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Full text of "Archivio glottologico italiano"

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I 


ARCHIVIO 

GLOTTOLOGICO  ITALIANO, 

FONDATO    DA 

G.  I.  ASCOLI 

■EL   1873,    ORA   CONTINUATO    SOTTO    LA    DIBBSIONI   DI 

OARIiO    SALVIONI. 


VOLUME  DBCIMOSBSTO 


TORINO 

Casa    Sditrioe 

ERMANNO    LOESCHER 
1902-1904-1905 


Hiservato  osni  diritto  di  proprietii 
e  di  traduzione. 


Miluuo.  Tip    HiiiNAUiHixi  iM  e.  Hi.iiLMuiM  E  e. 
ToriLo  —  Vi>»  E\/<>  Ik>>v,  Ti|»«»irrrtfo  tl««lle  LI-  MM.  e  dei  RB.  Principi 


SOMMARIO. 


Salvioxi,  Di  dun  per  un  nella  poesia  popolaresca  alto-italiana         Pag, 

Salviori,  Engad.  sQ'h^a,  so'pea,  sedia 

Db  Bartholom.cis,  Contributi  alla  conoscenza  dei  dialetti  dell'  Italia 
meridionale  ne*  secoli  anteriori  al  XIII.  II.  Spoglio  del  *  Codex 
Diplomaticus  Cajetanus 

Db  Bartholon^is,  Un*antica  versione  del  "  Libro  di  Sydrac  ^  in  vol- 
gare di  Terra  d*Otranto 

Salvioni,  Egloga  pastorale  e  Sonetti  in  dialetto  bellunese  rustico  del 
sec.  XVI 

Salvioxi,  Lomb.  rerti  dovere,  esser  necessario         .... 

Pabodi,  Studj  liguri.  §  8.  11  dialetto  di  Genova  dal  sec.  XVI  ai  nostri 
giorni  (continua) 

Salvioni,  tnercam(a\  sopras.  seplekd  accovacciarsi,  rimpiattarsi;  ven. 
haroéle  abbaino;  cremon.  grògol  crocchio        .... 

PiBBi,  La  sibilante  tra  vocali  nell'italiano 

Saxtiohi,  Mesolc.  cr^/*  avanzi  del  fieno  nella  mangiatoja;  piem.,  lomb. 
ìifrók,  lomb.y  piac.  Ufrón  . 

Ascoli,  Ancora  della  sibilante  tra  vocali  nel  toscano 

Cronaca  e  Bollettino  bibliografico 

Salviosci,  Spigolature  friulane 

Saltioxi,  Frane.  fiageoUt^  ecc.  . 

Salviom,  Illustrazioni  sistematiche 
Hfttif  ecc.  ,  (Archivio  XVI  71 

Salvioxi,  Piem.  arasi  acquazzone 

Parodi,  Stu^j  liguri  (continua) 

Salviosi,  Friul.  bòse 

ViDOMicH,  Etimologie 

Salvio.^i.  Engad.  brierler  brulicare; 
Àìl'^a  fuliggine  . 


all'  *  E  (/Ioga  pastorale  e  So- 

104) 


viveron.   skthidi  .scendere;  lomb. 


1 

7 


9 

28 

69 
104 

105 

161 
168 

173 
175 
193 
219 
243 

244 
332 
333 
366 
367 

369 


138390 


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^s>luuanok 


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V'-j     *»      >- .  '  i:i ':»«.»  ■*  3ic»ì»iraa    l•l•^■ll•rs•» 


,    395 


>%  \     \.»  O'-'.'i.  -*  ■».'t'»ii  »4  ^  cp\3a»  ai»*     '  m:.   «T^r/c  rirìstrello      ,  477 

^vN-vva^-^  »       »•••  •-■•-ai      t» .   c^^-*«^.»    i'jt  i»-ra«-     ....       »  479 

Nv  V  .  X  .  -■.                «fc     •  *!.  ^tifc^i  "•■:**.  *.i'..^.  ^il  9^»mu  feccia     p  487 
vxK-kx    »    .   Si.-«     -   i    •  rn   ji  xi&k  i:-  in  :_adssÀL*xc.SK;  drlle  lingue 

•  491 


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-.«Bar.*»»  il  P,  E.  GrABVVBio) 


,  516 

,  517 

,  548 

.  549 

.  591 

.  608 

,  656 


DI  D  UN  PER  UN 

NELLA  POESIA  POPOLARESCA 

ALTO-ITALIANA. 


DI 

C.  SÀLTIOlfl. 


Fin  dai  miei  più  giovani  anni  udivo  io  cantare  intorno  a  me 
una  canzone  popolaresca^,  dove,  a  una  ragazza  desiderosa  di 
marito  si  profferivano  o  dun  gioviti  calzolarOy  o  dun  gioviti  tnu- 
7*atorey  ecc.  ecc.  E  mi  sovviene  che  fin  d'allora  quel  duti  al  posto 
di  un  mi  feriva  come  uno  strappo  alle  rette  norme  gramma- 
ticali. Più  tardi,  le  raccolte  di  canti  popolari  dell'Alta  Italia  mi 
ri[K>nevano  ogni  momento  sotto  agli  occhi  il  costrutto,  sempre 
risentendone  io  la  enigmatica  stranezza.  Concedano  i  lettori  del- 
V  Archivio  che  qui  si  tenti  di  sciogliere  l'enigma.  E  prima  di  tutto 
gli  esempi  ^ 


*  DoT^ssere  il  canto  che  nel  Bolsa,  Cantoni  popolari  comasche  (Conto- 
resi  di  Vienna,  Classe  stor.-fil.,  LUI,  637  sgg.),  porta  il  num.  39. 

'  Ho  ricorso  per  questa  ricerca  alPopera  fondamentale  del  Nigra,  Canti 
popolari  del  Pipnonte  (Torino  1886),  che  si  allega  per  N.,  il  numero  del 
componimento  e  la  lettera  con  cui  si  suddistinguono  le  diverse  versioni 
di  esso;  ai  Canti  Mon ferrini  di  G.  Ferrare  (Torino  1870.  Ferr.  e  il  num. 
della  pag.);  alle  Canzoni  popol.  comasche  del  Bolza  (Bo.  e  il  num.  del  com- 
ponimento) ;  ai  Canti  popolari  delle  vicinanze  di  SommorLombarda  e  Vo- 
resé  pubblicati  da  AnL  Casotti  e  Vitt.  Imbriani,  nella  Nuova  Antologia 
del  1867,  (voi.  V;  1867,  pp.  190-94.  Cas.  e  il  num.  del  componimento);  al 
FolK-Lore  veronese.  Canti  di  A.  Balladoro  (Torino  1898.  Ba.  e  il  num.  della 
pag.);  ù  Volkslieder  aus  Venetien  di  G.  Widter  e  A.  Wolf  (Contoresi  di 
Vienna,  Classe  stor.-fil.  XLVI  257  sgg.  W.  e  il  num.  del  componimento)  ; 
ai  Canti  pop.  ined,  umbri,  liguri,  piceni,  piemontesi,  latini  raccolti  e  illu" 
strati  da  O.  Marcoaldi  (Genova  1855.  Ma.  e  il  num.  della  pag.);  airArcAt- 
ciò  per  lo  Studio  delle  tradiz,  popolari  (Asttd.).  Non  allego  altre  raccolte, 
non  importando  a  me  di  dare  molti  esempi  ma  d*assodaro  il  fenomeno. 
Dirò  solo  che  gli  assaggi  istituiti  sui  canti  popolari  di  altre  regioni  d'I- 
talia hanno  sortito  un  esito  negativo  ;  onde,  qualche  esempio,  che  potesse 
qua  e  là  saltar  fuori,  dovrà  certamente  attribuirsi  air  influenza  dei  canti 
settentrionali. 

ArehiTio  flottol.  itaU  XYI.  1 


2  SalvioDi , 

I.  'duo*  in  funzione  di  soggetto: 

A.  Regione  pedemontasia  :  rè  d'un  marghè  N.  13  F,  v.  1 1  ; 
sarà  dTuna  fortùnha  N.  42  A ,  v.  1 1  ;  a  fé  dTiin  M  curbarin 
N.  53  A,  T.  20;  fé  (Tùn  arbolino  N\  122,  v.  2;  a  fé  (Tùna 
bargera  N.  70  D,  v.  1  ;  gh'è  passalo  dTùn  gentil  galani  N.  61  C, 
V.  4  ;  a  fé  passà-je  dCùn  cavaliero  N.  77  A,  v.  3  ;  Ve  (fùn  consci 
mi  voria  *  N.  77  C,  t.  9;  ghe  passa  cTùn  cavalicro  X.  77  E,  v.  5  ; 
fé  dTùn  scrpenlin  Ferr.  39;  passa  (Tiin  giuvo  Ferr.  3,  S6;fé 
dina  barbèra  Ferr.  7;  u  fera  Sin  giuvnol  Ferr.  65. 

B.  Regione  lombarda:  gh'eì*a  dùn  cacciatore  Ma.  152; 
el  gKé  d'un  bel  giovin  Ma.  167;  a  passa  dùn  camliero 
X.  77  G,  V.  3, 

C.  Regione  emiliana  (Parma):  era  d'un  signur  cunlo 
X.  13  F,  V.  1.  —  (MantoTa)  se  voi  fudesle  d'un  fralel  mio 
Asttd.  XXVIII  230. 

D.  Regione  veneta  :  vegnarà  dun  giorno  Ba.  160-61  (sette 
volte);  gh^é  d*un  pesse  Ba.  119  (due  volte);  s*el  fusse  sta  d'un 
orso  Ba.  142;  é  arivà  d'un  Fe7*linando^  Ba.  67;  {a  mi  par 
duna  madama  Ba.  98. 

Non  sarà  forse  per  mero  caso  che  il  soggetto  è,  in  tutti  gli 
esempì,  posposto  \ 

II.  Mun*  in  funzione  di  oggetto  ^ 
a.  Preposto  al  verbo: 

A.  Regione  pedemontana  e  ligure:  d'un  piazi  mi  vorìa 
S.  76  (nelle  varianti)  ;  d' una  fia  Vàn  riscuntré  N.  4  A,  v.  2  ; 
dùn  bun  vei  Va  riscuntré  X.  4  A,  v.  17;  efu/ia  fia  Vàn  riscun- 
Irà  X.  4  B,  V.  2;  dùn  cavalo  ti  farò  de  X.  11  D,  v.  J2;  dùn 


*  Interpreto:  *ò  un  consiglio  [che]  io  vorrei*;  ma  potrebbe  nncbe  trat- 
tarsi d*an  costrutto  n  me  non  ben  chiaro  ;  cfr.  l*è  duna  part  mandèta  an 
Franta  N.  136  A,  ▼.  8. 

'  Cfr.  ò  trova  di  una  Marieta  Ba.  183. 

*  Non  intercede  tra  il  soggetto  e  il  verbo  nessun  altro  elemento  gram- 
maticale. Solo  in  N.  152,  v.  34,  si  ha;  /V  ancur  mae  d'urta  not^a, 

*  Gli  esempi  di  *dun*  alFoggetto  sono  di  gran  lunga  più  frequenti  che 
non  quelli  di  *dun*  al  soggetto;  onde,  pur  citando  tutti  i  mon  soliti  esempi 
di  'dun*  preposto,  ci  limiteremo  a  una  scelta  di  quelli  dì  'dun*  posposto 
al  verbo. 


Di  dun  per  un  nella  poesia  popolaresca  alto-italiana.  3 

basin  ve'l  poss  pa  de  N.  69  B,  v.  12;  (Tùn  sass  in  V acqua  shi 
gKà  tira  N.77  E,  v.  5;  d'un  cavaliero  fò  riirovà  N.  77  E,  v,  9; 
<rùn  foss  Vàn  riscuntrà  N.  130,  v.  2. 

B.  Regione  lombarda  :  d'on  bel  gioven  l'ha  incontra  Bo.  53. 

C.  Regione  veneta:  d*un  cavalier  si  è  incontra  W.  74 
(nelle  varianti);  de  un  giovenin  la  se  n'à  incontra  Ba.  110; 
d'un  bacio  lu  *l  ga  dà  (Verona;  v.  Corazzini,  I  componimenti 
minori  della  Ietterai,  pop.  it,  p.  256). 

D.  Regione  toscana:  d^un  bel  giovine  riscontrò  N.  54  G, 
V.  6;  di  un  bel  giocane  ne  incontrò  (Gamajore;  v.  Giannini, 
Canti  popolari  della  montagna  lucchese,  Torino  1889|  p.  155  n). 

b.  Posposto  al  verbo: 

A.  Regione  pedemontana  e  ligure:  mi  v' mustrerò  d'una 
numera  N.  1 ,  v.  5;  voria  d'un  piazi  N.  3  G,  v.  6;  l'an  vedù 
d^ùna  fièta  N.  12  A,  v.  6;  fa  de  d'Un  bai  N.  16  B,  v.  5  (Savona), 
16  D,  V.  1;  Va  ddit  d'un  vir  o  dui  N.  16  E,  v.  14;  mi  sun  fa 
d*ùna  signura  cara  Ma.  158;  cumprève  d'una  curuna  N.  17  G, 
X.  12;  piantaran  d'un  fiur  N.  19  B,  v.  11;  piantremo  d'un  bel 
fiur^  N.  19  F,  v.  8;  a  da  d'un  piccu  N.  25,  v.  5;  Va  pià-se  d'una 
dama  N.  40  B,  v.  2;  pruntè-m  d'Un  servidure  N.  48  E,  v.  4 
(Novi);  fève  fà-me  d'un  gran  tort  N.  55  A,  v.  19;  ij  daruma 
(ftina  bevanda  N.  77  A,  v.  12,  G.  v.  13;  pie  d'una  rapa  N.  85  A, 
V.  9;  i  Vai  d'un  bun  bastun  N.  96'*,  v.  16;  fan  d'Un  fratélino 
N.  122,  V.  2;  Vàn  fdit  d'una  gran  festa  R  152,  v.  22;  fa- 
rumma  d^ina  tumba  Ferr.  39  ;  avói  d'In  bun  lettu  Ferr.  3,  26  ; 
pruntème  dun  cava  Ferr.  4,  54;  farei  d'in  bel  manici  Ferr. 
14;  u  pija  d'in  bastun  Ferr.  25;  pruntème  d'in  bun  lettu  Ferr. 
i&i ,  ecc.  ecc. 

B.  Regione  lombarda  :  gKha  donato  d'on  bel  libretto]  hoo 
incontraa  d'ona  giovina  i^IIa/(Imbriani,  La  Novellaja  fioren- 
tina ecc.,  Livorno  1877;  p.  523  n);  Vhooportaa  d*ùn  bel  cestin 
Cas.  XXXIII;  ti  donerò  d'un  bacio  (Ganton  Ticino;  v.  Bollett. 
stor.  della  Svìzzera  ital.  XIII  96  n)  ;  feme  far  d'ona  cassa  fonda 
Bo.  54  ;  vuol  dar  d*6n  giovin  [calzolaro]  ecc.  Bo.  39  (quattro 
Tolte);  faremo  d'un  bel  letto  Bo.  48;  vorria  d'ona  licenza  Bo.  51; 
fémé  dòn  favore  Bo.  52;  pianteremo  d*ón  bel  fior  Bo.  54; 
pianterete  di  un  bel  fior  Gorazzini,  o.  e,  267  (Bergamo);  ghe 
daremo  dona  bevanda  Bo.  57. 


4  Salvioni, 

C.  Regione  veneta:  eia  gaveva  d*un  fazóleto  W.  21;  lu 
gaveva  (fun  par  di  scarpin  W.  21;  trova  d'un  vedo  Ba.  33; 
aveva  d'un  amante  Ba.  78;  ò  trova  di  una  Mariela  Ba.  183; 
la  recama  de*  n  facioleto  Ba.  89;  g*ho  d'un  bel  imbrojo  Ba. 
115;  le  porta  d^una  génta  Ba.  151;  comprar  di  un  abito  Ba. 
161;  ò  d'un  sogno  da  racontarti  Ba.  108^ 

D.  Regione  emiliana  (Mantova)  :  m'i  fato  d'un  gran  torto 
Asttd.  XVIII  228  ;  la  vede  d'un  boàr  ib.  XX  71  ;  t?d  fato  d'un  pia- 
cer  ib.  67  ;  sapreste  un  po'  indicare  d'una  gran  bella  fia  ?  ib.  70. 

III.  *dun'  in  combinazioni  avverbiali:  Van  sia  d'una  giur- 
neja  'hanno  segato  una  giornata'  N.  65  F,  v.  1;  d'Una  noteja 
dormì  con  vui  N,  76  (nelle  varianti;  p.  391);  d'una  noitina  con 
vui  dormì  N.  77  A,  v.  8;  C,  v.  7;  E  v.  11;  G,  v.;6;  duna  sol 
notte  77  B,  v.  7;  d'Un' altra  notte  ib.  v.  17  *. 

IV.  S'annotano  qui  parecchi  esempi  che  per  la  loro  configu- 
razione vogliono  essere  particolarmente  considerati. 

a.  L'apposizione  introdotta  dall'articolo  indeterminato  può 
ripetere  e  non  ripetere  il  d':  passa  d'in  giuvo^  d'in  giuvo  ^na- 
rinée  Few.  86;  vuria  avei  d'un  bun  letOj  d'ùnbun  let  da  ri- 
pozè  N.  32  B,  V.  12;  e  all' incontrario  :  pasa  d'In  giuvo^  in  ca- 
valier  franseis  Ferr.  39;  a  j'ò  d'Una  gran  dama^  na  gran 
dama  N.  152,  vv.  2-3. 

Per  l'apposizione  che  venga  introdotta  dall'articolo  determi- 
nato, è  ben  notevole  :  Van  scuntrà  d'na  bela  fia^  dela  più  bela 
che  al  mondo  ghe  sia  N.  12  C,  w.  3-4  •  ;  di  fronte  a  :  va  ciamè 
d^ùna  Mun fràina^  la  fia  d^ùn  cavajè  N.  13  A,  v.  2. 


^  Qui  gli  esempi  dove,  tra  reggetta  e  il  verbo  s*interpongono  altri  ele- 
menti: l'ai  campa..,  sul  d*una  pera  N.  IO  C,  v.  5;  d  poi  d'un  altro  N.  61  C, 
V.  11;  damme  un  po'  d'un  preve^.,.  d'wn  notari  N.  25,  vv.  13,  16;  t  la- 
sciu  dma  d'un  strafursin  ib.,  Vv  26;  —  à  guadagnale...  dfna  gran  cava-- 
leria  N.  52  B,  vv.  4-6. 

'  '  S*intende  che  siamo  in  dialetti  dove  p.  es.  non  si  direbbe  altrimenti 
'lavorar  d'un  giorno'  per  'lavorarn  un  giorno*,  ecc. 

■  Per  il  d'  preposto  airarticolo  determinato,  sarebbe  esempio,  ben  no- 
tevole, se  legittimo,  il  rovign.  tengo  del  méio  maret  ho  il  mio  marito,  Iva» 
Canti  popol.  istriani  (Torino  1877),  p.  323.  Parrebbe  doversi  ripetqre  dal 


/ 


Dì  dun  per  un  nella  poesia  popolaresca  alto -italiana.  5 

b«  Davatiti'  a  due  o  più  sostantivi  coordinati,  il  (T  può  ri- 
petersi ma  anche  non  ripetersi  :  Vi  ptnintirò  d'in  scagn  e  an- 
cura  d'ina  barca  Few.  39;  d'una  pari  mandèla  an  Pranza  e 
<rima  pari  sul  Munferà  N.  136  A,  v.  8;  invece:  'ni  al  mes 
un  bel  letin  e  d'un  malerass  di  piuma  N.  112,  XY,  5-6;  nò 
gavà  na  pinta^  na  meza  e  d'un  bocà  N.  99  A,  v.  17. 

e.  La  risposta  a  una  interrogazione  può  pure  venir  introdotta 
da  duni  Cosa  ti  fen  da  cena?  D'una  anguillella  arrosto  N.  26  G, 
V.  10  (Pisa);  Ch'aS'tù  cumprà  a  la  fera?  D'un  capelin.  Co- 
z*  f  èA,o  su?  D'un  bel  piùmass  N.  132,  w.  3-4,  4-5. 

Se  ora  ci  facciamo  a  tentare  la  dichiarazione  del  curioso  vezzo, 
gioverà  dì  non  dimenticare  ch'esso  è  proprio  ed  esclusivo  del 
linguaggio  poetico,  ignorato  assolutamente  dalla  lingua  viva  e 
schietta  ^  E  la  franca  e  sicura  ricognizione  di  questo  fatto  deve 
guidarci  nel  tentativo  di  spiegare  il  fenomeno.  Il  quale,  dove  non 
avesse  cosi  limitato  dominio,  potrebbe  in  parecchi  modi  dichia- 
rarsi \  Si  potrebbe,  fra  altro,  pensare  che  da  costrutti  come 
^degIi  uomini  dicono'  Hi  do  dei  fiori'  si  portasse  il  ^di'  al  sin- 
golare, avendosene  poi  ^d'un  uomo  dice'  Ui  do  d'un  fiore'.  Ma, 


nostro  dun  esteso  oltre  i  propri  limiti;  sennonché  di  questo  dun  non  trovo 
nessun  esempio  neirive.  —  L'esempio  se  mete  a  bastonar  de  la  sua  marna, 
Ba.  159,  andrà  certo  diversamente  giudicato. 

*  Sì  dice  reramente  ancora,  e  più  si  diceva,  a  Milano  di,  fa,  pensa  d*ona 
Coesa  per  'dire*  fare,  pensare  una  cosa*;  ma  si  tratta  qui  tlel  modo  'dire, 
pensare  di  una  cosa'  (cioè  Mntomo  a  una  cosa*;  cfr,  la  ghe  conta  de  quel 
faio  Ba.  98)  venuto  a  contaminarsi  col  modo  'dire,  pensare  una  cosa*. 
L*ATersi  poi  dt  d*ona  cassa  allato  a  di  ona  cosxa,  ha  fatto  si  che  si  ve- 
nisse a  fd  d*ona  eossa  allato  a  fa  ona  cassa,  —  Diversamente  conformato 
e  no  esempio  lodigiano  come  hi  fai  d'un  ceri  parla  'avete  fatto  un  certo 
parlare*,  che  trovo  nella  Sposa  Francesca  del  Lemene.  Ma  anch*esso  non 
infirma  la  sentenza  che  il  processo  da  noi  studiato  si  limiti  alla  poesia.  — 
Fiattosto  par  che  la  poesia  popolare  abbia  influito  sulla  lingua  in  un  esem- 
pio come  dunidli  de  une  vire  'dategli  un  anello*  nel  saggio  di  Oulx.  Bion- 
deUif  Saggio  ecc.,  523. 

*  1  moltissimi  esempi  in  cui  il  dun  è  preceduto  da  vocale  potrebbero 
£sr  credere  a  un  d  estirpatore  di  iato.  Ma  lo  si  deve  escludere,  non  aven- 
dosi di  on  tale  d  nessuna  altra  traccia  nella  combinazione  sintattica. 


6  Salvioni , 

ripeto,  rimarrebbe  sempre  ìnesplicato  perché  il  Mi'  ^,  cosi  o  per 
altra  via  ottenuto,  si  limiti  al  canto. 

Ora,  una  dichiarazione  che  spieghi  insieme  e  il  vezzo  e  la  sua 
limitazione  al  canto,  parmi  la  seguente. 

Fra  gli  esempi  di  Mun^  occorrono  questi:  chi  vói  senti  cantò 
(Tùna  bela  cansun  nòoa  f  N.  52,  v.  I  ;  chi  voi  senti  duna  can- 
sunf  N.  7  B,  V.  l  ;  cantò  duna  cansun  N.  33  A,  v.  1  ;  47,  v.  4; 
cantò-me  (tùna  cansun  N.  14  A,  v.  1  ;  cantò  'n  pò  d'una  can* 
Sun  N.  14  B,  V.  1;  voi  cantao  duna  canzon  Ba.  180. 

In  questi  e  analoghi  esempi  scorgo  io  il  germe  del  nostro  co* 
strutto.  Vanno  essi  cioè  raccostati  ad  esempi  in  tutto  simili  che 
ci  si  fanno  avanti  negli  antichi  poeti,  dai  quali  raccolgo: 

Cantar  fne  plas  duìia  canyon  nocella  Fra  Giacomino  da  Ve- 
rona (ed.  Mussafla),  F,  v.  5  ;  hi  cole  oclir  cuintar  duna  zentil 
novella  Bonve^in,  De  peccatore  cum  Virgine,  v.  1;  ognom  en-^ 
tenda  de  una  molt  bella  leggenda  Legg.  di  S.  Margherita  (ed. 
Wiese),  vv.  1-2;  uoV  comengare  e  dir...  d'una  legenda  ib., 
vv.  39-4.1;  d'uno  bello  sernione  ve  voyo  contare  Biadene,  Sciavo 
Dalmasina,  v.  2;  audire  dun  bello  sennon  uerax  Bescapé,  v.  6; 
se  dun  bello  dito  audire  ancora  uè  plaxe  ib.,  v.  863. 

Si  ha  qui,  è  vero,  un  Mi'  ben  giustificato,  trattandosi  sempre 
in  quegli  esempi  di  ^cantare,  dire,  udire,  narrare  intorno  a...*; 
ma  non  è  meno  vero  che  tra  'cantare  di  una  canzone*  e  'can* 
tare  una  canzone*  la  difierenza  di  significato  era  minima,  quasi 
evanescente.'.  Tanto  che  agli  uditori  i  due  costrutti  dovevan  sem- 
brare identici.  Ma  dato  che  d'una  canyon  valesse  o  paresse  va- 
lere come  wui  cangon^  che  cioè  il  costrutto  con  Mi'  venisse  o 
paresse  venire  a  fungere  da  oggetto  diretto  come  il  costrutta 
senza  la  preposizione,  ciò  doveva  parere  insolito,  peregrino.  Ora 
di  costrutti  e  vocaboli  insoliti,  di  peregrine  preziosità  suol  com- 
piacersi il  linguaggio  poetico,  popolare  e  non  popolare.  E  il  dun 


*  Ch«  il  di'  di  dun  sia  Mntito  come  U  preposizione ,  è  attestato  dagli 
editori  di  canti  che  sempre  scrivono  *d*un\  ed  è  confermato  da  ciò  che 
si  abbiano  esempi  con  d^n  Ba.  89,  di  Uf%a  Ba.  183,  d*na  N.  12  C,  v.  3. 

'  Cfr«  ehi  9ole  adir  iennon  verax  Zst.  f.  r.  phil.  XV  489;  intendi  questo 
sermone  Besc,  2127. 


Dì  dun  por  un  nella  poesia  popolaresca  alto*italiana.  7 

d'una  di  contare  d*un  sermonj  di  cantare  duna  canQony  frain* 
teso  della  sua  genesi,  dovette  sembrar  appunto  tale  ornamento, 
(la  venir  senz*  altro  adottato  tradizionalmente  dalla  poesia  popò* 
laresca,  e  da  essa  esteso  ad  esprimere,  al  di  là  delle  formule 
originarie,  l'oggetto  diretto  che  si  introducesse  mediante  T  inde- 
terminato. 

Questa  origine  del  nostro  dun  mi  pare  confermata  anche  da 
ciò,  che  es^  ben  più  frequente  sia  nella  poesia  narrativa  che 
non  nella  lirica.  Si  capisce  che  anche  qui  non  manchi;  ma  as- 
solutamente e  proporzionalmente,  i  canti  oggettivi  forniscono  una 
somma  d'esempi  superiore  d'assai  a  quella  che  s'ottiene  dagli  stor* 
nelli  e  dagli  strambotti  ^ 

Circa  alla  diffusione  geografica  del  fenomeno,  già  se  n'  è  toc- 
cato par  incidenza.  Gli  esempi  del  resto  parlan  chiaro;  e  questi 
provengono  dal  Piemonte  e  dai  contermini  territori  della  Lìgu« 
ria,  dalla  Lombardia,  da  Mantova,  da  Verona,  e,  più  scarsamente, 
da  Venezia.  L' esempio  parmigiano  e  i  rari  esempi  toscani  tro- 
vansi  in  canti  narrativi,  ed  è  evidente  che  il  dun  è  stato  impor- 
tato con  questi, 

engad.  spbga^  sffpcaj  sedia. 

Vedi  Pult,  Le  parler  de  Sent,  §  298,  Huonder,  Vokalismus 
von  Disentis,  p.  433,  dove  s*allega,  da  Sopraselva,  un  sùpia  ^Brii- 
ckenbock,  d.  h.  der  auf  zwei  Stùtzen  ruhende  Querbalken  unter 
einer  Brùcke,  dann  das  mitteist  zweier  Pflocke  mit  den  Kufen 
verbundene  Querholz  auf  Schlitten  oder  Schleifen  '.  Il  Garigiet 
ha  sùppiaj  il  Palioppi,  sopcha  e  sutga ,  sedia.  —  Ghe  in  tutte 
queste  forme  si  debba  riconoscere,  come  ha  fatto  l'Huonder,  il 
lat.  subUca,  è  provato  da  soblga  {^  ^ aifbjigd)  ^  trave  lunga  e 
grossa  a  sostegno  di  ponti  sui  fiumi  \  che  s'ode  nella  Valtellina, 
e  di  cui  si  discorre  in  Zst.  f.  rom.  phiU,  XXIII  529. 

L*  H.  riporta  sùpia  a  un  anteriore  ^subja,  e  a  me  par  che  ab- 
bia ragione,  ammettendo  però  che  bl  siasi  prima   ridotto  a  pi, 


*  Così,  dalle  due  centinaja  dì  Strambotti  e  Stornelli  che  sono  nel  Nigra, 
pp.  574*92,  non  ho  che  due  esempi;  e  uno  eoIo  ne  ho  da  Gas. 


"i  S«lTÌoni,  Engad.  s^bga^  ecc. 

s\>ci4  coaio  r*/  si  riduce  a  fiy  quindi  *suplja^.  Quanto  a  SQbga 
cs.s%>  {ktr  continuare  direttamente  *SQbja  *  ^s^b'^ljja]  e  sùiga  ci 
ru(»(»(v$entei*à  un'antica  riduzione  ^sùkka  -  ^subka  =  *subljca. 

Quauu>  airaccento  della  voce  cisalpina,  ricordo  ancora  il  com. 
'iMsiik  »  bellinz.  mdsUQj  mil.  md$le§j  màstice.  —  M'  ò  del  re- 
»tv>  grato  che  mi  si  porga  qui  l'occasione  di  ritornare  sulla  qui- 
Htìoue,  per  esprimere  il  mio  pensiero  più  chiaramente  che  non 
avvenisse  nelParticoletto  della  Zst.  Credo  io  dunque  che  s'avesse 
dapprima,  e  per  analogia ,  la  rimozion  d'accento  nelle  voci  ri- 
fotoniche  dei  verbi  in  4care  -itare,  e  nei  loro  deverbali.  L'oscil- 
laxione,  a  cui  qui  si  giungeva  (p.  es.  bétega  e  betéga  da  beiegd 
balbettai^e,  bórdega  e  hordéga  da  bordegd  sporcare;  fr.  berg. 
belèg  balbuziente,  bresc.  bordèc  sudiciume),  venne  portata  in 
primo  luogo  ne'  nomi  in  -ice  -iTU,  quindi  slomèk  da  slómek  sto- 
maco, bresc.  codèga  =  lomb.  códega  'cutica'  cotenna,  bresc.  gòm- 
bèi  gomito.  Siccome  poi  l'uscita  -Icr  alternava  in  più  nomi  con 
-ICB  ('pùlice'  e  ^pùlico')  cosi  anche  a  questi  s'estendeva  T  incer- 
tezza dell'accento,  onde  i  berg.  scimòs  cimice,  p^ès  pulce,  allato 
a  sciìnèga^  polèk.  Ma  ottenutesi  per  questa  via  ohe  più  serie  di 
sdruccioli  si  facessero  piani,  altri  sdruccioli  seguivano  poi  il  loro 
esempio,  obbedendo  in  parte  anche  a  uguali  attivazioni  analogi- 
che. S'hanno  cosi  il  valcamon.  abrovéd  *  brivido'  intirizzito  (v, 
l'art.  '  brivido'  fra  le  mie  Etimologie  nella  Misceli.  Ascoli),  i  bresc. 
sofòch  aria  soffocante,  afa,  sabàt  sabato,  de^òlèl  disutile,  i  berg. 
omèn  uomini,  femèn  femmine,  <i/é/' *  adipe'. 

Poteva  anche  accadere,  sempre  nelle  stesse  analogie,  che  una 
voce  piana  si  facesse  sdrucciola,  onde:  berg.  Idmbek  per  lam- 
bék  lambicco,  valser.  sdles  •,  bresc.  sères^  per  saléss  rispettivam. 
seréss  (cfr.  mil.  sariz  ^siliceo'). 

C.  Salvioni. 

^  U  gardeo  sopia  *Qu*)r8tange  auf  Schloifeo*,  che  vedo  allegato  dalPMuon- 
der,  uri  assai  ▼  erosimi  I  meo  te  un  *sóbja,  con  èj  secondario  ridotto  come 
quello  primario  di  camabia  in  canapi^, 

'  Va  di  questa  voce,  che  non  potrebbe  es.ser  sorto  nella  tonica  (cfr.  la 
voce  milanese),  depone  in  bel  modo  per  Tantico  accento  della  parola. 


CONTEIBUTI  ALLA  CONOSCENZA 

DEI  DIALETTI  DELL'  ITALIA  MERIDIONALE 

NE'  SECOLI  ANTERIORI  AL  XIH. 


DI 

T.  DE  BABTHOLOMIEI». 


(Vedi  XV  247  sgg.,  275  sgg.) 


il  —  SPOGLIO  DEL  'CODEX  DIPLOMATICUS  CAJETANUS'  K 


SoioiABio:  'IL  Serìttars.  -  5  IL  FoneticA.  *  S  lU.  MorfolofU.  —  S  IV.  LmiIoo. 


ATTertensa.  —  Il  Codex  Diplohaticcs  Cajstanus  è  il  primo  di  quella 
collezione  di  codici  diplomatici,  alla  quale  attendono  i  benemeriti  benedet- 
tini di  Monte  Cassino,  e  che,  sotto  il  titolo  unico  di  Tabularium  Cassi- 
NXN8I,  dovrà  pure  contenere  i  codici  di  Bisceglie  di  Pontecorvo  d*  Isemia 
di  Pomposa  e  d* Aquino.  Le  carte  vi  sono  in  numero  di  quattrocento  ven- 
ticinqae  ;  ci  conducono  dal  787,  o  giù  di  li,  sino  in  pieno  secolo  XIII.  La 
lor  provenienza  ò  limitata  alla  città  e  alPantico  ducato  di  Gaeta,  che  -  com- 
prendeva, un  tempo,  com*  è  noto,  anche  il  ducato  di  Fondi  e  il  contado  di 
Teano  (v.  preL  p.  xiv).  —  Per  ciò  eh' è  del  linguaggio,  siamo,  a  un  di- 
presso, alle  condizioni  stesse  delle  carte  cavensi;  ed  è  solo  per  la  loro 
minor  quantità,  che  riesce,  al  confronto,  meno  copioso  quest'inventario.  Non 
tatte  sono  originali:  più  d*una  è  data  secondo  copie  del  sec  XVII;  e 
de*  volgarismi  contenutivi  non  si  son  potuti  accogliere  se  non  quelli  che 
Cornano  anche  altrove.  —  Occorre  anche  qui  un  buon  numero  di  nomi 
fondiarj;  ma  non  di  tutti  m*è  riescito  di  ritrovar  retimologia.  La  classe 
più  ricca  è  quella  degli  uscenti  in  -ano  "iano^  che  sta,  nell*  intiera  sup- 
pellettile toponomastica,  in  proporzione  assai  maggiore  che  non  fosse  nel 
Codice  cavense. 


■  Typis  Mentis  Casini,  MDCCCLXXXVIII-XCI. 


XV 


Sommario. 


Rassegna  bibliografica  (con  recensioni  di  C.  Salyioxi  e  P.  E.  Quab- 

xssio) Pag,  871 


Aggiunte  e  correzioni  alle  dispense  I*  e  II* 

Salvioni,  Appunti  suU^antico  e  moderno  lucchese 
Salviohi,  Cremon.  scutumdja  soprannome  ;  lomb.  rUràt  pipistrello 
Santangslo,  Il  vocalismo  del  dialetto  d'Ademò     .... 
Salviomi,  bugliòlo,  bugno;  ven.  tanéza  porca,  ajuola;  friul.  puinte  feccia 
GuAuisRio,  Il  sardo  e  il  còrso  in  una  nuova  classificazione  delle  lingue 

romanze 

Salvioni^  boulanger    .......... 

ToPFiiro,  Il  dialetto  di  Castellinaldo 

Salviohi,  Santhià 

Salvioki,  Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  (Valmaggia)  . 
Rassegna  bibliografica  (con  una  recensione  di  P.  £.  Guabmsrio)  . 

Salvioxi,  Indici  del  volume 

Aggiunte  e  correzioni 


898 
895 
477 
479 

487 

491 
516 
517 
548 
549 
591 
608 
656 


DI  D  UN  PER  UN 

NELLA  POESIA  POPOLARESCA 

ALTO-ITALIANA. 


DI 

G.  SALYIONI. 


Fin  dai  miei  più  giovani  anni  udivo  io  cantare  intorno  a  me 
ona  canzone  popolaresca  ^'  dove,  a  una  ragazza  desiderosa  di 
marito  si  profferivano  o  dun  gioviti  calzolaro^  o  dun  gioviti  tnu- 
raiore^  ecc.  ecc.  E  mi  sovviene  che  fin  d'allora  quel  duti  al  posto 
(li  un  mi  feriva  come  uno  strappo  alle  rette  norme  gramma- 
ticali. Più  tardi,  le  raccolte  di  canti  popolari  dell'Alta  Italia  mi 
riponevano  ogni  momento  sotto  agli  occhi  il  costrutto,  sempre 
risentendone  io  la  enigmatica  stranezza.  Concedano  i  lettori  del- 
V Archivio  che  qui  si  tenti  di  sciogliere  Tenigma.  E  prima  dì  tutto 
gli  esempi  •. 


*  Dey*es8ere  il  canto  che  nel  Bolsa,  Canzoni  popolari  comasche  (Conto- 
resi  di  Vienna,  Classe  stor.-fil.,  LUI,  637  sgg.),  porta  il  num.  39. 

*  Ho  ricorso  per  questa  ricerca  airopera  fondamentale  del  Nigra,  Canti 
popolari  del  Piemonte  (Torino  1886),  che  si  allega  per  N.,  il  numero  del 
componimento  e  la  lettera  con  cui  si  suddistinguono  le  diverse  versioni 
di  esso;  ai  Canti  Monferrini  di  G.  Ferrare  (Torino  1870.  Ferr.  e  il  num. 
della  pagOì  ^H^  Canzoni  popoL  comasche  del  Bolza  (Bo.  e  il  num.  del  com- 
ponimento) ;  ai  Canti  popolari  delle  vicinanze  di  SommO'Lombarda  e  Va- 
rese  pubblicati  da  AnL  Casetti  e  Vitt.  Imbriani,  nella  Nuova  Antologìa 
del  1867,  (voL  Y;  1867,  pp.  190-94.  Cas.  e  il  num.  del  componimento);  al 
Folk-Lore  veronese.  Canti  di  A.  Balladoro  (Torino  1898.  Ba.  e  il  num.  della 
pag.);  ai  Volhslieder  aus  Venetien  di  G.  Widter  e  A.  Wolf  (Contoresi  di 
Vienna,  Classe  stor.*fil.  XLVI  257  sgg.  W.  e  il  num.  del  componimento)  ; 
ai  Canti  pop,  ined,  umbri,  liguri,  piceni,  piemontesi,  latini  r^iccolti  e  illu' 
stretti  da  O.  Marcoaldi  (Genova  1855.  Ma.  e  il  num.  della  pag.);  aìVArchi^ 
vio  per  lo  Sttidio  delle  tradiz,  popolari  (Asttd.).  Non  allego  altre  raccolte» 
non  importando  a  me  di  dare  molti  esempi  ma  d^assodare  il  fenomeno. 
Dirò  solo  che  gli  assaggi  istituiti  sui  canti  popolari  di  altre  regioni  d*I- 
taiia  hanno  sortito  un  esito  negativo  ;  onde,  qualche  esempio,  che  potesse 
qua  e  là  saltar  fuori,  dovrà  cortamente  attribuirsi  air  influenza  dei  canti 
settentrionali. 

▲rehiTio  glottol.  ital.,  XV  L  1 


12  .de  Bartholomaeis, 

9.  À:  ni.  da  le  cirasa  1020,  ni.  balle  de  cirasa  1029,  curte...  que  nun- 
cupatur  da  i!lo  ceraso  1068^  10.  -ARIU,  ARIA;  -dr^:  ni.  casa  molava  830, 
ni.  margatarum  845  less.,  cerhinara  906  less.,  lapulo  porcaru  906»  filii 
gregorii  porcaru  1087,  festara  964  1085  less.,  pianeta  cum  orare  964,  perg^it 
usqne  in  pàlmara  976,  ni.  solaru  980,  terzara  986  più  volte,  molenairu 
991  less.,  ribo  della  pillava  992  less.,  acdavum  997,  ni.  vivavo  1002,  ni. 
pastovava  1013,  ni.  fossa  lupava  1024,  armarum  armadio  1028,  nprs.  lao^ 
demaru  1029,  ni.  caballara  1029,  calzolavu  1036,  ni.  ipse  terre  de  ipsu 
cantavu    1041  less.,  via  carrara  1041    più  volte,  porcava  1041,  ni.  covzara 

1055,  mundt^aru  1058,  cgn.  spataru  1061  1128,  cocclara  1071,  piscara  1071, 
ni.  patomftarMm  1076,  monte  de  ccrftart*  1091  e  cerran*  1107,  ni.  pigna^ 
tari  1107,  ego  petrus  capvavus  1114,  scirpaì'u  1158  less.;  area:  usque  ad 
iitre  celu  1013,  cum  cestema  sua  et  cum  are  suos  ibd.;-ér-;  heredes  Ade- 
nulfi  càhalevi  1198.  11.  E  breve.  Intatto,  come  appare  dagli  es.  seguenti, 
che  però  han  tutti  a  od  &  alPuscita:  iuxta  pede  de  ipsa  turre  906,  unum 
pede  de  piro  922,  pede  de  sìlva  1014,  pede  de  monte  1014,* cgn.  pede-3itQt\x 

1056,  petra  maiore  scarpellata  992,  ni.  campu  de  melle  1072.  Isolato:  dicima 
octaba  die  1113.  12.  E  lungo:  me^granum  941,  e  airatona:  sancti  nicolai 
de  meletis  1158.  Per  ly,  oltre  il  solito  stratico   1014,*  il  nprs.  hall  1031.* 
18.  I  breve  :  canat  mihi  una  messa  906.  Di  -ella  -elle  y.  gli  es.  al  num.  85. 
14.  0  breve.  Appare  intatto  negli  esempj  seguenti:  fondata  serica  bona 
gaitanisca  1028  bis,  nprs.  bona  frequentissimo,  parium  de  bove  unum'  906  bis, 
cognomi:  bove   1196,  vove  1071.    15.   0  lungo.  Esempj    di  u  da  o  fuori 
d"  umlaut ':  cuvte  918  frequentissimo  (e  curticella  914  ecc.,  curtesani  1047), 
conciatuvia  906,  signum  manus    de  petrune   1047,  nprs.  petvunia  935,  ni. 
punete-curho  1107;  va  anche  qui,  proveniente  da  *maiure,  matwnna  1113, 
e  fors*anche:  Johannes  de  maiurano  1136.*  All'incontro:  iosum  979.    16.  U 
breve:  torre  longa  906,  territorio   de   spelonce  994,  spelonke  1024,  sancte 
marie  de  spelonke  1135  (e  speloncanus  890,  speloncani  ibd.,  Paulo  spelon- 
cano  923),  cgn.  caca-/br/br«  997,  bocca  de  ipsa  cripta  1009  più  volte,  co- 
gnomi &occa-pasu  1059,  &occa-pia  1079,  &occa-melIi  1119,  una  coppa  argen- 
tea 1028,  colcitra  1028,  forcula  una   1116,  cgn.  Stefani  mo^ca  1129,  [cgn. 
Leo   volpina    1129].    17.  Y:  ecclesia  sancti  martini  aqua-m«mio2a  1067; 
neir»  di  gissum  1104  può  esservi  effetto  di  -ti.  Per  serica  v.  num.  5.  [Al- 
V&tonaLi  murtetu  941  e  mortitu  1024,  gruttelle  1064  *J. 


*  Anche  se  ossitono,  come  parrebbe  dal  cgn.  Stratico,  che  è  proprio  delle 
Calabrie  e  della  Sicilia,  qui  non  guasta. 

'  Certamente  ossitono;  cfr.  il  cgn.  sicil.  Cah. 

^  Non  manca  nemmeno  qui  il  solito  octubro  -ubrio, 

*  turabulum  1071  sarà  un  mero  svarione. 


Spoglio  del  Codex  Cajetanus;  §  IL  13 


B.  Vocali  atone. 

19.  A.  InÙEiale  in  e^  nel  solito  gentìarulus  954;  ireiecti  Traetto  1026  e 
triiecto  ibd.  ecc.;  Of  in  longobardi  1026.  Innanzi  a  r:  camarcte  1076,  camara 
1119,  cgn.  Petri  de  cammarino  1047,  comparatore  1099«  comparatu  1103^ 
[eeparano  Ceperano  1 134],  filia  Franconi  de  papara  1028,  franco  index  qui 
dici  tur  papara  1039.  Postonico:  ni.  aquamendola  1067.  80.  E.  Di  sillaba 
iniziale  in  t:  nprs.  criscentio  890,  dissertas  deserte  1002,  criseensi  1089 
1099,  ni.  pitruru  992  less.,  nprs.  firruccius  1012,  cirasa  1020  1029,  ni.  stm- 
prontanu  1020,  piscora  1071,  ni.  cicropìus  1138;  -  ij:  dimitri  906;  -  «i-: 
yrtfiM  906.  Di  seconda  protonica,  scompare  in  gaytanum  1012,  gaytanisca 
1028,  cgn.  betrano  1104.  £A:  Pianti  Teano  983,  ni.  tianellu  1020,  tiantM 
1079.'  EU:  nprs.  dì4$dedi  930.  Postonico:  filli  passeri  caprucce  999,  filli 
quoàd^m  passaro  1034;-«idtct  1104;-  bolumine  cartacio  831,  porta  auria 
1076,  vullam  plumbiam  1014.  ^£;  problematico  risolato:  per  iesHxmm 
tempus  958.  8L  L  Di  sillaba  iniziale  in  e:  eesterna  1013,  lenzeoli  1028. 
In  seconda  prò  tonica  :  garelianu  955,  molenaru  991,  nprs.  polessena  1040, 
hL  correianu  1047,  genetricem  914.  Postonico:  incletas  958,  codece  997, 
magene  macina  906;  ipsa  limata  de  flumìcellu  1103.  82.  0.  Di  sillaba  ini- 
ziale in  «:  fìtresta  1020  1091,  ni.  ctiròtno  1036,  ni.  eurallum  1085,  Marinus 
surremintis  1091 , /U^sa/u  1 104,  puntone  1170  less.  Postonico:  Cristofaro 
906  ecc.  ecc.,  pascua  et  puteo  et  porcara  et  pratura  pratora  1044.  88. 
U.  Di  sillaba  iniziale  in  o:  nprs.  orania  1008,  fuit  de  oranùie  ducissae 
954.  Di  seconda  protonica  :  Johannis  condoctori  787,  ni.  palombfvrum.  Po- 
stonico: tncofomtf  830,  domum  cerarli  figoli  918,  casale  qui  nuncupatur  casole 
924,  insola  976,  palmole  1002,  cgn.  pungi-ne&o2a  1014,  ni.  silicicola  1071.  86. 
Par  qui  Tant  -a  oscilla  continuamente  tra -a  ed  '-w;  per  es.  carolu  o  carolo^ 
aquismolu  e  aquismolo,  nprs.  fedu/u  e  tedulo^  ni.  a^ntanu  e  -iano,  ecc.  ecc. 

e.  Consonanti. 

J.  87.  Airiniziale  :  Jum^nta  una  906  iìG5,  jumentarius  954,  jacium  1113 
less.;  ma:  nprs.  gennarulits  954.  —  La  scrittura  oscilla  continuamente  tra 
gt^eta  gajetanu  e  gageta  gagetana^  triiecto  e  trigecto  Traetto  ;  gaigetano  1063. 
88.  LJ  in  r,  reso  dalla  scrittura  por  II  li  IH  Ig  Igl  :  ni.  casale  maUanum 


*  Si  parte  qui  naturalmente  dalla  forma  latina.  Ma  poiché  s*ha  -ia- 
anche  nelle  iscrizioni  osche  (TIANÓ,  tianud,  ap.  Fabretti,  gloss.itaÌ.  s.- yt.), 
non  Tuolsi  escludere  a  priori  che  possa  esservi  vera  continuazione,  anziché 
casuale  riprìstinamento  della  forma  italica. 


L_ 


14  d«  Bartholomaeis, 

9gO  lesft^  d1.  mallana  1024,  ni.  pentome  tallau  999,  flamioe  garillano  1071  ; 
—  Jiaviam  gariliani   lOSo,  urso  fiUo  ^Uq   1049;  —  nL  malUanìtm   1000, 
ni.  /?//iii«  1036;  nL  filgine  U5S  1170;  -  campii  de  baialgla  1071.    NJ  in  n. 
V.  nnm.  33.    DJ  in  ji  josum  979  •  jusum  10-34,  Adonolfus  do  poto  1195, 
ni  contano  e  correiaHu  1030  1047  less.;  in  i:  sacerdos  qai  dicitar  mesa- 
capo  1040,  passi  Tiginti  et  mesm  11^  Rientra  probabilmente  qui  TosciU 
huione  che  ai  ve^e  in:  valle  supi  115^  partem  de  castri  sugi  ibd^  plano 
de  $uffio  1 166,  allato  al  molto  frequente  suiu.    RDJ  :  versviis  979.    TJ 
in  X2,  scritto  ss  z  sfj  C2  U  :  paU:zy  9òi  e  }ialazi0  1002  1066,  leone  dooine 
marozze  1010,  nL  coriMi^Afio  862,  nprs,  Hzs9  presbitero  1036;  «  salone 
9i^  lesa.,  nL  mun^'iorM  UC)^  nL  hriutni  831  ;  -  pe«fia  de  terra  923  più 
volte;  -  peezinnu  954,  imìiczi^  979,  nL  t^Msdiio  944,  nprs.  hemeesam  1064, 
ojrn.  capo-Mar ja  fr<^q.  ;  •  a^c^ndìt  in  tboro  ^tutnò  999.    Si  ha  gj,  al  eo- 
li to,  in  servipHi  hWL    Tna  falsa  rìcostmaione  di  Spiazza*,  più  che  una 
vera  Spiaggia*  pare  che  sia  ne^  passi  :  nnom  integram  cellariom  aab  no- 
stra curia  positum,  et  est  ante  pìagiA  pnbliea  1121,  caria  in  plagia  po« 
hlioa  poaiu  IIVX    NTJ:  dui  Urnfoh  lu28,  npra.  consianzo  1029,  ni   fi>- 
man»uiu  1(K17  più  volte,  less.,  Itcm^iam  939  alL  ti  Ucei%cia  1107;  scritto 
nr$  in;  maius  aaiirji  ìudeii  verolanus  (Sanzio)  I0S9.    RTJ:  ecclesia  aaneti 
anfr^H  dalli  maru  \\f^\  alL  a:  <^rrl^Ma  sancù  angeli  d^  marciis  1170;  un 
po'duMuo,  potenJo  essere  il  caso  d'un  pure  lapsus,  m*è  9òzzi»me  sor- 
Ijone    dM    |>amsi\:  halw^at..,   fé-iiU^Hr   plus   mìnos  media   quinqoe  ^4. 
STI*  in  *•,  eooli*«ia  aanoli  an^h  in  $ctr»t€n  ll^ì^  lesa.    SJ:  ciroMi  102U, 
nL  KiilU  de  i^iNUM  lo;^^  curte  que  nunrupatur  da  ilio  ceraso  1(^68,  comi* 
SMm  unum  V*S4,  i^rra  nostra  de  ip^  Aìuf-rAsami  1040,  curtesani  1047  less^ 
fk|>rm  «H.UM4.I  lo*.*     |Sl  tn  ii  nL  A't/t^v   1041,  «eque  ad  seilioe  antiqua 
)(MV  Uss>,  u»«)a^  ad  jv^nm.v  torà*  ihd«;  intatto  in:  pannos  sìrìcos  et  Itneos 
n\x%%h  M  ^ivivt.A  10;*4n)    O'J  vt^T.1^:  c^.  ca«*a*^palomba  £^4,  paria  una  de 
.,«.%«•.«  1047,  AU^rnansi  l«   due  f«Nrm^  dM  c^n.  h^^cnzza  e  hracucda  1119 
UVl      Li M  .  •>.ih.W«i'M  hV^V  c^rn,  «am'cv»  vacca  IKVx    r»J;  falsamente  rico- 
i>ImOI«\  la  .•.•*#«.^Nrti  fsaUi^io  *>Vv,    !..  n   IVr  porri  uri  Mcff^prìÌMa  num.  57 
.Vi   pAtto  *  I   u«'  ni   ;*<«•'- f4^-y  U'Ar%  «U   a  pAì-n.-^ìe^  e  fors^aache  nel  bL  co- 
vrii \'K%\  jmA  \»\Ua,  Ho  »t«»^<»  *«^iix«!r  ^  non  Vaseariì.  Assai  frequente  cer« 
Mi*»vi  iVv»  0%^  |ó»%.  N»\«  s«N^m|.)si,\  n^l  ni.  campo  de  mHU  1072.  —  ALD: 
1^1    •s«#.f.«>>i  ,»H  pMlitUm  U\>;   n>s  non^  smuA^us  SinoaLio  83^    M.  CL: 

,1.  ,4   ioli,  uno  »..%..•  #..  lo.>;  ;»  .V.  #,.«  1.^:4  l<»»v,  $uoercl*im  i^  1032  più 

^oliii^      n      Lso  t;iii  «II,  i(M.  ;ii'#<^  ì.^o;  ma  nL  J'.'.^mi    hH't4  ecc.    R.  SL 

^^  liN     a|M%    /.  ...,s.'.s»H/  i;'V\    N.  ti   i;,.jlu   f^y^ita  ad  anno  l':^].    SCE: 

..  »»..,..«   I.VNN  |«.,i  ^%\Ua      K^.  mm  .•*    ••  :«  ^^K\  tr-ii  i*lS,  ursimù  9^  nL 


» 


Spoglio  del  Codex  Cajetauus;  g  II.  15 

portìono  de  borsilli  1049;  urc9ini  954.  N.  33.  Passa  a  /,  non  senza  in- 
flaenza  di  'mole*  in:  molimentum  939  bis.  NL:  posite  il  locum  841,  possite 
il  loco  1012,  N-flab.:  im  poiestate  1014,  im  perpetuum  1056,  im  presenti 
1076.  NS:  magesis  962,  curteeani  1047  K5rt.  1998,  tianisi  teanesi  1079,  cgn. 
defisi  1113.  NG  NJ;  accennano  a  n  le  scrizioni  seguenti:  arganieli  arcan. 
976;  ni.  pannano  1159  1170  ali.  a  pagnano  1158;  ni.  cervignana  1029,  casta-' 
gneto  1170;  bignia  1104.  Alternansi:  ni.  spineo  spinio  e  spingio.  Inoltre: 
stagno  964.  M.  84.  MN:  dna  scanna  de  tornum  1028.  V.  86.  Dileguato  :  ni. 
cUu  earvo  922,  ni.  riu  944,  rium  1002,  renoare  984.  Qui  pure  frequente 
lo  scambio  reciproco  di  6  e  o.  G.  86.  Frequentissimi  gaieta  gaietana  ecc., 
gubitu  1182;  migaeli  930,  mighaeU  976,  potega  1108  più  volte;  ostra^m 
954  lese.  CT:  re<(e  976;  sarà  forse  uno  svarione:  oto  libre  de  argento 
1032.  NCT:  coniunte  1037,  compnntus  1040,  compunti  1176,  «an/os  dei 
erangelia  1196  CR:  lugra  830,  gripta  954,  ni.  gruttelle  1064.  GS:  mo^ 
ftm«  1014.  RG:  argangeli  930,  arghanieli  976.  G.  87.  y:  stratico  1014 
nom.  12.  GM:  cafisa  de  olio  per  M/ma  1129«  QV.  38.  cerquitu  1091; 
moro  anitco  954,  silice  antica  954,  fabrica  antica  963;  quod  relicum  fuerit 
831  ;  propincu  962  ;  ni.  acquaUs  976.  W.  89.  treu^uam  1 104.  CE.  40.  ma- 
gene  mAcina  906.  GÈ  GL  4L  iermanibus  890,  ieneccum  906  less.,  presbi- 
tero  iener  iohannì  939  bis,  ienitor  939,  958  1047,  ienitricis  1014,  ieorgio  1039, 
Alexandro  porfiro-tenito  909,  constantino  porfiro^t^ntto  919  930;  nullo  me 
coienU  936  958,  codice  da  leiere  in  nocte  964,  frequente  aiere  909  926  ecc., 
faeta  999,  nprs.  maienolfus  1029.  NGE:  inienium  1014,  arganieli  976, 
efr.  num.  38.  '  D.  48.  DM  :  ammeridie  996.  DS  :  assecundo  latore  996. 
DP:  diem  quod  est  affuturus  1052.  DC:  terram  vestram  posita  accaba 
996  lesa.  DV:  abbocatorem  105a  P.  44.  Intatto  in  potkece  1071;  digra- 
dato, ma  probabilmente  per  effetto  della  nas.  che  gli  precede,  in:  scriptura 
siatente  in  bergamena  1135.  PT:  suprascrittam  9i6,  ni.  gruttelle  1064, 
pontieellu  ruttu  1124;  sarà  un  lapsus  in:  cartula...  scritam  787.  PS:  ni. 
yìsstitn  1104.  fì.  46.  Frequente,  come  s*è  accennato  al  num.  35,  lo  scambio 
di  ^  io  V*    BM:  transferenda  vel  summittenda  1029,  iammodo  1054J. 

D.  Accidenti  generali. 

46.  Prostesi:  Paulum...  escriva  buie  kastri  caietani  831;  abbocatorem 
«Qper-escrtpli  episcopatui  1053.  47.  Geminazione;  di  m:  terra  semmi' 
mataria  787  924,  presummo  955,  presummentes  978.  Dauferius  commes  992, 
Petrì  de  cammarino  1047,  cgn.  igummenus  'fisi^og  1113.  Di  6:  nprs.  ro6- 


'  Ma  forse  anche  in  inienium  s*ha  n,  malgrado  la  poca  popolarità  della 
voce;  cfr.  nenero. 


16  de  Bartholomaeis, 

berti  1065,  Robbertus  1104  più  Tolte,  nprs.  ubberto  1012  più  volte,  via 
pubblica  1124;  di  p:  repperii  faerint  1040;  dì  r:  sarracèni  945^  tarraeé-' 
nos  1014y  iarraciniscu  1107,  sarracenesca  1012;  di  si  omnia  possila  foras 
istias  eivitatis  997,  terra  bacua  possila  foras  istias  civitatis  997  1012  1182» 
aecclesia...  disserias  deserte  1002;  di  n:  civitatem  tunnisi  1125l  48. 
Epeotesi:  ni.  treguansano  1104  più  volte,  less.,  fMayuln'-janni  'mastro* 
1066.  49.  Aferesi;  d*a:  poihece  1071;  *  d*atf  0;  oltre  il  solito  ram^n 
90G  eco.  ecc.  :  terra  de  redes  Petri  1030,  santo  Ha  Elia  1 104,  de  banira 
Rocca  d*Evandro  1107;  d*t:  scrineam  meum  de  spania  1028;  -  d*o:  ogn. 
scuru  1062.  58.  Metatesi:  nL  plesco  cupo  1054,  plescora  992,  pleseeia 
1054;  padule  937.  S8.  Propaggine:  fondata  serica  qui  est  ad  gluttule 
1028.  55.  Con  trasione:  Stefano  de  mastro  iohannes  1104,  bicnm  qui 
dicitur  manstrianni  magistri  johannis  1066.  57.  Assimilazione:  bia 
puplica  IO2O9  poreiuri  -eoli  962  less.  58.  Dissimilazione:  petra  malore 
scarpellaia  992,  npr.  christofolu  787  e  cristo  foli  1026,  posita  sub  superiola 
domui  nostre  1040,  cgn.  porfilogenito  1113:  cristo fani  102L 


§  III.  —  Morfologia. 

A.  Flessione  Nominale. 

59.  Figure  nominativali:  sicut  vadunt  pentome  de  Civita  de  spinio 
999,  ecclesiae  que  dicitur  della  cinita  1147. 

tO.  Forme  oblique:  ciceri  ceci  (*  decem  media  inter  fave  et  escori  '  1004), 
ominu  Cquavis  persona  hominu  magoa  voi  parva*  1104).  Noto  inoltre:  cum 
consensum  Cristoforo  ftepote  meo  909,  ego  domnus  Criscentius  venditore . . . 
recepi  pretium  1099. 

68.  Locativo  in  «i  nel  nU  calvi  914. 

68.  Metaplasmi.  Di  III  in  I:  Christi  martira  981,  posita  sub  superiola 
(.ore)  domui  nostro  1040  due  volte.  Di  III  in  II:  Johannis  nepoto  quondam 
Stefano  976. 

64.  Plurali.  Di  Upotece  1071.  Di  III  e  IV;  oltre  1  soliti  passi  pedi  ter- 
tnini  fini^  noto:  ni.  riu  de  viti  944,  ipse  gradi  054  lesa.,  duo  parti  997, 
cum  sepie  limiti  et  cum  vie  1071.  Plurali  neutri  e  di  tipo  neutro: 
tara  tari  935,  ni.  da  le  cirasa  1020,  quadtuor  cocclaria  de  argento  1028, 
dua  scanna  de  tomura  1028,  arce  tittaccia  et  ligna  1084;  -  arcora  924, 
fructora  924  ecc.  ecc.,  arbustora  934,  pnitora  974  e  pratura  1041,  ribora 
984,  itomora  10l3,  preceptora  1014,  campora  1070, 


spoglio  del  Codex  Cajetanus;  §  III.  17 

65.  Gonere:  olibe  olivi  1068,  vomuit  multa  fracidume  1039. 

66.  Articolo.  Accanto  a  ipso  ipsa  in  funzione  d'articolo,  troviamo 
assai  spesso,  integri,  il  le  illa.  ^  La  forma  da  il  le,  anche  qui,  a*  ha 
da*  nll.  e  da*  cgn.  e  sempre  unita  alla  preposizione.  Maschile:  Johannis 
de  Ih  comito  lOOl,  Johanni  da  lu  fur[naru]  1066,  sancti  angeli  de  lu 
trulla  1037  less.;  sancti  angeli  dalli  marzi  1166.  Femminile:  riho  della 
pillara  992,  Johanni  da  la  porta  1094,  ecclesia  que  dicitur  della  civita  1147, 
Johannes  dalla  cerca  1166;  da  le  cirasa  1020. 

67.  Numerali:  dui  leneeoli  1028;  ipse  due  turris  1024,  uncie  due  do 
denario  1058;  dua  scanna  1028;  siéUd  114;  ambo:  ambe  ipso  materie  1076, 
ambe  ipse  curti  980,  ambe  portiones  1116;  in  ter  ista  vero  ambeduo  voca- 
bula  944. 

B.  Flessione  verbale. 

69.  'essere*:  auctores  et  defensores  essere  1026,  ipsa  cartula...  ventosa 
essere  1053, 

70.  *  avere*.  Gerundio:  secum  abendo  abbocatore  domno  Lamfus  1047, 
secum  abendo  Docibile,..  abbocatorem  ld&3, 

71.  'potere*:  minine  stare  poiébat  1053. 

73.  -are:  iesiificaba  980.  74.  -ère  -ère  -ire:  diceba  980;  -  serbitium 
quem  in  me  exercisti  et  adimplesti  830;  -  permanea  787,  nullum  se  pre- 
suma  831,  bada  1014,  si  non  folle  annonam  906;  -  nascere  1008;  -  per  ipso 
fìnes  iendo  una  cum  Johanne  992.  Superfluo  addurre  esempj  come  questo: 
h<tbeo  ei  datum  906,  habeo..,  data  ibd.  -  fiat  ei  fermum  et  stabilem  906, 
fiat  in  communi  1116. 

e.  Derivazione  Nominale. 

78.  -aceu  -aciu:  domus...  nostra  portione  de  ipse  vinee...  cum  aree 
tinaccia  et  Ugna  1084.  81.  -anu  -i-anu;  v.  less.  88.  -ariu;  v.  num.  10, 
<«  agg.  campanarii  1129  less.  88.  -aricu:  ni.  ad  ipsa  caprarico  1064, 
84.  -ata:  castellum  quod  dicitur  capriata  1065,  platea  de  marmorata  1103, 
caminata  1108  less.  85.  -ellu  -ella:  Stefanellus  954,  Bonisellus  954,  cgn. 
sandolellum  954,  per  ipsum  carnellum  963  less.  ;  ni.  portelle  958,  cgn.  co- 
ronella 1000,  cgn.  mincanella  1000,  insulellas  1002,  cgn.  porcella  1025, 
caldarella  «rea  1028,  eulcitrella  ibd.,  arcella  ibd.,  fossatella  1036,  gruttelle 
1064.  V.  num.  5  e  6.  86.  -ense;  v.  num.  6.  87.  -eolu;  v.  num.  7. 
88.  -è tu;  V.  num.  5.     89.  -iciu:  terra  seminatricia  976.     90-98.  -iculu 


*  Un  es.  affatto  isolato  di  sa  ipsa  come  art.,  è  nel  passo.'  est  ipsa  su- 
prascripta  terra  super  sa  festara  964,  ni.  che  altrove  è  sempre  con  ipsa. 

▲rehsTio  glottoL  ital,  XVI.  2 


18  de  Bartholomaeis , 

-iolu;  V.  num.  5.  93.  -iscu;  v.  num.  5.  96.  -lu:  Gregari  nominat  1055. 
99.  -orju;  v.  num.  7.  Scag^bio  di  suffisso  in:  terra  seminataria  787,  de- 
cessariis  954  le  ss.,  conciaturia  900,  prefecturiu  930.  100.  -osu;  v.  num.  7. 
lOL  -ottu:  cgn.  pallotta  1064.  102.  -uc'ju,  -utju:  nprs.  ferruccio  981 
e  firruccius  1012,  cgn.  passari  caprucce  999,  nprs.  caruccius  1012,  nprs. 
aruecia  1028,  ego.  bracitccia  1119  e  bracuzza  1121,  ni.  cucuruxzo  1123  Con* 
stantinus  de  ranuzzu  1129.  -uc'ju  + -ellu:  pratoscellum  974.  104.  -ura: 
pianura  954,  ecclesia  beati  laurentii  in  arcaiura  931.  109.  -c-ellu:  ni. 
ponticellu  1124,  flumiceilum  945,  flumicello  940,  ribicellum  902,  monri- 
cW/o  1014;  curticella  914  ecc.,  vaUiceUa  944,  domucella  954. 

D.  Composizione. 

118.  Composti  imperatiyali:  cognomi  zecca-denario  830,  Leon i  caca- 
furfure  939  954,  eazza^palomba  954,  pungUnebola  1014,  lancia-^ane  1065, 
pizziea^demone  1119,  scanna^bulpe  1120,  (aliartela  1129,  sco/^a-oacca  1066 
lesa.,  caldo'patri  1134.  115.  Sostantivi  con  aostantÌTi;  cognomi: 
pede^cetum  954  1059,  caput-ma^ja  1006  e  caj>o-ma;ca  1014,  boeca'melU 
1119.  116.  Sostantivi  con  aggettivi;  cognomi:  capra  -  scortica  se 
'scorticata*  954,  barb^i^plena  954,  bocca-pia  1079,  faba^fracta  1119,  »taz50- 
/taco  1036,  pezza-ìnala  1037,  ni.  st7oa-caoa  1049,  ni.  fossa^nova  1089.  117. 
Aggettivi  con  sostantivi:  cgn.  mesa^capo  (Mezzacapo)  1040  ecc.  117^ 
Composti  avverbiali:  nprs.  ^en^tn-cosa   l()91,  cgn.  mui/o-òona   1182. 

E.  Indeclinabili. 

Avverbj.  —  118.  Di  tempo:  ammocio  da  ora  1054;  monasterii  tm 
presenti  regimon  tenet  1076.  119.  Di  luogo:  in  iosutn  979,  iusum  ad 
mare  1024.  18L  Maniere  avverbiali:  tn  cambium  dedi  962,  compo- 
nere...  protium  tn  duplum  1054,  p^r  appretiatum  (dare)  ò  formula  fre- 
quente. Vada  pure  qui:  necessum  quippe  est  ut...  1057,  aquaaurire  quanto- 
eumque  vobis  ibi  necessum  est  1076,  quidquid  vobis  inda  necessum  est 
imponendi  ibd. 

Congiunzioni.  —  188.  sit  ei  firma  e  stabilis  831,  insemul  867  924 
compromesso  tra  *  insemel  e  ^insimuU 

Preposizioni.  —  188.  Frequente  la  formula  a  paasu,  lurre  a  mare 
906,  lisU  fresaU  ad  auro  1028,  fundata  serica  qui  est  ad  gluttule  1028, 
scrineum...  olabatum  ad  ramen  1028;  *  prope:  terras  quantas  abere  visi 
sumus  apprope  ipsa  suprascripta  ecclesias  958;  cfr.  ant  tose,  appruovo;  - 
domum  posiU  intre  oc  kastro  914;  -  da  vertice  mentis  979,  terra  da  ipsu 
arcu  da  flacci.9Sl. 


Spoglio  del  Codex  Cajetanus;  §  IV.  19 


§  IV.  —  Lessico. 

yS.  "  Si  riohiAmftno  tutta  la  «Trartenia  ohe  sono  in  toI.  XV  828.  La  tooì  gìk  regi' 
•trata  nel  Lasaloo  dal  *Codaz  oftTansis*  san  sacroita  d«  utaritoo. 


accaba  ni.  1014;  cfr.  cod.  cav.  lesa.  a.  cava. 

a^:* ecclesia  que  dicitur  della  Civita,  seu  alio  nomine  de  agie^  1147; 

agriiìianu  ni.  962;  "^agrinianu,  *AgrinÌus,  cfr.  Agrius,  CIL. 

rtiarum:  *(casa)  cum  gradibus  marmoreis  gripta  et  astragum  et  aiarum^ 
954.  L'edit  annota:  «Nomine  aiarum  intelliguntur  eaedem  straturae  tecta 
flubrogantes  >;  ma  non  giustifica  l'interpretazione  con  esempj  moderni,  che 
a  me  fan  difetto. 

aleiano  ni.  1024;  *alleianu,  Alleius,  CIL. 

alignano  ni.  1196;  *alenianu,  Aleni us^  CIL. 

anniclu  «nnecchio:  'habeat  vaccam  unam...  cum  betellu  annielu^  906. 

antonianu  ni.  831. 

apendiees  :  *  cum  campis  silvia  montibus  valibus  paludibus  pascuis  ribis 
pari  tenia  adpendicibus  omnia  *  862,  *  ribis  pascuis  salectis  apendicibus  cui- 
tum  vel  incultum*  862.  Cfr.  Due.  s.  apendicia  app-. 

aquamendola  ni.  1067;  cfr.  cod.  cav.  gloss.  s.  amendola. 

aquimolum  mulino:  Mono  Tobis  quadragintaquinque  dies  de  a,'  830, 
*  a,  qui  ponitur  in  scauri  *  830.  Cfr.  Due  s.  aquimola  «moUia  -molus,  ove 
cita  esempj  tutti  di  provenienza  italiana. 

aquiolo:  'casale...  cum  ctquiolo  et  fussetis  suis*  1039;  forse  'fonte'. 

aràum:  *  terra  quod  ibi  habet  arcium  sacri  nostri  episcopii  '  1002, 
'terra  de  soprascripto  nostro  arcio"  1002;  occorre  anche  arcato;  àqx^^ 
fMT  lAwanti^im^^  v.  Due.  gr.  s.  v. 

arginianu  ni.  1020;  *arcinianu,  A  rei  ni us,  cfr.  Flechia,  nll.  It.  super. 
m.  Arcenasco. 

ariano  nL;  *artanu,  Artus,  cfr.  Flechia,  nll.  dell' Italia  sup.  s.  Arzaga. 

asprana  al.:  'castro  de  a.'  1099;  *aspr[i]ana,  Asprius,  CIL. 

oMsigei  '  omnia  inde  faciatis . . .  cum  palos  assige  palmentum  cofina*  1076. 
V.  Due.  a.  assigia,  che  riferisce  da  documenti  italiani. 

agtracu*:  'da  primum  astracum  in  sursum  conjuncta  uno  pariete*  1002, 
'  incipiente  da  predi  e  to  tutracu  et  usque  ad  summum  tectum  *  1013 , 
'cam  gradibus  marmoreis  gripta  et  astragum*  954,  'pariete  commune  et 
asiraco*  1113. 


20  de  Bartholomaeis, 

avere  per  'esservi':  *  quando  ibi  glande  non  habuerit*  851,  quando  non 
ve  ne  saranno. 

aviclineis:  Momum...  cum  coquinis  et  aviclineis*  954.  L*edit  annota: 
€  VOX  quae  aviaria  m  vel  gallinarium  ex  p  ri  mi  t.  »  Lo  stesso  che  avielaudiwn 
avicladium^  che  v.  in  Duc«  s.  vv. 

azsanu  ni.  924.  Può  essere  tanto  un  *  acciano  \  quanto  un  '  azzano  ', 
de*  quali  v.  Flechia,  nll.  da  gentil,  s.  vv. 

baszanu  ni.  1024;  cfr.  Flechia,  nll.  da  gent  s.  v.  (Abruzzo  e  Romagna). 

belluta:  'una  lena  linea  belluta^  10*^.  Cfr.  Due.  s.  villosa. 

betecusu  ni.  1107.  Abr.  v^tfca  salice  ripaiuolo,  vetrice. 

beterana  ni.  1024;  cfr.  Flechia,  nll.  da  gent  s.  Vetrana. 

bica  ;  *  habeat  dua  orrea  in  bica  *  906. 

bitalianum  ni.  909;  ^vital.,  Vitalis. 

bluzani  ni.  941;  "^blntiaau,  ^Blutius»  cfr.  Blossius,  CIL. 

boleiatu:  '  pisces  quod  capiunt  piscandi  ad  boleiatu  *  1063.  Cfr.  ven.  volèga^ 
specie  di  rete. 

brizani  ni.:  *  portiono  mea  de  br,  cum  omnia  sivi  pertinéntibus  *  831, 
^britianu,  Brittius,  cfr.  Flechia,  nll.  deiritalia  super,  s.  Brisciago. 

bucinale:  'a  parte  orientis  6.  et  domu*  1013. 

cafisai  *persolbere  debeamini  in  supradieta  ecclesia  prò  luminaria  cafisa 
olei  una*  1068.  V.  Due.  s.  v.  Cal.-regg.  cavizzu  *  misura  d*una  data  quan- 
tità d*olio*  (.Morisani). 

calai  *  cala  cotornicaria  qui  nuneupatur  cala  inversa,  posita  iuxta  ipsa 
casella*  923.  Neil* od.  tarent.  cala  è  Muogo  scoglioso  in  mare  pieno  d'alghe 
che  serve  di  pastura  a*  pesci  *  (De  Vinceatiis). 

calciariutn:  '  acepi  a  te  Paulo  e.  *  862.  L*edit.  annota:  «  idest  quid  quisque 
prò  sua  parte  solvere  debebat  In  Du-Cange  glossario  ad  voeabulum  cai- 
ciarium,  huiusmodi  significatio  non  invenitur.  > 

caldar  eliaci  'una  e.  e  rea*  1028. 

canUnata:  '  me  di  aloe  a  et  veutum  desuper  cum  aua  ccuninata^  1108, 'do* 
mum . . .  cum  cubiculis  et  cum  caminaiis  *  954.  V.  Voc. 

campanario*  campanile:  'in  prophata  ecclesia  trado...  quantocumque 
in  opere,  videlicet  campanarii  et  gradua  eiusdem  *  1148. 

'cantarla  septem  de  cera*  1125;  Korting  1789.  —  ni.  cantaru  1041 
*cantajo*  o  *  càntero*. 

eanuli:  'unum  parlo  de  e'  1193;  cerei,  com3  tattora  nel  Urent.  (De 
Vincentiis;  e  come  nelPantico  'Sydrac'  di  Brindisi,  che  v.  in  questo  stesso 
volume. 

capcroijalei  'habeat...  unum  e*  lO:iS;  cappAllo,  cfr.  Due  s.  caparo. 
capitale  capezzale:  Moctum  cum  colcitra  et  duo  cnpitalit'  1028. 


Spoglio  del  Codex  CajetaDUs;  §  IV.  21 

oapratica  ni.:  'ipsum  locum  de  e*  954. 

carborium:  'portione  cum  sepìs  maeeriis  vel  carborium*  1116.  L*edit 
interpreta:  < clausura  forsaa  palis  facta>. 

cnrtiellu  ni.  963.  Due.  s.  v.:  'pinna  muri  quae  fenestrae  quadrataa  affi- 
giem  praefert,  per  quam  milites  jaculantur*. 

carpinianu  ni.  832;  cfr.  Flechia,  nll.  da  gont.  s.  Carpignano,  e  nll.  It. 
super,  s.  Carpìgnago. 

carusu  egli.  1049.  V.  D'Ovidio,  IV  404. 

casalina:  'ubi  sunt  ipse  casaline*  963.  Il  Due.  riferisce  e.  dal  Chron. 
Farfense.  Oggi  e,  adoperato  più  di  frequente  al  msch.,  è  ^easa  diruta*. 

casella*;  *cala  cuturniearia...  iuxta  ipsa  casella'  923, 

ctzano  ni.  1179;  *catjanu,  Catius,  GIL. 

cellarario  cantiniere  :  egn.  Johanni  e.  939.  ' 

celsai  'habeat  et  ipsum  ortum.. .  de  ipsa  celsa*  906.  Cfr.  Due.  s.  eelsus. 

centtmulam  mulino:  'ipsum  e.  cnm  ipsa  eoquina*  906,  'ipsa  mola  cum 
ipsa  conciaturia  de  ipsum  e.  habeat  sibi  *  906.  Il  Due.  riferisce  e.  da  carte 
meridionali. 

cerhinnra^i  'ipsum  cellareum  de  ipsa  e'  906,  ^cerbinaria  terranea*  954. 
La  voce  è  assai  più  frequente  che  non  sia  nel  cod.  eav.  ed  ha,  in  tutti 
gli  es ,  la  decisa  significazione  di  'cantina*  *  tinello*. 

cergiano  ni.  1196.  Forse  un  ^sergianu,  Sergius,  assimilato. 

ceroariai  'montibus  vallibus  ri  bis  parietinìs  puteis  cercaria  omnia*  933, 
'pariate  de  ìlla  cercaria  foras*  1042,  'ilio  cui  illa  cercaria  videtur  esse* 
1042.  Forse  da  acerrus. 

cervignana  ni.  1209;  cfr.  Flechia,  nll.  da  gent.  s.  Cerfignano. 

cessanum  ni.  906;  ^cassianu.  Cassi us,  CIL. 

coceiano  ni.  845;  "^coceeianu,  Cocceius,  CIL,  ovvero  *cutianu, 
Cu  ti  US,  cfr.  Flechia,  nlL  deiritalia  super,  s.  Cucciago. 

cocuina:  'una  cocuina  erea  maiore*  1028.  L*edit.  annota:  «forsitan  prò 
coeuma,  est  aqualìs  (ital.  mesciroba)  vel  potius  iuxta  quod  et  hodie  hu« 
iasmodi  voeabulum  vulgo  adhibetur,  cupreum  vas  ad  ealidam  aquam  in  eo 
reponendam  intalligitur.  » 

cclcitra*  1028;  -  *culcitrella  de  pinna'  1028. 

cùnbentoi  'domum  cum  e.'  954.  Non  ó  forse  erronea  l* interpretazione 
daireditore  per  'aala*. 

conciare*:  'si bolero  eam  ipsa  primicarius  conciare  ipsa  ecclesia,  eoncietis* 
997,  ^accepimus  a  vobis  argentum...  et  ipsum  portum  conciavimus*  954.  - 
caneiaiìiria:  ipsa  mola  cum  ipsa  e.  de  ipsum  eentimolum  habeat  sibi*  906. 
L'editore  interpreta:  'cella  in  qua  frumentum  molendum  mundabatur*; 
Rifatti  cfr.  Duc«  a,  conciata. 


23  de  Bartholomaels, 

concubella:  'habeat...  una  e.  erea*  1028;  ^concolina*.  * 

cornano  e  correlano*  ni.  1039  1047. 

coisu:  'habeat  in 'bonedi elione  uno  cosati  bonum  rubeum*  1028;  v.  Due. 
s.  cozzo  *  vestì 8  species*. 

culucellu  :  ^  (casa)  cum  aspectibus  et  decessoria  sua  et  cum  culucellu  et 
cesterna  sua*  1913. 

cupano  ni.  924;  *cupana,  ^Cupus,  cfr.  Cupania,  CIL. 

curtesani:  *terratica  talom  qualem  ipsi  alìis  curtesani  nobis  dat,  talecn 
vos  mihi  detis*  1047,  ^quomodo  de  ipso  terraticu  ipsi  alij  curtesani  faciunt^ 
ita  et  vos  facietis*  ibd.;  gli  affittuari  di  una  'corte*. 

deoersare:  *qualiter  ambo  isti  montibus  aqua  deversa*  1036,  *sicuti 
iterum  aqua  deoersa^  ibd.;  lo  spartiacque,  cfr.  Due.  s.  v. 

disertinai  'una  disertina  de  vinea  que  est  posita  in  urbano*  1147. 

donasanum  ni.  992;  cfr.  cgn.  Donatianus,  CIL. 

exoita  906  ecc.,  è  frequente;  'esito*,  rifatto  su  'introita*. 

fabiano  ni.  1054;  cfr.  Picchia,  nll.  da  gent.  s.  Faggiano. 

faciolum*:  'ipsum  faciolum  cum  auro  dedisti  michi*  1004,  '/.  bonum 
ad   taliatum*  1028.  L*edit:  <IinteoIum  denticulatnm  significare  potest>. 

festara  ni.:  'ab  occidente  vero  feslaria  et  arenarium  qui  est  inter  su- 
prascripta  terra*  944,  *est  ipsa  suprascripta  terra  super  sa  festara^  954. 

finare:  'ascendit  (il  confine)  in  sursum  usque  ad  termine  qui  finant  ipso 
silve*  974,  'qui  /inai  portio*  974;  segnare  il  confine. 

Sfondata  mea  serica  bona  gaytanisca*  1028,  Sfondala  serica  ad  gluttule* 
ibd.  L*edit.,  ricordando  altri  documenti,  interpreta:  <  quoddam  pallium». 

foreula:  *passos  vigìnti  unum-  et  cubitum  unum  et  forcula  una*  1116. 
Cfr.  Tabr.  fyrkf  *  misura  della  mano  formata  dairapertura  deirindice  e  del 
pollice*  (Finamore). 

forinianum  ni.  1053;  "^furinianu,  *Furiniu5,  cfr.  Furius,  CIL. 

fracìdume:  *bulnus  quod  habebat  in  gutture  crepuit  ot  vomuit  multa 
fracidume*  1039.  V,  nuro.  65, 

fìrasstim  frassino:  *unum  riscum  de  fr,*  1028.  Cai.  frassu, 

fUstiniana  ni.:  'cripte  de  /*.*  1020;  ^faustiniana,  Faustinius,  cfr. 
Flochia,  nll.  dell*  Italia  super,  s.  Fostignaga. 

geneccumi  'abeat  et  ipsa  domiim  de  ipsum  geneccum^  9()C,  'non  habeat 
licentia  noe  ipsum  ieneccum  nec  ipsa  co^uina*  0<X>;  parte  della  casa. 

ghuncdlum:  Mdost  ipsum  aquismolum  positum  intra  gkttncettum  quod 
bone  memorie  domino  Gregorio  vestro  misorunt*  903. 

gtiio  nprs. :  'urso  filio  gilio^  1049.  Noi  cod.  eav.  num.  28  e  lesa,  lo  ri- 
portai, com'era  più  ovvio,  a  lìliu;  ma  il  prof.  Monaci  mi  fece  osservare 
che  'gilio*  per  'Fl^iJìo*  non  è  peculiare  «b^lla  Francia,  aggiungendo 
d*averne  la  prova  da  carte  romano  d«»l  XII  e  del  XIII  secolo. 


spoglio  del  Codex  Cajetanus;  §  IV.  23 

gipsinianu  ni.  831;  ^gessinianu,  ^Gessinius,  cfr.  Gessius,  CIL,  o 
CesHius  ibd.,  con  falsa  ricostruzione  come  se  da  *gypsa\ 

grada*  gradinata:  'habeat  introitum  et  exoitum  da  ipsa  ^oJa^s  Job  anni 
buffo*  906,  *cum  gradas  marinoreas*  1002,  'cum  ipso  gradi*  1052. 

graditu:  'ex  quarto  autem  latore,  quod  est  a  parto  meridie  graditu,  ipsa 
terra  de  supradicta  ecclesìa*  958. 

grazanu  ni.  1000;  "^grattianu,  Grattius,  CIL. 

guannum\  'rogo  g.  ponere*  993.  L*edit.  annota:  €Guanmim  idem  ac 
guadia  in  aliis  chartis  occurrens>. 

ganzano  ni.  1084;  cfr.  Flecbia,  nll.  da  gent.  s.  Guazzano. 

gubbianu  cgn.  1071;  cfr.  nprs.  Covius,  CIL. 

*iacium  de  illi  Defisi'  1113.  E  il  jaccf  jazzu  de' dial.  merid.  'giaciglio* 
'covile*  0,  come  qui,  *  mandria'. 

jubulumi  ^finem  babeat  alia  cacuraina  montium  qui  nominatur  curbinum 
ei  jubulum  qui  dicitur  hercli*  1036;  giogaia  (*jugulu). 

iumentn^i  'babeat  parium  de  bove  unum  et  jumenta  una*  906  1105; 
"  cgn.  ^Minciolus  iumentarius  famulus  meus*  954. 

iuniana  ni.  946;  cfr.  Flecbia,  nll.  da  gent.  s.  Giugnano. 

lavina^ \  'rivum  qui  venit  da  balle  de  cerro  per  lavina*  983;  ni.  la- 
vine  936. 

ìictisterna  lectusternia  :  '  volo  liberum  esse  petrulum  a  Mola  cum  uxore 
sua  et  lectusternia  sua*  906;  -  lecaisterna  appare  più  volte  in  una  carta 
del  954,  ma  sarà  effetto  di  mala  lettura.  Cfr.  Due.  s.  lectisternium. 

iicytii  buffuti  979.  L'odit  annota:  <  Xostris  etiam  temporibus  barum  ter- 
ramm  incolae  vulgo  l.  b,  silvulam  ilicibus  crebram  dicore  solent  > 

asciato:  *cgn.  heredes  Stefani  lisciati*  984. 

logrezsano  ni.:  'casale  h*  936;  ^lucretianu,  Lucretius. 

magenei  Mpsa  mola  cum  ipsa  concìaturia  de  ipsum  centimolum  babeat 
«ibi  et  ipsa  magene  de  ipsa  mensa  lignea'  906;  màcina,  v.  num.  40. 

tnallaniim  ni.:  'casale  m.*  980,  uviltana  1024;  cfr.  Flecbia,  nll.  da  gent. 
8.  Magliano. 

mancanella*  cgn.  1000. 

marciUano  ni.  1028:  'marcilianu,  Marcilius,  cfr.  Flecbia,  nll.  del- 
l'Italia saper,  s.  Marciaga. 

rnargaiarum  ni.  845;  cfr.  marga. 

marxnianum  ni.  1012;  cfr.  Flecbia,  nll.  da  gent.  s.  Marignano  (Abruzzo). 

* 

mnrsarinii  'dicevat  pars  nostri  opiscopii  una  cum  ipsi  m. ',  L*edit.  inter- 
preta: <  Mars.  vel  massarini  noXonx^massae  Episcopii  >. 

massai  'germani  fratres  abitatoribus  in  massa  boati  Eraf^mi'  919.  Cfr. 
Due.  8.  V.-5. 


24  do  fìartholomaois, 

ma5urianu.nl.  839;  ^masurianu,  Masurius,  CIL. 

medialoco:  Mono...  ipsa  m.  posila  in  ipsius  civitatera,  in  platea  epi- 
scopio* 1071,  ^medialoco  et  ventum  desuper  cum  sua  caminata*  1108. 

miiana:  ni.:  ♦territorio  de  m.'  995;  cfr.  Flechia,  nll.  da  gent.  s.  Miano. 

minula:  'quinque  minule  de  granu  ad  ipsa  minula  de  supradicta  mola* 
1060,  'minuto  viginti  de  granurn  quod  in  te...  traditum  habeo*  1094.  Forse 
e]  min. 

molénaru  991  mugnaio. 

muccusi:  'casa  Leoni  m.*  1058;  'moccioso',  cfr.  Kdrting  5443. 

murice*:  Muxta  ipsa  serra  ad  munce*  934. 

nappum:  'dono  nappum  argenteum  uno*  IOTI. 

naupicum:  'omnes  quidem  cubitum  ad  cubitum  naupicum  mensuratum* 
980;  misura  narale,  cfr.  Due.  s.  v.,  ove  ha  il  signif.  di  'costrutior  di  navi*. 

naziano  ni.  890;  ^nautianu,  Nautius,  CIL. 

necetsaria:  'decernitur  vicinalis  unde  necessaria  decurrunt*  1008;  latrine. 

opera*:  'dare...  una  opera  per  annum  de  una  persona*  1117  1038. 

paliariai  *cum  p,  sua  et  sedilia  sua  et  cum  sue  pensionibus*  1056, 
'ìnclita  portione  de  paliariis*  1050.  L*edit.  annota:  4(  Paliarium  solarium 
intelligitur,  in  quo  granum  priusquam  moleretur  purgabatur>. 

pannianu  nL  841,  pannanti  1159  e  pannano  1158;  *panianu,  Panius, 
cfr.  Flechia,  nll.  dell*  Italia  super,  s.  Pagnacco. 

pantanie:  'cum  paliaria  sua  et  sedilia...  et  pantanie  sue*  1056. 

paraspodio:  'omnes  pannos  de  p,  suo*  1028. 

pariaiorum:  'dua  tertiaria  de  />.*  1032.  L*edit.  annota:  «ccataractao  ad 
pistrino  motum  inducendum>. 

paritenis:  'cum  campis  silvis  montibus  valibus  paludibus  p^ascuis  ribis 
paritenis  adpendicibus  omnia*  830.  Sarà  nient*  altro  che  parietinis  (v. 
Due.  s.  v.),  con  Ve  per  evitare  T' umlaut*. 

pasaturu  ni.  999.  Cfr.  Due.  s.  pasata  '  praostationis  species'. 

pascile:  ^ubi  Paulus  filius  quoddam  Constantini  suum  pascilem  habet* 
939;  pascolo,  secondo  che  interpreta  anche  T  editore. 

pastinianu  e  pasin^,  ni.  935  963  1013;  *passenianu,  Passenius,  CIL. 

paxsu:  'marini  qui  dicitur  pazzu*  1026. 

pecorarius:  'famulus  meus  pecorarius  cum  uxore*  954. 

pensione:  *cum  paliaria  sua...  et  cum  sue  pensionibus"  1056.  L*  edit., 
I  375:  «vectigal  quod  a  pistrinis  domino  saepo  grano  solvebatur>. 

pentoma  nL  115S  *pentome  tallate*  ni.  999,  *sicut  vadunt  pentome  do 
Civita  de  Spiniu*  99*J.  Noi  tarent.  peniiini  vaio  'rupe,  scoglio,  grosso 
sasso'  (Do  Vincontiis);  come  ni.  ricorre  anche  in  Abruzzo. 

pererata:  'ut...  vinea...  devastata  aut  desertata  yaXpererata  seum  arata* 


Spoglio  del  Codex  Cajetanus;  §  IV.  25 

1138.  L*odit:  «idest  non  devastata,  nec  derelicta  vel  deterior  facta  aut 
arata». 

periniai  'arborea  glandarie  et  pen'ma'  1002,  *cum  glandes  et  pirinia* 
l<)(Ti,  *parietini  fontibus  cisternis  ripe  apendices  perennis  glandarie  pa- 
dule*  1036. 

peschs  1014»  pUscora  992,  plesceta  1054,  'platometa  quomodo  vadit  ad 
ipsum  pisclitum^  944;  v.  cod.  cav.  lesa.  s.  pescora. 

pitrtiru  ni.  992  ì  cfr.  cod.  cav.  lesa.  s.  pretura. 

pizza  focaccia:  Muodecim  pizze  et  una  spatula  de  porco*  997. 

pistinnum:  'habeat...  riscum  piztinnwn  de  kyparissu  unu*  906;  piccolo; 
pugl.  pffccinnf  pfccfnuddf  piccino  e  bambino. 

piatomela:  'montibus  et  vallibus  et  ipsa  piatomela  quomodo  vadit*  944. 
L'edit.  annota:  <pL  prò  latometa  significare  videtur  latom\as>. 

plescu*i  ^ab  ipso  ple^cu  qui  est  super  ipsa  via*  935. 

pontone:  'elusa...  posita  ex  ilio  latore  pontone*  1031;  cantone,  come 
tuttora  in  molti  dialetti  meridionali. 

porcile:  ^ terra  ubi  sunt  ipsi  porcili*  958. 

porciuri:  'si  abueritis  porciuri  omni  anno  detis  nobis  unum  porcum,  et 
Rt  non- abueritis  jTorcitirt  nihil  vobis  queramus  de  ipso  dictum  porcum* 
1*')2;  porci  porcellini,  v.  num.  8  29. 

postieula;  'procedente  (il  confine)  per  posL*  976.  Pugl.  posta  posticchia 
'tenuta  ad  uso  di  pascolo*,  'masseria*. 

pralHscellum  praticello  974,  num.  102. 

presa:  ^tradidimus...  hu na  j>rtf5a  cum  casi*  1025.  V.  Due.  s.  v.  'cana- 
li»', 'rìvolus*,  cit.  da  carte  italiane. 

presumzano  ni.  1089;  cfr.  Flechia,  nll.  da  gent.  s.  Presenzano. 

quarantanai  'si  infra  quadraginta  dies  mihi  legem  aut  concordiam  non 
f»ceris,  postquam  te  submoneo  vel  submovere  facio  prò  quarantana^  si 
recipere  valeo'  1107. 

rtìbianu  nL  944;  *ravianu,  Ravius,  CIL. 

radicata:  'silicem  ubi  ipsa  radicata  est*  958,  'ad  ipsam  radicatam  que 
est  io  caput  de  costrano*  958.  Qui  pare  ni.;  ma  r.  per  *  radice*  ricorre 
nel  testo  salentino  del  '  Libro  di  Sydrac  *,  che  segue  in  questo  volume,  e 
nelle  Costituzioni  benedettine  di  Catania,  cap.  III. 

rotolai  'sicuti  badit  (il  confine)  per  media  ipsa  rosola*  1031,  'a  parte 
meridie  habet  rojo^  comunalis*  1085.  L*edit:  <  Rosole  semitae  erant  vel 
rìvuU  inter  duos  contiguos  agros>,  ma  non  adduce  riscontri.  Il  Due.  s. 
raitulis  vineae,  'vineae  modus*,  cit  dal  Chron.  Farfense;  ma  s.  rasa  'fossa*, 
*  canale*.  Vive  nel  tarent.:  rósola  aiuola  (De  Vincentiis). 

rasa:  ^dftre...  unu  rasu  de  grano*    1138,  'capientem  medium   unum  et 


26  de  Bartholomaeis, 

r<isum*  845  851,  'capiente  moilia  quatuor  ad  rasum*  851,  'terra  eapientom 
modium  rasum*  845.  Cfr  Due.  s.  v.  L'edit.  U  2G7:  €  dicebatur  a  raso^  qunm 
grani  superficien  mensurae  oris  aequubatur,  a  colmo,  quuin  oraa  in  cumulum 
8uperabat>. 

rependigine:  'quantum  rependigine  aque  est  super  vos  descendenti*  1>T9; 
r irrompere  della  piena. 

riscu:  *unam  bonum  riscu  cipressinu  maiore*  1108,  ^habeat...  riscu  piz- 
tinnum  de   kyparissu   unum*  906.  L*edit:  <Capsam  scilicet  magnam  cu- 
presso  confectam».  Del  rimanente,  v.  Ducrs,  v.  -4. 
robiamt  ni.  941;  cfr.  Flechia,  nll.  da  gent.  s.  Roggiano. 
robilionesi    'per    unumquemque    annum   robiliones    numero    contum... 
detis*  955. 
romnianu  ni.  979;  ^rubinianu,  Rubini us. 

satione:  ^habui  comparatum  a  Johanno  Fuscum  satione  modia  quattuor* 
906.  V.  Due.  8.  V.,  ma  anche  la  nota  dell*  editore  che  interpreta,  mi  paro 
giustamente,  'agger  sativus*. 

scandaliciai  'domus  se*  1027,  ^domus  nostra  5c.*  1062.  L*edit.:  <  dumus 
contesta  lignis  et  trabibus  »  .Cfr.  scandola. 

scannai  'stetit   in    pessima   infirmitate,  quo  est  mala  scanna*    1039.  - 
scannation  cgn.  H)65. 
scanno:  'dua  scanna  de  tornum*  1028. 
scaun  ni.:  'a  li  se/  freq. 

scaoia:  'cedo...   tota  ipsa  scaoia  iusta  litns  maris  posita;  omnes  vero 
tam  vineis  quam  scaviis*  1125. 
scilice:  'usque  ad  se,  antiqua*    1042,    num.  28;  qualche  pietra   miliare». 
scirparu:  'ecclesia  sancti  Angeli  in  scirparu'  1158;  'sterpalo*  sterpeto, 
come  in  tanti  dial.  meridionali. 

sedilin:  'cum  paliaria  sua  et  sedilia  sua*  1056;  latrine,  cfr.  Due.  9.  sedil<^. 
citato  da  documenti  bologne^ti. 
scpale":  'termino  qui  est  confictus  in  ipsa  sepnlìs^  1009. 
serola:  'domum  totam  et  inclitam  cum  serola  et  omnia  sivi  pertinentibus* 
1002;  forse  'granaio*  sirus,  e  9*avrà  da  leggere  serola, 
serra*:  'iuxta  serra  ad  murice  in  loco  qui  vocatur  strambitu*  934. 
sessano  ni.  924.  l)  Flechia,  nll.  da  gent,  ha  un  s,  del  Moliate  da  ^sestianu 
Sesti  US  0  ^sextianu  Sestius.  .Ma  un  stj  ss  ò,  a  dir  poco,  infrequente. 
Possiamo  pensare  a  un  *Muessianu   *Suessiu»,   cfr.   Suessa  Sessa, 
proprio  d<»lla  nostra  ragione. 

soria*:  'totam  et  inclitam  ipsa  socia  do  terra...  et  ista  dieta  socia  sita 
est...*  l<w>l. 

*  soihruoi  nì<)nra  maiore  • . .  dolur  ad  thoodora'  lojS;  armadio  o  scrigno 
secondo  ro<iit'>ro.  Cfr.  lomb.  ^rher. 


Spoglio  del  Codex  Cajetanus;  §  IV.  27 

soriana  ni.  946;  cfr.  Fiechia,  nll.  da  gentil,  s.  Soriano  Surano. 

speczatitiiM  *  argentum  bonum  cineratium  speczatinn*  1026. 

stibo:  'in  isto  stibo  nobis  dare  debeatis  triticum*  954;  Sn  questo  estivo 
[tempo].*  Catal.  stibo  estate;  Kòrting  283. 

*stnctula  comunalis**  1061. 

superlectistemia:  Mectum  cum  sup,*  1028;  cfr.  lictist. 

tegiùrai  'aquimolum  cum  tuguria  tegiora  et  omnibus  sìbi  pertinentibus  * 
1058;  teggie. 

teriiarium^i  'raodia  capacitatis  dua  et  tertiaìrum^  845;  terzarai  *modium 

unum  et  tersara  dua*  984,  Muo  terzara  de  terra*  ibd.;  la  terza  parte  di 
un  moggio. 

timozzana  ni.  1136;  ^timotheana,  Timotheus. 

tizanellum  ni.  1059;  cfr.  Fiechia,  nll.  da  gent.  t.  Ticciano  Tizzano. 

trasenda*:  '  intus  porta  et  fr.  *'1113. 

tricaicu:  'a  meridie  tricaicu  qui  distat  inter  ista  domum'  1002.  Forse  lo 
stesso  che  'tricalium*  trivio,  Due.  s.  v. 

ursanus  ni.  1128;  ^ursanu,  Uraus,  CIL. 

ventu:  *  inclitum  ipsum  ventum  dorau'  1028,  ^  ofierimus...  ipsa  domo... 
qaod  est  una  medialoca  et  uno  ventu  *  1087,  '  medioloca  et  ventum  desuper 
cam  SUA  caminata'  1108.  L*edit.  annota:  <  summum  domum  tabulatum». 
<'urìoso  ideologicamente  il  signif.  di  v,  nell'od.  nap.  *  fune  di  cui  si  ser- 
vono  i  muratori  per  tener  ritti  pali,  trayi,  ecc.*  (Andreoli). 

vernano  ni.  936;  Verrianu,  Verrius,  CIL. 

vestariarum*  *  vestarario  *:  *  Christophorum  diaconum  et  vest.*  1152. 

rinanu  ni.  944;  cfr.  Fiechia,  nlU  da  gent.  s.  Vignano. 

vitilianum  ni.  994;  cfr.  Fiechia,  nll.  da  gent.  8.  Vitigliano  (Terra  d*0- 
tranto). 

zardatum^  in  una  lista  di  doni  nuziali  del  1171.  L*edit.:  <  Forsan  quod 
«iicimos  zendado >.  Sarà  ^sardatum*  da  *sarga*  o' sarda*  sargia,  Due.  s.  v. 

sianu*:  *qui  sumus  zianus  et  nepotibus*  1036  ^  ziani  et  consobrini  *  1036 
'domino  matrone  ziane  eius*  1103  più  volte. 

zitu*  cgn.  1 104. 


UN'ANTICA  VERSIONE  DEL  'LIBRO  DI  SYDRAC 
IN  VOLGARE  DI  TERRA  D'OTRANTO. 


DI 

V.  DE  BARTHOLOMAEIS. 


Sommario:  —    §  I.  Introduzione;  —  §  II.   Annotazioni  dia- 
lettologiche ;  —  §  III.  Saggio  del  testo;  —  §  IV.  Lessico, 


§  I.  —  Introduzione. 

La  miscellanea  ambrosiana  segnata  I,  29  inf.,  insieme  con  due  componi* 
«ioni  del  sec.  XVI,  raccoglie  ^gli  avanzi  di  nn  codice  appartenuto  alla  bi- 
blioteca di  Gian  Vincenzo  Ptnelli.  Son  varj  frammenti  di  un'antica  versione 
del  'Libro  di  Sydrac*,  che  il  rilegatore  mise  insieme  alla  rinfusa,  e  a  cui 
fu  data  a*  di  nostri  una  numerazione  rigorosamente  progressiva  (56  ce), 
malgrado   la  manifesta  discontinuità   della   material  La   scrittura  è   del 


*  Ecco  in  quale  ordino  stanno  i  frammenti: 

ì\  ce.  1-21  parte  del  Prologo  e  §§  1-137; 

2^  ce.  22-33  §§  365-441; 

3%  carU  isolata,  34,  §§  357-364; 

4%  altra  carU  isolaU,  35,  §g  357-304; 

5^  ce.  36-55,  §§  163-313; 

6^  carU  isolaU,  56,  §§  442-443. 
L'ordine  va  ristabilito  nel  modo  seguente: 

ce.  1-21,  Prol.  e  §§  1-137  * 


ce.  36-55,  §g  163-313; 
e.  34,  §§  314-321; 

e.  35,  §§  357-364; 
ce.  22-33,  §§  365-441; 
e.  56,  §§  442-443. 


Cosichè,  oltre  al  principio  del  Prologo,  mancano  i  §§  138-162;  3'22-35r>, 
e  ciuelli  posteriori  al  §  443.  Ma  non  possiamo  misurare  la  larghezza  di 
quest'ultima  lacuni,  giacche  i  paragrafi  del  nostro  testo  non  rispondono  a 
quelli  d*ì\  te^to  stampato  del  fìartoli  (Bologna,  Romagnoli  1868). 


li  Sydrac  otrantìno,  §  L  29 

i^>c•  XV,  abbastanza  chiara  per  quanto  fitta  in  molti  punti,  e  rivela  pro- 
babilmente una  mano  monastica.  Brevi  lacune  che  si  scorgono  qua  e  là, 
entro  le  righe,  attestano  che  siamo  di  fronte  a  una  copia.  Qua  e  là  pure 
brevi  note  marginali,  in  latino  e  in  volgare,  che  possono  attribuirsi  tanto 
allo  stesso  copista,  quanto  anche  a  qualche  studioso  del  suo  tempo. 

Il  contenuto  delfopera,  essendosi  perduto  il  primo  foglio  che  ne  portava 
r*ineipit\  è  annunciato  con  le  parole  seguenti  da  una  nota  di  pugno  del 
<ec.  XVIII,  che  si  legge  sulla  guardia  anteriore:  Questioni  curiose  sopra 
cose  naturali  et  sopranaturali  ^  ossia  selva  di  vana  leitione  in  lingua  cici- 
liana. Il  catalogo  della  biblioteca  T  indica  parimenti  come  una  Leggenda 
in  lingua  ciciliana.  Il  titolo  di  Libro  di  Sydrac  si  vede  aggiunto  a  en« 
trambe  queste  indicazioni  di  pugno  di  uno  degli  ultimi  dottori  deirAm- 
brosiana. 

Ma  il  valentuomo  che  si  curò  di  identificare  il  componimento,  non  pensò 
di  verificare  il  giudizio  ch*era  stato  pronunciato  sulla  lingua  di  questa  re-* 
dazione.  E  se  essa  venne  à  cadere  sotto  V  attenzione  mia,  ciò  fu  unica- 
menta  in  grazia  della  sicilianità  che  le  era  stata  attribuita,  e  che  mi  fece 
credere,  per  un  momento,  d*aver  messo  la  mano  sopra  una  delle  poche 
antiche  scritture  volgari  dell'  isola,  che  non  ci  fosse  pervenuta,  come  sono 
1«>  più  delle  altre,  in  copie  tarde  e  malfide. 

Fenomeni  invero  che  possano,  a  tutta  prima,  far  T  impressione  come 
«li  cosa  siciliana,  non  mancano  in  quel  linguaggio.  Ma,  accanto  ad  essi,  altri 
non  pochi  ne  occorrono  i  quali  ci  ritraggono  risolutamente  sul  continente, 
^  altri  i  quali,  non  meno  risolutamente,  ci  conducono  alla  regione  pugliese. 
Stringendolo  più  da  vicino,  si  raggiunge,  da  ultimo,  la  prova  definitiva  che 
il  testo  rappresenti  più  particolarmente  le  varietà  della  sezione  centralo 
della  penisola  salentina  e,  secondo  ogni  verisimiglianza,  quella  della  città 
di  Brindisi. 

È  dunque  proprio  il  caso  di  un  premio  che  avanza  il  desiderio.  Che 
in  fatto  di  testi  antichi,  se  il  dialetto  siciliano  è  tutt*  altro  che  un  ricco, 
il  pugliese  è  addirittura  un  proletario.  I  pochi  testi  che  gli  appartengono, 
«oa  cose  tarde,  malamente  copiate  nel  sec.  XVI  e  nel  XVII  e  peggio 
ancora  stampate  nel  XVIII;  tali  insomma  che  solo  adesso,  alla  presenza 
d*un  sicuro  termine  di  comparazione,  si  può  dire  che  vengano  a  riacquistare 
q'iel  pò*  di  valore  che  hanno  per  le  indagini  nostre.  In  cosi  fatta  povertà, 
«1  comprende  come  anche  una  scrittura  del  genere  di  questa  possa  di- 
«tchiuderci  una  buona  fonte  per  la  conoscenza  del  pugliese  antico;  e  si  com- 
prenderà del  pari  Topportunità  del  saggio  che  qui  se  ne  offre  e  delle  note 
dialettologiche  che  gli  si  accompagnano. 

E  intanto  mi  faccio  ad  esporre  le  risultanze  dell' indagine. 


30  de  Bartholomaeis, 

De*  fenomeni  pugliesi  che  offra  il  nostro  scrittore,  il  più  cospicuo  e  pe- 
rentorio è  certamente  questo:  il  determinarsi  per  uè  del  dittongo  dell* 5  prò* 
mosso  da  'umlaut*  (num.  4).  È  noto  però  che  questo  non  ò  fenomeno  pu« 
gliese-comune,  essendo  circoscritto  a  un  territorio  che  ha  per  confine  setten- 
trionale Modugno  e  Bì tonto  *  e  che  comprendo  tutta  la  rimanente  provincia 
di  Bari  e  tutta  la  Terra  d*Otranto,  toltane  appena  Testrema  punta  di  Leuca 
e  for8*ancbe  Gallipoli  *.  Or  codesta  regione  delPu^,  si  sdoppia,  a  sua  volta, 
in  due  sezioni  dialettali  assai  ben  distinte  tra  loro,  che  sono:  la  'barese* 
e  la  ' salenti na*.  E  quanto  alla  linea  di  demarcazione  che  le  separa,  non 
coincide  con  la  linea  che  divide  oggidì  amministrativamente  le  due  Pro- 
vincie, ma  coincide,  press*  a  poco,  con  1*  antica  Via  Appia,  o,  che  torna  lo 
stesso,  con  Tattuale  ferrovia  Taranto-Brindisi.  Cosicché  ^baresi*  sono  ancora 
le  parlate  otrantino  di  Massafra  di  Martina  Franca  di  Ceglie  e  di  Ostuni; 
mentre  'salentine*  restan  quelle  della  parte  centrale  e  della  parte  meridio- 
nale della  penisola.  Cfr.  Morosi,  Arch.  IV,  1 17. 

Che  ora  nel  linguaggio  del  nostro  copista  sia  da  riconoscere  il  salentino 
e  non  già  il  barese,  emerge  chiaro  da*  seguenti  fenomeni  che,  mentre  ap- 
partengono al  salentino,  sono  estranei  al  barese: 
1%  -u  per  o  atono  finale  (num.  12), 
2^,  il  nesso  nd  saldo  nelle  risultanze  di  inde  (num.  53), 


^  Secondo  il  Nitti,  dial.  bar.  27,  il  riflesso  di  5,  ne*  paesi  della  provincia 
di  Bari,  è  promiscuamente  uf  tip.  Ma  io  credo  di  non  andare  errato  asse- 
gnando a  uè  come  limite  settentrionale  Modugno  e  Bitonto.  Es.  di  Mo- 
dugno: buenft  sefpTf  *sueffrf^  sennf  *suennf  sogno,  Nitti  31,  Pap.  463; 
es.  di  Bitonto:  puercf  luechf  suennf,  Pap.  459.  Ma  a  Molfetta:  confuortf 
duormf  dormi,  Pap.  463-  Cfr.  Ascoli,  Arch.,  VII!  116.  Non  altrettanto  net- 
tamente è  tagliato  il  confine  occidentale  o  interno.  Tuttavia  uè  ancora  ad 
Altamura:  muetf  moto,  puetf  puoi,  Pap.  455. 

*  Morosi,  IV  14*2;  De  Noto,  fon.  tarent.  15.  In  quanto  a  Gallipoli,  più 
d*una  scrittura  dialettale,  che  devo  alla  cortesia  del  prof.  De  Noto,  mi  di 
costantemente  o  per  o  (mentre  pur  v'  è  xe\).  —  Circa  Testensione  geogra* 
fica  di  «tf  al  di  fuori  della  nostra  regione  (e  delle  terre  gallo-romane), 
non  va  dimenticato  il  riscontro  laziale  di  Nepi  (v.  Monaci,  Rendic  dei 
Lincei,  21  febbr.  *92),  nel  qual  dialetto  1* alterazione  è  pure  subordinata  al- 
l' atona  d*  uscita.  Ma  qui  è  piuttosto  il  caso  di  chiedere  se  non  s'  abbia  a 
parlare  di  vera  continuità  territoriale  co*  dialetti  dell'opposta  sponda  del- 
l'Adriatico,  da*  quali  ora  ci  perviene  qualche  esempio  di  u«,  in  grazia 
delle  belle  ricerche  cui  viene  attendendo  M.  Btfrtoli  (C/eò.  «.  Studienreise 
s,  Erfoì'schung  d,  AUroman,  Daimatiens^  neìV Anzeiger  der  phil.*hùi*  CL 
dell'Accad.  di  Vienna,  nr.  XXV,  18'J9,  p.  83;  Sul  neoloL  indigeno  delia 
Dahnazia^  in  Hi  e.  Dalmat.^  II  ^o). 


Il  Sydrac  otrantino,  §  I.  31 

3*,  le  uscite  verbali  -la  -tu  -ebat  -ivit  (num.  54)', 
4^  i  proQ.  mia  tua  sua  di  msch.  sng.  e  pi.  (num.  47), 
5^  le  forme  congiuntive  come  pilhassa  foxera  (num.  52  55), 
6^  le  3*  prs.  pi.  di  perf.  ind.  -ara  -era  (num.  54), 
7^  la  congiunz.  cu  quod  (num.  62). 
Senonchè  le  varietà  salentine  rivengono  a  due  tipi  principali,  che  a*  im- 
personano, il  primo,  il  meridionale,  nel  leccese*  il  secondo,  il  centrale,  nel 
brindisino.  11  punto  nel  quale  più  vivo  si  fa  il  dissidio  tra  di  loro  sta  nella 
diversa  ragione  che  presiede,  neiruno  e  neiraltro,  al  passare  a  t  e  u  delPf  • 
e  deliy  Tale  alterazione  infatti  nel  leccese  suole  avvenire  incondizionata- 
mente, ma   nel   brindisino   è  rigorosamente  subordinata   alla  qualità  del- 
l'stona  finale.  Onde  abbiamo:  lece,  chinu  chista^  quiddu  quidìa^  stissu 
ttissa;  signuri  "ura^  "Uni   -tina,  brindis. :    chistu   chesta^  quiddu  quedda, 
stissu  stessa^  Htri  •orot  -unt'-ona.  In  altre  parole,  come  già  TAscoIi  enun- 
ciava in   quest'Archivio*,  Vili  115-6,  nel   leccese  si  continuano   le  con- 
dizioni del  cosi  detto  localismo  siculo*,  mentre  nel  brindis.  siamo  già  alle 
condizioni  'napolitano*.  Cfr.   pure   Morosi,  Arch.  IV   143.  —  Orbene,  sono 
[i6r  Tapppunto  queste  condizioni  'napoUtane*  quelle  che  sorprendiamo  al 
nostro  scrittore!  —  S* aggiunge  che  le  alterazioni  di  «  e  di  o  protoniche 
(oum.   14   16)  e  la  peculiare  tendenza  della  postonica  ad  assimilarsi  al- 
l'aton^  d*uscita  (num.  14  n.),  che  pure  gli  appartengono,  ci  allontanano  dal 
mezzogiorno  e  ci  raccostano  sempre  più  al  centro  della  penisola,  mentre 
Don  manca  qualche  indizio  indiretto  che  sembra  parlare  addirittura  a  favore 
di  Brindisi  più  che  di  qualsiasi  altro  luogo  della  regione  (v.  num.  IO  n). 
Ma  su  quesf  ultimo  punto  gli  scarsi  mezzi   di  comparazione  che    posse- 
diamo, non  ci  consentono  di  asserire  senza  peritanza. 

Ecco  ora  i  testi  di  cui  mi  son  potuto  valere  come  riscontro  nella  mia 
illustrazione: 

Chronicjn  Neritinum  delfabate  Stepàno  da  Nardo.  Viene  sino  al  1412; 
fu  pubblicato  da  B.  T afuri  nella  collezione  muratoriana  degli  Script,  rer, 
«'i/ic,  XIV  d90  sgg.  Il  ms.  di  cui  si  servi  il  Tafari  era  una  copia  assai 
tarda;  e  ciò  spiega  perchè  siano  pochi  i  dialettismi  che  vi  occorrono. 
^Chron.  Nerit). 

Ihttrj  di  Lucio  Cardami  gallipolitano.  Vanno  dal  1490  al  1494;  e  furono 
pubblicati  dallo  stesso  T afuri,  secondo  una  larda  copia,  nella  Istoria  de- 
nU  SirrittoH  del  Regno  di  Napoli,  Napoli  1749,  III  407  sgg.  Per  ciò  eh*  è 
do* dialettismi,  siamo  alle  condizioni  medesime  del  Chron.  Neritinum  (Card.). 


*  Sono,  questi  tre,  de*  fenomeni  pe*  quali  il  salent.  dà  la  mano,  al  di  là 
del  ionio,  alle  Calabrie  e  alla  Sicilia. 


32  de  Bartholomaeis, 

Cronache  di  M.  Antonello  Coniger  da  Lecce.  Vengono  sino  al  1512.  La 
prima  edizione,  eh* io  non  ho  potuto  vedere,  è  datata  da  Brindisi  170).  Il 
Tafuri  la  giudicò  «malconcia  e  deformata»  e  ne  curò  una  seconda  nelU 
Raccolta  del  Calogerà,  voi.  Vili  109  sgg.  (Venezia,  Zane,  1733).  Una  t«>r/.a, 
condotta  pure  sul  ms.,  asci  in  Napoli  il  1782  nella  Raccolta  di  varie  crt*- 
nache  diarj  ed  altri  opuscoli^  ecc.  Si  l'una  che  Tal  tra  di  queste  ultime  sono 
tutt*  altro  che  irreprensibili  (v.,  per  es.,  ciò  che  si  osserva  al  num.  54  n.). 
Le  ho  tenute  presenti  tutt*  e  due,  menando  buone  solo  le  forme  circa  alle 
quali  r  una  non  dissentisse  dall'  altra.  Lo  scarso  valore  storico  di  questo 
documento  non  ne  iscema  il  valore  linguistico,  il  quale,  del  rimanente,  non 
è  grande^  (Conig.)* 

Consuetudini  della  chiesa  di  Giovinasso^  pubbl.  dal  prof.  Carabellesc 
da  un  cod.  del  sec.  XIV  o  del  XV,  posseduto  dalla  Cattedrale  di  Giovìnazzo, 

« 

nella  Rassegna  Pugliese^  XV  301  sgg.  E  il  solo  testo  *  barese*  che  8*abbia, 
e  dà  assai  di  più  che  non  i  precedenti  (Cons.  di  Giov.}. 

Assai  poco  airi  neon  tro  si  ricava  dagli  Statuii  di  Mol fetta,  pubbl.  da  un 
cod.  del  sec.  XV,  nella  Rassegna  pugliese^  XIV  77  sgg. 

In  quanto  a  riscontri  moderni,  oltre  alle  note  raccolte  del  Papanti  e  del- 
rimbriani-Casetti,  e  a*  Saggi  delPAbbatescianni,  *  delNitti'  e  del  De  Noto* 
nonché  ad  alcuni  saggi  procuratimi  dalla  cortesia  di  questi  due  ultimi  stu- 
diosi, molto  mi  ha  giovato  la  versione  in  dialetto  di  Brìndisi  della  Para- 
bola del  Figliuol  prodigo,  che  ho  rinvenuto  tra  le  cirte  del  Biondelli,  aU 
IWmbrosiana  (Parah.). 

Circa  il  testo  sul  quale  si  sarà  fondato  il  traduttore  pugliese,  nessuno 
vorrà  negare  che  sia  stata  una  delle  tante  versioni  toscane  dePSydrac* 
francese.  Poiché  la  nostra  indagine  si  limita  a  raccoglieva  solo  quelle  formo 
che  spettano  indubbiamente  al  traduttore  meridionale,  e  non  penetra  tutta 
quanta  la  compagine  idiomatica  del  testo,  cosi  e  solo  da  aggiungere  che 
ben  legittimano  il  sospetto  essere  stato  quel  testo  più  specialmente  senese, 
le  forme  come  vivare  37,  pocaro  38,  rampare  42  e  qualche  altra*.  Una  Ter- 
sione  senese  sognalo  il  Bartoli  come  esìstente  nel  cod.   1930  della  Riccar« 


'  Per  i  testi  comunicati  dal  Tafurì  al  Muratori,  e  di  cui  questi  solo 
accolse  il  Chron.  Nerit.  nella  sua  collezione,  stimo  sufficiente  di  rinviar^ 
alla  pubblicazione  del  Casotti,  Lettere  di  L,  A.  Muratori  a  B,  TafUri^  nel- 
TArch.  stor.  itaL  N.  S.,  XI,  p.''  2.»  (1859),  p.  3  sgg. 

*  Fonologia  del  dialetto  barese,  Bari,  .\vellino,  181KJ. 

*  //  Dialetto  di  Bari,  I.   Vocnlismo  tnoderno,  Milano,  Robeschini,  1890. 

*  Appunti  di  fonetica  del  diaL  di  Taranto,  Trani,  Vecchi,  1897. 

*  Neil*  ordine  della  storia  letteraria,  il  tosto  dunque  non  avrà  altro 
valore  che  quello  di  un  nuovo  documento  del  ditrondersì  che  faceva  nelle 


Il  Sydrae  otrantìno,  §  II.  33 

diana.  Ma,  messa  a  confronto  con  la  nostra,  risulta  che  ne  è  affatto  indi- 
pendente; cosi  come  Tuna  e  Taltra  sono  indipendenti  dalla  versione  fioren- 
tina stampata  dal  BartoU  stesso. 


§  li.  —  Annotazioni  dialettologiche  ^ 

a.  Scrittura. 

Dopo  vocale,  è  di  regola  y  per  t:  loydo  ayra  coyro  tnoyra^  jammay  fa^ 
ray  foy  duy  ehuy^  ecc. 

É  parimenti  y  in  noya  joya  (una,  volta  JoAyn)  ayuto  myo.  E  per  y  è  reso 
il  suono  v':  lyale  spyati  paysi  yu  io  ryome,  ecc. 

11  suono  é,  succedaneo  di  j  gè  g i  d j  (cfr.  D*  Ovidio,  Arch.  IV  407  e  gli 
indici  dello  stesso  voi.  s.  dj;  num.  18,  10,  31),  è  rappresentato  con  5:  cot" 
resere  destrusere  destmserimo  dagnisare  masia  signoresare  cresu  credo  desa 
dia.  Pare  che  anche  il  semplice  t  abbia,  a  volte,  T  identico  valore,  per  es* 
in  signoreiano  dagneiati  creio  deiano^  forme  che  ricorrono  non  infrequenti 
allato  a  quelle  or  ora  allegate;  e  la  riprova  consisterebbe  nel  fatto  che  in 
nessuno  degli  esempj,  ove  oggidì  suona  il  e,  si  trovi  Ty,  che  dovrebbe 
esservi  qualora  vi  suonasse,  invece,  la  semivocale.  Ali*  iniziale,  non  ho  al- 
cun  es.  di  5;  sempre  j :  juelhyo  gìogììo  jetganie  jiimo,  ecc.*. 

I  è  rappresentato  normalmente  da  Ih:  pilhare  talhare  cansilho  filho  fi» 
ihulo  gualhardo  ecc.  ecc.  Non  è  raro  II:  voUo  orgollo  pillare  fiUo  taU 
lente^  ecc.*.  Si  ha  ancora  Igl:  colgla  delgl'olori  algì^orechi  olglo  moU 
glerey  ecc.  :  lìy\  spullyati  juellyo\  Ihy  :  qualhya  scuélhyo.  Poco  sicuro  glege 
legge  24. 


Provincie  la  produzione  della  grande  officina  toscana;  la  qual  produzione, 
adattandosi,  non  senza  subire  la  reazione  delle  tradizioni  locali,  ai  nuovi 
ambienti,  veniva  ad  affiancarsi  alla  produzione  originale,  ove  questa  e*  era, 
e,  dove  non  e*  era,  a  tenerne  addirittura  il  posto,  come  pare  appunto  che 
sia  il  caso  dell'estremo  Mezzogiorno  e  delle  isole. 

'  Gli  esempi  non  provengono  dal  solo  saggio  che  se  ne  stampa,  ma  da 
tatto  il  codice.  I  numeri  rinviano  alle  carte  di  questo. 

'  Ma  e  è  addirittura  $ci  in  angarisciare  *  angareggiare  *  del  Chron.  Nerìt., 
angarisciaia  Conig.,  angarisciamenH  Cardami.  Nel  Cod.  Diplom.  Barese  si 
ha  aa  in  pairissare  *  padreggiare*  seguir  le  tradizioni  paterne,  gloss.  s.  v. 

'  Frequente  fiUo  nel  Chron«  Neritinum. 

Ar«Uvio  fflottoL  Ital  XYL  S 


34  de  Bartholomaeis, 

Di  n,  oltre  a  gn,  occorrono  le  scrizioni  nn^  f»y,  ecc.  :  disdinnao  rannitelli 
lueinno  bisonno;  ingenyo  vergonya  vergonyare;  ingennyo;  dangno  spongna; 
cingniere;  signye  scimie;  mele  cotoghne. 

Il  digramma  eh  ha  il  doppio  valore  di  e  ce  e  di  kj;  chascaduno  piache 
reehepe  croche  chielo  chinquanta  fachissi  pichula  eorruchato  cachare,  e  an- 
che eharo  chara  schera  apparechare  chamare  chobe  changere  chuy^. 

zz  anche  qui  è  assai  spesso  cz\  piacza  charecza  suezo  ecc.  ecc. 

ricci  12  avrà  a  leggersi  -AAi;  e  cosi  sarà  -^t  in  luegy  8,  luengi  52.  Infine 
ptocctf,  polche  ricorre  due  volte,  par  che  attesti  una  stabile  grafia  -cce  s  -^que. 


b.  Fonetica. 

Vocali  toniche. 

^Umlaut  \  1.  f . . .  -u ;  Declinazione:  offiso  2,  friseo  3,  miso  messo  4« 
nigro  4,  dricto  4,  piso  il  peso  5,  vitro  6,  dìcto  6,  pilo  8,  dignu  9,  sico  seco  9. 
spinto  spento  9  26,  frido  freddo  IO  ecc.,  viro  18,  sinno  21  e  sigpu)  senno  38 
num.  19,  intiso  25,  Ugno  26,  illuquillu  quistu  sempre  '. —  Coniugazione; 
-emù:  vidimo  2,  simu  2,  avimo  2,  devimo  2,  fachimo  5,  canoscimo  8,  cro' 
dima  1 1,  pregarimo  2,  kutsarimo  3,  recheperimo  3,  cfestni^^rtmo  3;  ecc.  —  In- 
declinabili: spissu  4  13. 

f...  -t;  Declinazione:  jjimi  pesci  4,  dicti  4,  captili  8,  j)i7i  8  40,  /Wdi 
freddi  IO  ecc.,  nigri  9,  simplici  19,  artifici  42,  car/t5i  22,  pm  i  pesi  24,  «a- 
racenischi  25,  di^ni  49,  intendivoli  5,  acciai  .50,  reprisi  55,  t//t  ^tit^/i  ^utsft 
sempre*.  S*ha  pure  'umlaut*  con  -i  di  plur.  fm.  in  rini  le  reni  32,  e  con 


*  Di  questa  grafia,  che  ora  viene  ad  apparire  come  non  peculiare  alla 
Sicilia,  non  hanno  esempj  il  Ghron.  Nerit,  il  Conig.,  il  Card,  e  le  Cous. 
di  Oiovinazzo.  Appena  qualche  es.  ne  ricorre  nella  lettera,  scritta  per 
r  appunto  da  Lecce,  della  Regina  Maria  d*Enghien,  pubbl.  da  B.  Capasse 
{Ancora  sui  Dium.  di  Matteo  Spinello  da  Giovinazzo^  Firrtnze,  Santoni, 
1896,  p.  25  sg.):  fachimo  facciamo,  pichirilli^  vichini. 

*  A  togliere  qualunque  dubbio,  devo  dire  che  il  copista  non  si  ■«rvo 
come  sigla  del  q  tagliato;  ma  ben  distingue  qui  e  que  con  un  t  o  tfon  un 
e  soprascritto. 

'  Da  nigru  s* aspetterebbe  1* alternativa  niuru  -i,  ^neura  •$;  efr* 
num.  28.  Invece  s*ha  niuru  niuri^  niora  «e.  L*aeeento  evidentemente  veniva 
ad  appoggiarsi  sul  secondo  elemento  del  dittongo  seeondarìo,  e  si  rien- 
trava cosi  nella  serie  -uri  -ora.  11  tarent  mod.  ci  dà  infatti  nurf  rioro^ 
De  Vinc  s.  v.  Ma,  nelle  rimanenti  varietà  baresi:  n'mrf  niura. 


Il  Sydrac  otrantìno,  §  IL  35 

W  provenuto  da  -e,  cfr.  nuro.  12,  ne*  sng.  paysi  2,  v^isi  6  27,  e  nel  pi.  rie* 
chicci  ricchezze  39 ^  —  Coniugazione:  mieti  metti  24  30,  vinài  vendi  30, 
digi  e  divi  3  11,  bivi  3,  si  tu  sei  2.  —  Con  «t  di  3*  prs.  sng.:  frighisi  si 
freghi  25.  —  -iti:  vidift  2,  aoift  2,  son feriti  2  num.  38,  crediti  2  e  credite 

44,  ecc.  ecc.; ehi:  d^oim  38  e  ct^otm-vo  dovevate  38  num.  54;  —  -issi: 

vorrissi  vorresti  Ile  vorrissi-vo  vorreste  11,  sappissi  26,  volissi  36,  vidissi 
39,  patissi  41,  ardissi  AZ;  nonché  cacharisse  caccereste  41.  —  Con  -a  -e  •o 
•ftinpre  «,  v.  num.  7. 

2.  e...  -u:  siimmi»  4  17  ecc.,  vassiellu  -0  3  9  ecc.,  vagiello  4  lesa., 
cirviello  11,  cierto  6,  sieroo  6,  ciento  7,  argiento  2,  e  con  ^uamimttfnfo  6 
tutta  la  serie  in  -mentu. 

e...  -i;  Declinazione:  piecci  pezzi  23,  ckierchi  cerchi  28»  vienti  4, 
ardienti  6,  inftficfttfntt  5,  gienti  4,  con<»tfntt  7  17,  dienti  8,  credienti  10,  pa* 
ri>nlt  11,  oaZt>n<t  22,  resplandienti  27,  splandienti  44,  ecc.  ^-  Coniuga- 
zione: /leot  tu  ti  levi  23,  priendi  prendi  tu  3,  liegi  leggi  35,  viesti  tu  ve- 
sti 30,  fiere  3  *.  »^  Con  -a  -e  -o,  sempre  e«  v.  num.  6. 

8.  p . . .  -u  :  rt4t50  15,  im^  49,  ritundo  5  31,  mundo  47,  s^cumio  4,  swrcfo 
37,  ptimo  4,  tutto  sempre,  di  cui  s'ha  la  caratteristica  alternativa  con 
iocta  -«;  —  -osu:  giuso  gioioso  13  ÌÒ^paguruso  13,  coraiuso  15.  (forrochuso 

15,  peluso  32, pta^too  37,  misericordiuso  55; ^uUo:  satullo  17;  -*•  -eolu: 

flhulu  10  ecc.,  fancsyulo  13*. 


^  mi>i  ricorre  spesso  nel  Ghrou.  Nerit  e  nel  Cardami.  A  riohicci  fa  ri- 
scontro ^paricehi  cose*  ^paricchi  milliare  de  ducati*  del  Conig.,  *paricchi 
so  genti*  dei  Cardami.  — <  Secondo  il  Morosi  143,  nel  brindis.  T-t  secon- 
dario m  -e  non  influisce  sulla  tonica;  ma  sentiamo  il  bisogno  di  una  mi- 
gliore informazione^  dacché  paisi  paese  lo  ritrovo  anche  nella  Parabola. 

*  É  un  -<  di  2.*  prs.  d*  imperativo.  Dato  che  non  sia  meramente  grafico, 
non  mi  rìescirebbe  inaudito,  pur  con  esso,  T*  umlaut*. 

'  Sulla  realtà  di  fancsyulo  non  può  cader  dubbio,  ed  essa  potrà  tornar 
gradita  a  coloro  che  si  acconciano  a  spiegarsi  fanciullo  come  un  meri- 
dionalismo, non  essendoci  più  omai  il  bisogno  di  ricorrere  al  parallelo 
cftruif  citrullo;  cfr.  Meyer-Lùbke,  It  gr.  57,  Or.  r.  Il  503.  Ma  saranno  al- 
trettanto reali  le  forme,  che  pur  ci  dà  il  codice,  fanciolo  fanciolif  L*  ipotesi 
che  vi  si  tratti  di  mere  affet^zioni  cui  si  riusciva  volendo  evitare  P' um- 
laut*, affettazioni  del  genere  di  quelle  che  altrove  ci  accade  di  sorpren- 
dere al  nostro  copista  (v.  num.  IO),  si  presenta  abbastanza  ovvia  per  sé 
^tesaa.  Si  rimane  perciò  alquanto  perplessi  nel  veder  che  tali  forme  tor- 
alno  più  di  frequente  che  non  fancsyulo  il  quale  ricorre  una  volta  sola, 
#  nel  vedere  anche  nel  Coniger  un  in  fanciolo  che,  vi  é«  per  giunta,  co- 
gnome! 


36  de  Bartbolomteis , 

p...  -i;  Declinazione:  jurni  2  ecc.,  ructi  2,  surdi  52,  cuccumeri  25, 
numi  nomi  51  ^  oscti^i  18;  -osi:  paurusi  16,  rigulhusi  22;  -oni:  confunt  3, 
complessiuni  7,  campiuni  W^garzuni  \2y  montuni  14,  ^/uclMm  15,  rac^tinì 
15,  co/Auni  23,  condieiuni  36,  «totuni  stagioni  46;  con  -»  proveniente  da  -e 
di  fm.  p\,  persuni  3*;  —  «ori;  fiuri  5,  o/mH  10  ecc.,  homuri  11,  signuri 
12  ecc.,  guidaturi  16,  co/ur»  22,  ^ootfrmUun*  40,  confexuri  40,  matMi-i  54, 
fentattiri  54;  —  «eoli:  filhuli  32  ecc.  —  Per  nuy  vug,  v.  num.  47.  — 
Conjugazione:  percuti  tu  percuoti  31.  —  Indeclinabili:  dtidici  11, 
ma  ▼.  num.  6  n.  —  Con  -a  -e  -0|  sempre  o,  v,  num.  9. 

4.  ò . . .  -u:  bueno  3  ecc.,  /U«co  3  ecc.,  lueco  4  ecc.,  allueco  4  /utfco  de 
/u«co  7,  lutfcu  42,  /m«^o  42  *,  cuerpo  »u  7  ecc.,  duelo  8  1 1  54,  quero  cuore 

11,  trueno  tuono  20,  Jti^*o  34,  sueno  ^n^juellyo  lol  li  u  11,  tcuelhyo  scoglio 

12,  e  ancora  puesto  pòs-  2,  muedo  modo  14,  v.  Ascoli i  X  88-9.  La  dop- 
pia tendenza  dell*  accento  a  stabilirsi  sopra  l*  uno  o  V  altro  elemento  del 
dittongo  è  attestata,  da  una  parte,  da  loeco  (loéco)  che  ricorre  due  volte, 
15  18,  e  dairaltra,  da  fUco  (''fu^co)  14,  cui  sU  allato  lufhi  (Uù^ghi)  de! 
num.  sg.^  In  vestro  (*  comandasse  al  vestro  ballyo*  41)  concorre  la  ragiono 
del  V  attiguo;  cfr.  Morosi,  IV  131. 

u...  -i:  bueni  4  ecc.,  trueni  tuoni  5  IO,  lueghi  luegi  luegy  8,  tremiteli 
20,  «utfnnt  sogni  44,  fuerti  2,  fUelli  folli  17.  Notevole  luengi  lunghi  52.  Inol* 
tre  il  già  cit.  lughi  21  *.  — >  Con  -a  -e  -o,  sempre  o,  v.  num.  8. 


*  Però  V.  la  nota  al  num.  10. 
'  per$%ini  anche  nel  Coniger. 

'  Air  alterazione  metafonetica  soggiace  anche  To  di  illoc;  ^gerano 
lueco  dove*  girano  colà  dove  31,  contrariamente  a  quanto  suole  avvenire 
nelle  altre  parlate  che  pur  si  risentono  dell*  azione  deir-u;  per  es.  net. 
e  aquil  Igcu^  ma  Iqco^  mol.  napol.  ecc.  Igkf  lùohf  ma  lohf, 

^  Per  la  riduzione  di  mo  e  u  neirant  tose  v.  Parodi,  BuUett  della  soc 
dMnt  ital.,  N.  S.,  Ili  98. 

*  Il  Conig.,  il  Card.,  il  Chron.  Nerit  e  le  Consuet  di  Gtovìnazso  tacciono 
tutti  r  uè  e  sol  ci  danno  qualche  raro  es.  di  i«.  Negli  altri  fenomeni  di- 
pendenti da  ^umlaut*  questi  testi  riflettono  le  condizioni  dei  varj  looghi 
donde  provengono,  secondo  che  se  n*  è  toccato  più  addietro.  Cosi  nel  Chron. 
Nerit.  s*  ha  la  vicenda  itissu  stessa^  sulo  $ola^  lo  barone  li  baruni^  -ere 
"Uri^  ecc.  Nelle  Consuet.  di  Oiov.  :  infirmo  inferma^  religiusu  -oto,  pito  pesa^ 
^dui  cannuli*  (cfr.  less.)  e  ^doy  eandeli*,  ^doy  campane*,  tutto  -i  e  to€ta  •«; 
oltre  a  quitto  «t  quella  •«,  ecc.  Ma  nel  Cardami:  issa  freq.,  ^una  nave  ge^ 
nooise\  presune  prigione,  *era  in  diteenciune\  signura^  *fo  recepnta.*.  da 
paricchi  signuri  et  signure  dello  Reame*;  inoltre:  -ore  'Uri:  lo  «MCtiMri, 
'no  ricco  signuri\  lo  ambassiaturi;  -one  •uni:  'una  mala  acctwm'*,  'omne 
prcsuni*f  'restao  presuni\  la  dissenciuni. 


n  Sydrac  otrantino,  §  II.  87 

5.  A:  sappe  3,  sappero  4,  abe  ebbe  3,  abero  4.  A  contatto  d*t  passa 
ad  e:  leyda  10  52,  Uydo  52,  eyro  aria  59  ^  «AV'T  sempre  -aw  '•ao^  v.  num.  54. 
-ARIV:  mannara  47,  ^ro  21;  ma  lominei-a  26  36  44  less.,  e  il  solito  ma- 
nera  ^  6  ecc. 

6.  E  aperto:  vene  mantene  divene  convene  appartener  co*  rispettivi 
plur.  veneno  manteneno  ecc.  v.  num.  54,  petra  6.  —  Notevole  deyee  deiche 
dieci,  che  ricorre  più  volte,  cfr.  Morosi  num.  16;  donde  dodeyci  31*.  -(£: 
feie  47.  • 

7.  E  chiuso.  Van  qui  i  femm,  sng.  e  plur.  de'masch.  citati  al  num.  I: 
offesa  mesa  negra  drecta  freda  -e  degna  -e,  ecc.  Inoltre,  con  vencere  3, 
vence  veneerd  6  veneono  2  (venchia  vinceva  2),  maravelke  25,  lengua  2fl^ 
iengue  52,  meschie  36,  paìefeca  35,  lusengue  41  e  lesengue  38  lusengano 
2S\  strengono  21,  infengere  35'.  —  É  t  fuori  d** umlaut*  in  pisa  pesa  37, 
intignano  44  con  facile  riferimento  a  signo.  — >  Di  -ire  -ere  e  «la  -èva 
▼.  num.  54  59. 

8.  0  aperto.  Intatto  sempre  fuori  d*  'umlaut*:  rota  31,  more  48,  omu 
e  omo  freq.,  i>oy  può  num.  44,  longa  31,  allunga  17;  ecc.  ecc.  Ma  abbiamo 
u  in  occttifa  13.  t 


*  L*alierazione  che  ci  si  scorge  in  questi  esempi,  e  che  s*aggiunge  a  quelle 
congmenze  de*  dialetti  del  versante  merid.  adriatico  con  le  parlate  gallo- 
romane,  di  cui  toccava  TAscoli,  VIII  116^  si  presenta  ne*  tare nt  assei  assai 
(e  *moIti*),  crei  *crai  cras,  hj^a  chiave  {^cleija  *clai/vjja)^  e  nell'ul- 
teriore era  aia.  Queste  son  le  forme  quali  ce  le  dà  il  De  Vincentiis.  Il 
quale,  poiché  scrive  a  in  tutti  gli  altri  casi,  sembra  che  ben  distingua 
questo  e  da  queir  à  che  si  sente  in  pdnp  cdpf  ecc.  dello  stesso  dialetto 
(e  di  tanti  altri  del  versante  meridionale  adriatico),  e  che  è  di  fase  più 
recente.  Non  mi  pare  pertanto  che  convenga  servirsi,  come  fa  il  De  Noto, 
num.  1,  deirnnica  rappresentazione  d  per  tutti  i  casi,  ammeno  che  i  due 
suoni  non  si  siano  conguagliati  nel  frattempo  (il  De  Vincentiis  scriveva 
infatti  un  quarantennio  prima  del  De  Noto).  Intorno  alla  cosa,  in  ogni 
modo,  s'aspetta  d'essere  più  esattamente  informati. 

*  Aneor  più  notevole  per  questo,  che  il  copista  aveva  scritto  prima 
dodici,  ma  poi  si  penti  e  corresse  dodeyci.  La  forma  deice^  che, oggidì  è 
del  leccese  e  degli  altri  dialetti  del  litorale  pugliese,  sembra  che,  un  tempo, 
Appartenesse  anche  a*  dialetti  del  versante  mediterraneo.  Il  *  Novellino*  di 
Masaccio  salernitano  si  apre  con  una  tavola  degli  argomenti  <  di  tutte  le 
cinquanta  novelle,  deyd  per  d^ci  in  cinque  parti  distinte  ».  (Ediz.  Set- 
t^nabrìni,  Napoli  1891,  xlvii). 

*  Chron.  Nerit:  pengere  dipingere. 


38  de  Bartholomaeisy 

9.  0  chiuso.  Sempre  o  ne'  femm.  de'  masch.  allegati  al  mnii.  3,  rossa 
sola  riionda^  iocta  e  tocte^  ecc.;  conjonta  6,  porUa  31,  ongue  e  onghe  «o-^ 
ghie  8  23  45,  jovene  52,  sponga  spugna  21,  jongono  22,  roppe  3  nnm.  54, 
doySecCffoy  37  fora  furono  2.  Fuori  d* 'umlaut*:  sule  12,  spusu  e  spasa 
29,  ftruppa  23  34,  ^ti2a  50. 

10.  U  lungo.  Alterazioni  anorganiche;  per  analogia  della  serie  p...  -a,  -e  ! 
allomina  illumina  41»  adonano  42,  /Com^  49';  per  proclisia:  ^Vono  ponte" 
12,  ^ nullo  prode*  niun  prò  12;  ma  la  ragione  della  proclisia  è  ifleno  evi- 
dente in  Tono  de  queste  granello*  6,  ^Vono  Taltro'  70;  cfr.  Meyer^Lùbke, 
ital.  gram.  §  73. 

11.  Y:  gerano  31  42  e,  all'atona,  gerare  3  31. 

Vocali  atone. 

12.  Atone  finali:  -e  in  -i:  vendicatrici  52,  *li  ricchicci^  39,  'lo  ve- 
rachi  deo'  2,  *lo  verachi  profeta  25,  *lo  sua  paysi"  2  38,  nienti  36,  'opere 
rei*  50,  la  gràndini  3,  campart-li  41,  din-la  52,  conr«*firi-8Ì  54*;  — -ate: 
passati  guardati  annunciati^  ecc.*.  —  -i  in  -e:  'li  soe  comandamente*  2,  'li 


'  L' illusione  di  un  sng.  fiome,  dal  pi.  fiumi^  non  può  esser  venuta  se 
non  a  chi  sentiva,  nella  propria  parlata,  la  vicenda  nome  numi  (num.  3). 
Bisognerebbe  escludere  pertanto  dal  dialetto  del  nostro  copista  il  sng.  nume 
che  è  di  Nardo.  E  questo  potrebbe  parlare  contro  la  'neritinità'  di  lui,  e 
avvicinarci  sempre  più  a  Brindisi. 

'  Il  fenomeno  manca  oggidì  a  Lecce,  ma  è  di  Brindisi,  Morosi  append.  143. 
Due  soli  es.  ne  troviamo  nel  Coniger:  li  litteri,  ^paricchi  migliare  de  du- 
cati*; però,  a  parte  qualsiasi  altra  considerazione,  non  possono  essi  da 
soli  consentirci  di  imaginare,  pel  lece,  antico,  una  condizione  diversa  dal 
moderno.  Negli  altri  testi  c'è  abbondanza.  Ghron.  Nerit:  lo  abbati^  lo 
conti^  lo  qualif  'omni  soi  beni\  lo  cardinali,  lo  imperadori,  ^feci  paricchi 
cosi\  'me  vulia  molto  beni\  lu  segnori,  'no  grandi  fracasso',  'la  quarta 
parti\  sapiri,  sapere.  Card.:  misi,  lo  cardinali,  'l'armata  navali\  'sedici 
galei\  le  galeri,  tanta  ned,  -ore  -urt,  -one  "uni,  cfr.  num.  4.  E  poi  in- 
teressante il  vedere  come  -t  da  -e  sia  ben  fermo  nello  Cons.  di  Giov.,  però 
che  si  riesce  cosi  a  ricostruire  una  condizione  di  cose  ormai  intieramente 
tramontata  per  quella  varietà:  'la  ecclesia  maiori\  'lo  primo  dii\  'quisti 
dii*,  'santo  Felici\  retinenti  sng.,  essirt,  fossi,  fosse,  li  campani,  averi,  tre 
volti,  cavalieri  sng.,  iudici  sng.,  'si  alcuni  muressi  et  volessisi  fari  sonari 
la  campana'.  —  Quanto  a'  tre  ultimi  es.,  dirila  ci  toglie  ogni  dubbio  circa 
la  ragione  dell'  t ;  la  quale  non  va  ripetuta,  secondo  che  parrebbe  per  gli 
altri,  dall' -t,  giusta  la  regola  enunciata  dal  Morosi  pel  brindis.,  append.  143, 
ma  è  di  svolgimento  spontaneo. 

'  Gonig.:  honorati,  Brind.  Par.:  cacciati^  nfilati,  pigghiati. 


U  Sydrac  otrantino,  §  II.  39 

comandamente'   15,  *  li  peccate'  21,  'multi  grande  folgore'  2P; atta 

-etis:  pihati  talhati  sguardati  faaati  ecc.,  viditi  aviti  crediti  crederiti  var 
riti  averiti  siti  ecc.',  una  sol  volta  prendite  36;  —  -it:  recepi  riceve  7". 
—  -0  in  *u:  comu  freq.,  omu  4  14,  yu  sempre,  quactru  freq.,  cresu  credo 

nam.  19  54,  seraiu  8^ u;  nelle  uscite  nominali  alternansi  passim  -u 

ed  -0;  allato  al  frequente  -imo,  num.  1,  occorrono:  simu  2,  vidimu  3.  Si 
alternano  del  pari  -m  ed  -o  neiruscita  -unt,  -au  ed  -ao,  -tu  ed  -to  nelle  ri- 
sultanze di  -AV'T  -IV' T;  num.  54. 

18.  A.  Conservato  in  avantaio  2  ;  cammare  13,  compara  28,  comparare 
30.  Caduto  in  mestro  maestro  27  34,  mestro  35  (adine^^ram^nti  72)  ^.  —  -are 

-f  ha  beo:  indicarai  2,  infirmarebe  21,  piegar  ebbe  20,  pen^ard  17,  vitupera' 
rai  28.  —  Di  man/ona  mangiano  v.  num.  54. 

14.  E.  Di  sillaba  Iniziale;  conservato  in  deoea  2,  resplandienti  27; 
passato  ad  a  in  alimenti  elem.  7,  aguali  12,  assemplo  16,  amenda  41.  amen- 
dandosi  41,  piatosa  11,  piatuso  37,  splandienti  44';  ad  o,  per  lab.  attigua, 
in  romase  6,  romane  e  rumane  9,  sopellirà  26,  e  a  u  in  tcurgienti  7;  cfr. 
Morosi,  num.  72.  Ma  di  regola  è  t:  ricaro  recarono  3,  ^rta  4  21,  striano  7, 
cirvielU)  11  19,  giloso  16  32,  pincieri  16  31,  picato  peccato  26,  vilhare  43, 
vilhando  55,  nonché  sindi delectano  10,  <i  Va  decto  3,  Zi  le  num.  45,  'parte 
di  so  abitate*  14,  e  altri  simili  costrutti  ^  —  Interna:  belletate  2,  lialemente 
11,  ma  lialitate  22,  camalimente  13,  arricare  2;  dileguato  in  scalfa  scaìr 


'  Card.:  li  <urc/ie.  Cons.  di  Giov.:  'li  canonici  so  tenute''^  'la  festa  de 
omni  sante*. 

'  Conig.:  temiti,  volili,  Brind.  Par.:  mittiti, 

'  Chron.  Nerit.:  /*eci  fece.  Card.:  /*ect,  diedi.  Cons.  di  Giov.:  cadi,  rem, 
aparteni,  piaci, 

^  lì  Chron.  Nerit.,  il  Card.,  il  Conig ,  evitano  il  fenomeno.  Ma  V  -u  è 
ben  saldo,  come  nel  sicil.,  a  Lecce,  a  Brìndisi  e,  in  genere,  in  tutte  le 
parlate  a  sud  di  Taranto  e  di  Ostuni.  Pel  lece.  v.  Morosi,  num.  80.  Per 
gli  altri  dialetti,  basta  scorrere  il  Papanti  passim. 

*  Neil*  ambiente  meridionale  ripugna  la  spiegazione  che  può  darsi  del 
mestro  dell'Alta  Italia;  e  io  seguo  in  questo  il  Morosi,  num.  32.  Tuttavia 
trattasi  sempre  di  un  esempio  'sui  generis',  che  si  sottrae  all'alterazione 
metafonetica  (*mt5^ru).  Oggi  mesu  méstf  in  tutta  la  Puglia.  [Ma  non  si 
vorrà  escluder  del  tutto  che  possa  aversi  anche  qui  uno  di  quegli  antichi 
francesismi  che  serpeggiano  nelle  parlate  meridionali.] 

*  E  es.  assai  diffuso;  v.  per  ora  la  Fior,  chiet.  §  3,  in  Zeitschr.  f.  rom. 
phil.  XXIII,  117  sgg. 

'  Anche  questo,  come  si  disse,  è  fenomeno  che  ci  allontana  da  Lecce; 
y.  Morosi,  append.  137. 


40  de  Bartholomaeis, 

fare  lesa.  —  Postonica;  non  caduta  nelle  uscite  degli  inf.  con  pron. 
sufi.:  direli  3,  farete  39,  nonché , eampartfi  41,  dirila  52,  converitirisi  54, 
V.  num.  12;  papiro  povero  12  16  17,  papiri  12  17,  nassire  nascere  6;  mec^ 
terulaò^  carreggerala  40,  farula  52;  lavatala  Uvatela  25^—  •ere  +  habeo: 
prendarebe  19,  avara  26.  Si  aggiungono:  gatnbari  25,  pdssara  25,  tue» 
cara  25;  cfr.  Morosi,  num.  70.  »  E -f  voc:  ryame  10,  /iato  22,  criaa  36, 
lialemente  11,  lialitate  22;  cfr.  Morosi,  num.  71. 

15.  L  Di  sillaba  iniziale;  in  a  in  ancudine  ll^jaganti  12  majeganti 
12;  di  regola  però  e:  terarende  tirarne  25,  merare  39,  terare  41,  vedande 
vivande  26,  recheece  2;  semelliano  31, 50me//iartano  31,  cfr.  Morosi,  num.  75. 
In  allumenano  43  occorre  'ad*:  in  formamento  4246  Tillusione  di  'forma*. 
*-  Interna:  belletate  2,  debelesce  indebolisce  21 ,  penetea  pentiva  2,  gen^ 
telomo  12,  omeMtate  13,  (iemenl«ear«  36;  allipergo  alberga  16  ali.  a  alle» 
bergo  35  e  alleberga  35.  Cfr.  Morosi,  num.  76.  —  Postonica:  culpabele 
8,  arrebele  10,  valevele  16,  racjoneotf^mtfn^^  40  43,  ancudene  17,  ardene  36, 
manica  15.  Cfr.  Morosi,  num.  75*. 

16.  O.  Di  sillaba  iniziale  i  soliti  rinuncio  5,  accifi  50;  per  dissimila- 
zione, mentane  montone  25.  Del  resto,  iniziale  o  interna,  è,  di  regola,  u: 
putere  16,  murtale  20,  prudecza  36,  cunienta  41,  cudardo  8,  ctimòactera  2, 
«ctfj»ma*  3;  adumec*a  39,  ocfurnato  39.  Cfr.  Morosi,  num.  80. 

17.  U.  Di  sillaba  iniziale:  tirimi  47,  culluy  26;  frequenti  culla  culla 
con  lo,  con  la;  si  alternano  lu  e  lo  come  art;  in  a:  fogera  fuggirono  2, 
iarbata  3,  hamuri  umori  9,  porgata  7,  jforgatorio  7  e,  per  assimilaz.  regress.» 
pargataria  7*;  i:  mìlhere  5.  —  Interna;  in  o:  ogoiare  6,  allamare  2S; 
allato  al  sng.  tuenoscredente  2  il  plur.    meniscredenti  2;  ti:  parturire  31, 


'  papiri  ben  rientra  nella  norma  dell'  -i,  di  cui  s'  è  toccato  poco  fa;  nò 
lo  contradico  del  tutto  papira,  e,  a  ogni  modo,  la  detta  norma  potrebbe 
essere  solo  infirmata  ove  ci  fosse  un  *popira  -e;  ma  non  c'è  (papera  -* 
sempre).  Cosi  pure  all'influenza  dell' -u,  ancorché  qui  appaia  -o,  dovransi 
mecterula  farula.  In  quanto  a  lavatala.  Ve  post,  vi  si  trova,  è  vero,  in 
una  special  condizione,  e  cioè  fra  due  a;  ma  nessuno  oserebbe  discom- 
pagnare questo  dagli  esempj  come  di  mimica,  véndaca^  fimmana^  ttÀnasa 
{^attani^sua  suo  padre),  che  sono  poco  men  che  salentini  comuni,  • 
da' quali  si  vede  come  s'estenda  anche  all' -a  la  norma  che  il  Morosi 
enunciò  per  r*t  e  per  l'-u.  Nel  Conig.:  còllara  collera. 

*  Potrebbe  ripetersi  dalla  norma  dell'-i  e  dell* -e  T alternativa  Jci /mi  9, 
jàlene  567  gialli  -e.  Ma,  tratUndosi  di  voce  forestiera,  l' esempio  non  ò 
ben  sicuro. 

'  Anche  con  questi  più  frequenti  a  proton.  ci  allontaniamo  dalle  con- 
dizioni di  Lecce;  v.  Morosi,  num.  ^^5. 


Il  Sydrac  otrantino,  §  li.  41 

parturesche  partorisce  15.  — -  Postonica:  muteh  mutola  15;  sentuno  4, 
pascuno  5,  repetuno  40,  pongunu  pongono';  con  -e:  potunele  possonle  4. 

Consonanti. 

18.  J.  Appare  intatto,  quantunque  negli  es.  più  propriamente  popolari 
dovesse  certamente  suonare  e:  ja  2,judicarai  2,juro  2,  jammay  i^justa  7, 
jacono  giacciono  Xbyjuvene  19,  jongono  22;  peio  3  11,  peiore  15,  deiuni  22, 
maiore  36. 

19.  BJ:  aia  2  10,  aiano  40,  seraiu  8,  deiamo  5,  detono  40,  arraia  ar^ 
raiano  arrotata  13  28;  ma  non  son  meno  sicuri:  agi  abbi  34,  digi  devi  28, 
arragiaia  30.  —  DJ;  e  reso  per  *  e  t,  v.  §  Il  a.:  cresu  2  e  creio  3,  crda  2, 
veio  3  e  v^ann  5,  appoiano  54';  -idjare:  signoresa  46  51,  signoresano  44 
46,  iignoresarà  51  allato  a  signoreinno  4,  signor eiomento  32,  dagnisare 
danneggiare  38  allato  a  dagneia  6,  dagneiati  19*.  MJ:  signye  scimie  24, 
cfr.  De  Noto.  —  MNJ:  suenni  sogni  44,  ma  v.  D*  Ovidio,  Arch.  IV  161, 
De  Noto  102;  dagno  45,  dagneiare  46,  dagnore  40,  tu  c2a^ni  45,  dagneia 
danneggia  6,  dagnaio  'dannaggio'  16  17.  —  [NN:  signo  «enno  38  44  49, 
ingognati  ingannati  44,  e  ancora  dissignore  disonore  39  49].  —  LI:  bolhito 
bollito  25.  —  OJ;  si:  braczo  23,  facsamo  10,  so  eoa  ciò  che  2,  ^o  è  3; 
picsulo  -«*.  —  RCE:   mersé  9*.  —  TJ;  ce:  rechecce  2,  richicci   17,  ale^ 


*  Veraoiente  la  conservazione  deir  u  poston.  può  qui  risolversi  in  una 
mera  ripristinazione.  Può  chiedersi  cioè  se  questi  non  siano  es.  di  3.*  prs. 
pi.  formati  sulla  3.^  prs.  sng. -h-no,  come  sono,  per  es.,  poie^no^  veve^no^ 
tene-no  ecc.  (v.  num.  54)^  ossia  *senteno  *pasceno  ^repeteno^  i  quali 
sien  poi  passati  a  sentuno  ecc.,  per  la  stessa  ragione  per  cui  *mecterelo 
è  passato  a  mecterulo;  cfr.  num.  14. 

'  crecu  è  il  riscontro  merìd.  del  cre^o  dell'Alta  Italia  (cfr.  Meyer-L.,  it. 
gr.  463);  erigio  è  anche  dell*  ant.  aquil.,  Kath.  t.  930.  V.  De  Vinc.  s.  v. 
Allato  a  veio  non  ricorre,  in  verità,  la  grafia  ^9eso\  ma  vec^  vive  nel  ta- 
rentino.  Analogamente  abbiamo  basda  vcucia  (vaca)  vada,  in  tutte  le  ver- 
sioni otrantine  del  Papanti.  Ma  di  appaiare  tanto  il  De  Vinc,  quanto  il 
!>•  Noto  108,  non  registrano  che  la  forma  letteraria  con  ^gg; 

'  Si  può  notare  come  il  s  greco  venisse  naturalmente  ad  affiancarsi  a 
dj,  se  nel  Card,  s*  hanno  le  scrizioni  battisciare  vattisciao^  ecc.  battezzare 
•5«ó,  ecc. 

*  Chron.  Nerit. :  scassare  scacciare;  Card.:  scassati,  scaszao;  Cons.  di 
Giov.:  *de  so  che  condicione  fosse*  di  qualsiasi  e. 

*  Analogamente  NCE:  sconsertato  Chron.  Nerit ,  Cardami. 


42  de  fìarthoiomaeiSy 

grecce  4,  gravecce  5,  gentelecce  12,  aUecce  12,  cu  tu  pocd  31  ali.  a  poeta  3 
19,  paciencia  13*.  E  certo  é  in  presare  49,  dispresa  di  sprezza  4,  e  in  di- 
spreiati  17,  despreio  19,  •  fors"  anche  in  stolone  31 ,  «toitim  46;  ma  è  incerta 
la  grafia  in  raczone  6,  vaczonare  2*.  —  NTJ:  eomensao  2  e  le  altre  forme 
di  SncomincÌJM^*t  fonayulo  13;  and  7  32,  ananci  11  '.  «  RTJ:  forsa  2  7, 
sf or  saria  36  ^  —  GJ;  é  nel  second.  Juellyo  gioglio  12,  e  in  maloasa" 
mente  2.  —  PJ;  ce  naturalmente  nelle  forme  di  *  sapere':  sachamo  sap- 
piamo 8  26,  sachati  10  12  28,  sachamo  34.  —  SJ:  pertuso  10  2èt  pertusi  4, 
pertusare  37,  pertusa  37,  vasano  39.  «—  SI:  jcia  19,  ma  signye  scimie  24. 

20.  L:  alegrecce  2,  moloni  melloni  25;  dissimilato  nel  solito  eortello  2. 
—  ALT:  autro  4  7  9  ecc.,  autra  2,  autre  2,  autramenie  15;  ma,  nella 
proclisi:  ^Vate  montagne'  20 ^  —  ALD:  caudo  43.  —  ALO':  foche  falce  15. 
— >  21.  PL;  hj  reso  per  cA:  chobe  piovve  6,  changerà  piangerà  15,  chuy 
più  40*.  --  FL:  so/77a  48,  sufpao  7  51  '.  —  [CL;  di  noelhe  nuvole  v.  lesa.]. 
— •  GL;  onghe  unghie  45  e  ongne  8.  —  SCL:  scacta  schiatta  6  42,  scaete  6; 
cfr.  Meyer-Lùbke,  it  gr.  S  243. 

88.  R:  moreno  7  e  moyra  muoia  18;  coyro  less.,  e  in  -oro  ecc., 
non  scempiato  In  carrico  16  35,  carreche  24,  carricato  24;  per  rom/o  v. 
num.  43*. 

88.  S;  scempiato  in  miso  messo  4.  —  LS:  voice  7  e  volcse  24  num.  54, 
fakitate  39.  —  NS  :  pensato  13,  pensare  15  27,  pensa  36  44,  allato  a  piti* 
eteri  31  39*.  —  RS:  scarchamente  scarsamente  32. 


'  Card.:  Duraccio^  acciuni  azione;  Conig.:  pecd  pezzi,  ammacciatoz  Cons. 
di  Giov.:  stacione  stazione  (della  Wia  crucis*),  condidone, 

'  La  pron.  mod.  è  difatti  pricarsf  allegrarsi  'pregiarsi*,  pricessa  gioia, 

priecf  pregio,  staòonf  stagione;  ma  anche  raòonf  raconarf  (De  Vinc.  s. 

vv..  De  Noto,  106). 
'  Oons.  di  Giov.:  accumensa  ecc.;  Card.:  dissinduni  -cttine. 

*  Chron.  Nerit:  scorsa  'scorcia*  corteccia;  Card.:  marso  marzo. 

*  Cons.  di  Giov.:  ^Valtri  clerici*,  *Vattra  medietate*;  ma  atUro  -a  sempre 
fuori  di  proclisi.  Cfr.  ora  Salvie  ni,  Il  pianto  delle  Marie  in  aiU.  volg, 
marchigiano  (Rend.  de*  Lincei,  VIK  584). 

*  Il  suono  kj  è  generalmente  evitato  nelle  grafie  delle  scritture  anche 
di  Napoli.  Solo  un  chianto  appare  nel  Chron.  Nerìtinum.  — >  Dalla  proffe- 
renza  hj  venne  la  restituzione  impropria  piaro  20. 

'  fragiello  21  può  essere  bensì  un*  eredità  senese;  ma  ricorre  anche  nel 
Coniger.  Cosi  pure  a  ff rigor  e  32. 

*  rasulo  è  ben  vivo  nel  tarent.;  De  Vinc.  s.  v. 

*  ìncìcme  nel  Coniger. 


Il  Sydrac  otrantino,  §  li.  43 

M.  SCE  SCI;  in  ss:  dessese  e  dissese  2,  si  ssese  3,  vassello  nassere  5, 
canossia  coDOBceva  2,  guaresse  guarisce  Ile  cosi  reoerdesse  11,  spartesse 
-isee*36  ecc.,  passe  15,  pissi  pesci  4,  messita  *  méscita*  mescola  vb.  44. 

ift.  MP:  scappa  *  scampa*  19  less.  — •  NP:  im  paradiso  5.  —  NS:  cuS' 
wmUu  consenti  6.  «—  Per  NN  n  v.  num.  19. 

86.  ^T*;  «adutò  in  '/ti  eleno*  il  veleno  12,  cfr.  Meyer-Lùbke,  it  gr. 
§171;  sostituito  da  gnUralo  in  pagura  10;  passato  a  b  per  raddoppia- 
mento sintattico:  et  bergogna  35;  cadvrt»  «  sost.  da  dent.  in  vidanda  15, 
vidande*  11  35. 

87.  C.  Ben  sicuro  necare  annegare  12,  neca  49,  necati  7,  v.  De  Vinc. 
8.  T.;  digradato  tra  Tocali:  *la  gativa  natura*  5,  *si  gativa  cosa*  5\ 
luogo  42,  luoghi  43;  in  ultima  di  proparossitono  :  salvaiighe  25.  —  CS: 
lassare  10,  lassano  10,  lassarimo  3,  lassarauno  10,  essire  36,  esse  6  13  32, 
euerd  7  27,  essio  32*,  la  ssuta  V  uscita  49  52. 

88.  6:  navicare  42  è  attratto  nella  serie  di  -icare.  Vadan  qui  pure 
gualhardo  19,  gualhardia  19.  —  GD:  frido  freda  frede  frequentissimi, 
firidura  12,  refrederà  36,  rifredasse  19*.  —  NG:  spenge  12  26,  spengerà  5; 
NO:  lusengue  40.  —  NGVE  :  5an^  5  8  19  30,  «an^o  9  36,  ungento  25.  ~ 
GR:  niuro  nero  15,  muri  15,  *  colere  niore'  46  num.  1. 

89.  QV:  qualunca  2,  secutare  41,  secuto  37,  secutano  4,  seciitoraMfio  11, 
ctnew  cinque  6  32;  inghieteae  10. 

80.  CI:  siquagi  3»  /b<;i7e  21. 

8L  GB  Gì;  in  6\  destrusere  2,  destruserd  1 1,  destruserimo  3,  corresere  35, 
moM  45.  Dileguato  in  amaistrato  5,  fraylecza  10,  sayetta  32.  Può  essere 
anche  e  TJ-  ài  jeganti  Jaganti  12,  jenocche  26,  a  giudicare  dalla  pronuncia 
moderna. 

88.  *T*:  ve<<MÌa  7,  avedare  abitare  20*.  —  RT:  verdate  3.  —  NT:  re- 
««r^mitfm^nte  40  [al  contrario:  vidante  vivando  35  num.  26J.  —  TR:  flratri 
45,  latro  ^\  —  TL:  elio  diavolo  ed  il  d.  2. 

88.  D:  merolla  midolla  24  25';  avoUerio  adulterio  6;  oeciga  oceida  49. 


'  Sono  an'che  questi,  come  ognuno  sa,  es.  frequenti  negli  antichi  testi 
dell*  Italia  meridionale  e  centrale. 

*  Cfr.  culli  gotte  con  le  cotte,  Cons.  di  Giovinazzo. 

*  Conig.:  esseru, 

*  Sono  es.,  come  è  noto,  assai  frequenti  nelle  scritture  deiritalia  centrale. 
^  Sorprende  il  fenomeno  nell* ambiente  meridionale;  ma  vestuda  vestita 

trovo  nella  versione  di  Aradeo,  Pap.  476. 

*  larroni  ladroni  7  sarà  un  francesismo. 

'  Non  dimentico  però  Temil.  e  chiami  uolo  mirolla. 


44  De  Bartholomaeis, 

—  D^f  cons.:  accavallo  2  16,  acccua  39;  affare  2,  alluy  alloro  alUy  passim, 
allueco  3;  *V à  annoya'  2;  appede  2,  appiacere  2,  appoco  appoco  8;  Ae- 
rando 6,  ade  36;  'male  assalire^  2.  --  DR-:  traguni  dragoni  21.  — *  ND; 
sempre  intatto  nella  risposta  di  inde:  linde  mende  sinde  tirarende  fa-- 
rende  ecc.  passim.,  e  cosi  pure  dande  danne  ecc.,  chi  nd*k  chi  ne  ha  ecc. 
Assimilato  in  cannulu  candela  less. 

84.  P:  popera  11  16,  poperi  li,  papiri  12;  sappe  num.  54,  e  quindi 
sappesse  5. 

85.  B:  vacca  10,  vactalha  10,  volli  bolli  14,  vianco  15,  vaio  baio  15, 
vds/ia  bestia  24,  veoere  veono  24,  vevetore  32  56,  o^oeno  34,  vragia  24, 
vogano  39.  Saranno  mere  affettazioni:  *\di poniate*  bontà  16  due  volte,  pia* 
Simo  16,  piasema  44,  piasemato  36. 

Accidenti  generali. 

86.  Prostesi:  aecorruchata  39,  arricolhe  39,  arrotare  40,  arrotato  49, 
amo^trano  43,  ausano  23,  auriitar^  37 ^  —  87.  Geminazione:  dilluvio  3 
17  41,  fra/^i  3  20,  allipergo  16;  cammar^  cammer^  13,  cocummeri  25;  c^n* 
n^tf  2  25,  t^n^o  32;  cwm  passim;  'ma  cxo  cea*  ciò  che  2,  ^comu  ella  à 
/facto*  7.  —  88.  Epentesi;  di  n:  menjo  5  6  21  ecc.,  menzn  nocte  26,  men- 
ttfrtf  24  28,  menterili  25,  menterenchi  28,  men<erd/i  25,  menteralla  7,  ^r/n- 
denja  31;  sonferesse  12,  somferio  54,  somfereranno  39  54;  —  di  t>:  m«no- 
van^a  minuanza  45;  —  di  ^:  gruga  grue  49,  ohrigare  obliare  35;  —  di  ri 
castro  17*  [trueni  20  ecc.|.  —  89.  Aferesi;  la  recha  Torecchia  20,  lo 
reche  37,  lo  semplo  26,  la  magine  26,  la  rede  49,  la  ntrata  50,  Upergavahì 
'aliperg-'.  16.  —  40.  Metatesi:  crape  47,  sprovieri  sparvieri  49*;  sdin^ 
lìtate  disi.  39.  —  41.  Attrazione:  striano  ^stranio  2  32,  strianitate  stra- 
nezza 32,  mcyra  muoia  50  55.   —  42.   Assimilazione:   comanzameìxto 

13,  moloni  melloni  25;  v.  pure  num.  20.  — >  48.  Dissimilazione;  di  vo- 
cale: costante  in  'conoscere*:  canoscere  31,  canoscuta  25,  canoscono  9,  ecc., 
cfr.  Morosi,  num.  81;  volentate  6;  carruehala  corrucciata  3;  di  consonante: 
rasulo  rasoio  24.  «   44.  E  pi  tesi:   oy  aut  2  ecc.,  pcy  può  4  12,  fay  fa 

14,  v^y  va  44;  meno  sicuri:  chuy  pluy  più  freq.,  foy  7.  —  ine  i[bi>no 
48.  Di  qualuncata  40  v.  num.  47. 


'  In  ausano  aurinare  si  potrebbe  anche  vedere,  col  Morosi,  nam.  80,  il 
semplice  au»  o*. 

*  trueno  è  vivo   nelle   parlate  salontine;   non    mi   risulta   che  sia  cosi 
anciio  di  castro. 

*  Salda  tuttora  la  metatesi  di  'sparviere*  noi  Salonto  e  nelle  Calabrio, 
cui  appartiene  il  noto  gentilizio  Sprovieri. 


Il  Sydrac  otrantino»  §  IL  45 

e.  Morfologia. 

Flessione  nominale. 

M.  Articolo.  Si  alternano  lu  e  lo;  cfr.  num.  17.  Al  plur.  masch.  tal- 
volU  le:  *le  peccatori*  40,  *^  più  pericolosi  membri*  44;  ecc. ^  Ma  illu 
ella  si  direbbero  ancora  intatti»  pur  nella  funzione  articolare,  in  ^illu  quale* 
il  q.  2y  *et  ella  sua  filha*  6*.  Al  fm.  plur.  naturalmente  li:  Ut  doy  noeti* 
26,  'a  ft  prime  septe  volte'  26,  *li  sua  occasioni*  28,  Wi  possessioni*  28, 
^li  gienti*  43;  cfr.  num.  14  e  Meyer-Lùbke,  gram.  rom.  II  103*. 

46.  Numerali:  doy  tanto  al  msch.  quanto  al  fmm.:  *doj^  occhi*  5, 
'<iosf  luminari'  2|  *do}^  homini*  8;  *doy  colonne*  il,  *li  doy  noeti'  26^; 
qtsaetru  26,  ctficu  6  15  ecc.,  Mi  novi  comandamenti*  7,  cincucenti  anni  7, 
tricenti  anni  14,  novicenti  anni  6,  mille  personi  27,  milli  anni  6  14  27,  vtn- 
tieepie  iurni  13. 

47.  Pronomi;  Personali:  y>i  sempre  e  cosi  pure  nuy  vuy;  —  le 
nasoe  (al  serpente)'  14*;  —  'non  lu  lo  fay  assapere*  non  glielo  lo  f.  s. 
39;  <»  inde;  frequentissime  forme  come  fàrendulo  farnelo,  si  nd*  àbe,  ecc.; 


*  Card.:  *'alle  quindici  de  junio%  *a  le  venti  uno  (del  mese)';  cito  pure: 
*le  pagao'  li  pagò  (i  ducati). 

*  La  funzione  d'articolo  veramente  è  più  perspicua  nel  primo  che  non 
oel  secondo  esempio.  In  questo  si  potrebbe  vedere  piuttosto  un  rappre- 
sentante di  quell'odierno  ddu  dda  proclit.,  il  quale  talvolta  sembra  che 
rasenti  addirittura  la  funzione  dell*  articolo.  Per  es.  :  *quiddi  ci  sviane 
zurtata  dda  signura*  Aradeo;  'comenzau  de  lu  spirguegnu  de  dda  fim^ 
mina'  Amesano;  *ddi  birbanti,  non  sapendo  che  fare'  ecc.,  *lu  cacciau 
a...  eauci  intni  a  ddu  serviziu*,  'E  tutte  sti  cose  ni  li  dicianu  a  dda 
póra  signura...;  ma  edda*  ecc.,  *lu  male  ci  mi  anu  fattu  ddi  birbanti* 
Copertino. 

*  Conig.:  ^U  littori';  Cons.  di  Giov.:  *li  gocte'  le  cotte,  *li  esequii', 
"li  campani*. 

^  Le  Cons.  di  Giov.  sembrano  però  distinguere  il  msch.  duj  dal  doy  fm.  : 
*duj  canauli  allumati*  cfr.  il  nostro  less.,  ma  'allomare  quattro  cannuli 
et  doy  candeli',  'tocte  doy  le  campane*. 

*  Chroo.  Nerit:  *pe  scontarse  la  ingiuria,  le  faciano...*  (al  re  e  a*ve- 
nesiani),  ^le  saccheggiavano*  (agli  stossi),  *morio  lo  conti  Alessandro  et 
le  saccesse...  lo  so  fratello',  Mo  abbati  precao  lo  papa  che  le  confermassi*. 
Cardami:  *le  levara  lo  dominio*  (al  re),  'quando  le  fo  dicto*  (a  Braccio 
da  Montone).  Conig.:  *omne  barone  del  regno  spolliato...  se  andasse  a 
ptlliare  suo  stato  quale  lecitamente  le  toccasse*. 


^  de  Bartholomaeis, 

frequente  pure  il  tanto  diffuso  de:  'multi  de  fora  nati*  2,  'che  d*  averà  me- 
stieri* 5,  *no  de  Tale\  'no  de  prende*,  'non  de  manja*  Il  ecc.  —  Dime* 
8  tra  tiri:  quistu  quiiti,  questa  queste^  quillu  -t,  quella  -«,  illu  ella;  v.  num.  l. 
—  Possessivi;  frequentissimi  mia  tua  sua  e  5oa  al  masch,  sng.  e  plur.: 
Mo  sua  aiutu*  2,  Mo  sua  deo*  2,  <lo  sua  paysi*  28,  Mo  soa  incantamento*  2, 
Mo  mia  deo*  3,  *lo  tua  deo*  2;  Mi  stux  amici*  4,  Mi  sua  miracoli*  4;  e  al 
fm.  plur:  'li  sua  orationi*  28  ecc.  Anfora-  'kattgaliiMi*  ZK  —  ILalutivi; 
nella,  yjwiki  assai  spesso  ehi:  'li  angeli  chi  so  in  cielo*  4,  'li  ydoli  chi 
non  erano  ancora  distrutti*  3,  Mo  filholo  de  deo  ehi  venera  5,  ecc.  ecct*.  — 
Indeterminati:  qualunca  n]^eMO,  * qualuncata  modo*  39*.  —  Partitivi; 
scaduna  ciasc.  4»  con  assim.  morfol.:  *" ciascheduni  cento  anni*  14. 

48.  Forme  oblique:  milheremU"  e  mo-  5  15  18,  sartore  47, 

49.  Plur.  neutri  e  di  tipo  neutro:  le  laiora  43»  le  lucore  i  luo- 
ghi 43  V.  num.  5U 

50.  Reliquie  della  V:  'la  vede  fache  a  foche"  7,  'aufliao  alla  fa- 
che*  7,  'da  fache  ad  fache"  10\  'cincu  die*  6.  E  ancora:  la  allegrecee  4,  la 
alegrecze  10,  nulla  gravecce  5,  la  gentilecce  11  12,  la  richecce  11  19,  ìtal» 
tecee  12,  la  ritondecce  e  la  grandecce  21,  la  lordeese  36,  la  chareeee  54. 

6L  Metaplasmi;  dalla  I  alla  II:  le  personi  25  e,  più  chiaro  ancora 
perchè  con  'umlaut*,  le  persuni  27.  —  Dalla  III  alla  I:  'però  ca  <)11a  (Eva) 
fosse  pctra  de  luy  *  38,  gruga  grue  49,  '  le  grande  cose  *  28,  '  le  q%uile  pre* 
giere*  31,  Me  celestiale  cose*  5.  — >  Dalla  III  alla  II:  eyro  aria  5,  quero 
cuore  11,  oloro  11,  ciecio  cece  28.  —  Dalla  IV  alla  I:  le  mane  12  37. 

Genere;  neutri  plur.  in  femm.  :  le  mure  26,  •xxiij»  milhare  25,  •ii(;« 
bracse  25,  le  locore  43  v.  num.  49;  '^  rasa  del  sole*  i  raggi  48.  Masch. 
e  neutri  in  femm.:  la  sange  b  ^  la  sangue  21,  ^  capa  48,  la  ventre  48,  la 
lume  31.  Femm.  in  msch.:  lo  costola  6. 


'  Non  vorrA  eseludersi  che  qualcuno  di  questi  mia  tua  sua  provenga 
dall'originale  toscano.  Ecco  ora  gli  esempj  salentini.  Dal  Pap.:  'li  pie* 
cati  sua\  Mi  pinxieri  sua  propria*,  'li  affari  mia"  Copertine;  'lu  spogu 
(sfogo)  sua\  'signore  mia"  Oalatone;  'lu  sfoghe  sua"  Ostuni;  'la  leggi 
sua"  Brìndisi.  Dalla  Parabola  brindis.:  'mi  chiami  figghiu  i«a*,  'cumi- 
nanxiri  tua"  tuo  commensale,  'li  aervituri  ma*,  *stu  figghiu  mia',  Tamici 
mio*,  stu  frati  tua".  A  Lecce,  per  quanto  posso  vedere,  queste  forme 
mancano.  —  altroy  40  sarà  dovuto  al  timore  di  cadere  nell**  umlaut*. 

'  Ma  va  anche  avvertito  qui  che  sotto  la  grafia  eh  ben  possono  na« 
scondersi  i  caratteristici  ci  ce  de*  dialetti  pugliesi. 

*  Cons.  di  Giov.:  *qualuncata  sacerdote *,  ^qualuncata  ecclesia*.  Oggi 
ciùn§ftf  a  Bisceglie,  ma  eincàta  a  Altamura  Ostuni  e  Taranto» 

*  è  di  Otranto  di  Lecce  (Imbr-Cas.  258)  e  di  Copertino  (Pap.  478). 


Il  Sydrac  otrantino,  §  II.  47 

Flessione  verbale. 

92.  *  essere*;  ind.  pres.  :  si  simu  siti  nunu  1,  sontol  cfr.  De  Vino.  p.  18  S 
aiuto  al  più  frequente  JO;perf.:  foy  fu,  fora  e  forano  furono*;  fut:  se^ 
raiu  serai  sera  serauno  e  anche  fora  saranno;  piucheprf.:  forano  17;  — 
eoog.:  scia  sia  19;  fossera  -o  7;  siria  sirriano  e  seriauno  27;  per  Tausil.: 
*to  aderta  stato  oltraio*  41. 

6S.  *avere*;  da  $eraiu  num.  52,  ricavasi  aiu^abe  ha,  a  uno  hanno';  — 
ohe  obero  ebbe  ebbero^;  —  aia  io  abbia. 

54.  Indicativo.  Presente:  cresu  e  cm'o  credo,  veto  veggo,  num.  19; 
—  poy  può  28  e  potè  7,  fay  fa  12  e  face  foche  freq.  *;  —  deiamo  dobbiamo  5, 
trotamo  24  40,  -imu  'imo  num.  1;  —  -^ti  num.  12,  •t'a'  num.  1  e  12;  — 
3*  prs.  plur.  formate  sulla  3*  prs.  sng.  +-no:  poteno  17,  veceno  34,  esserne 
escono  4,  moreno  7,  voleno  9,  veneno  17,  teneno  17,  mantenena  23,  appar- 
teneno  30,  dormeno  45;  e,  come  awno,  anche  /auno  4,  «aawro  5,  cfauno  5  10, 
vauno  lo*;  per  lenluno  pascano  repetuno  v.  nuiftr  17;  legittimi  anche  fa^ 
cono  7  14  e  facuno  19,  iaeono  15^;  e  cosi  pure  mdnjona  mangiano  14*. 
Imperfetto;  -t'a:  avia  venia  vestia  crescia  ecc.,  ci^oiot  dovevi  38  e  qui  puro 
depìvivo  dovevate  38  cfr.  Arch.iV  122 n.  Perfetto;  forme  deboli;  3*  prs. 
sog.,  costante  Tuscita  -ao  <u,  gli  es.  passim.;  —  alla  3*  plur.  frequente 
"crn  -era:  oomenzara  maravelhara  reposàrasi  mendralo  fogera  ecc.  ';  e  an-> 


'  É  oerioso  che  su  questa  3.*  pi.  i  dial.  mod.  abbiano  foggiata  la  2.* 
pra»  sng.:  tarent.  sint^  De  Vinc.  I.  e,  sinti  Aradeo,  Pap.  476. 

'  ChroD.  Nerìt.  foe;  Card.  fura.  Circa  T-a  che  si  vede  qui  e  in  fossera 
cfr.  num.  54  n. 

'  La  forma  auno  non  è  limitata  al  nostro  testo.  Vive  ancora  a  Muro 
Leccese,  Pap.  480,  e  ben  la  rappresenta  V  od.  onu  di  Taranto,  De  Vinc. 
l.  t^  di  Calatone  e  di  Ostuni,  Pap.  480  487.  Cfr.  pure  Subak,  Das  Zeitwwt 
in  der  Mundart  von  Tarent^  Brùnn  1899,  p.  18. 

^  Nel  Chron.  Nerit  ricorre  pure  havio  per  'ebbe\ 

*  pof0  e  face  son  le  forme  più  propriamento  vernacolar). 

*  Simili  forme  anche  nella  *  Fiorita*  chietina.  §  82. 

'  facunf  a  Muro  Leccese,  fagunf  a  Martina  Franca,  Pap.  484  486;  analo- 
gamente piacono  piacciono  è  di  molte  parlate  meridionali. 

*  È  ^manjonu  con  V  ^n  caratteristico  della  3.*  plur. 

*  Tale  desinenza,  che  certamente  va  dovuta  all'analogia  del  piucheperf., 
^  ben  rappresentata  ne*  testi  antichi  e  ben  viva  nelle  parlate  moderne. 
N«l  Chroo.  Nerìt  non  abbiamo  che  un  poterà  poterono;  ma  sono  senza 
dubbio  errori  di  stampa  i  molti  -^va  ^eva  che  vi  si  leggono  per  ignoranza 


48  de  fìarth(4omaeis, 

che  -^ro  -aru  •ero  -erui  eomensaro  e  comenzaru^  andare  andaru^  salerò 
saleru  salirono,  ecc.;  -io  -iti:  audiu  cussentiu  moriu  siu  usci  capiu  per^ 
diu  ecc.,  più  rare  le  forme  con  •©;  notevole  per  il  tema  dedistili  3.  — 
Forme  forti:  parse  3,  piacce  piacque  42  49  v.  scritt,  vede  vide  6,  me$e 
mise  e  mesero  Z,  promese  27,  roppe  ruppe  3,  chobbe  piovve  0,  bebé  bevve  6, 
posse  pose  27,  stei  'stette*  passò  49*,  sappe  e  sappero  3  4,  voice  e  volcze  4, 
pocte  *pótte*  potè  16;  presera  presero  6.  —  Futuro:  puneralo  -àilo  3;  lo 
3^  prs.  pi.  vanno  naturalmente  in  -duno:  andarauno  faranno  occiderauno 
clamarauno,  ecc.  ;  ^arimo  -erimo  v.  num.  1  ;  volcerà  vorrò  3. 

55.  Congiuntivo:  'cu  tu  pocci*  che  tu  possa 21;  'volse  illu  cu  ella 
(ranima)  stesa  appresso  alluy*  11,  'perchè  la  terra  desa  li  sua  frutti*  43 
ali.  a  creta  creda  2  num.  19;  parga  paia  7;  -^mo  sempre:  credamo  fac- 
zamo  ecc.;  —  'si  Tomo  pilhassa  la  «amento*  37*. 

56.  Condizionale:  "issi  -issivo  num.  1;  noto  ancora:  cacharisse  -re* 
sti  41,  comandasse  -assi  41;  credereano  26,  semelhariano  31 '. 

57.  Imperativo:  -art  v.  num.  12,  veniti  2. 

58.  Piuccbep^rf.  in  funzione  di  condizionale:  perdonara  2, 
'si  illu  divenesse  homo,  tanto  avera  meno  de  pò  testate*  6,  'le  arti  senza... 


di  chi  curò  r  edizione.  Però  nel  Card.:  jurara^  levara^  ttossecara  attossi- 
carono, rovinara^  scarambocsara  *  scaramucciarono*,  ecc.  ecc.,  fera  fecero, 
seg^*era  seguirono,  fuggera^  morera;  venira  vennero  (ali.  a  venere)^  unirà, 
Conig.:  recaptara  'ricattarono*,  pagara^  andara,  raduftara;  stera  stettero. 
Oggi:  dissèra^  cussettara  'picchiaron  sul  capo*  (cfr.  cuzzetia  occipite).  Co- 
portino;  rispettava^  Muro  Lece;  cuminzara^  Brindisi.  E  delle  forme  deboli, 
di  cui  un  solo  es.  con  -ra  ha  il  nostro  testo,  possiamo  citare:  dal  Card. 
indusserax  e  dal  Conig.:  vénnera^  rùpperali^  córsera^  remàsera^  volsero^ 
moréttera;  e  da*  testi  mod.:  dissara^  Aradeo;  ficera,  dissira^  Arneaano;  fieera 
Lecce.  Inoltre  nel  Conig.  la  forma  cong.  ammasscusera;  oggi  a  Marittima: 
cumiitissera.  •—  Dopo  di  ciò,  ognnn  vede  che  non  potrà  valere  solo  'avevan 
Toluto*  o  dorrei*  'vorrebbe',  ma  si  anche  'vollero*  il  volsero  (o*  che  cAia- 
gnesse  lo  quatraro)  che  Dante  rimproverava  al  'tristiloqaium*  de*  Pugliesi, 
e  se  ne  ha  insieme  qualcosa  di  più  che  un  semplice  indizio  della  prove- 
nienza salentina  delle  parole  citate  da  lui. 

*  L*-i  può  esser  di  mera  epitesi.  —  In  quanto  al  signiC^  di  'passare*  'tra- 
scorrere* che  'stare*  ha  ancora  in  qualche  angolo  delle  Puglie»  il  passo 
è  questo:  «Quanto  tempo  stei  poy  che  lo  diavolo  fo  eachato  da  eielo  che 
A'iam  foy  facto?» 

'  L*-a  proviene  certamente  dalla  3.*  prs.  sng.  del  presente. 

'  In  'vuy  non  potesce...  anci  lo  faresce'  41,  che  ricorre  due  volte,  può 
esservi  scrizione  a  rovescio  (v.  num.  24)  o  anche  mala  lettura  per  ^^su. 


Il  Sydrac  otrantino,  §  II.  49 

Io  quali  Tomo  non  poterà  stare*  47,  *  non  poterà  adorare*  37,  'non  potrebbe*; 
'perche  sappo  ca  ipso  peccava'  li  fece...*  avrebbe  peccato*  5. 

50.  Infinito;  di  li  in  IV:  snpire  14';  di  III;  twooe  muovere  48;  di  IV 
ifl  II:  a  ssalere  2,  parler  e  27,  ferere  31  '. 

Participio;  frequenti  le  forme  del  tipo  -uto:  convertuta  obeduto  con- 
C'^putn  vestuta  la  ssuta  less.,  ecc. 

60.  Forme  incoative  dalla  fless.  di  IV:  guaresse  guarisce  11, 
reoenhsse  rinverdisce  11,  perturesche  partorisce  15,  induresce  15,  imbel- 
lescy*  et  renverdescye  i6,  debelesce  indebolisce  21,  spartesse  -isce  36, 
finescie  36,  rifioreseie  43,  notresce  45,  stabilescono  52  •. 


naio  5  6  14,  /ut- 


Suffissi. 

61.  -aticu:  salvata  2,  avantaio  2,  coraio  312,  lengn^ 
'jnaio  37,  oltraio  41,  dagnaio  41.  —  -idjare,  v,  num.  19. 

'  Chron.  Nerit.  tenire  avire  sapiri;  Card,  avire;  Conig.  cadire.  Però  si 
può  ritenere  che  Vi  di  questi  infiniti  sia  di  mero  svolgimento  fonetico, 
atteso  il  fatto  di  cui  alla  n.  Kg. 

'  .\nche  fogera  fuggirono  riporta  a  un  inf.  fugare.  La  flessione  di  -ire 
può  dirsi  scomparsa  nel  tarentino;  il  quale,  oltre  a  salare  partire  ferére^ 
ha  anche  cere  'gire*,  mucére  muggire,  guarére,  murére,  trasére  *  trasire* 
passare,  vinére  venire,  ecc.  ecc.  Cfr.  De  Vi  ne.  p.  15  e  s.  vv. 

'  Non  s*  hanno  qui  che  es.  di  3.*  prs.  sng.  di  pres.  ind.  e  una  di  3.* 
pL  Non  possiamo  perciò  precisare  se  'Seo  investisse  tutto  quanto  il  pa- 
radigma verbale,  se  siamo,  insomma,  alle  condizioni  del  castigliano  (cfr« 
parecer  ecc.).  Certo  si  è  che,  alla  forma  infinitiva,  1*  infisso  si  presenta 
assai  diffuso  {abbivescere  *avvivire*  rinvigorire,  accujescersi  acquietarsi, 
iccurtescere^  addurmescere^  affitescere  puzzare,  amorescere^  ammaszescere 
*  ammazzi  re*  dimagrare, /urnesc^e  fornire  finire,  lucescere,  scurescere^  gua' 
rep:ere^  sturdescere  stordire;  De  Vinc.  s.  vv.).  Quanto  air-^sc-  che  si  vede 
in  luogo  dell' -i>c-,  anche  ne'  verbi  di  IV  (cfr.  Meyer-Lùbke,  gr.  rom.  Il  200, 
.^^olì,  Arch.  Vn  419  n,  471-2  n,  498-9  n),  van  tenute  presenti  le  particolari 
condixioni  di  questo  dialetto,  nel  quale,  come  s*è  visto  nella  nota  che 
7- recede,  i  verbi  di  IV  son  passati  in  massa  alla  II.  Si  riesciva  cosi  al- 
TuDìco  tipo  fiorerò  flore  scere,  con  la  seguente  successione  cronologica: 
fumire  guarire  sturdire;  —  furnére  guarére  sturdére;  —  furnescere  gua- 
retcere  stttrdescere. 


Archìvio  fflottol.  itAl.,  XVI. 


50  de  Bartholomaeis, 

ladeclinabili. 

62.  ca  quam:  'mostramilo  ca  yu  la  volho  videre*  3,  *si  è  multu  cor- 
richata  ca  aviti  creduto*  3,  *più  frisco  ca  non  fay  may*  3,  'imperzò  ca*  3; 
'perchè  ca  passao*  52.  Meyer-Lùbke,  gr.  rom.  Ili  632.  —  cu  quod:  'di- 
mandao  cu  li  fosse  dato*  3,  'dignu  cu  Taia*  degno  che  Tabbia  22,  Monanci 
cu  peccassero*  27,  'salvo  cu*  30,  'voice  cu  Tomo*  31,  'innanci  cu  facesse* 
52,  'tante  (cose)  cu  bastano*  36.  Meyer-Lùbke,  III  633.  ^  comu  2  ecc.  ~ 
cussi  6.  —  cuiunca  27.  —  chuy  più  36.  —  'de  pò  la  venuta*  8.  —  dova  2 
7.  —  dend€  donde  4,  ma,  poiché  occorre  una  volta  sola,  mi  è  poco  sicuro. 

—  *fini  actanto*  6,  '/int  alli  cinquantasei  jurni'  30.  —  'in«r  acqua*  3.  — 
intru  16.  —  intra  2  4.  —  'da  jne  a  mille  anni*  di  li  a  m.  a.  48  num.  44. 

—  ia  num.  18.  —  insembole  3  9.-—  mentro  39.  — •  ^nen  come  né  quanto* 
14.  —  oy  aut  freq.  —  ore  ora  adesso  3  7.  —  puru  pure  2.  —  one  'onne* 
onde  8.  —  vero  verso:  ' disobediencia  vero  Dio'  6,  in  vero  'in  ver'  4.  ^- 
'chi  nei  deTeno  entrare*  6. 


§  III.  —  SAOaiO  DEL  TESTO. 

(Cod.  Ambr    I,  29  inf.  e.  3  a  sgg*). 

N.B*  <»  Questa  pariiale  riproduzione  del  testo  (e.  3  a  -  9  a)  è,  fin  dove 
era  strettamente  necessario,  rigorosamente  letterale.  Si  sciolgono  le  sigle 
e  si  stampano  in  corsivo  le  lettere  sottintese;  ma  si  adotta  rinterpunzione 
moderna,  nessuna  ragione  intrinseca  rendendo  necessaria  la  riproduzione 
deir  antica.  Si  stampano  come  una  sola  voce  le  unità  fonetiche  risaltanti 
da  più  voci,  che  altri  suol  distingnere  con  un  trattino  (per  es.  aetanto 
€u:quUh  allaude  ecc.  per  a^ctanto  a^quillo  a^llaude  ecc.),  per  unifor» 
marci  cosi  alla  grafia  del  ms.  e  insieme  alla  realtà  delle  cose;  oltre  di 
che  per  toglier  di  mezzo  un  espediente  ortografico,  il  quale,  ove  pur  fosse 
nelle  consuetudini  della  scrittura  italiana,  non  cesserebbe  per  questo  di 
riescire  fastidioso  al  trascrittore  non  meno  che  al  lettore. 


[e.  8  a]  Uaando  lo  Re  Botai  lo  intese,  li  disse,  per  grande  cormoho:  *  Ore  me  lo 
mostra,  et  ya  farò  lo  tuo  dtcto  credendo  la  tua  Deo. ,  Allora  8idrae  sì  eessa  oao 
poco  in  disparte,  et  rlsgaarda  verso  lo  cielo,  e  feohe  questa  pivgiera:  *  8ignot«  Deo 
piatasa,  patrs  creator»  de  lo  cielo  et  de  la  terra,  che  ta  creasti  cielo  et  aoqna 
et  creasti  angeli  in  cielo,  et  donasti  alloro  belletate  et  splendore  et  ampleeia  et 
longecza,  e  spinVa  senza  corpo;  et  voice  esser*  signorr  et  ribello  p[#r]  la 


Il  Sydrac  otrantino,  §  IH.  51 

cupidigia  da  la  tua  signoria;  et  ta,  miBsere,  lo  traboccasti  in  V abisso  inferno, 
Cam  taoti  li  soa  siqaagi.  P07,  misser^,  soaperisti  la  terra  de  lo  dellavio  et  hami* 
liastiti.  Et  la  taa  hamilltate  dissese  iH  terra,  et  formasti  tocte  le  cose  corporali, 
et  Bpiriiuaìì;  ta  formasti  Adam  de  terra,  et  dedistiii  spf'rtYa  de  Tita;  poy  creasti    4 
Eva  de  la  saa  drecta  costata.  Che  ta  mi  digi  mandare,  per  la  tua  sancta  pietate, 
la  taa  sancta  gra/ta,  aczo  che  ya  pocza  Tencere  lo^  inimico,  et  convertire  acte 
questa  gente  menoscredente  allo  tua  santo  nome.  „  E  quando  ilio  abe  facta  qaesta 
pregiera  a  Deo,  uno  angelo  da  cielo  descese  allay,  et  si  li  dixe:  *  Sidrac,  Deo  à    8 
Audita  la  tua  pregerà  et  ò  esaudito  te  zecca  tu  diray  ad  qMtsti  meniscredienti, 
«t  si  ti  crederano  et  tu  confundaray  lu  diabolo  et  lo  sua  potere,  et  la  gratin  de 
Deo  descenderà  sopra  te,  che  tu  saperay  mostrare  ad  quièti  meniscredienti,  per 
lo  Tirtute  de  Deo,  da  lo  comenzamento  de  lo  mundo  fini  alla  Tenuta  de  lo  filho  12 
de  Deo  in  terra,  et  tu  si  Terache  profeta;  seray  appresso  fini  alla  Tenuta  de  lo 
falso  profeta,  et  allo  finimento  de  lo  mundo.  Et  ora  prenderay  uno  Tassello  de 
terra,  et  poneralo  in  su  tre  stecchi  allo  nome  de  la  sancta  trtnitate,  patte  et 
filio  et  spiriYn  sancto,  tre  persone  in  uno  Deo;  zo  è  ad  intendere  ca  ilio  sera  16 
pa^re  filio  et  spirita  sanc/o;  et  empleray  quillo  Tassiello  d'acqua,  et  tu  videray  la 
▼irtnte  de  Deo  ìntro  in  qtitllo  Taso,  e  poy  lo  mostraray  ad  qtitlli  meniscredenti.  « 
Et  dicto  qutsto,  P  angelo  si  parti  da  luy.  Et  allora  Sidrac  tomao  allo  Re,  et  si 
li  dixe:  **  Missere  lo  Re,  yu  tì  mostrarò  lo  mio  Deo,  quale  ilio  ò.  »  Et  lo  Re  11  dixe  20 
per  grande  ira  :  *  Mostramilo,  ca  yu  lu  Tolho  Tidere  si  ilio  è  melhore  de  lo  mio 
Deo.«  Allora  Sidrac  dimandao  cu  li  fosse  dato  uno  Tassello  de  terra,  et  poy  lo 
fece  empiere  de  acqua  et  prew  tre  stecchi  et  poy  guardao  intro  de  quella  acqua, 
allo  nome  de  Deo,  et  Tede  ineP  acqt«a  V  ombra  de  la  sancta  trtnitate.  Et  poy  24 
Sidrac  grida  ad  alta  Toche  et  disse:  '^Re  Botus,  resguarda  in  quella  acqua  e 
Toderay  Deo  de  tucto  lo  mundo.  Lo  Re  Tenne  per  grande  ira,  chò  lu  suo  Deo 
«ra  stato  arso  et  disfacto,  et  guardao  ineU  acqua,  et  vede  I*  ombra  de  la  santa 
trinitate,  patte  et  filho  et  spiW^u  sancto,  in  cielo  stare  in  la  loro  sedie,  V  uno  23« 
simile  all'altro  et  sedendo,  pa^re  filho  et  spt'rtYu  sanerò,  e  lo  filho  cu  lo  patte. 


E< 


[!it  quando  lo  Re  Botus  vede  quisto,  si  nd*  abe  grande  joya  ;  parse  alluy  essere 
propriamente  in  la  gloria  in  lo  paradiso.  Et  disse  ad  Sidrac:  *  Yu  croio  allo  tua 
Deo  0/  in  Zocca  ò  foy  et  sera;  ma  yu  ti  prego  che  tu  mi  dichi  comu  illi  so  tre.  «  32 
Et  Sidrac  dixe:  "Missere  lo  Re,  so  è  sancta  trtnitate,  et  si  è  et  sera  pa^re  filho 
et  npifitvL  sancto  e  so  tre  persuni  in  uno  Peo.  „  Et  lo  Re  dixe:  "  GonTersano  illi 
insembole?  „  Et  Sidrac  dixe:  **  Sì  comu  ò  lu  sole,  in  tre  cose  et  una  sola  et  pWma 
Bubstantta,  lu  sole,  zo  ò  ad  intendere  lu  sole  propr/amente  chi  è  in  cielo:  lo  co-  S6 
lore  e  la  propnetate  si  è  lo  pa/re,  la  claritate  si  è  lo  filbo,  lo  calore  si  è  lo 
aptWto  sanc/o,  che  so  tre  cose  in  uno  tenimento;  cussi  poy  illi  essere  tre  pe»*sono 
in  uno  Deoy  et  cossi  conTene  de  credere.  „ 


Q. 


Ivando  Sidrac  [...]  questa  ragione,  multo  piache  allo  Re  e  abe  gran.  Joy  a.  Et  ^ 
poy  gridao  lo  Re  ad  alta  toco,  e  dixe  :  *  Yu  croio  e  adoro  lo  Deo  de  Sidrac,  patte 
filho  e  spt'H^u  sancto,  tre  persone  in  ano  Deo,  e  sancta  trtnitate;  e  yu  Telo  lo 
nome  di  mio  patte  et  di  myo  auolo  quale  yu  auea.  „  Et  quancfo  lo  Re  Botus  abe 
4icte  queste  parole,  la  sua  gente  si  corruchao  fortemente  et  incotlnente  gridare:  44 
*Sia  morto  Sidrac  I«  et  si  sonde  censii  baro  una  parte  insembole,  et  dissero:  ''Lo 
noefro  Re  à  perduto  lo  sonno,  et  Sidrac  lo  incantatore  V  k  incantato  et  àlli  facto 
xenegare  lo  buono  Deo  de  lo  sua  pafre,  et  de  lo  sua  avolo  et  sua. ,  Et  poy  andare 


52  de  Bartholomaeis, 

allay  et  dittero:  *Mitten  lo  Re,  male  aniti  facto;  la  jostra  gente  ti  è  mnlta  cor» 
richata  de  Toy,  ca  aaiti  creduto  ad  qtiilln  incantatore  Sidrac  che  per  lo  tua  in* 
cantamento  t*à  incantato  et  facto  renegar«  lo  taa  baeno  Deo,  et  allo  arto  et 
4  dettracto  et  confuto.  «  Kt  lo  Re  Botnt  retpote  alloro  et  dJxe:  **  Ya  latto  *  e  la  tpo- 
cza,  et  ti  aio  prìto  lo  fiore,  et  lo  baeno  Sidrac  m*à  moetrato  la  verdate  IcSb) 
et  la  claritate,  perchè  lo  mip  patte  et  lo  mio  auolo  et  yn  et  Toy  elli  yoètrì  patri 
ayiano  maWaao  Deo  adorato  in  fini  ad  ora  ;  ma  da  ora  inanti  non  Tolcerò  altro 
8  Deo  ca  qtiillo  chi  ò  in  cielo,  et  allo  tua  nome  et  la  tua  credenza  Tolbo  rivere 
et  morire. .  La  gente  tua  chi  1*  audero  tanto  dire  tinde  eorucharo  fortemente  et 
retomaro  dreto  uno  de  li  play  tapij  de  l*otte,  per  ditputare  cum  Sidrac.  Allora 
lo  Re  ef  Sidrac  forano  contienti  et  comenzaro  ad  ditputare;  et  ìptti  mottraro  la 

12  loro  menitcredenia,  et  Sidrac  mottrao  la  potentia  et  tapientia  de  Deo  et  ▼encili. 
Quando  ip^i  miacredenti  ti  Tederò  Tinti,  non  tapperò  che  ti  dire.  Si  lì  ricaro 
uno  bichiere  pieno  de  crudele  Teneno  et  dittero  ad  Sidrac:  *"  Se  la  tuo  Deo  è  cotti 
buono  et  liale  comn  tu  dichi,  biTi  quitto  bichiere  del  Teneno;  et  Sidrac  ttete 

16  la  mano  incotinente,  et  prete  lo  bichiere,  et  dixe:  *Yn  boTo  quitto  crudele  Te- 
neno, allo  nome  de  Io  mio  Deo  creatore  de  lo  cielo  et  de  la  terra!  «  et  diete  quette 
parole,  bebé  lo  Teneno,  et  dÌTontao  più  bellu  et  più  fritco  ca  non  foy  may.  Et 
Io  Re  Botai  abe  gran  joya,  et  poy  amao  più  Deo  Terace.  Et  in  qtii'tto  Tenne 

20  una  fulgore  de  cielo  et  ferie  li  qnactru  tapij  et  abacteli  morti  in  terra.  Quando 
r  altra  gente  Tederò  quitto,  al  comenzaro  a  dire  Tnno  airakro:  *8i  lo  Deo  de 
quitto  homo  non  fotte  buono  et  leale,  quitto  non  aueria  campato  de  qutllo  bi- 
chiere del  Teneno,  che  non  ti  fotte  immantinente  tutto  torbato,  et  quitti  quactru 

24  non  t!  auerano  tuoti  eoli  cuttl  arti,  che  diciano  male  de  Io  tua  Deo;  et  per  tua 
detpeetn  lo  Toleano  oocidere,  et  ipet  to  morti,  et  Ulo  è  tcampato.  „ 


E, 


lljt  quando  Deo  fece  quetta  meraTelha  per  Sidrac,  allora  gran  parte  de  quelln 
gente  ti  conTortero,  più  de  la  mietate,  et  lo  Re  Botua  Tenne  malto  credente  in 

28  Deo.  Et  qiiancio  li  diaboli  Tederò  ca  illi  aTÌano  receputo  al  gran  danno  per  Sidrac, 
ti  è  intrato  in  altri  ydoli,  chi  non  «rane  ancora  dettructi,  et  gridaTano  ad  alte 
Toohi:  *^Re  Botut,  '  che  Ày  tu  facto  che  ay  creduto  allo  dicto  de  lo  incantatore 
Sidrac?  oramay  nuy  ti  lattarimo  le  tue  offerte  et  iamay  non  le  recheperimo,  et 

32  li  tua  beni  dettruterimo,  et  tocte  le  toe  bettie  occiderimo,  li  tua  inimici  topra 
de  te  aiutarimo,  de  lo  tua  bene  et  de  lo  tua  reame  ancora  ti  cacharimo,  et  li  tna 
fili  et  li  tua  parìenti  imptcarimo  a  gran  dolore;  tucto  quitto  et  peio  ti  farimo« 
et  te  da  quitti  mali  et  do  quitti  pericoli  Toy  tcampare^  diadici  zocca  tu  ày  dicto, 

3(>  et  fa  rompere  quillo  Tattiello,  et  quella  acqua  gecta  tocta  li  piedi  de  11  caTallì, 
imperiò  ca  ella  ò  tocta  incantata  de  grande  ìncantamienti  et  quilli  tre  ttecchi 
fa  ardere  al  foco.  Et  Sidrac  lo  incantatore  chict*  à  tracto  de  la  grandezza  tanta 
et  degna  de  lo  tua  patte  et  de  li  tua  antecettori,  la  tetta  li  fa  talhare., 

^  Et  quando  lo  Re  Botut  et  la  tua  gente  anno  audito  quitto,  ti  maraTelhara 
multa  duramente,  et  diventare  tuoti  ttupefacti.  Kt  quanefo  Sidrac  li  Tede  cotti 
tmagati,  ti  ti  foy  multu  corrìchatu  et  dixe:  *"  Re  Botut,  la  tua  credenza  et  lo  tua 
ceraio  agi  in  Deo  fermamente,  et  guardati  che  lo  ingenyo  de  lo  diabolo  non  ti 

41  tomecta;  che  per  lo  potere  de  Deo  de  lo  cielo,  yu  cofondarò  lu  diabolo,  et  la  tua 
potere.  «  Allora  prete  Sidrac  una  tcure  et  pe/Toste  dono  erano  li  ydoli,  et  dixe: 


'  Breve  lacuna. 


Il  Sydrac  otrantino,  §  III.  53 

*  Va  Ti  disfarò,  et  chacierò  YÌa  la  diabolo  ^er  fona  de  Deo  de  cielo  et  de  la  t^iTa.  « 
Et  roppe  taoto  omne  cosa;  et  la  diavolo  vide  zo»  si  non  potea  piti  demorarf  ;  si 
(ti  parte  cam  li  eoa  compangni  et  fecero  ana  ¥000  eì  forte  et  sì  aspra  che  tocta 
la  ^nte  «inde  epaventava,  et  venne  ano  tremulizo  de  t^Ta  ^er  lo  ingrenyo  de  4 
lo  diabolo,  che  alloro  fo  tìm  che  tocta  la  tèrra  debesee  fondare  de  troni,  et  de 
balleni  et  de  acqua  et  de  gradini,  che  tocta  quella  t«iTa  parca  che  tocta  deaeese 
profandare.  Qaando  lo  Re  Botai  vede  quitto,  ipeo  et  la  gente  saa  si  maraaiihara 
molto,  et  Sidrac  li  vide  tacti  Bmagiti  ;  ti  dixe:  "  Sire  Re,  non  ai  sconfortati,  ca  la  8 
fona  de  Deo  de  cielo  ò  più  forte  ca  lu  i/igenyo  de  lo  diabolo,  et  ptrth  vi  con- 
fortatL  Nay  avimo  incontinente  la  gratta  de  Deo  eopra  tacti  qi/illi  chi  in  luy 
credono.  « 

Allora  dessese  ano  angelo  da  cielo  cam  nna  grande  laminaria,  et  dixo:  "  S\drac,  12 
priendi  de  T  acqua  de  quillo  vassiello  et  fande  gectare  in  qaattra  cantoni  de 
Talbergo,  allo  nome  de  Deo  creatore  et  de  la  sanc/a  trinitate,  et  pilha  doy  de  li 
«Checchi  et  fiere  Fano  sopra  P altro  allo  nome  de  Deo  omnipotete,  et  lo  diabolo 
fi  confondarà. ,  Et  dioto  qnisto,  V  angelo  si  parte,  et  Sidrac  foche  la  saa  coman-  16 
d amento,  et  facto  qaisto  la  tempesta  cessao.  In  qaella  bora  ano  altro  angelo  si- 
Mete  da  cielo  cam  ana  spata  de  faeco,  et  ferie  la  diabolo  et  confose  et  arse 
tacti  quanti  li  ydoli.  Et  quando  quilli  ohi  non  erano  conyertati  Tederò  queste 
cose  chi  Deo  faoea  miracolosamente,  tacti  si  coaertero  alla  credenza  de  la  ve*  20 
rache  Deo  [e.  4  a].  Lo  Re  Botus,  avendo  veduto  tocte  queste  cose,  et  coma  tocta 
Toste  sua  s*era  conertuta  alla  credenza  de  lo  verachi  Deo  Signore  et  creatore  de 
la  cielo  et  de  la  terra,  si  inde  abe  gran  joya  et  grande  alegrecce,  et  incotinente 
adimandao  Sidrac,  et  dixe  :  ^  Co  significano  *  li  tre  stecchi  et  lo  Tassello  de  la  24 
t</Ta,  et  Tacq uà  de  intro  H  zecca  tu  fachisti  in  li  qaactrn  cantoni  de  V  abergo, 
ti  li  doT  stecchi  che  tu  feristi  Tono  sopra  Paltro?,  Et  Sidrac  respose  et  dixe: 
*  Misser«  lo  Re,  Tolentieri  ve  lo  dirò  per  la  gro/ia  Deo.  Li  tre  stecchi  significano  la 
«anta  trtnitate,  pa<re  filho  et  spirila  sanc/o,  tre  persone  in  uno  Deo.  Lo  Tassiello  28 
de  la  terra  significa  lo  mando  lo  quale  sustenne  lo  patre  de  la  santh  tnnitate; 
l'acqua  chi  è  intro  significa  lo  filholo  de  Deo,  chi  venera  nella  Tergono,  et 
prenderà  corpo,  et  quillo  corpo  serra  salvacione  do  lo  mundo  et  de  li  sua  amici, 
et  cofandimento  de  lo  diabolo  et  de  lo  sua  potere,  et  de  la  sua  credenza  et  de  82 
It  sua  amicL  Et  quillo  precioso  corpo,  zo  è  lu  filholo  de  Deo,  prenderà  da  la  vei*- 
«rene  et  morerà  in  croce  et  sera  mise  in  terra,  cossi  comu  Tacqua  foy  in  lo  va- 
giello  de  la  terra  ;  et  quillo  crucifigimento  et  morte  liberarà  Adam  et  li  sua 
amici  de  lo  potere  de  lu  diabolo.  L^acqua  chi  gectaray  in  li  quactru  cantoni  de  86 
Tabergo  significa  che  lo  filholo  de  Deo  sera  baptizato  in  l'acqua  et  farà  noaella 
lego;  li  qaactru  oantuni  significano  li  buoni  homini  chi  serauno  allo  tempo  de 
Io  veraefae  profeta,  filho  de  Deo,  et  serauno  de  li  sua  discipoli,  che  scrineranno 
lo  tuo  dicto,  et  la  sua  comandamento,  et  li  sua  miracoli,  et  serauno  obeduti  et  40 
creduti  per  li  quactru  alimenti  de  lo  mondo.  Per  quella  scriptora  confundarà  lu 
diabolo  et  lo  sua  potere,  et  li  duo  stecchi'  chi  yo  batey  Tono  cam  Taltro  per 
TabergOf  significa  li  santi  homini  chi  seraono  discipoli  de  lo  filho  de  Deo,  ca  illi 
andaraoBO  per  la  uniuerso  mundo  et  chamarauno  li  gienti  chi  deoeriano  essere  41 
perduti,  per  la  disciedenza  centra  a  Dio,  et  couerteraunoli  alla  fede  de  lo  verace 
profeta  et  aaluaralli. ,  Et  quanc^o  lo  Re  Botus  audiu  dire  ad  Sidrac,  ri  li  piache 


'  Ma.  wiffnifano.       '  Ms.  stocchi. 


54  de  Bartholomaeis, 

malto  et  abe  grilli  joya,  et  fermaatt  più  alla  credenza  de  Dee;  poy  adorao  Io 
Boa  nome,  et  ad  illa  credecte  fermam^te,  et  comenzao  a  demandare  li  capitali 
et  11  questioni  innanti  nominati  per  via  de  alfabeta,  tcripte  innanci  allo  iiteo» 
menzamento  de  qaitto  libro. 


D, 


'ea  non  hhe  may  comezamento  né  fine,  nò  averà;  ilio  foche  la  cielo  et  la 
terra,  et  ananci  che  ilio  la  faceeee,  sappe  bene  taeto  zecca  ilio  deaia  far»*  et 
r altre  coee  chi  ilio  fece;  ei  sappe  la  namero  de  li  angeli  ananti  che  ilio  li  fa- 

8  cesse,  et  de  li  hommi  et  de  le  bestie  et  de  li  aacelli  et  de  li  pissi,  et  che  morte 
deae  chaseadano  fare;  et  sappe  tacti  quilli  chi  deveano  esser  pei-dati,  et  li  loro 
pensieri  et  li  loro  dicti  et  li  loro  facti  et  la  loro  Tolentate;  et  simile  sappe  de 
tacti  «qutlli  chi  deoiano  essere  salaati;  et  se  qMeste  cose  non  abesse  facto,  no» 

12  Siria  però  di  pelo  nò  ^  di  meno,  et  aoendole  facto,  non  Tale  però  di  melho,  et  se 
altramente  fosse,  non  seria  vero  Deo.  Dea  fo  senza  comenzamento  et  senza  fini- 
mento, et  la  saa  potencia  fa  tacto  et  per  tacta,  et  si  ò  la  soa  sastanoia  in  tre 
cieli:  Pano  si  ò  corporale,  zo  ò  qaillo  ohi  noy  Todimo;  Taatro  si  ò  spiW/oale» 

16  so  ò  qaillo  ohi  nay  non  Tidimo,  là  doTO  so  li  angeli  ;  la  terzo  si  ò  quillo  là  doao 
ò  Dea,  la  qaale  TÌderaano  li  insti  loy  là  Tisibilimente. 

Ore  Sidrao  incomenza  a  respondere  a  lo  Re  Botns,  ad  tacte  Io 
soe  addimande,  et  a  scadona  responde  di  parte. 
20      l'ft  prima  ademanda  si  ò  si  Don  poy  essere  vedoto. 


D, 


'en  si  ò  visibile  et  non  Tisibile,  ca  il  In  vede  tncta  et  non  potè  essere  sedato, 
che  nallo  corpo  terreno  non  lo  poy  ridere  nò  spiW/aale  cosa;  ma  lo  wpiritu 
▼edera  li  spiriti;  et  se  lo  spirtVa  ò  baeno  et  josto,  quanelo  Tonerà  lo  tempo  ap- 

24  preseo  la  venata  de  lo  filho  Deo  in  terra,  poterà  essere  ch'elli  Tederà  in  U 
Tergono,  et  pillarà  qdillo  corpo  lo  qaale  sera  aadito  et  Tedato,  et  farà  zorc» 
Toma  farà  senza  peccato,  et  ipeo  sera  Dea  moderno,  che  per  U  sua  potencia  sera 
in  cielo  et  in  terra;  et  Tergono  sera  qMan<^o  ella  sera  concepnta,  et  Torgene 

28  sera  da  poy  lo  parta:  et  ilio  se  non  prendesse  corpo  In  la  Tergane,  nulla  cor- 
porale cosa  non  la  porrà  Tederò. 

2.  Et  Deo  ò  in  tucte  et  per  tuctol^ 

[e  4b]  Ueu  si  ò  in  tucte '^  so  insembole,  tocto  tempo,  che  altro  si  ò  ilio 

32  potente  in  uno  lueco  comu  in  uno  altro,  costi  comu  illu  ò  potente  in  cielo,  coesi 

ò  potente  in  terra,  et  in  lo  inferno  ;  et  perzÒ  che  ilio  ò  potente  là  dono  ipeu  K 

che  acquellora  chi  ilio  guberna  le  cose  in  oriente,  si  gobema  le  cose  che  so  i» 

occidente;  et  perzò  ò  iiln  toctaTta'  per  tucto,  ca  ipeu  goberna  toctaTÌa  tocto 

36  le  cose* 


3.  Tocte  le  cose  chi  Deu  fece  sentolo  essere? 


D. 


'eu  non  fece  nulla  creatura  che  ilio  non  senta  et  loy  non  docti,  cfaò  quello 
cose  le  quale  ad  nuy  parano  senza  anima  mortale,  quelle  TiTono  et  sentono  soa 
40  creatore;  li  cieli  lo  sentono,  secondo  lo  suo  comandameNto  non  finunu  de  gerare; 


'  BroTe  lacuna.       '  Ms.  toctu* 


Il  Sydrac  otrantino,  §  IIL  55 

lo  Mie  et  U  luna  et  le  stelle  lo  lenteno,  ehe  taoto  tempo  [...]  in  Ineoo  loro,  donde 
•i  moveno;  la  terra  lo  sente,  che  chatcanno  anno  rende  la  ino  frnctn;  li  Tienti 
lo  eenteno  et  lo  mare  lo  sente,  che  quando  le  tempeste  si  rabonaciano  alla  saa 
oomandamento;  Tacque  lo  sentono  oa  elle  corrono  al  laeco  donde  elle  esseno; 
li  morti  lo  sentano,  ca  li  resassita  quando  allny  piace;  la  nocte  et  lo  jamo  lo 
eonteno,  che  issi  scardano  bene  quella  lego  chi  Deo  alloro  à  comandato;  et  le 
bastie  aaoelli  et  pissi  lo  sentono,  chò  tncti  secatane  la  natura  chi  Deo  Vk  donata. 


4.  Che  fece  Deo  in  prima?  8 


I, 


n  prima  fece  Deo  ano  bello  palaczo  lo  quale  è  appellato  Regno  de  cielo; 
et  poy  fece  qoisto  siecalo  et  poy  lo  inferno.  Ma  in  quillo  palaczo  ad  illi  è 
•lecto  uno  grande  ordene  de  li  saa  amici,  là  donde  ipei  non  esseraano  jammay. 
Poy  che  tì  saranno  intro,  quillo  nomerò  Tole  elli  fare  de  li  saa  amici  homini  12 
•I  coma  è  de  li  angeli  per  saa  hamilitate,  perso  ca  li  hommi  et  li  angeli  adora 
OB  solo  Deo  in  terra,  pa/re  et  filho  et  spirito  sancto. 


5.  Qaando  foro  facti  li  angeli? 


A, 


llora  che  ilio  dixe:  *  Siano  facti,  et  tacti  li  altri  cam  li  angeli  et  cam  Tar-  16 
changeli,  cherobin  et  serafin.  «  Et  quando  elactfero  vede  ca  Deo  11  auea  facto  tanto 
bonore  et  gloria  sopra  tncti  li  altri  angeli,  si  disdinao  li  altri  angeli,  et  Yolce 
eaeere  simile  airaltissimo  Deo  et  Yolce  essere  melhore  de  lay,  et  voice  aaere  altro 
Iseeo  che  qaillo  chi  Deo  l*aaea  dato,  et  Tolce  per  la  sao  orghollo  air  altri  co-  20 
mandare:  donde  ipeo  foy  eachato  de  lo  paradiso  et  miso  im  pregione  de  lo  in- 
forno, et  cossi  coma  ilio  fo  prima  bella  et  piacente,  cassi  foy  poy  saczo  et 
■paventevele  et  nigro.  E  non  sia  vera  credensa  che  ilio  erodesse  cadere,  et  si 
■on  foy  ana  bora  in  gloria-  Cossi  tosta  coma  ilio  fo  facto  ribello,  cade,  perzÒ  ca  24 
aon  era  drieto  che  ilio  asagiasse  de  qaella  gloria,  che  cossi  facto  '  aaea  comenzato 
eontra  la  sua  signore,  et  li  altri  che  coli  a  y  tenero  cadere  collny,  et  si  credeano 
che  ilio  potesse  a  Deo  formare  et  co  ilio  fosse  altrosi  sopra  li  altri  angeli  ;  et  li 
pi&  mostri  et  malori  fora  cam  lay  gectati  in  lo  inferno,  et  li  altri  forano  cs-  28 
chati  a  lo  pia  spissa,  là  doao  è.  Elino  ardono  coma  in  ano  foeco  che  jammay 
miarrieonlia  non  aoeraano,  nò  dimandare  non  la  poteranno. 


6.  Di   che  seranno  li  angeli  chi  so  in  cielo? 


L 


li  angeli  chi  so  in  cielo  non  abero  volentate  de  peccare  invero  lo  loro  creatore  32 
ot  perso  no»  cadere  cam  li  altri  et  dimorare  in  gloria;  e  Deo  donao  ad  cha- 
•eadvno  ordine  et  officio  et  gloria,  et  li  angeli  chi  annnciano  alli  homini  le 
in«n  eoee;  et  à  altre  manere  de  angeli  chi  ananciano  alla  comone  gente,  alli 
nomini  '  cose.  Et  so  altre  manere  d*angeli,  che  si  clamano  Potestati,  che  coman*  86 
doao  alli  maWasi  spiriti  et  li  signoreiano  che  poy  non  faczano  cradeletate  alla 
hamana  cosa  ;  et  à  altra  manera  de  angeli  chi  ei  clamano  li  tanti  principi,  chi 
àoBO  signoria  sopra  li  maWasi  spìriti  et  comandano  alloro  de  complire  lo  ser> 
▼icto  de  Deo;  et  à  altre  manere  de  angeli,  so  ò  li  dominactioni,  che  sormontano  li  40 


*  B:eve  Ileana. 


I 


50  de  HartholomaeU, 

altri  dicti  mnanci,  et  «o  Bogecti  per  abidionza;  altri  to  clamati  troni,  sopra  U  quali 
sta  la  sedia  [e.  5  a]  de  Deo,  et  p^r  li  quali  tUi  nsa  li  tua  comandamenti.  Altri 
80  clamati  cliembini,  alli  quali  k  dato  tocto  le  Bciencie,  et  più  intondiuoli  crea- 

4  tar^  li  so  tag^cti  et  Ber  Tenti,  che  comu  ip^i  reegaardanu  lo  creatore  de  la  creatura 
de  Deo»  p^-fectamente  rechepeno  li  secreti  de  le  creatore.  Et  altri  so  nominati 
Serafin,  ardienti  et  intindieitti  et  accensi  de  Tamore  de  Deo,  più  ca  nulla  creatura 
razoneyole,  et  de  tocte  ^  so  tocte  le  creature  de  honore  clie,  intra  Deo  et  loro^  no^i 

8  àuno  nulln  altro  Bpi'rtYu  inmenzo. 


7.  Li  diaboli   fauno  tetto  cose  et  potunele  fare? 


D. 


'e  zo  ca  ip«i  forano  angeli  et  anno  natura  de  angeli,  si  auno  multa  grande 
sciencia,  ma  i>erò  non  fanno  là  tocte  coso.  Che  alti'e  [':*]  coma  loro  natura  e  più 

12  spiVf/uale  che  la  natura  di  Tomo,  de  tanti  so  illi  non  più  sapij  de  tucti  inger- 
nij;  do  le  cose  che  so  aduenire  non  sanno  illi  non  se  no  tanto  quanto  illi  nou 
senteno  \)ef  le  cose  chi  so  trapassate;  saluo  comu  Deo  non  lassa  loro  saperr 
nuUa  cogitazione.;  et  la  volantate  non  fa  nullo  serio  [?]  qnAlo  a  chi  Deo  la  volo 

16  roTolare.  Et  non  pozono  fare  zecca  boleno,  che  lo  bene  ip«i  non  voleno  ia  fare, 
et  non  poteno;  ma  ilU  potano  assa}-  male  fare,  non  tanto  coma  illi  TO^Tanno, 
se  non  tanto  quanto  lu  buono  angelo  lassa  alloro  fare. 

8.  Che  forma  àuno  li  angeli  et  se  sanno  tutto? 

20      In  una  manera  auno  li  angeli  forma  de  Deo,  che  cossi  fo  la  semilhanza  de 
Deo  in  loro,  comu  illi  so  lucenti;  et  so  senza  corpo,  pieni  de  tocta  bclletate«  N^ 
la  natura  de  le  cose  non  è  cosa  cu  ìps'i  non  sachano  et  veiano  tucto  in  Doo; 
et  de  tocte  quelle  cose  chi  soleno  fare  si  auno  potestate,  senza  nulla  grauecce: 
24  et  perzò  ca  lo  numero  de  li  bueni  angeli  fosse  compiuto,  si  foy  facto  V  omo  et 
si  fo  facto  de  corporale  et  de  spi/*//uale  sustancia.  La  corporale  fo  facta  de  qui- 
eti alimenti,  ca  Tomo  ave  carne  da  la  terra  et  de  la  acqua  la  sange,  da  lo 
evro   r  animo,  da  lo  foco  lo  calore;  lo  suo  capo  ò  ritondo,  comu  ò  lu  forma* 
28  mento,  et  si  à  doy  occhi   altresì  comu  lu  cielo  à  do\  luminari,  zoo  la  sole  et 
la  luna;  et  comu  lu  cielo  à  in  sé  septe  piancte,  cossi  à  Tomo  in  la  testa  septe 
portasi;  et  comu  Tayro  à  lo  Tento  in  se  et  li  truoni,  cossi  à  Vomu  in  lo  pecto 
le  grande  alene  et  le  gran  tosso;  et  comu  lu  mare  recepe  tocte  Tacque,  cossi 
32  recepe  la  Teatro  tocto  le  cote;  et  comu  la  terra  snstene  tocte  co«e,  cussi  suste- 
neno  li  piedi  tnc/u  lu  piso  de  Tomo.  De  lo  celestiale  fueco  à  lu  homo  la  Tednta, 
et  de  la  più  alta  aria  à  lo  naso,  et  del  più  basso  lo  sontìamento  de  lo  naso,  et 
de  la  acquala  calore,  et  una  parte  de  la  durecza  a  Tosso;  la  Terdora  de  li  ar- 
de bori  à  illu  in  li  occhi  ;  do  la  spir/toale  sustancia  à  T  anima,  ca  è  scripto  in  Io 
libro  de  Xoò  ca  iliu  è  alla  ymagine,  a  la  forma  de  Doo;  la  ymagine  de  Tomo 
intenditi  la  forma  de  loy.  La  semilhanza  zo  è  la  qualitate  et  la  grandeza,  la 
dÌTinitate  si  e  nela  trinitate.   L*  anima  si  tene  la  sua  ymagine,  ca  essa  è  me- 
40  moria  per  la  quale  rimenbra  le  cose  trapassate,  et  quelle  chi  so  a  beiilre,  et 
si  à  intendimento  per  lo  quale  ella  intende  le  cose  chi  so  audite,  et  qnelle  chi 
Tomo  i>ote  TÌdere;  et  si  à  Tolentate  p^xhc  ella  dispresa  li  mali,  et  fa  li  beni*  Et 


*  IJreve  lacuna. 


*  lì  Sydrac  otrantino,  §  III.  57 

ìH  Deo  80  tocte  le  cose  et  tocte  li  t  irta  te  et  tacto  altro  ;  ti  coma  Doo  non  poy 
etsercf  contenuto  intro  la  sua  creatura  «  con  ciò  bì  è  coBa  ch'ella  co/)ipre>ida 
tocte  coee  et  lo  cielo  no»  la  po3'  ponto  contrastare  eh*  ella  non  sepia  assay  do 
le  celestiale  cose  e  inferno,  alt/H)  si  che  zo  è  la  spiriVuale  sabstanoia.  ^ 

9.  Fece  Dea  Toma  calle  saa  mane? 

Uolam^nte  p^r  lu  saa  comandamento,  et  perchè  potiamo  intendere  la  (patina  na* 
tara  de  Tomo  ;  et  si  li  fece  de  si  yile  cosa  per  lo  confondimento  de  lo  diabolo, 
spzo  che  li  aaesse  onta  che  si  fCAtiaa  cosa  montarà  in  fi:lona,  là  donde  ilio  era     8 
tàcto  de  qnactra  alimenti,  coma  qaisto  secalo  facto;  et  si  abe  nome  de  le  qaactra 
parti  de  lo  secalo:  saans,  carboni,  tramof,  trobisamaf,  che  lo  saa  legrnaio  deve 
empire  le  qaactra  parti  de  lo  secalo.  Ancora  abe  la  simillanxa  de  lo  nostro  si- 
gnore in  questa  manera,  che  altresì  comò  è  lo  no8^ro  sig^nore  et  sopra  tocte  le  12 
coM  in  cielot  cassi  fece  Toma  sopra  tocte  le  cose  in  terra;  et  pei'chò  sappe  ca 
ìp^  peccara,  si  li  fece  TaUre  cose  corporale,  perchè  sapea  che  d^averia  mestieri; 
et  li  fece  le  mosche  et  le  formiche  et  le  altre  viermi  per  contrastare  all'or^ollo 
de  Toma,  azo  che,  quando  li  pongano,  che  illi  si  remembrano  che  [e.  5b]  multo  10 
*o  ca<*ttTÌ,  che  non  poteno  riparare  cossi  pichula  cosa  ;  et  le  formiche  et  le  ran- 
nitelli  che  travallano  in  le  loro  opere  si  danno  exemplo  che  nuy  deiamo  lavorare. 
>^l  nay  sgoardamo  bene  tocto  czocca  Dea  fece,  si  è  ano  gn^an  dilecto,  che  li  fiuri 
ouno  belletate,  l'erbe  anno  medicine,  et  fraoti  de  la  terra  si  pascano.  La  viento  20 
et  lo  sole  et  la  aria  portano  signifioanza;  et  tocte  quelle  cose  chi  so  bone  tocte, 
90  facto  per  Tomo,  et  foro  facto  allaude  et  ad  gloria  de  Deo. 


10.  Dove  fece  Deo  Adamo? 


[. 


n  Ebron,  là  dovo  ilio  foy  poy  morto  et  sepelito  ;  et  qtiando  fo  facto,  fo  mise  24 
il  fMiradiso,  zo  è  ano  dilectoso  loco  in  oriente;  et  qua  so  arbori  de  diverse  ma- 
nerf  et  so  boeni  centra  più  infermitati,  che  ve  n'à  ano  tale  che,  se  uno  homo 
ds  manjasse,  jamay  fame  no»  aueria,  et  se  de  l'acqua  beuesse,  may  sete  non 
ancria,  et  si  de   lo  terzo  manjasse,  may   lasso   non  seria;  et   al  diretano  si  illi  28 
mai^jasae  de  quillo  chi  Tomo  appella  fructa  de  vita,  may  non  vecharia,  et  no» 
ÌMfirmarebe,  né  jamay  non  moreria.  In  cotale  paradiso  fo  ilio  mise.  £t  Eua 
.ebbe]  facto  in  quillo  paradiso  da  lato  de  Tomo  qManc^o  ilio  si  dormia,  zo  è  ad 
intendere  de  lo  sua  costolo,  aczo  che,  comò  foro  de  una  carne,  cussi  fossero  de  82 
ona  volantate  et  de  uno  ceraio.  Et  Deo  voice  che  Adamo  fosse  simile  alluy,  che 
altresì,  coma  de  I03'  dicevano  tocte  cose,  altresì  dessesero  da  luy  tucti  li  homini 
d'Adamo,  et  però  fo  facto  Eua  da  luy;  et  feceli  tali  ohe  poctessero  peccare  per 
msiore  merito  auere;  che  quando  ip«i  forano  temptati,  se  non  abessero  consentuto  $f\ 
alla  demonia,  ilio  non  sarebero  allora  si  affermati,  ohe  jamay  nò  ip^  né  altri 
non  aoeriano  potuto   peccare;  et  avanti  che  peccassero  erano  nudi,  et  no»  si 
vergonyaTano  de  qnillo  menbro   più  che  de  li  echi  loro;  et  sì  tostu  coma  illi 
l'0«-raro  centra  lo  comandam lento  de  loro  creatore,  si  conobero  che  illi  erano  40 
noli  et  spullyati  de  lo  vestimento  de  la  gratta;  si  si  vergonyaro  Tono  de  Tautro 
^tabero  intra  loro  una  grande  confusione  et  vergonnya  do  li  loro  menbri.  Et  però 
«'he  Tomo  sapesse  che  tocte  le  scarte  deoessero  essere  calpabile  de  qt/i'Uo  peccato. 
Kc  nostro  signore,  vedendo  che  grande  bene  et  profecto  deuia  essere  de  quella   44 
Kacta,  et  innanci  che  illi  peccassero,  vedere  Deo  im  paradiso;  la  diabolo,  che 


58  de  Bartholoraaeis, 

[ebbe]  malto  grande  inTidia  de  czoeoa  ilio  deaeano  montare  donde  Illa  era  cadato* 
et  bì  intrò  nel  serpente,  et  parlao  alla  femina,  et  si  la  ingaitnao  et  el  toeta  coma 
ella  foy  creata,  coni  fo  ingannata,  et  non  stecte  in  paradiso  se  no  tepte  bore. 
^  Alla  tersa  bora,  mese  Adamo  nome  actote  le  bestie,  et  alla  tersa  bora  manjaa 
la  femina  In  pnrao  et  sinde  donao  allo  bqo  marito,  et  qnillo  de  manjao,  per  la 
saa  amor«;  et  aU*ora  de  nona  foro  gectati  tote  de  lo  paradiso;  et  sopra  so  des^ 
sese  lo  angelo  obembin  obe  portane  nna  spata  cbe  parea  fiamma,  et  qaelU 
8  spata  era  ano  maro  de  faeco,  donde  qnillo  paradiso  fo  intorniato.  Appresso 
qoillo  peocato,  cberobini  fay  rangeln  grande  cbe  le  fecbe  distringere  lo  corpo, 
et  di  spingesse  arroto  lo  spirito  de  lo  paradiso,  cbe  nallo  spirita  jammay  Y^en- 
trarà  fino  actanto  cbe  lo  filbolo  de  Deo  venera  in  terra  et  mororà  pendente  sa 

12  de  la  crocbe,  per  questa  disabidiensa  cbe  Adamo  fece  Terso  la  sna  creatore.  Per 
quella  morte  spengerà  In  faeco  de  lo  muro  cbe  oingnle  la  paradiso,  et  romperà 
le  poi*te  de  lo  inferno,  et  tirarànde  fore  Adamo,  et  li  sna  amici,  et  meneralli  in 
lo  paradiso  celestiale;  tncti  qnilli  cb*amaraano,  et  li  quali  seraano  amici  de 

16  Deo  andarauno  in  paradiso,  et  non  tronarauno  ootrasto.  Et  però  certo  deue  Tomo 
credere  ad  cotale  Deo,  ca  manderà  lo  filbolo  da  cielo,  et  abandonarallo  ad  morte 
crndele  per  nuy  salaare  et  liberare. 

11.  Quando  Adamo  fo  fore  de  lo  paradiso  dono  andao? 

20  Illa  sinde  Tenne  in  Ebron  là  doTO  fo  facto,  et  generao  filboli.  Et  Cayn  occise 
Abel  et  Adam  pianse  Inngo  tempo  U  morte  de  lo  suo  filbo  Abel  et  d*alom  in* 
nanti  Adamo  non  si  Tolce  adcostar  cum  Eoa  sua  milbere;  ma,  per  casione  cbe 
Dea  non  Tolea  naseere  de  la  malaaea  scacta  de  Caym,  si  fo  amaistrato  da  l'angelo 

24  cbe  denesse  jacere  culla  mnlbere;  et  ipeo  lu  fece,  et  ingenerao  Setb,  de  la  quale 
scacta  nasserà  lo  filbo  de  Deo.  Et  sacbati  tucti  per  ueritate  cbe  [o.  6  a]  da  lo 
tempo  de  Adam  allo  tempo  de  Noè,  non  ebobe  '  may  né  non  parin  Tarco  in  cielo, 
né  la  gente  non  manjan  carne,  nò  bobe  vino;  et  tacto  quillo  tempo  era  bello 

28  coma  ò  di  state,  et  si  era  abondansa  de  tocte  cose  ;  et  tacto  qnisto  romaee  per  lo 
peccato  de  11  gienti« 

12.  Fece  Adam  altro  peccato  inverso  de   In   sua  creatore,  ee 
no  cbe  ilio  dissubedia  lu  suo  comandamento  et  manjao  la  pumo? 

32  Jl^l  on  cierto,  ma  quieto  fu  multo  grande  peccato,  per  so  ca  uolce  eesere  Deo  et 
però  mansao  lo  pomo  cbe  Dio  auea  defiso,  cbe  deuea  fare  lo  comandamento  de 
Deo,  cbÒ  nulla  cosa  dò  fare  la  creatura  con  tra  lu  sua  creatore;  certo,  si  tu  foeai 
ananti  de  Dea,  et  alcuna  ti  diceese:  *  regoarda  arroto  et,  se  tu  non  fay,  tacto  lo 

9$  secalo  parerà  «  ;  et  Dea  ti  dicesse  :  *  ya  non  volbo  cbe  tu  regoardi  a  dereto  «,  ta  diai 
fare  lo  oomadamento  de  Deo;  et  altro  non  deeia  nò  volo  da  nuy,  se  no  eaaere 
obeduto  Et  cossi  fece  Adamo;  ilio  era  dananti  de  Deo,  et  cossi  tosto  eoma  la 
diabolo  lo  nvitò,  ipeo  si  guardao  arroto,  et  però  fece  Illa  malore  peccato  che 

410  tacto  lo  scieculo  in  quillo  solo  peccato  ;  fece  illu  uno  criminale  peccato,  per  la 
quale  incumbrao  tucti  quilli  obe  deneaoo  nasiire  da  luy.  Et  lu  primo  foy  Im 
ioperbia,  ca  Illa  Tolea  essere  slmile  allay,  so  ò  a  Deo;  lo  secando  foy  in  obe» 


Xeir interlinea  il  copista  ba  scritto:  *idest  pluit,. 


Il  Sydrac  otrantino,  §  III.  59 

diensA,  ca  ìlio  paasao  lo  comandamìento  de  Dee  ;  lo  terzo  fo  la  avarioia  ca  Ilio 
▼olse  più  avere  ca  Dea  li  aada  dato»  lo  quarto  foy  sacrilefcio,  che  Illa  prete  in 
•è  locca  Deo  li  aoea  deBeo;  lo  quinto  foy  la  epiVi/aale  forni  catione,  che  la  sua 
anima  era  comonta  ad  Deo;  ma  quando  fece  la  voluntate  de  lo  demoniu,  li  fece  ^ 
centra  Deo,  et  auoltero,  per  zo  che  li  pr^se  morte  de  lo  sua  verace  tpiritn;  lo 
•exto  foj  omicidio,  ca  ilio  occise  se  medeeimo,  et  li  altri  che  deuiano  naaser^ 
de  Iny;  et  la  leptima  foy  f^hiotornia  quando  cussentia  alla  Toluntate  de  la  fé* 
mina,  et  manjau  la  pomo  chi  Dea  li  auea  votato,  et  tolse  Io  honore  addio;  et  B 
qMillo  peccato  li  conTenne  tnre  lo  disfacimento,  che  chi  Taltruy  tolle  rendere  li 
conaene,  et  per  Tamentamento  trova  Tomo  mecé;  et  p^ò  ohe  Adam  deuia  far^ 
aaiitfaeione  addeo,  ilio  è  ancora  in  tenebre,  et  starà  là  fini  actanto  chi  lo  verachi 
profecta  filholo  de  Deo  venera  per  lay  liberarf. 

18.  Che  cosa  tolse  Adam  a  Deo,  et  coma  li  deuea  rendare? 


12 


A. 


.damo  tolse  a  Deo  tacto  zocca  ilio  deuea  fare  et  zocca  deuia  nascere  da  luy, 
altreal  di  ricievare  lo  diabolo;  coma  illa  era  vinto  da  luy,  illu  et  tucti  quilli  che 
deviano  nascere  da  loy  in  tale  m anera  ristaro  comu  «e  illu  non  abesse  peccatu  16 
aii qua,  però  ca  avea  malore  peccato  facto,  che  tucto  lo  mando  li  deaea  rendere 
tale  eoaa,  che  fosse  più  grande  che  tucto  lo  mando;  ma  illu  non  poterà  fare 
né  Tuno  nò  Tautro,  et  però  remase  in  gatiuità. 


14.  Perchè  Adam  non  foy  perduto  del  tucto  ohe  si  gran  20 

peccato  fece? 


P. 


ero  ca  ilio  non  poy  essere  disfacto  zocca  Dea  avi  a  stabilito  et  proveduto, 
cbe  ilio  compirebe  la  numero  de  li  anireli  sui  et  de  lo  Ugnalo  d^Adamo;  et  in- 
tendere che  Adamo  auea  uolentate  d*emendare,  ma  Deo  non  li  voice  perdonare  24 
né  metterulo  nellu  sua  regno,  tale  comò  illu  era  :  ca  se  Dea  li  auesse  perdonato 
1a  aoA  onta,  però  che  lì  non  potessesi  disfare;  dunca  nasseriano  del  tacto  po- 
tente, se  iUo  mietesse  cotale  homo  in  la  sua  gloria,  senza  menda,  donde  ilio 
•sea  gitato  Tangelu  per  una  sola  cogitazione  ;  adunca  non  seria  illu  dricto;  però  28 
deve  ««sere  la  vindicta  de  lo  peccatore;  quando  ano  homo  trova  una  petra  pre- 
ciosa,  in  ano  fango,  illu  non  la  mett[er]ia  ja  nel  sua  tresauro  fini  ad  tanto  ch*ella 
noe  fcNse  lanata.  Et  però  ca  lu  seruo  ti  è  fidele  de  la  sua  signore,  si  è  tanto 
andato  che  lo  mese  in  carcere,  si  sera  mandato  lo  filho  de  lo  Re  chi  bacterà  32 
le  tiranno,  et  remanarà  la  seruo  alla  saa  signore  in  la  sua  gm^t'a,  ipeo  non 
pota  tornare  quando  foy  caduto,  che  altresì  [e.  6b]  corno  illu  fo  ingannato  pei* 
lo  iogetinyo  de  lo  diabolo,  che  quando  illu  avea  la  volnntate  de  retomare,  però 
che  ilio  non  potea  essere  si  dirieto  cu  Taltn  potesse  ayotare.  36 


15.  Perché   non  manderà  Deo  uno  angelo  et   facesse   uno 

altro  homo  per  liberare   Adamo? 


S. 


it  lo  angelo  ricactasse  lo  homo,  adonca  Tomo  seria  sua  sierno,  che  Tomo  deve 
^re  rifacto  simile  allo  angelo;  cb è  Tomo  è  folle  in  la  sua  natura;  et  se  illu  40 
si  tenesse  homo,  tanto  auera  meno  de  potestate,  et  si  facsse  uno  altro  homo  et 
mendaseelo  per  loy  liberare.  Adonca  no>i  pai  tenerla  pui.t)  la  racrone  alla  scacta 
de  Adamo.  Et  però  ca  T  angelo  non  poterà  recactare  Tcm^,  né  ipeo  per  se  me- 


())  de  Bartholomaeis, 

dai^imo  non  poterà  sodisfare,  si  prenderà  lo  fìlho  de  Deo  prtmam^ite  ca^Tie  in 
uia  sola  parsone,  facta  ad  manera  che  illu  sera  Dea  et  lincerà  la  diabolo,  al- 
t:^%\  coma  lo  diabolo  Tence  Thomo;  et  auerà  potestate  sopra  tocte  cose,  comu 
4  Deo,  et  si  s*aperarà  lo  cielo  ad  tucti  quilli  chi  nchi  deoeno  iiitrare;  Taltra  ma- 
nera  sera  che  illu  degenera  homo  et  farà  zooca  Tomo  deue  fare  senza  peccato. 

16.  Perchè   Torrà  illu  nascere   de  Terilene, 
et   coma  sera  ella  verbene,  se  nascerà   de   lei? 

8  Jl  er  qiMictro  ro anere,  sì  coma  fece  Deu  V  orna  ;  alla  prima,  qu<in<lo  Adam  fo 
facto,  non  abe  patr^  né  matre,  et  cussi  nascerà  lu  filho  de  Deo  de  la  Terilene; 
Ubo  sorà  lo  ftlholo  et  ipso  medesimo  sera  patre  et  ella  sua  fitha  sera  soa  matrT. 
La  secunda  manera,  de  solamente  homo,  si  comu  Eua  chi  nascio  de  lo  costole 

12  d<>  l'omo.  La  terza  manera  p^r  la  sua  potencia  et  per  la  sua  Tolentate.  La  quaiia 
minora  solamente  femina  per  confundar^  la  biabolo  et  liberare  Pomo  da  lo  sun 
])>tere.  Et  da  lo  incomezam^nto  do  Io  mando  sf^uardarà  Deoquilli  chi  più  Tama- 
rauno,  et  lu  sua  comandamento  farauno,  et  lu  sua  ben^dicto  nome  adorarauno. 

l^  De  quillo  lifj^naio  sera  electa  la  verf^one,  che  sera  necta  et  pura  senza  peccat» 
et  fiorita  do  tocte  di{?n itati.  Et  ingenerarà  lu  saluatore,  senza  nullo  delieto  et 
senza  nullo  dolora  et  parturerà;  et  lu  saluator^  et  intrarà  in  lu  sua  corpo  et 
p*v-ò  sera  in  guifia   altresì   coma   è   lu  sole,  che   intra  et  esse  per  lu  Titro,  et 

2i)  non  dagneia.  Et  inde  lo  sua  ventre  portarà  la  humana  natura  et  demorarìi 
none  misi,  perzò  ca  ilio  coni>lerà  li  none  ordini  de  li  angeli  de  li  gientì,  chi 
nattcerauno  in  qr/isto  sieculo,  et  tocte  le  cose  saperà  ipso,  quando  sorà  nato: 
i-nnu  Deo  chi  ipso  sera,  et  secundo  la  sua  potestate  tocte  cose  poterà  farf ;  ma 

24   illu  vorrà  in  tucto  tenore  la  natura  de  Tomo  senza  peccato. 


17.  Qua/ito  visse  Adamof* 


V 


damo  visse  novicenti  anni,  et  quando  venne  ad  morire,  illu  mandao  Setb 
Mio  filho  allo  Aufcclo  cherubini  che  li  donasse  guarimiento  de  qNtllo  male  donde 

28  i*lu  era  molatu.  Et  Soth  andao  alla  porta  de  lo  paradiso  et  voice  intrare  intro, 
ot  Tanfrclo  la  vede  alla  poKa  et  illu  li  ademandao  sanitate  p<r  lu  sua  patre.  Kt 
lo  angelo  li  donao  tre  granella,  et  disse:  ""  po/*ta  qt<esto  allo  tua  patine,  et  mietili 
in  la  bocca,  qualunca  Tono  de   queste   granellc  si  lu  liberarà  de  grande  iiifir- 

32  mitate,  et  lo  comadamento  de  Deo  si  è  cincu  die  et  menzo. ,  Et  Seth  to#-nao  ad 
Adamo  et  moseli  *  le  granelle  in  borea  et  dissili  zecca  lu  angelo  Tavia  dicto. 
et  si  lidixe:  *  patre,  no^i  ti  sconfortare;  la  angdo  mi  à  dicto  che  dacquà  im  cinca 
jtirni  et  menzo  guarcrai.  «  Et  Adamo  sospirao  et  dixe:  *lu  jurno  de  Deo  si  è  milh 

3,;  anni.  «  Et  poy  moria  Adamo  et  li  diaboli  pr^ntero  la  sua  anima  ad  gran  joya  et 
s  Ila  mesoro  in  lu  inferno  Lì  noui centi  anni  chi  tìssc  Adamo,  significano  ca  ilio 
f«'oe  dissobedientia  vero  Deo:  si  deédegnao  la  copagnya  de  li  nove  ordine  de  li 
Angeli;  le  tre  granelle  significano  che  naHoeranno  d*essi  tre  arbori,  che  su  al* 

40  Tuno  s<>rà  crucitìxo  et  perduto  lo  filholo  [e.  7  a]  de  Deo.  Et  Adamo  guararà  do 
ii'tA\h  infirmitate  per  quella  morto  che  lo  filholo  de  Deo  farà  et  sera  deliberai'» 
ili»  lo  inferno,  et  tucti  li  altri  amichi  de  Deu;  li  cincu  Jurni  et  mense  significano 
ciiicu  milia  cine  urenti  anni  che  Adamo  starà  in  pone  de  lo  inferno. 

*  Prima:  nió*//;  ma  Vi  fu  e«t'nto  cdu  un  punto  soscrit^  e  sostituito  da  e. 


Il  Sydrac  o  tran  tino,  §  III.  ^      61 


18.  Perchè  è  nominata  morte  et  quanti  morti  eonto? 


R 


enò  ca  ella  è  amara,  et  perchè  Adamo  mone  la  poma  chi  li  fo  Totada  p^rzò 
fumo  naj  morti.  EUi  so  tre  manere  de  morte;  la  prtma  è  quella  che  non  è  ma- 
tura lì  comu  è  de  fancioli,  et  quella  che  è  multo  tiferà  sì  coma  de  Techy.  IVr  ^ 
lo  peccato  d*Adamo  è  ordenata  la  morte,  et  Tuna  generacione  remane  ad  preieo 
r«ltra  per  la  oita.  .Altresì  fossero  iiiTitati  da  Torà  do  molto  in  multo.  Et  alla  fine 
fossero  tacti  simile  d* angeli.  Ore  queste  so  doy  manere  de  moHe  corporale;  la 
terza  si  è  morte  eternale  zo  è  de  quilU  chi  morene  in  peccato  mortale,  chi  so  8 
dannati  etemalemente  alle  pene  de  lo  inferno. 


19.  Xoya  nulla  alli  homini  de  quale   morte  ip«i   morene, 

oy  de  subito  oy  per  altro  modo? 


X< 


Jion  noya  ià  né  tanto  nh  quanto,  che  qiiilli  che  puro  pensano  che  devono  13 
morire,  non  morene  de  subito;  eczo  facono  medemmo  li  bueni.  ca  in  Deu  creduno, 
et  la  sua  comandamento  fauno  ;  et  comn  ca  illi  morene  de  morte  naturale  et 
chi  siano  occisi  per  ferro,  et   chi  siano   arsi  oy  nectati   in  acqua  oy  in  pecati 
t'Orna  larroni,  oy  che  siano  morti  per  la  mala  ventura.  Non  credati  vuy  p^rzò  16 
cu  ella  sia  altra  che  preciosa  morte  ;  qoantunca  parga  ella  vitoperosa  allu  mundo, 
pr'ciosa  h  in  la  sg^ardam«nto  de  Deo,  che  la  sua  justieta  ne  li  sui  bene  farti 
DON  poteno  essere  perduti.  In  cotali  manera  non  noya  air  omo  lo  morire,  che, 
N'  ìlli  anno  facta  alcuna  cosa  in  qutsto  sieculo,  che  fare  non  dovessero,  per  la  20 
fratnleza  de  la  debile  carne,  silPò  tucto  perdonato  et  dimise  per  la  pena  de 
Tanpra  morte  ;  che  de  la  morte  de  li  mali   homini  che  non  credono  in  Deo  et 
non  fanno  lo  sna  comandamento,  illi  non  anno  g:ran  profecto  quando  iUi  non 
pQj^ano  ad  morire,  et  long^amente  piang^ono  infirmi,  che  de  quale  morte  essi  24 
morene,  ella  è  ria  per  loro  ca  non  so  morti  in  Deu,  nò  illi  la  volcero  pensare, 
;»erà  è  alloro  la  morte  multo  pessima,  et  non   credano  coloro  ca  vivono  (?ran 
tempo  appresso  nuy.  Deo  de  la  cielo  mandarà  alloro  bona  leflre,  nove  comanda- 
mi/iti; abefrny  a  che  illi  siano  credienti  in  Deo,  ip^i  non  temano  li  novi  coman-  28 
<Umienti  che  li  mandarà  alloro,  et  morerauno  d*  aspra  morte,  et  non  sera  al- 
loro nello  prode;  et  non  credano  li  altri  ohe  oeranno  appresso  de  loro  a  gran 
tempo;  et  Io  filho  de  Deo  desceoderà   in   terra  et  comandarà  a  loro  una  bona 
letre  et  insta,  et  crederanno  in  luy,  che  illu  è  verachi  Dea.  et  non  focone  li  sua  32 
eonadamenti,  che  illu  auerà  comandati  alli  sua  officiali;  aspra  morte  non  pro- 
fetare alloro  nulla,  nò  tanto  nò  quanto,  anci  noyao  al  loro  corpo  e  vituperio 
de  fili  et  de  amici  sui. 


20.  L*anime  coma  vanno  in   Tautro  secolo?  36 


G 


•ossi  coma  li  malifaetori  si  menano  alla  justicia,  ad  grande  conipagnya  de 
raripenti,  et  non  saune  altro  fare  ca  la  justicia;  altresì  quando  Tanima  si  deue 
partire  da  lo  corpo  mortale,  si  s*  adonano  gran  moltitudine  de  diaboli  et  por^ 

e  « 

tsoola  In  lo  inferno.  Et  se  quella  anima  ò  stata  credente  in  lu  sua  creatore,  ella  40 
•era  liberata  da  la  compnya  de  Adamo,  quando  lo  filho  de  Deo  romperà  lo  in- 
ferno. Et  ae  non  fosse  credente  in  lu  sna  creatore,  sera  gectata  in  Io  inferno,  et 
tura  là  sentpremay.  Ma  allo  tempo  de  la  credenza  de  lo  filho  de  Deo,  sera  tre      * 


«iv«  Bartholoinaois, 


\ 


«.t. 


K    «>^ 


"*v 


s. 


«««  loro  che  le.  7  b]  viaaraano  jaitamente,  et  U  \oto 
^  aT«imnno  facto  loro  comandamentu.  Quando  V&ùmt 
^  ^  *'  «>M^*«^.«  •'aMmblaao  flrrAndemaUitiidmedeAn|;ell,etmer&UQ 
,^-«»  iv  >^  «Nrilo  chi  la  guarda  et  flraberna  alti   pmecutiom  et  tri- 
^  Nx^Mar^MiMla^  cAMtando  9t  laudando  Deo,  in  paradiso  celetti&le.  U  m- 
'*»  «*^  "W  ^iiAU  chi  moreno  et  non  aTcrauno  facto  panto  de  be  [iìA 
^ -^  iM»iK  #t  i|i«i  ai  propensaranno  de  la  fede,  la  quale  lo  filho  de  Deo 
#t  C\>maiidata,  et  e*  amendaranno  dìnanoi  de  U  loro  morte. 
^*"^*^'    Vf^tMk  ^•^  teiera  da  lo  corpo  e  mortale,  ei  venera  T  angelo  de  Deo, 
^^^^%  M  «*  Tà  data  al  maligno  ipiriVo,  che  la  porta  in  uno  loeco  de 
^^  «  v^Auaa  porgatoriu  ;  et  ip«u  la  menarà  in  qmiIIo  laeeo,  et  non  U 
^iv  «^aW  |iltty,  tanto  quanto  V  angelo  1*  à  comandato.  Et  quando  ella 
t«Miw  <M  ìu  bueno  angelo  anderà  appillarela,  et  menteralla  in  partdleov 
'    ^^^  «M««»o  l>altre  bone  anime.  Et  la  terza  manera  de  menare  ranlmoeetà: 
'  -  ^*^  %^  <«a  «rbe  auerà  toctavia  male  facto,  ed  è  partita  da  qictato  eeculo  in 
^v.«A^  «M  l^re  de  lo  comandamento  de  Deo;  ai  venerauno  grande  maltìtodine 
«   «^^K^^^v  •!  pilharannola  et  a  grande  onta  la  menarauno  in  In  inferno  et  là 
i^A  -•  eiMMplienia  eecula. 


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V 


21.  Di  che  cosa  è  lo  paradieo  celestiale? 


Mmdleu  celeetiale  ti  è  la  Yleione  de  Deo  chi  Tomo  la  uede  da  fache  ad  .fache, 
>4(e<  e»  locte  le  Joye  et  li  dilecti  che  io  et  forano  et  serauno  in  quitto  aecnìo, 
•<^«  airrano  de  le  cientomilia  una,  de  la  Joya  et  de  la  gloria  che  aneraano 
;  ai^inie  de  quUli  che  Tideranno  Deo  ;  ip^i  non  deeideraranno  aanitate  né  beUeia 
^1  «4  ^Mea,  p#nò  ca  quelle  anime  chi  viderauno  Deo,  anerauno  tucto  et  aenuuio 
NSMilienti,  et  altre  non  deeideraranno  se  no  de  nedere  Deo  nolo. 


Quale  foy  facta  prima,  Fanima  oy  lu  eorpo? 


L 


corpn  foy  facto  in  prima  de  quactru  alimenti,  io  è  de  ayra  et  da  faeoo, 
19  de  aequa  et  do  terra;  et  ai  à  .iiii.  compleseiuni  in  tè;  et  quan^^o  foy  fomato  * 
noifro  Signore  Dw^^  per  la  tua  grolla  ti  li  tufflao  alla  fache  apirifu  de  vitA«  et 
donanli  la  algnoria  eopra  tocte  le  coee  in  terra,  et  co  foate  signore  in  lenm  lU* 
tretl  coma  I>en  è  in  cielo;  et  de  Adam  fece  Eua  tua  compagnia,  et  non  vòloa 
8S  da  luy  altro  che  ubedensn,  al  comn  Tuy  Taviti  audito  Perchè  ilio,  tln  da  la  «oa 
comandamento,  ai  foy  tpnllyato  de  lu  Tettimento  de  grada,  et  gectato  de    io 
paradito. 


28.  Chi  parla  tra  lo  corpo  oy  Tanima? 

86      Lio  eorpo  non  parla  ;  Tanima  ti  è  qMclla  chi  parla,  peraò  ca  Tanima  è  epa  j^» 
et  lo  eorpo  d  è  mortale.  Altresì,  comn  ti  uno  homo  foeee  toprm  una  beati^ 
la  mena  là  dono  illu  Tole,  et  la  bettia  lo  porta,  ousal  ò  de  In  corpo  m^ 
Tanima,  che  tocca  lu  corpo  parla  et  face,  ti  è  per  Taaima  ;  abengnya  eta«    li 

40  corpn  abease  volentate  de  fare  una  cosa,  ella  lu  pota  contrastare  cu  non  la  fi 
perso  cn  è  pih  grande  culpa  ali*  anima,  e*  a  lu  cuerpu;  et  lu  cnerpo  è  fac*«> 
terra,  et  In  terra  dene  tornare  et  morire  11  convene,  ei  no  à  si  forte  natura 

%      Tanima  chi  moriie  non  potè,  né  nullo  travalbo  non  tenta  donde  raainsa 


Il  Sydrac  otrantino,  §  III.  63 

grande  pataw  sopra  lo  coerpo  ohi  lu  caerpo  non  à  sopra  1*  anima;  ella  potè 
nmlte  cose,  et  dare  alla  corpo,  ohe  la  caerpa  non  la  pò  botare  al  lei*  Et  pei*ò 
dichimo  noy  che  Fanima  gobema  lo  corpo,  et  falò  movere  et  sa  tocti  11  argo- 
menti che  la  corpo  non  la  pò  fare  all'anima,  maczo  ohi  lo  corpo  opera  do  sé     4 
medesmo;  et  so  potiti  Toy  vedere  apertamente,  che  quan<lo  Tanima  si  parte 
da  lo  corpo,  la  corpo  diaenta  la  pih  leyda  cosa  de  lo  mando,  che  parlare  et 
mntare  non  si  potè.  Et  perchè  Fanima  d  parte  da  lo  corpo,  et  non  more  may, 
▼a  et  recepì  coma  ella  è  affaoto  nella  corpo,  doao  ò  stata,  et  secando  coma  ella  à     8 
gobomato  et  facto  in  qaello  corpo  nello  qaale  è  stata,  [e  8  a]  cossi  recepe  ;  et 
pò  deae  aaere  Fanima  più  grande  colpa  oa  lo  corpo,  che  per  loy  fa  el  corpo 
tocti  li  argamenti  ohe  li  face  ;  et  si  è  F  anima  facta  de  vita,  et  in  vita  deve 
tornare,  et  si  ella  non  foxe  ootente  de  lo  male  ohe  fa  lo  corpo;  adanca  non  12 
eeria  dannata  né  mesa  in  gloria  per  lo  bene  che  fa;  lo  corpo  saperà  qaillo  che 
averà  oy  Fano  oy  F altro,  zo  è  la  pena  et  la  glorta-  Ma  perchè  taoti  li  argo- 
menti che  lo  corpo  fa  ingengnyo  per  ley  sera  pih  cnlpabele  et  dapnatio  [sic]. 


L, 


24.  L'anima  è  sptrita  solamente?  i% 

é 


'anima  è  spirt/a  solamente  ca  non  à  corpo  né  membra  né  poter[e]  né  tenere, 
né  poy  vedere  coma  poterà  sentire  joya  né  gloria  in  paradiso,  né  pene,  né  do- 
lore in  F  inferno.  L' anima  si  è  spt'nYa  solamente,  et  lo  spi'rtVa  si  é  F  anima  et 
ai  è  si  factile  cosa  che  no  si  pò  vedere  né  prendere,  et  è  logora  coma  la  vento;  20 
né  niorife  non  pò«  né  manjare  né  bavere  non  volo,  et  si  cientomilia  anime  foxera 
ponto  aopra  an  pilo,  non  peoaria  né  pih  né  meno,  et  si  assagia  Fanima,  à  grande 
gloTM  et  grande  pena  che,  qnan^o  la  bona  anima  se  parte  da  quitto  secalo, 
lAOontinente  reeepe  vestimento  de  gra/ia  et  de  gìifria^  et  sente  la  glorta  de  Deo,  24 
intra  li  angeli,  senza  fine;  et  la  malaasa  anima,  quanefo  si  parte  de  qnisto  se- 
colo»  eUa  reoepe  vestimento  de  pene  et  de  dolore,  et  incontlnete  è  menata  in 
io  inferno  oy  alla  paf^atorio,  là  dove  admeretao  de  stare.  8i  ella  vay  alla  in- 
ferno, là  starà  senza  fine,  et  si  vay  In  pargatorio,  ella  si  pargarà  tanto  qaanto  £8 
averà  aadìafaeto  qntllo  chi  in  qnt'sto  mando  ave  facto.  Et  poy  in  ano  moaimento 
■Mmtarà  in  paradiso  celestiale,  et  allora  sera  spoUyata  da  lo  vestimento  de  la 
peoA  at  de  lo  dolore,  ot  si  vestirà  vestimento  de  gratia  et  de  gloria,  et  so  sera 
dopo  la  nenata  de  la  filho  de  Deo  in  terra.  32 


Lo 


25.  Qaale  è  più  sicharo,  Fanima  oy  la  corpo? 


corpo  è  più  secaro;  mass  danneggio  n'aviene  de  lidae,  però  Fanima  è  più 
psrieoloea  ca  lo  corpo,  cossi  coma  doy  homini,  quando  vanno  per  an  camino  peri- 
ealoea,  Fano  è  ardito,  et  Feltro  è  codardo.  Lo  codardo  pensa  in  sé  medesmi  et  dice:  86 
*  yo  [eo]  in  oompagnya  de  ano  valente  homo  ;  si  alcano  ni  assalhya,  Illa  defen- 
derà eé  et  me«;  et  per  qaesta  raczone  va  la  codardo  secaramente;  et  lo  valente 
^«■■a in  se  medeemo  et  dice:  **  ya  so  in  eopagnya  de  an  codardo  homo;  si  alcano 
ni  Msalhe,  ipen  fogerà,  et  ya  remaaerò  salo  alFassalto,  et  aerò  la  priio  et  morto. ,  40 
Et  per  qoasta  raczone  F  ardito  dablta,  et  non  va  secaramente.  Et  cassi  è  de  la 
corpo  et  de  Fanima.  Lo  eorpo  dice:  *  yn  farò  li  mia  diiecti  et  la  mya  volentate  «, 
•t  qaioado  yn  moro  et  ya  divorò  terra  e  no  mi  calgla  che  avene  de  me. ,  Et 
F  oaim*  dioe  :  ^  lo  eorpo  mi  tene  malvasa  compagny a,  et  menerammi  in  male  44 
•t  periealoeo,  et  al  diretano  yo  averò  pericolo  et  pena,  et  alla  fine  com- 


OA  do  Bartholomacis, 

bene  che  sia  in  pene  commeto,  zo  è  ad  intenderf  ea  lo  corpo  è  lo  codardo  et 
l'anima  ei  è  T  ardito,  et  iipitso  abene  più  grande  male  de  lo  codardo  che  non 
fa  de  r  ardito  p«»*  multe  cose. 


26.  Doto   abita  Tanima? 


h 


Tanima  abita  in  lu  saa  Taasielln,  zo  è  ad  intedere  per  tncto  lo  corpo  denti-o 
et  de  for«  là  doro  è  la  lange.  La  lange  si  è  la  Taseiello,  e  lo  vasBiello  de  la 
saiigre  è  la  corpo,  et  là  devo  non  è  sange  l'anima  non  yì  demora,  zo  ò  ad  in- 

8  tenden»  in  lì  dienti  et  airongae  et  alli  capilli  et  alli  pili;  Tanima  non  abita  in 
q fusti  laegy  perchè  ca  non  anno  lange;  e  la  daelo  de  queste  qaactro  cose  che 
nay  avimo  nomate  si  è  p«/*chò  le  loro  radicate  toccano  la  carne,  là  doTo  ò  la 
eange,  et  p^rzò  dolono  ip«i  :  ma  chi  li  talhasse  oy  inciendeiee  et  le  loro  radecate 

12  non  toccasse,  ipsi  non  doleriano  punto. 


27.  Coma   non  poy  dimorare  Tanima  in  lo  corpo, 
(iuando  la  sange  d'è   tocta  fora? 


A, 


.Itresì  coma  ò  an  fin  me  pieno  de  pisci  et  Tene  an  homo  et  tocta  Tacqva  de 

16  qoillo  fyome  tpargie  appoco  appoco,  tanto  che  tocta  Tacqua  è  perduta,  et  11  pisci 
poy  se  trovano  in  tcra,  [e.  8b]  donde  lo  convene  morire,  et  allora  Tene  Tomo  et 
si  li  pilha;  et  l'uno  fa  arrostire  et  l'altro  lesso,  a  l'altro  fricto,  secando  c'à  luv 
piace,  et  coma  so  buoni  ad  manjare  ;  et  cossi  adeuene  de  l' anima,  quando  lo 

20  corpo  perde  lu  suo  sange,  et  de  qualunca  manera  l'anima  si  sia,  oy  bona  oy 
rea,  l'anima  Ta  toctaTia  indebilendo;  et  qtmncfo  lo  sange  è  tocta  foro  de  lo 
corpo,  l' anima  salta  corno  lo  pisce,  qi«in<^o  li  troua  sopra  terra  senza  acquo. 
Adunca  si  paz-te  l'anima  de  qiiillo  modesmo  lueco,  ca  non  potè  più  demorarr, 

24  perzò  ca  ella  à  perduto  la  sua  notritura,  zo  h  la  sange,  altresì  come  lo  pesce 
perde  l'acqua.  Adunca  li  conTene  partire  per  forsa.  EUi  piscatori  de  l'anime 
bone  et  de  le  maluase,  zo  è  ad  intendere  V  angelo  per  le  bone  anime  et  le  de- 
moni per  le  maluase,  si  Tene  allora  chi  la  sange  è  consumata  intro  lo  corpo, 

28  on'  è  uscito  per  forsa  de  fore,  et  pilhya  qudla  anima  et  si  la  porta  in  qnilio 
lueco,  ohi  essa  ameretano,  in  quillo  corpo,  donde  ella  è  suta,  et  si  ella  à  ben* 
facto,  ella  sera  alla  compagnya  de  lo  filho  de  Deo,  et  si  ella  à  male  facto,  sera 
de  la  compagnya  de  q utili  de  lo  inferno. 

32  28.  Como  tìtc  la   gente? 


R 


er  multe  manere  li  homini  morene  poche  anno  complito  loro  termino  ehi 
Deo  à  loro  dato.  Et  li  altri  morene  per  grande  forfacto,  che  iUi  fanno  Torso  lo 
loro  creatore,  altresì  comò  lo  serro  chi  è  chachato  de  la  casa  de  lu  sua  signorr. 

3Q  inna[n]ci  che  lo  sua  termino  si  compia,  per  lu  sua  mal  fare  inTerso  de  lo  sua  si- 
gnore, et  perzò  lu  cacha  fora  de  la  sua  magione  nanci  lo  termino.  Altry  so  che 
morene  nanci  dato  alloro  da  Deo  per  forte  malatie  che  loro  adeuene  pe»*  su- 
perisi mai  gubernare.  Altri  so  che  morene  per  difecto  do  non  aTore  le  cose  n»« 

40  cessarle  che  bisognano  allo  corpo,  per  mantenere  la  Ttta*  Altri  per  bactalhye, 
et  per  multe  altre  manere,  che  nulla  persone  de  lu  mundo  poy  TÌnere  uno  solo 
punto  ultra  lo  termino  chi  Deo  l'à  dato,  ma  per  sua  forfatto  poto  anci  morir* 
de  la  sua  termino;  et  in  lueco  de  lo  forfacto  pò  elU  bene  fare,  et  sarà  demorato 


Il  Sydrac  otrantino,  §  III.  65 

mila  casa  de  lo  ina  BÌgrnorf,  et  col  tuo  amore  eomplire,  et  In  taa  termino,  là  doTO 
ilia  n  foflte  sofferto  de  mal  fare,  si  averà  bene  facto.  Et  cossi  fanno  li  pienti  lo 
bene  et  lo  male,  per  loro  Tolentate  ;  et  da  qual  morte  illi  non  morene,  de  la 
Jnstìcia  de  Deo  non  poteno  faf^ire  che  tncti  per  la  sua  sardamente  con  bene  cu 
passano  lì  buoni  com  li  rey. 


29.  Como  pò  l'omo  sapere  che  Deo  facesse  Tomo 

alla  sua  similhanza? 


N< 


or  troyiamo  in  lo  libro  de  Noò,  lo  bone  seme  de  Deo,  che  quando  la  hu-     g 
manitate  de  Deo  voice  fare  Adamo,  si  disse  :  "  Nay  farimo  nno  ho*no  alla  nostra 
•imìlhanza.  „  Et  la  parola  foy  alla  diTinità,  allo  sanerò  spiriYn.  Et  acqnela  parola 
sapimo  nuy  che  Don  fece  Tomo  alla  sna  similhanza»  et  che  so  tre  persone  in 
ano  Deo,  che  li  poterimo  bene  avere  de  tncto;  nny  faremo  in  nno,  zo  è  essere   i% 
stato  ad  me  intendere,  ca  Deo  abeese  facto  nno  in  altrny  similhanza,  che  non  la 
sua;  et  si  Tanesse  dicto  :  *  yu  farò  uno  homo  „  seria  ad  intendere  ca  ipM>  non  abesse 
I>atre  et  filho  et  npiritu  8<i;tc/o;ma  perzò  ca  ilio  voice  che  nuy  sappessemo  che 
Io  patre  et  filho  et  tpiritu  sanc/o  vennesse  in  terra  per  qutllo  medesimo  homo   }( 
deliberare  de  potere  de  la  diabolo,  si  dixe:  *Nay  farimo  homo  allano^fra  simi- 
lhanza „  et  perzò  ca  illa  voice  cu  nuy  sappessemu  che  nuy  siamo  dlfcni  de  anere 
patre  in  In  suo  refmo;  a  chi  lo  volo  seruire  sopra  zo  sinci  donao  pura  scientia  de 
sapere  cu  nuy  siamu  la  piti  digna  creatura  de  lo  mando.  20 


90.  Quando  nuy   siamo  facti  alla  similhanza  de  Deo, 
perchè  no  potiamo  nuy  fare  comu  illu   fa? 


V. 


eramente  Deo  ci  à  creati  e  facti  a  sua  similhanza;  et  perzò  chi  à  facti  a  sua 
•imilhanza,  sinci  à  data  signoria  sopra  tocte  Taltre  cose  create  chi  fece,  cu  tocte  21 
chi  faczano  reuerentìa,  et  so  alll  no«/ri  comandamenti,  et  per  quella  medesma 
•imìlhanza,  canoscimo  nny  le  cose  chi  so  et  chi  seranno  et  chi  so  state  ;  et  oano* 
•olmo  lo  nosfro  bene  et  lo  notito  male  ;  et  saohamo  |c.  9  a]  lavorare  et  guadanyare 
•I  viver*,  et  fachamo  tocte  Taltre  creature  prendere  in  noe^ro  servicio,  travalhare  28 
et  lavorare;  l'altre  creature  che  Deo  fece  che  so  a  sua  simelhanza,  non  anno  ja 
forza  né  scienda  né  potere  de  fare  zecca  nuy  fachimo  ;  né  nuy  non  devimo  ade* 
mandare  che  noy  siamo  altresì  forti  et  sapii  coma  Dea  ;  ciò  non  potimo  ja  essere, 
perzò  ca  ìUq  è  signore  et  potente  de  tucto  sopra  tocte  cose  create,  se  da  luy  et  32 
nuy  fimo  sua  sierui  et  sua  creatura;  illu  è  più  grande  de  tucto  lo  mundo;  illu 
ò  più  dtgnn  ca  lu  cielo  oy  la  terra,  et  ca  tocte  1*  altre  cose  che  so  foro  et  se* 
ranno.  Et  si  Den  non  abe  may  comenzamento  et  non  anerà  fine,  et  perchè  voice 
rompere  le  sedie  de  li  angeli  ca  cadere  per  loro  orgholyo  et  chi  à  facti  alla  86 
•oa  simillanza,  che  di  nuy  che  siamo  a  sua  simillhanza  si  deue  rompe#'e  quelle 
sedie;  che  altra  similhanza  nò  altra  creatura  che  la  sua  non  seriano  ja  digni 
do  montare  in  sua  compagnia;  ma  nuy  vi  montartmo,  zeè  qMflli  che  digni  de 
••ranno,  et  chi  faranno  lu  sna  mandame/tto-  ^ 


31.  Lo  sange  che  deuene,  (\uaTìdo  lo  corpo  è  morto? 


Lo 


sango  fece  Deo  al  co/*po  de  Tacqua,  el  corpo  de  terra  ;  che  altresì  oomn 
raoqt<a  abavera  la  terra  et  mantenela,  cossi    lu  corpo  de  V  omo  è  adbeverato 

Archivio  glottol.  itaU  XVI.  5 


66  de  Bartholomaeis , 

de  U  eange  et  mantenuta  da  epsa;  T  anima  mantene  lo  corpo,  et  per  lo  tna 
calore  scalda  lo  sange  et  lo  fa  movere  per  lo  corpo.  Quando  quella  medeeeima 
aniffia  ti  parte  dal  corpo,  ella  di  porta  cuNt  lieo  la  luo  calore,  lo  quale  ei  move, 

4  et  fa  Tiver  lo  sange,  et  perdendo  lo  calore  de  1*  anima  ù  retoma  lo  sango  alla 
raa  natura,  so  è  acqua;  et  quella  acqua  beve  lo  corpo  che  ò  de  la  natura  de 
la  terra,  altreel  coma  la  terra  beye  l'acqua.  Et  quando  lo  corpo  la  beve,  ella 
qualhya  et  dlnene  nulla;  cossi  coma  la  rasata  nulla  dtyiene  qMincfo  lo  sole  la 

8  fere,  et  la  saa  calore  la  beve.  Et  quieto  credete  che  l'anima  no»  pò  essere  In  lo 
corpo  senza  lo  sange,  né  lo  sange  non  chi  poy  stare  senza  l'anima. 


82.  Che  diuene  del  fuoco  quan<fo  è  spinto? 


Lo 


fuoco  si  ò  del  sole,  et  allo  sole  retorna;  quando  ilio  ò  spinto,  altresì  comu 

12  nuy  vidimo,  ca  lo  sole  fa  lu  so  tomo,  et  ad  nuy  pare  che  si  colchi,  et  toct*  Im 

sua  chareeza,  et  lo  sna  calore  che  si  sparge  de  luy,  sopra  terra,  si  retorna  allny, 

et  no  dimora  sopra  terra,  che  da  luy  non  si  partono;  et  cossi  adevene  de  In 

fuecu,  che  quani^o  d  spegne,  illn  retoma  allu  sole  ;  perzò  ca  tucto  fuoco  de 

16  lo  muudo  esse  da  lo  calore  da  lo  sole,  et  allo  sole  retoma. 


88.  Perchè  non  si  parte  l'anima  de  lo  corpo, 
quando  l'omo  perde  la  metà  de  lo  suo  sangue? 


Q. 


Quando  lo  corpo  de  V  omo  perde  gran  parte  de  la  suo  sange,  lo  calore  chi  à 

20  Tanima,  che  la  sange  mantene,  non  si  perde  ja,  cu  in  quello  poco  de  sange  chi 
romane,  dimora  l' anima  in  luy.  Lo  sange  sustene  Tanima  et  l' anima  soetene  lo 
sange,  et  lo  corpo  de  li  due  non  poy  l'uno  demorare  solo  al  corpo,  et  quillo  poco 
de  sange  chi  ramane  in  lo  corpo,  mantene  l'anima.  E  altresì  comu  un  picholo 

24  Ittcinnolo  falla,  lu  fuoco  et  spento  et  se  ne  parte  :  lo  sange  si  è  lu  Incinolo,  et 
lo  fuoco  si  è  l'anima  ;  quando  lo  corpo  non  prende  de  la  sange,  more  de  malicia, 
l' anima  consuma  lo  giorno,  che  ella  affare  in  quieto  seculo,  tanto  che  tucti  li 
jorai  so  consumati  Adunca  se  ne  parte  V  uno  et  Tautro,  cossi  comu  lu  lueinno, 

28  fa  al  fuoco  quani^o  arde  ed  ò  tucto  consumato,  divene  nulla,  et  lo  fuoco  toma 
allo  sole,  ca  è  de  la  sua  natura,  cussi  è  de  l'anima,  et  de  la  sange;  la  anima  ai 
retoma  a  Deo,  et  al  sua  comandamento,  cossi  comu  ella  foy  meta  in  lu  corpo 
da  Adamo  per  lo  sua  comandamento  per  l' alena  che  della  sua  bocca;  cossi  de 

82  quella  alena  li  donò  l'anima  ;  perzò  toma  ella  al  suo  comandamento,  et  sia  auerà 
secundo  ch'ella  averà  servito  in  quieto  seculo  [eie]. 


§  IV.  —  Lessico. 

^accactare  le  bestie*  30,  comperarle.  Kòrting  C9. 

adasare  adagiare:  *non  si  aauno  adasare*  e  poco  appresso  adag.*  18.  Non 

aono  altro  che  il  fr«  oyter.  Nella  seconda  forma  e*  è  la  soriziono  a 

rovescio  9^gj. 
adumecza  adoraamento:  'la  nectecza  et  adumeaa  de  la  femmina*  39. 


Il  SydPAC  otraotino,  §  IV.  67 

# 

allumare  accendere:  *allumaray   la  candela*  28,  ^allomare  de  nocte  tre 

candele*  28,  *lu  cannule  allumato^  11.  E  anche  del  basìL  del  calabr. 

e  del  siciliano. 
appiccicare:  Tomo  se  deve  appiccicare  in  tale  erboro*  19,  aggrapparsi. 
itrrobare  derubare:  'allo  occiso  et  arrobato"  49. 
aulitosa:  'quarò  la  più  isnella  bestia  et  la  più  aulitosa*  45.  Il  passo  cor- 

rispondente  del  testo  tose,  del  Bartoli  ha  assentivole, 
cannula  cereo:  *uno  grande  cannula  de  bella  cera*  11.  È  anche  nelle  Cons. 

di  Giov.  e  nelPod.  tarent,  ▼.  De  Vino.  s.  v. 
cacehia  catino:  *una  piccola  cocchia  de  legno*  28.  Il  testo  tose:  *  brocca*. 

E  forse  da  leggere  cacca  e  riconnetterlo  con  Tital.  cassa  (cazseruola)^ 

(Kdrt  1838),  vivente  tuttora  in  molte  parlate  dell* Alta  lUUa.  Cfr.  Sal- 

▼ioni,  XII  393. 
chm^a:  Ma  eh.  de  l'ovo*  19,  il  bianco. 
cierta  e  ciertila  di  cammello  24.  Il  testo  tose:  *  merda*. 
coyro:  Mo  dolce  coyro  chi  illi  àuno*  12,  aspetto,  ciera,  spello*. 
domare:  Tomo  deve  prendere  uno  sugiello  et  mectorlo  socto  la  soctile 

domare*  14.  11  testo  tose:  'cenere*. 
cositore:  ^contare  zoè  sartore*  47. 

dia:  'lo  milhor  dia  de  la  semana*  32;  *•  lunedia^  martedia*  32. 
disdesi:  *de  sua  disdesi*  25,  di  sua  discendenza. 

ferrechoi  'con vene  cullu  ferro  aya  ayuto  dal  ferrecho*  47,  fabbro  ferraio. 
^gelosare  le  femine*  49,  esserne  geloso. 

ff rossa:  *di  che  vene  la  grassa  de  lo  corpo  de  Tomo*  16,  grassesza. 
j'ilinu  :  '  li  homini  nigri  et  jalini  *  9,  '  le  colere  jalene  *  56.  Cosi  nel  cala* 

brese. 
ispecsa:  'la  ispecza  de  Tayro*.  Nel  testo  tose:  'spessita*. 
infonderei  'la  vidanda...  s'infonde*  47,   s'impregna  di  liquido.  *Mbpnnf 

bagnare,  è  assai  diffuso  nel  Mezzogiorno. 
inset<irei  'si  piantasse  quillo  arbore  et  facesselo  insetare  de  altro  fructo, 

ilio  diverebe  de  la  similhanza  de  quillo  medesimo  arbore  doro  fosse 

insitato*  37,  innestare.  Cfr.  XV  345. 
lampare  lampeggiare:  'trona  lampa  et  piove*  42. 
lauso  lode,  17.  V.  Salvioni,  XII  412.  Vive  ancora  a  Taranto,  e  il  De  Vino. 

8.  V.  la  dà  come  voce  dell*  uso  popolare. 
leifdo  laido,  v.  n.  5.  Notevole  il  passo:  'poy  avere  bone  et  male  et  leydo 
*      da  li  sapii  homini*  15,  ove  si  ripresenta  il  mal  e  Idd  deirAlione,  ma^ 

reUede  del  vecchio  gen.,  su  cui  v.  Parodi,  ^Misceli.  Rossi*Teis8*  348-9. 
Inculo:  'la  luna  de  Inculo*  13.  Il  testo  tose:  'di  giugno*. 
luiMnera  lume:  'si  spegne  comò  una  luminerà"  36,   'ella   sarà  lominera 

de  morte*  26. 
mestro  d'asda  et  de  mannara  47,  falegname. 
mocceeare  13,  mordere  *  morsicare*. 
noelha  novelha  nobelhe:  Tayro  è  pieno  de  novelhe'  12  20  ecc. 


68  de  Bartholomaeis,  Il  Sydrac  otrantino,  §  IV. 

nuvilato  rannuvolato:  *  de  vene  nuvilaio  (il  cielo)*  20. 

ondare:  ^Deo  che  onerare  in  la  vergine*  4;  incarnarsi.  Notevole  qui  T in- 
transitivo. 

offili:  *Noè  vi  mise  (neirarca)  offili  che  forano  facti  de  terra*.  Credo  che 
sia  effetto  di  una  mala  lettura  del  frane,  ositi  stoviglia. 

radicate:  Me  radicate  de  li  capilli*  49,  le  radici. 

rimbondare  rimbalzare:  *lo  mal  vaso  seccho  che  li  monta  in  lo  celabro  al- 
grorechi  et  dilla  rimbonda  al  quero*  11.  Cfr.  il  frane,  bandir, 

ricactare  riscattare:  'se  Io  angelo  ricactasse  lo  homo*  56. 

salatura:  Ma  5.  del  mare*  21,  la  salsedine. 

seccho:  *\o  mal  vaso  #.*  II.  Non  sappiamo  se  si  tratti  di  A,  e,  ce  o  di  hj.  H 
testo  tose:  *malo  olore*. 

seto:  *  si  è  la  formica  quella  che  ha  maiore  seto,  che,  vermire  oy  bestia 
che  sia,  ey  la  più  sapia,  ca  ella  raguna  lo  state  per  lo  verno*  45; 
senno  *  sapere*. 

scmana  settimana  32. 

scalfare:  *\o  calore  del  sole  li  scalfa^  14.  Seal  fare  scarfare  sono  assai  dif- 
fusi neir estremo  Mezzogiorno;  forse  dal  francese. 

scappare  svellere:  M*omo  che  scappa  1* albero*  19;  cfr.  XV  355. 

scito:  *  perchè  pute  lu  scilo  de  Tomo*  47,  sterco;  cfr.  abr.  scita  diarrea.  E 
anche:  la  ssuta  52  49. 

spyare:  *spyate  lo  nome*  31,  domandate.  E  proprio  delKestremo  Mezzo- 
giorno e  della  Sicilia.  Si  ritrova  nel  Ritmo  Cassinese  ▼.  25,  e  neirant. 
genov.  (Flechia,  Arch.,  VII!  392),  ecc. 

spucellare:  spueellata  15  48;  sverginare. 

spucza  puzzo,  e  spuczolenta  10. 

stroviare:  *  quando  vidi    che   alcuno   fosse  disposto  de   fare  male,  tu   lo 
divi  stroviare  et  corregerolo*  40,  *  quando  tu  lo  poi  stroviare  et  no  lo 
struevi*  40. 
tenimento:  *so  tre  cose  in  uno  tenimento*  3. 

tremuliso  de  terra  3,  terremoto.  Nel  Chron.  Nerìt.  è  tremulizo  senz*  altro 
[e  anche  negli  *  Annali*  di  Matteo  Spinelli].  Vive  in  tutta  la  Puglia; 
cfr.  De  Vìnc.  s.  v. 


P.  S.  A  proposito  di  uè  in  Capitanata,  v.  Zingarelli,  XV  87. 


EGLOGA  PASTORALE  E  SONETTI 

IN  DIALETTO  BELLUNESE  RUSTICO 

DEL  SEC.  XVI; 


BDITI  ▲  OUMA  DI 

C.   SALTIOHI. 


I  testi  bollanosi  che  qui  seguono,  riempiono  uno  scartafaccio  pos- 
seduto dal  signor  prof.  Cesare  Buzzati,  dell'Università  di  Pavia,  il 
quale  con  amorosa  cura  conserva  e  va  crescendo  la  ricca  biblioteca 
bellunese  legatagli  dal  padre,  e  al  quale  sian  qui  rese  le  più  sentite 
grazie  per  averci  egli  segnalato  il  manoscritto  e  liberalmente  con- 
cessocene e  agevolatocene  l'uso. 

Consta  il  codicetto  di  trenta  carte,  tutte  scritte  tranne  il  rovescio 
della  14*  e  l'ultima  che  son  bianche.  I  versi  bellunesi  vanno  fino  al 
retto  della  28%  il  di  cui  tergo  ò  intatto.  Sull'anteriore  facciata  della 
29*  ai  leggono  tre  ottave  in  linguai 

L'autore  dell'egloga  (la  quale  comprende  anche  il  Sogno  di  Men- 
inola, vv.  316-517,  e  il  costei  discorso,  vv.  518-044)  nomina  se  stesso 
nel  titolo  di  questa.  Ma  non  andremo  certo  errati  attribuendo  a  Messer 
Paolo  anche  i  sonetti. 


*  Posson  esse  forse  interessare  lo  storico  della  letteratura,  e  però  qui 
si  riproducono: 

[20  r]  Che  dolce  più.  che  più  giocondo  stato  : 
Saria  di  quel  d'un  amoroso  core? 
Che  uiuer  più  felice,  e  più  beato  . 
Che  ritrouarsi  in  seruitu  d'amore?  ^^ 

Se  non  fosse  l'huom  sempre  stimulato 
Da  quel  sospetto  rio.  da  quel  timore: 
Da  quel  martir.  da  quella  frenesia. 
Da  quella,  rabbia  detta  gelosia 


70  Salvioni, 

La  prima  strofa  del  sesto  sonetto  ci  permette  poi  di  fissare  Tetà 
approssimativa  dei  testi.  S^allude  qui  a  francesi  e  tedeschi  e  ai  guai 
ond'erano  apportatori.  Ora  devon  esser  queste  le  milizie  che  sul  ter» 
ritorio  della  Serenissima  aveva  gettate  la  lega  di  Gambrai.  Siam 
cosi  condotti  alla  prima  metà  del  sec.  XVI,  ai  giorni  stessi  del  Ga- 
vassicoy  di  quel  Oavassico  di  cui  l'autor  nostro  s'appalesa  sotto  ogni 
rispetto  il  degno  compagno. 

n  codice  ò  assai  verosimilmente  un  apografo  ;  ma  non  m'arrischie- 
rei  di  abbassarne  la  data  a  più  in  giù  del  sec.  XVI.  —  La  stampa 
nostra  's' attiene  scrupolosamente  al  manoscritto,  sul  quale  anche 
sono  state  corrette  le  bozze. 


Qual  dolce  più.  qual  più  giocondo  stato. 
Saria  di  quel  d'un  Christiane  core? 
Qual  uiuer  più  felice,  e  più  beato 
Che  ritrouarsi  seruo  al  redentore? 
Se  non  fosse  Thuom  sempre  sfimulato 
Da  quel  affetto  rio.  da  quel  tumore. 
Da  quel  martir.  da  quella  alTettione.. 
Da  quella  rabbia  detta  ambitione. 

Qual  dolce  più.  qual  più  giocondo  stato 
Saria  di  quel  d'un  Christiane  core? 
Cho  uiuer  più  felice,  e  più  beato. 
Ghe  ritrouarsi  seruo  al  redentore  ? 
Se  non  fosse  Thuom  sempre  simulato 
Da  quel  affetto  rio.  da  mal  humore. 
Da  quel  martir.  da  quella  frenesia. 
Da  quella  rabbia,  detta  auarisia. 


Ambitione. 


Auaricia. 


Testi  bellunesi  del  sec^  XVI.  71 

[1  r]  Trotto!.  Poloni.  Mengola.  et  Morel. 

Egloga^  in  lingua  rusticana  composta  per  missier  Paulo  da 
Castello  nobile  de  la  città  di  Belluno,  et  cittadino  Triuigiano. 
parla  prima  Morel.  poi  seguono  li  altri. 

Movel. 

On  vètu  Trottol  cosi  pianzolent. 
Che  tu  me  pare  tutto  scattiirà. 
E  sempre  tu  soleue  star  content. 

Me  par.  che  t*hò*l  color  muò  da  mala  4 

Si  itu  in  ciera  gramezzos.  e  sec 
Abriga,  che  tu  puoge  trar  el  iSà. 

Aroutu  pardù  agnie.  piegole.  o.  beo. 
Per  to  fortuna,  o.  per  mala  cortura.  8 

Sarputu  scatonà  co  qualche  stec. 

0.  f  hauerou  fat  Torà  paura. 
Andasande  in  la  ual.  che  zeue  mi. 
Donde  trouaue  si  dolz.  pastura.  12 

Dimoi  fardel  no  me  Tasconder  pi. 
Che  is  pur  el  pi  car  compagn.  che  hebba. 
A  chi  '1  vorotu  dir:  stu  no  me'l  dì  à  mi. 

Trottol. 

Me  auis.  che  hebba  el  cuor  entro  na  chebba.  16 

E  d^ognus  bus  un  cortei,  che  resorz. 
Te  par  Morel.  che  questa  sea  na  rebba. 

Me  par  schirat.  dandolle.  gir.  e  sorz. 
Che  me  pea  co  i  dent  in  la  coragia.  20 

Po  cessa  el  cui  in  driè.  e'I  mus  retorz. 

[1  t]  SHu  me  urtàs  co  un  fastuc  de  pagia. 
In  terra  cagierou.  long,  e  destes. 
No  uitu  quand  che  uage.  el  par.  che  cagia.  24 


1.  Pare  eglolga,        2:  scattùra. 

17.  ognus  è  un  errore;  il  copista  vi  anticipava  certo  Vus  di  bus. 


72  Salvioni, 

E  stu  me  dòs  na  lira  de  pes. 
E  no  la  magnerou  in  diese  past. 
E  un  pagnuchet  me  durerou  un  mes. 

28  Me  sente  dentre  aL^iet  si  greu.  e  tast. 

Che  se  magnàs  de  pilolle  na  quarta. 
No  conzerou  el  magòn  tant  The  guast. 

Morel. 

Dolz  me  fardel  inenz  che  me  parta. 
32  Diresme  la  cason  de  la  to  duogia. 

E  prest  la  to  maruognia  sarta  fora. 

Che  da  sauer  el  to  mal  e  tanta  uuogia. 
Che  no  he  pel  adòs.  che  no  me  trema. 
36  Pi  che  no  fa  per  uent  in  albor  fuogia. 

Dimel  fardel.  e  lassa,  che  biastema. 
I.  mont.  i.  Kori.  i  Sas.  e  la  zenia. 
Me  sa  milli  agn.  che  co  ti  un  può.  zema. 

40  Sei  e  per  putta  la  meneron  uia. 

Se  gen  debes  zir  la  cauazzina. 

Te  zure  al  corpo  de  la  mare  mia. 
[2  r]  No  sètu  che  he  na  bella  corazzina. 
44  Co  un  sponton  de  fer  lusent.  e  dur. 

Yn  are  da  f rezze  co  na  zenuina. 

Troiiol. 

Quel  che  far  no  se  pò  e  pi  dur  d'un  mur. 
Morel  me  bel.  e  no  te'  1  posse  dir. 
48  No  me  far  mo  pi  priegi.  ne  sconzur. 

Ti  es  uuogia  de  zanzar.  mi  de  murir. 
Mi  brame  mort.  e  ti  desidri  uita. 
Yatte  con  dio  fardel.  lassame  zir. 
52  Schiantìs  dal  ciel.  gran  ton.  fuoc.  e  saetta. 

Yien  zo  de  fuga  per  ferirme  el  càs. 
Perque  Tanema  mea  uaga  à  ciuetta. 


33.  por  sarin  1.  sortaì 

5051.  Nel  margine  che  corrispondo  a  questi  due  versi  si  legge  la  didj 
scalia:  Trottol  chiama  la  mort. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVL  73 

.  0  lus  de  fer.  Carlon.  e  Setanàs. 
Asiaroe  da  cena,  e  fò  bon  fuog.  56 

E  peà  uà  può  de  pes.  che  no  uuo  gras. 

Yà  su  ti  moDga.  e  negra,  chi  no  e  luog. 
Dela  mea  mort  fin  de  piani  e  debette 
Amara  à  chi  ha  dener.  e  à  i  altri  un  zuog.  60 

Ze  su  mie  fede,  che  prest  uederete. 
La  mort  de  chi  u'ha  in  guardia  za  agni  dieso. 
E  piegole  sarò  se  no  pianzerote. 

[2  v]  Per  pra.  per  moni,  per  bosc.  e  per  ciese.       64 
Ve.  he  guarda,  per  umbrla.  e  sol.  e  pioua. 
Sempremò  insembre  co  se  fa  le  ciriese. 

Ne  me  poreu  ben  dir.  che  lof.  ne  Iona. 
De  morderne  na  uolta  se  dòs  uant.  68 

Benché  parzo  no  hebba  fat  gran  pruoua. 

0  quante  uolte.  che  à  la  mandra  frani. 
E  m^he  butta  à  drumir  zo  in  quella  terra. 
E  i  can  me  ha  fai  leuar  su  bel  droraant.  72 

E  co  i  lof.  e  i  ors  he  fai  na  gran  guerra. 
E  pò  i  paràue  uia  co  gran  uerguognia. 
Che  chi  ressalta.  e  perded  grandamentre  erra. 

0  quante  fiè  co  la  trista  sampognia.  76 

He  cerca  de  gusarue  el  peièt 
Benché,  à  Biestie  cani,  ne  son  no  suognia. 

0  quante  fià.  che  i  tener  agnellet. 
He  reuoltà  d*enire  la  me  gonella.  80 

E  pò  bagna  la  camesa  é*l  zacchet. 

0  quante  fià.  che  he  suuoda  la  barsella. 
De  uin.  e  pò  cerca  le  fontane  uiue. 
Che  fazze  la  polenta  molesella.  84 

[3  r]  Quanti  pra.  quanti  moni,  e  quante  ri  uè 
Passa  be  per  uo  dolz  pegorelle. 
Parzò  me  duol.  che  de  pastro  seade  prìue. 


^»  ben  non  ben  chiaro  perchè  sovrascritto  ad  altra  parola. 


74  Salvioni , 

88  0  quante  fià.  che  uè  he  za  onzù  la  pelle. 

De  oDguent  per  pararue  uia  la  rognia. 

E  per  tegnirue  grasse,  monde,  e  belle. 
Oime.  che  da  gran  duogia  el  zuf  m^arizza. 
92  Che  al  luoc  de  la  roort  pur  e  son  zont. 

Bramada  pi.  che  no  foe  me  nouizza. 

Yò  Pegorelle  uè  lasse  in  quest  mont. 
E  prege  Dio.  che  uè  seppa  da  sai 
96  L'herba.  e.  che  dolz  uè  seppa  ogni  font. 

E  uè  defenda  Dio  da  gn*animal. 
Che  no  se  passe  me  de  la  rapina. 
Che  pi  à  guardarne  el  me  baston  no  uah 

100  E  ti  zudiera.  cagna.  Patarina. 

Che  per  to  amor  me  butte  zo  de  eroda. 
Torès  su  pi  formai,  ne  puina. 
Cancar  te  uiena  puzzolenta  broda. 
104  Che  adès  à  muriré  per  lo  to  amor. 

Che  mort  dal  piet  la  forza  me  deschioda. 

[3t]  Trottol  bon  Pastro  per  la  Mongola  muor. 
Che  no'I  uolea  tignir  per  so  moròs. 
108  Habìandge  dat  la  pitturina.  e*l  cuor. 

I.  nom  de'l  Pare  à  me  fon  la  eros. 
Mongola  se  de  qua  tu  passere. 
Tu  uedrè  quel,  che  fa  un  anem  rebus.  . 

MoveL 

112  Poloni.  Trottol  e  me'l  recorde  adès. 

Che  desperà  se  partì  sta  doman. 
No  me  sé  manginar  ondre  che*l  zè. 

Zonlo  à  cattar,  e  portonge  de'l  pan 
116  Co  qualche  puoc  de  companaseg  pera. 

S^tu  uuos  uignir  tuo  1  to  bastoncel  in  man. 

Sé.  che  co  lu  no*l  se  ha  porta  prenzera. 
E*l  poròue  ben  fuos  murir  da  nessa. 
V^O  Si  me  pareuel.  scatturà  in  la  ciera. 


lì 6.  L>  di  pera  non  ben  chiaro. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVI.  75 

Poloni. 

Morel  me  bel  el  no  se  niuor  si  io  pressa. 
ETl  ne  besuognia  in  prima  un  puoc  stentar. 
Inent  che*l  malan.  che  dìo  n*ha  dat  ne  cessa. 

Morel. 

0  su  zon  prest^  no  stagon  à  zanzar.  124 

Che  za  senti  rengar  al  letran  preue. 
Ghe*l  nuos  sempre  me  Tindusiar. 

[4r]  Andòn  per  quella  uia  dondre  che  zeue. 
Quand  che  zeuen  à  past  de  brigàda.    .  128 

E  che  bere,  e  magnar  co  lu  soleue. 

E  quand  che  seròn  zont  à  quella  strada. 
Che  uolta  à  zir  a  la  ual  de  la  mussa. 
Sera  un  gran  fai.  che  no  catòn  Tandada.  132 

.Per  certament  questue  na  gran  giandussa. 
Che  co  se  intenda  el  gran  mal  de  custù. 
Che  sempre  da  gran  duogia  el  caf  se  arussa. 

Se  qualche  can  rebos  Thaues  mordù.  136 

Critu  che  l'haesse  in  l'andar  tanta  briga. 
0  se  Thaues  na  not  Torch  uedù. 

Seròuel  scontra  fuosi  in  qualche  striga 
Che  gè  haues  zuzza  el  sangu.  de  ogni  uena.  HO 

Co  Tha  fat  aguanent  anch*.  al  Mariga. 

Serouel  fuos  dolenzios  de  schena. 
Per  i  gran  pos  dM  mei.  o  di  formai 
Harouel  al  Pulier  massa  lassa  la  brena.  144 

Poloni. 

Me  auis  che  hebba  senti  trar  un  gran  bài. 
No  sé  mò  se*l  foès  el  so  falcon. 
Che  faès  co  le  biestie  tananài. 

[4  v]  Me  par  ueder  à  long,  d'un  ceson  148 

Piegole.  che  se  riposse  à  pruo  d'un  hom. 
Che'l  me  par  squesi  che'l  stage  in  cufTolon. 


149.  Il  ri  di  riposse  è  an  pò  uno  sgorbio;  ma  sarebbe  impossibile  ca- 
tarB«  re. 


76  Salvioni , 

Movel. 

Demà  alla  fé  quel  e  Trottol.  che  drom. 
152  Forse  in  som  de  la  ual.  e  ben  in  fora. 

E  sei.  e  lu  carnaio  per  norn. 

Poloni, 

E*l  me  par  sanguanent  co  la  mal'hora. 
E  le  piegole  sta  tutte  stenide. 
156  Che  tu  diròue  le  gè  pianze  sora. 

Le  pouerette  sta  tutte  stenide 
E  tien  el  so  caf  bàs.  e'I  so  cui  tort. 
Che  tu  diròue  le  e  incepedide. 

MoreL 

16Q  Alla  me  dretta  fé  Trottol  è  mort. 

Che  The  cognossù  adòs  al  so  capei. 
Ch*e  à  la  lianda  de  quest  me.  che  port. 
Me  par  che  Thebba  spanizza  '1  ceruel. 
164  Andòn  zo.  che  uederòn  le  ferridure. 

Se  le  he  de  spada,  baston.  o  cortei. 

Chi  se  poròu  guardar  da  le  sagùre. 
Che  à  i  poueret  in  quest  miser  mond. 
168  No  ual  sauer.  sauiezze.  ne  scritture. 

[5  r]  Trottol  fardel  ondre  è  i  tuo  cauei  biond. 
Ondre  e  la  zuogia.  che  tu  portaue  iu  testa. 
Quand  tu  fasèue  i  sgambiet  torond. 
172  Ondre  è  el  zuppon.  che  tu  portaue  ia  festa. 

Le  calze  da  Todesc  à  la  diuisa. 
Ondre  è  la  ciera  si  zentilla.  e  alnesta. 
Che  tu  stesi  chilo  bel  in  camisa. 
176  Acolegà  de  sassi  s'un  gran  grum. 

E  sot  u'esi  seme  na  grama  grisa. 

Oime.  che  questa  uita  e  seme  un  fum. 
Che  ne  da  milli  duogie.  milli  brige. 
ISO  E  pò  moròn  co  un  pochet  de  lum. 

Sta  uita  e  a  parazion  de  le  bissige. 
Che  s'tu  gè  urte  dentre  co  na  penta 
No  ual  pò.  che  à  soffiar  tu  te  affadige. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVI.  77 

Chi  disont  mo  chamar.  che  ne  conta.  184 

La  roort  de  custù.  che  no  e  da  trep. 
Che  ogni  lussuria  de  laoc  e  deszonta 

Zo  el  destre  butta  d'un  de  qui  crep. 
Per  hauer  debette,  e  no  hauer  dener.  188 

SeM  foes  cosi,  el  saròu  mat  da  cep. 

El  no  ulte  me  in  so  uita  un  caualler. 
Che  gè  foès  à  tuor  de  casa  un  peg. 
No  foè  me  al  mond  pi  destro  pegorer.  192 

[5  v]  Se'l  è  amazza  Tè  mori  per  desdegn. 
Che  habiand  dat  el  so  cuor  à  qualche  putta. 
No  l'ha  de  so  persona  fatto  degn. 

La  Mengola  Morella  de'l  zautta.  196 

So.  che  agnanaz  la  gè  uoleua  ben. 
Mo  al  so  chamar  la  no  saròu  sta  mutta. 

Poloni. 

A  la  me  dretta  fé  uè.  (^e  la  uien 
Co  un  cestel  de  agian.  o.  de  castegne.  200 

E  co  na  cima  de  osmarin  in  sen. 

Zonse  sconder  uillò  driè  quelte  legne. 
E  si  aldiròn  tut  el  fauellar  so. 
Vien  pur  uia  prest.  e  fa  quel,  che  te  insegne.       204 

Mengola. 

Trottol  fardel.  o.  trottol  el  me  fio. 
A  te  porte  na  cima  d'osmarin. 
Che  tu  te  consolèe  de'l  amor  io. 

Ondre  e  tu  zu  o  cagnaz  Patarìn.  208 

Tu  stesi  collega  co  le  to  fede 
E  no  te  pensi  pi  de'l  tò  amor  fin. 

0  Grama  mi.  che  è  mo  quel  che  uede. 
Me  par  che  l'hebba  spanizzà  la  panza.  212 

A  la  fé  giusta  Te  mort  quest  hom  crede. 


'2t^2-4.  Nel  margine  corrispondente  a  questi  versi  si  legge  la  didascalia: 
L^   Miengola  che  uien  à  trouar  Troiai. 
2tJS.  Nel  cod.  Patàrin. 


78  Salvioni , 

0.  Trottol.  trottol.  trottol  mua  speranza. 
Che  pi.  che  i  uuogii.  e  haue  in  carisia. 
210  Che  maladetta  sèa  la  curdilanza 

[6r]  Se  gen  podès  hauer  pel  de  certisia. 
Che  tu  foès  mort  per  la  me  parsona. 
La  mort  me  daròu  senza  pigrìsia. 
220  De  tutti  i  fent  tu  portàue  corona. 

Sempre  me  tu  diseue  qualche  frotola. 
Oime  da  duogia  el  cuor  si  m'abbandona. 
Tutta  la  uilla  me  chiamaua  Trottola. 
224  Che  à  darme  na  marcella  no  fuis  pegro. 

Quand  che  fasi  imbalottar  la  cotola. 

Pareua  ben.  che  debès  portar  negro. 
E  guaixlarme  co  i  uuogii  sempre  el  mus. 
228  Ne  mò  pi  debès  zir  co'l  uolt  aliegix). 

0  Grama  mi.  che  no  te  auerzi  lus. 
Quand  che  tu  muiolàue  l'altra  not. 
O  almasque  die  no  te  faueliè  al  bus. 
2^^2  Mo  a  la  fé.  che  leuàue  su  debot 

SeM  no  era^la  uecchia.  che  scoltaua. 
Quand  tu  dès  entre  al  paiv  quel  bòc 
L*asmaua  de  drumir«  e  si  soAiaua* 
236  E  mi  gratta  de  dio.  che  son  catiua. 

Gè  ti^asèa  dU  pie.  e  si  la  chamaua. 

E  pò  gè  domandìè  se  la  sentiua 
La  lK>Ip.  che  scaturaua  le  galline. 
210  E  la  me  rt*spondè  si  Te  na  piua. 

[0\]  0  Maladt'Ut»  u^vhie.  Pdiarme 
Che  se  uvn>»u  p:v\iKe  j-er  la  gv^la 
Quand  oi;e  le  uÀs.  e  ol.e  le  e  piiiniue* 
244  No  ixvv>e  xV\  ne  n.'t  u.è  sur  <*.1jl 

Ci.^  s-:.  :n»  i  r:u.>  n.^  h»*V  Ji   :ue5:a  srorca. 
Ne  j\>>><*  ite  oar*,:-.  :::a  \ì;r  ra  i^r^.  la. 

la  <^:a  ::;:  :m  Li  u '.'.  che  la  i^ir  Torca. 

A  ^  "    «   •■  *        »••         ^»        »•*         C*        ^t         •         "S*    • 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVI.  79 

Se  la  uet  pur  un  fent.  che  me  saluda. 
Te  so  dir.  che  per  stori  driè  la  gè  uarda. 
E  com  rè  passa  uia  driè  la  gè  spuda.  252 

Si  che  fardel  se  te  son  sta  busarda. 
No  llie  fat  per  ingan.  ne  per  malicia. 
Mo  Te  stata  ella.  cheM  mal  fuoc  Tarda. 

Me  par.  chel  cuor  me  muore  da  tristicia.  256 

Che  tu  sis  mort  per  mi.  crede  mò  cert. 
Per  quella  uecchia.  e  un  puoc  de  me  pigricia. 

E  parzò  à  uuó  zir  su  quel  crep  ert. 
E  de  là  zo  anch.  mi  buttar  me  uuò.  260 

Che  i  lof  me  magne  co  ti  in  quest  desert. 

MoveL 

Fardel  sta  matta  no  taserà  anchuò. 
Yuo  che  zian  fora,  e  domandarge.  che 
Hauea  trottol  da  far  co  i  fatti  suo.  264 

[7  r]  Mengola  on  uètu.  ascolta  per  to  fé. 
Tu  hes  fat  inchin  da  mò  tante  lasagne. 
Che  tu  diròue  pur  murir  da  se. 

Femene  sase  una  man  de  sofiegagne.  268 

Che  ne  mette  su  no  fent  co  un  guercin  de  uuogii. 
Po  ne  lassa  murir  rebose  cagne. 

No  sasè  bone  se  me  da  uender  fenuogii. 
Che  se^l  staès  un  puoc  à  me  sentencia.  272 

Ve  faròue  magnar  tutte  tutte  à  i  peduogii. 

Mi  uenMncage  à  tutte  in  reuelencia. 
Che  uè  uoròu  ueder  sotto  la  merda. 
Magari  stessei  pur  à  me  sentencia.  276 

Priege  el  ciel.  che  na  uolta  se  desperda 
Vostra  naraccia  à  muò  di  corui  bianc. 
E  nostre  mare  tutte  uè  desperda. 

Voròu  uederue  Scassarne  i  fianc.  280 

Con  spet  da  col.  e  co  na  Partesana. 
Per  fin.  che  ne  uedès  uignir  al  mane. 

Mengola  tu  isi  stata  una  uillana. 
Hauer  fat  murir  si  bel  fantat.  284 

Chel  parecchio  no  giera  in  Triuisana. 


80  Salvioni, 

L'era  dret  in  parsona  à  muò  d*un  scat. 
E  Tera  in  ciera  zintìl.  e  reuost 
288  Yermei.  e  bianc  com  saròu  na  lat 

[7  v]  El  poueret  e  mor[t]  per  ti  à  so  cosi. 
Che  no  te  ual  piar  uolta  ne  scusa. 
Che  anch  mi  me  intende  te  sé  dir  d'un  rosi 

292  Tu  uoròu  d'un  tampìn  per  me  la  musa. 

Madona.  che  te  mostri  cusi  sauia. 

Che  sent  Antuoni  co'l  so  fuoc  te  brusa. 
Mengola  tu  no  ere  roiga  spauia 
296  Quand  che'l  paron  te  tigni  su  la  tieza 

Yn  mes  sconduda.  è  te  para  uia  grauia. 

Tu  no  ere  quella  uolta  schiuolieza. 
Tu  no  diseue.  cheM  te  guadiasse. 
300  Tu  ere  piaseuojetta.  e  manulieza. 

Femene  sase  una  frotta  de  zanzasse. 
Che  sempre  fa  tigni r  le  man  à  la  borsa. 
Da  sta  narassia  o  fent  mie  guardasse. 
304  Chel  no  è  al  mond.  la  pi  rebòsa  orsa. 

De  femena.  che  sea  uariciosa. 
Voròu  ueder  à  tutte  dar  la  corsa. 
Trotto!  fardel  tuo  mò  la  to  morosa. 
308  Che  per  no  darlo  un  puoc  de  refrigeri 

L'è  mort  la  to  parsona  giuoriosa. 

Saciate  anch.  ti  erudii  dage  martuori. 
Fa  de  la  so  parsona  giada,  e  sossa 
312  E  pò  m'aida  far  el  cimitcrio. 

Che  uuò.  che  gè  scriuana  in  su  la  fossa. 
Che  chi  stenta  amand.  se  amazza  ne  guarirà 
Che  amor  no  uuol  bissige  senza  fia. 

.Finis. 

[8  r]  La  Mengola  se  insonia  con  Trottol. 

316  Drumiue.  e  no  drumiue  quela  not. 

Che  haui  tut  altro  cert.  che  no  muri. 
Da  duogia.  che  mhauca  el  magon  arot. 


Tosti  bellunesi  del  sec.  XVI.  81 

El  scomenzaua  à  sborir  fora  el  di. 
Che  fa  che  le  falcette  no  se  uè.  320 

E  la  coccha  del  ciel  zuda  era  à  ni. 

El  me  pareua  d'auer  tanta  se. 
Per  la  gran  duogia.  e  per  el  gran  troment 
Che  haròue  scassa  su  un  bocal  d'asè.  324 

Quand  me  pareua  in  cambra  hauer.  zent. 
E  un  uignir  centra  de  la  lintiera 
Ghe*l  pareua  un  cerotol  relusent 

E  comenzà  a  alta  uos  dirme.  o.  zudiera.  328 

Situ  mo  statufada  de  me  mort. 
Che  mò  hom  del  mond  la  fé  si  ontiera. 

No  te  par  à  ti  stessa  hauer  ben  tort. 
Hauer  mi  zouenat  fat  murir.  332 

Per  no  me  dar  co  i  uuogii  al  piet  confort 

Pruoua  mo  adès  stu  me  può  guarir. 
Curdilla.  Turca,  zudierazza  cagna. 
Che  da  pò  mort  no  ual  à  pentir.  336 

S*tu  me  desse  de  putte  na  campagna. 
Co  Gamesot.  Garnazze.  e  co  farniè. 
Se  una  gè  'n  tolès.  che  i  cam  me  magna. 

No  Te  pi  el  temp.  crudilla.  che  te  flè.  340 

Cent  caf  de  bai  strengà  muò  un  palladin. 
Co  stringe  à  i  manazzò  d'i  zupariè. 

[8  v]  No  r  e  pi  el  temp.  che  te  pagane  el  uin. 
E  che  per  forza  in  geda  te  buttane.  344 

Bazzolà  dolz.  e  Neole.  e  confortin. 

No  rè  pi  el  temp.  che  quand.  che  te  guardane. 
Vignine  aros.  e  smort  à  muò  na  uessa. 
Per  la  rebba.  che  in  piet  per  ti  portàue.  348 

No  l'è  pi  el  témp.  che  te  guardane  à  messa. 
Tu  steue  co  1  caf  bàs  o  cuor  de  mur. 
Che  no  pareua  sques.  che  tu  foes  d'essa. 


3^  Cosi  piuttosto  che  beriolà, 
AnhiTio  rlottol.  lìmi  XVI. 


82  Salvioni , 

352  No  rè  pi  el  temp.  che  de  le  not  al  scur. 

Te  uigniue  à  cattar  uia  da  tò  cà. 
Che  amor  me  faseua  per  cent  homi,  sigur. 

No  r  è  pi  el  temp.  che  steue  si  zela. 
356  Che  i  dent  no  batteua.  per  fridùra. 

Che  hauea  le  man  in  bocca,  e  d'ogni  la. 

No  rè  pi  el  temp.  che  sot  de  la  cintura. 
Portane  per  trauers  la  zinuina. 
360  Che  i  caualler  no  m*harou  fat  paura. 

No  rè  pi  el  temp  cagnazza  patarina. 
Che  ogni  pàs  tu  me  treni  na  Scassa. 
Quand.  te  uedeue.  andar  si  zinziurina. 
364  Trionfa  senza  mi  fattela  grassa. 

Che  tu  no  me  darès  pi  duogia.  o  struma. 
Che  mort  fa.  che  à  tutti  el  morbez  passa. 

Sta  uita  è  à  paracion  d*una  piuma. 
368  Che  tant  uà  inent.  quant  tu  gè  sofie  sora. 

E  se  la  cai  in  fuoc  la  se  consuma. 

[9  r]  I.  corp.  è  a  paracion  d' una  farsora. 
Che  Tanema.  eU  speret.  è  l'uoli.  e'I  gras. 
372  E  quand  Tè  frit  bisogna,  che  Thom  muora. 

Ti  eri  el  fuoc.  che  me  scaldaua  el  càs. 
E  quand.  che  entro  no  gè  foe  pi  ont 
Forza  me  foe  metter  el  cui  a  bàs. 
376  E  Co  le  fede  me  n'andiè  su  un  mont. 

E  de  uilò  me  buttiò  à  scauezzacol. 
E  fui  porta  alla  naf  de  Caront. 
Passassen  pi  de  cent,  no  miga  un  sol. 
380  E  zessen  à  la  ca  de  lus  de  fer. 

Che  era  fabricà  in  som  d'un  col. 

I.  Né  cargà  su  i  mul  à  muò  muner. 
E  me  porta  denent  à  un  gran  Signor. 
384  Che  heua  dintorn  ben  milli  caualler. 

El  steua  uilò  senta  à  muò  un  dottor. 
E  si  ne  sgaminava  à  part  à  part. 
A  un  à  un  senza  procuraor. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVL  83 

E  Domanda  de  ini«  e  de  me  art.  388 

Dissi  son  Tpottol  pastro.  che  a  so  posta. 
A  ti  die  el  fia.  à  la  Mongola  el  la[r]t. 

El  trasse  un  gran  suspir  per  aresposta. 
Tant.  com  à  dir  de'l  to  mal  m'arecres.  392 

Che  amor  d'una  zudiera  tant  te  costa. 

E  Prestament  el  chamà  un  de  qui  mes. 
E  mandarne  à  una  camberà  indorada. 
€he  haua  d'intorn  fuos  milli  lire  de  pes.  396 

[9  v]  Gè  era  pan  bianc.  carn  grassa,  e  peuerada. 
Lasagnette.  furtagia.  e  maluasia. 
€he  nozza  no  foò  me  tant  alnorada. 

Gen  era  scardole,  tenche.  in  zelarla.  400 

No  te  dige  altro  l'era  si  ulios. 
€he  tu  diròue  l'è  na  pescaria. 

El  se  me  fò  incontra  un  gramezòs. 
Subitament  quand.  che  fui  uillò.  404 

E'I  dis  ben  uiena.trottol  amoròs. 

Po  el  disse,  me  cognostu.  dissi  no. 
Dissel  son  zetre  pastro  to  zerman. 
€he  per  amor  se  apicà  s'un  gran  chio.  408 

E  Me  destrùs  per  toccarge  la  man. 
€he  gè  uolèue  basar  un  può  el  mostaz. 
No  uite  me  si  fat  Christian. 

El  No  ha  manazzò.  ne  os.  ne  braz.  412 

£1  no  ha  palpadùra.  carn.  ne  pél. 
-Che'l  me  foè  auis  toccar  un  nuuolaz. 

L'è  fat  s'un  sest  à  muo  d*un  bottesel. 
€he  no  ha  Cinzidùra.  piet.  ne  schena.  416 

Tut  gualiu  co  saròue  un  folesel. 

Chi  uà  à  so  posta,  che  nissun  no  i  mena. 
In  qua  in  la  corrand  per  na  salla. 
Che  i  par  à  muò  caualle  senza  brena.  420 

Chi  ha  muò  che  na  burla,  na  testa  per  spalla. 
Che  i  par  na  ciuitta  brutta,  brutta. 
£.  i  uà  corrand.  che  tu  diròue  i  balla. 


*<  Salvioni, 

ì:\  [10  rj  M^  Aqis.  ch^  \  hebba  la,  persona  carta. 

I  uà  pi  de  milla4ta  in  t*una  frotta. 
Corrand  per  mezse.  e  mai  nissua  00  ae  urta* 
Chi  uà  de  pàa.  ehi  uà  d'ambio,  chi  trotta. 
428  E.  chi  è  conzi^  dA  part  ia  t*un  canton. 

E  chaga  fuoo.  e  par  ghe'l  no  gè  scotta. 
]g  gè  'n  è  de  qui.  che  sta  in  gufiblon. 
Me  perdona,  che  gè  picca  oa  chila. 
43*^          Che  è  asse  pi  granda.  d*ua  melon. 

Ogn*  un  de  quist  ha  na  femena  zintila. 
Che  gè  sta  sera  el  caf.  coU  cui  auert. 
E  si  gè  chega*  e.  pissa  in  su  la  pila. 

436  Air  bora  dissi,  zeire  fame  cert 

Per  que  femene  in  caf.  a  i  homi  caga. 
Senza  uergogna  co'l  cui  descouert 
Zetre  respos.  i.  homi,  che  se  imbriaga. 
440  In  la  maladission  de  sta  maruogna. 

De  sta  moneda  le  femene.  i.  paga. 

El  se  punis  cusi  qui.  che  no  suogna. 
D'altro,  che  zir  co  le  morose  al  bai. 
444  E  lassa  i  lauorier.  che  pi  besuogna. 

Vite  pò  ?ent  ogn*  un  co  un  stiual. 
Che  faseua  leuar  quelle  cibege. 
Con  botte,  che  haueron  mazza  un  canal. 
448  E.  Yna  uos.  che  diseua.  che  fào  doge. 

All'hora  i  le  urtaua  si  de  fuga. 
Che  gè  piouea  sang.  tutte  le  nege. 
Ogni  pel  gè  parea  na  sansuga. 
452  Che  gè  fagea  la  codega  si  muogia. 

Che  de  quest.  an  creze  la  no  se  suga. 


442-4.  Questi  versi  sono  scritti  in  fine  al  componimento,  a  pag.  11  t.  A 
questa  però  si  rimanda  colle  seguenti  parole  :  qui  mancano  tre  u«^n  qaali 
sono  in  ultimo.  El  se  punis  cusi.  ehi  —  Là  poi  i  versi  sono  preceduti  àm 
questa  parole:  Li  tre  uersi  i  quali  mancano  al  mezo  de  qM«rto  intoimio 
tono  qui  sotto. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVI.  85 

[10  v]  Air  bora  el  disse,  andón  trottol.  che  he  uuogia 
De  uolerte  mostrar  agni  knuò  tia  casa. 
Che  inflna  puochi  di  starà  na  truogna.  456 

Po  ohe  foesson  apruo  d*utia  fornasà. 
El  me  mostra  tta  casetta  de  pagia. 
Che  era  rossa  fogent  à  muò  na  brasa. 

Lheua  un  usèet  lai^%  à  muò  Ha  teuagia.  460 

E  le  fenestre  à  muo  d' una  formigola. 
Che  par.  che  in  terra  da  ogni  là  la  cagia. 

La  Ha  la  somassa  de  ponte  de  spigola. 
Ghe*l  par  à  chi  la  guarda  slissa.  slissa.  464 

E  chi  uà  detttro  da  uh  la  à  l'altro  rigola. 

Ogni  fastttc  de  pagia  ha  Aa  grati  bissa. 
Ogni  legn  rosp.  raccole.  rane. 
Che  quand.  che.  i.  sent  èl  caìd  tosòeC  i.  pissa.       468 

Yilò  ì  diauoi  es  fuora  de  le  latte. 
Co  forche  in  mah  che  ha  tre  dent  agusiue. 
Co  nas.  che  par  battocchij  de  Catnpane. 

L  Ha  le  so  reochie  à  muò  casdil  dò  piue.  472 

Co  comaz2ò  in  caf.  à  muò  de  Tor. 
Che  fora  per  in  som  butta  faliUe. 

In  Me2  la  Cambra  è  nà  Cariega  dor. 
Fumida  co  latirier  si  bie.  é  àdorìi.  4t6 

Che'l  no  foò  me  uidù  si  bèi  stresor. 

Chi  senta  su.  e  à  muò  un  catnin  dà  forn. 
Che'l  fuoc  gè  uà  in  te*l  cui  me  situ  intéfìdere. 
E  gè  ins  da  i  uuogiK  e  uà  d*intorn  dMntorh.        480 

[11  r]  6en  ò  pò  un  lét  per  òhi  se  uuol  desteùd^re. 
Co  linzoò.  00.  parpont.  e  con  forete. 
Che  ual  cento  bie  tron.  chi  uolès  uendere. 

0  Compagno  uillò.  se  i  haues  debòte.  484 

Poròu  cargar  i  caualler  de  pegn. 
Villo  gen  trouerauei  à  carette. 

Air  bora  oeltre  me  fasi  de  segn. 
E  dls.  quilò  starà  quella  rebosa.  488 

Che  te  fasi  murir  co'l  so  desdegn. 


86  SalTioni, 

Sot  la  parpoata.  che  par  giuoriosa. 
Gen'è  rasor  tagient.  sbrase  de  fuoc. 
492  Villo  trottol.  starà  la  tò  morosa. 

Che.  te  ha  manda  quilò  à  far  sto  laoc. 
Àzo  che  sta  maruogna  se  castiga. 
Che  ere.  che  à  far  morir,  i.  fent  sea  zuoc. 
496  Chilo  no  insiralla  me  de  briga. 

Chilo  starala  in  sempiterna  secola. 
Chilo  de  duogia  me  no  se  desbriga. 
Chilo  no  se  pettena.  ne  speccola. 
500         E  no  se  uà  in  filò  da  le  uisine. 

Nq  co  una,  ne  laltra  no  se  taccola. 
Chilo  no  canta  ne  gal.  ne  galline. 
Mo  sempre  è  scur  com  seroue  in  t*un  poz. 
504          Che  foès  sera  de  sera  co  fassine. 

In  cusi  fatto  luoc.  e  cusi  soz. 
Mongola  tu  purgerès  la  to  falanza. 
Co  gran  sardina  senza  bere  goz. 

508  [11  y]  Trottol  me'l  dìs  e  la  to  curdilanza. 

T*harà  fat.  quest  erudii,  perche  no  zona. 

Da  pò  el  mal  fat  grattarse  la  panza. 
Tores  te  mò  dal  cui  uia  questa  roua. 
512  E  fai  sauer  à  chi  tu  uuosi  ben 

Se  tu  no  uuos.  che  co  ti  le  se  brùsa 
E  dit  quest.  el  bel  mo  sol  seren. 

Per  la  fenestra  me  porta  la  lus. 
516          E  trottol  grand  com  saròu  un  car  de.  fen. 

E  se  sgiauentà  fora  per  un  bus. 

E  finito  r  insonnie  della  Mongola. 


[12  r]  Critu.  che  à  ueder  trottol  hauès  duogia 
Che  da  stremisi,  rebba.  e  da  paura. 
520  El  me  tremaua  el  cui  co  fa  la  fuogìa. 

Chi  hauès  cauà  un  mort  de  sepultura. 
A  so  paracion  mi  saròu  sta  na  umbrìa. 
E  lu  regost  à  muò  na  dipintura. 


Testi  bellanesi  del  sec.  XVL  87 

Se  in  me  uita  hauì  me  malinconia.  524 

A  paracion  quella  saròu  legrezza. 
Meserecordia.  uergena  maria. 

Lheua  d*intorn  el  caf.  una  gran  drezza. 
De  bissò,  gres,  e  de  maràs  taccola.  528 

Co  la  coda  sutil  a  muò  na  frezza. 

E  Ogni  botta  chel  trasea  el  flà. 
£1  gè  uigniua  flama  da  le  snare. 
Co  saròu  un  stonbolon  de  pagia  inpià.  532 

E  noi  è  caualler.  solda.  ne  frare. 
Che  à  uere  un.  hom  cusi  contrafat. 
Hauès  tignu  me  perdona  el  cagare. 

L'heua  su  le  spalle  do  gran  gat.  536 

Co  codazzo  pelòs  negri,  e  riz. 
Che  gè  ligaua  el  col  muò  che  un  sogat. 

I.  heua  do  uuogii  per  un  à  muò  d'un  stiz. 
Che  chi  i  hauès  uidù  da  meza  not.  540 

Haròue  dit  uè.  uè  el  diauol  fatiz. 

Quand.  che'l  foò  dentro  dal  me  camberot. 
E  me  sentì  uignir  si  gran  tremaz. 
Che  putaue  estro  morta  de  bel  bot.  544 

[12  v]  E  me  reuoltiè  dentro  in  te'l  piumaz 
Che  per  la  bona  fé  dissi  de  cert 
Custù  in  mal'hora  me  porta  uia  in  braz. 

E  no  ossane  star  co  i  uuogii  auert.  548 

E  pò  mò  se  i  serraue.  heua  sconchiga. 
Chel  me  amazzas  e  metterme  à  couert. 

Yn  anem  m^  diseua.  Mongola  ciga. 
L'altro  no  ùlv  fardella  tu  n'ho  os.  552 

Ti  stessa  no  te  intendi  mala  briga. 

Me  fessi  sot  la  pietà  milli  eros. 
Diseua  un  patanostro  e  pò  no  pi 
Che  da  paura  el  m*era  inbarbugios.  556 

E*l  luguraua.  ma  no  l'era  di. 
No'l  cantàua  ne  gal,  ne  gallina. 
Che'l  pareua,  che  i  foès  morti  tutti  in  ni. 


88  Salvionì, 

560  Quand.  che  senti  dir.  Cagnazza  patarina. 

De  la  me  mort  tu  hesi  pur  hauu  uittuoria. 
Che  amor  no  te  Ari  la  pitturina. 

El.  zò  drie  disant  si  longa  istuoria. 
564         Che  chi  uolesse  dirla  a  compiment 

Besognerou  ch'el  haues  gran  malmuoria. 

EU  dls.  che  à  casa  calda  ge'n  uà  zent. 
Che  chi  le  ombràs  Ve  serdu  pi  d'un  million. 
568         E  à  trar  d'un  sàs  tu  no  daròue  in  nient. 

E  che  quelle,  che  no  ha  compassione 
A  far  murir  i  fent  da  crudilanza. 
I  gè  cuose  le  trippe  à  muò  castron. 
572  L13  r]  E.  che  co  i  fer  bogient  in  su  la  panza. 

I  gè  strapassa  e'I  cuor,  e  la  coragia. 
Quest  i.  gè  &  mò  ogni  di  per  alnoranza. 

Putte  sason  na  frotta  de  canagia. 
576         E  si  uuò  dir  de  mi.  che  fui  la  prima. 
Che  haòn  piaser  de  farse  dar  batagia. 

E  haòn  delòt  de  metter  i  fent  in  cima. 
E  pò  uolòn  mostrarse  sente  citte. 
580         E  andòn  da  rebba.  e  no  mostròn  far  stima. 
Gè  scorlòn  i  uuogiì.  el  caf.  à  muò  ziuitte. 
E  quand  i  haòn  mitù  su  l'arzonel. 
Disòn  uà  in  la.  che  te  die  milli  sitte. 
584  Yilò  comenza  campana  à  martel. 

Che  mettòn  tal  fii  tant  in  scatòr. 
Che  spes  da  duogia  i  gè  lassa  la  pel. 

El  no  arde  mò  si  ben  fuoc  in  forn. 
588         Quant  che  a  trottol  ardea'  el  marager. 
Che  Tera  sasona  dentre.  e  de  fora. 

E  no  è  al  mond  si  prò  d'hom  de  forner. 
Che  sauòs  sasonar  un  ster  de  pan. 
502         Si  ben  co  gè  flò  el  cuor  mi  cuor  de  fer. 
E  mò  da  rebba  à  me  magne  le  man. 
Che  fui  crudilla.  zudiera.  cagna. 
A  far  murir  si  fatto  Cristian. 


Testi  belliinesi  del  sec.  XVI.  89 

£1  cugnirà.  che  bisse.  e  rosp.  me  magna  596 

El  fià.  che  no  harò  carn  morta  a  Tinfern 
E  quest  è  el  premi,  che  se  gen  uadagna. 

[13  y]  Siche  nò  putte  habie  mior  gouern. 
E  statuffa  la  uuogia.  e  Tapetet.  600 

Gourandeue  ben  el  cui  d'insta,  e  d'inuern. 

Che  à  la  fé  dretta  al  Santi  de  Benèt. 
Se  sarè  si  matte,  che  no  fasi  al  me  sen. 
Murirò  in  puzza  cantand  a  muò  d*un  pet.  604 

Guarda  quenti  biò  fior  el  maio  uien. 
A  sbellettar  i  prà.  le  ual.  le  Riue. 
Che  pò  al  messal  ò  su  le  tieze  in  fen. 

Siche  per  fin.  che  hauè  dure  le  pine.  608 

Che  ne  tien  sgionfa  el  càs.  e  le  gonelle. 
Mena  le  gambe,  e  mostra,  che  sase  uiue. 

Che  uitti  za  la  Binussa  si  bella. 
Che  quand  che  Tariuana  su  na  festa.  612 

La  era  na  dipintura  no  za  donzella. 

Guardalla  adès  a  che  muò  gè  sta  la  testa. 
A  che  muò  la  tòs.  e  à  che  muò  che  la  spuda. 
Che  ogn'altro  di  de  sput  la  impiròue  na  cesta.      616 

Guardalla  adès.  che  la  è  tutta  Canuda. 
E  uà  bassa  co.  i.  uuogii  scarpelin. 
E  se  la  f&  do  pàs  la  zem.  e  suda. 

Ondre  è  adès  i  suo  pas  si  zinziurin.  620 

Che  quand.  che  in  bai  la  era  tolta  su. 
l'haròue  fat  inuidia  à  un  palladin. 

[14  r]  Ondre  è  i  suo  manazzò  adès  de  uilù. 
Le  scarpe  bianche,  e  la  bella  guarnazza.  624 

De  scarlat  aròs  da  la  cintura  in  su. 

Ondre  è  zù  i  biè  cauiè.  e  la  so  fazza. 
Quei  d*or  fin.  e  quella  si  gramega. 
Che  haròue  inamorà  tutta  na  piazza.  628 

Se  tu  gè  treue  de  man  in  t*una  nega. 
Tu  no  rhauerou  poduda  piccigar. 
Si  erela  al  picigot  dura,  e  saluega. 


SalvioDÌ, 

M(N  adès  la  pel  gè  picca,  che  la  par. 
IV  un  boazzò  uecchio.  e.  magro  la  lembrana. 
Che  co  Da  sacca  se  porou  ligar. 
No  uè  diròue  in  t*una  settemana. 
(ì:^t;          Quel  che  fa  el  temp.  à  la  putte  restiere. 
Che  no  se  lassa  scartezar  la  lana. 

Parzò  se  me  corrozze.  e  me  despiere. 
L*ò  che  seòn  piez  che  un  uil  anemal. 
TtlO  Che  se  raostròn  saluege.  e  seòn  maniere. 

E  si  disón.  che.  i.  fent  ne  fa  mal. 
Che  ne  uuò  dir  adès  questa  parola. 
Che  seòn  pi  giotte.  che  caure  de  sai. 
644  Che  se  uoròu  piccarne  per  la  gola. 

.FINIS. 


[SONETTI.] 

[1]. 

[15  r]  Gen  e.  che  dis  tu.  è.  d'el  mal  Francese. 
Tu  es  el  mior  temp.  che  no  ha  la  signoria. 
Tu  esi  pan  bianch.  e  carn  de  beccaria. 
C48  Tu  stes  do  uolte  al  di  senta  drè  al  desc. 

Tu  stes  d'inuern  al  sol.  e  d'insta  al  frese. 
Tu  no  debroue  hauer  malenconia. 
Tu  es  zupariè.  Mantellina,  e  zornia. 
652  E.  strenge  arosse,  e  calze  da  Todesc. 

Tu  canti  el  crion  la  festa  a  messa. 
Tu  esi  el  prim.  che  nisa  la  fugazza. 
E  si  tu  magne  torta,  è  carne  alessa. 
656  Tu  esi  do  leurier.  e  can  da  cazza. 

Tu  esi  una  corazzina  fatta  à  Bressa. 
Che  no  la  passeroue  un  arch.  che  cazza. 

Disse,  ben  prò  te  Cazza. 
660  Jacoro.  si.  che  he  bon  temp.  uia  per  de  fora. 

Mo  amor  me.  friz.  el  piet  in  la  fersòra. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVI.  91 

[2]. 

[15  v]  Cristina  te  ame.  e  tu  me  fes  murir. 
Yarda  mo  se  tu  esi  el  piet  pi  dur.  che  piera. 
Con  reuelentia  à  incappo  à  una  zudiera.  664 

Quand  tanta  crudilita  podès  sufrir. 

Tutta  la  not  no  posse  me  drumir. 
Che  ho  un  fuoc  andent  in  mez  de  la  uentriera. 
Si  fort.  che  no  è  al  mond  si  gran  caldiera.  668 

Che  in  t'un  subit  no  la  faes  bugir. 

Misericordia  tu  issi  pur  crudilla. 
Pi  che  altra,  che  ui^nis  de  crudilanza. 
E  si  te  mostre  in  ciera  tant  humìla.  672 

Tu  deueroue  pur  hauer  pietanza. 
In  piet.  se  tu  issi  in  uolt  tant  zintila. 
Che  putta  de  sta  uilla  no  te  uanza. 

E  te  zure  in  lianza.  676 

Che  stu  no  fes.  che  tanto  fuoc  me  sbaia 
E  morire,  e  ti  sares  micidiala. 

[3]. 

[16  r]  Becàue  i  zet  ades  uo  citain. 
Che  ne  butta  in  f  un  trat  qualche  angaria.  680 

Camà  uisna.  fasò  n'ambassaria. 
Che  seppa  sprologar.  e  far  inchin. 

Visti  de  uilù  aros  e  carmesin. 
E.  mandai  zo  anent  la  signoria.  •  684 

Che  i  scontrerà  le  pine  per  la  uia. 
E.  com  i  sea  la  i  gè  darà  un  uintrin. 

Poltro,  cancar  uè  magne  debessà. 
Spender  el  cuor  del  corp.  e  la  coragia  688 

Per  che  quist  cagnaz.  ture  no  uignis  qua. 

Mo  foessàu  tutti  in  una  ca  de  pagia. 
E  mi  con  un  stizzet  foesse  la. 
Che  compiroue  prest  questa  batagia.  692 

Maladetta  canagia. 
Che  noi  pagòn  soldà.  rori.  et  formai. 
E.  noi  no  ne  aidessà  pagar  un  ai. 


92  SalvioDÌ, 

696  [16  v]  No  uitte  mò.  creze  si  bella  festa. 

Quant  iiè  Taltr'hier  à  la  costra  h  Triuis. 
lera  uistì  tacoolà  muo  tamìs. 
Con  stombolò  de  tela  iniorn  la  testa. 
700  I  eua  el  caf  grand  con  saròue  na  cesta. 

Con  barbe  infln  de  sot  da  le  naris. 
0.  Santon  ieson  Christ  del  Parais. 
Disse  in  me  anem  que  narassia  e  questa. 
704  Gen  era  pò.  che  hauea  capiè  pelos. 

Con  camisot.  per  fin  su'!  col  del  pè. 
A  muò  de  prette  andasand.  co  le  eros. 
G*era  un  Canal  pi  grand,  che  nite  me. 
708  Co  una  femena  stt  de  uilù  aròs. 

Con  fazzuò  d'or,  che  par  insofraaè. 

Inflna  el  Poeste 
Risèva.  che  se  gè  haueroue  cauà  i  dent. 
712  Marauegiandse  de  si  fatta«  zent 

[5]. 
[17  r]  Deh.  cagasang.  e  la  giandussa  uiena. 
À  chi  fé  far  letram  mai  me  fardeL 
Che  pò.  che  indrapellà  che  U  fò  de  morel. 
716  Quand  chel  fauella  sempre  el  se  indesdegna. 

E  fuosi  mo  che  '1  trattei  da  maregna. 
Che  de  tutti  i  mie  camp,  uindi  el  pi  bel. 
Per  farge  una  |)elanda.  e  quel  roantel. 
720  E  ades  apena  à  guardar  me.  chel  se  indegna. 

Becco  futù  mi  quand  che  cominciò. 
Mandarlo  à  scòla,  per  pagar  el  maestro. 
A  mità  die  le  fede  in  fé  de  die. 
724  E  se  gen  era  qualche  bon  polastro. 

E  gel  mandaue.  e  ano  di  ueiliè. 
E  mo  ades  el  me  tratta  da  minchiastiH). 

E  son  sta  mi  el  fiàstro. 


fV.H.  Noi  cOvl.  taccola,        7J2.  Nel  cod.  Paràis, 


Testi  bellanesi  del  sec.  XVI.  93 

Che  a  spindù  el  cuor  del  corp.  per  hauer  alnor.      728 
E  mò  el  dis.  che  son  so  bitador 

Deh  cagasangue  à  color. 
Che  fa  magnar  le  so  galline  à  Pana. 
E  stenta  à  cha.  magnando  polenta,  e  faua.  732 

[6]. 
[17  v]  Porou  massa  bastar  qne  i  straliot. 

Frances.  e  todesc.  e  altra  canagia. 

Ne  hanes  tolt  el  coor  e  la  coragia. 

E  fame  zir  spauisig  de  di.  e  de  not  730 

Poron  bastar  farne  murir  debot. 
Co  la  giandnssa  in  terra,  o  su  la  pagia. 
Senza  fame  aspittar.  che  la  tieza  cagia. 
Per  la  fortuna  de  qnist  tamberot.  740 

Porou  uignir  mo  altra  malidission. 
Se  dee  me  no  se  '1  no  uien  tempesta. 
E  toome  tnt  quel  che  seroenà  haon. 

Deh  Cancar  uiena.  a  chi  guarda  me  feata.  744 

Ne  tuoi  da  preoet  benedission. 
Che  putòn  taor  uin  dolz.  e  i  ne  da  agresta. 

Sei  faes  aita  alnesta. 
I  preoe  ocm  la  zenie  citaina.  748 

No  bauesson  mai  tanta  dissiplina. 

[']■ 

[18  r]  Se  |»4ncipio  me  fes  la  Signorìa. 
Perqne  te  b$  penar,  e  slangurìr. 
I  unogi  granii^  uoroue  pardir.  ITyi 

Anent  che  darte  una  slan^ruoria. 

Mo  ti  esi  el  piec  pi  fred.  che  zelaria. 
Perzo  me  tìestu  in  lagreme.  e  suspir. 
E  cento  oalte  al  di  me  ies  morir.  T.j^ 

Tarda  sin  si  cruìilla  aita  mìa. 

Sta  tome  mo  Pa:^<>na.  o.  Gardeo^^Ila. 
Per  toleniie  del  cu>r  la  tvni-r.la. 
Dinja  tool  prs^t  caga  «a*:j.  a  la  falla.  T'/> 

M*aiiis.  cb«  he^A  el  :.-:  «j  na  ;far :-..-- 
E  ta  se  tire  ^r-yz^j^  o»  \x  r^ili. 


Stlvioni, 
*y  '"  la  to  ancella. 

""  ««  cPBiil;        • 

fSJ. 
;>"  J»nsame„.  ,  f.,^,,, 
■«  Mson  ogni  jj 
'"  ciel  b/e  ,„„• 
'"  Srao  Signoria, 
"si-gena  maria. 
:M  sipia  cusi. 
«on  bassi  „p,,j 

;/"  '""a  "o  0  ,.  „i.. 
"  do  cara  e  j,  jj 

■  ''>  U  sgola  io  su 
™  '"  giuoria  sta. 
ij  sapoH  colli. 
"o'I  creze  a. 
"'  pur  mo  oasso 
wn'o  de  nu. 
iodi  nieot. 

»»;  i  la  luaia  jeoia. 

Me  crazo  mi 
loria.  E  dige  si. 

»  da  la  mia. 
"i4i  se  spia. 
'1  sa  ti. 
la  oo  l'è  pi. 
'  "0  uà  uia. 
'"«ise'ou, 
pulii  buffò, 
bauer  giuoria. 
Il»,  e  son  fu. 
per  de  U. 
a  per  un  rii. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVI.  95 

E  quel  che  e  stat  no  e  più. 
Mo  e  una  cosa,  che  alde.  uede.  e  sent. 
Gredònlo.  no'l  peoson.  mo  ston  credent.  800 

[10]. 

[19  y]  Dapò  che*  1  mond  uiens  fora  d*uD  uintrin. 
De  la  terra  pi  grand  d*un  gran  pitòr. 
Chel  foò  trouà  cauand  un  ledamer. 
No  foè  me  lauòr  si  zinziurin.  804 

I  Heua  candelle  da  quatro  stupin. 
Danent  à  chi  cridaua  à  muò  de  uèr. 
I.  hauea  piue  d*arzent  pien  un  armèr. 
Che  biscantàua  à  muò  d*un  gardelin.  808 

I.  heua  pò  su  de  sera  in  su  n'aliar 
Migiuò  pien  d*uuoli.  che  haua  dentre.  lum. 
Che  tu  diròue  Ve  fuoch  in  t'un  bar. 

L'era  pò  un.  che  zeua  dasand  fum.  812 

Co  un  sechiellet  fora  bizar. 
A  tutti  quei,  che  era  uilò  in  t'un  grum. 

Po  un  faseua  un  zanzum. 
À  un  da  una  baretta  no  se  que  muò.  816 

Que  i  dis.  che  la  ual  pi  d'un  per  de  buò. 

[11]. 

[20  r]  In  giuoria  cclestial  del  Paradìs 
Co  sent.  e  sente,  e  co  milli  agnusdie. 
Andaròn  nò  poueret  descalzarie.  820 

Co  camise  de  sac  uisti  de  gris. 

Mo  no  gè  uignirà  qui  da  triuis. 
Che  è  piez  che  ture,  ne  mòr.  ne  Francesie. 
Che  gen  apicheròue  per  un  tron  pi  de  sie.  824 

Senza  guardar  pi  fardiè  co  nemis. 

E  parzò  uno.  che  se  dagòna  pas. 
Comprònge  rori.  e  schiopet.  e  solda. 
Chel  farà  la  uendetta  Satanàs.  828 

E  i  citain.  che  tant  malan  ne  dà. 
I  starà  de  sot.  à  brusarse  zo  à  bas. 
Co  el  cancar.  che  gè  uìòna  in  te'  1  figa. 

L'è  mò.  che  mal  me  sa.  832 


9>  Salvioni, 

Che  lasseron  casoncie.  è  lasagnie. 

Perque  no  creze  mò.  che  i  mort  gen  magne. 

[12]. 
[20  v]  E  soQ  sta  zo  à  Veniesia.  Che  chi  dis. 
836  Che  la  sia  terra,  crepe  no  ge'l  uuo. 

Che  no  se  gè  carezò  mò  ne  co  cauai.  ne  buo. 
L'è  un  giuorios  celestro  Paradis. 
E  quand.  che  i  fa  i  Poestà  à  Triius. 
840  No  so  se  tei  perone  dir  ancuo. 

L  e  pi  de  cicocent  uisti  à  muo. 
De  preaet  de  drap  long,  no  miga  gris 
E  s'ana  tieza  i  se  bigna  à  Sen  Marc 
844  Che  al  corpo  de  sent  nient  s'ana  campagna 

No  se  poròu  si  ben  zugar  à  l'are. 

Ve.  i.  mur  depent.  che  l'or  ne  se  spegazza 
Co  homi,  e  sent  è  per  long,  et  per  l'arg 
848  Che  tant  no  se  uederoue  in  na  campagna. 

E  un  hom  sta  su  na  scagna. 
Co.  un  corn  in  caf.  e  un  mantel  de  drap.  d'or. 
Che  ual  pi.  che  no  ual  un  gran  stresor. 

[13]. 
852  [21  r]  Su  la  Somaasa  de  la  tieza  mo. 

Gen  e  banc  long,  quant  me  die  se  uè. 
Che  senta  su  cicocent.  no  do.  o  tre. 
Vn  apruo  l'altro,  e.  sta  à  ascoltar,  roo. 
856  Vn  hom  sta  in  caf.  et  grida  quant  el  pò. 

(.  uà  cazzant  entro  un  Cadin.  i.  det. 
Pien  de  botò.  E  ogn'un  tuoi  fora  el  so. 
E  quand  che  ogn*un  ha  tolto  el  so  beton. 
S(iO  Pò  chi  uà  dal  Principio,  e  altri  in  qua. 

E  sta  com  i  feua  imprima  in  rigolon. 
EL  VA.  pò  fent  con  zuccari  fora. 
Danent  à  tutti  per  ogni  canton. 
8G4  L' 


664.  Cosi  nel  codice. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVI.  97 

E  à  quest  muo  i  ha  fat  el  Poesia 

Po  ogD^un  de  qua  e  de  là. 
Se.  leua  e  bià  el  prim  che'l  può  basar. 
Che  tu  diròue  cert  il  uuol  magnar.  868 

[14J. 

[21  v]  La  fadiga.  e.  el  inalan.  la  fam.  la  se. 
Si  ne  para  el  morbez  uia  da  ogni.  là. 
Che  tal  botta  affama  uignon  à  cha. 
E  uoresson  magnar  e  no  haon  che.  872 

Pan  bianc.  carn  grassa,  d^agnel.  e  caurè. 
Morbez  à  i  citain  parer  si  fa. 
Per  si  fatta  uia.  e.  muò.  che  i  no  sa. 
Se  i.  ha  do  man.  do.  pie.  do  caf.  o  tre.  876 

Me  smereuei.  che  habione  niac.  la  pel. 
E.  pagòn  flt  soldà.  rori.  e  formai. 
Anch.  in  schiopet  gen  uà  qualche  marzel. 

Mo  i.  citain  no  ha  pioueg.  d'un  ai.  880 

I.  uà  per  piazza  scorlandse  el  mantel. 
E  si  se  pas  à  muo  bie  temporai. 

Caga  sangue  se  mai. 
Yorò  me  ben  à  nigun  da  Triuis.  884 

Perque  i  ne  pela  infln  su  la  radis. 

[15]. 

[22  r]  Vendè  el  forment  dies  lire  el  ster. 
Cagne  maladette.  che  saè. 

Che  del  morbo  tutti  quent  à  murirè.  888 

E  no  uè  valerà  uuostri  diner. 

Andà  mò  adès  chamà  i  canal  ler 
Che  uiene  à  impegnorarne  còm  uò  sole. 
Che  fuosi  la  giandussa  pierè.  892 

Che  la  ha  piada  ben  pi  d'un  per. 

0.  Cancher  foss*io  aguan  domenedio. 
Se  gen  lassàs  radis  de  sta  canagia. 
Vorou  tornar  in  man  d'i  can  zudier.  896 


877.  Non  intieramente  corto  niac. 
▲rchìTio  fflottoL  iteL,  XVL 


9d  Salvioni , 

I.  faro  uè  stentar  in  su  la  paia. 
E  tirar  à  le  fosse  per.  i.  pie. 
Fin  che  gen  foes  un  de  quella  naia. 
900  Maladetta  Canai  a. 

Se  hom  gen  lassàs  se  me  quei  dal  pes. 
Con  pat.  che  uorou.  che  i  me^  n  daes. 

[16J. 
[22  y]  Nassesson  ben  per  no  hauer  me  pas. 
004  No  fa  luoc  à  repettar  chilo  fardel. 

Che  i  citain  ne  scortega  la  pel. 
E  pò  domenedio  ne  tra  di  sàs. 
Tu  no  uitte  in  to  mta  el  pi  bel  mas. 
908  Conzà  come  saròue  un  hortesel. 

Semenà  de  forment  seme  1  garnel. 
Colta,  cha'l  no  poròue  estre  pi  gras. 
Se  man  de  caf  maluasi  lus  de  fer. 
912  Vien  zo  per  una  neola  à  reuolion. 

E  conz^mel.  che  par  d*un  bel  zegner. 

No  e  in  quest  deuers  mond.  si  gran  poltron. 
Se  lliaues  ben  el  cuor  doppio  de  fer. 
916  Que  no  pianzesse  da  compassion. 

Critu.  che'l  me  Paron. 
Me  confortàs.  si  ben  d*an  bel  subit. 
Dissel  Girard  com  faretu  de*l  fit. 

[17]. 
920  [23  r]  Quest  foò  tre  di  inent  de  senta  eros. 

Che  no  me*l  debe  desmentegar  me. 
E  la  doman  andiè  à  trouar  à  pie 
Per  hauer  diner.  che  no  gen  haueue  eros. 
924  E  steue  in  piazza  tut  malenconios. 

Pensandme  com  fa  i  homi  el  fatto  me. 
Qui  zouenat  diseua.  Girard,  de 
Serótu  in  festa  mo  si  furios. 
928  El  me  uen  el  diauol  in  la  testa. 

Aldandme  far  intorn  el  badaluch. 
Da  quei  Giotto,  che  sen  hauoa  festa. 
Dissi  fuosi  putào.  che  sea  un  duch. 


Testi  bellunesi  del  sec  XVI.  99 

Che  maladetta  sèa  la  uostra  giesta.  932 

Che  sasè  piez.  che  zudier.  ne  Mor.  ne  Turch. 

E  priege  dio  per  uo  mazzuch. 
Che'l  ciel.  le  neolle.  inflna  el  Parais. 
Possa  cagir.  e  soffegar  Triuis.  936 

•  [18]. 

[23  y]  He  pensa  tante  uolte  ne  la  meni 
Che  chi  le  ombràs  saròue  un  million. 
Che*l  Preue  dis  che  à  resussiteròn. 
Co  pie.  co.  man.  nas.  uuogi.  cauiè.  e  dent.  940 

E.  che  à  son  de  trombetta  incontanent 
Tutti  de  trentatre  agn.  retorneròn. 
A  star  in  chiap  uillò  à  muò  castron. 
A  spittar  d'estro  grami,  e  chi  content.  944 

No'  I  creze.  che  se  dromo  in  compagnia. 
E  leue  su  abon'hora  senza  lum. 
E  tuoge  su  una  scarpa,  e  la  no  e  mia. 

E  lu  uorà.  che  zarnona  d'un  grum  948 

De  esse,  che  sarà  d'ogni  zenia. 
Le  nostre  gambe,  brazze.  pie.  e  cossùm. 

Po  se  un  se  niega  in  fium. 
E.  g'ha  magna  le  man  pi  de  cent  pes.  952 

Pur  à  bignarge  i  det  staròue  un  mes. 

E  qui  che  muor  dal  mal  Frances 
Che  gè  ha  magna  me  perdona  l'ordegn 
Cugnirà  suscittar  co  un  de  legn.  956 

[19]. 

[24  r]  Color  che  hauer  gran  sentia  no  se  sent 
Chiuiluoga  no  uiena  al  palangon. 
Mo  chi  ha  intellet.  e  gran  descretion. 
Me  uiena  à  aldir.  e  farse  ben  arent.  960 

Quel  giuorios.  che  fasi  tutta  zent. 
Al  temp.  antich.  de'l  Bisibillion. 
Faseua  i  homi  à  muò  d'un  pettolon 
In  prima  in  prima  no  gè  giera  nient.  964 


'J32.  Non  ben  chiaro  se  V  e  di  sea  sia  corretto  da  t  o  viceversa. 
0G4.  Il  e  od.  gierà^  \ 


100  Salvioni, 

Si  che  86*1  seua  far  i  homi  d'umbria. 
Con  un  puoc  de  terra,  egua.  fuoc.  e  fum. 
Saròuel  bignar  cent  os  in  compagnia* 
968  Perzò  no  zon  cercando  sto  zanzum. 

Fasòn  na  bona  ment.  e  tiròn  uia. 
Driè  de  qui  seni  che  fò  de  bon  Paston. 

Lassòn  quist  agrum. 
972  A  i  citain.  che*l  uiuer  gè  arecres. 

Che  i  uage  à  casa  calda  à  farse  alès. 

No  sé  se  son  intes. 
Dige.  chi  uuol  zir  su  al  colostro  regn. 
976  Besuogna.  che  con  fès  se  faze  degn. 

[20]. 
[24  vj  No  me  so  maginar  quo  cosa  segia. 
De  no  so  que.  che  ò  entro  la  coragia. 
Che  propiament  la  me  par  canagia. 
980  Che  me  sfrusigne.  e*  1  cuor  me  stofegegia. 

Par  certament  me  tuoge  marauegia. 
Che  hebba  la  not.  e'  1  di  tanta  battagia. 
E  par.  che  neru.  e  osse,  e*  1  pel  me  cagia. 
984  E  sques.  che  nianc  el  fià  me  statufegia. 

E  son  sta  per  consei  al  bel  Triuis. 
Gen  è.  che  dis.  che  Ve  mal  de  Ventriera. 
E  che  me  fitge  segnar  co*l  tamìs. 
988  Altri  spubica«  per  altra  maniera. 

E  dis  rè  mal  me  perdona,  chel  pis. 
Si  no  se  pò  tignir.  che*l  me  despiera. 

Altri  dis.  che  zudiòra 
992  Me  tignerà  questa  maruogna  adòs. 

Inchina  tant.  che  sere  sec  com  feròu  un  os« 

[21]. 
[25  r]  L'è  mort  Bertold  da'l  mal  de*l  marager. 
Che  de  inpegnorarne  me  no  fo  dezun. 
996  L'inpegnoràua  tutti  quent  i  comun. 

Per  bignarse  tronelle.  e  dener. 

Zara  Tauanz.  cancar  à  i  caualèr. 
Possi  murir  tutti  à  un  à  un. 


Testi  bellunesi  del  sec.  XVL  101 

Che  se  capei  portàs.  ne  man  tei  brun.  1000 

Podès  zir  in  preson.  e  star  in  fer. 

0.  Podestà  del  elei  tu  sès  pur  far. 
E  quand  tu  uuòs  tu  ne  può  dar  aiut 
Mo  tu  ne  lage  inprima  scortegar.  1004. 

Se*l  murìua  quest  hom  quand  Tera  put. 
Tu  barone  in  ogni  giesia  cent  aitar. 
Che  à  pena  tu  gen  es  do.  o  tre  in  tut. 

Perque  ^  ne  ha  à  tant  redut  1008 

Che  no  haòn  pi  ne  pan.  ne  uin« 
B  men  da  darte  offerta  un  bagatin. 

[22]. 

[25  vj  Se  hauès  Cento  ducat.  che  foès  mie. 
Ne  hauès  debòta  in  quest  deue)*so  mond.  1012 

Ogni  di  me  faròue  far  un  brond. 
De  lasagnie.  e  un  de  Pestariè. 

Magneròu  lasagnette.  e  Gasoncié. 
Ogni  di  un  gran  cadin  fin  zo  8u*l  fond.  1016 

E  comprerou  de  qui  zucar  torond. 
(%e  par  biè  bis  destegolà  in  gamie. 

E  sempre  me  do.  o.  tre  uolte  al  roes. 
Mi  co  un  altro  compagn  da  la  uilla.  1020 

Ziròu  a  Triuis  à  pascolarla  à  pes. 

E.  man  à  tenche.  e  qualche  bona  anguilla. 
E  si*n  faròue  far  d'arost.  e  les. 
E  da  pò  past  cuche  è  fig.  de  barilla.  1024 

E  maluasia  zintilla. 
Me  faròu  soppa  co  qui  pagnuchei 
E  pò  gen  duròu  à  cha  trenta  marchet. 

[23]. 

[26]  L*ò  bella  cosa  Thom.  che  no  ha  debèta.    1028 
El  puoi  zir  per  tutto  el  mond.  se  l'ha  denèr. 
Mo  senza  qui  se'l  foès  pi  dur  d^un  fer. 
No'l  cateròu  hom.  che  gè  fès  de  bareta. 

E  ge*n  uoròue  almasque  una  carota.  1032 

Che  andarono  à  Triuis  da  qui  forner. 
E  comprerou  pan  bianc  asques  un  ster. 
E  pes.  anguille,  e  zelaria.  e  faueta. 


102  Salvioni, 

1036  E  me  faròu  un  zuppon  de  uilù  aros. 

Che  me  faès  na  bella  pitturina. 
Co  straliere  à  i  manazzò  conzade  in  eros. 
Me  comprerou  na  bella  corazzina. 
1040        E  quand  uolès  Cent  fent  à  una  os. 
I.  haueròu  te  sé  dir  da  la  Capellina. 

E  sempre  ogni  matina. 
Yoròu  hauer  un  famèi.  che  zes  per  pes. 
10  i4        E  magnargen  de  frit.  e  rost.  e  Ids. 

[24]. 
[26  v]  Non  è  el  pi  bel  amor  quant  è  de  fora 
E  lassa  pur  che  dige  sti  carbon. 
Che  almasque  die  co  le  putte  zanzon. 
1018        E  de  la  vacca  zulla.  e  de  la  lòra. 

E  zanzand  la  maruogna  si  ne  sbòra. 
E  trane  la  slanguoria  del  magon. 
Mo  i  citain  si  uà  per  dre  i  canton. 
1C52        Frizandse  el  piet  com  faròu  na  farsora. 
L'altro  diaz  gen  uit  un  zazzarin. 
Star  in  su  un  us.  e  trar  lagreme.  e  suspir. 
Chel  me  parèa  sec  com  saròu  un  spia. 
1056  Pota  de  mi  com  puole  mo  sufrir. 

Queste  c^igne  i  tien  da  patarin. 
Inchin  da  mo.  uorou  inent  murir. 

E  me  sentì  uignir 
1060        Vna  pietanza  in  piet.  e  disse  cagne. 

No  lassa  murir  i  fent.  che  i  lof  uè  magne. 

[25]. 
[27  r]  Sia  maladet  amor,  e  chi  consent. 
D'estre  mo  sottopost  al  fatto  so. 
1064        Che  per  lo  fatto  me.  te  dige  mò. 

Gè*  n  son  pi  stuf.  che  no  è  un  can  de  uent 

Mo  gè  ual  a  dir.  al*  hor  me  pent. 
Pur  che  tu  isi  in  solazzi  sbertigìò. 
1068        Che  tu  romang  cazza  pi  che  no  e  un  bo. 

Quand.  che  Thebba  el  zogel  al  col  ben  cent. 
L*e  alnest.  che  la  fistola  le  paga. 


Testi  belluDesì  del  sec.  XVI.  103 

Amar  fin  che  le  tira  ben  al  leni. 

E  pò  ainarte  pien  dMra.  e  de  desdegn.  1072 

£1  te  farà  stentar  tutta  la  not.  , 

E  te  farà  estre  sec  coni  saròu  un  legn. 
E  senza  carn  Francese  magnòn  el  scot. 

Beccate  su  quest.  os  1076 

Se  la  fistola  uuol.  che  me  desbrìge. 
Magnar  me  possa  i  can  se  pi  mUntrige. 

[26]. 

[27  v]  Àgnies  zintil.  uuogii  da  far  murir. 
Che  tu  inamoreroue  un  hom  de  fer.  1080 

Tu  m'es  firì  si  fort  el  marager. 
Si  che  no  posse  star  ne  in  pie.  ne  zir. 

Tutta  la  not  no  posse  me  drumir. 
Che  arde  com  fa  la  pagia  d^un  pagier.  1084 

E  d^l  me  fuoc  tu  no  daròu  un  diner. 
Cagna  marobia  coM  puotu  me  sufrir. 

Tu  doueròue  pur  hauer  paura. 
Disant.  se  custù  muor  el  me  mazzera.  1088 

E  darme  qualche  puoc  de  refrescura. 

Me  sente  una  Scassa  in  te'l  figa. 
Che  fa  na  spana,  e  pi  de  feridura. 
No  uitu.  che  he  el  color  muò  d'amala.  1092 

Si  che  torna  à  to  cà. 
Agnies  se  muore  amand  la  to  parsona. 
No  crerè.  che  giesum  christ  me  te'l  perdona. 

[27]  >. 

|28r]  Vendè  el  forment  dies  lire  el  ster.         1096 
Cagne  maladette.  che  sarè. 
Che  deM  morbo  tutti  quent  à  murirè. 
E  si  no  uè  ualerà  uuostri  diner. 

Andà  mo  adès  camà  i  caualler.  1100 

Che  uiene  à  inpegniorarne  com  uo  sole. 
Che  fuosi  la  gjandussa  pierè. 
Che  rha  piada  ben  pi  d'un  per. 


*  Questo  sonetto  e  il  15^  sono  U  stessa  cosa.   Lo  si  riproduce  tuttavia 
per  le  Uovi  differenze  che  offre. 


104  Salvioni,  Testi  bellunesi  del  sec.  XVI. 

1104  0  cancar  fosse  a^an  Domenedio 

Se  ge*ii  lassàs  andar  de  sta  ca..agia. 
%         Vopòu  tornar  in  man  d'i  can  zudier. 
I  faròue  stentar  in  ^u  la  pagia. 
1108        E  tirar  a  le  fosse  per  i  pie. 

Fin  che  gen  foès  un  de  quella  nagia. 

Maladetta  canagia. 
Se  hom  gen  lassàs.  seme  quei  dal  pes. 
1112        Con  pat.  che  uoròu.  che  i  me'n  daes. 

[Seguono  quanto  prima  le  illustrazionLI 


lomb.  verti  dovere,  esser  necessario. 

Registran  questa  voce  il  Vocab.  cremasco  del  Samarani,  e,  attribuendola 
a  Geradadda,  il  Cherubini  nelle  Giunte  al  4.®  volume.  Siam  quindi  ben  vi- 
cini a  Bergamo,  al  paese  cioè  donde  s*ha  erti^  che  a  verti  sta  appunto  come 
stanno  i  berg.  èrtes^  erdy  ecc.,  ai  lomb.  occid.  vèrieSf  verd.  Il  Mussafia,  Bei- 
trag  101  n,  connetterebbe  la  voce  con  un  tose,  vertere  (non  verte  non  im- 
porta), ch*egli  radduce  airomofona  parola  latina.  Ma,  lasciando  da  parte 
la  voce  toscana  ^  d*uso  assai  limitato  e  intorno  al  cui  preciso  valore  vor- 
remmo in  ogni  modo  essere  meglio  informati,  e  ristringendoci  al  ben  chiaro 
e  ben  assodato  verti  della  Lombardia  orientale,  parmi  che  questo  risalga 
assai  ovviamente  al  lat.  oportère.  Da  questa  base  si  arrivava  senz'altro 
a  *ovorti,  e  i  due  o  poi  si  dissimilavano  allo  stesso  modo  come  si  vede 
accadere  nelFant.  lomb.  sozernar  soggiornare,  e  nel  lomb.  lovertiga  ecc.,  da 
anteriore  *lovortiga  (Romania  XXIX  555  sgg.).  E  come  Ve  di  sozernar  pas- 
sava alle  rizotoniche  {sozérno)  cosi  quello  di  *overti\  tanto  più  facilmente 
questo,  in  quanto  si  tratti  di  verbo  in  molta  parte  modale  o  servile. 

Da  questo  vertiy  il  Mussafia  non  vorrebbe  scindere  Varte  di  Bonvesin  ^ 
(v.  Altmail.  mdrt.§  128;  Seifert,  Gloss.,9),  che  TAscoli,  VII  600,  invece  scior- 
rebbe  in  art^e^  interpretandolo  per  *è  arte'  (cfr.  'è  mestieri  ').  Potrebbero  aver 
ragione  ambedue.  Dove  circa  air  a,  si  può  asserire  che,  nella  combinazione 
er^  esso  occorre  in  molti  altri  esempi  milanesi,  e  circa  alia  caduta  del  v-, 
essa  potrebbe  dipendere  da  una  di  quelle  straordinarie  riduzioni  cui  vanno 
soggetti  i  verbi  modali.  —  Sennonché  anche  mi  chieggo  se  per  avventura 
non  si  frammischi  ad  arte^  e  più  ancora  ad  artà^  Tartare,  o  meglio  il  pas- 
sivo art  ari,  latino.  Questo  verbo  aveva  trovato  modo  di  passare  anche  nei 
documenti  volgari  (v.,  p.  es.,  il  documento  valmaggino  del  1628,  ch'è  stam- 
pato in  Bollett.  stor.  d.  Svizzera  it.,  XIII  107  n),  e  da  qui  ben  poteva  pe- 
netrare, variamente  adattandovisi,  nelTuso  comune.  C.  Salvioni. 


^  L'evoluzione  che  si  ammette  per  la  voce  lombarda,  non  mi  parrebbe 
del  resto  inverosimile  nemmeno  in  Toscana.  Ricordo,  ad  abundantiam,  Va- 
lermo  =  Panormum,  e  la  sua  storia. 

*  Con  cui  vanno  il  berg.  artd  (Tiraboschi)  e  il  valm.  tartd  (Giorn.  st.  d. 
letter.  it.  Vili  411).  Qui  si  dà  una  spiegazione  del  t-  che  certo  potrebbe 
sempre  andare.  Ma  mi  chiedo  ora  se  non  lo  si  debba  piuttosto  all'influenza 
di  tohd  (cfr.  toki  fa  'mi  tocca  di  fare,  debbo  fare*),  venuto  in  molta  parte 
della  Lombardia  alpina  ad  essere  adoperato  personalmente. 


STXJDJ  IjIGhXJ^I. 


DI 

E.  e.  PÀRODL 


[Continuazione;  r.  rol.  XY  p.  1-82.] 


§  3.  IL  DIALETTO  DI  GENOVA 
DAL    SECOLO   XVI  AI   NOSTRI   GIORNL 


Avvertenza  preliminare. 

I  testi  dialettali,  sui  quali  si  fonda  questo  studio,  sono  i  seguenti  : 

a)  Rime  diverse,  in  lingua  genovese^  molto  dilettevoli  pei*  la  no* 
tata  e  varietà  de  soggetti^  con  nuoua  giunta  di  alcune  hora  date  in 
htce,  dedicate  al  Signor  Oraiio  Ceua,  Stampate  in  Torino^  ad  instanza 
di  Bartolomeo  Calzetta  e  Ascanio  de  Barberi,  1612.  (fogl.).  Com- 
prende questa  stampa  le  Rime  di  Paolo  Foglietta,  una  traduzione 
del  primo  Canto  deir* Orlando  Furioso',  fatta  da  Vincenzo  Dartona, 
ed  altri  versi  di  varii;  infine  alcune  Rime  di  Todaro  Gonchetta  (pseu- 
donimo di  Giuliano  Rossi,  vedi  e),  notevoli-  per  l'evidente  imitazione 
contadinesca  (cfr.  il  nm.  5).  Talvolta  citasi  con  'fogL^'  T  edizione 
fatta  dallo  stampatore  Girolamo  Bartoli  a  Pavia  nel  1583:  Rime  di- 
verse in  Lingua  genovese^  le  quali  per  la  novità  de  soggetti  sono  molto 
dilettevoli  da  leggere,  di  nuovo  date  in  luce. 

b)  Ra  Cittara  Zeneize^  poexie  de  Gian  Giacomo  Cavallo.  In  que- 
sta nuòeua  restampa  de  chiù  poemi  accresciuoa  (  sic  ) , . .  In  Zena , 
M.  DC.  LXV.  Prae  Oirucemo  Marin^  vexin  à  S.  Lonoù.  (cav.).  Tal- 
volta si  cita  con  'cav.  ^'  la  1.*  ediz.,  del  1635,  che  ha  per  titolo:  Ra 
Cittara  Zeneise,  Poexie  de  Gian  Giacomo  Cauallo,  a  ro  Serj.^^  Gian 
Steua  Loria  Duxe  de  Zenai  e  con  cav.'  l'edizione  del  1745,  che  ha 
ortografia  rammodernata  e  migliore,  e  un'aggiunta  di  quattro  Can- 
zoni, pp.  224-278. 

e)  Giuliano  de  Rossi.  Poesie  varie  in  dialetto  genovese.  £  un  mano- 
scritto cartaceo  della  Biblioteca  universitaria  genovese,  che  porta  la 


106  Parodi, 

segnatura  E  II 30.  E  attribuito  al  sec.  XVII.  Si  cita  eoa  ^  ros3.\  senza 
iadicazione  di  pagine  (non  ò  numerato):  solo  talvolta  si  dà  il  titolo 
della  poesia,  specialmente  pel  lunghissimo  Viaggio  a  Venexa  (viag^.). 
—  Un  altro  manoscritto  delle  medesime  Rime,  appartenente  alla  stessa 
Biblioteca,  ove  ha  la  segnatura  E  I  1-3,  e  contemporaneo  al  prece- 
dente, si  cita  con  '  ross.  ^^  quando  accada  di  ricordarlo.  AJtri  mano- 
scritti appartengono  ad  altre  Biblioteche,  ed  uno  anche  alla  Biblioteca 
Nazionale  di  Firenze,  il  Palat  28;  ma  per  ora  non  me  ne  servo,  o 
basti  ricordare  che  quest'ultimo  si  distingue  dai  due  precedenti,  per- 
dio vi  ò  più  palese  l'imitazione  contadinesca  e,  come  nelle  Rime  di 
Todaro  Gonchetta  (vedi  a),  in  ispecie  nelFuso  del  dittongo  te.  Il  Rossi, 
che  morì  Tanno  1657,  era  di  Sestri  Ponente. 

d)  Ra  Oerusalemme  deliverd  dro  Signor  Torquato  Tasso  tradùta 
da  diversi  in  lengua  zeneise.  In  Zena  in  ra  slamparia  de  Tango. 
MDGGLV.  E  l'edizione  originale.  Si  cita  con  'grlb',  e,  quando  sia 
opportuno,  col  numero  del  canto  e  dell'ottava. 

e)  Ro  Chitarrin  o  scb  strofoggi  dra  Muta  de  Steva  Le  Franchi 
nobile  patri^o  zeneise  dito  fra  n  Arcadi  Micrilbo  Termopilatide,  ecc. 
Genova,  1772.  E  l'edizione  originale  (chit). 

f)  Comedie  trasporta*  da  ro  fran^ze  m  lengua  zeneise  da  Mi^ 
crilbo  Termopilatide  P,  A,  dedichas  a  ri  veri  e  boin  Zeneiri,  Genova 
1772;  edizione  originale.  Un  secondo  volume  ò  intitolato:  Secunda 
recugeita  de  coìnedie  trasportai  da  ro  frangeize  in  lengua  zeneise  da 
Micrilbo  Termopilatide  P,  A,^  ecc..  e  porta  la  data  del  1781.  In  que- 
sto, ciascuna  delle  commedie  ò  numerata  separatamente  ;  quindi,  alla 
sigla  'comm.',  che  vale  pei  due  volumi  e  seguita  da  una  cifra  mm 
può  indicare  che  il  primo,  aggiungiamo,  volendo  determinare  il  se- 
condo, la  sigla  della  singola  commedia:  furb.  (^Re  furbarie  de  A/'>- 
ììodda)y  prev.  (•/?«  Preziose  ridicole),  av.  (■  L'Avaro)^  loc.  (•  Ra  Lo- 
carniera)^  omm.  («  UOmmo  raozó),  fast.  (»  Ri  Fastidiosi), 

g)  Poesie  di  Martino  Piaggio;  3.^  ediz,^  ecc.  Genova,  Pagano,  18S7 
(piag^.).  Il  Piaggio  visse  dal  1774  al  1843:  poco  importi  se  si  ri- 
corra per  lui  a  un'edizione  o  ad  un'altra.  Aggiungo:  Martino  Pìag^ 
gio  (Scià  Regiiìrna\  —  Chittarìn  zeneize.  Poesie  inedite  con  pr  /<i- 
zlone  di  Anton  Giulio  Barrili,  Genova,  Tipogr.  Sardo-Muti,  senzi 
data  (mpiagg.). 

A  questo  fonti  devono  aggiungersi  i  vocabolarii  del  dialetto  ;  quello 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  107 

de)r  Olivieri  (oL),  stampato  nel  1851,  e  quello  del  Casaccia  (cas.), 
2.*  edizione,  del  1876;  inoltre  il  Vocabolario  doìnesUco  genovese-ita" 
liana...  compilato  e  illustrato  con  tavole  da  P.  Angelo  Paganini; 
Genova,  1857  (pgn.).  Ma  di  solito  si  citaao  soltanto  se  di  qualche 
vocabolo  non  abbia  io  stano  cognixioDO  diretta.  Pel  dialetto  vivo,  la 
mia  fonte  prineipalitsiana  ò  Tuso  mio  e  della  mia  £uniglia;  al  quale 
s^aggiange  resperìema  che  naturalmente  ho  e  Io  studio  che  ho  fatto 
dell'uso  di  altri  iadividai,  appartenenti  ai  varii  ceti  della  cittadinanza. 


A.   Fonologia^ 


Vocali   foniche. 


A.  1.  Intatto:  à  ala,  d7*bu  alba,  detto  delia  biancheria  di 
bucato,  ecc.  Scambio  di  suffisso  in  temdhsa  §  2  B  nm.  72;  d'o- 
rigine un  po'  sospetta  kresdhsa  e  kunusdhsa.    2.  g^  nella  for- 


*  É  necessario  dire  qualche  parola  intorno  a  certi  particolari  della  tra- 
Krizione  fonetica.  Uce  rappresenta  un  e  assai  aperto  e  lungo  (p.  es.  scea 
Reta,  icpra  terra,  ma  fffrmu,  scs  sete,  ma  r§,  cioè  rj,  re  e  rete);  e  e  spe- 
cialmento  i  potrà  quindi  essere  adoperato  a  rappresentare  IV  lungo  chiuso 
p.  es,  pè  piede,  meste  Bvoè  Boero,  di  contro  a  f\oéf  dove  V  e  h  breve,  e  a 
Aver,  dov*è  lungo  ma  aperto;  axycmu  avremo,  ntcèlu  novello,  ecc.)*  Il  y 
<*  il  w,  che  sostituisco  col  semplice  t  ed  u  solo  quando  non  ci  sia  peri- 
colo d'equivoco,  hanno  il  medesimo  valore  che  le  semivocali  italiano  di 
piede  Cairo^  ottono  sauro  :  tra  due  vocali  appartenenti  a  sillabe  diverse  non 
sono  molto  più  forti,  e  non  giungono  mai  fino  alle  vere  e  proprie  conso- 
nanti corrispondenti.  Il  genovese  tfya,  aria,  si  pronuncia  adunque  collo 
stesso  t  eh*  è  neirital.  caUolóyo;  ma  la  semivocale  davanti  ad  un  altro  t 
«ara  anche  più  debole,  per  es.  in  Maym,  diminutivo  di*  *  Maria*,  che  si  di- 
stingue appena  da  Afain  e  spesso  vi  giunge.  Il  dialetto  possiedo  pure  la 
semivocale  corrispondente  ad  ti  e  inoltre  qualche  esempio  della  semivo- 
cale di  o:  ho  dovuto  rassegnarmi  a  indicarle  rispettivamente  con  v  e 
con  0.  Anche  più  importa  toccare  delle  consonanti,  che  nell* ortografia 
comune  del  dialetto  si  scrivono  doppie,  benché  vere  doppie  nel  dialetto 
oca  esistano,  com*è  detto  ai  nmm.  124  a,  131.  Io  pure,  per  evitare  diffi- 
coltà e  complicazioni,  ho  seguito  Tuso  volgare,  quando  la  cosiddetta  doppia 
vt«a  dopo  una  vocale  accentata;  ma  prima  deiraccento  ho  sempre  scritto 


108  Parodi, 

mola  iniziale  AR  +  esplos.,  nei  tre  noti  esempi:  érku  érbuérs'c 
argere,  cfp,  II  113,  396,  X  142,  e  il  mio  §  1  A  nm.  1  *.  L'ar- 
caico ihd§rnu  cav,  potrebbe  avere  il  suo  -gmu  da  altri  vo- 
caboli; ma  non  è  facile  giudicare  di  sf§rna  starna;  infine  serpa 
sciarpa  è  vocabolo  importato,  cfr.  lant.  fr.  echerpe  e  forse  me- 
glio il  francesismo  tedesco  schdrpe.  3«  I  soliti  mey  melo 
XIII  447  sg.,  seza  da  anter.  sereza  Studii  itaL  di  fllol.  class. 
I  397,  Meyer-Lùbke,  Einfùhrung  in  d.  St.  d.  roman.  Spr,  115 
sg.,  ale'g)*u  Studii  ital.  I  395  n.,  e  Einf.  ib.,  kastena^  del  solo 
contado,  Einf.  116;  -e'yve:  piaxeiue  raxoneiue  fogl.,  ora  solo 
in  abìikeivey  detto  del  vino,  e,  se  si  sente  ancora,  in  Qù^teire. 
Mettiamo  qui  cóii^  are.  éovUj  chiodo,  e  nouj  più  spesso  nuuy 
collu  di  nva  nuotare.  4.  -ARIU.  I.  La  risoluzione  più  comune 
è  forse  -a,  da  -àr:  bahkd  da  anter.  bankard  falegname,  fe7*d 
kapeld  leitd  lattajo,  mazeld^  cahtd  cas.  polloneto,  sia  stajo.  Pel 
femminile,  v.  nm.  41.   IL  Frequente  anche  -e',  da  -er:  kafete 


consonante  semplice,  perchè  in  tal  caso  anche  un  toscano  non  potrebbe 
pronunciare  diversamente  da  noi  :  akattu  compro,  ma  akatà^  passu  ma  posa 
(cioò  àkàtà  paso),  E  anche  un  toscano  pronuncia  breve  la  vocale  accen- 
tata, seguita,  come  avviene  spesso  nei  vocaboli  dotti,  da  un  gruppo  for- 
mato  di  consonante  e  semivocale:  invìdia^  ecc.;  cosicché  io  ho  potuto  seri* 
vere  senz*  altro  abr^tiu  vidua^  e  anche  spàsiu  ofisiu  (oppure  abrf'tyu  vuiw/t 
spdsyu,  ecc.),  inoltre  h%§^mow^  eco.  La  stessa  osservazione  si  può  faro 
per  gli  sdruccioli:  tose  timido  dgile^  ondo  ho  scritto  semplicemento  ho* 
mudu^  ecc.  Per  altri  schiarimenti,  è  da  vedere  il  numero  sulla  geminazione» 
delle  consonanti;  e  d* altra  parte,  nei  casi  che  possono  lasciare  nelP in- 
certezza, io  segno  0  la  brevità  o  la  doppia  consonante,  per  es.  tl^dru  o,  dt 
solito,  v^ddru.  Ma  sarebbe  scrupolo  soverchio  sognar  sempre  la  quantità, 
dove  non  ci  sia  disaccordo  col  toscano  ;  sognare  cioè  la  breve  in  vino  9 
simili,  in  làiu  lascio,  0  la  lunga  in  bàiu  bacio,  ecc. 

*  Su  gr/e  potrebbe  nascere  un  leggero  dubbio,  perchè  s'incontra  eoa 
ftò'e  alzare,  ma  per  un  sicuro  giudizio  manca  Vufn  consìstami  altri  esempi 
di  formola  iniziale  non  avendosi  alPin fuori  di  arpa  e  arnia.  Di  formota  in* 
terna  sarebbe  érs'u  larice,  Flechia  II  396,  ma  la  base,  ch*egU  suppone, 
*ìrarcìu^  darebbe  un  t  aspro.  Questo  ligure  érs'u  risponde  senza  dubbio  al 
genov.  irsu  leccio,  nm.  14.  Quanto  a  lirfu  labbro,  che  si  dico  specialmenla 
degli  animali,  Vili  364,  è  vocabolo  d*origine  tedesca,  e  ricorre  anche  io  Tch 
scana,  livorn.  lirfie\  cfr.  lifficeuU  labbra,  della  Val  Vorzasca,  IX  251,  Ti  tal. 
sberle ffe^  il  fr.  balafre^  ecc. 


Stndj  liguri,  §  3.  Il  dial  moderno  di  Genova.  109 

karaté  cikulalè'  mvCde  mulattiere,  pawató' ^yj/^'setajuolo,  strase 
c»»ncìajuolo,  strapunte  materassajo,  l'importato  oinaéè'  vinattiere, 
{icèsté\  ecc.,  leiige  leggiero  (de  l.  dì  leggieri),  ora  del  solo  con- 
tacio. Femminili:  -e  a,  da  -c'ra',  strase'a  strapunte  a  fxoèstea 
hxfetea  cucuma,  gase'a  ghiacciaja,  neve'a  peskea  preQe'a  ri- 
rp\  ecc.  ;  maine'a  conserva  tutto  l'antico  ie  di  ^maniera^  nm.  5, 
cfr.  nm,  125  e,  e  inoltre  §  2  B  nm.  4.  HI.  -àyu  in  parole  dotte: 
ftr>nat/u  aversayu  kanayu  canarino,  kuiifesu  nayu  lùmiìxayu 
accenditore,  ordenayu  salayu  {armà-yu  ecc.). 

E  breve.  5.  Il  riflesso  normale  è  e,  da  t/f,  per  via  di  una 
fase  intermedia  *ye  ;  cfr.  nm.  8  e  inoltre  e  da  e  in  posizione, 
nm.  9:  arfè'  fiele,  ame^  t^ei  ieri,  pè  neou  nipote;  meste  \  dert 
frece  febbre;  con  ae:  feza  o  freza  feccia,  seoe  siepe.  Per  seiQa 
nm,  12;  per  -è  finale  nm.  18  in  nota.  —  I  numerosi  ie  che 
ricorrono  nelle  poesie  di  Todaro  Conchetta  (in  fogl.),  sono  d'i- 
mitazione contadinesca,  e  non  già  toscanismi  spropositati,  come 
inclinava  a  credere  il  Flechia,  ann.  nm.  4  n.,  cfr.  Rom.  XIX  483, 
il  mio  §  2  B  nm.  4  e  infine  il  §  4.  Ricorderò  anche  un  aspiete 
cav.  51  (=  cav.*  45),  in  un  Sonetto  degli  'Amori  servili',  pietà 
cav.  166  («cav.*  170),  in  bocca  al  *  pescatore  Ballin',  e  perfino 
tiegnite  nella  lettera  dedicatoria  dell'ediz.  del  1665.  E  questa 
ha  peto  50  (»  cav.*  44),  ma  un  manoscritto  della  Biblioteca  Uni- 
versitaria genovese,  il  quale' ne  è  fedelissima  copia,  scrive  invece 
pietà.  Per  maine'a  nm.  4  ;  per  Felirainazione  di  altri  ye  di  varia 
provenienza  nm.  11,  e  si  vedano  infine  anche  i  ^Pronomi  per- 
donali *.  6.  Il  dittongo  si  sviluppava  anche  nella  posizione  pa- 
latina (tranne  però  davanti  a  '//  e  quindi  forse  tj;  mancano 
e^mpi  di  kj),  e  se  ne  conserva  la  traccia  nella  vocale  lunga: 
le's'ey  cioè  lès'e^  da  Vyes'e  (ma  fris's'e^  cioè  frìs'e  friggere),  pès'u 
[«eggio  X  435  sgg.,  mègu  végu  spégu  ecc.,  mes'u  mezzo,  ihs'enu 
tènu  tengo  (acc.  a  lénu^  ecc.);  inoltre  pétu  da  pyeitUy  senéta 
ri^e noeta,  pétene^  cfr.  nm.  39  b.  Aggiungo  pégwa^  che  potrebbe 
att>star  rie  anche  per  la  sdrucciola:  si  veda  per  esso  e  per  la 
questione  in  genere  il  nm.  125  e.  Anche  più  incerto  mè^u 
nm.  89^.  ?•  Iato:  nell'iato  originario  con  a  pare  si  abbiano 
dovunque  gli  stessi  risultati  che  per  Ye  romanzo,  cfr.  Meyer- 
Lìibke,  Einf.  112  sg.  e  Horning,  Zst.  f.  r.  Ph.  XXV  341  sg.: 


Ilo  Parodi, 

mce  *inea,  onde  ora  anche  nue  mio  miei.  Iato  con  t:  ti  Ct*y 
dalFant  ei  es,  le  ella,  egli,  §  2  B  nm.  1^  I  e  II;  e  con  -ti, 
are.  De  fogl.  cav.,  o  De  grlb.  4,  65,  cioè  d^,  Domenendé  fo^l. 
cav.,  cfr.  Beìiumè'  Maiè\  §  2  B  nm.  41**,  are.  me  mio,  nm.  18  n. 
0  *  Pronomi  possessivi'.    8.  Nell'iato  secondario  con  a,  troviamo 
I,  cfr.  §  2  B  nm.  5:  pria  pietra,  dal  secolo  XV  in  poi,  per  lan- 
lieo  preaj  onde  si  vede  che  Vie  era  già  sceso  ad  iCj  o  forse  ad  e, 
quando  cadde  il  /.  Ma  in  garia  fogl.  22,  24,  26,  ecc.,  per  rantic\> 
gale'oy  less.  356  e  362  sg.  in  n.,  -ia  è  da  un  e  a  importato  diretta- 
mente, ma  tardi,  v.  Rom.  IX  486,  il  Dictionn.  general,  e  cosi  a  un 
dipresso  dicasi  di  Andria  fogl.  22,  108,  ora  Dria  e  SahCAndna. 
Sillaba  chiusa.  9.  e,  dapvessu  siipì^essu  cipresso,  bis'estu  bi- 
sestile, festa  furestu  'forestiere'  e  *  solitario,  deserto',  lestu  pe- 
sta peste  fìg^pwa  sglte  gò zeppe j  ecc.;  guccra  tcera  nm.  125fl; 
-ELLU:   tnxooslu  e  murellu  violaceo,  Manwwlu^  oltre  a  moiu 
vocaboli  che  una  certa  apparenza  comune  di  significato  diminu- 
tivo, e  spesso  con  tendenza  peggiorativa,  tenne  stretti  insieme: 
arbanelia  S'aso  di  terra,  alberello'  Rom.  XXVll  236,  berMla 
havam§lla  pasticca,  hanpanella  campanula,  fazwcela  da  anter. 
fazurglla  fagiuolo  cappone,  shdmglla  da  anter.  sharameUa  sca- 
merita,  tamazella  tomacina  'braciuola  avvolta',  braQella  bra- 
calone, rateila  litigio,  sarbgUa  ciabatta,  zatglla  piatto  ben  colmo. 
Qui  unisco  belili  e  bg'lwa  donnola.  Ma  di  solito  il  nostro  sof- 
fisi scese  ad  -f liu,  per  confusione  con  -ILLU  :  anellu  aiiellu  hi- 
nella  gemello  hastellu  kapella  kòpella  coppella  nm.  99  cacelln 
furuncclo  nioelu  novello  Ozellu  skòpeVu  vasellu  vilellu  ecc.,  cfr. 
nm.  19.  Dei  casi  in  cui  all'è  segue  un  r'  non  è  da  tener  conto, 
perchè  darebbero  sempre  f,   nm.   20:  sgrsa  gelso,  sgrne  se**- 
gliere,  ecc.  E  invece  sempre  e  davanti  a  n*:  mente  mehtu  fa- 
silmente^  ecc.,  stehtu  pasiehsa  tehdya  senpre,  ecc.;  e,  pare,  an- 
che davanti  a  s\  lese  adesu  desto  snresa  fretta  nesu  sciocco; 
forse  davanti  a  tj:  pessa  nessa  néptia,  se  non  furono  attratti. 
come  pare  più  probabile,  dai  moltissimi   in  -essa^  con  I  origi- 
nario. Si  dovrà  alle  forme  corrispondenti  arizotoniche  Ve  Ai 
testuj  cfr.  testa   ecc.  (probabilmente  da  anter.  testa  §  2  B  nm.  1' 
li)  e  Ve  dell'affine  testu  teglia,  inoltre  di  vestu  e  m*asettii  xn\ 
siedo,  di   spellu  Mevo   la  pelle'  e  dello   stesso  pelle;  ekku  è 


Stadj  ligvrìv  §  ^  li  dial*  moderno  di  Genova.  1 1 1 

(li  solito  proclitico,  eku-lì  ecc. ,  e  lo  stesso  dicasi  di  e  est,  di 
cui  sopravvive  la  pronuncia  originaria  in  kumcelu  da  hum-e'- 
ellu  nm.  125  6,  cfr.  *  Pronomi  enclitici*,  e  di  ^^e  essere  nm.  125  e. 
Su  ey  è,  poteva  aver  efficacia  attrattiva  anche  la  2.*  pers.,  v. 
nm.  7.  Per  sellUy  vedi  s.  CT,  e  così  pel  dotto  leitu;  presta 
pairebbe  un  italianismo  a  rovescio,  di  fronte  a  prceslo  grlb  13, 
lo,  cfr.  nm.  20,  ma  vedi  anche  §  2  B  nm.  l*"  ii.  10.  ó',  cfr. 
i  nmm.  17,  21  ;  saiUu  s'óggu  Sant'Eusebio,  cfr.  §  1  A  nm.  26, 
ma  il  milan.  Us'òbbi  e  il  piem.  Eus'òbi  mostrano  che  Taltera- 
zione  è  estesa  e  fanno  pensare  a  qualche  contaminazione  (con 
Zen  obi  US?);  dizòhtu  trdzóhtu  sono  spesso  proclitici,  dizòhtu' 
dwt  ecc.  Vedi  le  atone  corrispondenti.  11.  f,  nihie  §  2  B 
nm.  3,  da  ie  secondario,  are.  arinio  fogl.  cav.,  ma  aHento  pr. 
DI,  4,  cfr.  Rom.  XIX  482  e  qui  nm.  15. 

E  lungo,  I  breve.  12.  Il  riflesso  normale  è  ey^  forse  da  un 
più  antico  syi  kahdeya  (kande'y-a)  da  anter,  kande'ira^  seya 
•sera'  e  *cera\  da-vey  davvero  (e  nei  dintorni  tuttora  Ve  vey 
»?  vero),  teiga  baccello,  quareizema  cav.,  oggi  qudyzima  nm.  48, 
are.  comeigo  conleigo  fogl.  cav.;  me'is'wa  mensula  madia, 
pnieise  fogl.  e  giù  fino  al  Piaggio,  ora  pàyse  nm.  48,  ma  cfr. 
nm.  15;  — pey  *pelo'  e  'pero*,  hre'iQa  briga  less.  334,  sene'i- 
f^ow  ginepro,  are.  freigu  cav.  10,  canieigora  chit.  53,  ora  kart- 
*'*ijwa  cantilena  religiosa,  cfr.  Salvioni,  Rendiconti  Ist.  Lomb., 
S.  II,  voi.  XXXIII,  pp.  1159  sgg.,  ceiga  piega  grlb  11,  85;  12,  35, 
comm.  9,  cfr.  §  2  B  nm.  7,  ora  di  solito  ceQa^  nm.  14,  ma  già 
chiega  anche  in  fogl.  78,  veiva  vigilia  cav.;  neigru^  cfr.  Tant. 
pagru.  Il  plebeo  se'ioia,  cera,  par  dovuto  alla  commistione  di 
eya  e  seou  nm.  14;  Vei  di  te'ioiu  tiepido  si  dovrà  in  parte 
airattrazione  di  desinenze  consimili  (seimay  peivie^  oltre  a 
neicey  ecc.).  Ma  sei^aj  egli  sega,  sarà  da  sì  e  ai,  estratto  dai 
'-oiuposti,  pro-slcat  ecc.,  cfr.  sicet  sicare  CIL  I  199,  40.  41. 
13.  fj  sempre,  davanti  a  w,  n,  m,  II  115:  kadeha,  seh  e  seveh\ 
-^*i\ye  cenere  sen  seno,  T)ume'nc(ju\-  remmu  (cioè  remH)^ 
e//i//iu  habèmus,  lazetnmuy  ecc.,  avyèmuj  avremo,  da  avere  mmu 
(cioè  a  re/ vmu),  ecc.;  spremine  lemme.  Per  cena  e  simili,  nm.  40. 
U.  Altri  e  (e):  munestey  e  inoltre  sezehde  luminello,  quasi  ♦e  i- 
cindériu,  cfr.  pape  carta;  fe'a  ùera;  geza,  forse  con  e  orig., 


U2  Parodi. 

(la  ij,  ma  T.  Schuchardt,  Zst.  XXV  344  sg.,  e  cosi  forse  ìmle'ijii, 
già  §  1  B  p.  18  o  frequente  nelle  'Rime';  inoltre  ce§u  da  anter. 
cere0u  chierico  (un  unico  cleirixi  ri  95,  93  è  forsì  errato);  sost, 
e  vb.  ceQa  nm.  Ì2,  sulle  forme  arizotoniche  (tuttora  w  se  ceiijit 
muore),  kanlè^ioa  ìb.,  for^o- per  attrazione  di  Anali  consi- 
mili {pèQiea  ratalé^wa  terracrepolo ,  balena).  Difficile  riesce 
erexo  'ilice  fogl.  90,  erxo  grlb  9,  39,  od.  eriu,  col  quale  va 
confrontato  freza  felce,  da  Sferza  nm.  161  :  o  il  dittongo  fu 
alieno  da  tale  posizione  o  scomparve  nei  contratti  "eirzu  *feirza  ; 
iu  tal  caso  Verexu  di  fogl.  sarebbe  rifatto  sopra  un  già  comune 
erzu.  L'od.  secu,  plebeo  se'u  sego,  appare  già  in  ri  nella  forma 
scu  {seo:  queo  111,  5),  che  accennerebbe  a  caduta  latina  del 
v:  si  attenderebbe  quindi  nel  dialetto  moderno  *sów  o  meglio 
*stfóu}  nm.  59,  ma  forse  lo  sviluppo  fu  impedito  da!  parallelismo 
della  forma  dotta  secu.  —  In  besQa  bega  è  forse  un  italianismi 
errato.  15.  i,  tra  palatina  e  -n,  cln  pieno,  sempre  in  fogl.  e 
vivissimo  nella  Riviera,  ma  in  città  piVi,  nm.  155,  al  quale  par 
si  tengano  gli  antichi  lesti  e  gli  scrittori  dal  Cavallo  io  |<oi. 
I*er  palse  grlb  4,  Vi,  paìxi  {:  amixi)  15,  6,  cfr.  §'2  B  nm-  li 
0  qui  il  nm.  12:  sarà,  come  cih,  forma  provinciale.  E  anomalo 
[»ep  più  rispetti  pioisu  III  10  e  qui  nm.  169'',  ma  forse  venne  anti- 
camente dal  francese.  Di  varia  natura:  venih;  liQu,  es.  comune, 
cfr.  Uom.  XXII  302;  vUltoa,  vocabolo  forense,  §  2  B  nm.  7, 
tnalefìiiti  ihaitlia  sibbu  cibo,  ecc.  IS.  lato,  primario  o  no,  dà 
risultato  identico:  e,  quando  segua  •!,  trey  per  l'ant.  Ir^i  §  2  It 
nm.  3,  41'';  e't/  avete,  per  e'i,  ib.,  pue'j/  les'e'y,  ecc.;  e  quantlo 
segua  -u,  donde  poi  -ow,  §  2  fì  nm.  15  e  qui  nm.  59.  17.  I)o|h> 
}-,  sì  arriva  fino  ad  ci,  in  due  esempì  isolati,  che  attribuisco  u<l 
infiltrazione  contadinesca:  Kit{ib,  ni.,  da  anter.  Cogorceito  cbit. 
164  [Cogoreo:  creo  ri  38,  133),  e  burceui  boleti  comm.  StK», 
forse  anche  oggi  bwoti,  cfr.  nm.  sg.  18.  e  o  (e,  davanti  ad  -<i 
e  ad -e:  primario  nella  desinenza  -cea  (da  anter.  "-^ya?),  poi  -<r, 
di  1'  0  3*  sing.  impf.  indie,  e  condizionale,  -watt  di  3*  plui*., 
vhimtea  fogl.  102  e  cos'i  hauea  Itaìtean,  parca,  e  hauerea  />o 
rea,  con  •a  già  caduto  haitè  133,  e  sempre  negli  scrittori  posu- 
riori,  ariK  cav.  comm.,  parte  cav.,  e  al  cundiz.  porrce  vórrtr 
órra  (i^ioL*  r''jr(v   One'  vorrei    vorrebbe)   comm.,  ecc.   Ora  non 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  113 

sopravvive  in  Genova  se  non  V-ce  di  1*  e  3*  sg.  condiz.  — 
Secondario,  in  krcea  creta,  cancea  la  pianeta,  gcea  bietola,  mu- 
fi€ea  scea  ^seta'  e  'setola'  kioce  anter.  cove  fogl.  134,  da  covea 
less.  342  e  qui  nm.  144,  invea  invidia  fogl.  77,  cioè  ihveea,  sea 
fogU^  60,  oggi  sas  sete  (che  potrebbe  inchiudere  anche  see,  po- 
sto che  fosse  scee,  §  2  B  nro.  7  ;  ma  cfr,  qui  nm.  78).  Un  po'  fuor 
di  regola  alcuni  casi  di  iato  con  -w,  come  bwce'u  boleto,  cfr. 
nm.  17  e  il  normale  bwów  nm.  59,  c^u  'aretu  ariete,  che  non 
conosco  se  non  dai  lessici  e  avrebbe  accanto  il  regolare  ayów^ 
Bdsatuieuy  già  in  grlb  18,  21,  Bolzaneto,  paese  vicino.  Tutti  di 
origine  sospetta.  —  Iato  con  -e.  L'-e  cadde  anticamente,  nm.  78, 
cosicché  già  è  scomparso  dalle  ^  Rime  \  e  la  vocale  aperta  e  lunga, 
rr,  rimasta  scoperta  si  abbreviò:  come  un  caso  di  iato  origina- 
rio possiamo  forse  considerare  re  rège  (lat.  volg.  *rè(j)e?); 
in  /rfl?,  femmin.  di  tre'y  très,  da  tree  §  2  B  nm.  41**,  V-e  si 
conservò  come  indice  del  femminile,  onde  persiste  la  lunga  (e 
forse  contiene  anche  il  neutro  trea).  Non  parlo  qui  di  de  deve, 
perchè  si  può  sospettare,  per  le  forme  d'altri  dialetti,  che 
debeo  assumesse  vocal  breve.  Casi  d*iato  romanzo:  are.  f§  fede, 
scritto  di  solito  /te,  cav.  26,  44  ecc.,  rg  rete  -i  (plur.  ree  ri  29, 
22),  are.  vg  vede*,  san  Turpe y  cfr.  il  pis.  Turpe'  Torpète. 


*  Come  si  vede,  ho  dovuto  mutar  di  parere  sulla  maggior  parte  degli 
-tf  finali  brevi  che  ricorrono  nelle  *Rime'  in  rima.  Mentre,  cioè,  li  avevo 
coasiderati  come  chiusi,  §  2B  nm.  Pi  (in  princ),  penso  ora  che  tutti  fos- 
foro aperti  e  si  avessero  cosi  fin  d*allora  le  medesime  condizioni  che  ap- 
pùooo  nel  sec  XVI  e  si  continuan  tuttora.  Infatti,  come  spiegare  un  ffì 
Restano  però  certe  difficoltà,  pei  vocaboli  dove  non  seguiva  un  ^e  atono 
a  per  quelli  la  cui  vocale  tonica  è  il  lat  e.  Ma  trascurando  ^  es  t,  ch*è  re« 
^lAre,  rimper.  fr|,  da  b/(i)^  che  va  confrontato  colPod.  ij  to*,  da  te(i)  tieni, 
.  127,  che  (corno  e  que  ri  63,  90:  de  debet;  sai  cheì  72,  17:  fé  fede:  d» 
▼0,  ecc.),  la  cui  vocale  aperta  può  avere  ragioni  consimili  nelFenfasi 
«Iella  pronuncia  (cfr.  il  tose,  chg,  negativo),  Dòmine  ri  115,  3  (:  e  è),  che 
»i  paò  giustificare  in  più  modi,  rimangono  fé  fece  (ri  2,  19:  fé  fede,  e 
eo^  d.  136,  e  spesso),  de  diede  (rp  4,  55  :  e  è),  inoltre  je  gì  (che  rima  con 
«««o  de  diede  ri  53,  132),  e  poé  (che  rima  con  fé  fece  ri  56,  199),  ì  quali 
indacoQO  al  sospetto  che  talvolta  il  nostro  poeta  si  lasciasse  indurre  a  ri- 
una  vocale  chiosa  con  una  aperta.  E  nondimeno  conviene  attribuire 
altro  la  vocale  aperta  a  fé  fece,  perchè  troppo  spesso  ricorre  in  rima 

ArchiTio  fflottol  lUl.  XYI.  8 


114  Parodi, 

Sillaba  chiusa.  19«  e^  kunse'ggu  màvegga  maraviglia,  are. 
seggu  ciglio,  wèga  anter.  òre'gga,  gramena^  kavellu  gvize'Ua 
nm.  114,  tase'lluj  rumesellu  nm.  101  (ma  anche  kute'llu  ecc., 


con  altre  aperte;  e  inoltre  a  de  diede,  il  cai  -^,  da  -e  lat.,  potrebbe  esser 
parallelo  alF-o,  da  6»  lat.,  di  ho  ecc.,  nm.  29;  infine  anche  agli  altri  per- 
fotti,  come  ie^  poé.  La  riprova  di  queste  conclusioni  si  ottiene  esaminando 
la  rima  dei  poeti  posteriori,  i  qnali  continuano  a  tener  ben  distinte  le  due 
serie  «e  aperto  od  -è  chiuso;  e  distinguono  inoltre  di  norma  anche  fra  -f 
ed  -er  (lungo).  In  fogl.  rimano  fra  loro,  da  una  parte  soltanto  de  deve,  w  vede, 
è  est,  picurè  piacque,  fé  fede,  oimè,  de  pè  presso,  perchè^  e  perfino,  una  volta, 
la  congiunz.  se  (e  assai  di  rado  le  lunghe  aperte  ere  crede,  credere,  me  mia 
mie,  sé  sia,  ecc.,  le  quali  stanno  quasi  sempre  da  sé);  dalPaltra  parte,  sol- 
tanto  D«,  re  reo,  me  mio  miei,  le  lui  lei,  digh*é  dico  io,  prome  rimpetto, 
derré  dietro,  pe  piede  -i,  pape  carta,  crudé^  ecc.  In  cav.,  dove  non  si  trova 
nessun  e  aperto  e  breve  in  rima,  rimano  fra  loro  soltanto  gli  e  aperti  e 
lunghi  (scritti  ora  «or,  ora  "é^  ^,  •e):  eros  crede,  credere,  sae  sia,  sa  sete, 
moe  mia  mie,  moas  mai,  moce  mari,  ecc.;  e  fra  loro  soltanto  gli  e  chiusi  e 
lunghi:  Be^  me  mio  miei,  le^  ti  e  tu  sei,  ce  cielo,  ecc.  Aggiungiamo  che 
nelFedizione  del  1745,  dove  l'ortografia  è  senza  paragone  più  accurata  e 
più  chiara,  é  rappresenta  1'^  aperto  e  breve,  cp  col  circonflesso  Ve  aperto 
e  lungo:  arce  (col  circonflesso)  mce  mia  mie  (ìd.),  ecc.,  ma  ra^  *re*,  e 
*rete*,  /^  fede,  o^,  vede,  perch^^  aloc^.  Un  piccolo  anacronismo  è  la 
grafia  ntof,  col  circonfl.,  per  'mio,  miei*,  la  quale  fuor  di  rima  prevale; 
ma  essa  ci  apprende  che  nel  1745  il  maschile  me  era  già  stato  attratto 
dal  femminile.  Nondimeno  T  oscillazione  di  grlb,  comm.,  chit,  fra  codesto 
i9ur,  usato  anche  pel  masch.,  e  me,  cioè  mf",  usato  anche  pel  femm.,  e*ìn* 
duce  a  credere  che  avvenisse  anche  il  fenomeno  opposto,  cioè  che  il  ma- 
schile traesse  con  se  il  femminile  e  durante  il  sec  XVIII  si  adoperassero 
quasi  indifferentemente  mce  o  me  per  i  due  generi  e  numeri:  oggi  me  noa 
sopravvive  che  nel  contado.  Rime  di  grlb:  dee  (comme  se  dce^  sempre  vivo): 
va  (va^f  vi):  de  diede:  fae  (fé)  'fece*  e  *fede*:  reseiorvé:  a  ^accorse:  voséz 
conosce i  perché:  che:  appé  presso.  Stanno  di  norma  da  se  le   lun^e^ 
cree  ecc«,  ma  con  esse  va  anche  mce  mio  miei,  e  inoltre,  le  due  volte  die 
ricorre  in  rima,  anche  gra^  oggi  f/r^  orate,  nm.  40:  vorrà  dire  che  in  qv^l 
tempo  era  ancora  lungo  (è  invece  una  rima  meno  esatta  quella  dì  rétrt^  fm 
fede  con  maestà^  17^7).  Stanno  a  sé:  Dommenedéi  me  'mio*  e  anche  'mia, 
miei*:  promé^  ecc.;  con  essi  rima,  contro  Tuso  anteriore  e  contro  Tanalogìa 
di  appa^^  anche  Tare  de  pé  o  deppé,  certo  per  attrazione  di  pè  (una  volta  cl« 
pr  rima  pare  con  -i,  19,  11,  e  sono  oscillazioni  proprie  dei  vocaboli  qoaai 
caduti  dairuso;  cosi  è  da  giudicare  forse  di  De  che  si  trova  nel  mede- 
simo caso,  11,  15).  Rime  di  chit  se  de:  se  ve:  é:  Bè:  fé  fede:  caffè:  ohoèx 
perché*  poi,  cres:  qua  quale,  ecc.;  infine  le:  depé:  foreste^  ecc.  (Toncladiamo £ 


Studj  liguri,  §  3.  11  dial.  moderno  di  Genova.  115 

nro.  9),  stellai  les'^sse  leggessi  -e,  ecc.,  sesia  siccìtas,  vessa 
veccia,  l-eska,  bestia^  anch'esso  forse  con  è,  cfp.  Schuchardt 
Zst.  XXV  345,  e  ad  ogni  modo  semidotto,  mescuy  krese  adesu 
sveglio,  e'hdegu  indaco,  e'ndezu  indice  guardanidio,  e'nbrezuy 
i  soli  én-  rimasti;  lùgen§a  nome  di  certa  uva  e  mas'ehgu  (ca- 
cio) marzolino,  ultimi  superstiti  del  suff.  -ing,  ma  ramengo  in 
cav.  42,  Fiamengo  grlb  11,  43;  strehs'e  tens'e  tentu^  senta 
cintola,  kumensUj  soli  resti  dell'antica  serie  impense  fogl.  71 
^pingere,  impenze  19  dipinge,  depento  centa  (part.  pass.)  48 
atenze  50  arrivare,  venzan  25,  e  cosi  fino  a  tutto  il  secolo  xviii, 
iwenze  cìngere,  venze  ecc.  (ora  vinse  dipins'e  dipihlUy  ecc.). 
?evstre'itu  etic.  nm.  57;  per  petlu  nm.  79.  Dotti  o  semidotti, 
abreiyu  ad  arbitrium  ^a  fusone'  e  ^alla  carlona,  alla  peggio* 
[arhetrio  rp  8,  145),  vedru  (per  Tant.  vréu),  sedru.  20.  f,  per 
speciali  influenze  consonantiche,  cfr.  nm.  9:  fgì^mu  verde  ecc., 
e  davanti  a  -5m-,  nm.  95  :  scezimu  senno,  dall'ani  cesmo,  Miscel* 
lanea  Rossi-Teiss  339  sgg.  e  §  2  C  pag.  53,  hataszimu  mcezimu, 
are.  incaniaiximo  comm.  120  (accanto  ai  dotti  kìHstidnezimu  mi- 
l^'zimu  ecc.)^  forse  davanti  a  -st?^:  menestra  singstru  (solo  nel 
detto  pgffu  singstru  alegressa  prestu,  il  quale  prova  forse  an- 
che che  un  tempo  pronunciavasi  prestu,  nm.  9).  Per  attrazioni 
varie:  asella  frengwcelu^  ìnaneska  manesco,  reska  lisca,  Bate- 
ftu  Battista,  dgspa  dispar  (nella  frase  èse  ih  dgspa  esserci 
scarsità).  Il  curioso  ce  di  prceve,  infine,  in  quanto  possa  consi- 
«lerarsi  qui  (cfr.  Àrch.  X  465),  sarà  sorto  nella  forma  accorciata 


gli  -e  brevi  e  chiusi  del  dialetto,  qualunque  ne  fosse  la  provenienza  (poé,  ecc., 
•  eoa  esso  /«,  poi  probabilmente  de  diede;  inoltre  perché^  ecc.)  divennero 
Aperti  per  pora  spinta  fonetica  fin  da  tempo  assai  antico,  e  si  conserva* 
ruDo  tali  fino  a  noi,  benché  il  loro  numero  venisse  assottigliandosi,  o  per 
U  «comparsa  di  molte  forme  e  vocaboli,  o  talvolta  anche  per  motivi  d*altro 
genere  (od.  k^  e  perkf'  assimilati  al  tipo  proclitico).  L*arc.  appg  risale  ad 
UD  'app^^  con  abbreviamento  sintattico.  Quanto  agli  -e  aperti  e  lunghi^  dei 
\iuli  dobbiamo  supporre  l'esistenza  (•/JJ  fede,  da  *féy^  *fiy^%  *^L  vede, 
ongioarii  o  attratti  *d?  deve  e  ^/?  fece,  ecc.)t  si  abbreviarono  assai  prima 
ch«  sorgessero  i  nuovi  -«,  risultanti  da  contrazione,  di  liberta^  ecc.;  ma 
l'iDgo  doveva  rimanere  crfcr  (da  ^crgyer  *cr{yder)^  perchè  anche  in  esso 
*-  tarda  contrazione,  e  er^e  crtt^  cfr.  §  1  B  nm.  P  i  (1*6  chiusa  deirantico 
<^fV  proviene  da  cr^u  crei). 


1 16  Parodi , 

*P'*fi  ora  prcej  nm.  18,  non  senza  attrazione  di  fì'ce  fra*:  pr» 
Lwehsu  come  frce  L.  21.  o,  dopo  r,  paro,  in  es.  sospetti  o 
plebei:  ròidu  rigido  cas.*  (in  grib  18,  27  reidu);  gròpia  greppia, 
abróliu  nm.  19,  sgros's'u  greggio,  tutti  con  ò  breve.  22.  i.  01- 
trecchè  nei  noti  mm/ru,  nm.  45,  e  t;m/t,  che  vanno  col  pais'e 
del  nm.  15,  e  ol trecche  nel  solito  bisa^  potrebbe  credersi  dovuto 
al  suono  palatino  contiguo  nei  difficili  aspertize  mulize  ne- 
tizCj  ecc.,  de]  nm.  140;  ma  l'ipotesi  non  sodisfa  del  tutto  e  il  prò* 
blema  non  si  ristringe  al  ligure.  Vocaboli  alterati  variamente: 
partic.  missu^  suU'  ant.  perfetto,  ma  il  sost.  messu  fogl.  25,  che  si 
conserva  tuttora  nella  frase  parla  a  stramisi  quasi  Ura  messi  % 
col  senso  di  'parlar  a  vanvera,  sgarbatamente ';«di7u  detto,  su 
di§Qu  e  l'are,  disi^  aiutati  da  scritifj  ecc.;  intru  insù  ini  tir» 
inpuy  come  anche  insù  gonfio,  su  intra y  ecc.,  e  forse  l'antica 
oscillazione,  di  cui  al  §  2  B  nmm.  8,  18,  fra  en-  in-,  spiega 
pure  l'i  di  intima  l-intiììia  Kórting^  5093,  cui  sta  accanto  il  i*e* 
gelare  l-e'hivna  ;  striggUy  sost.  striggay  su  striga  y  nm.  89,  cfr. 
streiaporco  §  l 'A  nm.  7,  e  cosi  forse  rus'iggu  su  rus'ign  ro- 
sicchiare. Infine  famigga  miggu  miliu,  tiggu,  e.aggiungiamo 
kuniggu  kavigga  lehtiggay  lina  §  1  A  nm.  7,  sulla  cui  quan» 
tità  restano  dubbi  più  o  meno  gravi  ;  e  il  solito  binda.  Per  vinse 
dipinse,  dipinta  ecc.,  nm.  19.  Letterarii,  pìltua  seì*visiu  sinistm^ 
aca  all'are,  senestru  fogl.  108,  comm.  16,  cfr.  nm.  20,  tnalmu 
per  lant.  marenii^  certo  anche  ì'isa  rissa. 

I  lungo.  23.  Intatto  in  sillaba  aperta  e  chiusa:  sidf  senlT 
f>ih  vesiQa  si  si,  ecc.;-  ahQilla  mille  trista  sinque  kihs'e^  ptu 
fict u  ^presto',  frltu  pikku  picchio,  vb.  e  sost.,  figgu  migga  pina 
intissu  aizzo,  nissu  mitiu?  pf.  are.  misi  scrisse^  ecc.  24*  f^ 
nella  formola  INA:  bwe'na  bolina,  gwe'ha  guaina,  nm.  42,  we^nci 
orina,  sardeha  sardella,  forse  skeha,  skaveha  sverza  scheggia^ 


'  Il  cas.  scrìve  reudo^  reùlo  rutto  (cfr.  nm.  27),  che  nella  sua  ortografia 
Valgono  rotdu  rottu,  e  mi  pare  infatti  che  quest'ultimo  dalla  plebe  ai  pro-> 
nunci  ancora  cosi;  ctr.  rovma  nm.  38.  Per  Tortografia  di  cas.  (e  ol.)  at  pa« 
ragoni  reùdo  con  beuta  bautta  beùlo  baule  baleùstro  leùdo  liuto  (specie  «iì 
navicella,  spago,  laud),  ecc.  (in  pgn.  invece  béùlc  baléùstroì^  i  quali  vaiiiit> 
ai  nm.  54. 


.l'in. 

...  lo, 

i  ricor- 

aiga'),  i 


118  Parodi, 

kòsa  coscia  tòseguy  posa  postea,  nel  contado,  óggu,  e  con  ò,  come 
in  molti  dialetti,  pi^ógguj  skoggu  nm.  152 ,  Muhtóggu  Mons 
opulus,  nome  loc.;-  nòtte  kòttu  òttUj  per  nòitey  ecc.,  nm.  124  a, 
e  vivo  sempre  ròitu^  cfr.  mil.  ròd  dall'are,  ròit^  inoltre  i  nmm.  21  n., 
122.  In  sonnu  'sonno*  e  'sogno'  supponiamo  fusi  "^sonnu  e  sonu 
somniu,  dei  quali  il  secondo  è  vivo  in  parte  della  Liguria,  cfr. 
bes'ónu  e  inoltre  gli  oscuri  si§6na  e  verdóna.  Non  oso  attribuire 
importanza  all'accento  di  terzultima  di  hó'lura  (?)  od.  kòlwa  ^  il 
Colle'  (ma  scià  ra  coeulla  de  Sarzan  comm.  251),  nome  d'una 
località  di  Genova  (pur  tacendo  di  coeulora  collera  grlb  14,  52; 
16, 71,  o  cceullera  comm.  118,  che  si  continua  nell'od.  plur.  kòlye 
macchie  rosse  sul  viso,  rossori),  né  di  sókkay  da  anter.  sókkari 
zoccoli;  e  anche  meno  alla  palatina  di  scoppu  'scoppio*  e 
^schioppo'.  Hanno  pur  consonante  doppia,  ma  anche  più  dei  pre- 
cedenti si  palesano  coiffe  accomodamenti  seriori  di  vocaboli  im- 
portati: stroppa  -u  torma,  gregge,  già  in  grlb,  stropyuy  già  in 
comm.  311,  Qòbbu  (usuale  è  s'eiibu);  infine  eùhriyo  cav.,  ora 
óbliQu.  L'uno  o  l'altro  sarà  dalle  forme  arizotoniche,  come 
bóltu:  bùlà\  Il  Mey.-L.,  it.  gr.  28,  non  riesce  a  persuadere  che 
in  parte.  28.  a  d'apertura  normale  davanti  a  m,  in  parola  piana: 
ommu  dommUf  are.  kommu  §  2  B  nm.  10,  che  è  la  forma  usuab 
del  Foglietta,  tranne  un  es.  di  come  70,  cioè  probabilmente 
kumme^  che  poi  appare,  già  nel  Cavallo,  la  sola  forma  in  uso, 
cfr.  nm.  103:  in  kommu  l'ant.  uò  fu  preso  per  l'uo  dittongo 
romanzo,  donde  poi  o.  Non  indigeni:  feryòlu  ferrajuolo,  pugoln 
limózina  ecc.  29.  Finale,  o:  to  so  tuo  suo,  pò  e  l'arcaico 
&o,  ora  solo  in  skolabó  o  shr.  lupinella,  lehgua  de  bó  lauro 
ceraso,  e  nella  frase  scherzevole  Oggi  de  bay  casi  ne' quali  non 
poteva  aver  luogo  l'attrazione  del  plurale,  bazaikó  basilico,  cfr. 
Kom.  XXII  301  sg.  30.  u,  per  efletto  della  nasal  finale,  nei 
tre  monosillabi  buh  suh  tì^h^  donde  anche  buha  tt^ha  (ma 
s6nna)y  cfr.  §  2  B  nm.  10. 

0  breve  di  sillaba  chiusa.  31.  o  d'apertura  normale:  kolln 
komu  akors'ise  accorgersi,  sorbia  sorba  (ma  surbu  su  surbf  ecc.), 
possu  ossu  nostra  donna^  ecc.,  e  anche  qui  orlu  I  262,  II  375, 
un  po' sospetto;  con  kj  o  forse  meglio  con  kkj:  cossa  chioccia, 
skróswa  stampella,  ma  è  dall'italiano  figossu  figlioccio.  Per  i 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  119 

casi  di  5  classico  latino  davanti  a  n  complicato,  vedi  il  nm.  se- 
guente. 

0  lungo  ed  U  breve.  32.  u  schietto:  su  sole,  ku  da  anter. 
Aurt?  colore,  pres'u  caglio,  are.  sazuh  satione  stagione,  ecc., 
du§a  doga,  con  o  greco;  —  §ua  gola,  s'ùvenu  are.  s'uve  nm.  178, 
s'uvu  giogo,  gumyu  nuze  lù  lupo,  arekùvyu  allevio,  ristoro, 
cfr.  rit  ricovero,  ecc.  Per  baiato ^  nm,  49,  per  meswia  e  simili, 
nm.  66,  per  kommu  nm.  28,  ecc.  Non  sono  originariamente 
popolari  kunsólu  matrimonyu  taramottu  rodu  ant.  rt^  ri  125, 
5,  voiu  e  vutu  acc.  ad  invuj  ecc.  —  In  sillaba  chiusa,  si  ha 
pure  u:  runa  furma  kurte  kunuse  ecc.,  kurpu  purpu  tumu  e 
(utmiuj  riiumuj  spuns'ia;  —  seùlla  ora  syówla  nm.  59,  ture 
fxiiina  fiocina,  as'uns'e  e  as'uhtu^  punse  e  punta  ecc.,  cfr. 
nm.  193,  survia  sopra,  suttUy  fenuggu  s'enuggu.  Vada  qui  an- 
che l'ò  class.,  seguito  da  n  complicato,  poiché  probabilmente  nel 
latino  italico  scese  ad  p,  cfr.  Riv.  di  filol.  class.,  N.  S.,  II  124 
sg.:  kunha  luhgu  e  luzi  lungi  nm.  179,  funte  frante  kunira 
fruns'a  *frondea,  askunde,  ecc.  Oscuro  è  ver^ana,  cfr.  si§òna. 
33.  ù  :  fnehsuhu  su  mehsunct,  attratto  a  sua  volta  da  sunòL  ;  iùltu, 

U  lungo.  34*  u,  in  sillaba  aperta  come  in  sillaba  chiusa:  pùa 
puro,  pua  polvere,  da  pùra^  coU'it.  pula^  arsùaj  scumma  rus's'e 
ruggpne,  frùQu  f urico,  su  lasu,  e  analog.  s'ù  las'u.  Non  po- 
polare d' origine  kuhtùnuy  de  ft.,  dove  può  parer  dubbio  se  Tu 
risalga  ad  t,  nm.  25,  o  se  invece  vi  s'abbia  un  u  vero,  comunque 
sorto  ^  come  nell'ani  padov.  contugnio.  —  ruska  polvere  da 
concia  gùstUj  are.  gùstra  nm.  132,  ùhs'e  undici,  pùnu  X  446, 
kw^tu  comune  nelPAlta  Italia,  cfr.  IX  337  ecc.,  kuhdùtu  ri- 
dùlu  su  kuhdùe  ridùej  come  su' su  soffio  su  sus^i  bùsu^  it. 
bp^so,  cfr.  bùsu  ruota  pei  numeri  del  lotto  e  bùstva  bussola, 
lettiga,  nm.  sg. ,  inoltre  il  fr.  buisy  il  piem.,  ecc.  35.  i,  in 
irifulUj  certo  non  indigeno,  come  non  dev'essere  rikwa  ru- 
chetta, cfr.  mil.  riccola;  in  rimeza  romice,  che  ha  accanto 
rumeza  e  anche  re'meza^  certo  appartenenti  a-  piccole  varietà 
locali  e  alterati  per  piccole  cause  che  ci  sfuggono:  cfr.  il  piem. 
rùmes  e  i  lomb.  rumes  rimes;  in  brina  pruna,  §  1  A  nm.  15, 
e  in  Mswa  acc.  a  bùstva  (il  secondo,  credo,  coi  due  sensi  ricor- 
dati al  nm.  preced.,  il  primo   solo  con  quello   di   lettiga'),  i 


120  Parodi , 

quali  dipendono  dalle  forme  arizotoniche  dissimilate  briiiun  hi 
swèla  ecc.,  come  dipende  menissu  ^sminuzzo'  e  ^minuzzolo*  da 
menisa  e  kumini0u  dò  V  estrema  unzione,  cioè  la  kumini^a^  da 
kumihi§à\  nm.  108,  e  forse  briQwa  §  2  G  pag.  51  da  bìn§u>elu  ecc. 
Ma  questo  deve  qualcosa  anche  all'attrazione  di  altri  nomi  in  -igu*a 
anter.  -igura;  e  con  esso  vanno  ankis's'e  incudine,  dall*ant.  oh- 
cuzen  §  2  B  nm.  12,  rifatto  su  karis's'e  ora  kài$'e  fuliggine, 
kina^  cuna,  su  nina^  e  si  dice  infatti  hinol  anche  per  nina  nin- 
nare, cullare.  In  pria  primiza  pietra  pomice,  si  risalga  ad  ^ù 
o  ad  ù,  si  ha  in  ogni  modo  un'assimilazione  di  sillabe. 

Dittonghi.  AU  primario.  36.  Dà  ò,  di  apertura  normale  :  are. 
Poro  fogl.  cav.,  ora  Powlu^  kóu  da  anter.  koru  cavolo,  res^Mi 
•ex-aurat,  tóu  toro,  ires'óu  dw,  are.  gove  grlb  ecc.,  ora  j>òr//, 
kosa  reposu  cosu  clausu  nm.  168  e  cfr.  descode  s.  D,  oka 
poku  roku  nm,  187,  cota^  vedi  T;-  aróbu  rubo  e  roba.  — 
Dà  oWj  in  vocaboli  dotti,  kóus'a  nousia  frouzu  acc.  a  frozu 
frodo.  37.  Secondario:  fóay  tóa  e  tótca  nm.  62;  /b  fagu;  (per  il 
contadin.  nò  ol.  *aratu  per  aratru,  cfr.  qui  nm.  211).  Dà  o 
breve  in  marottu  malato,  per  attrazione  del  sufT.  -ottu,  e  in 
paroUOy  acc.  a  powla,  nm.  52,  perchè  non  popolare. 

EU.    38.  róvma  e  ròimay  per  Tant.  rema  ri  115,  IG;  134, 
228,  cfr.  Studii  di  filol.  rom.  Vili  160. 

Incontri  di  vocali  toniche  con  atond. 

39«  LMncontro  di  due  vocali,  non  originariamente  attiguo, 
presenta  nel  dialetto  genovese  particolarità  degne  di  nota, 
a)  L'iato,  ancora  frequente  nei  testi  antichi  e  in  gran  parte 
della  Riviera,  è  divenuto  oggi  assai  raro;  perchè  due  o  tre  vo- 
cali, che  non  possano  fondersi  in  un  unico  suono,  si  stringono 
insieme,  venendo  a  contatto,  in  un  dittongo  o  in  un  trittongo, 
dove  l't  e  Tu  (u,  talvolta  ò)  passano  nelle  semivocali  corri* 
spendenti.  £s.  varii  :  sva  sudare  svómu  svai  svów  sudato,  ecc., 
e  così  dia  dall'anter.  dtifa,  dvému  ecc.;  lawa^  anter.  Iavu9*a 
laura,  làica  lavoro  da  laau^  laioe'nimu,  lawyo  (law-y^  lavo- 
rerò, con  i  analogico  (come  in  s'ùyò*  giurerò  diyo  diri>  diyhnu 
diyey  direte  —  y  tenuissimo  — >;  mentre  è  originario  in  amiyo* 
mirerò,  ecc.,  cfr.  la  Morfologia).  Si  sente,  pel  solito   s$va 


Studj  liguri,  §  3.  II  dìal.  moderno  di  Genova.  121 

lare,  anche  s'Qea.  Accanto  a  pwla  paura,  è  spuyùfi'u  pauroso;  ac- 
canto a  spastoia  scopa  spasuya.  Rimangono  però  sempre  distinte, 
all'uscita,  le  vocali  di  -céa  (dove  V-a  può  cadere,  nm.  78),  di  -m 
-/a,  -uà,  -UH  'uay  da  -ó'a,  are.  kitvoèa  ora  kwce^  niu  pria^  nuu 
HÙa^  vdu  vda;  cfr.  nm.  72.  Ma  però  mdffu  da  maria  e  al  plur. 
tnàyi^  perchè  le  vocali  contigue  eran  tre,  e  così  pure  màyiie  per 
mariiie  maritati  {Vy  è  debolissimo),  pèyu  pelo  pe'yi  tu  peli,  an* 
ier.  peira  peiri,  inoltre  pey  ti w  (quasi  péilu)  pelalo,  mòyu  maturo 
fnòyi.  Finalmente,  ad  eccezione  di  -da,  nm.  72,  restano  in  iato 
due  vocali  ali*  uscita  che  sieno  venute  a  contatto  solo  di  recente, 
per  la  caduta  d'un  r  o  talvolta  d'un  v:  amda  amaro,  kda,  che 
ha  tuttora  i^ccanto  kavu  ^capo  di  refe,  di  fune,  ecc.'  (ma  cfr. 
nm.  49),  si§ùu  fischio,  b)  Se  per  qualche  motivo,  tra  due  vo- 
cali, di  cui  la  prima  sia  accentata,  Tiato  persista,  la  seconda  è 
soggetta  a  cadere:  data  alto,  poi  ida^  nm.  50,  149,  (ma  nell'a- 
tona  Tare,  òià  altare),  "^péilu  da  *pyéitUy  poi  pela,  mòi§u  da 
^'^y^^  poi  méQa  (ma  slre'yiu  nm.  57),  kòitu  poi  *kòlu  kòttu 
nm.  64;  are.  kanld-vu  per  hanldi'-vu  nm.  44,  cfr.  nm.  57;  più 
«lubbii  i  plurali  puhpe  mU  fig9  per  gli  antichi  punpe'i  mui 
fgdiy  nm.  74\  e)  Fra  due  vocali  contigue,  talvolta  se  ne  sviluppa 
una  terza  di  passaggio.  Ciò  avviene  nei  gruppi  che  comincino  con 
le  vocali  chiare  e,  o  (ò),  le  quali  sieno  seguite  da  vocali  molto 
diverse  (w,  rispetti vam.  a,  «,  i):  vedi  i  nmm.  59,  62,  63,  67,  68. 

AK  40.  Si  contrae  in  cp,  §  1  B  nm.  2  e  specialmente 
nm.  44^:  già  in  fogl.  è  sempre  e,  sle  estate,  cfr.  -4t,  sode  sol- 
dati, ib.,  ora  ncg§e  natiche,  sUce'  città,  ecc.  ;  per  l'are,  strè  strada, 
fogl.  75,  77,  cfr.  §  2  B  nm.  45,  e  per  l'analogo  ftoé  qui  nm.  43. 
Contatti  recenti  :  kce§a  da  anter.  kdreQa  incanto,  asta,  §(elu  da 
anter.  garéllu  gheriglio,  spicchio,  skanbcélu  da  anter.  shahba- 
réllu  (?)  sgabello,  lekcesu  da  leccarezzo  fogl.  135  ghiottone,  da- 
tj(BSu  manesco,  kahpces'a  da  hanpares's'u  comparatico  (fatto  su 
óaies's'u  ecc.),  fì§cétu  fegato  da  /i§are'ltUj  nm.  97,  forse  tardo 
ampliamento  d'un  *fi§duy  cena  arena,  ecc.  Per  ulteriori  sviluppi 
dove  si  confonde  con  ce  da  at,  vedi  qui  il  nm.  43. 

XL  41«  Si  accorda  in  tutto  con  ce^  e  proviene  da  varie 
fonti:  carnee  da  camdi  *  chiamati'  e  ^voi  chiamate',  asce'  abba- 
i,  fcetu  Icete  nm.  192,  pu?^  mwcé  padre  madre;  femmin.  di 


122  Parodi, 

-ARiu,  fercva^  da  feraira^  mazelcea  ecc.,  §  1  A  nm.  2,  ecc.; 
ì^cena  rana,  cegua^  ecc.  Per  di  di  contatti  recenti,  nm.  47. 
42.  È  e  davanti  -n  o  -n^:  éehtu  pianeta,  per  vìa  dell'antico 
caihtu  nm.  193,  grehdi  grandi,  keh  da  ^kani  *kaini.  Foiose 
va  qui  anche  §wena  da  guae'na  nm.  24.  43.  irof  o,  davanti 
a  nasale,  tce\  semprechò  preceda  una  labiale:  casi  di  ae^  fwé 
fata,  da  un  anter.  *fde^  nmm.  40,  96,  donde  */bp>  ^^^  ^^^i*^  ^^ 
abbreviò  in  *fgy  cfr.  nm.  126,  are.  spué  spade  fogl.  135  spoce 
grlb  12,  55,  corom.  313;  —  casi  di  dt,  pwce  mwcCy  da  paire 
pcere^  maire  mcerey  §  2  B  nmm.  2,  33  eca,.  pwcéa  paja,  sost, 
II  114,  X  143  n.,  are.  puaeru  sembro,  ti  pitceri  ptUBran^  e 
vuccru  valgo  vuceri  vuceran^  repuasru  riparo,  ora  solo  pdu  ecc. 
e  vdu  riparuj  are.  moce  ora  mai,  sempremocc  cav.  147,  zoeumoa? 
cav.*  243,  grlb  11,  53  oggimai,  cfr,  ^Avverbii',  moce  cav.  80, 
ora  malij  moce  mari  cav.  124.  È  poco  chiaro,  per  l'f,  un  es. 
di  aèf  pwèla  padella,  dubbio  poela  cav.'  16  {paella  ross.  viagg. 
sarà  della  provincia),  ma  forse  un  anter.  ^piocéla  fu  attratto  dal 
dotto  padella  (e  da  -wèla,  twéla  toletta  ecc.?)  Non  giova  il 
nm.  83.  Davanti  a  nasale:  mtceh  mani,  pweh  pani,  barbteen 
sing.  barbah  spauracchio,  Miscellanea  Rossi-Teiss  343  sg.,  are. 
sermoen  germani  comm.  193,  spoenio  spanto  comm.  furb.  2t), 
cfr.  nm.  193,  del  contado  fwenti  fanti  cioè  'bambini*,  sul  quale 
anche  il  sg.  fwehtUj  già  in  cav.,  più  curioso  spoenie  spente 
grlb  20,  75,  che  è  forse  un^ esagerazione  letteraria,  poiché  in 
tutti  gli  altri  casi  l'inserzione  del  w  dovrebbe  essere  anteriore 
al  chiudersi  dell'o?  in  e.  —  Il  più  antico  esempio  del  fenomeno  ìd 
discorso  mi  è  dato  da  div.  1473  poera  pareat.  44*  di  perde 
ri  negli  are.  cantd-vu  per  kahtdi-vu  ecc.,  favo  fogl.  84,  ecc., 
cfr.  §  2  B  nm.  44^  e  qui  nm.  39  ft  e  Pronomi  enclitici':  le  ilue 
vocali  si  mantenevan  distinte  per  virtù  della  forma  senza  Ten* 
clitica* 

Al\  45.  Passa,  per  via  di  e/,  in  (ét/ì)  ey^  che  appare  già 
in  pr.  e  mu.,  §  2  B  nm.  16:  meUftm  da  maislru^  §weime 
guaime  reiOua  ♦radi  cui  a  propaggine,  e  re'ize  radice,  are. 
pareizo  grlb  9,  58;  ma  Tod.  sceta  è  dallMt.  saetta^  che  tn>* 
vasi  trisillabo  cav.  42.  Per  keilu  caduto  v.  §  2  B  nm.  68,  s.  ^  ca- 
dere*. I  perfetti  arcaici  di  1*  con.  restei  {-éy)  fogl.  101,  presiei 


Studj  ligarì,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  123 

baxei  ecc.  cav.  piagg,,  da  restài  ecc.,  dovranno  il  loro  -éy  anormale 
ai  perfetti  di  2*,  nonché  a  déy  diedi,  cfr.  la  Morfologia.  Infine 
aleitu  da  aleìtcLy  cfr.  Icele^  asgre'ya  sciupo,  ali.  ad  asgàyuj  e 
a^we'ytu  'osservo  di  nascosto'  su  asgreya  a0weytà\  ma  5(?a- 
raguoBlo  grlb  19,  34.  Davanti  a  nasale  si  attenderebbe  f,  ma  non 
ho  esempi.  46.  u>e'y  (da  wéyì)  dopo  labiale,  cfr.  nm.  43,  ma  forse 
wi  davanti  a  nasale:  hoei  badile  cav.  75,  od. hwey^  cfr.  nm.  115 
per  le  atone  ;  —  fwih  faina,  se  è  da  porre  "^faih  *fein  ^ftvéyfiy 
ma  Tu  è  molto  diffuso.  Quanto  a  ìncen^  certo  da  un  htoeyrin 
*badilinu,  sono  chiare  le  sue  condizioni  speciali.  47.  ai  passa 
in  ay,  se  il  contatto  è  recente,  ma  in  ce  davanti  a  nasale:  gah- 
kàya  biancheria,  ostàya^  màyu  marito;  cfr.  dy  di  §dibu  da 
anter.  gdribu  garbo  ;  sdyu  savio,  buono,  detto  di  un  bambino, 
at*màyu  ecc.  —  luQé^  lucherino,  da  anter.  Iv^arih^  mgn  ma* 
rino  m§ha  marina,  fena  farina,  ecc.  In  pùvyéh  polverino,  certo 
da  un  puvarlriy  Vy  si  deve  a  piwye. 

AEL  48.  In  dy,  pdis'e  da  paeise  fogl.  grlb.,  chit.  (;  zeneize 
120),  cfr.  pais'e  nm.  15,  quàizima  da  anter.  qiuireizema  cav., 
nm.  12,  plebei  diva  e  sd^va  ali.  ad  ave  iva  saveioa^  e  sempre 
pdiva  da  pare'iva,  pdy  parere,  vdy.  Il  quceizima  di  cas.  sa* 
rebbe  un  compromesso  col  dotto  quare's'ima* 

AU.  49.  (^,  sia  da  àu  sia  da  aù:  traccio  di  ou  già  nelle 
*  Prose',  annunciou  31,  9  (cfr.  annunciò  92,  28,  heó  beato  60, 
18;  63,  18,  ecc.).  Da  varie  basi:  fusów  camówj  cacóio  pesków 
pescatore,  balów  balla tojo,  bevyótc  abbeveratojo  beuerao  fogl.  41, 
lów  labore  e  latus,  sów  sapore  (nella  frase  hù  mcezimu 
sów  collo  stesso  gusto,  cioè  'senza  risultato'),  e  anche  salatu 
(peiu  S(iw)f  per  via  di  sarda  sarów  saów^  nm.  84  ;  kow  capo  (solo 
in  proclisi,  ow  kow  du  gurnu  a  capo  del  giorno,  cfr.  kdu  qui  sotto, 
kò  nm.  116),  màuzu  maroso  nm.  170,  bóus'a  bavosa  (in  lùmdssa  b. 
lumacone).  Pei  casi  rimasti  di  -du,  in  contatto  recente,  kdu 
^caro'  e  'capo\  mesidu  nonno  diduj  ecc.,  nm.  39  a.  50.  a, 
dall'ant.  du,  nelle  solite  formolo  toniche  alt  ecc.,  ann.  24, 
§  2  B  nm.  24  e  qui  nm.  39  &,  dtu  sdlu  db^  Bddu  fdda^  fdsu 
kàsu  calcio,  sàsa  salsa  grlb  5,  26,  ora  sarsa.  Dal  frc.  è  gdnu 
giallo,  certo  da  anter.  gaunu  ;  ònay  se  si  confronti  con  ontano, 
fa  pensare  ad  un  lat.  ^aunu;   cuhu  piallo  è  conu  per  es.  a 


r 
I 


124  Parodi, 

Zoagli  e  fu  rifatto  su  cuna  ecc.,  ma  appare  vocabolo  for^ 
stiero,  cfr.  Mey.-L.  it.  gr.  35.  51.  a  davanti  a  nasale  in  sil- 
laba chiusa,  san  sapone,  affatto  plebeo,  Sana  ora  Savuiui^ 
tranne  che  nelle  frasi  fa  w  vià^u  de  Sana  far  un  breve  via<r- 
gio,  che  trovo  anche  grlb  15,  6,  ed  ése  sehpre  ih  se  Sana  es- 
ser sempre  allo  stesso  punto,  anche  in  comm.  324:  certo  per  via 
di  saùh  ecc.  Si  stacca  soltanto  muh  mattone  da  un  anter.  matìù, 
ma  certo  è  attratto  dal  plur.  mawlh  ora  mwih  nmm.  66,  M. 

AO.  52.  (fwy  barbóutu  anter.  harbay^ótlu  rondone,  munii' 
acc.  a  marótiu,  póula  acc.  a  parolla  nm.  36,  skóula  e  skaroUa, 
kasóula  e  Iiasarólla;  fóto  e  falò.  Ma,  per  necessità  flessiva,  f't 
so  do  farò  sarò  darò,  acc.  ai  più  usati  fayó  ecc.,  v.  *  Futuro'. 

AU  (AÒ).  53.  óy  da  un  anter.  ór,  affilatosi  per  esser  venula, 
dopo  la  recente  caduta  di  r,  a  contatto  con  altra  vocale:  fndint 
maturo,  da  mauru;  -atura,  serò'ya^  da  seraùra^  segatura,  cn- 
toya  ♦clavatùra  serratura  {may-u,  seroy-a^  ecc.).  Sì  confront. 
hoyu  (acc.  a  hevùu)  nm.  61.  La  serie  si  può  ricostruir  co>i: 
caveuraj  cavcfvra  vivo  per  es.  a  Sassello,  cfr.  nm.  159,  fd- 
v^va  che  par  rappresentato  dalle  grafie  dell'Olivieri  scahiifr- 
reuùa  sereuùa^  e  dèlV -eim  di  cas.;  infine  cavò'ya.  È  da  dubitare 
se  gli  scrittori  non  abbiano  preferito  sempre  una  risoluzionf  «li* 
versa:  da  caveura  forse  cavévra  cavava  cavoa\  appellcK'ii 
richiamo  e  Uìnareura  fogl.,  dove  l' euj  come  il  verso  dhnostra, 
vale  per  una  sillaba,  acconcéura  ecc.  cav.,  sciappeura  ave- 
neura  incrinatura  ecc.  ross.,  appellosure  grlb  5,  1,  mofMrenia- 
ture  (come  Iceago  scceuggi)^  e  inoltre  lignceua  inzegmjeua  ordigno. 
atrovceura  comm.,  agueitéua  ciavéua  pìagg.  cas.  (come  figienny 
Sarebbe  stato  dapprincipio  un  vezzo  delle  classi  più  alte,  e  si  ^* 
rebbe  tramandato  per  opera  dei  poeti.  Tracce  dell'evoluzione  jni 
comune  sono  un  acconQcenra  cav.'  76,  schiappetiura  ross.',  f- 
radura  grlb  10,  34,  cfr.  §  2  G  s.  fendeura  in  n.,  mceurd  wai-- 
rare  comm.  321.  Nondimeno  in  rima  le  due  serie  ciavénay  figù^"  '• 
sono  sempre  distinte,  anche  nel  Piaggio.  —  Esempi  alqoact 
diversi,  perchè  il  contatto  è  recente,  kalòyu  *callarùtu  in^A- 
scotto,  da  'callo*,  ahihgòyu  lungo  e  sottile,  cfr.  longnr'  j 
fogl.  46:  forse  per  via  di  -ai^u  -oiiu  -ó'rM,  cfr.  nm,  sg.  M.  '  » 
(con  V  alquanto  più  affilato  che  di  solito):  a  questa  fase  5*jr* 


j 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  125 

resta  il  dittongo  davanti  a  consonante,  in  alcuni  casi  di  recente 
contatto  :  anzi  s' ode  talvolta  ancora  dìi  (con  a  oscuro  ed  v  quasi  y)  : 
govgu  e  anche  gàvgu  imbroglio,  discorso  imbrogliato,  certo  da  un 
[jai'ugguj  Idvga  e  Idvga  ♦lavatùcla  rigovernatura,  tnatcfvsic 
da  anter.  mutar ussu  pazzerello;  pei  due  primi  è  da  supporre 
che  durassero  a  lungo  le  forme  col  t?  e  ne  ostacolassero  il  ri- 
flesso normale.  55.  dy:  u  bdisa  da  anter.  u  bavùssa  scombaya, 
e  bdise  bave,  ihgài^u  garbuglio  della  lenza,  certo  da  inQavùggu 
cfr.  il  nm.  preced.,  bdilu  baule:  credo  sien  rifatti  su  baisuy 
ilxgaiga  (i  lessici  ingaùggid)^  baila  valigiaio.  L' a  di  bdilu  ebbe 
|)erò  certo  un  sostegno  nel  più  civile  bavùllu  :  inoltre  si  sente  an- 
cora il  normale  bovlu^  nm.  preced.  Anche  te  sàyu  ti  saluto  conserva 
Va  per  un  compromesso  con  te  saliiu.  Infine  in  dime  (i  vocab. 
aùtne)  allume,  da  arùmme,  sarà. da  considerare  l'iniziale  e 
anche  l'azione  dissimilativa  del  m.  56.  acf  in  ce:  in  buncega' 
*  buona  voglia*  (specie  di  galeotto  volontario),  ora  'birbo,  bric- 
cone', e  inoltre  in  adcétUj  un  ad.,  cioè  una  da  óltu  una  da  otto 
(specie  di  moneta),  frequente  in  comm.,  ma  ùn-na  desto  piagg., 

cfr.  nm.  120. 

« 

EI.  67.  Resta  se  proviene  da  -è et-:  te'ytu  stre'ylu^  probabil- 
mente da  *te'yiluj  ecc.,  akuge'ytu  collectu,  su  cui  ihgùge'ytu 
avvolto;  bene'ytu  sarà  *bene[d]ilu.  Contatto  recente  Fe'ypu  da 
Feripo  fogl.  41,  me'ytu  e  meHlu^  iaey  anter.  óverì^  (giorno) 
feriale,  nm.  100  ecc.  Ma  pétu  da  pyéilu  peitu  nm.  39  &  e  6, 
inégu  ib.;  si  confronti  Tod.  emù  da  e'rimu  eravamo.  Si  sente 
perù  anche  éimuy  per  l'efficacia  conservatrice  della  1*  e  3*  e^u 
ea^  ma  esso  finisce  di  solito  necessariamente  ad  e'ymu:  si  con- 
fronti il  nm.  64.  58.  e  anche  davanti  a  nasale,  are.  renna 
§  2  B  nm.  6,  fogl.  25,  36  (scritto  reinna  39,  bisilL),  frena 
nm.  209  ;  contatto  recente,  sene'n  e  senerln,  Ahge'h  per  Ange- 
rihy  tehpe'n  e  tehperih;  bwe'h  nm.  46.  Per  Vi  dell'are,  prico 
predico  cav.«38,  prlchi  prediche,  preghiere  31,  mi  contento  di 
rimandare  alla  dubbia  dichiarazione  di  §  2  B  nm.  44^,  e  qui 
al  nm*  118^;  ma  si  noti  che  è  vocabolo  diffuso. 

EU»  59.  *?'w7,  donde  ypw  ed  pwj  nm.  39  e:  da  éuy  azòw  (axaoù 
grlb  9,  37  ecc.,  cfr.  per  la  grafia  §  2  B  nm.  15  e  qui  nm.  67), 
bioów  {boreao  fogl.  66:  sanao)^  cfr.  nm.  18,  kastanów  casta- 


126  Parodi, 

gneto,  AzóWy  dall' an  ter,  Axet^ao  fogl.  32,  cioè  acero  tu  (ita- 
lianizzato alla  buona  in  A$serelo)j  are.  cì^ao  craou  creaou 
credo  fogl.,  craou  grlb  crao  comm.,  cfr.  §  2  B  nm.  15;  procli- 
tici mow  tow  nm.  119.  Inoltre  ayów  nm.  18,  kanyóio  canneto 
{canniaoà  grlb  20,  29)  e,  fuori  di  città,  il  n.  loc.  Murtyów 
myrtètu  (italianizzato  in  Mulledo).  Per  1* intatto  ^f'u  (offrii) 
nm.  14;  fa  re'u  far  comparita,  dallo  spagnuolo  (an'^o)?  —  Da 
eti:  balów  battitore  cas.  tehs'ów  ^tingitore'  tintore,  tesów  ;  sbaiów 
sbattitojo  cas.  allato  a  ordyòw  orditojo  cas.  strehs'yów  strettojo 
cas.  iursyów  •torcitóriu  bastone.  Che  la  diflTerènza  fra  batóic, 
poniamo,  e  tursyòw  si  deva  alle  consonanti  che  precedono,  si  può 
dimostrar  verosimile  col  confronto  di  mówla  da  anter.  mettila 
e  di  syówla  da  anter.  seùlla  {seolle  grlb,  ^evoUe  comm«  105, 
sevula  ol.);  ma  è  certo  che  i  due  suffissi  -ów  e  -yóto  si  confu- 
sero variamente  anche  per  cagione  del  plurale  unico  'icety^ 
nm.  67,  ed  -ów  forse  prevalse,  per  attrazione  di  -ów  da  •aii 
nm.  49,  nei  nomi  d'agente  ^  {tumyóto  tornitore,  ali.  a  turnótc, 
ha  la  sua  ragione  in  turnyu)^  -yóto  invece  negli  altri.  *-  Un 
caso  di  unione  sintattica  è  il  proclitico  kóioa  o  kyówa  nella 
frase  h.  Ve?  che  ora  è:  kyowa  è  un  compromesso  fra  kówa  e 
il  più  civile  ke-ua.  60*  Altre  unioni  consimili:  cc-u  dà  aw  in 
iràwe  cioè  Irce  ue^  tre  ore,  ov'è  da  tener  conto  cosi  del  ricordo 
sempre  presente  della  forma  intatta  come  della  proclisi  (Iraw-e- 
mes'a)  e  forse  del  r:  ma  tutto  ciò  non  impedisce  sempre  dì 
giungere  a  trpwe^  secondo  il  nm,  preced.,  e  come  fuori  di  città. 
Anche  il  proclitico  kyowa  del  nm.  preced.  arriva  di  solito,  per 
assimilazione,  fino  a  kyawa.  60\  a,  davanti  a  nasale,  in  iranse 
per  trtff  unse  tre  oncie,  per  via  di  tvdiohse^  nm.  51;  ma,  poi- 
ché sono  unioni  sempre  rifatte  ex  novo  dai  singoli  individui, 
si  sentirà  pure,  come  da  trawhse,  trphse  o  quasi  trp*nse. 

EU.  61.  Oltre  Voy  di  bòyu^  già  veduto  al  nm.  53,  si  può 
ricordare  Yd  di  alcune  unioni  sintattiche:  dòn  cio%  de  un,  es. 
cu  don  più  d'uno,  koh  cioè  ke  fin,  poh  cioè  pe  ùhf  es.  diri 


*  Si  può  sospetUre  che  ia  alcuni  di  questi  si  fosse  sostituiU,  come  in 
altri  dialetti,  la  desinenza  -atore  al  legittimo  -itork;  ma  non  te  no 
possono  addurre  prove,  e  anzi  vi  si  oppone  la  grafia  -eaor^  §28  noL  15. 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  127 

poh  due  per  ciascuno.  Nelle  unioni  col  fortemente  accentato  e 
est  oppure  &  es,  prevale  il  colorito  di  questi,  cosicché  non  si 
arrivi  che  ad  un  e,  ossia  un  e  pendente  ad  ó':  es.  u  Vé-h  sollu 
(o  forse  u  V e'-n  s.)  è  un  grullo.  Per  consimili  suoni  intermedi! 
cfr.  nm.  120  e  *  Articolo  indeterminato'. 

OA(OE).  62.  Si  rimedia  all'iato  con  un  suono  di  passag- 
gio, in  lóioa^  che  ha  accanto  il  più  civile  Wa,  e  nel  plebeo  fówa^ 
acc.  a  /(Ja,  nm.  36;  ma  non  ne  conosco  altri  esempii  {soa  ex- 
aurat  sopra  sóu  sóij  móa  bruna  sopra  móu,  bòa,  ecc.).  Un 
po'  diverso  owdtru  oh-altro,  avvb.  di  affermazione,  cfr.  òioé  oh- 
eh,  esclamazione  ironica  (ma  twéta  da  tòre'Ua^  ecc.). 

ÓA.  63*  Dà  ówa^  nel  dialetto  più  plebeo  e  in  ispecie  nel 
sobborgo  annesso  della  Foce  (dove  il  u?  è  molto  intenso,  quasi 
consonante):  nisìfwa  figowa^  acc.  a  nisifa  ecc.;  e  cosi  ra- 
so we  ecc.  Ma  sempre  s'§và[  nmm.  39  a,  166  (posto  che  fosse  da 
s'Qòà')^  0  al  più  s'§0a,  con  un  0  chiuso. 

ÓL  64.  Passa  in  p,  nm.  39  ò,  ^kótu  da  kòUuj  ann.  36,  §  2  B 
um.  36,  e  qui  nm.  192,  donde  poi  koltUj  nm.  124  a,  e  cosi  notte 
otta.  Si  ricordi  anchet  l' od.  v(flu  vuotalo,  ali.  a  vifylu  e  inoltre 
a  vìfilu  (dove  il  mezzo  iato  di  vìfilu  è  mantenuto  per  analogìa 
di  voa  vuota,  ecc.,  cfr.  nm.  57).  Rimane  in  rò'ylu  rutto,  nm.  27, 
sulle  forme  arizotoniche,  nm.  122.  Cfr.  tiì  nm.  70. 

UÀ  UE  (UO'J.  65.  kùa  coda,  ecc,  diie  rùe  rovere;  ma 
kua  coratella  sigwa  zufolare,  e  ktvcé  anter.  kuvcé  nm.  18, 
tnwcriu  e  mur§llu  nm.  9,  pweta  nwélu  novello,  inoltre  s'wenu 
da  s'ùenu  giovine.  In  iato  abbastanza  antico  ùe  dà  m^  htviQa 
da  *kùega  cotica,  cfr.  nm.  89  e.  Credo  analogico  oso  fu  da  anter. 
asw^fu  grlb.  —  Noto  infine  dota  per  duota  due  volte. 

UI  e  01.  ft6.  da  ui,  m  :  htvi  anter.  kurwi  da  kurùi^  ecc., 
nici  noi,  depwi  dietro;  ptoia  anter.  pwira  per  pùira  ^pavdria, 
e  COSI  mestola  (falx)  messòria,  tes'wle  forbici  ecc.;  mwin  da 
anter.  murin  molino,  bdstwin  bastoni,  ecc.  Solo  nei  dintorni,  a 
Veltri,  ad  Arenzano,  si  ha  wey  da  ui,  nwey  vwey  noi  voi  (e  il 
noei  voci  di  ross.  è  certo  un  provincialismo),  kwey  colori  e  si- 
mili, pwe'ya  paura,  spaswe'ya  genov.  spaswia  scopa,  ecc.  Si  po- 
trebbe credere,  come  io  stesso  ebbi  a  credere,  cfr.  §  2  B  nm.  15, 
che  i  plurali  genov.  pesktve'y  tehs'toe'yy  ecc.,  abbiano  appunto 


128  Parodi, 

'We'y  da  -ui,  ma  perchè  il  fenomeno  si  sarebbe  limitato  in  città 
solo  a  questa  serie?  Vedi  il  nm.  sg.     67.  wey  da  oi:  we'yva  da 
òHva  diva  óyva  uliva,  we'yme  ed  óyme  ohimè,  via  Gwe'yiu  via 
Goito.  Qui  vanno  i  plurali  in  -wey^  che  rispondono  a  singolari 
in  'ów  di  qualsiasi  provenienza:  pesktce'y  sg.  peskówy  nm.  49, 
haltoey  ballatoi,  pianerottoli,  sg.  halówj  ib.,  merkwe'y  mercati, 
sg.  merków,  ib.,  Iwe'y  favori',  dal  sg.  lau  lów^  e  *lati'  dal  sg. 
Idu  lów\  inoltre  tens'wey^  sg.  tehs'òw  per  tehs'yówj  nm.  59,  e, 
poniamo,  azwey  sg.  azòw  da  azèu.  Dove  il  singolare  è  -yòto^  si 
può  sentire  anche  -ywe'y^  iumywe'y  {w  debolissimo).  Tali  forme 
appaiono  già  in   fogl.    107,    cuxoei   scarzoei  iescioei   onzoei. 
Come  si  accorda  questa  grafia  con  quella  tanto  diversa  del  se- 
colo XV,  lezaoi  forhiaoi  tenzeaoiy  ecc.,  §  2  B  nm.  15?  Certo 
è  grafia  ricalcata  su  quella  del  singolare,  tenzeao(r)^  ecc.,  ma 
in  un  tempo  in  cui  le  due  forme  somigliavano  assai  fra  loro; 
cioè,  io  credo,  in  un  tempo  in  cui  il  plurale,  divenuto  troppo 
diverso  dal   singolare  per  lo  sviluppo  fonetico  di  questo,  gli  si 
era  riavvicinato,  foggiandosi  sopra  di  esso.  Un  tens'eów  (scritto 
ienzeao,  come  pesków  si   scriveva  pescao)  trasse   con  sé  un 
nuovo  plur.  tens'eóy  (in  luogo  del  legittimo  tens'eùi  o  tehs'em)^ 
il  quale  fu  scritto  come  il  singolare,  coir  aggiunta  d'un  i.  Si 
noti   che  né   il  trittongo  del  singolare  né  quello  del  plurale 
erano  cosi  facili  ad  analizzare  né  tanto  meno  ad  esprimere;  e 
si  può  aggiungere  che  in  pescaci  per  peskóy  Va  simulava  la  vo- 
cale etimologica  dell'antico  plur.  peskaiii.  Più  tardi  -oy  sì  svi- 
luppò in  'wéyy  ed  -eóy  probabilmente  in  -etoe'y  o  *f^?'y,  che  an- 
ch'esso si  ridusse  presto  ad  -we'y.  A  conferma  del  processo  in- 
dicato,  bastano  le  forme  di  Loano  e  d'altrove,  s^.  peskóu  plur. 
peskóij  sg.  tihzóu  plur.  tihióL    68.  -oy-,  apparentemente  da  -wi-, 
nei  pochi  casi  della  serie  -toria,  femminili  di   nomi  d'agente: 
kiizòya  {kuzoy-a)  cucitora,  tesòya,  kacòya  giacca  alla  caccia- 
tora. Si  attenderebbe  kiizwira  kiizwiay  secondo  il  nm.  66,  ma 
certo  il  masch.  sg.  kiizów  (da  kuzeù)^  come  trasse  con  sé  un 
plur.  kùzòy^  cosi  rifoggìò  anche  il  femminile  in  kuzóyra,  donde 
poi  kùzwéyra  kùzwéyay  e  finalmente,  per  attrazione  dei  nomi 
in  'òyOy  nm.  53,  Todierno  kiizò'ya.  Loano  ha  appunto  kacòya 
styóya  stiratrice,  tihzóyay   accanto  a  mesiiya  falce   per  mie* 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  129 

tere,  ecc.;  e  Zoagli,  accanto  pur  a  mestvia  spaswia^  ecc.,  ha 
kizwe'ya  lesive  y a  kacwe'ya.  Non  so  bene  se  devo  metter  qui 
tiiaiigoya  mangiatoja.  69.  Si  può  collocare  sotto  questo  nu- 
mero il  caso  di  wey  antico  ridotto  ad  wi:  poi  poiva  §  2  B 
nm.  44*»,  e  poi  fogl.  25,  36,  poiva  134,  grlb  18,  85,  ora  sol- 
tanto pwe'yj  per  attrazione  di  avéy^  ecc.,  tanto  più  poi  vwe'y,  re- 
cente, da  vOrey  'volere'  e  'volete*.  Il  fenomeno  è  anteriore 
allo  sviluppo  di  bwe'y  badile,  nm.  46. 

UI.  70.  sùtu  asciutto  da  siVitu  nm.  39  b,  e  cfr.  nm.  64,  frùtù 
strulu;  fida  *fùcta  foga,  cfr.  il  dantesco  futa  fìigita,  e  afìJLtu 
allibito,  difilato.  Casi  recenti,  redUme  per  redù'i-me  ridurmi, 
redù'Sej  nm.  89^.  —  Davanti  a  nasale,  spriina  pioviggina,  ali.  a 
sprina  s\jLsprinà\  nm.  123.  71.  In  wl  da  m',  asktoi-se  oscurarsi, 
anter.  askùrì-se,  s^askmse  si  fa  buio,  arswiu  nm.  108. 

72.  Due  a  si  contraggono  in  una  lunga,  Qwànu  acc.  al  lettor. 
§wadanic;  con  recente  caduta  del  r  intermedio:  kd  cara,  kd 
xd^a  ciera  (in  cattivo  senso,  'aria  di  sussiego*  e  anche  'ceffo'). 
Si  contraggono  pure  éey  pè  piede  (per  -ce e  nm.  18),  ed  eé,  bela 
*be^d]ella  budello,  (brutta)  senela,  cioè  senerélla,  'Cenerentola* 
(ma  cfr.  peiga  ann.  148  n.,  e  qui  nm.  89');  ùu,  ihvu  voto,  e 
cfr.  anche  lù  lupo,  ma  non  se  l'iato  è  recente,  siguu  fischio, 
da  sigiirui  ww,  kic  da  anter.  kuru  colore.  Ricordo  anche  lert- 
fjùssa  linguaccia  (acc.  a  len§wùssa).  Per  esempii  di  ii  v.  §  2  B 
nm.  44*",  ma  un  sepeli  'seppellii'  pare  si  abbreviasse  più  tardi,, 
V.  la  Morfologia. 

Vocali  alone. 

Finali.  73.  -a  ed  I-  rimangono;  -è  -i  danno -e,  sette  unde^ 
ùiis'e  undici,  ecc.  Lo  stesso  riflesso  si  attende  per  -è,  ma  non  ha 
esempi:  l'imperat.  di  2»,  come  quello  di  3%  è  rifatto  sulla  4% 
e  a  Savona,  p.  es.,  è  in  -e,  com'è  in  parte  della  Toscana,  nel- 
l'ant.  milanese,  ecc.,  cfr.  §  2  B  nm.  61;  ankò'i^  od.  ahkVy  può 
risalire  ad  ♦-ho di,  col  dittongo  -iè  contratto  (cfr.  l'it.  volen- 
tieri ^  forse  *voluntari  per  voluntariè),  se  però  *hodI  non  è 
rifatto  su  herl  (arcaico?),  cioè  eri^  od.  v-e'i.  Il  solito  -i  analogico 
negli  avverbii,  lonzi  lonxi  od.  lùziy  tardi,  quasi  quawi  od.  squaiziy 
are.  forsi  cav.  comm,,  ant.  guairi  od.  gwcéij  davanti,  are.  bada' 

ArehiTio  fflóttol.  ital.,  XVI.  9 


130  Parodi, 

menli  baldam.  nuiiurcunenli  perfetlamenti  soìamenti  fogl.  eler- 
naùienti  grlb  14,  35,  finarmenii  Qeriamenti  comm.  nllegramenix 
ib.  e  chit.,  cfr.  ann.  iiin.  17,  §  2  B  nra.  95,  ora  solo  rdrimenii, 
per  l'are,  àiram.  —  I^e  finali  -as  -es  -is  riescono  tutte  ad  -i\  li 
hanti  kahlain^  ant.  li  ài  ora  Vcb  habes,  valli  §  1  A  nm.  Od, 
od.  valle^  ant.  anddi  andate,  temei  temete,  ora  andcó  tenìoìj. 
Si  ha  però  O'tomie,  ma  cfr.  §  1  A  nm.  12.  Intorno  alla  cora- 
plicata  questione,  che  non  può  esser  risolta  ristringendosi  ai 
genovese,  si  confronti  per  ora  IX  83  sgg.,  Moy.-L.  it.  gr,  (50, 
Krit.  Jahresb.  Y^  i  144  sg.  — iDa  -u  -o  sempre  -?<,  ammu  omm^f, 
oriti,  semmu  simus  (per  sumus).  74.  Dopo  il  r,  cadono  tutte 
le  vocali,  tranne  -a,  e  inoltre,  come  pare,  -I,  ossia  Vi  romanzo, 
cfr.  §  1  A  nm.  12:  n.  loc.  C'dvay  Bóvs'wi^  VotoH  ri  36,  13, 

oggi  Vnivi^  ecc.,  cognomi  De  Mai  Sigwi  Sivori,  ecc.,  2*  pei^s. 
indie,  pres.  ti  pairi  pwceri^  oggi  ti  pdij  ti  7nòri  oggi  moi^  die 
jìerò  non  avrebbe  per  «è  molto  peso,  cfr.  §  2  B  nra.  57,  gtwin 
gucei  nm.  preced.  e  §  2  B  nm.  41,  ov'è  già  spiegato  l'ant.  /or,  /*<•'*' 
di  cav.,  come  un  fatto  di  fonetica  sintattica,  corrispondente  a 
quello  dell' it.  fuor  (benché  si  possa  pur  pensare  a  *fòre).  Ih^ 
vrebl>e  quindi  conservarsi  Vi  anche  nei  plurali,  come  difatti  si 
vede  conservato  dalle  ^Rime*  nei  sostantivi  e  aggettivi  sdruc- 
cioli di  2*:  datari  zochali  angeri  poveri  apostoli  arhoìH  peri- 
gorij  oggi»  per  la  caduta  del  r  intermedio,  ddlay  sókay  ahgey 
povey  c^^bwi^  ecc.  Anche  qui  s'ebbe  qualche  oscillamento,  ina  m» 
ne  deve  cercar  la  ragione  piuttosto  nel  .singolare  che  nel  plu- 
rale, nra.  75.  Dei  sostantivi  sdruccioli  di  3*,  come  carzer  pei- 
ver  pooer  zener  degli  antichi 'testi,  j>oco  si  può  dire,  perché 
il  loix>  plurale  non  ha  quasi  occasione  d'essei'e  adoperato:  |<»r 
esso  e  pel  singolare,  vedi  ib.  Ma  tutti  gli  aggettivi  proi^arov 
sitoni  di  3*,  e  inoltre  tutti  i  sostantivi  e  aggettivi  parossitnni* 
«ia  di  3*  sia  di  2%  i)erdettero  molto  anticamente  il  loro  -i  di 
plurale,  come  già  si  disse  nel  §  2:  per  le  rare  eccezioni  vetlì 
il  nra.  cit.  La  ragione  è  da  cercarsi  qui  pure,  come  credo.  nAìe 
vicende  fonosintattiche,  e  cioè  l'i  cadde  nel  mezzo  del  f»eriod«'. 
Al  fenomeno  opponevano,  come  il  fatto  dimostra,  maggior  ii^^j- 
8tenza  fonetica  i  proparossitoni,  cosicché  di  questi  si  salvaiMno 
almeno  una  parte,  cioè  quolli  appartenenti  alla  2»  deci.;  ma  Tor^ 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  VM 

neppur  essi  avrebbero  potato  salvarsi,  se  non  avessero  trovato 
«ina  diresa  morfologica  nei  loro  femminili  in  -a,  che  accompa- 
gnavano tanto  sostantivi  come  sifzeru  dhgeru  quanto  agget- 
tivi come  póveru.  I  plurali  maschili  di  3*  dovevano  per  con- 
tro alterarsi  anche  per  coerenza  morfologica;  poiché  un  plur. 
femm.  coveneiveTy  da  *coveneiverej  sostituito  già  a  *coveneivein 
(se  si  consente  questa  moderata  antichità  all'è  plurale  femmin.) 
doveva  facilitar  la  caduta  delPt  nel  plur.  maschile,  favorire  cioè 
il  sorgere  d*un*unica  forma  covenew€7*  anche  nel  maschile.  Que- 
sta osservazione  si  può  applicare  anche  ai  parossitoni  di  3%  come 
mortav.  74^.  Assai  più  difficile  è  rendersi  conto  d'un  altro  fatto. 
Se  noi  esaminiamo  le  rime  sia  di  ri  sia  di  rp,  troviamo  pei  pa- 
ì'ossitoni  con  le  vocali  toniche  é  i  ù  n  soltanto  le  desinenze  di 
plurale  -ér  -tV  -?}r  {-aùr)  -ur  (con  -r  ben  saldo,  §  2  B  nm.  1**  iii); 
I»ei  parossitoni  invece  con  le  vocali  a  6\  benché  prevalgano  di 
gran  lunga  le  desinenze  -dr  -or^  si  trovano  però  anche  le  desi- 
nenze collaterali  -rfi  (14  volte  circa)  e  -oi  (4  volte).  Accanto  ad  -di 
c'è  pure  il  femminile  -de  {quae  tae^  temporae  spiriloae  corpo^ 
rae].  Io  non  dubito  dunque  che  i  pochi  plurali  haresU'ei  e  simili, 
che  si  trovano  in  ri  e  in  rp  neirinterno  dei  versi,  sieno  poste- 
riori e  dovuti  ai  copisti  :  quando  si  trovano  in  rima  (e  accade, 
ij<»  non  erro,  solo  tre  volte,  habiiaoi  ri  43,  209:  onor  sg.,  m- 
garuwy  85,  87:  io?*,  faxeoi  114,  51:  nianlegneor  pi.),  la  rima 
erronea  parla  chiaro  da  se.  Che  l'-i  di  -rft  -cft  sia  analogico, 
non  si  può  ammettere  per  un  tempo  che  il  r  finale  era  ancora 
intatto,  e  il  supporre,  poniamo,  che  codeste  desinenze  apparte- 
nessero ad  uno  strato  più  schiettamente  popolare  e  più  avan- 
zato nell'evoluzione,  non  ci  aiuterebbe  a  comprendere  j>erchè 
non  si  trovino  pure,  nei  medesimi  testi,  traccie  sicure  di  -ài 
-fii,  ecc.  Forse  non  è  senza  valore  un'altra  ipotesi:  che  nelle 
di»5inenze  -ari  -ori  l'-i  si  propagginasse  (cfr.  guairi)  e  che  da 
-*air  '^oirj  riduzione  fonosintattica  di  "*aiyi  -*mri^  si  venisse 
!«ubito  foneticamente  ad  -di  -oi;  cfr.  nm.  sg.  Ma  ne  nascono  delle 
complicazioni;  e  bisogna  cioè  imaginare  o  che  la  propagginazione 
avvenisse  durante  il  periodo  dell'oscillamento  fra  -rfri  -d>*,  ecc., 
e  perciò  anche  la  fase  -a)\  -ór,  già  molto  diffusa,  persistesse  ;  o 
che  questa  invece  sia  dovuta  ad  attrazioni  analogiche,  anzitutto 


u- 


132  Parodi , 

dei  femminili^  che  avevano  già  V-e  e  quindi  non  propagginavano 
{ben  Hernpovair  acc.  a  cosse  temporar\  e  poi  delle  altre  desi- 
nenze -er  'ir.  Per  certo  parallelismo  colle  serie  nasali,  -ah  e 
-dm,  ecc.,  vedi  nm.  76.  Secondo  la  testimonianza  delle  'Rime\ 
rimasero  però  sempre  intatti  i  plur.  cairi  clarl,  od.  cceij  inoltre 
a/nairi  e  aggiungiamo  avairi:  essi  erano  difesi  anche  dal  loro 
singolare,  éairic  rairu  aìnairu  acairuy  nm.  sg.  —  Resta  ad  ogni 
modo  che  probabilmente,  al  momento  della  caduta  del  -r  finale, 
si  trovarono  accanto  plur.  in  -di  e  in  -a,  in  -o'i  e  in  -8;  che  nelle 
altre  serie  invece  appariva  un  unico  tipo,  -è*  -V  -à  -fl',  e  che 
infine  T-ì  di  barestreiy  di  habilaoi^  ecc.,  che  si  mostra  timida- 
mente nella  nostra  redazione  delle  'Rime',  o  quello  di  fidey  e 
mut/y  che  trovammo  in  testi  più  tardi,  §  2  B  nm.  48,  è  di  na- 
tura analogica.  Nelle  serie  -di  -ùi  Vi  resti)  fissato  definitivamente 
per  motivi  fonetici;  nelle  altre  invece  cadde  forse  anche  prima 
d'essersi  esteso  dovunque:  plurali  odierni,  e  già  fin  dal  sec.  XVI, 
figS'y  meste'  mU.    76*  ì^oco  è  da  aggiungere  sulla  caduta  delle 
altre  vocali  dopo  ì\  Agli  antichi  cener  pooet^j  §  2  B  nm,  41,  e 
a  peioer  rispondono  oggi  le  forme  ricostituite  se'nyey  ossia  cen- 
nere  grlb  4,  18,  pnoyey  da  purere^  ch'ebbe  però  accanto  fino  a 
tardi  la  forma  più  breve  póce  grlb  5,  23,  pe'ivye  da  peicere 
comm.:  quest'ultimo  si  sarà  rinnovato  nei  fondachi  dei  droghieri. 
Ricordiamo  inoltre  rore  fogl.  142  od.  ruve^  acc.  a  rovere  fogl. 
141,  plur.,  cav.'  255,  comm.  91,  lèvere  ecc.  nm.  79:  il  tipo  plur. 
femm.  ruvere  potè  forse  perdurare  per  analogia  di  proparossitoni 
della  2*  deci,  e  trattener  seco  anche  il  sing.  Si  perdette  carzer 
(anche  un  carcere  ri  4,  23).  Per  paire  ecc.,  vedi  sotto.  —  Più  no- 
tevole è  che  l'-w  non  cadesse  mai  ne' nomi  in  -òru  da  -auru:  nello 
*Rime'  e  in  genere  nei  testi  antichi  oro  tesoro  PorOj  oggi  *hi 
e  nella  plebe  tes'óu,  inoltre  toru  tòu,  moru  mou^  e  anche  orif- 
fotuggio  cav.,  od.  0 fugga  alloro,    infine  koru  kóu  cavolo.  Ch** 
la  persistenza  deir-i«  devasi  al  dittongo  ancora  aperto,  afierme» 
reremmo  ora  volentieri,  quantunque  i  dati  cronologici  del  §  I  A 
nnmi.  10  e  12   paiano   fare  diflicoltà.  L'-t«  si  conservava  pure 
nella  desinenza  -aù*u,  di  cairn  ecc.,  come  s'è   detto  nel  nm. 
preced.,  e  così  siamo  indotti  a  credere  che  anche  in  atre,  §  2  B 
nm.  44**,  e  in  lairn  ladro  ecc.,  paire  maiì^e^  ib.  nmro.  33  e  41, 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  133 

la  ragione  del  fatto  sia  da   ricercarsi  nel  dittongo  e   non  già 
nella  poca  popolarità  del  vocabolo,  come  potrebbe  pensarsi  per 
aire,  o  nei  nessi  originarli  tr  dr,  come  altre  volte  affermammo 
]ìev  gli  altri.  Si  pensi  che,  secondo  il  nm.  74,  tanto  il  sing.  cairn 
(juanto  il  pi.  Cairi  (e  probabilmente  *auru  *au7n)  si  sarebbero 
ridotti,  perdendo  la  vocal  finale,  al  deforme  édi  (e  rispett.  au). 
I  dati  cronologici  qui  paion  più  favorevoli,  §  1  A  nmm.  12  e  49: 
Péuy  nelle  *Rime'  PerOj  sarebbe  adunque  forma  non  schietta,  e 
legittimo  invece  Pe^'j  oggi  vivo  in  San  Pè]  forse  sul  femminile 
i'od.  puleu  poliedro.  Ma  cfr.  nm.  213.  —  Dell'oscillamento  nel 
singolare  dei  proparossitoni  di  2*  s'è  detto  nel  §  2  B  nm.  41,  ma 
la  vittoria  rimase  alla  forma  intatta,  foggiata  sul  plurale,  nm.  74: 
ilniaru  dàlowj  sòkaru  só'kow,  anger u  àngow  nm.  119  e  póveru 
pùcowy  e'rburu  g'rbuy  ecc.  Solo  in  rarissimi  casi  giunse  al  dia- 
letto moderno  la  forma  abbreviata:  perigo  cav.  e  pe'iQu  cas., 
diavo  cav.,  od.  diduy  od,  s'enne  acc.  a  s'enow  genero,  ma  al 
plur.  soltanto  s'eney.  Qui  il  singolare  entrava  facilmente  nell'ana- 
logia della  2*  e  3*  declin.,  e  poteva  quindi  trionfare  anche  del  plu- 
rale; ma  ben  maggiori  difficoltà  impedivano  la  vittorta,  poniamo, 
d'un  *datia  sul  plur.  datari.  —  Fu  già  detto  anche  che  tutti 
gli  aggettivi  parossitoni   di  2*  si  rifoggiarono  sui  loro  femmi- 
nili, dai  quali,  dopo  la  caduta  del  -r,  troppo  s'erano  allontanati: 
masch.  sg.  e  plur.  Jkà,  femm.  kara  kare:  di  qui  poi,  coll'aiuto  dei 
proparossitoni  e  inoltre  di  cairu^  e^c,  si  estrasse  di  nuovo  karu 
kari,  od.  kdu  hdiy  tipo  che  già  fin  dai  tempi  di  fogl.  era  il  solo 
in  uso.  Rimasero  invece  al  loro  tipo  fonetico  i  sostantivi,  e  di  2^ 
e  di  3»,  §  2  B  nm.  41,  tranne  s*eru  s'eu  gelo,  rifatto  forse  sul 
vh.  9:  era  s'yà,  e  qualche  altro  italianizzato  del  tutto,  come  paluj 
Rincora  pà  cav.  219  e  nel  vivo  pàfe'ru  stanga  di  ferro.    76.  Dopo 
n  cadono  tutte  le  vocali,  tranne  a,  ma  Y  -i  si  propaggina  nella 
.sillaba  tonica  dei  vocaboli   piani,  §  2  B  nm.  44:  hen  *kainty 
hwih  *buinij  ma  soltanto  beh^  sg.  e  plur.,  e  cosi  s'as'iVn  digiuno 
*i.  In  ri  e  rp  si  trovano  accanto  forme  con  e  senza  propaggina- 
zione, ma  conviene  osservare  che  quelle  senza  propagginazione 
!>ono  di  gran  lunga  più  frequenti,  e  che  anzi  la  rima  non  può 
iar  prova  che  per  esse;  inoltre,  che  non  ci  sono  traccie  sicure, 
n^  rispetto  all'Autore  né  rispetto  ai  copisti,  di  jìropagginazione 


134  Parodi, 

nei  t'einininili.  Si  può  perciò  aggiungere  a  quanto  fu  detto  §  2  K 
nm.  48,  che  forse  il  fenomeno  fu  posteriore  (come  supponemmo 
dei  vocaboli  con  -r)  al  passaggio  in  -e  dei  plurali  femm.  di  3*, 
i  quali  adunque  in  origine  non  avrebbero  avuto  la  propaggina- 
zione. Fu  forse  un  vezzo  delle  classi  più  ulte  accostare  ad  essi 
anche  i  maschili;  ma  ben  presto  questi  presero  del  tutto  il  sa- 
pravvento,  traendo  i  femminili  con  sé.  —  Per  altre  osservazioni, 
nm.  178:  qui  basti  ricordare  che  si  conservò  ancora  fino  al 
sec.  XVIII  la  forma  zooe^  grlb  3,  62  e  passim,  benché  l'od. 
forma  s'uvenu^  rifatta  sul  femm.,  appaia  già  nel  sec.  XV,  §  2  I» 
nm.  28;  cfr.  anche  rerfen?'.  e  inoltre  il  sost.  polene  -i  (peleai 
ri  12,  418).  77.  iu  si  ridusse  prestissimo,  dopo  r,  ad  *-<!,  "^fer- 
ì*aru  e  poi  ferrar ^  ecc.,  ma  nel  femm.  V-i  passò  alla  sillaba 
precedente,  ferraira  nm.  41,  muira  mwia  mora  nm.  (>6  (cfr. 
anche  l'ant.  rnoira  muoia  §  2  B  nui.  44;  uiancano  esempi  siculi 
di  -eri a  «ùria).  Rimase  -iuy  sorto  per  caduta  di  consonautt* 
intermedia:  gumyu  gomito  se'sya  siccita[s]  slurbyu  torbido; 
ma  certo  fu  dapprima  -et^  cfr.  §  2  B  nm.  91^  ecc.  78.  Per  la  ca- 
duta, relati\^mente  antica,  dell'-ii  dopo  un  è  accentato,  ì/tè  mio, 
nm.  18  n.,  Berliune  Male^  §  2  B  nm.  41**;  cfr.  tó  *l(}u  o  ♦/u//*s 
nm.  29,  ov'è  anche  più  antica,  e  bó  *bóe  o  *buòe.  Per  la  ca- 
dutii  deir-t,  §  2B  nm.  cit.  e  cfr.  qui  sopra  il  nm.  74^:  dopo  un 
o  sembra  che  Vi  durasse  più  a  lungo,  cosicché  non  è  certo  ì'Ik^ 
la  caduta  si  deva  ammettere  nelle  4iime*;  forse  anche  dopo  /'. 
Pf»r  'we  vedi  nm.  18:  resta  nel  plur.,  sostenendosi  a  vicenda 
col  sg.  tva^  ib.  Ma  -oéa  si  ridusse  ad  -cv  negli  iuipf.  indicativi 
e  nei  condiz.,  nel  possessivo  m(jc  mia  (fogl.  40,  153),  e  in  um» 
o  due  sostantivi  (senza  plur.),  come  kwcé  voglia,  anche  poi*cliè 
si  trovano  più  spesso  nel  mezzo  del  periodo.  In  *-rt'  -è  da  -ne 
sarà  contrazione;  ma  Tant.  see  è  forse  sce,  da  sca  (<love  V -e 
resta,  può  darsi  scenda  ad  -i,  ant.  sèi\  Eróiì) 

Penultima  atona.  79.  Condizioni  italiane  fuorché  nei  nume- 
rali, ihtsise  ecc.,  nm.  200.  Inoltre,  dopo  una  liquida  la  vocab* 
atona  fa  maggior  resistenza  che  in  italiano:  gli  od.  §rzìi  frezn 
nin.  14  prùza  pulce  sazu  salice  kaza  calice  risalgono  ad  érezn 
*fi''rez(i  pnreza  (pr.  12,  30)  *sdrezH  Mrezu,  dove  la  vocale  <i 
sostenne  fino  a  tardi,  forse  fino  al  sec.  XVI:  v.  anche  il  nm.  llU. 


Studj  liguri,  «4  3.  Il  dialetto  moderno  dì  (ìooova.  ì:\5 

Ktcordiaino  poi,  insieiìie  con  biUcéQa  bottarga,  con  fi(eQa  da 
anter.  kàrega  pubblico  incanto,  e  var§u  vdreQu  'valico  (ordi- 
gno)', il  notevole  ceffa  alga,  da  drega  fogl.  cav.,  ossia  *àliga; 
S4in  Teramo  cav.  95,  ora  Sant'Etna  Sant'Elmo.  La  liquida 
'^egue  in  seèiéyoeì^u  s'eneivowj  che  forse  si  sente  ancora,  in 
(hperti  dspyu  'aspro  al  palato',  e  cfr.  anche  Tare,  lecere  fogl. 
lèrore  cav.  chit,  nmm.  95,  125  J,  ora  lèvre^  Valori  nm.  71, 
4mI.  ViUri  (nota,  per  contro,  sardiu  fogl.  cav.  cas.  *ex-aridTtu 
'arso  dal  sole').  Infine  pellu  ped(i)tu  va  col  lucchese  pel  lo. 
Sono  comuni  tnesa  mesa  muovere,  ade  ha  adesd  desto,  da 
^mesr[iiyir  ecc.;  per  contro  dismi  nm.  89. 

A.  80.  Iniziale,  anow  da  ardua  ragno,  cfr.  'Declinazione', 
amahdwa  amaitdwin  mandolino.  Protonici,  lavella  acquaio,  la- 
res's'u  la  pi  de  u  §  1  \  nm.  25,  smazhi  da  smazeria  nm. 
SS,  ecc.;  (/»V/w)  pisalàlla  '(fico)  piccioluto',  dal  toscano,  peiida- 
hUJiUj  dal  fr.,  beskaaessa  cav.  Miìcompiuto  (?)',  ora  bvihcBSic  'i 
rotti  della  moneta',  kalasi/àifj  (fìfju)  brigasfotla  nm.  108,  rama- 
s'wjga  nm. 90,  desgaginow  o  retjagia  'vispo'  'arzillo',  esempi  di 
vario  genere  e  importanza,  ma  che  pur  servono,  e  ai  quali  si  pos- 
M)no  aggiungere  molti  com])osti,c*Ù7a{a>v^fn  sudicione  koniabiìgga 
origano,  ecc.,  e  inoltre  vocaboli  con  duo  a,  ku falla  kdma  da  ka- 
ra  fatta  ka/Hunà,  ecc.;  -ar-y  Barbar /a  grlh(ora  solo  noUa  frase 
ranni  'ti  Barbdya  va  a  quel  paese),  ostarla  ostdya^  ecc.  {Bar- 
hiit/'/t  ùstdy-a),  arcaici  fàrbaria  fanlaria  grlb,  ecc.,  balarin 
«ira  balalhy  plebeo,  kitgcéh  cucchiaino  bavcéh  bavaglino  Cfralctha 
:^rattugia,  ecc.;  -cb^'w  da  -are' ss  a,  nm.  10;-  postonica, //a/i&a/ ve 
OaiìboWj  sakara  sukoWy  ecc.,  plurali  ganbay  siikay,  da  gan- 
hariy  ecc.  Per  -ard- ^ara  nm.  88,  ma.i  vociil)oli  di  recente  im- 
jKirtazione  seguono  la  norma  solita:  lasciando  l'are,  im^nasra- 
raoil  e  mascara  comm.,  fatti  su  mdskara  (ora  mdskera  ecc.)^ 
••  ronoraatopoico  cdcara  cdcaro,  abbiamo  solo  làltae  cas.  bat- 
tere* 'zacchere',  e  inoltre  Idrlart'  torte,  o  simile,  fogl.  131,  sds- 
^ura  zazzera  grlb,  Barbara  fogl.  79,  cfr.  nm.  98.  Con  ;«,  an- 
Mco  o  no,  Slecanin  o  Slyàn.y  cfr.  Krislafanin  ra*nanin  rame- 
rinu;-  postimici,  oltre  a  Sterga  da  Slevan  ann.  nm.  10,  Idpani 
capperi  nm.  IGO,  grf/lani  smilace,  cfr.  òrgatitf^  anche  \ìOv  'ca- 
l^me  organo',  sorta  di  pesce,  fdì'fana  posce  pilota,   tòlanu  to- 


136  Parodi , 

tano,  infine  grébani  tangheri,  anche  veneto:  sono  parte  foi'o- 
stieri  parte  d'etimo  incerto;  cfr.  i  nmm.  92,  104.  —  Ristabilito, 
contro  l'uso  più  antico,  §  2  B  nm.  16  e  61,  appare  nei  sec.  XVI- 
XVIII  l'-rt  finale  dell*  imperativo  di  1*  con.,  a  cui  segua  un'en- 
clitica: mónta-me  fogl.  137  lèva-te  cav.  221  cànta-mene  251 
scuza-'tiie  grlb  trauta-me  ciama-me  accósta-teghc  comm.,  ora 
mùnlime  lécite  kdhtimene  ecc.  (contime  comm.  av.  20):  cfr. 
nm.  89**.  Aggiungo  l'are,  eccale  eccoti  grlb  11,  20;  13,  49,  cfr. 
nm.  104.  81.  e:  non  popolare  l'are,  ezzenda  azienda  comm. 
237,  forse  per  assimilazione  (1.  estenda  e  cfr.  anche  cVegf^'/ecc.);- 
sillabe  ra-  tra-  stra-,  resyrm  razione  renùnkiiUt^  streziu  *ex- 
transltu  ^bruciato  dal  sole'  (detto  del  grano),  arcaici  Irezin-nn 
(1.  tres'mna)  cav.  •tra g Ina,  specie  di  ve\/Qy  e  tremena  (1.  /;v- 
menno)  grlb  19,  2.  Della  tendenza  ad  assimilare  a ...  e,  che  aj»- 
pare  ben  incerta  nei  testi  antichi,  ann.  e  §  2B  nm.  10,  non  è 
quasi  traccia  nel  dialetto  moderno  :  l'are,  segrestia  chit.  ricorda 
segretlu;  un  allenguerie  'illanguidite'  'languide'  cav.  61  (cfr. 
langevosso  §  2  C  s.  langov)  forse  è  rifatto  su  lengua]  i»el  suo 
-er-  nm.  88;  pellendon  grlb  e  cas.,  invece  dell' od.  pelaiìdrfh'i 
cialtrone,  non  dice  molto,  cfr.  Mussafia  Beitrag  s.  pellanda;  in- 
fine un  bezegùOj  per  6.  di  scancio,  cav.  88,  è  contraddetto  d;i 
ross.  e  inoltre  da  grll)  2,  44,  mostarro  bezagùo  'baffo  a  punta' 
cioè  'faccia  da  far  paura'.  Non  parlo  di  pappetnzi  'pappataci, 
specie  di  zanzara  che  punge  senza  ronzare'  cas.,  ove  si  sent'i 
la  congiunz.  e.  Non  in  tutto  chiaro  scezina  's«iracine.sca'  'topici 
saracinesca'  cas.,  cioè  sarez  in  a,  o  da  un  antico  seraz.j  alterato 
in  sarez.y  o  attratto  senz'altro  da  qualche  vociibolo  con  -ez-in-. 
Si  aggiunga,  per  quel  che  vale,  Metilde,  —  Curiosi  certi  C)^ 
iniziali  del  dialetto  arcaico,  cioè  il  non  indigeno  cerfci^o  alfiere 
grlb  18,  97  0  erfeo  comm.  104,  ed  ermorin  'corbezzolo'  fogl.  9iì 
acc.  ad  armorin  15,  ora  a/'mìh)^  v,  'Declinazione';  foiose  si  sent»* 
ancora  erlia  uggia,  ripugnanza  (avita  ri  14,  80).  Ma,  non  ostantt* 
il  nm.  2,  arbtvfltua  (ed  erb.)  des'arbti'fì^  arkyòlu  archivolto. 
Intorni,  Beriìntìt\  are.  Bernahé  fogl.  (cfr.  Bernardo  ecc.),  non 
esclusivamente  genovesi.  —  Per  -ara-  ^ra  nm.  88.  —  L'è  sem- 
bra normale  nella  postonica,  spceffi  anter.  spdregi  asparagi, 
kdnera  senepa,  cfr.  éstezi^  anche  grlb  7,  14;  e  italianizzato 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  137 

sidinaQu^  già  di  ri,  ma  siceumegit  è  frequente  in  grlb:  cfr.  nm. 
sg.  Per  fonetica  sintattica,  l'interrogativo  kòse  perkóse^  non  però 
ancora  in  fogl.,  cosa  de  dì?  22,  32;  ma  suvve^  benché  si  usi 
solo  nel  mezzo  del  periodo,   sarà   piuttosto  super  che  supra, 
cfr.  §  2B  nm.  16,  e  con  esso  vanno  survemdii  sopraggitto  sur- 
remìmme  suvcecn    soprappiù,  ecc.  In  treiitedwfy  ecc.  (già  in 
oav.  ripiquaìUe^inquej  ma  in  fogl.  oiUania  irei^  oiiiania  sette) 
j)oteva  intendersi  trent-e-dwi,  ecc.     82.  ?,  nelle  unioni  dell'im- 
j»epativo  di   1*  con  enclitiche,  cfr.  nm.  80:  pórtime^  da  pòrta- 
tne^  ma  non  per  fatto   fonetico,  nm.  89'';  nel  secolo  decimot- 
tavo  anche  èrila  ella  era  ònlan  essi  erano,  comm.,  vedi  *  Pro- 
nome, form(3  atone  '.  —  In  iato,  ahnya  anitra,  per  via  di  ahnea^ 
ninnye  fiori  del  vino;  e  qui  andrebbe  pure  kamya  ecc.,  nm.  88. 
H3.  M,  per  motivi  non  fonetici:  bufihty  in  ^^ssu  o  grassa  bu- 
/1V«,  detto  di  solito  di  bambini,  paffuto  +  s-buffarcy  haìntbin  o 
'uirubina   ol.    cas. ,  carabina  +  colubrina  ?   Per  Barbwa   Bar- 
b*»ra,  ecc.,  nm.  98.  E  per  Vii  di  riìmenta  num.  107.     84.  Di- 
leguo: in  protonica,  karbine\  Pravezih  {Paravexinna  fogl.  10). 
liicorderù  pure  hos'ti  vii  e  simili,  ove  in  realtà  è  caduto  un  e, 
nm.  81.  —  Cade  davanti  a  un  dittongo  tonico:  wi,  pwira  pwia, 
sfjasti/ira  spaswia  da  spasawf'ra  scopa,  ecc.,  §  2  B  nm.  16,  mtaìv 
*tìnwin  (e  già  mon  fogl.  153)  nm.  51  ;  óvj^  sów  da  saòw  grlb  chit., 
j-er  sarfkv  salato,  nm.  49.     85,  Aferesi:  suhs'a  sugna  Sahhm 
Ascensione,    bregòwlu   da    *abergaròllu   ^ospitato   all'Albergo 
iAbergu)   dei   poveri',  bilàkuìa  *  cassetta  della  bussola,   Melin 
Amelia,  Netta  o  Netlh  Annetta.     86.  Prostesi:  am^  miele  arfr 
tìfl<*,  anticamente  femminili,  la  mer  ecc.,  ann.  e  §  2  B  nni.  46, 
cfr.  pigd  Vamia  prender  la  mira,  dà  amente  dar  retta.  E  qui 
ricorderemo  i  numerosi  verbi  col  prefisso  a-   non  antico,  ala- 
^nenlase  aras'd  arekavya   riconfortare  arekumandà  arispuhde 
m^u/lnd  adementegàse  adauìind  domare,  ecc.,  e  il  partic.  afar- 
fiifujw]    soprattutto    poi  i  verbi   comincianti   colla  cosiddetta  s- 
impura,   askàdà  askayw  scannare  askardase^  ecc.,  che  tendone» 
a  crescere  anziché  a  diminuire:  adesà  fino  a  tutto  il  sec.  XVIll 
appare  quasi  solo  nella  forma  desà.     87.  Epentesi  :  tàmassa  da 
faram^y  certo  per  tram,^  'zoticone'  Hozzo*,  smarragiasso  spesso 
in  grlb  gracalùn  calabrone  cas.  skarabancf  (e  shftrb,)  guastarsi 


i:*.S  Parodi, 

per  ruinidi),  arcaici  {pesci)  salamuoin  cav.  :^40   e  scaraguaii 
cav.'  264,  cfr.  niu.  45,  prov.  cscliargaiL 

E  lungo  e  breve,  I  breve.    88.  Di  norma  e:  nei  prefissi  de- 
(les-  bes'  re-  pre-j  demwd  de-inorari  sollazzare  desmiiu  prendo 
il  lutto  de^pceyu  dissimile  bes'avu  bezihsu  gonfio  recìhnà  mu- 
ilare  prebugi  bislessare,  ecc.;   ma  ora  hanno  preso  i  per   iti- 
tìuenza   letteraria   depeìize  deventd   defende  defferetiza  vep^j- 
s'tìs:e  repard  responde  renegd  e  molti  altri,  che  erano  in  uso 
con  e  fino  alla  fine  del  sec.  XVIII;  deman  grlb  11,  17  è  ora 
dnmah^  deoei  dovete  fogl.,  ora  ducei/y  aderinne  cav.'  261), 
cfr.  nm.  92,  ora  inducine.  Altri  esempii,  prelùn^  Feipu  da  Fé- 
rippUf  oies'ua  fenngga  menéstra  nerniQu  semehuy  are.  re»//i- 
(erio  grlb  13,  50,  ora  similrya  o  sihi.y  sef/iì'u  fregugga  pe- 
de'miuy  non  indigeno  sebbene  afiatto  plebeo,  ^fastidio*  ^uggia\ 
pet/Uj  da  peoia  pipita,  metragga  e,  se  si  vuole,  feste  hkn  fisi. 
pistacchio,  are.  crestallo  cav.  grlb;  freiiQwcélu  tenpdnu  luHa, 
tnencliioa  fogl.,  ora  inihcwiy  ecc.;  àseneltu  ordendyu  ;uy'<«- 
nehtu^  su  as'en  ase^  ecc.,  cfr.  uni.  92;  ihrezehdase  *  anfanare^ 
confondersi^  Puhiezelbij  nomo  d^una  piazza,  maneze'Uu  mani- 
chino; tretneloya  diavolio  seiemanUj  ecc.  —  Postonica:  s'uvean 
o  fiwtnuf  j  ve'denu  nm.  76,  prime j  cfr.  pèlenfìj  femefia  fogl. 
comm.,  cfr.  fe*nenelle   fogl.  51,  femenin  grlb  2,  42,  ora  />**- 
minuy  gii' mena   lehdena  skiirpcna^  sorta  di   pesce,  lagvemn 
fogl.,  ora  lagrima,  quareizetna  nm.  12  Pehiema  n.  loc.  (aia 
far  mine    nrdinc^    damdshina  prugna   damaschina   secca,   <#/i- 
mtty  ecc.,  cfr.  nm.  sg.);  -era  sempre,  per  dissimilazione,  Puii- 
se»/nera  Punse  ycga,    nìi'rera  nùv^a,  aggett.   femm.  d^pern 
aspi/a  nm.  79,  pòvera  pòrga,  (e  nera  teìia^  ecc.,  sui  quali  sou 
rifatti  i  mascli.  aspera  aspi/u,  poreru  pòrga   (o  pòoow)  ei'c.^ 
come  su  ni^rera  e  rifatto  nìYvera  étfioya  nuvoloso,  e  su  dnge**n 
tìngerà  dhgtnv,  nm.  119.  Qui  va  pure  la  ])osizione  di  sdrueciol«» 
rovescio,  ducerà  dSvgd  ado|)erare,  arekavera  arektf*'gd  nm.  8f  ì, 
come  dò' cera  dScya,  ecc.,  e  su  gli  uni  e  gli  altri  anche  d//'- 
cera  dScyitj  ecc.  II  medesimo  ftMiomeno  sarà  da  ammettere  jK*r 
^ara   originario   e    probabilmente    per   -ara:   kantera   kaiilya 
'cassetta'  ^cassetto*  haìilyd  cas.  canterano,  fors'anche  kamep^a 

kamere    k'imrròUa  *  mozzo   di  camera*  od.  hàmua  kame    Avi- 

•  •  •  %f  , 


Studj  liguri,  §  '$.  Il  dial.  moderno  di  Genova*  13D 

f/iyolUy  un  po' più  dubbi  i  futuri  di  1.*  con,,  amerà  aììvjà  o 
inoltre  amerò  ami/ó  ecc.,  §  2  B  numi,  16,  60.  Per  màshara  ecc., 
nui.  80.  —  Anche  un  -e  mantiene  l'-er-  nello  sdrucciolo:  se  nere 
pe'yoere  piivere,  ora  senye  ecc.,  nm.  75,  cfr.  lécere  nin.  79. 
E  forse  un  -/  salva  T-ei*-  protonico;  a'nudin  ^guasto'  ^cor- 
i\)so',  da  smazeriuy  ti  se  smazisc^  contad.  mazeij  [mette  a  m, 
mettere  a  maturare,  le  fruttii),  ime  ij  innestare,  ihfe n  inferirò 
<Ja  vela),  reoeisa  riverisco,  inoltre  oGey  *o  peri  li  nm.  100,  o 
ienperiii  lehpeh\  af?;iungeremo  il  dubbio  allengaerie  cav.,  nm. 
Si.  Ma  in  kardarih  liardie'it^  li'ff/arin  lihjce'h  si  sarà  introdotto 
il  suff.  -arih:  notisi  che  c'è  puro  liìtjow  da  liiffaru,  —  Negli 
altri  casi  di  postonica,  e  come  esito  normale:  endeffu  indaco 
[Wtreija  orefice  hìrefja  li'njànetja  lucani ca  mdneQa  o  ma- 
tteffaj  ecc.  (dotti  fàbriha  sindihu  ecc.,  anche  bdyku  da  bdriku 
violacciocche) ;  déiiteza dentice  ehdezu guardanidio e'nbrezuj ecc  » 
re'siieza  romice,  ànezi  hrcéuezi  Tnnezi^  are.  Cadde.ri  grlb 
15,  24;  i)er  rimiza  ecc.  uni.  sg.  E  vedi  ib.  anche  per  i  verbi 
uniti  con  enclitiche,  are.  l^s'ere  leggervi,  ecc.  89.  /,  nella 
pre|ìosizioue  e  nel  profisso  in-,  cfr.  §  2  B  nm.  18;  isolati  Em- 
hriceghi  Embriaci  gidb  18,  13,  etdrnghe  14,  76,  empio  11,  27, 
ct^rU)  letterari!,  per  Ihbrianji  ihlrà  ecc.  Ricordo  ancho  istóya 
storiella.  —  Protonica  :  oltre  ai  numerosi  italianismi,  abbiamo 
>I>esso  i  jier  razione  di  palatine  contigue:  ^,  es.  dubbio  sititi 
scellino,  e  anche  più  siroppa^  probabilmente  da  sir-  anteriore, 
fors*anche  sirókku,  ora  hjopu  sOkUj  inoltre  sizérbwa  cicerbita 
ninni.  1)8,  107;  sicuri  invece,  Lisàhdra  nm.  90  sisanta  ib.  e 
§  2  B  nm.  17,  f  risella  fiscella  cas.,  ìiisim  §  2  B  nm.  cit.  (in  grlb 
anche  nesciun  5,  2;  11,  6,  letterario  o  provinciale),  kuhvati- 
seiisai  ma  vesi0a  lesia  per  dissimilazione,  r arnese  Ila  (o  remes, 
cas.)  'gomitolo'  'frugolo'  su  remesd  smuovere,  agitare,  agitarsi. 
In  postonica,  fnsina.  E  i,  con  azione  progressiva:  diziìw'vej 
probabilmente  da  dezin^j  vedi  sotto,  come  dìsette  da  *dezis.  di- 
zLx,  §  2  B  nm.  17,  e  su  di  essi  dizottìf.  ;  poi  cizinella  acino.  E 
y:  ffòzia  da  giròzia  o  giraz,  nm.  99,  cfr.  §  2  B  nm.  17,  G'omu 
G'i/nimin  da  anter.  Girómmu  ecc.  comm.,  e  vedi  ib.  ;  con  questi 
{«issiamo  collocare  il  francese  rimine  a  ciminiera.  II  g  segue  al- 
l'e?  in  frigd  'sfregare'  'strofinare',  slrifjn  (onde  anche /W^flf^^, 


140  Parodi, 

strigga  già  fogl.  51),  ma  per  la  solita  dissimilazione  Fegiix 
Figulina  o  -i,  n.  loc;  inoltre  sempre  -iVjf-  nella  seconda  sillaba 
atona,  Kumige'n  Co  rn  eli  ani,  e,  con  vocale  d*origine  un  po' 
incerta,  kicsdgoa  costoletta  spurtigoa^  cfp.  §  2  C  s.  poriigioUa^ 
kctsigun  'piede  d'albero'  Sgambo  di  fungo'  skatigwin  bordoni,  ecc. 
Per  n  ho  solo  skrìnusu  beffeggiatore  e  in  cas.  sliriiià  beffare, 
cfr.  l'ant.  scrignir  §2B  nm.  17:  por  contro,  Sena  il  Signore, 
ma  vedi  sotto;  nella  seconda  atona  9*usind\  certo  da  un  ì^sin9\ 
cfr.  l'ant.  enzignove  less.,  ora  ìhs'enoe  su  ins'énu,  —  Incerti 
e  recenti  i  casi  di  assimilazione  fra  e .  • .  /,  dove  alla  tonica 
preceda  solo  una  sillaba:  lisia^  acc.  a  les.j  cfr.  lisy^Uu  da  le- 
sidssu  liL,  simi  gemere,  covare  (del  fuoco:  donde  shìVìia  fa- 
villa, già  in  grlb  18,  18  e  cfr.  §  2  C  s.  zema),  ma  zemì  grlb  e 
cas.,  e  si  dice  tuttora  solo  s'emin  soffritto:  forse  Vi  cominciò  nel 
futuro  semirà  sim.^  e  cosi  potrebbe  pensarsi  dell'ant.  scrigni^  ; 
infine  striHh  sterline,  marca,  e  il  cit.  silih  (più  difficile,  ma  da 
ffa-  ge-j  [jimina  piagg.  cas.,  solo,  pare,  nella  frase  fa  {j,  tramare 
una  gherminella).  Pochi  ma  normali  i  casi  dove  alla  tonica  pre- 
ceda più  d'una  sillaba:  già  ricordammo  dizinove,  e  al  nnu 
precedente  Tare,  seiniteriu  ora  simiidyu  sim,]  aggiungiamo  di- 
srui  desinare,  §  2  B  nm.  17  e  qui  nm.  15,  forse  da  ^des'inn 
*des'inar  *rftVi;iar,  ghiridon  comm.  omm.  9,  ora  gvindiin  co- 
modino, dal  fr.  giféridoìì  ;  civineUy  nel  popolo,  piuttosto  che  ci- 
ren.f  e  disipard  certo  per  disep.;  luiistf/Hs'u  o  kaistryus'f 
taccagno,  suH'ant.  canstria  §  2  B  nmm.  17,  38,  agripiu  rat- 
trappito, eh' è  già  in  comm.  chit.,  ma  agvepia  grlb  agrepisr 
cas.,  i  quali  vanno  con  ahemi  intorpidito,  aren^eniu  aggran- 
chito, conservati  a  loro  volta  su  abvensUt  o  -smu  intirizzito , 
su  ihsetneliu  istupidito  (rfr.  semelàh  babbeo,  ecc.)  e  qualche 
altro:  lo  stesso  dicasi  di  gremelio  gremito  grlb,  che  ci*edo  si 
dica  sempre,  di  fronte  al  più  regolare  greminiu  grimin.  Nessun 
caso  di  t...^*  rimasto  {inrezendu  -zenda  non  conta):  condi- 
zione che  si  rispecchia  nella  post(mica,  aimiza  cimice,  (p;*ùi) 
jjri/mza  pomice  r///n'i<i  nm.  preced.  skri'pizi  ghiribizzi,  inolti**» 
ìihiitnn  fe<lera  nm.  22  ((uule  anche  lehlima)^  forse  pitima^  forse 
qtfrif/zitiia  nni.  48.  —  Sarà  un  caso  che  prima  di  un  /'/  si  abbia 
s<'mpre  j:  rifii/a  rezzuola  oa<.,  il  cui  re-  troppo  era  esjKìsto  ad 


Stnclj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  141 

alterarsi,  nisò'a  ♦niceola,  es.  diffuso,  come,  più  o  meno,  sono 
pure  Gri{)ò'  ann,  nm.  17,  Mey.-Lùbke  it.  gi\  83,  Simona  pi^ogguj 
ma  pegoggiu  ross.  Restano  infine  i   noti  dhui   siga   cicala  h- 
f/iòzina  §  2  B  nm.  17,  karitcd  kaìjl(e\  veritce  veyl(e\  ecc.,  ar- 
dimehlu  marsimentu^  movimento  cav.,  ecc.,  l'onomatopeico  sihsd 
zanzara,  inoltre  fisiVa  spiraglio  (cfr.  sia  aVàya  fìssa  che  equi- 
vale a  sia  (B  fisiie  stare  ai  riscontri),  ri{fii  {de  freidu)  bri- 
vido, certo  su  in§a\  nella  2'  e  3*  sillaba,  dove  predomina  l'i 
dei  suffissi  'ikk'  'ig-  -m-,  -ii-,  ecc.,  dei  composti  e  via  discorrendo, 
cemiQòw  ciòtola,  cfr.  less.,  (fì§u)  arbikuh^  cioè,  secondo  cas.,  il 
fico  rubicone  della  Lunigiana  o  ^  fico  sampiero  ',  hazarikó  bazaykò 
basilico,  agaribdse  agaybàse  aggraziarsi,  con  cui  anche  §dribu 
gdybu  garbo,  il  cui  i  ricorre  già  in  documenti  del  sec.  XIII, 
e  qualche  altro.  È  ora   sempre  i  nella  desinenza  verb.  -imuj 
stdvimu  ecc.,  §  2  B  nm.  58  e  vedi  qui  'Desinenze  personali \ 
89^  Negli  infiniti  di  3*  uniti  con  enclitiche,  si  ha  ora  t,  les'ila 
leggerla  lessine  leggerne,  per  gli  anter.  ciòdece  chiudervi  rézeve 
cazzece  esseve  essemeve  cav.  esseghe  inette  vera  reduero  comm. 
(ma  già  in  comm.  qualche  introduite  veddime  connoscite)  :  cfr. 
nm,  80  per  kàhiime^  nm.  70  ecc.  È  sviluppo  solo  in  parte  fonetico. 
Da  les'eru  Us'era  s'ebbe  lés'ow  les'ya^  forme  frequenti  in  piagg. 
e  sopravvissute  in  qualche  esempio  vedow  vederlo  ve'dey^  ecc.: 
cfr.  pigow  piglialo  pigay^  per  pigew  nm.  119,  ecc.,  pórtya  por- 
tala,  che  galleggiano  pure;  poi,  per  ricostruzione   letteraria, 
lés'Ua  e  quindi  anche  lés'ilu  (e  così,  nella  1^,  pigila  pigilu\ 
dove  soccorreva  anche  il  parallelismo  dell'imperativo  di  2^  e  3% 
aggi  le's'iy  lés'iru  lés'ira^  poi  lés'ow  lésyay  infine  les'ilu  lés'ila. 
Da  tali  forme  Vi  si  estese  alle  altre,  lés'ime  leggermi,  ecc.  (e 
kdntime).  Vedi  la  Morfologia.     89%  Iato:  oltre  i  Ciisi  pur  ora 
citati,  tutti  gli  altri  consimili  con  r  caduto,  pyów  pelato  despyònx 
povero  in  canna,  kahiyò  canterò,  ecc.;  poi,  depvycunà  cioè  de- 
per-a-màj  nella  frase  aceysene  depr.  aversene  a  male,  kumyàlru 
cioè  humme-àtru  'assai',  lyàme  letame,  ramyu  rancido,  cfr. 
§23  nm.  33,  kapitahnyu,  ecc.  ecc.  —  Da  'e ...  e  si  ebbe  ye, 
senye  pf'yvye  pùvye  nm.  75,  come  ey  da   e .  • .  c^,  peyQullu 
^pedeQullu  picciuolo,  meizihay  veiremo  vedremo  fogl.:  difficile 
Tare,  eiremmo  nm.  118^,  ma  pézih  4obo  dell'orecchio*  è  su  pe", 


14i  Parodi, 

cfr.  §  2  H   nm.  44'*.    Anticamento  anche   è,,,  e  dava   èi  (cfr. 
nm.  78):  peiga  aiin.  nm.  18,  pag.  148  n.  2;  donde  pefff^,  coiiim 
mostra  pegu  pigro  fogl.  115  (cfr.  spogarse  §  2  C),  mcigu  (non 
attestato)  megu^  l^mi  nm.  125  6:  ora  da  è...o  solo  e',  cered»* 
réguj  ecc.  Anche  ?le  dà  w/,  kw/f/a  nm.  65.  In  nVwiY?  ridermene 
comm.,  incinero  ecc.,  confluiscono  fonetica  o  analogia,   ma  {;1i 
od.  rimene  ihdi't'la  (acc.   a  ihdiì'ilu)   sono  normali,   nm.  'W. 
Finalmente,  sorse  in  iato  l'artic.  femm.  t,  y-ànnime,  ma  l'ego- 
larmente   e  dómie^  o   cosi  il   pronome;  forse  ni  ne,   monlro 
rd-nni  *  vanno'  *va'  slanni  sta,  ecc.,  paiono  estratti  da  vdfìiiem* 
vattene  fànitne  fammi   ddnitne  o   simili,   che  dipendono  a   ]i»r 
volta  dai  ricordati  h*s*ilit  ecc.    90.  //,  ìi:  i't  iniz.,  alVùndema/k 
grlb,  ora  aViìnduìnah^  es.  non  prettamente  fonetico;  —  interno» 
ìHosnme'ggu  e  asì'tmegdfiej  ma  in  cas.  l'ital.  asinu,,,  in  cav.  e 
nel  sec.  XVIII  afiemeggio  e  semegumzaj  i  soli  davvero  indigeni, 
.v/(m^'n.9a  (e  ^<m.),  ma,  nonostante  Tant.  somenao  §  2  B  nm.  1T« 
sememiy  semense'ila  o  5///^  piuttosto  che  si'nnensetta:  pare  cln* 
l*e  sia  mantenuto  da  un   e  atono  seguente;  poi   rùmasTigg»! 
' avanzaticelo'  *  avanzo  di  piatto',  cfr.  Tant.  ro/nancivy  andM- 
/r/ò^e* rotolarsi,  avvoltolarsi,  ruzzolare'  avnhatùh  rotoloni,  avvìi. ^ 
già  in  fogl.)  ma  robalon  grlb  1,  15;  9,  60  accanto  a  riìb.  Adun- 
<\ue  da  u  si  passa  tardi,  e  forse  solo  tra  r  e  labiale,  ad  ìK  Per  via 
di  t  :  Liìsandru  si'fsaìila,  già  coram.  29,  32,  acc.  a  scisciau(<rii(ff* 
206,  cfr.  nm.  89,  aruzehtdj  davanti  a  s  i,  che  fisiologicament»» 
s'adattano  meglio  all'/'   che  all'i.  K  probabile  clie  qui   vadano 
anche  i  cit.  asihnegyUj  da  ^a^im.j  forse  falso  italianismo,  e  .%#•• 
tne'nmj  dal  vivo  sim.  (su  simma  o  altro):  cfr.  nm.  97.  In  ria- 
si'tgà  biascicare,  in  masbiiffd  masticare  cas.,  forse  in  mafin^kn 
*  mantrugiare,  brancicare',  è  attrazione  di  -n;/-  e  in  genei*e  dei 
suffissi  verbali  con  /',  che  hanno  assunto  signific;ito  peggiora* 
tivo;  in  hustiipafie  prendere  un  raffreddore  (donde  me  hìistffppfi) 
può  entrarci  anche  l'assimilazione,  e  questa  è  evidente  in  si*'- 
hiffu.  —  Voy  solo  nel  nesso  -c/*/',  quando  ci   sia  nella  sillaW 
precedente  /i,  diizònlxi-dwi  -l^y  nmiu.  10,  101,  e  su  di  esso  f>Y- 
zòntu^,  infine  irózfihii'-dwf  eco.  (e  di''zo'ì)(t(  (rózfynlu);  si  seni- 
anche  ariizònià  (e  aviizonla)^  ma  sempre  aiazeiìid  (Vnfa)   ta- 
citare, calmare.  II  caso  inverso  in  gbiu    *gesù*  Santino*  (onde 


Studj  liguri,  $j  3.  Il  dial.  moderno  di  denova.  143 

anclie  G'ozii'Màya  Gesummaria).  91.  ?«,  oltre  che  noi  casi 
sorpassati  e  arcaici,  ne  tutti  fonetici,  del  nm.  i)recejl.,  rimane  solo 
per  assimilazione,  in  rimim  rognone,  in  dossu  huvdossu  sottoso- 
pra, in  kusunigga  cocciniglia  cas.  e  in  dupwJdisìut  dopopranzo, 
acc.  a  depwi  dietro;  per  un  mezzo  latineggiamento,  credo,  in 
supréssu  cipresso,  già  in  fogl.  90,  acc.  a  sipv,^  e  forse  per  un 
mezzo  italianizzaniento  in  bulUiQa  sóìleiìcsive  biditi{)Uy  dairarc. 
belele§(i  grlb  3,  5;  letterari  dumah  ihduvind  duvey^  nm.  88. 
—  Nelle  postoniche,  son  puri  metaplasmi  karpu  carpine  e 
frasii  frassino  se  non  è  da  frdsuru,  cfr.  frasciavo  grlb  3,  75; 
di  pdmra,  ecc.,  A-edi  il  nm.  98.  92.  a:  iniz,  ahìdssc  ancu- 
dine nm.  35,  andannia  indagine  'andana'  (ma  ci  si  mescola 
'andare*),  are.  angunaggia  inguinaiagrlb  18,  59;  avremo  fogl. 
132  (donde  ne  no  m'inndrru  se  non  erro,  comm.  140,  ora  soltanto 
nella  frase  u  Va  fcctu  dru  e  irello  scherzoso  esc  iiW'ùn  avu 
o  iiiVinia  rì(€f  di  cui  non  si  capisce  più  l'origine).  —  Interni: 
davanti  r-*,  solo  esempi  comuni  o  senza  importanza:  àbarU'igà 
abbagliare  barli'ffpthj  cfr.  Tit.  barlume,  il  noto  marse\  gran 
étiarcè  comm.  225,  cfr.  ann.  nm.  17,  ora  caduto,  drafm,  aflfatto 
plebeo,  ìTiagrùn  mergone  ^palombaro'  e  stranii'u  starnuto, 
tutti  molto  diffusi,  màhurdi  fatto  su  ìnarledi  màtesdi  nm.  160'', 
infine  venardij  forse  da  vhiare-d!.  Normale  può  dirsi  davanti 
a  r  rassimilazione  regressiva  con  a;  e,  a  tacere  dei  noti  barahm 
hnnsa,  mrccegu  marmagga  (con  cui  dia  marmelin  dito  mignolo), 
ricorderemo  sardssa  sàsa  'seraceu  Matte  cotto  e  rappreso'  'ri- 
cottone', marave  gga  màvegga^  tarami  tatui  tela  di  ragno,  ta- 
f-amoitu  §  2  B  nm.  17,  inoltre  desiarla  disertare.  DaA'anti  a  n: 
sansuh  Ascensione  (forse  da  Asans,),  gli  arcaici  sangiitlto  singulto 
grlb  16,  36  e  sprandiva  resprandì  grlb  6,  106;  18,  92,  cfr. 
§  '2  B  nm.  17,  che  non  paiono  indigeni,  anche  standardo  grlb 
5,  48,  e  il  plebeo  mahgrahnia  emicrania,  ove  ha  parte  l'assi- 
milazione; normali,  anche  senza  il  soccorso  deir assimilazione , 
aj-ban§'lla  alberello  Rom.  XXVII  236  stamancta  staminale, 
seniand  centinaio,  cfr.  rundaniha  rondine  (su  cui  pe'sv  ì^int- 
/Urna)  e  forse  kurdane  funajo,  tufania  tafferia;  pui*a  assimila- 
zione in  marahglh  marengo.  Cfr.  -en-  -in-^  nmm.  88,  89.  Esempi 
4cpat-8Ì  :  il  noto  s'os'imà,  scamnru  cimurro  sogwrga  *cjeculi- 


144  Parodi, 

cula  XIV  378;  con  assìiuilazione,  marasalla  pcUdfyu  (nella 
frase  ven(  i  pntafyi  montare  il  sangue  al  viso),  pasagd  (ond*» 
pasàgf)a)j  |?ìà  in  comm.  :  arcaici  parpagun  zamarra  fogL  TA> 
zimarra  e  samareUa  cas.  Monna  vestita  con  lusso  che  lascia 
scorgere  la  miseria',  adavind  fogl.  122,  cfr.  nm.  88.  —  Posto- 
niche: seizaru  seizotu  cece,  plur.  se'izari  seizaj/j  se  tara 
selowy  ìt  sellerò,  ifdtozv  /niXs'ow  muggine  kankow,  cfr.  kaftka- 
retti  kanncéti  arpioncini,  are.  Soizzaro  grlb  11,  35;  davanti 
a  n,  oltre  a  rimdafiay  pur  ora  citato,  soltanto  gli  ital.  Qanfjfaìnf 
pdhpanu  e  forse  qualcuno  degli  incerti  tótanu  (se  mai,  su  (ò- 
tane' tilt  ^ometto  basso  e  atticciato'),  grebaniy  forse  dal  celtic<» 
grava,  occ.,  già 'citati  al  nm.  80.  È  oscillamento  suffissale. — 
Hanno  -an  analogico  le  3*  plur.  lesan  leggono  cnme'ssah  chia- 
massero. 93.  Dilegui:  hriijwa  nm.  35  disótte  nm.  89  inspritti 
^far  spiritare  uno  (inveendo  contro  di  lui)',  ma  sempre  t>^pt- 
ritd  ecc.,  cav.  grlb  comm.,  uhbrisalla  *umbi liceale  (rifatt4> 
col  suff.  'allu\  grindùh  nm.  89;  ermìttu^  dotto,  karlevd;-  Tit. 
fischiare  è  ora  fiskàj  ma  fisscia  grbl  7,  102.  94»  Aferesi:  iie- 
tniziy  ma  innemigo  cav.  grlb,  fermdya  §  2  B  nm.  39,  e  inaltrt» 
in  vocaboli  dotti  con  e,  Idstiku  inaiìgraiinia  nm.  92  mursùn 
emulsione  muro'ydi  pedemya  nm.  88,  Lia  nome  pr.,  arcaici  ri 
Gizzien  grlb  16,  4,  ro  ricco  Pullon  20,  141,  peitafjfiu  14,  57, 
che  si  conserva  in  patàfyi  nm.  92;  con  i-,  tellsya  pekùndrya. 
95»  Epentesi:  libero  libro  fogl.  cav.,  cfr.  ann.  nm.  38,  {lever*' 
fogl.  134,  nm.  79),  socera  cav.  11,  ora  survya)  —  di  i,  m^l 
gruppo  sm,  cioè  zm,  saizirau  ant  cesmo  senno,  ecc.,  nm.  20 « 
azimdse  mettersi  in  apprensione,  are.  dxi/na  comm.  224  appren- 
sione, ma  asmo  cav.  65,  rizima  risma,  e  così  mazimu,  già  grU\ 
ma  mesmo  ib.  e  fogl.  cav.,  batcezimu,  ma  baitasmu  grlb  12,  37  : 
invariato  ctìzma  ciurma,  nm.  171.  —  D'altro  genere:  abiseidr: 
analogici  sàperbyu  akordyu  skórnyu  tiioyu  tufo,  ieiìdya^  are. 
lesendia  chit.  25;-  per  T-i  dei  futuri  sayó,  ecc.,  nm.  39rt;- 
vedi  anche  'Propagginazione'.  96.  Epitesi:  mie  He  èie  io  tu^ 
si,  ni(e  nae  no,  ciie  più,  ecc.,  frequenti  anche  negli  scrittori, 
ma  ora  affatto  plebei;  cfr.  anche  fde  strde  nm.  40  (ma  per 
contro  quasi  isolato  t:irtae  fogl.  46,  plur.  e  in  rima). 

I  lungo.    97.  Resta  intatto,  sivtrnà  svernare  viodna  sorgente. 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  145 

forse  pis'agga  che  risponde  all'  it«  pisolino  e  apis'agàse  ad  ap- 
pisolarsi^  frizùh  frisi one  ^frusone'  iisùn  e  tisund  ^allusione 
pungente',  il  noto  iimùn^  forse  ^timone,  pikossu  scure,  cfr. 
pikày  pikagga  fettuccia,  fiQcctu  fegato,  anter.  figareltu  fogl.  grlb 
piQuh  specie  di  picchio,  sitcé,  ecc.;  ortigi'  'aiuola'  Morticino', 
cfr.  ho  rt  il  io  Àrch.  f.  latein.  Lexik.  IX  384;  e  qui  possiam  mettere 
1  composti,  batidóggu  caminonna  piagnucolone,  ecc.,  cfr.  anche 
Valiccea^  nome  d^una  via;-  e,  solo  per  dissimilazione  con  /,  ve- 
:ih  (ora  vizin  corno  aggettivo,  e  in  daviiirif  acizindj  ma  sem- 
pre e  in  grlb),  lezih  *ilcrnu  lezzino,  pesiQu,  e  va  ricordato 
anche  fenia  grlb  7,  122,  s'ebibbu;  inoltre  kresliah  e  krisL;-  ii 
(l'accordo  coU'i  proveniente  da  ^,  iiverno  fogl.  cav.  grlb,  cfr. 
§  2  B  nm.  18,  ora  inverna;  Ulmassa  antico  li/nassa  ih.,  pù- 
uallOy  già  in  grlb  5,  65  e  comm.  218,  ma  pignatte  grlb  16,  37, 
ofr.§  2  C.  —  Per  esempi  di  aferesi,  o  di  dilegui,  vedi  i  nram.  93,  94. 
0  lungo  e  breve,  U  breve.  98,  u,  kùnelta  kurunetta  rosa- 
rio, fu  da  fura  rombo,  cfr.  §  2  C  s.  foror,  dù  duru^  ecc.;  e  ri- 
si>ondendo  ad  o,  purtd  fasòw  e  sempre;  anche  rispondendo  ad  (/, 
abbastanza  spesso  Uy  benché  il  suo  campo  sia  andato  ristringendosi 
j»er  la  concorrenza  di  à  e  dello'stesso  ò',  nmm.  100  e  101:  amwd 
umurd  arrotare  mwih  mulino,  kwd  coratella  fxgwih  fiyurih  e 
jìgwata,  bambinaggine ,  pinwdtu  da  pignoretto  cav. ,  fazwee'le 
fUzurélle  fagioli  capponi,  ztvd  volare,  scord  e  sgord  cav.  grlb, 
e  in  grlb  anche  o,  ora  syvd  sQm^  kruvi,  kruvd  *co-rotare 
«•adere,  truvd  ptnicd  nuvahia  destumayd  Rus'ih  rus'etta  fa- 
fjeltu  fugùn  sfuQdj  ma  fiujassay  kutiVa  nuitmna  nottata  :  sono 
a  un  dipresso  gli  esempj  superstiti,  ma  cfr.  nm.  101.  In  postonica, 
^rhu  anter.  erboro  fogl.  cav.,  àmwa  àmura  amola,  brigwa  nm.  93 
/'armigwa  tose,  formicola,  kdmwa  tarlo,  ecc.,  i  quali  trassero  con 
^•*'  alcuni  casi  di  -era  ed  -èro,  sozwa  sozura  e  sozu  sozuru 
K^^oeuxero  comm.  loc.  22,  ma  sceuxoro  34,  39,  cfr.  §  2  B  nm.  17), 
pdswa  pdsuraj  le'lwa  lelura,  ma  cfr.  il  tose,  lèllora,  aeidora 
grlb  (ma  cceullera  comm.  furb.  5,  onde  Tod.  kolye  nm.  27); 
Stnta  Barboa  grlb  7,  115,  vivo;  anche  kdbula  cabala,  plebeo, 
^ra  sui  letter.  fdkula  mdkida  Qdhdula  skàndula.  —  In  iato, 
^wàsaè  só-asce'  *so  di  molto  io'.  99.  Dà  o  di  media  apei'tura, 
alTiniziale,  tranne  davanti  a  nasale  complicata;  e  anche  nell'in* 

Archirio  glottol.  ital.  XVI.  10 


146  Parodi, 

terno,  in  pochi  casi  superstiti,  davanti  a  consonante  semplice 
(anche  se  in  origine  doppia):  nell'interno  ò  sempre  lungo,  né 
un  o  in  tale  condizione  si  saprebbe  pronunciare  altrimenti;  al* 
l'iniziale  quasi  sempre,  cioè  se  non  sia  seguito  da  r  complicato 
o  non  risponda  a  un  d  breve  del  dialetto:  òrasyùhj  are.  or  iva 
nm.  67,  dsyus'u  dfe'nde  òfe'ys'a  ofisyV  'moccoletto  che  s'accende 
negli  uffizi  pasquali  ',  òfisyale  dna  (e  des'ònu)  òkaziih  òtahlena 
dteni  òdù  òdya  òpinyuh  m'Opùnu  obedi^  afri  òhliQa  dsldya 
óstdkidu;  ma  òrQane'itu  ortwdh  ordenàyUy  ors'ìi  orzaiuolo, 
ors'd  orzata  (nelF interno  del  periodo  urs'V  urs'à,  almeno  dopi) 
iin,  e  talvolta  anche  wv^rtwdh)^  orti§a\  inoltre  òmetlu  oselle 
su  ommu  osse  (cioè  ómu  ose).  Negli  scrittori  Vo  è  indicato  spesso 
con  ó  {e  ó):  ònó  occorre  óttegne  comm.  Il  fenomeno  ricorda 
Yow  iniziale,  che  già  si  trova  a  Rossiglione,  ownùj  ecc.,  e  Vaw 
ch'è  proprio  del  Monferrato.  In  seguito  vedremo  a  che  si  deva 
l'allungamento.  —  Interno:  kòme'nlu  'calettatura'  *  commento* 
kòhàna  {cócagna  grlb  14,  70)  kòkùh  cocchiume  a  biskokina 
alla  peggio,  se  va  con  cocca,  kdpella  coppella  e  il  cognome 
Còpelluj  are.  cópùcQO  grlb  7,  35,  ora  hùpù'ssuj  are.  pórreiva 
chit  91  potrebbe,  vóressi  comm.  10  vóvrce  291,  302,  vórellan  14 
(cioè  vare  si  vorresti  vòrce  vorrebbe,  ecc.),  ora  li  vuryèsi^  u 
vuryce'j  oppure  nel  popolo  ly  òryesi^  u  V6ryce\  Inoltre  gòzin 
gelosia  e  G'ònimih  Geronimina,  infine  G'oze'ppe.  Resta  pure  l'n, 
proveniente  da  «ìilt-  ecc.,  nm.  116:  pòlrùh  (mòlua  moltura), 
are.  catello  grlb  1,  62,  cfr.  coutelo  §  2  B  nm.  24,  ora  kùle'Uu. 
—  Io  credo  che  in  questo  fenomeno  si  conservino  le  traccie  del- 
l'antica pronuncia  Pj  che  doveva  essere  propria,  in  tempi  molto 
antichi,  anche  del  dialetto  genovese,  per  Vg  romanzo  tonico  e<l 
atono;  e  dalla  quale  giunse  alFu  odierno  per  via  di  gradi  in- 
termediiy  come  l'o  chiusissimo  o  piuttosto  u  aperto,  che  si  pri>* 
nuncia  alla  Spezia.  A  dati  cronologici  s'è  accennato  nel  §  I  A 
nmm.  8  e  17  e  anche  nel  §  2  B  nmm.  9,  13;  nondimeno,  sia  per 
le  'Rime^  sia  per  le  carte  latine  restano  sempre  dei  dubbi,  perche 
la  grafia  u  era  per  una  parte  dei  vocaboli  la  grafia  etimologica 
e  perchè  Vu  aperto  si  scambia  facilmente  coll'u  chiuso,  come  si 
vede  accadere  a  chi  è  interrogato  intorno  al  dialetto  spezzino  o 
anche  a  chi  lo  scrive  con  intenzione  d'essere  molto  esatto.  I  citati 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  147 

pòtrùn  kòle'llu  ecc.  ci  danno  almeno  il  diritto  d^asserire  che 
quando  nelle  formolo  -ùlt-  ecc.  il  H  si  vocalizzò,  la  pronuncia  o, 
più  o  meno  chiuso,  persisteva:  solo  non  potremmo  asserire  che 
persistesse  dovunque,  per  es.  anche  davanti  a  nasale  complicata. 
Più  difficile  è  dire  perchè  all'atona  in  codeste  formolo  Yo  per- 
sistesse; se  cioè  la  sua  resistenza  sia  dovuta  al  fatto  che  quando 
il  nuovo  ou  (conservato  nel  cautelo  di  ps)  si  ridusse  a  un  sem- 
plice òy  tutti  gli  Q  genovesi  erano  già  da  un  pezzo  scesi  ad  u; 
o  se  invece  il  segreto  della  sua  forza  deva  cercarsi  nella  sua 
quantità,  e  si  sottraessero  cioè  alla  sorte  comune  tutti  gli  o  lunghi 
atoni  del  dialetto.  A  questa  seconda  ipotesi  mi  fa  propendere  il 
paragone  colle  toniche,  dùse  (per  *dQuseì)j  ecc.,  nm.  116,  e  inol- 
tre un  pò*  la  considerazione  che  si  conservano  pure  tutti  gli  ò 
atoni  interni  provenienti  da  au,  nm.  109,  anche  nei  casi,  rari,  a 
dir  vero,  dove  manca  la  tonica  corrispondente,  gòtas's'e  *gauta- 
glnes  'orecchioni',  bòzia.  La  stessa  conclusione  si  potrebbe  ri- 
cavare dalle  iniziali  :  rimase  l'o-  perchè  lungo,  e  si  allungò  nel- 
l'iato con  vocali  precedenti,  secondo  un  fenomeno  generale  del 
dialetto  genovese,  nm.  129.  Quanto  agli  ò  interni  di  kòpe'llUj  ecc., 
i  più  si  trovano  davanti  a  doppie  originarie,  e  andrà  forse  con  essi 
skope'llu  scalpello,  se,  come  mi  persuadono  i  riflessi  dell'Alta  Italia, 
^*scùppellu,  nm.  150,  e  inoltre  ihbòsa  rovesciare,  che  sarebbe 
da  un  *imbossare,  proveniente  da  *imborsare  'invorsare, 
come  dossus  da  dorsus:  la  lunga  tonica  di  inbósu  sarebbe 
estratta  dall'atona.  Può  essere  che  la  vocale  davanti  alle  dop- 
pie originarie  si  allungasse  nell'atona,  quando  esse  si  ridussero 
a  semplici,  nm.  131.  Che  poi  a  poco  a  poco  si  perdessero  quasi 
tutù  gli  esemplari  antichi,  è  naturale:  kuppa^  cioè  kùpa^  traeva 
con  sé  kùpetla  ciotola,  e  inoltre  moUu  *amòtd  e  perciò  amutà 
aggnimolare;  infine,  secondo  la  relazione  generale  ó:  -u'j  si  veniva 
pure  da  pòf*u  porro  "^pòrih  *  porro  nelle  mani  o  nel  corpo  '  a 
l>òru  purih.  Cfr.  il  nm.  128.  —  Degli  altri  casi  non  so  che  dire: 
se  SI  potesse  porre,  benché  non  sia  indicata  negli  scrittori,  una 
fase  anteriore  girdzia,  per  l'od.  gdzia,  si  avrebbe  qui  un  esempio 
deir  o  conservato  anche  davanti  a  consonante  semplice,  cioè  da- 
vanti a  i,  che  esige  nella  tonica  appunto  la  lunga,  nm.  125 a 
e  rf,  e  forse  l'esigeva  pure  nell'atona,  cfr.  gézelta  ecc.,  nm.  128. 


148  Parodi, 

In  G'òzéppe  par  di  scorgere  un  caso  consimile,  ma  forse  per 
esso  e  per  G'ònimih  (da  G'ironimihì)  è  da  pensar  pure  che  i 
nomi  propri i,  nel  chiamare  a  voce  alta,  sono  accentuati  spesso 
sulle  prime  sillabe:  adunque  quasi  G'ózéppe  (donde  Tabbreviato 
G'òze)y  ecc.  Assai  minore  importanza  hanno  altri  d  atonì,  con- 
servati per  attrazione  della  tonica,  in  vocaboli  letterarii,  ma  pur 
manifestano  chiaramente  la  tendenza  del  dialetto  :  aldgd  {cUògu 
alloggio),  tònella  grullo  {TOnu),  stdlìin  manrovescio  {slola  fac- 
cia tosta,  cfr.  il  noto  (ola)y  tOmeilu  (che  equivale  a  béllu  tómn) 
tòiane'ttu  nm.  92  rOdimenlu  e  u  se  ròdyà  {ródise  crucciarsi), 
forse  qualche  altro.  Mi  resta  Tavvb.  Idslu  presto,  il  quale  è  note- 
vole testimonianza  della  necessità  che  ha  il  dialetto  di  allungare 
un  o  atono,  poiché  esso  si  sviluppò  senza  dubbio  nella  proclisi^ 
in  frasi  come  Tironico  sce  tòsl-ua  ^sarebbe  tempo'.  100.  d,  per 
attrazione  della  tonica:  sempre  all'iniziale,  are,  oeritasse  odorasse 
cav.,  ogà  occhiata  (anche  iin-ngò)  òges'àj  e  così  in  comm.  grlb, 
ma  oggiareita  cav.,  Ice'y  ♦operllis  (in  gamu  d'io,  giorno 
feriale)  ecc.;  inoltre  in  dicyà  adopera,  anche ceuvet^à  grlb,  koyti 
cuoiaio  reloyà  orologiaio  aloseQa,  anche  in  grlb  acc.  ad  aito- 
scegd,  vS{/rt  beskitu  biscottare:  si  oscilla  fra  ali§u  riporre  e 
alùfjfij  trógettu  e  Iriig*  {(^'oggn  truogolo)  e  qualche  altro.  E  ora 
soltanto  il  in  alcuni  casi,  nei  quali  troviamo  più  spesso  o  spesso  ó 
in  grlb  comm.:  assceunnaó  sognato  sceund  suonare  bezceiignera 
raccteuggeiva  despceuggid;  soltanto  u  in  truvdy  ma  tneuvce  grlb 
4,  37,  ecc.  101.  /è,  che  è  sempre  più  sentito  come  la  risposta 
atona  di  o:  anzitutto  accanto  a  palatali,  fiì getta  sfùgà^  ma  Po- 
(jeUa  cav.  fogcfti  grlb,  ali'tgòw  trasognato  (loggu  loglio)  asmùga 
•mettere  o  tenore  a  mollo'  (e  anche  asmuggu)  akiige'ytu  raccolto 
ihfji'ige'ytu  avvolto  despi'fgd,  cin-ya  pioverà,  ma  cioveiva  grlb  10, 
03,  ci'igaitfi  (xci'fVfCéia  ^furao  addensato  ai  muri  che  per  Tumido 
cola',  scitpdy  ma  talvolta  scciopd  (o  =  u)  in  grlb,  kidemmu 
cuociamo,  bes'lmusu:  si  eccettua  so\o  pifjugus'u;^  inoltre,  siaui 
suonare  asì'tftdse  sognare,  nm.  preced.,  reniird  e  renva^  jAm- 
n'mnmy  si'ujn  nvd  nuotare  (i<  niia  nm.  3)  vvd  vuotare  rvfta 
rotella.  —  Poi,  i'^pydy  sorto  nell'unione  ùn-ùspyfiy  e  cfr.  anche 
nm.  120,  ihpiarelto  comm.,  acc.  ad  osipid  (certo  Dsp,)  172,  o^pùt- 
retto  224,  grlb  11,  70;  interno,  solo  in  kiigd^  es.  comune,  btuì- 


Stadj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  140 

(jasoUìi^  fi§u  br,  fogl.  75,  probabilmente  da  brug.j  cfr.  il  fr. 
b^mrjassoUe  ecc.  e  vedi  il  nm.  sg.,  kùnów  cognato  cfr.  Meyer- 
Lùbke  it  gr.  83  e  v.  nm.  sg.,  hùsulayu  ib.,  iirabusùh  ib.,  diV 
zùhtu  nm.  90  (per  contro,  con  u,../,  dbugih  aghetti  kusin 
huzih  kuzina  fuzih  Sfocile'  e  ^fucile*  fuzina);  tra  »*  e  labiale, 
cfr.  nm.  90,  ^''ùmeselluj  accanto  al  più  civile  rumes.  e  a  remek 
uro.  103;  inoltre  hìUe'Qa  (già  §  1  B  pag.  18,  1.  3,  e  ri  138, 
144.  148),  e  aggiungiamo  infine  lùkanda  dù§aha.    102,  ì,  in- 
guehtu'y  interni,  per  dissimilazione,  bisulàyu  buccellariu,  ma 
husciolaio  comm.  324,  certo  anche  kinów^  ma  si  ode  tuttora 
knnówy  ch'ò  in  grlb  14,  19  ecc.  e  in  cas.,  inoltre  Qigùn  go- 
bione, che  sarà  da  *gùguhj  secondo  il  nm.  preced,,  tirabisùnj 
dal  fr.  (di  rado  ii,  ma   tiraboscion  comm.  furb.  4),  e  anche 
ilizóhtu  (ma  sempre  diizenlu);  poi  arigùa  rotola,  da  ariQùra 
nm.  202  "^arùQùra  (con  ù  corrispondente  all'ó'  di  ròa\  e  con  d/- 
zOnlu  metteremo  ki§(fmou  nm.  26,  per  hùQom,^  spiegando  col- 
l'assimilazione  il  supposto  li  della  fase  anteriore,  e  forse  anche 
riiV  ciottolo,  probabilmente  da  *rocceoIo,  il  quale  però  più 
vdlentieri  crederemmo  attratto  da  qualche  altro  vocabolo,  perchè 
r  i  occorre  assai  presto,  cfr,  atnzorare  e  arrisolare  acciottolare 
Uossi  Glossario  mediev.  lig.  19  riciolius  risorius  84.  Sta  da  se 
hngasoUe^  per  Tare.  brùg.  nm.  preced.,  ma  forse  va  confron- 
tato con  grinoUi  nm.  108.  Per  abbondanza  ricordo  anche  il  letter. 
e  are.  pisciolanimo  pusillanime  grlb  comm.,  e  il  plebeo  kilonna 
colonna,  e  perfino  kinolla,  dovuto  certo  a  qualche  incrociamento. 
103.  tf,  nelle  solite  sillabe,  relSyu  remesellu  gomitolo,  nm.  preced., 
prefuhda  prefùma  {perfumè  fogl.)  prékacln  procacciante,  pre- 
kvó»  procuratore,  sprepózUu  sequoe'u  angustia,  e  sequadrà  ^ser- 
rare, stringere  da  vicino*,  ecc.;  inoltre  nel  comune  tes'wie  *te- 
sr>riae  (tosoriae  rifatto  su  caesoriae),  in  be'la  *bedella 
budello,  con  assimilazione,  in  verliìQwa  convolvolo,  cfr.  vilucchio 
fiiiume  vUuppOy  in  tywenice    vurehtce   e  vwehlea  volentieri, 
§2  B  ora. 20.  —  Postonica:  meis'era ora me'is'ia  madia,  secondo 
I  nmm.  88,  82,  e  anche  l'aire,  rovere  nm.  75,  pdrehu.  —  Fi- 
nale, KHste^  ma  ò  un  vocativo  e  non  rimane  che  in  Ahtehriste; 
kumme^  nm.  28,  dapprima  nell'  interno  del  periodo  e  poi  an- 
che in  fine,  quahde  già  in  comm.  94,  quante  sutlCy  ora  quasi 


A 


150  Parodi, 

solo  in  sìiUesàroia  sottosopra,  soiVe  sorvia  fogl.,  e  nei  composti 
sutel(era^  ecc.,  cfr.  §  2  B  nm.  20,  inoltre  surve  qui  nm.  81: 
può  esservi  confusione  con  subter,  ma  non  è  necessario  sup- 
porla;  intej  pes.  ihle  Vcegwa^  già  antico  e  risultante  da  varii 
incontri,  §  2  B  nm.  97,  ihse  su,  ma  fino  a  grlb  e  comm.  insciùj 
insciù  0  scià  doi  pe^  ora  soltanto  ime  divi  pe^  ihse  Vgrbu. 
104.  a,  askwìse  oscurarsi,  §  2  B  nm.  94,  anùhj  quasi  solo  in 
Diu  ne  saroe  an.j  àsiben  e  Ò5.,  esclamazione  negativa;  sufica- 
nihj  cfr.  Tant.  sorfane  §  2  B  nm.  20,  acc.  a  sor  faro  solf  less.  ; 
forse  non  indigeno  traiùQa  cav.  cas.,  ora  solo  tartaruga;  per 
assimilazione,  Mar£a^56  *corba e eae  ^cestoni  per  someggiare^ 
siralabyd  vaneggiare,  quasi  ^  astrolabiare  '  Krit.  Jahresb.  Y,  i  130 
Arch,  XV  509,  il  solito  Salamuh  fogl.  cav.;-  martnaru  mar- 
mow^  plur.  mar  mari  marmay^  kdlaru  kdlow  callo,  furgour 
razzo  skrakow  scaracchio  tumow  timo,  brikàkalu  albicocca,  dal- 
Tanter.  bricoccuru  ross.  bricoccoli  chit.  41.  —  Per  l'are  éccate 
nm.  80,  cfr.  echame  §  2  G,  e  si  trova  pure  ecca  grlb  2,  45,  cfr* 
§  2  B  nm.  16;  stUta  desutia  si  appaiò  con  surtya  des.  105.  Df 
legni  :  ihskursów  corrucciato,  acc.  a  scorroQQd  ecc.  grlb  14,  16, 
comm.  88,  e  si  veda  anche  kriisiu  cioè  cruccio^  uomo,  bambino 
fastidioso,  dove  l't  è  forse  d'inserzione  tarda  e  non  indizio  di 
scarsa  popolarità  ;-  levre  per  Tare,  lèoure  ecc.  nm.  79.  In  iato^ 
S'enaj  già  in  fogl.,  forse  su  senue'izi  s'eneiii.  106«  Aferesi: 
Iva  ululare,  are.  s'eveggi  usibilia  G. 

U  lungo.  107.  ti,  shvòiUy  Makurdi  sk.j  cfr.  §  2  G  pag,  67^ 
mùragga  tnvàga^  lùgdneya  bù{jd  bucato,  e  poniamo  qui  anche 
i  noti  rumenta  ramenta  ^spazzatura'  lùzema  kùgà  nm.  101 
liigceh  nm.  88.  Qualche  u:  neir onomatopeico  mugund  bronto- 
lare, con  m  ùg-,  in  pupùh  bambino,  tolto  al  linguaggio  infantile^ 
in  frtigunàj  nm.  sg.,  con  assimilazione,  in  brtMliUi  italianismo. 
Ma  fì^unà  potrebb'essere  da  *furg.,  con  u  da  u  nella  sillaba 
chiusa,  cfr.  Mursehtxc  mùro-cinctu,  nome  di  via.  —  Il  solito 
p,  in  remerà  rugumare  cas.,  acc.  a  rùmegd  ib.,  e  in  des'urpd 
*d  e- usurpa  re  'mangiare  a  crepapelle'.  106.  t,  per  dissimila- 
zione, cfr.  il  nm.  102:  tmti,  solo  nella  frase  de-bunimu^  harne 
i/Hìisa^  da  imurus'aj  'carne  fracida\  binuny  da  bùiia  bubbone, 
bnnwiy  onde  anche  nella  tonica  brina  nm.  35,  e,  se  va  con  u^ 


Sfcudj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  151 

bis'ulóUu^  da  biiscioloUo  grlb  4,  24,  onde  biswa  nm.  cit.;  poi, 
brigure'llu  bri§welu  per  ferii^.,  da  hruQura  nm.  cit.,  fri§und 
frugacchiare,  derivato  di  frii§d  furi  e  are,  acc  al  più  civile 
ffnQund  nm.  preced.  Con  brigasoUn  nm.  102  si  confronti  gri- 
iióUu  'colpo  sui  denti',  per  sgrognoUo  comm.  86  (1.  sgrunj)^ 
ma  potrebbe  anche  aver  sentito  l'attrazione  di  §ina.  Finalmente 
bitiruy  in  cas.  bùi.  Per  kumini§d  Meyer-Lubke,  Rom.  Gr.  I  278. 
—  Iato:  refyùs'u  *  antipatico,  uggioso',  ma  refva\  arswiu  per 
arsùriUf  da  arsura^  nm.  71.  —  Gli  esempi  d'aferesi  sono  al 
nm.  106. 

Dittonghi  latini.  AV.  109.  d,  come  nella  tonica,  cfr.  nm.  36  : 
oro  foggio  fogl.  15  ora  5/*.,  óreggia  comm.  86,  95,  od.  tuega^  okiìi 
gabbiano  òzellu  odia  nm.  215  e  odirei  cav.  ;  pòvielu  kosin  ri- 
pàsdj  u  Pòkeiin  il  'Petit  Poucet',  còla  graffio  gòtas'se  orec- 
chioni, bozia  skòsd  grembiale  aròbd  bórinna  (1.  b&rina)  comm., 
ora  bweha;  ihsòmd  corbellare,  da  sòma.  Tali  condizioni  sono 
turbate  soltanto  dall'iato,  luégUj  txveta  anter.  lóre'UOj  kwèiin 
anter.  kòretih  cavolino,  ecc.  —  I  soliti  AQustih  cfr.  nm.  116, 
aguran  fogl.  39  ora  aQvdse^  plebeo. 


Incontri  di  vocali. 

AE,  110.  ce  e:  boszina^  anter.  bavez.,  pioviggina,  kce§d  cali- 
gariu,  ma  però  sarveQùh  da  sarvce§u\'  perUótv  parentado, 
plebeo,  come  pcehti  parenti,  contad.  111.  ey,  almeno  davanti  n 
semplice,  quando  l'iato  è  più  antico:  cheinettonne  catenelle  fogl.  61, 
ora  ay  in  kainassu  boncinello,  come,  per  l'iato  recente  davanti  n, 
kcdnaggu  carenaggio,  e  si  sente  anche  ainin  invece  di  cmih^ 
diminutivo  di  ceiia  arena. 

AL  112.  ey^  benché  per  varie  attrazioni  si  abbiano  ora  al- 
cuni <B  e  molti  ay:  eiguetta  fogl.  65,  ora  cegwella;  puinteirìwe 
cav.  151  spilli  fumeirceà  grlb  1,  22,  comm.  130,  spezieirceù 
grlb  7,  9  *  coppe  per  spezie  ',  e  cosi  terzeirosù^  ecc.,  ma  già,  per 
attrazione  della  serie  gankdya  spesydya^  ecc.,  fumairosu  comm. 
342,  harcaioeura  grlb  15,  3,  ecc.,  ora  sempre  puntayV  fùm^yV 
barkayV  ecc.;  poi,  il  vb.  as§eyd  as'Qreyd  'sciupare,  sprecare', 
che  ora  è  comunemente  asgayd  (asQdyUy  nm.  45,  foiose  per  un 
anter.  as§€éru\  cfr.  il  piem.  sgairéy  assequeiroù  cav.  123  ^  messo 


152  Parodi, 

alle  strette',  ora  solo  sequcéu  nm.  103  e  cfr.  nm.  115;  C'eyniiiy 
da  Ceyrinih  Chiarina,  e  are'y  cas.,  da  areyrt  diradare,  con 
cairu  cceru  e   rairu  rcevuj  d'aregueiton   di   nascosto  fogl.  9, 
agweylà  nm.  45,  leytà   di*  fronte  a  Inie^  leyiuQa^  Ireylu  cas. 
118.  ay,  oltreché  nei  vocaboli  di  cui  s'è  detto  al  nm.  preced., 
e  in  mainea^  nm.  4,  su  "inanea^  dovunque  le  due  vocali  son  vo- 
nute  a  contatto  di  recente,  per  la  caduta  di  r  o  di  vi  Kàtainin 
faina  farinata  maina  maynse  maritarsi;  askaisów  da  askar. 
scavezzato,  ora  quasi  solo  neirimprecazione  benevola  ptÀsilwésc 
ask.     11-1.  i,  solo  in  grize'lla  gratella,  da  graiz.  gveiz.  (se  non 
(la  gt^aez.y  che  farebbe  poca  differenza)  *craticilla,  per  falsa 
etimologia  (grizu  grigio)?  Già  grisele  reticelle,  ali.  a  gradisciti 
in  un  inventario  italianeggiante  del  1532,  edito  negli  Atti  della 
Società  ligure  di  st.  patria  X,  pagg.  732,  747.  Inoltre  in  apf^t 
conciare  le  pelli,  piem.  afaité^  monf.  afeitéy  e  ftidya  conceria, 
o  rifatti  su  fìiu  presto,  quasi  'apprestare',  o  importati.     115. 
ivey  dopo  labiale,  già  nel  sec.  XVI,  donde,  forse  due  secoli  dopo, 
wi:  are.  afoeiturao  affatturato  fogl.  82, 112,  affueiturce  cav.  103; 
pzulh  padrino  pwtrih  pweyrih  peirih  pairiiij  mwina  madrina, 
puyeiiu  patrigno  mayena^  cfr.  moiregna  comm.  51  ecc.,  pwjV 
paiuolo,  cfr.  peyroli  a  pag.  722  del  documento  citato  al   nm. 
preceA,  rébuyV  farinaiuolo  cas.,  cfr.  rebairolo  Rossi  Glossario 
raediev.  ligure  123,  vuyoe  vainolo;  ma  si  noti,  con  un  u  prece- 
dente, Roveivce  ross.,  ora  RuyV  Rivarolo,  il  quale  andrebbe  dun- 
que cogli  esempi,  che  seguono,  di  wey^  o  anche  xvay  originarii, 
che  naturalmente  son  trattati  nello  stesso  modo:  suyV  solaio, 
A^ sweyZ' sureirV  surairi'  *solariòlu,  cfr. 5oZaro/o  documento 
cit.,   pag.  740;   inoltre  il  cognome  KuyV  Queirolo,  certo  da 
KwayrS  ♦quadreSlu,  cfr.  assequeirou  nm.  112,  che  ne  è  con;»' 
la  fase  anteriore  {assequeì^ce  grlb  11,  33  su  seqii€éu). 

AUy  OU.  116.  ó:  Oslin,  per  via  di  otustih  a(o)ustih^  Sa»f 
i'Aouslin  (cioè  ow-)  grlb  14,  61,  òfoggu  òrufòggu  nmm.  75,  109, 
dotti  òddsya  già  fogl.  132,  e  owd.^  dlehtikdse  assicurarsi  Orelya: 
interno,  Wdd  ma  ancora  laoderd  grlb  15,  32,  sfrozd  frodare  (end** 
anche  sfrozu  acc.  a  sfrgwzu  nm.  36);  infine,  gto  kò  du  gunv* 
(e  gw  kow  nm.  49),  cfr.  Tant.  Codefar  less.  —  Della  seri©  atonà 
ALT,  ecc.,  §  2  B  nm.  24,  forse  resta  intatto  solo  hàdisùh  bab- 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  153 

bione,  se  va  con  bald-,  ma  dtcé  altari  compare  un'ultima  volta 
in  fogl.;  del  resto  p^Mn  fdde'Ue  kàse'Ue  sdsissa  e,  più  difficile  a 
spiegarsi  e  già  nelle  'Rime',  hdsiha  calce.  —  Serie  OLT  ecc.: 
mtuay  pòtìMn  ♦puUitrone  XIII  307,  308,  are.  kdie'llunm.  99, 
raa  H  da  dlt,  se  esiste  la  forma  rizotonica,  adùsi\  cfr.  nm.  149. 
117,  QWj  dove  l'iato  è  recente,  moiviia  amowHse  (ao);  nm.  37 
inoltre  in  casi  come  Powllh  su  PówlUy  ecc.,  e  cfr.  nm.  preced. 

EL  118.  Resta  :  àdreitùa  addirittura  {dnlu)y  aspeitd  fogl. 
01  e  leilera  cav.*  130,  ora  aspètà,  come  pètwina  pettorina,  pé- 
iena  ecc.,  sulla  tonica,  e  per  influenza  dotta  lete' a ^  come  lellxi  ; 
ifieiiina  ecc.  nm.  89^;  con  caduta  di  r:  lehpeind  temperi  nata, 
cfr.  tehpe'n  temperino,  nm.  58  ;  proclitici  mey  me  li  tey  sey  ecc. 
118^  /,  oltre  che  nell'are,  prìkày  nm.  58,  anche  nell'are.  vU 
remmo  vtrcé  cav.  comm.,  invece  di  veir.:  può,  come  vimmu 
andiamo,  essere  attratto  da  di  dirò;  la  lunghezza  dell'i  risulta 
forse  da  un  istintivo  compromesso  fra  ei  ed  t. 

EV.  119.  ptc:  ahgouf  angeruy  se'now  se'neru^  pOvow  le'nowj 
acc.  a  pdcyu  ie'nu  su  pdvya  iena,  ecc.,  nm.  88;  proclitici  ed 
«enclitici:  nww  tow  sow  me  lo  ecc.,  u  mow  dà  e  damow.  Inol- 
tre: u  pah  eùw  vih  MI  pane  e  il  vino',  dove  Ve  (semivocale) 
persiste,  perchè  ò  sempre  dinanzi  alla  mente  di  chi  parla,  ele- 
mento ideale  che  ha  la  sua  importanza  nei  fenomeni  di  sintassi 
fonetica.  Si  dice  bglla  humow  ^à  cioè  kumme-u  $,  'come  il  sole', 
e  COSI  sow  vuryó  ^se  lo  vorrò  ',  ma  se  si  pensa  di  più  alla  con- 
giunzione, seaw  (monosillabo)  vurió.  —  Sono  rifatti  sulla  forma 
rizotonica  azwiuy  quasi  ^acetito',  e  azwà  acetosella,  quasi  'ace- 
tata\  cfr.  azów  nm.  59. 

AO^  EU  {EÒ)j  off.  120.  ay,  in  baisà  per  bavùsdj  ecc., 
am.  55.  Nessi  sintattici:  u  serve  d§vspyd  ^ serve  da  ospedale' 
dòvsàne  'di  usarne*;  davanti  a  n  complicato:  dcAyahpó  cioè 
iia-kì-iyunrpò  fra  poco,  ma,  riflettendo  di  più  sul  valore  dei  vari 
componentif  dakygehpòj  cfr.  nm.  61  e  '  Articolo  indeterminato  '  ; 
damipmenpò  cioè  d^irpò-ùn-pò  ad  ogni  poco;  invece  kumòhlù 
cioè  kumme-un^u  'come  un  lupo',  don  de  dui  di  uno  dei  due, 
001.  61.  Infine  ppóge'Ui  cioè  pe-òg.  per  arpioncini. 

OL  121*  «rey,  toeyhó  aybweybó;  ad  Arenzano  e  altrove,  weynà 
[«1  nostro  wìnoy  anter.  orim  orinale. 


154  Parodi, 

ÓL  122.  oittanta  fogl.  121  (1. 6U.)  ora  dtahta  su  ottu^  nm.  64, 
come  kuiua  su  koUu:  per  Tó-  nm,  99.  Normale  rtfy^d  ♦poe- 
tare ruttare  (sul  quale  è  rò'ytu). 

Altre  combinazioni.  12S.  UE  in  wiy  Pwìstce  Podestà  nmm.  65 
e  89^  ;  con  iato  più  recente  fwèste^  e  cosi  s'wène'Uu  acc.  a  ^V 
ren.  —  Vly  kusltfuh  questione,  già  fogl.  132,  e  ricordiamo  pure 
dyàhvdùh  diaquilonne,  in  chit.  67  giacurun\  per  il  GUI  origi- 
nario degli  are.  angunaggia  sanguneniu  nm.  205.  Mettiam  qui 
anche  hwìziicé  acc.  a  kuyùs'itcé.  —  UO^  in  dòtréy^  già  in  i*oss. 
grlb,  cioè  dwl  o  trèy,  cfr.  dola  dudla  nm.  65.  —  UÓ  in  vòy 
skvO'ya  scolatura.  —  ÌJI^  davanti  a  nasale,  in  sprinà  pioviggi- 
nare, ma  anche  sprUnà  su  spruha  nm.  70,  e  infine  sprvim 
(con  V  affilato)  su  sprvin.  Aggiungiamo  suhte  Vòstaya  cioè  si 
ihte  ecc.  128^  Vocali  uguali  a  contatto  :  guànà  ecc.,  nm.  125  b\ 
myàku  miràkuruj  erbu  erburuy  ma  vidwu  su  vidwUj  come  p<i- 
tafyi  nm.  94  su  palafyu. 

Quantità  delle  vocali. 

Vocali  toniche  brevi.  124.  La  vocale  tonica  è  breve  :  a)  Quando 
la  sillaba  è  chiusa,  ma  vedi  hàìisa  seh  sereno  e  tòstu  nm.  125 a; 
e  davanti  alle  doppie  originarie  latine  o  romanze,  dove  la  sil- 
laba ora  in  realtà  -è,  benché  breve,  aperta,  nm.  131  :  si  eccettua 
però,  fra  le  doppie  latine,  r,  nm.  125  a,  e  per  contro  convieoe 
aggiungere  delle  consonanti  semplici  latine  il  m,  che  equivale 
ad  una  doppia  genovese.  Per  le  vocali  contratte  e  pei  dittonghi 
vedi  il  nm.  sg.  Adunque  :  sakku  gatlUy  ecc.  (ossia  propriamente^ 
sà'ku  gà-tii)j  inoltre  famme  (f(Ume)  fame  remmu  ommti,  ecc.; 
mas  su  maggio  X  435,  fris's'e  friggere  rus's'e  ruggine,  pagga 
famigga^  sacce  sappia  ragga^  lassù  laccio  figossu  figlioccio 
laves's'u  nm.  80,  kavdnu  canestro  pina,  e  anche  il  gn  origi- 
nario, senti  pufiu ;  magga  maglia slrigga^  duggu  doppio  staggti 
stabbio;  inoltre  lo  s  romanzo,  ahgitsa  sàst4^  ma  non  lo  i,  nm. 
125  a.  Delle  vocali  fa  eccezione  V  è\  pesu  peggio,  eco»,  nm. 
125  e.  Il  n  semplice  ha  un  trattamento  speciale,  nmm.  176,  177, 
ma  non  dopo  d\  sonna  (cioè,  al  solito,  so^na)]  e  breve  è  ora 
anche  Td,  riduzione  di  Jì,  da  -òct-,  kOHu  nòtle  óUu;  cosicché 
si  può  arguire  la  norma  fonetica  che  codesta  vocale  si  abbre- 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  155 

viasse  davanti  a  n  (cfr,  m)  e,  più  tardi,  anche  davanti  a  un'e- 
splosiva sorda  (o  almeno  a  l):  cfr.  vóUu  cav.  ^vuoi  tu?'  poUu 
grlb,  vedi  ^Pronomi  enclitici'.  Si  potrebbe  pensare  lo  stesso  per 
Vó  di  voUa  volta,  già  frequente  in  grbl,  e  di  arkioottu,  acc.  ad 
òta,  il  cui  d  si  sarebbe  conservato  per  fonetica  sintattica,  perchè 
iniziale,  e  ad  arkyòtu.  Ma  in  realtà  volta  non  sarà  che 'un 
compromesso  fra  àia  e  l'it.  volla^  e  così  arkyotu. 

b)  Nei  vocaboli  non  indigeni,  di  solito  davanti  a  consonanti 
ciie  in  genovese  non  avrebbero  potuto  conservarsi  se  non  còme 
risultato  di  doppie  originarie  latine  o  romanze,  e  sarebbero  quindi, 
ad  eccezione  di  r,  precedute  da  vocale  breve.  Spesso  però  ap- 
pare anche  la  lunga  per  attrazione  dell'una  o  deir altra  serie 
normale,  o  perchè  la  forma  letteraria  s'è  imposta  del  tutto.  Es.: 
àìohahkuj  ma  Riku  lihe  lichene;  in  stdkka  tasca,  vocabolo  in- 
digeno, la  metatesi  non  poteva  turbare  le  relazioni  originarie 
di  quantità;  Re  Maggia  refuggu;  Pilatlu  f regalia  ihsalalta 
patalta  fratte^  notta^  e  anche  kalamiltaj  già  in  cav.  100,  per 
l'are,  caramia  fogl.,  ermiltUy  certo  per  un  più  antico  ermiUay 
i  quali  hanno  i  loro  modelli  immediati  in  grUta  granchiolino, 
fikitia  ^schizzo'  ' zacchera \  e  anche  negli  importati  amuliila  arro- 
tino, garitta  garetta,  inoltre  in  -ettu^  ecc.,  mentre  sitii  Sposto' 
^appartamento'  iiivitu  pulitu  vanno  con  ditu  ecc.,  e  kume'ta pia- 
tte la  con  bweta  *boite'  kwéla  codetta,  ecc.;  slradda^  per  l'are. 
^Vfl?  nm.  96,  graddu  per  l'are,  grów,  sfidda,  broddu^  e  inoltre 
il  sufT.  -adda  -adda,  piuttosto  fruttifero,  despétdddu  dispettoso, 
"ffacaildUj  samadda  fiammata,  kaladda  ^buscherio'  'vanteria^ 
kameradda  ora  kamyàda  camerata,  cfr.  il  nm.  212:  la  vocal 
^>re7e,  in  mancanza  di  modelli  indigeni  diretti,  seguiva  la  ten- 
denza generale,  rappresentata  da  -altu  -akkUf  ecc.,  e  qui  vadano 
pure  laddruj  per  Tare.  Iceru  nm.  41,  veddru,  ecc.  ;  Pappa  kappu 
pippa,  ma  più  recenti  shopu  is'ópu  Owrópa  ;  sibbu  come  s'ebibbu, 
e  inoltre  libbra.  Per  stagffu  sto  ecc.,  nm.  201.  Infine  skaffu 
OntTuy  ma  stofa  (cfr.  stófetta  grlb)  skifu. 

e)  Per  lo  più  nei  proparossitoni  f  kdregu  pdreku^  ìHs'ene 
rubine,  nm.  178,  ma  per  il  s'  originario  non  possiamo  dir  nulla 
di  sicuro;  fàsile^  belisimu  tòsegu;  pel  i  nm.  sg.;  ndve§u  luve§u 
opaco  nm.  130,  tri/ulu^  Méneguy  ma  per  dhnima  ecc.  nm.  176, 


156  Parodi, 

fe'mina  stomagu^  e  i  letterarii  sucidu  pàgina  subiilu.  Per  il 
Q  nm.  sg.  Si  conservano  le  brevi  nei  proparossitoni  che  diven- 
tarono parossitoni,  solo  quando  la  consonante  non  esiga  nel  pa- 
rossitono  la  lunga,  ossia  quando  non  esistano  forti  serie  che 
possano  attrarli  a  sé:  hdloio  hàlaru^  s'è  noto  s'éneru^  sukow 
su^aruy  tutti  con  la  breve  ora  come  prima;  ma  n&oya  ecc., 
forse  da  niivera,  nm.  125  d,  come  sàvyu.  Infine  avòlyu  sèryu 
e  un  tempo  armàryuj  snianya  lopya^  tutti  letterarii;  cfr. 
nm.  125  a. 

Vocali  toniche  lunghe.  125.  La  vocale  è  lunga:  a)  Quando 
è  in  sillaba  aperta,  non  finale,  nei  casi  non  indicati  dal  nm. 
124  a:  adunque  davanti  al  doppio  r  originario,  karu  carro 
scera  sega,  ecc.,  che  si  confonde  col  r  semplice  di  vocaboli  let- 
terarii, avaìnij  ecc.;  davanti  a  i,  bazu  bacio,  ecc.;  in  'positio  de- 
bilis'i  a{)ru  ma^ru,  e  quindi  anche  il  dotto  sakruj  cfr.  làgrima, 
sotto  e)  ;  davanti  a  $'  originario,  a  i?  e  a  ^,  ma  per  sla$§u  ecc., 
nm.  201  ;  infine  aggiungiamo  qui  vocaboli  letterarii,  come  paln 
vile  vobiy  acc.  a  vellu  velo,  attratto  da  -f'Ww,  menuj  ama- 
rena, ecc.  —  I  semiproparossitoni  d'origine  dotta,  come  ar- 
mdriuj  divennero,  per  la  caduta  di  r,  veri  parossitoni  e  quindi 
allungarono  la  vocale,  armayu  (cioè  arma-yu),  di  contro  a 
gankdyà  biancheria,  per  gankarla^  ecc.  {gankdy-a).  ^  Per 
Tod.  bànsa  da  bdhsa  vedi  qui  b);  per  Idstu  *  presto*  il  nm.  90. 
b)  Quando  provenga  dalla  contrazione  di  due  vocali  o  co- 
munque dalla  loro  riduzione  ad  una  sola;  e  questa  legge  si 
estende  anche  alPatona:  gwàfiu  e  gwànày  bela  e  bèle'lie  nm.  103, 
ahgetu  da  angere'ttti\  -^(eta,  masgeAd^  mdve'gge  marave'gge  sc^- 
simi,  aìnatu  amarellu^  fiQaitu  fìQareUu  nm.  97,  ecc.  Nel  caso 
più  recente,  cioè  dove  il  contatto  avvenne  per  la  caduta  di  r« 
e  talvolta  di  e?,  le  grafie  cameadda  fìgaello  di  grlb  comm.  chit.. 
rappresentano  la  fase  intermedia,  e  in  parte  si  conservarono  per 
tradizione  ortografica.  Qui  dobbiamo  porre  anche  il  dittongo  Al\ 
latino  o  germanico,  la  cui  fusione  in  ò  è  di  data  relativamente 
tarda,  §  1  A  nm.  10,  e  il^cui  riflesso  è  lungo  nella  tonica  eonie 
nell'atona,  poku  Pòketifij  bòzia^  nmm.  36,  99,  109.  —  Ricor- 
diamo anche  i  casi  come  le^tni  legumi,  da  un  anter.  *l^imi  (eh^ 
forse  si  nasconde  sotto  il  lemi  di  ri  115,  8,  cfr.  nm.  89^) « 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dia],  moderno  di  Genova.  157 

da  ♦legìmen,  e  i  moderni  emù  érimu  nm.  57.  Ma  è  ap- 
pena da  far  menzione  dì  sàvi,U%  od.  $àlu^  atono  sàia  nmm.  50^ 
116,  di  'bi'  -iè/-,  per  olt  ùlt,  infine  delle*  vocali  davanti  a  et, 
nra.  39  h\  per  -ó'rt-  da  -oct-  nm.  124  a.  —  Quando  un'encli- 
tica si  unisce  con  una  forma  verbale  ossitona,  questa  dovrebbe 
conservare  la  sua  quantità,  vedi  qui  sotto  d);  cosicché  vàla^ 
superstite  nella  frase  kum^a  vaia?  'come  va?'  e  i  numerosi 
esempi  consimili  del  dialetto  arcaico,  sldla  comm.  41,  cose  glie 
("orrdlo?  ecc.,  inoltre  il  sempre  vivo  kumcélu  nm.  9,  devon  es- 
sere spiegati  da  anteriori  và-ella  kum-é'e'llu  (cioè  và-ela  ecc.)  : 
cfp.  fioo  per  fdivu  nm.  44.  —  Farebbero  eccezione  alla  norma 
generale  soltanto  le  sillabe  chiuse,  bànsa  baransa^  sen  seren  ; 
ma  bmisa  sen  (cioè  bànsa  ecc.)  scrive  ancora  cas.  e  pronun- 
ciano i  vecchi.  —  Per  l'è'  vedi  qui  sotto. 

e)  Quando  faccia  parte  di  un  dittongo  ascendente;  e  anche 
«{uesta  norma  si  estende  all'atona  e  non  sofi*re  ostacolo  se  non 
«lalla  sillaba  chiusa  :  vyàgu  spyàga  sydsu^  da   anter.  sedssu 
staccio,  fyanu  fìrdnu  filare  di  viti,  mydku  mirdkuruy  shufyeta 
cuffietta,  kahlyéia  kantere'Ua  cassettino,   s'yèlu  sirellu  frul- 
lino, feryólu  ferraiuolo,  arkyùtxiy  nm.  124  a,  e  inoltre  syòpu 
o  anche  sdpu  siroppo,  e  sempre  sOku  da  syóku  scirocco,  pu- 
!/Au  micstaéólu  maltagliato  (specie  di  pasta),  vocaboli  importati, 
kw(ilu   kurdllu^    Iwàsu   luvassu  lupaceu   pesce  ragno,  wéla 
ovatta  e  bwéta  'boite',  dal  fr.  are,  nwelu  novello,  svéta  so- 
letta (di  scarpa)  s'vemu  giuriamo,  ecc.   Si  escludono  i  qu  gu 
•TJ^inarii,  qwattru  s§wassu  san^welia,  ma  frengwcelu,  forse 
u^v  V  ce^  e  cfr.  anche  il  nm.  39  a.  In   sillaba  chiusa  mwin 
molino,  ecc.  Pei  dittonghi  discendenti,  nm.  131.  —  Qui  dobbiamo 
f(»rse  comprendere  anche  Ve  proveniente  da  yf,  cioè  dal  lat.  è, 
cfr.  nmm.  5,  6,  pes'u  *pyes\i^  benché  si  possa  anche  ammettere 
che  un  antico  ^pye's's'u  si  allungasse,  secondo  6),   per  via  di 
j'^^eVu.   Dello  sdrucciolo  originario  pegura  pegica^  forse  da 
^pye'guraj  vedi  sotto  d).  Ora  è  breve  legga  leviu,  ma  legiu 
^:rive  ancora  cas.  e  la  lunga  si   sonte  in  dialetti  vicini:  forse 
^i  abbreviò  per  assimilazione  sillabica  nell'unione  assai  frequente 
ìt-ì-eAegu  è  leggiero,  o  in  altra  consimile.   Può  risalire  all'  e 
1.1  lunga  di  S'e'na  anter.  S'enwa  nm.  105.  Invece  e  se  essere. 


158  Parodi, 

èsse  comm.  14,  58,  non  può  essersi  allungato  che  per  fonetica 
sintattica,  nelle  unioni  pe-esse  cioè  pese^  ti  devile  se,  ecc., 
nm.  129. 

d)  Nei  proparossitoni  davanti  a  z  :  àzima  mcezimu  f^zima 
risma,  limézina,  tranne  in  vocaboli  letterarii  come  fizika  de- 
pózUu  ecc.,  dove  si  risale  a  s'  ital.   Nulla  possiamo  dir  di  si- 
curo pel  §y  poiché  non  si  hanno  che  vocaboli  letterarii  come  S(h 
^uma  contro  a  re' Quia  móQane  mogogano;  resta  perciò  dubbio 
se  Ve  di  pégora  grlb  3,  14,  od.  pé§wa^  ci  dia  diritto  di  porre 
un  antico  *piè§ura  ;  meno  dubiterei  di  lévora  lepre  grlb  7,  2, 
nm.  124  e.  Nota  anche  làgrima^  a).  I  proparossitoni  divenendo 
parossitoni  si  adattano  alle  norme  della  nuova  condizione:  do- 
veraci  con  6  breve,  credo,  ora  dZvya  adopera,  e  così  forse  hri§wtf 
hrigura  nm.  35,  iswa  isola  e  perfino  mù's'otc  con  A,  contro  i 
normali  Lds'ow  Lazzaro  s'is'wa  giuggiola.  —  Nelle  unioni  con 
enclitiche,  la  forma  verbale  conserva  la  sua  quantità:  Ifs'ilu 
leggerlo  e  tàgilu  taglialo,  dànelu  darcelo  e  damelu  dammelo. 
Finali  toniche.     126*  Sono  lunghe:  quando  dopo  di  esse  sia 
caduta  una  consonante  o  una  vocale  d'uscita  romanza  :  ma  ìnar 
^rnale'  o  *raare',  kahtd  ecc,  San  Pfj  se  cielo,  pò  ©8,  da  por 
ròry  mtl  mulo,  ecc.;-    Mate  Matteo  BeìHumé  nm.  7^  tò  sH  ili 
tói  sòi^  donde  anche  il  sng.  tS  s3  ;  sce  sete  nm.  18.  Inoltre,  per 
contrazione:  luda  lodata  pe  piede,  so  sarò,  e  cosi  fo  dò;  •» 
perchè  faccian  parte  di  un  dittongo  ascendente:  nui  mei,  deptc- 
Mipoi'  *dietro*,  kurtd  kivi  colori,   ecc.,  futuri   avyó  averój  ♦* 
con  i  analogico,  fayó  diyó,  ecc.,  pw^yó,  nm.  39  a.  Fa  eccezion»' 
Y-we  di  fwe  nm.  43,  che  poteva  essere  attratto  dai  letterari: 
alwe,  e  Nice  O'ustee,  in  un  tempo  che  ancora  non  esisievan>> 
gli  'Wa:  di  pwai  mwcé,  kwcé,  ecc.  Sta  da  sé,  nella  sua  qualiù 
di  esclamazione,  oxce  nra.  62.   Pel  contratto  re   rete  nm.  18; 
esso  trasse  con  so  gre  orate.  —  127.  Poche  e  comuni  sono  If 
brevi,  dopo  quello  ricordate  pur  ora:  Id  desà  di  qua,  t4    <//'. 
u  /y,  u  rrf,  ecc.,  da  fa  sta  imperai,  de  deve  ve  nm.  18,  ecc.  ; 
//  kt  qui,  siy  so  ój  to  so,  hazaykò  basilico,  falò,  ora  più  pop»»- 
lare  p/w,  fo  faggio,   ecc.   All'accento  enfatico  devesi  la  diflfe- 
renza  fra  sì?  sai,  imperativo,  e  ti  siv,  indicativo;  cfr.  te  to\  lui 
ant.  tè  tencs. 


Studj  liguri,  §  3.  11  dial.  moderno  di  Genova.  159 

Àtone.     128.  Sono  lunghe,  contro  la  tendenza  generale,  an- 
zitutto negli  stessi  casi  in  cui  si  allunga  la  tonica  secondo  il 
nro.  125  beo:  gwdnd  bdgd  *badagà  sbadigliare,  land  tarand 
*tela-araneata  ragnatela  pceldj  da  pceta  paletta;  òhih  Po- 
ketih  bóziUt  nm.  125  b  ;  sdtd  fàdette  gasemiriy  bddisùh  pòtrùh 
adusi  nm.  116;  ski^tiia  (cfr.  ihspritd  insprttu  nm.  03)  friltd 
fruttare,  fiidya  nm.  114,  contro  grìzeVa;  inoltre  quando  sia 
caduta  la  prima  di  due  consonanti,  dtsélle  ^dizsetle  nm.  89 
indhurdi  nm.  160^  ;  poi,  secondo  il  nm.  125  e,  vyàgd  amyàdif 
specola,  vyuUh  vyùve'Ua  mammola,  pwìs^tU  pisellini  (specie  di 
pasta),  mwind  molinariu,  fiòke'Uu  srbwàtua  hvàld  culata,  e 
forse  ya  qui,  piuttosto  che  sotto,  anche  pensùndj  come  da  ^pen- 
syùnd.  E  lungo  anche  To,  se  gli  corrisponda  un  ò  tonico  lungo, 
ali§d  vt^à  nm.  100.  Le  altre  lunghe  atone  interne,  che  ancora 
rimangono,  crediamo  si  dovano  spiegare  come  abbiamo  fatto  in 
parte  per  V  ò  atono,  cioè  come  riflessi   di   lunghe  accentate. 
Esempi  numerosi  ci  offre  soltanto  V  è  :  mègwàmehtu  are.  me- 
gioì  grlb  7,  58,  spégdse  spègettu  specchietto,  spégietti  'occhiali' 
comm.  214,  ora  spèg.  {speggetii  grlb  5,  73),  végion  vecchione 
grlb  10,  13  végetto  7,  61,  ora  f^ég.^  tranne  in  ihvégiuj  nègd 
*chi  fa  le  nège*  cioè  le  ostie,  tégnendo  grlb  15,  2,  ora  solo 
f^.j  inoltre  pètwiha  per  peit.j   cfr.  7négd  per  mey§dy  e  met- 
tiamo qui  anche  pè§weta  nm.  125  d,  a  pè§wina  ^alla  peco- 
rina' cioè  ^malamente'.  S'intende  che  l'azione  della  tonica  sul- 
Tatona  può  in  un  certo  numero  di  esemplari  risalire  al  tempo 
in  cui  il  dittongo  era  intatto.  Altri  è:  gèzeUta  géxceura  grlb 
-,  7,  desprézdj   dove  abbiamo  z  seguente,   cfr.  gdzia  nm.  99, 
*'*\jherd  grlb  2,  76,  su  ce'ga  nm.  14  (ma  ceigd  9,  52  e  ceiga 
4,  81,  forme  tuttora  in  uso,  aco.  a  ce^a  cèyd)^  inoltre  senns'n 
gestroso,  su  se^na^  e  Manènin  su  Mane'na.  Altre  vocali:   ma- 
{}^'Ua   {maQu)  UlQrimin   Iciprih  {Idptni  labbro),   e  in  vocaboli 
letterarii,  lapètin  (tape tu)  invasato  invasato  cas.;  are.  cdron 
<'alarono   grlb  1,   77,  cavando  9,  96;   assai   più  notevole,   se 
esatto,  scdncB  2,  12,  di  fronte  a  scanna  passim  (e  anche,  a  dir 
vero,  a  scannd  ecc.),  il  quale  sai;ebbe  l'unico  esempio,  perfet- 
tamente conservato,  del  tipo  che  già  indicavamo  in  còpella  in- 
bWt^  cioè  vocale  breve  davanti  a  doppia  consonante  nella  to- 


160  Parodi , 

nica,  lunga  neiratona.  Dal  fr.  desmdlà.  Con  ì,  si  sente  inlquUos. 
129.  Lunghe  iniziali  :  anzitutto  o,  nm.  99,  e  poi  due  o  tre  casi 
,di  a,  dsà  acciaio,  Vàs.^  dnele'tlu  ma  àne'llu^  ds'enih  ds'ene'Uu, 
Quesf  ultimo  può  aver  la  sua  lunga  dal  rizotonico  as'e;  gli  altri 
hi  spiegano,  come  s^è  fatto  per  o-,  con  un  fenomeno  generale  di 
fonetica  sintattica,  che  qui  dey*essere  più  compiutamente  descritto. 
La  vocale  iniziale  d'un  vocabolo  si  unisce  con  la  vocal  finale  d*un 
vocabolo  precedente,  ubbidendo  suppergiù  alle  medesime  norme 
che  le  vocali  interne;  cosicché  talvolta  le  due  vocali  si  con- 
traggono in  una  sola,  talvolta  formano  un  dittongo  discendente, 
tal  altra  un  dittongo  ascendente  ;  e  tanto  il  risultato  della  con* 
trazione  quanto  il  dittongo  ascendente  non  posson  esser  che  lun- 
ghi, nm.  125  b  e  e.  Dittonghi  discendenti:  quahle-ymitfu  quanta 
anfanare  (anche  quaht'in.)y  u  só^nayu  ecc.;  che  bglla'vQetla 
(meno  comune  lapostrofo),  ecc.  Dittonghi  ascendenti  e  contra- 
zioni: àìiiù  {rà/mly  ecc.),  ma  pe-dmity  t«  sO'dmu  il  suo  amor«% 
u  (jdmu  cioè  uffa  am.  gli  ha  am.,  u  §e  porldmà  cioè  u  Qe 
porta-am.]   le   voggw'dslald   (comune   è   pure   l'apostrofo,   /<r 
còggàsL)  *ti  voglio  domare'  le  fassio-dstalu  mi  (non  si  fa  mai 
l'elisione),   u  Vdsialów  cioè  u  Và-a^lry  d  ig-étos  alla  tua  età  à 
mccta;  cioè  d  mce-eLy  de  hunceice  cioè  de  buha  et.  (anche  de 
bun-èioè))  sic-lslòye  sono  storie  {su  sunt  nm.  178),  Iiame  t/niy- 
ò!^eUe^  contro  osetlej  nm.  99;  ricordo  infine  myèli  cioè  mi  e 
tij  iyèle   cioè  li  e  le   tu  e  lui,  sihqw'é'Sinqwe,  ecc.  Fa  ecce- 
zione  l'articolo,  yàsasih  y-omeUi  i  birilli,  ecc.,  e  trascuro  altre 
particolari  ti*!  minutissime. 


Accento.  130.  I  fatti  più  importanti  furono  raccolti  al  nm.  39; 
qui  si  [potrebbe  aggiungere  che  sulle  atone  lunghe,  nmnu  128  e 
129,  si  innalza  leggermente  il  tono  della  voce,  ossia  si  pronun- 
ciano con  un  piccolo  accento  musicale.  Non  restano  che  par- 
ticolarità note:  luvega  opficu  li  2  sgg.  fa  tuttora  diflScoltà,  cfr. 
D'Ovidio  Ztschr.  vili  100;  pel  nostro  e  per  qualche  altro  dialetto 
si  può  pensare,  se  son  lecite  spiegazioni  parziali,  a  un  incrc- 
ciamento  con  lupus,  cfr.  lo  spagn.  lubrican:  adunque  */-urd<>èi 
poi  ìt'n'p(ju  su  bicuj  e  infine  Inretjif^  ch'è  ora  la  forma  più 


Studj  liguri,  §  3.  Il  dial.  moderno  di  Genova.  IGI 

mune,  forse  per  attrazione  di  niìveru  -vyu  nuvoloso.  Il  vocabolo 
aguga  'biancone*  'falco  aquilino',  che  ha,  secondo  cas.,  Taccento 
^oira,  dovrebbe  risultare  da  una  contaminazione  di  ^agùgga 
♦acuii a  Rivista  di  fllol.  class.  N.  S.  II  129,  ant  it.  aguglia^ 
con  il  dotto  àquila.  A  qualche  spiegazione  consimile  converrà 
rivolgersi  per  tre' magi  tramaglio,  solo  plur.  Poca  importanza 
ha  la  parossitonia  di  dyme  óyme^  di  fronte  ad  ayrne-mi  àyrne- 
ìhL  Frequenti  sono  i  verbi  che  hanno  esteso  la  parossitonia 
anche  al  singolare  del  presente  e  alla  3.^  plur.,  cacdra  chiac- 
chera,  pcsi§u  pizzico  me  bami§u  fo  l'altalena,  §  2  G  s.  bazigar^ 
amùu  affilo  aìHgùu  rotolo  nm«  102  si^iiu  zufolo  strahQùu  stran- 
golo tribtilhi  'tormento'  e  'mi  tormento,  mi  cruccio',  lettor., 
mastrii^u  gasu^u  biascico  nm.  90,  setne'mij  mazinii,  bus'àinc 
buggero;  Pod.  makwegu  mi  corico  potrebbe  anche  provenire 
da  ahùre§u^  ma  accoréga  è  in  grlb  5,  60,  in  rima.  Però  spd- 
zimUf  u  kàmwa  tarla  u  murmioa^  ecc.,  dove  per  Io  più  la  mi- 
glior conservazione  è  dovuta  ai  sostantivi  che  hanno  accanto. 

f  Continua.] 


mercanzia. 

Il  Parodi,  XV  67-8,  annotando  il  gen.  mercantiate  e  constatato  che  ancho 
negli  antichi  testi  italiani  è  sempre  scritto  col  f,  soggiunge  esser  molto 
probabile  che  mercanzia  deva  il  suo  s  ad  un  orror  di  lettura,  diffuso  e 
perpetuato  mediante  le  stampe.  Si  tratta  certo  di  questo.  Nelle  scuole  di 
latino  in  Italia  e  fuori  si  leggeva  indubbiamente,  come  si  legge  ora,  p.  es.» 
lo^Ua  invece  di  lotius,  per  falsa  ostensione  della  norma  mercè  la  quale  si 
profferiva  come  nnsio  grazia  quello  eh* era  scritto  natio  gratia.  Quindi  i 
«lotti,  dottissimi  democrazia  e  analoghi,  ai  quali  s*accompagnaron,  passando 
prima  per  la  bocca  dei  letterati,  dello  voci  popolari  come  abbaz'ta^  curaz'ta 
«  mercanzia.  Una  ricerca  sistematica  condurrebbe  certo  a  scovrire  più 
altri  «sempi  analoghi.  Qui  ricordo  come,  nella  seconda  pagina  della  pre- 
fazione che  roditore  napolitano  Niccolò  Parrino  premette  alla  traduzione 
cAlAbrese  della  ^Gerusalemme  Liberata*,  che  si  deve  a  Carlo  Cusentino 
(Cosenza,  ma  Napoli,  1737),  sì  legga  naz\a  per  'natia*,  e  certo  non  sarà 
iin   errore  di  stampa. 

ArehÌTio  rlottoL  iul.,  XVI.  11 


162  Salvioni,  Etimologie. 

80 p ras.  sepleka  accovacciarsi,  rimpiattarsi. 

Non  si  sopara  questa  voce  dal  ^piaco^  quieto,  accovacciatOi  di  BonTesia 
(v.  Seifert,  Gloss.,  s.  v.),  che  col  significato  di  'nascosto'  trovo  anche  in 
una  ancor  inedita  versione  lombardeggiante  della  leggenda  di  Barlaam  e 
Giosafatte.  Esempi  moderni  della  voce,  vedonsi  ricordati  dal  Seifert,  1.  Cm 
e  dal  Mussafia,  Romania  II  122.  Vadan  con  loro  Tairol.  piahi  tacere,  smet- 
terla, quietare,  e  il  vaiteli.  d'tn*ctacA  colatamente,  di  nascosto.  Monti  305. 

Per  Tetimologia,  il  Lidforss  pensava  a  placati-s,  THuonder,  Vok.  §  3, 
ricorro  dubitativamente  a  ^platticare.  Sarebbe  etimo  conveniente,  ma  pìn 
conveniente  ancora  parmi  il  placare  di  cui  sopra,  cui  il  Mussafia  assolu- 
tamente escluderebbe.  Il  Maestro  di  Vienna  pensava  certo  che  al  ^-  Ut 
mal  poteva  corrispondere  un  lomb.  h  (rskk).  Ma  tutto  si  combina,  a  veder 
mio,  movendo  da  ^placicare, 

ven.  baroàle.  abbaino. 

L'accoglie  il  Boerio  come  voce  di  Dolo  e  di  Padova,  e  le  corrisponda» 
infatti  baordl  nel  lessico  del  Patriarchi.  Il  rapporto  tra  le  due  forme  ȓ 
avrà  movendo  da  ^bavordl  e  ricorrendo  alla  metatesi  reciproca  tra  il 
o  e  il  r. 

Questo  *bavoral  poi  non  si  stacca  dalla  radico  eh*  e  nclPit.  alhbatnom 
^ab-bajAno,  dal  monf.  bajelt  abbaino  (v.  Ferrare,  Gloss.  monf,  s.  Misando'>, 
venuto  anche  al  significato  di  'trappola  per  uccelli",  e  dalFa.  frnc.  abaiettf 
vedetta,  sentinella,  termini  che  dipendono  dalla  base  onde  anche  s*ha  bay 
(Ktg.*  1150),  —  Si  tratterà  di  Hc^oràl*  col  j  fognato  nella  vicinanza  di 
vocal  labiale  o  sostituito  poi  da  v  come  in  più  esempi  ricordati  in  Knt. 
Jahresber:  IV,  i,  1G8,  e  nel  tront  gover  raccogliere,  nel  ni.  boi.  Moni  Mavour 
o  Afaizour  (cfr.  il  lomb.  majQ  maggiore),  nel  com.  tnugro^  salmone,  ch<' 
risalirà  a  xiioit  per  la  via  di  ^niuvolo  *mttjolo,  e  nel  nap.  pevo  peggio, 
cioè  ^p(jo.  —  Quanto  alla  dorivaziono,  vi  vedremo  o  un  ^bajaftjório^  o 
un  ^bdjolo,  con  l  in  r,  por  dissimilazione,  quando  alla  parola  venne  ad  ag- 
giungersi 'àie, 

crcmon.  gròyol  crocchio. 

Ha  la  stessa  origine  della  voce  italiana,  con  questa  sola  differenza  cho  -E*'»- 
TULI'  s*è  qui  continuato  senza  espungere  Tu,  quindi , -rò^ofo  =  *-n)olo  = 
*'rofdjoio  (cfr.  rigol  ali.  a  r'tdol  rotolo,  e  rigolda  rotolare).  Per  il  gt^  cfr. 
grega  creta  (Meyer-Lùbke,  rom.  gr.  l  354),  grapóon  ali.  a  crapoon  testardo 
(cfr.  lomb.  crtipa  testa,  brese.  grdjta)^  bresc.  ijròsta  crosta,  ecc.,  ecc. 


•  Potremmo  pensare  anche  a  baldjo-  (Ktg.,  l.  e),  ma  la  convenienza  coli* 
rmo  italiana  e  piemontese  ci  decido  per  baj'. 


LA  SIBILANTE  TRA  VOCALI  NELL'ITALIANO. 

DI 

SILTIO  PIERI  \ 


Sommario. 


1 1  Esordio.  —  9  II.  La  tibiUnte  poBtoniea.  —  fi  III.  La  libilAiito  protonioA.  fi  IT.  Eaiti 
pAlAtini  oorrelAtiTi  aÌ  libilAnti,  offerti  dAlle  bAsi  oon  ^M^. 


I.  È  cosa,  si  può  dire,  bea  nota  a  tutti,  che  s  mediano  tra 
vocali  è  profferito  costantemente  sonoro  nell'Alta  Italia  e  s*ode 
costantemente  sordo  neiritalia  meridionale  e  insulare,  come  pur 
nelle  Marche  e  nel  Romanesco;  e  che  la  sola  Toscana  offre,  con 
notevole  oscillazione,  or  la  sonora  e  or  la  sorda.  La  dottrina 
del  Meyer-Lùbke,  anche  per  s  tra  vocali,  è  che  esso  persista  in- 
tatto se  succede  alla  vocal  tonica,  e  discenda  a  s'  se  precede 
(cfr.  Il  gramm.  §  198  e  208)  ^  Ora,  un  esame  abbastanza  esteso 
dei  fatti  credo  che  ci  debba  condurre  a  una  conclusione  non  di- 
versa da  quella,  a  cui  testé  giungevamo  per  le  esplosive  sorde 
[v.  XV  360  ss.J.  In  favore  della  quale  starà  il  fatto  dandole  gene- 
rale, -  e  lo  rileviamo  perciò  innanzi  tutto,  -  che  la  sibilante,  o 
sorda  o  sonora  che  sia,  si  mantiene  costantemente  uguale  in  tutte 
le  voci  che  procedono  da  una  stessa  base,  sebbene  risulti  diversa 


*  [Questo  breve  scritto,  cho  s*onora  d*aver  dato  occasione  al  Saggio  se- 
zuente  deU'Ascou,  fa  inviato  da  me  airArchivio  quasi  due  anni  addietro. 
Consento  ben  volentieri  a  non  farvi  certe  mutazioni  ed  aggiunte»  che  mi 
parrebbero  ora  a  proposito;  e  ciò  per  non  disturbare  in  nulla  Topera  del 
Maestro,  quantunque  egli  proceda  per  tut^altra  via  e  giunga  a  tutt* altra 
con  e  Iasione.  Mi  riservo  però  di  tornare  suirargomento.] 

'  Con  lui  sta  il  Linosa y,  The  lat.  lang.  ii  117,  il  quale  del  rosto,  ne*  suoi 
richiami  del  neolatino  al  latino,  s*affida  per  in  toro,  se  io  vedo  bene,  airsu- 
toritÀ  del  M.-Lb.  —  Alla  nitida,  se  anche  oppugnabile,  distinzione,  era  ac- 
«pennato  già  in  Rom,  gramm,  l  26S^  ove  leggiamo  che 'spo^a  è  formato  su 
spos'aare,  in  cut  s'  è  legittimo*;  mentre  prima,  in  Grundr. Iò32,  il  M.-Lb. 
•ii  chiara  va  non  apparir  la  ragiono  del  doppio  esito  della  sibilante. 


164  Pieri, 

la  sua  posizione  rispetto  airaccento  {roso  e  rosicchiare^  c<i$a  e 
casale  -ereccio]  paes'e  e  paes'etlo  -ano]  ecc.)  ^  Di  che  ritoccherò 
appresso.  Un  altro  fatto  importante,  e  che  una  volta  constatato  ci 
libererà  di  molte  eccezioni,  è  che  occorrono  sempre  con  la  so- 
nora le  voci  dotte  o  mal  assimilate,  siano  esse  greche  o  latine 
0  di  qualsivoglia  altra  origine,  e  siano  passate  alla  nostra  lingua 
in  tempo  più  o  meno  antico  o  recente  (bas'Cj  fas'e^  stas%  Par- 
nas'oy  occas'Oj  t§s'ij  cris'i^  fiordalis'o,  bl§s0j  óbes'o^  dQs'e^  es^os'o^ 
musica^  fls'ico  -a,  As'ia,  ambrgs'iay  sintes%  crgmisX  apastos'ia^ 
etis'la^  anestes'iay  bis'gsto  -ile,  btas'pney  elis'ircj  mvr  e  mos'aico^ 
ris'ipola,  mis'erOj  ades'ipney  pres'unzipne  e  's'untupsOy  des'olalo 
e  des'olazipne^  con  mille  e  mille  altre)  '•  Lascio  per  ora  d' inda- 
gar la  ragione  di  questo  fatto  ',  il  quale  può  patterò  anche  più 
strano,  ove  s*  ammetta,  come  par  certo,  che  H^  nel  latino  fosse 
senza  eccezione  sordo  ^;  e  vengo  sùbito  al  mio  assunto. 

II.  Rispetto  alla  condizione  postonica,  ove  la  sorda  anche 
dair illustre  alemanno  è  riconosciuta  normale,  merita  il   primo 


*  Unica  eccezione  che  io  cononco,  anche  da  altri  avvertita,  è  barghe/ia  di 
fronte  a  borghese.  TutValtro  è  derii/o  alL  a  riso^  ecc. 

*  In  composizione,  ove  sia  in  qualche  modo  'sentita*  la  sorda  iniziale  det 
secondo  termine,  essa  persisto  anche  in  voci  dotte;  cosi  des^  e  presumerti 
deS'  e  resistere,  presidente  -enza  e  preside  •idio^  bis^^  e  trisillabo^  as*  e  poh- 
sindeio^  antisrttieo,  ecc. 

*  Si  dovrà,  credo,  pensare  a  influenza  gallica.  Il  M,  proprio  di  tutte  1** 
voci  che  dalle  due  lingue  della  Francia  medievale  passavano  alla  Toscana, 
o  direttamente  o  pel  tramite  dell* Alta  Italia,  sarebbe  stato  poi  esteso  eom^ 
un  lor  proprio  appannaggio  a  tutte  lo  voci  non  volgari.  Questo  s\  chA  io 
presumo  estraneo  airoriginario  o  'preUttorario*  toscano,  non  aveva  dei  n»- 
sto  nulla  d*  ostico  o  di  ripugnante  ad  esso,  cosi  da  non  poter  facilmente 
essere  accolto  e  adottato;  anzi,  come  era  il  naturale  correlativo  delle  esplo- 
sive sonore,  cosi  esisteva  già  senza  dubbio  dovunque  occorresse  la  formola 
'f>-fespl«  sonora*. 

*  Naturalmente,  si  proflTeri  sonoro  s*  e  ^m^  perz-  e  -zz-  greco,  come  hanno 
i  primi  scrittori  dell'età  repubblicana,  cioè  p.  e.  s'dna  (CftM^ij),  tarpes' s'ita 
(t^ns^trff),  ecc.  Soppresso,  in  quanto  era  ormai  un  segno  inutile  per  !« 
voci  latine  dopo  compiuto  il  rotacismo,  lo  s  dalla  scrittura,  dove  esso  rap- 
prenentava  -t'-  (cfr.  Linosa y,  op.  cit.  iv  148),  la  distinzione  diveniva  impos- 
sibile, come  ^  a  noi  che  per  questa  parte  confondiamo  j;;>tfM cenuro (tia*o)«  » 
masso  con  rozso  (ro:io)^  ecc. 


La  sibilante  tra  vocali  neiritaliano.  163 

luogo  la  setMe  de'  perfetti  e  participj,  con  la  sibilante  od  originaria 
o  sorgente  per  conformazione  analogica  (v.  M.-Lb.,  Rom.gr.  II 
333-7;  It.gr.  §  472).  Abbiamo  dunque:  chitcse  clusit,  chiuso  hi 
(rinchiuse  -o,  racch-  e  socchiuse  -o),  ìnse  -it,  riso  (arr-  e  sor- 
rise -o);  pgse  {esppse,  comp-e  imppsej  ecc.),  chiese;  rimase  (are. 
e  dial.  '•oso  -a);  prese  -it,  pì^eso  -a,  sul  quale  si  modellò  rese  -o 
{appf*ese  «o,  ecc.;  arrese  -o),  e  i  loro  simili:  accese  -o,  off"-  e 
ilifese  -o,  app-  e  sospese  -o,  discese  -o,  te^e  -o  (  distese  -o,  c^m/- 
e  intese -0)^  con  altri  all'upo  o  all'altro  corradicali;  rispQse^ 
nascpse;  rpse  -o  {corrose  -o)^.  Gli  esemplari  con  la  sonora  si 
riconoscon  facilmente  per  dotti  o  semidotti  nell'uso  odierno:  ras'e 
-o  (volgarm.  ro^c/iìf)  -a/o),  mis'e  {voìg.  messe),  uccis'e  -o  {am- 
jrnazzò  '<jUo)y  con  cui  vanno  decis'e  -o,  incis'e  -o,  ecc.;  e  tanto 
più  diviste  -o,  conquiste  -o,  intrise  -o,  /f s'«  •<),  -Ju^V,  persuas'e 
-o,  ìn/ru$'^  -0,  eo-  e  mra^  e  -o,  citati  in  gran  parte  e  sospettati 
come  tali  anche  dal  M.-Lubke  ^.  La  sorda  si  ha  poi  senza  ecce- 
zione nella  ricchissima  serie  degli  aggettivi  in  'pso  -a,  o  risalgano 
assi  al  latino  classico,  o  siano  di  formazione  posteriore  e  analogica, 
o  siano  anche  mal  assimilati  ;  onde  animoso^  generoso^  rabbioso^ 
atnoroso^  dispettoso^  pretenzioso^  curioso^  ufficioso^  ecc.  Quanto 
agli  agg.  in  -ese^  occorre  la  sorda  di  regola  in  quelli  indicanti 
il  luogo  d'origine:  pistojese^  senese^  calabrese^  piemontese^  in- 
glese (volg.  inghil')^  bavarese^  ecc.  ;  nonché  in  alberese  ^  arnese^ 
tforghese^  cinabrese  color  rosso  chiaro,  forese^  lavanese  specie  di 
grano,  maggese *.  Stonano  francese^  cortes'cy  marches'e^  che  la 
sonora  facilmente  ripeteranno  da  influsso  gallico;  e  palese^  in 
cui  avremo  pronunzia  dotta,  essendo  voce  da  tempo  fuor  dello 


'  CoD  essi  staranno  di  certo:  spaso  (expansus),  e  Tanalogico  creso^  ora 
diaoaati. 

'  Cosi  anche  i  composti  da*  verbi  che  hanno  la  sorda  normale,  ove  non 
•ìaso  di  tradizione  e  d' uso  schietto  volgare,  li  udiamo  sempre  con  la  so- 
Dora:  irri/e  e  deri/e  -o,  pertna/e^  erf^/o,  per  non  dire  d^esclìn'e  «o,  ecc. 

*  Ksaendo  Valberese  una  pietra  tendente  al  *  bianco*  con  macchie  dendri- 
tiche*, torna  male  a  decider  se  esso  rispecchi  ^albulense,  o  non  piutto- 
«lo  ^arborense,  il  qnale  sembra  però  preferìbile. 

*  Nulla  possiamo  dire  degli  arcaici  banderese^  lau<U  e  laldese^  marese;  e 
nulla  e* importa  del  marinaresco  calcese. 


lekì  Pieri,     . 

schietto  uso  volgare.  Rimane  qui  grave  e  assai  difficilmente  su- 
perabile eccezione  :  paes  e  ^  Ancora  con  la  sorda  :  ravo  sorta  di 
drappo  liscio  di  seta  ',  riso  e  peso  (cfr.  qui  sopra)  ;  mese  ;  casa^ 
naso  (e  anniisare)y  Pisa^  fuso  (sost.),  cosa,  posa  (onde  pò-  e  ri- 
posare).  Chiusi,  àsino,  Pesaro  \ 

Ma  i  termini  eslegi  soprabbondano.  Cominciando  da  quelli,  che 
pajono  in  qualche  modo  spiegabili,  ricordo  primi:  fantasima, 
spas'imo  (onde  scasimo  lezio,  svenevolezza;  al  plur.)i  cres'ima, 
Cos'imo  \  battessimo,  cristianes'imo^  ecc.  (onde  poi  incantes'imo, 
ru/panes'imo,  ecc.),  dove  di  certo  abbiamo  s'  dalla  fase  ante- 
riore airepentesi  {battesmo,  ecc.)  \  Da  essi  potè  ripetere  fa- 
cilmente la  sonora  :  quaresima,  nonché  gli  agg.  ordinali  ven- 
t§s*imo,  trenigs'imo,  ecc.  (i  quali,  perchè  non  bene  assimilati,  a 
ogni  modo  non  ci  darebbero  alcun  disturbo).  Un'analoga  di- 
chiarazione varrà  per  medesimo,  che  deve  essere  un  Mesin- 
copato'  e  ripetere  il  suo  s'  da  medesimo  ^;  e  varrà  del  pari 


'  E  lucchesey  secondo  si  profferisce  a  Firenze,  è  -e/0  (cosi  snche  il  Gradi) 
s  Lucca,  a  Pisa  ed  altrove. 

*  E  esso,  in  fonzione  di  sostantivo,  il  part.  di  radere  (v.  addietro  nel  testo): 
e  si  contrappone  a  velluto,  altra  sorta  di  drappo.  Con  questo  r<uo,  il  cui  va- 
lore etimologico  non  è  più  'sentito*,  risaliamo,  se  non  erro,  all>tà  quando 
il  part  in  questiono,  perchè  ancor  d*  uso  schietto  volgare,  si  pronunziava 
con  la  sorda. 

'  Tanto  più  notevole  è  s  (sordo),  in  questo  ni.  gallo-i  tattico.  Aggiungo, 
qual  che  sia  l*etimo  :  Pesa  (ma  anche  con  /,  a  quanto  pare),  il  fiume  onde 
ha  nome  la  *  Vatdipesa*.  —  Certo  per  una  mera  svista  il  M.«Lb.  (It.  gr.  §  198) 
adduceva  un  supposto  it  mesa  (mensa),  che  esiste  bensì  nel  dialetto  apuano 
(v.  Suppl.  Arch.  V  155)  e  nel  sardo. 

^  In  italiano  occorre  sempre  /  non  solo  dinanzi  a  sonora,  per  assimila- 
zione (p.  e.  i'gunrdo^  dis'giunto^  /drucciolare^  bWbeiico^  s't%tare\  ma  por  din. 
alle  nasali  n  e  m  fp  e,  tna/nada^ /mettere)  e  din.  alle  liquide  I  e  r  {p.  «>. 
/legare,  /radicare),  checche  ne  dicesse  Temistocle  Gradi  (*  Regole  per  la 
pron.  della  lingua  italiana*,  Paravia  1874). 

*  È  Tonico  modo  per  aver  ragione  detta  sibilante  scempia  inveee  della 
doppia.  Da  metipsimus  avremmo  ^mitessimo.  Del  resto,  neppure  io  er^do 
più  che  tanto  alla  originaria  toscanità  di  questo  pronome  (cfr.  Gr5rsx, 
Viilg.  Substrato  s.  v.),  che  potrebbe  esser  senz*altro  un  provenzalismo.  [Era 
a  ogni  modo  un  esemplare  da  addurre  anche  in  .\rch.  XV  378-9].  La  aoempia 
doil*arc  ftfffdto  (che  pare  anli^ist^ipsum)  avrà  ona  ragione  sua  propria 
vv.  appresso  nel  testo). 


La  sibilante  tra  vocali  noiritallano.  167 

per  hias^imo  da  ìncts'mo^  come  per  les'ina  (germ.  a  1  e  s  n  a);  e  per 
Toscuro  fls'ima  (lucch.  fis'ma)  ^  Ora,  poiché  da  tutti  questi  esempj 
risultava,  per  cosi  dire,  normale  alla  coscienza  dei  parlanti  il  V 
dopo  la  tonica  dello  sdrucciolo  (solo  esempio  in  contrario:  asino)j 
avemmo  per  avventura  anche:  os'óla^  is'olay  Fies'olej  limos'ina, 
musica^  tis'ico.  Comunque  sia,  per  più  d*una  di  queste  voci  sa- 
rebbe impugnabile,  a  ogni  modo,  anche  la  schietta  volgarità.  Un 
curioso  esemplare  è  cef^  o  cirus'ico  (ali.  a  cirugicó),  voce  ora 
letteraria,  ma  ove  di  certo  risonò  sempre  il  s\  che  continuava 
la  palatina  di  pari  grado.  Ed  è  un  esemplare  ^sui  generis'  mtis'o^ 
dove,  -  se  la  solita  etimologia  del  Diez  fosse  giusta  (da  morsu),  -  il 
V  farebbe  anche  più  specie,  perchè  la  sibilante  dopo  una  liquida  si 
mantenne  sempre  sorda  {morsOf  verso}  polso^  gelso;  ecc.);  e  con 
esso  andrebbero  i  poetici  sìis'o  e  gimo  (e  forse  l'are,  testeso^  che 
par  modellato  su  questi;  v.  Diez  s.  v.);  in  cui  per  un  giusto  criterio 
analogico  dovremmo  presumer  che  la  sibilante  si  pronunziasse 
sorda  pur  quand'erano  dell'uso  comune.  Nulla  per  contrario  ci 
dice  ritì*pso  (retrorsum),  assimilato  come  fu  agli  agg.  in  -pso. 
Abbiamo  inoltre,  in  aperto  contrasto  alla  norma:   cas'o,  vas'Oj 
quas'i *,  Tomma^Oy  chies'a^  vis'o^  sposo  -a,  ros'a^  uos'a  (v.  I)iez 
s.  V.  ),  us'o^  confus'o  -a  '.  Di  >quest],  son  quas'i  e  rgs'a  notoria- 
mente ribelli  anche  per  altre  ragioni  (ci  attenderemmo  qìMLse  e 
ruosa\  e  il  nome  del  fiore,  che  nella  continuazione  dell' 5"  ap- 
pare eslege  in  quasi  tutti  i  dialetti  romanzi  e  si  considera  come 
voce  dotta,  è  -  stante  il  suo  s,  non  rotacizzato  -  addirittura  un 
problema  di  fonologia  latina  (cfr.  Lindsay,  op.  cit.  iv  148).  Meno 
specie  ci  farà  il  s'  di  Tommaso^  perchè  nelle  voci  greche  il  di- 
gradamento par  che  fosse  normale,  e  meno  ancora   quello  di 
chies'a^  considerando  che  la  sorda  di  "sj*,  a  cui  risaliamo  con 


•  Aggiango  l'are. ai^itna  (che  tate  si  dovè  profferire),  da  asina, 

■  È  strano  che  quasi,  co*  suoi  continuatori  neolatini,  manchi  al  Voc.  del 
KOrting  e  alte  Postille  del  Salvionì.  Ma  y.  D'Ov.lX  96-7. 

*  Al  M.*Lb.  (It  gr.  §  196)  venne  fatto  d'addurre  ea^o  e  rtVo  (e  anche  uc^ 
ci^o)  eome  esemplari  con  la  sorda.  Relego  qui:  Agnfs'a  e  Ter§^a  (per  Ve 
«lei  primo,  efr.  Bianchi  IX  391  n),  che  a  Lucca  si  pronunziano  Agnese  e 
Teresa, 


168  Fieri, 

questa  voce  (ec]clèsia),  appare  scaduta  a  sonora  anche  in  altri 
casi  (cfr.  §  IV);  e  il  s'  di  iu)$'aj  che  è  voce  oggi  non  comune. 

Vengano  ora  alcuni  verbi,  in  cui  la  sibilante  sta  dopo  la  vo- 
cale accentata  nelle  forme  rizotoniche,  e  innanzi  ad  essa  vocale 
nelle  rizàtone.  Con  la  sorda  non  abbiamo  che  annusare  e  po- 
sare e  riposare  già  rammentati,  e  pesare;  i  quali  potrebbero  an- 
che, rispetto  alla  sibilante,  essere  stati  rimorchiati  da  naso  e  posa, 
e  da  peso.  Per  gli  altri  di  certo  riesce  assai  comodo  il  supporre 
(ma  l'espediente  rischierebbe  di  non  finir  d'appagai^e)  che  la  so* 
nora,  presunta  normale  nelle  rizàtone,  si  estendesse  poi  da  queste 
alle  rizotoniche.  Di  parecchi,  a  ogni  modo,  ci  liberiamo  assai  age* 
volmente.  Infatti  os'are  è  da  tempo  fuor  del  pretto  uso  volgare 
(c^è  invece  ardire  ed  altro);  desinare^  are.  desnare  (v.Sbrcambi, 
Novelle,  pass.)  è  un  antico  gallicismo  (cfr.  K5rt.  2610),  in  cui  del 
resto  la  seconda  forma  ci  darebbe  ragione  deir  altra,  ^ desinco- 
pata* (cfr.  sopra);  avvis'ave  e  visitare  non  sono  più  eslegi  che 
il  loro  parente  vis'o  già  addotto  ;  e  Tare,  vicilare  (se  non  ai  ri- 
sente di  vicino)^  col  suo  ci  da  ^i'  attesterebbe  Toriginaria  sorda 
per  l'uno  de'  due  verbi.  Rimangono  :  los'are^  acctis*are  {scus'-  e 
ricus'are)'j  appis'olarsi  {fìstpis'olare)^. 

III.  E  passiamo  agli  esempj  con  V  protonico,  i  quali  (non 
si  può  negare)  stanno,  almeno  apparentemente,  in  buona  parte  a 
favore  della  tesi  del  Meyer-Lùbke,  che  la  sorda  vi  scada  di  re- 
gola a  sonora.  Sennonché  la  sorda,  -  e  non  sarà  superfluo  Tinsi- 
sistervi,  •  occorre  anch'essa  ben  di  frequente  in  questa  condizione, 
e  più  anzi  che  la  sonora  ;  giacché  s^ode  in  tutti  i  derivati  da  voci, 


'  Non  è  attestato  per  prima  del  secolo  scorso  e  manca  a  qualche  Voca- 
bolario. Ma  l*uso  antico  risulta,  mi  pare,  dal  fatto  cbe  a  Lucca  ai  dica  ger- 
galmente '  venire  ad  uno  i  Pisani*  per  'appisolarsi*;  e  ai  canta  ai  bambim 
che  cadon  dal  sonno:  *i  Pisani  avevano  un  miccio,  *un  lo  potavano  tener 
ritto,  lo  tenevano  aullt  stecchi,  arri  là.  Pisani  bocchi*!  La  qual  caotileaa  si 
dovrà  certo  ripeter  dal  tempo  delle  famose  discordie  fra  le  due  vieioa  Re- 
pubbliche. Ometto  poi:  ris'icarey  che  a  Lucca  è  rìjio  (vivo  nel  contado  ^ 
pur  nel  proverbio  *chi  non  risica,  non  rotica*);  to'-  e  o/olarg^  che  è  pro- 
priamente aretino-aenese"^  di  dubbia  etimologia  (pur  cfr.  Caix  st  171);  acAi- 
i^are  dividere  rìducendo  una  frazione,  nel  quale  la  aonora  continua  %  (mUCttr^ 
cfr.  Zamb.  1120). 


La  sibilante  tra  vocali  nell^italiano.  169 

le  quali  hanno  5  postonico:  chiusura^  rimasuglio^  presacchio 
wxmtf  'icciOy  rosicchiare^  mesata,  casale  -ella  -upola  -amento 
-ereecio  -alingo,  nasone  {nasello  sp.  di  pesce),  fasaggine^  cosiìux 
'Cita  -creila,  asinelio  -ino  -esco  -ità^  Pesarese^  con  altri  senza 
nooiero  dalle  basi  onde  son  questi  come  da  molte  e  molte  altre. 
Ora,  se  per  la  sua  posizione  doveva  qui  la  sorda  digradare  real- 
mente, non  par  che  si  veda  come  mai  i  derivati,  che  prevalgono 
<U  gran  lunga  per  numero,  non  attraessero  i  primitivi  imponendo 
ad  essi  la  sonora  anziché  esserne  attratti!  Del  resto,  rinunzio  di 
mia  volontà  a  susuì^^'o  e  -are^  parasite  e  Musulmano^  dove  la 
sorda  doveva  restare  incolume,  perchè  sostenuta  dalla  doppia, 
che  è  nelle  forme  volgari:  siuisurro  e  -^rCj  ecc.;  un  caso  para- 
gonabile in  qualche  maniera  a  quello  del  lat.  h?-  che  continui  re- 
golarmente ss  (v.  Linosa Y,  op,  cit.  iv  148).  Offrono  inoltre  la  sorda: 
coti,  desiderare  e  -iderio^  rasojo  e  -ura^  pisello  ^ 

Anche  qui  non  poche  di  quelle  che  io  credo  eccezioni  si  pos- 
sono eliminare  senza  fatica.  Sono  infatti  0  voci  dotte  o  non  pie- 
namente volgari:  cesello •,  des'erto  (nonché  dis'ertare e -ertore)^ 
presente,  Ges'ù,  come  appare  anche  dalla  vocal  protonica,  has  t- 
lico\  Giuseppe^  e  forse:  ras' are  -ente  {cfv.  rasojo  ecc.)  e  le- 
s'oro.  Quanto  a  bas*-  0  s'bas'irey  esso  è  voce  celtica,  venuta  a 
noi  col  suo  s'  dall'Emilia  0  dall'Alta  Italia,  dov^  è  molto  diffusa 


*  Ometto  iusitia  (lucch.su^'*),  perche  d'origine  incerta  (cfr.  Helm,  Kul- 
CurplLund  Hausthiere*  311).  Confesso  per  altro  che  la  vecchia  etimologia 
da  Sa  sa  (v.  Diez  s.  v.)  mi  par  sempre  la  meno  improbabile.  Un  *8  usimi 
{cfr.  ony  china  e  malina  e  amygdalìna  in  Plinio,  per  varietà  di  *  pru- 
gna *),alL  a  *sub7du  (il  less.  storico  dà  soltanto  SusiSnu),  ci  spieghe- 
rebbe assai  bene  il  wn.sùcina  e  il  march,  lucena  (v.  Caix  8t45);  cfr.il 
luceb.  ant  énno^  ali.  ad  ascino,  asino.  Curiosa  la  svista  del  Kdrting  (nm.  7349), 
ti  qnalot  a  proposito  di  «imna,  confonde  Sii  sa  (2?ovtfff),  Tantica  città  della 
Persia,  alla  quale  ai  riferiva  il  Muratori  citato  dal  Diez,  con  la  Sttsa  (Se- 
ga slam  o  -usi a)  del  nostro  Piemonte! 

*  Per  c«*-  e  dsoje,  che  il  Fanf.  e  il  Rigutinl  danno  cosi,  con  la  sorda,  ci 
4eva  essere  incertezza  nelFuso. 

'  Notevole,  alt  a  ba/ilieo,  è  bassilico,  con  la  doppia  che  fu  già  del  latino 
<v.  LooMULT,  op.  cit  II 130);  e  efr.  il  ni.  Baur'lica,  Suppl.  Arch.  V  120.  Altre 
siaaili  coppie:  ba/alio  e  are.  boMsaUe  (basai  tea,  v.  Porcell.);  ù'opo  e  issopo; 
<0li^go  e  colosseo  ;"  fi/o  e  fisso  (flxu);  ctmo/a  (-oja)  e  ci  mossa. 


i 


•-:..*     -"wuii    a^tftniij  '  i    «?en  •  oax  «zc:;    tei:,  jun  .  i 
i.«'    )-L*    «:ì«  '  «•''c<*r**au  •  ^9M;ini    rnma  at    cuDQBaoBDt. 

iiii:M*nt:i     'il'   ..:i    iit^u.   u^^^    •    jobbucbibbi 
»•'/%     1     cr^i     jii»f»*   .   CU'    lina-  •   Tr-    i«   jcne-   f..l.i.  •- 

.-•*!•: vm    •/"♦        Il      Tx  1     t    i>ec2Lii     -ixicn:  lasiiÙK ,  oprcu     •  «^' 
'  ■   r-iii     ..•••:,  .';i-    H-  \i    J   'ja«n..  '  aa    reeenu    cu»»    .   rr.: 

..♦    M      .**-.tA»ri:ji  *      i»'     :j      '7/«.     Ci**    -•    TOC»    ilffllT'*    (CT:  .  ^^ISL    II" 

i'^' :    w    i"   t/i  ;:    *    "TT*,    i»e'    c-    ;     r!caDeccuii<    .    tum   ^v*v 

!*-••*>  jL'-.'ii'  !i*i»^i>r  i.  »«  ^ìi'jr*  L.  W'  {CI;  :  Il  •  <>i  «aar  t»  • 
.>^t..:  '/M  i*^-.»*"  ••  »  «rru  II:»»:*  iiar*  o-  emmiu*»  wh  or^a" 
V  ./ .^      &     u^v.iiu    iwK     JL    i*   -eccfiiiOn    i-i.   .jnaT»  cai   m- 

*^«*-     *•    ••  »«sn*t    v^i    Ili    «.is  cola»   ài  va«i^;//v.  fis^'tfnvttri.  i- 
!.;*". -I-.     "K    |M-.»..  i  l'L    •  ^tu.  'Jit*   i.u'  aar*"' »••  Tertisaaièi  n  ;*  ** 


*  «j    4\  •'»•         *i.         -•..    *-ff4.   ffc-a    Aln^   oacL.  <M<c^»«r»    vi»    i   *»BBf^ 

*  Il    •*<    iMf --*'..•  ••    ••    ^  Ir  I    iij*>«:d<     i*ijmt«  i   r"i*i»mv  nocete*    n»^ 

•  *   .  ■•>-iii    1,    «r*- 1  ••-^».    .  f  »    iLi*40iiar:i    n    ItAÌii.  Ok   Tt^i»  «no   i^'dltr  i.t?* 

,  ••••    •!»»♦    «a,    >  •.     '  "t.i  "i  :i-    .1^   ?  -nn''.ij    ••  n€*  Alt?  «nat    e  o> 

w-     rf.»*  *»   uj    -*  .-^  i«  .:    Ì.--ii.-:.r  7111*'    «41 

.   •     •    «i    i/"-!!»'..  ".    n    •jirr'v  ali.   U' .Jt*    inuviK.  ^alirnMlr  Ib  Iidc^a 


La  sibilante  tra  vocali  nell'i taliaDo.  171 

s acolo  (e,  formato  su  di  esso,  forse:  trisavolo),  bisunto,  bis  (te- 
ciay  bisogno  e  -are (cfr.  Kort.  7617)  *  ;  tras andare  *. 

Terminando  rileveròi  sebbene  ciò  non  sia  necessario  al  nostro 
proposito,  altri  due  casi  osservabili,  ore  occorre  s  protonico  tra 
vocali.  L'uno  è  quello  di  pusigno  e  'usignuolo^  in  cui  s  sorse  per 
dissimilazione,  avendo  s  rinunziato,  per  dir  cosi,  al  suo  elemento 
palatale  (s-n  in  s-n)]  cfr,  M.-Lb.,  It.  gr.  §  284.  L'altro  è  il  caso 
tlei  composti  semivolgari  che  cominciavano  per  ex  +  vocale:  esa* 
me,  esatto,  esempio^  es'agerare,  esigilo^  eseguire^  ecc.  '.  Dei 
'luali,  per  la  paHe  fonetica,  do  ragione  ammettendo  che  exame 
HÌ  exemplu,  allorché  avevano  già  prodotto  sciame  e  scempio^ 
continuassero  a  vivere  presso  i  meno  incolti  in  formad'^c^^ame 
ed  *egsempjo  (cfr*  il  frnc.  exil  s  eQsily  ecc.),  con  quella  non  vol- 
gare accezione  che  tuttavia  è  propria  d'esame  ed  esgmpio.  La 
fase  anteriore  sarà  1  are.  essame  (1.  ess'ame,  cfr.  XII 120  n),  ecc. 
La  sonora  doppia,  perchè  non  sorretta  da  nessun  appoggio  analo- 
gico, si  dovè  facilmente  ridurre  a  scempia  ;  e  a  ciò  ben  potè  con- 
tribuire la  condizione  protonica.  A  codesti  esemplari  si  confor- 
mavano per  avventura  le  voci  dotte,  antiche  o  recenti,  come 
esiogio,  esarca,  esente,  esistere,  esangue,  esigua,  esegesi,  es'o- 
v/on,  e  tante  altre. 


IV.  E  ora  è  opportuno  il  comprendere  in  «juesta  Nota  anche 
r  esame  de'  due  diversi  esiti,  sordo  e  sonoro,  che  ci  offrono  le 


*  È  per  contrario  del  tutto  in  regola  il  t'  in  bis  +  cons.  sonora  (▼.  sopra), 
''he  poi  si  rìdoase  a  r  qualche  volta,  onde  a  bi/dasso  ed  a  bardosso^  bar- 
'*«me,  ecc.  (e  cfr.,  per  la  ragion  generate,  Xin  368). 

'  Ometto  gli  arcaici  tra^aUare  o  ira/ ordinare  (cosi  ora  pronunziati  da 
B«)i),  i  quali  anche  poterono  aver  la  sorda;  e  il  teologico  trasuntanare,  K 
joi  relego  gli  are  mit^agio^  mis'avveduto,  mi»avvemre  ventura,  mùf'u/o^  per- 
rh«*  i  composti  per  ma-  appajono  cosa  esotica  (cfr.  Scheler  s.  mes)  e  poco 
vitale  (non  rimangono  oggi  che  miscredente  e  misfatto^  e  a  fatica  mis'Uale); 
^  perchè  non  è  escluso  che  pur  questi  si  profferissero  con  la  sorda  anziché 
'OS  la  sonora. 

'  Sta  in  codesta  serie  anche  assolare  spirare  (exhalare,  v.Can.  111365; 
^'ola  ecc.,  con  accento  ritratto,  di  che  cfr.  XV  204  n). 


172  Pieri, 

basi  con  ^J^;  giacché  credo  che  la  differenza,  anche  in  <iuesta 
formola,  si  riduca  per  chi  ben  guardi  a  una  differenza  iniziale 
nel  grado  della  sibilante.  Qui  del  resto  è  ben  naturale  che  Ve- 
sito  sonoro  prevalga;  e  potrebbe  anzi  far  meraviglia  che  Taltru 
anche  v*  occorra  più  volte.  Infatti  in  *sj^  il  sonoro  j\  che  ade- 
riva  con  particolare  energia,  esercitò  di  certo  sulla  sibilante  una 
forte  azione  assimilatrice.  Rispetto  agli  esemplari  in  questione, 
devo  ripetere  la  rassegna  che  da  un  altro  punto  di  vista  e  con 
altro  ordine,  e  accogliendo  la  conclusione  del  M.-Lùbke,  ha  fatto 
da  pari  suo  il  D'Ovidio  (v. 'Note  etimologiche*,  Napoli  1899; 
pp. 52-70).  —  A  formola  dopo  l'accento  appaiono  con  la  sorda 
quattro  o  cinque  cospicui  esemplari  :  bacio,  caciOy  camiciOy  cttcio 
e  .sdrucio  ^.  E  aggiungiamo  bricia  briciola,  che  esige  di  certo 
una  base  con  ^j*.  Qui  anche:  h^acia  (ali.  a  bragia)^  dalla  nota 
base  nordica ;'e  non  esito  ad  addurre  insieme:  brucio  -are  (ali. 
a  brugio  -are),  perchè  mi  pare  oggi  più  che  mai  inverosimile  io 
questo  verbo  un  é  da  i  di  fase  anteriore  K  Quanto  all'esito  so- 
noro, si  può  forse  questo  in  alcuni  esemplari,  oltre  che  con  la 
ragione  generale  sopra  indicata,  giustificare  anche  con  una  partico- 
lare. Infatti,  come  in  altra  mia  Nota  cercherò  di  mostrare  per  le 
esplosive  sorde,  anche  la  sibilante  di  base  greca  o  d^origine  greca 
dovè  nel  volgare  latino  digradare  a  sonora.  Sarebbero  dunque  per 
noi  in  regola:  ciliegio^  lucch.  cevagio,  Anasiagio  Ambrogio  Dio- 
nigio  -gif  e  forse  agio;  nonché,  con  la  palatina  in  protonica: 
fagiano  e  fagiuolo.  È  d*  origine  gallica,  e  perciò  non  fa  specie 
che  la  sua  sibilante  si  profferisse  sonora,  il  geusiae  -as  gozzo. 


Mi  ^  da  'sj^  in  questi  (frocto  suona  baco,  ecc.)  è  la  soempia,  di  eoi  le  s  da 
'88j>  è  la  doppia  (cfr.il  ni.  Coscio  da  Cassiu,  ecc.),  come  ha  felioem^av» 
o9»erTato  e  mostrato  il  D'Ovidio. 

*  L*etimo  non  risulta  per  ora  bene  accertato.  Ma  ad  ogni  modo  ane^e  a 
me  non  par  dubbio  che  sia  da  postulare  una  base  con  ^aj*.  E  oserò  d"mi^ 
rischiare  qui  una  nuova  proposta.  Un  prt  perf.  pass.  *a8u  («^assn)  da 
uro  non  sarebbe  forma  del  tutto  isolata;  cfr.  adhaesused  haesaras  «la 
haereo,  hausurus  ali.  ad  haosturut  da  haorio,  par  da  temi  con  'j^ 
originario  (cfr.  Li.\d!«ay,  op.  cit  ir  28  e  mi  17).  Ora,  dato  un  *pero8Ì«r* 
o  un  ^comjbusiare,  s'avrebbe  rispetto  al  e  di  hrueiare  la  risposta  cb«» 
a  parer  mio  è  perfettamente  normale. 


La  sibilante  tra  vocali  neiritaliano.  173 

gola,  attestato  da  Marcello  e  col  quale  il  M.-Lùbke,  Zeitschr.  XY 
242-3,  illustrava  felicemente  il  sinonimo  lucch.  gogio  ^  e  il  frnc. 
gosier.  Questo  etimo  ci  dà  anche,  aggiungiamo,  intera  ragione  di 
trangugiare,  che  è  proprio  'mandare  attraverso  il  gozzo'.  Ri- 
mangono: Biagio^  ragia  (ali.  a  race^  che  si  potò  modellare  su 
*rada ;  ma  cfr.  XIII 334  n),  Perugia]  mantrugio  -are  (v.  Misceli. 
Asc. 433),  p^r/Mjfto  -are.  Da  *sj*  protonico  s'ottiene  sempre  la 
sonora,  ovAax  cagicme^  provmgioney  lucch. /r^pton^  frusone  (v.al 
§  III),  e  forse  rugiada\  magione ^  pigione,  prigione;  Parmigiano y 
artigiano,  ecc. 

Ma  si  opporrà  che  questo  elenco  risulta  piuttosto  a  favore  della 
tesi  oppugnata,  perchè  le  voci  dove  il  nesso  è  protonico  tutte  of- 
frono la  sonora.  Si  risponde:  Due  de' più  validi  esemplari,  cioè 
cucire  e  sdrucire,  dove  il  e  sorse  quasi  certamente  in  postonica 
(cucio,  onde  cuciva^  ecc.),  persuadono  che  avrebbe  dovuto  accadere 
lo  stesso  anche  negli  altri  esemplari  ove  è  la  stessa  alternativa» 
in  guisa  da  avere  un  prodotto  sordo  che  dalla  postonica  si  esten- 
desse alla  protonica  (un  ^pertucio,  onde  un  ^pertudarey  ecc.). 
Ora,  se  ciò  non  accadde,  vorrà  dir  che  il  prodotto  sonoro  non 
^i  deve  alla  condizione  in  cui  il  nesso  ^'  si  trovava  rispetto 
all'accento,  e  che  perciò  anche  gli  esemplari  come  cagione  ecc. 
niente  provalo  e  favore  della  'teoria  del  doppio  esito'. 


'  Tralascio,  giacché  per  Torìgine  o  provenienza  loro  o  per  la  mal  certa 
'etimologia  o  per  altra  ragione  avrebbero  qui  troppo  scarso  o  nessun  va- 
lore di  prova  contro  la  nostra  tesi,  molti  tra  gli  esemplari  presi  in  esame 
nella  Memoria  sopra  lodata  {cervogia^  segugio^  malvagio^  fregio^  bigio ^  gri- 
po^  cinigia^  ecc.). 


174  Salvioni,  Etimologie. 

mesolcin.  créf  avanzi  del  fieno  nella  mangiatoja. 

V  e  k  normalmente  per  6^  che  si  vede  nel  cròf  della  Leventina  e  di  Ar- 
bedo.  In  questo  cròf  ravviso  io  non  altro  che  un  deverbale  del  verbo  che 
ora  suona  eroda  (cr^da)  cadere,  e  che  un  giorno  avrà  accanto  a  se  un 
crovd  (cTjloa),  La  caduta  del  -d-  secondario  è  rara,  ove  si  faccia  aatrazioo<^ 
dal  -r-  di  -a'tu  ecc.,  nei  dialetti  del  bacino  del  Ticino  e  dell* Adda,  ma  gì. 
esempi  pur  non  mancano,  e  son  frequenti  poi  nei  nomi  locali.  Quanto 
air  ò,  esso  è  piucchè  normale  in  un  *crQdo^  che  potrebb*essere  ben  antico 
<v.  il  dittongo  anche  nel  parm.  cri^da  frutto  cascaticcio,  nel  bresc  crùd''\ 
coirò  dalle  rizotoniche). 

Alla  stessa  base  si  radduce  il  vaiteli,  oriente  buccia  del  grano,  polvere 
del  grano  tagliato,  onde  il  blen.  scrientói  scopature  delKaja  *•  Qui  si  muoTt> 
da  *crodénte^  forma  di  partic.  per  *crodante*,  onde  *crovente  *crM©-  ♦cru/'r-' 
o  *croente  *croj^  ^crù)"  *cru{j»J  *cruentef  e  T  «  poi  in  i  come,  p.  e».,  n<*ì 
miL  pigQta  »  *piv^(a  s  pQp-,  bambola,  o  nel  lomb.  mijé  moglie. 

piem.,  lomb.  lifrf^k^  lomb.,  piac.  lifròn  '. 

Queste  due  voci  si  dividon  tra  loro,  secondo  i  luoghi,  i  significati  di 
*  ghiottone  (a  Cremona,  dove  c*è  anche  Ufrocóa  pacchiare),  scioperato,  fan- 
nullone, babbeo*.  Quest*ultimo  significato  si  sarà  sviluppato  dai  primi,  com'' 
spesso  accade.  Ma  il  significato  primitivo  sarà  quello  di  'ghiottone*  o  «-* 
ne  sarà  certo  svolto  quello  di  *  fannullone*  por  la  via  inversa  di  quella  p*': 
cui  *  ghiotto  -one*  ò  venuto  a  sua  volta  al  valore  di  *  scioperato*  (v.  XH  4'^). 
XIV  209).  ^  La  base  etimologica  della  voce  va  ricercata  in  quel  /f/n 
labbra,  che  vive  in  più  dialetti  d*ltalia  (gen.  lèrfu^  tic-  li  fri  \  v.  anche  b«l* 
linz.,  vaiteli,  /^/f  labbro,  valcanobb.  /i/o  lùf  grig.  Ieff9\  parm.  6/f  golosut, 
leccone,  verzasch.  loffia  bocca,  liffióu  labbra,  liffiùn  ciarlone,  posehiav.  /.;• 
fon  scioperato),  e  si  rivedo  noirit.  sber-li/Je^ 

Siamo  qui,  com*è  risaputo,  a  una  base  germanica  (ant.  a.  ted.  *Uff,  e  l''lfur, 
Kluge"^  8.  'Lofze*).  Ora  questa  stessa  baso  ritorna,  a  veder  mio,  nel  loml. 
lipóh  pigro,  tardo,  di  cui  manca  fra  noi  il  primitivo,  ma  che  mi  par  à 
potere  sicuramento  connettore  col  ted.  Lippe  (cfr.  i  frane,  lippe,  lippu). 


*  h  ben  probabilmente  anche   il   vaUass.  grienià  vagliare,  dove  per  q  • 
Ah  kr-,  si  può  vedere  qui  sopra,  p.  ir>2,  o  confrontare  il  valm.  (^repà  crepi ^^ 

■  Ho  il  mil.  lifron  dal  Varon  Milano^. 

•  Cfr.  anche  il  vals.  harU'fm  lahbro  s[»orgente,  il  verzasch.  barlifòm  %ch  »:• 
nitore,  il  com.  sher-  shcléfora  beffarda. 


k 


ANCORA  DELLA  SIBILANTE  TRA  VOCALI 

NEL  TOSCANO. 


DI 

6.  I.  ASCOLI. 


A  ERyEUTO  MONACI,  IN  POVERA  TESTIMONIANZA  DI  UN  MOLTO 
PROFONDO  SENTIMENTO  PER  LA  NOBILTÀ  INSUPERABILE  DEL  MAE- 
STRO E  DELL'UOMO, 

(2  FEBBBAJO  1902,} 


L  —  Io  pure  non  credo  che  s'abbia  a  ripetere  dalla  situazione 
rispetto  all'accento  la  ragion  fondamentale  dei  due  divei*si  pro- 
ferimenti toscani  della  sibilante  tra  vocali,  proferimenti  che 
«esprimo,  ad  evitare  ogni  equivoco,  per  e-  ^  •^'«  Ma  insieme  non 
credo  che  la  sola  pronunzia  toscanamente  normale  sia  la  sorda 
(')  e  che  la  sonora  (s')  non  rappresenti  se  non  l'eccezione  o 
«lil^enda  dal  fatto  che  non  sia  indigena  o  popolare  la  voce  in 
cui  risuona.  Ammetto  bensì  che  le  voci  di  provenienza  letteraria 
abbiano  costantemente  la  sonora  (tes'i  ecc.);  ma  appunto  da 
questo  fatto  già  senz'altro  mi  parrebbe  doversi  indurre  che^la 
^nora  si  avesse  legittimamente  in  una  serie  abondante  di  voci 
indigene  e  popolari.  Così,  se  nelle  voci  di  provenienza  letteraria, 
usate  dai  Toscani,  Ve  tonica  e  l'o  tonico  son  sempre  di  pro- 
nuncia aperta  (come  anche  avviene  fuori  di  Toscana),  ciò  altro 
non  vuol  dire  se  non  ch^esse  adottino  uniformemente,  per  co- 
ceste loro  vocali  toniche,  uno  dei  due  proferimenti  che  per  le 
stesse  toniche  era  largamente  rappresentato,  secondo  ragione 
tradizionale  o  storica,  nel  vocabolario  indigeno.  Airincontro,  nel 
sapposto,  che  è  qui  impugnato,  si  riuscirebbe  in  fondo  ad  affer- 
mare che  un  suono  non  indigeno  fosse  immesso  da  voci  di  pro- 
venienza letteraria  o  non  toscana,  e  che  per  di  più  si  mantenesse, 
in  opposizione  all'indigeno,  pur  nelle  formazioni  die  sono  o  ap- 
pariscono assolutamente  tra  di  loro  parallele,  come  per  esempio 
nel  participio  riVo  allato  a  deriso ^  nel  participio  fus'o  allato 


176  Ascoli, 

al  sostantivo  fugo^  o  nel  perfetto  pe7*suas'i  allato  al  perfetto 

Ho  io  alla  mia  volta  pensato  sempre^  che  la  differenza  tra  i 
due  proferimenti  del  popolo  toscano  dipendesse  all'incontro  da 
ragioni  etimologiche,  e  vuol  dire  da  ragioni  antiche  o  latine. 
Ma  d'altronde  ho  pur  sempre  riconosciuto  che  la  questione  ri- 
chiedeva discernimenti  e  accorgimenti  faticosi.  La  trattazione 
del  Pieri,  pervenuta  alla  Direzione  deir-Arcftiino*  quando  ancora 
io  ci  stava,  mi  è  parsa  gagliarda,  e  in  ispecie  preziosa  per  l'a- 
bondanza  degli  esempj.  Non  mi  ha  però  distolto  dal  mio  antico 
pensiero  (cfr.  Arch.  I  19  n;  Mussaf.  beitr.  s.  asselli),  e  anzi  m'ha 
spinto  a  mostrarlo  diffusamente  per  le  stampe.  Durante  la  osti* 
nata  ricostruzione  delle  due  serie,  mi  ha  più  volte  assalito  il 
timore  che  s'avesse  a  risolvere  in  un  mero  stento  qualche  so- 
luzione che  m'era  potuta  parer  felice;  e  un  esempio  (ri^o  risu),. 
mal  docile  alla  regola  da  me  pensata,  mi  ha  fatto  lungamente 
disperare.  Mi  è  parso  però  finalmente  d'averlo  domato  anch'esso. 

IL  —  Avvertirò,  per  incominciare  ^ab  ovo',  che  non  si  può 
avere  nel  neolatino  un  s  tra  vocali  di  schietta  tradizione  latina, 
il  quale  continui  un  s  antelatino  o  indoeuropeo,  poiché  il  latino 
aveva  convertito  codesto  5  in  un  r  (.s,  5',  r:  nurus  da  *nusiiSy 
meli  or  em  da  *meliosemy  dirimo  da  *rfw-imo;  ecc). 

Ma,  per  effetto  della  evoluzione  paleoitalica  e  dell'evoluzione 
sua  particolare,  il  latino  riesce  ad  avere  dei  nuovi  s  tra  vocali  ; 
che  si  possono  intanto  rappresentare  coi  due  diversi  gruppi  di 
esempj  che  qui  seguono:  suàsu  vlsu  iìsu;  —  famosu  (fa- 
monsu),  mese  =  mense,  pesu»pensu,  descesu^descensu. 

Nel  caso  rappresentato  dà  suàsu  ecc.,  il  s  era  ottenuto  per 
scempiamento  dello  ss  che  proveniva,  dall'esito  della  formola 
^esplos.  dent. +  t'  (suad-tu,  ùt-tu;  ecc.);  0  lo  scempiamento  era 
correlativo  alla  lunghezza  della  vocale  che  iramediatament.e  ve- 
nisse a  precedere  a  codest'esito.  Anche  nel  caso  rappresentato 
da  famosu  ecc.,  il  più  delle  volte  c'entra,  o  per  ragione  eti- 
mologica 0  per  ragione  analogica,  l'esito  della  formola  *esplos. 
dent.  +t'  (pend-tu;  ecc.),  e  ro[n]s  e[n]s  doveva  d'altronde  avere 
una  vocale,  lunga  per  se  stessa.  Ma  il  .9  (di  ns,  0  nss  che  pri- 


Ancora  della  sibil.  tra  voc.  nel  toscano.  177 

niamente  fosse)  qui  riusciva  tra  vocali  por  effotto  dell' assorbi- 
mento del  N. 

Quando  la  vocale,  che  immediatamente  precedeva  l'esito  della 
formola  *esplos.  dent. +  t',  fosse  e  rimanesse  breve,  l'esito  è  al- 
Tincontro  fermamente  rimasto  ss;  e  cos'i  passu  (patior),  messii 
(raeto),  missu  (mitto).  C*era  dunque  manifestamente  un  maggior 
volume  di  suono  sibilante  in  questo  caso  che  non  in  quello  di 
lìsu  vlsu  ecc.,  o  in  quello  di  formòsu  pè[n]su  ecc.  Oltiv 
che  di  maggior  volume,  era  poi  sicuramente  sordo  il  suono  si- 
bilante che  s'aveva  in  messo  missu,  e  tale  rimane  perenne- 
mente, come  in  ispecie  si  vede  nel  toscano,  per  es.,  in  la  mtS'Sfe, 
mcs-.w  ecc.  *. 

Ma  Ja  sibilante  scempiata  di  usu  ecc.  era  essa  <li  pronuncia 
sorda  0  di  sonora?  Ed  era  sorda  o  sonora  la  sibilante  che  ri- 
maneva tra  vocali,  dopo  scomparso  il  n y  in  famosu  ecc.? 

La  indagine  s'è  affaticata  non  poco  intorno  a  codesto  quesito 
della  pronuncia  di  *.<?  latino  tra  vocali',  senza  però  distinguere 
tra  i  due  diversi  casi  (usu  ecc.;  famosu  ecc.).  E  prevale  oggi 
la  nuda  sentenza,  che  s  latino  tra  vocali  fosse  di  pronuncia 
sorda.  Ma  occorrerà,  io  credo,  qualche  particolare  scernimento; 
♦*  le  pronuncio  toscane  son  esse  principalmente  che  riusciranno 
a  illuminare  le  pronuncio  latine. 

I  grammatici  dell'età  latina  non  toccano  di  alcuna  diversità 
M  pronuncia  tra  un  s  iniziale  e  un  s  comunque  preceduto  o 
-seguito;  e  da  questo  silenzio  si  è  voluto  indurre  che  avessero 
l'identica  entità  fonetica  i  s  di  salvu,  di  ustu,  di  usu,  di 
aquosu,  ecc.;  e  fosse  perciò  sordo  anche  ogni  s  tra  vocali. 
Movendo  da  questa  induzione,  si  procedette  poi  ad  affermare, 


*  K  W  ss  pure  si  distinguo  nella  derivazione  per -to»ie  {nìissione  passio nt^ty 
*io\'e  non  si  vedrà  mai  Tosito  sonoro  che  ma[nJsione  ol  olfro  in  fna- 
ifione,  o  prò  vi  sione  in  provigione.  —  Dai  quali  osompj  prendo  intanto 
occaaion  di  avvertire,  che  lo  gì  toscano  di  magione  ecc.  «*  trascritto  pr»p 
i  noi  séguito  di  questo  Articolo,  benchA  non  si  tratti  propriamente  dello 
«cbi«»tto  i  =  ?  francese.  Non  si  è  mai  fu<^a  la  lettera  apposta  per  codesto 
««tono  toscano,  ma  la  sua  descrizione  e  le  sue  precise  correlazioni  si  eb- 
t>*ro  nelle  Lezioni  di  fonologia  ecc.,  a  pag.  *Ài. 

▲rehÌTÌo  glottol.  ital.,  XVl.  12 


I 


178  Ascoli, 

che  (love  il  neolatino  proferisce  {*  per  s  latino  tra  vocali,  egli 
rimanga  alla  schietta  pronunzia  latina  ;  e  dove  ali*  incontro  il 
neolatino  proferisce  s'  per  s  latino,  intervenga  il  fenomeno  cor- 
relativo a  quello  per  cui  *t'-  si  riduce  a  d,  o  -e-  a  //• 

Una  correlazione  regionale  tra  il  fenomeno  di  .^  lat.  tra  voc. 
in  s'  e  quello  delle  momentanee  sorde  in  sonoro,  mal  si  pctni 
negare,  in  generale,  non  ostante  la  contraddizione  che  inter- 
viene tra  spagnuolo  e  portoghese  (cfr.  Meyei*-Lùbke ,  1  368). 
Ma  resta  il  toscano,  l'idioma  principe  tra  i  neolatini,  coi  due 
diversi  riflessi  del  .v  lat.  tra  vocali,  fenomeno  non  compiuta- 
mente e  non  correttamente  in  sino  ad  ora  rilevato  e  conside- 
rato, e  tal  che  punto  non  si  connette  con  quello  della  riduzione 
delle  momentanee. 

La  diflerenza  tra  il  s  latino  com'è,  a  cagiou  d'esempio,  jier 
due  volte  in  sisto  e  il  ^  latino  tra  vocali  non  sarà  stata  moho 
perspicua  e  perciò  non  avrà  promosso  particolari  osservazioni 
dei  grammatici  latini.  È  come  dire  che  mi  .^,  schiettamente  so* 
noro,  il  latino  non  l'avrà  avuto.  Ma  il  .^  del  suffisso  -osu  o 
di  descesu  ecc.  non  sarà  però  stato  propriamente  identico  a 
quello  di  usu  visu  ecc.  Quello  di  -osu  ecc.  doveva  essere  non 
meno  sordo,  non  meno  crasso  del  s  iniziale,  ed  era  forse  più 
crasso  ancora.  Era  il  prodotto  di  ns,  e  vuol  dire  di  un'assimi- 
lazione non  tanto  rimota  nel  tempo.  Tranne  che  per  -osu  («', 
se  io  non  erro,  per  fusu  MI  fuso  da  filare'),  la  figura  etimolo- 
gica (descensu  mense  ecc.)  è  perennemente  prevalsa  nella  scrit* 
tura  dei  Latini.  All'incontro  il  s  di  usu  visu  ecc.  doveva  es- 
sere più  affilato,  volgente  al  sonoi*o.  Era  un  s  da  antico  tem|H» 
fermamente  scempiato  tra  vocali,  cioè  tra  due  elementi  sonori. 

Orbene,  al  .<?  di  famo[n]su  desce[n]su  ecc.,  il  toscano  ri- 
sponde ancora  sempre  col  r:  famoro  acquoro  scero  prero  ecc.; 
e  al  ^  di  visu  usu  risponde  all'incontro  col  s':  vis'o  uso.  Questa 
è  la  regola  toscana,  che  di  certo  è  stata  variamente  turbata  cnì 
era  inevitabile  che  il  fos<e  ;  ma  cho  io  tuttavolta  m'arrogo  di 
proporre  e  dimostrare. 

IH. —  La  indagine  si  turba  facilmente*  per  via  di  alcuni  esem- 
plari variamente  enigmatici,  che  meglio  intanto  valeva  lasciare 


Ancora  dolU  HÌbil.  tra  voc.  nel  toscano.  179 

in  disparte.  Potranno,  a  poco  a  poco,  aver  lume  da  criterj  eti- 
mologici non  ancora  assodati ,  tra'  quali  forse  entreranno  pur 
quelli  che  qui  appunto  tentiamo  di  assodare.  Tra  codesti  esempj 
ricordo:  agino  asinu,  iiago  annusare  nasu  ali.  a  nares  (cfr. 
Arch.  X  16-17 n,  XIII  285-86);  caca  casa;  mtis'o. 

Bisogna  poi  tener  d'occhio  le  perturbazioni  d'ordine  analogico, 
le  quali  possono  avere  doppio  motivo.  C'è,  in  primo  luogo,  che 
gli  esempj  di  g  in  postonica  del  parossitono  riuscendo,  per  ra- 
<:^ione  etimologica,  molto  più  numerosi  che  non  quelli  di  s' 
(^'- §§  IV  e  V),  ne  veniva  facilmente  che  la  serie  del  f  riu- 
scisse a  tirare  a  sé  qualche  esemplare  della  serie  del  s\  Un 
|)eriodo,  più  o  meno  lungo,  di  oscillazione  potrà  naturalmente 
essersi  avuto,  tra  il  proferimento  etimologico  e  il  tralignato, 
intorno  alla  quale  oscillazione  saranno  da  scrutare  le  testimo- 
nianze dello  grafie  di  antichi  documenti  toscani  e  quelle  dei 
l»roferimenti  diversi  che  s'avvertano  tra  le  varietà  viventi  della 
Toscana.  Il  Fanfani  e  il  Petrocchi  ci  danno  cosi:  vaco  ra- 
ffio ecc.,  anziché  7^as*o  ecc.  (radere  ràsu),  come  vorrebbe  la 
nostra  regola;  ma  il  Pieri  air  incontro,  che  è  lucchese,  ci  dà 
secondo  essa  regola  :  ras'e  raso  *  (ali.  a  ragojo  radura). 

In  secondo  luogo,  le  forme  anticamente  tra  di  loro  diverse 
del  participio  passivo  latino  di  uno  stesso  verbo  potevano  di- 
ventare argomento  di  varie  attrazioni  nelle  etii  successive.  Cosi 
il  participio  di  tundere  fa  tusu  e  tunsu;  e  se  il  toscano 
avesse  la  continuazione  di  tutt'  e  due  queste  forme,  egli  direbbe 


*  E  c*insiste  curiosamontc  a  p.  166,  n.  2,  Anche  scrivo  ras' are  a  p.  169, 
mandandolo  con  ros'etUe,  Fanfani  e  Petrocchi  hanno  all'incontro  rogare,  Ma 
tatti  consentono  circa  la  sonora  di  ra/ente  e  perciò  di  rasfentare.  Senon- 
rh^  sì  può  qnt  opporre  la  sentenza,  trascurata  dal  Pieri,  che  rasente  altro 
Tion  sia  se  non  il  prov.  rasen^  sentenza,  del  resto,  che  forse  è  ben  giusto 
«il  revocare  in  dubbio.  Potrà  radente  dipendere  italianamente  da  ramare, 
**i\  tipo  di  tagliente^  sotto  Timpulso  del  sinonimo  ra</eii<e  =  rasentante.  Circa 
;1  qual  sinonimo  sia  lecito  notare  in  quest'occasione,  ch'egli  sicuramente 
si  rispecchia,  con  la  normale  riduzione  di  nt  a  U  nel  bergam.  redét  (redét 
terra  *  terra  terra,  rasente  la  terra',  da  redét  *da  presso';  per  Ve  prò  to- 
nica, cfr.  redécsradéc  *  radicchio*),  non  felicemente  tentato  dal  Mussafia, 
l^itr.  s.  rente.  [Cfr.  Stu4j  di  Filol.  Rom ,  VII  80,  Roman.  XXVIII  02.] 


180  Ascoli, 

fus'o  e  (u^o  (cfr.  §  IV, a),  avrebbe  cioè  due  forme,  nel  resti) 
identiclio,  in  cui  sarebbe  ugualmente  legittimo  lo  s'  (teli*  una  ** 
il  /:  deiraltra;  ondo  un  facile  incentivo  ad  alterazioni  analo^ì- 
cbc,  o  a  diserzioni  da  una  classe  airalira,  di  altri  participi  a 
cui  le  ragioni  storiche  o  etimologiche  non  assegnavano  se  non 
uno  solo  dei  due  proferimenti.  E  non  nuoce  qui  intercalare  l'av- 
vertenza, che  una  forma  come  tunsu  potrebbe  anch'essere  una 
illusione  della  ortografia  latina  e  punto  non  rappresentare  un'en- 
tità diversa  da  tusu;  laddove  il  proferimento  toscano  (nel  ca«t 
nosti»o,  un  supposto  taro  dirimpetto  a  lu'i'o)  accerterebbe  un 
originario  tunsu  dirimpetto  a  un  originario  tusu. —  Un  c;is«> 
non  identico,  ma  congenero,  ci  avrebbe  offerto,  se  la  avessimo, 
la  continuazione  neolatina  o  toscana  dei  due  participj  di  nltor 
(nisu  e  nixu),  in  quanto  uno  avesse  pronunzia  sonora  o  TaltM 
sorda^ —  Di  claudo  clausu  allato  a  eludo  clusu,  v.  al 
?i  IV,  C-. 

Finalmente  si  può  dovere  qualche  s*  e  qualche  r^  che  stia 
contro  la  norma  qui  stabilita,  perchè  si  tratti  di  voci  vernac4>le 
venuto  alla  Toscana,  o  dairitalia  superiore  o  dalla  meridionale 

§  IV,  a,  —  Passiamo  ora  alla  rassegna  degli  esempj  per  cui 
si  afferma  la  regola  di  *r*aNS.  Citiamo  primamente:  rimnrr 
remansit,  *vwtaro  remansu,  rimaruglioy  mere  mense;-  la 
serie  <lei  derivati  popolari  per  -ert'- = -ense:  mnygere  •ma- 
jence,  horghere,  Senere  Senense,  ecc.;-  pero  pensu,  ì» 
perOy   perarCy    pensare;-    accero  adcensu;-    appero  .^o^per>» 


*  Al)))iamo  to*<*anainonto  /<V/>  fidare  affisare^  allato  a  fisso  fissar»*  «/3^<- 
.vnv,  e  par  <iuasi  un  corrolativo  ilolla  coppia  nis'o  nisso  cho  tt^oricain<»nt'« 
si  contrapporrebbo  a  nisu  nixu.  Ma  la  ragion  vera  di  fiso  dev'css^^r  f|u«»l«:i 
ch<>  il  M^yer-Lu))ko  Uà  supposto  (It.  gramm.,  p.  251)  deirorig. ,  219  d<»lU 
trad.  italj,  cioò  U  sofluziono  dolio  numerose  formo  in  -ì^o,  laddovo  altr^ 
in  -Isso  non  co  n'orano.  Sononchò  il  M.-L.  non  s*accorgova,  cho  Io  form-' 
in  -tso  sono  veramonte  forme  in  -ù^j,  o  perciò  contraddicono  alla  sua  t^orij 
di  /  in  protonioa  o  ?  in  postonica.  —  Diversa  cosa  ò  il  ridursi  di  s*  a  ' 
uolla  4*ontinua/.ionQ  di  fissu-  /*f«o,  corno  ai  vede  nel  vonoz  */V/rt,  frii:L 
»/caV,  •fessura',  riduziono  promossa  dal  tipo  sottentrionalo  sp^/a  prr»'t^  et--  » 
ajiit.ito  dalla  «pinta  dissi  mi  lati  va  (sf~s^). 


Ancora  della  sibil.  tra  voc.  noi  toscano.  1«*<1 

-pensu;-  prero  prensu,  appvcro  ftorpreroy  afferò  difero 
-fonsu;-  asceco  discero  -scensu;-  aUe(;o  disteco  inieQO,  S'ag- 
iriungono  ì  perfetti  analogici  :  accere  appe^'e  sospese  prece  sor- 
prere  offece  di  fere  ascec-e  discece  attere  diste<:e  intere  \  e  vanno 
insieme  i  (liversamente  analogici:  re^e  reco^  chiere.  Nella  stessa 
analogia  di  accere  ecc.,  vengono  poi  :  n-ascore  riapore  accanto 
ad  *ascoro  *i*isporo  absconsu  responsu;  dove,  per  altra  e 
particolare  vicenda  analogica,  s'aggiunge  anche  pare  (pore:  ri- 
^pore  \  :  risposto  :  po^lo  \  cfr.  Arch.  IV  391-5).  E  succedo  la  se- 
rie infinita  dei  derivati  \yev  -pfO  =  -onsu:  faìno(;o  gólo{0  ecc., 
«love  la  pronuncia  toscana  appare  una  testimonianza  come  pro- 
«li^iosa  delle  condizioni  arcaiche  del  latino  (famonsu  ecc.). 

IV,  h.  —  Riconoscemmo  cosi  le  continuazioni  toscane  di  -ans- 
•ENs-  -ONS-.  Quella  di  -ins-  si  sottrae  al  nostro  sguardo.  Del 
partic.  pinsu,  che  ne  avrebbe  offerto  occasione,  non  rimane  al 
toscano  se  non  la  formazione  continuata  *pins-iare,  onde 
normalmente  pizare  (pigiare)^,  L'iks-  di  insula  può  alla  sua 
volta  parere  mal  riflesso  dall'  -is'-  di  is'ola  ;  ma  sarà  veramente 
un*  illusione,  poiché  is'ola  non  apparterrà  allo  schietto  vocabo- 
lario popolare.  E  voce  che  deve  aver  perduto  molto  anticamente 
latona  mediana  (7ffa,  tctla  ecc.),  secondo  che  è  mostrato,  per 
limitarci  all'Italia,  dai  dialetti  sardi  e  napolifcini  e  dalla  Topo- 

*  V.  i  ?§^  V  e  VH.  —  Intorno  al  verbo  clie  deriva  da  pinsu-  (cfr.  Sal- 
^i"M,  Po:«tilIo,  s.  pinsare),  è  da  avvertire,  poichò  so  ne  presenta  Tocca- 
tone, che  non  ò  sempre  facile  distinguere  se  la  base  ne  sia  *p in  gare 
'•-•uttosto  che  ^pinsiare.  Il  soprasilv.  pi>ar  e  Vong.  piser  accennano  si- 
< 'ira mente  a  pinsare,  ma  lo  sp.  pisar  e   il   frnc.  ^>iVr  tanto   potrebbero 

vsore  pinsare  che  pinsiare.  Uguale  incertezza  importerebbe,  m  so  e 
'•"^rsi»,  il  n^p,  pesare  'pestare';  ma  l'equivalente  campobass.  /<f*d  parrebbe 

•■^eludere  lo  w.  Senonchò  lo  dovrebbe  cosi  escludere  anche  il  campob.  pff- 
<•«'•  inap.  id.)  'pertugio*  (Arch.  IV  154),  dove  airincontro  ò  assolutamente 
inprobabile  che  si  abbia  il  semplice  pertusu  anziché  per  tu  sin-.  Onde 
^irebbe  da  conchiudero  che  due  diversi  filoni  dialettali  (quello  di  facuglf 
'^igiaolo'  e  Taltro  di  pfrtusf)  si  venissero  a  confondere  nel  campobassano 
♦•  similmente  nelPabruzzese,  dove  ò  pertus^  ali.  a  fa\'iole  (ortogr.  del  Fina- 
llora). Como  fa  codesto  meridionale  ptf5ar<?  'pestare*  nelle  rizotoniche?  L'i 
•  '.  protonica  ò  in  pisaturo  'pr»qtollo\  di  cui  v.  Fìnnin.  s.  v. 


18*2  Ascoli, 

nomasiica:  Ischia  di  Castro  (Viterbo),  ecc.;  cfr.  Ardi.  HI  458-9*. 
—  Airincontro  non  ci  mancherà,  io  spero,  la  conti n nazione  di 
-UN8-.  L'-w<>  di  furo  *il  fuso'  (far elio  affuQolalo  fiirajuohf 
fumerà  ecc.),  accenna  appunto  ad  uns  latino,  laddove  Y -us'- 
del  partic.  fus'o  accennerebbe  ad  us  latino.  Come  si  spiegherà 
questo  diverso  proferimento?  Chi  impugnasse  la  popolarità  dal 
paiHic.  ftisOy  farebbe  cosa  ben  temeraria,  secondo  che  meglio 
spieghiamo  nel  §  V;  e  che  il  sostantivo  {fttro)  provenga  esso 
pure  da  fundere,  cosi  come  il  participio  (/Wo),  resta  pur 
sempre  cosa  grandemente  probabile,  comunque  non  sia  mancato 
chi  la  rivocasse  in  dubbio.  Orbene,  se  il  dizionario  latino  ci  dà 
identicamente  fusus  e  per  il  ^fuso  da  filare*  e  per  il  participio 
di  fundere,  ciò  punto  non  toglie  la  possibilità,  secondo  che  c'in- 
dustriammo a  mostrare  nel  §  III,  che  realmente  s'avesse  funsu 
allato  a  f  Qsu,  come  s'ebbe  tu  nsu  allato  a  tu  su.  Le  due  diversa" 
forme  pur  qui  si  sai*anno  applicate  a  significazioni  diverse;  e  in 
effetto  risulteranno  legittimi  e  popolari,  cosi  fttro  come  fuso. 

IV,  e.  —  La  serie  del  -<*',  che  si  fa  indefinitamente  estesa  per 
virtù  dei  due  fecondi  suffissi  ch*essa  contiene  {-oro  -ece),  ha  un 

aumento  ulteriore  e  notevole,  per  ciò  che  vi  rientri  V  -aus-  U- 

* 

tino.  E  risaputo,  come  una  consonante,  che  sussegua  ad  Ar,  sta- 
glia stare,  per  la  massima  parte  della  romanità,  nella  condizioii»" 
di  una  consonante  che  sussegua  ad  altra  consonante.  Così  :  alt. 
quasi  Avc,  e  più  precisamente:  auuc'j  onde  per  es.  poco  poc 
•paucu  *pauca,  e  non  poQo  poQa^  pur  nei  territorj  che 
normalmente  riducono  'c^  a  (j.  Ne  viene,  che  -aus-  (auus)  s*ar- 
costi,  per  la  postura  della  sua  sibilante,  a  quella  di  -ans-  -rns*  eoe . 
e  che  per  la  sibilante  di  -aus-  cosi  s*abbia,  in  Toscana  e  fuori. 
il  medesimo  riflesso  che  la  Toscana  ci  offre  anche  per  quella 
di  -ANS-  -Exs-  ecc.;  il  che  vuol  dire:  or  =  aus  *.  Qui  spetta  cot^n 

'  I*:  un  i9  greco  in  pi  fello  pi^ellone  pi^cll€tlo  piccllajo  ecc.:  e  l*Mb<*^ 
peso  *  piscilo*  avrà  perciò  sonato:  pe^o.  S*è  pensato  che  in  pisello  ^*- 
avesse  influito  pinsu  (cfr.  *pisa  fraeta*);  ma  allora  avremmo  dovuto  aver** 
//irò  e  non  pe^o. 

*  Per  gli  ulteriori  svolgimenti  di  al*»  (attus)  e  di  analoghe  formote,  <* 
po«$on  vedf*r>>,  tra  gli  altri  :  i  luoghi  citati  a  pag*  TiHIQ  del  I  voi.  di  <)0«»ti» 


Ancora  della  sibil.  tra  voc.  noi  toscano.  183 

causa,  (love  la  critica  storica  non  deve  già  fare  un  partico- 
lare assegnamento  sul  ss  della  grafia  latina  più  o  meno  arcaica 
(come  punto  non  ne  deve  d'altronde  fare  sul  famossu  o  sul- 
Tussu  e  simili  per  usu  ecc.);  ma  all'incontro  ha  sicuro  ri- 
scontro nel  cossa  dell*  Italia  Superiore,  che  in  realtà  non  è  di- 
verso dal  co^a  dei  Toscani.  E  si  aggiunge  la  larga  famiglia  di 
pausa:  io  poco^  pogave,  por;ay  io  ripoQO^  ripogare^  il  riposo; 
dove  è  ancora  da  confrontare  il  mil.  poss,  f.  possa,  'rafiermo, 
stantìo',  che  è,  a  dirla  tra  parentesi,  un  altro  esempio  setten- 
trionale del  ^participio  accorciato'. 

Or  di  qui  verrà  luce  a  risolvere  anche  il  problema  del  f  di 
chiaro  chiude.  La  nostra  regola  vorrebbe  chiiis'o  (clud-tu);  ma 
si  saranno  tra  di  loro  incrociati  i  continuatori  delle  due  forme 
latina  ci  usu  e  clausu,  la  prima  delle  quali  portava  a  chius'Oj 
e  la  seconda,  per  effetto  dell'  au,  a  chiodo.  Quanto  largamente 
8i  continuasse  tra  i  Neolatini  la  figura  con  1'  au,  c'  è  mostrato 
ila  chioso  che  è  in  Francesco  da  Barberini,  da  c'ode  cosu  dei 
O^rsi,  'chiudere  chiusa',  Guarnerio,  Arch.  XIV  139,  cfr.  Tom- 
mas.,  Canti  còrsi,  p.  367  \  da  c'oss  'recinto*  dei  Lombardi  e 
Piemontesi,  ChiosseltOy  nome  di  una  via  di  Milano,  Chiossa  ni. 
in  quel  di  Mondovi,  chioss  deschiossa  nell'Aliene,  v.  Arch.  XV 
410,  clorre  clos  cloi^on  nel  francese*. 


Archivio  (s.  aut  nud  ecc.);  Salvioni,  Fonet,  del  dial.  mil.^  p.  84-5;  Mbyer- 
LùBKX,  I  283,  It.  gr.  §  100;  e  ci  sarebbe  da  studiarci  ancora.  —  A  prò- 
posito  delle  sordo  preservate  da  au  (cfr.  M.-L.,  Rom.  gr.  I  358-61),  sia  poi 
lecito  qui  notare,  che  dal  u  di  *eu  e  dal  i  di  *ei^  potrà  aver  soluzione  Te- 
DÌgma  del  t  incolume  (cioè  non  digradato  in  (/)  che  occorre  nelle  figure 
DOininativali  friulane:  jéte  aetas  *aev'tas,  méte  (*méita,  da  tnéfjjeta)^  me- 
dietas,  ^preizo  medio*,  e  delle  oblique  etiid  età,  mitàd  metà.  Si  ha  pur 
numide  neirugual  significazione  di  mète,  e  dev'essere  forma  anorganica,  fog- 
liata sopra  sòlide  soccida. 

*  0  anzi  :  chioio  e  chiuso,  secondo  che  par^  dalla  n.  a  p.  30  del  volume 
di  Tommas.,  citato  qui  sopra. 

'  In  chiosa^  che  si  manda  con  glossa  yXùUffca^  e  che  veramente  se  ne 
allontana  per  doppia  guisa  (la  g  ut  turai  sorda  e  la  sibilante  scempia)  il 
.Vfey«r*Lùbke  ha  già  felicemente  pensato  che  ci  sia  influsso  di  chiudere 
kIL  gr.i  164,  traduz.  ital.  §  102).  Ma  io  anzi  credo,  che  glossa  punto  non 
c'entri,  e  d*altro  non  si  tratti  se  non  di  clausa  nel  senso  di  'parentesi, 
intercÌu$io\  Ora  la  vooe  sente  di  letterario  ed  ha  perciò  la  sonora  (chioda). 


isl  Ascoli, 

W  —  Viene  ora  hi  volta  degli  esempj  di  *,v'*,  \^v  cui  si  ctm- 
liiiui  il  s  latino  dei  tipi  cfisu  (cad-),  \is\x  (vid-),  ecc.  Qui  va 
afiVontata  una  tendenza,  che  mi  deve  parere  eccessiva,  ed  è 
quella  elio  porta  a  negare  o  porre  in  dubbio  la  popolarità  di 
non  poche  voci  in  cui  la  Toscana  ha  questa  sonora.  Veramente, 
un  indizio  indiretto  e  d^ordìne  generale  contro  la  popolarità  della 
serie  con  la  sonora,  ho  creduto  anch'  io  d'avvei'tirlo,  e  appunto 
è  stato  un  |)ensiero  che  non  pare  venuto  ad  altri.  Accade  cioè 
con  fi'equenza,  che  nei  derivati  da  forme  con  la  sorda,  il  sul*- 
strato  d(M  quali  importi  le  combinazioni  -/70-  -gVi-,  la  sibiL  + 
si  risolva  in  z  (ciV.  §  VII  e  p.  177  in  n.);  e  cosi  ifiazonc  (mn- 
i/ione  secondo  la  solita  grafia)  pvizonc  pizone  pizare  'pinsiare, 
parmizaao  ecc.  (Flechia,  Arch.  II  \)i  sgg.);  onde  viene  come 
una  prova  ulteriore  della  popolarità  delle  loro  basi,  prova  eh»» 
anche  si  avvalora  per  il  fatto  che  taluna  di  codeste  derivazioni 
SI  ritrova  con  l'esito  popolare  in  altre  favelle  neolatine,  come 
è  per  es.  di  maison  prison  (non  prHsion),  Ora,  quando  si  parte 
da  s\  è  più  raro  ali* incontro  questo  marchio  particolare  dello  i 
nei  derivati;  onde  per  es.  diiùn'ionr  tcccis'ioney  non  dicizonc 
tcccizone,  e  analogamenti'  nel  francese:  dicmon^  non  dwison, 
K  più  raro,  di  certo,  ma,  come  vedremo,  non  manca;  e  c^ò,  in 
proporzione,  anche  la  coincidenza  con  forme  non  italiane.  Questi» 
argomento,  insomma,  se  anciresso  può  ammonirci  a  non  ammet- 
ter troppo  di  leggieri  tra  le  forme  popolari  quelle  col  -.9'-,  non 
basterà  di  gran  lunga  a  persuaderci  di  tutte  quelle  esclusioni 
che  altri  vuole  o  dovrobln?  volere. 

Ed  eccoci  dunque  alla  serie  e  alla  critica  degli  c^seiiipj.  Ab- 
tiiamo  in  primo  luogo:  uv'o  (ut-)  tis'arc  asanza  usura \-  viso 
(vid-)  vLs'ila  arriso  acoisare  ipnpt'orris'o  [all^improvriso*^  cfr. 
provrizone^  riduzione  popolare  di  prorrisiofic];"  divis'o  (di vid-), 
col  jMM'f.  analogico  dirise;-  ucciso  (e  a  ed-  -cid-)  rici'so^  col 
perf.  analogico  uccise  ecc.  Per  la  |K)polarità  dei  quali  esempj» 
va  badato  anche  a' riscontri  forastieri,  e  cosi  ai  rum.  cu  *  vi- 
sione', ucis  'ucciso*.  Somi  esempj,  io  ci'edo,  che  basterebbero  da 
soli  ad  aflerniar  la  nostra  regola,  e  sono  d'altronde  ben  lungi 
ilaUVs^^ere  i  soli.  Contro  la  popolarità  di  cas'o  (cad-), sta  di  vero 
il  frnc.  ras  (non  c7ie^  o  piuttosto  chcZj  come  Tevoluzione  popò- 


Ancora  d'ella  flihil.  tra  voc.  nel  toscano.  ISó 

lare  vorrebbe)  e  sìinilineDte  l'eng.  cas  *,  Ma  nejxarc  la  popola- 
rità di  per^aas'e  persuaso  (suaso)^  dissuas'e  dissuaso^  non 
/ni  parrebbe  cosa  abbastanza  cauta.  V  uà  incolume  non  può  di 
certo  valere  come  indizio  decisivo  di  voce  non  popolare  ed  è  da 
coafrontare,  jier  es.,  con  (juello  di  conlinudle  conlinanoa.  Piut- 
tosto sarebbe  da  opporre  la  non  molta  ^diffusione  tra' dialetti , 
alla  quale  è  di  scarso  contrapi)eso  la  riduzione  al  ti|K)  di  terza 
latina,  come  nel  parm.  persuader  dissiuider  o  nel  mil.  persudd 
dissuàd.  —  Le  vecchie  voci  letterarie  ìhìso  commisti  sorpriso 
U'tt  sono,  alla  lor  volta,  ed  è  quasi  superfluo  avvertirlo,  imita- 
zioni delle  voci  coi'rispondenti,  provenzali  o  francesi;  e  se  pur 
0  entrasse  qualcheunfluenza  di  formo  dialettali  italiane,  che,  date 
CHi'te  uscite,  riflettono  i>er  i  Y  ì  tonico  latino,  sempre  si  tratte- 
rt^hbe  di  cosa  estranea  al  toscano.  Ma  punto  non  ne  viene,  a  ogni 
inudo,  che  s'abbia  a  credere  non  popolare  il  perfetto  mise  ral- 
>it  (raitt-),  perchè  oggi  invalga  l'analogico  mésse.  Sarebbe'poco 
meno  che  negare  la  *  popolarità'  o  la  'storicità*  del  perf.  diede^ 
I^Tchè  oggi  invalga  delle.  —  E  s'avrà  a  credere  che  un  verbo 

*  li  riflesso  à\  occasione,   che  ò  come  diro  dì  una  voce  collaterale  a 
':t<u,  ha  airincontro  un  doppio  suggeUo  di  popolarità,  lo  z  e  Paferesi: 
""loìi^X  come  hanno  alla  lor  volta  piena  impronta  popolare  gli  afr.  ochai- 
^ 'fi  achaison  ecc.  Or  dell'aforesi  che  è  in  codesto  esempio,  poiché  accade 
'ju.  citarlo,  mi  sarà  forse  lecito  avvertire,  che  tra  le  duo  ipotesi:  [o]ca^ 
-'"f^  fa]ca:one  (cfr.  M.-L.  Rom.  gr.  I  28(3  297,  It.  gr.  §?$  liC)  144),    la   se- 
•  ■>Dda  e*  grandemente   più   probabile.  Ce  imprima,  che,  trattandosi  di  un 
''■minile,  manca  la  ragione  delPaferesi  promossa  dalP-o  delParticolo  (come 
n  lolezzo)\  laddove  torna  chiaro  Tassorbimento  dell' a-  quando  si  ponga: 
l^'tazoiie^  o  sìa  pur  laccatone.  L'antichità  della  forma  con  Va  iniziale,  ri- 
balta poi  dalla  sua  larga  diflusione.  Lo  forme  dei  dialetti  dell'Italia  meri- 
'lionale  qui  por  sé  non  avrebbero  nessun  peso  o  l'avrebbero  troppo  scarso; 
:Qa  por  Tant.  toscano  deve  avere  avuto  la  forma  *accazonc  =  cazone^  e  no 
vi«oe  sicuramente  il  verbo  accazonare^  il  quale  oggi  si  presta  airillusionc 
<ii  un  prefisso  che  aderisca  alla  forma  afere tica.  Si  aggiungono  poi,  oltre 
l'afr.  achaison ^  le   formo   immesse   nei   linguaggi  celtici.  L*ant.  irl.  ne  ha 
'1«>ppto  riHesso,  il  nominativale  :  accuiSf  e  l'obliquo  :  aicsen  ;  il  gallese  ri- 
sponde per  €u:hos\  Arch.  VI,  xlv.  Finalmente  sia  lecita  l'avvertenza,  che  non 
un  persaade  Tattribuire  che  si  fa  ad  assimilazione  fonetica  l*  a  di  accagione 
^chaison^  e  che  piuttosto  «ù  vedrei  lo   stesso  fenomeno  prefì:$salo  (il  *  di- 
«'jso*  deirob»)  che  ci  ha  portato  da  obsidiu  a  assedio. 


186  Ascoli , 

di  elaborazione  specificamente  toscana:  intridere  (interere)  in- 
iris'e  inlrvi'o  (suiranalogia  di  uccis'e  i$ccis'o\  debba  i  suoi  s' 
a  influssi  no»  popolari  *?  —  Contro  la  ^popolarità'  di  detnse 
deris'o  (rid-),  parrà  stave^  oltre  la  sorda  di  ri^e  ri^o^  a  cui  si 
viene  più  in  là  (§  VI),  anche  r^ddUa  prima  sillaba.  Ma  gli  an- 
tichi dissero  anche  diridire  dif*isOy  a  taMce  delPant.  dUigione 
^scher;:o,  beffe',  die  ben  potrà  essere,  come  il  Tabler  ha  pen- 
sato, s  dirisione  ;  e  se  Ve  fini  per  provalere,  ci  sarà  entirata  la 
ragion  della  dissimilazione  (i-Oi  come  è  stato  per  felice^  allalii 
al  quale  gli  antichi  pur  ebbero  filice*.  —  Ohe  se  passiamo  at 
participj  fuso  (fund-,  fud-)  confus'o  rifus'o  infus'o^  alla  rin- 
fas'a^  coi  perfetti  analogici  fus'e  confuse  rifms'e  infus'e^  o  an* 
che  ad  accmo  ricus'o  accus'a  ricus'a  scus'a  (dove  Tav  di 
causa,  V.  §  IV,  e,  era  esclusivamente  ridotto  ad  xi  sin  dal  la- 
tino), non  sapremo  di  certo  rassegnarci  a  mandar  tutta  questa 
suppellettile  tra  la  *  roba  letteraria'.  Per  la  *  popolarità'  del  part. 
fus'o  e  suoi  derivati,  basterebbe  ricordare,  accanto  al  modo  ita- 
liano già  citato:  alla  rinfwi'a,  il  frnc.  a  fbison  *in  gi'an  co- 
pia*, il  quale  avrebbe  per  sinonimo  Va  rifuso,  che  sì  cita  dalle 
liettere  del  Caro;  senza  dire  del  frnc.  refuser  e  dell'allotropo 
che  ne  mostrano  nell'ant.  rehusei*  rettser^  od.  ìmserK  E  poiché 
siamo  a  forme  in  -usu,  sia  ancora  ricordato,  di  passaggio,  chi* 
pertùsu  (onde  si  postulerebbe  un  tose.  *pertus'ó)  si  ccmtinut 
jiopolarmente  in  ^periusiar e  perinzare  pe7*t\$zOy  frnc.  peì^ 

*  Notevole  abbastanza  Tanalogioo  crìso  (:  paradiso;  'cr<)duto*,  in  un  cani** 
di  Montamiata,  ap.  Tommas.,  Canti  toscani,  p.  204;  cfr.  Nannucci,  Atial. 
<TÌt.,  p.  544-51. 

'  A  prima  vista  può  parore  che  la  nostra  regola  si  giovi  anche  di  «•'•> 
(aud*;  IO  os'o  e  os'o  participio-aggettivo,  os'are)\  ma  non  me  ne  fiderCi, 
poichA,  secondo  il  §  IV,  e,  postuleremmo  :  avsu  ni«?t#  o^o  (cfr.  ant.  mtL  oss  * 
ausa).  Sarà  dunque  oso  un  prodotto  anticamente  popolare,  che  ora  |>er«*> 
non  vive  se  non  in  sembianza  letteraria. 

*  L*  o  di  foison  (anzich**  u  =  »')  dipendo  dati*  ù  di  fundere  e  cosi  coin- 
cide inorganicamente  con  Po  del  frnc.  fonte^  it.  fondita,  Cfr.  Meyor«Lùbk^ . 
Rom.  gr.  I  §351,  Oictionn.  general,  a.  foison;  .\rch.  VII  142.  —  .Utra  co^a 
<'*  poi  1*0  dei  fem.  napol.  re f osa  confosa  ri m petto  air  ti  dei  mase.  refU»^ 
confusf^  nei  quali  -usa  si  confonde  con  -osa  {geiìerusf  g^ìierosn)*  .*f-. 
D'Ovidio.  Ardi.  IV  i:»!. 


Ancora  della  sibiL  tra  voo.  noi  toscano.  187 

iiiis  ^  —  Anziché  fermasse  àk  pregiudìzio  che  Io  s'  tosse  indizia 
cGOÙmio  di  voce  non  popolare,  si  poteva  chiedere  piuttosto  se 
la  ([ualità  della  sibilante  non  dipendesse,  per  maggiore  o  minor 
parte,  dalla  qualità  della  tonica,  poiché  Io  s'  sussegue  provalen- 
temente ad  i  (l  lat.),  e  ^  prevalentemente  ad  e.  Ma,  in  effetto, 
questa  distribuzione  punto  non  dipende  dalla  ragione  specifica 
delle  diverse  vocali,  e  ritorna  all'  incontro  alle  nostre  ragioni 
otimologiche;  poiché  la  serie  delle  basi  con  Tens  (ès)  non  ha 
accanto  a  se  la  concorrenza  di  esenipj  che  risalgano  ad  ins 
(v.  §  IV,  b);  e  dal  canto  suo  la  serie  delle  basi  con  l'Is,  non 
ha  accanto  a  so  alcun  esempio  di  es  che  non  risalga  ad  ens  ^ 
Ci  avanzano  alcuni  altri  e  particolari  esempj  di  s\  —  S'avrà 
im  bel  dire  che  sus'o  e  gios'o  gimo  sieno  poetici  e  non  popo- 
lari ;  ma  saranno  stati  popolari  un  giorno  anche  in  Toscana 
come  lo  sono  stati,  o  sono  sempre,  in  tanti  parlari,  dall'Atlan- 
tico al  Mar  Nero.  Pui*  qui  la  vocal  lunga  latina  venne  a  pre- 
cedere immediatamente  la  sibilante,  dopo  la  nitida  scomparsa 
di  una  consonante  (sfirsu  su  su),  e  perciò  s'ha  un  caso  perfet- 
tamente analogo  a  quello  di  suìisu  usu  ecc.;  onde  ben  legit- 
timo e  popolare  Io  s'  delle  voci  toscana  Un  substrato  conge- 
nere è  in  pvosa\  ma  questa,  com'è  naturale,  non  è  voce  di 
popolo,  e  lo  dimostra  con  V  q  aperto.  —  Nessuno,  credo,  vorrà 
negare  a  ras*o  la  qualità  di  voce  popolare;  e  (jual  pur  sia  Te- 
timologia  di  viis  vfisis  vùsa,  certo  è  che  qui  ritorniamo  ad 
un  Xs  elle  mai  non  si  è  mostrato  nella  figura  di  ans,  e  quindi 
a  un  caso  analogo  a  quanti  ci  danno  regolarmente  lo  s .  — 
Quanto  a  ros'a^  V  -os-,  che  si  contiene  nella  voce  latina,  non 
ha  altro  esempio  (in  parola  semplice);  e  già  perciò  non  deve 
'|ue5t*essere  voce  originalmente  latina,  ma  sì  un  prodotto  elle- 
ni<^  o  di  foggia  ellenica,  secondo  che  già  ripetutamente  fu  sup- 
}K>sto  {^vodja  ;  cfr.  per  la  fonetica  :  oCi}  -  od-ja  ;  e  per  la  etimo- 
logìa: ^oiov  ^ta)j  e  tal  che  legittima  lo  $\  Come,  del  resto, 


•  V.  8  IV,  0,  in  n. 

*  Neltm  poesia  italiana,  rimano  tra  loro  ?  e  /  (per  es.  na^o  e  ctiò'o)^  corno 
nmaao  Q  ed  (f^  g  ed  e.  Circa  •eco  -eqe  può  parere  che  la  rima  nìa  riguar- 
^o^^;  ma  gli  h  che  in  effetto  V 'ts'o  manca  e  V '-es'e  difetta! 


1S8  Ascoli, 

rivocare  in  dubbio  la  ^popolarità'  toscana  della  roa'aì —  Fi- 
nalmente, è  di  ragion  particolare,  ma  affatto  legittimo,  lo  s  del 
prefisso  dis  dinanzi  a  vocale.  Non  è  qui  un  dis-  di  diretta  con- 
tinuazione latina,  poiché  in  simili  casi  il  latino  passa  noi*mal* 
mente  a  dir-  (dirimo  dis  +  emo;  di  ri  beo  dis -f  habeo)  ;  ma  è  il 
(/i>'-  delle  composizioni  italiane  in  cui  gli  sussegue  consonante 
sonora  (dis'guììf/ere  ecc.),  che  naturalmente  passa  tal  cpiale  di- 
nanzi alle  vocali,  elementi  sonori  come  pur  queste  sono. 

VI. —  Resta  di  considerare  quelle  che  \)ev  noi  sarebbei'O  le 
deviazioni  dalla  norma  fondamentale. 

Per  quanto  è  di  -r-  (§  IV),  si  riducono  a  molto  poco.  La  sola 
imiK)rtante  è:  io  los'o^  tos'o '^  ios'olOy  Los  ave  ^  laddove  tonsu 
*to usare  vorreI)be  toro  locare.  Senonchè,  allato  a  tundero, 
che  dava,  come  s'è  ricordato  più  sopra  (§  Ili),  tùsu  e  tuusu, 
poteva  tondùre  (toudère)  conseguire  assai  facilmente,  {>er 
congruenza  più  o  meno  antica:  *tOsuotonsu;  e  da  *tòsii 
aver  cosi  ragiono  tr^^'o  ios'are.  —  Strano  esempio  sposo  spQsa ; 
o.  strano  tanto,  che  aj)punto  ci  disturba  meno,  i>oichè  Io  elimina 
alalia  schietta  ragion  toscana,  oltre  lo  Sy  anche  V  o.  Si  vorrebl)e: 
spr/ro.  L'odierno  sposo  sposa  è  per  la  tonica  e  per  la  sibilante 
nella  singolarissima  condizione  di  una  parola  che  sia  introdotta 
in   Toscana   per   vìa  meramente  letteraria  *.  —   Non   ha  poi  di 


'  La  vocd  V  antica  nella  letteratura  (tiove  però   va  notata   rinsìftt*Mi/j 
ìM\q  forme  con  ns:  sponto  ecc.,  r.  it  Vocab.);  ina  ciò  punto  non  basta  a 
guarentirne  la  originalo  schiett^/za  toscana.  Supporre,  d'altronde,  che  an- 
ticamente avesfte  una  pronuncia  divor^a  dalla  odierna,  aarebbe   cosa  d^l 
tutto  arbitraria.  Qual  mai  soduziono  indigena,  o  quale  influenza  particolar* 
del  riflesso  di  sponsu  in  altri  dialolli  italiani,  avrebbe  potuto  troinettor^ 
un  o  nel  toccano  spoò^o  -af  Nesnuno  di   certo  vorrà  aflV»rraare  che  Titola- 
tissìraa  ro.v'fi  influisse  sulla  ^spof^a  e   lo  *spoco;  h   la   particolare  lenaciL» 
d^l  riflesso  dolP  o  lungo  di  sponsu  ecc.  rifulgo  a  Roma  com^  a  Bologna, 
a  Venezia  come  a  Milano;  onde  viene,  a   dirla  tra  parentesi,  cb<»    •ocn** 
rimanga  infirmata,  perche  isolata,   la   tostirooniaQza  della  voce  toscana  ;n 
lavoro  d^Ua  influenza  della  cons.  lab.  bulTal  te  raziono   della  tonica    (Pi^r. 
Anrh.  XV  473).  A  uno  schietto  vocal>olario  del  dtal.  napolitano  che  or  mi  kU 
dinanzi,  manca  il  riflesso  di  sponsu  s[>onsa  (ci  stanno,  per  questa  signin- 
cizion<*,  zito  zit'i):  o  il  Vocabolario  abruzzese  del  Finamore  ben  rende»,  nella 


Ancora  della  sibil.  tra  voc.  nel  toscano.  ÌHiì 

certo  né  ha  mai  avuto  vita  prospera  in  Toscana  V asola-  mi- 
su  la,  che  all'incontro  vive  di  vita  robusta  nell'Alta  Italia,  spe- 
«lalmento  nell'orientale *. —  Non  sosteni^a  da  forme  collaterali 
^  abbandonata  in  condizione  protonica,  la  sorda,  finalmente, 
«•edette  alla  sonora  in  mis'ut^a  me  usura;  dove  può  anche  es- 
arci entrata  una  seduzione  antica  di  voci  d'ugual  formazione 
<»  di  significazione  congenere,  come  caesura  divisura'. 

Per  quanto  è  di  -.9'-  (§  V),   il   discorso   è   men  breve.  Della 

«li^criminazione  tra  il  sostantivo  furo  e  il  participio  fus'o,  s'è 

^>ccato  al  §  IV,  b;  di  *chius'o  assimilato  a  chw^o^  nel  §  IV,  e; 

'li  raro  ras'o  al  §  III. —  Allato  a  uccis'o  ricisOy   stonerebbe 

il  r  di  ce<;al€j  cibale  (ciglione  intorno  o  tra  campi  ;  mil,  cesa)y 

<*H:ondo  che  dà  il  Fanfani  ;  ma  non  pare  che  sia  voce  ben  viva. 

Così  stonerebbe  anche  il  <*  di  ceQOJe^  la  singolarità  accrescen- 

<Io$i  in  entrambi  gli  esempj,   per  il  fatto  che  la   sibilante  sia 

pmionica.  Ma  il  Petrocchi  aflferma  la  pronuncia  fiorentina:  ce- 

"^'oje  cis'oje  cis'ojala. —  Restano:  roco  (rod-)  e  rico  (rid-);  nel 

primo  dei  quali  esempj  la  deviazione  da  sonora  in  sorda  si  spie- 

gherk  molto  facilmente,  poiché  ros'o  ros'e  corros'o  era  in  ef- 

f«Hto  Tunica  forma  in  -ps'o  (tutt'al  più  accompagnata  dal  solo 

Vffs'o  *tòsu)  a  dover  lottare  contro  l'esercito  degli  aggettivi 

III  -oro,  e  non  poteva  non  cedere.   Ma  rice  rlsit,  H(to  rlsu, 

air  incontro,  pareva  esempio  di  tal  difficoltà  da  dirsi  addirittura 

rninaociosa.  Vero  è  che  egli  aveva  pronto  un  mezzo  rimedio  nel 

fleris'e  {diris'e)  deriso  (diriso) ^  di   cui  al  §  V,  poiché,  dato 

pure  che  questo  verbo  composto  non  fosse  da  tenere  per  schietta 

voce  di  popolo,  doveva  parer  cosa  troppo  strana  che  il  semplice, 

om  patentemente  in  esso  contenuto,  non  riuscisse  ad  assimilare 

alla  propria  sibilante  quella  del  composto.   Onde  l'ipotesi   che 

;  irto  ital.*abr.,  por  spòse^  il  tose,  sposo  -n,  ma,  nella  parto  abr.-it.,  non  ha 
\i  il  codesto  spòse,  —  Il  Moyer-Lnbke,  dal  canto  suo,  ripeterebbe  lo  s'  di 
V^//  dallo  s'  *di  protonica'  (spos'aré)^  ripiego  che  a  ogni  modo  noi  n*- 
^.'ingorefnmo,  ma  che  poi  lascia  più  che  mai  enigmatico  Va  aperto. 

'  Cfr.  Mussafìa,  beitr.  s.  asselli  o  azolar;  e  ora:  Matteo  Bartoli,  Pubbli^ 
'istoni  recenti  di  filologia  rumena  (cstr.  dagli  ^Studj  di  filologia  romanza*; 

.•>)!),  p.  sa 

*  pes'olo  pes'oione  pis'olo^  si  devono  risentire  di  pencolo  pentolone. 


190  Ascoli, 

la  sorda  non  sonasse  ancora  in  ri^e  rigOy  quando  primamente 
la  lingua  accoglieva  deris'e  deris'o,  Senonchè,  a  qual  motivo 
attribuire  il  successivo^  passar  di  ris'e  ris'o  in  ri^e  ri^Oy  quando 
appunto  al  toscano  mancava  ogni  altra  forma  omofona ,  come 
sarebbe  stato  un  -if-  risalente  ad  ins,  secondo  che  s'avvertiva 
al  §  IV,  6  ?  La  difficoltà  appariva  formidabile,  senz'alcun  dubbio  ; 
ma  dovevamo  noi  riputarla  tanto  forte,  da  farci*  essa  rinunziare 
a  ogni  nostra  dimostrazione  e  legittimazione,  cosi  da  portarci  a 
rovesciare  tutto  il  nostro  edifizio  e  a  convenir  analmente  noi 
pure,  che  rogo'^chiugo  rigo  fugo  (sost.)  vadano  con  prego  ri- 
mage  ecc.  a  rappresentare  tutti  insieme  l'unica  norma  toscana 
per  la  sibilante  tra  vocali,  specie  in  postonica,  e  che  vas'o  per- 
suas'o  vis*o  mis'e  uccis'o  uso  confuso  rosa  giv^'o  sus'o  ecc. 
altro  non  sieno  se  non  numerose  eccezioni  o  voci  letterarie  per 
le  quali  s'inoculasse  prodigiosamente  un  V*  in  postonica  to- 
scana (cfr.  §  I)?  La  mia  risposta  sarebbe  stata  negativa  a  ogni 
modo.  Ma  si  aggiunse,  che  il  problema  della  sorda  in  rigo  fini 
per  consentirmi  anch'egli  un'equa  soluzione. 

La  difficoltà  mi  parve  cedere,  appunto  perchè  in  qualche  modo 
isi  addoppiava.  Oltre  rigo  ri  su,  abbiamo  cioè  tal  quale  un  altro 
rigOy  equivalente  ad  oryza.  Questa  seconda  voce,  com'è  notorio, 
non  è  comune  al  sanscrito  (vìnhi)  al  greco  e  al  latino  per  via 
delle  comuni  origini,  ma  si  perciò  che  sia  venuta,  come  voce 
forestiera,  tra  i  Greci  e  i  Romani,  in  veste  iranica  (vrlz-).  Or 
qui  non  ci  permetteremo  di  pedanteggiare  intorno  alla  dimo- 
strazione dei  riscontri;  ma  insomma  il  vero  è,  non  già  che  un 
h  indiano  passi  in  z  iranico,  ma  bensì  che  entrambi  gli  elementi 
risalgano  a  una  particolar  sibilante  sonora  delle  origini;  com'è 
vero  insieme,  che  V  i  del  continuatore  romano,  e  non  F  v  greco, 
rappresenti  genuinamente  la  vocale  primitiva.  L'italico  o  ita- 
liano riso  riflette  un  vrlzo  o  vrls'o  di  fase  anteriore  ^,  e  do- 
vrebbe perciò  aver  sonora  anch'esso  la  propria  sibilante. 

Il  problema  dunque  ci  si  determina,  con  ulterior  precisione, 
a  questo  modo:  «Entrambi  questi  bisillabi  parossitoni,  senza  che 


'  Per  curiosa  combinazione,  anche  rìdere  ha  subito  la  normal  riduzione 
di  !?r-  in  r-,  come  espongo  altrove  (onirf-). 


Ancora  doila  sibii.  tra  voc.  nel  toscano.  101 

«esìstesse  alcun'altra  voce  toscana  in  -ico^  hanno  lasciato  andare 
«  il  loro  legittimo  fi"  per  assumere  il  r,  Quale  potrà  inai  essere 
«  il  motivo  di  una  cosi  strana  diserzione,  motivo  che  non  avesse 
«  più  ragion  di  agire  sul  trisillabo  diris'oìy^  E  la  risposta  suona, 
che  il  motivo  potrà  essere,  o  anzi  sarà  sicuramente,  questo  che 
segue. 

Non  esiste  parola  toscana,  nella  quale  a  ri  iniziale  sussegua 
sibilante  sonora,  seguita  alla  sua  volta  da  vocale.  Tutti^  le  voci  che 
venivano  in  competizione  fonetica  con  ^ris'o  *r  isus  ed  ory  za*, 
davano  un  ?nf-  iniziale,  e  il  legHtimo  s'  di  *ris'o  ha  dovuto  ce- 
dere. Erano,  veramente,  tutte  voci  composte  e  di  evidente  com- 
|H>sizione,  come  risapere  risariaì^e  risalire  risalto  (cioè  riga- 
pere  ecc.),  e  non  pollavano  allo  schietto  bisillabo  di   misura 
piana.  Ma  erano  molte,  e  abondanti  in   ispecie  quelle  che  da- 
vano un  rÌQO  iniziale,  distante  per  una  terza  sillaba  dalla  tonica, 
onde  in  effetto  ne  veniva  un  rigo-  con  la  prima  accentuata,  come 
in  risoluzióne  risolveranno^   risollevare  risocvenirc  rifospin- 
fjéoa  ecc.  E  ancora  sien  citati,  omesse  le  forme  accessorie:  ri- 
smare  risorgere  mugolare  rigolcarc  ecc.,  e  insieme  fHsullaì^e 
risuscitare  ecc.,  oltre  risentire  rigercare  rigaldare  ecc.,  senza 
che  mai  contrastasse  un  ris'o-  o  risu-  o  ris'e-  o  risa-  ^  E  s'av- 
verta  finalmente,  che  'riso',  sia  nel  significato  di  ridere  e  sia 
in  quello  della  pianta,  veniva  a  perdere,  nelle  frequenti  deriva- 
zioni, la  sua  condizione  di  parossitono,  riuscendo  al  ritmo  fone- 
tico di  voci  composte  per  rt-.  Cosi:  rigolino  risetlino  righila  ri- 
riiina^  riga ja  risone]  allato  a  parole  come  rigupino  rigalla  ri- 
S'jppia  rigtiona  ecc.  Quando  risus  arriva  a  darci  riganciano  e 
nsaìiciotiej  si  direbbe  eh'  egli  addirittura  si  smarrisca  tra  i  com- 
jK)sti   per  ri-, 

VII.  —  Che  se  io,  come  spero,  non  ho  infelicemente  ragionato, 
n*.'  risulterà  una  nuova  prerogativa  del  toscano,  analoga  a  tante 


■  Non  dimentico,  ma  naturalinonte  trascuro,  la  ris'ipola  o  il  ì-isico,  In- 
mriio  alia  seconda  delle  «juali  voci,  ò  ora  da  consultare  lo  Schmitt  noi  vo* 
l'jine  ch<5  U  ben6voIen/.a  dei  compagni  di  studio  m'ha  dedicato,  p.  391>  sgg. 
\]   ^edi   «ì'altronde  q.  s.,  a  p.  16s  n. 


\\)2  Ai^coli,  Ancora  della  sibil.  tra  voc.  nel  logicano. 

altre  per  cui  egli  va  insigne,  e  cioè  quella  di  scernere  tra  li 
ti|»o  prensu  (prego)  e  il  tipo  visu  (cis'o).  Quando  siamo  a  sj 
(^/),  nft  vione  poi  quella  specie  di  z  toscano,  la  quale  è  bensì. 
j<<'neral mente  parlando,  come  già  vedemmo  (§  V),  Pindifferent»» 
risultato  COSI  di  gj  come  di  .9';,  la  sibilante  sorda  facendosi,  !>♦•! 
assimilazione,  sonora,  dinanzi  a  ,;,  ma  è  insomma  un  terzo  e  )<-> 
gittimo  continuatore  sibilante  toscano.  Di.  guisa  che,  al  mon» 
tono  s'  dell'Alta  Italia,  come  sarebbe  per  esempio  in  presa  »//• 
ri^a  pres'óiij  o  al  monotono  g  dell'Italia  Meridionale,  come  ir» 
prega  (leviga  pregane,  il  toscano  risponderebbe,  sempre  con  pion  i 
e  storica  legittiniit;\,  nei  tre  diversi  modi:  prega  diris'a  pr> 
Zone  *. 


*  Sia  (jui   ani^ora  tollerato   un  pajo   di   noterelle  accessorie.  —  Lo  *'  j* 
posto  di  5  in  pus'ignu  ptfsUgnare^  che  è  fonoinono  *sui  generis'  e  per<* 
non  essenziale  nella  discussione  alla  quale  qui  Riattendeva,  fu  attentament 
(Considerato  da  paiocchi  studiosi,  senza  che  nessuno,  prima  dol  nostro  Pi«*r . 
avvertisse  che  «juesto  s'itl^  da  uno  >in  risalpnte  a  5c^/<  (*post*ceniu  m   • 
*pos-cenium),  ò  paiallelo  a    s'in  da  sii*    in   ros'ignuolo   usignuolo  *!•• 
soiniolu.  Accanto  a  *posconium  v*ebh<>  del  resto  anche  ^postcena  • 
*poscona:  e  qui  non   sV,  credo,  avvertito  che  al   mil.  pusci'nna  0  /  - 
schinn  *pusigno'  (notevole  ahbastan/a,  dal  canto  suo,  anche  per  lo  -^a»- 
o  st'c)^  risponde  o.sattamento  il  logud.  puschetm  (Dorgali),  venuto  a  si^r  * 
ficare  'colazione*,  cosi  come  arcade  ai  riflessi  di  *postcenium  in  par' 
d«;i  (irigionì. —  Di  ritì-o^o  può  rimaner  dubbio,  se  sia  ViVroi'o  «  re  tr «'•■*-, 
portato  ad  -P'.o  p^r  l'analogia  dì  cui  a  p.  IH*.),  o  so   piuttosto  non  si  r 
«onta  di   un   antico  rit rosso,  secondo  la  ragione   di   tmfcjesso^  irar- 
s  versu. 


CRONACA  E  BOLLETTINO  BIBLIOGRAFICO. 


Una  simpatica  cerimonia  6i  celebrava  a  Milano,  nella  grande  aula 
della  R.  Accademia  scientifico-letteraria,  il  30  marzo  deiranno  testé 
trascorso.  Alla  presènza  e  fra  gli  applausi  di  un  eletto  e  numeroso 
pubblico  ',  veniva  presentato  a  G.  I.  Ascoli  un  volume  commemorativo 
«lei  suo  70**  anno  di  età  e  del  40^  dMnsegnamento.  Il  volume,  che  ha 
per  editore  la  casa  E.  Loescher  ed  è  stampato  nell'officina  dove  an- 
che si  stampa  VArcMvio*^  contiene  le  trentaquattro  monografie,  di 
coi  segue  T elenco: 

1.  Karl  Bruomann,  Zum  Haingesetz  von  Luceria  CIL.  IX  782 
ipp,  l-o). 

2.  Giacomo  Ulrich,  Il  favolello  del  geloso  (pp.  7-25). 

3.  Paul  Marchot,  Deux  étymologies  (pp.  27-30). 

4.  Maurice  Bloomfibld,  On  the  Sanskrit  originai  of  the  Pra* 
nou  Oupnekhal  (Pranava  Upanisad)  in  the  Persian  translation  of  the 
Upanisads  (pp.  31-36). 

5.  Rudolf  Thurneysen,  Altirische  Adverbien  (pp.  37-40). 
0.  Gaston  Paris,  Ficatum  en  roman  (pp.  41-63). 

7.  Hermann  Suchibr,  Kleine  Beitràge  zur  romanischen  Sprach- 
i'eschichte  (pp.  65-73). 

8.  Carlo  Salvioni,  Etimologie  fpp.  75-94). 

0.  J.  GoRNU,  Estoria  Trojaa  acabada  era  de  mill  et  quatro<;en- 
i  »s  et  onze  annos  (1373)  (pp.  95^128). 

10.  Claudio  Giacomino,  Saggiuoli  neoindiani  (pp.  129-43). 

11.  F.  G.  FcMi,  Sul  nominativo  sing.  del  nome  ariano  (pp.  167* 
•JOl). 

12.  M.  Kerbaker,  Due  leggende  del  Mahàbhàrata,  voltate  in  ot- 
tava rima  (pp.  167-294). 


V.,  per  maggiori  particolari  intorno  alla  festa,  Topuscolo  Onoranze  a 
OraUadio  Ascoli  (Milano,  Rebeschini  e  C,  1901).  Qui  a  p.  10  n,  17,  notizia 
dì  altro  pubblicazioni  ispirate  dalla  stessa  occasione  giubilare. 

'  Miscellanea  linguistica  in  onore  di  Graziadio  Ascoli.  Torino,  E.  Loescher, 
i>»l.  Pp.  Vni-626, 

ArcUrio  clottoì.  ital,  XVL  13 


IBI  Cronaca  a  Bollettino  bibliografico. 

13.  V.  Hb-irt,  Étjmologies  bretonne*  (pp.  205-37). 

I-i.  Pier  Enea  Guarnsrio,  Nqov»  postille  sul  lessico  sardo  (pp. 
229-46). 

15.  C.  NioRA,  Il  dialetto  di  Virerone  (pp.  247-62). 

13.  G.  GrAbbk,  Eiae  Tendanz  dar  fr&ozAsischen  Sprachfl  (pp. 
263-73). 

17.  Cesare  dk  Lollis,  Dell'-^  in  qualche  dialetto  abroueae  (pp. 
275-ti;i). 

18.  Pio  RviNA,  La  lingua  cortigiana  (pp.  295-31-I). 

li).  P.  E.  P^voLiNi,  Una  SiìklùTalì  giaioica  anonima  (pp.  315-'J0). 

20.  I.  Guidi,  Una  somiglianza  tra  la  storia  dell'arabo  e  del  latini' 
(pp.  321-25). 

21.  Federico  OxRLJkND.v,  Sul  dialetto  biellese  nella  valle  di  Stroa.-i 
(pp.  327-41). 

22.  I.  DrHKLBT  PfUxcB,  The  modem  Dialect  of  the  Canaiian 
Abeoakis  (pp.  343-62). 

23.  Whitut  Stokes,  The  Lebar  Breoc  Tractate  of  a  Conse- 
cration  of  a  Church  (pp.  363-87). 

24.  John  SoHVTTT,  'Pi^ixtfv-riaico  (pp.  :i89-l02). 

25.  P.  Ci.  OoiDASicu,  Intorno  al  dialetto  di  Campobasso  (pp- 
•103-13). 

20.  W.  MBrER-LuBKB,  Etjmologisches  (pp.  415-20). 

27.  S.  Pieri,  Appunti  etimologici  'pp.  421-15). 

28,  a.  DE  Gregorio,  Etimologie  (pp.  447-55). 

20.  E.  G.  Parodi,  Il  tipo  italiano  aUàre  aleggia  (pp.  457-88). 

:tO.  E.  Gorra,  L'Alba  bilingue  del  codice  vaticano  Regina  14'^' 
(pp.  489-521). 

31.  C.  MiCHAKLij  De  Vasconokllos,  Vengo  (.Engó)-Enguedad-En- 
gar  (pp.  523-37). 

:t2.  V.  Cres<:ini,  Dell'antico  frammento  epico  bellunese  (pp.53t>-17). 

:f3.  L.  BiADENE,  Note  e  tirai»  logie  he  (pp.  519-74). 

34.  F.  L.  Pi'LLÉ,  A  Graziadio  Ascoli,  postilla  (pp.  575-94). 

Indici  analitici  (pp.  507-020). 

1.  D  Farolello  del  Geloso  ó  un  testo  che  l'Ulrich  chiama  tosco- 
veneto  o  tosco-romagnolo,  ma  a  cui  non  converrà  che  la  sacooda  d^ 
iziono,  muditìcata  forse  in  ' tosoo-bolognese '.  Alla  Romagna,  -f 


Crome»  •  Bollettino  bibliografico.  195 

all'antica  Bologna,  ei  richiama  infatti  la  metafonesi  del  congiuntivo 

(mtny  eh*  egli  meni,  ecc.),  a  sipy  sis.  La  stampa  del  testo  non  ò  sce- 

vra  d^errori,  e  il  commento  linguistico  avrebbe  potuto  riuscire  meno 

scarno.  Cosi  non  vi  trovo  muglie  77,  89,  che  non  potrebbe  essere 

mugUe  (cfr.  invece  muliere  -y  80,  103,  127,  188),  e  il  cui  u  crederei 

dwuto  airt  nell'iato,  come  alla  stessa  causa  ò  dovuto  Vie  di  vittu- 

pierro  vituperio  288.  Nel  lessico   non  trovo  ingampo  impacciato  57, 

4<*  no  che  eccettuato  che  25.  apoUo  ò  bene  spiegato  quanto  all'etimo 

^  al  significato,  ma  si  tratta,  non  d'un  participio,  ma  del  verbo  apol- 

tdr.  asecUo  poteva  confortarsi  col  ven.  sidiar  crucciare,  sidio  cruccio, 

il  monf.  sidiise  affaticarsi,  Tit.  porre  (ctssedio  importunare,  infastidire. 

^iera  ò  un  gallicismo  non  ignoto  all'  Italia,  r.  XIV  218  n.  Per  inedio^ 

tb.  il  mil.  inedia  noja.  La  forma  perdon  si  spiega  senza  ricorrere  a 

nessun  artificio. 

3.  Le  due  etimologie  del  Marchot  riguardan  niente  ecc.  e  laier  ecc. 
Non  mi  pare  che  colla  prima  nulla  s'aggiunga  di  veramente  utile  a 
quanto  Iia  esposto  l'Ascoli  XI  417,  XII  24;  e  quanto  alla  seconda 
i*lacare  da  *lac{sa)  stare),  mi  pare  ben  artificiosa.  Delle  molte  propo- 
ste fatte  per  ispiégare  la  base  *lacare  (v.  Thomas,  Essais  de  phil. 
frane.,  332-4),  parmi  sempre  più  accettabile  il  legare  già  difeso  dal 
I^iez  s.  Masciare',  e  nel  quale  assai  verosimilmente  s'è  immischiato 
fasciare'.  Il  tose,  laggare  andrebbe  però  staccato  dal  Placare  che 
kU  a  base  del  frane,  laier ^  alto^it.  lagd^  ecc. 

0.  Il  lavoro  del  Paris  scioglie,  col  sussidio  della  più  geniale  eru* 
«l.zione,  un  arduo  problema  dell'etimologia  romanza.  L'illustre  Mae- 
s'ro  prende  le  mosse  da  fTcatum,  per  dimostrare  che  le  diverse  al- 
terazioni a  cui  questa  base  ó  andata  soggetta,  dipendono  dall'  influenza 
di  cvxMT^v^  di  cu^  pIcatum  non  sarebbe  in  definitiva  che  un  adatta- 
mento, n  Paris  mostra  passo  per  passo  come  questo  adattamento  si 
aa  compiuto,  vuoi  nei  rapporti   della  qualità  delle  vocali,  vuoi  in 
Minili  dell'accento.  La  quistione  era  del  resto  matura,  percbò  quasi 
estemporaneamente  al  Paris,  venivano  a  una  intuizione  quasi  ana- 
*  '-?*  l'IIavet,  come  cé  ne  dà  notizia  lo  stesso  Paris,  e  il  Meyer-Lùbke. 
"^  »lo  che  THavet  e  il  Mejer-Lùbke  prendon  le  mosse  da  avxiDT^v.  — 
<-«rcaai  continuatori  di  fIcatum,  ricordo  Tant.  pav./f^ao  e  fìdgo  ir  fido) 
a*»!  Crisostomo,  XII  430,  notevole  per  la  sua  provenienza.  E  questo 
t'fào  ci  darà  ragione  del  monf.  figa-r-^tt  (dove  é  irregolare  il  g)  e 


19C  Cronaca  e  Bollettino  bibliografico. 

del  gen.  figaétu  (*/lcat^tto)^  Mussafia,  Beitrag  8.  ^figao'.  Fra  quelli 
di  ^FicATUii,  noterò  che  il  lomb.  ha  Toramente  fideg^  e  che  ne  pm 
viene  il  piem.  fidiff  che  sarebbe  altrimenti  ben  irregolare  col  suo  d 
e  col  suo  ^.  Tra  quelli  di  •fecatum,  il  bresc.  fédeCf  registrato  nel 
Gagliardi,  allato  a  fidec  e  figdt,  e  il  fédico  di  Roma. 

7.  I  sei  contributi  del  Suchier,  —  le  cui  vocali  iniziali  costi- 
tuiscono il  nome  'Ascoli',  —  riguardano  la  locuzione  deliba,  fran- 
cese {parler)  cT altre  Martin  Mò  ricondotta  Sk, parler  cT altre  mn. 
tire;  Ta.  frane,  ettovoir  e  le  forme  similari  de' Grigioni  e  deU*Aha 
Italia  (cfr.  fra  le  altre,  il  poschiav.  ttod)^  per  cai  ò  riproposto  stù- 
prre,  la  qual  base,  per  quanto  abilmente  difesa,  non  mi  pare  che 
valga  Test  opus  del  Tabler;  T-^  dei  frane,  chasle  chauve  large  n- 
che^  ch^ó  attribuito  all' influenza  del  feminile;  il  frane,  ogre  ricon- 
dotto a  Unoaru  ungherese  (cfr.  Ugri  ecc.);  il  frane,  lai  che  vien  do* 
rivato  dal  celtico  (irland.  laid)  ;  il  rum.  xnsenina  spiegato  giustamente 

da   INSERENARB. 

8.  Le  mie  etimologie  riguardano  :  arcolcyo^  arcìùtèo^  ricondotti  al 
plur.  drcora  archi  ;  —  il  march,  arquillo  'Ilare  germoglio,  germogliar**^ 
per  il  quale  si  propone  il  ted.  quellen;  —  arzillo^  approvando  retiui<> 
del  Parodi  da  asillu,  e  per  il  quale  va  confrontato  anche  TabruzA. 
arzilla T improvviso scotersi  delle  bestie  equine  spesso  aceompagnan  J> 
Tatto  con  un  grido  o  con  lo  sparar  calci;  —  attecchire^  da  •attI*/- 
carb;  --  brivido^  connesso  con  ^  breve '«  Mi  si  consentati  le  segueutì 
agij'iunte  all'articolo:  la  base  ^abbrévedo  (cfr.  anche  l'a,  gen.  «*ir»«*»- 
Vili  318)  è  pure  nel  valcam.  abrovèd  (v«  qui  sopra,  p.  8),  nel  brécetl\ 
intirizzito,  di  Val  di  Taro;  e  a  Chiavari,  come  mi  comunica  gentil- 
mente il  dott.  Giuseppe  Flechia,  ó  aòreiu  (cfr.  beiu  bevuto),  detto  n<*:» 
solo  delle  dita  attrappite,  ma  anche  della  tela  nuova  che,  messa  a  h^^- 
gnare  e  fatta  asciugare,  s'accorcia.  Per  bréva^  ricordo  anche  il  brianx. 
sbreraggià  vento  gagliardo  e  freddo  di  levante,  il  qual  significato  hv 
anche,  del  resto,  il  semplice  breva  (Gherub.  V  174,  230  s.  Went*u 
Nel  Mistral  si  l<*gge  poi  ^bréu  breo  froid  '.  —  calcestruzzo^  fors»  voc^ 
lombarda,  e  questa  da  calcesire^  accolto  del  resto  anche  in  Ghemb.  V 
*J9.  —  cascina^  non  da  caseu  ma  da  capsa,  —  Verzasch,  desugL^i 
dipanare,  ecc.  Si  cerca  di  spiegare  la  sparizione  del  tv  in  qaesto  ^ 
analoì^lii  esempi,  nonchò  la  presenza  del  r  o^  in  esempi  come  desc^^r  t 
levar  Torlo,  e  la  sostituzione  di  y  a  r  in  esempi  come  tgutart  tu.*- 


Oronaca  e  Bollettino  bibtiografìco.  197 

tare.  —  diléggio^  starebbe  a  deridere  copaò  seggio  a  sedére^.  — 
Lìmb.  ditvia^  scopa  di  vimini,  presuppone  un'  verbo  duvià  che  va  con 
vìjHare  ecc.,  derivando  assai  probabilmente,  come  propone  il  D'Ovi- 
dio, da  vIllu.  — Xcnnb.  gepa  bazza,*  andrebbe'  col  ted.  KKppe,  etimor 
lo^^ia  tanto  più  ammissibile,  se  si  supporrà  scherzosa  rorigitae  del  tra- 
slafo.  Per  e-  in  g-  ricordisi  anche  il  piac.  giòttar  chiostro.  —  Grig. 
giavrina^  capruggine;  corrisponderebbe  esattamente  alla  voce  italiana 
coti  cui  lo  si  traduce.  *—  BelHnz.  gu  luogo,  da  algù  ia  qualche  )uogo. 
—  Bresc.  ntpa  neve,  da  nivea..  -ì—  Pad.  ni-  lisèlo  avello,  la  lucbllu» 
il  che  veramente  aveva  già  sospettato  il  Mussafia,  Beitrag,  13  n.  — 
Abruzz,  rófece  orefice,  dair arcaico  àurQfeì.  —  Lugan.  scarta  ca- 
stellino, va  col  com.  cdslo^  ma  v'  ò  preposto  un  s-  ilquale  poi  induceva 
a  dissimilare   s-s  (^scasla)  in  ^-r.'  Di  uoa  tal  dissimilazione,  son  poi 
riferiti  altri  esempi,  fra  questi  il  levent.  /furG^ti;  tutteddue,  da  */-^ùi- 
^'«À  Devo  però'  ricordare  che  tw^uu  4  anche  brlànzuolo  (Cherubini, 
V,  226),  e  forse  sarà  appunto  per  *st-.  —  Lomb;  shocka  altalena,  col 
ted.  Schaukel.  Alla  stessa  base  si  riconnette  skffka  cassa,  guscio  del 
«occhio;  eh' è*  lomb.,  pad.  ecc.,  é  il  yen*  scòca  cavalluccio  (cfr.  lomb. 
*^acal  de  -shoka  il  cavallo  a  dondolo  dei  bambini).  —  Yqììojì.' strotìq>e 
pungolo,  da  stùmulu.  — ^  Gng.tcuchin  pecorfl^o.  Si  conferma  la  deriva- 
zione  da  Ticinu,  e  si  produce  qualche  altro  esempio  della  voce.  E  da 
^9oiuii8»^re  il  tàsin  le-  del  Boerió,  che  questi  però'più  non'comprea- 
deva,  poiché  là  voce  traddoe  per  ^  abitante  delle  terre  per  cui  scorre  il- 
Ticino\  Del  resto,  la  connessione  della  vóce  grigione  con  TicTnu  era 
già  stabilita  nerperiodico  Der  nèue  Sàmmler  IV  (Coirà  1808),  p.  217, 
dne  è  detto:  «Nach  dem  die  Schafe  zo  Borgofesio  geschoreawer- 
<i^n..;,  bringen'sie  dfen  Wiriter  inden  zahmeren  Ebeneif  des  Pie- 
montesiscben  odor  bey  Brescia,  Crèma  und  im  «ntern  Mailàndiilchen, 
an  den  Ufern  des  Tessins,' zìi;  daher  vermuthlich  heissen.di  Schàfer 
Testini  (im  Engadin  Taschiìis)>.  In  una  antica  versione  francese:  del 
F.)lengo,  il  tesini  deirorigirfale  è  tradotto  per  moutonmers-du.  Tésiu 
<v.  Genia,  Récréations  philologiques,  I  287)'.  '-«  tempia  ecc.,  da  un 


'  Cfr.  sdelleggiata^  sdelUggi^  ap.  Papaoti  (versioni  di  Anagni  e  della  cam- 
pagna romana)  pp.  392,  40 i. 

Airiocon trarlo,  è  forse  un  caso  di  t^r  in  s-r  noli* o^fro  (-^artro)  attro, 
di  Grotte  di  Castro'  e  S.  Lorenzo  Nuovo  (Roma),  Papanti  393  (bla),  403. 


198  Cronaca  e  Bollettino  bibliografica 

Ut.  Yolg.  ^TsacpoLA,  nel  qaale  confluiscono  tempora  e  TBMPLitt  in\* 
orizzontale  del  tetto.  Per  la  parte  ideologica,  ai  ricordi  ancora  il  ^-. 
pareagna  {paréte)  mascella.  —  Aret  vieguelo  erpice,  da  vnncQUi:; 
T.  ancora  Meyer-Lubke,  Zst.  f.  r.  ph.  XXIV  144.  —  Verbi  in-«*p 
sic.  jiocari^^jacicare^  vaiteli,  reca m*rej ideare.  —  pùi4TÌac.- 
stro,  da  yìtejl.  Vedi  Kflrting»  10241 ,  e  cfr.  V  ìt  vizialo  TÌtìgno.  - 
Blen.  zuma  conaamare  alla  vampa,  coli'  a.  tose,  dicimare. 

9.  Il  Corna  pubblica  un  lungo  brano  della  versione  gallega  d«..* 
Storia  Trojana  scritta  in  castigliano  nel  1373  da  Fernando  Pero. 

13.  Le  etimologie  bretoni  di  V*  Henrj  possono  interessare  il  r- 
manologo  per  parecchie  parole  che  THenry  dimostra  tolte  a  prest:  • 
dal  latino  o  dal  francese.  Invece  propenderebbe  egli  a  derivar  :i* 
bretone  il  frane  engoulevent^  non  trovando  egli  in  esso  Taria  d*an  a-^ 
mignolo  popolare.  Ora,  si  ricordi  che  quello  stesso  uccello  è  chiami*  * 
al  di  qua  dell'Alpi  ingqfavènt^  foiUventOj  ecc.,  e  vedine  Flechia  IV  ;^i- 

14.  Il  Guarnerio  ci  dà  queste  etimologie  sarde:  mer.  abbitm^^'- 
haeoi  sanguisuga,  verme,  da  saj«ooisuoa.  attraverso  contaminazioai  ti 
rie,  fra  cui  quella  di  abbi  «a  ape,  e  di  Ma  'suggi'.  —  Log.  aria, 
mer.  arga^  ecc.,  tarantola,  malmignatto,  da  varia.  —  Log.  atta^. 
bùtradu  ghiaccio,  da  astru31.  —  Nuor.  briku  vitello  di  latte,  bik-i 
marinu  vitello  marino,  da  vIt&lu  ;  cfr.  Kdrting*  num.  10263,  dova  eoe- 
par  ben  alterato  l'it  vecchio  marino.  —  Gali,  kahtka  specie  d^ertv 
»  quaglio  ■¥  ruca  —  kal^  nella  composizione  neolatina:  oòno  karj- 
ndUulu  ragno;  log.  e  sett  karindtula  tarlo;  v'entra  aratiki*,  e,  a  • 
secondo  termine,  forse  un'altra  base.  —  Sass.  kaldu  mtnom  spec.-» 
di  cardo  selvatico,  ma  mangereccio,  la  cui  seconda  parte  va  oalT  .t 
mignone.  —  Log.  Miffia  ghiaccio,  da  orugidiu  4*  forse  cabli*.  ^  Dia 
com.  kokketta  bozzolo,  ecc.;  kokka  focaccia  ecc.;  kukkuru  cima  k^» 
Prodotti  dall'incrocio  di  *coola  con  coccu.  —  Nuor.  krapika  dtÌA\* 
della  parte  anteriore  del  timone;  hrapiku  capezzolo,  ambedue  daci- 
ptTULU.  —  Nuor.  krunuka  conocchia,  è  la  normal  rispondenza  deì*i 
voce  italiana,  mentre  nel  log.  kannuja  ecc.  s'ha  la  immistione  di  cix>v. 
—  Gali,  kuskuga  brusagUa,  da  cuscuuuh.  —  Nuor.  fortiku  la  cor- 
teccia più  fine  ond'  ó  avvolto  il  fusto  della  quercia-sughero,  da  coani 
commisto  a  fustis.  —  Mer.  fuis^fUis-fenu^  fuisèstini^  log.  ìomUi- 
/emù,  ecc.,  cicigna.  Tutti  nomi  in  cui  si  parte  dalla  nozione  delTaa* 
nidarsi  che  (a  l'orbettino  nel  fieno,  nell'erba.  —  Mer.  paia^"^ 


Cronaca  e  Bollettino  bibliografico.  199 

-anedda  bacino,  piccolo  bacile,  da  palanoa*  —  Mer.  pistilloni  taran* 
tela,  da  STBLUO  commisto  forse  a  pibera  vipera.  —  Loi^.  saiiffemuru 
erba  pendolina,  da  saucb^muru.  ^  Log.  siridu  pullalato,  che  ha 
fatto  cima,  dal  partic.  di  sbhbre,  che  vive  nel  gali,  xiri,  ^  Nuor. 
sokka  correggia,  coll'it  saga,  —  Naor.  terra  bidusta  terra  coltivata 
Tanno  precedente,  terra  paperile  terra  da  coltivare  nell'anno,  da  ve- 
tusto il  primo,  da  pabìilu  il  secondo  epiteto.  —  Log.  tidariu  muc- 
chio, catasta,  mer.  tidin^olu  marmeggia,  Ungolu  tarma,  mer.  Udingu 
naca.  Il  primo  termine  va  con  seda  sbobtb,  il  secondo  e  forse  anche 
il  terzo  (cfr.  Tit.  Ugnane)^  con  tTnba.  ^  Log.  tirriolu  bestiola,  ani- 
malaccio,  e  sue  diverse  attribuzioni  a  nomi  d'animali.  Si  tratterebbe 
di  5i|p(ov.  Ma  non  vorremmo  in  tal  caso  *tirioluì  —  Mer.  traila^ 
tràina  vitello,  da  tauru,  attraverso  ^tattrula^  *tdunla  ^tdurina^  Non 
si  tratterà  piuttosto  nel  primo  esempio  di  ^taukilis  (cfr.  suovetaurt" 
ita),  ^traila  *  traila^  e  nel  secondo  di  tauiuna  *tr€dnaì  Per  l'accento, 
cfir.  bdina  guaina.  —  Log.  tijMi,  uppa  ombra,  volume,  aùpa  ombra, 
gruppo,  ecc.,  andrebbe  coll'it.  cupo^  occuparsi  {XV  L35,  SuppU  Arch. 
glott.  V  124).  I 

15.  n  Nigra  comunica  una  ricca  e  utile  serie  di  esempi  per  certi 
fenomeni  del  dialetto  di  Viverone,  che  sta  a  cavaliere  tra  il  biellese 
•'  il  canavesano.  Questi  fenomeni  sono  :  a)  -t  costante  al  posto  di  -«. 
^>)  un  suono  ottuso  (a)  che  tiene  il  posto  del  cosi  detto  e  muto  pie- 
montese, e).  Il  suono  ti  per  u,  e  ^  od  9  per  ó';  non  avendosi  6  che 
ia  parole  importate,  e  neìYói  eh'  è  come  la  risultanza  di  anteriore  ad' 
a^,  d)  a  prostetico,  per  ragioni  radiofoniche,  davanti  a  certi  nessi. 
«*)  0  n  limitato  alla  formola  finale  in.  e)  Il  riflesso  di  -cl-  che  ora 
é  g^  gg  (quando  il  g  sia  riuscito  finale),  ora  e,  ora  j  {yijal  ci  ripor- 
terà però  ad  aculbu).  f)  cr  in  e  {ce  se  finale),  coir  eccezione  appa- 
r^nte  rikgà  ruttare,  che  però  rappresenterà  un  *rug*lnre  (ruoìrb). 
o)  -u  io  j\  e  la  metafonesl,  i  cui  esempi  confermano  quanto  ò  detto 
nei  voi.  IX  235  n,  ci  congiungono  cioè  direttamente  alla  Valsesia, 
nascendosi  cosi  a  un  compatto  dominio  metafonetico  che  comincia 
all*estremità  settentrionale  del  Verbano  e  va  attraverso  l' Ossola,  la 
Valsesia  (Tonetti.  Diz.  vals.  25*7),  il  Biellese  e  il  Canavesano.  Circa 
alla  special  risoluzione  di  -o'ni,  cfr.  anche  il  valses.  'oogn  da  sing. 
un  (Tcnetti,  27),  *òn  (sing.  uh)  con  un  6  assai  torbido  e  chiuso,  a 
Valdnggia,  e  sg.  tnutùh  pi.  mutifn  a  Vische  (Strambino-Ivrea),  dove 


201  O.-oiiaca  e  Boiiettino  bibliografico. 

il  -/i  dentale  ci  avverte  che  si  tratti  di  ^'^Jn.  LV  di  esempi  come 
stri  strade  ecc.,  andrà  poi  considerato  come  il  prodotto  della  diretta 
cofttrasione  di  -dj  (vaUea.  contrói  contrade,  soldai  soldati),  h)  Caduto 
l!-9  nella  -1/  sin^  del  pres.  indie,  i)  Caduto  il  -r. nell* infinita,  j)  Espun- 
zione della  vocal  protonica,  k)  Fenomeni  vari  attinenti  alle  vocali 
atone.  —  Seguono  poi  i  paradigmi  delle  principali  forme  verbali. 

16.  La  tendenza  che  il  Grdber,  con  molto  acume  e  non  minor 
dottrina,  cerca  di  stabilire  per  la  lingua  frai^cese  ó  questa:  le  sillab»^ 
chiuse  si  ristringono  per  dar  luogo  a  delle  sillabe  aperte. 

17.  Il  de  Lollis  si  propone  di  indagare  in  quali  condizioni  i  dia- 
letti dell'Abruzzo,  che  solitamente  riducono  -a  ad  -e,  conservan  tal* 
volta  Va,  La  conclusione  gli  ò  che  questo  -a  si  conserva  quando  la 
parola  che  ne  va  fornita  sia  in  proclisi.  L'-a  compar  tuttavia  anche 
in  tali  sedi  dove  Tetimologia  non  vorrebbe  un  -ai  e  cioè  è  dovuto  al 
carattere  collettivo  che  in  certe  combinazioni  spetta  a  quei  nomi,  ca- 
rattere che  viene  espresso  mediante  Va  neutrale. 

18.  Il  R-^jna  mira  a  render  probabile  che  chi  prima  adopero 
la  locuzione  *  Lingua  cortigiana'  sia  Vincenzo  Colli  sojpraonominato 
Galmeta,  nato,  pare,  intorno  al  14^30. 1  nove  libri  della  Voigar  poesut 
dove  il  Calmeta  avrebbe  primo  pa^rlato  di  *  Lingua  cortigiana'  som» 
^smarriti,  e  pare  che  il  cortigiano  scrittore  intendesse  designare  il 
linguaggio  della  corte  romana.  Il  Rsgna  tratta  anche  delle  controversi^ 
suscitate  dal  nome  e  dall'idea  di  Mingua  cortigiana',  e  dei  rapporti 
che  intercedono  tra  le  opinioni  del  Calmeta,  che  non  conosceva  il  De 
Viilfjari  elo</ttenliaf  e  quelle  di  Dante. 

2J.  Lo  studio  del  (rarlanda  pare  a  me  assai  poco  degno  delPoc- 
casione  ohe  l'ha  ispirato.  Vi  fanno  assolutamente  difetto  il  metodo,  l'in- 
formazione e  un  retto  criterio  nell'app rezzare  i  fenomeni.  A  ciò  va  at- 
tribuito il  disordine  con  cui  la  materia  si  presenta.  Siccome  però  quet&ti 
materiali  non  mancan  d'interesse,  cosi  mi  si  conceda  di  qui  esteo- 
dermi  circa  alle  più  importanti  risultanze  che  se  i^e  ricavano.  1.  d  di 
sillaba  aperta,  seguito  da  r  e  5»  in  f:  ky  caro,  mer  mare*  lunari  lu- 
nario, »j«  naso,  squ^si  quasi,  ecc.  ;  rv  ape,  megru  magro,  Tpfri  padr<*, 
m:ri  madre,  sembran  poi  aggiungere  altre  serie  d'esempi.  Ma  par  di- 
verso il  caso  di  taloeff  -ej  selvatico,  num.  45,  veg  *  opaco'  num.  40.  — 
Esempio  di  metafonesi  è  l^vri  plur.  di  Idvri  labbro*  2«  e'  di  sillabi 
a|>erta  in  et,  fenomeno  del  quale  il  Garlanda  par  non  essersi  accorti): 


Cronaca  e  Bollettino  bibliografico.  201 

rei  rete,  sei  sete,  teila,  kandeila,  seira,  véi  vero,  -é/--?ré,  pcis  pece, 
empreisa,  seìv  sego,  peivri  pepe,  zineivri  ginepro.  —  Come  altrove 
noi  Piemonte,  sigffa  secchia,  w^^a  orecchia;  e  forse  castìTta  car 
stagna.  3.  Tra  gli  esempi  di  i  in  ti,  nella  vicinanza  di  labiale,  anche 
Iihnmia  scimmia,  num.  44,  e  piibbia  pioppo,  pag.  :«6,  che  sarà  per 
plbbia  (cfr.  Bollett  st.  d,  Svixz.  it.  XXIII  90).  4.  sHvia  stufa,  num.  53, 
(esempio  diu'  in  i  dav.  a  labiale.  5.  Sempre  -i  (^e  ed  i)  in  fine  di^pa- 
rola  (tèm»u  temere,  skrivi  scrivere,  fursrùi  'forbicine*  forbici  num.  53, 
ihbli  debole,  peivri  pepe,  levn  lepre,  fevri  febbre,  pvn^  meri^  ecc., 
lihnìni  LiMBN  num.  12,  tinsi  undici,  quinzi,  ecc.);  e  V-i  pare  stare 
anche  al  posto  di  -o,  laddove  questo  seguiva  a  muta  +r:  tec?n  ladro, 
/iiTi  labbro,  zineivri  (-vì-u  n.  27)  ginepro,  zendri  genero,  tenàri  te- 
nero [ma  mpgru  magro,  alegru,  'Peìni\.  5.  Notevolissimo  il  proten- 
dersi fin  qui  del  vezzo  lombardo,  per  cui  a  J-,  ^-,  ^gg-  {^-j-  -j'-),  cons. 
*^i  ^-«i  <5ons.  +0  si  risponde  per  z  risp.  /:  ine  gennajo,  sth-e  giu- 
rare, iwf  giocare,  itine  digiunare,  zendri  genero,  zia  gelato,  zenziva 
gengiva,  maz  maggio,  enkdzu  incudine,  ^aia  gazza,  pianit  piangere, 
i'^nzi  tingere,  sunia  sugna,  fUnz  fungo,  sendn  cenere,  serf  cervo, 
sitala  cicala,  Servèl  cervello,  sresa  ciliegia,  siulla  cipolla,  sdreii  Cer- 
reto, vehsi  vincere,  cauSiha  calce  ;  e  /  è  pure  la  risultanza,  come  nel 
lombardo,  di  cj  e  tu  sqnarse  squarciare ,  iris  riccio ,  gias  ghiaccio, 
hhnasa^  tersia  treccia.  Cfr.  ancora  sùmniia  *  lomb.  svnia.  6.  Il  n  della 
f annoia  xn  +  voc.  ridotto  a  in  rana,  kuruha,  kùna^  hena  catena, 
kauiina  [fursiti  a  num.  53].  —  Par  essere'  h  anche  davanti  a  con- 
bDnante,  non  solo  in  hngua  ecc.;  mra  anche  in  vehsi,  tehzi,  sirene, 
e  cosi  sarà  in  pianzi,  pianta,  ^^np,' ecc.,  per  quanto  l'A:  qtii'non  si 
serva  della  grafia  fonetica.  —  Manca  un  capitolo  sugli  accidenti  ge- 
nerali, nel  quale  avrebbero  potuto  trovar  posto  i  casi  d'accento  come 
r€is  radice,  heil  badile,  meis  tneistr  maestro,  hei  cadere  num.  59,  peila 
padella,  dove  certo  sarà  sempre  da  accentuare  èi,  keha  catena,  per 
^hejnay  da  •cflàia,  e  len,  per  *lejn,  non  da  leve,  ma  da  •/a-i?i  la- 
tini*, pdu  e  pae'ìxr  paura.  Contrazioni  sono  anche  in  treni  tridente, 
frH  fratello,  vel  vitello.  Epentesi  in  preia  pietra,  skovi  ^ scuotere \ 
ó^r  chiodo;  in  Arù^e  tsucehi^jo,  ih  xncò  (lomb.  inkò)  oggi,  cioè  *inclò' 
(cfr.  incoti  inchiostro).  —  Infine,  non  trovo  che  sian  classificati  esempi 
come  Jarcu  Giacomo,  orffu  organo,  enkùzu  incudine;  al  num.  62,  si 
pirla  solo  di  -ti. da  -fiLU. 


202  Cronaca  e  Bollettino  bibliografico. 

24.  J.  Schmitt  si  propone  di  dimostrare  che  il  gr.  medierale  *Pi(t* 
xov  :  fatum,  sors,  fortana,  periculam,  si  connette  con  ^cC«  radice,  venuto 
a  dire  'radice  di  montagna'  *  scoglio';  da  qai  proverrebbe  il  basso  lat< 
risicum,  onde  poi  risico  ecc.  Per  quanto  esposte  con  molta  dottrina, 
quéste  conclusioni  non  mancano  di  sollevare  dei  dubbi.  Intanto,  per- 
chè -«-  non  ^  ?  Mi  si  dirà,  perchò  il  dialetto  che  prima  accolse  la  pa- 
rola poteva  esser  di  quelli  in  cui  x  si  riduce  a  ^.  ^  Ma  quale  sarebbe 
questo  dialetto  ?  Poi  la  tonica.  Il  gen.  réi/egu  (antic.  reisego  e  re^ego)^ 
il  piem.  réisi  {arreisima  réisi  AlionOi  ed.  Daelli,  228,  arreisiani  110, 
233,  318)  postulano  rI-  (e  di  risicat  parla  inlatti  il  Meyer-Lùbke, 
Gramm.  stor.-comp.,  §  30)  e  sarà  quindi  da  T  anche  Ve  del  lomb. 
résega  e  del  prov.  rezegìte,  là  e  dell'ant  gen.  regego  e  del  mod.  piem. 
rés'egh  dipendon  dalle  arizotoniche,  e  Vie  dello  sp.  riengo  offre  certo 
minori  difficoltà  movendosi  da  e  (•  e  od  I)  che  non  dall'i  del  tardo  *Pc>t- 
)C9v.  D'altra  parte  Vi  di  risico^  rischio^  ecc.,  sarà  dalle  arizotoniche, 
come,  p.  es.,  ò  dalle  arizotoniche  il  piem.  ars'igh  {*ars'ighé).  A  questo 
e'  non  soddisfan  dunque  nó'PcCcxtfv  nò  resecare.  V.  Kdrting*,  79ft\ 
Flechia  VOI  382. 

25.  Il  Goidanieh  rettifica  e  emenda  in  qualche  punto  il  noto  la- 
voro del  D'Ovidio  sul  dialetto  di  Campobasso.  Circa  all'infinito  cosi 
detto  sincopato  {pwtd  ecc.),  il  6.  vorrebbe  raffrontarlo  con  casi  come 
i  vocativi  Franci  ecc.  Ma  si  tratta  di  cosa  ben  diversa.  La  sincope 
dell'infinito  è  di  quasi  tutta  Italia,  e  va  piuttosto  raffrontata  alla  ri- 
duzione del  partìc.  ^^o  «u-  -t-  ad  a  ù  »  anche  in  dialetti  che  solita- 
mente non  lascian  cadere  -4-,  p.  es.  l'emiliano. 

20.  Una  delle  due  etimologie  del  Mejei^Lubke  riguarda  Ta.  fr. 
besaine  e  il  sopras.  maxeina  alveare.  Il  punto  di  partenza  dev'essere 
un  bé-  bè*  o  bisèna.  La  parte  suffissale  ò  certamente  celtica,  e  si 
mostrano  altre  formazioni  analoghe;  ma  sarebbe  incerta  la  radice.  — 
Intorno  ad  -énus,  v.  ora  anche  l'art,  del  v.  Pianta  in  Wòliflin's  Ar- 
chiv.  XII  ;M7  sgg.,  dove  pure  si  viene  a  parlare  (368  n)  della  proposta 
del  M.*L.,  ch^ò  respinta,  per  sostituirle  invece  l'at  In^zeina^  la  cai  se- 
conda parte  si  continua  nell'it  zana^  lomb.  x4^*na,  ecc.  Ma  può  ^  n* 
spondere  a  z  germanico  ?  £  ricordo  ancora  il  ven.  btuo  de  ove,  berg. 
hitt  de  ae,  alveare,  onde  forse  il  vaiteli.  bu/ó\  berg.  bieòl  bagnolo  e 


■  Uno  z  parrebbe  rispecchiato  dal  e  dell' a.  gen.  re^ego^  Flechia  Vin  382 


Cronaca  e  Bollettinp  bibliografico.  203 

alveare,  mil.,  pav.  bisò'  alveare,  sciaq^e.  —  L'altra  riguarda  il  frnc. 
frelon^  ch'ò  derivato  da  un  germ.  *Kor%lo  (furilo  in  un  glossario  aat.) 
corrispondente  etimologicamente  al  lat  craòro. 

27.  11  Pieri  combatte,  parmi  senza  ragione,  la  opinione  fin  qui 
ioralente  circa  all'origine  dei  verbi  in  ^gjfiare^  per  cui  propone  quindi 
un'altra  spiegazione  assai  artificiosa.  Pass^  poi  ai  seguenti  etimi:  am* 
I/toccare,  magtigna^  sarebbero,  il  prillo,  da  un  'macca  che  starebbe  a 
^JUCA,  da  cui  il  secondo,  come  baoca  a  baca.  —  axzo  maniera  di  fare, 
dal  nominat  actio,  e  cosi  pure  lazzo^  proposta  ben  accettabile,  pui*- 
cùé  si  consideri  actio  come  voce  dotta.  -^  bargia  giogiga  de'  buoi,  ecc., 
da  barba  incontratosi  con  gorgia.  —  bergolart  chiacchierare,  da  un 
*ceròtttoi<e.  ^  bglso^  assai  bene,  a  veder  mio,  diU  vulsus  di  Végezio. 
^  bucchio  tunica  della  cipolla,  da  lobvs,  come  anche  buccia.  Ma  è 
impresa  disperata,  il  volei^  mandare  con  quest'ultima  forma,  il  tose. 
I/uscio  -a,  il  lomh.  glissa;  poichò  il  s  toscano  e  il  ^  lombardo  si  corri-^ 
spendono  perfettamente  (cfr.  lomb.  tip  «  uscio^  angossa  «  angoscia^  ecc.), 
ma  il  p  non  può  essere  in  Lombardia  da  cj.  —  aret.  ctyo  legno  marce-> 
scente,  derivato  egregiamente  da  garuss.  —  carpgne^  sarebbe  dal* 
Tare,  carpare^  e  questo  da  carpers.  Ma  come  si  spiega  il  passaggio 
dalla  3*  all&  1^  coi\jug.  ?  —  calrìosso  proverrebbe,  poco  verosimilmente, 
da  CAUOAB  ossuM  —  ciarUa  sarebbe  ciampa  (lucch.)  commisto  a  pianta. 
-^  dgmpo  andrebbe  con  ciampa^  per  un  fenomeno,  che  al  Pieri  par 
'evidente,  ma  a  me  non  riesce  tale,  e  per  cui  a'  +  nas.  +  cons.  potrebbe 
dare  al  toscano  q.  *—  pist.  ciQspo^  sarebbe  da  cabspbs,  derivazione 
oltremodo  improbabile.  Anche  in  Lombardia  ò  éosp  malazzato,  vale- 
tudinario, valses.  cieuspu  e  ciospa  vecchio  sdruscito,  valm.  cùsp  ter- 
mine di  spregio  pei  vecchi,  ecc.  ^  chian.  citela  rosolaccio,  andrebbe 
<'on  cUela  bambina,  ragazza.  —  fuscello,  da  *fu8ticbllu.  —  gavvie^ 
da  cAvu.  —  gaziurroj  da  gazzarra  contaminato  da  zwto.  —  granr 
^cola  pesce  margherita,  con  ragione  dal  ven.  granala m^c ranci- 
f-uia;  ma  non  occorre  la  fase  intermedia   *cranctpula  postulata 
dal  Pieri,  la  formola  voc.  +  cu ,  ben  potendo  riuscire  direttamente  a 
''OC.  >  (0)0,  o  la  dissimilazione  potendo  già  esser  avvenuta  tra  i  due  ff^ 
il  ^grancégola.  —  imbuto  da  *imbutor.  Non  vedo  la  necessità  di  ab- 
''indonara  la  base  imbììtu,  il  'riempito'  tanto  potendo  esser  l'imbot- 
*atojo  che  la  botte.  —  intirizzire^  da  are.  intirizzare^  e  questo  da  in-- 
tero^  derivato  mediante  -izidre.  — *  intruschiare  ^  da  intrusu,  per  1» 


204  Cronaca  e  Bollettino  bibliografico. 

via  di  *iNTRUsicuLARB.  — *  fìidìidrctccìda,  con  troppi  -  sforzi  da  *mere- 
tracuìa.  —  inantrugìare  da  %nan[u]  trust  are,  —  inazzeranga, 
da  mazza  attraverso  mazzdnghera  che  esiste  ed  ó  da  spiegarsi  come 
pozzànghera.  M&v'ha  esempio  di  una  analoga  metatesi?  Pruttosto 
crederemo  che  la  metatesi  abbia  prima  avuto  luogo  nel  verlio  (m«iJ* 
serangare  allato  a  mazzaììgherare),  e  che  da  qui  siasi  poi  tratto  pnaz- 
zeranga.  —  ìneldfigolo  da  mblum,  come  Tare,  ceb'dngolo  da  cItrcs. 

—  nicchiare^  da  *mctictUare,  —  ot^zko^  deverbale  da  orezzare^  e  qu»- 
sto  da  HORRiDU,  per  la  via  di  ^horridiare.  —  aret  pagella  pa- 
aiuzza,  da  paoblla  come  pània  da  pagina.  Ma  perchè  non  ^paélla  f. 

—  pagUolaja  giogaja  '  de' buoi,  per-  ^paglidjola  da  palbaru;  ma  o 
metatesi  di  cui  vorrei  vedere  altri  esempi.  —  lucoh.  puppattorino  pol- 
pastrello delle  dita,  da  pQlpa.  —  pist.  rabbrezzare  raccapezzare,  an- 
drebbe, con  rabberciare.  —  raganella  ecc.,  da  raucl*.  —  pist  rtfcioln 
cosa  appallata  e  rotonda,  da  *rotjolo^  e  cosi' il  luceh.  grdcioto^  comt* 
truciolare  da  ^derotjolare.  Le  difficolta  fonetiche  sono  enormi.  — 
ruticare  da  %'ótìcare,  •=—  lucch.  sfòQnchio  macchia  dMnchiostro,  d:i 
^/òovonchio  e  •  questo  col  lucch.  bofonchio  vespa  crabro.  —  scalmana 
da  xxuiAx  con  immissione,  quanto  al  suffisso,  di  caldana,  —  sen.  sct'i- 

m 

quo  -reo  rovescio  d'acqua,  ecc.;  andrebbe  con  serqua,  —  sganga* 
sciare f  rincontro  di  sganasciare  con  sgangìierar'e.  —  sghembo,  da 
STLB^mus  (Pesto)  che  va  interpretato  come  'storto'.  Alla  stessa  ba$»* 
radduce  il  Pieri  Talto  it.  scalembro^  il  che  mi  parmen  ovvio.  Piut- 
tosto gli   ricordo  il  piem.  sgihb  (ali.  a  sghemb)  \  il  piac.  sginf  {<* 
sganf),  e  il  boi.  schibizz,  mirand.  sghiòiàz.  —  lucch.  sgrollone  acquaz- 
z.^ne,  da  scrollare.  —  chian.  s'guillare  sdrucciolare,  sguizzare,  «  squU- 
lare  (da  squilla);  cfr.  scivolai^e^si^tLKKK.  —  chian.  sollemme  pian  piano, 
da  soLLBMNi^,  e  ne  viene  l' it.  Ijìnme  l^mvne,  come  già  era  detto   ir. 
Misceli,   nuziale  Rossi*Teiss,  pp.  404-5,—  spilluzzicare,  lìer  ^spilu*^ 
cicare  e  questo  da  piluccare,  —  sen.  spreparato  spettoracciato,  con 
preparare,  —  chian.  stempeggioìxc  spintone,  per  metatesi  recìproca, 
da  spemeggione;   v.  Misceli.  Rossi-Teiss,  p.  411.  ->-  stuzzicare^  da 
toccare,  per  la  via  di  *toccicare.  Confesso  che  non  mi  convincono  n«» 
questo  né  gli  altri  esempi  che  il  Pieri  adduce  per  z'zi  da  ed,  —  pi^t. 


•  s)it\h}se  e  *)'  pi'jjjipo,  curvare.  C  è  il  sospetto  che  v'  entri  gibbo  (^^a 


Cronaca  e  Bollettino  bibliografico.  205 

s'cercignoi'e  versare,  iterativo  di  'versare'.  Mi  non  mi  par  giusto  il 
modo  con  cui  il  Pieri  spiega  la  forma,  il  cui  primitivo  ò  nel  montai. 
t emare  e  risale  a  ^versiare.  —  tQnchio  baco  delle  civaie,  sarebbe 
da  Tonchio  Antonio,  cosi  com'  ó  da  Giovanni  il  sinonimo  giannino 
lucch.  ecc.  -*  aret.  trasto  impiccio,  impedimento,  da  transtrum.  — 
sen.  trespiggiire  "ire  andar  pian  piano  pur  facendo  un  certo  rumore, 
per  ^strepiggiaret  e  questo  da  trbpidu.  —  chian.  fu/*f  a- nebbia  densis- 
sima, da  TYPHUS.  -^viluppo;  il  ^ppo  andrebbe  spiegato  dal  plur.  ti- 
luppi  («  *voLUPL-)  non  più  compreso  come  "ppii^  di  qui  avviluppare^  ecc. 
Ma  e  che  ne  facciamo  del  frane,  envelopper  ecc.,  di  cui  v.  Mejer* 
Lùbke,  Rom.  gr.,  I  §  503? 

28.  La  prima  delle  etimologie  del  De  Gregorio  riguarda  il*  basso- 
lat.  bladum  e  i  suoi  riflessi  romanzi.  Invece  di  ripetere  inutilmente 
il  già  detta  da  altri  senza  venire,  naturalmente,  a  nessuna  conclusione 
nuova,  il  de  G.  avrebbe  dovuto  indagare  prima  il  rapporto  che  corre 
tra  biacta  e  biaca^  due  forme  che  ricorron  l'una  accanto  all'altra  per- 
sia nello  stesso  documento,  e  diffuse  per  dialetti  nei  quali  tra  il  -f/- 
«  il  *r-  non  riesce  di  stabilire  nessun  rapporto.  —  gagliardo  da  gal- 
u\.  E  il  ^-?  —  tovaglia^  da  tòga.  Premetto  che  le  forme  italiane  e 
iberiche  sono  un  gallicismo;  ma  anche  per  il  frane,  touaille  non  vedo 
che  vi  sia  un  ragione  voi  motivo  di  abbandonar  T  etimo  fin  qui  am- 
messo. —  bléine  con  blàsphbmàre  (  !  !). 

29.  Nel  suo  interessante  articolo,  il  Parodi  svolge  una  teoria 
da  lui  già  propugnata  (Bullett.  della  Società  dantesca,  III,  100  n),  e 
secondo  cui  neViflessi  di  -idiahb  (-izare)  alternassero,  a  seconda  del- 
i*acceQto,  due  evoluzioni  fonetiche,  di  cui  l'una  conduceva  a  -tare  l'al- 
tro a  ^eggiare:  si  sarebbe  cioè  avuto  a  un  dato  momento  l'alternare 
di  aleggiti  con  alicwe  (poi  aljoi^e);  da  afjare  son  poi  estratti  dei  de- 
verbali come  alfa.  Notevole  la  lista  degli  esempi  che  sono  addotti  a 
riprova  della  tesi  e  che  in  parte  rappresentano  delle  ben  seducenti 
etimologie:  celiare  da  celare,  onde  poi  Cfjija;  ammaliare  da  malu;  c/i- 
l^fiare  m  dile{quare)  +  *{ligue)fiare  {^liguefeggio).  Interessante,  in  fine, 
una  Dota  sol  diverso  valore  dell'alto-it  -èri  (bakanéri^  ecc.)  e  del  tose. 
-éo  {piafffustéo\  e  la  raccolta  dei  vocaboli  toscani  che  mostrano  un  v' 
passato  in  t  nell'iato. 

30.  n  Gorra  cerca  di  ristabilire  con  molta  e  solida  erudizione 
il  testo  della  famosa  Alba  bilingue,  il  cui  dialetto  egli  assegnerebbe 
aila  Francia  meridionale. 


206  Cronaca  e  Bollettiao  bibliografico. 

31.  La  Signora  C.  Michaélia  de  Vasconcellos  tratta  dogli  a.  sp. 
yengo^nguedat^ngar^  di  cui  dimostra  che  debban  corrispondere,  e 
derivarne,  agli  ihìgenuus,  inqbnuitas,  i!f6BNUA.RB  delle  scritture  medie- 
vali. Ma  quanto  sicura  parmi  la  dimostrazione,  altrettanto  incerto 
parmi  il  modo  come  viene  spiegata  la  evoluzion  fonetica  delle  basi 
latine;  di  che  v.  anche  XV  453 ^ 

32.  Il  prof.  Grescini  ha  avuto  la  fortuna  di  scovare  una  copia  fin  qui 
ignorata  e  riscontrata  direttamente  sulla  pergamena  originale  del  fram- 
mento epico  bellunese.  La  copia  è  del  1577  e  in  essa  il  testo  cosi  suona: 
De  Castel  d'ard  avi  li  nostri  bona  part,  I  lo  geta  tutto  intro  lo  flumo 
d^Ard,  e  sex  Cavaler  de  Tai^vis  li  plui  fer  con  se  duse  li  nostre  Cavaler. 

33.  Mi  manca  Tanimo  di  seguire  il  Biadene  per  le  molte  pagine 
in  cui,  prendendo  le  mosse  da  termini  dialettali  come  zina  caprug* 
gine^  nella  1*^  nota,  da  bòvolo  nella  2\  passa  in  rivista  e  dichiara 
una  non  ispregevole  porzione  del  Vocabolario  neo-latino.  Sono  vere 
operazioni  cesaree,  alle  quali  non  tutti  sanno  reggere. 


Lo  scorso  giugno  fu  pubblicato,  pei  tipi  del  Barbèra,  la  Raccolta 
di  studii  critici  dedicata  ad  Alessandro  D* Ancona  festeggiandosi  il  XL 
anniversario  del  suo  insegnamento  (Firenze,  1901;  pp.  XLVIII-791). 
Nel  poderoso  volume  c'è  qualcosa  da  mietere  anche  per  noi.  Rod.  Re- 
nier  (pp.  1-12)  nel  fornire  Qualche  nota  sulla  diffusione  della  leggenda 
di  Sant'Alessio  in  Italia,  tocca  anche  del  poemetto  di  Bonvesin  con- 
servato nel  cod.  93  della  Trivulziana,  riproducendone  qualche  sag- 
gio. —  Ireneo  Sanesi  (pp.  145-64)  spigola  da  lettere  inedite  di  Gi- 
rolamo Grigli  delle  notizie  che  anche  interessano  la  stampa  del  Vocah. 
CateìHniano.  —  M.  Barbi  (pp.  241-59)  ci  intrattiene,  dandocene  in- 
sieme un  saggio,  intorno  a  un  antico  codice  pisano-lucchese  di  Trattati 
morali,  e  fornisce  uno  spoglio  fonetico  e  morfologico  dei  componimenti 


^  In  questa  stessa  pagina  deirArch.  m*ero  io  avventurato  all'etimologìa 
delPa.  sp.  brecuelo,  senza  avvedermi,  ciò  onde  mi  faano  cortesemente  av- 
vertito il  Menéndez  Pidal  e  il  Meyer-Lùbke,  che  vada  letto  breguelo, 

'  Tra  le  forme  dialettali,  non  vedo  ricordato  il  nap.  ainq  (Andreoli), 
che  sarà  la  ina  traina.  Nella  Raccolta  di  voci  romane  e  marchiane  è  incesa 
che  è  forse  da  ragguagliarsi  a  'incisa'.  —  Neirancon,,  occorrono  cagnaia 
e  capretta,  e  Tuna  e  Taltra  voce  ci  fanno  chiedere  se,  in  capruggine  ecc., 
non  sia  da  vedere  'capra*  senz'altro. 


Cronaca  e  Bollettino  bibliografico.  207 

in  esso  coQteauti  e  risalenti  ai  sec.  XIII  e  XIV,  che  si  può  consi* 
ddrare  come  una  assai  utile  e  diligente  contribuzione  alla  conoscenza 
di  quei  dialetti  ndlla  loro  fase  medievale.  Circa  ad  aitade  et-  età,  non 
vi  si  tratterà  dell'^  di  ab[vi]tatk,  ma  di  la  Od  Vaitày  con  ai  atono 
ridotto  poi  a  et.  Guiliardone^  guiderdone,  ò  allegato  non  so  perchè 
sotto  M\  mentre  avrebbe  dovuto  esser  menzionato  al  paragr.  del  'd\ 
Ma  si  tratterà  di  un  gallicismo  {gtdliardon  anche  neir  a.  yen.)  Di 
lunpingaiore,  t.  XII  411,  XV  210.  Non  si  tratterà  di  -ef-  soppresso 
in  aintendeì^Bf  ma  di  a  premesso  a  intendere  (cfr.  ausare,  aocchiare,  ecc.), 
«  in  reitaggio,  se  legittimo,  vedremo  un  di  (redit-)  dissimilato  colla 
soppressione  di  d\  notevole  forma  in  ogni  modo,  che  potrebbe  ispirarci 
un  diverso  giudizio  intorno  a  retaggio,  Semmana,  eh*  é  anche  nel  Voc, 
«  ritorna  nel  nap.  semmana,  sic.  simana,  sarà  certo  un  gallicismo.  — 
II  Del  Lungo  fpp.  297-303),  parlando  dei  contrasti  fiorentini  di  Ciacco, 
rileva  le  frasi  più  spiccatamente  fiorentine  di  essi,  e  si  sofferma,  alle- 
ssando anche  esempi  dell'uso  vivo,  su  in  parte  per  intanto'.  Il  D'Ovidio 
riconferma,  in  alcune  pagine  (617-35)  non  meno  argute  ed  eleganti  che 
«tradite,  la  sua  scoperta  circa  alla  distinzione  mantenuta  nella  poesia 
era  12  sordo  e  zz  sonoro,  e  produce  nuove  ed  importanti  testimonianze. 
Dà  ragione  di  qualche  apparente  eccezione,  tra  cui  sozzo,  pronunciato 
a  Firenze  con  zi,  ma  che  dall'esame  delle  rime  della  D.  C,  dell'Orlando 
Furioso,  ecc.,  risulta  non  rimare  che  con  parole  come  pozzo,  risulta 
cioò  avere  zz  sordo.  Questa  circostanza  porta  il  D'Ovidio  a  un  note- 
vole discorso  suiretimologia  di  sozzo  e  d'altre  voci  come  lazzo,  doz- 
zina, calza,  giungendo  a  conclusioni  che  pajonmi  in  molta  parte  accet- 
tibill.  Fa  rilevare  la  perspicacia  del  materano  Stigliani  (157«)-1651) 
autore  àeVCOcchiale  e  di  un'opera  inedita,  intorno  a  cui  il  D'Ov.  dà 
«{aalche  cenno,  e  dove  ò  notevole  la  divisione  della  favella  italiana 
i^  due:  quella  del  Mi  e  quella  dell'io.  —  Il  Nevati,  infine  (pp.  711-02) 
tratta  di  an*antica  storia  lombarda  di  Sant'Antonio  di  Vienna,  e  dei 
rapporti  che  ha  con  essala  storia  abruzzese  d'uguale  argomento  pub- 
blicata  dal  Monaci.   Questa  rampollerebbe  da  quella.  Il  N.  chiama 
*1  imbarda*  la  scrittura  da  lui  pubblicata,  basandosi  certo   su   altri 
'-riteri  che  non  siano  quelli  della  lingua;  questa,  in  realtà,  detrattane 
1 1  forte  patina  letteraria,  detrattine  gli  elementi  alto-italiani  comuni, 
SI   appalesa  piuttosto  come  veneta;  cfr.  piaqua  piaccia  0,  fa^fa^ 
fii  30,  cet'tamentre^  vet^amentre  6*3-4,  lìare  mare  109. 


2i)S  Cronaca  e  Bollettino  bibliografico. 

Ben  meritate  onoranze  venivan   pur  rese  il  28  gennajo  p.  p.  al 
prof.  Ernesto  Monaci,  al  quale  i  suoi  scolari  vollero  presentare  un 
ben  nudrito  volume  (Scritti  vari  di  biologia,  Roma  1901),  dove  allato 
agli  studi  storici  e  storico-letterari,  non  mancano  quelli  che  più  pos- 
sono interessare  i  lettori  deirArchivio,  1.  Luigi  Gauchat  (pp.  61-.'.) 
ricerca  Torigine  del  molto  diffuso  •  sono  avuto  '  per  •  sono  stato  '.  Nt> 
constata  la  diffusione  (v.  anche  sum  avue  fatte  sono  state  fatte,  nelle 
antiche  preghiere  dei  disciplinati  di  Saluzzo,  Biondelli,  Saggio,  00:^), 
e  giunge  alla  conclusione  che  il  punto  di  partenza  del  costrutto  vaJ  v 
cercato  nella  concorrenza  di  è  ed  ha  nei  modi  rt  è  o  vi  ha.  Confessa 
di  non  potermene  persuadere,  per  quanto  alla  mia  volta  nulla  possi 
proporre.  Nella  Lombardia,  p.  es.,  non  si  dice  che  elgW  è  *vi  ò\  mai 
el  ga  vi  ha.  Bisognerebbe  vedere  fin  a  qual  punto  possa  servire  li 
ricognizione  di  costrutti  come  *mi  sono  svegliato'  allato  a  'mi  ho  svt^ 
gliato',  lomb.  «e  /tip  de  fai  se  avessi  da  farlo,  e  il  •sono'  per  'ho',  nei- 
rausiliare,  che  s'ode  in  molte  parti  d'Italia,  cosi  nelle  Marche  {sor- 
ciato  ho  ricevuto  a  Rapagnano,  Pap.),  nel  Lazio  (so  dormito,  so  r^ìuO» 
a  Marino),  nell'Abruzzo,  nel  Novarese  {son  fai  ho  fatto,  vson  setw 
par  ubidì  vi  ho  sempre  ubbidito,  a  Terdobbiate,  i  son  risi  ho  visto. 
I  son  trova  ho  trovato,  i  son  face  corraro  V  ho  fatto  correre,  mi  #o.< 
pardur  io  l'ho  perduto,  a  Trecate)  e  nel  Piemonte  {son  mtuigd  h> 
mangiato,  a  Moncalieri).  —2.  Mario  Pelaez(pp.  105-121)  pubblic:^ 
ed  illustra  un  Detto  di  Passione  del  sec.  XIV  scritto  in  un  dialett  » 
il  cui  fondo  è  umbro,  e  che  il  P.  vorrebbe  anzi  attribuire  a  Città  «il 
Castello  basandosi  suUV  di  tresse  trasse,  che  veramente  nulla  prov  .  ; 
poiché  Va  non  ci  si  offre  nelle  condizioni  in  cui  nell'aretino  e  nel  ca- 
stellano a  diviene  ^,  non  è  cioò  in  sillaba  aperta.  Se  tresse  non  é  ai 
errore  per  trasse^  penseremo  dunque  a  una  qualche  analogia  (p.  *'>. 
a  un  *tré  fatto  su  fé  diè^  e  venuto  a  commescersi  con  trasse)^  o  tu> 
talpiCi  volgeremo  la  mente  a  Perugia,  dove  modernamente  s^ha,  p.  e^ , 
ehiesso  chiasso  (v.  Qiorn.  st  d.  lett  it.  XVllI  250).  Del  reato  il  cob* 
mento  linguistico  si  appalesa  alquanto  superficiale,  e  molti  esem. . 
sono  allogati  ne'  diversi  numeri  grazie  a  mere  apparenze  e  a  ooa  d>  * 
chiara  idea  della  ragion  loro.  Che  serve,  p.  es.,  porre  fiero^  fecer  , 
rurica,  ridian^  sotto  E  lunga;  gionto,  curre^  corre,  sotto  u  lungo,  tue:  , 
tutto,  sotto  CT?  Perchè,  invece,  non  si  trova  sotto  nessuna  rubnc  , 
il  se  di  fansce  false,  cosci  così,  spatasciando  («  spadaceiando.  e:'. 


Croaaca  e  Bollettino  bìbli#grA&co.  209 

spadacci-^Ua,  3padaccino)ì  E  eoa  qaal  ragione,  degli  esempì  come 
gie  capegle  ì  capelli,  dove  !'-«  ò  per  mera  evolosione  fonetica  e  che 
si  conservano  e  son  sentiti  quali  mascolini,  véngon  posti  fra  i  meta- 
piasmi  ?  Nel   lessico,  non  avrei  dato  ricetto  a  conovìre  aver  cono- 
sciato,  un  infinito  impossibile,  e  dove  sarà  invece  da  introdurre  l'e- 
luendazione  canove  eio  'conobbi  io'.  Vi  manca  invece  pì^una  nel  no- 
tevole passo  gisse  a  schaldare  al  fuo^o  a  casa  da  una  pruna  chó  io 
interpreto  *andò  a  scaldarsi  al  fuoco  vicino  a  delle  brace  (a  una  bra- 
*iera)',  a  casa  avendo  il  valore  e  l'origine  del  frane,  chez^  e  pruna^ 
non  ragguagliandosi  a  prunus,  come  par  credere  il  P.  coU'allogare 
che  fa  la  voce  tra  i  metaplasmi,  ma  a  prùna  carbone  ardente.  Quanto 
a  Hcerare,  esso  significa  evidentemente  'meritare',  e  risalirà  certo 
a  LIBERARE,  per  la  via  di  'finire,  consegnare  il  lavoro  (efr.  il  frane. 
iivrery  'esser  rimeritato,  compensato'  'meritare'.  —  3.  C.  Avogaro 
(pp.  ir>7-8)  ripubblica,  di  su  i  suoi  Appunti  di  Toponomastica  veronese 
(Verona  1901),  il  cap.  V,  nel  quale  si  considerano  i  nomi  locali  atti- 
nenti alle  condizioni  del  suolo.  Malgrado  qualche  arditezza  e  qualche 
deficienza  nella  parte  fonetica,  deve  giudicarsi  un  lavoro  fatto  con 
huon  metodo.  —  -1.  C.  Trabalza  (pp.  185-80)  pubblica  una  Laude 
umbra  e  il  saggio  di  un  libro  di  prestanze,  del  sec.  XIV  la  prima, 
Jd  XV  il  secondo.  —  5.  V.  de  Bartholomaeis  (pp.  203-214)  tratta 
di  un  frammento  bergamasco  e  una  novella  del  Decamerone,  tentando 
U  restituzione  metrica  e  in  parte  linguistica  del  testo  ch'ò  in  Lorck, 
Altbergm.  Sprachdkm.,  pp.  89  sgg.  —  6.  E.  Bovet  (pp.  213-62)  ri- 
torna sulla  vessatissima  questione  di  andare  ecc.  Egli  valorosamente 
lifende  ambulare,  come  base  di  questa  famiglia  di  voci,  riinsistendo 
sulla  estensione  all'intiero  verbo  di  una  forma  accorciata  *a^\iAa  pro- 
pria imprima  del  solo  imperativo.  Ecco,  che  cèrti  verbi  abbiano  all'im- 
perativo una  forma  accorciata  è  fuor  di  dubbio,  e  non  è  men  corto  che 
questa  forma  potesse  poi  accaparrarsi  tutte  le  altre  voci.  Ma  per 
quanto  ne  posso  io  vedere,  badando  agli  esempi  allegati  dallo  stesso 
ti^kvet  ^,  queste  forme  accorciate   non  tendono  ad  altro  die  a  dimi- 
nuire il  peso  materiale  della  parola,  dove  decapitandola,  dove  sven- 


*  Cfr.  ancora  il  vie.  dmelo  dammelo,  il  ven.  dm  e  viìray  vorè^  guarda» 
iruardate,  codogn.  are  e  vare  ^guardate.  Queste  ultime  forme  re n don  h^n 
}.r"^»abile  che  sia  da  mandare  con  garder  il  frane,  garer. 

Archivio  rloUol.  iUL,  XVI.  H 


^^^^  Cronaca  e  Bollettino  bibliografico. 

trandola,  dove  mozzandone  la  coda;  mai  non  avverto  ch'essa  condu- 
cano a  delle  speciali  alterazioni  fonetiche,  che  non  sian  necessaria- 
mente determinate  dalle  nuove  combinazioni  cui  gli  accorciamenti 
davan  luogo.  A  tale  stregua,  io  posso  bene  spiegarmi  che  da  a'mbcla 
SI  venisse  a  ^arnla^  amlare^  e  quindi  a  tor,  aller^  mar,  ma  non  riesco 
a  spiegarmi  annar^  e  meno  ancora  andare,  lì  Bovet  s'associa  allo 
Schuchardt  e  al  Bréal  nel  ritenere  esservi  delle  etimologie  che  s'im- 
pongono malgrado  le  leggi  fonetiche.  Secondo  il  mio  povero  avviso, 
è  nostro  dovere  invece  di  sottrarci  alla  sedazione  di  qualsiasi  a-'prion, 
a  di  non  lasciarci  imporre  che  da  quelle  etimologie  le  quali  soddi- 
sfino nello  stesso  tempo  e  alla  fonetica  e  alla  semantica.  Senza  di  cb'> 
la  nostra  disciplina  non  avrebbe  ragione  d'essere.  Sia  pure  che  1^ 
norme  fonetiche  noi  conosciamo  solo  parzialmente  e  imperfettamonto  ; 
ma  questa  deficienza  non  può,  non  deve  essere  una  ragione  per  non 
tener  conto  nemmeno  di  quel  poco,  su  cui  la  scienza  può  fare  un  si- 
curo assegnamento.  —  F.  G.  Cappuccini  (pp.  311-23)  fornisce  una 
lunga  e  interessante  lista  di  verbi  italiani,  di  formazione  neolatina  •> 
italiana,  nei  quali  alternano  la  coigugazione  in  -are  e  quella  in  -Ire. 
—  8.  G.  Grocioni  (pp.  420-43)  descrive  il  dialetto  di  Ganistro  nel- 
l'Abruzzo ,  ma  la  cui  parlata  s'accosta  a  quelle  della  Ciociaria.  L  i 
descrizione,  abbastanza  buona,  si  limita  ai  fatti  fonetici  e  a  an  int*"- 
ressante  glossario.  — >  0.  T.  Morino  (pp.  513-30)  fornisce  delle  not^ 
e  degli  appunti  sulla  letteratura  romanesca.  —  10.  Ann.  Te  anero  ni 
(pp.  513-40)  pubblica  due  antiche  laude  a  S.  Francisco  in  lingaa  t<^ 
scana  letteraria  lievemente   colorita   di   ombro.  —   11.    P.  Fcdklk 
(pp.  555-60)  comunica  due  testi  volgari  in  diaL  di  Fondi  (Campania) 
di  cui  il  primo  risalirebbe,  a  giudicarne  dai  caratteri  paleografici,  al 
sec.  XII,  il  secondo  è  del  liOl.  ^  12.  P.  Tommasini  Mattiuo.  . 
(pp.  561-67)  pubblica  delle  antiche  poesie  religiose  dell'Umbria,  di 
sa  un  codice  della  fine  del  sec.  XV. 


• 


Einfuhrung  in  das  SCudium  der  Romanischen  Sprachwùtensrhafl 
voti  D/  W.  Meyer-Lùbkk  (Heidelberg  1901 ,  in-8,  pp.  224),  —  Qu.- 


'  annar  si  spiega  del  resto  da  andar  appunto  per  via  della  foniM  xisf 
pcrativaiì  accorciate. 


Cronaca  e  Bollettino  bibliografico.  211 

«t'opera  ò  come  T introduzione  a  una  serie  di  manuali  romanzi,  che 
sta  imprendendo  la  libreria  Winter  di  Heidelberg,  ma  può  conside- 
rarsi anche  come  un  assai  utile  e  desiderato  compimento  della  fon- 
damentale Orammatik  d.  rom.  Spr.^  di  cui  è  testé  (1(K)2)  apparso  il 
r  ed  ultimo  volume  contenente  l'indice  lessicale.  In  essa  TA.  si  pro- 
pone di  orientare  chi  entra  nuovo  nel  campo  della  linguistica  neo- 
latina, di  additare  i  problemi  insoluti  e  la  vìa  per  scioglierli,  e  quali 
problemi  già  siansi  sciolti.  Nella  introduzione,  dopo  fornite  le  neces- 
sarie indicazioni  bibliografiche,  TA.  tratta  dei  limiti  esterni  e  della 
struttura  intima  delle  lingue  neolatine.  Nella  prima  parte  del  libro, 
si  mostra  quale  sia  la  materia  su  cui  è  chiamata  a  lavorare  la  glot- 
tologia romanza.  Nella  seconda,  si  ragiona  dei  diversi  compiti  di  essa: 
compiti  biologici,  compiti  paleontologici.  Fra  questi  ò  la  indagine  to- 
ponomastica, intorno  alla  quale  ci  si  regala  un  capitolo,  affatto  nuovo 
nei  libri  di  linguistica  romanza,  e  che  VArchivio  saluta  con  partico- 
lar  compiacenza. 

Lateinisch-romanisches  WùHerhuch  von  Gustav  Kórting.  Zweite 
Vf^rmehrre  und  verbesserte  Auflage  (Paderborn  1901  ;  in-4^  pp.  VI- 
i?oI).  ~  Accresciuta  si,  migliorata  no,  questa  nuova  edizione.  Che 
C'itti  i  difetti,  che  si  sono  rimproverati  alla  prima  edizione  di  questa 
opera,  ritornano  nella  seconda,  accompagnati  ad  uno  nuovo:  la  somma 
s.'orrettezza  tipografica.  Gli  articoli  son  si  cresciuti  da  8951  a  10469, 
ma  quanto  maggiore  sarebbe  stato  1*  aumento  se  il  K.  si  tosse  ap- 
pena accorto  che  in  Francia  s'  era  nel  frattempo  venuto  compiendo 
il  THctionnaire  generali  Con  tutto  questo  non  si  può  negare  che  anche 
la  seconda  edizione  sarà,  in  mancanza  di  meglio,  uno  strumento  di 
hvoro  utilissimo. 

Grammatica  slorico-comparata  della  lingua  italiana  e  dei  dialetti 
t'fS'^ani  cUW.  Meybr-LQbkb.  Riduzione  e  traduzione  aduso  degli  stu- 
'f'-nti  di  lettere  per  cura  di  Matteo  Bartoli  e  Giacomo  Braun.  Con 
a.jgiiuUe  delCautore  (Torino,  1901;  in.8.^  pp,  XVI  209;.  —  La  ver- 
sione italiana  della  Grammatica  del  Mejer-Lùbke  risponde  a  un  vec- 
chio e  vivo  desiderio  dei  nostri  studiosi;  i  quali   particolarmente  si 
ompiacciono,  non  solo  delle  preziose  aggiunte  dell'autore  e  de' tra- 
duttori, ma  anche  e  più  che  l'opera  sia  stata  rimaneggiata  in  modo 
'ì\  riasci  re  utile  pure  ai  principianti.  E  in  fondo  un  libro  nuovo  che 
ci  sta  davanti,  e  farà  tra  noi  del  gran  bene.  Ma  dobbiam  deplorare 


,1  »  •< 


'\ 


^••UiWJL  1?  Bollettino  bibliografico. 

«   >i)«^tiici  i  dialetti,  turbando  così,  in  modo  talvolta 

n-^-C^Aoismo  deir  opera  originale. 

'tiai4,u.'o  nella  lingua  italiana.  Lessico  con  appemluv 

■  '■■    '^>f^ji'iM/%i,s),  di  D.  Enrico  Zaccaria  (Bologna,  1901;  in-8% 

\i'.^>i').    —    Questo  libro  fa  prova  nell'autore   di  molta  dili- 

J   :ortv>  utile  di  veder  qui  riuniti  per  ordine  alfabetico  un 

^  ^- ..  va)vv»io   numero  di   voci  italiane  di  vera  o  presunta  origine 

.*  w.ui.k.  \i^  le  deficienze  nella  coltura  linguistica  e  nel  metodo  son 

'    '  w  *ii4mu>^jjjiare  non  poco  l'opera.  Basti  dire  che  TA.  non  ha  co- 

AA'»  y  U^vori  che  sull'argomento  son  venuti  pubblicando  negli  ul- 

^^*  '  Aiiui  il  Hruckner  e  Th.  Braune  ;  e  basta  del  resto  paragonare 

•^^^»iv  dol  primo  con  quello  della  Zaccaria,  per  capire  quanto  que- 

'»   liiuiMiga  a  quello  inferiore.  Ma  al  Zaccaria  non  manca  Tattitudint^ 

^  ^Ai^  aiudi,  e  certo  quand'egli  abbia  perfezionata  la  sua  coltura  e 

'"'^  lu.u  >  più  profondamente  sul  soggetto,  non  mancherà  di  darci  un 

^^^'i'^»  quale  tutti  in  lUlia  desideriamo. 

*l  Libro  delle  Tre  Scritture  e  il  Volgare  delle   Vanità  di  Bonvesin 
«'«   h'ica  editi  a  cura  di  V.  de  Bartholomaeis  (Roma,  1901;  in-S.% 
l»l».   l.>8).   Queste  scritture  di   Bonvesin,  che   il  de  B.  ha  il   merito 
d  aver  quasi  scoperte,  aumentano  la  fama  e  il  bagaglio  letterari  del 
[ii>eta  milanese,  ma  sono  anche  un  buon  contributo  alla  dialettolofjria 
luodievale  della  Lombardia,  e  il  de  B.  lo  ha  dimostrato  colf  utile  e 
Iwm  elaborato  glossario  ch'egli  ha  aggiunto  ai  testi.  Per  agra^  cfr. 
Tant.  engad.  a^j^/ra  pena,  noja,  affanno;  per  anot^^fó^a,  eh' è  r»cordai> 
irisiome   ad  altri  strumenti   musicali,  mi  chiedo  se  non   sia   ^allodo- 
l^tta'  (cfr.  berg.  tuklola  allodola,  eh' è  nello  Zappettini),  veauto  aJ 
.'ipplicarsi  a  uno  stromento  musicale;  per  biassare^  esso  dico  *  strit*.»- 
lare',  e  non   si  scompagna  dall' it.  biasciare;  per  cayro^  cfr.   corti" 
i/iella^  il  cui  e-,  dice  giustamente  il  de  B.,  ò  singolare  di  fronte  al  c^ 
di  tutta  Italia,  e  sarà  quindi  da  giudicarsi,    per  quanto   si   tratti  vi& 
ben  insolita  grafia,  come  ciai^,  cosi  come   cagro  è  ciagro   •chiar»>' 
lume;  per  digo,  noto  che,  nell'esempio  del  v.  708,  non  è  precedat'^ 
da  più,  e  in  ogni  modo  da  tutti  gli  esempi  risulta  chiaro  il  senso  di 
•a  lungo,  lungamente'  che  ci  conduce  a  diu  (Kórting*  3042^  *;  foér- 


'  piti  (Ugo  ^pià  a  lungo*,  anche  nella  24*   strofa  della   Disput^àtìo  ro«)^ 
•:au)  viola. 


Cronaca  e  Bollettino  bibliografico.  213 

d'ito  andrà  interpretato  per  'profondo';  alzando  non  ci  legittima 
|)unto  a  ricostrurre  olzire,  forma  che  non  ricorre  mai  al  posto  di 
Mire;  per  re  in  saver  de  re^  cfr.  il  lomb.  save'  de  bon  aver  buon 
oiore;  redeso  pena,  tormento,  e  sarà  da  un  *redezar  e  questo  rap- 
presenterà un  'errateggiare  (cfr.  il  ven.  rddega  lite,  ecc.);  regoì'oxo 
^luale  epiteto  di  'spino,  sarà  da  rubus  rovo,  e  Yorrà  dire  'spino  di 
rovo';  nella  combinazione  in  regoroxo^  poiché  rota  sarà  ^ ruota',  vorrà 
dire  'rotolando'  (cfr.  ven.  rigolar  rotolare,  ecc.);  screvoroso  sarà 
SI  'scrofoloso',  ma  vi  sentiamo  insieme  a-evar  crepare,  screpolare; 
^quaiarare  è  una  svista  per  squatare,  e  questo  dice  'squassare  ';  ster- 
gH2  andrà  molto  verosimilmente  emendato  in  scergne  scherni;  per 
stramexo^  cfr.  lo  siramadhezarse  dello  stesso  Bonvesin,  a  cui  stra^ 
mezo^  quando  non  si  voglia  la  dichiarazione  che  se  ne  dà  in  Arch.  XII 
4:^5,  si  connette  per  la  via  di  stramezar,  *stramaezar;  teìnporio  sarà 
t**tnpóriOf  da  paragonarsi  col  lomb.  tempò'ri;  volui  andrà  emendato  in 
ridia. 

Studi  sul  dialetto  triestino  di  Gius.  Vidossich  (Estr.  da  L'Arclieo- 
^rafo  Triestino,  N.  S.,  voi.  XXIII,  XXIV;  1901).  —  È,  per  l'eccel- 
lenza  del  metodo  e  dell'informazione,  per  la  saggia  critica  che  FA. 
in  esso  dispiega,  il  miglior  lavoro  che  noi  si  possieda  su  un  dialetto 
v^'neto.  E  riesce  importante  per  la  Venezia  intiera,  comechò  il  V.  si 
si\i  applicato  a  continuamente  confrontare  il  triestino  colle  altre  va- 
riati della  regione  veneta;  anzi  il  capitolo  della  Morfologia,  si  può 
«lire  una  morfologia  storica,  forse  un  po'  prolissa,  del  dialetto  veneto. 
§  2  d.  In  cuslier  ecc.  sarà  pur  da  vedere,  com'  è  già  stato  afermato, 
il  frane,  cuiller^  onde,  con  s  prostetico,  sculier^  poi  cus^.  §  13.  Non 
mi  pare  che  le  ragioni  del  V.  possano  indurmi  ad  abbandonare  la  mia 
dichiara7Ìone  di  krèna  crine.  Circa  all'o  da  ti  -i*  nas.,  son  sempre  vivi 
li  venez.  brogna  prugna,  e  il  veron.  Homi  legumi.  §  17.  Per  la  storia 
di  IO  da  t/ó,  si  ricorda  anche  piòvala  bambola,  di  fronte   all'antiq. 
yavola^  da  pupa.  §  151.  Mi  pare  strano  che  la  forma  fe'o^flfr  ecc., 
limitata  a  Chioggia,  debba  spiegarci  il  tragante^  cacciatore,  eli" è  di 
molta  parte  della  Venezia,  e  che  non  si  vede  perchè  si  debba  sepa- 
rare  da  erogando  (:  tratti:  dagando  :  dar^  ecc.).  §  173.  Circa  a  s'è 
Ks.  V.  il  tentativo  di  spiegazione  clf  è  in  Krit.  Jahresber.  IV,  i,  163 
«*  «laello  del  Parodi,  Arch.  XV  2S  n. 
Del  dialetto  di  Pirano,  Saggio  di  Pietro  Parbnz.vn  (Trieste  1901; 


214  Cronaca  e  Bollettino  bibliografico. 

in-8%  pp.  24).  —  Son  ventiquattro  sonetti,  che  costituiscono  un  ben 
gradito  documento  della  varietà  istriana  di  Pirano. 

Piccolo  dizionario  del  dialetto  moderno  della  Città  di  Verona^  per 
G.  L.  Patuzzi  e  G.  e  a.  Bolognini  (Verona,  1900  [ma  1901];  in-8* 
picc,  pp.  XLVIII-276)-  —  Non  mancavan  fin  qui  i  testi  del  dialetta 
di  Verona,  ma  mancava  un  ben  fatto  «lenco  delle  sue  forme  gram- 
maticali e  un  inventario  copioso  del  suo  patrimonio  lessicale.  All'uno> 
e  all'altro  difetto  supplisce  all'ora,  in  modo  abbastanza  soddisfacente, 
questo  dizionarietto. 

Poesie  in  dialetto  rustico  feUrese  dì  V.  Zanella  (Feltre,  1901  ;  in-S**, 
picc,  pp.  63).  —  Notevoli  saggi  dialettali  di  una  zona,  che  non  ne 
va  altrimenti  ricca. 

Vocabolario  del  dialetto  bolognese  di  G.  Unoarelu,  con  mia  intro- 
duzione del  prof,  Alberto  Trauzzi  sulla  fonetica  e  sulla  morfologia 
del  dialetto  (Bologna,  1601;  in-8.**  gr.,  pp.  Li-340).  —  Parecciii  e  di- 
screti vocabolari  già  s'avevano  pel  dialetto  di  Bologna;  ma  quello  del- 
rUngarelli  li  supera  per  la  intelligente  selezione  della  materia,  per 
la  copia  di  termini  raccolti  anche  nella  campagna,  per  la  esatta  e 
conseguente  trascrizione  fonetica.  Son  tuttavia  da  rimproverare  all'A. 
l'abbondanza  di  inutili  definizioni,  e  le  etimologie,  non  sempre  conformi 
ai  dettami  della  scienza,  che  si  trovano  sparse  qua  e  là  pel  volume. 

—  La  introduzione  del  Trauzzi  è  soddisfacente  per  la  parte  fono- 
fisiologica;  un  po' meno,  forse,  per  la  parte  descrittiva  e  storica,  che 
ò  pur  buona,  e  in  ogni  modo  rappresenta  un  progresso  sull'analogo 
lavoro  del  Gaudenzi. 

La  vita  privata  di  Bologna  dal  sec.  XIII  al  XVII  con  appendici 
di  documenti  inediti,  di  Lodovico  Frati  (Bologna,  1909;  in-S.**,  pp.  280). 

—  Dei  documenti  inediti  la  più  parte,  latini  o  volgari,  interessan  gran- 
demente il  dialetto  di  Bologna  nel  M.  E. 

El  cidcier  dia  Sgnòura  Margarétta  cun  la  Sgnòura  Rusèina^  del-- 
Ving.  G.  Ramusani  (Reggio-Emilia  1901;  in-8.*  gr.,  pp.  79).  —  Serie 
di  71  sonetti  in  dialetto  di  Reggio-Emilia. 

Rime  in  Dialetto  Vogherese  di  Lissandren  dra  Roussela  (Alessan- 
dro Maraollano)  con  prefazione  del  dott,  Attilio  Butti  (Oasteggio, 
1901  ;  in.8.^  picc,  pp.  XXXVUH79).  —  Il  Maragliano  ha  qui  rac- 
colte, aggiungendovene  parecchie  di  nuove,  le  sue  poesie,  che  costi- 
tuiscono una  bella  esemplificazione  per  il  buon  lavoro  sul  dialetto  di 
Voghera  procurato  da  P.  F.  Nicoji  (Studi  di  fil.  rom.  Vili  197  sgg.). 


Cronaca  e  Bollettino  bibliografico.  215 

Vera .. .  de  lira  di  Speri  Delia-Chiesa  (Milano,  1901  ;  in-8.*  picc, 
pp.  191).  —  Questi  versi  sono  in  dialetto  milanese;  ma  il  brioso  boz- 
zetto che  ai  legge  a  pp.  59-68,  ò  in  dialetto  rustico  di  Varese. 

Aneddoti  in  dialetto  romanesco  del  sec,  XIV  tratti  dal  cod.  Vat.  7651^ 
da  Marco  Vattasso  (Roma,  1901  ;  in-8.^,  pp.  114).  —  Il  V.  pubblica 
(lue  rappresentazioni  sacre  della  natività  e  della  decollazione  di  S.  Giov. 
Battista,  una  Leggenda  di  S.  Grisostomo  e  due  laude  sulla  fine  del 
inondo,  accompagnando  i  testi  con  delle  note  a  piò  di  pagine  e  in  fine 
•  on  un  glossario  delle  voci  e  forme  notevoli.  E  un  pregevole  contri- 
buto alla  conoscenza  del  dial.  di  Roma  nel  M.  E.,  e  il  V.  avrebbe 
accresciuto  i  nostri  motivi  di  grazia  ove  avesse  fornita  una  illu- 
>trazione  sistematica  de'  testi.  Rilevo  queste  voci  e  forme  :  parvisi 
paradisi,  p.  63  n.,  che  il  V.  ben  connette  col  frane,  parvis,  la  qual 
voce  starà  quindi  a  base  anche  del  merid.  p/irarùo;  oneAi  anche,  che 
e  pure  di  varierà  marchigiane  antiche  e  moderne;  figate  fiate  e  re- 
jame  reame,  il  cui  ^g*  si  rivede,  in  analoghe  congiunture,  anche  in 
altri  esempi  laziali,  meridionali  e  marchigiani,  ed  ò  forse  -t>-  in  an- 
terior  fase  (cfr.  daventro ,  dentro,  «  abruzz.  davendre  -  da  entro  *, 
Massafia  Kath.  gloss. ,  e  il  march,  nivente  niente)^;  gessire  uscirò, 
con  gè  dalle  rizotoniche  (cfr.  giesca)  e  qui  da  jè'  (cfr.  anche  già  io, 
p.  I^in,  m  Jòi  o  «  *jéoì);  guegga  non  può  corrispondere  a  'guitta'  né 
/^ì  senso,  nò  per  la  fonetica,  e  sari  forse  da  emendare  per  guerra 
,'aeroia,  cieca;  lieso  parmi  non  possa  esser  altro  che  labsus;  meta^ 
mossa,  non  sarà  un  errore  per  motaì;  ìiogianle  non  si  ragguaglic- 
rebÌK»  a  *nocente'  piuttosto  che  a  'nojante'? 

Scartoccènney  di  Jsò  Procaccini  (Civitanova*Marche,  1901;  in-8.* 
picc,  pp.  118).  —  Una  prefazione  in  prosa  e  delle  poesie,  dialettali 
ioasi  tutte,  nella  varietà  marchigiana  di  Pausula  (Macerata).  Docu- 
menti veramente  notevoli  e  interessanti. 

Voraòolario  inetaurense  compilato  da  Egidio  Conti  (Cagli ,  1898- 
il*Ul;  in-V,  pp.  XV-339,  e  Appendice  p.  1  — ).  —  Il  Vocabolario 
(■'jmprende  il  dialetto  vivente  nelle  valli  e  nei  versanti  del  Canili- 
^Miano,  del  Metanro  e  del  Foglia,  e  già  per  provenire  esso  da  questa 


'  C'^  «oche  altrogio  altrui,  cioè  ^altntjo  notevole  anche  per  la  tonica. 
'  Invece    iUtjentro,  ap.  Monaci,   \neddoti  per  la  storia  lettor,  dei   lau- 
4**1,  ecc.,  gloss.  8.  Y. 


ti  16  Cronaca  o  Bollettino  bibliografico. 

regione  può  contare  suir interesse  dei  dialettologi.  Precedono  delle 
noticciuole  grammaticali  (paradigma  dei  verbi,  ecc.),  e  segue  il  vo- 
cabolario, concepito  un  po' prolissamente,  ma  venuto  a  ristringersi 
di  molto  dalla  lettera  S  in  avanti.  Son  introdotte  le  necessarie  di- 
stinzioni tra  suoni  aperti  e  chiusi,  e  altri  spedienti,  e  in  tutto  pua 
dirsi  che  il  lavoro  colma  una  lacuna. 

Un  bel  nò  (Verona,  1901;  pp.  5);  —  En  fna  misra  tavla.  Ma  h 
mi  contessena  (Verona,  1901,  pp.  5);  —  di  Ettore  Guidi  di  Filomeno. 
—  Sono  poesie  in  dialetto  pesarese. 

^Na  munellaia  da  munellacce  aricconUiia  ar  mi'  fijo  «  Antonirosa^ 
(Orvieto,  1901  ;  in-8.*  gr.,  pp.  30);  —  Xa  presa  d'Oi'meto.  Ussia  fatU' 
stanche  vere  der  iS60  (Orvieto,  1901;  in-8.«  gr.,  pp.  61);  —  di  <'iu 
seppe  Cardarelli.  —  Gustosissimi  saggi  del  dialetto  d'Orvieto. 

Jl  Condaghe  di  San  Pietro  di  Silki,  Testo  logudorese  itiedito  dr,  se- 
coli AT,  XIII  pubblicato  dal  Dx  Giuliano  Bonazzi  (Sassari-GagUari, 
1900;  in  4.^  gr.,  pp.  XLVI-159).  —  Intorno  a  questa  splendida  puh- 
Iilicazione  della  casa  Dessi,  cosi  straordinariamente  interessante  per 
la  storia  del  dialetto  logudorese,  intratterrà  quanto  prima  i  lettori  \\ 
prof.  Guarnerio. 

Foìielica  del  dialetto  logudorese  (Torino,  1901;  ìn-8.*,  pp.  78).  •' 
Sulla  quistione  delCintacco  del  C  latino  (Torino,  1901;  in-8.*,  pp.  l**), 
di  G.  Campcs.  —  Anche  intorno  a  questi  due  buoni  lavori  riferire 
particolareggiatamente  il  prof.  Guarnerio. 


Della  Raeloromamsche  Chrestomathie  del  dott.  C.  Decurti ns,  oh»»  > 
vien  pubblicando  nelle  Romanische  Forschungen  del  VoUmòUer,  s«>:ì 
testé  usciti  il  2.*  e  3.®  voi.   Contengono   un  vero  tesoro:  la  leii'»r.i 
tura  tradizionale,  in  grandissima  parte  orale,  di  Sopra  e  di  S.>m>'- 
selva  (voi.  2.*)  e  le  melodie  dei  canti  (voi.  3."j  L'Archivio,  a  cm  J  • 
studi  ladini  devon  tanto  e  che  conta  il  Dee.  fra  i  suoi  collahor.it  *" 
(VII,  I51-t3(5l),  ò  lietissimo  di  segnalare  ai  lettori  quesf  opera.  ni!i 
quale  il  Dee.  ha  prodigato  cure  faticose  e  infinite,  cure  della  me:i'  ' 
non  meno  che  del  cuore,  e  che  costituirà  il  monumento  s^re  per^r^ 
nius  della  lingua  ladina  dei  Grigioni.  —  A  compir  Topera  mancar.  • 
ora  i  voi.  4*  e  O-IO"*,  i  quali  son  destinati  ad  accogliere  la  lettor  »- 
tura  del   Sur5<»es  o  Ob^^rhalbstein,  della  valle  di  Monastero  e  d'»!'.» 
lombiir  Jo-l:i'iina  lJn\^'agIia. 


Cronaca  o  Bollettino  bibliografico.  217 

Il  Signor  José  Leite  de  Vasconcellos,  tanto  benemerito  della  dia- 
lettologia portoghese  e  che  ha  recentemente  concbiuso  il  2^  voi.  de- 
i^'li  Estudos  de  Philologia  Mirandesa  ha  testò  pubblicato  una  Esquissc 
(rune  dialectologie  poHugaise  (Parigi  1901;  in-8.*  gr.,  pp.  220)  la 
quale,  con  vera  e  forte  competenza,  tratta  tutte  le  quistioni,  d'indole 
;:enerale  e  particolare,  che  si  riferiscono  alla  vita  e  alla  storia  dei 
dialetti  portoghesi,  tanto  di  quelli  parlati  nella  metropoli  che  di  quelli 
parlati  ne' paesi  colonizzati  dal  Portogallo  nelle  varie  parti  del  mondo. 


* 


Romama  (XXXI,  121). 

A.  Thomas,  Problèmes  étymologiques,  A  proposito  del  ir.  caillo*t^ 
per  cui  ò  proposta  una  base  ^caclavus,  d'origine  forse  gallica,  il  Th. 
i>assa  in  rassegna  le  voci  greche  latinizzate  che  hanno  la  penultima 
lunga,  per  trarne  delle  conclusioni  circa  al  loro  accento,  che,  in  fondo, 
won  ò  fisso  \  Ci  passan  davanti,  coi  loro  riflessi  romanzi,  ^xapji;,  và^ 
i^r.Xo;  (la  torma  con  -/-,  onde  poi  r,  anche  nelPa.  lomb.  gatnero  *,  gam- 
f'iro ,  xxuivoa,  :i»icupoc,  ^{vxicc.  —  Il  secondo  problema  ò  ti'ovare  ecc., 
li  cui  ò  vittoriosamente  dimostrato  che  non  possa  risalire  a  tiirbark. 
In  una  poscritta,  il  Paris  mira  a  stabilire  che  anche  dal  punto  di  vi- 
>ta  semasiologico,  turbare  ò  ben  lungi  dall'essere  al  riparo  da  ogni 
objezione,  e  che,  in  ogni  modo,  questa  base  non  ò  meno  difficile  da  spie- 
^'are  che  non  *tropare,  il  quale  ha  sempre  in  suo  vantaggio  la  sicura 
''irrispondenza  fonetica.  —  Lazare  Sainéan,  Les  élémenls  orientaxix 
*  /i  roumain  (continuazione).  —  Mélanoes.  Ad.  Mussafia,  Par  un  passo 
del  ratnanzo  di  Flamenca,  —  A.  Delboulle,  Loùicel  Unsel  locel  etc,  — 
Charles  Joret,  Huterel.  —  Ov.  Densusianu,  Roum,  indati na^  da- 
lina,  —  Giacomo  de  Gregorio,  JL  (a)  bizzeffe.  Si  propone  l'ar. 
^fisz ef  moìto^  proposta  ben  accettabile,  ma  tutt' altro  che  nuova 
IV.  Vino.  Tommasini,  Alcuni  vocaboli  creduti  provenienti  della  lingua 
àraba  [Firenze,  1888],  p.  17,  che  il  de  G.  cita,  ma  solo  sull'autorità 
l'altri  e  per  attestare  la  pronuncia  bizzeif),  ~  E.  RoUand,  Derìda 


'  Circa  a  potxv^Vy  cit,  frti-  bedu  ne*  dialetti  alpini  di  Lombardia,  con 
■'ui  andrà  Tare.  it.  buturo  bi^  biiurro  XV  377  n,  per  lo  quali  ultime  formo 
lon  sarà  punto  necessario  di  ammettere  una  metatesi  tra  le  vocali  dello 
«ine  prime  sillabe  (cfr,  butùrcm  nel  Georges). 

*  Che  sarà  poi  Ta.  gon.  gameo  Vili  97  1.  7  ? 


1        N.  *. 


Cronaca  e  HoUoctino  bibliografico. 

V  év  »*4'ji^e.  —  CoKREGTioKS.  G.  P.,  Sur  Soiie  de  Ma  usai 
.^  >x'*'^^  KKNDrs.  G.  Cipriani  recensisce  il  libro  dello  Zaccaria 
'.'%  ruvrJato.  —  P.  M.,  Recensione  di  Regittres  consulairei 
V.  .->*  •</*  en  langue  romatie  avec  résumé  frangais  (iSTO^iif^'»' 
A  *  ( if*>tès  pai'  Marcellin  Boudet,  et  précédés  cTune  préface  il' 
V.  V>  l\u»uias.  —  PfiRioDiQUEs.  Revue  des  langues  romanes.  t  XLII 
.«V.  à'v^'uibro,  t.  XLIIE  janvier-décembre.  —  Zeitschrift  fur  romani- 
N  u»  riulologie  XXV  5,  0.  —  Stucy  di  filologia  romanza  Vili.  — 
v'i<»\wrrt,  Livres  annoncés  sommairement  (pp.  167-76). 

iV  ette  des  lanr/nes  romanes  (XLV,  janvier). 

l\  (Miabanoau,  Cne  tioavelle  èdition  du  Roman  de  Flame^tca.  — 
VvHiKriis.  J.  Ànglade,  La  Socìété  des  ^Langues  Romanes'  à  Bon>, 
HAìUìOìM^  delle  feste  celebratesi  in  Bonn  il  26  ottobre  p.  p.,  coui- 
(Moiidosi  il  2r>*  anniversario  cattedratico  di  Guendalino  Foerster,  a' 
t|ualo  anche  VArcJùviOf  che  lo  ebbe  e  spera  di  riaverlo  in  avvenir»» 
U\\  i  suoi  collaboratori,  ò  li<»to  di  mandare  i  più  cordiali  mirallei^r-'. 
—  UinLiooRAPHiR.  Maurice  Oraminont  fa  rilevare  ì' importanza  d**!!  » 
Kinfùhrnng  del  Mejer-Lubke  (v.  qui  sopra),  e  del  promettentissim  » 
H:t.;gìo  di  Matteo  Bartoli,  Vber  cine  Studienreise  sur  Krforschwi'j  //••» 
.  l  itromamschen  Dalmatiens, 

Stndj  di  filologia  romanza  (IX,  1). 

L.  Biadene  «  Carmina  de  Mensibus  *  di  Bonvesin  de  la  Rica,  - 
ir,  A.  Cesareo,  La  Sirventesca  d*un  giullare  toscano.  Sul  noto  o.»ni- 
ponimento  del  cod.  Laurenzìano  S.  Croce  XV,  6.  —  Paul  Maroh«»t, 
J)ans  quel  sens  en  France  et  en  Italie  le  houcher  estati  le  tueur  *l' 
^boucs^ì  Le  parole  bouchjr  rispettivam.  beccajo  non  posson  rif*»rir>. 
al  *  becco'  già  adulto,  ma  al  capretto  'maschio',  che  appunto  v«*niv» 
e  viene  macellato  su'  larga  scala.  Per  la  stessa  via,  posso  io  ori 
spiegarmi  che  qualche  dialetto  lombardo  (v.  Romania  XXIX  TCvi  m 
abbia  per  'becco'  nna  forma  che  assai  verosimilmente  dipende  d.il 
plurale.  —  Cesare  de  LoUis,  Proposte  di  correzioni  ed  ossertazi'.-.t 
ai  testi  provenzali  del  Manoscritto  Campori.  G.  S. 


I 


I 


SPIGOLATURE  FRIULANE 


DI 

C.  SAIiVIONI. 


ajine  nocca,  giuntura  delle  dita. 

Mi  pare  che  anche  per  il  Iato  dell'idea  ben  convenga  *agina, 
Kdrting  365,  dove  è,  per  un  errore,  *ag!na. 

beta  frequentare,  praticare,  b  itine  e 
confidenza,  assuefazione. 

(Pir.  p.  xcvui).  Piuttosto  che  ad  '  abitaare  '  *'  abitoanza  '  (per 
-inet  =  '4Hza,  cfr.  gratfiéUnze),  penseremo  ad  '  abitare,  abitanza  '. 
Cfr.  beUe  abita,  IV  835.  Si  tratta  certamente  di  voce  dotta,  e 
per  il  significato  transitivo,  cfr.  il  brianz.  abita  ritenere  i  cibi 
nello  stomaco. 

baule  bacca,  fògule. 

Allato  a  balde  sta  baule,  e  allato  a  fògule  sta  fòle.  E  vuol 
dire,  qui,  che  ^acla  si  continaa  allato  a  facula.  Quanto  a 
bàule^  6080  è  *baciila;  e  baule  n'è  solo  foneticamente  divariato, 
poiché  avremo  bu  da  òu  S  il  principio  doò  di  qnella  evoluzione 
che  conduceva  da  *faula  *iaula  *paraula  a  fòla,  téla,  paróla, 
da  *fraula  fragni  a  al  piem.  fróla.  La  prova  di  questa  evo- 


*  Un  altaro  esito  friulano  di  du  è  eu  (v.  Ascoli  I  486),  e  afilli  esempi  noti 
«i  paò  aggirtogere  fhanèuUt  da  confrontarsi  col  candela,  ecc.,  di  cui  in 
fUK  XXVIII  96,  Zst.  XXVII  129-30. 

ArehiTio  «lottoL  ital.,  XVL  1 


220  Salvioni, 

luzìone  parmi  fornita  da  fògtde,  che  sarà  *fòule^  ridotto  poi  a 
fòffule  per  la  immissione  di  fdcu,  o  attraverso  "T^irii-. 

(hdzzis 

"  due  aste  di  legno  fra  le  quali  è  attaccato  un  unico  cavallo 
per  tirare  la  vettura  ^,  Pirona.  —  Avremo  qui  quella  stessa 
base  onde  il  frane,  érhasse,  Taret.  scaccie  trampoli,  il  lomb. 
skónàa  (levent.  èS^ia)  gruccia.  V.  Ktg.  8431  ;  Dict.  gén..  s. 
*  échasse  ';  Beitr.,  123n. 

Esempi  sporadici  della  caduta  di  s-  impuro  occorrono  qua  e 
là  ne'  dialetti,  e  son  dovuti  a  motivi  analogici,  soprattutto  alla 
presenza  e  mancanza  simaltanea,  in  più  voci,  del  «•  intensivo 
{birro  e  sbirro,  frinì. pièrsul  e  «p-  pesca,  ecc.):  friul.  brume  e  «''- 
schiuma  S  ert.  grepión  scorpione,  Zst.  XVI  322,  piac.  p*mif^i 
spugna,  parm.  iàbàrga  stamberga  (Qorra,  Zst.  XVI  376),  mil 
cont.  tre-  e  trappà  strappare,  bellinz.  rust.  karsék  scarsella. 
montai,  paratéri  '  sparviere  ',  mil.,  ver.  yeàsegA  allato  a  ^  af- 
frettarsi, ven.  sptssegar^  friul.  spesséà^  dove  forse  c'entrava  U 
dissimilazione,  valm.  traM  ali.  a  HrasH  stillicidio,  breec.  iami^V 

stampelle  (?),  e  co/fofi»=«co-(P)  Beitr.  103  n. 

« 

^hécul  balbuziente. 

La  inesorabile  fonetica  ha  qui  distrutto  una  reduplicazione 
imitativa.  Sta  cioè  ^héad  per  *kikul,  e  questo  ricorda  il  bellun 
checkignar,  il  mesoldn.  kekmié,  il  monf.  ehechée  ',  balbettar!**  il 
ven.  $keìeé  (v.  Mariolo,  Monom.  stor.  I  22(»),  il  sic.  rMem  haU** 


*  Circa  al  6-,  efr.  il  venez.  thiùma  ali.  a  spiuma.  —  Ma  la  voce  ir.u.. 
earà  *«6um/,  e  dietro  a  sb-  bì  park  sviluppato  inorganicaxnento  il  r.  V  t 
avanti,  Tartic.  '  crodie  \ 

'  Il  Ferrare,  Gloss.  monf.  ',  ».  '  chechee  *,   allega  anche  un  parm.   •*; 
cim-na  egli  balbetta. 


J 


Spigolature  friulane  221 

Si  tratta,  come  ognun  vede,  della  sillaba  ke  raddoppiata,  per 
esprìmere  Io  sforzo  che  fa  il  balbuziente  nel  pronunciarla.  Cfr. 
andie  i  levent.  :  tadlà  (=  *  taUlà)  e  fafé  tartagliare. 

chialart  sguardo. 

Non  si  trova  nel  Pirona,  il  che  parrebbe  accennare  a  voce 
ormai  spenta  e  sostituita  da  ^haMde.  Ma  un  esempio  del  sec.  XVI 
ò  registrato  dal  Joppi,  IV  335.  —  E  la  desinenza  che  qui  vuol 
occuparci.  Il  Meyer-LUbke,  II,  §  519,  allega,  insieme  alla  nostra 
voce,  glutard  inghiottimento,  bussava  baciamente,  rutard  ruttata, 
ai  quali  aggiungerò  revoUard  manrovescio,  pissard  pisciata,  su- 
stard  singulto  ;  li  allega  come  esempi  di  un'applicazione  *"  somma- 
mente notevole  '  del  suffisso  -^rdo, 

E  singolarissima  sarebbe  questa  applicazione  veramente.  Sen* 
nonché,  io  dubito  assai  ohe  -ard  sia  qui  il  suffisso  ^rdo.  Il  mio 
modesto  parere  è  invece  questo:  chialart  èia  risultanza  dei  due 
verbi  sinonimi  rhalà  *  e  ìiardà,  o,  se  voglìam  meglio,  di  rhalàde 
e  di  ^tcard  o  *suard  sguardo.  Non  piii  intesa  questa  genesi,  -rfrd 
venne  preso  come  un  elemento  derivativo,  e  sulla  norma  chald  a 
rhalóde  :  :  gÌMlard  ^  si  modellarono  pissà  o  pissMe  :  :  pissard  e  gli 
altri,  e  s'arrìvò  anche  a  ghUard  da  gluVi  ^. 


*  Pare  il  veneto  doveva  avere  calar  guardare;  poiché  Tattuale  cafUmar 
non  ti  può  spiegare  che  dairincontro  appunto  di  cal^r  con  lumar.  Anche  il 
fatto  che  calummr  sia  venuto  a  rimpiazzare,  in  un  oerto  senso  {calar  o  ca- 
lumar drio  calar  dietro  a  q.),  Taltro  calarti  è  una  riprova  delVanteriore 
«ftùtensa  di  calar  guardale.  Circa  airorìgine  della  qual  voce  è  impossibile 
^acotÓMjni  collo  Schneller,  Die  rom.  vlksm.  I  229. 

*  Si  noti  che  chialart  pare  avere  ne'  documenti  la  precedenia  cronolo^oa. 
'  Del    reato,  se  non  un  ^gluté^   poteva  aversi   un   ^tfiutddé,   come  negli 

<«cmpi  addotti  in  Stadi  di  fil.  rom.  VII  228  (§  486).  Ai  quali  esempi  son 
<U  MggÌMMMigeTe  i  piem.  bod  -oda  bevuta,  di^  dioeriweza,  vie  strensóda  stoetta, 
•irawoUàfdm  stravoltura,  pon$éda  pnnsone,  istr.  rerzàda  de  hóka  *  apertura  di 
r/occa*  sbadiglio  (Ive,  97),  ferr.  pianzdda  sfogo  di  pianto.  Anche  il  venes. 
foratm  aeorribanda,  corsa,  e  il  trevis.  bevata  (Ninni  III  281)  riverranno  poi 
'ioi.  malgpMio  l'-d^a  al  posto  di  «dda. 


222  Salvionii 


cividin. 


Chiaman  coiai  l'abitante  di  Cividale  ^,  il  '  cividaleae  '  ;  e  ricordo 
la  forma  per  insieme  menzionarne  altre,  nelle  quali  U  derivato 
di  patria  par  non  dipendere  dalla  forma  che  attualmente  riveste 
il  nome  locale  ;  bensì  par  risalire  a  un  tema  da  cui  e  questo  e 
il  patronimico  egualmente  si  traggono.  Ho  presenti,  oltre  a  eiridln, 
questi  altri: 

polesdn  -  Polesine  *. 
ìnonf errino  -  Monferrato  ^. 
albetése  '  AlbeUone  (Vicenza). 
bordigóto  -  Bordighera  ^. 
comitato  -  Comigliano  *. 


'  Cividale  {Zividàl)  è  anche  il  nome  che  danno  ini  luoghi  alla  città  di 
Belluno,  nello  stesso  senso  quindi  in  cui,  p.  es.,  le  valli  superiori  a  BeUio* 
tona  danno  senz*altro  a  questo  luogo  il  nome  di  Bor^o  (andd  a  Bgf%\  noti»i 
la  mancanza  dell'articolo),  e  ritoma,  qual  nome  di  frazioni,  in  territorio  di 
Bozzolo  (Cremona)  e  della  Mirandola.  —  Quanto  al  OividaU  friulano,  esK> 
si  chiama  anche  Cividót^  alla  qual  forma  corrispondono  e  il  Cividaium  àt* 
docum.  medievali  e  le  riduzioni  slave  e  germaniche  (v.  il  Pirona,  «  cfr.  O* 
vidate  nome  di  luoghi  delle  prorincie  di  Bergamo  e  di  Brescia).  Onde  eividm 
(cfr.  il  ni.  Oividino  fraz.  di  Tagliuno-Bergamo)  ben  potrebbe  stare  a  CbViiU/ 
come  stanno  veritiero^  caritevole  a  verità,  carità.  Non  penso  al  nominativo 
Civiid  cosi  frequente  nelle  provincie  meridionali,  da  cui  poi  il  diminutivo 
CiviteUa. 

*  Potrebbe  essere  ^poleeendno,  con  una  dissimilazione  sillabica  come  qu«lU 
ch'è  nel  vie  ptmiaree^^jmniimaru  (opinione)  impuntarsi,  ostinarsi. 

'  Nel  Piemonte,  manferrino  potrebbe  essere  ^monferrO'imo  *momftrraid](mo. 

*  V6  di  bordiffhe^to  è  breve,  e  si  esclude  perciò  ohe  possa  esser»  la  rido- 
zione  di  eó  {^bordigóto). 

^  Formazioni  d*ugual  genere,  nel  sostantivo,  sono  forse  il  ven.  ^ihww^- 
agonvJOf  allato  a  gueela  ago  (v.  Tuno  e  1* altro  nel  Patriarchi),  gli  iul. 
eenseria  (cfr.  eemale)  e  naceajucìo  *  fabbricante  di  nacchere  *  (ToB&m. .  d 
ven.  gatér  gnidator  di  zattere,  ohe  però  ha  allato  a  sé  aaiarér^  oome  v*faa 
del  resto  wata  ali.  a  aàtera,  il  trent  agòu  avvoltoio  (cfr.  ógola  aquila),  poi. 
radoHMel  sp.  di  radicchio  (^  *ra<f momm/ ?).  Comune  a  tutta  Italia  è 
(«ic.  rtufimiifii'),  ma  qui  pure  c*é  il  sospetto  d'una  dÌMÌmilazione., 


spigolature  friulane  228 

cuàdri  SC'  fieno,  gramigna. 

Dev'essere  chòrdu  (Etg.  2149),  che  in  qualche  dialetto  (bel- 
lun.,  trev.,  ert.  dork,  berg.  còri,  ecc.,  v.  le  mie  Postille  al  Ktg., 
s.  *  chòrdu  «)  vive  col  significato  di  '  guaime,  fieno  di  seconda 
segatura  '.  La  forma  del  dittongo  {uà)  ancora  ci  fa  testimonianza 
della  fase  prematetica  {*cuard'). 

diseónzi  sciogliere,  disgìogare. 

-^ómi  deve  rappresentare  non  altro  che  un  *coómi  *cojòmi 
co[n]j ungere  (cfr.  il  sard.  cojuare  conjugare,  Ktg.  2421).  Un 
deverbale  è  in  a  disconz  alla  libera,  a  lassa  ^ 

« 

dòn  gè  appresso,  vicino. 

Non  mi  par  difficile,  ne  per  il  significato  nò  per  le  ragioni 
fonetiche,  di  mandare  questa  voce  colla  preposizione  lungo,  ecc. 
(v.  Meyer-Llibke  III  241,  483).  E  infatti  la  Ladinia  centrale  ha 
dhmgiaj  ecc.,  negli  stessi  significati  della  voce  friulana  (v.  Alton, 
r)ie  lad.  Idiome,  s.  v.).  Ben  è  vero  che,  nell'aggettivo,  il  friul. 
ha  lung  (fem.  lunge);  ma  si  pensi  a  donghe,  frand,  strani,  cui 
stanno  allato  adunche,  frund,  strunt  (v.  Ascoli  I  496-7).  £  come 
queste  ultime  due  forme  si  rivedon  anche  nella  veste  di  frind 
e  strini,  così  a  donge  si  pone  allato  dingia  '  in  qualche  varietà 


'  Altro  deverbale  friulano  da  verbi  che  non  siano  della  1*,  è  sctigne 
Bevetaità  (cfr.  aengni  necessitare,  dovere). 

*  Per  ^immgia*  Ben  è  vero  che  la  riduzione  di  u^  ad  /  in  ttritU  e  frind 
ha  «ma  ragione  speciale  nel  nesso  che  precede  (cfr.  ancora  ertj  per  *cruéj, 
Afcoli  I  496 n.,  e  il  cam.  pl^  per*piuejo  pioggia;  e  analogamente,  erodi 
•  redere,  di  fronte  a  viodi  vedere,  si  spiega  da  *criodi;  e  si  considerino  anche 
i  «-«si  di  mancato  dittongo,  come  grètt,  gròss  ali.  a  grui89y  ecc.).  Ma,  a  tacer 
«aehe  di  esempi  come  ìMgn  bisogno,  si  pensi  che  *dmngia  era  voce  prò- 
«litica,  6  io  so  d'aver  trovato  in  qualche  testo  rechinxà  racconciare  (per 
rtruimxé',  cfr.  euinft  I  496). 


224  SalvioBÌ, 

carniella,  p.  es.,  in  quella  di  Pieria  (comune  di  Prato  Gamico), 
della  cui  parlata  si  legge  un  saggio  in  Pagine  friulane  II  47-8  ^ 
Quanto  al  d-,  esso  rappresenta  un  accorciamento  sintattico  di 
del",  e  ricorda  dejar  =  delaxare  (Ascoli,  XI  422  sgg. ,  XII 
26-7)  ;  e  T-a  sarà  il  solito  degli  indeclinabili  (cfr.  danghe^  avonde, 
ance,  parie). 

dòrie 

'^  solco  maestro  che  riceve  e  trasmette  ai  fossati  l'acqua  soperchia 
del  campo;  acquajo;  testata  del  campo  non  arata  «,  Pirona. 

Potremo  noi  congiunger  questa  voce  friulana  col  piem.  dòjra 
rigagnolo?  Se  sì,  bisogna  rinunciare  a  connettere  questa  col 
nome  del  fiume  Dòjra  Doria,  e  pensare  ad  altro.  Un  etimo  che 
allora  converrebbe  alle  due  voci  sarebbe  *aciuatoria.  Ma  l'evo- 
luzione sarebbe  diversa  nel  Piemonte  e  nel  Friuli.  Qui  (dove  s'ha 
anche  agadòr  e  agadòrie  doccia),  si  potrebbe  pensare  a  un  tron- 
camento di  quelli  ond'è  parola  in  Romania  XXXI  287  (cfr.  an- 
cora munio  demonio,  Magagnò  IV  15  6,  50  a,  57  J,  clusion  con- 
clusione, Lovarini,  Antichi  testi  pavani,  277,  trev.  fazion  sazietà 
*'  soddisfazione  ',  bellun.  staliera  rastrelliera,  non  senza  influenza 
di  ^  stalla  ',  stibiar  seccare,  da  paragonarsi  col  fasttbio  fastidio, 
del  pavane);  là  potrebb'essere  la  normal  riduzione  di  un  e-  od 
ovójra  (cfr.  èva  acqua,  e  overi  rovescio  d'acqua),  passato  attra- 
verso *eorja  od  o[v\órja,  e  premessovi  poi  un  d-  ^. 


*  Questa  varietà  fornisce  delle  notevoli  aggiunte  al  §  282  b  dell'  AsooU.  Ài 
ghàrpind,  carpano,  del  Pirona  s'accompagnano,  cioè,  qui  ùrdint  ordine,  e  -v^ 
per  'in  nella  l'pl.  (vivint  avevamo,  hévèrmt  bevemmo,  hMèArint  lasciammo,  ecc. 
[ma  vévin  avevano]).  —  Circa  al  't  dietro  a  -t.  ricordo  il  fórsU  forse,  di 
qualche  varietà,  e  dnzit  anzi,  nel  Pirona.  Questo  "t  ascittisio  determina  poi 
un  esempio  come  depueH  allato  a  depuesit, 

'  Si  potrebbe  pensare  pure  a  una  caduta  di  a^a-  rìspettiv.  etfo-,  nella 
fase  di  agadòria  rispett.  *evadófraj  caduta  determinata  dal  sentirsi  -dòrie,  ecc., 
come  secondo  elemento  d'un  presunto  composto. 


Spigolature  friulane  225 

duainte^  treslnte. 

Non  credo  che  qui  ci  stia  direttamente  davanti  il  neutro  di 
ducenti  trecenti;  non  lo  credo,  perchè  non  si  capirebbe 
l'assoluto  prevalere  del  neutro.  Onde  ritengo  che  nelle  forme  friu- 
lane d  si  conservi  la  traccia  di  un  centum  declinato  (cfr.  lo 
sp.  cien  pi.  cienios)^  e  cioè  duo,  tria  *centa,  disposato  poi  a 
ducenta  trecenta. 

e  ni  In  innesto. 

Non  potrebbe  non  essere  dal  frc.  enter,  non  risultandomi  che 
da  imputare  (KOrting,  4799)  si  potesse  qui  venire  a  *en/tì. 
E  del  resto  la  voce  indigena  per  etdln  suona  incalm  o  calmele. 

facile  scricciolo. 

Forse  da  *  fava  ',  vi^to  che  gli  corrispondono  favln  a  Ferrara, 
facuddu  a  Barletta,  fauzza  a  Lecce  (Giglioli,  Avif.  it.,  532)  ;  e  la 
ragione  n'andrebbe  allora  cercata  in  ciò  che  si  paragoni  la  pic- 
colezza dell'uccello  a  una  'fava',  pressappoco  come  Tit.  cece 
e  il  già  ricordato  favtn  s'applicano  a  ragazzi  o  a  persone  di 
piccola  statura. 

Ma  da  favite  prendo  pretesto  per  richiamar  l'attenzione  degli 
studioò  au  -fi^,  fem.  -fle,  che  nel  friulana  ^  è  suffisso  diminutivo* 
Non  è  forse  esso  più  vìvo,  nel  senso  che  lo  si  possa  applicare 
a  qualsiasi  nome,  ma  solo  appare  come  irrigidito  in  un  certo 
numero  di  sostantivi  e  aggettivi,  che,  pel  fatto  stesso  dell'ag- 


*  I  triest.  ibigolft  panra,  porziifr  salumi^ o,  già  son  dati  come  friulani  dal 
Tìdofisich,  Dial.  di  Trieste,  5  70,  115  h  Nel  belliineae,  sono  sporehU  odi- 
none, che  va  fino  a  Treviso  (▼.  Chiarelli,  Vocab.  s.  *  bastar  '),  e  pazzH 
^garden.  p<uz)  id.  —  Ben  più  offrono  le  varietà  istriane  e  soprattutto  quella 
di  Dignano:  arkita  archetta,  kuplto  acconciatura  del  capo,  ìanUe,  seupka 
(altrove  -Sta);  ▼.  Ito,  Dial.  deir Istria,  121,  122,  124. 


226  Salvioni, 

giunzione  del  suffisso,  acquistano  un  significato  speciale,  e  in 
pochi  altri  colla  schietta  funzione  di  indicare  il  diminutivo.  Ed 
ecco  gli  esempi  fomiti  dal  Pirona:  arbuscttt  alberello,  bUU  balocco 
(cfr.  il  lombardo  belée  ninnolo),  biUU  belluccio ,  biUte  donnola 
(v.  Flechia  II  50),  biltte  lino  delle  fate,  cazztt  cencio  che  si  ap- 
pende al  ventre  dei  montoni  perchè  non  possano  accoppiarsi, 
ghacaroniU  chiacchierino,  ghalzumiU  castraporci  (cfir.  il  bellun. 
rust.  scalzamii  pitocco),  coatte  piccola  coda,  coatte  piccola  cote, 
^tte  civetta^,  dispetosttt  dispettosetto,  favtte,  groppttt  piccolo 
nodo,  maltte  mallo  (cfr.  il  bellun.  malut),  mosghttt  zanzara,  mo- 
sghtte  punteruolo  della  vite,  mulisttt  e  mumlttt  molle,  tenero 
(cfr.  mvlisln  id.),  pamttt  pannicello  in  cui  s'involge  il  bambino, 
pizUt  Piccolino,  purcttt  porco  (cfr.  purcièll  id.) ,  ramuscttt  rami- 
cello,  sclopttt  scoppiettio,  smoghttt  moccichino,  tofhtìt  guazzetto, 
uarbttt  orzaiuolo,  Agnolo  ^,  uarbtte  orbettino.  Inoltre  i  seguenti 
nei  quali  -itt  s'aggiunge  ad  un  primo  suffisso  -iss-^*.  codisstte 
piccola  coda,  claudissttt  piccolo  chiodo,  ctMrnissttt  cornicello, 
palissttt  pinolo,  cavicchio,  pradissttt  praticello.  —  Nel  verbo, 
abbiamo  sbUità  lisciare,  svoglUà  ristringer  l'occhio  per  veder 
meglio  cose  minute,  q.  '  far  l'occhio  piccolo  ',  aclopità  scoppiet- 
tare, crepitare,  da  cui  forse  dipende  il  sost.  sclopttt. 
È  certamente  singolare,  in  questo  -ttt,  V  incontro  del  friulano 


^  Circa  a  guUef  ecc.,  si  sa  che  si  tratta  del  frane.  chimeUe.  là -Uà  di  questa 
▼oce  ritoma  a  Belluno,  Treviso  e  nella  Ladima  centrale,  e  potrebbe  al 
postutto  trattarsi  d'una  sostituzione  onomatopeica,  il  verso  della  civetta 
venendo  appunto  udito  anche  come  cuuvU;  v.  Yesnaver,  Usi  costumi  e  cre- 
denze del  popolo  di  Portole  (Fola  1901),  p.  215. 

'  Deve  trattarsi  in  origine  di  un  *uard{U  (cfr.  ttàrdi  orzo),  in  cui  s*è 
immesso  tmrb  orbo.  E  la  stessa  vicenda  vedremo  nel  vie.  orMgolo. 

^  Questo  'Ì88'f  intorno  alla  cui  origine  non  so  pronunciarmi  (se  si  rag- 
guagliasse all'it.  'icciOf  vorremmo  oltre  a  89  anche  zz\  occorre  raramente 
airinfuori  degli  esempi  allegati  nel  testo  ;  lo  si  rivede  in  vidissùte  viticella, 
e  in  predssmtt  pretuccio.  Gli  sta  accanto  -ess-  in  predessdtt  pretaccio,  e 
forse  si  tratterà  non  d'altro  che  d'una  assimilazione  dell' «  di  ^predisaàU 
all'a  della  prima  sillaba. 


Spigolature  friulane  227 

collo  spagnuolo.  Ma  non  sarà  un  incontro  meramente  illusorio  ? 
Propenderei  a  crederlo.  Il  Meyer-Llibke,  Il  §  505,  spiegherebbe 
infatti  lo  sp.  -^to  da  una  contaminazione  avvenuta  tra  -éUo  e 
'loco  (-feo).  Ora,  se  anche  gli  esempi  di  'iceo  (-£k  -i?)  non  man- 
chino al  Friuli  ^  la  parte  di  esso  è  tuttavia  troppo  poca  cosa 
perchè  gli  si  possa  attribuire  una  uguale  efficacia  che  nella  Spagna. 
Meglio  penseremo  dunque  all'incontro  di  -ino  e  di  ^iUo^  incontro 
favorito,  e  forse  promosso,  da  ciò,  che  con  "Uto  si  integrava 
la  gamma  vocalica  (diminutiva  a  più  gradi  e  con  più  sfumature 
e  mesddanze)  nella  quale  già  figuravano  -étto  -atto  ^utto  -atto. 

fenili  fienile,  ecc. 

Accoglie  il  vocabol.  friulano  un  certo  numero  di  sostantivi 
in  jJ  cui  stanno  allato  delle  forme  con  -li  (=  -clu),  come  se  il 
toscano  avesse  *fìenicchio  -glio  allato  a  fienile.  Gli  esempi  son 
questi:  fenil  -/t,  barll  4i,  badil  -2t,  ghampantt  4i,  pastarU  -li  il 
punto  del  piede  del  cavallo  dove  si  legano  le  pastoje,  prò-  pre- 
pradA  "li  pertica  di  legno  per  innestarvi  il  giogo,  ecc.,  trapelo, 
sdrundl  sdamali  strillozzo,  seramandl  scar sanali  stemo,  osso 
del  petto  degli  uccelli,  se-  sgridél  4i  scommettitura,  manul  -noli 
manipolo,  covone^. 

Di  fronte  ai  quali  stanno  paril  -li  pari,  uguale,  cumil  (masc.) 


'  Notevole  soprattutto  nUlighe  allato  a  malUe  (efr.  smalUà  e  smaU^). 
L>el  resto,  pivlfke  lentiggine,  musicc  e  mustice  muso,  fulztehe,  nome  d'uno 
•tnnnento  musicale,  buri^h  fascina  di  ginepro.  Nel  verbo  abbiamo  la  triade 
«inonima  plovi^hà,  abivi^hà,  rcui^hd,  da  cui  i  sostantivi  bivi^he  e  rasffhe.  — 
Poco  assegnamento  sarà  poi  da  fare  su  piUce  appetito  (cfr.  dispiticéasi 
levarsi  Tappetito),  ottenuto  per  dissimilazione  di  t-<,  su  cireukc  allato  a 
eircuUt  eiioaito,  né  su  $9mdice  vendetta,  ch'è  un  deverbale  da  tvÌHdieà»9i. 

'  Cfr.  anche  ceaendéli  piccola  lampada  (Ktg.  2170),  pUurili  pettorìno, 
pa/o-  pofmarili  falò,  stampanUi  spilungone,  pucinartti  strillozzo,  marcandoli 
'•maceione,  dove  si  tratterà  per  lo  più  di  nomi  originariamente  in  -/.  — 
Inverso  è  il  caso  di  brbiU  brolo,  tràtdi  treggiuolo,  dove  l'-i  quasi  puntella 
i  nessi  'jl-  e  -i^-. 


228  Salvionì, 

cornacchia,  che  presuppone  tuia  forma  collaterale  *cumUi  (tem. 
eumtle).  I  quali  due  esempi  non  credo  rappresentino  una  doppia 
risoluzione  di  -clu  che  un  dì  invalesse  per  ogni  caso  analogo, 
e  che  avesse  poi  promosso  fenUi,  ecc.,  ma  piuttosto  dipende- 
ranno essi  dai  doppioni  del  genere  di  fenU  -li. 

£  questi  doppioni  si  spiegano  nel  pih  facile  modo,  movendo  dal 
plurale,  che  riusciva  identico  (v.  Ascoli  I  509)  pei  nomi  in  Hi 
e  per  quelli  in  H. 

Ma  dato  il  sing.  -/ì,  meglio  si  capisco  l'analogia  cui  accenna 
l'Ascoli  I  514  n.,  e  di  cui  è  esempio  anche  ghanaffléis  (Pagine 
friul.  n  26),  l'abitante  di  ^Tiandl^  che  fa  ritenere  ben  probabile 
l'esistenza  di  un  *ghanàli  allato  a  ghandl. 

Andrà  però  giudicato  diversamente  un  caso  come  bareglot  dal 
femm.  barde.  Qui  si  tratta  veramente,  come  vuole  TAscoIi,  di 
-ie  considerato  uguale  al  ^le  di  oréle  orecchia,  ecc.  E  cosà  che 
allato  a  nule  si  ha,  in  protonica,  nugle  in  nugUdimeft  nulla- 
dimeno  ^ 

f eràde  orma,  vestigio,  pesto. 

Sai'à  come  il  sostantivo  participiale  da  un  verbo  ^erà;  il 
quale  poi  sarebbe,  per  la  via  di  un  dissimilato  ^frarar  (v.  Ascoli 
I  501  8§  71-2;  526  §  191),  il  lat.  fragrare.  Vedi  Ktg. 
3810,  3954. 

già g ne  gugliata. 

Farmi  non  possa  essere  altro  che  un  derivato  da  a  cu,  e  cì<m* 
*aculanea  *agldna.  Per  -^Igtte^  cfr.  filagne  tììSL,  filatessa. 

gness,  agnlss^  anche,  ancora. 

Vedrei  in  questa  voce  un  composto  analogo  al  pure  friulano 
anrhemò  ancora.  D  primo  elemento  del  composto  (anche)  sarebW 


*  È  curioso  assai  zerffle  ^^U  allato  a  zerìe  barella,  carretta,  che  p«re  boo 
potersi  staccare  da  *  gerla  '. 


Spigolature  friulane  229 

lo  stesso  ne'  due  termini,  il  secondo  sarebbe,  in  gfiess  e  agntss^ 
quell'««s  0  i8S^  issa^  che,  col  significato  di  '  adesso  ',  vive  sempre 
in  qualche  varietà  alpina  di  Lombardia  {ess  a  Bormio;  iss  o 
issa  in  Val  Bregaglia,  ecc.),  v.  VII  553  »;  XII  410;  Zst.  XXII 478. 
Circa  a  gn-  agn-  per  ^  anche  ',  ricordo  che  allato  a  an^hemò^ 
il  friul.  conosce  la  forma  engimò  (IV  317,  1.  8  dal  basso),  ingimò 
(ib.  318,  1.  3  da!  basso;  Pagine  friulane  m  114).  Ora  nel  friu- 
lano, anche  un  n^  secondario  può  ridursi  a  /t,  come  lo  provano 
ingnostri  inchiostro  (IV  336  ;  cfr.  ingiostri,  Pirona),  e  gnavd  ca* 
vare  (TV  336;  cfr.  friul.  giavà  cavare)*;  *an^-ess  poteva  quindi 
divenire  agnéss  *. 

luta  agognare,  desiderare  ansiosamente. 

C  è  anche  il  deverbale  late  nel  modo  sta  in  Iute  stare  in 
aspettazione.  —  Che  il  verbo  sia  da  luctare  (Ktg.  5715)  è  pro- 
vato dal  jt  del  sinonimo  bormino  slojtar;  la  qual  voce  accenna 
a  lùct-  piuttosto  che  a  *lùct-. 

mdine  compagnia,  società. 

Il  Pirona,  pag.  e,  lo  dà  come  termine  antiquato.  —  Sarà 
'  mamea  '  nel  modo  *  manica  di  bricconi  ',  ecc.  È  dunque  un 
esempio  da  aggiungere  al  num.  235  dell'Ascoli^. 


'  Qui  si  tratta  del  grig.  «Ma.  E  questo  mi  rìdrìama  il  friul.  ì$9jfnòtt  quatta 
notte,  che  Teraaiente  potrebbe  essere  per  *o$gnhU  ^  **»»>  o  ^esfnottt  con 
ammilazioiie  delle  Tocali. 

*  Veramente  V  esempio  di  gnav^  h  di  '  cavare  '  in  quanto  dica  '  levare, 
togliere  \  Onde  '  incavare  *  mal  parrebbe  convenire.  Sennonché  '  incavare  * 
etm  sinonimo  di  '  cavare  *  nel  suo  proprio  senso,  e  poteva  così  passare  esso 
pure  nel  traalato. 

*  Del  resto  afi  poteva  aversi  come  risultante  di  a^<è-  (cfr.  ad  ad  Erto, 
e  nMmó  ancora,  nel  oontado  beUinionese). 

*  Per  la  risoluiione  di  un  Ij  secondario  in  J,  cfr.  hdje  bàs  balia,  nutrice,  e  il 
ni.  Bwèje  Basaglia,  BaaajaphUé  Basagliapenta  (basilica  pietà,  ne* doc). 
Gli  8*acoompagna  lo  $cmgm  '  scodellino  *  del  Ruxante  (Wendr.  pag.  26)  che 


230  Salvioni, 

measà,  masià. 

La  prima  di  queste  voci  è  spiegata  dal  Pirona  per  '  arare  e 
lavorare  la  terra  in  estate  per  prepararla  alla  seminagione  del 
grano  ',  la  seconda,  per  '  arare  la  terra  in  luglio  ed  agosto,  a 
purgarla  dalle  erbe  nocive  '.  Sono  in  fondo  la  stessa  voce  e  ben 
ha  ragione  il  Pirona  di  rimandare  dalla  prima  alla  seconda. 

Si  tratta  di  non  altro  che  di  '  maggesare  \  interpretato  non 
nel  senso  di  'ridurre  a  maggese'  ma  in  quello  di  'lavorare  il 
maggese  '  '  togliere  il  maggese  '.  Nella  prima  forma  potrebbe 
trattarsi  di  *maje8à  in  ^mejasà  colla  metatesi  reciproca  tra  vo- 
cali, come  nel  ni.  Luinà  ali.  a  Leonà  Leonacco  ;  ma  al  postutto 
non  n'avremo  bisogno.  Nella  seconda,  avremo  o  *inasejà  da 
*maje8à  ^  onde  *maseà  masià  (cfr.  odeà  e  odià^  ecc. ,  I  504),  o 
*maje8à,  majsà,  masjà. 

mète,  mètide,  medietà,  mediocrità. 

Ci  stanno  davanti  due  risoluzioni  del  non  popolare  médietas. 
La  seconda  ci  rappresenta  un  *mèdite  col  successivo  invertimento 
di  d't  in  t'd  ;  mentre  la  prima,  anzi  che  un  *méd'te,  ci  rappresen- 
terà un  *méjete,  con  dj  in  j,  che  è  fenomeno  possibile  anche  in 
voci  dotte  (cfr.  l'a.  mant.  fastio  fastidio),  con  /  poi  normalmente 


sarà  scuelin  '^acuilin  ^acujlin,  e  ha  quindi  una  storia  analoga  in  tutto  a 
quella  del  pur  pavano  piegna  =  yen.  piàdena  (Beitrag  87  ;  Wendr.  pag.  24). 
Il  quale  si  ricostruisce  per  *pidma,  *pidinat  "piàjna,  *pi4fna;  e  a  *pidjna  ci 
ricondurrà  anche  il  sinonimo  piena  scodella,  di  qualche  altro  testo  pavano, 
e  il  piana  (cfr.  il  trev.  pianél  ali.  a  piaenéla  piccolo  piattino,  ecc.)  del  Ma- 
gagnò (II  61^  bis);  cfr.  ven.  aasà  aU.  ad  asse,  ecc. 

^  Per  la  metatesi  reciproca  nel  friulano,  v.  Ascoli  I  534,  e  più  avanti 
8.  '  méte  \  ^  salugèe  *  e  *  vinidrì  '.  Qui  aggiungo  mu8uUn  allato  a  mulisin 
molle,  cidivòcc  e  civadòcc  colchico  autunnale,  raugnà  e  gnaorà  miagolare, 
reulàr  e  lauràr  trave  orizzontale,  ecc.,  muturusae  e  tumurusse  cumulo,  rialzo, 
sbiHà  e  sHbià  scacazzare.  —  Un  esempio  in  cui  le  consonanti  si  scambiano 
il  posto,  pur  non  eambiandolo  la  sonorità  o  non  sonorità,  è  poi  sghandnss 
allato  a  stangiaz  '  stangaccio  *  steccone,  forcone.  Ma  ^jutava  sfhàndule. 


Spigolature  friulane  281 

soppresfiOf  e  colla  contrazione  di  ^e  in  e.  Queste  ultime  riduzioni 
le  troviamo  anche  in  sghaldH  ^  scaldaletto,  allato  a  s^haldejèU. 

naulintmentri  malvolentieri. 

Come  nel  ven.  novogiando,  nel  mil.  annavojdnt,  inagojdnt, 
inagojarUement  ^,  che  sono  '  a  non  volendo  '  '  in  non  volendo  ', 
avremo  qui  '  non  volendo  '  ridotto  a  combinazione  e  senso  av- 
verbiale ;  awerbialità  resa  ancor  più  sensibile  mediante  l'aggiunta 
di  -mefUe,  la  cui  funzione  non  è  qui  quella  che  ha  in  '  natural- 
mente ',  ecc.,  ma  quella  storta  che  ha  in  '  quasimente  '  e  con- 
simili. 

nogldnd  ghianda. 

Pirona,  pag.  e.  —  La  fusione  del  riflesso  protonico  di  n  ù  e  u  1  a 
(cfr.  noglar  nocciuolo)  e  di  gland  ghianda. 

panali 

*  spazzola,  propriamente  piccola  granata  fatta  colle  cime  della 
canna  da  padnle  '  ^  canna  da  palude  ',  Pirona.  —  Farmi  non 
possa  essere  altro  che  '  pennacchio  '. 

parie  unitamente,  insieme. 

Va  col  feltr.  para  con,  bellun.,  trev.  pera,  apera,  di  cui  v.  il 
C'avassicO;  gloss.,  e  la  base  si  ritrova  pure  nèlVimpàjra  insieme, 
della  Valmaggia,  e  un  po'  in  tutta  Italia. 


*  Che  il  Pirona  scriTa  qui  •<  (e  arrivi  aud  fino  a  9fkaidèd)j  proverrà  da  ciò 
«*be  la  coniraEione  dei  dae  e-e  conduceva  a  una  vocale  lunga,  la  quale  tro- 
vava poi  la  sua  espressione  grafica  nella  successiva  scempia  (scempio  è 
naturalmente  anche  il  -t^  di  B^haUdc^jètt)  o  nella  media. 

'  In  considerazione  di  questa  forma  milanese,  sarà  lecito  di  chiedere  se 
il  g*  del  grig.  gugerU  (Ascoli  VII  574)  non  sia  prima  nato  nella  combina- 
li «-.ne  *na  tugent  '  non  volendo  *,  onde  poi  na  g-,  —  Istruttivo  anche  il 
^rrar.  nujand  sbadatamente  (Baruffaldi,  Rime,  III,  parte  2*,  66,  87,  157). 


232  Salvioni, 

Ritorna  anche  nella  Bregaglia  eotto  le  spoglie  di  daspair 
'Spaira  ^  ;  le  quali  forme  gettano  piena  luce  pure  sugli  sper, 
speras,  daspera,  dasperas,  vicino,  presso,  de*  Grigioni,  nel  cui  -per 
'peras  altro  dunque  non  vedremo  che  un  pariu  paria ^. 

peà  attaccare,  legare,  dispejà  staccare,  digiogare. 

L'Ascoli,  I  510,  vedrebbe  in  dispejà  un  '  dispaiare  ';  ma  dubito 
che  oggi  s'esprimerebbe  egli  stesso  in  ugual  modo. 

disp&jà  0  dispeà  è,  come  ognun  vede,  il  contrario  di  peà,  per 
la  qual  voce  son  possibili  due  dichiarazioni.  L'una  ci  porterebbe 
a  quella  stessa  base  onde  anche  lo  sp.  pegar  appiccicare,  e  cioè 
a  un  *pìcare  da  pìce  pece;  l'altra,  —  e  a  questa  pare  a  me 
di  dovermi  attenere,  —  a  *  pigliare  '.  Per  il  significato,  si  con- 
sideri l'it.  impigliare,  di  cui  s'ha  il  contrario  in  spigliare ,  spi- 
gliato; per  la  forma,  si  confronti  peà  rappigliarsi,  e  dispeà  scri- 
nare, dirizzare  i  capelli,  cioè  q.  '  dis-impigliare  i  capelli  '  (cfr.  il 
com.  despià  già  invocato  dal  Gartner).  —  Per  Ve,  esso  potrebbe 
avere  nel  Friuli  una  ragione  tutta  locale  (v.  Ascoli,  o.  e,  504, 
num.  80)  ;  ma  credo  meglio  ricorrere  all'è,  che  si  vede  nel  bellun. 
impear  accendere,  ert.  impeé,  nell'a.  pav.  peglio  (XII  420),  nel 
ven.  pegio  (friul.  pèj)  cipiglio,  piglio^,  che  potrebbe  essere  da 
un  *pegiar,  ma  anche  giudicarsi  come  quello  di  megio  miglio 
(misura  longitudinale),  eh' è  dell' a.  padovano,  ecc.,  e  di  zegio 
giglio,  zegio  ciglio,  ven.,  ecc. 


*  Cfr.  anche  il  borm.  desp^jr  dietro  {desjjéjr  d'una  pare  dietro  una  parete). 

'  V.  Ascoli  VII  619,  Meyer-Lubke,  Rom.  gr.,  HI  490.  —  Pensa  questuili- 
timo  a  super;  ma  bisognerebbe  allora  supporre  che  la  espunzione  déiVu 
sia  anteriore  airetà  della  riduzione  del  7)-  a  9.  Sennonché,  -p  a  r  i  u  con- 
viene meglio  anche  pel  senso. 

'  Accanto  a  ;>f^fo,  coli'  e  stretto,  il  Boerio  annota  pegio,  lega  di  metalli, 
coUV  largo.  Credo  che  non  si  tratti  di  cosa  diversa,  poiché,  dato  un  pegidr^ 
tanto  si  poteva  avere  un'analogia  che  conducesse  a  jìéffiOt  quanto  una  il 
cui  risultato  fosse  pfyio. 


Spigolature  friulane  283 

pesghà  calpestare. 

Panni  aia  da  vedere  nella  voce  l'incontro  di  'pestare'  e  di 
'calcare',  incontro  che,  compiutosi  in  diverso  modo,  è  forse 
anche  nella  voce  italiana  calpestare.  Così  il  suo  sinonimo  fol^hà 
(lomb.  folkd)  ^  non  sarà  altro  che  '  follare  '  e  ^  calcare  '. 

pieni  oed. 

Vedi  IV,  338.  Andrà  certo  letto  piciiU  come  è  da  leggersi  ctW 
il  eoe  dello  stesso  documento.  Questo  piciùl  va  poi  coU'a.  veron. 
pizoli  ceci,  e  precisamente  '  cicer  arietinum  '  (v.  Cipolla,  Un 
amico  di  Gangrande,  49),  venez.  pezzolo  ceco,  a.  beli,  pezuoi 
ipezzuoli  ceci.  Magagnò  II  71^),  ecc.  Vedi  Cavassico,  gloss.  ' 

ràdi  frasca,  broncone. 

:jarà  come  un  diminutivo  mascolino  del  lomb.  rdca  verga  fessa 
per  legare  festoni,  ecc.,  di  cui  v.  Lorck,  Altbergam.  sprachd.  184  ; 
Miscellanea  Ascoli  I  93  n.  Colla  stessa  base  andrà  raculin  vi- 
ticcio, che  ha  allato  a  se  ranculin  dove  par  di  sentire  il  ted. 
Ranke^. 

rati  ramolaccio. 

Sarà  certo  il  ted.  Rettig;  dove  circa  allVi,  se  non  Io  giusti- 
Scano  i  dialetti  tedeschi  che  son  contermini  al  Friuli,  si  può  pen- 
sare alla  diretta  intromissione  di  radris  radice. 


'  Lo  si  sente  anche  nel  com.  folch  folto,  da  cui  o  da  folka,  anzi  che  da 
in  gemi.  *fidk  (v.  Briickner,  Charakteristik  d.  germ.  Elem.  im  Ital.,  p.  9\ 
deriTerei  io  il  com.  folco  folla,  calca. 

*  Per  r  etimo,  può  forse  servire  il  prov.  hectideu  poix  chiche,  pensando 
irAJtra  parte  a  lomb.  pizza  beccare,  ecc. 

'  La  forma  roncuUn  sarà  per  una  assimilazione  dell' a  alla  successiva 
Txal  labiale;  o  quanto  meno  v*ha  immessione  di  ronca  potare. 


284  Salvioni, 

rauèzz  ^  penzolo. 

Sì  comprenderà  facilmente  lorìgine  di  questa  forma  ove  si 
pensi  die  a  rdta  il  frinì,  risponde  con  rauide  (Ascoli  I  582), 
e  che  il  sinonimo  bergamasco  di  rauizz  è  rg^  cPoa.  Questa  base 
è  largamente  diffusa  per  l'Alta  Italia  '  :  ven.  rozzo  mazzo,  bellun. 
roz  cercine,  bresc.  rog  crocchio,  radunanza,  lomb.  rgè  e  róia  stormo, 
gregge ,  engad.  rotseha  schiera  > ,  ecc.  ;  v.  Lorck ,  Altberg. 
sprachd.,  203.  La  base  n'è  indubbiamente  ^5teu,  come  già 
aveva  postulato  il  Caix  a  proposito  dell'aret.,  march,  roccia 
cercine,  paglia  ravvolta  a  rotolo,  e  quindi  l'Alton  a  proposito 
del  gard.  rozz  cercine  ;  né  capisco  come  il  Lorck  possa  dichia* 
rarla  '  foneticamente  impossibile  '. 

ravòj  pampano,  getto  novello  della  vite. 

Se  io  ho  ragione  di  vedere  nel  bellun.  reole  pollone,  *  quel 
tanto  di  rami  degU  alberi  che  cresce  in  un  anno  .,  come  il 
deverbale  di  un  ^reolar  ^repullare,  allora  ravd;  altro  non  sarà 
alla  sua  volta  che  il  deverbale  di  un  *ravojà  ^repulliare. 

réfe 

*  cassa  in  cui  i  mercisjuoli  girovaghi  collocano  le  merci,  e  che 
assettano  con  cinghie  alle  spaHe  ,,  Pirona,  82.  CioUa  stessa  voce 


^  C'è  anche  aruizz  per  cui  cfr.  aruede  (Ascoli  I  531),  e  rtiM»,  che  pAfe 
Ktare  a  rauezz  come  HdHf  a  radrif  (Ascoli  ib.,  501),  o  come  più  tocì  co- 
mincianti  con  ri-  alternano  con  m-. 

'  Nel  trevig.  è  la  Toce  rMo  grappolo,  che  risale  a  rotalo.  Con  esso 
va  indubbiamente  il  sinonimo  ven.  rido,  bellon.  rtgia,  che  avrà  il  rao 
dal  diminutivo  rtciitOt  rtgtùiOy  dal  verbo  rtcìar  raspollare,  ecc^  dove  il 
poteva  facilmente  sorgere.  Non  ha  dunque  da  veder  nuUa  con  'orecchia*, 
come  vorrebbero  il  Gartner,  Zst  XVI 841  n.  e  il  Vidossich,  Dial.  di  Triesti*. 
§§42,  185  /.  Circa  poi  al  rapporto  formale  tra  rócio  e  roi,  cfr.  miL  trvi 
V  o  r  r  5 1  e  u   sinon.  di  erlSe  *corrOtulu   crocchio. 

'  Nel  sopras.  è  ro$eha^  con  un  i  (?)  che  forse  dipende  dal  lomb.  ruMg^ 


Spigoliiforé  ffiulftne  085 

(rifa)  ho  udito  da  gente  di  Feltre  chiamare  quell'arnese  che  in 
Lombardia  ha  il  nome  di  cadala  -ra^  e  la  cui  descrizione  può 
leggersi  nel  Monti»  Voe.  com.,  s.  '  càdora  ',  e  per  la  cui  etimo- 
logi%  V.  Romania  XXVIU  94.  £  sarà  molto  verosimilmente 
la  stessa  cosa  il  garden,  reffta  (Alton).  Si  tratta  del  ted. 
Reft  "  Stabgestell  zam  Tragen  auf  dem  Rtlcken  .  (Kluge^, 
8.   reff')». 

ringhiti  orecchino. 

Ha  aitato  a  sé  HfMn,  che  meglio  i^Ade  il  veti,  rèoin  oree- 
chino.  La  forma  ringhiti  si  spiega  dalla  immissione  di  irit^ké 
roagtta,  cefòhiettp,  di  cui  ^  GWrtiier/  Kàto^rom.  grtiKlm.,  pag.  23. 

salugie  sàttore^^a. 

Il  punto  di  partenza  è  satureja  onde  per  metatesi  reciproca 
(v.  pili  indietro  s.  'measà',)  "^sarutejàf  flfói  ^sarudeja,  ^saru- 
dieja  *sarugieja,  ecc.  Il  /  per  r  non  è  però  normale,  e  n'andrà 
cercata  la  causa.  Vedi  intanto  anche  mille  allato  a  mlrie  meriggio, 
riposo  meridiano,  il  ver.  schiUUo  scojattolo,  e  f'a.  pava.  tniilitó 
merito  *. 

sànzit^  sangufnto,  satigmueTIa. 

Stk  a  sAnguint,  ven.  sAnguene  (^'c.  e  pad.  sàn^&tia,  pad.  sSn^' 
znna)  coitte  Sta  ^^  a  In^uìiÀe.  DI  <yMd«6'  ra|fpO¥lo,  disoòfei^  il 
Merer-LQbké'  Il  §  16. 


'  Anche  nel  Cantone  di  ^aud  :  '  raffe  sorCe  de  pannìer  à  porter  sqt  le 
do*  '  (Brìdel). 

'  Ma  Fa.  pacano  comò-  compita  comodità,  presuppone  pìatt'óstò  un  ^e^- 
mùbt  (cfr.  tarMói  torbido,  ecc.). 

'  11  Pirona  509,  ha  $atuM,  e  su  quesàk  forma  si  fonda  rAocoìi  I  525;  nia 
—'&  è  errata.  Il  Pirona  stesso  net  Vocab.  botanico  (Udine  1B98)  ha  àhmìt, 
e   àànHU   ha  il  Vocab.  frinì,  dello  Scoila  (Pordeno&c  WÌO). 

Arvbivio  flotioL  iUl.,  XVL  16 


L 


286  Salvioni, 

sghàte  scatola. 

Si  ragguaglia  a  ^  Beata  ',  ed  è  un  evidente  primitivo  estratto 
dal  derivato,  o  dal  creduto  derivato:  sghàtuhf  per  cui  v.  Rom. 
XXXI  289  ». 

scrodeà  scuojare. 

Ne  tocca  l'Ascoli  I  533,  come  d*  un  esempio  per  la  epentesi 
di  r,  epentesi  che  si  vede  anche  in  cródie  (triest.  cródiga)  '  co- 
tica '  K 

Ora,  io  credo  che  il  r  di  cródie  sia  venuto  nella  voce  por 
opera  di  scrodeà,  dove  si  sarà  svolto,  come  in  tante  voci,  dietro 
all'esplosiva  preceduta  da  s  ',  però  non  senza  influenza  di  *  scor- 
ticare '. 

friul.  seta  sietà  aspettare. 

Debbon  dipendere  queste  forme  non  direttamente  da  »petà 
spietà,  bensì  da  quel!'  *astetidre  che  il  Meyer-Ltibke  allega,  anche 
come  friulano,  in  Rom.  gr.  I  398,  e  che  non  so  siasi  awertit<» 
essere  pure  di  scritture  toscane  {astetto  aspetto,  asieUerò,  aM£tt»i. 
nelle  Lettere  di  Ser  Lapo  Hazzei,  I«  11,  353,  854;  II,  6.  ecc.K 
£  questo  asteitare  che  deve  stare  a  base  dello  scetà  =  ^ttjtiti 
dell'Ascoli  I  513.  La  forma  seta  sarà  poi  una  dissimilazione  da 
sUtà,  dissimilazione  certo  ajutata  dall'  imperativo,  essendo  '  aspet- 
tare '  uno  di  quei  verbi,    cui    ben   s'attaglia   il  trattamento  di 


*  Ài  casi  dì  «•  trasposto,  che  qui  ai  citano,  si  aggiunga  ven.  Wc.  t  Xrt\ 
ftrttpetàn  =  rtmpeión  cospetto!  (esdamaz.),  e  sdachè  per  dascM  (Rm.^  Màg 
(lacchè,  in  qualche  testo  pavane. 

*  Tra  le  corrispondense  dì  *cutica*,  mi  si  lasci  ricordare  il  tìc  e^': 
{coi2za  nel  Ifagagnò)  cioè  *catlcea. 

^  Cfr.  $prih9imo  pessimo*  nel  R usante,  B9pré9$imo  cattivo,  aevero,  a  Por*- 
Tolle  <Papanti),  e  friul.  $brAme^  di  cui  qui  indietro  §.  '^hanis*. 


Spigolature  frinluie  287 

cui  parla  il  Bovet  in  Scritti  vari  di  filologia  dedicati  a  E.  Mo- 
naci, pag.  253  ^ 

•>  8 fisa  cestire,  mettere  germogli. 

I  sinonimi  afijà  (onde  $fì)  e  fiolà  ci  dicon  subito  che  si  tratta, 
di  'figliare'.  Sennonché  con  sfisà  (onde  sfis)  risaliamo  diretta- 
mente a  fis  plurale  di  fi,  non  essendo  qui  il  caso,  parmi,  di 
pensare  a  un  singolare  nominativo  *fis  ^.  Il  pi.  fis  moine,  si 
vede  pure  nel  nome  fisòtt  ali.  a  figòU  lezioso,  ficoso,  e  *oves 
(=r  •  nova  ')  in  avesdr  chi  compra  o  vende  uova. 

siutn  ecc.,  sonno. 

Ben  ha  ragione  il  Oartner,  Zst.  XVI  181,  di  non  vedere  nel- 
r  iu  di  sium  una  combinazione  da  paragonarsi  all'  io  eh'  è  in 
*NJor,  gnaVf  nuovo,  ecc.,  e  di  pensare  a  una  alterazione  di  di- 
verso genere.  Questa  consisterebbe,  a  veder  mio,  in  ciò,  che 
nella  fase  di  ^somjo  (cfr.  insumiasn)^  il  j  è  stato  attratto  nella 
prima  sillaba  e  piti  precisamente  davanti  alla  tonica,  così  come 
per  aversi  una  uguale  attrazione  in  ziunà  allato  a  dizunià 
e  come  il  j  di  banjar  {baHar)  passa  alla  prima  sillaba  nel 
bellun.  e  trev.  bianar.  Cfr.  ancora  il  vie.  bescemar  bestemmiare, 
il  montai,  pianeri  paniere,  il  piem.  chign  chino  (*kifU>  =^  *kjino), 
il  lodig.  impefii  =  lomb.  impjenf  riempire,  il  lomb.  cóla  coglione 
=  *kjgla  kolja,  Etg.  2316. 


*  T'n  esempio  frialano  della  riduzione  imperativa  è  c^a  o  c^te  per  c^ale 
riarda. 

*  L*  Ascoli,  IV  849,  prudentemente  dichiara  di  non  mettere  come  cosu 
McerUta  che  sia  dal  nominat  bns  il  •  dei  derivati  bosdtt^  ecc.  Inflitti  il 
«bibbio  a^aceretoe  ove  si  penai  che  quel  a  compare  non  solo  nel  pad.  boneio 
crioveneo  (cfr.  hotatieggi  giovenchi,  nel  Ruzante,  Piov.  4^),  ma  persino  nel 
<n-mon.  b<m$/er  boaro.  Che  ne  venga  qualche  luce  al  frane,  bount  (Ktg.  1528, 
Ih.-t.  gén.)? 


288  Sakìoai, 

spreseà  pregare.   . 

Pirona,  pag.  ci.  —  Il  5-  è  intensivo,  e  -preseà  corrisponde  0 
a  un  '  preceggiare  '  o  a  un  '  preoicase  '.  Nella  prima  aUemativa 
la  base  sarebbe  *pre8  prece  ^  nella  seconda,  si  tratterebbe  più 
verfsimrhnente  di  un  derivato  dà  praeeari. 

tace  tasso. 

Il  nome  deH'animale  ;  e  ha  allato  &  sé  tasA.  Molto  verosimil- 
mente si  tratta  della  voce  germanica  {Duchi)  qjui  penetrata  una 
seconda  volta  e  adottata  come  *taks,  col  -s  poi  caduto  per  l'il- 
lusione che  fosse  un  elemento  flessionale  {-s  di  nominativo  sin- 
golare, Ascoli  rV  349,  o  -s  di  plurale). 

tàma  corne^  q«aiièou 
Pirona,  pag.  ci.  — Dev'essere  la  riduzione  di  *tan[to  co]me*. 

tas   tai  tutte  -i. 

È  una  forma  procrea,  e  la  srate  storia  è  questa.  ^tUas  dava 
tas,  per  una  di  queRe  riémioni  (fi  ^  tutto  '  atono  onde  sono 
esempi  il  bellun.  tctfato  tu^ifaffaftto,  tafftsan  tutto  quest'  anno, 
tu  quent  tutti  quanti  (cfr.  frivl.  éueucmi),  eco.,  r.  OavHsaieo  n 
p.  334,  §  43;  Meyer-Lflbke,  It.  gr.,  §§  300,  SOL  Da  quarto  to« 
veniva  a  troppo  divariare  quella  che  sarebbe  stata  la  ridozione 
normale  di  '  tutti  '  {dtigh),  onde  il  mascolino  venne  adattato  al 
feminile  sulla  norma,  p.  ea.,  di  t-as  nelle  :  :  t-aj  nei,  as  :  :  ajy 
das  :  :  daj,  e  su  quella  di  -es  :  :  -ej  nei  pronomi  {chèi  quelli,  ches 
quelle,  miejiimes^). 

Una  curiosa  ferma  è  il  pure  proelitioo  dunv  tutti  «e^  À'io  1m 
dalla  Gtiida  della  Gamia  dei  signori  Gortairi  e  Marin^flK.  Per  9 


*  preg  o  prez  ò  voce  dotta. 

'  Una  analoga  influenza  in  dttghu  tutti  (cfr.  ju  ili  i,  ehi3(hu  questi). 


Spigolature  frìalane  2S9 

d-  si  ricordi  che  nel  Friuli  è  duU  tutto;  e  quanto  al  -n  mi 
chiedo  se  l'aversi  o  l'aversi  avuto  tas  allato  a  tan  tanto  (vedi 
AsooU  IV  352),  tìon  abbia  promosso  Allato  a  "^das  tutto,  un 
don  S  che  poi  finì  por  soppiantare  *das  e  per  fissarsi,  dato  il 
ano  camttere  di  indsclinahile,  anohe  nel  mascolino. 

udrzine  vuà-  aratro. 

Pensa  il  Mussafia^  Beitr.  120  n.,  die  ia  v^oce  possa  andare  con 
vertere.  Ma  non  parmi  che  riesca  di  giiistificaBe,  a  tacer  d'altro, 
il  via-  in  wd  uà.  Meglio  penseremo  a  volgere  (wèélzi^  venuto  a 
commescersi  con  vertere;  e  l'wi ai  potrà  spiegane  da '^'tn^^i^ine, 
oppure,  il  che  credo  meno,  dall' incontro  di  vwU  con  viart- 
(=v6rt-)^ 

vinidrl,    vi dr igni. 

Il  secondo  è  ainonimo  di  invidrigm  detto  del  pullulare  del 
mal  sene  in  un  prato  ;  il  primo  di  mdrimì  ^gni,  disvidriìU  -gn%^ 
estirpare  il  mal  seme.  Il  rapporto  tra  vinidtri  e  -^drint  è  adunque 
foneticamente  quello  d'una  metatesi  reciproca.  Ma  il  punto  di 
partenza  sarà  pure  -vidrint,  poiché  non  si  potrebbe  scindere  la 
voce  da  fdèri  maggese,  che  è  v  etere  (Ro.  XXXI  27i)^.  E  le 
voci  friulane  ci  ajutano  poi  a  apiegare  i  ainonimi  istriani  (da'svth^ 
dumày  eoe.)  che  saranno  da  -wdronà. 


'  ijntaadQ  forae  il  confondersi  dell' aggettivo  e  dell' avverbio  in  modi 
oojote  '  tutte  contente  '  ««  '  tuito  contente  *,  eec. 

'  0*é  del  reato  -vuélzi  Idia-tnuUofi)  che  h  runico  esempio  del  dittongo  uà 
davanti  ad  altre  oonBoiuuiii  che  non  eiano  r  (v.  AseoU  I  496),  e  parrebbe  ^inasi 
da  credere  airesistensa  di  nn  anteriore  ^tmarzi  volgere,  che  solo  ei  center* 
verebbe  in  witArzine, 

'  UflL  iJtro  derivato  friulano  da  ve  te  re  è  l'aggett.  vp-  vedris»  incator- 
zolito, onde  ii  verbo  hmiàri»i$a%  intriatire.  €fr.  il  bellun.  tiaHie,  Text.  tedri^ 
ma^eae;  Gartner,  Zst.  XVI  8<56.  ^  Dalla  stessa  base,  ma  passato  attravejeso 
qnalcke  domato,  «acà  il  ^mta,  magjgase,  di  Val  Grardena,  livinaUiini^y^oa,; 
Schnalkc  2t0,  258,  Alton,  s»  Wara\ 


240  Salvìoni, 

Nomi  locali  in  -is. 

Nell'utile  elenco  di  nomi  locali  friulani  che  accompagna  il 
Vocab.  friul.  del  Pirona,  trovo  i  seguenti  nomi,  nei  quali  al- 
V-dcco  della  forma  italianizzata,  è  contrapposto  il  dialettale  -às 
0  questo  insieme  ad  -a  ^  : 

Chamuzzds  Chiamuzzacco. 
Avosds  "à  Avosacco. 
Premarids  Premariacco. 
Rvhignàs  Rubignacco. 
Muimds  'd  Moimacco. 
Lovds  'd  Lovacco  ^. 
Ra-  e  Reììiamds  Bemanzacco. 


^  In  tre  nomi  locali,  di  cui  uno  già  avvertito  dairAscoli  I  534,  si  ha  -ad: 
Ussàd  -d  Ussago,  ^hasiàd  Casiacco,  ^harpdd  -à  Oarpacco.  Come  lo  prova 
lad  lago  (Ascoli  ib.  ;  un  caso  analogo  è  fors'anche  dut  barbagiaimi,  allato 
a  dug,  ven.  dugo,  ecc.),  queste  forme  nulla  hanno  forse  da  vedere  col- 
Taltemare  di  -ddo  e  ago  -che  testé  si  affermava  per  la  Lombardia  (vedi 
Arch.  stor.  lomb.,  ann.  XXIX,  366-7);  dove  è  da  aggiungere  che  a  Pavia 
anche  Buttirago  suona  BUtirà^  che  pure  i  pav.  Guardabiate  e  Casorate  [dial.  a] 
compajon  nelle  carte  come  Bardàbiago  e  Caacirago;  che  già  il  Flechia  cre- 
deva di  poter  identificare  Tant.  Barteaago  o  Bari-,  onde  anche  il  nome  della 
famiglia  Bardessaghi,  coirattuale  Bartesate  ;  che  al  nome  di  famiglia  Gavi- 
roghi  non  vedo  corrispondere  un  Gavirago  ma  si  un  GaviraU;  che,  infine, 
più  nomi,  i  quali,  applicati  però  a  località  diverse,  compirono  qua  con  -àte 
[Turate,  ecc.],  là  con  -ago  [Turago,  ecc.],  potrebbero  pur  dipendere  da  una 
unica  base),  e  coiralternanza  di  -ac  e  di  -at  (meramente  grafica?),  che  par 
occorrere  in  qualche  parte  dell'Alvernia  (v.  Ro.  XXVIII  142  n.). 

*  Trovo  questo  nome  presso  D.  L.  Gamavito,  I  nomi  locali  della  regione 
friulana  terminanti  in  '  à'  o  *  ds'  (Udine  1896),  dove  però  non  è  fatto 
nessun  tentativo  per  ispiegare  V-ds.  —  Vedo  poi  che  nfe  il  CamaTÌto  ne  il 
Flechia  accennano  ai  feminili  di  questa  categoria.  Il  Flechia  veramente 
annota  Dongeaghe  che  per  me  però  ò  un  composto  {dcnge  aghe  presso  Tacqua), 
e  Lorenzaga.  Ma  certo  devon  rivenire  ad  -àga  parecchi  dei  nomi  in  -<i/^« 
che  vengono  italianizzati  in  bìglia  o  -ója.  Così  Blessajé  Blessaja,  par  che 
sonasse  Blaxaga  ne'  documenti,  e  Manidje  Maniaglia,  ricorda  Maniago. 


spigolature  friulane  241 

Ai  quali  nomi  son  certo  da  aggiungere  più  altri  in  cui  V-ds 
è  reso  italianamente  per  -dso  o  di  fronte  ai  quali  non  istà  nes- 
sona  traduzione: 

Lorenzds  Lorenzaso  (cfr.  Lorenzago  -gai). 
Zejàa  (cfr.  Zejà  Zegliacco). 
Osajàs  (cfr.  Osea  Oseacco). 
Formeàs  Formeaso  ^ 

e  altri  tra  cui  Vias  Vigliaso,  Sostàs  Sostasio,  (^hazzàs  Cazzaso, 
che  avrà  il  suo  corrispettivo  nel  lomb.  Cazzago^. 

La  eostante  grafia  per  •às  (cfr.  invece  bctss  basso,  ecc.)  e  la 
versione  italiana  per  -dso,  pongon  fuor  di  dubbio  che  il  -5  si 
ragguagli  a  quello  di  fas  pace,  nas  naso,  sia  cioè  originaria- 
mente sonoro. 

Come  lo  si  spiega?  Nessun  diretto  ajuto  è  da  cercare,  parmi, 
in  treàs  ubbriaco.  Questo  per  me  rappresenta  un  tipo  ^ebriax 
tirato  su  bibax;  o,  tuttalpiìi,  dipende  lui  dall'-ds  dei  nomi  lo- 
cali, nel  senso,  che  dall'aversi  in  molti  tra  questi  l'alternanza 
•4  e  -<i«,  ne  veniva  che  accanto  a  *vred  si  ponesse  un  vreda. 

La  ragione  vera  dell'-a^  andrà  cercata  invece,  a  parer  mio, 
nel  fatto  che  parecchi  nomi  in  -ago  (-dea)  sì  continuassero  nella 
forma  di  genitivo-locativo.  Questa  sonava  latinamente  -a ci  e 
dava  regolarmente  hìs  al  friulano  '. 


*  Sarà  da  Formius. 

'  Invece  §arà  un  plurale  recente  Noàcs  (cfr.  Noaoc  =  Noacco).  Per  esso 
il  Pirona  annota  anche  la  forma  Noazz  che  parrebbe  essere  Noad-^-s  X^-^^ 
1*  nota  a  questo  articolo).  Cfr.  tuttavia>ON«  allato  2k  Jones,  I,  517. 

'  Cosa  penseremo  di  IVatàa  che  rappresenta  la  pronuncia  locale  del 
più  comune  Trasaghis'i  Questo  par  essere  trans-aquas,  ma  non  vedo 
«Uora  come  conciliarlo  con  Trasàs,  Avessimo  invece  davanti  un  nome 
d'altra  orìgine,  un  nome  in  -àcoy  di  cui  Trasaghis  continuasse  il  feminile 
ptorale  e  Trasà$  il  genitivo  singolare  (quasi  ^[domus]  t rasacas  allato 
a    domut]   Traaaci)? 


942  S^Xfim^ 

Nomi  locali  in  -niks. 

Il  Pirona  non  accoglie  nessun  nome  in  'is  cui  alia  aliate  la 
versione  italiana  in  -iccoy  e  che  rappresenti  qqindi  l'esatto  pa- 
rallelo di  'da  :  :  -àcco.  Non  è  tuttavia  improbabile  che  qualche 
nome  in  -/«,  come  Madris  Madrisio,  Malis  Malisio,  corrisponda 
a  -foco  {*Madr{cco,  ecc.). 

C'è  invece  una  bella  serie  di  nomi  in  cui  si  ha  •nWn^   come 

corriapondenza  ^  -nic^: 

Bicinhis  Bìeinicco. 
BuHnins  Butenioco. 
Gicunfns  Ciooniooo. 
Lucinins  Lucìnicoo. 
Pantianlns  Pantianicco. 
Precmimi  Preoenieoo. 
Ufh  ed  Oificinins  Urcinicco. 

Dati  i  quali,  si  potranno  loro  aggiunger^,  colla  quasi  certezza 
dì  non  errare,  A-  e  Datnanfns  ^  Magn--  e  Majantns,  Ursinlns, 
che  non  sono  tradotti  ',  nonché  Malnins  Malnisio. 

La  forma  aulica  di  quest'ultimo  nome  è  particolarmente  intares- 
sante.  E  noto  che  ben  sovente  la  forma  aulica  ci  conserva  una  tra- 
dizione anteriore  a  quella  deposta  nella  forma  dialettale  attuale; 
è  questo  il  caso  per  Malnisio  che  certo  rende  il  *Maln(^8  che 
nel  dialetto  precedette  a  Malnins. 


*  Nel  friulano  son  molto  frequenti  i  nomi  locali  in  cui  le  prepo«inoiu 
de  0  a] d  son  concresciute  col  nome,  ma  che  collateralmente  conterrano  U 
forma  nempHce  :  Ussà  e  Adussà ,  Intisàns  e  Dintisàns^  Auròra  e  Dogrètf. 
AvoUri  e  DòUris,  e  r.  Pirona,  pag.  xut-xi.ai.  In  qualcuno,  si  tratterà  per«' 
di  d'  caduto  per  Tillusione  che  fosse  la  preposizione;  coti,  forse,  in  Amut 
(cfr.  da  ne  abete). 

'  Cfr.  anche  Mazzaninz  che  al  postutto  potrebbe  stara  per  Jf<»«anifs«.  -~ 
Altri  'ÌH8  ne*  nnll.  del  Friuli  vorranno  altre   spiegazioni.   Qui  ti  tuoI  sol 
accennare,  che  dei  tre  o  quattro  nomi  in  Mhz  qualcuno  poirebb*esseiv  p^r 
dissimilazione  da  «mW. 


Jk9A%  par  Bicinim,  oeo.  bìaogMrà  mwvere  d»  *Bicini-a,  eoe., 
•  il  «  che  {tf^eeée  al  '*«  iick  aecittizio,  cane  già  ha  affarmato 
l'Àaoc^  I  634,  «  prppoaito  di  C/rnmin^  e  di  Preeémm.  E  aio* 
come  ai  tratta  a^iopna  di  -nins  S  aarà  da  parlare  piuttoato  di 
epeateai  «die  ow  di  apitaw  ;  apeofeesi  del  n  piMimoasa  eerto  dal  n- 
dal  tea»  dha  preaede  all'/  (v.  Meyer-LilM&e,  It.  gr.,  §  806  ;  Zat. 
Xm  477);  6  efSr.  aneora  il  vie.  simonia  etsioaaa,  ferr.  MMiia 
•ommeeso  aemiase,  l'a»  ve»,  mimzuol  m-odiolu  Beiti\  79. 

La  desinenza  -ntna  è  dunque  da  anteriore  **niSf  il  em  -«^  andrà 
spiegate  nallQ  etaaaa  nodo  ohe  il  -a  di  Avo9é$,  ecc. 

Aggettivi  etnici  in  -ass. 

Il  Pirona,  pag.  577,  rileva  come  aecautp  ad  -àtt  {BtiftUt  di 
BMJa^  eoe,;  v.  Sj.  XV,  p,  l\  167)  e  ad  altri,  ai  abbia  -^9  quale 
derìvatìvo  di  nQmi  di  patria,  e  ooaì  sarebbe  imiZ(mà$9  Tabitaote 
di  V#Mone,  gletmmà^M  quello  di  Gemona  ^<  Sarà  per  una  nera 
aviata,  ohe  il  Pirojia  non  dica:  '^s  o  wiia;  poiché  egli  ateeao 
regiaftra,  a  pag.  68i,  Venioms^^  nome  d'un  torrente  che  va  da 
Forcella  di  Muai  in  Tagliaviento  a  Vensoae»  e  a  pagina  613  a. 
'  Muède  ',  ci  insegna  che  il  rivolo  Mueda  va  dal  monte  del  Sole 
in  Venzonassa,  Siamo  dunque  a  dei  derivati  in  -àccio  (-aceu), 
adoperati  forse  in  orìgine  oon  un  sapore  q;iregiativo,  così  oome 
so  agual  sapore  haimo  sempre  gli  analoghi  derivati  lombardi 
in  'ót;  tanto,  p.  es.,  che  all'abitante  di  Varese  dispiacma  Tesser 
chiamato,  come  generalmente  si  suole,  vares-ót  '. 

Frane,  flageolet,  ecc. 

Non  SODO  ben  sicuri  gli  etimologisti  cirea  a  questa  voce 
(Ktg.  3829,  Dict.  gén.),  e  anche  l'articoletto  del  Mussafìa,  Beì- 


*  fniklfci  Afni  Alnicco,  non  ^AMn, 

*  Nella  Ladinia  centrale:  fietnmazzo  Fabit.  di  Fiemme. 

'  0  q«al  cattivo  sapore  naturalmente  scompare  quando  si  dica  tarekót 
^t^emdriitjii  non  più  degli  abitanti,  ma,  p.  es.,  come  designazione  del  terri- 
torio di  Varese,  di  Mendrisio. 


244  Salvìoni,  Frane.  fiageoUt 

trag  54,  che,  dati  i  confronti  ivi  istituiti,  poteva  e  doveva  metter 
sulla  buona  via,  è  rimasto  senza  efficacia  nella  storia  dichiara- 
tiva della  voce  francese.  Orbene  l'a.  frane,  ftageol  'Ktjol  non  deve 
in  nessun  modo  potersi  scindere  dal  mallorq.  fabiol  zampogna, 
e  dall'a.  ven.  fiabuolo  che  già  occorre  nel  Gate  edito  dal  Tobler. 
Con  questa  voce  veneta  vanno  alla  lor  volta  il  vallanz.  f(MS 
piffero  S  il  romagn.  fabiól  zufolo,  e  il  frìul.  flambai  ^  venuto, 
attraverso  '  tubo,  cannello  ',  al  significato  di  '  doccione  ',  '  tubo 
per  derivare  l'acqua  '  ^. 

Il  tipo  in  cui  tutte  queste  forme  s' incontrano  \  è  un  latino 
volg.  *flabi5lu,  il  quale  non  potrebbe  non  risalire  a  flare 
(cfr.  flabellu)  per  la  via  di  un  *flablu  *flabiilu,  che  avesse 
ben  presto  perduto  per  dissimilazione  il  primo  ^  (mail,  fabiol^  ecc.) 
0  il  secondo  de'  due  l  onde  andava  fornito,  e  che  divengon  tre 
ove  a  punto  di  partenza  si  prenda  un  diminutivo  '*flabli5lu. 

Circa  al  curioso  ficeba,  zampogna,  del  boi.  rustico  (UngarelU), 
nulla  vieterebbe  di  vedervi  il  diretto  continuatore  di  un  *f  labi  a; 
ma  meglio  sarà  forse,  in  considerazione  della  tanto  diffusa  forma 
di  diminutivo,  di  ravvisarvi  non  altro  che  un  primitivo  estratto 
dal  derivato. 


^  Il  Belli,  il  cui  vocabolarietto  manoscritto  ha  la  voce  vallanzasca,  allega 
da  Pieve  Vergonte  il  sinon.  Hcibid\  che  sarà  forse  fabiUf  disposato  a  quella 
voce  ch'é  nel  valm.  èivlé  zafolare  (ma  cfr.  piem.  sUbjS'l). 

^  C'è  anche  fitnbùl  che  molto  verisimilmente  si  sarà  sbarazzato  dal  primo  / 
per  dissimilazione. 

^  Nelle  Lettere  del  Calmo  occorre  un  fraiholan  che  il  Rossi,  gloss.,  man- 
derebbe con  fiabìwlo,  e  interpreterebbe  per  *  sonator  di  piffero  '.  Ma  ciò  non 
va,  e  tuttalpiù  penseremmo  a  un  giuoco  in  cui  entri  il  '  piffero  \ 

*  Del  prov.  flaujol  non  so  come  giudicare;  in  ogni  modo  poco  direbbe 
di  fronte  alle  nostre  forme. 

^  Le  forme  alto-ital.  in  fa-  veramente  potrebbero  spiegarsi  anche  ammet- 
tendo il  salto  del  j  da  una  sillaba  all'altra.  E  così  anche  flabtwlo  potrebbe 
essere  *fabluolo. 

C.  Salvioni. 


ILLUSTRAZIONI  SISTEMATICHE 

ALL'  "  E0L06A  PASTORALE  E  SONETTI,  ECC.  „ 


(Archivio  XVI,  71-104)  ; 

DI 

G.  SALTIONI. 


AVVERTENZA. 

Comincio  dal  niea  culpa,  dal  confessare,  cioè,  che  troppo  m'ero 
io  affrettato,  leggermente  confidando  in  una  prima  impressione 
e  nel  bellunese  patriziato  di  messer  Paolo,  a  dir  bellunesi  i  testi 
la  cui  illustrazione  qui  segue.  Troppo  m'ero  illuso  su  certi  ca- 
ratteri che  se  son  bellunesi,  son  pure  propri  di  varietà  rustiche 
trìvìgiane;  e  troppo  d'altra  parte  avevo  trascurato  altri  carat- 
teri che  son  di  spettanza  esclusiva  di  queste.  Mi  par  tipica,  per 
questo  riguardo,  la  riduzione  di  -di  (=  -óni)  a  -6  (num.  25),  che, 
airinfuorì  delle  nostre  scritture,  è  nota  solo  dalla  parlata  di 
S.  Pietro  di  Barbozza  nelle  vicinanze  di  Val  Follina.  Anche  il 
gerundio  in  ^e  ritorna  in  terre  trivigiane  (num.  77)  e,  in  ordine 
alla  materia  lessicale,  va  rilevato  il  verbo  sartar,  che  solo  i  fonti 
trìvigiani  conoscono.  Avrei  dunque  dovuto  far  maggior  assegna- 
mento sulla  cittadinanza  trivigiana  dell'autore,  sulle  parecchie 
allusioni  locali  de'  Sonetti,  sulle  querimonie  de'  poveri  villici  di- 
rette appunto  ai  cittadini  di  Treviso,  loro  signori.  Ai  quali  indizi 
^'aggiunge,  —  il  che  io  non  ho  appreso  che  poi,  —  che  la  lezione 
padovana  dell'Egloga  espressamente  dice  essere  questa  scritta 
in  lingua  triniina.  Ora,  siccome  la  parlata  trentina  è  perento- 
riamente esclusa,  questo  trifUina  andrà  senza  nessun  dubbio 
emendato  in  triuisina  ^ 


È  frequente  nelle  antiche  scritture  la  forma  tririsintts  ali.  a  -siaHut 


246  Salvioni, 

Poiché  giova  sapere  òhe  l'Egloga  di  memer  Paele  ci  è  con- 
servata Anche  a  ce.  1^1  r  - 172  r  del  cod.  91  della  Biklieteca  del 
Seminario  di  Padova.  Ne  debbo  la  notizia  al  mio  carissimo  ed 
eruditissimo  prof.  Vitt.  Rossi,  che  anche  me  n'ha  comunicato  i 
primi  e  ultimi  versi.  I  miei  sforzi  per  aver  una  copia  dell'intiero 
componimento  son  riusciti  vani.  Ma  la  dotta  cortesia  del  conte 
A.  Medin  ha  pur  voluto  trascrivermi  di  su  il  codice  i  frammenti 
che  riproduciamo  in  nota  S  e  corrispondono  ai  vv.  1-12,  316-36, 
629-44  del  testo  nostro. 


MoRBL.  On  uitu  Trotol  cusi  pianzolent 

Che  ti  me  pari  tutto  echatnra 
E  sevipre  ti  solei  star  oontent 

Me  par  c^bebbt  el  color  muo  da  malia 
Si  itu  in  ciera  gramesoe  \rzo9  Rosei]  e  sech 
Abriga  che  ti  posse  [-a  R.]  trar  el  fia 

Harotu  perdn  Agnie,  piegolle  o  bech 
Par  to  fortuna,  o  par  malia  sBgnra 
Saro  ietu  [1.  Barou  Ui\  aohatrono  oo  qaalche  flech 

Te  barone  fuos  lors  fat  pawra 
Andasant  in  la  vai  che  andeve  mi 
Dondre  cbataue  si  dolce  pastura 


Insonio  de  Mengella  et  parla  con  Trotol 

Dromiue  o  no  dromiue  quella  not 
che  hevi  tutaler:  aver  che  no  mori 
Da  duogia  che  m  havea  el  magon  arot 

£1  scomenzava  a  borir  fora  el  dì 
Che  fa  che  le  falcete  no  se  ve 
E  la  cobba  del  ciel  zuda  era  ani 

El  me  pare  de  ha  ver  tanta  se 
Per  la  gran  vuogia  e  per  el  gmn  torraent 
Che  harove  scassa  su  un  bocal  de  ase 

Quand  me  parca  in  cambra  aver  zent 
£  un  ve^ir  con  tra  de  la  letiera 
Chel  parea  un  zerotol  relusent 


Illustrazioni  all'  *  Egloga,  ecc. .  MI 

Dal  confronto  del  quale  colla  lezione  padovana,  che  il  Rossi 
assegnerebbe  al  sec.  XVI,  risulta  che  si  tratti  d'una  sola  e  stessa 
cosa,  salve  sempre  le  alterazioni  più  o  meno  arbitrarie  de'  co- 
pisti ^  delle  quali  può  tersi  un'idea  esatta  ehf  consideri  che  uno 
stésso  amanttesse  poteva  alterare  fl  sonetto  15^  nostro  nel  modo 
die  sì  vede  nella  riprodùnon  dello  «rtesso  sonetto  c&e  va  sotto 
il  nom.  27.  Che  tra  la  copia  Bnzzàti  e  Ila  copia  padovana  in- 
tercedan  de'  rapporti  diretti  non  crederei.  E  meglio  riterremo 
che  parecchi  e  diversi  intermediarì  conducano  dall'una  e  dalf  altra 
airardietipo. 


£  comenza  alta  vos  dirme  zudiera 
Si  tu  mo  satisfata  de  me  mori 
Che  me  hom  del  moni  no  fase  ai  volentiera 

IVo  te  pftt  a  ti  stessa  bater  bir  tort 
HairtttBe  m^nét  ita  matìr 
Per  aa  oMdar  eoigiiigii  al  pi«r  coafbtt 

Pruooa  mo  ades  sin  me  puoai  guarir 
Gradella,  tarcha,  zuderaza  chagna 
Ode  da  pò  mori  no  gè  vai  a  pentir 


Che  gè  haves  trai  de  man  in  tona  nega 
Nolla  aro  ve  podula  pizigar 
Si  erela  al  pizigot  durar  salvega 

Mo  adea  la  pel  de  picha  che  la  par 
De  un  boas  vrechio  e  magro  la  lembrana 
Che  co  una  sacha  la  se  poeeo  Hgar 

No  v«  ékove  in  nna  setenana 
Quel  che  fa  el  temp  :  e  le  pute  restiere 
Che  no  se  laga  scartezar  la  lana 

Fén9  m  me  eorcae  e  me  despiara 
Bobe  sun  pkz  dh'on  trist  aaenial 
Gbe  à  iMMirun  nlvege  e  seon  maniere 

E  si  disun  che  i  homi  ne  fa  mal 
Che  ve  vuo  dir  ades  q^ue.sta  pavolla 
Che  saom  (sciom  R.)  pi  gioite  che  le  cavre  del  sai 
Che  se  vorave  (-oué  R.)  picarne  per  la  golia. 
*  Tra  le  TErìantì  lingnistiche  delle  due  lezioni  e  notevole  quella  della 
1*  piar,  in  -fin  anzi  che  in  -ón  (v.  CavaRS.,  num.  10). 


248  Salvioni, 


*  * 


Ma  vi  ha  un'altra  Egloga  di  Mord,  quella  di  cui  tocca  e  for- 
nisce un  piccolo  spoglio  TAscoli  (1 555),  e  che  dovrebbe  rappre- 
sentare la  parlata  rustica  di  Gonegliano.  Di  essa  ho  sott'occhio 
appunto  la  stampa  che  ha  servito  al  Maestro  S  e  senz'altro  m'e 
dato  di  rilevare  che  il  suo  dialetto  non  si  combina  col  nostro  in 
nessun  punto  veramente  caratteristico  ^  ;  solo  son  notevoli  alcune 
concordanze  lessicali,  in  parole,  cioè,  che,  nell'ambito  veneto  e 
per  quanto  posso  vederne,  occorron  solo  nell'Egloga  nostra  e 
nella  coneglianese  (cfr.  cibega,  manulieza,  messal,  premerà,  sga- 
minar,  nel  less.). 

Anche  pel  contenuto,  ove  si  astragga  dal  metro,  dal  genere 
letterario,  dall'intonazione  generale  del  soggetto  e  dello  svolgi- 
mento, le  due  Egloghe  s'appalesan  cosa  diversa. 

Ma  pur  non  si  potrebbe  negare  che  qualche  diretto  rapporto 
tra  di  esse  non  interceda.  Intanto,  è  facile  accorgersi  di  versi 
che  compajono  uguali  o  quasi  ne'  due  componimenti,  e  sarebbero 
questi  : 

Che  [nozza]  no  fo  me  tant  alnorada  v.  144  (cfr.  il  v.  399  nel 
nostro  testo). 

Quand  che  las  [1.  le  nas]  e  che  Ve  picinine  v.  159  (cfr.  v.  243). 

El  scomenzava  Valla  a  sburir  fuora  v.  229  (cfr.  v.  319:  Et 
scomenzaua  a  sborir  fora  el  dì). 

preghe  el  Ciel  ch'una  volta  so  per  dia  \  Sta  schiatta ,  sta 


'  Egloga  di  Morel.  Interlocutori  Cetre,  Morel,  e  Barba  Meneg.  Opera  nuova, 
amorosa,  sentenziosa,  onesta,  e  dilettevole.  TrevisOi  Antonio  Palnello,  s.  a.  In-12^, 
pp.  21.  —  Constadi  497  versi,  è  molto  scorretta»  e  comincia  così: 

Per  fin  Morel,  che  co  le  Fede  in  mont 
Stiè,  e  con  la  Musa,  a  past  in  la  Gaserà, 
Feve  Agnol  di  formai,  poina,  e  ont. 

^  Tra  le  forme  notevoli,  rilevo  int{e)resse  entrò,  con  evidente  attrasione 
da  parte  dell'imperf.  cong.,  e  fosè  fu. 


Illastraiioni  all'  '  Egloga,  ecc. ,  249 

sehiaUina,  e  questa  naia,  \  e  sta  semenza  drutta  [).  dutta  o  hnUta?] 
se  desperdia  vv.  394-6  (cfr.  w.  277-9]. 

Che  he  sentù  dir |  Che  'l  nuose  sempre  me  Vindusiar  vv. 

434-5  (cfr.  125-6). 

Son  questi  versi  passati  dall'egloga  di  messer  Paolo  alla  oo- 
neglìanese,  o  viceversa?  La  risposta  e  data  con  sicoressza  dal 
fatto  che  quest'ultima  conosce  la  storia  di  Trotol.  Non  solo  essa 
vi  ò  espressamente  menzionata,  ma  si  può  dire  che  vi  rappre- 
senti una  parte  importante.  Infatti  l'eroe  vi  dichiara  che  il  suo 
sfortunato  amore  quasi  l' induceva  a  precipitarsi  danna  'eroda, 
camuò  fé  Trotol  pouerel  \  Poi,  nelle  stanze  finali,  dove  si  ven- 
gono a  raccontare  i  casi  d'amore  d'Orlando  e  d'altri,  si  ricorda 
da  ultimo  quello  di  Trotol,  e  a  ricordarlo  si  consacra  la  metà 
de'  28  vv.  di  cui  constan  quelle  stanze  : 


Era  pastor  sì  boD,  e  par  na  broda 


Se  butta  desperà  zò  par  na  eroda. 

Trotol  sì  bon  pastor  gaiart,  e  bel, 
Fé  una  mori  così  aspra,  e  così  dura, 
Che*l  zè  col  car,  e  i  baò  datte  al  bordel, 
Poloni  compagn  par  gran  ventura 
Fin  de  là  da  Piave  a  Visnadel, 
El  catte  mort,  e  ghe  de  sepoltura, 
E  col  cortei  sul  moliment  ghe  scris 
A  lettre  tonde  un  bel  sprolegh  che  di9 

Trotol  qua  è  mort  gran  mistro  de  Pnina 
E  s'ha  butà  de  eroda  vint  d'Amor 
Altri  incolpa  la  Zana,  altri  la  Dina 
Estre  ctade  le  ladre  del  so  cuor. 

Ben  è  vero  che  la  storia,  quale  è  riassunta  ne'  precedenti 
versi,  differisce  da  quella  dell'Egloga  di  messer  Paolo.  Di  questa 
vi  si  ritrovano  il  nome  dell'eroe,  la  cagione  e  il  modo  della 
morte,  il  compagno  Polonio.  Ma  vi  s'aggiungono,  nel  riassunto, 
la  circostanza  del  carro  e  de'  buoi  precipitati  con  Trotol,  e  quella 
dell'epitafio  inciso  da  Polonio.  Inoltre,  mentre  l'autrice  de'  guai 
è  per  messer  Paolo  la  fanciulla  chiamata  Mongola,  essa  rimane 
incerta  per  l'autor  del  riassunto,  e  anzi  le  due  ragazze  nomi* 


9M  S&lviMi, 

nate  cMie  presunte  flrtetd  delia  mikia  di  Trafe&l^  portano  «ÌM 
nomi  ^  ' 

DdHe  qaàli  (H^crepaiae,  muta  lécito  arguire  eb»  AoirSgMga  del 
Castelli  esistessero  due  redazioni  :  una  rappresitatata  dìdratt^te- 
tipo  àa  etti  dipendono  il  testo  Buttati  e  il  padwano,  1- alti»  dal 
ttu^ccmto,  in  baie  a  cui  è  grtato  fatta  il  riaasranto.  Qnato  delln 
due  redazioni  dia  da  Considerare  priiM;^  non  si  può  ilabiiik^^ 
ma  si  può  dire  eh»  ambedue  motto  eontfaraasieM  »  ecaMorrare 
del  oomtme  ardi>^ipo,  come  n'inferìftOd  apifNiata  dai  voi^i  d^ 
r£gk>ga  cf^egiianese  ha  tolti  dalla  redasdotio  ehe  a^ea  soM'oocMo, 
e  dovoTan  appaii(enero  a  ttn  oomplee^o  asnai  simile  a  qii^lo  dei-* 
l'altra^ 


t 

I.  —  ANNOTAZIONI  FONETICHE*. 


VOCALI   TOlSriCHE. 

1.  fent,  sg.  e  pi.,  220,  250,  269,  495,  862y  seni  294,  SUsent 
e  sente  819  senta  920  Sen  Marc  843,  i-  «-  da-  danent  123,  368, 


^  Questa  del  nome  è  una  circostimza  tanto  più  grave  in  quanto  parecchi 
dei  nomi  propri  dell*  Egloga  di  Conegliano  sembran  esser  reminiscenze  di 
quelli  deir£gloga  di  messer  Paolo:  così  Morel  e  Zetre.  Quest'ultimo  (Cetre) 
compar  nella  nostra  Egloga  come  un  cugino  di  Trotol,  appicoatosi  per  amore, 
e  che  questi,  ammazzatosi  anche  lui  per  la  stessa  causa,  trova  poi  nel  regno 
di  Satanasso. 

*  1  numeri  delle  illustrazioni  fonetiche,  morfologiche  e  sintattiche  sono 
coordinati  a  quelli  che  accompagùano  la  ediz.  delle  poesìe  del  Cava's- 
àico  (Le  Rime  di  Bart,  Oavassico  riotajo  bellunese  della  prifhct  metà  (tìf 
sect.  JfVI  con  ifttroduzione  e  note  di  Vittorio  Cìàn  e  ctfn' UtustfaìsioM 
lin§mstkhe  e  lessico  a  etefa  di  Cario  SaWoni.  l!)tie  Voltìmi.  Bodegria,-  19W. 
—  Le  illttstraz«  litt^^tic^  e  il  lesiiioo  stéUno  a  pp.  307  sggl  déT  2^ 
¥ol.),  iUosti'aaioni  abe  gioverà  quindi  wbb  sempre^  presentii  La  sokr-siglv 


Illustrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc. ,  251 

383,  753,  863,  920  inenz  31,  quenti  605  tutti  quent  888,  996 
[quant  quanto  368,  ecc.,  tant  ib.,  ecc.]. 

2.  casteffna  200.  —  Di  chega  cacat  435  seonchiga  lesa.,  v. 
Muss.  beitr.  102.  —  Di  egua  acqua,  797,  966,  Hiirlìmann,  Die 
entwickluug  d.  lat.  aqua  in  den  rom.  spr.  (Zurigo  1903),  pp.  46  sgg., 
e  sarà  esempio  spettante  al  num.  14,  cosi  come  potrebbe  spet- 
tarvi sques  '81  less.,  da  ricondursi  allora  a  *$qudiso  (cfr.  squamo 
beitr.  109);  ma  anche  non  è  da  escludere  l'influenza  dell'-t.  — 
Di  -iV  in  fauelié  favellai,  ecc.,  v.  num.  80. 

3.  Qui  pure  i  due  riflessi  di  -ariu  corrispondenti  Tuno  {-ér  : 
per  pajo  817,  893,  pera  less.,  pegorer  190,  muner  mugnajo,  le- 
damer,  ecc.)  al  tose,  -àjo,  l'altro  {-ieri  leurier  666*,  ontiera  vo- 
lentieri 330,  caldiera,  ecc.),  prevalente  dì  gran  lunga  ne'  femmi- 
nili, al  tose.  'iere. 

6».  qui  quei  1026,  1030,  quist  questi  689,  971,  —  uitu  ?  vedi 
tu?  24,  criiu  137;  $i  e  i  (onde  poi  »5,  issi^  $is,  num.  76 n.)  sei 
Es.  -/  nella  1*  sing.  perf.  della  2-3*  coniug.  (num.  80). 

*  Cavass.  ,  rimanda  al  lessico.  —  E  voglia  poi  il  lettore  por  mente  a 
queste  altre  sigle: 

Wend.  =r  Die  paduanische  Mundart  bei  Ruzante,  von  Rich.  Wen- 
driner  (Breslavia  1889). 

Calmo  '•=■  Le  lettere  di  messer  Andrea  Calmo^  con  introduzione  e 
illustraziofii  di  Vitt.  Rossi  (Torino  1888). 

Egl.  ==  VEgloga  di  Mord^  di  cui  si  tocca  qui  indietro. 

Levar.  =  Antichi  testi  di  letteratura  pavana  pubblicati  da  £m.  Lo- 
rarini  (Bologna  1894). 

Mag.  =  Le  Rime  di  Magagnò,  Menon  e  Begotto  in  lingua  rustica 
padovana  (Venezia,  Giorgio  Rizzardo,  1610).  La  cifra  romana  rimanda 
a  ogonna  delle  quattro  parti,  Tarabica  alla  pagina. 

Boz.  =  Tutte  le  opere  del  famosissimo  Ruzante  (Vicenza  1617).  Le 
smgole  (Commedie  vengon  citate  colle  loro  lettere  iniziali,  e  la  cifra  ri- 
manda alle  pagine  di  ognuna  di  esse.  La  Moschetta  (Mosch.)  è  talvolta 
citata  di  su  Tediz.  di  Steph.  de  Alessi  (Venezia  1555). 

*  Di  iaouritr  (lomb.  laror&i,  boi.  lavarir^  ecc.)  v.  Parodi,  Miscellanea  Ascoli, 
ArehiTÌo  glottol.  iUI.,  XVL  17 


252  Salvioni, 

6^.  8ié  SEX,  die  diedi  890,  723,  mie  miei,  pÌ6  piedi  (sing.  pe), 

agnusdie  agnusdeì  ; ié  =  -Slli  ^  :  Ine  belli,  agnie,  vedie  725, 

frane€9ie  823,  ece.  ;  —  mieg  meglio  249  (e  quindi  piez  639,  ecc.), 


^  Con  -¥lli  s*  imbranca  poi  oap¥i.li  (cfr.  caMtV  626,  940,  e  eaviegffi  ali.  a 
caviggi  nell'a.  pavano).  —  La  risoluzione  di  •'ìélli,  dei  resto,  equeila  di  -6'li 
per  ié  risp.  uà  ho  era  fenomeno  cbe  da  Belluno,  attraverso  Treviso  e  i  terri* 
tori  pavani,  raggiunge  Ferrara  e  Bologna.  Ma  è  poi  diversa  la  elaborazione 
cui  soggiaciono  ne'  diversi  paesi  i  due  dittonghi,  risalgan  essi  a  -  bl.li  -o'u 
o  siano  altrimenti  sorti;  v.  Meyer-Lùbke,  it.  gr.  §  37  (dove,  sia  detto  di 
passaggio,  è  falsa  Tafferm azione  che  un  esempio  veneto  come  fiara,  fiera, 
debba  il  suo  a  all'esser  nel  dittongo  e  non  al  r;  h  invece  fenomeno  comu- 
nissimo in  molta  parte  della  Venezia  quello  di  ér  in  or),  e  Parodi,  Romania 
XKil  312  n.  Agli  esempi  che  questi  allega  da  Ferrara,  aggiungo  ^/a  piedi, 
sija  sei  (vb.),  ia  io,  tusia  tosò,  vua  vuoi  (v.  Ferrare,  Canti  popolari  di  Fer- 
rara, Cento  e  Pontelagoscuro,  51,  54,  57,  68,  77,  78).  Ma  la  città  stessa  di 
Ferrara  ha,  com'è  risaputo,  ié  risp.  uó.  Quanto  a  Bologna,  s'ha  oggi  -t  (t^l) 
e  'ù  (fjH  figliuoli),  entità  che  però  dipendono  da  anteriori  -ia  e  -ùa  (cfr. 
turila  tortelli,  piattia  piattelli,  pia  piedi,  indria,  suva  suoi,  fiuta  figliuoli, 
nella  poesia  rustica  di  G.  C.  Croce  ch'é  accolta  in  Gaudenzi,  pp.  228  sgg.) 
Qosì  come  sono  -1  *ù  la  risultanza  d' ogni  altro  -ia  -ùa  (efr.  aguni  afonia, 
ù  =  ùa  uva^  Gaudenzi  20).  E  anche  a  Ferrara  abbiamo  analogamente  degli 
esempi  come  bastane  pasteria,  pavjé  pipi[t]a,  zansjé  gingiva,  famjé  famiglia, 
mjé  miglia  (plur.),  ^J^'tiglia'  filamento  della  canapa,  ruiyV  piselli  bbviua,  ecc., 
vó  uva,  stuó  =*8tùa  *  stufa  '  essiccatojo,  può  *pua  pupa  pupattola,  zguó  =*zgua 
cicuta.  Siamo,  in  queste  ultime  serie  di  esempi  bolognesi  e  ferraresi,  a  de' 
veri  casi  di  accento  protratto  dairona  alFaltra  delle  due  vocali  attigue, 
oppure  si  tratta  di  ciò  che  sia  stato  esteso  oltre  i  suoi  limiti  l'oscillare  che 
si  facesse  un  momento,  p.  es.,  tra  cortié  (corti)  e  cortia^  tra  fasuÒ  (fa»u)  e 
fasùa*^  Per  la  prima  alternativa  sta  il  Parodi,  il  quale  appunto  s'appoggia 
alle  nostre  serie  per  istabilire  una  norma  secondo  cui  (e  e  uo  riuscivano  a 
ié  e  uó,  risaltando  così  terziaria  (ié  tsó;  ie  ùo)  ié  uà)  la  forma  atèiiale  de' 
dittonghi  ferraresi  e  quaternari  (ié  uó;  ie  uo;  ié  uó;  I  i^)  l'I  e  Vù  bolognesi 
£  forse  il  Parodi  non  s'appon  male;  solo  è  necessario  allora  di  ammettere 
insieme  che  ne'  dialetti  di  Ferrara  e  Bologna  le  formole  -ia  e  -ùa  dessero, 
normalmente  e  qual  pur  si  fosse  la  loro  genesi,  'le  (v.  Meyer-Lùbke,  it  gr. 
§  68)  risp.  'ùo.  Solo  così  potremo  noi  spiegarci  degli  esempi  come  bastarié 
e  8tuó  (boi.  4y  -ù).  Anzi,  si  deve  andare  piii  in  là,  e  stabilire  come  punto 
immediato  di  partenza  dei  terziari  -ié  -uó,  non  già  '($  -tto,  ma  *{a  -ita,  e 
sarebbe  allora  completo  il  parallelismo  per  cui  da  cortia  e  agunia  si  giunge 


Illustrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc.  ,  258 

ti$2n  lesa.  schiuoUeza  manulieza  less.,  Veniesia  835  (ofr.  a.  pav. 
le  Vegnesie),  ciriesé  66,  bieséie  78, 147  (òieato  Mag.  I  3,  Lovar.  287  ; 
che  noQ  andrà  già  col  frane,  bite^  eoe,  ma  sarà  per  dissimila- 
zione da  *bfe8tja), 

6.  di0  Dio  723,  ad,  diese,  hier  697,  giera  285,  iien  158,  uien 
mena  (onde  uiens  801),  eiese  64,  priege  ^gi  48,  277,  niéga  951  ; 
dne  dietro  21,  202,  eco.  {drè  648),  j^iera  663,  cariega  475,  allegro 
228;  — |>i«<  28,  105,  e  vedine  il  less.  ;  —  ciera  5,  missier,  despUra 
-e  638,  990.  Ma  in  Agnies^  avremo  gni  :=:  fi. 

7.  sUta,  lese,  da  giudicarsi  come  i  ben  diffusi  maù^o  e  jMii^e; 
mici  mia,  gamia  giornea  lese.  Di  striga  v.  il  lesa.;  curdila,  cru- 
dele, è  tirato  sugli  antitetici  zinUla  e  humUa  less. 

Di  'i  nella  1"  sing.  del  perf.;  v.  num.  5"^. 

8.  sea  segia  bit  18,  216,  977,  eamesa  camicia  81  (*<-  175;  705) 
)Ieyer-Liibke  r.  gr.  I  116,  Densusianu  0.,  Hist.  d.  la  langue 
roummine  I  75,  dei  dito  857,  953,  neola^  less.,  par  rappresentare 
NTbOla,  sennonché  si  pensa  anche  al  verbo  *ini*  dove  era  facile 
si  venisse  a  ine^.  Di  sperei^  num.  42. 

pegro  less.,  dret  diritto  S  pea  20  (peà  57;  ma  opta  788,  piar 
290),  mereuei  877  marauegia  877,  òrdegn  955,  rfepeii^  846,  teìiche 
4 OH,   1022,  ^reiijfe  652  {stringe  342). 

9.  ofieAtid  lese.,  aaò  suoi  264,  ^«o  169,  buò  buoi  (sg.  òo),  uuo 


a  /^>rtfl  e  «yuiti,  da  fM.vÌ9  •  wMa  a  /[/r)  e  m.  Dunque  :  ì,  ié  uó.  2.  ié  %$o. 
3.  la  uà.  4.  /«  mo.  5.  ié  uè,  6.  boi.  1  ù. 

La  invocata  norma  di  -ia  -m  in  h  -ùo  trarrebbe  poi  conforto  da  ciò  che 
a  Bologna  e  Ferrara  è  -é  Tesito  di  -éa  (boi.  gale  galea,  ferrar.  Andrf  Andrea, 
nnll.  Alharé  Albarea,  Quadri  Codrea,  Saighe  Selighea)  e  -6,  a  Bologna,  quello 
dì  -óa  {eó  eoda).  Dove  é  aasai  probabile  che  -^  rìsp.  «^  rispondano  anzi  che 
4  -^  "00.  a  'fé  -oó,  come  par  indicare  il  ferrar,  pifxineuó  ali.  a  pnzmc&ta 
soma  d*mi  giaoco  (il  eh.  prof.  Borea,  che  mi  ha  fornito  parecchi  tchian- 
ansati  «al  dial.  di  Ferrara,  non  vorrebbe  escludere  che  insieme  a  cóva  coda, 
non  si  dica  pure  etió).  Quanto  alVaccento  protratto,  avverto  ancora  che  a 
Ferrara  pure  -io  dà  o  dava  ♦li  {Din  Dio,  Più  Pio,  Wiùi^=  *Wi-o  *  volete  voi?  *, 
zA  Baraffaldi;  e  il  Vocab.  delKAzzi  aggiunge  mjo,  cioè  m/d,  miglio). 

'  IJ  iamOm  dritta  (lomb.  dric,  ecc.)  tara  oome  l'incontro  di  *  Mretto  *  con 
r.tto  . 


254  Salvioni. 

voglio  263,  57  {uuos  117),  tuo  togli  117  (indi  e  da  Huogia,  ecc., 
ttior  191),  -i«J  =  0Li  {migiuò  810,  linzttò  482,  fazzuò  709),  utMgia 
34,  49,  duogia  32,  91,  muogia  lesa.,  zuogia  less.,  fuogia  36,  520, 
uoyn  215,  ecc.,  [fenuogii,  peduogii,  num. .  11-12],  moK  olio  371, 
utrguognia  74,  suognia  -gna  less.,  i^^Ko^na  122,  444,  maruogna 
less.,  truogna  less.,  Antiwni  294,  wwora  372,  giuoria  less.,  istuoria 
563,  nialmtwria  less.,  uittuoria  561,  war^wori  less.,  [suuodà  vuo- 
tare 82]. 

wMos^ri  889,  /t*05*  less. 

«u  (:na5Stt)  nof  781  (del  resto  no  e  ao);  —  cwrto  corta  424. 

10.  wwò  less.,  /t«oc  52,  56,  Zmo^'  58,  ztwg  60,  mwor  106,  cwor 

108,  fuora  469  (/bm  33,  263),  duol  87,  a  jpriio  less.,  pruoua  69, 

ntt08  126,  cuore  531.  Ma  Mengola,  se  pur  non  si  tratta  di  Méngola, 

E  secondario  il  dittongo  in  può  39,  56,  pioc  116,  122. 

Day.  a  nasale:  hom  372,  fon  tuono  52,  bon  56. 
11-12.  Zo/^  Zotta  lupo -a  ;  — corrozze  638,  r«iosHess.,  on^  374, 
«onf  92,  />onfa  182,  marobia  (e,  per  influsso  del  ^',  mambia)  less. 

—  Non  limitati  ai  nostri  testi  ne  ai  dialetti  veneti  esempi  come 
peduogii  pidocchi  273,  fenuogii  271. 

pioueg  less.   —  pi  più  13,  14,  ecc.,  con  i  da  ju  o   da  juj 
(cfr.  Ta.  ven.  piui)  nell'atonia. 

13-  alde  audit  aWtr,  ecc.  799,  960,  ecc.  Di  puoc,  v.  qui  sopra. 

—  Per  Àu  secondario:  -óne  habui  num.  85;  filò  less.;  fio  (:so, 
to)  fiato  205,  sbertigiò  (:  òo)  1067,  ne'  quali  ultimi  due  esempi  fa 
capolino  il  pavane. 

14.  hebba  abbia  14,  16,  69,  chebba  less.,  rebba  rabbia  18,  519 
(onde  rebòs  111,  136),  seppa  sappia  95,  96,  682,  geda  less.,  nega  = 
*naiga  {cfr.salvaigo,  araigo  ne' coraponim. ferraresi  apud  Lovar.41), 
gramega  less.,  salvega  salvatica  631;  me  mai  67,  93,  214,  228, 
496,  498  seme  less.,  asse  432,  he  e  ho  34,  35,  43,  254  (e  quindi 
murirè  morirò,  ecc.),  sé  so  114,  118,  291,  he  hai  71,  ecc.  (e  con 
e  internato  secondo  il  num,  76  :  hes  266,  ecc.  purgerès  purgherai 
506),  se  sai  43,  uè  vai  1,  stesi  stai  209,  Poeste  (1.  -é  :  me)  po- 
destà 710,  insofranè  {:mè)  709,  fiè  less.,  esempi  pure,  gli  ultimi 
tre,  ne'  quali  s'intravede  il  pavane.  E  v.  ancora  il  num.  2,  e, 


Illastrazioni  air    Egloga,  ecc.  ,  255 

per  le  risposte  di  -Àn  e  di  -àtis,  la  morfologia  ai   num.  80, 

78,  83. 

VOCALI   ATONE. 

15.  Come  nel  trevisano  moderno,  la  norma  è  che  le  vocali 
finali  cadan  tutte  ad  eccezione  deir-(^  da  -je:  a)  fuoc  fuoco,  zuoc 
giuoco,  tossec,  caf,  lof,  anetn  animo,  vermei  vermiglio,  mieg  meglio, 
compagn^  quand  quando,  corand  correndo,  moni  mondo,  contenta 
cent,  forn,  infern,  ars,  bus  buco,  piet  less.,  fai,  gal  gallo,  fer  ferro, 
rar  carro,  pas  passo.  Poloni,  refrigeri,  martuori^  ecc.  ecc.  b)  det 
dita,  bec  becchi,  schircU  scojattoli,  moìU  monti,  dent  denti,  dolz 
dolci  (femm.),  naris  narici,  neru  nervi  983,  inenz  innanzi  31, 
fuos  forse  119,  142,  ecc.  ecc.  e)  greu  greve,  mes,  pes  pesce, 
eros,  nuos  nuoce,  drom  dorme,  ìiot^  sang  sangu  sangue,  preuet 
prete,  u€U  valle,  haues  e  haesse^  naf,  carn^  dies,  ecc.  ecc. 

Riinan  tuttavia  la  vocale: 

1.  Quando  ad  essa  precede  o  precedeva  il  nesso  di  muta 
-^  liq.  :  altro  -i,  magro^  negro  -t,  pastro  less.;  quatro,  dentre  -o, 
^empre^  ondre,  ensembre^  estre  essere  ;  pare^  mare,  frare,  crere  cre- 
dere, rere  vedere*;  e  forse  bere  129,  507. 

2.  Quando  le  preceda  il  nesso  kj  (c/,  gj)  :  parecchio,  uecchio, 
battocchij,  uogii,  peduogii,  fenuogii, 

3.  In  qualche  pronome  o  aggettivo  pronominale  :  qtialchey 
fMjni^  puochi  456,  tuUi^  sti  1040,  ecc. 

4.  Infine,  e  facendo  astrazione  dalle  forme  verbali  per  cui 
8Ì  vedano  i  rispettivi  paragrafi,  permane  la  vocal  finale  in  molti 
altri  esempi.  Vi  permane  o  per  influenza  di  altri  dialetti  veneti 
e  della  lingua,  per  necessità  di  metro  (talvolta  però  s'ottiene  il 
metro  sopprimendo  la  vocale  :  boazzo  è  forse  per  boaz,  ecc.)  o 
di  rima  ;  vi  permane  talvolta  per  la  pronuncia  enfatica  di  certe 


*  Ma  pulter  sarà  puliero  venato  a  imbrancarsi  coi  nomi  aventi  il  suffisso 
'MT.  —  Il  costante  rori  less.  par  anch'esso  accennare  a  una  ba^e  con  -dn* 
0  «m. 


244  Salvioni,  Frane.  flageoUt 

trag  54,  che,  dati  i  confronti  ivi  istituiti,  poteva  e  doveva  metter 
sulla  buona  via,  è  rimasto  senza  efficacia  nella  storia  dichiara- 
tiva della  voce  francese.  Orbene  Ta.  frane,  ftageol  ^ajol  non  deve 
in  nessun  modo  potersi  scindere  dal  mallorq.  fabiol  zampogna, 
e  daira.  ven.  fiahuolo  che  già  occorre  nel  Cato  edito  dal  Tobler. 
Con  questa  voce  veneta  vanno  alla  lor  volta  il  vallanz.  fabi6 
piffero  S  il  romagn.  fabiól  zufolo,  e  il  friul.  flambùl  *  venuto, 
attraverso  ^  tubo,  cannello  ',  al  significato  di  '  doccione  ',  ^  tubo 
per  derivare  l'acqua  *  ^. 

Il  tipo  in  cui  tutte  queste  forme  s'incontrano  ^,  è  un  latino 
volg.  *flabiòlu,  il  quale  non  potrebbe  non  risalire  a  fi  are 
(cfr.  flabellu)  per  la  via  di  un  *flablu  *flabtilu,  che  avesse 
ben  presto  perduto  per  dissimilazione  il  primo  ^  (mail,  fabiol,  ecc.) 
o  il  secondo  de'  due  l  onde  andava  fornito,  e  che  divengon  tre 
ove  a  punto  di  partenza  si  prenda  un  diminutivo  '*'flabli5lu. 

Circa  al  curioso  fiwba,  zampogna,  del  boi.  rustico  (TJngarelli), 
nulla  vieterebbe  di  vedervi  il  diretto  continuatore  di  un  *f  1  abl a; 
ma  meglio  sarà  forse,  in  considerazione  della  tanto  diffusa  forma 
di  diminutivo,  di  ravvisarvi  non  altro  che  un  primitivo  estratto 
dal  derivato. 


*  Il  Belli,  il  cui  vocabolarietto  manoscritto  ha  la  voce  vallanzaflca,  allega 
da  Pieve  Vergente  il  ainon.  aMid',  che  sarà  forse  fabiS^  disposato  a  quella 
voce  ch'é  nel  valm.  èivli  zufolare  (ma  cfr.  piem.  sUbjS^l). 

^  C'ò  anche  finibàl  che  molto  verisimilmente  si  sarà  sbarazzato  dal  primo  l 
per  dissimilazione. 

^  Nelle  Lettere  del  Calmo  occorre  un  fraibolan  che  il  Rossi,  gloss.,  man- 
derebbe con  fiabtwlo,  e  interpreterebbe  per  *  sonator  di  piffero  \  Ma  ciò  non 
va,  e  tutta]  più  penseremmo  a  un  giuoco  in  cui  entri  il  '  piffero  \ 

*  Del  prov.  flaujol  non  so  come  giudicare;  in  ogni  modo  poco  direbbe 
di  fronte  alle  nostre  forme. 

^  Le  forme  alto-ital.  in  fa-  veramente  potrebbero  spiegarsi  anche  ammet- 
tendo il  salto  del  j  da  una  sillaba  all'altra.  E  così  anche  fiahuolo  potrebbe 
essere  *fahluolo, 

C.  Salvioni. 


Ili  astrazioni  ali*  '  Egloga,  ecc.  ,  357 

71,  235,  fumida  476,  suspir  391,  stupin  805,  euai  505,  765,  772, 
cugnirà  596,  956,  slangurir  751,  piUurina  lesa.,  Umbria  less., 
<»M/Jì  134,  165,  eulà  778,  /ii^Mrofia  557,  ulios  lesa.,  piiJier  less., 
laurier  476,  fugazza  653,  mtiiMr  l€88.,  pagnuehei  lesa. 
28.  ayiion  kss.,  ajfm  miid  455,  bozzolo  less. 
reiio^  lesa.;  ségueno  (nel  titolo  dell'Egloga);  migiuò  lesa., 
rigoUm  lesa,  (e  quindi  r/^o/a  465). 

a/nor  -rada  -raitza  399,  574,   728,  aln$$t   174,  747,  1070 
{iiMln4$kt^  alfiùrada,  neU'JBgl.). 

CONSONANTI. 

24.  La  aonora  riuaoita  finale  ai  fa  sorda,  ma  la  grafia  non 
sempre  tien  conto  del  fatto  :  fuoc^  luoc  (e  luog)^  tossec^  fasiue 
lesa.,  dH  dito,  mont  mondo,  preuet  less.,  disarU  dicendo,  naf  nave, 
lof  lupo,  caf  capo  ^  ;  e  cfr.  af^  ape,  nel  trev.  ruatico. 

25.  j  primario  e  secondario. 

zure^  ztm^  zuoc^  ecc.;  maio  nuiggio. 

giera  285  ;  —  segia  (e  sea)  sit,  statufegia  stofegegia  e  forse 
/a^ea  =  *fajea  faea  ;  num.  48. 

Finale  dietro  a  conaonante  tonica  può  tacere  :  custii,  cuZù,  uuò 
vuoi,  anehuo  less.,  no  noi,  no  voi,  rà  less.,  agnusdie  agnusdei, 
-iV  =  *-;^*  =  BLLi  (zupariè  *  giubberelli  ',  agniè^  farniè  less.,  ecc.), 
'uó  =  -ico;  =  -OLI  {fazzuò  less.,  tnigiuò  less.,  ecc.),  -ò  =  -o;  = 
'OSI  »  (6o<ò  bottoni  858,  giottò  *  ghiottoni  '  930,  stombolò  less., 
frkr;^  biscioni  528,  compagno  compagnoni  484,  codazzo  '  codac- 
doni  '  537). 

U.  pea;  fiaetro^  fior,  tmar;  uertnei^  consti,  famiiy  miia  lesa.,  ecc.  ; 
giada  lesa.,  mieg  249,  pagia,  duogia,  fnogia,  marategia,  furiagia 


*  ^ualiu  len.,  greu  greve,  28,  non  dicon  nalla.  Ma  è  notevole  la  assoluta 
'^'Hduixa  deir*()tf  di  condizionale,  num.  85. 

'  innesta  riduzione  ci  riconduce  al  territorio  della  Val  Pollina,  o  almeno  è 
».«aflii  qui  nota  come  propria  di  quella  valle;  v.  Ascoli  I  418.  —  A  Bacile, 
trovo  Mala  salami  (cioè  salàn  salame,  con  -àn  secondario  trattato  come  il 
prìmiàrio),  ma  -01= -dm*. 


258  Salvioni, 

lesa.,  taffient,  bugir,  ecc.  -li  -Ili:  cauei  169,  quei,  qui,  cauai 

837,  diauoi  469;  ma  mul  382,  ual  valli  606. 

rj.  V.  il  numi  3.  —  farsora  less.,  rasar  491,  muora  372.  E 
vedansi  i  casi  secondari  al  num.  9. 

nj.  zegner  less.  ^  -ni  :  agn  e  agni  anni.  Di  -^',  v.  qui  sopra 
in  questo  stesso  num. 

Vj.  chebba  gabbia. 

8j.  fasuò,  camesaf  casim. 

t).  Veniesia  Venezia,  carisia  215,  certiaia  217,  pigri9ia  219, 
stremisi  less.,  indusiar;  sasanar  less.,  ji^^r  less.  agusiue  less., 
«wa  less.  s.  *  nisar  '  *. 

dj.  creze  credo,  ecc.  ;  anchuo.  Ma  migiuò  less.  dipenderà  di- 
rettamente da  ^tnijuò,  e  così  cajrta  462,  739  (cfr.  cai  cade  ^W  ; 
feltr.  chèjer  cadere)  non  andrà  con  cazer  lomb.,  ecc.,  ma  sarà 
*cdja  da  *caj(r  catr, 

bj.  rebba  18  rebòs. 
26.  1.  muner  less.;  cortura  (?)  less. 

Ol.  Iniziale  si  riduce  a  </,  intemo,  dove  a  e  dove  a  </.  Per 
e  iniziale  trovasi  talvolta  scrìtto  eh  o  anche  il  semplice  e  :  cAù^ 
408.  chamar  184,  237,  394  catna  153,  681;  —  M«rcAto  -r*i>. 
recchie,  sechiellei  813,  battocchij  471,  parecchio;  —  tio^ti,  fenuogiì. 
peduogii. 


*  11  ca*o  di  zeqner  (cfr.  foUin.  feetrer  bellun.  fthrer^  non  -itr)  panni  idro- 
tico a  quello  di  maniera,  che,  come  è  noto,  mostra  traccie  del  j  da  ir  pun* 
in  dialetti  che  non  hanno  il  nuffisso  -iera  (a.  lomb.  nutittfra,  ecc.);  e  anck« 
in  varietà  dove  questo  BuffÌ880  è  noto  si  vede  pure  Vi,  cobì  a  S.  Giovanni  in 
Peniiceto  (Pap  141)  dove  n^hn  mainerà  i^mainiera).  Del  reito,  ne*  dial**tti 
del  r  Alta  Italia,  vi  hanno  derivati  da  ma  ai*  come  il  mi),  maflóra  preMccbii».  i* 
belline,  tnàgnara  picciolo  (Monti),  i  berg.  magnina  manina,  maynaana  manacru. 
magnada  manata,  i  gen.  magna  manata,  magnesio  manesco,  magntita  manaU. 
maqmUrà  mantrugiare,  il  cui  fi  si  spiega  appunto  da  mmuiit-  *mai^'.  B**p 
è  vero  che  anche  da  pane  8*ha  pagnotta  ;  ma  crederei  che  sia  stato  qui  ani* 
logicamente  tra<»i>ortato  il  rapporto  che  corre  tra  fané  e  cagna,  cagnotto,  •  tf 

*  Se  a  guwr  e  «iV<'ir  s*agffiunga  il  bellun.  ntunar  (Cavass.  le«<.\  avremc 
tre  belli  e  !«icuri  esempi  popolari  per  h  da  tj  ne*  dialetti  veneti. 


Illustrazioni  air  *  Ef^Ioga,  ecc.  p  259 

gL  giesia  1006,  gir  19,  gioite  643,  agian  less.,  e  il  dotto 
giìMria  -rios  less.;  —  sgionfa  less. 

pi  bl.  pioìieg  lesa.,  piHa  less.;  biastema  less.,  spubica  less. 

27.  palangon  less.,  piegale  pecore,  dove  avremo  rimmissione 
del  saffisso  -Qlu  (ma  pegoreile  86,  94,  pegarer  192). 

/tt05  -st  forse. 

28.  V.  05  voce  552,  1040,  ontiera  volontieri  330;  —  bclp  volpe, 
bi$sige  vesciche  181,  315  (Egl.  :  ie-),  dei  quali  aitimi  esempi 
V.  Parodi  Romania  XXVII  234,  222  ;  —  sgóla  volat  776. 

haesse  avesse,  bere  ^,  paura   10,  laurier  less.,  uinbria   less., 

a  pruo  less.  *.  Caduto  pure  in  serotu,  uorotu,  e  in  non  pochi  altri 

casi,  ne'  quali  il  metro  ci  obbliga  a  sostituire  -ó  a  -óu  ;  num.  85  n. 

Di  V  riuscito  finale,  v.  il  num.  24.  Ma  in  fao  448,  foessau  690, 

si  sente  ancora  -ro'. 

29.  W.  uarda  251,  663,  757,  uadagna  598;  guadiasse  336, 
5fiMir-  e  gamazze  336,  624. 

Interno,  il  u?  di  *aiuu  si  riduce  a  gw  :  é»^t«i  less.  V.  H&rlimann, 
o.  e,  46  sgg.;  quello  di  habui  dà  v  dopo  aver  intaccato  la  to- 
nica (num.  13).  Per  jaxuariu,  v.  il  num.  25.  Il  -que  di  quinque 
è  ridotto  a  co  in  cicocent^  e  il  -oue  di  sangue  può  ridursi  a  sem- 
plice -g.  Cfr.  ancora  chi  qui  56,  chilo  less.  allato  a  quilò  less. 

30.  8.  Per  il  'S  della  flessione  verbale,  v.  il  num.  76.  Un  s 
finale  presto  internato  s'ha  anche  in  almasque  less.,  per  cui  v. 
Cavass.  num.  30,  31. 

Interno,  è  è.  Solo  in  ossane  548,  reposse  148  s'è  conservata 
l'antica  sorda  (espressa  mediante  ss),  grazie  al  tv  del  dittongo  au. 


*■  La  norma  generale,  con  cui  il  Meyer-Lùbke  spiega  Tit.  bere  (it.  gr.  §  206) 
ooa  potrebbe  valere  qui.  dove  8*ha  preret  prete,  e  dove  d'altronde  il  pro- 
dotto dì  *beere  sarebbe  stato  *ber.  Si  sarà  forse  avuto  questo  *ber  (provocato 
da  bea,  *beo  bevo)  e  accanto  ad  esso  *bevre,  avendosi  infine,  per  V  incrocio 
della  dae  forme,  bere. 

'  pruò  potrebb^essere  *pruc[t]o,  ma  anche  risultare  da  una  riduTiione  pro- 
clitica. 

*  C*è  ntru  nenri  1>83.  che  sarà  nerr  =  nerf. 


860  Salviuni, 

Bc  -{-  e  i:  pes  pesce^  nas  nascono  [e  in  voci  dotte  :  setUia 
scienza,  dissiplina]. 

X:  iossec^  »a$  sasso,  Bressa  Brescia,  eagura  sdagura*. 
30*.  B.  Parecchi  esempi  per  il  ridarsi  a  ;  di  ^  :  narassia  (e 
-ccia)  Iqss.,  ficfusa  lese.,  giandussa  less.,  zamtasee  *  cianciacele  ' 
301,  maladission  440,  Binussa  np.  '  Benedettuccia  '  ? 

31.  n.  gniaccare  naccare  795. 

aim  me  magna  389,  lelram  mai  714. 
almasque  less.,  e  num.  30. 

co  con  9,  16,  22  (co  un;  con  un  966);  no  non  (no  #r«  295) 
non  {nofi  e  1045). 

Di  *ÓNi,  al  num.  25. 

32.  m.  ro  come  66,  141,  con  {con  muri  766)  id.,  ali.  a  com  252. 
Di  -n  per  -m,    v.  num.    67,   e,  per  la  1*  plur.  del  verbo, 

num.  75,  79. 

33.  e.  cep,  cima,  ecc.,  dove  al  e  andrà  attribuito  il  valore  di  »  K 
08  voce,  eros  croce,  lusent  lucente,  ecc. 

sorz  sorci. 

34.  g.  zelàj  zennan^  zema. 
siile  less. 

onzù,  cinziduray  ecc. 

36.  k.  fjardelin  808,  gardenaUa  758. 

Intéì-no  in  g  :  piegale  7,  bissige  181,  cargar  382,  485:  e  ri* 
toma  a  A-  se  riuscito  finale,  num.  24. 
kr.  negra, 
et.  fai^  lai,  ecc. 

37.  gìuiUu  less.  ;  e  v.  num.  29. 

38.  t.  drezza  less. 

Interno,  cadin  857,  ledamer^  fede  lesa.,  codega  less.,  /ard^/ 
13.  31,  gardella  less.,  ecc.;  ma  ritorna  a  f  se  ridotto  finale: 
preuei  less.,  dei,  ecc.,  num.  24.  —  procurcutr^  ciiaina  748,  S2l^. 
873,  880,  905,  companaseg  num.  48,  nyo/a  ib.,  homi  leas.,  M'f 
gramtga  sai  tega  num.  14,  /loe^e  num.  14,  esempio  doppio,  /iò,ecc. 

'  t'fr.  an<nni  pirrigar  pizzicare,  namccia  lew.,  ecc. 


Illustrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc. .  261 

num.  13,  preué  125,  748;  —  se  sete  267,  322,  870,  osé  324, 
pare  284,  caurè  lese.,  figa  lesa.,  uisna  less.,  sia  stata,  fià  fiata,  ecc. 
[ma  andada  132]. 

89.  d.  ra<2i8  885,  895,  eoda  -dazzò  537,  suda  619,  peduogii 
273,  uadagna  598  ;  —  /Niraù  935,  702  (-cfM  838),  ^en^r  lesa., 
art9U  less.,  BeiiM  Benedetto  602,  Paua  Padova  731,  risèua  num.  48; 
—  iMMd  modo,  /«  fede,  chio  chiodo  lesa.,  ni  nido,  uè  vidbt,  ere 

CItSDIT. 

Finale,  in  t  (num.  24)  :  net  vidbt  250  ;  numt  mondo,  habiani 
avendo,  ecc. 

-dr-  primario  e  secondario,  mart  maregna,  pars  paran  296, 
917,  frars  533,  piera  663,  cariega  lese.,  farete  482,  ii#r6  vedere 
534,  crers  credere  836,  1095  ^  Ma  non  sarà  popolare  desidri  501, 
e  redrè  111  sarà,  venuto  tardi,  da  vedere. 

-nd  :  agian  lese.,  oit  '  onde  '  dove  1,  265. 
40*41.  p.  b.  auert  aperto,  ecc.  ;  rsvosi  less. 

caurty  eùurando;  sarà  sopra  156,  368. 

11  b  di  d^  921  debes  41,  proverrà  da  *deba  «Aa  debso  «-ah; 
e  così  pure  quello  di  debraue  650,  per  quanto  qui  si  possa  pen* 
sare  ad  altro  <. 

ACCIDENTI   GENERALI. 

42.  ACCENTO,  debèla  debito  59,  1012,  1028,  sperei  spirito  371, 
suòit  918  ;  humìla  672  ;  —  crian  less.,  bisibiltion  less.  —  43.  Dis- 
similazione, cartel  17,  reuelencia  274,  664,  malmuaria  less.,  mo- 
nestUa  less.,  lembrana  less.  ;  asmarin  less.,  ombrar,  cioè  n-  o  /-, 
leas.,  palanostro  paternostro  555,  propiament  979,  cicocent  cin- 
quecento 841 9  854,  e  forse  mVicless.  —  43*.  Assimilazione,  ati^2rà 
140.  —  44.  Aferesi.  petèt  less.,  rengar  less.,  jr»a(2a  less.,  morosa 
:io7,  seoUaua  233,  uanza   675,  legrezza  525,  bitador  less.,   «ujra 


^  L*-«  oonserTato  rende  tesiimoniania  per  *v4ir$  *crédre  uisi  che  per  *eiMfv 
'rrtert.  In  questo  ultimo  caso  vorremmo  'ivr  '^rfr. 

'  n  trerit.  moderno  ha  cioè  il  np.  (rtiMÒra  Ginerra;  dato  il  quale  si  può 
pensare  ehe  <ifrrfl  sia  da  *««rfl. 


262  Salvioni. 

453,  sgaminaua  less.,  maginar   114,  977,   nisa  lesa.,  uillò  less., 
8cur  352,  503,  vecchie  472,  micidiala  678,   na   {in  na  campagna 
848,  dir  na  parola  246,  ecc.).  —  45.  narassia  less.,  on^iera  less. 
—  46.  Assorbimenti  e  contrazioni,  areni  less.,  sentar  less.,  rffsirc 
=  de  estre  *  deve  essere  '  187  (cfr.  d'esser  Mag.  I  26\  28%  Il  68% 
13'  ;  e  venez.  giesse  ali.  a  giè  esse  Boerio)  ;  pi  più.  E  v.  i  num. 
13,  14,  87.  —  47.  Prostesi,  arot  318,  aros  347,  625,  652,  1036, 
aresposta   391,   arecres   392,    972;   agian   less.;    —   s^ue^  quasi 
351  ecc.,  stresor  Ali,  851,  sbrase  491  {brasa  459),  3nar«  less.  ; 
wwojfw  269,  333,  480,  uuoli  810  i.  —  48.  Epentesi.  Di  vocale: 
camberà  -rot  395,  552  {cambra   325,  475),  cancher  -car  103.  — 
Di   consonante,  ondre  dondre  114,   127,   169,  ecc.,   stresor  477, 
eelestro  838,  975,  grandamenfre  75;  insembre,  ombrar  less.,  camera, 
«s^re  essere  544,  ecc.  ;  imbriaga  439,  instò  601,  649,  iws  esce  480 
insiralla  496  ;  malmuoria  less.,  lintiera  326,  manginar  less.  ;  ca^ia 
(trev.  cd^ier  cadere)    cadat  983,  462  -yir  936,  segia  (ali.  a  «ea) 
siT  977,  statufegia  stofegegia  980,  984,  fagea  (cfr.  /«^s  num.  84), 
dei  quali  esempi  v.  i  num.  25,  89  ;  rigola  less.,  regost  less.  ;  com- 
panaseg  116,  riseua  num.  39  {risea  Lovar.  13,  e  v.  Wendr.  §  120), 
spauisig,  di  cui  v.  il  less.  s.  *  spauisig  '.  —  50.  Metatesi,  torond 
171,  1017,  f aline  474.  —  sgaminaua  less.;  drom  drumir  -mant 
71,  72,  151,  troment^2Z;  farnel  ìeas.,  fardel  13,  SI,  curdUla  ecc. 
335  ecc.,  farsora  370,  parponta  490,  carmesin  683,  cardenza  246, 
gardella  761,  garnel  less. 

II.  —  ANNOTAZIONI  MORFOLOGICHE  ^ 

flessione  nominale. 

67.  Nome.   Casi.   ìiom  (pi.  homi),  pastro  less.  In  voci  dotte: 
naraccia   less.;  —  /rare  frate  583;   giesum   christ  (sogg.)  1095, 

^  pien  d*uuoU^  e  Tapostrofe  è  richiesta  anche  dal  metro.  Penseremo  dunque, 
anzi  che  a  viioli  o  a  uvoli,  a  wtiolit  e  analogo  ^udisio  sarà  da  portare  su 
unogii. 

^  Preterisco  il  capitolo  de*  prefissi  e  suffissi  (==  nmm.  51*66  del  Cavassico), 
poiché  nel  lessico  è  stato  versato  quanto  esso  offre  di  più  notevole. 


Illustrazioni  ali*  '^  Egloga,  ecc.  ,  263 

O  Santon  isson  702  (Mag.  Giesondio  II  10^  Jesum  Dio  I  48% 
gieson  pare  II  57*;  venez.  Gesandio);  accusativo  latino  prevalso 
grazie  alla  formula  di  chiusa  degli  Oremus  {per  Dominum  nostrum 
Jrsum,,.). 

Numero  ^  De'  plurali  con  distinzione  interna,  v.  i  num.  5, 
9,  25.  —  Plurali  neutri  in  -ex  osse  983,  949,  bruzze  950,  legne  202. 

Genere,  pare  masc.  234,  lai,  fem.,  less.,  detti  fem.,  less.;  — 
scagna  XeBiè,^  bar illa  1024;  —  ed  bel  Triuis  985. 

Declinazione,  celestro  838,  975  ;  —  fornasa  457,  barilla  1024, 
ttrgetta  771,  gardenaUa  ^  cardinalessa  '  758,  micidiala  678,  granda 
75,  432,  curdilla,  ze- zintilla  174,  433,  humUa  671;  mare  madri 
279  [U  eros  706,  le  ual  606,  rfok  pegoreUe  86). 

roua  less.;  naraccia  less.  E  qui  porremo  anche  l'aggett.  alessa 
^.'lo,  che  non  sarà  già  il  partic.  accorciato  corrispondente  ad 
*  allessato  ',  ma  non  è  altro  che  la  combinazione  avverbiale  *  a 
lesso  '  interpretata  come  un  aggettivo.  £  cosi  che  tra  i  lombardi 
si  trovano  gli  aggett.  dor  fem.  dora  {carta  dora  carta  d'oro), 
dargénta,  e  bunmercà  fem.  bunmercàda  {la  verdura  l'è  bunmer- 
cada)  da  '  a  buon  mercato  '. 

68.  Abticolo.  el  'l  V  lo  {per  lo  toamor  104);  i\la  V;  le. 

Nell'indeterminato:  un  costantemente  {co  un  445,  a  muò  un 
camin  478,  l'heua  un  ussei  460,  ecc.);  ma  nel  feminile,  è  pre- 
ferito Ita  dietro  a  consonante  o  dietro  a  vocal  finale  di  voce  os- 
sitona  {starà  na  truogna  456  ;  a  muò  na  brasa  459,  a  muò  na 
dipintura,  ecc.,  ma  fa  una  cosa  780)«  ^'<^  dietro  a  vocale  atona 
[e  una  uos  448,  ma  sea  na  rebba  18)  e  in  combinazione  colla 
preposizione  {d'upta  formigola  461  d*una  fornasa  457,  s'una  tieza 
>43.  s'una  campagna   844  ^  in  Cuna  nega  629,  da   una   barella 

'  Il  piar,  pretu  748  (sing.  preue  939)  sarà  uno  sbriglio  (per  preuei  o  preui) 

0  dovremo  considerarlo  come  un  plur.  alla  pavana  (Meyer-Ltibke,  it.  gr.  §  354, 
Vidoesich,  Dial.  di  Trieste  §  184)?  Tali  plurali  vivon  sempre,  come  ho  dal 
mio  carissimo  Prof.  Bellio  vicentino,  nel  dialetto  rustico  di  questo  territorio 

1  ròvere,  i  órdene,  i  màntese,  i  pólde  le  pulci,  ecc.;  ma  i  ean).  Dal  testo 
Mirino  del  Segato:  «  ostri  arte  ì  vostri  arnesi  16,  mercante  \6,  brigante  2\, 

'  Trattandosi  qui  deirincontro  di  due  m,  è  difficile  dire  veramente  quale 


L^t'    A  •       ->;    *     ••     •«««^•viia  S4S.  entre  na   cì^ebba  16,  co  na 

-4.  «^    ViM«Mitil9.    1*  persona,  mi:  zeué  mi  11,  m 

'.w.    .tèi   huHar  me  uno  260,  ecc.;    obliquo  wt 

•«   :.«7«  «icc.h  —  enclitioo:  6  haue  214,  e  «u*  r^ 

...    4  maiin^nm  26,  ò  uuò  259,  a  murirè  104,  a  me 

,     —    «'*i«*io  Uóss'io)  894;  obliquo   me.  —  2*  persona. 

,    »   iio^idri  50,  lu  7  M  ^i  789,  ecc.;  obliquo  li  {co  ti 

•    .    .    •    iW,  ecc.):  —  enclitico:  in  éoUve  3,  <tt  hm  /Mlr^ 

,     »  .H.'    i,  faretu?  919,  ecc.^;  obliquo  <€.  —  3*  persona. 

. .   t,  tiMii.  e/a  (t*^  «to/a  «/2a  255)  ;  obliquo,  id.  ;  enclitico,  sog* 

o^^otto  diretto:  el  V  4,  la  ^la;  soggetto  grammaticale 

.Ao    »    i\  oggetto  indiretto  (dativo)  gè  in  ogni  genere  e  nu- 

..  .0  •.  t*lurale.  1»  persona:  noi  694  nò  269,  820  nu  781;  en- 

iu(*  M.i  rappresentato  in  una.  E  poco  iguta  Tapo^itrofe  deirantore,  poiché 
i>     >  lU  V.  8i9  ni  troTH  «M  na  aeagna. 

•  i  11.  uo  tu  r&rV,  no  fu  rei?  a  Sacile  (v.  Veni  in  vernacolo  caneveMon- 
u  ..ai  ili  (Uov.  De  Marchi,  con  prefaz.  del  prof.  Àng.  Arbuit;  Sacile  l^^^'S 
s     P(i.  HO,  SI). 

*  lù  questo  jff  {yf\  V.  anche  Meyer-Lflbke  rom.  gr.  Ili  ^1,  511,  Bart»»!!. 
lu  ^.i\j  Lopez  e  Bartoli,  altit.  chrest.  190,  e  quanto  io  stesso  n*ho  rìpi'tuU^ 
lu  lifll'ant.  dial.  pavese,  gloss.  s.  *ffe*.  Circa  ai  signifioati,  quello  di  *voi' 
9i  ioli  ferma  a  Feltre  per  più  altri  esempi  imtti  da  P.  Segato  (Una  novella 
(li  Alti,  Bitsius  tradotta  in  vernacolo  feltrino;  Feltre  1902):  mi ghe  domamd* 
111  V I  ilomando  9,  a  'n  desperà  com$  vu,„  san  capazf  anche  de  farghe  la  carità  lì. 
tldVt*  veramente  non  è  esclusa  la  funzione  di  3'  persona,  che  anche  Feltrr 
ri*  oiKJdce  a  ghe  (la  ghe  reapom  12,  ecc.),  podè  fermarghe  qua..,   e  intani  wi 

ghe  purecerb  el  lavoro  *  potete  fermarvi  qui e  intanto  io  vi  preparerò  il 

lavoro  '  p.  16,  noè  co  fa eMe  oi  pagarghoft.,...  ehè  no  oi  pi  ^édargha  étmansi  i 

ori  *  non  avete  capito  che  voglio  pagarvi? che  non  voglio  pia  vedervi  ds* 

vanti  agli  occhi  *  20-21.  E  la  versione  di  Città- Vecchia  (Dalmazia)  sei  Pa- 
piinti  (p.  608)  ha  mi  pò  ghe  digo  *io  poi  vi  dico*.  Il  valore  di  'noi*  par 
poi  averlo  anche  a  Pirano  (Istria).  Almeno,  nel  sonetto  intitolalo  Si  i agam 
n«*iropiiHcoIo  di  P.  Parenzan  (Del  dial.  di  Pirano;  Trieste  1901),  non  fa 
•luhhii)  rhe  il  ripetuto  talrèghe  sia  da  tradursi  per  'salvateci*.  —  Cam* 
rif'ini'nto  di  giudizio  nella  interpretazione  etimologica,  non  vm  poi  disMA* 
ììfuUt  il  che  p^r  ghe  nelln  Pu8!«.  di  Como.  Per  quanto  il  testo  abbia  qiml^hf 


niiufcnudoni  sU*  *  Egloga,  ecc. ,  2S5 

clìtico:  à  resussUerin  989;  obliquo  ne,  e  se  {se  dagòna  826, 
zonse  scender  202;  se  mostròn  640,  uolòn  mosirarse  579)  nel  ri- 
flesBivD^  —  2*  pereona:  noi  695  uo  86,  94,  509,  679;  a  murirè 
888,  1098,  -0  *u  enclitioo  neirinversione:  putao  981,  fao  447, 
foessau  690,  poréw  67  ;  obliquo  n^,  e  una  volta  se  nel  riflessivo 
(guardasse  guardatevi  303)*.  —  3*  persona  enclitica:  t\  fem.  le, 
tanto  al  soggetto  che  all'oggetto  diretto. 

70.  culk^  cusiù,  quél,  guest,  colar;  dessa  351. 

11,  que?  703;  no  haon  che  ^non  abbiamo  di  che'  872. 

72.  me  fardel,  io  nuil  34,  so  moròs;  mea  speranza,  mea  mori, 
me  mori,  me  parsona,  io  foriuna,  so  persofta;  i  mie  camp  718,  t 
tuo  causi  165,  i  suo  pas  620;  mie  fede  61,  le  io  fede,  le  so  gaU 
line;  en&tico:  fatto  me  1064,  l'amor  io  207,  el  fauellar  so  203; 
Vanema  mea  54,  la  mare  mia  ^2,  la  no  i  mia  947  ;  fent  mie  ra- 
gazzi miei  303,  che  foès  mie  che  fossero  mìei  1011  ;  t  fatti  suo  264. 
^  suo  '  si  riferisce  anche  a  possessore  plurale. 

78.  Numerali,  tino  -na;  do  e  tre  non  si  declinano;  sie  sei,  dies 
e  diese,  trenta,  trentatre,  cent  e  cento,  cicocent,  milli,  millanta; 
un  mUlùm  567. 


FLESSIONE   VERBALE. 


74.  Confluiscono  costantemente  insieme  la  3*  sing.  e  la  3*  plu- 
rale. Del  qual  fatto,  v.  Vidossicfa,  Dial.  di  Trieste,  §  130. 


altro  esempio  della  gutturale  sonora  resa  grafieam.  coi  segni  della  sorda 
(  ▼.  XII  S88),  dà  da  riflettere  il  fatto  ohe  che  si  ripeta  per  ben  quattro  rolte. 

^  Dì  questo  ss,  v.  Mejer*Ltlbke,  rom.  gr.  Ili  §  880.  Al  qual  paragrafo,  mi  si 
cottsenta  di  aggimigere  che  anche  il  dial.  lorab.  ha,  nel  riflessivo,  il  te  por- 
tallo  attrarerso  tutte  le  persone  :  me  se  petUieei  o  se  pemtissi,  te  ss  pentiseH, 
H  se  pemHe»,  ss  pemSteemm,  se  penti  o  tv  ss  penti,  i  ee  penties;  imperat.  pMi- 
tfeme;  pemth  o  pemtivee  cioè  '  pentitevisi  '  ;  fetee  di  *  fatti  dire  ';  fòri  fata  di 
*  To^o  farmi  dire  *,  eoe. 

'  A  Sacile:  vardésse  guardatevi  28,  tirèese  10,  emisae  tenetevi  24,  semihse 
sedetevi  tS,  ^rassdssss  80,  dèeee  datevi  29.  E  v.  la  nota  ohe  precede. 


266  Salvioni, 

75.  Sempre  in  -<Jn  la  1*  plur.  dell'indie,  pres.,  del  futuro  del- 
l'imperai., e,  con  qualche  eccezione  però,  del  cong.  pres.  ^ 

76.  Il  'S  di  2^^  sing.  ci  si  offre  solo  nelle  voci  ossitene  del- 
l'indie, pres.  (e  quindi  nel  futuro),  ma  è  assai  incostante  e  alterna 
colle  forme  in  -i  {uuo8  117,  513,  1063,  ecc.).  Avviene  anzi  tra 
i  due  tipi  un  notevole  connubio,  comechè  alle  forme  con  i  venga 
ad  aggiungersi  -s  ;  quindi  da  he  =  hai  (n.  14),  si  ha  hes  49, 
266,  646,  ecc.,  e  così  fes  662,  677,  sès  sai  1002  (enei  futuro: 
torès  102,  ecc.)  ^.  E  si  va  ancora  piii  in  là;  poiché  da  tali  forme, 
nelle  quali  già  appare  una  doppia  nota  di  plurale,  son  derivate 
altre  dove  una  terza  nota  è  aggiunta,  un'altra  volta  l'^t,  riu- 
scendosi a  forme  come  hesi  hai,  cioè  ha-i  +  «  +  »  {hesi  est  hai 
177,  561,  647,  656,  657,  663,  stesi  stai  175,  209,  isi  issi  est  sei 
65,  283,  670,  uuosi  512)  3. 

77.  Gerundio,  habiand  194,  disand  812  -sani  563,  dromant 
72,  andasand  andando  706;  andasande  11,  cercande  968,  co- 
urande{ue)  601  (cfr.  toniande,  savende,  avende^  amparande,  ali.  a 
sentindoy  nella  versione  di  Oderzo  presso  il  Pap.*;  corandi  di 
corsa,  nel  vicentino). 


*  disont?  dobbiamo?  184.  V.  Ascoli  I  399  n,  416,  von  Ettmayer,  Bergam. 
alpenm.  50 n.;  cfr.  ancora  hente?  ho  io?  Mag.  I  17\ 

^  Anche  uuos  non  escluderebbe  una  tal  genesi. 

^  Queste  curiose  forme  non  sono  esclusive  del  nostro  testo.  Un  antico 
esempio  di  doppia  nota  è  il  dormirasi  del  saggio  veneto  pubblicato  dal- 
rUlrich  in  Zst.  XXI  226,  con  cui  va  pianzerassi  Lovar.  297,  e  di  doppia, 
ma  anche  di  triplice  nota,  posson  essere  vuosi  nel  Ruzante  (Wendr.,  p.  63  n) 
e  nel  Mag.  IV  21'  (cfr.  anche  vuossi  tu  voglia  IV  34^;  v.  Cavass.  par.  83), 
puossi  Lovar.  334,  e  qui  sopra  a  p.  247  n.,  essi  esi  sei  Lovar.  278,  296, 344.  Ma  la 
triplice  nota  ò  certa  nello  stiesi  del  Dial.  di  Cecco  di  Ronchitti  (p.  3)  e  in  questi 
futuri:  proueressi  Lovar.  340,  ver  essi  vedrai  ib.  222,  veriesi  Mag.  III  77',  harìesi 
IV  88**,  dariesi  I  44*,  niagneriesi  IV  97*,  fariesi  I  36*,  parecchieriesi  I  40*, 
setUiriesi  nel  Dial.  di  C.  d.  Bonch.,  p.  20.  —  Curioso  poi  a  ine  sent eresi 
'  mi  siederò  '  a  p.  34  della  Moschetta  del  Ruzante  (ediz.  del  1555)  dove  la 
ediz.  del  1617  ha  sentarè.  Siccome  -ée  la  desinenza  di  futuro  tanto  nella  1* 
che  nella  2*  pers.  sing.,  cosi  anche  la  forma  senteresi^  forma  specifica  della  2*, 
accenna  qui  a  passare  nella  prima. 

^  Qui  veramente  anche  cande  quando,  o  meglio  eande  che,  che  al  postutto 


Illustraxioni  ali* "Egloga,  ecc..  267 

78.  Indicat.  PBB8BNTE.  1.  Solo  du6  esempi  per  la  caduta  della 
Tocal  finale,  e  sono  pari  {imart)  162,  smereuei  877.  Del  resto 
(tranne  che  in  ineago  664)  sempre  -e  :  butte  101,  insegne  204, 
uede  211,  posse  47,  cM>e  921,  tuoge  947,  uage  24,  ecc.  ecc.;  — 
e  ho  34,  35,  43,  660,  ecc.,  sé  so  251,  146  {so  840),  s<m  253, 
835,  e  quindi  fan  faccio  109,  uuò  voglio  57,  259,  260.  —  2. 
ramang  1068,  [eognostu  ?  406,  tientu  ?  755]  ;  pensi  210,  mastri  293, 
dmi^t  50,  e  v.  il  num.  76;  urte  182,  mostre  672,  Ja^^  1004, 
pare  2;  —  A^  hai  4,  es  hai  646,  sa  sai  789,  «^«  id.  1003,  si  is 
sis  sei  257,  stes  648,  659, /nio  334,  1003,  di  15;  e  v.  il  num.  76. 
Manca  sempre  il  -s  quando  il  soggetto  sia  suffisso  :  uetu  1 ,  265, 
etu  sUu  Uu  Bei  ta?  208,  sètu  sai  43,  critu  credi  137,  518,  uitu 
vedi  24,  1082,  puotu  1086.  —  3.  guarda^  eoc^  piarne  146,  puole 
1056,  resorz  17,  drom  151,  cai  369,  jmo/  794,  etio/  858,  par 
4,  ecc.  ;  —  uè  vede  370,  853  {uet  250),  è,  fa,  Aa,  ecc.  —  4.  moron 
fasony  uignon,  uolòn,  haòn  abbiamo  577,  578,  747,  seon  630,  640, 
773  e  sason^  575,  siamo  (cfr.  sexon  a  Sacile,  p.  10);  disont?  dob- 
biamo? 184,  num.  75  n.  —  5.  butta,  lassa,  mette  269,  sole  891, 
saè  887  e  sasè  {sexi  -io?  a  Sacile,  26,  18),  siete,  268,  271,  301, 
610,  933. 

79.  Imperfstto.  1.  chamaua  237,  irasèa  ib.,  trouave  11,  pa-- 
rane  11,  uigniue  347,  steue  355,  924,  zeue  11,  129.  —  2.  m  373, 
freMt  traevi  362,  ere  295,  298,  300,  steue  350,  porfaué  170,  dts^e 
220,  221  ».  —  3.  ardea  588,  Aawea  318,  356,  trasea  530,  ptoiiea 
450,  jMirea  451,  fagea  452,  pareuel  120,  mèua  711,  A^na  467, 
384,  seua  sapeva  965,  ^^é^tia  385,  feua  861,  2:etia  812,  «ra  286 
giera  285,  964;  Aawa  aveva  396,  810*.  —  4.  zéuen  128. 


patrebb*6isere  *  qnand'è  ohe  '  (cfr.  i  lomb.  quamdé^  dov/^  eom/f  eos/  *  quando, 
doTe,  come,  cosa  («^  quid  interrog.)  *  sorti  tutti  nelle  combinazioni  '  qnand*è 
che  *,  ecc. 

*  Buulta  chiaro  dall'esame  delle  forme,  che  le  adigammiche  si  evitino  là 
dorè  la  teomparta  del  r  avrebbe  condotto  a  raccostare  due  e. 

*  n  duplice  ricorrere  di  kaua  rende  poco  probabile  che  si  tratti  di  uno 
•baglio.  Sarà,  come  qneUa  tanto  diffusa  di  arò  avrò,  ecc.,  una  ridunon  prò- 
ditica.  È  del  resto  anche  toscana  (v.  Studi  di  fil.  romanza  VII  204). 


Ax«htTÌo  «lottoL  iteL,  XVI.  18 


M8  Salvioni, 

80.  Pbbfetto.  1.  bMiè^faudiès  ecc«,  e  anche  traMei  717,  andrà 
fome  letto  -ié^;  uindì  7l8,auer»i  229,  hauì  317,  524, /o^i  22^ 
Senti  543,  muf)  317  ;  fiè  340  e  f$88i  554  feci  ^  dtè  diedi  723, 
dissi  -e  389)  406,  703,  deiMis  409,  /Ui  576,  594  e  sarà  /U  anche 
il  fui  dai  TV.  878  S  404,  ui^  -^«  ^Us  -Ut  411,  445,  611,  696^  1063. 

—  2.  /Wìè  (-À)  224,  (2è«  234,  «t^e  907.  —  3.  potià,  cargà,  ecc., 
cwezè  887  ;  reépoMlè  240,  ;2^  114,  /bè  98,  803,  804,  920,  192, 374, 
375,  399  {fo  715,  970),  /bri  487,  489  (e  f*  330, 403,  714)  ;  m«f», 
partì,  Ugni  296  ;  uiene  801  (uen  978),  iid«  190,  respos  439,  cìm 
405  d«Me  406,  iraése  391.  --  4.  foeseon  (1.  -At)  457,  iMM^^^on  903  ^; 
;^9en  380,  passàsem  379» 

81.  FuTiTRo.  1.  moWrè  104,  678,  ^erè  998,  Aar*  597  ;  uorò  884. 

—  2.  t&ris  102,  511,  (2ar^  365,  purgerèi  506,  sardtf  678  ^  pas- 
sere 110,  t^edré  111,  faretu?  919.  —  3.  ^oMrd  262,  uaUrà  889, 
^orà  830,  harà  509,  s^rà  andrà  998.  —  4.  mensròn  40,  &»8«rdii 
833,  ka^eròn  770,  a^fòn  203,  andaròn  769,  820.  --  5.  mnrirè 
604,  688,  Mrè  63,  603,  poreu  67;  e  la  pretta  forma  letteraria 
in  pianaeréie  63,  cederete  61. 

82.  Impbkativo^.  2.  fo^^a,  lassarne  51^  mettìta  791,  »i^  204, 


<  Di  questo  -i^,  v.  Mejer-Ltlbke,  ii.  gr.  §  420,  Parodi,  Romania  XXII  SOS. 

'  Per  questa  fotma  Bigmaii«a,  efr.  la  2*  <2è«  284,  sulla  quale  era  fbcile  si 
modellasse  un  1*  ^desai,  e  si  ricordi  pure  mtresse  pag.  248  n. 

'  Un  fui  non  sarebbe  forse  possibile  in  questo  dialetto.  Che  in  ogni  modo 
si  tratti  di  fu{  cioè  d*una  forma  debole ,  è  posto  fuor  di  dubbio  dalla  2* 
fui8  e  dalla  8'  foè. 

^  L'-òn  di  perfetto  dipenderà  direttamente  dalla  corrispondeìite  voce  del- 
rimperf.  cong.  Di  quecfta  non  è  veramente  niesswin  «sempio  ne*  nostri  testi 
(v.  però  il  condiz.),  ma  è  costante  V-òn  nel  bellunese,  e  frequente  nel  Ruzante 
(Weadr.  §  116).  £  nell'imperfetto  V-ón  era  poHmAo  éal  presente  dello  stesso 
modo. 

'  Alla  funzion  d'imperativo  può  anche  venire  il  futuro,  e  si  tratta  di  fon- 
zione  schietta  comechè  il  futuro  cosi  adoperato  regga  T-oggetto  enclitico 
nelle  stesse  forme  come  lo  regge  Filmperativo  vero  e  proprio  (v.  Dell'aat.  diaL 
pavese,  Ànnot.  %  46n.X  6  cioè  l'enclitico  si  pospone)  i^reste  'tògliti*  511, 
dirsame  '  dimmi  '  32*  Di  un  ieAe  uso  haimo  esempi  «nche  il  Bozante  e  il 
Magagnò:  daritsimele  '  dammele  '  Mag.  1 44%  reoorderiue  *  ricordatevi  '  Ili  87|„ 


Illustrazioni  ali*  "  Egloga,  ecc.  „  269 

né  vedi  199,  tnò  117,  307,  fxeOife  51,  dimel  13^  37;  M  me  far  48. 

—  4.  pofion  1Ì5,  credènte  600^  awefów  127»  «ton  800  staffM  124, 
2ron  *  giamo  *  lì&>  124^  968.  --  6.  p&réhmà,  fuardàlla  614,  617» 
*98$,  fase  681  /d  >56,  «dd^^  448,  2;e  61. 

83.  CW&iuNTtvo  PBEfiffiNTE.  1^  biastèfna  37»  zevna  30i,  c^ia  24^ 
paria  81,  A^Ma   14,  16,  69»  24^,,  761,  982,  sea  931^  fage  987. 

—  2^  oflMiffe  188,  coM^ofóe  207,  jptio^e  jyoBBa  &.  —  3.  perdona 
1095,  castiga  494,  ^rewa  35,  defenda  97,  wfena  103,  405,  arda 
255,  wpm  sit  sea  -già  2l6,  977  sta  1061,  772,  $eppa  éappia  1^5, 
96,  682,  habia  783  AeiJa  212,  ecc.  ecc.;  riposse  149,  magne  261, 
tfiVn^  891,  fMXSiSig  98)  faze  976,  mu^re  256,  sto^  150,  uage  973  ^ 

—  A.ùatón  IS2,  habione  877,  Ramona  948,  dagònia  826(  scriuana 
313,  ;^tan  (1.  ifetn?)  EAMtrs  263.  —  6.  haòie  589,  searfe  87,  me  è 
incerto  il  modo  di  fasi  603. 

84*  Imperfetto.  1.  magnàs,  lassàs  895,  wedès  283,  debès  226, 
228,  /besw  691»  fossio  894,  /"«s  751,  dès  283.  —  2.  dès  e  desse 
25»  887,  /bè«  è  fosse  218»  351,  758»  764.  —  3.  urtàs,  amazzàs^ 
guadiasse  299,  haueé  136  *aessc  137,  pianzesse  916»  tityms  671, 
689,  faès  147,  669,  747  fes  750,  rfaes  902,  sfaès  272,  steèsel  276, 
/bès  146,  189,  191,  504,  899,  zes  1043.  —  5.  foessàu  690  (e  v.  il 
numero  che  segue). 

86»  CoK0iaioKAL£  ^^  1.  magnerou  26,  conzerou  30,  cagierou  23, 


rreard<»r0te  «  tederete  in  la  iftUìilmuoria  ,  ricordati  e  fcieiiti  a  memoria  *  1 41^; 
ùrecordttrim  ricordatevi  Rnz.  Rod.  21^.  In  altri  esempi  la  sehietfca  fun- 
zione imperativa  s^a^^palesa  per  ciò  che  manchi  il  pronome  fiogigeilo 
atono  che  suol  altriménti  aocotnpagnare  il  futuro  e  ogni  altra  voce  finita 
(v.  Elise  Richtér,  Zur  entwickluilg  d.  itoman.  wortstelltuig  ans  d.  lat.  [Halle 
a.  8.  1903],  p.  61-2  n.)  :  pkiréeiohiéHesi  prepara  Mag.  I  40%  farien  fa  I  86%  tnit- 
fere  metti  III  45%  mctgneriesi  mangia  IV  97^  nnarè  andate  Rus.  Vaco.  49b, 
Ttgi^rèéi  vehite,  Rod.  19*,  dove  ai  vede  il  -H  di  num.  76  n.  passare  alla  2^ 
plnr.  Oottié  se  il  Mancese  dicesse  ehcmterms  (e  non  tu  chanterae)  per  ehante. 

^  possif  999,  si  rAggUaglia  a  pósé'i  *  possan  essi  \ 

*  n  tipo  di  coUdMonale  in  -j^tw,  ohe  ha  una  sì  costante  applicazione  ne* 
nostri  testi,  si  Hvede  ne'  dial.  ladini  della  region  centrale  (v.  Cavass;  II  482, 
Meyer-Lùbke,  ròm.  gr.  II  328)  e,  tra  i  veneti,  in  una  delle  poesie  del  Ca- 
vassioo,  il  cui  tit^o  idiotnatico,  però,  ei  porta  lontani  da  Bellnno  (v.  Miseel- 


270  Salvioni, 

compiroue  692,  andaroue  1033,  daròu  219,  farone  273,  897,  ha- 
ròue  324,  diròue  635,  duròu  1027,  Morou  275,  306,  896,  zirou 
1021.  —  2.  deueroue  debrme  diròue  dovresti  268,  650,  673,  di- 
ròue  diresti  156,  159,  402,  423,  haraue  1006,  daròue  568  (2aròu 
1085,  uorau  292,  aroutu  7,  ^roti^u  e  ^«ro^u  9,  927,  uarotu  15^. 
—  3.  durerou  27,  Aau^roM  10  e  harouel  144,  ««rotf  serouel  139, 
142,  567  e   «ardii  189,  198,  288,  saròud  saprebbe   967,  feròu 


lanea  nuziale  Cian-Sappa  Flandinet  233-4).  Più  a  occidente,  la  desinenza  ci 
8Ì  offre  nella  Valtellina:  a  Poschiavo  e  a  Livigno.  Per  questa  località,  cfr. 
regalaroi  regalerei  (Pap.),  e  per  la  prima  debbo  alla  cortese  e  verbale  in- 
formazione del  Rev.*"^  Don  Gius.  Costa  parroco  a  Prada  la  nozione  dell'in- 
tiero paradigma  di  condizionale  che  così  suona  :  eantarój  ^^as  '^f  -9um  -Qf 
-gan  (cfr.  datovi  darei,  perdarov  perderebbe,  nella  versione  del  Pap.,  aròf 
avrebbe,  nella  parab.  del  Monti  415).  Nelle  valli  verbanesi,  c'è  imprima  la 
1»  persona  in  -^  nel  dial.  di  Val  Bedreto  (var(f  andrei),  il  quale  -if  sarà 
da  -9j\  non  potrà  cioè  staccarsi  dair-^  di  Varzo,  nella  finitima  Ossola, 
che  pure  occorre  solo  nella  I'  (v.  Studi  di  fil.  romanza  Vn  218).  In  Valle 
Canobbina,  o*è  aniè  avrebbe,  saniécMi  saremmo,  ecc.  (v.  XIV  448  n.),  e  anche 
qui  1*4  (»P)  non  potrebbe  non  risalire  a  babui.  Ma  data  la  presenza  di 
questo  in  tutti  i  contermini  dialetti,  siam  quasi  costretti  a  riconoscerla 
pure  nell*-i{«  valmaggino-verzaschese ,  che  il  Mejer-Lùbke,  1.  e,  vorrebbe 
dichiarare  da  fUs  fosse.  Meglio  vi  ravviseremo  invece  un  -éss  venuto  a 
commescersi  coli* A'  che  sorgeva  per  virtù  della  metafonesi  {-U  ^=  haboI  o 
Bs  *.gv^iOt  '•U  =3  *-^rt  di  2'  pers.  ;  e  di  qui  esteso  ad  altre  voci).  Più  in  là,  la 
versione  di  Riva-Valdobbia  nel  Rusconi  (I  parlari  del  Novarese  e  della  Lo- 
mellina;  p.  68,  v.  20)  ci  offire  garetti  avrei,  e  quesVesempio  oi  porta  vicini 
al  Canavese,  dalla  qual  regione  provengono  i  più  antichi  esempi  di  condizion. 
in  '&ve.  Poiché  io  credo  d*aver  dimostrato,  in  Giorn.  st.  d.  lett.  it.  XVI  382  n.^ 
che  son  piemontesi,  e  altrove  (Rendio.  Ist.  lomb.  s.  II,  voi.  XXX,  p.  1505  n) 
che  son  più  precisamente  canavesani,  i  saggi  che  si  leggono  in  Gaudenzio 
Dial.  di  Bologna  168  sgg.  E  le  prove  mi  eran  fomite  da  e  =  ct,  da  -^=»  -ati^ 
e  appunto  da  -àvet  tre  peculiarità  che,  nell'ambito  subalpino,  solo  il  Cana- 
vese conosce  riunite.  Per  Tultima,  ohe  qui  oi  riguarda,  cfr.  aiavrà  avrebbe, 
vourrd  vorrei,  andròu  andrebbe,  nelle  versioni  di  Gorio,  Sale-Castelnuovo  e 
Vico- Canavese  del  Papanti,  *f2  in  testi  provenienti  da  Rueglio. 

^  Questo  tipo  di  2*  sing.  in  -ótfe,  che  ritoma  nel  posohiavino,  e  corrispon- 
derebbe a  un  tose,  tu  eòfrt,  è  dovuto,  si  capisce,  alla  imitasione  del  tipo  «o 
canto  :  tu  cànfit  ecc.,  dove  cioè  non  v*era  tra  le  diverse  voci  disparità  d'ac- 
cento e  di  sillabe;  cfr.  uase  volesti,  nel  Cavass.  e  uitte  vedesti,  qui  sopra  al 


niastrasioni  ali*  *  Egloga,  ecc. ,  271 

993,  staròue  240,  poròue  119,  uoròu  242  ^  —  4  e  5.  Qui  su- 
bentra al  condìz.  Timperf.  del  cong.  '  :  haues9Òn  749,  uaressan 
872.  —  débessà  687,  ande$$à  695  \ 

Circa  alla  determinazione  del  tema,  qui  e  nel  futuro,  s'ha  -er- 
nelle  tre  prime  coiqug.,  -ir-  nella  4*.  Solo  *  stare  '  '  fare  '  ^  an- 
dare '  (e  una  volta  '  gire  '  :  zara  998)  hanno  costantemente  ar  ^. 
Di  ^  esaere  '  a'ha  ser-  e  rar*,  di  '  avere  '  frequentemente  ar-,  e  di 
'  sapere  '  una  sol  volta  aar-  967.  Di  '  debere  ',  per  la  solita  confu- 
sione con  '  dire  ',  talvolta  dir^.  La  sincope  in  uedrè  111,  e  debraue 
660.  Del  resto,  uor-  por-  ior-  =  *  volere  '  *  potere  '  *  togliere  '. 

86.  Infinito.  Cade  l'-e  e  si  conserva  il  -r  che  ne  risulta.  In 
alcuni  verbi  però,  la  espunzione  dell'e  postonico  dà  luogo  alla 
applicazione  della  norma  onde  al  num.  15.  1:  esire  187,  944, 
1065,  Mere  504,  crere  836,  1095,  e  di  bere  v.  num.  28  n.  Son 
pretti  italianismi  uendere,  intendere,  destendere,  479,  481,  483,  e 
cagare  (sostant.  infin.),  535,  sta  in  grazia  della  rima. 

87.  Participio.  Masc.  -à  -/  -u,  fem.  -oda  -ida  -uda.  Si  scostan 
dalla  norma  solo  insofranè  (  :  me)  num.  14,  e  sta  stata  198,  253, 
fabrieà  381. 

Su  '  fatto  '  si  modellano  '  dato  '  {dai  108, 123,  194)  e  '  stato  ' 
(stata  253,  283)  ^ 


num.  80.  —  Dì  -6  da  -óu,  e  non  solo  nella  2*  pera.,  v.  poi  anche  le  emen- 
dazioni metriche  ai  tt.  10,  532,  516,  1021,  1031,  1036,  1074,  1085. 

*  Nella  3*  plur.  c*è  una  volta  'auei  (irouerauei  486).  £  sarà  forse  uno  sbaglio 
pt^r  -<Wi. 

'  uores9on  parrebbe  rag^agliarsi,  astrazion  fatta  dairuscita,  a  un  '  ror- 
rtssitmo  *  e  rappresentar  quindi  una  forma  di  schietto  condizionale.  Sennonché 
io  propendo  a  credere  che  sia  non  altro  che  un  uoltaaon,  con  l  poi  soppian- 
tato da  r  grasie  alle  voci  del  singolare. 

'^  Farmi  che  questo  -é  (ch*è  anche  nel  bellun.  del  Cavass.)  non  si  possa 
spiegare  che  supponendo  un  -d  nella  2*  plur.  del  cong.  pres.  Questo  «d  manca 
veramente  ne*  nostri  testi  (tuttavia  c'è  ««ade  allato  al  quale  è  facile  supporre 
un  *«ea),  ma  è  noto  al  Cavassico  nelle  forme  munite  deirenditico  soggetto. 

*  Andrà  quindi  letto  $eròu  il  f-  di  v.  993. 

*  Il  fenomeno  è  anche  trevisano  (nato  andato,  Ninni  I  70,  ecc.),  feltrino 
iat4gi,  wai  andato;  cfr.  reo  andava)  e  bellunese. 


272  Salvxoni, 

'gire'  ha  zù  626,  zuda  3(21. 

Nessi»  partìoipia  in  résÈo. 
88.  cagir  cadere  936,  %mr  tenere  9dO,  pardir  perdere  7&2. 
—  '  gire  '  sì  conjmga  come  un  yerbo  della  2^3*  (zee^  zu^  ecc.  ; 
taitavia  zian  num.  8^). 

'  stare  '  '  fare  '  '  dare  '  '  andare  '  '  trarre  ',  hanno,  com'è  noto, 
mi  proprio,  tipo,  di  fteasione:  Pres.  fagie^  vage,  stage^  eec,  cui  si 
accompagnano  tuoge  tolgo  S  e  pmge  poss^  6.  fa9(m  fecci^mo,  e 
quindi  anche  sasom,  sa^é^  siamo,  siete,  e  disatU,,  do^hbiamo^  tirato 
direttamente  su  'dure'  (cfr.  dirtme  num,  85}  v.  Dell'alt*  dial. 
pavese  §  49).  Imperf.  feua  (e  fa^gea  =  *faea  nom.  2&X  trtu^  skue  ^, 
e  allato,  iraaea.  Perf.  die,  dèa^  fessL  Gev.  dasand,  anda^and.  Part.  ; 
V.  il  precedente  numero. 

Altri  fMti  singolari  nella  flessicme:  oreze  credo  (\*f>€ze 
TiDfio  i\cre'eVB  WBV£)  ;  fon  faccio  ;  débe  e  d^oue  nom.  40  ;  puah 
1056;  sipia  sit  772,  dove  influiva  direttamente  safiat. 

80.  Il  tema  del  presente  allungato  ^  s'ha  in  oansolèe  207,  sta- 
tuf^ia  984,  stofegegia  9&0^;  v.  num.  25,  48. 

90.  Del  tema  del  presente  portato  in  altri  tempi  e  modi,  si 
vedono  gli  esempi  ne'  precedenti  numm.  Qui  ricordo  solo  il 
ger.  habiand  avendo. 

INnECLINABILI. 

91.  Avverbio,  uillò  less.,  qui-  chilo  less.,  chiuUtéoga  tess.,  chi 
58,  qua  110,  419,  la  419,  zo  71,  101,  ecc.,  su,  sora  434,  ecc., 
fora,   dentre,,  enùre  16,  28,  80,  182,  374,  -o   465,  dondre  donde 


^  Che  quindi  nulla  ha  a  che  fare  ooU'it.  tòlgo.  Ofr.  il  lo«ab.  tosfi^  tdaeoa 
toglieva,  tdh  tolto,  q.  'totto*  (oEr.  faseva  e  fa'o,  di8*eva  e  ddh^  eccO* 

*  Ma  seua  s^^poya,  dipende  da  heua  aveva. 

^  y.  Biadene,  St  di  fìl.  rom.  I  232  n,  Meyer-Liibke,  it  gr.  §  417.  U  fe^to 
non  è  ignoto  nelle  Alpi  lombarde,  e  così  ho  udito  lavuréa,  *  lavora  '  a  Vil- 
lette (Ossola). 

^  Dal  Yoc.  del  Ninni:  scalivèa.  pioviggina,  UmitzòcL  tuona;  trapoUa  'trap- 
pola' neirEgl. 


illustrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc. .  278 

<mdr$  <m  1, 12, 114, 127,  265,  drè  648,  drie.per  dre  105,  inmz  ecc., 
a  pruò  lesa.,  p&ra  lega.,  dmèam,  adda,  eoe.  ecc.;  mo  ora  48, 146, 
266,  ecc.,  mo  ades  726,  adi»  presto,  subito,  104,  161,  sempre, 
sem^mni,  mai  e  me,  quand,  eam  quando  252,  pò  poi,  »a  88, 
amchuò  less.^  VaUr^hier  697,  aguan  ecc.,  lese.,  da  pò  510, 1024,  ecc.  ; 
co  con  com  come,  muò,  a  miuò,  come  {que  muò  in  ohe  modo  816), 
co  fa  eco.,  co  se  fa  66,  seme  lesa,  mieg,  maisa  less.,  altriménti, 
grandammtre  75,  |)er  certament  133,  dove  pajon  incontrarsi  *  per 
.certo  '  e  *  certamente  ',  uia  per  de  fora,  660,  *  altrimenti,  per  il 
resto  ',  insembre,  in  cuffolon  less.,  de  fuga  impetuosamente  449, 
per  stori  di  sbieco,  almasque  less.,  ecc.  ecc. 

La  negazione  suona  sempre  no  (no  ere  non  eri,  ecc.);  ne 
846,  n^he  non  hai  552,  no...  miga  295. 

È  gè  l'avverbio  pronominale  enclitico  di  luogo.  V.  num.  69  n. 

92.  Preposizione,  in  su  la  pUa  435,  in  la  20,  120;  ma  piti 
oomunemente  in  t^un,  in  t'una^  inùe'l;  -^  co  un^  co  una. 

93.  CJOKGiuvzioNE.  e  si  203,  285,  237,  mo  ma  less.,  stu  s'tu 
*  se  tu'  15,  25,  22,  117;  co  quam  825;  perque  437,  751,  834, 
884  *,  parzo  69,  87,  pò  che  457,  benché  78,  ecc.  ecc. 

94.  Intebjjezxonb.  o  70,  76,  ecc.,  oime  91,  178,  deh  713,  de 
926,  osti  124;  demà  less.,  magari  276. 


ni.  -  ANNOTAZIONI  SINTATTICHE. 

96.  Costruzione.  Nella  posizione  del  pronome  enclitico  og- 
getto, raramente  si  devia  dall'uso  veneto  odierno  :  per  no  me  dar 
333,  mandarne  *mandommi'  395,  e  conzamel  913,  me  perdona 
*  perdonatemi  '  431,  955,  989  ;  e  trane  e  ci  leva  1050,  dirèsme,  ecc., 
num.  81  n. 

corrandper  mezse  *  correndosi  incontro  '  426.  V-  Meyer-Lubke 
rom.  gr.  HI  §  718  ;  Ren,  Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXXVI,  pp.  1012  sgg.  K 


^  Cfr.  anche  qué  quid  976,  que  cong.  817,  916. 

'  Qnesta  mia  nota  de*  Rendio.  ha  avuto  la  fortuna  di  cadere   sotto  gli 


274  SaJyioni, 

star  ne  in  pie..,  ne  zir,  1082,  dove  vorremmo  ne  star,  ecc. 

La  costruzione  naturale  è  violentemente  turbata  in  questi 
esempi:  pi  che  no  fa  per  uent  in  albor  fuogia  36;  ondre  è  i  stio 
manazzo  adès  de  uilii  *'  dove  sono  adesso,  ecc.  '  623;  i  uà  cazzant 
entre  un  cadin  i  det  \  pien  de  botò  *  vanno  cacciando  dentro  un 
catino  pieno  di  bottoni  le  dita  '  857-8. 

96.  Concordanza  ^  seon  bassi  sepeli  773,  tutta  canuda  617, 
bie  uesti  769. 

le  nostre  gambe,  brazze,  pe  e  cossum  950. 
ho  cerca..,  che  fazze  83-4  *. 

97.  uuo  che  zian  fora  e  dotnandarge  263,  se  'l  no  uien  tem- 
pesta e  tuorne  tut  742-3,  que  i  straliot..,  ne  haues  toU  et  cuor.,,  e 
farne  zir  spauisig  733-6,  heua  sconchiga  chel  me  amazzas  e  met^ 
terme  à  couert  549-50,  chi  ha  inteUet...  me  uieua  a  aldir  e  farse 


occhi  del  signor  prof.  Gius.  Toppino  da  Oastellinaldo  (Alba),  ora  al  Liceo 
di  Cremona,  il  quale  subito  mi  avvertiva  che  nel  suo  nativo  dialetto  il  fe- 
nomeno deiroggetto  indiretto  enclitico  suffisso  ad  altri  elementi  che  non 
sieno  la  voce  verbale,  è  cosa  affatto  normale,  e  me  ne  forniva  lì  per  lì  i 
seguenti  esempi:  s'IUbre-gi  ufera  kòlje  *  q.  libro  gli  era  sopra  (a  collo)', 
M  fera  'nsU'mje  *  gli  era  sopra  (in  cima)  *,  fera  sUtme  *  egli  mi  era  sotto, 
era  sotto  a  me  ',  fera  angémme  -gemjey  -penUe  *  era  insieme  a  me,  a  lai,  a 
te  ',  va  *ng^mje  vagli  insieme,  mi  sum  asùtje  *  gli  sono  sotto  *,  u  fera  pressje 
0  dapéje  0  d^aioslnje  *  gli  era  presso,  vicino  ',  mi  fera  dréje  *  gli  stavo  dietro  '. 
E  renclitico  mai  non  si  ripete  dietro  alla  voce  verbale,  essendo  quindi 
solo  possibili  i  costrutti  vaje  'ngém  o  va  'ngémje,  non  il  costrutto  *vaje 
*ngénìje.  La  ripetizione  par  invece  di  regola,  o  quanto  meno  possibile,  nel 
dial.  canavesano  di  Piverone,  da  dove  il  Flechia  (XIV  116-7)  comunica 
questi  esempi:  vaje  dvenje  vagli  o  valle  davanti,  vaje  Mn  adosje  non  an- 
dargli adossogli,  vaje  fiin  anaUmji  non  andargli  in  cima  (propr.  '  sopra  *). 
11  fenomeno,  del  resto,  par  mostrarsi  a  Piverone  nelle  stesse  condizioni  che 
nel  novarese,  è  cioè  qui  possibile  (ciò  che  il  Toppino  esclude  per  il  suo 
dialetto)  che  renclitico  compaja  anche  dietro  a  un  avverbio:  wardje  laje 
guardali  là,  wardje  liji  guardale  lì,  wardne  kuini  guardaci  qui. 

^  co'l  caf  canuda  (  :  saluda,  spuda)  248.  Forse  una  svista,  comeohè  s'inten- 
desse di  dire  '  tutta  canuta  ',  o  '  il  capo  canuta  '  (il  capo  accusat.  alla  greca). 

^  Diviso  è  il  caso  di  critu che  Vhaease  187;  dove  'avesse  avuto'  è 

richiesto  non  dal  verbo  reggente  ma  dal  contesto  del  discorso. 


J 


Illastrazioni  ali*  '  Egloga,  ecc. ,  275 

ben  areni  959-60.  V.  Giorn.  st.  d.  lett.  it.  XLII  875-6  n,  dove 
son  da  aggiungere  gli  esempi  del  Cavass.  e  questo  del  Ruzante  : 
no  disse  gnan  cVa  me  sentasse  vù^  e  arpossarme  Piov.  50^. 

98.  Casi,  uè  faroue  magnar  ai  peduogii  273,  sentì  rengar  al 
leiran  preue  125. 

99.  Verbo,  m'he  bulla  71,  se  ha  parla  118. 

el  destre  butta  '  deve  essersi  gettato  '  188,  Ve  amazza  ^  s'è 
ammazzato  '  193,  è  conzà  428,  son  (1.  seon)  intes  *  ci  siamo  i-  ' 
974,  seròuel  scontra  139,  sarotUti  scalone  9  ^  V.  Meyer-Lttbke, 
rem.  gr.  Ili  §  381. 

preue  andasand  706,  leuar  su  bel  dromant  72. 

100.  Abtioolo  determinato,  y.  in  primo  luogo  il  num.  104. 
—  me  ari  388,  lo  cà'353,  nostra  naraccia  278,  nostre  mare 
279,  ecc.  (ma  isuòpas  620,  la  nostra  giesta  932,  le  so  recehie,  ecc.). 

amor  d'una  zudiera  lant  te  costa  393,  zudièra  me  tignerà 
991-2,  mori.,,  deschioda  105,  cagasanc  e  la  giandussa  uiena  713. 

tutta  zent  961. 

no  è  el  pi  bel  amor  quanfè  de  fora  1045,  tu  es  el  mior  temp 
che  no  ha  la  signoria  646,  no  è  al  mond  la  pi  rebòsa  orsa  de  /e- 
mena  304-5. 

la  mengóla  106,  196  (ma  Trottol  151,  ecc.). 

Abtioolo  indeterminato,  el  va  pò  fent  con  zuccari  '  e  vanno 
poi  dei  fanti  con  degli  zuccheri'  862;  per  qne  f emene...  caga 
'  perchè  delle  femine  cacano  '  437,  piegale  delle  pecore  149,  se  man 
911,  la  era  na  dipintura  no  za  donzella  613,  che  però  andrà  forse 
emendato  per  na  d-,  de  eroda  da  una  rupe  101. 

d'un  bel  zegner  di  bel  gennaio  918. 


'  Cfr.  anche  no  ual  a  ptniir  non  vale  pentirsi  836.  Altre  singolarità  nel- 
l'tuo  del  tiflesiiyo,  a  num.  69  n.  —  Qui  ricordiamo  il  fatto  offertoci  in  se 
pHtena  e  epeeeola  '  ci  si  pettina  e  specchia  '  (frc.  oh  se  peigne\  dove  si  evita 
Là  ripettàone  di  $€  («e  di  passivo,  e  se  pronome  riflessivo).  Il  veneto  dice 
oggidì  $*  se  pemUfe  ecc.«  ma  il  lombardo  et  pentii .  Quanto  airit.  ci  si  pemie 
««so  eara  insieme  il  prodotto  di  una  tendensa  dissimilativa,  e  della  fusione 
de)  modo  'ci  pentiamo*  con  *'noi  si  si  pente*. 


270  Salvioni, 

101.  Comparazioni,  un  canal  pi  grand  che  nits  me  707.  E 
V.  il  num.  che  precede. 

102.  Pronohs.  El  e  mori  la  to  parsona  309,  d  vapo  fent  862, 
d  farà  la  vendetta  Saianas  838,  'l  foòs  el  so  falctm  146. 

tu  'l  sa  ti  tu  lo  sai  789  ^  ;  no  me  'l  dì  a  mi  15  ;  ne  inette  eu 
no  fent  269,  uò  pegorelle.,.  uè  lasse  96. 


^  Non  dice  altro  se  ooa  *  tu  il  sai  *  ;  e  potrebbe  credersi  che  il  t{  fosse 
aggianto  solo  per  ottenere  una  rima.  Ma  non  dev^essere  intieramente  cosi; 
poiché  il  vezzo  deiraggiunzione  pleonastica  del  pronome  enfatico  in  fin  di 
frase  è  assai  comune  negli  scrittori  pavani,  e  lo  provino  gli  esempi  :  mille 
fauelle  \  no  seraut  elle  \  efjfMenU  *  mille  favelle  non  sarebbero  bastanti  *  Mag. 
UW;  el  n'h^  dò  tante  laide  elh  lY  30^  hq  il  alò  un  gran  fa^  elio?  non 
è  stato  un  grande  favore?  lY  dì\  erivò  tuo  vuàf  credete  voi?  II  64%  Ma- 
gagnò, te  m'è  dò  la  pi  maor  eattiva  nuova  t\,  ck'hahhia  me  hahbk,  daapò  ch'a 
vìvo  m\  *  M.,  tu  m*hai  dato  la  peggior  nuova  che  mai  abbia  avuto  da  poi 
che  vivo  I  Mag.  lY  80^,  no  disse  gnan  ch'a  ine  sentcìsse  vù  e  arpossarme 
Ruz.  Piov.  50%  de  ehi  faviellistu  H  adesso  f  ib.  58^,  ìa  uà  a  ogni  man  ella 
Fior.  15b,  la  sia  ben  ella  ib.  16%  a  se  corozzerae  iggi  ib.  4%  de  quagi  fo  to 
mare  ?  ReMca  Vhaea  nome.  La  fo  da  Conche  ella  Piov.  S8^>  a  vuò  éhe  a  balòn 
anca  nù  mi  *  voglio  che  balliamo  anche  noi  *  Dial.  1Q^  n  cherzo  che  'l  ghe 
sippia  an  i  zugolari  mi,  se  a  no  me  falò  ib.,  st'homo  no  vegnirà  me  pi  elio, 
sì  èlo  longo  '  quest*uomo  non  verrà  mai  più,  tanto  è  lento  *  ib.  7*,  com  a 
sai  vù  Orat.  7^,  i  se  pò  lagar  vegnire  iggi  ib.  11%  le  mie  man  no  ghe  se  tnet- 
terà  elle  Piov.  5l\   a  no  uel  dirae  mi  Raso».  19*,  et  dà  piasere  eìlo  Ancon. 

5^  ecc.,   e   cfr.   ancora  quella  ehe  età  sola la  è  la  MalimuoUa  quella 

Lett.  27^,  a  me  smeravigio  à  cotnuò  qudlù  dtU.librazzuolQ^  n'ha  sapio  faeUare 
lomè  d'una  sorte  de  Prealasse,  sipiantoghene  tré  mi  Dial.  di  Cecco  di  Ronch., 
e.  12^,  el  crea  purpiamen,  que  el  Vhaesse  fatto  stampare  per  venderlo  e  guagnar 
qualche  marchetta  elio  ib.  e.  15%  nei  quali  esempi  pure,  la  pretta  versione 
italiana  deve  trascurare  gli  affiitto  pleonastici  pronomi  mi  e  elio.  Per  l'og- 
getto, ho  solo  dal  Mag.  (lY  27^):  no  m'aldiuu  mi?  {ipì)  non  m'udite?  e  forse 
tutto  el  so  Ubrazzuolo  me  pare  un  sprenuostico  mi,  Dial.  di  Cecco  di  Ronch. 
e.  14^.  Da  un  esempio  (sgraziatamente  il  solo)  di  questo  stesso  Dialogo, 
parrebbe  anche  aversi  una  riduzione  enclitica  del  pronome  cosi  usato  (i 
smetamatiehi  ghe  la  eanta  ben  gi  *  i  matematici  gliela  cantano  bene  '  e.  IS^). 
Curioso  poi  che  il  pronome  possa  aggiungersi  alla  particella  affermativa 
Vita  sto  salgaretlo.,»  ?  Si  mi  *  Yedi  questo  piccolo  salice?  Si  ,.  Dial.  di  C. 
di  Ronob.  e.  11%  t^è  restò  gniente  in  la  smalmuoria  di  quel  ch'i  diea?  Si  elle 
*  non  t'è  rimasto  nulla  in    capo  di  quello  che  dicevano?  SI  \  nel  Peagno 


Illustrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc. ,  277 

gen  uit  1053^  -  vidi  '  ^,  gm  padès  '  potessi  '  o  ^  ne  potessi  ' 
217,  g9  'n  tMs  83d,  mmgnargen  mangiarne  1044,  gen  $  853,  gè  'n 
«m  '  na  sono  '  1066. 

la  ual  che  zeue  mi  11,  banc  long...  che  senta  su  853-4,  la  to 
morosa...  che  Vi  meri  la  to  parsana  '  la  tua  amorosa  di  eni  (in 
causa  della  quale)  è  morta  la  tua  persona  '  307-9,  e  tL..  che  per 
to  amor  me  buUe  za  de  eroda  *  e  tu  per  il  cui  amore,  ecc.  ecc.  ' 
100-101,  i  citain  che  7  niuer  gè  areeres  978. 

qiMe  che  no  ha  coìnpassitm...  i  gè  euose  le  trippe  569-71. 

un  gran  pUèr  chel  foè  trauà  802-3,  un  hom  che  7  me  par 
U9-50,  fitta  coragzina...  che  no  la  passerouo^  657^,  Agnie^  zintU.^ 
che  tu  inamoreroue  1079-80. 

108.  CoNGiVNZiOHE.  CrUu  ebe...  che  518-9;  -^  tu  diroue  le  gè 
piame  sera  156,  tu  diroue  le  e  ineepedide  \h%  tu  diroue  i  balla 
423,  tu  diroue  Vi  na  pescaria  402.  I  quali  esemiM  andranno  però 
considerati  come  sorti  per  la  soppressione  di  una  pausa  {tu  di- 
roue :  i  balla  =  tu  diresti  :  ballano);  cfr.  haròue  dit:  uè  el  diauol 
fatiz  541. 

104.  Pbxfosizions.  Notevole  il  seguente  costrutto  ^:  pan  bianc 
'isques  un  ^er  ^  quasi  uno  stajo  di  pane  bianco  '  1034,  magnerou 
hsagnetk»..  un  gran  eadin  1015-6,  pitts  d'aarzeni  pien  un  armèr 
807,  darU  offerta  un  bagatìn  1010, 

comineii  mandarlo  721-2,  oomenzà.  a  alta  uo$  dirme  328, 
zonze  zeonder  202,  aida  fa/r  212,  aiàe^sà  pagar  {^^  -à  a  p-?)  695, 
me  par  ueder  148,  no  te  par  hamr  331,  me  foi  auie  ioeear  414; 
hauer  332,  potrebb'esaere  a  hauier. 


Crìrellaore,  pag.  8.  V.  la  spi^gaBione  ohe  dà  il  Tobler  di  «#/,  nemily.  ecc., 
Vermitfchte  Beitr.  I  1  sgg. 

'  Per  Tubo  assolatamente  pleonastico  di  ne,  cfr.  i  seguenti  esempi  feltrini  : 
ghg  m'è  na  casa  c*è  una  casa,  aonde  che  ghe  n'è  fetnéne  ghe  n'è  sempre  qual- 
coMMo  da  giuntar  '  dove  ci  son  donne  c*«)  sempre  qualcosa  da  aggiustare  \  ecc.; 
▼.  Segato  7,  17,  ecc. 

*  Col  porre  gli  esempi  sotto  questo  paragrafo,  non  intendo  già  affermare 
in  modo  sicuro  che  si  tratti  quasi  de  laeagnete  un  gran  cadin,  ecc.  11  modo 
ammette  queste  ma  a^che  altre  dichiarazioni. 


278  Salvioni, 

ne  co  canai  ne  buo  '  né  con  cavalli  né  con  buoi  '  837. 

una  bavetta  no  se  que  muò  '  una  b.  non  so  a  che  modo  '  816, 
dove  s' avrà  però  la  diretta  influenza  dell'  aferetico  muò  come 
(ali.  a  a  muò), 

de  tutti  i  fent  tu  portane  corona  ^  su  tutti  i  giovanotti  tu  ri- 
portavi vittoria  '  220,  de  eardenza  in  confidenza  246,  com  faretu 
del  fit?  'come  farai  coU'af fitto  ?  '  919,  de  lame  mort  tu  hesipur 
haun  uitinoria  '  colla  mia  morte  (coll'avermi  ucciso)  hai  pur  ri- 
portato vittoria  '  561,  de  me  pigricia  in  causa  della  mia  poltro- 
neria 258,  treue  de  man  tiravi  colla  mano  629,  gè  trasea  d'i  pie 
237,  trar  d'un  sàs  tirare  con  un  sasso  568,  de  duogia  pel  do- 
lore 222,  me  fasi  de  segn  mi  fece  segno  487,  de  qnest'an  453, 
butta  d'un  de  qui  crep  187,  tnor  de  casa  181,  cauà  de  sepuUura 
521,  trane  del  magon  1050;  no  me  sé  maginar  que  cosa  segia  \  De 
no  so  que  977-8. 

da  stremisi,  rebba  e  da  paura  *  dallo  spavento,  dalla  rabbia 
e  dalla  paura  '  519,  da  paura  556,  da  rebba  580,  590,  da  gran 
duogia  dal  gran  dolore  135,  murir  da  nessa  119,  murir  da  se 
267,  seppa  da  sai  95,  dentre  dal  me  camberot  542,  sot  da  le  naris 
701  ;  da  sauer.,,  he  nuogia  34;  sasè  bone,.,  da...  *  siete  buone  di  '  271. 

per  putta  '  in  causa  d'una  ragazza  '  40,  per  stort  per  isbieco, 
biecamente  25 1^  per  altra  maniera  in  altro  modo  988,  per  cent 
homi  354,  da  interpretarsi  :  o  per  '  anche  di  fronte  a  cento  uo- 
mini ',  0  per  '  come  se  avessi  meco  cento  uomini,  come  s' io 
valessi  cento  uomini  ',  per  in  som  q.  '  per  dall'alto  '  474. 

se  insonia  con  Trottol,  nella  didascalia  che  precede  al  v.  316. 
À  me  par  di  tradur  meglio  '  sogna  di  Tr.  ',  che  non  di  pensare 
a  un  elittico  *  sogna  [di  trovarsi]  con  Tr.'. 


IV.  —  IL  METRO  E  LA  RIMA. 

Poco  c'è  da  dire  su  questo  argomento.  La  struttura  metrica 
è  nell'egloga  la  terzina,  e  delle  tre  diverse  parti  onde  quella  si 


IllastrazioDi  ali*  *  Egloga,  ecc.  ,  279 

compone,  solo  la  prima  si  chiude  senza  che  airultima  strofa 
segua  il  verso  di  chiusa.  Questa  avviene  coirultimo  verso  del- 
l'ultima strofa,  il  quale  però  rima  col  penultimo  anzi  che  col- 
Tantipenultimo  (v.  313-5).  Ne'  sonetti,  tutti  caudati,  si  ha  questo 
unico  schema  abba\abba\cdc\dcd\deef  e  quando  la 
coda  s'allunghi  d'altri  tre  versi,  lo  schema  si  continua  per  eff. 

La  molta  scorrettezza  del  manoscritto,  di  cui  il  lettore  può 
farsi  un'idea,  riandando  le  emendazioni  proposte  al  testo  S  si 
rivela  poi  anche  nella  rima,  e  piii  ancora  nella  misura  del  verso  ; 
il  quale,  pur  largheggiando  nel  giudicare  degli  accenti  '  e  dei 
casi  di  dieresi  e  di  sineresi  vuoi  nell'interno  della  parola  vuoi 
nell'incontro  di  due  o  piìi  parole,  è  troppo  spesso  o  manchevole 
0  esuberante.  Sennonché  la  evidente  trascuratezza  del  copista, 
permette  d'applicare  con  una  certa  larghezza  que'  rimedi,  per 
cui  si  giunge  a  ristabilire  un  metro  tollerabile.  A  ciò,  e  insieme 
a  reintegrare  la  rima,  servono  le  proposte  emendative  che  si 
fanno  qui  subito. 

Circa  alla  rima,  essa  è  perfetta  '.  Solo,  come  nell'  italiano, 
posson  rimare  insieme  vocali  chiuse  e  vocali  aperte.  Il  non  aversi 
nella  realtà  consonanti  doppie  fa  poi  si  che  solo  l'occhio  rimanga 
turbato  in  que'  casi  in  cui  alternin  insieme  nella  rima  geminate 
e  non  geminate.  £  l'ignoranza  della  quantità  delle  vocali,  ci 
toglie  di  dire  se  tra  pas  pace  e  bas  basso  (w.  825-30),  tra  eros 
croce  e  aròs  rosso  (w.  705-7)  corresse  quella  differenza  che  corre 
in  Lombardia  tra  pa^  pace  e  bà^  basso,  ecc.  (ma  cfr.  levent. 
p^lr  *  pace  *  e  *  passo  ').  —  Grazie  anche  alla  rima  s'è  poi  intro- 
dotta nel  nostro  testo  qualche  forma  che  alla  sua  lingua  sarebbe 
veramente  estranea,  così  i  pavanismi  come  fio  num.  13,  e  i 
lettor,  cederete  piamerete  61,  63. 


*  I  ^piasti  d'ogni  natura  che  per  varie  cause  potevano  ingenerarsi  in  testi 
come  i  nostri,  il  lettore  può  avvertirli  confrontando  le  dne  lezioni  dello 
•temo  sonetto,  che  noi  abbiam  poste  sotto  i  numeri  15  e  27. 

'  Non  sarà  un  goasto  ma  sarà  piuttosto  voluta  la  frequenta  dei  versi  con 
accento  solla  7*. 

'  V.  tuttavia  qualche  caso  di  assonanza  ai  vv.  713-6,  931*3,  1075*6. 


^80  Salvioni, 

Emendazioni  metriche.  —  10.  0  fuo$i  fhauerou-,  cfr.  te  harove  fuos 
Vora  fot  paura  nel  Pad.  —  12.  dolza  o  dolze  come  nel  Pad.  —  15.  stu 
no  'l  di,  —  25.  desse  o  una.  —  3Ò.  Qui  e  altrove  (v.  532,  516,  ecc.), 
gioverà  introdurre  la  forma  di  condizionale  in  -6,  che  il  nostro  testo 
riconosce  solo  alla  2*  pers.  sing.  davanti  al  suffisso  -tu  (ìium.  85,  28). 

—  31.  wi  me  parta,  — ^  3S.  fora  sarta,  —  34.  Togli  d,  x)  istituisci 
si  a  tanta.  • —  41.  ben  zir,  —  52.  €  fuot  e  sitta  o  sita,  -^54.  eiuitta 
o  -to.  —  59.  De  mea  moH;  de  deòette.  —  63.  Non  mi  par  giusto  di 
supporre  s*no  (cfr.  s'tu)  ;  cfr.  tuttavia  visna  less.  —  64.  e  per  fnont,  — 
66.  co  fa,  —  75.  perd  o  pert,  ^~  77,  A  he  o  E  he,  num»  69>  oppure 
rapetèt;  v.  600.  —  B3,  Togli  le,  ^^  M,  nte  dolz.  —  87.  seà.  — 
89.  la  spi^  o  ia  pizza.  Cfr.  ven.  i^-  e  spizza  prurito,  prurito  prò- 
dotto  dalla  rogna  o  da  altro  simile  malore  (Bo^o).  —  102.  ««  for- 
mai, —  104,  per  to.  —  106.  per  Mengola.  —  110.  passerès.  — 
1 12.  Togli  e.—  X  XA.zès.  —  1 17.  Toglie.  —  123.  'Imal,  —  126.  nuose, 

—  128.  no  0  a  zeuen.  —  138.  una  not.  —  1 44.  Togli  mo^sa.  — 
149.  che  riposse,  —  150.  sques.  —  153.  uuò  cantarlo?  —  164.  ueròu. 

—  170.  Togli  ondre,  e  fa  di  é  una  congiunzione.  —  190.  Togli  wic, 
o  1.  uit,  —  219.  e  me,  —  234.  quand  che.  —  244.  ne  di,  — 
246.  Togli  na,  —  inpirà?;  V.  num.  87.  —  248.  ?.  —  268.  saè.  — 
Togli  nCy  0  che]  e  circa  a  é^  uuogii,  v.  num.  47  n.  -^  271.  saè  bone 
che  da*  -^  273.  Sopprìmi  uno  d«i  due  tutte.  —  284.  A  hauer,  o  un 
si.  «—  288.  saròve,  —  301.  saè  no.  **-  802.  tignir  man  a;  oppure 
tiffnir  a  man  la  borsa.  -^  308*10-12.  Bestìtueoido  eimituori  (cfr.  zi^ 
mitorio  nel  Brand.,  ed.  Novati,  glosa.),  ci  scapperebbe  ancora  refrigeri. 
Onde  gioverà  forse  ammettere  una  rima  atona  in  -ri.  -^314.  Togli 
che,  dopo  aver  posto  due  punti  dietro  fossa^  813  ;  —  guarrà,  forma  di 
futuro  non  infrequente  ne'  testi  pavani.  —  332.  Hauermemì.  —  336.  no 
gè  ualj  come  ha  il  Pad.  —  354.  fea.  —  277,  de  là.  —  396.  haua 
intom.  —  400.  Gè  era.  —  410.  twlea.  —  411.  ^  no  o  É  no,  — 
419.  per  una,  —  421.  muò  na,  —  422.  burta,  burta;  v.  num.  50, 
e  Ta.  pavano.  -^  433.  ?  —  453.  gni  muò,  —  456.  truogia,  — 
467.  legn  gè  n^l  0  è  forse  omessa  qualche  altra  parola?  —  499.  se 
speccola.  —  606.  Togli  ^t^  o  ^.  --  613.  Per  brusa,  1.  truoua  o  broua; 
cfr.  ven.  brovar  bislessare,  brovd  scottato.  —  614.  ?  --  6i6.  V.  Tos- 
servaz.  al  v.  30.  —  522.  A  paracion,    —  528.  Togli  il  secondo  de. 

—  582.  V.  Vosservaz.  al  v.  30.  ^  536.  haueua  in  su.  —  537.  on^r. 


lUustrationi  ali*  *  Egloga,  ecc. ,  281 

~  689.  mud  d^un,  o  a  muò  un.  -^  Ul.  di8ea.  —  668.  El  no:  ^ 
559.  parea.  ^  660.  Quand  9entij  o  cagna.  —  661.  De  me.  —  663.  E 
d.  —  667.  Togli  re.  --  374.  Togli  mo.  —  686.  t  nwiadM.  -- 
586*7-9.  P«r  ristabilire  la  rima,  giova  qui  supporre  un  /òr»  laori, 
cornapondente  all'it  fwm^  al  lomb.  fòy  e  un  fùr^  :=:  /bm,  aoeaitato  da 
qualche  Ticino  dialetto  (cfr.  ear,  inlor,  nel  CaTass.,  e,  due  volte»  goper 

*  governo  *  nell*£;gl.).  ^601.  Courandue.  •—  603.  aanè  inatte  e  no  fari. 
^  604.  À  muò  un.  —  609.  la  gondla.  ~  610.  m^.  •*-  618.  e  no 
donaeUa.  —  614.  adès  che.  —  616.  dbe  muò;  o  tntfd  la  epuda.  -^ 
616.  o^>  di\  la  impirou,  —  626.  ròs,  —  687,  ifor  «>  fin^  oppure 
mt40  d'or  fin.  —  629.  S'tu.  —  630.  harou,  —  663.  Varda  e'tu  n'es 
eì.  —  665.  crudilta.  —  711.  harou.  ■—  713-6.  Piuttosto  che  a  uiegna 
penso  qui  a  una  rima  assonante.  —  716.  indrapeUà  7.  —  720.  else. 

—  722.  mastro.  —  728.  pr'  hauer;  v.  il  v.  928.  —  730.  Deh  eancar, 
oppure  togli  il  Deh.  —  736.  spauisig  dì  e  noi.  —  739  ?  —  765.  Togli 
Cusi,  o  1.  con  is.  —  779.  Cim  mat.  —  794.  Sì  potrebbe  supporre 
un  sost.  giuorià'j  ma  forse  emenderemo  per  eAe  in  giuoria  ghe  sta,  o 
^he  in  g*  su  uà.  —  813.  fora  e  bizar.  —  820.  zaròn.  —  824.  pi- 
fherou  pr'un  tron.  —  830.  ?  —  837.  ?  —  856.  Sostituisci  sparagtta 
a  spegazza,  e  oltre  alla  rima  acquistiamo  il  senso.  —  848.  ueroue  o 
Mirane.  ^  663.  dio.  —  867.  t  de.  —  858-9.  La  rima  del  V  v. 
dovrebb'essere  in  -4,  ma  non  vedo  come  riuscirvi.  Quanto  al  secondo, 
sarà  da  leggere  t  so  botò,  come  se  invece  di  '  ognuno  '  il  soggetto  fosse 

*  tatti  ',  e  quindi  '  suoi  bottoni  *  sì  riportasse  all'insieme  de*  votanti,  di 
cui  ciascuno  ritirava  un  sol  bottone.    -^    861.  eo.  -^  887.  0  cagne. 

—  888.  marò.  —  891.  co  a  sole.  —  894.  domenedie.  —  896.  zudie; 
che  manca  veramente  al  nostro  testo,  ma  che  sarebbe  in  perfetto  ac- 
cordo colla  fonetica  sua.  —  904.  itioc  repettar,  oppure  ehi  al  posto  di 
chUÒ.   —  923.  Pr^httuer;  —  eue  o  hauea.  —  931-3.  Rima  assonante. 

—  988.  saè.  —  984.  Priege  pei*  no.  V.  tuttavia  il  v.  954,  cVè  an- 
ch'esso un  novenario.  —  967.  Anche  per  il  senso  corre  meglio  il  iti- 
turo  waral.  —  968-71-72.  V.  il  less.  s.  'paston'.  0  sarà  dunque  pa- 
Sion  da  emendare  per  pastum,  o  zanzum  e  agrum  per  zamon  e  agron. 

—  971.  Mo  lassòn.  —  974.  seon  o  sason.  —  991.  la  zudièra.  — 
993.  see  co  un  os.  —  996.  Togliere  il  me  o  il  no.  —  996.  Forse 
fuqueni  come  nel  Gavass.?  —  1009.  no  no*i\  num.  69.  —  1021.  Y. 
l'osserr.  al  v.  30.  —  1029.  zir  dapertut?  —  1031.  V.  Tosserv.  al 
T.  .30.    —  1036.  V.  Tosserv.  alv.  80.  —  1038.  ?  —  1041.  harou. 


282  Salvioni, 

—  '1043.  V.  rosserv.  al  v.  30.  —  1054.  star  su.  —  1065.  V.  Tos- 
sery.  al  v.  30.  —  1061.  No  fé?  —  1066.  L'emendaz.  già  proposta 
per  questo  verso  è  richiesta  anche  dal  metro.  —  1070-72-74.  Come 
si  restituisce  qui  la  rima?  —  1074.  V.  l'osserv.  al  v.  30.  —  1075- 
76.  Farmi  che  anche  qui  s'abbia  veramente  una  rima  assonante.  — 
1082.  Togli  il  Si.  —  1085.  V.  l'osserv.  al  v.  30.  —  1086.  TogU 
il  me,  —  1088.  quest  tnuor'ì  o  el  muor?  —  t095.  Togli  il  me,  — 
IJOO.  E  no;  v.  il  v.  889.  —  1101.  V.  l'osserv.  al  v.  891.  — 
1103.  V.  il  V.  893.  Si  potrebbe  leggere  za  Va,  —  1104-6.  V.  le 
osservaz.  ai  vv.  894,  896. 


V.  —  NOTE  CRITICHE  AL  TESTO,  ecc. 

V.  16.  M^l,  —  17.  ogni.  —  52.  dai  del  dipende  da  uien  53.  — 
58.  Interpreta:  ti  m-  e  ti  n-.  —  69.  Non  capisco  bene  questo  verso; 
poiché  l'interpretazione  che  prima  si  presenta,  contraddice  a  quanto  è 
detto  ai  vv.  73-4.  —  75.  perd.  —  80.  dentre.  —  86.  A«.  —  96.  Forse 
da  dolz,  e  v.  il  v.  95.  — -  97.  d'agn'  ?  —  98.  Soggetto  di  passe  è  animai. 
—  102.  tuor  su  prendere,  portar  via.  —  109.  In  nom\  ma  i  due  n 
potrebbero  ben  andar  compresi  nell'unico  del  testo.  —  112-3.  *  Po- 
lonio, Trottol,  me  lo  ricordo  ora,  è  partito  stamane  disperato  „  oppure 
"  P.,  mi  ricordo  ora  che  Tr.  è  partito,  ecc.  ».  Il  testo  risulta  dalla  con- 
fusione delle  due  espressioni.  —  123.  ne  potrebb' essere  la  negazione 
(num.  91),  ma  anche  il  pronome  enclitico  dativo  dil^  plur.  —  132.  '  sarà 
difficile  che  non  troviamo  la  via  g.  —  143.  Com'è  da  intendere  'il 
gran  peso  dei  migli  e  dei  formaggi  '  ?  Di  peso  allo  stomaco,  che  avesse 
per  conseguenza  dolori  alla  schiena,  o  di  sacchi  di  miglio  e  forme  di 
formaggio  trasportate  a  dosso?  —  152.  in  fora.  —  168.  sauer  è  so- 
stantivo coordinato  agli  altri  che  seguono,  o  è  verbo?  —  186.  laoc 
non  dice  nulla,  e  crederei  di  doverlo  emendare  per  lazo  laggiù.  — 
i9l.  pegn.  —  197.  aguanaz.  —  226.  parane  *  parrebbe'  ridarebbe 
assai  meglio  ragione  dell'intiera  tei'zina.  —  229.  Vtis.  —  235.  sì.  — 
294.  Del  'fuoco  di  Sant'Antonio',  ch'è  un'infiammazione  cutanea,  v.  il 
Boerio  s.  *  fogo  ',  e  Cavass.  II  401  n.  —  307.  ^ud  ecco.  —  310.  erudii 
va  riferito  al  soggetto  cioè  a  Trottol,  e  andrà  interpretato  nel  senso  di 


lUasiraadoni  ali*  *  Egloga,  eoe.  «  888 

una  oiortazioiìe  che  gli  si  faccia  dì  diTanìre  alla  sua  Tolta  cmdele,  q. 

'diyeniito  cradele,  saziati  ecc.'.  Escluderei  quindi  una  violenta  disposi- 

lion  delle   {Murole  per  coi  crudU  fosse  TaggettìTO  di  martuori,   — 

3i3*6.  L'epitaffio  parrebbe  a  prima  vista  convenir  meglio  a  Tr.  che  a 

Mengola  ;  sennonchò  ò  evidente  che  si  vnol  indicare  sulla  oostei  tomba 

la  00^  onde  s'ò  resa  colpevole  verso  Ir.,  produmadogli  degli  stenti 

amorosi  e  indncendolo  cosi  a  togliersi  la  vita^  —  817.  JK^on  vango  a 

eapo  di  questo  verso.  ^  841.  attenga  ecc.  si  riferisce  al  soggetto.  — 

851.  deaaa.  —  366.  me  baUem.   —  888.  ne  porta. -^  481.  muò 

the  na  hmia  *  come  una  cosa  burlevole»  come  uno  scherao  '•  —  447.  Ao- 

wenm.  —  448.  che  fào  dege  'che  fiate?  date  loro  [dei  colpi]'.  — 

456.  iruogia\  e  interpreta:  'nella  quale  fra  pochi  giorni  verrà  a  slare 

ona  troja'.    —    460.  Lheua.   —   474.  fora  dipende  da   bMa.   — 

484.  Togli  Vi  di  i  haues,  a  meno  che  non  si  trattasse  di  «  =s  io,  esempio 

unico  allora.  —  493.  far  parrebbe  di  troppo.  0  è  forse  da  sostituire 

con  eiar  in?  —  507.  sordina.  —  508.  erudii  wm  potrà  venir  inteso 

eomo  un  vocativo  riferito  a  Mengpla;  poiché  del  resto  la   forma  fe- 

minile   suona   sempre  in  -a.    •--    617.   El  ee.   -^    518.  hauer.  — 

527.  L'keua.  —  538.  El  no  è.  ---    558.  '  non  intendi  te  stessa  che 

con  pena  '  o  '  a  stento  t'intendi  tu  stessa  \  e  dalla  possibilità  delle  dna 

dixioni  è  sorta  la  noska.  ^  567.  le  aeroiL,  —  585.  Che  i.  —  609.  uè 

tien.  —  633.  ho&t^  o  boaaadn.  —  686.  a  le.   --   643.   uè   uuò.  — 

64S.  Ironicamente  il  mal  francìoao  ò  qui  considerato  come  un  van« 

(^gio,  a  meno  che  sia  da  leggere  tun'è  'tu  non  hai ';  d'el  è  partìtivo. 

^  SBB.  meglio  (^  COMO.  —  663.  fi'sti.  —  667.  ardemt.  <—  671.  Ckmia 

s'inioriHrsta  che  mgnù  de  erudOanzaì  —  688.  pieti  ecc.  si  rìfesiace  a 

mmbaaearia  v.  681,  ed  è  costrutto  ad  eenmem.  —  687.  Poltroni,  —  il 

eunero  vi  mangi,  —  dovreste...  —  715.  indrapeUà  *lfò.  —  717.  '& 

farse  dunque  che  lo  trattai  da  matrigna  ?'  ^  720.  '  e  adesso  [avviene] 

che  appena  si  degna  di  guardarmi  '.  —  742.  Oscuro  Se  dee  meno.  — 

749.   haueseon,  —  761.  m'auis  non  sarà  forse  un  errore  per  m'e  auis; 

la  oombinaz.  *me  aule  poteva  facilmente  dare  mauie,  —  765.  human 

predicato  soggettivo  di  ^  v.  766.  —  784.  daetrani.  —  795.  «  eon  e 

fu.  —   800.  tu>  H  penson  non  riflettiamovi  sopra.  —  806.  daueni  a 

chi  cridaua  'davanti  a  chi  (a  qualcuno   che)  gridava'.  —  814.  era 

—   S36.  no  creze  che  me.  —  847.  larg.  —  853.  quant  me  die  seve 

'quanto  mai  Dio  si  vede';  Dio  come  in  egiandio,  ecc.   —  860.  Par 

superftno  Pò.  —  862.  farà.  ^  874.  Forse  hauer  al  posto  di  parer. 

^a^vhiTio  aloitoL  itaL,  XVL  19 


284  Salvioni, 

—  901.  'se  ne  lasciassi  (vivere)  uno  (uomo)  all' infuori  di  quei  del 
pesce  \  —  909.  V.  il  less.  s.  *gamel\-  —  911.  La  preposizione  che 
comincia  per  se  è  alla  dipendenza  del  periodo  che  comincia  per  No  e 
V.  914,  —  922.  à  Triuis.  —  926.  deh!  —  944.  A  spiUar  cTestre 
chi  gram  ehi  cantent.  —  947.  eia  no.  —  949.  de  osse,  —  953.  sta- 
rdue  1*'  pers.  «—  974.  son  intes  potrebb'essere  errore  per  seon  intes 
*  ci  siamo  intasi'.  —  976.  con  fé,  —  984.  nianc  ha  valor  positivo, 
come  niac  al  v.  877  ;  v.  Wendr.  §  155.  —  989*90.  *  è  un  male ...  per 
cui  la  piscia  non  si  può  tenere  '.  Ma  anche  si  può  pensare  a  dd  per 
chel.  V.  l'emendaz.  al  v.  658.  —  993.  com  seràu.  —  lOOO-lOOl.  *po- 
tess'io,  se  portassi  cappello  o  mantello  bruno  (cioò  '  se  fossi  sbirro  ^), 
andar  in  prigione  e  stare  in  ceppi'.  —  1007.  che  tanto  può  riferirsi 
a  tu  quanto  a  cUtar;  nel  qual  ultimo  caso  andrebbe  inteso  -  come  'dei 
quali  '.  —  1027.  'ne  porterei  a  casa  per  il  valore  di  trenta  marchetti  '. 
^  1030.  dur  va  inteso  nel  senso  di  'ostinato  nell'esigenza'.  — 
1040.  à  una  03  =  a  un  cenno.  —  1045.  'non  c'è  più  bell'amore 
che  colle  forosette '.  —  1050.  H  soggetto  ideale  di  tratte  è  zanzand, 
quasi  avesse  detto  'il  cianciare'.  —  1056.  Forse  puoli  '  possono  essi '. 
1057.  che  i,  e  aUora  il  passo  s'interpreta  cosi:  'come  posson  [essi] 
dunque  soffrir  queste  cagne  che  li  tengon  come  patarini  '.  —  1058.  in- 
ehin  (2a  f»o  'fin  da  ora,  subito',  quindi:  'vorrei  piuttosto  subito  mo- 
rire'. —  1066-7.  "  ma  che  vale  a  dire  allora:  mi  pento?  Perchè  tu 
sei  cosi  ravvoltolato  (immerso)  ne'  sollazzi  che  rimani  cacciato  (preso) 
più  d'un  bue,  ecc.  ,.  La  quale  interpretazione  risalterebbe  dall'attrìbuire 
a  sbertigiar  il  senso  di  '  ravvolgere  '  '  avvoltolare  ',  ecc.  (v.  Parodi, 
Romania  XXVII  221),  dall'emendare  Mo  gè  in  Mo  che  gè,  Pur  che  in 
Per  che,  e  dello  sciogliere  ìm  in  is  ^.-—1071.  leni  va  sostituito  con 
altra  voce,  come  lo  indica  la  rima.  Ma  quale  parola?  —  1073. ^ri- 
ferito a  amor  1062.  —  1093.  toma  a  to  cà==^  ritoma  in  te,  rinsavisci. 

—  1095.   crere,  —  1097.  sasè  o  saè;  v.  il  v.  887. 


VI.  —  LESSICO. 


abriga  6;  v.  'briga'. 
aeolegà  coricato  176. 


illustrazioni  ali*  '  Egloga,  ecc. ,  285 

adès  subito  161.  Seifert,  gloss.  z.  Bonv.  ^adesso',  Etg. 
183,  Meyer-Ltibke  III  524. 

agian  ghianda  200.  Per  IV  v.  Thomas,  Mélanges  d'étym. 
franQ.,  10;  Tappolet,  Bull,  du  gloss.  des  patois  de  la  Suisse  ro- 
mande  II  23,  e  per  il  genere,  dato  com'è  probabile  (cfr.  il  friul. 
gland,  il  bellun.  gian,  appunto  mascolini),  che  la  voce  sia  ma- 
scolina, Meyer-Lubke  II  425  ^. 

agni  muò  ad  ogni  modo,  455;  e  s'intende  che  l'a-  potrebbe 
anche  comprendere  la  preposizione. 

agresta  agresto  746. 

agrum  agrume,  cosa  fastidiosa,  rincrescevole,  971. 

a  guati  quest'anno,  o  ^un  anno',  894,  aguahaz  or  fa  più 
d'un  anno  197,  aguanent  l'anno  testé  trascorso,  in. fine  dell'anno 
passato,  141  ^.  Cavass.  *  aguan  '. 


'  La  larga  diffasione  territoriale  delFa-,  e  nn  pò*  anche  della  riduzione 
mascolina,  dovranno  distoglierci,  parmi,  dal  ravvisare  nell*a-  un  caso  di  con- 
crezione parziale  delFartìcolo  f eminile. 

'  Questo  -ent  di  aguanent  deve  connettersi  coi  superlativi  del  tipo  novo 
novento  (v.  M.-L.  II  §  516,  e  Monti,  Voc.  com.  s.  'assinent*  e  *  verent*),  di 
cai  s'hanno  esempi  {novo  novento  e  sopratutto  ben  diffuso)  in  ogni  angolo 
dell'Alta  Italia,  onde  aguanent  sarà  come  il  compendio  di  *  aguan  aguanent 
*  Tanno  appena  appena  trascorso  *.  Poiché  tali  formazioni  son  pur  possibili 
anche  neiravverbio  (v.  Studi  di  fil.  rom.  VII  232,  e  aggiungi,  di  su  il  Monti, 
aposta  poatenta^  sot  sotenty  dalonch  dalonchent  subitissimamente).  La  sola  se- 
conda parte,  par  aversi  in  slozzento  (Mt.),  borm.  bellento,  asinento  molto 
asino,  e  ne*  treni,  aoliènt  soletto,  talequagliènt^  a  bonoriènta  a  bonissima 
ora,  per  tempissimo,  dal  bonihUo  (cfr.  dal  bon  in  verità,  davvero),  en  mesiènto 
nel  bel  mezzo,  di  fronte  alla  primitiva  condizione  mantenutasi  in  tu  gima 
fimienta  alla  cima  estrema;  nei  quali  esempi  il  iè  (cfr.  anche  evidiènte)  ò  certo 
dovuto  a  qualche  caso  in  cui  Vènt  8*afQggeva  a  voce  uscente  per  -t  (p.  es. 
*adasi  ^tdasi-hU), 

Per  giudicare  poi  della  formazione,  gioverà  tener  presente  il  vezzo  su- 
perlativo ch'è  p.  es.  in  rossa  fogent  (v.  piii  in  là  s.  '  fogent  *)  e  che  ritorna 
in  modi  milanesi  come  car  stdént,  net  spegént,  rQg  skarlaiént,  che  vengono 
a  dire  '  chiaro  come  una  stella  \  *  netto  come  uno  specchio  \  *  rosso  come 
scarlatto  \  dove  é  notevole  che  stelént  e  spegént  non  s'odano  che  in  tal  com- 
binazione; cfr.  ancora  Tengad.  nouv  reachaint  'nuovo  di  trinca*  che  a  «è 


286  SaJnoni, 

aguaif  acuto,  470.  V.  n.  25,  e,  per  il  suffisso,  cfr.  il  veron. 
e  vie.  pontivo  puntuto. 

ai  ^  aglio  ',  ette,  nonnulla,  695,  880;  cfr.  no  le  temo  un  agio 
Fior,  8\ 

ai  dar  ajutare,  312,  695.  Bertr.  S  Gavass. 

aldir  udire,  203,  929,  960.  Vive  sempre  a  Venezia  e  a  Vi- 
cenza. 

almasque,  almasque  die,  almeno,  231,  765,  1032,  1047. 
Cfr.  almasco  nel  Buz.  e  nel  Mag.,  e  almeach  nel  Gavass.  Il  nostro 
-que  è  una  bella  conferma  della  etimologia  data  di  questo  almeaeh. 

alnor,  alnest,  num.  22.  Egl.:  alnar  -norada.  Assai  verosi- 
milmente qui  e  in  aldor  odore  Mag.  ni  256,  si  tratta  di  a-  (cfr. 
anore  Levar.  265)  in  al-  come  nei  ven.  albèo  abete,  alguaro 
(friul.  agdr)  '  acquajo  '  solco,  e  in  algiron  aghirone,  nel  Peagno 
Crivellaoro,  ecc.  (Venezia  1625)  ;  cfr.  trent.  amor  *  umore  '  succhio. 

a  long  presso,  lunghesso,  148.  V.  qui  sopra  a  pag.  223, 
Meyer-Liibke  III  241. 

ambio  galoppo,  ambio,  427.  VII  5-22,  e  *  quadrupede  per 
ambia'  nel  gloss.  berg.  (Lorck  132). 

a  muò,  muò,  come  4,  286,  382,  ecc.  Cavass. 

ancuo  ^chuo  oggi,  262,  840.  Cavass. 

anem  spirito^  ispirazione,  551. 

apetet,  petet,  appetito,  77,  600.  Vie.  rust.  pii&o;  peietto 
Mag.  IV  33*,  Ruz.  Vaco.  52'',  ecc.  Vedi  num.  42,  e  cfr.  per  la  ten- 


attira  nùd  (nUd  reachaint),  il  ferrar.  nettvardétU  netto  netto.  Né  si  dimen- 
tichi, che  uno  degli  esempi  milanesi  è  viv  vivetU.  Che  qm  e  negli  analoghi 
esempi,  la  superlatività  venga  espressa,  più  ohe  dall*  -mUj  dalla  ripetizione, 
ben  è  siato  a£Fermato  dal  M.-L.,  il  quale  avrebbe  potuto  invocare  esempi 
lombardi  come  apuà  spUiS^  pUr  pUriè  ali.  a  pUr  pUrent,  viv  vivii  ali.  a  viv 
vivetUy  in  sctma  sdmèta  (Mt.)  alla  punta  estrema,  all'ultimo  vertice  (ofr.  il 
treni,  in  gima  ginùenta), 

*■  Circa  al  sost.  eùdar,  che  il  Mnssafia  allega,  esso  non  sarà  cosa  diversa 
da  aidar  '  ajutare  *,  e  sarà  amd  prezioso  comechè  vi  si  scorga  quello  stesso 
valore  che  sta  a  base  dell*it.  aitante  e  deiìTaidente,  mente  (Mag.  I  60**)  dei 
testi  pavani  (v.  anche  Tobler,  Ug.  gloss.  s.  '  aidhenie  *)• 


niastrasioni  ali*  '  Effloga,  ecc.  ,  287 

denza  a  sostituire  il  dotto  -ft-  con  U,  sperà  esperti  (Oavass. 
8.  '  sprit  '),  ealanuUa  calamita  Mag.  IV  65*,  vie.  raehete  rachitidi. 

apiar 96  rapprendersi  788. 

à  prua  vicino,  dappresso,  149,  245.  Cavass.,  Meyer-Ltibke 
I  503,  III  160,  516. 

arenila  arca,  scrigno,  763. 

arecresser  rincrescere  392,  972. 

areni  vicino,  dappresso,  960.  Gavass.,  Romania  XXYIII 
92,  Zst  XXm  528,  Ascoli  XYI 179  n,  M.-L.  m  464.  Tutti  s'ac- 
cordano ormai  in  radxnte  ;  gioverà  quindi  riconoscere  nel  nap. 
rente  una  forma  accorciata  nella  proclisi. 

arizzar  se  arricciarsi  91. 

armir  armadio  807.  V.  le  mie  Postille  e  Nuove  post.  s. 
*  armarìum  '. 

arussar  grattare,  fregare,  135.  Yen.  russar  grattare,  fre- 
gare, stropicciare,  cardare. 

arzonel  arcione  582. 

astar  preparare  56. 

aiutar  fingere,  far  mostra,  235.  E  il  ben  noto  (Minar  (XII 
376  n)  '  stimare  '  ^.  Da  ^  immaginarsi  '  una  cosa,  in  quanto  l'im- 
maginazione fosse  involontaria,  si  venne  allo  'immaginarsela' 
volontariamente,  al  '  fingersela  ',  al  '  fingere  '. 

asguee,  s^néa,  quasi,  1034,  ecc.  Num.  2,  47;  Cavass.  o^j^nas, 
e  nel  Mag.  si  viene  fino  a  dasquaso^  sostituendo  das-  a  5*. 

auerzer  aprire  229.  Vedi  Vidossich,  Dial.  di  Trieste,  §  116. 

auis  :  eatre  a-  parere  145,  414,  424.  Cavass.  s.  *  divis  '. 

badaluch  chiasso,  trambusto,  929.  Mil.  badalàk  id. 
bagatin  1010;  nome  di  moneta  spìcciola  veneta.  Cavass. 
bai  grido,  guaito,  145;    ven.  bdgio  e   5i-   abb^jo,  latrato, 
deverbale  di  bagiar  abbajare. 

bar  cespuglio  811.  Yen.  baro  e  barusco. 


*  Spetterà  qui  il  tosi,  mnanza  '  stima,  boria  *  del  Pateg.,  ap.  No  Tati,  Rendic. 
l4.  lomb.  S.  II,  voi.  XXIX;  ▼.  il  gloss. 


288  Salvionì, 

bardella  bariletto,  barletta,  piccola  otre,  82.  Cfr.  barzelUi 
botte  Mag.  I  35',  II  19%  IV  60',  trent.  baHM  barletta  K  Saremo 
dunque  a  un  *barricella  *barièéla  baràda,  con  rè  in  ri  nel 
pavane. 

battocchio  battacchìo  471.  Yen.  batóco. 

bazzolà  ciambella,  buccellato,  345.  Beitr.  40,  Cavass.  &</-. 
Kg.  1616,  1614. 

bel:  d'un  bel  zegner  di  pieno  gennaio  913,  d'un  bel  subii 
subito  subito  918,  de  bel  bot  lì  per  lì,  d'un  colpo  544,  el  bel ... 
sol  seren  'il  pieno  sole  sereno'  o  'il  sole  affatto  sereno*  .M4. 
bel  in  camisa  colla  pura  camicia  175^  bie  resti  belli  e  vestiti. 
interamente  vestiti,  769,  bel  droìnani  nel  bello  del  sonno  IL 
Per  questa  funzione  intensiva  di  belj  i  testi  veneti  offrono  esempi 
curiosi  :  ca{re  in  sii  la  bèlla  terra  cadere  sulla  nuda  terra  Fior.  V^\ 
fa  el  bel  peccò  a  sentirgi  criare  fa  assai  compassione  a  sentirli 
gridare  Mag.  II  13*,  zi  da  bella  desperation  andò  per  gran  disp<^- 
razione  Mag.  Il  75*,  per  bel  comun  per  propria  sentenza  del  co- 
mune Ruz.  Dial.  3*,  de  bel  sta  sera  subito  questa  sera  Ruz. 
Fior.  6»,  Àncon.  35»,  de  bel  anchuo  Ancon.  35»,  adesso,  de  b,^ 
adesso  ora,  proprio  ora  Fior.  6»,  de  bel  de  fatto  (1.  def^)  sabito 
subito  Mag.  U  73^,  pare  el  bel  destragno  pare  una  grande  stra- 
nezza Mag.  II  39»,  nie  vien  el  bel  fastibio  mi  viene  un  gran  fa- 
stidio Mag.  II  32*",  nie  de  pure  el  bel  f*  mi  date  pure  un  gran  f* 
Ruz.  Dial.  8»,  per  la  bell'amor  de  Dio  per  l'infinito  amor  di  I>i<> 
Mag.  II  33»,  ecc.;  e  v.  ancora  Cavass.  s.  'bel*. 

biastemar  bestemmiare,  37.  XII  391,  ven.  biastemar^  vie. 
con  metatesi  di  j,  bescemare  *. 


*  Il  trentino  ha  pure  un  bararla  carretto  e  'quantità  di  burro  cb»  «i  y  r> 
tava  alla  città  tra  due  asMcelle*. 

*  Nel  vie.  rust.,  è  fenomeno  normale  quello  di  tj  secondarìo  in  ei  C"*' 
Thiene,  Bascian  Seba^^tiano.  ancian  tegame,  ascio  astio,  €0$ciom  qat«ti«.'C^ 
tnesciero  mestiere;  cfr.  ani*ho  gidolo  diavolo,  calgero  ^  caldjtro  caldajo.  V.  l^^r.- 
Pittarini,   /xi  politica   dei   nUam\   scene   nuiticane^  ecc,  wr»,  2*  edit.«  SoL'* 
Thiene,  l«d4.  —  V.  ancora  n.  'tieza*  in  nota. 


Illustrazioni  air  *  Egloga,  ecc.  ,  289 

hignar  adunare,  ammassare,  ricongiungere,  riunire,  843, 
953,  967,  997.  Ne'  dial.  veneti:  binar/e  v.  il  Cavass. 

bis  pisello,  1018.  Vedi  Vidossicl)/;  Dial.  di  Tr.  §  29. 

biscantar  cantare,  canterellare,  808.  Cfr.  biscanto  canto 
Levar.  86,  biscantar  Mag.  II  74^,  mil.  nist.  bi-  e  bescantd  detto 
per  lo  più  del  cantacchiare  dei  preti,  tose,  bisc-  canterellare. 

bisibillión  caos,  paradiso  terrestre,  tempo  anteriore  alla 
creazione,  962.  Il  visibilium  omnium  et  invisibilium  compare  in 
tal  forma  anche  in  Mag.  I  28*,  Il  44**  (-ón:  Menón),  la  prima  volta 
col  valore  di  *  visibilio  ',  Taltra  in  quello  di  '  mondo  di  là,  pa* 
radìso  '. 

bissiga  vescica  181,  315,  e  così  pure  nell' egl.  Vedi  Pa* 
rodi,  Romania  XXVII  222-3,  Vidossich,  Dial.  d.  Tr.  §  93. 

bit  ad  or  colono,  contadino,  729.  Cavass.  '  abitador ',  e  la 
parola  deve  sentirsi,  frammista  a  mas  podere,  nel  sinonimo 
trent.  maiadór. 

boa  zzò  (1.  boàzzo  o  -ón)  *  buaccione'  633. 

bolp  volpe  239.  Parodi  1.  e.  234,  Cavass. 

bòt  colpo,  botta,  234.  Cavass. 

botta  volta,  871.  Cavass. 

brflsa  brace  459.  Parodi,  Misceli,  nuz.  Rossi-Teiss.,  346. 

brena  briglia.  Beitr.  37. 

briga  pena,  fatica,  137;  a  &-  a  stento,  a  mala  pena,  6.  Il 
passo  è  illustrato  dal  v.  137.  E  circa  al  verbo  puoge,  che  è  un 
coDgiuntivo,  intenderemo:  'con  fatica  (pare)  che  tu  possa...'. 

briga  da:  de  b-  in  compagnia  128.  Cavass.,  de  brighe  nel 
Kuzante  ^  Fior.  16''.  È  la  stessa  voce  il  trev.  bragada  minestra 
composta  di  cavoli,  ecc.,  pasticcio,  mescolanza. 


'  Di  -^«a-ATA,  8Ì  tocca  Ìli  Cavass.  417  n.  A  tacere  di  fiè  fiata  (Ascoli,  1 
4^2  n.;  uno  fi^  Moieh.  44,  la  prima  fiè  ib.  5,  ecc.),  in  cui  8*ha  in  realtà  il 
piar,  venato  a  confondersi  in  qualche  combinazione  col  singolare  (tal  fiata 
—  alcune  fiate,  ecc.),  ho  i  seguenti  es.:  èpe  spada,  Ascoli  l.  e,  brighe  '^é 
'"«rigata  Fior.  16*,  Mosch.  8,  f emena  marie  Mosch.  3,  &croa  arerzelè  Fior.  16**, 
9'meUa  alitU  ih.,  desgratiè  mare  ib.  12^,  pria  destaggiè  Dial.  6*.  latte  ar- 
?^è  Lett  31*.  Gli  va  parallelo,  ma  per  pochi  eflempi,  \'  -é  al  posto  di  -6 


290  SalYioni, 

brond  pajuolo  1013.  Col  valore  di  'pajuolo'  e  anche  con 
quello  di  '  bronzo  '  s'ode  la  voce  ancora  oggidì  a  Belluno  {bront 


«-▲tu:  nwfé  (idè)  ammazzato  Lovar.  346,  maU  ammalato  nelle  Gante  di 
Meno  Begaoso  (Padova,  8.  a.,  ma  eec.  XVIII),  pag.  1  (nel  titolo),  el  parente 
(:  sffiavéHtè)  ib.  25  (sempre  paretUÒ,  parentado,  nel  pav.)* 

Ben  notevole  è  anohe  -ó  per  -ata,  -ati,  e,  assai  più  raramente,  per  -atax: 
Oattamelò  (rattamelata  Oraz.  16%  dove  però,  trattandosi  d*nn  nome  proprio 
masc,  si  poteva  avere  una  deviazione  morfologica  speciale,  na  fio  una,  fiata, 
nella  lettera  di  Ruzante  pubblicata  in  Rossi,  Le  lettere  di  M.  Andrea  Calmo, 
pp.  CXIX-CXX,  una  fregia  impenò  Lovar.  184,  2a  parte  sieguitò  Furt.,  laido 

sea  la  mare  Mosch.  29,  sta  lettera mandò  Furt.,  mal  biò  quella  eà  Piov. 

2\  Mag.  lY  11*  ,  che  potrebbe  però  altrimenti  dichiararsi  (cfr.  vie.  màlbia 
guai),  0  è  andò  la  favela,  on  è  andò  la  prodingia,  Lovar.  295,  la  gh'è  ano 
busa  gli  è  andata  fallita  Yacc.  39**,  la  e  sto  sempre  deveosa  Ancon.  87'',  la 
sappia  sto  sua  Oraz.  16*,  Ve  sto  mia  Lovar.  257,  sea  sto  na  gran  putana 
Lovar.  848,  que  sarae  sto  quella  desgratia  che  f cesse  sto  con  ti  Mosch.  82, 
massarìa  refatta,  redrezzò  in  pe,  meggiorò  Piov.  40^,  la  m'è  si  fnontò  questa 
Mosch.  38,  ine  l'ha  dò  me  Fha  data  Vaco.  6&*,  ve  fazze  avisò  vi  fiacclo  av- 
visata Piov.  42**,  questa  Vho  brusco  Furt,  i  Vhaibhia  liberò  Tabbian  liberata 
ib.;  —  in  quei  fosso  Lovar.  64,  i  fosso  Peagno  4,  da  eavare  fosso  (1.  fosso 
sfossati)  nella  Lettera  ap.  Rossi,  ecc.,  tutti  i  lo  ib.,  tuli  i  giesiò  tutte  le 
chiese  Lovar.  81  (cfr.  gesiò,  q.  '  il  chiesato  *,  anche  nel  senso  di  '  comunità 
dei  fedeli  ',  ib.  240,  307),  a*  magnare  di  ravolò  Lovar.  125  (e  potrebb'esser 
di  plur.  anche  in  Mag.  IV  125*),  t  tusi  foesse  sto  Fior.  14^  (ter),  i  no  foesae 
sto  vivi  Lett.  26^,  sipia  sto  spinti  Peagno  11,  •  serae  pi  laido  ib.  14,  netsi 
revelò  ib.,  brusò,  amazzò  huomeni,  vergogne  femene  Piov.  54*,  rengratiò  sea  i 
santi  Lovar.  855,  e  più  frequenti  che  mai  gli  esempi  nel  Furtaro:  qui  soldò^ 
i  gran  soldo,  gi  l  ustinò  sono  ostinati,  forniminti  inzogielò,  tnostachi  rébuffÒ, 
i  turchi  fo  menò,  i  fo  piggiò,  i  sea  nò  derti  siano  andati  diritti,  foessimo 
sento  ;  —  le  antighitè  passò  (se  non  v*ha  di  mezzo  un  errore  di  stampa)  Piov. 
3*,  i,de  avere  impegò  le  calze  Mosch.  8,  de  quante  vacazze  sea  sto  Lovar.  S84. 

La  confusione  che  risulta  dagli  esempi  che  slam  venuti  allegando  ha  pa- 
recchie cause  che  venivano  a  incontrarsi.  Da  una  parte  la  ragion  sintat- 
tica. Un  esempio  come  laido  sea  la  mare  può  tradursi  per  '  lodata  sia  la 
madre  *  ma  anche  per  '  lodato  e*  sia  la  madre  \  dove  soggetto  grammati- 
cale è  il  neutro  e\  Ma  riconosciuto  questo,  si  capisce  quanto  facilmente 
i  due  modi  sintattici  potessero  poi  confondersi.  D*  altronde,  il  lettore 
avrà  notato  quanta  parte  degli  esempi  s'attribuisca  il  participio  'stato'» 
e  si  può  pensare  che  esso,  nelle  sue  funzioni  di  ausiliare  (è  stato  lodato. 


IlluBtrasiom  ali*  *  Egloga,  ecc.  «  291 

pajaolo,  mal  ricortrutto  in  branio  nel  Cavaas.)  e  nel  frinì.  (Arotid 
bronzo),  brcndo^  bronzo  e  pajaolo,  pur  nel  Mag.  n  20^,  DI  44* 
(=  pajuolo  in  Lovar.  184).  U  prezioso  inventario  veroneae  del 
1339  pubblicato  da  G.  Cipolla  (Un  amico  di  Cangrande  della 
Scala  e  la  sua  fiuniglia,  in  Mem.  dell' Accad.  di  Torino  S.  Il,  t.  LI) 
ha  pure  brcndum  bronzo,  dove  però  ha  forse  torto  l'egregio  edi- 
tore di  vedere  nel  veron.  rust.  brando  il  diretto  continuatore 
di  quella  forma,  trattandosi  qui  assai  verosimilmente  di  d  da  i. 
Se  è  giusta  la  etimologia  di  branio  dal  nome  della  città  di 
BaOHDisnm  (Etg.  1596,  Dict.  gén.  s.  '  bronze  ';  per  l'it.  bisogne- 
rebbe allora  pensare  a  un  branio  da  *branHno  e  questo  da 
^BRUHD'amu;  cfr.  azzcldi  otto  soldi,  venzei  ventisei),  la  nostra 
forma  potrebbe  forse  confermarla  col  suo  dj  che  non  vedo  al- 
trimenti per  qual  via  connettere  col  i  di  branio.  Si  tratterebbe 
allora  di  un  *brandesin  da  cui  brando  sarebbe  estratto  sulla 
norma  di  cor:  caresin  e  analoghi. 

brada:  puzzalenta  i-  imbratto,  il  cibo  che  si  dà  ai  porci, 
rigovernatura,  103.  L'ingiuria  si  ripete  più  volte  anche  nell'egl. 

buffa  paffuto?,  etereo?,  793.  Nel  primo  caso,  cfir.  il  via  bafo 
paffuto,  nel  secondo  si  pensa  a  bufar  soffiare,  e  il  puM  buffù 
sarebbe  il  '  bambino,  senza  corpo,  somigliante  a  un  soffio  '.. 

bronza  bragia,  762.  Yidossich,  Dial.  d.  Tr.,  §27. 

bua  buco  17,  231  (qui  =  sportello,  finestra?).  Kg.  1517. 
—  Circa  al  sinonimo  buco  (Ktg.  1632,  Pieri,  in  Studi  rom.  pubbl. 
dalla  Soc.  fil.  romana  I),  non  vedo  sia  mai  stato  posto  in 
relazione  colle  forme  dialettali  alto-it.  come  berg.  e  mant.  bd§ 
vuoto,  vano,  non  pieno  all'interno  (mant.  noe  boga  =  cremoxL 
mas  busa  regg.  naaa  buga  noce  malescia  ;  ofr.  regg.  bugh  bucato, 


mmo  ttmii  ìodaU)  abbia  cominciato  a  ridursi  a  un  tipo  formale  fisso.  —  Da 
altra  banda,  la  concorrensa  e  il  definitivo  preTalere  dell'onico  -d  veneto, 
rendeva  incerte  le  finzioni  che  rispettivamente  incombevano  ai  pav.  -A  -4 
*tf,  e  dava  modo  all'uno  di  subentrare  nelle  funzioni  delPaltro.  Quanto  ai 
soetaativi  mascolini,  essi  dipendono  dal  participio,  e  nel  feminile,  molto 
poteva  Tosoillare  a  coi  a  un  dato  momento  si  venne,  p.  es.,  tra  cM  e  cM^ 
e  per  eoi  andava  promosso  uno  $p€  allato  a  spa  spada. 


292  Salvìoni, 

ìfòrato,  e  bughir  intonchiarsi),  vaiteli,  bdg  buco,  parm.  boeughi 
frogie,  regg.  bggh  dal  nès  narici,  né  col  piem.,  lomb.  e  gen. 
boé  '^§u  (fem.  bSffa)  buco,  che  accennano,  —  dopo  fatta  la  do- 
vuta parte  alle  influenze  livellatrici  tra  forme  rizotoniche  e  ari- 
zotoniche (regg.  bggh,  e  vaiteli,  bdgh&e  è  bggh)^  —  a  una  base 
*b5cuu,  risp.  *b6c-(lu),  da  *vocuu  (cfr.  vuoto  =  v6cmj,  Meyer- 
Lttbke,  Einf.  §  114),  base  che  il  Parodi  (Ro.  XXVIH  229)  ^  ha 
per  il  primo  postulata.  Ad  essa  riverremo  anche  con  buco  ^,  vuoi 
che  Vu  si  ripeta  da  bucare  e  dai  molti  derivati  {bucherare,  -me 
-elio),  ecc.,  vuoi  che  si  pensi  all'influsso  dì  bugio.  Il  qual  bugio 
(alto-it.  buso,  ecc.)  non  sarà  poi  cosa  etimologicamente  diversa 
da  buco  ;  poiché  pertugio  (alto-it.  pertuso,  ecc.)  ben  poteva  immet- 
tersi in  *bQco  o  buco  riducendolo  a  bugio.  E  il  tic.  bos  cavo,  vuoto, 
bucato,  ci  rappresenterà  un'altra  combinazione  [bdg  con  bOs,  o 
btis  con  bòé,  ecc.). 

bus  arda  bugiarda  253. 

buttar  mettere,  gettare,  344,  474. 

e  a  eh  a  casa  691,  732,  ecc.  Cavass.,  ecc. 

cadin  bacile,  catino,  marmitta,  857,  1016. 

caf  de  bai  ballo,  giro  di  ballo,  341. 

cagasang  -gue  dissenterìa  713,  730,  Cavass.  *  chegasanc'. 
—  Dev'essere  la  stessa  cosa  il  mal  drean  o  *  mal  deretano  '  che 
spesso  occorre  negli  autori  pavani. 


^  Circa  a  bdt  (fem.  bdtat  v.  il  Monti  s.  '  boeut  *)  che  ha  gli  stessi  signifi- 
cati di  bdg,  ben  ha  ragione  il  Parodi  di  vedervi  *bócitu;  per  la  fonetica, 
ricorda  il  pure  lomb.  pleUd  fare  il  saccente,  il  salamistro,  cioè  *plaeitaref 
cui  sta  di  fronte,  come  vojt  a  òò7,  il  sost.  plajt  guajo,  plejt  litigio. 

'11  Diez  allega  allato  a  buco  una  voce  spagnuola  d'uguale  aspetto  e  si- 
gnificato, ch'io  non  trovo  ne*  lessici  che  stanno  a  mia  disposizione.  In  ogni 
modo,  per  risponder  intieramente  al  tose,  bueo^  dovrebbe  o  questa  sonar 
*bucco  0  quella  *bugo.  —  Quanto  a  bugada,  ecc.  (Nigra,  XV  102-8),  se  io  ho 
ragione  ne*  riguardi  di  bueo^  esso  difficilmente  potrà  a  questa  voce  connet- 
tersi. Lo  stesso  dicasi  di  buque  e  delle  altre  voci  romanze  che  il  Diez  man- 
derebbe con  buco,  e  delle  quali  fa  giustizia,  del  resto,  anche  il  Pieri  1.  e. 


Illustrazioni  ali*  '  Egloga,  ecc.  .  298 

calze  da  todesc  652;  c^  ala  diuisa^  v.  s.  '  diuisa  '. 

camesa  camicia  81,  -sot  338.  Dell' ^  {camesot  egl.)  ch'ò 
anche  nel  friulano,  nel  rumeno,  e  in  un  esempio  del  Ruzante 
ap.  Levar.  285,  v.  num.  8,  e  ancora  Meyer-Liibke,  Die  Beto- 
nung  im  Gallischen,  17. 

capellina  :  fent  da  e-,  1040-41 .  V.  nel  Boerio  :  esser  de  la  capelina 
tradotto  per  *  esser  fante  di  cappellina  ',  esser  astuto  e  ribaldo. 

cancar  -cher  cancro  103,  ecc. 

carbon  1046,  nome  d'ingiuria,  ma  non  saprei  quale.  Cfr., 
per  quel  che  può  valere,  il  ven.  carbonazzo  nome  d'un  serpente. 

cardenza:  de  e-  in  confidenza  246.  Cavass. 

cariega  sedia  475.  XV  53. 

carisia  affezione  215. 

Carlon  55.  È  Carlot  nell'Egl.,  ed  è  nome  del  diavolo,  o 
nome  di  un  diavolo.  Così  basso  è  sceso  Vetnperere  magnesi 

carmesin  cremisi,  cremisino,  683.  Cfr.  sea  gremesina  seta 
cremisi  Mag.  Ili  33*. 

càs  corpetto,  torace,  seno,  53,  373,  609.  Ven.  casso,  e  v.  il 
Boerio  s.  v.,  casso,  casseto  corpetto  Mag.  IV  34**,  Il  16*,  17*,  IO  51*. 
Della  voce  ragiona  assai  giudiziosamente  il  Biadene  in  Orìgine 
dell'Ospedale  d'Asolo  (Asolo,  1903),  pp.  23  sgg. 

casa  calda  inferno  566,  973.  Lo  ha  il  Voc.  e  vive  tuttora 
in  più  parti  dell'Italia  centrale  e  meridionale. 

casonciè  raviuoli  833,  1015.  Cavass.,  Zst.  f.  r.  ph.  XXIV 
390  (pastilus:  coson^eló),  Alton,  Die  lad.  Idìome  s.  '  cagencel  ', 
Lorck,  Altberg.  spr.  192,  Tiraboschi,  Voc.  berg.  s.  '  casonsèl  '. 

cassil  de  pine  472;  cfr.  cassile  da  pina  sorditia  Ancon.  18^, 
dove  d'un  uomo  è  detto  che  abbia  un'ernia  che  pare  un  e-.  Deve 
dunque  trattarsi  dell'otre  della  cornamusa,  e  connettersi  con  càs 
cui  vedi. 

castron  castrone  571,  943. 

calar  -tt-  cercare,  trovare,  353,  1031.  Cavass. 

caualer  41'  messo  del  comune,  sgherro  incaricato  delle 
pignorazioni,  360,  485,  890,  998  ;  cfr.  cavalliere  de  comun  Piov.  13*, 
e  V.  nel  Boerìo  cavalièr  de  corte  o  dei  sbiri. 


294  SalTioDÌ, 

cauazzina  41.  Non  so  se  serva  il  yen.  are.  cavezza  eoUare 
0  cappuccio  (Boerio)  e  il  eavezatura  spede  di  goaniaoca  nel- 
rinventarìo  veronese  già  citato.  Per  la  forma,  cfr.  il  ven.  cavasxal 
capezzale. 

cauri  capretto  873.  XIV  207  s.  '  crauei  ',  XV  55. 

cazza  presO;  aggiogato,  1068. 

cep  ceppo  189:  mot  da  e-  pazzo  da  catena,  pazzo  da  legare. 

certi  far  e-  spiegare  436. 

ceson  siepaglia,  siepe  grande  e  folta,  cespuglio,  148.  Boerio, 
8.  'ciesona',  trent.  ^«<m  cespuglio;  Etg.  1701,  Parodi,  Romania 
XXn  311. 

cessar  ritrarsi  21^.  Cavass.  pag.  407,  trent.  in  cessacul 
rinculoni.  Non  avrem  dunque  da  cercare  nell'it.  cesso  (v.  da  ul- 
timo Pieri,  in  Studi  rom.  della  Soc.  fil.  romana  I),  né  secessu,  ne 
BEGESSU  (né  NEOESSU,  como  potrebbe  suggerire  il  scanum  faratum 
a  necesso  *  sedia  forata  per  le  necessità  naturali  '  dell'Inventario 
ricordato  s.  *  brond  '),  bensì  o  il  deverbale  di  cessare  o  il  partic. 

di  CEDERE. 

chebba  gabbia  16,  ecc.  Venez.  kéba^  ferr.  gajba,  ecc. 

chegar  cacare  435,  coll'e  pur  nelle  arizotoniche  come  anche 
nel  Cavass. 

chiap  stormo,  frotta,  943.  Cavass.  Sarà  un  deverbale  da 
chiapar,  q.  un  *  pugno  ',  una  *  manata  ',  ovvero  una  *  accolta  '. 

chila  ernia,  prolasso  testicolare,  431.  Frìul.  cMle  ernia, 
chila  Mag.  IV  80**,  e  il  Ruz.  nel  passo  allegato  s.  *  cassil  *.  Nel 
dial.  di  Pirano  (v.  Provenzan,  Il  dial.  di  Pirano,  Trieste  1901; 
sonetto  3®)  c'è  za  la  chila  per  *  giù  il  coraggio  ',  e  a  Belluno 
dicon  chilon  pigrone,  tardo. 

chilo  qui  496,  497,  498,  499.  Cavass. 

chio  chiodo  408.  V.  Herzog,  Zst.  f.  r.  ph.  XXIV  426-7. 


*  L^engadinese  ha  allato  a  tséhser^  il  verbo  szer  svezzare,  e  *  ritrarsi  da 
un  impiego'.  Non  v*ha  dubbio  che  vi  si  tratti  o  di  ^segàr,  cioè  della  me- 
tatesi reciproca  tra  le  due  sibilanti,  o  di  *z9ar  con  za  invertito* 


lllastnurioni  ali*  *  Egloga,  ecc.  «  295 

chiuiluoga  qui  958.  Wendr.  84,  Q.  st.  d.  lett.  it.  XY  269. 
Si  tratta  di  ekive-  ooU'tf  assimilato  all't  della  precedente  sillabai 
Circa  al  quale  ohive,  e  a  Uw,  noto  che  nel  veron.  rust.^  dove  -« 
ri  &  -o,  abbiamo  ehigo  e  ligo  da  anteriore  *chi-o  *U'0,  *chivo. 
y.  gli  esempi  in  Sic'  canie'  sarà  la  villa,  ecc.  (Verona,  Baman- 
zini,  1784)  passim. 

cibega  baggeo,  sciocco,  446,  e  si  ritrova  nell'egl.  Cfr.  il 
tose,  dbica,  XY  378,  e  v.  Homing,  Zat  XXI  453. 

e  tesa  siepe  64.  Y.  '  ceson  ',  e  Gavass. 

cigar  gridare  551.  Cavass. 

cima  frasca,  ramoscello,  punta,  cima  di  ramo,  201,  206;  — 
métter  in  cima  stuzzicare,  esasperare,  spingere  agli  estremi,  578. 

eingidura  cintura  416.  Anche  negli  scrittori  pavani  son 
di  moda  tali  formazioni  di  tipo  debole  al  posto  delle  latine  di  tipo 
forte:  scrivaura  scrittura,  slenzaare  lettore,  impenzaura  pittura, 
penzaore  pittore,  resp<mdaura  risposta,  rfendaura  fessura,  stren" 
aamra  stretta,  stringimento  (Patriarchi),  ecc. 

citta  ragazza  579. 

ciuetta:  andar  a  e-  andar  alla  malora  53. 

ciuiUa  civetta  422.  Cavass.;  friul.  civile,  trev.  zuUa.  L'i  h 
onomatopeico,  e  vedine  qui  sopra  a  p.  226  n. 

eoccha  del  del  la  costellazione  delle  gallinelle  321;  cfr. 
chiocea  Ruz.  Dial.  6*";  e  per  la  forma,  il  bellun.  coca  chioccia. 

co  'come',  nel  senso  di  quam,  825. 

codega  pelle,  cotenna,  452.  in  135  n.,  Etg.  2724,  ven.  coigo, 
trev.  cclègo^.  U  vie.  ha  coissa  (cfr.  coezza  Mag.  I  22**)  cioè 
^cuHc-ea. 


*  'làga  deve  ritro?ani,  ridotto  per  metatesi  reciproca  a  ftffa,  nel  psT. 
miféìnt  ohe  oooorre  nel  modo  m  màgoU  mezo  nel  meno  Mag.  Ili  5k,  Ru. 
SproL  21*,  Uvar.  218,  256  (pep  mégoia-megó),  V.  Ktg.  6047,  6050.  Questa 
diehiamsioiia  arrebbe  eonforto,  e  a  raa  volta  lo  conforterebbe,  dall'a.  pa- 
▼eee  ptr  tmimnmmttQO  (XII  415)  e  forme  analoghe,  che  earebbe  quindi  '  nd- 
ia  iiieio  '  o  anche  '  milo(go)meao  *  ;  v.  inTece  Meiosi  IV  187. 

*  fio  questo  ea%o  dairAppend.  di  Irene  Ninni,  e  l'accento  accenna  eri- 
deniemente  a  eoègo  ^tò$go.  È  dnnqne  un  l  che  toglie  Tinto  come  in  più 


296  Salvioni, 

CO  fa,  com  fa  *  come  fa  ',  come,  520,  1084.  È  il  verbo  'fare' 
(v.  Gavass.  341  n)  nelle  funzioni  di  verbum  vicarium;  altrove, 
p.  es.  a  Sacile,  tafà  '  tanto  fa  '  (onde  il  semplice  fa  come)  quindi 
anche  tanfante  dove  par  di  sentire  ripetuto  V-ant &\tant{fanfant). 

collega  209;  v.  *  acolegà '. 

colta  concimato  910.  Bellun.  coltar  concimare. 

canài  caglio  788;  ven.,  bellun.,  trev.,  pad.  (Patriarchi)  co- 
nàgio,  friul.  canài,  ert.  canédje,  bellun.  cuniada  coagulata,  e  v. 
ancora  egl.,  Mag.  Il  38\  Lovar.  326.  Si  tratterà  di  *coaglu,  e 


altri  esempi  veneti  (v.  anche  Ascoli,  I  528,  per  il  Friuli),  tra  i  quali  non 
allegherò  il  venez.  càlice  codice,  occorrendo  questa  forma  anche  altrove. 
Degni  di  nota  sembranmi  invece  ceruoHco  (a.  triest.  gerolicho),  telatro  e  pò- 
leta  (quest^ultimo  vivo  sempre  nel  vie.  rust.),  chirurgo)  teatro,  poeta,  che 
leggonsi  negli  scrittori  pavani.  Inoltre  :  tela  taeda  in  Ug.  gloss.,  vie.  cave- 
lagna  testata  di  prato  (ali.  a  caved-,  ven.  cavedgna\  aolagno  ali.  a  sedagno, 
veron.  dessalto  =  deasalo  scipito,  poleiar  ali.  a  poetar  dormicchiare,  voce 
però  d^incerto  etimo,  trev.  miloni  biche,  cioò  *tne&ni  da  mbta  (Ktg.  6134), 
pidizzato  e  puizzato  puzzola  {*pu[t]i[d]iccio\  vie  auUsaion  «=  *au-t-  (cfr.  suvis- 
8ion  in  Bastanzi,  Le  saperstiz.  delle  Alpi  venete,  8),  venez.  dlela  comparato  a 
giela  (Patriarchi)  girella  (cfr.  friul.  gidule  girella,  -dèle  cerchio  di  ferro,  ecc., 
mant.  zidella,  trent.  cirella,  dove  s*incontrano  cidella  e  girèlla)^  trent.  gàlega 
sopraccìglio  cioò  geja  gea  *gela  tirato  poi  scherzosamente  su  gélega  passera. 
—  Come  si  spiega  questo  Z?  Crederei  da  ciò,  che,  in  una  certa  misura,  il 
'l'  =1.  e  II  tendeva  ad  essere  soppresso;  né  vorrei  affermare  che  tal  soppres- 
sione si  connetta  colla  pronuncia  velare  quasi  evanescente  che  ha  il  -l-  in 
parte  della  Venezia.  Esempi  di  -l-  sparito  ne  ho  io  raccolti  in  Zst.  XXIII 
528  n,  e  qui  aggiungo  il  ven.  voèga  allato  a  vòlega,  di  cui  tocca  lo  Schu- 
chardt,  Rom.  Et.  II  172-8  (v.  anche  Ive,  Dial.  istr.,  151).  DalFaltemare  di 
tali  esempi,  si  veniva  a  immettere  l  anche  là  dove  non  era  legittimo,  così 
com*è  illegittimo  il  d  nel  trev.  sedese  selce  *sé-eie  (che  ripete  a  rovescio  la 
storia  di  eolagno  =  *8eagno  eedagno,  ma  dove  influiva  direttamente  Talter- 
nare  tra  eédese  e  séese  sedici),  nei  trent.  gerudieo  (cfr.  eeruolieo  Rur.  Oraz. 
176)  di  fronte  a  friul.  eiróic,  fa<iaft«Z  =»  YaaneZ  =  veron.  faganU  fanello  (da 
Y<fo),  hartadél  bertovello,  redatol  e  reatol  regolo  (cfr.  re  pi.  redi  sulla  norma 
di  de  dito,  pi.  dedi),  a.  berg.,  bellun.  cadigia  caviglia  (cfr.  il  frinì.  *èadile,  Ascoli, 
I  582),  crem.  hreda  =»  *hrea  briglia  (cfr.  tuttavia  il  com.  brida,  che  però  non 
dovrebbe  sonar  diversamente  a  Crema),  mant.,  ferr.  zida  ciglio.  V.  ancora 
Gorra,  St.  di  fil.  rom.  VI  575-6,  590-93;  Krit.  Jahresb.  IV,  I,  168. 


Illustrazioni  ali*  *"  Eglo^,  ecc. ,  _  297 

il  n,  apparente  estìrpator  d'iato,  sarà  dovuto  a  cùn^  cum,  forma 
prevocalica  allato  al  preconsonantico  co. 

con  fot  Un  dolce,  confetto,  345.  Così  anche  nella  Brianza 
e  nell'egl. 

cornar  acconciare,  aggiustare,  30,  cornarle  accomodarsi  428. 

e  or  a  della  corata  759.  Yen.  coraéla,  ecc.  Y.  Zauner,  Die 
rom.  Namen  der  Kòrpertheile,  153, 156, 171,  e  Sabbadini  in  Studi 
glott.  ital.  n  96. 

coragia  petto,  viscere,  20,  573,  688,  735,  978.  Con  tale 
significato  anche  in  Mag.  I  50*,  II  41',  III  75*  (notevole  ne'  due 
ultimi  esempi  l'uso  plurale  :  le  coragie)  ;  trent.  coraia  cuore^  co* 
rateilo,  engad.  curaglia  polmone,  a  vie.  seoragiar  sventrare  (Bor- 
tolan).  Si  parte  da  un  plur.  neutro  *co ratta. 

corozzarse  corrucciarsi  638.  Cavass. 

e  or  tur  a  custodia,  sorveglianza,  8.  Penso  all'a.  lomb.  eor2i« 
accogliere  (Giom.  st.  d.  lett.  it.  YIII  417)  e  al  ven.  arcorger  id., 
che  rifluiterà  da  arcoger  e  ^arcorzer.  Si  può  tuttavia  pensare 
anche  ad  '  accorto  ',  onde  cortura  accortezza,  attenzione,  mala 
tortura  disattenzione,  sbadataggine. 

cosshm  '  cosciume ',  coscia,  950. 

C08ÌX  à  so  cosi  a  sue  spese,  con  suo  danno,  289. 

colala  abito  donnesco  (v.  il  Boerio),  gonnella,  225.  Ma  non 
capisco  il  senso  di  '  imbalotar  la  cotola  '. 

crep  greppo,  balza,  187^  259.  Cavass.,  Ive,  Dial.  dell'I- 
stria 136. 

Cristian  eh-  uomo,  411,  495,  766. 

crión  kirie,  653.  S'anticipa  V-ón  di  kyrie  eleyson  {Crista- 
lai9in  Mag.  I  36*). 

eroda  rupe,  precipizio,  101.  Yen.,  trent.,  frìul.,  ecc.,  vie.  ero- 
tèda  scoglio,  e  v.  Schneller,  Die  rom.  Ylksm.  I  231.  Starà  ideal- 
mente a  crodar  cascare,  cadere,  come  sta  precipizio  a  precipi- 
tare^. Per  la  forma,  cfr.  anche  il  ferrar,  eroda  cascame,  e  per 


*  n  trent  eràz  rape,  il  Teron.  seròfi  dirapi,  sembrali  risalire  a  ^eorróteu. 


298  ^  Salvioni, 

quant'ò  di  eref,  di  cui  qui  sopra  a  p.  174,  ricordo  a2  crida^ 
casca,  di  Campodolcino  (Ghiavenna)  ;  e  con  *crùdéHte  va  pure  il 
trent.  criènie  vagliatura  del  frumento,  becchime,  e  il  basso- 
engad.  griaintas,  id.,  che  assai  verosimilmente  però  sarà  voce 
cisalpina  ^. 

eros  923;  cfr.  l'it.  la  croce  d'un  quaUrino^  ecc.  ecc. 

erudii]  V.  curdilanza. 

cuca  noce  1024.  Cavass.,  Schuchardt,  Rom.  Et.  II  22. 

euffulon:  in  e-  coccoloni  150,  430.  V.  Meyer-Llìhke,  nel- 
l'art. Zum  italischen  Wortschatz,  in  Wiener  Studien  XXIY,  2*  di- 
spensa. 

cugnir  dovere,  esser  necessario,  596,  956.  Mussafla,  Beitr.99. 

curi  corto  424.  Yen.  curto,  lomb.  kurt,  ecc. 

cuor  seno,  petto,  759;  e-  del  corp  viscere  728.  V.  XII  396, 
Bendic.  Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXXV  967,  cuor  dd  peU  Cavass. 
s.  *  cuor  '. 

curdilanza  cru-  crudeltà  216,  508,  570,  671.  In  erudii, 
509,  par  aversi  l'aggettivo  sostantivato  col  valore  di  '  martirio 
patimento  '. 

d  and  olla  donnola  19.  Manca  questa  forma,  che  si  rivede 
nel  ferrar,  dàndula,  al  Flechia  II  50-51  '.  Io  vi  vedrei  il  dóndola, 
già  segnalato  e  spiegato  dal  Flechia,  modificato  sotto  l'influsso 
di  *dama'. 

da  pò  dopo  336.  Cavass.  '  depó '. 

debetta  debito   188,  ecc.  Cavass.,  e  num.  42.  (Srca  alla 


—  E  il  trent.  eròfut  balza,  cresta  minosa  di  monte,  per  essere  eroda  dispo- 
sato a  '  corona*. 

^  Per  la  molto  diffusa  soppressione  del  -d-  (t)  ne*  derivati  da  bota,  ▼.  an- 
cora più  in  là  8.  ^rìgolar*,  e  qui  indietro,  p.  163,  s.  'grbgol*. 

'  Circa  al  betmola  (onde  poi  bendola)  allegato  dal  FlechÌA,  la  disdiBil»- 
zione  vi  sarà  stata  certo  favorita  da  dònnola  {dondola).  Le  due  voci  8*in- 
contrano  infatti  congiunte  nel  trev.  beladànola.  —  Segnalo  poi  qui  il  cue* 
eiolOf  donnola,  della  Race  di  tocì  rom.  e  mardi. 


Illastrazioni  all'  '  Egloga,  ecc. .  299 

forma  (cfr.  frane,  dette,  ecc.),  potrebbe  trattarsi  del  plur.  neutro 
DEBrrA. 

debot  subito,  di  botto,  232,  737.  Cavass. 

de  ma  151;  è  un'esclamazione,  nella  quale  ravviseremo  con 
molta  verosimiglianza  un  ^  de  m'à  '  (=  *de  m'aj)  '  Dio  m'ajuti  '. 
V.  Wendr.  §  179,  e  istr.  màde  Ive  88. 

dent  dente  470.  È  di  genere  feminino  (v.  Zauner,  o.  e.  51), 
mentre  ogni  altra  volta  ò  mascolino.  Ma  non  riterremo  per  questo 
men  genuino  l'esempio. 

descalzarel  scalzo,  mendico,  q.  '  scalzerello '.  Cfr.  (2«^caZ- 
zarella  Ruz.  Mosch.  28. 

desmentegar  dimenticare  921.  Notevole  la  forma  smen- 
gare  *  trascurare  '  in  Mag.  I  54^. 

destegolar  sgranare,  sbucciare,  1018.  Yen.  destegolar  (e 
destri-  per  influenza  di  destrigar)  disgraneilare.  Da  tega  baccello. 

dei  dibo  958. 

devers  -5o,  agg.,  universo  914, 1012.  Cfr.  el  deverso  tnondo 
Levar.  219.  A  questa  alterazione  capricciosa  della  base  s'ag- 
giunge quella  per  roesso  '  rovescio  '  eh'  è  nel  Calmo,  Egl.  Ili 
{mondo  roersio  che  potrebbe  però  interpretarsi  per  'mondo  strambo') 
e  ritorna  continua  ne'  testi  pa vani  {roesso  mondo  Mag.  I  17^,11 
y,  ni  31**,  IV  9',  ecc.,  le  roesse  narration  le  universe  genera- 
zioni Ruz.  Or  IO*",  rovessamen  universalmente  Piov.  48*)  dove 
anche  c'è  roessitè  avversità,  reversa  perversa  Levar.  315. 

dezun  995:  de  inpegnorame  me  no  fu  d*  '  mai  non  si  astenne, 
nai  non  fu  pigro  nel  pignorarci  *. 

dissiplina  castigo  749.  Cfr.  <2»«5tjMna  tormento  Mag.  I46^ 

diuiea:  ealze  a  la  d-  ealee  a  fescie,  variopinte,  173.  Cfr. 
^  aUm  d*  Aneon.  25^,  gonelle  atta  doisa  ib.  15*",  zupparieggi  a  la  de^^ 
Mag.  n  71^  ^;  indivisa  variopinto,  a  fasce  (Bortolan),  ven.  bisaio 
indevisà  morena. 


*  C*è  n^  Ras.  (Orat  h*ì  un  mlìe  MMfe  derise  «»  al  nostro  modo,  alla  nostra 
«oda.  Non  eredo  che  ciò  oi  legittimi  ad  interpretar  in  ugnai  maniera  il 
nostro  a  la  é^, 

AftsfalTio  glottol.  it«L,  XVI.  20 


300  Salvioni. 

dolenzios  doglioso  142. 
domati,  fem.,  mattino  113. 
drè;  v.  drie. 

dret  diritto  160,  199,  286.  Gavaas. 
drezza  treccia  527^.  Cavass.  ^  drece '. 
drie:  zir  drie  continuare  563;  senta  drè  al  d€$e  sedato  a 
tavola  648. 

duch  barbagianni,  sciocco,  931.  Yen.  dugo  gufo  reale,  ecc. 
dur  portare  1027.  Ascoli,  III  279. 

egua  acqua  797,  966.  Cavass.,  egl.;  e  v.  num.  2*. 
eri  alto,  erto,  dirupato,  259. 

fai  e  eli  e  la  costellazione  di  Arturo  320.  C£r.  la  postilla  'U 
falze  è  quel  segno  detto  Arturo  '  in  Mag.  I  41*.  Anche  a  Dalpe  di 
Val  Leventina  c'è  Za  fdun!  come  nome  d'una  costellazione. 

fa  lina  scintilla,  favilla,  474. 

falla  :  à  la  f'  760.  Che  significa? 

f  ani  ai  giovanotto  284.  Frinì,  id.;  e  v.  '  zouenat  '. 

fa  r,  nelle  funzioni  di  verbom  vicarium  ;  592,  1052.  £  v.  an- 
cora ^  co  fa  '. 

fardella  sorella  552;  cfr.  frela  Ruz.  ap.  Levar.  294,  eap. 
Rossi,  Le  lettere  di  Andrea  Calmo,  CXX  n. 

far  nel  frenello  338;  fernelo  Levar.  39. 

fùrsora  fer-  padella  370,  661,  1052.  Cavass. 

fastuc  festuca  466.  Cfr.  fastughi  Mag.  I  38%  e  nel  dial.  di 
Pirano  (Parenzan,  Del  dial.  di  Pirano,  sonetto  5*),  fastugo  ntfl 
vie,  fastuch  nel  bellun.  rust.;  e,  pel  genere,  oltre  al  frc.  fttu 
(per  cui  il  Dict.  gén.  postula  addirittura  un  *festucu  di  latin 
volgare)  ecc.  (Ktg.  3713),  anche  l'a.  lomb.  festugo  (v.  Keller, 


'  V.  air  incontrario,  trev.  irrigar  addirinare  (Ninni). 

'  Si  può  chiedere,  dato  che  cod  ^ada  letto,  se  non  aia  A^cABni  Vmrwr  «1; 
Beitr.  30.  Cfr.  frane.  M#r,  piem.  aip»$irmi  (Alione  244,  860),  it  mejmt^,  c«.l 
lignificato  de*  quali  ben  potrebbe  accordarsi  quello  di  *Mialpar\ 


Illustrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc. ,  801 

Besc.  gloss.),  l'engad.  atUj  (cfr.  stiner  ali.  a  festiner,  stizzi  ali.  a 
fastizzi  orma,  traccia,  che  ben  potrebb'essere,  come  vuole  il  Pai- 
lioppi,  un  dotto  vestigìum,  e  v.  anche  stieu  allato  a  vstieu 

vestito). 

fa  tizi  el  diavol  f^  il  diavolo  sputato,  il  diavolo  in  per- 
sona, 541. 

faueta  1035.  Piìi  cibi  indicano  i  voc.  sotto  questo  nome, 
e  V.  il  Boerìo,  il  Pirona,  ecc. 

fazzol  pannicello,  fazzoletto,  709.  Gavass.,  e  Boerìo  s. 
*  laciol  *. 

feda  pecora  61,  209,  376,  723.  Gavass.,  Egl.,  dove  è  anche 
federa  ovile,  gregge  di  pecore,  feltr.,  col  d  caduto,  fei  pecore  ^ 

fé  ni  giovanotto  250,  269.  Gavass. 

fenuogii:  vender  f-  infinocchiare  271.  Gavass.  s.  ^fenugi'. 

feridura  -rr-  ferita  164,  1091. 

fià^  fiè^  volte,  fiate,  76,  79.  L'  -è  potrebbe  aver  qui  una  ra- 
gione speciale,  e  v.  qui  sopra  in  nota  all'art.  '  brìgada  '. 

fica  $  sa  fitta,  trafitta,  362,  1090;  forse  deverbale  da 

ficassar  trafiggere  280;  q.  '  ficcacciare '. 

fig  de  barilla  1024.  Forse  *  fichi  secchi'  conservati  o 
spediti  in  barili.  * 

figa  fegato  831,  1090.  Gavass.  E  v.  il  magistrale  articolo 
del  compianto  Paris  in  Miscellanea  Ascoli  41  sgg.  ;  Zauner,  Die 
rem.  Namen  der  Kòrperth.  168-70  ^. 

filò  veglia,  veglia  serale  nelle  stalle,  500.  Gavass.,  ecc., 
e  cfr.  friul.  file,  valm.  fileria,  bellinz.  firSna,  parm.  filòz,  id., 
nonché  il  ted.  Spinnstube,  —  Girca  all'-d,  io  ho  già  detto  (Giorn. 


'  Può  occorrere  a  Feltre  che  Ve  successÌTo  a  vocal  tonica  rì  riduca  ad  -t: 
fti^^fée,  doi^=doe  (due  fem.),  trei  =  tree  (tre  fem.),  arti  =^  aree  avrei, 
9€i^^seé  io  sapeva. 

*  y.  ancora  qui  ^opra  pp.  195-6.  Tra  i  continuatori  di  ^flticu,  andrà 
annoverato  il  fH  {deMprehii  el  féi  scheizare,  berteggiare  il  '  fegato  *  il  co- 
raggio: cfr.  Tit.  aver  del  fegato)  della  versione  di  Rocca  d*Agordo  nel  Fa- 
panii.  —  Un  notevole  derivato  é  il  vie.  figazzolo  fegato  degli  uccelli,  dove 
par  celarsi  un  *fya-dgzo  *  fegataccio  '. 


302  Salvioni, 

6t.  XXIV  269)  trattarsi  della  rìsultMza  di  -  a  t  tr  ;  sennonché  non 
direi  più  ora  che  il  panto  di  partenza  della  forma  dev'essere  un 
territorio  dove  l'equanone  -6  =s  -atu  fosse  possibile,  ma  farei 
una  differenza  o  genetica  o  storica  tra  1'  -6  pavane,  e  quello  di 
ilUy  un  esempto  che,  con  più  altri  che  tosto  s'allegano,  s'estende 
su  tutta  la  Venezia  e  più  in  là  (Mantova,  Treviglio).  La  ragione 
genetica  è  forse  questa  che,  come  sembra  accennare  il  ven.  e  vie. 
paventò  *parentado,  parenteria,  si  tratterebbe  qui  di  -atu.  —  Gli 
esempi  di  questo  ^6  (à)  di  dividono  secondo  varie  categorie  ideo- 
logiche: quella  di  filò  con  cui  vanno  il  bellun.  vegiò,  suo  sinonimo, 
il  trent.  desvohò  radunata  di  donne  per  la  dipanatura  (notevole 
per  la  base  verbale  di  3*  conj.  ;  v.  qui  sopra  a  p.  221  n),  e  sfojò 
lo  sfogliare  il  granturco  uniti  in  brigata,  e,  con  significato  cat- 
tivo, ferrar,  sbrindanò,  andar  in  »-  sgualdrinare,  smingardò  {andar 
in  3-  id.),  i  ferrar,  squaqtiarò,  carnvalò,  cmarò  {comare),  ptagulò 
e  negalo,  il  veron.  bagolò,  i  trent.  tottolò,  eiacerò  -colò,  cigalò,  ferr. 
ciaccarò,  tutti  col  significato  di  *  cicalecccio,  chiacchierio  ',  cui 
s'accostano  il  ven.,  ferr.  campano  scampanio  (esemplare  che  ar- 
riva sino  a  Mesocco  in  Val  Mesolcina  !),  il  trent.  busnò  scalpore, 
il  ferrar,  tarapatò  tafiFeruglio,  regg.  te-  ciarabadò  svenimento;  e 
quella  del  veron.  pociò,  vie.  slavaciò,  squarquaciò  (trent.,  ven. 
squaq-)  col  valord  di  ^  guazzo,  fradiciume  ',  ai  quali  s'accostano 
il  trent.  messedò  miscuglio,  intruglio,  i  ferrar,  piplò  e  piccinlò 
miscèa,  e,  per  questa  via  forse,  il  pur  ferrar,  pitacò  fronzoli. 
Ha  invece  un  posto  a  parte  il  vie.  seno  (di  roba)  corpacciata. 
—  Ne'  testi  pavani,  tali  sostantivi  possono  talvolta  avere  il 
plur.  in  -è  {file  Orat.  9^,  parente  ib.  !!•),  e  deve  trattarsi  più  che 
d'altro  di  formazioni  analogiche  sullo  schema  ordinario  dell'altra 
sterminata  serie  di  nomi  in  -ò  plur.  -è.  Al  qual  proposito  è  ben 
istruttivo  falò  (Orat.  13*)  plur.  di  fatò  falò. 

fogent:  rossa  fogent  rossa  infuocata  459;  v.  qui  sopra  s. 
'  aguan  '  in  nota. 

folesel  filugello  417.  Ktg.  3888. 

fontana  uiua  sórgente  83.  Cos\  pure  nell'Egl. 

fora  forato  813;  il  sechiellet  fora  è  il  turibolo. 


Illastrazioni  f^U*  '  Egloga,  ecc. ,  808 

far  eia  federa  482.  Yen.  foreta^  ecc. 

formai  formaggio  102,  143,  694,  878.  V.  Rendic.  Ist.  lomb, 
S.  II,  voi.  XXXV  968. 

formigota  formica?  461. 

fortuna  disavventura  8. 

front  aflfranto  70. 

frare  frate  533. 

f  rezza  freccia,  dardo,  45,  529. 

f rotola  barzelletta  221. 

fu  evviva,  esclamaz.  di  esultanza  venuta  a  funzione  sostan- 
tivale come  l'it.  evviva,  795.  V.  le  emendaz.  critiche  al  passo,  e 
cfr.  tuli  crida  :  ci  fu  fu,..  Viva  el  vin  e  pò  non  più  nel  Zanella, 
Poesie  in  dial.  rust.  feltrino  (Feltro  1901)  p.  60,  vie.  iufufu  grido 
di  allegrezza  o  piuttosto  di  ebbrezza  dei  contadini,  che  vanno 
a  gara  a  chi  lo  manda  fuori  con  più  forza  di  petto  (Pittarini, 
0.  e,  167),  piem.  fu  baldoria  (Nigra,  Canti  pop.,  gloss.). 

fuga  ;  de  f-  impetuosamente  53,  449. 

fuQ9Ì  forse  931.  Gavass. 

furios  imbronciato,  melanconico,  927  (cfr.  v.  924). 

furtagia  frittata  398.  Cavass.  *  fortaia '. 

gardella  graticola  761. 

gardenalla  cardinalesaa  758.  Beitr.  62,  e  sguardenale 
Levar.  218. 

garnazza  guarnaccia  338. 

garnel  909,  1018,  granello,  chicco,  seme.  Il  contesto  del 
primo  luogo  non  mi  riesce  ben  chiaro,  non  risultandomi  che  esista 
an 'espressione  '  fremente  granello  '  col  significato  pressappoco 
di  '  fromento  destinato  solo  a  dare  i  semi  \  ecc.  Forse  il  vie, 
granei,  semolella,  ci  ajuta  a  interpretare  *'  fremente  per  fame  il 
semolino  '.  Cfr  del  resto,  istr.  garnèj  specie  di  minestra  di  le- 
gami«  orzo,  fagiuoli  (Ive  105),  bellun.  garnel,  friul.  grignèll  gra- 
nello, chicco,  ven.  granélo,  veron.  graniela  *  vinacciuola,  ecc.  ecc., 

*  NeiriV  del  ver.  granula  (cfr.  ancora  graniti  testicoli),  neMttno  vorrà  certo 


304  Salvioni, 

tutti  significati,  meno  il  primo,  che  competono  anche  all'it.  pa- 
nello. 


ravvisare  un  é  fatto  dittongo,  coal  come  non  lo  ravviserà  ne*  por  veron. 
spiniH  zippolo,  filièl  (vie.  -lùlo  -glielo;  cfr.  bugitelo  -Itelo  regalo,  bolUello  Mig. 
II  47**,  ecc.)  scilinguagnolo,  pivièl  ali.  a  picei  lattonzolo,  rosela  vocina  *.  In 
tutti  questi  esempi  Vie  è  da  anteriore  eé  com*è  provato  da  $pineello  ìAàf. 
II  43%  rameel  ramicello   ib.  II  20*,  58%  zoveello  piccolo  giogo  ib.    Ili  43\ 
9poHdeella   spondicina  Ruz.  Piov.  18'  stareel  piccolo  it^jo  Mag.  II  17^,  ^h 
seello  bucherello  (Bortolan)»  domeele  donzelle  Peagno  6;  e  questo  eé  h  alU 
sua  volta  da  -edé-  dimostrato  dai  trent.  ramedH  ramicello,  fUid^l  scilingua- 
gnolo, forcedèla  forchetta  de*  bottegai,  muredH  muricciuolo  (parm.  murdiUK 
caredèl  carretto,  linguedHa  linguetta,  aredèla  ali.  ad  arèla  canniccio,  aMtétln 
assicella  (onde  poi    anche   assedón   ascialone,  cfr.  anche  boi.  ansdein  -dftto 
assicella,  osedein  ossicino),  dal  berg.  gropedH  piccolo  nodo,  e  dai  nnll.  Clf* 
tedéUo^  CoUedH,  2!o9edéUo,  Fo9$edéilo  ricordati  insieme  ai  ridotti  DosmiUo 
e  Zoviello  nel  buon  lavoro  dell'Olivieri  sulla  Toponomastica  veneta  (vedi 
Studi   glott    it.  Ili    pp.    161  n.,  208).   Nel    quale   -edello    parmi    conven* 
gano    due   correnti   derivative.    Una   che    moveva   da   eattdél    *  capitello  * 
sentito  come  diminutivo  di  cao  capo,  e  che  subito,  in  causa  della  parzul*" 
consonanza,  attraeva  campo  dando  così  luogo  al  ben  difiuso  e  antico  ram- 
pitello  (Vidossich,  Dial.  di  Tr.  §  6),  e  eavedél  contrapposto  a  eòo,  emmpedél 
contrapposto  a  campo  spiegan  molto.  L*altra  che  si  riattacca  a  nomi  in  -<tto 
derivati  ulteriormente   mediante  il  diminutivo  -iUo,  nomi  del  genere  di 
orad^l  lomb.,  ecc.  (Beitrag.  84),  trent.  oredH,  ver.  oridH,  di  berg.  brnsfodH, 
boi.  brazzadàla,  ven.  brazadelo  (dai  quali  il  tardo,  non  vivo  e  scarnamente 
documentato  tose.  braceiateUo  -a  ciambella)  di  fronte  ali*  a.  vie.  brc£«dth 
(Bortolan,  che  lo  munisce  d*un  punto  interrogativo),   a.   pav.  braceetìo  pi. 
bracieggi  Mag.  II  47^  II  61%  62%  III  44\  ecc.,   brazMeèlo  Anoon.  28%  brac 
eieggi  ib.  31%  brazediè  egl.  [prov.  braseadeu];  della  qual  voce  v.  il  King/ 
8.  '  Bretzel  *  (e  la  voce  germanica  sarà  certo  di  provenienza  alto-italisna  , 
le  quali  parole   eran    sentite    come    derivate    mediante   'Odello  e  da  hmc^ 
braccio  Qa  ciambella  può  senza  sforzo  venir  paragonata  a  un  braccialett«: 
e  del  reato,  a  proposito  della  voce  bolognese,  —  già  ricorrente  negli  stitnti 
di  quel  comune  redatti  a  metà  il  sec.  XIII,  e  vedine  il  Glossario  del  Frati. 
—  rUngarelli  la  definitice  per  *  ciambella  che  si  portava  infilata  nel  bnccx<'. 

•  E  nemmeno  s'intende  ne*  ven.  tabarirlo  e  campaniel,  di  cui  v.  oia  Vi- 
dofc"«ich.  Dial.  di  Trieste,  2'».  27.  Ma  circa  al  secondo,  mi  chiedo  se  non  s'aM  a 
a  partire  da  un  collettivo  ^rampanedo  -^Ui  *  l'accolta  delle  campane  *  *  il  It  V  • 
dove  son  riunite  le  campane  *. 


IHuatrazioni  ali*  '  Egloga,  ecc. .  805 

geda  {l  §-)  faida,  grembo,  344.  Vedi  Nigra  XV  288,  Bruck- 
ner,  Charakt.  d.  germ.  Eleni.  17  ;  Littbl.  XXI 384,  von  Ettmayer, 
Lombardo*lad.  (Rom.  Forsch.  XIII)  373.  Son  da  aggiungere  le 
forme  vìe.  e  pav.  come  gaia  •già  (cfr.  vie.  rust.  gugiare  vuotare, 
comparato  a  mil.  vdjà,  vqj  vuoto,  a.  pav.  agiar  ajutare). 

giada  agliata  311.  Gavass.  'iada\  già  Mag.  I  42\ 

giandussa  peste  (bubbonica)  133,  713,  738,  892.  Cavass. 
Interpreto  la  voce  come  '  gianduzza  '  (num.  30  a),  e  invero  il 
tose,  vi  risponde  con  '  ghianduccia  -zza  ',  e  -zza  è  in  un  pro- 
verbio popol.  veneziano  (v.  Musatti,  Amor  materno  nel  dial.  venez. 
[1886]»  p.  27  n.).  È  tuttavia  notevole  la  costanza  del  -««-  anche 
in  altre  scritture  venete  antiche  che  rispettano,  almeno  nella 
grafia,  il  z,  così  nel  Cavassico,  nel  Calmo,  nel  Magagnò  e  in 
altri  (v.  il  Musatti,  1.  e). 

giesta  razza,  genfa,  932.  V.  Boll.  soc.  pav.  di  st.  patria  II 
226-7,  Biadene,  Il  libro  delle  Tre  Scrìtt.  98. 

gioii on  birbante  930.  Cavass.  'giaton'  e  giUon  Mag.  Ili 
62»,  IV  24\ 

gir  ghiro  19.  Gavass. 

giuoria  gloria  777,  786,  794,  818. 

giuorios  prosperoso,  sfarzoso,  bello,  glorioso,  309,  490, 
"^30,  961.  Cfr.  giuriuso  Mag.  II  40\  Naturalmente  e  qui  e  in 
giuoria  si  tratta  di  voci  dotte  malgrado  il  gi-, 

gn'  ogni  97;  ma  potrebb'essere  d'agn. 

gniaccara  nacchera  795.  Cavass. 

goz  goccia  507.  Beitr.  64. 

gramego  vago,  bello,  627,  752.  Ktg.  4320.  I  poeti  pavani 
usano  pure  la  parola  nella  forma  di  gra-  e  gre-  e  col  significato 
da  una  parte  di  '  dotto  '  e,  come  sostantivo,  di  '  lingua  pura, 
elegante,  grammaticalmente  corretta  '  {sbaiafare  in  gramego  Fio. 

co«tame  che  dura  ancora  nelle  nostre  campagne  *)  e  da  oro  orlo.  Ricordo 
aaeora  BochedHlo,  sacchetto,  ne*  Proverbi  volgari  di  Geremia  da  Monta gnone, 
^la  qaal  forma  il  Gloria  (Volg.  ili.  nel  1100  e  Prov.  volg.  del  1200.  p.  42) 
pone  dì  fronte  di  su  i  documenti  latini  an  sarhatellum,  e  il  boi.  tinadtl  vi- 
nuceio,  vinello. 


306  SaWiom, 

16'',  faudU  per  gramego  in  lenguawo  fiarerUine$eo  Orat  2^,  5*, 
faeUar  per  gramego  Mosch.  20,  21,  fadla  da  mUdà  o  per  gramega 
ib.  26),  dall'altra  di  *  famoBo,  bello  '.  In  un  eeempio  (Lovar.  6) 
è  gremega  irata,  e  nell'egl.  o'è  sU  egionfe^  eie  superbe,  ste  gr^ 
meghe  cioè  'queste  petulanti';  un'alti-a  volta  (Lovar.  121), ^a- 
mego  è  riferito  al  vino  panni  col  senso  di  *  generoso,  assai  buono  \ 
Ricordo  ancora  il  gramadege  robe  dell'a.  boi.,  ap.  6audenzi201, 
che,  nel  testo  parallelo,  è  reso  per  belle  veste. 

gramezoa  •zz-  triste,  dolente,  5,  403. 

gramo  gramo,  malcontento,  177,  944.  Gavass.  'gran'. 

grie  821,  842,  -sa  177,  panno  grossolano.  Il  fem.  parche 
dica  'coperta  di  detto  panno'.  V.  Gavass.,  Ive,  Dial.  istr.  161, 
e  tre  grise  nell'egl. 

grum  catasta,  mucchio,  176,  814.  Gavass.  'grun. '. 

guadiar  sposare  299.  Gavass.  '  vadiar ',  Beitr.  'ingaliar', 
Bruckner,  Die  Spr.  d.  Lang.  213.  La  voce  nella  forma  attuale^ 
doè  col  suo  dj,  s'appalesa  d'orìgine  giurìdica. 

gualiu  liscio,  uniforme,  uguale,  417.  Gavass.  'gualli'. 

guarir  salvare,  salvarsi,  314,  334. 

guerein  occhiata,  strìzzata  d'occhio,  il  guardare  sottec- 
chic,  269.  Gfr.  il  berg.  sguereégn  visaccio,  sberleffé. 

guear  aguzzare,  stimolare,  77.  Gfr.  agueive  470,  e  bellun. 
feltr.  gusar,  a.  pav.  guxare  Anoon.  28»,  Lovar.  186,  trev.  usar 
arrotare. 

A 14  man  tranquillo,  sereno,  rassegnato,  765.  Gfr.  trent  de^ 
eumanà  turbato,  scomposto,  homan  gentile,  amorevole,  Mag.  I 
29%  IV  68*  K 

humìla  affabile,  mansueta,  672.  Gfr.  armiliar  ammansire 
Fio  b\  Orat.  14^  Mag.  I  64\ 

^  E  forse  doruto  a  qnefto  homan,  e  cioè  airalUmaxe  ch*eMO  fitoesM  eoa 
*iiMin,  la  voce  omutna  umana  manna,  che  si  legge  in  Mag.  Ili  54k,  S6\  74%,  eoe, 
Ruz.  Moscb.  37. 


Illastrazioni  ali*  '  £gloga,  ecc. ,  807 

imbaloitar  225.  Che  significa? 

imbriagarse  ubbriacarsi  430. 

impirada  stecchita,  dura,  'infilzata',  247;  cfr.  ven.  im- 
pirar  infilzare. 

imposaibel  possibile  783.  Frequente  in  molti  dialettif  o  per 
mal  intendimento  della  parola  dotta,  o  per  il  promiscuo  uso 
delle  due  parole  in  qualche  congiuntura  {ho  fatto  il  possibile  ;  ho 
fatto  l'impossibile).  Per  la  Venezia,  cfr.  impossibile  Mag.  Ili  45*, 
Ruz.  Dial.  8^,  Bastanzi,  Le  superstiz.  nelle  Alpi  venete,  146. 

inbarbugios:  el  m'era  i- mi  confondevo,  m'impappolavo, 
556.  Cfr.  it.  barbugliare,  ecc. 

incagar  incacare,  farsene  beffe,  274,  644.  Cavass. 

inchiauar  *  rinchiudere  a  chiave  '  o  'inchiodare'?  763. 

inchina  fino  993  (o  inchin  a?);  inchin  da  (cioè  inchinda) 
ma  fin  adesso  266;  ma  al  v.  1058,  Toscurità  del  passo  mi  toglie 
di  dire  di  qual  senso  veramente  si  tratti.  Wendr.  §  141,  e  ìn- 
chinda  da  tosatto  fin  da  fanciullo,  in  qualche  testo  pavane. 

incepedide  aggranchite,  intirizzite,  159.  Trev.  inzipidir 
intormentire,  bellun.  imerp-  intirizzire.  La  base  ne  dev'essere 
*  ceppo  '  (cfr.  inceppare,  mugg.  insopedarse  inciamparsi). 

indegnarse  degnarsi  720.  Y.  Mag.  Ili  43*. 

indesdegnarse  sdegnarsi,  arrabbiarsi,  716.  Cfr.  a  vie.  in- 
desdegnà  (Bortolan). 

indrapellà  coperto,  vestito,  714.  Cfr.  frc.  drapé,  it.  drap- 
peggiato. 

in  drié  indietro  21,  ecc.  Cavass. 

indusiar  indugiare  126.  Cavass. 

in  fin  a  persino  935. 

in  fora  157;  1.  in  fora  in  fuori. 

inpegnorar  impegnare,  pignorare,  891,  995,996. 

in  pia  accesa  532.  Cavass.  *impear',  e,  per  la  evoluzione 
del  significato,  anche  vie.  intorse  accendersi. 

insir  uscire  {ins  esce)  480,  496.  Cavass.,  e  ancor  oggi  rensir 
(rinsa  riesca)  nel  vie.  rust. 

insembre  insieme  66.  Cavass. 


308  Salvioni, 

insofranè  cosparsi  di  zafferano,  del  color  dello  zafferano^ 
709.  Cfr.  centure  imaffranè  Ruz.  Orat  2^,  inzafranà  'Sofranò 
Lovar.  10,  28.  Per  To,  di  cui  v.  Rendic.  Ist.  lomb.  S.  II  voi.  XXXV 
970,  anche  soffran  Mag.  HI  17*. 

insonnia  sogno,  -fiiar^e  sognarsi,  nelle  didascalie  che  pre- 
cedono ai  vv.  518,  316. 

layar  lasciare  1004.  Cavass.,  Ktg.  5443,  5454,  Thomas, 
Essais  de  phil.  fr.  322-24.  Si  tratterà,  come  già  ho  espresso  in 
XVI  195,  dell'incontro  di  legare  '  e  di  lasciare. 

laoc  186.  V.  l'emendazione  proposta  a  questo  passo. 

lasagne  ciancio,  ciarle.  Cavass.  *  lesagna ',  Mag.  I  58\ 

lasagnette  tagliatelli  398,  1015.  Ven.  ecc. 

lasagnie  lasagne  833,  1014. 

lassar  rilasciare,  rallentare,  144. 

lat  fem.,  latte  288,  788.  Wendr.  51,  Mag.  I  4^  27',  ecc., 
Meyer-Liibke  U  §  377. 

lauorier  opere,  lavori,  444.  Ven.  laoriery  ecc.,  borm.  con  r-r 
dissimilati,  lorédi. 

laurier  fregi,  ornamenti,  476.  V.  *  laorier '. 

le fn brano  pelle  632.  Sarà  'membrana*;  cfr.  Umbri  Beiir. 
s.  '  nembro  ',  a.  vie.  slembro  (Bort.). 

leni  1071.  Che  significa?  V.  l'osservaz.  critica  al  verso. 

l etran  -m  letterato,  dotto,  uomo  di  studio,  125,  714.  Cavass., 
sU'iran  (Bort.,  Wendr.  §  77),  sprolig  long  e  letran  lungo  e  dotto 
discorso  Egl. 

linnda  *  leggenda  '  162.  Interpreta,  cioè:  *  il  cappello  porta 
la  stessa  leggenda  del  mio  ',  ha  la  steHsa  marca  di  fabbrica,  gli 
stessi  contrassegni  del  mio. 

Ha  ma  lealtà,  buona  fede,  676,  e  parmi  la  riduzione  di  on 
^lialama,  E  anche  del  Voc. 

l  intiera  lettiera  326. 


*  Uy,  lasciare  per  testamento,  è  voce  lereotinefle. 


Illastrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc.  ,  809 

lòra  maculata,  screziata,  1048.  Cavass.  s.  Mor',  e  vacca 
lara  Mag.  II  10'. 

lugurar  farsi  chiaro,  albeggiare,  557.  Da  lugor  (Cavass.) 
corrispondente  al  frc.  lueur,  a.  it.  lucore.  Ktg.  5711. 

Iu8  de  fer  55,  380,  911.  Curiosa  interpretazione  e  quindi 
riduzione  di  Lucifero,  che  qui  sarà  stato  ^Lusefér.  Cfr.  un  ana- 
logo scioglimento  nel  trent.  fit  de  comts  fideicomisso. 

magnar  mangiare  26,  29;  Cavass.,  Beitr.  77.  —  Si  tratterà 
qui  di  mangar  con  nff  in  /{,  e,  nella  concorrente  forma  molar,  ecc. 
(lomb.  majà),  di  ut  —  fi  dissimilati  per  m  —  i. 

magon  stomaco,  petto,  30, 318,  1050.  £gl.,  Cavass.  ;  Beitr. 
76,  Zauner,  o.  e,  179. 

malenconios  malinconico  924.  Cfr.  malencognoso  Mag. 
(Bortolan),  onde  poi  il  gn  passa  in  malincognia  'Ila-  (Ruz.,  Mag.) 
così  come  armognia,  Mag.  IV  103**,  deve  risentirsi  di  un  *ar^ 
mognos. 

malmuoria  memoria  565.  Ne'  testi  pavani  ma-  e  smalmuoria 
(Bortolan,  Mag.  I  13',  ecc.,  Wendr.  §  78),  ancor  vivo  in  qualche 
varietà  veneta,  friul.  tnalmuerio  IV  337.  Forse,  come  lo  prova 
il  mil.  marmaria,  il/  è  da  r  per  dissimilazione;  e  questo  r  pro- 
verrà forse  da  un  antico  oscillare  che  si  facesse  tra  memorja  e 
^mermoja. 

man  1022  iman  a  tenche  'mano  a  tinche;  via  a  mangiar 
tinche';  v.  Wendriner  §  149. 

manazzon  manichino,  polsino,  polso,  342,  412,  623,  1038. 
Cfr.  il  frane,  manehon,  da  cui  potrebbe  la  nostra  voce  derivare, 
avendosi  allora  come  secondario  il  valore  di  *  polso,  noce  della 
mano  '. 

manginar  immaginare  114.  U  primo  n  none  epentetico, 
ma  proviene  dall'in-  di  *inmaginar. 

maniera  ritrosa,  manierosa,  *  che  fa  delle  maniere'  *  che 
oppone  delle  difficoltà,  640.  In  Lovar.  :  maniera  opposto  a  greza 
e  in  un  paragone  collo  sparviere  [la  spaliciera).  La  connessione 
di  questa  voce  coll'a.  tose,  maniere  -o  non  fa  dubbio,  e  il  tra- 


310  Salvioni, 

piàasQ  a  un  significato  quasi  opposto,  quale  è  nella  voce  nostra, 
è  molto  facilmente  giustificato. 

manulieza  manievoIe«  alla  mano,  300;  mancliem^  nell'egl. 
Circa  alla  derivazione,  che  corrisponde  forse  a  quella  italiana 
per  -^ccio  {mangeréeció)y  cfr.  schiuolieea  s,  v.,  e  vivolezo  vispo 
Ruz.  Dial.  8^,  ven,  magnolezo  appetitoso. 

marager  viscere,  petto,  cuore,  588,  994,  1081;  v.  il  v. 
592  confrontato  col  v.  588.  La  voce  è  derivata  da  un  *maragia 
corrispondente  alla  sua  volta  a  un  *matralia^  da  matbb  per 
quella  stessa  via  onde  si  viene  a  matrongh  stomaco,  a  Piaaza 
Armerina.  Le  viscere  son  cioè  considerate  come  la  sede  del 
*  mal  di  madre  ',  del  madróiì,  come  dicono  a  Bellinzona,  o  mal 
del  marager  come  è  detto  al  v.  994,  e  anche  della  smara  (:=  mara 
'  madre  '),  come  è  nella  Venezia  il  nome  della  ipocondrìa  (cfr. 
mare  nausea  Cavass.).  E  v.  qui  avanti  s.  '  maruogna  \ 

maràs  vipera  528.  Cavass.,  Nigra  XV  500-501;  ma  l'etimo 
slavo  proposto  dal  Gartner  è  forse  più  attendibile.  Appena  oc- 
corre poi  di  avvertire  che  il  marasso  del  Voc.  è  una  voce  ve- 
neta; e  che  della  stessa  base  è  forse  anche  il  boi.  magaràss 
igar  =  gr  =  dr?). 

mar  cella  224.  Non  mi  riesce  di  connetterlo  con  marzel 
n.  d'una  moneta  di  cui  vedi  s.  v. 

marchet  1027;  n.  d'una  moneta,  di  cui  v.  il  Boerìo. 

mariga  sindaco,  capo  del  comune,  cursore  comunale,  141. 
V.  Rezasco,  Diz.  del  ling.  it.  stor.  e  amministr.  608,  Schneller, 
Die  rom.  vlksm.  239,  la  cui  etimologia  non  mi  par  sostenibile. 

mar  obi  a  -ru-  aspra,  burbera,  765,  1086;  e  cfr.  ven.  ma- 
rubio  cipiglioso,  austero,  burbero.  Avrà  detto  prima  '  amaro  ', 
risalendosi  certo  alla  pianta  marrubium,  che  ha  un  gusto  aore. 
In  Levar.  88,  c'è  la  similitudine  vita  amara  co  è  'l  marubio^  e  il 
Mag.,  Ili  9*:  0  pi  che  n'è  el  marubio  amor  amaro;  TV  98**:  /W, 
cegua  e  marubio  smissiè. 

martel:  à  w-  a  stormo  584. 

martuori  martorio  310.  Cavass.  *marturi'. 

marubia;  v.  'marchia'. 


Illustrazioni  air*  Egloga,  ecc. ,  811 

maruogna  ^gnia  mattana,  ipocondrìa,  33,  992,  1049,  scoria, 
gente  di  rifiuto,  440,  494.  Questo  secondo  valore  si  riannoda  di- 
rettamente a  quello  del  ven.  ìmtrt^gna  scoria,  rosticci  del  ferro, 
calcinaocio;  ma  la  voce  e  nell'una  e  nell'altra  significazione  si 
connette  a  '  madre  '  o  per  la  via  di  cui  qui  sopra  s.  '  marager  ', 
o  per  quella  di  matfr^  :ss  fondo,  deposito,  feccia,  di  che  v.  Ro- 
mania XXVIII  107.  [Ora,  anche  Vidossich  Zst.  XXVII  7501. 

mnrztl^  n.  d*una  moneta,  879.  Cavass.,  Boerio. 

mas  podere  con  abitazione  907.  Cavass.,  Etg»  5909. 

massn  troppo  144,  733.  Cavass. 

mazzuch  tanghero,  villano,  934.  Cavass.  ^mazuc*. 

men  manco,  nemmeno,  nemmanco,  1010. 

mtssal  luglio  607,  cioè  ^il  mese  delle  messi  '.  La  voce  ri- 
toma nell'egl.,  e  in  qualche  parte  della  Ladinia  centrale,  e  vedine 
ora  Ciem.  Merlo,  I  nomi  romanzi  delle  stagioni  e  dei  mesi  ecc. 
(Torino  1904),  p.  145. 

wie,  mez:  per  me  292,  permez{s€)  426.  Nel  secondo  esempio, 
ugnifica  *  incontro'  *  contro';  nel  primo,  la  oscurità  del  con- 
testo m'impedisce  di  pronunciarmi.  Cfr.  a.  vie.  per  mezo  (Bort.), 
trent.  per  mez,  veron.  imparmèy  di  faccia,  dì  fronte,  dirimpetto. 
Anche  il  per  me  di  best.  55  va  così  interpretato:  li  dreza  per 
tnè  lo  sole  ^=^  '[l'aquila]  lì  pone  dritti  in  faccia  al  sole  '.  V.  anche 
Cavass.  s.  '  mez  '. 

meter  su  istigare,  aizzare,  infiammare,  269.  Anche  letterario. 
—  metter  d  óul  à  bas  morire  375. 

migiol  bicchiere  810.  Cavass.  *  miol ',  boi.  mivttó  (Qaud., 
p.  231),  dove  il  -r-  sostituisce  -y-  come  nel  pure  boi.  Mont  Mmottr 
M.  Maggiore  (v.  Krit.  Jb.  IV,  I,  167-8),  e  hell'ar.  urimolo  orinolo. 

millanta  425;  parmi  che  abbia  lo  schietto  significato  di 
*  mille  \ 

minchiastro  minchione  726.  Travisato  eufemisticamente 
sul  modello  di  '  mentastro  '. 

mo  ma  661,  799,  800,  959, 1004.  Cavass. 

mò  adesso  266. 


312  Salvioni, 

mole  sella  molle,  tenera,  84.  Bellun.  molesèla  mollica,  e 
V.  Alton,  Die  lad.  Id.  s.  *  morgèll  '. 

monesella  tenera,  arrendevole,  gentile,  764.  Bellun.  mo- 
nesél,  con  n  —  l  per  dissimilaz.  da  2  —  {;  e  su  moneaèi  s'è  poi 
modellato  il  sinon.  monesin  {=-molisin  Gavass.). 

monga  58.  È  nome  proprio  di  vacca  o  di  capra;  v.  Cavass. 
e  regi. 

morhez  gajezza,  allegria,  366,  870,  874.  Cavass.  *  morvez  '. 

morbo  peste  388. 

motel  paonazzo,  panno  color  paonazzo,  715.  Boerio. 

mostaz  viso  410.  Cavass. 

mucignos  moccioso  248.  Beitr.  81,  Lorck,  Altb.  spr.  168. 

muner  mugnajo  882.  Cavass.  —  Esempi  veneti  analoga- 
mente conformati  sono  il  np.  Aponal  Apollinare,  e  ponèr  pollajo 
*  poUinajo  '  ^  (cfr.  polinae  1  345  n.  friul.  polindr^  e  il  veron.  puinar, 
pollajo,  cioè  *pujinar^  da  *pojo  pollo,  XII  424). 

muò  come  4,  ecc.  Cavass. 

muogia  bagnata  452.  Yen.  mogio,  mil.  mqj,  feltr.  mujo 
(con  u  dalle  arizotoniche)  intingolo,  ecc.  Etg.  6260. 

musa  muso,  faccia,  292.  Friul.  muse,  a  pav.  musa  (Mag.), 
ven.  mésa  brutto  muso;  e  v.  XII  416. 

mussa  asina  131,  vai  de  la  m-  ni.  Cavass.  '  mus  ',  Etg.  6408 ^ 

muzolar  singhiozzare,  gemere,  230.  Bort. 

naia  -già  razza,  genia,  899,  1109,  e  questo  significato  ha 
sempre  la  voce  ne'  testi  pavani  (Ruz.  Orat.  9*,  Mag.  IV  8*,  23*, 
36*,  ecc.),  nel  Friuli,  v.  Zst.  XXIU  522  (dov'è  detto  che  si  tratti 
di  NATALIA),  e  nell'Istria,  Ive  149. 

naraccia  -ssia  razza,  gem'a,  278,  303,  703.  V.  Ro.  XXXI 
287,  e  cfr.  ne-  nar-  narration,  id.,  Ruz.  Orat.  5*,  10^  Vacc.  35*', 


*  Dovuto  certo  airinflaenza  di  'gallina*;  cfr.  friul.  giàlinàr  pollajo. 

'  Dopo  quanto  è  stato  constatato  a  proposito  di  gianduasa  (y.  s.  v.),  non 
vi  sarà  difficoltà  a  ritenere  che  mussa  possa  corrispondere  a  ^muzzay  e 
quindi  al  parm.  tnizza  asina,  al  tose,  miccio  -a. 


Illustrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc. ,  318 

Sprol.  21\  gnaration  (=ia  *jtìeratian  *jin-j  o  =  *n;>-  •«!;«- •n«- 
jeraii<m?)^9  nel  Furtaro  incalmò  (Padova  1683). 

Come  narraéion  va  con  naraccia^  ecc.,  così  era  parso  a  me 
sicuro  che  con  questo,  e  cioè  col  nomin.  dotto  oeneratio  (e  vi 
aveva  già  pensato  altri  ;  v.  il  Tommaseo  s.  '  razza  '),  fosse  da 
mandare  l'it.  razza.  Ma  il  Meyer-LQbke,  nel  render  conto  di 
quel  mio  articoletto  (Zst.  XXVII  252)  *,  pone  in  dubbio  il  rag- 


^  Sarebbe  il  prodotto  d*ana  metatesi  reciproca;  per  il  qnal  fenomeno  ho 
in  pronto  più  altri  esempi  veneti  :  mUoga  qui  sopra,  s.  '  chiuiluoga  *.  vie. 
còfano  gnocco,  trent.  pad(va  pipita,  r0véH  veleno  (cfr.  veren  Mag.).  beli  un. 
mai.  tnugnai  (Bastanzi,  Le  superstiz.  nelle  Alpi  ven.,  84)  porco,  cioè  *fìimàl 
(per  il  fi,  efr.  atiitnal  porco,  anche  a  S.  Vittore  di  Mesolcina),  trent.  tozzola 
=a  *zat'  ciotola,  non  senza  influsso  di  tazza,  trent.  taranz  verdone  (ven.  za* 
ranto,  friul.  eirant),  gril  ghiro,  prezioso  come  testimonio  delPantico  gì-,  fré- 
ghenaU  di  fronte  a  vaiteli.  gabituU  i  doni  della  Befana  (Bruckner,  Charakt. 
32),  terlaSna  ragnatela,  per  *  telar'  (vie.  to[/a]ra^fia,  veron.  'ra(na^,  e  questo 
col  raj,  ragno,  del  Friuli  e  della  Valmaggia,  zanfraao  francioso  (Clm.  egl.  Ili, 
nel  prologo  in  lingua  dalmatina)  da  paragonarsi  col  lomb.  zenfret  (I  257), 
che  scherzosamente  (eianfrés)  s*usa  tuttodì,  veron.  lavansàna  allato  a  ra/a- 
'  valenzana  *  sp.  di  coperta,  parpon^n  pamporcino,  pad.  haroaìt,  v.  qui  sopra 
a  p.  162,  ven.  sguaratar  e  sguatarar  sciaguattare,  calamion  camaleonte 
best.  gloss.,  grad.  silizin  (ven.  sisiìa  rondineX  istr.  ruvinal  cioè  ^ruri-  orinale, 
Ive  98,  gilidingia  diligenza,  in  qualche  testo  pavano,  veron.  eneropito  (ven. 
inirapieo)  idropico,  trent.  éreda  edera,  partéve$  »>  ^partéstte  partecipe,  se  non 
va  coirit.  portéfiee,  veron.  séndo  e  selene  sedano.  In  bugànsa  (piem.  bUgànfa; 
ÒHganza  nella  Race,  di  voci  rom.  e  march.)  gelone,  di  fronte  al  boi.  buéanca, 
che  parrebbe  un  esempio  del  tipo  di  chiébito  ^»  tiepido  h  difficile  dire  da 
qual  parte  stia  la  metatesi  (cfr.  anche  boi.  ganoèèa  «^  ren,  nagossa  negossa). 
Se  vi  si  tratta,  oom*é  probabile,  di  òtieo,  la  metatesi  sarà  stata  favorita, 
secondo  il  caso,  dal  desiderio  di  porre  in  prima  linea  dove  buco  (cfr.  bygo 
nella  Bacc.),  dove^wso  (bua);  cfr.  t(u)bu$an€hao  XII  436. 

'  [Nello  stesso  passo,  il  Meyer-Labke  si  chiede,  dato  Tetimo  /Mita  =»  la- 
cùsA»  se  a  Trento  il  -<v  può  sparire  senza  laaciar  traode.  Mi  par  di  si, 
visto  uccia  ago,  ch*è  anche  veronese,  i  trev.  usar  aguzzare  e  fuatsa  (I.  Ninni, 
App.).  Quanto  alla  contrasione  (dato  ohe  ^auceia  non  potesse  servire,  e  che 
luna  non  rivenisse  in  fondo  a  *l'una  *aùna  *raàna\  essa  ha  nella  Venezia 
numaroai  esempi  per  altre  combinazioni;  oltre  a  crcnza  *  credenza*,  rentCt 
(ragia,  magia,  vie.  vegia  'ja  ciocca  (di  capelli)  Ktg.  10245,  o  10247  (?),  eco.. 


314  Salvioni, 

guaglio,  forse  perchè  non  gli  par  possibile  che  una  voce  tanto 
estesa  qual  è  razza  abbia  dappertutto  quella  giustificazione  fo- 
netica  che  può  aver  nella  Venezia  (cfr.  qui  ancora  ris  narice 
Zst.  XXIV  389,  e  gramanzia  negromanzia  kath,  gloss.).  Ma  a  me 
sembra  che,  data  la  natura  letterata  della  voce,  quella  evolu- 
zione era  possibile  in  qualunque  parte  d'Italia,  e  quanto  alla 
Francia  e  alla  Spagna,  è  ben  probabile,  come  il  Dict.  gén.  am- 
mette per  race,  che  la  voce  vi  sia  arrivata  dall'  Italia. 

nega  natica  450,  629.  Zauner,  o.  e,  166. 

negro  gramaglia  226. 

ne  ola  -II-  nube  912,  936.  Beitr.  82. 

ne  ola  specie  di  ostia  dolce  345.  V.  le  mie  Postille  al  Ktg. 
s.  *  nebula  ',  Ktg.  6485,  e  aggiungi  nibiè  (plur.)  Ancon  31*,  dove 
pajon  concorrere  *  neola  *  e  *  oblata  '. 

ne  ss  a  febbretta,  febbre.  Cavass.,  Alton  'nescia'. 

niac  *  neanche  '  ancora  877.  Anche  in  Mi^.  I  36*",  sì  legge  oc 
anche,  ma  non  sarà  un  errore  come  potrebb'essere  nel  nostro  niac? 

nianc  *  anche  *  984,  e  v.  pag. 

nient  :  nient ...  no  se  porou  '  per  nulla  ...  si  potrebbe  '  8445. 

nigun  nessuno  884.  Cavass.,  e  gneguno  nel  Dial.  di  Cecco 
di  Ronchitti  (cfr.  veron.,  feltr.  gnissun  gne-), 

nisar  incignare  654.  Cavass. 

nouizza  sposa  93.  Cavass.  *nuvìz*. 

no  zza  nozze  399.  Prc.  noce,  rum.  nùntà^  M.-L.  II  66. 

ombrar  numerare,  contare,  567,  938.  Veron.,  trent.  id.,  a. 
pav,,  vie.  rust.  lombrare,  lombro  Mag.  U  63^  Ktg.  6611. 


dove  si  tratta  di  vocali  uguali,  cfr.  pav.  frel  fratello,  vie.  gitelo  ali.  a  puà  van- 
gajuola,  rabiù  rastio  (e  Mag.  Ili  45''  ;  ven.  reciolv  KUTABtJttj),  ven.  sita  saetta, 
mesftro  e  mistro  tnaestro,  grela  e  praèla  grata,  graticoln,  gritiola  canniccio, 
trent.  cratura  creatura,  v«n.  Tódaro  Teodoro,  Lunatdo  Leonardo,  Pantalon  Pan- 
taleone,  trev.  baliistro  balaustra,  vie.  chégin,  ven.  chi-  ehigiar  {^^  *caigiar,  ecc.), 
scapecchiatojo,  scapeccbiare.  E  ci  doveva  essere  anche  mata  *  medaglia  ',  solo 
così  potendoci  noi  spiegare  il  fnadaia^  maglia,  dì  cui  in  Cipolla,  Un  amico 
di  Cangrande,  ecc.,  47]. 


Illnstrazioni  air  '  Egloga,  ecc. ,  315 

ondre  dove  169,  170.  Così  nell'egL,  e  il  r  vi  è  epentetico 
come  nel  friul.  dantre, 

ont  strutto,  burro,  374.  Gavass.,  Egl. 

ontiera  volontieri  330.  Ruz.,  Mag.,  ecc.,  v<h  prov.  gloss., 
Levar.  139. 

orca  moglie  deirorco,  strega,  247. 

osmarin  rosmarino  201,  206.  Ven.,  trev.;  mil.  a«n-,  e  il  r- 
6  caduto  per  dissimilazione.  Ktg.  8150,  dove  si  può  aggiungere 
il  veron.  gustnarin  (=  de  a-  *de  va-  *de  yo-  ?). 

pagnuchet  panino  27,  1026.  Yen.,  berg.  pagnòca.  Del  H, 
V.  nnm.  25  n. 

palangon  paragone  958.  Mag.  id.;  ven.,  mil.  parangón. 

pali  a  din  paladino,  conte  palatino,  341,  622.  Cavass.,  e 
conte  palaini  Rod.  52^. 

palpadura  presa,  luogo  dove  toccare,  dove  palpare,  413. 

paracion:  a  p-  bl  similitudine,  in  paragone,  181,  367,  370, 
522,  525;  Ruz.  Orat.  16^;  bellun.  in  rata  parazion  in  giusta 
misura.  Il  Wend.  §  75,  pensa  a  cofnparatùm,  U  Nigra,  XV  505, 
a  porzione  (cfr.  a  portion  a  proporzione,  nel  Dial.  di  Cecco  di 
Ronch.  22,  che  sarà  però  proporzione  anche  per  l'etimo).  Cre- 
derei che  abbia  ragione  il  Wend.  ammettendo  tuttavia  che  c'entri 
per  qualcosa  '  paragone  '. 

parar  nia  scacciare  870.  XIV  211. 

pare,  masc,  parete  234.  Ven.,  e  M.-L.  Il  420. 

parecchio  simile,  uguale,  compagno,  285  ^  XII  419,  XIV 
211,  Mag.  n  48\  IV  34\  e,  per  parigi  testicoli  (Kj.  IV  p.  I  159), 
Levar.  77. 

partesana  partigiana  231. 

pascolarla  scialarla,  godersela,  1021. 

pastoni  de  bon  p-  di  buona  pasta  970.  Con  pastume  Mag. 
IV  34*",  e  diverso  quindi  dal  ven.  bon  paston  buon  pastricciano  ^. 


^  Nel  pavese  parent,  simile,  dev'ensere  intervenuto  '  parente  *. 

'  Il  nostro  pasioH  del  resto  non  rima,  e  v.,  a  tal  proposito,  pag.  281.  E 

Archivio  glottoL  ital.,  XVI.  21 


816  S&lvioni, 

pastro  pastore  88,  106,  389,  407.  Cosi  anche  nell'egl.,  e 
V.,  per  il  bellun.  pasire,  Ascoli  I  415. 

patarin  -na  '  patendo  -na  ',  100,  241,  208, 861,  560, 1057, 
ma  «isato  sempre,  come  anche  nell'Egl.  e  altrove,  quale  termine 
generico  di  spregio  (cfr.  anche  zudier^  turca). 

Paua  Padova  730:  far  magnar  U  galline  a  P-  mandare 
allo  studio  dì  Padova* 

pear  affisrrare,  pigliare,  20.  Cavass.,  e  qui  sopra  a  p.  282. 
L'è  non  sarà  forse  dalle  arizotoniehe,  ma  sarà  da  giudicarsi  come 
quello  di  gegio  ciglio,  zégio  giglio,  megio  miglio  mIlixth,  Wendr. 
§  9,  veron.  poéja  *po{ja  pipita. 

pegro  *  pigro  '  restio,  tardo,  renitente,  224.  Cavass.  *  pegre  '. 

pensarse  aver  pensiero  210. 

pera  insieme,  unitamente,  116;  Cavass.,  e  più  volte  nell'Egl. 
Y.  qui  sopra  a  p.  231-2  e  aggiungi  feltr.  para;  an  paro  Mag. 
I  8*,  e  a9pder  rasente  a,  a  Ponte  dì  Valtellina,  forma  questa 
che  col  suo  $  ben  conforta  l'etimo  dato  del  lad.  asper,  ecc. 

per  me;  v.  n%e,  e  aggiungi  perme  dirimpetto  Mosch.  54, 
permiò  di  contro,  Dial.  di  Cecco  di  Bonch.  20. 

pestar  tè  f  1014,  una  specie  di  pesto;  cfr.  beUun.  pestarel 
minuzzame. 

petit;  V.  'apetet'. 

pettolon  peto,  vescia,  963.  Yen.  pètola  cacherella. 


ne  sarà  poi  diverso  il  yen.  paston'^  0  non  sarà  esso  la  nostra  stessa  voce 
C  è  ttna  buona  pasta  *),  e  cioè  ^pastome,  interpretatosi  poi  come  un  derivato 
in  'óne^  Sarebbe  allora  es.  da  aggiungere  ai  già  noti  zanton  cianoiome 
Cavass.,  fané  ex.,  ómeda  lap.,  prona,  brogna  prugna,  esempio  che  va  olfart 
la  Venezia,  veron.  liomi^  legumi,  trev.  btion  bitume  (se  non  è  il  firo.  bAon), 
e  forse  negona  Mag.  Ili  29*.  Un  analogo  procedimento  vedeva  io  in  crena 
crine  ;  ma  il  Vidossich.  Dial.  di  Trieste,  8  13,  vi  ravviserebbe  invece  un  ac- 
catto emiliano.  Ma  ò  egli  provato  clie  il  '  crine  *  sia  mai  stato  importato 
daU'Bisilia  nella  iemiferma  veneta?  E  non  ha  il  Tidossich  avvertito  che 
nell*a.  pav.  c*è  guaena  (  :  vena)  guaina,  Levar.  133,  e  aseaseen  (  :  ben)  assas- 
sino, ib.  262  ?  £  non  avranno  qualche  valore  i  Contareno,  Mtmroeeno,  ecc., 
ohe  i  dooumenti  offiroao  per  i  serioxi  Oontarinf  MòrùiiHf  eoo.? 


Illastrazioni  ali*  *  Egloga,  ecc. ,  B17 

péuerada  pèvero,  salsa,  saore,  $97.  Boario  'pevarada', 
CavasB.  'perada',  egl. 

pi  più  215,  ecc.  Cavass. 

pianzolent  piagnoloso  1.  Giom.  6ft.  d.  lett.  it.  XLI  111*2. 

piar  290;  r.  *pdar'. 

piccar  pendere  431,  632,  appendere  242,  644.  Cavass.,  e 
trent.  picar  pendere,  propendere,  pica^  ven.  picagia,  grappolo, 
penzolo. 

pici  gol  pizzicotto  631.  Ven.  picegoto,  ecc. 

piégola  pecora  7,  63,  ecc.  Cavass.,  Il  319,  num.  27;  né  ora 
più  dubiterei  del  genuino  carattere  della  forma. 

piet  petto  105^  383.  Gavass.  II  810,  veron.  pietà,  vie.  pieti 
poppe.  Per  il  dittongo,  cfr.  anche  aspietta,  ecc.,  nel  pav.,  che 
potrebbe  averlo,  per  mera  aseonansa  fonica,  da  pieto.  Qui  poi 
mi  chiedo  se  la  causa  non  ne  vada  ricercata  nell'  -4  della  forma 
petti,  petto,  dì  cni  v.  Hossafla  Beitr.  18  ^ 

pietà  coltre  554.  Gavass.,  Postille  al  Ktg.  s.  '  plSctus  '. 

pietanza  pietà,  compassione,  673,  1060.  Noli  ignoto,  collo 
stesso  Significato,  al  Vog. 

pigrieia  pigri2ia,  paura,  219. 

pila  testa  435.  Voce  ludicra  o  gergale,  che  può  dipendere 
o  da  PILA  palla  o  da  pilum  pelo. 

pioueg  contribuzione,  prestazione  in  lavoro,  corvée,  880. 
Ascoli  IV  841  n;  Ktg.  7504. 

pis  piscia,  orina,  989.  Ven.  pisao,  piem.  pt(. 

piter  vaso,  vaso  da  fiori,  802.  V.  Boerio  s.  *  pitè  '  e  *  piter  ', 
Ive,  Dial.  istr.,  68.  La  voce  veneta  e  Tit.  pitale  non  posson  com- 
binarsi in  causa  del  t  scempio  della  voce  italiana,  e  del  t  (Ht-) 
della  voce  veneta.  A  meno  non  s'ammetta  che  quella  provenga 
da  questa,  o  che  ambedue  dipendano  dal  frane,  pat  (Nigra,  Ro. 
XXVI  560),  cui  sia  venuto  a  commescersi  qualche  altra  voce 
l pignatta?). 


'  Ai  tre  noti  nostri  ludi,  petH,  fondi,  Beitr.  18,  AmoIì  IV  Ul  n.,  Mrà 
fsiss  da  sgglinigiire  il  treni,  rait.  péti  prjvs  (v.  Ricci  8.  v.). 


318  Salvìoni, 

pitturina  petto  108,  562,  1037.  Esempio  da  aggiungere, 
per  il  significato,  all'a.  pavé,  petorina  (v.  Boll.  d.  soc.  pav.  di 
st.  patria  II  232)  e  dipendono  forse  ambedue  dal  francese ,  di 
cui  V.  Zauner,  o.  e,  141 1. 

piua  cornamusa  240,  e,  figurat.,  mammella  608.  Gavass. 
—  iscontrerà  le  p-  per  la  via,  685,  ricorda  il  modo  :  '  tornar- 
sene colle  pive  nel  sacco  '. 

piuma z  guanciale  545.  li.  più-  e  pimaccio^^  ecc. 

pi  zi  nifi  piccolo  243. 

posta:  a  so  p-  di  sua  volontà  389;  m'haesse  amazzò  dame 
posta  mi  fossi  volontariamente  ucciso  Buz.  Dial.  7^. 

pota:  p'  de  mi!  Esclamaz.  d'orìgine  lubrica.  Gavass., 
Wend.  §  75. 

prenzera  pranzo,  cibo  per  il  pranzo,  118.  La  voce  ritoma 
più  volte  nell'egl.  (qui  anche:  prenzera  da  mattina  pasto  matti- 
nale). Fuori  d'Italia:  prov.  plangeiro  siesta,  Thomas,  Mélange8  89. 

preue  -uet  prete  125,  706,  748,  745,  842.  Le  due  forme 
si  distinguon  tra  loro  pel  solo  fatto  del  -d-  conservato  o  espunto. 

principio  prìncipe  750,  860,  e  un  esempio  pur  nel  Galmo 
207.  È  evidente  la  confusione  materiale,  e  un  po'  anche  ideale, 
di  *  principe  '  con  *  principio  *. 

prò  d'hom  'produomo'  valentuomo  590.  La  scrizione,  per 
cui  il  d  appar  inteso  come  una  preposizione,  occorre  anche  nei 
testi  pavani,  che  conoscon  anche  la  forma  per  d^hom,,  e  altrove. 
XII  423,  Cavass. 

puina  rìcotta  102.  Cavass.,  Nigra  XIV  288-9,  360. 


^  Anche  nelPengad.  (Pallioppi):  pchtlrina  Brust,  Bruststùck  (vom  Riiid- 
fleisch). 

^  Da  questo  pimaceio  non  si  stacca  sprimacciare  che  sarà  veramente 
spim-j  che  è  pur  documentato,  aumentato  poi  di  quel  r  ch*é  anche,  p.  es., 
nel  montai,  spronda  sponda,  ven.  shrignar  ali.  a  àhi-^  valsass.  (Introbbio) 
skrQka  altalena  (mil.  skgka  Misceli.  Ascoli,  90),  boi.  scróvva  scopa,  borgotar. 
scressora  =  mil.  scossilra  vetta  del  coreggiate,  screllente  limpido  (cfr.  gen. 
skilénte,  aless.  sklent,  Parodi  XY  75),  asc.  acrucchia  di  fronte  a  scucchia 
Zauner,  o.  e,  73,  eco.  E  v.  qui  sopra  a  p.  236,  e  .più  innanzi  s.  *  scagna  *. 


Illustrasioni  air  *  Eflfloga,  ecc. ,  319 

pullier  poledro  144.  Qui  adoperato  in  senso  lubrico.  Yen. 
pulièroy  ver.po/er,  frìul.  pujèri^;  e  v.  Meyer*Ltibke,  Zur  Kenntniss 
des  Altlogudoresiscben,  10-12. 

put  bimbo  780,  putta  ragazza  40,  194,  337,  putèl  putto, 
bambino,  793. 

putar  credere,  pensare,  746,  931.  Evidente  latinismo,  ma 
passato  realmente  nella  lingua. 

quarta  quartiere,  la  quarta  parte  d'uno  stajo,  29.  Boerìo. 
quii ò  qui  493.  V.  'chilo'. 

Taccola  raganella  467.  Yen.  ecc. 

rebba  rabbia,  trasporto  amoroso,  ardore,  smania,  18. 348,  ecc. 
Cavass.  ^reba',  ^reba  smania  pur  nell'Egl. 

refréBcura  refrigerio  1089. 

regost  528;  v.  *  revost  '.  Per  il  *<;-,  cfr.,  fra  altro,  anche  il 
bellan.  bugazza  =  ven.  boazza  bovina,  chigo,  ligo,  di  cui  qui  in- 
dietro 8.  '  chiuìluoga '. 

rengar  'arringare'  discorrere,  parlare,  125;  lo  stesso  si- 
gnificato in  ca.  37  (renger  loquace),  Lovar.  118,  140,  204, 
Ancon.  4\  ecc..  Calmo  GXIX-XX  n. 

repettar  opporsi,  protestare,  904.  Yen.,  mil.,  ver.  (ropetar 
dimenarsi),  ecc. 

resorzer^  uscire,  spuntare,  17. 

rcBsaltar  assaltare  75.  Forse  da  arsaUar,  che  è  di  qualche 
antico  testo  della  Yenezia,  ridotto  come  il  grignan.  requanti  ^=^ 
arq-  =  alquanti  (Papanti  422)  ^. 


*  n  ver.  poter  sarà  Spelerò  *poletro  (cfr.  l'a.  veron.  cera  cetra,  Fra 
Giacomino),  imbrancatosi  anch'esso  (v.  num.  4  n)  poi  colP-ér  da  -axiu; 
poiché  parmi  che  il  frinì.  puJM  ci  tolga  di  pensare  a  un  ^puììariu, 

'  Non  credo  a  un  resorz'  che  stesse  a  '  risortire  *  come  i  feltr.  o  sacil.  perz 
perde,  morz  morde,  arz  arde,  spam  spande,  responz  risponde,  vem  vende, 
tenz  attende,  sconz  nasconde,  ecc.  (ma  rU  ride),  stanno  a  perder  ecc.  (v.  Se- 
gato, o.  e,  pan.),  poiché  qui  si  tratta  sempre  di  -rd  ^nd  {responz-  su  ^rezpònzo, 
moto,  che  però  par  mancare;  quindi  anche  perz  ecc.). 

>  V.  Meyer-Lflbke,  It.  gr.  §  291;   Misceli,   nuz.   Rossi-Teiss,  410.   Altri 


320  mrìom, 

reitier  restio,  ritrono,  636.  Yen. 
retorter  torcerà  21, 
reuolton:  à  r-  a  rovescio  912. 

renosi  ^gost  florido,  prosperoso,  rubicondo,  287,  523.  Friul. 
ra-  re-  rivost  rubicondo,  rubesto,  robùstu. 

rigolar  rotolare  465,  in  rigolón  in  crocchio  861.  La  ca- 
duta del  'd'  in  questa  voce  e  il  rimedio  all'iato  mediante  la 
inserzione  di  g,  in  parte  anche  ri-  sostituito  a  ro-,  sono  di  tutta 
la  Venezia  e  di  altri  dial.  alto-italiani  (v.  anche  qui  sopra  a 
p.  213):  ven.  rigolar  rotolare,  voltolarsi,  veron.  rugolar  -lon, 
mil.  a  rigoron  rotoloni,  mant.  rigolar  (onde  d'rigol  rotoloni),  ferr. 
ruglar  rotolare,  ruglìU  (boi  id.,  r^g.  f«-  arglett)  crocchio.  Mche 
il  pavttno  roelar  (Wendr.  §  26,  74)  riverrà  qyi  9W  la  via  di* 
*reolar. 

riseua  rideva,  711,  num.  48;  e  ricordo  andie  qui  la  forma 
solo  per  aver  occasione  di  notare  che  il  paragone  ^rideva  [a 
bocca  sì  spalancata]  che  gli  si  sarebbe  cavato  un  dente  '  ritorna 
nel  Bus.:  riesto ...  qu0l  i«  gharae  cavò  i  denU  Yacc.  46^,  me  Va- 
rigo  que  'l  se  me  ca^rae  i  dente  ib,  35*  K 

rori  38,  694,  827,  878.  Nel  primo  esempio  potrebbe  essere 
'  roveri  '  (trev.  raro  rovere),  ma  negli  altri  ateontatamente  si  po- 
trebbe ravvisare  questo  significato  pensando  a  ^  presiaizìom  in 
legname,  in  roveri  *  *  legname  '. 

ro8t  riscaldo,  assortimento,  (P),  291.  Così  il  Mag.  lY  75% 
parla  di  due  occhi  che  l'hanno  ^  cotto  e  restio  \ 


esempi:  a.  triest.  Bemachor  Ermagora,  vie.  ra-  rebtgqUo  ali.  a  wrbégplp  or- 
si^uolo  (y.  qui  sopra  a  p.  226  ji),  rogare  arare,  esempio  particolarmente  no- 
tevole, in  quanto  a  r  non  seguisse  consonante,  monta),  rasiocia  araiecia, 
teram.  rezelle  argilla,  parm.  ramacoll  armacollo,  lomb.  retnifié^Q^  piem*  ra- 
tnQfiàn  meliaca,  valm.  Umóri  =  ri-  armadio,  lucch,  htccÌQra  ulcera.  Per  il  fe- 
nomeno inverso,  posch.  albar  labbro. 

^  Anche  la  sodewa  delle  carni  attestata  da  oiò  ohe  non  le  «i  possa  piui- 
care  (vy.  629-31)  ritorna  nel  Eoe.:  U  cafy%0  pi  ^ure  che  h  no ^ pò pé€$9^r0 
Fio.  3V 


Illustrazioni  all'  '  Effloga,  ecc. ,  821 

roua  spino,  rovo,  511.  Yen.  rava,  dove  si  continuerà  sen- 
z'altro il  fem.  BUBu. 

rà  rio,  roggia,  797.  Cavaaa.  *rui'. 

sacca  fiacco,  o  ritortola P  634.  L'uno  o  l'altro  significato 
dipende  daUa  intorpretaidone  di  co,  che  può  esser  *  con  '  e  '  come  '. 
Cfr.  yen.  saca  sacco,  bellun.  aaca  stroppa,  ritorta,  rie.  Mca  filsa. 

salvega  salvatica  631. 

sanguanent  sanguinoso  154.  XII  428. 

sansuga  sanguisuga  451. 

santi  de  benèt  :  al  «-  602.  Cfr.  ai  Santi  Die  Beniti  Levar. 
149,  169,  ay  sienti  e  Dio  beniti  ib.  8,  al  santi  d'i  beniti  Fio.  13**. 
Credo  che  qui  sian  venuti  a  incontrarsi  l'invocazione  del  '  santo 
Dio  benedetto'  con  quella  dei  'santi  di  Dio  vangeli'^.  Da  ciò 
si  spiega  l'oscillar  dell'articolo  tra  la  forma  di  sing.  e  quella  di 
plur.  A  quale  malinteso  poi  si  debba  Ve  (cfr.  ancora  sienti  e 
Die  guagneli  Levar.  1),  veramente  non  saprei. 

sardina  507.  Y.  le  emendaz.  al  tosto. 

sartar  versare  33.  È  voce,  a  quanto  so  vederne,  specifi- 
camente trevisana. 

sa  sonar  cuocere  589,  591.  Yen.  sasonar  cuocere  e  appa* 
recchiar  perfettamente  le  vivande;  e  v.  XY  368. 

sauiezza  proposito  saggio,  atto  saggio,  168. 

sbaiar  diminuire,  cessare,  calmarsi,  677.  Cfr.  zbalf  Erto, 
▼en.  la  piova  shala  cessa,  smette  di  piovere,  sbaiar  cessare 
Fior.  5*.  Y.  Parodi,  Ro.  XXYII  204. 

sbellettar  abbellire,  azzimare,  606.  Yen.  sbeletar. 


'  Di  qaafta  formola,  ▼*  Cayara.  ]I  309  q.  e  s.  '  vignili  \  Ascoli  I  526  n.  Nella 
fonnola  friulana  si  tratterà  di  *8a[cri]pa'  *$ére-  *«ero-  «#o-  o  seiu.  Da  ricor* 
flarn.  oltre  al  berff.  al  guagnUe,  al  piem.  ar  mu  de  gu^ngitr  Biond.  Saggio 
684,  le  alteraaioni  eufemistiche  vangéstridei  nel  vie.  rust.,  e  santi  de  vandon 
a  Monfumo  (Treviso);  v.  Due  dia!,  rust.  nel  dial.  di  Monfumo  (Àsolo  1889), 
p.  4. 


322  Salvioni, 

8 b erti g io  immerso,  avvoltolato,  (?),  1067.  V.  Temendazione 
che  si  propone  per  l'intiero  passo. 

8 b orar  sfogarsi  1049.  Cavass. 

s borir  fora  spuntare  319;  ven.  id.,  saltar  fuori  con  pre- 
stezza. Di  questa  voce  e  della  precedente,  v.  Schuchardt,  Rem. 
Et.  n  132,  Zst.  XXIV  417,  Nigra  XV  495-7;  e,  per  il  ptc.  hors, 
Studi  di  fil.  rom.  VII  214. 

8bra8a  brace  491.  V.  *  brasa'. 

8 cagna  scanno  849.  Mil.  scafi,  ven.  scagno,  mant.  sera- 
gna,  ecc.,  tutte  forme  (meno  la  milanese,  dove  il  fi  potrebb'es- 
sere  da  mn),  che  accennano  a  *scamniu.  Anche  per  scr-  (cfr.  it. 
scranna,  ferr.  scaràna,  con  a  epentetico  ;  cfr.  ven.  apara  nga 
spranga),  sarà  forse  più  ovvio  di  pensare  a  un  r  svoltosi  dietro 
a  sk'  (v.  più  in  là  s.  '  piumaz  '  in  nota),  che  non  alla  base  ger- 
manica (Diez  399),  la  quale  al  postutto  potrebbe  dipender  essa 
dall'Italia. 

scardola  scardova  400.  Boerio. 

scarpelin  scerpellino  618.  A.  vie.  scarpette  (Bort.),  vie.  de- 
scarpelarse  i  od  scerpellarsi  gli  occhi,  bellun.  sgarbolà,  boi.  sgarblà, 
ven.  sgarbelin  scerpellino  ^,  ecc.  ecc.,  a.  pav.  scarpogia  palpebra 
Mag.  Ili  59**,  Piov.  9».  —  Il  rapporto  che  corre  tra  scarp-  e  scerp- 
è  lo  stesso,  naturalmente,  che  corre  tra  scerbare  e  il  lomb.  scarpa 
(Ktg.  2991,  Nigra  XV  296).  Si  tratta,  nel  primo  caso  (per  il  tra- 


^  Si  ripete  pili  volte  in  Italia  il  caso  che  a  una  riduzione  a  sonora  della 
gutturale  iniziale  (preceduta  per  lo  più  da  a-)  corrisponda  una  analoga  ri- 
duzione della  sorda  con  cui  s'apre  la  sillaba  successiva  :  regg.  agarhir  (cfr. 
friul.  sgarpi  nella  nota  che  segue)  carpire  (e  dalla  stessa  base,  oltre  a 
agarbeUn,  ecc.,  ven.  sgarbar  purgar  il  letto  dei  fiumi  dalle  erbe,  lomb.  sgar- 
bela  stracciare,  scerpellare ,  mil.  sgàrbel  sinon.  di  acarp  strappo),  levent. 
agarbuzzà  (crem.  agalb-)  =»  lomb.  aearpdsà  inciampare,  tose,  sgargiante  '  squar- 
ciante  ',  boi.  sgunibéj  scompiglio  sgumbiar,  sgorbio  se  è  *  scorpio  ',  ganghero 
Ktg.  1817,  1816  (cfr.  mil.  kdnJcen,  ecc.),  dovuto  forse  a  agangherare.  Ma  il 
ferr.  sbargar,  che  il  Nigra,  1.  e,  ricondurrebbe  a  sgarbar,  ecc.,  fe  d*altra 
origine  e  va  col  ven.  sbregar  stracciare,  mil.  sbrego  stracciare  e  sciupare, 
né  si  staccherà  forse  da  *  sprecare  \ 


Illustrazioni  air  *  Egloga,  ecc.  ,  828 

passo  di  conjugaz.,  v.  M.-L.  II  142;  e  sarà  dovuto  alla  commi- 
stione di  qualche  sinonimo  in  -abe),  di  *ex-cebpere  (it.  scèrpere)  *, 
nel  secondo  di  un  composto  analogo  ma  seriore  con  carpebe. 

scartezar  cardare  637.  A.  vie.  scartezare  -zero,  ven.  acar- 
teéin  scardassiere,  carta  cardasse,  mil.  scartón  cardo,  -taggià^  ecc. 
n  t  certo  dalle  voci  germaniche,  di  cui  il  Diez,  88-9. 

8  e  ai  bastone,  bacchetto,  286.  Gavass.,  e  derto  co  e  uno  scatto 
Ancon.  19*,  Mag.  I  28**,  dove  la  postilla  marginale  dice  '  scatto 
è  una  sorta  di  strale  senza  ferro  ',  e  il  Bortolan  traduce  in- 
fatti scatti  per  '  dardi  '. 

scatonà  ferito,  punto,  9.  Friul.  s^haion  bordone. 

scatòr  apprensione,  travaglio,  585. 

scatturar  preoccupare,  impaurire,  2,  120,  239.  Cfr.  scaturò 
d'amare  travagliato  d'a-  Mag.  165**,  ven.,  bellun.  scatùrar  -rir, 
Irial.  s^haturìf  impaurire,  spaventare,  col  deverbale  scatùro  friul. 
s^hatur,  [ferr.  incaturir  incatorzolire,  illanguidire?].  Parrebbe 
da  pensare  a  ^  cattura  ',  e  scatir  sarebbe  allora  uno  scatur  di- 
variato su  '  timore,  pavere  '. 

schena  schiena  142. 

schiantis  lampo  52.  Cavass. 

schirat  scojattolo  19.  Cavass. 

schiuolieza  schifa,  ritrosa, il  contrario  di  '  manulieza  ', 298. 

sconchiga  '  sconcacamento  '  paura  549.  Beitr.  102. 

scortar  scrollare  581,  881.  Cavass.  'sgorlar'. 

scot,  nome  d'una  vivanda,  1075.  Cavass. 

scussar  su  dar  fondo,  vuotare,  324.  Nel  Cavass.  è  pure 
uno  scussar  di  dubbio  significato.  Forse  coU'it.  scusso?  E  notisi, 
per  ogni  buon  riguardo,  che  la  versione  padov.  ha  sca-, 

segnar  col  tamis  987.  Che  operazione  medica  sarà  mai 
questa? 

seme  soltanto,  se  non,  177,  178,  901,  909.  £  la  riduzione 


^  Alla  iteHa  base  ritorna  il  frìal.  e  ven.  cerpt^  zerpir,  scapitozzare  gli 
alberi,  potare.  0  sarà  tutt'al  più  un  *cbbpkbe  astratto  dai  derivati.  E  il 
sinon.  frinì,  sjarpi  è  appunto  *ex-cabpbbb. 


824  Salnom, 

di  se  lomè  Fio.  10*,  Mag,  II 33',  34^  85^  ecc.  o  di  «j  nome  ib.  I  28% 
egl.  Gfr.  ferr.  sma  tranne,  eccetto,  e  somma  anche  ijn  Val  Bregaglia 
nella  versione  del  Papanti  621^2  {i't  voless  somma  praghée  vorrei 
soltanto  pregarti).  £  v.  Cavass.  s.  '  me  \ 

sentar  sedere,  sederai,  385,  478,  854.  Cavaas.,  Aacoli  I  63, 
201  n.  Di  qua  dall'Alpi  ritorna  la  voce  ancora  nel  mesolc.  senta 
deporre,  far  deposito  (p.  es.  del  caffè),  e  nel  cUav.  rust.  senié^  se- 
dersi; ne'  quali  dialetti  però,  come  ne'  Grigioni,  *sedentare  ha 
una  ragione  tutta  spedale  (Ascoli  VII  506  ;  St.  di  fil.  rom.  Vn 
237-38)  1. 

sfrusignar  rivoltare,  rimestare,  980.  Friul.  sfr-  e  fru- 
signà  trambustare,  gualcire,  malmenare. 

sgambisi  scambietto  219.  Cavass.,  mil.  sginibjét^  ecc.  Il  tose, 
ha  anche  sgambetto^  da  gamba^  e  questa  voce  {ivrà  determinato 
l'alterazione  pur  nella  nostra  voce. 

sg aminar  esaminare  386.  Curioso  invertimento  dei  due 
elementi  dell'oc  di  £xam-,  che  certo  si  pronunciava,  come  sempre 
nell'Alta  Italia  Vex  delle  parole  latine  {egéemplum  exemplum,  ecc.), 
*egéaminare.  Nell'egl.  c'è  sgnaminar  che  sarà  errore  per  sgam-  o 
per  sgìMm-,  con  ^gua-  inorganico  da  ga. 

sgiaventar  [sg-)  scagliare  517.  Mag,  I  57',  68»,  III  71\ 
Vie.  id.,  ferrar,  sgiavantar,  sgiavento  pertica  da  abbacchiare,  nelle 
Alpi  venete  (v.  Bastanzi,  o.  e,  150),  pezzo  di  legno  che  si  av- 
venta (Patriarchi),  vie.  e  beli,  séaventar.  —  Di  questa  voce  ho 
io  ragionalo  in  Zst.  XXII  468-9,  connettendola  in  fondo  con  sca- 
raventare e  Go\  lovoì).  ereventd  (cfr.  ancora  y^ron.  creventar  rut- 
tare). Ma  mi  debbo  ora  ricredere  in  considerazione  del  mesolc. 
Sédva,  randello  che  si  lancia  contro  l'albero  per  farne  cadere  i 
frutti  (da  ècavd  tirare  detto  randello),  comparato  da  una  parte, 


^  Aggiungo  da  Scassa  e  Mesoooo:  sugentà  aflcittgare,  §u^entàf  divertirsi, 
sfuìnentd  affumicare,  ictsentdg  giacere,  sdrajarsi  (delle  bestie),  regentà  (regé 
iradicarsi,  scoscendere)  svellere,  abbattere;  dalla  Brega^Ua:  ifiafi#fi^r  stal- 
lare (MAifSRB),  sacaantéda  seccata  I  275  n,  Garioso  è  troentaréj  trovare,  nella 
Race,  di  voci  rom.  e  march. 


Illustrazioni  air  **  Egloga,  ecc.  ,  325 

6  cioè  per  la  forma,  a  séaventar,  dall'altra,  e  cioè  pel  signifi- 
cato, a  sgiavento.  La  base  comune  è  clava  (v.  le  mie  Postille 
e  Nuove  postille  al  voc.  lat.-rom.  ^  s.  v,,  e  glava  Schneller, 
Rom.  vlksm.  I  237),  che  si  vede  anche  nel  nap.  chiavare  menare, 
assestar  colpi,  vibrare,  scagliare,  e  nel  not.  ciauluni  verga  da 
innestare  ;  e  '  scaraventare  ',  ecc.,  v'entrerà  solo  per  la  desinenza. 

sgionfa  gonfia  609.  Ven.  sffonfo,  ecc. 

sgolar  volare  776.  Cavass. 

siti  a  saetta  563.  Beitr.  106;  XII  428  'saita'.  —  Per  i 
significati  traslati  della  voce,  cfr.  trev.  sita  strumento  simile  al 
badile,  ma  con  ferro  triangolare  ed  appuntito,  vie,  trev.,  regg. 
sitmi  -néla  libellula,  lad.  centr.  sittè  aggredire  (Àlton). 

slanguoria  languore  753,  1050.  -ória  o  -oria? 

slangurir  languire  751.  Ferr.  slangurirs. 

slissa  lisciata,  levigata,  464.  Yen.  sZisso,  ecc. 

s tiare  narici  531.  Bellun.  id.  Manca  questa  forma  allo 
Zauner  o.  e.  24  sgg.  Questi  però  tocca  del  trev.,  bellun.  sFiare, 
senza  tuttavia  dare  del  ,fi  una  spiegazione  che  soddisfi  ^,  non 
potendosi  ammettere,  soprattutto  per  Treviso,  *narie  =  naricae. 
Meglio  sarà  per  ora  di  pensare  a  un  seriore  *ndri'e,  cioè  a  un 
derivato  per  j. 

soffegagna  q.  *  che  soflFoca,  che  non  concede  respiro  '  268. 
Ven.  sofegar  soffocare,  ecc. 

soffiar  russare  235. 

sogat  pezzo  di  corda,  capestro,  538. 

som:  in  som  in  cima  152,  381,  474.  Cavass.  *  in  son  '. 

so  mass  a  pavimento  ^  testaccio,  pavimento,  463,  852.  Bellun. 
somassa  testaccio,  ert.  èoma$a  pavimento  fatto  con  sabbia  e  cal- 
cina, ecc.  Gartner,  Zst.  XVI  346,  346  n. 


'  Affgiongi  U  mesolc.  cavdz  (pi.)  legna  secca,  mimita,  raccogliticoia.  — 
L*eog.  giav<$g9er  percuoter^  che  il  Pallioppi  bene  deriva  da  cu^ta,  è  però 
voce  cisalpina,  come  Sferra  ghiaja,  di  fronte  al  basso^eng.  gUra, 

*  Non  potrebbero  invocarsi  il  feltr.  trev.  (Bacile,  Vittorio)  ^fiatuw  »•  inanù, 
il  feltr.  gnom  ignom  nome,  trattandosi  qui  di  fi  da  *jn  in  combinazioni 
come  'ra  jnanzi^  *ha  Jn  noìni,  ecc. 


326  Salvioni , 

soppa  zuppa  1026,  ed  è,  anche  per  la  tonica,  un  pretto 
gallicismo.  Cavass.;  Ktg  9271. 

sossa  salsa  311.  Crudo  gallicismo  come  in  Vacc.  31*. 

spanizzà  schiacciato,  spiaccicato,  163,  212.  Il  sin.  lomb.  è 
spettasela  e  il  Chemb.  traduce  Tespressione  andà  in  spetiàsc  col- 
l'it.  *  andare  in  paniccia  \  e  *  paniccia  '  è  la  '  farinata  '.  V.  ana- 
loghi esempi  nel  Voc;  e  bellun.  spanar  e  spanizar  schiacciare. 

spanta  ritrosa,  restia,  ombrosa,  295.  Ktg.  3441,  6947,  e 
ven.  spdvio  pauroso. 

spauisig  atterrito,  pauroso,  736.  Ven.  spavisego  (Patriarchi), 
ver.  spaiso^  pauroso,  selvatico.  Sarà  spavio  (Patriarchi;  cfr.  an- 
cora bellun.  spavida  grido  di  paura),  e  il  s  sarà  dovuto  a  una 
analogia  per  cui  *spamr  (v.  le  mie  Postille  al  Ktg.  s.  *  expa- 
vére  ')  otteneva  un  participio  sulla  norma  di  alciso  ucciso  (:  alcir)j 
o  meglio  vi  vedremo  un  s  che  rimedia  all'iato,  come  ne'  parecchi 
esempi  veneti  allegati  in  Kj.  TV  p.  I,  168,  cui  son  forse  da  ag- 
giungere il  vie,  ven.  guasina,  vasina  vagina  (=  va-ina),  i  vie. 
paluééla  paludina  e  viééla  viticella,  se  non  sono  da  *paltieéela,  ecc. 

speccolar:  se  sp-  ci  si  specchia,  num.  99  n.  Sarebbe  allora 
da  leggersi  spécciola  (cfr.  camar  =  damar)  ;  a  meno  che  non  si 
preferisca  ravvisarvi  il  dotto  speculari,  influenzato,  per  il  più 
preciso  significato,  da  speculum*. 

spegazzar  cancellare  846.  Ma  v.  le  emendaz.  al  testo.  — 
Ven.  spegazzar,  e  v.  sei.  s.  'pegar'. 

spet  da  col  'spiedo  da  collo'  alabarda  (?)  281.  Ritorna 
nell'egl. 

spigola:  ponte  de  sp-  463.  Cfr.  il  bellun.  spigola  scapec- 
chiatojo. 


^  Andrà  con  questo  spaiso,  quello  di  denti  spaisi  denti  allegati.  Il  senso, 
in  fondo,  non  vi  s'opporrebbe,  ma  forse  v*ha  qualche  contaminadonei  poiché 
l'Angeli  ha  sparir  i  denti  e  con  lui  s'accorda  un  altro  vocabolarietto  vero- 
nese. Forse  un  ^palr,  patire  (cfr.  boi.  spadir  allegare  i  denti),  sarà  da  con- 
siderarsi come  il  punto  di  partenza. 

*  Nel  Voc.  lucch.  del  Nieri  è  specula  specchio. 


Illustrazioni  air  '  Egloga,  ecc. ,  327 

sponton  spuntone,  arma  ad  asta  di  ferro  con  punta  acuta,  44. 

sprologar  concionare  682.  Vie.  sprolego  discorso,  e  spruo- 
lichoj  spruologar^  sempre  con  ugual  senso,  negli  scrittori  pavani, 
sprolegh  epitafio  ('  discorso  inciso  ')  nell'Egl.  Si  tratta  di  ^  pro- 
logo '  con  immissione  forse  di  '  sproloquio  ',  in  genere,  di  '  elo- 
quenza, eloquio  '. 

spubicar  sentenziare,  giudicare,  988.  '  publicare '. 

sques  -si  quasi  190,  361,  984.  V.  *  asques  *,  e  srpiaso  Mag. 
I  40*,  48**,  ecc.,  Beitr.  *squasio'. 

statufar  -ff-,  329,  600,  984,  soddisfare;  nel  3**  es.:  'par  che 
nemmeno  il  fiatare  mi  soddisfi,  mi  appaghi,  mi  giovi  '.  Cfr.  sa- 
stufar  Mag.,  Rod.  16',  e  G.  st.  d.  lett.  it.  XXIV  270,  satusfare  Mag. 
Ili  47*,  ecc.  Tutti  riflessi  del  dotto  satisfacere,  nel  quale  però 
s'è  immesso  '  stufo  \  come  si  vede  meglio  ancora  nello  stuffa- 
ziotì,  soddisfazione,  di  Bobbio  (Rapanti  347).  Come  si  spiega 
però  la  nostra  forma?  Forse  supponendo  l'intrusione  di  una 
voce  come  il  bellun.  stanfar,  saziare,  che  alla  sua  volta  risulta 
forse  da  '  stancare  '  (ven.  =  stuccare)  e  '  stufare  '  ?  0  meglio 
pensando  a  sastu-  dissimilato  per  tastu-  e  col  s  poi  passato  da- 
vanti al  primo  t? 

sienide  tristi,  pensose,  conturbate,  155,  157.  V.  stenidoìn 
Brend.,  ed.  Nevati,  gloss. 

stiz  tizzone  539,  stizzet  tizzoncello  691.  Cavass. 

siombolon  532,  699.  Nel  Voc.  lucch.  del  Nieri  è  questo 
articolo:  'strómbolo:  quel  viluppo  di  stracci,  di  panni  d'ogni 
sorta  unti  molto  di  grassumi  e  imbevuti  di  pece  che  soglionsi 
accendere  nelle  sere  di  qualche  solennità  '.  Questo  senso  conviene 
appieno  al  primo  de'  nostri  esempi,  meno  al  secondo.  Circa  a 
str*  e  $t'f  V.  Misceli.  Ascoli  90-91. 

stofegar  soffocare  980.  Beitr.  111.  Si  tratterà  di  ^soffo- 
care '  commistosi  alla  base  eh'  è  nel  frc.  étouffer  (Ktg.  3598, 
Dict.  gén.),  nel  lomb.  sUìf  soffocante,  ecc. 

stori:  per  s-  di  sbieco  251. 

sir altera  nastro,  gala,  1038.  Lovar.  83,  203,  Pateg,  ed. 
Nevati,  III  nell'Àpp.  alla  9*  strofa. 


328  Salvioni, 

straliot  stradioto  733.  Mag.  Ili  42^  Lov.  50,  315.  Altri 
esempi  di  dj  recente  in  Ij,  sono  il  ven.  stallerà  atl.  a  stadiera 
stadera  e  forse  Vingtialiar  di  cui  qui  indietro  s.  '  guadiar  '. 

strani  o  meglio  dastrani  cosa  strana,  stranezza;  ghe  par 
pi  da  stragno  (cioè  dastragno)  Ruz.  Orat.  15**.  Cavass.  *  strani  '  ecc. 

strapassar  trapassare  573.  Ven.,  ecc. 

stremisi  spavento,  sgomento,  519.  Cfr.  stremisio  Calmo 
2*  egloga,  V.  10.  Invece  lomb.  stremizi,  ver.  stretnigio.  Si  tratta  di 
un  dotto  e  analogico  ^tremitio,  come  ho  avuto  occasione  di  no- 
tare nel  glossario  ai  testi  pavesi  s.  ^  strume^o  '  ;  aggiungi  qui 
il  levent.  scavizi  (bellinz.  ski-)  e  sciviéi  cosa  che  arreca  schifo. 
Per  il  genere,  cfr.  dazio,  ecc. 

strenga  nastro,  fettuccia,  652. 

strengd  adomo  di  nastri,  di  gale,  341,  ed  è  riferito  al  sog- 
getto. V.  Beitrag  112. 

stresor  tesoro  477,  851.  Beitrag  116. 

striga  strega  139.  V.  Ltbl.  XXI 384. 

stringa  342;  v.  *  strenga '.  Ven.  «^rinya  stringa. 

struma  tormento  365.  Ferrar.,  vie.  struma  travaglio,  dif- 
ficoltà, fatica,  felt.  strumia  id.  Forse  deverbale  da  uno  ^strumar 
stremare,  ridurre  agli  estremi,  Ktg.  3533  ;  e  cfr.,  per  quello  che 
può  valere,  lo  strumego  della  Maria  Eg.,  Boll.  d.  soc.  pav.  di  storia 
patria  II  237. 

stuf  stufo  1065. 

stupin  stoppino  805. 

suscittar  risuscitare  956.  Laudi  cad.  1 10  {stf^Uason^^  42. 

suogna  442.  Da  sognar  sognare?  o  da  emendarsi  per  no 
a  S'  non  ha  cura?  Cfr.  sogna  cura  Mon.,  Pat.,  Vg. 

suogniar  bisognare?  giovare?  importare?  *,  78.  Ktg.  8878, 
Herzog,  Zst.  XXVlI  126. 

suuodar  vuotare  82. 


*  A  Revò  (Pap.  640)  c*è  un  sognar  rispettare  ;  certo  per  la  via  di  *  aver 
riguardo,  aver  cura*. 


Illustrazioni  air  *  K?log&i  ecc. ,  829 

iacolar  chiacchierare  501.  Mag.  IV  22^  adopera  taccolar 
del  canto  dell'  osignuolo.  —  Si  connetterà  col  ven.  tdcola  tac- 
cola, gazza  nera. 

tacolà  picchiettato,  macchiato,  crivellato,  528,  698.  Ven. 
ideala  tacca,  macchia,  friul.  tacold  macchiare. 

iamberòt  740;  termine  ingiurioso  di  cui  non  so  dire  il 
preciso  significato  ;  cfr.  veron.  tambarar  frugare,  razzolare,  tant' 
barare  far  rumore  Mag.  Ili  10^. 

la  min  staccio  698,  987.  Ven.  tamiso,  friul.  iamés\  Ktg.  9363. 

tampin  schiaffo?  292.  Sarebbe  allora  da  un  *tampa  zampa  '. 

tananài  rumore,  tumulto,  tafferuglio,  rissa,  147.  Cavass. 

tasi  sconvolto,  malconcio,  (?),  28. 

temporal  porco,  majale,  882.  Ven.  id.  —  È  l'aggettivo  di 
porco  temporal  cioè  porco  divenuto  grasso  a  tempo,  all'epoca 
giusta;  cft*.  porzélaH bii  temporali  'porchetti venuti  pro- 
prio a  tempo  '  Levar.  115,  regg.  tetnporU  porcellino. 

teuagia  460.  Che  significa? 

tieza  cascina,  fienile,  baracca,  296,  607,  739,843,852.  Feltr. 
cèda  \  ecc.  Schneller,  Rom.  vlksm.  1 205,  Lorck,  Altb.  spr.  186-7, 
Boll.  st.  d.  Svizz.  it.  XXI  96. 

toler  togliere  759,  tuo  ecco  307. 

torond  rotondo  171,  1017.  Cavass. 

iremaz  tremore,  brivido,  543.  Ven.  tremaz,  ecc.  Cavass. 
*  tremolaz  *. 

trep  scherzo,  burla,  185.  Cavass.,  Calmo   gloss.  '  trepar  '. 

trippe  budella  571.  Etg.  9749,  Zauner,  o.  e,  159,  180. 

tron  483,  824;  nome  di  una  moneta  veneziana.  V.  ilBoerio. 

trancila  997.  Diminutivo  di  tron,  e  indicherà  una  moneta 
di  minor  valore. 


>  Debbo  ricordare,  in  ordine  a  quanto  8*aocenna  più  in  là  8.  '  nentrin  *,  che 
nel  friul.  c*è  tampin  (CavaM.:  st^  ventre)  ventricolo. 

'  Cfr.  ancora  feltr.  een  tiene,  ineer  intiero,  heséa  bestia,  osóanar  bestem- 
miare (cfr.  ten.  Ì9tja,  bestemmia  frequentissima),  vdenceraf  mes^r ,  que- 
pianar.  E  t.  s.  'biastemar*  in  nota. 


330  Salvioni, 

truogna  456.  Y.  le  emendaz.  al  testo  ^ 

uanzar  superare  675. 

uaricios  avaro,  avido,  305;  fatto  direttam.  su  'avarizia' 
come  il  lomb.  siiperbiós  su  '  superbia  '.  Cfr.  varizius  avaro,  Alton 
Die  lad.  Idiome,  s.  v.,  e  il  frc.  avaricieux. 

uèr  verro  806. 

uessa  vescia,  peto,  347.  Caix,  St.  120,  Dict.  gén.  *  vesso  '. 

uia:  uia  da  to  cà  passando  davanti  a  casa  tua  353,  uia 
per  de  fora  altrimenti  660.  Cavass.  *  uia  '. 

ulios  fragrante,  appetitoso,  401.  Cavass.  —  La  vera  base 
di  questa  voce  sarà  olidu,  così  come  è  putìdu  quella  della  sua 
voce  antìteticsL  podioso  (v.  le  mie  Post,  e  Nuov.  post.  s.  'putidus'). 

uignir  al  mane  morire  282. 

uilò  'II'  Ti,  là,  202,  377,  385;  e  sta  naturalmente  per  iuilò. 
Cavass.,  egl.,  M.-L.  Ili  512. 

uintrin  686,  801.  Non  so  se  ajuti  alla  interpretazione  dei 
due  passi,  soprattutto  del  secondo,  il  ven.  ventrini  ventriglio,  e, 
figuratam.,  *  testicoli  '.  Nel  primo  esempio  interpreteremmo  al- 
lora *  dar  un  vintrin  '  per  *  dar  del  minchione  '  *  minchionare  '  *. 

uisna  assemblea,  radunanza  del  comune,  681.  Se  è  uisna  vi 
vedremo  il  deverbale  di  un  *uisnar  riunire  i  vicini,  riunirsi  i 
vicini,  cioè  i  cittadini  del  comune  ;  se  è  uisna  sarà  ^  vicinata  * 
(cfr.  il  valsass.  liisnada  assemblea  del  comune);  e  per  la  ridu- 
zione fonetica,  cfr.  il  ni.  trev.  VisnadellOj  di  cui  v.  Olivieri, 
St.  glott.  it.  ni  155. 

Umbria  ombra  65,  522,  965.  Beitr.  'onbria',  Parodi,  Mi- 
sceli. Ascoli  478. 

uè nt riera  ventre,  visceri,  interiora,  667,  986. 

uolta  scappatoja,  pretesto,  290. 


^  Prescìndendo  dalle  esigenze  della  rima,  truogna  potrebbe  stare,  col  si- 
gnificato di  '  beffarda»  dispettosa  *  ;  cfr.  a.  vie.  trognar  dar  la  berta. 

'  Cfr.  tuttavia  nelFa.  lucch.  *  io  te  feci  dare  de  uno  buderazzo  iseu  ventre) 
nel  volto  ,  :  Bongi,  in  Propugn.  N.  S.  Ili,  p.  2*,  pag.  80. 


lUiuirasioni  ali*  '  Eiglog»,  eco.  »  381 

za:  za  agni  diese  già  da  dieci  anni  62.  Questo  costrutto, 
il  quale  certo  muove  da  un  tipo  '  sono  già  [o  fanno  già]  anni 
dieci',  ecc.,  è  frequentissimo  anche  negli  scrittori  pavani:  za 
mUVagni  Mag.  II  9\  za  pi  de  vinti  di  già  da  più  di  venti  giorni 
m  59*,  za  tempo  già  da  tempo  m  57^,  za  tre  mesi  Piov.  12\  za 
asse  già  da  molto  tempo  Tace.  41%  ecc.  Vive  del  resto  ancora. 

zacchet  giacca  81. 

zanzaesa  chiacchienma,  ohiacchieronaccia,  301. 

zanzum  cianceria,  oaaciamento,  815,  968.  Y.  Mag.  II  23\ 
Buz.  Orat  13%  e  Cavasa.  *aanzon'. 

zarnir  scegliere  948.  Trev.ybellun.  zemir^  lomb.  iem  e  jem/, 
aopr.  tscharner,  ecc.  Etg.  2097. 

zautta  196.  Pare  un  nomignolo,  che  andrà  collo  zaut  del 
Cavass.  Nò  vorrà  dir  gran  cosa  che  qui  si  tratti  di  zdtd^  là  di 
zaùUa. 

zazzarin  zerbino,  profumino,  cacazibetto,  1053.  Cfr.  za- 
zerin  Levar.  258,  282,  zanz-  e-  Moschu  16,  21.  Da  '  zazzera  '. 

zegner  gennaio  913.  Cosi  pure  nell'egl.;folL9feltr.  e  bellun. 
degner,  1  418.  V.  num.  29. 

zelarla  gelatina  400,  754,  1035.  Musaafia  B^tr.  121, 
Flechia  Vin  405,  Parodi,  Rassegna  bibl.  d.  lett  it.  n  148. 

zenuina  zi-  45,  359.  È  il  nome  d'un'arma,  ma  non  saprd 
dir  quale;  deve  trattarsi  in  ogni  modo  di  'genovina'. 

zerman  cugino  407.  Cavass.,  Tappolet.  Die  rem.  Verwndir 
schaftan.  116,  Rendic.  Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXX  1515,  Ive,  DiaL 
istr.  151,  e  cfr.  ancora  il  vie.  rust.  dreman. 

zet  geto  679  ;  cfr.  zeli  Calmo,  gloss.,  zieUi  Piov.  16^,  e  v.  BolL 
Soc.  pav.  di  et.  patria  m  106. 

zinziurin  gentile,  garbato,  grazioso,  363,  620,  804. 

zir  andare  51,  ecc. 

ziuitta  581;  v.  'ciuitta'. 

zogel  giogo  1069. 

z arnia  giornea  651.  L'i  anche  in  Lovar.  10. 

zouenat  giovinetto  332,  926. 

zudier  -ra  giudeo  -a  100,  328,  896.  Cavass. 

Afohivio  glottoL  itaL,  XVL  tt 


882  Salvioni,  Illostrazionì  ali*  *  Egloga^  e«c.  , 

zuf  cio£fo  91. 

zulla  1048;  par  accennare  a  vacca  d'un  dato  colore,  e  forse 
anche  np.  per  vacca  dì  tal  colore.  V.  '  lòra  '. 

zuogia  ghirlanda  170.  Yen.,  Ive,  Dial.  istr.  173. 
zuparel  giubberello  342,  651.  Cavass.,  ecc. 
zuppon  giubbone  1036.  Gavass.,  e  ven.  zi^  zupan. 
zuzzar  succhiare  140.  Yen. 


piem.  ava  ài  acquazzone. 

Dipende  da  iva  acqua,  e  sta  all'  acquazzo  che  si  vede  in 
acqtiazzoso,  acquazzone  ^  precisamente  come  il  trev.  stremtói  e  il 
levent.  $Sivtii  stanno  a  stremizi  e  scavizi  (v.  qui  sopra  a  p.  328); 
il  ''tj{o)  vi  è  cioè  risolto  per  -Ai  (=  -èij;  v.  Rendic.  Ist.  lomb. 
S.  n,  voi.  XXXY  962  n.),  invece  che  per  -«i  (=  -zij)  o  per  -z 
(cfr.  tremaz  qui  sopra). 

La  serie  di  tali  formazioni,  dirette  o  analogiche,  è  assai  nu- 
merosa. Àgli  esempi  come  immatizi  (cfr.  il  lucch.  ammaiiziùne)  ecc., 
aggiungi  il  lomb.  e  piem.  ur/2» -^aj  temporale,  q.  Maurilio,  tic. 
turburizi  tempo  torbido,  nebbioso,  trent.  laorizi  lavoreria,  mil. 
derilpàzi  mucchio  di  macerie  (cfr.  l'it.  dirupare),  lamentizie  la- 
menti e  nevazio  nevata,  nella  Race,  di  v.  rom.  e  march.  C  è  poi 
la  serie  andazzo,  etallazzo,  *acqiMzzo,  codazzo,  svolazzo,  popò- 
lazzo  ',  lucch.  tremolazzo  paralisi,  ven.  ir  emazzo  -mólaz  tremolio, 
brivido.  Per  il  genere,  occorre  appena  di  rammentare  dcusio, 
prefazio,  passio,  boi.  cunféssi  confessionale,  montai,  frazio  (gen. 
frazzu  diminuzione)  minuzzolo,  a  tacere  di  stazzo,  azzo,  Pieri, 
Mise.  Ascoli  425. 


^  Si  può  tuttavia  chiedere  se  acquazgone  (insieme  al  femnu  acquaziane  -fotone) 
non  continui  Tobliquo,  come  deve  continuarlo  il  lucch.  strimizzone  brivido. 
Il  valore  concreto  che  la  voce  venne  ad  assumere,  spiegherebbe  la  inter- 
pretazione di  'óne  come  di  un  accrescitivo  e  nello  stesso  tempo  il  genere 
mutato.  Per  il  quale,  cfr.  anche  esempi  come  il  frane  frisaon, 

'  Altrimenti  giudica  di  questa  voce  e  di  acqwuao  il  Meyer-Lùbke,  1.  e. 

C.  Salvioni. 


STUDJ  LIGURI 

DI 

E.  Q.  PUtODI 

(Continoasione  ;  y.  pp.  105-161). 


CONSONANTI. 

Le  consonanti  doppie.  131.  Il  dialetto  genovese,  come  in 
genere  i  dialetti  dell'Alta  Italia,  non  possiede  consonanti  doppie, 
ossia  lunghe,  alla  toscana  ;  e  le  doppie  originarie  latine  son  ridotte 
a  consonanti  semplici  o  brevi,  davanti  alle  quali  si  pronuncia 
breve  la  vocale,  benché  si  possa  dire  ch'^essa  chiuda  la  sillaba: 
sa-ku  ma-tu,  come  insàkà,  ru-su  come  rils^tUf  Jca-iu  cado,  come 
kd£fse  cadessi,  ecc.  Adunque  nell'atona  non  e'  è  differenza  di 
sorta  fra  semplice  e  doppia  originaria:  kàéfse  come  rui^tay 
cioè  come  l'ital.  ròéétta.  Per  altre  particolarità  vedi,  oltre 
al  num.  99,  i  num.  124  e  anche  125  ;  per  le  consonanti  sem- 
plici trattate  come  doppie  in  vocaboli  non  indigeni,  num.  124Ò; 
per  la  grafia  da  me  adottata,  num.  In.  —  La  medesima  pronuncia 
abbiamo  nella  sillaba  tonica  degli  sdruccioli  :  palidu  atimu, 
m^iigùw  'metticelo'  o  'mettercelo',  pareku  parroco  (nonostante 
che  davanti  a  RR  nei  parossitoni  genovesi  la  vocale  sia  lunga, 
num.  124);  e  così,  senza  nessuna  differenza,  anche  davanti  a 
consonante  originariamente  semplice:  munega^  ecc.,  che  è  poi  pro- 
prio la  stessa  pronuncia  che  abbiamo  nell'italiano,  mgnaca.  Se  lo 
sdrucciolo  è  diventato  piano,  la  brevità  della  vocale  persiste  : 
daiùìc,  da  datafu^  ecc.,  éénow  da  ééneru^  ecc.,  num.  124c,  dove 
sono  anche  indicati  i  casi  che  s'  allontanano  da  questa  norma, 


Per  ragioni  tipografiche,  d*ora  innanzi  YU   semivocale  h  rappresentato 
con  un  semplice  u  greco,  senza  il  segno  di  breve. 


334  Parodi, 

cfr.  125(2.  —  La  natura  delle  cosiddette  doppie  genovesi  era 
stata  già  indicata  con  sufficiente  chiarezza  nelle  Regole  dell'or- 
tografia zeneize  preposte  a  cav.'  (cfr.  num.  159):  *^  Delle  conso- 
nanti in  genere  deve  oseervarsi,  die,  quando  son  raddoppiate, 
si  pronunziano  come  se  fossero  una  sola  e  semplice,  in  manièra 
che,  la  vocale  antecedente  pronunziandosi  corta  e  come  abbattuta 
sulla  consonante  seguente  raddoppiata,  si  viene  a  sentire  questo 
raddoppiamento  „. 

Consonanti  continue.  J.  132.  Iniziale  o  intemo,  in  <,  ma  s'in- 
tende che  quando  segua  immediatamente  alla  vocale  accentata,  e 
non  si  opponga  alcuno  de'  fenomeni  enumerati  al  num.  125,  equi- 
vale ad  una  doppia  genovese  ed  è  da  noi  rappresentato  con  ééy 
num.  131  :  éaéund,  éenéyvow  ginepro,  éo^^a  giovedì,  àuvu  giogo  (di 
monte),  are.  àuvà  giovare;  ancora  in  grlb  e  comm.,  num.  16ò;baéàiìa 
(faba)  bajana  Salvioni  N.  Post.;  mdééu  maggio,  p^éu  num.  6. 
Ma  ora  gUdise  ^MisyUy  per  Tant.  zuexe,  ecc.,  arcaici  giaxegr]h  19, 
120,  giilstra,  cfr.  num.  34  e  anche  §  2  C  s.  aiustrar;  latin,  ^uèétlu 
brodetto  grlb  7,  22,  cas.,  ma  cfr.  piem.  ^us  succo,  brodo,  e  le 
altre  forme  ricordate  XU  406.  Vedi  num.  207.  —  La  grafia  dei 
documenti  più  antichi,  tanto  pei  riflessi  del  nostro  j  quanto  per 
quelli  del  a  palatale  e  del  dj  originarii,  è   sempre  zi  al  quale 
poi  si  contrapponeva  il  $  nei  riflessi  di  s  latino,  benché  dive- 
nuto sonoro;  e  non  è  dubbio  che  i  due  segni  rappresentino  suoni 
diversi,  i  il  secondo  e  dà  (cioè  suppergiù  i  italiano)  il  primo. 
Naturalmente,   con  perfetto  parallelismo,  lo  e  o  il  c(i)  antichi, 
i  quali  rispondono  al  c(i)  o  al  kj  tj,  o  anche  allo  z-  originarii, 
rappresentano  un  ts^  di  fronte  al  s  aspro,  scritto  ora  s  ora  ss, 
che   continua  V  identica   lettera  latina.  Si   confronti  il  §  1  A 
num.  35.  Anche  il  noto  passo  dantesco  del   •  De  vulgarì  elo- 
quentia  »,  I,  xui,  4,  fa  prova  di  quel  che  stiamo  affermando: 
cfr.  Rassegna  bibliogr.  d.  lettor,  it.,  IV  260.  Le  due  serie  paral- 
lele, sia  della  sonora,  sia  della  sorda,   non   si  confondono  mai 
nelle  *Rime'   e  neppure   in   ps.  dc^    de*   de';  ma  in   de*  ab- 
biamo già  preyza  4  e  hezogna  23,   e   la  confusione  è  continua 
soprattutto  in  mu.  Non  parlo  degli  scrittori  posteriori;   che,  a 


Binai  lir»  885 

oonindare  da  fogl.,  è  già  stabilita,  nonortaiite  qualche  oscilla- 
zione di  varia  natura,  la  nonna  grafica  odierna,  che  s  rappre- 
senti la  consonante  sorda  («  e  s  o  c{e)  c{i)  dell' antica  grafia), 
e  s  la  sonora  (ant.  s  e  «)•  Ncm  andremo  donque  lungi  dal  vero 
sopponeado  che,  soppergiù  dalla  metà  del  see.  XIV  in  poi,  Tan* 
tioo  «,  sordo  e  sonoro,  si  venisse  confondendo  con  8,  e  rispetti- 
vamente con  i.  Intorno  a  qualche  traocia  drile  due  consonanti 
scomparse,  che  rimane  tuttora  nel  sistema  fonetioo  del  dialetto, 
si  vedano  i  nom.  169  e  196,  170  e  207.  188.  Caduta  antica, 
nella  protonica:  are.  mou  {mówj  da  màù)  maggiore  oav.  34,  ecc.; 
inoltre  v(Su  vuoto,  eoe.,  nmn.  209.  —  Caduta  genovese  A'j  inter^ 
vocalieo,  in  irSa  troia,  anche  fogl.  155,  §wdu  guajo,  are.  gioeUé^ 
e  cEr.  pure  il  num.  18. 

J  implicato.  U.  134.  In  ^  (cioè  j^,  num.  131):  pa^^, 
mf^  num.  125  e,  are.  faggio  ^eggie  oigUa  cav.  grlb,  H^^  {da 
éawe)  '  giglio,  ossia  bottone  in  cui  termina  il  fusto  della  chiave 
maschia'  cas.,  ma  ri  Zigij  i  Gigli  (di  Francia)  fogl.  145.  Al 
solito,  àffyu  dgu^  nrifya  mia  nm.  147. 

MJ.  136.  amya;  ma  in  protonica  veiukfiàj  donde  anche 
reHkd^tki,  cfr.  §  1  A  num.  21,  §  2  B  num.  23. 

NJ.  136.  akaìiu  scamneu,  ora  solo  nel  senso  di  *  ufficio, 
bureau*,  cfr.  $kaMf  stipettajo,  gramifia^  ecc.,  num.  124 a,  iH- 
ifiin,  tfihi  tengo  nnnu  125  e.  U  plebeo  iiflhi  sciocco,  aoc.  a  n^iu, 
mostra  assimilasione  qualitativa,  cfr.  num.  182;  in  fogL,  grlb 
16,  55,  chit.  107  si  trova  ancora  Tantico  agni  anni,  §  2  B 
num.  28.  —  Vocaboli  piìi  tardi  :  kapUóHngu  aiìdaHnga  num.  92  ; 
e  con  iato  romanzo  àiknga  anitra,  plur.  kafinye  cannabe  Sfioro 
del  vino  ',  da  ibin^o)«,  ora  quasi  solo  nella  frase  fse  ce  k,  essere 
agli  estremi,  cfr.  num.  176.  —  Metto  qui  GN  solo  per  ricor* 
dare  Tare.  cogna$$o  eognoèsei  fogl.  115,  135,  ora  ktmnèu. 

8J.  137.  baiu,  ^fia,  friia  striscia  e  frdt^u  nastro,  ant. 
tose.  fregeUo^  San  Zenexo  comm.  250,  ktliu  cucio,  bruiu  ;  preiiiiìi 
ókaàuH;  ma  dopo  AU  e  dopo  consonante  è;  gòèu  gozzo,  cfr. 
lucch.  gogio  e  E5rting  s.  geuttifu;  Saititiii  num.  92,  muriiih  emul- 
sàone  num.  94;  Paèu  Passio  paèuiì,  are.  pf^usehia  num.  161.  — 


386  Parodi, 

Per  STJ,   oltre   i   soliti   o/AgéSa  biSa,  ricorderò  barasci  balasci 
fogl.  61. 

CJ.  138.  brassu,  syasu  anter.  seAsm  staccio,  are.  fossa 
cav.  10  chit.  139,  ora  fctééa;  kosu  calcio,  baUsai  sono  tatti  s 
provenienti  da  z  anteriore,  num.  132.  Per  mustàhn  nom.  198,  e 
così  in  genere  pei  plurali. 

6J.  139.  èaééa  spiaggia,  greto,  da  anter.  baiia^  num.  132; 
^wàia  sugna,  spwàèya,  forse  con  i  inserto  tardi,  c£r.  num.  sg. 

TJ.  140.  In  8  {8s\  dall'ant.  z^  num.  132  :  éassa  piazza,  beléssa, 
menissu  e  menisàj  num.  35,  pussu;  forsa,  kafisùiì;  gussa  goccia, 
adrissu  adrisà,  strassu  strasà,  n^ssa  *neptia;  per  sjTu^ti  spingo, 
num.  152.  Lettersjii  grdsya,  palàsyu,  fuiìsyùfif  ecc.,  {oT8e  stai^sya, 
ma  più  probabilmente  è  da  staiìsa,  con  f  inserto  tardi;  kacéa 
kaò&w  cacciatore,  ma  caggàte  grlb  5,  41,  ecc. —  141.  H  so- 
lito esito  speciale  in  Pazu  anter.  Pùfàèu  il  Palazzo  Dogale, 
Venexia  fogl.,  préiu  servtòu,  barbizi,  cfr.  Horning  Zst.  24,  545  sg., 
e  anche  25,  744  sg.  Inoltre  aspertièe  astuzia,  da  aspertu  astuto, 
fresMèe  frescura,  e  gli  altri  che  ricorderemo  nella  *  Declinazione  ', 
cfr.  num.  22  e  §  2  B  num.  23.  Vanno  senz'altro  coi  precedenti, 
e  cioè  sono  d'origine  semi-popolare.  —  In  protonica:  rctòuii, 
saiùfi^  stagione,  ancora  in  grlb  17,  3,  ma  ormai  arcaico,  asdèunà 
acconciare  (un  cibo),  condire:  cfr.  §  2  B  num.  23.  Non  è  però 
sicuro,  nemmeno  pel  genovese,  che  si  tratti  di  un  esito  indigeno, 
particolare  alla  protonica,  e  non  del  tipo  stesso  di  frtóu, 

DJ.  142.  ^tirnu,  benché  appaja  fin  dai  primi  testi,  non  par 
popolare,  né  si  può  parlare  di  giacurun  diaquilonne,  num.  123. 
Ricordiamo  piuttosto,  per  confrontarli  insieme,  due  vocaboli 
con  z  greco,  jòèia  num.  99  e  é^àiva,  da  ant.  Hiura,  it.  giug- 
giola. 143.  Nella  postonica,  di  norma  i,  da  ant.  i,  num.  182: 
stàééa  stazza ,  e  staéà  stazzare ,  rn^àu,  lavéééu ,  num.  124  a, 
are.  póiiu  poggio,  tramóéia  cas.,  inoltre  ^iruMéààu  vo  girel- 
lando ^iruiideéà^  netééàu  neteéà,  ecc.  E  dopo  consonanti:  frufiéa 
*frondea,  urèo  *ordeolu  orzaiolo,  karèò'  cardeolu  boccio,  ecc. 
Poco  popolare  oriyu  (ma  cfr.  stafisya  num.  140)  e  ordio  grlb  4, 
56  ;  13,  62,  forse  da  un  non  indigeno  ardi,         144.  La  solita 


Stucy  liguri  887 

caduta:  mei/tce^^  are.  aiasse  fogl.  145,  cfr.  num.  211.  Per  atikòi 
od.  aiik9^  num.  73  ;  ma  sono  di  difficile  spiegazione  kufà  anter. 
kmvaf  kuviea,  num.  18,  are.  invea  ib.,  che  possono  credersi 
rifatti  sulle  forme  protoniche,  come  fu  accennato  §  2  B  num.  23, 
ma  forse  sono  piuttosto  da  giudicarsi  semipopolari,  cioè  avreb- 
bero conseryato  più  a  lungo,  come  V  it.  mezzo^  il  loro  ci,  e  questo 
poi  avrebbe  subito  la  sorte  degli  altri  d  intervocalici  :  suppergiii, 
adunque,  *kuviiidia  kuviya  kuvcea,  secondo  il  num.  18.  Così  riesce 
chiaro  anche  l'ant.  omecio  omicidio. 

PJ.  145.  In  ó{éé):  mite  sapiam  sapiat,  picùa  piccione, 
s'è  indigeno. 

BJ.  VJ.  146.  In  ^  {^§)  :  ra^§a  rabbia  e  arasse j  d^§e  abbia; 
ér^  albeu  Rom.  XXVII  235,  kafi^à.  —  £  góg^  léjgu  leviu 
num.  125  e,  veMiéd^gu  ventipiovolo  e  iu^àiia  ^  fumo  addensato 
alle  mura  che  per  l'umido  cola '  cas.,  kari§^u  quadruviu,  num. 
158,  anche  niggi  nibbi  fogl.  29,  arcaico. 

L.  147.  Resta  all'iniziale,  tranne  nel  solito  ruèifld\  che 
crederei  attratto  da  r  u  s  s  u  s ,  ma  si  veda  Modem  Lang.  Notes 
XVlli,  fase.  7,  e  in  nime$<$/Zu  *(g)lomiscilltt  o-ellu,  che  pro- 
viene, 0  per  dissin^ilazione  o  per  qualche  incrociamento,  da  lume- 
SMu,  vivo  ma  plebeo,  o  da  liim.  grlb  3,  18,  efr.  B'aUumeacella  3,  9 
(u=(7).  Per  le  forme  con  1-,  frequenti  anche  fuori  d'Italia, 
efr.  Thomas,  "  Essais  de  Philol.  fran^.  „  329  sgg.  Infine  in 
réska,  num.  20,  prevale  resta  su  liska,  e  non  è  nostro  soltanto. 
—  Pel  doppio  l,  ricorderemo  solo  il  suffisso  •aUu,  di  brasàllu 
bracciale,  uiìbri9àUu  num.  93,  e  -oUu  di  ba^ideróUa  banderuola, 
ventola,  kasaróUa  cazzemola,  che  ha  accanto  kasótela^  paróUa 
parola,  che  ha  accanto  pówla,  num.  52,  spafióUu  are.  spagna 
(1.  spaHif)  fogl.  45:  sono  accomodamenti  tardi.  In  séUno  ante- 
riore eSafu^  e  inoltre  in  brikókalu  albicocca,  pel  quale  trovo 
in  ross.  brieoccaro ,  riconosceremo  tarde  dissimilazioni ,  num. 
160,  ecc.  148.  Cade  tra  vocali,  passando  per  r,  num.  159, 
ma  vanno  crescendo  di  numero  gli  esempi  ricostituiti  lettera- 
riamente: tnóuiu  e  tnaróttu,  m(a  dall'are,  miria  e  mitili  milione, 
acc.  a  milyuiì,  ówku  allocco  cas.  (acc.  a  lukku,  in  qualche  frase 


338  Parodi, 

stereotipata),  dymé  e  alitmme,  num.  55,  ecc.  —  Cade  andie  finale, 
come  risulta  dal  §  2  B,  e  qui  ricordo  soltanto  l'are,  in  ri  ma 
luogo  fogl.  69  (ora  solo  in  qualche  composto,  maprù  dispiacere), 
Tare,  crudi  fogl.  18,  19  (femm.  erudera)  ora  krudéle^  fide  111, 
ora  fedéle,  genti  55,  ora  ^eMUe^  inoltre  la  serie  favuféyve  raiu^ 
néyve,  ecc.,  ora  ridotta  a  quasi  nulla,  num.  S.  149.  Cade,  per 
vìa  di  u,  nelle  formolo  ove  sia  seguito  da  dentale:  éUu,  àtza  (1.  à^a) 
alza  fogl.  42,  135,  ecc.,  num.  50,  ^(dnu  ib.,  ma  per  contro  ofca, 
con  au  anteriore  al  chiudersi  del  dittongo,  cfr.  éona,  ecc.,  num.  177. 
Ma  V.  num.  116  per  ALT,  ecc.,  atono.  Poi,  òta  volta,  arkfitu  archi- 
volto, num.  124  a,  sódu  soldo,  cfr.  gli  arcaici  sode  soldati  fogL  33 
e  soda  saldare  cav.  20,  inoltre  Todiemo  aaòdów  saldatelo,  are. 
mze  grlb  12,41,  inoltre  fòtréii  e  l'are,  kòtfttu  ;  pàta  (1.  piUa)  polta 
grlb  7,  60,  cfr,  pUUfi^  nella  frase  u  Va  wpiMii  ay  o§^  la  lacrimina, 
are.  atra  (ùtra)  oltre,  iògL  21,  e  moUoin  montoni  grlb  3,  14,  dùse 
adusi,  pù8u  polso.  Pel  contrasto  fra  il  tipo  pùlniiì  e  il  tipo 
adusi,  num.  99,  116;  e  num.  99  per  l'irregolare  skópeUu.  Impor- 
tato è  sérsa  gelso,  ma  in  qualche  antico  documento  si  trova 
ceusa.  160.  Passa  in  r,  davanti  a  consonante  non  dentale: 
varma  malva,  sarmàèa  *salmacida,  surku  solco,  surk^Uu  ajuolo 
(specie  di  rete),  fùrgow  razzo,  ecc.  Sarà  dissimilazione  in  pùvye 
da  anter.  "^^purvere  (pover  ri  71,  23,  acc.  a  porverenta  less.), 
cfr.  §  2  B  num.  24.  161.  Alcuni  casi  di  m...  l  +  cons.  in 

m...n']'  cons.:  are.  monto  molto  fogl.  30,  32,  cfr.  §  2  B  num.  24,  e 
mt^sa  milza,  inoltre  KamdfiduU  CamaldoU.  Il  fenomeno  è  affine 
a  quello  del  num.  181,  e  per  miiìsa^  di  cui  il  primo  esempio  a 
me  noto  è  in  grlb  15, 55,  si  potrebbe  anche  dubitare  se  la  forma 
anteriore  non  sia  *m%sa:  si  noti  però  che  mùìsa  (o  miiìza)  va 
fino  a  Montone.  —  Aggiungo  l'are,  ponzelle  fogl.  14  e  sguan-- 
drifia  (1.  -Ha)  grlb  16,  48,  che  forse  vive  :  non  indigeni  e  poco 
notevoli. 

L  implicato.  CL.  162.  éave  òàima  ciurma,  ma  il  solito  £M 
chino  kind,  kavi^^a.  Inoltre  dopo  AU:  nòcS  (1.  nòéè^)  nocchiero 
grlb  15  Argom.,  cfir.  §  2  B  num.  25;  e  dopo  consonante,  ku- 
vercu,  ecc.,  inoltre  spufiéà  spingere,  con  NCTL,  se  è  *expun- 


Stu^j  liirari  889 

et' lare,  efir.  spoincia  grlb  11,  43,  num.  198,  aponchioné  (I. -ó^) 
spintoni  fogl.  122,  od.  apui^nà  sospingere,  ecc.  Ma  forse  è  dai 
paesi  dove  CT  dà  é.  162^.  Tra  vocali:  9f^,  a§ij^,  cerio 
anche  skSj^  *8coc'lu,  rifatto  forse  su  cótes,  Riv.  di  filol. 
class.,  N.  S.,  II 131,  cfr.  Salvioni  "*  Dial.  d'Arbedo  «  53:  attestano 
per  esso  il  kl  i  dialetti  liguri,  per  es.  a  Bussana  sc^,  dove  j 
naponde  a  u  e  ol,  ma  non  a  pl,  e  seó^^  a  Oneglia,  dove  ^ 
risponde  a  cl  e  pl,  ma  non  a  ll.  158.  SCL:  iéSppu  '  schioppo  ' 
e  '  io  scoppio  ',  ààAmma  schiuma;  màJtóu,  raiéà  raschiare,  deiéòde 
num.  215,  are  fUada  grlb  7,  102.  Per  la  pronuncia,  num.  171. 
Notevole  il  gennan.  skiff  rasentare,  se  va  qui.  168^  TL,  spMa, 
e  cosi  il  german.  brilla  redina;   isfr.parpMa  num.  213. 

OL.  164.  ^aiUla;  ^ì  ghiro;  «H<^a,  are.  mngiiiUu  num.  92; 
vegà^  ktea^^u  caglio.  Per  lumei4Uu  num.  147.  Lettor,  groria 
fogl.  28,  ecc. 

PL.  155.  àdMa  pianta,  édiìèe  piangere,  caga  piaga,  óaèéa 
nom.  139,  óoia  num.  210,  éave^  éu  piU,  arcaici  ehiaxe  fogl.  44, 
ora  pjféie^  deschiaxe  fogl.  23,  chin  (L  Hiì)  pieno  14,  acc.  a  j>m, 
e  chinna  28  inchf  empi  120,  oggi  solo  pia  jM«ki,  num.  15,  are. 
ckiambà  piombare  fogl.  24,  cMoggia  (1.  ód^ja)  62,  cfr.  rei/itiéd^^ 
num.  146.  La  saldezza  di  pin  pieno  e  di  inpi  negli  antichi  testi, 
ann.  e  §  2  B  num.  3,  farebbe  quasi  dubitare  che  pll  (in  ^im* 
pllre  ^impllbat)  avesse  un  esito  speciale pt,  da  */^':  adunque 
itipi^  ma  éfiì  (conservato  nella  Riviera)  e  poi  ò'H,  num.  15,  ma 
anche  pifi  per  attrazione  di  ifipt.  Cfr.  num.  153.  —  Dopo  con- 
sonante: 8^u  simplu;  forse  straniero  laiipràdda^  in  grlb  14,  71 
sdampiadda  *  scialo ,  bagordo  ',  cfr.  il  catal.  aixamplar  ;  semipop. 
exempro  fogl.  34,  cfr.  aseniho  less.,  acc.  ad  a»emprio  ri  14,  219. 
—  Tra  vocali:  du^§u  Biuéf^e  stoppie;  dal  di  fuori  À^tiiya  coppia. 
155".  SPL,  solo  negli  arcaici  e  lettor,  sprenduai  (1.  -ti^t)  cav.  34  e 
sprandt  num.  92,  ora  rispléiide  ecc.,  ma  non  si  può  escludere 
che  il  lat.  splendere  si  sia  fuso  con  -prendere,  cfr.  Diez, 
*  Anciens  gloss.  rom.  «  45. 

BL.  156.  ^f^ku^  jastémma^  §a$à  biascicare  masticare,  §iea 
bietola,  are.  Giaxo  Biagio  fogl.  82  e  giasmo  biasimo  147;  non 


340  Parodi, 

popolari  abrókku  blocco  e  Tare,  brando  fogl.  66,  §  2  B  nuin.  25, 
ora  byuiidu,  —  Poi,  ait^ów  ambulatorio  §  1  A  pag.  14, 
éìM^;  sta^ju  stabbio,  nf^a  ostia,  secondo  il  num.  6,  non  indi- 
geno fubya. 

FL.  167.  Sempre  ^:  l^aoku fianco,  Mkà  f I accar e  schiacciare, 
M fiore,  M^ku  fionco,  ^umme fiume;  M^i  enfiare;  Mèu  M$(i  sof- 
fiare nm.  169.  Non  schietti  fyasku  fyòku  fiocco,  nò  frauda,  fragellu 
fogl.  32,  ecc.,  affrize  fogl.  107,  forse  vivo  ancora;  peggio  che 
meLÌ  fiata  ftatUy  vocabolo  di  convenienza  per  *  ruttare  '  'rutto'. 

R.  168.  Iniziale,  e  davanti  o  dopo  consonante  rimasta,  non 
si  altera  ed  ha  il  suono  italiano:  il  plebeo  ma  non  indigeno 
lìtrcetu  ritratto  ha  l  per  dissimilazione;  un  caso  speciale  è  quello 
dell'articolo  e  del  pronome  2o  2a,  ecc.,  v.  *  Morfologia'.  Anche  il 
doppio  r  equivale  in  tutto  a  un  semplice  r  italiano,  num.  131  :  itera 
terra,  kuru  corro  kun^  mura  muso,  e  qui  va  pure  kar4§^u  qua- 
druviu,  rifatto  su  karu  carro,  come  anche  kare§à  caricare  e  forse 
karéga  sedia  ;  inoltre  skuryà  scuriada,  se  è  rifatto  su  skuA  *'  scac- 
ciare, inseguire  '.  —  Del  r  intervocalico  non  si  conservano  esempi, 
lasciando  da  parte  i  vocaboli  letterarii ,  se  non  dove ,  per  la 
caduta  d'una  vocale,  abbia  cessato  d'essere  intervocalico,  nu- 
mero sg.,  o  dove  sia  intervenuta  una  dissimilazione,  num.  160. 
Vocaboli  letterarii:  ku^ariit  acc.  a  ktl^ceii  cucchiaino,  haUriii  acc. 
al  plebeo  balce^,  kaseróUa  e  kasówla,  bafideróUa,  num.  147, 
parólla  e  pówla,  cTr.  maróttu  malato  e  móiiiu  num,  148,  kurà^gUf 
kavaleria,  ecc.  ecc.,  straniero  cikarùiì  chicchera,  ecc.  169.  In- 
tervocalico, s'era  ridotto  in  tempo  assai  antico,  e  cioè  prima  dello 
scempiamente  di  RR,  §  1  A  num.  33,  al  suono  che  indichiamo  conr; 
il  quale  doveva  corrispondere  ad  alcuno  dei  varii  tipi  di  r  meno 
schiettamente  apicale,  che  si  odono  in  gran  parte  della  Liguria. 
Probabilmente  l'antico  r  apicale  *—  e  l'antico  l,  che  si  fuse  con 
esso,  —  si  pronunciò  a  poco  a  poco  innalzando  meno  la  punta 
della  lingua  ossia  avvicinandola  meno  ai  denti,  cosicché  dive- 
niva meno  intensa  la  vibrazione  e  dalla  punta  della  lingua  si 
riduceva  piuttosto  ai  suoi  lati,  finché  cessò  del  tutto.  Di  una 
pronuncia  del  r,  quasi  impercettibile  all'orecchio,  ci  fanno  espli- 


Sinai  ligun  341 

cita  testimonianza  le  Segale  d'ortografia^  preposte  all'edizione 
del  1 745  della  QiUara  Zeneize  (regole  che  sono  poi  ripetute  tali 
e  quali  nella  1^  edizione  del  ChiUarin  del  De  Franchi,  a.  1772, 
e  perfino  nella  ristampa  del  1847):  ^  r  semplice  in  corpo  alla 
dizione,  quando,  non  accompagnata  da  altra  consonante,  precede 
ad  una  vocale,  e  nell'articolo  ro,  ra,  ri,  re,  non  si  pronunzia, 
0,  per  meglio  dire,  si  pronunzia  così  dolce,  che  appena  se  ne 
oda  un  leggier  mormoro  «.  È  qui  da  notare  che  sui  lembi  del 
territorio,  dove  il  r  è  omai  sparito  del  tutto,  —  riguardo  al 
quale  si  può  per  ora  vedere  Mey.-L.  it.  gr.  127,  —  esistono 
paesi  dove  la  presenza  del  r  non  è  più  avvertita  da  chi  parla, 
sebbene  sia  pur  sempre  abbastanza  manifesta  per  un  orecchio 
esercitato.  Forse  in  tali  condizioni  trovavasi  il  genovese  del 
sec.  XVin,  ma  si  può  tuttavia  dubitare  se  le  Regole  della  ^U- 
tara  Zeneize  non  si  riferiscano  ad  un  recente  passato,  piuttostochè 
alle  condizioni  reali  dell'anno  1745,  o  se  non  rispecchino  l'uso 
pili  conservatore  della  classe  più  colta.  Sia  come  si  voglia,  nel 
Foglietta  e  nel  Cavallo  non  v'è  alcuna  traccia  della  caduta  del 
r  intervocalico;  ma,  sebbene  non  ne  mostrino  tracce  neppure 
le  Rime  di  Todaro  Gonchetta,  ossia  di  Giuliano  Rossi,  comprese 
in  fogl.,  esse  sono  evidenti  in  alcune  delle  sue  poesie  manoscritte, 
che  anche  più  dell'altre  imitano  il  dialetto  estraurbano  o  con* 
tadinesco.  Per  esempio,  una  poesia  *  in  lode  di  Alessandro  Spi* 
noia,  duce  di  (Genova  nel  1655  '  (un  doge,  che  fu  pur  cantato 
dal  Cavallo),  contiene  molte  forme  come  ieimo  eravamo,  per 
érifnu^  goa  per  gura  gola,  Portoia  istoeia  storia,  cfr.  num.  26, 
foea  fuori,  Moietta  Manetta,  Impeià  Imperiale,  ecc.  Circa  un  se- 
colo dopo,  in  grlb,  il  r  di  norma  si  continua  a  scrivere,  ma 
spesso  anche  è  tralasciato,  o  per  la  necessità  del  verso  :  *  Che 
no  poeuan  quello  teito  fraccassà  '  18,  74,  *  Da  ro  quae  apean  d'esse 
levflB  d'intrigo  '  20,  1,  *  Che  ghe  fé  oeuveà  Tinguento  con  l'imbùo  '  20, 
79,  '  Sto  fsBto  che  mette  affao  de  contàro  '  20, 101,  o  anche  senza 
necessità:  ^  Non  comme  cavagéo  chi  vegnùo  '  19,  3,  '  Ro  senestro 
Artamòo  comandavan  '  20 ,  22,  '  Fa  eh'  esti  quattro  barbai  la- 
droin  '  20,  27,  '  Con  desidéjo,  ma  con  storbia  cera'  20,  61,  '  Aoura, 


a42  Parodi, 

mentre  era  tà  fia  costion'  20, 73,  '  D'amò  a  ra  m(»Ma,  e  a  ^  sciamme 
agassa  e  avi  va'  20,  114,  ece.  (quest'ultimo  è  esempio  doppio, 
che  serve  per  entrambi  i  cadi).  Talvolta  è  scritto  anche  dove 
il  verso  non  Io  ammette  :  *  Mi  son  ra  maesma,  mirarne  ben  in 
cera  '  19,  82.  E  infine  è  anche  introdotto  in  luogo  non  suo,  sia 
Terrore  solo  ortografico,  o  anche  della  pronuncia  :  vdwro  velluto 
4,  46  (  :  tamhuro  :  duro).  Se  tali  esempi  ricorrono  di  prefermza  negli 
ultimi  canti,  la  sola  ragione,  per  quanto  io  credo,  ne  è  questa,  che  i 
diversi  traduttori  dei  varii  canti  non  erano  tutti  ugualmente 
conservatori.  Anche  in  comm.  il  r  è  di  solito  scritto,  e  meglio 
ancora  nel  lirico  ChUarrin,  tranne  però  quando  si  voglia  imitare 
il  linguaggio  plebeo.  Così  in  comm.  furb.  64,  ove  s'avverte  che 
Monodda  deve  contraffare  il  *  genovese  portoliano'  (ossia  del 
quartiere  popolare  di  Porteria),  ricorrono  le  forme  rnowcB  (1.  rnuvi?) 
madre,  maifia  (1.  maiiia,  ora  moffia)  marina ,  trippcea  trippaja, 
irovào  trovarlo,  ecc.,  e  in  chit.  33  sg.,  ove  s'imitano  il  vocio  e 
lo  schiamazzo  delle  ortolane  e  merdaiolo  di  Piazza  PonticeUo, 
il  f  non  è  meno  regolarmente  ommesso  :  peivee  per  péyvere,  eoe 
care,  paa  (ora  pa)  pala,  saa^o  (di  tre  sillabe)  od.  sa$u,  num.  92, 
pantaiceù  spilli,  num.  112,  ecc.  Finalmente  col  Piaggio  la  pro- 
nunzia reale  prende  del  tutto  il  sopravvento;  ma  è  tradizione 
costante  che  sul  principio  del  sec.  XIX  i  nobili  dicessero  ancora 
pwcere  tnwinre  invece  di  pwce  mwce.  Il  fatto  però  avrebbe  qualche 
importanza  solo  se  si  potesse  credere  che  in  tali  vocaboli  pro- 
nunciassero sempre  quello  speciale  r  genovese;  ma  e  mancano 
gli  indizi  per  giudicarne  e  la  cosa  in  sé  pare  poco  probabile. 
È  inutile  dtare  esempi  di  r  caduto,  oltre  a  quelli  già  visti  ;  ma, 
per  l'influenza  avuta  dal  fenomeno  sulla  declinazione,  rimandiamo 
per  ora  al  num.  74  sgg.  — La  caduta  si  estende  anche  alle  formolo 
TR  DB,  pwà  padre,  ecc.,  num.  48,  213,  217;  e  non  è  impedita 
dal  dittongo  AU:  óu  oro,  fia  favola,  ecc.;  ma  se  può  trarsi  di 
qui  con  qualche  probabilità  la  conclusione  che  l'intacco  del  r 
sia  posteriore  all'intacco  della  dentale,  nulla  se  ne  può  indurre 
rispetto  al  dittongo.  —  Di  qualche  importanza  sono  i  casi,  dove 
il  r,  benché  cessasse  di  trovarsi  fra  vocali  solo  in  tempo  relativa^ 


Stu4i  liguri  MS 

mente  assai  tardo  e  foeae  quindi  assai  prossimo  alla  caduta,  non 
cadde  ma  ritornò  alla  sohietta  pronuncia  apicale:  Praviihi  are. 
Paraventi  num.  84,  inoltre  parecchi  degli  esempi  del  num.  79  : 
VitH  ant.  VtUnri,  l^vre  are.  libere  fogh  134  o  Ifvurt,  che  si  trova 
ancora  in  chit.,  e  la  notevole  serie  prUia  pulce  da  fUr^àa^  tràu, 
elee,  anche  in  grlb  9,  39,  da  értiu  (ottrto  ^r^u)  fogL,  fr^  felce, 
anche  in  grlb  5,  52.  La  caduta  deUa  vocal  postonica  in  questi 
esempi  non  dev'essere  anteriore  al  periodo  moderno  del  dialetto  ; 
per  la  metatesi  vedi  il  num.  161.  Qui  aggiungiamo  che  sembrano 
però  anormali  i  tre  esempii  mìu  saliee,  haiu  calice,  col  senso 
di  '  bussolo  per  estrarre  a  sorte  '  cas.^  e  p&tu  pernio,  da  "^òlioe 
per  pollice.  A  Zoagli,per  es.,  si  sente  andieei^  dove  T  aper- 
tura dell' e  farebbe  supporre  una  iase  anteriore  iriu  da  4t^éui 
altrimenti  si  avrebbe  iiu.  Forse  in  qualche  vocabolo  la  postonica 
dorò  pili  a  lungo,  o  per  ragioni  letterarie,  come  in  kàrtéu^  o  ape* 
caalmente  per  attrazione  degli  altri  -ahi  (mdHtoSu,  ecc.,  num.  88), 
e  cadde  solo  in  tempo  che  il  r  s'era  ridotto  a  un  suono  così 
fievole,  che  nim  poteva  più  sostenersi  e  ritornare  a  r  schietto: 
poniamo  a  un  dipresso  *hà:^tu  *kd:du  kàiu^  e  confrontiamo  f$èa 
num.  160^  e  luU  num.  179.  —  Il  r  finale,  num.  126,  148,  è  del 
tatto  scomparso,  anche  nella  grafia,  già  in  fogl. 

160.  r  (originario  o  da  /)  dissimilato  in  l  ifutìiu)  priM' 
'  (fungo)  pratajuolo'  o  'pretajuolo'  (cfr.  prw  prete  num.  20), 
per  *friero\  e  probabilmente  vanno  qui  anche  hriktìeaU  are. 
hrikàkori  num.  104,  bróhUi  broccoli,  e  forse  PurtidpàH  '  del  se- 
stiere di  Pc^torìa  ',  già  in  grlb,  fursMu  fònuto,  per  *fitr9efih$, 
irUuià  tritare,  onde  anche  mi  trUiUu,  gravali^  calabrone  cas.; 
d'orìgine  dotta  diletriée  direttrice.  Senza  sfÀnta  dissimilativa, 
abbiamo  l  nel  solito  avólyu  avorio,  nel  plebeo  tdUtfa  itterizia  e 
nell'are,  paìadizu  opali,  cav.  76,  grlb  16, 22,  cfir.  §  2  B  26:  i  due 
ultimi  sono  forse  oorrezioni  popolari  a  rovescio.  —  Assimilato  a 
A,  ganifanu;  dissimilato,  in  Bifiséypera  ora  PinàséifVffa,  Schnchardt 
Vok.  I  37  sg.,  e  passato  comechessia  in  n,  talora  non  senza 
apinte  fonetiche  ma  più  per  attrazioni  suffissali  o  per  illusioni 
etimologiche ,   in  iàpani  capperi   num.  80,   arbaniUa  alberello 


344  Parodi, 

num.  92 ,  sufranifi  num.  104 ,  Kristufaniii  cognome  num.  80, 
rumani'à  ramerino  e  rekanism  regolizia  (su  '  canna  ').  —  Per  an- 
tica dissimilazione  d,  num.  sg. 

IGO*".  Due  soli  esempi  di  diretta  caduta  del  r  intervocalico^ 
entrambi  molto  antichi  e  dovuti  a  dissimilazione  :  j>riia,  *pru(ia 
*prura ,  che  dal  genovese  si  diffuse  all'  italiano  e  altrove,  e 
aparttd  §  2  B  num.  26,  che  ha  forse  nel  futuro  apartu{r)irà  il 
suo  punto  di  partenza,  cosicché  si  capirebbe  anche  la  coesistenza 
di  partori  ap.  fogl.  109:  questo  però  potrebbe  anch'essere  letterario. 

—  Caduto  davanti  a  consonante,  per  dissimilazione:  Benardu 
ma  Bern.  fogl.  87,  117,  Betórdu^  mahurdi  mercoledì  e  mcUesdf, 
abérgu,  ora  soltanto  1'  *  Albergo  dei  Poveri  ',  cfr.  arberghi  fogl. 
107  e  albego  arb.  less. ,  bregówlu  num.  85,  161;  un  po'  diverso 
supestisyàiì.  Per  foSa  forse,  ora  solo  della  plebe  o  del  contado,  vedi 
§  2  B  num.  26  e  cfr.  luzi  qui  num.  179  e  un  po'  anche  il  num.  159; 
per  ifibósà  num.  99,  ed  è  inutile  ricordare  èuéa  suso  (ora  soltanto 
nel  modo  di  dire  lafikaSiléay  cioè  là-a^ika-^Mia  '  in  Oga  Magoga  '). 

161.  Metatesi  di  r,  primario  o  secondario:  a)  la  formola 
cons.  +  voc.  +  cons.  -f-  R  passa  nella  formola  cons.  +  R  +  voc. 
+  cons.  :  iMrégu^  plebeo  o  bambinesco  trige  tigre,  pria  num.  8, 

—  e  di  tipo  identico  l'ant.  weoo,  cioè  vrów^  vetro  §  2  C  pag.  81, 
sostituito  ora  da  v^ddru  e  nella  plebe  da  vrfddu,  —  krapa  capra, 
fr§ve  febbre,  frdve§u  *fabricu  orefice,  plebei  e  non  indigeni 
fróbika  e  reprubika,  questo  anche  in  fogl.  44;  frevà  febbraio, 
krastùiì  castrato.  Sono  casi  speciali,  non  troppo  antichi,  di  for- 
mola atona  e  inoltre  ristretti,  pare,  al  gruppo  vr  {fr?),  surm 
sopra,  da  tsurf76-,  num.  81,  in  fogl.  sovra  117,  ^rrM  supino  (con 
incrociamento),  arvt  *  aprire'  e  'aprile  ',  entrambi  già  in  fogl.  16, 
117,  ma  cfr.  §  2  B  num.  42:  invece,  levre  mxm.  159,  lapru,  ecc.,  ntun. 
224,  e  inoltre  Agru  màgru  là§rima.  Un  po'  dubbio  hrfu  num.  2  n.  : 
*leffru?  cfr.  lerfUiì  ceffone;  b)  Riesce  al  medesimo  risultato  la 
formola  tonica  cons.  -{-  voc.  +  R  +  cons.,  quando  il  r  sia  seguito 
da  certe  determinate  continue,  cioè,  pare,  giudicando  dai  pochis- 
simi esempii,  da  s  e  I,  da  ;^  e  t?:  stróèu  spezzo,  se  con  ^-torsiare 
non  c'entra  di  mezzo  anche  *  strozzare  '  e  inoltre  se  non  è  rifatto 


Stu^j  liguri  845 

sulle  arìzotoniche,  strus^u  torsolo,  frfia  pruàa  num.  159,  króvu 
0  kràu  corvo,  plebeo.  —  Se  la  forinola  è  atona,  la  norma  si 
estende  a  qualche  altra  consonante,  ma  in  ispecie  l'influenza 
letteraria  ne  ha  ristretto  l'azione:  drafìfi  déiSnOf  frumdj^u  fru- 
migwa^  tutti  plebei,  iiìpremoà  -permutare  '  prendere  a  prestito  ', 
ora  solo  nel  contado,  a  s'iMcramanna  (1.  -aiina)  cav.  114,  grlb 
11, 50  '  si  scalmana  ',  cruamme  corbame,  term.  marin.,  cas.,  krttèla 
corsìa,  id.,  bregówlu  num.  160,  forse  strepa  strappare  (onde  siréppu) 
strepui^  strappata,  <A;rupyiiii,  forse  bri^asittu  num.  102.  —  Sono 
casi  speciali,  facili  a  spiegarsi,  9ufranhi  num.  160,  magrufi  mer- 
gene'  palombaro  '  (ma  Nervi^  servii  ecc.)  ;  e)  Alcuni  casi  del 
passaggio  della  formola  atona  cons.  -^  ^^  ~l~  ^<^-  4*  <^J^'  in 
cona.  +  TOC.  -[-  Il  4~  cons.:  femfUu  (ma  di  solito  fren.)y  vedi  less. : 
purs^mu  prezzemolo;  kurio'  crogiolo  e  hurééUu  specie  di  pasta 
da  minestra,  esempi  notevoli  ;  j>iir(ieJiiH  ma  in  grlb  11,  2,  12  prò- 
fesMOfi,  col  quale  va  euré^ttu  ganghero,  dal  £r.  crochet  —  due 
esempi  che  esauriscono  tutta  la  serie  — ;  beriuèli  §  2  C  s.  brochir, 
hertéUe  dal  fr.,  durb^Uu  acc.  al  più  frequente  drUb.  coltre  bianca, 
dal  fr.  Più  frequenti  erano  nel  dialetto  antico,^g  2  B  num.  42, 
ma  in  fondo  si  tratterà  di  oscillazioni  dovute  in  special  modo 
all'alternarsi,  nelle  due  formolo  precedenti,  degli  esiti  con  me- 
tatesi e  senza.  —  Per  prtfamówiu  permaloso,  vedi  il  num.  89'. 
162.  Inserzione:  frandónye,  forse  fraiiUa  facella,  frféa  feccia 
cfr.  fexe  less.,  frièiUa  fiscella,  tutti  esempi  o  plebei  o  di  rarissimo 
uso,  <Arrail»i^^e  cacherelli;  kadastru  cas.,  dotto,  meystrà  cav.  15  e 
vivo  nella  plebe,  *  imagine  di  santo  ',  kaystryùiu  num.  89,  nuuirugà 
cas.  (e  mastUgà  ih.)  masticare,  num.  90.  In  fondo,  son  tutti  casi 
d'incrodamento,  non  meno  che  garbi&u  cavolo  cappuccio,  parpa^fi 
farfalla,  iarMUtf,  acc.  a  bab.^  bacherozzolo,  cas.,  saiìfómya  sym- 
phonia  '  scacciapensieri ',  sorta  di  piccolo  strumento  musicale. 
Più  notevoli  arff  fiele,  accanto  al  raro  af^  {ghe  ne  fé  fé  grlb  12,  51 
'  gliene  fece  stizza  '),  armùA  corbezzolo,  da  armurin  num.  81,  e  '  De- 
clinazione ',  cfr.  lo  sp.  amara.  Il  contad.  derlugu  diluvio,  piena,  cas., 
benché  d'origine  dotta,  potrebbe  avere  der-  per  des-  (come  il  contad. 
dirnà  drinà  per  dUnà  num.  89,  di  cui  però  v.  anche  Zst.  XXII 480), 


346  Parodi, 

ma  come  qui  fd  sostitaito  de»'  a  de-,  così  nei  due  caei  precedenti  or- 
ad  a*.  Dàmio  andie  perl4§toa  vilucchio.  Per  pria  prfm^a  pomice 
nnm.  85. 

V.  163.  Iniziale,  intatto,  se  si  escluda  il  fenomeno  comune 
romanzo  del  passaggio  in  B,  Bom.  XXVII 177  sgg.  :  balów  ballatojo, 
baìeloBa  piattaja,  badila  vagellare,  semidotto  come  bMnika,  bwéy 
badile  num.  46,  btdUi§A  'N'ell-it-icare  num.  91,  bS^^  buco, 
"VoC'-ulu,  da  vocuu,  bri§tva  veniiea  nnm.  85,  inoltre  aboUu 
sbigottito,  intontito,  num.  202,  abesiu  intorpidito,  oon  vitinm, 
MósA  num.  99,  ecc.  Affine  il  ft  da  v  nel  grappo  bv,  aròanitta 
num.  160,  urba  Uurba  *  pula  di  castagne  '  cas.,  che  va  oon  vulva, 
ma  è  del  contado.  Per  gli  esempi  di  v  iniziale  in  a,  mim.  sg. 
—  I  casi  di  caduta  sono  <H'a  assai  pochi  e  quasi  solo  plebei: 
tutte  le  forme  di  '  volere',  mi  d^^u,  uffmu  vogliamo,  óryó¥i  vor- 
ranno,  coi  quali  va  confrontato  l'are.  6ze  volge  (•  quello  gh'dze 
ro  scianco  „)  grlb  20,  65  ;  in<rfke,  Óto  volta,  usato  in  frasi  ste- 
reotipate, d'òUi  num.  65,  pe  n^óta  finalmente,  ecc.,  urpe  volpe, 
in  un  pajo  di  frasi,  come  lin^urpe  kwà  una  volpe  '  covata  ',  cioè 
un  furbo  che  f&  da  gonzo,  il  cit.  urba,  che  non  so  però  se  sia 
mai  stato  della  città,  Tare.  dxe{ì.^e)  voce,  grlb  15,  62;  16,  89, 
cbit.  40.  I  sostantivi  son  solo  femminili,  il  che  conferma  clie  sono 
tutti  casi  di  fonetica  sintattica.  Un  resto  dell'antico  o  voi,  §  2  B 
num.  50,  in  cose  pensoso?  grlb  11,  22,  ecc.,  v.  '  Forme  atone  del 
pronome'.  —  Metto  qui  infine  anche  i-wà  ex-volare  Bom. 
XXVn  62  9g.,  e  meglio  Salvioni,  Misceli.  Ascoli,  81  sgg.;  ma 
poiché,  come  il  Salvioni  vide  bene,  il  v  cadde  prima  tra  vocali 
(in   *de-volare,  ecc.),  andrebbe  piuttosto  al  num.  165. 

164.  Due  esempi  di  §*,  originariamente  all'iniziale,  Rom. 
XXVII  238  sg.  :  è^Su  é-g^à  -volare  (anche  svwura  svceurava  grlb 
2,  70;  3,  18;  16,  88,  ecc.),  deé'§S§je  svolgere  (cfr.  desvoio  pr. 
109,  4)  e  ìHgS^^e  avvolgere.  —  Più  caratteristico  il  noto  uga, 
fcNTse  importato,  ma  assai  presto,  §  2  B  num.  27  :  in  gen^?e,  cfr. 
num.  208. 

166.  V  intervocalico:  oltre  che  degli  esempii,  già  latini, 
di  B,   mi  valgo  anche  di  quelli  di  p.  In  protonica,  la  caduta, 


Sta4ì  %ttn  347 

aBche  quando  noa  è  lattoa,  è  di  solita  moltto  anjkiea,  §  2  B  num.  27^ 
ooaicehò  di  solito  à  iiminfflisa  aosb»  sei  dialetto  pMl  colts  :  oltro 
al  noto  ptsfo  ^pavSria.  aum.  €6,  aUbiiuio  Uv  knravo  nom.  4ft 
e  &M0d,  aeWa  zavorra,  (Uniaoa)  ftrfiriiK,  ik,  inoltre,  con  p,  sów 
sqMxra,  ib.,  e  anche  il  pBoelikioo  hAw  kff  wolul.  116^  ett.pòw^ 
éfyàu  porveretto  e  pòa-'dyà  a  pwcMÌi.  (ma  sèmpre  prfsoar  jTdcyaX. 
affatto  plebei  natii^  antA,  a  tasem  di  san  mmm.  51;  Utt^ 
amn.  Sé,  &afsd  nam.  12ft,  òj^,  plebeo,,  maa.  fri,  e,  con  p,  sf^éwkt 
dpoUa  aom.  5^.  Altri  oaei:  kwi  eoTare,  nu4lu  n«v«lo,  plebee* 
metta  no  vita,  phn,  nel  senso  di  ^mars^^lia  affettata'  (onAti 
e  arar.X  e  con  r,  iiaistf  ^lupaeeru  peseeiagno,  8kwam$  seo* 
pafomo  ea».,  Amr,  éaD'aro.  caró  nnv.  144  (in  eav.  80  caie  bi- 
sìllabo). Infine:  bceimà  mun.  110,  ace.  a  òanemad  grlb  13>  76^ 
plebeo  fiMP^,  *  seasimi,  geetrì  ',  da  «lasA^j^raNirair.,  e  con  p,  Hskaìsu 
da  AfSMMsaa  lese.,  Imam  laM^  accanto  al  piii  cìtìIo  hv^ééit 
nan.  143,  kmli  che  si  diceva  measo  eeesio  £a  per  Aov^W,  in  ca». 
a  MmibaiiMili,  modo  avverb.  ;  dyu  arava  «éycr  sapeva,  da  aviyvm 
savéffta^  vedi  sotto;  p^a  pipita,  da  peste;  eomune  è  «yaaiÌB  pasta 
asoìntta.  Ma,  posiamo,  ivéy  da  &9BfÌ^  num.  100,  ey  nel  nesso  -aeé*, 
sempre  :IP0fdfiii^  kafMuy  lamà^y  mtéUa  (ma  èOth»  ciabattino),  jFasrl 
n.  loc,  lavà^  eoo.  —  In  postonica  :  lasciando  da  parte  qualche  casa 
probaUlmsnte  latino,  coaM  9iu  nam.  14^  e  come  bó  num.  78  o 
fó  faga,  per  via  di  *fava  *fau^  num.  202^  psesiame  dive  die 
la  caduta  dbbe  presto  loogo  nei  parosBÉÉoni  Iva  vacali  labiali  e 
aocke  scio  davanti  ad  u;  ma  nei  testi  poco  si  trova:  are.  zoa 
giova  fogl.  26  (ma  sooA  15),  apnuMo  (1.  -iu)  cav.  2dy  134, 147,  eca, 
cicswe  piove  grlb  9,  61,  che  amio  ora  forme  plebee^  come  nou 
nnovD ,  uMn»^  trovo ,  kréu  corvo ,  kém  cavo,  néu  nipote,  aria 
arrivo,  ecc.  Si  dice  per6  soltanto  étiàu  per  Tare,  diavu  num.  75s 
te  per  l'are,  lavo  (eioè  luvu)  grlb  12,  51,  ecc.,  deriu  precipito 
(cEr.  dénìà),  aiMu  abbrivo,  impeto  (cfr.  aibryà,  cMriàse  awen^ 
tarai  ^  e  seno  di  tatti  sùtfu  oome  airya,  ketUn  come  kathu  (detti 
dei  bambini).  Altre  ferme  plebee,  davanti  ad  altre  vocali,  sa* 
ranno  almeno  in  parte  il  rìsnltato  di  accomodamenti  proporzio- 
aali  :  fréifa  gravida,  (fogl.  cas.  gruvia),  nàe  nave,  6^ye  bere,  néye 

ArchÌTio  glottol.  itaL,  XVI.  ^ 


848  Parodi, 

neve  e  néya  nevica,  u  Vtoéya  voleva,  u  pwéya  poteva,  anche  in 
comm.  farb.  10,  u  Vàya  e  u  sàya,  invece  di  ti  Vaviyva  o  àyva  e  u 
savéyva  o  sdyva,  saya  saliva,  (JiUa  e  éeiìUa),  rii€  rovere;  kaniìie 
num.  176.  Ma  •ava  si  conserva,  tranne  in  madunà,  ornai  popolano, 
per  '  nonna  ',  da  madonna-ava,  che  pare  si  racconciasse  su  mesyàu 
nonno,  come  povya-dyd  povera  diavola  su  povow-dyàu  (per  pòtr- 
dyàUf  ecc.,  v.  sopra);  e  così  dicesi  soltanto  Oavi  n.  Ice,  éàve, 
fr^ve,  vive,  riva,  stiva,  &ve,  éuvi  gioghi  (di  monte)  e  éuvu.  Si  conserva 
il  V  immediatamente  postonico,  negli  sdruccioli  rimasti  tali  fino 
a  tardi:  Bdvay  Bavari  e  Cavay  Chiavari,  ma  accanto  al  vb.  u 
ndvega  e  a  fràvegu  orefice,  che  è  di  tipo  speciale,  pare  ci  sia  un 
plebeo  écega  chiavica  ;  péyvye  pepe,  ma  all'odierno  Sui^ya^  nome 
d'una  strada,  risponde  in  grlb  18,  8  e  20,  92  Soz^mvera,  benché 
si  dica  solo  Pufiséyvya  Poloevera  ;  sempre  arekévyu  ristoro, 
num.  88  (cfr.  tuvyu  num.  167),  pUvye  polvere,  nufya  navola,  num. 
88,  Ittvegu  num.  130,  dowfu  adopero,  ecc.  166.  Prostesi  ed  epen- 
tesi: v-éi  ieri,  ma  heri  cav.  199,  grlb  12,  39,  comm.,  vumàe  vufUu^ 
ma  sempre  u  Ve  un  uiìèi^pufiii  '  uno  che  nel  tempo  stesso  unge, 
cioè  accarezza,  e  punge  '  :  esempio  che  dimostra  che  il  r  non  si 
sviluppò  se  non  tra  vocali.  E  forse,  potremmo  aggiungere,  per 
influenza  dei  vocaboli  che  ora  lo  conservano  ora  no,  vo^^  e 
0^^,  ecc.  —  Inserto,  per  motivi  almeno  in  parte  simili:  kruvà 
acc.  a  krtoà  cadere  (delle  foglie,  dei  capelli),  kuve  cote  e  kùe 
cas.,  are.  gove  godere  cav.  80,  211,  grlb  14,  43,  ecc.,  cfr.  num. 
215,  sprovinna  (1.  spruviiìna)  cav.  239,  ora  spriliia  num.  123, 
are.  provezzo  luogo  d'approdo  cav.  95,  Kavifidiì  già  in  comm. 
prof.  39,  pel  plebeo  KayMfi  Carignano,  nome  d'una  parte  di 
Genova.  Meno  sicuro  byava,  di  tipo  un  po'  diverso  fddova  vidavo 
(1.  viduvu)  cav.  162,  chit.  160,  comm.  235,  ora  solo  tMtva  e 
vidiou  ch'è  anche  in  fogl.,  num.  15;  per  assimilazione  vyùvétta 
violetta,  anche  in  grlb  12,  69,  num.  226.  166\  V'T  (da  BIT) 
in  '^'m  a  1  a  u  t  u  *marótu  e  infine  marottu^  ora  maróttu  e  mówtu 
num. 37:  marotto  già  in  fogl.  69;  cfr.  210.  Come  anca,  ecc. 

F  (PH).  167.    Non   e'  è    da  ricordare  che  Stéva  num.  178, 
tilvyu  tufo,  se  indigeno,  ravanéUu  (che  sarà  su  rava);  accanto  a 


Siìxdi  liguri  849 

kuffa  cestone,  e  ai  non  indìgeni  skaffu,  gandfanu  num.  160,  tri* 
fulu  num.  35.  —  Con  p  antico  per  ph,  spaatAiima  fantasma, 
patUasma  grlb  18,  3.  —  Oscuro  bruiìéa  fronda,  ma  certo  non 
va  qui,  cfr.  Rom.  XXVU  207  n. 

S.  168.  U  «  e  il  ^  genovese  sono  alquanto  piìi  sibilanti 
che  in  italiano,  perchè  il  contatto  è  un  po'  pih  basso.  Il  s  sordo 
si  conserva  all'iniziale,  dopo  consonante  e  dopo  AU:  esempi 
deiraltimo  caso,  kóia  kMi/k,  pòau  pòsa,  éòsu  clan  su  (detto  del 
naso,  per  raffreddore;  intasato),  inoltre  skùsu  grembo,  skò^à  grem* 
biule,  cfr.  §àiu  num.  137.  È  difficile  giudicare  di  skóSt  sparlare 
di  uno,  u  8kòHie,  dal  german.  kauyan^  §  2  C  pag.  75,  nò  possiamo 
con  sicurezza  trarne  un  indizio  di  differente  trattamento  della 
protonica:  notevole  che  in  grlb  4,  51  è  (Mcósd,  con  I,  se  non  è  un 
errore.  Cfr.  num.  199,  215,  219.  Per  ifibòsà  e  per  /biki,  forse,  num. 
160\  per|m^itt  e  kuèi  num.  169\  169.  Il  s  sordo  seguito  da  i 
diventò  Jì,  prima  che  lo  zi»  passasse  in  m*,  num.  132:  per  la 
pronuncia  di  questo  i,  num.  171.  Iniziale:  ^l  sì,  Sufi  St  San  Siro, 
Un  sino,  iitnya,  ii§t€à  num.  203,  tìfidiku  Hst(ma^  plebei  Hl^iìUyu 
H^lu  ivAgHUu  e  in  cas.  Hiikupe  iiiigulàre  iinistru,  ecc.  Ma  ftfàsu 
staccio  da  seàsm;  per  sìttu,  Saéia  SUta  S.  Zita,  con  z-,  num.  196. 
Forme  con  ex*,  o  accomodate  su  quelle  con  ex-^  saranno  èariu 
iurit  uscire,  col  quale  si  uni  il  sost.  iorU,  anche  in  cav.  14,  grlb 
19,  63  e  passim,  iurim  sorbisco,  sul  quale  èorbya  sorba  e  {Surbya), 
inoltre  iurbfUu;  casi  d'assimilazione  sono  èùià  soffiare,  ètìSdfita 
num.  90;  e  infine  èU  laèd  assunse  prima  il  suo  il  nella  forma 
tiii'i,  p.  es.  iiìèt  erbwi  sugli  alberi  (donde  anche  ifièe  l'erbu  num. 
103).  Straniero  è  èamtnuy  in  vifi  de  $.  vino  di  Samo.  169^.  H 
interno  o  finale,  anche  da  ssi:  afid4Simu  pwfHtnu,  ecc.,  belièimu^ecc,; 
maàiiu  num.  198;  ti  péiìii  plebeo,  ti  poH  possa.  —  Plurali,  kdèi 
cosi,  ma  kósifk  su  kósa,  faH  falsi,  desperSiy  vtrii,  morii,  sul  quale 
anche  il  sing.  fncriu,  cfr.  num.  sg.,  urèi,  aèi,  graèi^  groèi,  foSi, 
oH,  ruH.  Ma  spesso  vinse  l'attrazione  del  singolare  o  degli 
origin.  -ZI,  coll'aiuto  della  lingua  letteraria,  cosicché  solo  parte 
delle  forme  citate  sieno  comuni  e  si  dica  piuttosto  dai  ben  par- 
lanti f^si,  rtrsi,  assi,  fossi,  inoltre  da  tutti  soltanto  bassi,  passi. 


860  Parodia 

Cfr.  il  eit.  num.  198.   -r-   ì\  s  aapro  deU'  ant  cosati  ^  ekè  kuH, 
oggi  haH  eoBÌ^  devesi  forse  i»  parte  all'alÉro  cu»èi^  da  cuzad^  vivo 
ancomà  in  ki  kuH  qui,  §  2  B  num,  9&,  c(^  quale  è  da  confrontare 
assi  anche,  ora  aS/.  Per  ptdàu  pisello  ho  sappoako,.  nam.  Ibf  dit 
aia  dall'afta  |>(M^  eioè  se  ne  sarebbe  avuto  "^pwim^  donde  ad  plurale 
pH^èi  f   e  finalmente  è  anche   ne)  aing.  :   nondimeno  il  s  afqnro 
fa   qualche   difficoltà  (cfr.  dàu  §  2  G  b.  oto}  e  potrebbe'  ri- 
petersi da  alcuna  dei  vernacoli  contadineedii»  ohe  hanno  il  s 
sempre  sordo.        170.  Il  s  intervocalsDo  si  fa  aonono,  ma  da* 
vanti  ad  I  si  palatizza  in  H:  aétllu  assilla,  ^  bnoaumore,  diiaasa', 
forse  ktièini^  cugino,^  dal  £r.,  be^Héu  gonfie,  ^Óàia  ntmt.  99,  pwièia^ 
mHiika^  f&Hka,  depóiUu,  9prepóèUu^  ImibUna^  kwéyUma  num.  48, 
cft.  bat€8iimti  làèina  num.  9&y  hwc^  quast,  eoe.  I  plurali  ave- 
vano, come  nelle  *  Rime  ',  §  2  B  num.  37,  cosi  aDcbe  negli  scrit- 
tori posteriori,  sempre  -zi^  fossero  sostantivi  o  aggettivi  :  appeixi: 
sospeixi:  paeiai:   zeneùti   cav.    119,    aeeixi:   deaUwi:  Franseiopi 
grlb  1,  46,  (ireùngixi  {ibarbiafi)  4, 16,  jn^or»;  marim:  dolor^xi  2,  30, 
ascaxi:  amaroxi  16, 19,  ecd  ora,  invece,  i  sostantivi  e  aggettivi 
in  «ENBIS  sono  rimasti  allo  stadio  normale  -iiV  tvtti,  e  i  sostan- 
tivi delle  altre  s^ie  oscillano  ancora  fra  -^  e  -M;  ma  gii  altri 
aggettivi,  avvicinandosi,  ooU'aiuto  della  lingua  letteraria,  al  loro 
singolare  e  inoltre  al  femminile^  hanno  tutti  assunto  -'ài:  arnéyéi, 
méyzi,  Fraitséyii,  t'à§létfH,  Valdé^H;  aì^  asini,  riii  risa,  pertUH, 
acc.  a  naM,  UH,  fUéi;  ma  sempre  as^éi  aoem,  detthfUy  préyéi, 
§rasyùéi,  ósyùéi;  tuttavia  si  sente,  nel  popolo,  qualche  pyiùUM  e 
simile.  —  Rifatti  sul  plurale,  kaiu,  già  in  fogl.  106,  113  {eaxo: 
paraxo,  ecc.),  móteiu  maroso,  cfr.  num«  preced.,  e  ricorderò  inoltane 
pertUiélli  occhielli,  riiè^i  sorrisetti,  questo  già  in  cav.  206.  Ma 
Tumaitu  Maiu  sarà  da  Tumaztà  Mazià.  Vedi  anche  il  num.  208. 
171.  Il  gruppo  -SM-  passa,  per  via  di  "èm-  -im--  in  -àifnn^ 
num.  95:  ma  sempre  òuima  ciurma,  forse  perchè  il  seguirsi  di 
varie  palatali   rendeva  qui    lo  sviluppo  dell'»  meno  facile.    Si 
sente  anche  riima,  acc.  a  rizima,  e  ha  qualche  valore,  anehe  se 
non  sia  che  un  adattamento  del  vocabolo  letterario.   Un  s  pa- 
latale è  pur  nel  gruppo  èé,  num.  153,  ma,  anche  se  lo  Iti  sia  ini- 


Stttdj  liguri  851 

ziale  o  protonico,  il  oontetto  avrieriie  un  po'  più  ▼«reo  i  denti, 
eioe  più  vicino  al  punto  di  oontotto  dd  a,  ehe  bmi  nel  solito  è 
iniziale  e  intenrocalioo;  cosiodiè  il  èiiècè  piìi  simile  al  il  toscano, 
dal  qaale  il  solito  il  genovese  si  distingue  appunto  per  essere 
alquanto  piti  pipatale.  Se  poi  lo  à(  ^  protoniee,  kggerissvna  è  la 
palatìasaziene  dello  è:  raSóà  non  suona  proprio  cozne  rdiétt. 
172.  f  in  r:  i  soliti  esempi  di  bar"  per  las-,  eco.  :  abarìugà,  bemisi 
*bismitiare  '  sohiaceiare,  ridurre  ia  poltiglia  \  de$SH  burdosm 
num.  91.  Veri  «  in  r  sano  solo  nel  Mstado,  dima  desinare, 
ierfà,  efr.  num.  162.  173.  Metatesi  :  ibUtm^u,  stakba  per  tatka, 
sìcukuàA  CUSCUB9U  ;  sk-amxìó  far  lo  sgombero  e  «Iroptifkto,  ehe  sa- 
rebbero i  soli  esempi  p(q>olarì  di  tras-,  riesoono  dubbi,  ma 
non  sirapwrtà,  plebeo  :  cfr.  num.  227.  174.  A  taoere  di  SGE 
SCI,  naàe  (e  poi  fuiAi,  ecc.),  avremmo  un  apparente  PS  in  j, 
kaia^    ma   è    da  '^e ape  e  a,    cfr.    ant.  pistoj.  cascia. 

N.  176.  Iniziale,  intatto,  fuorché  nel  plebeo  ^wnrniìper  nti^jiam 
'  nomi  '  cioè  '  numeri  (del  lotto)  !,  cfr.  alUmero  annovero  cav.  34, 
aUumerando  grlb  10,  25  («  ^=  fi),  e  nel  plebeo  luminata  semea,  cfr. 
port.  iaméar.  Bebiettameiite  dentale  è  il  n  da  un:  anim,  cioè  JÌim, 
e  inoltre,  ad  eccezione  di  un  pajo  di  «sempi  ora  plebei  (num^seg.), 
anche  fl  n  semplice  che  non  appartenga  alle  sillabe  finali  -na  (-né), 
-nju  nja,  —  Davanti  a  consonante  e  in  fin  di  parola  (num.  76) 
è  sempre  II:  iidoBà  allacciare,  inlamà  metter  ndl'amo,  iarUa^ 
iMlrUméMUy  i^mafi ,  kmìi6ksa ,  ^fiìtu ,  s^fifre ,  ieAbu  num.  181; 
sió«l^i0fl,  màl^^a^  e  béytmH^,  tfiatìiì  e  andhe  rnaiiHk  e  séya^  t?^,  e 
anche  Ha  e  mMui  però  il  -n  dell'articolo  si  lega  ora  coUa  vo* 
caie  seguente  e  si  fa  cosi  dentale:  iS^-n  afni§u  un  amico;  e  lo  «tesso 
vale  per  tA,  f«^  Amerika  e,  dove  resta,  di  nim,  nu-n-if^pofia, 
cfr.  mim.  sg.  176.  Tra  vocali,  il  n  semplice  dentalo  si  mut-ò 
in  eerti  casi  daterminati  nel  suono  lìn,  del  quale  si  coasorrano 
ancora  alome  traode.  Nelle  Beffale  d'Ortografia,  già  citate  al 
num.  159,  si  legge:  **  li  si  pronunzia  in  guisa,  che  alla  vocale 
antecedente  lascia  attaccato  H  suono  di  una  n  vocale  Francese, 
e  poi  essa  suona  come  n  Toscana  innanzi  alla  vocale  seguente. 
Cosi  nella  voce  pefla  si  pronunzia  come  se  fosse  pen,  colla  n 


852  Parodi, 

finale  Francese,  e  poi  na  Toscana,  pen-na  „ .  È  qui  esattamente 
descritto  il  suono  che  si  sente  tuttora  in  àanima  e  inkapità'ànyuj  ma 
l'esempio  peana  oggi  non  farebbe  più  al  caso,  essendosi  ridotto  a 
pe1^a,  num.  sg.  Il  Un  non  si  conserva  infatti  più  se  non  nella  finale 
^nyUf  preceduta  da  vocal  tonica,  kapitàiinyu  (acc.  a  kapUàfiu), 
aiMiinya^  kuflnyu  (acc.  a  kiifiu),  cfr.  gli  are.  letannie  fogl.  151 
e  scarmannia  scalmana  15;  con  t  o  v  caduto,  u  stravàftnya  far- 
netica stravannio  cav.  11,  aiìnya  anitra^  kafinye  fiorì  del  vino,  plur., 
num.  186.  Inoltre  si  conserva  in  mezzo  di  vocabolo  in  àfinima  e 
màiìnegu,  ora  affatto  plebei,  per  ànima  e  mdnegu  ;  e  questi  due 
esempi  pare  attestino  che  un  tempo  tale  suono  fosse  di  regola 
negli  sdruccioli  con  vocale  accentata  à,  seguita  da  -nt-  o  -ne-: 
ora  però  soltanto  kàneva,  tndnega  (cfr.  cav.  209  mannega),  Kur- 
sdnegu,  cognome,  ecc.   Probabile  che  la  stessa  regola  valesse 
anche  per  altre  sene  di  sdruccioli,  cfr.  monneghe  §  2  B  num.  28; 
ma  per  lo  meno,  anche  secondo  l'attestazione  degli  esempi  ivi 
raccolti,  essa  si  estendeva  agli  sdruccioli  con  vocale  accentata  /, 
SpiHora  cav.®  258,  266,  e  infine  all'in-,  innemigo  cav.  112,  »^6- 
mixi  chit.  4,  22,    innorbi    cav.  249,    innamora  118  ifiamorasene 
comm.  33,  ora  inamtvà  inurbi,  ecc.        177.  Nella  sillaba  finale 
-na  {-ne  'naiì)  preceduta  da  vocal  tonica,  l'antico  fin  si  ridusse, 
probabilmente  durante  il  sec.  XYIII  o  sulla  fine  di  esso,   a  un 
semplice  a,  vale  a  dire  che  la  parte  dentale  del  suono  a  poco 
a  poco  si  assimilò  alla  parte  precedente  velare:  làfia^  (cioè  laAa), 
kaiìpàfia,  kadéfia^  tifia,  liifia  (e  lafie  luiìe\  u  ViniAàa  nasconde  (e 
intdfiafi),  a  lìiiìa  culla  (e  niftaiì  cullano  ;  inoltre  mi  intafiu,  mi  nifiu^ 
ti  niM,  ecc.).   Ma  naturalmente,  ninà,  ecc.  Poche  le  eccezioni  : 
per  la  proclisi,  una  donna,  ecc.,  ma  ancora  in  grlb  sempre  Ufina  d.; 
Manétta  Nfna,  forse  su  Manèniii  Nèniàa,  {s^ia)  amàna  forse  su 
amarena,  letterario,  che  gli  sta  accanto,  ma  ancora  amareìine 
(:  menne)  fogl.  182,  pul^na,  vdénu,  per  il  popolare  venivi,  e  u  V ave- 
léna,  ma  in  grlb  2,  42  t'awelefian,  inoltre  trénna  fettuccia,  nu- 
mero 23,  forse  da  treiìa,  su  trenini  tren^e,   secondo  il  parallelo 
kanétta:  kanna.   Mettiamo  qui  anche   l'importato  fuldnu  *  stra- 
niero,   ignoto'.  Ma  £^^na  è  da  Sénwa;  éfnne  genero,  num.  75, 


studi]  liguri  858 

è,  a  tacer  d'altro,  legato  con  éffiùw;  u  sonno,  come  Tant.  trSnna 
§  2  B  nam.  10,  ha  vocal  breve  davanti  al  n,  fin  da  tempi  molto 
aotìchi,  num.  124  a,  cosicchò  si  trova  nelle  stesse  condizioni  dei 
vocaboli  con  nn  originario,  kanna,  ecc.  E  nello  stesso  modo,  a 
nn  dipresso,  si  spiega  rema  rana,  da  ràffna^  num.  229  ;  il  quale 
▼a  confrontato  col  éùna  pialla,  di  Zoagli,  num.  50,  certo  da  un 
*plawna  non  indigeno  (a  Genova  u  Stilla,  estratto  da  éunà,  come 
trulla  da  truné).  Questi  vocaboli  servono  almeno  a  mostrarci 
quanto  antico  deva  essere  il  passaggio  di  -dna,  e  simili,  ad  -«tilna. 
178.  Caduta  normale  all'uscita  atona:  aie,  kàyh  anter.  kariUe 
fuliggine,  Ifmi  num.  125  6,  Karmu  Carmine,  kuffa  corba,  Krisioffa, 
St^va.  Per  iuve  od.  iùvenu  num.  76,  e  cfr.  arde  cav.'  238,  260, 
grlb  1,  35;  12,  38,  plur.  ardi  grlb  19,  85;  ora  Ardine,  e  eoa 
furmine  termine,  per  gli  antichi  formen  tenne,  patene  num.  76, 
forse  su  pHenà^  cfr.  rUene  ruggine  (acc.  a  ruUe),  forse  su  ruie^ 
n<$flltiecc.,  e  inoltre  ridenu  rigido,  num.  212,  forse  sul  femm.  ridena. 
Infine  tdpani  può  essere  direttamente  da  *iàpari,  né  posson  dar 
pensiero  gli  altri  esempii  dei  num.  80,  92,  parte  letterarii,  parte 
d'origine  oscura  ma  difficilmente  indigeni.  Assai  più  importante 
la  conservazione  del  -A  nella  3*  plur.,  kàfUafi  liian  sfntaik,  kan^ 
tàvaH  kantfesaii,  ecc.;  ma  ò  fenomeno  morfologico,  ch'ebbe  la 
spinta  dalle  3*  plur.  ossitone  de'  presenti  come  «vii,  dil,  ecc., 
e  anche  de'  perfetti.  —  E  da  notare  che  nel  monosillabo  suf^ 

*  som  '  e  '  sunt  '  si  elimina,  per  sintassi  fonetica,  il  -H  :  wH 
mi,  ma  eu  ùrivów,  8u*è  ma:  son  le  mie,  m»-f  spuatofy  sono  gli 
sposi  (propriamente  sw-ar.,  ecc.).  Si  cfr.  fi  à  ro  di  cav.  180  e 
rosa,    per  fin  a,  e  forse  anche  ven,  nel  verso  dì  grlb  17,  35 

*  dopo  sta  gente  ven  Aradin  con  quella  «. 

179.  Caduta  davanti  a  consonante,  es.  latini:  coren  fogl^ 
108  (ma  eanuen  nell'edizione  del  1612),  accoventase  paragonarsi 
cav.  140;  dissimilazione  in  Viséiìsu,  e  in  parte  neH'avvb.  demanimaik 
per  de  man  tH  maiì,  che  leggesi  intatto  grlb  li,  34;  14,  55.  Esempi 
piìl  notevoli  :  cade  dopo  un  dittongo,  la  cui  seconda  vocale  sia  •  : 
maifvhi  da  ma-ifiviu  male-in  vi  tu  'di  mala  voglia'  (cfr.  invio 
fogl.  30,  nel  medesimo  senso),  kagaynlu,  per  kaga-iit-niu  ^  caca-in- 


854  Parodi, 

nido  '  *  benlaimno  \  ofr.  l'ant.  luMii  §  2  B  nuia.  28,  il  piem.  HiU 
forse  Tant  lomb.  ooitar.  Pat  che  vada  qui  Anche  ^i^^^^tm  o  s&ftruy  dal 
fr.  ceì^r^.  €ade  ora  aaiche  davanti  a  i  in  iMtii^  òEr.  num.  160*",  ma 
sempre  lonxi  negli  tserittori^  e  anzi  lonzi  in  fogi.  Id6  (r/bnsi); 
efr.  num.  208.  180.  Epitesi:  <mitii»l,  peranlié  (an<io  fògL  71, 

acc.  ad  anehon  47,  70),  PrtmeMéà  'Promontorio',  n.  Joc,  da 
Frementò  chit.  164,  iaHpaM&^  campanile,  da  ''^kafipant  \e  si  fme 
così  con  ka^pani^  campanello,  cfr.  il  veneto  kanpanid%  preéilmiiì^ 
allato  a  pr^éumij  petulanza,  prepotenza  fnneiuUeaca,  fmHiì  focile, 
già  fogl.  17,  ora  anche  *  fucile  '.  Pei  primi  tre,  e  specialmente  pel 
primo,  si  potrebbe  anche  pensare  a  una  ripercassioQe  foBctica 
del  n  intemo;  ma  possono  però  esser  semplici  attrazioni  delie 
serie  o  awierbiali  o  nominali  con  -ma  -é^  181.  Epentesi: 

oltre  agli  antichi  stnzuibuj  àfvi&t^  gobbo,  ed  oltre  agli  esempi  dove 
s'introdusse  M-,  vàvernu,  iMréa,  bto.  insi  uscire  (1.  iiìSt)  ineduan 
fogl.  49,  7<0,  ecc.,  par  die  il  n  si  ripercuota  foneticamente  in  «ma 
sillaba  precedente,  per  una  specie  di  assìmilaziione  BiJlabìca: 
'8peUi^si§uiì  pizzicotto  (donde  spdiiìsi§A),  éiAtóiìnia,  ingrlb  5,  35 
zi»Mie,  maàangiii  da  *maéa>§ùì  ma§aèiiij  num.  228,  forse  Tare. 
parangtyn  fogl.  Ili,  cav.  220,  se  non  è  spagnuolo,  ^riUtdéA  dal 
fr.  guéridon  num.  89,  e  può  andar  qui  anche  ram>ùii9u  raperoneolo, 
se  non  è  a4;tratto  da  altri  ranp-.  Paiono  della  stessa  natum  igli 
esempi  del  num.  151  e  forse  con  essi  mafipà  ^mappais  pa- 
ravento, scena.  Influenze  varie,  e  anche  oaonnuk<^eÌGfae,  pare 
di  riconoscere  in  óa^bmitày  per  èarbuti,  borbottare,  ciaraoiellare, 
in  laiìbruéA,  forse  per  *larbu6à  barluóà  agitare  xm  liquido, 
sciaguattare;  onomatopeico  sarà  senz'  altro  il  plebeo  piiifow 
piffero.  Anche  meno  chiari  leii^^  ora  solo  del  contado  e  della 
provincia  (fino  a  Mentone) ,  ma  vivo  in  fogl.  57,  in  grlb  19, 
55  (qui  come  avvb.,  de  lengè  di  leggeri) ,  shaftòelétfyi  agabello, 
anche  in  cav.^  258 ,  ^Hfifyéé»  schifiltoso.  Infine  uHgunia,  su 
aft§ùèa,  deéleiigwà  liquefare  sa  léiigwa  (cfr.  perleàgwà  aflattn- 
rare:  chi  è  affatturato  si  consuma,  si  liquefò),  pelàfdB^  '*'peiN 
att-ica  pelletica,  per  attrazione  di  finali  analoghe,  ecc.  182.  n 
palatizzato  :  i  plebei  ^f$ti,  num.  186,  per  n^  sciocco,  con  assi* 


Stuclj  liguri  B55 

milazioiie  q^alitati^  di  n  allo  è,  e  HiNote  ragno,  <ia  (u)n'àfÌow, 
con  M6ÌiiiilaBÌ<m6  piena.  Quanto  a  tnafiiéa  manina  mnfiuiì,  ma- 
^sku,  maMshà  brancicare, eoe,  paìon  sa  mafia  ^maneata  ma- 
nata, cfr.  sp.  mafia.  Per  l'are,  agni  anni,  num.  136.  183.  m  in  r: 
stacele  àimorimenti  cav.^  221,  resta  syórdwa  anter.  ^ràrdnr^ 
trottola,  per  tirài^Ta  {zirand&re  giri,  grlb  13,  38). 

H.  184.  Il  eolito  fieq^ffa,  nnm.  226,  e  inoltre,  per  assimilazione 
sillabica,  mOe  nu9kà.  Ricordo  qui  anche  katrifi  catrame,  iiihatranà. 
186.  Il  genovese  non  fa  diff»*enza  tra  m  e  mm ,  ossia  la  sem- 
ptioe  è  trattata  come  fosse  doj^a,  nnm.  181  :  ramma  cioè  rhma 
ramo,  làmma  fiamma,  ecc.;  ma  AU  conservti  la  sua  lunghezza, 
§òmie  gongtie,  seroMe  Etg.  4190,  cfr.  Umi  num.  125i.  —  I 
gruppi  »*  KB  HF,  latini  o  toscani,  si  ri^eccliiimo  m  genovese 
per  via  di  flp  iih  lìf^  sèmpre  pffkfòw  piffero,  ecc. 

CoirsoKAKTi  BSPiiOsrvE.  0.  186*  I  soliti  §à§ja,  §Amyu  gomito, 
géfibow,  inoltre  §àrdM  eardo,  §ardiUu  garzoncello  (ma  kar^ 
*cardiol«  grumolo  boccio).  Dal  firanceee,  gairiuli,  guìe  collier, 
gntSè  crochet,  micindlo.  187.   Tra  vocali,  resta  solo   se 

preoedoto  da  AU  :  óka  òìHft  gabbiano,  pdku,  r9hu.  188.  Di 
norma,  soende  a  §:  lagu,  fi§u^  9pi§a,  p^gtra,  fràve§u  orefice, 
lute§u  non.  130 ,  Are.  gpreghk  sprecate  grlb  14,  63.  6i  ha 
qualche  caso  di  §-  dopo  mi  preisso  :  4egulà ,  a  degillu  a 
caitaliiscio,  da  colln  +  gul^i  cfr.  §  2  C  e  lo  spagnnolo,  regata 
se  è  ^e-captare,  *e,  quasi  solo  contadinesco,  t^aarf^  ' rim- 
boccare i  calzoni  o  le  maniche  della  camicia',  se  è  ^  e- e  al- 
ce a  re.  189.  GR  :  krgà  gridare,  ecc.,  ma  al  solito  §rae8U  gre 
rete  mm.  18  n.,  126,  §r4g$ffu  graticcio,  §r%iHla  nnm.  114,  grfspu. 
Interno,  làgrime,  ecc.  190.  SCA,  ecc.  :  «qualche  esempio  di 
digradazione:  iganHa  scansia  num.  226,  éjarMsse  acc.  a  ek.  -o or- 
ba ceae<»0toni.  191.  €S.  è(Uà  ex-hal-att-are  mettere  sos- 
sopra,  e  èatu  are.  èaràttu  scialo,  chiasso,  MrbuHt  vitalba,  quasi 
^scialba  ',  èerbà  "^ex-h  orbare,  Sivernà  svernare,  e  cfr.  num.  169  ; 
dotto  eiièu  ;  —  ì^uààa;  saèu,  taia  ;  letterario  asàééu.  Mettiamo  ^  il 
solito  lasku,  192.  CT,  in  U  :  Unte  da  logie,  Ugtà,  num.  41,  45, 112, 
legùàgm  lattnga,  tégtu,  pétu,  are.  afeio  (:  peto)  oav.  209,  struiu,  are. 


366  Parodi, 

triite  trote  (:  aciiUe)  ross.,  num.  39  6,  70,  kdttu  da  k&tu  koytu  num. 
64,  are.  oittanta  num.  122,  dUu  per  *d{ytUf  ecc.,  dal  quale  fu  attratto 
skrìtu,  e  cfr.  ifisprttu  iiìsprUà  num.  93,  128:  per  fUdya  num.  114. 
Ma  à^ttu  gettito  e,  un  tempo,  '  io  getto  ',  §  2  B  44^,  par  di 
nuovo  estratto  da  aita,  e,  se  non  è  importato,  così  dicasi  per 
fr^ttu  *frìct5;  lettor.  Ifttu,  ma  leitéra  lettiera  cav.  130.  In 
ddtow  dattero,  l'assimilazione  avvenne  forse  molto  anticamente. 

—  Sono  importati  dai  dialetti  vicini  apenninici  veiua  vettura 
(cioè  'nolo  di  trasporto'),  laééttu,  già  in  fogl.  147,  lat.  lactes 
animella,  e  dallo  spagnuolo  dióca  fortuna  e  desdiòéa.  In  ktoacéu 
quatto  askwaéàse  sktvaéiiì  inchino,  può  anch'  essere  contamina- 
zione di  più  temi.  193.  NGT,  in  ifU:  é^iìtu  pianto,  per 
óaiMu  num.  42,  are.  sento  santo  fogl.  94;  are.  poinio  fogl.  106, 
vuinto  fogl.  109,  cav.  20  e  ainto  bisointo  comm.  143,  zuitUe  cav.  16, 
strapuinte  materassi  cav.  16,  spointaou  slacciato  grlb  16,  18  e 
spoincia  spinge  9,  72;  11,  50,  spoincion  spintone  6,  35,  ma 
sponchioné  spintoni  fogl.,  num.  152:  ora  soltanto  j^uiltti,  nefUH; 
strapuMa,  apuiìéu,  sputMfi,  ecc. ,  ma  le  forme  con  i  si  ascoltano 
ancora  in  qualche  sobborgo,  alla  Foce,  per  es. ,  ove  si  sente 
suAMa  strapwiMa,  e  son  vivissime  nel  contado.  Analogico  è  l'are. 
quinto  cointo  computo  conto,  fogl.,  cav.  20,  recointà  grlb  19,  29 
e  anche  spoento  spanto  e  spoente  spente,  num.  43. 

QV.  194.  QVA- rimane:  kwatórée,  S'kwcpzinnm.  170, 229, ecc.  ; 
ma  nell'interno  digrada:  cagtoa,  de8le[iì]gioà  num.  181,  are.  i{jì]gt€ày 
cfr.  il  tose,  iguale  gualio.  Per  karu^^  num.  158.  196.  QYE, 
QYI.  Accanto  all'ant.  quéu  (k^?),  ora  kw^Uj  abbiamo,  pel  QYE 
atono,  il  dotto  kwistyùfi  o,  per  dissimilazione,  kustyéfi,  già  in  fogl. 
132,  cfr.  num.  205  ;  inoltre  l'ant.  quiston  ^questuone  *  frate  cer- 
cotto  '  ri  111,  3,  ossia  Chistim  grlb  2,  89.  Finale,  oltre  al  moderno 
duiìkwe,  cfr.  l'are,  e  contad.  dufikay  anche  siiìkue,  forse  su  siii- 
kwàMa:  cfr.  ognunchena,  ecc.,  §  2  B  num.  54.  —  Ma  kwfstu,  ecc. 

—  QVI:  k{,  kiiiée,  Saft  Kigu  S.  Quirico,  probabilmente  kifiiàfia 
fogna  §  1  A  pag.  16,  per  l'ant.  quintanna  ri  134,  199,  o  puramente 
ortografico,  o  conservatosi  per  influenza  del  lettor,  quintu, 
come  l'od.  piem.  quifUaiìna.  Interno,  solo  nel  contad.  asegt  seguire 
ins.  —  Per  àgu^a  num.  130. 


Sinai  liguri  857 

CE.  CI.  196.  Iniziale  in  z-,  divenuto  poi  s-,  num.  182,  il 
quale,  a  differenza  del  5-  originario,  num.  169,  non  di  palatizza: 
^,  simma,  si§à  cicala,  ecc.,  syètu  anter.  sefottu  zer»  cerotto, 
BjfiyAa  num.  59,  ecc.  Si  confrontino  qui  gli  esempi  di  z-  antico  : 
sUà  (nella  frase  u  nu  sUla  mai^ku  non  rifiata)  *[zin]zillare, 
siììsA  zanzara,  aifigow  zingaro,  9Mu  zittp,  «Stinto  SiUa  S.  Zita.  — 
Notevole  il  digradamento,  in  éifi  echlnu,  forse  da  ^eghlnu, 
con  S  dal  K  greco;  ma,  secondo  il  Salvioni,  un  secondo  esempio 
sarebbe  ierbu  acerbu  *  terreno  non  dissodato',  cfr.  C.  — 
Non  indigeni:  é^a  cera,  ^ffra^  plebeo,  per  óifra  (ma  ziffre  grlb 
18,  52)  e  più  comunemente  de-^ifrà-sela  cavarsi  d'impiccio; 
kuré^u  fr.  crochet^  num.  161.  197.  I-  per  fatti  generali  assi- 
milativi o  dissimilativi:  ètmiéa^  acc.  al  piìi  comune  $im,^  e 
Hiirbwa  cicerbita  num.  89,  per  lo  i  seguente,  come  pure  nel 
plebeo  ^a  per  séia  ciliegia  (specialmente  al  plur.  ^ie)  ;  sarà 
piuttosto  dissimilazione  in  ii9^ma,  e  d'altra  parte  basterebbe 
Tosciilazione,  di  cui  tocca  il  num.  169,  fra  il  ^  dotto  e  il  i^ 
popolare,  a  spiegare  quest'ultimo  esempio  e  qualche  altro,  come 
Himiryu^  acc.  a  mt.,  per  l'are,  zemiteriu,  poi  ««m.,  num.  88,  e,  se 
esiste  realmente,  èimtusa,  per  sim.,  cimossa.  198.  Dopo  con- 
sonante: fursifia^  kaaiUa  calza,  u  storse  torce  ti  shrsi,  ti  tifisi, 
ti  akùfìsi;  sfsya  siccita(s],  asidénte,  kusun^a  num.  91.  — 
Ma,  a  tacere  di  aèidyà  importunare,  §  2  C  pag.  47  s.  asseir,  e 
di  bihdàffu  num.  102,  attratto  da  bièulàttu  num.  108,  abbiamo 
-Hf  per  attrazione  del  •si  originario,  nei  plurali:  diiH  dolci  e 
kaèi  calci  (ma  cazzi  o  eafi  fogl.  154,  cav.  56  —  qui  in  rima 
con  deseasi,  fasi  — ,  grlb  4, 17),  marii  marci.  Da  un  sing.  -KJU, 
si  ha  di  solito  un  plur.  *«,  Iwùsi  lupacei,  num.  165,  é&pùssi 
tempi  piovosi,  ecc.,  ma  il  plur.  ^óèi  ha  una  sfumatura  peggiorativa: 
amdh  prevdài.  Si  noti  che  maètèu  massiccio  è  da  *maiissu  con 
assimilazione,  e  infine  che  mustdsi  baffi  ha  tratto  con  sé  il  sing. 
mustdhi,  ma  most($sso  grlb  8,  81,  comm.  192:  cfr.  num.  169\  170. 
199.  Tra  vocali  dà  i:  braia  brace,  frfia  felce  num.  159,  fur- 
nàia  per  'ie,  tuie,  aèinélla  acino,  fuiifì  focile  e  fucile  num.  180,  ecc., 
inoltre  óééllu,  dal  quale  però  non  possiamo  dedurre  nulla  di  si- 


358  Parodi, 

curo  rispetto  aira2?k)n«  doirÀU,  perchè  manca  un  esempio  pa- 
re^lelo  di  postonica.  —  Non  popdari  :  46aru  «impo,  riétiì  ncino, 
baHUu,  ecc.  ecc.  —  Per  la  caduta  del  ó,  poco  di  notevole,  e 
del  resto  ofr.  nom.  209.  200.  D'€  in  é:  duUe  dodici,  €fUe 
sedici,  quMrée,  ki^e,  forse  fraééa  (in  cegua  fr.)  fracida,  da 
*frad'  ÒH,  e  fraàèH  sperpero,  rottami. 

Gr.  201.  Intatto  dì  soKto  in  ogni  posieìooe:  ^olkM,  già 
gola,  grosBu,  li§à  Ugu  num.  Ih,  néy§ru,  iMré§ummi.  16i,  Ui1i§u. 
—  Il  ^  non  è  preceduto  éà,  vocal  breve  se  non  in  alcuni  pre- 
senti: e€^g§Uy  staggu,  dag§u,  diggu  (cioè  ragù,  eoe.),  pei  quali 
è  da  vedere  la  Morfologia,  Tema  del  presente;  e  inoltre  nel- 
l'tmione  di  un  ossitono,  uscente  in  voeal  breve,  oon  un'enclitica  : 
Bta§§e  stacci,  va§g^  vacci,  ecc.  (cioè  s(ii-§e^  ecc.).  202.  i  so- 
liti casi  di  antica  caduta  :  ryà  regale,  tyéa  tegame  (in  fo^.  Ì03 
bisillabo),  forse  sèryiJtnéééH  stregoneria  eustryiw  '  stregato  '  «  poi 
'  rabbioso  ',  inoltre  sMa  ;  pe'  quali  però  v.  Ltbl.  XXI  383.  SemiMra 
-siasi  conservato  a  lungo  il  ^,  nel  suo  succedaneo  %  in  Òfittà, 
aoc.  >ad  A§n8U^,  «nm.  116,  e  nell'are,  aosto  (1.  aéstu)  grlb  4,  47,  ora 
4igiistu,  ma  non  in  abóUu  sbigottito,  intontito,  con  vagu,  Rom. 
XXVH  203.  È  -agu  in  '^'aTu  '^'au  anche  nella  postonica,  nel  noto 
fo  fagu  num.  165,  e  inoltre  -ugu  in  *uvn,  nel  non  meno  noto 
éuvu  giogo,  §  1  A  num.  42.  203.  Sviluppo  di  g  davanti  ad 
u  protonico  :  pi§u^éàu,  e  forse  di  qui  pigo§§u,  cfr.  §  1  A  num.  42, 
Uggirà  Ug%và  sibilare  zufolare,  ari§urà  arigwà  rotolare  aum. 
>102,  donde  forse  poi  mt  Ugùu  arigùu.  Non  ricordo  bu§dtta  bam- 
bola, perchè  troppo  sospetto  di  alterazioni  fanciullesche,  ne 
bilgàttu  bUg&ti  buratto  abburattare,  perchè  non  son  sicuro  che 
provenga  da  un  autor,  buràttu:  caso  mai,  sarebbe  rifc^giato  p^ 
etimologia  popolare ,  vedi  il  Lessico.  —  Non  è  esempio  speciale 
del  nostro  dialetto  né  quindi  indigeno  u§a  ;  e  penMgu  p^anuto 
grlb  18,  52,  ora  solo  in  rattu  penUgu  pipistrello,  se  non  è  <lei 
dialetti  appenninici,  risale  a*pennucu.  —  Per  g  da  v,num.  164. 
204.  6D.  In  id,  fréydu,  réydu  o  roydu  num.  21,  ma  r^dmu 
rìgido,  stecchito,  di  cui  ho  un  primo  esempio  da  comm.  191,  è 
poco  chiaro  per  più  motivi,  ofr.  num.  178,  212. 


Stu«t)  liguri  859 

OV.  206.  l^^tea,  mfi§we,  taiìgivétta  migaatta;  aàgUla,  Ma 
in  protoaioa  il  -^e-  {^gw^) ,  almeso  se  seguito  da  n»  passava 
in  gu^  ìa  esempi  tutti  scomparsi  :  cmgonagjfia  iaguinaga  grlb  IB, 
59,  s'msang^nó,  inscmgonoA  20,  78,  113,  cfr.  §  2  B  num.  30. 
206.  Alcimi  esempi  di  W  :  oltre  ai  sciiti  gwastu  i-gw^à  diguazzare 
sciacquare,  e  gw^fM  mua.  42,  rioordo  l'are,  sguansa  guancia,  ma> 
sealla^  grlb  15,  50,  étgtofyiu  num.  45  ;  poi,  il  plebeo  gi^^rmu^  ant. 
it.  Gmgiielmo^  giMmo  e  i^giàiA  uaeir  di  carreggiata^  ^^  ora  salo 
nella  frase  n'avig  ni  gà^  ni  §ia  esser  seaaa  neesua  garbo,  ma 
ancor  frequente,  nel  s^uao  primitivo,  in  &gl.  cav.  grlb,  e  vedi 
andie  chi  U  ghìa?  grlb  2,  30,  ghioù  guidato  cav.  113:  importato 
è  gwt^U'  collare,  ciarpe,  oenci.  Forse  ^  da  dir  lo  stesso  di  avardàde^ 
oomwntssimo,  di  valdrappa  cas.,  di  vjfàn4ahf  gaidaleseow 

G£.  QL  207.  In  ie  il,  per  vìa  di  i«  it,  num.  132:  aerata 
gengiva;  rmàéèe  "^russagine  rosolia,  gdtàiée  ^gautagine 
orecebioni  num.  109  ;  ma  di^  e,  l^  leggere,  cfr.  numwo  6  ^  — 
8tref^^  futUi  fanghi,  ufiài  ungi,  ecc.  Non  indigeni  :  ^rlu  gtrla, 
g^i^,  ^f9$u,  ^  girare,  cfr.  zirando  cav«  154  zértmdare  grlb 
13,  38,  gli  odierni  éyàrdwa  num.  183  e  ég^lu,  da  éir^u  àir.^ 
frugolo  ;  air  od.  ^U  girasole  risponde  in  fogL  15  tarnadi^ 
208.  i  solo  in  luii  lungi,  da  luf^,  num.  179:  come  avverbio, 
n<m  era  trattenuto  da  altre  forme  {fuhiu:  fuiièi,  ecc.)  e  forse 
anzi  era  attratto  da  qualche  esempio  come  kwnM.  —  Infine 
buràit  borraggine  ha  accanto  un  it  borrace  e  oscilla  nella  finale 
aodie  altrove*  209.  I  soliti  casi  di  caduta:  méga^ru  num.  45, 
84gta  ib.,  vifUi,  are.  renna  regina,  num.  58,  are.  veiria  vigilia  cav.  22, 
237,  ohe  è  t^  a  Sampierdarena,  fa^  num.  46,  inoltre  diu,  fato 
*f  ligi  tu  cav.  88,  grlb  20,  70,  ora  afiUu  e  fiUa  foga  num.  70; 
cfr.  an^he  §  1  A  num.  47.  Con  k  originario  i  soliti  fa  di,  vou^  ma 
per  icBtu  vedi  §  2  B  num.  31;  inoltre  are.  f renana  cav.  160,  che 
andrà  colli t. /r^yo&i,  per  via  d'un  *f  rietina,  cfr.  §  2  B  ib. 

T.  210.  Resta  all' iniziale,  ecc.  Dopo  AU  :  coUi  *p  lauta 
granfia  del  gatto  éótà  graffiare,  gòtàèàe  num.  207;  per  marottu 
num.  166*'.  Inoltre,  i  soliti  sit(k  teytif  kicUitw;  fattu  fatua  dolce 
di  sale,  ecc.        211.  Cade  tra  vocali,  sempre,  ma  mi  contento 


860  Parodi, 

di  rimandare  ai  num.  17,  18,  49,  53,  ecc.,  e  cito  solo  qualche 
esempio  arcaico:  De  nCaie  m'aiuti  fogl.  154,  cfr.  num.  144,  oggi 
solo  nella  frase  pe  quelV  àya  de  Din,  dove  àya  non  sanno  più 
che  significhi,  dmia  amita  fogl.  82,  88,  comm.  319,  321, 
San  Tomao  chit.  25,  imperao  imperaou  fogl.  37,  130  imperou 
cav.  59,  ora  iiìperatU,  acattao  (1.  '6w\  quasi  ^  accattatore  '  cioè 
*  compratore  '  comm.  146,  beuerao  abbeveratojo  fogl.  41,  ora 
solo  in  Bevyów,  nome  d'una  via,'  mal  italianizzato  in  Beveraio, 
num.  49;  inuia  invita  fogl.  142  e  inviao  comm.  160,  caramia 
fogl.  17,  oggi  kalamitta  num.  1246,  strce  num.  96,  ora  stradda, 
chenna  fogl.  61  cheHe  grlb  14,  68,  oggi  kadéna,  treitó  comm. 
172,  186,  ecc.  Per  altri  esempi  di  vocaboli  letterarii  con  t  con- 
servato vedi  il  cit.  num.  1246.  212.  Riflesso  semipopolare  ef, 
cfr.  lo  stesso  num.  124  b  :  kaMadtt!  {grillu  k.),  kuHdiJf!  corridojo, 
iidaifadti,  levadfi  {puMe  L),  padèlla  ali.  a  pwela  (questo  dal  fran- 
cese?) num.  43,  kadéàa  num.  preced.;  rédene  redini  (e  rédenu 
num.  204?),  stradda,  già  in  cav.^  262,  cfr.  num.  preced.;  poi 
quasi  un  nuovo  suffisso  ^àdda,  (cioè  -iida)^  kamyàda  anter.  kame- 
fàdda  (un)  camerata,  kapunàdda  pan  molle  in  insalata,  panza- 
nella, kaéddda  casato,  veMàdda,  are.  retiradda  e  brigadda  grlb 
3,  16,  -addu  -adda  negli  aggettivi:  despétàddu  dispettoso,  riffoso, 
mafyàdu  diffidente,  e  anche  mafydddu  contro  il  num.  125  e,  cfr. 
visydddu  viziato,  vizioso,  arcaici  rebeladdo  straccione  comm.  41, 
scelleraddo  grlb  5,  32,  deruadda  dirupata  3,  16,  ecc.  Si  può  vedere 
Mey.-L.  Ital.  Or.  116  sg.,  ma  in  genovese  è  fenomeno  puramente 
letterario,  e  per  -addu,  ecc.,  deve  mettersi  in  conto  qualche  in- 
fluenza spagnuola  o  anche  provenzale.  213.  TR:  dopo  à:  pwcp 
mwà  da  paire,  ecc.,  num.  43,  are.  lero  -a  fogl.  30,  95,  ora  lad- 
dru^a\  ma  dopo  a  disaccentato  e  in  ogni  altro  caso  sparisce  ìIt: 
Imgàyèe  BXiì^r,  bugaflèe  lavandaia,  num.  113,  are.  peccarixelog\.l\ 
e  crearixe  cav.^  238,  derey  puléuy  San  PB  e  Péu  num.  75  ^  Si  può 


*  Non  so  bene  donde  provenga  né  come  sia  da  leggere  Veto  aratro  dei 
Lessici,  num.  37.  Ma  certo  é  da  porre  *a  r  a  t  u,  cfr.  tose,  aratolo  ;  e  se  è 
da  leggere  òw,  si  risale  regolarmente  ad  aXÓiv  aów  num.  84.  In  dialetti 
della  Riviera  è  aràu. 


Stadj  liguri  861 

chiedere  :  non  ed  sarà  in  origine  sviluppato  un  i  anche  dopo  e,  ecc., 
come  nella  Riviera  occidentale,  e  il  Peironi  di  §  1  A  num.  49 
non  ci  dovrebbe  far  postulare  un  ^Peiru  *Peir?  Ad  ammetterlo, 
mentre  si  spiega  meglio  il  conservarsi  della  finale,  cfr.  payre 
nnm.  75,  si  va  incontro  a  difficoltà  molto  gravi,  e  anche  in 
^Paru  da  ^I\feiru  si  attenderebbe  rimanesse  a  lungo  traccia  dell't, 
come  in  péitu  da  *pyeUu,  Si  confronti  nondimeno  il  num.  89*.  In 
parpfUa  non  è  sicuro  ma  probabile  che  si  risalga  a  '^p al p et' la 
anziché  a  palpdtra.  Letterarìi  laddru,  sfddru,  —  e  setrUn  arancio, 

—  vfddru  ant.  vréu  §  2  G  s.  vreao,  mUdria  mutria,  ecc.  214.  NT  : 
brtmdùri  cav.  31,  dalla  protonica?  cfr.  brandorando  cav.  207,  §  2  B 
num.  S3:  di  mafuUUu  fazzoletto  dirà  il  '  Lessico  '.  —  Notevole 
infine  iaraneoni  comm.  310,  od.  tanktm  scorpione,  con  kt  in  nilr,  cfr. 
num.  218.  214\  D'T,  in  U  m'asiHu  mi  siedo,  p^u  pedi  tu 
e  peieià,  cfr.  §  2  B  num.  88. 

D.  216.  Resta  iniziale  e  dopo  consonante  ;  ma  per  AU  vi 
sono  i  dubbi  espressi  già  §  2  B  num.  33  :  goe  godere,  goan  go- 
dono fogl.  21,  38,  cfr.  num.  166,  loa  loda  fogl.  77;  inówà  inchio- 
dare, ora  8oIo*in  iiiiwàw  *  pigro  e  immobile,  specialmente  per  aver 
ben  mangiato  ',  Ò6u  chiodo,  ma  anche  inéódà^  are.  eidde  grlb  2, 
97,  ehiodé  fo^l.  140,  ora  solo  V  infinito  d€9òÒde  schiudere,  nella 
frase  de9ò.  iwfffe  *  schiuder  le  orecchie  (a  furia  d'improperii  o 
simile)',  odia  udito.  216.  Cade  tra  vocali:  niu  nido  n4u  kùa^ 
raììsgu  rancido,  ecc. ,  are.  grou  cav.  15  chit.  172,  ora  graddu, 
are.  màu  num.  26,  ora  moddu,  broeUo  ross.,  ora  broddu  e  bruveUu 
cas.;  e  ricordiamo  infine  il  composto  benigtu  e  ben^gtiii  pila  del- 
l'acqua santa,  are.  mareiUa  fogl.  43,  ecc.  217.  DR:  are. 
(rnVa)  qucera  (vela)  quadra  chit.  72,  m'assequoera  cav.  28,  ora 
Bekwieu  costrizione,  ma  sekwadrà,  cfr.  num.  112,  115;  ktvdgiima 
anter.  hwafégéema  num.  48.  218.  ND,  ecc.  :  are.  traunà  in- 
ghiottire sarebbe  '^trans-undare,  secondo  il  Meyer-Lilbke,  cfr. 
qui  '  Lessico  '.  —  Parallelo  al  tafikwa  del  num.  214,  abbiamo 
qui  tamaHftgu,  affatto  plebeo,  ma  pub  essere  scambio  di  suffisso. 

—  RD,    semiassimilato   in   ri,  skarlasA  cardare,   anche  in  grlb 
12.  87. 


-.'~li-  -  tc  -Al"P-  ho  colo  fòv^*,  otr.  ì'it.póvtr(>.  —  Cast 
■i.  — >  i^r.  &  j..'.Ti.n.  e  sempre  iàiaianów  faagOM,  brifiiiti  Dnm. 
~.  -  -  -~V-itHi  i^no  èiKM^Md  beoEÌiHL  220.  Gli  nempi  di 
■•"^--^  -'**u'  -ik  :iu.ix  1^  :  regolari  ava  ap»»  or»  plebeo,  rana,  so  cui 
•i^--*  .jiA  ìb  f.^ò  anche  aentire  rdnt^ttit),  d-«fyu  e  d-oryi, 
.:;'u   ~-^  ^y^  _  Importato  è  A«Mima.  221.  PB:  l^pf" 

.: — .-«  ^■n  •TKìo.'^ parrebbe uapreUo lotiniano,  macfr.  Bum.  224; 
■^T  --.  Ì.-M,  .  i-niw,  ecc^  QUID.  16L  222.  PT.  in  akMu 
,^,.-.»  -,t*i.j  *r«>-captare,  som.  188,  inoltre  rékattu,  àa  r. 
,.._.vi-.-*.  »'.va*-ì«rtì,  dove  pa&  essere  P'T;  per  airthi  nuB.  192. 
i  .'^^*  \  -  t,  .\>w«^  ora  ItMtu,  nom.  193-. 

5.  iì^d.  l\ipo  AU,  ardbu  arohà,  num.  36,    10».  la  nt^ùi 
■^.  .;«;i,r<^  *  svambio  di  prefìaeo.  224.  BB,  oodw  PB:  fri- 

...  (..<>..  tùli  strano  lapru,  che  sembra  foma  recente,  poiché 
>i  -..  •'  ■■»  nolle  'Rime',  lavriTte  grlb  19,  107,  ìnt^t»  Ubri 
.■..HI.  }'>;*\,  't.  Si  attenderebbe  insomnta  *larm,  secondo  0  nu- 
t<h->  vu  It^lu,  ma  ^  può  pensare  che,  noo  arveiModo  ta  me- 
.,v~Ai  iH'i  iitttuenza  del  letterario  labnt  o  per  altro  motivo,  il  rr 
■«  Il  -XAiw  rtiventemente  in  òr  e  poi  in  pr.  In  tal  aiAo  aaehe  Itpr» 
N.  Hum.  ::-l  potrebbe  aver  valore.  Del  resto  bprtfl'pore  nell'Al- 
\atiiM  viiiitito,  ud.  da  Nicola  Zingardli  (Napoli,  Studi  di  lettctr. 
\  ti  lUl,  111  iiuni.  21  ;  ma  non  è  certo  che  sia  lo  stesso  feDomem*: 
«.)  tMiit  KKxlo  HI  veda  /tM^hr.  XXVI  343.  Anche  il  Avr  di  inrrK^yo 
.«\.   IJ-t  l'i'i'-i  iiK'ritriioin    grlb  20,   19.  t'incritegam    cav.  103.  ò 

,.m  a i|>ui'no,  fi  l'od.  inlir^feifu,  iiibri/aiiàse  ha  già  la  prevalenza 

III  Hill*.  l'ruliHbiliDi'Dto  i  due  fenomeoi  vano  ooDBcesi  insieme  e 
I, ,  iiii  )i<i|iiiiri<  iiil  iiilluoQza  letteraria. 


Al'llDtNTI    CENTRALI. 

riliitlii)i<  rho  flit  ^li  esempi  di  ciascuno  di  <tueali 
uiii>  ili^tiii^iKTv  due  tipi  principali  :  imo  di  scbiottA 

II,  il  •iiiulii' uiiEi  sulTre  oscillazioni  pili  gravi  di  quul- 
iiiK'iM  l'<<tii'(ii'<>:  uno  di  rau'ioiie   psficolosica,  di' i^ 


Sta4j  liguri  368 

relativamente  poco  esteso,  ma  rende  assai  difficile  determinare 
i  confini  del  primo  e  dà  luogo  a  fatti  isoiati.  Bisognerà  inoltre 
tener  conto  d'un  terzo  fattore,  ch'ò  la  sintassi  fonetica.  Un  vo- 
cabolo che  cominci  con  un  gruppo  di  consonante  -^U  potrà 
subire  una  metatesi  di  tipo  apparentemente  anormale,  se  di  solito 
si  trovi  ad  esser  preceduto  da  vocaboli  con  r  intano  e  special- 
mente r  finale;  vale  a  dire  che  l'apparente  metatesi  non  sarà 
nulla  più  che  una  dissimilazione.  Lo  stesso  dicasi  di  molte  dis- 
similazioniy  le  quali  paiono  isolate,  cioè  anormali.  Nei  numeri 
seguenti,  però,  affine  di  non  diffondermi  in  indagini  troppo  mi- 
nuziose, non  tento,  se  non  di  rado,  di  distinguere  fra  i  tre 
tipi  diversi. 

AssnaLAZiONE.  226.  Di  vocali:  lascio  da  parte  l'assimila- 
zione di  vocali  unite  in  dittongo,  come  *ie,  cioè  *ffe  in  *yf  f, 
num.  5,  ey  in  ^y,  num.  12,  e  mi  contento  di  rimandare  ai  sin- 
goli numeri  per  l'assimilazione  a...6  (specialmente  ar...<{),  e  anche 
a^.M-t  num.  92,  104,  forse  i..A,  ma  sicuramente  ì,.Aj.  e  i...»-, 
num.  89,  u...&  num.  91,  U...dJi  num.  90.  Qualche  altro  esempio  : 
bandstra  cestone,  con  '  benna  ',  kaHastrui^  giovinetto  tarchiato, 
se  è  *  canestrone ',  atrasA  attrezzare;  bèlu  budello  num.  103; 
pimpinèlla  specie  d'erba;  sObUtu  (ma  subiU>  fogl.,  grlb,  comm.) 
num.  90.  —  Di  consonanti:  àyàrdwa,  da  iiràndura^  num.  183, 
che  è  però  esempio  singolare,  e  lascia  sospettare  l'influenza 
d'altro  vocabolo;  né  è  proprio  sicuro  che  il  mutamento  di  n 
in  r  avvenisse  nella  forma  intera,  anziché  in  un  tardo  *iyAndioa\ 
poi,  ganSfamè  num.  160  e  cfr.  il  num.  151;  San  BeMfiu^  nome 
d'una  localitìt,  ^How  num.  182;  èuSdÀta^  èHSà  num.  169;  rehi- 
atàf  e  con  assimilazione  progressiva  il  plebeo  ìédèu  fitto,  com- 
patto, cfr.  il  mìlan.  siasser  ecc.,  maHèu  num.  198,  che  non  sa- 
rebbe prudente  trarre  da  un  plurale  maHèi;  —  assimilazioni 
qualitative:  skarlasà  num.  218,  {à§afMaj  num.  190,  per  -sia?), 
^  nimm.  136,  ^a,  ètmiia,  éiiérbwa  num.  197,  e  probabilmente 
ffoiù  num.  90,  §òiéppe  num.  99.  Per  D' C  num.  200  :  se  fraUu  è 
veramente  *frai>ictu,  si  partirebbe  dalla  fase  frad'zu^  e  così 
aecTze,  donde  ^fradiu  *sedie.  Per  D'T  num.  214*".  —  Assimilazione 

ArohiTio  glottoL  ital.,  XVI.  84 


364  Parodi, 

di  sillabe  ;  oltre  a  vymétta  e  a  Vyùvà  Inviolata,  nome  d'una  località 
(r  in-  fu  preso  per  la  preposizione),  da  *vyu4tta  per  «yùf.  (p.  es.  vio- 
rette  cav.  62),  ecc.,  dove  però  il  v  potrebb'essere  un  semplice  estir* 
patore  d'iato,  num.  166,  e  oltre  agli  esempi  dì  ripercussione  del  n, 
num.  181,  ricordiamo  jpria  primtàa  num.  85,  nuie  nuskà  e  anche, 
crederei,  néspwa,  da  ^unu-mespUuj  num.  184,  cifUièbikke  prin- 
cisbecco. 

Dissimilazione.  227.  Per  ±ara  e  probabilmente  -aràn^  in 
±eTa  -erà'f  num.  88,  e  così  per  Jiera  conservato,  per  -£^a,  per 
-eri;  per  e...{  num.  97,  per  t#...<  (invece  di  u...i)  num.  101,  per 
»...ti  e  anche  per  »...o  (da  t}...tì,  u...S)  num.  102,  108.  —  Di  con- 
sonanti: forse  rumeUUu  num.  147,  e  vedi  inoltre,  per  r  in  I, 
num.  160,  per  r  in  n  ib.,  per  r  ind  (che  poi  cadde)  num.  160**, 
per  la  caduta  di  r  davanti  a  consonante,  ih.,  e  si  può  aggiun- 
gere abrétyu  da  *arbretifu  arbetryu,  num.  19,  e  anche  pùvye 
num.  150,  infine,  un  po'  diverso,  il  plebeo  kutirde;  per  2,  r  in  n, 
num.  160;  poi,  per  n-  in  /-  num.  175,  per  la  caduta  di  n  da- 
vanti a  consonante,  quando  segua  altro  n,  num.  179,  e  ì'ticco- 
ventóse  del  Cavallo  può  appartenere  qui,  benché  non  sia  neces- 
sario ammetterlo;  infine,  Saiìèufi  da  èafi^tm,  num.  92. 

Metatesi.  228.  Per  la  metatesi  regolare  di  R^^  num.  161. 
Anche  depryamà  cioè  de-per-a-^,  num.  89%  su  cm  e  pryamówiu 
permaloso.  —  Metatesi  di  S,  num.  173,  ma  i  soli  esempi  schietti 
sono  stakka  e  skukuéù,  dove  pur  non  si  può  escludere  l'influenza 
del  prefisso  s-.  D'  altra  parte,  skukuéu  come  vocabolo  recente 
conta  poco  o  nulla  ;  e  stakka  dev'essere  sorto  nell'unione  sintat- 
tica iiì'ta-taska,  dove  concorrevano,  a  render  quasi  necessaria  la 
metatesi ,  le  condizioni  piii  favorevoli.  —  Metatesi  di  grado  : 
probabilmente  in  ràbita  rapida,  che  ho  sentito  da  qualche  vecchio, 
cfr.  §  2  B  num.  42.  —  Metatesi  reciproca:  plebeo  deleritu,  varma 
malva,  peggio  che  plebeo  kinólla  colonna,  fi^rà  acc.  a  fri^ 
ninnolarsi,  padù',  maéangià  num.  181.  E  appena  da  ricordare  il 
kuMUfiu  del  num.  34. 

Epentesi  dell'  t.  229.  Da  -ARIA  sempre  -dira  -cerct  -iiéa, 
num.  41, 43,  77,  come  da  -ORIA  sempre  -èira  -wtra  -uda,  num.  66, 


Sta4J  liguri  865 

cfr.  68,  e  vedi  il  num.  77  per  l'ant.  tnaifa.   Anche  -ARITT  dà 
'dir»  'ieru  -rnUj  quando  T-u  sia  rimasto  sia  per  necessità  morfo- 
logica, come  in  paifupwcpru,  num.  48,  sia  per  altro  motivo,  come 
in  éaifu  écBu,  raifu  rcku^   num.  75,   ossia  la  propagginazione  è 
posteriore   alla   caduta   dell'-u   medesimo.   Un  -atft  da  -ari  in 
guaiti  gwmy  num.  73  ;  e  per  supposti   plurali   in  *-atrì,  donde 
-air  -aif  come  per  supposti  plurali  in  *'dirif  vedi  num.  74**.  Nei 
plurali  in  -dm  -tin»  {-éni  -uni)  Vi  si  propaggina,  donde  *'aim  e 
poi  -aia  -fA,  *-ifi»ì  e  poi  -irón,  §  2  B  num.  44  (ofr.  48),  e  qui 
num.  42,  48,  76.  Si  propaggina  pure  nei  plurali  in  -anti  -andi  : 
ma  ora,  se  si  lasci  da  parte  il  contadinesco  fwéfUi  (e  ftoHtu) 
num.  43,  resta  solo  gr^i  o,  apocopatOi  gr^  (anche  al  femm. 
greikde)i   esempi  arcaici   tenti  tanti  (e  atre  tmitt)  fogl.  38,  95, 
cav.  43,  cwi  imi^àtH  grlb  13,  69   (cfr.   tenie  fogl.  48,  cav.  41, 
grlb  4,  85,  e  tenlta  grlb  17,  50),  quenti  fogl.  85.  Anche  epoento 
spanto,  num.  43,  193,  potrebbe  andar  qui,  per  via  di  spainti, 
ma  non  è  certo.  Cfr.  i  numeri  citati,  specialmente  §  2  B  num.  44. 
—  D'altro   tipo,   oltre   a   mayn^a^  num.   4,  è  il  difficile  riena^ 
num.  177,  da  ràyna  Vdnya,  che  è  diffusissimo  in  Liguria  nelle 
varie  forme  ràiknya  ragna  rgaiia.  Si  direbbe  che  Vanta  si  for- 
masse troppo  tardi  per  diventare  *rafia^  e  che  -àyna  da  -anta 
rappresenti   a   Genova   lo  sviluppo. parallelo  a  quello  di  zàyra 
da  -ARIA.  Invece  *<iilnya,  num.  176,  è  sviluppo  tardo,  posteriore 
alla  caduta  della  dentale  intervocalica.  —  Un  notevole  esempio 
è  e-kwceii  da  s-kwaUti,  §  2  B  num.  95,  che  non  pare  risalga  più 
là  del  secolo  XYI:  è,  si  può  dire,  l'unico  esempio  genovese  del 
fenomeno,  comunissimo  anche  in  Liguria,  nella  Riviera  occiden- 
tale, pel  quale  dallo  i  si  sviluppa  un  i  ;  ma  pel  genovese  bisogna 
senza  dubbio  tener  conto  di  tutta  la  finale  -di.  Talvolta  udii  nella 
plebe  anche  pgceify  P^i^  py^fy  piacere,  e  qui,  dove  manca  T-t 
finale,  abbiamo  invece  come  coefficente  l'-t-  che  precede  della  sil- 
laba-yai-.  Non  mi  arrischio  a  giudicare  di  un  marrio'j^jrfo  che  ricorre 
in  comm.,  a  modo  d'imprecazione:  forse  è  importato.  Finalmente 
iiibrycegu  da  iobryàygu  o  anzi  iHvryàygu^  num.  224,  potrebbe  anche 
provenire  da  una  confusione  col  suffisso  -dygu  -ATICU. 

{Continua). 


89((  C.  Salvioni,  frinì,  hòse, 

friul.  bòse. 

*  Nome  géhetito  di  ttrtti  gli  iiìsetti  coléopteri  che  non  hanno 
un  proprio  nome  ^  (Pirona  532).  —  È  la  stessa  voce  che  il  non. 
bg,  ^ccti  coleottero,  scarafaggio,  che  il  vaiteli,  e  tiOi  bàu^  Ado- 
perato pressappoco  come  la  voce  friulana,  che  il  piem.  b^, 
babóa  -itja  ^  bruco,  bacherozzolo.  Il  von  Éttmayer  (Lomb.-lad.  398), 
cui  son  note  le  forme  trentine  *,  pensa  a  bacu.  Sennonché,  tra 
1  lombardi,  bau  dice  atche  '  diavolo  '  e  |)uò  dirsi  in  genere  d'ogni 
essere  vivente  brutto  e  schifoso  ^.  Il  piem.  bab^a  poi  s'adopera 
anche  per  *  spauracchio  '  (v.  il  Biondelli)  ;  e  ciò  ci  rioonduoe 
a  bau-bau^  babau  ^^  a  una  reduplicazione  imitativa  cioè  che  va 
ben  oltre  Tambito  neo-latino  (cfr.  il  ted.  wau-wau  orco),  e  dove 
quindi  il  *  baco  '  nulla  ha  da  vedere.  Bel  resto  nell'Alta  Val- 
tellina ^%a  pure  mamàu  coi  significati  di  *  insetto  '  e  di  '  babau, 
diavolo  ',  còsi  coinè  il  lucch.  babai  (pi.  di  babaó)  dice  *  pidocchi  '. 

Nel  friulano,  venutosi,  come  nel  piem.,  a  una  Voce  feminina, 
all'aggiunzione  cioè  di  un  -a  {-e)  a  bo,  sorgeva  un  iato  die 
venne  colmato  mediante  un  i  (v.  qui  sopra  a  p.  326).  Ma  in 
questo  caso,  la  spinta  da  cui  era  promosso  il  s  mi  par  ben 
chiara;  essa  era  data  immediatamente  dai  derivati  di  io,  bue, 
che  sono  boéatt  -éoìi  (v.  qui  addietro  a  p.  237  n.),  nei  quali  il  s 
(cfr.  ancora  l'itnol.  bosUt)  ha  per  punto  di  partenza  dei  dimi- 
nutivi come  ^bo[ìn\eéUo  '-ofno;  cfr*  Od&rao  *Ovi'^  Opitefgium,  da 
una  paxte,  e  dall'altra,  il  tosOé  bucMò  (onde  |k>ì  buciacehio  pie*- 
colo  bue),  cine  ha  la  sua  esatta  corrispondenza  alto-italiana  (-e-  <  è) 

nel  v'en.  bosélo  giovenco  (Patriarchi)  ^. 

1 

^  Per  j  che  tolga  Tibio  pur  tra  rocall  di  cui  nesErana  sia  palatina,  cfr. 
ancora  il  borm.  ajóst  *  a- osto  *  agosto,  i  trent.  vajon  callaia  (tenes.  vaón 
'  guadóhe  *),  bojdr  (ali.  a  boar)  boaro,  dove  però  potrebbe  sentirsi  l^ant.  piar. 
•&;,  l'alb.  rója  raoisw 

^  Tra  le  quali  c*è  zbQvOj  cbe  il  von  Ettm.,  ib.  404,  vorrebbe  derivar  dal 
tedesco,  ma  che  a  me  ripugna  staccare  da  bq  ecc.  Per  11  t;,  cfr.  fovo  ali.  a 
fou  faggio,  ni.  i\)t7Q  =^  PAOu,  allegati  dallo  stesso  von  E.,  e  ai  quali  si  può 
aggiungere  qvèn  alno,  cioè  *q'un  (cfr.  aun)\  e  v.  sempre  il  von  Ettm.,  o.  e,  400. 

'  Il  berg4  ha  hobò  spettro,*  larva;  voce  ohe,  dereduplicata  e  fatta  femmi- 
nile snlla  norma  di  bùna  contrapposto  al  masc.  hu  (v.  Studi  di  fil.  rom.  VII 
216),  si  rivede  nel  bòna,  scarafaggio,  di  Val  S.  Martino. 

*  Acòanto  b  far  bau  dow,  il  Vocab.  accoglie  anche  far  baco  baco.  Vi 
si  sente,  se  mal  non  m'appongo,  il  toscano  nella  cui  pronuncia  baco  dive- 
niva bao. 

'^  Si  può  anche  pensare  a  'bOckliìU  forma  collaterale  a  bucflu,  e  una  dif- 
ficoltà non  sorgerebbe  certo  dall'o  di  boselo  ecc.  Cfr.  il  lucch.  bucino  cosi 
dichiarato  dal  Nlbri  e  ddl  Pieri,  XV  144,  St.  di  fil.  rom.  IX  728. 

C.  SALviom. 


ETIMOLOGIE 

DI 

GIUS.  TID0S8ICH. 


legger   la   vita   biasimare. 

E  frase  accolta  appena  dai  vocabolaristi  più  moderni,  mentre 
manca  nella  vecchia  Crusca,  nel  Tramater,  nel  Tommaseo-Bel- 
lini, e  sin  nel  Fanfanf.  Secondo  il  Petrocchi,  che  la  registra 
senza  osservazione  alcuna,  vale  *  dir  male  di  qualcheduno,  rac- 
contarne le  cattive  azioni  „;  ugualmente  secondo  il  Rigutini: 
*  manifestar  le  magagne  di  qc.  ,.  Ma  il  compianto  lessicografo 
toscano  annotava:  *  Non  è  modo  toscano,  ed  è  senza  l'autorità 
di  buoni  scrittori  ,.  Pur  nel  Diz.  it.-ted.,  la  munisce  coU'asterisco 
delle  voci  esotiche  ;  qui  però  è  tradotta  quasi  valga  *  biasimare  j, . 
E  questo  è  certo  il  significato  piti  comune,  e  certo  è  pure  che 
la  frase  ha  invaso  la  Toscana  provenendo  dall'Alta  Italia.  Ma 
neromanco  in  questi  dialetti  —  dato  il  silenzio  dei  vocabolari  e 
la  sua  giovinezza  —  essa  pare  indigena.  —  Ricercandone  Torì- 
gine,  tosto  ricorre  alla  memoria  la  frase  tedesca  die  Leviten  lesen, 
che  non  ha  diverso  significato  (v.  Rigutini-Bulle)  e  donde  po- 
trebbe venire  per  equivoco  la  nostra,  aggiungendosi  ai  noti  *  gal- 
licismi lievemente  dissimulati  »  di  cui  v.  il  Salvioni  nella  Miscel- 
lanea Ros8Ì-Teis% 

La  frase  tedesca  occorre  già  nel  sec.  XVI  e  prima,  e  la  sua 
genuinità  è  assodata  da  espressioni  parallele,  cfr.  Grìmm  a.  v. 
leni  leetion  lesen.  Era  uso  tm  oonventi  che  il  priore  a  malfcBtino 
leggesse  on  brano  della  Bibbia,  e  piti  spesso  del  Levitieo,  fa- 
cendovi seguire  esortazioni  e  ammoni^doni  ai  monaci;  v.  Heyse, 
FremdwOrterbuch  "  e  V  Enciclopedia  del  Brockhaus  alla  voce 
Lerit.  Espressioni  simili  ebbe  ed  ha  il  francese,  e  vedine  il 
Dici.  gén.  s.  '  chapitrer  ';  ma  niente  cbe  faocia  al  «aso  nostro. 


368  Vidossich,  Etimologie. 

Milziade. 

Par  .che  sia  da  aggiungere  ai  casi  studiati  dal  Salvioni,  qui 
sopra  a  p.  161  ^  Un  dubbio  però  può  sorgere  pensando  all'an- 
tica pronunzia  MiUiadés,  dove  poteva  avvenire  l'assibilazione, 
propagatasi  poi  anche  in  altre  condizioni  d'accento. 

Yen.  ^kàjo  ascella. 

Fu  ricondotto  dal  MussalBa,  Beitrag.  99,  a  '^'scapulu,  né  gli 
mancarono  valorosi  difensori;  v.  Ascoli  XV  402.  Se  ne  awan* 
taggiarono  poi  i  paladini  del  gemello  suo  scopulu  i^co^^io. 
Ma  poiché  questo  è  sospetto  assai  (v.  D'Ovidio  XIII  361  sgg.), 
è  pur  lecito  rivocare  in  dubbio  la  schiettezza  dell'altro.  Andrà 
piuttosto  messo  insieme  col  greco  ^aax<S^n}  di  cui  riterrem  ca- 
duta la  sillaba  iniziale.  Per  analoghi  esempi,  v.  la  copiosa  lista 
del  Salvioni  nella  Misceli.,  Rossi-Teiss,  404,  Ro.  XXXI  287,  e, 
più  recentemente,  *matós  :  tos  Boll.  st.  d.  Sv.  it.  XXV  101  ;  si 
confrontino  ancora  mucina  éXeimoauvr),  tófia  àneTÓvia  Zts.XXYSOl. 

Poteva  uno  *8kali  esser  senz'  altro  rifoggiato  in  skaliu  per 
l'azione  di  casi  dove  -iu  concorresse  colla  forma  apocopata  -i; 
ma  si  può  ugualmente  pensare  a  una  derivazione  (con  significato 
diminutivo):  Maax<ìXiov,  ricordando  genuculu  auricula  e 
simili.  Maax<ìXiov  è  dato  dai  vocabolari  col  significato  di 
**  cestello  fatto  di  virgulti  »  ;  poiché  fiaaxaXr]  vale  anche  *  vir- 
gulto'. 


^  [Circa  ai  casi  di  -già  da  -tìaj  è  notevole  anche  dcusla  ali.  a  doHa,  dativa  ; 
V.  Rezasco  e.  *  dativa*,  Nieri,  Voc.  lucchese,  a.  *  dazia*.  Né  io  sia  stato 
osservato  che  non  diversa  dev'essere  la  storia  di  zio^  come  lo  prova  Ho 
sp.,  ecc.,  Tappolet,  Die  rom.  Verwandtschaftsn.  95.  Il  quale  studioso  avrebbe 
così  ragione  di  attribuire  alla  coltura  la  introduzione  di  Mo^,  Che  poi  zius 
già  oompaja  in  un  antico  glossario  tedesco  (v.  Diez  s.  '  zio  '),  prova  quanto 
sia  antica  Terronea  lettura  di  ti '\' voc.  come  zi.  -^  Di  analoghi  fenomeni, 
v.  anche  Marzolo,  Mon.  st.  II  411.  —  S.]. 


Vido88Ìch,  Eiiin.;  Salvioni,  Etim.  899 

Yen.  zolo  {azolar  Beitrag  31). 

Alle  numerose  voci  appartenenti  a  questa  famiglia  raccolte 
dal  Mussafia,  sarebbe  difficile  aggiungerne  delle  altre.  Non  però 
conveniamo  nella  derivazione  da  ansula  messa  innanzi  dallo 
Schneller,  cui  s'oppongono  troppo  gravi  difficoltà  di  ordine  fo- 
netico, n  Ferrari,  s.  'allacciare',  proponendo  collaqueare, 
forse  intravide  la  vera  etimologia;  la  quale  è  laqueolu  (cfr. 
lacciuolo)  laqueolare.  Dell'aferesi,  qui  agevole  e  piana,  par 
inutile  dar  esempi. 


■»  » 


engad.  brievler  brulicare. 

E  hriflaer  nel  Biveroni,  briglar  in  Val  Monastero,  ^clar  nella 
Bassa  Engadina^  Come  lo  provano  i  sinonimi  posch.  brigolà, 
bormino  brigolfr,  siamo  alla  stessa  base  dell'it.  brulicare.  Ma  ha 
avuto  luogo  una  metatesi  reciproca  tra  le  vocali  delle  due  prime 
sillabe  e  tra  le  consonanti  della  seconda  e  terza,  due  metatesi 
che,  nella  base  senza  r,  si  rivedono  nell'alto  mil.  bigolà  (Gherub.  Y) 
brulicare,  nel  trevigl.  bigóUre  brulichìo. 

viveron.  sic  indi  scendere. 

Vedi  Nigra,  Mise.  Ascoli  252,  e  cfr.  daskftnd  -skandù  ib.  259. 
—  Si  spiega  nel  miglior  modo  coU'ammettere  la  esistenza  fino 
a  epoca  tarda  di  scandIrb,  e  quindi  di  composti  recenti  come 
*descanderey  ecc.,  venuti  poi  a  commescersi,  per  gli  effetti  della 
vocale,  coi  riflessi  di  descenderb,  ecc. 

Una  analoga  dichiarazione  par  mi  che  voglia  il  friul.  frèmi 
schiacciare  '  frangere  '  '. 

lomb.  ìAga  fuliggine. 

Nel  voi.  XXIII,  p.  530,  della  Zst.  f.  rom.  phil.,  si  paragonava 
questa  voce  (cui  ora  posso  aggiungere  dalla  Valsassina  una  forma 


^  hridar  parrebbe  stare  a  hrigì^r  come  briflaer  a  brievler.  Il  Pallioppi 
annota  tuttavìa  nn  prìelar,  che  potrebbe  accennare  a  una  etimologia  diversa. 

'  Ba  tuttavia  allato  a  sé  sfrènzi^  onde  si  può  pensare  al  s-  venuto  a 
sparire. 


870  C.  SaWioni,  Etimologie. 

senza  il  S  :  sùggie)  col  frane,  suie,  concludendone  che  solo  una 
base  con  -aiA  poteva  render  r^ione  insieme  e  della  voce  lom- 
barda e  della  francese.  Ciò  piacque  al  compianto  Paris  (Romania 
XXIX  136),  il  quale  quindi  postula  un  '*'su£^ia  ancora  inesplicato. 

L'Homing  (Zst.  XXIY  557)  non  vuol  però  convenire  in  tale 
conclusione,  per  cui  andrebbe  travolta  la  base  sOcida  da  lui 
proposta  ;  e,  non  potendosi  d'altra  banda  escludere  che  la  voce 
francese  e  la  lombarda  sian  da  consid^:are  a  una  sola  stregua,  si 
chiede  se  questa  non  sia  tolta  a  prestito  dal  provenzale  {sudàjfo), 
o  se  non  rappresenti  una  particolar  risoluzione  lombarda  di 
suGiDA,  paragonabile,  p.  es.,  a  quella  per  susta,  che  c'è  nel  vie. 
lana  stisia  (berg.  lana  del  sose)  ^.  Ora  le  due  possibilità  son  da 
eccepire.  Non  vedo  da  una  parte  la  via  per  cui  una  voce  della 
moderna  Provenza,  —  e  questa  voce!,  —  abbia  potuto  penetrare 
in  luoghi  remoti  di  Lombardia;  dall'altra  debbo  escludere,  allo 
stato  attuale  delle  conoscenze  nostre,  che  per  nessuna  via  sDcida 
abbia  potuto  dar  Suga  eca  a  qualsiasi  varietà  lombarda.  Un 
sUsia  non  si  sarebbe  punto  alterato  o  tuttalpiù  avrebbe  dato 
*siiéa,  e  quanto  all'equiparare  èitga  a  '  sozza  ',  le  difficoltà  sorgon 
da  ogni  parte  gravissime.  Anche  l'invocazione  di  marS  marcio, 
ranS  rancido,  non  condurrebbe  a  nulla,  a  prescinder  pure  dalle 
diverse  e  malsicure  dichiarazioni  che  di  tali  esempi  si  possan 
fornire.  Poiché  qui  il  prodotto  di  -cId-  è  una  sorda  (cfr.  il  fem. 
marèa  rànèa),  mentre  in  èit^a  è  una  sonora. 

Se  ora  pensiamo  al  sugia  che  da  glossari  ha  rilevato  il  Meyer- 
Lubke  (Erìt.  Jahresb.  II  69)  e  che  allega  anche  il  Paris,  L  e, 
e  insieme  si  tien  presente  il  celt.  *sudia  proposto  dal  Thur- 
neysen  (Zst.  XXIV  428-9),  troveremo  la  proposta  ben  conve- 
niente, -DÌA  e  -GIÀ  ben  equivalendosi  ne'  loro  risultati  finali. 
Andrà  quindi  ricercato  come  e  perchè  divergano  le  forme  dia- 
lettali francesi  allegate  dall' Horning. 


*  Negli  Statuti  mantovani  pubblicati  dal  d*Arco  (IV  rubr.  11)  c'è  pure  il 
latinizzato  lane  suzie  (genit.). 

C.  Salvioni. 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 


Zaukeb  Ad.,  Die  romanischen  Namen  der  Korperteile,  Eine  ano- 
masiologische  Studie  (Erlangen  1902.  —  Estr.  dalle  "  Roma^ 
niflche  Forschungen  »)• 

Dopo  che  il  Tappolet  ebbe  con  tanta  fortuna  ricercate  le  denominaaioni 
romanae  dei  ooncetti  relativi  ai  rapporti  di  parentela,  era  TiTamente  da 
aspettarli*  da  anguarti  che  altri,  battendo  la  stetaa  Tia,  ci  ammaaniete 
analoghe  indagini  in  ordine  ad  altri  gruppi  di  conoetti  tra  di  loro  affini; 
e  arrecaaae  così  nnovi  contribnti  alla  im^masiologia  (la  felice  parola  è 
dello  Z.),  alla  Bcienza  cioè  ohe  si  propone  di  investigare,  non  il  modo 
come  evolva  la  eignificaùone  inerente  a  un  dato  vocabolo,  bensì  di  studiare 
come  un  dato  concetto  ai  attni  nella  parola.  £  lo  Z.  fa  appunto  oggetto 
delle  sue  meditacioni  le  parti  del  corpo  umano,  o  meglio  settantanove 
concetti  relativi  a  singole  parti  del  corpo. 

U  lavoro  è  riuscito.  Esso  prova  nello  Z.  molta  sagacia  e  maturità  di  giu- 
dizio, informauone  laiga,  sicuro  possesso  del  metodo^  Ma  forse  gli  nuoeiono 
una  oerta  trasouratena  ne*  particolari,  una  certa  £rettoloaitfc,  i  cai  effistti 
«i  notano  nella  omissione  di  non  poche  voci  accolte  nei  ibnti  a  cui  lo  Z. 
dica  di  avere  attinto,  in  qualche  falsa  attribuaione,  nella  non  sempre  esatta 
riprodusiotte  dell'esempio  dialettale.  Qualche  objesione  é  da  muovere  anche 
ai  criteri  con  cui  h  scelta  la  materia.  Perchè  certe  parti  del  ootpo  non  sono 
studiale?  Perchè  è  omessa  la  schiena,  perchè  il  cranio,  perchè  il  mal- 
leolo? E  nello  scemere  gli  elementi  ludieri  e  gergali,  quando  i  fonti  non 
diano  una  indicasioae  foisnale,  quale  norma  è  stata  segnila?  Lo  Z.  non  ce 
lo  diee;  ma  io  vedo  omesse  delle  voci  dei  fonti,  forse  appunto  perchè  lo 
Z.  le  giudicava  Indicre  o  gergali,  e  viceversa  ne  vedo  ammesse  altre  il  cui 
carattere  schenoso  non  fa  dubbio.  Quanto  ai  fonti  stessi,  non  sempre  sono 
essi  allegati  sotto  le  giuste  rubriche;  cosi  Pavia  e  Voghera  figuran  sotto 
*  Lombardia  *  invece  d*es8ere  assegnate  all'Emilia;  i  fonti  ticinesi,  valtelli- 
nesi,  valsassini,  e  persino  i  valsesìani,  compajon  sotto  'Bergamo*;  la  ru- 
brica *  Marche  e  Roma  *  accoglie  anche  i  fonti  umbri  e  alatrini.  Noto  infine 
che  è  attribuito  al  Pieri  il  lavoro  dello  Zingarelli  sul  dial.  di  Cerignola,  al 


372  Rassegna  bibliografica. 

Flechia  quello  dell* Ascoli  sul  ligure,  e  al  Goamerio  quello  del  De  Gregorio 
sui  gallo-italici  di  Sicilia. 

Seguono  qui  le  aggiunte  e  osservazioni  che  m*è  avvenuto  di  fare  per  i 
territori  italiani  e  ladini. 

1.  Corpo.  Anche  in  Lombardia  B*adoperano  biUt  e  vita  nel  significato  di 
'busto*  taglia.  —  8.  Midolla.  Circa  ai  rapporti  tra  'molle*  e  'midolla*, 
è  istruttivo  il  mil.  m^l  mollica,  che  potrebbe  al  postutto  rappresentare 
^me-g'l  *medolj  ma  anche  essere  il  prodotto  di  mài  -f"  nidi/la^  il  che  io  credo 
più  probabile.  Ma  e  una  strana  illusione  quella  che  al  Z.  fa  veder  Tinfluenza 
di  mòlle  nel  mil.  mioUa  (1.  Y-X  nel  Mul.  medÒle  (cfr.  góle  gola,  ecc.  Pir.). 
mignola  a  Treviglio  ;  né  vorrei  affermare  che  voglia  la  stessa  dichiarazione 
che  il  savoj.  megnolla.  Potrebbe  trattarsi  o  di  mijÓla  in  mifi'  o  delFincontro 
di  mióla  e  di  gncHa,  Circa  a  mèda  ecc.  (ofr.  anche  borm.  m^i4a),  io  insisto 
nella  dichiarazione  che  n*era  data  in  Postille  s.  *  betùla  *  in  nota;  e  cfr. 
médolat  a  Erto,  Gartner,  Zst.  XVI  382,  che  fa  il  bel  pi^o  col  lomb.  bédola 
•dra.  Le  diverse  forme  gfrigioni  che  moBtrano  «,  devon  questo  a  mez,  miez 
mezzo  *.  Curioso  il  lucch.  migrolla.  —  4.  Tendine.  Non  parmi  che  basti 
^nerviu  a  spiegare  il  mil.  gnerv.  —  6.  Sangue.  La  base  sanguine  pur  nel 
lugan.  ienguin  Asooli  I  269.  —  7.  Carne.  Un  kdmja  ho  io  da  Vaprio.  — 
8.  Pelle.  Sic.  ctUi  la  pelle  umana,  sard.  cudia  -tis  cute,  pellicola,  piem.  cu 
cotenna,  Flechia  III  135  n.,  dove  h  detto  trattarsi  di  cìStb,  e  dove  si  ra- 
giona anche  di  *cùtìca,  da  cui  sono  il  tose,  cuticagna  collottola,  e  il  vie. 
coéssa  onde  qui  sopra  a  p.  295.  Altri  derivati  :  nap.  còtena  cotenna,  cotogna 
cuticagna,  cotenna,  lemhrana  *  membrana  *  qui  sopra  a  p.  808.  A.  pavese 
mare  '  madre  *  Misceli.  Rossi-Teis  409.  —  9.  Testa.  I  monf.  cab»  eapuda  s'ap- 
palesan  per  il  b  risp.  p,  nonché  perii  e,  come  voci  non  indigene. Stupisce 
anche  Vu  (9)  di  fronte  bIVò  di  capoccia,  caboche,  eco.  Il  lomb.  crapa  andrà 
col  grig.,  vaiteli,  crap  sasso,  roccia  e  si  paragona  pel  senso  a  còccia  testa, 
che,  come  voce  volgare»  è  anche  del  Voc.  it.  E  crapa  dice  in  primo  luogo 
'testa  dura*^.  Per  il  pontiron.  pjat,  si  può  pensare  ai  'cocci  del  piatto  *; 
ma  anche  si  pensa  a  un  paragone  del  capo  calvo  o  del  teschio  con  una 
cosa  '  liscia  *,  onde  *  piana  *,  quindi  '  piatta  '.  —  10.  Fronte.  Il  valbedr.  itél 
è  voce  ohe  provien  dalla  pastorizia.  È  cioè  chiamato  it^  quel  bovino  che 
ha  una  macchia  bianca,  una  '  stella  ',  nel  mezzo  della  fronte.  La  voce  è  ^oi 


*  Infatti,  come  mi  è  detto  dairHuonder,  qualche  testo  ha  misfuogl, 
^  Può  del  resto  anche  supporsi   che   esistesse   un   crap  o  crapa  *  coccio 
scodella ,.  Lo  si  può  inferire  dalFa versi  clap  cogli  stessi  significati  di  crap, 
e  cioè  di  '  balza  sassosa  *,  di  *  scodella  *,  di  *  coccio  *  (v.  il  Monti  s.  *  clap  * 
e  '  oiap  *).  V.  ancora  Lorck,  167. 


.j 


Rassegna  bibliografica.  878 

passata  a  dir  '  fronte  *  prima  certo  ne*  bovini  e  nelle  bestie,  poi  nelFuomo. 

—  12.  Narici.  Bellnn.  9nare  e  «A-,  di  cai  v.  qui  sopra  a  pag.  825.  Il  lomb. 
e  com.  narU  dice  solo  'moccio*  e  dipende  da  ^narleulu  (cfr.  yen.  ana- 
rochio  id.)  non  da  harIce,  come  non  ne  dipende  il  vaiteli,  nartt,  mentre 
yi  risale  Ta.  trent  ris  Zst.  XXIV  889.  Circa  a  '  bachi  del  naso  *,  v.  qui  sopra 
a  pag.  292.  Cnriose  voci  ha  la  Sardegna,  che  non  so  perchè  il  Z.  non  abbia 
registrate:  logad.  meamos  e  mermoa;  campid.  edrigaa;  gallar,  tivi;  e  allato 
a  pinnaa  s*  ha  il  sett.  penni  (Spano,  Voc.  it. -sardo  s.  '  nare  *).  —  14.  Pupilla. 
A.  trent.  luaiola  de  Vocio  Zst.  XXIV  889.  Lacch.,  sien.  lumitiéUa.  £  y.  anche 
Marzolo,  Mon.  storici  ecc.  I  266-7.  Circa  ai  continuatori  della  base  latina 
PUPILLA,  é  popolare  il  nap.  pepella,  —  16.  Sopbacciglio.  A.  trent.  aora^eo 
Zst.  XXIV  889.  Borgotar.  aègna  (piar.  n.).  Il  vie.  aidia  è  la  voce  ital.  con  l 
risolto  in  Ij  e  qaesto  Ij  confuso  con  quello  de*  parecchi  esempi  veneti  in  cui 
Ij  è  da  dj  (remielio  rimedio,  ecc.)  ;  e  quanto  al  trent.  a^de,  esso  non  è  isolato, 
e.  y.  qui  sopra  a  pag.  296  n.  —  16.  Palpkbba.  papedra  Zst.  XXIY  889,  lucch. 
palperdla,  péecioìa  a  Città  di  Castello  (v.  Zauner  44)  dove  io  vedrei  un 
*papécciola.  Delle  forme  italiane  con  -6r-  nessuna  è  popolare,  come  non  è 
popolare  il  parm.  parp^U.  —  17.  Lappola.  Monf.  aéjja  cioè  '  seta  *,  setola. 

—  19.  Labbro.  Si  può  chiedere  se  Ta.  it.  4aòòta,  faccia,  dipenda  dal  pi. 
neutro  labia  o  dal  fem.  LABLà.  Circa  al  gen.  lèrfi  borgotar.  lerfi,  blen. 
lefrBt  ecc.  v.  qui  sopra  a  pag.  174.  la  rigne  è  voce  della  Valsassina,  non 
d*Arbedo.  —  20.  Dbmtb.  Nel  mil.  rust.  :  diné^  diob  la  forma  di  plurale  estesa 
senz'altro  al  singolare.  Quanto  al  genere,  il  femin.  era  anche  a  Treviso,  e  v.  qui 
sopra  a  pag.  299.  —  Una  creazione  nuova  h  il  posch.  dadi  (Monti)  *elavùt,  da 
cLAyA,  q.  il  '  pezzettino  di  legno  *  (cfr.  il  mescle.  <S(i^'2r fuscello;  e  v.  qui  sotto,  al 
num.  46).  —  28.  Gbhoiva.  Basso-eng.  lanaehiva,  lì  piem.  aanaiva  va  letto  aankiva, 
non  y*ha  quindi  nessun  mutamento  dì  articolazione,  zonzta  anche  a  Parma.  — 
24.  Palato.  A.  pava.  volto  della  bocca  Mag.  Il  80^.  —  26.  Ugola.  Il  bellinz. 
UWguUa  si  spiega  da  *i£gra^=^U*gora  (-^  normalmente  in  r),  onde  ^U'rga 
fatto  nuovam.  diminutivo.  —  Per  il  veron.  lu-  lochela,  cfr.  il  vie.  ochela  de 
la  gola  ugola,  e  ochela  parlantina,  bellun.  ochela  ugola  e  parlantina,  ven. 
ochUa  parlantina,  ochelàr  gridare,  schiamazzare.  Dal  dotto  loquela,  come 
propende  a  credere  il  Boerio,  intendendosi  I*' ugola*  come  la  sede  della 
voce?  —  26.  Mascblla.  Di  ganga  ecc.,  v.  Rendic.  Ist.lomb.  S.  Il,  voi.  XXXYI 
608  n.,  e  nello  stesso  Z.  a  pag.  58.  NelFa.  trent.  (Zst.  XXIV  889)  è  un  cu- 
rioso ganfobla  =s  mahoibula,  che  par  accennare  a  questa  base  latina  com- 
mista a  '  guancia  *  e  a  '  ganascia  *.  V  d  di  *  ganascia  *  compar  poi  come  Q 
neiralta  Engadina  [gianoacia)  e  nel  chiavennasco  {ganó^a),  né  si  tratta  di 
una  corrispondenza  normale.  —  Circa  ai  riflessi  di  maacélla  si  ricordi  il 
reat.  vaèceUa  Misceli.  Ascoli  98  n.  —  27.  Guancia.  Tra  le  diverse  forme 
corrispondenti  a  *gota*,  cfr.  ancora  i  ven.  gaUa,  e  guaita,  nella  quale  ul- 


874  B«9segna  bibliografica» 

tima  0*è  immesso  '  guancia  *.  Di  guancia  ^cc,  v.  poi  Reudic.  Ist  lopib.,  1.  e. 
608-9^*  Piem.  ciafSla  -fèria  guancia  (con  'schiaffo  *?)  Di  «n  probabile  mdlon 
(11=^1)  guancia,  v,  Dell^ant.  dial.  dial,  pav»,  gloss,,  e  Parodi  XY  $8.  — 
28.  MvHTo.  montiamolo  anche  nel  vie,  moderno*  né  vedo  la  necessità  di  ri- 
correre a  '  monte  \  per  dichiarare  V  o  della  prima  sillabar  Luceh.  hagiora 
•oiQ-  'ggìQ-  mento  prominente;  e  quanto  al  lomb»  g^  il  traslato  eh* io  vi 
suppongo  (v.  Mise,  Asc.  86)  avrebbe  bel  conforto  dal  lucch-  aann^  sasso  spor- 
gente in  fuori  dal  luogo  dove  ^  piantato.  V.  invece  Nigra  Ro.  X%Xl  5^, 
Zst.  XX Vili  5«  Il  grig.  misun  non  è  altro  che  '  musone  *  muso;  m4soH  mnso, 
ricorre  anche  nelle  Alpi  ticinesi.  Per  barbozz,  eh,  il  vie.  barbotfza  mento 
del  cavallo.  —  È  per  una  svista  di  lettura  che  il  Z.  attribuisce  baiiia  (it.) 
al  dial.  di  Arbedo.  II.  Gloss.  del  Pellandixd  ha  '  baslHa  baz^*.  —  3L  Gajpbllo. 
Una  confusione  di  -èlio  con  -èlio  par  aver»!,  almeno  nel  plurale,  in  varietà 
venete,  e  v.  qui  sopra  a  pag.  252  n.  ;  cavi  è  di  tutta  Talta  valle  del  Ticino, 
e  a  un  plurale  accenna,  insieme  ai  derivati  scapigliare^  ven.  coPfgéra,  ecc., 
anche  Ta»  trent.  lo  caveil  2st.  XXIV  399p  II  vie.  cavegio  (da  cavegi)  ha  valor 
collettivo.  Bicordo  anche  il  bellun.  plur.  cavile  *le  capella*  (cfr.  le  crina). 
Il  sillan.  óuff§  altro  non  è  che  Tital.  ciuffo,  lomb.  zUf  (cfr.  0$fo  «v^sineiput, 
Zst.  XXIV  389),  di  cui  v.  Kt^  9595,  10462.  —  32.  Qbscoeia.  Per  la  forma 
aferetica,  cfr.  la  regia  Zst.  XXIV  389.  —  33.  Tbm?ia.  la  tempia  ZsU  ib. 
Friul.  timpli  masc.  Campid.  memoria»,  e  ciò  valga  a  spiegare  in  parte  il 
logud.  fnemho8*,  Cfr.  mepioria  fronte,  Zauner22*  Circa  al  traslato  poUo,  no- 
tevole il  mescle,  boia  (campid.  burzu  polso),  che  potrebbe  ridar  qualche 
conforto  all'etimo  die^ùano  per  Tit.  bolso  (v,  Pieri',  Misceli,  Ascoli  427).  Di 
chiocca  e  del  sardo  cacca  v.  Schuchardt,  Bom.  et  II  21,  23.  Il  sard.  maragna 
è  bene  spiegato  con  '  emicrania  *  dallo  Spano  s.  '  meràgna  *.  E  Gos*è  il  monf. 
sei?  —  34.  Cervello.  Tra  le  forme  dotte,  cfr.  pure  il  sardo  ce»  zdembru  e  il 
padov.  cellbrio,  A.  sen.  ciaravella  e  davarel  Zst.  IX  529.  Del  mil.  Hnivéla  v.  Mise. 
Ascoli  89 n.,  e  ora  s*usa  piuttosto  come  termine  di  macellerìa;  quanto  al 
genere,  cfr.  anche  il  logud.  carvedda.  Di  chiocca  cervello,  v.  Schucbardt  1.  e. 
—  36,  Nuca.  Colottola.  Il  logud.  chervija  h  cbbvìoula.  Per  Tert.  txópa, 
cfr.  il  trevis.  ciópa^  che  solo. può  essere  *c loppa  ^còppia.  Monta],  eicol- 
lèttola,  anconit.  cupieza,  e  cupih  è  di  tutte  le  valli  ticinesi;  luccb-  cQp* 
patta,  Lucch.  cuciUiella,  anconit*  cucuzza.  Pi  cozza  e  di  nuca,  v.  Schu- 


^  Cogli  esempi  che  si  allegan  neirarticolo  ricordato  nel  testo,  si  pub 
mandare  il  messin.  f ràscia  frasca,  da  cui  non  si  scompagnerà  il  sic.  frascla 
pezzo  di  legname  di  costruzione.  —  Tra  i  nnll.  sia  poi  ricordato  Baaelice 
(Benevento),  che  suppongo  sia  Base-  «^  BasTlicas. 

^  Dico  in  parte.  Perchè  rimangon  la  difficoltà  del  b  e  quella  deir-o#,  dato 
che,  come  vuole  lo  Z.,  si  debba  partire  da  TEurus. 


Rastegna  bibliografica.  S75 

cfaardt  1.  e.  29.  Nell*iiltima  vocd  h  notevole  il  -1^-  (che  il  Pieri,  XII  121, 
ritiene  a  torto  primario),  di  fronte  al  'kk'  de*  dialetti  e  delle  altre  forme 
romaase.  Aneotiii.  cavarotza^  con  cai  andr&  fórse  (•-n  in  m-fi?)  il  lucch. 
eoffilnteioni,  garf.  ffaminòzgoìù.  A  Città  di  Gattello:  memòria  (Magherini- 
Graziant),  di  cai  al  nnm.  88.  Di  Héingiu,  ▼.  Qaamerio,  Miic.  Asc.  244.  ~ 
S7.  FAoa,  ecc.  Anche  i  testi  pavani  hanno  piotlaóro  -arò  gorgotiole.  Vie. 
modegat  fkoci,  cho  il  Boerio  però  non  riconosce  se  non  come  termine  di  ma- 
celleria. "^  88.  MtMBto.  Nel  pavano:  UmM  membra.  —  40.  Spalla,  armi 
spaUe,  ho  adito  da  gente  d'Antona,  fhix.  montana  del  comune  di  Massa  lanense. 
^Mfa  ecc.  (bellinz.  gila,  monta  eatagiolla)  non  dicongià  *  spalla*,  ma  s'adoperan 
solo  nel  modo  p&rtd  in  ^«  eco.  portare  a  cavalluccio.  E  dovesser  rappresen- 
tare un*antica  parola  per  'spalla*,  non  potrebbe  in  nessun  modo  esser 
questione  di  juotr,  risto  che  la  tonica  h  q,  —  AL  Ascella.  Circa  a  s^  ecc. 
io  mi  sono  sempre  chiesto,  vista  la  diffusione  in  Lombardia  di  -^'«>-llae, 
se  non  derivi  dal  plur.  mJ.  Ma  la  cosa  dovrebb*essere  più  attentamente 
(studiata.  A  elusone  c*b  (uetd,  che,  secondo  la  trascris.  del  Tiraboschi,  do- 
vrebbe leggersi  dia.  Andrà  coi  prov.  aisto,  ecc.  o  sarà  per  rìtrazion  d*ac* 
cento  da  *a9eia  •■  sejaì  11  casal.  9($ia  sarebbe  mai  un  termine  della  sartoria? 
A  Milano,  i  sarti  chiaman  appunto  iisja  la  scalfatura  corrispondente  alla 
spalla  e  nella  quale  poi  inserìscon  la  manica.  —  42.  Gomito.  Oùfnbal  pur 
neirOssola,  Rendic.  Tst.  lomb.  S.  II,  voi.  XXX  1514  n.  Bellun.  comedon  St. 
di  fil.  rom.  VII  226.  —  4S.  Maho.  Lucch.  mam,  —  mescola  nella  Race,  di 
V.  rom.  e  march.  —  46.  Dito.  Supposto  pure  che  il  posch.  elatigl  (io  co- 
nosco dejt  ;  e  elavU  stuzsicadenti)  sia  una  creazione  scherzosa,  e  che  lo  sia 
anche  dadi  dente,  ambedue  dipendon  tuttavia  da  clava.  Dalle  due  voci, 
derivate  da  una  stessa  base,  trae  poi  conforto  la  dichiarazione  che  dà  il  Z. 
delfengad.  daini  dito.  Il  piem.  dil  dipende  da  dilin  e  qui  si  tratta  ài  d-d 
dissim.  in  d'I.  —  48.  Mignolo,  lucch.  bigndo  (m-/l  in  6-A;  cfr.  hignatta  mi') 
e  pignolo  (==  hignolo  -^-pieeoM),  manvén  ò  %n  inuinu  (minuere).  —  49.  Umohia. 
oyn,  masc.,  anche  nel  pesarese.  -^  60.  Coscia.  Che  per  galón  gar-  sia  da 
postulare  eaX-  non  gar^^  lo  prov&n  le  forme  transalpine  e  cisalpine  (levent. 
rarogn  1  268)  con  it-,  e  il  /  di  galon  ecc.  che  divien  -r-  solo  in  quei  ter- 
ritori dove  -/•  è  volto  normalmente  in  r.  Il  letter.  gallone  (ma  lucch.  ga- 
Ione  Caix  St.  HO,  gahftte  polpacci  Pieri  XII  129),  che  il  voc.  dice  voce  non 
viva,  avrà  un  -{/•  inorganico,  forse  per  falsa  ricostruzione  della  voce  cisap- 
penninica.  —  Quanto  al  significato,  noto  che  nel  Grisostomo,  galon  non  si- 
gnifica già  'coscia*  (XII  405,  dove  ealàh  per  isbaglio  é  attribuito  alla  Le* 
ventina)  ma  '  polpa,  parte  polposa  '.  —  62.  Gamba,  stajòla  nella  Race,  di 
voci  rom.  e  march.  —  63.  Ginocchio.  11  canav.  Sun/j  non  è  isolato,  e  v. 
Krit.  jahresb.  I  1J4:  onde,  visto  anche  Vu  della  1*  sillaba,  sarà  da  ricono- 
scervi la  metatesi  reciproca  tra  le  vocali,  metatesi  ch*è  abbastanza  frequente 


376  Rassegna  bibliografica. 

nelle  voci  di  *  inginocchiare  '  (v.  XIV  289,  289  n.),  —  64.  Rotella,  ereseio 
gr-  cioè  il  '  crescente  *  lo  '  sporgente  \  nella  Race,  di  voci  rom.  e  march.  — 
55.  Polpaccio.  Lucch.  polpUaceio.  Del  lucch.  galftte^  già  ho  accennato  che 
contenga  il  gal-  di  galone»  —  56.  Pibde.  In  qualche  varietà  toscana  (v.  St. 
di  fìl.  rom.  VII  192)  piedi  ò  anche  singolare.  Analogamente,  h  da  ricono- 
scere la  forma  di  piar,  nel  pej,  sing.  e  pi.,  dell*  alta  Mesolcina.  Circa  al 
ven.  penin,  mant.  pnin,  v.  Studi  cit.  216  ;  si  può  tuttavia  anche  chiedere  se 
non  vi  si  tratti  di  *pè[d]&-  o  *pe[d]in(n.  Il  ci  del  rum.  pidar  potrebbe  per 
avventura  spiegare  il  I  o  «^  di  tanti  derivati  alto-italiani  (Stadi  cit.  216  n.; 
cfr.  ancora  il  veron.  pegatàr  tirar  calci),  i  quali  però  potrebbero  anch'essi 
dipendere  da  un  *pe[d]iccinOt  'ccitiolot  ecc.;  cfr.  il  lucch.  pedizzoro,  — 
58.  Caviolia.  Si  poteva  tener  conto  forse  del  Mul.  'éadile  ecc.  (v.  qui  sopra 
a  pag.  296  n.),  che,  per  la  sua  diffusione  anche  in  dialetti  che  non  lascian 
cadere  il  -v,  va  forse  quindi  spiegato  dalla  commistione  di  caviglia  con 
un*altra  voce.  Quale?  Circa  poi  all*alpino  canveUa,  gli  corrispondon  gravéla 
neirOssola,  e  garavella  nella  Sesia.  Io  ritengo  si  debba  partire  da  *clavella 
passando  per  *calavella  (cfr.  bellnn.  conostro  nottolino  =  fri.  elostri  chiavistello 
claustbu,  che  sarà  forse  dovuto  a  un  dissimilato  *cono8trel  =  *col-<,  sopras. 
galonda  ghianda,  nap.  gallerò  ghiro)  dissimilato  da  una  parte  in  ean-  dal- 
l'altra in  car-.  Per  la  sola  forma  valses.-ossol.,  si  potrebbe  anche  pensare  a 
una  dissimilaz.  avvenuta  già  in  elavella  <  *cr:  Il  nostro  da  veli  a  trar- 
rebbe poi  conforto   dal  sinon.  chióla  =■  chióvola^  a  Città  di  Castello.  — 

60.  Dito  dbl  piede.  Per  il  '  pollice  *  ricordo  quanto  dice  il  D'Ovidio,  Xlll 
428  n.,  del  nap.  àlluce  ;  cfr.  allux  nel  Georges.  —  Nell'a.  vie.  è  deela  punta 
dei  piedi,  e  deèle,  sec.  il  Boerio,  dicevan  già  a  Venezia  alle  dita  dei  piedi.  — 

61.  Petto.  Di  '  pettorina  \  v.  anche  qui  sopra  a  pag.  818.  Nel  Voc.  lucch. 
del  Nieri,  Giunte,  c'è  madrone  petto  e  gola.  Avrà  avuto  prima  il  significato 
di  '  stomaco  '.  — -  62.  Mammella,  poccia  dipende  da  poceiare^  e  questo  rap- 
presenta un  compromesso  tra  poppare  e  succiare)  v.  Giom.  St.  d.  lett.  it. 
XXVIII  200.  Mi  pare  che  una  tale  spiegazione  non  iscon venga  nemmeno 
alle  forme  di  Francia  (cfr.  fr.  sucer).  Il  posch.  struscia  dipenderà  da  struscia 
poppare,  il  qual  verbo  rifletterà  uno  *strucciare  da  confrontarsi  col  ven. 
strucar  spremere,  Ascoli  XIV  838,  Nigra  XV  282.  Nel  roman.  zinna  (cfr. 
zinnare  poppare)  è  strano  il  nn,  ma  pur  potremo  considerar  la  voce  come 
uno  sdoppiamento  di  zizinna.  —  63.  Capezzolo.  Lucch.  eapiticcio.  Se  burln  e 
v'rèna  (ch'ò  dal  sic.  virina  gianduia  mammaria)  son  dallo  stesso  tema,  questo 
dovrebbe  essere  ubeb  (v.  Post,  e  N.  Post,  al  Ktg.  s.  v.).  Ma  ne  dubito.  —  67.  Pol- 
mone. 11  camer.  lebbe  sarà  *leviu.  La  voce  bleniese  snonB, pajdsa.  —  68.  Vbhtrb. 
Femminile  anche  nel  Piemonte  {la  venir  neirAìione),  neirOssola,  sul  Lago 
d*Orta  (Za  vrent  a  Quama,  la  ventra  a  Ameno,  Orta),  e  in  qualche  luo|^o 
della  Sesia.  Quanto  a  bota   e   al   lomb.   botàs,  essi  andranno  piuttosto  col 


Rassegna  bibliografica.  877 

venaMk  bifftth  di  cai  ▼.  Parodi,  Romania  XXVU  229;  •  la  pronuncia  deìVo 
di  Mo,  che  né  lo  Z.  né  io  conosciamo,  dovrebbe  deeider  la  qnistione.  Del  nap. 
mairone  ▼.  qoi  sotto  al  nnm.  75.  Di  molti  altri  nomi  per  '  ventre  *,  non  ha 
tenuto  conto  lo  Z.  forse  perche  li  ritiene  scheivosi  o  gergali.  Ma,  p.  es.,  il 
com.  Uumari$a  è  registrato  dal  Monti  senza  nessuna  ossenrasione  e  lo  stesso 
▼alga  del  piem«  p»rM,  di  cui  ▼.  Ascoli,  St.  or.  e  ling..  Ili  802.  ^^  69.  Om* 
BiuQO.  héUko  è  andie  letterario.  Nel  veron.,  otnMgolOf  Uh,  «o-,  mo-,  hih,  lì 
m»  è  dissimilativo  di  M,  il  tn-  è  da  «-  per  assimilasione  al  snecessivo  m  o 
al  6,  e  il  ^  sarà  da  m*  per  dissimilai,  dal  secondo  «•<-  o  per  completa 
assimilasione  al  6-  della  seconda  sillaba.  Dna  aguale  storia  potrebbe  avere 
il  tic  hambaniS,  tuttavia  si  può  pensare  anche  a  un  6-  richiamato  dav.  a 
*umban4g  dal  ft*  deUa  successiva  sillaba,  forse  una  reduplicadone  infantile. 
bfgol  può  spiegarsi  meglio  da  6;t-^-Bu-  (^vmbUcu).  Il  trev.  mugnigcl  rap- 
presenta un  assimilato  bugn-  (cfr.  il  frìul.  hì$gn\gui).  Quanto  al  per.  omìciane, 
non  ocoor  proprio  di  scorgervi  *  uomo  *;  esso  altro  non  h  se  non  *ombjieino 
oMÒi-  OMi*,  con  one  poi  sostituito  a  -ino,  —  70.  Culo.  Alcuni  dei  nomi  d*orì- 
gine  schenosa  sono  ormai  cosi  passati  neiruso  comune,  che  quasi  hanno 
perso  quel  carattere:  così  deretano,  eedere,  onde,  per  eufemismo,  il  lomb. 
eédee,  tee.  Una  raccolta  di  denominazioni  romanesche  in  Belli  VI  188.  — 
71.  Naticbs.  Per  errore,  lo  Z.  cita  Milano  tra  i  territori  di  *  natica  \  Milano 
e  la  Lombardia  non  conoscono  che  édpa  o  eiUdia,  Sarebbe  da  vedere  se 

*  pacca  *  e  '  chiappa  *  non  rivengan  in  fondo  alla  stessa  base  (pacca  o  *eappa) 
con  metatesi  reciproca  o  nell'una  o  neiraltra.  Chiappa  si  ridurrebbe  allora 
o  a  *pakkla  *ldappa,  ovvero  a  *kappia  ìdappa,  —  72.  Fegato.  V.  anche  qui 
sopra  a  pagg.  195-6,  801.  "  74.  Milza,  epie^a  risale  in  realtà  a  '  pelecca  *; 
nella  Yalmaggia  il  pi  primario  si  riduce  a  pj,  e  d'altronde  come  si  spie- 
gherebbe, dato  'splene*,  la  scomparsa  del  «?  Anche  nel  Friuli  c'è  rdie. 
Trent.  emehfa;  nap.  méoMa  méeO'.  Il  m-  lombardo  non  si  spiega  per  via  fo- 
netica^ come  non  si  spiega  per  la  stessa  via  quello  di  nidalla,  mimaa  anche  in 
varietà  toscane.  —  76.  Stomaco.  Foneticamente  non  riesce  di  spiegare  Tao- 
cento  stoini,  ecc.,  dove  lo  stesso  e  prova  Tanterior  fase  ti&mec,  che  sarà  da 
^etómteo  (cfr.  il  bellinz.  ét^mik),  come  è  mónieo  (bellinz.  n»t.  fnónih  sagrestano) 
per  '  monaco  *.  —  Per  il  -t  del  friuL  atàmii  v.  qui  sopra  a  p«  224  n.,  e  di 
matrihtifh  a  pag.  810.  —  76.  Buoslla.  L*emiL  inieeiem  non  è  men  letterato 
del  lomb.  inUetim,  ecc.;  la  riduzione  di  -ino  a  -W  è  in  que*  dialetti  un  caso, 
dirò  così,  di  fonetica  istintiva,  e  v'andrebbe  soggetto  qualunque -/iio  s'intro- 
ducesse oggi  nel  dialetto.  —  uentriera  qui  sopra  a  pag.  880.  —  Citca  alle 

*  viscere  ',  v.  il  vago  significato  di  coragia  e  di  marager  qui  sopra  a  pagg.  297, 
310.  entragne  è  pur  del  vocab.  it  e  per  intraglie,  v.  XII  409,XIV  210.  —  77.  Rm. 
Nell'a.  lodig.  c*è  la  rena,  che  par  accennare  a  un  plur.  neutro  (cfir.  tuttavia 
il  tose,  le  reni  ali.  a  le  rene).  Nel  trent.  è  vad  pi.  -44,  che  par  dire  '  vuoto  *. 


zie  Rassegna  bibliografica. 

—  78.  VnoicA.  psia  h  pur  nel  Monferratoi  ma  qui  è  il  prodotto  di  ena, 
che  insieme  vive,  o  di  *b9ia.  Delle  forme  con  ò»  ▼.  anche  qui  sopra  a  pag.  289. 
sgofifietta  in  qualche  parte  del  Ticino.  Lnoch.  ìfÓH»ora.  —  79.  Pudcxdb.  Per 
denominazioni  Indicre  o  gergali  del  pene,  v.  il  sonetto  del  Belli,  VI  168,  e 
quello  del  Porta  intitolato  Ricchezza  del  Vocabolari  mUanes*  Tra  i  nomi  dei 
testicoli,  anche  il  lomb.  ég'la  cioè  *hjóla  kolja;  minchione  si  risente,  nella 
desinenza,  di  coglione,  e  i  due  termini  troransi  insieme  alleati  nel  lomb. 
concion  Giorn.  st.  d.  lett.  it.  Vili  418  n.  Nella  Venezia  era  ben  difesa  una 
▼oce,  forse  nò  ludiora  né  gergale,  risalente  a  pabYculi;  ▼.  qui  sopra  a  p.  815. 

C.  Salvioni. 


GiXTLiANO  BoNAzzi,  Il  Cofidughe  di  San  Pietro  di  Silìci,  Testo  lo- 
gudorese  inedUo  dei  secoli  XLXIII.  —  Sassari,  Cagliari, 
Dessi,  1900. 

Giuseppe  Campus,  Fonetica  del  dialetto  logudorese.  —  Torino, 
y.  Bona,  1901.  —  Sulla  questione  ddV  intacco  del  C  latino, 
Note  ed  osservazioni,  —  Torino,  V.  Bona,  1901. 

Wilhelm  Meyeb-Lììbke,  Zur  Kenntniss  des  AUlogudoresischen 
(estr.  dai  Resoconti  dell' Accademia  di  Vienna,  ci.  fii<^Btor., 
volume  CXLV,  Vienna,  1902). 

Delle  tre  prime  pubblicazioni  h  debito  mio  render  conto  e  per  Timpe^^o 
assunto  dal  nostro  Direttore  nel  precedente  fascicolo  e  per  l'importanza 
che  specialmente  la  prima  ha  nel  campo  degli  studi  sardi,  e  ne  è  prova  la 
pubblioasdone,  che  viene  quarta  neirelenco;  essa  dalla  prima  prende  ali- 
mento, onde  insieme  con  questa  mi  occorrerà  di  tenerne  parola. 

//  Condaghe  di  S,  Pietro  di  SUki  non  ò  che  un  libro  di  memorie  di  nn 
convento  presso  Sassari,  in  cui  si  registravano  i  fatti  più  notevoli  rigxiar- 
danti  le  variazioni  patHmoniali  del  convento,  quali  donazioni,  permute, 
compero,  divisioni,  liti,  transazioni  e  simili.  Il  codice,  che  fii  conosciuto  dal 
La  Marmerà,  dal  Fistia,  dal  Tola,  fu  sottratto  nel  1867,  al  tempo  della 
soppressione  delle  corporazioni  religiose,  ma,  dopo  varie  vicende,  potè  essere 
assicurato  alla  Biblioteca  Universitaria  di  Sassari  dal  Dott.  Giuliano  Bo- 
nazzi,  quando  ebbe  a  presiederla  e  di  poi  lo  diede  alle  stampe  in  una  splen- 
dida edizione,  mercè  le  generose  cure  del  compianto  editore  Giuseppe  Dessi 
di  Sassari. 


Rassegna  bibliografica.  879 

n  ma.  membranaceo  è  attualmente  di  125  ce,  ma  originariamente  ne  do- 
veva comprendere  143.  Il  B.  pensa  che  la. sua  composizione  odierna  risalga 
al  sec.  XIV;  esso  consta  di  cinque  parti  distinte:  a)  Frammenti  —  ò)  Con- 
daghe  di  Silki,  parte  I  —  e)  Condaghe  di  S,  Quirico  Sauren  —  d)  Condaghe 
di  S.  Maria  di  Codrongiano  —  e)  Condaghe  di  Silhi^  parte  IL  La  scrittura 
rivela  parecchie  mani,  forse  una  trentina,  dei  secoli  XII  e  XIII,  ma  le  prin- 
cipali sono  due.  La  lingua  è  il  pretto  logudorese  e  se  i  giudizii  del  B.  in- 
tomo airetà  colgono,  come  pare,  nel  vero,  è  facile  comprendere  quale  te> 
«oro  egli  abbia  dischiuso  con  questi  documenti  cosi  al  glottologo  come  allo 
jt  tori  co. 

E  da  storico  com*egIi  è  il  B.  premette  ai  testi  un'ampia  introduzione,  in 
cui  riprendendo  in  esame  la  controversa  questione  delPorigine  dei  Giudici 
e  dei  Giudicati  della  Sardegna,  viene  a  discorrere  dei  Giudici  di  Torres, 
servendosi  delle  notizie  fornite  dal  Condaghe  e  infine  tratta  di  Adelasia  e 
del  Comune  di  Sassari,  tentando  di  sfatare  la  leggenda,  formatasi  intomo 
a  codesta  regina  di  Torres  e  a  Michel  Zanche. 

Prescindendo  da  questi  risaltati,  che  non  è  nel  nostro  assunto  di  esami- 
nare, qui  gioverà  piuttosto  notare  che  la  stampa  del  testo  segue  il  codice 
con  fedeltà  scrupolosa,  di  modo  che  si  può  con  sicura  coscienza  accettarne 
la  lezione  e  anche  nei  pochi  casi,  in  cui  è  dubbia  V  interpretazione  del  co- 
dice, il  B.  dà  prova  di  acutezza  e  di  cautela  insieme  nelle  sue  proposte. 

Al  testo  seguono  un  indice  onomastico  ed  uno  toponomastico,  che  riescono 
assai  utili  e  sarebbe  parimenti  bastato  un  semplice  indice  lessicale,  con  la 
n.*lativa  traduzione,  delle  voci  per  qualsivoglia  motivo  più  notevoli.  Invece 
il  B.  ci  volle  ammannire  un  vero  e  proprio  glossario,  in  cui  troppo  al  di 
sotto  deir  impresa  appare  la  preparazione  glottologica  dell'editore.  Sarà  fa- 
cile ai  compagni  di  studio  rilevarne  le  gravi  inesattezze  e  deficienze,  onde 
non  è  il  caso  di  fame  un  minuto  esame,  tanto  più  che  tutto  quello,  e  non 
è  poco,  che  si  poteva  spremere  dai  preziosi  testi,  Tha  spremuto  magistral- 
mente nella  sopra  addotta  memoria  il  Meyer-LiJbke,  a  cui  mi  richiamerò 
spesso  in  questi  appunti,  con  la  sigla  M.L.  alg.,  seguita  dal  numero  delle 
pagine  dell'estratto. 

Un  preconcetto  fa  velo,  il  più  delle  volte,  al  giudizio  etimologico  del  B. 
Siccome  egli  ritiene,  e  forse  giustamente,  che  i  Bizantini  abbiano  esercitato 
un  notevole  influsso  sull'ordinamento  amministrativo  dell'isola,  così  egli 
pensa  che  il  segreto  di  parecchie  voci  oscure  dell'antico  logudorese  ci  sia 
svelato  da  quell'influsso  e  che  di  origine  greca  siano  pertanto  molti  voca- 
boli, che  invece  continuano  regolarmente  basi  latine.  Così,  p.  es.,  il  B.  con- 
nette affiiscare  *  chiudere  *  con  qpXià  *  chiudenda  ',  senza  tener  conto,  fm 
altro,  del  nesso  ^sca-^  che  poteva  dar  lume,  cfr.  infatti  il  M.-L.  alg.  64,  che 
lo  riconduce  a  fistula;  —  deriva  atha  od.  atta  o  azza  'schiena,  pendio  di 

Archivio  glottol.  ital.,  XVI.  25 


880  Rassegna  bibliografica. 

monte  *,  da  àKTf),  che  avrebbe  potuto  con  altro  accento  dare  cUtOt  ma  non 
(izzaf  perchè  lo  scambiarsi  vicendevole  di  -tt-  ('th')  e  di  -zz^  è  proprio  di 
un  nesso  assibilato,  proveniente  da  t  jotizzato;  —  in  buiakesu,  che  sotto 
tante  e  cosi  svariate  forme  ci  si  presenta  nelle  antiche  carte,  vede  nu\i\ 
*  porta  \  perchè  quelli  erano  anche  guardie  delle  porte,  mentre  non  è  pro- 
babilmente che  un  derivato  da  nome  di  paese,  come  riconobbe  il  Zanar- 
delli,  cfr.  M.-L.  alg.  51  ;  —  trae  enìu  *  celibe  nubile  *  da  AviiPoq,  senza  dar 
ragione  dellV  in  «,  e  invece  continuerà  'genius  per  ingenuus,  M.-L. 
alg.  60;  —  connette  farga  e  fargala  con  qpapxi^  'ruga  solco*  e  pensa  in- 
sieme che  forse  sono  da  identificarsi  con  hargala^  la  qual  voce  spiega  poi  con 
ver  vago  e  manda  con  Tod.  arvada  *vomero*  harhatare  'dissodare  il  ter- 
reno '  :  targala,  fargala  e  farga  sono  di  certo  un'  identica  voce,  ma  e  il  si- 
gnificato e  Torìgine  ne  sono  rimaste  oscure  anche  al  M.*L.  alg.  57.  A  me 
pare  si  rilevi  dagli  esempi  in  cui  la  voce  occorre,  che  si  tratti  di  un  og- 
getto, di  una  cosa,  ma  non  s'intende  quale;  non  esprime  una  misura  ne 
una  quantità,  perchè  non  è  susseguita  da  alcun  termine  di  specificazione; 
al  §  250  si  parla  di  un  tale  che  ha  comperato  2  soldi  di  vigna  e  diede  in 
pagamento  1  bargcUa  et  1  sollu  de  pannu,  e  al  §  346  diede  1  bargala  e 
XXX  moios  de  labore,  ecc.,  e  al  §  87  un  cavallo  domito  e  1  fargala  e  li 
8oUo8  de  pannu,  ecc.  —  Per  spiegare  jaca  *  cancello  '  ricorre  a  bidrui  e  già 
il  M.-L.,  Einfùhrung  248,  cfr.  Arch.  IX,  499,  ne  additava  l'etimo  nella  base 
longobardica  gahagi;  ed  altre  ed  altre  ancora,  mentre  di  voci  greche  pecu- 
liari al  testo  il  M.-L.  alg.  55-56,  non  ne  registra  che  pochissime,  cahaUare, 
candake,  iit^tca,  veatare,  oltre  timangia  '  incenso  '  da  6u|Li(a|Lia  ibidem,  36  e 
forse  anche  paniiu  *  schiera  '  da  irdv  €lXri,  ibid.,  61,  i  quali  tutti,  tranne  il 
primo,  erano  giustamente  classificati  dal  B. 

Ecco  ora  qualche  altra  postilla  fra  quelle  fatte  sul  margine  del  glossario  : 
accatai  non  da  acaptare,  ma  da  adcaptare;  —  affersit  non  da  af- 
fé r  re,  ma  da  offerre  con  mutazione  di  prefisso;  —  argenthola  de  Unti 
non  ha  a  che  fare  con  Tod.  azzola  ^matassa',  questo  è  regolarissimo  di- 
minutivo di  a  e  i  a  e  l'altro  non  può  essere  che  un  diminutivo  di  argentu 
e  molto  probabilmente  s'appone  al  vero  il  M.-L.  alg.  57  leggendo  hinu  in 
luogo  di  linu  e  intendendo  argenthola  come  un  recipiente,  una  specie  di  bic- 
chiere ;  —  giudica  bene  haecone  *  prosciutto  ',  come  voce  straniera  e  sarà  di 
provenienza  germanica,  ma  per  via  indiretta,  M.-L.  alg.  56  ;  —  manda  giu- 
stamente bardones  e  uardones  con  l'od.  bardolu  *  pezzetto  '  bardone  *  pezzo 
grande  ',  che  sono  da  quadrone,  M.-L.  alg.  24 ;  —  è  senza  spiegazione 
barretta  338  e  uarrellu  146,  di  cui  tace  anche  il  M.-L.,  nel  primo  caso  è 
detto  :  deindéli  X  berbekea  et,  j.  barrellu  de  pesentinu;  nel  secondo  :  deindeli 
j  libra  d^ argentu,,,  et  aiunsili,  j.  uarrellu,  ca  mi  fekit  voluntate,  ecc.  Il  p€- 
sentinu  ricorre  anche  negli  Statuti  sassaresi,  Arch.  XIV,  122,  ed  è  certo  una 


Rassegna  biblìogra6ca.  381 

ì»pecie  di  pannolano,  e  in  barrellu  o  uarrellu  io  vedrei  un  esito  deirital.  guar- 
nfllo,  con  la  labializzazione  di  gua-  e  Tassimilazione  di  -m-  in  'rr*  che  è  in 
carraie,   forrieare  e  sim.;  —  hattorpedia  vale   secondo  il  B.  'designazione 
collettiva  di  servi  pedati,  cioè  posseduti  solo  per  un  quarto  o  piede  *.  Anche 
il  M.-L.  alg.  57»  dubita  di  questa  interpretazione  :  la  parola  ripete  il  latino 
<]oattuorpedia,  che  trova  riscontri  in  altre  lingue   romanze  e    pensa 
che  verisimilmente  qui  indichi  un  usufrutto,  ohe  si   può  aspettare   in  una 
numerazione  dopo  la  casa  e  i  fondi.  Io,  al  contrario,  sarei  d^avviso  che  qui 
>ia  osata  nella  sua  schietta  accezione  di  '  quattropiedì  *  cioè  *  quadrupedi  *  e 
significhi  il  bestiame  annesso  ai  fondi,  che  si  enumera  dopo  le  case,  i  servi,  i 
pascoli,  i  campi  e  le  vigne;  cfr.  p.  es.  il  §S56,  dove  si  legge  che  deve  avere 
S.  Pietro:  omnia  kafUu  aueat,  et  terras  et  binias,  et  cortes  et  salto»  et  homines 
et  battar  pedia,  et  omnia  kantu  aueat;  —  il  nome  di  persona  Bolorike  sarà  da 
correggere  in  Bo6orii(r«,  cfr.  nuorese  od.  Bobore,  diminutivo  di  Salvatore;  — 
in  borthe  il  B.  vede  un  bell'esempio  di  forma  nominativale,  da  p  o  r  t  i  o,  al- 
r  incontro  il  M.-L.  alg.  71  dimostra  che  si  tratta  di  una  congiunzione  tratta  da 
potior  per  potius;  — interpreta  bene  ram|Niftta  con  Hransazione,  accomo- 
damento* ed  è  curioso  l'avvicinamento  fatto  dal  M.-L.  alg.  58  a  campana 
nel  senso  di  '  stadera,  bilancia  *  ;  —  annota  giustamente  eatriclas  metatesi  di 
craticnla,  ma  perchè  aggiunge  'oppure  da  trichila  pergolato*?  questo 
riesce  legittimamente  a  tricla  od.  trija,  ma  non  mai  a  catricla;  —  alFarticolo 
kersa  è  da  togliere  il  punto  interrogativo,  perchè  è  proprio  l'od.  kessa  *  lenti- 
schio *  e  a  murikersa  corrisponde  Tod.  fnorigessa  moruscelsa;  —  non  ha 
a  che  fare  keruere  querere  in  Ar«r6iWia,  che  è  diminutivo  di  cervix   -cis 
e  pel  significato  'potere  potestà*  v.  M.-L.  alg.  59;  —  per  eotina  collettivo 
in  'ina,  col  derivato  cotinatha  188,  316,  cfr.  Arch.  XIII  117  e   Tod.    codina 
*  luogo  arido  pieno  di  pietre*;  —  la   spiegazione  di  cunde  '  seco  lui  *,  che 
ritoma  insieme  con  cundos  negli  Statuti  sassaresi,  è  nella  Romania,  XXXI 590; 

—  interpreta  cunduri  {et.  j.  cunduri  de  rocca  nobu  muierile  ecc.),  per  sug- 
<?enmento  del  Dessi,  *  arcolajo  *;  meglio  il  M.-L.  alg.  75  che  1*  intende  come 
una  speciale  calzatura  femminile  d'origine  turchesca,  ma  rocca  non  ha  più 
senso  e  bisogna  supporre  che  sia  scritta  erroneamente:  —  sta  bene  ^ro  da 
i  t  e  r  n  m,  ma  Ve  per  t  tonico  è  dovuto  a  commistione  con  altra  voce,  come 
ben  rileva  il  M.-L.  alg.  68;  —  forkiìlos  nello  stesso  valore  di  'crocevia 'è 
])are  degli  Statuti  sassaresi  Arch.  XIII  118;  —  gisterru,  che  è  lasciato 
senza  traduzione,  trova  riscontro  nel  camp.  od.  gisterra  da  cisterna;  — 
anche  iseusoria  è  registrato  senza  significato;  aggiunto  ad  ^fiAv  sarà  un  de- 
rivato da  exc  utero  'scuotere*,  cfr.  log.  oA,  iseutinare  iscuzinare  si.  9\^\t.\ 

—  per  ispenttitnatu  da  ispentumnre  è  da  vedere  Arch.  XIV  400  s.  penta  \  — 
inpiiare  pare  che  voglia  dire  *  riconciliare  aggiustare  ',  il  M.-L.  alg.  65  pensa 
a  espiare,  ma  il  doppio  ti  vi  contrasta  a^isolutamente;  si  tratterà  invece 


382  Rassegna  bibliografica. 

di  ezplicare  ridotto  per  metatesi  a  *ez-p i e  1  a r e  con  Tesito  di  -ci-  che 
e  in  veione  M.-L.  alg.  31  e  corrisponderà  al  log.  od  ispijare.  Anche  il  senso 
*  spiegare,  risolvere  ',  toma  bene  al  contesto;  —  isheeatu  non  ha  a  che  fare 
con  askeciu  e  le  altre  voci  studiate  nell'Arch.  XIV  388,  qui  pare  un  peggiorativo 
di   cacatus,  così  anche  il  M.-L.  alg.  62;  —  istrumare  *  sciogliere*  richiama 
Tod.  log.  iatr amare  'abortire*,  ma  non  può  spiegarsi    con   exterminare, 
come  crede  il  B.;  c*é  anche  il  log.  od.  istruminzu,  ma  questo  ben  corrisponde 
a  ezterminiu,   mentre  istrumare  potrebbe   secondo  il  M.-L.  alg.  65  e  18 
desumersi  da  estremare,  come  Tit.  stretnare;  —  per  iumpare,  od.  gium- 
pare  *  saltare  ',  che  il  M.-L.  alg.  56  riconduce  a  voce  germanica,  cfr.  Nigra 
Arch.  XV  487  e  aggiungi  il  valtellinese  zuvnpà  *  saltare  ballare  *  ;  —  il  B. 
dà  a  larga,  largare  il  senso  di  '  furto,  rubare  *,  derivandoli  da  latricare, 
ma  il  concetto  che  è  in  largu  allargare  pare  basti  a   indicare    Testendersi 
al  di  là  del  diritto,  quindi  *  commettere  violazioni,  usurpazioni  *  e  di  questo 
avviso  è  pure  il  M.-L.  alg.  65  ;  del  resto  anche  nella  Carta  de  Logu  si  usano 
larga  e  fura  nel  senso  di  '  grassazione  e  furto  *  ;  —  è  da  aggiungersi  libida 
311,  pure  sfuggito  al  M.-L.,  (assu  monticlu  desa'iscopa  libido),  che  dovrebbe 
corrispondere  a  liquida  come  ahUa  ad  aquila,  ma  non  è  ben    chiaro 
il  significato;  —  liuctstrina  detto  della  pelle  é  certo  per  ulivastrina;  —  il 
B.  vede  in  Locudore  un  1  o  cu-t  u  r  r  i  s,  ma  non  si  spiega  lo  scempiamente 
del  -rr-f  che  occorre  già  in  antico,  come  lo  prova  la  frase  in  rennu  qui  di- 
citur  ore  delle  carte  più  antiche  del  Condaghe;  —  a  tuaiolariu  da   majale 
'capo  dei  servi,  dei  porcari*,  fa  riscontro  il  camp.  od.  tnaiolu  *  servo';  — 
mesinu  non  da  m  e  s  s  i  s  *  mietitura  ',  ma  diminutivo  di  tnesu  m  e  d  i  u,  voce 
accattata;  cfr.  M.-L.  alg.  56  ed  è  confermato   dal   log.  od.,    come  tantosto 
vedremo  ;  —  in  parthone   si   commescono   parte    e   portione,  cfr.  fr. 
pardon  M.-L.  alg.  61  ;  —  di  pereontare  v.  Aroh.  XllI  122  e  Jahresb.  II  105; 
—  e  cosi  di  peaentinu  Arch.  ibid.:  —  non  pub  essere   assolutamente  petha 
da  bestia,  anzitutto  'Stjr-  è  ben  altra  cosa  di  -st-  e  tkurpu  413  non  sarà 
altro  che  t  u  r  p  i  s  con  avvicinamento  a  thoppu,  corrispondente  alPit.  zoppo; 
petha  non  è  che  *petia  Arch.  XllI   122   e   cfr.  petholu  54  'pezzetto*;  — 
*  pintana  bel  riflesso  di  quintana;  —  è  da  aggiungere  priga  4  (funtana)  me- 
tatesi di  pigra,  cui  corrisponde  il  camp.  od.  priu  per  *prigu  con  caduta 
del  g;  —  ruclat  *  attraversa  ',  non  da   e  r  u  e  e,  ma   da   rotulare,    come 
anche  negli  Statuti  sass.;  —  thaneas  'zanche  gambe*,  tal  quale  nel  tardo 
lat.  zanca,  Tigr.  tUtI^*  àa  voce  persiana,  M.-L.  alg.  22;  —  thirricas  de  casu 
'  forme  di  cacio  a  treccia  *,  non  già  da  e  i  r  r  u  s,  ma   piuttosto   dal    greco 
Tpixa  lat.  trichea  *  treccia  ',  v.  Romania,  XXXIII 70;  —  indecifrato  h  ancora 
thithiclos  e  così  pure  ^Awircaré?,  che  non  può  essere  sauciare,  perché  Tesito 
di  -cj(-  è  ben  altro  che  -ce-  e  anche  pel  senso  non  può  mandarsi  col  succhiare 
degli  Statuti  sass.  :  tutto  il  passo  è  oscuro,  tanto  più  che  non  si  comprende 


Rassegna  bibliografica.  383 

nemmeno  la  voce  uethelica  che  segue  appresso  e  mi  pare  male  interpretata 
con  *  basilica  '  ;  —  colto  nel  segno  il  significato  di  UUturo  *  a  torto  *,  e  il 
processo  fonetico  è  messo  in  luce  dal  M.-L.  alg.  19  e  36;  —  é  da  aggiungere 
uetere  315  *'  vecchio  *  ;  —  ad  umettare  fa  riscontro  isettare  che  è  vivo  pur 
oggi  ed  è  belKesempio  di  assimilazione ,  *a9teUare  per  adspectare, 
M.-L.  alg.  36. 

Olire  le  già  accennate  non  mancano  anche  altre  buone  interpretazioni  e 
acute  osservazioni.  Così,  p.  es.,  buono  è  Tarticolo  in  tomo  alla  scalea  ^  dove 
si  conferma  il  noto  etimo  del  lat.  medievale;  —  è  opportunamente  rilevato 
il  molto  importante  casa  causa,  dove  du  viene  ad  ój  ancorché  non  segua  u 
nella  sillaba  attigua,  come  si  riteneva  necessario  per  quella  riduzione,  cfr. 
Ascoli  Arch.  Il  139,  Nigra  Arch.  XV  483,  e  ora  M.-L.  alg.  4-5  pone  bene 
in  sodo  questo  svolgimento  e  arriva  felicemente  a  spiegare  '  quella  curiosa 
particola  svegliativa  a  dei  dialetti  sardi  *  per  usare  le  parole  dello  Spano, 
la  quale  non  è  altro  ohe  il  lat.  ant,  p.  es.  a  partisi  a  lu  faghesì  *  o  paxii'^ 
o  Io  fai?*;  —  importante  è  pure  l'articolo  su  ibtto,  prescindendo,  s'intende, 
dalla  erronea  derivazione  da  T^iTOvia,  nel  quale  è  messo  in  rilievo  il  con- 
cetto fondamentale  di  '  successione  alterna  *,  che  con  tutta  probabilità  at- 
tribuita da  prima  ad  una  '  divisione  giudiziaria  e  militare  \  passò  di  poi 
alla  divisione  dei  giorni,  come  ho  procurato  di  mettere  in  chiaro  nella 
Romania,  XXXIII,  52  ;  —  è  giustamente  rifintato  Tetimo  codice  per 
caudaght,  e  ricondotto  a  KOVTdKiov,  per  cni  il  M.-L.  alg.  49  ricorda  conta- 
cium  del  Du  Gange  '  tennis  membrana  rotundo  ligno  quasi  jaculi  fragmento 
circumvolvi  solita*  e  il  Salvioni  mi  avverte  che  nel  Cod.  diplom.  barese, 
edito  da  G.  B.  Nitto  De  Rossi  e  Fr.  Nitti  di  Vito.  Voi.  I  (Barì,  1897)  si 
leggono  nel  gloss.  i  due  seguenti  articoli:  *  condaci'=  conta  cium,  gr. 
KovTdmov.  Era  un  piccolo  bastone,  intorno  al  quale  si  aggirava  nna  mem- 
brana con  su  scrittevi  le  orazioni  che  i  sacerdoti  dovean  recitare  e  i  nomi 
di  coloro  per  i  quali  si  dovea  pregare,  9.  —  condaki  e  condacaro  v.  il  pre* 
cedente.  Quanto  al  -ro  di  condacaro,  credo  sia  un'aggiunta  derivata  dal 
passaggio  alla  forma  latina,  quasi  condacarium,  18,. 

Una  certa  attrattiva  infine  presenta  la  derivazione  di  paperos  da  p  a  u- 
p  e  r  a  m,  che  è  accolta  anche  dal  M.-L.  alg.  4.  L'etimo  risponde  assai  bene 
pei  snoni,  ma  mi  lascia  perplesso  pel  senso,  parendomi  molto  strano  che 
siano  detti  '  poveri  *  i  possidenti  ossia  *  i  ricchi  \  Non  conoscendosi  nem- 
meno l'accento  della  parola,  io  mi  chiederei  se  paperos  non  possa  essere 
il  regolare  esito  di  papyrus,  cfr.  camp.  od.  paperi,  log,  pap(ru  -iVm,  e  se  non 
valga  '  documento,  rescritto  reale  *  che  legittimava  il  possesso  delle  terre 
e  dei  servi,  che  spettavano  al  patrimonio  della  corona.  Così  p.  es.  ankiUa 
dr  paperos  38  di  fronte  a  servu  de  rennu  ibid.,  e  servos  de  paperos  ìbid.  ver* 
rebbero  a  dire  servi  delle  carte,  cioè  documentati,  legittimati  dalle  carte  e 


384  Rassegna  bibliografica. 

la  frase  huanmilos  paperos  significherebbe  '  li  fecero  servi  del  patrimonio 
della  corona  *  e  lo  stesso  senso  avrebbe  fuit  de  paperos  '  fu  del  patrimonio 
della  corona*.  Il  più  difficile  a  spiegarsi  sarebbe  in  qual  modo  da  sostan- 
tivo, papero»  sia  passato  a  funzione  aggettivale,  come  nella  qualificazione 
donnoa  paperos  *  padroni  legittimi  \  Però  non  é  nuovo  il  caso  di  uno  svol- 
gimento ideologico  come  il  seguente  :  '  il  signore  dei  documenti  *  '  quel  dei 
documenti  \  *  il  documenti  \  Anche  il  prof.  Besta,  Nuovi  studi  sui  Giudicati 
sardi,  estr.  dall' Arch.  St.  it.  1901,  p.  58,  che  ha  particolare  competenza  nella 
storia  del  diritto  sardo  medievale,  pare  faccia  buon  viso  air  ipotesi  del  B., 
quantunque  tutto  il  suo  discorso  venga  in  fondo  a  confermare  i  miei  dubbi. 
Egli  agli  esempi  da  me  addotti  aggiunge  haber  papera  '  dominare  '  cioè  avere 
le  carte  che  danno  diritto  al  dominio,  il  quale  darebbe  vittoria  alla  mia 
ipotesi,  se  non  che,  bisogna  confessarlo,  il  Besta  allega  pure  da  un  documento 
lat.  del  sec.  XI  servos  de  pauperum,  che  se  non  è  una  ricostruzione  dotta 
del  notajo,  farebbe  crollare  il  mio  edifizio  e  consoliderebbe  invece  la  suppo- 
sizione del  benemerito  editore  del  Condaghe,  Dunque,  sub  judice  lis  est. 

Anche  il  logudorese  odierno,  se  non  una  memoria  pari  a  quella  del  M.-L. 
suira.  log.,  può  vantarsi  oramai  di  uno  studio  diligente  e  corretto,  dovuto 
ad  un  giovane  valente,  che  scevro  di  preconcetti  campanilistici  esercita  no- 
bilmente l'indagine  sui  parlari  dell'isola  sua  nativa. 

Comincia  il  Campus  con  ima  introduzione  generale,  notando  che  il  logu- 
dorese e  il  campìdanese  costituiscono  come  due  varietà  di  un  unico  idioma 
sardo,  il  quale  potrebbe  collocarsi  in  una  categoria  a  parte,  distinta  dagli 
altri  linguaggi  romanzi  in  genere  e  dagli  italici  in  ispecie,  mentre  il  gal- 
lurese  rientra  nel  gruppo  italiano,  cui  appartiene  il  còrso,  il  toscano,  il  vene- 
ziano, ecc.  Anche  il  M.-L.,  EinfQhrung,  §  23,  fa  del  sardo  una  lingua  romanza  a 
sé  e  mi  pare  che  si  possa  consentire  con  lui,  in  considerazione  anche  dell'as- 
setto letterario  che  nell'isola  assunse  il  logudorese;  però  non  posso  essere  del 
suo  parere,  quando  distacca  addirittura  dalla  famiglia  italiana  il  còrso,  il 
quale  se  nella  varietà  meridionale  si  avvicina  piii  al  tipo  sardo  che  a  quello 
toscano,  in  quella  settentrionale,  molto  più  estesa,  ha  veramente  fisonomia 
toscana,  come  appare  già  da  quel  poco  che  ne  rilevai  nell'Arch.  XIV  e 
meglio  sì  vedrà  in  appresso,  quando  potrò  tornare  sull'argomento. 

Passando  a  toccare  degli  influssi  stranieri,  il  C.  rileva  l'importanza  che 
ha  lo  spagnuolo,  ma  bisognava  avvertire  che  se  esso  è  il  più  notevole,  si 
fa  però  sentire,  come  avviene  di  solito  delle  lingue  dei  conquistatori,  solo 
nel  lessico,  perché  la  sua  azione  fu  tardiva,  e  quando  i  parlari  sardi,  svol- 
tisi dal  latino  volgare,  avevano  già  assunta  la  loro  fisonomia;  la  quale  os- 
servazione egli  fa  giustamente  rispetto  al  còrso  e  al  pisano. 

Siccome  scopo  del  C.  era  di  studiare  la  fonetica  del  log.,   quale  si  rac- 


Rassegna  bibliografica.  885 

coglie  dalla  bocca  del  popolo,  così  egli  dovette  insistere  suirosservazione 
già  fletta  da  altri,  intorno  ali*  inesistenza  pratica  del  cosi  detto  logndorese, 
che  si  incontra  nei  libri  dei  poeti  e  degli  oratori;  e  però  molto  a  ragione 
mette  in  rilievo  il  preconcetto  deirAngins  che  *  l'allontanarsi  dal  latino  sia 
an  segno  di  corruzione  e  di  decadenza  per  la  lingua  sarda*.  Però,  era  da 
ricordarsi  in  pari  tempo  che  dallo  stesso  pregiudizio  fii  offuscata  la  mente 
dello  Spano,  che  parla  addirittura  di  un  *  volgare  illustre  *  della  Sardegna, 
come  fu  notato  neirArch.  XIII  125. 

Dopo  alcuni  cenni  sugli  antichi  documenti  della  Sardegna  e  sul  modo  di 
potersene  servire,  il  C.  viene  a  stabilire  che  le  differenze  essenziali  che 
coiTono  tra  le  diverse  varietà  logudoresi  riguardano  due  ordini  di  fatti: 
n)  il  trattamento  delle  sorde  intervocaliche;  6)  Tesito  dei  gruppi  consonan- 
tici, di  cui  il  primo  elemento  sia  r,  o  s,  o  l.  Riesce  così  a  distinguere  nel 
log.  tre  varietà  principali,  che  corrispondono  a  quelle  che  già  aveva  visto 
lo  Spano,  ma  che  qui  sono  determinate  con  maggiore  chiarezza  e  precisione. 
Esse  sono: 

1*  varietà  che  diremo  di  Nuoro  ;  foneticamente,  in  ispecie  nella  sotto- 
varietà di  Bitti,  molto  vicina  al' latino,  di  cui  conserva  la  gravità  e  Te* 
nergia,  mantenendo  intatte,  in  generale,  le  sorde  intervocaliche  e  anche 
il  a,  il  s,  e  mutando  il  l  in  r,  quando  siano  primo  elemento  di  un  gruppo 
di  condonanti  ; 

2*  varietà  centrale  che  diremo  di  Bonorva  o  vero  e  proprio  logndo- 
rese, con  la  caratteristica  seguente:  digradamento  delle  sorde  intervoca- 
liche e  in  generale,  incolumità  delle  consonanti  a,  s  o  l  come  primo  ele- 
mento di  un  gruppo  consonantico; 

8*  varietà  settentrionale,  che  diremo  di  Ozi  eri,  in  cui  oltre  il  digrada- 
mento delle  consonanti  intervocaliche,  si  ha  un  esito  speciale  dei  gruppi 
«'Onsonantici,  in  cui  sia  primo  elemento  il  a,  s  o  l. 

Stabilite  queste  varietà,  si  passa  al  vocalismo,  cui  segue  il  con- 
sonantismo. Chiara  ed  evidente  é  la  distribuzione  della  materia  e  la 
trascrizione  dei  suoni  ò  fatta  coi  necessari  spedienti  grafici.  Nel  testo  egli 
<iuol  dare  Tesito  comune  del  log.  od.  e  in  nota  rileva  le  differenze  che  offre 
oiascona  delle  tre  varietà.  Io  non  seguirò  Tautore  in  tutto  il  suo  cammino; 
mi  limiterò  a  qualche  breve  osservazione  indicando   i  rispettivi  paragrafi. 

§  2:  registra  minettare  tra  i  casi  di  presonanza  di  t,  quasi  fosse  ^minai- 
tiare  per  *minaitiare;  ora  io  mi  chiedo  se  non  vi  sarà  in  giuoco  qualche 
analogia  morfologica  con  altro  suffisso,  così  come  in  amende  §  4  ha  in- 
fluenza la  desinenza  dei  gerun<](j  in  e,  a  proposito  de*  quali  va  qui  richia- 
mato il  §  188,  dove  il  C.  rileva  a  ragione  contro  T Hofmann  104,  che  quelli 
ch'egli  chiama  participi  presenti,  in  cui  -ni-  si  sia  digradato  in  -nd-  per  in- 
fluenza del  gerundio,  sono  ali* incontro  veri  e  propri  gerundi. 


386  Rassegna  bibliografica. 

§  6  :  spiega  komo  '  adesso  *  con  *e  e  e  u-m  odo  e  in  nota  komente  con 
*quomente;  sta  bene  che  il  campid.  dica  mot,  immoi  derivati  da  modo, 
ma  pel  log.  komo  rimane  a  spiegarsi  Tu  in  ó, 

§  18  :  per  aupa  *  frondi  delFalbero  '  propone  cupa  con  un  punto  inter- 
rogativo, ed  io  lo  toglierei,  come  ho  detto  altrove,  Mise.  Asc.  245,  però  il 
C.  lo  colloca  male  qui,  essendovi  propriamente  concrezione  d'articolo  e  andrà 
al  §  20  con  Mnu  '  il  pino  *. 

Molto  interessanti  i  §§  22,  28  e  24  sui  fenomeni  paragogici,  a  cui  si  col- 
legano i  §§  111,  132,  142,  155,  168  e  188  intorno  alla  vocale  paragogica 
che  si  attacca  al  -b,  al  -t,  al  -d  ecc.  finali;  non  sono  nuove  le  cose  che 
espone  il  C,  già  rilevate  dallo  Spano  e  da  altri,  cfr.  Arch.  trad.  pop.  I  e  II, 
ma  qui  sono  coordinate  sistematicamente,  anzi,  sarebbe  stato  bene  racco- 
gliere  in  un  sol  paragrafo  tutto  quello  che  è  registrato  sotto  ciascuna  con- 
sonante finale. 

Il  C.  chiama  eccezioni  le  postille  ch'egli  deve  aggiungere  a  ciascuna 
risultanza  generale  delle  vocali  e  delle  consonanti.  Io  non  le.  direi  così  co- 
deste risoluzioni  divergenti  dalla  norma,  perché  in  effetto  non  sono  che 
esiti  turbati  da  cause  ulteriori,  ch'egli,  qualche  volta,  determina  corretta- 
mente, ma  sulle  quali  sarebbe  a  desiderarsi  una  più  frequente  e  insistente 
industria  da  parte  dell'indagatore:  sarebbe  riuscita  codesta  la  parte  più 
nuova  e  seducente  della  ricerca.  Così  nelle  eccezioni  del  §  30  è  butika,  in 
cui  r«  si  dovrà  ad  influsso  straniero,  cfr.  sp.-port.  boticat  e  così  poasedire, 
titnire  e  sim.  dovranno  Vi  ad  uno  scambio  di  coi^jugazione  :  inoltre  Ve  di 
m  e  n  t  u  1  a,  che  riesce  ad  i  in  mitica  come  nell'  it.  minchia  ecc.,  è  pur 
dubbio  nel  lat.  volgare. 

§  34:  accanto  al  log.  comune  preideru  'prete  ',  priteru  di  Bitti,  e pideru 
del  Goceano,  dovuto  alla  dissimilazione  di  pr-r  in  p-r. 

§  36:  per  du  in  u  sarà  da  tener  conto  quello  di  cui  è  detto  qui   sopra. 

§  38  :  colloca  tra  gli  esempi  di  a  protonico  in  e,  nerza  e  fetta,  che  in- 
vece spettano  alla  tonica  e  come  tali  sono  classificati  rettamente  al  §  2; 
qui  osserva  a  ragione  che  alla  risoluzione  di  a  protonico  in  e  pare  contri- 
buiscano le  consonanti  sonore  s,  z^  g,  ò,  che  preferiscono  davanti  a  loro  vo- 
cali fievoli,  e,  t,  però  talvolta  non  agisce  una  causa  unica  per  molti  esem- 
plari, come  al  §  42  dove  Ve  protonico  ha  sorti  diverse  assai,  delle  quali 
troppo  alla  leggera  si  libera  il  C.  con  la  sentenza  '  dovute  in  gran  parte 
all'ambiente  fonetico  ',  mentre  era  il  caso  di  studiarle  ad  una  ad  una.  Questa 
osservazione  potrei  estenderla  ad  altre  categorie  di  fenomeni  ed  è,  in  vero, 
il  punto  in  cui  più  lascia  a  desiderare  la  pregevole  memoria  del  C. 

Nel  capitolo  sul  consonantismo,  come  in  quello  sulle  vocali,  fa 
precedere  le  osservazioni  generali;  fra  queste  rileva  come  i  fenomeni  di 
alterazione  transitoria  dell'iniziale  talora  lascino  traccia  duratura  e  perma- 


RasHegna  bibliografica.  887 

nente,  p.  es.  in  battu  '  patto  \  hertija  '  pertica  '  ecc.,  mentre  altre  volte  la 
sonora  cede  il  posto  alla  sorda,  p.  es.  in  tictale  dissimilato  da  dicCale.  E  coi 
fenomeni  di  alterazione  transitoria  dell' iniziale  si  collegano  quelli  delle 
consonanti  finali  e  della  vocale  paragogica,  sui  quali  ho  già  richiamata 
Tattensione  qui  sopra. 

Abbondante  è  la  messe  delle  metatesi,  delle  epentesi,  ecc.  e  altri  esempi 
si  potrebbero  aggiungere.  Cosi  al  §  69  della  dissimilazione  é  da  aggiungere 
lumene  nomine  e  paralumene  *  sopranome  '  ;  vedrei  un  caso  di  assimila- 
zione in  limola  per  ninzola  *  nocciuola  *;  è  da  togliere  dal  §  72  della  epen- 
tesi kondaje  d'etimo  greco,  come  vedemmo,  e  parimente  miniere  m  i  1 1  e  r  e, 
in  cui  è  la  ragion  speciale  del  doppio  -tt'  dissimilato  in  nt  per  Fazione  del 
m  attiguo,  cfr.  Àrch.  XIV  164  e  M.-L.  1§  587.  Quanto  ad  anieiiM  alien  u 
e  mAtzusu  m  e  1  i  u  s  io  lo  considererei  pure  un  caso  di  assimilazione,  pro- 
mossa dalla  nasale  vicina  (cfr.  qui  sopra,  p.  243)  in  cui  il  n  serberebbe  traccia 
del  /  primitivo,  perchè  è  il  j  che  si  assibila  e  riesce  ad  assorbire  il  /  che  vi  è 
aderente;  onde  la  serie  sarebbe  /X,  Ij,  l^,  ^,  come  si  vede  nel  nesso  parallelo  -al- 
che dà  rz,  U,  'z  con  l  evanescente  oppure  zz  coll'assimilazione:  (fennarju^  Wen» 
nariu,  [b]ennalzu,  benna'zu,  [b]ennazzu  tutte  forme  reali.  Infine  nel  §  72  del- 
l'epentesi avrei  richiamato  tutti  i  diversi  casi,  di  cui  poi  discorre  partita- 
mente  e  ch'egli  chiama  del  «ò-  eufonico,  così  come  ha  richiamati  nel  §  70 
delle  protesi,  quelli  del  &-.  Studiati  tutti  insieme ,  sarebbe  stato  forse 
pili  agevole  fermare  la  ragione  di  questo  b  sia  iniziale  ohe  mediano,  sosti- 
toito  Si  k  e  g  originarli.  Il  C.  nel  §  75  toccando  del  digradamento  del  k- 
in  g-  e  della  sua  caduta,  nota  che  lascia  traccia  di  sé  in  un  ^  eufonico  e 
aggiunge  che  è  dovuto  senza  dubbio  al  fatto  che  nella  2*  e  3*  varietà  il  -A:- 
digrada  a  -j-,  che  dà  poi  origine  a  ò.  È  indubitato  che  il  caso  deiriniziale 
non  può  disgiungersi  da  quello  della  mediana  §  76,  e  che  debba  anche  con- 
nettersi alle  sorti  del  -g-  intervocalico  §  92,  per  la  cui  fase  deve  passare; 
ma  la  ragione  del  sorgere  del  b  non  è  data  dal  C.  Io  credo  che  debba  tro- 
varci nella  qualità  della  vocale  adiacente  e  noto,  p.  es.,  che  accanto  a 
nije4fu,  lejére^  assejetare  e  sim.,  c'è  koiubare^  dove  il  j ,  sostituito  poi  da  (, 
si  trovava  tra  u-a;  e  non  potrebbe  darsi  che  da  casi  siffatti  il  ^  si  sia  esteso 
analogicamente  ad  altri  affini  e  poi  all'iniziale?  Pongo  il  problema,  che 
mi  pare  meritevole  di  studio.  Allo  stesso  §  75,  degno  di  nota  upu  upuale  da 
*c  u  p  u  *c  n  p  u  a  1  e,  di  cui  io  avsvo  altrimenti  giudicato  in  Arch.  XIV  401  ; 
di  aupa ,  aupare ,  kauV  aupada  ho  già  detto  nella  Mise.  Asc.  245.  A 
proposito  dell'esito  di  -li-  §  140,  riconosce  come  il  riflesso  più  diffuso  sia 
'(%  proprio  della  2*  e  3*  varietà,  mentre  nella  1*  si  ha  jb ,  che  è  il  punto 
di  mezzo  tra  il  suono  z  dei  documenti  e  il  /  che  si  ode  nella  maggior  parte 
del  Logudoro.  La  serie  dell'evoluzione  è  dunque  ^(,  z^  Ì  ,  t,  come  già  è  ri- 
levato nell'Jahrresb.  II  110;  ed  è  curioso  vedere,  egli  stesso  osserva,  come 


388  Rassegna  bibliografica. 

il  sardo,  da  un  saono  già  intaccato  da  un  j  seguente,  rìtomi  di  nuovo  alla 
dentale  esplosiva  pura  e  conclude  con  queste  parole  che  meritano  di 
essere  riferite:  'ciò  darebbe  indirettamente  ragione  air  Ascoli  suU*  intacco 
del  e  latino  nel  sardo  \ 

Qualche  altro  caso  dell'assimilazione  di  ni  che  riesce  a  nn  §  146,  credo 
che  si  possa  trovare  oltre  i  comuni  binnenna  vindemia  e  tnannikare 
mandicare,  specialmente  a  Bonorva;  così  hakqlu  tunnu  *  cece  *  lo  raccolsi 
io  da  un  venditore  ambulante. 

Non  molto  chiare  e  distinte  le  ragioni  delle  diverse  risultanze  di  dj 
§  162;  probabilmente  Tesito  z  di  appozu  diéizu  fastizu  è  seriore  e  in  pa- 
role d'accatto  e  più  seriore  sarà  1*  imprestito  di  fas^/tf  tu  tfivt^ia,  ecc.,  parole 
dotte  addirittura;  senza  dire  di  tnfku  che  sarà  rifatto  sul  toscano  mezzo, 
come  si  vide  qui  sopra  nelPa.  log.,  e  di  sezzo  s  e  d  e  o  analogico  su  pozzo 
patto  e  simili. 

La  sorte  peculiare  al  sardo  di  -nj-  §  178,  ò  nz  o,  Bitti  e  nz  in  tutto  il 
Logudoro,  e  A  è  certamente  importato  dairitalia  o  dalla  Spagna;  da  quella 
kampafia  montafia^  da  questa  intràfiaha    sp.  enirafias. 

In  husika  'vescica'  §  179  v'è  di  certo  commistione  con  altra  voce.  V.  del 
resto  qui  sopra  a  p.  289. 

£  ormai,  mi  pare  che  basti  per  richiamare  Tattonzione  degli  studiosi  sul- 
r  importante  lavoro  del  C. 


Lo  stesso  autore,  che  così  buona  prova  ha  fatto  nella  diligente  classifi- 
cazione dei  fenomeni  fonetici  del  logudorese,  volle  affrontare  anche  la  ben 
ardua  questione  dell*  intacco  del  C  latino,  nell'altra  memoria  qui  sopra  al- 
legata. 

La  questione,  veramente,  è  duplice  :  Tuna,  generale,  riguarda  il  tempo  in 
cui  può  essersi  manifestato  nel  volgar  latino  l'alterazione  della  gutturale  ci, 
ci;  l'altra,  specifica,  si  riferisce  al  caso  del  logudorese,  che  avrebbe  secondo 
alcuni  conservata  intatta  quella  gutturale,  mentre,  secondo  altri,  Tavrebbe 
reintegrata,  dopo  ch'erasi  già  sfaldata  in  palatale. 

Ora,  lo  studio  del  C.  dimostra  nell'autore  una  conoscenza  completa  della 
questione  e  dei  diversi  critici  che  l'hanno  trattata,  ma  il  problema  non  si 
avvantaggia  gran  fatto  delle  sue  osservazioni  nella  parte  generale,  né  per- 
suade interamente  in  quella  speciale.  Così,  ad  esempio,  è  inutile  riassu- 
mere semplicemente  la  storia  della  questione  e  le  diverse  opinioni  degli 
eruditi,  senza  notare  come  queste  si  possano  in  parte  conciliare,  essendo 
discordanti  più  nell'apparenza  che  nella  realtà.  Ma  di  questo  tentativo  da 
me  fatto  nelle  pagine,  che  danno  principal  motivo  al  lavoro  del  C,  e  dei 


Rassegna  bibliografica.  889 

nuovi  argomenti  dedotti  dalle  iestimonianxe  dei  grammatici,  egli  tace,  quasi 
atfrettandosi  alla  parte  specifica  ^ 

In  questa  comincia  il  C.  a  combattere  la  teoria  ascoliana  con  due  ra- 
gioni. La  1%  puramente  razionale,  si  fonda  suirosservasione  che  '  il  ritorno 
casuale  ma  esatto  all'antico  suono  gutturale,  dopo  tanti  secoli,  ha  tanto 
del  meraviglioso  che  non  lo  si  può  accettare  ad  occhi  chiusi  ;  specialmente 
quando  si  badi  che  la  fisiologia  dei  suoni  e*  insegna  che  la  via  più  facile  e 
spontanea  nella  modificasione  dei  suoni  è  dalla  parte  posteriore  della  bocca 
alla  parte  anteriore...,  che  un  c«,  ci  o  un  suono  affine  a  questo  diventi  col- 
Tandar  del  tempo  kg,  ki,  non  è  impossìbile,  ma  strano  almeno  ed  ina- 
spettato \ 

L*essere  meraviglioso  e  strano  non  esclude  che  sia  possibile.  Quante  cose 
meravigliose  in  natura,  eppur  vere  !  L'obbiezione  dunque,  anche  cosi  com'è 
posta,  nell'ordine  ideale  non  ha  valore;  nell'ordine  pratico  poi,  lo  stesso 
logudorese  ci  oSre  un  altro  esempio  evidente  del  retrocedere,  per  cosi  dire, 
di  un  suono  nel  cammino  dell'evoluzione.  È  il  caso  del  -c^-  e  del  •tx-  tra 
vocali,  che  danno  nelle  antiche  carte  logudoresi  -M-  o  -r-  e  riescono  nel- 
Todiemo  log.  a  'U-,  come  riconosce  lo  stesso  C.  nel  sopra  cìt.  lavoro  *.  Ora, 
quello  che  è  avvenuto  di  ti,  ci,  nulla  vieta  ohe  si  sia  prodotto  anche 
por  ce,  ci. 

La  2*  ragione  è  dedotta  dal  fatto  che  l'Ascoli  si  fonda  su  pochi  esempì 
e  su  di  una  eccezione  per  trame  una  regola  generale.  Premette  che  non  è 
esatta  la  legge  ascoliana  che  il  logudorese  sfugga  costantemente  dalle  espio* 


^  Di  queste  testimonianze  non  tiene  conto  nemmeno  il  Densunianu,  nel 
suo  articolo  Sur  Valtération  du  e  latin  devant  s,  i  dans  les  langues  romanes, 
in  Romania,  XXIX  821,  cfr.  ibidem  XXXIII  99.  Egli  prendendo  occasione 
«lairopinione  espressa  dal  Mohl  su  codesta  quistione,  nella  Introduction  à 
la  chroHologic  du  latin  vulgaire,  pp.  289-307,  si  prova  a  sostenere  che  l'alte- 
razione definitiva  del  e  e  il  suo  passaggio  vl  é  o  ts  non  può  spettare  a  età 
latina,  e  conchiude  che  la  fase  intermedia  della  alterazione,  ossia  la  pro- 
nuncia medio* palatale  del  k,  deve  essere  eliminata  dalla  discussione,  perchè 
non  si  può  precisare  quando  cominciò  siffatta  pronuncia.  Ammette  che  è 
possibile  che  k  riesca  a  ^  già  nel  2**  o  8**  sec.  di  C,  ma  crede  che  i  ten- 
tativi per  provare  il  fatto  siano  stati  vani  finora.  Senza  entrare  a  discutere 
delle  voci  da  lui  addotte  a  sostegno  della  sua  tesi,  il  che  ha  già  fatto  il 
M.-L.  nella  Zeits,  f,  rom,  Phil,,  XXV,  880  e  nella  Beri,  phiL  Wochenschr, 
1903,  col.  696,  mi  preme  rilevare  che  finora  non  sono  state  dimostrate  er- 
ronee le  conseguenze,  da  me  dedotte  dall'esame  dei  grammatici  latini,  che 
«eppe  apprezzare  il  M.-L.  nell'Einftlhrung,  189. 

'  E  già  l'avvertiva  l'Ascoli  con  le  parole  :  l'esito  logudorese  di  f  di  fase 
anteriore  in  -U-  è  pressoché  parallelo  all'esito  di  e  di  fase  anteriore  in  k, 
Arch.  suppl.  lY  30  n.  e  cfr.  Jahresb.  1  145  e  II  110. 


390  Rassegna  bibliografica. 

si  ve  palatali  e  dalle  fricative  palato-linguali,  perchè  il  fatto  del  dileguo 
del  -g-  non  lo  prova.  Secondo  il  C.  il  dilegno  deriva  dalla  tendenza  al  di- 
leguo delle  sonore  intervocaliche,  siano  esse  gutturali  o  labiali  o  dentali; 
e  sta  bene  ;  ma  sta  anche  il  fatto  che  il  log.  ignora  le  esplosive  palatali. 
Ma  v*ha  di  piìi  :  tutto  il  lungo  ragionamento  del  C.  intomo  a  beitare^  ben- 
narzu  e  sim.,  è  inutile;  egli  sfonda,  come  si  suol  dire,  una  porta  aperta, 
poiché  TArch.  XIII  113  (cfr.  Jahresb.  II  106),  ha  già  contraddetto,  per 
questa  parte,  l'antica  sentenza,  rilevando  chiaramente  come  questo  ih  non 
sia  che  epentetico,  allo  stesso  modo  di  quello  che  è  in  besaire  '  uscire  \ 
bokkire  *  uccidere  *,  ecc.  Anche  all'esempio  fasica  ha  rinunciato  TAroh.  1.  e. 
Non  rimarrebbe  dunque,  per  ora  almeno,  che  Taltro  esempio  poska. 

Questo  è  abbastanza  duro  da  smaltire,  tanto  è  vero  che  gli  oppositori 
cercano  di  demolime  il  valore,  supponendo  altre  derivazioni.  Anche  il  C. 
rifiuta  Tetimo  p  o  s  t  e  a  e  ritoma  al  postquam  proposto  dairHofnuuui; 
e  siccome  l'Ascoli  ha  obbiettato  che  postquam  è  una  congiunzione, 
mentre  il  sardo  posha  è  un  avverbio,  il  C.  s'industria  di  dimostrare  che  il 
passaggio  di  una  congiunzione  subordinativa  ad  un  avverbio  di  tempo  è 
possibile,  allegando  una  frase  in  cui  si  arriva  a  poaka  per  via  di  un*elÌBSÌ 
sintattica,  che  dovrebbe  essere  confortata  da  esempi  di  altre  lingue  per 
essere  ammessa.  £  dubbiosi  lasciano  del  pari  quei  costmtti  elittici,  che  eg'li 
adduce  per  ispiegare  nakki  danarat   ki   e   nessi  da  n  e  e  si. 

'  Del  resto  se  la  derivazione  di  poska  da  postquam  non  garbasse  , , 
egli  conchiude  di  essere  pronto  ad  ammettere  quella  di  postqua(=quae 
neutro  plur.  analogico),  che  giustificherebbe  pel  senso  ancora  con  una  elisei 
sintattica  ^ 


^  In  questo  frattempo  il  dottor  Giulio  Subak  ha  pubblicato  nel  Programma 
deir Accademia  di  Commercio  e  Nautica  di  Trieste,  1902-903,  sotto  il  titolo 
'  A  proposito  di  un  antico  testo  sardo  ,,  lo  spoglio  grammaticale  dei  fram- 
menti degli  antichi  Statuti  di  Castelsardo,  editi  dal  prof.  Besta.  Lo  spoglio 
è  assai  minuzioso,  ma  non  molto  chiaro  nella  distribuzione  e  ordinamento 
della  materia.  Non  si  aggiunge  gran  che  di  nuovo  alla  nozione  dell'ant. 
log.;  notevole  però  la  spiegazione  di  gama  '  gregge  '  col  gr.  dYa^a,  e  di 
refogare  con  re fo dicare  e  simili.  Il  Sabak  tocca  anche  di  posca  e  dopo 
aver  rilevato  che  già  nelle  antiche  carte  si  incontra  osca,  osserva  che  questa 
deve  essere  la  forma  originale  e  l'altra  la  secondaria,  nata  dairimmissioiie 
di  pustis  ;  e  propone  l'etimo  eousque  ha  e,  che  non  poteva  dare  altro 
che  osca»  Ma  come  se  ne  può  giustificare  il  significato  che  viene  ad 
assumere  nel  sardo?  Se  osca  é  la  forma  più  antica,  non  si  può  pensare 
al  dileguo  à\p-\  e  così  l'ultima  parola  non  ò  ancor  detta  su  questa  esile 
particola  sarda,  cfr.  anche  M.-L.  alg.  67.  Il  lavoretto  del  Subak  ha  dato 
pretesto  ad  un  lungo  articolo  di  Matteo  Giulio  Bartoli  *  Un  pò*  di  sardo  » 
TiéìV  Archeografo  Triestino,  Serie  III,  voi.  I,  fase.    I,  in   cui  si  discorre  am- 


Rassegna  bibliografica.  891 

Questa  incertezza  nella  scelta  dimostra  già  per  se  stessa  quanto  poca 
consistenza  abbiano  i  due  etimi  nuovamente  proposti.  Rimane  dunque,  come 
dicevamo,  poska  da  p  o  s  t  e  a.  £  qui  il  C.  pare  non  abbia  ben  inteso  il  mio 
discorso,  perchè  si  domanda  *  che  cosa  abbia  da  fare  col  poska  log.  il  Òcitou^ 
e  Vappus  del  campidanese,  per  sostenere  che  nel  log.  si  dovrebbe  avere 
*puska  da  postquam.  È  vero  che  il  campid.  muta  in  w  To  atono  finale, 
onde  òcnou^  come  ocppou^,  q>iXiou^  e  sim.  del  documento  greco;  è  vero  pure 
che  il  log.  pu9ti9  deve  Vu  airi  della  sillaba  attigua;  ma  io  adducevo  le 
forme  antiche  bcirouc  e  appus  per  inferirne  che  se  fosse  vera  T  ipotesi  del- 
THofmann  che  poska  risale  a  postquam,  poiché  post  riesce  agli  esiti 
bciTOU^  e  appuSf  dovevasi  avere  pus  nel  log.  e  con  raggiunta  del  q  u  a  m^ 
*p9tS'kat  e  che  cogliessi  nel  vero  supponendo  questa  sorte  comune  nelle 
origini  del  log.  e  campid.,  lo  conferma  ora  in  modo  indubbio  il  Condaghe 
di  S.  Pietro  di  Silki,  dove  occorre  appunto  pus  4  post. 

Da  nltimo  il  C.  viene  più  direttamente  ai  nuovi  argomenti  da  me  alle- 
gati nella  parte  speciale  al  sardo. 

Io  rilevavo  che  il  noto  documento  in  caratteri  greci  mostra  cpdifcpe  f  a- 
cere  allato  a  ioùòiki  ò(6b€Kii  boviKéXou,  ecc.  e  pensavo  che  codesto  T  rappre- 
«^eniasse  non  solo  il  passaggio  della  gutturale  a  sonora,  ma  un  suono  pa- 
latino più  0  meno  alterato,  in  via  di  divenire  fricativa  e  poi  dileguare,  come 
»i  vede  in  affairi  di  documenti  poco  posteriori.  Ora,  il  C.  che  non  ammette, 
come  vedemmo  nella  sua  fonetica  del  log.,  la  serie  g  §  j  dileguo^  ma  in- 
vece sostiene  lo  svolgimento  "g  j  dileguo,  mi  domanda  come  io  possa  spie- 
;rare  la  caduta  del  e  di  boM^otia  che  fe  pure  dello  stesso  documento  greco 
t»  «li  cui  non  tenni  conto,  benchì;  Tavesse  già  notato  precedentemente  lo 
Schuitx.  Anzitutto,  io  rispondo,  il  caso  di  bo^éoTia  domestica  è  ben 
diverso  di  quello  di  q)dT€pe  facere;  poiché,  prescindendo  che  ee  è  una  pre- 
jialatale  e  ca  all'incontro  una  postpalatale,  non  è  da  trascurarsi  che  bo- 
uéOTia  entra  nella  serie  dei  proparossitoni  in  -icu,  in  cui  il  dileguo  della 
gutturale  avviene  in  condizioni  particolari.  £  inoltre,  anche  ammessa  la 
teoria  del  C.  per  la  risoluzione  g  j  dileguo,  rimane  sempre  che  il  T  indi- 
«ava  quello  stadio  intermedio  fricativo,  eh* io  rappresentavo  con  j  ed  egli 
con  ^ ,  e  ciò  basta  pel  ragionamento  che  io  sopra  vi  fondavo,  e  cioè  che 
r  intacco  della  gutturale  era  già  avvenuto. 

Posso  anche  aggiungere  che  non  è  propriamente  esatto  che  tZ!  rappre- 
senti nel  documento  greco  il  suono  palatale  e  e  T  il  d,  poiché  in  q)dT2[avTa 
il  t2I  esprime  qualche  cosa  di  più  di  una  palatale,  e   infatti    cfr.    iiXarZio^ 


piamente  del  posto  che  spetta  al  sardo  nella  famiglia  romanza  e  poi,  con 
non  minore  ampiezza,  si  mettono  in  rilievo  i  risultati  dello  spoglio  del 
Subak,  con  qualche  opportuna  osservazione  ed  aggiunta. 


892  Rassegna  bibliogràfica. 

plateas  e  sim.  E  non  è  nemmeno  esatto  che  io  abbia  fatta  confusione  tra 
i  documenti  deirantico  campidanese  e  qnelli  delPantico  logudorese;  li  ho 
sempre  tenuti  distinti  e  solo  ne  ho  tenuto  parola  insieme  per  certi  feno- 
meni che  nelle  origini  della  loro  formazione  erano  comuni. 

Concludendo  adunque,  che  è  ornai  tempo,  mi  pare  che  anche  ammesse 
alcune  idee  del  C.  e  alcune  sue  osservazioni  circa  Fuso  del  k  e  del  e  nella 
grafia  degli  antichi  documenti,  rimangono  ancora  saldi  i  principali  argo- 
menti sia  nelFordine  generale  che  in  quello  speciale,  pei  quali  si  può  ac- 
cogliere la  teoria  ascoliana  sull*  intacco  del  e  lat.  e  ritenere  che  il  *  sardo 
retrocedesse  nello  svolgimento  delle  gutturali,  ritornando  dalle  consonanti 
pp.Iatalizzate  alle  gutturali,  così  come  retrocesse  neirevoluzione  fonetica 
del  ci  e  ti  con  la  serie  z  i   t. 

P.    E.    GtJABNEBIO. 

W.  Meter-LObke,  Grainmatik  der  Romanischén  Spraehen.  Vierter  Band  :  Be- 
gister.  Leipzig,  0.  R.  Reisland,  1902. 

CLBMBirrE  Meblo,  I  nomi  romanzi  delle  stagioni  e  dei  mesi  studiati  particolar- 
mente nei  dialetti  ladini^  italiani,  franco-provenzali  e  provenzali.  Saggio 
di  onoìnasiologia.  Torino,  E.  Loescher,  1904. 

Sbxtil  Puscarid,  Lateinisckes  ij,  und  kj[  im   Rumdniachen   Italienisehen  und 

Sardischen,  Leipzig,  J.  A.  Barth«  1904. 

Elise  Richteb,  Zur  Entwicklung  der  romanischen  Wortstéllung  aus  der  latei- 
nischen.  Halle  a.  S.,  M.  Niemeyer,  1903. 

Clara  Hììrlihann,  Die  Entwicklung  des  lateinischen  aqua  in  den  romanischen 
Spraehen,  im  besondern  in  den  franzosischen,  francoprorenzalischen,  ita- 
lienisehen  und  ràtischen  Dialecten,  Ziirich,  Orell  Ftissli,  1903. 

Paolo  Savj-Lopez  e  Matteo  Bartoli,  Altitalienische  Chrestofnathie,  Mit  einer 
grammatischen  Uebersicht  und  einem  Glossar,  Strassburg,  Karl  J.  Triib- 
ner,  1903. 

Rodolfo  NBRuccf,  Racconti  popolari  pistoiesi  in  vernacolo  pistoiese.  Pistoia, 
Nicolai,  1901. 

Nibbi  Idblfoitbo,  Vocabolario  lucchese,  Lucca,  Giusti,  1901.  [V.  Pieri,  Studi 
di  fil.  rom.,  IX  720  sgg.]. 

Mabco  Vattasso,  Per  la  storia  del  dramma  sacro  in  Italia,  Roma,  tip.  Vati- 
cana, 1903. 

Giuseppe  Cabdabblli,  Vita  Orvietana  dar  1100  ar  1430,  Sonetti  orvietani. 
.  Firenze,  0.  Paggi,  1903. 

Salvatobe  Panabeo,  Fonetica  del  dialetto  di  Maglie  in  Terra  d'Otranto,  Mi- 
lano, C.  Rebeschini  e  C,  1903. 

Tommaso  Cannizzaho,  La  Commedia  di  Dante  Alighieri.  Prima  traduzione  in 
dialetto  siciliano,  Messina,  G.  Principato,  1904. 

Giulio  Subak,    A  proposito   di  un  antico  testo  sardo.  Bricchiche  linguistiche 


Rassegna  bibliografica.  f^  398 

(Estr.  dal  programma  dell*  I.  R.  Accademia  di  Commercio  e  Nautica  in 

Trieste.  Anno  scolastico  1 902-8).  V.  qui  sopra  a  p.  890n* 
Mattbo  Giulio  Baktoli.   Vn  po'  di  sardo  (Estr.  dall*  Archeografo  Triestino, 

ann.  XXIX.  Trieste  1908).  V.  ibidem.  ';^ 

CKisToroao  Pasquauoo,  Cenni  sui   dicUeUi  veneti  e  stille  lingu^^  ìnacaronica, 

pavana  e  rustica.  Lonigo,  6.  Gaspara,  1903.  : 

Paolo  Svoato,   Una  novella  di  Alberto  Bitgius  (Geremia  Gotthelf)  tradotta  in 

vernacolo  feltrino,  preceduta  da  cenni  sulla  fonetica  del  medesimo.  Feltre, 

Tip.  Panfilo  Castaldi,  1902. 
Il    Fior   di   Battaglia   di   maestro   Fiore  dei   Liberi   da   Fremariaeco, 

Testo  inedito  del  MCCCCX  pubblicato  ed  illustrato  a  cura  di  Francesco 

Novali.  Bergamo,  Ist.  ital.  d'Arti  Grafiche,  1902.  \ 

Vittorio    Ciak,    Vivaldo    BelccUzer   e   V enciclopedismo   italiano  delle   origini 

(=:  5*  supplem.  del  Giom.  stor.  d.  Lett.  it.  —  Torino,  1902).  Vedi  Rendic. 

Ist.  lomb.  s.  II,  Tol.  XXXV,  pp.  957  sgg. 
Il  Libro   delle  Tre  Scritture  e  i  Volgari  delle  False  Scuse  e  delle 

Vanità   di  Bonvesin  da  la  Riva^  a  cura  di  Leandro  Biadene.  Pisa, 

Enrico  Spoerri,  1902. 
GiovAXHi  AomiLLi,  Il  Libro  dei  Battuti  di  San  Defendente  di  Lodi.  Saggio  di 

dialetto  lodigiano  del  sec.  decimo  quarto  {=  Archivio  storico  per  la  Città 

e  Comuni  del  circondario  di  Lodi.  Ann.  XXP,  1902). 
AxTOKio  BosBLLiy  Una  cronaca  semidiiUettale  del  sec.  XVII,  con  introduzione 

e  glossario.  Parma,  Alf.  Zerbini,  1903. 
Emilio  Lovabimi,  Canti  popolari  cesenati.  Padova,  Gallina,  1908  [Nozze  Mar- 

chetti-Sègre]. 
Giuseppi  Fehkaro,  Canti  popolari  reggiani  («"Atti  e  Mem.   d.  R.  Deputaz. 

di  Storia  patria  per  le  Provincie  modenesi,  s.  V,  voLII,  pp.  1-115,  1903). 
Kab  vom  Ettmatkr^   Bergamaskische   Alpenmundarten.   Leipzig,    0.  R.  Reis- 

land,  1903. 
BnuiHARO  SchAdkl,    Dm*  Mundart  von  Ormea.  Beitrdge  zur  Laut*  und  Kon- 

jugationslehrs  der  nordwestitaltenischen  Sprackgruppe  mit  Dialektproben, 

Glossar  und  Karte.    Halle   a.   d.   S.,   M.  Niemejer,  1908  [V.  Mussafia, 

Literaturbl.  XXV  80-31]. 
Hrisuch  Auoustin,   Unterengadinische  Syntax  mit  BerUcksichtigung  der  Dia- 

lekU  des  Oberengadins   und  MilnsUrthals.  Halle  a.  S.,  E.  Karras,  1908. 


AGGIUNTE  E  CORREZIONI  ALLE  DISPENSE  I*  e  Ilv 


A  pp.  1-7.  Numerosi  esempi  del  costrutto  anche  ne*  Canti  popolari  di 
Ferrara,  Cento  e  Pontelagoscuro  raccolti  per  cura  di  Gius.  Ferrare  (arriva 
sover  c^un  guardien  sopraggiunge  un  guardiano  70;  <i  sent  suner  d'un  cam* 
panin  ib.,  mitrem  d'una  pajetta  56,  la  s'in  fa  d'un  mazzulin  63,  d'un  basin 
al  ghi  donò  66,  agh'  daren  d'una  bevanda  94,  vede  d*un  pescator  95.  gh'ho 
tpusà  d^un  vece  98,  incontrò  d'un  zovenin  1U5,  la  /iV  d'un  bel  putin  118.  Nei 


394  Aggiunte  e  correzioni  alle  dispense  1^  e  IP 

Canti  pop.  regg.  dello  stesso  raccoglitore:  la  riacontrè  d'un  cavaller  nam.  16. 

—  Sarà  poi  dovuto  all'  influsso  della  poesia  popolare  un  esempio  come  il 
seguente,  che  trovo  nel  bellunese  Coraulto:  al  Ziel  ghe  avea  conzés  cWn  cor 
parfet  =  il  Cielo  le  aveva  concesso  un  cuor  perfetto  ;  v.  Nazari,  Paralello  ecc., 
pag.  89.  —  A  p.  69.  Dov'è  detto  *  bellunese  *,  1.  *  trevigiano  *.  —  A.  p.  97 
V.  197,  1.  aguanaz.   —  A  p.  90  v.  636,  1.  le,  —  A  p.  95  v.  818,  1.  eeleatial. 

—  A  p.  162  s.  '  grògol  ',  aggiungi  il  mant.  grugol  e  congràgol  (qui,  con  im- 
missione di  *  congrega  '  ?),  il  parm.  groeusd  sg-,  dov^  l'iato  è  tolto  da  -«- 
(v.  qui  sopra  a  p.  326,  e  aggiungi  il  pure  parm.  ràser  radere  *rà^er,  che 
però  potrebbe  risentirsi  di  raso,  rasare).  ~~  A  p.  174.  Si  veda,  circa  a  /e/f,  ecc., 
anche  Schneller,  Rom.  vlksm.  251.  —  A  p.  201  1.  7  dal  basso:  1.  lene.  — 
A  p.  206  n.  2.  Per  ineesa^  cfr.  infatti  i  sinonimi  anconit.  in-  e  rineisa.  — 
A  p.  213.  Il  ven.  traganie  è  poi  penetrato  sino  nell'Engadina,  dove  appunto 
c'è  tragant  tiratore.  —  A  p.  222,  aggiungi  valtorneis  di  Valtoumanche  ; 
e  i  Farnese  son  di  Farneto.  Circa  a  rondone^  v.  anche  Pieri,  Top.  114.  — 
A  p.  226,  aggiungi  viernissitt  vermicciuolo,  e  viernessàtt^  e  circa  a  -iss-  -ess- 
piiì  non  dubiterei  che  si  tratti  di  -icdo-  come  nell'it.  vermicciuolo.  —  Cor- 
reggi poi  in  orhégolo  Vorhi-  della  2*  nota.  —  A  p.  230.  Di  mète^  v.  anche 
Ascoli,  qui  sopra  a  p.  188  n.  —  Circa  a  piana  =  *pidena  (in  nota),  cfr.  il 
venez.  fiatin  (e  fie-)  =  fiaetin  piccolo  fiato,  e  v.  quanto  è  detto  a  p.  326  di 
paluséla  e  vihéla.  —  A  p.  233  s.  '  piciil  '.  Il  ver.  pisól  si  risente  di  hiso  pisello. 

—  A  p.  233  n.,  L.  Bruckner.  —  A  p.  236.  Il  friul.  seta  ha  la  sua  corrispon- 
denza nel  sard.  i-  usettare,  e  v.  Meyer-Liibke,  Altlog.  36,  dove  anche  si  ri- 
manda al  Gaspary  per  il  tose,  aateitare.  Questo  ha  poi  un  esempio  pure 
nel  Tristano  (v.  Parodi  CLXIV).  —  A  p.  240,  togli  la  parentesi  nella  6*  1. 
della  1'  nota,  e  leggi  Bard-  nella  9*.  —  Quanto  a  Gaviraghi,  le  carte  me- 
dievali conoscono  Gavirago.  n.  1.  non  più  identificabile.  —  A  p.  243  n.,  1. 
metidrikjót.  —  A  p.  244.  La  forma  del  Cato  è  flaibol.  —  A  p.  246.  Nota 
che  sartar  è  anche  bellunese.  —  A  p.  261  n.,  1.  lauorier-  —  A  p.  261  n.,  1. 
crer  per  erer.  —  A  p.  274  n.  Aggiungi  i  numerosi  esempi  di  dentrovi,  che  si 
leggono  ap.  Mazzi,  La  casa  di  Maestro  Bartolo  di  Tura  (p.  41,  42,  ecc.).  — 
A  p.  291  8.  *  buffu  '.  Si  confronti  il  gen.  hufUu  qui  sopra  a  p.  137.  — 
A  p.  296  n.,  1.  3,  Lper.  —  A  pp.  297-8  8.  *  eroda'.  Anohe  sopras.  carj^n/a^ 
vagliatura,  Carisch  s.  *  draig  '.  —  A  p.  302,  1.  8,  togli,  l'asterisco  dav.  a 
*  parentado '.  —  A  p.  311  s.  minchiastro  ;  cfr.  il  ver.  monciastro  mentastro 
(Monti  Lor.,  Dizion.  bot.  ver.,  s.  v.).  —  A  p.  313  nota  1*.  A  gàbinat  ecc., 
aggiungi  il  sol.  benagate  (Gartner,  Sulz.  W.),  ch'è  un  bell'esempio  di  meta- 
tesi, come  direbbe  il  Nigra  (Zst.  XXVIII  5),  complessa:  1.  begana-  2.  benaga-. 

—  Nota  2*,  ultima  linea,  1.  nagia.  —  A  p.  316,  1.  23  :  corr.  nia  in  uia.  — 
A  p.  316  n..  aggiungi  ognolo  acc.  a  ugnolo,  Beitr.  83.  —  A  p.  318  n.  Circa 
a  sprimacciare,  cfr.  primaccio,  che  taluno  dà  come  già  latino  (v.  il  Tomm. 
s.  V.).  —  A  p.  319  n.  2 :  1.  resorz.  —  A  p.  322,  1.  12,  leggi  sparanga.  — 
A  p.  323,  1.  14,  leggi  scaturdr.  —  A  p.  324  s.  *  sgaminar  '.  Per  aguaminar. 
cfr.  sguardenale  a  p.  303  s.  '  gardenalla  '.  —  A  p.  326  s.  *  sitta  '.  V.  anche 
Cian  in  5°  Suppl.  del  Giorn.  st.  d.  Lett.  it.  185.  —  A  p.  329  s.  *  temporal  '. 
Cfr.  majaìe  temporale  ap.  Nerucci,  Cincelle,  Gloss.  s.  *  m^ale  '.  —  A  p.  332 
s.  '  avàsi  ',  si  confronti  anche  l'engad.  orlzi.  —  A  p.  368  n.  Le  stesse  con- 
siderazioni che  per  dazia  ecc.,  son  da  farsi  a  proposito  del  sencia  sentìa 
del  Tristano  (Parodi  CXXX).  —  A  p.  373  s.  *  palpebra  '.  Aggiungi  il  pava. 
scarpogia,  di  cui  qui  sopra  a  p.  322.  —  A  p.  374  s.  *nuca'.  Aggiungi  iltrev. 
ossocelo  St.  di  fil.  rom.  VII  234.  —  A  p.  373  s.  '  mascella  '.  Aggiungi  il  vie. 
pareagna  (da  Schio),  di  cui  qui  sopra  a  p.  198.  —  A  p.  374  s.  *  cervello  '. 
Aggiungi  Ta.  mant.  verzeiy  bella  forma  metatetica  per  cui  v.  Cian,  1.  e,  189. 


APPUNTI  SULL'ANTICO  E  MODERNO  LUCCHESE; 


DI 


C-  SALVIONI. 


AVVERTENZA. 

Oli  appunti  che  seguono  traggon  la  loro  origine  da  una  recensione 
che  mi  proponevo  di  fare  intomo  al  notevole  Vocabolltrio  lucchese  di 
I.  Nieri  '.  Questo  assunto  m'aveva  indotto  a  frugare  con  un  po'  di  at- 
tenzione  e  diligenza  dentro  a  qualche  documento  dell'antica  parlata  di 
Lacca,  soprattutto  dentro  alle  Cronache  del  Sercambi  ',  inedite  ancora 


*  Vocabolario  laccheRe  del  dott.  Idelfonso  Nieri  (Lucca  1901;  ma  1902). 
In-4^,  pp.  xLVii-286.  Dipende  da  questo  fonte  ogni  voce  che,  nel  prosieguo 
del  lavoro,  é  allegata  senza  altre  indicazioni,  o  colla  sola  sigla  (?,  colla 
quale  si  rimanda  alle  '  Giunte  e  Correzioni  ,  dello  steHflo  Nieri.  —  Il  quale 
egregio  studioso  già  s'era  reso  benemerito  del  dial.  di  Lucca  coi  seguenti 
lavori:  Dei  modi  proverbiali  toscani  e  specialmente  lucchesi  (Atti  del FÀcc. 
di  Lucca,  XX VII  55-136);  Dei  fatti  transitori  proprii  delle  lingue  nell'atto 
che  sono  parlate  (ib.  XXVIII  237-89),  che  risulta  essere  come  una  parziale 
esempli 6cazione  italiana  al  Versprechen  und  Verlesen  di  R.  Meringer  e 
K.  Mayer;  Saggi  scelti  del  parlar  popolare  lucchese  (ib.  XXIX  197-272). 

*  Le  Cronache  di  Giov.  Sercambi,  edite  a  cura  di  Salv.  Bongi.  Tre  volumi 
(Roma  1892),  che  si  citano  senz'altro  con  I,  li,  III,  e  colla  cifra  arabica  ri- 
mandante alla  pagina.  —  Il  Bongi  stes^^o,  in  fine  al  voi.  Ili,  ha  ammannite 
due  elenchi  di  voci  e  forme,  che  nessuno  vorrà  chiamare  esaurienti.  Kgli 
vi  ha  rilevato,  tra  altro,  un  gran  numero  di  forme  che  appajon  peregrine 
HÌ,  ma  son  semplicemente  degli  sbagli.  Di  tuli  forme  non  mi  occupo  io, 
s'intende;  ma  gli  elenchi  del  Bongi  saran  tuttavia  da  aver  presenti  per  un 
certo  numero  di  voci,  di  cui  io  non  ho  tenuto  couto,  non  avendo  da  dire 
su  di  esse  più  che  già  non  avesse  detto  il  Bongi  stesso.  —  Gli  altri  fonti, 
di  cui  oltre  a  quello  contrassegnato  già  dal  Pieri  colla  sigla  *  bdl.  ',  io  mi 
dono  valso,  son  questi  :  n  ^=  Le  Novelle  del  Sercambi  edite  da  Rod.  Renier 
(Torino  1889.  V.,  su  di  esse,  Ga^ipary,  in   Zat.  XIII  548  sgg.,  Morpurgo,  in 

Archivio  gioito!,  ital.,  XVI.  96 


396  Salvioni, 

quando  il  Pieri  ci  regalava  il  sno  bel  lavoro  sol  lucchese  antico  e  mo- 
derno. Compiuto  lo  spoglio,  e  riconosciuto  che  di  esso  ben  poco  avrebbe 
potuto  passare  nella  recensione,  mi  doleva  di  rinchiuder  le  note  nel  cas- 
setto, da  dove  non  so  se  e  quando  avrebbero  trovato  l'occasione  di 
uscire.  Mi  decisi  perciò  a  mutar  la  recensione  in  una  serie  d'appunti, 
sul  Nieri  e  sui  testi  antichi,  che  giovassero  ad  affermare  qualche  risul- 
tanza nuova,  e  più  a  completare  e  confermare  quelle  già  presentate  dal 
Pieri  (XII  107  sgg.,  161  sgg.)  ',  ai  cui  numeri  gli  appunti  nostri  sono 
quindi  coordinati. 

Circa  all'opera  del  Nieri,  essa  è  stata  giudicata  da  chi  aveva  la  maggior 
competenza  a  ciò  fare,  cioè  dal  Pieri  in  St.  di  fil.  rom.  IX  720  sgg. 
Qui  mi  limiterò  ad  accennare  alla  ricchezza  ed  attendibilità  dei  mate- 
riali che  il  Nieri  ci  offre  con  ispirito  arguto  e  sagace,  con  amore  di  cit- 
tadino devoto.  Se  una  ugual  raccolta  noi  avessimo  per  più  altre  città  e 
contadi  della  Toscana  e  dell'Italia  centrale,  certo  n'andrebbero  agevolati 
d'assai  gli  studi  etimologici  sulla  lingua  letteraria  nostra. 


Riv.  crit.  d.  Letter.  it.,  ann.  VI.  38  sgg.);  croo  =' Antica  cranichet$a  volare 
lutrhéHe  pubblicata,  in' doppio  testo,  da  Salv.  Bongi  (Atti  Accad.  lucch.  XXVI; 
li  cìtan  le  pagine  della  tiratura  a  parte);  ing.  =  In^iurUy  improperi,  con- 
iutnelie,  ecc.  Sag/io  di  lingua  parlata  del  Treeenta  cavato  dai  libri  comumaU 
di  Lucca  (in  II  Propognatore,  ann.  1898,  pp,  75  fgg.),  che  son  de'  materiali 
assai  preziosi,  già  sfruttati  in  parte  dal  Pieri  sotto  la  sigla  '  pod.  %  ma  che 
giova  adoperare  con  molta  cautela,  per  le  ragioni  ehesi  leggon  qui  innanzi 
a  DQai.  4-8  in  nota  (v.  anche  Pieri  Xll  166  nota  1*);  fagn.  ~  Lo  StctttUo  dd 
comune  di  Fognano  pubblicato  da  G.  Sforza  (Atti  Accad.  di  Lucca,  XXIV 
827  sKff.)  ;  leg.  »  alcuni  brevi  sa»<gì  di  leggende  agio  logiche,  ecc.,  rtampati 
in  Bniletin  de  la  Sociélé  des  anciens  teztes  fran9ais  XXIII  44-6,  70*71; 
cod.  "=»  D'im  antico  codice  pitano-luccheoe  di  trattati  morali  di  Mich.  Barbi 
(Mise.  D'Ancona  241  Rgg.;  v.  qui  sopra  a  pp.  206-7.  Quando  accada  di  alle- 
gare direttamente  il  t&ito  verse^iato  che  il  Barbi  comunica  a  pp.  253-9, 
si  rimanda  colla  cifra  al  verso).  Non  ho  poi  potuto  approfittare  del  lavoro 
di  Amo»  Parducci  in  St.  rom.  d.  Soc.  filol.  romana,  fase.  2^. 

*■  Del  Pieri,  v.  ancora  XIV  423  s^g.  ;  e  Supplem.  numero  V.  £  tette  ci  ha 
egli  regalato  un  lavoro  sul  dial.  della  Versiglia  (Zst.  XX Vili  161  sgg.),  ^le 
si  citerà  per  '  vers.  \  così  come  citeremo  per  *  pis.  *  il  lavoro  ani  dial.  posano 
(Xll  141  sgg.,  161  sgg).  Invece  rimandano  al  lavoro  sai  Inochese  la  sig^ 
*  Ineoh.  *  o  il  semplice  *  Pieri  *,  seguito  da  «fra  arabica. 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  897 


I.  —  ANNOTAZIONI  FONETICHE. 


1.    VOGALI   TOmCHE. 

1.  Di  mèrco  e  erbigatto  (Pieri  171  n)  e  così  pure  di  dio  I  326, 
n  356,  y.  il  lesa.  —  Manirai^etUe,  ni.,  di  fronte  a  -ante  Bongi 
I  440.  8.  Trievi  Trevi  Tb^tis  (cfr.  Triévs  nell'a.  perug.)  »  ; 
riei  '  rei  '  II  415  (v.  Parodi,  Ro,  XVIII  594;  cod.  243)  di  fronte 
a  rio  II  419  *.  II  dittongo  di  iieulo  ha  conferma  da  itièola  -gola 
e  fors'anche  da  bievora  {=  *béora  ?)  bevero,  castoro,  I  263.  —  Circa 
a  fierria  e  schiezza  site-  (Pieri  XV  465  n,  vere.  162),  v.  il  lesa.;  ma 
riman  misterioso  fielce,  felce,  che  stupisce  di  non  ritrovare  a  mi  posto 
d'onore  negli  elenchi  del  Pieri  (XV  464  egg.,  Zst.  XXVII  587-8)  ». 
—  Una  serie  speciale  di  esempi  del  dittongo  te  è  fornita  dai 
plur.  come  viei  vie,  dove  Y-iei  è  dà  -^M  (num.  140),  e  dove  par 


'  Il  Nieri  allega  da  Viil  di  Lima  il  plur.  ziti  ùi.  L*  ignoranza  del  come 
▼i  suoni  il  sing.,  ci  toglie  di  giudicare  se  si  tratti  di  -tei  da  -/«  e  sia  quindi 
un  esempio  da  mandare  con  viei,  ecc.,  se  sia  formato  a  zio  sulla  norma  di 
sin^.  rio  :  :  plur.  ri>i,  o  se  piuttosto  non  si  debba  muovere  da  quel  zeo 
zeio  di  cui  son  tanti  esempi  neira.  perug.  (▼.  Boll.  d.  r.  Deputas.  di  St.  p. 
p.  l'Umbria,  IK  185,  243,  289,  355,  ecc.,  zei4  m  ib.  807,  zeazÌA  ib.  48)  e  che 
par  non  essere  manoato  al  toscano  (▼.  Sanvisenti,  Mem.  Aocad.  di  Torino, 
S.  li,  t.  L  172,  s.  'ceo*.  dove  anche  c'è  ciano),  NellV  del  qnal  zéo  difficil- 
mente affermeremo  continuato  quello  di  Ofto^.  Infatti,  data  la  grande  im- 
probabilità che  il  z  rifletta  S-  (t.  invece  qui  sopra  a  p.  866b.;  e  circa  a 
MwfSéO  I  912  —  IfoMtfo  XII  147 n,  esso  dipenderà  forse  da  una  contamina- 
siona  con  *Mazz(a  Mattia;  cfr.  Io  fip.  Maeias),  si  vorrebbe  quantomeno  *Uo. 

'  Non  saranno  genuini  sieno  seno  111  116  e  dadivitro  daddovero  ing.  114. 
Non  così  Comi0to  Corneto  I  215  (cfr.  a.  perug.  Corgneto  Boll.  cit.  IV  104,  828), 
per  cui  bisognerà  muovere  da  còrnio,  né  Oiniegi  Ginesio  I  81,  418,  cron. 
14,  15  {-né-  cron.  18,  -ni-  I  10.  12).  E  Niesa,  III  82,  84,  sarà  *  AgnoM  '  ? 

'  Parrebbe  di  vedervi  un  ben  antico  e  metatetico  *fieet,  onde  ^fiett  venuto 
poi  a  commescersi  con  felce. 


3d8  Salvioni, 

aversi  una  risoluzione  analoga  a  quella  dì  ieu  da  lu  in  dialetti 
transalpini  (Meyer-Liibke  I  §  38)  '.  4-8.  Yrici  Elice.  Pieri 

vors.  Ui2,  Bongi  III  464,  431,  tnesidima  'mezzedima'  n  12*^. 
129,  (ii'sswMni  Getsemani  n  303,  se  tale  era  l'accento  anrh** 
in  antico ,  Ertnini  Armeni  I  49,  arstnico  less.,  tricca  trecca 
n  (WJ  *,  frizze  freccie  II  20  (v.  Lorck,  Altberg.  spr.  218;  è  ancht- 
dell'a.  perug.);  Sardigna  bdl.  16,  1  97,  di  cui  v.  Parodi,  Bull. 
il.  Soc.  dant.  Ili  95-6,  Pieri  pis.  n.  5.  Ma  famelli  famigli  int. 
1 24  (/>m)  •.  —  Mencio  Mincio  II  36,  III  264,  che  riprodurrà  la  forma 
hreHciano-mantovana.  —  Di  insambra  e  di  sanza,  bdl.  134,  III 
220,  V.  il  less.  alla  prima  voce.  9.  duolo  less.,  scuola  sp>!a, 
lesH.,  che  si  confronta  col  mil.  spola  -ra,  muararsi,  less.,  con  "■• 
dalle  rizotoniche^.  Curiosi  ^rt/o^a  trota,  che  andrà  forse  giudica**- 
come  vuoto  (cfr.  ruoito);  e,  colKuo  del  presente  (cfr.  analogani. 
riense  su  viene),  vuolse  volle  n  174,  289  ruolseno  I  53  (a.  s-tn. 
vuoisi  Zst.  IX  543),  la  qual  forma  trova  poi  un'eco  in  rivuoisf.. 
rivolsero  I  22.  —  Di  pitico  il  giuoco,  bdl.  36,  130,  giùrh'tu' 
jocANT  II  374,  non  penserei  col  Parodi  (Ro.  XVIII  60*»)  ri- 
abbia u  da  uó,  bensì  dalle  arizotoniche  {giucare  bdl.  14<': 
cfr.  lomb.  giìgà,  el  gugn  jòcat;  ma  ^ò"y  joir).  11-13.  gx-^' 
giogo  I   10^,  142,  IHS,    musiva    less.,    rungio  -gna    conio.  t*L\  . 


'  p^tsterla  I  61,  1^5,  186.  C^rca  al  np.  Nisierna,   qual  poi  ne  sia  IVtin 
noto  rln»  «*i  tratta  di  per^onairfrio  friulano. 

'  L'f  e  l'i  pure  in  quella  voce  francese  ch'io  ritengo  corrispondere  ài 
nostra,  ed  è  tricher  aiitii>arn.  anche  trechier. 

'  Nflie  ing.  Non  questi  t'st'mpi:  illi  e^li,  ninf?.,  84.  quilgi  quelli  113.  IH 
quinte  iche    prcHUpponf»    'quieti)   questo  80.    cridi   tu    credi  117,  voUrt  \\ 
titcitmi  i<2,  drrifi  tu  iti  118.  roUsti  ib..  faristi  t^2,  j>orritfit  114;  rint  ven»  li* 
Son  forme  ni»'tafoin'liche,  non  e^elu^Ja  Tultima,  e  accennano  airorìgm*'  -  *• 
t»»ntrh»n.il"  o  uiu^r*  m:iroo-m<^ritlionalc  del  notajo  o  del  ^udice.    Il   B-*"-: 
a>\«*rtt«  ciò  a  pr'tii.»-.ito  di  cifriti  e  ariti  che  chiama    "  sejjni    di  dial    !•  : 
<1h!  nof 'io  o  «l»'l  t'iutìicf';  ma  -archhero    ntate  neces<;arie  ojfni  volt.»  d' 


irifi  riij  i/.i-»tji  sicure. 


*  'l'.t  i  ni. IL:  Jia»ii'huo,*ìui  H.idi  ofani  I  215  (cfr.  cuofimi  cofani  cod.  24 

••   Sì'  'i  N   1^   Hi    14.  Iii'tìtr»'  ruov  vog  116. 


k 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  399 

n  211,  I  39,  ecc.,  cugla  I  158,  pupore  II  219  ^  Alternan  poi 
continuamente  e  si  confondono  dugio  e  dogio,  con  che  si  ri- 
specchiano i  due  diversi  fonti  ond'  è  stata  accattata  la  voce 
(von.  doie,  gen.  diizé).  Sia  anche  ricordato  ludo  allato  a  lodo 
lesa.  8.  *  locio  '.  —  Agobio  Gubbio  I  49  ecc.  (come  nell'a.  perug.). 
—  pio  più  leg.  45  (cod.  243  e  vv.  29,  299,  430,  pis.  §  14). 
n.paraula  fagn.  535,  leg.  46,  70;  —  góbbulo  less.  ;  laide  -ali  294, 
320,  gnidio  cren.  35.  22.  Per  lésina  può  forse  confrontarsi 
il  ven.  lihena,        26.  pòccia  less.,  fòlle  less. 


2.    VOCALI   ATONE. 

27-28.  monesterio  n  239,  111  Ul.Chatelognal  44,  II  166,  ecc. 
oitilano  III  131,  283,  Gozedini  Gozza-  II  392;  regionamento  ra- 
111  .^6;  scherlacto  sce-  scarlatto  I  20,  152  (bis),  II  185,  I  94  (qui 
come  np.)«.  Sensorie  Sa-  I  385,  III  275;  leeltà  III  78,  93,  ce- 
srheupia  bdl.  94,  oltreggiare  ing.  132,  megliorana  less.;  —  gri- 
migna  gra-  n  54  (così  pur  nel  pis.,  Pieri  §  24-5;  e  cfr.  gre-  nel 
Vocab.,  e  in  dialetti  alto-it.),  stribiliare;  dscuno  I  377;  Charmi- 
gnuola  Carmagnola  III  264  (iw),  307  (anche  veneto;  v.  Bellio, 
Le  cogniz.  geogr.  di  Giov.  Villani,  31),  Armignacca  Armagnac 
II  41,  77,  V.  Beiiio,  o.  e.  16.  —  ogosto  pass.  (v.  Merlo,  I  nomi 
romanzi  d.  stagioni  e  d.  mesi,  149,  147,  Pieri,  num.  54),  toma- 
razza  materazzo,  bozzana  ba-,  Noarra  Nav-  I  39  (bis),  420,  UI 
114,  dove  forse  è  oonfusione  con   Noarra   Novara.    —  Difficile 


*  Nelle  ing.  :  suczo  sozzo  122  (bis),  vuUo  90,  castruni  86.  Deve  anche  qui 
trcittarsi  di  forme,  metafonetiche  forse,  non  lucchesi,  e  che  richiam&n  i*os- 
KtTTHzione  ora  fatta  circa  agli  analoghi  casi  di  ^  in  ».  —  tui  ing.  118, 
116.  117;  duve  III  401  ^u  pasHÌm),  dunde  III  404,  sono  dalla  posizion  di 
proclisi. 

•  Pi«.  Schirlatio  Pieri  §  36  e  narà  da  scher-.  Per  IV,  v.  poi  Caroline  Mi- 
.  haelis  de  Vaaconcellos,  Zst.  XXVI II  432. 


400  Salvioni, 

dire  Be  in  matrassinOf  n  51,  manchi  ^  o  a.  29*-30.  manganelle 
I  23,  che  fa  supporre  *indngQno,  schandolo  II  167,  bufala  bufalo 
bdl.  117.  —  guarii  '  guardati  '  ing.  98  (anche  a.  san.  ;  v.  Hirsch, 
Zat.  X  415).  32.  ardinotte   '  ora  di  n*  '    (anche  in  Pascoli, 

Canti  di  Castelvecchio,  2*  ed.,  21),  paur'  che  *  paura  che',  n'hapien 
Vanima,  Nieri  e.  '  paur  '  e  '  pien  ',  fistal  vegna  ^  venga  la  fistola  ' 
ing.  108.  33*36.  candglieri  4lie-  cren.  11,  I  289,  408,  II 

266,  cervigliera  bdl.  134,  n  292,  Manpiglieri  U  66,  vigluta  vell- 
I  146,  315,  iscieremo  esci-  cod.  v.  4:6?^,  anticessare  I  6b{ter),  III 
310;  pigiare  pegg-  I  92,  Il  17,  ispisialità  III  140,  Chimento 
(=  Kje-  ;  cfr.  il  sen.  Chiementa,  Zst.  X  60,  e  il  cognome  Chiamenti) 
Clemente  I  53,  pivieri  (ali.  a  pie-)  bdl.  25,  44,  criatare  -ure  cod. 
V.  5,  7,  Friani  Fridiana  Fred-  cren.  32,  bdl.  43,  Pitieri  Poitiers 
(Peit-)  I  55  {Pei-  l  56),  Ghaitani  (=  Gaje-)  I  86,  v.  Pieri  pis. 
§  33.  —  piticella  ali.  a  pe-,  pilistrina  prenestino  I  32,  pitiiiofàe 
pe-  passim,  Fiorintini  III   137,  assinicare  less.,  hanorivilemente 

I  246,  se  non  è  per  errore,  distina  I  34:2,  dilizie  II  394,  dilicate 
n  367  'tesse  III  224,  disidera  I  228,  HI  324  -deria  I  187,  di- 
finire  III  325,  discrivena  I  163,  diliberare  I  94  -razione  n  199, 
dilivransa  bdl.  99  -vrati  ih.  100,  rispiro,  ristituire  I  87,  n  213, 
risistenza  1  292,  riplicare  I  143,  rigistrato  III  35,  dispirata  -spe- 
n  218;  —  T^cspo  E-  I  85,  minore  I  20,  III  30,  ecc.,  virane  III  81, 
spiloncha  II  188,  232,  233,   sicuri  se-   I    188,    ciasciduna  -schi- 

II  2X0,  220,  229,  III  323,  bdl.  17,  apartinenti  III  406,  tindone 
I  149,  diserta  de-  II  384,  dimeriti  III  324,  iipos^o  n  269,  dile- 
gati  1  44,  dicollare  I  150,  dicapitatiUI  177.  —  abrea,  Adovardo 
Adua-  I  55,  43,  II  398,  ecc.,  Azzolino  Ezze-  I  36,  ascietto  ecc- 
bdl.  1,  138,  140,  142,  aseguitore  -sse-  -ze-  I  290,  291,  II  73,  75, 
175,  n  302,  assequia  esequie  III  273;  —  scarana  sche-  n  272, 
vernadì  III  46  (pis.  §  81),  e  v.  ancora  Pieri  num.  157  ;  —  ma- 
ladeita  n  266,  IH  61  *,    malanconìa    I  246    ecc.,   Racanato  Re-i 


^  Ma  in  malavoglensOf  I  249,  HI  85,  è   *  malo  *   fktto    conoordare  col  so- 
stantivo. 


Appunti  sniraniioo  e  moderno  lucchese  401 

n  62  (v.  IX  378  n),  sanatare  II  198,  228,  229,  371;  dalfino 
(di  Francia)  III  118,  212,  ecc.,  Piamonte  I  209,  245,  114,  ntia- 
nella  dolor  di  schiena,  raccamati  rie-  bdl.  50,  mmutieragiane, 
bdl.  23,  dove  tuttavia  sarà  ramm-  =be-ad-;  —  tonere  te-,  r^n- 
ionaio  I  96,  269  (pis.  §  32);  sopultura  n  334,  soppellito  n  68, 
ramanere  -so  -sa  n  172,  173,  285.  303,  ma  sarà  un  errore  ri- 
formare  n  270  1.  27.  —  Il  dittongo  passa  alKatona  in  niewpi- 
iella,  gnevicare,  nievirando  III  331,  piedate  III  29.  -^  istimana  sti- 
settim-  cren.  30,  I  33,  277,  fagn.  535,  537,  ovrieri  e  overieri 
bdl.  10.  Resta  Ve  in  Sarezzana  Sarzana  I  47,  59,  168,  III  286, 
288,  300,  e  sono  abbastanza  numerosi  gli  esempi  in  cui  l'agget- 
tivo sdrucciolo  in  -le  non  perde  V-e  componen'iosi  con  -mente: 
similemente  bdl.  19  (bis),  honorivUemente  -erO'  I  246,  111  273,  ecc. 
37-38.  inóglita  *  moglie  tua'  ing.  125;  —  bierora  bevero  I  253, 
porori  pove-  III  219,  223,  320  -reìla  III  73,  socioro  I  246,  III  27 
{de-  I  405),  lectora  I  22,  ecc.,  Sandoro  III  148  SandoH  IH  9, 
dove  avremo  *Sàndero  Alessandro  ;  e  qui  vadan  pure  mociorare 
mace-,  sgòmboro  II  281  sgomborare  I  117,  143,  364,  prosporeg- 
giando  II  176;  —  inpito  impeto  I  1H8  ;  torlili  toglierli  III  25; 
—  Senaca  cod.  252;  —  froda  fodera.  —  Finale:  Fighino  Figline 

I  35,  124,  406,  II  46.  39-41.  fenire,  feducia,  irebunale,  tre- 
mito II  229,  serene  si-  II  185,  vesconte  vi-  bdl.  Ili,  fennamento 
fi-,  cielo,  cod.  V.  23.  324,  penetenza  -sa  n  353,  I  338,  ecc.,  con- 
cestoro  -rio  I  256  (éw),  III  137,  153,  Melano  bdl.  Ili,  cren.  12, 
29,  I  4,  ecc.  melanesi  cron.  11,  rettoria  cren.  30,  verta  log.  70, 
III  29,  219,  ecc.,  caregato  n  236,  atfossecnti  n  174,  Sesmondo 
III 65  (bis),  cron.  32,  anconetana  n  236  (bis),  cron.  11,  fragelità  111  5, 
processione  n  402,  commessione  III  113,  327,  ne'  quali  esempi 
si  sente  -messo,  ypocrezie  II  1H5,  Gregento  Agrig-  II  143,  da 
dove  si  può  ricavare  che  Girgenti  è,  per  assimilaz.,  da  *Ghirge-, 
degiuna  n  277,  destribuire  III  \\^,  desdire  n  102  (bis),  brevileggio 

II  31,  ecc.,  dove  s'immette  *  breve ',  enterame  i-  n  170.  171, 
emsegna  I  19;  tentore  n  43.  —  Salvestro,  np.,  n  85,  167,  168 
(Si-  I  49),  Qachiello  Ezechiele   cod.  v.  112;   Chanamala  Callim- 


40:2  Salvionì, 

cron.  27;  a n generò  n  237,  se  non  v'ha  errore  ^  —  songhmso 
I  ir><>,  pistoletiza  pesti-  II  222  ecc.,  come  in  molti  altri  antichi. 
piktrocida  III  319,  se  non  è  errore,  vizodogio  vicedoge  passim, 
che  sarà  o  per  assimilaz.,  o  perchè  vize  sia  stato  preso  come 
un  aggettivo  e  trasformato  secondo  il  tipo  della  2*,  Ghiozan'ì 
(ìhivizzano cron. 31 ,  cioè  *GhitO', proìnaticcio,  prot'ìlegio;  —  ogiumai 
Plori  §  35,  Flechia  VIII  405  s.  ^zomai',  Giumigtuin  Geminiano 
(Nieri  XLV),  giubbetto  less.  ;  unfino;  unutUe.  —  frugello  filugello. 
Alchieri  cron.  \\2{bis),  nome  di  un  personaggio  che  in  altro  ros. 
della  cron.  (v.  Bongi,  14),  è  chiamato  yl/cft^i^».  Abbiamo  qui,  >e 
mal  non  m'appongo,  la  chiave  per  giudicare  delle  due  forme  del 
cognome  di  Dante  {Alighi-  e  Aldighi-  ;  v.  Bianchi,  X  41 1-2)  :  Alduj- 
HI  riduceva  ad  Alg-  (cfr.  aitanti  altrett-  II  3G,  e  gli  es.  del  Vo<'.K 
rinolto  poi  nuovamente  in  Alig-  (cfr.  alga  e  àliga  -ca^  tnUart  e 
valicare,  ecc.).  desnare,  biasmare  non  saranno  poi  (malgrado  .**i- 
situa  III  11)  da  desiti'  biiisim-  ma  continueranno  senz'altro  I« 
hani  francesi  disner^  blasmer,  42-44.  tornerestevi  =  -ivi  n  l*i  •. 
credemi  'credimi'  II  292,  reverisreli  III  21  «5,  ricevete  III  223,  dn 
quali  esempi  v.  però  il  num.  153;  Rustero  n  244,  medego  ih.  31*'*; 
-  Competo  I  369,  371,  3S0  (v.  Pieri  Top.  178  s.  *  compìtum '; 
e  cfr.  Compito  I  371);  ma  da  -ibile  può  aversi  e  -croie  e -ni!* 
(cod.  244)  ;  —  Fiordo  np..  FLOKiDr  (N.  Post,  e  Post.  s.  'flòriduis'i. 
Ostilo  Osinio  cron.  2G  (così  pure  nell'a.  par,  ;  ed  è  bene  not*» 
measpr  Osmatto),  —  Finale,  fore  fuo-  bdl.  21,  30,  122,  ecc.: 
quinde  II  5,  bdl.  9,  13,  oggi  e  dimatie  bdl.  27;  ogtte  bdl.  UU.  — 
Notiamo  qui,  come  in  posto  men  disadatto  e  senza  voler  pre- 
>i:i  udì  rare  nessuna  quistÌ4me,  nnll.  come  Furlittpopolo  Forlimpc>- 
poli  III  lti4,  Gngrnto  (Jirgenti,  di  cui  qui  sopra,  Bacatiato  Ke- 
canati.  —  S  avverta  pure  la  caduta  delP-t  di  oombinazion  »ÌD- 
tattica  in  buopi  frurti  li  191,  buoti  midici  III  H7,  buon  facii  II  17?, 
tal  rin  II  2t>2,  tal  terre  III   1S7.    tal  ttierchantle  I  21f>,   tal  cka- 


•  atvptitudiftf  G.,  anvfnùi  C».,  ancudine,  dyve  sarà  /a'»^-,  ecc.,  inUjrpivUt 
Onme  V'ìnq'. 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  403 

stella  I  43,  fioriti  (e  la  cifra  lasciata  in  bianco)  III  402.  46- 
46.  Si  può  chiedere  se  spormii  I  362,  III  198  -piare  I  174  (K5r- 
ting*  8975),  eh*  è  pur  forma  senese  (Zst.  IX  548),  conservi  Vo 
radicale  etimologico,  o  se  non  piuttosto  sia  stato  restituito  per 
rinfluenza  insieme  del  p  e  del  successivo  o;  cocitore  cu-  III  252, 
costare  less.  —  pasturale  *  pasto-  '  n  280,  Uleggio  0- 1  89,  Buemmia 
bdl.  1,.I  136,  142  buenwii  1  142  {Buo-l  36,  141),  Pruensa  Prov- 

I  38,  uanno,  Lungin  II  341,  Furlì  I  215,  III  164,  chulì  II  242 
Chutignola  III  198,  243  (Clio-  III  261,  295),  curicare  I  150,  pru- 
cissione,  uriolo,  chugnato  I  234,  ugni  III  273,  ecc.  ugnuno  III 
402  ecc.,  cumiatu  n  399,  II  132,  ecc.,  puccena,  ubàco  op-,  tra- 
buccare  bdl,  101,  Upessinghi  Op-  ecc.  I  23,  28,  bulcione  bolz- 
n  55,  55-6,  Ruberto  1  17,  ecc.,  Lutnbardia  ecc.  n  349,  I  58, 
^9,  li  40,  ecc.  —  muorarsi  less.,  alluogare  II  412.  —  ritrecito 
less.,  dimino  I  194,  II  295,  dizinore  (onde  poi  disnore  III  48)  III  8, 
cichignola  less.;  strefinare;  —  focalare,  47-48.  pròlao  less. 
49>51.  monitione  mu-  II  122,  124,  127,  128,  133,  ecc.,  tiodrire 
III  323,  notrirhare  III  225,  produra  prudore  n  226,  Sorrexio  bdl. 
62,  Orbino  U-  III  158,  uzorieri  usurajo  I  157,  rinonsare  li  33, 
dinonsare  -dare  bdl.  28,  143.  —  muglieri  ing.  84,  Fuligno  III  255, 
257,  279  (Fa-  III  279) ,  guvermiti  n  405,  entello  less.  —  pre- 
zt^ntuosi  II  2  45,  Erbovieto  Orvieto  cren.  22;  Uguiccione  I  55,  come 
in  tanti  altri  testi  toscani.  51.  baratro  -ctro  baratolo  ing.  90, 
los,  scktra,  snipre  less.,  pentra  pentola,  in  un  posto,  panni,  din, 
che  ora  non  so  indicare,  cìntra  bdl.  51,  II  252,  367,  allato  a 
cui  c'è  cinfora  1  254  e  cintura  ib.,  di  cui  non  so  se  sia  da  leg- 
gere cintura  o  cintura.  —  nulliy  cioè  '^nu-uli  *nuvuli  *  nuvoli  ' 
nubi,  cod.  V.  315,  taula  bdl.  60,  74,  III  222,  n  51,  2Vm/*  Tivoli 

II  229,  chauli  cavoli  III  331,  Paulo  III  273  ecc.,  rfia/iZe  leg., />o- 
pula  pass,  {-polo  I  20),  apoatuli  izula  leg.  53-54.  Ugenio  cren.  9. 
—  adendo  I  250;  rugata,  arrughire,  sciurino;  aldienza  bdl.  141, 
exaldito  ecc.  I  67,  Il  185,  III  186,  laldare  II  181,  aldace  ecc.  I 
25,  199,  23,  altare  II  411,  413,  414,  415,  417,  418,  42.^,  altorità 
II  229.  —  Pesori  -li  Pisairim  III  371,  239;  ma  in  realtà  sarà 
meglio  muover  direttamente  da  Prsar-,  e  v.  num.  74. 


404  Salvioni, 


3.    CONSONANTI. 

55.  Circa  alle  sorti  del  j  secondario,  cfr.  guao  guajo  (la  forma  è 
pure  genovese),  sgaruolare  (Q.),  che  sarà  per  sgarujo-  (cfr.  sgarugli 
e  il  garf.  garòjolo  gheriglio,  Nieri  s.  *  sgarugli  '),  cadanolo  cacia- 
juolo  III  327  (cfr.  a.  sen.  lanauolo  -ajuolo,  Hirsch  Zst.  IX  568). 

—  volta,  ecc.,  n  102,  325,  II  188,  piaiti  III  403,  aguaito  n  292, 
meitade  ecc.  bdl.  23,  32,  84,  fatte  I  263;  araine  *  avrai-ne'  II 
119,  datti  tu?  Il  275,  ecc.  AU'incontrario :  me^  meglio  fagn.  529. 
164,  200,  rico'  imperat.  *  raccogli  '  III  261,  ta' danni  II  200  ta' 
palagi  n  162  ta'  cose  II  347  (e  ne  proviene  il  sing.  ta  ^  :  ta'  ra- 
gazzo lì  253  ta'  mercadante  n  139  ta'  trattato  II  44  ;  cfr.  anche 
al  qua'  al  quale  III  195,  che  presuppone  qua'  quali);  —  assa- 
gliato  'ia-  da  *  sajo  '.  56.  Virgìo  Virgilio  III  277  (nella  bal- 
lata di  frate  Stoppa  dei  Bostichi).  Per  Ij  secondario:  ciglieri,  sa- 
glione  ali.  a  'Ho-  'lieo-.  Ma  in  miglianni  *  mille  anni  '  vedremo  il 
regolare  miglia  milia  ,  eh'  è  in  qualche  canto  del  Sercambi. 
57.  matèo  less.,  cristei  clisteri  n  65  (cfr.  cristeo  nelVoc.  ;  voce 
imbrancatasi  tra  i  nomi  in  -erio);  rasoro  n  16S  {ter),  58.  San- 
mignato  cren.  31,  sciagnato  less.  ;  pognan  -ngn-  *  poniamo  '  se 
anche,  1 196,  200,  nella  Canzone  di  Ant.  Pucci  (cfr.  pognamo  che 
nel  Voc).       59.  gnaffe  '  mia  fé  '  n  168.        60.  Antioccia  I  38. 

—  Eustagio  Eustachio  I  179  (cfr.  Ostasio),  certo  attratto  da  nomi 
come  Gervasio,  Atanasio.  61.  Monda  Monza  III  207;  chazerò 
cacci-  ing.  124,  vers.  lazza  less.  —  Del  resto,  ne'  docum.  antichi, 
c'è  per  ogni  z  una  grande  varietà  di  grafie,  che  però  tutte  ci  ripor- 
tano a  f ,  e  lo  provi  l'aversi  esempi  come  compatione  compass- 1 
259,  III  221,  di  fronte  a  confessione  confez-  III  56  ;  inoltre:  pentieri 
pensiero  II  259,  377,  III  130,  230,  231,  ecc.,  armoni  ars- I  225, 


^  Se  pur  non  si  tratta  dì  un  accorciamento  proclitico  del  genere  di  quello 
che  8*ha  in  certe  parti  delle  Alpi  lombarde,  dove  ta  è  venuto  alle  funzioni 
di  un  semplice  prefisso  dalla  funzione  diminutivo-spregiativa:  un  taprévat 
un  pretuccio,  ecc. 


Appooti  suirantico  e  moderno  lucchese  405 

storiioni  estors-  II  181,  difentione  I  16,  280,  respontioni  ri- 1  341, 
II  191;  cfr.  aWincontro  conees$iane  concezione  ìeg,,  carnsanecsLiìZ' 
I  169.  Tra  le  grafie,  è  notevole  Stanche  quando  non  segna  vocale: 
Fatino  II  194,  250,  III  146,  che  riproduce  la  pronuncia  lombarda 
del  nome  dì  Faaino  Cane,  e  ha  allato  a  se  Fazino  III  169,  Fa- 
sino  III  44,46,  145,  171,  experienti  circustanti,  di  cui  al  num.  140, 
anli  I  94,  innanti  bdl.  15,  18,  rispondenti  a  anzi  ecc.  Cfr.  ancora 
tkio  (e  sio  130)  zio  bdl.  7,  innanthi  bdl.  12,  anthiani  I  869,  fortha 
bdl.  13.  63.  giachoni  dia-  cron.  36,  che  però  potrebbe,  in- 

sieme alle  altre  forme  italiane  che  vi  corrispondono  (XII  440, 
XIY  216),  rispecchiare  il  già  lat.  zaconus  (Uiez.  gr.^  I  283)  ; 
cfr.  baitegiare  n  317,  I  132,  e  anche  nel  Voc,  Del  resto  verzente 
vezz-  veggente,  arzente,  e  i  seconds^ri  fast iggioso  -gio^  ing.  79,  129, 
ingiustra  *indiustra  industria,  maia  less.,  soppiano  less.,  Friani 
(anche  fior.)  Fredia-  cron.  32.  63  ab.  pj:  pippioni  picei-*  n  144, 
sappendo  1  287.  —  sj:  basciare  n  passim,  cascio  III  406  cascia^ 
tuolo  e  -aVi-  bdl.  75,80,  III  327;  Cervagio  Gervasio,  Giniegi  (jÌ^ 
Desio,  cerage  n  374  (bis),  I  93,  e  anche  vagello  n  291,  vagellamenti 
IH  323  ('ze-  ib.),  riverran  qui,  per  la  via  di  un  plur.  *vasia  o 
di  un  *VAS£i;  (cfr.  vazél,  alveare,  nel  dial.  di  Val  Calanca,  e  così 
kamiza)  ^  —  Basciano  Bassano,  III  67,  par  rispondere  bene  alla 
baso  con  -ss]-  (v.  Olivieri,  St.  Glott.  it.  Ili  70).  Di  sdepi  1  396, 
v.  Pieri  vers.  §  56.  64-69.  chavigliasoni  cavili-.  III  325,  deve 
risentirsi  della  base  ch'è  in  scavigliare  less.  —  mùtore  II 363,  Mon- 
teeueori  -ccoli  II  433,  Santangioro  1212,  Spinori  -la,  passim  nelle 
Cronache,  ecc.,  e  v.  num.  51  ;  —  Guilliermo  115,  malischarco 
I  105  (M^  —  a^^'-»  II  293,  rotto  vòlto  toUata  bdl.  114  (v.  cod. 
245);  autre  -»  III  243,  fagn.  530;  —  gòbbulo  less.;  pueino  pul- 
cino; alfabeto  accipressoj  dove  deve  trattarsi  di  una  dissimilaz. 
in  l'alf-  l'ale-,  —  obrìo  II  423,  infruenze  II  186,  cristei  num.  57, 
multipricare  I  116,  II  291,  ecc.,    simprici  11  169,    ecc.,   obrigare 


*  Nel  cod.  vascelli  -a  ali.  a  ragiello.  Barbi,  p.  245.  Ha  qui  è  se  anche  in 
altri  cani  :  nuilrascio^  rasrione,  amendascione,  gunrisrione, 
'  Inierminelli  Antelm.  I  167,  Bonincorai  BoimcooUi  I  48. 


406  Salvionì. 

■ 

n  277,  ecc.  affritj^u  II  415;  v.  cod.  245.  —  Ben  notevoli /)fnV'> 
II  41*>,  mimco  II  44^^.  e  forse  Governo  Govèrnolo  II  16,  :^6.  rh<* 
pajon  voler  rt^stituire  il  primitivo,  vero  o  presunto  *.  71.  No- 
tevole, per  rapporto  a  ciò  che  dice  il  Pieri,  Top.  227-8  n,  chUmna* 
i^hianwi  lotiime-Iemme,  *  pian-piano  '  ;  dove  il  nn  dipenderà  da 
una  modulazione  affettiva,  cosi  come  in  lomb.  dirassi,  in  uno 
slancio  di  irioja.  kàrra!  per  kara  caro,  o  bel  (per  M)  quasi  come 
un  superlativo.  Circa  a  chiòpporoy  v.  il  Pieri  vers.  gloss.  Penso 
tuttavia  che  potrebbe  non  aver  torto  il  Nieri  col  suo  *schiop- 
pare  '  (v.  8.  *  schiopporare  ').  Anche  in  Lombardia,  d'un  fiort? 
ricco  di  foglie  diciamo  ch'è  uno  sòopofi^  e  il  Pascoli,  nel  gloss.  ai 
('anti  di  Castelvecchio,  2^  ediz.,  ha  '  riscoppiare  *  delle  pianta, 
quando  rimettono  dopo  essere  state  cuccate.  72.  ajant  garf.. 
ghiaja.  I*er  il  garf.  giumUoro{y,  anche  Pieri  vers.  §  68),  si  può 
invocare  tjiotto  ecc.  ghiotto  nel  cod.  245  e  gessare  less.  —  l>i 
Ficlìino  Figline,  II  45,  penso  sia  un  errore  se  pure  il  chi  non 
vi  è  meramente  grafico  (cfr.  Alchieri  num.  39-41).  74.  m^i' 
liscalco  -arco  I  :J1>,  102,  105.  Ili  161,  ecc.,  dove  si  può  supporrt* 
un  ^mariscarco  dissimilato  e  venuto  a  commescersi  con  un  *wi- 
risralro  che  gli  vivesse  allato;  —  tambulo  -uro,  sciloppo  n  65(Ai*l 
(puro  nel  Voc),  avolio  n  69  (Pieri  vers.  §  71;  e  il  /  è  ben  di f- 
fiiho  anche  per  altri  dialetti:  mil.  olia  e  nvòli^  ecc.),  ingiulìaU» 
ImII.  191  (v.  cod.  245,  e  Pieri  pis.  §  75),  /Vòo/i  Pesaro  ali.  a -n. 
Ili  'M\),  von  evidente  sostituzion  di  suffisso  (cfr.  Osoli  ali.  a  0$tri 
AisKUK,  nel  Villani;  Bellio,  o.  e,  79);  —  Bla- Blendano  hrAnd- 
h'U-  70,  71,  Plaga  Pra^a  III  2:^:^,  2:54,  ecc.  ;  —  ma  tfwUo  morto, 
non  credo  richiami  il  noto  fenomeno  pisano  (Pieri  §  76),  e  ^a^a 
piultoito  uno  sbaglio.  75  6.  caprire,  cernardì  n  476,  5/ni.<w 

r  iittf'  astuzia,  sfromhulo  less.,  stradichi  ostaggi  (del  resto  sta-)  \*X\ 
(cfr.  l'a.  Hon.  stradiro  Ilirsch  IX  555,  stradigaria  Zdekauer,  Il 
<'oimt.  d.  (V>m.  di  Siena,  199  s.  *  stadighi '), /Vw^^ro  ìvss.^  prisp^Ja 
Iris.,    ultimamrntre    III  241.  Di  iròccoh  -^c-,  scèpre  ^  frinesira, 

*   l'ri'iriiiiliMitlo  <l.i  (iurrrno,    che    poco  di«;e,   per  gli  altri  due  e8empi  «t 
|,i/lff|.lM«  »imln«  jM'U'tan'  a  *pf riero  *miriicro  con  r-r  poi  dinKÌmilati. 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  407 

V.  il   less.,   e  quanto  a  scèdra^   alleyrire,   vi   vedremo  *scédera 
-do-,  ^allegher-  -go-,  76.  guerectoni    verr-  I  251.   —  garba 

less.  —  Pruensa  I  38 ,  Noarra  Novara  e  Nav-  num.  27-8, 
beo  II  206,  auto  n  374,  378,  aUròe  III  287  [altro  I  117];  — 
Sibilia  Siviglia,  n  199,  sarà  uno  spagnolismo;  —  garf.  agore 
lauro,  lucch.  agrilegio  lauro  regio,  pruga  prua  (6.),  garf.  légora 
lepre.  81-85.  Di  acino  I  419,  30,  122,  125,  ecc.  {azini  I  126, 
asinelio  -nino  I  123),  v.  il  less.  —  A  cugino,  ch'è  il  frc.  cousin, 
corrisponde  cusino  n  385,  198,  372,  -zi-  I  246,  II  160,  ecc.  No- 
tevole Piscia  Pisa  cron.  14.  —  Se  chiòpporo^  num.  71,  è  da 
srhiò-,  sarà  esempio  da  agi^iungere  qui  sopra  a  p.  220  (cfr.  an- 
cora mant.  ciavina  schiavina  Cherub.,  borgotar.  cheussa  brivido 
•scossa*);  —  Lancilao  -aio  Lancislao  IH  120,  141,  150,  175, 
Vincilao  Vincislao  I  228,  II  194,  III  4,  ecc.  —  Circa  a  restrice, 
V.  il  loss.  ;  acquastrino  è  pure  della  lingua  letteraria,  e  per  àU 
hastro  ricordo  che  sorbastrella  (G.)  è  tradotto  per  *  albatrella  '  e 
*  salvestrella  ',  nella  qual  ultima  voce  si  scorge  l'origine  del  s, 
-  scer.co  siccità  cron.  36.  —  Per  str,  v.  nosso  ing.  101,  log.  71, 
e  in  cod.  2 15,  son  tuttettrè  gli  esempi  che,  un  po'  dappertutto 
in  Italia,  offrono  ss  da  str  :  nosso,  tosso,  -mossa  monstrat,  e  v. 
Pieri  hicch.  p.  119  n,  pis.  p.  149  n.  86-89.  Nelle  Cronache, 
compare  assai  frequente  la  scrizione  per  m,  non  solo  davanti  a  f 
{(jomfaloìiieri  1  13,  ecc.,  Tomfnno  I  168,  tw  fugìia  I  12,  rom for- 
tore I  27,  sam  Frediano  161,  11,  imfermità  I  9,  gram  fame  1  422, 
um  fiore  li  340,  Giamfì gì iassi  111  132,  Lamfredo  I  15,  Lamfraptchi 
III  326,  ecc.  ecc.;  cfr.  anche  com  volerlo  I  227),  dove  il  m  può 
rappresontare  l'articolazione  labio-dentale,  non  solo  davanti  a 
'/u  (cinvtpie  I  316,  38"^,  389,  cimquanta  1  97,  Cimquini  I  110,  dotnque 
II  21  l^quulumqua  11  242  (his)^comi/HÌsto  I  115,  com  quanta  l  21  ('>m), 
com  quelle  I  220,  im  quelVanno  I  4,  8,  ecc.,  im  questo  II  IH.'),  ecc.), 
dove  si  potre!)ho  sentire  un'eco  della  bilaì)iale  suss(»guciite  al  fc, 
ma  anche  davanti  alla  sorda  s  (CInmsirha  1  23,  camsoìie  I  169, 
II  375,  imsieme  1  195,  e m set/ uà  I  19,  rom  i^ome  II  55,  comsiglio 
I  6,  15,  20,  comsentire  I  14,  ne^sum  si  v*de  lì  310,  ecc.),  nn'Utre 
davanti  ad  altre  consonanti  l'apparire  di  m  è  affatto  spora»iico 


408  SaWioni, 

(abamdon'  I  327,  II  35,  comtrarii  II  217,  demiro  1  185,  gram  nu- 
mero II  348),  così  com'è  affatto  sporadico,  almeno  dentro  ai  limiti 
d'una  sola  parola,  l'apparire  di  n  davanti  a  p  b.  —  colènda,  am- 
mendiolo  ammennic-,  und'  è  ali.  a  unn'  è  Pieri,  p.  120  n.  —  In 
agontani  anconit-  III  152  {bis),  avremo  il  march,  angonéano  {v.ì^en- 
mann-Spallart,  Zst.  XXVIII  305) ,  col  primo  n  soppresso  per 
dissimilazione  ^  90-94.  Si  richiama  innanzitutto  qnant'è  detto 
nel  num.  che  precede.  —  rómbicia,  e  di  ombaco  v.  il  less.  —  Di 
grammare  nel  less.,  se  pur  non  è  estratto  da  un  ^grammolate  = 
*gramb:  95.chabbia  III  210.  96.  tìfrs/nio  arsente-,  at'ran- 
tiato  less.,  bainco  less.,  cuctUiella  less.,  maugliare  less.,  ombào  less., 
rùvio  che  sarà  *  riìvico  ',  nutriarsi,  pendèora  lesa.,  pròfao  lesa., 
seiammia  (?)  less.,  e  cfr.  ancora  potehari,  mahonaglia.  La  forma 
macagna  (Pieri  num.  102;  ali.  a  maagna)  machagnatill  189  par 
testimoniare  in  favor  d'un  etimo  con  -Ar-  ;  di  macone  (Pieri  ib.), 
V.  il  less.  —  'nsomavanti  '  non  so  mai  quanti  ',  ordavinlà  *  or  da 
qui  in  là'.  —  secato  bdl.  17  (della  imposta),  drachi  n  375  (-ghi 
ib.  376),  docaio,  sinichella,  locrare.  97.  Ouasparil^iy^,  ecc.; 
Qhagli  Cagli  I  215,  Monte-garugli  II  32  (-cAa-  II  80)  Montecar-, 
dove  però  potrebbe  trattarsi  di  -y-,  galone  qui  sopra  a  p.  375, 
gcdappione  (cfr.  galappio  nel  Voc),  gactira  ing.  129;  gesto  1  88,  ecc., 
Gostanza  np.  Ili  270,  292,  ni.,  Ili  232,  289,  Gostantinf^-  1  36, 
115,  II  57  ;  guando,  guazi  II  222,  guaderno  li  338,  guen-ia  111  332, 
grdlare  III  71.  —  ongosto  inchiostro  n  172, 173,  255,  308,  321,  ecc., 
e  di  agontani  qui  sopra.  —  segondo  prep.  I  65,  ecc.,  segonda  bdl. 
100,  dugha  I  228,  229  ,  ecc.  {-eh-  1  229),  regare  n  283,  ecc. 
oga  UI  258  (pis.  §  98),  pogo  -a  passim,  segure  score  bdl.  19, 
aegura  sic-  bdl.  12  seg-  assic'  bdl.  11,  migha  I  269,  II  72,  170, 
biga  bica,  mentegatto  ing.  91,  n  18,  ecc.,  Avogati  -vvoc-,  n.  di 
famiglia,  III  3<>6,  progacciare  I  196,  277,  bigòrdolo,  pèguro,  die- 


^  Circa  al  -n  di  MOir,  cfr.  no  è  bdl.  30,  no  può  n  297,  no  tidi  n  357; 
rispuose:  non,  compare  III  155,  in  ne'  facti  non  nei  fatti,  no  I  246,  confor^ 
tando  del  no  confortando  a  negare  I  854. 


Appunti  Bull'autico  e  moderno  lacchese  409 

guro,  medego  n  398,  caregato  n  236,  garf.  rosigon  ^  ;  aguila  I  122, 
123,  294,  254  (-g-  I  263),  AguUea  (di  Lucca)  I  14,  363  (-3- 1  363), 
azeguitore  -gu^,  ecc.  I  290,  291,  ecc.,  seguestro,  e  non  sarà  forse 
affatto  illegìttimo  aguisiare  lU  404.  100-101.  Notiamo  la 

resa  per  g(ei)  del  i  alto-ital.  e  del  ligure  i  da  -<i-;  Lugiardo 
(e  .^-)=sgen.  Luxardo  III  53;  Piagensa  -zal  31,  cren.  23,  35, 
dugio  e  dogio  passim,  Polègino  Polesine  HI  80,  Palavigino  -«  Il 
68,  III  39  [Ma  Luizi  =  frc.  Louis  III  261]  ;  chiereHa  è  pure  del 
Voc,  dove  s'accoppia  a  grammatista^  e  pajon  ambedue  accennare 
alla  rispondenza  cisappenninica  de'  tose,  ehiericia,  grammaticia  *  ; 
—  e  voce  alto-it.  sarà  pure  panaiera  pane-  I  300.  —  cisma 
scisma  III  232,  stracin-  1  184,  li  38,  III  271,  272,  279,  prociuto 
III  271.  —  Per  *8Ó  da  *«4-é»,  ascieUo  eccetto  exo-  bdl.  138, 
140,  142,  ecc.  102-106.  chastichare  ecc.  I  28,  195,  II  224, 
251,  432,  m  43,  namcare  I  374,  II  431,  III  241,  leg.  71,  noti 
anche  al  Voc,  investicazione  bdl.  91.  —  uanno;  atale;  — foare 
Pieri  vers.  gloss.,  giovo  I  219,  II  156,  Campofrevoso -{reg- 111  190, 
manucoldo  manig-  ing.  30,  e,  notevolissimo  esempio,  per  la  vola 
'  per  la  g-  '  ing.  130  {bis)  ^,  sparavello  less.  ;  fràula  fragola  (mass. 
frola),  iihdo  tegolo,  sUeula  stegola.  Da  siieUla  si  vien  poi  a  stiC'- 
cola  come  da  baraonda  e  faon\za  si  viene  a  baraconda  e  facof%[da, 
e  come  da  *ma<m€  '  magone  '  (cfr.  mahonaglia)  si  viene  a  macont. 
1O6-107.  Forse  per  dissimilazione:  Cervagio  Gervaso  II  93,  III 
400,  cren.  11,  ecc.  —  vagnelo  I  253.  —  brivileggio  1  100,  97,  ecc., 
colleggio  I  317.  108-111.    monte   6rrat?an^«  =  Montravante 


*  V.  ro88erTaz.  del  Nieri,  XII,  circa  a  Monte  di  Brancoli,  dove  sarebbero 
normali  diffo,  figo^  buga,  e  così  prado,  ecc. 

'  Anche  Sugnar  a  Susioana  (Romagna  toscana),  I  49,  443,  andrà  forse  cor- 
retto in  Sugi: 

'  Cfr.  acemere,  $eèrpere.  Un  notevole  eiempio  è  pure  detiarécui^  descUore 
(▼.  il  Voe.X  notevole  perché  ci  documenti  iH  in  «I;  e  gli  li  potrebbe  accom- 
pagnare mestare  (cfr.  tnescitare), 

*  Si  potrebbe  attribuire  la  formola  a  un  giudice  0  notajo  non  lucchese 
(v.  qui  indietro  a  p.  396  n).  Ma  noto  che  analoghi  fenomeni  sono  nella  vicina 
Massa,  dove  p.  es.  ali.  a  barba  c*è  la  varba^  ecc. 


410  Salvioni, 

cron.  31  (bis),  32,  dove  par  essere  una  doppia  dissimilazione  ;  ca- 
tutto  bdl.  17  K  —  Fedro  Pietro  IH  267,  271,  272,  sempre  dello 
stesso  personaggio,  ch'è  di  Foligno,  v.  invece  Petro  I  20,  Piero 
cron.  15,  11,  ecc.  112-117 .  aspitello,  peticellOf  gart.  megétima 
'  mezzedima  '  *,  scètera  -tra  ali.  a  scèdera,  —  piólola  Pieri  Top.  132. 
—  Circa  alla  curiosa  caduta  del  d-  in  certe  voci  di  *  dare  '  e  di 
*  dire  ',  non  invocheremo  esempi  alto-italiani  come  il  piac.  Va 
itt  '  ha  detto  ',  ecc.,  ma  meglio  penseremo  a  una  riduzione 
avvenuta  prima  nell'imperativo  (cfr.  il  vie.  àmélo  *  dammelo  *, 
e  V.  Bovet  in  Misceli.  Monaci  253)  e  portata  poi  più  oltre. 
Di  %  per  la  prepos.  di  {niffo  i  porco ^  t'ho  itto  i  no  *  t'  ho  detto 
di  no';  quindi  può  stare  anche  pai  vacche  Pieri  §  115  n), 
penso  sia  un  vero  e  proprio  accorciamento  di  proclisi,  e  l'ana- 
logo fatto  s'avverte  nel  perugino  ('n  pèzz'i  pène,  nn'ha  voglia  i 
fatighè,  in  Verga,  Sonetti  di  Rugg.  Torelli,  §  90),  e  nel  napo- 
letano ecc.  —  taliduni  taluni ,  tantiduni  *  tanti  '  parecchi,  alcuni. 
118.  brevileggio  bri-  II  31  ,  ecc.,  colla  nota  intromissione  di 
'  breve  '.  —  savere  sap-  cod.  v.  21,  cavestro  -stretta  n  125,  140, 
Chalavria  "Vra  I  10,  45.  —  A  lebbra  (ali.  a  leppo)  sta  forse  a 
base  un  Hebba  da  giudicarsi  come  bodda  botta  (Pieri  §  109). 
Cfr.  tuttavia  lAbbrafatta  che  par  accennare  a-pr-  secondario  in  bbr, 
120-121.  Quasi  costante,  in  tutti  gli  antichi  testi,  t?a5^are  bast-, 
e  ve  n'ha  esempi  anche  nel  Voc. 


4.    ACCIDENTI    GENERALI. 

123.  Accento,  réina  il  pesco  *reina',  Frigoli  cioè  Fri-  Friuli 
(cfr.  Friolij  cioè  Fri-,  in  Giov.  Villani).  124.  Dissimilazione. 
Rimandiamo  in  primo  luogo  al  lessico,  agli  articoli  ^  attuire  ' 
*  bignatta  *  *  ghiastrina  '  *  pievale  *  *  lennajòlo'  *  culignoro  *  *  finu- 


*  pradis  prat-  nello  Stat.  di  Giuviano  (Atti  Accad.  luccn.  XXIV  ;  p.  552). 

*  Che  sarà  mezzésitna?  Forse  un  caso  di  assimilazione? 


Appunti  sull'antico  e  moderno  lucchese  411 

gì  loro  '  *  convertazione  '  *  monnaglia  *  *  regabbio  '  *  vitabbia  ' 
'pormaì'  ^mugliaglio'  *troaca'  'riaucitare'  *cutello' *  fabbrico'. 
Di  agoniani  qui  indietro.  Inoltre:  ciotóron  *  lucertolone ',  albitrio 

I  266,  III  21,  bdl.  109,  120,  ecc.,  ristaulo  -lata  II  125,  243, 
IH  176,  bdl.  101,  102,  ecc.,  lÀprafacta  -bbra^  Ripafratta  I  16,  ecc., 
maliscìéalco  num.  74,  Alagna  Ànagni  I  51,  cron.  26,  27,  v.  Bellio, 
0.  e.  9,  Chanamala  Callimala  cron.  27,  abergo  (cioè  arb-)    alb- 

II  156,  III  257,  Uberto  Ro-  I  58,  59,  se  non  v'  ha  scambio  di 
nomi,  propio  passim,  obrobio  III  8  obobriosa  II  343,  l'afre  I  10, 
Htniato  Miniato  cron.  15.  Di  Chinciano  Ci-  li  47,  Chin-  Chimsicka 
Ci-  (v.  Bongi  III  429),  l'incertezza  circa  airorigine  loro  toglie 
di  dire  se  sia  anteriore  Chi-  o  Ci-.  È  poi  notevole  che  oompaja 
gugno  una  settantina  di  volte  (I  314,  319(/fr),  II  271  (bis),  III 
143,  ecc.  ecc.)  di  fronte  a  giù-  che  occorre  una  trentina  di  volte. 
Se  insieme  si  considera  che,  all' infuori  di  gugno,  gli  esempi  di  gu- 
grafico  per  giù-  si  contano  sulle  dita,  ne  vien  da  chiedere  se  gugno 
non  sia  una  forma  reale,  sòrta  per  la  dissimilazione  delle  due 
palatine  di  ^ufto.  125.  Assimilazione.  Tra  consonanti  attigue  : 
lr:  ire  il  re  III  167,  i  ricche  I  399,  i  resto  I  393,  %  riscuotere 

III  44,  de  reame  I  227,  de  regimento  III  158,  de  ragionato  III  11, 
a  re  III  198,  47  \  a  raquisto  I  232,  da  reo  III  325,  su  riadto 
sul  r-  III  236,  tra'  re  di  Francia  e  re  d'Ingh-  I  46,  e  ragassino 
e  il  r-  III  268,  ecc.,  ecc.;  —  nr:  orrevole,  ecc..  Ili  210,  242, 
come  noll'a.  it.,  u  rospo  '  un  rospo  ',  ecc.,  Niori  s.  '  ragano  ',  i 
Roma  III  83,  i  Romagna  ib..  Sa  Romano  I  188,  Sa  Rcffoio  I  44; 
—  nl:  collui  con  lui  I  143,  co'  loro  I  36,  beUìsIà  *  l>en  gli  sta  ' 

I  W  ecc..  uccidiàllo  *  uccidiamolo  '  ing.  85;  —  rl:  ritolto  *iitorl()' 

II  394;  —  Ns:  •  santo  III  128,  Sastrfano  1  58.  —  Tra  consonanti 
lontane:  San  Rossore  8.  Lussorio  II  5,  e  sarà  forma  pisana,  ghión' 
golo.  Anche  il  rapporto  tra  ghèghe  gegia  e  le  corrispomlenzo  fio- 


*  Nel  secondo  posto,  il  Bon^i  scrive  aVt»,  e  il  affano  d^ll  apostrofe  s*  in- 
contra in  altri  casi  anuloghi.  Ma  per  lo  piii  manca,  ne  si  capisce  la  ragione 
del  diverw)  trattamento. 

Archivio  glottol.  ital.,  XVI.  27 


412  Salvioni, 

Tentine  chèche,  cècia  si  capirà  meglio  pensando  agli  intermedi  e 
dissimilati  *kega  *cegia  (o  *g€ka  *gecia),  con  successiva  assimi- 
lazione. Certo,  nulla  vieta  di  credere  che  Tanterior  forma  sia  la 
lucchese.  126.  Geminazione  distratta,  avermaria,  esempio  che 
ho  Ietto  in  testi  catanesi,  e  che  s'ode  persino  a  Castellinaldo  (v.  piii 
in  là) ,  giurarmio,  dirmi  *  dimmi  ',  carnocchiale  (v.  Pieri  pis. 
§  123;  e  Tho  anche  da  Pitigliano),  arnecchio  less.,  spernòcchio 
pennacchio,  barsaja  less.  (cfr.  il  montai,  gerso  gesso,  l'arcev. 
merso  messo,  i  trev.  torse  tosse,  sparso  spasso,  Marzolo,  Mon.  Il 
368,  386,  419,  dove  parrebbe  di  leggere  che  gli  esempi  trev. 
stanno  per  un'intera  serie;  a  sparso^  a  spasso,  pure  nella  No- 
vella feltrina  del  Segato,  p.  13),  scarpellarotto  scappellotto,  verg- 
verzenti  *  veggenti  ',  margina  imaggine,  sulcedere  sulcessore,  mèrlo 
mallo  less.,  tnerlone  mellone,  sorchio  e  socchio  (cfr.  surchiare  sue* 
chiare,  a  S.  Ginesio  nelle  Marche),  tintolare  I  302,  III  216  (cfr. 
titt-  I  293,  III  10,  207).  Di  perlucca  perrucca,  si  può  però  chie- 
dere se  non  ci  presenti  l'incontro  di  *  perr-  '  con  *  pel-  '  (v.  Kórting 
7155).  127.  Prostesi,  mova  III  254,  grtibbia  robbia,  decomodo 
economo,  distanza  i-,  dove  v'ha  confusione  di  voci.  Notevoli  ca- 
prire  a-,  curlare  u-,  caccéggia  a-  e  forse  cògliora  ali.  a  ò-,  che 
per  avventura  ha  ragióne  il  N.  di  considerare  come  false  adat- 
tazioni. 128-129.  Epentesi.  Di  vocale.  Etena  Etna  I  149, 
inghilese  I  121,  III  28,  scisima  III  11,  mitora  -la  mitra,  Sdndoro 
Sandro,  ne'  quali  ultimi  esempi  avremo  in  realtà  la  intru- 
sione di  ■•gLO  provocata  da  doppioni  come  cintra  e  cintora,  ecc. 
—  Di  consonante.  V.  i  num.  75  J,  76.  Di  persucaso,  macone^ 
bachielle  *  bavelle  ',  vicolette,  Marica,  Follonica,  v.  il  Nieri  s. 
*  bachielle  '  ;  —  gruve  n  376,  isbavigliando  ih.  130,  due  esempi 
non  limitati  a  Lucca,  Frigoli  Friuli  n  208,  III  152,  153,  165, 
196 ,  amaiestramento  cod.  252 ,  traiere  n  253 ,  aiunare  aun* 
cod.  V.  271;  —  vernardì  I  108,  v.  il  less.;  arbiturii  abita- 
zioni bdl.  106,  dove  entra  forse  l'ar-  di  arbergo  num.  124;  Jan- 
sone  6ias-  II  416  (piti  volte),  Sansognal  11,  che  son  anche  d'altri 
scrittori;  niempitella  nep-,  rancAtcIine  rachitide,  s/am6u/ano  less., 
ambundantia  III  403,  ambandonare  III  222,  due  esempi  che  pajon 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  418 

confortarsi  a  vicenda.  —  scroechare  scoccare  II  6,  13  (ne  sono 
es.  anche  nel  Voc,  dove  però  la  voce  è  male  interpretata). 
130.  Epitesi.  Di  'i  (=  -e)  :  fui  fu  I  44,  dove  però  potrebbe 
anche  aversi  un  /u[r]»  =  *  fuvvi ',  ini  tu  ing.  81,  toy  tuo  ib.,  e 
qui  riverranno  mei  tei  sei  e  anche  rei  e  lei  (cod.  247,  246  ; 
cfr.  tei  nel  Tristano  ;  Parodi  CLXIII) ,  pei  quali  non  è  certo 
il  caso  di  pensare,  come  fa  il  Barbi,  ai  nomin.  rex  e  lex  ^ 
Di  -a:  dia  di  leg.  46,  lo  primo  dia*  cod.  254  v.  122.  Di  -o: 
pino  bdl.  54.  Di  ^ne  in  none  I  269  ecc.,  dove  il  punto  di 
partenza  sarà  certamente  no.  131.  Aferesi.  Sisi  ecc.  Ass- 

II  229,  240,  III  248,  scollare  asc-  fagn.  537,  cod.  v.  91,  Vignone 
Av-  1211,  ecc.,  gagllòla  SLgoTRJOy  gorata^  micidio  bdl.  63,  n  192, 
stracar=^as'  =  las-y  ecc.,  dificio  cren.  30,  31,  stanza  ist-  1116,  ecc., 
Talia  Taliano  II  184,  ecc.,  stortioni  est-  II  185,  ecc.,  non  stante 
non  ost-  I  209,  ecc.,  sploratori  sprolat-  espi-  II  345,  346,  347, 
sfionda  est-  bdl.  62,  sternare  est-,  spirato  isp-  III  26,  rezìa  III  142, 
scita  use-  fagn.  530;  lo  'nganno  I  112,  lo  'mperadore  I  31,  /a  'mpro- 
ìn^ssa  I  118,  la  'ntentione  IH  17,  la'ncarnatione  leg.  45,  le'ngiurie 
ÌU>^,  le'mpffste  III  41.  e  anche  Vimbasciadori,  199,  111 134,  andrà 
letto  li  'mlh  ;  bergo  alb-,  che  si  connetterà  però  direttamente  con 
ahergo  niim.  124.  —  àgoro  lauro,  abis  lapis,  amprédola^  trabiliare 
atr-,  garf.  ampirm.  132-133.  Ettlissi.  V.  ai  num.  delle  vo- 
cali atone.  Qui  annoto  costore  less.  135.  Suoni  concresciuti. 
XaguilM  Aq-,  Larensa  II  4,  140,  ecc.,  se  Avenza  è  anteriore; 
V.  ancora  Bellio,  o.  e,  59,  tiaveggio  1-,  che  parmi  bene  spiegato 


*  Potrebbero  tutti  dipendere  anche  da  -je  (cfr.  tei  cod.  247,  e  rffflie  = 
*rfjt  nel  Pieri K  quel  -je  che  uppur  nel  moderno  luech.  come  -gin  (agli  es. 
del  Pi«»ri  af^iongi  chejlif),  e  che  in  fondo  è  non  altro  che  -e  (cfr.  rer,  ecc. 
nel  Tristano,  1.  e  )  pr^-oeduto  da  J  correttor  dell'iato.  -  Circa  all'-i,  cfr.  an- 
cor* Ta.  pt*ru>^.  poi  può. 

*  Nel  1*  es.  è  tuffo  dia  *  o^ni  giorno  ',  dove  si  può  pensare  a  dia  fé  mi- 
nile (Meyer-Liibke,  it.  j?r.,  p.  18*5)  e  a  *  tutto'  indeclinabile  (v.  Pieri,  141*.  e 
cfr.  tucto  le  terre,  ì  245,  e  più  esempi  analoghi).  D'altra  parte  c'è  mmcj  die 
in  cod.  247.  Potrt'bbe  dunque  il  no>(tro  dia  esser  come  l'incontro  del  muse. 
di  dte,  col  feuiinìle  dia. 


414  SaWioni, 

dal  N.     136.  V.  n  31.  Ricordo  qui  che  San  Terenzo  (o  San  *ro-?) 
è  interpretato    come    Santo  Renzo  II  142.  137.  Metatesi. 

straina  ecc.  I  91,  243,  II  255,  leg.  45  (v.  cod.  2i&\  patio  I  145, 
116,  122,  poi,  per  l'uso  promiscuo  di  palio  e  pailo,  anche  j>at7}0 
I  116,  189,  arie  ali.  a  aire   n  331,    ingiustra  n  63,  porcacchia, 
e  forse  spetterà  qui  pure  appariensa  II  417  (=*-«nsfa);  scrop- 
pioni  I  385,  II 185,  stormenti  1 132,  252,  2bb,pisternaio  bdl.  74,  82, 
Peprignano  Perp-  III  li2,  fraffalla  (G,),  sgarnellare  (G.);  lùcciora 
ulcera;   vernadì   I  108,  256,    torleli   -UH,  =  tolerli   III  25,  146, 
froda  fodem,  drotiina,  trèto  tetro,  Brancatio  ^  Pancr-  bdl.  25,  26, 
Riprafatta  Ripafratta  I  164,  croa.  10.    —  Metatesi  reciproca. 
Tra  vocali,  par  essere  in  abbarocciare,  e  in  sudictore  sedutt-  II 341. 
Tra  consonanti:  chiercio  cerchio  {chiercia  e  cerchia  correggiato; 
cfr.  lo  stesso  invertimento  nel  parm.  cersa  ali.  a  zerda  correg- 
giato, Malaspina  I  34),    ghiaccio  giacchio,    chietto  less.,    scroppo 
ali.  a  sprocco,  scaporale  -lare,  cioUron,    se  non  è  da  dichiararsi 
come  qui  sopra  a  num.  124,  sprolatori  esplorat-  num.  131  (v.  Kirsch 
Zst.  IX  534),  Z^'^^ora  rezzol a,  ^òrt'o^a  polvere,  tónero  sewd- sèdano 
(cfr.  sènido  nel  Petrocchi),  tomarazza  materazza,  catana  canale 
(per  influenza  di  incalanare),  caratattino  cataratt-,  trìciuolo  cetri-, 
rimedire,  come  nell'a.  it.,  I  369,  Geromino,  se  non  è  errore,  cod. 
v.  239.  Difficile  dire  da  qual  parte  stia  la  metatesi  in  pitizzarsi 
di  fronte  al  pist.  tipizz-  e  al  livorn.  azzipitt-         138.  Raddop- 
piamenti e  scempiamenti.    Non    son    troppo  coerenti  gli  antichi 
testi  nella  notazion  delle  doppie    e    scempie.    Troviamo  infatti 
tradicto  I  198,  gicfe  II  370,    Actene    bdl.  106,    ecternal  I  241  e 
altri,  e  insieme  avenne  avvenne  III  10,  radoppiando  ib.,  sapiendo 
bdl.  130,  sollene  bdl.  91.    Lo  stesso  nome  della  città  di  Lucca, 
è  scritto  talvolta  con  ce  altre  fiate  con  e  (v.  Pieri,  n.  99 n).  Una 
vera  doppia  sarà  però  in  'CtUme  =^ -zioìie  III  128,  222,  bdl.  19, 
in  legga  I  354,  bdl.   104,    legghati  II  47,    fuggha  II  7  (dove  si 


*  Siccome  c'è  anche  la  forma  Pangrazio  (con  immissione  ài  grazia^  cosi 
ripeteremo  da  questa  la  metatesi  per  cui  la  sonora  passa  al  posto  della 
sorda  e  viceversa. 


Appunti  sulPantico  e  moderno  lucchese  415 

tratterà  di  an  deverbale  dal  tema  del  presente),  HUolaré  (y.  qui 
sopra),  faceUore  cod.  246,  disfaccimmto  I  98,  dove  s'ha  il  -ce*  di 
faccio^  ecc.,  fummo  U  4,  semminaio  III  220,  presumnia  bdl.  130, 
145,  tennera  II  416,  gennerassione  log.  44,  45.  Il  doppio  U  e  il 
doppio  IT  protonicì  risultanti  da  -l-^-  U  e  da  -/  4*  r-  son  poi  da 
considerarsi  come  resisi  scempi,  in  considerazione  del  fatto  che 
mai  non  occorra  t  rre^  ecc.,  e  che  accanto  a  t  lupo  I  127,  su  /e- 
t>ar0  sul  levare  I  378,  de  luogo  I  230,  i  legìuime  I  387,  s'abbiano 
U  loro  fiori  i  1-  f-  II  190,  U  loro  danpni  II  175  (cfr.  tuttavia 
quanto  si  viene  ora  a  dire).  —  Circa  ai  raddoppiamenti  sintat- 
tici, s'avverte  che  nel  dialetto  moderno  ha  virtù  reduplicativa 
anche  il  -j  venuto  a  tacere  (Nieri,  Vili  e  s.  4  '  ;  Bianchi,  Arch. 
IX  386  n):  he  f figlioli,  que  mnwnti,  le  ddisse  '  lei  disse ',  lu  ffece 
*  lui  fece  '  ;  de  bbimbi  ^  dei  b-  ',  che  forse  ci  spiega  i  bbimbi  (ma 
potrebbe  anche  trattarsi  di  *ej  A-);  e  così  raddoppia  l'infinito 
tronco  della  3%  legge' ssubito,  mette'  nnulla;  Nieri,  XII,  il  che  se 
aia  per  assimilazione  tra  -r  e  la  consonante  successiva,  o  per 
analogia  degli  infiniti  deboli,  non  saprei  decidere.  138*.  As- 
HORBiMENTi  e  CONTRAZIONI.  Lunardo  Leon-  II  155,  156,  bdl.  128  ; 
—  nta'  altro  fine  *  ma  a  a-  '  I  290,  la  testa  Andrea  *  la  testa  a  A-  ' 
I  310,  fa  testa  alquttnti  '  la  testa  a  a-  '  I  305,  naronno'  la  Signoria 
'  narrarono  alla  S-  '  I  231,  fine'  Pietrasanta  *  fino  a  P-  '  I  354  ; 
fi'  etiandio  '  ne  ez-  '  III  309. 


IL  —  ANNOTAZIONI  MORFOLOGICHE. 

a.    DECLINAZIONE. 

139.  Metaplasmi.  —  soddomito  I  158,  pianeto  II  39G,  III  48, 
rangelisto  II  192,  Battista  {il  B-)  lì  99;  resiste:  uno  trombecta 
I  34;  —  pescio  I  222,  III  128,  406,  ecc..  recimo  n  368,  visconto 
I   168,    dogio   du^  n  341,    III  228,    ecc.  ecc.,    cotifessoro  1  141, 


416  Salvioni, 

principo  II  183,  conciavo  IH  162,  163,  165,  comuno  I  241,  Chi- 
mento  Ole-  I  10,  53,  218,  II  361,  Victoro  I  232,  Polègino  Pole- 
sine III  80,  Carmino  -e  III  206,  365,  furo  less.,  e  frigolo  può  qui 
stare.  E  qui  vada  anche  il  vizo-  di  vizodogio  III  228,  se  si 
tratta  di  vize-  interpretato  come  un  aggettivo;  —  scura  sec-  n  239, 
263,  bdl.  134,  III  175,  lepora  I  126,  fórbicia,  rómbicia,  la  Man- 
tala  il  M-e  I  51;  gente  genti  cod.  v.  52,  276,  parte  leg.  45, 
nave  III  303,  torre  I  33 ,  radicie  II  373  ,  serpe  II  185 ,  ualle 
cod.  V.  192,  merde  I  216,  vertude  cod.  252,  251,  sorore  bdl. 
52,  le  quale  cod.  252,  lucente  {stelle)  cod.  v.  140,  cose  vivente 
cod.  V.  331,  cose  corporale  e  temporale  cod.  251  ;  le  mane  cod.  251  ; 

—  telare,  fòlle  lesa.,  spante  less.,  grane  less.,  e  qui  anche  inane 
mano;  —  valige  n  208,  210  (plur.  -gi  -gii  I  350,  376,  II  8), 
cfr.  valige  -ce  nel  Voc,  scepre  less.  140.  Sing.  di  3*  ^  in  t  : 
conclavi  III  162,  163,  mari  II  4,  giudici  cren.  24,  26,  ju-  I  22  (bis), 
signori  1  234,  pontifici  III  121,  161,  participi  III  311,  principi 
III  335,  siri  zi-  sire  (anche  nel  Voc.)  1 429,  Il  400,  trotturi  n  27  n, 
pregioni  prigioniero  I  372,  III  387,  prigione  III  212,  parti  n  19  *; 

—  tali  I  187,  simplici  I  64,  II  169,  247,  IH  131,  160,  290,  pre- 
zenti  {di  pr-)  III  311,  sembianti  cod.  v.  165,  somiglianti  n  402; 
VUali  III  69,  70,  n  286,  287,  Baldassari  III  78-9,  83,  162,  Cezari 
II  43,  44,  Guaspari  I  306,  III  165,  Tedici  Teodice  (?)  I  17,  e 
qui  vadano  anche  Lazzari  II  272,  406,  408,  ecc.,  Pieri  (in  rima) 
I  347.  Di  fronte  ai  quali  nnpp.  risulta  notevole  Luyzo  Luigi  1 230. 
Aggiungasi  poi  4eri  quasi  costante  per  -iere,  —  Plur.  in  -t  di 
1»  declin.:  spalli  I  378,  contradi  III  317,  biadi  III  238,  carti  I 
375,  ecc.,  forchi  1  123,  126,  168,  331,  porti  I  28,  messi  II  319, 
cerni  I  329,  manieri  I  69,  II  422,  minacci  I  266,  408,  II  280, 
luzinghi  I  408,  III  137,  lire  di  sterlini  I  34,  experienti  III  159, 
circustanti  -cum-  I  391,  II  57,  torre  delle  Brachi  III  105^,  le  sacri 


*  Altrimenti:  zettani  -o  n  387,  III  140,  252,  come  nel  Voc,  e  contadi^  I  132, 
che  potrebbe  al  postutto  essere  un  plurale  (del  loro  e-  =  de*  l-  e-), 

*  pietati  (in  rima)  I  848. 

'  le  gradi  (=Z«  gradora  num.  141»)  Me  scalinate'  bdl.  28,  140,  142,144, 


Appunti  suirantico  e  moderno  Incchese  417 

chiavi  I  385,  le  reliquie  santi  I  16,  le  brigate  forestieri  I  313,  le 

buoni  opere  DI  117,  cose alti  II  177,  le  bestie  strani  {in  rima) 

I  386,  delle  molti  I  3,  65,  III  366,  cose vicini  III  84,  mercan- 

liei strecti  III  57  ^    Qui  vadano   anche    i    casi   di  -le  in  -iei 

(num.  3):  viei  II  262,  IH  59,  378,  ecc.,  mercantiei  li  33,  37, 
321,  III  57,  74,  109,  314,  moriei  II  234,  396,  profetici  II  346, 
347*.  —  Piar,  di  3»  deci,  in  -e:  servidore  III  336,  caporale  III 
360,  peccatori  dulente  cod.  v.  406.  —  Plur.  dei  masc.  di  1*  in  -o: 
patrocida  I  247,  dugha  I  347.  —  I  cognomi  etimologicam.  fe- 
minili,  ma  logicamente  maschili,  posson.  conservare  V-a  anche  al 
plur.:  i  Gambacorta  III  107;  possono  avere  -t:  Gambacorti  III 
106,  107,  -Spino/-»  Spinola  I  375,  IH  194,  203,  e  anche,  il  che  è 
veramente  notevole,  assumere  il  regolare -e:  li  Malateste  III 
370,  »  Guinigi  e  Hapondi  e  Forteguerre  1  260  (=  Forteguerri), 
141^  Genere.  Di  neutro  plur.  allego  questi  esempi:  balestra  1  373, 
394,  399,  Il  6,  8,  14,   III  204,  ecc.,    guagnela  ing.  113,    solata 

I  15,  iìwlina  I  392,  sendada  III  252,  letta  n  254,  344,  pugna 
bdl.  36,  prata  I  126,  quadretta  I  125,  queste  verba  III  261,  pen- 
nata (?)  bdl.  19,  paramenta  II  57,  assai  ria  I  200  ria  più  vieppiìi 

II  119,  carogna  {habitacoli  di  serpi  e  carogna)  I  374,  campora 
II  281,  gradora  I  171,  172  -la  I  181,  III  325,  324,  i  gradini 
della  Chiesa  di  S.  Michele.  Ne  viene  poi  il  sing.  *gradola,  da 
cui  discende  l'odierno  gràdole.  Non  penso  cioè  a  un  *le  gra- 
dolCj  per  quanto  occorra  il  plur.  vazellamente  III  344  e  forse 
tormente  cod.  v.  277,  per  i  quali  non  sarà  forse  da  postu- 
lare il  sing.  -a  (v.  Pieri,  vers.  nn.  131-2).  —  Feminili  :  seme 
(v.  Pieri,  vers.  num.  131-2,  e  cfr.  vie.  la  séina)^  aire  n  319,  323, 


potrebb* essere  il  plur.  di  un  *la  grada^  fem.  sing.,  ottenuto  da  un  plur. 
neutro  *lt  grada, 

'  le  eomunitadi  erano  bene  serviti  III  325.  Potrebbe  darsi  che  vi  fosse  la 
sostituzion  mentale  di  comuni. 

'  Ma  r-i  di  miei  tuoi  suoi,  mie  tue  sue,  non  deve  giudicarsi  alla  stessa 
^tre^a.  Esso  è  toscano,  umbro,  marchigiano,  e  deve  quindi  avere  una  ra- 
^one  più  generale.  Da  esse  forme  dipendono  le  a.  pis.  come  mieie  miee^ 
suoie  suoe,  che  sono  miei  +  f,  ecc. 


418  SalTioni, 

I  96,  II  229  (ambigenere  aere  nel  Voc.  ;  ma  in  quanto  feminile, 
assunse  poi  V-a  :  ajera,  ecc.,  e  trionfò  in  ària)  ^,  ordine  bdl.  52, 

II  273  (masc.  :  II  274),  confine  ^j  la  comun  municipio,  oste  eser- 
cito bdl.  10,  argine  bdl.  94,  carcere  n  199,  IH  172  (masc.  :  n  200); 
bufala  -ala  bufalo  bdl.  117,  II  4,  5,  8,  6,  bievora  bevero  num.  3; 
le  ghiaccie  (Pieri,  pis.  num.  132)  III  331;  —  la  magnifica  il  ma- 
gnificat III  113,  117  (vAXYoa),  la  dopocena  n  21  i,  —  Qui  anche 
i  nnll.  Montala  n  139,  Livorna  II  69,  III  139,  ecc.  Coreggia  -già  Cor- 
reggio (le  forme  medievali  del  nome  di  questa  città  son  Corri gium 
e  -già)  I  55  {bis),  58,  Armignacca  n  27-8,  Toletta  Toledo,  in  qualche 
punto  di  n.  —  Mascolini:  neuno  arte  III  202,  l'origine  il  testo 
originale  III  35,  lodo  U  141,  che  potrebb'essere  un  deverbale, 
sancto  Sensio  l'Ascensione  bdl.  31,  tribii  III  391(ftts)  (cfr.  tribo^ 
pure  masc,  St.  di  fil.  rom.  VII  218),  porto  -a,  erbo  (cfr.  erti 
salvatici  1  92,  erbi  da  cucina  III  331,  li  erbucci  n  239),  orbachi 
orbacche  n  300,  se  non  è  un  plur.  fem.  in  -i,  num.  140,  froct^ 
frotta  1 167.  Qui  vada  anche  Gonzago  -a  I  308  (òis).  141**.  Casi. 
Simo  -óne  III  369;  Sensio  qui  sopra,  Rezuressio  I  17,  che  però 
potrebbe  essere  da  resurrexit  (v.  num.  157).  —  soro  sorella  I 
254  (bis),  ed  è  notevole  che  i  bdl.  sembrin  ancora  distinguere  tra 
la  forma  di  caso  retto,  quindi  di  singolare  [suora  124),  e  quella 
di  caso  obliquo ,  quindi  di  plurale  [sorore  52).  —  Accusativo. 
muglieri  mogli  ing.  84,  barbani  zìi  I  48,  cui  sta  dì  fronte  il  sing. 
barba  I  341  (bis),  ma  nel  Lamento  di  Matteo  da  Milano  (v.  Bongi 
I  457).  —  Vocativo.  Il  solito  diaule  III  88,  89,  leg.  45.  —  Ge- 
nitivo. Abbondante  la  messe  di  genitivi  dotti  in  origine,  ma  che 
dovettero   penetrar  abbastanza   nell'uso   comune^:  porta  sandi 


^  Non  senza  influenza  di  àdrà. 

*  Ne'  testi  occorre  solo  il  plur.  comfini  sempre  come  fem.  Il  Bongi  ha 
a'  comfini  I  206,  374,  Il  396,  con  che  dovrebbe  intendersi  ai  e-  (invece  a  c- 
II  392).  Ma  sarebbero  gli  unici  esempi  per  il  mascolino,  onde  preferisco  o 
ravvisare  in  a  la  prepos.  non  articolata,  o  considerare  la  voce  come  un 
singolare  secondo  il  num.  140.  Cfr.  Tit.  a  confine, 

^  Lo  provino  le  formolo  come  Porsampierif  Porsandonaiij  che  vivono  fino 
ad  oggi,  lo  provi  il  fatto  del  prevalere  unico  di  -•  anche  in  quei  nomi  che 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  419 

Pieri  cron.  15,  p-  sancii  Donati  cron.  14,  ^  sancti  Gervagi  croo. 
14-5,  32»  p-  San  Cervagi  I  187,  p-  Samarchi  II  175,  ponte  Sanpieri 

I  167,  812,  fror^o  San  Gienigii  I  10,  12,  31,  chastello  Santangioli 

II  405,  eh-  Viareggil  7 ^carraia  San  Gigli  l  103, porto  VennerilU. 
126,  parte  MalugelliUl  18,  /x;z2ro  Tereldihdì.  28,  capella  San  Lorenzi 
IH  363;  ser  Diodato  ser  Atitoni  III  300,  wr  Jo.  ser  Jacopi  III  310, 
Paulo  Franceschi  III  31,  figliuolo  ScuUi  e  f-  Uguiccioni  I  5,  Simone 
Jacopi  Simoni  S-  di  Giacomo  di  S-  II  56,  figliuoli  Fiadoni  bdl.  28  ; 
Antonio  Beniivogle  ^  III  265,  Forteguerra  Forteguerre  I  252,  260, 
275,  Martino  Andree  isg.  105.  —  Combinazioni  ibride:  p-  sancto 
Frediani  cron.  14,  contrada  di  Sancti  Justo  cron.  35,  la  festa  de 
tneser  san  Regoli  bdl.  18.  —  Circa  agli  altri  casi,  ricordo  i  nnll. 
Tressi  Trezzo  I  244,  Pesori  Pesaro  num.  53-4,  Feltri  (e  -o)  Feltro 
UI  48,  Mesti  Este  I  244»  245,  Castillioni  Castiglione  di  Garfa- 
gnana  I  145.  Inoltro:  Lerice  Lerici  bdl.  95,  Jese  Jesi  n  128; 
Atena  bdl.  98,  Alagna  ànaniae  num.  124,  a  tacer  di  Firema; 
Fighino  Figline  I  35,  146,11  175,  ecc.;  FurlimpopolOf  Racanato, 

dovrebbero  avere  -is  (Porto  Venneri^  figliuolo  Vyuiccioni^  a.  per.  parta  Soli  * 
(e.  con  -/i  trattiito  come  o^'ni  altro  •/•:  p-  Soglie],  oggi  *  porta  del  Sole  *,  ecc.), 
d*aver(ii  genitivi  come  Franceschi,  dove  un  notajo  difìicilmente  avrebbe 
scordato  Franeisei,  e  in  gonere  di  trovar  V'i  disposato  alle  forme  più  fami* 
liari  del  nome  (Fieri  non  Petri,  ecc.).  E  v.  del  resto  il  notevole  studio  del 
(Taudenzi,  Sulla  storia  del  cognome  a  Bologna  nel  hoc.  XIII,  pag.  S9  sgg, 
in  nota.  —  Convive  s'inteinle  il  tipo  *  ponto  Sampiero  '  (I  167)  *  borgo  San- 
donnino  *  (I  57),  e  anzi  il  Scrcambi  ci  fornisce  di  esso  notevoli  enempi:  al 
f tonte  Benevento  '  al  p-  di  B-  *  i  38,  lo  (fi  Sambartolomeo  1  39,  lo  dì  San  Ri' 
cardo  I  7,  a  nome  messer  Fu  stadio  I  179,  e  per^ino  del  cagno  la  vergine 
*  del  conio  della  v-  '  I  128;  cfr.  la  felice  memoria  messer  Arri'jo  bdl.  103. 
Anche:  staia  ITTI  vino,  st-  III  r-  buono^  quarra  I  grano^  ali.  a  st-  I  di  r-, 
7-  una  di  gr-,  fagn.  533,  534,  536,  532. 

*  È  notevole  che  il  cognome  Bentiroglio  aia  Bentivogìia  per  il  Sercjimbi 
(v.  IH  31,  362),  il  quale  quindi  interpivtava  etimologicHmente  in  modo 
diverso  da  quello  che  si  faceva  a  Bologna. 


*  K  insieme:  Porta  SuntautjtUy  p-  Sunanne  'p-  Susanna',    p-  Borgnie  '  p- 
Borgna*.  Cfr.  anche  Corgnie,  ali.   a  Corgnia,  la  famìglia  Della  Oomia. 


420  Salvioni, 

Gregento,  dei  quali  a'  num.  42-44.  L'ablat.  par  esaere  nel  ncmt 
del  frequentissimo  tipo:  uno  fiorentino  nome  Avansaio  I  364,  una 
terra  nome  Channeto  I  267,  ecc.,  e  fora'  anche  nel  dido  anno, 
dieta  mese  di  modi  come  a  dì  XX  maggio  ditto  anno,  a  dì  XX 
dicto  me^e^  ecc.  ecc.  141".  Circa  alla  determinazione  del  tema, 
son  da  ricordare  i  plur.  nimichi  II  54  S  mngnifichi  II  189,  riV- 
ruzichi  bdl.  145,  pratichi  I  314,  stadichi  -^-  ostaggi  cron*  25. 
I  35,  45,  li  181,  III  237,  238,  ecc.,  anzianatichi  n  269  (&»*)•  /*»- 
cifirhi  II  12,  charichi  (agg.)  I  374  (/er),  grechi  -^chi  vini  greH 
III  299,  I  103.  Del  resto,  sempre  -et  (cfr.,  tra  altro,  nimiei  III 
299.  ecc.,  cerusici  bdl.  32(6t>),  magnificiì  132,  greci  *  quei  di  Grecia 
I  257,  III  323),  il  quale  però  è  dubbio  se  sempre  sia  da  leggere 
come  -ci.  Per  la  stessa  ragione  non  oso  leggere  -ée  in  pratirr 
III  362,  putrire  I  226  (cfr.  legi  canonache  III  277).  Di  obligi,  I 
174,  non  v'ha  dubbio  che  sia  -gL  Circa  a  di  lungi  paezi  *da  lon- 
tani paesi  '  II  423,  il  -g-  vi  è  certamente  palatino.  Trattasi  che 
l'avverbio  da  lungi  s'  è  venuto  a  fondere  colla  combinaz.  *  da 
lontani  paesi  ',  fusione  che  s*  avvera  anche  altrove.  —  Circa  a 
•ARiu  -II.  non  riterrei  casuale  denaio  bdl.  16,  II  316,  III  l^^ 
di  fronte  a  denari  bdl.  16,  III  110^.  Ma  negli  altri  esempi  v'ba 
confusione  tra  i  due  numeri  ora  a  profitto  dell'uno  ora  dell'altro 
(notnro  e  -ri  bdl.  26,  27,  miujnaio  bdl.  85,  12(),  121  -gnai  iK 
120,  121,  -gnari  ib.  72).  142*.  Articolo.  elVorchio  ing.  ^^: 
lu  coit'f  ins^.  117,  Ih  cutello  ib.  ;  e  gran  cavalieri  I  336  (in  un 
testo  poetico),  e'  fratelli  bdl.  124,  dove  però  potrebbe  trattanti 

*  Non  v'Ii.i  esempio  di  ehi  per  ri.  oinle  è  corta  la  lezione  nimiki, 

*  D.i  (ju»"»to  patinile  Oreria  traifì?on  ])oi,  n«*ll'a.  e  mod.  8euoHe,  un  •ini?. 
grecio  Iv.  Hir<rh.  Zhì.  IX  ÓHi»»,  che  hì  rivede  nel  yn>  (forma  ^olo  metà  po- 
polare, poi»  hv  R('h»ettiim«*nti*  vorremmo  r/n»  del  boi.  fein  griz  fieno  j^reo»"»; 
beir*'<«»M?ipio  dii  a^^iun^ere  ak'li  analogìii  che  son  raccolti  in  Ro.  XXIX  M9 
8K>f ,  XXXI  J^^ó,  Rend.  Ist.  loinh.  8.  II  voi.  XXXVI  607-8.  E  lew.  •.  'bejn*>' 

'  Di  fienaio  -ri,  v.  Meyer-Lìilike,  Gramm.  stor.'Compar.,  §  339.  e  cfr.  tncb»^ 
gran  drumo  ma  molte  donare  in  Fahretti.  Cron.  penig.  IV  148.  E  Gio.  Fi* 
lotHo  A'hil'ino  tAnnot:\z.  della  volk^r  lins^ia  [Bologna  15.S6].  e.  26  a^  (TÌà 
con^tat.iv.t  per  la  To'tcana  Tuso  di  sing.  denaio  piar,  denari. 


Appunti  sairantico  e  moderno  lucchese  421 

di  e  if  così  come  nell*  el  di  el  tutore^  ib.,  potrebbe  essere  e'  l. 
142^.  Pronomi  personali,  eo  cod.  v.  299;  te  prendi  'tu  p- '  Il 
293;  eUi  egli  passim,  comepron.  neutro:  cod.  v.  109,  303  (1.  Elli 
farà  lo  nostro  Singnore  '  e'  f-  '),  el  fu  ei  fu  I  199,  el  v'è  piaciuto 
III  217,  rateano  rubato  gli  -a  n  262,  le  V avei  prestato  'glielo 
avevi  p-  '  I  247,  le  la  fé  menare  *  gliela  f-  *  I  337,  liei  gliel  HI 
135,  229,  ne  l'ho  fatta  *  gliel'  ho  f-  *  n  240,  negli  porta  *  gliene  p-  ' 
n  314,  concedéli  concesse  loro  I  290;  no  rechasti  cod.  v.  258, 
no  riconperoe  v.  472,  no  cointa  v.  109,  238,  no  manifesta  v.  453, 
e  persin  posposto:  farà  no  dimostransa  *  faracci  d- *  v.  119;  ed 
è  notevole  n'  col  valor  di  riflessivo  in  n'aprendiamo  *  apprendia- 
moci '  n' aprenderemo  *  ci  appr-  '  cod.  v.  460,  462  ;  uoi  promisi 
*  vi  p-  '  cod.  V.  364,  e  cfr.  vo  e  -vo  ib.  pag.  247  ;  eglino  elleno 
n  369,  se  non  v'ha  errore;  loro  medesmo  '  se  medesimi  '  I  249. 
143.  Possessivi,  tuo  nimicha  II  125,  tuo  sorocchia  ing.  84,  viso 
toy  ib.  81,  e  v.  num.  130.  Circa  alla  forma  plur.  fem.  miei  tuoi 
(n.  140n;  M.-L.,  Gramm.  st.-comp.,  pag.  178),  ch'è  costante  pur 
nel  Sercambì.  cfr.  il  fem.  dui  due  (ing.  84,  ecc.).  In  ing.  è  pure 
frequente  il  possessivo  suffisso  :  fratelmo  -to,  mammata,  mogliata, 
figlolata,  figluoUo  -ti.  144.  Relativi.  Per  la  funzione  rela- 

tiva di  così  è  da  confrontare  l'analogo  uso  che  si  fa  di  so  nel 
ted.  meno  recente  {qual  così  =  derjenige  so).  145.  Dimostra- 
tivi. Notevole  la  schietta  funzione  dimostrativa  di  il  e  lo,  in  il  dì, 
lo  dì,  quel  di,  quello  stesso  dì  I  391,  U  444,  il  giorno  quel  giorno 
I  327,  362,  Il  19.  N'ha  qualche  esempio  anche  il  Voc. 


b.    CONJUGAZIONE. 

147.  Con  vegno,  legno  (ma  tenghi  n  358),  va  il  pres.  di  *  ri- 
manere '  (rimagna  III  19)  e  di  *  ponere  '  (pongno  II  262,  -i  II  169, 
-a  bdl.  102,  113,  132,  dispognano  III  342);  e  da  qui  poi  anche 
il  gn  di  conpognamo  (indie.  =  compoft-i-)  fagn.  529.  V.  anche  n  58. 
148.  diceno  II  294,  leg.  45,  induceno  I  118,  II  396,  ri-  II  4, 
finisceno  II  192,  397,  ubidisseno  (1.  -se-)  III  402,  riescino  II  286. 


422  Salvioni, 

Air  incontrario,  dichi  dici  n  215,  dichiamo  U  244,  III  237,  acor- 
ghiaino  II  171,  eognoschiamo  111  104,  voci  d'indicativo,  «wcAiamo 
n  100 ,  riduchiamo  II  234,  proveghiate  1  290,  dichiate  n  266 
(Meyer-Liibke,  Gramm.  st.-comp.,  p.  190  n.),  voci  di  congiuntivo. 

—  Indicativo.  149.  Presente,  statuirne  fagn.  529;  —  nella 
3*  plur.  dei  verbi  di  2-4*,  oltre  ad  -a«o,  si  ha  -èno  in  muoteno 
II  291,  corretto  II  390,  prendeyio  I  290,  e  negli  es.  allegati  nel 
precedente  numero;  -ano  in  regnano  a-  1  378,11  207,  III  3,  81, 
356,  fagn.  523,  mantegnano  II  287,  paiano  app-  cod.  252,  I  218, 
vogliano  III  366  ;  -ino  in  riescino  II  286.  V.  inoltre  tegno  tengono 

II  422  tienno  cod.  v.  19  (Pieri  pis.  nura.  139),  dove  deve  trattarsi 
della  dissimilazione  sillabica  (cfr.  vèno  =  *véneno  vennero  cron.  17). 

—  Da  singoli  verbi,  e'  è  songo  sum  ing.  125,  forma  certo  non 
lucchese  (è  in  una  ingiuria  che  un  lucchese  lancia  a  uno  di  Fa- 
briano-Marche) ;  —  vuote  volete  (:  vuoi  ::  date  :  dai);  faiie  -diete 
ing.  117,  ni  210;  —  òenno  bevono,  n  219,  presuppone  Ì6  beve. 
150.    Imperfetto,  veneano   n  208  ,    regieno   reggevano  ib.  346, 

III  102,  vidieno  n  58;  —  aravamo  III  229  (quindi  avàmo  1  312), 
aravate  I  201,  doravate  II  74,  75,  158,  167,  173, 179,  190,  III  339, 
solavate  11189,  tenarate  III  206,  faciavate  III  24 1;  v.  Meyer-Liibke, 
Gramm.  st.-comp.,  pp.  205-6,  268.  151.  Perfetto.  Lavocal 
caratteristica  della  1^  conjugaz.  vedesi  di  spesso  restituita  nella 
3»  singolare:  cavalca  1425,  II  263,  caminà  1  144,248,249,251, 
peggiora  I  88,  tnandà  1  424,  caccia  III  67,  Urrà  III  70,  torna 
III  150,  raportà  III  90,  ecc.,  e  n'è  promossa  la  3*  plur.  in  -ano: 
seguitano  III  35,  tornano  1 190,  caminano  I  433,  cavalcano  I  162, 
164,  ordinano  III  361;  v.  anche  Meyer-Liibke,  o.  e,  210  n,  268. 

—  Per  il  convivere  di  -/  e  -/o,  ne  viene  anche  -éo  allato  ad  -é 
(concedèo  cron.  9,  rendeo  1  53,  vendeo  n  220,  II  190,  ecc.),  e  su 
questa  forma  di  3*  sing.,  il  lucchese  modella  la  3*  plur.  -éono 
(rendeono  I  4,  18,  combacteono  I  11,  46,  47,  poteono  1  51,  119, 
perdeono  I  49,  n  346,  steono  n  306,  309,    342,    394,  ecc.),  così 


*-  Come  si  spiega  fieri  facevi  ing.  113  V  Difficilmente  potrà  connettersi  con 
faieva,  ecc.  Caix  Or.  237. 


Appunti  Buirantico  e  moderno  lucchese  423 

come  su  •io  {sentio  I  52,  risiituìo  II  190,  cóncedìo  I  86,  ecc.),  bì 
costruisce  -iono    {ferìono   1  12,  13,    inorìono  I  36,  44,   partìono 

I  18,  34,  378;  cfr.  d'altra  parte  ferino  I  27,  tradìno  1  44,  ecc., 
e  cos\  ricevono  III  240).  Per  la  4"  conjugaz.  è  pure  assai  frequente 
la  3*  pi.  in  "Hteno  {-Htero  1  124);  usciiieno  I  117,  fuggitteno  I  320, 
III  265,  cren.  13,  montteno  cren.  10,  comparicteno  II  376,  invi- 
iicteno  I  108,    sbigotiteno    III  265,    saglicteno  leg.  71,  circuitteno 

II  52,  ecc.  (anche  finicte  leg.  71,  sulicte  III  322,  nella  3»sing.  ; 
notevole  morèii  morì  cron.  22).  —  partì  partii  I  290  ^  -  Del 
tipo  forte,  cfr.  andiè  n  85  cui  sta  allato  andè  I  225,  come  ali. 
a  die  si  hh  de;  —  dienno  I  93;  ma  di  *  ad  dare  '  si  ha  addò 
n  336,  riformato  sui  verbi  in  -are.  Invece  addacetti,  e  con  lui 
nndacetti  andai,  a  Tereglio  (G.)  ;  —  fuen  (su  fue)  n  28  ;  —  co- 
//«ori  n  405  -ve  III  12,  crhe  I  22  -vie  I  288;  promissi  III  131 
misse  III  30,  tY;i6*e  venne  I  145  vèno  ib.  149,  condusaino  cron.  33, 
ificonfisseino  cron.  23,  3JI  (cfr.  fecimo  -emo,  ridìnw  -emo,  missimo 
emOj  Nieri  XV),  somòssoro  III  138.  152.  Fittuko.  sirò  sarò 
a  Tereglio,  e  con  questa  forma  andranno  chidirai,  usìdirò,  talli- 
rocti,  ing.  81,  signiroe  ib.  120.  —  finerà  III  3  -ano  cod.  v.  336, 
ntribuerà  III  151,  vinerà  n  118,  fallerae  cod.  v.  2^)9,  segneremo 
cod.  V.  467,  uderemo  III  95,  iscieremo  cod.  v.  463  escenìno  -nno 
rod.  vv.  220,  252,  441,  fagn.  529.  —  Con  sincope  nel  tema: 
pretìdrò  n  54,  concedrà  bdl.  65,  ardrano  cod.  v.  339,  fendrasi 
cod.  V.  248,  mectra  cod,  v.  IS^ó  -tremo  n  6,  1  156,  rirrrrà  II  269 
-rrano  cod.  v.  434,  patrai  HI  159;  /f>rfm  III  38,  amendrete  n  12, 
mu/rano  cod.  v.  275,  montrà  cod.  v.  217,  cofttrà  -ano  -nno  I  370. 
Il  218,  125,  diventrano  cod.  v.  193,  portrai  111  249,  dirochrnno 
cod.  V.  202,    leurano   sollrur-  cod.  vv.  206,  274;    aperrà  aprirà 

I  149,  II  303,  allrgvrà  alloiCLTorirà  III  407,  'ucoìiterrn  incontrerà 

II  181,  interrano  entcrano  cod.  vv.  184,  322  pfttfrrh  ini;.  l(>2, 
rijjarrà  riparerà  II  259,  ristorrà  n  24,  atrrai  curerai  end.  v.  93; 
merrò  n  82.    In    moatrcrrà    III   16,    imp*trerrà    I    241,    vedremo 


*  L'ii  {-(j)  toscano  di  partii  ec**.,  ili»v'e.«sHr('  un  proilotto  seriore  analo^oo 
U'jvuto  a  -ój  'éj. 


424  Salvìoni, 

forse  delle  forme  fittizie  per  mosterr-,  ecc.  Da  *  potere  '  si  ha  il 
solito  por-  porr-  (III  250)    tirato    analogicamente  su  vor-  vorr- 

*  volere  '.  —  Circa  alle  forme  con  -abbo,  è  notevole  taglerabe 
tagliere  ing.  87,  che  sarà  forse  un  errore.  —  Di  *  essere  ',  e'  è 
la  1*^  sing.  sarón  e  -no  tirata  su  son  -no,  forse  non  senza  l'in- 
tervento d'un  epitetico  saró-ne.  —  Di  fieri  s'hanno  fia  bdl.  81, 
fi  I  161,  317,  m  341,  fagn.  530,  bdl.  7,  22,  23,  fie  cod.  v.  284, 
291,  fino  cod.  v.  433,  251.  —  Nelle  desinenze,  noto  ancora  las- 
sereno  II  380  {comunicherenci  IH  95).         153.  Imperativo,  apre 

I  150,  conciede  II  186,  piange  cod.  v.  80,  muóveti  II  183  {bis), 
volgeti  II  184,  reverisceli  III  215,  ricevete  III  223;  jfwarfi  *  guar- 
dati '  Il  426  ;  pognan  1 196 ,  meUianh  III  19  ;  faite  II  220,  III  16,  43. 
—  Congiuntivo.  154.  Preseitte.  2*  dichi  n  225,  md»  ing. 
84,  86,  facci  n  297,  I  134,  tenghi  n  358,  pongni  II  169,  riduchi 

II  186,  di'  DES  n  374;  3*^  :  debH  I  317,  sea  sit  n  128,  136,  267. 
Plur.  1*  e  2^;  v.  num.  147;  3*:  voglino  II  309.  155.  Imper- 
fetto. Della  1»  in  -e  sono  esempi  in  n  167,  168,  244,  260,  290, 
398,  402,  bdl.  126,  II  181,  284,  418,  HI  95,  340,  345;  —fus- 
semo  III  19,  prendessemo  III  95.  156.  Condizionale,  porea 

*  potrebbe  '  cod.  v.  301  ;  farave,  farei,  ing.  116,  sarà  forma  cisap- 
penninica.  —  Circa  alla  determinazion  del  tema,  cfr.  restitue- 
rebbe  III  198,  volere'  n  330;  mandre'  III  158,  commendre'  II  73, 
levre'  III  325,  merrei  HI  72,  incorre'  III  193,  ddiberènno  III  144, 
dimosterenno  III  129,  riceverrè'  n  268.  157.  Infinito.  Pochi  casi 
di  infiniti  tronchi,  e  si  tratta  per  lo  più  che  all'infinito  s'appenda 
un  enclitico:  vole'  IH  30,  188,  pensa'  Il  74,  ritrova'  III  232,  os- 
servalla  II  192,  portallo  bdl.  82,  seguralli  II  274,  trailo  III  119, 
aprile  *  aprirle  ',  in  un  posto  di  III  ch'ora  non  so  indicare,  porgdli 

III  176.  —  Senza  sincope,  ponere  n  406,  traiere  -gere  in  più 
luoghi,  tollere  bdl.  3,  I  175,  n.  214,  ecc.  (anche  sen.  ecc.;  e  v. 
Nannucci,  715),  onde  poi  torteli  -liti,  III  146,  25  S  cioè  tollerali, 


*  Cfr.  l'a.  sen.  tòrlali  -gli  'togliergli',  cioè  tòllarli  (cfr.  tòllare  p.  25),  a 
p.  4  dello  Statato  del  Comune  della  Pieve  a  Molli,  edito  da  Luciano  Banchi 
(Siena  1866). 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  425 

conducer-si  III  198.  Gli  infiniti  sincopati  posson  rientrare  nel  giro 
della  conjugaz.  regolare  coU'aggiunta  di  -re:  porrer  I  1G2,  tòr- 
rere  (cfr.  tórre  n  405)  -erti  III  49,  bdl.  100,  condurere  I  276, 
II  53,  HI  150,  231,  237,  307,  ridurrere  -r-  II  165,  III  288,  II  351, 
indurere  II  173,  sodurrere  III  321.  —  allegerare  I  276,  rivigo- 
rati  rinvigoriti  I  108.  Non  so  decidere  di  siridare  n  378.  Se 
fosse  -are  penseremmo  a  una  formazione  da  strido  ;  ingegnirsi 
ingegnarsi  I  275.  Del  *risuressire  risuscitare,  onde  fan  fede  ri- 
zuressìo  II  307,  risurezUi  II  253,  e  che  non  può  rispecchiare 
REsuROERE,  ponso  cho  dipende  direttamente  dal  chiesastico  re- 
surrexU  (cfr.  il  resnressi  nel  Voc.)  pronunciato  come  -zU,  onde 
"^risurezi  o  -Ute,  poi  Tiiifin.  in  -/r«,  ecc.;  *conced{re  par  provato 
dal  perf.  concedìo  I  86;  chierére  (luolere)  chiedere  cod.  v.  283 
(v.  Caix  Or.  §  231);  —  tacere,  rimàtie  (G.),  a  ravvedici  a  rive- 
derci (s.  *  vede  ').  —  Il  tema  dal  pree.  esteso  all'infin.  e  ad  altri 
tempi  o  modi  è,  tra  altro,  in  asaglire  II  372  {-{ti  I  17,  -io  II  19; 
sagliti  I  106,  ecc.).  168.  Gerundio,  siando  I  127;  ma  faz^ 

zando  è  un*  indubbia  forma  cisappenninica.  —  saglendo  III  85. 
159.  Participio  passato.  Notevole  il  garf.  parvo  parso,  che  sta 
a  parve  come  parso  a  parse,  ristrinto  II  377,  III  197,  369,  sparta 
n  172.  —  Curioso  ordina'  -ato  111  210  (v.  Kirsch,  Zst.  X  427). 
—  vensuto  venuto  (G.).  160.  Participio  presente,  percossente 
terribile  percutiente  cod.  v.  225.  —  trucolente,  spurghente  chiaro, 
limpido. 


e.  derivazione  nominale. 

161.  Deverbali,  stimo  -a,  estimo,  II  65,  66,  III  367,  dimoro  -a 
II  77,  III 165,  cercha  giro,  processione,  II  367,  minaccio -A  II  396, 
rendfcto  II  48,  incappo  II  272,  dilivro  compimento  I  221,  amicco 
cenno  n  298,  piscio  -a  ib.  27b(bis),  raquisto  I  115,  sceccho  siccità 
cren.  36,  chava  escavamento  1  326.  E  forse  anche  raccomandigio 
II  8,  380,  III  340,  dipende  da    un   ^raccomandigiare.  162- 

167.  -ame:  lo  enterame  le  interiora  n  170  (bis), ànza:  dima- 


426  Salvioni, 

slranza  cod.  v.  119. ÀKU  :  micidiano  omicidiario  II  413  {bis),  — 

-ata:  gorgazzaia  gorgata  n  275. àto:  primata  prima  n  61*.  — 

-Itico:  papatico  papato  I  46,  III  248,  imperiatico  dignità  impe- 
riale III  10,  11,  37,  capUanatiro  ufficio  del  cap-  HI  13-4,  H,  21. 
antianatico  n  269,  III  22,  comparatico  qualità  di  compare  IH  "^r». 
(jomom^Vo  qualità  di  madrina  n  398.  V.  Pieri  XII  ir>7.  --  -illo: 
piccioleUo  cod.  v.  334.  —  -kna  :  pacchèmt,  paiièna,  pUèna  (e  cfr. 

ancora  zenzorèn  stentereno). KSSAijhìlUnna, k^hv::  amconrsf 

-itane  n  23r>. ensiaxo  :  borghigiano  di  Barga  cron.  34,   III  49. 

calrigiano  di  Calci  I  290,  292.  —  -Emo  (Parodi.  MÌ3c.  Ascoli 
48r>  n):  Unrorìo  {l-  di  terra  lavorazione  della  t-  bdl.  19,  /-  di  srt*j 
ib.  132(6w);  anche  nell'a.  per.  c*è  lavorìo  in  senso  concreto).  — 
-esimo:  Hovesimo  nono  cod.  v.  22r>.  —  -éto:  si  può  chiedere»*» 
qui  spetti  rarreto  III  HI  (v.  St.  di  fil.  rem.  VII  22S;  circa  al 
-rr-,  cfr.  carretto  nel  Voc,  e  cavrirtu  nolTa.  orv.).  -  -étto:  sigm*- 
recti  I  131.  —  -ia:  ararla  -izia  II  19S.  triatìa  I  !.%.'>,  magiorm 
'99'  preminenza,  primato,  I  Ilo,  II  16,  n  341,  3s3,  ecc.,  rrr- 
torhi  I  ir»6*.  Fors'ancbe  camera  maestria,  bdl.  100,  103,  andni 
letto  come  r-  -}a  *  camera  della  maestranza  \  —  -mktto  :  fug- 
gimndn  fuga  II  ì>Tì,  jHirtifnenfo  partenza  I  175,  separazione  co4Ì 
V.  441,  cadimeufo  catiuta  I  147,  mandamento  missiva  III  !•♦*», 
afnnidoìiam-  Il  416,  417,  dizonnram-X  1>^><,  sc^ìeram'  scolerapirin»- 
n  330,  disidram-  desiderio  cod.  v.  4r>S,  inndiam-  ib.  v.  4r>9. 
—  -i'mk:  conrime  «<•-  *  acconciatura  *,  riparazione,  aggiustatura, 
III  2r>6,  3r>r>,  357.  -ino:  asinino  -elio  I  123,  -  -io:  acordi*» 
II  :>9,  Fiandria  III  US.  Ma  ^//rA//>  turco,  I  325,  326,  32H,  Il  41. 
177,  -r///»s<''i  I  326,  sarà  dal  plur.  inrrìii  interpretato  come  *turkji, 

K  anche  nel   Voi*. om»:  dfsidfrioson'Mo,  ma linrof toso  ih.  137. 

262.  —  -òiro:  gt-ndìn-ta  I<'<^,,  n'tguihùtfo  di  Aquilea  (v.  St.  «li 
lìl.  rom.  VII  230,  Krit.  Juhre-l».  IV,  1.  pai;.  167.  e  qui  sopra  a 
p.  222).  —  -iatk:  hm^s^ih'i  dho-  I  22:v  III  22,  pupillantà  nf- 
fi«i«»  (le*  p'ipiìli  1  s^'.  —  -Tr«>vF:  cnltr,j,tii,,np  lojja  II  76,  rifiuta^ 
tifine  III  si,  C'unjf'fni^iunr  coriipn*;-   I  1:M,  anìrigione  as-  soluzione 

*  .N'ir  i-'iMi  I  o  S^if'irtntn  'Il   *»7  ? 


Appunti  sull'antico  e  moderno  lucchese  427 

ass-  II  188,  III  35.  —  -tobe:  confessatore  -ssore  n  377,  381, 
renditore  che  deve  pagare  un  reddito  bdl.  3.    —    -torio:  bestia 

caricatola  b-  da  soma  bdl.  19,  41. udine  suiettudine,  III  298, 

fatto  su  8ERV1TUD0  -DINI8. Clo:  bataglioro  n  252. uólo: 

cinghuolo  III  324. uba  :  presura  n  263,  ecc.,  produra  prudore 

n  226.  —  -ute:  soiectù  I  118,  fatto  su  servitù,  168.  Lan- 

cilaio  III  141,  150,  ricorda  NicolaiOy  e  si  tratta  di  -do  attratto 
da  -dio.  Anche  qui  candelaio  candelabum  leg.  46,  e  allato  can- 
delasio  I  33,  254,  nella  qual  forma  io  vedrei  una  contaminazione 
col  sinonimo  *purificasio  (v.  il  num.  141  **,  e  cfr.  grasia  grazia 
leg.  46)  la  cui  esistenza  si  può  facilmente  supporre,  miiola  (cfr. 
il  mod.  mtiora)  II  160,  214,  interpreta  mitra  sulla  norma  di 
dntra  cintola,  ecc.,  cofforo  bdl.  52  {ter),  potrebbe  dipendere  dal 
frane,  coffre.  Di  enterivoli  interiora,  n  170,  parmi  che  sia  da  leg- 
gere entep'ivóli,  con  r-r  dissimilati,  e  con  v  colmator  di  iato. 
redola  redine  I  150  (onde /frfre  redini  cod.  245).  artefini-cì  I  237. 
chiavila  anche  in  I  186.  sussiduo  -dio  III  175.  E  qui  noto  anche 
infortuno  -nio  III  323. 


d.  derivazione  e  composizione  vebbale. 

169-170.  ricorteare -eiare  hdì.  52,  124  (v.  il  Voc),  guerreante 
bdl.  4,  V.  Parodi  Mise.  Ascoli  467-8,  campeare,  I  350,  campeg- 
giare, stare  a  campo,  ma  in  una  combinazione  in  cui  anche  potrebbe 
voler  dire  'campare  *,  pedeare  less.  —  Prefissi,  ainantenere  II  379, 
amoniti  mu-  I  168  [amonitione  m\X'  I  320(6/,s*)],  nbastoìiato  I  245, 
assegnare  cons-  I  133.  — bistaUiati  bdl.  50.  —  deraso  raso  n  168, 
dilevare  togliere,  levare,  n  257,  258,  ecc.,  dilassato  rilasciato  n  202. 
—  dispuonere  deporre,  abbattere,  scacciare,  I  7,  IFI  4:^,  113,  186, 
204,  236,  n  384  n,  esporre,  dichiarare,  I  168,  286,  289,  n  145, 
258,  dismisurare  eccedere,  deviare,  trascendere,  cod.  v.  20,  dis- 
viare dev-  cod.  V.  12,  dispinti  cancellati  11  195,  diznrdinato 
contrario  agli  ordini  bdl.  130,  discredenti  I  381  [dizaiuto  II  141, 
diservigi  cattivi  servigi  I  297,  II  139].    —    astengna  *  attenga  * 

Archivio  glottol.  iUL,  XVI.  2H 


428  Salvioni, 

n  247;  strusseno  distr-  n246  [struetione  bdl.  55],  stribuire  dis- 
ili 400,  n  244;  isguardare  sff-  g-  ood.  vv.  104,  186  *  ;  screseere 
scemare  cod.  v.  162.  —  inchiusi  rinc-  cod.  v.  35  ;  inviliti  »w- 
I  389.  —  preferire  prò-  III  160.  —  [perfetto  pre-  III  244,  245, 
246].  —  ripremiare  premiare  I  108,  ecc.  riscontrarsi  incon-  I  145, 
rioogliere  acce-  III  223,  n  239,  406,  race-  III  296,  ecc.,  rifrenare 
tbMt'  I  118,  rinonsare  denanciare  ann-  bdl.  101,  resegnato  ri- 
rass-  bdl.  12,  26,  riuedere  provvedere,  soccorrere,  cod.  w.  386, 
420,  rivigoroH  rinvigoriti  I  108,  riaumdliare  II 362,  365,  ressen- 
tire  tornare  in  sentore  n  304,  305,  314,  rinvegnente  seguente, 
snssegaente,  successivo,  n  215,  ecc.  ;  —  racordare  ri-  HI  94, 
n  344,  rasealdò  ri-  ib.  183,  ramuneragione  bdl.  23,  ruguardare 
1  308,  809,  B  327,  ravvedici  *  rivederci  ',  raccamati  rica-  bdl.  50, 
ragguzzati  bdl.  50,  raffermare  conf-  n  297,  racre^c^e  acor- 1 131, 
rapresentare  pr-  bdl.  9,  ecc.  —  socdelare  less.  —  traedolgere  lese.; 
tramettersi  introm-  I  149. 


ffl.  —  ANNOTAZIONI  LESSICALI. 

abando  {in)  in  -ono  II  253. 

abbarocciare  non  si  stacca  da  abborracciare,  e  se  questo 
è  da  borra^  la  voce  lucchese  avrà  trasposto  le  vocali,  baròcdo 
sarà  poi  da  baroccione  e  questo  da  *barocciare. 

abboccato  -bochor  ghiotto,  avido,  n.  290,  III  72.  Yoa 

abievoli  abeti  (?)  n  178. 

abile  adatto,  acconcio,  I  176,  285.  Yoc. 

acciechare  cancellare  (una  pittura)  HI  112.  Yoc. 

achumiatare  sbandire  I  119.  Yoc.  '  accom- '. 

acostante  confinante,  contiguo,  III  33.  Yoc.  ^acc'. 


^  Ma  al  y.  404,  par  piuttosto  che  sffuardare  dica  *  torcere  lo  sguardo*. 


Appunti  suirantioo  e  moderno  luccbe§e  ilHè 

€tdempiere  (o  -ire?)  riempire,  empire,  III  818.  Voc. 

adextrare  portare,  reggere,  maneggiare,  I  145. 

affermare  conf-  II  292.  Voc. 

agiungersi  commettere,  azznfifarsi,  I  38.  Voc. 

allargarsi  sbottonarsi,  confidarsi,  n  199.  Voc. 

allentare  rimuovere,  togliere,  levare,  diminuire,  118. 

allerata:  tenere  a-,  cioè  a  mezzOy  n  62. 

altro  nel  signif.  di  reliquts:  n  200,  I  46,  57,  93,  II  405. 
Vedi  XII  386. 

amaestrare  m-  magi- primeggiare,  comandare.  III  9,11,12. 

ambiante  (sost.)  cavallo  ambiante  n  27. 

ambue  ambedue  I  46. 

umiratione  vista,  mode  di  vedere,  Il  8. 

ammi  {per  a-).  Di  *  per  amore '  =  *  in  canea',  v.  Ascoli 
I  25  n..  Ili  102  n.,  Seifert,  Gtìoss.  eu  Bonv.  s.  '  per  mor  ',  ne' 
quali  pasn  som  raccolti  gli  elementi  per  dichiarare  T?  e  il  -do 
della  forma  oenoorrente  ammodo,  E  noto  che  T^  ricompar  di 
qua  dall'Alpi  nel  valmagg.  per  mort  (o  per  mot  o  per  mod)  inèi 
^  quanto  a  ciò,  a  cosi  '.  Notevole  che  da  '  per  amore  '  si  sia 
estratto  atnore  motivo  II  392. 

amonitione  ricordo,  menzione.  III  296.  armerìa,  materiale 
da  guerra,  I  820,  lì  140,  ecc.,  Ili  23,  54,  dove  non  da  tu-  ma 
d'am^  dessi  leggere. 

àndito  (Giinite).  Sarà  àbito  commisto  a  andare  (cfr.:  an- 
damento di  casa  =  ^  costume  di  casa  ',  ecc.). 

anellare  dar  l'anello  (ai  cardinali)  III  137.  Nel  Voc.  c*è 
•-  Ui  sposa. 

aparechiamenti  paramenti  (di  chiesa)  III  110. 

appariema  forse  per  *apparémia,  Pieri  §  137*. 

appiglistrarsi  è  forse  più  genuino  di  appilli"  appili-;  se 
almeno  è  dato  da  inferire  dall'ai to-it.  apigliarse  attaccar  briga, 
di  cui  V.  fn  Boll,  della  Soc.  stor.  pav.  II  219,  e  al  quale  è  daag- 


'  È  invece  scomparso  Vi  tematico  in  huhidensa  obbedienza,   che  occorre 
un  pajo  di  volte  ne'  testi  ed  è  pure  deira.  senese  {ubidema  Zst.  IX  541). 


430  Salvioni, 

giungere  Vapiarse  aseinbre  di  uno  dei  saggi  del  Fiore  pubblicati 
dair  Ulrich. 

aprovare  credere  II  246,  275.  Voc. 

arbiturio  abitazione  bdl.  106,  e  cosi  va  emendato  anche 
arbitrio  ib.  110. 

arcata  tiro  d'arco  n  298.  Voc. 

arratore  di  parole  che  ha  solo  delle  chiacchiere  n  21^. 
Nel  Voc,  ò  arcatore  ingannatore,  truffatore. 

aregare  asportare  I  379. 

argomento  serviziale  n  66 (6 w).  Voc. 

arguto  ritto,  alto,  cod.  v.  206.  Sarà  un  partic.  debole  da 

*  ergere  ',  q.  *  crgiuto  *. 

arme,  -a dura.  Notevole  il  valor  collettivo  che  quenti 
singolari  riveston  quasi  sempre  nel  Sercambì.  Cfr.  ancora  can- 
delo  candelame  fagn.  532,  spina  spine  cod.  v.  357. 

arnécchio.  Piuttosto  che  ad  arkus,  è  da  pensare  a  anm- 
cuLU  (Ktg.  66r>),  cui  non  oppongon  difficoltà  ne  la  fonetica  (v. 
num.  126)  né  l'idea. 

arrantiato.  Crederei  per  ' -icato  '  e  avrà  detto  dapprima 

*  affannato  '  ;  cfr.  il  lomb.  rantegà  rantolare,  aosare. 

arsinio.  Per  17,  cfr.  il  wen.  arslnico  e  il  mesolc.  arzinik. 

a  runa  rei.  Sarà  adunarsi  disposato  a  raunarsi^, 

a r 2(1  naia  -se-  porto,  arsenale,  darsena,  n  76,   158. 

àscaro.  V.  XII  3S8,  XIV  205,  e  Stolz,  Indog.  Forsch.  XVII 
(^S,  che  pensa  nuovamente  a  alax^óv. 

ascino  -ci-;  cfr.  déino  a  Montignoso,  né  se  ne  stacca  il 
sard.  (Unii  (cfr.  logiiil.  camija  camicia).  Già  il  Pieri,  qui  sopra 
a  p.  l()9n,  raccostava  ad  arino  il  sen.  sùcina  susina,  e  coi  due 
potremo  forse  mandare  l'are,  visitare  visitare  (Pieri,  ib.  l*>*^i. 
Se  d'altra  parte,  con  àinu  si  confronta  il  pure  sardo  gai  che 
alcuno  riduce  a  i^i  Abi,  ne  vien    da  chiedere  se   veramente  non 

*  N.»n  (Tf'hi  ciiM*  a  •</•  i?i  r.  nialj?ni<lo  il  Fi»*ri  ver»,  169  n.  e  roftlf^nido  l'i. 
li.-n.  cfotnt  t  H  Ai>i  '/««t.  IX  .'»oyi.  —    ijuantu   al  M»n.  asciunare  (Z«t.  IX  57»». 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  481 

s'abbian  de'  casi  in  cui  -si-  è  trattato  come  -sj-.  [Delle  voci 
sarde,  v.  ora  anche  Bartoli,  Archeogr.  triest.  XXIX  151]. 

a^e^are  fiutare  III  272. 

assare  (o  meglio,  imperai  dssa).  V.  Bovet,  Misceli.  Mo- 
naci, 243  sgg. 

assegnare  consegnare,  indicare,  II  385,  IH  12,  68. 

assettare  porre  a  sedere  n  173,  175  -ctati  seduti  I  250. 
Voc,  Parodi  XV  46. 

assinicare.  Forse  da  Seneca,  come  apparrebbe  dA  séneco^ 
stizzoso,  XIV  214.  Ma  v.  il  Pieri,  vers.  175  s.  '  assinare  \ 

assitare  sentir  odore,  annusare,  n  172.  Nel  Y oc. :  assUiUo 
che  ha  sito,  odore  spiacevole. 

assortito  cavato  a  sorte  I  259,  -titore  chi  ha  T incarico 
di  cavare  a  sorte  I  261.  Voc. 

astengnensa  penitenza  leg.  70. 

atto  pronto,  disposto,  n  230,  249,  319,  inclinato  I  117, 
lì  225.  Vedi  Zst.  XXII  477. 

attraere  cavare,  estrarre,  I  196. 

attratto  rattratto  n  296,  -ttire  rattrappire  I  249. 

attroccolare.  Sarà  appunto  azzoccolare  commisto  a  trot- 
tare. 

attuire,  -^,  II  164,  11137,44.  A  Città  di  Castollo  occorre 
anche,  col  valore  di  *  abbattere'.  I  significati  ci  guarentiscono 
la  base  '  totu  ',  e  riman  quindi  ben  confermato  l'etimo  dell'A- 
scoli per  tuer  ecc.  Solo,  nella  Toscana,  il  secondo  t  è  venuto  a 
tacere  per  dissimilazione;  e  v.  anche  Pieri,  vers.  169. 

avale  adesso  n  216,  III  72,  322,  402,  ecc. 

atarizzare  risparmiare,  economizzare,  n  16. 

avermaria.  Cosi  anche  a  Siena  (v.  il  periodico:  Niccolò 
Tommaseo  I  22)  e  altrove;  v.  num.  126. 

bàciora  -gio^.  V.  Parodi,  Ro.  XXVII  214-5,  ricordato 
dallo  stesso  Nieri  nelle  Giunte,  e  cfr.  basala,  tafferia,  a  Città  di 
<.'astollo.  £  ben  notevole  che  nel  lucchese  e  altrove  (lomb. 
hiéléta,  ecc.,  v.  Zauner,  Die  rom.  N.  d.  KOrpert.  73)  coincidan 


432  Salvioni, 

nella  voce  i  due  significati  di  '  tafferia  '  e  di  *  meato  proni* 
nenie  '.  Il  paragone  tra  le  due  noxioni  infatti  non  istuona,  e 
doveva  sentir  ciò  il  Porta  quando  paragonava  il  naso  e  il  mento 
di  Fraa  Condutt  (str.  5*,  vv.  5-6)  a  '  la  seggetta  del  woUUa  |  eh 
gotta  giò  tabacch  sii  la  basletta  \  Circa  alle  forme  del  vocabolo. 
ricordo  ancora  il  mesolc.  bóàna  tafferia. 

bafore,  banfa.  V.  Parodi  Ro.  XXII  206,  aggiungendo  il 
campid.  bàffidu  '  vapido  ',  esalazione,  cattivo  odore. 

baglioncello  monello  Ing.  81.  Rammenta  il  sinonimo  nap 
guaglionciello, 

bainco  (versigl.  bachinch'i-o)»  Ben  a  ragione  il  N.  vi  ravvisi 
l'equivalente  dell'  emil.  bghengh  '  baichingo  ',  '  bacato  \  scemo. 
Quanto  a  me,  mi  si  permetta  di  prevalermene  intanto  cum^ 
d'un  nuovo  esempio  di  -inco  alternante  con  -/n^  K  V.  Boll.  St. 
d.  Svizz.  it.  XXV  93  sgg.,  Merlo  CI.,  I  nomi  romanzi  delle  M- 
gioni  e  dei  mesi,  22()-21. 

bassoglia.  V.  Ko.  XXXI  295,  e,  per  il  6-,  Parodi,  il-, 
XX Vii  214.  Cfr.,  oltre  all'ancon.  tasore^,  il  sillan.  roMo^,  rci^^: 
tassóra  vaglio,  ventilabro.  La  forma  barsoglia  (Giunte)  si  pam- 
gena  col  boi.  valsura  vaglio. 

bazolare  II  408.  Il  Bongi  traduce  per  '  basalarda '. 

beccarino  truffatore  n.  261.  Il  ^beccarino'  era  nel  M.-K 
lo  sgherro  al  servizio  d'una  fazione,  e  v.  Rezaaco  8.  v. 

begio  baco  (Pascoli, o.  e,  glosa.  s.  *  begetto  ').  Sarà  realmecu 
il  plur.  begij  colla  palatina  portata  al  sing.  come  neU'ano>i.. 
bacio  (Rendic.  Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXXVI  607  ;  v.  ancora  qii. 
indietro  al  num.  141*  in  nota).  Il  Nieri  ha  beco,  e  vedine  il 
Pieri,  num.  1,  e  vere.  num.  1. 

bellendora,  Cfr.  bréndola  a  Città  di  Castello,  dove  an* ^ 
si  ha  il  sinon.  bèllera,    che,    insieme  ai  sinonimi  vaiteli.  bUìM, 


'  Mi  ni  lasci  qui  ricordare,  di  tra  i  nnll.,  il  vera.  Terrimea  (fraz.  di  SU£x<*cd' 
'  È  contante  in  più  varietà  delle  Marche  la  sostituzione    di  -óre  a  «-i. 

sostituzione  df*terminata   certo  da  ciò  che,  p.  es.,  il  ras^jo  (march.  r«t»"'' 

può  inUrpre tarai  come  il  *  radente  \  il  *  racore  *. 


Appunti  suiraDtioo  e  nodemo  lucchese  4SS 

mescle,  bérola  (cfr.  borm.  bérola  donnola)  »  dimostra  trattarsi 
della  base  '  bello  '. 

benedica.  Per  questo  deverbale,  v.  XIY  206  n,  Ro.  XXVIII 
93,  aggiungendo  il  cremon.  benedfga  confetti,  confettura. 

bevere  prendere  un  veleno  I  246. 

biasmare  incolpare  III  107. 

biastimare  imprecare  I  188. 

bigari  atti  di  bigherajo,    n  342,  DI  229.  V.  il  Bongi. 

bignatta.  Avremo  veramente»  qui  e  in  6i$riioro,  la  dissimi- 
lazione di  m-fi  per  b-fè, 

bigongetta,  Cfr.  bigongiam  nello  Stat.  di  Giuviano  (Atti 
dell'AcG.  Incch.  XXIV^)  p.  546.  Dunque  quioomenel  pist.  bigangia^ 
nel  lomb.  b^nia  (Ro.  XXVIII  94)  si  continua  schiettamente  la 
sonora  della  base  etimologica.  E  bigoncia  sarà  forse  ^bikan^j 
colla  sonorità  passata  dal  ^  al  k. 

bistante  (im)  in  sospensione  II  31.  Cfr.  in  bistanti  in  piedi, 
nel  Voc 

bizognevile:  consiglio  b^  deliberazione  d'urg^iza  I  130, 
II  377,  403,  m  192. 

bocolieri  -ce-  brocchiere  n  272,  bdl.  272.  Frane.  iot<c/»er. 

borbòre  I  22,  II  161*  Il  Bongi  scrive  bòrbore  nel  primo 
passo,  ma  è  forse  una  svista.  Poiché  la  voce  risalta  evidente- 
mente dalla  base  di  ^  borbottare  '  commista  a  *  rumore  '. 

brani  a  -dina.  Non  diverso  per  avventura  dal  *brajda  dei 
da  cui  dipendono  i  nnll.  Breda,  Brera,  ecc.,  e  di  cui  v.  Bruckner, 
Die  Spr.  d.  Lang.  203.  Notisi,  circa  al  boi.  brdina  (Parodi,  Ro. 
XXVII  232),  che  esso  s'adoperava  già  come  perfetto  sinonimo 
di  braìda,  e  vedine  Frati  nel  Gloss.  agli  Stat.  boL  a.  '  braida  '. 
Quanto  al  n  si  può  forse  paragonare  con  quello  del  nap.  gdina 
^  abr.  gddie,  lom.  géda,  ecc.,  Literaturbl.  XXI  384.  Il  boi.  ha 
poi  anche  bràja,  che  si  spiega,  come  il  ven.  ghea,  dalla  soppres- 
sione del  d, 

brevileggio  breve  III  295,  come  altrove  la  stessa  forma 
s'adopera  per  *  privilegio  '.  E  evidente  la  reciproca  influenza 
delle  due  voci  *  breve  '  e  *  privilegio  *. 


484  Salnoai, 

brigido  risulta  dalla  base  di  brivido  (qui  sopra  a  p.  196) 
incontratasi  con  '  frìgido  '  '  rìgido  '. 

brocchato  steccato  o  riparo  fatto  con  pali  II  64.  V.  il 
Bongi,  bdl.  gloss. 

broco:  di  quelle  del  A-  di  quelle  del  mestiere,  del  bordello, 
n  266. 

bruida  rumore,  fragore,  cod.  v.  321  (v.  Barbi,  pag.  243). 

brunice.  L'accento  suH7,  che  il  N.  pone  giustamente  in 
rilievo,  è  confermato  dal  bornia  -ia  dell'Alta  Italia.  L'accordo 
delle  diverse  forme  può  farsi  o  su  -ice  o  su  -isia.  Nella  prima 
alternativa,  avremmo  un  metaplasma  in  borniéa,  nella  seconda 
in  brunice  e  bornie.  Io  credo  tuttavia  a  ^prunisia^  che  sarebbe 
sorto  per  il  convenire  in  una  di  pruna  e  di  *c  in  isia  (non 
'^CINIGIA,  come  vien  postulato;  Ktg.  2193),  il  cui  genuino  riflesso 
sarebbe  toscanamente  *cin(cia  ^  Cfr.  del  resto  anche  br<ice  -y^ 
ali.  a  bracia  -già.  Ma  dato  *pruni8ia,  sovvengono,  per  l'alto-it. 
bornisy  i  parecchi  casi  di  -éa  in  -$  che  sono  enumerati  in  St.  di 
fil.  rom.  VII  190,  e  che  potrebbero  confrontarsi  col  vie.  zenhr 
cinigia,  trev.  chnase  cimasa. 

buccello  si  può  spiegare  da  buccella  (Ktg.  1614)  fatto 
mascolino. 

buderazzo  ventre  ing.  80. 

bug  giara  va  con  bùggera  ecc.  (Caix  St.  pag.  91);  cfr.  il 
lomb.  bózera,  stizza,  che  ha  per  sinonimo  foia.  Dalla  stessa  bast' 
è  buggioressa  ing.  108,  termine  d'ingiuria  a  donna. 

bussarsi  muoversi  I  150.  Da  leggere  forse  buàè'-  {-buii-ì 
e  da  ripetersi  dal  frane,  bouger. 

bùio.  Fatto  direttam.  su  bere^  come,  per  altra  via,  il  laziale 
(Marino)  bèta. 


'  Nel  regg.  zernisa  cinik'iti ,  vedrt^mo  poi  rincontro  di  'cenere'  «  à\ 
*  cinigia  *  con  bitmls,  o  un  *zrnensa  (cfr.  più  in  là  cenerigia)  ridotto  tuo: 
per  metatt'BÌ  ruciproca,  vuoi  :ittr.iv<»r8o  ^zenrim. 


Appunti  sulFantico  e  moderno  lucchese  485 

cà  casa:  a  chà  di  Bindaccio  III  228. 

caladòro.  A  Montignoso:  kanidóro  cetonia  dorata.  Non  si 
capisce  se  ValadorOf  cui  il  N.  radduce  questa  parola,  sia  vero 
0  soltanto  presunto.  Nel  primo  caso,  si  tratterà,  in  e-,  di  aladòro 
incontratosi  con  calabrane,  altrimenti  sarà  cacadòro  --j-  c(Uabr<me. 

caldòria,  E  baldoria  +  caldo, 

calino.  Non  so  se  il  montai,  caléggine  ajuti  a  spiegare  la 
forma  nostra,  e  cfr.  in  ogni  modo  il  sillan.  caUna  (Pieri  XIII 
337)  comparato  a  caliggine.  Ma  meglio  manderem  la  voce  collo 
sp.  calino,  ecc.,  di  cui  ha  recentemente  ragionato  il  Baist,  Zst. 
XXVIII  108.  —  A  Bellinzona  c'è  grétta  (blen.  crenògia)  nebbia, 
caliggine,  che  però  non  possiamo  ricostruire  per  car-  cai-,  visto 
che  il  r  è  anche  della  Mesoicina  (kréna)  e  della  Vallanzasca 
{ffréina)f  dove  il  -U  è  sempre  rispettato.  0  vi  sarebbe  voce  im- 
portata ? 

calumare  (G.).  V.  Gioeni,  Saggio  di  et.  sic,  65. 

cornilo  corrisponde  certamente  al  lig.  carnàio  (sic.  carnali 
plur.),  di  cui  V.  Ascoli  Zst.  XXIII*  422.  Ma  nella  evoluzione  è 
intervenuto  cammello  (are.  canieló), 

campeggiarsi  campare,  vivere,  guadagnare,  trarre  pro- 
fitto, *  scampo  *,  III  406.  E  v.  ancora  a  num.  169-70. 

campestra  campagna  III  12. 

capere.  Lo  s'arguisce  da  capea  III  113  (ma  capire  n  297). 

capezzata  scopaccione  n  ìi}i{bis), 

careaggio  carriaggio  I  106,  298,  299,  396,  III  265.  V.  al 
num.  169-70. 

caricare  insistere,  importunare,  tornare  alla  carica,  HI  hit. 

carnelevare  carnevale  n  81,  82,  178,  I  17,  cron.  i*^ 
V.  Pieri,  XII  155  n,  e  l'a.  boi.  carnelcare,  Ta.   vie.  carné^^"^ 

carruga  (G.).  Par  ruga  combinato  con  carrol^*éf*. 

carte.  Non  son  forse  tanto  copiosi  come  il  X.  pa*»  'i«^ 
nere,  i  fem.  di  3^  passati  alla  1^,  e  si  dovrani>o  &  ura  r^^rsk 
interpretazione  dei  casi  di  sing.  -a  plur.  -ì,  cbt-  fumr  «'  tift^SMn?! 
numerosi.  Vedi  JSt.  di  tìl.  rom.  VII  186.  dal  oua  n*^  -^ìì:?;*. 
che  carte  e  porte  fanno  da  sé. 


436  Salvioni, 

casalina  fattoria,  casa  di  campagna  (?),  bdl.  6,  DI  406. 

ea sciane  erario  II  65. 

cassa  banca  cassapanco  n  174. 

cavata  -a  cavata  n  47,  48. 

cenerigia,  S' incontrali  cenere  e  cinigia,  V.  qui  indietro 
s.  *  brunice  '  in  nota. 

cerò  aia  n  262.  Traducon  questa  voce  per  ^cerreto',  né 
vedo  sull'autorità  di  quale  esempio.  Io  credo  meglio  sia  '  acer- 
baja',  da  intendersi  con  significato  affine  a  quello  dell'alto-it 
ghrba,  gèrhida,  sodaglia,  landa,  grillaja. 

cercare  investigare  bdl.  10,  visitare,  girare,  III117, 132;  cercka 
processione,  giro,  II  367,  -amenta  intesa,  affiatamento,  (?),  DI  14. 

cessare  allontanare  II  415.  Voc. 

che  chi  (in  che  il  prete  a  casa  del  prete).  Ha  ragione  il 
N.  di  non  postular  senz'altro  un  in  casa  (cfr.  lucch.  ca)j  che 
del  resto  potrebbe  benissimo  giustificarsi  dalla  proclisia  {in  ca 
U  prete  -^  Hnch'  il  prete,  ecc.).  Può  però  darsi  che  questa  for- 
mola  siasi  incontrata  con  inche  {^=  in  dove  che). 

checchèllara.  V.  qui  sopra  a  pp.  220-21. 

chiappa,  chiappaella  {d'aguto}^  capo  di  chiodo  n  219. 
Sarà  0  ^captila  o  *cappfila  (cfr.  il  lomb.  capéla  de  éod)  trat- 
tato come  si  vede  piìi  in  là  s.  *  fletta  '.  La  forma  in  -rf/a,  sarà 
poi  0  -ajella,  o  un  errore  per  -avella, 

chiaussare,  Cfr.  il  ven.  schiauzzare  balbettare,  borbottare. 

chiavatura  serratura  bdl.  100.  102.  Cfr.  il  gen.  cawja 
Parodi  XIV  20. 

chicchiricchì.  Anche  a  Mon  tignoso  :  iit«- gheriglio.  Vedi 
Schuchardt,  Rom.  Etym.  II  18;  dove  aggiungerò  che  a  Mesocco 
il  ragazzo  che  riesce  a  estrarre  intatto  il  gheriglio,  lo  mostra  ai 
compagni  gridando  kikerikd.  Onde  anche  colà,  allato  a  bg^  e  a 
gerii,  si  hanno  kikeriki  e  gal  gallo,  voci  fanciullesche. 

chieggere.  Continua  teoere,  come  già  dice  il  Pieri:  cfr. 
chieni  tenere,  chiebbita  tiepido,  ecc.  È  però  anormale  il  dittongo 
(cfr.  lèggere^  ecc.)  dovuto  forse  al  partic.  chietta,  che  alla  sua 
volta  lo  dovrà  a  chietta  tetto  (v.  s.  v.). 


Appunti  enirantico  e  moderno  lucchese  491 

ehieito  (v.  anche  Pieri,  vera.  162).  Non  dipenderà  da 
chieggere,  ma  sarà  questa  forma  che  dipende  da  ekkUo,  È  in- 
fatti sorto  questo  per  una  metatesi  reciproca,  quella  per  cui 
Hecehio  divien  chietto,  È  infatti  técchio,  tetto,  a  Montignoso,  e 
questa  forma  non  si  stacca  dairemil.  tee,  di  cui  v.  Rendic.  Ist. 
lomb.  S.  II,  voi.  XXXY,  964  n.  Dalla  coesistenza  delle  due 
forme  participiali  tietto  (=  ^tetto  x  chietto)  e  chietto,  si  spiegherà 
poi  specialmente  il  vers.  tietto  tetto. 

chivicello  culmine.  E  dato  dal  Pieri  (XII  171);  che  ha 
torto  però  di  ravvisarvi  altra  eosa  che  un  diminut.  di  clIvu. 

ciaffo  dipende  forse  da  eiaffata,  che  alla  sua  volta  risul- 
terà da  '  ceffata  *  e  *  schiaffo  '. 

richignola  (G.)  è  *  cicognola '.  V.  Zst.  XXUI  517-8. 

cicigliora.  Altro  bel  riflesso  di  caecìlia.  Nella  Lunigiana, 
ho  udito  zerzi^ora,  dove  sarebbe  curioso  di  vedere  se  sia  mera- 
mente fortuita  la  coincidenza  della  prima  sillaba  con  quella  del 
sopras.  èarséia, 

cigliare  n  262.  Che  significa? 

e  ini  no.  Cfr.  berg.  suni,  vaiteli,  cidn,  bellinz.  diiri,  porco. 
Dev'eseer  voce  imitativa,  come  lo  prova  il  bellinz.  éu-èù^  con 
cui  s'imita  il  grugnito  e  con  cui  anche  può  designarsi  il  porco. 

cintura  borsa  che  s'appendeva  alia  cintura  n  303.  Cfr. 
l'it.  esaere  stretto  di  cintura  essere  avaro. 

ciòtta.  Gli  si  ragguaglian  completamente,  e  nell'ordine  dei 
suoni  e  in  quello  dell'idea,  i  lomb.  èot  -ta,  èot  -<a.  V.  Rendie. 
Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXX  1506. 

circustantie  'ze  dintorni  n  383,  I  407,  II  62,  ecc. 

ciruffo  risulta  da  cirucchio -{- ciuffo. 

eiuffiglio.  Da  ciuffo -{- accapigliare. 

co  come  cod.  v.  128:  si  col  prof  eia.  Cfr.  *  com '. 

codetta  sotterfugio,  equivoco,  III  325;  cfr.  sentenze  doppie , 
ìb.,  che  par  dizione  sinonima  a  quella  di  sententie  con  codette. 

cognoscere  riconoscere  111  96,  222.  Voc. 

eointare  raccoo-  cod.  243.  V.  XII  425.  Circa  al  bointade 
delio  stesso  cod.,  s'esso  non  è  per  influenza  senese,  vi  vedremo 


438  Salvioni, 

indebitamente  esteso  l'alternare  che  fosse  tra  con-  e  caintare^  e 
forse  lontano  e  *loint'. 

colla,  ing.  88,  89,  105,  122,  fune  da  porre  intomo  al  collo, 
corda,  eoliare  metterò  alla  corda,  calar  con  fune,  I  200,  366,  372, 
in  101,  e  V.  il  Voc.  Crederei  che  colla  sia  il  deverbale  di  collare. 

cólo  sarà  da  ^colare',  q.  *  il  deposito  alla  superficie '. 

colpare  dar  colpi,  colpire,  II  175,  III  127.  Voc. 

colpeggiare  menar  colpi,  colpire,  I  277.  Voc. 

colte  taglie  I  133.  V.  Rezasco  s.  v. 

comandamento  raccomandazione  II  166. 

com,  con,  come,  cod.  vv.  66,  173,  200,  ecc.  ecc.  Ctr.comf 
(per  corno?)  cod.  v.  49,  108. 

come  che  quantunque  n  406. 

compagna  compagnia  I  55,  220,  ecc.  Voc. 

concia  accordo  III  75.  V.  Parodi  XV  54. 

conducto  preso  in  affitto  bdl.  110, 119  -tto  piatto,  vivanda, 
n  163.  Voc. 

confetto  farmaco,  medicina,  n  250,  251;  Voc.  Qual  col- 
lettivo: *  confetti,  dolci*  n  182. 

confezione  -mfessione  farmaco,  confetto,  confettura,  HI 
56,  n  66,  144,  296.  Voc. 

confidante  sigurtà  I  117,  fidato  III  180,  401,  405. 

contastare  contrastare,  disputare,  contraddire,  violare,  op- 
porsi, I  263,  III  300,  325,  328,  n  380,  ecc.,  contasto  contrasto, 
offesa,  I  lO^i,  III  14,  ecc. 

contemplatione  vista,  veduta,  11351. 

contratersia  controversia  HI  325.  Voc:  contrarr-. 

conrenema  -sa  -zia  patto,  convenzione,  n  309,  III  2S<»: 
Voc;  faccenda,  fatto,  accidente,  HI  90,  n  53.  V.  Parodi  XV  5r». 

convertazione  forse  da  ^conrerzaz-  per  dissimilazione. 

corate  viscere,  interiora,  I  225. 

coruocchio.  Anche  a  Locamo,  cornóc  pannocchia. 

corpo  funerale  II  120,  fai^n.  531,  ecc.  Ne  sono  esempi 
anche  noi  Voc,  dove  però  si  esita  a  tradurre  per  *  funerale  ' 
piuttosto  che  per  *  cadavere  '. 


Appunti  suirantico  e  moderno  ]acche§e  489 

correre  scorrazzare,  dare  il  guasto,  saccheggiare,  1 46,  151, 
181,  ecc.  Voc. 

coscientia  -sia  saputa,  conoscenza.  III 39, 41 ,  107,  ecc.  Voc. 

costare  -sirice  cucitore  -trice  bdl.  51,  124, 1  204,  III  354, 
e  provengon  appunto  da  Lucca  gli  esempi  della  voce  che  si 
trovan  ne*  Voc.  Cfr.  costura  Meyer-LUbke  II  535. 

covaccina{G,).  Notevole  assai  il  -r-  di  fronte  al  montai. 
cofaccia.  Che,  ammessa  pure  come  assai  antica  la  metatesi,  il 
lucchese  pur  dovrebbe  mantenere  il  -f-  (v.  invece,  per  la  Ver- 
siglia,  Pieri  num.  78);  ed  è  arbitrario  il  procedere  del  Pieri 
(Top.  228),  che  inferisce  -f-  in  -v-  da  tre  nnll.  moderni,  cui 
non  sta  a  rinfianco  nessuna  forma  antica  con  -/'-.  Pure  gli  it. 
ravanello^  ravastrello,  ravastrone  rappresentano  rap-.  Anche  al  ni. 
garf.  Guo  Gufo  (cfr.  parm.  guvèla  gufo  selvatico),  Pieri  Top. 
114,  non  sarà  da  attribuire  importanza  eccessiva,  soprattutto 
non  conoscendo  noi  la  fonetica  garfagnina.  Onde,  in  covaccia  ve- 
dremo forse  la  immissione  di  accovacciato  (cfr.  schiacciata  focaccia). 

credente  credulo  n  224. 

crepato  ernioso  bdl.  145.  Voc. 

crescere  edificare  cren.  9. 

croccie  gruccie  II  363.  Anche  sen.,  e  v.  il  Voc. 

cucutiella  si  ragguaglia  a  "^cucutichella  (cfr.  cuticagna), 

cugno  conio  ignare  coniare,  n  63.  E  v.  Pieri  §  13. 

euligine  merda  n  233. 

culignoro.  Notevole,  perchè  malgrado  la  metatesi  reciproca, 
rimane  al  suo  posto  Telcm.  jotacico  di  una  delle  due  consonanti 
trasposte. 

cunétta  è  anche  lombardo;  ma  qui  s'ha  anche  Artifta  culla. 

cutello  coltello  ing.  117.  È  forma  dissimilata  mediante  la 
soppressione  del  primo  /.  V.  Boll.  st.  d.  Svizz.  it.  XIX  152,  ma 
anche  Pieri  §  68. 

cutèrzola.  Non  può  re^geie,  anche  por  ragioni  fonetiche, 
Tetimo  del  Pieri,  Top.  113.  E  cfr.  l'emp.  aiterà  (Petrocchi). 


440  Salyioniy 

da  ti  a  -zìa  «dazio,  tassa  per  gli  atti  de'  tribunali,  bdl.  13, 
125,  III  344,  347.  V.  qui  sopra  a  pp.  368  e  394. 

d  e  -nde  ne,  pron.  avTerbiale,  inde.  Frequentissimo  ne'  v-ecchi 
testi,  e  V.,  p.  es.,  ing.  82,  87,  96,  119:  nond  escerano  cod.  v.  441, 
numdoddi  ^-nneli'  cron.  18,  funo  de  a^ai  presi  ib.  11. 

deratale  Ing.  112.  È  il  nome  di  una  misura  di  capacità; 
ma  dovremo  riconoscervi  '  derrata  '. 

dèr^  (v.  anche  edè)  ecc.  Che  tali  forme  provengan  da  un 
dialetto  dove,  davanti  a  vocaile,  si  ha  non  solo  ched  ma  anche  mady 
comedy  doved  (v.  il  N.  s.  'ched'),  aggiunge  qualche  peso  alla 
dichiarassione  che  di  edk,  ecc.,  era  data  in  8t.  di  fil.  rooi.  VII  203. 

dett'U  ditta,  affare,  III  313.  Voc. 

diaccia;  cfr.  anche  ghiaccia  il  letto  dei  filugelli,  e  ghut" 
cere  giacere  (Petrocdai), 

diaccilo  (v.  Pieri  §  112)  sì  risente  di  'gelido'  'frigido'. 

dicerìa  discorso  III  264.  Voc, 

diete  notizia  III  154. 

die  colo  sta  a  ghie-  come  dianda,  dicma,  diaccio,  diaccia  a 
ghianda,  ecc. 

dighainare  III  260.  Sarà  certo  da  emendare  in  dighan-  o 
dighann-. 

dignitoso  piacevole,  gustoso,  <?od.  v.  97. 

diligerir-e  accenna  ad  influenza  di  alleggerire.  Anche  fra 
i  lombardi  accade  di  udire  deslengeri  digerire. 

dimino  dominio  UI  109.  Voc. 

dimosslcato  mutila/to  II  125,  III  196.  Voc.  'dimoza-'. 

dimostrare  dimostrarsi,  parere.  III  185.  Voc. 

dinchè  =  *  d'in[dove]  che  ',  e  v.  qui  eopra  s.  *  che  '. 

dinudare  spopolare  II  353. 

dinuntiare  annunciare  leg.  45. 

diri  et  0  preciso,  giusto  (di  pesi  e  di  monete),  bdl.  101, 102, 
116,  118.  Voc. 

dirissare  mostrare  leg.  45;  -arsi  rivolgersi  I  287.  ^^'^u. 

discrivere  scrivere,  indicare,  nominare  por  iscritto,  I 
237,  263. 


Appanti  Buirantioo  e  moderno  lucchese  441 

disducto  diletto  co<L  v.  58.  Cfr.  Ta.  frane.  desduU. 

disertarsi  abortire  III  233.  Voc. 

disfattone  mina  n  134.  Voc. 

dispensare  permettere  n  405 (6i«). 

disperato  temerarìk),  rompicollo,  cod.  v.  235. 

dispergere  I  290:  cercava  dispergerti  del  mondo  cercara 
di  toglierti  da  questo  mondo. 

dispotitione  spiegazione  III  113.  Piuttosto  che  un  errore, 
▼edrei  nel  -M-  una  grafia,  di  quelle  onde  al  num,  61. 

distruggere  ^ìe^gger^ì,  liquefarsi,  n  318. 

ditale  n  62.  Par  detto  d'un  oggetto  su  cui  I*  orafo  infila 
gli  anelli  come  in  un  dito. 

divenire  avvenire  I  93  ecc.,  n  passim.  V.  il  Voc. 

divinare  dividere  cod,  v.  350. 

divitto  privato  I  241.  Voc. 

divotionex  ad-  in  servigio  III  96,  107. 

dormentore  dormitorio  I  143.  Nel  Voc:  -o. 

dove  quine  dove  n  293,  III  172,  176,  208,  329,  ecc. 

drusiana  (Pieri  XII  134).  Crederei  che  il  <l-  sia  dovuto 
al  np.  Drusiana  portato  dall'eroina  di  qualche  novella  del  Ser- 
cambi  (n  349,  859). 

duolo  colpa.  Parmi  una  bella  continuazione  di  dQlu. 

durare  continuare:  la  casa  durò  d'ardere  n  287.  Voc. 

ilio.  È  una  forma  molto  diffusa  che  il  Pieri  (XII  §  1)  ed 
io  (Rendic.  Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXXV  960)  dichiaravamo  dalla 
infloeaza  di  '  erto  '.  Sennonché  questa  voce  ha  f .  Gioverà  quindi 
aapporre  on  compromesso  tra  le  due  vocali  a  ed  ^ ,  la  cui  risul- 
tanza era  f.  Analoghe  compromissioni  ravvisava  io  già  nel  trev. 
Ha  (Krit.  Jahresb.  IV,  p.  1%  166)  e  nel  bellinz.  tf  (ih.  I  131). 

empio  crucciato,  irato,  spietato,  n  146,  III  114. 

enierame  interame  III  156,  n  170,  171. 

enterivoli  n  170.  V.  num.  168. 

erbigatto,  ali.  a  ar^^  par  accennare  alla  presenza,  anche 
nel  lucchese,  di  *érbore  albero,  di  coi  v.  Rendic.  cit. 


442  Satvioni, 

erbo.  V.  St.  di  fil.  rom.  VII  186,  e  converrà  forse  muovere 
da  un  collettivo  *le  erba, 

èrmi  ni.  Non  so  se  giovi  alla  dichiarazione  etimologica  di 
questa  voce  il  canto  delti  ermini  ricordato  in  n  165,  ma  dove 
ermini  potrebb'essere  ermi'  e  andare  con  ermini  armeni  I  49. 

fa  eli:  persone  da  f-  p-  importanti  III  4,  fwmo  da  gran 
facti  III  5. 

fa  ito  fatto  ing.  105.  Riman  così  guarentito  anche  Yant^ 
fatto  antefatto,  di  cui  il  Pieri  §  98.  Si  tratta  di  ^facItt. 

f  alampa  risulta  da  *  falò  '  e  da  'vampa'. 

famiglia  'famiglio',  servo,  sgherro,  bdl.  124,  I  143.  Xe 
viene  conforto  per  il  famiglia  che  alcuni  mss.  ed  ediz.  offrono 
in  Inf.  XXII  52.  Cfr.  l'analoga  evoluzione  di  *  masnada'  nel 
piem.  masnà  ragazzo,  e  ricordisi  il  rum.  femeU  donna. 

familliale  sgherro  bdl.  19,  127.  11  Voc.  ha  es.  dagli  Sta- 
tuti di  Pistoja. 

fanciulessa  puerilità  III  168.  Voc. 

fante  bagascia  ing.  94. 

faone  bubbone  I  206,  261.  V.  Pieri  XII  156. 

fa  orna  -ronda  -con  da,  Cfr.  fagóma  svogliatezza,  tedio, 
a  Massa.  Dev'essere  favoniu  disposato  a  qualche  altra  voce. 

fatato:  morte  fatata  morte  naturale  I  229.  V.  Bongi  bdl. 
402,  s.  *  fatale'. 

fazione  -^t i-  atto,  azione,  fattura,  qualità,  battezza,  aspetto. 
n  99,  lO:^,  1,S6,  262,  :i87.  III  23,  302.  Voc. 

fèrze  ((t.),  e  sfèrze  nel  testo.  V.  Lork,  Altberg.  sprachd. 
172-3,  (/herubini  V  s.  *fels  ',  dove  è  proposto  un  *FEBStJ,  p.  pas<. 
di  PKKVLKK.  Ma  dato  pur  fkkìuk  o  fkkverk,  come  spiegare  il  / 
di  qualche  varietii  lombarda,  che  si  ritrova  nel  parm.  sfaUi 
(ali.  a  sftirsiyt 

ffstfire  far  fo>ta,  celebrar  la  festa,  bdl.  110,  U  367.  Vìk. 

fitta  re  hcoìììì izizen*  cron.  18.  O  non  sarà  un  errore? 

fidarsi  collegarsi  III   171. 

fido:  fftrsi  f-  unarentirsi  111  213. 


Appunti  Buirantico  e  moderno  lucchese  448 

fieccia.  V.  Pieri  XV  465,  la  cui  dichiarazione  certo  non 
convince.  Il  dittongo  ritorna  nel  ferrar,  fiezza,  e  lo  si  spiegherà 
da  un  antico  ^fieee  =  FìEce,  venuto  poi  a  commescersi  colla  con* 
corrente  forma  feccia  ^ 

fierume.  Gfr.  il  ven.  ficrumt,  i  vie. /Io-  e  fierume.  Sì  tratta 
naturalmente  dell'  incontro  di  '  fiore  '  e  di  '  fieno  '. 

f  ietta.  Cfr.  sen.  fletta  fettuccia^  reat.  id. cresta  di  cipolle, 
trent.,  trev.  mescle,  fletta  fetta,  spicchio,  engad.,  posch.  fletta  id. 
L'ultima  forma,  e  il  merid.  flectola,  XV  342,  mostran  quanto  male 
sia  capitato  il  Pieri  colla  sua  dichiarazione  (XV  465-6).  Lasciando 
da  banda  anche  il  flecta  del  Campanelli,  penseremo  piuttosto 
a  *féttula  ^  itti  a  fletta  (cfr.,  oltre  agli  esempi  più  comune- 
mente noti,  chiappa  qui  indietro,  il  bresc.  floca  Zst.  XXHI 
520,  l'a.  pis.  chiava  Pieri  XII  155,  il  trevis.  ciópa  qui  sopra 
a  p.  374). 

Filipo  (v.  Pieri  XII  117  n).  Dev'essere  la  stessa  cosa  il 
cognome  gen.  Firpo. 

finita  fine  ood.  v.  82. 

finùglioTo  dissimilato  certo  da  *fllu'. 

fischio.  Bella  continuazione  di  fissIlis  o  di  ^fissulu,  rì- 
spocchi  esso  direttam.  l'aggettivo,  o  si  supponga  deverbale  da 
on  ^fischiare  *fis8ìU  o  *ftssulare.  Cfr.  Ischia,  péschio,  Ascoli 
in  456  Bgg.,  Grasso,  Rendic.  Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXXII  640  sgg. 
Altro  riflesso  della  stessa  base,  ma  con  sincope  assai  più  tarda, 
è  il  levent.  féàtru  (blen.  fiasre,  mescle,  fé-  e  fissol)  pezzo  di  legno 
spaccato. 

fiètion  quistìone,  riportato  dallo  stesso  N.  in  Fatti  tran- 
sitori ecc.  266.  Cfr.  ancora  rèfie  (G.)  requie,  e  il  vie.  rust.  fe- 
aiura  questura.  Si  tratterà  dì  kw  in  kf  (Flechia  IV  385;  cfr. 
ancora  monf.  pfla  *pv'  pipita,  sfenz  sovente,  valm.  Sfera  ecc. 
IX  214  n),  quindi  in  f 


'  A  Parma,  c*è  fézia  che,  se  conneneo  colle  forme  lucchese  e  ferrarese, 
potrebbe  indurci  a  an  direno  giudizio  su  quente,  e  cioè  fjecca  sarebbe  per 
^feééja.  Ma  non  mi  par  probabile,  tanto  più  che  la  voce  parmig.  m'ha  tutta 
Tana  d*e8Ber  d'accatto  letterario. 

Archivio  glottol.  ital.,  SVI.  20 


444  Salvioni, 

fogliana.  Il  /"-  sarà  dovuto  a  *  falco'. 

foionco.  Circa  all'etimo  del  Pieri,  Top.  113,  noto  dapprìm« 
che  foiónico  non  si  può  metter  da  parte  così  alla  lesta  ;  poi^  che 
c'è  l'alto-it.  fo'in-ina^  frane,  fouin,  che  non  ammette  la  dichia* 
razion  del  Pieri,  e  da  cui  difficilmente  si  stacca  la  base  radicala 
di  foionco. 

fòlle.  Cfr.  il  ven.  f^lo.  Per  V-e  ricordo  grane  grano,  e  menh 
mento,  a  tacere  di  spante,  cui  vedi. 

folotnbrare  frombolare  bdl.  32,  -niratori  frombolierì  I  2'». 
V.  Pieri  126. 

forma:  in  f-  che  *  di  modo  che  '  III  254. 

fréccia.  Vedi  XII  405,  XIV  309  s.  *  fre^a,  freza '. 

f  rèddito  per  diretta  influenza  ài  friggilo^  cui  vedi. 

fremuoto  chiasso,  subbuglio  125.  S'incontran  qui  'fre- 
mere '  e  *  tremuoto  '. 

friggilo  è  un  genuino  continuatore  di  frioidu,  a  quell<* 
stesso  modo  che  il  pugl.  diSetu  ecc.  (v.  Zauner,  o.  e.  1121,  i! 
ven.  dezial  (=  *diggitàle)  ditale,  il  lece.  cuSetu^  lo  sono  di  Dhrin 
e  cogTt-.  a  Massa,  c'è  una  località  (presso  un'acqua)  chiamata 
Frigido,  e  dialettalm.,  con  immissione  di  '  freddo  ',  Fréiido. 

f rigori.  V.  Ktg.  3992;  e  s'avrà  forse  avuto  prima  un  /' 
*f rigora  (cfr.  le  pignora  ing.  106)  ^  Si  confronti  poi  il  garf.  frig- 
gere  venir  la  pelle  d'  oca,  e  l' a.  pav.  sira-friffer  rabbrividire- 
(Xil  434),  che  nulla  impedisce  di  ritener  derivati  da  fbIgébf 
(cfr.  lucch.  godere,  tacere),  e  che  confortan  l'opinione  di  chi  con» 
nette  con  questo  verbo  il  frane,  frisson  (v.  il  Dict.  gén.)  e  for- 
s'anche  frire  in  quanto  abbia  detto  '  tremare  '. 

frinestra  dipenderà  dalla  pronuncia  a  un  dato  momenu» 
oscillante  tra  finestra  e  ^frinesta. 


^  *frigori*  vedrei  io  anche  nel  rum.  fiori,  brividi,  che  starebbe  quin  i 
per  *friori  (per  la  dissimiliu.  di  r-r,  cfr.  roà  bobk  Rendic.  Lst.  lomb.  b.  V 
voi.  XXXVIl  523  n).  Circa  alla  sparizione  del  -^^  di  -oo-,  non  ho  io  invvr 
altri  esempi;  ma  quello  di  oo  4~voc.,  appar  soppresso  nel  riflesso  nuncn- 
di  IKTKBBOOABK,  ch*è  inttebà  e  si  spiega,  nel  modo  meno  artificioso,  attrA- 
veP'O  *ìnUrM.  ^UtUrcfi,  ^tnterrota.  ^tnterro-à. 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  445 

frustro  sarà  stato  dapprima  *fìistro  (v.  qui  sopra  a 
pp.  236,  318  n,  322  s.  '  scagna  ',  327  s.  '  stombolon  '),  col  r  poi 
rimosso  come  in  froda  fodera.  La  presenza  del  secondo  r  sì  spiega 
poi  come  quella  del  primo  r  ài  frinestra. 

fabbrico  è  pur  montalese,  e  parmi  dovuto  alla  dissimila- 
zione di  J9-6,  analoga  a  quella  di  p-p  nel  ven.  folpo,  nel  boi. 
fiópn,  V.  Meyer-Liìbke,  it.  gr.,  p.  163,  e  nel  flebe,  plebe,  di  Ca- 
stellinaldo  (v.  più  in  là). 

fu  r  0,  ladro,  occorre  infinite  volte  nelle  ing.  e  il  feminile 
n'è  futa  ing.  94.  Sarà  voce  popolare,  come  il  posch.  fur  ladron- 
cello, ingordo,  tramestatore.  Questo  fur  ha  allato  a  sé  fura,  si- 
nonimo di  forugà,  rovistare,  frugare,  dal  qual  verbo  si  rileva 
che  FURARI  ha  una  parte  anche  in  frugare,  lucch,  furicare,  ecc. 

gaglioffo  mendicante,  accattone,  n  296,  297.  Voc. 

ganzaruolo  I  221.  Y.  il  Boerio  s  '  ganzaròli '. 

garba  (v.  Pieri,  App.  etim.  in  Studi  rom.  pubbl.  d.  Soc. 
filol.  rom.  I)  ^  Poiché  garbare  non  c'è,  ma  c'è  garbello  (cfr.  anche 
garbelo  crivello,  nel  Calmo,  ven.  garbeladore  crivellatore),  direi 
piuttosto  che  garba  è  tratto  da  garbello.  L'a  della  prima  sillaba 
si  spiegherà  da  gherbello  per  dissimilazione. 

garuglia.  Pare  il  gen.  carùg^u  mal  tradotto  sulla  norma 
di  figlio  =  fi^^u,  ecc.  E  v.  '  carruga  '. 

generali:  parole  g-  parole  vaghe  n.  404,  Ili  33,  40,  51  ; 
v.  il  Voc.  e  cfr.  il  modo  star  sulle  generali. 

gentilotto  signorotto,  nobile  di  second'ordine,  n  256,  257, 
309,  338,  III  33,  45,  47,  49,  85,  V.  Rezasco  s.  v. 

gessare  ghiacciarsi  cren.  27.  £  forma  per  più  rispetti 
insolita  (per  il  <^-,  cfr.  però  giaccio  ghiaccio  e  giacciare  nel  Voc). 

ghiaccia.  V.  s.  *  diaccia',  e  cfr.  gia^go  XII  406.  Circa  al 
tjjè  da  vedere  anche  l'alto-it.  giaser,  Arch.stor.  lomb.,  ann.  1902, 
pag.  374  n. 


*  garba  vaglio  che  adopera  il  semolinajo  per  fare  e  agguagliare  il  semo- 
lino: ▼.  Gargiolli,  L'arte  della  seta  in  Firenze,  gloss. 


446  Salvioni, 

ghianda  quercia.  Il  genere  non  sarà  certo  da  giudicare 
come  quello  di  gian  bellun.,  ecc.,  di  cui  qui  sopra  a  pag.  285. 
Si  tratta  invece  di  una  formazione  correlativa  sulla  norma  mela: 
melo  (cfr.  ancora  bagolo  mirtillo,  la  pianta  che  produce  la  *  ba- 
gola ').  Notevole  però,  a  tal  proposito,  che  attualmente  a  Lucca 
*  pero,  melo,  ciliegio,  pino  '  dican  tanto  l'albero  che  il  frutto 
(v.  Nieri  s.  *  ciliegio  ',  e  cfr.  all'incontrario,  la  noce,  del  frutto 
e  dell'albero). 

ghiastrina  è  da  anteriore  *j;a;as-,  ridotto  in  séguito  per 
dissimilazione  sillabica.  Ugualmente  sarà  da  giudicare  il  ni. 
Ohiastrina  Pieri  Top.  161. 

ghiècolo.  V.  Pieri  XV  467.  Circa  al  conservarsi  della  vocal 
latina  della  prima  sillaba,  per  cui  non  sorge  nessuna  difficoltà, 
V.  Mise.  Ascoli  93. 

ghióngolo.  Cfr.  anche  sdiangurare  qui  avanti,  dio-  ghiongo 
nelle  6.,  e  l'aret.  ghiónghelo  castagna  piccola  e  malfatta  (Pe- 
trocchi). Riman  cosi  confermata  la  derivazione  di  gongo  ^,  ecc.  da 
GLANDE  (Pieri  XV  215) ,  per  quanto  rimanga  sempre  da  cer- 
care la  ragione  dell'd*. 

giachecta  giaco  I  225. 

già r già:  far  g-  minchionare  n  268.  V.  il  Voc.  s.  'Giorgio'. 

gita  corteo,  processione,  compagnia,  II  360,  367,  gruppo 
di  persone  delegate  a  un  ufficio  I  273,  II  66,  67,  III  81,  l'ufficio 
stesso  0  il  tempo  di  sua  durata  fagn.  527,  537. 

giubbetto  forca  n  58,  59.  Il  frane,  gibet;  ne  vorrei  attri- 
buire eccessiva  importanza  al  fatto  che  le  due  novelle  in  cui 
occorre  la  voce,  abbian  la  loro  azione  in  Francia.  Anche  nel  Voc. 

giudichare  disporre  I  246. 

giugiamento  giudizio  cod.  v.  182.  Frane,  jugement. 

g abbuio.  La  forma  gròbolo  par  che  conservi  la  traccia  del  l 


^  Cfr.,  coirà,  il  piem.  gangàj  anima  del  gomitolo. 

*  Sarebbe  chiara  per  il  Pieri  (àn  +  cons.  in  6n)\  ma,  p.  es.,  circa  aj/roncAta 
8Ì  pensi  che  kr^nh^  aggranchimento,  si  ode  anche  nelle  Alpi  (a  Campo- 
dolcino  e  nella  Medolcina);  né   vi  ha  Paria  di  voce  importala. 


Àppanti  suirantico  e  moderno  lucchese  447 

di  OALBULU,  sarà  cioè  *g(n'lh  *gùllh  (cfr.  gromigno  =  eulm-).  Altro 
bel  riflesso  della  base  galbulu  è  il  garf.  {re)giMio.  V.  Etg.4125, 
dove  si  possono  aggiungere  il  piem.  gàrbu  ^  il  boi.  arghHb^  il 
romagn.  arghebul. 

gogeita.  Notevole  è  l'incontro  col  mil.  kùiéta,  parra.  gimS" 
setta,  goztUa.  Il  primitivo  e  nel  lomb.  kiièa^  borm.  gAsa  -già, 
vallanz.  cQsgia  {sgi  =  i),  vallant.  JU?a,  levent.^  blen.  kgéa  e  kgs 
(fem.)»  valro.  kgz,  valbremb.  gósa,  valgand.  gtéS'  e  gos-matéla 
(q.  *  ghiro-pazzerello  ').  Col  confronto  delle  quali  forine^  si  rico- 
struisce un  ^k^tia  o  -sia,  spiegandosi  dalla  metafonesi  Vu  di 
parecchie  forme  lombarde.  Potrebbe  anzi  bastare  un  *k^8ia,  sup- 
ponendo allora  dovuto  alla  intrusione  di  guzz,  o  di  qualche  altra 
voce,  il  z  risp.  38  delle  forme  parmigiane. 

gorata.  Cfr.  il  còrso  kurata  Ouarnerio,  XIV  398.  E  una 
formazione  correlativa  ad  agarajo  :  :  ago,  risalente  quello  al  plur. 
d^ora,  come  già  aveva  visto  il  Salvini.  L'importanza  ed  estensione 
di  questo  plurale  è  provata  dal  romagn.  égor  ago,  Zst.  XXII  464, 
così  come  l'ancon.  nódero,  nodo,  prova  l'importanza  del  nódara 
cbe  si  conserva  in  noderuto.  V.  Ascoli,  XIV  467,  Schuchardt,  Zst. 
XXin  382,  Pieri  Top.  241  n.  Ragiona  qui  il  Pieri  di  diminutivi, 
ma  parmi  che  troppo  perda  egli  di  vista  il  contenuto  plurale  di 
aggettivi  come  canteruto,  ecc.  Quanto  a  erbordjo,  io  vi  vedo  un 
l€  *érbora  *  che  andasse  parallelo  al  le  *erba  che  si  suppone  qui 
sopra  8.  '  erbo  '. 

governare  gu-  curare,  nudrire,  allevare,  n  141,  405,  trat- 
tare I  112. 

grdciolo,  Parmi  troppo  avventurosa  la  dichiarazione  del 
Pieri  (Mise.  Ascoli  438)  riportata  dal  N.  ;  è  d'altronde  impossi- 
bile che  s'abbia  é  da  TJ. 

grado   n  402.    Nel   passo   corrispondente   delle  Cronache 


^  Nel  piemontese,  è  anche  garba  cioè  il  positivo  oalba. 

'  il  quale  *erbora  par  tornare  nel  mil.  erborin  prenemolo.  Sensonchè, 
qaesto  sarà  per  sostituzion  di  suffisso  da  'saBOBsirT,  e  cioè  *  erba  olente  * 
*  erba  odorosa  \  rag^agliandosi  al  pav.  erhoUnt  prezzemolo,  vàVerhorente 
'erbe  olenti*  (prezzemolo?)  deirAlione,  p.  20. 


448  SalTÌoni, 

(III  217,  1.  34)  è  detto  "^  a  grado  grave  mi  sera  i,;  con  che  non 
avremo  bisogno  della  emendazione  proposta  dal  Oaspary  (Zst. 
XIU  556). 

gragnolo  si  risente  di  'granchio',  e  c'è  infatti  il  garf. 
granchio  ragno. 

grammare.  Gfr.  il  romagn.  grama  maciulla,  grame  macial- 
lare;  e,  per  il  mm,  v.  Pieri  §  94. 

grande:  Furlì  gr-  Forlì  (pare,  in  opposizione  a  Forlimpv 
poli)  m  164. 

graticcia,  Gfr.  il  berg.  greàsna  gragnuola,  che  par  essen* 
'  grevaggine  '.  Tuttavia  si  può  pensare,  per  ambedue  le  voci, 
anche  a  grava  (frc.  grève^  ven.  grava;  Ktg.  4341). 

gréndine,  Cfr.  il  ven.  sgrèndena  ^RrrncctL,  sgrendenar  sca- 
pigliare. 

grimi gna  gra-;  v.  num.  27-28,  e  aggiungi  il  bresc.  U 
grem  gramigna,  dove  è  oramen  col  genere  e  colla  vocal  radicale 
di  greme^a. 

grollare  muovere,  scuotere,  II  355,  III  71. 

guaraminella  gherminella  Pieri  XII  124.  Gfr.  guar-  e 
guerminella  in  Statuti  di  Pisa,  Siena  e  Firenze  (Vitt.  Rossi,  Una 
novella  e  una  figurina  del  Sacchetti  [Bergamo  1904.  Nozze  Pel- 
legrini-Buzzi]  16,  Zdekauer,  Il  Gonst.  di  Siena,  517),  guir-  in 
Jhc,  gtiormefielle  in  Zst.  Y  15.  Tutte  forme  che  escludono  l'etimo 
dato  fin  qui  della  voce  (Gaix  St.  336,  Zamb.).  Forse  vi  ha  una 
parte  *  ghermire  '  (q.  il  '  prendere  con  destrezza,  con  furberìa  ', 
e  cfr.  del  resto  acchiapparello)^  come  pare  accenni  il  ven.  gar- 
binila^  gherminella,  confrontato  coU'emil.  sgarbir  carpire;  ma 
d'altra  parte  b-n  può  rappresentare  la  dissimilazione  di  m-n. 

guariscione  soccorso,  spediente,  rimedio,  scampo,  cod. 
V.  447. 

guascappa  guarnacca  Sn.  53,  54.  V.  il  Voc. 

guigliardone  guiderd-  II  70.  V.  il  Voc.  e  qui  sopra  a 
p.  207. 

guraccio  (cfr.  sgurare  e  pis.  scurare  XII  159).  Da  aggìnn* 


Appunti  suirantico  e  moderno  InccheBe  449 

gersi  aFlechia  UI  138,  Ktg.  3383  M  per  il  semplice  g-,  cfr.  piem. 
guré, 

gu smino  -zm-  inganno,  frode,  tranello.  V.  il  Bongi  m  470. 

homini  di  tempo  adulti  I  117. 

homo  nelle  stesse  funzioni  del  frane,  on:  cod.  v.  58,  249, 
ieg.  45(613). 

human 0:  uomo  h-  uomo  di  quaggiù,  uomo  mortale,  II  190. 

immortale  infinito  lU  325. 

impensionirei  -pren-,  £  evidente  l'incontro  dì  'impen- 
sierirsi '  con  *  apprensione  '. 

imprendere  accaparrare,  ingaggiare,  n  168. 

impuonere  inp-  comporre  I  156,  169,  332,  III  28.  Voc. 

inbasciare  TEL  141.  Se  non  è  errore,  gioverà  riconoscere 
nella  forma  un  infinito  (t-  =  mandare  ambasciata)  fatto  sostantivo. 

incettare  spendere  n  74. 

incontorno  incirca  II  53. 

incorporare  tenere  a  mente,  prendersi  a  petto,  n  43. 

in  fece.  È  probabile  che  nella  combinazione  avverbiale  si 
celi  *fice  corrispondente  al  frc.  foie. 

infingere;  cfr.  infingersi  tardare,  esitare  n  267,  285,  e 
V.  Seifert,  Glossar  zu  Bonvesin,  s.  '  infenzerse  '. 

infolcarsi.  Il  Pieri,  §  137,  giudica  questo  un  caso  di  me- 
tatesi reciproca  (ingolfarsi).  Ma  dove  se  ne  va  il  g?  £  potremo 
noi  ammettere  un  *inc'  sulla  base  del  solo  colfo  del  Bembo? 
Sovviene  meglio,  parmi,  quel  '  folcare  '  di  cui  qui  sopra  a  p.  233 
(v.  anche  Ascoli  X  15). 

ingiumai  *  oggimai  '  ormai  Ing.  79,  95,  di  fronte  a  og- 
ib.  89.  Per  l'in-  cfr.  incuparsi  occ-,  e  quanto  BÌVoguimai  di  qualche 
passo  di  n,  e  veramente  da  chiedere  se  non  sia  uno  sbaglio  di 
lettura  per  ogiu-. 


^  Dorè  paò  leTarsi  rasterisco  davanti  a  kzcubabb;  v.  WOlfflin*s  arch.  Ili 
132;  e  cfr.  bxcubatus  nel  Georges. 


450  Salvioni, 

ingufare,  V.  qui  sopra  a  p.  298  8.  'cuffulon'. 

innomerare  contare  n  83,  ecc.  Voc. 

inpronto  istanza,  insistenza,  I  51. 

insambra,  L'a  mi  conferma  sempre  più  nell'idea  dellV 
rigine  francese  di  insembre^  ecc.  Analogamente  l'a  di  MftM,  bdl. 
184,  m  220,  che  ha  esempi  anche  nel  Voc.  e  in  molte  parti 
dell'Italia  medievale  e  odiernamente  ancora  s'ode  nella  Vercasea 
e  in  Val  di  Chiana,  mi  conferma  la  stessa  orìgine  per  $en2a 
(cfr.  sem  XIV  222  n). 

insieme  vicendevolmente,  reciprocamente,  Tun  l'altro,  n 
289,  I  25,  205,  271,  275,  HI  379.  Voc. 

interrare  seppellire  III  292.  Voc. 

interrompere  corrompere  11167. 

inventiva  progetto,  invenzione,  I  356. 

inviare  avviare  III  327,  travagliare  IH  188. 

isbavigliare  sbad-  n  180.  Voc.  sbav-. 

jura  congiura  I  5.  V.  Oiom.  st.  d.  Lett.  it.  XLI  112. 

lammiare.  Potrebbe  non  istaocarsi  da  lagtmre^  venir  cioè 
giudicato  come  il  perug.  guadambière  guadagnare.  Di  luce  mm 
da  mb  cfr.  poi  cammo  cambio,  comminare  combinare,  e  v.  Pieri 
§  120-21. 

{ancta  spiedo  II  219. 

largo:  parlar  U  parlar  fuori  dei  denti,  parlar  chiaro,  III  2*^0. 

lassamento  interruzione  II  427. 

lassare  lasciare  n  404,  405,  ecc.  Voc. 

làstiho.  Anche  nel  montai.:  Idstia  gastrica,  e  forse  ha  rs- 
gione  il  Nerucci  di  vedervi  un  'elastica';  nn  'elastica'  che 
però  sia  venuto  a  incontrarsi  con  '  gastrica  \  soggÌQnge>renio  qoi 

latino  discorso  HI  132.  Voc. 

lattimene.  L'incontro  diciatti  (lactes)  con  aninMe, 

lattuga  pudenda  feminile  n  69. 

lazza  (Pieri,  vera.,  gloss.)  specie  di  euforbia;  e  anche  il 
Targioni-Tozzetti  ha  erba  lazza  Euphorbia  Charaeiaa,  ed  è  forse 


Appunti  Buirftntìoo  e  moderno  lucchese  451 

voce  loneiise,  come  sembra  risultare  da  dò  che  dice  Ett.  De  Toni 
ne'  snoi  Appunti  dialettali  (Ateneo  Veneto,  ann.  XXVII  1904) 
8.  *  erba  lazza  ,.  Sennonché  non  ìazgOy  aspro,  avremo  da  rico- 
noscere ndla  voce,  benà  [herba]  laotea,  dall'umor  lattiginoso 
delle  euforbie,  il  quale  appunto  le  fa  chiamar  ìaUaria  nel  to* 
seano,  e  altrove  con  nomi  che  metton  capo  a  *  latte  '. 

lébbra  sarà  *lébboru  (cfr.,  per  la  sincope,  lodracchio^  ecc., 
e  per  bb  da  |>,  niébbita  nepitella),  diminutivo  di  Uppa. 

lécioro  lié-  (Pieri  XII 130);  cfr.  U  sinonimo  nUcUo^  e  il  notig. 
niciulm  mirgherlino,  afato. 

leggare.  Il  -gg-  illustra  anche  il  tose,  laggare  lasciare,  che 
così  non  occorrerà  staccare  dall'alto-it.  lagar  (v.  qui  sopra  a 
pp.  195,  808). 

li g oro.  Cfr.  Taret  legalo  lucignolo,  con  cui  si  riverrà  molto 
veriaimìlmente  a  lIg&ul.  Diversamente  il  Pieri  §  161. 

legurino  (6).  Va  forse  col  lomb.  legcrin  lucherino.  L'etimo 
che  di  questa  voce  già  forniva  il  Ferrari  s.  *'  legorino  '  (v.  Ktg. 
5592),  e  che  non  s'appoggia  sopra  nessuna  realtà  provata,  è  del 
resto  contraddetto  dal  -k-  della  forma  toscana,  e  dall'è  del  sic. 
Mnirw,  che  invece  s'accorda  col  nap.  lécora  -o,  riécolo^  v.  Qiglioli, 
Avifauna  :  £lenco  delle  specie  ecc.,  pp.  29-30.  Supposto  pure  che 
ci  stia  davanti  un  estratto  dal  presunto  derivato,  questo  deri- 
vato doveva  avere,  in  Sicilia,  /t-,  e  non  avrebbe  quindi  potuto 
estrarsene  che  un  *Ueuru.  Ma  in  Sicilia  c'è  anche  licaru  e 
lùaru,  forma  che  s'incontra  col  ven.  Ugaro^  friul.  bkjar.  C!olle 
quali  forme  il  problema  s'aggroviglia.  Prescindendo  per  ora 
dalla  vocale  postonica  o,  rispettivamente,  protonica^  son  le- 
coro  risp.  lùcaro  degli  estratti  da  lecorino  risp.  lucarino,  oppure 
son  questi  che  dipendon  l' uno  dalla  base  *l4eoroy  V  altro  dalla 
base  *lùcaro?  Il  fatto  che  le  due  basi  difficilmente  sian  da  se- 
pararsi l'una  dall'altra,  mi  fa  inclinare  verso  l'estratto,  in  con- 
siderazione  anche  che  tra  le  sillabe  protoniche  farebbe  minore 
specie  lo  scambio  delle  vocali.  Ma  era  prima  *lelcurino  o  Hu^ 
ktrino? 

limpore  -o.  Pare  un  bel  riflesso  di  limpidu,  se  ha  ragione 


452  Salvioni. 

il  Meyer-LQbke,  Zst.  Vili  216,  di  considerare  l'i  della  base  la- 
tina come  breve. 

lennajolo.  Come  in munnaglio  mugnajo,  ranfMglia  ragnaja, 
abbiam  qui  la  dissimilazione  parziale  di  fi-J.  Circa  al  nn^  è  noto 
che  in  Toscana  si  dice  hfifiajóloj  ecc. 

lirfia.  La  ^  cera  dispettosa  '  (cfr.  mass,  slirfia  brutta  grinta) 
ci  porta  al  lirfi  labbra,  di  cai  qui  sopra  a  p.  378. 

letione  lettura  del  Vangelo  I  253. 

lettera  scrittura  III  24. 

levare  far  levare  dal  letto  n  104,  funo  levate  si  furono  1- 
cod.  V.  15. 

lividore  livore  I  181,  m  325,  329.  Voc. 

lócio  /ti-.  Cfr.  lùóo  anche  a  Siena  e  nel  Montale;  né  gli  eoa- 
viene  I'aucius  del  Caix,  che  avrebbe  condotto  a  *óééfo.  Si  po- 
trebbe invece  studiare  se  non  siasi  avuta  qualche  oontaminazioiìe 
lessicale  col  sen.,  aret.  óéo,  oca,  di  cui  in  Rendic.  Ist.  lomb.  S.  Ih 
voi.  XXXVI  608. 

loerare  è  bella  e  ineccepibile  conferma  dell'etimo  lccrabe 
per  lograre,  logorare. 

lodare  prescrìvere,  ordinare,  indicare,  n  145  (6m),  170, 
in  114. 

lodo  approvazione  II  431.  Voc. 

log  ieri  appaltatore  bdl.  28,  29. 

lumera  luce  cod.  v.  253.  Sarà  certo  il  frane,  lumière,  ma 
è  strano  che  non  s'abbia  lumiera.  V.  Parodi  XV  66. 

lunga:  dalla  l-,  da  l-,  di  lontano,  n  262,  I  125,  III  2 lo. 
218,  dar  i-  tirare  in  lungo,  intrattenere  q.  senza  coocludere, 
III  137,  248.  Voc. 

luogo  comune  cesso  n  183,  184,  227,  postribolo  n  129. 
terreno  neutro  (?)  Ili  152.  Per  la  prima  accezione,  v.  il  Voc.. 
per  la  seconda,  La  Storia  di  Apoll.  da  Tiro,  47,  e  nn  esempio 
n'è  fornito  anche  dallo  Sprachbuch  pubblicato  da  0.  Breontf 
(pag.  20). 

luogo  lupanario  lupanare  II  187. 

lustrante  splendido,  rìsplendente,    lucido,  chiaro,    n  l*^^. 


Appunti  suirantìco  e  moderno  laccheBe  453 

212,  339,  370  luna  l-  luna  piena   n  327.  V.  il  Voc;  i  dialetti 
toscani  hanno  per  lo  piii  lustrente, 

ma'  (e  pa').  Il  Pieri,  §  141^  vedrebbe,  non  so  per  quale 
ragione,  in  tali  forme  de'  continuatori  del  nominat.  latino.  Si 
tratta  invece  di  seriori  riduzioni  vocative  (v.  Rendic.  Ist.  lomb. 
S.  II,  voi.  XXX,  1500-501,  e  lo  stesso  Pieri,  Arch.  XIII  339  n), 
le  quali  tanto  potevan  muovere  da  un  *maie  =  mater  ecc., 
quanto  da  madre  =  matbe. 

macehetta  -o.  Ricorda  singolarmente  il  macà  ^àna^  fan- 
ciullo -a,  di  Berbenno  (Valtellina)  ;  e  vedine  Tappolet,  Die  roman. 
Verwn.  47;  Rendic.  cit.  1506. 

machinare  dir  male  bdl.  102. 

maculare  ammaccare,  contundere,  I  147,  II  45,  III  116. 

macone;  v.  Mussafia,  Beitr.  76,  Zauner,  o.  e,  179;  e  qui 
sopra  a  p.  309.  Per  il  -e-,  qui  indietro  ai  nura.  102-105. 

madronaglia,  Cfr.  mass.  madrÒ1^  mal  di  madre,  e  v.  qui 
sopra  a  p.  310,  e  per  -àglia^  il  ^maragià  che  sta  a  base  di  ma- 
rager  ib. 

maestro  signore  III  78,  medico  III  114;  {penné^  maestre 
(le  penne)  più  belle  lU  62. 

mafactori  malfattori  II  56,  409.  Allego  appunto  il  plur. 
perchè  la  forma  ha  ragione  solo  qui.  Altrove,  nello  stesso  Sere, 
c'è  malif^ictori,  dove  si  vede  il  composto  sciolto  ne'  suoi  elementi, 
di  cui  il  primo,  preso  come  aggettivo,  è  fatto  concordare  col 
nome.  V.  anche  Parodi  XV  66.  Ora,  per  mali  s'ha  anche  mai, 
onde  ma'.  Cfr.  Matraversi,  III  337,  cioè  ma'  ^r-,  che  il  Bongi  ha 
torto  di  postulare  al  sing.  come  matraverso  (III  471).  E  cfr.  an* 
cera  benivoglenti  benevol-  II  56,  menipossenti  I  357. 

maia  (6.).  Cosi  anche  a  Barga;  e  pare  aversi  dj  in  j;  cfr. 
'  soppiano  '. 

maina  (Pieri  §  99).  Anzi  che  di  machina,  non  si  tratterà 
egli  di  màcina  ridotto  come  rotto  ♦vócTtu,  faito  (v.  qui  sopra)? 

mainiera  mani-  cod.  v.  284.  V.  qui  sopra  a  p.  258  n. 

malanconìa  dispiacere  III  342,  343. 


454  Sftlvioai, 

$nal  delle  calende  mestruo  n  127. 

malischalzoni  servi  III  114,  furfanti  II  56.  La  qual 
forma  ^  ci  illumina  suirorigine  di  mascalzone;  che  sarà  da  una 
stessa  base  che  '  maniscalco  '  (cfr.  maseoMa  ;  e  il  bellan.  Maro- 
8calz\  e  sarà  venuto  a  dir  dapprima  '  servo  di  stalla  '. 

màndriet.  Montai:  tnàntrici. 

mane.  V.  Zauner,  o.  e.»  119. 

manere  rimanere  III  869;  se  pur  mase  non  va  emendato 
per  rimase, 

manesco  da  potersi  portare  a  mano,  bdl.  127.  Voc. 

mannaro.  Da  marrano? 

marcifaccio  pene  n  19. 

maro.  Esempio  degno  di  nota,  comechò  ci  mostri  una  delle 
vie  per  cui  si  giunge  a  certi  raocorciamenti. 

marrella  specie  di  marra  bdl.  92,  93.  Il  Voc.  ha  gli 
esempi  lucchesi. 

marrone  marra  m  115.  Voc. 

maraicure  -«0-  -segure  piccone?,  sp.  di  scure?  I  ÌSS, 
394,  m  331.  Il  Bongi  traduce  per  '  scure  manesca  '  e  postula 
marsicuro  non  so  perchè,  visto  che  gli  esempi  son  tutti  di  plu- 
rale e  non  permettono  di  inferir  nulla  sul  genere  e  sulla  forma 
del  singolare,  e  che  la  seconda  parte  della  parola  è  certamente 
sEcusE.  Forse  si  combinano  insieme  '  marra  '  e  '  scure  '. 

martella.  Nella  Val  Travaglia,  ho  sentito  chiamare  aiof^ 
tellina  il  tarlo  del  legno,  il  cui  rumore  la  notte  s'ode  assai  di- 
stintamente. 

maruffino  soldato,  sgherro,  II  369  [ter).  Il  Voc.  ha  marr^ 
ministro,  agente. 

mascalzoni  famigli,  swvi,  n  145,  nel  passo  eorrispondente 
a  quello  di  III  114  (v.  qui  sopra  s.  *  malischalzoni '). 


'  Siccome  la  voce  ricorre  solo  al  plurale,  mali-  potrebbe  rappresentare 
il  plur.  di  un  ^mahc  il  cui  mal-  (oane  stato  interpretato  come  Tagg.  Mal#. 
avere  cioè  la  itesaa  ragione  di  quello  di  mali  fattori.  Cfr  tottaTia  mmH$emlco 
num.  74. 


Appunti  snll'antioo  e  moderno  lacchese  455 

mascellare  1  158.  Par  essere  nome  di  una  località. 

mascellata  gotata  ing.  98.  V.  XII  413,  XIV  210. 

masBaaeudo  bdl.  130.  Par  il  nome  d'un'arroa,  o  d'un 
giuoco  in  cui  occorressero  una  *  mazza  '  e  uno  '  scudo  '. 

mastro  maggiore,  principale:  masira  città  città  capitale 
n  877  (bis),  città  principale  III  249,  la  m-  sala  1  250.  Voc. 

matéo  '-tiere  -ti le.  Dipendon  da  hatìbries  (non  materia, 
come  postula  il  Ktg.,  6003,  per  l'it.  madiere),  o  cosi  possiamo 
spiegarci  il  genere  (cfr.  ghiaccio,  dì).  Quanto  alla  continuazion 
di  MATERIA,  cfr.  anche  il  boi.  madtra  grossa  trave,  corrente,  il 
mescle,  madèra  parete  rivestita  di  legno. 

matone.  II  t  scempio  (cfr.  anche  I  22,  24,  25)  ben  corri- 
sponde al  *til-  (onde  poi  anche  la  scomparsa  completa  della  esplo- 
siva dentale:  piem.  mun)  di  madon  me^  tanto  difFuso  nell'Alta 
Italia.  V'entra,  come  altrove  ho  detto,  frtta,  preda. 

maugliare.  V.  XII  413  s.  'maugliao'. 

me g già,  È  insostenibile  l'etimo  che  già  dava  di  questa  voce 
il  Pieri  XII 131.  Alla  mia  volta  rinuncio  io  al  mio  di  me^jfk^fMisc. 
Rossi-Teiss  405),  da  cui  il  lucch.  meggio  non  sarà  forse  estratto, 
appalesandosi  invece  come  una  mascolinizzazione  di  méggia. 

meglioramento  le  cose  migliori  n  325  (e  v.  Oaspary 
Zat.  Xni  535).  Voc. 

megliorana.  Non  avrem  forse  bisogno  di  'meglio';  ma 
il  i  sarà  day,  Pieri  §  57n,  e  quanto  ail'^,  è  da  confrontare  1'» 
di  siióro  (di  cui  v.  però  Ascoli  XIV  470-71),  e  di  manióla  *  man- 
najuola  '  piccola  scure,  che  trovo  in  qualche  testo  popolare  del 
Mugello.  A  Lucca  stesso,  e'  e  mestaina  (da  maestà)  che  potrebbe 
essere  ^meje^  *maje-,  ma  anche  rappresentarci  un  assorbimento 
dell' a  da  parte  di  e  (mae-). 

memoria  intelletto  III  365,  418.  Voc. 

mènno  (v.  Pieri,  St.  di  fil.  rom.  IX  727).  Non  vedo  punto 
la  necessità  di  abbandonare  mTnuere. 

mentovare  chiedere,  ottenere,  (?),  I  354. 

mercenume  infimo  servigio  n  358,  360.  Nel  Voc:  -wn- 
lavoro  a  mercede.  Per  il  «,  cfr.  mercen-ario. 


456  Salvioni, 

mèrco.  Sarà  q.  'il  marchio,  la  marca '.  S'incontra  così  già 
nella  Toscana  Ve  che  in  questa  voce  è  proprio  della  regione 
meridionale  e  sicUiana  {mercare  marcare,  merco  suggello)  e  deve 
dipendere  dall'a.  frane,  merker  -chier. 

meritare  rimeritare  III  347,  cod.  v.  442,  merUo  retribu- 
zione, onorario,  III  344,  355.  Voc. 

mèrlo.  A  Siena:  mello  e  merlo  (v.  Hirsch,  Zst.  IX  r>21): 
e  cfr.  anche  il  pontrem.  pièrla  =  tose,  e  emil.  piella  abete  (Pe- 
trocchi). Circa  all't?,  si  tratterebbe  egli  mai  della  riduzione  di 
un  *tn(illéUo? 

me  Schio  grigio  bdl.  5!).  Cfr.  lomb.  miìèé  cinerino. 

messetta  ruffiana  n  81.  V.  Mussafia,  Beitr.  79. 

melato.  Cfr.  il  sard.  madau  ovile,  e  v.  le  mie  Post,  e  N. 
Post,  al  Ktg.  8.  '  metare  '. 

mezzo:  homo  di  m-  uomo  neutrale  III  289;  mezza  tersa  la 
metà  dello  spazio  tra  il  levar  del  sole  e  la  terza  I  311,  II  4:i, 
III  218.  Voc. 

miare  mignare  (e  bignare,  mizognare  -so-  Pieri 
§  120-21).  V.  Mussafia,  Beitr.  101  n. 

mignatto  verme  n  67.  Voc. 

mirólla.  V.  Zauner,  o.  e,  14.  Non  so  quanto  possan  ser- 
vire,  a  spiegare  il  r,  il  tose,  seuriscio  scudiscio,  il  pist  e  pif. 
coresto  codesto,  il  pist.  proviritore  Pieri  §  111,  marunna  madonna 
Giorn.  st.  d.  lett.  it.  XVI  382  n,  e  qualche  altro  es.  nel  Pieri 
vers.  169  n. 

moata  avrà  il  radicale  di  moina. 

mobile  denaro  I  133. 

mollame  polpa,  carni,  n  334.  Voc. 

mona  HO  lo  (G.).  Cfr.  il  gen.  mondiòla  bondiola. 

monnaglia  (-iu).  La  voce  non  e  al  suo  posto  alfabetico 
nel  N.,  ma  compare  a  p.  129  col.  1*.  —  Si  tratterà  di  ^mol* 
Itiylia  (cfr.  mollala),  con  ll-l  dissimilati. 

min- tal  e:  ixicie  m-  pace  lin  st^guito  a  guerra]  mortale  II 
;i5i).  ;iGl,  363, 

mossa  ture  ritagli,  cascami  di  legno,  n  286.  Voc.  :  -r^-. 


Appunti  Buirantìco  e  moderno  lucchese  457 

mossicature  ritagli  UI  69. 

mostioné  moscione  n  12  (bis).  Sarà  per  ^moskjoM^  e  pre- 
suppone *fnoschia  =  mOscula. 

mostrare  mostrarsi,  parere,  n  230,  262,  289,  II  79.  Voc, 
Giom.  st.  d.  lett  it.  XXVHI  207. 

motolare  mutur-  pajonmi  ben  derivati  da  mutilare,  che 
avrebbe  quindi  in  questa  voce  contadinesca  una  sicura  conti- 
nuazione popolare. 

mucca  -0.  n  significato  di  '  vacca  '  risp.  '  vitellotto  con  coma 
cortissime  ',  potrebbe  darci  la  chiave  dell'it.  mucca,  che  sarebbe 
quindi  per  estensione.  Quanto  all'  etimo,  cfr.  lomb.  mgk  spun- 
tato, mozzo  ;  e  Tu  lucch.  ci  riporterà  a  un  verbo  *muccare  = 
mg-  (cfr.  montign.  fura  ferisce:  da  furare  '  forare  '). 

mugliaglio.  Avremo  m-fi  in  m-^.  Di  mugnajo^  v.  poi  Parodi, 
Mise.  Rossi-Teiss  349.  Io  riterrei  però  che  mugnajo  sia  da  *muj' 
fiójoy  sia  cioè  un  esempio  del  fenomeno  emiliano-toscano  di  l^^^inj 
(v.  qui  sopra  al  num.  64-69,  cod.  245,  Meyer-Liibke,  it.  gr.  §  232, 
dove  si  può  aggiungere  il  boi.  seiva,  selva,  TJngarelli  App.,  l'aret. 
ògliemo  =  *ojmo  olmo).  Circa  a  *mulna^^  cfr.  poi  il  ven.  maneì-, 
il  lomb.  murn^, 

multipricare  aumentare  II  20. 

muorarsi  (6.).  Bel  riflesso  di  m6rar(i),  che  giustifica  forse 
il  carattere  ereditario  di  morare  cod.  v.  310.  Per  il  significato 
cfr.  il  piem.  dmuré  trastullare,  e  v.  Parodi  XV  57. 

muricciolo.  Anche  pist .  E  naturalmente  muriccio  -\-  tllo, 
cosi  come  nòcciolo  (Pieri,  St.  di  fil.  rom.  IX  627)  è  da  nóccio, 
mignolo  da  migno  (cfr.  mlgno  piccolo,  a  Città  di  Cast.). 

mustrare  (G.)  con  u  passato  alle  rizotoniche.  Il  fatto  si 
ripete  per  un'ampia  distesa  di  dialetti;  e  v.  Il  Pianto  d. Marie 
marchigiano,  num.  10  n,  Crocioni,  St.  di  fil.  rom.  IX  629. 

muta:  a  m-  a  vicenda,  per  turno,  I  24,  25,  per  ut-  per 
turno  I  25. 


n  a  scia  par  accennare  a  *nass-ia, 

nauchieri  nocchiero  n  159  (bis).  Il  dittongo  accenna  a  voce 


458  Salvionì, 

semidotta  (v.  Parodi  XIV  15),  a  meno  non  si  Toglia  vedervi 
come  una  riduzione  di  quel  tipo  eh'  è  nel  fior.  navichUre  e  che 
alla  sua  volta  accenna  a  nocchiere  modificato  sotto  T  influenza 
di  navicare.  Circa  all'»'  dell'a.  pis.,  nickieri  ^yhie'  (Pieri  XII  158), 
esso  vorrà  pur  dire  una  riduzione  violenta  déR'-avp-  di  n^m-,  a 
meno  non  si  preferisca  scorgervi  un  caso  analogo  a  quello  di 
gifnore,  scigatojo  *  asciug-  '  (Parodi,  6.  st.  d.  Lett.  it.  X  183, 
Mazzi,  La  Casa  di  Messer  Bartalo,  ecc.,  passim).  —  Per  iJtre 
forme  di  urAUCLERU,  v.  XII  417. 

neiente:  non...  n-  non  punto  cod.  v.  184,  301. 

nèrchio.  Gli  corrisponde  appieno,  pel  significato  e  per  la 
ragion  fonetica,  il  bellinz.  nere,  che  insieme  però  dice  '  Iwinaca  '. 

nizzire,  ni  zzo.  Nulla  hanno  queste  voci  da  vedere  con 
mézzo.  Esse  sono,  come  già  ha  visto  il  Pieri  §  131  a  proposito 
di  nizzare,  da  nnTiARB  (XII  408,  416,  Etg.  4991,  e  aggiungi  il 
valsass.  inèd  schiacciare  il  legno  tenero  pestandolo),  e  nizzo  è 
(come  il  lomb.  nizz,  infnz,  wilz  [n-n  in  n-l],  mezzo,  manomesso) 
un  participio  accorciato. 

noe  òr  a.  Sarà  errore  per  nòeo-  (cfr.  nocula  -co^  ap.  Pieri 
pis.  p.  158).  Il  Pieri  pensa  a  '  noce',  ma  meglio  ricorreremo  a  quel 
*NAViCA  (prov.  nauca,  frane,  noue)  di  cui  v.  Meyer-Liibke,  Einf. 
196,  e  che  si  ravvisa  in  nomi  locali  lombardi  come  Nóka  (v.  Boll, 
st.  d.  Svizz.  it.  XXIV  63). 

nome:  metter  n-  far  credere,  far  vedere,  I  88,  Il  72. 

no  strato.  E  anche  nel  Voc,  e  parrebbe  il  bel  continua- 
tore di  NOSTRATE.  Cfr.  del  resto,  l'it.  nostrale,  l'alto-it.  not^àa  *. 

nota  avvertimento,  intemerata,  III  32,  39,  notare  avver- 
tire ib. 

notevole  noto  IH  322. 

nudo  solo,  isolato,  I  395.  Voc. 


^  Questo  nostrany  accompagnandosi  al  suo  antitetico  lontdn,  ingenera  a 
Campodolcino  (Chiavenna)  un  curioso  lostrdn  forestiero,  esotico,  nel  quale 
entrerà  forse  per  qualche  cosa  anche  stràni  estraneo. 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  459 

occorrere  a-  bdl.  134,  135,  I  257. 

oggimai  n  285,  III  11,  'giU"  III  90.  Ma  sarà  un  errore 
oguimai  III  191.  V.  Flechia  VUI  405,  Hirsch,  Zst.  IX  534,  555, 
dove  sono  o-  e  angiumai, 

oli  rare  odorare,  aver  odore,  n  38.  Pare  risultare  da 
odorare  e  olire. 

otnbdo.  Il  mb  sarebbe  mai  dovuto  a  'ombra'? 

ombrina  ombra,  luogo  ombreggiato,  n  298.  Ricorda  il 
friul.  ombréne  ombra. 

ondatione  inondazione  III  250. 

ontanello  lucherino.  Confronta  la  derivazione  di  fanello 
da  FAGU,  fagTn-. 

operare  adoperare,  impiegare,  fagn.  536,  538. 

opposta  imputazione  III  327. 

oraggio  aria,  luogo  arieggiato,  n  266,  298.  Dall' a.  fr. 
orage  soffio  di  vento. 

ostare  fare  oste,  muovere  in  guerra,  I  89;  tentare,  sfor- 
zarsi, II  247. 

oste  ospite,  la  persona  ospitata,  bdl.  115. 

ostiatrice  levatrice  n  32. 

ostieri  ospite,  cioè  la  persona  ospitata,  n  208. 

o tiare  impedire,  dissuadere,  li  349,  III  36.  £  olth,  III  44, 
sarà  da  leggere  obv-. 

pàcito.  Coirai to-it.  pdéi,  q.  *pacIdu,  o  meglio  flacIdu  ri- 
toccato su  pace. 

pagana  (0.).  A  Mesocco,  chiaraan  pagania  il  lattime  .del 
capo. 

pagaria  -ghe-  malleverìa  bdl.  2,  26,  I  205,  ecc. 

pagatore  -do-  mallevadore  I  206,  209,  III  248,  bdl.  113, 
n  405,  ecc. 

paino.  V.  la  bella  etimologia  del  Parodi,  Mise.  Rossi-Teiss 
349-50.  La  voce  ricorre  anche  nell'alta  Italia:  veron.  j9a/n  con- 
tadino, villano,  onde  poi  il  curioso  pài,  masc.  e  fem.,  fatto  forse 

Archivio  gioito!,  itol.,  XVL  80 


460  Salviuni, 

sulla  norma  di  pào  e  pài  paone;  parm.,  com.  painàgh  contadino, 
iniL  painàrd  tanghero,  villano. 

palmieri  straccione,  mendicante,  poltrone,  n  146.  Nel 
Voc.  =  *  pellegrino  che  andava  a'  luoghi  santi  • . 

palmo:  prender  p'  prender  piede,  il  disopra,  n  181, 1 108, 128. 

parersi  mostrarsi  cod.  v.  148. 

parola  permesso  I  57.  Voc. 

partefice  -cipe  I  256.  Voc,  e  qui  sopra  a  p.  313  n. 

pasqua  di  Cavalieri  Pentecoste  II  192,268.  Nel  primo 
passo  il  Sercambi  spiega  il  perchè  di  tal  denominazione. 

pasturale  ^«-sto-',  pene,  n  280. 

palificarsi  venire  a  patti,  fare  i  patti,  patt^giare,  IH  39. 

patterà  sarà  da  paiterona. 

péccia^  Crederei  da  pIcea ;  v.  Seifert,  GÌ. zu Bonv.  s.  '  pegar \ 
e  cfr.  lo  special  senso  del  com.  pegd  lordar  l'uva  con  l'acqua  in 
cui  si  stempera  della  calce  e  dello  sterco  bovino. 

pedeare  spetezzare,  far  peti,  n  174,  175.  Va  appunto  con 
speteiàare^  e  circa  al  d  sarà  da  pensare  all'influsso  di  pederr. 
Quanto  poi  a  peto,  se  esso  non  è  il  frane,  pei,  non  si  può  spie- 
gare da  pfioTTu,  che  attraverso  *peUo  *pe[d}Uo,  con  d-^  dissimi* 
lati  come  lo  sono  t4  in  maitino  e  aUuire  attut-.  Invece  il  lomb. 
pet  e  il  ven.  pelo  (ofr.  pelerà  risp.  peHiar)  dìpendon  da  *ped'io. 

pedere  far  peti,  spetezzare,  n  173,  174,  175.  Pure  nel 
Voc,  con  un  es.  del  Burchiello. 

pelle  grò.  Se  si  tratta  di  voce  sostantiva  e  non  del  np.. 
giova  ricordare  il  lat.  peleoer  WQlfflin's  arch.  Ili  496. 

pendèora  ptn-.  Da  un  *pendTculu  (cfr.  perpbndktluiiK 
che  per  altra  via  ritorna  in  pencolare,  e  nel  veron.  pingclar, 

pènna.  Per  il  significato,  cfr.  lo  sp.  pefia  rupe  [e  v.  on 
D'Ovidio,  Zst  XX Vm  539-41]. 

pennuto  n  74.  V.  Gaspary,  1.  e,  554. 

pentrogiani  ing.  93.  Che  significa? 

prpora.  Abbiam  qui  un  *péporo  -e  (cfr.  Talto-it.  pèrert] 
passato  al  fem.,  o  un  *le  pépora,  oppure  senz'altro  un  diminu- 
tivo di  pepe? 


Appunti  suiraniìco  e  moderno  lucchese  461 

perì.  GurioBO  accorciamento,  per  il  quale  gioverà  muovere 
0  da  peti  =  periglio,  o  dal  perico  di  cui  qui  sopra  a  p.  406,  nel 
qual  caso,  un  po'  avrà  influito  anche  il  che  della  combinazione  in 
cai  peri  sempre  s'adopera  (*perik{r)o  ke,.,), 

perire  ruinare,  far  perire,  cod.  v.  457. 

perseguitare  prosegnire,  continuare,  I  371.  Voc. 

personevile  personale  bdl.  2,  28.  Voc. 

pervedere  visitare,  esaminare,  n  325. 

pianale  piano,  ripiano,  I  147.  Voc. 

piccolo:  p-  prete  prete  semplice  III  135. 

piede  tronco,  pedale,  lU  331. 

piediconi  n.  137;  detto  dell'incedere  dell'anitra.  V.  Pieri, 
Ro.  XXXm  281  K 

pie  Ila.  Se  deve  connettersi  con  pYcvla,  ciò  può  solo  inten- 
dersi nel  modo  ch'è  spiegato  in  N.  Post.  s.  '  picula  *.  Ma  come 
si  dichiara  il  pist.  piggello  (Petri  s.  'piella')?  Dall'influenza  di 
faggio^ 

piètto  (a).  Gfr.  anche  il  parm.  apiètt  alla  rinfusa,  e  il  nap. 
ackittf  cumulo,  De  Bartholomaeis,  XV  330  s.  *  aplittu  '. 

pi  evale.  Da  pieviale,  forma  attestata,  con  j-j  dissimilati 
mediante  la  soppressione  di  uno  di  essi. 

pignocta  III  115.  Parrebbe  '  pagnotta';  dove,  per  la  ragion 
fonetica,  si  potrebbe  invocare,  qualche  nome  locale  (v.  Pieri 
XIV  424). 

pinco  ^òro  pene  n  69,  248.  Voc. 


^  A  proposito  di  questo  articolo  del  Pieri,  e  più  precigamente  di  quanto 
vi  si  dice  in  nota  a  pag.  284,  mi  sia  lecito  far  osservare  che  anche  nelFalta 
Italia  è  dato  di  vedere  se  stia  a  base  óné  o  -óni  in  que*  dialetti  che  cono- 
0con  la  metafonasi;  e  così  nella  Valsesia  dicon  gineuggioogn  che  corrisponde 
a  -^i  (a  'óne  si  risponderebbe  con  -un),  a  Ferrara  gatun  palpùn,  in  scultun, 
quaceiun,  d'ècundun  (di  fronte  a  palpón  chi  palpa,  ecc.).  —  Un  esempio 
beri^m.  (p.  288  n)  e  lomb.  ben  importante  è  in  uetù,  *6n  [ntar]  a  sedere  [nel 
letto].  —  Derivato  da  verbi  cht*  non  sian  della  1*,  è  il  per.  ardicione  {gi 
ardieione  andar  a  ridire,  a  riportare).  —  Per  Testensione  del  suffisso  fuori 
d*Italia  e  di  Francia,  cfr.  poi  l'engad.  ir  in  vantruns  andare  sul  ventre. 


462  SaWioni, 

pincombero.  Anche  montai.,  e  risulta  da  pinco  e  cocùmbero. 

pingnare  spingere  n  279.  Occorre  una  sol  volta,  e  però 
Ted.  emenda  per  pingnere.  Tuttavia  l'aversi  spengndre^  spegnere, 
e  più  penzàre,  spingere,  a  Città  di  Castello  (v.  piii  in  là  s.  *  spe- 
gnere '),  ben  può  render  credibile  anche  un  pingnare.  D'altra 
parte  non  manca  qualche  esempio  di  -dre  da  erb  (Pieri,  9  1^*)- 

pinta  mossa,  direzione  II  174. 

pistare;  cfr.  il  piem.  piste  {pista). 

pitecto  piccolo  II  218,  220:  Ector  lo  p*  Ettore  piccok 
fanciullo.  Voc. 

p\t\t\ont\  a p-  9k  richiesta,  a  posta,  1 225, 162, 165,  ecc. Voc. 

più  mie  e.  La  caratteristica  del  pomice  in  quanto  pietraie 
la  sua  leggerezza,  la  impressione  che  produce  di  cosa  soffice. 
Non  ci  stupiremo  perciò  che  vi  si  senta  '  piuma  '  (cfr.  piùmici^* 
soffice,  molle). 

pizzicatolo  (cfr.  pissicaiolo  bdl.  75)  è  anche  romanesco. 

placabile  benigno,  mansueto.  III  185. 

poccena  =  '  poi  cena';  e  va  con  questa  forma,  non  con 
ptisigno  ecc.,  il  mil.  polèna  (cfr.  mil.  Hna  cena,  e  por-èéna  Zst. 
XXII  471),  nel  cui  è  l'Ascoli  (qui  sopra  a  p.  192  n)  preferirebbe 
ravvisare  il  prodotto  di  s-é. 

pòccia.  V.  qui  sopra  a  p.  399.  L'aret.,  il  sen.  e  ilperug 
hanno  g,  dal  quale  dunque  devia  il  lucchese. 

poltonieri  paltoniere  n  147. 

porcacchia.  È,  per  metatesi  àéi  j^  àsi porchiacca^  e  la  me- 
tatesi è  determinata  da  '  porco  '  (cfr.  il  ven.  porcelàna  porchiacca. 
il  lat.  porciUaca  che  ben  si  continua  nel  parm.  porzlàga).  E  lo 
stesso  portulaca  non  sarà  esso  per  dissimilazione  da  porc-? 

pormai  =  *prormai  *  per  ormai  '. 

portarrèga.  È 'porta  arreca'  cioè  un  doppio  imperativo. 

pòrto  porta  ing.  88. 

portonaio  portinajo  I  320.  Voc. 

posare  rip-  II  158,  n  104.  Voc. 

posso  III  263.  Da  emendare  forse  in  Spossesso'. 

posto  che  quantunque  n  108,  331,  I  443,  ecc.  Voc. 


Appunti  Buiraniico  e  moderno  lucchese  463 

'pratichare  trafficare,  vendere,  III  406. 

prestanzone  imposizione  di  denaro  m  76,  e  vi  concorron 
'  prestanza  '  e  *  prestazione  '.  Voc. 

presura  presa,  cattura,  assunzione,  n  177,  III  11,  ecc. 

prl8pola\  assai  verìsimilmente  per  *pl8prola,  solo  cosi 
riuscendo  di  renderci  soddisfacente  ragione  del  r;  v.  qui  sopra 
a  p.  318  n. 

privilegio  lettera,  breve,  lU  193.  V.  qui  indietro  s.  *  bre- 
vileggio  '. 

procedere  mandar  fuori  II  190. 

procurare  aver  pensiero,  preoccuparsi,  1394. 

profergere;  su  prof  erto  seguendo  la  norma  dì  sorto:  sor- 
gere^ ecc.  (cfr.  il  ven.  avéràer).  Diversamente  il  Pieri,  St.  di  fil. 
rem.  IX  726. 

pròlao.  Da  *pròlaco:  cfr.  il  pava.  sprolieo  discorso. 

pronuntiare  nominare^  eleggere,  III  134,  -tiatùme  ib. 

propio,  sost.,  privato,  persona  privata,  II  194,  agg.,  stesso, 
medesimo,  n  292  {sé  proprio  se  stesso),  II 801,  III  85,  89,  espresso 
I  289.  Voc. 

prosperare  far  prosperare  III  88.  Voc. 

provedere  visitare,  sorvegliare,  fagn.  537. 

puio  'poggio'  pulpito  n  380.  È  il  frane,  pui. 

punto  'appunto',  punto  d'accusa,  accusa,  imputazione.  III 
327,  328,  330. 

puònde  (cfr.  ancora  ripuondere  -puonere).  Del  dittongo  v. 
Pieri  §  9  e  circa  al  (2,  ch'è  assai  diffiiso,  St.  di  fil.  rom.  VII  201. 

pitpore  mammelle  II  219. 

pus  Sion.  Se  questa  forma  garfagnina  non  proviene  da 
Modena  (dove  si  pensa  a  pus'sion),  gioverà  ammettere  la  dissi- 
milazione sillabica. 

puzza  nefandità  n  127. 

quintana  conno  n  81,  82. 

racomandato  a  sotto  la  protezione  di  I  216,  III  166,  167. 


464  Salvioni, 

r acordo  ammonimento  III  343. 

rafermare  -ff-  confermare  1127,411,111  230,  aaaicurare, 
rafforzare,  III  17. 

ragazzo  stalliere  n368,  ecc.  Voc,  dove  anche  ragazzone  ; 
e  'One  non  vi  sarà  già  accrescitivo,  ma,  come  anche  in  mascal- 
zone (v.  qui  sopra),  l'esponente  di  caso  obliquo  del  tipo  di  fles- 
sione -O  -ÓNIS. 

ragione  di  grammaticha  conoscenza  di  latino  III  <i2^i. 

ralluminare  a/Z- ridonare  la  vista  II  853. 

rantulo:  ar-  in  agonia,  nell'estremo  momento,  cod.  v.  404. 

raniiglié.  Sarà  *  artiglio'  ^-  *  (ar)rancare '. 

rapresentare  pr-  n  376  ecc.  Voc. 

raspa  grappolo  n  374. 

race  {rata  Città  di  Cast.).  Cfr.  lavarone  (Giunte).  —  C'è  da 
una  parte  il  bresc.  laf  (di  cui  non  trovo  indicato  il  genere),  dal- 
l'altra il  frane,  ravin  (cfr.  ancora  ravera  lapidum  nel  Liber  Po- 
theris  del  Comune  di  Brescia;  v.  il  Gloss.  del  Lattea  in  Àrch. 
stor.  ital.,  ann.  1902,  disp.  2').  La  forma  bresciana  e  V-e  lue* 
chese  guarentiscono  il  labe  proposto  dal  Pieri,  dove  circa  al  r- 
sarà  da  ricorrere  o  a  buina  o  a  rapina  (cfr.  dirapinaio  I  32^'>). 
Ma  anche  la  voce  francese  vorrebbe  allora  una  spiegazione  di- 
versa da  quella  del  Dict.  gón.;  nel  senso  appunto  ehe  un  *labin'i 
da  LABE  (v.  XV  346)  sia  venuto  modificandosi  sotto  Tinflusso  o 
di  BUINA  o  di  BAPiNA.  Di  laf  e  di  lavina  giudica  altrimenti  il 
Nigra  XIV  284. 

razza,  E  un  bel  deverbale  da  badebe,  come  lo  è  il  lomb. 
e  piem.  rdnia  frullana.  Circa  al  zà^  dessi  partire  da  un  prehente 
*r(izzo  ecc.  da  spiegarsi  come  caggio  cado  ecc.  Di  tali  derivati 
è  ghiaccia,  qui  sopra,  è  il  merid.  fiezzu  fetore  (v.  FV  125 a;  « 
cfr.  FOETEo),  è  il  suo  sinon.  puzza  (cfr.  puteo),  onde  puzzarr,  t* 
son  più  altri,  come  si  vede  in  Mise.  Ascoli  84. 

redola,  V.  Caix  St.,  pag.  140.  Ma  non  vedo  come  man- 
darvi insieme  il  mant.  rezóla. 

re  gare  portar  via  bdl.  GH. 

remare  -mb-,  e  rembolare  smettere,  cessare,  ing.  9<K  V.  Caix 


Appnnti  sairantico  e  moderno  lucchese  465 

141y  il  cai  etimo  potrebbe  essere  revocato  in  dubbio  dalla  voce 
lucchese,  dato  che  questa  non  sia  estratta  da  remo*  rembdare. 

rengnare  allignare,  vivere,  cod.  253,  v.  47.  Cfr.  illomb. 
refid  allignare. 

restare  cessare  1208,  n  104,  -ama  cessazione  1243.  Voc. 

retribuire  attribuire,  riconoscere,  III  117. 

riavenimento  I  161.  Forse  errore  per  riarìntém/o,  visto  il 
sicuro  riferimento  al  riavere  {riebbe)  di  quattro  linee  prima. 

ribandire  richiamar  dal  bando  II  351.  Voc. 

ricada  n  239;  1.  rieadìa  Gaspary  Zst.  XIII  555. 

ricomprare  mettere  a  contribuzione,  pagare  riscatto,  I  212, 
213,  "mprametUo  contribuzione,  riscatto,  I  220. 

ricoverare  cercare  scampo  I  327,  ajutare  1316,  III  111, 
ricuperare  DI  365.  Voc. 

ricredente  re-:  far  r-  sbugiardare,  convincere  del  con- 
trario n  333,  esser  r-  risultar  mentitore  n  333. 

rifermare  re-  occupare,  guarnire,  fortificare,  fissare,  sta- 
bilire, confortare,  guarentire,  confermare,  linnovare  la  ferma,  I 
52,  61,  139,  263,  279,  II  222,  275,  279,  396,  IH  107,  197,  198. 

rifrangere.  Cfr.  Tant.  pav.  refran^er  Xll  426,  e  il  Dict. 
gén.  s.  '  refrain  '. 

ri m edire  riscattare  I  369,  IH  62.  Voc. 

rtmonare  =  ' rimenare'  dimenare  (Ing.  90)? 

rincalciare  inseguire  alle  calcagna,  respingere,  far  retro- 
cedere, I  354,  362,  396. 

rinonsare  denunciare  1156. 

rinveynente  riv-  successivo,  seguente,  susseguente,  n  74, 
87,  215.  I  127,  li  369,  III  151,  fagn.  537. 

rinvenire  ritornare  n  167. 

riparare  raccogliere  n  104. 

riparo  vantaggio,  benessere,  III  9. 

ripremiare  compensare  III  2M. 

ri"  re  segare  troncare,  finire.  III  91,  92,  194,  3^>6.  Vof. 

rissare  'rizzare'  tener  ritto,  tener  in  ordine,  bdl.  71. 

rista ulo  risarcimento,  indennizzo.  Ili  157,  159. 


466  Salvionì, 

ristornare  rimettere,  ristorare,  II  170;  cfr.  ristarare  ib. 

ristringere  il  mare  bloccare,  interdire  il  m-,  III  201. 

ristropiare  impedire  cren.  33.  V.  ^stropiare*. 

risucitare  ha  q-S  dissimilati  per  ^-é.  V.  però  n.  100-101. 

ritrécito.  Per  -Uto,  mi  sovviene  il  Heid  ricino,  di  qualche 
parte  di  Lombardia.  Quanto  all'etimo,  v.  Pieri  vera,  gloss.  s. 
'  rotéggine  ',  e  aggiungi  che  roéina  o  rode-,  mota  di  molino,  io 
l'ho  udito  in  Vallemaggia. 

riuscire  liberarsi  II  421. 

romanere  smettere  n  172  {se  n'i  romasa). 

rompere  corrompere  I  403.  Voc. 

ronzagli  e.  Per  il  significato,  deve  trattarsi  di  'tosatura' 
di  metallo  (cfr.  tosar  le  monete).  Per  l'etimo  sovviene  il  frane 
rogner,  che  si  dice  con  molta  predilezione  delle  monete,  e  in* 
sieme,  per  la  forma,  ranger, 

ruciolo  ro-  truciolo  n  286  (^),  III  69.  V.  il  Nieri. 

rugghia  ^are.  V,  il  Pieri,  vers. ,  gloss.  —  E  ruglum 
nel  cap.  32  degli  Stat.  di  Pistoja  del  sec.  XII  pubblicati  dal 
Berlan  ;  e  in  n  243  è  questo  passo  :  *  era  uno  nomato  il  Rughia, 
il  quale  per  bella  e  grande  masserizia  che  di  sotto  appiccata 
tenea  gli  fii  tal  nome  imposto  ,. 

r  ugnar  e.  Cfr.  il  lomb.  rohà. 

riirto  sarà  per  *ruvieo  (cfr.  rancico  rancido). 

saldare  fortificarsi  I  25,  assoldare  II  244. 

saléggiora,  Pist. :  -la;  e  cfr.  salegiata  insalata  n  274. 

salve  eccetto,  salvo,  n  380. 

sanguinente  sanguinario,  crudele,  1294. 

sano  morale,  onesto,  cod.  v.  84. 

sbaractare  sbaragliare  I  333.  Voc. 

sbarare  -rr*  sbaragliare,  sottomettere.  III  10,  50,  «òorw 
distruzione  IH  10. 

sbrainare  sbranare  n  327.  Preziosa  forma,  che  parmi 
spieghi  Ve  del  vers.  sbertia  -nare  Pieri,  vers.  g  1-2,  18. 

scafa  scrittoio?  n  2S7  (bis).  Ili  11  {bis). 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  467 

scalamare.  V'entra  lama;  e  cfr.  calana. 

scalèo  gradino  n  157,  III  116. 

scappucciare.  Lomb.  skap-  e  skarpuèà. 

scaravoltolare,  Cfr.  sharia  sidro-  skrivóltolta  ne'  dialetti 
veneti  (Cavass.,  ecc.). 

scavigliare  -e  e  hi  a  re.  Ricorda  il  frane,  écheveau  matassa, 
Io  *  scavigliare'  essendo  come  trovare  il  ^bandolo  della  matassa'. 
Ci  sarà  dunque  *  capo  ',  come  c'è  a  veder  mio  nella  voce  fran- 
cese, ch'è  il  deverbale  di  un  *écheveler. 

s  cip  re.  Si  può  pensare  a  uno  *scèpra  da  *scipera  -ora  (cfr. 
scedra  e  scidera^  e  v.  Pieri  §  132-3,  vers.),  che  avesse  poi  as- 
sunto l'-tf  di  scOpe. 

scelta  re  (G.).  Par  essere  *  sciupare  *  +  •  gettare '.  0  pen- 
seremo a  EX-CEPTARE? 

schiaitare.  V.  Pieri,  Top.  227  n,  il  cui  etimo  non  mi 
convince.  Io  penso  a  '  schia[mazzare  '  -f-  '  sbraitare  '. 

schicciare  (G.).  Anche  a  Massa  e  a  Castel  vecchio,  e  va 
coU'alto-it.  skiSd  ecc.,  grìg.  shvidar.  Vedi  XII  430. 

schiezza  st'  (v.  Pieri,  vers.  162).  Per  il  dittongo,  v.  Zst. 
XXII  476. 

schirolo  (N.,  p.  XXX)  scojattolo.  Nigra  XIV  296;  e  cfr. 
Ta.  orv.  scoiale  pelli  di  scoj-,  in  Boll.  d.  dep.  di  St.  p.  per 
l'Umbria  IV  44. 

sciagnato  andrà  con  sciainato  {jn  in  ^  come  in  mugnajo), 
di  cui  V.  Pieri  XV  218.  0  si  può  pensare  a  sciaagnato  =  sria- 
cognato. 

sciomignare  par  mi  assai  ben  dichiarato  dal  Pieri  nei 
suoi  Appunti  etim.  (St.  rom.  d.  soc.  fil.  romana  I),  e  da  *8cia' 
minare  in  quanto  abbia  detto  '  abbaruffare  ',  '  confondere  ',  pro- 
verrà sciamino  erba  cattiva  (Pascoli,  Canti  di  Castelv.,  209). 
(*irca  al  senso,  si  può  del  resto  invocare  rombare  =  revisitare; 
e  circa  al  gn,  son  da  confrontare  sbucignare  sbucinare,  schizzi- 
gnoso  schizzinoso,  e  più  altri. 

sciàmmia  =  *scidmika?  Cfr.  èdmak  in  qualche  parte  delle 
Alpi  lombarde  (Ro.  XXIX  550  n). 


468  Salvioni, 

8ciancare  =  sé-?  Gfr.  allora  il  lomb.  séankd. 

sciarbato  (cfr.  sciarbelUme  scerp-).  Sarà  ^soerpato^  scer- 
pellinoi  dove  per  il  6  è  da  veder  qui  sopra  a  p.  322,  intenden- 
dosi che  nella  voce  locchese  convengano  sgarb-  e  scerpa. 

sciolgere  -glie'  scegliere  I  224,  382,  U  150,  189,  282; 
V.  '  trasciolgere  '. 

scioncare  =  90-?  Cfr.  allora  il  lomb.  séankà. 

scalca  scolta,  guardia,  1 372,  U  47,  HI  400 (òw).  Anche  pis., 
XII  159,  e  sardo.  V.  Guamerìo,  XIU  119,  St  di  fil.  rom.  Vili 
410  sgg.,  Bonazzi,  Il  Condaghe  di  S.  Pietro  di  Silki  153  ^ 

sconiato  ing.  107.  Sarà  un  participio  accorciato  per  *mo* 
gncUato  (cfr.  accugnatato  Pieri  §  59)  '  scommiatato  ',  scacciato, 
spretato. 

scorzare  scorticare  n  50. 

scosso  scusso,  privo,  I  118,  196  ^ 

screpante.  Par  essere  *  sacripante '. 

scritire:  le  capezzate  che  scrUiano  '  gli  scopaccioni  che  pio- 
vevano, che  sonavano  '9  n  164. 

scuòla  spola.  Cfr.  montai,  scida^  e  scuòla  nel  Voc.  Sarebbe 
questo  un  vero  caso  di  sp-  in  sk-?  V.  Parodi,  Mise.  Rossi-Td» 
H50,  dove  si  ragiona  di  scoglia^spoglia  \ 

scuro  tremendo,  orribile,  spaventoso,  n  178,  scurità  orrore 
II  386,  m  237.  Voc. 

sdiangurare  (G.).  Sarà  per  sg^^  q.  'sghiandolare*;  ev. 
s.  'ghióngolo'. 

seccala  seccaggine;  noja,  n  264.  Nel  Voc:  seceaia  sec- 
cagione. 

sega  (v.  Bongi  bdl.  411,  Rezasco  s.  v.):  I  129,  183,  ^g^ 
I  129. 

segare  (tì.).  Cfr.  il  frane,  scier. 


*  V.  anche  il  Porcellini  s.  *  excultator  \ 

'  Ne  è  qualche  es.  anche  «el  Voc.  E  certo  vi  si  connette  tcusto, 
'  Non  supt^rfluo  ricordare,  a  proposito  dì  ncogliaf  che  nel  herg.  c*è  tpttjq 
Hcaglia. 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  469 

sei:  ni  in  asso  se'  tiè  in  sei  II  393;  cfr.  l' it.  o  asso  o  sei 
o  tutto  o  nulla. 

sentitola  &tto  direttam.  su  sé/nita  (Petr.). 

sentimento  notizia,  sentore,  saputa,  I  301,  245,  III  6,  10, 
11,  12,  comunicazione  IH  139,  150,  capacità,  esperienza  III  138, 
298,  anima,  ragione,  cod.  v.  294.  Voc. 

sentire  apprendere  III  7,  sentenziare  II  392. 

sgargiare  -giante.  V.  qui  sopra  a  p.  322  n. 

sgrùzzola.  Rammenta  il  tic.  ègntggola  scoscendimento, 
frana.  E  Uzze  il  g^^  potrebbero  combinarsi  nel  supposto  di  un'ori- 
gine germanica. 

singozzo  è  pure  d'altre  parti  di  Toscana.  Alle  forme  di 
questa  base  raccolte  dal  Flechia,  U  377-8,  s'aggiungano  il  mant. 
sandóc  (Krit.  Jahresb.  V,  p.  1*,  136),  e  il  bellinz.  sangui.  Qui 
e  nel  mil.  sajtUter,  Y  a  è  metafonetico,  in  Lombardia  dicendosi 
infatti  più  volentieri  '  avere  i  singhiozzi  '  che  non  ^  avere  il  sin- 
ghiozzo'. Quanto  al  j  della  voce  milanese,  esso  è  dovuto  alla 
intrusione  di  *saji  saltare;  e  il  singhiozzo  è  in  realtà  un  '  sus- 
sulto '. 

sinicare  .  V.  *  assinicare '. 

sinicia  'ce.  Anche  il  Petr.  ammette  la  accentuazione  sénice 
E  sarà  cosa  diversa  sònici  gangole. 

sm-  ismemorare  perdere  il  senno  n  134,  -a^o  dissennato 
n  119,  125,  147,  182,  III  116,  65,  ecc.,  smemorala  memoria 
q.  *  dissennata  intelligenza'  II  413,  smemoraggine  scimunitaggine 
n  338.  Voc;  e  v.  ^memoria'. 

smatriato.  V.  ancora  Parodi,  Mise.  Rossi-Teiss,  351. 

smèfero,  A  Venezia:  j(m(i/aro  trufifatore,  mariuolo,  ladro. 

Hoccielare  -ce-  celare,  sottrarre  beni  al  fisco  III  298,  325, 
n.  262;  cfr.  subcelare  Wólfflin's  Arch.  Ili  505. 

socto:  s-  trattare  allo  scopo  di  tr-  I  355,  s-  nome  a  n-  III 
361,  369,  s-  brevità  brevemente,  in  breve,  I  234,  III  80,  145, 
socto  modo  de,,,  come  se...  I  176. 

s(^durre  -re  promuovere  II  161,  indurre  III  321. 

sodussione  sedizione  III  87. 


470  Salvioni, 

saldarsi  riconciliarsi  III  147. 

solenne  importante  I  253. 

so  Ut  a.  Parrebbe  da  'suolo';  cfr.  il  mesolc.  setr  'saolo' 
area  di  cascina  diroccata,  cascina  diroccata.  Per  il  suffisso,  v.  s. 
'  taulìto  '. 

sollacieri  -o  dato  ai  sollazzi  n  89,  181. 

somosione  sconvolgimento  III  107,  decisione  III  11. 

somuovere  muovere  II  423,  indurre  III  11. 

sonar  le  banche?  Ili  160. 

soppidiano  supidano  *  scrigno  che  si  teneva  per  lo  più 
a  pie  del  letto'  n  176,  243  (cfr.  soppidiano  soppedaneo  St.  di 
fil.  rom.  Vn  232  n).  Feminile,  ha  significato  osceno  in  sopì- 
diana  n  177  {bis).   —  Vi  si  connette  soppiano  (Q.),  Pascoli,  StU*. 

sopradire  soggiungere,  replicare,  I  19. 

sornacchiare  russare  n  298  {bis).  Voc. 

sospicciare  sospettare  I  19  (fri>). 

SOS  sii  e  Ilo  bubbone  I  206.  261,  II  64.  Cfr.  sodiUUo  nell'a, 
pisano  (Pieri,  pag.  159).  Nel  lucchese  deve  trattarsi  o  di  una 
assimilazione  del  d  al  «-,  o  di  una  dissimilaz.  tra  le  due  esplo- 
sive dentali. 

soricia  -ce  (Meyer-LUbke,  Zst.  VIII  216,  Pieri,  St  di  fil 
rom.  IX  726).  A  sDbIce  s'  oppon  l' accento,  a  sì^blIcbs  o  a 
sublTcae  contrastan  V  accento  e  il  r  (vorremmo  ^s^bbiet).  Ne 
si  può  invocare  il  lorob.  sobiga^  Zst.  XXIII  529,  cui  sta  a 
fianco  di  là  dall'  Alpi  s6b§a  (v.  qui  sopra  a  pp.  7-8),  e  il  cui 
accento  ha  una  ragione  locale.  Meglio  penseremo  a  un  *$^tirf 
=  sObTce,  venuto  a  incontrarsi  con  suBLlcir,  e  con  •Iciv  f^n 
sostituito  da  -iciu.  A  questo  sarebbe  dovuto  Vi. 

spacciare  licenziare  III  132.  Voc. 

spante.  Certo  per  influsso  di  'grande',  ch'è  uno  degli  ag- 
gettivi con  cui  il  Petrocchi  traduce  '  spanto  '. 

sparatello.  Si  può  solo  spiegare  muovendo  da  un  normale 
*spArao  ^aro  asparago. 

spasimare  ^ss-  svenire,  accasciarsi,  strapazzarsi,  159, 125. 
SjMisimo  strapazzo  1  396.  Cfr.  il  frane,  pàmtr. 


Appunti  sairantico  e  moderno  lacchese  471 

spatio  di  confessione  tempo  a  confessarsi  II  189. 

spazzo:  per  lo  sp-,  in  sullo  sp-^  rapidamente,  in  fretta, 
III  70,  n  286,  291,  in  quello  sp-  h  per  h,  immediatamente,  n  295. 

specula,  V.  qui  sopra  a  p.  326. 

spegnare.  E  dunque  una  forma  ben  diffusa  per  la  Toscana, 
e  certo  la  si  spiegherà  dalla  intrusione  di  qualche  sinonimo 
(cfr.  smorzare).  Esempi  analoghi  sono  il  tose.  Umdare  scapitoz- 
zare (cfr.  tosare,  potare,  ecc.),  il  Città  di  Cast,  penzdre  spingere 
(cfr.  pignare  qui  indietro;  il  lucch.  pintare),  il  march,  fugghiare 
(St.  di  fi),  rom.  VII  198,  Il  Pianto  d.  Marie,  lUustr.  §  40),  il 
borm.  foar  fuggire,  il  boi.  zmar  gemere  (cfr.  lamintar,  ecc.), 
il  lomb.  roda  rodere  (cfr.  reèifìd  id.,  ecc.) ,  il  santang.  (Lodi) 
rumpà  rompere,  il  mil.  destrugà  distruggere  XII  400  n,  il  ven. 
frurar  '^fruere  ib.,  il  ferrar,  cujdr  (Àzzì)  ali.  a  cójar  cogliere  (cfr. 
ciappar,  catar),  il  ven.  radar  radere  (cfr.  rasar),  il  borm.  degondàr 
ali.  al  berg.  degond  declinare  (oefDndebe),  il  brianz.  regondó  e 
regónd  raccogliere,  ammonticchiare  (recondere),  i  nap.  atterrare 
torrefare  TORRERte  (cfr.  tostare^  ecc.),  tossare,  che  però  sarà  tratto 
direttamente  da  '  tosse  '. 

spelagare.  Farmi  non  dubbia  la  connessione  con  '  pelago  ' 
(cfr.  impelagarsi). 

sperare  avere  in  prospettiva  III  221,  temere  n  405,  III  250. 

sperverso.  Cfr.  spalvèrz  Mise.  Rossi-Teiss  412. 

spesarla  spesa  III  339.  Voc. 

spetto  sosp-  III  143;  se  non  è  uno  sbaglio. 

spicciato  steccato,  riparo,  I  2b{bis),  bdl.  77. 

spigorare  spillare  n  281,  291,  III  72.  V.  Pieri  num.  118. 

sposare  sbarcare,  approdare,  discendere,  prender  alloggio, 
ristare,  fermarsi,  accamparsi,  deporre,  I  95,  103,  249,  252,  254, 
298,  II  4,  53,  303,  354,  363,  ecc.  Cfr.  lo  sp.  posada  albergo. 

sprillente  (ali.  a  squillai  v.  qui  sopra  a  p.  318  n).  Cfr. 
sprillo  squillo.  È  forse  un  esempio  di  sk-  in  sp-  da  opporsi  a 
sp-  in  sk'  (v.  qui  sopra  s.  *  scuola  ')?  Circa  al  r,  cfr.  il  garf.  sprilla 
spilla. 

spunta;  cfr.  il  montai,  spònta.  E  il  pretto  latinismo  sponte. 


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Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  473 

sirissare  'strizzare'  strìngere  iiig.  124. 

sfrombolo,  V.  qui  sopra  a  p.  327  s.  'stombolon  '.  Nell'In- 
ventarìo  che  accompagna  come  1^  doc.  il  lavoro  di  GKov.  Sforza 
su  le  gabelle  e  le  pubbliche  imposte  a  Massa  di  Lunigiana  nella 
prima  metà  del  sec.  XIV  (in  Giom.  st.  e  lett.  di  Liguria,  II)  si 
legge  stomboli  quinquaginlaf  e  viene  in  seguito  a  duo  fanalia  ferri. 

stroppiare  impedire  I  167,  II  348. 

stroppio  impedimento  III  147.  Yoc. 

sturma  =  turma  +  stormo. 

suggellare  bollare  bdl.  74,  81,  suggello  bollo  ib.  81. 

suono  apparenza  III  112,  dar  s-  far  mostra,  fingere,  far 
credere,  n  250,  343,  III  17,  171,  172. 

superbo  empio,  spietato,  n  146,  -bia  ira,  rabbia,  dispetto, 
n  146. 

suscitare  ris-  cod.  v.  347,  349.  V.  qui  sopra  a  p.  328. 

svòlgere.  Da  giudicare  come  sciogliere^  scolgere, 

taccha  tacco  III  33. 

taffaria,  Gfr.  thefania  in  Mazzi,  La  Casa  di  Bart.  110, 
mil.  rust.  stefinta,  monf.  sfatila, 

taglare  mozzare,  abbassare,  abbattere,  I  188,394,  II  215. 
Voc. 

Ialina  n  262  n.  Che  significa? 

tascha  borsa  degli  squittini  donde  si  traevano  a  sorte  gli 
ufficiali  pubblici  I  100,  187,  259,  318  ;  Rezasco,  o.  e. 

taulito  palco,  impalcato,  tavolato  II  60,  III  146,  n  279  (bis), 
Voc.  '  tavolito  ',  e  per  -fto,  cfr.  anche  pianclto,  impiantito. 

tavèlla  =  TABELLA,  q.  *  la  tavola  del  lavoro'. 


tuttavia  ci  corre  Tobbligo  di  rendercene  conto.  Ora  io  penso  che  nel  -zi  sia 
da  ravvisare  rincontro  di  'zi  e  'M,  che  come  vedemmo  vanno  fra  i  possi- 
bili esiti  del  dotto  -tio.  Saremmo  dunque  a  nn  caso  da  comparare  agli 
analoghi  che  si  ricordan  qui  indietro  a  p.  401  s.  '  élto  *.  Farmi  con  ciò  non 
necesMUÌo  di  invocare  uno  *8tremiiare  (««  *^eiare)  *  tremeggiare  *,  ecc. 


474  Salvioni, 

iegghiarsi  sarà  da  tegghia,  come  conferma  l'aret.  tfcckio 
(Pieri,  Top.  167),  e  avendosi  anche  nell'Alta  Italia  la  forma  t^én 
(Rendic.  Ist.  lomb.  S.  II,  voi.  XXXV,  964  n). 

telar  via.  V.  Zst  XXHI  530-31. 

telare  telajo  l  275.  V.  il  Nierì. 

temorfinte  terrìbile  cod.  v.  389. 

timpano  mezzule,  sporteUo  della  botte,  n  44.  Nel  Voc.:</-. 

tempia  la  parte  del  telajo  per  cui  la  tela  à  tenuta  larga 
e  tirante  bdl.  113.  Cfr.  tempiale  nel  Yoc,  e  v.  Misceli.  Ascoli  92. 

tenitorio  territ-  I  23,  48,  II  132.  Voc.  È  evidente  l'in- 
contro di  '  territorio  '  con  '  tenere  '  '  tenimento  '. 

terreno  territorio  I  87,  n  380,  ecc.  Voc. 

terresto  cortile  I  178. 

terrestra:  catnera  t-  e-  sotterranea  n  299. 

terzonaia  arsenale  o  quartiere  da  esso  denominato,  I  157. 
V.  Diez.  W.  I  s.  '  arsenale  '.  Il  Bongi.  III  461,  parla  della  '  ter 
zonaia  di  Lucca  (armerìa)  »,  riferendosi  appunto  al  nostro  passo. 

testore  tessitore  I  204,  II 66,  HI  252,  326,  404,  bdl.  25,  ecc., 
'Sirice  bdl.  67,  ecc.  -stoio  bdl.  113,  132,  -stoiai  III  252. 

tighigna,  tighizzarsi.  C'entrerà  un  pò  anche /ì|<jjfarf. 

limitarsi  -toso.  Certo  da  un  limito  =  timido. 

lolle  re  pena  infliggere  punizione  bdl.  98,  ecc. 

torchietto  piccola  ghirlanda?  bdl.  53.  Voc:  ^cAio collana, 
che  par  accennare  a  un  ^torculc  da  torques. 

torchio  candela  grande,  torcia,  n  73,  74,  76.  È  anche  del 
Voc.,  dell'a.  perug.,  ecc.  E  il  lomb.  tóréa  anch'esso  corrisponde 
a  torchiai,  non  a  torcia. 

lorde  Ilo  ^ze-  torsello,  ruotolo,  I  18,  19. 

tornasi  'dicesi'  'tornasi  a  dire'  'si  riprende  a  dire' 
III  93,  m  250.  E  V.  il  Bongi  HI  472,  s.  '  tornare  '. 

traburcare  scagliare,  offendere  con  materie  scagliate,  I  ^^\ 
247.  Voc. 

Ini  e  e  ola  è  formazione  onomatopeica.  Lo  strumento  è  in* 
fatti  chiamato  trik-trak  in  qualche  dialetto. 

trarla  incursione,   inseguimento,  assalto,  li  269,  405,  III 


Appunti  suirantico  e  moderno  lucchese  475 

135,  di  in  di  colpo,  d' un  fiato,  I  333,  398,  Il  35,  37,  42,  62, 
ni  93,  365,  ecc.,  di  prima  U  di  primo  acchito  m  284. 

traciato  mena,  trama,  congiura,  m  42,  73,  139,  150. 

tractoi  a  questo,  a  quel  t-  a  questo,  a  quel  proposito,  II 
12,  156. 

iracto  sparso  II  279. 

tràito  -tóre  I  156.  V.  XH  437,  XIV  216  (e  trayta  tradi- 
trice, ap.  Rajna,  Gontr.  dell'Acqua  e  del  Vino,  XI  n).  Si  tratta 
sempre  della  voce  provenzale-francese  (cfr.  traire,  -io  -tore  nel 
Voc).  Quanto  a  traitoncello,  Pieri  XII  172,  starà  a  tratto  come 
ghiottoncello  a  ghiotto,  ecc. 

tramarino  tre-.  Anche  pisano  {tre-  Petr.);  e  aret.  trese- 
marino^  Città  di  Cast,  tresm-  e  tresimama-  (?). 

tramezzare  disgiungere,  dividere,  impedire,  intercettare, 
I  176,  177,  398,  H  16,  27,  42,  45,  51,  III  155,  364,  372,  464.  Voc. 

tramutare  trasportare  bdl.  42,  vuotare  I  294. 

trappare  trappolare  n  252.  Voc. 

trasciolgere  (cfr.  ancora  strcuno-),  Gb.  sciogliere  scegliere 
sciolta  scelta  nel  Sercambi  e  nel  cod.,  e  soléggere  nel  mass, 
rustico.  Questa  forma  accenna  a  sub-lSgere,  movendo  dal  quale 
spiegheremo  scioglierey  come  spieghiamo  pòrgere,  èrgere,  ecc.  Il  5- 
forse  per  influsso  di  Segliere;  ma  cfr.  del  resto  scilinguagnolo 
suB-u-,  come  bene  ha  veduto  l'Ascoli. 

travetto  contrabbando  bdl.  34,  63,  64.  Da  traveitare. 

trinciuòlo.  Anche  a  Montignoso.  Starà  a  trinciare  come 
tagliere  *  a  tagliare. 


'  Il  Meyer-Liibke  non  é  propenso  a  ammettere  derivati  in  -abiu  da  basi 
verbali.  Eppur  mi  pare  che  Ta.  mil.  parlerà  loggia  da  cui  il  magistrato 
*  parlava  *  al  popolo,  il  chiav.  majéra  la  foglia  del  granturcale  che  si  dà  da 
'  mangiare  *  alle  bestie*  il  ven.  comier  ciò  con  cui  si  condisce  (coma)^  non 
poBSOn  ripetersi  che  da  pariti^  majà,  cornar  \  e  allora  anche  in  ringhiera 
(cfr.  arengario^  n.  del  palazzo  di  città  a  Monza)  vedremo  un  derivato  da 
'  arringare  *.  Confesso  poi  che  mi  ripugna  di  mentire  nel  lomb.  e  piem.  filerà 
(ven.  'Itera)  filatrice,  la  '  donna  del  filo  '  piuttosto  che  la  '  donna  che  fila  *. 

Archivio  glottol.  ital.,  XVI.  81 


476  Salyioni, 

troaea=^  *cr-  con  dissimilaiione  di  c-e? 

troia  n.  d'uno  strumento  bellico  m  110. 

troppo  molto  II  139,  419,  416  {tra*  nMffiar).  Voc. 

trovare  scegliere,  delegare,  deputare,  I  289,  396,  225, 
n  9,  65. 

tròzzolo  -eco-,  A  tozzo  tQcco  s'ò  qui  disposata  quella  base 
ch'è  nello  sp.  trozOj  a.  fr.  trou^  lomb.  triUS  rocchio.  £  tizzo  alla 
sua  volta  risulta  da  tgeeo -^  pezzo. 

uiolare  sonar  la  viola  cod.  v.  93. 
ultimo  da  u-,  in  definitiva,  m  303.  Voo. 

valico  parapetto  II  45. 

vangelostro  n  186.  Pare  una  formaaone  echersosae  oc* 
casionale  sul  paternostro  di  cui  pure  è  parola  nel  passo. 

vastare  durare  I  192.  Voc,  dove  son pure  esempi  ditH=: 
bastare, 

veghiare  vigere,  essere  in  vigore,  I  262.  Voc.  s.  'vallare  \ 
e  son  quindi  ben  legittimi  i  'veglianti  regolamenti'  onde  in 
Misceli  Rossi-Teiss,  419. 

veglio   vello   II  416,  e  così  nel  Voc  Ciò  spiega  vegimia, 

vela  bandiera  I  107. 

rena  ni  406.  Che  significa? 

venire  avv-  lU  3  ^;  Voc.  ;  convenire  cod.  v.  135. 

versieri  verso,  parte,  I  347. 

vicinale  contado,  villaggio,  n  288,  289. 

vicinare  aver  relazioni  di  vicinato  I  367,  II  270. 

villata  villaggio,  villa,  II  130,  131,  m  58.  Voc. 


È  qnefltionc  che  vorrebbe  esser  ampiamente  trattata;   ma  se  sadie  s'i 
metta  TinTalere  qua  e  là  di  qualche  analogia,  è  certo  che  sempre 
ranno  degli  esempi  dipendenti  indnbbiamente  dal  verbo.  Ofr.,  iotaiito,  aaehe 
il  pav.  kUiéra  cncitrìce. 

^  Nel  cod.,  ▼.  367,   è  pure  im   venne  che  anche  si  può  interpretare  per 
'  avvenne  ':  bbU  mi  venne  eoHenere  *  [se]  mi  aooadde  di  patir  setet  «. 


Appunti  Buirantico  e  moderno  iuccbese.  —  Etimologie  477 

viatrice  royistico  e  f>égtrice  vetrìce.  Le  due  voci  appajono 
aver  esercitato  il  loro  influsso  Tuna  sull'altra:  vétrice  ha  dato 
il  proprio  r  alla  terza  sillaba  di  ravUtico  e  n'  ha  forse  determi- 
Data  la  caduta  della  sillaba  iniziale;  e  rovistico  ha  dato  a  ve' 
sirice  il  s. 

vitdbbia.  Di -adita  =  albula,  c£r.  anche  r^jraiòio qui  sopra 
8.  *  gòbbulo  '. 

vitagione  (Q.).  Sarà  da  vetabe  vietare. 

viziiato  dotato,  provveduto,  stipendiato,  III  311. 

vizox  era  di  r-  pareva  I  267.  Voc.  esser  viso. 


cremon.  scutumàja  soprannome. 

Compare  come  scottomaia  {lo  eapitanio  Baptista  Matto  per  scoi" 
tomaia  dieta  cossi)  nella  Cronaca  cremonese  dal  1494  al  1525 
pubblicata  dal  dott.  F.  Robolotti  a  pp.  189  sgg.  del  I  voi.  della 
Bibliotheca  historica  italica  (v.  pag.  255),  e  ritorna  qual  masco- 
lino a  Mantova  (scolmai)  e  nelle  Giudicarle  [ìèkudmàì).  Qui  s'ha 
anche  ìkut\)m^  e  forme  analoghe  occorrono  a  Poschiavo  [scotitm) 
e  a  Brescia  {-tom).  U  Gartner  (Die  jud.  mundart),  a  giudicare  almeno 
dai  paragrafi  ai  quali  rimanda  dal  lessico,  pensa  ad  '  ascoltare  '.  Ma 
non  vedo  come  si  giustifichi  la  scomparsa  del  /  attraverso  tante 
varietà  dialettali.  Un  etimo  invece  che  può  convenire  dappertutto 
sarebbe  *  costume  '  venuto  a  tal  valore  dal  modo  *  per  costume  ' 
=  Mi  solito';  e  infatti  l'esempio  cremonese  piìi  sopra  allegato 
ai  potrebbe  in  fondo  tradurre  '  per  costume,  secondo  Tuso  co- 
mune'. Della  metatesi  del  s  non  mancano  gli  esempi,  e  v.  Ro- 
mania XXXI  289,  aggiungendo  il  vie.  e  trev.  scopetón  allato  a 
cosp-  cospetto  (esclaroaz.),  il  veron.  smagaisso  =^  ven.  mascalisso, 
mil.  mascarizZy  maschereccio. 

Divergono  da  scutumàja  ecc.  le  forme  scolmagna  (Treviglio, 
Qerradadda),  scor-  (Crema),  scolmègna  (Bergamo).  Mentre   là  il 


478  Salvioni,  Etimologìe 

derivato  è  in  -alia  (cfr.  il  yen.  nommà^a  soprannome)  \  qui  è 
per  -Inea  o  -akea  '  ;  e  quanto  al  l  (r)  esso  proviene  dalla  den- 
tale degli  incomodi  tm  dm  (cfr.  mil.  nist.  sehnatia  ^  ^sHm- 
settimana,  valses.  alménga  =^  adm-  domenica;  e  analogamente, 
trent.  alvent  art-  adventus,  berg.  scSrli  =  seddli  scodellino,  mil. 
alsadèss  ^  ad's'adèss  *  adess'adesso  '). 


lomb.  rierdt  pipistrello. 

L'ho  udito  a  Porlezza  sul  lago  di  Lugano.  —  La  seconda 
parte  è  rat  topo,  e  sarà  un  vocativo,  la  prima  parte  rappresen- 
tando rimperativo  di  ridere.  Siamo  quindi  a  un  composto  *  rìdi- 
topo  '  ',  da  paragonarsi,  per  l'idea,  al  grignàpola  ecc.  de'  vidnì 
territori;  v.  Forsyth  Major,  Zst.  XVII  155-6*. 


'  Piar,  neutro,  da  -alb;  il  maac.  -àj  sarà  quindi  seriore. 

*  Non  crederei  che  si  tratti  di  m-j  in  m-^,  evoluzione  di  cai  son  alami 
esempi  nel  friulano  :  mugnard  e  -jard  caìugginoso,  coperto  della  prima  pe- 
luria {pel  mujard  peluria,  fen  mujard  fieno  di  tersa  sfialciatura),  che  pr^ 
suppone  un  *mùje  derivato  direttamente  dal  frane,  mue  (ora  il  frinì,  ha  tmmde). 
mugnesti  domestico,  cioè  *mujesti  *mijesti,  miesti  (cfr.  rauede  =i  *roued€  ^rutdt , 
con  j,  cioè,  disciolto  in  t;,  magnassina  ali.  a  majuzzins  burattini,  dove  rico* 
nosceremo  il  plur.  *magazz  o  ^tnagtizz  da  *magàt  -ut  (cfr.  lomb.  magat*ì 
barattino,  magli t  garzone  di  muratore);  ai  quali  i  nnll.  aggìungoa  for»^ 
Magnanins  Mignezze  ali.  a  Majanins  Mijezze.» 

'  Per  la  fonetica  e  hi  morfologia,  veramente  *'ri[d]a-topo*;  v.  Studi  di 
fil.  rem.  VII  234  n. 

*  Io  riterrei  ohe  anche  nei  nomi  come  gregnapàpola,  allegati  dal  Fonjth 
Major,  'popola  sia  un  vocativo  (cfr.  papparottu  ecc.,  1.  e,  IM,  e  Krit.  Jah- 
resb.  IV.  i  180\  e  che  le  forme  come  grignàpola  ecc.  ne  sian  sorte  per 
dissimilazione  sillabica;  e  il  nome  zoologico  sarà  poi  passato  a  dire  *  eh. 
ride,  Hghignazza  in  malo  modo  *. 

C.  Salvioki. 


IL  VOCAUSMO  DEL  DIALETTO  D'ADERNÒ; 

DI 

SALYATOBB  SANTANOBLO. 


AVVERTENZA   PRELIMINARE. 

D  dialetto  d'Ademò  (Catania)  fa  parte,  secondo  il  De  Gregorio,  Saggio 
di  fon.  sic,  p.  8,  del  grappo  ch'egli  chiama  caltaniseettese,  il  qaale 
comprenderebbe  inoltre  Caltanissetta,  S.  Cataldo,  Santa  Caterina,  Ganci, 
Gastrogiovanni,  Barrafranca,  e,  di  fronte  al  siciliano  comune,  sembra, 
pel  vocalismo,  *  costituire  come  una  varietà  ..  Ademò,  città  situata 
alle  falde  dell'Etna,  dal  lato  SW,  e  ad  un'altezza  sul  livello  del  mare 
di  m.  561,  ha,  secondo  il  censimento  del  1901,  una  popolazione  di 
25859  abitanti.  Il  suo  dialetto  ò,  come  risulta  dal  saggio  che  segue, 
molto  notevole  per  lo  speciale  trattamento  delle  vocali;  mentre  nel 
consonantismo  non  si  ha  quasi  nulla  che  si  allontani  dal  tipo  generale 
dell'isola.  Ma  anche  per  le  vocali,  noi  studiamo  di  preferenza  quello 
ch'è  caratteristico  e  non  quello  ch'ò  comune. 


yOGAU   TONICHE  *. 

A.  1.  Intatto:  strata,  mijatu  beato,  aju,  eava44u,  aèèa  sedano, 
eanòu  cambio,  quannu^  ecc.  ;  fauH,  caudu.  D  riflesso  popolare  di 


*  Per  la  trascrizione,  noto  che  i  dittonghi  <f,  ùg  sono  discendenti,  e  Vf 
•  r^  sono  pronunziati  streitÌ88Ìmi.  Il  y  risponde,  ma  è  più  palatale,  al  suono 


480  Santangelo, 

-ABiu  è  -aru:  picuraru,  mumifiaru  bugiardo,  a44i^^^^  gallinaio; 
ma  -àriju  in  parole  dotte  o  importate,  manccUóriju  mangione, 
strafalldriju  stravagante,  dallo  spagnuolo,  lundriju.  Frequente 
'i^ri:  vucéi^ri  macellaio,  cìisturi§ri  sarto,  ddumanni^ri  mendico, 
e,  in  parole  dotte,  -i^riju,  virsiqriju  diavolo. 

E  breve.  2.  In  i§:  pifia  pietra,  pifdi,  mi^dicu,  éiflu,  fifnu, 
pifna,  anif44^i  pri^sa  fretta,  tifmpu,  argi^ntu,  I  monosillabi  non 
dittongano  :  è,  te  tieni,  se  tu  sei.  Forme  dotte  sono  :  eccu,  bellu 
accanto  al  popolare  bi^ddu;  piééireddu,  ^^ummed^u,  murtedda, 
nuced4a  si  risentono  di  -illu;  sarvu  serbo  è  rifatto  sull'infinito 
sarvari  (cfr.  n.  15). 

o  breve.  3,  In  uq:  fà^cu,  jugcu,  (fduQcu  costì,  rrugsa,  dduQppu 
dopo,  ugScUj  spuggga,  rugssu,  mugrti,  cugrda,  vugi;  6  riflettono 
pure  nugra,  jugrnu  ;  inoltre  jimtgliSu,  finugSè'u,  pidugSSu^  invece  di 
'óccu  ;  pò. 

E  lungo,  r  breve.  4.  In  ^:  seta,  aéetu,  alwetu,  freea,  cunz€§§Uj 
mpresa,  vézziju,  creU,  curreha  correggia,  nevi,  cannela,  Senu,  pud- 
4icenu,  rannezza,  freddu,  venni;  rre,  te.  In  parole  dotte  o  im- 
portate —  che  di  solito  nel  siciliano  comune  hanno  e  —  qui 
trovasi  {f:  mi^ta,  prufi^ta,  pujifta,  cuji^tu,  ari^di,  qtiari^sima, 
quaii^la  cautela,  sinèi^ru,  vi^ru^  li^na,  siri^nu,  lijifnu,  mi^nu,  tir- 
ri^nUf  vili^nu,  astri§mUj  ni^ttu,  mi^ttUy  ti^ttu,  éi^rcUj  fi§nnu,  ti^nta, 
mi^nta,  mi^nti  (ma  in  rri§sca  lisca  e'  entra  sestis)*  Di  qualcuna 
di  queste  parole  si  può  constatare  Torigine  non  popolare  per 
altra  via,  p.  es.,    di  ari^di   e   astri^u  per   l' iniziale    a-  da  e- 


del  gghi  che  sarebbe  nel  toscano  agghio  per  agliOy  e  il  ^  n*è  la  sorda.  Oltre  al 
solito  dd^  abbiamo  la  cerebrale  sorda  t  (da  TR);  alla  quale  risponde  la  continua 
stVy  che  io  scrìverò  così  etimologicamente,  ma  che  è  un  suono  unico.  Scriverò 
poi,  secondo  Fuso  dell*  'Archivio  *,  è  il  suono  intermedio  fra  ^  e  i,  ch*è  insomma 
il  e  fiorentino  tra  vocali,  e  avremmo  anche  un  suono  «  intermedio  fra  p  e  «, 
per  es.,  ìnpcLsta^  e  sempre  dinanzi  a  dentale.  Infine  il  r  iniziale  originario  e  il 
doppio  r  si  pronunziano  come  una  doppia  vibrante  prepalatale  :  uso  in  en- 
trambi i  casi  rr]  il  r  ò  sempre  ima  continna  bilabiale;  il  h  una  spirante 
sonora  molto  profonda. 


II  vocalismo  del  dialetto  d*Ademò  481 

(cfr.  n.  13).  Ed  {^  hanno  anche  le  desinenze  dell'  imperfetto 
indicativo  '^fva,  -t^,  -ifra,  ecc.,  dUifva,  diéifvi^  ecc.  ^  Son 
forme  importate,  non  perchè,  come  dice  lo  Schneegans,  '  Laate 
u.  Lautentw,  d.  Sizil.  Dial.  '  p.  37,  l' imperfetto  sia  in  sici- 
liano un  tempo  *  in  so  e  per  eè  »  non  popolare,  ma  perchè 
d'orìgine  non  pillare  appare  questa  sola  forma  d' imperfetto  : 
l'altra  forma,  in  -/a,  è  popolare  (cfr.  n.  9,  e  anche  n.  17). 

0  lungo,  u  breve.  5.  In  <{:  croéi^  voti,  ^^amni,  amori,  carboni^ 
ra^^ani,  datiti,  sofiu  io  sono,  rrossu^  fosti,  sorgi  topo,  Somrnu,  no, 
mo  (abbrev.  dì  moskt  =  mostra),  fo  fd,  fiumó.  Ma  in  parole 
dotte  —  che  di  solito  nel  siciliano  comune  hanno  o  —  qui  tro- 
vasi ÌQ\  niMQ§§i,  Rruqma,  Rrahuqna,  affizzijuQm^  ianta»ziju^, 
u^rdinif  fm^rma  (astratta)  accanto  al  popolare  forma  cavo  o 
forma  da  scarpe  e  simili.  Le  parole  con  suffisso  '^ngni  s'appa- 
lesan  dotte  anche  per  il  consonantismo  r  affizzijuqni  dovrebbe 
essere  affizzuQtii,  cumunijti^i  dovrebbe  essere  cumuflugni;  cosi 
è  popolare  scaconi  di  fronte  al  dotto  accasiju^ni,  cfr.  De  Gre- 
gorio, op.  cit.,  pp.  96,  105,  111. 

1  lungo.  6.  In  ^:  zeu  zio,  veli,  screviri,  miskenu,  vefia,  fe§§u^ 
cuneggu,  eunzeggu^  vestu^  p^jx^,  amecu,  decu,  se  sì,  accussé, 

r  lungo.  7.  In  6:  palici  pulce^  moZti,  Iona,  socu  sugo,  nodu\ 
to,  virtó. 

AU.  8.  In  ti^:  uQdiri  godere,  cuQsa,  uqru\  au  si  ha  in  parole 
dotte  :  tauru,  a44auru,  sauru  sorta  di  pesce  ;  e  nel  dittongo  se- 
condario da  AL -{- consonante:  atUu,  vauzu  balza. 

Vocali  in  iato.  9.  Trattamento  speciale  hanno  le  toniche  in 
iato,  giacché  paiono  risentire  l'azione  della  finale:  É,  i  in  i, 
dato  -a:  mia  me,  tia,  via,  zia,  sarria  e  la  forma  popolare  in  -(a 
dell'imperfetto  e  condizionale  (inoltre  lunidia,  lièia^  piscaria^  ecc.); 
in  é,  dato  -ti:  Deu,  jeu,  rreu,  meu;  in  -i^,  dato  -$:  sifi  sei, 
pazzia,  mifi.  E,  parallelamente,  ($,  ti  in  u,    dato    -a:  tua,    sua; 


'  CoU'aDalogi»  di  -ifmi  da  %  liggifnu  lesMio,  n   spiega  la  dennenn  di 
perf.  1*  piar,  'ipmm,  k^^ifmu  leggemmo. 


482  Santangelo, 

caduta  è  forse  la  finale  -u  in  to,  so;  ma  incerta  è  la  nonna, 
quando  la  finale  sia  -t;  inferendo  dalla  evoluzion  parallela  di 
di  E,  I,  si  può  ammettere  che  l'esito  normale  sia  il  dittongo  uq 
di  tÙQÌ,  sugi,  apuqi  poi,  vuqì  buoi,  vuqi  vuoi,  aruQX  gru,  per 
quanto  abbian  esito  diverso  cùi  chi,  dcif  voi^. 

10.  La  discordanza  tra  questi  riflessi  e  i  siciliani  si  dichiara 
da  un  distacco  secondario,  relativamente  tardo,  della  varietà  di 
Adornò  dal  resto  di  Sicilia,  come  attestano  i  riflessi  di  i,  r  = 
sic.  com.  /^  li,  adomese  é^  6.  E  così  dall'  iy  6  del  sic.  comune 
l'adomese  passò  al  dittongo;  e  perciò  anche  nei  vocaboli  dotti, 
che  nel  siciliano  comune  avevano  «,  o  (invece  di  i,  ii),  l'adomese 
giunse  al  dittongamento.  come  per  gli  altri  e.  o  aonnaU  da  é.  5. 
Nell'iato,  invece,  e  specialmente  nell'iato  con  -a,  l'adomeae  ri- 
mane  alle  condizioni  del  siciliano  comune. 


VOCAU   ATONE. 

11.  Le  finali  -a,  -t,  -u  si  conservano:  fe§ga  figlia,  Votini  ro- 
tondi, strettu  ;  -e  si  fa  -i  :  noH  ;  -o  si  fa  -u  :  uqmu.  Desinenze  ver* 
bali:  'As  in  -t :  manéi;  -ivi  in  -aju :  manéaju;  -avit  in  -du:  man&ni 
(-NT  in  -nu  :  manéunu).  I  quali  esiti  non  sono  punto  specifici. 

12.  La  penultima  de'  proparossitoni  risente  l'influsso  della 
finale,  e  in  qualche  caso  anche  della  labiale  precedente.  Cost 
jto-  diviene  ^u-  se  la  finale  è  -u:  muQnucu,  eantùlu,  peggulu, 
manóùnu,  uQrfùnu,  e,  dato  un  v  precedente,  si  fa  ^ti-  :  sarrulu  ; 
diviene  m-  se  la  finale  è  -a  o  -ì:  myQnica,  vqnra,  cantila,  peg- 
§ila;  -te-,  m-  si  convertono  in  ^tu-,  se  precedono  b^  v,  qu:  diflh- 
buli,  ìYovulu  rovere,  protuli,  acuta  ;  data  la  precedenza  di  altre 


*  Nel  siciliano  comune  il  trattamento  delle  vocali  in  iato  é  questo:  A,  i 
dinanzi  ad  -a,  -m  riescono  ad  •',  mia,  via,  miu,  ziu;  dinanii  ad  ••*,  riescono 
a  é  (•/):  sei  {miei);  ó,  i$  dinaniri  ad  -a  danno  m:  tua;  cade  la  finale  -m:  m 
suo.  Le  anomalie  sono  le  stesse  che  nell*adomese  :  ci»,  dm,  rni. 


n  vocalismo  del  dialetto  d'Adernò  488 

consonanti  si  ha  Jtt-  ove  la  finale  sia  -ì  od  -a  :  èenniri,  UQrdini, 
femmina  ;  in  ^ti-,  se  la  finale  è  -u  :  m^Uulu^  passUru,  eueommUrUf 
lortumu  ultimo;  ^o<-,  ^u-  in  xk-:  ni^pula,  pugpulu,  vedua.  Alle 
stesse  norme  vanno  soggette  le  vocali  epentetiche  che  occupan 
quella  sede:  ó^ima^  ammira,  mànnira,  alU^hUru  allegro,  màhUru 
magro. 

13.  A-  si  conserva  e  con  esso  si  confonde  au-  :  aéetu^  abbeiu, 
a§gata,  arifsia,  amaru  ;  aéi^44^%  areSSa  ;  s'ha  l'aferesi  in  bbatessa, 
44ot^^  poppare,  spdrUóu,  Uji^nu,  rrena.  Cadono  normalmente 
E-,  I-  :  scanéarif  mprijacu,  motu  imbuto.  In  parole  dotte  o  impor- 
tate, E-  si  converte  in  a-  :  ati^mu,  acclessi,  ctstraUu,  ahucdi,  avuQ- 
ryi4,  ari^dif  arrari.  In  n-,  To-  e  Tu-:  uUanta,  ulSSata,  ug§08u 
oleoso,  uvi^a  ovainolo,  urfani^44'^%  uhataj  ecc.  Ma  o-  in  a*  in 
parole  quasi  sempre  dotte  o  importate,  o,  talvolta,  per  analogia 
colle  parole  in  a-  da  ad*:  aUurari^  aéeau^  aceasijti^i,  accorri, 
adori,  a§ga9tru  oleastro,  affiptni^  aleva^  anari,  anifski^  afUuUmu; 
caduto  in  bbudijiftUi,  scaru^  scaloni,  spUali,  rraluQ^^u. 

14.  A  protonico  intatto:  bbatessa,  ItUtoca,  curag^osu,  paesi^ 
maestru;  e,  i  si  riflettono  per  i:  kiiarra,  viéenu,  visazza,  pHosu, 
virila,  dinari,  ecc.;  infine  O;  u  danno  u:  ctUie(f4t*^  ecc.;  e  s'ha  u 
anche  da  au:  pusari.  Ma  au  secondario  dà  a:  safari,  o,  prece- 
duto da  K,  o,  qua,  gua:  quazari  calzare,  quadijari  riscaldare, 
guaderi  godere. 

16.  Per  assimilazione  alla  vocale  dell'  attigua  sillaba  e  si 
converte  in  a  :  Salaratu,  carzarcUu,  massaria,  e  anche  più  lette- 
rari calannariju,  uparaju,  tantazzijuqni,  frahata  fregata  ^.  La  nota 
dissimilazione  di  o...  o,  in  canoiu\  e  qui  ricordiamo  pure  il  dotto 
calumia  accanto  a  culumia.  In  qualche  caso  u  da  e  per  influenza 
labiale:  luvari,  vusséca  vescica;  assimilazione  in  muntuari  men- 
tovare; certo  per  incrociamento  punzie44^  pennello. 

16.  Per  i  fenomeni  di  iato  e'  è  da  aggiungere  qualcosa.  Le 
iniziali  e-,  i-  si  rappresenterebbero  meglio  con  ji,  je;  il  palatiz* 


^  Nella  maggior  parte  degli  esempi,  8*  aggiunge  alla  spinta  assimilatÌTa, 
la  presensa  di  un  r  successivo  al IV. 


484  Santangelo, 

zamento  dell' e-  è  sempre  sensibile:  je44^  egli,  jesa  alza;  piò 
sensibile  per  entrambe  le  vocali  è  quando  preceda  una  di  quelle 
particelle  che  raddoppiano  la  consonante  iniziale  della  parola 
seguente  :  a  ggiri  44^  =  ad  ibe  illag,  na  fie  (non  je)  non  è.  Nella 
3*  sing.  ind.  pres.  del  verbo  '  essere  '  questa  maggiore  palatiz- 
zazione  dell'  e-,  favorita  forse  dall'analogia  della  forma  corri- 
spondente di  *  avere',  ha  prodotto  un  allargamento  smoderato  : 
oggi  i  contadini  dicono  cuja?  chi  è?  Tra  due  vocali  di  cui  la 
prima  sia  i  atono,  s'immette  pure  uno^':  mijate44^  beato  lui, 
lumijoni  limone,  ladiju  brutto  da  laidu. 

17.  Notevoli  le  vicende  delle  proclitiche.  Le  iniziali  cadono: 
sta,  8tu,  sH  questa,  -o,  -i,  44%  ^^i  44i  quella,  *o,  -i,  ssa^  ssu, 
$3i  cotesta,  -o,  -i,  nta  (da  intus -f- nrrBA)  in,  »,  na  un,  una, 
l  articolo.  Noto  pure  la  caduta  dell'  -t  finale,  a  fattu,  ecc.  ;  la 
riduzione  di  -ia  ad  -a:  ma  mia  (e  ta,  sa),  ca  quia,  anche  re- 
lativo, ava  per  avia,  nell'ausiliare;  salaratu  sia  lodato,  sa  fatta 
sia  fatta,  espressioni  dotte;  la  riduzione  d' -4u  ad  -o:  zu  zio, 
dr.  za  zia;  infine  1'  estendersi  dell'  -a,  i  ma  fe§§i  i  miei  figli, 
mnari  sei  denari  (moneta  di  due  centesimi),  9a  suoi;  dan  don, 
nan  non  ^. 


ACCENTO. 


18.  Le  vocali  toniche  risentono  profondamente  l'azione  del- 
l'accento della  proposizione.  I  loro  riflessi,  che  abbiamo  indicato, 
si  mantengono  costanti  solo  quando  si  trovino  nella  posizione 
forte  della  proposizione;    in  posizione  debole  hanno  un  riflesso 


*  Abbreviaeioni  più  forti  Bono  nasé  ('  donna  si  *)  e  inum^:  si  adoperano  ora 
parlando  a  persona  cui  si  dà  del  *  voi  *  e  indifferentemente  a  uomo  o  donna; 
fiursé  signor  sì,  fiurnój  e  così  fiu  col  raddoppiamento  della  consonante  della 
parola  seguente  (perché  da  sbhiobe):  Hu  Ppif^u  (si  dice  ai  cocchieri);  fia  si 
dice  alle  popolane  ;  vtMsìa  Tostra  signorìa;  t  se  r«  »»  eli  a*  x>b,  efr.  De  Gregorio, 
op.  cit.,  p.  98. 


Il  vocalismo  del  dialetto  d*Ademò  485 

differente  e  uguale  generalmente  a  quello  del  siciliano  comune. 
Se  adunque  i  casi  di  deviazione  dalle  toniche  del  siciliano  oo* 
mune  sono,  come  s'è  visto,  secondar],  bisognerà  ora  aggiungere 
che  questo  distacco  del  nostro  dialetto  è  avvenuto  soltanto  per 
le  vocali  che  hanno  l'accento  deUa  proposizione.  Ecco  il  quadro  : 

Base  T.  latina    Sicil.  comune    Posiz.  forte  adom.    Posiz.  debole  adom. 
i  é  if  e 

6  Ó  UQ  0 

É,  1  {  é  i 

<^,  t)  li  6  u 

Esempj  :  banu  mi^dicu,  ma  medicu  bbùgnu,  éelu  e  tti^rra  ma 
terra  e  cclelu,  ane4du  d'argtpitu^  argentu  vévu,  amicu  di  ctigri, 
ceri  d'i^ru\  u  èeceu  zzùgppu  si  hod^u  stratoni  l'asino  zoppo  si 
gode  la  via,  mentre  in  posizione  forte  s'avrebbe  Hfccu  e  hù^i  ; 
amuri  amóri  kki  nda  faUu  fóri/;  si  cunia  e  s'arriccinia  bbillissimu 
cóntm.  Si  capisce  bene  che,  l'accento  della  proposizione  dipen- 
dendo in  molti  casi  dall'espressione  individuale,  una  stessa  pro- 
posizione può  variare  in  quanto  all'accento  secondo  l'atteggia- 
mento dello  spirito  di  chi  la  pronunzia.  Così  si  avrebbe,  p.  es.  : 
curri  ca  vt^u  e  córri^  ca  HfHu  ;  e  anche  nei  versi  si  oscilla  : 
aju  lu  cari  méu  mpintu  nta  nSùgvu  e  aju  lu  cori  miu  mpintu  nia 
nBA^vu,  a  seconda  che  venga  fortemente  segnato  dalla  voce 
l'accento  sulla  sesta,  o  che  si  corra  dritto  a  quello  sulla  decima. 
Nessuna  eccezione  c'è  a  questa  norma,  salvo  che  nei  monosil- 
labi e  negli  ossitoni  in  «  e  in  O;  e  soltanto  in  quelli  tra  essi 
che  corrispondono  a  monosillabi  e  ossitoni  in  e  e  in  o  del  sici- 
liano comune.  Ciò  si  capisce,  giacché  si  tratta  di  suoni  originai^ 
e  immuni  dall'alterazione  secondaria  dogli  altri  suoni;  es.  rre, 
pò  può,  no,  è,  te,  però,  Humó,  tale  guarda,  rre  di  spati  e  non  rri, 
tale  sta  cÙQsa.  Come  si  vede,  l'accento  della  proposizione,  del 
tutto  trascurato  nello  studio  dei  dialetti  siciliani,  potrebbe  for- 
nire la  soluzione  di  qualche  problema.  Intanto,  per  il  mio  dialetto, 
esso  ci  permette  di  stabilire  con  la  massima  sicurezza  che  l'im- 


486  Santaogelo, 

portante  fatto  della  dittongazione  avviene  soltanto  quando  k 
parola  occupi  la  posizione  forte  nella  proposizione.  Per  questa 
via,  io  credo,  si  potrebbe  spiegare  la  dittongazione  anche  nel 
rimanente  di  Sicilia^. 

19.  Anche  nella  posizione  forte  della  proposizione  le  vocali 
toniche  oscillano  fra  due  estremi  indicati  dal  restringimento  o 
dall'allargamento  del  suono.  Così  si  avrà: 

a  a 

quasi    i  /f  /f 

quasi    u  ÙQ  ùa 

f  e  f 

Q  0  0 

È  naturale  che  non  si  possa  fissare  una  norma  precisa  per 
queste  oscillazioni,  che  dipendono  più  che  altro  dall'abitudine 
In  genere  si  può  dire  che  l'allargamento  è  proprio  delle  classi 
inferiori  del  popolo,  delle  quali  è  anche  proprio  alle  volte  Q 
restringimento  dei  dittonghi  nella  posizione  forte  della  proposi- 
zione. Ma  queste  divisioni  di  classi  sociali  sono  natnralmenttr 
molto  incerte.  Quello  che  vale  per  tutti  si  è  che  rallargamenU» 
dei  dittonghi  avviene  nelle  grida  prolungate,  e  il  restringimento 
in  quelle  parole  che  hanno  A  l'accento  della  proposizione  nu 
un  accento  meno  forte  rispetto  a  quello  di  un'altra  parola  delU 
stessa  proposizione  :  così,  p.  es.,  à'ùru  na  He  ma  di  fìrru  mànni 
è  pronunziata  in  modo  che  in  uru  e  firru  cada  l'accento  della 
proposizione,  ma  un  accento  rispettivamente  meno  forte  che  in  ' 
e  in  maneu. 


'  Una  indagine,  per  ora  solo  parziale,  di  vag  dialetti  siciliani  m*indi».* 
a  ritenere  molto  probabile  che  anche  negli  altri  dialetti  siciliani*  la  dittct 
gazione  sia  dovuta  a  fenomeni  sintattici  precisamente  identici  a  quelli  (i<-. 
l'adomese.  Del  tatto  speciosa  mi  pare  la  spiegazione  tentatane  dal. 
Schneegans  (p.  18  sgg.);  il  D®  Gregorio,  che  non  ricerca  la  canta,  psr- 
sospetti  la  yerità  quando  egli  accenna  (p.  28)  a  *  circostanze  sintattiche  • 
che  non  determina. 


Il  ▼ocalismo  del  dialetto  d'Ademò.  —  Salyioni,  Etimologie         487 

Non  ho  voluto  mettere  a  profitto  dei  testi  in  dialetto  adomese, 
quali  se  ne  trovano  in  qualche  raccolta  di  cose  popolari  ;  e  ciò 
non  solo  per  una  legittima  diffidenza  verso  testi  editi  da  chi 
ordinariamente  non  si  cura  di  riprodurre  scrupolosamente  i  suoni, 
ma  anche  per  ragioni  particolari  al  dialetto  nostro.  Il  popolo, 
si  sa,  è  naturalmente  repugnante  a  mostrarsi  tale  qual'è,  anche 
nel  linguaggio,  che  cerca  sempre  di  elevare  un  pochino.  Nel 
caso  nostro  il  nobilitamento  si  fa  avvicinando  il  dialetto  a  quello 
del  siciliano  comune.  Ciò  specialmente  avviene  per  i  canti  pò* 
polari;  ed  è  notevolissima  nel  popolo  nostro  l'oscura  coscienza 
dell'inferiorità  del  proprio  linguaggio  sguaiato  rispetto  agli  altri 
della  Sicilia:  le  bambine,  per  dire  un  esempio,  giocando  alle 
comari,  parlano  il  linguaggio  comune  della  Sicilia. 


bugliòlo^    bugno. 

D  rapporto  che  corre  tra  bugliòlo  e  bugno  (canav.  biifl  tinozza, 
bugliolo,  valsoan.  bufióiì  alveare,  Nigra,  XIV  274,  XV  103)  già 
è  stato  limpidamente  affermato  dal  Meyer-LDbke  (Litbl.  XVI 
240):  bugno  è  astratto  da  bùgnolo^  e  questo  rappresenta  un  dis- 
similato *bùgliolo  ^ 

Manca  al  toscano  *bugliOj  come  manca  al  veneto,  al  genovese, 
al  siciliano,  al  provenzale,  i  quali  dialetti  pur  ofifrono  bugiai, 
rìsp.  buggéu,  bugliolo,  bughiolu  piccola  tina  per  tenervi  acqua, 
boulhòu  secchio.  Ma  la  sua  esistenza  s' inferisce  oltre  che  dal 
diminutivo,  dall'accrescitivo  buglione,  bariglione,  accolto  ne'  vo- 
cabolari, e  dalla  forte  vitalità  ch'esso  ha  ne'  dialetti:  parmig. 
bùj  mastello  del  ranno  (Malaspina  IV,  Giunte),  monf.  buih  id. 
buih  d'aiv  (piem.  boi  d'avie)  arnia  ',  vaiteli,  biii  (Monti,  App.) 
bigonciuolo,  vasetto  con  manico,  bugliolo,  truogolo,  e,  col  ge- 
nere feminile,  piem.  boja  mastello,  sard.  buia  otre,  borraccia, 
Guamerìo,    XIV    396.    Col    valore   di  'truogolo'    è   poi    assai 


*  Si  può  anche  pensare  a  ^hugnQlo  onde  hiégno  e  quindi  bugnolo,  —  Di 
altri  tentativi  etimo) offici  relativi  a  bugno,  v.  KOrtinf^  1499,  1628. 

'  Vald.  biU  d'aveje  amia*  XI  380;  dove  però  &m/  non  è  il  nomial  riflesso 
(li  *buglio.  Forse  *Wlo*i  (cfr.  b)la  qui  addietro). 


488  Salyionì, 

cornane  nelle  Alpi  ;  e  siccome  il  '  truogolo  '  è  on  albero 
vate,  e  per  lo  più  e  od  era  un  albero  scavato  pure  il 
piente  in  cui  si  raccoglie  l'acqua  d'una  sorgente  o  fontana^  cosi 
la  voce  *buglio  viene  a  dire  insieme  *  truogolo'  e  'vasca  della 
fontana  '  :  sopras.  beilg  truogolo  e  vasca,  engad.  bilgl  vaaca, 
sanvitt.  bùj  truogolo  e  vasca,  ossei,  buj  vasca,  valsoan.  hìilj 
truogolo  (Nigra,  in  15)  ;  cfr.  ancora  l'arbed.  bujii^  pozzo  che 
riceve  l'acqua  d'una  cascata,  ecc.  Altrove,  *bùglio  ha,  eeelnsiva- 
mente  o  insieme  a  quello  di  '  vasca  ',  il  valore  di  *  fontanm  '  : 
engad.  bugi,  posch.  e  borm.  bugl^  tic.  e  tìran.  bùi  sorgente, 
scaturìgine,  fontana  (Monti,  SuppL).  Un  antico  esempio  è  alle- 
gato dal  Monti  (ib.  s.  *  bui  ')  di  su  gli  statuti  di  Bormio:  oq^^a 
canduceretur  ad  buleum, 

L'  indagine  etimologica  ^  intomo  alla  voce  comincia  dal 
Nigra  (III  15),  che  pensa  ad  *alv£uculo,  e  a  lui  s'accosta  il 
Pallioppi  col  suo  ^ALvucuLUS.  Contro  le  quali  basi  il  Meyer» 
LUbke  (1.  e.)  invoca  il  raro  occorrere  che  fa  il  suffisso  -cclo. 
Con  maggior  successo,  possiamo  oggi  invocare  la  ragion  fone- 
tica per  cui  data  una  base  con  -cl-,  questa  avrebbe  dovuto 
provocare  un  -^  o  -é  nelle  forme  lombardo-emiliane,  e  un  tal 
argomento  ferisce  a  morte  anche  l'etimo  (bucula)  che  il  Meyer- 
LUbke,  se  pure  dubitativamente,  propone.  Sennonché  lo  staaso 
Meyer-Liìbke  addita  come  altro  punto  dì  partenza  possibile  un 
buliu,  comechessia  sorto,  e  qui  siamo  sulla  via  del  vero.  Sulla  quale 
s'era  timidamente  inoltrato  il  Pallioppi,  che,  insieme  all'etimu 
già  ricordato,  non  escludeva  che  bugi  potesse  avere  orìgine  co- 
mune con  buoglf  da  lui  giustamente  connesso  con  bttixuul 
Questa  connessione  fu  risolutamente  affermata  dal  Pult  (Ltf 
parler  de  Sent,  gloss.)  che  per  la  voce  engadinese  postula  sen* 
z'altro  ^BULLiuM  da  bullire  *. 

Come  il  Pult  consideri  dal  lato  formale  questo  ^snxirv 
non  ce  lo  dice.  Ma  credo  che  noi  ridurremo   la   cosa  ai  giusti 


*  Tdocio  del  DOLioLUM  del  Tramater,  e  del  bùjolo  {^^bujol)  del  Tomi 

'  Per  la  voce  sarda,  il  Guamerio  pensa  a  *BULLa4   (da  buixa).  8*^^i  ha 
ra>?iune,  gioverà  staccare  bùia  da  ^bufflio. 


Etimologie  489 

termini,  riconoscendo  in  *buglio  una  formazione  deverbale,  per 
nulla  diversa  da  quella  per  cui  s' hanno  il  prov.  btùlh  bouillon, 
bulle,  l'engad.  buogl,  il  sopras.  builg^  il  lomb.  biij,  il  monf.  bujh, 
i  gen.  bó^^o  e  bU-,  il  ven.  bógio,  ecc.,  tutti  col  significato  di 
*  bollore,  bollitura,  ribollimento,  risentimento  momentaneo,  ira  '. 
Qui,  come  in  *buglio^  la  estrazione  ha  sempre  luogo  dal  tema 
del  presente  (bullio,  ecc.;  cfr.  V  it.  sèggio,  ecc..  Mise.  Ascoli,  84, 
e  qui  sopra  a  p.  464);  e,  come  qui  la  tonica  ora  conserva  V^  eti- 
mologico, ora  adotta  Vii  delle  arizotoniche  (cfr.  lomb.  el  bUj 
BuLLiT,  ecc.),  così  aucho  là,  allato  a  *bugl%o,  abbiamo  "^bàglio 
attestato  dal  piem.  bqj  e  forse  dall'arbed.  bujóa  (u  =  $). 

Si  son  visti  i  vari  significati  della  parola.  Quale  di  questi  è 
il  punto  di  partenza,  quale  il  punto  d'arrivo?  L' idea  del  '  bol- 
lire '  poteva  esser  suscitata  tanto  da  uno  sciame  '  brulicante  ' 
nell'arnia,  quanto  dal  gorgogliare  d'un'acqua  sorgiva,  e  passare, 
nel  primo  caso,  dall'  arnia  ad  altri  recipienti,  al  truogolo,  al 
bacino  della  fontana,  alla  fontana,  alla  sorgente;  nel  secondo, 
dalla  sorgente,  alla  fontana,  al  bacino,  al  truogolo,  ad  altri  re- 
cipienti, all'amia. 

È  difficile  per  me  il  decidere.  Dirò  solo  che  una  parola  la- 
dino-lombardo-piemontese  sembra  parlare  per  la  seconda  alter- 
nativa. Questa  parola,  che  io  riconduco  a  una  comune  base  '^ò^/fa, 
suona  b^la  nel  Piemonte  e  nel  Ticino  (a  Bellinzona,  per  ragioni 
speciali  del  dialetto,  bòia  ;  cfr.  bòi  bollo,  ecc.  ^),  bucla  nella  So- 
praselva, e  significa  di  qua  dall'Alpi  '  acqua  stagnante  '  *  palude  ' 
*'  acquitrino  ',  di  là  *  punto  profondo  del  Ietto  d'un  fiume,  dove 
l'acqua  fa  dei  mulinelli  '.  Se  con  questa  voce  si  paragonano  il 
friul.  bojùn  acqua  stagnante,  il  trent.  bojàna  acquitrino,  e  si 
considera  che  là  dove  sorge  l'acqua  si  forma  di  necessità  una 
pozza,  onde  le  nozioni  d'acqua  stagnante  e  d'acqua  sorgiva 
posson  confondersi,  apparirà  chiaro  che  bolla  sia  esso  pure  come 
*buglio  un  deverbale  da  bollire,  un  deverbale  però  che  non  muove 
dal  tema  del  presente. 


*  Vedi  Krit.  Jahresb.  I  123,  dove  posso  ag^ ungere:  poz  powo,  hgfa^ 
lomb.  b^a  *  soffia  ',  sgfja  *  soffia  \  bjgt  =  lomb.  bj9t  nndo,  kóiUi  •cOstat,  tnost 
mosto,  sòsta  sosta,  ^óètra  giostra, *«rt^.«/ryi  '  mostra  \  f^gk  ==  lomb.  é9k  ubbriaco, 
9fio/=Bmil.  m^l  mollica,  fola  gualchiera,  gondola  ghiandola. 


490  Salvioni,   Etimologie 

ven.  vati  èia  porca,  ajuola. 

Ha  le  sue  rispondenze  letterarie  non  solo  in  vaneggia  -o,  ma 
anche  in  maneggia.  Il  Ferrari  e  il  Tommaseo,  nella  loro  dichia- 
razione etimologica  muovono  da  ^  vaneggia  ',  e  pensan  quindi  a 
'  vano  '  ;  il  p^imo  anzi,  quasi  a  giustificare  il  suo  etimo,  attri- 
buisce alla  voce  il  significato  di  '^  spatium  inter  duos  sulcos 
semine  vacuum  „.  Ora  in  realtà,  tanto  è  possibile  che  v-n  s'as- 
similino in  m-n  ^  quanto  che  m-n  si  dissimilino  per  v-n  *  o  ft-n  '. 
Sennonché  parmi  che  muovendo  da  '  maneggia  '  si  giustifichi 
meglio  la  voce  secondo  il  significato:  poiché  la  *'  maneggia  '  sarà 
come  la  terra  '  maneggiata  '  '  lavorata  '  '  coltivata  '.  Occorre  poi 
appena  soggiungere  che  oggidì  lo  stesso  Schneller  non  mene- 
rebbe più  buona  l'etimologia  da  lui  proposta  per  la  nostra  voce 
(Rom.  vlksm.  I  210). 

friul.  puinte  feccia. 

La  '  feccia  '  si  ragguaglia  pel  significato  a  ^  deposito  '  ;  e  la 
voce  friulana  ci  rappresenterà  infatti  un  *pònita;  vale  a  dire 
un  pdsiTA  su  cui  ha  direttamente  influito  il  tema  del  presente. 
Cfr.  analogamente  lomb.  panda  -td  posare,  appoggiare,  cioè 
*ponitare^. 


*  V.  Meyer-Liibke,  It.  gr.  §  281,  Zst.  f.  rom.  phil.  XXII  467-8,  Huonder, 
Vok.  V.  Dissentis,  pag.  9;  e  aggiungi:  na,^.  inandrappa  =^  vand-  gualdrappa, 
abr.  menacce  vinaccia,  Mingerne  Vincenzo,  mannine  e  v-  cavallo  d^un  anno 
(cfr.  vanne  quest'anno),  mignacce  e  v-  nerbo,  frusta,  nap.  tnandesine  =  v- 
Subak  Zst.  XXII  531-2,  anfc.  it.  serinontese  =  serventeae.  Casini  59,  Tagliamento 
■^Tilaventutìif  canav.  tnanta  =  piem.  venta ,  Mussafìa  Beitr.  100,  treni 
tnenàdola  =  vaiteli,  re-  vilucchio,  mesolcin.  melàna^  d'una  specie  dì  nocciuole, 
'avellana*,  bagnor.  tnancelo  vang-;  e  per.  &-n  in  m-n:  berg.  grémefi  ali.  a 
'befl ,  abruzz.  ma'  e  vasanecóle  basilico,  sard.  monedda  =  bo-  gonnella,  gen. 
mondiola  bondajuola,  inehSiha  qui  sopra  a  p.  362  (è  anche  del  mod.  pavano), 
mir.  manastra  =  parm.,  piac.  banastra  cestone. 

'  y.  Meyer-Lùbke,  o.  e,  §  284;  Misceli,  nuz.  Rossi-Teiss  414;  e  aggiungi 
arzévan  ali.  a  -fnan  valanga,  a.  mant.  avoxina  amoscina  (Rendic.  Ist.  lomb. 
§  II,  voi.  XXXV  967),  piem.  vnis  ali.  a  mnis  Zst.  XXII  475. 

'  V.  Huonder,  1.  e.  —  Aggiungi  :  sopras.  mazeina  ali.  a  ba-  Meyer-Liibke, 
Misceli.  Ascoli  415  sgg.,  lad.  centr.  bonegell  molle,  Alton,  s.  *  morgell  '  (cfr. 
il  bellun.  moneselo\  vaiteli,  bolégna  sambuco,  che  già  il  Monti  fa  dipendere 
da  moìegna  (cfr.  com.  molegna  aggiunto  dì  corpi  fracidì  o  che  hanno  mol- 
lezza), trev.  bonezipio  municipio,  berg.  bignaga  meliaca,  Lork  208-9,  trev. 
bàsna  molenda  *  màcina  *  mesocch.  baan/  macinare,  trev.  buande  mutande, 
piac.  beina  mena,  intrigo,  sard.  samunai  pulire,  cioè  *8abunai  *  saponare  '  ; 
ni.  B^a^na  =  Mevanìa. 

^  Del  resto,  anche  la  voce  friulana  potrebbe  considerarsi  come  un  dever- 
bale da  *pontà  (voci  rizoton.:  *pu{nte,  ecc.). 

C.  Salvioni. 


IL  SARDO  E  IL  CORSO 

in  nna  nnova  classificazione  delle  lingue  romanze; 


DI 

P.  E.  GUABNEBIO. 


I. 


È  noto  che  alla  primitiva  classificazione  delle  lingue  romanze 
(rameno,  italiano,  francese,  provenzale,  spagnuolo 
e  portoghese)  fatta  dal  Diez  secondo  criterii  politico-lette- 
rarii,  si  portarono  alcime  modificazioni,  di  mano  in  mano  che 
l'indagine  linguistica,  sempre  più  estesa  e  penetrante,  venne 
meglio  determinando  i  caratteri  peculiari  di  questa  o  di  quella 
personalità  idiomatica.  Così,  in  seguito  alla  luminosa  dimostra- 
zione dell'Ascoli  nel  voi.  I  di  questo  Archivio,  si  diede,  con  una- 
nime consenso  un  posto  a  sé  al  ladino  o  reto-romancio, 
come  piace  agli  Alemanni  di  nominarlo;  e  più  tardi,  i  più  si 
accordarono  ancora  con  l'Ascoli  per  fare  del  franco-proven- 
zale un  ramo  speciale  della  famiglia  romanza. 

Questa  classificazione  fu  accolta  finora  quasi  universalmente  dai 
romanologi,  fra  i  quali  basti  ricordare  il  GrOber  nel  suo  Grundriss 
I  419  e  il  Meyer-Liibke  nella  Gr.  Kom.  I  §  4.  Ma  recentemente  lo 
stesso  Meyer-Liibke  neirEinfQhrung,  p.  16,  proponeva  invece  la* 
seguente  ripartizione:  1  Rumeno,  2  Reto-romancio,  3  Ita- 
liano, 4  Provenzale,  5  Francese,  6  Spagnuolo,  7  Por- 
toghese, 8  Sardo;  nella  quale,  mentre  conserva  un  posto  al 
ladino  o  reto-romancio.  Io  toglie  al  franco-provenzale, 

Arohivio  glottoL  ita!.,  XVL  82 


492  Guarnerìo, 

che  subordina  al  francese  (ib.  p.  22),  allo  stesso  modo  che 
subordina  il  catalano  al  provenzale  (ib.  p.  21)  e  fa  in- 
vece un  ramo  a  parte  del  sardo  insieme  col  còrso  (ib.  p.  22). 

Non  è  mia  intenzione  riagitare  a  fondo  la  discussione,  ne  in 
generale  intomo  ai  criterii  della  divisione  delle  lingue  romanze, 
ne  in  particolare  intorno  a  quest'ultima  classificazione,  quando 
lo  stesso  insigne  autore  (ib.  p.  20)  confessa  che  essa  e  condotta 
secondo  una  applicazione  abbastanza  arbitraria  del  principio  sto- 
rico e  che  il  suo  quadro  ^  tende  esclusivamente  ad  uno  scopo 
pratico  e  manca  di  saldo  fondamento  scientifico  „.  Però,  non 
devo  tacere  che  mentre  la  divisione  dieziana  si  afteneva  prin- 
cipalmente al  criterio  dell'unità  politico-letteraria,  a  cui  era 
giunta  ciascuna  entità  idiomatica  romanza,  invece  nelle  succes- 
sive determinazioni  prevalsero  altri  criterii  e  specialmente  quelli 
linguistici.  E  in  base  a  questi  che  l'Ascoli  dimostrò  l' indipen- 
denza storica  del  ladino  e  più  tardi  del  franco-provenzale; 
ed  è  sempre  sulla  stessa  base  che  il  Meyer-Liìbke  si  fonda  per 
fare  del  sardo  un  gruppo  a  parte  della  grande  famiglia  neo- 
latina. 

Questo  successivo  confondersi  di  diversi  principii  di  divi- 
sione, quali  sono  i  politico-letterarii  e  quelli  linguistici,  palesa 
il  lato  debole  di  siffatte  delimitazioni;  e  non  mancò  infatti  chi 
le  battè  in  breccia  e  negò  recisamente  la  possibilità  di  fare 
una  divisione  scientifica  delle  lingue  e  dei  dialetti,  sostenendo 
perfino  che  *  i  dialetti  sono  un  parto  del  nostro  pensiero,  sono 
una  concezione  arbitraria  della  nostra  mente,  perchè  i  caratteri 
che  dovrebbero  determinarli,  sono  scelti  da  noi  a  capriccio 
là  dove  si  vorrà  dar  vita  a  questo  fantasma  „ . 

E  indubitato  che  codeste  affermazioni  cosi  assolute  di  Paul 
Meyer  (Romania  lY  294  sgg.)  ferirebbero  a  morte  qualsivoglia 
classificazione  non  solo  di  lingue  o  dialetti,  ma  di  qualunque 
ordine  di  individui,  e  lo  ha  dimostrato  da  par  suo  l'Ascoli  in 
questo  Archivio  II  385  sgg.  ;  ma  è  indubitato  del  pari,  che  esse 
al  principio  delle  fortuite  relazioni  storico-politiche  tendevano  a 
sostituire,  nella  delimitazione  geografica  dei  dialetti,  il  principio 


Il  sardo  e  il  còrso,  ecc.  493 

scientifico  dell'evoluzione  linguistica;  onde  gioverà  che  ci  soffer- 
miamo alquanto  su  di  questa  quistione. 

Ancorché  delle  lingue  e  dei  dialetti  non  si  sia  ancora  data 
una  definizione,  che  soddisfi  interamente  alla  scienza,  puro  è  un 
fatto  che  i  più  consentono  nel  considerare  come  "  lingua  «  quel- 
l'idioma che  salì  in  maggior  dignità  sugli  altri  delle  collettività 
sociali  affini,  onde  è  preso  come  loro  rappresentante  nella  let- 
teratura e  nelle  relazioni  con  lo  straniero  ;  ed  è  un  fatto  altresì 
che  i  dialetti  esistono,  ed  esistono  in  seno  alle  lingue,  come  le 
sfumature  nei  colorì  di  un  quadro.  Essi  non  sono  divisi  netta- 
mente fra  loro  da  una  muraglia;  si  sono  svolti  tutti  da  un 
fondo  comune  e  si  passa  insensibilmente  dall'uno  all'altro  per 
gradi;  onde,  come  osserva  giustamente  il  Paris  (Lios  parlerà  de 
Franco,  in  Revue  des  patois  gallo-romans,  1888,  p.  164).  *  se  si 
immagina  una  catena  di  contadini  dal  golfo  di  Marsiglia  allo 
stretto  della  Manica,  ciascuno  di  essi  intenderà  perfettamente  i 
suoi  vicini  di  destra  e  di  sinistra  ;  intenderà  meno,  se  si  salta 
uno  o  piti  gradi;  ma  se  porrete  di  fronte  il  primo  e  l'ultimo 
(se  essi  non  conoscono  che  il  proprio  dialetto),  non  si  intende- 
ranno affatto  ,. 

Questo  fatto  dimostra  che  i  fenomeni  di  innovazione  e  di 
conservazione  d'ordine  fonetico,  morfologico  o  lessicale,  che  ca- 
ratterizzano un  dialetto,  si  riscontrano,  in  varia  misura,  simul- 
taneamente, in  regioni  pili  o  meno  estese  di  un  medesimo 
territorio  ;  il  che  vuol  dire,  in  altre  parole,  che  i  tipi  dialettali 
affini  sono  parlati  in  regioni  contigue  le  une  alle  altre  (tranne 
il  caso,  s'intende,  delle  isole  linguistiche  trapiantate  lontane  da 
colonie)  e  presentano  delle  particolarità  comuni,  che  attestano 
la  loro  comunanza  d'origine. 

Ma  v'ha  di  piii:  oltre  queste  particolarità  comuni,  per  le  quali 
ì  dialetti  non  si  possono  separare  fra  loro  d'  un  taglio  netto  e 
preciso,  occorre  talvolta  che  qualche  particolar  esito  fonetico  o 
morfologico,  che  pare  esclusivo  ad  un  dato  dialetto  e  quindi 
capace  di  determinarne  il  carattere  peculiare,  si  continui  invece« 
come  serpeggiando,  anche  al  di  là  dei  confini  del  dialetto  stesso. 


494  Gkiarnerio, 

estendendosi  in  quelli  vicini  e  addentrandosi  anche  in  altri  più 
lontani.  Così  è,  p.  es.,  dell'  a  tonico  latino  che  si  muta  in  e. 
Codesto  esito  è  caratteristico  dei  così  detti  dialetti  gallo-italici; 
sicure  traccio  infatti  se  ne  trovano  nel  ligure,  è  proprio  di  gran 
parte  dei  dialetti  piemontesi,  s'incontra  in  alcune  varietà  lom- 
barde e  si  esplica  in  tutta  la  sua  attività  nell'emiliano,  donde, 
valicando  il  giogo  appenninico,  si  distende  pel  versante  opposto 
nei  dialetti  perugino  ed  aretino. 

Oli  è  per  queste  difficoltà,  che  parvero  insormontabili,  che 
da  taluni  si  tenne  per  disperata  l'opera  della  classificazione  dei 
dialetti  e  si  arrivò  perfino,  come  dicemmo,  alla  loro  negazione, 
rivolgendo  il  pensiero  ad  altro  intento.  Siccome  scopo  della 
scienza  è  indagare  e  rappresentare  la  storia  della  parola,  così  — 
si  è  detto  —  che  cosa  importa  ai  romanologi  la  determinazione 
di  questo  o  quell'individuo  linguistico?  A  loro  spetta  di  mettere 
nella  sua  vera  luce  il  risolversi  successivo  nel  tempo  e  neUo 
spazio  della  parola  latina  in  quella  romanza;  opperò  a  loro 
basta  indicare  sopra  quale  superficie  di  territorio  ciascun  esito 
linguistico  si  sia  attuato;  basta  cioè  tracciare  la  geografia 
dei  fenomeni  linguistici  e  non  già  la  geografia  dei 
dialetti.  Si  avrebbe  così  una  carta  geografica  esclusivamente 
linguistica,  nella  quale  ciascun  fenomeno  fonetico  o  morfologico 
o  lessicale  sarebbe  rappresentato  da  una  linea,  che  si  distende 
a  toccare  tutti  i  paesi,  ove  il  fenomeno  si  verifica,  appunto  come 
si  fa  delle  linee  isotermiche  e  altrettali  nella  geografia  fisica. 

Ma  questa  rappresentazione  grafica,  pur  riuscendo  perspicua 
nel  porre  sott'occhio  la  distribuzione  topografica  dei  singoli  fatti 
linguistici,  non  potrebbe  darci  un'idea  complessiva  del  come  la 
diversità  dei  fenomeni  linguistici  si  raggruppi  e  prenda  persona, 
nei  diversi  territorii;  perchè  qualunque  osservatore,  per  quanto 
non  avvezzo  alle  sottili  indagini  scientifiche  della  glottologia, 
s'accorge  di  leggeri,  con  la  semplice  percezione  dell'orecchio, 
che  altri  sono  i  suoni  che  raccoglie,  p.  es.,  al  di  qua  oppure  al 
di  là  della  Magra;  ben  s'accorge  che  da  un  tipo  dialettale  è 
passato  ad  un  altro. 


Il  sardo  e  il  còno,  eco.  495 

Questa  osservazione  di  fatto  mi  induce  a  credere  che  anche 
il  glottologo  non  può  prescindere  dalla  personalità,  che  ciascuna 
lingua  o  dialetto  ha  assunta  in  una  data  estensione  di  terri- 
torio, e  a  classificare  codesti  diversi  tipi  gioverà  tener  fede  ai 
principii,  così  lucidamente  riassunti  dall'Ascoli  (II  385)  nelle 
parole  :  *  i  singoli  caratteri  di  un  dato  tipo  si  ritrovano  na- 
turalmente, 0  tutti  0  per  la  maggior  parte  in  varia  misura, 
fra  i  tipi  congeneri;  ma  il  distintivo  necessario  del  determinato 
tipo  sta  appunto  nella  simultanea  presenza  o  nella  particolar 
combinazione  di  quei  caratteri  » . 

Per  tutte  queste  considerazioni  io  sono  d'avviso  che  le  due 
classificazioni  di  cui  si  discute,  possono  ben  sussistere  Tuna 
accanto  all'altra,  senza  escludersi  né  danneggiarsi  reciprocamente: 
l'una,  rigorosamente  fondata  sulla  distribuzione  geografica  dei 
singoli  fenomeni  linguistici,  avrà  il  primato  pel  glottologo; 
ma  anche  l'altra,  fondata  sulla  costituzione  dei  tipi  linguistici 
maggiori  o  minori  nelle  singole  regioni,  potrà  essergli  di  van- 
taggio, fornendogli  il  prospetto  complessivo  del  come  si  mani- 
festino nel  loro  insieme  le  varietà  idiomatiche.  Anzi,  sotto  questo 
rispetto,  mi  pare  di  dover  consentire  col  Pullè,  Terra  IV  392, 
quando  dice  :  "  tradotta  sulla  carta  la  varietà  dei  tipi  dialettali 
per  Provincie  risponderà  assai  meglio  all'evidenza  dei  sensi,  di 
quello  che  la  delineazione  del  reticolato  dei  singoli  fenomeni; 
al  modo  che  la  natura  dei  luoghi  si  appalesa  all'occhio  del 
viaggiatore  e  si  imprime  per  la  somiglianza  o  per  la  varietà  dei 
suoi  aspetti,  quantunque  diversi  siano  i  filoni  geologici  correnti 
sotto  la  superficie  « .  Nò  è  infine  a  tacersi  che  anche  codesta 
classificazione  per  tipi  dialettali  potrà  sempre  più  avvicinarsi 
all'esatta  rappresentazione  della  realtà,  se  terrà  conto  rigoroso 
di  tutti  gli  aspetti  sotto  i  quali  si  può  considerare  il  problema 
e  si  fonderà  su  tutti  i  crìterii,  che  devono  di  necessità  concor- 
rere  alla  sua  formazione. 

Ad  ovviare  agli  inconvenienti  sopra  discorsi  mirò  l'Ascoli  con 
la  sua  classificazione  dei  dialetti  italiani  (Vili  98-128).  Escluse 
le  poche  colonie   propriamente  straniere,  egli,  come  ognun  sa, 


496  Guamerìo, 

divide  i  dialetti  in  tre  grandi  gruppi,  secondo  che  più  o  meno 
si  distacchino  nella  loro  forma  dal  tipo  toscano,  elevatosi  a  di* 
gnità  di  lingua  della  nazione;  e  cosi,  mentre  egli  si  poggia 
essenzialmente  sopra  il  criterio  intrinseco  della  forma  lingui- 
etica  dei  diversi  dialetti,  viene  anche  ad  avvalorare  il  concetto 
unitario  della  nazionalità  italiana.  E  quindi  classificazione  la  sua, 
che  risponde  così  all'esigenze  della  scienza  glottologica  come  ai 
diritti  della  storia;  se  non  che  ristretta  alla  patria  nostra,  non 
avendo  avuto  applicazione  agli  altri  rami  della  famiglia  romanza, 
non  ottenne  al  di  là  delle  Alpi  quel  consenso  che  pur  meritava. 
Un'altra  classificazione  dei  dialetti  italiani  propose  recente- 
mente il  Dr.  Matteo  Bartoli,  in  Savj-Lopez  Altitalien.  Ghreato* 
mathie,  p.  171  sgg.  Il  Bartoli  ripristina,  come  criterio  fonda- 
mentale di  divisione,  la  configurazione  orografica  della  penisola, 
suggerita  già  dal  sommo  poeta  di  nostra  gente,  nel  De  V^lg, 
Eloq.  §  1 ,  dove  tratteggiando  per  primo  uno  schizzo  dell'Italia 
dialettale,  diceva:  "  si  quis  autem  querat  de  linea  dividenda, 
brevi  ter  respondemus,  esse  jugum  Apennini  ».  Infatti  questo 
sistema  di  monti,  che  è  come  la  spina  dorsale  d'Italia,  produce, 
in  causa  delle  varie  direzioni  della  catena  principale  e  di  quelle 
secondarie,  parecchie  regioni,  ciascuna  delle  quali,  come  patria 
di  speciali  fenomeni  linguistici,  può  dare  il  nome  a  un  partioolar 
tipo  dialettale.  Ck)s\  il  Bartoli  distribnisce  i  14  principali  tipi 
dialettali  in  diversi  gruppi  a  seconda  che  siano  al  nord,  al  centro 
0  al  sud  e  insieme  o  a  destra  (occidente)  o  a  sinistra  (oriente) 
dell'Appennino,  e  propriamente  nel  modo  seguente: 

Gruppo  nord^appenninico:  1  piemontese,  Il  lombardo,  QI 
emiliano; 

Nord-appenninico  occidentale:  IV  ligure; 

Nord-appenninico  orientale:  V  veneto,  VI  istriano  (di  Ro* 
vigno  e  Dignano). 

Gruppo  medio-appenninico:  VII  toscano,  Vili  umbro,  IX  ro- 
mano. 

Gruppo  sud^appenninico:  X  napoletano  e  calabrese,  XI  si- 
ciliano; 


Il  sardo  e  il  còrso,  ecc.  497 

Sud-appenninico  orientale:  XII  abruzzese,  XTÌT  pugliese; 
Sud-appenninico  occidentale:  XIV  còrso. 

Del  sistema,  come  si  vede,  fa  parte,  e  a  ragione,  la  Sicilia, 
in  cui  si  prolunga  la  spina  dorsale  appenninica;  ma  allo  stesso 
modo  che  vi  comprende  la  Corsica,  come  mai  —  ci  domandiamo 
—  può  distaccarne  la  Sardegna,  in  cui  la  catena  principale  dei 
monti,  che  corre  longitudinalmente  nella  stessa  direzione  degli 
Appennini,  si  considera  una  diramazione  di  questi?  Basta  questa 
sola  obbiezione  ad  infirmare  la  classificazione  adottata  dal  Bar- 
toli;  perchè  posta  a  base  la  configurazione  orografica  della  pe- 
nisola, insiem  con  la  Sicilia,  anche  le  altre  due  isole  maggiori 
dovevano  entrare  nel  sistema  e  doveva  il  Bartoli  far  posto  tra 
i  dialetti  italiani  al  sardo,  così  come  vi  manteneva  quelli  della 
valle  padana,  non  meno  alieni  linguisticamente  dal  tipo  italiano. 

Ho  rìcordato  in  particolare  questo  tentativo  del  Bartoli,  perchè 
muove  dal  duplice  intento  di  consentire  un  posto  a  parte  al 
sardo  e  nello  stesso  tempo  di  rivendicare  al  sistema  italiano  il 
còrso,  toltogli,  come  vedemmo,  dal  Meyer-Liibke  ;  intento  legit- 
timamente onesto,  che  non  si  può  '  torcere  ad  alcuna  nequizia  ,, 
perchè  risponde  alla  realtà  dei  fatti,  come  mi  propongo  di  di- 
mostrare ^ 


n. 


'  Quando  una  lingua  si  svolge  in  un'estensione  continuata  di 
territorio  e  ciascun  gruppo  sociale  vi  introduce  dei  cambiamenti 


*  Il  Baiteli  tornò  a  trattare  più  in  particolare  delle  relazioni  del  còrso 
e  del  gallurese  col  sardo  nella  memoria  Ud  pò*  di  sardo  pp.  135-139, 
dr.  Àrch.  XVI  390.  Egli  a  p.  131  pose  altresì  nettamente  la  questione  del 
*  posto  che  spetta  al  sardo  nella  famiglia  degli  idiomi  neolatini  ,  e  portò 
alla  rìsolosione  del  problema  parecchi  utili  raffironti,  di  cui  avremo  a  tener 
conto  più  innami,  perchè,  come  ti  vedrà  dal  testo,  io  m'accordo  in  massiina 
con  Ini. 


498  Guarnerio, 

in  maniera  indipendente,  si  osserva  che  le  medesime  innovazioni 
e  le  medesime  incolumità  hanno  luogo  in  regioni  più  o  meno 
estese  del  territorio  stesso  „.  È  questo,  secondo  osserva  ilMeillet 
Introd.  à  Tét.  des  langues  Indo-Europ.  p.  4,  il  modo  in  cui  si 
formano  i  dialetti.  E  dunque  essenziale  alla  loro  classificazione 
anzitutto  il  concetto  che  essi  si  distendono  su  una  superficie 
geografica,  seguendone  la  configurazione,  onde  le  catene  dei  monti 
coi  loro  versanti  e  le  loro  valli  e  i  corsi  dei  fiumi,  come  hanno 
data  la  via  al  propagarsi  dei  linguaggi,  cosi  ne  segneranno  i 
confini. 

Dalla  configurazione  geografica  non  può  disgiungersi  il  cri- 
terio etnologico,  ossia  la  nozione  dei  popoli;  che  quella  super- 
ficie hanno  occupata;  ed  è  evidente  che  le  reazioni  esercitate 
dal  linguaggio  preesistente  nella  regione,  su  quello  che  vi  si 
sovrappone,  saranno  più  o  meno  energiche  e  si  esplicheranno 
in  un  senso  piuttosto  che  in  un  altro,  a  seconda  del  grado  mag- 
giore o  minore  di  affinità  o  parentela,  che  esiste  tra  i  due  po- 
poli venuti  ad  incontrarsi. 

Ma  questi  due  criterii,  il  geografico  e  l'etnico,  non  darebbero 
ancora  intera  ragione  della  diversità  dell'aspetto  linguistico  preso 
dai  varii  tipi  dialettali,  se  non  si  tenesse  stretto  conto  del  cri- 
terio cronologico,  ossia,  nel  caso  speciale  di  cui  si  tratta,  del 
fatto  che  le  diverse  regioni  della  romanità  hanno  ricevuto  il 
latino  in  tempi  diversi  e  in  un  periodo  di  tempo  abbastanza 
lungo;  il  che  significa  che  il  latino  che  vi  si  propagò,  era  nei 
diversi  tempi  in  uno  stadio  assai  diverso  dello  svolgimento  suo 
proprio.  Però,  se  il  differente  grado  di  antichità  del  latino  può 
dar  luce  e  chiarire  alcune  particolari  divergenze  grammaticali 
delle  singole  regioni,  non  è  criterio  sufficiente  a  spiegare  la 
varietà  dei  tipi  linguistici,  perchè  le  provincie  appena  latinizzate 
non  rimasero  subito  abbandonate  a  sé  stesse,  ma  continuarono 
a  mantenere  relazioni  più  o  meno  vive  e  durature  con  Roma  e 
fra  loro  stesse.  Della  storia  di  queste  relazioni  è  dunque  neces- 
sario far  tesoro,  essendo  ovvio  che  se  le  relazioni  per  qualsivoglia 
causa  politica  si  interrompono  presto,  lo  svolgimento  linguistico 


Il  sardo  e  il  còrso,  ecc.  499 

segue  un  cammino  ;  se   air  incontro  si  continuano  piìi  a  lungo, 
ne  segue  un  altro. 

Non  è  inoltre  a  tacersi  l'azione  che  esercita  sul  linguaggio 
dì  un  dato  gruppo  sociale  il  linguaggio  della  regione  con  cui 
entra  in  relazione,  né  Torientamento  politico,  che  il  dato  gruppo 
viene  a  prendere  nel  succedersi  del  tempo  rispetto  ai  gruppi 
contigui,  né  infine  la  stessa  preminenza  letteraria,  che  un  centro 
delle  varie  collettività  può  assumere  per  diverse  cause,  così  nel- 
l'ordine politico  e  sociale  come  in  quello  letterario  e  linguistico. 

Alla  luce  di  tutti  questi  principii  generali  esamineremo  il  sardo 
e  il  còrso  ;  ma  prima  gioverà  considerare  in  generale  la  classi- 
ficazione delle  lingue  romanze. 

Se  diamo  uno  sguardo,  anche  solo  alla  loro  fonetica,  ci  risul- 
tano subito  manifesti  alcuni  fenomeni  caratteristici,  comuni  ad 
alcune  e  non  ad  altre  regioni.  Di  questi  fenomeni  io  mi  limito 
a  qui  ricordarne  alcuni  dei  piti  notevoli,  che  bastano  al  nostro 
assunto,  prendendone  gli  esempj  dai  rispettivi  idiomi  letterarii. 
Così,  p.  es.,  vediamo  (M.-L.  Or.  Rom.  I  §  433)  il  lat.  rota,  shte 
e  sim.  continuare  da  una  parte  nel!' it.  ruoto,  sete  e  nel  rum. 
roatà^  sete  e  dall'altra  nell'  engad.  roada,  sait,  nello  sp.  rueda, 
sed,  nell'afr.  ruede,  seit  e  fr.  od.  roue^  soif;  ed  al  lat.  focu,  amicu 
e  sim.,  CAPU,  APE  e  sim.  corrispondere  l'it.  fuoco,  amico,  capo, 
ape  e  il  rum.  foc,  amie,  cap,  e  invece  Tengad.  *foegu,  *amigu, 
^MabOj  lo  sp.  fuego,  amigo,  cabo  ed  il  fr.  feu,  ami,  chef  e  via  di- 
cendo ;  donde  risulta  che  le  esplosive  sorde  mediane  originarie, 
tra  una  vocale  accentata  ed  una  atona,  si  mantengono  di  regola 
incolumi  nell'it.  e  rum.,  mentre  nell'eng.,  fr.  e  sp.  è  normale  il 
digradamento,  per  cui  si  fanno  sonore  e  anche  cadono.  Parimenti, 
vediamo  (M.-L.  ib.  §  435  e  438)  il  lat.  pbaeda,  kidu  e  sim., 
PLAGA,  LEOAT  0  sim.  Continuare  nell'it.  preda,  nido,  piaga^  lega  e 
nel  rum.  pradà,  plaga,  leagà,  e  risolversi  nell'eng.  nieu,  piega, 
lega,  afr.  prede  (od.  prole),  piate,  leie;  e  taccio  dello  sp.,  che  in 
questo  caso  co'  suoi  prea,  llaga,  lega  si  mostra  pencolante  tra 
'i  due  sistemi;  ma,  comunque,  dalle  serie  addotte  si  rileva, che 
l'esplosive  sonore  nella  medesima  formola  delle  sorde,  di  norma 


500  Guamerìo, 

restano  illese  nelle  prime  due  lingue,  e  all'  incontro  tendono 
al  dileguo  nelle  altre.  Ancora,  nell'it.  e  nel  rum.  è  costante  la 
conservazione  del  l  avanti  consonante,  mentre  negli  altri  domimi 
e  nella  maggior  parte  dei  dialetti  il  l  ora  si  conserva  ora  no, 
andando  soggetto  a  diverse  modificazioni  piii  o  meno  profonde, 
come  si  vede  dalle  serie  (M.-L.  ib.  §  477)  :  altu,  altabe,  caldu, 
FALSU,  AscuLTAT,  ALBA,  PALMA,  PULPA  0  sim.  che  dàuno  da  una 
parte:  it.  alto,  altare,  caldo,  falso,  ascolta,  alba,  palma,  polpa, 
rum.  nalt,  aitar,  cald,  fals,  ascuUà,  alb,  palma,  pulpà,  e  dall'altra: 
engad.  ot,  utér,  Mod,  fos,  accanto  a  skulta,  alb,  palma,  puolpa, 
fr.  haut,  autel,  chatid,  faux,  écoute,  aube,  paume,  poupe,  e  sp.  Otero, 
ascucha,  accanto  ad  alto,  caldo,  falso,  alba,  palma,  pulpa.  Infine, 
il  -T  ed  il  -s  finali  cadono  costantemente  in  it.  e  rum.  e  il  -s  vi 
è  spesso  sostituito  da  un'epitesi  -i;  all'incontro  nel  fr.  sp.  ed 
engad.,  mentre  il  -t  può  talora  mantenersi,  il  -s  vi  resta  sempre 
intatto,  come  risulta  dagli  esempi  (M.-L.  ib.  §  552-3):  amat, 
vENDiT,  STAT  0  sim.  cho  rioscono  nell'it.  ama,  vende,  sta,  rum. 
ama,  vinde,  sta,  ma  afr.  aimet,  veni,  estat,  sp.  ama,  vende,  està, 
engad.  {konta),  venda,  (dai)  ;  e  cantas,  tempus,  stas,  pos  e  sim. 
che  danno  :  it.  canti,  tempo,  stai,  poi,  rum.  canti,  timpU,  stai,  poH, 
ma  frane,  chanies,  temps,  estas,  sp.  cantas,  (tiempos),  estds,  pues, 
engad.  Aantas,  temps,  ecc. 

Ma  oramai  queste  serie  riguardanti  il  trattamento  delle  sorde 
e  delle  sonore  intervocaliche  e  la  sorte  del  -s  e  -t  all'uscita  e 
del  L  av.  cons.  bastano,  a  mio  avviso,  per  dare  un  colorito 
speciale  all'  italiano  ed  al  rumeno,  di  contro  al  francese,  allo 
spagnuolo  e  all'engadino,  e  per  collocare  le  prime  due  lingue 
da  una  parte  e  le  altre  da  un'altra.  Sarà  lecito  pertanto  indurne 
una  prima  generale  divisione  della  romanità  in  due  gruppi, 
l'orientale,  comprendente  l'italiano  ed  il  rumeno  e  l'occi- 
dentale, che  abbraccia  il  ladino,  il  francese,  il  provenzale,  lo 
spagnuolo  e  il  portoghese  ^.  Ora,  qual'e  il  posto  che  in  questa 


^  Il  Bartoli,  1.  e,  p.  182  n,  che  dai  sistemi  orografici  designa  il  gruppo 
orientale  col  nome  di  appenmno-haleanico,  e  Toccidentaie  con  quello  di  alpino- 


Il  sardo  e  il  còrso,  ecc.  501 

divisione  occupa  il  sardo  e  precisamente  il  logudorese,  che  è, 
come  ognuno  sa,  il  sardo  per  eccellenza,  il  linguaggio  veramente 
tipico  della  Sardegna? 

Abbiamo  a  suo  luogo  ricordato  come  non  si  passi  d'un  salto 
da  un  dialetto  ad  un  altro,  da  un  tipo  ad  un  altro.  C'è  sempre 
tra  di  loro  quella  che  fu  detta  la  "  zona  grìgia  «,  ossia  quella 
zona  intermedia,  in  cui  vengono  a  morire  gli  ultimi  fenomeni  di 
un  tipo,  mentre  vi  mettono  i  primi  germogli  quelli  che  pren- 
deranno vigore  in  un  altro.  La  zona  grìgia  che  tramezza  il  gruppo 
orientale  e  quello  occidentale,  è  appunto  la  Sardegna,  nei  cui 
idiomi  vengono  a  mescolarsi  e  confondersi  i  principali  fenomeni 
caratteristici  dei  due  gruppi  dell'est  e  dell'ovest  ^ 


pirenaico,  enumera  fra  le  caratteristiche  dei  singoli  sistemi  anche  Tesito 
di  ckr  e  OA-,  di  e-  e  o-  av.  B  e  I  e  di  cl-  e  gl-,  tutti  a  formola  iniziale, 
notando  che  ca-  e  oa-  si  conservano  alFest,  onde  carbu  e  oalliha  danno 
rispettivamente  it.  carro  e  gallina,  rum.  ear  e  gàinà^  mentre  all'ovest  si 
palatalizzano  in  diversi  ^radi,  «T-  i'-  è-  r-,  come  si  vede  nel  lad.  ^ar,  pa- 
lina, fr.  ehar,  geline;  parimente,  e-  e  o-  av.  b  e  i  si  palatalizzano  nel  (gruppo 
orientale  {è-  ^)  e  si  assibilano  in  quello  occidentale  («•  if-)^  onde  cihqub  e 
ciaA  danno  it.  cinque,  cera,  rum.  cind,  cearà,  ma  fr.  cinq,  ciré,  sp.  cinco, 
cera;  infine  cl-  e  gl-  si  sfaldano  in  ki  e  gi  alFest,  mentre  si  conservano 
airovest,  così  claru  e  glacibs  danno  it.  chiaro,  ghiaccio,  rum.  ehiar,  ghiaia, 
ma  fr.  elair,  giace,  lad.  klar,  gla^a.  Come  si  vede,  anche  il  Bartoli  si  è  in- 
contrato in  alcune  dissonanze,  per  cui  qualche  idioma  del  gruppo  orientale 
passa,  rispetto  a  qualche  esito,  airoccidentale  e  viceversa;  così,  p.  es.,  Teng. 
caira  cera  si  distacca  dal  sistema  del  fr.  ciré,  per  avvicinarsi  a  quello 
deirit.  cera  e  lo  sp.  Ilare  esce  dal  suo  ed  entra  a  far  parte  di  quello  del- 
rit.  chiave,  ecc.  Ma  il  fatto  non  è  per  sé  stesso  tale  da  spostare  i  termini 
generali  della  divisione  e  da  infirmare  le  affinità  che  corrono  fra  i  diversi 
raggruppamenti.  Questi  hanno  il  conforto  di  altre  ragioni  etniche  e  storiche, 
e  siccome  ciascuna  zona  non  è  chiusa  in  sé  e  comprende  un  gran  numero 
di  dialetti,  non  è  da  meravigliarsi  se  infiltrazioni  e  imprestiti  reciproci 
abbiano  alterato  qualche  caratteristica,  sicché  mentre  questa  manchi  da 
una  parte,  si  trovi  invece  nelFaltra  e  viceversa. 

*  Il  Puscariu,  Latein.  TJ  nnd  KJ  in  Rum.,  Ital.  n.  Sard.  p.  6,  fondandoti 
esclusivamente  su  di  un  criterio  cronologico,  distingue  due  momenti  nel 
processo  della  romanizzazione.  Del  primo  sarebbe  proprio  quello  che  egli 
chiama  '  romanzo  primitivo  ,  ;  nel  secondo  il  romanzo  primitivo  si  distin- 


502  Guamerio, 

Avvertiamo,  anzitutto,  che  io  distinguo  nei  linguaggi  sardi 
quattro  tipi;  1**  il  logudorese  (log.^,  log.*,  log.*  corrispondenti 
alle  tre  varietà  descritte  dal  Campus,  Fonet.  d.  dial.  log.,  p.  12); 
2®  il  campidanese;  3^  il  gallurese;  4®  il  sassarese;  i  quali  due 
ultimi  tengo  separati  come  due  distinte  personalità,  quali  risul- 
tano dalla  descrizione  da  me  procuratane  in  questo  Archivio  Xm 
125-40  e  XIV  131-200,  385-422.  Ora,  prendendo  ancora  per  base 
i  fenomeni  sopra  allegati,  è  facile  osservare  che  rispetto  alle  sorde 
intervocaliche  s'incontra  nella  Sardegna  tanto  l'incolumità  propria 
del  sistema  orientale,  quanto  il  digradamento  proprio  di  quello 
occidentale  ^  E  infatti  il  lat.  bota,  site  e  sim.  continuano  intatti 
nell'alog.  e  log.^  rota,  site  e  gali,  rota,  siti,  mentre  riescono  al  log.* 
log.*  roda,  siétis,  camp,  roda,  sidi,  sass.  rodda,  seddi;  e  parimenti 
a  PAUcu,  pocu  e  sim.  corrispondono  alog.  log.^  e  gali,  paku,  foku, 
log.*  log.*  paju,  foju,  camp,  pagu,  fogu,  sass.  paggu,  fog§u,  e  ad 
APE,  KAPU  e  sim.,  rispettivamente  alog.  log.^  gali,  ape,  kapu, 
log.*  log.*  abe,  kabu,  camp,  abi,  kabu,  sass.  abbi,  kabbu;  onde 
per  quel  che  è  delle  sorde  mediane  tra  vocali,  l'alog.,  il  log.^ 
ed  il  gali,  stanno  col  sistema  orientale,  mentre  il  log.*  log.*,  il 
camp,  ed  il  sass.  si  aggregano  a  quello  occidentale.  Quanto 
alle  sonore  nella  stessa  formola,  le  serie  cbudu,  jugu,  faba  e 
sim.  che  danno  alog.  e  gali,   krudu,   guu,  faa,  log.^  krudu,  gu 


guerebbe  in  due  Bistemi,  Vorientale  e  V occidentale.  Dal  primo  dì  questi 
scenderebbe  il  rumeno,  dal  secondo  Titaliano,  il  reto-romancio,  il  francese, 
il  provenzale,  lo  spagnuolo  ed  il  portoghese.  Al  romancio  primitivo  si  riat- 
taccherebbe, di  mezzo  a  quello  orientale  ed  occidentale,  il  sardo,  che  si 
svolgerebbe  per  proprio  conto.  In  tal  modo  il  Puscariu  si  dà  ragione  delle 
singolari  concordanze  lessicali,  che  offrono  il  sardo  ed  il  rumeno,  dove  con- 
tinuano ha  edus,  vitricus,  libertare,  scire  e  sim. ,  che  risalgono 
al  tempo  in  cui  il  romanzo  primitivo  era  ancora  indiviso  e  furono  sosti- 
tuite poi  da  altre  voci  nel  romanzo  occidentale.  Ma  la  sua  classificazione, 
che  ha  di  mira  soprattutto  il  particolare  assetto  del  rumeno,  rimasto  se- 
parato dal  resto  della  romanità  a  cominciare  dal  ITI  sec.  di  C,  risente  di 
questa  mira  esclusiva  e  riesce  imperfetta,  non  tenendo  conto  degli  altri 
criterii  sopra  discorsi. 
^  Così  anche  il  Bartoli,  1.  e,  p.  188. 


Il  sardo  e  il  còno,  ecc.  508 

i^ualé),  faa,  log.'  log.'  kruu,  gu,  faa^  camp,  kru,  §u  {§uali)  fa, 
sass.  kruddu^  ^uu  {^uali)  faa,  dimostrano  che  per  questo  rispetto 
la  Sardegna  si  associa  al  gruppo  occidentale  col  quasi  generale 
dileguo  delle  sonore,  che  appare  già  diffuso  anche  nell'alog. 
All'incontro,  riguardo  la  sorte  di  cl-,  ol*  quale  risulta  daUa 
serie  clavis,  clamare,  oland-  e  sim.,  che  riescono  nell'alog. 
klamarej  log.^  krae,  kramare^  grandulù,  camp.  Arai,  kramai,  ran- 
dula,  log.*  log.f  gamare,  ffae,  landa,  gali,  caif  camà,  ganda, 
saas.  éaii,  éamà,  §anda,  ò  manifesto  che  Talog.,  il  log.^  ed  il 
camp.,  non  jotizzando  il  nesso,  propendono  verso  la  zona  occi- 
dentale, mentre  le  altre  varietà  log.  (almeno  per  le  sorde),  il 
gali,  e  il  sass.  volgono  verso  quella  orientale,  con  l'alterazione 
palatale  del  nesso,  cui  soggiacciono.  Infine,  anche  il  trattamento 
del  •&  e  del  -t  finali  colloca  la  Sardegna  in  entrambi  i  sistemi, 
perchè  spetta  allo  schietto  tipo  orientale  col  gali,  e  sass.,  dove 
manca  aflhtto  il  -s  e  il  -t  e  partecipa  insieme  del  tipo  occiden- 
tale e  di  quello  orientale  col  log.  e  camp.,  i  quali  conservano 
quelle  finali,  ma  rifuggendo  in  effetto  dalle  uscite  consonantiche, 
vi  rimediano  con  un'epitesi  vocalica,  come  è  nell'it.  e  nel  rum.; 
onde  per  amas,  amat,  times,  timet,  tempus  e  sim.  il  log.,  pur 
scrìvendo  amaa,  amat^  times,  timet,  tempus,  dirà  dmaia,  àmada^ 
timeie,  timeéte,  timjméu  e  il  camp,  omessa,  étnada,  tUnisi,  timidi, 
di  fronte  al  gali,  e  sass.  ami,  ama,  timi,  timi,  tempu. 

Dopo  questi  raffi"onti  parmi  che  ninno  vorrà  negare  il  carat- 
tere di  zona  grigia  che  ho  assegnato  alla  Sardegna  tra  l'est  e 
l'ovest;  ma  il  partecipare  essa  di  caratteri  linguistici,  ora  propri! 
della  costa  iberica,  ora  di  quella  italica,  non  importa  di  neces- 
sità, come  erroneamente  si  ode  affermare,  che  i  suoi  linguaggi 
siano  dovuti  all'influenza  spagnuola  e  a  quella  italiana  (pisana 
e  genovese  in  ispecie),  e  che  si  debba  ascriverli  a  questa  o  a 
quella  zona.  Anzi,  il  possedere  essa  un  linguaggio  fondamentale, 
il  logudorese,  che  si  è  svolto  spontaneamente  dal  latino  ed  ha 
fisonomia  così  spiccatamente  propria  e  digradante  in  diverse 
varietà,  che  pur  allontanandosi  da  quel  primitivo  fondo  comune, 
sia  per  naturai  reazione  degli  idiomi  primitivi,  sia  per  ragione 


\  ^  Guarnerio, 

..    >.-t>ofn.^ri  influenze  e  incroci  esterni,  costituiscono  sempre  con 

.^  v.r/unità  linguistica,  parmi  argomento  tale  da  assicurare 

.    i  Sjurvk^gna  un  posto  a   se   nella   famiglia  delle  lingue  neo- 

m. 

IVllo  caratteristiche,  che  danno  peculiar  fisonomia  al  logndo- 
-tM^^  il  Meyer-Lilbke,  Einf.  105,  non  rileva  che  una  sola,  quella 
^.>^  riguarda  la  sorte  della  vocal  tonica  latina;  e  infatti  mentre 
-t  tutti  gli  altri  domimi  romanzi  gli  esiti  dell'  £  e  dell' T  lat.  ooin* 
cuiono  in  un  unico  suono  f  e  quello  dell'o  e  dell' tf  in  un  unico 
^lono  p,  invece  nel  log.  si  mantengono  distinti,  onde  dice  téla, 
yilu  per  TÉLA,  p¥lu,  di  fronte  all'it.  t^,  ffZo,  e  fiore,  nuge 
i*LòRE,  NucE,  di  fronte  all'it.  fiore,  rtQce, 

11  M.-L.  accompagna  col  log.  anche  il  còrso,  ma  di  ciò 
appresso.  Intanto  qui  giova  avvertire  che  insieme  col  log.  vanno 
il  camp,  ed  il  gali.,  che  dicono  pure  tela,  pilu,  fiori  fi^,  muii 
nuéi;  ma  se  ne  distacca  il  sass.,  che  dà  per  Te  e  l'T,  per  Tr* 
e  l'u  rispettivamente  un  unico  suono  e  ed  o,  non  distìnguendo 
Ve  che  per  la  diversità  del  timbro,  dicendo  esso  pelu  e  tfla, 
accanto  a  fiori,  noii.  Avremo  quindi  il  seguente  prospetto: 

lat.  E         E     T        0        ó     u 

I     V     I     V 

it.  e  f  0  g 

dieci  tfla  pflo  nuovo  figre  ngce 

I     A     I     A 

sardo  e         e    i  o         o    u 

log.  detje  tela  pilu  nou  fiore  nuge 

camp,  ileèi  tela  pilu  nou  fiori  nuii 

gali.  deci  tf  la  pilu  nou  fiori  nuéi 

V   ì    v 

e 
f        f     e        g  9 

sass.      dfii    tf la  pela  nghu    fiori  noài. 


n  Bardo  e  il  còrso,  ecc.  505 

n  M.-L.  ricercando  la  causa  di  questo  peculìar  esito  del  logu- 
dorese,  esclude,  a  ragione,  che  esso  ci  conservi  tuttora  la  con- 
dizione di  pronuncia  del  latino  dell'età  imperiale,  perche  il  fatto 
che  si  sono  ripetute  anche  piti  tardi  le  spedizioni  militari  e  che 
la  Sardegna,  anche  in  età  posteriore,  è  tenuta  come  il  granajo 
di  Roma,  attesta  che  le  relazioni  con  la  madre  patrìa  non  fu- 
rono mai  rotte  e  che  il  latino  volgare  pertanto  vi  deve  essere 
giunto  e  propagato  nelle  successive  modificazioni  che  veniva  at- 
tuando. La  quale  considerazione  dimostra  già  per  sé  stessa,  come 
sia  un'illusione  il  pensare  che  l'altro  esito  peculiare  del  log., 
cioè  he-  gè-  per  ce-,  ci-,  gè-,  or-,  possa  essere  la  schietta  con- 
tinuazione dell'antica  pronuncia  velare  latina,  passata  incolume 
attraverso  i  secoli. 

Ma,  qualunque  sia  la  genesi  tanto  di  codesto  esito  velare, 
quanto  di  quello  delle  vocali  e,  d  =  «,  o,  t,  ìj  =  i,  u,  è  indubi- 
tato che  essi  costituiscono  due  fenomeni  così  alieni  dagli  altri 
sistemi  romanzi,  da  autorizzare  già  per  se  soli  a  concedere  al 
log.  una  propria  personalità  distinta  dalle  altre  lingue  della  fa- 
miglia. E  v'ha  di  più.  Non  meno  caratteristici  sono  altri  feno- 
meni esclusivi  del  log.,  quali  sono,  rispetto  ai  suoni:  la  particolar 
risoluzione  dell' t  nel  nesso  lj,  rj,  nj,  onde  filiu,  foli  a,  januariu, 
\iNEA,  VENio  e  sim.,  danno  fiiu^  foia,  binia,  enzo  a  tutto  il  Lo- 
gudoro  e  ^ennarju  ^ennar^u,  bennarzu  bennaliu  a  seconda  delle 
varietà  log.  ;  —  il  riflesso  di  -tj-  (-cj-),  che  primieramente  in- 
taccato da  j(,  ritorna  a  schietta  esplosiva  dentale  sorda  -tt-, 
onde  dall'alog.  platha  platea,  fatho  facio  si  riesce  all'odiemo 
piatta^  fatto;  —    la  labializzazione  dei  nessi    qu^-  gu^**-,  onde 

AQUA,    EqUA,   AQUILA,    CINQUE,    ANGUILLA,    SANGUINE   SÌ  rìsolvonO  in 

tutto  il  log.  in  abba,  ebba,  dbila,  kimbe,  ambiiftfa,  sambetie.  Ancora, 
rispetto  alle  forme  e  alla  funzione:  l'uso  dell'infinito  latino  per 
l'imperfetto  congiuntivo,  come  si  vede  nell'alog.  clamaren^  de- 
verete ischiret  e  log.  od.  antère  ameres  -ret  oremus  -reiis  -^ent 
per  la  !•  coniugazione,  titnire  -res  ecc.  per  la  2»  e  finere  -ree 
'Tei  -remus  -reiis  -rent  per  la  3*;  —  la  sostituzione  della  de- 
sinenza ^rru  ad  -utu  nel  participio   passato,  onde  alog.  cràtitu 


506  GnamerìOi 

creduto,  pérdUu  perduto  e  sim.,  log.  od.  kréttidu,  Umidu  temuto, 
véndidu  venduto,  alog.  bénnitu,  log.  od.  bénnidu  venuto  e  sìm.; 
—  la  derivazione  dell'articolo  dal  pronome  ipsu  -sa,  anziché  da 
ille  -a,  com'è  di  tutta  la  romanità,  particolarità  che  si  estende 
anche  alle  Balearl. 

Tutti  questi  fenomeni  sono  così  proprii  al  sardo  e  così  disformi 
dalle  altre  lingue  romanze  in  genere,  e  dall'italiano  in  ispecie, 
che  sarebbe  vano  insistervi  più  a  lungo.  Però,  qualcuno  potrebbe 
obbiettare  che  non  meno  alieni  dal  tipo  italiano  sono,  p.  es.,  i 
fenomeni  dei  dialetti  gallo-italici  della  valle  padana;  eppure  questi 
idiomi  non  si  erigono  a  gruppo  indipendente.  Essi  espungono  le  vo- 
cali protoniche  con  particolare  energia  e  costanza,  hanno  il  suono 
u  per  ù  latina ,  sconosciuto  affatto  a  tutta  l' altra  famiglia 
italiana,  riducono  I'a  in  accento  ad  6,  posseggono  la  nasal  ve- 
lare 9^  e  le  vocali  nasali,  ed  effettuano  quella  speciale  risoluzione 
del  nesso  -cr-,  per  cui  da  facto,  tegto  e  sim.  si  arriva  al  piem. 
fait,  teit,  lig.  fajtu,  teitu,  genov.  fatu,  lomb.  fac  e  tee,  e  vanno  anche 
più  in  là,  arrivando,  come  si  riscontra  anche  nel  celtico  e  nel- 
l'antico umbro,  alla  fusione  della  serie  di  *gt-  con  quella  di  -pt-, 
onde  neir amilanese  abbiamo  serie,  scrièiira  per  scbipto  -ura  ;  tutti 
fenomeni  così  alieni  dal  sistema  italiano  e  all'incontro  così  con- 
formi alla  struttura  gallica,  che  parrebbe  legittimo  sottrarre 
senz'altro  il  piemontese,  il  ligure,  il  lombardo  e  l'emiliano  dalla 
famiglia  italiana,  per  farne  un  gruppo  a  se,  o  al  più  subordinato 
al  francese. 

Ciò  non  si  fa,  perchè  in  effetto,  oltre  che  alle  ragioni  lingui- 
stiche, si  ha  l'occhio  anche  a  quelle  geografiche  e  storiche.  Ora, 
mentre  esse  concorrono  a  mantenere  subordinati  alla  famiglia 
italiana  quei  dialetti,  le  stesse  ragioni  avvalorano  invece  la  se- 
parazione del  sardo  e  la  sua  elevazione  a  tipo  indipendente. 

Divisa  dal  continente  italiano  da  lungo  tratto  di  mare  (190 
chilometri),  la  Sardegna  è  molto  più  lontana  dall'Italia  che  non 
sia  la  Sicilia  e  la  stessa  Corsica,  e  verso  la  penisola  ha  uno 
sviluppo  di  coste  con  scarsi  e  non  facili  approdi,  che  non  si 
prestano  a  frequenti  contatti  con  quella.  Inoltre,  aspre  vi  sono 


Il  sardo  e  il  còno,  ecc.  507 

le  catene  dei  monti  e  scarse  invece  le  ampie  vallate  e  le  distese 
di  pianura,  e  per  di  piìi  la  malaria  la  cinge  come  di  un  baluardo 
lungo  le  marine  ;  sicché  per  la  posizione  geografica  e  la  natura 
del  suolo  rimane  come  del  tutto  separata  dalla  terra  ferma,  la 
terra  manna,  come  non  senza  ragione  la  chiamano  gli  isolani. 

Anche  prescindendo  dall'età  preromana,  della  quale  abbiamo 
troppo  malsicure  notizie ,  è  un  fatto  che  codeste  sue  speciali 
condizioni  geografiche  si  fecero  pur  sentire  nella  conquista  di 
essa  per  parte  dei  Romani,  che,  incominciata  nel  238  av.  C, 
non  era  ancora  interamente  compiuta  nel  19  d.  G.  La  resistenza 
che  i  Sardi  opposero  ai  Romani,  fu  lunga  e  tenace,  agevolata 
dalla  configurazione  della  terra,  che  offiriva  loro  un  sicuro  ri- 
fugio nelle  giogaje  montane.  Dapprima  i  Romani  si  contenta- 
rono di  assoggettare  le  coste  e  le  pianure,  e  solo  piti  tardi 
penetrarono  nelle  regioni  montuose.  Con  questa  lentezza  della 
conquista  alcuni  critici  credono  giustificare  il  carattere  di  antichità, 
che  per  alcuni  rispetti  sembra  mostrare  il  sardo  ;  ma,  come  ab- 
biamo già  notato,  appunto  perchè  lenta,  la  conquista  ebbe  agio  di 
trasportare  nell'isola  diverse  fasi  successive  del  latino  volgare, 
delle  quali  il  sardo  dovrebbe  serbare  traccio.  Ma  ciò  non  è,  il 
che  significa  che  lo  svolgimento  del  latino  vi  avvenne  in  condi- 
zioni tutte  affatto  speciali.  Infatti,  il  latino  trapiantatovi  prima- 
mente dai  conquistatori  sulle  coste  e  nelle  pianure,  deve  essersi 
propagato  nell'interno  per  opera  degli  stessi  isolani;  qui  si  svolse 
secondo  l'impulso  del  genio  indigeno  e  vi  rimase  chiuso,  anche 
quando  gli  eventi  alterarono  Torientamento  politico  dell'isola,  che 
non  tardò  molto  a  distaccarsi  dall'Impero  romano.  È  stato  notato 
dal  Meyer-Ltìbke,  Einf.  p.  106,  che  Genserico  re  dei  Vandali, 
alla  morte  dell'imperatore  Yalentiniano  scacciò  nel  458  i  Romani 
daUa  Sardegna  e  questa  aggregò  al  suo  regno  africano  ;  ond'egli 
pensa  che  si  sia  arrestato  il  primo  movimento  dell'evoluzione 
fonetica  e  se  ne  sia  cominciato  un  secondo,  durante  il  quale  essa 
rimase  staccata  dalla  penisola  e  gravitò  verso  l'Africa  anziché 
verso  l'Italia. 

Non  metto  in  dubbio  il  fatto  storico,  ma  mi  pare  soverchia 

ArchiTio  glottol.  ital.,  XVI.  86 


508  GuameriOi 

rimportanza  linguìstica  che  il  M.-L.  parrebbe  attribuirgli,  perchè 
solo  dieci  anni  dopo,  nel  468,  Genserico  è  respinto  dalla  Sar- 
degna per  opera  del  generale  Marcellino,  mandato  da  Leone, 
imperatore  d'Oriente.  E  se  più  lunga  fu  la  domÌEULzione  dei  Van- 
dali, quando  vi  tornarono  nel  471  e  vi  rimasero  fino  al  533,  in 
cui  Belisario  restituì  l'isola  all'Impero  bizantino  ^  non  è  in  realtà 
un  periodo  di  sì  lunga  durata  —  ottant'anni  circa  —  da  spezzare 
il  tradizionale  svolgimento  che  il  latino  volgare  vi  attuava. 

Anche  ammesse  codeste  relazioni  con  l'Africa,  alla  quale  è 
vicina  più  di  35  km.  che  non  all'Italia,  non  e  a  credersi  che 
esse  si  siano  fatte  sentire  più  in  là  dei  dintorni  di  Cagliari  e 
delle  coste,  e  abbiano  interrotta  quella  specie  di  segregazione, 
in  cui  veniva  a  trovarsi  in  generale  la  Sardegna.  Ne  gli  avve- 
nimenti successivi  cambiano  di  molto  questa  condizione  di  cose. 

Dopo  una  breve  incursione  dei  Goti  con  Totila  (551-553), 
anch'essa  limitata  al  litorale  ^,  la  Sardegna  per  le  vittorie  di 
Narsete  passò  definitivamente  nel  sec.  VI  sotto  la  sovranità 
dell'Impero  bizantino,  che  la  ascrisse  all'esarcato  d'Africa.  Ma 
alla  caduta  di  questo  (697-98)  essa,  immune  da  ogni  domina- 
nazione  langobarda  e  franca^,  fu  come  la  Sicilia  governata 
direttamente,  e  si  comprende  quanto  debolmente,  da  Bisanzio. 
Nel  decorso  poi  dal  secolo  Vili  all' XI  fu  più  che  mai  esposta 
alle  devastazioni  saracene,  dalle  quali  fu  difesa  dalla  flotta  greca, 
e  alla  fine  liberata  da  quella  di  Pisa  e  Genova,  che  prima  se  ne 
divisero  e  appresso  se  ne  contesero  aspramente  il  dominio. 

Durante  il  feroce  infuriare  di  così  torbide  vicissitudini,  la 
Sardegna,  sia  aggregata  all'  esarcato  d'  Africa ,  sia  provincia 
bizantina,  sia  baluardo  avanzato  delle  coste  italiane  contro  i 
Saraceni,  fa  piuttosto  parte  per  se  stessa;  perchè,  dìscioltasi 
lentamente   dall'  Impero   d' Oriente  e   rimasta  d'allora  innanzi 


*  Cfr.  Schmidt,  Gesch.    d.  Wandalen.  Leipzig,  1901,  p.  173  sgg. 

*  Cfr.  Hartmann,  Gesch.  Italiens  ini  Mittela.  Leipzig,  1897-903,  voi.  1,  p.  397. 
^  Cfr.  Dove,  Corsica  u.  Sardinien,  in  Rend.  R.  Acc.  di  Monaco,  ci.  at.  1894, 

p.  206  e  sgg. 


Il  sardo  e  il  còno,  ecc.  509 

fuori  del  raggio  delle  invasioni  germaniche,  essa  resta  come 
abbandonata  a  se,  sia  politicamente  che  linguisticamente,  e  pro- 
babilmente infatti,  fin  dal  sec.  IX,  comincia  a  riorganizzare 
le  proprie  forze  politiche  e  sociali  nell'indigena  forma  dei  giu^ 
diccUi^  sotto  il  governo  autonomo  dei  quali  svolgerà  nella  lingua, 
nel  costume,  nell'arte,  in  tutte  insomma  le  manifestazioni,  la 
sua  nuova  vita  di  popolo.  Né  la  preponderanza  genovese  e  so- 
prattutto quella  pisana,  che  pure  hanno  lasciato  traccio  non  lievi 
in  tutta  la  storia  dell'  isola,  riuscirono  a  svisare  la  fisonomia 
indigena  che  veniva  assumendo  codesta  nuova  vita;  esse  non 
dorarono  così  a  lungo,  ne  furono  così  tenaci  da  imprimerle  un 
aspetto  che  piii  la  conformasse  a  quello  delle  altre  terre  italiane. 
All'incontro,  la  dominazione  aragonese-spagnuola,  che  nel  sec.  XV 
si  distende  su  tutta  l'isola,  fu  sì  lunga  e  invadente  che  veramente 
la  Sardegna  corse  pericolo  di  perdere  ogni  sua  nazionalità,  perchè 
non  solo  nel  governo  e  nel  giure,  ma  anche  nelle  lettere  imperò 
sovrano  lo  spagnuolo. 

All'Italia  fu  ricondotta  dopo  il  trattato  di  Utrecht  (1720)  e  da 
allora  i  vincoli  antichi  con  la  gran  madre  latina  si  strinsero  tal- 
mente che  l'italiano  vi  si  diffuse  largamente;  anzi,  ai  nostri  giorni, 
la  letteratura  vi  mette  così  promettenti  germogli  in  tutti  i  rami 
della  storia,  del  romanzo  e  della  poesia,  da  dare  speranza  che 
la  Sardegna  aggiunga  nuove  frondi  alla  corona  gloriosa  della 
patria  comune,  l'Italia. 

Ma  se  così  è  ai  nostri  giorni,  ciò  non  toglie  che  nella  storia 
dei  secoli  antecedenti,  come  dicemmo,  la  Sardegna  abbia  una 
speciale  vita  propria,  che  si  riflette  anche  in  una  sua  propria 
letteratura.  Infatti,  mentre  dal  sec.  XVI  le  varie  regioni  d'Italia 
concorrono  più  o  meno  efficacemente  ad  accrescere  il  patrimonio 
letterario  deUa  nazione,  la  Sardegna  ne  rimane  estranea  e  svolge 
e  ripulisce  con  l'arte  il  proprio  idioma  fondamentale,  il  logudoreae, 
sì  da  fame  nna  specie  di  ^  volgare  illustre  '  della  propria  na- 
zionalità ^.  Il  logudorese  diventò  la  lingua  sarda  per  eccellenza, 


^  V.  Xm  13o,  dove  sono  altri  rimandi,  oltre  quelli  che  qui  seguono. 


510  GuameriOi 

usata  ufficialmente  negli  atti  e  documenti  pubblici  in  tutte  le 
regioni  dell'isola,  e  in  una  letteratura,  se  non  molto  varia, 
certo  copiosa,  che  pur  essendo  un  riflesso  di  quella  italiana  e 
spagnuola,  non  cessa  di  essere  notevole  e  degna  di  studio  ^. 

Dopo  queste  considerazioni  mi  pare  di  poter  legittimamente 
conchiudere  che  anche  le  ragioni  storiche  e  geografiche  non  meno 
di  quelle  letterarie  consentono  di  dare  al  sardo  quel  posto  a  se 
nella  famiglia  delle  lingue  romanze,  che  già  gli  assegna  la  sua 
spiccata  individualità  nell'ordine  linguistico. 


IV. 


Diverse  affatto  sono  le  condizioni  del  còrso. 

Nell'esame  sommario  che  abbiamo  fatto  qui  sopra  delle  varietà 
sarde  che  circondano  il  logudorese,  abbiamo  notato  come  da 
questo  si  distacchi  il  gallurese  ed  il  sassarese.  Che  queste  due 
varietà  sieno  da  togliere  addirittura  dal  gruppo  sardo  per  ag- 
gregarle con  gli  idiomi  del  continente  italiano,  mi  pare  sentenza 
alquanto  radicale  *,  che  vuol  fare  tagli  troppo  recisi  e  non  tenere 


^  V.  Siotto-Pintor,  Storia  letteraria  di  Sardegna,  Cagliari  1843,  e  EmEuinele 
Scano,  Saggio  critico-storico  sulla  poesia  dialettale  sarda,  lavoro  molto  im- 
perfetto; cfr.  la  recensione  di  6.  Mari,  nel  BuUett.  bibliogr.  sardo,  1, 200  (1901). 

^  È  la  sentenza  sostenuta  caldamente  dal  Campus,  che  recensendo  Un  po' 
di  sardo  del  Bartoli  nel  BuUett.  bibliogr.  sardo,  IV,  18  (1904),  istituisce  un  raf- 
fronto abbastanza  particolareggiato  dei  fenomeni  fonetici,  morfologici  e  les- 
sicali, pei  quali  si  distingue  il  gallurese  dal  logudorese.  È  da  notarsi  però 
ch*égli  non  tiene  separato  il  gallurese  vero  e  proprio  dal  sassarese,  mentre 
la  loro  distinta  individualità  non  può  essere  messa  in  dubbio.  Da  ciò  viene 
una  grande  confusione  negli  spogli  ofPerti  dal  Campus,  la  quale  toglie  salda 
base  alle  sue  conclusioni.  Cosi,  p.  es.,  in  ordine  alle  vocali,  raffermatone 
che  Ti  tonico  breve  si  muta  spesso  in  e,  h  contraddetta  dalla  serie  gal- 
lurese pilUf  8ÌnUf  piru,  ntt,  ecc.,  di  fronte  a  quella  sassarese  pelu^  senu,  pera^ 
nehi,  ecc.,   e   anche    in  sillaba  chiusa   gali,  viku,   trióóaj   id4u    -a,   ariccij 


n  sardo  e  il  còno,  ecc.  511 

debito  conto  dell'  insensibile  digradamento  per  cui  si  passa  da 
un  tipo  ad  un  altro.  Ora  è  indubitato  che  il  gallurese  ed  il 
sassarese  non  spettano  più  al  tipo  sardo  vero  e  proprio,  e  per 
l'abbandono  normale  del  -s  e  del  -t  finali  entrano  nell'ambito 
dei  gruppi  romanzi  orientali,  ma  non  si  possono  nemmeno  ascri- 
vere senz'altro  al  tipo  italiano;  tramezzano  tra  lune  e  l'altro  e 
86,  p.  es.,  il  trattamento  vocalico,  come  vedemmo  nello  spec^ 
chiotto  sopra  allegato  a  pag.  504  porta  il  sassarese  più  verso 
le  ragioni  dell'italiano  che  verso  quelle  del  sardo,  non  così  è, 
p.  es.,  delle  alterazioni  speciali  del  l  (r  o  s)  complicato  (v.  Ar- 
chivio XIV  158,  num.  123  del  citato  studio),  che  sono  carat- 
teristiche della  3*  varietà  logudorese.  Pel  gallurese  si  ve- 
rifica l'opposto,  perchè  nella  sorte  delle  vocali  esso  si  mette 
alla  pari  col  logudorese,  mentre  in  quella  delle  consonanti  si 
accompagna  per  più  rispetti  con  l'italiano  ^ 

Date  queste  congruenze  e  dissimiglianze  si  potrebbe  rima- 
nere dubbiosi  sul  posto  da  assegnare  loro,  se  non  intervenissero 
a  risolvere  la  quistione  altre  ragioni  così  di  fonetica,  che  di 
storia  e  geografia,  che  non  occon*e  qui  ripetere  e  che  collocano 
il  gallurese  ed  il  sassarese  nella  famiglia  sarda. 

Strettamente  affine  al  gallurese  è  il  dialetto  meridionale  della 


frUku,  ecc.,  di  fronte  al  sass.  ve^u,  trezta,  e44u  -a,  areééa  -i,  frefUiu,  ecc., 
serie  non  distrutte  dagli  scarsi  esempj  gali,  con  f,  quali  vMif  pfiu  e  sim., 
raccolti  nel  num.  24  dello  spoglio  in  questo  Arch.  XIV  182.  In  ordine  alle 
consonanti  la  legge  che  il  t  lat.  in  generale  si  palatalizsa  nel  gallurese,  è 
▼era  pel  gallurese,  ohe  vi  &  corrispondere  :  é^i,  Sena,  itniu,  éallffi4u,  paci, 
dféi,  nuM,  ecc.,  non  pel  sassarese,  che  dice  :  gdu,  zetUu,  zma,  zajbffdu,  pati, 
dfii,  nQMi,  ecc.  E  del  pari  Tesito  7  di  u  è  proprio  del  sass.  e  non  del  gali, 
che  dice:  fiUQlu,  mu44€ri,  ecc.,  e  di  più  vedi  nel  ctt.  luogo  dell* Arch.  XIII, 
125  sgg.  e  XIV,  181  sgg. 

*  Notevole  fra  gli  altri  fenomeni,  1*  incolumità  delle  sorde  mediane  -e-, 
-T-,  -r-,  più  salda  che  nell*  italiano,  onde  insieme  con  éeku^  amiku^  fQìeu  e 
•im.  il  gali,  dice  altresì  ahu,  prfku,  ecc.;  e  ancora  più  notevoli  per  im- 
pronta toscana  le  articolaaioni  e ,  y  (num.  75  n),  che  sono  come  iin*antioi- 
paàona  dai  suoni  che  si  incontrano  in  tutto  il  territorio  toscano. 


512  Guamerio, 

Corsica,  denominato  oUrafnantanOy  che  ha  il  sao  nido  segnata- 
mente nelle  parlate  del  distretto  di  Sartene.  Il  còrso  oltramontano 
infatti  mantiene  distinto  l'esito  di  è  e  di  t,  di  5  e  di  u  tonici 
(v.  num.  7,  21,  26  e  36  del  cit.  studio  in  Arch.  Xffl  e  XIV), 
onde  dice  tela,  ma  pUu  e  iddu  ;  boéi,  ma  gtila  e  furu  forno, 
in  perfetta  congruenza  con  le  forme  gallnresi:  tela,  pilu,  iddu, 
bgéi,  gula;  al  pari  del  gallurese  altera  Te  tonico  in  a  dinanzi 
a  rr,  e  r^"*  (num.  16),  come  si  vede  in  faru  ferro,  tara  terra, 
guarà  guerra,  ecc.  accanto  ai  gali,  farru,  tarra,  ecc.;  risolve  il  lj 
intervocalico  in  44  (num.  102),  pronunciando  parimenti  me44^i 
fi449l'u,  f>g44^ì  ©<5Cm  assimila  rn  in  rr,  dicendo:  furu,  koru 
corno,  ecc.  (num.  126)  ;  riesce  pure  da  nj,  gn,  no  alla  particolare 
proflferenza  ^H  (num.  83  e  178):  bafifiu,  kunèeHfiu  aratro,  /?- 
laMa,  ecc.  ;  conserva  integre  le  sorde  originarie  tra  vocali  e  anzi, 
profferisce  così  gagliardamente  il  -t-,  che  appare  geminato,  onde 
accanto  ai  gali,  ki^ttn,  sigrfttu  e  sim.,  ha  ingrattu,  pattu,  patti, 
ecc.  (num.  180). 

Queste  le  precipue  caratteristiche  dell'  oltramontano  ;  ma 
questa  varietà,  che  in  antico  sarà  stata  anche  più  estesa  nella 
Corsica,  è  ora  sopraffatta  dall'altro  tipo,  il  cismontano  o  dia- 
letto  di  qua  dei  monti,  che  e  il  più  diffuso  nell'isola  ed  è 
parlato  da  circa  due  terzi  della  popolazione. 

Prescindendo  dal  capo-corsino,  il  vernacolo  che  si  raccoglie, 
all'estremità  settentrionale,  nell'antica  provincia  di  Capo  Còrso, 
dalla  bocca  di  un  numero  ancora  più  esiguo  di  parlanti  e  può 
considerarsi  come  una  varietà  del  cismontano,  resta  di  fatto  che 
il  dialetto  principale  deUa  Corsica  è  quest'ultimo.  Ora,  se  si 
esaminano,  anche  sommariamente,  le  sue  caratteristiche,  si  vedrà 
subito  come  la  prima  ed  essenziale  sia  quella  di  unificare  in  un 
sol  esito  l'fi  e  Ti,  1*5  e  rìj  latini  in  accento,  onde  dice  tfla 
pelu  ^llu,  bo^e  no^e,  gola,  fornu,  ecc.  Il  logudorese,  come  notammo, 
mantiene  invece  distinte  queste  vocali,  per  il  che  il  Meyer-Lubke 
credè  poter  fare  del  sardo  un  gruppo  a  sé  separato  dall'italiano  ; 
basterebbe  dunque  la  mancanza  di  siffatta  distinzione  per  togliere 
il  còrso  cismontano  dalla  famiglia  sarda;  ma  esso  è  tolto  pur 


Il  sardo  e  il  còrso,  ecc.  518 

anco  dal  gruppo  romanzo  occidentale  daH'incolomità  delle  sorde 
intervocaliche  -e-,  -t-,  -p-  che  offre  di  continuo,  come  in  atu, 
ceku,  fiku,  fgku,  ecc.  (num.  158),  fata,  maritu,  rota,  strato,  ecc. 
(num.  180),  apa,  kapu,  akapa,  ecc.  (num.  185)  e  per  la  caduta  co- 
stante del  -s  e  del  -t  finali  (n.  138).  £  y'  ha  di  più  :  altri  fenomeni 
allontanando  il  cismontano  dalle  varietà  sarde,  lo  portano  addirit- 
tura al  tipo  italiano  e  piìi  precisamente  toscano.  Infatti,  esso  man- 
tiene intatto  Ve  all'uscita,  come  si  vede  in  mare^  pane^  latte,  mane 
erimane,  sette,  eoe.  (num.  58),  divergendo  così  nettamente  àgi 
gallurese  e  dai  sassarese,  che  hanno  costantemente  «^';  e  da  loro 
e  dal  logadorese  si  distacca  altresì,  perchè  conserva  incolume 
come  r  italiano  il  -u-  della  serie  bellu,  zitellu^  malaédla  e  sim. 
(num.  102),  ignorando  l'esito  meridionale  e  insulare  *^-.  Ancora, 

come  l'italiano  risolve  il  primitivo  -lj-  in  ì  :  alu,  melu,  fiìu,  gin 
e  sim.  (num.  78)  e  uniformandosi  più  strettamente  ancora  ad 
una  norma  toscana,  offre  per  -e-  intervocalico  la  nota  riduzione 
^ifa^e,  pia^e,  deée,  kro^e  e  sim.  (num.  163)  che  si  ha  altresì  per  cj 
a  formola  postonica,  innanzi  a  vocale  che  non  sia  a:  ba^u,  ba^, 
kaéu,  ko^,  ecc.  (num.  82).  Infine  non  conosce  l'assimilazione  del 
gruppo  -RN-  in  rr,  fenomeno  che  sente  pure  del  mezzogiorno  e 
delle  isole,  dicendo  infemu^  imbemu  e  sim.  (num.  126);  e  al- 
l'incontro  d'accordo  col  lucchese  (v.  Arch.  XII  75)  scempia  di 
continuo  il  doppio  -rr-,  pronunciando  sera  serra,  monte,  tera, 
ferirà,  kore  karenu  corre  -ono  e  sim.  (num.  119). 

Tutte  queste  caratteristiche  hanno  impronta  italiana  e  spic- 
catamente toscana  ;  sarebbe  quindi  ozioso  l'insistervi  con  un  più 
lungo  esame.  E  a  ninno  passerà  per  la  mente  di  scindere  il 
cismontano,  ossia  il  principale  idioma  della  Corsica,  dal  gruppo 
dei  dialetti  toscani,  solo  che  abbia  udito  pronunciare  pochi  versi 
di  qualche  pócero. 

Or  ecco  la  mio  figliola, 
Zitella  di  sedeci  anni, 
Eccnla  sopra  la  tola, 
Dopu  CU8Ì  longhi  affanni; 
Or  eccula  qui  bestita 
Cu  li  aò  più  belli  panni. 


514  Gaamerio, 

0  figliola,  In  tò  visa 
Cusì  biancu  e  rusulatu, 
Fattu  pe'  lu  Paradisa, 
Morte  cumme  Tha  cambiata! 
Qnand^ea  lu  vecu  casi, 
Mi  pare  un  sole  oscurata. 

Così  piange  la  morte  della  propria  figliuola  una  madre  còrsa 
in  un  pietoso  canto  raccolto  dal  Viale  (p.  26);  e  chi  non  sente 
in  questi  accenti  l'eco  de'  suoni  toscani  con  lieve  colorito  me- 
ridionale, dato  loro  in  ispecie  dall'  u  atono  per  o,  alterazione 
caratteristica  del  còrso,  come  termine  di  passaggio  dai  dialetti 
centrali  della  penisola  a  quelli  del  mezzogiorno? 

Si  mettano  ora  a  confronto  le  seguenti  strofe  appartenenti  le 
prime  al  gallurese  e  le  altre  al  sassarese,  delle  quali  dò  la 
grafia  comune,  come  ho  fatto  pel  còrso. 

Tu  se'  alta  che  bandera 

Alta  che  cioia  se*  tu, 
Tu  se'  di  ciuintù 

L'unica  màggina  'era. 
Li  beddì  rosi  d'abbrili 

Hani  tinta  la  to'  cara; 

Se'  isciuta  cussi  rara 

Gh'a  videtti  no  isvili. 

Abbaglìani  li  tò  pili 

Come  ora  in  palmaera. 

Chispjma,  Canti  gaU,  p.  19. 

Mamma,  chi  mi  vuleddi  cig'ubà, 
Ci^'ubà  mi  vuleddi  e  dammi  un  veccia, 
Un  veccia  no  lu  voglia  pai  mariddu; 
Chi  la  voglia  pizzinnu  com'è  me. 
Eddu  in  li  zinquanta  dizi  ch'è, 
Eju  lu  dizennobi  aggiu  cumpliddu, 
Unu  vecciu  no  lu  vogliu  pai  mariddu. 

Spano,  Canti  pop,  in  dial.  sass,  fase.  I. 


Il  sardo  e  il  còrso,  ecc.  515 

Chiunque  sente  di  avere  qui  di  fronte  dei  dialetti  ben  diversi, 
in  cui  l'eco  dell'italiano  risuona  assai  fioca. 

Dopo  tutto  ciò  chi  vorrà  ancora  distaccare  il  còrso  cismontano 
dalla  famiglia  italiana?  E  si  aggiunga  che  anche  le  ragioni 
della  geografia  e  della  storia  militano  qui  in  favore  della  sua 
riunione  con  la  penisola.  E  di  vero,  essa  ben  più  vicina  al  con- 
tinente italico  (90  chilometri  circa),  verso  le  cui  coste  apre  un 
porto  così  sicuro  come  quello  di  Bastia,  non  rimase  mai  così  ab- 
bandonata a  sé  come  la  Sardegna.  Che  se  nel  più  alto  medioevo 
la  Corsica  corse  le  medesime  sorti  della  Sardegna,  non  è  già  più 
unita  a  questa  al  primo  avanzarsi  dei  Langobardi,  del  cui  regno 
presto  fa  parte,  come  poi  di  quello  dei  Franchi;  ma  essa  du- 
rante il  regime  feudale  non  riesce  a  riorganizzarsi  in  un  go- 
verno proprio  autonomo  e  così  fin  dal  secolo  XI  passa  in 
possesso  dei  Pisani.  Scoppiate  poi  le  astiose  rivalità  tra  Pisa 
e  Genova,  la  Corsica  fu  spesso  teatro  delle  loro  lotte  e  la  sua 
storia  rimane  d'allora  legata  alle  sorti  del  Banco  di  San  Giorgio 
e  a  quelle  della  repubblica  ligure,  fino  a  che  dopo  la  gloriosa 
ma  tarda  insurrezione  di  Pasquale  Paoli,  è  ignobilmente  venduta 
alla  Francia. 

Dal  medioevo  in  poi  dunque,  un  alito  di  italianità  anima  e  in- 
forma tutta  la  vita  della  Corsica  ;  essa  segue  le  dolorose  vicissitu- 
dini della  penisola,  a  cui  rimane  sempre  legata  e  come  ne  subì  il 
dominio,  più  spesso  tirannico  che  mite  e  fraterno,  cosi  ne  risentì 
più  che  mai  l'influsso  nei  costumi,  nelle  tradizioni,  nella  lingua. 

Per  concludere,  che  è  tempo,  a  me  pare  che  il  togliere  il  còrso 
dalla  famiglia  italiana  sia  decisione  contraria  alle  ragioni  della 
linguistica  non  meno  che  a  quelle  della  storia.  Epperò  come 
conseguenza  legittima  del  troppo  lungo  discorso  faccio  qui  se- 
guire uno  specchio  con  la  classificazione  delle  lingue  romanze  e 
dei  dialetti  italiani: 


516        Guaraerìo,  Il  sardo  e  il  còno,  ecc.  —  Salvioni,  Etimologie 


Lingue  romanze 


Gruppo  occidentale 

I 


Pori..  Spagn.,  Prov.,  Frane,  Lad 


Oruppo  orientale 


I 
Italiano 


Romeno 


Sardo 


Dial.  Settentrionali 


I 
Camp.,  Log.,  6all.,  Sass. 


Centrali 


meridionali 


I      I     I      I      I     I 
I    u   ni  IV    V   VI 


so 


^   J     £     -S 


-3     H       ^       >-        J5 


1    1 

1 

1 

VII  vili  IX    X 

XI 

XII 

XIII 

XIV 

:        :        t        : 

•  •               •               • 

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31 

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5 

boulanger. 

Non  io  m*a?ventiirerò  alla  ricerca  delle  origini  di  questa  parola.  Voglio 
solo  rilevare  ch^essa  fa  capolino  anche  di  qua  dalFAlpi  nella  Valle  Aniatca 
(Ossola).  Leggo  infatti  nel  Vocabolarietto  manoscritto  che  per  questa  Tsllf 
ha  allestito  il  Belli  (v.  Ascoli,  Arch.  glott  I  253;  io  ho  eott^occhio  una  copia 
deirintiero  lavoro),  il  seguente  articoletto:  *  holunghira  riTenditrice  di  paai* 
di  frumento  ,.  Ne  vien  luce  meridiana  sulla  parentela  Bclomffaro^  ch*io  (o- 
nosco  appunto  come  propria  di  famiglie  della  costa  occidentale  del  Verban^. 

Che  la  Toce  lombarda  rappresenti  un  accatto  fatto  alla  Frauda»  é  dilf* 
die  di  asserire  e  di  negare.  Ma  ove  fosse,  sarebbe  un  accatto  molto^  mollo 
antico,  come  lo  proverebbe  il  g  ancora  intatto.  Il  qual  g  ricorre  pure  in 
una  ricostruzione  latina  della  voce  francese  (v.  il  Dict.  gén.),  risalente  al 
1120,  e  priva  d*ogni  base  T-ahia  postulato  dal  KOrting  1631.  Si  può  poi 
anche  chiedere,  in  considerazione  della  nostra  forma  nonché  del  vaod.  e 
delf.  'hm-,  se  sia  da  muovere  da  bolong'  o  da  Meng-, 

C.  Salviohi. 


i 


IL  DIALETTO  DI  CASTELLINALDO  ; 


GIUSEPPE  TOPPINO. 


AVVERTENZA. 

Presento  qui  la  prima  parte  di  un  lavoro  inteso  a  descrivere 
il  dialetto  di  Castellinaldo  e  di  qualche  località  contermine.  La 
regione  esplorata  giace  sulla  riva  sinistra  del  Tanaro,  fra  Alba 
e  S.  Damiano  d'Asti,  ed  è  costituita  quasi  per  intero  da  un  gibbo 
collinoso,  culminante  nella  punta  di  S.  Licerio,  presso  cui  sono 
Quarene  e  Gastagnito,  e  dai  suoi  contrafforti  prolungati  nella 
direzione  di  nord-est,  sui  quali  stanno  Castellinaldo,  Priocca  e 
Magliano.  Se  ne  togli  il  breve  tratto  inclinato,  e  talvolta  sco- 
sceso, verso  la  stretta  e  profonda  valle  del  fiume,  le  acque  di 
questo  territorio,  per  i  rivi  di  Varata,  fileggio  e  Prato-Sovero, 
corrono  a  versarsi,  poco  lungi  da  S.  Damiano,  nel  Berbere,  che 
ha  le  sne  fonti  nelle  vicinanze  di  Ouarene,  attraversa  nel  corso 
superiore  i  territori  di  Vozza  e  Canale,  e  ad  Asti  entra  nel 
Tanaro. 

Non  v'ha,  ch'io  mi  sappia,  alcun  documento  dialettale;  e  la 
stessa  versione  della  nota  novella  nell'opera  del  Papanti  (p.  195) 
differisce  per  qualche  rispetto  dai  parlari  da  me  considerati.  I 
quali  (e  parlo,  per  maggior  chiarezza  e  precisione,  sovratutto  di 
quelli  di  Castellinaldo  e  di  Priocca,  quasi  sempre,  meno  che  in 
lievi  sfumature,  concordi)  si  scostano  dal  piemontese  illustre,  cioè 
dal  torinese  \  segnatamente  per  il  trattamento  dell' a  in   certe 


*  Tatti  sanno  ohe  in  Piemonte  i  rìgnorì  hanno  a  disdoro  il  Temacolo, 
e  oeroano  di  imitare  il  dialetto  di  Torino.  Da  ciò  proriene  che  nel  Papanti 


518  Toppino, 

condizioni  (nn.  3,  4,  7,  33),  dellV  e  dell'd  di  ob*  (n.  24);  per  le 
sorti  dell'i  finale  (nn.  51  a,  51  &,  51  e)  e  dell'o  iniziale  (n.  52), 
quelle  di  l  (nn.  69,  70,  71,  72,  73)  e  di  r  (nn.  78,  79,  80,  82), 
le  risoluzioni  di  '-in-'  (n.  89),  e  di  cr  (n.  95). 


L  —  Fonetica  ^ 


Vocali  toniche. 


A,  1.  in  e  nell'-ABE   dell'infinito.  2.   in   d   nei   seguenti 

esemplari  della  fonnola  Ir*:  àrk  arco,  àfka  madia,  àrbu  albero. 


le  versioni  date,  ad  es.,  per  la  città  di  Alba  (p.  194)  e  per  Asti  (p.  68) 
mostrino  quasi  una  medesima  parlata,  pochissimo  disforme  da  quella  delk 
metropoli  subalpina.  Ma  se  il  fatto  si  può,  in  una  certa  misura,  ammettere 
per  le  città,  dove  il  ceto  signorile  abbonda,  appare  strano  ed  intollerabile 
quando  lo  si  afferma  anche  per  le  località  campestri,  solo  perchè  ivi  del 
torinese  si  valgono  alla  meglio  il  farmacista,  il  medico  e  il  segretario  eo- 
munale.  È  manifesto  che  il  Papanti,  per  il  suo  assunto,  ha  dovuto  rivol- 
gersi alle  persone  colte,  e  queste  non  sono  sempre  riuscite  a  vincere  la 
istintiva  e  tradisionale  ripugnanza  per  la  schietta  forma  popolare:  cosi  si 
spiega  che  egli  ammannisca  quali  saggi  delFalbese,  delle  versioni  die, 
come  quelle  di  Govone  e  Serravalle,  sono  una  vera  mistìficasione. 

'  Voglia  il  lettore  por  mente  alle  seguenti  sigle  :  no.  «>  W.  M eyer-LObke , 
Oramm,  d,  langueè  rom.,  che  si  cita  per  volumi  e  paragrafi.  —  àa.^SLéi 
fil.  rom.  VII.  —  IO.  =  W.  M eyer-LObke,  It,  Oramm.  (per  paragrafi).  —  «j.  =» 
Krii.  Jahre9b.  del  VollmOUer,  voi.  I.  ~  KGbt.  =  Q.  KOrting,  Lai.-rom,  YT,  2»  ed. 
—  sl.»bC.  Salvioni,  Lamentaz.  9uUa  Pass,  di  N.  8.  in  anL,  dial.  ptdmL^ 
Torino,  1886  (per  pagina).  —  ob.  a  R.  Renier,  Il  *  Oelindo  ,  dramma  mero 
piem,  della  Kativ.  di  Cristo,  ecc.  Torino,  1896  (per  pagina).  —  so.  »"  B.  8ch&del, 
die  Mundart  von  Onnea.  Halle,  1903  (per  pagina).  —  Pred.a"W.  Foerster, 
OalloHi,  Predigten,  in  Rom.  St.,  IV  (per  pagina).  —  vp.  «iC.  Salvioni.  Afro- 
poeiio  di  due  voci  piemotUesi  (in  Rendic.  Ist.  lomb.  S.  Il,  voi.  XXXVII, 
pp.  522  sgg.).  —  Ro.  :»  Romania  XX Vili  (per  pagina).  —  Spar.  «»  C.  Salvioni, 
I^  i  nomi  di  parenUia  in  Balia^  nei  Rendiconti  citati,  S.  II,  voL  XXXIII 


Il  dialetto  di  Gastellinaldo  519 

hir  carro,  io.  87.  3.  in  a  anche  davanti  a  -n  -n-  -n*  -m*  *  : 
pàH  pane,  laila,  grande  Frànga^  kàmp,  ecc.  V.  anche  ànja  *ane{d)a 
anitra,  mànja  manica,  e  màfii  (nn.  63,  89  n.).  Ma  dvand  davanti, 
anànè  avanti.  4.  in  ancora  nel  dittongo  secondario  óu: 
kàuf  calcio,  làusta  ^lacusta  (E5rt.  5669),  àutra  ad-ultra 
(XV  510);  pàu  panra,  varmàu  Valmaggiore,  péinàu  canapino 
'pettinatore'  buràu  zangola  '  burratorìo ',  ecc.;  v.  il  n.  108'. 
spàufa  spatola,  m,  29  n,  scotola,  e  kanàura  (specie  di  staffa 
ferrea  che  unisce  la  bare  dell'aratro  con  la  catena,  la  quale  a 
sua  volta  è  agganciata  alla  titnu^fla  n.  109,  timone  mobile) 
=:eandvola  (Ro.  95-6,  Nigra  Zst.  XX VII  129  sgg.,  Schuchardt 
ib.  609  sgg.).  5.  -ABiu  -ABiA  in  -é  -èra;  fre  ferrarius, 
fuméj  karfra  carraria  botte,  (ivfra  cibaria  (E5rt.  2156); 
ium^a  tomaia,  jfta  ghiaia,  fra  aia  (piem.  iumajra  §ajra  ajra); 
mer  m^a  se  ò  da  *amario  (II  113)'.  Ma  Sparto  *clario 
*rario  danno  pajra,  éajr  -a,  rajr  -a^  (II  115  e  n.).  6.  ffa 
fica  acqua,  da  *aiica^:  io.  103,  v.  Hiirlimann,  Die  Entwiklung 


(per  pagina).  —  ma.  «s  Misceli.  Ascoli^  Torino  1901  (per  pagina).  —  Cdo.  "« 
Caitellinaldo,  Ca.  =  Castagnito,  Cah.  =  Canale,  Gua.  =:  Qnarene,  Ma.  =»  Ma- 
gliano,  Mg.  s»  Monta,  Vb.  =  Vezza,  Sda.  =  S.  Damiano,  Pu.  »»  Prìocca.  — 
Circa  alle  grafie,  noto  che  con  w  8* indica  Vu  ital.  di  buono ^  uosa;  che  son 
poco  sentiti  il  v  della  formola  uv  fuorché  in  iuvu,  e  il  j  di  -ij.  Di  r  v.  XV 
418;  Kj.  217;  so.  5. 

*  Il  fenomeno  è  pnr  proprio  di  Ca.,  Oua.,  Mo.,  Ve.,  Sda.,  Fri.  ~  Can.  ci 
dà  nn  snono  ancor  più  vicino  allV;  Ma.  ha  Va  schietto. 

*  La  pronuncia  àu  ò  comune  a  tutti  i  paesi  limitrofi,  eccettuato  Ma. 

'  KUéàf  cucchiaio,  ha  accanto  a  sé,  oramai  moribondo,  nn  fem.  kjé,  — 
Ve.,  Ma.,  Fri.  :  furn^  ecc.  :  Sda.  :  fum<r\  ecc. 

*  Ma.:  pffa,  étf  -a,  r*x  -<>:  inoltre p^  ap/f  (Cdo.  pajf  apàjf)  agio,  tempo, 
e  rrfi  N¥ft  (Mo.  :  vaj,  piem.  vàjre)  ^arì. 

*  Il  dittongo  compare  a  formola  atona  in  aJvafU'  acquoso  (detto  di  or- 
taggi, frutta)  q.  'acquazsuto*  (v.  qui  sopra  a  pag.  382),  o/rfrt  aoquaisone, 
fiumana,  fajpé  *e x-a q u a r e  (cfr.  piem.  najvf  nejvf  inaquare,  KOrt.  4811  ), 
^j^okJT^  aquariolu  (KOrt.  785;  e  qui  sopra  a  p.  800  n.),  ecc.  (anche  aj' 
wafit,  ajwffi,  ecc.).  Così  ali.  ad  ffa  aia,  T'é  affa  ajata  (messe  stesa  sull'aia), 
ali.  a  iffa  iajrOh  f^eto^  a  ftVfra  fivajfà,  ecc.  Degni  di  nota  ancora  anfifé 


520  Toppino, 

d.  lat.  AQUA,    pag.  52.  7.  q;  in  ^*,    che   poi  passa  per  le 

stesse  vicende  deWtjj  da  e  chiuso  (n.  8):  kàjk  -a  qualche,  wàjsir 
mastro  'maestro',  ràjé  radice,  vàj  vatillum  (K5rt.  10016), 
kt4jdjg  ^  cova[t]iccio  '  ;  dàjga  dessi,  stàjga  stessi,  ecc.,  v.  la  Morfei., 
e  intanto  kj.  I  124,  129,  St.  di  fil.  rom.  VII  211,  vp.  527,  làrma 
lacrima,  forse  per  *l^f7na.  À  questi  si  aggiungono  i  numerosi 
casi  di  -e;;-  da  *ai  che  risale  ad  au:  Muntdj  Monteu-Roero 
'montacuto',  màjmàjf'a  (cfr.  so.  25)  maturo -a,  bàjk  guardo, 
cerco,  da  Caduceo,  tajàjra  ferita,  turéàjra  vino  uscito  dal 
torchio  *  torchiatura  ',  ecc.  ^  ;  dei  quali  v.  vp.  529-30.  8.  b. 
Chiuso  (=E,  i)  di  sili,  aperta,  in  àj:  vàj  vero,  3dj  sete, 
ruvàj  rovo  rubetu  (K5rt.  8174),  pàjé  peso,  picàj  potere,  iàjra 
tela,  pàjvfe  pepe,  ecc.  io.  23*.  9.    Nell'iato:    a>    in   ^: 

mw^ja  moneta  spicciola ,  èya  piccola  slitta  *c  1  e  t  a  (Kort. 
2258),  fya  fèta  (K5rt.  3714),  sya  setola  séta».  —  E  pure 
f  in  f^rcL  fèria,  §^ka  ecclèsia,  v^ri  vìtreu  vetriuolo  e  in- 
vetriata; 6>  in  t:  Uvula  tègula  quadrella,  da  *t{ula,  sivura 
crepatura  della  pelle  s  è  t  u  1  a  (III  1 37),  èivura  acidula  (Salvioni, 
N.  Post.  5),  pjùrcL  *p{-ula  pìcuLA  resina,  num.  108.  10.  Per 
gli  effetti  della  palatale  attigua  avremo  %  in  aét  aceto,  pjaèi  pia- 
cere, e  nel  molto  diffuso  pajié  paese,  ecc.  io.  83,  gè.  122  *.  — 


-satia  molto  -i,  assai;  mi-^ò-gé  io  no&  so  'io  so  astai  \  Ma.:  eé  (piar,  di 
atf  altro),  per  cui  v.  IX  196  n. 

^  Circa  alle  sorti  delFa  gioverà  ancora  accennare  al  costante  à  finale  di 
Ve.  nei  monosill.  gà  già,  là^  kà  casa,  à  ha  (e  quindi  farà'),  eco.,  ed  ali*  à  di 
Ma.,  da  <S  di  sili,  chiosa  finale  seguita  da  certi  nessi  o  à&  m:  lai  lattei 
ffàtf  àj  aglio  kavà'l,  àu  anno,  tàg  tasso,  bàat  basto,  màsé  maschio,  fàm,  ecc. 
(ma  kavàla,  §à^a  ghiaccio,  rama  ramo,  ecc.). 

'  Ma.:  vajy  pajè^  ecc. 

'  hutija  bottega,  come  nel  milanese  e  altrove  :  ora  estinto.  E  comuni  col 
milanese  e  con  altri  dialetti  gallo-italici  sono  pure  9tflja  strega  (Il  128  n, 
Literatorbl.  XXI  384)  e  pija  piega  (XIV  218),  crespa,  nonché  Vi  delle  forme 
rizotoniche  di  lì  g  a  r  e.  Quale  riflesso  di  t  h  e  e  a,  che  a  qualche  varietà  pe- 
demontana ha  dato  iéja  (KSrt.  9512)  come  apothéca  ha  dato  ^uUH^  (0 
41  n),  Cdo.  ha   un  femm.  te,  sing.  e  plur.  (diminutivo  tjo£)^  di  coi  v.  n.  36b 

*  kaetanij  castagneto,  esiste  tuttora  qual  nome  comuae  a  Mo&taldo-Roero; 


11  dialetto  di  Castellinaldo  521 

Per  gli  effetti  della  labiale  il  solito  fumra  f emina:  io.  76. 
11.  In  sillaba  chiusa  finale,  si  riduce  ad  <t  :  ^  gesso,  fràm 
fermo,  difùò  stretto,  ffà^  ^frtgidu,  pafàj  pari  cu  lu  (Kdrt. 
6867)  così,  simile,  ecc.  ^  12.   In   sillaba   chiusa,   in   voce 

uscente  per  vocale,  si  riduce  ad  ;  :  v^a  veccia,  f^ia  fetta,  ffrma 
ferma,  Q^sta,  ecc.  IX  199  n;  io.  92.  13.  Ma  è  i  in  gltura  = 

piem.  gipUula  quasi  '  civettola  ',  per  cui  v.  però  qui  sopra  a 
p.  295,  galitufa  '  gallettola  '  gallinaccio  (fungo),  e  nella  risposta 
di  -ìcLA  -Tlja:  Vafije  ni.  valHculae,  avija  aplcula,  famija 
famiglia,  tija  ttlia  (E5rt.  9540),  ecc.;  v.  II  121  e  segg.  —  Di 
p{rj(*  (pi- =:  pie- =  p  1  è)  pevera,  V.  IX  63,  Kort.  7252.  14.  S 
di  sili,  aperta:  a)  in  e,  se  nel  dialetto  la  parola  è  ossitona,  o 
piana  terminante  per  e:  amé  miele,  pe  piede,  dea  dieci,  ier  gélu 
(Kort.  4202)  *,  méje  mietere  (Kdrt.  6141),  ecc.;  b)  in  f,  se  la  pa- 
rola termina  per  t,  u,  a:  /fin  (tu)  levi,  l^  ébulum,  i^ra 
gélat,  ecc.  ^  16.  Nell'iato  è  »:  j^fi/a  pietra,  antfi  -{ja  in- 

tegro -a,  karija  sedia  *cadrega.  16.  k  di  sili,  chiusa  in  e 
od  §,  nelle  condizioni  di  cui  al  n.  14:  levr  lepre,  n^6/i  nebbia, 
bel  bfla  bello  -a,  vespr  vespro,  arffta  ricetta,  ecc.  ^.  17.  Da- 
vanti a  nasale,  le  sorti  di  e  chiuso  e  di  e  aperto  si  confondono: 
a)  -em:  ^m  gemito  (cfr.  gémo  Kdrt.  4211),  ^m  non  pieno 
'  scemo  ',  róm  remo,  iàm  temo  ;  b)  -em*  :  ^fma  scema,  tfma  tema, 
sftnura  semola,  prangftnu  prezzemolo:    e)  -emja:  bastpnja^  van- 


e  Cati0§Heio  dovrebbe  quindi  essere  la  corretta  forma  italiana  del  ni.  KastaM 
Castagnito,  comune  limitrofo  a  Castellinaldo.  —  Di  di  dito,  cfr.  I  22-3  n, 
rV  375,  IO.  56.  —  Piem.  ^if  (Cdo.  i'ag)  gesso,  e  vedine  III  11. 

*  Ma.:  ^é-f,  fremy  ffti,  ecc. 

*  Strano  il  piem.  jfeji\  v.  Ili  9. 

'  Segue  questa  norma  ancbe  IV  deirinfinito,  da -abs  (n.  1):  |Nir<^  portare, 
purtére  portarvi,  ma  purtffu  portarlo,  ecc.  V.  inoltre  il  n.  5.  —  Non  mi 
riesce  chiaro  tfbi  tèpidu  (IX  IdBn,  XV  108X  che  è  pure  torìnete  e  dove 
s'aspetterebbe  tfbù  —  Ma.«  Pn.  :  i^,  cff»,  ecc. 

*  Ftàst  presto,  ro.  1  292:  mnfstfa  minestra,  kabal^fu  arcobaleno,  io.  89; 
BQ.  I  113.  —  A  Ma.  e  Gua.,  Ve  di  sillaba  chiusa  in  parola  tronca  ha  suono 
apertissimo  :  bcel  bello,  laist  lesto,  nufè  messo,  ligé  Ietto,  wbJ  vecchio,  ecc.  — 
A  Sda.:  IfVf  lepre,  bfi  bello,  ecc. 


522  Toppino, 

dftnja.  Inoltre  bastf'mj  bestemmio,  randf'mj^  il  cui  {  sarà  dovuto 
airinflusso  delle  forme  arizotoniche  {bastfmji,  tandfmjé),  o,  meglio 
ancora,  a  quello  delle  rizotoniche  uscenti  in  vocale:  cfr.  /fm 
temo  y  accanto  a  iàm  {temi  temi ,  tftnu  temono ,  ecc.).  Sia 
citato  qui  anche  ^{ma  gèmma;  d)  -en  ,  -ek^  :  9àH  stnus, 
sarà' fi  sereno,  tara' fi  terreno  (sostantivo),  fàH  fieno,  nàfi  (piem. 
nefi)  niente,  non,  bàfi  bène  S  ràfi  reni ,  màfi  io  meno,  mà^i 
màfia  màfiu,  ecc.  meni,  mena,  menano,  ecc.  (inf.  amni  e  man/), 
Vadumàfii  ni.  Yal-domenico;  ambiàfia  mezzena  (di  lardo),  baìàha 
balena,  kadafia  kàfia  catena;  duàdfia  dozzina,  Madlàfka  Mad- 
dalena, fàfia  pena ,  gafia  ^  cena,  saràfia  serena  (aggettivo)  e 
umidità  notturna,  stfàfia  stréna  (K5rt.  9094),  tfàfia  (piem. 
trt1^a)  trapelo ,  vàfia  vena  ed  avena,  armaràna  (piem.  ifuirma) 
amarasca;  toàfia  (piem.  vena  guaina)  colletto;  v.  n.  89'.  — 
A  questa  vicenda  si  sottraggono  le  forme  rizotoniche  dei  verbi 
tni  tenere,  amni  venire  (ten  tengo,  t^i  tieni,  t^nu  tengono,  ecc. 
veti  vengo,  vpM  venga,  ecc.)  per  l'azione,  credo,  delle  forme  a 
radicale  disaccentata,  e  gène  genero,  ténre  tenero,  véne  venerdì 
'  Venere  *  (piem.  jfner  t^ner  tener),  ffwf^  cenere,  sf'nftra  se- 
napa.—  Di/n'n/niiapieno-a,  V.  RL.  11  n,  iG.  83,  so.  18;  ej-^^nso 
-enna:  bfdn  (KOrt.  1560)  crusca,  bena  (Kdrt.  1322)  capanno. 
pena  penna;  f)  -en"  em*  :  fànt  cento,  e  sento^  dàné  (51  e)  dente,  tàmp 
tempo,  stàmhf  settembre,  strànie  stringere,  ìàngtea  lingua,  sùmpi 
semplice,  ecc.  ^;  g)  -eono  énjo:  mala' fi  (cfr.  io.  56)  maligno,  gu- 
rà*fi  tiglioso  'gorrigno',  sdfi  segno,  ecc.:  ma  si  hai'»  nella  risposta 


'  t>\  òf»,  diffìiso  per  tutto  Taltipiano  piemontese,  ▼.  il.  11  e  n.  È  pure 
di  Ve.  e  Mo. 

'  Questa  forma  va  ora  cedendo  il  posto  al  piem.  ftikiy  per  cui  v.  il  n.  10. 
e  HI  9. 

'  À^gianj^ansi  jwafàfia  Guarene»  inrà'fk  Giaveno,  e  le  forme  del  presenU* 
di  Htnné  seminare  :  ^màa  semino ,  ecc.  q.  '  seméno  *.  Il  fenomeno  è  pur 
proprio  di  Fri.  e  Sda.  A  Ma.:  ben,  fen^  ffna,  ecc. 

*  Ma.:  rfnt,  iemp,  lengwa^  rende  vendere,  ecc.  Pn.  :  fàjHt,tàjmp,  fmlàjmta: 
inoltre  «urfimà'fi  «nn.  89»  105  n.)  allato  a  surfitmà'Jntf  proposta  *Bortimento\ 
che  non  credo  isolato. 


Il  dialetto  di  Castellinaldo  528 

di  -éoNA  -ékja:  maUfia,  gurtfia^  gramifia  graminea  (EOrt.  4318), 
ansifia  insegna,  Ufia  pezzo  di  legno  da  ardere,  e  nelle  forme  rizo- 
toniche di  anifié^e  industriarsi,  gfiége  farsi  il  segno  della  croce 
'  segnarsi  '.  Cfr.  i  nn.  11,  13.  18.  Riesce  add  anche  Ve  della 
formola  er*  :  vàrm  verme,  mari  merlo,  tara  terra,  dàrbi  erpete 
(K5rt.  4555),  ecc.  ^  i.  19. 1  di  sillaba  chiusa  od  aperta  general- 
mente intatto  '.  20.  Ridotto  ad  ti,  sotto  l'impulso  di  attigua 
cons.  labiale,  in  iapùg  (piem.  tapig)  tappeto,  burba  birba,  mura 
mira,  aaramiU  (piem.  saramU)  salnitro,  ravu^a  rapa  selvatica 
raplcia  (Kdrt.  7762),  pufer  piffero,  Flup  Filippo,  èanèHp  (piem. 
èanèip)  zibibbo,  trupe  trippe,  lubfe  libro,  kal4bfrju  calibrio,  siUma 
stima,  luma  lima,  guma  cima,  ^meg  ciqiice,  liimi  siepe  limite 
(KOrt.  5603),  iufu  tifo,  àanéUva  gengiva»,  o.  21.  Chiuso  (=  ò,  fi) 
dì  sili,  aperta,  in  u:  vué  voce,  lu  lupo^  fju  fiore,  raéu  rasoio, 
pfriùiì  prigione,  pum  melo,  ecc.  ^,  ma  nom  nome;  —  to  tuo,  d(y 
due  (fem.  duve):  v.  io.  95.  22.  In  sili,  chiusa  dà  ancora  u: 
pug  pozzo,  tur  torre,  duj  dòlium,  ènuj  ginocchio,  sangùt  sin- 
ghiozzo *;  tun  tonno,  kurumb  colombo,  pu^to  vinello  (K5rt.  7330), 


^  Per  influenza  delle  forme  arizotoniche  e  riuscito  ad  a  schietto  nelle  ri- 
zotoniche di  •are  (ex.  122)  serrare,  tari  atterrare,  e  dfstaré  sollevare  *  di- 
sterrare  '.  —  Ma.  ver^^f  fer  ferro,  erba,  ecc. 

'  Ma  9€  allato  a  si  sic;  e  in  genere  Vi  dei  monosillabi  tende  ad  e, 
quando  segna  una  pansa  (cfr.  n.  31  n).  Sda.  kwe.  qui,  le  lì,  ecc.  —  Ma. 
<;arpMi  gallina,  fa^fna  fiucina,  ecc.  Ve.  beh  (piem.  hifi)  bene,  vth  vino,  ecc. 

'  Lo  stesso  fenomeno  a  Pri.,  e,  credo ,  in  tutti  i  paesi  finitimi  a  Odo., 
tolto  Ma.  —  In  òffina,  brina,  può  trattarsi  dell'incontro  di  brina  e  di  brìi  ma, 
ma  anche  di  *priiinay  -ti-  /-;  ff stildi  fastidio,  cruccio,  preoccupazione,  ha 
subito  razione  di  studio  (io.  52).  Forme  non  peculiari  a  Cdo.  :  pr^^  primo, 
j»f*ilifia  prima,  primavera  (lo  conosce  anche  Ma. )>  fObja  fibula,  sUbi  (ali.  a 
Wru)  sibilo,  IO.  76;  sUtnja  scimia  (so.  16);  le  forme  rizotoniche  di  «flÒjV  zu- 
folare, rUté  arrivare,  stfrjHUé  calpestare,  e  iQrré  finire  *  liberare  *. 

*  Del  piem.  lHv-  v.  Il  860;  io.  59:  cfr.  il  Cdo.  lUra  specie  di  forca  di  legno 
(Pri.  luva:  KOrt.  5744). 

'  Si  ha  Tassimi] azione  della  tonica  alTatona  in  kfkf'mu  (cfr.  n.  54;  var. 
pedem.  :  kfkumu,  kukumu)  cetriolo  '  cocomero  *.  Ve.  :  sta^'n  stazione,  f9mra 
<n.  10). 

*  Il  piem.  sanffa't,  II  377,  s'appoggia  forse  a  saniuti  singhiozzare;  v.  n.  53  n. 

Arohivio  glottol.  itaL,  XVI.  84 


524  Toppino, 

unja  unghia,  ecc.  ^  23.  In  posizione  palatina  riesce  ad  q  nei 
riflessi  di  -UNDJA  -onja  -obja:  pum  pudéfi  *cot5neu,  kar^/na, 
vergona,  ainp5({;ra  messoria  (Koriì.  6132),  ecc.^  Talvolta,  quando 
sia  0  fosse  seguito  da  suono  palatino,  in  o:  pjoj  *pedùcula^ 
(KOri;.  6977),  boj  ebullizione,  e  le  forme  rizotoniche  di  buji  boi- 
lire  bùllio  (Kdrt.  1643),  saramora  salamoia  -muria  (kg.  I  14»j)« 
ro^  rutto:  o  ho,  da  *oj,  so  so*.  —  Inoltre:  kOrt  curto  (valm. 
còrt)  e  ali.  a  skiirsé,  non  solo  skorsa  scorciatoja,  ma  anche 
skorsa  egli  accorcia,  ecc.  24.  E  ancora  o  nei  seguenti  esem- 
plari dove  alla  tonica  segue  r  primario  o  second.  -|-  cons.  : 
ambórn  labùrnum,  fom,  Ori  orlu,  sùrk  solco,  fiìfka  bidente  e 
tridente  di  legno,  borga  nodo  del  tronco  donde  si  partono  due 
rami  bifùrca  (Kort.  1378),  gorg  maceratoio  Sgorgo',  borsa,  vrs 
(pili  frequente  urs)  orso,  lord  (piem.  lurd)  che  ha  il  capogiru. 
kortn  colmo  (agg.),  e  sommità  del  tetto,  orm  olmo,  for^a^  r^jrp 
volpe,  porp(*j  sorfu  solfo.  Àggiungansi  :  dfstórb  disturbo,  le  voci 
rizotoniche  di  dfsturbé  disturbare,  e  di  tumé  ritornare,  tom  tornio, 
torta,  tambórn  (piem.  tanbùrn)  tamburo  ^.  26.  o  aperto  (o\  di 
sili,  aperta,  in  d\  16  luogo,  ov  (Kort.  6768),  k&r  cuore,  />/<>r< 
piovere,  Ofi  olio,  roèa,  fjo  figliuolo.  Tfuvé  trovare,  ha  Vò  normale 
nelle  forme  rizotoniche,  mentre  pruvé  (cfr.  pròva  prova),  kfur^ 
*c[o]rotare  (I  59  n.)  mostrano  sempre  u  per  influsso  delle  ari- 
zotoniche ^.       26.  Ripugnano  al  dittongo:  a)  per  l'effetto  dell'-d. 


^  Di  IStdefja  *lùtria,  V.  II 118:  HO.  1 147;  di  kunf^g  conoscere,  v.  ok.  124 &. 
—  Noto  vele  è  ^futa  grotta,  accanto  a  hfQta  cantina. 

'  Ancora  dofl  do,  che  trae  seco  siga  sto,  e  roH  vo. 

'  A  Ve.,  Can.,  Mo.:  sd  per  anteriore  ^soj  (io)  sono;  a  Pri.  ttej» 

^  Merita  d'esner  ricordato  Vq  di  yr'atHQr  di  Diju,  dove  il  d  fa  posizione 
con  r  precedente;  cfr.  amuf.  Hanno  ancora  VQ  le  forme  a  radicale  accen- 
tata di  tujr^  mestare,  rimenare  (piem.  tujru,  ^HJra,  ecc.)»  che  potrebbe  p^r 
altro  derivare  da  *t  5  r  i  u  in.  28  n.),  e  di  stupé  turare  *  stoppare  *  (ma  «faipi 
stoppa)  e,  a  Ma.,  quelle  del  gallico  huQé, 

'  Anche  nelle  rizotoniche  di  gUyé  (n.  55)  giocare,  prevale  1*0  ;  ma  il  «o- 
Htantivo  e  §'fg.  Tuttavia  parecchie  varietà  pedemontane,  fra  cui  la  turine^ . 
offruno  codtantemeute  ^ójr,  ycya,  ecc., /^Jva,  prlhu,  ecc.  e,  credo,  pure  kn'rt 


Il  dialetto  di  Castellinaldo  525 

1*5  del  suffisso  -ola:  lihora  lineola  filo  della  sinopia,  fawjore 
(agarìcus  anularius)  familiolae  (cresce  in  famiglie  o  ciuffi),  ecc.^ 
Inoltre  skora  scuola,  sora  suola,  mora  ^  mola,  coi  quali  possono 
andare  anche  fora  fuori,  e  nor<^  nuora  (bq.  I  146:  cfr.  Spar.  21)  ; 
b)  r^ija  ruota;  e)  Vò  seguito  da  m  e  quello  di  voce  proparossi- 
tonica;  dom  duomo,  om  uomo;  stomi  stomaco;  kofu  cofano,  li- 
moéna  elemosina,  ecc.  ^.  Di  koma  criniera  v.  no.  1219.  27.  In 
sillaba  chiusa.  S'ha  6,  in  póg  posso,  korb  copro,  dorb  apro  (n.  107), 
sdfb  sorbisco,  dfom  dormo,  esempi  che  in  parte  potrebbero  anche 
spettare  al  num.  seguente.  Ma  solitamente  si  ha  (?:  mol  molle, 
ort  orto,  korda,  vota  volta,  sofi  sogno  e  sonno  (piem.  san),  béofi 
bisogno ,  con  le  forme  rizotoniche  di  suFté  e  bàufté ,  ecc.  ^. 
28.  0  di  posizione  palatina  in  o:  pò  poi,  anko  oggi,  lój  loglio, 
fój  foglio,  skój  scoglio,  ój  occhio,  a  mój  in  molle,  fOja  foglia, 
rdja  voglia,  mdja  ni.,  kó^a  coscia,  noe  notte,  kòc  cotto,  beskóé 
vecchione  '  biscotto  ',  koòa  infornata  *  cotta  \  dt  otto,  vojd  vojda 
vóci  tu  KOrt.  10280  tramoéja  tramoggia,  ambroè  Ambrogio, 
mar  muojo,  lungi'ìfja  ni.  (nome  dato  ad  un  campo  di  forma 
oblunga)  ;  inoltre,  s'ha  6  in  koj  colgo,  voj  voglio,  émoja  s'inzuppa, 
macera^.  29.  Davanti  a  n,  n%  in  u:  bufi  bìiita  (sl.  11  n.) 

buono  -a,  sua  suono,  tua  tono,  tr^fì  tuono  (e  così  nelle  forme  a 
radicale  accentata  di  suné^  antunéy  truné)  munja  monaca,  lung 
lunga,  da  lune  da  lungi  ^.  30.  o  in  madotia  suocera,  e  Ma- 


*  Ma.:  fa^dfe  fagiuoli,  attratto  dal  masc.  faio. 

*  Anche  mofe  (piem.  tnóle)  m  di  ere.  Di  vf/fa  vola,  rgfu  volano,  ecc.  cfr. 
ma.  I  219. 

'  Ma.  ha  dam  àtn;  ma  stomi,  kofu^  ecc. 

*  Quando  Vò  sia  in  sillaba  finale,  e  non  gli  seguano  r  od  T,  Ma.  risponde 
ancor  qui  (cfr.  n.  26 n.)  con  à*  quindi  àg  osso,  khl  collo,  tfàp  troppo,  làt 
lotto,  ffdf  goffo,  pàst  posto,  ecc.  (ma  por  porro,  qH  orto,  »tjd  soldo,  kQsta,  ecc.). 

*  Sda.  (contado):  ^(ibja  j5via  (Kòrt.  5192);  piem.  rojda  ali.  a  ro^ida 
(Cdo.:  ròsa)  *  arrogita  '  corvée.  —  Bor  (Odo.),  burro,  può  essere  un  gallicismo. 
—  Ma.:  laej  loglio,  nceé,  oet,  pjcev,  pir^^  ecc.  (ma  fSja,  pjova,  ko^a^  rad 
ruoto,  ecc.)  :  Fri.  lej^  tfj  ì  rami  più  grossi  dell*  albero  (KOrt.  9626) ,  m^45, 
</,  ecc.  (ma  fòjaf  ko^a,  ecc.). 

*  Ma.:  buh  buono,  ma  ÒQna  buona,  tfona  tuona,  iQnga. 


526  Toppino, 

donna,  baiadone  rosolacci,  nona  nonna.  u.  31.  u  di  sili,  chiusa 
od  aperta,  in  u:  pu  piii^,  lUm  lume,  éfusi  giusto,  pufi  pugno, 
ecc.  ^.  Di  stiva  stufa,  nitm  nuvoloso ,  nivura  nuvola ,  trifura 
tartufo,  tarttftda  patata,  v.  io.  78*. 

Dittonghi.  —  32.  au  primario  e  secondario  in  (?;  ^  oro, 
kqj  cauli 8  (KSrt.  2031)  *  cavoli',  lódura,  ecc.  —  parola^  frola 
fragola,  d'ko  anche  *  di  capo'  (XIV  364,  oe.  170),  ecc.*. 
33.  Il  dittongo  derivante  dall'ai  delle  formolo  alc  als  altj  si 
continua  con  la  pronuncia  di  àu:  kàug  calcio,  sàuga  salsa,  dug 
(io)  alzo,  ecc.;  di  alt  ald  aln,  v.  il  n.  73.  Altrettanto  dicasi 
dell'aw  da  -a[t]ore  -a[t]orio,  ecc.  di  cui  v.  i  nn.  4,  108;  e  IX 
250  n,  XV  426,  vp.  —  Di  ai,  v.  i  nn.  5,  6,  7  ». 


^  In  questa  come  in  altre  voci  monosillabiche  («iZsu,  e  èU  gii!)  che  ven- 
gano a  trovarsi  in  fine  di  frase,  VU  viene  assumendo  un  suono  quasi  di  5. 

'  Papa  poppa,  ha  VU  da  p&pé  poppare  (n.  58  n). 

'  Registro  qui  alcune  parole  del  dialetto  di  Ma.,  nelle  quali  alFfi  è  so- 
stituito Vi.  Non  ne  indago  la  norma,  perchè  la  serie  non  è  completa,  e  mi 
riservo  di  esplorare  a  miglior  agio  T  importanza  e  Testensìone  del  fatto.  I 
termini  da  me  raccolti  appartengono  alla  frazione  della  Piana,  che  forma 
circa  la  metà  del  Comune,  e  sono:  hifja  (piem.  bUrja)  acqua  piovana  cor- 
rente e  torbida,  biàa  sterco  bovino  (piem.  bilèa)^  biska  pagliuca,  hfi  kfija 
crudo  -a,  binò  -a  lordo  (XII  898),  kihaj  fiS,  ffist  -a  logoro,  gfatUa  grattugia, 
pifij  pire  pulce,  Hpja  ruga  (piem.  rUpja,  Nigra  XV  296),  Hpa  zuppa,  tflbja 
rete  peschereccia  (piem.  tril-\  iva,  spliva  scintilla  (II  842),  spi^ja  puzzo, 
apiv  sputo,  biva  rebbio  :  bfié  brucio,  éié  succio,  kiè  cucisco,  miff  ammucchio, 
pip  poppo,  rimja  rumina,  èbariv  (piem.  ébarilvu;  Nigra  Zst.  XXVIII  2)  spa- 
vento, ègif  forbisco,  spurgo  e  x  e  u  r  o  (kj.  125),  ^p  asciugo  (ma  gUó  asciutto), 
spiv  sputo,  stfaciv  -sudo,  stranh  sternuto,  tafnbls  -busso,  tfamiv  sposto,  tra- 
muto, ifibil  travaglio  (piem.  tribUlq  tribolare);  i  participi!  in  uto:  boti  bat- 
tuto, savi  saputo,  ecc. 

*  Sono  dotti  làud  lodo,  e  pàué  depongo,  accanto  2^pQè  raffermo  (del  pane). 
—  liau  atono  viene  regolarmente  a  u  (cfr.  n.  53):  utùn  autunno. 

*  Aggiungo  qui  il  Sda.  uvaé  bacio  *  opaco  '  (II  2-5;  a  Cdo.,  forse  con  im- 
missione di  ACQUA  :  ajvé  ajwi) ,  accanto  al  piem.  ^vàj  ed  al  comune  Xaj 
(II  12dn)  lago. 


Il  dialetto  di  Castellinaldo  527 


Vocali  atone. 

34.  A  Protonico.  Iniziale  e  mediano  oscilla  fra  a  ed  dt  ^ 
36.  Postonico,  passa  in  «  e  ne  segue  le  sorti,  ora  andando 
espunto,  come  in  kànvra  '  canapa,  tdrtra  manicaretto  di  farina, 
ova  e  latte  *  tartara  ',  ecc.  ;  ora,  nell'iato,  riducendosi  a  j  :  èlampjé 
oscillare  ' lampadare ',  gàvja  gabata  (KOrt.4101), stomi (n. 26),  ecc. 
IO.  121.  Rimane  in  sàha  sabato  (io.  120).  —  Di  ^ano  =  -eno  =  -ono, 
V.  n.  119  e  XV  413.  36.  Finale  ^  Cade  in  te  (n.  9  n)  baccello  «, 
kajkói  qualchecosa  oe.  126.  37.  È  frequente  all'uscita  di  voci 
indeclinabili:  piira  pure,  fii/ia  fino,  suta  sotto,  ecc.  38.  e  ini- 
ziale, aidsk  htbiscum;  istà  estate.  39.  Protonico  espunto: 
privu  pericolo,  pre  ventriglio  *petrariu  (XV  120),  vàia  vicino, 
gne  cenare,  dàarmé  disarmare,  ske  seccare,  fra  inferriata  *  fer- 
rata ',  kartùii  carrettone,  ecc.  ^.  Con  prostesi  di  a  davanti  a 
liquida:  aréanté  (EQrt.  7836)  sciacquare,  amrùfi  popone  '  me- 
lone ',  arsija  bucato  '  lisciva  ',  artànije  litanie ,  argér  ali.  al 
più  comune  Unger  leggero,  ecc.  ^.  Per  e  secondario:  vrunté 
vranti  volentieri,  pku1^  boccone,  sti  sottile,  murtrà't  mortaretto, 
armù  rumore,  asUS  (n.  83;  piem.  arsifiSl)  usignuolo,  ecc.  io.  127, 


'  Malato  in  e  in  alcnne  voci  non  popolari:  BreUl  Brasile,  eè(lu  asilo; 
ridotto  ad  t  in  gr*f^^  Tinacciaoli,  te  é  da  '  grano  *  ;  ad  f  davanti  ad  r,  in 
mffmóta  marmotta,  akfrlàta  scarlatto,  Bfrtfumé  Bartolomeo,  stffp&sé  cal- 
pestare (detto  specialmente  di  terreno  coltivato)  ^=  piem.  s^rpiif^  ;  inoltre, 
in  ffstOdi  (n.  20  n). 

'  Ma,  nella  protonfa,  Va  di  questa  voce  si  conserva:  kanavd  canapaia» 
skanavffta  beccafico  canapino,  ecc. 

'  A  Ve.  :  fava  fava,  gféà  chiesa,  ecc.  Uguali  condidoni,  credo,  a  Fri. 

*  Cfr.  mu^=  Cdo.  ftiNi^a  mollica,  e  kur/ ^Cdo,  kur^a  cinghia,  a  Fri.  e 
Ma.,  lfsk/=les€heja  (cariceto;  Il  43)  a  Ma.  —  Sono  pur  del  torinese  le 
forme  diminutive:  Rui(h  Rosina,  Mafgafitin,  Madlinin  e  Madlih,  ecc. 

*  Ma.  ha  ireh  terreno,  ignoto  a  Odo.  ed  al  piem.,  il  quale  ultimo  per 
altro  ci  dà  trUc  terriccio. 

*  Ma  /fw  levare,  Iva  lievito  *  levato  *.  —  Fiem.  al^ja  ali.  a  Ifc^ja. 


528  Toppino, 

146:  6E.  128,  ecc.  40.  Nell'iato,  in^':  sja^  staccio,  pjàge  ni. 
'pedaggio*,  kavjà  *  capitale  '  (K5rt.  1872),  ecc.  II,  49n.  ^ 
41.  é  in  u  (e  w;  cfr.  n.  53)  per  effetto  di  attigua  labiale': 
aniburf  umhilico,  puvriii^  (accanto  SLpfrrtiii)  peperone,  ^nn/i  (piem. 
piinja:  per  il  da  u  v.  n.  53  n.)  pipita,  ihica^é  sbevazzare,  Uut' 
iTquare  (Kurt.  5638),  con  u  che  si  estende  alle  forme  rizoto- 
niche»; —  fiiméla  n.  53  n.  (K9rt.  3678;  III  170).  42.  In  i. 
nella  vicinanza  di  suono  palatale  :  èinèa,  ^iftié,  péiné  pettinare. 
43.  Quando  la  espunzione  importi  un  nesso  mal  pronunciabiltr. 
Ve  rimane,  assumendo  il  suono  di  g:  tgr^nuré  tremolare,  sterpa' j  ni. 
stirpétum,  meste  mestiere,  spageàé  (piem.  sparge)  passeggiar^, 
bfèliniy  bislungo,  te^ù  tessitore,  ecc.  44.  Di  due  e  protonici 
scompare  normalmente  il  secondo:  sgmtté  (n.  17  d  n)  seminare, 
genrd  cenerata,  bf;rré  abbeverare,  sgtmta  chi  nasce  sette  mesi 
dopo  il  concepimento,  e  medico  empirico  ^  '  settimino  '  (ma  smàM 
settimana),  sarné^e  (v.  n.  45)  serenarsi,  ecc.  46.  er  iniziale 

passa  sempre  in  ar  ar^  tanto  in  sillaba  aperta  quanto  in  sillalta 
chiusa:  aràm  rame,  arùf  errore,  afbfte  bietole  'erbette*,  arp/ 
(II  9  n)  erpicare,  arbjòt  piselli  (II  376).  Lo  stesso  può  avvenire 
a  formola  interna;  niarànda  merenda,  safàffk  (n.  17  d)  safbjé  sar 
chiare  *exherbicare,  mar^é  mereiaio,  tor^^  *tertiolu  terzo 
fieno*,  ecc.  V.  n.  18  n.  46.  Le  formole  ex*  iniziale,  ex*  km* 
IN*  iniziali  od  inteme,  volgono  e  in  a  ^:  anàné  (n.  3),  anipi  ri* 
stucco  *  inirato ',  ankwiéu  '  incudiggine  '  (XII 409),  an/?r^  infilare. 


^  È  aj  da  ej  in  majHìha  medicina  e  vajlQ^t  *  vitellotto  *  (rp.  529). 

^  In  ffUi'é    fregare,  c'è  rincontro  di  frictare  con  la  base  del  fnnc^»f 
froUer. 

^  Lo  stesso  dicaci  di  rùye  (var.  piem.  vége)  vedere,  assai  diffaso. 

^  È  opinione  del  volgo  che  i  nati  di  sette  mesi  abbiano  speciale  attitn 
dine  a  curare  le  malattie. 

'  Tarfoj  trifoglio,  sarà  pasitato    prima   per  una  forma  intermedia  tfxiuj 
(cfr.  n.  121).  viva  tuttora  nel  piem. 

*  La  prep.  in  suona  sempre  an:   ma   a   S.  Vito  (Monta),  ho  adito  mmd* 
in-Aft,  in-Albit  (ma  del  resto:  at^kà  in  casa,  oH'fftta,  ecc.). 


Il  dialetto  di  Castellinaldo  529 

lanUja  ìenticchiei,  vandfmjaj  ecc.  Rimane  l't  in  infà'm,  intà'm^, 
47.  Postonico  interno  espunto:  fumra  (n.  10),  limoina  elemosina, 
ùnée  undici,  porr  povero,  i'fnre  cenere,  purè  pulce,  ecc.  io.  122. 
Diversa  risoluzione  s'ba  in 'rene  jene  (n.  17d)  e  negli  infiniti 
della  3'^:  baie  battere,  pjànée  piangere,  ecc. '.  48.  Nell'iato 
moravi  malato  (Vili  367),  paH  *p  a cidus  (so.  224),  arW  tinozza, 
pó^i  pesco  *  persico  ',  sarvdj  selvatico,  gràvja  gravida  (KOrt.  4344), 
mànja  (n.  3),  pàrtja  pertica,  ecc.  *.  49.  All'uscita  cade,  fuorché 
nei  seguenti  casi:  a)  nel  plur.  dei  nomi  della  1*  declin.;  b)  quando 
la  caduta  importi  un  nesso  finale  mal  pronunciabile:  j^tirf e  pol- 
vere, pàjvfe  pepe,  j'fnfc  cenere,  sàmpre  sempre,  màntfe  mentre, 
mango jre  'mangiatore',  bruscdjre  canapino,  ecc.,  pare  padre,  mare 
madre*.  50.  i.  Di  regola  intatto*.  Per  in*  v.  il  n.  46.  Pas- 
sato in  il  per  gli  eifetti  di  labiale  attigua:  liima^ora  lumaca, 
kupnje  bagaglio  *  equipaggio  ',  andrene  da  ^anduné  =  *andvutié 
(piem.  andvinf)  indovinare ,  sktìvé  (piem.  skivé)    schivare,   coll'/i 


*  AI  rincontrano:  ingunija  accanto  ad  angunija  agonia,  e  allato  a  in^n- 
naja  c*è  angum^ja  *ingninalia  (Kòrt.  4978).  Cfr.  inoltre:  r'«iiràV«  il  ro- 
vescio le  diceni  dei  tessati),  rmdrié^  f*indùbi  il  doppio,  a  r*i^r4^  *  alFin- 
gr08so  \  a  r'inkuntrafi  (ma  anrfrs^^  andrigé^  ankuntfé,  ecc.)i  «  f  '  iWwwjà'M, 
mafinhQni  malinconico,  e  rtn^fo^^V  ringraziare,  rinkf r se  TÌncrescere,  che  botìo 
▼oci  letterarie. 

*  Ma.  :  tene  tenero.  —  L'i  di  6iM  cece  è  dovuto  al  plurale.  —  Siano  pur 
qui  ricordati:  jMifMfa  passera  (piem.  pàpra\  kólura  collera  e  colèra,  che 
derivano  il  loro  u  da  una  spinta  analogica  verso  la  serie  dei  nomi  in  -^ufa: 
lódura  (n.  32),  turtura,  ecc.  V  u  di  kfkftnu  (n.  21  n)  può  esser  dovuto  al- 
rinflusso  della  vicina  labiale. 

'  Tàfmi  (piem.  t^rtHu)  termine  campestre,  rappresenterà  "tkrmitb  foggiato 
«ul  suo  affine  lUmi  (n.  20)  ;  V-e  di  pfére  *prévett  è  sostenuto  dalla  voc.  to- 
nica, seppure  non  si  tratta  di  *prever  (Fred.  47  ;  XV  430)  ;  firQge  chirurgo. 
è  stato  attratto  dalla  serie  dei  nomi  in  •a^#=3-ATicu(XV427):  pjéie  (n.  40), 
tjàge,  ecc. 

*  Ma  poi  levr  lepre,  siàmòf  settembre,  ecc.  Ve  s* incontra  ancora  nel 
gallicismo  metre  valente  (maUre)^  ed  in  linSe  undici,  dù«e  dodici,  ecc  6ua. 
ci  offre  un  lUndie  (var.  piem.  lU'ndeif)  lunedì.  Mo.:  rénfe  'venere*  venerdì. 

'  igp-ìànda  (piem.  girlanda)\  v.  KOrt.  10389,  e  il  n.  34n. 


530  Toppino, 

che  poi  passa  alle  rizotoniche,  ecc.:  in  u  in  vujdrbra  (piem. 
vijarbra)  vitalba.  51.  Finale.  Rimane  in  ami  (accanto  ad  om) 
uomini,  ed  anche  *  uomo  '  (cfr.  il  torin.  ojmu^  IX  256)  snufi 
(anche  sfiur)  signori  ;  negli  aggettivi  pQVfi  poveri,  bravi,  Icari,  ecc. 
usati  in  proclisi,  come  povri  fjo^  ecc.;  tanti  (ali.  a  tàìiè  cfr. 
n.  5 le),  e  pochi  altri;  in  vuj  voi,  rfi?^  due,  ecc.,  ^fò;  tre  (masc). 
51  a.  Si  ripercuote  talvolta  dietro  la  tonica;  tr<ijp  (ali.  9ktrù]^ 
troppi,  pojk  (e  poki),  kàjk  (n.  7)  ^  51  b.  Manifesta  i  suoi  ef- 
fetti sulla  tonica  in  to  tuoi  (sing.  to),  so  suoi,  nostr  nostri,  vostr 
vostri,  grog  grossi  (sing.  §roQ)i  orni  (n.  51)*.  51  e.  Può  in- 

taccare la  consonante  vicina  :  aé  altri  (sing.  atr),  tiié  tutti,  dàné 
(passato  poi  al  sing.)  '  denti  ',  afi  anni,  ecc.  io.  260.  52.  o.  Ini- 
ziale. In  au:  audùr  odore,  aunùr,  aufàjéa  offesa,  aufigi  salmodia 
*  officio  ',  auriva  oliva,  aurifta  orina,  aurék  (piem.  tdùk)  stolto, 
Kort.  9869,  aurija  orecchio,  auriéin  orecchini,  auriéél  (piem.  urisél) 
ala  sinistra  dell'aratro,  che,  visto  il  nome  di  uria  dato  nel  piem. 
all'ala  destra,  riterremo  rappresentare  un  *auricella,  aurijo 
(piem.  urjol  ;  KOrt.  1060),  auéél  uccello,  aurig  riccio  (cfr.  piem. 
Urig)  ^.  53.  Ma  normalmente  qualunque  o,  iniziale  od  intemo, 
è  ridotto  ad  w*:  wr^ufà'ii  ortolano,  ustarija  osteria,  kuràm  cuojo, 


'  Cfr.  "  in  Alione  sing.  qualch  quareh,  pi.  quaich  ,  so.  235.  Mo.:  iUj  tutti 
SL.  12  :  Fred.  50-1,  ajt  altri,  IX  196-7  n. 

'  Si  usano  pure  talvolta  ndsé  nostri  e  vSsé  vostri,  che  presentano  uniti  i 
fenomeni  dei  nn.  51c,  51  ò;  cfr.  ancora  Ma.:  fc,  n.  6n;  e  mat^é  ragazzi  (sing. 
matót)  a  Bene-Vagienna.  —  Il  fenomeno  della  metafonesi  si  nota  in  alcuni 
paesi  situati  ad  ovest  di  Alba;  cosi  a  Yerduno,  dove  si  ha  n^  nomi  (sing. 
ngm),  d^  (sing.  qq  osso),  tdk,  ecc. 

'  E  auèinélf  acino,  non  presupporrà  esso  un  *oS-? 

*  Notevoli  akUrsé  ali.  a  kdrt  (n.  23),  e  bUràu  (n,  4)  ali.  a  b6r  burro 
(n.  28  n).  —  Il  piem.  suol  ridurre  ad  iZ  un  o  protonico  se  la  vocale  accen- 
tata sia  un  i  :  Uliva,  Urtija  ortica,  fUrmija^  dUminika^  tUgi  tossire  {tug  tosse), 
rU^H  arrostire,  TUrin  Torino,  ecc.  Questo  fenomeno  è  pure  proprio  di  Ve. 
e  di  altri  comuni  delFAlbese  posti  verso  la  provincia  di  Torino.  —  Cfr. 
inoltre  ravfla  rotella,  sifUmél  stornello,  jE>ap^  poppare,  fUmflan.  41,  accanto 
a  fumfa  n.  10. 


> 


Il  dialetto  di  Castellinaldo  581 

putrat  mendico  '  poveretto  ',  tùrtura,  ecc.  ^.  —  Nell'iato,  quando 
preceda  consonante  labiale  o  gutturale,  in  w  :  bwfla  b  o  t  e  1 1  a 
(K5rt.  1521),  pwé  potare,  kwi  covare,  e  *cotariu  bossolo  della 
cote,  kicdtU  convento,  gwàm  governo,  ftod  affocato,  ecc.  54.  Ta- 
lora si  muta  in  ^  e  ne  segue  le  sorti:  ambufi  urobilico,  kmudé 
aggiustare,  cucinare  'comodare',  gmùi^e  (Vili  389,  XV  412) 
offiìre,  arbtisi  robusto,  ariose  orologio  pubblico,  skfrpjuf^  scor- 
pione, bffbuté  borbottare,  rjund  rotondo,  ecc.  :  pffr(^  (pinus  picea 
XV  50 4)  *  pecciola  ',  karkre  calcele,  sgkre  zoccole,  arbr<^  pioppo*. 
66.  Si  riduce  ad  U  per  effetto  di  attigua  cons.  palatale  in  kùM 
cognato  -a,  Itìbjd  cialda,  oblata,  ffilgé  (n.  25 n).  —  Di  nifOra 
nocciuola,  v.  Ili  24;  ro.  I  371.  66.    Finale.  Generalmente 

caduto  :  compare  in  ujru  otre,  Qstu  oste,  Qrlu  (n.  24)  orlo,  borfiu 
(Kdrt.  1490)  cieco '.  Si  ha  e  in  tenre  tenero,  sUkre  zucchero, 
l libre  (n.  20),  ma^istre  maestro,  Uidre^  sélere  sedano.  67.  u.  Di 
an-pók  un  poco,  an-pig  lungo  tempo  '  un  pezzo  ',  v.  1 48,  oe.  131. 
—  Fuor  di  questo  caso  si  ha  di  regola  ti  od  t  a  seconda  dei 
parlanti:  persone  del  popolo  pronunciano  con  la  medesima  si- 
curezza kufjui  e  kifjué  curioso,  muraja  e  miraja  muraglia,  stra- 
guvu  e  str<^^  sudore  *  stra-sudore  ',  kuHà  e  kifid  cognato,  fumala 
(n.  41)  e  fimfla,  TiiriA  e  Tirti^  Torino,  ecc.  *.  68.  L' au  di 

ragione  castellinaldese,  iniziale  od  intemo,  si  mantiene,  e  può 


^  Un  ati  da  0  interno  si  ha  in  §auSép  Giuseppe,  di  La-Morra  (Alba).  — 
Cito  por  qui  il  Odo.  àgauli^a  regolixia,  del  quale  non  so  che  dire,  e  il 
kwamajéc  corro,  di  Ca.  dove  vedremo  il  kwd^  con  cui  s*  imita  il  forac- 
chiar del  corvo. 

'  Manca  al  Gavazzi  skèfpf  *  scolpito  *  somigliantissimo.  —  Ma.  :  lambfi 
lombrico;  Mo.:  sire  sotterrare,  seppellire. 

*  È  dovuto  ad  influsso  letterario  T  tt  di  mofu  moro,  uMu  muru  muso 
(cfr.  per  altro  XV  413  n),  mfmf,  bravu  .bravo!  (ma  hfov  agg.),  muttfu  mostro, 
e  pochi  altri.  Notevole  inoltre  la  serie  seguente  :  If  a^ju  bersaglio,  aaralju 
serraglio  (ma  aardj  saracinesca),  ébtUju,  èpolju,  rivglju  revolver,  avQlju  avorio, 
drumedaiju,  ivalju  svario,  differenza,  rivUju  rinvio,  tampffju  *  intemperie*,  eco* 
Si  ha  4  in  ìewdndi  (cfr.  oi.  126  n>,  raro,  ali.  a  kwànt  (n.  105),  quando. 

*  Piem.  lifUf^a  uva  lugliatica  (cfr.  lUj  IM  luglio). 


532  Toppino, 

derivare  :  a)  da  *aiiZ  ^  al  delle  forinole  alt  ald  alk  alo  al-  : 
auleta  altezza,  kaudfr<^  caldaia,  §aunà*sk  gialliccio  (cfr.  n.  l'M. 
fau^ija  falce  fienaia  *falclcula  (K5rt.  3592),  $aurira  sal- 
siccia, ecc.  ^;  b)  da  -àvii-:  laure  e^r  Ave  'lavorare*,  sauri  saporito 
salato,  éaurlfi  che  ha  la  faccia  annerita,  come  ad  es.,  i  fabbri 
(cfr.  piem.  cavilrifi  chiavaiuolo),  rataurQJro  pipistrello  (piem.  m/'x- 
rulQJra)  *  ratta  volatoria',  Zst.  XVII  157,  Ro.  XXXI  28^.  ecc.. 
coi  quali  vadano  pure  kaugé  ali.  al  più  frequente  kat^  (piem 
(javfgé)  raccoglier  rami  disponendone  i  capi  da  una  parte  *  capt*z- 
zare  ',  kau^afla  testata  del  campo  '  capezzagna  ',  dauàin  pressi- 
'  da  vicino  '  ;  (*>  da  o,  e  v.  il  n.  52.  59.  ai  si  conserva  e  si 
può  ottenere:  a)  per  attrazione:  ajrd  (n.  6n)  '  areata ',  §ajri^a 
ni.  ^=OLAREA,  karnajro  carniere,  vajrQre  vajuolo,  ecc.*;  b)  da 
au:  ajié  usare  'a(d)usare'  (gè.  170),  éajné  *ja{j)unar€  dif^ìiuAre. 
e  forse  ajtori  nel  modo  :  brajé  a-  gridare  afta ,  vp.  530  n.  — 
V.  anche  ajèf'fbi   Eusebio.  69**".  uf:   kwajrà    (piem.    kujrtì) 

percossa,  picnjrbì  Poirino,  bwajniiì  (piem.  bujruiì)  imbratto  *  >h.- 
verone  ',  wajdé  (piem.  vujdé)  vuotare  *. 


Consonanti. 

60.  J  iniziale:  ed  già,  éu  giogo,  énnkuren,  99  n.,  àajnén.  r>l« 
Ma  yuvu  giovane,  ffobja,  Kurt.  5192,  gag  giaciglio,  ecc.  ig.  17^'». 
Interno  :  peé,  haèu  stanga  di  legno  per  portare  due  secchie  baji'i«> 
KOrt.  1164;  ma^  maggio.         61.  J  complicato,  lj:  aj  aglio,  wt*ij 
miglio,  duja  brocca,  ed  occhio  dell'  ascia,    della   zappa   dolr^h 


^  A  Sda.  si  ha  invece  m  :  fudd  grembiale  *  faldale  \  fuffia  (piem.  fau(fta 
*  fatoptt  i  \  putàc  ni.  (Cdo.:  pautà^);  cfr.  alb.  utih  (piem.  auUn)  vigna  *  aitino  . 

*  A  Verdnnoijwf^'  paiaolo,  afin'ró'r  acino  vaio  *  in-varietto  *,  Ì»rd«lr  (Cd^^ 
Kajfùth)  Cberacco,  ecc. 

'  E  quindi:  wàjd  (io)  vnoto,  tràjdu  vuotano,  eoe.  (ma  pdjd  n.  2d).  —  Ma. 
turajfé  =s  Cdo.:  tujfé  n.  24  n. 


II  dialetto  di  Castellinaldo  583 

(I  26  n.;  Kòrt.  3066),  fjo,  ecc.,  io.  258  ^  Di  op  olio,  Kr»  lilium. 
V.  I  359  n.,  509,  ro.  I  518.  -li  -lli:  koj  n.  32,  kavà'j  'ca- 
pelli', ecc.:  V.  IO.  260.  62.  sj:  faiS  fagiuolo,  éir^éa,  ecc.  — 
ssj:  ampsùf^  messione  (Eort.  6128)  spigolatura,  il  tempo  della 
mietitura.  63.  nj  :  béon  n.  27,  nu^fmr  Dio,  '  nostro  signore  *,  ecc. 
Per  NJ  second.:  sfurfié  uscir  dal  nido,  *  fuomidare  ',  e  màfn  n.  3*. 
KuAi,  cuneo,  è  voce  dotta  (cfr.  piem.  kiifi  e  v.  ro.  I  512).  — 
RI  :  V.  i  nn.  5,  23,  59.  64.  vj  ;  ^bja  n.  60,  gabja,  K5rt.  2040, 
II  121  «.  savja  salvia,  III  26.  66.  cj:  faf  laccio,  ^  qui,  II  333, 
làìtfa^  ecc.  ma  sfiiéa  fiducia  Edi*t.  3737.  66.  oj:  kartó  carreggiata, 
ang^ée^f  afiErettarsi  '  ingreggìarsi  '  (oe.  138,  164),  sunéa  sugna, 
kur^a  correggia.  Vili  326  *.  —  oi:  fune  fungo  'fungi',  spara  *  aspa- 
ragi'; V.  n.  100.  67.  tj:  raiùfi  ragione,  prfH  prezzo,  pardé 
palazzo,  bafMé  K5rt.  1229  ;  pja^a  piazza,  pug  pozzo,  lanso  lenzuolo, 
ecc.  —  STJ  secondario  o  in  voci  dotte:  b^séa  bestia,  kfscaiii  (n.  83) 
cristiano,  bascà'iii  Bastiano;  séajdl  in  avvenire  *sti'<ié-dt  (n.  100 n) 
*  sti-altri-di  '  *.  —  ri:  aé  tfté,  ecc.  n.  51  e,  dmné  davanti  (n.  3). 

68.  DJ:  étì  giù,  ma  ^urnd  giornata;  meé  mezzo,  kfàé  credo  q.  ' creg- 
gio**,  raé  raggio  ;  éffaj  raccapriccio  oladiu,  KOrt.  4253,  goj  oaudium 
(sL.  19),  ank6  oggi,   pò  (ni.  in  quel    di    Comegliano)  *  poggio  '. 

69.  L.  Interno  fra  vocali  si  riduce  a  r  (v.  Parodi,  qui  sopra  a 
p.  340)  :  tre  telaio,  kuriimb  colombo,  para  ^,  skdtura,  ecc.     70.  Al- 


*  Di  lUn  luglio.  V.  Merlo,  I  nomi  rom.  d.  mesi  ecc.,  142;  ^n  (Ma.:  ^J) 
oopracciglio,  si  risente,  com*è  risaputo,  di  *  cenno  *. 

*  FaHà'ii  fannullone,  dal  frane.  fainéanU 

'11  GaTQZzi  rìporiA  un  obja  obtiam  KOrt.  6646. 

*  Cdo.  ha  skuéUh  legaccio  di  cuoio  per  le  scarpe,  dove  ravviserei  uno 
*shuriUh  *  correggellino  \ 

^  Ancora  kustjuh  e  kuséjtih  questione,  e  talvolta  maséjé  masticare,  df- 
Hmanéjé  dimenticare,  ecc.,  accanto  ai  più  comuni  mastjé  dfèmantj^, 

*  A  Ma.,  anche  kaè  cado. 

^  In  parfta  (par-  a  Pri.)  paletta  del  fuoco,  vi  ha  1*  influsso  di  *  ferro  * 
(cfr.  fruj  n.  78 n).  Vurà'j  volere,  accanto  a  r^,  vófu  vogliono,  ecc.,  mi 
riesce  oscuro  :  k€Ué  ikofé  a  Pianfei)  calare,  è  attratto  da  '  calle  *,  conservato 
in  kald  spalata  'callata*;  ftuUà'fi  (n.  17j^)  è  isolato  in  mezzo  a  moravi  tna- 
ranvi  di  mala  voglia  (•inviti  KOrt.  5184),  maràn,  marisjOt  ecc. 


584  Toppino, 

l'uscita  suol  cadere:  sa  sale,  pa  palo,  atné  miele,  su  sole,  pur^i 
porcile,  kiì  culo,  ecc.  Resta,  ma  ridotto  prima  a  r«  in  iar  tale. 
kwar  quale,  mar  male,  milr  mulo,  /ff;  i^  gelo,  dar  lutto  '  duolo  '. 
ror  vuole  e  jo^  può;  v.  io.  277  ^  71.  -ll-  si  riduce  purea 
r  in  garifia  gallina,  spar»  pallido,  pori  pollice,  varà'j  vajxIculo  '. 
72.  Seguito  da  consonante  gutturale  o  labiale  si  muta  pure  in  r: 
orbi,  K5rt.  565,  korm,  sQrfu  n.  24,  skarvé  sfrondare,  sork  solco. 
Arar*^  calcare,  ecc.  '.  —  Davanti  a  sibilante  è  r  (v,  n.  7*^)  : 
arsija  n.  39,  piiré  pulce,  sari  salice,  fars  ali.  a  fàus,  dfshìn 
scalzo.  V.  il  n.  33^.  73.  Viene  a  tacere  nelle  formolo  ìli 
ÀLD  àln;  at  alto,  kad  caldo,  fada  falda,  grembo,  ^an  (pient 
^aun)  giallo,  ecc.  ^.  Di  alt  ald  aln  a  formola  atona,  v.  il  n.  5S. 
Tace  ancora  in  olt  old  olc  ols,  siavi  l'o  tonico  od  atono  :  mA 
mol(i)to  (cfr.  Vili  371)  macinato,  roto  volta,  «9d  soldo,  hUurf 
'coltura',  dug  dolce,  pugé  pulsare,  ecc.  74.  l  complicato. 
CL.  À  formola  iniziale  o  preceduto  da  cons.  in  i:  éar  chiave. 
ciiì  chino,  séQde,  Vili  396,  masé  maschio,  kwàréa  coperchio,  ecc.  : 
in  ^:  ^avél  clavellu  ,  Edrt.  2250;  ha.  86  n. ,  gfia  (n.  9). 
75.  Tra  vocali  occorre  normalmente  j:  avija  n.  13,  dàni  u/ 
dente  occhiale,  ecc.  *.  76.  ol:  §aga  ghiaccio,  gfr<^  n.  5,  unga 
unghia,  sanjùt  singhiozzo,  ecc.;  strija  stregghia,  KOrt.  9109. 
kwajà  latte  cagliato   e  spannato,  ecc.  77.  pl:  pjài%  piano. 

pjova,  ecc.  ;  Qpj  (piem.  Qpi  obi)  opulu,  sdmpi  scempio,  dubi  doppio. 


*  A  Mo.  :  sar  sale,  suf  sole. 

'  Di  favarQ8ke  fiocchetti  di  neve  le^eri  e  rari,  pula  del  grantarco,  ve4j 
II  342-3.  Varata  ni.  (Cdo.)  *  yallalta  \  Virata  ni.  (Mo.)  *  vìIlalU  *. 

'  Di  pu9r«  polvere,  e  tkuplàt  scalpello,  v.  il  n.  110.  Per  §avja  (piem.  sarrja 
li  122  n.)  salvia,  t.  IX  197  n. 

^  Piem.  sburs  bolso. 

'  Sàut  io  salto  (allato  a  scUr  salto),  skàuda  riscalda,  ecc.  prorengono  dall** 
forme  arizotoniche  (inf.  saut^,  skawlél  Malta  (piem.  moMla),  artór  altare, 
vpiem.  aM/<lr),  arianije  litanie  {=^*alt-),  surdà  soldato,  ofX;^  (n.  1 10) rìcolt«\ 
$purtUra  sepoltura,  son  voci  importate  o  dotte.  Di  bumba  a  (n.  109),  e  mimm 
milza,  V.  KJ.  126,  e  qui  sopra  a  p.  377. 

*  Di  maéa  macchia,  e  maja  maglia,  v.  II  123  n.  Sp^  specchio,  al  Flechu 
parve  esotico. 


Il  dialetto  di  Castel  linaldo  535 

stubja  stoppia,  ecc.  K  Di  pifi  (n.  lld:  so.  40 n),  pu  n.  31,  pirja 
n.  13,  V.  il  n.  120.  —  bl:  parbjà  (usato  solo  in  fefaparbjà 
mietere  il  grano  nella  pianura  padana  a  sud  di  Torino  riceven- 
done mercede  in  natura)  '  parte  di  biada  ',  iràbj  trIbulum,  Kort. 
9722,  habi  rospo,  II  34,  ecc.*.  —  fl:  fju  fiore,  skunfjé  gon- 
fiare, ecc.  '.  78.  R.  Interno  fra  vocali  suona  di  regola  r 
(vedi  n.  69):  ura  ora,  farina,  ecc.:  cosi  pure  se  sia  preceduto 
da  una  consonante  qualsiasi,  o  seguito  da  consonante  labiale  o 
gutturale:  tfav  trave,  brut  brutto,  krv^  croce,  lavr  labbro,  ska- 
labruii^  arma,  sàrp,  «frrdnto  serva,  bafka,  ecc.  *.  79.  Talora 
passa  in  li  laM  ragno  e  ragnatela,  q.  'ragnata'  (Kort.  793), 
tuga  (erba)  eruca,  l^ska  (piem.  arfska)  arista,  angalantt  garantire; 
ipalju  (cfr.  l'it.  sbaglio)  dififerenza,  svario,  malju  Mario  ^.  80.  Al- 
l'uscita per  Io  più  cade:  sarta  sartorem,  di  d-lavu  giorno  fe- 
riale, bU  BURE,  pjaH  (n.  10) ,  ràj  vero,  ecc.  *,  senza  dire  degli 
infiniti  (n.  1)  e  dei  sostantivi  in  -ario  (n.  5).  Rimane,  sotto 
forma  di  r,  in  mar  mare,  tnur  gelso,  lur  loro,  kar  cuore,  or  oro, 
tOr  toro,  dior  tesoro,  e  negli  aggettivi,  dove  il  r  finale  si  regge 
nel  maschile  grazie  al  r  intemo  dei  fem.;  éajr  mer  (n.  5), 
dur,  ecc.''.         81.  -^aro  .^ero  ^ere  riescono  a  e  in  ton€  Tanaro, 


'  In  séandàr  chiarore,  è  manifesta  Tazione  di  éajr  chiaro. 

*  BJUm,  rosume  di  fieno,  dal  tedesco  ìdume  fiore  (ma.  86). 
'  FrUc*  dissenteria  *  flusso  *,  e  voce  dotta. 

'  Fatto  iniziale  per  aferesi  è  sempre  r:  ramina  pignatta  di  rame  (cfr. 
aràm  n.  4h\  r(la  strìscia  di  fango  all'orlo  della  sottana  '  orella  \  K5rt.  6740, 
6741.  rumatik  'aromatico*,  II  361.  In  vtfTf^  vitraria  impannata,  t* è  forse 
dissimilazione  e  in  fruj  tsbuculum  catenaccio,  v*è  immissione  di  *  ferro'; 
prUCi  se  h  *  peruccio  \  III  22,  sarà  importato,  in  sostitazione  di  un  orìginarìo 
pàj  (n.  80  n).  Arpj^  erpicare  (cfr.  àfpi  erpice)  è  entrato  nella  serie  degli 
ar  da  bb-  (n.  39). 

*  MurtQlju  mortorio,  tnafffjlju  persona  senza  garbo  *  marforio  *,  dfumedalju 
possono  esser  degli  esempi  di  dissìniilaz.  (n.  110).  Per  ^Iqì  cerotto  (piem.  ftr^O, 
cfr.  mil.  tUa  cera. 

*  Piacerai  qui  ricordare  il  ni.  tara  di  pàj  in  cui  si  vuole  e  si  può  vedere 
an  'terra  dei  peri*;  cfr.  piem.  pfjr. 

■^  Vàj  vero,  serve  per  i  due  generi;  màjf  maturo  ;n.  7)  e  nàjr  nero, 
hanno  pure  allato  a  sé  màj  e  nàj  pei  quali  v«  kj.  122. 


536  Toppino, 

^ene  rene  (n.  17  d)  e  negli  infiniti  (n.  47).  82.  Scompare -r* 
in  fajnél  (piem.  farinél)  valente,  abile,  pàj'd'tni pàj-d'VÙj  ecc.  come 
me  come  voi  (ma,  fuor  di  questi  casi,  ^r4;\  n.  11),  saa^jro  ieri 
sera  *  sera  a  sera  '  (cfr.  Taless.  setra  la  seira,  Salvioni,  Il  Pianto 
delle  Marie  in  a.  volg.  march.,  gloss.  s.  *  sera  '),  e  potrebbe 
vedervisi  una  dissimilazione  ;  majstànt  a  stento,  appena  '  a  malo 
stento  '  (cfr.  a  mala  peìia),  e  forse  ne*  nnll.  Vajàfla  da  *tarii^la 
(cfr.  n.  71)  *vallicella\  Vàj-du-rQla  ni.  da  varà'j  (n.  71);  dai 
quali  esempi  tutti,  risulterebbe  che  la  sparizione  ha  luo^o  solo 
nella  protonia.  83.  Per  motivi  radiofonici  '  è  dileguato  in 

kesta  cresta ,  tfska  (piem.  treska)  aiuola  di  riso,  f^ska  fresca 
(ma  fràsk  fresco),  f^skura  umidità,  k^sòa'n  (n.  67),  sakfstija  sa- 
crestia, peste  prestare  ,  fuslé  (^  *fur8té  o  =  *fe8té?)  forestiero, 
travfsdi  (misura)  '  traverso-dito  *,  sfvjà'nt  messo  comunale  '  ser- 
viente',  serjfta  (piem.  Sfrvj§ta)  tovagliolo;  fuélifia  fujUiilUi  (cfr. 
n.  100 n.:  piem.  furcelifio)  forchetta;  asfio  (piem.  argifiSf)  ai^i• 
gnuolo  ^.  84.  V.  gumité  vomitare,  esempio  ben  diffuso  (I  516d.: 
IO.  166).  —  Interno,  primario  e  secondario,  si  dilegua  nella 
vicinanza  di  vocale  labiale  ^/m  (n.  21),  tu  (piem.  /ur),  KOrt.  9r>7u, 
éu  (Fri.  éuv)  giogo,  Q/ula  cipolla,  pwiju  n.  41,  traùnde  (piem. 
travunde)  inghiottire,  Vili  399,  bii  (n.  120)  por  *beu  bevut4\ 
8tqu  (piem.  sieru)  Stefano;  ru  rovere,  suró^  esostosi  *  soprosso  \ 
pjuéiììé  (piem.  pjuvèiné)  piovigginare  *.  Inoltre ,  v.  i  nn.  r>3. 
r).S6.  85.  w.  ìcùra  guerra,   tcàndr   guanti;   vindu  guindolo. 

rjàrm  Guglielmo,  tf^cufa  (Kurt.  9720)  sosta,  tarde*  custo- 
dire, vane  guadagnare,  vari  guarire,  race  stare  in  agguato, 
vari  (pieni,   vajre)  guari,   parecchi,  quanto?:   coi   quali  vadano 

*■  Per  gli  eéciupi  del  tipo  di  h'sta  (cfr.  hfKta  in  varietà  piemontesi)  meglio 
diremmo  ibr-^e  che  il  r  vocale  si  risolve  per  (♦. 

*  Cade  inoltre  in  per  seguito  da  *'  :  pf-ibalju  per  Bba^lio,  pf'$taèàjfa  p^r 
stasera,  ecc.  —  A  Mo.  :  fn^Ma  finestra,  mnfs/a;  musté  mostrare;  gampt 
sempre. 

*  N<jn  hcn  chiaro  mi  è  (itufa  n.  13.  —  Piem.  rjurn  vniosiiuii,  diura  *  «li 
sopra*,  1X252,  Pred.  64;  Mo. :  bufé  (pieni.  ÒMcrf)  abbeverare. 

'  Arda  (KJ.  127)  vedi;  cfr.  piem.  «M/f   ali.  a  rtmtf  bisognare. 


Il  dialetto  di  Castel linaldo  587 

casti  guastare,  e  an-tvd  a  livello  '  in  uguale  \  attivare  pareggiare. 
Di  tۈna  (n.  lld)  cfr.  rg.  I  416,  K5rt.  9963.  86.  s.  Prece- 
duto da  consonante  si  può  rinforzare  in  e:  ce  (piem.  pcf  e  tnf^é) 
nonno  (Spar.  16  n)  éerfja  *  messoria  ',  cadés  (piem.  atsadés)  fra 
breve  '  adesso-adesso  ',  téiìèa  allato  a  t^uéa  di  sopra  '  di  susa  * 
(cfr.  §ura  di  qualche  varietà  pedemontana,  ali.  a  déura,  IX  252), 
sci  questo  qui,  da  st-^  (cfr.  sti-^  questi  qui)  ^  87.  se.  rs  in 
s:  nage  nascere,  sa  sala  axalis,  ecc.  88.  h.  Notevole  kuiii 
come;  il  m  compare  solamente  in  kum^la  come  va?  89.  n.  Il 
/i  degli  esemplari  allegati  al  n.  Il  d  deriva  dalla  fusione  deln 
col  j  deirò;  (ài)  che  normalmente,  secondo  il  n.  8,  precedeva  al  n. 
Mi  conferma  in  questa  opinione  la  vicenda  di  iajné  (n.  59),  il 
qual  verbo,  nelle  forme  rizotoniche,  ofiEre  costantemente  fi  (iàh 
digiuno,  ecc.) ,  diversamente  da  quanto  avviene  a  Piverone 
(XIV  16),  dove  il  dittongo  e  costante.  Àncora  son  da  conside- 
rare Uanà  disinvolto  e  forte,  ^slajnà  *  slatinato  '  KOrt.  5460  e 
mùni  *  (nn.  3,  63)  da  *majnjo  *nianjo  *.  —  In  parole  piane  *,  tra 
vocali  di  cui  la  prima  sia  tonica,  si  volge  a  fi  cioè  alla  faucale: 
tóHa,  farifia,  kurufia,lufU^, ecc.  II 127,  III37,X1V  118;  io.  216  K  — 
MK  in  fi:  skafi  scamnum,  dafié  trasudare  '  far  danno  ',  kurufiat  mu- 
ricciuolo  della  stalla  posto  fra  la  corsia  e  il  letto  degli  animali 
'  colonnette  '.     90.  All'uscita  romanza,  preceduto  da  vocale  to- 


'  In  varietà  piemontesi  si  ha  hus-éi  per  il  comune  Ìcu9t^.  Siano  ancor 
qui  ricordati  mare  da  *f/kir^r)«  martedì,  e  lUné  lunedi  da  lAndes  (n.  49  n.) 
UQnds,  *mnt8y  esemplari  di  Ma. 

'  Il  passaggio  di  M  in  A  è  qui  posteriore  a  quello  di  a  in  à,  perchè  fi 
lancia  intatto  un  a  precedente. 

'  Cfr.  Mo.  dvaH  davanti,  contrapposto  a  devaynt  Fred.  62.  —  Il  Odo. 
pihufa  (piem.  pinula  n.  llOn)  pillola,  si  risente  forse  del  piem.  pifiat  che 
per  altro  è  ignoto  ora  al  nostro  dialetto  ;  solo  Ma.  conserva  un  piA^  specie 
di  uva  con  grossi  acini  e  grappolo  compatto. 

^  Fanno  eccezione  gmune  (n.  54),  kuni  (n.  63),  satUantuhi  ni.  ali.  a  ian* 
tantQni  S.  Antonio;  cfr.  il  piem.  mani  manico. 

'  Ma  rffii  vieni  ùndic),  vfna  ven^a.  rftiM  vengono,  ecc.  :  tfmi  tieni,  tffia,  ecc. 
(piem.  r#Mi,  p^^ki,  /é^Ma,  ecc.):  cfr.  u.  17(/.  —  A  Ma.  lana,  ffna,  cena,  ò^fia,  ecc. 


538  Toppino, 

nica,  diventa  iì  :  pàiì,  vìa,  ecc.  io.  275  ^.  91.  e.  Iniziale,  si  fa  so- 
noro in  gavé  *  cavare  ',  gav  sterro  *,  92.  Interno  fra  vocali 
passa  in  g  ',  per  le  cui  vicende  v.  il  n.  98.  93.  ce  ci.  Iniziale 
ed  intemo  dopo  cons.,  in  g  (cfr.  n.  110)^:  gàtU  cento,  fMtóriM. 
dug  n.  73,  purgél  sciatto  *  porcello  ',  ecc.  io.  175.  Di  sarU  ricu- 
cire SARciBE  K5rt.  8358,  v.  il  n.  105  n.  94.  Fra  vocali  8i 
hai:/u  ravàé  'rapace'  K5rt.  7760,  amii  amico  *  amici',  Ko. 
XXIX  546  sgg.,  tnaiél  macello,  ecc.  ^.  95.  cr.  laé  latte  *.  ta- 
éuva  lattuga  ^,  leó  ìetto^peé  mamme  delle  bestie,  sciocco,  pectus. 
pfòu  pettine,  póiné  pettinare,  Ive-u  dfspéé  '  levare  il  dispetto  ' 
(si  dice  degli  uccelli  che  abbandonano  il  nido  perchè  scoperti  e 
disturbati),  speiùi  suscettibile  *  dispettoso  ',  stfàò  stretto,  die 
detto,  drié  dritto,  fié  affitto,  pigione  ^  strafUa  '  trafitta  '  chiavetta, 
pinolo  di  ferro  che  nel  carro  tiene  unito  il  timoncino  del  treno 


^  Ancor  qui  ven  vengo,  viene,  e  vieni  (imperai.),  e  ten  (piem.  trn  i*  n . 

'  Si  ha  <^  da  <;  iniziale  in  iàuaa  (ali.  a  kàusa)  'calza*  (fettuccia  che  «i 
mette  ad  una  zampa  dei  polli  per  riconoscerli),  che  sarà  un  antico  in&lli 
cismo  (ehausse).  Esemplari  di  ^  da  ^  sono  i  piem.  Pifrba  cosbis,  patf^f  n.^-. 
gamfl  cammello,  jUrf  IH  185  n.,  188.  Ali.  a  ^Hr^*  il  piem.  ha  pure  i^f 
(Kort.  3382;  cfr.  Xll  431)  =  Cdo.  skUré  (cfr.  ».  125),  al  qnale  si  posson** 
aggiungere  i  piem.  S^unfjf  (Odo.  akunfjé)  gonfiare,  importunare,  fkijf*  f 
mff  scivolare,  shcarf  e  èj/warf*  scivolare. 

'  Tuttavia:  pQk^  oka, 

*  Resta  il  è  nei  riflessi  di  'forcellina*   (n.  88);   forse  d'orìgine  dotUL 

*  Nu^'nt,  innocente  e  Innocenzo,  h  dotto   (cfr.  fiN^B^piem.  n^Mt  aff:>T 
turare  'nuocere*).  Il  piem.  ha  f  da  un  /  riuscito  finale  (un.  188);  sd/^f  «.> 
lice,  fr'jlfc  felce,  ecc.;  il  Cdo.  ha  solo  ffiWf  (Ma.  óimi^  cimice;  kàmif^  cmmivv. 
non  sembra  popolare,  e  non  lo  è  certo  gif  die  f  giudice. 

'  Piem.  laéinada  intonacatura,  lac^  animella  'lattetto*,  hfrìaèa  ali.  s 
hfrlajta  (so.  219)  giuncata. 

Ma  faj,  fatto,  che  ha  promosso  daj  e  staj  (cfr.  i  piem.  dajit  tiajt,  amééì/i 
Fred.  87);  kj.  125-6.  Faé  dai  e  tiaé  son  rari.  com*è  rarissimo  pjaé  pel  pi- 
comune  pjà  pigliato;  ma  nel  femm.  si  ha  sempre  fala  daéastaéa,  Snonan'' 
fa  sta  da  se  legati  a  pronome  proclitico  (kj.  130-31),  come  die  suona  di. 

*  Fié  è  pure  avverbio,  usato  coi  verbi  di  moto  per  dire  'rapidamente 
velocemente'  (Vili  353);  da  esso  deriva  il  sost.  fica  corsa  rapidissima:  v  ! 
74  n.,  »7. 


Il  dialetto  di  Caatellinaldo  589 

posteriore  con  l'asse  delle  ruote  anteriori,  ffic  fritto,  sttafriè  sof- 
fritto, ffièS  frittella,  vièUfa  carreggio  '  vettura  ',  fruii  '^frTctare 
(Kdrt.  3982;  v.  n.  4 In.),  kdè  cotto,  noè  notte,  sUé  asciutto, 
sudila  siccità,  kundUò  fogna  '  condotto  '  ;  fjani  pianto  partic, 
sifàni  stretto  partic,  iànò  tinto,  stane  soffocato  *  estinto  '  stanéùm 
aria  crassa  e  soffocante,  ^nia  cintura,  a  pe  ^né  a  pie  giunti, 
dfà§unia  il  tempo  che  i  bovini  rimangono  aggiogati  per  arare 
(cfr.  dfé^née  levare  il  giogo),  puné  punto,  punéa  punta,  punUii 
vetta  di  un  albero,  vuné  unto.  Cfr.  io.  221,  261;  bo.  I  462; 
OE.  137;  ecc.  ^  ;  96.  Qv.   Tace   l'elemento  labiale  '  in  kàjk 

(nn.  7,  5 la),  ki,  ké^,  kjet  quieto,  rekjé  aver  requie,  arlikja  re- 
liquia, àkUa  aquila.  Ancora  ktU  quello,  kustjuii  questione,  kuHù 
(e  kwartù)  copertoio  ^.  —  Interno ,  attraverso  -^-  ^,  in  tr  o  9  : 
fra  ^wa  n.  6,  àlàjvu  strutto  LlquiDU  Kòrt.  5636,  Uuvé  n.  41, 
an-wd  n.  85.  97.  o.  Primario  o  secondario  (n.  92),  si  con- 
serva in  page  pagare,  ka§é^,  negé^  aréi§é  risicare,  lii§a  (n.  79), 
igiir  sicuro,  ^ugé  §6g   (n.  25  n.)  ^.  98.   Ma  solitamente  si 

risolve  alla  pedemontana  per  j  *  :   laj  lago,   bfuje  brache,   anifi 


*  r^i  (n.  23;  v.  K6rt.  8183)  è  tirato  su  6re^^»  rutto  e  ruggito  (bruti 
ruggire,  II  382).  Dòjt  garbo  dùctus  (il  Nigra  pensa  a  dóctna;  XIV  364), 
d^idifjt  saranno  importati;  di  si  uniforma  a  aet^  Ro.  XXVIII  111;  v.  tut- 
tavia 80.  51.  —  Del  piem.  ujt,  v.  I  264  n.  ;  K5rt.  9896. 

*  Piem.  paàk  pascuum,  ^nk  cinque  (Odo.  paskw,  (inkw), 

'  Ice  congiuniione  e  pronome  relati to;  ma  kwe  pron.  interrogativo  (▼.  XIV 
252-3,  e  Fred.  56). 

*  Sian  pur  qui  citati  aanguné  sanguinare,  e  an^umàja  inguine. 

*  Cfr.  piem.  éUngtcf  n.  114n. 

*  Cfr.  ÌBu^jM  ni.  (Ma.  e  Mo.)  *  cacalupo  *. 

'^  Mo.  iUvé  e  ffd,  —  Del  Odo.  ognsi  (piem.  ai2si),  ▼.  Merlo,  o.  e,  147  n. 

*  Pei  riflessi  di  opaco  v.  il  n.  83  n.  Neiromitonimia  di  Pri.  e*è  kuva 
d'ajofa  (II  897)  *coda  di  gazxa*,  ed  é  comune  a  tutto  il  Piemonte  ajofik 
(K5rt  861)  callo  ai  piedi.  Kasiij  (invece  di  -i)  castigo,  lo  credo  attratto 
dalle  forme  rizotoniche  del  verbo  kaatjé  castigare  {Jeattij  io  castigo,  ecc.), 
il  quale  a  sua  volta  ha  subito  T  influsso  analogico  dei  verbi  in  v/=*jare 
(PV  piglio»  inf.  pjé,  vij  veglio,  inf.  pjé^  ecc.)  :  cfr.  ìefij  grido  sost.  e  io  grido, 
ali.  a  ««nido. 

Arehivio  glottoL  itoL,  XVI.  K 


540  ToppÌBo, 

nn.  15,  121,  karya  kafija  nn.  15,  104,  fi  *fij  fico,  fufnUja  for- 
mica, fd  fuoco,  samM  samboco,  riiva  da  ^rUja  *riia  braco  £b8ca, 
spUra  scintilla  KOrt.  1418;  II  342  n.:  lajS  (cfr.  gen.  lago,  e  r. 
KJ.  138)  ramarro,  g^a  cicala,  pfQji  *  pizzicare  ',  rfèi  gaaime 
^  r0«eco  '  (Ro.  92)  S  Mfvàj  selvatico,  pàHja  pertica,  Mvé  aada- 
gare,  *8i0é,  ecc.:  ig.  201.  99.  Dilegua  in   su9d$tr  canapo 

'sogastro'  I  146;  K5rt.  8832,  àuvé  aggiogare,  iu  (n.  84),  ima 
doga  ;  sanijùnd  ni.  S.  Secondo,  aród  ricordo  n.  120,  làu$ta  n.  4, 
vuja  ago,  frQla  n.  32,  jprM^  peri  cui  nm  KDrt.  7056,  ^ImiJa  (n.  9), 
ji/iira  (n.  108)  resina  pTcula.  la.  207 :  so.  I  438  ^  lOO.ai 
01.  A  formola  iniziale  si  oscilla  fra  ^  e  é:  ^'ant  gente,  ^eii€  ge- 
nero*, ^fma  gemma,  ecc.;  ma  hMj  ginocchio^  ^  gdo,  idfi 
(piem.  ^erò)  sodaglia,  ianMva  gengiva.  —  Costante  il  4  a  for- 
mola intema  ^  ;  8uréie  sorreggere;  pjtiMiéiu  piantaggine,  atfrànée 
arare  o  zappare  per  la  seconda  volta  'rifrangere',  iveréHa 
KOrt.  10208,  da  hmé  (n.  29),  ecc.;  v.  II  129:  io.  176,  204 «. 
101.  •<»-:  ajr  Agro,  mq/r  magro,  tófiwa  n.  7,  no;,  n.  80  n., 
nero,  sajràf  ^sègraéso  (oe.  177)  •.  102.  t.  Tra  vocali  si  di- 
grada in  (2  e  ne  segue  le  sorti.  103.  d.  Primario  o  secon- 
dario, di  regola  si  dilegua  (cfr.  per  altro  no.  I  346:  io.  200): 
la  lato  della  stadera,  spa  spada,  spàufa  n.  4,  sàj  sete,  pe  piede, 


*  Cosi  òfpt  erpioe,  e  pofi  (n.  7i)  pollice,  da  *bbpxcu  ^mllicv;  II  9n. 

'  Un  A;  da  ^  riuscito  finale  s*  ha  in  dhunk  snHio  (v.  I  209 n)  'di  lango\ 
—  ^Ankufe  n.  60,  lacci  onde  i  bovini  aggiogati  sono  lefiftti  per  le  coma 
alla  punta  del  timone,  e  éUtnkfta  (Fri.)  <»  Odo.  Hanffta  pecchie  '  siaingketta', 
mi  riescono  inesplicabili.  —  Per  oou^,  notevoli  i  piem.  wn^  saague,  Unja 
lingua ,  laH§i  agognare  *  languire  *  (Odo.  «àn^,  Van^wa^  e  Mangwt  lan- 
guido; cfr.  n.  96  n).  —  Stànie  exstinguere  Kdrt.  S489. 

'  A  Ma.,  Sda.:  Sène. 

*  nrgàH$  argento,  sarà  dotto. 

^  Sia  qui  ricordato  il  flàtto  di  j  da  ^  e  ^  Tenuti  a  contatto  con  t:  htjte 
da  kui*t$  coricati  {kn^ecé  coricarsi) ,  dfS§^fi€  sbrigati  {dfigafiSee) ,  girof^ 
(«ffN^/  pulire),  ^mkf^fié  (piem.  kru^fU)  *  inorocettare  *,  ecc. 

*  Pri.  ha  Medilo  (var.  pcdem.  M>^)  segala,  cbe  sarà  da  un  *8ejr  ssgaie 
(cfr.  piem.  sfjl  0  V.  IX  221  n;  K($ri  8550). 


n  dialetto  di  CastelUnaldo  541 

ni  nido,  rije  rìdere,  kmv  cote,  pru  KOrt.  7451,  kuru  coda,  afje^ 
affidarsi,  mjtÈla  midolla,  sifa^uvu  sudore;  rànsi  rancido,  sya  se- 
tola, meje  n.  14  S  sipura  n.  9,  ri  vite,  krija  bando  *  grida  \  sku 
scodo,  puniuva  pustola  q.  *  pungiuta  ',  rubatuva  erba  ammucchiata 
dalla  faloe;  kàfki  nn.  17il,  89  catena,  pajfla  padella  >,  HaHé  u.  89, 
bjarava  H  49  n.,  yà  assetato,  marjà  '  maritato  ',  pwàj  potere, 
kruti  crodare,  ruicà'i  mota  '  rotetto  ',  mutande  mutande,  arf^U 
rifiutare,  soia  sabato,   ànjd   n.   3,   ecc.   II  130-31:   oe.  138  ^ 

104.  TB  db:  fate  padre,  maft^  kwara  spigolo  'quadra',  lare 
ciancia  rumorosa  '  latrata  ' ,  kaniarli  strillosso  ^  cantatrìce  ', 
-ajre  n.  49 ,  «^  n.  9,  pre  n.  39,  prfra  n.  78n.,  pif^s  n.  13  e 
Kort.  7252,  karfja  karija  nn.  15,  98,  mmpi  S.  Pietro,  omfr/ 
indietro;    ujru   otre  Edrt.    9936.   Ili  135 n.  ;  ob.  139,  so.  56  ^ 

105.  LT  BT  NT.  n  ^  di  queste  formole,  che  è  generalmente  con- 
servato, si  è  fatto  sonoro  in  kudr  coltro,  laààrda  lucertola, 
frund  fronte,  pemùnd  Piemonte,  tarà'nduia  tarantola  K  Per  contro 


'  Piem.  pjn^  platano,  maja  natica;  Coriemilia:  kmmfja  eomata. 

*  Ffmdél  (piem.  /ìrfO  non  è  popolare  (spab.  14). 

'  Dì  -ATA  T.  il  n.  120.  Forme  quali  iamado  serenata,  nada  annata,  Iwin- 
rada  compagno  'camerata*,  e  qualche  altra,  saran  doTute  ad  influenza 
lombarda.  KfH  <n.  98  n.)  si  appoggia  su  hfijé  gridare,  come  jpSr  ipnto 
soat  (alL  a  tUt  Telluto,  dcA,  ecc.)  ra  <pSW.  Dappertutto,  inorebè  nei  ancci' 
Uti  pumiUva  e  fHbatUva,  -uta  {-méa)  è  cadoto  neU'analogia  di  -cta  (so.  43): 
baiaja  (piem.  èoMM),  fumdi^  kf^f^  fiemm.  di  ìcr^  cmdo,  ecc.:  cfr.  monf. 
a/a=s  ATA  (sj.  125).  Ha  cfr.  r^fm  mota.  In  ^^  godere,  ^€(all.  a  émvkmda 
siepe  *  cèùndenda  *)  chiudere,  lódufa  (n.  32),  il  d  può  essere  stato  dileso  dal 
dittongo  (cfr.  n.  92  n.);  pidu  vedovo,  utun  autunno,  sono  dotti,  ma  riesce 
singolare  Mmfa  vilnechio,  forse  vitula.  —  Un  I  da  i{  rìveoito  finale  si  ha 
in  9akii  fone,  probabilmente.  *  se  accade  *. 

'  Piem.  mim  vaBAtmuM,  sirà  *  assiderato*  (cfr.  1  98),  pfra  pietra.  — 
Imdft  e  Midr  KOrt.  S142  modello,  aaran  dne  lombardismi:  di  Uèdffja (n.  22 n.) 
cfr.  1  588:  Ba.ll47. 

'  Aneora  ifiàndr  guanti  n.  85.  Di  wmmtéd  ni.  '  Moatalto  *.  v.  U  819  e  il 
n.  llOn.  Cfr.  inoltre  torée  torcere,  forma  analogica»  e  ébtSì,  pui  polso, 
dàfbi  n.  18,  buffa  n.  24,  pari  P^^o;  piem.  SQrf  solco,  0m§  cinque,  $embi 
ali.  a  jpaptsCdo.  sàflnpé  (n.  77)  rifatto  certo  su  <2mM  doppio.  —  Riweito 


542  Toppinoi 

si  ha  ^  da  un  d  finale  in  ktoànt  allato  a  kwàndi  quando,  andé 
òamà'nt  mendicare  ^  andar  chiamando  ',  trema' nJt  uomo  forte  e 
coraggioso  '  tremendo  ',  ed  in  genere  nei  gerundi  (v.  XV  442  ; 
SL.  14).  106.  p  B.  Fra  vocali  passano  entrambi  in  vi  avà^j 
avere,  fava,  kà'nvra  (nn.  35,  114)  canapa,  savùfi  sapone,  skuva 
scopa,  ecc.  Ifbu,  n.  14,  è  lébi  =  '  ebbio  '  che  forse  ha  assunto  la 
desinenza  di  un  collaterale  *lévu.  Di  kabana  (EOrt.  1683),  v.  gè. 
139  n.  ^  107.  PB  bb:  avft  aprile,  lavr  labbro,  ecc.  In  durbi 
deoperire,  kurbi  cooperire  (II  131,  397)  credo  si  tratti  di 
una  sosta  avvenuta  nel  digradamento  verso  v,  quando,  per  la 
metatesi  del  r,  il  b  venne  a  esser  preceduto  da  consonante^. 
Cfr.  il  n.  84,  e  v.  U  131  :  gb.  139-40. 


ACCIDENTI   GENEBALI. 


108.  Accento.  —  au  diventa  àu  ',  aà  aé  ai  si  mutano  in 
àj:  V.  nn.  4,  7  e  vp.  passim.  AH' incontrario:  g/iifa  n.  99, 
bjura  donnola  ^bellula  (n.  110:  ig.  285).  Inoltre  :  n^p/2a  risi- 
pola,  ber^ida  Brigida;  cfr.  io.  154:  oe.  140,  ecc.  ^.         109.  As- 


finale,  il  t  h  caduto  in  tàn  tanto,  e  nàti  n.  ìld,  che  sono  spesso  in  procliei. 
Fri.  ci  dà  aurtimàn  n.  17^n.;  Mo.  dvafi  n.  89  n.,  e  andfi  K6rt.  4810.  Qui 
ancora  faj  n.  95  n.,  Mo.  tUj  n.  51  a  n  =  piem.  Wjt. 

^  Faràbtda  storiella,  è  il  dotto  '  paràbola  '  con  immissione  di  *  favola  \  ed 
è  del  resto  anche  toscano  (▼.  il  Voc,  e  cfr.  montai,  faràbola  fandonia).  Di 
hajké  (n.  7)  esiste  un  imperativo  àjka  (kj.  127) ,  dove  b  scomparso  il  h 
iniziale. 

'  Potrebbe  anch'essere  che  abbia  avuto  luogo  T  indurimento  di  9  in  6 
dietro  a  liquide  (piem.  dUrvi  kUrvi);  cfìr.  piem.  vQrha  allato  avermi  voi  va 
Kfirt.  10298. 

'  n  ni.  KavaUrmdur  (IX  250  n.)  Cavallermaggiore,  suona  in  Odo.  Kam- 
limùr;  forse  è  importato  dall'alta  valle  del  Po  dove  non  ò  infrequente 
l'udire  ur  per  dur  ora,  adesso,  pur  per  paur  paura.  Difatti  si  ha  poi  rego- 
larmente vaftnà'u  Valmaggiore  (Ve.)  e  rimà*u  riomaggiore  (Sda.). 

^  Noto  inoltre  pel  Odo.  :  ójde  ah  !  '  o  dio  ',  ómmi  oimé.  Ma.  :  ir^a 
ragade  n.  9,  puja  pipita  n.  41,  e  vp.  584;  Fri.:  n^e  (=Gdo.  ruvàj,  n.8) 


n  dialetto  di  Castelliniado  548 

siMiLAZioNB.  —  Tra  cons.  attigue  :  pkuiì  boccone,  pka  imbeccata, 
p^ja  vescica,  pfupa  ni.  Piobesi,  Bautsé  ni.  Bàldissero,  kamgfiùha 
forma  dispregiativa  di  kamfifta  giubba  '  camicetta  '  S  §il(plii 
Giuseppino  (ma  §iMp  Giuseppe)  ;  bie  pesare,  dior  tesoro,  di^e 
(piem.  teàQjre)  Kòrt.  9591,  déOri  (piem.  teiùrf  tendere,  esser  teso), 
badie  battezzare  \  igUr  sicuro,  igund  Secondo,  amni  (IX  252) 
venire.  Murabjui  ni.  *  mon(te)  rabbioso';  timu^fla  ^timoncella' 
n.  4,  tnoQuni  menzionare,  vi^à'it^  Vincenzo  *  vincente',  dove  po- 
trebbe pur  trattarsi  della  dissimilazione  di  m-n  n-n  ',  pàfi  pesco 
'  persico  '  *. 

Assimilazione  traksultobia:  kukura  cupola,  pum  pudifi  (piem. 
pum  kudófi)  melo  cotogno  ^  ;  bumba' fi  da  ^mumbà'fi  assai  '  molto 
bene  '  (v.  II  340,  oe.  140  n),  bambliii  ali.  a  matMià  mignolo  '  mi- 
nimellino'  U  366-7  n.,  éàré  (piem.  (ere)  cerchio,  òìièi  succhiare, 
seunéuné  (piem.  spunéuné)  sfrugonare,  minaa  milza;,  v.  io.  281  ^. 
HO.  Dissimilazione.  —  Tra  cons.  attigue:  ambra  da  *amfM 
*amra  (v.  anche  Sai  vieni ,  in  Mise.  nuz.  Rossi-Teiss  411  n), 
fumra  (n.  10;  e  IX  259)  =  piem. /timna^  darma^e  damnaticum 
(oE.  169).  —  Dissimilazione  transultoria  :  kìdumija  economia, 
lutumija  autopsia  *  anatomia  ',  filuimija  ^fisoUmia  (n.  121  :  I  65, 
16.  295)  fisionomia,  landra  (piem.  lendna)  lendine,  nurànta  da 
Honanta,  VHI  374  :  XI  300,  449,  baravantà'A,  XIV  486  ;  bur- 
ba'n  ali.  a  bumba' n   (n.  109);  fidij  vermicelli  'filelli',   II  345, 


rovi.  8.  Vittoria  d* Alba  ci  dà  faiùrU  ^  Odo.  faàuffU  varietà  di  fagiuoU  *  fa- 
giolette  *,  e  qaalohe  varietà  pedemontana  kamitia  ^  Odo.  kantfJifta  n.  109.  AI 
piemontese  sf'nfvra  senape,  Cuneo  risponde  con  senfftra, 
^  Kamista  n.  108n. 

*  Pri.  muHdiofj  ni.  '  monticelli  *. 

'  MuHl'  (piem.  munsU)  sarà  nna  riduùone  sintattica. 

*  Piem.  ambuff'  ribaltare  *invorsare  XVI  147. 

*  Una  assimilazione  ispirata  dalla  tendenza  allitterativa  sarebbe,  secondo 
il  SaWioni  (Giom.  St  d.  lett.  it.  XXXIX  379  n.),  quella  di  ònofe  (»  miki^ 
minaccie)  nella  formola  of  bahe  o  af  bna^e  per  amore  o  per  forsa. 

*  Piem.  Hitulfl  ali.  a  ìins^l  lenzuolo.  —  Pri.:  éijàfka  (Cdo.  éiSàfka)  ci- 
cerchia. 


544  Toppinoy 

nivM  livello,  bfùra  n.  108,  lin§4r^  ringhiera,  siHn§frja  lilla 
(syringa  vnlgarìs),  spalavré  spanrìero  n.  114,  pater  parere, 
ooneiglio ,  ungwàtU-f risela' ni  '  refrigerante  '  :  vrfro  n.  78  o, 
arkórd  ricordo,  per  arkórd,  cfr.  nn.  89,  78  n.,  arkóri  rìoolto': 
Héàrka  per  éiààréa  cicerchia,  dove  inoltre  la  spinta  diesimi' 
lativa  ^5  aver  contribuito  a  conservare  o  reetanrare  il  i 
(v.  n.  98),  come  in  éiéi  (n.  47  n.)  e  éiffia  (n.  42);  bfrpnUfk 
cacio  di  Gorgonzola,  ba^-flfba  popolino  *  plebe  '  '.  —  Caduto  per 
dissim.  an  r  in  arsuga  (piem.  arntrsa)  risorsa,  aród  per  *anW 
ricordo  (XV  428),  a^prete  arciprete  :  puvr^  ;unl  in  skuplài  dove 
il  Sai  vieni  (Boll.  st.  d.  Svizz.  it.  XIX  152)  ravvisa  uno  ^snti- 
petto  (=  scalpello  +  scolpire)  dissimilato  come  eiM  coltello  (al- 
trimenti il  Parodi,  qui  sopra  a  p.  147).  111.  Pbostbsi  di 
VOCALI.  —  anafti  narici,  amé  miele,  dove  Va  proverrà  dall'ari 
n.  1 1 6  ;  apàjr  agio,  tempo  (piem.  pajré  aver  agio),  anji  guardaaidie 
(cfr.  XV  291)  q.  'nidajo  '  ^  a^Hrati  giurati  ^  V.  in<ritie  il  n.  39. 
112.  Pbostbsi  di  coitsokantb.  —  vuiì  uno,  vuni$  ungere,  rmrdi 
ordire,  vurdjA  orditoio,  vurli  orlare,  turiija  ortica  ;  re^  esosre  : 
—  dàrbi  (n.  18);  V.  io.  302  ^.  —  Frequentissima  la  prostesi  di  j- 
intensivo  o  peggiorativo  :  «pdf  puro,  spari  n.  71,  spfrvà'n  per* 
verso,  séadés  ali.  a  éeuiés  n.  86,   i^aj  n.  68,   skfrsAi^  crescione. 


*  Prì.  aunii<pi  (Cdo.  aufUél  n.  52).  Piem.  maramàii  ali.  a 
Un»ola,  II  357,  ali.  a  ninàola  n.  IMn.,  lodttn  ali.  a  ìódula  allodola,  pimmU 
pillola:  di  §6j  lolium  t  iUi  lilium  cfr.  io.  167;  ruL  *rurui  rovere,  cfr 
IX  228. 

'  Di  muntéd  v.  n.  105  d.:  piem.  Mitica  mUiiceta,  kj.  196. 
'  È  pur  lecito  pensare  al  confluire  di  *  nido  *  con  quella  base  ivdic-  eW 
si  ve<le  nel  sinonimo  mil.  andeghée. 

*  Piem.   oM'  bure,   af^'l   fiele ,   aik^   nif^lla,  «f  /  m^i  giuro,  4^n9*  pei>> 
arUm€8  romice,  ecc.  Il  Cdo.  ampà'ji  pece,  poggia  su  *  impeciare  *  (piem.  mm- 
PV^f\  come  anfòdfa  (piem.  fMra)  fodera,   so  €mfu^é,  amr9jm  (piem.  r$>n' 
di  Can..  su  *  invogliare  \  e  forse  anche  su  anpija  invidia.  FI  piem.  ka  par^ 
antfcna  ali.  a  tfcna  tessera.  II  Cdo.  arfffa  (piem.  »ferm)  Isneia  delTorologio 
quadrante,  non  mi  è  chiaro. 

*  Dìahef/  liberare,  e  drumpe  interrompere,   disunire,  dirooare  {th.  érmt 
a*9<<uefatto)  sono  rispettivamente  '  delilienire  '  e  *  dirompere  \ 


Il  dialetto  di  CfMtellinaldo  545 

i§frlànda  n.  50 n,,  sfur§u  bufera  'folgore',  émoróa  morchia, 
V.  Kdrt.  618,èUifPun.  96,  tvfri^la  {n.  100),  ecc.  K  113.  Ì^bn- 
TESI  DI  YoeÀSM,  —  GoBtaate  rinserzìone  di  f  innanzi  ad  r  nella 
formola  'itr  -j-  voo.,  se  Vi  sia  atono  :  tfrjànf  trionfo,  pffji  priore, 
mutffj^  matria,  lUdfrja  (piem.  UUlria)  lontra,  k<Mlifr}^  n.  2p,  ecc.  : 
cfr.  IO.  146:  es.  129^.  114.   Epbktjssi  di  cowsonantb.  — 

Di  ji  nijja  ruota  (n.  26),  faja  £ata  (K5Tt.  3655),  j^tye  castagne 
eotte  senza  buccia  '  pelate  ',  paj^la  n.  108,  kr&a  creta,  mefe 
n.  14,  id^  idea,  andr^  Andrea,  lugija  Lucia,  ptvija  n.  41, 
dijapu  diavolo,  ecc.  Di  i^:  vug  (piem.  avùe)  agazzo,  8av(j  (piem. 
sapùj;  di  cui  y.  Ascoli  XIY  344),  sivura  (n.  9),  sutdrir  (n.  99),  kuv 
cote  (Q  152),  mnMà  esile  '  minutino  ',  stragiivé  sudare,  rUw 
n.  98,  ecc.  ^  Di  r:  kànvr»  (n.  106),  sén^a  senapa,  igàndra 
azìeBda,  filandre  filaccica  '  filande  ',  landra  querimonia  Edrt. 
5510,  so.  231,  andruné  n.  50,  coi  quali,  benché  si  tratti  di  un  r 
riuscito  finale,  sono  da  unirsi  a^r  Asti,  ^eatr  gesto,  muatr  mosto, 
wàndr  n.  85,  ^ndr  ghianda;  anrlufa  accanto  ad  anZiifa  allora, 
anrld  acc.  ad  anl4  in  là;  a^fr^narifa  avemaria,  armar afia  nA7  d, 
darmasifi  damaselnus  (IV  387:  io.  153),  0pahvré  (n.  110; 
piem.  8parav4),  trufì  tuono  :  kumpérs  compasso^  spaeafórs  (piem. 
spaéafÓB  trombone)  ^.  Di  n  :  mangùh  (piem.  mattila,  K5rt.  5803), 
mingréiu^  emicrania,  runigé  rosicare ,  nmié  rugiada,  prangfmu 
n.  17  ò,  éanMp  n.  20,  Im^  n.  39,  pàntu  II  36  n.  pettine  ^  ~ 


*  A  Madonna  de'  Gavalii  (boigata  sul  eoKiae  di  Odo.  e  Can.):  spmfMfSJe 
»Cé».  fmvafitsk4  n.  71  n.;  a  Ca.:  fkardlik  eardelliiKV;  a  Mo.  :  $iaké  legare 
'(at)teccare*;   ad  Allm:  àbej  (Asti  M  badile. 

'  Sia  pur  qui  citat<»  il  Odo.  bihiljut^ka  biblioteca.  Si  ha  una  voo.  irrazie- 
nale  anche  in  atar^  qualche  giorbo  fa  '  Takre  di  \  e  oifHàà  altretianto. 
—  Piem.  laver  labbro,  Uter,  pi^r^  eoe. 

'  avurétn  orecchini,  a  Ca.,  sarà  da  atirSih. 

*  Qui  ancora  metterei  il  €4o.  ttrir  ali.  a  sàui  salto,  e  p^ir*  pappolata, 
che  «M  pare  «n  plorale  (t.  n.  M),  da  p^lti  ESiti.  753i  ;  graijé  (piem.  patjf' 
Kdrt.  2081  ;  II  9/22)  deriva  fi  suo  r  da  ^««^  grattare.  '—  A  Ma.  Uuttfa  lo- 
custa, a  Mo'.  santr^  sentiero;  piem.  strubja  stoppia.  Ili  152;  io.  808. 

'  Pri.,  Sda.:  manèiha   medicina,    Ast.    ranpufigja  regsolizia;  iKem»  nansa 


546  Toppino, 

Di  m:  imputf§a  ipoteca,  ambóm  n.  24.  —  Di  t,  tra  n  e«:aiilit 
uscire  *nes8ire  (so.  238,  so.  61),  kuntsil  conosciuto.  —  Di  Pfh: 
ampsi  suocero  '  messere  '  n.  86,  ampaùiì  n.  62,  ambààlUi  n.  17(/. 
ambèUra  misura,  bambUiì  n.  109,  ambra  n.  110  ^  116.  Eittesi. 
—  Non  occorrono  che  prfmU  premio,  e  Uédjr  occhiali,  il  quale 
ultimo  è  tirato  su  iajr  n.  5  '.  116.  Elehbnti  concbesciuti. - 
Di  I*  proveniente  dall'articolo  sono  esempi  Ifbu  (d.  14;  v.  Il  86  ni. 
lumbffjùi  (var.  pedem.  umbrijui)  sospettoso,  lUbjà  (n.  55)  ';  di  r 
resto  della  prep.  an-  =  in,  Nafba  Nastr  usati  talvolta  per  Afìn 
Alba,  Astr  (n.  1 14)  ;  di  d  dalla  prepos.  de  :  dubligd  (ma  ubUgé  ob- 
bligare) obbligato  (cfr.  '  esser  d'obbligo  ',  festa  d'obbligo  =  *  fegU 
obbligata  ',  ecc.).  Qui  pure  spansege  credere  '  pensarsi  '  (ma  pan* 
pensare),  il  cui  «-  è  reliquia  del  pronome  se  ;  dipare  padre,  (fi- 
mare,  dimpsé  suocero  n.  114,  dimadona  suocera  n.  30,  din(m 
nonna,  nei  quali  il  di-  deriva  dalla  frequente  combinazioDe  *  di 
(=dic)  madre'  ecc.  (ki.  125,  Spar.  7-8,  oe.  170).  117.  Di- 
LKOui.  —  Di  atona  iniziale:  vUg  aguzzo,  skuU  ascoltare,  bundut 
abbondante,  limQina  elemosina,  nu^'ni  innocente,  pfrkundfr/^ 
ipocondrìa,  arÌQ^e  *oreloffio^  ecc.  —  Di  /-  iniziale,  per  l'illuaioiit- 
che  vi  s'avesse  l'articolo  ;  ambim  n.  24,  HijtiH  (piem.  l&àjùà  /^ 
lesione)  differenza  ^  È  caduta  l'intera  sillaba  iniziale  in  hànp 
(piem.  liHenga)  uva  lugliatica,  kabal^stra  (var.  piem.  :  erka-bakMri 
II  396)  arcobaleno,  i§auli^   (n.  53  n.;   piem.  argaliQa);  rànt* 


'  naMa  *  (KOrt.  6456)  beiioTello,  ninnola  nocciaola,  nmUe  n.  94  n.,  Mimjyt 
D.  96n.  Forse  in  anié  ali.  ad  ajSé  n.  596,  certo  in  anfàndg  alL  a  oaifaa^ 
(v.  n.  52)  offendere,  e  nel  prì.  OHvajrif  {^^  Cdo.  ajvajrH^  n.  6n.)  è  da  vrdr 
an-  =3  IH*  (cfr.  per  altro  io.  810);  cosi  come  m'at^rP^  (Can.)  mi  pesa.  *..' 
forma  di  *  ingrevare  *.  Di  an^nija  (n.  46  n.\  ▼.  io.  805. 

*  Ma.  tumbKn  ^  Cdo.  tumifh  *  Bariolomeino  *.  Non  ao  a  qnal  caoMi  tlt" 
buire  il  Ma.  mofaiHiitfaiki  melanzana. 

'  A  Ca.:  sàn^  seno:  a  Mo.  bfànd  (piem.  6rffi)  cruica. 

'  Si  dice  pure  au  lindumià'h  in  luogo  del  più  frequente  ar'tw^M^'"    • 
rindoraant*.  Ma.  r^À  uno  Tuno*;  piem.  la§Mn  agnixino,  iamAn  accact 
ad  amMti  amo. 

^  Prì.  Apa  (^  Cdo.  ia§a  n.  79). 


Il  dialetto  di  Castellìnaldo  547 

bisogna  convenitat,  migél  (piem.  grumif^t)  gomitolo,  speiué 
(n.  95)  ^ ,  spotik  intemerato  '  dispotico  ',  spunde  rispondere  *. 
—  L'elisione,  iniziale  o  no,  importando  groppi  di  consonanti  mal 
tollerati,  vi  si  rimedia  col  lasciarne  cader  una  in  kuH  ali.  a 
pkuiì  n.  109,  éit  ali.  a  péit  piccolo,  ée  (n.  86;  piero./>éf),  kQ  per 
d'kQ  n.  32;  èvané  per  *édvané  (piem.  dfèdvan^)  dipanare  K5rt. 
2872,  imura  (piem.  dmura)  trastullo  '  dimora  ',  XV  37,  che  però 
sarà  forse  da  giudicare  come  proveniente  da  un  *8demure(e  da 
giudicarsi  alla  stessa  stregua  di  spansé^e  n.  116  (cfr.  il  piem. 
dmuréfé  divertirsi),  amàjre  stoppetta,  per  *armnàjre  'rìmena- 
ture  '  (v.  n.  7  ;  piem.  armnUre),  andrene  n.  50,  kunsi  da  *kunfsi 
confessare;  amba^mi  imbalsamare,  karvi  da  *karlvi  (piem.  kar^ 
Ifvf)  carnevale,  arr^  (piem.  ar^^)  sottentrare,  ricomprare,  sÀmitfA 
n.  66  n.,  da  *8kuriUiì  *  correggellino  '.  118.  Apocope.  —  D'in- 
tera sillaba,  in  ka  casa,  Giorn.  st.  d.  lett.  it.  Vili  412,  oe.  140, 
168.  119.  Le  desinenze  sdrucciole  ^ano  ^ino  ^inb  ^olo  ^ore 
si  riducono  a  u:  of§u  organo,  màngu  mangano,  aiu  asino,  &ti- 
raiu  borraggine,  st^hu  torbido  E5rt.  9825,  haraiu  barattolo, 
marmu  '  marmore  ',  ecc.  XV  413,  io.  274;  oe.  127.  120.  As- 
sorbimenti e  contrazioni:  a)  a  formola  atona:  mista  '  maestà  ' 
immagine  sacra'.  Di  atona  e  tonica:  kàfia  nn.  17 d,  89,  da 
•ka{d)iyna  (v.  IX  250  n),  sim  sagimen  E5rt.  8267,  pu 
più,  V.  Ili  145  \  jn'n  n.  17(2,  pirja  n.  13,  sfuia  n.  65,  borga 
n.  24,  fra  n.  84,  mjàn§  *inajengu  fieno  maggengo,  sU  scure, 
sui  segugio,  aród  ricordo,  tràfU  tridente,  lem  legumi  cfr.  XV 
65,  ki  (piem.  kuji)  cogliere  *.  Di  -rf  da  -àta  -ate  {stra  strada, 
spa,  ecc.),   V.    oe.    138,    140*.  121.  Metatesi.    —    Per 

l'invertimento  nella  sillaba  stessa:  destfrsa  destrezza,  ifirie  tre* 


'  Fri.  wpeè  »  Odo.  dfMpiò  n.  95. 

*  Ha.  9a  che?  'cosa*?  (proclitico). 
'  Cs.  hufkà  *  cotognata  *  mostarda. 

*  Del  piem.  pi,  v.  no.  I  361,  Fred.  61. 

^  A  Ma.,  Qovone:  pf/a  padella;   Mo.   frfl  fratello;   piem.  puj  pidocchio. 

*  Si  eccettuano  faja  plaje  (n.  114X  che  son  por  del  piem. 


548  Toppino,  Il  éuà,  di  Cast.  —  dalvioni,  Santhià 

dici,  st§r6a  femm.  di  stràè  nn.  11,  95,  pfrfia  pregna,  pfrUà 
prigione,  ffrté  K5rt.  3982,  kfrdànsa  credenza,  ffr^pififia  colchico 
•  freddolina,  ffrté  febbraio  da  *fTfvé  (cfr.  frev  febbre),  tfrtnuri 
tremolare,  ecc.  ;  strumél  stornello,  str^à  storpio,  drumi  dormire, 
driM  ali.  a  durbt  n.  107,  fràm  fermo,  e,  per  r  secondario,  fràjè 
da  *fàjrà  felce.  Da  una  sillaba  all'altra;  krava^  IX  225  n.  capra, 
frev  febbre,  drinta  dentro,  prija  antri  (n.  15)  ^  —  Sfjanté  tra- 
boccare, da  spatUjé  XII  432  n.  ;  XV  424,  Fred.  87,  —  Metatbm 
asciPROGA:  skumbofa  (piem.  pungola  spagnòlo,  phallns  esca- 
lentus),  dove  rimangono  al  Ujto  posto  la  sonorità  e  la  sordità 
delle  consonanti,  maàagiiì  ali.  a  magaidì,  gaba^e  ali.  a  baguge 
vestiario,  biancheria,  filuimija,  ambra  n.  110.  122.  Attba- 

zioNB.  V.  i  nn.  5,  23,  51  a,  59  ^. 


'  ■  ■  t.^ 


Santhià 

Vedi  P.  M.  Massia,  Di  alcune  teH  intorno  aWet.  del  m.  /.  di 
Santhià  (Torino  1901).  —  Che  si  tratti  di  *  Santa  Agata  '  non  è 
dubbio.  La  questione  è  di  sapere  come  si  spieghino  Vi  (dove  il 
Flechia  e  il  Massia,  p.  61,  ecc.,  vedrebbero  nn  resto  dell'-AE 
del  gen.  Sanctae  A-)  e  Vh.  Quanto  al  primo,  paruri  che  la  via 
ci  sia  additata  chiaramente  dai  sent  aa  *  sant'Agata  '  deirAlione 
(ediz.  Daelli,  242) ,  forma  preziosa  anche  per  la  riduzione  di 
Agata  e  dal  Giacomino  non  rilevata,  dove  sent  è  *8ajnt.  Ora 
*8ajnt'd  poteva  con  somma  facilità  ridursi  a  gantfd,  scrìtto  santió. 
Ma  ti,  davanti  a  vocale,  importava  la  lettura  eome  di  zi^  a  evitar 
la  quale  s'introdusse  un  h  perchè  compiesse,  rispetto  a  ti,  quel- 
l'ufficio che  ha,  p.  es.,  in  brachium  (letto  brakjum)  rispetto  a  ci. 
Questo  h  si  rivede,  colle  stesse  funzioni,  in  Thiene,  e  fors'anche 
nei  frane.  ThUmville,  Tkiers,  Thierry  e  più  altri. 

G.  Salvioni. 


'  Gua.,  Sda.:  kfànk  cancro;  Ma.:  ffuste  forestiere,  vfCBsp  vespro,  sgffu 
(=Cdo.  sorfu  n.  24).  Piem.  kruv  corvo,  Aim/"  cu p»um  K6rt  2497,  kr^kruri 
ali.  a  kdrve  ktìrrl.  Fruma  {=  fumfa  il  110)  di  varietà  peéemoatane,  cfr. 
IX  259. 

'  Sda.:  kajfce  caricare,  majfd  maritato;  Ho.:  pijfón  (piem.  pUfin  da 
pUja  pila)  sacello,  eappelletta. 

-  ■»»<* 


POESIE  IN  DIALETTO  DI  CAVER6N0 

(VALMAQ-O-IA); 

■»m  A  CVBA   M 

C.  SALVIONI. 


Alcuni  de'  componimenti  che  qui  seguono,  e  cioè  quelli  che 
corrispondono  ai  num.  1,  2,  3,  11,  già  erano  stati  pubblicati 
in  occasion  di  nozze  dal  prof.  Giacomo  Bontempi  (Poesie  in 
dial.  valmaggino  [Cavergno]  ora  primamente  pubblicate  da  G.  B. 
Nozze  Salvioni-Taveggia.  Bellinzona  1892),  che  li  aveva  avuti 
dal  prof.  Emilio  Zanini  da  Cavergno.  Avendo  io  avuto  in  sé- 
guito il  bene  di  conoscer  di  persona  questo  colto  ed  egregio 
insegnante,  m*ebbi  da  lui  letti  i  componimenti  già  dati  alle 
stampe,  e  insieme  communicati  e  letti  altri  che  qui  vedon  la 
prima  volta  la  luce.  Si  tratta  di  poesie  o  tradizionali  e  di  au- 
tore ignoto,  0  di  autore  a  me  noto  ma  il  cui  nome  non  m' è 
concesso  di  rivelare.  Non  m'è  però  proibito  di  dire  che  son  do- 
vute al  prof.  Zanini  stesso,  le  versioni  della  Parabola  e  della 
Novella  del  Boccaccio. 

Pubblico  i  testi  in  trascrizione  fonetica,  nel  modo  com'  io  li 
ho  uditi,  o,  per  dirla  più  coscienziosamente,  come  a  me  pare  di 
averli  uditi.  Rileggendoli  oggi,  dopo  qualche  anno  dacché  li  ho 
messi  in  carta,  qualche  dubbio  mi  sorge;  ma  non  ho  modo  di 
chiarirlo,  e  potrebbe  darsi  d'altronde  che  maggior  luce  non  mi 
verrebbe. 

Poiché  il  mio  cortese  informatore  è  sì  persona  che  possiedo 
il  proprio  dialetto  ed  è  fervorosamente  devota  ad  ogni  tradizione 
paesana;  ma  insieme  è  uomo  colto  e  studioso,  che  vive  molta 
parte  dell'anno  in  un  ambiente  dialettale  diverso  e  in  assiduo 
commercio  orale  con  giovani  d'ogni  parte  del  Ticino.  E  ciò  dice 
qualcosa  ^ 


*  Circa  alle  trascrizioni,  debbo  solo  avvertire  che  il  valore  di  ^  e  f  è  Hpie* 
Kato  in  Arcb.  XI  pag.  x.  —  Il  segno  del  fit^ve,  l'adopero  a  indicare  Tac- 
renio  secondario.   Quet^to    h  mutevole,   a  fteconda  delTelemento   della  frase 


550  Salvioni, 


r  i  » 


I.  —  La  narlQsa 

(Dialogo  tra  /a  i^ka  e  la  marna). 


T.  Kara  marna,  a  j'ò  na  kóga 

k'a  na  pudrù  maj  tace, 

g'u  èpidigu  tru  Staséra 

a  tal  farég  be  poj  gavé. 
M.  E  k'a  t'pQ  pdj  veg  kapUdw  ?  o 

ti  navrì  poj  ia  èpàng  ku  gQt  ad  Hh 

perkè  jntatU  mi  k'a  fiva  lu  pandtv 

ti  fiw  ìnt  e  fora  pai  kanvifi. 

T.  Lu  vìH  u  n'e  èteé  §pang  mija, 

u'I  zi  bi  k'um  Va  beni,  1«' 

e  kwàn  k'um  ièva  vija 

u  na  ma  g'  avdtva  pà 
M.  Tei'M  jió  kela  zavàta, 

cilnta-gti  ku  èkive  ti  gè; 

pQwri  n^  gH*l  gaveg  Vàta  ir> 

k*um  bew  lu  r(H  tn5i  addrevé! 


che  al  dato  momento  più  è  presente  alla  coscienza  del  parlante;  e  per- 
ho  dovuto  esser  assai  cauto  e  sobrio  nel! *  indicarlo;  tanto  più  ch^entn  ia 
giuoco  un  altro  elemento  perturbatore:  il  metro,  che  talvolta  esige  Taec^aU 
principale  là  dove  il  discorso  libero  non  ne  porrebbe  che  uno  •econdah.* 
—  Circa  alle  doppie  risultanti  da  assimilazioni  sintattiche  (dohhenedUfim 
-=dop  6-),  noto  che,  data  una  meno  vigile  cosciensa  del  parlante,  possoo 
ridursi  a  scempie  (quindi  do  b-). 

Pj  mia  intenzione  di  illustrare  «{uanto  prima  la  lingua  dei  nostri  te^ti 
Per  intanto,  il  lettore  potrà  conMultare  con  profitto  quanto  del  dialetto  di 
Caverj^no  e  di  quello  della  Val  maggia  in  genere  è  detto  in  Arch.  IX  187  «gir. 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  551 

T.  L'epa(àwiu>anantóni  di  Minc\  Va  dio:  bandì,  Marfj<i, 

a  8u2if  katkQga  d  bel  ? 

um  avrèf  be  maj  ligHja 

^'um  af  podif  mei  in  l'anél,  20 

M.  Per  MOrtinii  Ve  tàn  ke  nula, 

f'ù  na  Va  die  fol  ke  ktìt; 

ti  duvrigu  be  vi  la  tiita  r^ 

a  krt  j  iSvan  inèi  préèt. 
T.  ^u  (atigu  kun  ke  préèa  25 

k'um  kQr  dré  Sktcàs  m  i  di! 

a  §ir4(u  be  vuj  Uiga: 

Vk  be  mdj  brama  da  Ut 
M.  Tez-iló,  briUa  narl^sa, 

to-ftì  lu  barisi  e  va  a  fa  fòt;  30 

a  d  dirg  pSj  n'àUra  kó{a  : 

tO'dre  j  ètréS  da  mèt  a  mSL 
T.  Fem  lawrd  mint  u  tcUja 

bàita  k'u'm  lai^  maridà; 

a  na  thni  la  fadija  85 

MfiB  8^  a  vii  bè  da  grepà. 
M.  Gran  lambéla  Seleràda 

a  vot  tQ'^  do  miisd  ? 

^  ti'm  fé  pSj  hi  tentàda 

a  't  kaSeró  poj  fora  d'cà.  40 

T.  Nu  fem  miya  keèta  ventttra, 

bgna  vàj,  laèémal  tó, 

perkè  /a  Spéci  a  fo  pajttra 

k*i  *m  pjentdg  poj  tilt  ilo. 
M.  I/una  foia  kapriéóàa  45 

nu  èpicéw  maj  nata  d  bàm, 

kredim  mi  ke  la  mei  kóc<^ 

Ve  da  StórSaj  lu  mii^m. 


552  Salvionì, 


II.  —  Una  draponàda. 


Bog  dia  P^ma  u  vo  to  fémna 
w  na  jd  ni  Sa  ni  cémna;  .V» 

l'è  be  nrft»  iru  fora  S^ma 
Va  purtàw  na  derim  fima, 
luj  alméfi  u  dez  inii 
ma  wm  n'a  vté  ne  mi  ne  ti. 

tut  ad  bel  k'  u  di'  a  purtàw  *'».*> 

Ve  di  ò^  'l  bel  parlato: 
**  signorino  e  signorina 
siete  andati  all'erba  fina  ?  „ 
Veva  ed  'm  per  bej  kalzd  ; 

k*  a  valeva  kwag  dahè;  ^^ 

ma  QoljóV  in  gu  e  jn  Hi 
preè  kalze  u  fi'  e  bu  pi; 
lu  gurt^  kuj  bgigj  d'ir 
k'  a  *l  pgStàva  miniti  m  è^ 

preèt  a  blindar  Ve  bU  nàw;  ^m 

Bgk  Ve  bela  bU  pgUdw. 
o  g'  ew  f^rge  dièperàw? 
HÙ,  tuédj;  ma  V  e  turnàw 
gii  'm  Puntid  e  UU  in  Kalnéga 
a  mafigè  pulènta  fré^a.  7o 

dùfika  Rók  k' a  i  vQ  ipgèà 
Va  zmimàw  a  dog  a  uZmà. 
Vera  'l  di  ke  j  friiéP 
i  va  Hit  a  io  la  gt; 

Rfjk  ad  béèé  u  nn'  età  mija  7.*» 

ma  u  nn'  èva  la  gu  zija. 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  558 

luj  u  ndva  a  dalp  per  lij 

k'  a  j  aulèta  um  Hk  i  péj. 

in  di' e  bu  ind  da  vai  Koméra 

di'  ira  Hrka  'l  tre  dia  gòra,  80 

Va  éapàw  Mari  di  Utj^ 

iQvna  d  ndva  paj  feé  foj; 

V era  bela,  l'era  b^a, 

tùd  lamia  e  maj  f$lhr^na. 

lu  0  pò  l'era  'm  bel  è^  85 

i' P  èva  ròba  u  n' ai  daik^r; 

M  karjéva  in  Fumazo' 

e  w  vindéva  tnQta  e  badSf, 

ad  dahfj  ufi  gwadafiiva 

ptQfi  tèn  mini  u'n  vuléva.  90 

**  bgtM  géra,  vuj  Marija^ 

a  fo  própi  beh  liffHja 

gum  pQ  fa  la  Strada  jnséma 

u  nn'avri  be  mija  al  téma?  „ 

*  nii,  perki  nn'avreé  da  vi?  95 

a'I  zQ  mija  ku  k'u  pinze  ». 

e  jnèi  j  va  in  Fumasi 

dièkurin  di  ^  fa^d\ 

In  tre  ^  at  Strada  b^na, 

kwaS  pogà  ala  karlóna^  100 

poj  la  zitfa  e  j  pUar&j 

e  j  krid^  intgrn'al  foj, 

la  parlada  murewllna 

e  Vu^éda  malandrina. 

Lu  me  Bók  Ve  bU  marà  105 

ad  ligrf  u  nn'a  feé  ptt. 

"  fem  ^udlzi  tru  'l  daU 

Marjih  a  la  vói  m{  „. 


554  Salvionì, 

e  pai  fjdz  u  na'é  ve  pà, 

u'i  da  tàt  al  bgm  Geéà.  Ili» 

kwan  Ica  QÓna  l  prim  da  miga 

Itìj  l'è  tutu  ktoàn  pjeh  prièa^ 

u  kgr  ètìbat  ini  in  kór 

penS  g'k'u  fAé  luj  lu  prij^; 

kwan  di' e  ini  ila  bardila  11  Ti 

l^a  u  vàrda  ^'u  pQ  vdHa^ 

pqj  gii  'l  màj  in  urizj^; 

kua  a  di' è  'm  gran  fant^mt 
ke  gè  pSj  dia  na  j'e  mija 

l^ra  u  grata  e  u  funija,  12** 

utapirla  èa  e  là 

Skwaz  da  daj  do  ikurid; 

gu  fa  ben  l'è  ttU  per  léj, 

génza,  l'è  minte  j  purlij. 

Una  gira  dia  novèna  125 

prQpi  'n  tim  da  luna  gféna 

àtìbad  dgb  benedizj^ 

u  pag'in  gatgm  gat^m. 

in  di' e  bù  'j  predgj  dia  Fùla 

k'a'j  tremava  la  nivula^  13<» 

perke  ad  nSé  u  paga  'l  ètri 

tud  vunéH  gu  paj  kavt^ 

u  g'e  mie  la  pgi  a  'm  èer 

ifi  Unite  a  dì  'm  patir: 

■  0  gin^.  Ve  Sa  'l  gran  df  i:^5 

dia  da  dim  da  Si,  da  èi^ 

av  ringrazi,  beh  da  kór 

av  ringrazi  bgm  gih^^ 

k'u  m'i  fio  inèi  'm  bel  tQg 


Poesìe  in  dialetto  di  Caveigno  5^5 

Ice  tiU  kwàfU  i  'm  PO  per  $p^g;  140 

ma,  a  na'm  vSTtrUnlla  nUja 

a  'm  kuniinii  da  Marija  „. 

l'era  wm  fri§  da  la  d'infému 

Va  'è  rigórda  in  gempUému, 

fU  pai  di  al  mila  JHél  145 

al  luziva  prùpi  bil: 

'  Indù  ila  mo  Marija 

dia  na  par  afiimo  ia  mija?  „ 

tut  a  'm  trai  gU  jl  kampanifi 

fa  zmimaw  dindg^m  dindin;  150 

t  kgrdàva  tan  befUfi 

dVeva  prò  pi  da  hi  'l  hambtfi. 

e  Ve  id  'm  rgHfi  tuiàj, 

dVera  pràpj  alwan  baidj, 

e  daddré  u  fé  Marija;  155 

65  giH^I  Ice  gran  ligrijal 

*  bgna  ^ra,  Marijina, 

a  voi  dif  katkogolina, 

kijil  lai^  na  jnànz  ktoazéh 

k'um  vù  prépi  tapa  um  greh.  160 

mi,  Marija,  av  voi  beh 

e  wreg  fa  lu  v&  urdéfi; 

a  ggm  b^  da  da  ggd  loj, 

a'  l  Icarizi  ^  di'  e  brSj; 

a  Skartémj  afiSe  'm  pò  d'Una  165 

e  a  piSSi  kula  kàna; 

pqj  a  ipézi  fora  iSS, 

Spéce  kwan  dl'é  gema  brSc; 

a  faj-gii  ahce  'm  per  zóku 

e  gum  iviU  a  vgUa  bóku;  170 

kwàn  k'a  édpi  ierpiSe 

ArohiTio  fflottoL  ittd.,  XYL  86 


5M 


ìgra  'l  Mndj  u  m'  da  éUm^; 

vuj  u  gt  da  k^  t  k^tifa, 

a  f  9  própi  befi  Ugrija: 

a  f^  b^  dm  fa  f^  fSj  175 

e  da  da-iU  fi  ^'  U^; 

mi  lu  Uà  al  bcvj  ai  Hwr€^, 

a  ^m  SAni  minte  *na  piwra; 

a  ggm  nàw  tru  fura  a  M§fmm 

e  a  fjénti  ftM  la  pima;  180 

gè  ke  p9j  a  w^f  a  ttìa 

Ve  minte  vglta  la  fjàSa, 

a  fo  fiàfi§  muntàw  lu  Hip 

k^l  kamie  i  m  'l  §alóp; 

ikodj  al  pjint,  e  pdf  kul  if»  1^:> 

a  faj  fora  befi  farttf 

e  ala  gira  in  pala  §rà 

mi  a  (Unti  da  jnemmri; 

a  vaj  mdj  a  V  uSteHfa 

e  f  tgidj  an  kanènii  m^fa.  lìK» 

alj  Martja,  MaHjf^  ail 

fé  dibót,  Semtmf  tem  mi  ,. 

a  Martja  di  bej  riz 

Uìt  a  'm  trdt  u  f  foUa  wm  krtz: 

^  zitu  zUu,  tape  pA;  10r> 

u-uhi  tiU  al  bgj  veHà; 

ma  ki  gin  ke  da  par  ìfr 

i  i'm^  ga  j  Valtàr  dlu  kir 

i  m' pje?  wér  in  tilt  in  Itk, 

i  m'par  Ag  kgt^gi  kùl  MrOt.  2(Mì 

g'u  ne  mtfa  VuHerija 

Ve  perki  ì^u  na  nm'i  nt^; 

tot  kijil  vói  bej  mirikm 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  557 

u  l  fa  fd  iUkwerU  i  biku. 

Rgk,  He  ben,  bundt  bundi,  205 

turne  nd  'n  dal  filari. 

Va  a  fUrja  da  drapjj 

V  a  ^  fa  vdi  k^  a  ^  aj  kalzój; 
u  vefi  tàrd,  a  f  9  da  nà^ 

ginza,  Vàia  u  vQ  trgkà.  210 

**  Sono  tuie  buàaróne 

che  non  hano  educazjóne, 

mi  ggm  mài  a  kgr  a  k^ 

kwan  k'  a  'l  zé  k'  i  vo  fii  ì^r 

a  med  Hi  i  goj  Ikuge;  215 

e  a  brafiSàn  g'i  n  pQ  brafiSti. 

H,  avanti,  §ifie  pùr^ 

ma  w  vo  fU  lu  timpaè  liSùr. 

l^ra,  kda  Va  drap^na 

la  uegléfla  ktO^  „.  220 

Rók  kwan  Va  bU  beh  pinzato 

e  dV  e  bAiiU  kwan  ialàw, 

Va  tgmàw  vglta  la  Strada 

tud  rabféw  dia  §ran  gapàda; 

borbutón  lu  di§  di  vie  :  225 

g*u  nat  ni  8a  ni  téó 

ai  tgiàj  nu  SerSen  mija, 

V  i  nn'  avrég  fiafl  gefi  ligrija; 
g'  u  gi  pówri,  Sédw,  Ve  wm  m<s, 

u  wli  fa  wér  kamavà;  230 

ma  gif  piwri  e  kul^? 
impiéirag  mija  at  fr^, 
laèe  Sta  i  ladri^, 
kuntintév  di  §raval^\ 


558  Salvioni, 


ni.  —  I  p adii 6 a. 

Wejlà/  V  m  èàmajpadlita  23S 

hQJ  nimà  ai  krozù  la  miSa; 

um  a  iàd  lu  nài  mtiiUja 

e  wm  lav^ajn  §ran  ligrtja. 

^y  a  g  tàpa  at  fora  ftf , 

vai  um  pi  a  fa  buiarii  240 

itti  al  dòn  i  kgr  i  k^ 

a  jmbfffkié  lu  bgm  gifi^. 

aHSefSman  i  ita  mtja 

a  fa  nuta^  ma  j  funtja 

hd  kantà  éUi^  245 

umpoiid^mpo  d'ià  dlu  brin. 

iiU  ku  k'a  g'po  dì  dlu  ma, 

afille  j  vizj  a^  Ivol  BUntà: 

Vt  k'i  kér  tru  iU  a  BiMM 

a  vòjdài  kwazefi  al  MS.  2óO 

ma  ftm  »Uu,  Vt  mija  bel 

a  ipjonà  dlu  gò  fradA. 

ncm  in  mija  jn  vai  Savina 

per  trgvà  la  i\n  pgltr^na, 

g'um  (tm  ini  a  la  Mundàda  2bl^ 

um  a^j  dà  a  la  diipardda; 

Vt  Hansóla  itila  bela 

k'um  kgr  ià  cuna  gran  èkw&a^ 

um  va  jnt^rn  minte  Herl^; 

lora  i  déf  k'um  ^m  pitij;  26i* 

ma  pii^  u  na  'm  firn  mija, 

Hi  mo  wm  Hk  in  filerlja? 


{ 


t^oesie  in  dialeiio  di  CtLvergnò  56ft 

fii  pai  B^èg  e  ala  Funtàna 

utn  tribitla  ala  pitana 

dre  pifiàt,  padil,  ìeaidrSj  265 

€  kul  màniaz  a  fa  fljj. 

gike  jnèt  kul  fa  7  mafiàék 

um  a  's  bOèSa  lu  ndè  pdfi. 

a  Qabf^  u  ifU  al  gwdj 

pUfe)  Uài  he  j  U§  dal  ràj.  270 

i  V  a  d'aita  u  da  trdp  gùa 

per  pude  fa  'm  bgm  lavùa; 

kwan  k't  M   da  lammarUn 

Ì4ra  um  da  ikwa^  pH.  Inflfi, 

i  V  e  *l  bfftn  Ump,  um  io  j  drapH  275 

da  fa  lindi  pai  tarpjjj; 

i  V  e  d'invim  um  T  a  d' baiSfi 

f'um  vo  §6d  um  iik  ai  ^. 

nu,  nii,  féman  mi  d*  tnii^ 

kwan  V  %  m' dl^  tiradrap^j.  280 

a  BiUSri  um  fa  um  lavia 

k'  a  n'  t  wir  da  bgmpaiiia; 

ma  g'u  wli  al  Ijeni  b^ 

uf  i  da  k^r  itìkwen  da  n^. 

ganapSrS  i  dès  k'um  gini,  285 

beh,  V  t  mèi  ke  Mrepadint. 

pagauhlà  lu  puni  da  Fr4j 

Igra  èl  k'  i  dà  j  tgésj! 

gii  pai  lobi  ttìt  al  gér 

Iffr  i  tarda  iti  jn  dal  ^ir,  290 

i  koniimpV  i  gqj  bal^ 

ki  powrtt  powrid  da  Fr^; 

paj  i  éàpa  la  gu  mòla 

per  fru2à  gu  'm  iik  la  pjóla; 


560 


ki  da  Fréj  i  fa'  l  mgUta; 

V  e  'm  malti  da  malarbUa. 

si,  wm  a  l  za,  ma  Ve  fimè  nùia, 

u  n'  e  'n'dUa,  urna  gran  fAia: 

pena  i  fa  'ita  fiìna  Mia 

lora  m  i  fa  la  rOia 

a  vardà  la  fjAm,  la  Fr^ 

minte  'l  céwr  k' a  fa  la  róda; 

i  kgr  {n  fifi  ini  al  ri, 

e  j  tramùla  noè  e  di  : 

"  tD^,  a  Mpum?  nem,  tuéàj, 

la  jn  dal  Sémni?  Nem,  mi  vàj  ,. 

e  j  fa  fU  la  lìngwa  fnìéa 

kwàn  ke'  l  ri  di' e  '^mó  ala  fiJfa. 

a  Buécd  re  piii^ej  (èri, 

lor  i  q'fida  dal'ungiri.^ 

f '  e  ka  kriè  lu  ri  d' UG' 

i  pjené  mija  fia^  da  vdé, 

perke  l'dkwa  kwtm  dV  e  aita 

la  òkun  vi  gran  heU  la  palla. 

kuan  la  ré^i  dia  va  dia  va, 

ipjovi,  dlòini tale  fH 

\n  paV  àlm  t  Funianalóda 
u  n'  e  mi  d'  zin  tribulàda, 
i  èkarténia  la  gu  lana 
bjénca,  rdfa,  nijra  e  móna. 
Jufufù,  ki  dal  Fatti 
y  e  la  f^<  ala  paréi; 
Jo  tv  Ve  là  Ui  kazerH 
y  a  i  per  mija  in  paj  br^j; 
Igr  i  fa   gren  piìarSj 
e  j  krid'  in  paj  (of  dartoj; 


290 


300 


;^o:. 


.Ȉ' 


Poesie  in  dklttto  4ì  Ùt^yergnò  MI 

f'i/a  ^  la  éàSa  H%6a 

Ve  Vi  fé  H  iruKja-mamgB. 

Là  ala  B^la  n  /»  Mff 

tatU  %  nUz  mimi§  V  kaMh;  330 

fa  ipazdw  tUkwefU  i  rét 

I  bsj  véò  kanefUa-gtì. 

e  nu  fif  pSf  mi  ^  merviìa 

(€  ke  jn  tuta  heì^ta  pela 

at  pit^j,  maHénk,  muUta  335 

k'  a  i  manéhia  fola  vita, 

gè  roQjit,  kanefUa-gitf 

^na^rS  e  éapa-rét 

V  e  tm  Q^  e  proèperà'g 

e  ^  i  pùfUa  cgme  fù'g 340 

Vike  \nt  in  ko  dia  vài 
vi^nU  al  par  d'um  gal, 
u  'in  la  oeta  di  dmiàr 

V  a  ten  gin  perfin  i  mur. 

Ve  be  vira  ke 'l  go  dafà  345 

Ve  tapà,  tapà,  tapà; 

ma  tc'l  zi  bé,  g'u  fi  maHj 

dlu  culu  di  Jdj  frimi^, 

u'izibé  k'u  fa  im  h^ 

a  genUv  um  §anag^  350 

da  ki  d  dez:  V  e  niUa  m  tal, 

a  nn'  o  vtU  at  pOgef  brut. 

genti  kiSta:  una  vièta 

kwan  ke  Anténi  dola  péUa 

Ve  tgmàw  \nt  ila  mólta. 355 


pSj  i  'm  iàma  i  padìUa 
bgj  nimà  d'mafiffè  la 


592  Salvioai, 

um  fa  tiìi  lu  noi  duvir 

minte 'l  màm  kufan   l'è  dre  kwér, 

gè  k'  a  fi'  e  p6j  y  a  è  lanUnia  360 

f  a  da  fan  pufià  'na  pinta. 


IV.  —  La  kamòza  brodi. 


Vói  Suntàv  na  Horja  SSAra 

da  kél  t  fa  ihcaz  fiì  pajàra; 

vjel  tui0  Uè  befi  atint 

per  ton  m  n  'in^eHamint;  36  S 

vjal  tuiàj  afice  vjàlt, 

^  k'  u  wU  pàf  fa  lu  gàlt 
e  to  wm  bdku  per  mart^ 

dem  airà  a  ku  k'  a  dij  mi, 

e  w  vii  vdé  ke  a  fa  na  marna  37«< 

u  n'  e  tnija  tUtkog  brama. 

Mor  k'e  bù  ku  iwan  d  Martifi 
tomaw-iH  kul  Skod  n'aMfi^ 

V  a  laiàw  indré  la  védu 

kun  ges  Um  eh  df^das  Sidu,  375 

tantu  pràw^  kaHéfi,  madt, 

e  pdj  afice  kwa§  dant- 

la  na  /  èva  nima  'm  wdtar 

k' a  Qpudiva  dim  bel  zàkar. 

Vera  idn  bel  bjefie  e  r^  3^«» 

k'  i  j  vardava  tùt  adSf. 

V  èva  jnótn  ku  Rafael  ; 
tiit  i  ^iva:  *^  V  e  ku  bèli  „ 


t^oesie  in  dialetto  di  Cavergno  568 

e  mam  (ti  la  Pa^lvato-gù 

kananiéto  k'  a  na  g  pù  pà;  385 

§wdj  a  fai  g&dà  kwazéfl 

lu  ^g  fràz!  fiafi  per  un  réfi. 

e  jnHy  màUru  Rafael 

V  e  fiit-gH  minte  n'  avdél^ 

hgm  t  purtd  la  naviéila  890 

e  d  vdjdchgU  beh  la  èkwéla, 

tiUUkioén  kijel  tué^ 

i  kuriva  a  fa  j  bruà^; 

lUj  invièe  Vera  m  bdku 

propi  l  (tmbul  dlu  makdku,  395 

pena  èà  lu  mei  d' avrfja 

tUtUhvén  kun  gran  ligrtja 

i  kuHv'  in  pala  vài 

e  j  i  metéva  ttU  im  hai: 

ki  funjéva   dre  j  goj  loj,  400 

ki  dglóva  mut^  dariSj, 

0  Vi  néva  a  io  lefidm 

(U  paj  krSi,  apUr  cui  étàm 

i  ibuifiva  gren  ba^j 

per  fa  miiul^  pjiit,  katU^.  405 

Rafael  di  SloHinH 

V  èva  j  péj  trób  mulatti 

per  dag  t4t  Hu  gran  manéfièf 

Itìj  u  ^va  V  era  péM 

a  latvrà  matìfi  e  gira  410 

ke  maròi  iu  ggt  la  iera, 

e  fratóni f  ke  grùga  futa! 

u  g  Uanttva  kul  fa  nula, 

la  gu  màma  la  àciitmiva 

la  dreSéva  ikìca^  la  bara  415 


6U  Satvioni, 

per  maniéfial  vumè  e  tts 

mM  a  ^  fa  kmj  ^  cuf  „  fnlUtg, 

tenti  j  nn'  èva  SktM  gjetà 

e  i  j  §U>a:  fé  lawrà 

kul  lip^  d' um  ibrojofétl  42M 

e  kaldUa:  u  gi  tnétl 

laèel  fa  ku  powru  tffg; 

fai  gudài  mo  l'è  he  kóf! 

e  ètalneda  g'  u  pò  fa 

gema  tarUu  muzetà/  42S 

Rafael  Va  èa  vini  in 

e  V  e  btìèa  q*  a  g  pò  tdin. 

tùtiikwént  i  igvinót 

f  a  pingdw  a  fa  fagót: 

0  a  Pàdova  o  a  R^ma  430 

0  in  Fjàndra  opur  a  t^ma, 

V  e  n^  tot  a  fa  gwaddn 

per  ve  pdj  bundanza  tpàfi; 

e  ki  pók  k'  e  poj  reitdw 

afiSe  kija  f  a  pingów  4*3Ó 

a  jmprin  ben  um  ktvag  maàUja 

per  nu  ve  pSj  da  ienija. 

Ih  maStija  d  Rafael 

Ve  nimà  da  veg  ku  bel: 

kontgma  pai  pfàz,  pai  Uree  44o 

minV  a  fa  kel  powri  vie 

k'  a  va  jntóm  kun  duj  ba'cU 

a  ibjoie  kwag  maikarpit, 

e  vin  fira  oni  tan  timp 

um  kwac  pràw  o  wm  pera  t  Simp  445 

per  na-gu  di  Balijit 


Poesie  in  dialetto  di  CaTergno  MS 

a  vSfddn  kwag  biUerU, 

zUu  zUu^  la  (uiUi$ua 

ke  jn  dièkràa  abnndàma 

lu  go  pà  l' èva  laiàw  450 

Ve  bH  ndda  preii  al  djàw. 

mifiiV  a  ^fà,  la  mea  Uni^ 

a  na  jnàm  è  na  bjfa  'l  vffU  ? 

la  itorUna,  la  bcUóga, 

la  la  'mpln^  una  gró^:  455 

maridà  lu  BafaH 

dafin  Una  da  kelbU, 

da  M  hil  V  e  pjeH  ad  ròba 

e  Va  Sanèa  aiba§  la  giba, 

^  tarda,  %,  ^  ti  ed  ion  vana  460 

a  f  ingéfii  la  furtH$$a: 

io  keV  Àna  di  ZuriU 

lu  gò  pà  Va  'Iwen  kwairtt ; 

lej  V  e  bela,  lej  V  e  gàna^ 

e  pdf,  ini  ala  FuniàfM  465 

la  fa  {n  do  Ha,  tri  Uè, 

la  vigéra  e  vin  bu  dvté. 

poj  V  e  réjta,  'l  pa  V  e  tfit 

grepau)  lHj  V  e  Sa  e  tié, 

gè  k'a  V par  da  dam  alrà,  470 

mi  a  j  plngi  al  dafà; 

a  d  daj  mi  'm  mafi  la  t^éa 

V  e  nifnà  da  fan  ma  ip^  „. 
Rafael  u  pinga  'm  pò, 

pGj  u  déz:  **  la'a'po  be  ti;  475 

V  e  be  péra  ke  ai  tuèàj 
u  fi'^  péne  ke  ne  patàj^ 
e  ke  mi  a  pudreg  èérn 


566  Salviom, 

cerna  màvum  kul  lantérn; 

ma  mi  xf  Idèi  fa  da  vùj;  480 

tra  da  pjdl  k'  w  i  jrìi  7  bHj, 

u  V  la  di  d' itUìn  iba§  ben 

afiSe  géfiza  tantu  in^éfl  «. 

basta,  ^énza  èutUa-fà 

tiU  ku  k^e  pdj  (Oéedit,  485 

um  bel  di  la  me  Stortina 

la  tO'eà  la  gu  iweHna, 

la  va  fora  jn  faèa  a  BéS 

i  la  fjùm,  a  lava  j  HréS  : 

V  èva  viH  a  paga  fora  \^\ 

la  fw  Alia,  la  (u  néra, 

ìc  èva  fera  um  cemp  at  p^m 

da  Uhgil  ggt  al  itrad^. 
pena  péna  d  la  la  té 

la  fa  Sùbat  kuèapi;  495 

iu  l  daddri  la'l  pè  d' um  tirman 

per  èpudà  pdj  fora  l  virman. 

eia  mèi  a  tapa  béfl 

dal  fu  fól,  dlu  go  urdén, 

pdj  di  Siijakò  bej  bjinc,  500 

dia  bujeda,  di  Streè  KM, 

pdj  dal  pan  parta  da  FiV^, 

dal  niè(^  man§à  dal  kù'^, 

dia  nuvéna  dia  Mad^na 

in  gnór  dia  gran  feét^a 505 

"  kwenti  én  a  f  et  ti  Ana  ? 

a  nn'  ed  mija  tOz  na  fdna 

da  sta  jn  ed  gervì  j  fradéj 

d  mala  e  béw  minte  purèij? 

a  t' par  mija  tds  M  7  timp  5I0 


Poede  in  dialetto  di  Cavergno  567 

da  netà  di'  erbaSa  j  &mp 

e  da  iirn  um  ktca§  bel  tQg 

per  fan  fora  wm  tog  da  èpttg  ?  « 

a  genU  Stu  bel  parlàw 

da  ku  bH  bokifi  rapato  515 

Ana  u  j  véh  ikwaz  da  iproià 

e  la  Piànta  da  katà, 

e:  '  ku  djéw  V a  v  v^  in  tiHa? 

u  l  zi  bé  1^  e  fnija  fiUa^ 

eke  de  biku  u  fi' e  wir  520 

k'  a  fa  béfi  lu  q6  dcpér. 

i  Skutifja  fin  k'  u  vlija 

ma  per  tón^  i  na  tQ  mija, 

pdjy  Startina,  mi  Staj  ben 

e  ad  mari  n'  an  vdl  fiafi  géfi  ..  525 

ma  la  Uà  gH  'm  péj  la  vé§a 

e  la  j  va  là  dre  n'  uri§a^ 

pqj  la  /  déz  :  "  mi  gQ  'm  bel  bdku 

V  a  wreg  fa  lu  §ram  mirdku 

da  tot  ti  per  gua  fimna;  530 

e  V  e  Ufi  k^  a  Sa  e  Simna^ 

V  e  ^m  bel  i^van^  poj  V  e  firt; 
éò,  sifi^rt  ke  bela  gór 

dia  garig  pqj  maj  la  tùwa 

m 

g  ti  podigu  èpoia  kùwat  »  535 

Ana  l^a,  jnguèpetida, 

la  f  rièpùnt:  **  fela  finida; 

ètu  bel  bdku  ew  Rafael? 

gii  dibót  k'  a  pog  gavél  «. 

e  kalAUa:  *  tj  e  zakàw!  540 

deg  u  'm  par  k*  um  a  tapdw; 

pinzaj-gà  per  tri  b^j  di, 


1 


568 


fin  k'um  vén  a  tó  7  daSf. 

Bafaél  u  vQ  Hi  litj, 

intendivla  p5  tjd  Mj  „.  545 

e  j  tri  di  V  e  ia  pa^ 

e  j  dUj  góéi  i  g'e  iru^. 

Rafael  V  e  tM  danàlu 

minte  'm  bàku  draponàiu. 

Vera  bU  Hit  ifi  §ana  néva  «^tVi 

d' l'èva  fé§  la  bruta  pròva; 

Uf  la  nita  ia  d  MaMMa 

karijéd'  ala  piidèSa. 

u  la  férma  lo  'la  paga  : 

"  Ana,  mi  voi  dif  katkéga  „,  550 

e  lej:  "  U,  a'  l  zQ  be  ià, 

ma  V  e  jntUil  §anafà; 

Rafael,  mi  fpdg  tQ  mija, 

e  V  e  jnùtil  tambaUfa  „. 

e  ini  al  màj  ègt  al  pafUf,  h^'^^ 

la  ma  'l  pj^da  09  jm  pij. 

ktval,  dandtu  mifUe  'm  h^p^ 

u  daàk^  t  kurid  e  ai  ìéip, 

u  la  ve  èkurtije  viva 

e  kul  SSjar  fan  na  pha.  óCri 

pdf  u  g  gràia  betk  in  téMa: 

'l'è  ba  méja  la  tampinai  ^ 

lu  di  dépu  Rafael 

u  la  brànSa  c^jV'Óra: 

"  la  riipóSta  V  e  da  nà,  57i' 

a  v'  al  dlj,  nu  gekem  pA  „, 

poj  u  priva  fifk  kul  pd; 

kuwa  w  dé$:  *  Ufi  fora  t  Id  „, 

e  kical  vtja  minte  'l  vtnt 


Poesie  in  dialetto  dì  Cavergno  569 

tUd  rabjiw  e  fjefiiulfni.  575 

e  w  kgr  farà  a  Sa  da  marna: 

"  dtg  u  ^  kunUfUa,  brama  f 

a  f  Q  fiif  na  gran  figura 

vdj  w  iru  inH  gikUrat  „ 

e  la  viga  taf  in  ftìrja:  580 

'  badia  m  pana  kwa§  §thrja; 

fC  dr  a  pripi  diff  da  nti, 

mààla  e  nu  parìiman  pà  „, 

Mu  kunztt  Hi6  dot  infému 

u  è  rigérda  jn  ^empUérnu,  585 

tilt  al  mdm  i  l  tefi  a  mint 

e  ai  pajùra  j  hriza  j  dlnt. 

tan  fadija  a  f<jf  m  tutta, 

e  paj  dlj:  ^  fa  P  afOftfit  „ 

66,  gifi^r!  vai  f^'^  fi  à^m,  590 

um  a  f  préja  inù§^, 

um  a  fpr^ja  nù§^  ftf  : 

ad  mam  gtmil  fdt  fU  pA. 

L'è  'na  ^éra  èBUra  èSOra, 

bgfa  'm  vln  y  a  fa  pajUra;  595 

l' e  ia  7  gdfj  a  meia  vài 

tùt  al  itA  i  va  kavàl 

di  firn  bgi  n^ru  e  kuj  kom^ 

k*  a  spavinia  afitt  j  bBlj^. 

tiUakìvén  ki  k*  a  pQ  pina  600 

i  f  tir  ini  ìH  8a  fa  Sèna. 

0  poivr'  Àna  di  Zìlrit, 
fa  finit  i  tqj  u^ 


570  Salnoni, 

da  fa  fU  tiit  in  ligrija 

kwan  k  a  Q  kgr  in  filerijal  6o5 

ti  gi  bela,  bjeUB'e  r^, 

ttU  i  i  Uima  per  kaikéga, 

ma  Madèra  ahSe  ti  pétora 

t*  e  finid  da  fila  V  itvra  I 

e  vijàUa  ioventitra  610 

ikoUe  ben  la  grafi  SagUra. 

"  Pà,  mi  vaj  a  fa  urdéh, 

e  g'  a  Uàj  pSj  ve  kwazifi 

nu  éapé  pof  mija  t  péna 

meti'là  a  fa  da  léna.  615 

voi  na-gil  tru  l  brgn  dia  MUfa 

a  tg  l  féH,  perke  gum  Stufa 

da  re  dég  da  na  jn  truz^ 

per  ki  dHj  o  tri  iterl^  ,. 

Uera  pina  ini  U  tU  6Jo 

a  fn47àr  al  maj  lui  frU 

kiean  dia  gfnt  Vi  éama:  **  Ana  „. 

e  lej  fera  ala  pitóna 

per  avdé  ki  k*  a  pQ  vig 

k'  a  va  jni^n  kufk  ki  tiniéS.  625 

gfda  pòrta  Rafael 

H  la  éapa-ià  balbél 

par  um  bràè,  e  pdj  tiU  Sctir^ 

u  la  Uréma  crunta  a  *m  mar. 

e  la  tóèa:  "  al,  bgm  vàf,  »»:<<» 

lasem  età,  k'  u  m'  rumpi  *l  bAj  „. 

e  Um  trema  minte  'l  fol 

tribula  da  ku  rìn  igroL 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  571 

^  Ana,  vi  Hi  matadà, 

a  ^um  Hilv  da  tribalà.  635 

a  voi  ióm?  gi,  di  da  è{, 

perke  géma  a  j  plngi  m(  „. 

e  calàlta:  éOy  {rj%fr/ 

lasem  nd,  k'  a  pdé  daèk^, 

e  pdf  nùt  n'a  f  pog  io  mija  „.  640 

'^  piéa  mi,  la  briUa  Mrija  „, 

e  pai  Sol  u  la  la  brénSa, 

pqj  u  Urine  fin  tan  dia  réfUSa. 

Spalavrié  'e  minte  mòrta 

la  fa   m  knig  Ìq  'l  pe  dia  pòrta.  645 

minte  mòrta  la  i  mof  pA. 

eia  mòrta?  ouf,  maj  pài 

"  a  Vq  pròpi  feca  móna  „ 

Iota  Mo  diz  VaZngm  pUàna. 

e  u  j  tarda  um  iik  in  fàéa  :  650 

"  k'  ifj  da  fan,  dei  d  Ve  krepóéa?  „ 

u  i  la  tira  gii  per  Spala 

per  pudé  pqj  nà  botala 

èli  'n    um  bSc,  intan  k' i  déza: 

**  Ve  Mrbjéda  lo  dre  géia  ,.  655 

e  fratàn  lu  roi  dal  ètri, 

V  ex  'in  vjac  per  hi  guUt, 

i  fa  èiicli  da  dg  déda, 

f  a  fৠ na  bgtia  prèda; 

fa  tirato  ku  Rafael  660 

a  da  Vdnim'  a  burdél; 

e  jntdn  k'  u  va  drevi 

a  fini  da  fola  ré, 

i  j  baiava  tut  int^m 

a  kavól  di  bile  kuj  Som.  665 

AnhlTio  Klottol.  iUl.,  XVI.  e? 


572  SaWioni, 

E  k*  a  févla  la  powr'  Ana 

do  gr  fa  jnSi  bela  e  frftia  ? 

la  powr^  Ana  di  iMt 

k'  età  nijri  j  bej  u§H  ? 

per  Uu  mùn  la  f  era  pù:  C70 

ma  intdn  lu  barn  §eM 

u  tardava  àii  dal  éil 

du  V  e  de^  gerefi  e  bèi, 

e  u  j  §iva:  **  ilo  Ve  'l  póèt 

du  k' i  va  finì  7  batóH  „.  67Ó 

V  arja  fre^a,  V  arja  b^na 

d  vefi  de^  fora  d  vai  Barèna 

V  a  tornato  fa  rinveHt 
la  potvrina  d  va  mori; 

e  kufi  kila  pùka  róée  ^^'' 

k'  a  j  reètdva  jn  tanta  króée 

la  prijéva  ofii  (int 

da  ^ulvàla  tUtiiktoént. 

e  f  apóStul,  konfe^lr, 

e  al  rirgin  e  j  dotitr  6Sr. 

fa  wrié  fora  lu  èportél 

k'  a  mei  in  ki  bgj  ifi  óéL 

# 

pok  tim  dópu  la  powr'  Ana 

Vera  ftl  kuntìnta  e  frfwa. 

e  lu  pùwru  ve§  éilrlfi,  ♦•** 

k'  èva  fég  lu  krièoniH 

da  ma  fi  gè  kula  ^u  t^éa 

tantu  bòna  e  kulii  d  rósa^ 

V  a  èpiiàw  firn  gran  bel  pò 

poj  V  e  ndw  per  nàia  tQ.  ♦'»'^' 

f «,  lu  tég  Ve  ver  d*  ittkànfu, 
e'I  powr  in:  "  mo  kekeràntu!  „ 


i 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  5^8 

ti  kapf^  pU  nula  jn  tiU 

ma  u  tmima  pinga  briit; 

éama,  kgr  d'  ma  d' inìó,  700 

ma  l'è  iSÙr,  k' a  ^ a  da  fa? 

pjeH  d  pajUra  e  iud  dolint 

u  va  jnt^m  a  éama  Uni; 

%  va  jnt^m  tiU  ktvan  la  noé^ 

ma  ìfU  il'  àkwa  j  fa  Hi  *m  hòc,  705 

Lu  di  dré  ki  dal  muUn 
%  va  in  da  bgm  matifi 

per  m^-ft2  'm  bel  mofl  d  barót 

» 

da  ma^nà  dibod  dibót, 

iu  jla  rùnia  j  re  m  storsóm.  710 

éò,  ^iHór,  ke  kumpasóm! 

tuta  n^a  e  l  col  èkandw 

m 

eku  VAna  k  f  a  trovate. 

TfUukwén  ki  dlu  kumttìi, 

u  maficéva  èkwaz  umèàn^  715 

V  e  nQ  tttt  al  ftìnerdl 

e  j  pjeiliéva,  mija  d  bòi! 

Rafael  e  la  qu  vé^a 

f  a  pjeTìzi  da  fan  na  cé^a; 

^  j  ginéva  tra  da  lór:  720 

'  nuta  ìcmStìn  u  na  n  da^kór, 

um  Va  fééa  da  baló^, 

propj  umèttH  u  n  za  ktcackór  ,,. 

Powri  béku  ki  V  a  g  kréj 

da  nu  véé  mija  kastjij  725 

kwan  ì^  f  a  féè  al  birbofió! 

gè  niSìlfè  katkoca  vf  n  za 


574  SaWioni, 

vefi  lu  titn  k'  i  iapa  /(fr, 
perk^   w  V  óbliga  'l  ^ifi^. 

L'tra  za  m  meé  abundàfd  73ii 

Jc'  una  krità  iti  lo  jn  kamfànt 
la  j  cUniàva  a  tud  lu  kàg 
da  kel'  Ana  d  darm  im  pàs. 
pok  titn  dgpu  V  Ajmarija 

Rafael  da  V  oUerlja  7;^ó 

u  refi  fora  per  na  ed  * 

Sakaidn  d' ifièà  d' inU. 
*gU  jla  Strééa  u  n  trova  Una 
e  w  la  bréfiS'  ala  furtòna 

per  faj  gà  na  kuHiS  karina  74o 

Q^la  fàéa  mulazina. 
ma  la  t^éa  V  um  a  dié^ 
la  l  pazija  beh  da  drfé, 
e  la  krida  da  mazàg 

per  ve  Uberu  lu  pàg,  745 

*^  fa  m  pò  zUu,  zavatàèa, 
Val  faj  fé  la  figurààa 
k'  a  ia  féc  un'  alta  t^àa 
k'  a  j  pjezéva  veé  ritrosa  „ . 

V  e  bu  ibàc.  Lu  Rafael,  75" 

tee  ad  vih  minte  m  purèél, 
u  va  là  kul  gemb  il*  ér. 
gfi  da  lo  u  vànza  m  cér; 
i  kurfva  per  kapija 

ku  k'  u  fUg  ku  tan  grepija;  7.*>' 

e  j  ta  m  trova  l  zgvinót 
daètiràw  e  kul  naé  rat. 
e  jn  ku  t(m  la  tona  v(ja 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno 


575 


gema  vdé  min  la  finija. 
fora  Sa,  ifUgm  al  fSj, 
Va  cuniàw-gu  iUt  aj  gSj. 
Vaia  w  diz:  «  u  ft'lpUàna 
W  a  ètrozóiD  kela  poior'  Ana  „. 
là  dal  Undj  u  dès  mi  kóg 
e  tOd  dilj  cV  aèkgi  d' am^ 
i  va  èévi  per  viià 
là  §ùUizja  dlu  dafà. 


760 


765 


Lu  di  dri  kuii  gren  èóap^ 
i  gendarm  i  va  jn  tru2^; 
fora  m  a  kurfgià: 

*  kn  djiw  éi  mQ  Sa  fa?  „ 
kela  t  k^r  pugej  anzj^ia 
Ve  la  vé^a^  la  iifi^ia 

di  Storttt,  V  a  va  dmandàtU 
perke  d  ^ra  tut  kel  plani. 
e,  ti  j  par  èkwàs  V  i  faja  pósta, 
i  na  j  dà  èktoaz  fiafi  riSpóSla. 
ma  tona  vé§a  da  kel  véé 
la  j  kanV  ini  indaV  urie  : 

*  f  '  tt  purU  kami2a  br^i, 
0  Skundiv  in  beh  a  r^di 
da  kijeli,  opUr  §iré 

perke  géma  iv  vQ  braficé  ». 
"  par  amur  di  Diju  !  j  gó 
k'  um  gim  n^  W  i  v9  òapà 
la  kgr  gù  da  Rafael 
Va  dormiva  'fimo  dlu  bel: 

*  fora  fora  befi  dibói 
fora  èvéltu  e  fem  fagói; 


»• 


770 


775 


780 


785 


576  Salvioni, 

Hi  per  pjàza  u  f  e  j  f uW^/  "^' 

k'  a  f  a  Sa  tctéerti  ipij. „ 

Rafael  ahmQ  iborHéw 

u  è  daèida  e  u>  dès:  *  hu  djéw?  „ 

tut  a  m  trai  um  ma  ^  fl  nàg 

u  j  fa  torna  jn  teUa  l  kài  1\<^ 

dia  vigttja,  e  gjeH  èpavhU 

u  i  vaètlz  ivel  minte  l  nhst, 

e  pqj  gA  dibQt  pai  Per. 

gii  pai  Spdl  f  a  ifiin  iuwér/ 

gè  per  ètràda  j  ve  kwaHàt:  S'»*» 

"  um  va  ini  a  vSjda  *j  btU, 

vojda'  j  bùt  y  €  pjefi  ad  mija  „; 

e  pingd  V  era  d' awrijat 

tant'  e  véra  ke  j  pekét 

i  fa  èkwàz  diventa  miti  b<C> 

Ma  k'  a  gérv  na  jnigm  a  m  kàr  ? 

V  €  be  jnutil^  a  na  f  par? 

mania  e  t^i  Ve  podu  nà 

in  tru  tnd  dal  Lavina, 

pSj  i  l' a  bU  preS  braficéj^  81'» 

kul  manit  i  Va  lij^, 

poj  i  l  Spj^na  a  vuh  a  tufi, 

ma  la  kólpa  V  e  d' umèitfi. 

Ifij,  lu  tóé,  u  dez  "Te  marna  „ 

ma  'nce  Uj  la  IkQd  la  rama:  ^ló 

^  mi  n  29  ntUa,  Ve  bu  lùj  „. 

t  jn  Hu  módu  f  e  tild  dùj; 

e  j  l  kaè'  in  pala  prazom 

a  Spicé  V  eèpijazjóm. 


Poesìe  in  dialetto  di  Cavergno  577 

Um  briid  di,  i  ?  a  min^  820 

la  jn  (alpe  e  j  l' a  'tnpiH^. 

u  f  era  là  na  miiga  d  zint 

k'  a  tremava  dal  èpavint. 

prima  t  fa  V  orèndu  pàg, 

Rafael  gema  frakdg  825 

u  braèida  gU  la  vé^a 

e  w  la  j  kdna  ve  n'  uré§a  : 

"gè  k'  a  mòri  genz'  ^n^ 

e  jn  dtàgrdzja  dlu  Qi^4^y 

u  gi  vuj  la  kawéa,  vHj,  830 

e  k'  a  pdja,  gim  tud  duj  „. 

pQwra  vé^a!  Kgga  Hrija 

là  jn  keV  uUim'  agonija 

a  genti  et'  orènda  v(^8 

dala  bgka  dlu  go  tQg!  835 

gii  lo  jl  tàb  di  kundan^ 

la  g  e  méga  driza  jm  péj 

(tanti  vói  kwan  k'  e  èa  noè 

la  'm  vefi  int,  in  tlb  j^i  dj  Sé 

kela  vé§a  pjena  d  róp  840 

fnega  jmpéj  gii  per  ku  tàp. 

Igra  wm  t^rna  jndóg  la  fiwra 

da  trema  minte  na  liwra): 

"  tantu  beh  k'  a  t' Q  jngehéw 

V  e  bU  vti^  V  e  nada  7  djéw;  845 

gem'  a  d  ddj  um  kunzil  èlort, 

kuw'  um  fa  na  là  kuj  mórt  ». 

e  intàn  ki  pok  kanu 

skavi^j  d  V  èva  'nmQ  gii 

u  l  tiràv'  in  arja  l  vini  850 

k'  a  bofàva  tut  pjenzint. 


578  Salvioni, 

T  fifa  p8j  min  la  pQ  vi^ 
f  a  finti  tad  duj  V  iètéc 
lUj  balóg  e  lej  la  pórSa 

i  dund^na  iu  dia  fórSa.  s:,5 

dee  V  e  fnàrt,  e  lu  ^ingr 

V  awra  bù  fjetà  da  l^r. 

Hu  briit  kàg  k' e  na  lezj^ 

per  opra  da  galani^m, 

u  l  SùfUàva  gU  na  vi§a  '^^'»'* 

hcan  y  um  nàva  'fimo  'fi  Kalni^a. 

dei  V  e  mòrta;  la  (u  Hórja 

V  e  reUAda  per  memàrja. 

y.  —  Lu  matrimòni  d  Rog  dia  Póma. 


Rgg  dia  P^ma  l'è  bù  Ufi 
k'  a  §irAw  tud  lu  kumufi 
per  trova  na  t^ia  bela 
da  mina  tru  sU  jm  bardila. 
Uà  cminzàw  kufi  kel  baUn 
k*  èva  roba,  vaS^  kawrln; 
poj  V  e  nàw  indré  balbél 
per  ceree  lu  ded  di' anél. 
L' a  pingów:  **  dona  V  a  d(c 
da  nu  màj  kaèe  kavté 
ke  'l  puètd  V  e  tiìd  qmorfj^s 
k'  a  Sandica  tròb  lu  pgs; 
V  e  èkwat  mèi  ti  n  trovi  itna 
da  kel  k'  àbi  wer  furtUna^ 
perke  sènza  i  toj  kalzój 
i  w  ec  ròba  di  kulój  „ . 


*»l'' 


H 


t  <r 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  579 

Dufika  ?  Réjt  ?  Pa  nuta  jn  tiU.  880 

Bel  ?  U  ifit  irap  poh  koStritt. 

Rok  k'  a  fUva  ed  da  R^ma, 

Inj  u  l  zéva  aibàc  ke  a  t^ma 

van  color  che  la  speranza 

han  metiUu  jla  suUànza;  885 

che  beUza  è  un  fjor  gentile 

che  sen  fugge  coU'aprile. 

li  tra  kilia  la  aentéma 

V  a  j  aUntdva  V  Eminènza 

d'um  soline  kardinól  890 

k^  a  n  zaviva,  mija  d  hai! 

E  Va  die:  '^  mi  §a  n  vU  ^na, 

nem  inànz  ala  furtilna^ 

fem  pafd  tOd  lu  kumUfi, 

èakatém  iUkweni  i  brùfi;  895 

g'e  k'i  dé^  m  kwan  da  ni, 

am  str'  ini  il  te§  dlu  iti. 

e  pinsór  che  ho  visto  il  papa  ! 

jé,  f  n  sa  tm  minte  na  sàpa, 

E  m  bel  di  lo  sgt  a  Fr^j  900 

tu  karjiw  di  s&j  drap^j 

Ve  naw  là  da  iwan  di  Mifii 

k' a  salava  um  Ikwi  ma^fii, 

E  Va  dia:  "  kela  Maria 

ti  wliw  ti,  a  wrig  tu  dia  905 

d  la  wreg  damai  lu  daU 

{ e  k' a  vie  da  nà  la  mi?  ^ 

iwan  kuntfnl  minte  j  urèéj 

d' é^an  fira  maj  e  péj 

(mi  n  perki  na  l  zb  di  ptì,  910 


580  Salvìoni, 

Ve  ga  tàn  dfe  ^uèedH!), 

u  j  riàpunt:  "  ^  wer  ku  d  dija; 

u  saré^  poj  trob  li§rija 

f'  a  f  ^avé^  kd  parolin 

k'  a  pò  di  certi  teètin;  915 

/'  e  katéj  da  fa  jntra  dAj, 

tra  m  bel  per  t  kalz^j  e  tvm  bAj, 

f  '  e  dV  e  UUfa  d' eé  ranMca 

métaj-sA  la  pedruUnca; 

kaSa-fóra  l  to  kurdi.  9-Jn 

kè  ^e  poj  ti  mèli  l  kwàé^ 

ti  na  vo  krepaj  9U  pu, 

u  n  e  di'  ài  k'  a  diy  da  ni!  „ 

e  uj  fa  8it  na  gifiedina 

étmn  di  Mih'é  da  la  MorfUm.  925 

U  e  torndw  la  primavèra, 

V  e  bel  tlm  matifi  e  séra, 

lu  kiiràd  u  paga  Int 

per  di  méga  jH  Ganarlnt. 

KalinmàH§  V  e  tn  gram  bel  di  9'òo 

u  ra^óna  ini  i  ri; 

gu  paj  pr^  V  e  tUt  kog  fjur 

e  skicas  èktcd^^  u  §ifia  j  mur. 

kela  bela  puréagj^! 

ki   ìulid  ^u  jl  laveH^^m!  9^5 

e  jn  ku  di  ttU  pjeH  d  ligrija 

ance  lióg  Va  podH  dija: 

**  a  ringrazi  la  Modena 

k'  a  m' a  féc  trova  na  d^na 

k'  a  kapìi  k*  a  sum  um  bàku  94U 

da  musdj  ku  d  V  e  'l  nUróku  « . 


Poesie  in  dialetto  di  Cavergno  661 

V  età  própi  kuntratdto 
kum  Marija  dlu  Panàw^ 
kul  n{  'ndri  da  Oanarfnt 

in  paj  préf  at  Stdner  d'  ini.  945 

at  kapóra  u  fi' a  de^  mija; 
pQwru  iggl  u  'nn  'cva  mija; 
pqj:  dané  ìnt  ila  vài 

V  e  pekdtu  kapUdl. 

Dee  MaHja  dlu  Pamiw  950 

uj  rinkrég  da  ve  tapàw; 

Ut  su  marna  la  n  za  mito, 

e  per  dilu  V  e  na  futa. 

certi  tnàm  i  fi  e  wer  SùM, 

pòj  i  ve  m  pò  trob  daUtRé.  955 

finalmint  la  j  BUnia^ 

min  V  e  bUda^  ku  k'  e  M. 

e  la  tèga:  "  a  dV  o  ^  die 

ke  ti  t  SérSj  un  grand  implé. 

è  V  e  pdf  pripi  l  fdj  aalvàdi  960 

k' a  t  kanéfi§a  tru  sU  l  nòdi 

a  na  go  pqj  wér  ku  d  d(ja, 

ma  grata  na  i  jiUi  mija  9. 

RQg  dia  P^ma  una  séra  965 

kul  ni  'ndré  dala  Vifi^a 

V  a  jnkruntdw  Mari  di  I6j 
karijeda  kuii  kuiSj. 

lej  la  i  dez:  ^  hundl  bunànt  ,. 

e  liij  V  era  h\è  tan  grand  970 

e  u  j  ri^frtind  :  ^  la  gran  kulàna 

l'è  dee  ^éla  ke  drappo; 


582  Salvioni, 

dee  la  m^a  mi  a  V  o  èà^ 

e  tn  darei  do  i^avazà 

kwan  k'  a  plnsi  ke  urna  gira  975 

ikuHiZ  mj  e  ti  um  a  n  fa  m  péra  „. 

e  Marija:  ^  mo  dab^t 

dtg  a  végi  d  P  a  ras^ 

lu  me  àia  kwan  V  ti  §ifia 

setato-^  ini  il  h6§  dia  pifia:  ^^^^ 

'  baita  ve  su  'm  per  t  kalz^ 

e  pqj  féman  paj  §ar^ 

i  nn' a  su  ttU  ktoeni  a  rSi 

minte  l  mùèS  V  a  mia  j  bjSè  '; 

bona  séra,  almefi  ai  ikwi  9^5 

deman  pSj  um  pò  'USe  a  mi  „. 

e  la  plnsa:  "  a  ÌQ  wm  katd 

V  e  fian  b^  da  rafi§ulà  I  ^ 

Kul  gran  di  dlu  iposalizi 

V  e  èegàw  afiHe  l  Hremizi  990 
d  Rók,  k'  a  f  èva  de(  ptyUra 

kj  uleg  tSj  la  gu  futàra. 

anzi  Ve  bU  bèfi  kuntint 

perke  tiU  i  goj  parint 

j  a  feò  tàn  da  prokUrà  995 

da  pajàj  ahSe  l  di2nà. 

lu  gurió  da  la  fruMna 

u  V  a  bH  da  urna  kusina 

k*  èva  buda  kela  fionda 

da  m  so  frél  dnava  jn  Olanda;  IChhi 

lu  òiUndru  alt  um  bràza 

lare  fi?  jh  Urna  ikwa:,  um  ipóza 

u  V  a  bH  da  u*m  vec  fjandriH 


Poesìe  in  dialetto  di  Cavergno  588 

k'  a  g  camàva  ValenUfij 

e  k'  a  l  tniva  su  jl  dir^  1005 

per  tnasàra  dlu  karl^m; 

e  j  èavét Parkfnan  pA, 

V  e  ikwas  rób  da  pjtìi§aj-8u; 
dola  tèsta  tru  j  kalzi 

V  tra  ròba  fiiéa  ve  1010 
per  limózna  e  kumpas^m 

da  ku  pówru  ilandan^m. 

Paj  prim  di,  ai  QiH^I 

Ve  ha  ha  k^ a  mi  daik^; 

luj  e  léj  e  lej  e  lHj  1015 

V  era  wm  péra,  V  era  dùj. 
Rog  dia  P^ma  ipeialmint 

V  era  fora  d  ^entimlnt. 

ma  wm  hrUd  di  dlu  kaiandàri 

V  e  ha  vSjd  anSe  l  Umóri.  1020 
ktda  fémna  l' apetit 

l'è  kresU  a  V infinit; 

e  V  am^r  u  haita  m(ja 

per  mantéHag  in  ligHja, 

Bok  maàtija  u  n  zèta  aihà8,  1025 

ma  Ve  tló  Itt  grand  impóé; 

u  Qa  mfja  lu  kwa  sém. 

uj  rincré^  in  zempitérn 

da  dovè  dubje  j  §inil6 

opur  tèh  la  bgka  'l  ^àé.  1030 

e  la  èp^sa  ^a  m  mis^m 

k*  a  riv'  In  tru  int  il  F^en^; 

e  V  a  des:  ^^  powrlna  mi, 

ew  tiU  kèUu  ve  mari  ?  „ 


S84  SaWioni, 

e  liij  Bók  u  é  grata  l  nàc  1035 

e  u  smlnz  'a  ve^  perzùAc 

y  a  ras^  la  dgna  vi^ 

ktcan  d  laj  de:;  int  i  V  uri§a  : 

"  tut  j  ursej  i  Hnd  ed  ni 

inguHz  k' i  kànta  e  fa  ligri;  IO40 

^e  ti  Sók  t'  e  kambjéw  ètràda 

fjefi^  ade^  la  gran  fapàda, 

hi  k^  a  fég  nimà  l  bruà^ 

j  a  da  Urthgag  gu  l  misgm; 

pu  um^ùfi  a  l  kutnpMs^  1045 

t  /  las'  {fU  indi)  ariò  „. 

Giovinótf  ^e  vuluntà 

ar  fiié  màj  da  pjenia  Sa, 

tenj  a  mén  k'  e  necegàri 

a  jmpjeni  btfi  lu  Umóri;  1U5<> 

sènza,  poteri  vjeUf  la  Spòsa 

la  vQ  vé^  azbàg  na  róia 

ma  tona  róéa  da  kel  t  pttRg 

di  e  no'é  ^enza  maj  vùfìc. 


VI.  —  SpediziQj   di  tos^j- 


/  boj  vég  dlu  tìm  k'  e  M  1055 

ì  e  tìnta  va  propi  fiJ 

ke  tacerti  ffovinót, 

—  propi  rób  da  daj  kazót,  —• 

Ohi  tànt  i  feva  ci^s 

di  rjagit  um  pò  daluFtc  IO60 


Poesie  in  dialetto  di  Cnvergiio  585 

per  trova  da  badujt 

dre  hvag  hifiè  o  kwaS  ìihicé^ 

mufi^A  apèrta  Seufr  e  vàe, 

gema  fiàfi  juta  mei  ktvàé , 

an  u  fUva  §a  da  dMp,  1065 

àima  e  fin  nimà  jn  ì$m  sali, 

per  kgr  g^t  aj  faneètrU 

d  lej  k'  ev'  Ini  i  bej  n^U, 

uj  portava  ^h  tcm  ma^fi 

at  èpagttra  e  wm  maàkarpift,  1070 

roba  d  filva  da  èkund^m 

dl'àta;  sènza,  um  gana^i 

u  fr«f  própi  maficéw  mija 

al  katà  d  nata  jn  ligrfja. 

kican  t' turnàv*  a  Spari  l  ètél  1075 

V  tra  ^d  sii  dre  l  kafiyèl 

kula  8i^a  jndi  finite 

a  mufi  Uirli  §U,jn  um  krtìé. 

kwalt  u  filva  at  fora  ed 

kufi  èa  jfi  korda  cetfn'  f ring  A,  1080 

int  al  eoe  d  Martintanifi, 

u  r  taceva  là  wn'  alvlìì, 

pòj  beh  iièltru  là  tru  Frój 

ala  cdèa  di  drapój. 

al  tuédj  ìj  era  là  1085 

da  kel  própi  ben  puMd, 

eet^ifU  ledo  dre  l  foj 

i  n  cìlntdva  da  M  br&j. 

tapa  ti  k'  a  tapi  mi, 

e  Jnfratdnt  V  e  toè  sa  di.  1090 

Igra  zréltu  n  ^jara  int 

per  da  mija  a  V  iìg  dia  gint. 


586  Salvioni, 

hU  al   Séior  Fé  mor  dal  frtè, 

lora  uj  tata  vtja  V  urie, 

perké  k'  a  na  g  gàpi  mija  -  1095 

lu  bel  frùd  dia  filertja, 

lenti  di'  eli  da  Sti  kaUt 

i  Suntàva  j  hqj  ve^tt; 

ma  wm  pareva  d  V  era  bài 

maZìia-gU  da  karnavdl.  HOO 

ma  dég  um  sìm  perzutg 

perke  wm  ve  tìo  dre  j  nd^  ntg, 

ke  da  hi  d  va  beh  dibùi 

u  h'  e  fimo  di  §(mn6L 


VII.  —  Lu  dulQr  dia  fdmna. 


L  La  tnQfi. 

Ai  èammarUn  a  sum  nàda  a  io  l  madazin,  1105 

a  sum  rivada  ai  primavèra; 

hcdn  k'  a  sum  ià  jm  bgka  kard 

u  rgna  l  éok  a  eokà; 

o  da  méga  o  da  miidi 

0  d  l'  e  j  bót  dlu  me  mari.  Ulti 

da  miédi  V  e  trob  bon^ra 

e  da  méga  V  e  pagàw  V  ^ra^ 

kiS  l'  e  j  bód  dlu  me  mari 

gu  jnam  a    Sé  jIq  jii  ku  pràw 

a  V  0  irovdw  bel'  a  èlufigdw.  1115 

g'  u  fttg  Stéé  um  pò  m  bgm  ^ 

a  l  ciiziv'  ini  in  um  bèi  lanzu^m; 


Poesìe  ia  dialetto  di  Cavergno  587 

ma  V  e  bù  um  kaiitàò 

k*  u  vaj  ini  in  um  drapundè. 

punc  ifi  M  e  puni  in  là,  *  1120 

perkt  l  réf  u  vù  ni  bgm  per  ed. 

pjehgi  pjefi§(^  tusonft, 

perke  u  pari  fan  pitonii; 

pize-i'tì  diij  baètonlt 

perke  l  kandél  i  koUa  kwairit.  1125 

e  viij  pjeft^l,  komarlna, 

perke  Véra  7  vd$  komparifi. 


2.  Lu  fùneràL 

U  fowara  kel  do  kampdn, 

i  pareva  do  dijdn; 

i  kantàva  jnèi  ben  ki  diìj  preradit  1130 

k'  i  pareva  diij  oryanlt. 

metì  Id  na  bela  miigà  t  téra 

k'  u  na  póci  ^«^J  ^*  J>ujfi  keS  mùnd  a  fa  girerà; 

metì  la  um  bel  pjodóin 

k'  u  n'  àbi  mdj  da  alza  pii  l  miéóm^  1135 

medi  là  mija  là  dre  7  miir 

nimbót  k' u  ^tàki  f/i  mija  pai  grepadiir, 

k'  u  f  la  mori  in  zcmpitvrn 

ku  katd  k*  a  m'  a  traidw  kufi  si  mal  guérn. 

Indiìlylnzi  per  k\  d  des  kcsta-kl 

un  duj  um  mh  e  um  di,  1140 


Archivio  glottol.  ital.,  XVI.  9i 


688  Salnoni, 


Vin.  —  Il  Lino, 

KuHÌn  k*  a  f  era  {f^van  a  f  era  bel 
<»  /  éw»  jn  téèta  um  bel  fjgr  murél; 
adég  k'  a  sutn  fiié  via  e  kanà 
i  wl  a  Strepdw^  lijéw  e  batti. 


IX.  —  La  paglia  e  il  miglio. 

Lu  mèi:  lufiga  lufigàfla  lI4o 

f  è  da  Sta  ndw  mia  ila  kampófia. 

La  pala:  potvru  ti,  meli  fi  dal  So  rudunt, 

ti  na  pò  fa  bona  farina  fé  mi  na'j  sunt. 


X.  —  Ninna-nanna. 

Stampa  Stampa  la  kumà 

tre  tusdj  da  marudà  Uhi) 

Una  la  fila  kalàUa  la  téla 

kalàUa  la  fi  j  kapèj  di  pala. 


XI.  --  L*  evviva  agli  sposi. 

Evìva  j  Spà'gt 
barot  e  nw'f / 

da  màfi  da  cà  1155 

boj  braficà  ! 


Poesie  in  dialetto  di  Caveigno  5d9 

APPENDICE 

Xn.  —  Lu  fjO  pródik. 

(Versione  della  Parabola). 

Vm  d{,  nostra  ^ifi^r  l  a  SUntatc-gU  Sta  pardbula:  gema  na 
tòlta  wf  era  wm  pd,  V  è«a  duj  tui^.  Ku  groi  V  era  m  lawrant^ 
k*  a  ruààva  da  moti  fi  tru  nSé,  kwalt  invice  Véra  wmtakàta^  Va 
j  fjeziva  la  ligrtja  e  ìu  bd  timp.  E  unn  di^  u  Óapa-Sà  lu  pd  eu  1160 
/  d^^:  pd,  a  vói  nà  pai  mànd  a  tanta  la  furtàna;  dèm  la  me 
pdrt  ila  Spartizj^  dia  vo$a  riha.  Lu  pd  prima  u  jf  a  dia:  *  vàrda 
ku  ti  fi!  ff  ma  kwàl  V  a  tfiig  dar,  e  lu  pà  V  a  mddw.  Lu  bdku 
kuAn  d  Va  bk  hi  fet  go,  V a  pingdw  da  toSè  lu  éU  kuj  dU,  V a 
die:  '  aligar  „  kuii  ki  t  Bd,  e  vija.  EfM  V  u  nn' a  hi,  Ve  nàda  1165 
da  d^:  fiU,  Ugrj^^  amif,  kè  gerv  a  dija?  Ma  wm  bel  di,  u  (' e 
niiikorgA  d  V  era  Sa  nit,  ibrig.  Mìni  a  g  fa  jl^a  ?  V  a  provdw 
a  na  daj  góéi  dal  tigri  piò,  ma  kija  kwàn  ì^f  a  gobi  d  V  iva 
ditentàw  pàvru  j  na  V  a  vlù  kufiug  pd,  ^ki  lu  pawrdS  ù  (' e 
buifkiw  adatà  a  na  far  'al  b^S8  a  SUra  éà,  e  kuntentdé  da  mafióe  1170 
gdn  kun  l(fr.  L' era  dtirat  e  jntdnt  k  u  ibjoSSiva  kù  damalerffm^ 
H  pinzava  :  e  pingd  ke  a  Sa  miga  j  Sta  jnSi  béfi  :  da  mafi^i,  da 
biw,  da  darmi  per  tiUt  AfiHe  lu  pèfiS  gervUùwa  u>  Sia  mèi  ke  mi. 
IC  a  tamàga  a  Sd?  Lu  pà  Vavrii  ma§àri  kumpasóm,  e  u>  m  tamerig 
to  kum  lHj  „.  La  ver§ófia  la  V  a  tfiié  indri  tcm  §rampiz,  mapSj  1175 
um  di  la  fàm  e  la  fdna  V  e  bdda  ptìgej  fórta  ke  la  téma^  è  w  ^e 
meg  tft  Strdda.  Kwàn  d  V  a  viSt  a  vanza^Sà  la  gu  Sd,  u  g'  e 
fermdw  genza  kurdè;  ma  lu  go  pd,  k'  a  giva  mind  d  la  wliva  na 
finì  V  afdri,  u  l  SpUeva  dig;  e  ku  di  V  era  gUj  la  lóbj  a  varda^iH 
pai  Stradóm  gè  V  u  Mva  l  pwfru  tQg,  E  w  V  a  vtSt,  e  tot  kunUnt  1180 
u  f  e  kwrìd  inkrànta;  e  jntànt  ke  lu  pawrdS  k'  ii  i  nu^eva^èit  per 
dmandà  pard^m,  I4j  u  i^  V  e  tiraw  gùjntgm  al  '661  ewV  a  karinàw 
ganza  fini.  PSj,  tomaw  ini  ih  Sd,  V  a  éamaw  Sàj  gervUS,  e:  "  kuri  „ 

V  a  d4è  '^  kurl  a  mazà  V  avdal^  pugej  §rSg,  V  e  Sa  lu  tjè  e  wm 

rò  fa  fiSta.  PSj,  u  Va  vaStU  gtl  data  fiSta,  i$  f  a  meg  in  V anel  1185 
d' ór  e  w  na  Steva  in  ptì  jla  pél  data  ligrija.  Kwàn  ke  lu  diznà 

V  e  preS  bri  prepardw,  V  è  rivaw  Sd  lu  fjo  magjr.  Kwdn  dVabu 
vis  lui  ku  maniHè  e  k'ù  nn'a  gabà  lu  perké,  u  g*è  lamintàw  tramindu 


590  Salvioni,  Poesie  in  dial.  di  Cavergno.  Appendice 

kul  pd:  "  a  mi  mai  nùta,  e  U  k'  a  gum  kù  tfà  na  jnànz  la  Sa; 
kuló  k'  a  maléw  tud  lu  go,  u'I  irate  minte  wmpHfièip  „,  E  lupa  1190 
u  f  a  rièpondU:  "  tilt  kù  V  a  /  o  m{  V  e  to,  V  e  véra;  ma  to  frél 
V  èra  minte  mSrt  e  dèi  V  è  riguHtdw;  à  t  par  mija  k'  um  iva  da 
fan  ligrija?  „. 

xin. 

(Versione  della  Novella  del  Boccaccio). 

Dépu  ke  j  kriMjdni  j  a  bU  kaè&w-vé  j  THrk  ai  Tera  ^ntu, 
ttUukwèn  M  k'  èva  jn  min  da  fa  na  gran  divozj^  i  nàva  jm 
pèlegrindè  al  gàntu  gepùlkru.  Qema  wna  vòlta j  ini  il  róè  dipdegrtt,  1195 
u  f  e  bu  int  una  èor^na.  Kwàn  d  V  a  bu  féò  tiid  lu  g6  beh,  kul 
torna-jndré,  là  per  un'  iéula  V  a  perdU  la  kumpafiija,  e  la  g'  e 
jmbatUda  jn  una  mdniga  ad  manigóldi  k'  a  V  a  kuHèéda  da  bUta-vé. 
Uf  pudi  jma^inà  la  gu  diSperazj^m;  V  è  bada  tanta  ke  àflSe  gè 
d  la  fiié  da  béfi  tru  la  jiì  kój  V  a  pingàw  da  nà  dal  ré  per  fag  1200 
fa  ^uMizja,  Là  fifi'  a  parlàw  a  kwacùd  da  età  rigoluzj^m,  ma 
kUè'kì  u  f  a  die:  V  e  jntUil  na  dal  Ré;  V  e  Ufi  da  ki  katéj  V  a  g 
en  làsa  fa  lHj  fìfi  gora  j  kavi  gènza  di  néta;  ì  l  teH  tud  da  fa 
lu  go  urindri;  pingè  poj  vHj  gè  k'u  vò  poj  nà  jn  truz^  per  vAj, 
pann'  afdri  k*  a  fi'  importa  %om  kdz.  Qentìt  Sii  rop  tlò,  a  vjeU  u  f  120h 
pdr  ke  la  pòwra  fémna  d  la  na  /  èva  pii-w-àl  da  fa  ke  torna  ca 
gùa  e  fa  befi  zltu;  ma  Vera  gélfa,  eV  a  pingdw:  ^  à  voi  pruva  „. 
E  la  va  dal  Ré  da  keV  {àula,  è  la  i  bUta  zAjnii^^m,  pjéna  d'àkuxi 
daV  oc  e  la  dez:  ^  a  vèfii  da  vUj  per  fam  jutà;  V  aldi  a  m  gkm 
imbatuda  jn  alwènt  ornane^  k'  a  m' à  diionordw  ;  a  l  zó  k*  ì  v'an  1210 
fa  'aSe  a  vuj  da  tut  al  rdz^  génza  k'  u  v  la  èapija  tand  da  vdé. 
Ai  bgm  vujl  ingefièm  afiSe  a  mi  la  ràgefiazj^m;  u  m  farigu  pqj 
própi  m  gran  pyezè  da  véguvan  rìkunuèlnta  fìfi  k'  a  kdmpi.  Lu  Bé 
A'  era  mija  kuj^m,  V  a  kapìd  V  antifuna,  V  a  fèé  Sta  gii  'm  péj  la 
S^ra,  e  w  f  a  die:  "  vardè,  fifi  adèg  i  balóg  /  a  minavo  ruz  in  tiU  1215 
al  mantr,  è  j  m  n*  a  feè  a  mi  e  a  kjélt;  ma  d*  gr  indnz,  a  vai 
dij'  in  paròla  da  Ré,  fa  finid  d' ofìn  lu  Qifi^!  E  V  à  mantefiìg 
la  paróla;  V  a  zminzdw  kìd  fa  ve  j  kanéla  V  èra  rovindw  kela 
è^ra;  è  da  Igra  jm  poj  i  lèdri  ej'  agaglt  in  keV  iéula  j  n'  a  bit  pit 
tera  férma.  1220 


^  •  ^i 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 


Arrigo  Souo,  Ademprivia^  studii  sulla  proprietà  fondiaria  in 
Sardina  —  (Pisa,  1904.  Estr.  Ab\Y Archivio  Giuridico 
I  fase.  3,  e  II,  fase.  1). 

—  —  La  costituzione  sociale  e  la  proprietà  fondiaria  in  Sardegna 
avanti  e  durante  la  dominazione  pisana  —  (Firenze,  1904. 
Estr.  àeXY Archivio  Storico  Italiano,  ann.  1904,  fase.  4^). 

È  noto  che  le  divene  forme  di  diritto  al  godimento  collettivo  di  vaste 
estensioni  di  terre,  riservate  totalmente  o  parzialmente  airaso  dei  cittadini, 
prendono  in  Sardegna  la  denominazione  di  ademprivi.  Molto  si  ò  discusso 
e  si  è  scrìtto  intomo  a  loro,  specialmente  in  occasione  della  legge  (1858)  che 
mirava  a  proibirli  ;  ma  al  problema  della  loro  origine  non  si  era  dato  finora 
ona  risposta  soddisfacente.  Le  opinioni  brancolavano  incerte  o  nel  ritenerli, 
come  il  Manno,  un  avanzo  della  dominazione  saracena,  o  di  origine  bizan- 
tina,  come  di  recente  il  Besta.  Più  incerta  ancora  era  la  spiegazione  eti- 
mologica del  vocabolo,  che  il  Da  Gange  derivava  da  '  ademptis  rebus  ., 
altri  da  '  privus  ,  nel  senso  di  privilegio,  altri  dalla  frase  '  ad  rem  pri- 
vium  a,  e  altri  infine  dal  celtico  '  empleia  ,  neiraccezione  di  usufrutto. 

Ora  il  Solmi,  nel  primo  dei  lavori  sopra  enunciati,  ha  il  merito  di  aver 
posto  assai  bene  la  quistione  e  di  averla  risolta  con  corretto  criterio  storico. 

Nel  oap,  I,  accertato  il  fatto  che  la  voce  ademprivia  ricorre  per  la  prima 
volta  in  Sardegna  in  documenti  aragonesi  del  sec.  XIY  e  riconosciuto  col 
Brandileone  che  il  vocabolo  è  originario  dei  paesi  mediterranei  di  Francia 
e  Spagna,  il  S.  si  pone  a  indagarne  la  storia  sulle  fonti  franco-spagnuole, 
persuaso,  a  ragione,  di  trovarvi  tanto  la  genesi  della  parola,  quanto  quella 
dell'istituto  giuridico  dalla  parola  designato. 

Nei  documenti  di  Provenza  e  di  Catalogna  dei  sec.  X  al  XIU,  il  S.  segue 
lo  svolgimento  del  vocabolo,  che  dapprima  sotto  la  forma  di  ademprum  o 
ademprametUum  significa  certi  speciali  diritti  d'ordine  fondiario,  e  poi  negli 
UeaUei  di  Barcellona,  ancora  sotto  la  forma  latina  di  ademperaw^enium  ed 
in  quella  volgare  di  tmpriu  o  empreut  esprime  un*appropriarione  di  frutti,  un 
godimento.  Infine,  dai  testi  franchi  risulta  ohe  nella  costituzione  economica 


592  Rassegna  bibliografica. 

e  fondiaria  del  periodo  franco,  vìgeTa  il  droit  d'empriu,  o  Jut  em^rwimtdt, 
col  valore  di  godimento  collettiTO  di  pascoli  e  di  boschi  lasciati  agli  osi  co- 
muni. È  evidente  che  qui  si  ha  la  '  cosa  '  e  il  '  nome  ',  che  sopravrire  oggi 
nel  sardo.  Infatti,  le  voci  surriferite  sono  da  collegarsi  col  prov.  emparar, 
amparar,  frane,  emparer.  EOrt.  4112  e  5898,  da  in-|-parare  nel  senso  di 
'  prendere  possesso,  impadronirsi  ',  che,  in  fondo,  è  pure  metalòrìcamenie 
neirital.  imparare  ;  e  si  comprende  di  leggeri  come  da  tmpriu  con  la  pre- 
posizione <Mf-,  si  sia  fatto  ad-tmpriu,  donde  la  forma  latinissata  adtmprixium. 

Si  potrebbe  obbiettare  che  nella  prima  serie  di  esempj  allegati  dal  8.,  U 
voce  occorre  nelle  forme  adempri$  (pi.)  adempre  (sing.)  e  usata  inneme  con 
qutttU  0  quitta  e  iàHa,  esprime  evidentemente  *  on  diritto  peraoiMle  signo- 
rile alla  percezione  di  nn  tributo  per  la  concessione  dell*uso  di  determinale 
terre  „  mentre  nella  seconda  serie,  sotto  la  forma  di  ademprawèeiUo  signi- 
fica *  un  diritto  reale  di  uso  su  terre  di  dominio  altrui  ,  ;  onde  si  potrebbe 
supporre  che  qui  siano  due  voci  di  etimo  diverso,  che  vengano  poi  a  com- 
mescersi e  fondersi  nel  terzo  gruppo.  Ma  si  fuorvierebbe  dal  vero,  poiché 
in  entrambe  le  serie  il  eoneelto  fondamentale  è  quello  di  '  percepire,  pren- 
dere *,  sia  che  nella  prima  il  diritto  spetti  al  signore  di  percepire  il  iribvto, 
sia  che  nella  seconda  spetti  airasufrnttuario  di  prendere  i  fratti  della  terra. 
Sta  bene  dunque  nelFuna  e  nell'altra  la  base  *ad-in-parare  ed  è  evi- 
dente come  si  potesse  passare  dalla  prima  aeoesione  alla  seoonda. 

Nei  capitoli  seguenti  (II  e  III)  il  6.  entra  pift  a  fondo  nella  quatiese 
storico-giuridica  in  quanto  tooca  alla  Sardegna.  Ma  io  aooennerò  dì  volo 
alle  sne  conclusioni,  che  escono  dal  oampo  de'  nostri  stndL  1^  eoaslaia 
ohe  neirordinamento  fondiario  della  Sardegna,  dopo  la  caduta  dell'impero 
romano,  sono  sopravvissuti  degli  usi,  la  cui  estensione  eeonoodea  e  aatma 
giuridica  è  impossibile  di  precisare,  per  la  searseaaa  delle  fonti,  muk  t^ 
gli  sembrano  consimili  alle  forme  degli  ademprivi  delle  terre  franco-spa- 
gnuole.  Il  S.  studia  la  vita  di  codesti  diritti  *oonsaetadinarì  dnnato  il  pf^ 
riodo  dei  giudici  e  sotto  la  denominazione  pisana  e  servendosi  lasgamcnie 
di  tutti  i  testi  editi  che  a  quel  tempo  si  riférisoono  e  di  pareeobl  altri 
documenti  inediti,  dimostra  che  quel  diritti  avevano  assunta  esisiensa  pr»> 
tica  e  ginridioa  in  Sardegna,  prima  ancora  che  gli  Aragonesi  ne  iapoitas- 
sere  neirisola  il  nome.  N^rordinamento  fendale  poi,  ohe  questi  diedero  alla 
conquista,  si  trasformarono  i  rapporti  e  i  vincoli,  eon  eoi  eia  diekrfiMito  ti 
suolo,  e  cosi  si  mutò  profondamente  anche  rassetta  degli  mdwmpriwi. 

Lo  studio  di  qneete  modillcaaioni  forma  oggetto  del  capitelo  lY»  a  mi 
ne  segue  un  altro  (VI,  dove  sulla  base  delle  risultaaae  storìehe  il  8w  4rter> 
mina  la  natura  giuridica  degli  ademprivi. 

Nello  svolgimento  di  questi  capitoli  occorrono  frequenti  oitirfom  dì  do- 
cumenti, parecchi  de'  quali  inediti  :  uno,  del  12fl6,  è  riportato  por 


Baeseipia  bibliografica.  598 

a  p.  88  n,  di  tQ  una  pergamepia  pisana  delle  Carte  Baille.  Vi  sarebbe  dunque 
da  apigolare,  specialmente  in  ordine  alle  forme  meridionali  dei  dialetti 
sardi;  ma  siccome  mi  consta  che  il  S.  attende  alla  pubblicazione  integrale 
delle  Flergamme  CiMgliwrUane^  così  ne  rimetto  la  cura  a  chi  darà  la  siste- 
matica illustrasione  di  esse. 

Intanto  qui  giova  ricordare  alcune  voci  sarde  d'etimo  evidente,  ma  la 
cui  significajdone  riceve  nuova  luce  dalla  documentatone  storica  che  ne  fa 
il  S.,  quali:  p.  28  rennu  regnum  '  patrimonio  regio,  patrimonio  del  fisco  \ 
siUfa  *  caccia  *;  —  p.  26  aaUua  '  ampio  spazio  silvestre  e  montuoso,  lasciato 
incolto  per  gli  usi  del  pascolo  e  del  bosco  *  ;  —  p.  29  a  tteatura  d$  r0tmu^ 
formola  usaU  per  concessioni  territoriali  stralciate  dal  patrtmonio  regio. 
Altre  voci  trovano  la  conferma  del  loro  etimo  come  :  p.  24  vidagMome  *  le 
case  e  le  terre  contigue,  che  servono  alla  dimora  e  alla  vita  dei  gruppi 
villici  *da  habitacione,  come  vide  il  La  Corte,  ofr.  St,  fil,  rom.  Vili  4U  ;  *^ 
p.  61  eutBorgia  da  *cursoria  [regio],  com'era  già  indicato  da  me  nel- 
l'Arch.  XIV  185,  nel  senso  di  '  circolo  che  abbraccia  un  certo  tratto  di  ter- 
ritorio *  e  la  ctt89orffia  fu  dapprima,  come  rileva  il  S.  '  una  terra  demaniale 
concessa  dal  barone  o  dalla  villa,  ad  un  pastore  o  ad  una  famiglia  di  pa- 
stori, nei  salti  e  nei  luogi  disabitati,  perchè  servisse  ai  bisogni  dell'agricol- 
tura e  della  pastorizia*.  Infine,  quanto  alle  varie  denominazioni  assunte 
dai  tratti  di  terreno  presso  le  capanne  pastorili,  p.  68,  sta  bene  connettere 
il  log.  furriadorfiua  camp,  furriadraxua  con  furriarf,  ma  non  è  esatto  che 
l'etimo  sia  nell'it  frugare,  poiché  la  base  del  verbo  sardo  è  *fur-idiare, 
cfir.  Roinama  XX  65;  Haxzoè  non  giada  stantiae,  ma  da  statio;  mddem 
va  certamente  con  odd^m,  boddeu$,  dal  verbo  camp,  boddiri,  in  cui  si  con- 
tinua regolarmente  colligere;  ma  non  chiara  è  quella  prima  sillaba  ot-. 


Un  più  laigo  campo  abbraccia  il  secondo  lavoro,  in  quanto  tratteggia  i 
rapporti  fra  la  costituzione  sociale  e  la  proprietà  fondiaria  in  Sardegna, 
avanti  e  durante  la  dominazione  pisana,  prima  cioè  della  conquista  ara- 
gonese, '  che  segna  il  momento  profondamente  trasformativo  della  storia 
sarda  .. 

Non  è  qui  il  luogo  di  riferire  intomo  a  questo  quadro  storico-giuridico, 
in  cui  diverse  voci  sarde  tornano  ad  essere  correttamente  spiegate.  Rileverò 
solamente  poche  cose:  diverse  argomentazioni  giuridiche  hanno  portato  il 
S.  p.  28,  a  vedere  giustamente  in  batter  ptdia  il  senso  di  '  quadrupedi  ', 
come  io  indicava  in  questo  volume  dell' Arch.  p.  880;  -—  a  p.  86  e  altrove  fa 
menzione  della  parola  vestare  '  casa,  dimora  '  e  poteva  ricordare  ohe  è  anche 
nel  Cand.  dà  S.  Pietro  e  che  il  Bonazzi  la  deriva  dal  gr.  fkaTdpiov,  come 
pure  il  M.-L.  AMoif.  56;  —  a  p.  44  dà  di  guìmre,  bubare  l'etimologia  dello 


594  Badsegna  bibliografica. 

Zanardelli  cubilare  (per  svista  il  S.  scrive  cuìneulare),  ma  più  persuasiva  è 
quella  del  M.-L.  Altlog,  26,  da  *bovilare,  che  corrisponde  assai  bene  alla 
significazione  che  il  S.  vi  dà  di  *  ampio  circuito  di  pascolo,  difeso  dai  ter- 
reni coltivati  e  recinto  con  apposite  siepi  e  muraglie,  per  le  vacche  e  gli 
armenti  \  Già  nel  lavoro  precedente,  a  p.  24,  il  S.  aveva  notato  che  nelle 
carte  sarde  la  voce  Ueolca  significa  dapprima  '  la  difesa  organizzata  fra  i 
membri  della  villa  *  e  poi  '  il  territorio  compreso  nel  suo  giro  \  venendo 
ad  una  accezione  simile  a  quella  di  vidazzone.  Ora  qui  a  p.  42  toma  a  in- 
sistere, a  ragione,  suirentità  di  valore  delle  tre  voci  viUa,  vidazzone^  iseolca, 
come  diversi  aspetti  di  una  medesima  istituzione  giuridica  ;  ma  non  è  esatto 
che  la  spiegazione  etimologica  di  tutte  e  tre  sia  stata  assodata  ;  poiché,  se 
non  cade  dubbio,  non  dico  su  n7/a,  per  sé  evidente,  ma  su  vidazzone,  quanto 
a  iseolea  non  è  ammissibile  Tetimo  proposto  dal  La  Corte  1.  cit.  ed  il  S. 
stesso  lo  infirma,  osservando  giustamente  che  la  seolca  indicò  senza  dubbio, 
come  diee  la  parola,  non  ignota  airitalia  longobarda,  una  guardia  o  scolta^ 
e  non  ò  nemmeno  una  suddivisione  deiresercito  bizantino,  come  pensò  il 
Bonazzi,  Cond,  di  S.  Pietro  p.  153;  dunque  la  scalca  ò  originariamente 
'  un*unione  di  persone  per  la  guardia  e  la  difesa  di  un  luogo  '  e  vien  fatto 
di  pensare  se  non  sia  una  stessa  cosa  con  scolta. 

Nel  discorrere  delle  diverse  classi  sociali,  collirertos  '  servi  \  liveroa,  ma^ 
iorales,  viene  anche  a  dire  a  p.  47  della  voce  paperos^  ch*egli  pure  col 
Bonazzi  ritiene  significhi  'membri  della  famiglia  del  Giudice  e  suoi  ade- 
renti*. Egli  rifiuta  la  derivazione  di  paperos  da  pauperes,  proposta  dal 
Bonazzi,  Cond,  di  S,  Pietro  156  e  accolta  dal  M.-L.  Altlog.  4  e  con  qualche 
riserva  dal  Besta.  Quanto  a  quella  messa  avanti  da  me  in  questo  voi. 
deirArch.  p.  388,  si  limita  a  ricordarla  in  una  nota,  essendogli  sopraggiunta 
durante  la  stampa.  Muovendo  dairespressione  nuorese  terra  paperUe  *  terra 
da  coltivare  neiranno  *,  ch*io  nella  Mise.  Asc.  243  riconducevo  a  pabulum 
*  pascolo  \  insieme  coi  termini  log.  pahorile^  paharile,  camp,  paborili  *  mag- 
gese, pascolo  *,  il  S.  suppone  che  l'antica  voce  papera  sia  la  continuazione 
di  pabulum  e  nella  ragione  del  sardo,  questa  base  con  scambio  di  suf- 
fisso può  aver  dato  *pahore  *paheru,  ma  qualche  influenza  non  manifesta 
deve  aver  attraversato  il  normale  degradamento  di  "ò'  in  t>  e  portato  in- 
vece alla  assimilazione  delle  prime  due  sìllabe:  paberu,  paperu. 

Prescindendo  da  questa  difficoltà  fonetica,  altre  maggiori  difficoltà  d'ordine 
ideale  ci  si  affacciano  in  questa  etimologia  e  sono  pressoché  quelle  stesse  che 
mi  tenevano  in  dubbio  riguardo  alla  mia.  Che  paperos  d&\  significato  originario 
di  *  pascoli  ',  sia  passato  a  indicare  *  le  vaste  estensioni  di  terre  disoccupate, 
in  molta  parte  offerte  al  pascolo,  che  costituivano  il  patrimonio  della  co- 
rona', è  ammissibile  e  infatti  nella  maggior  parte  degli  esempj  paperos  è 
usato  senza  articolo  determinativo,  come  un  termine  antonomastico  di  qualche 


Ramegna  bibliografica.  595 

ente  giuridico  e  potrebbe  tradursi  'corona'^;  tanto  è  rero  ohe  nel  §87  si 
aTTicenda  con  nnnu  'il  patrimonio  regio*  Ma  corona*;  tì  si  dice  che  Ur- 
gekitana  si  sposò  con  Furata,  servo  della  corona  (rennu)  e  dei  due  figliuoli 
che  ne  nacquero,  la  chiesa  di  S.  Pietro  se  ne  tenne  uno,  e  Taltro  la  corona 
{rennu);  e  si  aggiunge  che  il  servo  preso  dalla  chiesa  si  sposò  con  una  serva 
di  donna  Gioigìa  e  dei  cinque  figli  due  e  metà  di  un  altro  si  tenne  la  corona 
(e  questa  volta  paptros)  e  il  resto  la  chiesa'.  V*é  poi  qualche  esempio,  in 
cui  sono  contrapposti  i  due  termini  elenia  e  papera»,  seu*altra  determinasione 
il  primo  termine  e  anch'esso  senxa  articolo,  proprio  come  due  enti  morali, 
due  personalità  giuridiche  :  il  patrimonio  della  chiesa  e  il  patrimonio  della 
corona  '. 

Fin  qui  la  significazione  come  nome  di  cosa  appare  manifesta  e  si  potrebbe 
ammettere  che  si  chiamassero  danno»  de  papera»  i  membri  della  famiglia 
reale,  quali  *  proprietarii  del  patrimonio  regio  '  *  titolari  della  corona  *  ;  ma 
siffatta  denominazione  non  s*incontra  mai  nel  Cand,  di  S.  Pietra  e  nemmeno, 
per  quanto  mi  consta,  in  altri  testi.  Si  trova  invece  nel  Cand,  due  volte 
d<mnaH  papera»;  e  precisamente  nel  §  84,  dove  il  vescovo  Giorgio  dice  di 
tre  serve  che  gli  furono  portate  via  kene  la»  petire  nen  a  dannu  nen  a  man^^ 
datare  de  seu,  Petru  nen  a  frate»  ieeora  e  chiede  ca  tarran  ad  tesa»  so» 
donna»  papera»,  ki  lo»  imperauan  inanti  =  che  i  signori  papera»  le  restitui- 
scano a  quelli  che  le  comandavano  prima;  e  nel  §  297  si  ricorda  il  matri- 
monio di  due  servi,  avvenuto  eun  Muniate  de  piscapu  Franeu  e  de  donno» 
papera».  Ora,  sia  nell'uno  che  neiraltro  caso,  papera»  evidentemente  non  é 
nome  di  cosa  e  nemmeno  di  un  ente  giuridico,  ma  sibbene  un  aggettivo  o 
un  nome  di  persone  reali  e  come  tali  presenti  alla  mente  di  chi  scrive,  di 


*  Cfr.  §  25:  ib'  non  fuit  eeruu  de  »€U*  Petru,  uorthe  de  papero»  ^^  che  non 
fu  servo  di  8.  Pietro,  ma  della  corona.  £  cosi  §  38:  ankilla  de  papero»^ 
serva  della  corona;  Art  fuit  de  papero»  ^^  che  fu  della  corona;  §  65:  e  fura- 
runinkela  »ervo»  de  papero»  =»  e  ne  la  rubarono  i  servi  della  corona;  §  303: 
Janne  fuit  de  »eu,  Itnbiricu  e  Justa  de  papero»,  ecc. 

'  Ecco  il  testo:  Coiuuait  Urgekitana  eum  Furatu  ki  fuit  eeruu  de  rennu; 
fekerun,  ti.  fiio»,  a  Petru  et  a  Ooeantine;  »eu,  Petru  de  Silìci  leuaitilu  a  Go- 
eaniine  e  rrennu  leuaitilu  a  Petru.  E  Ooeantine  coiuuait  cu'  Maria  Napulitana 
ankilla  de  donna  Jorgia\  fekerun,  V,  fiio»,  a  ckipriane  et  ad  Urgekitana  e 
llatu»  de  Maria  leuarun  papero»,  ecc. 

*  Si  tratta  di  divisioni  di  servi,  il  §  304:  desia  Uhait  a  Jueta  et  ad  Andria 
e  papera»  a  Gosantine,  e  il  §342:  Venerun  a  parthire  desia  e  papero»;  de»ia 
leuait  a  Nastasia  e  papero»  a  Plana,  E  del  pari  §  ZWixEgo  leuailu  a  Migali 
et  a  Bera,  a  ccleeia,  e  papero»  a  Gosantine  =  Io  presi  Michele  e  Vera  per 
conto  della  chiesa  e  la  corona  [prese]  Costantino. 


596  .B«8»eg9a  bibliografica. 

modo  ohe  tì  premette  la  determinazione  damnos  '  ugnorì  *.  Alla  goal  signi- 
ficazione personale  aoc^Dom  certamente  Tunioo  esempio  con  Tartioolo  d^l 
§  342  :  rennerun  e  UargaruminU  bob  paperos  a*  ìfaMmia^  che  si  doTre)%be  spie- 
gare: i  T^ptron  veniMro  e  mi  rubarono  Anastasia.  Ohi  sono  codesti  p^perniì 
£  la  difficoltà  s^aocresoe,  quando  si  aggiunga  che  la  voce  occorre  al  sing<>- 
lare  nella  frase  aver  paperu  ^,  e  come  si  eolleghi  coi  ingnificati  anteoedentà 
non  si  vede  chiaro.  Infine  nel  §  S39  del  Omd,  si  hanno  le  forme  pauper^ 
tre  volte  di  seguito,  invece  delia  consueta  paperos.  Sarò  pauperos  nn  rifii- 
cimento  latino,  che  si  è  infiltrato  nel  testo  volgare,  da  m^ettere  insieme 
con  la  pretta  ricostruxione  latina  che  è  in  terra  pauperum  dì  un  doeumento 
pisano  citato  dal  S.  p.  47  n,  oppure  tradirà  Tetimo  effettivo  della  tormen- 
tata parola?  Data  però  Tequazione  paperos ^pauperes,  che  é  certamente 
la  più  semplice  e  regolare  foneticamente,  il  problema  delle  significazioni 
resta  non  meno  arruffato  e  spetta  agli  indagatori  del  diritto  sardo  medie- 
vale di  trovarne  il  bandolo. 

Un'ultima  notevole  osservazione  fa  il  8.  p.  58  n,  dove  sostiene  l'autenti- 
cità delle  note  carte  sarde  edite  dal  Tanfani  néiVAreh,  st^r,  it,  ser.  Ili, 
voi.  XIII,  p.  S6S  e  inserite  dai  Monaci  nella  Cresi,  d.  primi  eec.  pp.  4-5, 
28-29,  che  lo  Schultz  nella  Zeite.  f.  ram.  FhU.,  XYIII  141,  cercò  di  dimo- 
strare apocrife.  L'asserzione  del  S.  è  recisa  :  *  la  carta  (la  prima  dal  1080^85) 
ha  tutti  i  caratteri  dell'  autenticità^  come  l'altra  del  1112  pubblicata  dal 
Tanfani  e  anche  questa  ingiustamente  dichiarata  supposta  dallo  Schultz  ,  ; 
e  avvalora  il  giudizio  con  parecchie  ragioni  storiche,  ma  a  queste  sarebbe 
stato  bene  aggiungere  anche  quelle  d'ordine  paleografiche,  che  dirimessero 
tutte  le  obbiezioni  del  critico  tedesco. 


^  È  al  §  43  dove  il  vescovo  Giorgio  si  querela  del  furto  di  una  serva  dì 
S.  Pietro,  fatto  da  Michele  Aketu  servo  per  tre  parti  di  Mariano  di  Casta var 
e  per  una  parte  di  S.  Maria  di  Cotronianu,  e  dice:  a  mimi  ca  mi  paruU 
male  ca  mi  la  furarat  e  cea  ui  aueat  paperu,  e  cea  fuit  eeneke,  andàui  e 
leuaindela,  e  torraila  assa  domo  de  seti.  Petru  a»  a  me  sembrò  male  che  me 
la  rubasse  e  che  vi  aveva  paperu  e  che  fu  vecchio,  vi  andai  e  ne  la  presi 
e  la  restituii  alla  casa  di  S.  Pietro.  Pare  che  il  soggetto  di  fuit  eeneke  sia 
il  servo  Michele  Aketu  che  rubò  la  serva,  ma  il  soggetto  di  €Meat  paperu 
chi  sarà?  e  che  cosa  vorrà  dire? 

P.   E.    GUARNERIO. 


Bnaocgna  bibliogrAfiea.  507 

Smania  XXXI  (122). 

A.  PkilipoD,  L€$  acemsaUf»  cu  -on  d  m  -tiii.  In  qoesto  articolo,  impor- 
tonte  Miai  anohe  por  nitrì  linguaggi  neo-latini,  TA.  viene  alla  condunone 
che  il  tipo  fleenonale  PUres  FerùH  é  d'origine  puramente  latina,  e  coti  pnre 
il  tipo  pùU  pMlain,  In  una  nota  a  p.  2S1,  il  compianto  Pani  coniente  in 
tAli  eoncinsiotti.  —  C.  Salyioni,  BUmologUx  boi.  hà09t  maggese,  terra  non 
coltivata,  da  wrtfwo.  Circa  al  suo  nnonimo  vUri  (frinì.,  eoe.  ;  vedine  anohe 
qui  eopra  a  p.  289  n),  che  é  da  vìfnu,  efr.  il  lion.  vikro  -«,  ecc.,  e  Devanz, 
Étjrm.  de  Fourvière,  pp.  7-8  n  ;  —  iitr.  hitmc^  bianco,  che  é  studiato  dal  lato 
formale  ;  —  ven.  hàpolo,  lumaca,  da  b5vb.  Cfr.  ancora  il  vie.  ho-  e  bàgUot  il 
mant.  hog^i  e  notisi  pure  il  vie.  eorgnólo  chiocciola;  —  vaiteli.,  engad.  brika, 
-r'ot  da  *  brìcia  '  -f*  '  bocca  '  ;  —  tose,  cascina  -o,  forse  *  cassa  *  4*  '  fascia  *  ; 

—  com.  ciuanera  <=  *ca$tanéra  ;  —  mil.  edved  è  tratto  da  un  plur.  *cdved  = 
capita;  così  come  d'altra  banda  dipende  dallo  stesso  plur.  il  fem.  berg. 
càeda  o  cÓbda  lotto  di  qc.  (v.  Arch.  st.  lomb.  XXXI  869);  —  dafzajuàlo^^ 
*dazzjaj'\  —  ven.  desdromùtiar  svegliare,  da  '  desdromensar  * -|- *  desmis- 
sìar*;  —  piem.  ddJt^^mSimj;  —  engad.  giob  -p  ginepro,  con  'giubba';  — 
a.  veron.  grancor,  da  rancar,  come  ven.  granfio  «»  '  rancido  '  ;  —  sopras. 
kdui,  engad.  ^óidn  scaffale,  tiretto,  col  ven.  cdKo^cALATiius;  cfr.  ancora 
il  trev.  cialto  che  accenna  a  *calt'lu  *cìaltu;  -•  levent.  la  kumhM,  da  kum/ 
con  intrasione  di  beti  bene;  —  lésna,  algina.  ghéghen\  tuttettre  da  YHoaTm; 

—  lomb.  Ì6é  fondo,  podere,  da  loci;  —  trent.  lunae^LAcOHA  (v.  qui  sopra 
a  pp.  818-4  n);  —  frane,  marais,  col  lomb.  maresk  giunciga,  e  ambedue 
dal  lat.  MAMScos  giunco  (cfr.  i  prov.  ^oim^M -ca«<o  terreno  acquitrinoso);  ^ 
meneuria  gesto,  atto,  maneggio;  è  voce  del  Grisostomo,  ohe  deve  averla 
avuta  da  Milano;  —  razza  dal  dotto  onriBATio  (v.  qui  sopra  a  pp.  818-4); 

—  piac  rézda  fandonia,  deverbale  da  *rc3dà  BScirAai;  —  vaiteli,  resend 
rissare,  caviUare,  ^^  *  ragionare  *  ;  —  verban.  rotolàn  pipistrello,  »■  '  ratto-vo- 
latore*; —  mil.  roìlf  cruschello,  tritello,  col  ted.  Roggen.  Cfr.  tuttavia  il 
romagn.  ruvzol  (Lorck,  altb.  spr.  198,  la  cui  dichiarasione  mi  par  ben  poco 
attendibile),  il  cui  trr  ben  può  essere  rispecchiato  dall' o  mil.  e  dall' *-o$- 
della  forma  pavese  arcaica,  e  che  ci  porterebbe  lontani  dalla  base  germa- 
nica; —  8edtota=»*cd8iola,  e  questo  dall'aat  kasto;  —  scòtta  =  ktcÒcta; 

—  berg.  (dna)  sdégia  =**  vwìcxjisvu'  —  pav.  snengh  semplice,  con  'solingo*; 

—  ven.  zodéa  oomice,  dal  frane.  8uage\  —  ant.  lig.  spenga  -ruga,  da  uno 
^pBLÙGA  »>  sPKLuvcA  del  lat.  volg.  In  una  nota,  è  ricondotto  alla  stessa 
base  il  nome  del  monte  Spluga.  Ora  è  bello  ricordare  che  il  villaggio  di 
SpiUgen,  al  di  là  del  monte,  h  chiamato  SpelO^fl'a  al  di  qua,  cioè  a  Cam- 
podolcino,  nel  territorio  del  qual  paese  è  una  frazione  di  Spelughetta  detta 
sul  luogo  stesso  La  SpelH'ga;  —  lomb.,  engad.  stakètta  buletta,  con  'attac- 
care •  ;  — piao.  taznd  ■»  'netteggiare  ';  —  levent.,  blcn.  tj/m  pinastro,  da  takda. 


598  Rassegna  bibliografica. 

coir-ERNU  di  ACEBNu,  ccc.  ;  —  bclliiiz.  tUffin,  da  t&oa,  ohe  converrebbe  pie- 
namente e  dal  lato  dell'idea  e  da  quello  del  suono.  Sennonché  il  Griaco- 
mino,  cui  la  voce  é  nota  come  già  propria  del  suo  Piemonte^  mi  rende 
avvertito  della  esistenza  di  un  ingl.  tt4Hnet  che  avrebbe  lo  stesso  significato 
di  tMn;  —  venez.  trànce  =  tramItb  ;  —  lomb.  ùwa^  ecc.,  da  aqua;  —  sopras. 
la  vertit  luppolo,  col  lomb.  levertiéa  ecc.  ;  —  vassójo,  da  '  vaso  *  -|*  mediev. 
'  missorium  *  (per  altri  riflessi,  v.  ora  qui  sopra  a  p.  482)  ;  —  vigliare  ecc., 
da  vtLLus.  —  CoMPTEB  RBNDus.  A.  Thomas  rende  conto  della  dissertaz.  di 
Charlotte- J.  Cipriani,  Étude  sur  quelques  noma  propres  d'origine  germanique 
{en  frangaia  et  en  italien), 

123. 

A.  Thomas,  Lea  aubatantifa  àbatraita  en  -ier  et  le  auffiaee  -abius.  —  C.  Niqba, 
Notea  étytnologiquea  et  lexicalea:  I.  Fr.  aiguUle,  È  postulata  una  base  ^aquIlia 
(cfr.  aquilium,  -Ho,  equileo,  ne*  glossari)  a  cui  riverrebbero  il  frane  aiguille^ 
come  ad  aquiliu  riverrebbero  il  trent.  aguH  ecc.,  il  -guèi  risp.  --vegio  del 
vaiteli,  beaguèi  (cosi  va  letto),  ven.  beaevégio  ecc.  La  cosa  è  ben  possibile  ; 
solo  vorremmo  vedere  conciliati  tra  loro  IV  della  voce  francese,  che  accenna 
ad  1,  e  quello  delle  voci  cisalpine  che  postulano  X,  —  Quanto  ai  canav. 
atìjf  ed  djvjay  convengo  che  ci  mostrin  Taccento  arretrato,  ma  sono  d*altra 
parte  ugualmente  convinto,  che  non  vadano  staccati  dai  piem.  aaU'j  e  Hja 
(v.  Rendic.  Ist.  lomb.,  S.  II,  voi.  XXXVII  530);  —  II.  Dérivéa  romana  de 
barba.  Notevole  articolo  intorno  alla  caduta,  per  dissimilaz.  sillabica,  del 
bar-  in  certe  voci  che  sarebbero  derivate  da  '  barba  *,  tra  cui  baéettef  bàttole, 
bizzarro^  béeciat  bigottiera  e  bigoléte  canav.  ecc.  In  una  nota,  toccando  di 
fenomeni  analoghi,  Taut.  propende  a  derivare  il  monf.  beòa  pecora,  il  ven. 
bizarin  e  il  berg.  bezz\  agnello,  da  berbkx.  Ma  la  fonetica  deve  nettamente 
escludere  le  due  prime  identificazioni,  e  non  ammettere  la  terza  che  dato 
un  derivato  *berbèceu;  —  III.  Vuol  dimostrare  il  N.  la  presenza,  ne*  ter- 
ritori neo-latini  e  ne*  germanici,  di  una  base  radicale  bea-  bia-  {vea"  via-)  coi 
significati:  a)  di  insetto  ronzante  e  pungente;  b)  di  pungiglione;  e)  di  ron- 
zare; d)  di  frugare,  acciarpare;  e)  di  sciame  e  di  alveare.  Molte  voci  ita- 
liane e  ladine  figurano  sotto  le  diverse  rubriche,  meravigliosamente  ricche. 
Intanto  il  sopras.  baaeina  (v.  qui  sopra  a  p..202);  poi  il  piac  biaia  (cfr.  anche 
il  parm.  baia  vespa),  i  lomb.  beaèit  biaiti,  biaiocc,  il  gen.  beaiggiu,  tutti  col 
significato  di  *  vespa,  tafano,  fìico,  ape,  insetto  pungente  *,  il  romagn.  baèi, 
piem.  v^o,  capriccio  violento,  ecc.;  poi  il  lomb.  beaèi,  berg.  abi  (non  da  *&^', 
una  tale  ettlissi  non  essendo  conforme  alFuso  bergamasco,  bensì  da  *ie&/, 
metatetico  da  òei/),  romagn.  baiòlf  mant.  baavil,  vaiteli,  beaguèi,  ven.  beae- 
végio, ecc.,  pungiglione.  Queste  ultime  due  forme  rappresenterebbero  rin- 
contro di  BSB-  con  aguéj  risp.  *avégio  dalla  base  aquilio  (v.  qui  indietro); 


Rassegna  bibliografica.  599 

il  bresc.  bièd  (il  Melohiorri  invero  ha  bisà^^bifà,  e  questo  con  bi^a  biscia; 
quasi  'diventare  una  biscia*)»  parm.  betiar;  piac.  Ma  ortica,  lomb.  besiàf 
berg.  besgià  {9ff  =  8j)  pungere;  sopras.  bUgiar  fischiare;  piem.  bisa,  gen.  bixa 
(non  ^»  biéa  ma  =  biia)t  berg.  bfyia,  vento  freddo,  frixzante  ;  ven.  bitegar, 
berg.  biaiffà  (cfr.  anche  il  lomb.  comune  viitgd),  piac.  bsuffd  frugare,  lavo- 
ricchiare, acciarpare;  beig.  bisà,  mil.  bi-  bùSceu,  ecc.,  sciame,  alveare.  Nei 
quali  ragguagli,  molto  ci  dev*essere  di  vero.  Solo  avremmo  desiderato  che 
il  N.  ci  avesse  più  precisamente  istruiti  intomo  ai  rapporti  che  corrono 
tra  6-  e  9-,  tra  «  ed  e  (e  anche  U;  cfr.  il  bu$o  de  ave  ven.,  ecc.,  qui  sopra 
a  p.  202,  e  alveo  seu  brugazolo  eeu  buxo  apium  in  Stat  berg.  del  1422; 

V.  Lattes,  Il  diritto  consuetud.  ecc.,  459)  nella  radice,  e  quelli  tra  ^  e  ^ 
e  U  ne*  derivati.  Quest^ultimo  può  essere  spiegato  da  abIlu,  non  così  ék,  e 
cosi  è  difficile,  che  il  boi.  aèij,  il  ven.  aàéjfo  rispecchino  asilio  ;  meglio  di- 
remo forse  che  vi  s*  incontrino  asIld  e  Taquiliu  delle  glosse,  dato  che  questo 
abbia  I  nella  tonica,  com'è  probabile,  visto  €tguéj  ecc.  La  radice  (e«-  o  bie- 
poi,  diversamente  combinata  ora  con  aqdìLxu,  ora  con  asIlu,  ora  con  am- 
bedue (mant.  baevfl,  dove  il  •«•  è  da  aquXliu)  spiegan  le  diverse  forme  alto-i t. 
per  '  vespa,  tafano,  pungiglione  \  Quanto  al  gen.  beèlHu,  il  S4  per  ii  (cfr. 
aiiUu  qui  sopra  a  p.  850)  sarà  per  dissimilazione  di  i'^g.  —  Qui  e  là  lungo 
Tarticolo,  e  nelle  note  son  poi  trattate  altre  voci  :  il  gen.  azùggiu^  il  piem. 
e  emil.  os/efr,  il  canav.  zilar^  il  parm.  Mlar,  ecc.;  —  IV.  Afr,  brusler, 
it.  bruciare^  bruseiare,  etc.  Al  lat.  raOscu  risalirebbero  brueeare^  ab- 
bruscare,  i  rom.  abbruschino  e  pan  brusco  pane  arrostito;  a  bbùstu,  bruetare, 
abbruetire,  il  gen.  brUetoM;  a  *bbùscsu,  brùeeido;  a  ^brùstbu,  brustiare,  ab- 
brustiare,  il  che  non  è  possibile,  visto  che  in  voci  popolari,  la  risposta  to- 
scana  di  stj  è  soltanto  è.  Quanto  a  brusciare  esso  dipende  o  da  *BauscBu 
0  da  *BBusTKtj;  sennonché  il  se  di  brusciare  va  con  quello  di  coscio f  catiuscia, 
non  con  quello  di  fascia  o  di  angoscia  (alto-it.  fà^a^  ingófa),  e  brusciare 
sta  quindi  su  una  sol  linea  con  bruciare,  come  eascio  e  camisda  stanno 
su  una  sol  linea  con  cacio  e  camicia.  D*  altra  parte  la  rispondenza  è 
esatta  tra  il  ci  risp.  «et  toscano  di  queste  voci  e  il  i  dell*  alto-it  briUd 
(e  camisa,  casa),  onde  non  ha  scopo  il  tentativo  di  scindere  bruciare  da 
òrOéd,  Una  base  in  *-siare  li  concilia  invece,  e  questa  io  ripeterei  dal- 
r  *-ii8iARB  proposto  dal  Pieri  qui  sopra  a  p.  172  n;  bruciare  sarebbe  quindi 
*perìisiare^  coi  p-  modificato  sotto  l'influenza  di  bren  germanico.  Altre  voci 
ital.   di   cui    tocca   il   N.    sono   bruscolo^  brustolare^  il  lig.  brisea^  ecc.;  — 

VI.  Afr.  carole,  querole,  it.  carola,  ecc.  ecc.  Da  cnoRArLA,  attraverso 
il  metatetico  'cauròla;  —  VII.  Notns  du  "  menton  ,  dans  VIt€Uie  du  nord 
et  du  centre:  a)  Non  credo  che  in  monton^  ecc.*  entri  'monte*;  basta,  a 
spiegar  1*0  protonico,  il  vicino  m,  cui  in  monton  s*  aggiungeva  la  spinta 
assimilativa.  In  ogni  modo  di  questa  fiducia  del  N.  ne*  rapporti  tra  *  monte  * 


600  Rassegna  bibliog^TAfioa. 

e  '  mento  *  mi  prevalgo  io  volonti^ri  per  il  mio  ragguaglio  tra  ffepa  (r.  qui 
innanzi)  e  il  ted.  KUppe;  h)  canay.  glèmun^  col  canroNU  di  Papias,  e  questo 
da  cBuris;  é)  harba^  mento,  anche  in  Val  Calanca  e  a  Gampodolcìno  (Ghia- 
venna);  d,  \)  boi.  hàsia^  lomb.  busleUa,  berg«  hàssóla^  ecc.,  dalle  omofone 
voci  indicanti  '  tafferia*  ecc.  Cfr.  anche  il  Incch.  hàeiiyra  (qui  sopra  a  pp.  431-2), 
e  mi  dnole  che,  dettando  quelle  righe,  non  mi  fosse  presente  Tarticolino  del 
Nigra;  d^  2)  boi.  hùaéla,  rom.  ho-,  con  'bussola*;  d,  3)  hakza  sarebbe  voce  o 
veneta  o  romagnola,  la  quale  alla  sua  volta  dipenderebbe  da  ^babia.  Ma  in 
primo  luogo  è  un  abbaglio  del  N.  che  in  que*  dialetti  8*abbia  haisea  = 
mento  prominente,  e  la  versione  per  '  bazza  *  che  tanto  nel  Boerio  quanto 
nel  Mattioli  si  legge  accanto  al  dial.  haza^  si  riferisce  evidentemente  al  solo 
bi^9za  =3  buona  fortuna.  In  secondo  luogo,  non  credo,  né  nel  veneto  né  nella 
Romagna,  a  hj  in  ».  Nessuno  degli  es.  a  tale  uopo  allegati  dal  N.  è  specifico; 
si  tratta  o  di  voci  d*etimo  non  ancora  ben  assodato,  o  di  gallicismi  come 
lozaf^ìoge,  lùnsa^^^longef  e  del  resto  son  comuni  a  tutta  Italia.  —  Noto 
poi  che  il  N.  trova  occasione  di  qui  occuparsi  anche  di  pfem.  boba,  mil. 
bàbi  mento  puntuto,  piem.  bóbi,  ecc.,  rospo,  di  b<»f>a,  baggiano,  baggéo,  babbeo; 
d,  4)  mant.  btssa,  béisola,  lomb.  béMzola  -dola  -aciola,  berg.  bisèolaf  piem. 
béssula  -éìda  -ppvla,  ven.  sibézsfola  -««-,  ricondotti  tutti  a  un  ^bccea  -ccia  da 
BECcu.  Vi  dovrebbe  entrare  anche  il  mil.  ^^a,  in  seguito  a  metatesi  reci- 
proca di  articolazione  insieme  e  di  grado*  Sennonché  ^bbccia  doveva  dare 
alla  Lombardia  occid.  o  *béèa  o  ^bé»a,  e  la  metatesi  ammessa  dal  N.  avrebbe 
quindi  dovuto  condurci  a  *eé',  o  *zépa.  Ben  é  vero  che  un  e  può  alternare 
COM  i-  (ient  e  ilent,  ecc.),  ma  nel  caso  nostro,  io  non  ho  mai  udito  altro 
che  ^é-.  Sarà  poi  da  chiedersi  se  traccie  di  questo  g/pa  («=»  é-)  non  sìan  da 
ravvisare  nel  -pp-  del  valbross.  béppula;  —  Vili.  It.  tuUo,  fr.  toui.  Il  primo 
da  *Tt5oTD8  («=  *TuoiTD8  =  TUTicus).  11  couforto  chc  il  N.  vuol  trarre,  per  or, 
dal  'é  del  pi.  tUé,  è  illusorio,  qui  il  -é  essendo  il  prodotto  di  -ttT,  preoisam. 
come  il  'C  del  plur.  dené  ò  il  prodotto  di  -ti,  —  Mélarges.  P.  E.  Guamerio, 
Particelle  pronominali  sarde.  A:  a.  log,  e  un  de  '  con  lui\  cundoa  *  con  l&ro\ 
da  cuM  iLLB  ecc.,  con  <2  =  4^  ea  LL.  B  :  J(^.  giiteu,  itteu,  log,  od,  ite^proitey 
proiteui  mer,  ita,  poita,  da  quid  risp.  quid  deus. 

XXXn  (126). 

A.  Thomas,  Le  suffixe  -arieius  en  fran^ais  et  en  provengal,  —  Comftes- 
BBNDUB.  Job.  Popovici,  A,  Byhan,  letrorumdnisehes  Glossar. 

128. 

Paobt  Tothbbb,  Dante* s  uses  of  the  word  trattato  in  the  Convivio  and 
Vita  Ntiova,  —  Mélahoes.  John  Taggart  Clark,  Les  explosives  sourdes  entre 
voyelles  en  italien,  L*  A.  avanza  1*  ipotesi,  troppo  comoda  perché'  non  con- 


Raraegna  bibliograitoa.  601 

forUta  di  prove,  che  la  sorda  o  sonora  dipenda  da  diversi   strati    idioma- 
tici:  la  ^nte  colta  conservaya  la  sorda,  Tincolta  la  sonora. 


OrHndriss  dtr  romanisehen  Philoìogie,  herauBgegeben  von  Gust.  GrObib.  Zweite 
▼erbesserte  nnd  yermehrte  Auflage.  I  Band.  1,  2and  8  Lieferung.  Stras- 
sbarg,  Karl  J.  TrObner,  1904. 

AnoLro  Zacvie,  Glottologia  romanza  {Elem,  di  gramm,  eompar,  deìU  lingue 
né4hlaiiH€),  Traduz.  di  Gio.  Batt.  Festa.  Torino,  G.  B.  Paravia  e  C,  1904. 

Fr.  D^Ovidio,  Reliquie  probabili  o  possibili  degli  antichi  dial.  italici  nei  mo» 
derni  dial.  ittUiani  e  negl'idiomi  rofnanzi  in  genere.  Napoli,  Tip.  della 
R  Università,  1902  [Estr.  dagli  Aiti  della  E.  Ace.  di  Scienze  Morali  e 
Politiche  di  Napoli,  voi.  XXXIY]. 

Dai  tempi  antichi  ai  tempi  moderni.  Da  Dante  al  Leopardi,  Raccolta  di 
scritti  critici,  di  ricerche  storiche,  filologiche  e  letterarie,  con  facsimili  e 
tavole.  Per  le  noszs  di  Michele  Scherillo  con  Teresa  Negri.  Milano, 
U.  Hoepli,  1904. 

NB.  Nello  splendido  e  importante  volume,  al  qnale  hanno  collabo- 
rato ben  settanta  fra  amici  e  ammiratori  dello  Scherillo,  c*è  qualcosa 
anche  per  noi:  Al.  SBrausai  insegne  le  antiche  tracce  d*un  verbo  vol- 
gare, e  cioè  le  forme  ttdsi  e  tuUum  come  perfetto  e  supino  di  *toUere  \ 
la  prima  fin  dal  4**  sec,  la  seconda  dal  6^.  —  Clch.  Mbblo  tratta  del  nap. 
ancina  «»  bcbimd,  del  delf.  bonrubi  marrubbio,  nuovo  esempio  di  '  buono  ' 
sostituito  al  presunto  '  malo  *,  di  mollica  e  altre  voci  d*ugual  radice,  di 
posTULÀCA  e  poRciLLACA  uoì  dial.  italiani.  —  Il  Mussafia  del  lat.  iixb 
nel  Gelindo. 

J.  Tbébbl,  L' Ancien  Testament  et  la  langue  fran^aise  du  Moyen  àge  (XIII*-XV* 
siècle).  Étude  sur  le  ròle  de  Vélément  hiblique  dans  Vhistoire  de  la  langue 
des  origines  à  la  fin  du  XV*  siècle.  Paris,  Léopold  Cerf,  1904.  [Le  risul 
tanse  a  cui  giunge  TA.  interessano,  come  di  leggieri  si  capisce,  anche 
le  altre  lingue  neo-latine]. 

C.  TomcAsmi,  Vocabolario  generale  di  Pesca  con  tutte  le  voci  corrispondenti 
nei  vari  dial.  del  Regno,  Disp.  1*.  Roma,  Fratelli  Gach,  1904. 

Bebth.  WiBSB,  Altitalienisches  Elementarbuch.  Heidelberg,  C.  Winter*s  Uni- 
eversi  tatsbuchhandlung,  1904. 

K.  Strbkbu,  Zur  Kenntniss  d.  slavischen  EUtnente  im  itaHenischen  Wortschatze 
[In  Archiv,  far  slavische  PhiMogie,  voi.  XXVI,  pp.  407-36]. 

NB.  !  !  Dello  stesso  autore  è  da  segnalare,  come  non  indifferente  per 
la  dialettologia  italiana,  il  lavoro  Zur  slavischen  Lehnwòrterìeunde  nelle 
Memorie  delFAccad.  di  Vienna,  voi.  L. 

L.  BiADBHB,  Canzone  d* amore  di  un  rimatore  pisano.  Pisa,  F.  Marietti,  1904 
[Nozse  D*Ancona-Cardoso]. 

Euo.  DoLciom,  DiaUUo  tiburtimo.  Alti  tempi  de  na  vàia,  Ciciliano,  C.  Ur 
bani,  1903. 

BocBLLA  Db-Gaonx  [Sbvbbo  Vbmci],  CinquatUa  sonetti  in  dialetto  ciritonico. 
Viterbo,  Agnesotti  e  C.,  1903. 

Fbbb.  Lbobabdi,  Sangue,  sfrizzuli  e  pormone.  Poesie  in  vernacolo  spoletino. 
Nuova  edix.  migliorata  ed  accresciuta.  Spoleto,  Tip.  deirUmbria,  1903. 

Rapp.  Nabdivi,  Sonetti  popolari  [in  dial.  ascolano].  Serie  prima.  Ascoli  Pi- 
ceno, Gius.  Cesari,  1904. 


602  Rassegna  bibliografica. 

Codice  diplomatico  barese  edito  a  cura  della  CommÌ89Ìone  provinciale  di  Ar- 
cheologia e  Storia  Patria.  —  Le  Pergamene  di  S.  Nicola  di  Bari,  Periodo 
normanno  (1071-1194J.  Per  Frane.  Nitti  di  Vito.  Bari,  1902. 

NB.  !  !  Anche  a  questo  volume,  come  agli  altri,  va  unito  un  ben  utile 
glossario  delle  voci  basso-latine  e  basso-greche. 

R.  Rajna,  Il  Padiglione  di  Re  Alfonso,  Firenze,  Tip.  Galileiana,  1904  [Nozze 
D'Ancona  Cardoso]. 

Ugo  Levi,  I  monumenti  del  dialetto  di  Lio  Mazor.  Venezia,  Visentini,  1904. 

Flam.  Pelleobini,  Documenti  inediti  in  dial.  veneto  del  sec.  XIII  dal  cod, 
capitolare  veronese  DCCL  [Estr.  dagli  Atti  delVAccad,  d*agr.y  scienze, 
lettere,  arti  e  comm.  di  Verona,  S.  IV,  voi.  VI,  1903]. 

L.  BiADENE,  Origine  dell'Ospedale  di  Asolo,  Documenti  editi  e  annotati.  Asolo, 
F.  Vivian,  1903. 

Achille  Tiam,  Ruzzante  all'alba  del  XX**  secolo;  pennate  rusticane,  Padova, 
L.  Crescini  e  C,  1903. 

C.  Musatti,  Motti  popolari  veneziani.  Venezia,  Tip.  Orfanatrofio»  1894  [Estr. 
ddlV Ateneo  Veneto,  ann.  1904]. 

Ett.  de  Toni,  Appunti  dialettali,  Venezia,  Tip.  Orfanatrofìo,  1904  [Estr.  dal- 
V Ateneo  Veneto,  ann.  1904]. 

Poesie  in  dialetto  tabbiese  del  sec.  XVII  pubblicate  da  E.  6.  Parodi  ^Gi- 
rolamo Rossi,  illustrate  da  E.  G.  Parodi.  La  Spezia,  1904  [Estr.  dal 
Giom.  star,  e  lett.  della  Liguria,  ann.  XI,  1903,  fase.  10-12]. 

Musa  subalpina.  Saggi  di  poesie  raccolti  da  Cesare  Solferini.  Torino,  Gius. 
Giani  [1903], 

C.  Cipolla,  Brevi  aneddoti  in  volgare  bóbhiese  del  cadere  del  sec.  XIV.  Torino, 
C.  Clausen,  1904  [Estr.  dagli  Atti  della  R.  Ace,  delle  Scienze  di  Torino, 
voi.  XXXIX]. 

Aless.  Maraqliano  (Lissandrbn  dra  Rousbela),  Sestine  e  Sonetti  in  dial.  voghe- 
rese.  Casteggio,  Raim.  Cerri,  1904. 

AaiDB  PiAGNOLi,  Fonetica  parmigiana  riordinata  ed  accresciuta  delle  Noie 
morfologiche  per  cura  di  Ant.  Boselli.  Torino,  Tip.  Salesiana,  1904. 

Giulio  Bertoni,  Il  dialetto  di  Modena.  Introduzione  —  Grammatica  —  Testi 
antichi.  Torino,  E.  Loescher,  1905. 

Val.  Faustini,  J'en  tUtt  toc  ad  Vanma  mia [in  dial.  piacentino].  Milano, 

Rebeschini,  1904. 

G.  LoNATi,  Gazaboi,  Raccolta  di  poesie  in  dial-  cremonese  coli* aggiunta  di  altre 
in  lingua  italiana.  Cremona,  Tip.  Interessi  Cremonesi,  1904. 

Ett.  Bellini,  El  prim  de  de  Quaresima.  Scene  cremonesi.  Cremona,  G.  Frisi, 
1904. 

Carlo  Martiqnoni,  Raccolta  delle  Poesie  in  vernacolo  luganese.  Locamo,  Alb. 
Pedrazzini,  1903. 

Speri  Della-Chiesa  (Try  Eo-Kuher),  Don  Vicente  (IParvenus).  Scenette  dia- 
lettali [in  dial.  rustico  varesino].  Varese,  Eredi  Macchi,  1904. 

V.  Crescivi,  Manualetto  provenzale.  Seconda  edizione  emendata  ed  accresciuta. 

Verona- Padova,  Fratelli  Drucker,  1905. 
R.  Menéndez  Vid&ì,  Manual  elemental  de  gramàtica  histórica  espaHola.ì&SLdnA, 

Victoriano  Suàrez,  1904. 
Th.  Gartneb,  Darstellung  der  rumànischen  Sprache.  Halle  a.  d.  S.,  Max  Nie- 

meyer,  1904. 

C.  Salvioni. 


INDICI   DEL   VOLUME. 


DI 


C.  8ALVI0NI. 


I.   Suoni. 


à  in  à:  520xi;  in  a:  37;  in  e:  200; 

in  e:  251,  494,  506. 
ó  di  àr'y  in  e\  108. 
à  di  'àre^  in  é»:  518. 
'à  in  à  :  520  n. 
a-  in  al:  286. 
a  atono,    in   e:    13,    256;  in  f':  13, 

234 n;  in  o:  13. 
a  protonico,  in  e:  136,  179  n,  304  n, 

386.  399,  527  n;  in  p:  527  n;  in  i: 

399,  455,  461;    in   o:  399;    in  u: 
137;  caduto:  137. 

a  postonico,  in  e\  136*7,  527;  in  t: 
137;  neir  iato,  in  j\  527;  in  o: 
400;  caduto:  400. 

a  postonico,  dati  -a  -e  ••'.  in  i:  481  ; 
dato  -M,  in  fi:  4H2. 

•a  in  à  :  527  n  ;   in  f  :  200  ;  caduto  : 

400,  527. 

•a  negli  indeclinabili:  224. 

CUI  in  d  :  129. 

Accento:  36, 160-61,  377  ;  8uoi  etfotti: 
163,  172-3,  175,  205,  335,  336, 
484  H^g.  ;  risospinto  sulla  seconda 
o  ritratto  sulla  prima  di  due  vo- 
cali attigui»:    34  n,    252-3,    295  n, 


296  n,  542;  199,  201,  410,  542; 
passa  dal  2^*  al  1*  de*  due  elementi 
del  dittongo  :  252-3  ;  trasposto  da 
una  sillaba  alPaltra  :  543  n  ;  ri- 
mosso per  ragioni  analogiche  :  8, 
161;  di  terzultima:  130;  di  voci 
dotte:  261,  542;  di  voci  latine  nella 
pronuncia  scolastica:  425;  di  voci 
greche  :  217;  della  proposizione  e 
6Uoi  cd'elti:  484  t»gg.;  enfatico: 
158;  musicale:  160;  secondario: 
550-51  n:  proclisia  e  suoi  vnri  ef- 
fetti: 42  n,  110  11,  115  n,  1156. 
123,  200,  238,  259  n,  267  n,  399  n, 
404  ij,  410,  4SI. 
Acridenti  generali:  362-3  (loro  di- 
verbi tipi);  40.  41  n,  44,  142,  143, 
149,  150,  226  n,  229  n,  295,  363, 
483,  523  n  (Assimilazione  tra  vo- 
cali\  16.236,261,327  n,  335,  338, 
343,  349,  354-5,  357,  363,  377,  3H3, 
411-2,  478  n,  490,  543  (Assimila- 
zione  tra  consonanti  disattigue); 
15,  44,  166  n,  411,  543  (Assimila- 
zione tra  consonanti  attigue);  120, 
355,  361,  303,  364  (Assimila/ ione 


Archivio  firlottolJ  ital.,  XVI. 


au 


•iURtocjti;  44>.  44,  104.  136.  139, 
141).  14.V  lae,  364,  445  (Diuimi- 
\urM-m  m  vocali);  543  (DianiinUa- 
•/•'•irt  In  coDionanti  attÌRue);  16, 
4i.  i<  162.  171.  197.  227  a,  236, 
ì'i-'  a.  261,  308,  309.  340, 343,  357, 
•JiM,  375,  376,  377,  387.  410-11, 
*ÌT.  483.  44S,  448.  4^6,  4-".8.  466, 
VtT,  535,  543.  597  (Aisimìluione 
Ir»  conaonaDti  disattiKUe);  207, 
UÀ.  228,  261,  S15,  338.  844,  364, 
»f6.  405,  406  n,  408,  4H.  431,  439, 
444  n,  460,  461,  536,  543,  544.  597 
(Diiiimiloiione  ottenuta  soppri- 
tnonJo  ano  dei  due  elementi  da 
diMimilani};  232  n,  373,  422, 446, 
461,  463,478R(DisjimilazioneBÌU 
]abi<:n\;  ri76  (Sdoppiamento  bìIIa- 
bieol;  408.  412  (Geminaiione  di- 
stratta!; 16.  44,  223,  236,  262. 
266,  294  11.  319-20  11,  324,  344, 
345.  364.  373,  374,  378,  382.414, 
433.  434  n,  436, 443,  445,  462,  477, 
547.  548,  597  iMetateai);  16,  162, 
204,  230,  230  n,  235.  239.  262, 
294  n.  295  a.  313  u,  364.  369,  374. 
377,  394,  414,  434,  437,  4.3»,  .^48. 
598  (MeUte.i  reciprocai);  3yi  (Me- 
tatesi reciprocu  compleKS.O  ;  230, 
32U.  369,  375  6,  414,  599  (MeUteii 
reciproca  tra  vocali);  44,  134,  229, 
237,  548  (Attrazione);  16,  133-4, 
865(Propa*tginaiione};  15,44,  137, 
197,  199,  213,  224,  262.  348,412, 
527,  531,  544  (Prostesi);  16,  44, 
121,  127,  201,  220,  236.  24:1,  262. 
31.-.,  318  n,  322,  327.  345,  348, 
3.'i4,  358,  364-5,  390,  406.  407, 
4ii8.  412,  413,  427,  445.  471.  484, 
:yV>,  546  lEpenl.'iii  di  ounsonaulc); 
137-S.  144.  I6ti,  2>ì->.  412,  4b3.  545 


[Epentesi  di  vocale);  SIO.  322.  37f 
(AnaptÌMÌ)i  44,  144,  224  n.  227  d. 
354,  877,  418,  418  n,  508,  M6 
(Epiteti);  386  (Pangogeì;  15-6.  43 
44, 414, 415,484  (BaddoppiameBti  '. 
187,  206  n.  207,  242  n.  S.V.,  3?«;. 
402  n,  413  4,  440,  544,  546  (Kl^ 
menti  con  cresci  ati)  ;  242  u.  364, 
413,  546  (Elementi  iniziali  cadati 
per  l'illaaicae  che  tornerò  elementi 
formali);  16,  17,  137,  144.  V-O. 
228.  261-2.  287  n,  874,  418,  4^-j. 
546,  547  areresi);  224,  301.  314. 
368.  546-7,  598  (Afereci  di  «Ha  .> 
intiera);  547  ^Apocope);  144.  T' 
181,  200,  291.  413,  457,  4«0  {Li- 
tliwi);  Ut,  833-4,  414^.  542  a 
(Scempinmenti);  547  (All^xrn- 
mento  di  neui  di  consoDUiti  di- 
Tersej;  104,  10.>.  20^  20»,  236 
237  a,  410,  431.  453,  454,  481  \tii- 
daiioni  imperativali  o  altrimml: 
determinate);  16,  129,  134,  I-H. 
156,  158,  201,  231.  262,  3M,  41'- 
455,  542  n.  ,%47  (AMorbimenU  t 
contraaioni);  160  lApoctrofei. 
a:   13. 


:  121, 


.542. 


dt  in  a:  121;  precedati)  da  lalmlt 

in  me:  122. 
a*  atono,  in  <h'  rjr  at  f  e:  1^1. 
-lE  in  i:  200. 
(K-ù  in  atc;   126;  segaito  da  nan^r 

in  a:  ib. 
aéi  in  (ty:  123. 
ài  in  a:  122;  ia  f  »  »:   121-2,  ?  •(. 

466;  preceduto  da  naaale,  in  "■ 

122. 
al  in  ag  àj  r  (>y:  122-3,  542;  pr*.- 

duto  da  labiale,  in  irf'y;  123. 
ai  secondario:  532. 


Indici,  r*  I.  Suoni. 


605 


ai  Biono,  'vBi  ay  fy  ei,  a;,  il  1^2,  807; 
precedalo  da  labiale,  in  wny:  152, 
quindi  in  tirt:  ib. 

aj:  292  n;  ia  àj:  520;  in  ej:  ib.; 
in  e; :  87;  in  e:  480]^;  in  i:  btH  a. 

-d;  in  e:  200. 

ali.  M,  ecc.:  14,  42,  123,  152^, 
SaS,  405,  481,  500,  588,  584. 

Analogia  fonetica:  1^,  Vii,  179. 

'ani:  257  n,  364. 

ami  in  Mi:  860-51. 

od  in  dtf  :  526;  ip  ^m»:  124- 

aif  in  <r:  125. 

éf*  :  518-9. 

-artn  a:  12,  87,  ^08  9*  12?,  251, 
8654,  480,  519;  atono:  582. 

-^aro:  585  6. 

•a«  in  •:  482. 

-aa  in  /:  970  n,  271. 

oh:  156,  254:  8U0Ì  effetti  nel  tratta- 
mento della  qasaegaente  conso- 
nante: il8i-8,  857-8,  359,  861,  362. 

<rtt-  in  a:  483. 

du  in  o:  526:  in  o:  120;  in  lig: 
481;  in  u:  886;  in  Pm^:  128;  ina: 
888;  in  ai:  899;  di  vooi  dotte, 
in  ow:  120. 

éu  secondario:  526,  581-^;  in  à|i: 
519;  in  dn:  219;  in  &  o  d:  .120, 
219,  254,  399;  in  ««  :  219  n  ;  atono, 
in  tf  :  532  n. 

au  atono,  in  ^ir:  153;  in  ò  <?:  147, 
151,  152,  408;  in  u:  403,  488, 
526  n;  in  al:  403. 

au  in  9w:  123;  in  a:  124. 

all'  in  av:  125;  in  ay  àJ:  126,  520. 
542;  in  «'O:  124-5;  in  dy  <>j:  124. 
199;  atono,  in  ay:  153. 

avti  37. 

•iirA:  532. 


6-  in  r:  15,  44,  410. 

•fr-  in  r:  261,  542;  dileguato  :  502-3. 

hj:  41,  258,  600;  in  ^:  837. 

U:  259,  535;  in  ìfi  889-40. 

•dr:  410;  in  rr:  962,  452. 

hr  in  M:  14. 

(ir:  252. 

^-  in  e  {z):   260;   in  *:   857;   in  ^: 

857;  in  ^:  197. 
é-  i?  é  :  513;in  i  z:  941,  260.  511  n, 

538;  in  f  :  367. 
«é-  in  È  :  357. 
'6  in  ^^:  199. 
co-  :  501  n. 
ctf  ci:  43,  20^  50^  n,  505;  età  del- 

Tintacco  della  gutturale  :  388  sgg  ; 

nel  logudorese  :   388   sgg.  ;  in  <^  : 

511  n;  in  z:  ib.;  in  (*:  538;  in  è: 

201. 
•ce-  in  gè:  15. 
•ci  di  voci  sdrucciole:  453. 
ci:  U«  404;  in  ;:  336,   583;  inr«: 

41;  in  è:  201;  in  (A:  505;  in  U: 

889,  505. 
e/:  14.  42,   382.   501  n;   in  4^:  338, 

534;  di  tooì  dutte,  in  er:  405-6. 
d'  intatto:  503;  in  é:  258,  888, 534; 

in  e:  503;  iny:  503,  534;  in  kr: 

508. 
'cl'  in  é:  199,  2r>8;   in  ^  ^^:  ^99, 

258.  338,  839;  in  J:  199.  534. 
f/in  «r/:  181;  in  9cl,  quindi  in  jvly: 

443. 
eli:  838. 
«r:  15,  260. 

cr*  in  ^:  15,  162,  174  n,  855, 
cs:  15,  43;  in  è:  355. 
a:  15.  260;  in  j<:  355-6.  506,  538  n; 

in  é:  199.  270  n,  506,  538-9;  ìuj; 

r>3tj  n. 


606 


Indici.  —  I.  SnonL 


S't  in  ji:  540  n. 
tcu:  208. 

-<f-  primario  o  secondario,  dileguato: 

261,  301,   304  n,   361,  410,  483, 

540  41,  502-3. 
-d'  in  i:  410;  in  (f:  502;  in  r:  410. 
'dm  t:  257,  541-2. 
d'é  in  S  :  358. 
dj:  258;  in  i  ig  288  n,  405;  in  i  «: 

336,  888,  538;  in  «:  13;  in  {:  41; 

in  j:  13,  280,  533;  in  Iji  22,  328, 

878;  dileguato  :  405. 
dm  in  /m:  478. 
dr\  342. 

•<lr-  in  r:  261.  541;  in  ^r:  310. 
d*9  in  ^:  537;  in  g:  ib. 

^  in  fy:  111;  in  e:  115;  in  op:  ib.; 

in  e  :  104;  nell'iato,  in  i:  520;  dav. 

a  nasale,  in  f:  111. 
^  di  sillaba  chiasa,  in  ^  :  114-5. 
^'  in  f:  31,  36 n.  112,  116,201,253. 
f'  di  sillaba  aperta,  in  ei  àj\  200- 

201.  520;  in  aj\  520  n;  in  ^:  504. 
^\  dati  •«   u,  in  t:  31,  34-5,  251. 
f  in  6:  116. 

f'  di  sillaba  chiasa,  in  à,  f,  •:  521. 
/  di  voci  dotte,  in  i^i  480. 
f'  preceda  te  da  consonante  palatina, 

in  t:  520. 
i'  in  f>:  109,  253,  397;  in   /f:  480; 

in  e  fi  109,  521;   neiriato,  in  «': 

205.  521. 
é*  di  sillaba  chiusa,  in  te:  109.  817; 

in  rp,  ^,  ^  f  :  109,  HO,  521,  521  n; 

in  o:    111;    nell'iato,   in  i:   110, 

4bl. 
/,  dati  -»  •«,  in  i>:  35.   252-3,  481; 

tiati  't  '0  -a,  in  e:  35. 
/,  davanti  a  en'  em*,  in  ó;:  .522  n. 


/,  davanti  a  nasale,  in  à:  521-S;  in 
f  :  ib. 

éf  davanti  a  r  rr  e  r*,  in  «:  252  b« 
512. 

é  ài  éo,  in  «f  :  897. 

é  in  Je:  483-4. 

'i'  ed  -^  nel  genovese:  114-5  b. 

e-  in  a:  400,  488,  527;  in  t:  597. 

e  atono,  in  a:  32,  256;  in  à:  523; 
in  f  y:  40,  141,  256;  in  5:  142; 
in  o  :  401  ;  nella  attiguità  di  con- 
sonante labiale,  in  o  «  fi:  142, 
256,  488,  528;  espunto:  256. 

0  protonico,  in  f  :  528;  in  i  :  89,  ISo, 
139,  186,  400,  488,  528;  quindi. 
nell'iato,  in  j:  528;  in  a:  89,  1431» 

400,  528;  in  u:  89,   143,  589  n: 
nella  attiguità  di   oonsonaate  la- 
biale, in  M,  o  :  89,  401  ;  espunto 
13,  401,  528,  581. 

e  postonico,  in  f  :  18,  141,  401;  in 
a:  18,  40,  144,  401  ;  espunto  :  134, 

401,  529. 

e  postonico,  dati  -a  -#  «i,  in  i:  482- 
483;  dato  -«,  in  H  :  483;  nella  at 
tiguità  di  consonante  labiale,  in 
u:  482. 

•é  in  f  :  129. 

-e  in  «:  38,  199,  201,  801  n,  482.  513. 
in  o:  295;  caduto:  255,  529. 

-éa  in  e  f'  €bx  112-3,  253 n. 

et  in  9\  129;  in  m\  113. 

eé  in  ii^:  304  n  ;  in  <:  129. 

a  in  è\  125. 

ei  atono,  in  t:  153. 

ci  :  13. 

W  in  fy,  f  :  125. 

ej  in  o;  :  526  n. 

-è//i:  252,  257. 

tn\  em':  5289. 

Vflo  in    Mo:  522-3. 


Indici.  —  I.  Suoni. 


607 


eòi  158. 

-^«ro  -e:  529,  585-6. 

4ui  120;  in  9w\  125-6;  vayàwi  126. 

MI  aiono»  in  u:  408;  in  ^ir:  158;  in 

aji  582. 
€u  in  àwi  126;   in  ^T:   126-7;  in  %i 

127. 
e0  aiono:  158. 

f):  12,  18,  111-2. 

6:  897  n. 


gm  in  Imx  15. 

^:  885;  in  iM:  512. 

-go-  :  4i4  n. 

-gr»  in  ^  :  6i0. 

gi  in  i^:  824. 

^'<  in  jti  540  n. 

^:  858. 

^Mc-  in  ò:  881,  505. 

gp  :  48,  859,  589,  540  n. 

gwi  259,  587. 

'g%0€'  in  ^:  859. 


'f'  in  «:  848.  489. 

/f:  42,  585;  in  I:  840. 

Fenomeni  fonetici  d*ordine  sintattico 
o  trantitorìo  :  15,  48,  126,  127, 
180,  187,  146,  148,  149-50,  158, 
158.  160,  846,  848,  851,  858,  864, 
886  7,  409,  410,  411,  484. 

T:  15. 

•y   ini:  240 n,  589-40;  invi  409; 

in  k;   409;    dileguato:  858,  882, 

409.  502  8,  540. 
-y  inif :  240 n;  in  hi  257. 
i  in  81  260. 
'^'  dileguato:  260. 
i  in  igi  199. 
ga-i  501  n. 
gdi  858. 
gè  gii  15,  201,  501  n,  505,  540  ;  col  ^ 

in  i.  èéi  859,  540:  in  i:  201;  in 

/:  48. 
-^-  :  444. 
•^'  in  i:  588. 
gj  in  dji  440. 

gj  va  il  886,  538;  in  i:  42. 
gli  42,  259,  805,  813  n,  501  n;  in  gì 

406;  in  ji  ib. 
ifi'  in  il  445,  503;  in  gr  r:  508. 


<  intatto:  116;  in  e:  481,  504;  in  U 
nella  attiguità  di  consonante  la- 
biale: 117. 

r  in  «:  504,  510  n,  512;  in  e:  258, 
511  n. 

t  di  sillaba  chiusa,  in  ei  87,  258. 

i'  in  ji  :  488. 

i  'va  éi  287  ;  in  fi,  nella  attiguità  di 
consonante  labiale:  201,  528. 

/  +  nas.  in  e  f:  116-7,  218,  816  n. 
528  n. 

iìn  €  e:  528 n. 

i  atono,  in  é  :  282. 

i  atono,  in  a  :  256  ;  in  e  :  ib.  ;  nella 
Ticinanxa  di  consonante  labiale, 
in  0  m:  256,  580;  espunto:  256. 

i  protonico,  intatto:  141,  144-5. 

t  protonico,  in  01  18,  40,  138,  145, 
401,  402;  in  a:  40,  148,401-2; in 
o  w  :  402  ;  in  fi,  nella  vicinanza  di 
consonante  labiale,  0  di  j  «  :  142. 
145,  529;  espanto:  402. 

i  postonico,  in  éi  18,  40,  188,  189, 
402;  in  a:  40n,  144;  in  o:  402; 
in  u,  nella  yicinanza  di  conso- 
nante labiale  :  482;  in  A,  dato  -u: 
483;  espunto:  402. 

•i  intatto  :  130. 


aos 


Indici.  —  I.  Suoni. 


-»:  402;  in  f  f  :  38-9.  126,  209,  25»; 
caduto:  180, 255,  402-8  ;  tìpe>TC09^ 
dietro  la  tonica:  580. 

'{a  in  i^,  quindi  I:  252à. 

'ia  di  voci  proclitiche,  fa  d:  484. 

Iato:  10910,  112-8,  Ì2(f  sgff.,  Ì2Ì, 
124,  187, 141  2, 145,  150, 151  sgf^.,* 
162,  220,  811,  813^  n,  481,  482, 
488-4,  520,  521,  527,  528,  52f/ 
531;  colmato  da  S'.  ^t  l?^*  215, 
281,  262,  295,  8l9,  880;  dtf  <f  : 
296  n  ;  da  «:  262,  326,  394;  da  /: 
295-6  n;  da  n:  296-7;  incontro  di 
tre  vocali:  121,  124. 

i$  i>,  hi  I:  111,  129. 

(e  in  iei:  397-8. 

(i:  l29. 

'1j  in  •  :  882. 

in  :  Ì89. 

Influense  varie  della  vocal  d'uscita, 
principalniente  di  -i,  nella  deter- 
minazione della  tonica:  11,  81, 
34-6,  189, 195, 199, 200, 251,  270  n, 
817,  865,461  n,  469,  520  n,  580  n, 
5245. 

'Im:  18. 

iu  di  voci  proclttiche,  in  u  :  484. 


j:  18;   in    i:   41;  secondario,  in  è: 

418  n. 
J  in  i:  215.  257;  in  *:  257;   in  i: 

201;  in  S:  582. 
->  in  i;  2.57,  25^;  in  S:  884,  582; 

in  /:  404;  dileguato:  404. 
>  in  «:  325  n,  404.  457,  467. 
JtiJ  in  I:  254. 

ih  in  *:  15.  260,  855.  408,  588. 
•*    in  y  :  15. 43.  260,  855.  408-9.  502. 
5.39;  in  vy:  502;   in  j-  887,  502, 


quindi  in  ^:  387;  dileguato  :  818  ft. 

408. 
kf  in  f:  448. 
I»  ktù:  12,  25»,  2M,  589. 

E  V.  8.  •  e  '. 

Un  r:  14,  285. 

-<-:  296  n;  in  r :  217,  878,  4a\  BM  n  : 

in  f:  887,  588,  quindi  dilegualo: 

887;  in  U:  887. 
l^^'i   500;   in   r:   888.  405;  in  r: 

584  ;  in  J:  457. 
-{  caduto:  888,  584;  in  r:  584. 
li:  258;  ini:  199,  588. 
Ij  in  #:   18,  4m,   511  n,  518:  tfi  J: 

te9n,  257^  58218:  te  #:S»Mn. 

257,  8fl5;   te   M:  Min,  519:  in 

i:  505. 
li:  294 n;   te   44:   518,  000;   te  H: 

600;  iri  f  :  584. 
•Kir  in  i:  875. 
•l/t:  258,  588. 
M:  te8,  812. 
Ir:  41 1. 

in  te  «i:  257 n,  260;  caduto:  260. 

mV  te  mpf:  546. 

ffi;  in  H:  41,  885.  404. 

mm:  855;  in  mbi  450. 

mn:  15;  in  M:  587. 

fNfi;:  41. 

éhp'i:  362. 

fM'i(  in  ìiM:  546. 

n  in  r:  855;  te  M:  854-5. 

«I   in  A:  260;  in  I:  851. 

^fi   in  «i:  201,  852-3,  587;  te  «« 

351-2. 
fi«^*  in  fi:  201,  851;  caduto:  853. 
-fi  caduto:  260,  858. 
^fi  in  n:  199,  851,  8874. 


Indici.  —  I.  Suoni. 


609 


wf  j  543;  in  tU^:  546. 

ftci:  15;  in><:  356. 

nctl:  838  9. 

Hiì:  30;  in  nn:  44,  388. 

mi:  261. 

H^  in  n  :  15,  229,  809  ;  ìa  nfi:  51d. 

»iy«  :  15. 

nk  in  »^  :  408. 

Hj:  15,  258;    in   H:   835,  404,  533; 

in  nn:  512;  in  tu  ni:  388,505. 

»l:  15,  411. 

mm:  41,  351;  in  nd:  406. 

•nni:  258,  335;  in  A:  530. 

nr:  411. 

im:  15,  411;  in  m:  43. 

M/  in  nd:  48. 

mO:  14,  42. 

mi  •«e.  itt  ,^:  258. 

9  in  o:  504;  in  u:  12;  dì  voci  dotte 

e  nella  posinone  palatina,  in  5: 

117. 
o   in   uo   ug:  dOn,  254,   898,  480; 

in  Q  o:  30 n,   36,   199,  524r5;  in 

Mf:  30n,  36;  in  6:  117,  174,524; 

in  e:  174. 
<>'  di  sillaba  chiusa,  in  o  o:  118-9, 

525;  in  8:  117,  525;  in  ce:  525  n; 

in  f  :  525;  in  à:  525  n;  in  ud,  daT. 

a  r:  223,  239. 
</  dav.  a  nasale,  in  o  n:  118,   119, 

525. 
/  in  q:  504;  in  u:  11,  85,  86,  119, 

898-9,  523  ;  di  voci  dotte,  in  ug:  481. 
9  di  sillaba  chiusa,   in  o  q:  489  n, 

524;  in  ti:  119,  523-4. 
V  nella  posizione  palatina,  in  o  Ó: 

524. 
ó,  dato  *t,  in  ito:  253*4. 
ó:  118,  801-2. 
o-  in  ó:  145-6;  in  w:   483,  530-31; 


in  a:  488;  in  au  aw  :  44  n,  146, 
530;  in  ow:  146. 

0  atono,  in  m:  38,  256-7,  in  e:  257; 
in  a  :  ib.  ;  in  ai  :  ib. 

o  protonico,  in  w:  13,  40,  145,  408, 
483;  in  a:  150,  403,  484;  in  e: 
149,  403,  531;  in  »:  149,  403;  in 
fl:  148;  caduto:  531. 

0  protonico,  nella  vicinanza  di  con- 
sonante labiale  o  palatina,  in  U: 
530  n,  531. 

0  protonico,  dato  i,  in  U:  530 n. 

0  postonico,  in  ti:  13,  41,  145,  403, 
483;  in  a:  13,  150,  403;  in  e:  41. 
149;  caduto:  408. 

•0  in  u:  80,  39,  201,  391,  482,  581  n; 
in  a:  150;  in  e  :  149*50,  581  ;  in  i  : 
201;  caduto  :  200,  255,  581. 

óa:  127. 

Ifa:  127. 

'9'a  in  uà  ò:  253  n. 

óct:  154. 

<r:  127. 

oe:  127. 

ài  in  (kf,  tcfifi  128. 

ot  atono,  in  tcty:  153. 

Hi  in  d:  127;  atono:  154. 

o/  in  M^fy:  128. 

{;/:  292  n. 

'9'J  in  5:  270  n. 

-m:  252  n,  254,  257. 

oi<  ecc.  :  153,  338,  405,  534. 

-9  ni  :  199-200,  257,  257  n,  245,  364. 

OH  atono,  in  ò:  153. 

ofl  atono  :  153. 

I>*  in  6 :  862. 

•p-  in  p:  261,  362,  410,  542;  in  6: 

502;  in  ^:  ib.;  in  66:  451. 
ph  in  p:  349. 
pj:  405;  in  é  H:  42,  337. 


/  *• 


Indici.  —  I.  Suoni. 


t4   ;-.Ì>.  n'W;  in  hji  42,  406;  in 


rr 


Iti  *^.  4:  ». 


f.     i?r.:.  41  r.  426.  542. 
,;    1'.    ^5?: 

^  er.  .  li.  43,  408,  409;  in  k:  356, 

v^  ;a  *;  882,  505. 
<»„..H.u:  108  n,  113,  147,  148,  154 

^  ,  :ì79.  333-4. 

•t  ;:  843,  435;  in  n:  348-4. 
j^.  ut   r*  340-41,   535;   dileguato: 

^^7.  341-3,  536;  in  {:  259,  406. 
>  III  r:  535;  caduto:  200,843,  535. 
«"^  r  in  r:  535;  in  /:  406;  caduto: 

wNa6. 
»*^»   in  r:  535. 
mO  in  rt:  14. 
••/:  ,iH7,   404;    in    r:  258;  in  r^  ri 

ih:  505. 
«A'  in  ry\  15. 
W:  411. 

m  in  rri  881,  512. 
rr:  340,  513. 
r-r  in  #-r;  197  n. 
r»:  209;  in  rz:  14. 
/^  in  r/:  288. 
rt  in  r</:  43. 
$tj:  14,  42. 
rr  in  rh  :  346,  407. 

•  in  r:  351. 

^  nel  t^jucano:  164  n,  166  n. 

é  «  9ue  varietà:  350  51. 

«    «a'iuto,  nul  gruppo    iniziale   s  •]- 

muta:  407. 
«  :  1<53  bgg.,  175  ggg.;   sue   origini 


e  sua  pronuncia  nel  latino:  176-S; 

in  ri  176;  in  è:  850,   168.   161; 

in  (:  163. 
8  latino,  se  da  n«,  in  fi   180  «^  ; 

se  da  d't,  in  i:  184. 
-i-:  169  n,  175-6. 
.«:  237.  238,  259,  500.  503. 
è  in  f  :  538  n. 
««•"••  caduto:  220. 
'^^  in  z:  42. 
-ia  in  «:  434. 

Bce  8c$i  14,  43.  260,  351.  409. 
sé  in  èé;  350. 
9c/:  339;  in  ski  42. 
Semivocali  nel  genovese:  107  n. 
«1:  42;  in  di  407;  in  i«:  14,  U9 
-«•:  430-81. 
•it-  in  iii  850. 
m:  357. 
«;:  42,  170  n,  172,   258,  405.   533 . 

in  e*  ^18;  in   <:   14;   in   ii  i(.'^; 

secondario,  in  tg:  599. 
9j'  in  iji  171;  in  Ìi  335;  in  i:  il*., 
in  Ù'  172. 
«ib-  in  8pi  471;  in  «^:  855;  in  «IV: 

472. 
sm:  144,  166,  350. 
Sonora  iniziale  in  sorda:  322  n. 
Sonora  finale  in  sorda:  257. 
Sorda  del  nesso  inisiale  s-l  «or</<i. 

in  sonora:  322  n. 
sp-  in  sk:  166,  468. 
88  in  r$:  412. 
S8i  in  i:  849. 
88j:  172  n,  885,405,533. 
*-«  in  »-r;  197. 
à<  in  «<:  409  n. 
8ti   in  «:  14. 
8tj  in  i:  336.  599;  in  ;  :  599;  srcfii- 

dario.  in  «^:  538. 
str  in  5^:  536  n. 


Indici.  —  I.  Suoni. 


611 


t-  in  d  :  43, 260  61, 860, 409  n,  410  n, 
502,  540;  in  (T:  502;  in  U:  512; 
dileguato:  174,  859-60. 

^t  in  d:  541. 

t:  500,  503,  542  n. 

'H   tu  in  é:  580,  588,  600. 

tj:  404;  in  (:  42;  in  th,  t,  tt,}: 
387,  889,  505;  in  z  zg:  14,  882, 
387;  in  «t :  832;  in  gj:  14;  in  éé: 
41;  in  r:  386,  583;  in  i  ij:  258, 
332,  538;  in  i:  886;  in  I:  201; 
secondario,  in  kj:  436,  in  6:  288  n, 
329  n. 

ti:  339. 

tm  in  Im:  478. 

tr:  48,  842;  iniziale,  in  dr:  260. 

-^r-  :  410,  541  ;  in  r  :  860,  quindi  di- 
leguato :  ib. 

i$  in  é:  587. 

tt:  387;  in  dd:  410. 

M  chiuso  ed  aperto:  146. 

a'  in  a:  119,    199,   526;  in  i:  119- 

120,  526,  526  n;  in  o:  481. 
a'  di  sillaba  chiusa,  in  0:  119. 
a'  in  o:  12,  254;  in  q;   504;   in  ii: 

504. 
M  seguito  da  nasale,  in  o:  88,  218, 

316  n.  894. 
u  di  iato,  dato  -o,  in  w  :  481  ;  dato 

•w,  in  o:  481  2;  dato  •«,  in  no:  ib. 
-fl   in  ^:  526  n. 

U  quale  risposta  atona  di  6i  148. 
M  atono,  in  fi:  506,  581;  in  •:  201, 

458,  531. 
M  protonico,  in  o:  13,  40,  408;  in  w: 

150;  in  fi:  ib.;  in  i:  150,  174;  in 

#:  150. 
«  postonico,  in  o:  13. 
•m:  13,  132-3. 
•M  da  -IMM  'ànu,  ecc.:  547. 


tMf:  185;  in  m:  218. 

uà:  127. 

•Ma  in  N<5  fi:  252-8  n. 

At  in  iàé  wt  wi:  127,  142. 

M^  in  II  :  86  ;  in  e:  80  n. 

U€  atono,  in  wi  wi:  154. 

lit  IhVfy  iir^:  127. 

Ili  atono:  154;  in  /:  228  n. 

iti  in  U  :  129. 

ni  in  u4:  129. 

Hi  atono:  154. 

uà  in  li:  86 n,  898;  in  io:  213. 

M^:  118. 

U0  atono:  154. 

ufi  UM  in  fi:  129. 

r  che  alterna  con  6:  15. 

r-  in  6:  292,  259,  846,  878,  482;  in 

i:  259,   346;   caduto:   104,  259, 

586  n. 
fh  dileguato:  15,  48,  112,  259,  846, 

347,  848,  407,  536. 
v:  271  n;  in  f:  257. 
vj:  258;  in  bj:  538;  in  i:  887. 
Vocali  finali:  121. 129  sgg.,  180. 255. 
Vocali  finali  toniche  e  loro  quantità: 

158. 
vr  in  òr:  261  n. 
vèié  in  tv:  86. 

w:  15;  in  v:  586;  in  f:  448;  intatto: 

586. 
w  in  v:  259;  in  yn  ^:  ib. 
ìcm  davanti  a  nasale,  in  wf:  122. 
weif  in  trf:  129. 

x:  171,  260.  855. 
-X*-:  407. 

y:  12. 


«Tt 


—  II.  Forme. 


^    Ar\  n  ÌJ^  r*  »f>  i  in  i:  8S4^,  886,  8«t;  in  il:  891 

^   T      ^    '>^'.   51^^.  »*-%  886,  857,    i  in  ^i:  865. 
j.  «.^  zz  e  ii:  207. 


XI.    Foi*roe. 


Nomi. 

.»  I  <«      I  «  I   «Mof   «SoT. 
V .«     i40  u. 

.«i4ia    m:  360. 

/  i4 .   1 84. 

Wm:  478. 

4»#«<r:  425. 
•t<HMi:  478. 

ilio:  9,  17,  486. 

iHiu:  425-6. 

,ird  fria.:  221. 

ihm    a:   17,   475-6.  E  v.  il   1*  di 

quoNti  Indici. 
titico  :  17. 
ii»i  gan,  :  857. 
•<i////o:  804  n. 
fUìco:  49.  426,  529  n. 
,ito  -a:  155,  221  n,  426,  541  n. 
'i$t/*re'.  295. 
rf/ai  801  2« 
«//lira:  124,  295. 

rl.'IO  '£90  :  832. 

r///o:  18. 
iVWo:  810, 
/ih:  17.  110,  426. 
tnti:  426. 
r'Nmi:  426. 
«iMKJfiu:  426. 


'éfit  io:  285  n. 
-éno:  202. 
•énza:  219. 
-/o:  205. 

eòlo:  11,  17,  85. 
./W:  205. 

éno:  426. 
•/mo  :  598. 

•ése:  17,  165-6,  850,  426. 
'ézimo:  166^  426. 
•'«^re:  196. 

•éio  -a:  17,  258  n,  426. 
'étto:  155,  426. 
•éu:  134. 
-/a:  426. 
•fdiio:  9,  17. 
'kcio:  894. 
•fcco:  227. 
-Uu:  8. 

WtftiJN   elM:  11,  17^. 
-tVIo:  304  n. 
-iVm<  :  285  n. 
'ince:  219. 
'ineo:  482. 
•Iii«a:  478. 

/fio:  426. 
'ìnu:  169. 
•fn^o:  115,  482. 

io  :  144,  426. 


Indici.  — *  IL  Forme. 


618 


a  :  986 1». 

Ucu:  18. 
'issiti:  296,  894. 
-it^i  470,  478. 

Ut:  225-7.  894. 

Uh:  8. 

-Im:  184. 

irò:  286. 

ilio:  828/  882. 

-mento:  426. 

-ÓNtf:  382  n. 

•<(rt«:  11,  18. 

'òso:  11,  18,  165,  181,830,  426. 

-òtto:  18,  248,  4^6. 

tòte:  426. 

fidfM:  426-7. 

tort:  427. 

tório  -a:  128.  427. 

•ùccio:  18. 

fi/;rifi«:  427. 

ùlo:  427,  457,  469. 

>iM»o:  427. 

ùra:  18,  427. 

w<#:  427. 

zia:  161. 

Scambio  tra  prefissi,  tMfBtti  o  fini- 
menti nominali:  18, 107^  108/  110, 
120,  126,  128,  189,  144,  145,  151, 
155,  156,  167,  185  n,  186  n,  189, 
221,  281  n,  227,  228,  285  n,  240  n, 
252  n,  255  n,  259,  319  n,  882  n, 
845-6,  361,  862,  865,  872,  874, 
377,  404,  400,  427^  482,  447  n, 
466/  467,  470.  475,  480,  546  b. 

Deverbali:  148,  174,  204,  226,  227  n, 
284,  287,  287,  297,  817,  820,  828, 
324.  828,  830,  876,  425,  438,  467, 
490  B,  597;  da  verbi  deUa  2-4*: 
228,  228  n,  414-5/  438,  489;  dal 
tèma  del  presente  :  196,  414-5# 
489. 


Tipi  nominati  vali  :  16,  115,  184, 
188  n,  222  n,  262,  857 ,  418;  in 
voci  dotte:  208,  280,  262,  328, 
882,  857,  472. 

Tipo  di  coM)  obliquo:  16. 

Accusativo:  46,  418;  ne*  latinismi: 
262-8. 

Genitivo:  427;  d'origiae dotta:  418-9. 

Vocativo:  418;  dotto:  149;  di  ra- 
gione  romanza  :  202. 

Ablativo  :  420. 

Leoatìvo-geaitivo  :  16,  241,  248. 

Plorali  con  distinnone  intema  :  84-6, 

183,  263,  849,  850,  357,  865,  520n, 
580. 

Plurale  genovese  in  -wfif  da  sing. 
in  -910:  127-8 

Plnr.  maeo.  di  3%  in  -<  :  263  n,  417. 

Formazioni  analogiche  nella  decli- 
nazione r  34  o,  128,  ldO-81-2-8-4, 
258  B,  302,  420.  ecc. 

Singoiare  sul  plurale:  122,  124, 183, 
218/  238  n,  849,  850,  857,  874  n, 
875.  420  n,  426,  482,  469,  580, 
583,  597. 

Plurale  eal  singolare:  128,  849, 850, 
878,  876. 

U  masc.  sul  fem.  :  138, 184, 188, 154, 
196,  585. 

Il  fem.  sul  masc.:   117,  118,  1289, 

184,  848. 
Meiaplasmi:  16,  415-6,  eco. 
MascoUBi  di  1*  e  di  8»  alla  2^  :  16, 

46,  148,  263,  415,  416. 
Mascolini  di  2^  alla  3*:  416. 
Femidìli  di  1^  alla  8»:  46,  416,  484, 

485. 
Feminili  di  8*  alla  1*:  16»  46.  263. 

416. 
Feminili  in   o,  alla  1*:  46,  263,  821. 

328;  alla  8*:  875. 


614 


Indici.  —  li.  Forme. 


Singolare  della  3^,  in    t  :  416. 

Plurale  della  1%  in   i:  416-7. 

Plorale  neutro  :  16,  263,  878,  874, 
442;  in-€:  417;  del  tipo  'tem- 
pora': 16,  46,  447,  417. 

Neutri  in  -u»:  317  n. 

Genere:  268,  448,  ecc.;  nei  soBtan- 
tivi  della  5*:  455;  nei  nomi  di 
alberi  e  frutti:  446. 

Genere  mutato:  17,  46.  882,  878, 
874,  875.  876,  417-8,  472. 

Feminile  singolare  in  -a  da  plurale 
neutro  :  46, 298  9,  874, 877, 416-7  n, 
417. 

Mascolini  e  neutri  di  8^  in  fé  minili  : 
46,  4178. 

Feminili  in  -o  al  maec.  :  882. 

Neutri  plurali  in  a  in  feminili  plu- 
rali in  -e:  46. 

Reliquie  della  5»:  46. 

Il  tipo  fletsionale  -o  (-us)  -ànis:  464, 
597. 

Il  tipo  fleseionale    a  ànU:  418, 597. 

11  tipo  flessionale  Unj^s  "Uis:  285. 

Declinazione  dei  cognomi  in  -a:  417. 

Articolo  :  17, 45, 142,268, 840, 420-21, 
506;  da  uxu  conservato  integro: 
45;  da  ipsu:  506;  diversità  tra 
forma  prevocalica  e  forma  pre- 
consonantica dell*articolo  :  142. 

Pronome:  45,  ecc.;  formazioni  cor- 
relative nel  pronome:  288,  ecc. 

Pronome  enclitico:  142,  157,  158, 
484,  ecc.;  possessivo  suffisso:  421. 

Pronomi  personali  :  45,  264-5,  421. 

a  enclìtioo  di  1*  sing.  e  pi.:  264,  265. 

ffhe  obliquo  enclitico  indiretto  di  1* 
e  2*  piur.  :  264  5  n. 

Pronomi  e  aggettivi  dimostrativi: 
45  n,  46,  265. 

'iiu  44a  dimodtrativo  proci itico: 45 n, 
484. 


Pronomi    relativi    e    interrogativi: 

421,  589  n. 
kwe  interrogativo:  589  n. 
Pronomi  e  aggettivi  possessivi:  46, 

114  n,  265,  421,  484. 
mia  tua  $ua  onnigeneri  e  onnino- 

meri:  46;  mascolini  onninnmerì: 

81. 
miei  tuoi  Buoi  plurali  feminili  :  417  n. 

421. 
mieit  tuoiei  417  n. 

VSBBO. 

a<2-:  427,  592. 

bari  171  n. 

Ws-:  17071,  851,  427. 

dei  427. 

diS'X  170.  188,  427. 

ex-'.  171,  849,  427-8. 

in-  :  428. 

miè-i  171  n. 

re-i  428. 

read'i  428. 

SMÒ-:  475. 

trans  :  171,  851. 

-eeare:  196^  198. 

-entarei  824,  824  n. 

-^ggiare:  49,  208,  205,  427. 

Coi\jugazione  incoativa:  48,  48 n. 

Scambio  tra   prefissi   e  tra  suffissi 

nel  verbo  :  48,  142,  880. 
'ieare  e  -^iearei  142. 
Influenze  analogiche  nella  ooiguga* 

zione:  41  n,  47-9,  108,  127,  129. 

141,  144, 180  n,  181, 205,  213,  266. 

268,   270  n,   271,   292,  819,  S26. 

859  n,  888,  898,  401,  421  sgg.,  461 

472,  481  n,  541  n,  522,  eoe 
Le   rizotoniche  sulle   arìzotonìefai*  : 

104,  116,  119,  120,  128,  127. 129. 


Indici.  —  li.  Forme. 


615 


138,   18940,   142,   143,  144,  147, 

168,  215,  358,  457,  480,  522,  528  n, 

524,  528,  534  n. 
L«    arizotoniche   sulle   rìioioniche: 

108,  118,  128-4,  125, 147,  148, 159, 

174. 
Trapasso  di  coigugazione  :  49  n,  425. 
Verbi  di  2-8%  alla  4':  272,  386;  di 

2-4%  alla  l^  462,  471;  di  4%  alla 

2^:  49  n:  di  2%  alla  8V  444. 
Verbi  in  *ifre  e  verbi  in  ^re:210. 
Infiniti  tronchi  :  202, 424;  con  doppia 

nota:  425. 
Il  participio  presente  in  ènte  esteso 

alla  IV  174,  425. 
Participio  passato  sul^  tema  del  pre- 
sente: 490. 
Participio  forte  :  180  n. 
Participio  analogico  su  '&ctu*  :271, 

538  n. 
Participio  analogico  in   ectu:  125. 
Participio  in  -^itui  505«6. 
Participio  debole  in  -ùto:  49. 
Confusione  tra  le  diverse  forme  di 

àiu  Mi  -àia    àto".  289  90  n. 
Participio  accorciato:  183,  458,  468. 
Gerondio  in   «:  845,  885;  in  'andò 

per  tutte  le  coigugazioni  :  266. 
Tema  del  presente  allungato:  272. 
Imperfetto:   481;   in   -éai   267;   in 

Va:  441. 
Perfetto:  248  n,  268,  ecc.;  forte:  48, 

423. 
Il  perfetto   sul    presente:  398;  sul 

piuccheperfetto  :  47. 
11  perfetto  della  1^  conj.  su  quello 

della  2V  122-3. 
-ìriti  31. 

La  1'  sing.  del  perfetto,  in  iii  423  n. 
La  3^  sing.  del  perfetto  di  1*,  in  -d: 

422;  di  4%  in  -m:  48. 


La  3*  pL  di  perfetto,  in  '•ionoi  422. 
Il  tipo  *  tu  ebbi*:  270  n. 
int(e)r€s»€  :  248  n. 

*  volsera*  nella  citasione  pugliese  di 

Dante:  48  n. 

Futuro  e  Condizionale:  124^  ecc.; 
determinazione  del  tema  infiniti- 
vale della  combinazione  :  271,  428, 
424. 

Il  condizionale  in  •&v€\  269-70. 

Il  condizionalo  in  -dai  270. 

Imperativo  colla  2*  persona  in  -e  :  129. 

•«  di  2*  persona  :  266. 
a»  'és  -is  nel  verbo:  130. 

2'  persona  singolare  con  distinzione 
interna:  35  6. 

2*  persona  singolare  con  triplice 
notA  :  266,  266  n. 

Plurale  sul  singolare:  41,  47  n,  422, 
428. 

Singolare  sul  plurale:  47. 

La  1^  plur.  in  -óm:  206,  247  n,  268  n. 

La  1^  plur.  in  -^int:  224  n. 

La  3^  plur.  in  -n:  853. 

La  8*  plur.  in  -a:  47. 

'essere':  272,  ecc. 

so  :  524  n. 

ie:  213. 

edè,  ecc.:  440. 

fosé:  248  n. 

8ipy:  195. 

'  avere  '  e  '  sapere  ':  272,  524. 

S  e  8S:  524. 

*  stare  ',  ecc.  :  272,  ecc. 
stotì,  d*ji\y  tfjfi:  524  n. 

'  fieri  '  :  424. 
'gire^  272. 

*  potere  *  :  272. 
'dovere':  272. 
'credere':  272. 
'  togliere  '  :  272. 


616 


Indici.  —  III.  Funzione  e  8intasfi. 


Numerali:   17.  4&,  265;  declinati i 

45,  US. 
*centa  pi.  di  centum:  225. 
Attnudone  reciproca  tra  numerali 

142,  856. 
'nette'  in  'otto':  589  n. 

Indeclinàbili. 

Preposizioni  :  18,  278. 

da:  18. 

Conipunzioni  :  18,  278. 


cu:  81. 

interjetioiii  :  278. 
Avverbi:  18,  272-8,  eoe. 
Avverbi  in  -^m«  •«  :  461  n. 
Avverbi  in  -mémU:  180,  281. 
Avverbi  in  -i:  129-80. 
inde:  80,  44,  45,  440. 
0he  :  278. 

Indeclinabili  in  a  :  256,  267. 
Indeclinabili  in  -d:  440. 
Negazione:  278,  408  n. 


III.    JP" uiiL>Bioiie  A^   ^%^iUiA9»l. 


Pronome  pleonastioamente  reiterato: 
276  n. 

Avverbio  ooncordato  od  nome  coi 
serve  a  determinare:  274;  nel  com- 
posto: 458,  464  n. 

Costruzione  :  274. 

Posto  dei  pronome  enoiitioo  :  268-9  n. 

ipsu  -a  in  tunzione  d*artioolo:  17, 
17  n. 

$e  in  funzione  riflessiva  per  ogni 
persona  :  265,  265  n. 

La  funzione  riflessiva  ne*  tempi  e 
modi  perifrastici:  275. 

*ne'  in  funzione  riflessiva:  421. 

U  lo  nella  schietta  funzione  di  dimo- 
strativo; 421. 

così  nelle  funzioni  di  pronome  re- 
lativo: 421. 

'  suo  *  in  funzione  di  plurale:  265. 

Neutro  quale  esponente  del  collet- 
tivo: 2<)0. 

*  medesimo*  indeclinabile:  421. 

'  tutto'  indeclinabile:  413 n. 


V- 


'vero'  ambjgWBire:  585  n. 

Verbi  intransitivi  ia  funzione  ina 

sitiva:  219. 
Verbi   impenonali  costmUi  pei» 

nalmfittte  :  104  n. 
La  8*  sing.  per  la  8^  piar.  :  d65. 
Il  futuro  per  rimpetaiivo:  2$M. 
Il  piuocheperfetto  indioativo  latin 

in  funzione  di  oondisionale  :  48. 
L'imperfetto  oonginntivo  pel  oonài 

zionale:  271. 
L'infinito  per  Pimpei^etto  oongina 

tivo:  505. 
'aono  '  per  *  ho  '  nelle  fnniioni  d'aa 

siliare:  208. 
11  tipo  sintattìoo  'vado  dietrogli' 

273-4  n,  394. 
11  tipo  sintattico  *  vadogli  diotragli  ' 

274  n. 
11  tipo  sintattico  'guardali  qai*h' 

274  n. 
Il  tipo  sintattico  spassa  don  car^ 

liere  *  e  '  incontra  don  oavniicrt 


Indici.  —  III.  Funzione  e  Sintassi 


61' 


1  igg.,  398-4;  suoi  limiti  nell*uso: 

ib.  ;  sua  estensione  geografica  :  ib. 
Il  tipo  sintattico  '  voglio  che  tu  vada 

e  domandare*:  274. 
Il  tipo  sintattico  'sono  avuto*  per 

'sono  stato':  208. 
II  tipo  sintattico  *  ciajgMtg*:  775  n. 
Il  tipo  naMIfoo  'ponte  Benevento': 

419  n. 
Il   costrutto   'g^à  anni   dieci'   per 

'  già  fanno  aani  dieci  '  :  831. 
'barba'  per  'mento':  600. 

*  breve'  per  *  freddo  '  :  196. 

*  cervice'  per  *  potestà  *:  881. 

'  chicchirichì  *  per  '  gheriglio  *  :  486 

'  corpo  *  per  '  funerale  '  :  488. 

'cuojo'  per  'aspetto':  67. 

'  dimorare  '  per  *  eollasEare,  trastul- 
lare '  :  138,  457. 

'  emicrania  *  per  *  tempie  '  :  374. 

'  epidemia  '  per  '  fiutidio,  uggia  '  : 
138. 

'  erba  odorosa  '  per  '  prezzemolo  '  : 
447  n. 

*  esaminare  '  per  '  sconvolgere  '  :  467. 
'  famiglia  '  per  '  donna  '  :  442. 

*  famiglia  '  per  *  servo  '  :  442. 

'  fare  '  nelle  funzioni  di  verbo  vicario  : 

296. 
'  fava  '  per  '  piccolo  *  :  225. 
'fratella*  per  'sorella':  800. 


gallo  '  per  *  gheriglio  *  :  486. 
giunchi  '  per  '  palude  '  :  597. 
ghiottone'  per  'scioperato':  174. 
gomitolo  *  per  '  frugolo  ':  189. 
grammatico  *   per  '  famoso,  bello, 

paittJiaAie':  ÌML 
infooéeyre  '  per  *  bagnare  *  :  ,67. 
in  parte  *  per  '  intanto  '  :  207. 
madre  *  per  '  feccia  '  :  811. 
madre  '  per  '  nausea  *  :  810. 
maestà  '  per  '  immagine  di  santo  '  : 

845. 

memoria*  per  'fronte*:  874. 
memoria  *  per  '  occipite  *  :  875. 
memoria*  per  'tempie':  374. 
messere*  per  'nonno*:  537. 
mischiato'  per  'grìgio':  456. 
per  amore  *  per  '  in  causa  *  :  429. 
regno'  per  '  patrimonio  regio  *  :  598. 
saetta*  per  ' libellula ':  825. 
scanno  *  per  '  ufficio  *  :  885. 
selva'  per  'caccia*:  598. 
scioperato  *  per  '  ghiottone  *  :  174. 
sedia  '  {katga)  per  '  incanto,  asta  *  : 

121,  135. 
spiare  '  per  '  domandare  *:  68. 
stimare*  per  'fingere*:  287. 
tafferia  '  per  '  mento  prominente  ' 

432,  600. 

vagina'  per  'colletto*:  522. 
vita*  per  'busto*:  372. 


Old 


Indici.  ^  IV.  Lessico. 


IV.    Liessloo  K 


a  sa.  383. 

aOarlOgé  gen.  143,  851. 
abb€fechio  141. 
abhakà'  cer.  XV  95. 
abbaino  162. 
abbasoi  camp.  198. 
abbazia  161. 
abbifndf  cer.  XV  95. 
abbhui  camp.  198. 
abbiveseere  tar.  49  n. 
(tbholUésare  XV  99. 
abbrac&tf  cer.  XV  90. 
aò^ifcare  599. 
(ibbrugehino  rom.  599. 
abbrustiare  599. 
abhrustire  599. 
ahbuvek^  cer.  XV  89. 
'rV«/N  gen.  140,  846. 
aberyu  gen.  ecc.  844, 411. 
riòiia  sa.  382. 
«fòiYd  brianz.  219. 
ab&t(u  gen.  346,  358. 
abreiu  Mg.  196. 
abrehéiu  gen.  140. 


ahrétyu  gen.  115,  364. 
abreveir  gen.  196. 
aòrt7  trev.  261  n. 
abrovéd  Talcam.  8,  196. 
abU'  piem.  544  n. 
a  casa  per.  209. 
accagionare  185  n. 
accatai  sa.  880. 
aecipresso  la.  405. 
acchiapparello  448. 
accujescerei  tar.  49  n. 
accuparsi  199. 
^acerbaja*  486. 
acerba  357. 
acervo  21. 
occ'^ta  209. 
achaieon  fr.  185  n. 
acia  380. 
acidula  520. 
(iW^o  lu.  169  n. 
ackia  abr.  XV  330. 
aekittaraf  nap.  XV  330. 
ackittf  nap. 461.  XV830. 
acquaccuUt  cer.  XV  227. 


acquajo  800  n. 
acquastrino  407. 
cf«9M4Mfaf»/  -^io-  832  n. 
acquazzo  882. 
acquazzone  332. 
aequazzosù  882. 
uculeu  199. 
*acalia  161. 
a<i<pf:i  gen.  125. 
ad  captare  380. 
addivinare  XV  89. 
adetnprito  sa.  591  sgg. 
ad^l2(  gen.  135. 
adettynir  gen.  XV  36. 
adflare  XV  98. 
admissaria*XV329. 
adnecare  XV  226. 
aduggere  XV  205  n. 
adunare  XV  828. 
adventu  XV  95. 
<Bga  gen.  135. 
tegra  eng.  212. 
aescalu  XV  341. 
o/m  gen.  113. 


^  Non  si  tien  conto,  di  regola,  delle  voci  che  aprono  i  singoli  artieoli 
(ielle  serie  alfabetiche  ricorrenti  a  pp.  19-27,  66-8,  284  882,  428-77.  —  Com- 
psgono  invece  in  qaest*  Indice  molti  vocaboli  del  voi.  XV,  colà  non  aeeolti 
per  non  essere  stato  avvertito  in  tempo  lo  smarrimento  d*an  pacchetto  di 
schede.  A  questi  si  rimanda  col  far  precedere  la  cifra  arabica  dal  romano  '  XV  \ 
—  La  sigla  '  cast  *  vien  riferita  non  solo  a  Caste llinaldo,  ma  a  tutto  il 
^nippo  di  località,  ohe,  nella  e<$posizione  del  Toppino,  metton  capo  a  i\- 
««tt'lhnaltlo. 

'  Pero  si  tratterà  piuttosto  di  emisHaria;  cfr.  anche  il  log.  ammsssarsu 
-italloiie. 


Indici.  —  rV.  Lessico. 


619 


*aeyita8  188  n. 
a f aite  piem.  152. 
afàjf  cer.  XV  228. 
affabeto  lo.  405. 
affersU  a%,  380. 
affiieseere  tar.  49  n. 
affliscare  sa.  879. 
affresca  gen.  XV  43. 
aflti  gen.  152. 
afUtu  gen.  859. 
agabar  gen.  XV  8. 
droMia  890  n. 
agdr  friu.  286. 
agelln  XV  328. 
agghjmzd  cer.  XV  90. 
agghingare  XV  215. 
aggio  XV  186. 
aggricciare  XV  289. 
agherhino  XV  16. 
/fp/  -^^  piem.  544  n. 
Orui  19. 
agiar  pa.  305. 
*agfna  219,  XV  218. 
agnaro  trent  XV  291. 
agniss  friu.  228-9. 
agna  XV  228. 
égola  trent.  222  n. 
agotUano  lu.  408. 
agorajo  447. 
o^d^  trent.  222  n. 
a|fra  mil.  212. 
agrepiu  gen.  140. 
a  ^rajntn  piem.  XV  281. 
aguanent  trev.  285  n. 
aguannf  cer.  XV  89. 
oyn^gen.  161,  XV  136n. 
aguglia  161.  XV  136  n. 
agugliQUo  XV  136. 
o^M^'  trent.  ecc.  598. 
agtuireu  ast.  300  a. 
agueité  gen.  XV  44. 


aidar  ven.  286  n. 
aidenfe  ecc.,  pa.  286  n. 
aiguilU  fr.  598. 
dime  gen.  125. 
aiiiii  gen.  XV  44. 
aina  nap.  206. 
dfftf  cer.  XV  228. 
ainUnderé  pis.-lu.  207. 
àinu  sa.  430. 
atVf  cer.  XV  84. 
a  Ì8ÓnH0  170. 
oiJXP^v  430. 
aito(f«  pis.-lu.  207. 
aitante  286  n. 
aixamplar  cat.  389. 
o/ofa  cast.  539  n. 
aja^n  piem.  539  n. 
ajassà  prov.  XV  127. 
ajine  friu.  219. 
à;ika  cast.  542  n. 
ajké  cast.  582. 
ajtòri  cast  532. 
ajvafit  cant.  519  n. 
ajtajfo'  cast.  519  n. 
ajvffi  cast.  519 n. 
aibit<$  log.  XV  308  n. 
airuM«tf  gen.  XV  54. 
albar  posch.  320  n. 
dlbaatro  lu.  407. 
àlb^o  ven.  286. 
alberese  165  n. 
àibetése  vie.  222. 
albeu  387. 
albu  107,  477. 
aldor  pa.  286. 
a/<Y  berg.  8. 
alfgru  gen.  108. 
a/M«a  trcv.  263. 
algina  berg.  597. 
algiron  pa.  286. 
alguaro  ven.  286T 


alienu  387. 
alifante  gen.  XV  45. 
<M;fi  205. 
a/;are  205. 
aller  fr.  210. 
flWpro  XV  210. 
dUuet  nap.  376. 
ahnénga  valses.  478. 
olmeaeh  beli.  286. 
alnu  128,  XV  381. 
aUadèss  mil.  478. 
altre  Martin  fr.  196. 
altrogio  rem.  215  n. 
altroff  pugl.  46. 
a/r«M<  ar-  trent  478. 
aluhgSgu  gen.  124. 
^amariu  519. 
ambra  cast.  543. 
am6ià/ia  cast.  522. 
ambulatorin  340. 
amhuff  piem.  548  n. 
dmrà  gen.  860. 
amlta  360. 
ammaccare  203. 
ammaliare  205. 
ammattiziane  In.  332. 
ammazzeicere  tar.  49  n. 
ammessarzu  log.  618  n. 
affimodo  lu.  429. 
amn^  cast.  543. 
amnis  XV  239. 
amor  trent.  286. 
amora  sp.  345. 
amore  lu.  429. 
ampà'ji  cast.  544  n. 
ampsQJre  cast.  524. 
am/>«un  cast.  533. 
amusté  gen.  46. 
amygdalaXV257,3li» 
<iNcta»  vie  288  n. 
afi^i^*^  cast.  519-20  n. 


Arelùvio  glottol.  iUL,  XVI. 


40 


620 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


andahnia  gen.  143. 
andare  209. 
andazzo  332. 
andeghie  mil.  544  n. 
andfUné  cast.  529,  545. 
atkfla  piem.  544  n. 
anfahde  cast.  546  n. 
anfódra  cast.  544  n. 
angalanii  cast.  535. 
angfrSéfe  cast.  533. 
anghjanit  cer.  XV  93. 
angiumai  sen.  459. 
angontano  march.  408. 
angourf  cer.  XV  227. 
ang&w  gen,  340. 
anfora  cai.  XV  330. 
angulu  XV  330. 
angunaja  cast.  529  n. 
angitèa  gen.  XV  45. 
anima  543. 
animai  mescle.  313  n. 
anifd  cast.  528. 
anjé  cast.  544. 
anklsse  gen.    120,  143, 

XV  36. 
aitila  gen.  XV  5, -^f  129. 
ankrhina  monf.  XV  106. 
ankwUn  cast.  528. 
annar  prov.,  ecc.,  210. 
annatojant  mil.  231. 
ann^cit  cer.  XV  226. 
annTcùla  19,  430. 
annizzare  XV  214. 
anoreleta  mil.  212. 
JÌAoit  gen.  135. 
ciM  paro  pa.  816. 
(inxr  cast.  546  n. 
an/fptn  piem.  544  n. 
antefatto  la.  442. 
antono  par.  XV  45. 
antrOkk  piem.  XV  281. 


aiito^  cast.  546. 
^ììiM  gen.  XV  46. 
anvajrSf  cast.  546  n. 
anverjar  can.  XV  127. 
anpifà't  cast.  532  n. 
anvdja  cast.  544  n. 
anrmu  log.  387. 
aó  gen.  120,  860  n. 
aocchiare  207. 
apairé  piem.  XV  45. 
apajà  gon.  XV  45. 
a/)(i/r  cast.  519  n,  544. 
apariar  gen.  XV  45. 
apartuir  -twl  gen.  844, 

XV  7,  45. 
apejs  piem.  544  n. 
opera  trev.  231. 
diTCTOv(a  868. 
apiàrio  XV  277. 
apièU  parm.  461. 
apigliarse  alto-it.  429. 
diTÓ6€iEi<;  XV  71. 
apolto\)o\.  195. 
apothùca  520  n,  XV 

353. 
oppia  abr.  XV  380. 
appiccia  abr.  XV  330. 
appiiolarn  168. 
apprope  gaet.  18. 
appruoto  18. 
appus  camp.  391. 
aqua  224,259,882,519. 

598. 
*aquatoria  224. 
aquila  382. 
aquiliu  598. 
tira  ven.  209  n. 
arainare  lig.  XV  72. 
aranca  198,  813 n. 
aratolo  360  n. 
'aratu  860 n. 


afdu  lig.  360  n. 
araìé  gen.  XV  46. 
arban/Ua  gen.  110,  143. 

848-4. 
aròikiih  gen.  141. 
arborxello  gen.  XV  44. 
drbu  gen.  107. 
arbusdU  frìu.  226. 
arcatore  430. 
ortf*»^  cer.  XV,  227. 
archilèo  196. 
areolajo  196. 
areorger  ven.  297. 
arda  cast.  536  n. 
ardieione  per.  461  a. 
(irifMM  sic.  XV  362. 
ardinzer  em.  XV  121. 
area  12,37,  XV  828 9 
aredUa  trent.  304  n. 
arekuvié  gen.  XV  78. 
ar^  trent  304  n. 
arengario  monz.  475. 
areneinate  gen.  XV  73 
arehsenlu  gen.  140,  XV 

73. 
*ar*tH  118. 
arff!  gen.  845. 
arfffa  ca^t.  544  n. 
arffànSe  cast  540. 
ar^a  camp.  198. 
argalicja  piem.  546. 
argani  ecc.  cai.  XV  849. 
argenthcia  sa.  880. 
ar^  cast.  527. 
argcre  108. 
arieti  regg.  820. 
rfr^M  gen.  887. 
aria  417-8. 
ariete  118. 
ariguié  gen.  858. 
aringart  XV  89. 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


621 


arkita  istr.  225  n. 
arktfótu  gen.  155. 
armàsar  mm.  XV  329. 
firmi  mass.  S75. 
armiliar  pa.  306. 
nrmognka  pa.  809. 
armu  375. 
armun  f^en.  136,  345. 
arnàjfe  cast.  547. 
«pirn  XV  277. 
àfpi  cast.  540  n. 
arpjé  cast.  535  n. 
(trqtiillare  march.  196. 
arn-ite  cer.  XV  95. 
arrengà'  cor.  XV  89. 
n  rringf  cer.  XV  89. 
arri  pare  lu.  XV  184  n. 
arcani/  cast.  527. 
ariigh  piem.  202. 
ar sinico  ven.  430. 
«ir.vofiArgCD.  eco.  XV  47. 
arM  berg.  104. 
artf  mil.  104. 
<9rM  Ron.  143,  XV  46. 
arabaitth  gen.  142. 
arufzz  fria.  234  n. 
arUnus  piem.  544  n. 
arùzenté  gen.  142. 
a  r rada  sa.  880. 
arra  log.  198. 
arsétan  mescle.  490  n. 
<trziUà  abr.  196. 
arzf/Zo  196. 
arzinik  mcsolc.  430. 

dpxuyv  19. 
tM  cer.  XV  93. 
ttsaiuné  gen.  836. 
wtbazé  gen.  XV  46. 
fM^ia  berg.  875. 
ascino  tu.  169  n. 
osciunare  sen.  430  n. 


ascòsH  gen.  349. 
ascusf  gen.  XV  75. 
asedio  boi.  195. 
flffr^^  gen.  356. 
(i^éj;  boi.  ecc.  599. 
aggrega  gen.  151. 
o^/  gen.  350. 
a«i(ji4  gen.  357,  XV  47. 
aèidju  gen.  XV  47. 
asllu  196,  599. 
asinu  167,  169  n. 
asjdr  em.  ecc.  599. 
askaisów  gen.  152. 
askirise  gen.  XV  37. 
attkìcaéù^e  gen.  356. 
asii&  caHt.  547. 
asdfu  gen.  127. 
dJiola  189. 
asolare  171  n. 
aspàer  vaiteli.  316. 
asper  sopras.  316. 
àspow  surdu  gen.  XV  47 
asquas  beli.  287. 
assassen  pa.  316  n. 
assdein  boi.  804 n. 
assedHa  trent.  304  n. 
assedón  trent.  804  n. 
asHcnticole  67. 
ajtJT^/toreXV  134,  139  n. 
<M«/  gen.  350. 
assitato  431. 
associare  XV  328. 
astettare  236,  394. 
àstracu  sic.  ecc.  XV  331. 
astrati  log.  198. 
astreciflle  nap.  XV  331. 
astrié  gen.  XV  47. 
a«/ro  rom.  197  n. 
astru  108. 
rt//^«^  cer.  XV  228. 
ataienté  gen.  142. 


aM/f  ecc.  sa.  379-80. 
attecchire  196. 
attento  gen.  XV  47. 
atterrato  XV  359. 
*attTgicare  196. 
attorrare  nap.  471. 
aUuire  460. 
augusta  XV  262. 
aunÌMa>l  cast.  544  n. 
aun9ite  cer.  XV  229. 
AM/Mi  log.  386,  387. 
atipa  log.  199. 
àur  cast.  542  n. 
aufic  cast  530. 
aurt^^'/  casi.  580. 
auruflce  197. 
ausare  207. 
ausinél  cast.  530  n. 
anstru  XV  179. 
aut  383. 

autin  piem.  582  n. 
autfa  cast.  519. 
atahséi  gen.  XV  48. 
ararieieux  fr.  380. 
arviit  piem.  332. 
avermaria  412,  481,545. 
averter  ven.  463. 
avier  ven.  800  n. 
avisk  cast.  527. 
atogal  ecc.  gen.  XV  48. 
aM»/«o  ecc.  lu.  ecc.  343, 

406. 
avoxina  mani.  490  n. 
af*urrih  cast.  545  n. 
arriiuppare  205. 
dga  gen.  360. 
agów  gen.  113. 
agser  fr.  66. 
aÌri7/ii  gen.  599. 
óiino  montign.  430. 
azolar  ven.  369. 


622 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


aiàw  gen,  XV  18. 
azùggiu  gen.  599. 
ahwé  gen.  153. 
azzipittartii  !!▼.  414. 
azzo  203,  332. 
cuzola  sa.  880. 


baba&un  gen.  XV  49. 
ÌMbbèo  600,  XV  140  n. 
hàbi  mil.,  piem.,  600. 
bacaler  gen.  XV  48. 
bacchio  XV  141. 
boccone  sa.  380. 
bacèln  XV  140. 
bachinchio  vers.  432. 
bacio  anc.  482. 
bàciora  la.  600. 
'bacala  219. 
badaia'k  mil.  287. 
*baduccare  520. 
6a<f//i  friu.  227. 
&iS!(fa  gen.  112. 
bàffidu  sa.  482. 
&a^^^600. 
bagniamo  600. 
M^a  ^en.  287. 
bàgiora  In.,  ecc.,  874. 
òa^otò  ver.  802. 
b<rhna  gen.  151. 
baia  XV  141. 
bàilu  gen.  125. 
bàina  sa.  199. 
toi^  gen.  158. 
bàise  gen.  125. 
bajana  884. 
bajett  monf.  162. 
bajké  casi.  542. 
bajulu  582. 
bakalè'tu  gen.  XV  48. 
òa/a^re  fr.  108. 


baleno  XV  141  n. 
balogia  ecc.  XV  142. 
balmtro  trev.  814  n. 
péM3aH  217. 
bancistra  gen.  868. 
bahsgiu  gen.  XV  49. 
òof  araii^^  cast.  548. 
barba  598. 
barba    nis  XV  882. 
barbati  gen.  122,  XV  49. 
barbatare  sa.  880. 
barbóUu  gen.  845. 
òar&02i:»a  vie.  874. 
barbugliare  807. 
bar^^  treni.  288  n. 
barddu  sa.  880. 
bardane  sa.  880 
bardosso  171  n. 
bareglol  friu.  228. 
bargala  sa.  880. 
MtyM  208. 
tor//»  friu.  227. 
tori^dl  trent  288. 
barìéfiu  valses.  174. 
barlifióm  verz.  174. 
barlOgùh  gen.  148. 
barlume  143. 
toro  ven.  287. 
òarod/e  ven.  162,  818 n. 
baròccio  lu.  428. 
barreUu  sa.  380-81. 
bareoglia  lu.  432. 
bariadil  treni.  296  n. 
barueco  ven.  287. 
barzella  pa.  288. 
òo^rffia  gen.  384. 
baseina  sopr.  598. 
6<iie//a  170,  598. 
MWa  boi.  600. 
basilica  229n. 
paoiXtKÓv  XV  92. 


basino  XV  142. 
baàtre  169. 

òoiMto  lomb.  481, 600. 
bàsna  irev.  490  n. 
òaMi/  mesolc.  490  n. 
baSgffia  ecc.  170. 
bàoola  cicast  481. 
bassaUe  169  n. 
bassUico  169  n. 
bdssola  berg.  600. 
bassora  gen.  XV  49. 
bonarie  ferr.  252  ft. 
Min  cast.  582. 
òoM^/  mant  599. 
&<SUo<e  598. 

baUorpedio  sa.  381, 593. 
6o<to  log.  887. 
bàuU  friu.  219. 
tomi  600. 

bavardage  fr.  XV  49. 
bàgku  gen.  189. 
ò<uo  ven.,  ecc.,  600. 
baìoikó  gen.  118. 
baino  mesolc.  482. 
baiia  600. 
bdosl  boi.  597. 
to^a  monf.  598. 
beecajo  218. 
ometta  598. 
òi«o  tu.  482. 
becudeu  prov.  288  n. 
Mtfoto  lomb.  872. 
beda'  lomb.  217  n. 
bée  fr.  XV  275. 
beghenaU  treni.  818  n. 
^yto  lu.  420  n,  432. 
begudo 'Odi gtn.  XV  4^ 
beOg  sopras.  488. 
beino  piac.  490  n. 
bekulu  co.  XV  215. 
ò/(a  gen.  149. 


Indici.  —  lY.  Lestico. 


623 


Madònola  treT.  208  n. 
haUetta  XV  174  n. 
Mitra  cioast.  482. 
beHlco  877. 
benagaU  sol.  894. 
benedica  cremon.  433. 
btnnariu  log,  890. 
bennóla  298  n. 
Wppula  piem.  600. 
bergolare  208. 
bere  trev.  259  n. 
berffattf  cer.  XV  92. 
bffiaia  'jta  piem.  538  n« 
bernUé  gen.  351. 
bérda  borm.  488. 
beróla  mesolc.  433. 
berta  XV  148. 
bertiJQ  log.  887. 
bertwfiHgea.  845,  X  V  51 . 
besaine  fr.  202. 
beséetmar  tìc.  287,  288. 
/vff^'  lomb.  598. 
beserégio  ven.  599. 
fcfiv^'a  berg.599. 
òrj^M^*  vaiteli.  599. 
b^sia  berg.  599. 
besiar  parm.,  ecc.  599. 
^i»/^^Mgeti.599,XV50. 
b/ssa  -ascia  mant.  600. 
besmre  log.  890. 
béittula  '^'  piem.  600. 
3€OTdpiov  593. 
beta  friu.  219. 
bète  fr.  XV  49. 
6/to  las.  434. 
MoM  trev.  316  n. 
bettare  log.  390. 
bezagAo  gen.  136. 
òfrW  lierg.  598. 
hrzzola  ecc.  lomb.  600. 
bghengh  em.  432. 


bianar  trev.,  ecc.,  287. 
biande  istr.  597. 
biassare  mil.  812. 
bTber  397. 
frifd  bresc.  599. 
*bicongiu438,XV326. 
bidusta  nnor.  199. 
6i>  for.  275. 
bievora  lu.  897. 
bifiirca  524. 
5^/  lomb.  377. 
bfgold  mil.,  ecc.,  369. 
bigoléte  can.  598. 
bigóìo  ven.  XV  .326. 
bigattiera  598. 
bigoncio   ecc.    XV    326, 

433. 
bignaga  berg.  490  n. 
bignare  lu.  456. 
bignatta  In.  375. 
%iforo  -20  la.  875,  432. 
fr//ta  XV  99. 
buina  valt.  482. 
M/a<  -te  friu.  226. 
òfiiar  ven.  289. 
bin^ìlu  gen.  110. 
5i»ii«ftiia  log.  388. 
biordare  XV  145  n. 
tìiea  ecc.,  piem.  ecc.,  599. 
biscanto  -tare   289,  XV 

149. 
biscofsu  gen.  135. 
bischetto  XV  143  n. 
bischizzo  ecc.,  gen.  ecc., 

XV  49. 
bisegar  ven.,  ecc.,  599. 
bisgiar  sopra:!.  599. 
bisia  piac.  598. 
biskòkina  gen.  146. 
Wko  ven.  394. 
bisveu  mil.  599. 


6wM  berg.  202. 
bissabova  ecc.,  XV  278-9. 
bisesta  ven.  XV  279. 
bissola  berg.  600. 
bistradu  log.  198. 
6t>&  berg.  599. 
biiulàgu  gen.  149,  357. 
ò(»iMi   -fcf/a   gen.   119, 

151,  XV  52. 
bitince  friul.  219. 
biturro  217  n. 
bivifhe  friu.  227  n. 
biiarin  ven.  598. 
bizzarro  598. 
òìi^^/fif  (a)  217. 
5;Am  oaH.  535  n. 
bU^tne  fr.  205. 
ÒMOff  cast.  548  n. 
bod  piem.,  ecc.,  221. 
boazza  ven.  819. 
boba  piem.  600. 
bobance  fr.  XV  52. 
bik^  mil.,  ecc.,  292. 
boéé  piem.  XV  104. 
bodda  lu.  410. 
boddeus  sa.  598. 
boddiri  camp.  593. 
bòdisuh  gen.  152-3. 
boegoso  gen.  74. 
boeughi  parm.  292. 
bofonchio  lu.  204. 
6^  vaiteli.  292. 
6^  berg.,  ecc.,  291-2. 
^!7*  regg.  292. 
òo//to  ven.,  ecc.,  489. 
bogón  mant.  597. 
boi  d*avie  piem.  487. 
boj  piem.  489. 
biV  piem.  524,  XV  124. 
boja  piem.  487. 
bojàna  trenL  489. 


Indici.  —  IV.  Letsico. 


n  iriu.  489. 

m 

4 '4  y*TA.  377. 
«'.-/wirf  ]o^.  390. 
•>*.'iii  ptein..  ecc.,  489. 
bolt'ijna  vaiteli.  490  n. 
hoK'tu  112. 
bollefUo  pa.,  ecc.,  304  n. 
bols  mesolc.  374. 
bolso  203,  374. 
bolunghera  vallanz.  516. 
hombantg  tic.  377. 
bombrigolo  ver.  377. 
honegeil  lad.  490  n. 
iQnka  lomb.  433. 
bÓHzora  378. 
boncher  fr.  218. 
boulanger  fr.  516. 
bòuU  fna.  219. 
boulhòu  prov.  487. 
frotMf  fr.  237  n. 
bouséer  cn^mon.  237  n. 
3oóTupov  217  n. 
borda  XV  145  n. 
bordane  XV  145  n. 
bfjrga  cast.  524. 
borghenUt  164  n. 
borni»  lomb.,  ecc.,  434. 
bf^rra  XV  145  n. 
borrace  359. 
borrico  ecc.,  XV  114. 
bors  mil.  322. 
òor/Af»  Ha.  381. 
bÒA  tic.  292. 
òoitrtl/  friu.,  ec<*.,  237  n. 
btfsflo  pa.  237  n. 
IniMsaft  ««co.,  jf»»n..  117. 
6<M.v/(f  ronin{?n.  600. 
boìftttto  jjen.  XV  10. 
60/  lomb.  29-2  n. 
bota  376-7. 
botà.i  lomb.  376-7. 


bova  XV  279. 

barolo  ven.,   ecc.,    206, 

597. 
bo'iera  lomb.  434. 
braeeiatello  ecc.,  304  n. 
frrotf^  -Ma  ecc.,  484. 
bragada  trev.  289. 
brageUa  gen.  110. 
6rd>  boi.  433. 
òraùia  boi.  433. 
bràina  boi.  433. 
brandtfuU   berg, ,   ecc., 

XV  51. 
breeuelo  «e-  sp.  206. 
breda  crem.  296  n. 
bregówlu  gen.  344. 
bréndola  cicast.  432. 
breo  prov.  196. 
òr^Ri  lomb.  196. 
brevUeggio  lu.  410. 
òr«z»t  pist.  XV  Vi90. 
briciola  172. 
brida  com.  296*ii. 
briepUr  eng.,  ecc ,  869. 
briiasóttu  ecc.  gen.  135, 

149. 
frri^iro   gen.    120,   346, 

XV  51. 
brigw^iii  gen.  151. 
hrika  -ca,  vaiteli.,  ecc. 

597. 
brikókalu  gen.  337,  343. 
briku  nuor.  198. 
brUla  gen.  339. 
brillare  XV  146  n. 
brillo  XV  146  n. 
òriAa  gen.  119,  150. 
brisea  lig.  599. 
brindo  ecc.,  8,  196. 
broankù   rum.   XV  111, 

406. 


brog  cmì.  589  n. 
brogna  ven.,   ecc.,  213. 

316  n. 
bròUi  fria.  227  n. 
brotido  ven.  290-91. 
brondori  gen.  861. 
òroiito  beli.  291. 
bromo  291. 
òro«ÌMMM  rom.  XV  III. 

506. 
3pÓTaxo^  XV  112. 
brada  -di  gen.  XV  51. 
bruciare  ecc  171  0*599. 

XV  91. 
brulicame  XV  147. 
brulicare  869. 
brUmhla  eng.  XV  101*2. 
brume  frìn.  220. 
òrfina  cast  528. 
bruhia  gen.  849. 
òrtmro  can.  XV  801. 
brUsó  ecc.,  lomb.,  599. 
bfuscajre  cast.  529. 
bruècare  599. 
òriMco  rom.  599. 
bruscolo  599. 
òriMler  fr.  599. 
bruHa  147. 
ònwtofv  -«Imi-  ^99. 
brustolare  599. 
òs^  romagn.  598. 
bsla  parm.,piac.<59i^-''^ 
bsilA  romagn.  599. 
bsugó  piac.  599. 
buande  trev.  490  n. 
bubare  na.  593-4. 
bucato  292. 
buccellatn  -rio   149, 

278. 
bucehio  208. 
ÒMCcia  208. 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


625 


bucherare  XV  215. 
buco  291-2. 
badi^  lomb.  217  n. 
bu/l^  trev.  394. 
bugdnza  ven.  818  n. 
bOgdUa  geo.  858. 
bUgaUu  gen.  858. 
bugatza  beli.  819. 
buggèu  gen.  487. 
buggioresMa  lu.  434, 
bugh  -j7Afrregg.291,292. 
bughiolu  sic.  ecc.,  487. 
bugio  292. 
òfi^f  eng.»  ecc.,  488. 
buglio  XV  124. 
buglione  487,  XV  147  n. 
bugnìgul  friu.  377. 
òii^fio  ecc.  487. 
buiakesu  sa.  880. 
6mi>  fr.  119. 
bùj  parm.  ecc.,  487-8. 
bujim  friu.  XV  326. 
buj&h  arb.  488. 
bujruh  piem.  582. 
60/  <l'ar<;>  vald.  487  b. 
bulUigi  gen.   148.  346, 

XV  291. 
^bnllicare  369. 
buda  BOpras.  489. 
buntban  cast.  534  n.  543. 
buneega  gen.  125. 
buque  8p.  292  n. 
bùfau  cast.  519. 
buraie  gen.  859. 
burbama  XV  52. 
buri^h  friu.  227  n. 
6ur/fi  lomb.,  ecc.,  376. 
bdrja  piem.  526  n. 
Aureli  camp.  374. 
odia  piem.   526  n.  gen. 

XV  74. 


buéaKca  boi.  818  n. 
buieechia  170. 
ÒMrOra  log.  388. 
busnò  trent.  302. 
baàif  vaiteli,  ecc.,  202, 

599. 
buso  de  ave  ven.*  ecc., 

202,  599. 
bussard  friu.  221. 
bussare  148  n. 
ÒMM^a  boi.  600. 
biUu  gen.  119. 
bUtiega  gen.  135. 
bùtio  XV  203  n. 
buiuro  217  n. 
buturii  217  n. 
òad^pM  gen.  XV  74. 
buia  sa.  487,  488  n. 
buzeo  XV  74. 
òtTf'n  gen.  128,  -no  151. 
bw^ta  gen.  155,  157. 
òiroM  gen.  112,  113. 


eaballare  sa.  380. 
edbda  berg.  597. 
raòtirf'a  -p-  monf.  372. 
caccìlbu  XV  834. 
éadés  cast.  527. 
cadigia  beli.,  ecc.,  296 n. 
cadiva  gen.  XV  53  n. 
caecllia  437. 
càeda  berg.  597. 
écega  gen.  348. 
caesu  XV  338. 
cafurkif  abr.  XV  336. 
cagier  trev.  262. 
cagnola  march.  206  n. 
cflfW  prov.,  ecc.,  XV  287. 
eaillou  fr.  217. 
caitH  gen.  XV  9. 


cro/o  ar.  203. 
^ajvé  cast  519n. 
cala  tar.  20. 
<;atoiiitofi  ven.  313  n. 
calar  ven.  221  n. 
calathu  597. 
calcaria  XV  834. 
calcestre  196. 
calcestruzzo  196,  214. 
cal^'ggine  435,  XV  119. 
calgero  vie.  288  n. 
calTgariu  151. 
<;a/«ifHm  mil.  XV  105. 
colina  sp.,  sili.,  435. 
calmale  frin.  225. 
ralmowtète  vali.  XV  105. 
ra/oM  ecc.  375. 
calpestare  238. 
cd/to  ven.  597. 
calumar  ven.  221  n. 
ca/za  207. 
carnàio  lig.  485. 
caminòszora  lu.  875. 
Campania  sa.  881. 
campaniel  ven.  804  n. 
campano  ven.,  ecc.,  802. 
campeggiare  ecc.,  XV  276. 
campitello  ecc.,  304  n. 
eamiMMfia  piem.  XV  105. 
ramfitfrò  berg.  XV  105. 
canabia  8n. 
canàgola  lomb.,  ecc.,  219  n. 
canàpie  gaitL  8  n. 
cahbruté  gen.  354. 
fàfi^a  cast.  539. 
cnnde  od.  266-7  n. 
candelaio  lu.  427,  «Wo  ib. 
canfl9inf  cer.  XV  229. 
canigghjf  cer.  XV  91. 
cantalesare  XV  214. 
canteruto  447. 


626 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


canth&ris  XV  149. 
cantherinu  XV  149. 
cantTcula  111. 
ranrella  lomb.  376. 
citOz  mesoìc.  373. 
capa  lomb.  377. 
capTta  597. 
capUiccio  lu.  376. 
capTtùlu  198. 
caprennaturf  abr.,  ecc., 

XV  106  n. 
capretta  march.  206  n. 
eapruggine  206  n. 
capsa  196,  XV  149. 
capsu  XV  150. 
caput  128. 
car&bu  XV  288. 
caramella  mil.  212. 
earamia  gen.  860. 
carhonazzo  ven.  293. 
caredèl  treni.  304  n. 
carena  'ina  ven.  XV  52-3. 
caries  203. 
cdrigas  camp.  873. 
carjentas  Ropras.  394. 
carla^sare  vie.  435. 
carnelrare  boi.  435. 
airola  ecc.,  599. 
carpare  203. 
carpare  203,  XV  75. 
carpione  203. 
carrega  gen.  XV  58. 
carneo  otr.  42. 
carto  ven.  323. 
ra ruggii  gen.  445. 
carredda  log.  374. 
ca»  tv.  184  5;eng.  1S5. 
casa  {la.  383. 
/asé  gen.  XV  71. 
caracca  170. 
cascia  \nnì,  351. 


cascina  196, 597,  XV  149. 

cascino  597. 

caserma  170. 

caseu  XV  91. 

cdslo  com.  197. 

ca^o  184-5. 

casoH^elo    trent. ,    ecc., 

293. 
casonera  com.  597. 
COMO  XV  150,  ven.  298. 
casiUi  gaet.  Un. 
caia-  merìd.  XV  886. 
caiagiolla  (a)  monf.  875. 
catricla  sa.  881. 
catriosso  208. 
canda  XV  128. 
caule  120,  182. 
éaurlh  ecc.,  cast.,  532. 
causa  883. 
éàusa  cast.  588  n. 
cavar ozza  anc.  375. 
^<ir<i«  mesolc.  325  n. 
cavea  294,  408. 
córed  mil.  597. 
caredél  ven..  ecc.,  804  n. 
cavegio  vie.  874. 
cavelàgna  vie.  296  n. 
éavfUu  gen.  110. 
cavOnf  nap.  XV  883. 
cavUga  gen.  124. 
cavreto  la.  426. 
caxonoso  gen.  XV  43. 
rayro  mil.  212. 
casone  185  n. 
rarra  67. 

caia  gen.  XV  10. 
rarW<  friu.  226. 
ce  cast.  537. 
f/òfT  lomb.  26. 
cedale  ci-  189. 
ceca r a  sen.  430  n. 


cfCM  XV  148. 

cècia  fior.  411  2. 

etf  a  feltr.  829. 

Cegio  ven.  816. 

é^a  cast.  520. 

cé/ar«  205. 

Relega  trent.  296  n. 

c#/;a  -dr^  205. 

eelihrio  pa.  874. 

celiarla  XV  84,  938. 

celsa  888. 

cendrt  cer.  XV  227,  $87. 

eendreUa  nap.,  ecc.,  XV 

337. 
ctnerigia  lu.  484. 
««Mia  salem.  XV  887. 
cemfcf  cer.  XV  86. 
ceo  tose.  897. 
rera  ver.  819 n. 
cerchia  la.  414. 
cefeja  cast.  587. 
e^rpl  friu.  828  n. 
cersa  parm.  414. 
^eradico  trent.  296  n. 
ceruolico  pa.,  ecc.,  296  n. 
cerusico  167. 
cesend/U  friu.  227  n. 
ir«so>  169n,  189. 
Ceson  trent.  294. 
eesso  294,  XV  150. 
eeiràngòlo  204. 
cfMta  gen.  838. 
cervice  881. 
cervlcula  874. 
cAa  friu.  287  n. 
^hacaronUi  frìo.  226. 
chaìf  fr.  XV  58  n. 
^kalzamiU  friu.  226. 
^hampanili  friu.  227. 
fhanagUis  friu.  22t<. 
fkanènU  frìa.  219n. 


Indici.  —  IV.  Lesdoo. 


627 


fhazxia  frìu.  220. 
che  lomb.  264-5  n. 
the  frìu.  287  n. 
ehèehe  fior.  411-2. 
chtehée  monf.  220. 
ché€u  aio.,  ecc.,  220. 
chega  trev.  251. 
ehéffia  vie,  ecc.,  814n. 
ehèjer  feltr.  258. 
ehervija  log.  874. 
cheussa  borgotar.  407. 
chialart  friu.  281. 
chiappa  ZÌI,  In.  443. 
ehiasào  XV  241. 
chiatto  -a  XV  208  n. 
chiava  pia.  448. 
cAtamire  nap.  825. 
chierda  In.  414. 
eAie^a  167-8. 
ehign  piem.  237. 
(A^o  ver.  295,  319. 
chila  pa.,  ecc.,  294. 
chiocca  874,  XV  155  n. 
chiola  cicast.  876. 
chiòpporo  lu.  406,  407. 
chioia  183  D. 
chiucco  -a  XV  155  n. 
chitifo  183. 
choraula  599. 
chdrda  228. 
(Attra  gen.  XV  56. 
ciabatta  ecc.»  XV  llln. 
ciaccarò  ferr.,  ecc.,  302. 
ciafela  -Ma  piem.  374. 
«a//o  trev.  597. 
riafio  tose.  897  n. 
cianta  203. 
<riaM/w«ii  not.  325. 
ciavarel  aen.  874. 
rtaptna  mani.  407. 
cibéca  295. 


r/^fif  cer.  XV  85. 
ctcer  529  n. 
cicindela  227  n,*-èriu 

111. 
cicolottofa  montai.  874. 
cicuta  252n. 
ei44aru  abr.   ecc.,   XV 

888. 
cidivòcc  ecc.,  friu.  280  n. 
ildule   He  frìu.  296  n. 
^ela  ecc.  ven.  296  n. 
^ra  boi.  195. 
cieuspu  valaea.,  ecc.,  203. 
^ar  ven.  XV  219  n. 
cigolare  XV  219. 
éih  gen.  112. 
pA  caat.  588  n. 
cineàta  tar.,  ecc.,  46  n. 
*cinÌ8Ìa  484. 
cigcchfrf  cer.  XV  232. 
ciuccia  XV  21  In. 
W^cta  XV  150. 
ciQmpo  203. 
ci?»  vaiteli.  437. 
dopa  trev.  374,  448. 
etVjipa  XV  21 1  n. 
cìppu  XV  888. 
cirant  hiu,  818 n. 
cirella  trent.  296  n. 
^roge  caat.  529  n. 
cisterna  881. 
elida  chian.  203. 
cTthara  819 n. 
^tufa  caat.  521. 
ciAngfif  biac.  46  n. 
ftpffa  caat.  519. 
civitaa  16,  XV  265. 
cirite  friu.  295. 
(ivitula  piem.  521. 
dadi  poach.  373,  375. 
clap  vaiteli.  372  u. 


«ciarlìi  519. 
clandere    183,    861, 

541  n. 
claudicare  XV  108. 
clauatru  876. 
olauau  120,  188,  349. 
clava  824,  878,  875. 
clavellu  534. 
davigl  poaoh.  375. 
*clèta  520. 
cUpid  XV  109  n. 
cllvu  437. 

eloeher  fr.,  ecc.,  XV  108. 
chrre  fr.  188. 
cìoMtri  frìu.  876. 
^Igt  caat  585  n. 
clusion  pa.  224. 
cmarÒ  ferr.  302. 
Cmùhé  caat  531. 
*coaglu  296. 
coagulare  XV  124. 
coca  beli.  295. 
coccola  XV  155n. 
cdccu  XV  151  n. 
cochlearia  519n. 
cocon-na  parm.  220  n. 
còda  XV  128. 
codazzo  882. 
codina  aa.  381. 
cof  fo   vie.   225,   236  n, 

872. 
coègo  ven.  295. 
coeulla  gen.  118. 
cofaccia  montai.  489. 
cofforo  lu.  427. 
cogitare  444,  XV  228. 
cògno  vie.  318n. 
cointo  gen.  856,  862. 
coiiar  lomb.  854;  ap.  XV 

54. 
cojuare  aa.  228. 


c*< 


Indici*  —  IV.  Lessico. 


^étti  pìen.  XV  108. 
.^  ;.•  lomb,  237,  378. 
.^C,>  trev.  295. 
«Wm*#  ven.  296  n. 
.^Mtrt  XV  336. 
eollectu  125. 
colUppolare  XV  216. 
collirertos  sa.  594. 
colHgere  593. 
coito  XV  88. 
cohfnmra  nap.,  ecc.,  XV 

333. 
coph/  lomb.  267  n. 
eomed  lu.  440. 
eomedon  beli.  375. 
comèta  541n. 
compilare  XV  152. 
eana  XV  238,  889. 
càma  lìg.  358. 
conagio  ven.  296. 
eoneion  lomb.  878. 
condaghe   'ké   sa.,    ecc., 

380, 388  (v.  ancbe  XV 

339). 
conforta  ccc^nap.,  186n. 
congrògd  mani.  394. 
conjugare  223. 
conjungere  223. 
conostro  beli.  376. 
conzier  ven.  475 n. 
coppella  ecc.  XV  340. 
coppetta  lu.  374. 
coragia  tre v.,  ecc.,  877. 
eorata  ven.  221  n. 
eoresto  pia.,  ecc.,  456. 
corgnMo  vie.  597. 
còrneo  XV  300. 
comóé  looam.  488. 
coronario  XV  840. 
còrt  borg.  223. 
cortina  XV  ir»5. 


eorze  lomb.  297. 
cos^  lomb.  267  n. 
cossi  gen.  850. 
costà  309. 

éósu  gen.  349,  XV  68. 
cota    i  gen.  151,  859. 
eotagna  nap.  372. 
Sóian  eng.  597. 
catena  nap.  372. 
cotesto   d'  XV  309. 
eotina  sa.  881. 
cotraru  cai.  XV  853. 
càvolo  XV  56. 
eogza  874. 
crap  vaiteli.  372. 
crópa  lomb.  162,  872. 
cras  37n,  XV  96,  155. 
crate  114n,  158. 
craticnla  381. 
eratura  trent.  314  n. 
craveo  gen.  XV  55. 
eredita  XV  66. 
crej  friu.  228  n. 
crena  ven.  316  n. 
erenògia  blen.  485. 
cr«fi«a  ven.  313  n. 
crepare  XV  56. 
crescio  376. 
creso  165  n. 

creventd  lomb.,  ecc.,  324. 
cribru  XV  340. 
criente  vaiteli.,  ecc.,  174, 

298. 
crin  piem.  XV  357. 
crinoncs  600. 
criso  186n. 
cristeo  404. 
eroe  mil.  234  n. 
crocchia  XV  155n. 
eroda    ferr.    297,   erS- 

parm.  174. 


erCdà  bresc.  174. 
eròdi  friu.  22dn. 
cródiga  trìest.  236. 
eróf  ìeyent.,  ecc.,   174, 

298. 
cròna  trent.  298  n. 
erCè  mil.  234. 
tfr^  trent  297  n. 
crudino  XV  156. 
criwitf  cer.  XV  94. 
cu  piem.  872. 
euódri  frìn.  228. 
cùbltu  XV  62,  86. 
cucca  sa.  374. 
cuceiola  298  n 
cucco  XV  256. 
cuccuma  XV  884. 
cucire  178. 
cucutiello  lo.  874. 
aictf«;ra  anc.  374. 
cu44ori  sic,   ecc.,   XV 

336. 
cimIm  -f-  sa.  372. 
cufo  trent.  874. 
<^t//ff  sili.  874. 
c&jaha  gen.  148,  337. 
cugino  407. 
CM^/fa  XV  151  n. 
cuite  friu    226. 
fti/4r  ferr.  471. 
cQleu  XV  86. 
ciìlleu  237,  XV  IM. 
cumlnu  XV  152. 
cun  belltns.  437. 
cufkato  tar.  XV  889. 
runde,   ecc.,   lojr. ,   :i>^l. 
ciifKfiiri  sa.  381. 
cùneu  XV  339. 
cunféssi  boi.  332. 
cuMa  gen.  XV  54. 
cìinula  XV  226. 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


629 


euoHzu  cai.,  ecc.,  XV  389. 
cupa  386,  XV  56. 
cupèdiae  XV  55. 
cupizza  anc.  874. 
cupo  199. 
euraglia  eng.  297. 
CHrffttu  gen.  845. 
cnrin  piem.  XV  851. 
ruma  'le  friu.  2278. 
cascoliu  198. 
cùsetu  lece.  444. 
cuslier  ven.  213. 
nt8s\  pugl.  44. 
cussiia    ecc.,    ven.,  XV 

283. 
cussorgia  sa.  593. 
euttra  emp.  489. 
•e  a  ti  e  a  8,  127,872. 
cuticagna  872. 
e  lìti  8  872. 
cuzma    gen.    144,    850, 

XV  63. 


dagnaio  otr.  49. 
dàino  XV208n. 
daini  eng.  875. 
dajentro  -ven-  rom.,  ecc., 

215. 
damascènu   545,   XV 

341. 
dan  frìul.  288-9. 
dàndula  ferr.  298. 
daspair  breg.  232. 
dastragno  pa.  328. 
da^radumà  istr.  239. 
datia  'Zt'  -Uva  368  n. 
dauMih  cast.  532. 
dazzajuUo  597. 
decedocto  XV  224. 
detta  vie.  376. 


defùndere471. 
degner  beli.  831. 
dególlu   -llar   gen.  855, 

XV  56. 
degond  berg.  471,  *(2tfr 

borm.  ib. 
depffiraljà  va  XV  120. 
bcirou^  sa.  391. 
deprgàmà  gen.  141. 
deridere  197. 
derisione  186. 
dfrlampd  cer.  XV  229. 
derlUyu  gen.  845. 
derUpàzi  mil.  881. 
der\)é  gen.  847. 
<2<;^2f  gen.  187. 
descarpelar  vie.  322. 
descitare  409  n. 
desdaiu  gen.  XV  59. 
desdromissiar  Ten.  597. 
desgetarse  gen.  XV  78. 
deigd'gge  gen.  346. 
dfsgunca  cast.  589. 
desinare  166. 
<^^^P<s  gen.  115. 
desp/jr  borm.  232  n. 
despiti  cera.  232. 
dessallo  ver.  296  n. 
destare  409  n. 
dfstrigoìar  ven.  299. 
destrUgà  lomb.  471. 
desuglià  verz.  196. 
deaventar  gen.  XV  80. 
desvolzò  trent.  802. 
desvorlà  lomb.  196. 
det ratio  rora.  XV  58. 
deverso  pa.  299. 
<f#'iiJ/  ven.  444. 
(ita  lu.  413,  418  n. 
diaccio  lu.  XV  157  n. 
rfiXfl  XV  157-8  n. 


dIgTtu444,521,XV85. 
df^o  mil.  212. 
df7  piem.  875. 
dilefiare  205. 
if»2<9^  196. 
diligione  186. 
rf^'M-<;»acA  vaiteli.  162. 
dindellare   dol-  XV  216. 
d/ii(2«r/o  XV  216  n. 
dingia  frin.  223. 
rlirtirf  gen.  345,  351. 
discónzi  friu.  228. 
dispar  115. 
dispejà  friu.  282. 
dissignore  otr.  41. 
diu  212. 

dis-vualzi  friu.  239 n. 
(ifoM^  lad.  223. 
ddctu  539 n. 
<{ó;ra  piem.  224. 
d^^'r  piem.  539  n,  597. 
doliu  523,  532-8. 
dòlu  441. 
òofiéaria  «a.  891. 
dandola  •fin-  298  n. 
(ir$ii^«  friu.  223*4. 
dòrie  frìu.  224. 
dork  beli.  223. 
dòtreg  gen.  154. 
rfo^/o/o  XV  158. 
tiori^  lomb.  267  n. 
dored  lu.  440. 
dozzina  207. 
dringolare  XV  216. 
r{rt7/o  253  n. 
(iroya   can. ,    ecc. ,   XV 

282. 
druzzola  XV  220. 
ductu  597. 
dugo  v*»n.  240 n.  300. 
duja  cast.  532. 


680 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


darbfttu  gen.  345. 
duihf  oer.  XV  94. 
dui  frìu.  240ii. 
dutt  frìu.  238-9. 
duph  lomb.  197. 


#cra  gen.  150. 
ichtU9e  fr.  220. 
icheveau  fr.  467. 
echlna  357. 
Sgor  romagn.  447. 
cìkOiv  XV  238,  339. 
9jrja  can.  598. 
ellSQ  XV  66. 
èlio  in.,  ecc.,  441. 
eldmbe  XV  171  n. 
emissariu  618  n. 
emparer  fr.  592. 
empreu  cat  591. 
eneaUar  sp.  XV  192  n. 
encropUo  ver.  313  n. 
engar  sp.  206. 
engimò  frìa.  229. 
tngwdevent  fr  198. 
enguedat  sp.  206. 
tHÌH  sa.  880. 
enU  piem.  586  n. 
eniìn  frìu.  225. 
enreiopper  fr.  205. 
epTgru  XV 182. 
erhorajo  447. 
erhoUnte  -r-   pav.,  ecc., 

447  n. 
erhoHh  mil.  447. 
errftre  148. 
err(ire  XV  46. 
/rU  gen.  108. 
Mh  lig.  108  n. 
^W/  berg.  104. 
eriìca  540,  XV  189. 


erTu  XV  341. 
«^irugen.  108  n,  112,348. 
eB8  borm.  229. 
estotoir  h,  196. 
étauffer  fr.  327. 
etro  sa.  381. 
ezamin&re  467. 
ezceptare  467. 
ezclamare  XV  93. 
excòcta  597. 
ezcGrare  449  n,  526 n, 

538  n. 
ezhalare  171n. 
ezpallTda  534. 
ezpansu  165n. 
ezpavère  326. 
esplicare  382. 
exstinguere  540ii. 
exterminia  382. 
estirpare  XV  199 n. 
estremare  382. 
etfro  pagi.  46. 
fiu  lig.  343. 
ezzenda  gen.  136. 


OcToq  368  D,  397  n. 
enp(ov  199. 
eOfiov  XV  86. 


fabilf  vallanz.,  ecc.,  244. 
facjdde  cer.  XV  86. 
facie  46. 
•facYtn  442. 
•factOria  XV  298. 
facnla  219. 
fadanel  trent.  296  n. 
fiece  109,  345. 
fafif  levent.  221. 
<pATCp€  sa.  391. 


fagètu  XV  342. 
fag9'nza  mass.  442. 
fagu  120,  858. 
falctcùla  582. 
fàle  frìn.  219. 
falze  pa.,  ecc.,  800. 
fi^f^j^tT^  cast.  525. 
faneiolo  'CziftUo  sai.  35 n. 
faneiuUo  85  n. 
farga  -gala  sa.  880. 
farmàrf  cer.  XV  89. 
farragine  XV  843. 
faska  log.  390. 
fasUhio  pa.  224. 
f attizzi  eng.  301. 
fata  122,  547 n. 
fatQU^9. 
tpàrZarra  sa.  891. 
favargake  cast  534  n. 
favUe  friu.,  ecc.,  225 
favoUna  160n. 
favònio  442.  XV  95. 
fazion  trev.  224. 
fazzoUUo  ecc.,  XV  60. 

342. 
faiwtrìa  gen.  110. 
fMico  rom.,  ecc.,  196. 
fedina  XV  160. 
féi  ag.  801  n. 
fnn  griz  boi.  420  n. 
f/kftf  cer.  XV  86. 
felz  lomb.  442. 
femiU  rom.  442. 
fentti  friu.  227-8. 
ferade  frìu.  228. 
ffrraina  cai.,  ecc ,   X  V 

348. 
feri&la  XV  342. 
ff9»o  180  n. 
festinare  801. 
feitru  levenL,  ecc.,  443. 


Indici.  —  IV,  LeMÌco. 


681 


'festùcu  300. 
ff stadi  cast.  523  n. 
festura  vie.  443. 
féta  801,  520. 
frio  XV  161. 
ffUa  XV  135. 
ffia  ffen.  109. 
fMa  parm.  448. 
fiaÒHolo  ven,,  ecc.,  244. 
fine  gen.  XV  17. 
fiwòa  boi.  244. 
fiàffo  pav.  195.. 
ftbfila  528n. 
fié    éa  cast.  538  n. 
ffdig  piem.  196. 
fi^  pa.  289  n. 
/S^/cf  lu.  397. 
fierume  vie.  443. 
fieto  XV  161. 
/fwta  trent.,  ecc.,  443. 
/Uzza  ferr.  443. 
fiezzu  mer.  464. 
Apar^tigeD.121,145, 156, 

196. 
figào  pav.  195. 
figaritt  monf.  195. 
/{^  bresc.  196. 
/S^<i/e  rom.  218. 
figòit  'S'  fria.  237. 
fiU  friu.,  ecc.,  301. 
fi  lice   *-ca  300,  343, 

548. 
filtctn  XV  842. 
fiUdura  ecc.,  gen.,   XV 

61  n,  106. 
fUiH  ver.,  ecc.,  304  n. 
filò  ven.,  ecc.,  302. 
fimbkl  friu.  244  n. 
fine  XV  161  n. 
fioca  bresc.  443. 
fiópa  boi.  445. 


ftori  rum.  444  n. 
fiorume  ven.  443. 
/IrMa  bellinz.  301. 
firòra  gen.  XV  60-61  n. 
fiB  friu.  287. 
^itfima  167,  XV  61. 
fieké  gen.  144. 
fiio  180  n. 
fissile  448. 
fistùla  879. 
fissu  180n. 
fùiea  gen.  XV  61. 
*flabi6lu  244. 
fiaccare  840. 
fiageol  -lei  fr.  248  4. 
fiambid  frìu.  244. 
fiaujdl  prov.  244  n. 
finta   abr. ,   ecc. ,   448, 

XV  842. 
floridn  402. 
fioacio  XV  217. 
foar  borm.  471. 
foare  lu.  409. 
foetere  464. 
fòguU  friu.  219,  220. 
foiónico  444. 
/btMM  fr.  186. 
folch  com.,  ecc.,  288. 
falco  com.  233  n. 
/Wffu»  XV  160n. 
foipo  ven.  445. 
fone  ven.  816  n. 
/orari?  XV  214  n. 
forkiUon  sa.  381. 
fOrla  XV  300. 
fomnolo  XV  215. 
fortiku  nuor.  198. 
forugd  posch.  445. 
foia  gen.  344. 
f^ta  lomb.  484. 
fottirtnio  198. 


fracassare  XV  99. 
fraeatantu  sic.  XV  224. 
fracldu  858. 
/ìraco  pist.  XV  162  n. 
frogia  ven.  318  n. 
fragrare  228,  XV  162. 
fraibdan  ven.  244  n. 
/f o»^  cast.  548. 
frangere  869. 
fraore  XV  162. 
frappala  XV  284. 
fraseia  mess.  374. 
/Vdi^M  gen.  858,  868. 
fraif'lla  gen.  845. 
frazio  montai.  332. 
frazzu  gen.  332. 
frfcc9ÌH{  cer.  XV  94. 
fregiane  In.  170  n,  173. 
/"r^ola  859,  XV  62. 
frela  pa.  300. 
/rrfon  fr.  203. 
fren-na  gen.  859. 
frènzi  friu.  369. 
fvfssQra  abr.  XV  848. 
/rf^/tf  gen.  356. 
frfvàtf  cer.  XV  94. 
/^rf£<igen.  109, 112,848. 
friffére  444. 
friggere  XV  162-8n,  garf. 

444. 
frigida  444. 
frigna  ven.  X V  61  n. 
frignici  gen.  151. 
frlgus  444. 
fringyllu  XV 829-80. 
frire  fr.  444. 
frisione    145,  170, 

170n. 
frissan  fr.  832  n,  444. 
froissier  fr.  XV  92. 


632 


Indici.        IV.  Leali oo. 


frola  piem.,  ecc.,   219, 

409. 
fronde  a  836. 
ffucé  cast  539. 
fmgare  446,  XV  214. 
frugutkU  gen.  150. 
frui  471. 
frma  cer.  XV  92. 
frusignà  friu.  324. 
frusta   -ulu    XV   92, 

94. 
fruvàr  ven.  471. 
fu^o  182. 

fa  gen.  145,  XV  61. 
fu,  piem.  308. 
fu  fu  feltr.  303. 
fagare  409. 
fugghiare  march.  471. 
fuiséasinf   ecc.,   camp., 

198. 
fulgfire  545. 
fuitàrf  cer.  XV  86. 
fumifrf  cer.  XV  84. 
fura  sa.  382. 
fura  posch.  445. 
furare  montign.  457. 
furari  445. 
fu  re  445. 
fùricare  119, 151,445, 

XV  215. 
furóre  145,  XV  61. 
furriadorgius  log.   ecc. 

598. 
furrui^à  sa.  XV  215. 
fuscfUo  203. 
fusciacca  XV  215. 
fuio  182,  186. 
fusto  203,  XV  163. 
futa  '0  gen.  359. 
fuz(h  gen.  354. 
ftcr  gen.  122. 


fivfhtu  gen.  122,  865. 
ficih  gen.  123. 


gab&ta  873,  527,  XV 

343. 
gabinat   vaiteli.    813  n , 

394. 
gddie  abr.,  ecc.,  438. 
gagia  pa.  805. 
gagliardo  ecc.,  225. 
gai  sa.  480. 

gàibu  -dy-  gen.  128, 141. 
gajba  ferr.  294. 
gal  mcsolc.  436. 
galba  447  n. 
galbnlu  446-7. 
gal^te  lu.  375,  376. 
galiero  nap.  376. 
galon  lomb.  ecc.  375. 
galonda  sopr.  376. 
gaUa  ven.  873. 
gama  sa.  398  n. 
gamero  lomb.,  ecc.,  217. 
gaminÒMzola  garf.  374. 
ganascia  373. 
gan^ahla  trent.  373. 
ganga  nap.,  ecc.,  373. 
ganga j  piem.  446  n. 
ganghero  322  n. 
gano^a  chiav.,  ecc.,  373. 
ganossa  boi.  313  n. 
garavella   valscs.,    ecc., 

376. 
garba  fior.  445  n. 
garbè  piem.  377. 
garbelio  lu.,  ecc.,  445. 
garbinola  ven.  448. 
gardfttu  gen.  355, 
garer  fr.  209. 
garia  gen.  110. 


gasentà^  meaolc  824  n. 
^aèUgi  gen.  142. 
gaudiu  583. 
rauXó^  XV  826. 
gavine  208. 
gaekurro  208. 
geberut  prov.,  ecc.,   XV 

844. 
gegia  lu.  411-2. 
gelicidiu  198. 
gcpa  lomb.  197, 374,604». 
gèrbo  'ido   lomb.,   ecc., 

486,  540. 
gernuh  can.  600. 
gerra  eng.  325  n. 
gesiò  pa.  290  n. 
gessire  rom.  215. 
geusiae  172-8,335. 
ghe  alto-it  264-5  n. 
ghèghe  iu.  411-2. 
ghéghen  borg.  597. 
ghenninella,  ecc.  44t<. 
ghiaccia  lu.  440,  464. 
ghiaccio  455. 
ghiacere  440. 
ghianduceia  ecc.  8^^. 
ghiónghelo  ar.  446. 
^iVi  pa.  305. 
y^  gen.  889. 
giaccio  'cciare  445. 
giacurun  gen.  886. 
ytait  beli.,  ecc.,  2^'». 
jKanntno  lu.  205. 
giavazzer  eng.  825  a. 
giavHna  grig.  197. 
gtbbu  204 n. 
^//fra  gen.  357. 
gignore  458. 
pfWfMB  gen.  140. 
^'o6  p  eng.  597. 
giòstar  piac.  197. 


Indici.  —  lY.  Lessico. 


638 


ffiottaùro  pa.  375. 
giiftert'u  *a  sa.  381. 
gitteu  log.  600. 
gitton  pa.  305. 
giumpare  sa.  882. 
giuio  167,  187. 
gladio  588. 
ghigne  friu.  228. 
glande  446. 
giara  lad.  825. 
glera  cng.  825  n. 
giutnrd  friu.  221. 
gnaration  pa.  818. 
gnavà  friu.  229. 
gneguno  pa.  814. 
^Nfrp  mil.  872. 
gne^s  friu.  228-9. 
<^Mom  feltr.  825  n. 
gt*gio  lu.  172-3,  335. 
iida  bellinz.  875. 
^mne  gen.  855. 
gosier  fr.  178. 
gosmaiéla  berg.  447. 
^<mm  gen.  835,  349. 
gòuMe  147,  359. 
gìi^gu  ecc.,  gen.  125. 
gous^eia  parm.  447. 
gorer  treni.  162. 
gozetia  parm.  447. 
//oi"»  gen.  142. 
gràciolo  lu.  204. 
gradisele  gen.  152. 
grama  romagn.  448. 
gramanzia  von.  314. 
grommare  lu.  408,  448. 
grammatica  805-6. 
grammatista  409. 
gramen  448. 
graneévola  203. 
granchio  garf.  448. 
grancor  ver.  597. 


graniela  ver.,  ecc.,  803. 
gratjé  cast.  545  n. 
^ara  ven.  448. 
^r^  gen.  158. 
greàsna  berg.  448. 
grébani  gen.  186,  144. 
^rmo  sen.  420 n. 
yr«s^a  cremon.  162. 
gregnapàpola  ecc.  478  n. 
gréina  vallanz.  ecc.,  435. 
grela  ven.  814  n. 
(^r«m  bresc.  448. 
gréfneh  berg.  490 n. 
gretnesina  pa.  293. 
grepión  eri.  220. 
griaintas  grig.  298. 
grientà  valsen.  174n. 
^rt7  trent.  818  n. 
^Wncfun  gen.  140.  354. 
griflQfa  cast.  527  n. 
grinóttu  gen.  151. 
griìflla  gen.  152. 
grceusel  parm.  894. 
grògol  cremon.,  ecc.,  162, 

894. 
gronchio  lu.  446. 
grotani  gen.  185. 
gruga  pugl.  44. 
grUmi^^'l  piem.  547. 
^M  bellinz.  197. 
guaena  pa.  816  n. 
gualhardo  otr.  48. 
guaita  ven.  378. 
guancia  374. 
guasina  vie.  326. 
guelfa  rom.  215. 
jn<^/o  vie.  314n. 
guerectone  lu.  407. 
gugent  sopras.  231  n. 
gugentd^  mesolc.  324  n. 
gugiare  vie.  305. 


^Mj^flO  lo.  411. 
guiliardone  207. 
guluare  sa.  593-4. 
yfira  piem.  537. 
jrjir^  piem.  588  n. 
j^u«  piem.  384. 
gusa  borm.  447. 
gusarolo  ven.  222  n. 
guscio  208. 
^^7/m  gen.  884. 
^lomarffi  ver.  815. 
^fl^a  lomb.  208. 
guttaru  cai.,  ecc.,  844. 
gut^la  parm.  439. 
guxare  \m,  306. 
gir f ha  gen.  122. 
giclgu  gen.  359. 


habitatiòne  598. 
he r poto  528. 
hibiscu  527. 
hoc  anno  490n. 
♦ho  di  129. 
homan  pa.  806. 
^horoloriu  117. 
horrVdu  204. 
hortiliò  145. 
h  tonar  a   cai.,   ecc.,  XV 
342. 


icus»u  -stu  sass.  308  n. 
ilice  112,  XV  846. 
illoc  86. 
Tmbrìce  115. 
imbuto  208. 
immatizi  bellinz.  882. 
immoi  camp.  386. 
impajra  valm.  281. 
imparare  592. 


634 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


imporrne  ver.  811. 
impear  beli.  232. 
impenl  lod.  287. 
imputare  225. 
imùSa  gen.  150. 
inagojdni  mil.  231. 
inaquare  519  n. 
ihbòsi  gen.  147,  346. 
incalm  friu.  225. 
in^mpo  boi.  195. 
incaiurir  ferr.  323. 
inceppare  307. 
inceda  -«•  march.  206  n, 

894. 
inéd  biell.  201. 
ineuparsi  In.  449. 
ihcwów  gen.  861. 
indagine  143. 
indemu  gen.  108. 
ìfndice  139,  115. 
indicolu  597. 
infùndere  67. 
ihgàigu  gen.  125. 
ingaliar  ven.  306. 
ingenuu  -nitate  206, 

880. 
ingnostri  fria.  229. 
ingdgge  gen.  346. 
ingojavétU  em.  198. 
inguine  597. 
ininz  lomb.  458. 
initiare  458. 
in  parte  207. 
m«amfry*a  lu.  398. 
inèe  gen.  150. 
insenina  rum.  196. 
insefilfe  gen.  140. 
insèrtn  XV  345. 
insopedarse  magg.  307. 
insfd  rum.  XV  315*6. 
inte  gen.  150. 


interrogare  444 n. 
intiea  sa.  880. 
Intima  116. 
intiriJfJfare  -ire  203. 
intridere  186. 
intruschiare  203-4. 
intrusa  203. 
mvea  gen.  337. 
invidrizzissi  fria.  239  n. 
invitare  360. 
invitu  -e  353,  538  n. 
inzerpedir  beli.  307. 
ipsu  506. 
iscusoria  sa.  381. 
isciUinare  log.  381. 
iseuzinare  log.  381. 
M6<tor«  sa.  383,  394. 
iskecatu  sa.  382. 
i^o/a  181-2. 
ispentumare  sa.  381. 
iapiiare  sa.  381-2. 
t«<rumar^  sa.  382. 
istruminzu  sa.  382. 
f8«  -Ma  breg.  229. 
ita  -e  sa. 
iternm  881. 
itieu  log. 
«ii/«/'m  vie.  303. 
iumpare  sa.  382. 

jaca  sa.  380. 
jacc^  -zzu  merìd.  23. 
^jacTcare  198. 
jàlini  'ene  sai.  40  n. 
januarin  258. 
jermana  cai.,    ecc.,  XV 

344. 
jéte  friu.  183  n. 
Jiccari  sic.  198. 
jouncas  -eao  prov. 
jòvia  334,  525 n. 


judeea  cai.  XV  345. 
juvencn  XV  345. 


kà  gen.  129. 
kabalfstra    cast.   521  n, 

546. 
ké^a  gen.  121,  135. 
kofli  gen.  347. 
kàgayniu  gen.  353-4. 
kakkavu   co.,  ecc.,  XV 

334. 
kal-  198. 

i(ra/(f«  mt^ioMf  sass.  198. 
kalSyu  gen.  124. 
kaluka  gali.  198. 
ikamaét  cai.  XV  337. 
Kd^iiXo^  217. 
Kd)itvo<;  217. 

kampaniel  ven.  304  n,  354. 
kaflagtrùfi  gen.  363. 
Aranàwfa  cast.  519. 
kanapà  cast.  527  n. 
kanidgro  montign.  435. 
kahnye  gen.  335. 
kahpanih  gen.  354. 
kannuja  log.  198. 
Kdpa  129. 
karafiditidu   co. ,    ecc. , 

198. 
karséle  bellinz.  220. 
ibar^  gen.  117,  355. 
karugiu  gen.  387,  340. 
kdsa  gen.  851. 
kaistrytdu  gen.  140. 
kàsijuh  gen.  140. 
KOTd  XV  336. 
KQTaPoXf)  XV  836. 
katégula  cai.,  ecc.,  XV 

336. 
katoju  sic,  ecc.,  XV  337. 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


685 


fcau^é  ecc.  cast.  582. 
k'dul  sopras.  597. 
Ka0^a  204. 
kaiu  gen.  848,  850. 
Av  k-emu  cast.  523  n,  529ii. 
k-ekenà  mesolc.  220. 
kersa  'Saa  sa.  381. 
hi  cast  547. 
ki  kttèl  gen.  350. 
k^ligfa  log.  198. 
ìeiha  gen.  120. 
kifU  cast  526  n. 
kinòlla  gen.  149,  864. 
kita  sa.  383. 
kji'  cast.  519  n. 
kjeja  tar.  37  n. 
kjawa  gen.  126. 
il^oira  gen.  126. 
k'iinmm^  bar.,  ecc.,  XV 

333. 
kokketta  sa.  198. 
kokku  sa.  198. 
kombare  log.  387. 
komente  log.  386. 
kòffì^htti  gen.  146. 
il-omo  log.  386. 
itr7/y^  gen.  118,  145. 
komabìlg§a  gen.  135. 
^•<>r<  cast.  524. 
KÓpu.u3o(;  XV  333. 
h:*An  levent,  ecc.,  447. 
krapika  -u  sa.  198. 
kréna  mesolc.  435;  ven. 

213. 
kr^nk  lomb.  446  n. 
krunuka  nuor.  198. 
kujró  piem.  532. 
kàkkamu  cai.,  ecc.,  XV 

334. 
kùkkuru  sa.  198. 
kutnbéfi  levent.  597. 


kumyùiru  gen.  141. 
kuh  cast.  537. 
kunéefiilH  c6.  512. 
kurata  c6.  447. 
^urfu  cast.  539. 
kufufiai  cast.  537. 
A;fl«a  'S/ta   lomb.,    ecc., 

447. 
kusci  piem.  537  n. 
kUséra  pav.  476  n. 
kuskàia  gali.  198. 
kwacSu  gen.  856. 
Anró*  gen.  134,  837. 
ktcarnajà^  cast.  531  n. 
ktcé  cast.  531. 
Arirl^a  gen.  127. 

labbia  373. 

labe  464,  XV  346. 

Cabina  464. 

labóre  123. 

lacét   piem.,   ecc.,   356. 

538  n. 
lacinada  piem.  538 n. 
lactea  451. 
lactes  356,  538 n. 
lacuna  313  n,  597. 
'lacùsta  519. 
lad  friu.  240  n. 
laesu  215. 
laf  brCHC.  464. 
lagar  alto-it    195,  308, 

451. 
lagena  XV  346. 
laggare  195,  451. 
^f^9^  gen-»  ecc.,  540. 
lai  fr.  196. 
laier  fr.  19'», 
lama  abr.  XV  346. 
làmbtk  berg.  8. 
lapnbH  cast.  531  n. 


lamentizie  332. 
lafià  cast.  535. 
lahbrucé  gen.  354. 
landra  cast.  545. 
lankas&^a  gen.  344. 
lansehira  eng.  873. 
/aoriW  trent  332. 
lapTdeu  135. 
lapilla  XV  346. 
lapm  gen.,  ecc.,  362. 
laqueolo  369. 
lar  fria.  210. 
laf  a  cast.  541. 
larga  sa.  382. 
lasagna  170. 
lassi nafenu  log.  198. 
M«rm  montai.  450. 
latinu  201,  535. 
latrare  531. 
lauràr  friu.  230  n. 
làusta,  ecc.,   cant.   519, 

545  n. 
laransàna  ver.  313  n. 
lavarone   lu.,  ecc.,  464, 

XV  346. 
Zarina  464. 
lazza  vers.  450-51. 
lazzo  203,  207. 
/^6òe  carne  r.  376. 
lebbra  lu.  410. 
If'bu  cast.  542. 
Ucuru  sic.  451. 
Wr^  lu.  427. 
'f/f  ■/''*'  tic,   ecc.,   174, 

373,  394. 
legare  3()8n. 
legenda  545. 
legger  la  vita  367. 
•legi'men  156-7. 
Ugolo  ar.  451. 
legorln  lomb.  4•^l. 


Archivio  glottol.  itaL,  XVI. 


41 


Indici.  —  ly.  Leniéo^ 


limi  gen.  156. 
lemme  lemme  204» 
Iffniima  ^n.  116. 
lénxit  friu.  285. 
lepra  g«iL  362. 
Urfu  'i  gen.,  ecc.,  10&, 

174,  344,  452. 
lerfie  lìv.  108  B. 
lescheja  oftit.  527  b. 
^ma  j^  167,  3»». 
2^A:a  cast.  4S5. 
{^^a  berg.  597. 
2i&i(2a  sa.  382. 
liésena  yen.  399. 
lieso  rom.  215. 
{f/f  pam.,  ecc.,  174. 
liffia  veis.  174. 
liffón  poseh.,  ecc.,  174. 
liffia U  yen.  108  n,  174. 
lifróh  lomb.,  ecc.,  174. 
Ugo  ver.  295,  319. 
ligula  451. 
limati  yaim.  820  n. 
limiae  201. 
llmUe  523. 
limpida  451-2. 
lifienga  piem.  531  n. 
liflQfa  cast.  525. 
limola  log.  387. 
Homi  yer.  213,  316  n. 
lipàh  lomb.  174. 
{fp^  -j^pu  fr.  174. 
llquare  528. 
Hquldu  539. 
Ufi  cast.  533. 
^Mtf^o  pa.  197. 
liuastrina  sa.  382. 
liverare  per.  209. 
liveros  sa.  594. 
15cellu  197. 
if^cìo  399.  * 


logorare  452. 
I(?A:^  nap.,  ecc.,  36  b. 
iombrare  rtc.  314» 
lombricu  S31  B. 
iombrigolo  y«r.  377. 
lomear  peit.  (Uil. 
lòng«i  228. 
Ionia  yen.  600. 
2or^t  bortt.  30&. 
idi  lomb.  4^97. 
loètrdn  loab.  458  a. 
<^u^  ecc.  gen.  125w 
tovertiga  lomb.  104. 
loza  yeft.  600. 
la&;Vi  cast.  531. 
ttU>rican  sp»  160. 
lucaru  sic,  ecc.,  451. 
{ficctora  lu.  320  n. 
luchela  U*  vCb.  37^3. 
iueio  lu.,  ecc.,  399, 452. 
lucrare  452. 
lùctU3-e  229. 
iueur  fr.  309. 
lUf  yaloam.  174. 
lU'garu  gen.  139. 
tugor  beli.  809. 
luitdh  gieB.  354. 
iujar  friu.  451. 
lumene  log.  887. 
Ifim*  cast.,  ecc.,  523,201. 
luminata  gCB.  351. 
lufMJMéi^/a  In.,  eco«,  37^ 
iummi  gen.  351. 
iafi  cast.  588  n. 
Ztìna  trent.  313  n,  597. 
iUnc  cast.  537  n. 
lUndSe  cast.  529  b. 
lungdrja  cast.  525. 
iuii'n^a  170. 
lusiola   de  Votio  treni. 
373. 


ItLsnàèa  valasM.  330. 
iustrente  453. 
itt^d  friu.  229. 
iUva  cart.  523  n. 
iuvm9&u  gen.  157. 
lU'vegu  gen.  160. 
^fivr^  cast.  523  n. 
l^ii  gen.  354,  859. 

#na«d  yaltell.  453. 
macagna  lu.  408. 
maceries  XY  347. 
mad  la.  440. 
madaia  yer.  314  n. 
madau  sa.  456. 
fn(i<ie  istr.  299. 
madìra  boi.,  ecc.,  455. 
«nac^roné  la.,  ecc.,  310, 

376,  377,  453. 
madunà  gen.  348. 
malie  gen.  347. 
magagna  203. 
magardas  boi.  310. 
magatél  lomb.  478  n. 
'  maggese  *  230. 
9nagnà  gen.,  ecc.,  258  n. 
fndgnara  bellinz.  258  n. 
magnoàsins  friu.  478  n. 
magnolezo  yen.  810. 
mo^niiscd  gen.  258  n. 
magràh  gen,  143,  345. 
magU't  letnb.  478  n. 
mata  yer.  814  n. 
moine  friu.  229. 
maiolariu  sa.  382. 
maiolu  camp.  382. 
maiorales  sa.  594. 
maifino  460. 
tnó;  cast.  535  n. 
fnajà  lomb.  309. 
majale  temporale  894. 


ladieL  ^  IV.  LeMÌco. 


m 


majéra  diiav.  475  a. 
mafi'  loMib.  H2. 
m  a  j  ò  r  e  542  n. 
majstàtU  casi.  5SG. 
majuzzim  trìu.  478  n. 
tnal  drtan  pa.  292. 
tno/tf  et  U^do  otr.,  eoo^ 

67. 
ìHolincognia  pa.  809. 
maliscaUù  1«.  406,  454  n. 
ifia/A«  fH«.,  eee,,  226. 
fnnlla  abr.  XV  829. 
malmuerio   friu. ,    eoe., 

809. 
mafia  sp.  855. 
tuaiiaftra  mir.  490  n. 
mancelo  ba|paor.  490  n. 
matulesine  nap.  490  n. 
mandioare  S8S. 
mandiUu  gen.  861. 
tifafu2r«^fa  204. 
mandrappa  nap.  490  n. 
mane  la.  875. 
ifMifié^^a  490. 
manentar  breg.  824  n. 
man  ère  824  n. 
mangify  gen.  129. 
màiW  cait  533,  587. 
maniera  258  n. 
maniere  806. 
maM^iMi  eoo.,  gea.,  ecc.* 

855. 
maniila  mag.  455. 
«fia>ifi«fi«  abr.  490  n. 
mannikare  log.  888. 
maMra  mil.  258  n. 
ffianpzf  gen.  354. 
manta  can.  490  a. 
móntrice  montai.  454. 
mantrugiare  173. 
manu  258  n. 


mafiiUki  gen.  142. 
uuMvM  ero.  874. 
mar  grlg.  210. 
fnarager  trev.  877,  45A. 
maragna  sa.  874» 
maraia  fr.  597. 
Moramdn   piem. ,  ««^ 

858,  $44  B. 
fiMf  aiHifi«ana  cast.  M6  ft. 
mufanv/  caet.  588. 
mara$calz  beli.  454. 
maroMo  810.    - 
mafavi  cast.  529. 
•Mard  cast.  587  n. 
mareandàU  frìn.  227  m. 
marcangegnf    nap.    XV 

847. 
mare  beli. ,   ecc.,  810, 

372. 
mareak  lomb.  597. 

fnaffQÌJH  oaat.  585  n. 
marlscn  597. 

marmeif^  gen.  148. 
marogna  ven.  811. 

maróttu  gen.  120,  848. 

martellina  lomb.  454. 

martoìa  -ra  aap.  XV  848. 

mart^ro  817. 

ffiamdfo  ven.  810. 

marunma  456. 

9narpi<eggio  gen.  865. 

ma#  treni.  289. 

maèadàr  treni.  289. 

masanecóle  abr.  490  n. 

ma^an^/n  gen.  864. 

inascalUso  ven.,  ecc.,  477, 

fMo«ca/«oii€  454,  464. 

masìA  friu.  280. 

mrwffd  piem.  442. 

fnastrUgé  gen.  142. 

Maax<i^n  -^(ov  868. 


materia  -iet  455» 
wnatlf\i$u  gen.  125 
matarn  585  a. 
ma^u  gen.  853. 
maztina  soiHras.   490  a, 

202, 
maifg  gen.  189. 
mazzénghera  204. 
ma^zeraM^  204. 
'm5<mfif  meHd.  67. 
fneaàà  friu.  280. 
medesimo  166,  166  a. 
m^oto  eri.  872. 
medàU  fria.  872. 
medon  ma-  iMnb»,  %ec^ 

455. 
meggio  la.  455. 
meggióne  455. 
ffié^'o  ven.  282,  816. 
megnolla  nv.  872. 
mf*iStca  gen.  111. 
iM«{<ffia  meeoic.  490  n. 
melàngolo  204. 
«M«2/o  sen.  456. 
enOlon  pav.  378. 
mémbos  log.  874. 
•ii«fMrte#  camp.  874. 
menacce  abr.  490  n. 
ménMa  aio.,  eoe,  XV 

829. 
meneuria  pav.  597. 
mffi/<9i«  gen.  120. 
mensa  166  n. 
«nen^ina  gen.  162, 490  a. 
mensola  111. 
,  mentere  pvgl..  eco.,  44. 
mentala  886. 
menùdola  ire  ni.  490  a. 
menzo  pugl.  44. 
ménzuiu  log.  887. 
mèóla  ven.  872. 


638 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


méoza  nap.  877. 
mercantia  'z(a  161. 
mercare   merid. ,    ecc. , 

456. 
mercennume  455. 
margone  143,  345. 
merìdie  235. 
merlo  sen.  456. 
mermos  log.  373. 
merolla  otr.  43. 
mesi  gen.  135. 
mescitare  409  n. 
mescola  375. 
mestdima  lo.  398. 
mesinu  sa.  382. 
mesmos  log.  373. 
messedò  treni.  302. 
messione  533. 
messoria  127,  524. 
mestaina  lu.  455. 
mestare  409  n. 
mèste  pugl.  39  n. 
mesu  sa.  388. 
mesyàu  gen.  348. 
meswia  gen.  127. 
méta  296 n. 
W/f'fria.  183  n,  230-31, 

394. 
métide  frio.  183  n,  230-31 . 
meystr^  gen.  345. 
mezztsitna  la.  410  n. 
m^^io  337. 
miccio  312  n. 
mi^él  cast.  547. 
mignacce  abr.  490  n. 
mijno  cicast.  457. 
mitjnóhi  trpvigl.  372. 
mignolo  457. 
mignone  19>^. 
migola-mezo  pa.  295. 
migrolla  lu.  372. 


mi  Ha  404. 
mitiche  frin.  227. 
m//««  -r-  friu.  235. 
miloga  pa.  313  n. 
miloni  trev.  296  n. 
mi'néa  log.  386. 
minchia  386. 
minchiastro  trev.  894. 
minchione  378. 
minatore  log.  385. 
minft^m^ffo  pav.  295  n. 
m/n«a   gen.,   ecc.,  338, 

377,  534  n. 
min  uè  re  455. 
minzuol  ven.  243. 
miolla  mil.  372. 
mirolla  em.,  ecc.,  43  n. 
mm  pugl.  35. 
misognare  lu.  456. 
mtVci  cast.  547. 
mlstro  ven.  314  n. 
misun  grig.  374. 
miiura  170,  189. 
mlula  borm.  372. 
mivuó  boi.  811, 
mizuogl  grig.  372  n. 
mizza  parm.  312n. 
mjàng  cast.  547. 
modegal  vie.  375. 
modiòlu  243,  311. 
modo  386. 
mcenianu  XV  348. 
mogio  ven.,  ecc.,  312. 
tuoi  camp.  386. 
«iC'A-  lomb.  457. 
m(>/  mil.  372. 
molegna  com.  490  n. 
m oliare  525 n. 
molesH  beli.,  ecc.,  312. 
mo/tmeM/ii(m)  gaet.  15. 
fnolUca  601. 


mombrtgolo  ver.  877. 
moftcÙKfro  ver.  894. 
mondiola  gen.  490  n,  456. 
monedda  sa.  490  n. 
moner  ven.  457. 
monferrino  222. 
monti$solo  vie.  874. 
monto  gen.  338. 
mòra  ri  457. 
fnorigessa  sa.  881. 
moras  celsa  881. 
mot  cast.  584. 
fAc^ritf  gen.  850. 
mucca  457. 
mddria  gen.  361. 
maglie  144,  162. 
mùglie  boi.  195. 
mugnajo  457. 
mugnai  beli.  818  n. 
mugnard  friu.  478  n. 
mugnesti  fria.  478  n. 
mugnlgol  trev.  377. 
mugro  com.  162. 
mu^urilf  gen.  150. 
mw;ar(i  friu.  478  n. 
fitu/o  feltr.  812. 
muleja  cast.  527  n. 
mun  piem.,   gen.,   124» 

455. 
mi4fifMfj)f/fo  la.  452. 
murdUlj  ecc.,  parm.  304  n. 
murhé  lomb.  457. 
miUa  ven.  312. 
mHèé  lomb.  456. 
mùscùla  457. 
muilna  ven.  368. 
miiio  167. 
mHéow  gen.  144. 
muMa  312  n. 
muiulin  ecc.  fria.  226» 

230  n. 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


689 


mùttUre  457. 
muturusse  frìu.  280  n. 

naeeajuolo  222. 
nagia  Ten.  818  n. 
nagosàa  ren,  318  n. 
Mojvé  piem.  519  n. 
nànga  cast  546. 
fkàdaw  gen.  855. 
naraii&n  pa.,  ecc.,  312-8. 
narié  lomb.  878. 
*ndrie  825. 
narit  Taltell.  873. 
natalia  312. 
nauca  prov.  458. 
naucleru  388,  458. 
naulintmtntri  friu.  281. 
*navYca  458. 
navichieri  fior.  458. 
nazU»  161. 
necare  48. 
necesso   ver.    294,    XV 

278. 
negona  pa.  816  n. 
fiefiero  15  n. 
M^o/a  trev.  258. 
*neptia  110,  836. 
nere  belline.  458. 
nfèii  gen.  HO. 
fk^iu  835,  854. 
nevazio  332. 
«iM^  pa.  814. 
nicchiare  204. 
*nice5la  141,  531. 
nichieri  ^ghie^  pia.  458'. 
niciulu  not.  451. 
fiMÌo2/a  lomb.  377. 
niébbita  la.  451. 
nìMto  la.  451. 
niente  195. 
A'/ré  gen.  364. 


nigru  34  n. 
nilz  lomb.  458. 
fif72;a  lomb.  377. 
nins^l  piem.  548  n. 
«(pa  bresc.  197. 
nisar  trev.  258. 
niselo  pa.  197. 
fii««(N  gen.  116. 
nizz  lomb.  458. 
nivea  197. 
nivente  march.  215. 
nòcciolo  457. 
nòcére  538n. 
noeula  pia.  458. 
nódero  anc.  447. 
noderuio  447. 
MÒcioZa  berg.  212. 
noglànd  frìu.  231. 
Mffffi  cast.  523,  530. 
nombrigolo  ver.  377. 
non  408 n. 
nostrate  458. 
none  fr.  458. 
nuca  374-5. 
nti^/tf-  frìu.  228. 
nì/^nd  ferr.  231  n. 
Hu/h'  lu.  403. 
nutne  nard.  38  n. 
nùnse  piem.  538  n. 
0(<rf  tar.  34  n. 
mitari  cai.  XV  345. 
nzingare  cai.,  ecc.,  XV 
261  n. 


obja  piem.  533  n. 
oblata  314,  531. 
obyiam  533 n. 
occasione  185  n. 
occiga  otr.  48. 
ochela  -lór  ven.  378. 


oéo  sen.  452. 
ògliemo  ar.  457. 
offerre  380. 
òfdiiu  gen.  182,  152. 
ogn  pes.  875. 
ognolo  ven.  894. 
o^osto  lu.  899. 
o^f  fr.  196. 
oiddenè  sa.  593. 
Slia  mil.  406. 
olidu  330. 
omana  pa.  806  n. 
omòr^0  frìu.  459. 
ombrigolo  ver.  377. 
omeeio  gen.  387. 
ómeda  ven.  316  n. 
omicione  per.  877. 
dna  gen.  128. 
ongosto  lu.  408. 
op&cu  160,200,  526 n. 
oportere  104. 
oradél  lomb.  304  n. 
oro^e  fr.  459. 
orhégolo  vie.  226  n,  880  n, 

394. 
ordio  gen.  886. 
orezzo  204. 
^»  cast.  588. 
orizi  eng.  894. 
or/u  gen.  118. 
ortiUìi  gen.  145. 
oryza  190. 
oiare  186  n. 
osca  sa.  390  n. 
oséonar  feltr.  329. 
oéolare  168  n. 
ossdein  boi.  304  n. 
òarpoKov  XV  349. 
08S0CÒÌ0  trev.  394. 
oreri  piem.  224. 
or^^dr  friu.  287. 


^ 


•40 


IndiflL  —  UT.  LeMÌeo. 


^véy  gen.  125»  189»  148. 
òZfUu  gen.  S57-Sb 

paboriUìo^^  eco,  5M. 
pabula  199,  594. 
pac<^  377. 
padiva  treni.  313tn. 
jNie^«  166. 
p&féru  gen.  133. 
IMi^tftfa  ar.  204. 
pagense  35,  112,  520L 
Spagina  459-60. 
pagliolajm  304. 
poffnardi  frin.  227  n. 
pagnàea  berg.  815. 
pagnotta  258  n. 
pagu  XV  262. 
ìhSì  ver.  459'4MK 
/Mx«/»ò  la.  414. 
pa^  T«r.  459. 
paindgh  -àrd  mil.»  eco.» 

460. 
pajarili  friu.  227  a. 
INyr^  pietà.  544. 
palanga  199. 
palangana  eaanp.  199. 
paleée  165-6. 
palperella  lu.  818. 
paltéséla  vie.  326,  894. 
panali  friu.  281. 
paniiu  sa.  830. 
pcima  204. 
iNiM2;/^^  friu.  226. 
j?<io  ver.  460» 
papedra  treni.  878. 
paperi  camp.  883. 
paperile  nuox.  199. 
paperÒB  sa.  388-4,594*0» 
papiru  'lu  log.  888. 
papparottu  sa.  478  n. 
para  feltr.  816. 


paràlumene  log.  387. 
parangon  gem.,  ecc.»  315» 

854. 
paratila  Io.  399. 
paravéri  menta!.  220. 
paraviso  merid.  215,  XV 

850. 
parazion  beli.  315« 
parhjà  casi.  585. 
pardon  fi:.  382. 
pareagna  via  196,  394. 
par^  ecc.  fria.  227. 
parent  pav.  81 5  n. 
parentaia  302. 
paf^  cast.  541  n. 
paricùli  378. 
pcirté  frin.,  eco.,  281. 
*pariu  281  2,  519. 
parlerà  miL  475  n. 
parpfUa  gen.  361. 
parpangin  ver.  83  8  n. 
partéfice  318  n. 
parthone  sa.  882. 
partéves  treni.  813  n. 
parviso  rom.  215. 
pascutt  589 n. 
pdit  alio-ii.  459,  529. 
pastoril  'li  friu.  816. 
pa«^r<;  beli.  816. 
pa^/ume  ven.  315. 
pàur  east.  542  n. 
pav  Or  e  542  n. 
•pavòria  127,  347. 
patàfyu  gen.  144. 
pati  826 n. 
pazz  gard.,  ecc.,  225  n. 
pcf  piem.  537. 
pchilrina  eng.  818  n« 
pé(i  friu.  282. 
pegatàr  ver.  876. 
p§cctnn§  pugl.  25. 


péeeiola  cicMt  373. 
Pffra  cast.  531. 
pecins  538. 
pedamenta  XV  350. 
pedYtn  301,  460,  135u 
pedisszor^  la.  370. 
pegà  com.  400. 
pegia  ven.  232  n. 
peglio  pa.,  ecc.,  232. 
p^pva  gen.  158. 
pfivge  gen.  132. 
pejas  317  n»  102. 
pelatura  gen.  354. 
peleger  460. 
péUendon  gen.  130. 
pencoimre  460. 
pehdalokkm  g&wu  135. 
*pendicùU  460. 
p«n/n  ven.,  eee.,  370. 
penni  ecc.,  sa.  873. 
pennUgu  gen.  358. 
pensare  oieafit.  462, 471. 
pentima  tar.  24. 
pepella  nap.  378. 
percontare  sa.  882. 
percossente  pìs.-l«  425. 
perdon  boi.  195. 
pericùlm  540. 
peslehgtpi  gen.  854. 
perlucca  la.  412. 
p^r  md  ven.,  eoe.,  316. 
p^r  m(?r^  valm.,  eoa, 

429. 
permatare  345. 
p^r^t^  181  n,  180-7. 
pesare  nap.,  ecc.,  181. 
peaghà  fria.  238w 
peschio  443. 
pesentinu  sa.  380-81, 882. 
p«90  182  n. 
p^io/o  189  n. 


ImB«L  -*  IV.  Umìo^ 


•41 


pe99tgà  mil^y  eeai  890l 

j)éiu  gen.  157. 

peUgà  lomb.,  eoe.,  861, 

460. 
ptiha  8».  882. 
peto  Ten.,  eoe.,  400^  185w 
pètola  Tea.  Slft. 
'  peitoràa  '  818, 876. 
pevo  nap.  182. 
pe^/gi&Uu  gen.  141. 
p^'  treni.  817  n. 
pézin  gen.  141. 
ptznuM  pa.,  eoe.,  288. 
/?/!a  monf.  448. 
piae^  mil.,  eoo.,  162. 
piàdena  Ton.,  eoa,  280b. 
piana  pa.,  eoo.,  280, 894. 
pianeti  montai.  287. 
piàvoia  Ton.  218, 
pibera  sa.  199. 
/>/Mmi  lomb.  201. 
pica  treni.,  eoo.,  817. 
picea  460. 
pifettù  182  n. 
picior  ram.  876. 
/wciU  friu.  288. 
pYcala  461,  520,  540. 
plderu  log.  886. 
piegna  -na  pa.  230  n. 
piegala  trev.  259. 
pieUa  em.  456. 
piMa  pontrem.  456. 
piggétto  pist.  461. 
pigiare  ecc.  181. 
pignolo  in,  875. 
pigói^  gen.  858. 
pigola  mil.  174. 
pigrn  382. 
/i(;a  cast.  620  n. 
piljun  piem.  548  n. 
pimaceio  818. 


plhfow  gen.  854. 
pingolar  ver.  4Ì0l 
piM^  cast.  587  n. 
pinufa  east.  587  n. 
p  i  n  8  a  r  e   181  n ,   XT 

351-2. 
^pintìare   181. 
pinsu  181. 
IHAtana  sa.  882. 
pippione  lo.  405. 
p<rj<^  cast.  821. 
piédgga  gen.  145. 
;>M<iifltti«  gen.  185. 
p»i(»  ver.  894. 
;>ao{o  189  a. 
pi$9ard  friu.  221. 
pieiemaio  In.  414. 
pi9littoni  camp.  199. 
pitale  817. 
piMnwrw  lo*  414. 
pitnlta816,448,542n. 
pihiHU  frin.  227  n. 
piAtnicio  In.  462. 
piviU  ver.  304  n. 
pizza  lomb.  838  n. 
pizzincuó  ferr.  253  n. 
p/a^  cast.  538  n. 
pjat  tic  872. 
p^'iifa  cast.  520,  54a 
Spiaccicare  162. 
plagia  gaei.  14. 
plajt  lomb.,  eco.,  292  n. 
plangeiro  prov.  318. 
piala  lomb.  292  n. 
plat&nu  541  n. 
irXaTSac  sa.  391-2. 
*planta  359. 
plejo  (ria.  228  n. 
plénu  339. 
PQ^  mil.  188. 
poceia  376. 


podioso  ven.  880 
poeiar  ver.  296  n. 
po^'a  ver.  816. 
poi  per.  418  n. 
poiàa  camp.  600. 
pekelih  gen.  151. 
poieiar  ver.  296  n. 
pol#r  ver.,  eco.,  819  n. 
po{«^<ff»  ven.  228. 
pQìlm  XV  858. 
pdpitaccio  In.  876. 
pofufa  -(4  lomb.  496. 
ponèr  ven.  812. 
pónga  piac.  220. 
pantiva  vìe,  eoa,  286. 
panzeìle  gen.  888. 
papiri  sai.  40  n. 
popolotso  882. 
poreMna  ven.  462. 
porcillaea  468. 
p^  cast.  540  n. 
porà^pio  lomb.  462. 
portulaca  462,  601. 
parzitfr  iriest.  225  n. 
poi  cast.  526  a. 
poèma  mil.  462,  192. 
poàka  log.  890. 
post  391. 
pottea  890-91. 
potHcchia  pugl.  25. 
postquam  390>91. 
potior  881. 
pùlriih  gen.  158. 
p6iu  gen.  348. 
pozzànghera  204. 
pradéli  ecc.,  frin.  227. 
prcM  gen.  843. 
prave  gen.  115-6. 
praetorin    ZV    258, 

358. 
praia  sic,  ecc.,  XV  260 n. 


€42 


Indici.  —  IV.  Lewico. 


:.  dT. 


jr*   i'*»  •-*?•  ^^* 
-<►-*;*  t  «*  r  a  386. 

-  %-  ".   ibr.,   ecc.,   XV, 

r-  «v  cAst  529  n. 

f.  ^  >«rftf  otr.  42  Q. 

r.  '*>%*tr  eng.  369  n. 

,.  ^v  'ki  gen.  125, 153. 

f^«i(i««fo  394. 

wrimiìa  geD.  120. 
^nV^ru  log.  386. 
prOce  117. 
j>r<Mte  'Uu  log.  600. 
prima  ven.  316  n. 
pro99fioff€  184. 
j>rd^a  gen.,  ecc.,  117. 
prua  344. 
prùna  209,  316  n. 
prUza  gen.  343. 
p9(a  monf.  378. 
I?fla  gen.  129. 
puavola  ven.  213. 
pAòMa  bieU.  201. 
pucinarili  friu.  227  n. 
puiiìar  ver.  312. 
puinté  friu.  490, 
puizzato  trev.,ecc.,  296  n. 
puja  cast.  542  n. 
jjiV^n*  friu.  319. 
*pullftrone  153. 
pAllu  234. 
pulte  545  n. 
pungola  piem.  548. 
puntar  se  vie.  222. 
pumi^44u  adem.  483. 
può  ferr.  252  n. 
pupa  174,  213,  252 n. 
pili  Hi  cast.  r>26  n. 
pupjHìttorino  lu.  204. 


pupùh  gen.  150. 
/iiM  sa.  891. 
^ii«  cast.  541  n. 
pu8ch€na  log.  192  n. 
puèigno  192  n,  171. 
jpMaiba  cast.  528. 
pMs^t«  sa.  390  n,  391. 
putì'du  330,  XV  353. 
pwt^tf  gen.  838. 
puzza  'Zzare  464. 
pwMa  gen.  122,  360. 
pwfy  gen.  129. 
i»u^a  gen.  127,  347. 
puiau  gen.  112,  350. 
pyaizfy  gen.  365. 

quadrone  380. 
quadrùviu  337,  840. 
qìMtìiima  gen.  128. 
qualuneata  pagi.  44, 46  n. 
quandé  lomb.  267. 
quasi  167,  365. 
quairanf  abr.,  ecc.,  XV 

353. 
quattuorpedia  381. 
querelle  fr.  599. 
quéu  gen,  356. 
quomodo    118,   XV 

278. 
quintanna  gen.,  ecc.,  856. 
quinto  gen.  356. 
quiston  gen.  356. 

roar^  vie.  320  n. 
rahbrezzare  pist.  204. 
rabégolo  re-  vie.  320  n. 
ràhita  gen.  364. 
rara  lomb.  233. 
rare  173;  fr.  314. 
ràdi  friu.  233. 
raco  -^0  189. 


roeulin  friu.  233. 
raAfr  ven.  471. 
ràdega  ven.  213. 
radente  287. 
radicata  sai.,  ecc*,  25. 
*radtcùla  122. 
radonzel  poi.  222  n. 
rctna  gen.  353,  365. 
raffé  vaud.  285  n. 
ragantUa  204. 
ragazzone  464. 
ra^  friu.,  ecc.,  318  n. 
ramaeoU  parm.  820  n. 
ramenta  150. 
ramaftàn  piem.  820  n. 
ronctt/^fi  friu.  283. 
rangella   campb. ,  eoe, , 

XV  846. 
rdn^ttu  gen.  362. 
rannaglia  la.  452. 
rónnya  lig.  365. 
raitpùntu  gen.  854 
rantegà  lomb.  430. 
rénia  lomb.,  ecc.,  464. 
rapace  588. 
rapìcia  523. 
rapistru  XV  354. 
*rariu  519. 
raSenie  179  n. 
rdSer  mani.  894. 
raziceia  montai.  320  n. 
raso  166. 
rósola  tar.  25. 
rasuio  tar.  42. 
rataUgwa  gen.  112. 
rataufojfa  cast.  582. 
r<tt^  friu.  377, 
roffUa  gè».  110. 
nfffl  friu.  288. 
raucu  204. 
rauede  friu.  478  n. 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


648 


rauèzz  friu.  284. 
raugné  frin.  230  n. 
ravQ  cicast.  464. 
ravanello  489. 
ravastrdlo  'ime  439. 
ratera  bresc.  464. 
rartn  fr.  464. 
ravòj  friu.  284. 
ravoH  friu.,  ecc.,  820. 
róyna  lig.  865. 
raxsa  818-4,  597. 
re  mil.  218. 
relmyl^  gen.  152. 
reccS  vaiteli.  198. 
relego  gen.  202. 
rècto  ven.  234  n. 
recointà  gen.  856. 
recondére  471. 
r«la<o;  treni.  296  n. 
rf'denu  gen.  353,  858. 
redét  berg.  179n. 
redezo  mil.  218. 
r^«  friu.,  ecc.,  284. 
rèffta  gard.  235. 
W/le  lu.  448. 
refogart  sa.  390  n. 
refrain  fr.  465. 
rifranger  pav.  465. 
refuBer,  ecc.,  fr.  186. 
refjfuiu  gen.  151. 
r^j^ci  -gente  mescle.  324  n. 
regahbio  gsixt,  447. 
regagiu  gen.  135. 
regame  rom.  218. 
rfgafkf   abr. ,    ecc.,  XV 

849. 
r«ya«8se  gen.  355. 
r^itfi  gen.  855,  862. 
r<y»a  beli.  234  n. 
regónd  -ndà  lomb.  471. 
regoroxo  mil.  218. 


rfigwa  gen.  122. 
réiéegu  gen.,  ecc.,  202. 
reitaggio  pÌ8.«lu.  207. 
•rejlcicare  398. 
rekaUu  gen.  862. 
rf{a  cast.  585  n. 
rema  ecc.,  gen.,  120. 
remegi  gen.  150. 
remeii  gen.  189. 
rf'meza  gen.,  ecc.,  119. 
reminàga  lomb.  320  n. 
rena  lod.  377. 
reiVi  lomb.  465. 
renger  ven.  819. 
rensir  vie.  807. 
rmfiM  sa.  598,  595. 
reoU  beli.  284. 
requanti  istr.  819. 
reechaint  eng.  285  n. 
rifs<fa  piac.  597. 
resene  vaiteli.  597. 
rféi  cast.  539. 
r/9À;a  gen.  337. 
retaggio  207. 
rf'tt  gen.  126. 
reàdo  ecc.,  gen.,  116. 
reulàr  friu.  280  n. 
rfT^  trent  818  n. 
rf'tfdu  rò-  gen.  858. 
rezelle  ter.  320  n. 
rezóla  mant.  464. 
r»a;  lomb.  XV  854. 
ri^nciano  'ione  191. 
riccoìa  mil.,  ecc.,  119. 
ri^hin  friu.  235. 
Wfo  189-90. 
rùf^e  lat.  190  n. 
ridol  cremon.  162. 
riécolo  nap.,  ecc.,  451. 
rieràt  lomb.  478. 
rifuso  186. 


rYgidu  358. 
rt^iM  valsass.  373. 
rigol  'Olàr  mani.,  ecc., 

162,  213,  820. 
H^O  gen.  141. 
rinche  -^hln  friu.  235. 
rincisa  ano.  394. 
rinfuèa  186. 
ringhiera  475  n. 
ris  trent  814  n,  873. 
riscoppiare  lu.  406. 
riso'  gen.  149. 
risuressire  lu.  425. 
r#<rp*o  -f©  167,  192  n. 
^tZiKÓv  202. 
rìima  gen.  350. 
roà  rum.  444  n. 
robustu  820. 
ro^  berg.,  ecc.,  234. 
roccia  ar.,  ecc.,  284. 
ródo  trev.  284  n. 
redolo  pisi.  204. 
rofo  189. 
rM  mil.  118. 
roda  lomb.  471. 
rodéina  valm.  466. 
roelar  pa.  820. 
roeesv  -«ettó  pa.  299. 
rd^ece  abr.  197. 
r6i  cast.  524,  589  n. 
rditu  -y-  gen.  118,  127. 
rdifda  piem.  535  n. 
ro»ki  lomb.  466. 
ronculin  friu.  283  n. 
rondone  222  n,  394. 
ropetar  ver.  819. 
roscha  sopras.  234. 
r(?;a  167.  187-8. 
rosa  cast.  525  n. 
rota  298 n. 
•ròteu  234. 


•44 


Isdiei.  '^  TV.  Lessico. 


roiolùn  verb.  597. 
rotnlare  820, 858, 38S. 
r6ti»)u  192,  294 B. 
rovistare  467. 
rovisHeo  477. 
rolr^  mil.  597. 
rri^ea  adem.  480. 
rubicone  lun.  141. 
rùbu  218,  821. 
rùe  gen,  143. 
rfl^rf  vìt.  199. 
*rug'lare  199. 
rugUtt  ferr,,  ecc.,  890l 
rugimm  piat.  460, 
r4;«  cast.  542  n. 
rumeèf'llu  gen.  189, 887. 
rMfftjMi  lod.  471. 
rìip^a  piem.  596  n. 
n«er  fir.  186. 
rtM«ar  ven.  287. 
rutabùlii  814ii. 
ritticare  204. 
riSf^  gen.  182. 
ruvinól  istr.  SlSn. 
rwfyV  ferr.  252  n. 
rMfxro^  romagD.  597. 
ryafia  lig.  865. 

sactgàjfa,  ecc.,  cast.  586. 
saeeaniéda  breg.  824  n. 
«(^a  gen.  122. 
saszinu  gen.  115,  144. 
acBZina  gen.  136. 
sagimen  147. 
sagwe^a  gen.  148-4. 
8<3[;f  caa.  598. 
àajné  cast.  582. 
sajfdg  cast.  540. 
sajfoda  cast.  540  n. 
sajU'tter  mil.  469. 
éaA;2{  gen.  340. 


«oAmì/  cast.  541  n. 
aaleffiata  hi.  466. 
8(iZ68  berg.  8. 
saligefnwm  log.  199<i 
«afótt«  sa.  598. 
salugèe  frin.  285. 
«(imoJb  lomb.  467. 
aamarettm  gen.  144. 
aamunai  sa.  490  «. 
sanmri  adem.  484. 
8ànéto9  rum.,   ece.>  XY 

818n. 
sane  321,  822. 
sanctu  356,  548. 
sandóc  mani  469. 
sàngonm  yicw,  ecc.,  285. 
sanguine  872. 
aangU^t  bellins.  469. 
san^m  piem.  528  n. 
sanna  lu.  374. 
sano  XY  817  sgg. 
sanpràdda  gen,  389. 
éanéip  piem.  528. 
«af»a  lu.,  ecc.,  898,  450. 
sdnzana  pa.  285. 
Mn2P^  friu.  285. 
sapóre  128. 
saramtt  piem.  528. 
safdttu  gen.  855. 
sarbella  gen.  110. 
safbjé  cast.  528. 
sàrbwa  gen.  855. 
sardiu  gen.  135. 
«ari;»  mil.  8. 
sartnàza  gen.  388. 
«ari/  cast.  538,  541  n. 
sartar  treT.,  beli.,  345, 

394. 
Sarl'^  sopraa.  487. 
sastufar,  ecc.,  pa.  327. 
sàsu  gen.  143. 


IA<2Ì  gen.  855. 

satiOne  119. 

satf  cast.  584  n,  545  b. 

saitV  -^J  I^^B^*    545, 

598. 
sAyM  gea.  129. 
saiu  gen.  348. 
sbdgio  Ten.  987. 
95aUr  yea.  821. 
sbargar  ferr.,  6cc.yS2dxh. 
ébarUtm  piem.  526  n. 
s5aitW  169. 
Sbej  alb.  545  a. 
sberle ffe  eee.,  IO811, 174. 
sbernare  re».  466. 
sbézzola  y«n.  600. 
sM  berg.  598. 
sbigolU  triest.  225  n. 
«òttima  yen.  220  n. 
«òfM  fritt.  230  «. 
SbQnchio  204. 
sbrevaggià  biiana.  196^ 
sbrignar  ven.  318  n. 
sòrume  frio.  220,  286  n. 
sbucignare  lu.  467. 
éburs  piem.  534  n. 
scaccie  ar.  220. 
scaconi  adem.  481. 
sSadés  oasi.  544. 
scagno  ven.,  ecc.,  822. 
«^a>l/  cast  588. 
scalembro  alto-it.  204. 
scalfare  scat'  merìd.  8i9^ 

68. 
scalmana  204. 
scandère  869. 
sóandùf  cast.  535  n. 
scankakceli  gen.  847. 
scapigliare  374. 
scappare  tar.  XY  855. 
searaguàiù  gen.  12B. 


Indici.  —  IV.  Letsieo. 


645 


scardna  ferr.  822. 
9earaverUare  324. 
9càrla  lug.  197. 
acarpa  lomb.  822. 
searpellè  yic«  822. 
scarpogia  pa.  822*894. 
Mcwrpitìà  kmb.  822  n. 
searsandU  ftiii*  227. 
Mcarteéin  Ten.  828. 
Bcartezare  tk.,  eoo.|td88L 
scartàn  nil.  828. 
scaéimo  166. 
scassar  tror.  828« 
scàsssr  miL  868. 
«rd^  gen.  868. 
scàtola  597. 
«coliJr  treT.  823. 
5<roMo  beli.,  eca,  82SL 
scaturir  beli.,  ecc.,  828. 
^<rdpa  -ve  mesolo.  824. 
scavtfUar  vie,  ecc.^  824. 
«cartirt  leTent.  828, 882. 
seeecho  ìm,  425. 
^c  ((/ia  levent.  22a 
sctrgne  mil.  218. 
scerpare  822. 
scerpsUit»  822. 
seèrpert  822. 
«cer^Mo  MD.  204. 
«f AaiMiot  fria.  280  n. 
«C^ato  frìv.  236. 
schiaccia  472. 
«cibioiora^ar»  vun.  486w 
«cAtMeir  boi.  204. 
schisare  168  n. 
schizzignsso  lu.  467. 
«^  CMl.  587. 
sciàmina  lu.  467. 
«ctM'  lomb.,  ecc.,  244. 
scigaicjo  458. 
«n/Za  472. 


sciogliere  ìxl  -475. 
scippa  cai.  XV  356. 
«cita  abr.  68. 
è^iffiài  loTeai  828, 882. 
scisolare  204. 
«còca  veu«  18T. 
«ccfTfà  468  n. 
'8o«9U**  882,  86a 
scoiok  OfT.  467. 
«cd/a  montaU  468. 
seolea  aa^  eco.»  888, 468» 

524. 
scolmagna  ttewigl.,  ecc., 

477-8. 
scopstin  tìow  286,  477. 
séopQ'h  lomb.  406. 
scoragiar  tìo.  227. 
«ce>r{/  berg.  478. 
«cò^^a  597. 

scoti^m  bresc,  ecc.,  477'^. 
scragna  -mma  masi.,  eoc.^ 

322. 
screllente  borgotar.  81  Sn. 
scressora  borgoiar.  818tt. 
screvorosù  mil.  218. 
ecroccare  418. 
«crdf»  Ter.,  297  n. 
serodeà  friu.  286. 
serótva  boi.  318  n. 
scrucchia  aac.  818  ■• 
scuàdri  flriu.  228. 
scucchia  818  A. 
scuèrta  montaL  472. 
scugin  pa.  229-30  n. 
scugne  fria.  228  b. 
sculier  ven.  213. 
scuriazza  abr.  XY  857. 
scuriscio  456. 
scussar  beli.  823. 
«ci<«/}0  323,  468  n. 
«cu/utiuS/a  cremon.  477-8. 


MiocAI  pa.  286L 
edamdli  fnvL,  tot^  22T. 
sdégia  berg.  597. 
sdelleggi  anagn.  197  a. 
sdirrup^ri  cai.  XY  840v 
sdrucire  178. 
secale  540 a. 
sedsBA,  199;  troni.  878. 
eédes  lomb.  877. 
sedese  troT.  296  m. 
segete  122^ 
seggio  127,  489. 
sigmé  boiif  otar.  878. 
sei  monf.  874. 
seiwa  boi.  457. 
«firia  gen.  111. 
séja  lomb.  875u 
sejja  monf.  878. 
selmana  mit  478. 
«tf  {oftì^  pa.  324. 
sèma  vie.  417. 
«ffnM  piem.  541  n« 
iemelàk  gem»  14QL 
icf»/n  gen.  140. 
semisse  248. 
semita  XY  357. 
semmana  nap.,  ecc.,  207. 
scucia  394. 
s^'hiu  gen.  132. 
senècta  106L 
séneco  481. 
séuda  ver.  818  n. 
sfn^vra  piem.  522, 548  a. 
senguen  log.  372. 
«^fci  469. 
sèuido  tose  414. 
««nò  vie.  302. 
«e  iM»  che  boL  195. 
seu(^vra  cun.  543  n. 
senoyu  gen.  117. 
senseria  222  n. 


646 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


8ent  ast  548. 
senta  lomb.  324. 
senza  450. 
sepUkà  Bopras.  162. 
Bequadri  gen.  149. 
sequau  gen.  151-2. 
serbe  gen.  855. 
serere  199. 
sères  bresc.  8. 
sermontése  490  n. 
stm  -nf  lomb.  331. 
serrale  cai.  XV  357. 
sfrrfieUa  nap.  XV  857. 
sérsa  gen.  388. 
s^sìfa  -M- gen.  115,  134, 

357. 
seta  friu.  286,  894. 
sftmih  cast.  528. 
ifUu  gen.  356. 
leu  gen.  188. 
ievegii  gen.  150. 
sew  mescle.  470. 
sf'iftru  sS^'  gen.  354. 
sfsa  gen.  108.    , 
sezendl  gen.  111. 
sfalsi  -rs'  parm.  442. 
sfanla  monf  478. 
#/>!!£  monf.  443. 
sfera  valm.  443. 
sfeia  ven.  180  n. 
s/fjd  -s-  friu.  237. 
sfranfff  pagi.  XV  348. 
sfrènzi  friu.  869  n. 
sfurAif  cast.  583. 
sfasa  cast.  538,  547. 
sgairé  piem.  151. 
K^a;  cast.  533. 
sgalbuzzd  cremon.,  ecc., 

322  n. 
s^anf  piac.  204. 
sgangasciare  204. 


sgarbar  ven.  322  n. 
Sgarbàsse  gen.  355. 
sgarbeld  ecc.,  lomb.  822  n. 
sgarbelin  ven.,  ecc.,  322. 
sgarbir  regg.  322  n,  448. 
sgargiante  322  n. 
storpi  frin.  822  n,  828n. 
àgavdiija  cast.  581  n,  546. 
égfrlanda  cast  529  n. 
sghftHbo  204. 
sghibiazz  mir.  204. 
sgiatento  -tar  ven.,  ecc., 

324. 
i^i/f  piem.  858  n. 
s^inò  ecc.,  piem.,  204. 
sgindi  gen.  359. 
s^m^  piac.  204. 
sgoi  gen.  121. 
sgorbio  322  n. 
sgrèndena  ven.  448. 
sgridél  ecc.,  friu.,  227. 
sgrollone  lu.  204. 
^^rf  gen.  846. 
Sj^ammar  tre  v.  824, 894. 
sguanza  gen.  859. 
sguaraiar  'tar*  ven.  318  n. 
sguerségn  berg.  306. 
Sguillare  chian.  204. 
sgumbéj  boi.  322  n. 
sgutare  ven.  196. 
itgwar^'  piem.  538  n. 
sibilare  858. 
sìccitas  115,184,857. 
s«</ùi  vie.  878. 
sidiar  ven.,  ecc.,  195. 
stWd  fria.  326. 
siiiu  gen.  335. 
sigicé  gen.  858. 
«75  gen.  357. 
siliceu  8. 
siliz(n  grad.  313  n. 


sfl7«o  sa.  598. 

sim  cast.  547. 

HnA  gen.  140. 

sim  pia  889. 

sin  gen.  857. 

a(vain  217. 

singa  cai.,  ecc.,  XV  261  n. 

sinivela  mil.  874. 

sinopia  117. 

sihsi  gen.  141. 

siiUlar  parm.  599. 

sf|KiZa  cai.,  ecc.,  XV  857. 

siridu  log.  199. 

sisia  casal.,  ecc.,  875. 

si^Ua  ven.  818  n. 

iUwa  gen.  836. 

sita   ven.,   ecc.,  814 n. 

825,  894. 
sium  frìa.  287. 
iivìi  Talm.  244  n. 
«/rM  528. 
siputa  cast.  520. 
s/iifa  cast.  542  n. 
skajo  ven.  868. 
skanavffta  cast.  527  n. 
sibania  lomb.  220. 
skapUid  lomb.,  ecc.,  467. 
skarbasse  gen.  158. 
sìearìasi  gen.  861. 
skatigwih  gen.  140. 
slMpfna  gen.  116. 
skeké  ven.  220. 
skéndi  piem.  869. 
sìIpi^'P^  cast.  581  n. 
sìetft  gen.  889. 
«irt/V  piem.  538  n. 
skilente  gen.,  eoe,  818  n. 
okìZciv  168  n. 
ski^  lomb.  197,  318  n. 
skolabó  skT'  gen.  llc$. 
skópfllu  gen.  147. 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


647 


sk-Srsa  cast.  524. 
skàsn  gen.  151,  349. 
shdssi  ^en.  117. 
sk'òsu  gen.  849. 
skòsi  gen.  849. 
nkrakàHe  gen.  345. 
skrifié  ecc.,  gen.,  140. 
skroka  valsass.  818  n. 
skudmài  giud..  ecc.,  477-8. 
skutnhotfi  cast.  548. 
skupiàt  cast.  544. 
skusUh  cast.  533  n. 
skwaéih  gen.  356. 
sktvarf  pìem.  538  n. 
ttk'wìcar  grig.,  ecc.,  467. 
slàjru  cast.  639. 
slampjé  cast.  527. 
Haiìà  cast.  537. 
sUmbro  vie.  308. 
aii.'iso  ven.  325. 
v«^7;V(lr  borm.  229. 
,"J/Mr/  cast.  528. 
stna  ferr.  324. 
smàfaro  ven.  469. 
stnayaisso  ver.  477. 
ftmama  lomb.  287  n. 
amara  ven.  310. 
smaief(u  gen.  139. 
stnelza  trent.  377. 
smens  ferr.  243. 
gmengare  pa.  299. 
^mufa  cast.  547. 
»iirtr<f  */l-  beli.  325,  373. 
snarochio  ven.  873. 
snengh  pav.  597. 
«r/<f.<?a  ven.  597. 
^oò^a  -/xfo  grig.  7-8, 470. 
**>W^a  vaiteli.  7,  470. 
socia  XV  3">8. 
8<'>cru  XV  358. 
ttodittUo  pis.  470. 


soffrati  pa.  808. 
Boffresàare  nap.  XV  843. 
sogna  -ór  ven.,  ecc.,  828. 
sokka  nuor.  199. 
sólagno  vie.  296  n. 
soUggere  mass.  475. 
soUemme  chian.  204. 
somassa  beli.  325. 
somma  breg.  824. 
5opi*a  gard.  8n. 
soppiano  lu.  470. 
èorbya  gen.  349. 
ioH«  gen.  349. 
*5*<?  berg.  370. 
s^ya  gen.  117. 
5c?^  'ta  lomb.  437. 
^«rorza  pugl.  XV  358. 
sozzo  -zz-  207. 
spadir  boi.  326  n. 
6pa/«o  ver.  326. 
spaliviera  pa.  309. 
spalrèrz  lomb.  471. 
spanar  beli.  326. 
sjHintizima  gen.  349. 
spafavdje  cast.  545  n. 
sparanga  ven.  322. 
sparir  ver.  326  n. 
«pa«o  165  n. 
spatasciando  per.  208-9. 
spatula  519. 
spavisego  ven.  326. 
5;>fr    -^11.4    ca^t.    547  n, 

538. 
speliti nigi  gen.  354. 
•s  p  e  1  u  e  a  597. 
«per  so p ras.,  ecc.,  232. 
spetezzare  460. 
spettascià  lomb.  326. 
spigliare  232. 
spilluzzicare  204. 
spizza  ven.  280. 


spjanté  cast.  548. 
splecha  grig.,  ecc.,  377. 
spliva  cast.  526  n. 
sponso  188. 
spònta  montai.  471. 
sporoni  lu.  403. 
«P(?.9o  188,  188-9  n. 
sprandì  gen.  389. 
spreparato  sen.  204. 
sprfia  gen.  110. 
spreseù  friu.  238. 
spriéssimo  pa.  236, 
sprilla  garf.  471. 
sprimacciare  318  n,  394. 
spriné  gen.  129. 
spronda  montai.  318  n. 
sprUnà  ecc.,  gen.  154. 
spuhéi  gen.  338-9. 
spuhSga  gen.  336. 
«pflr  cast.  544. 
squatarare  mil.  213. 
»$iii7/a  472. 
««tifa  otr.  68. 
9/a;Vya  375. 
s^oAr/  cast.  545  n. 
stakètta  lomb.  597. 
stakka   gen.    155,   851, 

364. 
«fa/tVra  beli.  224,  328. 
staìlazzo  332. 
«Minò*  regg.  472. 
stampandi  friu.  227  n. 
stanéU'm  cast.  529. 
stanfar  beli.  827. 
sfanketa  cast.  540  n. 
statio  593. 
stazzo  332. 
stnzzos  sa.  593. 
stcfinia  mil.  473. 
«///  levent.  372. 
stellio  198. 


648 


Indici^  ^  IV.  Leaaìeo^ 


stempeggkme  ckiAii.4l04. 

stetmèò  v4fti.  827. 

8tfrbu  catft.  547. 

gterna  gen.  108. 

8tilnà  frìn.  280  n. 

stibiar  beli.  224. 

«(i'fro  cai  27. 

«^fèo2a  lu.  397. 

stillì^sUiu  220. 

stifter  eng,  901. 

«^'dro  455. 

atirìci^liu  XV  856. 

stirpétu  528. 

8tim  «ng.  201. 

stizzi  eng.  801. 

8tl«mbu  204. 

8tod  posch.  196. 

stola  g&ù,  148. 

stomboli  mass.  478. 

stradicc  Ben,  406. 

strafióa  cart.  588-9. 

strafrigger  pav.  444* 

«^rcicw  cai.  XV  349. 

stralabyU  450. 

strafncuihezar  mil.  218* 

strame H  g«n.  116. 

«<raifM2;o  mil.  218. 

strapunti  gen.  109. 

^ra«^  yalm.  22a 

stremare  882. 

stremizi  -éi  lomb^  eoo., 
828, 332, 472,  >M  me- 
scle. 472  n. 

sirèna  528. 

streìiu  gen.  186. 

stria  gen. ,  eco. ,  858 
520  n. 

strimizzùne  ki.  382  n. 

strittolo  tar.  XV  359. 

strónibolo  lu.  327,  473. 

strampe  vallon.  197. 


stróèu  gen.  S44. 
strubja  plem.  545  n. 
«inolia  yìc,  ecc.,  828. 
strumego  pav.  328. 
strUmél  oart.  548. 
struscia  ^  posoh.  376. 
^rite«if  gen.  845. 
€tuffazion  bobb.  327. 
«^tT;  eng.  -dOl. 
«tùmùlu  197. 
^u6  ferr.  258  n. 
sta  per  e  196. 
MUrdU'j  levent.  197. 
«/u«ar  ven.  258  b. 
stuzg  abr.  XV  859. 
stuzzicare  204. 
«a  gen.  849. 
subcelare  469. 
sublègére  475. 
sùbllca  7»8. 
sub  ter  150. 
«ucldu  370. 
bucina  sen.  169,  430. 
*8udia  370. 
sUéa  eoo^  lomb.,  869-70. 
sugentà  mesolc.  324  n. 
suie  fr.  379. 
auKuiTÓv  195. 
sunar  ^n.  43011. 
èun^g  can.  875. 
«KM/  berg.  437. 
èùnhufe  cast.  440  n. 
super  137. 
supinu  344. 
supréssu  gen.  143. 
surbfUu  gen,  349. 
sur  chiare  march.  412. 
surve  g&n.  137,  150. 
survih  gen.  344. 
iOlzf  gen.  849. 
susina  169  n. 


susitctsane  oad.  828. 
«uio  167,  187. 
«u/^a  eng.  7. 
suyd'  gen.  152. 
svercignare  |MSt.  2^. 
«ndWia  -^f  ina,  289« 
«tY>2tfmw  382. 
ewasm  gen.  145* 
^tf>iipiu  gen.  127. 
syàrdwa  gen.  855,  868w 
«2réfr  eng.  294. 

ia  lomb.  404  n. 
iabàrga  parm.  220. 
taharielo  ven.  804  n. 
tabella  478. 
/cu^c  friu.  288. 
taccolar  pa.,  eco,  829. 
tacolà  friu.,  ecc.,  329. 
^ad;<i  levent  22L 
taeda  296  n. 
iafd  trev.  296. 
iafato  beli.  238. 
tagliere  475. 
<a^ua«i  beli.  288. 
téma  friu.  238. 
tamariss  com.  877. 
•^amòaror  ver.  829. 
^m^  friu.  329. 
tampéle  brosc.  220. 
tampin  friu.  329  n. 
/Ami  gen.  159. 
tandù  XV  272. 
ianfante  larev.  296. 
idnAtcw  gen.  861. 
taranz  trent.  318  n. 
torr«|Mf  abr.  XV  840. 
tarti  valm.  104  n. 
taSf  tat,  friu.  238. 
taschin  grig.  197. 
/a«n  ven.  197. 


IndioL  -—  lY.  LeMicQ^ 


U% 


*taiirfle  199. 

taurina  199. 

tazmé  piac.  597. 

tcUSa  cast.  597^ 

U  cast.  520  a. 

tf  bellini.  441. 

ttc  «m.  437. 

teca  Ten.,  eoo.,  474 

t^' echio  ar.  474;  té-  mott* 

tign.  487. 
tS^ère  439. 
tfiviu  gea.  111. 
t^J  cast.  525  n. 
t^ja  piem.  520  m. 
tela  ven.  296  n. 
ffm/H'a  197-8. 
tempiùh  474. 
lemp/o  treni.  S74. 
*tempola  198. 
UmporH  regg.,  eoe,  929l 
temp&ri  ecc.,  mil.,  21Sv 
tenpàtiu  gen.  19& 
tép'ida  521  n. 
ieraina  yer.  313  n. 
Urlaina  trent  318. 
*tèrmtte  529  n. 
r^rra  manna  «a.  507. 
<^ra/a  mareh.  XV  859. 
terra  paperiU  nnor.  594. 
tésin  ven.  197. 
te«<tf«o  '9io  166n,  167. 
^4<M  gen.  110. 
thanca  sa.  382. 
théca  529n. 
thefania  sen.  473. 
thirrica  sa.  882. 
thUhieloB  sa.  882. 
thucemre  sa.  382. 
MurpM  sa.  382. 
^•{/a/e  log.  387. 
tidarku  log.  199. 


«id^fi^M  sa.  199,  375. 
iieulo  In.  897. 
<»«<^o  vers.  437. 
iignmi  199. 
ttlia  521. 
iimangia  aa.  880* 
*tlm4n6  145. 
iimpli  frixL  874. 
tTnea  199. 
Hniolu  tsmp.  199. 
tipizzarsi  pist  414^ 
iirriólu  log.  199. 
fipff  gali.  873. 
t/fm  levenii.  eoe.,  597. 
id  gen.  117. 
tomacina  HO. 
tana  ven.  368. 
i9nehio  205. 
ionddre  471. 
tonsoriae  149* 
<^'a  gen.  117. 
i(^^a  lomb.  474. 
torchio  474. 
torrSre  471. 
torqttes  474. 
iQTtaif  abr.,  eoe^   XT 

860L 
tfiru  117. 
i08  lomb.  368. 
<oiar«  188. 
fossóre  nap.  471. 
^òjT^u  gen.  148. 
iétanu  gen.  144. 
tota  435. 
ioHt  fr.  600. 
tovaglia  ecc.  205. 
<i^i-zo  476. 

tozzola  treni.  318  n. 
tragar  chio.  218. 
iragant  eng.,  eoo.,  218, 

394. 


<r<ftla  -uà  oamp.  199. 
/rai<o  eoe  475. 
iraitoneeOo  In.  475. 
tramite  598. 
tfàfia  cast  622. 
trangugiare  173. 
<r<ifM«  f6ft.  126. 
tran  si  re  XV  360. 
trans  tra  205. 
trappà  miL«  eoe,  220. 
iraià  lomk  472. 
tràsftc  napw  XV  360. 
irosa  valm.  220. 
iratturi  p«gL  XV  360. 
tratUga  gen.  150. 
^rèM/t'  fria.  227  a. 
traukà  gea.  861. 
«rauMls  casi.  586. 
iràws  gen.  126. 
irf'maii  gen.  161. 
<r«ma«  ven.,  ecc.,  329, 

888. 
tremmUao  pogk  68. 
treiia  piem.  582. 
trf'nna  gen.  358. 
treptdn  205. 
^resfmarNio  ar.  475. 
irtspiggiart  205. 
^rM««  per.  208. 
tretzar  trev.  800. 
trszinna  gen.  186* 
trìbùla  535. 
bricca  la.  898. 
tri  che  a  882. 
triohila  381. 
trlfulu  gen.  119. 
trik'trdk  474. 
trimodia  361. 
trivisino  245  n. 
troentars  325  n. 
<ro/fa  caL  XV  361. 


650 


Indici.  —  IV.  Lessico. 


trdgiu  gen.  148. 
troppa  cai.  XV  861. 
trou  fr.  476. 
trovare  217. 
trOwe  gen.  126. 
trozo  sp.  476. 
trubja  piem.  526  n. 
truciolare  204. 
tmeno  pugl.  44  n. 
trulla  XV  361. 
trusSf  lomb.  476. 
tscharner  aopras.  381. 
tachser  eng.  294  n. 
ttànaaa  sai.  40  n. 
tuer  fr.  431. 
infanta  gen.  143. 
/u/Va  chian.  205. 
tujré  cast.  532  n.  524. 
tidsi  lat.  601. 
<tf//iim  lat.  601. 
tutnaz^lla  gen.  110. 
tumurusse  friu.  280  n. 
^uppc»  nap.,  ecc.,  XV  360. 
turburhi  tic.  332. 
turchio  426. 
turduu  brianz.  197. 
tumyów  gen.  126. 
tursyów  gen.  126. 
^ur^c  nap.  XV  361. 
tutto  600. 
ru/^uro  sa.  883. 
turajfé  cast.  532  n. 
/finn  bellinz.  598. 
t%ópa  ert.  374. 
tyàh  gen.  358. 

uarbtte  friu.  226. 
uaròi»  friu.  226. 
uardone  sa.  380. 
MarrW/i4  sa.  380-81. 
u<ir!:ine  friu.  239. 


uber  376. 
ubfnu  log.  386. 
acdyr  cast.  546. 
uccia  ver.,  ecc.,  313  n. 
uettre  sa.  383. 
uethelica  sa.  383. 
O^a  gen.,  ecc.,  346, 358, 

546  n. 
ajal  viv.  199. 
ujt  piem.  359  n,  354. 
ujru  cast.  531. 
ululare  150. 
uoSa  168. 
lonaiia  pa.  306  n. 
uhbrisallu  gen.  144. 
Mpa  'ppa  log.  199. 
u/>u  log.  387. 
upuale  log.  387. 
ur&a  gen.  346. 
urdiflu  cai.  XV  362. 
arguta  bellinz.  378. 
tiWf  piem.  530. 
uriiél  piem.  530. 
urivuolo  ar.  311. 
lirici  lomb.,  ecc.,   332  ; 

'2i  mescle.  472-3  n. 
limi  sic,  ecc.,  XV  344. 
usar  trev.  306,  318. 
uéatto  170. 

usettare  sa.  383,  894. 
usgnòtt  friu.  229  n. 
usign  uolo  171,  1 92  n. 
Uijùh  cast.  546. 
Usmarih  lomb.  315. 
usolare  168  n. 
u^ura  170. 
Mira  lomb.  598. 

rrt(7(i  otr.  41  n. 
racrarizzu  cai.  XV  881. 
vagello  lu.,  ecc.,  405. 


vagina  122,  522,  326. 
rò;  cast.  520. 
vallicula  -a 521,  r»S4. 
taUomti*  894. 
vanéia  ven.  490. 
ranfia  abr.  490  n. 
vantrwu  {in)  eng.  461  n. 
vara  gard.  239  n  ;  ren. 

209. 
varia  198. 
variz  beli.  239  n. 
vaseella  reat.  373. 
*vasea  405. 
*va8Ìa  405. 
vaéo  187. 
vasore  anc.  482. 
vassojo  ecc.  482,  598. 
vantare  lu.  410. 
vatillu  520. 
r«é«  tar.  41  n. 
vecì7'a  gen.  356. 
vedri^   eri,  ecc.,  289  n. 
v/ge  piem.  '>28  n. 
regliante  476. 
vegliuto  lu.  476. 
v^yta  vie  313  n. 
fVi/id  beli.  302. 
vehYcùla  198. 
veion*  sa.  382. 
vfllu  gen.  156. 
fvna  piem.  522. 
veniiéa^giu  gen.  387. 
veratrn  541  n. 
verciare  montai.  205. 
vfrdfnf  nap.,  ecc.,  XV 

344. 
reren  pa.  818  n. 
verla'gwa  gen.  149,  846. 
tvm^/ir  gen.  141. 
verrOca  846. 
verti  lomb.,  eoe.,  104. 


Indici.  —  rV.  Lessico. 


651 


rertit  sopraa.  59S. 
ver ù cala  535 n. 
FfKz^  mani.  394. 
rfxo  piem.  598. 
restare  sa.  380,  593. 
r/.ftHce  lu.  477. 
rftrca  abr,  20. 
veteranu  XV  333. 
ve  tè  re  239.  383.  597. 

XV  333. 
rétrice  Ali, 
vetiìstu  199.  597. 

V  i  b  ù  r  n  u  536  n. 
riritare  168,  480. 
ridonda  otr.  43. 
ridazzoHf  sa.  593.  594. 
ridrignì  friu.  239. 
ridufa  cast.  541  n. 
TÌ*guflo  nr.  198. 
ritnte  nap.  27. 

rièri  friu.,  ecc..  239, 597. 
riernessatt    firiu. .    ecc. , 

394. 
vigliare  197.  598. 
rignanii  cai.  XV  348. 
rilia  sa.  594. 
rijarhra  piem.  530. 

V  1 1 1  u  197,  598. 
r  il  ticchio  ecc.  149. 
riluppo  205. 
rinac^'  gen.  109. 
T  i  n  d  e  m  ì  a  388. 
rinidrt  friu.  239. 
ririna  sic.  ecc.,  376. 
rijfr^ju  cai.  XV  333. 
Hm/ìo  vie.  326,  394. 
vi^gà  lomb.  599. 
vltea  198. 
vitree  20. 

vitin  346. 
vltreu  520. 


vltnlu  198. 
viroUzo  pa.  310. 
rizza  march.  198. 
rizzato  198. 
min  piem.  490  n. 
vócitu  292,  805,  525. 
vOcttu  346. 
rad  trent  377. 
to^a  ecc.,  ven.,  296  n. 
volentieri  129. 
volto  d.  bocca  pa.  878. 
volumbrella  XV  888. 
voluntarl  129. 
voi  va  542  n. 
vorba  piem.  542  n. 
rotta  jfen.  155. 
rreds  friu,  241. 
vu44u  cai.  XV  858. 
ruge  cast.  528  n. 
vulva  846. 
vulsu  208. 
vtcey  gen.  129. 
vyànfftku  gen.  859. 

tràcia  cast.  522. 
ttàndf  cast.  586,  541  n. 
tceri  cast.  519  n. 
tr^ta  gen.  157. 
icuttare  campb.  XV  883, 

yengo  sp.  206. 
yeso  sp.  XV  304  n. 

zaconu  405. 
Zfijna  lomb.  202. 
ZdXn  XV  362. 
zana  2m2. 
zanca  382. 
zanzerin  pa.  331. 
zanzon  beli.  316  n. 
zaranto  ven.  313  n. 


zata  'ter  ven.  222. 
eat*lla  gen.  110. 
zaut  beU.  881. 
zegio  ven.  232,  816. 
zegio  ven.  232. 
zegntr  beli.  258. 
zelembru  sa.  874. 
^MfiÒM  gen.  204  n. 
zenlw  vie.  484. 
2M>  u,  397  n. 
zerda  parm.  414. 
zergU  ecc.,  friu.  228  n. 
zemha  regg,  484  n. 
zerpir  ven.  323  n. 
zerzi§ora  lanig.  487. 
zianu  -a  gaet..  ecc.,  27. 

XV  860. 
zida  ferr.  296  n. 
zidclla  mant.  296  n. 
zictii  pa.  331. 
zilar  can.  599. 
igrQ'fola  tic,  469. 
i^rf  gen.  127. 
«yiicJ  ferr.  252  n. 
zimitorio  ven.  280. 
Sina  alto-it.,  ecc.,  206. 
zinna  rom.  376. 
zio  368  n. 
ziH  gali.  199. 
zitaggiu  cai.  XV  862. 
zito  merid.  XV  362. 
ziunA  friu.  237. 
rmar  boi.  471. 
zelo  ven.  869. 
zonzui  parm.  373. 
Zuma  blen.  198. 
zuita  trev.  295. 
zumpà  vaiteli.  882. 
ztcé  gen.  336. 


Archi  Tio  glottoL  itAl.,  XVI. 


1:2 


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InàiiÀ.  —  V,   Varia. 


V.   Varia. 


ìtUì^m  <t  (Jia)utto:  492  mkk» 

('liiHt<illi'aKÌi)UH  (lolltt  lincili)  neola- 
tino; i\ì\  mkKm  ^^)<K  ^10> 

('luaMillotkAÌontì  iltii  lUalotti  italiani: 
Mil. 

l  lUdldttt  iftiUoiUiUoi  0  loro  oarat- 
UmuMiOio:  MU). 

U  )UotMt«uto)i0  lUiutrit:  »M7'S  n. 

l.u\||n)Mfgit^  oumunt»  nioiliano  e  dia- 
U\U\  \\\  ^w\\\^i  487. 

li  »l\«lo!U\  %U  A^^0r«^  0  00 mo  si  clw» 

\^\a^^\\wì\9U\\\^  »Um  U);4U^tti  *1o11a  Oor« 


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Passione:  209;  del  Favolello  del 

Geloso:    194-5;    della   Storia    di 

Sant'Antonio  di  Vienna:  207;  dei 

Parlamenti  ecc.:  270 n. 
Il  Coudaghe  di  S.  Pietro  di  Silki  : 

878-9;   suo   contenuto:   878;   sua 

età:  879. 
L'Egloga  pastorale  ecc.:  69-70;  sua 

patria   dialettale:   246;  sua  età  : 

70  ;  suo  autore  :  69. 
La  cantilena  bellunese:  206. 
Poosie  in  dialetto  di  Caveigno:  550 

Voiù  Utine  nel  celtico  :  185  n. 
Voci  ivlùobe   nel  fr^anc^  eoe:  196, 

iìlT.  $70:  suffissi  wltici:  202. 
Vvvi   jri>sbo   in   Itali*:    19,   166  il. 

^17,  St<?^  4^^\ 
VvVi  jCTiN'ìf  ^  ViEartìate  »eUa   Sai^ 

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Indici.  —  V.  Varia, 


653 


r  Italia  meridionale  :  39  n  ;  nel 
Piemonte:  524  n,  525  n,  529  n, 
533  n,  538  n  ;  nel  Friuli:  225,  478. 

Voci  provenzali  in  Italia  :  166  n,  170, 
360. 

Voci  catalane  a  Genova:  339. 

Voci  spagnuole  in  Italia:  126,  170; 
a  Genova:  352,  356,  360;  in  Sar- 
degna: 388. 

Voci  alto-italiane  nel  Vocabolario 
italiano  e  nelle  parlate  toscane: 
169,  170,  196,  344,  399,  409. 

Voci  lombarde  nel  Piemonte:  196. 

Voci  lombarde  e  venete  ne*  Gri- 
gioni  :  234  n,  298,  325  n,  394. 

Voci  friulane  a  Trieste  :  225  n. 

Voci  arabiche  in  Italia:  217. 

Voci  e  modi  di  dire  stranieri  frain- 
tesi: 367. 

Voci  ibride  latino-germaniche  :  233. 

Nomi  d*uccelli  da  nomi  etnici  e  geo- 
grafici: 170  n. 

Nomi  delle  parti  del  corpo  umano: 
372  sgg. 

Nomi  della  '  donnola  '  :  298  n. 

Nomi  della  *  capruggine  '  :  206  n. 

'  bello  '  in  espressioni  superlative  : 
288. 

Formazioni  onomatopeiche:  135, 141, 
226  n,  354,  436,  437,  474,  531  n. 

Creazioni  e  alterazioni  infantili,  lu- 
dicre,  eufemistiche:  150,  296 n, 
321  n,  377. 

Alterazioni  arbitrarie  di  voci  dotte: 
299. 

Reduplicazioni  imitative:  220-21. 

Allitterazione  :  543  n. 

Rima:  187  n. 

Suono  nuovo  risultante  dal  compro- 
messo di  due  suoni  diversi:  153, 
441,  472-3  n. 


Iridiscenza  suffissale:  227. 
Pronuncia  :  480  n.  ;  toscana  :  452  ;  ge- 
novese: 107-8 n;   affettiva:  113 n, 
e  alterazioni  fonetiche  da  essa  de- 
rivanti: 406. 
Pronuncia  scolastica  del  latino  :  324  ; 
sue  traocie  nella  lingua  parlata: 
161,  324,  368,  394. 
False    adattazioni    e    ricostruzioni , 
scrizioni  e  correzioni  a  rovescio: 
66,  343,  409,  445. 
Fonetica  istintiva:  377. 
Cronologia  relativa  di  fenomeni  fo- 
netici: 110,  122,  129,  134,  1467, 
342,  343,  349,  537  n. 
Commistione  di  temi,  fusioni  di  voci, 
etimologia   popolare ,   ecc.  :   369, 
410,  eoe. 
*  acqua    sorgente  '    e    '  acqua    sta- 
gnante ':  489. 

adunare  *  e  *  raunare  '  :  430. 

andare  '  e  *  vadere  '  :  271  n. 

angoscia  *  in  '  agonia  '  :  354. 

ape'  in  *  sanguisuga*:  198. 

azzoccolare  *  e  *  trottare  ':  431. 

barba  '  e  '  gorgia  '  :  203. . 

bella  '  e  '  donna  '  :  298  n. 

borbottare  '  e  *  rumore  '  :  433. 

breve'  e  *  privilegio':  410,  433. 

brivido  '  e  *  rigido,  frigido  '  :  434. 

buco  '  e  *  pertugio  *  :  292. 

cadrega  '  e  '  carro  '  :  340. 

calar  '  e  *  lumar  '  :  221  n. 

caldo'  e  'baldoria':  435. 

camalo  '  e  *  cammello  '  :  435. 

canna  '  in  *  conocchia  '  :  198. 

caricare  '  e  *  carro  '  :  340. 

casa'  in  'caserma':  170. 

cassa  '  e  '  fascia  '  :  597. 

cenere  '  e  *  cinigia  '  :  436. 

chiaro  '  in  '  splendore  '  :  535  n. 


654 


Indici.  —  V.   Varia. 


ciotola  '  e  '  tazza  '  :  818  n. 
ciuffo'  e  'accapigliare':  487. 
ciuffo*  e  *cirucchio*:  487. 
coglione  '  e  '  minchione  *  :  877. 
comparatico*  e  *  battesimo*:  121. 
cortex*  e  'fustis*:  198. 
còtes  *  in  *  scopulo  *  :  889. 
crudele  *  e  '  gentile  *  :  258. 
culla*  e  'ninnare':  120. 
cutica  *  e  '  scorticare  *  :  286. 
detto  *  in  '  scrìtto  *  :  856. 
digerire '  e  'alleggerire*:  440. 
doppio  '  in  '  semplice  *  :  541  n. 
fastidio  *  e  '  studio  *  :  528  n. 
ferro*  in  'paletta-:  538 n. 
fiore  *  e  '  fieno  '  :  448. 
focaccia*  e  'accovacciato':  489. 
forma*  e  'firmamento':  40. 
fremere  *  e  '  terremoto  *  :  444. 
fuoco  *  in  *  fiaccola  '  :  220. 
gastrica  *  e  *  elastico  *  :  450. 
gazzarra*  e  'zurro*:  203. 
granchio  *  in  '  ragno  ':  448. 
gola  *  e  '  collo  *  :  855. 
grattare*  e  'solletico':  545 n. 
guardare'  e  'calare':  221. 
impensierirsi*  e  '  apprensione  *  :  449. 
indagine*  e  'andare*:  148. 
labe  *  e  '  mina,  rapina  *  :  464. 
legare*  e  'lasciare':  195,  308. 
lingua*  in  'dileguare*:  354. 
mattone  *  e  '  pietra  '  :  455. 
mezzo'  in  'midolla':  372. 
molle  '  e  '  midolla  '  :  372. 
nebula*  e  'oblata*:  814. 
nostrano  '  e  '  lontano  '  :  458  n. 
occhiali  *  e  'chiaro  *  :  546. 
parte  '  in  '  porzione  *  :  882. 
pestare'  e  'calcare*:  233. 
placido*  e  'pace':  459. 
pogliana*  e  'falco':  444. 


pomice  '  e  '  piuma  *:  462. 

poppare  *  e  '  succiare  '  :  876. 

porco*  in  'portulaca*:  462. 

possibile*  e  'impossibUe*:  307. 

potere  *  e  '  volere  *  :  424. 

prete*  e  'frate*:  116. 

quadrivio'  e  'carro':  840. 

ragno*  e  'granchio*:  448. 

rapa  *  in  '  rafano  '  :  848. 

retto*  e  'ritto*:  258n. 

rosso*  in  'usignuolo':  887. 

ruga'  e  'quadrivio*:  485. 

salvestrello *  in  'albatro*:  407. 

scandere*  e  'discendere*:  869. 

schiamazzare*  e  'sbraitare*:  467. 

scrofola  *  e  '  crepare  *  :  218. 

secreto'  in  *  sacrestia*:  136. 

simile  *  e  '  parente  *  :  815  n. 

singhiozzare*  e  'saltare*:  469* 

sonno*  e  'sogno':  118. 

stalla  '  in  '  rastremerà  '  :  224. 

stancare'  e  'stufo*:  827. 

stanga'  e  'scandola*:  230  n. 

Buggere  '  in  '  sanguisuga  *  :  198. 

ouKuiTÓv*  e  'frcatura*:  195. 

tocco  *  e  '  pezzo  *  :  476. 

tonsoriae*  e  'cesoje':  149. 

turpe'  e  'zoppo*:  382. 

vetrice  *  e  *  rovistioo  *  :  477. 

voglia  *  e  '  invidia  *:  544  n. 

volgere  '  e  '  vertere  '  :  289. 
Composti:  18,  164  n. 
Composti  imperativali:  18,  47t<. 
Appellativi  da  nomi  propri  :  205, 441 
Aggettivi  da  nomi  propri:  431. 
Aggettivi   da    combinazioni  awvr 

biali  :  263. 
Influenze   varie   del   sostantivo   »ul 

verbo  :  161,  544  n. 
Derivato    sul   primitivo:    123,   146. 
147,  148,  158,  159. 


Indici.  —  V.  Varia. 


655 


Primitivo  dal  derivato:  110,  111, 
119-20,  125,  144,  150,  234,  236, 
244,  291,  309,  323  n,  350,  353,  358, 
375,  406,  428,  445,  451,  460,  487. 

Derivati  di  patria  non  dipendenti 
direttamente  dal  primitivo:  222, 
894. 

Derivati  dalla  forma  di  plurale  :  237, 
447. 

Superlativo  mediante  ripetizione  : 
285-6  n. 

Nomi  locali:  112,  113.  138,  150,  162, 
166,  183, 201,  304  n,  311,  330,  338, 
343, 348, 360, 364,374, 398  n,  41 9-20, 
432, 478  n,  490  n,  519, 520, 521, 522, 
532,  533,  534  n,  535  n,  536,  539  n, 
541  n,  542  n,  543  ;  loro  genere  :  418; 
loro  false  italianizzazioni:  240  n; 
valore  delle  loro  forme  antiche  : 
242. 

Nomi  locali  friulani  in  'óa:  240-41; 
in  '(nsi  2423. 

Aìayna:  411. 

Asaereto:  126. 

Bartfsate:  240. 

Basajapéntei  229  n. 

Basciano:  405. 

B<isf'Je:  229. 

Baselice'.  874  n. 

B fragno:  490 n. 

Blfusaje  :  240  n. 

Brera  -da:  433. 

Buttirago:  240  n. 

Cufioraie:  240  u. 

Cazzago:  241. 

Chinciano:  411. 

Chinsica:  411. 

CiHdale:  222  n. 

Comieto:  397  n. 

Dongeaghe:  240  n. 

Fegih:  140. 


FrAido:  444. 

OhiastritM:  446. 

Girgenii:  401. 

Guardahiate:  240  n. 

Guo:  489. 

hchia:  182,  443. 

Kurnfifh:  140. 

Loctidore:  382. 

Liprafaeta  ecc.:  410,  411. 

Malnisio:  242. 

Manióje:  240  n. 

Mazzanim:  242  n. 

Mencio:  398. 

Montrarente  ecc.:  387,  409-10. 

Multedo:  126. 

Muhtoggu:  118. 

Noózz  'óes  :  241  n. 

Nóka  :  458. 

Oseri  -oli:  406. 

PésoH  4i:  403,  406. 

PuHsfgrya:  343,  348. 

Quadre:  253  n. 

Rugo:  152. 

Sana:  124. 

Saighe:  253 n. 

Santhià:  548. 

Sardigna:  398. 

Sf'na:  150,  157. 

Spinga:  597. 

Tagiiatnento:  490  n. 

Thiene:  548. 

Tiano:  13  n. 

Trasùa  'óghis:  241  n. 

Venzondzze:  243. 

Vótori:  135. 

Nomi  propri  di  persona:  135,  136, 
146,  152,  153,  167,  349,  350,  353, 
356,  357,  358,  359,  361,  363,  364, 
381.  527  n,  531  n,  532,  533,  542, 
543,  546  n;  loro  speciali  condizioni 
d'accento  :    148  ;    loro  contamina* 


656 


Indici.  —  V.  Varia. 


zioni  e  attrazioni  reciproche:  111, 

397  n,  404. 
Aa:  548. 
Braneatio:  414. 
Cerragioi  409. 
Chiomente  ecc.:  400. 
EuHlfhi  ecc.:  111. 
Fftfpu:  125. 
Fiordo:  402. 
Giniegi  ecc.  :  897  n. 
Milziade:  368. 
Ostaste  i  404. 
Pangrazio:  414  n. 
Péti  ecc.:  133. 
Poro:  132. 
Rossore:  411. 
Ugniccione:  408. 
Cognomi:  12,  152, 240  n,  316  n,  394. 


Alighieri  Aid".  402. 

Bentivoglia  -o:  419. 

Bolongaro:  516. 

Farnese:  3^4. 

/•^rpo:  448. 

Sprovieri:  44  n. 

L*onomafliologia:  371. 

La  locuzione  *  lingua  cortigiana  .  : 

200. 
Grafie  e  trascrizioni:  10,  88-4,  41  n. 

42  n,  46  n,  107-8  n,  116  n,  117.  124. 

128,  164  n,  177  n,  212.  281  n.  23S. 

258,  883 n,  8845,  391,  892.  4i4  5. 

406,  4078,  420,  479-80 n,  519 &, 

548.  549-50  n. 
Bibliografia:    In,  80n,  81-2,  li»4-:. 

193  8gg.,  250-51  n.  871.  878.  392-H. 

395-6,  518  n. 


-♦♦♦■ 


AGGIUNTE  E  CORREZIONI 
(t.  anche  pp.  393-4). 


A  p.  109,  1.  8,  1.  kuhfesttnayu.  —  A  p.  110,  I.  21,  1.  tumattHeu  ~  A 
p.  114  n,  1.  2.  1.  'd*.  —  A  p.  166.  1.  24,  1.  cinabrese.  —  A  p.  174:  prr 
liffiot  ecc.,  8Ì  veda  anche  Parodi  a  p.  108  n.  —  A  p.  189,  1.  12,  per  ct*^ 
1.  èesa,  —  A  p.  197,  n  2,  a^tro,  altro,  anche  a  Bagnorea  nell*  Umbria.  — 
A  p.  198.  1.  21,  1.  viTotu.  —  A  p.  208,  1.  15,  1.  fa^.  —  A  p.  209,  l.  li», 
per  '80'  1.  *-90\  -  A  p.  213,  1.  3  dal  basso,  1,  est.  —  A  p.  214,  L  I^ 
e  27,  1.  '  1901  *  risp.  *  1900 \  —  A  p.  222,  aggiungi  garfagnino  'di  (iarii 
gnnna  ',  molfese  '  di  Molfetta  \  pavese  '  di  Pavia  '  (cfr.  invece  lo  schenu* 
Ioml>.  papjót  pavestO;  tra  i  nomi  comuni:  forse  il  mil.  eerreU*  pizzicagD'*!^ 
(da  fvrn/tl),  tra  i  verbi:  *  f fioreggiare^  (Merlo,  1  nomi  rom.  d.  stagioni  ect.. 
246).  —  A  p.  233,  si  ricordi  che  di  fol^hù  ragiona  l'Ascoli  X  15.  —  A  p. 
240,  n  1,  l.  9.  1.  Bard,  —  A  p.  245  n:  di  *  trivisino  '  v.  anche  111  284.  - 
A  p.  263.  1.  7,  togli  il  punto  doi)o  lai.  —  A  p.  266.  1.  17,  1.  twrmamde.  t 


Aggiunte  e  corresioai.  657 

circa  aU*-f  participiale,  cfr.  V-i  maggese,  XII  266.  —  A  p.  275,  1.  22,  1. 
'  e*  vanno  '.  —  A  p.  282,  1.  5  dal  basso,  1.  paroue.  —  A  p.  285,  n  2,  ag- 
giungi il  treni.  subUient.  —  A  p.  293  s.  *  casa  calda  '  :  casa  cada,  inferno, 
pur  neirAlione  229.  —  A  p.  294,  il  Bartoli  gentilmente  m'avverte  che 
chila  e  slavo.  —  A  p.  296  n.  Anche  il  ni.  Malamocco  riviene,  attraverso 
*i/ifa-,  al  MetaìHauco  degli  antichi  documenti.  —  A  p.  308,  lemhrana  dirà 
la  *  giog^ja  \  —  A  p.  310,  circa  a  tnaràSf  v.  ora  che  lo  Strekelj  (Zur  slav. 
Lehnwrtrk.  39-40)  dichiara  dal  romanzo  la  corrispondente  voce  slava.  — 
A  p.  316  n.  Negli  Statuti  di  Verona  del  1228  (cap.  166),  leggo  patarenos  ss 
patarini.  —  A  p.  320, 1.  24,  per  '  assortimento  '  1.  '  arrostimento  '.  —  Ih.,  in 
nota:  aggiungi  il  piem.  ursUu  rosalia  (XIV  117)  ' ross(ggine *.  —  Ib.  La 
forma  riseua  sta  certamente  al  pa.  rigo  come  diseva  a  digo.  £  circa  al  -y-, 
cfr.  anche  segando  *  sedendo  '  nel  testo  veneto  onde  è  un  saggio  in  Romania 
XXIII  389.  —  A  p.  326.  Per  i  rapporti  di  cui  si  tocca  nella  1^  nota, 
cfr.  il  vie.  denti  sparentà  denti  allegati.  —  A  p.  828,  1.  S,  1.  ingaiiar,  — 
A  p.  330.  Che  si  tratti,  in  uisna,  di  uisnó  è  guarentito  da  quanto  stampa 
EL  Lovarini  negli  Appunti  less.  e  top.  dello  Zanardelli  (II  40).  —  A  p.  332. 
Circa  a  derUpàzi,  cfr.  dirupationem  guasto,  devastazione,  in  documenti  la- 
tini di  Lombardia.  —  A  p.  855,  1.  5,  1.  àyàrdtca.  —  A  p.  366:  di  ì>Ò8e 
V.  anche  Nigra  XV  278.  —  A  p.  369  s.  '  brievler  *  1.  8,  L  *  brigoUr  \  — 
A  p.  883,  1.  36.  Cfr.  anche  condacim  XV  339.  —  A  p.  393,  L  28.  1.  Karl. 

—  Ib.,  1.  1  dal  basso,  chiudi  la  parentesi  dopo  '  113  \  —  A  p.  394,  1.  3, 
1.  •  Coraulo  ,.  —  Ib.,  L  8,  L  groéusel;  L  32,  1.  *  buflRi  \  -^  A  p.  399,  1.  7, 
per  kUde  1.  kUde.  —  A  p.  401,  trasporta  Tes.  {'achielio  dalFultima  alla  seconda 
riga.  —  A  p.  417,  1.  21  :  per  *  le  grada  ',  v.  p.  23.  —  A  p.  488,  1.  1,  per 
btrola  I.  heróla.  —  A  p.  435  s.  '  caléna  \  Nel  trentino,  c*è  gre*  granh, 
fuliggine,  per  cui  il  von  Slop  penserebbe  a  nTubu,  ma  che  meglio  andrà 
con  grMa,  rimanendo  però  escluso,  in  tal  modo,  che  la  base  possa  andare 
colla  voce  lucchese.  —  A  p.  439.  Cfr.  anche  sa.  corazza  dove  il  -r-  sarebbe 
normale  (v.  Hofmann  72).  Potrebbe  anche  trattarvisi  d'un  toscanesimo.  — 
A  p.  448  s.  *  fieccia  *  :  di  *  ficee,  v.  p.  109.  —  A  p.  444  n  :  di  fiori,  v.  ora 
Puscariu  Zst.  XXVIII  677-8  n.  —  A  p.  445.  Di  *  garba  *  v.  anche  Gioeni, 
Etim.  sic,  s.  '  gàrbula  \  —  A  p.  450  s.  '  lazza  '.  Cfr.  pure  laecia  nel  Glos- 
sario medioevale  ligure  di  G.  Rossi.  —  Ib.,  s.  *  nerchìo  *.  11  gen.  ha  re- 
nerciu  nannerotto  (v.  Ferraro ,  Gloss.  monf.  s.  *  eèett  *).  —  A  p.  451  s. 
Megurìno*:  anche  gen.  Wgao  -gain,  —  A  p.  456  s,  'mirólla'  1.  3:  per 
*  pisi.  *  1.  *pis.  '  —  A  p.  459,  1.  11:  per  *  confronta'  1.  'conforta'.  — 
A  p.  461,  1.  16,  1.  '  Petr.  '.  —  A  p.  462  s.  *  piumice  ',  cfr.  anche  il  breso» 
pi^mesa  pomice  (Rosa);  —  1.  5, 1.  pingnàre,  —  A  p.  478  n.  4.  Il  Voc.  conosce 
sghignapappole  ridone.  —  A  p.  489  n.  Aggiungi  ìeópa  *  accoppa  '  ammazza. 

—  A  p.  491.  //  sardo  e  il  còrso  ecc.  L' importante  studio  di  L.  Gauchat  : 


658  Aggiunte  e  correzioni. 

Gibt  es  MuHdartgremen?  inserito  neXVArch,  f,  daa  Stud,  der  m.  ^pr.^  CXI 
367-403,  mi  fa  noto  quando  il  mio  articolo  era  già  stampato  e  non 
ho  potuto  perciò  fame  tesoro.  Il  benemerito  Direttore  del  GÌ099airt  dts 
Paiois  de  la  Suisse  Romande  esamina  a  fondo  la  quistione  dei  confini  dia- 
lettali, oppugnando  con  validi  argomenti  di  fatto  le  teorie  di  G.  Pati» 
e  P.  Mejer,  e  pronunciandosi  risolutamente  per  la  maniera  di  vedere  àA- 
TAscoli.  Nella  prima  parte  del  mio  articolo  io  mi  tengo  di  proposito 
sulle  generali,  ma  dal  seguito  della  dimostrazione  particolare  risulta  chiarn 
come  io  non  consenta  con  quelle  teorie.  Sono  quindi  lieto  di  vedere  ora 
così  vigorosamente  ripristinati  dalle  prove  del  Qaucfaat  i  diritti  delli 
storia  e  della  geografia  nella  divisione  dei  dialetti  [P.  E.  Gna.].  —  A 
p.  489,  l.  24-7,  aggiungi  Tistr.  Masso  stagno  dal  cui  fondo  esce  goryr^ 
gliando  Tacqua  (v.  Gravisi,  Termini  geogr.  dial.  usati  in  Istria).  —  A  p.  505, 
1.  6-7  dal  basso,  per  *  Tuso  ecc.  *  1.  Ma  conservazione  delPimperf.  cong.  la- 
tino \  —  A  p.  506, 1.  30,  per  '  nell'amilanese  *  I.  '  nel  lombardo  *.  Del  resto 
scric  è  dovuto  airinfluenza  di  die  detto.  —  A  p.  619,  1.  4,  1.  '  in  ò  ancorm  ', 

—  ib.,  1.  15,  1.  mer-  —  A  p.  528  n  2.  Per  '  segna  *  1.  *  segua  '.  —  A  p.  626. 
n  5,  per  uvaé  1.  m«p.  —  A  p.  529,  1.  12,  1.  òfuscdjre.  —  A  p.  688  n  1. 
1.  tfh  Uh.  —  Ib.,  n  5,  1.  fO'ie^.  —  A  p.  540  n  2,  1  'ou',  —  A  p.  550  n, 
1.  1  :  dopo  '  parlante  *  aggiungi  '  e  a  seconda  delle  necessità  meramente* 
meccaniche  dell'equilibrio  tra  i  diversi  accenti  '.  —  A  p.  551,  v.  17,  1.  Jlfi^r  ; 

—  V.  40,  1.  t'^d.  —  A  p.  560  V.  314,  1.  pjeiìi,  —  A  p.  588  v.  1145. 
lluh^a  lungàfia;  —  v.  1146,  l.  mil  —  A  p.  589,  1.  1159,  1.  ruiàta:  - 
1.  1160,  l.  pjez/ra;  —  1.  1168,  l.  tigri;  —  1.  1169,  1.  pówru;  —  I,  117i 
1.  m*^a;  —  1.  1174,  1.  ktimpaso'm,  —  A  p.  694,  1.  9,  per  'entità'  L  Mden- 
tità'.  —  A  p.  596,  1.  21,  per  1112  1.  1212.  -  A  p.  610,  col.  1%  ultima 
linea,  1,  •«-. 


fll 


ARCHIVIO 

GLOnOLOGICO  ITALIANO, 

FONDATO   DA 

G.  I.  ASCOLI 

NEL    1873,    ORA    CONTINUATO   SOTTO   LA   DIREZIONE   DI 

CARLO      SALVIONI. 


VOLUME  DKCIMOSESTO. 

PUNTATA    TSKZA: 

Salvioni,  Appunti  sull'antico  e  nooderno  lucchese  (pp.  395-477); 
cremon.  seufum^a,  soprannome,  lornb.  ritrai  pipÌ8treIlo,(pp.477-8); 
Santangelo»  11  vocalismo  del  dialetto  d'Adernò  (pp.  479^7); 
Salvioni«  bugliòlo,  bugno^  vcn.  tynnéza  porca,  ajuola,  friul.ptimM 
feccia,  (pp  487-90);  Guahnerio,  11  sardo  e  il  còrno  in  una  nuova 
classificazione  delle  lingue  romanze  (pp.  491-516);  Saltioni,  boti» 
lanrfcr  (p*  516);  Toppino.  Il  dialetto  di  Castellinaldo  (pp.  517-48); 
Saltiom,  Santhià  (p.  548);  Saltioni,  Poesie  io  dialetto  di  Ca- 
vergilo  (pp.  049*90  >:  Rassegna  bibliografica  (pp.  591*602;  con  una 
recensione  di  P.  E.  (ìuarnbrio);  Salvioni,  Indici  del  volume 
(pp.  603-656);  Aggiunte  e  correzioni  (pp.  t)ò6(k.8). 


Brezzo:  L.  12^0. 

T  O  R  I  x\  0 

CaMa    ICaitrifje 

ERMANNO     LOESCHER 

1 9  0  a 


ARCHIVIO  GLOTTOLOGICO  ITALIANO 


L'Archivio  esce  a  liberi  intervalli,  per  foscicoli  da  non  raeiH» 
di  sei  fogli;  e  ciascun  fascicolo,  come  ciascun  volarne,  è  posto  in 
vendita  anche  separatamente. 

Se  ne  è  pubblicato  quanto  segue: 


Voi. 

I 

Voi. 

II 

Voi. 

III 

Voi. 

IV 

Voi. 

V  e 

VoL 
Voi. 
Voi. 
Voi. 
Voi. 
Voi. 
Voi. 
Voi. 
VoL 
VoL 


(completo) 

(completo) 

(completo) 

(completo) 

VI:  Jl  Codice  Irlandese  dell' Afnbrosiana,  edito  e  ilio- 
strato  da  G.  I.  Ascou.  Il  quinto  volume  di  pag.  664, 
b  intieramente  pubblicato;  del  sesto  son  pubblicate 
pag.  188-(JCCCIV;  dicci  dispense  in  tutto  (comples- 
sive L.  96  ~).   La  continuazione  del  sesto  volume  è 

in  corflo  di  stampa         . 

VII    (completo) 

Vili  (completo) 

IX  (completo) 

X  (completo)  .' 

XI  (completo) 

XII  (completo) . 

XIII  (completo) 

XIV  (completo) 

XV  (completo) 

XVI  (<(»mpleto) 


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Si  l'iM.hMLNTi   PKHionici  sl\Y Arckivio  glottologico  italiano^   dedicati  a 
inda*^ini  liiìtcuiì^tiche  estranee  o  non  limitate  al  neolatino. 


l'riniiv  (^i^j>♦'IHa 
J^».'i*< Pilliti  <li>«[)»'iisa 
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t^'ii.irta  disponga 

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Sf-tt.i  di-pfUHa 

8«tlMi:a  (liiptMi'-a 

!/•  ttavu  lii^pen^ii  e  in  cererò  di  stampa. 


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6  6«» 

4  50