripparia lanuensi » per mano di diversi piccoli mercanti di
Firenze e Siena (io), successivamente 200, 580,400 e 670 fio-
rini, dal collettore in Lombardia de' benefici vacanti, 500 fio-
rini il 17 agosto, il 29 ottobre 300 per mano dei Malabaila,
il 21 ottobre 500 per mano d'un ecclesiastico e per un mer-
cante avignonese, il io novembre, altri 300 (11). - Proventi
stranieri. Il 20 luglio dall' Inghilterra 4000 fiorini, interme-
diari i Malabaila (12), il 18 giugno da Cipro 916 fiorini (13)
ed altri.
1345. Proventi italiani. Dal 15 al 28 gennaio successi-
vamente, per mano di vari piccoli mercanti fiorentini e
(i) 7. E. 202, e. 24sgg. (2) /. £". 209, e. 42. (3) /. £". 209,
e. 33. (4) I. E. 209, e. 61. (5) /. E. 209, e. 6). (6) /. E. 202,
e- 37- (7) /. £. 209, e. 45. (8) 7. £". 209, e. 36. (9)7. £". 216, e. 80.
(io) 7. E. 209, e. 66, (11) 7. E. 216, e. 75. (12) 7. E. 216, e. 46.
(13) 7. E. 216, e. 72.
Per la storia economica del sec. XIV 309
pisani, si assegnano, dal collettore in Toscana, 2150 fiorini
d'oro (i), il 4 febbraio, 1000 fiorini dal tesoriere del ducato
di Spoleto, per anticipazione fattane da Pietro Niccolucci,
senese (2), ed altri 1000 il 16 marzo; il 4 febbraio 3200 fio-
rini dall'arcivescovo di Brindisi per mezzo dei Malabaila (3);
il 2 giugQO dal rettore del Patrimonio di S. Pietro in To-
scana, per anticipazione del Niccolucci, 2000 fiorini (4), dal
26 agosto al 19 decembre dalla Sicilia oltre éooo fiorini,
intermediarli mercanti genovesi ed astigiani (5), dalla Lom-
bardia, dal 19 maggio al 2 decembre, oltre 3000 fiorini (6). -
Proventi stranieri. Dal nunzio in Inghilterra il 4 febbraio,
per mano di Giacomo Malabaila, si assegnano 987 fiorini,
2 soldi e 2 denari sterlini (7) ed il 19 maggio dallo stesso,
per mezzo dello stesso, 4000 fiorini d'oro (8); il 18 giugno
Francesco Baralli Avignonese, del danaro raccolto in Cipro,
assegna io 16 fiorini, 8 tornesi grossi (9) ed altri dalla Nor-
vegia (700 fiorini) e da provincie francesi.
1346. Proventi italiani. Dalla collettoria di Toscana, dal
2 gennaio al 7 aprile, io 500 fiorini (io); dalla collettoria
di Sicilia il 18 febbraio e il 3 marzo 6750 fiorini (11);
dalla Lombardia r8 marzo 3000 fiorini (12); dalla Sicilia
dall'i I giugno al io novembre 7500 fiorini (13); dalla Lom-
bardia e dal ducato di Spoleto dal 2 giugno al 4 dicembre
25 140 fiorini (14); dalla Sardegna dal giugno all'ottobre
540 fiorini (15). Sono intermediarli ed anticipano le somme
per mezzo di cambi, vari banchieri fiorentini, e specialmente
i Bardi della Corona.
1346. Proventi stranieri. Dall'Inghilterra il 2 giugno,
per mezzo dei Malabaila, 4000 fiorini (16) e dal regno di
(Oi.^. 216, e. 77. (2)/. £". 216, ce. 37 B-38 R. (3)/. £■. 216,
C.80. (4) /. £". 236, e. 21. (5) /. £.236,0. 51. (6)/.£.236,
e. 52. (7) /. E. 216, e. 37 B. (8) /. E. 236, e. 27.
(9) /.£. 236,0. 43. (io) /. E. 236, e. 48 sgg. (Il) I. E. 236,
e. 51 sgg. (12) /. E. 236, e. )2B. (13) /. E. 243 ce. 62,623.
(i4)/.£. 243,c.63sg. (15) /. £.243, e. 50. (16)/. £.243, e. 34.
310 G, oArias
Cipro, il IO luglio, 361 fiorini e 8 tornesi grossi per mezzo
del Bardili d'Avignone (i); l'ultimo gennaio dalla Polonia
ed Ungheria, per mezzo dei Malabaila, 508 fiorini e 1 1 tor-
nesi grossi (2).
1347. Proventi italiani. Il 25 maggio, dal collettore di
Lombardia, per mano dei Malabaila, 1528 fiorini di buon
peso, di Firenze, e nello stesso giorno altri 471 fiorini (3);
il lé ottobre dal collettore di Sicilia, per opera dei Bardi
nuovi, 4500 fiorini di Firenze (4), il 13 novembre dal col-
lettore di Sardegna 250 fiorini dopo averne ricevuti altri 150,
il 6 (5). - Proventi stranieri. Il 3 novembre dal collettore
di Bourges, per mano d'un ecclesiastico, 928 tornesi grossi
e 16 danari e prima e dopo altre somme (6), l'i i decembre
dal collettore inglese 4000 fiorini di Firenze (7), nonché
vari altri dalle provincie fi-ancesi di Auch, Bordeaux, Tours,
Rouen, Rheims, Arles, Embrun e da quella di Colonia.
1348. Proventi italiani. Dal 3 gennaio al 27 marzo
3000 fiorini dal collettore di Lombardia (8), il 15 ottobre
2456 fiorini dai Bardi per lo stesso provento di Lombar-
dia (9), il 19 decembre per la collettoria di Sicilia dagli
stessi 500 fiorini (io) e dalla Toscana e Liguria il 5 agosto
674 fiorini (11). - Proventi stranieri. Il penultimo febbraio
dalla collettoria di Polonia e d'Ungheria, per mano dei Mala-
baila, 21 51 scudi d'oro, 16 grossi di Fiandra (12) e il 27 mag-
gio 1526 scudati d'oro (13); r8 agosto dal collettore d'In-
ghilterra, per mano degli stessi Malabaila, 3000 fiorini (14),
nonché altri dalle solite provincie fi-ancesi e dai regni d'Ara-
gona, Valenza e Maiorca dal 3 luglio al 15 ottobre io 500 fio-
rini, 800 scudati ed oltre (15).
(i) /. E. 243, e. 54. (2) I. E. 236, e. 47. (3) /. E. 250,
e. 58. (4) /. E. 250, e. 57. (5) /. E. 250, e. 47. (6) /. E. 250,
e. 53. (7) /. £". 250, e. 38. (8) /. E. 250, e. 58 B. (9)/. £".210,
e. 53. (io)/. £". 210, e. 58. (11)/. £. 210, e. 55. (12)/. £". 250,
e. 51. (13) LE. 210, e. 54. (14) LE. 210, e. 38. (15) /.
E. 210, e. 59.
'Ver la storia economica del sec. XIV 3 1 1
1349. Proventi italiani e stranieri. Il 13 febbraio, per mano
dei Bardi nuovi e di altri, dal collettore dei benefici vacanti in
Toscana 3000 fiorini (i), e il 1° aprile dallo stesso, per mano
di Lapo di Ruspo, piccolo banchiere fiorentino, 1000 fiorini (2)
e lo stesso giorno, sempre per lo stesso provento, 2000 fiorini
per mano dei Bardi, che già innanzi, a quanto si afferma, ne
avevano dati per lo stesso motivo altri 1000 (3) e il 13 feb-
braio 1000 fiorini dalla Toscana e Liguria (4) e molti altri
dalle Provincie francesi (5), il 29 maggio dalla Toscana e «Ri-
« paria lanuensi » 2000 fiorini e il 21 luglio dalla Lombardia
2500 fiorini (6) ed altri da Cipro, Aragona, Valenza e Maiorca.
1350. Proventi italiani e stranieri. Dall'Inghilterra nel
gennaio e nel febbraio 13 357 fiorini, undici soldi, 4 de-
nari (7); dalla Toscana 8700 fiorini (8); il 24 luglio dal col-
lettore inglese, per mano dei Malabaila, 4000 fiorini (9) e
vari dalle solite provincie francesi.
13 51. Proventi italiani. Il io decembre, per mezzo di
un mercante lucchese, 2000 fiorini dal collettore di To-
scana e Provincie confinanti, che già altri 2258 ne aveva
sborsatili 1° luglio (io). - Proventi stranieri. Il 3 agosto dal-
l'Inghilterra, intermediarli i Malabaila, 3000 fiorini (11); il
20 agosto, per mano di Niccolò Dotta, mercante di Mon-
talbo, circa 16 000 fiorini, dal regno d'Aragona (12); il 3 set-
tembre da Cipro, per mezzo di un mercante narbonese,
2000 fiorini (13); il 7 novembre dalla provincia di Rheims,
per mano di un mercante lucchese, 197 fiorini (14), ed, oltre
le solite Provincie francesi, rilevanti proventi dal Portogallo,
dalla Polonia ed Ungheria, dalla Danimarca e Svezia.
(i) 7. E. 210, e. 55. (2) /. E. 210, e. 55 B. (3) 1. E. 210,
C.55 B. (4) /. E. 210, e. 55. (5) I. E, 260, e. 43 sg. (6) /. E. 260,
ce. 56-57. Nonostante che sien messi sotto il titolo «Tuscia» si dice
nel testo che sono stati sborsati a Venezia dal collettore dei benefizi
vacanti colà. (7) /. E. 260, e. 42. (8) I. E. 260, ce. 57, 57 b.
(9) /. £. 261, e. 42. (io) /. E. 263, e. 50. (Il) /. E. 263, e. 33.
(12) /. £. 263,c. 54. (13) /. £.263, e. 53. (14) /.£. 263,0.41.
312 G. oArias
1352. Praventi italiani. Il 20 aprile dalla collettoria di
Lombardia e provincie confinanti 6000 fiorini, per mano
di mercanti lucchesi (i); il 12 giugno, per mano di piccoli
mercanti, dalla collettoria di Toscana, 2000 fiorini (2). -
Proventi stranieri. Il 14 aprile (3) dalla collettoria di Rheims,
per mano di mercanti lucchesi, 1800 scudi nuovi « de signo
« Philippi », e 93 scudi antichi; dal giugno al decembre dalla
collettoria di Bourges 4947 fiorini, 957 scudi ed oltre;
non'chè altri proventi da Kòln (Germania), dai regni d'Ara-
gona &c. (4).
1353. Proventi italiani. Il 4 aprile, 1 1 90 fiorini dal col-
lettore di Toscana, per mezzo di Giudetto Rossiglioni (5) ;
l'ultimo d'aprile e il 28 settembre dalla «Lombardia»
4000 fiorini (6). - Proventi stranieri. Dalla Svezia e Norvegia
4500 fiorini il 21 febbraio (7) ed altri dal Portogallo e pro-
vincie fi-ancesi.
1354. Proventi stranieri. Dall'Inghilterra in due volte,
per mezzo dei Malabaila, il 7 febbraio e il 29 decembre,
9000 fiorini (8) ; il 20 novembre dal collettore di Polonia
ed Ungheria, per mezzo dei Malabaila, 4263 fiorini, 13 soldi,
8 denari (9) ed altri dalle provincie Francesi, da Kòln,
dai regni di Castiglia e d'Aragona.
1355. Proventi italiani. Dalla Sardegna il 7 maggio
300 fiorini (io). - Proventi stranieri. Dall'Inghilterra dal
13 febbraio al 29 decembre fiorini 4701, 29 soldi, 4 da-
nari (11); dalla Polonia ed Ungheria, per mano dei Mala-
baila (12), il 6 febbraio, 1686 fiorini, 3 soldi, io danari e
il 2 aprile, 1445 fiorini, 6 soldi, 8 danari ; dalla Svezia,
sempre per mezzo dei Malabaila o direttamente, 476 scudi e
(i) /. E. 263, e. 48. (2) /. E. 265, e. 27. (3) /. E. 263,
e. 41. (4) /. E. 265, ce. 28-28 B. (5) /. E. 270, e. 9B.
(6) /. E. 270, ce. II B, 29. (7) /. E. 270, e 4. (8) /. E. 272,
e. 39. (9) /. E. 272, e. 56. (io) I. E. 277, e. 60. (11) /. E. l'j'j,
e. 49. (12) /. E. 277, e. 66.
T^ev la storia eco?iomica del sec. XIV 313
mezzo « Philippi boni ponderis » (i) ed altri dalle solite
Provincie francesi.
1356. Proventi stranieri. Dall'Inghilterra il
1000 fiorini (2); dalla collettoria di Rheims il
256 fiorini, 154 scudi di Filippo, 360 montoni, 11 soldi e
6 danari di moneta avignonese e l'ii agosto 300 fio-
rini, 309 scudi, 1209 montoni (3); il 16 settembre dalla
collettoria del Portogallo 8éo fiorini ed altre piccole somme
prima e dopo (4); il 7 gennaio dalla Polonia ed Ungheria
203 fiorini, 17 soldi e 4 danari, l'ultimo maggio 12 000 fio-
rini, il 6 agosto 4000 fiorini, sempre per mezzo dei Ma-
labaila (5); il 17 maggio dalla collettoria di Bourges per
mano di Niccolò Dini di Firenze 200 fiorini e il 26 luglio
400 fiorini ed oltre 2000 direttamente (6); il 14 novem-
bre dalla collettoria di Cipro, per mezzo di un mer-
cante narbonese, 2000 fiorini (7) ; dalla collettoria d'Ara-
gona, Valenza e Maiorca l'ii marzo 4872 fiorini, il 17
marzo 11 28 fiorini, il 19 marzo 1279 fiorini, 12 soldi, 4 da-
nari, nel maggio circa 6000 fiorini, il 24 giugno 350 fio-
rini (8) ; dalla Danimarca, Svezia e Norvegia, 1' 8 agosto,
1500 fiorini, per mano degli Alberti antichi (9), dalla Scozia
il 26 novembre 100 fiorini, 30 scudi (1*0), dalla Boemia
3307 fiorini, 18 soldi, 8 denari (11), per mano dei Malabaila.
1357. Proventi stranieri. Il 4 gennaio dal Portogallo
2000 fiorini e nei mesi seguenti più di 8000 (12); il 4 ago-
sto dal collettore in Danimarca, Svezia e Norvegia 550 fio-
rini (13), dall'Inghilterra 5000 fiorini (14) ed altri dalle
solite Provincie fi'ancesi.
(i) /. E. 277, e. 75. (2) /. E. 278, e. 45. (3) /. E. 278,
e. 54. (4) 1. E. 278, e. 59. (5) /. E. 278, e. 62. (6) /. E.
278, e. 64 B. (7) /. E. 278, e. 67. (8) /. E. 278, e. 68 sgg.
(9) /.£. 278,0.71. (IO) /. E. 278,0. 72. (ir) /.£. 278,0.73.
(12) LE. 282, e. 58. (13) /. E. 282, e. 69. (14) /. E. 282, e. non
num. sotto la rubrica: « Collector Anglie». Sembra, per quanto con-
sente la scrittura scolorata, che si legga: « .VM. fior. »..
Archivio della R. Società romana di storia patrio. Voi. XXVIH. 21
314 ^' ^rias
1358. Proventi italiani. L' 11 luglio dalla Sardegna
500 fiorini e il 2 agosto 400 fiorini (i). - Proventi stra-
nieri. Il 30 agosto dall' Inghilterra, per mezzo dei Mala-
baila, 4000 fiorini (2); dal Portogallo il penultimo marzo
3000 fiorini e il 14 luglio 645 fiorini e 20 soldi (3); dalla
collettoria di Polonia ed Ungheria 1000 fiorini il 17 feb-
braio ed il 3 marzo 2000 fiorini, per mano dei Malabaila,
il 12 settembre, 1463 fiorini e 12 soldi (4); dal collettore di
Boemia il io decembre, intermediarli sempre i Malabaila,
1784 fiorini (5), da Cipro 2000 fiorini (6) e proventi delle
solite Provincie firancesi.
1 3 60. Proventi italiani. L' 8 gennaio dal collettore della
Lombardia, per mano d'un mercante di Lucca, 2000 fio-
rini ed il 30 gennaio altri 2000 (7); dal io aprile all' 11 ago-
sto dei proventi di Sicilia si riscuotono anticipatamente, per
cambi assicurati sui proventi stessi e fatti con commercianti
di Lucca e di Firenze, 7440 fiorini (8). - Proventi stranieri.
Il 15 febbraio, per mano dei Malabaila, dal collettore di Po-
lonia e d'Ungheria 5916 fiorini della Camera, 16 soldi (9);
dal collettore del Portogallo, per mezzo di mercanti geno-
vesi, in tre volte dal 28 aprile al 20 novembre, 6000 fio-
rini (io); il 12 decembre dal collettore di Ungheria, Boemia
e Polonia 297 fiorini e 2 soldi (i i); dall'i i febbraio al 12 ago-
sto circa 3000 fiorini dal collettore di Cipro, per mezzo di
mercanti francesi (12). Nello stesso anno, dalla Germania,
per un « subsidium ...loco decimarumin provinciis
« Alamannie », circa 11 000 fiorini, in più volte (13).
13 61. Proventi stranieri. Dal collettore di Cipro, per
mezzo di cambio fatto con mercanti francesi, in anticipa-
ci) /. E. 286, e. 57. (2) I. E. 286, e. 46. (3) /. E. 286,
e. 60. (4) /. £. 286, ce. 63-63 B. (5)7.£. 286,c. 73. {6) LE.
286, e. 67. (7) /. E. 293, e. 59. (8) /. E. 293, ce. 64-64 B.
(9) /. E. 293, e. 60. (io) /, E. 293, e. 57. (11) I. E. 293,
e. 35 B. (12) /. E. 293, ce. 65-65 B. (13) /. E. 293, e. 85 sgg.
^er la storia economica del sec. XIV 315
zione 2000 fiorini in due volte, il 30 ottobre e il 14 decem-
bre (i); Tu ottobre dal collettore di Magonza, per mezzo
dei Malabaila, 1000 fiorini (2); il 29 novembre dal collet-
tore di Arles, per mano d'un mercante avignonese, 138 fio-
rini, 21 soldi, 4 denari (3); il 2 decembre dal collettore di
Colonia, per mezzo degli Alberti antichi di Firenze, 2015 fio-
rini (4); il 2 aprile, per mezzo d'un mercante avignonese,
1000 fiorini dal collettore di Lione (5), e l'ultimo aprile
altri 2000 fiorini (6) ; l' ultimo agosto dal collettore di Por-
togallo eCastiglia, per mano di mercanti fiorentini, 2370 fio-
rini (7) ; il 1 9 aprile dal collettore in Polonia ed Ungheria,
per mano dei Malabaila, 2000 fiorini (8).
1362. Proventi stranieri. Nel gennaio dal collettore di
Polonia ed Ungheria, per mano dei Malabaila, 2500 fiorini,
e dal collettore di Portogallo, per mano di alcuni mercanti
genovesi, 1000 fiorini (9); nel febbraio dal collettore di
Polonia ed altri 1540 fiorini (io).
1363. Proventi stranieri. Il 26 gennaio dalla collettoria
di Germania circa 5000 fiorini ed altri minori proventi in
seguito (11); dall' Inghilterra oltre 9000 fiorini in due volte,
il 17 giugno e il 4 novembre, per mezzo degli Alberti an-
tichi di Firenze (12); il 14 giugno dal Portogallo 1000 fio-
rini (13); dal 18 gennaio al 21 agosto, dalla collettoria di
Rheim.s, circa éooo fiorini (14); dalla collettoria d'Aragona,
il lé agosto, 2000 fiorini d'oro (15), e il 27 ottobre 500 (16);
il 22 agosto dal collettore in Candia 500 fiorini (17). - Pro-
(i) /. E. 294, e. 45. (2) /. E. 294, e. 61. (3) /. £.294,
e. 34. (4) I- E. 294, e. 27. (5) /. E. 295, e. 45. (6) L E.
295, e. 45. (7) ^- E. 295, e. 55 B. (8) /. E. 295, e. 59.
(9) I. E. 296, e. 24. (io) /. E. 296, e. 30. (11) I. E. 304, alla
rubrica di questo nome (è illeggibile 1' indicazione delle pagine).
(12) I. E. 304, ind. prec. (13) /. E. 304, ind. prec. (14) /. E.
-304, ind. prec. (15) /. E. 304, ind. prec. (16) /. E. 304, ind.
prec. (17) /. E. 304, ind. prec.
^j6 G. oArias
venti italiani. Dalla collettoria genovese, per mano di un
mercante genovese, loo fiorini, il 27 settembre (i).
1364. Proventi italiani. Il 24 decembre da vari nunzi
in Italia, per mezzo degli Alberti antichi, 4000 fiorini (2). -
Proventi stranieri. Il 5 e il 14 decembre, dalla provincia
di Colonia, per mezzo degli Alberti antichi, 4919 fiorini e
454 scudi (3); dall'Inghilterra, il 27 novembre, 2824 fio-
rini (4) ed altri dalla provincia di Rheims.
1365. Proventi italiani. Il 14 gennaio e il 15 marzo, per
mezzo degli Alberti antichi, 13 000 fiorini complessiva-
mente (5); il 28 novembre, per mezzo degli stessi, 8871 fio-
rini, 20 soldi, 8 denari e lo stesso giorno 923 fiorini e
2 soldi (6). - Proventi stranieri. Vari dall' Inghilterra e dalla
Francia (in ispecie dalle provincie del Rodano e della Senna),
dalla Germania (7).
1366. Proventi stranieri. Moltissimi dall' Inghilterra,
dalla Germania, dalla Svezia e Norvegia, dalla provincia di
Rheims e dalla Polonia ed Ungheria (8).
1367. Proventi italiani. Il io luglio dal collettore di
Toscana e Lombardia, per mezzo degli Alberti, 5730 fio-
rini, 12 soldi, 6 denari (9). - Proventi stranieri. Il 15 gen-
naio dalla diocesi di Magonza, per mezzo degli Alberti an-
tichi, 50 fiorini, 5 20 franchi (io); il 18 giugno dalla collettoria
d'Ungheria, per mezzo degli stessi mercanti, 713 fiorini,
16 soldi, 2 denari (n); il 28 luglio dal collettore portoghese
987 fiorini, 4 soldi, 8 danari (12); l'ultimo luglio dalla Ger-
mania 1186 fiorini (13); il 7 ottobre dalla collettoria di
Rheims 1739 firanchi, 8 soldi (14).
(i) /. E. 304, ind. prec. (2) /. E. ^ij, e. 231. (3) /. E.
317, e. 32. (4) /. E. 317, e. 34. (5) LE. 317, ce. 23 B-24B.
(6) J. E. 318, e. 21. (7) /. E. 317, e. 34 sg.; 318, e. 33 sg.
(8) /. E. 318, e. 33 sg. (9) /. E. 327, e. 36 B. (io) /. E. 327,
e. 29. (ti)/. £. 327, e. 34. (12) /. £. 327, e. 38. (i})EE,
327, ce, 38B-39. (14) /. E. 327, e. 43.
^er la storia economica del sec, XIV ^ij
■. 1
1368. Proventi italiani. Il 13 luglio gli Alberti assegnano
IO 000 fiorini, loro consegnati in Bologna per proventi
vari (i); dalla Lombardia, per mano di Matteo de' Cardi,
215 ducati di buon peso, e dalla provincia Napoletana, per
mezzo di Francesco Soderini, 400 fiorini, il 31 maggio ed
altri proventi dalle stesse regioni, senza l'opera dei mer-
canti (2); il 14 aprile 17 12 fiorini dalla Romagna (3); il
9 giugno dalla collettoria di Toscana 922 fiorini, 16 soldi e
6 denari, e il 26 luglio 600 fiorini dalla collettoria genovese,
per mezzo degli Alberti (4). - Proventi stranieri. Il 15 marzo
2879 fiorini d'oro dalla collettoria di Germania ed altri as-
segni (5); il 26 luglio dalla collettoria di Tours 3412 fio-
rini, 18 soldi, 2 danari (6); il 27 ottobre 4000 fiorini dalla
collettoria d'Aragona (7) ; dall' Inghilterra oltre 8000 fio-
rini (8). Nello stesso anno del pari altri assegni da Cipro,
Provincie fi'ancesi &c. (9).
Ma è ormai tempo di far parlare, sin dove è possibile,
queste cifre che, già per un notevole spazio di tempo, ab-
biamo raccolte sui proventi delle collettorie. Si osserva che
primeggiano, per frequenza ed importanza, i contributi del-
l' Inghilterra, della Polonia, dell' Ungheria, della Cermania,
della Francia, mentre restano in seconda linea i proventi ita-
liani. E se seguitassimo l'indagine per le altre minori fonti
di entrata, troveremmo costante la stessa proporzione.
Se non che, prima di ricavare da questi fatti le conclu-
sioni opportune, devesi proporre un altro problema. I da-
nari cosi raccolti, con sacrificio preponderante delle nazioni
dell' Europa centrale e nordica, come si spendono dalla Ca-
mera avignonese? Si spendono a vantaggio, quand'anche
indiretto, delle terre onde sono tratti? Rispondiamo ponendo
(i) /. E. 325, e. 22 B. (2) /. E. 325, e. 29. (3) /. E. 323,
e. 32. (4) /.£". 325, ce. 32-32 B. (5) /.£. 325,c. 27. {6)1. E.
325, e. 28 B. (7) /, E. 325, e. 30 B. (8) /. E. 325, e. 27.
(9) /. E. 327, e. 68 sgg.
3i8 G. oArias
_jt
sotto gli occhi del lettore un'altra prima e non meno ampia
serie di fatti ricavati dalle stesse fonti.
Tra le spese tengono il primo luogo, nel nostro mo-
mento, per la loro entità e straordinaria frequenza, quelle
per la guerra in Italia, diretta specialmente alla riconquista
del patrimonio pontificio. Potrà il lettore farsene un' idea
adeguata, tenendo presenti le cifre che qua riporto, per or-
dine cronologico.
1322. 15 giugno, si assegnano agli Scali di Firenze
20 0.00 fiorini, ch'essi debbono consegnare in Italia al legato
pontificio Bertrando, per gli stipendi dei militi (i); altri
40 000 Vii novembre agli stessi pel medesimo fine (2).
1323. 22 aprile. Allo stesso Bertrando 20000 fiorini,
per mezzo degli Scali (3), e il 9 maggio, per mezzo dei
Bardi e dei Peruzzi, 20 000 (4), e 40 000 il 5 giugno, per
mano d' un ecclesiastico (5). Altri assegni nei mesi seguenti,
come nell'ottobre (6).
1324. Nel novembre (il 14 e il 17) e nel decembre (il 3)
40 000 fiorini, per mezzo degli Scali e degli Acciaioh (7).
1325. Dal febbraio al luglio 80000 fiorini (8); nel-
l'agosto e nel settembre 50 000 (9), per mezzo degli Ac-
ciaioli e di due ecclesiastici.
1326. Dal gennaio al luglio oltre 192000 fiorini, per
mezzo degli Acciaioli, Bardi, Peruzzi, Bonaccorsi (io); il
28 decembre 60 000 fiorini (11), per mezzo di ecclesiastici.
1327. Il 18 marzo éo 000 fiorini, il 25 maggio 100 000,
il 6 luglio altri 100 000 (12), per mezzo di ecclesiastici.
(i) Reg. Av. Giov. XXII, 47, e. 541 b, {2) Reg.Av.4j, e. 620 b.
(3) Reg. Av. 47, e. 624. (4) Reg. Av. 47, e. 624 b. (5) Reg.
Av. 47, e. 625 B. (6) /. E. 57, ce. 99, 99 B. Cf. Davidsohn,
Forschungen :(tir Geschichte von Florenz^, Florenz, 1903, III, 163 sgg.
(7) /. E. 58, ce. 175, 176. (8) I. E. 58, ce. 178-181. (9) /. E.
72, ce. 65, 65 B. (io) /. E. 72, ce. 72-75 B. (11) /, E. 81, e. 61.
(12) /. E. 81, ce. 62 B, 64, 6).
T^er la storia economica del sec. XIV 319
1328 (ottobre-decembre), 65 000 fiorini, per mezzo dei
soliti banchieri (i).
1329 (gennaio-agosto), oltre no 000 fiorini, per lo
stesso mezzo (2) ; (ottobre-decembre), 70 000 fiorini (3).
1330 (aprile-luglio), 70000 fiorini (4).
^ììì (settembre-decembre), 50000 fiorini (5).
1334 (gennaio-luglio), 70000 fiorini (6).
1350 (maggio-luglio), per mezzo di varie compagnie
lucchesi e fiorentine, si mandano a Giovanni di Alberto
degli Alberti, tesoriere della guerra in Romagna, 30 000 fio-
rini, 56 soldi e IO danari (7). In tale anno si apprende che
fiarono levati dal tesoro particolare del papa 3 6 000 fiorini
per destinarli alle spese della guerra, oltre quelli che, come
al solito, si cavarono dalle entrate ordinarie (8). Altri
50000 fiorini si mandano nello stesso anno, 15 agosto,
per mezzo di molte piccole compagnie (9), ed in seguito,
sempre nello stesso anno, altri 41 500 fiorini (io), suddivisi
in piccolissime quote di circa 3000 fiorini ciascuna tra varie
società. Il perchè di tale suddivisione, prima non praticata
pel trasporto di grosse somme, vedremo a suo luogo tra
breve.
1353 (agosto-settembre), 23000 fiorini (11).
1355 (marzo-decembre), per la « guerra Patrimonii et
(( terrarum Ecclesie», 192000 fiorini e mezzo e 52 soldi
di moneta avignonese (12). Di questa enorme somma solo
1500 fiorini risultano impiegati per la difesa « comitatus
« Venecini contra dominum de Cardia et alios invasores
« dicti comitatus» (13). Tutto il resto è inviato in Italia.
(i) /. E. 92, e. yosgg. (2) /. E. 92, e. 72 B sgg. (3) /. E.
29, e. 66 B sgg. (4) I. E. 29, e. 69 B sgg. (5) 7. E. 136,
ce. 75 B-76. (6) /. E. 136, e. 76 B sgg. (7) /. E. 261, e. 243 sgg.
(8) 7. E. 245, e. 133. (9) 7. E. 245, e. 134. (io) 7. E. 245,
e. 13S B. (il) 7. E. 267, e. 221 sgg. (12) 7. E. 277, ce. 218-221 B.
(13) Ivi, e. 211 B.
320 G. ^rias
1356 (gennaio-decembre), 132 143 fiorini, 23 soldi,
8 danari (i).
1337 (maggio-decembre), 107042 fiorirne 12 soldi di
moneta avignonese (2).
1358 (febbraio-decembre), 60 660 fiorini (3).
1360, 131 254 fiorini, 68 soldi complessivamente (4).
13 61, oltre 13 000 fiorini (5).
1363, circa 40000 fiorini (6).
1365. Son posti, in quest' anno, sotto il capitolo
« Guerra », che comprende le spese precedenti, 9177 fio-
rini, 6 soldi e 6 danari di moneta avignonese, pagati « in
« deductionem et extenuationem » di quel che dal papa si
deve a Bernabò Visconti « iuxta ordinationem per dominum
« nostrum papam . . . super tractatu pacis cum ipso Bernabone
(( et restitutione terrarum, castrorum et locorum per dictum
(( dominum Bernabonem eidem domino nostro pape et Ro-
<( mane Ecclesie seu eius gentes facienda » (7).
Senza ripetere ora per le altre rubriche raccolte sotto
il generale titolo di « Expense » l' analisi compiuta per la
(( Guerra », mi limiterò a constatare eh' esse per la mas-
sima parte sono destinate al mantenimento della Corte pon-
tificia ad Avignone, e più specialmeute ancora all' acquisto
dei generi di prima necessità (« Coquina », « Panhota » &c.)
o al pagamento degli operai che lavorano per la Curia o dei
panni ed arredi, che i mercanti provvedono, trasportandoli
specialmente dalla Fiandra.
Pel nostro scopo dobbiamo conoscere a vantaggio di
quah paesi tali collocazioni di danaro siano compiute. E la
risposta è assai facile, poiché i generi alimentari sono com-
perati ad Avignone o in altre regioni fi-ancesi (pel vino la
Borgogna); i vestiari, come diceva, specialmente nella Fian-
(I) /. E. 278, e. 279 sgg. (2) I. E. 282, e. 226 sgg. (3) /. E.
286, e. 228 sgg. (4) 7. E. 293, e. 211 sgg. (5) /. E. 294,
ce. 168-168 B. (6) I. E. 304, e. 182 sgg. (7) /. E. 318, e. 132.
T^er la storia economica del sec. XIV 321
dra; gli operai sono naturalmente scelti tra gli abitanti
d'Avignone, tranne rare eccezioni, che a suo luogo ve-
dremo. Dunque la Francia ritrae un singolare beneficio
economico dalla residenza dalla Curia in Avignone e solo
indirettamente partecipano a così grande vantaggio le vicine
terre della Fiandra.
In complesso, dai fatti esaminati sui rapporti tra le en-
trate e le spese della Camera avignonese, si ricava questa
conclusione principalissima: che contribuiscono alle entrate
in proporzione molto maggiore le terre nordiche, specie
l'Inghilterra, che non le meridionali; mentre le spese, cui
si fa fronte col danaro cosi raccolto, vanno a vantaggio quasi
esclusivo dell'Italia e della Francia. Ciò accade per più cause,
che qua riepilogo.
I. Perchè le enormi quantità di danaro per la riconquista
del patrimonio pontificio sono destinate ad un' impresa, onde
non può venire vantaggio materiale che all'Italia, la quale ha
sommo interesse di aver nuovamente la Sede pontificia per-
duta, interesse, si capisce, d' indole anche economica.
n. Perchè queste stesse spese vanno a beneficio im-
mediato delle terre italiane, entro le quali principalmente
son fiitte.
III. Perchè il trasporto del danaro dalle varie terre alla
Chiesa e dalla Chiesa in Italia giova quasi esclusivamente
al commercio bancario italiano ed in piccola parte al fran-
cese, mai al commercio delle nazioni sfruttate, il quale, del
resto, nella sua forma bancaria, è tuttora fanciullo.
IV. Perchè gli altri impieghi del danaro pel manteni-
mento della Camera pontificia giovano quasi soltanto alla
Francia, entro il cui territorio (la parte meridionale spe-
cialmente) hanno luogo.
Ma la nostra indagine non sarebbe compiuta, se di tal
fatto non procurassimo di vedere le probabili ragioni. Certo,
questo esame avrà più opportuna sede quando le nostre
ricerche saranno proseguite pei tempi posteriori, fino ai
322 G. oArìas
grandi avvenimenti del secolo xvi, ma già fin d' ora mi
pare opportuna qualche considerazione, che deve accogliersi
come semplice, ma non inutile anticipazione di ciò che in
seguito, dopo nuova analisi, più compiutamente dirò.
Potrebbe taluno osservare che, se la Chiesa, col suo
bilancio finanziario a ripartizione ingiusta, nuoce alle terre
nordiche e giova alle meridionali, o meglio a certune fira
esse, devesi soltanto a circostanze storiche eventuali, non
riordinabili in leggi fisse e, per così dire, in un sistema. La
Curia risiede ad Avignone, le terre d' Italia appartenenti alla
Chiesa son minacciate dalle imprese conquistatrici degli avidi
signori italiani ; è ben naturale che la Camera avignonese de-
stini i suoi proventi al suo mantenimento nel luogo ove ri-
siede e alla riconquista del patrimonio ecclesiastico. Né certo
io toglierò valore a queste ovvie considerazioni, pur doman-
dandomi perchè non si adoperasse, date pur quelle condi-
zioni di fatto, una maggior giustizia distributiva, e non si-
facesse ricadere sulle varie regioni un aggravio direttamente
proporzionale ai presumibili benefici e non già piuttosto in-
versamente proporzionale.
Posto cosi il problema, due ipotesi si presentano : o che
la Chiesa così operasse con meditato proposito di nuocere
alle terre nordiche, o che nell' opera sua fosse incitata da
qualche grave cagione. Ma delle due ipotesi hen si com-
prende che la prima potrà accogliersi soltanto ove ogni altra
più fondata spiegazione non ci apparisca probabile, ove as-
solutamente non si riesca a scoprire qualche essenziale dif-
ferenza tra le terre nordiche e le meridionali, onde potrebbe
derivare il fenomeno descritto. Ora questa diversità esiste
ed è di prima importanza, poiché risiede nella costituzione
economica di quelle regioni. Le terre nordiche hanno una
costituzione economica prevalentemente agraria, alcune delle
meridionali (ed in ispecial modo l'Italia alta e mxdia) pre-
valentemente industriale. Ora questo sfruttamento finan-
ziario, per mezzo delle decime e delle altre contribuzioni.
"Ter la storia economica del sec. XIV 323
poteva svolgersi con piena sicurezza soltanto in territorio
agrario, per duplice ordine di ragioni, derivate da codesta
preminente, d' indole alla lor volta tecnica e d' indole mo-
rale-politica. D' indole tecnica, perchè sui prodotti agrari,
facilmente controllabili, è assai più facile e proficuo imporre
duraturi gravami che non sulla ricchezza mobiliare, sempre
incerta e varia. Tanto ciò è vero che le decime, come è
noto, gravavano originariamente sulla terra soltanto.
Ma vi sono anche non meno importanti ragioni di natura
morale-politica. I paesi, ove l'economia mercantile ed in-
dustriale è giunta ad elevato grado di svolgimento, sono
anche i più fieri e i meno tolleranti estranee imposizioni,
tanto più quando queste potrebbero porre a serio repenta-
gHo il benessere nazionale. E grave pericolo costituiva in-
fatti per un paese mercantile una imposizione finanziaria
che sottraeva ricchezza per portarla all'estero, senza sicura
speranza di immediati compensi.
Conferma queste considerazioni il fatto che alcune delle
terre meridionali, come il Regno, contribuiscono in note-
vole proporzione, mentre alcune terre nordiche, come le
Fiamminghe (in questo momento fiorenti neh' industria),
non consta che sieno soverchiamente oppresse.
E cosi la politica finanziaria della Chiesa era l'emana-
zione eloquente di un ordine economico non fltcil mente
mutabile a capriccio degli uomini. Tanto che, proseguendo
noi neir esame dei fatti per tempi posteriori, dovremo anche
(ove si constati il persistere dello stesso sistema per parte
della Chiesa) domandarci se per avventura la costituzione
economica delle terre nordiche si mantenga, in progresso
di tempo, immutata. Perchè, ove ciò non accada (e non
accade infatti), si capisce bene come dovesse giungere un
momento in cui, continuandosi dalla Chiesa nell'antico si-
stema, non più in rapporto con l'antica base sulla quale già
si erigeva, dovessero da questo contrasto provenire gravi
inconvenienti. Ma di ciò a suo luogo.
324 O. Q/lrias
II.
Le entrate e le spese
rispetto ai vari problemi di storia economica.
I. Le vicende del commercio bancario,
a) Storia esterna. - Le ditte bancarie al servizio della Chiesa.
Nell'alternarsi delle ditte bancarie al servizio della Chiesa
vi sono elementi tali, che consentano di stabilire un ordine
logico? In altre parole, esse compariscono e scompariscono
pel capriccioso volere individuale dei pontefici, che non si
potrebbe assoggettare a norme sicure, oppure qualche ele-
mento costante si rintraccia, onde sia lecito detrarre l' in-
fluenza di cagioni più serie e profonde? La ricerca dell'or-
dine, del « sistema », checché si vada dicendo, è il più
essenziale dei procedimenti scientifici. Esaminate che avrà
il lettore le cifre qua raccolte, vedrà che un ordine esiste
e però subito si domanderà i motivi di questa regolarità,
che non può essere casuale. Regolarità, per dir così, tanto
nella costante apparizione di certi fatti, quanto nella muta-
zione di certi altri.
Il problema generale della vicenda delle ditte bancarie
è da studiarsi in rapporto non solo ai nomi delle ditte,
quanto, e più, alla loro patria ed alla loro reciproca im-
portanza nel servizio di tesoreria pontificia. Sotto questi ri-
spetti mi sembra bene dividere in alcuni periodi la storia
bancaria della Chiesa, per gli anni esaminati, acciò che me-
glio possa giudicare il lettore le conclusioni, che di poi ne
ricaverò.
T^er la storia economica del sec. XIV 325
1° periodo. Monopolio di alcune compagnie fiorentine.
13 16. Bardi, Peruzzi, Scali ed Acciaioli in proporzioni
simili (i).
13 19. Bardi, Peruzzi, Scali (2).
1320. Bardi, Peruzzi ed altri (3). Comparisce eccezional-
mente la società romana di Ruggero Romanucci, per una
assegnazione di 1500 fiorini da farsi in Roma (4).
13 21. Peruzzi, Bardi, Acciaioli, Bonaccorsi, Scali (5). I
Bardi assegnano a nome dei Bonaccorsi una somma depo-
sitata presso questi dal rettore di Benevento (6).
1322. Peruzzi, Bardi, Scali (7).
1323. Bardi, Peruzzi, Scali, Acciaioli (8). Ai 13 di de-
cembre si dichiara di aver ricevuto 270 lire, 6 soldi di
tornesi piccoli da Riccio Toti procuratore della società degli
Ammannati di Pistoia, un tempo in relazione con la Chiesa,
« que societas dicebatur teneri in magnis quantitatibus pe-
ce cuniarum Camere domini nostri pape » (9).
1324. Peruzzi, Bonaccorsi, Bardi, Scali, Acciaioh (io).
1325. Acciaioli, Bardi, Bonaccorsi (11). Il 15 marzo com-
pariscono per una sola volta i Gambacorti di Pisa (12).
1326. Acciaioli, Bardi, Peruzzi, Bonaccorsi (13).
1327. Prevalgono i trasporti diretti, per mezzo di ec-
clesiastici.
1328. Bardi, Acciaioli (14). Insieme alcune piccole com-
pagnie fiorentine, come di Bencio Caruchi, di Giovanni
(i) I. E. 16, ce. I B, 2 B, 3, 5, 87 B, 88. (2) /. E. 31, ce. 8 sgg.
13 &c. (3) /. E. 40, e. I B sgg. (4) /. E. 40, e. 163 B.
()) /. E. 41, e. I B sgg.; Reg. Av. 47, e. 499 sgg- (6) ^'T- ^^- 47>
e. 509. (7) Reg. -Av. 47, e. 539 sgg. (8) Ivi, e. 622 sgg.; LE.
$7, e. I B sgg. (9) I. E. 57, e. 26. (io) /. E. S7,c. 12 sgg.;
/. E. 58, e. 113 sgg. (Il) /. E. 58, e. 178 sgg.; /. E. 72, e. 2 sgg.
(12) /. E. 72, e. 21 B. (13) /. E. 72, e. 20 sgg. ; I. E. Sì, e. i sgg.
(14) /. E. 92, e. II sgg.
326 G. oArias
Festa, di Martino Marzioli, Francesco Rainucci, i quali però
pagano soltanto piccole somme, specie per i « communia
« servitia » e sono tenuti lontani dalle grandi imprese, agli
altri riservate (i).
1329. Bonaccorsi, Bardi, Acciaioli (2).
1330. Bardi, Acciaioli, Bonaccorsi (3). I Peruzzi, quasi
scomparsi, pagano, il 24 aprile, 500 fiorini, per conto del
monastero di Vallo mbrosa (4), e il io luglio, 250 fiorini,
per l'arcivescovo di Trani (5).
133 1. Bardi, Bonaccorsi, Acciaioli, in piccola parte i
Peruzzi (6).
1332. Bardi, Bonaccorsi, Acciaioli (7).
1333. Bardi, Bonaccorsi, Acciaioli (8) e Peruzzi, che
ricompariscono.
1334. Bardi^ Bonaccorsi, Acciaioli e Peruzzi (9).
1335. Bardi, Bonaccorsi, Acciaioli e Peruzzi (io). Pre-
minenza, già innanzi verificatasi, degli Acciaioli.
i'},'^^' Bardi, Bonaccorsi, Acciaioli e Peruzzi. Compa-
riscono gli Alberti, pur essi fiorentini (11).
1337. Bardi, Bonaccorsi, Acciaioli, Peruzzi, Alberti (12).
1338. Acciaioli, Bardi, Peruzzi, Bonaccorsi (13). Il 6 mag-
gio Matteo di Federico, mercante della società di Encio da
Uzano di Firenze, assegna 250 fiorini « prò parte sui comunis
(( servicii, episcopi Nimossiensis » (14) e gli Alberti di Firenze
una tenue somma « prò parte episcopi Norwicensis » (15).
1339. Acciaioli, Bardi, Peruzzi, Bonaccorsi (i 6). Matteo
di Federico della società dei Guziati di Firenze assegna
(r) /. E. 92, ce. 2, II, 12, 14B, 15 B, 16 B, 18. (2) /. E. 92,
e. 72 B sgg.; /. E. 29, e. 66 b sgg. (3) I. E. 29, e. 2 sgg. (4) /. E.
29, e. 17. (5) /. E. 29, e. 19. (6) /. E. 32, e. IO sgg.
(7) /. E. 32, e. 3B sgg.; /. E. 119, e. 3B sgg: (8) 1. E. 136,
e- I sgg. (9) /. E. 136, e. 20 B sgg. (io) /. E. 146, e. 7B.
(Il) /. E. 150, e. 3 sgg. (12) /. E. 161, e. 2 sgg. (13) /. E. 170,
e. 2B sgg. (14) /. E. 170, e. II. (15) /. E. 170, e. II B.
(16) /. E. 177, e. I B sgg.
^er la storia economica del sec. XIV 327
350 fiorini d'oro per complemento di 700 dovuti dalla città
di Assisi, a causa d'una transazione fatta colla Chiesa (i);
gli Alberti, 2400 fiorini, a nome del nunzio in Inghil-
terra (2).
1340. Acciaioli, Bardi, Bonaccorsi (3).
1341. Acciaioli, Bardi, Bonaccorsi (4).
1342. Acciaioli, Bardi, Bonaccorsi (5).
2° periodo. Periodo intermedio di transizione. Compagnie fiorentine,
lucchesi, senesi, astigiane e d'altri luoghi.
1343. Luca degli Abbati, la società dei Palarchioni (6) di
Firenze; Francesco Guezzi e Grazia Mei di Siena (7), Pietro
Sercenni di Siena (8), Francesco Ghetti e Niccolò Torco-
seUi di Firenze (9), Francesco Galli di Venezia (io). I Ma-
labaila, di Asti, da quest' anno, acquistano un' importanza
singolare (11). Trovasi anche un mercante d'Avignone,
Francesco Baralli (12). Lieve persistenza degli Acciaioli e
dei Bardi (13).
1344. I predetti (14) ed altri, come Lappo Corbizi, Clone
di Giacomo, Vanni di ser Lotto di Firenze, Bartolommeo di
Francesco di Pistoia (15), Niccolò Genestrini di Arezzo (16).
1345. Gli stessi ed in più il mercante lucchese Giovanni
Spiefani (17). Si accentua la prevalenza dei Malabaila. Si in-
contrano altri piccoli mercanti lucchesi, come Dino di Ca-
(i) /. E. 177, e. 22 B. (2) /. E. l'jj, e. 23. (3) I. E. 18^,
e. 3B sgg. (4) /. E. 190, e. 2 sgg. (5) /. E. 193, e. 3 sgg.;
/. E. 195, e. II sgg. (6) /. E. 202, ce. 13B, 15. (7) /. E.
202, e. 37. (8) /. E. 209, ce. 12, 16 B. (9) /. E. 209, e. 2.
(io) /. £. 209, ce. 20, 21 B. (11) /. £. 202, e. 24 sgg.; /. E. 209,
ce. 18 sgg. 65 &c. (12) /. E. 209, e. 61. (13) /. E. 202,
e. 24 sgg. (14) /. E. 209, e. 36 sgg. (15) 1. E. 209,0. 66 sgg.
(16) /. E. 216, e. II B. (17) I. E. 236 e. lOB sgg. Leggesi anche
Spiefami e Spiafami.
328 G, oArias
stiglione (i), e fiorentini, come sor Mangiasei (2), o pisani,
come Niccolò di Volia (3); ed ha assai importanza Lodo-
vico di Vinando, genovese (4).
1346-1347. Situazione costante (5). Si fli cenno della
nuova società dei Bardi della Corona di Firenze, per la
prima volta (6), e degli Alberti di Firenze (7), e tra i mer-
canti non italiani il marsigliese Pietro Astri, che assegna,
a nome del collettore di Sardegna, 250 fiorini « quos pre-
ce dictus Petrus receperat a Vengudo Capelle ludeo, qui eos
« receperat ratione cambii » (8).
1348. Coesistenza della compagnia astigiana dei Mala-
baila, della quale si accentua la prevalenza, della compagnia
fiorentina dei Bardi della Corona (9) e di diverse piccole
compagnie fiorentine, come di Niccolò Solderini, di Lapo
di Ruspo, di Filippo Porti (io) ed altre già nominate. Pro-
seguono gli Alberti (11).
1349. Piccole compagnie di vari luoghi, oltre le nomi-
nate. Noto fra le non ricordate Benochio di Francesco di
Firenze (12), Guglielmo Finiamori di Genova (13), Plebano
di Giacomo, Matteo di Baldo, Dardano di Giovanni, Lo-
renzo Bartolini, Martino di Luco, Niccolò Conti di Fi-
renze (14), Negro di Milano (15), Giacomo Rontini e Dotto
Caritoni di Lucca (16).
1350. Coesistenza, come negli anni antecedenti, delle
nominate compagnie astigiane (i Malabaila, che prevalgono),
lucchesi, fiorentine, narbonesi &c. (17) e di altre nuove.
(i) /. E. 236, ce. 48, 48 B. (2) /. E. 236, ce. 48, 51. (3) LE.
236, e. 48. (4) I- E. 236, e. 51. (5) /. E. 243, e. 8 sgg.
(6) /. E. 243, e. 141 B sgg. (7) /. E. 250, e. 4. (8) /. E. 250
e. 47. (9) /, E. 210, e. 5 B sgg. (io) /. E. 210, e. 7 (11) /. E.
245, e. 133. (12) /. E. 260, e. 5 sgg. (13) /. E. 260, e. lOB.
(14) /. E. 260, e. 8b sgg. (15) /. E. 260, e. roB. (16) /. E.
260, e. 12 sgg. (17) /. E. 260, e. 57 sgg.; /. £. 261, e. 5 sgg.;
/. E. 255, e. 133 sgg. •
'Ver la storia economica del sec\ XiV 329
^^ periodo. Predoniinio, alquanto temperato, dei Malahaiìa asiii^^iaiti
e degli Spie farli lucchesi.
Incomincia ora la prevalenza vera e propria delle due
predette compagnie, che già prima si era, per dir così, an-
nunziata. Ma a differenza di quella antecedente delle cinque
compagnie fiorentine (cf. 1° periodo), non è mai assoluta,
che sempre s'incontrano alcune ditte di vari luoghi. Si ponga
infatti mente ai dati seguenti.
135 1. Il predominio dei Malabaila e degli Spiefani ci è
attestato innanzi tutto da queste eloquenti cifre. Su 3 1 a com-
(c munia servitia », pagati per mezzo di mercanti, 17 ven-
gono assegnati da Antonio Malabaila, 9 da Bartolommeo
Spiefani, i dalla società dei Palarchioni di Firenze, i da
Niccolò Blanqui, i dagU Alberti, i da Martino Cardi di
Firenze, i da Niccolò Lenti di Firenze (i). Lo stesso per
altri proventi.
1352. Su 30 « communia servitia », 8 per mano dei
Malabaila, 14 per mezzo degli Spiefani, 2 per mezzo degli
Alberti, 2 per mezzo di Arnaldo e Rinaldo Ottomanni di
Firenze, i per mezzo di Giacomo Blancholi di Lucca, i per
mezzo di Pietro Martini di Narbona, i per mezzo di Pietro
Bencivenni di Firenze, i per mezzo di Dottore Carenchioni
di Lucca (2). Per l'assegnazione di altri proventi s' incontra
alcune volte la società pisana di Nino del Rosso (3).
1353. Prosegue la prevalenza degli Spiefani e dei Ma-
labaila, in quest'anno con non lieve accentuazione della prima.
Gli Spiefani infatti pagano per la massima parte i « com-
(( munia servitia» (4) e la a trigesima » (5). Però le asse-
gnazioni al tesoriere del Patrimonio di S. Pietro in Toscana,
(i) /. E. 261, e. 22 sgg.; /. E. 263, e. 6 B sgg. (2) /. E.
263, e. 17 sgg.; /. E. 265, e. 2B sgg. (3) /. E. 265, ce. 18 h, 27.
(4) 7. E. 270, e. I sgg. (5) /. E. 270, e. 46 sgg.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 22
330 G. oArias
per la guerra contro Giovanni da Vico, sono fatte per mezzo,
oltre che degli Spiefani, di alcune compagnie fiorentine e
pistoiesi (i).
1354. La stessa ripartizione delle operazioni bancarie
tra gli Spiefani e i Malabaila (2), in quest'anno con minore
limitazione del monopolio per parte d'altre compagnie e con
più ampia partecipazione dei Malabaila.
1355. Ripetizione dei fatti precedenti (3). La « trige-
(( sima » è quasi interamente pagata dagli Spiefani (4),
1356. Come nell'anno precedente, con nuova accentua-
zione del monopolio degli Spiefani (5). Noto, tra le altre
ditte, quella di Giacomello Coqui e Daniele Vitturi, che
paga il censo del marchese d'Este: non frequente esem-
pio di banchieri veneziani in relazione colla Chiesa (6). Si
incontrano varie volte gli Alberti nuovi e vecchi di Firenze
ed altre società fiorentine, come i Lamberteschi e i Ri-
nuccini (7). Si osserva questo notevole fatto: che men-
tre domina il monopolio per 1' assegnazione delle entrate
alla Chiesa, il danaro che si trasmette ai tesorieri della
«Guerra» è ripartito tra molte compagnie di vari luoghi.
Anzi il 23 febbraio si fa patto cogli ambasciatori del doge
di Venezia perchè assegnino al tesoriere della guerra in
Ancona o Fermo trentatremila fiorini entro il mese di
marzo, de' quali diecimila si sborsano subito e ventitremila
il 24 marzo (8).
1357. Ripetizione dei fenomeni antecedenti (9). Com-
pariscono anche in quest'anno gli Alberti nuovi e vecchi
e molte società fiorentine: noto, tra le nuove, gli Strozzi
(«li Strocio de Florencia ») (io).
(i) /. E. 267, e. 221. (2) /. E. 272, e. 7 B sgg. (3) /. E.
277, e, 6 sgg. (4) /. E. 277, ce. 79 B, 80, 80 B. (5) /. E. 278,
e- 3 sgg. (6) /. E. 278, ce. 3, 281 B, 282. (7) /. E. 278,
e. 279 sgg. (8) I. E. 278, ce. 279-279 B. (9) /. E. 282,
ce. I sgg. 226 sgg. (io) /. E. 282, e. 227.
*Per la storia economica del sec. XIV ^^ i
1358. Come negli anni precedenti, con più ampia par-
tecipazione dei Malabaila (i) nell'assegnazione dei proventi
delle collettorie. Incontransi alcuni banchieri presumibil-
mente non italiani, come Stefano Pererii, Giovanni Corbelli
e Pietro de Bodre di Cahors («diocesis Caturcensis )>) (2)
e Celestino Donssollau di Maiorca (3).
1360. Sempre maggiore importanza acquistano le com-
pagnie diverse dalle due principali. Si notano gli Amman-
nati di Pistoia (4), gli Alamanni di Firenze (5), Niccolò
del Conte di Firenze (6), un Riccardi di Lucca, abitante in
Napoli (7), Francesco di Poggio di Lucca e Bartolommeo
Ademari di Firenze (8).
13 61. Situazione uguale a quella degli anni antecedenti.
Pel trasporto dei danari occorrenti per la guerra si fa fre-
quente ricorso a Zenobio Martini di Firenze (9).
1362-1363. Noto in questi anni, insieme con una ge-
nerica persistenza della fisionomia del periodo, una più fre-
quente comparsa di banchieri francesi o spagnuoli, i quali
per altro sono tuttora eccezione. Ricordo Renando Fabbri,
Giovanni « Sabbaterii » (Sabatier?), Bernardo Franqui di
Montpellier (io), Giovanni Gochii dì Barcellona (11). Gli
Strozzi si incontrano un'altra volta (12).
13 64-1 3 65. Gh Alberti antichi e nuovi hanno molti
incarichi (13). La prevalenza degli Spiefani si è ormai ri-
stretta al pagamento dei a communia servitia » . I Malabaila
sono quasi scomparsi.
13 66-1 3 67- 13 68. Con questi anni sempre più si ac-
centua il predominio degli Alberti fiorentini e si inizia cosi
(i) /. E. 286, e. 63 sgg. (2) /. E. 286, e. 60. (3) /. E.
286, e. 60. (4) /.£. 293,c. 8. (5) /.£.293,c. 13. (6) /. E.
293, e. 13 B. (7) /. E, 293, e. 64. (8) /. E. 293, e. 2i6b.
(9) 1. E. 294, e. 168. (io) /. E. 286, e, 60; 304, e. aititelo: « Col-
«lectoria Remensis». (11) I. E. 304,0. al titolo :« Collectoria Ara-
«gonensis;). (12) /. E. 304, e, al titolo: «Collectoria in regnis
«Castelle et Legionis». (15) /. E. 317, e. 24 b sgg.; 318,0.21 sgg.
332 G, Q/^rias
un nuovo periodo, che segna il ritorno della Chiesa verso
la Firenze bancaria (i). Insieme con le due società degli
Alberti vedonsi i Soderini (2) di Firenze ed altre società
fiorentine. Non si ha più quasi notizia dei Malabaila; agli
Spiefani è riservata l'assegnazione di parte dei « communia
« servitia » soltanto (3). Di modo che con questi anni ha
principio una nuova prevalenza fiorentina, e più special-
mente degli Alberti, della quale parleremo a lungo in un
altro articolo.
Frattanto dai fatti raccolti e classificati ricaviamo le
prime conseguenze logiche.
Conclusioni per la storia esteriore. In conclusione la storia
esteriore dei rapporti tra la Camera pontificia e i banchieri,
nel nostro periodo, c'insegna: I. Che per lungo tempo si-
gnoreggia incontrastato il monopolio delle quattro ditte fio-
rentine; II. Che dopo la catastrofe del commercio bancario
fiorentino gli Astigiani, con la ditta dei Malabaila, i Luc-
chesi, con quella degli Spiefimi, sottentrano ai Fiorentini ;
III. Che ciò non ostante il commercio bancario fiorentino
riacquista ben presto, specie per opera degli Alberti, una
discreta importanza alla Curia; IV. Che, ammaestrata dalla
triste esperienza, la Chiesa cambia, dopo la catastrofe, il
sistema innanzi seguito e, mentre prima concedeva il mo-
nopolio ad alcune ditte in piccolo numero, ha di poi cura
di suddividere le operazioni bancarie tra molte compagnie
di diversi paesi.
Passando ora all'esame delle cagioni di questi fatti, bi-
sogna chiedersi in primo luogo perchè mai la Chiesa avesse
preferito il monopolio, nei primi decenni del secolo xiv
(come già nel secolo xiii), per quali vantaggi certi o pre-
sunti. E chiaro che le grandi operazioni finanziarie, cui la
(i) /. E. 318, ce. 8 sgg. 42 sgg. 88 &c.; /. E. 323,0. 103 b sgg. ;
/. E. 325, e. I sgg.; /. E. 327, e. 29 sgg. (2) I. E. 318, e. 43.
(3) 7. £. 318, e. 4B sgg.
^er la storia economica del scc. XIV 333
Curia doveva attendere, richiedevano la sollecita disposi-
zione di una enorme quantità di danaro. Se le somme rac-
colte nei vari paesi fossero state distribuite tra molte com-
pagnie, questa collocazione del danaro sarebbe stata meno
facile e meno sollecita, perchè ciascuna ditta non avrebbe
potuto disporre che delle modeste somme ad essa destinate.
Favorito invece l'accentramento dei capitali, col monopolio,
si poteva tener fronte, senza incomodi e qualche volta im-
possibili trapassi, ad ogni evenienza, anche se di importanza
non lieve. A questa ragione, per dir così, di valore tecnico
doveva aggiungersi un altro motivo d' indole morale : la
persuasione che, per tal modo, avrebbesi maggiormente po-
tuto confidare nelle compagnie assunte al servizio della te-
soreria pontificia. Poiché esse, fortificate dal monopolio loro
concesso (che, tra l'altro, favoriva loro l'acquisto di molti
importanti servizi, come di quelli de' principi in relazione
con la Chiesa, di ecclesiastici e di privati), offrivano ga-
ranzie finanziarie di non Heve conto.
Ma perchè, è da chiedersi ancora, il monopolio si limita
ad una sola città, Firenze, anziché ripartirsi tra diverse città
bancarie, come già era accaduto nel secolo xiii? Di questo
secondo fatto la spiegazione è riposta, a parer mio, nelle
vicende interne della storia economica fiorentina, considerata,
si intende, nei suoi ragionevoli rapporti con la storia econo-
mica generale.
Siena, Lucca, Pistoia avevano, durante il secolo xiii,
potentemente contrastato il trionfo bancario di Firenze (si
ricordino le tre ditte fiorentissime dei Bonsignori senesi,
dei Ricciardi lucchesi e degli Ammannati pistoiesi), ma
finalmente Firenze aveva conquistato la preminenza. La
causa principale del trionfo è, a parer mio, in una legge
economica, la quale fa si che il commercio bancario tenga
dietro ad uno sviluppo avanzato dell'economia industriale
e mercantile, che naturalmente porta con sé una grande
accumulazione di ricchezza; mentre, a sua volta, la banca
334 . G, oArias
agevola un ulteriore progresso delle industrie e dei com-
merci. Ora, Firenze aveva, lungo il secolo xiii, soverchiata
la concorrenza nei mercati internazionali delle altre città
toscane ed aveva però conquistati tutti gli elementi per la
origine d'un traffico bancario del pari considerevole, al ter-
mine del secolo stesso. Cosicché ben fu naturale che, giunta
a cosi grande altezza, vincesse nel traffico bancario coi pon-
tefici le tre rivali toscane, un tempo più fortunate, e ne af-
frettasse la rovina.
Ma, come sempre accade nelle vicende collettive ed in-
dividuali, nel trionfo stesso era nascosto il principio d' una
futura disfatta. Il monopolio fiorentino alla Curia pontificia,
con tutte le conseguenze immediate e mediate, fortificò la
banca di Firenze, ma la trascinò anche a imprese troppo
vaste e rischiose, specie nei rapporti coi principi laici, e
fu non ultima causa de' fallimenti clamorosi, che, verso la
metà del secolo xiv, posero a pericolo serio l'avvenire eco-
nomico della città trionfatrice e recarono tanto danno alla
Chiesa. E allora si comprende come la Curia non abbia vo-
luto più esporsi ai gravi rischi d'un tempo ed abbia ri-
nunziato ad una parte dei vantaggi del monopolio bancario
affidato ad alcune ditte, piuttosto che porre di nuovo a
repentaglio le sue finanze. Il monopolio degU Astigiani e
dei Lucchesi è di natura di gran lunga diversa da quello,
già imperante, dei Fiorentini; è un monopolio, come l'ho
già definito, temperato, ed ha il suo campo piuttosto nella
raccolta delle entrate che nell' assegnazione delle spese.
Anche questo si capisce, perchè dei due il secondo è il
servizio più delicato e pericoloso per la Chiesa.
Una domanda ci viene spontanea alla mente : una volta
che sappiamo le cause per cui il commercio bancario fioren-
tino doveva perdere il suo monopolio presso la Curia, perchè
Asti acquistò un sì notevole luogo per opera degli astigiani
Malabaila? Perchè Asti era già da molto tempo potentissima
città bancaria e perchè, ora che la Sede pontifica è ad Avi-
T*er la storia economica del sec, XIV ^^^
gnone, essa è la città bancaria italiana più prossima alla Curia,
come era per 1' innanzi Firenze.
Per motivi analoghi Lucca, già colpita dal fallimento
dei Ricciardi, è V unica che risorga alla Corte pontificia
nel secolo xiv, mentre questa sorte non tocca a Siena e
Pistoia, che abbiam visto co^i debolmente, anzi misera-
mente rappresentate. Lucca, maestra nell' arte della seta e
nella coniazione della moneta, ha una lunga tradizione, che
tuttora milita a suo vantaggio, ed a fortificarla valgono, del
resto, gli avvenimenti politici interni contemporanei: ricor-
dinsi le gesta di Castruccio Castracani.
Che Venezia sia nel traffico bancario della Chiesa nulla
o quasi, si comprende, perchè il suo campo d' azione non
è in Occidente, ove la Chiesa deve operare, ma in Oriente,
lungi cioè dalle terre onde il papato trae il danaro e dove
lo trasporta. Venezia non avrebbe potuto ragionevolmente
e sicuramente assumere due servizi di primo ordine am-
bedue, ma discordanti : Y Oriente degli infedeli e 1' Occi-
dente cristiano, non già per incompatibilità religiosa (l'eco-
nomia politica non ha questi riguardi spirituali), ma per
incompatibilità puramente finanziaria. Servire la Chiesa e
dominare insieme con la banca 1' Oriente sarebbe stato
minacciare, per voler troppo accogliere, le conquiste fati-
cosamente assodate. Notevoli sono perciò gli eccezionali
esempi, che ho poco sopra addotti, di incombenze affidate
a banchieri veneziani ed alla stessa repubblica di Venezia.
Esse provano che, in massima, nessuna avversione allon-
tanava la Curia dalla città dell'Adriatico e tolgono perciò
ogni valore ad una ipotesi empirica di meditata volontà dei
pontefici, quale causa del fatto constatato.
Infine, ha visto il lettore che la banca italiana domina
sovrana ad Avignone e che di banchieri francesi (cui sa-
rebbe logico si facesse ricorso) si ha appena qualche no-
tizia nella seconda metà del secolo xiv. Qua sta la conferma
delle due mie affermazioni: che la potenza bancaria delle
33^ G^« Qy'lr^ias
singole città determina la loro assunzione al servizio pon-
tificio e che il trionfo bancario è necessariamente conse-
cutivo al trionfo della grande industria. La Francia, nella
quale la piccola industria è tuttora prevalente, ancorché
abbia qualche grande città commerciale, come Marsiglia e
Narbona (e di Marsiglia e di Narbona sono i pochi banchieri
ricordati nelle nostre carte), non ha nessuno degli elementi
indispensabili nella vittoria. La vicinanza non conta, perchè
poco importa valersi di intermediarli vicini sì, ma deboli e
senza vaste relazioni nelle terre estere, onde si trae ed ove
si porta il danaro.
Or tutte queste particolari conclusioni, che sono andato
svolgendo, si assommano, direi, in un'unica conclusione
finale : che la storia esterna del commercio bancario pon-
tificio è un logico e significante episodio del commercio
bancario generale e questo, a sua volta, delle generali vi-
cende economiche. Lo stesso può dirsi di quel traffico me-
desimo, visto nel suo aspetto interiore, cioè in rapporto ai
contratti tra i banchieri e i pontefici. Del che appunto mi
propongo ora di offrire una prima dimostrazione.
h) Storia interna - I contratti coi pontefici.
La domanda più spontanea, in quest'argomento, è cer-
tamente questa: perchè la Chiesa si vale dei banchieri per
la trasmissione delle somme? È facilissima la risposta. Il tra-
sporto diretto, per mezzo di emissari, richiederebbe enormi
spese, presenterebbe rischi gravissimi, sarebbe un sistema
addirittura primitivo. Il congegno bancario consente mag-
giore sollecitudine, più ampia sicurezza, minore dispendio.
Anch' esso ha senza dubbio i suoi pericoli, perchè le ditte
fiduciarie possono venir meno ai loro obblighi e sottrarre
anche, come accadde per opera dei Fiorentini, forti somme
alla Chiesa; ma, tutto calcolato, non può esservi dubbio
sul metodo più vantaggioso.
Ver la storia economica del sec, XIV 337
A queste considerazioni sembrerebbero contradire i dati
che sto per riportare, contradizione apparente e facilmente
rimediabile, ove quei dati si interpretino razionalmente.
Negli anni 1326-27 si mandano più d'una volta diret-
tamente, senza la mediazione dei banchieri, forti somme
al legato Bertrando « in Romandiola » . Cosi il 28 decem-
bre 1326, éo 000 fiorini, il 18 marzo 1327 altri 60000,
il 25 maggio 1327, 100 000, il 6 luglio 1327, 100 000 (i).
Senza dubbio in questo modo la spesa è minore, come
chiaramente dimostrano le seguenti notizie. Pel trasporto
dei 60 000 fiorini, mandati il 18 marzo, si restituiscono
il 25 maggio ai commissari, che erano stati fuori 63 giorni,
94 fiorini d' oro, 24 libre e 5 soldi, i danaro di tornesi
grossi (« cum o rotunda»), 6 danari viennesi, e ai loro
« servientes » 206 fiorini d' oro e 4 soldi viennesi (2). Il
7 luglio, per la spedizione del 25 maggio, durata 41 giorno,
93 fiorini d'oro, 24 libre, 3 soldi e 4 danari di tornesi
grossi («cum o rotunda») e 17 soldi, 4 danari viennesi,
e per gli « scutiferi et servientes » 142 fiorini d'oro, 7 libre,
II soldi di tornesi grossi (3). Certamente queste cifre non
danno che approssimativamente la spesa complessiva dei
viaggi, non comprendendo quelle incontrate prima della
partenza, ma, tenuto pur calcolo di ciò, senza dubbio al-
cuno si può dedurre dal confronto tra queste spese e il
« portagium » (4) che il trasporto diretto costa assai meno.
Se non che, come il lettore fiicilmente intenderà, è questo
un beneficio apparente. Di contro sta il fiuto che, mentre
nel trasporto per opera dei mercanti il rischio è tutto a
carico di chi si assume l' impresa, qui ogni pericolo è in-
teramente della Chiesa. Perciò appunto l'invio diretto è un
(I) /. E. 81, e. 61 sgg. (2) /. E. 81, e. 64. (3) /. E.
81, e. 65 B.
(4) Il « portagium » è il compenso dato ai banchieri pel trasporto
del danaro da luogo a luogo. Sulla sua natura e il suo valore cf. il
citato mio Sistema &c. I, 4.
338 G' Q^rias
mezzo eccezionale, cui si ricorre in momenti difficili, ma
che subito si pone da parte, non appena lo stato normale
delle cose ritorna e con esso la giusta percezione dell'uti-
lità economica.
Può avvenire che la Camera apostòlica pattuisca l'as-
se2:nazione di certe somme di danaro ai vari nunzi o teso-
rieri, oppure che questi ultimi ugual patto concludano pel
trasporto di somme dalla periferia al centro, cioè dai diversi
luoghi d'esazione alla Camera centrale. Il contratto che
proviene dalle due analoghe necessità si designa nelle fonti
col nome generico di contratto di « cambio ». Ma sotto
l'uguaglianza del nome si nascondono procedimenti econo-
mici e giuridici differenti.
Al banchiere può essere, al momento del contratto, con-
segnata la quantità di danaro da trasportarsi, segnandogli
un tempo prossimo, entro il quale l'operazione deve essere
compiuta ed attribuendogli pel trasporto un compenso pe-
cuniario. Oppure la Chiesa, nelF atto stesso che incarica un
suo banchiere di esigere alcune somme in certi luoghi e
gli consegna speciale mandato pel nunzio o tesoriere apo-
stolico, che questo versamento deve esigere, ha cura che
le venga immediatamente fatta una anticipazione (pari per
soHto alla metà dell' intera somma) sul danaro pel quale
ha dato mandato di riscossione. Insomma due specie di
«cambio » s'incontrano, la seconda più della prima perfetta
economicamente e giuridicamente.
Di queste due specie di « cambio » non v' ha dubbio
che la prima sia al mercante molto più giovevole, come
quella che gli dà modo di disporre per un certo tratto di
tempo del danaro ricevuto in deposito. Tanto più che i
mercanti non di rado prolungavano a lor piacimento il pe-
riodo innanzi stabilito per la restituzione della somma. Così
si restituisce il 6 febbraio 1365 un capitale ricevuto il io ot-
tobre antecedente e che doveva rendersi entro due mesi;
il 22 aprile 1365 un'altra somma ricevuta il 18 luglio e
^ev la storio economica del sec. XIV 339
che doveva parimenti rendersi entro due mesi; il 5 novembre
dello stesso anno altri danari avuti agli stessi patti l'ultimo
gennaio (i). Ma ancor più lunghi sono gli indugi, attesta-
tici dai documenti del 1367. Dagli Alberti antichi si asse-
gnano l'ultimo luglio 1367 dei danari ricevuti in Germania
il 30 aprile 1365 ed altri ricevuti fin dal 17 novembre 1363,
cioè quasi quattro anni innanzi (2). È vero per altro che di
cosi lunghi ritardi non si hanno che rari esempi, ma V im-
portante è che non comparisce mai nelle fonti notizia di
multe, cui si assoggettassero i mercanti per V indugio frap-
posto. Dell' inverso invece abbiamo ricordo. Il 20 gen-
naio 1335 dal nunzio «in partibus Lombardie» si pagano
agli Acciaioli 12 fiorini per compenso del breve ritardo
posto dal nunzio a riscuotere io 000 fiorini inviatigli da
Avignone (3).
I due contratti di cambio rappresentano, a mio parere,
come il simbolo di due differenti momenti nella storia delle
relazioni tra i pontefici e i banchieri. Osservo che la seconda
forma si incontra nelle nostre fonti quasi soltanto dopo la
metà del secolo xiv, mentre la prima campeggia nei tempi an-
teriori (4). Perchè? Il deposito puro e semplice e la pura e
semplice trasmissione del danaro ricevuto è un contratto nel
quale la parte contraente che confida nella rettitudine dell'altra
è interamente la Chiesa. Essa possiede naturalmente la ga-
ranzia formale dell' obbligazione contratta dal banchiere, ma
garanzia reale nessuna, se al momento del contratto con-
segna il danaro e se questo danaro rimane per un certo
periodo in piena balìa del depositario. Con la seconda specie
di cambio invece la situazione economica muta interamente
(i) /. E. 317, e. 32 B sgg. (2) /. E. 327, ce. 38B-39.
(3) /. E. 48, e. 67.
(4) Non già che scomparisca di poi: si mantiene accanto ali al-
tra, come accade sempre nelle trasformazioni giuridiche. Ciò però non
esclude che dobbiamo chiederci onde la seconda forma provenga e
perchè così tardi.
340 G. oAvias
e a tutto vantaggio della Chiesa, la quale, nell' istante in
cui il contratto è conchiuso, riceve una forte anticipazione
dal banchiere, mentre questi per un certo tempo non ha
che la speranza (s' intende, giuridicamente assicurata) di
riscuotere in un prossimo avvenire una somma maggiore
dai nunzi e tesorieri pontifici.
Se questo che abbiamo descritto è l'elemento differen-
ziale tra i due contratti, se questo, a così dire, ne è il
diverso spirito animatore, subito logica ne proviene una
domanda. Perchè si succedono in ordine di tempo questi
due contratti cosi profondamente diversi nel loro signifi-
cato, perchè la forma più semplice precede la più com-
plessa ?
Chi ritiene che lo svolgimento delle forme giuridiche
avvenga per intrinseca virtù, può rispondere che natural-
mente, nei rapporti bancari tra i pontefici ed i mercanti,
dovè prima pensarsi alla più ovvia ed elementare forma di
contratto e soltanto in progresso di tempo ad un'altra più
matura e complicata. Ma così il problema si elude, più di
quel che non si risolva. Dal semplice al complesso, sta bene,
ma in virtù di quali cause, su quali basi riposano rispetti-
vamente le due forme giuridiche, supposto (né è troppo ar-
dito supporlo) che non vivano isolate?
Queste basi, a mio parere, sono di duplice natura, ge-
nerali e speciali, cioè consistono, da un lato, nella lenta
elaborazione degli istituti di credito medievale e, dall' altro,
nelle vicende particolari del commercio bancario ponti-
ficio. La fiducia sorregge le istituzioni del credito, in ogni
età, ma la fiducia, a sua volta, non è un ente astratto,
sibbene il resultato positivo di determinate condizioni di
fatto. Ora, perchè tra banchieri e pontefici potesse sorgere
una fiducia tale, da consentire ai primi quella così agile
ma pericolosa forma di contratto bancario, era necessario
che corresse una diuturna esperienza, la quale assicurasse
i mercanti della solvibilità ineccepibile della Chiesa, e li
'Ver la storia economica del sec. XIV 341
assicurasse con l'esperienza dei fatti. D'altra parte, le par-
ticolari vicissitudini del commercio bancario pontifìcio con-
tribuiscono a spiegare il nostro fenomeno, per duplice modo.
La Chiesa dovè sentire la necessità di guarentirsi contro i
suoi mercanti, dopo che tanto ebbe a soffrire dai fallimenti
delle grandi ditte fiorentine. Questo fatto cardinale ebbe le
sue conseguenze tanto nella storia esterna che nella storia
interna delle relazioni bancarie-pontificie, e come nella prima
portò la caduta momentanea e sempre l'attenuazione del
monopolio fiorentino, così nella seconda favorì una tra-
sformazione del tipo di contratto bancario in senso per la
Chiesa più cauto e vantaggioso. Notevole è poi che le due
metamorfosi, risultato di una unica causa, sono alla loro
volta in perfetta armonia tra loro e vicendevolmente agi-
scono l'una sull'altra. Mentre esiste il monopolio di alcune
ditte, le anticipazioni alla Chiesa, accumulandosi tutte a
rischio di costoro, li avrebbero posti in grave imbarazzo;
cessato il monopolio, questo impedimento scompare senz'altro
e si instaura invece, con la divisione del lavoro, una condi-
zione quanto altra mai favorevole al dominio della seconda
forma contrattuale. Notevole esempio di questo generale
fenomeno: che i fatti sociali generati da altri fatti reagi-
scono sui fatti generatori, ma questa reazione significa col-
lahora:;jone e non modificazione, giova cioè a rinvigorire la
causa iniziale e a far sì che abbia tutte le condizio:ii posi-
tive necessarie pel suo pieno svolgimento.
A maggiore intelligenza del lettore scelgo e trascrivo
qua, tra i moltissimi, un esempio per ciascuna delle due
forme di cambio.
i" forma (i).
Predictis anno &c. die .xiii. mensis augusti (1365), cum dominus
Johannes nunc Vormaciensis olim Hildesemiensis episcopus, in provincia
Maguntina apostolice Sedis nuntius et collcctor auctoritate apostolica
(i) /. E. u8, e. 33 B.
342 G. oArias
specialiter deputatus, de pecuniis per ipsum habitis et receptis ad Ca-
meram apostolicam qualitercumque pertinentibus . . . nuper per Hugo-
nem Spanner de Argentina subcollectorem suum in loco de Brugis
fecisset fieri cambium die .xiiii". mensis iulii proxime pre-
teriti cum Peroczio Cursini de Florencia, factore societatis Albertorum
antiquorum de Florencia Brugis commoranti, de .v. cent. l. florenis
de Alamania, per socios diete societatis solvendis et reddendis diete
Camere infra duos menses a dieta die .XIIII^ dicti mensis
iulii, prout in instrumento &c., hinc est quod prefatus Lambertus
Lambertesqui, in solutionem et deductionem diete summe, die ista pre-
sentis mensis augusti, prò dieta societate et aliis quorum interest, ma-
nualiter solvit et assio;navit {; .l. florenos de Alamannia dietos
2" forma (i).
Die .XI. mensis iunii (1346) fecimus cambium cum ser Mangiasey
mercatore Fiorentino de summa .111. m. florenorum, quos, ex paeto
Inter Cameram et eum inito, idem debet reeipere Neapoli de pecuniis
in illis partibus receptis per reverendum patrem dominum Guillielmum
episeopum nune Casinensem, ratione decime triennalis, prout per licteras
apostolicas super huiusmodi cambio confeetas et eidem domino epi-
scopo direetas potest liquere qua die idem mereator manualiter
assignavit Camere apostoliee .md. florenos auri, et infra .x. dies
postquam nobis constiterit quod sibi vel procuratori suo
fuerit ibidem satisfaetum, idem mereator tenetur solvere
propter hoc alios .md. florenos.
Li sborsa infatti il 20 luglio.
Tralascio di notare qualche lieve differenza nelle pra-
tiche applicazioni delle due specie di cambio, solo osser-
vando una notevole particolarità, rispetto alla prima forma.
L'assegnazione del danaro, per parte della Chiesa, nel mas-
simo numero dei casi è fatta prima che il banchiere o un
suo (( factor » abbia eseguito il pagamento del quale è in-
caricato a chi di ragione, ma qualche rara volta invece
codesta assegnazione sussegue di poco il pagamento. Così
il IO luglio 1367 (2) è fatto cambio dalla Camera con
(i) /. E. 243, e. 61, Scelgo un esempio di poco anteriore alla
metà del secolo xiv, che è tra i primi da me incontrati. (2) /. E.
327, ce. 48B-49.
Ver la storia economica del sec. XIV 3.^3
Andrea Tici di Pistoia, per tremila fiorini, da consegnarsi
in Montpellier « receptori et distributori pecuniarum operum
« monasterii Sancti Benedicti », e si avverte che questa con-*
segna era già avvenuta, al momento nel quale è concluso
il cambio tra la Camera apostolica e il banchiere in Avi-
gnone : « Quos idem Andrea die . v 1 1 1 . h u i u s m e n s i s
(( i u 1 i i fecit assignari in Montepessulano . . . prout per cq-
« dulam dicti domini Mercedi missam constat ».
Qualche volta il cambio della seconda specie assume una
forma ed un contenuto differenti da quelli tipici descritti:
non si ha notizia, cioè, dell' antecipazione di una parte del-
l'intera somma per opera del banchiere, il che è quanto dire
che manca un elemento essenziale a quella forma giuridica,
tanto che potrebbe parlarsi di una terza forma. Singolare
esempio è il seguente. Fino dal 1364 era stato fatto cambio
dalla Camera apostohca con Pietro Sirani, di Montpellier,
di tremila fiorini d'oro, ch'egli avrebbe ricevuto dai collet-
tori in Cipro. Questi infatti gli consegnano mille fiorini
il 30 decembre 1365, ma il mercante fa la restituzione, cui
è tenuto in virtù del cambio, soltanto assai tempo dopo ed
in tre volte, l'S luglio 1367, il 13 maggio 1368 e il
25 aprile 1369(1). Riproduco anche, ad esempio del con-
tratto, il documento seguente:
Die .XXIX. mensis mai [1349], cum iuxta conventionem habitam
Inter Cameram apostolicam et Lambertum Lamberteschi mercatorem
de societate lacobi Alberti et sociorum suorum de Albertis de Flo-
rentia teneatur dieta socìetas solvere eidem Camere .ii.^ florenos auri
recipiendos per eandem societatem Venetiis prò cambio a domino
Raymundo abbate Sancti Nicolai in Littore de Veneciis collectore fru-
ctuum beneficiorum ecclesiasticorum vacantium ad dictam Cameram
pertinentium in illis partibus auctoritate apostolica deputato Quia
Johannes Duti de Florentia nomine ipsius societatis dictos florenos
a dicto collectore iam recepit.... prefatus Lambertus solvit et
assignavit manualiter dictos .11."^ florenos (2).
(i) 1. E. 327, e. 68. (2) /. E. 260, e. 56.
344 ^- ^^^i<^s
Rimane per ultimo da spiegare l'uso del vocabolo cambio,
che se apparisce naturale nell'operazione bancaria del secondo
tipo, può sembrare improprio nel primo caso. Non è forse
un semplice contratto di trasporto? Egli è che il trasporto
del danaro, come resulta più d'una volta chiarissimamente,
è semplicemente fittizio nel massimo numero dei casi. Il
banchiere contraente emana un ordine di pagamento al suo
rappresentante nella piazza, ove l'assegno deve aver luogo,
e riscuote intanto la somma oggetto del cambio, ritenen-
dola presso di sé. Così egli trasporta solo simbolicamente
il danaro e non incorre nei pericoli di un trasporto reale;
con ciò per altro non escludesi che qualche volta questo av-
venisse, specie quando il deposito per parte de' nunzi pon-
tifici aveva luogo in paesi lontani, ove non sarebbe stato
utile trattenere forti somme, che non potevano convenien-
temente collocarsi (i).
Mutili. Più volte sono ricordati dei mutui fiuti o rice-
vuti dalla Chiesa, ma non offrono motivo di considerazione
speciale.
Mi limiterò a riferirne alcuni più notevoli.
Il 28 marzo 1341 (2) si mutuano a Francesco Acciaioli
duemila fiorini d'oro ed egli li riceve a nome del rettore
della Marca Anconetana, cui promette di consegnarli, ob-
bligandosi insieme « de reddendo et restituendo Camere obli-
« gationem de dictis florenis faciendam per dominum rectorem
(( de solvendo ipsos florenos per eundem rectorem ipsi Ca-
« mere, de redditibus et proventibus terrarum Marchie An-
ce conitane, quam scito recipi potuerit et haberi ». Il ban-
chiere è dunque in questo caso non tanto un mutuatario,
quanto l'intermediario o procuratore del mutuatario vero.
A stretto rigore poi ò questa una semplice finzione giuri-
(i) Pel « portagium » , cf. p. 337, nota 4.
(2) /. E. 190, e. 143.
T^er la storia economica del sec. XIV 543
dica, certamente ben trovata, per associare in un solo atto
due procedimenti economici diversi, ma concorrenti : la con-
segna immediata di alcune somme e la riscossione sperata
di altre per un prossimo avvenire.
Pel modo di garanzia faccio speciale menzione del mutuo
seguente :
Anno Domini .mcccxxv., die .xv. mensis ianuarii, dominus Petrus
Marini archidiaconus Parmensis et ego Bernardus predictus fecimus
mutuari ex causa et necessitate urgente de pecunia Camere domini
pape nostre administrationi commissa, per manus Mei Carducci mer-
catoris Fiorentini, socii societatis Acciaialorum de Florencia, nobili
viro Guillielmo Ramundi de Canonionte, stipendiarlo Ecclesie, florenos
auri centumtriginta . . . prò quibus .cxxx. florenis dictus Meus Carducii
retinuit penes se duos equos dicti nobilis prò pignore dictorum flore-
norum. Quos quìdem florenos predictus Meus promisit restituere Ca-
mere domini pape quam primum dictos equos vendiderit seu pecuniam
eandem recuperaverit a dicto nobili (i).
Questo ufficio d'intermediario di mutui è sovente eser-
citato dai banchieri, anche a profitto di principi. Così il 28
agosto 1350 (2) si mutuano diecimila fiorini d'oro dalla
Camera ad Angelotto Petri di Lucca, procuratore del re e
della regina di Sicilia, dai quali il mercante s'impegna di far
ratificare il contratto non dopo il venturo Natale dell' anno
stesso.
2. Commercio dei panni,
a) I nomi e la patria dei mercanti.
Come nel commercio bancario abbiam visto signoreg-
giare i Fiorentini e gli Italiani in genere, così dobbiamo
constatare, pel commercio dei panni, una a«sai più ampia
partecipazione dei trafficanti locali, cioè degli Avignonesi e
in generale dei Francesi.
(i) /. }:. 48, e. 78 H. (2) /. E. 245, e. 134B.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII 23
34^ G. oArias
A Ricano dei Cordi d'Avignone si trovano di continuo
assegnate somme ingenti per l'acquisto dei panni nella
Fiandra e nel Brabante. A lui il 29 gennaio 1326 si danno
3215 fiorini d'oro, 16 danari di tornesi grossi, per panni
d'inverno pei famigliari del papa, acquistati in quelle re-
gioni (i) e il IO agosto per panni estivi 3532 fiorini d'oro,
II danari tornesi grossi, 13 danari tornesi piccoli; il 20 feb-
braio 1327, 3194 fiorini d'oro, i danaro tornese grosso
d'argento e il 17 agosto dello stesso anno 3691 fiorini
d' oro, 6 danari tornesi grossi (2). E così infinite volte negli
anni seguenti (3). A questo mercante francese e ad altri
veggo attribuite forti somme per l'acquisto di panni nelle
regioni Fiamminghe.
Ciò per altro non significa che qua pure non abbiano fre-
quenti incarichi i commercianti fiorentini, come i Bonac-
corsi e gh Alberti (4), o astigiani, come i Malabaila (5),
o che anche qualche volta non si preferisca 1' acquisto di-
retto per mezzo di messi pontifici (6).
Ma intanto ci è dato di affermare che, al contrario di
quanto accade nel contemporaneo traffico bancario, nel traf-
fico dei panni i mercanti francesi hanno, fino dalla prima
metà del secolo xiv, notevole luogo. Ora chi ben guardi
riconoscerà in questo nuovo fatto una palese conferma ed
una esplicazione delle osservazioni già enunciate. L'economia
della Francia non consentiva che il commercio bancario
avesse allora una importanza di primo ordine, si invece l' e-
conomia fiorentina e d' altre città italiane, e perciò (quale
eloquente riflesso di questo stato di cose) abbiamo alla corte
pontificia il predominio italiano. Ma la stessa economia fran-
cese era ormai giunta a qualche altezza nel commercio dei
(i) /. E. 72, e. 50. (2) /. E. 81, ce. 43-46. (3) Cf. /. E.
32, e. 52; 146, e. 94 &c. (4) Es. /. E. 170, e. 82 sg. ; 185,
e. 81 sg. (5) Es. /. E. 209, e. 109B. (6) /. E. 190, e. 70;
/. E. 202, e. 93 sgg.
^er la storia economica del sec, XIV 347
panni e dei tessuti, favorita in ciò anche dalla mirabile vi-
goria conquistata dalle vicine industrie fiamminghe, lungo
il secolo XIII. h naturale dunque che la Curia pontificia
fosse tratta a concedere in questo traffico quello che era
invece tratta a negare per la banca, perchè, a parità di uti-
lità economica generale, le ragioni di convenienza locale e
di vicinanza dovevano esercitare il loro influsso.
h) I luoghi d'esportazione.
Sotto questo rispetto si può afl^ermare che la Fiandra e
il Brabante sono, quasi unicamente, i paesi, d'onde la Chiesa
fa venire i panni ed i tessuti (i). Firenze e l'Italia quasi
scompariscono.
Significa forse che l' industria fiorentina e l' italiana non
poteva ormai più sostenere vittoriosamente oltre Alpe la
concorrenza fiamminga? Questa deduzione è del tutto ille-
gittima e troppo vasta per così piccola premessa.
La Chiesa concedeva alla Fiandra la preferenza indub-
biamente per la minore spesa di trasporto ad Avignone,
sede papale; non ci è dato spingerci al di là nel dedurre.
Ma, anche cosi stando, la cosa non è per noi meno im-
portante, perchè ci ammaestra sopra un nuovo svantaggio
che la permanenza della Sede ad Avignone recava all' Italia,
e particolarmente all'industria italiana.
Tra i luoghi onde si estraggono i tessuti veggo una
voha ricordata Damasco in Siria, ove era stato dato inca-
rico ad alcuni Saraceni di tessere quaranta panni d'oro. Un
mercante di Montpellier li aveva poi acquistati e traspor-
tati sino ad Avignone (2). Questi rapporti mercantili della
Chiesa Romana coi Saraceni si accompagnano con le pene
pecuniarie dalla Chiesa stessa imposte a quei mercanti che
(i) Vedi le citazioni precedenti. (2) /. E. 250, e. 100.
348 G, oArias
trafficavano nelle terre degli Infedeli. Il 24 marzo 1344 un
Siciliano, per avere portato merci in Alessandria, senza
averne nulla lucrato, sborsa tre fiorini; il 30 marzo alcuni
mercanti di Barcellona per avere inviato nelle terre del Sul-
tano merci « non tamen a iure prohibitae » , donano alla
Chiesa il lucro ricavatone di 21 fiorini (i).
3. // trasporto delie merci.
La difficoltà e la poca sicurezza delle comunicazioni nel
medio evo, i sistemi di tassazione, cosi spesso gravosi per le
merci di transito, accrescevano enormemente il prezzo delle
merci dal luogo d'origine a quello di vendita. Fenomeno que-
sto che, ben lungi dal disturbare l' opera dei mercanti, la ren-
deva, in un certo senso, più proficua a loro stessi in primo
luogo, agli altri di poi. A loro perchè, conducendo seco in
grande quantità mercanzie, ottenevano non piccolo risparmio
nelle spese di trasporto, di pedaggio &c.; agli altri perchè
tale benefizio, sia pure in piccola parte, giovava agli acqui-
renti, che avevano ad ogni modo, per opera di quegli in-
termediarli, per quanto non disinteressati, una diminuzione
nel prezzo d'acquisto delle merci, in confronto al prezzo
d'acquisto e di trasporto diretto nella piccola quantità agli
acquisitori necessaria.
Darò qualche esempio di accrescimento del prezzo delle
merci per trasporto da uno ad altro luogo.
Il prezzo dei tessuti di Damasco poco sopra ricor-
dati cresce notevolmente durante il tragitto da Damasco ad
Avignone per infinite spese di trasporto, di pedaggio &c.,
ad una ad una enumerate nella cedola del mercante, ripor-
tata nei libri Introiiiis ed Exitiis (2). Ad Avignone costano
fiorini 1278.
(i) /. E. 209, e. 39. (2) /. E. 250, e. 100.
T^er la storia economica del sec. XIV 349
Ed ecco qualche altro dato, che scelgo tra i raccolti, a
miglior documento della mia affermazione:
1352, 26 maggio (i). Per trasporto di 35 « tonelli »
di vino, da Chàlons sur Saóne (« Cabilon») ad Avignone,
4 fiorini per tonello, cioè 140 fiorini.
1353, 2 gennaio (2). Per trasporto di 200 « saumate »
di frumento da Chalons ad Avignone 108 fiorini e 4 grossi,
e per }^6 «saumate» di avena 154 fiorini.*
1354, 29 decembre (3). Una salma d' avena in Borgogna
costa di prima compra 9 grossi, 6 danari. Le spese di tra-
sporto per acqua ad Avignone ne accrescono il prezzo di
6 grossi per ogni salma ed altre spese di tre grossi e 13 da-
nari, di modo che ad Avignone viene a costare i fiorino,
6 grossi e 19 danari.
4. Acquisto dei generi di prima necessità.
La Curia pontificia, nel periodo Avignonese (almeno
pel tempo da me esaminato), acquista per intero i generi
di consumo nelle regioni Francesi del Sud e del Nord ;
il vino in ispecie nella Borgogna. Se ne ricava che un utile
grandissimo ne doveva provenire a quelle popolazioni, specie
se si pensi che le somme spese non erano di lieve conto.
Ma alquanto codesta utilità era mitigata dallo scrupolo
severo onde la Chiesa cercava di proteggere i suoi appro-
vigionamenti.
Questa severità pontificia, adoperata a tutela degli ap-
provigionamenti per la corte Avignonese, giunge a sì alto
grado, da degenerare in una vera e propria rappresaglia
contro quei fornitori che non volevano accordarsi nel prezzo
d'acquisto. E ne abbiamo esempio il io giugno 1358, al-
(i) /. E. 265, e. 49. (2) 7. E. 265, ce. 62,63. (3) i' E-
i-ji, e. 117.
350 G. oArias
lorchè dal pontefice si ordina che nessun uomo della Curia
più acquisti vino od uva in Nimes perchè i consoli ed altri
cittadini volevano dalla Camera un prezzo che si riteneva
esagerato (i). Si dimostra così che la Camera apostolica
poteva imporre la sua volontà ai suoi fornitori giovandosi
de' sistemi anche spirituali che erano suo privilegio, cosic-
ché per le popolazioni francesi l' utile economico non dub-
bio proveniente dalla residenza del papato in Avignone,
veniva limitato alquanto da questi mezzi artificiosi. Artificiosi
e naturali insieme, perchè è nel medio evo costume di tutti
i potenti di rendere a sé stessi più facile la vita a danno
degli inferiori.
5. Compre ed affitti di case.
Sul valore degli edifizi e degli affitti ad Avignone, verso
la metà del secolo xiv, depongono le seguenti testimonianze :
135 1, 22 giugno compra di un « h ospiti um » presso il
palazzo apostolico, 140 fiorini (2).
(i) Ecco il documento (/. E. 286, e. 125): «Die ,x. iunii, cum
« in vindemiis proxime preteritis buticularii domini nostri pape fuissent
« Nemausum prò vinis ibidem faciendis prò usu hospicii domini nostri,
« prout est moris, per Stephanum Eyrela de Nemauso corraterium ra-
« cemos emi mandassent prò dictis vinis, quibus emptis et doliis im-
« pletis, missis certis commissariis prò parte camere et collegii apud
«Nemausum, prò conveniendo et concordando cum consulibus et
« aliis civibus de precio vindemie et vinorum, prout est consuetum,
« factaque relatione plenaria per dictos commissarios, quod de precio
« diete vindimie et vinorum cum dictis consulibus et civibus convenire
« non poterant, quia prò minori precio quam prò .xii. grossis saùma-
«tam quamlibet racemorum seu vindimie dimittere non volebant;
« propter quod de mandato domini nostri per camerarti fuit inhibicio
«facta, sub pena excomunicationis, quod nullus curialis emeret
« vinum nec vindemiam in Nemauso, nec solveret de vinis seu vin-
« demiis precium quod petebant, quousque fuisset super hoc aliter
« ordinatum . . . » .
(2) I.E. 263, e. 208.,
'Per la storia economica del sec. XIV 351
13 51, 17 decembre : « prò uno hospitio empto » [da una
donna] libero, più un censo di venti soldi piccoli tornesi
che la proprietaria aveva sopra un edifìzio confinante, 1 30 fio-
rini (i).
1352, 19 gennaio, un « hospitium quod serviebat .11. sol.
« .VI. den. turon. » eoo fiorini ; uno gravato di 2 soldi tornesi,
30 fiorini ; un altro gravato d'un censo di 5 soldi tornesi,
500 fiorini; un terzo gravato di un censo di 15 soldi tornesi^
400 fiorini (2). Questi edifizi erano « sub dominio preposi-
« turae Avinionensis », alla quale si pagano per « trezenum
« seu laudinium » 191 fiorini, in ragione di 2 soldi e 6 da-
nari per libra.
Id., 4 aprile. Per compra di un censo di 3 1 soldi e 3 da-
nari sopra un edifizio, 325 fiorini (3).
1353, Si prendono in afì&tto vari edifizi, pagando quale
« pensio )) pel termine di due anni rispettivamente 7 fiorini,
6 soldi, 6 danari; 32 fiorini, 17 soldi e 4 danari; 16 fio-
rini; IO fiorini (cosi per tre edifizi) (4); 43 fiorini, io soldi
e 6 danari, più un terzo pagato dal funzionario della Curia
che vi ha la sua abitazione.
1354, I settembre. Compra di un « hospicium », 45 fio-
rini (5).
1357. Affitto di edifizi: io, 30, 60 soldi viennesi al
mese, 8 fiorini, 5 fiorini 1' anno (6).
1358. Per compra di un edifizio 120 fiorini (7).
Queste cifre debbono aggiungersi a quelle contempo-
ranee del D'Avenel, che per Avignone non adduce, in que-
sto periodo, alcuna testimonianza (8).
(i) /. E. 263, e. 208. (2) Ivi. (3) Ivi, e. 2o8b. (4) /. E.
iG'j, e. 224 B. Vedi, ivi, alle pagine antecedenti, le « pensiones » pagate
dalla Camera ai famigliari per le loro abitazioni. (5) /. E. 272,
e. 216. (6) I. E. 282, e. 233 B. (7) LE. 286, e. 235.
(8) Per il prezzo delle case le piìi prossime cifre Avignonesi addotte
dal D'Avenel (Histoire de la propriétè, des deiin'es &c., Parigi, 1894,
II, 20) appartengono al 1335 e sono le seguenti: 20 libbre, 150 fiorini,
^^2 G. oArias
6. Operai e loro salario.
Nel mio lavoro sulla costituzione economica dei Comuni
ho raccolto in appendice varie notizie sul salario dei lavora-
tori manuali ad Avignone. Per ora non aggiungo altre cifre
a quelle comunicate (i), alle quali rimando il lettore, e solo
traggo dagli stessi elementi alcune nuove illazioni.
Resulta chiaramente un fatto di grande importanza, in per-
fetto accordo coi resultati dei celebri studi del Rogers (2) per
l'Inghilterra e del D'Avenel (3) per la Francia: che ad Avi-
gnone in conseguenza della peste degli anni 1348 e seguenti,
e della forte diminuzione di popolazione, i salari aumen-
tarono notevolmente, persino del 50 °/o ed oltre. Nuovi au-
menti si hanno nel 1365 per recrudescenza ulteriore del male.
Ora io mi domando: quali deduzioni si possono trarre da
questo fatto, nuovamente documentato, per la storia dell'eco-
nomia e per le leggi economiche attuali?
Molti economisti si sono fatti forti di questo episodio
veramente singolare della storia economica e civile europea
per addurre una prova di fatto inoppugnabile, oltre le ar-
gomentazioni teoriche, a favore della tesi che la diminu-
zione di popolazione giova alle classi lavoratrici, perchè di-
minuisce bensì la domanda di benij ma non nelle medesime
proporzioni, e rende effettivamente migliore la condizione
18 fiorini, pari rispettivamente a franchi 245 ; 1830; 341.60. Dallo stesso
autore si apprende (II, 888) che il prezzo medio delle case è a Parigi
nel secolo xiv di franchi 2123 e in provincia di fr. 515. Mi pare che
se ne possa dedurre che Avignone raggiungeva se non superava in que-
sto momento la stessa media di Parigi. Il che è del resto ben logico,
data r importanza che col trasferimento della Sede aveva acquistato
la nostra città.
(i) Sistema, Appendice, Doc. Vaticani.
(2) Six centuries of worh and wages. The history of english lahour,
London, 1884,
(3) Histoire de la propriété, des denrces &c. II, 572 sgg., 577 sgg.
Ter la storia economica del sec. XI T ^^^
degli operai (i). Non mi sembra, a dir vero, rigorosamente
logica ed esatta questa illazione, che dai fenomeni del se-
colo XIV si vuol trarre pei fenomeni d' oggi, a vantaggio
del neo-Malthusianismo, timoroso di un aumento soverchio
di popolazione e troppo sollecito di porre in luce i danni
che ne provengono alla generalità ed in ispecie alle masse
lavoratrici. Non mi sembra esatta, perchè interamente astrae,
per comodo di deduzione, dallo speciale sistema storico,
nel quale codesto forte accrescimento dei salari ebbe luogo.
In altre parole, è bensì verissimo che nel secolo xiv la forte
diminuzione della popolazione addusse un così elevato au-
mento dei salari, ma ciò accadde anche, e principalmente,
perchè l'economia particolarista del medio evo non consen-
tiva, a cagione delle infinite sue barriere economiche, poli-
tiche, morali, un attivo scambio delle energie lavoratrici da
luogo a luogo, che avesse in parte compensato alla gene-
rale cresciuta richiesta. Questo tenendo presente, è troppo
ardito ricavare senz'altro dall'esempio storico deduzioni
generali per la vita d'oggi.
D' altra parte un altro errore commettono, a mio avviso,
coloro, i quali, constatato l'accrescimento dei salari per la di-
minuzione della popolazione, si riempiono di allegrezza e lieti
concludono che quella diminuzione é estremamente giove-
vole ai più.
Essi trascurano di chiedersi se il rialzo dei salari torni
a vantaggio dell' economia generale ; che se questo non ac-
cade, si tratta per certo di un utile momentaneo e tutto
apparente. Pel medio evo intanto è lecito affermare che
cosi fu e che codesto precipitoso ed estremo aumento nocque
a tutti e fu causa d' infinito malessere, che si verificò so-
prattutto neir industria. Perchè l' industria medievale ripo-
sava speciahnente le sue speranze di utile, il che vuol dire
(i) Ad es. PiERSON, Trattato d'economia politica, trad. it., To-
rino, 1905, II, 342 sgg.
354 ^' oArias
la possibilità della sua vita economica, sulla bassa mercede
degli operai. La peste levò di sotto, per così dire, d' un tratto
all'industria la sua base naturale, portò al cielo i salari, ma
depresse l'industria, costrinse le classi dominanti a una po-
litica repressiva (della quale sono testimonianza gli statuti
contemporanei), fu causa di lutti, di miserie, di tumulti.
Non molto differenti affermazioni valgono anche per l'agri-
coltura, la cui potenzialità economica non certo florida nel
medio evo, in ispecie per la limitazione artificiosa del mer-
cato entro confini particolaristi, non consentiva al lavora-
tore eccessivo benessere economico e determinava d' altra
parte le restrizioni alla libertà di lui.
È necessario dunque che l' economista tragga sì, anche
dalla storia, il sistema delle leggi economiche vigenti, ma
della storia si valga a dovere e non prenda a modello un fatto
economico staccato, per cavarne deduzioni necessariamente
fallaci, ma lo ponga nell' ordine economico generale di cui
fa parte e così lo consideri e con altri, sotto ugual luce
visti, lo paragoni.
Gino Arias.
perone e l' incendio di %pma
A cinque anni ferve in Italia e fuori intorno all' in-
cendio di Roma del 64 d. C. una fiera polemica
sorta con la pubblicazione d'un opuscolo del Pascal,
il quale sostiene che quell' incendio non fu ordinato da Ne-
rone, come s'ammette comunemente, né si deve ascrivere
al caso, ma fu appiccato da fmatici Cristiani esaltati dal-
l'idea d'una conflagrazione universale (i).
Questa tesi non del tutto nuova (2), ma svolta con
molta erudizione, abbondanza d'argomenti e originalità di
vedute, ha incontrato pochi e ardenti fautori (3) e nume-
(i) C. Pascal, L'incendio di Roma e i primi Cristiani, i^ ed, Mi-
lano, Albrighi e Segati, 1900; 2* ed. Torino, Loescher, 1900; 3* ed.
Parigi, Fontemoing, 1902; 4" ed. in Fatti e leggende di Ronza antica,
Firenze, successori Le Monnier, 1903, pp. 1 17-185.
(2) Vedi A. Coen, La persecu:(ione Neroniana dei Cristiani in Atene
e Roma, 1901, n. 22, p, 299 sg.
(3) L. Borsari in Giorno, a. II, n. 244, 2 sett. 1900; C. Ricci
in lllustraiione italiana, Milano, nn. 23 e 24, 1900; G. Ferrara, L'm-
cendio di Roma e i primi Cristiani in Rivista di filologia e d''istru:(ione
classica, a. XXIX, fase. 2", aprile 1901, pp. 279-315 ; R. Ottolenghi,
L'incendio di Roma dell'anno 64 in Nuova Antologia, fase, del 1° set-
tembre 1904, pp. 68-80. Il Ferrara accoglie la tesi del Pascal solo in
parte, perchè ritiene fortuito il primo incendio e il secondo provocato
dai Cristiani.
SS^ G. 5. n^amundo
rosi e vivaci contradittori. Degli ultimi alcuni riversano dac-
capo l'accusa su Nerone (i), altri attribuiscono l'incendio
al caso (2), altri restano indecisi tra il caso e Nerone (3);
tutti però scagionano i Cristiani.
In una controversia cosi vessata, cui hanno preso parte
storici e filologi dottissimi, non posso aver la pretesa di
dir molte cose nuove e originali ; forse solo mi avverrà di
raccogliere qualche briciola caduta agli altri (4). Limitan-
(i) U. Benigni, / Cristiani e l'incendio di Roma, Roma, 1900;
De Crescenzo, Un difensore di Nerone, Napoli, 1900; Nerone incen-
diario e i primi Cristiani, Napoli, 1901 ; T. Berthaud, L'incendie de
Rome sous Néron, Paris, 1901; Vindex, Difesa dei primi Cristiani di
Roma accusati di avere incendiato la città, Roma, 1902; A. Profumo,
Le fonti ed i tempi dell' incendio neroniano, Roma, Forzani, 1905.
(2) V. CosTANZi, L'incendio di Roma e i primi Cristiani in Bol-
lettino di filologia classica, a. VII, 1900, pp. 132-136; Briciole polemiche
sul cosidetto incendio neroniano, Torino, 1901; L. Levi, L' incendio dt
Roma nel 64 d. Cristo in Ateneo Veneto, a. XXIV, voi. II, fase, i, 1901.
(3) F. Ramorino, L' incendio neroniano e la persecn7fone dei Cri-
stiani nel « Quo Vadis i) e secondo la verità storica in Rassegna Nazio-
nale, 16 febb. 1901, pp. 565-587; G. B01SSIER, L'incendie de Rome et
la première persécution chrétienne in fournal des Savants, mars, 1902;
P. Allard, L'incendie de Rome et les premiers chrètiens in Revue des ques-
tions historiques, 1903, LXXIII, 341-378; ed estratto con titolo diverso:
Les chrètiens ont-ils incendiè Rome sous Nèron? Paris, Blond, 1904; A.
RoviGLio, L' incendio di Roma e la persecuzione neroniana dei Cristiani,
Reggio Emilia, 1905.
(4) Mi piace riportare le parole del Boissier, op. cit. p. 168:
« On a repris des questions qui avaient été cent fois traitées; on a etn-
ee die des événements, des personnages dont on avait cesse de s'occu-
« per. . . Il ne me semble pas que tous ces travaux nous apprennent
« beaucoup plus que nous ne savions déjà ; le terrain a été si profonde-
« ment fouillé qu'il est difficile d'y faire aujourd'hui des découvertes.
« Tous les textes sont connus depuis longtemps ; je ne crois pas qu'il
« reste beaucoup d'espoir d'en trouver d'autres; ils ont été interprètés
« de tant de manières, tournés et retournés de tant de còtés, qu'il ne
« paraìt pas qu'on puisse imaginer de nouvelles fagons de les entendre.
« Je pense pourtant qu'il ne sera pas sans intérét de suivre de loin
e cette très vive polémique, où le passe s'est 'quelquefois anime des
U^erone e V incendio di Roma 357
domi alla questione principale, cioè a chi o a che cosa si
debba ascrivere l'incendio, e trascurando le innumerevoli
altre minori, mi propongo di discutere e vagliare succin-
tamente gli studi e le indagini già fatte e di presentare di
quell' importante avvenimento la spiegazione, che mi sembra
migliore.
Trovasi la narrazione dell' incendio in Tacito, Suetonio
e Dione Cassio (i). Tacito ci fornisce maggior copia di
notizie; il suo racconto è più ampio e più minuzioso, e
appare anche a un primo esame più fedelmente veridico.
Suetonio e Dione Cassio non aggiungono nulla di nuovo
senza essere con Tacito e tra di loro in evidente contrad-
dizione. La testimonianza di Tacito è anche più attendibile,
perchè egli era più vicino agli avvenimenti che narra. Il
racconto tacitiano è stato perciò giustamente oggetto di mag-
giori ricerche, e sarà posto anche a base di questo piccolo
studio.
I fatti sono generalmente noti, e non occorre nemmeno
riassumerli. Tacito dice da principio che era cosa dubbia
se r incendio fosse avvenuto casualmente o per opera di
Nerone: le sue fonti storiche portavano l'una e l'altra ver-
sione (2). Ma nel seguito della narrazione mostra chiara-
mente la sua propensione ad incolpare Nerone, e raccoglie
contro di lui tutti gì' indizi, che gli vien fatto di rintracciare.
« Nessuno )),egli scrive, a osava opporsi alla violenza dell' in-
« cendio per le frequenti minacce di molti, che vietavano di
(.<■ estinguerlo, e perchè altri al cospetto di tutti lanciavano
« qaerelles du présent, et qu'en revenant à ces vieux textes, en Ics
« maniant et les remaniant sans cesse, on le pénètre davantage et
«Fon finit par les mieux comprendre ».
(i) Tacito, Ann. XV, 38-45; Suetonio, Ner. 38; Dione Cassio,
LXII, 16-18. La narrazione di Sulpicio Severo (II, 29) deriva da Ta-
cito, quella d'Oiiosio (VII, 7) da Suetonio.
(2) Tacito, Ann. XV, 38: « Sequitur clades, forte an dolo prin-
« cipis incertum (nani utrumque auctores prodidere) ».
358 G. S. ^atnundo
« iìac'cole accese, e dicevano di far ciò dietro ordine rice-
« VLito » (i). Poi parla dei provvedimenti presi da Nerone
per favorire il popolo, e aggiunge che non giovarono ad acqui-
stargli simpatia, perchè « era corsa voce che proprio durante
« r incendio fosse salito su la scena domestica, e avesse can-
« tato la rovina di Troia » (2). Estinto il primo incendio il
sesto giorno, il fuoco si riaccende in altri quartieri di Roma,
e il nuovo incendio « destò maggiore sdegno, perchè era
« scoppiato nei possessi Emiliani di Tigelhno, e pareva che
« Nerone ambisse la gloria di fondare una nuova città e di
c( chiamarla col suo nome » (3). Più giù accenna ancora
all'opinione del volgo, che credeva ordinato l'incendio, e
commiserava i Cristiani puniti per soddisfare la crudeltà di
Nerone (4).
(i) Ann. loc. cit. : « Nec quisquam defendere audebat, crebris mul-
« torum minis restinguere prohibentium, et quia alii palam faces iaciebant
« atque esse sibi auctorem vociferabantur, sive ut raptus licentius exer-
« cerent seu iussu ».
(2) Ann. XV, 39: « Sed solacium popuio exturbato ac profugo
« campum Martis ac monumenta Agrippae, hortos quin etiam suos
« patefecit et subitaria aedificia exstruxit, quae multitudinem inopem
« acciperent . . . Quae quamquam popularia in inritum cadebant, quia
« pervaserat rumor ipso tempore flagrantis urbis inisse eum domesti-
«"cam scaenam et cecinisse Troianum excidium, praesentia mala ve-
«tustis cladibus adsimulantem »,
.(3) Ann. XV, 40: « Necdum positus metus, et rediit haut levius
« rursum grassatus ignis patulis magis urbis locis, eoque strages ho-
« minum minor : delubra deum et porticus amoenitati dicatae latius
« procidere. Plusque infamiae id incendium habuit, quia praediis Ti-
« gellini Aemilianis proruperat; videbaturque Nero condendae urbis
« novae et cognomento suo appellandae gloriam quaerere ».
(4) Ann. XV, 44 : « Sed non ope humana, non largitionibus prin-
« cipis aut deum placamentis decedebat infamia, quin iussum incen-
<' dium crederetur. Ergo. . . quaesitissimis poenis adfecit, quos. . . vulgus
« Christianos appellabat . . . linde quamquam adversus sontes et novis-
«-sima exempla meritos miseratio oriebatur, tamquam non utilitate pu-
« blica, sed in saevitiam unius absumerentur ».
VX^roue e V incendio di Roma 359
È neir indole di Tacito di riportare i fatti, anche i più
minuti, anche le dicerie popolari (i), e di mostrarsi spesso,
come in questo caso, dubbioso e perplesso tra due opposte
versioni, lasciando però trasparire la sua opinione personale
dal contesto e dal colorito delle espressioni che adotta (2).
Egh, e si scorge da tutto il racconto e ancora meglio dal-
l' evidente compiacimento con cui riporta le parole del tri-
buno Subrio Flavio, uno dei capi della congiura pisoniana,
che un anno dopo chiamò Nerone incendiario (3), vorrebbe
accusare anche di questo deHtto l'odiato imperatore; ma
nella sua onesta coscienza non osa pronunciarsi esplicita-
mente. Gli mancano le prove della reità di lui, e le sue
fonti storiche non sono unanimi neh' accusarlo. Quali sto-
rici saranno stati a favore di Nerone, quali contro di lui?
Da tutti i critici s'ammette che per gli Aìinali e per le
(i) Cf. Ann. I, 4; I, 5; II, 82; III, 16; IV, io; XIV, 22 &c.
Tacito crede d'esser più minuzioso degli altri storici, e si giustifica.
Ann. VI, 7 : « Ncque sum ignarus a plerisque scriptoribus omissa mul-
{' torum pericula et poenas, dum copia fatiscunt aut, quae ipsis nimia
« et maestà fuerant, ne pari taedio lecturos adficerent verentur : nobis
« pleraque digna cognitu obvenere, quamquam ab aliis incelebrata » .
Ann. VI, 32: «Pleraque eorum, quae rettuli quaeque refcram, parva
« forsitan et levia memoratu videri non nescius sum . . . Non tamen
« sine usu fuerit introspicere illa primo aspectu levia, ex quis magna-
« rum saepe rerum motus oriuntur ». Sdegna soltanto i particolari fu-
tili, che nuocciono alla dignità del genere storico. Cf. Fabia, Les soiir-
ces de Tacite, Paris, 1893, p. 424 sg.
(2) Cf. Hist. III, 28; III, 54; Ann. Ili, 3; XIV, 9; XIV, 51;
XV, 64 ; XVI, 3 ; XVI, 6. Vedi Teuffel, Hist. de la liti, romaine,
Paris, 1881, II, 297. BoissiER, Le jugement de Tacite sur Ics Cèsars in
Revue des Deux Mondes, 1901, VI, 499.
(3) Ann. XV, 67: « Interrogatusque a Nerone, quibus causis ad
« oblivionem sacramenti processisset, " oderam te ", inquit, " nec quis-
« quam tibi fidelior militum fuit, dum amari meruisti. Odisse coepi,
« postquam parricida matris et uxoris, auriga et histrio et incendiarius
« extitisti ". Ipsa rettuli verba, quia non, ut Senecae, vulgata erant,
« nec minus nosci deccbat militaris viri sensus incomptos et validos ».
3^0 G. S. ^amundo
Storie le fonti principali sono Plinio il vecchio, Cluvio Rufo
e Fabio Rustico (i). Tacito li cita relativamente così spesso
da rimuovere ogni dubbio : negli ultimi libri degli Annali
pei fatti interni di Roma cita essi esclusivamente. Uno degli
storici che accusa Nerone è Plinio. Parlando nella Storia
naturale, della longevità d'alcuni alberi, dice che durarono
(( sino agi' incendi, con cui Nerone arse Roma » (2). L'AUard
nota che « Pline est, selon toute apparence, l' un des a u -
« e t o r e s auxquels fait allusion Tacite, qui attribuèrent V in-
« cendie non au hasard, mais dolo principis. On sait qu'il
« écrivit, en trente et un livres, l'histoire de son temps.
« Tacite s'en est servi pour raconter des événements de 65:
« évidemment il a consulte la méme source pour ceux de
« l'année précédente » (3). Questa probabilità s' accresce e
diventa certezza, se si osserva che Plinio parla d' incendi,
e Tacito distingue un primo incendio che scoppia presso
il Circo Massimo, e si spegne il sesto giorno alle radici
dell' Esquilino, e un secondo incendio che scoppia nei pos-
sedimenti Emiliani di Tigellino; e se si osserva ancora che
sarebbe assai strano che Plinio nella Storia naturale mani-
festasse una convinzione e un' altra diversa poi nella Storia
« A fine Aufidii Bassi ». Si è dato gran peso alle parole di
Plinio, come quelle d'uno storico imparziale e contempo-
raneo di Nerone. Ma Cluvio Rufo e Fabio Rustico erano
anche imparziali e contemporanei di Nerone, e la loro testi-
monianza valeva quanto quella di Plinio (4). Se Plinio ac-
cusava Nerone, Cluvio Rufo o Fabio Rustico, o più facil-
(i) Più precisamente, la fonte principale di Tacito per le Storie è
Plinio; per quei libri degli Annali, che comprendono la fine dell'im-
pero di Claudio e l'impero di Nerone, è Cluvio. Cf. Fabia, op. cit.
p. 169 sg., p. 210 sg., p. 350 sg.
(2) C. Plinio Secondo, Hist. nat. XVII, 1,1.
(3) Allard, Les chrétiens ont-its incendié Rome sous Ncron? Paris,
1904, p. 54.
(4) Fabia, op. cit. p. 376 sg. Profumo, op. cit. p. 71 sg.
\N^rone e V incendio di Roma ^6i
mente tutti e due dovevano essere pel caso. Se una sola
delle tre fonti fosse stata pel caso. Tacito avrebbe avuto
buon giuoco a contrapporre a quella l'autorità delle altre due
a sostegno della versione evidentemente da lui preferita (i).
Il Profumo immagina che qui Tacito abbia voluto tener
conto della versione ufficiale, che spiegava l' incendio col
caso (2). Ma gli « auctores » sono gli storici (3), non la
versione ufficiale; e se ad ogni modo Tacito avesse voluto
accogliere la versione ufficiale del caso, cedendo all'influssc?
di Nerva, come vuole il Profumo, l'avrebbe anche seguita,
o almeno si sarebbe mostrato del tutto indeciso ; non
avrebbe mostrato così chiaramente, come fa, d'inclinare
(i) E questa parmi la ragione per cui Tacito, che talora discute
e critica le sue fonti per particolari di poco rilievo, per un avveni-
mento così importante vien meno alla sua promessa di riferire i nomi
degli storici con le loro diverse opinioni, quando siano in disaccordo
{Ann. XIII, 2i). Gli rincresce di non aver dalla sua parte né Fabio Ru-
stico, né eluvio Rufo, ma solo Plinio, e se la cava alla svelta: « utruni-
« que auctores prodidere )>.
(2) Profumo, op. cit. p. 119 sg.
(3) Tacito, Hist. I, i: «multi auctores rettulerunt )> ; II, 37:
« invenio apud quosdam auctores »; III, 25 : « rem nominaquc auctore
a Vipstano Messalla tradam »; III, 28: « Hormine id ingenium, ut Mes-
« salla tradit, an potior auctor sit C. Plinius »; III, 51: « celeberrimos
e auctores habeo »; V, 3: « plurimi auctores consentiunt .>; V, 6: v sic
« veteres auctores . . . tradunt ». Ann. I, 81: « diversa non modo apud
« auctores, sed in ipsius orationibus reperiuntur »; III, 3: <• matrenì
« Antoniam non apud auctores rerum, non diurna actorum scriptura
« reperio uUo insigni officio functam »; III, 30: « C. Sallustius, rerum
« Romanarum florentissimus auctor»; IV, io: « quae plurimis maxi-
(( maeque fidei auctoribus memorata sunt rettuli »; IV, 11: « haec vulgo
ciactata... nullo auctore certo firmantur»; IV, 57: v secutus pluri-
« mos auctorum »; V, 9: « tradunt temporis eius auctores » ; XIII, 20:
« nos consensum auctorum secuturi»; XIV, 2: « eadem ceteri quoque
«auctores prodidere»; XIV, 64: « casus temporum illorum nobis vel
« aliis auctoribus noscent ». Gemi. 28: « summus auctorum divus lu-
« lius tradit ». Agric. 10: « Livius veterum, l'abius Rusticus recentium
« eloquentissimi auctores ».
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XX VI il. - [
3^2 G. S. ^amundo
per la versione opposta, per la colpevolezza di Nerone.
E gli « auctores » non sono neppure, come vorrebbe il
Ferrara, gli autori di voci o dicerie, o i testimoni che
le riferivano (i). Potrebbero al più essere quegli storici,
cui accennano Tacito e Giuseppe Flavio, e i quali alterarono
la verità dei fatti per timore o per adulazione (2); ma non
si spiegherebbe come mai Tacito che tanto li disprezza, e
dice di riconoscerli facilmente e di scartarli, avesse voluto
Isolo e proprio in questo caso preoccuparsi della loro falsa
testimonianza.
Ma ammesso anche e non concesso, che gli « auctores »
siano gli autori di dicerie, o gli storici timidi e adulatori, o
la versione ufficiale, sta sempre il fatto che Tacito, sebbene
avverso a Nerone, sebbene propenso ad accusarlo anche di
questo delitto, non ardisce pronunziarsi apertamente e con-
dannarlo. «Nessuno scrittore antico», osserva il Levi,
« mise in dubbio che Nerone avesse commesso altri delitti
(( sotto un certo punto di vista più efferati di questo » (ed io
aggiungerei : più difficili ad accertare) « p. e. l'uccisione delle
(( due mogli, del fratello e specialmente della madre « (3).
L'indecisione di Tacito, il disaccordo degli « auctores » di-
mostrano che contro di Nerone non ci erano prove sicure,
ma pochi e sempHci indizi e di scarso valore. Se altri argo-
(i) Ferrara, op. cit, p. 283. A dimostrare che « auctor » possa
avere il significato da lui proposto riporta alcuni luoghi di Tacito
Hist. I, 86 : « prodigia terrebant diversis auctoribus vulgata » ; II, 5 5
« cecidisse Othonem certi auctores in theatrum attulerunt»; II, 73
« etsi vagis adhuc et incertis auctoribus »; Ann. XVI, 2: « non aucto-
« ris, non ipsius negotii fide satis spectata ». Ma si confrontino questi
esempi anche presi così isolatamente, fuori del contesto, con quelli ci-
tati nella nota antecedente, e si vedrà se il passo in discussione sia da
aggrupparsi con gli uni o con gli altri.
(2) Tacito, Hist. l, i; Ann. I, i; Giuseppe Flavio, ^và. «^/.
XX, 8, 3.
(3) L. Levi, L' incendio di Roma nel 64 d. Cristo, estratto dall' ^-
teneo Veneto, a. XXIV, voi. II, 1901, Venezia, p. 5.
verone e F incendio di Roma ^6^
menti non si avessero a favore di lui, basterebbe questo
solo ad obbligare gli storici moderni a rimanere per lo
meno nell'indecisione di Tacito.
GÌ' indizi che Tacito riporta contro Nerone si riducono
a questi: la voce che Nerone abbia cantato su la scena
domestica la rovina di Troia rassomigliando alle antiche
calamità la presente sciagura, il fatto che molti cercavano
d'impedire l' estinzione dell' incendio e altri gittavano fiaccole
accese, l'essere scoppiato un secondo incendio nei possedi-
menti Emiliani di Tigellino. Il primo non regge alla critica
storica, è una vera assurdità. Tacito lo riporta come una
diceria, cui non poteva prestar molta fede; perchè egli stesso
riferisce poco prima, che quando Nerone giunse da Anzio,
il fuoco s' approssimava alla sua casa. È ridicolo pensare
che Nerone fosse cosi matto da volersi divertire a cantare
giusto nell'imminente pericolo di rimaner bruciato vivo. Il
suo primo pensiero, appena giunse da Anzio, dovette essere
e fu difatti quello d' arrestare le fiamme.
Il secondo indizio appare ed è veramente più grave.
Lo Schiller però non crede al racconto di Tacito (i), e
anche il Costanzi ritiene che u questi scagliatori di faci ar-
ce denti siano esistiti soltanto nella fantasia di chi già era
« dominato dall' idea che autore dell' incendio fosse Nerone ».
Forse questa era una diceria che correva per la bocca di
tutti, ed era stata accolta da alcune delle fonti di Tacito (2).
(i) H, Schiller, Geschichte des ròmischen Kaiserrciches iinter der
Regierimg Nero's, Gotha, 1872, p. 432.
(2) A, Coen, op. cit. p. 303 : « Quanto alla notizia che, dopo co-
« minciato l' incendio, si videro correre per la città degli uomini, i
« quali impedivano l'estinzione del fuoco e gettavano faci accese . . .
« io rischio a credere abbiano ragione quelli che, come lo Schiller, lo
« Stahr ed altri, esitano a prestarvi fede . . . Ognuno sa che, quando un
«grave disastro getta lo sgomento e la costernazione in una cittadi-
« nanza e suscita generale confusione, nascono, si diffondono e otten-
« gono credito con la massima facilità anche le notizie meno conformi
« al vero » .
3^4 G. S. panili 11 do
Certo egli, e non si capisce, la riporta come cosa assodata.
Il Costanzi non vede in ciò nulla di strano, e si vale d'un
esempio tratto dalla storia di ieri. « Quando fu consumato
(( l'esecrabile assassinio del re Umberto, tutte le notizie con-
ce cordavano nel narrare che gli agenti della forza a stento
« poterono proteggere il regicida dalla folla che voleva
« senz' altro linciarlo ; dal processo di Milano è risultata
« luminosamente la verità di questa prima versione. Tut-
te tavia fu possibile, alla distanza di una diecina di giorni,
{( anche l' efflorescenza di un' altra diversa, secondo la quale
« la carrozza reale sarebbe stata circondata da gente inte-
« ressata allo scampo del bieco esecutore del delitto ; e, quel
« che è più grave, questa versione inverosimile trovò facile
(( accoglimento anche presso spiriti non volgari. Se per caso -
« facciamo un'ipotesi improbabile - essa venisse consacrata
« da un mionumento imperituro come le Storie di Tacito,
« e ogni altro mezzo di controllo non resistesse all' edacità
(( del tempo, si troverebbero o no i nostri posteri seriamente
« imbarazzati per ristabilire la verità dei fatti? » (i)
Ma si può anche fare a meno di negare l'esistenza di
questi incendiari. Tacito stesso ammette che potevano essere
degli emissari, che eseguivano un ordine (non dice di chi,
ma è chiara l' allusione a Nerone), o dei ladri che volevano
rubare più liberamente. Nel caso che gì' incendiari ci siano
stati veramente, 1' ultima ipotesi è più probabile. Nelle grandi
calamità pubbliche non mancano mai di quelli che cercano
in tutti i modi di profittare del disordine generale, di pe-
scare nel torbido, e il Sievers racconta che si videro degli
incendiari nel grande incendio d' Amburgo del 1 842, e che
erano dei ladri (2).
Quanto al secondo incendio che scoppiò nelle Emiliana,
sarebbe interessante determinare con precisione e sicurezza
(i) V. Costanzi, L'incendio cit. p. 135.
(2) V. DuRUY, Histoire des Romains, Paris, 1874, IV, 47.
verone e V incendio di Roma }6^
V ubicazione di quella località. Suetonio, a proposito d' un
altro incendio, che avviluppò sotto Claudio le Emiliana,
narra un particolare curioso, che cioè l' imperatore rimase
due notti nel Diribitorio, e sembrandogli insufficiente ad
estinguere il fuoco il numero dei soldati e degli schiavi,
mediante i magistrati da tutti i quartieri fece accorrere in
aiuto il popolo, e postisi dinanzi alcuni sacchetti pieni di
danaro, esortava all' opera di spegnimento offrendo a cia-
scuno un premio proporzionato al merito (i). Ora se Claudio
osservava l' incendio delle Emiliana, e vi provvedeva re-
stando nel Diribitorio, finche il fuoco non s'estinse, parrebbe
di poterne arguire che le Emiliana fossero di là visibili, o
certo non molto distanti. Da un cenno di Varrone si dedur-
rebbe che fossero fuori della cinta delle mura di Servio (2).
Se ad esse si riferisce un' iscrizione su una tavoletta di
bronzo, che riguarda una navis harenaria qtiae servii in Ae-
miìianis sub Arriintio Stella, s estendevano sino alla riva
del Tevere (3). A causa di così scarse e monche notizie
i topografi di Roma sono leggermente discordi; quasi tutti
però convengono nel fissarle fuori delle mura serviane,
nella IX regione, più o meno lungi dal Campidoglio (4).
(i) Suetonio, Claiid. i8.
(2) Varrone, Rerum rusticarum lib. Ili, 2 : « Nam quod extra
« urbem est aedificium, nihilo magis ideo est villa, quam eoruni ae-
« dificia qui habitant extra portam Flumentanam aut in Aemilianis».
Varrone mette queste parole in bocca a Quinto Axio, il quale con-
trappone le ville rustiche, come la sua di Rieti « non . . . sine fundo
« magno et eo polito cultura », « vestigium ubi sit nullum Lysippi
e aut Antiphili, at crebra satoris et pastoris », alle ville urbane, come
quella del suo amico Appio Claudio in campo Marzio, la quale « neque
« agrum habet ullum nec bovem nec equum » , ma è « oblita tabulis
« pictis nec minus signis».
(3) C. /. L. XV, 7150.
(4) Becker, Handhuch dcr rómischen Aìlerthùmer, Leipzig, 1843-
1851, I, 643; Gilbert, Geschichte und Topo^^raphie der Stadi Rem im
Aìterthuìii, Leipzig, 1883-1890, III, 378; Richter, Topographie der
^66 G. S, T{amundo
Pare che Tacito dia loro ragione; perchè parla di luoghi
aperti, ricchi di portici e di tempii, e nessuna delle regioni
di Roma era più aperta e più ricca di portici e di tempii
che la IX, specialmente la parte meridionale tra il Tevere,
il Campidoglio e il Circo Flaminio (i).
Il fuoco, scoppiato nel Circo Massimo il 19 luglio,
attraversò il Palatino, il Foro, la Subura, e fu arrestato
alle radici dell' Esquilino (2). Ne risulta che il vento, il
quale allora spirava, era certamente il vento di sud-ovest,
che suole predominare a Roma nell' estate (3). L' incendio
si propagava maggiormente nella direzione del vento, ma si
diffuse anche lateralmente, come prova il fatto che quattro
regioni sole scamparono all' orribile flagello. Forse a sini-
stra, dalla parte del Foro Boario e del Velabro, le fiamme
s' andavano estinguendo, o sembravano già estinte, e si mancò
di vigilanza ; sicché recò meraviglia vedere il fuoco, sorpas-
sate le mura serviane, riprender forza e inoltrarsi nella pia-
nura a occidente del Campidoglio. Certo è che non fu un
nuovo e vero secondo incendio, ma una seconda fase, una
Stadt Rom, Mùnchen, 1901, p. 211. L' Hùlsen nella nuova edizione
che sta pubblicando dell'opera del Jordan, Topographie der Stadt Rom,
pone le Emiliana a nord del teatro di Balbo, dove ora sorge il pa-
lazzo Farnese.
(i) Lanciani, I portici delia regione IX in Annali dell'Istituto di
corrispondew^a archeologica, 1883. Il passo di Tacito è riportato nella
nota 3 della p. 358.
(2) Tacito, Ann. XV, 38 : « Initium in ea parte circi ortum,
« quae Palatino Caclioque montibus contigua est, ubi . . . simul coeptus
« ignis et statini validus ac vento citus longitudinem circi corripuit . . .
« Impetu pervagatum incendium plana primum, deinde in edita ad-
« surgens et rursus inferiora populando, anteiit remedia velocitate
«mali»; 39: « Neque tamen sisti potuit quin et Palatium et domus
«et cuncta circum haurirentur »; 40: « Sexto demum die apud imas
« Esquilias finis incendio factus»; 41: « xiiii Kal, Sextiles principium
« incendii huius ortum ».
(3) Monografìa della città di Roma &c., pubblicata dal Ministero
di agricoltura, Roma, 1881, pp. 285 e 303.
V^erone e F incendio di Roma ^6j
continuazione del primo, e non dovè durare ed estendersi
molto ; perchè Tacito, che prima distingue questo dall'altro,
che s' estinse alle falde dell' Esquilino, poi seguitando ac-
cenna sempre ad un unico incendio, e non si preoccupa
nemmeno di farci sapere come, dove e quando finì il fuoco
scoppiato nelle Emiliana, che pure, secondo lui, portò una
maggior rovina di tempii e di portici.
Le EmiUana si potrebbero benissimo collocare su i fianchi
meridionali del Quirinale, se, come sembrami, dal cenno
di Varrone non si deve dedurre necessariamente che fos-
sero fuori del pomerio, e se ad esse non si riferisce la citata
iscrizione. Sul Quirinale, presso il palazzo dell' Esposizione
di belle arti, nel 1887, in occasione degli sterri pel pro-
lungamento di via Genova, furono scoperti gli avanzi della
casa di Emilia Paolina Asiatica, tarda discendente degli
Emilii Paoli, e 1' anno 1888 un po' più su, a destra della
via Venti Settembre, costruendosi 1' edificio pel Ministero
della Real Casa, fu rinvenuta la celebre ara dell'incendio
neroniano (i). A questa congettura non contraddirebbero
le indicazioni date da Suetonio e da Tacito : non saremmo
molto lontani dal Diribitorio, e il Quirinale era una regione
elevata relativamente alle altre e quindi aperta, e costituiva
durante l' impero un quartiere di carattere aristocratico con
ricchissime abitazioni fornite di portici e frequenti tempii.
Il fuoco, penetrato nella Subura, a destra fu arrestato alle
radici dell' EsquiUno dai grandi lavori di demolizione fatti
fare da Nerone; ma a sinistra, trattenuto solo per breve
tratto dai muri di precinzione dei Fori di Cesare e di Au-
gusto, si sarebbe incanalato nelle strette e profonde gole
del versante sud-est del Quirinale, ora scomparse per in-
genti colmature di terra (2), e sarebbe divampato terribile
(i) Borsari, Topografia di Roma antica, Milano, 1897, p. 177 sg.
C. /. L. VI, 826. Lanciani in BiilleUino della Coiiiih. archeol. cotti, di
Roma, 1889, p. 33 sg.
(2) Lanciani in Buìlettino cit. 1886, p. 168 sg.
3^8 G. S. ^amundo
sul declivio e sul pianoro centrale. Chi osservava il propa-
garsi dell' incendio dall' alto dell' Esquilino o del Viminale
non scorgeva il fuoco serpeggiare in fondo a quelle gole,
e poteva crederlo definitivamente spento; ma vedendolo ri-
sorgere poco dopo più violento di prima, doveva natural-
mente sospettare che si trattasse d' un secondo incendio. Se
quella regione fu devastata dalle fiamme, come parrebbe
dimostrare 1' ara di Domiziano, dovette esser compresa nella
seconda fase dell' incendio. Se fosse stata compresa nella
prima, Tacito non avrebbe indicato le radici dell' Esquilino
come località più distante dal Circo Massimo, punto di
partenza, luogo d' origine del fuoco.
Ma la ricerca dell'ubicazione delle Emiliana deve inte-
ressare soprattutto gli studiosi della topografia di Roma an-
tica. Ovunque siano da collocarsi non ne resta pregiudicata
la questione a favore o contro Nerone. A torto il Ferrara
giudica di capitale importanza, per le conseguenze che ne
possono derivare, stabilire il più esattamente possibile la
topografia delle EmiHana (i). Tacito dice soltanto che l'in-
cendio, che si sviluppò in quei luoghi, parve più sospetto,
accrebbe le voci infamanti; ma non pare che egli lo ritenga
certamente doloso. Se quello fu davvero un secondo incendio
e per giunta doloso, non so perchè si voglia a tutti i costi
incolparne Nerone. Senza ricorrere a lui per rendersene
ragione, si può pensare, e sarebbe sempre molto più vero-
simile, ad una privata vendetta contro lo scellerato ministro
dell' imperatore (2).
L'accusa di Nerone non è più sostenibile. Se, come si
è visto, scarsi e deboli sono gì' indizi che erano contro di
(i) Ferrara, op. cit. p. 289.
(2) Il RoviGLio, op. cit., mette innanzi un' altra ipotesi plausi-
bile, che Tigellino « abbia pensato ai mezzi per allontanare da sé
« ogni sospetto ... ; l' incendio stesso della sua casa può essere stato
(X uno dei mezzi a cui ricorse per ottenere il suo intento».
^N^rone e F incendio di Roma 3^9
lui, molto più copiosi e scrii sono gli argomenti che stanno
a suo favore, tratti dal suo carattere e dalla sua condotta
durante l' incendio. Riconosco però che i primi specialmente
hanno un valore soggettivo, e qualcuno si potrebbe anche
ritorcere con facilità (i); ma presi tutti insieme danno la
sicurezza morale dell'innocenza di Nerone. Che egli fosse
capace di qualunque delitto non si discute nemmeno : s'am-
mette da tutti unanimemente. Ma « tutti i delitti che Nerone
(f certamente commise », osserva il Levi, « furono contro
« singoli, contro i membri della sua famiglia anzitutto, poi
« contro uomini ragguardevoli per nobiltà, per censo o per
(( posizione sociale, dei quaH egli, a torto o a ragione, so-
« spettava; la massa del popolo e specialmente la plebe non
« ebbe mai altro che da lodarsi di lui » (2). La plebe ro-
mana chiedeva « panem et circenses » , e Nerone offriva fre-
quenti spettacoli, e provvedeva all'annona con tanta cura che
si desiderava la sua presenza continua nella città, temendosi
la carestia quando egli fosse lontano (3).
Amante della popolarità e da altro lato vile e pauroso,
avrebbe egli dato un ordine, che con certezza gli avrebbe
attirato l'odio di tutti, e l'avrebbe esposto a grave e quasi
certo pericolo? Quale causa poteva indurlo a sfidare l'ira
del popolo? Si disse e si dice che voleva ingrandire il suo
(1) A. ROVIGLIO, Op. Cit, p. IO.
(2) L. Levi, op. cit. p. 6.
(3) Nerone fu sul punto di togliere tutti i dazi, e al principio
della crisi economica volle che i balzelli non fossero troppo gravi al
popolo, e con un editto incaricò dell' esazione tre uomini consolari,
rimproverando ai suoi predecessori le soverchie asprezze. Anche quando
la crisi economica aumentò a tal punto che non si potevano pagare
gli stipendi ai soldati, ricorse alle rapine e alle estorsioni, saccheggiò
le città e le provincie, spogliò i tempii degli dèi, giunse a fondere i
Penati, ma procurò sempre di non alienarsi l'affetto ed il favore della
mohitudine. Cf. Tacito, ^««. XIII, 31, 50, 51; XIV, 12, 14, 15, 20,
21, 51; XV, 18, 32, 36, 45; SuETONio, Ner. ir, 12, 21, 32; Dione
Cassio, LXI, 17, 19, 21.
370 G. S. 1{amundo
palazzo, che voleva distruggere i quartieri più luridi di Roma
per riedificarli daccapo e poter quindi aver il vanto di chia-
mare la città dal suo nome (i). Ma Roma continuò a chia-
marsi Roma anche dopo il rinnovamento edilizio di Nerone.
Il palazzo imperiale, la « Domus transitoria», detta così o per-
chè congiungeva il Palatino e 1' Esquilino Oppio mediante
un grandioso cavalcavia, o perchè lasciava aperti al transito
pubblico uno o più luoghi (2), era ancor troppo vasta, e non
pare che la « Domus aurea», che sorse su le stesse fonda-
menta, sia stata di dimensioni maggiori. Il Borsari ritiene
che la « Domus aurea » fosse più piccola della « Domus tran-
ce sitoria » (3). Nerone inoltre possedeva la casa di Augusto,
la casa di Tiberio e quella di Caligola sul Palatino, gli orti
di Mecenate e gli orti Lamiani e Pallanziani sull' Esquilino,
gli orti di Caligola, d'Agrippina e di Domizia in Trastevere.
Mezza Roma era sua, e non aveva affatto bisogno di nuovi
acquisti. Del resto lo sviluppo che ebbe l'incendio conve-
niva poco ai progetti edilizi, che gli si attribuiscono; perchè
andarono distrutti i quartieri più belU e più ricchi della città,
e fu invece risparmiato il lurido Trastevere (4).
(i) Tacito, Ann. XV, 40: « videbaturque Nero condendae urbis
« novae et cognomento suo appellandae gloriam quaerere ». Sueto-
Nio, Ner. 38: « quasi offensus deformitate veterum aedificiorum et an-
« gustiis flexurisque viarum incendit urbem»; 55: « destinaverat et
« Romam Neropolim nuncupare ».
(2) Profumo, op. cit. p. 469, nota 2.
(3) Borsari, op. cit. p. 131. Plinio il vecchio tra i grandiosi
palazzi di Roma nomina la «Domus aurea»: « Sed omnis eas dua
« domus vicerunt. Bis vidimus urbem totani cingi domibus principum
« Gai et Neronis, huius quidem, ne quid deesset, aurea » {Hist. nat.
XXXVI, 15, ih). Poi soggiunge: «Non patiar istos duos Gaios vel
« duos Nerones ne hac quidem gloria famae frui, docebimusque etiam
« insaniam eorum victam privatis opibus M. Scauri» (XXXVI, 15,
1 1 5). La celebre « Domus aurea » poteva uguagliare e magari supe-
rare la casa di Caligola, ma era inferiore alla casa d' un cittadino pri-
vato, di Marco Scauro.
(4) BoissiER, op. cit. p. 167.
verone e r incendio di Roma 371
Si osserva che ai Romani mancava l' istituto dell'espro-
priazione forzosa per causa di pubblica utilità (i), e si ricorda
che Augusto fece il suo Foro un po' troppo stretto, non
osando espropriare le case vicine (2), e Nerone stesso nella co-
struzione del tronco celimontano, che dall'acquedotto Claudio
conduceva l'acqua al laghetto dei suoi giardini, dove poi i
Flavi costrussero l'anfiteatro, fece fare i piloni troppo gracili
e sottili rispetto all'altezza, perchè volle danneggiare il meno
possibile gli edifici circostanti (3). Ma i diritti imperiali della
commendatio, del veto, \z prebensio, V ignominia nell'ambiente
romano d'allora erano armi tali che valevano più di qua-
lunque diritto d'espropriazione (4). E poi Nerone poteva ri-
correre, e vi ricorse di fatto più volte, alla confisca giudiziaria
per una qualche accusa criminale, specialmente per lesa maestà.
Qualunque mezzo legale o violento avesse voluto adottare
per raggiungere il suo scopo, sarebbe stato sempre meno
odioso e pericoloso di quello dell'incendio.
(i) Profumo, op. cit. p. 361 sg.
(2) Cf. SUETONIO, Aug. 56.
(3) Lanciani, Topografia di Roma antica. I CoDimentarit di Fron-
tino intorno le acque e gli acquedotti &c., Roma, 1880, p. 153.
(4) Profumo, op. cit. p. 372. « In realtà però, concorrevano a
ff rendere non solo possibili, ma ^facili', tali compere contrattuali per
« lavori pubblici - nel periodo imperiale - due specialissimi fattori . . .
« Il primo di tali fattori era la ' commendatio ' imperiale ; cioè, il diritto
«del Principe - a prò d'un candidato - d' indirizzare al corpo eletto-
« rale una raccomandazione obbligatoria per quest'ultimo... Tale fa-
ce colta faceva si ch'ogni cittadino romano cercasse in tutti i modi
«d'ingraziarsi l' Imperatore ...- Si aggiunga a ciò, per converso, la
« facoltà del veto e quella della prehcnsio, che gli Imperatori avevano
« per la potestà trihunicia che solevano assumere sempre ; facoltà que-
« ste, che venivano esercitate da loro soprattutto nelle elezioni ... —
« Si aggiunga ancora, da tale lato, il mezzo che avevano gì' Impera-
«tori... di far colpire con V ignominia, che toglieva Vius snffragii et
« honorum, quel cittadino che non avesse voluto cedere ai loro intenti
« od anche solo ai loro desideri, in ispecial modo poi, a riguardo di
« pubblici bisogni ! »
372 G. S. ^amitndo
Si è detto anche : Nerone ordinò V incendio in un accesso
di pazzia, per godersi la vista delle fiamme devastatrici. Ma
allora avrebbe dato l'ordine quando era presente in Roma (i).
Quando scoppiò l'incendio era ad Anzio (2). Chi poteva as-
sicurarlo che sarebbe giunto in tempo per assistere all'or-
rendo spettacolo? Appena gli giunge la notizia dell'incendio,-
egli, che dopo l'uccisione della madre si trattiene a lungo
nella Campania, timoroso dell'accogHenza che gli avreb-
bero fatto il senato e il popolo (3), accorre a Roma; arriva
quando già il fuoco s'avvicina alla sua casa, e subito s'ado-
pera per arrestarlo. Ma non riusci ad impedire che venissero
abbruciati il Palatino e la sua casa e gli edifizi intorno (4).
Altro che Nerone incendiario, che vuole godersi lo spetta-
colo delle fiamme e disfarsi delle casupole, le quali attorniano
la sua casa!
E il primo incendio s'estingue per opera sua. « Il sesto
(( giorno », dice Tacito, « l'incendio si spense presso le radici
« dell' EsquiUno, essendo state atterrate per immenso tratto
« molte case, in modo che all' incessante violenza del fuoco
(i) Pascal, op. cit. p. 130.
(2) TAcrro, Ann. XV, 39: «Eo in tempore Nero Antii agens
« non ante in urbem regressus est, quam domui eius, qua Palatium
«et Maecenatis hortos continuaverat ignis propinquaret ». Dal modo
come Tacito si esprime, pare che egli voglia insinuare che Nerone
non si sia troppo affrettato ad accorrere a Roma. E cosi parecchi ri-
tengono che Nerone non si sia mosso subito da Anzio, e qualcuno è
arrivato a dire che Nerone non tornò a Roma se non dopo sei giorni.
Ma se si pon mente alla distanza, che separa Anzio da Roma, e alla
distanza che intercedeva tra il Circo Massimo, dove scoppiò il primo
incendio e i palazzi imperiali sul Palatino, e se si nota che il sesto
giorno l'incendio era spento alle falde dell' Esquilino, e il Palatino
arse sotto gli occhi di Nerone, bisogna concludere che egli tornò a
Roma abbastanza presto, alla fine del secondo giorno o, al più tardi,
al principio del terzo.
(3) Tacito, Ann. XIV, 13.
(4) Tacito, Ann. XV, 39 : « Neque tamen sisti potuit, quin et Pa-
«latium et domus et cuncta circum haurirentur ».
verone e F incendio di Rome 373
«si presentasse solo aperta campagna e il vuoto» (i). Chi,
se non l' imperatore, che in simili circostanze era investito
della potestà dittatoriale, ordinò la demolizione di quelle case ?
Tacito non accenna ad altri tentativi d'estinzione. Eviden-
temente non vuol nuocere al suo intento di porre in cattiva
luce Nerone e d' insinuare in noi la persuasione della col-
pevolezza di lui, e riporta alla sfuggita, quasi senza volerlo,
impersonalmente i due tentativi ora esposti, che vanno senza
dubbio ascritti all' imperatore. Ma bisogna ritenere che per
tutta la durata dell'incendio Nerone abbia fatto ogni possibile
per circoscrivere le fiamme. Così si spiega come il fuoco
nel Foro dei monumenti più antichi non distrusse che il
tempio di Vesta e la « Regia » di Numa (2), e nella IX re-
gione di monumenti importanti non distrusse che l'anfiteatro
di Statilio Tauro (3).
Nerone, mentre brucia la sua casa, noncurante dei pe-
ricoli cui espone la sua persona, corre qua e là senza guardie
anche di notte (4), e quando qualche mese dopo celebra i
giuochi nel suo Circo e nei suoi orti Vaticani, in mezzo ai
terribili tormenti inflitti ai Cristiani, si confonde tra la plebe
o percorre i viali sul cocchio, che guida egli stesso (5), tran-
quillo e sicuro come chi nulla ha da rimproverarsi e nulla
(i) Tacito, Ahìi. XV, 40: « Scxto demum die apud imas Esqui-
« lias finis incendio factus, prorutis per immensum aedificiis, ut con-
« tinuae violentiae campus et velut vacuum caelum occurreret».
(2) Tacito, Ann. XV, 41.
(3) Dione Cassio, LXIII, 18.
(4) Tacito, Ann. XV, 50: «Et cepisse impetum Subrius Flavius
« ferebatur in scaena canentem Neronem adgrediendi, aut cum ardente
«domo per noctem huc illuc cursaret incustoditus ». Il Profumo (op.
cit. p. 186 sg.) spiega le parole «ardente domo» con «casa illumi-
« nata, sfavillante, fulgente per notturni lumi»; ma non adduce buone
ragioni a sostegno di questa nuova interpretazione.
(5) Tacito, Ann. XV, 44: «Et pereuntibus addita ludibria, ut
« ferarum tergis contecti laniatu canum interirent, multi crucibus ad-
« fixi aut fiamma usti, aliique, ubi defecisset dies, in usum nocturni
374 ^' ^' ^cimundo
ha da temere. Se fosse stato autore dell' incendio, se su la
sua coscienza fosse pesato il rimorso d'un cosi orribile de-
litto, non avrebbe mai dimostrato un così straordinario co-
raggio, né avrebbe mai ardito di sottoporre a processo i
Cristiani. « Si sarebbe messo dinanzi al popolo allo sbaraglio
« di questa terribile prova?» (i) Per quanto occulta la sua
colpa poteva essere conosciuta o sospettata, e poteva acca-
dere che qualcuno dei Cristiani rinfacciasse a lui il delitto,
di cui essi erano ingiustamente accusati, e lo chiamasse
incendiario, come lo chiamò l'anno appresso il tribuno Su-
brio Flavio. Né si poteva esser sicuri d'ottenere dai Cristiani
qualunque confessione si volesse. Tre anni innanzi, quando
si voleva convincere Ottavia d'adulterio con Euchcro ales-
sandrino, si pensò d' indurre le schiave a confessare il falso.
Alcune cedettero alla violenza dei tormenti, ma la maggior
parte resistettero eroicamente, e difesero fino all'ultimo l'o-
nestà della loro padrona (2).
Dal racconto di Tacito parrebbe che le voci maligne
accusanti Nerone si diffondessero nel popolo contempora-
neamente all'incendio o subito dopo. Ma é lecito dubitarne.
Che se cosi fosse avvenuto, Nerone sarebbe stato sbranato
vivo, o certamente sarebbe allora precipitato dal soglio im-
periale, non quattro anni più tardi. Non é affatto verosimile
che la plebe romana, sempre indocile e irrequieta, vedendo
arse le sue case e ritenendo l'incendio voluto e ordinato
da Nerone, non rompesse in aperta rivolta. Sotto Tiberio,
l'anno ^^, per poco non ci fu una sedizione del popolo a
causa del rincaro dei viveri, e dovettero intervenire il senato
e i consoli (3). L'anno 51 la plebe, minacciata dalla carestia
« luminis urerentur. Hortos suos ei spectaculo Nero obtulerat et cir-
« cense ludicrum edebat, habitu aurigae permixtus plebi vel curriculo
« insistens » ,
(i) Pascal, op. cit. p. 148.
(2) Tacito, Ann. XIV, 60.
(3) Tacito, Ann. VI, 13.
verone e F incendio di Roma 375
e dalla fame, circonda Claudio mentre amministra la giu-
stizia, lo spinge all'estremità del Foro con grida tumultuose e
scagliandogli anche croste di pane, e forse sarebbe trascesa a
maggiori atti di violenza, se i pretoriani non fossero accorsi
a liberare l' imperatore dall' imminente pericolo, facendogli
cerchio intorno e aprendogli il passo in mezzo alla folla (i).
Secondo Suetonio e Orosio, Claudio si sarebbe salvato fug-
gendo nel Palatino attraverso una porta segreta (2). L'anno 61
uno schiavo uccide il suo padrone Pedanio Secondo, prefetto
della città. In conformità dell'uso antico tutti gli schiavi abi-
tanti sotto lo stesso tetto debbono esser condotti al supplizio;
ma il popolo accorre a difesa di tanti innocenti, e circonda
il senato, dove si discute la causa. È emanata la sentenza di
morte, ma non può eseguirsi per l' agglomeramento della
folla divenuta minacciosa. Nerone con un editto rimprovera
al popolo il suo contegno, e fa stendere cordoni di soldati
per la via che debbono attraversare i condannati (3). L'anno
seguente Nerone, per unirsi a Poppea, divorzia da Ottavia,
che relega nella Campania. Ma il popolo tumultua, ed egli è
costretto a richiamare Ottavia (4). Non sarà male qui ricor-
dare che Nerone poi cadde non per effetto della ribellione
di Vindice e delle legioni della Gallia, ma per l' odio popo-
lare, che si attirò negli ultimi anni del suo impero. È am-
missibile che un popolo, il quale tumultua pel rincaro dei
viveri, o in vista d'un pericolo, e prende la difesa degl'in-
nocenti condannati o puniti, tollerasse pazientemente l' in-
cendio delle sue case, pur ritenendolo ordinato da Nerone,
e si contentasse soltanto di commiserare i Cristiani puniti
per un delitto, che altri aveva commesso ? E non si dica
che dal silenzio di Tacito nulla si possa arguire. Egli, che
(i) Tacito, Ann. XII, 43.
(2) Suetonio, Claud. 18. Orosio, VII, 6.
(3) Tacito, Ann. XIV, 42-45.
(4) Tacito, Ann. XIV, 60-61.
3 7 6 G. 5. ^amundo
premurosamente riporta tutti gV indizi contro Nerone, e ac-
cenna air indignazione del popolo, quando scoppiò il fuoco
nelle Emiliana, e alla pietà destata dallo spettacolo dei tor-
menti inflitti ai Cristiani, avrebbe narrato anche le dimo-
strazioni ostili a Nerone, se ce ne fossero state.
L'acquiescenza e la rassegnazione del popolo romano
durante e dopo l'incendio costituiscono un altro argomento
in favore di Nerone; perchè dimostrano che non ci erano
non dico prove, ma nemmeno gravi indizi contro di lui, e
che il popolo, sempre maligno e sospettoso, il quale suole
ascrivere a colpa anche le sciagure fortuite (i), trovava in-
censurabile la condotta del principe in quella triste occasione.
Senza timore d'essere accusato di simpatia verso un
uomo, il quale è passato nella storia come il più empio e
malvagio, che sia mai vissuto al mondo (2), io oserei aff'er-
mare che Nerone non solo non ebbe colpa alcuna in quel-
r immane disastro, ma che non conobbe e non compi mai
il dover suo cosi bene come allora, e altri al suo posto poco
o nulla avrebbero saputo far di meglio. Appena avuta notizia
dell' incendio accorre a Roma da Anzio, s' aggira qua e là
senza guardie anche di notte, e s'adopera per far spegnere
le fiamme. A lui si deve se T incendio non ebbe una mag-
giore estensione. Non bastando il campo di Marte e i monu-
menti d'Agrippa a contenere la gente rimasta senza tetto,
apre anche i suoi giardini, fa costruire delle baracche per
dar ricovero ai poveri, fa portare utensili da Ostia e dai
municipi vicini e diminuisce il prezzo del frumento sino a
(i) Tacito, Ann. XV, 64: cut est vulgus ad deteriora prom-
«ptum»; IV, 62: «qui mos vulgo fortuita ad culpam trahentes » .
(2) A. Graf, Roma nella memoria e nelle immaginazioni del medio
evo, Torino, 1882, I, 332: «Dopo Giuda, per giudizio concorde di
('tutta la cristianità, l'uomo più empio e scellerato che sia mai vis-
« suto al mondo è Nerone ... La prima e più potente cagione della
« sua infamia era, senza alcun dubbio, la persecuzione iniqua ond'egli,
« primo, afflisse la Chiesa nascente » .
verone e F incendio di Roma 377
tre sesterzi il moggio (i). Appena cessato l' incendio pone
mano a riedificare la città secondo un piano regolare e ben
concepito, non a casaccio, con vie larghe e diritte, ampie
piazze, case non troppo alte e con portici innanzi, che ne
difendano la facciata. Promette di costruire a sue spese
quei portici e di consegnare ai padroni il suolo netto dalle
macerie (2); propone dei premi a chi in un certo lasso di
tempo riedifichi la sua casa. I nuovi edifizi sino ad una certa
altezza debbono essere costruiti senza travi, con pietra albana
(peperino) e gabina (una specie di peperino), ambedue resi-
stenti al fuoco. L'acqua, intercettata prima arbitrariamente
dai privati, ha assegnate delle guardie, perchè scorra più
copiosa e in più luoghi a vantaggio di tutti ; ciascuno deve
avere a portata di mano arnesi atti a spegnere gì' incendi.
Le case debbono essere isolate le une dalle altre, senza muri
comuni. Per affermazione di Tacito, Nerone abbellì molto
Roma (3).
(i) Tacito, Ann. XV, 39 e 43.
(2) Tacito, Ann. XV, 43. Fu questo un ottimo provvedimento
di Nerone, che agevolava molto il lavoro di quelli che volevano rie-
dificare le loro case, e Tacito lo congiunge con l'altro ancora più
vantaggioso di costruire a proprie spese i portici dei nuovi edifizi :
(c Ceterum urbis quae domus perierant non, ut post Gallica incendia,
« nulla distinctione nec passim erectae, sed dimensis vicorum ordini-
« bus et latis viarum spatiis cohibitaque aedificiorum altitudine ac pa-
ce tefactis areis additisque porticibus, quae fi-oritem insularum protege-
V rent. Eas porticus Nero sua pecunia exstructurum purgatasque areas
« dominis traditurum pollicitus est » . Suetonio maligna su la gene-
rosità di Nerone: « Ac ne non hinc quoque, quantum posset praedae
« et manubiarum, invaderet, pollicitus cadaverum et ruderum gratui-
« tam egestionem, nemini ad reliquias rerum suarum adire permisit « ;
Nei: 38.
(3) Tacito, ibidem. Tacito riconosce l'abbellimento portato al'a
città dall'opera di Nerone; ma, per soverchio scrupolo d'imparzialità,
non trascura i lagni di quei, che non sono mai contenti di nulla, ed
hanno sempre qualche cosa a ridire. « E a ex utilitate accepta deco-
« rem quoque novae urbi attulcre. Erant tamen qui crederent, veterem
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. 2)
78 G. S. ^{amundo
V accusa dei Cristiani è ancor meno fondata. Il Pascal
traccia uno splendido quadro della comunità cristiana del
primo secolo e delle dottrine, che esaltavano le menti d'una
parte d' essa, e dimostra la possibilità che alcuni « forse in-
(( dotti da eccitamenti malvagi abbian voluto farla finita con
« l'impero e con Roma» (i). E s'accordi pure questa pos-
sibiHtà (2). Però dove è la prova che abbian veramente
incendiato Roma? Tacito è l'unico autore che connette
r incendio di Roma con la prima persecuzione cristiana. Ma,
l'abbiamo già visto, egli a spiegare l'incendio ammette due
sole ipotesi : il caso o Nerone. Si può dire a priori che dal
suo racconto non potrà mai ricavarsi la prova della reità
dei Cristiani.
«Ma ne per opera umana», egli dice, «ne per muni-
« ficenza dell' imperatore, né per sacrifici d' espiazione si
« riusciva a distoghere il pubblico dall'opinione infamante
« di ritenere l' incendio comandato. Perciò Nerone, per sof-
« focare quella voce, accusò e punì coi supplizi più raffinati
« quelli che, detestati per i loro infami delitti, il volgo chia-
« mava Cristiani. Furono adunque arrestati dapprima queUi,
« che pubbHcamente si professavano tali (cioè confessavano
« d' esser veramente Cristiani, come il volgo li chiamava :
« " pripum correpti qui fatebantur ") ; dopo per denunzia
« di essi una turba grandissima furono convinti non tanto
« del delitto d' incendio quanto di odio contro il genere
« ilLim formam salubritati magis conduxisse, quoniam angustiae itine-
« rum et altitudo tectorum non perinde solis vapore perrumperentur :
« at nunc patulam latitudinem et nulla umbra graviore aestu arde-
« scere » .
(i) Pascal, op. cit. p. 135 sg.
(2) « Quelques insensés, quelques anarchistes « , scrive il Boissier
(op. cit. p. 161), «se seraient glissés parmi les premiers disciples du
« Maitre, qu'il n'en faudrait pas étre trop surpris, ni en rendre le
« christianisme responsable » . Cf. anche Semeria, // primo sangue cri-
stiano, Roma, 1901, p. 55; Allard, op. cit, p. 4 sg.
^IsLerone e F incendio di Roma 379
« umano » (i). Il nodo della questione sta nella frase « cor-
« repti qui fiitebantur ». L'interpretazione più comune è:
« furono arrestati quelli che confessavano d'esser Cristiani ».
Il Pascal vuole a tutti i costi intendere: « s'iniziò il processo
« contro i rei confessi » , cioè a contro quelli che via via con-
ce fessavano (d' essere autori dell' incendio) » (2). Ma il signi-
ficato giusto di « fateri » bisogna dedurlo dal periodo pre-
cedente. Tra (( appellari » ed a esse » ci è una grande affinità
d' idee, che maggiore non potrebbe desiderarsi. Nerone ac-
(i) Tacito, Ann. XV, 44; « Sed non ope humana, non largi-
<' tionibus principis aut deum placamentis decedebat infamia, quin ius-
« sum incendium crederetur. Ergo abolendo rumori Nero subdidit reos
« et quaesitissimis poenis adfecit, quos per flagitia invisos vulgus Chri-
« stianos appellabat. Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante
« per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat ; repres-
« saque in praesens exitiabilis superstitio rursum erumpebat, non modo
« per ludaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam, quo cuncta
« undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque. Igitur primum
« correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens haud
« proinde in crimine incendii quam odio humani generis convicti
« sunt >) .
(2) Il Pascal ragiona cosi : « Corripere denota l' inizio della pro-
« cedura penale. Se la procedura penale fu iniziata, dovè iniziarsi per
«il delitto di cui si trattava, il critnen incenda... Quando /rt/m o
« confiteri sono adoperati assolutamente in relazione a un processo si-
<fgnificano: 'dichiararsi reo di quello per cui si è accusati'». E il
suo ragionamento fila dirittamente, e sarebbe giustissimo anche in
questo caso, se Tacito nel periodo antecedente (il periodo « Auctor
<f?nominis.) &c. può considerarsi come una parentesi) dicesse che
Nerone accusò quelli, che il volgo indicava come autori dell' incen-
dio. Invece dice che Nerone accusò quelli, che il volgo chiamava
Cristiani. La frase ellittica che segue : « Igitur primum correpti qui
« fatebantur» va completata, sottintendendo il verbo più vicino o un verbo
affine: «fatebantur se appellari Christianos, se esse Christianos ». Il
CosTANZi, op. cit. p. 5, nota: a il fateri non è nemmeno in relazione
« ad un processo che non era stato istruito : la confessione era in ogni
«modo anteriore al processo, e l' imperfetto /a /^^a«/wr indica che le
« confessioni non avvennero in un momento soltanto, ma si ripetevaiìo
cad ogni arresto». Cf. anche Semeria, op. cit. p. 41.
380 G. S. famuli do
cusa quelli che il volgo chiama Cristiani. Ma il volgo può
, sbagliare e ritenere e chiamare Cristiani alcuni che Cristiani
non sono. Bisognava prima di tutto cercare chi fossero o
non fossero Cristiani, bisognava assodare la loro fede reli-
giosa ; dopo si sarebbe indagato su la loro partecipazione al
delitto d'incendio. S'interrogano adunque tutti gli uomini
sospettati d' esser Cristiani, e sono arrestati e sottoposti a
regolare procedura soltanto queUi che confessano d'esser
Cristiani. Per denunzia di questi vengono poi arrestati mol-
tissimi altri, che non si sapeva appartenessero al cristiane-
simo. Sono tutti Cristiani ; non rinnegano la loro religione,
e il loro delitto è provato, è assodata la causale del deHtto :
essi odiano il genere umano. Ma non è ugualmente provato
che siano stati autori dell' incendio (i).
S' ammetta per un momento che si possa interpretare il
« fatebantur » come vuole il Pascal. È ovvia la domanda :
perchè i Cristiani, senza essere non dico sottoposti alla tor-
tura, ma nemmeno ancora processati, si sarebbero dichiarati
rei? Bisognerebbe immaginare che avessero fatto ciò nell'ec-
cesso dell' esaltazione e del fanatismo. Ma in questo caso la
loro confessione spontanea, non strappata mediante la vio-
lenza dei tormenti, aveva maggior valore di qualunque prova
testimoniale, e non poteva essere affatto revocata in dubbio ;
e non si capisce perchè le fonti di Tacito e Tacito stesso,
che li dice « odiati per le loro turpi azioni » e « meritevoli
(i) Cf. Hardy, Christianìty and the roman Government, Londra,
1881, p. 66; BoissiER, op. cit. p. 164; Allard, op. cit. p. 29 sg. &c.
Leggo «convicti sunt», non « coniuncti sunt ». La lezione « coniuncti
« sunt » si trova nel ms. Mediceo II, ed è difesa dal Coen e accettata
dal Ramorino e da altri; ma dopo le osservazioni del Roviglio si
deve assolutamente scartare. Ammessa questa lezione, « mancherebbe
e una chiara affermazione di ciò che più importa di conoscere, se,
« vale a dire, siano stati o no i Cristiani condannati conseguentemente
« al processo . . . Tacito, il quale di solito corre rapido e serrato alla
« conclusione, questa volta . . . avrebbe omesso appunto la conclusione » ;
Roviglio, op. cit. p. 42 sg.
VH^rone e V incendio di Roma 381
«di pene esemplari)), si sarebbero trattenuti dall' accusarli
d' un delitto realmente perpetrato. Tacito avrebbe fatto un
ragionamento cosi strambo: «è incerto se l' incendio sia
(( stato fortuito o si debba ascrivere a Nerone, perchè gli
«storici portano 1' una e l'altra versione; però i Cristiani
« di per sé confessarono d' esserne stati essi gli autori » .
Come poteva reggere per lui l' ipotesi del caso, quando ci
fosse stato chi spontaneamente confessava d'aver incendiato
la città? (i)
Ma il Pascal, come osserva acutamente il Roviglio, in
seguito alle molte e giuste obiezioni mossegli dagli avver-
sari, ha sostanzialmente modificato l'interpretazione che dap-
prima dava al passo di Tacito ; e ciò dimostra su quali deboli
fondamenti sia basata quella particolare interpretazione di
quel passo, che dovrebbe essere la prova della tesi da lui
sostenuta (2).
L' incendio fu puramente casuale. D' un incendio casuale
è la descrizione che abbiamo in Tacito: « Principiò in quella
« parte del Circo, che confina col Palatino e col monte Celio,
« dove a causa delle botteghe contenenti merci che son d'esca
« alle fiamme, appena scoppiato fattosi subito gagliardo e
« spinto dal vento investi il Circo in tutta la sua lunghezza.
« Poiché non ci erano di mezzo né case fornite di difesa, né
« tempii cinti di mura o altro intoppo per arrestarlo. Propa-
« gandosi impetuosamente prima pel piano, poi salendo ai
« colli e di nuovo devastando i quartieri bassi, precorse ogni
« rimedio sia per la celerità, sia per essere la città esposta al
« pericolo con le sue strade strette e qua e là tortuose e con
« quegli immensi ammassi di case, siccome era la vecchia
(i) Dopo quanto è stato scrìtto in proposito sin dalla prima
pubblicazione dell'opuscolo del Pascal, non insisto oltre nella difesa
dei Cristiani.
(2) Roviglio, op. cit. p. 19 sg.
382 G. S, ^amujido
(.(. Roma. E inoltre le donne sbigottite e piangenti, i vecchi
« esausti di forze e i fanciulli inesperti, chi intento a salvar
« so stesso, chi altri, mentre trascinano 0 aspettano gì' in-
(( fermi, gli uni per l' indugio, gli altri per la fretta^, impe-
« divano ogni soccorso » (i).
GÌ' incendi erano in Roma, per cosi dire, accidenti di
tutti i giorni. Nelle raccolte d' iscrizioni, in tutti gli scrit-
tori della storia romana s' incontrano quasi ad ogni pagina
accenni ad incendi, che distruggono case, biblioteche, por-
tici, tempii, teatri, anfiteatri e anche intere regioni. Marziale
paragonava Roma all'araba fenice, che bruciandosi rinasce
dalle sue ceneri, e chiamava quelle terribili desolazioni uno
spogliarsi della vecchiezza (2). Il pericolo dell' incendio era
un incubo continuo. I padroni di ricche case, per dormire
sonni tranquilli, facevano vegliare la notte buon numero
di schiavi, e tenevano beli' e pronte grandi secchie, dette
« amae », che dovevano servire per 1' estinzione (3). Au-
gusto, per preservare il suo Foro dal fuoco facile a scop-
piare nella vicina Subura, lo recinse d' un robusto muro di
difesa alto ben trentasei metri, di cui ancora rimangono le
imponenti rovine (4) ; e per impedire il frequente ripetersi
degl' incendi e attenuarne gli effetti istituì i vigiH, e li divise
in sette coorti: ciascuna coorte provvedeva ai bisogni di
due regioni contigue (5). Ma non ostante l'ottima istitu-
zione gì' incendi continuarono a spesseggiare e a produrre
danni incalcolabili.
(i) Tacito, Ann. XV, 38.
(2) Marziale, V, 7; III, 52. G. Origo, Origine della guardia
permanente contro gl'incendi in Dissertazioni dell'Accademia romana di
archeologia, 1823, par. II, p. 4 sg.
(3) Giovenale, XIV, vv. 305-9. Profumo, op. cit. p. 408.
(4) Jordan, op. cit. I, 442 sg. ; Gilbert, op. cit. III, 229 sg.
(5) MoMMSEN et Marqjjardt, Manuel des antiquités romaines, Paris,
1895, V, 356 sg.
'TN^roìie e F incendio di Roma ^S^
Non si contano gl'incendi avvenuti solo nel primo se-
colo dell' impero. Sotto Augusto abbruciano alcuni tempii
e molti edifizi presso il Foro e sul Palatino (i). Sotto
Tiberio nel 22 va a fuoco il teatro di Pompeo, nel 27 la
regione del Celio e nel ^6 la parte del Circo contigua al-
l'Aventino e lo stesso Aventino (2). Sotto Caligola il fuoco
distrugge molte case private (3). Sotto Claudio un incen-
dio, che dura due giorni, scoppia nelle Emiliana, e altri
incendi distruggono il tempio della Salute, il tempio della
Felicità e quello di Venere (4), Nell'anno 69 i Vitelliani
assediano Sabino e i Flaviani sul Campidoglio, e nel con-
flitto tra le due parti rimane abbruciato il tempio di Giove
Massimo e tutto il colle Capitolino (5). Nell'anno 80 un
incendio, che dura tre giorni e tre notti, distrugge il Serapeo,
l'Iseo, le « Saepta lulia », il tempio di Nettuno, le terme
d'Agrippa e il Pantheon, il Diribitorio, il teatro di Balbo, il
teatro di Pompeo, il portico e la biblioteca d' Ottavia e il
tempio di Giove Capitolino (6).
Si noti che i Romani per spiegare un incendio ricor-
rono di solito a cause strane: più spesso è il fulmine, ora
sono i liberti, ora i cittadini oberati dai debiti, ora sono i
partigiani di Mario o di Siila, ora sono le carni abbrusto-
lite d'un corvo trasportate da un'ara; molto raramente si
parla d' incendio fortuito (7). Si noti ancora che il più delle
(i) Tacito, Ann. II, 49; Suetonio, Jtig. 30 e 57; Dioxe Cas-
sio, LV, 12.
(2) Tacito, Ann. Ili, 72; IV, 64; VI, 45 ; Suetonio, Tib. 48;
Dione Cassio, LVIII, 26.
(3) Suetonio, Cai. 16; Dione Cassio, LIX, 9.
(4) Suetonio, Clami. 18; Plinio, Hist. nat. XXXIV, 8, 69;
XXXV, 4, 19-
(5) Tacito, Hist. Ili, 71; Suetonio, Vitell. 15; Dione Cassio,
LXV, 17.
(6) Suetonio, TU. 8; Dione Cassio, LXVI, 24.
(7) Tacito, Ann. Ili, 72; XV, 22; Dione Cassio, L. io; LIV,
29; LV, 8; LVIII, 26 &c.
384 G. S. 1{amundo
volte gl'incendi si sviluppano nelle vicinanze del Circo, e
il Circo stesso, andò distrutto cinque volte. La ragione è
chiara: dei tre piani del Circo solo l'inferiore era di pietra,
gli altri di legno; le vicinanze erano occupate dalle casu-
pole e dalle botteghe dei piccoli commercianti di Roma (i).
Queste botteghe erano per lo più di legno, e si chiamavano
appunto « tabernae », dice Pesto, perchè erano fatte di ta-
vole, (( quod ex tabulis olim fìebant » . Il legno, che aveva
una gran parte nelle case ricche, specialmente nei piani su-
periori, che non per nulla si chiamavano « tabulata », aveva
certo una parte molto maggiore nelle case povere della re-
gione XI, la quale, tranne il Circo e alcuni antichi santuari,
non conteneva monumenti ed edilìzi pubblici o privati di
qualche importanza.
L' origine dell' incendio dell'anno 64 non deve sorpren-
dere nessuno: scoppiò proprio dove per le cause anzidette
gì' incendi erano più frequenti. L' immensa vastità che ebbe,
e per cui solo differisce dagli altri, non sorprende nemmeno,
se si ricorda la scarsa larghezza della via Sacra, che pure
era la via principale del centro di Roma, del Foro, e se ne
deduce quanto dovessero essere più strette le vie secondarie
e i vicoli, e se si tien presente che questo incendio fu fa-
vorito dal vento. Molti non riescono a persuadersi come un
incendio possa acquistare tali proporzioni senza essere ap-
piccato e rattizzato da qualcuno. 'Eppure in tempi molto
vicini a noi, sebbene ora si posseggano potenti mezzi d'estin-
zione, che gli antichi nemmeno sognavano, si sono avuti
incendi così gravi, che forse rimasero meno celebri di quello
di Roma dell' anno 64 unicamente perchè non si accoppia-
vano al nome di un tiranno come Nerone. Basta menzionare
per tutti r incendio diLimoges nel 18 60, di Chicago nel 1871,
di Boston nel 1872, di Chicago nel 1874, di Aalesund e di
Baltimora nel 1904.
(i) Borsari, op. cit. p. 364. sg.; Becker,, op. cit. p. 419 sg. ;
Gilbert, op. cit. II, 250 sg.
V^crone e l' iuQendio di Roma 385
Anche lo sviluppo dell'incendio a chi ben osserva si
presenta affatto naturale. Scoppiato nel Circo Massimo,
s' estese alle regioni contigue, e si spinse nella direzione
di nord-est, nella direzione stessa del vento che spirava.
Solo ammettendo Y origine dell' incendio casuale e na-
turale lo sviluppo si spiega come e perchè il fuoco distrug-
gendo tre regioni per intero (XI, X e IV) e sette in parte
<XII, I, II, III, Vili, IX e VI), non toccò affatto la XIV, la
regione di Trastevere : ci era di mezzo il Tevere.
« Ma », osserva l'Allard, « agli occhi del popolo nessun
«flagello ha per origine il caso; ci deve essere un autore
«responsabile. L'autore era beli' e trovato : Nerone » (i).
Quando nell' 80 un incendio di tre giorni distrugge la re-
gione IX, la più ricca di splendidi monumenti, con vie larghe
e spaziose, nessuno sospettò che ne potesse essere autore il
principe: Tito era la delizia del genere umano (2). « Ma »,
dice il Muratori, « trattandosi di un sì screditato imperatore,
« conosciuto capace di qualsiasi enormità, facil cosa allora
« fu l 'attribuire a lui l' invenzione di cosi grande cala-
« mità » (3). E spuntarono un po' alla volta, e si diffusero
rapidamente negli ultimi anni dell' impero di Nerone e più
dopo la sua triste fine le voci maligne, alle quali egli stesso
aveva aperto l'adito. Qualche anno prima aveva flitto rap-
presentare la favola togata di Lucio Afranio intitolata V In-
cendio, e per divertire meglio gli spettatori aveva permesso
ai commedianti il saccheggio della casa abbruciata (4). Un
anno dopo l' incendio cantò in versi la caduta di Troia con
un poemetto intitolato Troica, di cui rimane qualche fram-
(i) P. Allard, Histoire des persècuUons pendant ics deiix premier s
siècles, Paris, 1885, p, 37.
(2) SUETONIO, TU. I.
(3) Muratori, Annali d'Italia, I, 178.
(4) SuETONio, Ner. 11.
^S6 G. S. ^amititdo
mento (i). Dall'incendio forse trasse profitto incorporando
tra le sue case e i suoi giardini qualche area rimasta li-
bera (2). Mentre la « Domus aurea » s'ergeva maestosa e
magnifica, intorno regnava la desolazione delle rovine pro-
dotte dal fiioco. L' incendio era stato troppo vasto perchè
egli potesse fare il bel gesto di Tiberio e di Caligola di
riedificare tutto a sue spese (3). Le rovine durarono sino a
Vespasiano (4). Quelli in ispecie^ che non poterono più
rialzare le loro case distrutte, dovevano in qualche modo
sfogare il loro giusto dolore. I suoi delitti e le sue
stranezze rendevano credibile qualunque diceria di persone
naturalmente malediche e a lui ostili, e si formò quella che
io direi la leggenda dell'incendio neroniano. Le voci ca-
lunniose trovavano anche un certo fondamento nella coin-
cidenza, che apparve e apparisce strana, e forse tale non è,
che il primo incendio s' era sviluppato nelle vicinanze del
suo palazzo, e il secondo, se così può chiamarsi, nei pos-
sedimenti del suo tristo ministro, Tigellino.
Ma non si riusci mai ad avere il perfetto accordo degli
storici. Con tutte le dicerie che s' andavano accumulando
sul capo di Nerone, rimanevano sempre alcuni, che non
volevano aggravare la soma dei suoi delitti d''un altro mi-
sfatto, che non aveva commesso. Giuseppe Flavio, che ha
così spesso occasione di menzionare Nerone, e gli rimpro-
vera l'uccisione della madre, di Britannico, d' Ottavia e di
molti uomini ragguardevoli, tace affatto su l' incendio. Mar-
ziale nei suoi epigrammi, Giovenale nelle sue satire fanno
spesso oggetto dei loro strali i vizi e i delitti di Nerone,
ma non accennano mai al delitto dell' incendio. Vano è
arzigogolare su questo silenzio; l'unica deduzione giusta
(i) Dione Cassio, LXII, 29.
(2) Tacito, Ann. XV, 42.
(3) Tacito, Ann. IV, 64; VI, 45; Suetonio, Tib. 48; Cai 16.
(4) Suetonio, Vespas. 8.
verone e r incendio di Roma 387
ed evidente è che essi ritenevano infondata l' accusa di
Verone.
Non ci potevano essere e non ci erano contro Nerone
die pochi e semplici indizi, di scarso valore. Lo dimostra
il fiuto che Tacito non ostante la sua avversione a Nerone
e la propensione ad accusarlo non osa condannarlo esplici-
tamente, e delle sue fonti Cluvio Rufo, o Fabio Rustico,
o facilmente tutti e due, attribuivano V incendio al caso.
La flmtasia del popolo, specialmente di quanti avevano in
odio quell'imperatore, creò strane dicerie e inventò indizi
gravi, che a mano a mano col progredire del tempo si
moltiplicarono e si trasformarono in prove certe e sicure.
E cosi si osserva un fenomeno curioso : le prove della
reità di Nerone, le quali mancano a' Tacito, non mancano
a Suetonio e Dione Cassio. Ma ponendo a confronto la
narrazione dei tre storici si scorge subito, senza sforzo, il
processo d'amplificazione e di trasformazione. Tacito rac-
coglie accuratamente alcuni indizi contro Nerone, ne insinua-
la reità, ma resta indeciso se ascrivere l' incendio al caso o
a lui. Suetonio e Dione Cassio afiermano recisamente la
colpa di Nerone come cosa assodata: anzi per essi egli
aveva da tempo premeditato 1' orrendo delitto. Suetonio :
« Ma non risparmiò (Nerone) né il popolo, né le mura
«della sua patria. Dicendo un giorno un tale: Quando io
«sia morto si mescoli pure la terra col fuoco! anzi, disse
« egli, anche mentre son vivo! E fece proprio così » (i).
Dione Cassio : « Dopo ciò (Nerone) desiderò, come sempre
« aveva flitto voti, di veder distrutta durante il viver suo la
« città intera e la reggia, e infatti egli stimava essere stato
(i) SuHTONio, Ner. 38 : « Sed nec populo, aut moenibus patriac
v pepercit. Dicente quodani in sermone communi:
(Mmmo, inquit, èaou ^wvto;. Planeque ita fecit)).
388 G. S. %amundo
« felicissimo Priamo, perchè aveva visto spegnersi insieme
«la patria e il regno » (i). Suetonio va ancora più oltre, e,
inesorabile con Nerone, gli attribuisce il desiderio d' incen-
diare Roma anche quando la sua stella era per tramontare,
nella Gallia si ribellavano le legioni di Vindice, che non
voleva obbedire ad un cattivo cantore, e il popolo che prima
lo aveva idolatrato, gli si manifestava apertamente ostile (2).
Tacito dice tassativamente che il primo incendio scoppiò
nella parte orientale del Circo, contigua al Palatino e al
Celio, e il secondo nelle Emiliana, e narra di molti che
proibivano di estinguere, e di altri, che palesemente butta-
vano fiaccole accese. Questi ignoti, che per lui potevano
essere emissari di Nerone o anche ladri, per Suetonio sono
servi del cubicolo imperiale, per Dione Cassio soldati e
vigiU (3). Per essi l' mcendio si sviluppa contemporanea-
(i) Dione Cassio, LXII, 16: Mera Sa Taìtra STreSuaYiaev ó'-jrsp ttou
àeì rux^"°5 "^"^"^ "^^ xoXtv ó'Xyiv xaì i-h^ |3a<T;>.£iav (^<3v à^aX^oaf tòv "yoùv
npiaaov /.ai auTÒ; SauaaaTw; laa)càp'.Csv órt xaì 7y>v irarpiSa àaa xai
rriv k^yyi^ aTcoXoasva? slSev.
(2) Suetonio, Ner. 4*
(3) Panili che si possa intravedere l'origine di queste voci strane e
contradittorie. Si sa da Tacito e da Dione Cassio che nell' incendio
perirono molti, che Nerone cercava di circoscrivere il fuoco, e apri
alla gente rimasta senza tetto il campo di Marte e i suoi giardini.
Suetonio dice che il popolo fu spinto e confinato colà a viva forza :
« ad monumentorum bustorumque deversoria plebe compulsa», e deve
essere stato veramente cosi. In simili sciagure si sogliono formare
straordinari agglomeramenti di curiosi, che non solo non porgono
nessun aiuto, ma anche intralciano e impediscono l'opera di soccorso.
Perchè si avesse il minor numero di vittime umane, perchè si fosse
più liberi nei lavori di spegnimento e di circoscrizione del fuoco, la
quale s'otteneva mediante la demolizione d' intere file di case, era
necessario che la folla sgombrasse dai luoghi minacciati. Soldati, vi-
gili eseguivano l'ordine dell'imperatore, coadiuvati dai servi di Nerone
e da uomini capaci e di buona volontà. Per essere più facilmente ob-
bediti, tutti e specialmente i privati cittadini facevano la voce grossa,
e adduce vano l'ordine avuto. Pochi capivano la ragione di quel prov-
C\y/'o;/e e F incendio di Roma 389
mente in più luoghi. Suetonio : « Come disgustato dalla
« luridezza dei vecchi edilìzi e dalla strettezza e tortuosità
(( delle viuzze diede fuoco alla città così palesemente, che
« molti consolari avendo sorpreso nei loro poderi i came-
« rieri di lui con stoppa e fiaccole non osarono metter loro
« addosso le mani, e alcuni granai costruiti in pietra, che
(( erano presso la Casa d' oro, della cui area desiderava som-
a mamente d' impadronirsi, furono prima abbattuti con mac-
« chine guerresche e poi incendiati » (i). Dione Cassio :
vedimento; la povera gente s'allontanava a malincuore dalle proprie
case, e sospettava l'incendio doloso e il saccheggio. Le dicerie sor-
sero subito, si diffusero, e furono poi accolte dagli storici. « Adeo
« maxima quaeque ambigua sunt, dum alii quoquo modo audita prò
« compertis habent, alii vera in contrarium vertunt, et gliscit utrum-
«que posteritate»; Tacito, Ann. Ili, 19.
(i) Suetonio, Ner. 38: «Nani quasi offensus deformitate vete-
« rum aedificiorum et angustiis flexurisque vicorum, incendit Urbem
« tam palam, ut plerique consulares cubicularios eius, cum stuppa tac-
ce daque in praediis suis deprehensos, non attigerint ; et quaedam hor-
« rea circa domum Auream, quorum spatium maxime desiderabat (ut)
« bellicis machinis labefactata atque infiammata sint, quod saxeo muro
« constructa erant » . Questo periodo di Suetonio mi sembra abbastanza
chiaro. Forse l'autore scrivendo teneva presente il principio del rac-
conto di Tacito : « forte an dolo principis incertum » . Egli accusa Ne-
rone, e dopo aver accennato al proposito, che questi già da tempo
aveva d'incendiare Roma, vuole aggiungere altre prove della reità di
lui : alcuni consolari sorpresero sul fatto, in flagranti, i servi del cu-
bicolo imperiale; Nerone stesso, dopo l'incendio, al cospetto di tutti
iitct dar fuoco a certi granai, che erano nei pressi della « Domus aurea »,
per occuparne il suolo. Eppure il Profumo (op. cit. p. 465 sg.) ne de-
duce che da quei granai, i quali egli colloca sul Palatino «al posto
«esatto che dipoi venne occupato dal Septiionium Severi •>ì , ^àxW il
fuoco. Passi la contraddizione in cui si trovebbero Tacito e Suetonio.
Ma non risulta affatto, come sembra al Profumo, che «Suetonio si è
« servito inesattamente del vocabolo di domus Aurea » , o che « la pa-
« rola Aurea non esisteva nel testo originale, e non sia in realtà che
« una postilla marginale, la quale introdotta nel testo inquinava di
«già il codice tipo da cui provengono tutti gli altri». Diiatti proprio
Suetonio qualche capitolo più innanzi distingue nettamente la «do
390 G. S. ^f(amundo
« Mandando in giro di nascosto certe persone quasi ub-
« briache e come per compiere qualche altro atto malvagio,
« dapprima in uno e due punti, un po' qua un po' là, fece
« dar fuoco, cosicché la gente era in grandissima incertezza,
« e ne sapeva trovare 1' origine del male, né era in grado
« di porvi fine, ma vedeva e udiva molte cose strane. Molte
« case perirono per mano di coloro che dovevano recare
(( aiuto ; perchè e soldati e vigili, intenti a saccheggiare,
« non solo non estinguevano l' incendio, ma vieppiù lo rat-
(( lizzavano » (i).
Tacito parla della voce che s' era diffusa « che pro-
« prio nel tempo che infieriva l' incendio, (Nerone) fosse
(( comparso sul teatro domestico, e avesse cantato lo ster-
(V minio di Troia assomigliando i mali presenti alle antiche
(( calamità » (2). Questa voce vaga (« rumor ») diventa un
fatto certo per Suetonio e Dione Cassio; ma la scena do-
mestica si muta pel primo nella torre di Mecenate, pel
secondo nella sommità del Palatino o del palazzo imperiale.
«mus aurea» dalla « domus transitoria» (Ner. 31): «non in alia re
« tamen damnosior quam in aedificando, domum a Palatio Esquilias
« usque fecit, quam primo transitoriam, mox incendio absumptam
« restitutamque auream nominavit » ; e Orosio deve aver avuto un
codice, in cui era la stessa lezione che noi seguiamo, perchè para-
frasando Suetonio, secondo il suo solito, e dandoci la giusta interpre-
tazione di quel periodo scrive : « Horrea quadro structa lapide magnae-
« que illae veterum insulae, quas discurrens adire fiamma non poterat,
« magnis machinis quondam ad externa bella praeparatis labefactatae
« atque inflammatae sunt » .
(i) Dione Cassio, LXII, 16: Aàspa -Y^p Ttva; w; xaì ixe^usNTa? ti
xaì Suo jcaì TrXstova àXXa àXXoSt ùi^Bizi'J.Koa, wore toò; à^SpcÓTrou? èv TravTC
à-TTopta; 'yevsaSJat, i^-rr' òt-px"^^ "^^^ x-axou s^supetv u-rTe tsXo? STra-ya'yetv 6u-
vausvou;, àXXà TroXXà u.h ópwvra? iroXXà òì à>couovTa; àroTra...; 17: Kaì
TzoK'koi aàv oljcot IpT.uot tou PoTn^rjCOVTo; crcptfftv àircóXovro, -ttoXXoì 6à xaì
Gtt' aUTWv Twv £7ri5coupouvTa)V 7i:poCTy-aTeirpìQc5y)aav * 01 "yàp arpaTtwTai, 0? re
&XX01 )caì oi vu;cTOcpu/la)t£?, -jrpò? xà? àpxa-yà? àcpopwvre? où^ s'oov où )4a-
TeCT^SNvuaàv riva, àXXà )tat 7rpoae^s)caiov.
(2) Tacito, An7t. XV, 39.
ZN^rone e V incendio di Roma 391
Suetonio : « Questo incendio contemplando Nerone dalla
(( torre di Mecenate e compiacendosi della bellezza delle
(( fiamme, come egli diceva, cantò in quel suo abito da
« teatro la presa di Ilio » (i). Dione Cassio: « Mentre tutti
« gli altri erano immersi in quella sciagura, e molti nel
« dolore gravissimo si buttavano in mezzo alle fiamme,
« Nerone salì su la sommità del Palatino, donde si poteva
« vedere gran parte dell' incendio, e in veste da citaredo
« cantò la rovina di Troia, come egli diceva, o piuttosto
« la rovina di Roma, che aveva sotto gli occhi » (2).
Il Pascal e il Profumo cercano d'armonizzare insieme
queste cosi discordi testimonianze di Tacito, Suetonio e
Dione Cassio ; il Pascal scarta solo l' aneddoto del canto
neroniano (3). Vani sforzi : noi qui invero abbiamo e in
una forma direi quasi tipica la creazione e lo sviluppo di
una leggenda. Non vorrei però esser frainteso. Suetonio è
di pochi anni più giovane di Tacito : secondo il Macé, Ta-
cito morì nel 121 o 122, Suetonio versoli 141 (4). Voglio
dire soltanto che Tacito attinge a fonti autorevoli, e nella
sua narrazione dell' incendio l' elemento leggendario fa ap-
(i) SuETOXio, Ner. 38: «Hoc incendium e turre Maecenatiana
<- prospectans, laetusque flammae, ut aiebat, pulchritudine, àXwatv, Ilii
« in ilio suo scenico habitu decantavi! « .
(2) Dione Cassio, LXII, 18: nàvTwv Ss H twv àXXwv outco òiay.st-
y.£V(i)v, )cat TToXXfov 'AoX l; auto tò Trup 'jirò tou ttòcSou? laTTYiStóvTwv, ó Ns'otov
e; T2 TÒ àxpov tou riaXaTiou, ó'Sev aòcXiaxa auvoTrra Tà xoXXà twv xatoasvtov
•^v, àvrXSys, xat tyiv areuvìv ttv )tt»ap(p6i5ty,v Xa^óSv -^crsv aXtoatv, w; uiv
aÙTÒ; sXs'Ysv, 'IXtou, ox; 6è éwpàTO, 'Pwavi;.
(3) Il Fabrizio già nel 1752, pubblicando un'edizione commen-
tata delle Storie di Dione Cassio, notava le contraddizioni degli sto-
rici nell'aneddoto del canto neroniano, e conchiudeva trattarsi evi-
dentemente d'una leggenda: « tantus dissensus non tam rumorem
«quam fabulam esse ostendit». Il Profumo (op. cit. p. 639 sg.) non
ci vede nessuna contraddizione, e vuol dimostrare la verosimiglianza
di quella voce.
(^) Macé, Essai sur Suétone, Paris, 1900, p. 207 sg.
592 G. 5. l^amundo
pena capolino ; Suetonio e Dione Cassio per questi fatti cer-
tamente attingono a quella congerie di libelli, cui accenna
Giuseppe Flavio, nei quali tutte le calunnie e tutti gli ele-
menti leggendari avevano trovato facile accoglienza. La fan-
tasia del popolo romano non si addimostrò nemmeno troppo
feconda. Se si esamina bene, si trova che gF indizi gravi
contro Nerone, le prove della sua colpevolezza, che si
hanno in Suetonio e Dione Cassio, derivano sempre diret-
tamente dai pochi e lievi indizi già raccolti da Tacito, e se
ne scorge la traccia, il filo conduttore; sono variazioni dello
stesso motivo con un crescendo continuo d'intensità (i).
Al Pascal e al Profumo, Tacito è d' inciampo per lo svol-
gimento delle loro tesi opposte; non potendo sopprimerlo
tentano di diminuirne l'importanza, e esaltano invece l'au-
torità di Suetonio, del libelHsta (2). Pel Profumo Tacito
ha sempre e specie nella narrazione dell'evento (cosi egli
chiama l'incendio) scarso valore documentario (3). E dob-
biamo essergli grati della temperanza del suo giudizio. Il
Pascal si contenta di dire che Tacito « si avvale di fonti
(( diverse, né sembra aver fatto studio per rendere coerente
« il racconto suo » (4) : Tacito insomma sarebbe un com-
pilatore grossolano e malaccorto. Nessuna taccia più in-
giusta. Tacito narra i fatti come si sono svolti, coordinati
e coerentissimi tra di loro. Delle sue fonti alcune ascrive-
vano r incendio a Nerone, altre al caso. Egli cerca d'essere
imparziale, e se da una parte raccoglie tutti gì' indizi, che
pesavano su Nerone, dall'altra non trascura tutte quelle
circostanze, che potevano far pensare ad un incendio casuale.
Dai critici quasi unanimemente gli vien fatto l'addebito
d'aver talora nella storia dei primi imperatori gravato la
(i) BoissiER, op. cit. p. 166 sg. ; Allard, op. cit. p. 57 sg.
(2) ScHANZ, Gesch. d. ròm. Litt. Ili, 44 sg.
(3) Profumo, op. cit. p. 31 sg.
(4) Pascal, op. cit. p. 125.
^T^rone e l' incendio di Roma 393
mano e caricate le tinte (i). Non deve recar meraviglia
che egli, vicinissimo agli avvenimenti che narra, risenta
troppo l'influenza dell'ambiente formatosi, ostile ai Cesari
e specialmente a Nerone, l'ultimo e certo il peggiore di
tutti. A chi voglia, a tanta distanza di tempo e di passioni,
studiare la questione con animo sereno e senza preconcetti
« sine ira et studio » (2), come Tacito vorrebbe e non può
fare, risulterà chiara ed evidente l' innocenza di Nerone
come quella dei Cristiani, la casualità dell' incendio.
Giovanni Salvatore Ramundo.
(i) Fabia, op. cìt. p. 447 sg. ; Coen, op. cit. p. 258; Boissier,
Le jugement de Tacite sur les Cesar s in Reviie des Deux Mondes, 1901,
p. 500.
(2) Tacito, Ann. I, i.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVUI. 26
REGESTO
DELL'ABBAZIA DI SANT'ALESSIO
ALL' AVENTINO
Continuazione e fine; vedi voi. XXVIII, p. iji
LXXVI.
a) 1304, febbraio 7.
Bolla di Benedetto XI a maestro Bernardo di Andrea
canonico di Narbona. Gli conferisce un beneficio ecclesia-
stico a scelta, nella chiesa di Narbona, dandogli anche fa-
coltà di ritenere più beneficii insieme. Ine, « Cum tibi lit-
«terarum». «Datum Laterani, pontificatus anno 1°».
F) « In eundem modum . . S. Alexii de Urbe et . . Cras-
« sensis ac . . S. Ylarii, Carcassonensis diocesis, monaste-
« riorum abbatibus » .
In Registres de Bénoit XI, editi da Ch. Grandjean, Paris, 1883-190 . . , t. i**, col. 496.
Rcg. Vatic. A, e. 150.
LXXVII.
1306, settembre 6.
luzio di Girardo Rossi e Tuzio di Angelo vendono a
Francesco, abbate del monastero di S. Alessio, un giardino
in contrada Torricella, nelle pertinenze di Viterbo, per la
somma di 150 lire di denari « papareni » . Penali doppio.
Istrumento mutilo dell'ultima parte, che conteneva la cor-
roborazione, r a e t u m e le firme.
39^ ^' oMonaci
In Nerini, op. cit. pp. 481-2, App. n. lui; Arch. di Stato, perg. n. 31. Precede il
testo il segno del tabellionato, Reg. di S, Alessio, t. 2", col testo quasi completamente
trascritto.
Collazione: N p. 4S2, r. 6, e D rem hereJum Nangeli R r. h. Angeli
LXXVIII.
1306, decembre 13.
Copia autentica (1334, 25 novembre) d'un istrumento
di vendita, col quale maestro Giacomo Talentuzio e Me-
nico, fratelli, figli del fii Giovanni Bontalenti, vendono a
Caterina, moglie di Ricco Corbuli, e ai suoi eredi, -una vigna
nella contrada Amandruale, vicino alla via vicinale: per la
somma di 112 lire di a papareni » pagata in fiorini d'oro.
(( Actum Viterbii, in domo dictorum venditorum ». La
copia dell' istrumento, estratta dal libro dei protocolli di
Angelo di Giovanni Scrascia, notaro defijnto, fia letta e
autenticata a Viterbo nel palazzo del Comune. « Johannes
« Andree Alberti de Viterbio, auctoritate alme Urbis pre-
ce fecti notarius et index ordinarius, fideliter exemplando
« scripsit et publicavit ».
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 32, ben conservata. Precede il testo il « S. T. ».
LXXIX.
13 IO, marzo 3.
I Cistercensi del monastero di S. Maria di Palazzolo,
affine di liberarsi dai debiti e dalle usure, vendono alle mo-
nache Agostiniane del monastero di S. Maria Rotonda, d'Al-
bano (i cui beni vennero poi in proprietà del monastero di
S. Alessio), un fondo nella contrada Torre dei Vescovi,
territorio di Albano, e tre fondi nella contrada « de Ro-
« fellis » nello stesso territorio, per la somma di 152 fiorini
d'oro. « Actum apud dictum monasterium, ante cameram
(( domini abbatis. [Johannes BJarnabe de Albano [imperiali
« auctoritate notariusj ».
In Nerini, op. cit. pp. 484-5, App. n. lv.
'T^egesto di Sant'Alessio air Aventino 397
LXXX.
1°) 13 IO, aprile 11.
Giovanni de Sabello, proconsole dei Romani, vende al
monastero di S. Maria Rotonda, d'Albano, la metà d'una
pezza di terra seminativa, di sei rubbia incirca, nel tenimento
suo di Sabello, nella contrada « Formales Mancacie », per
la somma di 150 fiorini d'oro. Pena il doppio. « Actum in
« rocca castri dicti domini lohannis, quod dicitur Candul-
« forum )) .
2"^) [13 io], maggio 14.
L'abbadessa del monastero suddetto è messa in possesso
della mezza pezza di terra suddetta dal procuratore di Gio-
vanni de Sabello ; e si procede all' investitura « carpendo
« de herbis et capiendo de terra et ponendo in manibus
« domine abbatisse predicte ». Sottoscrizione alla fine della
pergamena : « Johannes Barnabe de Albano, inperiali aucto-
« ritate notarius » [S. T.].
In Nerini (che non fa menzione del documento d'investitura^, op. cit. pp. 482-4,
App. n. Liv; Arch. di Stato, perg, n. 33, rósa dai sorci nell'estremo lato destro; Reg. di
S, Alessio, t. 2", col testo molto più completo che nel Nerini.
Collazione : N p. 48^, rr. 6-f dal fine Monasterium Sancte Marie de Palazola D
M. S. M. de Palancola N r. ^ dal fitte baltiolum palatii Capolopi D e R h. p, capolapi
N p. 4S4, rr. ;-6 Nicolao Paul! de S . . . rico D N. P. Desclcrico
LXXXI.
13 IO, ottobre 27.
Girolamo, abbate dei Ss. Bonifazio ed Alessio, promette
al priore ed ai canonici della chiesa dei Ss. Luca e Fau-
stino, di Viterbo, per aver dato il loro consenso alla ven-
dita d'un casalino al monastero, nella contrada di S. Luca,
in Viterbo, otto lire di denari « papareni » da sborsarsi tra
due anni. Pena il doppio. Vi si fa menzione dell' istrumento
398 QA, donaci
principale di vendita, fatta da Santone figlio del maestro
Matteo, rogato da Caciato notaro sottoscritto. « Actam Vi-
ce terbii in domo monasterii predicti » (cioè del monastero
di S. Alessio). « Caciatus magistri lohannis notarli, aucto-
« ritate alme Urbis prefecti index ordinarius et notarius ».
In Nerini, op, cit, p. 493, App. n. lvii; Arch. di Stato, perg. n. 36, col « S. T. »
a capo del dee.
Collazione : N p. 4^^, r, ^ mcnsis Octubris die .xxvii. intrante D m. o. d .xxvn.
intrantis N r. ^ quod D quia N. r. 14 magistri Mathei D Santonem m. M.
N r, 7 dal fitte presentibus Rollandi D p, Petro magistri R.
LXXXII a.
1°) 13 IO, ottobre 31, a. 5*^ del pontificato di Clemente V.
Nicolò da Thiene, uditore generale d' Isnardo, arcivescovo
di Tebe, e vicario generale del papa in Roma nello spiri-
tuale, sentenzia a favore del monastero di S. Alessio nella
causa di alcune vigne fuori porta Appia « supra ecclesiam
« ubi Dominus apparuit » occupate dal monastero di S. Se-
bastiano « in Catacomba». « Apud S. Basilium de Urbe ».
2°) Maggio 22 dello stesso anno (i).
D. Matteo « Angeli lohannis Cinthii », uditore del vicario
del papa in Roma, ordina al mandatario della curia. Paolo
di Giovanni Guitti, di mettere in possesso il monastero di
S. Alessio delle vigne suddette. [«Apud S. Basilium de
« Urbe »].
3°) Maggio 25 dello stesso anno.
Paolo «lohannis Guicti », canonico della chiesa dei
Ss. Quirico e Giolitta e mandatario della curia, investe i
canonici di S. Alessio delle vigne suddette. [S. T.] « lu-
(i) Credo che voglia dire dello stesso anno 5° del pontificato di
Clemente V.
Regesto di SaJif Alessio alV Aventino 399
(( lianus Guicti lohannis Astalli, Dei gratia, sacri prefecti au-
<( ctoritate notarius et nunc notarius domini vicarii ».
In Nerini, op, cit, pp, 489-92, App. n. lvi; Arch. di Stato, perg. n. 34,
Collazione: A'' ^. 48^, r, 4 cognitor cause D congnitor e. N p. 490, r. $ Ysuardi
Ti- Isnardi N r. 19 monasterium sancti Sabastiani D m. s. Sebastiani N r, 27 Francisci
Azaccaferri de Piscina D F. Agaccaferri d. p. N p. 4(^1, r, 7 possessiones D possessionum
N r. IJ si tolgano i sei puntini, N p, 4^2, r. 2 si annullino il de e i puntini. Rigo 4 dopo
Arenula si noti etc. N rr, y-S canonicus ecclesie sanctorum Quirici et lulitte D predictus
N r. 8 Nunzolus Curie D Nump^olus C. N r. <) Ysuardi D Ysnardi N r. ses t'ultimo
lohannis Berzi D I. Berfi. Nel rigo quart' ultimo si noti il S. T innanzi a Et Ego lulianus
Guicti etc,
LXXXII h.
Altra redazione consimile dello stesso istrumento. Sot-
toscrizione : « [S. T.] lulianus Guicti lohannis Astalli, Dei
« gratia, sacri prefecti auctoritate notarius » .
Neil 'Arch. di Stato, perg. n. 35, con molte parole manfcanti nel margine destro mu-
tilo. Il testo delle due pergamene, nn. 34 e 35, è identico sostanzialmente. Però la prima
ha le firme dei testimonii nell'actum del terzo documento, che mancano all'altra, nella
quale inoltre il secondo documento è quasi interamente scritto alla fine della pergamena,
perchè prima dimenticato. Perciò essendo imperfetta la prima redazione del documento, i
canonici di S. Alessio ne ottennero una redazione migliore dallo stesso notaro. Il Nerini
riproducendo l'actum e le firme dei testimoni del 3° doc, mostra di essersi attenuto prin-
cipalmente alla perg. 34, meglio conservata.
Collazione col testo precedente del Nerini: N p, 48^, r. J Ysuardi D Ysnardi Nr. 4
cognitor cause D congnitor e. N r, ; abbatem D abbatis {per inavvertenza) N r. 8 Abatem
D Abbatem N r, ^ conventum D conventui (per inavverien:(a) N p. 41^0 r. ; Ysuardi D
Ysnardi N rr, j-6 Vicarii Generalis D in spiritualibus Vicarii Generalis N r. j legitima
persona D persona legitima W r. 9 in Catacomba D i. cataconba N r, 1/ prò locatione
recepit D per locationem N r, 7. dal fine Francisci Azaccaferri de Piscina D F. Ac?acca-
ferri d. V. N r. 2 dal fine renovatio ipsius locationis petita et facta D renovaverunt ipsius
locationis pacta et facta N p. 4^1, r. 7 possessiones D possessionum N r, 1/ terre scilicet
D terre. A p. 492, r. 4 si aggiunga un etc, che supplirà il secondo doc, del 22 maggio,
non indicato dal Nerini, N p, 4^2, r. $ Eodem anno, Indictione, et D Eodèm Anno et
Indictione N p. 4^2, r. 8 lulitte D lulicte N Nunzolus D Nunzolus N r. 9 Isuardi D
Ysnardi ^V Thebani Archiepiscopi D Archiepiscopi Thebani N r. 4 dal fine, omette il segno
del iabellionaiom N rr. j-2 dal fine et nunc Notarius dicti Domini Vicarii D non l'ha. N
r. ultimo de mandato supradicti Domini Auditoris D non l'ha.
LXXXIII.
1 315, gennaio ii.
Il monastero dà in affitto a Nicola di Giovanni Latone
e a Matteo di Angelo dell'Abbate, ambedue « de castro
400 qA. ^Monaci
« domini lohannis de Sabello », il casale di S. Fumia (Eu-
femia) nella tenuta di Castel Savello, per cinque anni, per
la pensione annua di 13 lire di provisini nel giorno di Na-
tale, e la corrisposta della quarta parte del grano, dell'orzo &c.
Pena il doppio. « Actum in monasterio. Petrus Maximi, Dei
« gratia, alme Urbis illustris prefecture auctoritate publicus
(X notarius » [S. T.].
In Nerini, op. cit. pp. 494-5, App. n. lviii; Arcb. di Stato, perg. n. 37.
Collazione : N p. 4^4, rr. /-6 Conradus Dei gratia Abbas D Qpnradus D. g. A. N
p. 49/, rr. 5-2 dal fine {nella sotioscriiione del notaio) prefecti D prefecture
LXXXIV.
1316, settembre 8.
Carta di Nicolò, vescovo di Tortiboli, colla quale noti-
fica ai fedeli di aver consacrato l'altare maggiore e gli altri
quattro altari della chiesa di S. Maria Rotonda d'Albano,
appartenente all'omonimo monastero di Agostiniane, e di
aver proceduto alla ricognizione delle sacre reliquie, che
descrive; e accorda copiose indulgenze ai visitatori della
chiesa in determinate feste e solennità. « Datum apud mo-
« nasterium ecclesie S. Mariae Rotunde de Albano ».
In Nerini, op. cit. pp. 496-500, App. n. lix; Arch. di Stato, perg. n. 38. Trascri-
zione esatta.
LXXXV.
13 19, giugno 12,
L'abbate Giovanni e i canonici del monastero costitui-
scono loro procuratore legale innanzi a qualunque curia,
ecclesiastica e secolare, Caciato, del maestro Giovanni, di
Viterbo. « Actum in dicto monasterio. Petrus Maximi de
(( Urbe, Dei gratia [S. T.], alme Urbis illustris prefecti au-
« ctoritate publicus notarius » .
In Nerini, op, cit. pp, 500-501, App. n. lx ; Arch, di Stato, perg. n. 39; Reg, di
Sant'Alessio, t. 2*, col testo completo.
Collazione: N p. ;oi, r. $ da/ /«e "Mattheo D Mactheo iV Pellipario D pellippario
Manca al lesto del Nerini il S. T., che pure in molti altri documenti tralascia.
Regesto di Sant'Alessio alFAvenlino 401
LXXXVL
1324, ottobre i.
Giovanni « de Ber^o » , giudice, consente alla vendita
d'una sua pezza di vigna a Buzio « domini Angeli Alexii »
del rione Campitelli, per parte di Bartelluzio Boccamazza
detto anche Mardone, per il commino di sette soldi e mezzo.
La vigna, fuori porta Appia, che si vende per 14 Hre di
provisini del Senato, ha i confini : « ab .1. latere tenet Tucto
« Bonus de Ascesa Proti, ab alio Cucgius lordani familiaris
«domini Anibaldi de Anibaldis, ab alio viculus vicinalis».
Nella clausola di sanzione si legge : « quod si in ipsa vinea
« invenerit aurum, argentum, plumbum vel rame, vel aliquid
« aliud valoris ultra .xii. denarios ; quod medietas sit dicti
«domini lohannis et alia medietas sit dicti Buccii ». Pro-
mette anche il compratore al suddetto Giovanni la corri-
sposta annua della quarta parte del mosto e dei frutti e un
canestro d'uva; e di lavorar la vigna da bravo. « Andreas
« Francisci de Felicibus notarli, Dei gratia, alme Urbis illu-
« stris prefecti auctoritate notarius » [S. T.].
Arch. di Stato, perg. n. 40; Reg. eli S. Alessio, t. 2", col testo abbreviato.
LXXXVII.
1330, agosto 25.
Giacomo, abbate dei Ss. Bonifazio ed Alessio, entra in
possesso dei beni lasciati, per testamento, al monastero da
Caterina moglie di Ricco CorbuH, nelle pertinenze della città
di Viterbo: una vigna nella contrada Amandruale ed i ter-
reni nella contrada « de Bussetis ». « Acta sunt hec in bonis
« predictis et quolibet eorum. Caciatus magistri lohannis
« notarli de Viterbio, auctoritate alme Urbis prefecti index
« ordinarius et notarius » .
402 qA. oMonaci
In Neriki, op. cit. pp. 501-3, App. n, lxi ; Arch. di Stato, perg. n. 41, Precede il
testo il « S T. » unito da un legamento alla lettera / iniziale del doc.
Collazione : N p. joi, r. J mense Augusti, die .xxv. intrante D m. A. d. .xxv. in-
trantis N r. J de Peruscia Dde Peruscio A^. p. f02, rr. j-4 dal fine apprehendit Da. intrando,
stando et ambulando in eas et per eas et quamlibet earum, de erbis, terra, grebis existen-
tibus in eis et de uvis diete vinee capiendo in singnum vere possessionis N r. ultimo Blascio
Sandrii D B. Sandri
LXXXVIIL
1334, marzo 7.
Il magnifico Faziolo dei Prefetti, avendo ricevuto per
IO anni in locazione dal monastero i beni di Caterina,
moglie di Ricco Corbuli, nel territorio di Viterbo (come ri-
sulta dall' istrumento di ser Egidio di ser Francesco « Scambii
Maczangnoni », notaro di Viterbo), rinunzia espressamente
(dopo più di due anni) alla locazione, perchè pregiudizie-
vole e dannosa al monastero, sebbene perfettamente legale.
I beni di Caterina Corbuli consistono in un campo con prato
nella contrada « de Bussetis », in una vigna nella contrada
Amandruale, e in due case e in una casa con bottega in
Viterbo, contrada di S. Stefano. Pena 500 lire di denari
(( papareni ». « Actum Viterbii ante domum viri magnifici
« Fatioli de Prefectis. Johannes quondam M. Mathei Nutii
« de Viterbio, alme Urbis prefecti auctoritate notarius et
«index ordinarius ».
In Nerini, op, cit. pp. 503-5, App, n. lxii ; Arch. di Stato, perg. n. 42, col « S. T. »
al principio.
Collazione : N p, ;oj, rr. 1-2 trecentesimo D tricentesimo N r. j mense Martiì D
mensis martii N p. ^04, r. 4 Paris zari D Pisciancalfari N rr. y-8 Bagnarla
D Bangnaria N r. 4 dal fine Maczangnoni D Macgangnoni A^. p. /o/, rr. 9-S dal fine Ser
Egidio M. Francisci de Viterbio notarlo D S. E. Ser Francisci d. V. n. N rr. S-j dal
fine Predepaczo D Predepacfo N r, 6 dal fine Muczarello lannis D Muc^arello I.
Regesto di Sant'Alessio all'Apentino 403
LXXXIX.
1334, ottobre 5-22.
Atti della curia vescovile di Angelo [« de Tineosis »] (i),
vescovo di Viterbo e Toscanella, per l'eredità di Ricco
Corbuli :
i'') Ottobre 5.
lozzo, nunzio della curia vescovile, riferisce di aver
citato Ristoro Cenni, procuratore di Nicoluzza, figlia della
fu « Catalena » , a comparir la sera appresso innanzi ad An-
gelo, vescovo di Viterbo e Toscanella.
2^) Ottobre 6.
Essendo comparso innanzi alla curia il Ristoro suddetto,
gli fu stabilito per termine il giorno seguente a mostrare
i dritti eh' egli potesse avere sui beni della suddetta Cate-
rina, lasciati, come si afferma, in eredità al monastero di
S. Alessio.
3*^) Ottobre 5.
lozzo, nunzio della curia, riferisce di aver citato Vanni
Protogodi e il figlio, pensionarli d' una bottega e d' una
vigna, e Paoluzzo Clere, pensionarlo d' una vigna apparte-
nuta una volta a Caterina suddetta, a comparir la sera ap-
presso innanzi al vescovo nominato Angelo.
4*^) Ottobre 6.
Essendo comparsi innanzi alla curia il Vanni e il Pao-
luzzo suddetti, il vescovo loro ingiunse di dare la corri-
(i) Di Angelo dei Tignosi, romano, fa parola il Moroni {D^.
XCIX, 89) tra i vicarii generali del papa. Il Gams invece nella Series
episcoporum porta in questo tempo come vescovo di Viterbo e Tosca-
nella solo Pandolfo Capocci, «scismatico e intruso».
404 G^. donaci
sposta della bottega e della vigna suddette all'abbate del
monastero di S. Alessio, sotto pena di scomunica.
5°) Ottobre io.
Il vescovo stabilisce il termine di cinque giorni a Pao-
luzzo Clere suddetto, per mostrare il suo preteso dritto
sulla vigna menzionata.
6°) Ottobre 22.
Ristoro Cenni suddetto depone che non tenne i beni
contestati, ne ne raccolse i frutti a nome di Caterina Cor-
buli, ma li tenne e tiene, e ne raccolse i frutti per Ricco
Corbuli e i suoi eredi. Interrogato se ha notizia d' istru-
menti legali o se ha istrumenti legali appartenenti alla sud-
detta paterina e riguardanti i beni suddetti, risponde di no.
« Stephanus condam lannis de Viterbio, auctoritate alme
« Urbis prefecti notarius et index ordinarius et nunc no-
ce tarius predicti domini episcopi ».
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 43, col « S. T, » a capo del doc.
xc.
1334, ottobre 14-22.
1°) Ottobre 14.
Deposizione dei testi giurati Cobello del fu Guidone,
Paoluzzo Clere, macellaro, e maestro Giovanni del maestro
Pietro del maestro Angelo Boccanera innanzi alla curia di
Angelo vescovo di Viterbo e Toscanella e vicario generale
del papa, sulla lite tra il monastero di S. Alessio e Ristoro
Cenni, procuratore, a favore del monastero.
2°) Ottobre 22.
Il vescovo Angelo decreta che le deposizioni suddette
debbano ritenersi in dritto aperte e pubblicate. « Stephanus
Regesto di Sant'Alessio all' Aventino 405
« condam lannis de Viterbio, auctoritate alme Urbis pre-
ce fecti notarius et iudex ordinarius et nunc notarius pre-
ce dicti domini episcopi ».
Arch. di Stato, perg. n. 44, col « S. T. » a capo del doc. A tergo de! doc. leggasi :
« fiat » di mano contemporanea al testo.
XCI.
1334, decembre 8.
Copia legale (1335, gennaio 19) d'una notificazione di
Angelo [« de Tineosis » ] vescovo di Viterbo e Toscanella e
vicario generale del papa in Roma, che ordina ai priori,
arcipreti e rettori delle chiese di Viterbo di far pubblica
la sentenza di scomunica contro Ristorio Borsciario viter-
bese, che aveva, in pubblico, messe le mani addosso, prepo-
tentemente, a frate Pietro, monaco del monastero di S. Ajessio
e insignito degli ordini sacri. « Data apud Montem Pla-
ce sconem » . L' autenticazione della copia ebbe luogo « Vi-
ce ter bii, ante ecclesiam S. Angeli ». ce Nicola magistri Pusci
ce de Viterbio, auctoritate alme Urbis prefecti notarius ».
In Nerini, op. cit. pp. 506-7, App. n. i.xiii, senza la data della copia; Arch. di
Stato, perg. n. 46, col « S. T. » a capo del doc.
Collazione: N p. jo6, r. 4 Thuscancnsis D Tuscanensis N p, ;oj, r. 9 pulzatis
D pulfatis N p. )0j, rr, IJ-4 et ab ilio qui super hoc potestatem habuerit, me-
ruerit absolutionis beneficium obtinere D e. a. i. pp* qui s. h. p. h. m. a. b, o. N r. 1/
mandamus D mandavimus
XCII.
1334, (iecembre 14.
Notificazione della pubblicazione della scomunica nella
chiesa di S. Matteo in Sunsa, di Viterbo, fatta da ser Matteo
del fu maestro Uguiccione, canonico e prete della chiesa
suddetta, contro Ristorio Borsciario viterbese, ce Actum Vi-
ce terbii in dieta ecclesia S. Mathei. Nicola magistri Pusci
ce de Viterbio, auctoritate alme Urbis prefecti notarius et
ce iudex ordinarius » .
Arch. di Stato, perg. n. 45, col « S, T. » a capo del doc.
j[o6 qA. donaci
xeni.
1340, decembre 17- 1341, gennaio 6.
i") 1340, decembre 17.
Santa, figlia di Cinzie « de Tubatoris » e moglie « Meoli
« de Pennactiis, Centumcellarum », ora del rione di Tra-
stevere, col consenso del padre, amministratore dei suoi
beni, cede l' usufi-utto d' una pezza e d' una mezza pezza di
vigna, fijori porta Appia, nel luogo « Porta Libera » , a Biagio
Rossi fornaro, del rione di Ripa, per il prezzo din fiorini
del Senato.
2°) 1341, gennaro i.
Le monache del monastero di S. Maria « de Maxima ))(i)
acconsentono, come proprietarie, alla vendita della pezza di
vigna suddetta, ricevendo per il consenso e il commino
cinque soldi di denari provisini, e pattuendo il canone annuo
della quarta parte del mosto e dell'acquato e d'un canestro
d' uva al tempo della vendemmia.
3°) 1341, gennaro 6.
Frate Niccolò da Poli, .sindaco ed economo del mona-
stero di S. Gregorio (al clivo di Scauro), consente alla ven-
dita della metà della pezza di vigna, ricevendo per il con-
senso e il commino tre soldi e sci denari, e pattuendo il
canone della quarta parte del mosto mondo e dell'acquato.
« Petrus lohannis Bovacciole, Dei gratia, alme Urbis pre-
« fecti authoritate notarius et index ordinarius ».
Reg, di S. Alessio, to. 2°, con trascrizione completa del testo, ma mediocre.
(i) Ora S. Ambrogio 'de Maxima (Armellini, op. cit. p. 562).
Regesto di Sant'Alessio alF Aventino 407
XCIV.
1341, gennaio 1-7.
Copia autentica (1372, luglio 29) dei due strumenti
seguenti :
i") gennaio i.
Michele di Pietro di Giovanni « Libelli )> e i suoi figli Gio-
vanni, Pietruccio e Bartolomeo, fratelli, che hanno oltrepas-
sato il 14** anno d'età, vendono a Tuzio del fu maestro
Angelo del fu maestro Simeone mercante di Viterbo, nella
contrada di S. Stefano, un orto con torrazzo e con dritto
d' acqua per irrigarlo, nelle pertinenze della città di Viterbo,
in contrada Val Canale, per la somma di 750 lire di de-
nari « papareni » sborsata in fiorini d'oro e monete d' ar-
gento. Pena il doppio. « Actum Viterbii in claustro ec-
ce clesie S. Stefani ».
2*^) gennaio 7.
Il procuratore costituito dai suddetti venditori. Agostino
Cobelli, mette in possesso Tuzio del maestro Angelo del-
l'orto con torrazzo in Val Canale. « Actum in orto et
« turri seu torrachio predictis. Johannes condam magistri
(( Macthei Nutii de Viterbio alme Urbis prefecti auctoritate
« notarius et index ordinarius ».
La copia fu letta ed autenticata nel palazzo del comune
di Viterbo « presente et predicta fieri [precipiente] domino
« fratre Laurentio condam Patii de Urbevetere, canonico
« et priore venerabilis monasterii Sanctorum Bonifitii et
(( Alexii de Urbe ». Seguono le sottoscrizioni dei testi e no-
tari Pietro del fu Menico Massitella, di Viterbo, Leonardo
del fu Vannicelli Baldi, di Viterbo, Predo del fu Vanni
Novelli, di Viterbo, e del notaro, che fece la copia auten-
4o8 qA. oMonaci
tica del documento per mandato del giudice: « Quiricus
« Petrutii Thome de Viterbio, auctoritate alme Urbis pre-
te fecti notarius et iudex ordinarius ».
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 49, danneggiata; Reg. di S. Alessio, to. 2°, col testo
completo. Altra copia, del secolo xvni, se ne ha nel fascicolo 3", miscellaneo, delle carte
di S. Alessio, menzionato nell'introduzione (p. 359), e intitolato Alti diversi &c. È in
24 pp. cartacee, ma manca del principio del doc.
xcv.
1342, settembre 25.
Il monastero di S. Maria Rotonda, d'Albano, permuta
con Giovanni Bartolomei, speziale in Roma e vicario del
magnifico Francesco « de Sabello », una casa in Albano con
una vigna nel territorio di Roma, nel luogo «L'Or e taci
(( iuxta rem ecclesie Sancti Sebastiani et iuxta viam pu-
(( blicam ». Pena una libbra d'oro. « Actum in dicto mo-
te nasterio. Leonardus lohannis Luce de Cora publicus impe-
«riali auctoritate notarius». S. T.
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 50.
XCVL .
1343, agosto 6.
Biancofiore, vedova di Francesco Robolini, del rione di
Ripa, entrando nel monastero di S. Maria Rotonda d'Al-
bano, gli fa dono di tutto il suo avere, riservandosi 50 lire
di provisini. Pena una libbra d'oro. « Actum in domo
« ipsius domine Blancofloris » (nel rione di Ripa). « Nico-
« laus domini Petri Sancti, Dei gratia, imperiali auctoritate
« notarius ». S. T.
In Neriki, op. cit. pp. 507-10, App. n. lmv; Arch. di Stato, perg. n. 51.
Collazione : N p. joS, r. j Bobolini D Robolini N r. io Andreucii de D
Andreutii de Rubeis N p, jo^, r. 11 irrevocabiliter D inrevocabiliter N r, j dal fine et
prò multis gratiis, servitiis D e. p. m, gratis servitiis
Regesto di Sant'Alessio all'Apentino 409
XCVII.
1345, giugno 1-3.
i"^) 1345, giugno I.
Testamento nuncupativo di Giovanni Bartolomei spe-
ziale, del rione Campitelli e della contrada del Mercato,
che conferma al monastero di S. Maria Rotonda d'Albano
la proprietà delle terre da lui lavorate e avute dal detto mo-
nastero fuori porta Latina « ad Fontem Marginem » . « Item
« habeo duas domos positas in regione Ripe, in contrata
« Sancte Marie de Fovea. Actum Rome » .
2*^) 1345, giugno 3.
Inventario delle masserizie e delle supellettili del defunto
Giovanni. «Actum Rome. S. T. Gosmatus Petri Merescalci
« Dei gratia sacrosancte prefecture publicus auctoritate no-
ce tarius » (sottoscrizione che vale anche per il documento
che precede).
In Nerini, op. cit. pp. 510-12, App. n. lxv ; Arch. di Stato, perg. n. 52; Reg, di
S. Alessio, to. 2°, col testo completo.
Collazione: A'' p. ;ii, r, 7 e R pregnans D prengnans N. p. ;ii, r. ters^' ultimo
dispenzandos D dispenfandos N p. ;i2, r. 14 lohanne Genaczani D I. Genacfani N p. jis,
r. 7 dal fine fratribus et fìliis D fratribus filiis N p. J12, al r, quart' ultimo dopo vocatis
et rogatis si ponga un etc. che indicherà il secondo documento omesso dal Nerini. N p. ji2,
r. penultimo, e R scripsi D scripssi
XCVIII.
1346, ottobre 7.
Bolla di Clemente (VI), che ingiunge all'abbate di
S. Prassede in Roma di far diligente ricerca dei beni tolti
al monastero o illecitamente alienati e di ricuperarli, va-
lendosi, air uopo, della censura ecclesiastica. Inc. « Ad an-
ce dientiam nostrani pervenit ». « Datum Avinione, pontif.
« anno 5°. Mathias ».
Archivio della R. Società romana di storia pntria. Voi. XXVIU. 27
410 qA. ^Monaci
In Nerini, op. cit. pp. 268-9; Arch. di Stato, perg. n. 53, originale, colla bolla
pendente; Reg. di S. Alessio, t, 2°.
Collazione: N p. 268, r, 6 Abbas D . . Abbas N rr. i6-j ad f..mam vcl sub
censu annuo concesserint D ad formam v. s. e. a, e, N r. 21 quatenus D quatinus.
XCIX.
1°) 1347, novembre 8,
Angelo di Tivoli, giudice palatino per le investiture,
commette a Pietro di Pallone, mandatario della curia, di
mettere in possesso il monastero di S. Maria Rotonda,
d'Albano, d' una casa appartenuta a donna Biancofiore.
(Cf. il doc. xcvi). « In palatio Capitolii, tempore regimi-
« nis . . . domini Nicolai . . . tribuni augusti ».
2*') 1347, novembre 12.
Pietro di Pallone riferisce di aver proceduto alla presa
di possesso commessagli, il giorno io di novembre. « In
« palatio Capitolii. lohannes Oddonis, notarius palatinus,
« super investimentis factis deputatus ».
In Nerini, op. cit. pp. 512-4, App. n. lxvi; Arch. dì Stato, perg. n. 54, ben con-
servata, che sembra un estratto del regesto Capitolino, copiato dallo stesso notaro che
redasse il regesto e poi trasmesso al monastero di S. Alessio. Perchè leggesi nella parte
del doc. stampata dal Nerini : « Dominus Angelus de Tibure, iudex palatinus .... com-
o misit et mandavit Petro Pallonis quatenus in corporalem te-
« nutam et possessionem reducat et iramictat de domo suprascripta in supra-
« scripta offertione et oblatione contenta». E nella parte indicata dal Nerini con un «etc»,
sempre nel doc. 1°, leggesi: « Q.ue quidem domus spectat et pertinet, pieno iure, ad dictas
« dominas abbatissam, moniales et conventum dicti monasterii, iure et vigore obligationis
« suprascripte facte per dictam dominam Blancoflorem, que se et omnia bona sua et
«dictam domum octulit et dedicavit Deo et dicto monasterio, abbatisse, monialibus et con-
« ventui monasterii predicti, prout de predictis patet superius publico instrumento scripto
«manu Nicolai domini Petri Sancii notarii». Vi si legge anche: « Dictus iudex commisit
« dicto mandatario et per eum ipsum Stephanum, procuratorem et scindicum, nomine quo
« supra petentem et recipientem, reduci et immicti in possessionem domus predicte, se-
« cundura ius et formam statutorum et tonsuetudinum Urbis, et omni modo et iure quibus
«melius potest et debet».
Collazione : A/" p, fi}, r. 4 factis D fractis (^er inavvertenza). N r. ; 3.d iura re-
denJum D ad iura redenda (redend.)
^^ gesto di Sant'Alessio all'Aventino 411
C.
1349, febbraio 24.
Donna Giacoma, vedova del magnifico Buzio di Gio-
vanni « de Savello », e la nobildonna Francesca dei Pier-
leoni, esecutrici testamentarie della nobildonna Sofia, vedova
di Giovanni di Ruggero dei Pierleoni (come appare dall' i-
strumento rogato da Lorenzo « Egidii Leporis »), vendono
al nobiluomo Tocio di Capodiferro, del rione Arenula,
procuratore e rappresentante della nobildonna Bartolomea,
vedova di Nicola Callarella dei Pierleoni, la quarta parte
del casale Schiaci, cogli edifizi e tutte le altre sue ap-
partenenze, posto fuori porta S. Paolo, nella Marittima,
per la somma di 340 fiorini d'oro, dote (« dox») o parte
di dote della detta Bartolomea. In -caso di evizione della
quarta parte del casale venduta, promettono una somma
doppia « confitentes et asserentes talem esse et vigere in
« Urbe consuetudinem, quod duplum evictionis restituatur
« prò re evicta » . Pena una libbra d'oro. « Johannes Ani-
ce balli imperiali auctoritate publicus notarius et index or-
<( dinarius » . S. T.
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 55, ben conservata, di cm. 59 x 23 ; bella scrittura mi-
nuscola.
CI.
1349, marzo 28.
La nobildonna Bartolomea, vedova del nobiluomo Nic-
colò Callarella dei Pierleoni, vende ai monasteri di S. Se-
bastiano alle Catacombe e dei Ss. Bonifazio ed Alessio la
quarta parte, con tutte le sue appartenenze, del casale Schiaci
fuori porta S. Paolo, nella Marittima, riservandosene l'usu-
frutto vita durante, per la somma di 410 fiorini d'oro. Pena
412 qA. oJVIonaci
una libbra d'oro. « lohannes Aniballi imperiali auctoritate
« publicus notarius et iudex ordinarius » . S. T.
In Nerini, op. cit. pp. 514-6, App. n. lxvii ; Arch. di Stato, perg. n. 56, ben con-
servata, di cm. 53 X 22.
Collazione : N p. jif, rr, 4-) dal fine la Massima D Lamassima N r. penuìtinio la
Cicognola D Lacicogniola
CU.
1349, giugno 22.
Pietruzza, figlia di Nicola Vegie, d'Albano, offre i suoi
beni, tra i quali una casa nella piazza ed una vigna nel te-
nimento d'Albano, al monastero di S. Maria Rotonda, del
quale Paola è badessa, che la riceve come monaca nel mo-
nastero. « Actum in reclasto S. Marie Rotunde de Albano.
« Paxius Petri de Castro Civite imperiali [auctoritate n]o-
« tarius publicus». S. T.
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 57.
CHI.
1356, marzo 20.
Lettera patente, colla quale Bartolomeo, abbate del mo-
nastero dei Ss. Bonifazio ed Alessio, notifica al sommo pon-
tefice Innocenzo VI d'avergli prestato giuramento di fedeltà
nella chiesa di S. Maria in Trastevere, nelle mani del ve-
scovo Ponzio [Perotto] d'Orvieto, vicario del papa in Roma,
nel giorno e nel luogo suddetto, mentre il vescovo cele-
brava la messa pontificale. Nella formola del 'giuramento
leggesi : « ac domino meo, Innocentio papa sexto, suisque
« successoribus canonice intrantibus, non ero in Consilio aut
« consensu vel facto, ut vitam perdant aut membrum, vel
(( capiantur mala captione » . Data in Roma, nella chiesa di
S. Maria in Trastevere. Nel verso del doc. v^è la sottoscri-
zione: « Guillelmus de Reate notarius».
Nell'arch, Scgr, Vatic, Instrumenta miscellanea; perg. originale, ben conservata.
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino 413
CIV.
1356.
Deposizione dei testi giurati lozzo, pizzicagnolo, Muzio
di Giovanni di Viterbo e Cecco di Paltone di Viterbo, pro-
dotti dal procuratore del monastero ser Giovanni del mae-
stro Pietro Verardi, notaro di Viterbo, sulla causa vertente
tra il monastero e Antonio Smannati di Viterbo per una
casa in Viterbo, nella contrada di S. Stefano, dell' eredità
di Caterina moglie di Ricco Corbuli(cf. i docc. Lxxxvii-xc).
lozzo e Cecco di Paltone depongono che la casa in que-
stione appartenne veramente alla suddetta Caterina. Muzio
di Giovanni depone di non saper nulla. « Franciscus lohan-
« nis de Viterbio, notarius » (che appose alla carta il segno
del tabellionato), ricevette le deposizioni, delegato da Nicola
di Francesco, di Prato, giudice della curia maggiore per
le cause civili del comune di Viterbo.
Arch. di Stato, perg. n. 58, mutila. Giunge fino alle interrogazioni sopra tutto il
3" articolo a Cecco di Paltone. Poi fu aggiunto alla pergamena, mediante cucitura, un
frammento di quattro righe dello stesso questionario, articoli 8° e 9",
cv.
[1356 circa].
Interrogatorio e deposizione d'un teste in una causa per
l'eredità di Caterina moglie di Ricco Corbuli (i).
(i) Tre sono le cause, delle quali ci danno notizia le pergamene
sulla eredità di Caterina Corbuli: una del 1334, del 1356 e 1357-9
le altre due. Nel doc. civ (a. 1356) lozzo pizzicagnolo, teste, depone
« quod ipse testis, iam sunt viginti anni et plus, vidit dictam dominam
«Caterinam domum in ipsis articulis contentam et confitiatam tenere
e et possidere insto titulo et bona fide per se et pensionarios suos». Ma
se nel 1356 si afierma che 20 e più anni innanzi Caterina era vivente,
la causa per l'eredità sua (l'anno 1334) dev'essere stata discussa poco
dopo la sua morte. Quindi leggendosi nel nostro documento, nella
4T4 C^- ^^011 aci
Arch. di Stato, perg. n. 86, mancante del principio e della fine. Vedesi a capo del
doc. il frammento considerevole d'un segno di tabellionato diverso da quelli dei docc. civ,
evi, cvii e.cxiv-cxvi, che si riferiscono alle due cause del 1356-9.
evi.
1357, marzo 28.
Sentenza, data il 23 marzo 1357, di Roberto Angeli di
Amelia, giudice della curia maggiore per le cause civili del
comune di Viterbo, a favore di Giovanni di Verarduzzo
Bonaspene, barbiere della contrada di S. Luca in Viterbo,
e contro il monastero, circa una vigna nella contrada Aman-
druale, distretto di Viterbo (ci. il doc. lxxviii). [S. T.]
« lacobus condam magistri Betti de Fighino, civis floren-
« tinus, imperiali auctoritate index ordinarius atque notarius,
«nuncque notarius et ofEcialis domini potestatis et com-
« munis Viterbii » .
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 59.
risposta alla questione nona se Caterina era morta da 27 anni, eh' essa
era morta da io anni, il documento si riferisce ad una delle due cause
del 1356-9. Anche Cecco di Paltone, teste, depone nel doc. civ
« quod publica vox et fama fuit et est in civitate Viterbii quod dieta
«domina Caterina et Riccus Corbulus, eius maritus, decesserunt et
«mortui sunt iam .xvii. anni et plus». Inoltre il nostro documento
contenendo le questioni v-xii ed essendo troncato, perchè mutilo, al
3° rigo della questione xiii; mostra somiglianza nella redazione col
questionario del doc. civ, che fa menzione di 11 articoli del questio-
nario e di un ultimo articolo, e differisce dal questionario dei docu-
menti Lxxxix e xc (causa del 1334), che non hanno affatto numera-
zione di articoli per i vari quesiti proposti al teste. Il soggetto della
causa nel nostro documento, la possessione d' una casa, si ritrova nel
doc. civ nella causa tra il monastero e Antonio Smannati, mentre nei
docc. LXXVIII, evi, cxiv, cxv e cxvi, riferentisi alla causa di Giovanni
di Verarduzzo Bonaspene, si fa menzione esplicita solo d' una vigna.
Perciò molto verosimilmente trattasi qui d' un documento appartenente
alla causa tra il monastero e Antonio Smannati di Viterbo circa una
casa in Viterbo, nella contrada di S. Stefano (cf. il doc. precedente).
Regesto di Sant'Alessio alF Aventino 415
CVII.
1357, giugno 20.
Copia autentica della sentenza precedente di Roberto
Angeli di Amelia (cf. il doc. evi). « In claustro ecclesie
« Sancti Stephani Viterbiensis. Bartholomeus magistri Patii
« condam magistri Angeli de Viterbio, auctoritate alme Urbis
« prefecti notarius et index ordinarius ».
NcH'Arch. di Stato, perg. senza numero ordinale, perchè aggiunta dipoi al fondo.
Segno del tabellionato a capo del doc.
CVIII.
[1358], febbraio 21 - marzo 20.
Inizio della causa in appello pel castello di Verposa, già
altra volta decisa (come leggesi nel doc.) a favore del mo-
nastero. Il documento, essendo mutilo del principio, non
porta la data dell'anno. Ma l'ultimo atto contenendo la co-
stituzione d'un giudice non sospetto alle parti nella persona
di D. Simone canonico di S. Maria in Trastevere, fatta dal
giudice Bartolomeo da Modena, fa credere che qui cominci
la causa in appello. Quindi questo documento precederebbe
immediatamente il doc. cxii, che contiene parte della di-
scussione della causa già cominciata. Anche nel Registro di
S. Alessio questo documento è posto sotto Fa. 1358. Ecco
il sunto degli atti:
1°) Febbraio 21, giovedì.
Bucio di Lorenzo Guidoni, del rione di Ripa, fli mal-
leveria a favore del monastero che, se la causa sarà per-
duta, saranno rifatte le spese all' Orsini e all' Annibaldi.
«Actum in palatio Capitolii ».
2") Febbraio 21.
Giacobello di Lorenzo « Luce », procuratore di Giaco-
bello Orsini, muove sospetto sul giudice deputato alla causa.
^i6 qA. ^Monaci
3°) Marzo 9, sabbato.
Lello Marcuzzi, mandatario della curia, riferisce di aver il
giorno innanzi citato il nobile Giacobello Orsini a comparire
avanti al giudice Bartolomeo da Modena, per riassumere la
causa contro il monastero dei Ss. Bonifazio ed Alessio.
4°) Marzo 18, lunedì.
Lello Marcuzzi suddetto riferisce di avere intimato (« fo-
ce disse ») tre volte a Giacobello Orsini « ad dandos suspe-
« ctos » nella causa vertente.
3°) Marzo 19, martedì.
Lello Marcuzzi, mandatario della curia, riferisce di aver
il giorno innanzi citato Pietro « Buccatiole », procuratore
del magnifico Giovanni Annibaldi, a dare la lista delle per-
sone sospette come giudici: « quod veniat ad redducendos
« s'i.spectos assignatos prò parte dicti lohannis et domine
« Marsibilie ad numerum quatuor », intendendo il giudice
di cominciare la discussione della causa.
G^) Marzo 20, mercoldì,
Bartolomeo da Modena, dottore in legge e giudice pa-
latino nelle cause in appello, « receptis suspectis a dictis
(( partibus », delega in suo luogo D. Simone, canonico della
chiesa di S. Maria in Trastevere. « Actum Rome in pala-
te tio Capitolii. Paulinus Bartholomei, civis romanus. Dei
« gratia imperiali auctoritate notarius publicus et tunc (i)
(( notarius appellationum » . S. T.
Arch. di Stato, perg. n. 85, dimensioni: mm. $12 X 158; Reg. di S, Alessio, to. 2',
col testo completo.
(i) Quest'espressione fa credere che il doc. non sia contempo-
raneo agli atti indicati e riassunti, ma di poco posteriore e non ori-
ginale. Forse è una copia degli atti legali registrati dapprima nei pro-
tocolli capitolini dallo stesso notaro, che redasse dipoi l'estratto per
il monastero di S. Alessio (cf. il doc. xcix).
I^egesto di Sant'Alessio all^ Aventino 417
CIX.
1358, febbraio 28,
essendo senatore di Roma Giovanni «domini Pauli de Comite».
Sentenza di Matteo de Vaccariis, giudice palatino, che
dichiara devoluta totalmente al monastero la vigna nel
Monte della Santa Pace, fuori di porta S. Paolo, locata a
Nello di Giovanni Frederici detto Piscello, ferraro, del rione
della Pigna, che aveva trascurato di lavorarla. « Paulinus
« Bartolomei notarius loco lohannis de Bulgaminis notarii
« appellationum, de mandato domini Mathei iudicis supra-
« dicti )) .
Nell'Arch. di Stato, P^J'g» ben conservata, senza numero, perchè, credo, aggiunta dipoi
alla collezione; Reg, di S. Alessio, to, 2", col testo completo.
ex.
1358, febbraio 28.
Sentenza di Matteo de Baccariis, giudice palatino, a fa-
vore del monastero contro molti « quartarini » delle vigne
del monastero di S. Alessio (nei monti « Balnearie, S. Pa-
ce cis et Pavilgionis » fuori di porta S. Paolo) per aver tra-
scurato la lavorazione della vigna. Sono condannati ad una
indennità, e taluni anche a dare malleveria o a perdere il
dritto di locazione. Nomi degU affittuarii: Paolo Orsini, ma-
cellaro, del rione Campitelli, Beneassai, moglie di Cola di
Subiaco, del rione di Ripa, Teolo Carletti, molinaro, di
Ripa, Rita Tommasi del rione Arenula, Lello Rossi, sarto,
del rione Parione, Lorenzo detto Lo Nero, calzolaro, « de
« regione Caccabariorum », Pietruzzo Andrenotte, detto an-
che Lo Puntato (altrove, nella stessa pergamena. Lo Lifan-
tato), « de via Pape » nel rione di S. Eustachio, Paolo Muti,
calzolaro, del rione di S. Eustachio, Biancofiore vedova di
Stefano Gallati (altrove: Guallati), del rione di S. Angelo,
41 8 C^. zMonaci
Lello, calzolaro, del rione di S. Angelo, Cecco Margarite, di
Campo Carleo, del rione « Biberatice » , Conte, taverniere,
Giorgio (altrove Gregorio) Angeli, detto anche Cunenca,
del rione Arenula, Cionco Nurinelli (altrove Merinelli),
calzolaro, del rione Arenula, Gabriele (« Grabrielem » ), la-
vorante, del rione di S. Eustachio, e Cecco Leno, mercante,
del rione della Pigna. « Paulinus Bartolomei notarius loco
« lohannis de Bulgaminis notarii appellationum, de mandato
« domini Mathei supradicti » .
NelI'Arch. di Stato, perg. n. 62; Reg. di S. Alessio, to. 2°, col testo complete.
CXL
1358, marzo 9 - novembre 16, essendo senatori di Roma Giovanni
del fu Paolo de Comite e Raimondo de Tholomeis da Siena,
milite.
Atti ed esame dei testimoni nella causa per la proprietà
di Verposa (cf. il doc. cviii). Il questionario per le inter-
rogazioni dei testi, in cinque capitoli, fu redatto dai cano-
nici di S. Alessio, che mossero causa.
1°) [1358], marzo 9, indiz. xi.
Giovanni de Comite, senatore di Roma, avuta istanza
dall'abbate di S. Alessio che si facciano di pubblica ragione
i dritti dell'abbazia su Verposa, cita il magnifico Giovanni
de Anibaldis e MarsibiHa, madre di lui, vedova di Paolo
de Anibaldis, e gli altri aventi interesse, a comparire in-
nanzi alla curia o a mandare un legittimo rappresentante,
fra tre giorni dopo ricevuta la citazione, per assistere al-
l'esame dei testi, che dichiareranno i dritti dell'abbazia su
Verposa. « Hennufrius loco Petronis de Sabello scriba Se-
« natus. Andreas de Buccamatiis notarius investimentorum
« fractorum (/. factorum) et diete cause ».
In Nerini, op. cit. pp. 517-21, App. n. i.xvni; Arch. di Stato, perg. n. 63; Reg.
di S. Alessio, t. 2°.
Regesto di San f Alessio alF Aventino 419
2°) [1358], marzo 17.
Il mandatario della curia « lubarellus » riferisce al no-
taio suddetto di aver portato il mandato di comparizione,
ma che gli fu restituito dai destinatari, che rifiutarono di
riceverlo.
Arch. di Stato, perg. n. 63.
3° [1358], marzo 20, indiz. xi.
Simeone, mandatario della curia, riferisce al notaio An-
drea de Buccamatiis di aver il giorno innanzi citato Buo-
nanno de Magistris di Luca, Federico di Giacomo Federici
e Giovanni Bufarli a comparire avanti al giudice Matteo
de Baccariis per deporre sulla causa per Verposa.
Arch. di Stato, perg. n. 63.
4°) [1358], luglio 28, indiz. xi.
I sette riformatori della repubblica e vicari del senatore
di Roma, Giovanni de Comite, assente dalla città, ordinano
a Cencio di Palgicia, ai figli di Pietro e di Giovanni Man-
cini, a Giacomo Mancini, della città di Velletri, e a Giovanni
Camerini « de Castro Putealee » di comparire innanzi ad An-
gelo da Cantalupo, giudice della curia della città di Velletri,
per dare testimonianza sulla causa per Verposa. « Datum in
« Capitolio. Andreas de Buccamatiis notarius appellationum
« et diete cause ».
In Nerini, op, cit, pp. 521-2, App. n. lxviii; Arch. di Stato, perg. n. 63.
5°) Agosto 3, indiz. xi.
Furono citati i testi suddetti (cf. doc. n. 4) da Ber-
nardo Cere, nunzio di Nicolò Titi di Velletri, vicario della
città di Lavinia, a richiesta del suddetto Angelo giudice.
Il giorno seguente n'ebbe notizia il notaio Lorenzo de Cic-
carellis.
Arch. di Stato, perg, n. 63.
420 qA. donaci
6°) [1358], luglio 28, indiz. XI.
I sette riformatori della repubblica e vicari del magnifico
Giovanni de Comite, senatore di Roma, citano gli aventi
interesse e specialmente Giovanni de Anibaldis e donna Mar-
sibilia, a comparire, fra tre giorni dalla consegna della pre-
sente, in Velletri innanzi ad Angelo da Cantalupo, giudice
della curia di Velletri, o a mandare un loro rappresentante
legittimo, per essere presenti alla produzione dei capitoli e
dei testimoni sulla causa per Verposa, e per fare loro in-
terrogazioni, se credono. « Datum in Capitolio. Hennufrius
« loco Petroni de Sabello scribe Senatus. Andreas de Buc-
« camatiis notarius appellationum et diete cause. Assignate
« die mercurii, primo mensis augusti, per Carrafellam man-
ce datarium curie mihi infrascripto notarlo referenti die se-
« cundo dicti mensis » .
In Nerini, op. cit. pp. 522-3, App. n. lxviii j Arch. di Stato, perg. n. 63.
7°) [n58]5 aprile 24, indiz. xi.
I testi Federico « domini lacobi Frederici » (i), del rione
dei Monti, Giovanni Bufarli, del rione dei Monti, e Buo-
nanno de Magistris di Luca, del rione di S. Angelo, pro-
dotti, accettati, giurati ed esaminati sopra i capitoli asse-
gnati, innanzi al giudice Angelo da Cantalupo (delegato
dal giudice Matteo de Baccariis), depongono a favore del
monastero. « Laurentius de Ciccarellis de Urbe notarius et
« nunc notarius ciusdem domini Angeli (da Cantalupo) ».
S.T.
In Nerini, op. cit, pp. 523-6, App. n. lxviii; Arch. di Stato, perg. n. 63.
8°) [1358], agosto 4, indiz. xi.
I testi Cencio di Palgicia e Cola figlio di Pietro Man-
cini, ambedue della città di Lavinia, depongono a favore
(i) « senis et antiquus homo» è chiamato dal teste Bufoni.
Regesto di Sant'Alessio alF Aventino 421
del monastero. Alla fine del doc. leggesi : « domine Macthee,
« prout vobis placuit mihi scribere et commictere, exam-
« minavi istos testes, quos vobis inclusos destino per pre-
« sentes meoque sigillo sigillatas. Angelus de Cantalupo
(( index communis civitatis Velletri salutem sapienti et di-
ce screto viro domino Matheo de Baccariis indici appella-
«tionum de Urbe, fratri karissimo. Assignate («Assj »)
« die .VI. mensis augusti, .xi. indictionis, mihi Andree de
« Buccamatiis notario diete cause » .
In Nerim, op. cit. p. 526, App. n, lxviii, col testo abbreviato; Arch. di Stato,
perg. n. 63.
9°) [1358], novembre 5.
Raimondo de Tholomeis, da Siena, senatore di Roma,
cita Giovanni Anibaldi e donna Marsibilia a comparire, fi-a
tre giorni dalla consegna della presente, innanzi al diggià
giudice palatino Matteo de Baccariis e ad Agostino da Siena,
giudice palatino e successore di Matteo, o a mandare un
loro legittimo rappresentante, per essere presenti alla pro-
duzione dei testi sulla causa per Verposa, dando loro il
termine di sei giorni per opporre contro le persone e i
detti dei testimoni. « Datum in Capitolio. Laurentius scriba
(( Senatus. Andreas de Buccamatiis notarius appellationum
« et diete cause. Assignatae die iovis, octavo mensis no-
ce vembris, per Smerolum mandatarium curie mihi infira-
« scripto notario referenti die lune .xii. dicti mensis ».
Nerini, op. cit. pp. 526-7, App. n, lxviii; Arch. di Stato, perg. n. 63.
10°) [1358], novembre 14, mercoldi.
I giudici Matteo de Baccariis e Agostino da Siena, dot-
tore in legge, dichiarano aperte e pubblicate le testimonianze
prodotte e prefiggono il termine di sei giorni agli Anni-
baldi, assenti, per opporre e contraddire alle persone e ai
detti dei testimoni presentati dal monastero.
422 QA, oMonaci
11°) [1358], novembre 16.
Lello Marcucci, mandatario della curia, riferi di aver
il giorno innanzi notificato a Pietro Boccaziole, procuratore
degli Annibaldi, il suddetto termine dei sei giorni.
Sottoscrizione della perg. : « Andreas Riccardi de Buc-
ce camatiis imperiali auctoritate notarius ». S.T.
Arch. di Stato, perg. n. 63, Dimensioni mm. 830 x 288. Il Nerini (contro il suo
solito) ha dato un testo non solo abbreviato, ma mutilato, mancandovi anche parecchie
date e sottoscrizioni. Tuttavia è utile la collazione delle pagine trascritte dalla pergamena:
N p. ;i8, r, IO Antonii Stephani Angeli notarli D A. S. A. senensis n. N p. /19,
r. 5 copia D copiam (per inavverlen:(a) N r. 8 In primis quod D Imprimis quoniam N
r. 12 Annibaldis D Anibaldis N r. ij quod D quo ("quoniam^ N r. ieri' ultimo quod
D quo N p. ;20, r, 2 terre symentaricie D t. sylvaricie N r. i; D orto N r. 1^
quod D quo N p. $21, r. 2 quod D quo N r. S heredi D hereddi N p, S22, r. 2 filiis
lohannis Mancini D . . f. I. M. N r, i^ heredem D hereddem N p. ;2j, r. J heredi
D hereddi N r. 14 .xxviii. D die .xxviii. N r. S dal fine aprilis die .xxiii. D a. d. .xxiiii,
§ (seano del paragrafo) N p. J24, r. penultimo Fratres Canonicos D fratres et canonicos
N r. penultimo e ultimo tenere, possidere D tenere et possidere N p. /2/, rr. 4-f Leonis
Domini Petri de Anibaldis D Leonis et Domini P. de Anib. N r. 18 dictis capitulis D
l'omette N r. 26 locum (bene) D locus (per inavveriens^a) N p. ;26, r. 11 extitit D existit
N r. ij dopo ultra si ponga nel testo un etc. N r. 20 heredi D hereddi N p. )2-j, r. ij
et dicto processu D et ut d. p. Neil' ultima sottoscri:(ione del notaio il Nerini omette
di notare il S.T.
CXII.
1358, marzo 23 - aprile 2,
senatore di Roma Raimondo de Tholomeis, da Siena, milite.
Procedimento (a processus ») della causa in . appello
sulla proprietà della chiesa di S. Maria di Verposa e delle
case e dei beni ad essa spettanti in Verposa e sul castello
di Verposa, tra i canonici di S. Alessio, e Giacobello Orsini
con Giovanni di Paolo di Nicola de Annibaldis e la madre
sua Marsibilia. Il doc. è mutilo alla fine. La parte rimasta
contiene parte della discussione della causa in appello (es-
sendo già stati condannati in una prima sentenza l'Orsini
e gli Annibaldi) e la costituzione d'un giudice non sospetto
Regesto di Sant'Alessio al l^ Aventino 423
alle parti nella persona di Gregorio de Marganis. Sunto
degli atti:
1°) 1358, marzo 23.
Pietro di Boccaziola, notaro, e procuratore di Giovanni
de Anibaldis, protesta innanzi alla curia, che gli è sospetto
il giudice delegato da Bartolomeo di Giuliano, da Modena,
D. Simeone (o Simone) di Città di Castello, perchè: a) è
forestiere (« forensis ») e oriundo di Città di Castello ;
b) non è solito venire alla curia del CampidogHo ad eser-
citare l'ufficio d'avvocato ; e) non gli furono mai commesse
questioni del palazzo del Campidoglio; d) non appartiene
al collegio dei giudici e avvocati della città; e) non ha
beni in Roma, né offici, né gravami di legge; f) l'abbate
Bartolomeo del monastero di S. Alessio é molto intimo
e congiunto col vicario del papa, che lo protegge in tutte
le cause dell' abbazia di S. Alessio, e spesso il detto abbate
fa regali al vicario e va a mangiare da lui.
2°) [1358], marzo 27, mercoldi.
Agostino da Siena, dottore in legge e giudice delle cause
in appello, intima di nuovo ai procuratori delle due parti di
dare, la mattina stessa del 27, la lista dei [giudici] sospetti,
tre per ciascuna parte; altrimenti si darà corso al procedi-
mento.
3°) [1358], marzo 27.
Bartolomeo di Giuliano, giudice in appello, annulla e
cassa la delegazione per giudicare data a D. Simone di Ci-
vita, perché, in quanto era « forensis», era giustamente so-,
spetto agli Annibaldi.
4°) [135^]' ""'arzo 27.
Il giudice Bartolomeo suddetto, ricevuta la lista dei so-
spetti dalle parti, delega per giudice D. Gregorio de Mar-
ganis, accettato da ambe le parti.
424 (3^. oMonaci
5'') [1358], marzo 29, venerdì.
Nicolò, mandatario della curia, riferisce al notaio della
causa di aver il giorno innanzi citato Pietro Boccaziola,
procuratore di Giov. Annibaldi, a venire a pagar l'onorario
a D. Gregorio de Marganis giudice delegato, e a proseguire
la causa.
6°) [1358], aprile 2.
Il mandatario della curia suddetto riferisce al notaio di
avere, dopo la citazione suddetta, tre volte, in giorni di-
versi, fatta intimazione (« fodisse ») a Pietro Boccaziola
procuratore suddetto.
7°) [1358], aprile 2.
Simeone, mandatario della curia, riferisce al notaio di
aver ieri citato il procuratore, e V abbate e i canonici di
S. Alessio a .comparire innanzi a Gregorio de Marganis,
giudice della causa, per udire la protesta degli Annibaldi e
dell' Orsini, e per dare malleveria di rimborsare le spese,
in caso di condanna, agli Annibaldi e all'Orsini.
8°) [1358], aprile 2.
Pietro Boccaziola, procuratore dell' Annibaldi, a nome di
lui e dell'Orsini « qui habet causam a dicto lohanne [Anni-
« baldi] )) , protesta che si deve procedere per la via ordi-
naria e libellatica, e che si deve presentare un libello dal-
l' abbate, sul quale facciasi la coutestazione della lite e
che . . . (Qui finisce la parte rimasta della pergamena ; e
finisce ancora il Reg. di S. Alessio).
In Nerini, op. cit. pp. 516-7, App. n. lxviii, al principio, ma vi sono solo le prime
righe del doc. ; Arch di Stato, perg. n. 6i, di mm. 663 x 273; Reg. di S, Alessio, t. 2°,
col testo di tutti gli atti.
^I(e gesto di Sant'Alessio all'Aventino 423
CXIII.
1358, 18-24 aprile.
1°) 1358, aprile 18.
Giovanni Nicola di Nicola degli Annibaldi vende a Leno
Giaquintelli, speziale nel rione di Biberatica, e a Teulo di
Pietro di Vetralla, del rione di S. Marco, il casale « lo
« Quatraro » fuori porta S. Giovanni nel luogo Favarolo
(di proprietà del monastero), per la somma di 3,700 fio-
rini d'oro.
In Nerini, op. cit. pp. 527-31, App. n. lxix ; Arch. di Stato, perg. n. 60; Reg. di
S. Alessio, to. 2", col testo completo.
Collazione : N p. ^27, r. i In nomine Domini D I. n. D. a[men] N p. )2S,
r. penultimo e ultimo casale lohannis balli D e. denominatum I. Ani-
balli iV p. )2<), r, ij de Torri D dei Torri N r. 8 dal fitte a dicto D silicet a dicto -V
p. /50, rr, 16-J Laurentio Barzellone D L. Bari;ellon[e] A'^ r. ij Famante D Faniante N
et D ac A^ r. 2; Vetrall . . D Vetralle N r. 2y Franconis D Francotii
2°) 1358, aprile 23.
I nobili Pietro del fu Nicola Amatore, del rione di Ripa,
Paolo de Tartaris, del rione Parione, Domenico di Pietro
Leoni, del rione di Ripa, ora abitante nel rione di Parione,
Francesco di Paolo de Fuscis de Berta, Cecco di Fulco,
del rione dei Monti, Pietro, detto Suzio, di Giovanni Mattei,
del rione Trastevere e Palocco di Nicola « Pappacurri », del
rione della Pigna, si fanno mallevadori per Giovanni degli
Annibaldi, obbligando tutt' i loro beni. Pena il doppio del
prezzo.
Arch. di Stato, perg. n.- 6o ; Re^. di S. Alessio, to. 2", col testo completo.
3°) 1358, aprile 24. .
Antonio del fu Paolo Poli, minorenne, del rione di
S. Angelo, Accursino del fu maestro Tancredi e Giovanni
Palozzi di Stefano di Paolino, del rione dei Monti, consen-
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVlll. 28
42^ qA. oMonaci
tono alla vendita del casale « lo Quatraro ». Pena il doppio
del prezzo.
Arch. di Stato, perg. n. éo ; Reg. di S. Alessio, t. 2", col testo completo. Sotto-
scrizione dei due notari al fine della pergamena: «Nicolaus Philippi Francotii Dei gratia
«alme Urbis prefecti auctoritate notarius publicus». S.T. « Franciscus Symeonis Petri
«Mathei dicti Vecchi Dei gratia alme Urbis prefecti auctoritate notarius». S.T. 11 primo
redasse la pergamena; il secondo la sottoscrisse. Il secondo e il terzo doc. non essendo
neppure accennati dal Nerini, si metta un &c. alla fine del r. 26, a p. 530. Manca ancora
nel testo del Nerini la notazione del S.T., che accompagna le sottoscrizioni dei due notari,
CXIV.
1359, marzo 25.
Atti per r istruzione della causa in appello tra il mona-
stero e Giovanni di Verarduzzo Bonaspene (cf. il doc. evi).
Si produce anche un rescritto di Egidio [Carillo de Albor-
noz] card, legato e vescovo di Sabina, che delega il vescovo
di Nepi, Bonifazio [de Getto] dei FF. Minori, ad esaminare
la suddetta causa per il possesso d'una vigna e d'altri beni,
confermando o annullando la prima sentenza, contro il mo-
nastero, di Roberto Angeli d'Amelia. Data del rescritto:
Firenze, 15 settembre 1357, a. 5° del pontificato d'Inno-
cenzo VI. « In palatio episcopatus Nepesini, in sala ipsius.
« Franciscus Teoli Petri Thonni de civitate Nepesina, Dei
« gratia, auctoritate alme Urbis [prefecti] notarius et index
« ordinarius ». S.T.
In Nerini, op. cit. pp. 531-2, App. n. lxx, dove però non si legge che il rescritto
dell'Albornoz. È completo il testo del Reg. di S, Alessio; Arch. di Stato, perg. n. 64.
Collazione : N p. ;p, r, / D questio verterttur
GXV.
1359, marzo 26 - aprile i.
Gopia (in scrittura della seconda metà del sec. xiv) di
due atti della causa in appello tra il monastero e Giovanni
di Verarduzzo Bonaspene (cf. i docc. evi e cxiv) tratta dal
registro autentico degli atti della curia vescovile di Nepi,
redatto al tempo del vescovo Bonifazio, giudice delegato.
Regesto dì Sant'Alessio all'Aventino 427
S' inizia la discussione della causa, dichiarando il vescovo
di Nepi, frate B. giudice delegato, che si può procedere
sicuramente, e che il monastero e il suo procuratore non
debbono avere alcun pregiudizio dal tempo legale già tra-
scorso per essi inutilmente, per la malattia e la morte del
vescovo predecessore Giacomo [Cancellieri] e per la va-
canza seguita della sede episcopale Nepesina. « In palatio
« episcopatus Nepesini, in sala ipsius. Luca Francisci de
« civitate Nepesina notarius, et nunc notarius dicti domini
« episcopi [Bonifacii de Getto] et sue curie » redasse il re-
gistro autentico e la copia. S.T.
Nell'Arch. di Stato, pcrg. n. 65.
GXVI.
13^9, ottobre 20.
Il vescovo di Nepi, frate B. giudice delegato nella causa
d'appello tra il monastero e Giovanni di Verarduzzo Bona-
spene (cf. i sommari evi, cxiv e cxv), costituisce suo notaio
ed officiale ser Francesco luzzi, notaro di Bagnorea. « Fran-
« ciscus Teoli Petri Tonni, de civitate Nepesina, Dei gratia,
« auctoritate alme Urbis prefecti notarius et iudex ordi-
«narius ».
Nell'Arch. di Stato, perg. n. (>6.
GXVII.
1360, maggio 26.
Il monastero loca in perpetuo (con rinnovazione del con-
tratto ogni nove anni) a Giovanni di Lello Lupi, e ai suoi
eredi e successori, la metà dei beni nel luogo « Merulano »,
territorio di Nepi, per l' annua corrisposta di tre libbre di
cera nella festa di S. Alessio. Pena una libbra d'oro. « Actum
« in dicto monasterio et capitulo ipsius monasterii. lohannes
428 qA. oMonaci
« lacobi lordani de Bulgamminis, Dei gratia, imperiali aucto-
« ritate notarius ». S. T.
In Nerini, op. cit. pp. $32-4, App. n. lxxi ; Arch. di Stato, perg. n. 67.
Collazione : N p. S33, »*. 13 Panzoneschis D pan? oneschis N r. 24 tradcre D trad-
dere N p. S34, rr. 3-4 familiare supradicti domini Abbatis D fnmiliaribus s. d. A. N. r. /
Bulgaminis D Bulgamminis.
CXVIII.
1360, giugno 13.
Francesco da Bologna, giudice palatino, preso consiglio
dal giureconsulto Paparone (il cui consulto è alla lettera
riferito) sulla questione se, nella causa per Verposa, Giaco-
bello Orsini e Giovanni degli Annibaldi possano essere am-
messi air udienza del tribunale d' appello senza dare pegni
corrispondenti al valore dei beni disputati, e considerato di-
ligentemente ogni lato della questione, sentenzia ch'é neces-
sario dare i pegni per la prosecuzione della causa. I pegni
devono ammontare al valore del castello e dei frutti da esso
percepiti negli ultimi nove anni, in ragione di 50 fiorini al-
l' anno. « Vel dicti lacobellus et Johannes vel alter eorum
« ponant se intus secundum formam statutorum Urbis; ac
« etiam interloquendo pronunptiamus in casu ubi pignora
« non deponerent, vel ipsi vel alter eorum ponerent se intus,
« sententiam latam in causa principali fore et esse executioni
«^mandandam. Quam sententiam cum omnibus suis teno-
« ribus et articulis confirmamus et corroboramus » . « In pa-
« latio Capitolii. Scripta per Paolum Smantam (che scrisse
<x anche la sentenza principale) notarium palatinum super
« appellationibus et aliis extraordinariis causis deputatum et
« diete cause. Subscripta per lohannem domini lacobi nota-
« rium palatinum, super appellationibus et aliis extraordina-
« riis causis deputatum et diete cause » .
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 68, di cm. 45 x 28, mutila nel margine destro.
T{egesto di Sanf Alessio alFAventino 429
CXIX.
1360, giugno 20.
Francesco da Bologna, giudice palatino per le cause in
appello e fuori d'ordine, conferma, a favore del monastero
di S. Alessio, le due sentenze già emanate da Francesco
de Fabris e da lui stesso contro Giacobello Orsini e Gio-
vanni de Anibaldis nella lite per Verposa. « In palatio Ca-
« pitolii. Scripta per Paulum Smantam notarium palatinum
(( super appellationibus et aliis extraordinariis causis depu-
a tatum et diete cause. Subscripta per lohannem domini
« lacobi notarium palatinum, super appellationibus et aliis
«extraordinariis causis deputatum et dicte.cause». (Questa
seconda sottoscrizione manca al testo del Nerini).
In Nerini, op. cit. pp. $34-5, App. n. lxxii; Arch. di Stato, perg. n. 69, di
mm. 222 X 287.
Collazione : N p. ^^4, r. 5 cognoscentes D congnoscicntes N r. J] reos convcntos
D reos A^ p. ;];, r. j sine pignoris datione vel totius castri D s. p. d. valoris totius e.
N r. 6 notarii D notariorum AT r. 9 ad deponendum dieta Da. d. d. pignora
iV r. I] Abbatis D domini abbatis N r. 21 Ciccharelli D Laurentio Ciccharelli X r. 2;
de man Bononia Z) de mandato domini Francisci de Bononia.
cxx.
1°) 1360, giugno 27.
Francesco da Bologna, giudice palatino nelle cause in
appello e fuori d'ordine, commette a Paolo Smanta, no-
taro, e a Pietro Palloni, mandatario della curia, di accedere
al castello di Verposa, di proprietà del monastero dei
Ss. Bonifazio ed Alessio, e di metterne in possesso i ca-
nonici del monastero suddetto o il loro procuratore Gio-
vanni de Bulgaminis. « Paulus Smanta notarius appella-
(( tionum et diete cause » .
2") 1360, giugno 28.
Giovanni de Bulgaminis, notaro e procuratore del mo-
nastero, è messo dalla curia in possesso del castello di
430 O^. oMonaci
Verposa e delle sue pertinenze. « Paulus Leonardi Smante,
« Dei gratia, imperiali auctoritate publicus notarius ». S. T.
In Nerini (op. cit. pp. 53S-7> App. n. i.xxiii) che omette, alla fine, il segno del
tabcllionato. Trascrizione esatta. Arch. di Stato, perg. senza numero, di mm. 517 X 127;
Reg, di S. Alessio, te. 2", col testo completo.
CXXI.
1361, maggio 25.
Panessa, figlia del fu « Donisius » e vedova di Rainaldo
Simoni, una volta del castello di Astura ed ora del rione
di Ripa, dona « inter vivos » al monastero dei Ss. Boni-
fazio ed Alessio un casale ed una vigna nel castello di
Astura e nella tenuta del castello, per riverenza e devozione
verso l'immagine della Vergine nella chiesa di S. Maria
in Astura, soggetta al monastero di S. Alessio. Pena una
libbra d'oro. « Actum in dicto monasterio. Johannes lacobi
« lordani de Bulgaminis, Dei gratia, imperiali auctoritate no-
ce tarius ». S. T.
In Nerini, op. cit. pp. 537-9, App. n. lxxiv ; Arch. di Stato, perg. n. 70, molto
danneggiata. I righi 5-7 avevano un foro considerevole nel centro al tempo del Nerini,
come scorgesi dai puntini della sua trascrizione. Ora sono suppliti con pergamena recente,
scritta con carattere che affetta malamente la forma trecentista.
Collazione : N p. ;j8, r. / recipienti vice et D r. v. e. nomine diete
N r. J immediate D in mediate N r. 10 Astrucii D Asturii A'' r. 11 lacobus
via mediante D I. Garnerus de Astrucìo via mediante N r. 12 eam D unam vi-
neam N r. ij capo delle De. d. vig[n]ie N r. 14 iur inter hos fines
D iur de . . inter hos fines N p. ;jc/, r. ; Familiari D Familiaribus.
CXXII.
1361, agosto 31.
Testamento nuncupativo di Teolo di Pietro di Vetralla,
« de Asscesa Proti », che lascia 50 lire di provisini alla
figlia Angelozza, natagli dal primo matrimonio, ed eredi
universali i due figli Pietruzzo e Giacobello, pupilli, del
secondo matrimonio. « Item facio testamentum dictis filiis
« meis, quod nullo tempore liceat eis vendere casale seu
Regesto di Sant'Alessio alV Aventino 431
« portionem meam casalis, quod dicitur Quatrarium (di
« proprietà del monastero), iunctam prò indiviso cum Mag-
« daleno laquintelli spetiario » (cf. il doc. cxxiv). « Nico-
« laus Plìilippi Francotii, Dei gratia, alme Urbis prefecti
« auctoritate notarius publicus». S. T.
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 71.
CXXIII.
1362, maggio 2 . . - novembre 2.
Copia autentica (1444, 3 aprile) di tre istrumenti di
vendita, dal registro notarile di Giovanni di Giacomo Gior-
dani de Bulgaminis, defunto, fatta da Giannantonio di Pie-
truccio Miccinelli ad istanza dei canonici di S. Alessio.
Precede una breve descrizione dei quaderni del registro
notarile suddetto, dove si fa cenno di alcuni documenti
degli anni 1362 e 1365. Quindi segue il tenore abbreviato
dei documenti seguenti :
i*^) 1362, maggio 2.. (i).
Il monastero concede al nobiluomo Folchetto « Petri »
di Folco, del rione dei Monti, il dritto di pascolo nella tenuta
di Verposa, per alcuni mesi, per la somma di 65 fiorini
d'oro, [un certo numero di] provature grosse di bufala, del
formaggio, e alcuni castrati, agnelli e capretti. « Actum in
(( dicto monasterio » .
2°) 1362, maggio 2.. (i).
Il monastero concede [per alcuni mesi] al suddetto
Folchetto r erbe della tenuta di S. Eufemia, per pascolo,
ritraendone una somma di denaro e un rubbio « stabliati » .
« Actum in dicto monasterio » .
(i) 20 maggio secondo il Registro di S. Alessio, to. 2".
432 q4, donaci
3°) [1362], novembre 2.
L' abbate Bartolomeo concede, per alcuni mesi, il dritto
di pascolo nell'erbe di Verposa a Nicola lozzi del rione di
Ripa, per la somma di 28 fiorini d'oro e due « onciatae » di
provature grosse. « Actum Rome in monasterio infra-
« scripto ». ft Guido de Staccolis, de Urbino, legum doctor,
« iudex palatinus et coli, curie Capitolii » attesta che le copie
presenti concordano cogli originali nei libri e protocolli del
fu Giovanni di Giacomo Giordani de Bulgammis, notaro.
« Antonius Cecchi Nicolai Petri Oddonis de Leys, Romanus
« civis, Dei gratia publicus imperiali auctoritate notarius et
« nunc corre[ctor] .... » attesta come sopra, l'anno 1444,
3 aprile. S. T. « Paulus Lelli Petroni, civis Romanus, pu-
« blicus imperiali auctoritate notarius et nunc unus ex cor-
ee rectoribus et officialibus venerabilis co[llegii notariorum
« Urbis] )) attesta quanto sopra. « Johannes Antonii Petrutii
« Miccinelli, civis Romanus, Dei gratia publicus imperiali
« auctoritate notarius » attesta quanto sopra. S. T.
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 72, mutila in tutto il lato destro, per varie parole in
ciascun rigo; Reg. di S. Alessio, to. 2°, col testo molto abbreviato e con lacune nella
trascrizione,
CXXIV.
1367, luglio 17 -giugno II.
Copia autentica (1444, 3 aprile) di quattro istrumenti,
secondo il sunto fattone da Giovanni di Giacomo Giordani
de Bulgaminis, notaro defunto. Precede una breve descri-
zione dei quaderni o protocolH del notaro suddetto. Quindi
segue il tenore abbreviato dei documenti seguenti :
i'^) 1367, luglio 17.
L' abbate Bartolomeo, essendo a lui venuti Bartolomeo
de Arrarellis, tutore dei figli del fu Teolo di Vetralla, e
Andrea de Botiis, mandatario dei figli del fu Maddaleno,
^I^egesto di Sani' Alessio all'Aventino 433
speziale, per pagare il censo del casale « Quatrario »; di-
chiara che tal pagamento non deve portare alcun pregiu-
dizio ai dritti del monastero, al quale è devoluto e ricaduto
il casale suddetto. « Actum Rome, in ecclesia monasterii
(( S. Alexii ». Tra i testi v'è il prete Pietro, rettore della
chiesa di S. Maria in Tufellato.
Arch. di Stato, pcrg. n. 73 (i),
2*') 1367, Ottobre io.
L'abbate Bartolomeo affitta, fino alla festa di S. Mi-
chele Arcangelo, del mese di maggio [il giorno 8], il pa-
scolo dell' erbe nella tenuta del castello di Verposa, tranne
le ghiande, a Paolo di Giovanni Tomarozzi, del rione di
S. Eustachio, per 85 fiorini d' oro, due castrati, due agnelli,
due capretti e 200 pezzi di formaggio. « Actum in mona-
« sterio infrascripto ».
In Nerini, op. cit. pp. 539-40, App. n. i.xxv (i). Trascrizione esatta. Arcii. di
Stato, perg. n. 73 (2).
3°) 1370-
L' abbate Bartolomeo, essendo a lui venuto Angelello,
notaro, del rione della Pigna, col figlio del fu Maddaleno,
speziale, a pagare il censo del casale (c Quadrario » in sei
soldi e nove denari, protesta che riceve il censo solo perchè
v' è tenuto, riservando i suoi dritti sul casale stesso, devo-
luto e ricaduto al monastero.
Arch. di Stato, perg. n. 73 (3).
4°) 1372, giugno II,
Il monastero vende a Paluzio di Matteolo Ponziani,
detto anche Garofolo, del rione di S. Angelo, l' uccella-
gione (( mortitorum tantum » e la caccia alle bestie selvagge
nelle selve e nella tenuta di Verposa fino a tutta la qua-
resima ventura, per due mancosi « mortitorum condecen-
« tium, et unum rofulactum condecentem et unum crapolum
434 ^- donaci
(c condecentetn. Actum in ecclesia dicti monasterii » . Fra
testi v' è un Pietro « Sapii de Francia coquus monasterii »,
In Nerini, op. cit. pp. 540-41, App. n. lxxv (2); Arch. di Stato, perg. n. 73 (4)
Collazione : N p. ^41, r. J Palutio Matheoli, dicto alias Garofolo D P, Matheol
Pontiani d. a. G. N r. io £ecit D V omette. N r. 14 e i; rofulattum D roflilactum.
Sottoscrizione alla fine della pergamena : « Johannes Antonius Pctrutii Miccinelli
« civis Romanus, Dey gratia publicus imperiali auctoritate notarius». S, T. La copia <
autenticata dalle sottoscrizioni di Guido de Senecallis, da Urbino, « legum doctor, iudex
« palatinus et collegii curie Capitoli!, et magnifici viri domini Petri de Choradis de Tu
« derto, militis et comitis, alme Urbis senatoris illustris », di Antonio Cecchi « Nicola
« Petri Oddonis de Leys, civis Romanus, Dei gratia publicus imperiali auctoritate notarius
« et nunc corrector et officialis venerabilis collegii notariorum Urbis » S. T. e di Paolo
« Lelli Petroni, civis Romanus, publicus imperiali auctoritate notarius et nunc unus ex
« correctoribus et officialibus venerabilis collegii notariorum Urbis ». S. T.
cxxv.
1372, gennaio 11-12.
1°) 1372, gennaio 11.
Il nobiluomo Cola del fu « Scolarli lordanelli », di Vi-
terbo e della contrada di S. Pietro dell' Olmo, vende al
monastero un orto col dritto d' acqua, nel territorio di Vi-
terbo « in contrata Vallis Pettinarle », per la somma di
200 fiorini d'oro. Petoncio Muzegli, di Viterbo e della
contrada di S. Pellegrino, fa malleveria, obbligando tutt' i
suoi beni, in favore di Cola Giordanelli. Pena il doppio.
« Actum in civitate Viterbii, in domo mei notarli infra-
« scripti ».
2°) 1372, gennaio 12.
Frate Lorenzo del fu Fani di Orvieto, priore e cano-
nico del monastero di S. Alessio e suo procuratore, prende
possesso dell' orto suddetto. « Actum in orto predicto.
« Franciscus lohannis de Viterbio, auctoritate alme Urbis
« prefecti iudex ordinarius atque notarius » redasse l' istru-
mento. Si sottoscrivono : « Pancratius magistri Dominici de
« Capralea civis Viterbiensis, alme Urbis prefecti auctoritate
« iudex ordinarius et notarius » . « Pisanus Brunatii de Vi-
Regesto di Sant'Alessio all'Aventino 435
« terbio, auctoritate alme Urbis prefecti notarius et iudex
« ordinarius » .
Nell'Arch. di Stato, perg. n, 74; Reg, di S. Alessio, to. 2**, col testo completo.
CXXVI.
1372, febbraio 9.
i**) Giovanni del fu Tuzio del maestro Angelo, di Vi-
terbo e della contrada di S. Stefano, vende al monastero
un orto con dritto d' acqua, nel territorio di Viterbo, con-
trada di Valle Canale, e tre pezze di terra (« leghas ») nel
luogo suddetto, per la somma di 1550 fiorini d'oro. Pena
il doppio. Si fanno mallevadori per il detto Giovanni i due
suoi fratelli lacobuzzo e Fazio. Nelle formole di obbliga-
zione si legge : « Et prò predictis omnibus et singulis su-
« pradictis actendendis et firmiter observandis obligavit se
« dictus venditor et suos heredes personaliter Viterbii, Rome
« et ubique locorum et terrarum et ubicumque eum inve-
« nerit et ibidem ab eo petere vel convenire voluerit ».
« Actum in civitate Viterbii, in apotheca Patii Tutii supra-
(( dicti, posita in contrata Sancti Stephani » .
2°) Il giorno stesso frate Lorenzo, priore e canonico
del monastero, prende possesso del fondo. « Actum est hoc
« in possessionibus et rebus venditis supradictis et qualibet
(( ipsarum ». « Pranciscus lohannis de Viterbio auctoritate
(( alme Urbis prefecti iudex ordinarius atque notarius » . Si
sottoscrive come teste « Pisanus Brunatii de Viterbio aucto-
« ritate alme Urbis prefecti notarius et iudex ordinarius »
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 75.
CXXVII.
1372, settembre 5.
Francesca, vedova di Andrea de Rubeis, del rione di
Ripa, aggiunge dei codicilli al suo testamento, scritto per
mano del notaro Giacomo « Mascii », lasciando al mona-
43^ qA' oMonacì
stero di S. Maria Rotonda d' Albano una casa « solarata »
nel rione Ripa, con camera ad uso di cucina, a condizione
che vi possa abitare, vita durante, senza spesa alcuna, Mattia
sua serva. « Actum Rome in regione Ripe, in domibus
« habitationis diete domine Francisce » . « Anthonius Bar-
« tholomei Varonis, civis Romanus, Dei gratia, imperiali
« auctoritate notarius ». S. T.
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 76.
CXXVIII.
1373, settembre 9,
Possedendo il monastero un casalino « in quo reponitur
« et remictitur vena ferri » in Roma, alla Marmorata, locato
già al fu Pietro di Giacomo « de regione Sancti Angeli et
« contrata Piscine » ed ora devoluto alle sue figlie Giovanna
e Perna ; si riconosce il dritto del monastero, come pro-
prietario del casalino, alla pensione annua di 12 denari
di provisini del Senato « usualis monete », e ad una pen-
sione anche maggiore, se la locazione anteriore la stabi-
lisse, pagando le suddette al monastero, per mezzo del loro
procuratore, 24 soldi di provisini per l'istrumento di rico-
gnizione. « Actum in dicto monasterio » . « Johannes lacobi
« lordani de Bulgamminis, Dei gratia, imperiali auctoritate
« notarius ». S. T.
Arch. di Stato, perg. n. 77.
CXXIX.
1375, luglio 17 - 1377, marzo 12.
Copia autentica (1444, aprile 3) di tre istrumenti no-
tarili. Precede una breve descrizione dei due libri o proto-
colli del notaio Giovanni di Giacomo Giordani de Bulga-
minis, donde fu estratta la copia. Quindi segue il sunto
dei documenti seguenti:
T^gesto di Sant'Alessio all'Aventino 437
I ) 1375, luglio 17.
Marco, del fu Maddalene speziale, del rione Colonna,
e Pietruzzo Teoli di Vetralla, del rione della Pigna, avendo
portato al monastero il censo annuale del casale lo Qua-
traro in sei soldi e nove denari di provisini del Senato,
r abbate Bartolomeo protesta che, ricevendo il censo, non
intende pregiudicare menomamente i dritti del monastero,
cui è devoluto e ricaduto il casale suddetto. « Actum in
(( sacrastia ecclesie dicti monasterii » . Tra i testimonii sot-
toscritti v' è un prete Pietro rettore della chiesa di S. Maria
in Tufellato (i) del rione di Ripa.
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 78; Reg. di S. Alessio, to. 2", col testo completo,
2°) 1377, gennaio i.
Il monastero loca per tre anni a Nucio di Pietro Gi-
belli, del rione di S. Angelo, la terza parte del casale la
Cicogniola e la metà d' una quarta parte del casale Schiaci,
fuori porta S. Paolo, colle loro tenute, per la corrisposta
annua di otto rubbia di grano, secondo la misura del Se-
nato, e di quattro fiorini d' oro. « In camera, propter in-
« firmitatem domini abbatis ».
In Nerini, op. cit. pp. 541-42, App. n. lxxv (3); Arch. di Stato, perg. n 78;
Keg. di S. Alessio, to. 2", col testo completo.
Collazione : N p. J41, r. 2 die primo lanuarii D die primo mensis lanuarii (^però
queste parole si leggono nel protocollo della pergamena n. j8 (^doc. 1°), non nel secondo do-
cumento, che comincia invece : Eodem die, in dicto loco, coram supradictis tcstibus etc")
N r. 4 congregati in camera D e. ut supra (rinviando al protocollo della pergamena').
N p. ;42, r. j Sebastiani D Sabastiani N rr. 16 e 17 lesu D Yhesu.
3") ^77? niarzo 12.
Il monastero loca per 18 anni a Giovanni di Cecco
«Mancini», detto anche Giovanni de Tomassa, due case
insieme unite nel rione di Ripa, ©ella contrada « Porticus
(i) V. Armellini, Chiese di Roma, 2* ediz. pp. 81 e 635.
438 qA. donaci
« Gallatorum », mancando di mezzi per mantenere e ripa-
rare le case suddette, causa le spese occorse per la crea-
zione del nuovo abbate. Riceve in cambio io fiorini in
moneta, e la pensione annua di due soldi di provisini.
« Actum in capitulo dicti monasterii » .
In Neriki, op. cit. pp. S42-3, App. n. lxxv (4) ; e nelI'Arch. di Stato, perg. n. 78.
Re^. di S. Alessio, to. 2°, col testo completo.
Collazione : N p, ^42, r. i Die .xxn. mensis martii D Die .xii. m. va. N r, 7
lubarcllarus D lubarullarus N p. f4^, r, / Capitulum D capitulo (per inavverieni^a).
Seguono le sottoscrizioni, per autenticare la copia, di Guido de Staccolis « de Ur-
« bino, legum doctor, iudcx palatinus et collegii curie Capitolii et magnifici viri domini
« Petri de Choradis de Tuderto, militis et comitis, alme Urbis senatoris illustris », di An-
tonio Cecchi a Nicolay Petri Oddonis de Leys, civis Romanus, Dei gratia publicus impe-
« riali auctoritate notarius et nunc corrector et officialis venerabilis collegii notariorum
« Urbis » S. T. e di Paolo di Lello Petroni « civis Romanus, publicus imperiali auctori-
« tate notarius, et nunc ex correctoribus et officialibus venerabilis collegii notariorum
« Urbis ».
« lohannes Antonius Petrutii Miccinelli civis Romanus, Dei gratia publicus imperiali
«auctoritate notarius et iudex ordinarius». S. T.
cxxx.
1377 [gennaio 4 - marzo 21].
L'abbate Pietro de Muscianis è messo in possesso del-
l'abbazia di S. Alessio in vigore d'una bolla di papa Ur-
bano VI.
Se ne fa menzione in Nerini, op. cit. pp. 273-4 e 544. Il testo del doc. originale è
ignoto, sebbene alcune bolle pontificie, di questo tempo appunto e sullo stesso soggetto,
siano chiaramente indicate dal testo del doc. cxxxi (perg. 79, num. i, dell'Arcb. di Stato).
Cf, il doc. seguente.
CXXXI.
1377, maggio 25-6.
Copia autentica (1444, 3 aprile) di due istrumenti, tolta
da un protocollo o « liber habreviaturarum » del fii Giovanni
di Giacomo Giordani de Bulgaminis notaro. Ad una bre-
vissima descrizione del protocollo suddetto segue il sunto
dei documenti.
1°) 1,377, maggio 25.
Il monastero, mancando di mezzi per sciogliersi dai de-
biti, delibera di locare per otto anni a Nicola Valentini, del
Regesto dì Sant'Alessio all'Aventino 439
rione dei Monti, e a Cecco Peregrini, del rione della Pigna,
o ad uno di loro, il casale di S. Fumia (Eufemia) fuori
porta Appia, per il canone annuo di 75 fiorini d' oro.
« Actum in capitulo dicti monasterii » . Tra i nomi dei testi
vi sono : « Paulo Salvatelli marmorario de regione Trivii »
e « Nanne magistri lannecti marmorario de Aretio et nunc
« de Urbe, de regione Sancti Eustachii » .
In Nerini, op, cit. pp. 543-4, App, n. i.xxv (5), e nell'Arch. di Stato, pcrg. n, 79.
Trascrizione esatta.
2°) 1377, maggio 26.
Il monastero, per sciogliersi dai debiti (contratti anche
per la creazione del nuovo abbate e che qui son detti più
grandi che nel doc. precedente), delibera di locare per otto
anni a Nicola ,Valentini e a Cecco Peregrini il casale di
S. Eufemia, per il canone annuo di soli 25 fiorini d'oro.
« Actum in capitulo dicti monasterii » .
Nell'Arch. di Stato, perg. n. 79.
Per convalidare la copia, seguono le sottoscrizioni di Guido de Staccolis, giudice pa-
latino, Antonio Cecchi de Leys, notaro (col S. T.) e Paolo di Lello Petroni, notare (col
S. T.), simili in tutto a quelle della perg. precedente. « Johannes Antonius Petrutii Micci-
o nelli, civis Romanus, Dey gratia publicus imperiali [auctoritate] notarius et iudex ordi-
« narius ».
CXXXII.
1388, gennaio 14.
Il nobiluomo « Giannes Francisci Marcucii domini Pauli »
di Viterbo costituisce suoi procuratori Angelo Morontis, di
Viterbo, e Genattano « Francisci », altrimenti detto Pancia,
per una permuta col monastero : avendone la facoltà di con-
durre rivi d'acqua attraverso gli orti del monastero nei suoi
orti in Val Canale, e dando la metà d'un campo nella con-
trada di Batacciano. « Actum Viterbii in domo habitationis
« supradicti. Tutius quondam Benedicti Tutii, de Viterbio,
« publicus auctoritate alme Urbis prefecti notarius et iudex:
« ordinarius ». S. T.
440 O^. €Monacì
In Nerini, op. cit, pp. 544-5, App. n. lxxvi ; Arch. di Stato, perg. n. 81.
Collazione : N p. $4^, r. / alias Pantie D a. Pancie N r. ^ dal fine Vannis
D V. Puree N r, S dal fine alias Da. Precinchie Alla sottoscriiione del noiaro
aggiungasi: Singnum Mei Tucii (S. T.) notarii et iud. supradicti.
CXXXIII.
1389, luglio IO.
Marino [Bulcano], diacono card, di S. Maria Nuova e
camerario, « nobilibus viris Paulucio de Perleonibus, la-
« cobello Butii magistri Nicolai de regione S. Angeli, Do-
(( minico Nucii Lapi de regione Canipitelli et lacobo Sic-
« coccie de regione Campitelli de Urbe )). Ordina di dare
alla Camera apostolica il grano che dovevano al monastero
di S. Alessio per alcuni territorii e casali, che avevano in
affitto dal monastero, debitore alla Camera apostolica « sui
« communis servitii » e di alcune somme di denaro. « Dat.
« Rome ».
Neil' arch. Segr. Vatic. Armadio 29 (Div. Canter.^, to. 1", e, 75,
CXXXIV.
[1389-1390].
Bonifacio IX affida il monastero di S. Alessio a Cristo-
foro [Maroni o Marone] prete cardinale del titolo di S. Ci-
riaco.
Da un regesto di Bonifacio IX, ora smarrito, segnato nell'indice delle cniese dei-
l'arch. Segr. Vatic. num, 555: A. B. B. 9. I, 9, a p. 30.
cxxxv.
1390, maggio 23.
Inventario dei beni del monastero dei Ss. Alessio e Eu-
temiano, che sono dati in commenda al card. Cristoforo
[Maroni], del titolo di S. Ciriaco. Nomi delle possessioni:
il casamento del monastero stesso, parte del casale della
Cecognola, l'ottava parte del casale Schiaci, due pezze di
T{egesio di Saiit^ Alessio all'Apeiituio 441
terra vicino al castello di Mareno (Marino), il castello di
Verposa vicino a Civita Lavinia, vigne nel monte della Va-
gnara, della S. Pace, di S. Alessio e nel monte « lo Pavi-
«glone », una casa in Trastevere, le possessioni nel Viter-
bese, le grotte e le case intorno al monastero e nella con-
trada della Marmorata, due case nel rione di Ripa, nella
contrada Ceppitella, le vigne locate al monastero di S. Maria
Nuova, un pezzo di terra vicino al monastero di S. Paolo
« supra Maceras » , il censo annuo di due libbre di cera do-
vuto dalla chiesa di S. Maria dell'Annunziazione (sulla via
Ardeatina) e il casale « lo Quatraro » . [« Franciscus lohannis
c( Pauli de Romaulis notarius »]. « Johannes Matthias quon-
« dam Petri de Taglientibus, Romanus civis, publicus. Dei
« gratia, imperiali authoritate notarius » estrasse la copia dal
registro notarile, nella 2* metà del xv secolo (cf. l'intro-
duzione, p. 358).
In Nerini, op. cit. pp. 546-9, App. n. lxxvii ; Reg. di S. Alessio, to. 2**, col testo
più completo, e preceduto dalla nota seguente, omessa dal Nerini : o In nomine Domini
« amen. Hoc est quoddam sumptura, exemplum sive transumptum, sumptum et exemplatuni
« per me lohannem 'Mathiam de Taglientibus, civem Romanum, notarium infrascriptum,
« de quodam instrumento reperto in libris et prothocollis quondam bone memorie Francisci
« lohannis Pauli de Romaulis notarii iani defuncti, cuius instrumenti tenor per omnia talis
* est «.
CXXXVI.
1391, gennaio 6.
Giacobello di Giovanni Rubei, del rione di Ripa, rinunzia,
a favore del monastero di S. Maria Rotonda d'Albano, ai
suoi dritti sopra due case, una « solarata tantum », l'altra
«terrinea tantum », nel rione Ripa, per 8 ^/j fiorini d'oro
(( et monetas » . Pena una libbra d'oro. « Actum Rome in
(( regione Ripe. lacobellus Mascii de Urbe, Dei gratia, sacre
«Romane prefecture auctoritate notarius publicus». S. T.
Nell'Arch. di Stato, pcrg. n. 82 ; Reg. di S. Alessio, te, 2°, col testo completo.
Arclìivin della R. Società romana di storia patria. Voi. XX Vili. 29
442 Q/l- €\lonaci
CXXXVII.
1°) [1391], marzo 19 (i), indiz. xiv.
Giovanni Ottabiani, del rione di Ripa, vende a Pietro
Paolo di Lorenzo Canetti, del rione Campitelli, tré pezze
di vigna, colle loro adiacenze, dentro Roma, sul Monte di
S. Alessio, di proprietà del monastero (cui è dovuta la cor-
risposta)^ per 20 fiorini d'oro, calcolando 47 soldi di pro-
visini (« soli. prov. ») per ogni fiorino d'oro. Paoluzzo Ot-
tabiani, molinaro, del rione di Ripa, fa malleveria per il
venditore. Pena una libbra d'oro. « Actum Rome in regione
« Campitelli, ante ecclesiam S. Marie de Curia. lacobus
(( magpstri Antonii alias dictus Pin]o, Romanus civis, Dey
« gratia, imperiali auctoritate notarius publicus ». S. T.
Arch. di Stato, perg. n. 83 ; Reg. di S, Alessio, to. 2°, col testo completo.
2°) [1391], marzo . . .
Agapta, moglie di Giovanni Ottabiani, consente alla
vendita suddetta. Pena una libbra d'oro. « Actum Rome,
(( in ecclesia S. Gregorii de Quatuor Capitibus regionis Ripe.
« lacobus magistri Anthonii alias dictus Pino, Romanus
« civis, Dey gratia, imperiali auctoritate notarius publicus » .
S. T.
Arch. di Stato, perg. n. 83; Reg. di S, Alessio, to. 2", col testo completo.
3°) [1391]? agosto 7, indiz. xiv.
Il card, prete Cristoforo [Maroni o Marone], commenda-
tario del titolo di S. Ciriaco, e il monastero consentono alla
locazione suddetta, a favore di Pietro Paolo di Lorenzo Ca-
netti, che subentra^ nella locazione fatta prima dal monastero
a Gio. Ottabiani, per il canone annuo d'una « facula » di
(i) Come leggesi. nel doc. n. 3.
"J^gesto di' Sant'Alessio alV Aventino 443
cera nuova, del peso d'una libbra, e la somma di 22 soldi
e mezzo di provisini del Senato per il consenso dato. « Actum
« Rome, in reclaustro dicti monasterii. lacobus magistri An-
ce tonii )) &c. come sopra.
In Nerini, op. cit. pp. 549-50, App. n. lxxviii; Arch. di Stato, perg. n. 83; Reg.
di S, Alessio, to. 2°, col testo completo.
Collazione : N. p. S49, rr, 1-2 In nomine Domini, amen. Anno Domini
Pape Vili. Indictione xiii D Eisdem Anno domini, pontificata, indictione et N r. f Ci-
riaci D Cinriaci N r. penultimo infrascripti D infra scripti N />, //o, rr, 19-20, e R Campi
Martii D campimartis N r, 22 Penitenziario D penitenziario
4°) 1391, settembre 8.
Bucciarone di Napoleone, del rione Campitelli, procu-
ratore del suddetto Giovanni Ottabiani, mette in possesso
Pietro Paolo di Lorenzo Canetti delle tre pezze di vigna
suddette. « Actum Rome, in dieta vinea. lacobus magistri
« Anthonii » &c. come sopra.
Arch. di Stato, perg. n. 83 ; Reg. di S. Alessio, to. 2°, col testo completo.
CXXXVIII.
[1392], gennaio 9.
c( Stephano tituli S. Marcelli, Francisco tituli S. Susanne
« ac Cristophoro tituli S. Ciriaci presbyteris cardinalibus » .
Bolla di Bonifazio IX, che concede a Teobaldo de Ani-
ballis, domicello romano, di comprare per 1000 fiorini d'oro
dal monastero di S. Alessio il casale diruto, una volta ca-
stello, di Nave, detto anche Verposa, purché la somma ri-
tratta dalla vendita sia volta all'acquisto di altri beni immo-
bili, più utili pel monastero. I cardinali Stefano [Palosi o
Palocci] e Francesco [Carbone] devono poi approvare e ra-
tificare coll'autorità apostoHca la compera, se loro sembri
opportuno. Inc. « Eximie devotionis » . « Datum Rome apud
« S. Petrum, pontif. a. 3^ ». « lac. de Teram.».
Arch. Segr. Vatic. Dal voi. prima segnato, secondo l'indice delle chiese con titoli
cardinalizii : A B. B, 9, III, io, ora: Bonifazio IX, 1392, anno 3**. Lib. 36 de Curia,
[Regesto Laterancnse, voi.] 25, e. cv.
^4 ^' ^(fJi^ci
CXXXIX.
[1398], aprile 18.
Bolla di Bonifazio IX, che annette il monastero dei
Ss. Alessio e Bonifazio, con tutt' i suoi possessi, alla basilica
Vaticana (le cui rendite erano notevolmente diminuite), dopo
però che il card. Cristoforo Maroni, commendatario, abbia
rinunziato o sia defunto, riservando al vicario del monastero
e ai quattro suoi amministri dell' Ordine Premostratense
una pensione annua di 200 fiorini d' oro. Inc. « Romani
« pontificis )). (c Datum Rome, apud S. Petrum, pontific.
« a. 9° » .
In Nerini (che dà il testo abbreviato ma senza lacune), op. cit. pp. 278-81, e in
Collectio bullarum . . . , basilicae Vaticanae, Romae, 1747-52, 10.2", pp. 46-8. Nel regesto
dell'arch. Segr. Vatic. prima segnato: A B. B. 9. VI. 9, ora: Bonifazio IX, 1398, anno
nono, lib. 74; [regesto Lateranense, voi.] 61, ce. ccvi b-vii b; e nel regesto quinto Epi-
siolarum de Curia Bonifacii IX, e. 49. L'originale, secondo il Nerini, era nell'arch. della
basilica Vaticana, capsul. 3", fase. 8°.
Per uniformarmi al sistema delle pubblicazioni della
R. Società romana di storia patria, mi limito, per ora, alla
edizione della prima parte del Regesto di S. Alessio, fino a
tutto il secolo XIV. Rimangono ancora circa 260 documenti,
di minor pregio dei precedenti, sebbene quasi tutti comple-
tamente inediti. Di alcuni più importanti ho già fatto men-
zione neir introduzione.
A. Monaci.
Regesto dì Sant'Alessio alF Aventino 445
INDICE CRONOLOGICO
DEGLI SCRITTORI DELLE CARTE
[395-407?] lohannes scrin. S. R. E. avrebbe redatto il papiro della dona-
zione d'Eufemiano (I).
987. Benedictus scrin. S. R. E. (II e III).
[987-8.] Petrus scrin. Sacrosancte Rom. Eccl. (IV).
996. Heribertus cancellarius ad vicem Petri Cumani episcopi et archican-
cellarii recognovit il diploma d'Ottone III (V).
1002. Benedictus scrin. S. R. E. trascrisse il doc. I apocrifo.
1043. Sergius scrin. S. R. E. (VI).
[1050 circa-1300 e] Willelmus medicus. Dei gratia S. R. I. scrin., trascrisse
la copia del doc. I apocrifo.
[1072.] Guinizo scrin, (VII).
1075-? Lucas Dei gratia S. R. I. iudex et scrin. trascrisse il doc. VII.
II 16. Gregorius scrin. S. R. E. (Xll).
[1140.] Nicolaus S. R. E. scrin. (XIII int.).
1145. Nicolaus « scrinearius » S. R. E. (XIV).
1148. lohannes scrin. S. R. E. (XV).
iiS3-[69.] Oddo scrin. S. R. E. (XVI, XVHI-IX e XXI).
Il 54-? Filippus scrin. S. R. E. trascrisse il doc. XVI. Cf. l'a. 1205.
[1165.] Nicolaus scrin. S. R. E. (XX).
[117J3. Petrus scrin. S. R. E. (XXII).
119 3. lohannes Leonis S. R. E. scrin. habens potestatem dandi tutores &c.
(XXIII).
1202. Crescentius S. R. E. scrin. (XXIV).
120$. ..Filippus scrin. S. R. E. (XXV). Verosimilmente è lo stesso « Fi-
« lippus scrin. S. R. E.» che trascrisse il doc. XVI, dell'a. 1153, redatto
da Oddone, scriniario. I due puntini innanzi a « Filippus » si possono
togliere leggendovi: «Ego».
1205. lohannes scrin. S. R. E. (XXVI).
1208. Deustebenedicat Dei gratia S. R. E. scrin. (XXVII). Trascrisse il
doc. XXXIX, dell'a. 1242.
1224. Petrus Bonegentis, Dei gratia S. R. E. scrin. (XXXII).
1224. Petrus Dai gratia S. R. E. scrin. (XXXIII).
1229. Gregorius Landulfi Dei gratia S. R. E. scrin. (XXXIV).
44^ G^- donaci
i2j$-$2. Donadeus Petri Rabici Dei gratia S. R. E. scrin. (XXXVI), habens
potestatem dandi tutores &c. (XLIV).
1241. lohannes Henrici S. R. I. scrin. habens plenam potestatem a Gregorio
PP. IX dandi tutores et curatores &c. (XXXVIII).
1242. Deus Te Adiuvet iudex et scrin. (XXXIX). Cf. lohannes Deus Te
Adiuvet.
1243. Angelus Thomasii S. R. I. scrin. (XLI).
1245-59. Bartholomeus Mathei, Dei gratia S. R. E. scrin., trascrisse il
dee. XXIV, redasse il doc. XL.
1246. Berardus Dei gratia S. R. I. iudex et scrin. (XLII).
i2$6. lohannes Deus Te Adiuvet S. R. E. scrin. (XLV).
1262. lohannes domini Deus Te Adiuvet S. R. E. iudex et scrin. (XLVII).
1262-$. Angelus Thome imper. aule scrin, (XLVI e LXIII int.).
1265. Paulus Raynerius Dei gratia S. R. E. scrin. (XLVIIIb).
1265-96. Leonardus lacobi Rubei, S. R. E. not., trascrisse i docc. XXXIV
e XXXVI; redasse i docc. XLVIII a, XLIX, LII, LIV-V, LVII-VIII,
LX-LXIII, LXXII. ...iudex et not. (LXXIII-IV).
1266-84. Un magister Nicolaus scrin. è nominato nel doc. LXIII.
1267. Paulus filius olim Stefani lohannis Oddonis, Dei gratia S. R. E. iudex
et scrin. (L-LI).
1271. Magister Nicolaus, Dei gratia S. R. E. scrin. (LUI, 1-5).
1274. lohannes de Rapic^is S. R. E, scrin. (LVI),
[1277.] Munaldus Ancontani not. è nominato nel doc. LVII.
1278. Gregorius notatius (LVIII, 1-3).
1278. Petrus Henrici ludicis, auctor. Sacrosancte Rom. Eccl. iudex et scrin.
(LIX).
1285. Gualdus quondam domini Nicolay, civis viterbiensis, imper. aule
auctoritate not. (LXIV).
1287. lustinus lustini Dei gratia S. R. E. iudex et scrin. (LXV).
1288. Vitus Bartholomei, auctor. alme Urbis prefecti iudex ordin. atque
not. (LXVII-VIII).
1288. Nicolaus Petrucii de Vico S. R. E. scrin. (LXVI).
1288. Petrus olim Rasmi imper. auctor. not. publicus (in Viterbo) (LXIX-
LXX).
129 1. lohannes Petri Egidie auctor. alme Urbis prefecti not. (in Viterbo)
(LXXI, 1-5).
1297. lacobus Leonardi lacobi Rubei imper. auctor. not. (LXXV, i e 2).
1306. Angelus lohannis Scrascia notarius (in Viterbo) (LXXVIII).
13 IO. lohannes Barnabe de Albano, imper. auctor. not. (LXXIX e LXXX).
13 IO. lulianus Quieti lohannis Astalli, Dei gratia sacri prefecti auctor. not.
et nane not. domini Vicarii [Pape] (LXXXII, a e b).
1310-30. Caciatus magistri lohannis notarli auctor. alme Urbis prefecti iudex
ordin. et not, (o Caciatus m. l. notarius de Viterbio, a. a. U. p. i. o. et n.
(LXXXI e LXXXVII).
15 15-9 Petrus Maximi de Urbe, Dei gratia alme Urbis illustris prefecti (o
prefecture) auctor. publicus not. (LXXXIII e LXXXV).
Regesto dì Sanf Alessio all'Aventino 447
1324. Andreas Francisci de Felicibus notarli, Dei gratia alme Urbis ilìustris
prefecti auctor. not. (LXXXVI).
[15 3 1-2.] Ser Egidius Ser Francisci Scambii Maczangnoni, notare di Vi-
terbo, è menzionato nel doc, LXXXVIII.
1334. Johannes Andree Alberti de Viterbio, auctor. alme Urbis prefecti not.
et index ordin., trascrisse il doc. LXXVIII.
1334. Stephanus condam lannis de Viterbio, auctor. alme Urbis prefecti
not. et index ordin. et nunc not. dom, episcopi (Viterbiensis et Tusca-
nensis) (LXXXIX e XC).
1334-5. Nicola magistri Fusci de Viterbio, auctor. alme Urbis prefecti not.,
trascrisse il doc, XCI; not. et iudex ordin. nel doc. XCII.
1334-41. Johannes quondam magistri Mathei Natii de Viterbio, alme Urbis
prefecti auctor. not. et iudex ordin. (LXXXVIII e XCIV).
1340-41. Petrus lohannis Bovacciole, Dei gratia alme Urbis prefecti author.
not. et iudex ordin. (XCIII).
1342. Leonardus lohannis Luce de Cora, publicus inper. auctor. not. (XCV).
1343. Nicolaus domini Petri Sancti, Dei gratia imper. auctor. not. (XCVI).
1345. Gosmatus Petri Merescalci, Dei gratia sacrosancte prefecture publicus
auctoritate not. (XCVII).
1347. Johannes Oddonis, notarius palatinus ("della Curia del Campidoglio)
super investimentis factis deputatus (XCIX).
f-1349.] Laurentius Egidii Leporis notare è nominato nel doc. C.
1349. Johannes Aniballi imper. auctor. publicus not. et iudex ordin. (C e CI)
1349. Paxius Petri de Castro Civite imper. auctor. not. publicus (CU).
1356. Guillelmus de Reate not. (CHI).
1356. Franciscus lohannis de Viterbio not. (CIV). Cf. l'a. 1372.
1357. lacobus condam magistri Betti de Fighino, civis florentinus, imper.
auctor. iudex ordin. atque notarius, nuncque notarius et officialis domini
potestatis et communis Viterbii (CVI).
1357. Bartholomeus magistri Fatii condam magistri Angeli de Viterbio,
auctor. alme Urbis prefecti not. et iudex ordin, trascrisse il doc. CVII.
1558. Paulinus Bartholomei, civis romanus, Dei gratia imper. auctor. nota-
rius appellationum (nella Curia del Campidoglio) (CVllI-X).
1358. lohannes de Bulgaminis, notarius appellationum, è nominato nei
docc. CIX-X.
1358. Andreas de Buccamatiis notarius investimentorum factorum (CXI, i),
appellationum (nella Curia del Campidoglio) (CXI, 4, 6 e 9).
1358. Petro de Sabello, scriba Senatus, è menzionato nel doc. CXI, i e 6.
1358. Hennufrius loco Petroni (o Petronis) de Sabello, scriba Senatus
(CXI, I e 6).
1358. Laurentius de Ciccarellis de Urbe not. appellationum [Curie Capi-
toli!] (CXI, 5 e 6), ...et nunc notarius domini Angeli de Cantalupo
(CXI, 7).
1358. Laurentius scriba Senatus (CXI, 9).
1358. Franciscus Symeonis Petri Mathei dicti Vecchi, Dei gratia alme Urbis
prefecti auctor. notarius, sottoscrisse il doc. CXIII.
448
dA. donaci
1358-61. Nicolaus Philipp! Francotii alme Urbis prefecti auctor. not. pu-
blicus redasse il doc. CXIII (1-3), senza però firmarlo; ... Dei gratia alme
Urbis prefecti auctor. not. publicus (CXXII).
1359. Franciscus Teoli Petri Thonni (o Tonni) de civitate Nepesina, Dei
gratia auctor. alme Urbis prefecti not. et index ordin. (CXIV e CXVI).
1359. Luca Francisci de civitate Nepesina not., et nunc not. domini episcopi
Nepesiai et sue curie (CXV).
1360. Paulus Smanta notarius palatinus (del Campidoglio) super appellatio-
nibusetaliis extraordinariis causi; deputatus (CXVIII-IX), notarius appel-
lationum (CXX, i).
1360. Paulus Leonardi Smante, Dei gratia imper. auctor. publicus not.
(CXX, 2).
1360. Johannes domini lacobi not, palatinus super appellationibus et aliis
extraordinariis causis deputatus sottoscrisse i docc. CVIII-IX.
1360-77. Johannes lacobi lordani de Bulgaminis (o Bulgamminis), Dei gratia
imper. auctor. not. (CXVII, CXXI, CXXIII-IV, CXXVIII-IX e CXXXI).
1372. Q.uiricus Petrutii Thome de Viterhio, auctor. alme Urbis prefecti not.
et index ordin., trascrive il doc. XCIV.
1372. Pancratius magistri Dominici de Capralea, civis viterbiensis, alme
Uibis prefecti auctor. iudex ordin. et not. (CXXV).
1372. Pisanus Brunatii de Vilerbio, auctor. alme Urbis prefecti not. et index
ordin. (CXXV). Nel doc. CXXVI si sottoscrive come teste.
1372. Anthonius Bartholomei Varonis, civis romanus. Dei gratia imper.
auctor. not. (CXXVII).
1372. Franciscus lohannis de Vi'erbio, auctor. alme Urbis prefecti iudex
ordin. atque not. (CXXV-VI). Forse è lo stesso notato all'a. 1356.
1372. lacobus Mascii not. è menzionato nel doc. CXVIIL
1388. Tutius quondam Benedicti Tutii de Viterbio, publicus auctor. alme
Urbis prefecti not. et iudex ordin. (CXXXII).
1390. Franciscus lohannis Pauli de Romaulis not. (CXXXV).
1391. lacobellus Mascii de Urbe, sacre romane prefecture auctcritate not.
publicus (CXXXVI).
139T. lacobus magistri Anthonii alias dictus Pino, romanus civis, Dey gratia
imper. auctor. not. publicus (CXXXVII).
1444. Antonius Cecchi Nicolai Petri Oddonis de Leys, romanus civis (o
civis rom.), Dei gratia publicus imper. auctor. not. et nunc corrector et
officialis venerabilis Collegii Curie Cipitolii (ovvero : Notariorum Urbis)
firma i doc. CXXIII-IV, CXXIX e CXXXI.
1444. « Guido de Staccolis de Urbino, legum doctor, iudex palatinus et Col-
« legii [notariorum] Curie Capitolii » (firma il doc. CXXIII), * et ... dom.
« Petri de Choradis de Tuderto, militis et comitis, alme Urbis senatoris
« illustris ). firma i docc. CXXIX e CXXXL
Iif4}. Guido de Senecallis de Urbino, cogli stessi titoli dell'antecedente,
nei doc. CXXIX e CXXXI. Redasse il docc. CXXIV.
1444. lohannes Antonius (o Antonii) Petrutii Miccinelli, civis romanus, Dey
^I{egesto di Sant'Alessio all'Aventino 449
(o Dei) gratia publicus imper. auctor. not., trascrisse i docc. CXXIII e
CXXIV;... notarius et iudex ordin. trascrive i docc. CXXIX e CXXXI.
1444. Paulus Lelli Petroni_, civis romanus, publicus imper. auctor. not. et
nunc unus ex correctoribus et officialibus venerabilis Collegii Notariorum
Urbis, firma i docc. CXXIII-IV, CXXIX e CXXXI.
1451-500 circa. lohannes Matthias quondam Petri de Taglientibus, romanus
civis, publicus, Dei gratia, imper. author. notarius, trascrisse il doc. CXXXV.
I gioielli di Vanno^a
ED UN' OPERA DEL CARADOSSO
HI sa se nella vecchia dama austera che, nei primi
anni del Cinquecento, chiedeva perdono a Dio di
un passato splendidamente peccaminoso, frequen-
tando le chiese di Roma, da S. Giovanni in Laterano a
S. Maria del Popolo, dalla Minerva a S. Maria in Portico
ed a S. Lorenzo in Damaso (i), era rimasta qualche traccia
della bellezza che aveva un di acceso i desideri di Rodrigo
Borgia ! La « felice ed infelice Vannozza Borgia de Catha-
«neis», come ella soleva firmarsi nelle lettere alla figliuola
Lucrezia, era ormai diventata una « donna dabbene » : cosi
la chiamò Paolo Giovio (2). Tutta sollecita delle pratiche
di pietà, dopo che fu passata la burrasca addensatasi, alla
morte di Alessandro VI, sul capo di quanti appartenevano
alla famiglia Borgia, ella trascorreva quietamente gli ultimi
anni della vita. Il ricordo dei giorni pieni di Borgiana gran-
dezza della quale Roma era tuttavia improntata, l'esser madre
della principessa di Ferrara, le relazioni con quanti erano
(i) Queste chiese sono particolarmente ricordate nel testamento
di Vannozza. Cf. F. Gregorovius, Lucrezia Borgia, trad. Mariano, Fi-
renze, 1874, p, 330.
(2) Gregorovius, op, cit. pp. 528, 330.
452 T. Jedele
rimasti ancor devoti alla memoria dei Borgia, ed infine le
sue facoltose condizioni (i) la rendevano in Roma molto
rispettata. Marco Antonio Altieri non la chiama altrimenti
che « la magnifica et molto honorata donna madonna Van-
« nozza della casa Cattanea ^) (2), e frate Gaudenzio, vicario
generale della congregazione Lombarda degli Agostiniani,
le dà il titolo di « illustre matrona » (3). Bisogna però dire
che, anche dopo il tramonto della potenza Borgiana, la pec-
catrice, diventata penitente, era riuscita a mantenere le tra-
dizioni di decoro anzi di fasto proprie della famiglia alla
quale, illegittimamente, ella si gloriava di appartenere.
Nella chiesa di S. Maria del Popolo dove era stato sep-
pellito il secondo marito di Vannozza, Giorgio della Croce (4),
ella aveva ottenuto dai frati Agostiniani la cappella posta im-
mediatamente a destra dell' aitar maggiore, affinchè, com' è
detto nella lettera con la quale il vicario della congrega-
zione di S. Agostino le confermava la donazione della cap-
pella (5), Vannozza potesse farvi eseguire pitture ed ogni
altro lavoro di abbellimento. Vero è che al vicario gene-
(i) Vannozza era ricca, Cf. P. Adinolfi, // Canale, di Ponte,
Narni, 1860, p. 14. Ella aveva dei diritti sul castello di Bieda in quel
di Viterbo. Sono del 6 luglio 1 5 1 3 le lettere esecutoriali ad istanza di
Vannozza contro gli uomini e contro la comunità di Bieda, debitori di
essa per certe somme prestate. Archivio dèi Sancta Sanctorum, arm. IV,
mazzo VI, n. 6. In questo medesimo archivio sono parecchi docu-
menti che riguardano gì' interessi patrimoniali di Vannozza, e special-
mente le case che ella possedeva presso la chiesa di S. Lucia in Selci
e di S. Martino ai Monti, e le case poste in piazza Pizzo di Merlo,
e r osteria della Vacca presso Campo di Fiore.
(2) Vedi documento n, i.
(3) Vedi documento n. 11.
(4) Secondo il Gregorovius, Giorgio della Croce sarebbe stato il
primo marito di Vannozza ; ma lo Yriarte dimostrò che ella era già
vedova di Antonio de Brixia dal quale aveva avuto il figlio G. Battista,
canonico di S. Maria in Via Lata. Cf. Ch. Yriarte, Les Borgia, Paris,
1889, I, 30 sgg.
(5) È fra i documenti che pubbEco, il secondo.
/ gioielli di ramio\\a 453
rale, frate Gaudenzio, premeva soprattutto che Vannozza
assegnasse alla cappella una dote conveniente, e si affrettasse,
perchè, diceva V astuto frate, è breve la vita umana, e la
morte incerta ad ognuno. Ed ascoltando le esortazioni di
frate Gaudenzio, Vannozza il 4 decembre del 1503 legava
alla cappella di S. Maria del Popolo la casa che possedeva
sulla piazza Pizzo di Merlo, riservandosene Y usufrutto vita
durante (i). Frattanto nella chiesa dove splendevano le opere
del Pinturicchio, Vannozza aveva fatto intraprendere note-
voli lavori. Sarà certamente gradito agli studiosi d' arte il
contratto, da me ritrovato (2), che il 4 ottobre del 1500
« la spectabile dona Vanotia » stringeva col maestro An-
drea di Monte Cavallo (3) ed un maestro Giovanni per
(i) Roma, Archivio di Stato; archivio del Sanda Sanciorum,
arm. IV, mazzo vi, n. 30. Cf. anche Gregorovius, op. cit. p. 326.
Questa casa spettava a Vannozza per 1' eredità di Giorgio della Croce.
Questi aveva lasciato erede universale Ottaviano, suo figlio, ed aveva
stabilito che, morendo Ottaviano senza eredi, la casa di Pizzo di Merlo
dovesse assegnarsi alla cappella di S. Maria del Popolo. Arch. Sancta
SanctoruiH, arm. IV, mazzo vi, n. 20. Il testamento di Giorgio è del
9 ottobre 1485. Ma Ottaviano moriva 1' anno appresso, ed il 7 otto-
bre i486, Vannozza che intanto aveva sposato Carlo Canale, adiva
r eredità di Giorgio della Croce. In questo istromento la casa di Pizzo
di Merlo è descritta con i seguenti confini : « ante est platea, ab uno
« latere via que vadit ad Puteum Blancum, ab alio latere est via per
« quam itur ad Canzellariam, ab alio latere est donius capelle S. Ma-
«rie que est in ecclesia S. Cecilie, ab alio latere est domus lacobe
« mulieris de Bononia, retro est ortus ». Arch. Sancta Sanctorum, arm. IV,
mazzo VI, n. 21.
(2) L'originale del documeuto avrebbe dovuto ritrovarsi nell' ar-
chivio del Sancta Sanctorum, arm. IV, mazzo vi, dove sono le altre
scritture spettanti a Vannozza; ma di là esso fu asportato. Ne ho ri-
trovato fortunatamente una copia fra le schede di Costantino Cor-
visiERi presso la biblioteca della R. Soc. rom. di storia patria, bu-
sta XIV, h-p. Vedi più innanzi documento n. iii.
(3) Lascio agli storici dell' arte il compito d' identificare il maestro
Andrea. Questo nome ricorre più volte nei documenti del tempo. Mi
par prezioso fra gli altri un documento del 7 luglio 1484 contenente
454 "P- J^deU
la costruzione di un tabernacolo nella sua cappella di
S. Maria del Popolo. I due artisti si obbligavano a farlo
simile a quello di S. Giacomo degli Spagnuoli con cande-
labrine e fregi ed altri « subtili lavori». L'opera doveva
esser compiuta per il gennaio del 1501. Nel marzo di que-
st' anno Vannozza pagava al maestro Andrea sette ducati
che erano T ultima parte del compenso stabilito. Sopra
l'arco della cappella era l'arma marmorea di Vannozza,
scolpita dagli stessi artisti. Forse Martin Lutero, sofferman-
dosi nel convento Agostiniano di S. Maria del Popolo, ce-
lebrò la messa nella cappella di Vannozza Borgia? (i)
Ma opera più splendida e di maggior valore fu quella
che, per merito di Vannozza, venne affidata al grande orafo
della Rinascenza, Caradosso Poppa. Questo « eccellentis-
« simo valente huomo » del quale « più che di nessun altro
« haveva invidia » il Cellini (2), in un tempo che aveva
visto Lorenzo Ghiberti, Antonio del Pollaiuolo, il Finiguerra,
il Francia, era riuscito ad emulare i migliori se non a su-
perarli, elevandosi alla grande arte nelle sue minute pro-
r esame dei testimoni sopra i marmi e peperini scavati in piazza Giudia,
in tempo che Ludovico Margani fu maestro di strada insieme con Fran-
cesco de Ilperinis, e venduti a diversi dal sottomaestro Pietro Paolo
marmorario. Nel documento, sfuggito al Lanciani, Storia degli scavi,
sono nominati « magister Antonius de Florentia, scalpellinus de re-
« gione Pine?, magister Antonius Brugnanus marmorarius, magister
« Andreas Florentinus^ scalpellinus habitator in platea de Militibus in
« regione S. Eustachii, magister Antonius de Florentia, scalpellinus de
« regione Pine?, magister Primus marmorarius regione Pine? » . Il
notaio fu « lacobus Palonis notarius dictorum magistrorum » . Il docu-
mento é neir archivio del Sancta Sanctoram, arm. V, mazzo iv, n. 60.
(i) La chiesa di S. Maria del Popolo possiede indubbiamente un
archivio che io non ebbi modo né tempo di visitare. Mi fu detto che
nei registri delle messe ricorre il nome di frate Martino. La notizia
meriterebbe di essere controllata.
(2) B. Cellini, Vita, per cura di O. Bacci, Firenze, 1901, p. 52;
B. Cellini, / trattati delV oreficeria e della scultura, per cura di C. Mi-
lanesi, Firenze, 1857, pp. 31, 72, 96.
/ gioielli di Vannowa 455
duzioni, nelle medaglie, nei crocifìssi d'oro, nelle piccole
piastre d' argento con figurine di rilievo, smalto o niello,
come discendendo alle più sottili minuzie di orafo nelle sue
opere monumentali (i). Roma lo ammirava fin da quando
nel fiore della sua giovinezza egli eseguiva le portello del
reliquiario delle catene a S. Pietro in Vincoli (2). Ora che
egli era nella vecchissima età, Vannozza gli porgeva l'occa-
sione di compiere l'ultimo lavoro della sua lunga e labo-
riosa vita d'artefice, nel quale il Caradosso, forse meglio
che altrove, avrebbe potuto dimostrare la qualità unica in
lui della penetrazione reciproca dei due generi così dissimili
di arte, la scultura e l'oreficeria.
Da una notizia tratta dal catasto del Sancta Sanctorum
del 1525, di Marco Antonio Altieri, alla quale i biografi del
Caradosso non han dato, che io sappia, alcuna importanza,
si sapeva che Vannozza aveva lasciato molte rendite all'o-
spedale del Salvatore il quale strinse un accordo con lo
« excellente et celebre argentiero», nominato Caradosso,
dandogli duemila ducati, « accio che collo exceliente suo
« artificio se satisfessi al desiderio di quella magnifica et ho-
« norata donna » (3). Ma di qual genere fosse il lavoro che
il Caradosso era invitato ad eseguire, nessuno dei suoi bio-
grafi (4) s' è dato pensiero di ricercare.
(i) Cf. EuGÉNE MOntz, Histoire de l'art pendant la Renaissance,
Paris, 1891, II, 554 sgg.
(2) Queste portelle gli furono recentemente attribuite da A. Ven-
turi, Le primizie del Caradosso a Roma in VArte, anno IV, fase. i-iv.
(3) La notizia fu già pubblicata, poco esattamente, dal Gregoro-
vius, op. cit. p. 331 sg. Ma poiché il Gregorovius non pubblica il
testo originale di M. A. Altieri, cosi ho creduto opportuno ripubbli-
carlo dal catasto del Sancta Sanctorum, fra i documenti. Vedi doc. n. i.
(4) Oltre il lavoro già citato del MOntz, d. dello stesso autore
Les arts à la cour des papes Innocent Vili, Alexandre VI, Pie III,
Paris, 1898, dove anche parla del Caradosso, pp. 56, 145. Parimenti
nulla dicono G. L. Calvi, Notizie sulla vita e sulle opere dei principali
architetti, scultori e pittori che fiorirono in Milano durante il governo dei
45^ T. Jedele
Una fortunata indagine nell' archivio del Sancta Sancto-
rum mi permette di riempire questa lacuna nella biografia
del grande artefice (i).
Alcuni anni dopo la morte di Vannozza, il io decembre
del 1524, Mariano Castellani e Raffaele Casali, custodi del-
l'ospedale della società del Salvatore, conchiudevano un
contratto con Caradosso de Poppa per il quale questi s'im-
pegnava ad eseguire un nuovo tabernacolo d'argento per
r immagine del Salvatore del Sancta Sanctorum.
Entro due mesi dal io decembre egli ne avrebbe conse-
gnato il disegno: si obbligava quindi a farne un modello
di legno che sarebbe stato poi rivestito di piastre d' argento,
lavorate e figurate a seconda del disegno che i custodi aves-
sero approvato. Il Caradosso prometteva di compiere il ta-
bernacolo di opera buona e polita ed eccellente entro tre
anni. Si mettevano subito a disposizione dell'artista mille
cento e venti ducati, salvo a pagare il resto a lavoro com-
piuto secondo il giudizio di arbitri eletti di comune accordo.
Per cautela dell' ospedale del Salvatore, il Caradosso poneva
in pegno tutti i suoi beni e particolarmente la casa che egli
possedeva nella regione di Ponte, nella parrocchia di S. Bia-
gio della Pagnotta (2). Se poi il maestro fosse venuto a
Visconti e degli Sforma, Milano, 1865 ; M. Caffi, Arte antica lombarda
in Archivio storico Lombardo^ 1880, p. 594 sgg. ; G. Campori, Gli ar-
tisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena, 1855, p. 209; A. Ber-
TOLOTTi, Artisti lombardi a Roma, Milano, 188 1, I, 272 sgg.; II, 313;
I. M. Valeri, Artisti lombardi a Roma nel Rinascimento in Reperto-
rinm fùr Ktinstwissenschaft, 1902, p, 57 sgg.
(i) Alla cortesia ed alla grande conoscenza archivistica del si-
gnor Giovanni Gori dell'Archivio di Stato di Roma debbo se le mie
ricerche, quantunque fatte in brevissimo tempo, riuscirono cosi abbon-
dantemente fruttuose.
(2) Difatti il 26 de:embre del 1525, Lucio Caradosso, figliuolo di
Niccolò de Poppa, e nipote del maestro Caradosso, e, dopo la morte
di questo, suo erede universale, obbligava all' ospedale la casa nella
regione di Ponte e gli altri beni « prò cautela hospitalis prò mille et
/ gioielli di Vanìio\:{a 457
morte, lasciando incompiuto il lavoro, a domanda dei custodi
dell' ospedale e degli eredi del Caradosso, si sarebbe fatta la
stima della parte già eseguita (i). Non vi par di sentire in
questa clausula del contratto il timore che per la tarda vec-
chiezza del maestro l'opera squisita rimanesse a mezzo ?
I millecentoventi ducati che furono promessi al Cara-
dosso per compenso, erano le rendite di quattro anni del-
l'osteria della Vacca presso Campo di Fiori, rendite che
Vannozza aveva destinato all'ospedale del Laterano con l'ob-
bligo di eseguire il nuovo tabernacolo (2).
« centum viginti ducatis et forsitan aliis a dicto hospitali accepturis»;
archivio del SsLitcta Sanctorum, protocollo del notaio M. A. Speculum,
volume dagli 8 marzo 1523 al 14 aprile 1530, f. 79 v. Il Muntz trovò
r atto di compera del terreno sul quale il Caradosso costruì la sua casa
vicino alla chiesa di S. Biagio della Pagnotta. Cf. anche A. Berto-
lotti, Artisti lombardi a Roma, Milano, 1881, I, 280. Dal protocollo
del notaio Apocello si rileva poi che il io decembre del 1534 Lucio
Caradosso investì Graziadio de Prata di questa casa che gli proveniva
dall' eredità del maestro Caradosso, con 1' obbligo di spendervi due-
cento scudi « in refìciendo seu reparando seu pingi faciendo parietem
« versus stratam mastram qua itur a Castro S. Angeli versus Campum
«Floris ». Ivi è anche la «Nota delle spexe facte per conto de messer
« Lucio Caradosso de Fopa » . Tra l' altro è notato : « A m. Gio. Plettro
« pictor per depinger la faciatta com l' arma de la Santità de papa
ff Paulo tercio et del illustrissimo signor duca di Milano ducati 8».
Con rogito di Apocello del 2 luglio 1537 Silvestro da Montacuto e
Lodovico da Palazzo comprano questa casa per due, 191 5 e boi. 54.
Su di essa gravava un censo di due. 22 verso i canonici di S, Pietro.
(i) Per i particolari del contratto vedi documento n. iv.
(2) La donazione dell' osteria della Vacca è del 15 gennaio 15 17
{Sancta Sanctorum, arm. IV, mazzo vi, n. 28). I frutti di quattro anni
di quell'osteria dovevano mettersi da parte per il nuovo tabernacolo,
per eseguirvi, « amotis ornamentis veteribus dictae sacratissimae ima-
« ginis Salvatoris, nova ornamenta tum gemmarum, perlarum, auri et
«argenti, tum armis et titulo ipsius dominae donatricis &c. ». La metà
dell'osteria della Vacca era stata venduta a Vannozza da Leonardo
Capocci, canonico di S. Pietro, il 19 novembre del 1500 (arch. Sancta
Sanctorum, arm. IV, mazzo vi, n. 31). L'altra metà dell'osteria Van-
Archivio della li. Società ro rana di storia patria. Voi. XXVIII. 30
458 T. Jedele
Né di ciò soltanto Vannozza s'era accontentata; ma
aveva fatto anche sacrifizio di quello che le donne amano
di più, di cui assai a malincuore si privano, pur nella vec-
chiezza : dei suoi gioielli. Ma questi ormai non potevano
più, come una volta, far risaltare il lampo oscuro dei suoi
occhi, né accendere mobili riflessi sulle sue carni che Giu-
none e Venere, come dice il Gregorovius, s'erano forse
insieme adoperate ad abbellire !
Vannozza infatti aveva stabilito che oltre all'oro ed al-
l'argento, si dovessero adoprare gemme e perle con squisita
arte incastonate non soltanto per adornare la veneranda im-
magine del Salvatore, ma anche forse, tanto potevano la
vanità e la tradizione Borgiana pur nel tramonto della vita!,
per abbellire l'arma ed il titolo della donatrice che dove-
vano figurare nel nuovo tabernacolo. Ed ella dette i suoi
gioielli (i). Più caro ancora di questi non teneva ella forse
un busto d'argento rappresentante il figliuol suo Cesare?
Probabilmente era anch'esso opera di uno dei grandi artisti
della Rinascenza. Eppure Vannozza l'aveva donato, se non
erro, all'ospedale della Consolazione (2). Fra le gioie de-
stinate da Vannozza al tabernacolo v'era un anello d'oro
con diamante, ed un altro egualmente d'oro con rubino. Un
anello con rubino era foggiato a testa di leone; e v'erano
nozza r aveva acquistata il 29 novembre del 1 5 1 3 da Pietro Antonio
e Ciriaco de Matteis per ducati 1500 in ragione di carlini dieci per
ducato di moneta vecchia (ibid. arm. IV, mazzo vi, n. 34). La via ove
tuttora esiste la casa e 1' osteria della Vacca, spettante un tempo a
Vannozza Borgia, nel secolo xvii era detta « Vicus Macellorum Campi
«Flore» (ibid. arm. IV, mazzo vi, n. 45, documento dell' anno 1637,
ottobre 27).
(i) Nella notizia di M, A. Altieri è detto che Vannozza lasciò
all' ospedale «diverse gioie et non poco preciose». V. doc. n. i.
(2) In uno degl' inventari di questo ospedale ricordo d' aver veduto
r indicazione del busto donato dalla Vannozza ; ma, avendone smar-
rito r appunto, non posso da Napoli, dove scrivo, aver modo di dar
r indicazione precisa del documento.
/ gioielli di Varinola 459
anelli con turchesi ed un fermaglio d'oro; né vi manca-
vano perle e margherite e zaffiri, veri e contraffatti (i).
Oltre di questi, altri gioielli certamente doveva possedere
Vannozza, avanzo e ricordo del buon tempo antico. Fra le
carte spettanti a Vannozza che sono pervenute all'archivio
del Sancta Sanctonim, ho trovato due foglietti staccati dove,
con calligrafia feminilmente impacciata, sono segnate due
liste di gioielli. Sono forse di mano della Vannozza? Si tratta
di gioielli dati in pegno. Senti dunque talvolta anch'ella il
pungolo del bisogno? Erano ametiste e rubini e diamanti,
e collane d'argento di sottile lavoro, e coppe d'argento
operate all'antica; e v'era anche un pugnale con manico
di diaspro, ed una corniola, forse antica, con una testa in-
tagliata (2).
Vannozza l'aveva il gusto delle cose belle! Non so se
ella appartenesse veramente, come suppone lo Yriarte (3),
alla piccola borghesia. Comunque, il suo gusto, tra gli
splendori dell'arte Borgiana, s'era affinato, ed ella amava
circondarsi di cose belle. È noto come ad un orafo della
regione Regola, Nardo Antoniazzi, ella avesse affidata l'ese-
cuzione di una croce d'argento (4). Doveva essere ricchis-
sima, perchè i consoli dell'Arte degli orefici l'avevano sti-
mata cinquecento ducati. Il lavoro fu compiuto nel 1502;
ma nel 1 5 1 2 Vannozza non aveva ancora terminato di pa-
garlo, dovendo all'orafo Nardo altri novantacinque ducati.
E vi fu causa nella quale Nardo affermò che un bel giorno
(i) Vedi doc. n. v.
(2) Vedi documenti nn. v, vi.
(3) Ch. Yriarte, op. cit. I, 30. Della famiglia di Vamiozza si sa
poco o nulla. Una ricerca riuscirebbe interessante e non infruttuosa.
Non so quale relazione avesse con Vannozza quel Gabriele de Cata-
neis che nel suo testamento del 3 aprile 1472, dopo l'assegnazione
delle doti di 200 ducati d'oro a ciascuna delle sue figlie, istituiva eredi
Astorgio, Carlo, Taddeo e Ludovico suo figlio. Arch. del Sancta San^
£torum, arm. IV, mazzo vi, n. 27.
(4) Il fatto è accennato dal Gregorovius, op, cit. p. 327.
46o T. fedele
Vannozza aveva mandato a prendere la croce, col pretesto
di vederla, per un tal Domenico, giovane della bottega di
Nardo, né più la volle restituire. Domenico pregò, scon-
giurò ; ma era il tempo che il Valentino dominava in Roma
e sull'Italia, e Domenico, atterrito dalle minacce di Van-
nozza, lasciò nelle sue mani la croce (i). Vannozza non
comparve avanti ai giudici; ma rispose per mezzo di pro-
curatori ed in sua casa « per la nobiltà e l'onestà sua » , e
potè provare di essere calunniata. Agli atti della causa è
allegato anche un contratto del 5 ottobre 1500 fra l'orafo
Damiano di Parma e Vannozza per un'altra croce che « lo
« dicto Damiano promecte de fare secondo lo disignio facto
« per mano de lo dicto Damiano in presentia de mastro
« Antonio da Lodi » (2).
Vannozza non potè vedere neppure T inizio dell' opera
del Caradosso, poiché fra il rimpianto sincero di quanti
erano stati beneficati da lei, ed il basso mormorare del
volgo, ella morì il 26 novembre del 15 18, mentre il Ca-
radosso, come vedemmo, non potè dar principio al lavoro
che nel 1525. Le gemme destinate da Vannozza ad ornare
il tabernacolo rimasero in consegna di Girolamo Fichi, suo
esecutore testamentario. Venuto questo a morte, le tenne il
figliuolo Ludovico che il 24 decembre 1524 ne rilasciava,
con pubblico istrumento, dichiarazione all'ospedale del Sal-
vatore (3). Non furono consegnate che il io giugno del 1525
da Paolo Pichi, figliuolo di Ludovico (4), forse per solle-
(i) « Garzonus dicti Nardi, perterritus mìnis &c,, attento eo tem-
« pere quo dux Valentinus toti Urbi et Italie fere dominabatur, fìlius
« diete Vannozie, et timens sìbi crucem huiusmodi coactus diete Van-
«nozie dimisit». Arch, del Sancta Sanctorum, arm. IV, mazzo vi, n. 5.
Ivi sono gli estratti degli atti della causa mossa contro Vannozza « prò
«parte providi viri magistri Nardi Antonatii de regione Arenule».
(2) Ibid.
(3) Vedi doc. n. v.
(4) Vedi doc. n. viii.
7 gioielli di V annoda 4^1
citazione del Caradosso che, in quel tempo, doveva già avere
mandato innanzi il lavoro.
Ma di li a poco il Caradosso morì, e l'opera che avrebbe
dovuto forse riassumere tutta la mirabile perfezione che
egli aveva raggiunto nella scultura e nell'oreficeria, rimase
incompiuta. Sopravvenne il sacco di Roma del 1527, e la
parte del tabernacolo già eseguita fu preda della soldataglia
tedesca di Sua Maestà cesarea. Si tentò o si sperò, a quanto
sembra, di poterla ricuperare, poiché il nipote ed erede del
Caradosso, Lucio, che frattanto s'era obbligato a restituire
all'ospedale duecento dei quattrocento ducati, già sborsati
allo zio, s' impegnava a far si che, nel caso si potesse ria-
vere la parte del tabernacolo in argento già compiuta od
anche il modello di esso, tutto si restituisse all'ospedale (i).
Ma fra le mani dei predoni tedeschi pensate a che dovesse
essere ridotto il gentile lavoro dell'orafo più squisito del
Rinascimento !
Vannozza che aveva sperato di porre sotto la veneranda
immagine del Salvatore l'arma ed il nome suo, non ebbe
neppure da parte dell'ospedale il fiore perenne della grati-
tudine. Riferisce Marco Antonio Altieri che la confraternita
(i) Archivio del Sancta Sanctorum, arm. Ili, lib. XII, e. 73 b.
L' atto di concordia di Lucio Caradosso con 1' ospedale è del 22 giugno
del 1532. Lucio si obbligava a pagare in varie rate duecento ducati
e r ospedale lo quietanzava interamente dei quattrocento ducati dati
allo zio a conto dei millecentoventi promessigli per il tabernacolo. No-
tevole è il passo seguente : « et dictus Caradossus certam partem dicti
« tabernaculi fecit ac etiam modellum, et, ut Deo placuit, dictus Cara-
« dossus ab hac luce migravit, superstite dicto domno Lucio nepote et
« herede ; et deinde propter Urbis preteritam eversionem dieta pars
«tabernaculi, ut supra facta, ut ipse dominus Lucius asseruit, depre-
« data fuit a militibus Cesaree Maiestatis Dictus Lucius voluit et
« consensit quod in eventum in quem recuperabitur dieta pars taber-
« naculi in argento ut supra facta, vel aliqua iuris ipsius, ac dictum
(f modellum, quod totum id quod recuperabitur, sit et esse debeat dicti
« hospitalis ».
462 T. Jedele
aveva stabilito che le esequie di Vannozza fossero splendide
di onori e di pompe, e che se ne celebrasse ogni anno Tan-
niversario « con confluenza de homini, con molte torce et
« candele alluminate » (i). Ma già nel 1736 l'anniversario
era stato tolto dalla tabella dell'arcispedale, e poiché la
Congregazione della Visita ve lo inseri novamente, l'ospe-
dale, immemore dei benefìzi ricevuti da Vannozza, ricorse,
e con decreto del 18 febbraio del 1760, l'anniversario fu
cassato novamente (2). Invano Marco Antonio Altieri aveva
lasciato scritto che la confraternita desiderava « mostrare al
« mundo per noi fugirse quel si exoso et detestando titolo
« de ingrato » !
P. Fedele.
(i) Vedi doc. n. i.
(2) Archivio del Sancta Sanctorum, arm. IV, mazzo vi, n. 49.
/ gioielli di Vannowa 463
DOCUMENTI
I.
Archivio del Sancta Sanctorum. Catasto del 1525 di Marco Antonio Altieri, e. 23 a.
Della m. donna madonna Vannozza de casa Catanea.
Né meno devemo smenticarce della amorevele demostratione ne
fece a quella sacratissima imagine del nostro Salvatore Sancta Sanctorum
la magnifica et molto honorata donna madonna Vannozza della casa
Cattanea, matre felice delli illustrissimi signori, signor duca de Candia,
signor duca Valentino, dello signor prencipe de Squillace et de ma-
donna Lucretia, magnifica duchessa di Ferrara. Volendola ornare de
cose temporale, lassoce assai diverse gioie et non poco preciose, ag-
giugnendoce poi un tal subvenimento chella compagnia deliberandose,
procurando liberarse de tale obligo, alquni anni da poi per mezzanità
et cura delli nobili homini messer Mariano Castellano et del mio si
caro messer Raffaele Casale poco innanti guardiani, se è convenuta
con quello exceliente et celebre argentiero nominato Caradosso darli
doi milia ducati, acciò che collo excellente suo artificio se satisfessi al
desiderio de quella magnifica et honorata donna. Et appresso allo or-
nato recercassi et poi el modo similmente de exequirlo lassoce tal pos-
sessione da retrarne ducati quattrocento de annuale et continua pesone
per sustegno et nutrimento de quel numero meschino de poveri et
infermi. Si che considerandose el pientissimo et devoto animo suo col
SI benigno et amorevole soccurso de tanti abisognosi, per usameli
qualche gratitudine, dispusese la nostra venerabil compagnia per parere
universale de non solo honorarne quelle exequie de sumptuosa et ho-
norata pompa, ma el cadavere anche insignirlo de superbo et magni-
fico sepulchro, et poi decretarne per publico consenzo in 'quel mede-
simo corno fussi sepellita, farne al Popolo, dove sotterrose, lo anniversario
de messe, de cerimonie, de confluenza de homini, con molte torce et
candele alluminate, assai devotamente celebrato, se per commendarce
a Dio la salute della anima sua, et anche desiderando mostrare al
mundo per noi fugirse quel si exoso et detestando titolo de ingrato^
4^4 'P. fedele
IL
Orig. in archivio del Sancta Sanciorum, arm. IV, mazzo vi, n. 29. Copia fra le schede
di Costantino Corvisieri presso la R. Soc. romana di storia patria, busta XIV, h-p.
Frater Gaudentius de Bargiis, vicarius generalis congregatìonis
Lombardi? observantium Eremitarum divi Augustini, licet immeritus,
illustri matron? domin? Vanoci? de Cathanis saluterò. Postulasti a
nobis ut capellam in nostra ecclesia Div? Mari? de Populo Rom§ sitam
a latere dextro malori altari viciniorem olim tibi sive marito tuo
domino Georgio de Cruce Mediolanensi a fratribus monasterii nostri
predict? Div? Mari? de Populo donatam tibi confirmaremus, cupienti
antedict? capell? decentem et honestam dotem assignare. Nos igitur,
quantum auctoritas se extendit nostri vicariatus, tibi fuisse donatam
prefatam capellam a fratribus suprascripti monasterii declaramus, et
presentibus nostris litteris manu nostra propria subscriptis et malore
nostro sigillo roboratis confirmamus, ut possis in ipsa capella laborari,
fabricari seu pingi facere, sicut consueverunt ceteri, quum tales sibi
capell? donantur vel alias assignantur, hortantes devotionem tuam ut
sicut nobis ore proprio te velie dixisti, dotem eidem capell? assignes
honestam, et quanto citius melius erit, quia vita humana et brevis est
et mors omnibus hominibus incerta. Rom?, 1300, 25 februarii.
(Sigillum) Fr. Gaudentius de Bargiis v. g. manu propria.
in.
L'originale è perduto. Copia fra le schede di Costantino Corvisieri presso la
R. Soc. rom. di storia patria, busta XIV, h-p.
Yesus.
In nomine domini nostri lesu Christi, amen. Sia noto a chiun-
che legerà questa presente scripta ho cedula corno ogi a questo dì
quatro del mese (=») de octobre 1 500 (b) la spectabile dona Vanotia
de Catani, citadina romana, à locato una certa opera di marmoro che
vulgare se chiama tabernaculo a maistro Andrea de Monte Caballo et
a maistro lohane de Larigo suo compagno, nuncupati scarpellini, da
fare nel modo et forma che ne sta uno simile nela giesia de Sancto la-
(a) del mese è ripetuto nel lesto. (b) Nel testo 15001 L'errore era nelV originale
perchè nella copia Corvisieri, dopo i;ooi, è un sic fra parentesi.
I gioielli di Vanno\\a 4^5
cobo di Spagnoli per contener el sacrato corpo di Christo lesu. Et de
questo tabernaculo ano dato el disegno a dieta dona Vanotia, et ano
promesso di farlo simile al supradecto, excepto che dove sta una figura
di Christo supra la cupula, vi sera per finimento una croce di marmo
bella, et dove sono due figure di apostoli a lato dela cupula, vi f^irano
doy tozeti o vero candeleri, et che del resto tuto sera lavorato come
quello ho secundo al desegno dato et dimonstrato a dieta dona Vano-
tia, cum due porticelle ne le quale sera nela più alta sculpito uno ca-
lice, et la bassa sera per riponere el sacramento, et dali canti doy
proportionati tozeti per ornamento di esso tabernaculo.
Item ano promesso de fare due belle colonelle ho balaustri da poner
sotto el lapide del altare, et de lavorare esso lapide el quale li doverà
dieta dona Vanotia ho lo pagarà, quando essa non lo trovasse a modo
suo. Item de farli un' arma de marmo o vero insignia secundo el di-
segno a loro dato di palmi due almancho da poner supra lo archo de
ìnfrascripta capella, dove se debe poner decto tabernaculo et altare, et
ano etiam promesso di poner dicto altare et tabernaculo cum dieta
arma et colonelle nela sua capella posta ne la giesia di Sancta Maria
del Populo di Roma et fermarli a sua expesa, excepto el muro che se
farà a lo altare de dreto. Questa opera supradicta ano promesso fare
et poner come de supra dieti maistri ala dieta madona Vanotia per
precio di ducati quarantatre, ciohè due. 43, de quali ne ano receputi ma-
nualiter et in contanti per arra et parte de pagamento due. dieci de
cari. .X. per ducato, perochè così se sono convenuti che siano ducati
de carlini a simile et dicto conto, et el resto esa madona Vanotia li ha
promesso pagarli secundo che farano la dieta opera, la quale essi ano
promesso darla finita per tuto el mese de ienaro proximo da venire
senza fallo, et di farla di marmi bianchi et novi et bene adornarla di
frexii et altri subtili lavori nel modo che sta el disegno et tabernaculo
supradieti. Et per fede ano voluto che io frate Fabricio da Vercelli,
frate di Sancta Maria del Populo di Roma, scrivesse la presente cedula,
presente el mio compagno frate Pacifico da Garlascho pavese, et Rey-
naldo da Pavia, servitore di essa madona Vanotia, al dì et anno su-
prascripti.
Ita est id. fr. Fabricius de Vercellis.
Et più ano receputo dieti maistri a dì ultimo di novembre 1500
per mano mea et de Petrone da Milano per parte de pagamento de dieta
opera marmorea in nome dela dieta Vanotia di Cathani ducati simili
dece ciohè due. io Ca™.
(•'') Et più ha receputo maistro Io. per mano de dieta madona Va-
(a) Qui il Corvisieri annota: « altra iiiauu ».
4&6 T. fedele
notia a di ultimo de zenaro 1501 presente, revera ut asseruerunt mihi
fr. Fabricio due. io.
(a>Chonfesso io maistro Andrea schultore de marmo avere rece-
puto questo di 18 de febraro duellati sei de charlini da madona Va-
noza de Chatani per parte de pagamento de lo tabernaculo de marmo
eh' à fato fare a Santa Maria del Populo, cioè due. 6.
Et a dì 4 de marzo 1501 ò reeeputo io maistro Andrea sopra-
dieto duchati sete da madona Vanoza sopradeta per resto del tutto lo
lauro fato de lo tabernaculo cioè d. 7. e in fede de xo me chiamo
chontento e pavo de tuto.
IV.
Archivio del Sancia Sanctorun'. Instrum. ab a. 1523 ad a. 1550 (M. A. Speculum),
e. 76 A.
Indictione .xiii., die vero .x. mensis decembris 1524, pontificatus
Clementis VII anno secundo (b).
In presentia &c. Cum hoc fuerit et sit quod quondam domina
Vannotia de Cataneis inter alia reliquerit seu donaverit venerabili
hospitali societatis sacratissime Imaginis Salvatoris ad Sancta Sancto-
rum de Urbe omnes et singulos fructus et pensiones hospitii Vache
cum aliis apotecis et membris suis prò quatuor annis post eius obitum
percipiendos ex dicto hospitio cum aliis suis apotecis et membris, ut
supra, ad hoc ut dicti fructus seu pensiones exponantur prò restaurando
seu conficiendo de novo tabernaculum prefate sacratissime Imaginis
Salvatoris iuxta ordinationem prefate quondam domine Vannotie, prout
patet in instrumento rogato per quondam dominum Andream de Ca-
rusiis notarium publicum ; et dicti fructus sive pensiones dictorum qua-
tuor annorum ascendunt ad summam et quantitatem mille et centum
viginti ducatorum de carlenis currentium, et dicti fructus sive pensio-
nes videlicet mille et centum viginti ducatus sunt percepti et partim
depositati in bancho domini lohannis Ardiiigelli, et partim in bancho
domini Michaelis de Lantis, et partim sit debitor dictum hospitale;
idcirco constituti personaliter nobiles viri dominus Marianus de Ca-
stellanis et dominus Rafael de Casalibus, moderni custodes diete socie-
tatis et hospitalis, ex decreto et auctoritate eis concessa a dieta socie-
tate, prout patet per acta mei notarli et dicti hospitalis secretarli, volentes
dictum tabernaculum de novo fieri facere iuxta dictam ordinationem et
(a) Qui il Corvisieri annoia: a autografo ». (b) /« margine è segnato: Contractus
prò edificando tabernaculo Salvatoris cum Caradosso
/ gioielli di Vannoiia 467
potestatem ut supra eis datam et attributam sponte &c. ac omni me-
liori modo &c. convenerunt &c. cum magistro Caradosso de Poppa
laico Mediolanensi presenti &c., quod dictus Caradossus de suo proprio
argento fino videlicet de lega iuliorum debeat lacere dictum taberna-
culum laboratum politum et, ubi opus fuerit, indoratura iuxta formam
designi et modelli ; quod designum sive modellum idem magister Ca-
radossus prò cautela dicti hospitalis promisit facere et prefatis dominis
custodibus consignare infra duos menses proxime futuros ut supra in-
ceptos &c. Cum hoc quod, antequam incipiat laborare de argento,
prefatus Caradossus debeat facere seu fieri facere modellum dicti tabef-
naculi de Ugno et in ilio addere et minuere iuxta voluntatem et de-
clarationem dictorum dominorum custodum vel quorum prò tempore
fuerint, et postquam fuerit per prefatos dominos custodes formam et
designum huiusmodi declaratum, debeat dictum lignum piastra de dicto
argento cooperire, laborare et figurare iuxta formam dicti designi seu
modelli. Et prefati domini custodes prò dicto tabernaculo integre finito
et posito omni sua perfectione super loco ubi de presenti stat predicta
sacratissima figura Salvatoris, et continue debet manere, omnibus sumpti-
bus dicti Caradossi tam de argento forsan supplendo et de massa dicti
operis quam manifactura ipsius Caradossi ac quorumcumque ministro-
rum, tam de argento indorato quam magisterio et ligno ac omnibus
aliis ibidem appositis, promiserunt satisfacere et cum efifectu solvere et
pacare dicto Caradosso totum illud quod per peritos comuniter eli-
gendos fuerit iudicatum et existimatum, post perfectum predictum opus,
lusuper prefatus Caradossus sponte ut supra promisit et obligavit pre-
fatis dominis custodibus presentibus &c. et mihi notarlo &c. dictum
tabernaculum facere ut supra de opera bona et pulita et excelienti
omnibus suis expensis ut supra ; et prefati domini custodes quibus supra
nominibus promiserunt dare et cum efifectu consignare dicto Caradosso
presenti ut supra ducatos mille et centum viginti de carlenis ut supra
exactos ad omnem solam et simplicem requisitionem dicti Caradossi
deinde &c. videlicet prò arra et parte pacamenti dicti tabernaculi, re-
siduum vero, videlicet totani partem restantem quod plus fuerit ut supra
iudicatum et existimatum, prefati domini custodes quibus supra nomi-
nibus promiserunt dare et cum efifectu solvere et pacare, postquam
dictum tabernaculum fuerit integre finitum ac in suo loco deputato
positum : alias voluerunt dicti domini custodes dictum hospitale teneri
ad omnia dampna &c. quia sic actum &c. Et prefatus Caradossus
sponte ut supra promisit dictum tabernaculum integre perfectum fini-
tum et positum ut supra dare consignare et ponere infra terminum
trium annorum proxime futurorum ut supra inceptorum et ut supra
tempore finiendorum. Deinde &c. Et prò cautela dicti hospitalis, vide-
4^8 T, Jedele
Hcet de dictis mille et centum viginti ducatis et forsitan de aliis a
dicto hospital! accepturis, antequam dictum tabernaculum sit integre
perfectum et ut supra positum, ac in omnibus damnis &c. prefatus Ca-
radossus sponte ut supra obligavit omnia bona sua &c. et presertim
in spetie quandam eius domum cum omnibus suis membris &c. sitam
in urbe in regione Pontis in parodila S. Blasii della Pagnotta suis finibus
confinatam cum potestate specificandi &c., in qua de presenti inabitat
idem Caradossus videlicet in parte. Insuper convenerunt prefate partes
quod in eventum, quod Deus advertat, prefatus magister Caradossus,
opere huiusmodi et tabernaculo inperfecto, ab hac vita decederet, tunc
et eo casu debeat ad petitionem prefatorum dominorum custodum ac
heredum prefati Caradossi existimari opus eousque factum et de ea
parte satisfieri, habito tamen respectu ad id quod deberet solvi, ipso
opere integre perfecto, et dicti heredes ipsis custodibus et ipsi custodes
ipsis heredibus, compensatis habitis et receptis, satisfacere. Que quidem
omnia et singula diete partes una alteri et altera alteri scraper et
perpetuo attendere et observare &c. Pro quibus omnibus et singulis ob-
servandis &c. tam prefati domini custodes quibus supra nominibus
omnia dicti hospitalis bona &c., quam dictus Caradossus omnia bona
sua &c, et in specie ut supra respective obligaverunt sub penis Camere
apostolice &c. cum summissionibus procuratorum constitutionibus et
aliis clausulis &c. luraverunt &c. et rogaverunt &c. et cum potestate
extendendi &c.
Actum Rome in regione Montium in aula audientie dicti hospitalis,
presentibus &c. dominis Marco Antonio de Alteriis et Raimundo de
Capite Ferro et lordano de Serlupis et lacobo Yllirico, testibus &c.
V.
Archivio del Sancia Sanctorum. Instrum. ab a. 1523 ad a. 1530 (M. A. Speculum),
e. 78 A.
Indictione .xiii., die vero .xxiiii. mensis decembris 1524, ponti-
ficatus Clementis VII anno secundo.
In presentia &c. Cum fuerit et sit quod quondam domina Van-
notia de Cataneis Inter alia donaverit venerabili societatì et hospitali
sacratissime Imaginis Salvatoris ad Sancta Sanctorum de Urbe certos
anulos cum lapidibus pretiosis et ac etiam certos lapides et margaritas
contrafactas causa mittendi in ornatura et utilitatem tabernaculi diete
sacratissime Imaginis, et illos anulos cum lapidibus pretiosis et lapides
et uniones contrafactas remanserunt penes quondam dominum leroni-
mum de Pichis tamquam unum ex executoribus suis: idcirco consti-
1 gioielli di Vaiiìioi\a 469
tutus personaliter nobilis vir dominus Ludovicus de Pichis, filius dicti
quondam domini leronimi, non vi &c. sed sponte &c. ac omni meliori
modo &:c. confessus fuit habere infrascripta bona qua fuerunt diete
quondam domine Vannotie prò dicto tabernaculo ut supra. Videlicet
unum anulum aureum cum uno diamante a facette. Item unum alium
anulum aureum cum uno rubino. Item unum alium anulum cum uno
capite leonis cum uno rubino. Item unum alium anulum cum una
turchina. Item unum fcrmaglium aureum cum uno falcone et cum una
perna sive margarita scozese et cum uno rubino. Item duo pendenti
cum lapidibus et pernis contrafactis. Item decem et septem berilli di-
scolti. Item quindecim zaffiri contrafacti discolti. Item quatuordecim
rubini contrafacti discolti. Et prefate res dictus dominus Ludovicus
sponte ut supra promisit redere restituere realiter et cum effectu ad
beneplacitum dominorum guardianorom quòrum supra dicti hospitalis
qui nunc sunt et prò tempore erunt &c., dummodo supradicte res ve-
niant in ornatum et utilitatem dicti tabernaculi ut supra. Pro quibus
omnibus observandis prefatus dominus Ludovicus obligavit sese &c.
sub penis Camere apostolice &c. cum clausulis &c. luravit &c. Ro-
gavit &c.
Actum Rome in regione Montium in aula audientie dicti hospitalis,
presentibus domino Nicolao de Mutis et domino Carolo de Palonibus,
testibus.
VI.
Archivio del Saucia Sanctorum, arm. IV, mazzo vi, n. 6.
Uno maze de perle grose segelate et infilate.
Un altro mazo de perle picole infilate et sigliate.
Uno palasse.
Una amatista.
Uno robino.
Dui robine et una perla.
Uno diamante picolo.
Un altro robino falzo.
Una corneiola co na testa intagiata.
Dui bergete d'oro.
Tute queste prete sono licate in voro.
Dui cogiare de argiente lavorate a litere retorte con le fugurete
angele cole perle.
Un altro cogare lavorate retorto con una fugureta in capo.
Tre altre cogare lise.
470 'P. Jedele
5 forchete lise dargente indorat (*) li capii.
Una altra forcheta co el manico de crestaie lavorata et indorate.
Li patrenostre de argante indorate sono de canto . . .(b).
Dui pentole de argite lavorate a l'antica indoratate.
Uno manico de diaspere de pugiale fornite de aragnites (0.
VII.
Archivio del Sancia Sanctorum, arni. IV, mazzo vi, n. 6.
Uno diamante a fagite.
Uno robino grande in taula.
Uno balaso.
Uno robineto.
Una trqinaW.
Uno zapilo.
Dui diamanto picolii.
Uno liozine (e) con una liqua de robine.
Uno anelo con dui rubino et una perla.
Una perla grande con uno robino et uno falcone (S).
Vili.
Archivio del Saucta Sanctorum. Instrum. ab a. 1523 ad a, 1530 (M. A. Speculum),
Indictìone .xiii., die vero .x. mensis iunii 1525, pontificatus Cle-
mentis VII anno secundo.
In presentia &c. Constituti personaliter &c. nobiles viri dominus
Marcus Antonius de Alteriis et dominus lordanus de Serlupis, guar-
diani venerabilis societatis et hospitalis Salvatoris ad Sancta Sancto-
rum de Urbe, non vi &c. sed sponte &c. ac omni meliori modo &c.
quietaverunt et refutaverunt cum pacto de ulterius in perpetuum non
petendo &c. omnia et singula iura &c. que quas prefata societas et ho-
spitale haberet contra et adversus filios et heredes quondam domini
Ludovici de Picchis causa et occasione certorum anulorum cum lapi-
dibus pretiosis ac pendentibus et aliis lapillis contrafactìs, qui anuli et
(a) Cosi nel testo. (b) Dopo canto (?) seguono due segni che non intendo. (e) Nel
verso, della stessa mano: La scrita de le cose che sono in pegno (d) Credo torquina
(e) Cosi parmi nel testo. (f) Nel verso della stessa mano: Numero de le cosse che
tene lo predicto notario Philipo
1 gioielli di Vannowa 4JI
pendentes et lapilli fuerunt quondam domine Vannotie de Cataneis,
prout de dictis anulis et aliis ut supra apparet de deposito per acta mei
notarii in hoc protocollo ad cartas 78 ad que me refero. Hanc autem
quietantiam fecerunt &c. eo quia constitutus personaliter nobilis iu-
venis dominus Paulus, filius dicti quondam domini Ludovici, sponte ut
supra presentialiter manualiter dedit restituit et consignavit prefatis do-
minis guardianis supradictos anulos et alia prout in dicto instrumento
continetur. Post dictam receptionem &c. vocaverunt &c. et renuntiave-
runt &c. et ex nunc prefati domini guardiani mandaverunt cassari et
annullari dictum instrumentum ut supra depositi facti de dictis anulis
et aliis per dictum dominum Ludovicum in infrascripto protocollo ut
supra. Pro quibus omnibus observandis prefati domini guardiani omnia
dicti ospitalis bona &c. obligaverunt sub penis Camere apostolice &c.
cum clausulis &c. iuraverunt &c. et rogaverunt &c. et cum potestate
extendendi &c. et presertim scribere et annotare dictos anulos et alia
ut supra in infrascripto instrumento.
Actum Rome in regione Montium in aula audientie dicti hospitalis,
presentibus &c. domino lohanne Paulo de Ursinis de Toffia et domino
Bernardino de Palonibus, testibus.
VARIETÀ
LA LEGAZIONE DEL CARD. D. CAPRANICA
AD ALFONSO DI ARAGONA
(Napoli, 29 luglio -7 agosto 1453).
Il grido di dolore, che s' innalzò dalla cristianità intera
all'annunzio della caduta di Costantinopoli, fu il segno di
allarme per un pericolo più grave in mezzo al rumore delle
lunghe guerre accanite che da parecchio tempo tormenta-
vano l'Occidente e l' Italia in ispecie. Si ebbe allora un
momento di esitazione, durante il quale gli animi dei re e
dei principi si volsero a considerare tanta sciagura e ad
escogitare i mezzi per respingerla; ma fu un momento
solo, giacché non cessarono per questo in Italia le rivalità
e i contrasti fra Napoli e Firenze, Venezia e Milano, né,
fuori d' Italia, la concordia regnò sovrana. Sicché neppure
di fronte al comune ed imminente pericolo poterono i prin-
cipi dimenticare i meschini rancori personali e le loro am-
bizioni, unendosi contro l'aborrito nemico del nome cri-
stiano. Che se la temuta minaccia e il pericolo furono in
qualche modo e dopo lunghi sforzi, scongiurati, ciò si do-
vette, più che all'opera di re e imperatori, al sacrifizio e al
coraggio di poche anime elette coadiuvate nell' impresa da
una turba di miseri credenti animati in parte da un pro-
fondo sentimento religioso e in parte stimolati anche da
bramosia di guerra donde speravano i mezzi per la vita.
Nicolò V si affrettò, subito dopo la triste novella, ad
inviare da per tutto ambasciatori, ammonendo e consigliando
la pace e l'unione: era necessario operare prontamente se
Archivio della R. Società romana di stona patria. Voi. XXVUI, 3^
474 ^' C^^^^isi
non si voleva vedere il Turco, imbaldanzito dal successo
ottenuto, avanzarsi nelF Europa e celebrare altri trionfi (i).
Presso il re Alfonso si recò come legato il cardinale Do-
menico Capranica, l'uomo più eminente che avesse il sacro
collegio (2). Questi parti da Roma il 18 luglio (3) e dopo
undici giorni di viaggio, essendosi fermato più volte per
via, giunse a Napoli col suo numeroso séguito di ottanta
persone, tra vescovi e gentiluomini, e sessanta cavalli. Il re
lo accolse fastosamente, uscendogli incontro sotto un pallio
di damasco cremisi, ornato di fregi di argento, di oro e di
seta (4). Il giorno seguente il Capranica ebbe un' udienza
privata in Castelnuovo. Il documento che qui pubblico ci
fa conoscere il tema della conversazione e gli argomenti
addotti dal cardinale per convincere l'Aragonese. Ricordò
dapprima i meriti insigni di cui il genitore, Ferdinando il
Giusto di Aragona, si era reso degno verso la Chiesa, avendo
nel concilio di Costanza attivamente cooperato con l' impera-
tore Sigism.ondo a far cessare lo scisma ; un accenno agli
ultimi strascichi della guerra contro gli Angioini permise
al Capranica di richiamare alla memoria la guerra combat-
tuta dieci anni indietro, insieme col re, nella Marca, contro
Francesco Sforza; il cardinale era allora legato di Eu-
genio IV e aveva saputo cattivarsi la benevolenza e la stima
dell'Aragonese; da ultimo toccò con arte l'amor proprio del
(i) Cf. L. Pastor, Geschichte der Pàpste in Zeitalter der Renaissance
bis lur Wahl Pius' II, Freiburg in Breìsgau, 1891, I, 2, p. 500 sgg.
(2) Cf. Catalanus Michael, De vita et scriptis Dominici Capra-
nicae cardinaìis antistitis Firmani Cornmentarius, in officina Firmana
Palladii, 1793, pp. 98-99; Pastor, op. cit. p. 502; L. Pastor, Unge-
druchte Akten ^ur Geschichte der Pàpste vornehmlich im XV, XVI imd
XVII Jahrhimdert, Erster Band, 1 376-1464, Freiburg in Breisgau, 1904,
p. 36, S. 12-13.
(3) Pastor, Geschichte &c. ed. cit. p. 502.
(4) C. Minieri-Riccio, Alcuni fatti di Alfonso I d'Aragona. Dal
ij- aprile 14^^ al ^i maggio 14^8, in Arch. st. per le Provincie Napo-
letane (1881), VI, 420.
Valici à 475
re: questi era tra i principi cristiani potente, saggio ed ac-
corto, sì che il papa si aspettava da lui oltre che aiuti ma-
teriali, anche consigli in tale ardua impresa.
L'Aragonese si commosse alle lodi tributate alla me-
moria del padre che, come egli diceva, morendo, gli aveva
raccomandato di favorire sempre l'unione della Chiesa, d'es-
sere grato all' imperatore Sigismondo e di combattere i Mori ;
si ricordò volentieri delle fatiche durate insieme nella Marca,
combattendo lo Sforza ; lodò l' iniziativa del papa per un
accordo fra i principi cristiani e promise infine di coope-
rare nella guerra contro il Turco, non dimenticando per
altro di infiorare il suo discorso con ricordi di autori sacri
e profani. Ma il cardinale desiderava una promessa for-
male, una risposta più categorica da comunicare al papa, e
alle sue insistenze il re soggiunse che aveva bisogno di
pensarci su dieci o dodici giorni, anche per intendersi con
i Veneziani, perchè questi sono alquanto sospettosi et pure da
conservarseli. Il cardinale riferisce la sua convinzione che il
re ha già mandato un ambasciatore a Venezia, e perciò ha
chiesto tanto indugio. L'ultima domanda dell'Aragonese ci
potrebbe far supporre quanta poca voglia egli avesse di cac-
ciarsi in mezzo a tale impresa che veniva a turbare i suoi
sogni di ambizione: siamo a così breve distanza dalla ca-
tastrofe di Costantinopoli ed egli vuol sapere se il papa ha
già dato particolari disposizioni e se ha raccolto denari per
la bisogna, perchè il cominciare per non finire saria danno et
vergogna. Certo, rispose il Capranica, il papa avrebbe fatto
tutto ciò che poteva, ma aspettava anche aiuti dai principi
cattolici e da lui specialmente.
Buone parole ebbe soltanto il cardinale, come egli stesso
conchiude tristemente, confessando che non sa neppure (juali
habbiano a essere li effecti. Pur troppo questi per allora fu-
rono nulli: né la pace tanto desiderata tra i principi ita-
liani si potò conchiudere, nò alcuna seria intesa si ebbe
per la lotta contro il Turco. Sicchò gli eserciti del duca
47^ ^- Carusi
di Calabria ripresero l'offensiva nella Toscana e Venezia
stipulò persino un trattato di alleanza con la vittoriosa po-
tenza ottomana : ad essa premeva troppo per allora il grave
■pericolo che correvano le *sue colonie e i suoi commerci con
rOriente. Un anno più tardi la parola ispirata di fra Simo-
netto da Camerino riusci ad ottenere ciò che il pontefice
e i suoi nunzi avevano tentato invano: la pace di Lodi fu
certo di grande importanza per la guerra contro i Turchi.
Poche parole ora intorno al documento. Esso è tra-
scritto di mano dell'Ammanati nelle ce. 1 98-200 b del cod.
dell'archivio Vaticano arni. XXXIX, t. io; un codice miscel-
laneo (mm. 305 X 225, di ce. 292) che contiene per la
maggior parte minute di lettere dell'Ammanati stesso, auto-
grafe oppure trascritte dal suo segretario Giacomo Gherardi
da Volterra, alcune poesie dell' Ammanati e del Gherardi,
poche lettere, anche autografe, del Bessarione e di altri car-
dinali di quell'epoca e documenti di varia natura che interes-
sano la storia della seconda metà del sec. xv (an. 1453-
1482) (I).
(i) Le lettere dell'Ammanati o a lui dirette dagli amici furono
pubblicate, ad eccezione di pochissime tuttora sconosciute, nella edi-
zione di Milano 1506: Epistoìae et commentava lacohi Piccolomini car~
dinalìs Papiensis, Mediolani, 1506; se ne ebbe poi una ristampa a Fran-
cotbrte nel 1614, dove le lettere hanno una numerazione progressiva.
Di questa ultima edizione ha fatto uso un anonimo annotatore del
sec. XVIII, che ha avuto cura di segnare nel codice a ciascuna lettera
il numero corrispondente dell' edizione, con la frase : é;i/.[ita] n
Circa il Gherardi e la parte avuta nella composizione di queste lettere,
cf. // diario di Iacopo Gherardi da Volterra, edito a mia cura nella
Raccolta degli storici italiani dal ^00 al 1^00, ordinata da L. A. Mura-
tori, nuova edizione rived. ampi, e corr. con la direzione di G. Car-
ducci e V. Fiorini, fase. 26-27, Città di Castello, Lapi, 1904, p. xii,
n. 7, r. 51 sgg. ; p. xvii, n. 3. Molti dotti hanno avuto fra mano questo
codice, ma nessuno, eh' io sappia, ha dato uno spoglio completo dei
documenti ivi contenuti, scritti per la maggior parte in forma di mi-
nuta e però non di rado di difficilissima lettura.
Varietà 477
Non deve destare meraviglia che questa relazione sia
stata scritta dall' Ammanati, in primo luogo perchè allora
questi era segretario del Capranica (i), e poi perchè essa si
ritrova fra le sue carte. A mio avviso il cardinale ebbe cura
di comunicare subito a Nicolò V l'esito della sua legazione
e incaricò all'uopo il suo segretario (2). Il quale, o presente
egli stesso al colloquio del cardinale col re, o informato
con esattezza dal cardinale stesso, per non dimenticare, avrà
creduto opportuno prendere degli appunti su ciò che do-
veva riferire al papa e avrà per certo sottoposto l'abbozzo
all'approvazione del suo patrono. Perciò il documento è
redatto in terza persona e le frequenti correzioni ed ag-
giunte marginali e interlineari dimostrano che questa che
noi abbiamo è una minuta fatta su fogli volanti e da ser-
vire solo per chi la scrisse, come si può argomentare anche
dalla forma, per solito accurata ed elegante nei componi-
menti dell'Ammanati, qui invece trascurata e qua e là scor-
retta. Il legatore del codice ha poi confuso l'ordine dei fogli,
perchè, a giudicare dal contenuto, la carta segnata col n. 200
doveva precedere la carta 199 (3). Ho creduto opportuno
restituire l'ordine primitivo, avendo cura di darne indica-
zione in nota, dove ho riportato pure le parole e i passi
aggiunti, soppressi o mutati dall'autore sì per esprimere più
(i) Cf. la breve Vita dell'Ammanati scritta dal Gherardi a prin-
cipio del suo Diario, loc. cit. p. 3.
(2) Il Capranica partì da Napoli il giorno 7 agosto; cf. Minieri-
Riccio, op. e loc. cit. p. 422.
Anche la chiusa della relazione dimostra che lo scrivente aveva
avuto dal cardinale 1' incarico di parlare col papa, o per lo meno scri-
vere a lui, come si potrebbe argomentare da un indice sommario, forse
di mano del Gherardi, che si legge nel terzo foglio di guardia non
numerato. Ivi, per la e. 198, si legge: « Instructiones ad scribendum
«pape, 198».
(3) Tra le carte 198 e 199 vi e un frammento che doveva for-
mare un foglio con la e. 199: il frammento e la e. 198 sono tenuti
insieme da un listino.
478 E, Carusi
chiaramente e con maggiore proprietà il suo concetto, si
per riparare ad involontarie omissioni in cui era caduto (i).
Roma, ottobre 1905.
Enrico Carusi.
In nomine lesu Christi.
Primo, chome la S.V. è stata in chamino da .xi. di et per che rispetto
non li habbia in questo mezo scripto cosa alcuna (a) et quale sia stata
la chasone dell'esser rimaso un dì a Terracina et tre al monastero di
Sancto Laurentio extra muros Everse et chome la S. V. sia stata ho-
norata in tutte e due questi luoghi.
Secundario, del dì della intrata di Napoli et della ordinatione del
re et della modestia della S. V. in renderli debito honore recusando;
item, et dello acompagnar la S. V. usque ad episcopatum et ceremoniis
consuetis (t'). Item:
Tertio, chome il dì seguente della entrata, che fu domenica a
•xxviiii*'. di luglio (2), la S. V. mandò a significare al re che quando
lui voleva era apparechiata ad exporli i mandati della S. V. Et esso
per lo veschovo de Vercelli C':) (3) et uno altro signiore deputò aW
quel medesimo dì a hore .xxii. in Castel-novo (0. Item:
Quarto, chome la S. V. fu con lui in colloquio per insino a nocte,
exponendoli quelle cose che credeva fusse la volontà della S.^à S. et lo
(a) et per che rispetto - alcuna] frase aggiunta nelV interlinea dalla stessa mano con
un segno di richiamo nel testo. (b) Segue a consuetis uno spazio bianco. (e) Vercelli]
// primo e è aggiunto nell'interlinea dalla stessa mano. (d) a] ripetuto neW interlinea
per maggior chiare:(ia essendo riuscito di incerta lettura nella sua prima forma. (e) A Castel-
novo segue nel cod. uno spoT^io Manco.
(i) Di questa ultima specie è ad es. il passo aggiunto nel mar-
gine superiore della e. 198; invece, a e. 199, l'autore ha voluto am-
pliare un concetto espresso prima un poco confusamente.
(2) Il MiNiERi-Riccio, op. e loc. cit., afferma che re Alfonso uscì
incontro al Capranica il 26 luglio; il cardinale in questo giorno era
giunto in Aversa e di lì era ripartito subito alla volta di Napoli. La
data della partenza da Roma, 18 luglio, è dimostrata dal Pastor,
op. cit. p. 502 e nota i.
(3) Giovanni «de Gilliaco » ; cf. F. Ughelli, Italia sacra, ed. Co-
leti, Venezia, 17 19, IV, 808-809; Eubel, Hierarchia, II, 290.
Varietà 479
honore suo et della fede nostra et etiamdio della maestà del re, alle-
gandoli, secondo la mediocrità dello intellecto vostro, molte rasoni et
exempi inductivi al fatto et inter cetera lo ex[empl]o del padre di quanto
se affatighò per la unione di Costantia (i); la qualW cosa lui intese
lietamente et affermò esser vero, et agiunse delle tre cose che il padre
morendo li comandò, videlicet: la dieta C^) unione che la sequitasse, la
devotione a Sigismondo imperatore el quale havea visitato il padre,
tertio, che sempre facesse guerra a Mori. Preterea, che la maestà sua
si ricordasse di quello havea adoperato (<:) per lo stato di sancta Chiesa (A)
nella Marcha et che così H piacesse adoperare per lo avenire. La qual
commemoratione li fu grata, et qui si ricordò di molte cose insieme
facte (e) colla S. V. (0 nella dieta Marcha (2).
Preterea, come la prefata S. V, se extese in molte cose in com-
mendatione sua, monstrandoli chome lui, fra li altri principi christiani,
per prudentia, per experientia (g) et oltra a ciò per potere, era acomo-
datttssimo a (h) sovenire al bisogno et honore di tutta la Christianità.
Preterea, chome la S. V. li disse che N. S. li domandava in tal
materia non solamente aiuto, ma etiandio principalmente consiglio di
quello li paresse se havesse a fare. Dove lui respose che li parea che
la S.tà s. fusse stata ben consigliata di mandare (0 ai principi christiani
et alle comunitati exhortandoli et animandoli a questa laudabile im-
presa, et che questa era, secondo il iudicio suo, via bonissima di ve-
nire allo effecto(k).
Quinto, chome il re particularmente a tutte le cose exposte per
la S. V. fece grata risposta, dicendo bavere a fare tal dimostratione
che ogni homo intenderà non rimaner per lui cosa alcuna (0 che sia
debita et conveniente a fare, allegando Seneca in alchuni loci molto
(a) la qual] Con questa frase comincia la e. I()8 B. (h) dieta] aggiunto nell'inter-
linea dalla stessa mano. (e) adoperato] aggiunto nell'interlinea dalla stessa mano.
(d) Dopo Chiesa cod. aggiunge e cancella e. s. adoperato (e) facte] aggiunto nell'inter-
linea e. s. (f) Dopo S. V. cod. aggiunge e cancella e. s. insieme facte (g) Dopo
experientia cod. aggiunge e cancella e. s. di moltissime cose (h) Dopo acomodatissimo
a cod. aggiunge e cancella e. s. sol (i) di mandare] ripetuto nel cod., ma la seconda volta
è cancellato. (k) Dopo effecto segue nel cod, uno spaiio bianco. (1) Precede cosa al-
chuna nel cod. la frase et sobvenire che è stata cancellala.
(i) Cf G. ZuRiTA, Annales de la corona de Aragon, Zariigosa,
1610, III, 110-116.
(2) Circa la legazione del card. Capranica nella Marca e la sua
amicizia con il re Alfonso, d. Catalanus, op. cit. p. 77; Eubel,
op, cit. II, 29, annot. n. 48; p. 30, annot. n. 67.
480 E. Carusi
oportunamente et similiter la Bibia, inter cetera di (a) loseph quando
fuit missLis in carcerem (t»), dicendo che sperava in Dio che sì chomo la
captività di colui fu liberatione del popolo de Israel, cosi habbia ad esser
la captività di Constantinopoli exterminio delli infìdeli et securità nostra.
SextoCO, chome essendo già nocte (A) et il re per lungo rasonamento
attediato, la S. V., per chavare qualche bona conclusione (e), lo preghò
humanamente che se lui intendeva che la stantia della S. V. havesse
a conseguir fructo, li piacesse notificarglielo, perché ogni indugio vi
sarebbe consolatione, et quanto che no <S) ancora ve lo dimos trasse
per perdere meno tempo si può. Alla qual cosa rispose (g) il re chome
presto, innanzi la uscita sua in campo, lo farebbe et che sarebbe spatio
di dieci o dodici di. Conciò sia cosa che ci voglia un pocho (h) pensare su (0
et oltra di ciò comunicarne co' Vinitiani, e quelli sonoC^) alquanto so-
spettosi, et pure (') da conservarseli, et e' quali dice haver mandato una
galea al Turcho per sapere chome hanno a viver con lui (i). Et qui,
dicendoli la S. V. non esser apta a star più in campo et pertanto de-
siderar prima la expeditione sua, rispose : « ben vederemo, forse Dio
«rimedierà», mettendo un pocho in dubio la partita sua (m).
Septimo, chome la S. V. pensa che lui vel habbia mandato già
a' Vinitiani per tale materia vel voglia mandare et per questo habbia
posto tale indutio di .x. o .xii. dì.
Ultimo (n), chome domandando il re se la(o) S. V. haveva cosa nes-
suna particulare da N. S. circa la impresa che se havesse a fare, chome
se de denari che sarebbeno di bisognio et de altre cose, perché il comin-
ciare per non seguire saria danno et vergognia; rispose la prefata S. V.
che N. S. faria quanto li fusse possibile dal canto suo (p), ma che bi-
(a) cetera di] Dopo questa frase cod. aggiunge e cancella della stessa mano lacob
(b) carcerem] corretto dalla stessa mano su lacura leonum che è stato cancellato. (e) Sexto]
Con questa voce comincia la e. 200 A. (d) nocte] Precede questa parola nel cod, molto
che è stato cancellato. (e) Dopo conclusione cod, aggiunge e cancella della stessa mano
li disse humana (f) Dopo che no cod. aggiu>]ge e cancella della stessa mano anchora
chiari (g) rispose] ricorretto dalla stessa mano su rispondendo (h) un pocho]
cod. um pocho corretto dalla slessa mano, neW interlinea, su un (?) (i) su] aggiunto
e. s. nell'interlinea. (k) Dopo sono cod. aggiunge e cancella della stessa mano fa (1) pure]
ripetuto nell'interlinea per maggiore chiare\7;^a della lettura della voce che nella prima sua
scrittura era riuscita confusa. (m) Dopo sua segue nel cod. uno spa:(io bianco. (n) Ul-
timo - et in questo] Questo passo si legge nella e. 199 A (o) se la] Cod. sella (p) dal
canto suo] aggiunto nell'interlinea dalla stessa mano.
(i) Sono note le trattative di pace che Venezia intavolò subito
con Maometto II per mezzo di Bartolomeo Marcello, il quale riuscì a
conchiudere un'alleanza col Turco l'anno seguente, 1454; cf. Pastor,
op. cit. p. 505 sg.
Varietà 481
sognerebbe che etiandio la maestà sua et li altri principi catholici con
quello potesseno, desseno subventione et aiuto a tale opera, non dubi-
tando che (a) N. S. in ogni cosa de honore et utile farebbe Q^) quella fama
et vantaggio alla maestà sua che a lui (0 fusse possibile ; et in questo ('i)
la maestà (e) sua molto ringraziò N, S. et aggiunse più volte queste pa-
role (0 con(g) significatione di buono affecto: « Se Dio m'aiuti io porto
« quello amore et quella affectione a N. S. che se 1' avesse generato me
«o veramente io lui». Item, che ancora a questa parte la S, V. disse
che prima era necessaria la pace de Italia et consequenter si potria più
comodamente mettere in pratica ogni altra cosa pertinente alla incepta(h).
In somma^ chome (0 la S. V. di questo primo rasonamento ne
ha hauto buone (k) parole et buone racoglientie, ma non sa quali hab-
biano a essere li effecti. Bene è vero che questi suoi intrinsechi tutti
hanno detto più volte alla S. V. chome il re et in publico et in privato
s'è doluto tanto cordialmente del caso di Const[antinopoli] quanto è
possibile et che per infino alle lacrime ha dimostrata la tristitia sua
et che credano lui esser disposto alli effecti et che così sequirà, ma
che va cerchando vie honeste per poter conservar lo honor suo (U.
Niente di mancho è da preghar Idio cuius in manu cor regis est (j^)
che provegga ai bisogni nostri.
Postremo ("), ho a dire a N. S. chome ho in comandamento dalla
S. V. di non dir nulla a persona altra di questo mondo se non alla S. Sua
et che(o) cosi ho facto et farò.
(a) Dopo che cod. aggiunge e cancella della stessa mano S su il (b) Dopo farebbe
cod. aggiunge e cancella e. s. fama tale (e) a lui] Cod, allui (d) Ultimo chome
domandando - et in questo] L'intero passo è stato scritto dalla stessa mano in sostitnj^ione del
seguente che si legge alla e, 200 B ed è stato cancellato: Ultimo, come domandando il re
se la (^cod, sella) S.V. havesse cosa alchuna particolare da N. S. circa le cose se haves-
seno aquistare o a raquistare, la S.V. rispose che no, ma era certissima che la santità
sua fra li altri principi christiani faria tale stima et dimostratione di lui che meritamente
rimarebbe contento et che di questo non ne dubitasse niente. Quo loco. Ad indicare il posto
dove la sostituzione deve farsi ci sono nel cod. segni di richiamo. La e. i()() deve dunque
seguire la e 200, ed è stata posta malamente. (e) la maestà"] Con questa frase comincia
la e. 200 B. (f) Segue a parole nel cod. la consonante S che è stata cancellata, (g) Dopo
con cod, aggiunge e cancella dire (h) Seguono a incepta nel cod. le seguenti parole scritte
dalla stessa mano e poi cancellate: delli infedeli. In nella quale la santità (corretto dalla stessa
mano su maestà^ sua harebbe quanto li fusse possibile (corretto dalla stessa mano nel marg,
su ad bavere quello volesse^ riguardo allo honore et utile suo fra li altri principi et signori
christiani (i) chome] aggiunto nell'interlinea dalla stessa mano. (k) buone] corretto
e, s. su puone (I) ma che va cerchando - honor suo] L'intero passo è stato scritto nel
margine, dalla stessa mano, con un segno di richiamo ripetuto nel testo. (m) Dopo regis est
cod. aggiunge e cancella della stessa mano lassi prò (n) Postremo] Con questa voce co-
mincia la e. J99 B. (o) che] aggiunto nell'interlinea dalla stessa mano.
482 C^C. "Barone
PER LA BADIA DI CASAMARI
UN INEDITO DIPLOMA DI CONFERMA DI PRIVILEGI
DATO DA RE CARLO II d'aNGIÒ
Nello sfogliare un registro della cancelleria angioina,
mi si è offerto allo sguardo il diploma di re Carlo II, in
virtù del quale sono confermati quattro privilegi, in esso
diploma inseriti, relativi a concessioni di beni e d'immu-
nità a favore della badia di Casamari (i) : i primi due, l'uno
del II 96, l'altro del 1198, dati da Costanza, moglie del-
l'imperatore Enrico VI; il terzo del 1212 dato da Costanza,
moglie dell'imperatore Federico II ed il quarto del 121 9
dato dall'imperatore medesimo. Ora siccome questi quattro
privilegi furono già pubblicati (2), laddove il diploma di
conferma di re Carlo II, per quanto io sappia, è ancora
(i) La badia di Casamari, in quel di Veroli, così appellata, per-
chè eretta, nel secolo xi, sulle rovine del delizioso luogo di soggiorno
del console Caio Mario (Moroni, Di^^. d'erud. stor. ed eccL, Venezia,
1859, XCIV, 5, 85 sgg. ; De Persiis, La badia 0 trappa di Casamari,
Roma, 1879, p. I sgg. 39 sgg.), appartenne prima ai Benedettini, poi
nel II 52 fu affidata ai Cistercensi (Moroni, op. cit. p. 99).
(2) Il privilegio del maggio 1196 fu pubblicato da C. A. Kehr
(Die Urhunden der Normannisch-sicilischen Kònige &c., Innsbruck, 1902,
p. 483, n. 46); l'altro privilegio del maggio 1198 dal Winkelmann
{Ada imperii &c., Innsbruck, 1880, I, 69); quello del giugno 1212 dallo
stesso WiNKELMANN (I, 371) e finalmente quello del settembre 1219
da Huillard-Bréholles (Friderici secundi hist. dipi, Paris, 1885, I,
par. II, p. 68$).
Va?^ l'età 483
inedito ; cosi ho creduto opportuno, a cagione eziandio della
perdita del noto Chartariiim (i), darlo in luce per le stampe
nell'interesse degli studi diplomatici e storici.
Nicola Barone.
Carolus secundus Dei gratia rex lerusalem et Sicilie, ducatus Apu-
lie et principatus Capue, Provincie, Forcalquerii, ac Pedimontis coiues,
universis presentis indulti seriem inspecturis, tam presentibus quam
futuris. Currentis evi spacia et temporum alternata varietas sic omnia
sursum deorsum commiscent et variant, sic memoriam humane fra-
gilitatis obliterant, quod munimentis novis expedit rccensere preterita
et in presentem noticiam artificiali quadam industria renovare, per
seculi quidem longevi curricula nec etas testibus, nec'actis integritas,
nec fides suffragari potest comode documentis. Sane prò parte vene-
rabilium virorum abbatis (2) et conventus monasterii Casamarii Ci-
sterciensis ordinis, nostrorum fidelium dilectorum, nostre fuit nuper
expositum maiestati, quod quondam Constancia Romanorum impera-
trix, et regina Sicilie (3), et subsequenter Fredericus Romanorum et
Sicilie rex, variis dudum et successivis temporibus certas protectiones,
defensiones, confirmaciones et concessiones indulxerunt imperpetuum
dicto monasterio Casamarii et eius dudum diversis abbatibus et con-
ventibus qui fuerunt prò tempore, prò se scilicet et successoribus eorun-
dem, prout in tribus privilegiis diete Constancie, pendentibus sigillis de
(i) D. Giovanni Giacomo dell'Uva di Banco, cistercense di Ca-
samari, ebbe incarico dal cardinale della Rovere di raccogliere le me-
morie di quella badia e del monastero di S. Domenico di Sora ad
essa aggregato; ond'egli terminò nel 1490 il Chartarium (scritto in
carattere gotico, come nota il Moroni) che da prima fu conservato
nella badia stessa; poi, nella prima metà del xviii secolo, il commen-
datario card. Albani volle fosse trasferito nell'archivio di sua fomiglia,
dove stette fino a quando il pontefice Pio IX, acquistatolo dagli credi
di lui, lo fece riporre nella biblioteca Vaticana. Di quel Chartarium^
di cui si giovarono il Rondinini ed il Bethmann precipuamente, ai dì
nostri non esiste più traccia.
(2) L'abbate di Casamari era Giovanni VII ; v. De Persiis, op.
cit. p. 153.
(3) Non è fatta la distinzione delle due Costanze.
484 ^. "Bat^oue
cera rubea, et alio sigillo prefati Frederici alba cera (i), munitis, eidem
monasterio et prefatis eius abbatibus et conventibus inde concessis
plenius et seriosius continetur. Devota per eosdem abbatem et con-
ventum supplicatione subiuncta, ut ipsorum privilegiorum series, ne
propter diuturnitatem temporis obliterari possint de facili vel aliquo
alio casu perdi, exemplari et autenticari facere, sub nostre maiestatis
sigillo, cum id sibi dicti abbas et conventus prò se et successoribus
suis ac prò eodem monasterio accomodum reputent, benignius digna-
remur. Nos igitur ex zelo caritatis interne, qui ad ecclesias et alia pia
loca nos provehit, illorum causas debitis intendentes fulcire presidiis
et òportunis favoribus confovere, eorundem abbatis et conventus sup-
plicationem in hoc ad exaudicionis gratiam admictentes, privilegia
ipsa, que ostensa sunt in curia coram nobis, queve in prima sui figura
per appensionem dictorum sigillorum cereorum eorundem Costancie et
Frederici fuisse prima facie apparebant non quidem abolita, nec abrasa,
nec viciata in aliqua parte sui (2), de verbo ad verbum, nichil addito
vel mutato, exe'mplari et prò futura certitudine inseri presentibus iussi-
mus seriose. Quorum unius tenor per omnia talis est . . , [segue il pri-
vilegio del 1196']. Alterius vero tenor talis est . . . [segue il privilegio del
ii^8'\. Tercii autem privilegii series talis est... [segue il privilegio
del 1212]. Tenor vero quarti privilegii talis est... [segue il pri-
vilegio del 121 p]. Et insuper prefatis abbate et conventu petentibus
iamdicta privilegia et contenta in illis, prò habundancioris eiusdem
monasterii ac predictorum abbatis et conventus et successorum eorum
cautele suffragio, per novum nostre ratificacionis et approbacionis mu-
nimentum expediens confirmari. Nos attendentes operam debere dari
per principem, ut que bene recteque geruntur, firmitatis effectu et
vigoris presidio fulciantur, omnia et singula que ipsi abbas et con-
ventus dictumque monasterium Casamarii tenent et possident et quasi
possident ex vigori dictorum privilegiorum, que in prima sui figura
sub prefatis sigillis cereis eorundem concedentium privilegiorum for-
mam continere videntur, quatenus tamen privilegia ipsa in eorum
substantia debita firmitate subsistunt, eisdem abbati et conventui prò
se et successoribus suis ac prefato monasterio Casamarii per presentis
(i) Nel museo storico paleografico dell'Archivio di Stato di Napoli
è conservato un suggello di Federico II appartenente ad un diploma
di lui del 25 dicembre 1222: ha il diametro di centimetri sette ed è
custodito in teca di legno senza coperchio. Vi si scorge l'effigie del
sovrano in tipo di maestà. È anch'esso in cera bianca come tutti gli
altri di Federico II (cf. Bréholles, op. cit. introd. p. xci).
(2) Ciò prova l'autenticità dei privilegi.
Varietà 485
scripti seriem confirmamus de certa nostra scientia et gratia speciali,
iuribus aliis curie nostre et cuiuslibet alterius semper salvis. In cuius
rei testimonium dictorumque abbatis et conventus et successorum
eorum, ac prefati monasterii cautelam presens indultum exinde fieri, et
pendenti maiestatis nostre sigillo iussimus communiri.
Datum Neapoli per manus Bartholomei de Capua militis, logothete
et prothonotarii regni Sicilie, anno Domini millesimo trecentesimo sexto,
die ultimo madii quarte indictionis, regnorum nostrorum anno vice-
simo secundo (i).
(i) R. Arch. di Stato in Napoli, Reg. Ang. n. 155, ce. 89-91.
11 medesimo documento è inserito alle ce. 17-18 del Reg. 14J.
BIBLIOGRAFIA
M. Tangl, Gregor VII. judischer Herhinft? in Neues Archiv
der Geseìlschaft f t'Ir altere deutsche Geschichtsìmnde, 1905,
XXXI, 159-180.
L'ipotesi di una probabile parentela fra il grande pontefice rifor-
matore e la famiglia dei Pierleoni da me proposta in un recente la-
voro {Le famiglie di Anacleto II e di Gelasio II in Arch. d. R. Soc.
rom. di storia patria, XXVII, 399 sgg.) ha talmente impensierito il pro-
fessore M. Tangl che egli ha creduto di doverla combattere con venti
nudrite pagine del Neues Archiv. Né io me ne dolgo, come non se
ne dorranno gli studiosi, perche il Tangl, che è un maestro davvero
insigne, ha scritto un articolo di tanta eleganza e dottrina che, sin-
ceramente, sono superbo di avergliene offerto l'occasione. Ma gli argo-
menti che egli adduce, sono poi di tal valore da scuotere, anzi da ren-
dere insostenibile la mia ipotesi?
Innanzi tutto debbo ricordare che l' ipotesi fu da me proposta con
le più prudenti cautele e riserve, perchè mi era impossibile dare af-
fermazioni precise là dove mi si offrivano soltanto degl' indizi e non
delle prove. E quando nella tavola genealogica dei Pierleoni introdussi
i nomi di Giovanni Graziano e d' Ildebrando, li contrassegnai con un
punto interrogativo che avrei veduto volentieri ripetere in quella parte
della tavola che il Tangl ha riprodotto. Del resto intendo bene come
porre la questione in questo modo, se cioè Gregorio VII fosse di ori-
gine ebraica, sia un abile mezzo polemico per rendere poco simpatica
la mia ipotesi e darmi subito torto; ma, in ogni caso, l'origine giu-
daica d' Ildebrando è una conseguenza che va molto al di là delle mie
premesse. Né vedo poi perchè, data per vera la mia ipotesi di una
parentela fra Ildebrando ed i Pierleoni, bisognerebbe riscrivere, come
il Tangl afferma, tutta la storia del papato del tempo della riforma.
Non erano forse risaputi gli strettissimi legami finanziari e politici fra
488 "Bibliografia
Ildebrando ed i Pierleoni? Fosse o non fosse egli loro parente, non
è forse vero che i Pierleoni furono suoi alleati, e lo sostennero e si
batterono sotto la sua bandiera? L'ipotesi adunque di una parentela
potrebbe chiarir meglio, non mutare la natura di queste relazioni ; e
nella storia del papato dell'undecime secolo, senza cancellare neppure
una pagina, basterebbe aggiungere soltanto una noticina dichiarativa.
Muove il Tangl dall' osservare che, secondo le mie ipotesi, Gre-
gorio VII sarebbe stato parente di Anacleto II: il che, per la distanza
di tempo fra i due, non è probabile. Ma non è impossibile : e la nuova
spiegazione che egli giustamente suggerisce della parola « avunculus »
che potrebbe significare non zio, ma nipote, se quella parola, come
vedremo, non provenisse da fonte sospetta, toglierebbe di mezzo ogni
difficoltà. Quindi egli nega la possibilità che Giovanni Graziano (Gre-
gorio VI) fosse un Pierleoni. Io confessai di « non aver trovato argo-
« menti decisivi per affermarlo»; ma che proprio gl'indizi da me of-
ferti non abbiano alcun valore, non mi pare. Dato il costume costante
nelle famiglie romane del medioevo di rinnovare i nomi, non è sinto-
matico il fatto che i nomi di Giovanni e di Graziano siano ripetuti
nella famiglia dei Pierleoni? E si badi che il nome di Graziano non
era frequentissimo nel medioevo : nel Regesto di Subiaco appare solo
quattro volte, ed una volta soltanto nelle mie numerose carte dei Ss. Co-
sma e Damiano. Ma, domanda il Tangl, perchè mai i due nomi non
s'incontrano più riuniti nella medesima persona? Si può osservare che
il nome di Graziano non era costantemente unito a quello di Giovanni.
Il Liber Pontificalis, gli Aìinaìes Romani, due carte del tempo, delle
quali una da me pubblicata, chiamano Gregorio VI « lohannes archi-
K canonicus » , mentre i cataloghi pontificali soltanto lo chiamano « Gra-
« tianus » o « lohannes Gratianus » . Nulla perciò vieta di pensare che
anche i Pierleoni possano avere avuto un secondo nome, quantunque
non appaia dalle fonti. E poi mi saprebbe dire il prof. Tangl come
avrebbero fatto a distinguersi i due fratelli di Anacleto II dei quali
uno si chiamava Graziano e l'altro Giovanni, se i due nomi fossero
stati inseparabilmente congiunti? Ma non bisogna mai fidarsi dell'iden-
tità dei nomi: non ha il Kehr, esclama il Tangl, ridotto a nulla le
argomentazioni dell' Hartmann per l' identità fra gli scrittori delle carte
private e gli scrittori della cancelleria pontificia, fondate sull'identità
dei nomi? Il prof. Tangl però sa bene che poi il Kehr ha dovuto ri-
conoscere, sia pure in minima parte, il valore degli argomenti del-
l'Hartmann, ammettendo che qualche volta gli scrittori delle carte pri-
vate, come « Bonushomo » e talun *altro, furono proprio le medesime
persone degli scrittori della cancelleria pontificia. E poi non è lo stesso
procedimento il mio, perchè non deduco dall'identità dei nomi l'iden-
^ibliograjid 489
tità delle persone. Ma perchè allora il nome di Gregorio o quello
d'Ildebrando non è ripetuto nella famiglia dei Pierleoni, se Gregorio VII
le appartenne? Intendiamoci bene: io non ho detto che Gregorio VII
sia un Pierleoni. Noi non sappiamo nulla dell' origine della sua fami-
glia, né donde discendesse quel Bonizo, suo padre, che altri volle di
origine germanica ! La madre, al più, d' Ildebrando avrebbe potuto
esser legata di parentela con i Pierleoni, ed il prof. Tangl può inse-
gnarmi che non è la discendenza materna ma quella paterna che dà
la costituzione ed il nome delle famiglie. Perchè poi il Tangl ha ta-
ciuto un indizio di grande valore per ammettere 1' origine Pierleonia
di Gregorio VI? La tradizione rappresentata dal Ciacconio, dallo Zaz-
zera, dal Crescimbeni e da altre fonti manoscritte, sebbene recenti,
afferma che Gregorio VI era Pierleoni ; e, quel che vale di più, l'afferma
la tradizione familiare mantenutasi viva e fresca fino al decimosettimo
secolo. Nel 1674, in un'iscrizione di S. Paolo, Lucrezia Pierleoni ancor
si gloriava di avere avuto fra i suoi antenati Gregorio VI (Forcella,
XII, 19). Certo questa non è una prova; ma, trattandosi di un pro-
cesso indiziario, chi può condannarmi, se io me ne valgo?
Ciò posto, poiché le relazioni fra Gregorio VI e Gregorio VII fu-
rono senza dubbio .strettissime, non vedo perchè sia assolutamente
improbabile che fra i due vi fossero vincoli di parentela. All'arciprete
di S. Giovanni a Porta Latina, Giovanni Graziano, viene affidata l'edu-
cazione di Ildebrando fanciullo. Quando nel 1046 Gregorio VI è co-
stretto a recarsi in Germania, Ildebrando lo segue al di là dei monti,
ed alla morte di lui ne eredita le ricchezze. Ben è vero che la fonte
di quest'ultima notizia. Benone, è mal sicura, essendo egli animato da
odio contro Ildebrando ; ma qui si tratta semplicemente di una consta-
tazione di fatto, e non vi sono ragioni per negargli fede. Il Tangl
stesso afferma che « die Art seines Angriffes (cioè contro Ildebrando)
« zeigt dabei wieder hinter alien gehàuften Entstellungen den grùndli-
« chen Kenner der Vorgànge und Verhàltnisse .) . Il mio illustre con-
traddittore s' indugia ad esaminare con molto acume un passo del de-
creto di scomunica di Enrico IV del 7 marzo 1080; ed io convengo pie-
namente neir interpretazione che egli gli ha dato. Ma, comunque s'in-
tenda r espressione : « invitus ultra montes cum domino papa Gregorio
«abii», rimane sempre il fritto che Ildebrando lasciò Roma per accom-
pagnare il deposto Gregorio VI, non di sua volontà. E per volontà
di chi adunque? Perciò l'ipotesi della parentela fra Ildebrando e Gio-
vanni Graziano, senza essere certo l'unica possibile, non mi par desti-
tuita di ogni probabilità.
Con una elegante digressione, che io giudico la parte migliore e
più persuasiva del lavoro, il Tangl risolve il problema del tempo nel
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXVIII. $2
490 'Bibliografia
quale Ildebrando vestì 1' abito monacale. Egli prova come la notizia
di Bonizone che Ildebrando, alla morte di Gregorio VI, entrò nel mo-
nastero di Cluny, deve ritenersi esatta, come anche dimostra che il
primo incontro fra Ildebrando e Leone IX dovette avvenire a Besancon
e non a Worms, come il Martens aveva creduto di poter dimostrare.
E, tornando alla nostra questione, osserva il Tangl che tutti i
contradittori accaniti di Gregorio VII non avrebbero mancato di rin-
facciargli la sua origine giudaica, se ne avessero avuto notizia. Ma di
origine giudaica è soltanto il Tangl che parla. Io non so, per esempio, se
il gran cancelliere dell'impero Germanico abbia dei figliuoli. Li direbbe il
prof Tangl di origine italiana, perchè il principe von Bùlow ha sposato una
itaHana? Evidentemente, se vincoli di parentelavi furono tra Gregorio VII
ed i Pierleoni, essi dovettero annodarsi per linea femminile. E come
nessuno avrebbe potuto sostenere che i Pierleoni, soltanto perchè
erano imparentati con le nobili famiglie cristiane di Roma, erano di
origine cristiana, così egualmente nessuno avrebbe potuto rimprove-
rare a Gregorio VII l'origine giudaica, anche se sua madre fosse, per
avventura, imparentata con una famiglia che già da due generazioni
aveva abbandonato il giudaismo. E qui debbo correggere un curioso
equivoco nel quale il prof. Tangl è caduto. Egli crede, né so donde
abbia tratto la singolare notizia, che sia stata qui in Roma scoperta
un' iscrizione nella quale si fa parola della famiglia di Gregorio VII.
Io non ho mai parlato di simile iscrizione, né mai ne ha fatto cenno
il Pasquali alla cui opera mi richiamavo. Il Pasquali, di cui rimpian-
giamo la perdita recente, era, non ostante i suoi difetti, un acuto inda-
gatore della storia di Roma, ed era giunto alla conclusione dell'origine
romana di Ildebrando non col sussidio di iscrizioni, ma con argomenti
che prometteva di pubblicare prossimamente nella sua storia di S. Maria
in Portico. È da augurarsi che quest'opera, della quale so che era
pronto in gran parte il materiale, sia pubblicata, non ostante che
la morte ne abbia rapito 1' autore.
E veniamo infine alla testimonianza degli Annali di Pegau: « Apo-
« stolico igitur cum Petro Leone avunculo suo fugam ineunte « . A me
non era sfuggito il lato debole di questo argomento, trattandosi di uno
scrittore di epoca posteriore, e che non conosce bene gli avvenimenti :
e qualche dubbio lo avevo pure esposto. Ma le giuste osservazioni del
Tangl mi convincono pienamente che quella fonte non merita alcuna
fiducia. E dorma pure in pace la testimonianza degli Annales Pega-
vienses sotto la ben scolpita pietra sepolcrale che il Tangl giustamente
si dà vanto di aver posto sulla sua tomba. Ma meritano per questo
di essere ricacciati inesorabilmente nella stessa tomba tutti gì' indizi
raccolti di una probabile parentela fra Ildebrando ed i Pierleoni? Non
"Bibliografia 491
lo credo, e spero di riesaminare a miglior tempo e più pacatamente la
questione alla quale forse porterò nuovi elementi che, se non varranno
a risolverla, potranno giovare un poco alla conoscenza storica del grande
avversario di Errico IV,
P. Fedele.
Il Canzoniere di Francesco Petrarca riprodotto lette-
ralmente dal cod. Vat. Lat. 3195 a cura di Ettore
Modigliani. Pubbl. della Società Filologica Romana
(Roma, 1904).
Non v' è studioso del Petrarca, il quale ignori l' importanza somma
del codice Vaticano Lat. 3195. Esso contiene l'originale intiero e com-
piuto delle Rime, quale l'avrebbe egli medesimo approntato se avesse
dovuto licenziarlo per la stampa. Le strofe soavi, «nate di notte in
« mezzo ai boschi » , erano da lui divulgate tra gli amici e i cono-
scenti, che alla lor volta le ripetevano e le abbandonavano alla curio-
sità del pubblico : sicché passando di bocca in bocca, di penna in penna,
de voci de' sospir suoi in rima» s'erano alterate, snaturate al punto
eh' ei stentava - assevera - di riconoscerle come sua proprietà. Ond' è
che in una famosa lettera al Boccaccio, nel 1366, manifestava il pro-
posito di voler provvedere a che le migliori delle cose sue non fosser
più a lungo dilaniate dal volgo. Il proposito fu ne' due anni successivi
a quello tradotto nella realtà: e il Petrarca intraprese la trascrizione
de' Rerum vulgarium fragmenta, fatta in parte per mano propria, in
parte per mano di un copista in tutto e per tutto guidato da lui:
trascrizione, ch'ei corresse e ricorresse con quella fastidiosa, eccessiva
forse, e incontentabile minuziosità, che metteva in ogni sua opera, e
di cui si riprende come d'un difetto in una nota marginale nell'esem-
plare del Plinio, che ha accolto tante sue tacite confidenze (Par. 6802).
Numerosissime sono infatti le abrasioni, che nel codice si incontrano ;
« abrasioni di lettere, di sillabe, di parole, perfino di versi e di com-
« ponimenti intieri, dovute quasi tutte alla mano del Petrarca, il quale
« non solo rivide i componimenti di pugno del copista, ma in più luoghi
« ritornò anche su quelli trascritti da lui, o per correggere qualche
« lapsus calami, o per modificare la forma, sempre nell' intento di rag-
« giungere maggiore eleganza ed armonia » .
È adunque questo, contenuto nel cod. Vat. 3195, il vero Petrarca,
come lo chiamò Pietro Jkmbo, il quale fece acquisto del prezioso
49 2 ^ib liog rafia
volume nel 1544, e l'ebbe si caro che non se ne sarebbe disfatto, dice
in una lettera al Quirini, nemmeno per la somma di cinquecento zec-
chini : ò il testo definitivo del Cannoniere, la forma ultima, in cui messer
Francesco volle che quelle sue poesie fosser tramandate alla posterità.
Fu quindi saggio ed opportuno pensiero quello della Società Filologica
Romana di curare a che dell'insigne cimelio si avesse una riprodu-
zione sincera, che mettesse il manoscritto tal quale alla portata del
maggior numero di studiosi, che desse, cioè, agio di servirsene larga-
mente senza bisogno di ricorrere al codice. A tale scopo la edizione in
facsimih fototipici non sarebbe stata sufficiente. Il cod. Vat, 3195 è
in più luoghi di lettura difficile ; e tale difficoltà non sarebbe al certo
diminuita in una riproduzione fotografica, che, per quanto perfetta, è
incapace di ridare tutte le traccie, tutte le ombre superstiti di segni
indeboliti e quasi afl:atto svaniti. Inoltre nel facsimile non si sarebbe
potuto apprezzare il valore dei numerosi ritocchi; come anche si sa-
rebbe perduta l'ornamentazione del manoscritto. L' incarico di attuare
il suo proposito fu dalla Società affidato ad Ettore Modigliani, che l'ha
adempiuto con cura paziente, con « intelletto d' amore >■> sì da meritar
la gratitudine di tutti i cultori di cose petrarchesche.
L'edizione infatti offertaci dal Modigliani è una fedele riprodu-
zione degli intendimenti, dei criteri del Petrarca, quali risultano da
un esame acuto, coscienzioso del codice. Codesta fedeltà si manifesta
a incominciar dal formato. Il Petrarca, discostandosi dall'uso medioe-
vale, che aveva adattato la sagoma dei codici a bisogni diversi, era
risalito per il suo Cannoniere ai modelli classici e aveva scelto la forma
quasi quadrata, che specialmente si prestava a contenere lo sviluppo
strofico della canzone. Orbene, lo stesso rapporto fra altezza e larghezza
- ridotte le dimensioni - è mantenuto nel presente volume. Così v'è stata
rispettata la quadernatura dell'originale e ne fu riprodotta esattamente
la paginatura e la lineatura, per modo che a ciascuna pagina e a cia-
scuna linea del ms. viene a corrispondere una pagina ed una linea
della edizione. Il testo è - come si sa - diviso due parti, di cui la
seconda incomincia con la canzone / vo pensando : ciascuna di esse è
contrassegnata da una grande iniziale rosa in campo d'oro e adorna
di fregi colorati; inoltre sono colorati in rosso e in turchino molte
delle iniziali delle poesie e molti dei paragrafi, che segnano il prin-
cipio delle stanze. Anche queste lettere e paragrafi miniati sono qui
riprodotti, e con gli stessi colori e nello stesso ordine che hanno
nell'originale. In questo, sì nell'una che nell' altra parte, figurano due
mani diverse : quella del poeta e quella del copista. Affinchè esse fos-
sero distinte materialmente anche nella edizione, il Modigliani volle
stampati in carattere tondo i componimenti trascritti dall'amanuense,
bibliografìa 493
e in carattere corsivo i componimenti trascritti dal Petrarca : e in questo
stesso carattere fece stampare le parole autografe scritte su rasura anche
in quelli non autografi. In tal modo gli studiosi possono, a prima vista,
riconoscere il contributo diretto del Petrarca nella trascrizione. Ha poi
adottato nella stampa la stessa disposizione che i versi hanno nel codice:
e vi furon trascritte con lettera maiuscola le lettere che, o per la loro
grandezza maggiore o per la loro forma, sembravano rivelare nello
scrittore l' intenzione di usare la maiuscola. Delle espunzioni, delle ag-
giunte, delle rasure è rimasta nella riproduzione sicura e lucida traccia
o nel testo o nelle note.
In quanto alla punteggiatura, la cui importanza somma ebbe già
a rilevare un grande commentatore del Petrarca, il Leopardi, quando
asseriva che « spesse volte una virgola ben messa dà luce a tutto un
« periodo » , i diversi segni, e nella forma nella quale si trovano nel-
l'originale, vennero conservati nella presente edizione : « e tutta la cura
«si pose», si afferma nella particolareggiata prefazione, e affinchè nes-
« suno sfuggisse, sebbene, a cagione della loro sottigliezza e dello stato
« del codice, molti sieno oggi svaniti e a stento visibili senza l'aiuto
«della lente». A questo riguardo, è importante la scoperta fatta dal
Modigliani nella biblioteca Vittorio Emanuele dell'edizione quattrocen-
tina di un trattatello intorno zWArs piinctandi, che le bibliografie degli
incunaboli attribuiscono allo stesso Petrarca. Se la attribuzione sia giusta,
non so : in ogni modo gli è certo che tra i segni indicati nel trattato
e quelli del codice Vat. 3195 c'è una rispondenza perfetta; rispondenza,
che si riscontra anche rispetto ad altri due codici autografi del Petrarca,
il Vat. lat. 3358, contenente il Bucoìicum Carmen, il Vat. lat. 3359, con-
tenente il De sili ipsiiis et tmiìtorum ignorantia. Il trattatello, con la sua
sommaria illustrazione del valore di ciascun segno, ci dà agio di inter-
pretare con sicurezza il sistema d' interpunzione adottato dal Poeta, e
ci apre la via ad intuire com'egli voleva che i suoi versi fossero letti.
L'intima famigliarità, che per lungo tempo il Modigliani ha avuto
col codice, ha fatto sì che questo si rivelasse quasi interamente a lui,
anche nelle sue più minute particolarità. Le varie mani, che dopo quelle
del Petrarca e del copista lasciaron su di esso traccia di sé, sono indi-
cate nelle sobrie note dell'edizione come vi son rilevati e lo scopo e
la portata dell'opera loro. Le ipotesi avanzate sono caute, prudenti
sempre e appaion frutto di mature e sottili meditazioni. Soltanto circa
un asserto, esposto nella prefazione, noi dobbiamo fare le nostre riserve.
C'è nel testo una serie di lettere e di parole, già svanite e poi ritoc-
cate o riscritte più tardi. Or bene di esse il Modigliani crede di poter
identificare l'autore nella persona di Pietro Bembo. Egli promette di
tornire in altro luogo più ampia dimostrazione di questo suo convin-
494 bibliografia
cimento. E noi attendiamo desiderosi, ch'ei mantenga la promessa. Ma
a priori ci par ardua la certa identificazione di una mano dal semplice
ritocco di qualche lettera sbiadita dal tempo : e se altri argomenti tratti
da altra origine che non sia il codice non verranno a raffermar la sua
congettura, temiamo che questa resterà congettura, espressione cioè di
una impressione puramente personale.
La storia adunque, lunga e complicata istoria, di questo prezioso
manoscritto si svolge pagina per pagina, parola per parola, segno per
segno, innanzi a noi nella bella edizione, che Ettore Modigliani ci pre-
senta. E codesta storia è interessante non solo pel filologo, pel lette-
rato, ma anche per lo psicologo. C è una parte dello spirito del Petrarca
nella materiale apparenza di questi fogli, a cui egli ha affidato i suoi
canti giovenili d'amore. Essi ci dicono innanzi tutto cosa divenisser
per lui questi canti negli anni della vecchiaia : non solo le care rimem-
branze di giorni lieti lontani, ma forse il titolo più superbo della sua
carriera letteraria, a cui bisognava convergere - ei n'aveva coscienza -
tutte le sue cure, tutte le sue abilità di artista provetto. Ma principal-
mente per il lento lavorio della lima, che ci divien quasi palpabile, essi
ci sono documento vivace in questo campo dell' arte di quella ansiosa,
insaziabile aspirazione al meglio, che è stata una delle caratteristiche
più recise dell'anima sua : aspirazione, che gli faceva esclamare ad ogni
passo angosciosamente : « Sentio inexpletum quoddam in praecordiis
e meis semper», che è stata la spina penosa della sua attività, ma che
ha formato la sua forza vera d'uomo e di poeta.
Carlo Segré.
Francesco Schupfer, Precarie e livelli nei documenti e
nelle leggi dell' alto medio evo. — Torino, 1905.
È un lavoro di grandissima importanza non soltanto per la copia
dei documenti onde si trae profitto, si anche per la vigoria del pen-
siero che lo anima. Un giovane scrittore, il Pivano, in un suo recente
volume di molto pregio (/ contratti agrari in Italia nelV aito medio evo,
Torino, 1904) tentò dimostrare con sottile insistenza questa tesi: che
i tre massimi contratti agrari del medio evo, la precaria, il livello e
l'enfiteusi, si distinguono fra loro per un carattere esclusivamente este-
riore. La precaria ed il livello sarebbero due contratti formali, col qual
vocabolo intendesi nella scienza designare contratti il cui tipo è dato
dalla sola forma adatta ad esprimere contenuti diversi, come era nella
bibliografìa 495
stipulatio del diritto romano; l'enfiteusi invece sarebbe un contratto
sostanziale e alla lor volta precaria e livello differirebbero in una
sola piccolissima particolarità di forma : per costituire la precaria
sono necessari due documenti di tenore diverso, l'uno in forma di
petizione, l'altro in forma di concessione, mentre a costituire il li-
vello occorrono due documenti dello stesso tenore o di concessione
o di petizione. Già da un primo giudizio logico o, per meglio dire,
metodologico, a chi scorreva il libro del Pivano doveva apparir
chiaro che 1' autore si era lasciato sedurre da alcuni preconcetti empi-
rico-formalisti, dai quali avrebbe potuto salvarlo l'obbedienza ad un
rigoroso concetto scientifico, secondo noi, troppo spesso calunniato.
Questo concetto scientifico supremo insegna che gli istituti giuridici
sono sempre, nella loro veste esteriore, il simbolo perfetto e som-
mamente eloquente di realtà della vita, nella quale sorgono. Non
vi è effetto senza causa, non vi è forma senza sostanza. Si ha un bel
gridar contro al «preconcetto», all' « unilateralità », al «materia-
lismo» con le relative immancabili «strettoie». L'esperienza insegna
che le vere strettoie sono quelle di un formalismo strappato a forza
dalla vita ed entro il quale non si deve racchiudere la storia del di-
ritto, che deve essere il vero simbolo e quasi la sintesi della storia
generale. Per difetto dunque di metodo, direi, realmente scien-
tifico, il Pivano ci sembra che sia caduto in errore ed abbia voluto
racchiudere un grave problema entro confini troppo angusti.
Ma il prof Schupfer, con vastità di vedute e con poderosa dot-
trina, riconduce alla realtà delle cose ed inconfutabilmente dimostra
che la precaria, il livello e l'enfiteusi sono veri e propri contratti so-
stanziali, rispondenti ciascuno ad un fine suo proprio ben nitido e
distinto. La precaria, che è legata, nell'origine, al praecarium classico,
contiene in se l' idea caratteristica del godimento dei beni solo per
favore del concedente, il qual concetto a sua volta è tutela della
proprietà ecclesiastica, al cui miglioramento il contratto di precaria
deve provvedere, pur salvaguardando il diritto del concedente e po-
nendo in prima linea questa necessità : indi tutta la configurazione
giuridica. L'enfiteusi, che conferisce all'enfiteuta un diritto reale, per
cui quegli può godere pienamente della cosa come se fosse proprie-
tario, è per contro tutta intesa a proteggere, nell' interesse economico
del miglioramento dei fondi, il diritto del lavoratore, in subordina-
zione s' intende al fine del miglioramento stesso. E perciò si atteg-
gia nel medio evo assai differentemente che nel periodo romano, fa
obbligo all'enfiteuta di migliorare la terra, gli concede in proprietà le
raigliorazioni, gli dà il diritto della derelictio, ossia la facoltà dell'ab-
bandono ogni volta che non trovi rimunerativa la coltivazione del
49^ bibliografia
fondo. Il livello, che ha parentela con la precaria, se ne distingue non
per mìsere 'e indipendenti particolarità di forma, ma sopratutto per
la natura del contratto, perchè il rapporto derivante dal livello
è strettamente contrattuale da ambo i lati e dà luogo non a un pos-
sesso precario piiJ o meno ampio, ma a un vero e proprio diritto
reale. È simile all'enfiteusi, da cui trasse origine, ma per certi riguardi
se ne discosta ed ha vita propria. I tre contratti insomma, dimostra
lo Schupfer, sono animati ciascuno da un proprio spirito giuridico,
che si manifesta in ogni punto della loro disciplina. La diversità
giuridica a sua volta risponde ad un diverso fine economico : talora
prevale l' interesse del proprietario, tal'altra l'interesse del lavoratore.
Così abbiamo una spiegazione razionale, che ci lascia pienamente
soddisfatti ; e però è ben giusto che questo lavoro sia studiato e te-
nuto a modello, come esempio di buon metodo negli studi di storia
e di diritto che non debbono essere abbandonati dalla virtìi anima-
trice del pensiero coordinatore.
Gino Arias.
Bernard Monod, Le moine Guibert et son temps (1053-
II 24) avec une préface de M. Émile Gebhart. —
Paris, Hachette, 1905, pp. xxviii, 342.
Ora è un anno che a Hyères Bernardo Monod moriva nel fiore
della più promettente giovinezza. A soli venticinque anni egli aveva
destato le più liete speranze: conseguito il diploma di archivista e
paleografo presso TÉcole des Chartes, con una tesi su Pasquale II e
Filippo I, entrò nell'École des Hautes Études alla quale, riprendendo
il primo lavoro, presentò un assai lodato Essai sur les rapports de
Pascal II avec Philippe I et Louis IV. Fu poi nominato membro del-
l'Ecole de Rome; ma, ohimè!, la terribile malattia che distrusse la
sua giovinezza, gì' impedì di venire a Roma a lavorare nella solenne
quiete del palazzo Farnese. Ed il volume su Guiberto che egh veniva
segretamente preparando per ofìfrirlo un giorno, con gradita sorpresa,
a suo padre, viene ora dal padre pubblicato e deposto come una fu-
nebre offerta sulla sua tomba. Quanta tristezza !
Questo volume rende a noi ancora più sensibile la sua perdita.
Con che affetto, con quanta giovanile vivacità piena di buon senso e
di criterio 1' autore ha tratteggiato la figura di Guibert de Nogent !
Fra gli scrittori medioevali Guiberto è senza dubbio uno dei più im-
^Bibliografia 497
portanti per la sua originalità, per la franchezza e l'ardire delle sue
opinioni, e soprattutto perchè nei suoi scritti egli ha messo tanta parte
di se stesso, dei suoi sentimenti e della sua vita che nessuno forse
fra gli scrittori del medioevo è, per cosi dire, più soggettivo di lui.
L'opera De vita sua sive monodiarum libri III è la prima memoria
autobiografica dell'età moderna. Era quindi bene che l'originale figura
di questo monaco medioevale fosse tratta dall'oHìo.
Riassumere il bel lavoro del Monod equivarebbe a sciuparlo. Le
pagine nelle quali egli ci narra i primi anni della vita di Guiberto
trascorsi in un castello presso Clermont-en-Beauvaisis con la madre
pia e piena di scrupoli, con un precettore ignorante e manesco lasciano
una profonda impressione dì simpatia e di tristezza. Entrato nel mo-
nastero di Saint-Germer-de Fly, egli si dette con ardore agli studi
sacri e profani, e nella biblioteca monastica egli trascorreva ore deli-
ziose leggendo insieme con i Padri della Chiesa i prosatori ed i poeti
dell' età classica. Fu per lui una vera rivelazione !
Quando gli storici del rinascimento si sofìermano a descrivere
r impressione profonda che sugli eruditi del Quattrocento faceva la
lettura delle opere che ad essi primi svelavano un mondo d'ignorata
bellezza, probabilmente non sanno che, già alcuni secoli innanzi, il
monaco di Saint-Germer, nella solitudine della sua cella, si abbando-
nava con lo spirito pieno di curiosità alla lettura dei prosatori e dei
poeti latini fino al punto di avere quasi in dispregio la Sacra Scrit-
tura e di proporsi di rivaleggiare, componendo carmi, con Ovidio e
Virgilio. Proprio nel tempo che il senso della vita e gì' irrequieti de-
sideri si svegliavano nel giovane organismo di Guiberto, Amarillide
e Galatea riempivano la sua fantasia e turbavano i suoi sogni. Era
una via pericolosa dalla quale si ritrasse a tempo per opera princi-
palmente di Anselmo che fu poi il grande arcivescovo di Cantorbery,
ailora semplice priore della badia di Bec. Anselmo lo accolse sotto la
sua protezione, notò il suo spirito vivace e desideroso di apprendere,
la sua sensibilità ardente, e si propose di regolare e di avviare al
bene lo sviluppo rigoglioso di quella giovinezza esuberante. Sotto V in-
fluenza dell' austero creatore della filosofia scolastica, Guiberto abban-
donò i suoi amori per la letteratura pagana. Intanto la fama delle
sue virtù e della sua dottrina andò di giorno in giorno crescendo ; e
fu eletto abate del monastero di Nogent-les-Vierges-sous-Coucy.
L' alto onore non tolse a Guiberto la serena e studiosa tranquillità di
Saint-Germer-de Fly ; ma nello stesso tempo l' obbligò a prendere
una parte attiva a tutti gli affari della diocesi di Laon. Cosi fu inca-
ricato di sostenere presso Pasquale II il famoso Gaudry eletto alla
sede episcopale di Laon, Gnudry era certamente indegno di questa
498 bibliografia
dignità ecclesiastica, e Guiberto ebbe la debolezza di sostenerne la
causa presso il pontefice ; ma egli se ne chiama cosi candidamente
in colpa che non ci basta l'animo di negargli il perdono. Guiberto
morì tra il 1121 ed il 11 24, lasciando ai suoi monaci il ricordo di
una vita piena di operosità e di amore.
Nella seconda parte del volume il Monod descrive la società fran-
cese, come appare dalle opere di Guiberto. In genere noi conosciamo
molto poco la vita dell'alto medioevo, perchè la più parte delle fonti
storiche, consistendo in documenti d'archivio, in cartulari monastici,
in cronache aride e brevi, mal si presta a farci indagare la vita e,
vorrei dire, l'anima di quei tempi. L'autobiografia di Guiberto è per
questo tanto più importante. Colto, appartenente ad una nobile fa-
miglia del Beauvaisis, in relazione col mondo laico ed ecclesiastico
della sua regione, Guiberto è in eccellenti condizioni per osservare
tutto quello che si svolge intorno a lui. Mentre egli ci rammenta i
casi della propria vita, noi possiamo bene osservare lo sfondo del
quadro che è formato dalla società ecclesiastica e feudale della Francia
dell'undecime e dei primi anni del duodecimo secolo. Triste è il
quadro : papi, principi, nobili dame, borghesi, clero secolare e regolare,
nessun grado, nessun ordine sociale si può dire fosse immune da gravi
difetti. Ma, come giustamente ha osservato Elie Berger ( Biblioihèqiie de
lÉcoJe des Chartes, LXVI, 438), le tinte oscure del quadro non debbono
far dimenticare che è ben questo il tempo che la Francia compie la
conquista della Terra Santa, e si adopera alla costituzione di una
grande monarchia, e crea l'arte e 1' epopea medioevale. Guiberto ha
naturalmente il più grande rispetto per i papi ; ma Urbano II in par-
ticolar modo attira la sua simpatia non solo per l'austerità e la fer-
mezza con la quale lotta contro i vescovi corrotti ; ma soprattutto
perchè è il primo ad organizzare la crociata. Nell'opera di Guiberto
intitolata Gesta Dei per Francos risuona ancora tutta l'ammirazione
entusiastica che l'oratore del concilio di Clermont aveva suscitato
nella Francia. Non egualmente Guiberto ammira Pasquale II : nota che
egli è meno colto di quel che si converrebbe alla sua alta dignità, ed
è poi sdegnato contro la debolezza del papa e la venalità della corte
pontificia, contro la folla di cortigiani, officiali, ciambellani, segretari,
camerieri, prelati di ogni sorta che approfittano del viaggio della
Curia in Francia per far denaro, che, invece di predicar la riforma,
sono i primi a favorir la simonia, purché ne possano essere in qualche
modo partecipi. E tuttavia egli si compiace che la terra di Francia
sia l'asilo scelto da Pasquale II. Non è forse vero, osserva Guiberto,
che ogni volta che i papi ebbero potenti nemici, ricorsero per aiuto
alla Francia? Questa coscienza dell' alta e divina missione della Francia,
bibliografia 499
questo sentimento di patriottismo è, senza dubbio, uno dei tratti più
caratteristici dell'opera di Guiberto. Se egli biasima i re Luigi e Fi-
lippo come disonesti e corrotti, non appena parli dei re « exterarum
«gentium», il suo sentimento nazionale si solleva, e si compiace, per
esempio, di paragonare il fasto e l'alterigia delle nazioni straniere con
la naturale modestia dei re di Francia. Non era stata scelta la Francia
da Urbano II come terra d'elezione per bandire la crociata? e Se i
Francesi, esclama Guiberto, non avessero con la loro attività e con il
loro coraggio, opposta una barriera all'avanzarsi dei barbari, sareste
forse riusciti voialtri Teutoni, dei quali perfino il nome s' ignora, a con-
cluder qualche cosa?» Ora questo sentimento di opposizione fra Teu-
toni e Francesi e l'entusiasmo di Guiberto per gli ultimi è una prova
evidente che già alla fine dell'undecimo secolo s'era svolta e formata
in Francia un'anima nazionale. Egli biasima perfino coloro che riten-
gono le donne di Francia inferiori per grazia e bellezza alle donne
orientali, E con che orgoglio parla del normanno Boemondo, il peri-
coloso avversario dell'impero greco, come di un francese. Eppure a
quei tempi la Normandia non solo non era una parte della Francia,
ma era anzi una regione spesso ribelle ai Capetingi da che il duca di
Normandia era diventato re d' Inghilterra. Non sembra adunque che
Guiberto concepisse già la Francia quale la formarono i secoli poste-
riori?
Non meno importante nel libro del Monod è il quinto capitolo
della seconda parte, nel quale egli esamina l'opera di Guiberto come
scrittore. La profonda cultura che Guiberto aveva acquistato in qua-
ranta anni di studio ( 1064- 1 104) nel monastero di Saint-Germer, gli
dava il modo di conoscere ed il diritto di giudicare gli antichi ed i
contemporanei. L' unica sua preoccupazione è la ricerca del vero : e
critica e discute e raffronta e vuol rassicurarsi delle testimonianze
discordi. Egli è così uno dei primi che adoperi il metodo storico. Per
questo rispetto il severo giudizio del Sybel intorno all'opera di Gui-
berto sulla prima crociata è certamente esagerato.
Io non so se mi sia riuscito di dare sia pure una lontana idea del
bel lavoro del Monod. Ed è ora con un sentimento di accorata tri-
stezza che chiudo questo libro nel quale il povero Bernardo ha posto
tanto nobile entusiasmo, e che ci fa rimpiangere la perdita di un in-
telletto acuto e colto ed insieme di un' anima buona e gentile !
P. Fedeliì.
500 "Bibliografia
Ernesto Ovidi, La Calcografia romana e l'arte dell' incisione
in Italia. — Roma-Milano, Albrighi, Segati e C. 1905,
pp. 131, in- 16.
In una lettera a Giulio Monteverde l'autore scrive come s'invo-
gliasse di comporre questo libro, mentre riordinava nel R. Archivio
di Stato di Roma le carte della Calcografia romana. Gli parve che
riandar l' origine di questa, « lo svolgimento, le dubbiose alternative,
V le vicende subite per mutamenti politici e 1' apogeo infine raggiunto,
« irradiasse altresì di luce, colla scorta di pur altri documenti, e quasi
« rievocasse dall'oblio del tempo, quanti cultori di si nobile arte si di-
« stinsero, operando per essa, o concorsero coi loro pregevoli lavori ad
e arricchirne il prezioso patrimonio ». Ci sembra che abbia ragione e che
i principali autori di mirabili riproduzioni a bulino e ad acquaforte
meritassero d'essere ricordati.
Un chirografo di Clemente XII, pubblicato in appendice al volume,
istituiva il 15 febbraio 1738 la Calcografia camerale, che ereditava la
ricca collezione di rami messa insieme da Gio. Giacomo, Domenico
e Lorenzo De Rossi e comprata dallo Stato per 4500 scudi. L'istituto
cominciava a funzionare per conto del Governo che gli assegnava
5000 scudi annui, nello stesso locale presso la chiesa della Pace, dove
i De Rossi per vari anni 1' avevano diretto. Di qui passò presto in via
Pie di Marmo, e successivamente ebbe altre sedi presso Montecitorio,
in alcune stanze della stamperia camerale, nei locali terreni del Colle-
gio dì Propaganda Fide, in camere del Monte di Pietà e finalmente
in un proprio edificio costruito appositamente su disegno di Giuseppe
Valadier accanto al palazzo della stamperia camerale, dove tuttora si
trova. Primo direttore fu Giuseppe Domenico Campiglia, valente pit-
tore e disegnatore lucchese, che lo resse dal lato artistico e finanziario
con molta lode per ben 32 anni.
Dopo di lui vennero successivamente altri direttori, fra i quali
notissimo l'architetto Giuseppe Valadier che lo governò dal 1786
al 1839, sostituito ad intervalli da altri durante il mutar dei governi
in Roma alla fine del secolo xviii e al principio del xix.
Egli tentò con vari progetti di mettere lo stabilimento « sul piede
« dei negozianti », per rispondere a coloro che si lagnavano perchè l'eser-
cizio era passivo. Propose fra altro di restringere la concorrenza dei
negozianti romani, di accrescere la vendita delle riproduzioni all'estero,
bibliografia 501
di permettere che il personale partecipasse ai proventi del lavoro, spin-
gendolo così «a cercare il possibile maggior giro dei capi vendibili ».
Ma né l'economie fatte prima dal Governo, né i progetti del Vala-
dier che non poterono essere applicati, né il suo zelo, né piccole ri-
forme fatte in seguito, resero mai fruttifero il capitale impiegato nella
Calcografia. Essa, e sotto il Governo pontificio, e sotto il Governo
italiano, deve riguardarsi specialmente dal lato artistico, e questo fa
l'autore intrecciando opportunamente la storia dello stabilimento ro-
mano colla storia dell'arte dell'incisione in Italia fino ai nostri giorni.
Il lettole quindi vede con piacere accanto ai nomi di artisti scom-
parsi quelli di contemporanei nostri che, come il Di Lorenzo e il Pic-
cinni, riescono ugualmente bene nella riproduzione di quadri storici
quali VErodiade di Guido Reni, il Romolo e Remo di Rubens, ed in ri-
tratti moderni come quelli della Regina Elena e dei Re Vittorio Ema-
nuele III e Umberto I.
M. R.
NOTIZIE
Il barone de Bildt ha pubblicato in questi giorni presso gli edi-
tori Plon-Nourrit un volume intitolato Christine de Suède et le Con-
clave de Clément X. È un racconto particolareggiato degli avvenimenti
di questo Conclave durato oltre quattro mesi, e delle lotte e rivalità
che lo segnalarono. L' autore mette in rilievo la parte che ebbe il car-
dinale Azzolino, r amico fedele della regina Cristina, per mantenere
l'indipendenza del Sacro Collegio di fronte alle corti di Francia e di
Spagna. Azzolino e i suoi amici dello « Squadrone Volante » appari-
scono come i campioni dell'idea romana e italiana nella Chiesa contro
r invadenza e le pretese delle potenze. Essi cadono nella lotta per
aver voluto adoperare le stesse armi dei loro avversari e andar con
loro per la via degli intrighi e delle menzogne. Il racconto dell' autore
si basa sulla corrispondenza dei diplomatici francesi, spagnuoli e ve-
neziani, e sui biglietti che si scambiavano giornalmente l'Azzolino e
la regina Cristina. Quest'ultima fonte è la più ricca e importante, e
gl'incidenti che ne vengono fuori danno al libro anche il carattere
d' uno studio interessante sui costumi del secolo decimosettimo. Molti
documenti assai curiosi sono aggiunti in appendice a questo pregevole
lavoro del quale terremo parola più distesamente in uno dei pros-
simi fascicoli del nostro Archivio.
Il libro che Gabriel Monod ha pubblicato intorno al Michelet,
Études sur sa vie et ses oeuvres avec des fragments inédits (Paris, Ha-
chette, 1905), contiene un capitolo - il primo dell'opera - intorno
alle relazioni del Michelet con V Italia che noi additiamo ai nostri
lettori come un piccolo capolavoro. Con animo pieno di devozione per
il Michelet, al quale il Monod deve in gran parte la vocazione agli
studi storici, e nello stesso tempo pieno di calda simpatia per l'Italia,
il Monod parla dell' influenza profonda che l' Italia esercitò sullo sto-
rico della Rivoluzione per mezzo dei suoi poeti e dei suoi filosoli,
particolarmente del Vico; ci narra con che affetto entusiasta il Mi-
504 US^oii\tt
chelet seguisse l'opera del nostro Risorgimento, egli che scrisse le più
belle pagine intorno al martire e poeta della nostra rivoluzione, Gof-
fredo Mameli; ci dice infine quanti vincoli stringessero il Michelet ai
nostri scrittori ed ai nostri uomini politici. Dagli scritti inediti del
Michelet il Monod trae parecchie lettere del Mazzini, dell'Amari, del
Montanelli e di altri che hanno non piccola importanza.
La bibliografia che il dotto ed operoso segretario dell' Istituto
Storico Prussiano in Roma, dott. Carlo Schellhass, viene da parecchi
anni compilando per le Quellen limi Forschungen aus ItaUeniscben Ar-
chiven und Bihliothehen è ormai diventata un aiuto prezioso agli studi
storici, un mezzo rapido e preciso d'informazione di tutto ciò che si
viene stampando in periodici, atti accademici e pubblicazioni singole
sulla storia d'Italia. La Italienische Bihliographie aggiunta all'ultimo
fascicolo delle Quellen und Forschungen, Band Vili, Heft 2, si com-
pone di circa cento fitte pagine, e contiene più migliaia d'indicazioni
bibliografiche. Noi non sappiamo lodare abbastanza il direttore delle
Quellen und Forschungen, prof. Kehr, ed il dott. Schellhas di avere ab-
bandonato il vecchio sistema seguito nel compilar la bibhografia fino
al 1904, e di averla resa ora sistematica. Essa ha quattro grandi di-
visioni. La prima abbraccia la metodica, gli archivi, le biblioteche,
gì' indici e le bibliografie. La seconda accoglie gli studi sulle fonti e
le pubblicazioni storiche a seconda delle epoche. La terza riguarda le
scienze ausiliari e le storie particolari. La quarta infine comprende la
storia della lingua e della letteratura, dell'arte, della cultura &c. Per
comprendere la ricchezza di questa bibliografia, basti dire che nel
compilarla furono spogliati più di duecentotrenta fra pubblicazioni pe-
riodiche, atti accademici e giornali.
Nella rivista londinese The Burlington Magatine troviamo un' in-
teressante notizia di Herbert Thurston circa Two lost masterpieces of
the goldsmith's art (Vili, 37-43). Il primo è il noto bottone di piviale
eseguito dal Cellini per Clemente VII, e di cui 1' artista ha lasciate
notizie nella Vita e nel trattato dell'oreficeria; fu guastato e disperso,
insieme con molte altre cose preziose del tesoro papale, quando Pio VI
pel trattato di Tolentino dovette pagare forti somme alla Francia.
L'altro è la tiara di Giulio II, eseguita dal Caradosso, rotta e dispersa
anch'essa circa nello stesso tempo. L'A. ha trovato la riproduzione di
questi due oggetti in un volume di disegni colorati, al British Mu-
seum, eseguiti verso il 1729 da F. Bertoli e I. Grisoni per incarico •
dell'inglese John Talman.
V^ti\ie 505
Nello stesso periodico Roberto Eisler illustra An unknown fresco-
work hy Guido Reni (VII, 313-323), cioè una decorazione di putti e
fogliami eseguita da quel pittore e da Paolo Bril sulla volta di una
loggetta del palazzo Rospigliosi (allora di Scipione Borghese) che fu
poi chiusa e ridotta a stanza. Quei belli affreschi sarebbero contem-
poranei doìV Aurora (1609).
René Arcel, in un articolo intitolato Les tableaux de la reine Chris-
tine de Suède. La venie au Règent d'Orléans {Mèlanges d'archèol. et
d'hist. XXV, 223-242), ci dà la storia documentata delle laboriose trat-
tative per l'acquisto della magnifica collezione, già di Cristina di Sve-
zia, più tardi di Livio Odescalchi, morto nel 171 3. Le trattative pas-
sate tra gli eredi di lui e il reggente Filippo d'Orléans durarono
dal 1715 al 1721; i quadri passarono in Francia, e poi nel 1792 in
Inghilterra, dove la collezione andò dispersa. L' autore pubblica anche
un' inventario, ove figurano i nomi di Raffaello, Tiziano, Compagno
di Polidoro, Rubens, Tintoretto, Palma Vecchio, Andrea del Sarto,
Parmigiano, Gentileschi, Bronzino Vecchio, Bassano Vecchio, Cala-
brese, Bonati, Perugino, Francesco di Neve, Scuola di Vandick.
Nella Rassegna d'Arte (V, 97-102) Goffredo Grilli parla delle Pit-
ture a graffito e chiaroscuro di Polidoro e Maturino sulle facciate delle
case a Roma. Nel secolo xvi anche Roma era ancora ricca di case
decorate di affreschi e graffiti a chiaroscuro, nei quali diventò mae-
stro Polidoro da Caravaggio col suo collaboratore Maturino, fiorentino.
Oggi non ne restano che pochi avanzi e varie riproduzioni in vecchie
stampe. Col sussidio di una di queste e di alcuni disegni della Gal-
leria degli Uffìzi, nonché di un altro disegno di Polidoro esistente nella
biblioteca Ambrosiana, il Grilli fa conoscere la decorazione di uno di
quei palazzi (Milesi, ora Lancellotti, in via della Maschera d'Oro) or-
nato con le storie dei Niobidi.
Nella stessa rivista (V, 120) F. Malaguzzi-Valeri comunica Un
disegno del Bernini per il k Deliquio di Santa Teresa » . Il disegno, tro-
vato dall'autore nella collezione del signor Francesco Dubini, è diverso
dal gruppo che fu poi eseguito, e quindi mostra una concezione di-
versa, forse meno artistica, che il Bernini cambiò.
È stata pubblicata in questi giorni la prima parte del quarto vo-
lume della Geschichte der Piipste seit dem Ausgang des Mittelalters del
professore Ludovico Pastor. Questa prima parte tratta del pontificato
di Leone X; la seconda che tratterà dei pontificati di Adriano VI e
Archivin della R. Socic'tà roinani di storia yatria. Voi. XXVIII. 33
5o6 VSiott-^ie
Clemente VII vedrà la luce nel maggio prossimo. Di questo impor-
tante volume renderemo conto in uno dei prossimi fascicoli dell' ^r-
chivio.
La Società Pistoiese di storia patria annunzia la pubblicazione del
Liber Censiiiim Comiinis Pistoni che contiene oltre novecento documenti
che vanno dal 1097 fino alla seconda metà del secolo decimoquarto.
L'edizione sarà curata dal professor Quinto Santoli.
Il signor Eugène Sol benemerito per le sue utili ricerche in vari
archivi italiani ha pubblicato testé un volume col titolo Les rapports
de la France avec l'Italie du xW siede à la fin dii /*'' Empire d'après
la sèrie K. des archives Nationales. L'autore considera [modestamente
il suo libro come un catalogo, ma l'ampiezza con la quale sono indi-
cati i documenti, e i molti estratti e riassunti ch'esso contiene, danno
al suo lavoro una importanza maggiore di quella che suole avere un
semplice catalogo. I documenti classificati trattano di vari argomenti.
Alcuni riguardano principalmente Roma e la Chiesa e si riferiscono
a conclavi, al cerimoniale ecclesiastico, allo stato politico, sociale e re-
ligioso di Roma, a molte questioni tra la Francia e la Santa Sede.
Altri documenti si riferiscono al Monferrato, alla successione di Man-
tova, ai Gesuiti, alle relazioni della Francia con Genova, con Venezia,
con la casa di Savoia. Il lavoro del Sol può considerarsi come una
guida utilissima ed è da desiderare che altri lavori consimili vengano
a rendere sempre più facili le ricerche di storia italiana nelle preziose
raccolte degli archivi di Francia.
È comparso il volume XIX della nuova serie delle Transaciions
of the Royal Historical Society di Londra. È un volume che mostra
come la Società sia in continuo progresso e come la sua influenza sullo
sviluppo degli studi storici inglesi si vada sempre più allargando e di-
venti efficace. Oltre il notevole discorso inaugurale del professor Pro-
thero, presidente, notiamo in questo volume, come di maggiore inte-
resse per noi, le memorie di J. Nevill Figgis su Bartolo e lo sviluppo
delle idee politiche in Europa, di W. A. Parker sugli inizii dell'or-
dine Cisterciense, di O. Jensen sul « Denarius Sancti Petri » in Inghil-
terra, di J. S. Leadam su Polidoro Virgilio innanzi ai tribunali inglesi.
La romanzesca istoria del senese Giannino di Gucrio di Mino Bu-
glioni, fattosi pretendente al trono di Francia, sulla metà del secolo xiv,
ha stimolato la curiosità di molti studiosi, e presenta ancora, a chi
si ponga ad esaminarla, un tema non scarso di attrattiva, benché poco
U^ott^te 507
fecondo di risultati. Il dottor Ettore Callegari ha dedicato un opuscolo
(Re Giannino - Storia 0 romando ? , estr. dalla Rassegna Na:(ionaJe, Fi-
renze, 1905, p. 39) a demolire la veridicità di quella narrazione per-
venutaci da un antico testo, che fu pubblicato dal Maccari nel 1893.
Il complesso della storia ha troppo del favoloso perchè possa essere
accettato; ma alcuni hanno voluto distinguere il primo periodo, che
va dalla nascita di Giannino sino alla sua venuta a Siena, dal secondo
che comprende tutte le sue avventure per la conquista del trono.
Questo secondo periodo, in qualche modo documentato e verosimile,
tranne alcune circostanze evidentemente fantastiche, avrebbe fonda-
mento di verità. Il Callegari non è di quest'opinione, poiché trova che
anche da un rapido esame delle circostanze e dei documenti, quelle man-
cano di verosimiglianza e questi di autenticità; cosicché di certo non
resta altro se non il fatto di un Senese che fu invaso dall'illusione
di essere re di Francia; il resto è opera di un novelliere. La confu-
tazione fatta dal Callegari è acuta e persuasiva, in massima; non si
può negare, per altro, che la questione presenta un gran numero di
incognite e di dubbi, e la curiosità di poter discernere meglio il vero
dal falso resta ancora inappagata, specialmente dove troviamo del-
l' inverosimile, che, come si sa, appartiene più spesso alla storia che
al romanzo.
Nel 1901 E. Loevinson diede in luce la prima parte del suo lavoro
Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano, che narrava le im-
prese della legione garibaldina nello Stato romano: ora la seconda fa
conoscere l'ordinamento dei garibaldini, e, come si esprime l'autore,
« la vita, per dir così, intima della legione Garibaldi nello Stato ro-
«mano, durante gli anni 1848 e 1849, e la persona del generale in
(f quel glorioso periodo della sua vita». Da questo volume s'impara
come tra i garibaldini abbondassero i nativi dello Stato pontifìcio e
come sopra 121 ufficiali 6357 sottufficiali e soldati, di cui si conosce
il paese di origine, ve ne siano rispettivamente 26 e 192 del territorio
pontificio con forte prevalenza dei nativi della Romagna; la qual cosa
potrebbe confermare quanto grande fosse 1' antipatia, che in queste Pro-
vincie incontrava il Governo papale. Si acquistano o si documentano
interessanti notizie sui mezzi da Garibaldi usati per mantenere la di-
sciplina fra i suoi legionari, per procurar loro il necessario ad una vita
esposta a pericoli ed a privazioni in momenti, nei quali al Governo non
era possibile largheggiare coi soldati. I documenti di cui si è servito
l'autore sono molti ed importanti, eia pubblicazione dei principali tra
essi, che ci auguriamo di veder presto compiuta nel terzo volume del-
l'opera, riuscirà certamente utile alla storia del Risorgimento italiano.
5o8 TJHioU\ie
In occasione del decimo Congresso internazionale di navigazione,
il Ministero della marina con opportuno pensiero ha pubblicato una
Monografia storica dei porti dell' antichità nella penisola italiana. Nel suo
complesso il libro è assai pregevole e merita molta lode, sebbene ci
sembri che non tutte le parti che lo compongono abbiano ugual va-
lore. Accompagnano il volume alcune tavole molto interessanti e assai
ben riprodotte.
L' editore Loescher di Roma ha pubblicato per i tipi di Forzani
(Roma, 1905) un interessante volume di Ignaz Philipp Dengel {Die
politische und kirchliche Tàtigkeit des Mons. Josef Garampi in Deutschland
{ijói-iyóf), dove 1' autore illustra la missione segreta del Garampi al
Congresso della pace in Augusta, lumeggiando le idee che si avevano
a Roma a proposito del Congresso, il patto di successione in Baden,
la causa Limburg-Styrum, la vita depravata del card. Giovanni Teo-
doro von Lùttich fino all' infelice esito del Congresso stesso. La se-
conda parte del volume è dedicata al monastero di Salem (di fonda-
zione imperiale) di cui sono raccontate le vicende anteriori alla
sospensione dell' abate Anselmo II, la revoca di questa sospensione
fatta dalla nunziatura di Lucerna e dal consigliere imperiale ; le visite
fattevi dal card. Garampi e la nuova investitura dell'abate Anselmo IL
Chiudono il volume un indice delle fonti dell'archivio Vaticano per la
storia dei Congressi europei per la pace da quello di Westfalia in poi ;
lettere di Maria Teresa e di Clemente XIII e la nota delle spese della
missione Garampi.
Il prof. Michelangelo Raymondi illustra La Badia di Valvisciolo
(Velletri, Stracca, 1905) dalla sua fondazione fino ai recenti restauri,
raccogliendo con cura le notizie geografiche, storiche e artistiche di
essa e descrivendone particolarmente la chiesa e il monastero.
Per il nuovo anno è annunziata la rivista Augusta Perusia. Si
propone di illustrare la vita della regione umbra nei monumenti, nel
costume e nella storia; di curare la difesa delle reliquie d'arte locale
e di diffondere fra il popolo la cultura storica e artistica. È diretta
da Ciro Trabalza; comincierà le sue pubblicazioni il 15 gennaio 1906
in fascicoli di 16 pagine grandi illustrate a doppia colonna.
I successori di Ermanno Loescher hanno pubblicato (Roma, 1906,
tip. Forzani) una Bibliografia di Roma nel medio evo con indici per sog-
getti e per autori a cura di Emilio Calvi della biblioteca Alessandrina
di Roma. È questo il primo volume di un'opera vastissima, iniziata
V^oti-^ie 509
dal Calvi, Bibliografia generale di Roma, che comprenderà le indica-
zioni bibliografiche dei secoli v-xx e si comporrà di oltre quattro
volumi. Il primo, quello or ora pubblicato, abbraccia il periodo più
antico, dal 476 al 1499. Esso contiene oltre 2600 indicazioni biblio-
grafiche, dall'autore classificate in: fonti bibliografiche; bibliografia ge-
nerale di Roma in ogni epoca ; bibliografia generale di Roma nel medio
evo ; bibliografia generale di Roma nell' alto medio evo ; bibliografia
particolare di Roma nell'alto medio evo; bibliografia generale di Roma
nel basso medio evo; bibliografia particolare di Roma nel basso medio
evo; secolo xv in generale; secolo xv in particolare. Ciascuna di queste
rubriche è alla sua volta suddivisa in tanti argomenti, come: storia
civile, storia ecclesiastica, governo e amministrazione, topografia, epi-
grafia, numismatica, istruzione e così di seguito. Chiude il volume un
largo indice alfabetico delle materie e dei soggetti contenuti nell'opera
e un altro degli autori, editori e traduttori.
Opera degna d'elogio ha compiuto un giovane studioso, il dot-
tor Pietro Sella, dando alla luce con ogni cura gli Statuti di Biella {Sta-
tuta comuiiis Bugelìe et documenta adieda, Biella, 1904, voli. 2). Egli
ha così portato ad esecuzione il disegno di Quintino Sella, che già
codesta pubblicazione aveva iniziata, lasciandola, al pari di quella del
Cedex Astensis, sventuratamente in tronco. Gli statuti di Biella, sì
quelli del comune che quelli delle corporazioni artigiane, apparten-
gono ai secoli xiii e xiv, e consentono allo studioso di formare un
vero quadro della vita civile di Biella in codesto periodo. Anche la
storia economica, oltre che, s'intende, la giuridica, riceve un buon
contributo di notevoli fatti. Gli statuti delle corporazioni artigiane
confermano pienamente, con tutte le loro norme, la disciplina eco-
nomica e giuridica propria di codeste associazioni (il particolarismo
di città e di mestiere, la solidarietà economica e morale dei soci, la
tassazione legale dei prezzi &c.). Molto importanti sono anche gli
Statuta maleficiorum per la storia del diritto penale, in rapporto tanto
alla pena, assai spesso pecuniaria, quanto alla concezione del reato.
Singolare è la severità con cui sono puniti i reati contro l'ordine fa-
migliare, e contro i buoni costumi, come l'adulterio, il ratto e il procu-
rato aborto. Nel prossimo fascicolo pubblicheremo un breve comento
a questi statuti, augurandoci che l'autore stesso voglia dottamente illu-
strarli.
PERIODICI
(Articoli e documenti relativi alla storia di Roma)
Académie des Inscriptions et Belles-Lettres. Comptes-
rendus de l'année 1905, juillet-aoùt. — Seymour de Ricci, Rapport
sur une mision en Egypte (1905). - A. Dufourccl, Lérins et la le-
gende chrétienne. - Thédenat, Deux bas-reliefs de Pompei. - A. Mer-
lin, Inscriptions récemment découvertes en Afrique, relatives à Plau-
tien et à sa famille.
Archiv (Neues) der Gesellschaft ftìr altere deutsche Ge-
schichtskunde. Anno 1905, voi. 31, fase. I. — B. Schmeidler, Ueber
die Quellen und die Entstehungszeit der Cronica S. Mariae de Fer-
raria. - H. Bresslau, Ueberlieferung und Enststehungsverhàltnisse der
Relatio de Heinrici VII itinere italico des Nicolaus von Butrinto. -
M. Tangl, Gregor VII. jùdischer Herkunft? - O. Holder-Egger,
Fragment eines Manifestes aus der Zeit Heinrichs IV. - A. Hessel,
Beitràge zu Bologneser Geschichtsquellen. I. Zur àltesten Annalistik
Bolognasf
Archivio storico messinese. Anno VI (1905), fase. 1-2. —
S. Crino, Le mappe geografiche della battaglia di Lepanto che tro-
vansi a Messina nei prospetti del basamento marmoreo della statua di
Don Giovanni d'Austria. - G. Oliva, Le contese giurisdizionali della
Chiesa Liparitana nei secoli xvii e xviii : parte II. - G. Rizzo, I monu-
menti epigrafici di Taormina.
Archivio storico per le provincie napoletane. Anno XXX
(1905), fase. 3. — Celestino Galiani, Diario della guerra di Velletri. -
P. Fedele, Note medievali (Una carta fondana dei duchi Leone e Ma-
rino dell'anno 1002. Per la biografia di Romualdo Salernitano).
Archivio (Nuovo) Veneto. N. S. Anno V (1905), t. IX,
parte IL — Art. Segre, Di alcune relazioni tra la repubblica di Venezia
e la Santa Sede ai tempi di Urbano V e di Gregorio XI (i 367-1 578).
512 Periodici
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno 1905, t. LXIV, disp. io*. — V. Crescini, Commemorazione di
Adolfo Mussafia. - P. Ragnisco, Pietro Abelardo e san Bernardo di
Chiaravalle. - D. Olivieri, Di una famiglia di codici italiani dei viaggi
di Marco Polo.
Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per
le Provincie della Romagna. Voi. XXIII (1905), fase. IV- VI. —
A. SoRBELLi, Il trattato di san Vincenzo Ferrer intorno al grande scisma
d'Occidente. - L. Giaccio, Il cardinale legato Bertrando del Poggetto
(coni, e fine). - P. Amaducci, Guido del Duca di Romagna. - A. Trauzzi,
Bologna nelle opere di G. C. Croce (conL e fine).
Bessarione. Anno IX (1905), fase. 84 (maggio-giugno). —
L.' Voltolini Matthaus, La legazione del cardinale Ippolito Aldo-
brandini in Polonia 1588. - C. Pacini, Alcune osservazioni filologi-
che e storiche sopra la forma esterna del culto cristiano. — Fase. 86
(settembre-ottobre). - Tondini de Quarenghi, Les titres exprimant
directement la divine Matcrnité de Marie dans le Thèoiocarion du pa-
triarcat de Constantinople. - A. Chachanov, Le fonti della storia del
cristianesimo in Georgia (Grusia). - A. Palmieri, Un arcivescovo la-
tino di Nicosia nel secolo xv (Fra Guglielmo Goneme O. S. A.). -
J. WiLPERT, Das Pallium discolor der Officiales im Kleidergesetz von
Jahre 382.
Boletin de la R. Academia de la historia. Anno 1905,
voi. XLVII, fase. 1-5. — M. R. de Luna, Nuevas inscriptiones ro-
manas de la ragion Norbense. - F. Fita, Nuevas inscriptiones roma-
nas y hebreas. — N. Feliciani, La battaglia di Ibera. - T. Lopez,
Inscripción romana de Peiìaranda de Duero. - Inscripción romana de
la Carolina.
Bollettino della R. Deputazione di storia patria per l' Um-
bria. Anno 1905, voi. XI, fase. I-II. — P. Ferali, Orvieto etrusca. -
A. Zanelli, Tommaso Fontano. - G. Soranzo, Atti d' un processo
fatto a Perugia tra le minute d'un notaio padovano (1388). - G. De-
gli Azzi, Di due antichissimi registri tifernati di deliberazioni consi-
gliari e di processi. - A. Pellegrini, Gubbio sotto i conti e i duchi
d'Urbino (i 384-1632). - G. Pardi, GH statuti della colletta del co-
mune di Orvieto. Lo statuto del 1334. - G. Degli Azzi, Aneddoti di
vita claustrale in due monasteri umbri del secolo xiii. - M. Morici,
Di Corrado Trinci tiranno e mecenate umbro del Quattrocento. —
T^eriodici 5 1 3
Fase. III. - G. Degli Azzi, II tumulto del 1488 in Perugia e la poli-
tica di Lorenzo il Magnifico. - A. Pellegrini, Gubbio sotto i conti e
i duchi d'Urbino (i 384-1632). - G. Pardi, Gli statuti della colletta
del comune d'Orvieto. Lo statuto del 1334. - O. Scalvanti, Fram-
menti di cronaca perugina inedita. - R. Casali, Notizie e documenti
per comprovare la genealogia di san Francesco d'Assisi. - V. Ansidei,
Necrologia del conte dottor Luigi Manzoni.
BuUettino della Società filologica romana. Anno 1905,
n. VII. — P. Egidi, Per la datazione del cod. Vallicelliano F. 85. -•
Ermini, Le schoìae ricordate nel Capitolare carolingio n. 196. -
V. Federici, Per una raccolta di facsimili di iscrizioni medioevali. -
I. Giorgi ed E, Sicardi, Abbozzi di rime edite ed inedite di Francesco
Petrarca. - G. Salvadori, Sopra due serie di sonetti adespoti del
Canz. Vat. 3793. - F. Hermanin, Gli affreschi di G. Baronzio da Ri-
mini e dei suoi seguaci in Tolentino. - D. Alaleona, Papa Cle-
mente IX poeta, e due pubblicazioni di Giovanni Canevazzi. - F. Sensi,
Sul cod. Chig. L, Vili, 305.
BuUettino senese di storia patria. Anno XII, fase. I. —
P. Rossi, Iacopo della Quercia. - I. Sanesi, Girolamo Gigli e Niccolò
Amenta. - P. Piccolomini, Inventarlo del palazzo Piccolomini a Pienza
(21 agosto 1590).
Cultura (La). Anno XXIV (1905), n. io, — R. Bianchi, re-
censione di B. Labanca: Il Papato. Torino 1905.
Emporium. Anno 1905. — P. D'Achiardi, Il palazzo Vitelle-
schi in Corneto Tarquinia recentemente restaurato.
Giornale storico della letteratura italiana. Anno 1905,
voi. XLVI, fase. 3. — A. Pompeati, Le dottrine politiche di Paolo
Paruta. - F. Pellegrini, Intorno a nuovi abbozzi poetici di F. Pe-
trarca. - A. Segré, La vera data di un lamento storico del secolo xv. -
G. Bertoni, Giammaria Barbieri e Ludovico Castelvetro.
Jahrbuch (historisches). Voi. 26, anno 1903, fase. 4. — P.
M. Baumgarten, Curiosa aus dem Vatikanischen Archiv. - Ehses,
Das ròmisches Institut der Gòrres-Gesellschaft im Jahre 1905.
Mélanges d'archeologie et d'histoire. Anno XXV (1905),
fase. III-IV. - Tu. Ashby fils, Monte Circeo. - J. Calmrtte, Fpita-
514 T^er iodici
phes et poèmes sur Charles VII, extraits des Manuscrits de la Reina
(Bibliothèque Vaticane). - R. Arcel, Les tableaux de la reine Chris-
tine de Suède. La vente au Régent d'Orléans. - P. Hazard, Les mi-
lieux littéraires en Italie de 1796 à 1799. - A. Grenier, La transhumance
des troupeaux en Italie, et son róle dans l'histoire romaine.
Mitteilungen aus der historischen Literatur hrsg. von der
Histor. Gesell. im Berlin. Anno XXXIII (1905), fase. 4. — H. Hahn,
recensione di Br. Krusch: lonae vitae sanctorum Columbani, Vedasti,
lohannis. Hannover 1905. - F. Kirsch, recensione di R. Rocholl :
Bessarion. Leipzig 1904.
Mittheilungen des Instituts ftìr òsterreichische Geschichts-
forschung. Anno 1905, voi. XXVI, fase. 3. — R. Holtzmann, Papst
Bonifaz VIII, ein Ketzer? -M. Krammer, recensione di P. Kehr: Papst-
urkunden [in Italien] e A. Brackmann, Papsturkundem [des Deutsch-
lands, der Schweiz].
Mitteilungen des kais. deutschen Archaeologìschen Insti-
tuts: Roemische Abteilung. Anno 1905, voi. XX, fase. i. — Ch.
HùLSEN, Jahresbericht ùber neue Funde und Forschungen zur Topo-
graphie der Stadt Rom. — Fase. 2. - W. Amehung, Zerstreute Frag-
mente ròmiseher Reliefs. Weiblieher Kopf aus Glas. Statuette der Arte-
mis. - A. VON D0MASZEWSKI, Insehrift eines Germanen Krieges. -
K. LoHMEYER, Zwei Fluehttafeln von der Via Appia. - R. Schneider,
Gesehùtze auf antiken Reliefs.
Moyen (Le) àge. Ser. 2", to. IX, anno 1905, maggio-giugno. —
R. PouPARDiN, L'onetion imperiale.
Musée (Le). Anno 1905, voi. II, n. 5. — L. Chifflot, Essai de
restauration de la Maison du Centenaire à Pompei. - G. Toudouze,
La tradition et l'Aeadémie de Franee à Rome.
Nachrichten von der kòn. Gesell. d. Wissensch, zu G6t-
tingen (Phil.-hist. Kl.). Anno 1905, fase. 3. — P. Kehr, Naehtràge zu
den Papsturkunden Italiens. I.
Quartalschrift (Ròmische). Anno XIX (1905), fase. 3. —
J. WiTTiG, Die Grabstàtte der hi. Soteris. - J. Wittig, Die Basilika
des hi. Cornelius. - A. de Wahl, Die judische Katakombe an der
Via Portuensis.- A. de Wahl, Das Coemeterium Commodillae. - J. Wit-
Periodici 5 1 5
TiG, recensione di L. Ernst: Die Anfange des Heiligenkultes in der
christlichen Kirche. - Ròmische Conferenzen fùr christliche Archàologie
(Nach den Berichten des Sekretàrs Or. Marucchi). - Ausgrabungen und
Funde. - Schmid Ulrich, Kirchen- und profanhistorische Mitteilungen
aus italienischen Archiven und Bibliotheken (Verona, Padua, Venedig,
Florenz, Rom, Montecassino). - St. Ehses, Kardinal Lorenzo Cam-
pegio auf dem Reichstage von Augsburg 1530. — III. - Eh., recensione
di O. Braunsberger, Beati Petri Canisii S. I. epistulae et acta.
Quartalschrift (Theologische). Anno 88° (1906), fase. I. —
F. X. FuNK, Die Aegyptische Kirchenordnung. - K. Adam, Die Lehre
von dem hi. Geiste bei Hermas und Tertullian. - W. Feierfeil, Die
historische Entwicklung der glagolitischen Kirchensprache bei den ka-
tolischen Sùdslaven. - P. A. Kirsch, Der Portiunkula-Ablass.
Re vie w (The American historical). Voi. XI, n. i, 1905. —
G. W. Knox, recensione di Sam. Dill : Roman Society from Nero to
Marcus Aurelius. New York 1904.
Review (The English historical). Voi. XX, ottobre (1905). —
E. W. Brooks, recensione di C. Bugiami : Storia di Ezio, generale del-
l'impero sotto Valentiniano IH. Firenze 1905. - J. B. Bury, recensione
di J. Gay: L'Italie meridionale et l'Empire byzantin. Paris 1904. -
C. Johnson, recensione di L. Pastor: Ungedruckte Akten zur Ge-
schichte der Pàpste. Freiburg i. B. 1904. - E. Armstrong, recensione
di A. Schulte: Die Fugger in Rom. Leipzig 1904.
Re vista de archivos, bibliothecas y museos. Anno 9*^ (1905),
n. 9-10. — [Lettere del cardinal di Carpi al vescovo di Arras. 1548].
Revue de l'Orient Chrétien. Anno 1905, n. i. — J. B. Re-
BOURS, Quelques manuscrits de musique byzantine. - Fr. Tournebize,
Histoire politique et religieuse de l'Armenie. - Leon Clugnet, Vie et
récits d'anachorètes. - P. de Meester, Le dogme de l'Immaculée
Conception et la doctrine de l'Eglise grecque. - P. Girard, Sivas,
huit siècles d'histoire. - L. Brehier, recensione di Audollent: Car-
thage Romaine. - F. Nau, recensione di C. Fouard: Les origines de
l'Eglise. — N. 3. - C. Daux, L'Orient latin censitaire du Samt-
Siège.
Revue des questions historìques. 40® année, 156' livr. —
P. Allard, L'expansion du christianisme à l'epoque des persécutions. -
5i6 Ter iodici
E. RoDOCANACHi, L'éducation des femmes en Italie [Su la cultura
femminile nei secoli passati]. - M. Skpet, Pie VII et Napoléon.
Revue d'histoìre ecclésiastique. Anno VI (1905), n. 4. —
M. Vaes, La Papauté et l'Eglise franque à l'epoque de Grégoire le
Grand {coni, e fine). - J.-M. Vidal, Notice sur les oeuvres du pape
Benoit XII {cont. e fine). - E. Rémy, recensione di A. Audollent:
Carthage Romaine. Paris 1901. - C. Callewaert, recensione di G. Se-
meria: La messa nella sua storia e ne' suoi simboli. Roma 1904. -
A. Cauchie, recensione di : Concilium Tridentinum. Nova collectio. Ed.
Soc. Goerresiana. T. I (S. Merkle); t. IV (St. Ehses).
Revue historique. XXX^ année, t. 89, fase. 177. — Ch. Lecri-
VAIN, recensione di G. Oberziner; Origine della plebe romana. -
C. Bloch^ recensione di F. P.Garofalo: Studi storici. — Fase. 178. -
L. Batiffol, Marie de Médicis. - E. Driault, Napoléon P»" et l'Italie.
3® partie: Napoléon roi d'Italie (suite et fin). - P. Sabatier, D'une
bulle apocryphe de Clément IV déclarée authentique par la Curie sous
le pontificat de Benoit XIII, et d'une bulle authentique d'Innocent IV
retrouvée à Assisi. - H. Hauser, recensione di G. Arias: I trattati
commerciali della Repubblica Fiorentina.
Revue (Nouvelle) historique de droit fran9ais et étranger.
Anno 29° (1905), n. 4. — R. Dareste, La lex Rhodia. - A. Gif-
fard, La loi 6 « de confessis »(D., 42, 2) et r« oratio divi Marci » . - J. De-
clareuil, recensione di E. Ehrlich : Beitràge zur Theorie der Rechts-
quellen. Berlin 1902. — N. 5. - J. Declareuil, recensione di R. di Rug-
giero: Studi papirologici sul matrimonio e sul divorzio nell'Egitto
greco-romano. - R. Caillemer, recensione di: Studi di diritto pubbli-
cati in onore di Vittorio Scialoja. Milano 1905.
Rivista italiana di numismatica e scienze affini. An. XVIII
(1905), fase. 3. — F. Gnecchi, Le personificazioni allegoriche sulle
monete imperiali. - L. Laffranchi e P. Monti, Costantino II Augu-
sto. - G. Paxsa, Due medaglioni cerchiati e a tipo unilaterale. -
F. Gnecchi, Appunti di numismatica romana: I medaglioni unilate-
rali. - O. V1TALINI, Scudo d'oro inedito di Paolo III per Camerino. -
G. Dattari, La cifra xxi sopra i cosidetti antoniniani e sopra i
follis della Tetrarchia.
Rivista storica italiana. Anno XXII (1905), fase. 3. — F. Savio,
recensione di E. Ch. Babut : Le Concile de Turin. - G. Capasso, re-
Periodici 517
censione di L. Pastor : Ungedruckte Akten zur Geschìchte der Pàpste. —
Fase. 4. - F. Ramorino, recensione di A. Roviglio: L'incendio di
Roma e la persecuzione neroniana. - G. De Sanctis, recensione di
C. BuGiANi: Storia di Ezio, generale dell'impero. - C. Cipolla, re-
censione di L. M. Hartmann : Zur Wirthschafsgeschichte Italiens im
frùhen Mittelalter. - C. Capasso, recensione di A. Schulte: Die Fug-
ger in Rom.
Stimmen aus Maria-Laach, Anno 1905, fase. 9. — J, Blòtzer,
Die Entstehung des Christentums im Lichte der Geschichtsvvissen-
schaft. - A. Holtschneider, recensione di P. Mocceiegiani : Jurispru-
dentia ecclesiastica. T. I, 1904.
Studi storici. (1905), voi. XIV, fase. I. — A. Crivellucci,
Delle origini dello Stato pontifìcio. - F. Filippini, La seconda lega-
zione del card. Albornoz in Italia (1358-1367). Documenti. - G. Briz-
zolara, Ancora Cola di Rienzo e F. Petrarca. - A. Mancini, Sulla
corrispondenza fra Bajazet II e Innocenzo Vili. — Fase. II. - G. Volpe,
Emendazioni ed aggiunte ai «Lombardi e Romani nelle campagne e
nelle città ». - G. Volpe, Per la storia giuridica ed economica del
medioevo. - G. Cocciola, recensione di M. Brosch : Paul IV gegen
Karl V und Philipp II. Innsbruck 1904. - E. C. recensione di E. LoE-
vinson: Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato Romano.
Vierteijahrschrift fiir Social- und Wirthschaftsgeschichte.
Anno 1905, voi. Ili, fase. 2-3. — S. Rietschel, recensione di F. Ko-
cler: Die Legitimatio per rescriptum von Justinian bis zum Tode
Karls IV.
Zeitschrift fttr Kirchengeschichte. Anno 1905, voi. XXVI,
fase. 3. — W. Caspari, Untersuchungen zum Kirchengesang im Al-
tertum.
INDICE GENERALE
delle materie contenute nel volume XXVIII
P. FEDELE. Di alcune relazioni fra i conti del Tuscolo ed i
principi di Salerno pag. 5
G. FERRI. Le carte dell'archivio Liberiano dal secolo x al xv
{Continua) 23
P. FEDELE. Tabularium S. Praxedis {Continua^, e fine) . . 41
G. TOMASSETTL Della Campagna Romana (Continua) . . 11$
A. MONACI. Regesto dell'abbazia di Sant'Alessio all'Aven-
tino (Continua) 151
F. CAMOBRECO. Il monastero di S. Erasmo sul Celio . . 265
G. ARIAS. Per la storia economica del secolo xiv. Comuni-
cazioni d' archivio ed osservazioni 301
G. S. RAMUNDO. Nerone e l' incendio di Roma . . . . 355
A. MONACI. Regesto dell' abbazia di Sant'Alessio all'Aven-
tino (Continua^, e fine) 395
P. FEDELE. I gioielli di Vannozza ed un'opera del Caradosso 451
Varietà :
P. PICCOLOMINL Due lettere inedite di Bernardino
Ochino 201
P. FEDELE. Il leopardo e l'agnello di casa Frangipane . 207
N. BARONE. La badia di Grottaferrata sotto la prote-
zione dei re Angioini di Napoli 217
E. CARUSI. La Legazione del card. D. Capranica ad Al-
fonso di Aragona (Napoli, 29 luglio - 7 agosto 1453) • 473
N. BARONE. Per la badia di Casamari. Un inedito di-
ploma di conferma di privilegi dato da re Carlo II
d'Angiò 482
520 Indice generale del volume XXVIU
Atti della Società :
Seduta del 17 febbraio 1905 pag. 221
Seduta del io maggio 1903 224
Bibliografia :
« I Libri Commemoriali della Rcpublica di Venezia ». Regesti,
t. VI. — Venezia, 1904(0. Monticolo) 227
G. Baracconi. «1 rioni di Roma». Terza ristampa interamente
rifatta. — Roma, Roux e Viarengo, 190$, 8° fìg., p, 606. [^Biblioteca
Rotila, n. I."] (A. Romualdi) 229
Rinaudo Costanzo. «Indice della "Rivista Storica Italiana,"
dal 1884 al 1901, con l'elenco alfabetico degli autori», compilato dal
prof, C. R. direttore della Rivista. — Torino, 1904, un voi. (diviso in
due tomi), pp. xxxvi-805, in-8 (P. Spezi) 23I
Biblioteca dei. Senato del Regno. Bollettino delle pubblica-
zioni di recente acquisto. Anno 1904, n. i ; 1905, nn. 1-3, gennaio-
giugno. — Roma, Forzani e C. tipografi del Senato, 1904, pp. 75; 1905,
pp, XXXVI, 68 (G. Monticolo) , ,, 232
R. Archivio di Stato in Lucca, Regesti, voi. I: «Pergamene
del Diplomatico», parte I (dall'a. dccxc ali 'a. mlxxxi); voi. 11: «Car-
teggio degli Anziani», raccolto e riordinato da L. Flmi, parte I (dal-
' l'a. Mcccxxxiii all'a. mccclnviii) ; parte II (dall'a. mccclxix all'a. mcccc),
pubblicati in occasione del Congresso internazionale di scienze storiche
in Roma. — Lucca, Marchi, 1903; voli. 2, in-4 ; il I di pp i-xxxvi,
1-172, 1-23; il li di pp. i-xxix, 1-662 (C. Ramadori), 234
A. Rocchi. « La Badia di Grottaferrata », II» edizione notabilmente
corretta ed accresciuta. — Roma, tip. Artigianelli S. Giuseppe, 1904,
8" fig., p. VI1-221 (A. Romualdi) 236
Marco Besso. « Roma e il Papa nei proverbi e nei modi di dire ».
Nuova edizione illustrata. — Roma, Loescher, 1904, in-4, PP- xLiii-336
(C. Ramadori) 24O
M. Tangl. « Gregor VII. jùdischer Herkunft ? » in « Neues Ar-
chiv der Ge.sellschaft flir altere deutsche Geschichtskunde », 1905, XXXI,
159-180 (P. Fedele) 487
Il Canzoniere di Francesco Petrarca riprodotto letteralmente
dal cod. Vat. Lat. 3195 a cura di Ettore Modigliani. Pubbl. della So-
cietà Filologica Romana (Roma, 1904). (Carlo Segre) 49^
Francesco Schupfer. « Precarie e livelli nei documenti e nelle
leggi dell'alto medio evo». — Torino, 1905 (Gino Arias) 494
Bernard Monod. « Le moine Guibert et son temps » (1053-1124)
avec une préface de M. Émile Gebhart. — Paris, Hachettc, 1905,
pp. XXVIII, 342 (P. Fedele) 49^
Ernesto Ovidi. «La Calcografia romana e l'arte dell'incisione
in Italia ». — Roma-Milano, Albrighi, Segati e C, 1905, pp. 131, in-i6
(M. R.) 500
Notizie 243
Id 503
Periodici (Articoli e documenti relativi alla storia di Roma) . 255
Id. 511
365
s?
S6
v«28
Società romana di storia
patria
Ai'chivio
PLEASE DO NOT REMOVE
CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET
UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY
''-■•■lìiv
n.~ . mi: \j ■
"='1" ''.;;■.'.!! 'è!; ■;i'ìl^;^l
rV',:'.s'i:
'•}^":''M,lÌq
■*:,; :^\' i
i
li
0:0
!''Hh'Ì
:>''.\ ■'■'!;
,,i^!h,v;ij
0-.!^'
.V^VV'iÌMfi^Ni