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I
ARCHIVIO
GLOTTOLOGICO ITALIANO,
FONDATO DA
G. I. ASCOLI
■EL 1873, ORA CONTINUATO SOTTO LA DIBBSIONI DI
OARIiO SALVIONI.
VOLUME DBCIMOSBSTO
TORINO
Casa Sditrioe
ERMANNO LOESCHER
1902-1904-1905
Hiservato osni diritto di proprietii
e di traduzione.
Miluuo. Tip HiiiNAUiHixi iM e. Hi.iiLMuiM E e.
ToriLo — Vi>» E\/<> Ik>>v, Ti|»«»irrrtfo tl««lle LI- MM. e dei RB. Principi
SOMMARIO.
Salvioxi, Di dun per un nella poesia popolaresca alto-italiana Pag,
Salviori, Engad. sQ'h^a, so'pea, sedia
Db Bartholom.cis, Contributi alla conoscenza dei dialetti dell' Italia
meridionale ne* secoli anteriori al XIII. II. Spoglio del * Codex
Diplomaticus Cajetanus
Db Bartholon^is, Un*antica versione del " Libro di Sydrac ^ in vol-
gare di Terra d*Otranto
Salvioni, Egloga pastorale e Sonetti in dialetto bellunese rustico del
sec. XVI
Salvioxi, Lomb. rerti dovere, esser necessario ....
Pabodi, Studj liguri. § 8. 11 dialetto di Genova dal sec. XVI ai nostri
giorni (continua)
Salvioni, tnercam(a\ sopras. seplekd accovacciarsi, rimpiattarsi; ven.
haroéle abbaino; cremon. grògol crocchio ....
PiBBi, La sibilante tra vocali nell'italiano
Saxtiohi, Mesolc. cr^/* avanzi del fieno nella mangiatoja; piem., lomb.
ìifrók, lomb.y piac. Ufrón .
Ascoli, Ancora della sibilante tra vocali nel toscano
Cronaca e Bollettino bibliografico
Salviosci, Spigolature friulane
Saltioxi, Frane. fiageoUt^ ecc. .
Salviom, Illustrazioni sistematiche
Hfttif ecc. , (Archivio XVI 71
Salvioxi, Piem. arasi acquazzone
Parodi, Stu^j liguri (continua)
Salviosi, Friul. bòse
ViDOMicH, Etimologie
Salvio.^i. Engad. brierler brulicare;
Àìl'^a fuliggine .
all' * E (/Ioga pastorale e So-
104)
viveron. skthidi .scendere; lomb.
1
7
9
28
69
104
105
161
168
173
175
193
219
243
244
332
333
366
367
369
138390
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, 395
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^vN-vva^-^ » »••• •-■•-ai t» . c^^-*«^.» i'jt i»-ra«- .... » 479
Nv V . X . -■. «fc • *!. ^tifc^i "•■:**. *.i'..^. ^il 9^»mu feccia p 487
vxK-kx » . Si.-« - i • rn ji xi&k i:- in :_adssÀL*xc.SK; drlle lingue
• 491
"S-w • v>.
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-.«Bar.*»» il P, E. GrABVVBio)
, 516
, 517
, 548
. 549
. 591
. 608
, 656
DI D UN PER UN
NELLA POESIA POPOLARESCA
ALTO-ITALIANA.
DI
C. SÀLTIOlfl.
Fin dai miei più giovani anni udivo io cantare intorno a me
una canzone popolaresca^, dove, a una ragazza desiderosa di
marito si profferivano o dun gioviti calzolarOy o dun gioviti tnu-
7*atorey ecc. ecc. E mi sovviene che fin d'allora quel duti al posto
di un mi feriva come uno strappo alle rette norme gramma-
ticali. Più tardi, le raccolte di canti popolari dell'Alta Italia mi
ri[K>nevano ogni momento sotto agli occhi il costrutto, sempre
risentendone io la enigmatica stranezza. Concedano i lettori del-
V Archivio che qui si tenti di sciogliere l'enigma. E prima di tutto
gli esempi ^
* DoT^ssere il canto che nel Bolsa, Cantoni popolari comasche (Conto-
resi di Vienna, Classe stor.-fil., LUI, 637 sgg.), porta il num. 39.
' Ho ricorso per questa ricerca alPopera fondamentale del Nigra, Canti
popolari del Pipnonte (Torino 1886), che si allega per N., il numero del
componimento e la lettera con cui si suddistinguono le diverse versioni
di esso; ai Canti Mon ferrini di G. Ferrare (Torino 1870. Ferr. e il num.
della pag.); alle Canzoni popol. comasche del Bolza (Bo. e il num. del com-
ponimento) ; ai Canti popolari delle vicinanze di SommorLombarda e Vo-
resé pubblicati da AnL Casotti e Vitt. Imbriani, nella Nuova Antologia
del 1867, (voi. V; 1867, pp. 190-94. Cas. e il num. del componimento); al
FolK-Lore veronese. Canti di A. Balladoro (Torino 1898. Ba. e il num. della
pag.); ù Volkslieder aus Venetien di G. Widter e A. Wolf (Contoresi di
Vienna, Classe stor.-fil. XLVI 257 sgg. W. e il num. del componimento) ;
ai Canti pop. ined, umbri, liguri, piceni, piemontesi, latini raccolti e illu"
strati da O. Marcoaldi (Genova 1855. Ma. e il num. della pag.); airArcAt-
ciò per lo Studio delle tradiz, popolari (Asttd.). Non allego altre raccolte,
non importando a me di dare molti esempi ma d*assodaro il fenomeno.
Dirò solo che gli assaggi istituiti sui canti popolari di altre regioni d'I-
talia hanno sortito un esito negativo ; onde, qualche esempio, che potesse
qua e là saltar fuori, dovrà certamente attribuirsi air influenza dei canti
settentrionali.
ArehiTio flottol. itaU XYI. 1
2 SalvioDi ,
I. 'duo* in funzione di soggetto:
A. Regione pedemontasia : rè d'un marghè N. 13 F, v. 1 1 ;
sarà dTuna fortùnha N. 42 A , v. 1 1 ; a fé dTiin M curbarin
N. 53 A, T. 20; fé (Tùn arbolino N\ 122, v. 2; a fé (Tùna
bargera N. 70 D, v. 1 ; gh'è passalo dTùn gentil galani N. 61 C,
V. 4 ; a fé passà-je dCùn cavaliero N. 77 A, v. 3 ; Ve (fùn consci
mi voria * N. 77 C, t. 9; ghe passa cTùn cavalicro X. 77 E, v. 5 ;
fé dTùn scrpenlin Ferr. 39; passa (Tiin giuvo Ferr. 3, S6;fé
dina barbèra Ferr. 7; u fera Sin giuvnol Ferr. 65.
B. Regione lombarda: gh'eì*a dùn cacciatore Ma. 152;
el gKé d'un bel giovin Ma. 167; a passa dùn camliero
X. 77 G, V. 3,
C. Regione emiliana (Parma): era d'un signur cunlo
X. 13 F, V. 1. — (MantoTa) se voi fudesle d'un fralel mio
Asttd. XXVIII 230.
D. Regione veneta : vegnarà dun giorno Ba. 160-61 (sette
volte); gh^é d*un pesse Ba. 119 (due volte); s*el fusse sta d'un
orso Ba. 142; é arivà d'un Fe7*linando^ Ba. 67; {a mi par
duna madama Ba. 98.
Non sarà forse per mero caso che il soggetto è, in tutti gli
esempì, posposto \
II. Mun* in funzione di oggetto ^
a. Preposto al verbo:
A. Regione pedemontana e ligure: d'un piazi mi vorìa
S. 76 (nelle varianti) ; d' una fia Vàn riscuntré N. 4 A, v. 2 ;
dùn bun vei Va riscuntré X. 4 A, v. 17; efu/ia fia Vàn riscun-
Irà X. 4 B, V. 2; dùn cavalo ti farò de X. 11 D, v. J2; dùn
* Interpreto: *ò un consiglio [che] io vorrei*; ma potrebbe nncbe trat-
tarsi d*an costrutto n me non ben chiaro ; cfr. l*è duna part mandèta an
Franta N. 136 A, ▼. 8.
' Cfr. ò trova di una Marieta Ba. 183.
* Non intercede tra il soggetto e il verbo nessun altro elemento gram-
maticale. Solo in N. 152, v. 34, si ha; /V ancur mae d'urta not^a,
* Gli esempi di *dun* alFoggetto sono di gran lunga più frequenti che
non quelli di *dun* al soggetto; onde, pur citando tutti i mon soliti esempi
di 'dun* preposto, ci limiteremo a una scelta di quelli dì 'dun* posposto
al verbo.
Di dun per un nella poesia popolaresca alto-italiana. 3
basin ve'l poss pa de N. 69 B, v. 12; (Tùn sass in V acqua shi
gKà tira N.77 E, v. 5; d'un cavaliero fò riirovà N. 77 E, v, 9;
<rùn foss Vàn riscuntrà N. 130, v. 2.
B. Regione lombarda : d'on bel gioven l'ha incontra Bo. 53.
C. Regione veneta: d*un cavalier si è incontra W. 74
(nelle varianti); de un giovenin la se n'à incontra Ba. 110;
d'un bacio lu *l ga dà (Verona; v. Corazzini, I componimenti
minori della Ietterai, pop. it, p. 256).
D. Regione toscana: d^un bel giovine riscontrò N. 54 G,
V. 6; di un bel giocane ne incontrò (Gamajore; v. Giannini,
Canti popolari della montagna lucchese, Torino 1889| p. 155 n).
b. Posposto al verbo:
A. Regione pedemontana e ligure: mi v' mustrerò d'una
numera N. 1 , v. 5; voria d'un piazi N. 3 G, v. 6; l'an vedù
d^ùna fièta N. 12 A, v. 6; fa de d'Un bai N. 16 B, v. 5 (Savona),
16 D, V. 1; Va ddit d'un vir o dui N. 16 E, v. 14; mi sun fa
d*ùna signura cara Ma. 158; cumprève d'una curuna N. 17 G,
X. 12; piantaran d'un fiur N. 19 B, v. 11; piantremo d'un bel
fiur^ N. 19 F, v. 8; a da d'un piccu N. 25, v. 5; Va pià-se d'una
dama N. 40 B, v. 2; pruntè-m d'Un servidure N. 48 E, v. 4
(Novi); fève fà-me d'un gran tort N. 55 A, v. 19; ij daruma
(ftina bevanda N. 77 A, v. 12, G. v. 13; pie d'una rapa N. 85 A,
V. 9; i Vai d'un bun bastun N. 96'*, v. 16; fan d'Un fratélino
N. 122, V. 2; Vàn fdit d'una gran festa R 152, v. 22; fa-
rumma d^ina tumba Ferr. 39 ; avói d'In bun lettu Ferr. 3, 26 ;
pruntème dun cava Ferr. 4, 54; farei d'in bel manici Ferr.
14; u pija d'in bastun Ferr. 25; pruntème d'in bun lettu Ferr.
i&i , ecc. ecc.
B. Regione lombarda : gKha donato d'on bel libretto] hoo
incontraa d'ona giovina i^IIa/(Imbriani, La Novellaja fioren-
tina ecc., Livorno 1877; p. 523 n); Vhooportaa d*ùn bel cestin
Cas. XXXIII; ti donerò d'un bacio (Ganton Ticino; v. Bollett.
stor. della Svìzzera ital. XIII 96 n) ; feme far d'ona cassa fonda
Bo. 54 ; vuol dar d*6n giovin [calzolaro] ecc. Bo. 39 (quattro
Tolte); faremo d'un bel letto Bo. 48; vorria d'ona licenza Bo. 51;
fémé dòn favore Bo. 52; pianteremo d*ón bel fior Bo. 54;
pianterete di un bel fior Gorazzini, o. e, 267 (Bergamo); ghe
daremo dona bevanda Bo. 57.
4 Salvioni,
C. Regione veneta: eia gaveva d*un fazóleto W. 21; lu
gaveva (fun par di scarpin W. 21; trova d'un vedo Ba. 33;
aveva d'un amante Ba. 78; ò trova di una Mariela Ba. 183;
la recama de* n facioleto Ba. 89; g*ho d'un bel imbrojo Ba.
115; le porta d^una génta Ba. 151; comprar di un abito Ba.
161; ò d'un sogno da racontarti Ba. 108^
D. Regione emiliana (Mantova) : m'i fato d'un gran torto
Asttd. XVIII 228 ; la vede d'un boàr ib. XX 71 ; t?d fato d'un pia-
cer ib. 67 ; sapreste un po' indicare d'una gran bella fia ? ib. 70.
III. *dun' in combinazioni avverbiali: Van sia d'una giur-
neja 'hanno segato una giornata' N. 65 F, v. 1; d'Una noteja
dormì con vui N, 76 (nelle varianti; p. 391); d'una noitina con
vui dormì N. 77 A, v. 8; C, v. 7; E v. 11; G, v.;6; duna sol
notte 77 B, v. 7; d'Un' altra notte ib. v. 17 *.
IV. S'annotano qui parecchi esempi che per la loro configu-
razione vogliono essere particolarmente considerati.
a. L'apposizione introdotta dall'articolo indeterminato può
ripetere e non ripetere il d': passa d'in giuvo^ d'in giuvo ^na-
rinée Few. 86; vuria avei d'un bun letOj d'ùnbun let da ri-
pozè N. 32 B, V. 12; e all' incontrario : pasa d'In giuvo^ in ca-
valier franseis Ferr. 39; a j'ò d'Una gran dama^ na gran
dama N. 152, vv. 2-3.
Per l'apposizione che venga introdotta dall'articolo determi-
nato, è ben notevole : Van scuntrà d'na bela fia^ dela più bela
che al mondo ghe sia N. 12 C, w. 3-4 • ; di fronte a : va ciamè
d^ùna Mun fràina^ la fia d^ùn cavajè N. 13 A, v. 2.
^ Qui gli esempi dove, tra reggetta e il verbo s*interpongono altri ele-
menti: l'ai campa.., sul d*una pera N. IO C, v. 5; d poi d'un altro N. 61 C,
V. 11; damme un po' d'un preve^.,. d'wn notari N. 25, vv. 13, 16; t la-
sciu dma d'un strafursin ib., Vv 26; — à guadagnale... dfna gran cava--
leria N. 52 B, vv. 4-6.
' ' S*intende che siamo in dialetti dove p. es. non si direbbe altrimenti
'lavorar d'un giorno' per 'lavorarn un giorno*, ecc.
■ Per il d' preposto airarticolo determinato, sarebbe esempio, ben no-
tevole, se legittimo, il rovign. tengo del méio maret ho il mio marito, Iva»
Canti popol. istriani (Torino 1877), p. 323. Parrebbe doversi ripetqre dal
/
Dì dun per un nella poesia popolaresca alto -italiana. 5
b« Davatiti' a due o più sostantivi coordinati, il (T può ri-
petersi ma anche non ripetersi : Vi ptnintirò d'in scagn e an-
cura d'ina barca Few. 39; d'una pari mandèla an Pranza e
<rima pari sul Munferà N. 136 A, v. 8; invece: 'ni al mes
un bel letin e d'un malerass di piuma N. 112, XY, 5-6; nò
gavà na pinta^ na meza e d'un bocà N. 99 A, v. 17.
e. La risposta a una interrogazione può pure venir introdotta
da duni Cosa ti fen da cena? D'una anguillella arrosto N. 26 G,
V. 10 (Pisa); Ch'aS'tù cumprà a la fera? D'un capelin. Co-
z* f èA,o su? D'un bel piùmass N. 132, w. 3-4, 4-5.
Se ora ci facciamo a tentare la dichiarazione del curioso vezzo,
gioverà dì non dimenticare ch'esso è proprio ed esclusivo del
linguaggio poetico, ignorato assolutamente dalla lingua viva e
schietta ^ E la franca e sicura ricognizione di questo fatto deve
guidarci nel tentativo di spiegare il fenomeno. Il quale, dove non
avesse cosi limitato dominio, potrebbe in parecchi modi dichia-
rarsi \ Si potrebbe, fra altro, pensare che da costrutti come
^degIi uomini dicono' Hi do dei fiori' si portasse il ^di' al sin-
golare, avendosene poi ^d'un uomo dice' Ui do d'un fiore'. Ma,
nostro dun esteso oltre i propri limiti; sennonché di questo dun non trovo
nessun esempio neirive. — L'esempio se mete a bastonar de la sua marna,
Ba. 159, andrà certo diversamente giudicato.
* Sì dice reramente ancora, e più si diceva, a Milano di, fa, pensa d*ona
Coesa per 'dire* fare, pensare una cosa*; ma si tratta qui tlel modo 'dire,
pensare di una cosa' (cioè Mntomo a una cosa*; cfr, la ghe conta de quel
faio Ba. 98) venuto a contaminarsi col modo 'dire, pensare una cosa*.
L*ATersi poi dt d*ona cassa allato a di ona cosxa, ha fatto si che si ve-
nisse a fd d*ona eossa allato a fa ona cassa, — Diversamente conformato
e no esempio lodigiano come hi fai d'un ceri parla 'avete fatto un certo
parlare*, che trovo nella Sposa Francesca del Lemene. Ma anch*esso non
infirma la sentenza che il processo da noi studiato si limiti alla poesia. —
Fiattosto par che la poesia popolare abbia influito sulla lingua in un esem-
pio come dunidli de une vire 'dategli un anello* nel saggio di Oulx. Bion-
deUif Saggio ecc., 523.
* 1 moltissimi esempi in cui il dun è preceduto da vocale potrebbero
£sr credere a un d estirpatore di iato. Ma lo si deve escludere, non aven-
dosi di on tale d nessuna altra traccia nella combinazione sintattica.
6 Salvioni ,
ripeto, rimarrebbe sempre ìnesplicato perché il Mi' ^, cosi o per
altra via ottenuto, si limiti al canto.
Ora, una dichiarazione che spieghi insieme e il vezzo e la sua
limitazione al canto, parmi la seguente.
Fra gli esempi di Mun^ occorrono questi: chi vói senti cantò
(Tùna bela cansun nòoa f N. 52, v. I ; chi voi senti duna can-
sunf N. 7 B, V. l ; cantò duna cansun N. 33 A, v. 1 ; 47, v. 4;
cantò-me (tùna cansun N. 14 A, v. 1 ; cantò 'n pò d'una can*
Sun N. 14 B, V. 1; voi cantao duna canzon Ba. 180.
In questi e analoghi esempi scorgo io il germe del nostro co*
strutto. Vanno essi cioè raccostati ad esempi in tutto simili che
ci si fanno avanti negli antichi poeti, dai quali raccolgo:
Cantar fne plas duìia canyon nocella Fra Giacomino da Ve-
rona (ed. Mussafla), F, v. 5 ; hi cole oclir cuintar duna zentil
novella Bonve^in, De peccatore cum Virgine, v. 1; ognom en-^
tenda de una molt bella leggenda Legg. di S. Margherita (ed.
Wiese), vv. 1-2; uoV comengare e dir... d'una legenda ib.,
vv. 39-4.1; d'uno bello sernione ve voyo contare Biadene, Sciavo
Dalmasina, v. 2; audire dun bello sennon uerax Bescapé, v. 6;
se dun bello dito audire ancora uè plaxe ib., v. 863.
Si ha qui, è vero, un Mi' ben giustificato, trattandosi sempre
in quegli esempi di ^cantare, dire, udire, narrare intorno a...*;
ma non è meno vero che tra 'cantare di una canzone* e 'can*
tare una canzone* la difierenza di significato era minima, quasi
evanescente.'. Tanto che agli uditori i due costrutti dovevan sem-
brare identici. Ma dato che d'una canyon valesse o paresse va-
lere come wui cangon^ che cioè il costrutto con Mi' venisse o
paresse venire a fungere da oggetto diretto come il costrutta
senza la preposizione, ciò doveva parere insolito, peregrino. Ora
di costrutti e vocaboli insoliti, di peregrine preziosità suol com-
piacersi il linguaggio poetico, popolare e non popolare. E il dun
* Ch« il di' di dun sia Mntito come U preposizione , è attestato dagli
editori di canti che sempre scrivono *d*un\ ed è confermato da ciò che
si abbiano esempi con d^n Ba. 89, di Uf%a Ba. 183, d*na N. 12 C, v. 3.
' Cfr« ehi 9ole adir iennon verax Zst. f. r. phil. XV 489; intendi questo
sermone Besc, 2127.
Dì dun por un nella poesia popolaresca alto*italiana. 7
d'una di contare d*un sermonj di cantare duna canQony frain*
teso della sua genesi, dovette sembrar appunto tale ornamento,
(la venir senz* altro adottato tradizionalmente dalla poesia popò*
laresca, e da essa esteso ad esprimere, al di là delle formule
originarie, l'oggetto diretto che si introducesse mediante T inde-
terminato.
Questa origine del nostro dun mi pare confermata anche da
ciò, che es^ ben più frequente sia nella poesia narrativa che
non nella lirica. Si capisce che anche qui non manchi; ma as-
solutamente e proporzionalmente, i canti oggettivi forniscono una
somma d'esempi superiore d'assai a quella che s'ottiene dagli stor*
nelli e dagli strambotti ^
Circa alla diffusione geografica del fenomeno, già se n' è toc-
cato par incidenza. Gli esempi del resto parlan chiaro; e questi
provengono dal Piemonte e dai contermini territori della Lìgu«
ria, dalla Lombardia, da Mantova, da Verona, e, più scarsamente,
da Venezia. L' esempio parmigiano e i rari esempi toscani tro-
vansi in canti narrativi, ed è evidente che il dun è stato impor-
tato con questi,
engad. spbga^ sffpcaj sedia.
Vedi Pult, Le parler de Sent, § 298, Huonder, Vokalismus
von Disentis, p. 433, dove s*allega, da Sopraselva, un sùpia ^Brii-
ckenbock, d. h. der auf zwei Stùtzen ruhende Querbalken unter
einer Brùcke, dann das mitteist zweier Pflocke mit den Kufen
verbundene Querholz auf Schlitten oder Schleifen '. Il Garigiet
ha sùppiaj il Palioppi, sopcha e sutga , sedia. — Ghe in tutte
queste forme si debba riconoscere, come ha fatto l'Huonder, il
lat. subUca, è provato da soblga {^ ^ aifbjigd) ^ trave lunga e
grossa a sostegno di ponti sui fiumi \ che s'ode nella Valtellina,
e di cui si discorre in Zst. f. rom. phiU, XXIII 529.
L* H. riporta sùpia a un anteriore ^subja, e a me par che ab-
bia ragione, ammettendo però che bl siasi prima ridotto a pi,
* Così, dalle due centinaja dì Strambotti e Stornelli che sono nel Nigra,
pp. 574*92, non ho che due esempi; e uno eoIo ne ho da Gas.
"i S«lTÌoni, Engad. s^bga^ ecc.
s\>ci4 coaio r*/ si riduce a fiy quindi *suplja^. Quanto a SQbga
cs.s%> {ktr continuare direttamente *SQbja * ^s^b'^ljja] e sùiga ci
ru(»(»(v$entei*à un'antica riduzione ^sùkka - ^subka = *subljca.
Quauu> airaccento della voce cisalpina, ricordo ancora il com.
'iMsiik » bellinz. mdsUQj mil. md$le§j màstice. — M' ò del re-
»tv> grato che mi si porga qui l'occasione di ritornare sulla qui-
Htìoue, per esprimere il mio pensiero più chiaramente che non
avvenisse nelParticoletto della Zst. Credo io dunque che s'avesse
dapprima, e per analogia , la rimozion d'accento nelle voci ri-
fotoniche dei verbi in 4care -itare, e nei loro deverbali. L'oscil-
laxione, a cui qui si giungeva (p. es. bétega e betéga da beiegd
balbettai^e, bórdega e hordéga da bordegd sporcare; fr. berg.
belèg balbuziente, bresc. bordèc sudiciume), venne portata in
primo luogo ne' nomi in -ice -iTU, quindi slomèk da slómek sto-
maco, bresc. codèga = lomb. códega 'cutica' cotenna, bresc. gòm-
bèi gomito. Siccome poi l'uscita -Icr alternava in più nomi con
-ICB ('pùlice' e ^pùlico') cosi anche a questi s'estendeva T incer-
tezza dell'accento, onde i berg. scimòs cimice, p^ès pulce, allato
a sciìnèga^ polèk. Ma ottenutesi per questa via ohe più serie di
sdruccioli si facessero piani, altri sdruccioli seguivano poi il loro
esempio, obbedendo in parte anche a uguali attivazioni analogi-
che. S'hanno cosi il valcamon. abrovéd * brivido' intirizzito (v,
l'art. ' brivido' fra le mie Etimologie nella Misceli. Ascoli), i bresc.
sofòch aria soffocante, afa, sabàt sabato, de^òlèl disutile, i berg.
omèn uomini, femèn femmine, <i/é/' * adipe'.
Poteva anche accadere, sempre nelle stesse analogie, che una
voce piana si facesse sdrucciola, onde: berg. Idmbek per lam-
bék lambicco, valser. sdles •, bresc. sères^ per saléss rispettivam.
seréss (cfr. mil. sariz ^siliceo').
C. Salvioni.
^ U gardeo sopia *Qu*)r8tange auf Schloifeo*, che vedo allegato dalPMuon-
der, uri assai ▼ erosimi I meo te un *sóbja, con èj secondario ridotto come
quello primario di camabia in canapi^,
' Va di questa voce, che non potrebbe es.ser sorto nella tonica (cfr. la
voce milanese), depone in bel modo per Tantico accento della parola.
CONTEIBUTI ALLA CONOSCENZA
DEI DIALETTI DELL' ITALIA MERIDIONALE
NE' SECOLI ANTERIORI AL XIH.
DI
T. DE BABTHOLOMIEI».
(Vedi XV 247 sgg., 275 sgg.)
il — SPOGLIO DEL 'CODEX DIPLOMATICUS CAJETANUS' K
SoioiABio: 'IL Serìttars. - 5 IL FoneticA. * S lU. MorfolofU. — S IV. LmiIoo.
ATTertensa. — Il Codex Diplohaticcs Cajstanus è il primo di quella
collezione di codici diplomatici, alla quale attendono i benemeriti benedet-
tini di Monte Cassino, e che, sotto il titolo unico di Tabularium Cassi-
NXN8I, dovrà pure contenere i codici di Bisceglie di Pontecorvo d* Isemia
di Pomposa e d* Aquino. Le carte vi sono in numero di quattrocento ven-
ticinqae ; ci conducono dal 787, o giù di li, sino in pieno secolo XIII. La
lor provenienza ò limitata alla città e alPantico ducato di Gaeta, che - com-
prendeva, un tempo, com* è noto, anche il ducato di Fondi e il contado di
Teano (v. preL p. xiv). — Per ciò eh' è del linguaggio, siamo, a un di-
presso, alle condizioni stesse delle carte cavensi; ed è solo per la loro
minor quantità, che riesce, al confronto, meno copioso quest'inventario. Non
tatte sono originali: più d*una è data secondo copie del sec XVII; e
de* volgarismi contenutivi non si son potuti accogliere se non quelli che
Cornano anche altrove. — Occorre anche qui un buon numero di nomi
fondiarj; ma non di tutti m*è riescito di ritrovar retimologia. La classe
più ricca è quella degli uscenti in -ano "iano^ che sta, nell* intiera sup-
pellettile toponomastica, in proporzione assai maggiore che non fosse nel
Codice cavense.
■ Typis Mentis Casini, MDCCCLXXXVIII-XCI.
XV
Sommario.
Rassegna bibliografica (con recensioni di C. Salyioxi e P. E. Quab-
xssio) Pag, 871
Aggiunte e correzioni alle dispense I* e II*
Salvioni, Appunti suU^antico e moderno lucchese
Salviohi, Cremon. scutumdja soprannome ; lomb. rUràt pipistrello
Santangslo, Il vocalismo del dialetto d'Ademò ....
Salviomi, bugliòlo, bugno; ven. tanéza porca, ajuola; friul. puinte feccia
GuAuisRio, Il sardo e il còrso in una nuova classificazione delle lingue
romanze
Salvioni^ boulanger ..........
ToPFiiro, Il dialetto di Castellinaldo
Salviohi, Santhià
Salvioki, Poesie in dialetto di Cavergno (Valmaggia) .
Rassegna bibliografica (con una recensione di P. £. Guabmsrio) .
Salvioxi, Indici del volume
Aggiunte e correzioni
898
895
477
479
487
491
516
517
548
549
591
608
656
DI D UN PER UN
NELLA POESIA POPOLARESCA
ALTO-ITALIANA.
DI
G. SALYIONI.
Fin dai miei più giovani anni udivo io cantare intorno a me
ona canzone popolaresca ^' dove, a una ragazza desiderosa di
marito si profferivano o dun gioviti calzolaro^ o dun gioviti tnu-
raiore^ ecc. ecc. E mi sovviene che fin d'allora quel duti al posto
(li un mi feriva come uno strappo alle rette norme gramma-
ticali. Più tardi, le raccolte di canti popolari dell'Alta Italia mi
riponevano ogni momento sotto agli occhi il costrutto, sempre
risentendone io la enigmatica stranezza. Concedano i lettori del-
V Archivio che qui si tenti di sciogliere Tenigma. E prima dì tutto
gli esempi •.
* Dey*es8ere il canto che nel Bolsa, Canzoni popolari comasche (Conto-
resi di Vienna, Classe stor.-fil., LUI, 637 sgg.), porta il num. 39.
* Ho ricorso per questa ricerca airopera fondamentale del Nigra, Canti
popolari del Piemonte (Torino 1886), che si allega per N., il numero del
componimento e la lettera con cui si suddistinguono le diverse versioni
di esso; ai Canti Monferrini di G. Ferrare (Torino 1870. Ferr. e il num.
della pagOì ^H^ Canzoni popoL comasche del Bolza (Bo. e il num. del com-
ponimento) ; ai Canti popolari delle vicinanze di SommO'Lombarda e Va-
rese pubblicati da AnL Casetti e Vitt. Imbriani, nella Nuova Antologìa
del 1867, (voL Y; 1867, pp. 190-94. Cas. e il num. del componimento); al
Folk-Lore veronese. Canti di A. Balladoro (Torino 1898. Ba. e il num. della
pag.); ai Volhslieder aus Venetien di G. Widter e A. Wolf (Contoresi di
Vienna, Classe stor.*fil. XLVI 257 sgg. W. e il num. del componimento) ;
ai Canti pop, ined, umbri, liguri, piceni, piemontesi, latini r^iccolti e illu'
stretti da O. Marcoaldi (Genova 1855. Ma. e il num. della pag.); aìVArchi^
vio per lo Sttidio delle tradiz, popolari (Asttd.). Non allego altre raccolte»
non importando a me di dare molti esempi ma d^assodare il fenomeno.
Dirò solo che gli assaggi istituiti sui canti popolari di altre regioni d*I-
taiia hanno sortito un esito negativo ; onde, qualche esempio, che potesse
qua e là saltar fuori, dovrà cortamente attribuirsi air influenza dei canti
settentrionali.
▲rehiTio glottol. ital., XV L 1
12 .de Bartholomaeis,
9. À: ni. da le cirasa 1020, ni. balle de cirasa 1029, curte... que nun-
cupatur da i!lo ceraso 1068^ 10. -ARIU, ARIA; -dr^: ni. casa molava 830,
ni. margatarum 845 less., cerhinara 906 less., lapulo porcaru 906» filii
gregorii porcaru 1087, festara 964 1085 less., pianeta cum orare 964, perg^it
usqne in pàlmara 976, ni. solaru 980, terzara 986 più volte, molenairu
991 less., ribo della pillava 992 less., acdavum 997, ni. vivavo 1002, ni.
pastovava 1013, ni. fossa lupava 1024, armarum armadio 1028, nprs. lao^
demaru 1029, ni. caballara 1029, calzolavu 1036, ni. ipse terre de ipsu
cantavu 1041 less., via carrara 1041 più volte, porcava 1041, ni. covzara
1055, mundt^aru 1058, cgn. spataru 1061 1128, cocclara 1071, piscara 1071,
ni. patomftarMm 1076, monte de ccrftart* 1091 e cerran* 1107, ni. pigna^
tari 1107, ego petrus capvavus 1114, scirpaì'u 1158 less.; area: usque ad
iitre celu 1013, cum cestema sua et cum are suos ibd.;-ér-; heredes Ade-
nulfi càhalevi 1198. 11. E breve. Intatto, come appare dagli es. seguenti,
che però han tutti a od & alPuscita: iuxta pede de ipsa turre 906, unum
pede de piro 922, pede de sìlva 1014, pede de monte 1014,* cgn. pede-3itQt\x
1056, petra maiore scarpellata 992, ni. campu de melle 1072. Isolato: dicima
octaba die 1113. 12. E lungo: me^granum 941, e airatona: sancti nicolai
de meletis 1158. Per ly, oltre il solito stratico 1014,* il nprs. hall 1031.*
18. I breve : canat mihi una messa 906. Di -ella -elle y. gli es. al num. 85.
14. 0 breve. Appare intatto negli esempj seguenti: fondata serica bona
gaitanisca 1028 bis, nprs. bona frequentissimo, parium de bove unum' 906 bis,
cognomi: bove 1196, vove 1071. 15. 0 lungo. Esempj di u da o fuori
d" umlaut ': cuvte 918 frequentissimo (e curticella 914 ecc., curtesani 1047),
conciatuvia 906, signum manus de petrune 1047, nprs. petvunia 935, ni.
punete-curho 1107; va anche qui, proveniente da *maiure, matwnna 1113,
e fors*anche: Johannes de maiurano 1136.* All'incontro: iosum 979. 16. U
breve: torre longa 906, territorio de spelonce 994, spelonke 1024, sancte
marie de spelonke 1135 (e speloncanus 890, speloncani ibd., Paulo spelon-
cano 923), cgn. caca-/br/br« 997, bocca de ipsa cripta 1009 più volte, co-
gnomi &occa-pasu 1059, &occa-pia 1079, &occa-melIi 1119, una coppa argen-
tea 1028, colcitra 1028, forcula una 1116, cgn. Stefani mo^ca 1129, [cgn.
Leo volpina 1129]. 17. Y: ecclesia sancti martini aqua-m«mio2a 1067;
neir» di gissum 1104 può esservi effetto di -ti. Per serica v. num. 5. [Al-
V&tonaLi murtetu 941 e mortitu 1024, gruttelle 1064 *J.
* Anche se ossitono, come parrebbe dal cgn. Stratico, che è proprio delle
Calabrie e della Sicilia, qui non guasta.
' Certamente ossitono; cfr. il cgn. sicil. Cah.
^ Non manca nemmeno qui il solito octubro -ubrio,
* turabulum 1071 sarà un mero svarione.
Spoglio del Codex Cajetanus; § IL 13
B. Vocali atone.
19. A. InÙEiale in e^ nel solito gentìarulus 954; ireiecti Traetto 1026 e
triiecto ibd. ecc.; Of in longobardi 1026. Innanzi a r: camarcte 1076, camara
1119, cgn. Petri de cammarino 1047, comparatore 1099« comparatu 1103^
[eeparano Ceperano 1 134], filia Franconi de papara 1028, franco index qui
dici tur papara 1039. Postonico: ni. aquamendola 1067. 80. E. Di sillaba
iniziale in t: nprs. criscentio 890, dissertas deserte 1002, criseensi 1089
1099, ni. pitruru 992 less., nprs. firruccius 1012, cirasa 1020 1029, ni. stm-
prontanu 1020, piscora 1071, ni. cicropìus 1138; - ij: dimitri 906; - «i-:
yrtfiM 906. Di seconda protonica, scompare in gaytanum 1012, gaytanisca
1028, cgn. betrano 1104. £A: Pianti Teano 983, ni. tianellu 1020, tiantM
1079.' EU: nprs. dì4$dedi 930. Postonico: filli passeri caprucce 999, filli
quoàd^m passaro 1034;-«idtct 1104;- bolumine cartacio 831, porta auria
1076, vullam plumbiam 1014. ^£; problematico risolato: per iesHxmm
tempus 958. 8L L Di sillaba iniziale in e: eesterna 1013, lenzeoli 1028.
In seconda prò tonica : garelianu 955, molenaru 991, nprs. polessena 1040,
hL correianu 1047, genetricem 914. Postonico: incletas 958, codece 997,
magene macina 906; ipsa limata de flumìcellu 1103. 82. 0. Di sillaba ini-
ziale in «: fìtresta 1020 1091, ni. ctiròtno 1036, ni. eurallum 1085, Marinus
surremintis 1091 , /U^sa/u 1 104, puntone 1170 less. Postonico: Cristofaro
906 ecc. ecc., pascua et puteo et porcara et pratura pratora 1044. 88.
U. Di sillaba iniziale in o: nprs. orania 1008, fuit de oranùie ducissae
954. Di seconda protonica : Johannis condoctori 787, ni. palombfvrum. Po-
stonico: tncofomtf 830, domum cerarli figoli 918, casale qui nuncupatur casole
924, insola 976, palmole 1002, cgn. pungi-ne&o2a 1014, ni. silicicola 1071. 86.
Par qui Tant -a oscilla continuamente tra -a ed '-w; per es. carolu o carolo^
aquismolu e aquismolo, nprs. fedu/u e tedulo^ ni. a^ntanu e -iano, ecc. ecc.
e. Consonanti.
J. 87. Airiniziale : Jum^nta una 906 iìG5, jumentarius 954, jacium 1113
less.; ma: nprs. gennarulits 954. — La scrittura oscilla continuamente tra
gt^eta gajetanu e gageta gagetana^ triiecto e trigecto Traetto ; gaigetano 1063.
88. LJ in r, reso dalla scrittura por II li IH Ig Igl : ni. casale maUanum
* Si parte qui naturalmente dalla forma latina. Ma poiché s*ha -ia-
anche nelle iscrizioni osche (TIANÓ, tianud, ap. Fabretti, gloss.itaÌ. s.- yt.),
non Tuolsi escludere a priori che possa esservi vera continuazione, anziché
casuale riprìstinamento della forma italica.
L_
14 d« Bartholomaeis,
9gO lesft^ d1. mallana 1024, ni. pentome tallau 999, flamioe garillano 1071 ;
— Jiaviam gariliani lOSo, urso fiUo ^Uq 1049; — nL malUanìtm 1000,
ni. /?//iii« 1036; nL filgine U5S 1170; - campii de baialgla 1071. NJ in n.
V. nnm. 33. DJ in ji josum 979 • jusum 10-34, Adonolfus do poto 1195,
ni contano e correiaHu 1030 1047 less.; in i: sacerdos qai dicitar mesa-
capo 1040, passi Tiginti et mesm 11^ Rientra probabilmente qui TosciU
huione che ai ve^e in: valle supi 115^ partem de castri sugi ibd^ plano
de $uffio 1 166, allato al molto frequente suiu. RDJ : versviis 979. TJ
in X2, scritto ss z sfj C2 U : paU:zy 9òi e }ialazi0 1002 1066, leone dooine
marozze 1010, nL coriMi^Afio 862, nprs, Hzs9 presbitero 1036; « salone
9i^ lesa., nL mun^'iorM UC)^ nL hriutni 831 ; - pe«fia de terra 923 più
volte; - peezinnu 954, imìiczi^ 979, nL t^Msdiio 944, nprs. hemeesam 1064,
ojrn. capo-Mar ja fr<^q. ; • a^c^ndìt in tboro ^tutnò 999. Si ha gj, al eo-
li to, in servipHi hWL Tna falsa rìcostmaione di Spiazza*, più che una
vera Spiaggia* pare che sia ne^ passi : nnom integram cellariom aab no-
stra curia positum, et est ante pìagiA pnbliea 1121, caria in plagia po«
hlioa poaiu IIVX NTJ: dui Urnfoh lu28, npra. consianzo 1029, ni fi>-
man»uiu 1(K17 più volte, less., Itcm^iam 939 alL ti Ucei%cia 1107; scritto
nr$ in; maius aaiirji ìudeii verolanus (Sanzio) I0S9. RTJ: ecclesia aaneti
anfr^H dalli maru \\f^\ alL a: <^rrl^Ma sancù angeli d^ marciis 1170; un
po'duMuo, potenJo essere il caso d'un pure lapsus, m*è 9òzzi»me sor-
Ijone dM |>amsi\: halw^at.., fé-iiU^Hr plus mìnos media quinqoe ^4.
STI* in *•, eooli*«ia aanoli an^h in $ctr»t€n ll^ì^ lesa. SJ: ciroMi 102U,
nL KiilU de i^iNUM lo;^^ curte que nunrupatur da ilio ceraso 1(^68, comi*
SMm unum V*S4, i^rra nostra de ip^ Aìuf-rAsami 1040, curtesani 1047 less^
fk|>rm «H.UM4.I lo*.* |Sl tn ii nL A't/t^v 1041, «eque ad seilioe antiqua
)(MV Uss>, u»«)a^ ad jv^nm.v torà* ihd«; intatto in: pannos sìrìcos et Itneos
n\x%%h M ^ivivt.A 10;*4n) O'J vt^T.1^: c^. ca«*a*^palomba £^4, paria una de
.,«.%«•.« 1047, AU^rnansi l« due f«Nrm^ dM c^n. h^^cnzza e hracucda 1119
UVl Li M . •>.ih.W«i'M hV^V c^rn, «am'cv» vacca IKVx r»J; falsamente rico-
i>ImOI«\ la .•.•*#«.^Nrti fsaUi^io *>Vv, !.. n IVr porri uri Mcff^prìÌMa num. 57
.Vi pAtto * I u«' ni ;*<«•'- f4^-y U'Ar% «U a pAì-n.-^ìe^ e fors^aache nel bL co-
vrii \'K%\ jmA \»\Ua, Ho »t«»^<» *«^iix«!r ^ non Vaseariì. Assai frequente cer«
Mi*»vi iVv» 0%^ |ó»%. N»\« s«N^m|.)si,\ n^l ni. campo de mHU 1072. — ALD:
1^1 •s«#.f.«>>i ,»H pMlitUm U\>; n>s non^ smuA^us SinoaLio 83^ M. CL:
,1. ,4 ioli, uno »..%..• #.. lo.>; ;» .V. #,.« 1.^:4 l<»»v, $uoercl*im i^ 1032 più
^oliii^ n Lso t;iii «II, i(M. ;ii'#<^ ì.^o; ma nL J'.'.^mi hH't4 ecc. R. SL
^^ liN a|M% /. ...,s.'.s»H/ i;'V\ N. ti i;,.jlu f^y^ita ad anno l':^]. SCE:
.. »»..,..« I.VNN |«.,i ^%\Ua K^. mm .•* •• :« ^^K\ tr-ii i*lS, ursimù 9^ nL
»
Spoglio del Codex Cajetauus; g II. 15
portìono de borsilli 1049; urc9ini 954. N. 33. Passa a /, non senza in-
flaenza di 'mole* in: molimentum 939 bis. NL: posite il locum 841, possite
il loco 1012, N-flab.: im poiestate 1014, im perpetuum 1056, im presenti
1076. NS: magesis 962, curteeani 1047 K5rt. 1998, tianisi teanesi 1079, cgn.
defisi 1113. NG NJ; accennano a n le scrizioni seguenti: arganieli arcan.
976; ni. pannano 1159 1170 ali. a pagnano 1158; ni. cervignana 1029, casta-'
gneto 1170; bignia 1104. Alternansi: ni. spineo spinio e spingio. Inoltre:
stagno 964. M. 84. MN: dna scanna de tornum 1028. V. 86. Dileguato : ni.
cUu earvo 922, ni. riu 944, rium 1002, renoare 984. Qui pure frequente
lo scambio reciproco di 6 e o. G. 86. Frequentissimi gaieta gaietana ecc.,
gubitu 1182; migaeli 930, mighaeU 976, potega 1108 più volte; ostra^m
954 lese. CT: re<(e 976; sarà forse uno svarione: oto libre de argento
1032. NCT: coniunte 1037, compnntus 1040, compunti 1176, «an/os dei
erangelia 1196 CR: lugra 830, gripta 954, ni. gruttelle 1064. GS: mo^
ftm« 1014. RG: argangeli 930, arghanieli 976. G. 87. y: stratico 1014
nom. 12. GM: cafisa de olio per M/ma 1129« QV. 38. cerquitu 1091;
moro anitco 954, silice antica 954, fabrica antica 963; quod relicum fuerit
831 ; propincu 962 ; ni. acquaUs 976. W. 89. treu^uam 1 104. CE. 40. ma-
gene mAcina 906. GÈ GL 4L iermanibus 890, ieneccum 906 less., presbi-
tero iener iohannì 939 bis, ienitor 939, 958 1047, ienitricis 1014, ieorgio 1039,
Alexandro porfiro-tenito 909, constantino porfiro^t^ntto 919 930; nullo me
coienU 936 958, codice da leiere in nocte 964, frequente aiere 909 926 ecc.,
faeta 999, nprs. maienolfus 1029. NGE: inienium 1014, arganieli 976,
efr. num. 38. ' D. 48. DM : ammeridie 996. DS : assecundo latore 996.
DP: diem quod est affuturus 1052. DC: terram vestram posita accaba
996 lesa. DV: abbocatorem 105a P. 44. Intatto in potkece 1071; digra-
dato, ma probabilmente per effetto della nas. che gli precede, in: scriptura
siatente in bergamena 1135. PT: suprascrittam 9i6, ni. gruttelle 1064,
pontieellu ruttu 1124; sarà un lapsus in: cartula... scritam 787. PS: ni.
yìsstitn 1104. fì. 46. Frequente, come s*è accennato al num. 35, lo scambio
di ^ io V* BM: transferenda vel summittenda 1029, iammodo 1054J.
D. Accidenti generali.
46. Prostesi: Paulum... escriva buie kastri caietani 831; abbocatorem
«Qper-escrtpli episcopatui 1053. 47. Geminazione; di m: terra semmi'
mataria 787 924, presummo 955, presummentes 978. Dauferius commes 992,
Petrì de cammarino 1047, cgn. igummenus 'fisi^og 1113. Di 6: nprs. ro6-
' Ma forse anche in inienium s*ha n, malgrado la poca popolarità della
voce; cfr. nenero.
16 de Bartholomaeis,
berti 1065, Robbertus 1104 più Tolte, nprs. ubberto 1012 più volte, via
pubblica 1124; di p: repperii faerint 1040; dì r: sarracèni 945^ tarraeé-'
nos 1014y iarraciniscu 1107, sarracenesca 1012; di si omnia possila foras
istias eivitatis 997, terra bacua possila foras istias civitatis 997 1012 1182»
aecclesia... disserias deserte 1002; di n: civitatem tunnisi 1125l 48.
Epeotesi: ni. treguansano 1104 più volte, less., fMayuln'-janni 'mastro*
1066. 49. Aferesi; d*a: poihece 1071; * d*atf 0; oltre il solito ram^n
90G eco. ecc. : terra de redes Petri 1030, santo Ha Elia 1 104, de banira
Rocca d*Evandro 1107; d*t: scrineam meum de spania 1028; - d*o: ogn.
scuru 1062. 58. Metatesi: nL plesco cupo 1054, plescora 992, pleseeia
1054; padule 937. S8. Propaggine: fondata serica qui est ad gluttule
1028. 55. Con trasione: Stefano de mastro iohannes 1104, bicnm qui
dicitur manstrianni magistri johannis 1066. 57. Assimilazione: bia
puplica IO2O9 poreiuri -eoli 962 less. 58. Dissimilazione: petra malore
scarpellaia 992, npr. christofolu 787 e cristo foli 1026, posita sub superiola
domui nostre 1040, cgn. porfilogenito 1113: cristo fani 102L
§ III. — Morfologia.
A. Flessione Nominale.
59. Figure nominativali: sicut vadunt pentome de Civita de spinio
999, ecclesiae que dicitur della cinita 1147.
tO. Forme oblique: ciceri ceci (* decem media inter fave et escori ' 1004),
ominu Cquavis persona hominu magoa voi parva* 1104). Noto inoltre: cum
consensum Cristoforo ftepote meo 909, ego domnus Criscentius venditore . . .
recepi pretium 1099.
68. Locativo in «i nel nU calvi 914.
68. Metaplasmi. Di III in I: Christi martira 981, posita sub superiola
(.ore) domui nostro 1040 due volte. Di III in II: Johannis nepoto quondam
Stefano 976.
64. Plurali. Di Upotece 1071. Di III e IV; oltre 1 soliti passi pedi ter-
tnini fini^ noto: ni. riu de viti 944, ipse gradi 054 lesa., duo parti 997,
cum sepie limiti et cum vie 1071. Plurali neutri e di tipo neutro:
tara tari 935, ni. da le cirasa 1020, quadtuor cocclaria de argento 1028,
dua scanna de tomura 1028, arce tittaccia et ligna 1084; - arcora 924,
fructora 924 ecc. ecc., arbustora 934, pnitora 974 e pratura 1041, ribora
984, itomora 10l3, preceptora 1014, campora 1070,
spoglio del Codex Cajetanus; § III. 17
65. Gonere: olibe olivi 1068, vomuit multa fracidume 1039.
66. Articolo. Accanto a ipso ipsa in funzione d'articolo, troviamo
assai spesso, integri, il le illa. ^ La forma da il le, anche qui, a* ha
da* nll. e da* cgn. e sempre unita alla preposizione. Maschile: Johannis
de Ih comito lOOl, Johanni da lu fur[naru] 1066, sancti angeli de lu
trulla 1037 less.; sancti angeli dalli marzi 1166. Femminile: riho della
pillara 992, Johanni da la porta 1094, ecclesia que dicitur della civita 1147,
Johannes dalla cerca 1166; da le cirasa 1020.
67. Numerali: dui leneeoli 1028; ipse due turris 1024, uncie due do
denario 1058; dua scanna 1028; siéUd 114; ambo: ambe ipso materie 1076,
ambe ipse curti 980, ambe portiones 1116; in ter ista vero ambeduo voca-
bula 944.
B. Flessione verbale.
69. 'essere*: auctores et defensores essere 1026, ipsa cartula... ventosa
essere 1053,
70. * avere*. Gerundio: secum abendo abbocatore domno Lamfus 1047,
secum abendo Docibile,.. abbocatorem ld&3,
71. 'potere*: minine stare poiébat 1053.
73. -are: iesiificaba 980. 74. -ère -ère -ire: diceba 980; - serbitium
quem in me exercisti et adimplesti 830; - permanea 787, nullum se pre-
suma 831, bada 1014, si non folle annonam 906; - nascere 1008; - per ipso
fìnes iendo una cum Johanne 992. Superfluo addurre esempj come questo:
h<tbeo ei datum 906, habeo.., data ibd. - fiat ei fermum et stabilem 906,
fiat in communi 1116.
e. Derivazione Nominale.
78. -aceu -aciu: domus... nostra portione de ipse vinee... cum aree
tinaccia et Ugna 1084. 81. -anu -i-anu; v. less. 88. -ariu; v. num. 10,
<« agg. campanarii 1129 less. 88. -aricu: ni. ad ipsa caprarico 1064,
84. -ata: castellum quod dicitur capriata 1065, platea de marmorata 1103,
caminata 1108 less. 85. -ellu -ella: Stefanellus 954, Bonisellus 954, cgn.
sandolellum 954, per ipsum carnellum 963 less. ; ni. portelle 958, cgn. co-
ronella 1000, cgn. mincanella 1000, insulellas 1002, cgn. porcella 1025,
caldarella «rea 1028, eulcitrella ibd., arcella ibd., fossatella 1036, gruttelle
1064. V. num. 5 e 6. 86. -ense; v. num. 6. 87. -eolu; v. num. 7.
88. -è tu; V. num. 5. 89. -iciu: terra seminatricia 976. 90-98. -iculu
* Un es. affatto isolato di sa ipsa come art., è nel passo.' est ipsa su-
prascripta terra super sa festara 964, ni. che altrove è sempre con ipsa.
▲rehsTio glottoL ital, XVI. 2
18 de Bartholomaeis ,
-iolu; V. num. 5. 93. -iscu; v. num. 5. 96. -lu: Gregari nominat 1055.
99. -orju; v. num. 7. Scag^bio di suffisso in: terra seminataria 787, de-
cessariis 954 le ss., conciaturia 900, prefecturiu 930. 100. -osu; v. num. 7.
lOL -ottu: cgn. pallotta 1064. 102. -uc'ju, -utju: nprs. ferruccio 981
e firruccius 1012, cgn. passari caprucce 999, nprs. caruccius 1012, nprs.
aruecia 1028, ego. bracitccia 1119 e bracuzza 1121, ni. cucuruxzo 1123 Con*
stantinus de ranuzzu 1129. -uc'ju + -ellu: pratoscellum 974. 104. -ura:
pianura 954, ecclesia beati laurentii in arcaiura 931. 109. -c-ellu: ni.
ponticellu 1124, flumiceilum 945, flumicello 940, ribicellum 902, monri-
cW/o 1014; curticella 914 ecc., vaUiceUa 944, domucella 954.
D. Composizione.
118. Composti imperatiyali: cognomi zecca-denario 830, Leon i caca-
furfure 939 954, eazza^palomba 954, pungUnebola 1014, lancia-^ane 1065,
pizziea^demone 1119, scanna^bulpe 1120, (aliartela 1129, sco/^a-oacca 1066
lesa., caldo'patri 1134. 115. Sostantivi con aostantÌTi; cognomi:
pede^cetum 954 1059, caput-ma^ja 1006 e caj>o-ma;ca 1014, boeca'melU
1119. 116. Sostantivi con aggettivi; cognomi: capra - scortica se
'scorticata* 954, barb^i^plena 954, bocca-pia 1079, faba^fracta 1119, »taz50-
/taco 1036, pezza-ìnala 1037, ni. st7oa-caoa 1049, ni. fossa^nova 1089. 117.
Aggettivi con sostantivi: cgn. mesa^capo (Mezzacapo) 1040 ecc. 117^
Composti avverbiali: nprs. ^en^tn-cosa l()91, cgn. mui/o-òona 1182.
E. Indeclinabili.
Avverbj. — 118. Di tempo: ammocio da ora 1054; monasterii tm
presenti regimon tenet 1076. 119. Di luogo: in iosutn 979, iusum ad
mare 1024. 18L Maniere avverbiali: tn cambium dedi 962, compo-
nere... protium tn duplum 1054, p^r appretiatum (dare) ò formula fre-
quente. Vada pure qui: necessum quippe est ut... 1057, aquaaurire quanto-
eumque vobis ibi necessum est 1076, quidquid vobis inda necessum est
imponendi ibd.
Congiunzioni. — 188. sit ei firma e stabilis 831, insemul 867 924
compromesso tra * insemel e ^insimuU
Preposizioni. — 188. Frequente la formula a paasu, lurre a mare
906, lisU fresaU ad auro 1028, fundata serica qui est ad gluttule 1028,
scrineum... olabatum ad ramen 1028; * prope: terras quantas abere visi
sumus apprope ipsa suprascripta ecclesias 958; cfr. ant tose, appruovo; -
domum posiU intre oc kastro 914; - da vertice mentis 979, terra da ipsu
arcu da flacci.9Sl.
Spoglio del Codex Cajetanus; § IV. 19
§ IV. — Lessico.
yS. " Si riohiAmftno tutta la «Trartenia ohe sono in toI. XV 828. La tooì gìk regi'
•trata nel Lasaloo dal *Codaz oftTansis* san sacroita d« utaritoo.
accaba ni. 1014; cfr. cod. cav. lesa. a. cava.
a^:* ecclesia que dicitur della Civita, seu alio nomine de agie^ 1147;
agriiìianu ni. 962; "^agrinianu, *AgrinÌus, cfr. Agrius, CIL.
rtiarum: *(casa) cum gradibus marmoreis gripta et astragum et aiarum^
954. L'edit annota: «Nomine aiarum intelliguntur eaedem straturae tecta
flubrogantes >; ma non giustifica l'interpretazione con esempj moderni, che
a me fan difetto.
aleiano ni. 1024; *alleianu, Alleius, CIL.
alignano ni. 1196; *alenianu, Aleni us^ CIL.
anniclu «nnecchio: 'habeat vaccam unam... cum betellu annielu^ 906.
antonianu ni. 831.
apendiees : * cum campis silvia montibus valibus paludibus pascuis ribis
pari tenia adpendicibus omnia * 862, * ribis pascuis salectis apendicibus cui-
tum vel incultum* 862. Cfr. Due. s. apendicia app-.
aquamendola ni. 1067; cfr. cod. cav. gloss. s. amendola.
aquimolum mulino: Mono Tobis quadragintaquinque dies de a,' 830,
* a, qui ponitur in scauri * 830. Cfr. Due s. aquimola «moUia -molus, ove
cita esempj tutti di provenienza italiana.
aquiolo: 'casale... cum ctquiolo et fussetis suis* 1039; forse 'fonte'.
aràum: * terra quod ibi habet arcium sacri nostri episcopii ' 1002,
'terra de soprascripto nostro arcio" 1002; occorre anche arcato; àqx^^
fMT lAwanti^im^^ v. Due. gr. s. v.
arginianu ni. 1020; *arcinianu, A rei ni us, cfr. Flechia, nll. It. super.
m. Arcenasco.
ariano nL; *artanu, Artus, cfr. Flechia, nll. dell' Italia sup. s. Arzaga.
asprana al.: 'castro de a.' 1099; *aspr[i]ana, Asprius, CIL.
oMsigei ' omnia inde faciatis . . . cum palos assige palmentum cofina* 1076.
V. Due. a. assigia, che riferisce da documenti italiani.
agtracu*: 'da primum astracum in sursum conjuncta uno pariete* 1002,
' incipiente da predi e to tutracu et usque ad summum tectum * 1013 ,
'cam gradibus marmoreis gripta et astragum* 954, 'pariete commune et
asiraco* 1113.
20 de Bartholomaeis,
avere per 'esservi': * quando ibi glande non habuerit* 851, quando non
ve ne saranno.
aviclineis: Momum... cum coquinis et aviclineis* 954. L*edit annota:
€ VOX quae aviaria m vel gallinarium ex p ri mi t. » Lo stesso che avielaudiwn
avicladium^ che v. in Duc« s. vv.
azsanu ni. 924. Può essere tanto un * acciano \ quanto un ' azzano ',
de* quali v. Flechia, nll. da gentil, s. vv.
baszanu ni. 1024; cfr. Flechia, nll. da gent s. v. (Abruzzo e Romagna).
belluta: 'una lena linea belluta^ 10*^. Cfr. Due. s. villosa.
betecusu ni. 1107. Abr. v^tfca salice ripaiuolo, vetrice.
beterana ni. 1024; cfr. Flechia, nll. da gent s. Vetrana.
bica ; * habeat dua orrea in bica * 906.
bitalianum ni. 909; ^vital., Vitalis.
bluzani ni. 941; "^blntiaau, ^Blutius» cfr. Blossius, CIL.
boleiatu: ' pisces quod capiunt piscandi ad boleiatu * 1063. Cfr. ven. volèga^
specie di rete.
brizani ni.: * portiono mea de br, cum omnia sivi pertinéntibus * 831,
^britianu, Brittius, cfr. Flechia, nll. deiritalia super, s. Brisciago.
bucinale: 'a parte orientis 6. et domu* 1013.
cafisai *persolbere debeamini in supradieta ecclesia prò luminaria cafisa
olei una* 1068. V. Due. s. v. Cal.-regg. cavizzu * misura d*una data quan-
tità d*olio* (.Morisani).
calai * cala cotornicaria qui nuneupatur cala inversa, posita iuxta ipsa
casella* 923. Neil* od. tarent. cala è Muogo scoglioso in mare pieno d'alghe
che serve di pastura a* pesci * (De Vinceatiis).
calciariutn: ' acepi a te Paulo e. * 862. L*edit. annota: « idest quid quisque
prò sua parte solvere debebat In Du-Cange glossario ad voeabulum cai-
ciarium, huiusmodi significatio non invenitur. >
caldar eliaci 'una e. e rea* 1028.
canUnata: ' me di aloe a et veutum desuper cum aua ccuninata^ 1108, 'do*
mum . . . cum cubiculis et cum caminaiis * 954. V. Voc.
campanario* campanile: 'in prophata ecclesia trado... quantocumque
in opere, videlicet campanarii et gradua eiusdem * 1148.
'cantarla septem de cera* 1125; Korting 1789. — ni. cantaru 1041
*cantajo* o * càntero*.
eanuli: 'unum parlo de e' 1193; cerei, com3 tattora nel Urent. (De
Vincentiis; e come nelPantico 'Sydrac' di Brindisi, che v. in questo stesso
volume.
capcroijalei 'habeat... unum e* lO:iS; cappAllo, cfr. Due s. caparo.
capitale capezzale: Moctum cum colcitra et duo cnpitalit' 1028.
Spoglio del Codex CajetaDUs; § IV. 21
oapratica ni.: 'ipsum locum de e* 954.
carborium: 'portione cum sepìs maeeriis vel carborium* 1116. L*edit
interpreta: < clausura forsaa palis facta>.
cnrtiellu ni. 963. Due. s. v.: 'pinna muri quae fenestrae quadrataa affi-
giem praefert, per quam milites jaculantur*.
carpinianu ni. 832; cfr. Flechia, nll. da gont. s. Carpignano, e nll. It.
super, s. Carpìgnago.
carusu egli. 1049. V. D'Ovidio, IV 404.
casalina: 'ubi sunt ipse casaline* 963. Il Due. riferisce e. dal Chron.
Farfense. Oggi e, adoperato più di frequente al msch., è ^easa diruta*.
casella*; *cala cuturniearia... iuxta ipsa casella' 923,
ctzano ni. 1179; *catjanu, Catius, GIL.
cellarario cantiniere : egn. Johanni e. 939. '
celsai 'habeat et ipsum ortum.. . de ipsa celsa* 906. Cfr. Due. s. eelsus.
centtmulam mulino: 'ipsum e. cnm ipsa eoquina* 906, 'ipsa mola cum
ipsa conciaturia de ipsum e. habeat sibi * 906. Il Due. riferisce e. da carte
meridionali.
cerhinnra^i 'ipsum cellareum de ipsa e' 906, ^cerbinaria terranea* 954.
La voce è assai più frequente che non sia nel cod. eav. ed ha, in tutti
gli es , la decisa significazione di 'cantina* * tinello*.
cergiano ni. 1196. Forse un ^sergianu, Sergius, assimilato.
ceroariai 'montibus vallibus ri bis parietinìs puteis cercaria omnia* 933,
'pariate de ìlla cercaria foras* 1042, 'ilio cui illa cercaria videtur esse*
1042. Forse da acerrus.
cervignana ni. 1209; cfr. Flechia, nll. da gent. s. Cerfignano.
cessanum ni. 906; ^cassianu. Cassi us, CIL.
coceiano ni. 845; "^coceeianu, Cocceius, CIL, ovvero *cutianu,
Cu ti US, cfr. Flechia, nlL deiritalia super, s. Cucciago.
cocuina: 'una cocuina erea maiore* 1028. L*edit. annota: «forsitan prò
coeuma, est aqualìs (ital. mesciroba) vel potius iuxta quod et hodie hu«
iasmodi voeabulum vulgo adhibetur, cupreum vas ad ealidam aquam in eo
reponendam intalligitur. »
cclcitra* 1028; - *culcitrella de pinna' 1028.
cùnbentoi 'domum cum e.' 954. Non ó forse erronea l* interpretazione
daireditore per 'aala*.
conciare*: 'si bolero eam ipsa primicarius conciare ipsa ecclesia, eoncietis*
997, ^accepimus a vobis argentum... et ipsum portum conciavimus* 954. -
caneiaiìiria: ipsa mola cum ipsa e. de ipsum eentimolum habeat sibi* 906.
L'editore interpreta: 'cella in qua frumentum molendum mundabatur*;
Rifatti cfr. Duc« a, conciata.
23 de Bartholomaels,
concubella: 'habeat... una e. erea* 1028; ^concolina*. *
cornano e correlano* ni. 1039 1047.
coisu: 'habeat in 'bonedi elione uno cosati bonum rubeum* 1028; v. Due.
s. cozzo * vestì 8 species*.
culucellu : ^ (casa) cum aspectibus et decessoria sua et cum culucellu et
cesterna sua* 1913.
cupano ni. 924; *cupana, ^Cupus, cfr. Cupania, CIL.
curtesani: *terratica talom qualem ipsi alìis curtesani nobis dat, talecn
vos mihi detis* 1047, ^quomodo de ipso terraticu ipsi alij curtesani faciunt^
ita et vos facietis* ibd.; gli affittuari di una 'corte*.
deoersare: *qualiter ambo isti montibus aqua deversa* 1036, *sicuti
iterum aqua deoersa^ ibd.; lo spartiacque, cfr. Due. s. v.
disertinai 'una disertina de vinea que est posita in urbano* 1147.
donasanum ni. 992; cfr. cgn. Donatianus, CIL.
exoita 906 ecc., è frequente; 'esito*, rifatto su 'introita*.
fabiano ni. 1054; cfr. Picchia, nll. da gent. s. Faggiano.
faciolum*: 'ipsum faciolum cum auro dedisti michi* 1004, '/. bonum
ad taliatum* 1028. L*edit: <IinteoIum denticulatnm significare potest>.
festara ni.: 'ab occidente vero feslaria et arenarium qui est inter su-
prascripta terra* 944, *est ipsa suprascripta terra super sa festara^ 954.
finare: 'ascendit (il confine) in sursum usque ad termine qui finant ipso
silve* 974, 'qui /inai portio* 974; segnare il confine.
Sfondata mea serica bona gaytanisca* 1028, Sfondala serica ad gluttule*
ibd. L*edit., ricordando altri documenti, interpreta: < quoddam pallium».
foreula: *passos vigìnti unum- et cubitum unum et forcula una* 1116.
Cfr. Tabr. fyrkf * misura della mano formata dairapertura deirindice e del
pollice* (Finamore).
forinianum ni. 1053; "^furinianu, *Furiniu5, cfr. Furius, CIL.
fracìdume: *bulnus quod habebat in gutture crepuit ot vomuit multa
fracidume* 1039. V, nuro. 65,
fìrasstim frassino: *unum riscum de fr,* 1028. Cai. frassu,
fUstiniana ni.: 'cripte de /*.* 1020; ^faustiniana, Faustinius, cfr.
Flochia, nll. dell* Italia super, s. Fostignaga.
geneccumi 'abeat et ipsa domiim de ipsum geneccum^ 9()C, 'non habeat
licentia noe ipsum ieneccum nec ipsa co^uina* 0<X>; parte della casa.
ghuncdlum: Mdost ipsum aquismolum positum intra gkttncettum quod
bone memorie domino Gregorio vestro misorunt* 903.
gtiio nprs. : 'urso filio gilio^ 1049. Noi cod. eav. num. 28 e lesa, lo ri-
portai, com'era più ovvio, a lìliu; ma il prof. Monaci mi fece osservare
che 'gilio* per 'Fl^iJìo* non è peculiare «b^lla Francia, aggiungendo
d*averne la prova da carte romano d«»l XII e del XIII secolo.
spoglio del Codex Cajetanus; § IV. 23
gipsinianu ni. 831; ^gessinianu, ^Gessinius, cfr. Gessius, CIL, o
CesHius ibd., con falsa ricostruzione come se da *gypsa\
grada* gradinata: 'habeat introitum et exoitum da ipsa ^oJa^s Job anni
buffo* 906, *cum gradas marinoreas* 1002, 'cum ipso gradi* 1052.
graditu: 'ex quarto autem latore, quod est a parto meridie graditu, ipsa
terra de supradicta ecclesìa* 958.
grazanu ni. 1000; "^grattianu, Grattius, CIL.
guannum\ 'rogo g. ponere* 993. L*edit. annota: €Guanmim idem ac
guadia in aliis chartis occurrens>.
ganzano ni. 1084; cfr. Flecbia, nll. da gent. s. Guazzano.
gubbianu cgn. 1071; cfr. nprs. Covius, CIL.
*iacium de illi Defisi' 1113. E il jaccf jazzu de' dial. merid. 'giaciglio*
'covile* 0, come qui, * mandria'.
jubulumi ^finem babeat alia cacuraina montium qui nominatur curbinum
ei jubulum qui dicitur hercli* 1036; giogaia (*jugulu).
iumentn^i 'babeat parium de bove unum et jumenta una* 906 1105;
" cgn. ^Minciolus iumentarius famulus meus* 954.
iuniana ni. 946; cfr. Flecbia, nll. da gent. s. Giugnano.
lavina^ \ 'rivum qui venit da balle de cerro per lavina* 983; ni. la-
vine 936.
ìictisterna lectusternia : ' volo liberum esse petrulum a Mola cum uxore
sua et lectusternia sua* 906; - lecaisterna appare più volte in una carta
del 954, ma sarà effetto di mala lettura. Cfr. Due. s. lectisternium.
iicytii buffuti 979. L'odit annota: < Xostris etiam temporibus barum ter-
ramm incolae vulgo l. b, silvulam ilicibus crebram dicore solent >
asciato: *cgn. heredes Stefani lisciati* 984.
logrezsano ni.: 'casale h* 936; ^lucretianu, Lucretius.
magenei Mpsa mola cum ipsa concìaturia de ipsum centimolum babeat
«ibi et ipsa magene de ipsa mensa lignea' 906; màcina, v. num. 40.
tnallaniim ni.: 'casale m.* 980, uviltana 1024; cfr. Flecbia, nll. da gent.
8. Magliano.
mancanella* cgn. 1000.
marciUano ni. 1028: 'marcilianu, Marcilius, cfr. Flecbia, nll. del-
l'Italia saper, s. Marciaga.
rnargaiarum ni. 845; cfr. marga.
marxnianum ni. 1012; cfr. Flecbia, nll. da gent. s. Marignano (Abruzzo).
*
mnrsarinii 'dicevat pars nostri opiscopii una cum ipsi m. ', L*edit. inter-
preta: < Mars. vel massarini noXonx^massae Episcopii >.
massai 'germani fratres abitatoribus in massa boati Eraf^mi' 919. Cfr.
Due. 8. V.-5.
24 do fìartholomaois,
ma5urianu.nl. 839; ^masurianu, Masurius, CIL.
medialoco: Mono... ipsa m. posila in ipsius civitatera, in platea epi-
scopio* 1071, ^medialoco et ventum desuper cum sua caminata* 1108.
miiana: ni.: ♦territorio de m.' 995; cfr. Flechia, nll. da gent. s. Miano.
minula: 'quinque minule de granu ad ipsa minula de supradicta mola*
1060, 'minuto viginti de granurn quod in te... traditum habeo* 1094. Forse
e] min.
molénaru 991 mugnaio.
muccusi: 'casa Leoni m.* 1058; 'moccioso', cfr. Kdrting 5443.
murice*: Muxta ipsa serra ad munce* 934.
nappum: 'dono nappum argenteum uno* IOTI.
naupicum: 'omnes quidem cubitum ad cubitum naupicum mensuratum*
980; misura narale, cfr. Due. s. v., ove ha il signif. di 'costrutior di navi*.
naziano ni. 890; ^nautianu, Nautius, CIL.
necetsaria: 'decernitur vicinalis unde necessaria decurrunt* 1008; latrine.
opera*: 'dare... una opera per annum de una persona* 1117 1038.
paliariai *cum p, sua et sedilia sua et cum sue pensionibus* 1056,
'ìnclita portione de paliariis* 1050. L*edit. annota: 4( Paliarium solarium
intelligitur, in quo granum priusquam moleretur purgabatur>.
pannianu nL 841, pannanti 1159 e pannano 1158; *panianu, Panius,
cfr. Flechia, nll. dell* Italia super, s. Pagnacco.
pantanie: 'cum paliaria sua et sedilia... et pantanie sue* 1056.
paraspodio: 'omnes pannos de p, suo* 1028.
pariaiorum: 'dua tertiaria de />.* 1032. L*edit. annota: «ccataractao ad
pistrino motum inducendum>.
paritenis: 'cum campis silvis montibus valibus paludibus p^ascuis ribis
paritenis adpendicibus omnia* 830. Sarà nient* altro che parietinis (v.
Due. s. v.), con Ve per evitare T' umlaut*.
pasaturu ni. 999. Cfr. Due. s. pasata ' praostationis species'.
pascile: ^ubi Paulus filius quoddam Constantini suum pascilem habet*
939; pascolo, secondo che interpreta anche T editore.
pastinianu e pasin^, ni. 935 963 1013; *passenianu, Passenius, CIL.
paxsu: 'marini qui dicitur pazzu* 1026.
pecorarius: 'famulus meus pecorarius cum uxore* 954.
pensione: *cum paliaria sua... et cum sue pensionibus" 1056. L* edit.,
I 375: «vectigal quod a pistrinis domino saepo grano solvebatur>.
pentoma nL 115S *pentome tallate* ni. 999, *sicut vadunt pentome do
Civita de Spiniu* 99*J. Noi tarent. peniiini vaio 'rupe, scoglio, grosso
sasso' (Do Vincontiis); come ni. ricorre anche in Abruzzo.
pererata: 'ut... vinea... devastata aut desertata yaXpererata seum arata*
Spoglio del Codex Cajetanus; § IV. 25
1138. L*odit: «idest non devastata, nec derelicta vel deterior facta aut
arata».
periniai 'arborea glandarie et pen'ma' 1002, *cum glandes et pirinia*
l<)(Ti, *parietini fontibus cisternis ripe apendices perennis glandarie pa-
dule* 1036.
peschs 1014» pUscora 992, plesceta 1054, 'platometa quomodo vadit ad
ipsum pisclitum^ 944; v. cod. cav. lesa. s. pescora.
pitrtiru ni. 992 ì cfr. cod. cav. lesa. s. pretura.
pizza focaccia: Muodecim pizze et una spatula de porco* 997.
pistinnum: 'habeat... riscum piztinnwn de kyparissu unu* 906; piccolo;
pugl. pffccinnf pfccfnuddf piccino e bambino.
piatomela: 'montibus et vallibus et ipsa piatomela quomodo vadit* 944.
L'edit. annota: <pL prò latometa significare videtur latom\as>.
plescu*i ^ab ipso ple^cu qui est super ipsa via* 935.
pontone: 'elusa... posita ex ilio latore pontone* 1031; cantone, come
tuttora in molti dialetti meridionali.
porcile: ^ terra ubi sunt ipsi porcili* 958.
porciuri: 'si abueritis porciuri omni anno detis nobis unum porcum, et
Rt non- abueritis jTorcitirt nihil vobis queramus de ipso dictum porcum*
1*')2; porci porcellini, v. num. 8 29.
postieula; 'procedente (il confine) per posL* 976. Pugl. posta posticchia
'tenuta ad uso di pascolo*, 'masseria*.
pralHscellum praticello 974, num. 102.
presa: ^tradidimus... hu na j>rtf5a cum casi* 1025. V. Due. s. v. 'cana-
li»', 'rìvolus*, cit. da carte italiane.
presumzano ni. 1089; cfr. Flechia, nll. da gent. s. Presenzano.
quarantanai 'si infra quadraginta dies mihi legem aut concordiam non
f»ceris, postquam te submoneo vel submovere facio prò quarantana^ si
recipere valeo' 1107.
rtìbianu nL 944; *ravianu, Ravius, CIL.
radicata: 'silicem ubi ipsa radicata est* 958, 'ad ipsam radicatam que
est io caput de costrano* 958. Qui pare ni.; ma r. per * radice* ricorre
nel testo salentino del ' Libro di Sydrac *, che segue in questo volume, e
nelle Costituzioni benedettine di Catania, cap. III.
rotolai 'sicuti badit (il confine) per media ipsa rosola* 1031, 'a parte
meridie habet rojo^ comunalis* 1085. L*edit: < Rosole semitae erant vel
rìvuU inter duos contiguos agros>, ma non adduce riscontri. Il Due. s.
raitulis vineae, 'vineae modus*, cit dal Chron. Farfense; ma s. rasa 'fossa*,
* canale*. Vive nel tarent.: rósola aiuola (De Vincentiis).
rasa: ^dftre... unu rasu de grano* 1138, 'capientem medium unum et
26 de Bartholomaeis,
r<isum* 845 851, 'capiente moilia quatuor ad rasum* 851, 'terra eapientom
modium rasum* 845. Cfr Due. s. v. L'edit. U 2G7: € dicebatur a raso^ qunm
grani superficien mensurae oris aequubatur, a colmo, quuin oraa in cumulum
8uperabat>.
rependigine: 'quantum rependigine aque est super vos descendenti* 1>T9;
r irrompere della piena.
riscu: *unam bonum riscu cipressinu maiore* 1108, ^habeat... riscu piz-
tinnum de kyparissu unum* 906. L*edit: <Capsam scilicet magnam cu-
presso confectam». Del rimanente, v. Ducrs, v. -4.
robiamt ni. 941; cfr. Flechia, nll. da gent. s. Roggiano.
robilionesi 'per unumquemque annum robiliones numero contum...
detis* 955.
romnianu ni. 979; ^rubinianu, Rubini us.
satione: ^habui comparatum a Johanno Fuscum satione modia quattuor*
906. V. Due. 8. V., ma anche la nota dell* editore che interpreta, mi paro
giustamente, 'agger sativus*.
scandaliciai 'domus se* 1027, ^domus nostra 5c.* 1062. L*edit.: < dumus
contesta lignis et trabibus » .Cfr. scandola.
scannai 'stetit in pessima infirmitate, quo est mala scanna* 1039. -
scannation cgn. H)65.
scanno: 'dua scanna de tornum* 1028.
scaun ni.: 'a li se/ freq.
scaoia: 'cedo... tota ipsa scaoia iusta litns maris posita; omnes vero
tam vineis quam scaviis* 1125.
scilice: 'usque ad se, antiqua* 1042, num. 28; qualche pietra miliare».
scirparu: 'ecclesia sancti Angeli in scirparu' 1158; 'sterpalo* sterpeto,
come in tanti dial. meridionali.
sedilin: 'cum paliaria sua et sedilia sua* 1056; latrine, cfr. Due. 9. sedil<^.
citato da documenti bologne^ti.
scpale": 'termino qui est confictus in ipsa sepnlìs^ 1009.
serola: 'domum totam et inclitam cum serola et omnia sivi pertinentibus*
1002; forse 'granaio* sirus, e 9*avrà da leggere serola,
serra*: 'iuxta serra ad murice in loco qui vocatur strambitu* 934.
sessano ni. 924. l) Flechia, nll. da gent, ha un s, del Moliate da ^sestianu
Sesti US 0 ^sextianu Sestius. .Ma un stj ss ò, a dir poco, infrequente.
Possiamo pensare a un *Muessianu *Suessiu», cfr. Suessa Sessa,
proprio d<»lla nostra ragione.
soria*: 'totam et inclitam ipsa socia do terra... et ista dieta socia sita
est...* l<w>l.
* soihruoi nì<)nra maiore • . . dolur ad thoodora' lojS; armadio o scrigno
secondo ro<iit'>ro. Cfr. lomb. ^rher.
Spoglio del Codex Cajetanus; § IV. 27
soriana ni. 946; cfr. Fiechia, nll. da gentil, s. Soriano Surano.
speczatitiiM * argentum bonum cineratium speczatinn* 1026.
stibo: 'in isto stibo nobis dare debeatis triticum* 954; Sn questo estivo
[tempo].* Catal. stibo estate; Kòrting 283.
*stnctula comunalis** 1061.
superlectistemia: Mectum cum sup,* 1028; cfr. lictist.
tegiùrai 'aquimolum cum tuguria tegiora et omnibus sìbi pertinentibus *
1058; teggie.
teriiarium^i 'raodia capacitatis dua et tertiaìrum^ 845; terzarai *modium
unum et tersara dua* 984, Muo terzara de terra* ibd.; la terza parte di
un moggio.
timozzana ni. 1136; ^timotheana, Timotheus.
tizanellum ni. 1059; cfr. Fiechia, nll. da gent. t. Ticciano Tizzano.
trasenda*: ' intus porta et fr. *'1113.
tricaicu: 'a meridie tricaicu qui distat inter ista domum' 1002. Forse lo
stesso che 'tricalium* trivio, Due. s. v.
ursanus ni. 1128; ^ursanu, Uraus, CIL.
ventu: * inclitum ipsum ventum dorau' 1028, ^ ofierimus... ipsa domo...
qaod est una medialoca et uno ventu * 1087, ' medioloca et ventum desuper
cam SUA caminata' 1108. L*edit. annota: < summum domum tabulatum».
<'urìoso ideologicamente il signif. di v, nell'od. nap. * fune di cui si ser-
vono i muratori per tener ritti pali, trayi, ecc.* (Andreoli).
vernano ni. 936; Verrianu, Verrius, CIL.
vestariarum* * vestarario *: * Christophorum diaconum et vest.* 1152.
rinanu ni. 944; cfr. Fiechia, nlU da gent. s. Vignano.
vitilianum ni. 994; cfr. Fiechia, nll. da gent. 8. Vitigliano (Terra d*0-
tranto).
zardatum^ in una lista di doni nuziali del 1171. L*edit.: < Forsan quod
«iicimos zendado >. Sarà ^sardatum* da *sarga* o' sarda* sargia, Due. s. v.
sianu*: *qui sumus zianus et nepotibus* 1036 ^ ziani et consobrini * 1036
'domino matrone ziane eius* 1103 più volte.
zitu* cgn. 1 104.
UN'ANTICA VERSIONE DEL 'LIBRO DI SYDRAC
IN VOLGARE DI TERRA D'OTRANTO.
DI
V. DE BARTHOLOMAEIS.
Sommario: — § I. Introduzione; — § II. Annotazioni dia-
lettologiche ; — § III. Saggio del testo; — § IV. Lessico,
§ I. — Introduzione.
La miscellanea ambrosiana segnata I, 29 inf., insieme con due componi*
«ioni del sec. XVI, raccoglie ^gli avanzi di nn codice appartenuto alla bi-
blioteca di Gian Vincenzo Ptnelli. Son varj frammenti di un'antica versione
del 'Libro di Sydrac*, che il rilegatore mise insieme alla rinfusa, e a cui
fu data a* di nostri una numerazione rigorosamente progressiva (56 ce),
malgrado la manifesta discontinuità della material La scrittura è del
* Ecco in quale ordino stanno i frammenti:
ì\ ce. 1-21 parte del Prologo e §§ 1-137;
2^ ce. 22-33 §§ 365-441;
3% carU isolata, 34, §§ 357-364;
4% altra carU isolaU, 35, §g 357-304;
5^ ce. 36-55, §§ 163-313;
6^ carU isolaU, 56, §§ 442-443.
L'ordine va ristabilito nel modo seguente:
ce. 1-21, Prol. e §§ 1-137 *
ce. 36-55, §g 163-313;
e. 34, §§ 314-321;
e. 35, §§ 357-364;
ce. 22-33, §§ 365-441;
e. 56, §§ 442-443.
Cosichè, oltre al principio del Prologo, mancano i §§ 138-162; 3'22-35r>,
e ciuelli posteriori al § 443. Ma non possiamo misurare la larghezza di
quest'ultima lacuni, giacche i paragrafi del nostro testo non rispondono a
quelli d*ì\ te^to stampato del fìartoli (Bologna, Romagnoli 1868).
li Sydrac otrantìno, § L 29
i^>c• XV, abbastanza chiara per quanto fitta in molti punti, e rivela pro-
babilmente una mano monastica. Brevi lacune che si scorgono qua e là,
entro le righe, attestano che siamo di fronte a una copia. Qua e là pure
brevi note marginali, in latino e in volgare, che possono attribuirsi tanto
allo stesso copista, quanto anche a qualche studioso del suo tempo.
Il contenuto delfopera, essendosi perduto il primo foglio che ne portava
r*ineipit\ è annunciato con le parole seguenti da una nota di pugno del
<ec. XVIII, che si legge sulla guardia anteriore: Questioni curiose sopra
cose naturali et sopranaturali ^ ossia selva di vana leitione in lingua cici-
liana. Il catalogo della biblioteca T indica parimenti come una Leggenda
in lingua ciciliana. Il titolo di Libro di Sydrac si vede aggiunto a en«
trambe queste indicazioni di pugno di uno degli ultimi dottori deirAm-
brosiana.
Ma il valentuomo che si curò di identificare il componimento, non pensò
di verificare il giudizio ch*era stato pronunciato sulla lingua di questa re-*
dazione. E se essa venne à cadere sotto V attenzione mia, ciò fu unica-
menta in grazia della sicilianità che le era stata attribuita, e che mi fece
credere, per un momento, d*aver messo la mano sopra una delle poche
antiche scritture volgari dell' isola, che non ci fosse pervenuta, come sono
1«> più delle altre, in copie tarde e malfide.
Fenomeni invero che possano, a tutta prima, far T impressione come
«li cosa siciliana, non mancano in quel linguaggio. Ma, accanto ad essi, altri
non pochi ne occorrono i quali ci ritraggono risolutamente sul continente,
^ altri i quali, non meno risolutamente, ci conducono alla regione pugliese.
Stringendolo più da vicino, si raggiunge, da ultimo, la prova definitiva che
il testo rappresenti più particolarmente le varietà della sezione centralo
della penisola salentina e, secondo ogni verisimiglianza, quella della città
di Brindisi.
È dunque proprio il caso di un premio che avanza il desiderio. Che
in fatto di testi antichi, se il dialetto siciliano è tutt* altro che un ricco,
il pugliese è addirittura un proletario. I pochi testi che gli appartengono,
«oa cose tarde, malamente copiate nel sec. XVI e nel XVII e peggio
ancora stampate nel XVIII; tali insomma che solo adesso, alla presenza
d*un sicuro termine di comparazione, si può dire che vengano a riacquistare
q'iel pò* di valore che hanno per le indagini nostre. In cosi fatta povertà,
«1 comprende come anche una scrittura del genere di questa possa di-
«tchiuderci una buona fonte per la conoscenza del pugliese antico; e si com-
prenderà del pari Topportunità del saggio che qui se ne offre e delle note
dialettologiche che gli si accompagnano.
E intanto mi faccio ad esporre le risultanze dell' indagine.
30 de Bartholomaeis,
De* fenomeni pugliesi che offra il nostro scrittore, il più cospicuo e pe-
rentorio è certamente questo: il determinarsi per uè del dittongo dell* 5 prò*
mosso da 'umlaut* (num. 4). È noto però che questo non ò fenomeno pu«
gliese-comune, essendo circoscritto a un territorio che ha per confine setten-
trionale Modugno e Bì tonto * e che comprendo tutta la rimanente provincia
di Bari e tutta la Terra d*Otranto, toltane appena Testrema punta di Leuca
e for8*ancbe Gallipoli *. Or codesta regione delPu^, si sdoppia, a sua volta,
in due sezioni dialettali assai ben distinte tra loro, che sono: la 'barese*
e la ' salenti na*. E quanto alla linea di demarcazione che le separa, non
coincide con la linea che divide oggidì amministrativamente le due Pro-
vincie, ma coincide, press* a poco, con 1* antica Via Appia, o, che torna lo
stesso, con Tattuale ferrovia Taranto-Brindisi. Cosicché ^baresi* sono ancora
le parlate otrantino di Massafra di Martina Franca di Ceglie e di Ostuni;
mentre 'salentine* restan quelle della parte centrale e della parte meridio-
nale della penisola. Cfr. Morosi, Arch. IV, 1 17.
Che ora nel linguaggio del nostro copista sia da riconoscere il salentino
e non già il barese, emerge chiaro da* seguenti fenomeni che, mentre ap-
partengono al salentino, sono estranei al barese:
1% -u per o atono finale (num. 12),
2^, il nesso nd saldo nelle risultanze di inde (num. 53),
^ Secondo il Nitti, dial. bar. 27, il riflesso di 5, ne* paesi della provincia
di Bari, è promiscuamente uf tip. Ma io credo di non andare errato asse-
gnando a uè come limite settentrionale Modugno e Bitonto. Es. di Mo-
dugno: buenft sefpTf *sueffrf^ sennf *suennf sogno, Nitti 31, Pap. 463;
es. di Bitonto: puercf luechf suennf, Pap. 459. Ma a Molfetta: confuortf
duormf dormi, Pap. 463- Cfr. Ascoli, Arch., VII! 116. Non altrettanto net-
tamente è tagliato il confine occidentale o interno. Tuttavia uè ancora ad
Altamura: muetf moto, puetf puoi, Pap. 455.
* Morosi, IV 14*2; De Noto, fon. tarent. 15. In quanto a Gallipoli, più
d*una scrittura dialettale, che devo alla cortesia del prof. De Noto, mi di
costantemente o per o (mentre pur v' è xe\). — Circa Testensione geogra*
fica di «tf al di fuori della nostra regione (e delle terre gallo-romane),
non va dimenticato il riscontro laziale di Nepi (v. Monaci, Rendic dei
Lincei, 21 febbr. *92), nel qual dialetto 1* alterazione è pure subordinata al-
l' atona d* uscita. Ma qui è piuttosto il caso di chiedere se non s' abbia a
parlare di vera continuità territoriale co* dialetti dell'opposta sponda del-
l'Adriatico, da* quali ora ci perviene qualche esempio di u«, in grazia
delle belle ricerche cui viene attendendo M. Btfrtoli (C/eò. «. Studienreise
s, Erfoì'schung d, AUroman, Daimatiens^ neìV Anzeiger der phil.*hùi* CL
dell'Accad. di Vienna, nr. XXV, 18'J9, p. 83; Sul neoloL indigeno delia
Dahnazia^ in Hi e. Dalmat.^ II ^o).
Il Sydrac otrantino, § I. 31
3*, le uscite verbali -la -tu -ebat -ivit (num. 54)',
4^ i proQ. mia tua sua di msch. sng. e pi. (num. 47),
5^ le forme congiuntive come pilhassa foxera (num. 52 55),
6^ le 3* prs. pi. di perf. ind. -ara -era (num. 54),
7^ la congiunz. cu quod (num. 62).
Senonchè le varietà salentine rivengono a due tipi principali, che a* im-
personano, il primo, il meridionale, nel leccese* il secondo, il centrale, nel
brindisino. 11 punto nel quale più vivo si fa il dissidio tra di loro sta nella
diversa ragione che presiede, neiruno e neiraltro, al passare a t e u delPf •
e deliy Tale alterazione infatti nel leccese suole avvenire incondizionata-
mente, ma nel brindisino è rigorosamente subordinata alla qualità del-
l'stona finale. Onde abbiamo: lece, chinu chista^ quiddu quidìa^ stissu
ttissa; signuri "ura^ "Uni -tina, brindis. : chistu chesta^ quiddu quedda,
stissu stessa^ Htri •orot -unt'-ona. In altre parole, come già TAscoIi enun-
ciava in quest'Archivio*, Vili 115-6, nel leccese si continuano le con-
dizioni del cosi detto localismo siculo*, mentre nel brindis. siamo già alle
condizioni 'napolitano*. Cfr. pure Morosi, Arch. IV 143. — Orbene, sono
[i6r Tapppunto queste condizioni 'napoUtane* quelle che sorprendiamo al
nostro scrittore! — S* aggiunge che le alterazioni di « e di o protoniche
(oum. 14 16) e la peculiare tendenza della postonica ad assimilarsi al-
l'aton^ d*uscita (num. 14 n.), che pure gli appartengono, ci allontanano dal
mezzogiorno e ci raccostano sempre più al centro della penisola, mentre
Don manca qualche indizio indiretto che sembra parlare addirittura a favore
di Brindisi più che di qualsiasi altro luogo della regione (v. num. IO n).
Ma su quesf ultimo punto gli scarsi mezzi di comparazione che posse-
diamo, non ci consentono di asserire senza peritanza.
Ecco ora i testi di cui mi son potuto valere come riscontro nella mia
illustrazione:
Chronicjn Neritinum delfabate Stepàno da Nardo. Viene sino al 1412;
fu pubblicato da B. T afuri nella collezione muratoriana degli Script, rer,
«'i/ic, XIV d90 sgg. Il ms. di cui si servi il Tafari era una copia assai
tarda; e ciò spiega perchè siano pochi i dialettismi che vi occorrono.
^Chron. Nerit).
Ihttrj di Lucio Cardami gallipolitano. Vanno dal 1490 al 1494; e furono
pubblicati dallo stesso T afuri, secondo una larda copia, nella Istoria de-
nU SirrittoH del Regno di Napoli, Napoli 1749, III 407 sgg. Per ciò eh* è
do* dialettismi, siamo alle condizioni medesime del Chron. Neritinum (Card.).
* Sono, questi tre, de* fenomeni pe* quali il salent. dà la mano, al di là
del ionio, alle Calabrie e alla Sicilia.
32 de Bartholomaeis,
Cronache di M. Antonello Coniger da Lecce. Vengono sino al 1512. La
prima edizione, eh* io non ho potuto vedere, è datata da Brindisi 170). Il
Tafuri la giudicò «malconcia e deformata» e ne curò una seconda nelU
Raccolta del Calogerà, voi. Vili 109 sgg. (Venezia, Zane, 1733). Una t«>r/.a,
condotta pure sul ms., asci in Napoli il 1782 nella Raccolta di varie crt*-
nache diarj ed altri opuscoli^ ecc. Si l'una che Tal tra di queste ultime sono
tutt* altro che irreprensibili (v., per es., ciò che si osserva al num. 54 n.).
Le ho tenute presenti tutt* e due, menando buone solo le forme circa alle
quali r una non dissentisse dall' altra. Lo scarso valore storico di questo
documento non ne iscema il valore linguistico, il quale, del rimanente, non
è grande^ (Conig.)*
Consuetudini della chiesa di Giovinasso^ pubbl. dal prof. Carabellesc
da un cod. del sec. XIV o del XV, posseduto dalla Cattedrale di Giovìnazzo,
«
nella Rassegna Pugliese^ XV 301 sgg. E il solo testo * barese* che 8*abbia,
e dà assai di più che non i precedenti (Cons. di Giov.}.
Assai poco airi neon tro si ricava dagli Statuii di Mol fetta, pubbl. da un
cod. del sec. XV, nella Rassegna pugliese^ XIV 77 sgg.
In quanto a riscontri moderni, oltre alle note raccolte del Papanti e del-
rimbriani-Casetti, e a* Saggi delPAbbatescianni, * delNitti' e del De Noto*
nonché ad alcuni saggi procuratimi dalla cortesia di questi due ultimi stu-
diosi, molto mi ha giovato la versione in dialetto di Brìndisi della Para-
bola del Figliuol prodigo, che ho rinvenuto tra le cirte del Biondelli, aU
IWmbrosiana (Parah.).
Circa il testo sul quale si sarà fondato il traduttore pugliese, nessuno
vorrà negare che sia stata una delle tante versioni toscane dePSydrac*
francese. Poiché la nostra indagine si limita a raccoglieva solo quelle formo
che spettano indubbiamente al traduttore meridionale, e non penetra tutta
quanta la compagine idiomatica del testo, cosi e solo da aggiungere che
ben legittimano il sospetto essere stato quel testo più specialmente senese,
le forme come vivare 37, pocaro 38, rampare 42 e qualche altra*. Una Ter-
sione senese sognalo il Bartoli come esìstente nel cod. 1930 della Riccar«
' Per i testi comunicati dal Tafurì al Muratori, e di cui questi solo
accolse il Chron. Nerit. nella sua collezione, stimo sufficiente di rinviar^
alla pubblicazione del Casotti, Lettere di L, A. Muratori a B, TafUri^ nel-
TArch. stor. itaL N. S., XI, p.'' 2.» (1859), p. 3 sgg.
* Fonologia del dialetto barese, Bari, .\vellino, 181KJ.
* // Dialetto di Bari, I. Vocnlismo tnoderno, Milano, Robeschini, 1890.
* Appunti di fonetica del diaL di Taranto, Trani, Vecchi, 1897.
* Neil* ordine della storia letteraria, il tosto dunque non avrà altro
valore che quello di un nuovo documento del ditrondersì che faceva nelle
Il Sydrae otrantìno, § II. 33
diana. Ma, messa a confronto con la nostra, risulta che ne è affatto indi-
pendente; cosi come Tuna e Taltra sono indipendenti dalla versione fioren-
tina stampata dal BartoU stesso.
§ li. — Annotazioni dialettologiche ^
a. Scrittura.
Dopo vocale, è di regola y per t: loydo ayra coyro tnoyra^ jammay fa^
ray foy duy ehuy^ ecc.
É parimenti y in noya joya (una, volta JoAyn) ayuto myo. E per y è reso
il suono v': lyale spyati paysi yu io ryome, ecc.
11 suono é, succedaneo di j gè g i d j (cfr. D* Ovidio, Arch. IV 407 e gli
indici dello stesso voi. s. dj; num. 18, 10, 31), è rappresentato con 5: cot"
resere destrusere destmserimo dagnisare masia signoresare cresu credo desa
dia. Pare che anche il semplice t abbia, a volte, T identico valore, per es*
in signoreiano dagneiati creio deiano^ forme che ricorrono non infrequenti
allato a quelle or ora allegate; e la riprova consisterebbe nel fatto che in
nessuno degli esempj, ove oggidì suona il e, si trovi Ty, che dovrebbe
esservi qualora vi suonasse, invece, la semivocale. Ali* iniziale, non ho al-
cun es. di 5; sempre j : juelhyo gìogììo jetganie jiimo, ecc.*.
I è rappresentato normalmente da Ih: pilhare talhare cansilho filho fi»
ihulo gualhardo ecc. ecc. Non è raro II: voUo orgollo pillare fiUo taU
lente^ ecc.*. Si ha ancora Igl: colgla delgl'olori algì^orechi olglo moU
glerey ecc. : lìy\ spullyati juellyo\ Ihy : qualhya scuélhyo. Poco sicuro glege
legge 24.
Provincie la produzione della grande officina toscana; la qual produzione,
adattandosi, non senza subire la reazione delle tradizioni locali, ai nuovi
ambienti, veniva ad affiancarsi alla produzione originale, ove questa e* era,
e, dove non e* era, a tenerne addirittura il posto, come pare appunto che
sia il caso dell'estremo Mezzogiorno e delle isole.
' Gli esempi non provengono dal solo saggio che se ne stampa, ma da
tatto il codice. I numeri rinviano alle carte di questo.
' Ma e è addirittura $ci in angarisciare * angareggiare * del Chron. Nerìt.,
angarisciaia Conig., angarisciamenH Cardami. Nel Cod. Diplom. Barese si
ha aa in pairissare * padreggiare* seguir le tradizioni paterne, gloss. s. v.
' Frequente fiUo nel Chron« Neritinum.
Ar«Uvio fflottoL Ital XYL S
34 de Bartholomaeis,
Di n, oltre a gn, occorrono le scrizioni nn^ f»y, ecc. : disdinnao rannitelli
lueinno bisonno; ingenyo vergonya vergonyare; ingennyo; dangno spongna;
cingniere; signye scimie; mele cotoghne.
Il digramma eh ha il doppio valore di e ce e di kj; chascaduno piache
reehepe croche chielo chinquanta fachissi pichula eorruchato cachare, e an-
che eharo chara schera apparechare chamare chobe changere chuy^.
zz anche qui è assai spesso cz\ piacza charecza suezo ecc. ecc.
ricci 12 avrà a leggersi -AAi; e cosi sarà -^t in luegy 8, luengi 52. Infine
ptocctf, polche ricorre due volte, par che attesti una stabile grafia -cce s -^que.
b. Fonetica.
Vocali toniche.
^Umlaut \ 1. f . . . -u ; Declinazione: offiso 2, friseo 3, miso messo 4«
nigro 4, dricto 4, piso il peso 5, vitro 6, dìcto 6, pilo 8, dignu 9, sico seco 9.
spinto spento 9 26, frido freddo IO ecc., viro 18, sinno 21 e sigpu) senno 38
num. 19, intiso 25, Ugno 26, illuquillu quistu sempre '. — Coniugazione;
-emù: vidimo 2, simu 2, avimo 2, devimo 2, fachimo 5, canoscimo 8, cro'
dima 1 1, pregarimo 2, kutsarimo 3, recheperimo 3, cfestni^^rtmo 3; ecc. — In-
declinabili: spissu 4 13.
f... -t; Declinazione: jjimi pesci 4, dicti 4, captili 8, j)i7i 8 40, /Wdi
freddi IO ecc., nigri 9, simplici 19, artifici 42, car/t5i 22, pm i pesi 24, «a-
racenischi 25, di^ni 49, intendivoli 5, acciai .50, reprisi 55, t//t ^tit^/i ^utsft
sempre*. S*ha pure 'umlaut* con -i di plur. fm. in rini le reni 32, e con
* Di questa grafia, che ora viene ad apparire come non peculiare alla
Sicilia, non hanno esempj il Ghron. Nerit, il Conig., il Card, e le Cous.
di Oiovinazzo. Appena qualche es. ne ricorre nella lettera, scritta per
r appunto da Lecce, della Regina Maria d*Enghien, pubbl. da B. Capasse
{Ancora sui Dium. di Matteo Spinello da Giovinazzo^ Firrtnze, Santoni,
1896, p. 25 sg.): fachimo facciamo, pichirilli^ vichini.
* A togliere qualunque dubbio, devo dire che il copista non si ■«rvo
come sigla del q tagliato; ma ben distingue qui e que con un t o tfon un
e soprascritto.
' Da nigru s* aspetterebbe 1* alternativa niuru -i, ^neura •$; efr*
num. 28. Invece s*ha niuru niuri^ niora «e. L*aeeento evidentemente veniva
ad appoggiarsi sul secondo elemento del dittongo seeondarìo, e si rien-
trava cosi nella serie -uri -ora. 11 tarent mod. ci dà infatti nurf rioro^
De Vinc s. v. Ma, nelle rimanenti varietà baresi: n'mrf niura.
Il Sydrac otrantìno, § IL 35
W provenuto da -e, cfr. nuro. 12, ne* sng. paysi 2, v^isi 6 27, e nel pi. rie*
chicci ricchezze 39 ^ — Coniugazione: mieti metti 24 30, vinài vendi 30,
digi e divi 3 11, bivi 3, si tu sei 2. — Con «t di 3* prs. sng.: frighisi si
freghi 25. — -iti: vidift 2, aoift 2, son feriti 2 num. 38, crediti 2 e credite
44, ecc. ecc.; ehi: d^oim 38 e ct^otm-vo dovevate 38 num. 54; — -issi:
vorrissi vorresti Ile vorrissi-vo vorreste 11, sappissi 26, volissi 36, vidissi
39, patissi 41, ardissi AZ; nonché cacharisse caccereste 41. — Con -a -e •o
•ftinpre «, v. num. 7.
2. e... -u: siimmi» 4 17 ecc., vassiellu -0 3 9 ecc., vagiello 4 lesa.,
cirviello 11, cierto 6, sieroo 6, ciento 7, argiento 2, e con ^uamimttfnfo 6
tutta la serie in -mentu.
e... -i; Declinazione: piecci pezzi 23, ckierchi cerchi 28» vienti 4,
ardienti 6, inftficfttfntt 5, gienti 4, con<»tfntt 7 17, dienti 8, credienti 10, pa*
ri>nlt 11, oaZt>n<t 22, resplandienti 27, splandienti 44, ecc. ^- Coniuga-
zione: /leot tu ti levi 23, priendi prendi tu 3, liegi leggi 35, viesti tu ve-
sti 30, fiere 3 *. »^ Con -a -e -o, sempre e« v. num. 6.
8. p . . . -u : rt4t50 15, im^ 49, ritundo 5 31, mundo 47, s^cumio 4, swrcfo
37, ptimo 4, tutto sempre, di cui s'ha la caratteristica alternativa con
iocta -«; — -osu: giuso gioioso 13 ÌÒ^paguruso 13, coraiuso 15. (forrochuso
15, peluso 32, pta^too 37, misericordiuso 55; ^uUo: satullo 17; -*• -eolu:
flhulu 10 ecc., fancsyulo 13*.
^ mi>i ricorre spesso nel Ghrou. Nerit e nel Cardami. A riohicci fa ri-
scontro ^paricehi cose* ^paricchi milliare de ducati* del Conig., *paricchi
so genti* dei Cardami. — < Secondo il Morosi 143, nel brindis. T-t secon-
dario m -e non influisce sulla tonica; ma sentiamo il bisogno di una mi-
gliore informazione^ dacché paisi paese lo ritrovo anche nella Parabola.
* É un -< di 2.* prs. d* imperativo. Dato che non sia meramente grafico,
non mi rìescirebbe inaudito, pur con esso, T* umlaut*.
' Sulla realtà di fancsyulo non può cader dubbio, ed essa potrà tornar
gradita a coloro che si acconciano a spiegarsi fanciullo come un meri-
dionalismo, non essendoci più omai il bisogno di ricorrere al parallelo
cftruif citrullo; cfr. Meyer-Lùbke, It gr. 57, Or. r. Il 503. Ma saranno al-
trettanto reali le forme, che pur ci dà il codice, fanciolo fanciolif L* ipotesi
che vi si tratti di mere affet^zioni cui si riusciva volendo evitare P' um-
laut*, affettazioni del genere di quelle che altrove ci accade di sorpren-
dere al nostro copista (v. num. IO), si presenta abbastanza ovvia per sé
^tesaa. Si rimane perciò alquanto perplessi nel veder che tali forme tor-
alno più di frequente che non fancsyulo il quale ricorre una volta sola,
# nel vedere anche nel Coniger un in fanciolo che, vi é« per giunta, co-
gnome!
36 de Bartbolomteis ,
p... -i; Declinazione: jurni 2 ecc., ructi 2, surdi 52, cuccumeri 25,
numi nomi 51 ^ oscti^i 18; -osi: paurusi 16, rigulhusi 22; -oni: confunt 3,
complessiuni 7, campiuni W^garzuni \2y montuni 14, ^/uclMm 15, rac^tinì
15, co/Auni 23, condieiuni 36, «totuni stagioni 46; con -» proveniente da -e
di fm. p\, persuni 3*; — «ori; fiuri 5, o/mH 10 ecc., homuri 11, signuri
12 ecc., guidaturi 16, co/ur» 22, ^ootfrmUun* 40, confexuri 40, matMi-i 54,
fentattiri 54; — «eoli: filhuli 32 ecc. — Per nuy vug, v. num. 47. —
Conjugazione: percuti tu percuoti 31. — Indeclinabili: dtidici 11,
ma ▼. num. 6 n. — Con -a -e -0| sempre o, v, num. 9.
4. ò . . . -u: bueno 3 ecc., /U«co 3 ecc., lueco 4 ecc., allueco 4 /utfco de
/u«co 7, lutfcu 42, /m«^o 42 *, cuerpo »u 7 ecc., duelo 8 1 1 54, quero cuore
11, trueno tuono 20, Jti^*o 34, sueno ^n^juellyo lol li u 11, tcuelhyo scoglio
12, e ancora puesto pòs- 2, muedo modo 14, v. Ascoli i X 88-9. La dop-
pia tendenza dell* accento a stabilirsi sopra l* uno o V altro elemento del
dittongo è attestata, da una parte, da loeco (loéco) che ricorre due volte,
15 18, e dairaltra, da fUco (''fu^co) 14, cui sU allato lufhi (Uù^ghi) de!
num. sg.^ In vestro (* comandasse al vestro ballyo* 41) concorre la ragiono
del V attiguo; cfr. Morosi, IV 131.
u... -i: bueni 4 ecc., trueni tuoni 5 IO, lueghi luegi luegy 8, tremiteli
20, «utfnnt sogni 44, fuerti 2, fUelli folli 17. Notevole luengi lunghi 52. Inol*
tre il già cit. lughi 21 *. — > Con -a -e -o, sempre o, v. num. 8.
* Però V. la nota al num. 10.
' per$%ini anche nel Coniger.
' Air alterazione metafonetica soggiace anche To di illoc; ^gerano
lueco dove* girano colà dove 31, contrariamente a quanto suole avvenire
nelle altre parlate che pur si risentono dell* azione deir-u; per es. net.
e aquil Igcu^ ma Iqco^ mol. napol. ecc. Igkf lùohf ma lohf,
^ Per la riduzione di mo e u neirant tose v. Parodi, BuUett della soc
dMnt ital., N. S., Ili 98.
* Il Conig., il Card., il Chron. Nerit e le Consuet di Gtovìnazso tacciono
tutti r uè e sol ci danno qualche raro es. di i«. Negli altri fenomeni di-
pendenti da ^umlaut* questi testi riflettono le condizioni dei varj looghi
donde provengono, secondo che se n* è toccato più addietro. Cosi nel Chron.
Nerit. s* ha la vicenda itissu stessa^ sulo $ola^ lo barone li baruni^ -ere
"Uri^ ecc. Nelle Consuet. di Oiov. : infirmo inferma^ religiusu -oto, pito pesa^
^dui cannuli* (cfr. less.) e ^doy eandeli*, ^doy campane*, tutto -i e to€ta •«;
oltre a quitto «t quella •«, ecc. Ma nel Cardami: issa freq., ^una nave ge^
nooise\ presune prigione, *era in diteenciune\ signura^ *fo recepnta.*. da
paricchi signuri et signure dello Reame*; inoltre: -ore 'Uri: lo «MCtiMri,
'no ricco signuri\ lo ambassiaturi; -one •uni: 'una mala acctwm'*, 'omne
prcsuni*f 'restao presuni\ la dissenciuni.
n Sydrac otrantino, § II. 87
5. A: sappe 3, sappero 4, abe ebbe 3, abero 4. A contatto d*t passa
ad e: leyda 10 52, Uydo 52, eyro aria 59 ^ «AV'T sempre -aw '•ao^ v. num. 54.
-ARIV: mannara 47, ^ro 21; ma lominei-a 26 36 44 less., e il solito ma-
nera ^ 6 ecc.
6. E aperto: vene mantene divene convene appartener co* rispettivi
plur. veneno manteneno ecc. v. num. 54, petra 6. — Notevole deyee deiche
dieci, che ricorre più volte, cfr. Morosi num. 16; donde dodeyci 31*. -(£:
feie 47. •
7. E chiuso. Van qui i femm, sng. e plur. de'masch. citati al num. I:
offesa mesa negra drecta freda -e degna -e, ecc. Inoltre, con vencere 3,
vence veneerd 6 veneono 2 (venchia vinceva 2), maravelke 25, lengua 2fl^
iengue 52, meschie 36, paìefeca 35, lusengue 41 e lesengue 38 lusengano
2S\ strengono 21, infengere 35'. — É t fuori d** umlaut* in pisa pesa 37,
intignano 44 con facile riferimento a signo. — > Di -ire -ere e «la -èva
▼. num. 54 59.
8. 0 aperto. Intatto sempre fuori d* 'umlaut*: rota 31, more 48, omu
e omo freq., i>oy può num. 44, longa 31, allunga 17; ecc. ecc. Ma abbiamo
u in occttifa 13. t
* L*alierazione che ci si scorge in questi esempi, e che s*aggiunge a quelle
congmenze de* dialetti del versante merid. adriatico con le parlate gallo-
romane, di cui toccava TAscoli, VIII 116^ si presenta ne* tare nt assei assai
(e *moIti*), crei *crai cras, hj^a chiave {^cleija *clai/vjja)^ e nell'ul-
teriore era aia. Queste son le forme quali ce le dà il De Vincentiis. Il
quale, poiché scrive a in tutti gli altri casi, sembra che ben distingua
questo e da queir à che si sente in pdnp cdpf ecc. dello stesso dialetto
(e di tanti altri del versante meridionale adriatico), e che è di fase più
recente. Non mi pare pertanto che convenga servirsi, come fa il De Noto,
num. 1, deirnnica rappresentazione d per tutti i casi, ammeno che i due
suoni non si siano conguagliati nel frattempo (il De Vincentiis scriveva
infatti un quarantennio prima del De Noto). Intorno alla cosa, in ogni
modo, s'aspetta d'essere più esattamente informati.
* Aneor più notevole per questo, che il copista aveva scritto prima
dodici, ma poi si penti e corresse dodeyci. La forma deice^ che, oggidì è
del leccese e degli altri dialetti del litorale pugliese, sembra che, un tempo,
Appartenesse anche a* dialetti del versante mediterraneo. Il * Novellino* di
Masaccio salernitano si apre con una tavola degli argomenti < di tutte le
cinquanta novelle, deyd per d^ci in cinque parti distinte ». (Ediz. Set-
t^nabrìni, Napoli 1891, xlvii).
* Chron. Nerit: pengere dipingere.
38 de Bartholomaeisy
9. 0 chiuso. Sempre o ne' femm. de' masch. allegati al mnii. 3, rossa
sola riionda^ iocta e tocte^ ecc.; conjonta 6, porUa 31, ongue e onghe «o-^
ghie 8 23 45, jovene 52, sponga spugna 21, jongono 22, roppe 3 nnm. 54,
doySecCffoy 37 fora furono 2. Fuori d* 'umlaut*: sule 12, spusu e spasa
29, ftruppa 23 34, ^ti2a 50.
10. U lungo. Alterazioni anorganiche; per analogia della serie p... -a, -e !
allomina illumina 41» adonano 42, /Com^ 49'; per proclisia: ^Vono ponte"
12, ^ nullo prode* niun prò 12; ma la ragione della proclisia è ifleno evi-
dente in Tono de queste granello* 6, ^Vono Taltro' 70; cfr. Meyer^Lùbke,
ital. gram. § 73.
11. Y: gerano 31 42 e, all'atona, gerare 3 31.
Vocali atone.
12. Atone finali: -e in -i: vendicatrici 52, *li ricchicci^ 39, 'lo ve-
rachi deo' 2, *lo verachi profeta 25, *lo sua paysi" 2 38, nienti 36, 'opere
rei* 50, la gràndini 3, campart-li 41, din-la 52, conr«*firi-8Ì 54*; — -ate:
passati guardati annunciati^ ecc.*. — -i in -e: 'li soe comandamente* 2, 'li
' L' illusione di un sng. fiome, dal pi. fiumi^ non può esser venuta se
non a chi sentiva, nella propria parlata, la vicenda nome numi (num. 3).
Bisognerebbe escludere pertanto dal dialetto del nostro copista il sng. nume
che è di Nardo. E questo potrebbe parlare contro la 'neritinità' di lui, e
avvicinarci sempre più a Brindisi.
' Il fenomeno manca oggidì a Lecce, ma è di Brindisi, Morosi append. 143.
Due soli es. ne troviamo nel Coniger: li litteri, ^paricchi migliare de du-
cati*; però, a parte qualsiasi altra considerazione, non possono essi da
soli consentirci di imaginare, pel lece, antico, una condizione diversa dal
moderno. Negli altri testi c'è abbondanza. Ghron. Nerit: lo abbati^ lo
conti^ lo qualif 'omni soi beni\ lo cardinali, lo imperadori, ^feci paricchi
cosi\ 'me vulia molto beni\ lu segnori, 'no grandi fracasso', 'la quarta
parti\ sapiri, sapere. Card.: misi, lo cardinali, 'l'armata navali\ 'sedici
galei\ le galeri, tanta ned, -ore -urt, -one "uni, cfr. num. 4. E poi in-
teressante il vedere come -t da -e sia ben fermo nello Cons. di Giov., però
che si riesce cosi a ricostruire una condizione di cose ormai intieramente
tramontata per quella varietà: 'la ecclesia maiori\ 'lo primo dii\ 'quisti
dii*, 'santo Felici\ retinenti sng., essirt, fossi, fosse, li campani, averi, tre
volti, cavalieri sng., iudici sng., 'si alcuni muressi et volessisi fari sonari
la campana'. — Quanto a' tre ultimi es., dirila ci toglie ogni dubbio circa
la ragione dell' t ; la quale non va ripetuta, secondo che parrebbe per gli
altri, dall' -t, giusta la regola enunciata dal Morosi pel brindis., append. 143,
ma è di svolgimento spontaneo.
' Gonig.: honorati, Brind. Par.: cacciati^ nfilati, pigghiati.
U Sydrac otrantino, § II. 39
comandamente' 15, * li peccate' 21, 'multi grande folgore' 2P; atta
-etis: pihati talhati sguardati faaati ecc., viditi aviti crediti crederiti var
riti averiti siti ecc.', una sol volta prendite 36; — -it: recepi riceve 7".
— -0 in *u: comu freq., omu 4 14, yu sempre, quactru freq., cresu credo
nam. 19 54, seraiu 8^ u; nelle uscite nominali alternansi passim -u
ed -0; allato al frequente -imo, num. 1, occorrono: simu 2, vidimu 3. Si
alternano del pari -m ed -o neiruscita -unt, -au ed -ao, -tu ed -to nelle ri-
sultanze di -AV'T -IV' T; num. 54.
18. A. Conservato in avantaio 2 ; cammare 13, compara 28, comparare
30. Caduto in mestro maestro 27 34, mestro 35 (adine^^ram^nti 72) ^. — -are
-f ha beo: indicarai 2, infirmarebe 21, piegar ebbe 20, pen^ard 17, vitupera'
rai 28. — Di man/ona mangiano v. num. 54.
14. E. Di sillaba Iniziale; conservato in deoea 2, resplandienti 27;
passato ad a in alimenti elem. 7, aguali 12, assemplo 16, amenda 41. amen-
dandosi 41, piatosa 11, piatuso 37, splandienti 44'; ad o, per lab. attigua,
in romase 6, romane e rumane 9, sopellirà 26, e a u in tcurgienti 7; cfr.
Morosi, num. 72. Ma di regola è t: ricaro recarono 3, ^rta 4 21, striano 7,
cirvielU) 11 19, giloso 16 32, pincieri 16 31, picato peccato 26, vilhare 43,
vilhando 55, nonché sindi delectano 10, <i Va decto 3, Zi le num. 45, 'parte
di so abitate* 14, e altri simili costrutti ^ — Interna: belletate 2, lialemente
11, ma lialitate 22, camalimente 13, arricare 2; dileguato in scalfa scaìr
' Card.: li <urc/ie. Cons. di Giov.: 'li canonici so tenute''^ 'la festa de
omni sante*.
' Conig.: temiti, volili, Brind. Par.: mittiti,
' Chron. Nerit.: /*eci fece. Card.: /*ect, diedi. Cons. di Giov.: cadi, rem,
aparteni, piaci,
^ lì Chron. Nerit., il Card., il Conig , evitano il fenomeno. Ma V -u è
ben saldo, come nel sicil., a Lecce, a Brìndisi e, in genere, in tutte le
parlate a sud di Taranto e di Ostuni. Pel lece. v. Morosi, num. 80. Per
gli altri dialetti, basta scorrere il Papanti passim.
* Neil* ambiente meridionale ripugna la spiegazione che può darsi del
mestro dell'Alta Italia; e io seguo in questo il Morosi, num. 32. Tuttavia
trattasi sempre di un esempio 'sui generis', che si sottrae all'alterazione
metafonetica (*mt5^ru). Oggi mesu méstf in tutta la Puglia. [Ma non si
vorrà escluder del tutto che possa aversi anche qui uno di quegli antichi
francesismi che serpeggiano nelle parlate meridionali.]
* E es. assai diffuso; v. per ora la Fior, chiet. § 3, in Zeitschr. f. rom.
phil. XXIII, 117 sgg.
' Anche questo, come si disse, è fenomeno che ci allontana da Lecce;
y. Morosi, append. 137.
40 de Bartholomaeis,
fare lesa. — Postonica; non caduta nelle uscite degli inf. con pron.
sufi.: direli 3, farete 39, nonché , eampartfi 41, dirila 52, converitirisi 54,
V. num. 12; papiro povero 12 16 17, papiri 12 17, nassire nascere 6; mec^
terulaò^ carreggerala 40, farula 52; lavatala Uvatela 25^— •ere + habeo:
prendarebe 19, avara 26. Si aggiungono: gatnbari 25, pdssara 25, tue»
cara 25; cfr. Morosi, num. 70. » E -f voc: ryame 10, /iato 22, criaa 36,
lialemente 11, lialitate 22; cfr. Morosi, num. 71.
15. L Di sillaba iniziale; in a in ancudine ll^jaganti 12 majeganti
12; di regola però e: terarende tirarne 25, merare 39, terare 41, vedande
vivande 26, recheece 2; semelliano 31, 50me//iartano 31, cfr. Morosi, num. 75.
In allumenano 43 occorre 'ad*: in formamento 4246 Tillusione di 'forma*.
*- Interna: belletate 2, debelesce indebolisce 21 , penetea pentiva 2, gen^
telomo 12, omeMtate 13, (iemenl«ear« 36; allipergo alberga 16 ali. a alle»
bergo 35 e alleberga 35. Cfr. Morosi, num. 76. — Postonica: culpabele
8, arrebele 10, valevele 16, racjoneotf^mtfn^^ 40 43, ancudene 17, ardene 36,
manica 15. Cfr. Morosi, num. 75*.
16. O. Di sillaba iniziale i soliti rinuncio 5, accifi 50; per dissimila-
zione, mentane montone 25. Del resto, iniziale o interna, è, di regola, u:
putere 16, murtale 20, prudecza 36, cunienta 41, cudardo 8, ctimòactera 2,
«ctfj»ma* 3; adumec*a 39, ocfurnato 39. Cfr. Morosi, num. 80.
17. U. Di sillaba iniziale: tirimi 47, culluy 26; frequenti culla culla
con lo, con la; si alternano lu e lo come art; in a: fogera fuggirono 2,
iarbata 3, hamuri umori 9, porgata 7, jforgatorio 7 e, per assimilaz. regress.»
pargataria 7*; i: mìlhere 5. — Interna; in o: ogoiare 6, allamare 2S;
allato al sng. tuenoscredente 2 il plur. meniscredenti 2; ti: parturire 31,
' papiri ben rientra nella norma dell' -i, di cui s' è toccato poco fa; nò
lo contradico del tutto papira, e, a ogni modo, la detta norma potrebbe
essere solo infirmata ove ci fosse un *popira -e; ma non c'è (papera -*
sempre). Cosi pure all'influenza dell' -u, ancorché qui appaia -o, dovransi
mecterula farula. In quanto a lavatala. Ve post, vi si trova, è vero, in
una special condizione, e cioè fra due a; ma nessuno oserebbe discom-
pagnare questo dagli esempj come di mimica, véndaca^ fimmana^ ttÀnasa
{^attani^sua suo padre), che sono poco men che salentini comuni, •
da' quali si vede come s'estenda anche all' -a la norma che il Morosi
enunciò per r*t e per l'-u. Nel Conig.: còllara collera.
* Potrebbe ripetersi dalla norma dell'-i e dell* -e T alternativa Jci /mi 9,
jàlene 567 gialli -e. Ma, tratUndosi di voce forestiera, l' esempio non ò
ben sicuro.
' Anche con questi più frequenti a proton. ci allontaniamo dalle con-
dizioni di Lecce; v. Morosi, num. ^^5.
Il Sydrac otrantino, § li. 41
parturesche partorisce 15. — - Postonica: muteh mutola 15; sentuno 4,
pascuno 5, repetuno 40, pongunu pongono'; con -e: potunele possonle 4.
Consonanti.
18. J. Appare intatto, quantunque negli es. più propriamente popolari
dovesse certamente suonare e: ja 2,judicarai 2,juro 2, jammay i^justa 7,
jacono giacciono Xbyjuvene 19, jongono 22; peio 3 11, peiore 15, deiuni 22,
maiore 36.
19. BJ: aia 2 10, aiano 40, seraiu 8, deiamo 5, detono 40, arraia ar^
raiano arrotata 13 28; ma non son meno sicuri: agi abbi 34, digi devi 28,
arragiaia 30. — DJ; e reso per * e t, v. § Il a.: cresu 2 e creio 3, crda 2,
veio 3 e v^ann 5, appoiano 54'; -idjare: signoresa 46 51, signoresano 44
46, iignoresarà 51 allato a signoreinno 4, signor eiomento 32, dagnisare
danneggiare 38 allato a dagneia 6, dagneiati 19*. MJ: signye scimie 24,
cfr. De Noto. — MNJ: suenni sogni 44, ma v. D* Ovidio, Arch. IV 161,
De Noto 102; dagno 45, dagneiare 46, dagnore 40, tu c2a^ni 45, dagneia
danneggia 6, dagnaio 'dannaggio' 16 17. — [NN: signo «enno 38 44 49,
ingognati ingannati 44, e ancora dissignore disonore 39 49]. — LI: bolhito
bollito 25. — OJ; si: braczo 23, facsamo 10, so eoa ciò che 2, ^o è 3;
picsulo -«*. — RCE: mersé 9*. — TJ; ce: rechecce 2, richicci 17, ale^
* Veraoiente la conservazione deir u poston. può qui risolversi in una
mera ripristinazione. Può chiedersi cioè se questi non siano es. di 3.* prs.
pi. formati sulla 3.^ prs. sng. -h-no, come sono, per es., poie^no^ veve^no^
tene-no ecc. (v. num. 54)^ ossia *senteno *pasceno ^repeteno^ i quali
sien poi passati a sentuno ecc., per la stessa ragione per cui *mecterelo
è passato a mecterulo; cfr. num. 14.
' crecu è il riscontro merìd. del cre^o dell'Alta Italia (cfr. Meyer-L., it.
gr. 463); erigio è anche dell* ant. aquil., Kath. t. 930. V. De Vinc. s. v.
Allato a veio non ricorre, in verità, la grafia ^9eso\ ma vec^ vive nel ta-
rentino. Analogamente abbiamo basda vcucia (vaca) vada, in tutte le ver-
sioni otrantine del Papanti. Ma di appaiare tanto il De Vinc, quanto il
!>• Noto 108, non registrano che la forma letteraria con ^gg;
' Si può notare come il s greco venisse naturalmente ad affiancarsi a
dj, se nel Card, s* hanno le scrizioni battisciare vattisciao^ ecc. battezzare
•5«ó, ecc.
* Chron. Nerit. : scassare scacciare; Card.: scassati, scaszao; Cons. di
Giov.: *de so che condicione fosse* di qualsiasi e.
* Analogamente NCE: sconsertato Chron. Nerit , Cardami.
42 de fìarthoiomaeiSy
grecce 4, gravecce 5, gentelecce 12, aUecce 12, cu tu pocd 31 ali. a poeta 3
19, paciencia 13*. E certo é in presare 49, dispresa di sprezza 4, e in di-
spreiati 17, despreio 19, • fors" anche in stolone 31 , «toitim 46; ma è incerta
la grafia in raczone 6, vaczonare 2*. — NTJ: eomensao 2 e le altre forme
di SncomincÌJM^*t fonayulo 13; and 7 32, ananci 11 '. « RTJ: forsa 2 7,
sf or saria 36 ^ — GJ; é nel second. Juellyo gioglio 12, e in maloasa"
mente 2. — PJ; ce naturalmente nelle forme di * sapere': sachamo sap-
piamo 8 26, sachati 10 12 28, sachamo 34. — SJ: pertuso 10 2èt pertusi 4,
pertusare 37, pertusa 37, vasano 39. «— SI: jcia 19, ma signye scimie 24.
20. L: alegrecce 2, moloni melloni 25; dissimilato nel solito eortello 2.
— ALT: autro 4 7 9 ecc., autra 2, autre 2, autramenie 15; ma, nella
proclisi: ^Vate montagne' 20 ^ — ALD: caudo 43. — ALO': foche falce 15.
— > 21. PL; hj reso per cA: chobe piovve 6, changerà piangerà 15, chuy
più 40*. -- FL: so/77a 48, sufpao 7 51 '. — [CL; di noelhe nuvole v. lesa.].
— • GL; onghe unghie 45 e ongne 8. — SCL: scacta schiatta 6 42, scaete 6;
cfr. Meyer-Lùbke, it gr. S 243.
88. R: moreno 7 e moyra muoia 18; coyro less., e in -oro ecc.,
non scempiato In carrico 16 35, carreche 24, carricato 24; per rom/o v.
num. 43*.
88. S; scempiato in miso messo 4. — LS: voice 7 e volcse 24 num. 54,
fakitate 39. — NS : pensato 13, pensare 15 27, pensa 36 44, allato a piti*
eteri 31 39*. — RS: scarchamente scarsamente 32.
' Card.: Duraccio^ acciuni azione; Conig.: pecd pezzi, ammacciatoz Cons.
di Giov.: stacione stazione (della Wia crucis*), condidone,
' La pron. mod. è difatti pricarsf allegrarsi 'pregiarsi*, pricessa gioia,
priecf pregio, staòonf stagione; ma anche raòonf raconarf (De Vinc. s.
vv.. De Noto, 106).
' Oons. di Giov.: accumensa ecc.; Card.: dissinduni -cttine.
* Chron. Nerit: scorsa 'scorcia* corteccia; Card.: marso marzo.
* Cons. di Giov.: ^Valtri clerici*, *Vattra medietate*; ma atUro -a sempre
fuori di proclisi. Cfr. ora Salvie ni, Il pianto delle Marie in aiU. volg,
marchigiano (Rend. de* Lincei, VIK 584).
* Il suono kj è generalmente evitato nelle grafie delle scritture anche
di Napoli. Solo un chianto appare nel Chron. Nerìtinum. — > Dalla proffe-
renza hj venne la restituzione impropria piaro 20.
' fragiello 21 può essere bensì un* eredità senese; ma ricorre anche nel
Coniger. Cosi pure a ff rigor e 32.
* rasulo è ben vivo nel tarent.; De Vinc. s. v.
* ìncìcme nel Coniger.
Il Sydrac otrantino, § li. 43
M. SCE SCI; in ss: dessese e dissese 2, si ssese 3, vassello nassere 5,
canossia coDOBceva 2, guaresse guarisce Ile cosi reoerdesse 11, spartesse
-isee*36 ecc., passe 15, pissi pesci 4, messita * méscita* mescola vb. 44.
ift. MP: scappa * scampa* 19 less. — • NP: im paradiso 5. — NS: cuS'
wmUu consenti 6. «— Per NN n v. num. 19.
86. ^T*; «adutò in '/ti eleno* il veleno 12, cfr. Meyer-Lùbke, it gr.
§171; sostituito da gnUralo in pagura 10; passato a b per raddoppia-
mento sintattico: et bergogna 35; cadvrt» « sost. da dent. in vidanda 15,
vidande* 11 35.
87. C. Ben sicuro necare annegare 12, neca 49, necati 7, v. De Vinc.
8. T.; digradato tra Tocali: *la gativa natura* 5, *si gativa cosa* 5\
luogo 42, luoghi 43; in ultima di proparossitono : salvaiighe 25. — CS:
lassare 10, lassano 10, lassarimo 3, lassarauno 10, essire 36, esse 6 13 32,
euerd 7 27, essio 32*, la ssuta V uscita 49 52.
88. 6: navicare 42 è attratto nella serie di -icare. Vadan qui pure
gualhardo 19, gualhardia 19. — GD: frido freda frede frequentissimi,
firidura 12, refrederà 36, rifredasse 19*. — NG: spenge 12 26, spengerà 5;
NO: lusengue 40. — NGVE : 5an^ 5 8 19 30, «an^o 9 36, ungento 25. ~
GR: niuro nero 15, muri 15, * colere niore' 46 num. 1.
89. QV: qualunca 2, secutare 41, secuto 37, secutano 4, seciitoraMfio 11,
ctnew cinque 6 32; inghieteae 10.
80. CI: siquagi 3» /b<;i7e 21.
8L GB Gì; in 6\ destrusere 2, destruserd 1 1, destruserimo 3, corresere 35,
moM 45. Dileguato in amaistrato 5, fraylecza 10, sayetta 32. Può essere
anche e TJ- ài jeganti Jaganti 12, jenocche 26, a giudicare dalla pronuncia
moderna.
88. *T*: ve<<MÌa 7, avedare abitare 20*. — RT: verdate 3. — NT: re-
««r^mitfm^nte 40 [al contrario: vidante vivando 35 num. 26J. — TR: flratri
45, latro ^\ — TL: elio diavolo ed il d. 2.
88. D: merolla midolla 24 25'; avoUerio adulterio 6; oeciga oceida 49.
' Sono an'che questi, come ognuno sa, es. frequenti negli antichi testi
dell* Italia meridionale e centrale.
* Cfr. culli gotte con le cotte, Cons. di Giovinazzo.
* Conig.: esseru,
* Sono es., come è noto, assai frequenti nelle scritture deiritalia centrale.
^ Sorprende il fenomeno nell* ambiente meridionale; ma vestuda vestita
trovo nella versione di Aradeo, Pap. 476.
* larroni ladroni 7 sarà un francesismo.
' Non dimentico però Temil. e chiami uolo mirolla.
44 De Bartholomaeis,
— D^f cons.: accavallo 2 16, acccua 39; affare 2, alluy alloro alUy passim,
allueco 3; *V à annoya' 2; appede 2, appiacere 2, appoco appoco 8; Ae-
rando 6, ade 36; 'male assalire^ 2. -- DR-: traguni dragoni 21. — * ND;
sempre intatto nella risposta di inde: linde mende sinde tirarende fa--
rende ecc. passim., e cosi pure dande danne ecc., chi nd*k chi ne ha ecc.
Assimilato in cannulu candela less.
84. P: popera 11 16, poperi li, papiri 12; sappe num. 54, e quindi
sappesse 5.
85. B: vacca 10, vactalha 10, volli bolli 14, vianco 15, vaio baio 15,
vds/ia bestia 24, veoere veono 24, vevetore 32 56, o^oeno 34, vragia 24,
vogano 39. Saranno mere affettazioni: *\di poniate* bontà 16 due volte, pia*
Simo 16, piasema 44, piasemato 36.
Accidenti generali.
86. Prostesi: aecorruchata 39, arricolhe 39, arrotare 40, arrotato 49,
amo^trano 43, ausano 23, auriitar^ 37 ^ — 87. Geminazione: dilluvio 3
17 41, fra/^i 3 20, allipergo 16; cammar^ cammer^ 13, cocummeri 25; c^n*
n^tf 2 25, t^n^o 32; cwm passim; 'ma cxo cea* ciò che 2, ^comu ella à
/facto* 7. — 88. Epentesi; di n: menjo 5 6 21 ecc., menzn nocte 26, men-
ttfrtf 24 28, menterili 25, menterenchi 28, men<erd/i 25, menteralla 7, ^r/n-
denja 31; sonferesse 12, somferio 54, somfereranno 39 54; — di t>: m«no-
van^a minuanza 45; — di ^: gruga grue 49, ohrigare obliare 35; — di ri
castro 17* [trueni 20 ecc.|. — 89. Aferesi; la recha Torecchia 20, lo
reche 37, lo semplo 26, la magine 26, la rede 49, la ntrata 50, Upergavahì
'aliperg-'. 16. — 40. Metatesi: crape 47, sprovieri sparvieri 49*; sdin^
lìtate disi. 39. — 41. Attrazione: striano ^stranio 2 32, strianitate stra-
nezza 32, mcyra muoia 50 55. — 42. Assimilazione: comanzameìxto
13, moloni melloni 25; v. pure num. 20. — > 48. Dissimilazione; di vo-
cale: costante in 'conoscere*: canoscere 31, canoscuta 25, canoscono 9, ecc.,
cfr. Morosi, num. 81; volentate 6; carruehala corrucciata 3; di consonante:
rasulo rasoio 24. « 44. E pi tesi: oy aut 2 ecc., pcy può 4 12, fay fa
14, v^y va 44; meno sicuri: chuy pluy più freq., foy 7. — ine i[bi>no
48. Di qualuncata 40 v. num. 47.
' In ausano aurinare si potrebbe anche vedere, col Morosi, nam. 80, il
semplice au» o*.
* trueno è vivo nelle parlate salontine; non mi risulta che sia cosi
anciio di castro.
* Salda tuttora la metatesi di 'sparviere* noi Salonto e nelle Calabrio,
cui appartiene il noto gentilizio Sprovieri.
Il Sydrac otrantino» § IL 45
e. Morfologia.
Flessione nominale.
M. Articolo. Si alternano lu e lo; cfr. num. 17. Al plur. masch. tal-
volU le: *le peccatori* 40, *^ più pericolosi membri* 44; ecc. ^ Ma illu
ella si direbbero ancora intatti» pur nella funzione articolare, in ^illu quale*
il q. 2y *et ella sua filha* 6*. Al fm. plur. naturalmente li: Ut doy noeti*
26, 'a ft prime septe volte' 26, *li sua occasioni* 28, Wi possessioni* 28,
^li gienti* 43; cfr. num. 14 e Meyer-Lùbke, gram. rom. II 103*.
46. Numerali: doy tanto al msch. quanto al fmm.: *doj^ occhi* 5,
'<iosf luminari' 2| *do}^ homini* 8; *doy colonne* il, *li doy noeti' 26^;
qtsaetru 26, ctficu 6 15 ecc., Mi novi comandamenti* 7, cincucenti anni 7,
tricenti anni 14, novicenti anni 6, mille personi 27, milli anni 6 14 27, vtn-
tieepie iurni 13.
47. Pronomi; Personali: y>i sempre e cosi pure nuy vuy; — le
nasoe (al serpente)' 14*; — 'non lu lo fay assapere* non glielo lo f. s.
39; <» inde; frequentissime forme come fàrendulo farnelo, si nd* àbe, ecc.;
* Card.: *'alle quindici de junio% *a le venti uno (del mese)'; cito pure:
*le pagao' li pagò (i ducati).
* La funzione d'articolo veramente è più perspicua nel primo che non
oel secondo esempio. In questo si potrebbe vedere piuttosto un rappre-
sentante di quell'odierno ddu dda proclit., il quale talvolta sembra che
rasenti addirittura la funzione dell* articolo. Per es. : *quiddi ci sviane
zurtata dda signura* Aradeo; 'comenzau de lu spirguegnu de dda fim^
mina' Amesano; *ddi birbanti, non sapendo che fare' ecc., *lu cacciau
a... eauci intni a ddu serviziu*, 'E tutte sti cose ni li dicianu a dda
póra signura...; ma edda* ecc., *lu male ci mi anu fattu ddi birbanti*
Copertino.
* Conig.: ^U littori'; Cons. di Giov.: *li gocte' le cotte, *li esequii',
"li campani*.
^ Le Cons. di Giov. sembrano però distinguere il msch. duj dal doy fm. :
*duj canauli allumati* cfr. il nostro less., ma 'allomare quattro cannuli
et doy candeli', 'tocte doy le campane*.
* Chroo. Nerit: *pe scontarse la ingiuria, le faciano...* (al re e a*ve-
nesiani), ^le saccheggiavano* (agli stossi), *morio lo conti Alessandro et
le saccesse... lo so fratello', Mo abbati precao lo papa che le confermassi*.
Cardami: *le levara lo dominio* (al re), 'quando le fo dicto* (a Braccio
da Montone). Conig.: *omne barone del regno spolliato... se andasse a
ptlliare suo stato quale lecitamente le toccasse*.
^ de Bartholomaeis,
frequente pure il tanto diffuso de: 'multi de fora nati* 2, 'che d* averà me-
stieri* 5, *no de Tale\ 'no de prende*, 'non de manja* Il ecc. — Dime*
8 tra tiri: quistu quiiti, questa queste^ quillu -t, quella -«, illu ella; v. num. l.
— Possessivi; frequentissimi mia tua sua e 5oa al masch, sng. e plur.:
Mo sua aiutu* 2, Mo sua deo* 2, <lo sua paysi* 28, Mo soa incantamento* 2,
Mo mia deo* 3, *lo tua deo* 2; Mi stux amici* 4, Mi sua miracoli* 4; e al
fm. plur: 'li sua orationi* 28 ecc. Anfora- 'kattgaliiMi* ZK — ILalutivi;
nella, yjwiki assai spesso ehi: 'li angeli chi so in cielo* 4, 'li ydoli chi
non erano ancora distrutti* 3, Mo filholo de deo ehi venera 5, ecc. ecct*. —
Indeterminati: qualunca n]^eMO, * qualuncata modo* 39*. — Partitivi;
scaduna ciasc. 4» con assim. morfol.: *" ciascheduni cento anni* 14.
48. Forme oblique: milheremU" e mo- 5 15 18, sartore 47,
49. Plur. neutri e di tipo neutro: le laiora 43» le lucore i luo-
ghi 43 V. num. 5U
50. Reliquie della V: 'la vede fache a foche" 7, 'aufliao alla fa-
che* 7, 'da fache ad fache" 10\ 'cincu die* 6. E ancora: la allegrecee 4, la
alegrecze 10, nulla gravecce 5, la gentilecce 11 12, la richecce 11 19, ìtal»
tecee 12, la ritondecce e la grandecce 21, la lordeese 36, la chareeee 54.
6L Metaplasmi; dalla I alla II: le personi 25 e, più chiaro ancora
perchè con 'umlaut*, le persuni 27. — Dalla III alla I: 'però ca <)11a (Eva)
fosse pctra de luy * 38, gruga grue 49, ' le grande cose * 28, ' le q%uile pre*
giere* 31, Me celestiale cose* 5. — > Dalla III alla II: eyro aria 5, quero
cuore 11, oloro 11, ciecio cece 28. — Dalla IV alla I: le mane 12 37.
Genere; neutri plur. in femm. : le mure 26, •xxiij» milhare 25, •ii(;«
bracse 25, le locore 43 v. num. 49; '^ rasa del sole* i raggi 48. Masch.
e neutri in femm.: la sange b ^ la sangue 21, ^ capa 48, la ventre 48, la
lume 31. Femm. in msch.: lo costola 6.
' Non vorrA eseludersi che qualcuno di questi mia tua sua provenga
dall'originale toscano. Ecco ora gli esempj salentini. Dal Pap.: 'li pie*
cati sua\ Mi pinxieri sua propria*, 'li affari mia" Copertine; 'lu spogu
(sfogo) sua\ 'signore mia" Oalatone; 'lu sfoghe sua" Ostuni; 'la leggi
sua" Brìndisi. Dalla Parabola brindis.: 'mi chiami figghiu i«a*, 'cumi-
nanxiri tua" tuo commensale, 'li aervituri ma*, *stu figghiu mia', Tamici
mio*, stu frati tua". A Lecce, per quanto posso vedere, queste forme
mancano. — altroy 40 sarà dovuto al timore di cadere nell** umlaut*.
' Ma va anche avvertito qui che sotto la grafia eh ben possono na«
scondersi i caratteristici ci ce de* dialetti pugliesi.
* Cons. di Giov.: *qualuncata sacerdote *, ^qualuncata ecclesia*. Oggi
ciùn§ftf a Bisceglie, ma eincàta a Altamura Ostuni e Taranto»
* è di Otranto di Lecce (Imbr-Cas. 258) e di Copertino (Pap. 478).
Il Sydrac otrantino, § II. 47
Flessione verbale.
92. * essere*; ind. pres. : si simu siti nunu 1, sontol cfr. De Vino. p. 18 S
aiuto al più frequente JO;perf.: foy fu, fora e forano furono*; fut: se^
raiu serai sera serauno e anche fora saranno; piucheprf.: forano 17; —
eoog.: scia sia 19; fossera -o 7; siria sirriano e seriauno 27; per Tausil.:
*to aderta stato oltraio* 41.
6S. *avere*; da $eraiu num. 52, ricavasi aiu^abe ha, a uno hanno'; —
ohe obero ebbe ebbero^; — aia io abbia.
54. Indicativo. Presente: cresu e cm'o credo, veto veggo, num. 19;
— poy può 28 e potè 7, fay fa 12 e face foche freq. *; — deiamo dobbiamo 5,
trotamo 24 40, -imu 'imo num. 1; — -^ti num. 12, •t'a' num. 1 e 12; —
3* prs. plur. formate sulla 3* prs. sng. +-no: poteno 17, veceno 34, esserne
escono 4, moreno 7, voleno 9, veneno 17, teneno 17, mantenena 23, appar-
teneno 30, dormeno 45; e, come awno, anche /auno 4, «aawro 5, cfauno 5 10,
vauno lo*; per lenluno pascano repetuno v. nuiftr 17; legittimi anche fa^
cono 7 14 e facuno 19, iaeono 15^; e cosi pure mdnjona mangiano 14*.
Imperfetto; -t'a: avia venia vestia crescia ecc., ci^oiot dovevi 38 e qui puro
depìvivo dovevate 38 cfr. Arch.iV 122 n. Perfetto; forme deboli; 3* prs.
sog., costante Tuscita -ao <u, gli es. passim.; — alla 3* plur. frequente
"crn -era: oomenzara maravelhara reposàrasi mendralo fogera ecc. '; e an->
' É oerioso che su questa 3.* pi. i dial. mod. abbiano foggiata la 2.*
pra» sng.: tarent. sint^ De Vinc. I. e, sinti Aradeo, Pap. 476.
' ChroD. Nerìt. foe; Card. fura. Circa T-a che si vede qui e in fossera
cfr. num. 54 n.
' La forma auno non è limitata al nostro testo. Vive ancora a Muro
Leccese, Pap. 480, e ben la rappresenta V od. onu di Taranto, De Vinc.
l. t^ di Calatone e di Ostuni, Pap. 480 487. Cfr. pure Subak, Das Zeitwwt
in der Mundart von Tarent^ Brùnn 1899, p. 18.
^ Nel Chron. Nerit ricorre pure havio per 'ebbe\
* pof0 e face son le forme più propriamento vernacolar).
* Simili forme anche nella * Fiorita* chietina. § 82.
' facunf a Muro Leccese, fagunf a Martina Franca, Pap. 484 486; analo-
gamente piacono piacciono è di molte parlate meridionali.
* È ^manjonu con V ^n caratteristico della 3.* plur.
* Tale desinenza, che certamente va dovuta all'analogia del piucheperf.,
^ ben rappresentata ne* testi antichi e ben viva nelle parlate moderne.
N«l Chroo. Nerìt non abbiamo che un poterà poterono; ma sono senza
dubbio errori di stampa i molti -^va ^eva che vi si leggono per ignoranza
48 de fìarth(4omaeis,
che -^ro -aru •ero -erui eomensaro e comenzaru^ andare andaru^ salerò
saleru salirono, ecc.; -io -iti: audiu cussentiu moriu siu usci capiu per^
diu ecc., più rare le forme con •©; notevole per il tema dedistili 3. —
Forme forti: parse 3, piacce piacque 42 49 v. scritt, vede vide 6, me$e
mise e mesero Z, promese 27, roppe ruppe 3, chobbe piovve 0, bebé bevve 6,
posse pose 27, stei 'stette* passò 49*, sappe e sappero 3 4, voice e volcze 4,
pocte *pótte* potè 16; presera presero 6. — Futuro: puneralo -àilo 3; lo
3^ prs. pi. vanno naturalmente in -duno: andarauno faranno occiderauno
clamarauno, ecc. ; ^arimo -erimo v. num. 1 ; volcerà vorrò 3.
55. Congiuntivo: 'cu tu pocci* che tu possa 21; 'volse illu cu ella
(ranima) stesa appresso alluy* 11, 'perchè la terra desa li sua frutti* 43
ali. a creta creda 2 num. 19; parga paia 7; -^mo sempre: credamo fac-
zamo ecc.; — 'si Tomo pilhassa la «amento* 37*.
56. Condizionale: "issi -issivo num. 1; noto ancora: cacharisse -re*
sti 41, comandasse -assi 41; credereano 26, semelhariano 31 '.
57. Imperativo: -art v. num. 12, veniti 2.
58. Piuccbep^rf. in funzione di condizionale: perdonara 2,
'si illu divenesse homo, tanto avera meno de pò testate* 6, 'le arti senza...
di chi curò r edizione. Però nel Card.: jurara^ levara^ ttossecara attossi-
carono, rovinara^ scarambocsara * scaramucciarono*, ecc. ecc., fera fecero,
seg^*era seguirono, fuggera^ morera; venira vennero (ali. a venere)^ unirà,
Conig.: recaptara 'ricattarono*, pagara^ andara, raduftara; stera stettero.
Oggi: dissèra^ cussettara 'picchiaron sul capo* (cfr. cuzzetia occipite). Co-
portino; rispettava^ Muro Lece; cuminzara^ Brindisi. E delle forme deboli,
di cui un solo es. con -ra ha il nostro testo, possiamo citare: dal Card.
indusserax e dal Conig.: vénnera^ rùpperali^ córsera^ remàsera^ volsero^
moréttera; e da* testi mod.: dissara^ Aradeo; ficera, dissira^ Arneaano; fieera
Lecce. Inoltre nel Conig. la forma cong. ammasscusera; oggi a Marittima:
cumiitissera. •— Dopo di ciò, ognnn vede che non potrà valere solo 'avevan
Toluto* o dorrei* 'vorrebbe', ma si anche 'vollero* il volsero (o* che cAia-
gnesse lo quatraro) che Dante rimproverava al 'tristiloqaium* de* Pugliesi,
e se ne ha insieme qualcosa di più che un semplice indizio della prove-
nienza salentina delle parole citate da lui.
* L*-i può esser di mera epitesi. — In quanto al signiC^ di 'passare* 'tra-
scorrere* che 'stare* ha ancora in qualche angolo delle Puglie» il passo
è questo: «Quanto tempo stei poy che lo diavolo fo eachato da eielo che
A'iam foy facto?»
' L*-a proviene certamente dalla 3.* prs. sng. del presente.
' In 'vuy non potesce... anci lo faresce' 41, che ricorre due volte, può
esservi scrizione a rovescio (v. num. 24) o anche mala lettura per ^^su.
Il Sydrac otrantino, § II. 49
Io quali Tomo non poterà stare* 47, * non poterà adorare* 37, 'non potrebbe*;
'perche sappo ca ipso peccava' li fece...* avrebbe peccato* 5.
50. Infinito; di li in IV: snpire 14'; di III; twooe muovere 48; di IV
ifl II: a ssalere 2, parler e 27, ferere 31 '.
Participio; frequenti le forme del tipo -uto: convertuta obeduto con-
C'^putn vestuta la ssuta less., ecc.
60. Forme incoative dalla fless. di IV: guaresse guarisce 11,
reoenhsse rinverdisce 11, perturesche partorisce 15, induresce 15, imbel-
lescy* et renverdescye i6, debelesce indebolisce 21, spartesse -isce 36,
finescie 36, rifioreseie 43, notresce 45, stabilescono 52 •.
naio 5 6 14, /ut-
Suffissi.
61. -aticu: salvata 2, avantaio 2, coraio 312, lengn^
'jnaio 37, oltraio 41, dagnaio 41. — -idjare, v, num. 19.
' Chron. Nerit. tenire avire sapiri; Card, avire; Conig. cadire. Però si
può ritenere che Vi di questi infiniti sia di mero svolgimento fonetico,
atteso il fatto di cui alla n. Kg.
' .\nche fogera fuggirono riporta a un inf. fugare. La flessione di -ire
può dirsi scomparsa nel tarentino; il quale, oltre a salare partire ferére^
ha anche cere 'gire*, mucére muggire, guarére, murére, trasére * trasire*
passare, vinére venire, ecc. ecc. Cfr. De Vi ne. p. 15 e s. vv.
' Non s* hanno qui che es. di 3.* prs. sng. di pres. ind. e una di 3.*
pL Non possiamo perciò precisare se 'Seo investisse tutto quanto il pa-
radigma verbale, se siamo, insomma, alle condizioni del castigliano (cfr«
parecer ecc.). Certo si è che, alla forma infinitiva, 1* infisso si presenta
assai diffuso {abbivescere *avvivire* rinvigorire, accujescersi acquietarsi,
iccurtescere^ addurmescere^ affitescere puzzare, amorescere^ ammaszescere
* ammazzi re* dimagrare, /urnesc^e fornire finire, lucescere, scurescere^ gua'
rep:ere^ sturdescere stordire; De Vinc. s. vv.). Quanto air-^sc- che si vede
in luogo dell' -i>c-, anche ne' verbi di IV (cfr. Meyer-Lùbke, gr. rom. Il 200,
.^^olì, Arch. Vn 419 n, 471-2 n, 498-9 n), van tenute presenti le particolari
condixioni di questo dialetto, nel quale, come s*è visto nella nota che
7- recede, i verbi di IV son passati in massa alla II. Si riesciva cosi al-
TuDìco tipo fiorerò flore scere, con la seguente successione cronologica:
fumire guarire sturdire; — furnére guarére sturdére; — furnescere gua-
retcere stttrdescere.
Archìvio fflottol. itAl., XVI.
50 de Bartholomaeis,
ladeclinabili.
62. ca quam: 'mostramilo ca yu la volho videre* 3, *si è multu cor-
richata ca aviti creduto* 3, *più frisco ca non fay may* 3, 'imperzò ca* 3;
'perchè ca passao* 52. Meyer-Lùbke, gr. rom. Ili 632. — cu quod: 'di-
mandao cu li fosse dato* 3, 'dignu cu Taia* degno che Tabbia 22, Monanci
cu peccassero* 27, 'salvo cu* 30, 'voice cu Tomo* 31, 'innanci cu facesse*
52, 'tante (cose) cu bastano* 36. Meyer-Lùbke, III 633. ^ comu 2 ecc. ~
cussi 6. — cuiunca 27. — chuy più 36. — 'de pò la venuta* 8. — dova 2
7. — dend€ donde 4, ma, poiché occorre una volta sola, mi è poco sicuro.
— *fini actanto* 6, '/int alli cinquantasei jurni' 30. — 'in«r acqua* 3. —
intru 16. — intra 2 4. — 'da jne a mille anni* di li a m. a. 48 num. 44.
— ia num. 18. — insembole 3 9.-— mentro 39. — • ^nen come né quanto*
14. — oy aut freq. — ore ora adesso 3 7. — puru pure 2. — one 'onne*
onde 8. — vero verso: ' disobediencia vero Dio' 6, in vero 'in ver' 4. ^-
'chi nei deTeno entrare* 6.
§ III. — SAOaiO DEL TESTO.
(Cod. Ambr I, 29 inf. e. 3 a sgg*).
N.B* <» Questa pariiale riproduzione del testo (e. 3 a - 9 a) è, fin dove
era strettamente necessario, rigorosamente letterale. Si sciolgono le sigle
e si stampano in corsivo le lettere sottintese; ma si adotta rinterpunzione
moderna, nessuna ragione intrinseca rendendo necessaria la riproduzione
deir antica. Si stampano come una sola voce le unità fonetiche risaltanti
da più voci, che altri suol distingnere con un trattino (per es. aetanto
€u:quUh allaude ecc. per a^ctanto a^quillo a^llaude ecc.), per unifor»
marci cosi alla grafia del ms. e insieme alla realtà delle cose; oltre di
che per toglier di mezzo un espediente ortografico, il quale, ove pur fosse
nelle consuetudini della scrittura italiana, non cesserebbe per questo di
riescire fastidioso al trascrittore non meno che al lettore.
[e. 8 a] Uaando lo Re Botai lo intese, li disse, per grande cormoho: * Ore me lo
mostra, et ya farò lo tuo dtcto credendo la tua Deo. , Allora 8idrae sì eessa oao
poco in disparte, et rlsgaarda verso lo cielo, e feohe questa pivgiera: * 8ignot« Deo
piatasa, patrs creator» de lo cielo et de la terra, che ta creasti cielo et aoqna
et creasti angeli in cielo, et donasti alloro belletate et splendore et ampleeia et
longecza, e spinVa senza corpo; et voice esser* signorr et ribello p[#r] la
Il Sydrac otrantino, § IH. 51
cupidigia da la tua signoria; et ta, miBsere, lo traboccasti in V abisso inferno,
Cam taoti li soa siqaagi. P07, misser^, soaperisti la terra de lo dellavio et hami*
liastiti. Et la taa hamilltate dissese iH terra, et formasti tocte le cose corporali,
et Bpiriiuaìì; ta formasti Adam de terra, et dedistiii spf'rtYa de Tita; poy creasti 4
Eva de la saa drecta costata. Che ta mi digi mandare, per la tua sancta pietate,
la taa sancta gra/ta, aczo che ya pocza Tencere lo^ inimico, et convertire acte
questa gente menoscredente allo tua santo nome. „ E quando ilio abe facta qaesta
pregiera a Deo, uno angelo da cielo descese allay, et si li dixe: * Sidrac, Deo à 8
Audita la tua pregerà et ò esaudito te zecca tu diray ad qMtsti meniscredienti,
«t si ti crederano et tu confundaray lu diabolo et lo sua potere, et la gratin de
Deo descenderà sopra te, che tu saperay mostrare ad quièti meniscredienti, per
lo Tirtute de Deo, da lo comenzamento de lo mundo fini alla Tenuta de lo filho 12
de Deo in terra, et tu si Terache profeta; seray appresso fini alla Tenuta de lo
falso profeta, et allo finimento de lo mundo. Et ora prenderay uno Tassello de
terra, et poneralo in su tre stecchi allo nome de la sancta trtnitate, patte et
filio et spiriYn sancto, tre persone in uno Deo; zo è ad intendere ca ilio sera 16
pa^re filio et spirita sanc/o; et empleray quillo Tassiello d'acqua, et tu videray la
▼irtnte de Deo ìntro in qtitllo Taso, e poy lo mostraray ad qtitlli meniscredenti. «
Et dicto qutsto, P angelo si parti da luy. Et allora Sidrac tomao allo Re, et si
li dixe: ** Missere lo Re, yu tì mostrarò lo mio Deo, quale ilio ò. » Et lo Re 11 dixe 20
per grande ira : * Mostramilo, ca yu lu Tolho Tidere si ilio è melhore de lo mio
Deo.« Allora Sidrac dimandao cu li fosse dato uno Tassello de terra, et poy lo
fece empiere de acqua et prew tre stecchi et poy guardao intro de quella acqua,
allo nome de Deo, et Tede ineP acqt«a V ombra de la sancta trtnitate. Et poy 24
Sidrac grida ad alta Toche et disse: '^Re Botus, resguarda in quella acqua e
Toderay Deo de tucto lo mundo. Lo Re Tenne per grande ira, chò lu suo Deo
«ra stato arso et disfacto, et guardao ineU acqua, et vede I* ombra de la santa
trinitate, patte et filho et spiW^u sancto, in cielo stare in la loro sedie, V uno 23«
simile all'altro et sedendo, pa^re filho et spt'rtYu sanerò, e lo filho cu lo patte.
E<
[!it quando lo Re Botus vede quisto, si nd* abe grande joya ; parse alluy essere
propriamente in la gloria in lo paradiso. Et disse ad Sidrac: * Yu croio allo tua
Deo 0/ in Zocca ò foy et sera; ma yu ti prego che tu mi dichi comu illi so tre. « 32
Et Sidrac dixe: "Missere lo Re, so è sancta trtnitate, et si è et sera pa^re filho
et npifitvL sancto e so tre persuni in uno Peo. „ Et lo Re dixe: " GonTersano illi
insembole? „ Et Sidrac dixe: ** Sì comu ò lu sole, in tre cose et una sola et pWma
Bubstantta, lu sole, zo ò ad intendere lu sole propr/amente chi è in cielo: lo co- S6
lore e la propnetate si è lo pa/re, la claritate si è lo filbo, lo calore si è lo
aptWto sanc/o, che so tre cose in uno tenimento; cussi poy illi essere tre pe»*sono
in uno Deoy et cossi conTene de credere. „
Q.
Ivando Sidrac [...] questa ragione, multo piache allo Re e abe gran. Joy a. Et ^
poy gridao lo Re ad alta toco, e dixe : * Yu croio e adoro lo Deo de Sidrac, patte
filho e spt'H^u sancto, tre persone in ano Deo, e sancta trtnitate; e yu Telo lo
nome di mio patte et di myo auolo quale yu auea. „ Et quancfo lo Re Botus abe
4icte queste parole, la sua gente si corruchao fortemente et incotlnente gridare: 44
*Sia morto Sidrac I« et si sonde censii baro una parte insembole, et dissero: ''Lo
noefro Re à perduto lo sonno, et Sidrac lo incantatore V k incantato et àlli facto
xenegare lo buono Deo de lo sua pafre, et de lo sua avolo et sua. , Et poy andare
52 de Bartholomaeis,
allay et dittero: *Mitten lo Re, male aniti facto; la jostra gente ti è mnlta cor»
richata de Toy, ca aaiti creduto ad qtiilln incantatore Sidrac che per lo tua in*
cantamento t*à incantato et facto renegar« lo taa baeno Deo, et allo arto et
4 dettracto et confuto. « Kt lo Re Botnt retpote alloro et dJxe: ** Ya latto * e la tpo-
cza, et ti aio prìto lo fiore, et lo baeno Sidrac m*à moetrato la verdate IcSb)
et la claritate, perchè lo mip patte et lo mio auolo et yn et Toy elli yoètrì patri
ayiano maWaao Deo adorato in fini ad ora ; ma da ora inanti non Tolcerò altro
8 Deo ca qtiillo chi ò in cielo, et allo tua nome et la tua credenza Tolbo rivere
et morire. . La gente tua chi 1* audero tanto dire tinde eorucharo fortemente et
retomaro dreto uno de li play tapij de l*otte, per ditputare cum Sidrac. Allora
lo Re ef Sidrac forano contienti et comenzaro ad ditputare; et ìptti mottraro la
12 loro menitcredenia, et Sidrac mottrao la potentia et tapientia de Deo et ▼encili.
Quando ip^i miacredenti ti Tederò Tinti, non tapperò che ti dire. Si lì ricaro
uno bichiere pieno de crudele Teneno et dittero ad Sidrac: *" Se la tuo Deo è cotti
buono et liale comn tu dichi, biTi quitto bichiere del Teneno; et Sidrac ttete
16 la mano incotinente, et prete lo bichiere, et dixe: *Yn boTo quitto crudele Te-
neno, allo nome de Io mio Deo creatore de lo cielo et de la terra! « et diete quette
parole, bebé lo Teneno, et dÌTontao più bellu et più fritco ca non foy may. Et
Io Re Botai abe gran joya, et poy amao più Deo Terace. Et in qtii'tto Tenne
20 una fulgore de cielo et ferie li qnactru tapij et abacteli morti in terra. Quando
r altra gente Tederò quitto, al comenzaro a dire Tnno airakro: *8i lo Deo de
quitto homo non fotte buono et leale, quitto non aueria campato de qutllo bi-
chiere del Teneno, che non ti fotte immantinente tutto torbato, et quitti quactru
24 non t! auerano tuoti eoli cuttl arti, che diciano male de Io tua Deo; et per tua
detpeetn lo Toleano oocidere, et ipet to morti, et Ulo è tcampato. „
E,
lljt quando Deo fece quetta meraTelha per Sidrac, allora gran parte de quelln
gente ti conTortero, più de la mietate, et lo Re Botua Tenne malto credente in
28 Deo. Et qiiancio li diaboli Tederò ca illi aTÌano receputo al gran danno per Sidrac,
ti è intrato in altri ydoli, chi non «rane ancora dettructi, et gridaTano ad alte
Toohi: *^Re Botut, ' che Ày tu facto che ay creduto allo dicto de lo incantatore
Sidrac? oramay nuy ti lattarimo le tue offerte et iamay non le recheperimo, et
32 li tua beni dettruterimo, et tocte le toe bettie occiderimo, li tua inimici topra
de te aiutarimo, de lo tua bene et de lo tua reame ancora ti cacharimo, et li tna
fili et li tua parìenti imptcarimo a gran dolore; tucto quitto et peio ti farimo«
et te da quitti mali et do quitti pericoli Toy tcampare^ diadici zocca tu ày dicto,
3(> et fa rompere quillo Tattiello, et quella acqua gecta tocta li piedi de 11 caTallì,
imperiò ca ella ò tocta incantata de grande ìncantamienti et quilli tre ttecchi
fa ardere al foco. Et Sidrac lo incantatore chict* à tracto de la grandezza tanta
et degna de lo tua patte et de li tua antecettori, la tetta li fa talhare.,
^ Et quando lo Re Botut et la tua gente anno audito quitto, ti maraTelhara
multa duramente, et diventare tuoti ttupefacti. Kt quanefo Sidrac li Tede cotti
tmagati, ti ti foy multu corrìchatu et dixe: *" Re Botut, la tua credenza et lo tua
ceraio agi in Deo fermamente, et guardati che lo ingenyo de lo diabolo non ti
41 tomecta; che per lo potere de Deo de lo cielo, yu cofondarò lu diabolo, et la tua
potere. « Allora prete Sidrac una tcure et pe/Toste dono erano li ydoli, et dixe:
' Breve lacuna.
Il Sydrac otrantino, § III. 53
* Va Ti disfarò, et chacierò YÌa la diabolo ^er fona de Deo de cielo et de la t^iTa. «
Et roppe taoto omne cosa; et la diavolo vide zo» si non potea piti demorarf ; si
(ti parte cam li eoa compangni et fecero ana ¥000 eì forte et sì aspra che tocta
la ^nte «inde epaventava, et venne ano tremulizo de t^Ta ^er lo ingrenyo de 4
lo diabolo, che alloro fo tìm che tocta la tèrra debesee fondare de troni, et de
balleni et de acqua et de gradini, che tocta quella t«iTa parca che tocta deaeese
profandare. Qaando lo Re Botai vede quitto, ipeo et la gente saa si maraaiihara
molto, et Sidrac li vide tacti Bmagiti ; ti dixe: " Sire Re, non ai sconfortati, ca la 8
fona de Deo de cielo ò più forte ca lu i/igenyo de lo diabolo, et ptrth vi con-
fortatL Nay avimo incontinente la gratta de Deo eopra tacti qi/illi chi in luy
credono. «
Allora dessese ano angelo da cielo cam nna grande laminaria, et dixo: " S\drac, 12
priendi de T acqua de quillo vassiello et fande gectare in qaattra cantoni de
Talbergo, allo nome de Deo creatore et de la sanc/a trinitate, et pilha doy de li
«Checchi et fiere Fano sopra P altro allo nome de Deo omnipotete, et lo diabolo
fi confondarà. , Et dioto qnisto, V angelo si parte, et Sidrac foche la saa coman- 16
d amento, et facto qaisto la tempesta cessao. In qaella bora ano altro angelo si-
Mete da cielo cam ana spata de faeco, et ferie la diabolo et confose et arse
tacti quanti li ydoli. Et quando quilli ohi non erano conyertati Tederò queste
cose chi Deo faoea miracolosamente, tacti si coaertero alla credenza de la ve* 20
rache Deo [e. 4 a]. Lo Re Botus, avendo veduto tocte queste cose, et coma tocta
Toste sua s*era conertuta alla credenza de lo verachi Deo Signore et creatore de
la cielo et de la terra, si inde abe gran joya et grande alegrecce, et incotinente
adimandao Sidrac, et dixe : ^ Co significano * li tre stecchi et lo Tassello de la 24
t</Ta, et Tacq uà de intro H zecca tu fachisti in li qaactrn cantoni de V abergo,
ti li doT stecchi che tu feristi Tono sopra Paltro?, Et Sidrac respose et dixe:
* Misser« lo Re, Tolentieri ve lo dirò per la gro/ia Deo. Li tre stecchi significano la
«anta trtnitate, pa<re filho et spirila sanc/o, tre persone in uno Deo. Lo Tassiello 28
de la terra significa lo mando lo quale sustenne lo patre de la santh tnnitate;
l'acqua chi è intro significa lo filholo de Deo, chi venera nella Tergono, et
prenderà corpo, et quillo corpo serra salvacione do lo mundo et de li sua amici,
et cofandimento de lo diabolo et de lo sua potere, et de la sua credenza et de 82
It sua amicL Et quillo precioso corpo, zo è lu filholo de Deo, prenderà da la vei*-
«rene et morerà in croce et sera mise in terra, cossi comu Tacqua foy in lo va-
giello de la terra ; et quillo crucifigimento et morte liberarà Adam et li sua
amici de lo potere de lu diabolo. L^acqua chi gectaray in li quactru cantoni de 86
Tabergo significa che lo filholo de Deo sera baptizato in l'acqua et farà noaella
lego; li qaactru oantuni significano li buoni homini chi serauno allo tempo de
Io veraefae profeta, filho de Deo, et serauno de li sua discipoli, che scrineranno
lo tuo dicto, et la sua comandamento, et li sua miracoli, et serauno obeduti et 40
creduti per li quactru alimenti de lo mondo. Per quella scriptora confundarà lu
diabolo et lo sua potere, et li duo stecchi' chi yo batey Tono cam Taltro per
TabergOf significa li santi homini chi seraono discipoli de lo filho de Deo, ca illi
andaraoBO per la uniuerso mundo et chamarauno li gienti chi deoeriano essere 41
perduti, per la disciedenza centra a Dio, et couerteraunoli alla fede de lo verace
profeta et aaluaralli. , Et quanc^o lo Re Botus audiu dire ad Sidrac, ri li piache
' Ma. wiffnifano. ' Ms. stocchi.
54 de Bartholomaeis,
malto et abe grilli joya, et fermaatt più alla credenza de Dee; poy adorao Io
Boa nome, et ad illa credecte fermam^te, et comenzao a demandare li capitali
et 11 questioni innanti nominati per via de alfabeta, tcripte innanci allo iiteo»
menzamento de qaitto libro.
D,
'ea non hhe may comezamento né fine, nò averà; ilio foche la cielo et la
terra, et ananci che ilio la faceeee, sappe bene taeto zecca ilio deaia far»* et
r altre coee chi ilio fece; ei sappe la namero de li angeli ananti che ilio li fa-
8 cesse, et de li hommi et de le bestie et de li aacelli et de li pissi, et che morte
deae chaseadano fare; et sappe tacti quilli chi deveano esser pei-dati, et li loro
pensieri et li loro dicti et li loro facti et la loro Tolentate; et simile sappe de
tacti «qutlli chi deoiano essere salaati; et se qMeste cose non abesse facto, no»
12 Siria però di pelo nò ^ di meno, et aoendole facto, non Tale però di melho, et se
altramente fosse, non seria vero Deo. Dea fo senza comenzamento et senza fini-
mento, et la saa potencia fa tacto et per tacta, et si ò la soa sastanoia in tre
cieli: Pano si ò corporale, zo ò qaillo ohi noy Todimo; Taatro si ò spiW/oale»
16 so ò qaillo ohi nay non Tidimo, là doTO so li angeli ; la terzo si ò quillo là doao
ò Dea, la qaale TÌderaano li insti loy là Tisibilimente.
Ore Sidrao incomenza a respondere a lo Re Botns, ad tacte Io
soe addimande, et a scadona responde di parte.
20 l'ft prima ademanda si ò si Don poy essere vedoto.
D,
'en si ò visibile et non Tisibile, ca il In vede tncta et non potè essere sedato,
che nallo corpo terreno non lo poy ridere nò spiW/aale cosa; ma lo wpiritu
▼edera li spiriti; et se lo spirtVa ò baeno et josto, quanelo Tonerà lo tempo ap-
24 preseo la venata de lo filho Deo in terra, poterà essere ch'elli Tederà in U
Tergono, et pillarà qdillo corpo lo qaale sera aadito et Tedato, et farà zorc»
Toma farà senza peccato, et ipeo sera Dea moderno, che per U sua potencia sera
in cielo et in terra; et Tergono sera qMan<^o ella sera concepnta, et Torgene
28 sera da poy lo parta: et ilio se non prendesse corpo In la Tergane, nulla cor-
porale cosa non la porrà Tederò.
2. Et Deo ò in tucte et per tuctol^
[e 4b] Ueu si ò in tucte '^ so insembole, tocto tempo, che altro si ò ilio
32 potente in uno lueco comu in uno altro, costi comu illu ò potente in cielo, coesi
ò potente in terra, et in lo inferno ; et perzÒ che ilio ò potente là dono ipeu K
che acquellora chi ilio guberna le cose in oriente, si gobema le cose che so i»
occidente; et perzò ò iiln toctaTta' per tucto, ca ipeu goberna toctaTÌa tocto
36 le cose*
3. Tocte le cose chi Deu fece sentolo essere?
D.
'eu non fece nulla creatura che ilio non senta et loy non docti, cfaò quello
cose le quale ad nuy parano senza anima mortale, quelle TiTono et sentono soa
40 creatore; li cieli lo sentono, secondo lo suo comandameNto non finunu de gerare;
' BroTe lacuna. ' Ms. toctu*
Il Sydrac otrantino, § IIL 55
lo Mie et U luna et le stelle lo lenteno, ehe taoto tempo [...] in Ineoo loro, donde
•i moveno; la terra lo sente, che chatcanno anno rende la ino frnctn; li Tienti
lo eenteno et lo mare lo sente, che quando le tempeste si rabonaciano alla saa
oomandamento; Tacque lo sentono oa elle corrono al laeco donde elle esseno;
li morti lo sentano, ca li resassita quando allny piace; la nocte et lo jamo lo
eonteno, che issi scardano bene quella lego chi Deo alloro à comandato; et le
bastie aaoelli et pissi lo sentono, chò tncti secatane la natura chi Deo Vk donata.
4. Che fece Deo in prima? 8
I,
n prima fece Deo ano bello palaczo lo quale è appellato Regno de cielo;
et poy fece qoisto siecalo et poy lo inferno. Ma in quillo palaczo ad illi è
•lecto uno grande ordene de li saa amici, là donde ipei non esseraano jammay.
Poy che tì saranno intro, quillo nomerò Tole elli fare de li saa amici homini 12
•I coma è de li angeli per saa hamilitate, perso ca li hommi et li angeli adora
OB solo Deo in terra, pa/re et filho et spirito sancto.
5. Qaando foro facti li angeli?
A,
llora che ilio dixe: * Siano facti, et tacti li altri cam li angeli et cam Tar- 16
changeli, cherobin et serafin. « Et quando elactfero vede ca Deo 11 auea facto tanto
bonore et gloria sopra tncti li altri angeli, si disdinao li altri angeli, et Yolce
eaeere simile airaltissimo Deo et Yolce essere melhore de lay, et voice aaere altro
Iseeo che qaillo chi Deo l*aaea dato, et Tolce per la sao orghollo air altri co- 20
mandare: donde ipeo foy eachato de lo paradiso et miso im pregione de lo in-
forno, et cossi coma ilio fo prima bella et piacente, cassi foy poy saczo et
■paventevele et nigro. E non sia vera credensa che ilio erodesse cadere, et si
■on foy ana bora in gloria- Cossi tosta coma ilio fo facto ribello, cade, perzÒ ca 24
aon era drieto che ilio asagiasse de qaella gloria, che cossi facto ' aaea comenzato
eontra la sua signore, et li altri che coli a y tenero cadere collny, et si credeano
che ilio potesse a Deo formare et co ilio fosse altrosi sopra li altri angeli ; et li
pi& mostri et malori fora cam lay gectati in lo inferno, et li altri forano cs- 28
chati a lo pia spissa, là doao è. Elino ardono coma in ano foeco che jammay
miarrieonlia non aoeraano, nò dimandare non la poteranno.
6. Di che seranno li angeli chi so in cielo?
L
li angeli chi so in cielo non abero volentate de peccare invero lo loro creatore 32
ot perso no» cadere cam li altri et dimorare in gloria; e Deo donao ad cha-
•eadvno ordine et officio et gloria, et li angeli chi annnciano alli homini le
in«n eoee; et à altre manere de angeli chi ananciano alla comone gente, alli
nomini ' cose. Et so altre manere d*angeli, che si clamano Potestati, che coman* 86
doao alli maWasi spiriti et li signoreiano che poy non faczano cradeletate alla
hamana cosa ; et à altra manera de angeli chi ei clamano li tanti principi, chi
àoBO signoria sopra li maWasi spìriti et comandano alloro de complire lo ser>
▼icto de Deo; et à altre manere de angeli, so ò li dominactioni, che sormontano li 40
* B:eve Ileana.
I
50 de HartholomaeU,
altri dicti mnanci, et «o Bogecti per abidionza; altri to clamati troni, sopra U quali
sta la sedia [e. 5 a] de Deo, et p^r li quali tUi nsa li tua comandamenti. Altri
80 clamati cliembini, alli quali k dato tocto le Bciencie, et più intondiuoli crea-
4 tar^ li so tag^cti et Ber Tenti, che comu ip^i reegaardanu lo creatore de la creatura
de Deo» p^-fectamente rechepeno li secreti de le creatore. Et altri so nominati
Serafin, ardienti et intindieitti et accensi de Tamore de Deo, più ca nulla creatura
razoneyole, et de tocte ^ so tocte le creature de honore clie, intra Deo et loro^ no^i
8 àuno nulln altro Bpi'rtYu inmenzo.
7. Li diaboli fauno tetto cose et potunele fare?
D.
'e zo ca ip«i forano angeli et anno natura de angeli, si auno multa grande
sciencia, ma i>erò non fanno là tocte coso. Che alti'e [':*] coma loro natura e più
12 spiVf/uale che la natura di Tomo, de tanti so illi non più sapij de tucti inger-
nij; do le cose che so aduenire non sanno illi non se no tanto quanto illi nou
senteno \)ef le cose chi so trapassate; saluo comu Deo non lassa loro saperr
nuUa cogitazione.; et la volantate non fa nullo serio [?] qnAlo a chi Deo la volo
16 roTolare. Et non pozono fare zecca boleno, che lo bene ip«i non voleno ia fare,
et non poteno; ma ilU potano assa}- male fare, non tanto coma illi TO^Tanno,
se non tanto quanto lu buono angelo lassa alloro fare.
8. Che forma àuno li angeli et se sanno tutto?
20 In una manera auno li angeli forma de Deo, che cossi fo la semilhanza de
Deo in loro, comu illi so lucenti; et so senza corpo, pieni de tocta bclletate« N^
la natura de le cose non è cosa cu ìps'i non sachano et veiano tucto in Doo;
et de tocte quelle cose chi soleno fare si auno potestate, senza nulla grauecce:
24 et perzò ca lo numero de li bueni angeli fosse compiuto, si foy facto V omo et
si fo facto de corporale et de spi/*//uale sustancia. La corporale fo facta de qui-
eti alimenti, ca Tomo ave carne da la terra et de la acqua la sange, da lo
evro r animo, da lo foco lo calore; lo suo capo ò ritondo, comu ò lu forma*
28 mento, et si à doy occhi altresì comu lu cielo à do\ luminari, zoo la sole et
la luna; et comu lu cielo à in sé septe piancte, cossi à Tomo in la testa septe
portasi; et comu Tayro à lo Tento in se et li truoni, cossi à Vomu in lo pecto
le grande alene et le gran tosso; et comu lu mare recepe tocte Tacque, cossi
32 recepe la Teatro tocto le cote; et comu la terra snstene tocte co«e, cussi suste-
neno li piedi tnc/u lu piso de Tomo. De lo celestiale fueco à lu homo la Tednta,
et de la più alta aria à lo naso, et del più basso lo sontìamento de lo naso, et
de la acquala calore, et una parte de la durecza a Tosso; la Terdora de li ar-
de bori à illu in li occhi ; do la spir/toale sustancia à T anima, ca è scripto in Io
libro de Xoò ca iliu è alla ymagine, a la forma de Doo; la ymagine de Tomo
intenditi la forma de loy. La semilhanza zo è la qualitate et la grandeza, la
dÌTinitate si e nela trinitate. L* anima si tene la sua ymagine, ca essa è me-
40 moria per la quale rimenbra le cose trapassate, et quelle chi so a beiilre, et
si à intendimento per lo quale ella intende le cose chi so audite, et qnelle chi
Tomo i>ote TÌdere; et si à Tolentate p^xhc ella dispresa li mali, et fa li beni* Et
* IJreve lacuna.
* lì Sydrac otrantino, § III. 57
ìH Deo 80 tocte le cose et tocte li t irta te et tacto altro ; ti coma Doo non poy
etsercf contenuto intro la sua creatura « con ciò bì è coBa ch'ella co/)ipre>ida
tocte coee et lo cielo no» la po3' ponto contrastare eh* ella non sepia assay do
le celestiale cose e inferno, alt/H) si che zo è la spiriVuale sabstanoia. ^
9. Fece Dea Toma calle saa mane?
Uolam^nte p^r lu saa comandamento, et perchè potiamo intendere la (patina na*
tara de Tomo ; et si li fece de si yile cosa per lo confondimento de lo diabolo,
spzo che li aaesse onta che si fCAtiaa cosa montarà in fi:lona, là donde ilio era 8
tàcto de qnactra alimenti, coma qaisto secalo facto; et si abe nome de le qaactra
parti de lo secalo: saans, carboni, tramof, trobisamaf, che lo saa legrnaio deve
empire le qaactra parti de lo secalo. Ancora abe la simillanxa de lo nostro si-
gnore in questa manera, che altresì comò è lo no8^ro sig^nore et sopra tocte le 12
coM in cielot cassi fece Toma sopra tocte le cose in terra; et pei'chò sappe ca
ìp^ peccara, si li fece TaUre cose corporale, perchè sapea che d^averia mestieri;
et li fece le mosche et le formiche et le altre viermi per contrastare all'or^ollo
de Toma, azo che, quando li pongano, che illi si remembrano che [e. 5b] multo 10
*o ca<*ttTÌ, che non poteno riparare cossi pichula cosa ; et le formiche et le ran-
nitelli che travallano in le loro opere si danno exemplo che nuy deiamo lavorare.
>^l nay sgoardamo bene tocto czocca Dea fece, si è ano gn^an dilecto, che li fiuri
ouno belletate, l'erbe anno medicine, et fraoti de la terra si pascano. La viento 20
et lo sole et la aria portano signifioanza; et tocte quelle cose chi so bone tocte,
90 facto per Tomo, et foro facto allaude et ad gloria de Deo.
10. Dove fece Deo Adamo?
[.
n Ebron, là dovo ilio foy poy morto et sepelito ; et qtiando fo facto, fo mise 24
il fMiradiso, zo è ano dilectoso loco in oriente; et qua so arbori de diverse ma-
nerf et so boeni centra più infermitati, che ve n'à ano tale che, se uno homo
ds manjasse, jamay fame no» aueria, et se de l'acqua beuesse, may sete non
ancria, et si de lo terzo manjasse, may lasso non seria; et al diretano si illi 28
mai^jasae de quillo chi Tomo appella fructa de vita, may non vecharia, et no»
ÌMfirmarebe, né jamay non moreria. In cotale paradiso fo ilio mise. £t Eua
.ebbe] facto in quillo paradiso da lato de Tomo qManc^o ilio si dormia, zo è ad
intendere de lo sua costolo, aczo che, comò foro de una carne, cussi fossero de 82
ona volantate et de uno ceraio. Et Deo voice che Adamo fosse simile alluy, che
altresì, coma de I03' dicevano tocte cose, altresì dessesero da luy tucti li homini
d'Adamo, et però fo facto Eua da luy; et feceli tali ohe poctessero peccare per
msiore merito auere; che quando ip«i forano temptati, se non abessero consentuto $f\
alla demonia, ilio non sarebero allora si affermati, ohe jamay nò ip^ né altri
non aoeriano potuto peccare; et avanti che peccassero erano nudi, et no» si
vergonyaTano de qnillo menbro più che de li echi loro; et sì tostu coma illi
l'0«-raro centra lo comandam lento de loro creatore, si conobero che illi erano 40
noli et spullyati de lo vestimento de la gratta; si si vergonyaro Tono de Tautro
^tabero intra loro una grande confusione et vergonnya do li loro menbri. Et però
«'he Tomo sapesse che tocte le scarte deoessero essere calpabile de qt/i'Uo peccato.
Kc nostro signore, vedendo che grande bene et profecto deuia essere de quella 44
Kacta, et innanci che illi peccassero, vedere Deo im paradiso; la diabolo, che
58 de Bartholoraaeis,
[ebbe] malto grande inTidia de czoeoa ilio deaeano montare donde Illa era cadato*
et bì intrò nel serpente, et parlao alla femina, et si la ingaitnao et el toeta coma
ella foy creata, coni fo ingannata, et non stecte in paradiso se no tepte bore.
^ Alla tersa bora, mese Adamo nome actote le bestie, et alla tersa bora manjaa
la femina In pnrao et sinde donao allo bqo marito, et qnillo de manjao, per la
saa amor«; et aU*ora de nona foro gectati tote de lo paradiso; et sopra so des^
sese lo angelo obembin obe portane nna spata cbe parea fiamma, et qaelU
8 spata era ano maro de faeco, donde qnillo paradiso fo intorniato. Appresso
qoillo peocato, cberobini fay rangeln grande cbe le fecbe distringere lo corpo,
et di spingesse arroto lo spirito de lo paradiso, cbe nallo spirita jammay Y^en-
trarà fino actanto cbe lo filbolo de Deo venera in terra et mororà pendente sa
12 de la crocbe, per questa disabidiensa cbe Adamo fece Terso la sna creatore. Per
quella morte spengerà In faeco de lo muro cbe oingnle la paradiso, et romperà
le poi*te de lo inferno, et tirarànde fore Adamo, et li sna amici, et meneralli in
lo paradiso celestiale; tncti qnilli cb*amaraano, et li quali seraano amici de
16 Deo andarauno in paradiso, et non tronarauno ootrasto. Et però certo deue Tomo
credere ad cotale Deo, ca manderà lo filbolo da cielo, et abandonarallo ad morte
crndele per nuy salaare et liberare.
11. Quando Adamo fo fore de lo paradiso dono andao?
20 Illa sinde Tenne in Ebron là doTO fo facto, et generao filboli. Et Cayn occise
Abel et Adam pianse Inngo tempo U morte de lo suo filbo Abel et d*alom in*
nanti Adamo non si Tolce adcostar cum Eoa sua milbere; ma, per casione cbe
Dea non Tolea naseere de la malaaea scacta de Caym, si fo amaistrato da l'angelo
24 cbe denesse jacere culla mnlbere; et ipeo lu fece, et ingenerao Setb, de la quale
scacta nasserà lo filbo de Deo. Et sacbati tucti per ueritate cbe [o. 6 a] da lo
tempo de Adam allo tempo de Noè, non ebobe ' may né non parin Tarco in cielo,
né la gente non manjan carne, nò bobe vino; et tacto quillo tempo era bello
28 coma ò di state, et si era abondansa de tocte cose ; et tacto qnisto romaee per lo
peccato de 11 gienti«
12. Fece Adam altro peccato inverso de In sua creatore, ee
no cbe ilio dissubedia lu suo comandamento et manjao la pumo?
32 Jl^l on cierto, ma quieto fu multo grande peccato, per so ca uolce eesere Deo et
però mansao lo pomo cbe Dio auea defiso, cbe deuea fare lo comandamento de
Deo, cbÒ nulla cosa dò fare la creatura con tra lu sua creatore; certo, si tu foeai
ananti de Dea, et alcuna ti diceese: * regoarda arroto et, se tu non fay, tacto lo
9$ secalo parerà « ; et Dea ti dicesse : * ya non volbo cbe tu regoardi a dereto «, ta diai
fare lo oomadamento de Deo; et altro non deeia nò volo da nuy, se no eaaere
obeduto Et cossi fece Adamo; ilio era dananti de Deo, et cossi tosto eoma la
diabolo lo nvitò, ipeo si guardao arroto, et però fece Illa malore peccato che
410 tacto lo scieculo in quillo solo peccato ; fece illu uno criminale peccato, per la
quale incumbrao tucti quilli obe deneaoo nasiire da luy. Et lu primo foy Im
ioperbia, ca Illa Tolea essere slmile allay, so ò a Deo; lo secando foy in obe»
Xeir interlinea il copista ba scritto: *idest pluit,.
Il Sydrac otrantino, § III. 59
diensA, ca ìlio paasao lo comandamìento de Dee ; lo terzo fo la avarioia ca Ilio
▼olse più avere ca Dea li aada dato» lo quarto foy sacrilefcio, che Illa prete in
•è locca Deo li aoea deBeo; lo quinto foy la epiVi/aale forni catione, che la sua
anima era comonta ad Deo; ma quando fece la voluntate de lo demoniu, li fece ^
centra Deo, et auoltero, per zo che li pr^se morte de lo sua verace tpiritn; lo
•exto foj omicidio, ca ilio occise se medeeimo, et li altri che deuiano naaser^
de Iny; et la leptima foy f^hiotornia quando cussentia alla Toluntate de la fé*
mina, et manjau la pomo chi Dea li auea votato, et tolse Io honore addio; et B
qMillo peccato li conTenne tnre lo disfacimento, che chi Taltruy tolle rendere li
conaene, et per Tamentamento trova Tomo mecé; et p^ò ohe Adam deuia far^
aaiitfaeione addeo, ilio è ancora in tenebre, et starà là fini actanto chi lo verachi
profecta filholo de Deo venera per lay liberarf.
18. Che cosa tolse Adam a Deo, et coma li deuea rendare?
12
A.
.damo tolse a Deo tacto zocca ilio deuea fare et zocca deuia nascere da luy,
altreal di ricievare lo diabolo; coma illa era vinto da luy, illu et tucti quilli che
deviano nascere da loy in tale m anera ristaro comu «e illu non abesse peccatu 16
aii qua, però ca avea malore peccato facto, che tucto lo mando li deaea rendere
tale eoaa, che fosse più grande che tucto lo mando; ma illu non poterà fare
né Tuno nò Tautro, et però remase in gatiuità.
14. Perchè Adam non foy perduto del tucto ohe si gran 20
peccato fece?
P.
ero ca ilio non poy essere disfacto zocca Dea avi a stabilito et proveduto,
cbe ilio compirebe la numero de li anireli sui et de lo Ugnalo d^Adamo; et in-
tendere che Adamo auea uolentate d*emendare, ma Deo non li voice perdonare 24
né metterulo nellu sua regno, tale comò illu era : ca se Dea li auesse perdonato
1a aoA onta, però che lì non potessesi disfare; dunca nasseriano del tacto po-
tente, se iUo mietesse cotale homo in la sua gloria, senza menda, donde ilio
•sea gitato Tangelu per una sola cogitazione ; adunca non seria illu dricto; però 28
deve ««sere la vindicta de lo peccatore; quando ano homo trova una petra pre-
ciosa, in ano fango, illu non la mett[er]ia ja nel sua tresauro fini ad tanto ch*ella
noe fcNse lanata. Et però ca lu seruo ti è fidele de la sua signore, si è tanto
andato che lo mese in carcere, si sera mandato lo filho de lo Re chi bacterà 32
le tiranno, et remanarà la seruo alla saa signore in la sua gm^t'a, ipeo non
pota tornare quando foy caduto, che altresì [e. 6b] corno illu fo ingannato pei*
lo iogetinyo de lo diabolo, che quando illu avea la volnntate de retomare, però
che ilio non potea essere si dirieto cu Taltn potesse ayotare. 36
15. Perché non manderà Deo uno angelo et facesse uno
altro homo per liberare Adamo?
S.
it lo angelo ricactasse lo homo, adonca Tomo seria sua sierno, che Tomo deve
^re rifacto simile allo angelo; cb è Tomo è folle in la sua natura; et se illu 40
si tenesse homo, tanto auera meno de potestate, et si facsse uno altro homo et
mendaseelo per loy liberare. Adonca no>i pai tenerla pui.t) la racrone alla scacta
de Adamo. Et però ca T angelo non poterà recactare Tcm^, né ipeo per se me-
()) de Bartholomaeis,
dai^imo non poterà sodisfare, si prenderà lo fìlho de Deo prtmam^ite ca^Tie in
uia sola parsone, facta ad manera che illu sera Dea et lincerà la diabolo, al-
t:^%\ coma lo diabolo Tence Thomo; et auerà potestate sopra tocte cose, comu
4 Deo, et si s*aperarà lo cielo ad tucti quilli chi nchi deoeno iiitrare; Taltra ma-
nera sera che illu degenera homo et farà zooca Tomo deue fare senza peccato.
16. Perchè Torrà illu nascere de Terilene,
et coma sera ella verbene, se nascerà de lei?
8 Jl er qiMictro ro anere, sì coma fece Deu V orna ; alla prima, qu<in<lo Adam fo
facto, non abe patr^ né matre, et cussi nascerà lu filho de Deo de la Terilene;
Ubo sorà lo ftlholo et ipso medesimo sera patre et ella sua fitha sera soa matrT.
La secunda manera, de solamente homo, si comu Eua chi nascio de lo costole
12 d<> l'omo. La terza manera p^r la sua potencia et per la sua Tolentate. La quaiia
minora solamente femina per confundar^ la biabolo et liberare Pomo da lo sun
])>tere. Et da lo incomezam^nto do Io mando sf^uardarà Deoquilli chi più Tama-
rauno, et lu sua comandamento farauno, et lu sua ben^dicto nome adorarauno.
l^ De quillo lifj^naio sera electa la verf^one, che sera necta et pura senza peccat»
et fiorita do tocte di{?n itati. Et ingenerarà lu saluatore, senza nullo delieto et
senza nullo dolora et parturerà; et lu saluator^ et intrarà in lu sua corpo et
p*v-ò sera in guifia altresì coma è lu sole, che intra et esse per lu Titro, et
2i) non dagneia. Et inde lo sua ventre portarà la humana natura et demorarìi
none misi, perzò ca ilio coni>lerà li none ordini de li angeli de li gientì, chi
nattcerauno in qr/isto sieculo, et tocte le cose saperà ipso, quando sorà nato:
i-nnu Deo chi ipso sera, et secundo la sua potestate tocte cose poterà farf ; ma
24 illu vorrà in tucto tenore la natura de Tomo senza peccato.
17. Qua/ito visse Adamof*
V
damo visse novicenti anni, et quando venne ad morire, illu mandao Setb
Mio filho allo Aufcclo cherubini che li donasse guarimiento de qNtllo male donde
28 i*lu era molatu. Et Soth andao alla porta de lo paradiso et voice intrare intro,
ot Tanfrclo la vede alla poKa et illu li ademandao sanitate p<r lu sua patre. Kt
lo angelo li donao tre granella, et disse: "" po/*ta qt<esto allo tua patine, et mietili
in la bocca, qualunca Tono de queste granellc si lu liberarà de grande iiifir-
32 mitate, et lo comadamento de Deo si è cincu die et menzo. , Et Seth to#-nao ad
Adamo et moseli * le granelle in borea et dissili zecca lu angelo Tavia dicto.
et si lidixe: * patre, no^i ti sconfortare; la angdo mi à dicto che dacquà im cinca
jtirni et menzo guarcrai. « Et Adamo sospirao et dixe: *lu jurno de Deo si è milh
3,; anni. « Et poy moria Adamo et li diaboli pr^ntero la sua anima ad gran joya et
s Ila mesoro in lu inferno Lì noui centi anni chi tìssc Adamo, significano ca ilio
f«'oe dissobedientia vero Deo: si deédegnao la copagnya de li nove ordine de li
Angeli; le tre granelle significano che naHoeranno d*essi tre arbori, che su al*
40 Tuno s<>rà crucitìxo et perduto lo filholo [e. 7 a] de Deo. Et Adamo guararà do
ii'tA\h infirmitate per quella morto che lo filholo de Deo farà et sera deliberai'»
ili» lo inferno, et tucti li altri amichi de Deu; li cincu Jurni et mense significano
ciiicu milia cine urenti anni che Adamo starà in pone de lo inferno.
* Prima: nió*//; ma Vi fu e«t'nto cdu un punto soscrit^ e sostituito da e.
Il Sydrac o tran tino, § III. ^ 61
18. Perchè è nominata morte et quanti morti eonto?
R
enò ca ella è amara, et perchè Adamo mone la poma chi li fo Totada p^rzò
fumo naj morti. EUi so tre manere de morte; la prtma è quella che non è ma-
tura lì comu è de fancioli, et quella che è multo tiferà sì coma de Techy. IVr ^
lo peccato d*Adamo è ordenata la morte, et Tuna generacione remane ad preieo
r«ltra per la oita. .Altresì fossero iiiTitati da Torà do molto in multo. Et alla fine
fossero tacti simile d* angeli. Ore queste so doy manere de moHe corporale; la
terza si è morte eternale zo è de quilU chi morene in peccato mortale, chi so 8
dannati etemalemente alle pene de lo inferno.
19. Xoya nulla alli homini de quale morte ip«i morene,
oy de subito oy per altro modo?
X<
Jion noya ià né tanto nh quanto, che qiiilli che puro pensano che devono 13
morire, non morene de subito; eczo facono medemmo li bueni. ca in Deu creduno,
et la sua comandamento fauno ; et comn ca illi morene de morte naturale et
chi siano occisi per ferro, et chi siano arsi oy nectati in acqua oy in pecati
t'Orna larroni, oy che siano morti per la mala ventura. Non credati vuy p^rzò 16
cu ella sia altra che preciosa morte ; qoantunca parga ella vitoperosa allu mundo,
pr'ciosa h in la sg^ardam«nto de Deo, che la sua justieta ne li sui bene farti
DON poteno essere perduti. In cotali manera non noya air omo lo morire, che,
N' ìlli anno facta alcuna cosa in qutsto sieculo, che fare non dovessero, per la 20
fratnleza de la debile carne, silPò tucto perdonato et dimise per la pena de
Tanpra morte ; che de la morte de li mali homini che non credono in Deo et
non fanno lo sna comandamento, illi non anno g:ran profecto quando iUi non
pQj^ano ad morire, et long^amente piang^ono infirmi, che de quale morte essi 24
morene, ella è ria per loro ca non so morti in Deu, nò illi la volcero pensare,
;»erà è alloro la morte multo pessima, et non credano coloro ca vivono (?ran
tempo appresso nuy. Deo de la cielo mandarà alloro bona leflre, nove comanda-
mi/iti; abefrny a che illi siano credienti in Deo, ip^i non temano li novi coman- 28
<Umienti che li mandarà alloro, et morerauno d* aspra morte, et non sera al-
loro nello prode; et non credano li altri ohe oeranno appresso de loro a gran
tempo; et Io filho de Deo desceoderà in terra et comandarà a loro una bona
letre et insta, et crederanno in luy, che illu è verachi Dea. et non focone li sua 32
eonadamenti, che illu auerà comandati alli sua officiali; aspra morte non pro-
fetare alloro nulla, nò tanto nò quanto, anci noyao al loro corpo e vituperio
de fili et de amici sui.
20. L*anime coma vanno in Tautro secolo? 36
G
•ossi coma li malifaetori si menano alla justicia, ad grande conipagnya de
raripenti, et non saune altro fare ca la justicia; altresì quando Tanima si deue
partire da lo corpo mortale, si s* adonano gran moltitudine de diaboli et por^
e «
tsoola In lo inferno. Et se quella anima ò stata credente in lu sua creatore, ella 40
•era liberata da la compnya de Adamo, quando lo filho de Deo romperà lo in-
ferno. Et ae non fosse credente in lu sna creatore, sera gectata in Io inferno, et
tura là sentpremay. Ma allo tempo de la credenza de lo filho de Deo, sera tre *
«iv« Bartholoinaois,
\
«.t.
K «>^
"*v
s.
««« loro che le. 7 b] viaaraano jaitamente, et U \oto
^ aT«imnno facto loro comandamentu. Quando V&ùmt
^ ^ *' «>M^*«^.« •'aMmblaao flrrAndemaUitiidmedeAn|;ell,etmer&UQ
,^-«» iv >^ «Nrilo chi la guarda et flraberna alti pmecutiom et tri-
^ Nx^Mar^MiMla^ cAMtando 9t laudando Deo, in paradiso celetti&le. U m-
'*» «*^ "W ^iiAU chi moreno et non aTcrauno facto panto de be [iìA
^ -^ iM»iK #t i|i«i ai propensaranno de la fede, la quale lo filho de Deo
#t C\>maiidata, et e* amendaranno dìnanoi de U loro morte.
^*"^*^' Vf^tMk ^•^ teiera da lo corpo e mortale, ei venera T angelo de Deo,
^^^^% M «* Tà data al maligno ipiriVo, che la porta in uno loeco de
^^ « v^Auaa porgatoriu ; et ip«u la menarà in qmiIIo laeeo, et non U
^iv «^aW |iltty, tanto quanto V angelo 1* à comandato. Et quando ella
t«Miw <M ìu bueno angelo anderà appillarela, et menteralla in partdleov
' ^^^ «M««»o l>altre bone anime. Et la terza manera de menare ranlmoeetà:
' - ^*^ %^ <«a «rbe auerà toctavia male facto, ed è partita da qictato eeculo in
^v.«A^ «M l^re de lo comandamento de Deo; ai venerauno grande maltìtodine
« «^^K^^^v •! pilharannola et a grande onta la menarauno in In inferno et là
i^A -• eiMMplienia eecula.
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V
21. Di che cosa è lo paradieo celestiale?
Mmdleu celeetiale ti è la Yleione de Deo chi Tomo la uede da fache ad .fache,
>4(e< e» locte le Joye et li dilecti che io et forano et serauno in quitto aecnìo,
•<^« airrano de le cientomilia una, de la Joya et de la gloria che aneraano
; ai^inie de quUli che Tideranno Deo ; ip^i non deeideraranno aanitate né beUeia
^1 «4 ^Mea, p#nò ca quelle anime chi viderauno Deo, anerauno tucto et aenuuio
NSMilienti, et altre non deeideraranno se no de nedere Deo nolo.
Quale foy facta prima, Fanima oy lu eorpo?
L
corpn foy facto in prima de quactru alimenti, io è de ayra et da faeoo,
19 de aequa et do terra; et ai à .iiii. compleseiuni in tè; et quan^^o foy fomato *
noifro Signore Dw^^ per la tua grolla ti li tufflao alla fache apirifu de vitA« et
donanli la algnoria eopra tocte le coee in terra, et co foate signore in lenm lU*
tretl coma I>en è in cielo; et de Adam fece Eua tua compagnia, et non vòloa
8S da luy altro che ubedensn, al comn Tuy Taviti audito Perchè ilio, tln da la «oa
comandamento, ai foy tpnllyato de lu Tettimento de grada, et gectato de io
paradito.
28. Chi parla tra lo corpo oy Tanima?
86 Lio eorpo non parla ; Tanima ti è qMclla chi parla, peraò ca Tanima è epa j^»
et lo eorpo d è mortale. Altresì, comn ti uno homo foeee toprm una beati^
la mena là dono illu Tole, et la bettia lo porta, ousal ò de In corpo m^
Tanima, che tocca lu corpo parla et face, ti è per Taaima ; abengnya eta« li
40 corpn abease volentate de fare una cosa, ella lu pota contrastare cu non la fi
perso cn è pih grande culpa ali* anima, e* a lu cuerpu; et lu cnerpo è fac*«>
terra, et In terra dene tornare et morire 11 convene, ei no à si forte natura
% Tanima chi moriie non potè, né nullo travalbo non tenta donde raainsa
Il Sydrac otrantino, § III. 63
grande pataw sopra lo coerpo ohi lu caerpo non à sopra 1* anima; ella potè
nmlte cose, et dare alla corpo, ohe la caerpa non la pò botare al lei* Et pei*ò
dichimo noy che Fanima gobema lo corpo, et falò movere et sa tocti 11 argo-
menti che la corpo non la pò fare all'anima, maczo ohi lo corpo opera do sé 4
medesmo; et so potiti Toy vedere apertamente, che quan<lo Tanima si parte
da lo corpo, la corpo diaenta la pih leyda cosa de lo mando, che parlare et
mntare non si potè. Et perchè Fanima d parte da lo corpo, et non more may,
▼a et recepì coma ella è affaoto nella corpo, doao ò stata, et secando coma ella à 8
gobomato et facto in qaello corpo nello qaale è stata, [e 8 a] cossi recepe ; et
pò deae aaere Fanima più grande colpa oa lo corpo, che per loy fa el corpo
tocti li argamenti ohe li face ; et si è F anima facta de vita, et in vita deve
tornare, et si ella non foxe ootente de lo male ohe fa lo corpo; adanca non 12
eeria dannata né mesa in gloria per lo bene che fa; lo corpo saperà qaillo che
averà oy Fano oy F altro, zo è la pena et la glorta- Ma perchè taoti li argo-
menti che lo corpo fa ingengnyo per ley sera pih cnlpabele et dapnatio [sic].
L,
24. L'anima è sptrita solamente? i%
é
'anima è spirt/a solamente ca non à corpo né membra né poter[e] né tenere,
né poy vedere coma poterà sentire joya né gloria in paradiso, né pene, né do-
lore in F inferno. L' anima si è spt'nYa solamente, et lo spi'rtVa si é F anima et
ai è si factile cosa che no si pò vedere né prendere, et è logora coma la vento; 20
né niorife non pò« né manjare né bavere non volo, et si cientomilia anime foxera
ponto aopra an pilo, non peoaria né pih né meno, et si assagia Fanima, à grande
gloTM et grande pena che, qnan^o la bona anima se parte da quitto secalo,
lAOontinente reeepe vestimento de gra/ia et de gìifria^ et sente la glorta de Deo, 24
intra li angeli, senza fine; et la malaasa anima, quanefo si parte de qnisto se-
colo» eUa reoepe vestimento de pene et de dolore, et incontlnete è menata in
io inferno oy alla paf^atorio, là dove admeretao de stare. 8i ella vay alla in-
ferno, là starà senza fine, et si vay In pargatorio, ella si pargarà tanto qaanto £8
averà aadìafaeto qntllo chi in qnt'sto mando ave facto. Et poy in ano moaimento
■Mmtarà in paradiso celestiale, et allora sera spoUyata da lo vestimento de la
peoA at de lo dolore, ot si vestirà vestimento de gratia et de gloria, et so sera
dopo la nenata de la filho de Deo in terra. 32
Lo
25. Qaale è più sicharo, Fanima oy la corpo?
corpo è più secaro; mass danneggio n'aviene de lidae, però Fanima è più
psrieoloea ca lo corpo, cossi coma doy homini, quando vanno per an camino peri-
ealoea, Fano è ardito, et Feltro è codardo. Lo codardo pensa in sé medesmi et dice: 86
* yo [eo] in oompagnya de ano valente homo ; si alcano ni assalhya, Illa defen-
derà eé et me«; et per qaesta raczone va la codardo secaramente; et lo valente
^«■■a in se medeemo et dice: ** ya so in eopagnya de an codardo homo; si alcano
ni Msalhe, ipen fogerà, et ya remaaerò salo alFassalto, et aerò la priio et morto. , 40
Et per qoasta raczone F ardito dablta, et non va secaramente. Et cassi è de la
corpo et de Fanima. Lo eorpo dice: * yn farò li mia diiecti et la mya volentate «,
•t qaioado yn moro et ya divorò terra e no mi calgla che avene de me. , Et
F oaim* dioe : ^ lo eorpo mi tene malvasa compagny a, et menerammi in male 44
•t periealoeo, et al diretano yo averò pericolo et pena, et alla fine com-
OA do Bartholomacis,
bene che sia in pene commeto, zo è ad intenderf ea lo corpo è lo codardo et
l'anima ei è T ardito, et iipitso abene più grande male de lo codardo che non
fa de r ardito p«»* multe cose.
26. Doto abita Tanima?
h
Tanima abita in lu saa Taasielln, zo è ad intedere per tncto lo corpo denti-o
et de for« là doro è la lange. La lange si è la Taseiello, e lo vasBiello de la
saiigre è la corpo, et là devo non è sange l'anima non yì demora, zo ò ad in-
8 tenden» in lì dienti et airongae et alli capilli et alli pili; Tanima non abita in
q fusti laegy perchè ca non anno lange; e la daelo de queste qaactro cose che
nay avimo nomate si è p«/*chò le loro radicate toccano la carne, là doTo ò la
eange, et p^rzò dolono ip«i : ma chi li talhasse oy inciendeiee et le loro radecate
12 non toccasse, ipsi non doleriano punto.
27. Coma non poy dimorare Tanima in lo corpo,
(iuando la sange d'è tocta fora?
A,
.Itresì coma ò an fin me pieno de pisci et Tene an homo et tocta Tacqva de
16 qoillo fyome tpargie appoco appoco, tanto che tocta Tacqua è perduta, et 11 pisci
poy se trovano in tcra, [e. 8b] donde lo convene morire, et allora Tene Tomo et
si li pilha; et l'uno fa arrostire et l'altro lesso, a l'altro fricto, secando c'à luv
piace, et coma so buoni ad manjare ; et cossi adeuene de l' anima, quando lo
20 corpo perde lu suo sange, et de qualunca manera l'anima si sia, oy bona oy
rea, l'anima Ta toctaTia indebilendo; et qtmncfo lo sange è tocta foro de lo
corpo, l' anima salta corno lo pisce, qi«in<^o li troua sopra terra senza acquo.
Adunca si paz-te l'anima de qiiillo modesmo lueco, ca non potè più demorarr,
24 perzò ca ella à perduto la sua notritura, zo h la sange, altresì come lo pesce
perde l'acqua. Adunca li conTene partire per forsa. EUi piscatori de l'anime
bone et de le maluase, zo è ad intendere V angelo per le bone anime et le de-
moni per le maluase, si Tene allora chi la sange è consumata intro lo corpo,
28 on' è uscito per forsa de fore, et pilhya qudla anima et si la porta in qnilio
lueco, ohi essa ameretano, in quillo corpo, donde ella è suta, et si ella à ben*
facto, ella sera alla compagnya de lo filho de Deo, et si ella à male facto, sera
de la compagnya de q utili de lo inferno.
32 28. Como tìtc la gente?
R
er multe manere li homini morene poche anno complito loro termino ehi
Deo à loro dato. Et li altri morene per grande forfacto, che iUi fanno Torso lo
loro creatore, altresì comò lo serro chi è chachato de la casa de lu sua signorr.
3Q inna[n]ci che lo sua termino si compia, per lu sua mal fare inTerso de lo sua si-
gnore, et perzò lu cacha fora de la sua magione nanci lo termino. Altry so che
morene nanci dato alloro da Deo per forte malatie che loro adeuene pe»* su-
perisi mai gubernare. Altri so che morene per difecto do non aTore le cose n»«
40 cessarle che bisognano allo corpo, per mantenere la Ttta* Altri per bactalhye,
et per multe altre manere, che nulla persone de lu mundo poy TÌnere uno solo
punto ultra lo termino chi Deo l'à dato, ma per sua forfatto poto anci morir*
de la sua termino; et in lueco de lo forfacto pò elU bene fare, et sarà demorato
Il Sydrac otrantino, § III. 65
mila casa de lo ina BÌgrnorf, et col tuo amore eomplire, et In taa termino, là doTO
ilia n foflte sofferto de mal fare, si averà bene facto. Et cossi fanno li pienti lo
bene et lo male, per loro Tolentate ; et da qual morte illi non morene, de la
Jnstìcia de Deo non poteno faf^ire che tncti per la sua sardamente con bene cu
passano lì buoni com li rey.
29. Como pò l'omo sapere che Deo facesse Tomo
alla sua similhanza?
N<
or troyiamo in lo libro de Noò, lo bone seme de Deo, che quando la hu- g
manitate de Deo voice fare Adamo, si disse : " Nay farimo nno ho*no alla nostra
•imìlhanza. „ Et la parola foy alla diTinità, allo sanerò spiriYn. Et acqnela parola
sapimo nuy che Don fece Tomo alla sna similhanza» et che so tre persone in
ano Deo, che li poterimo bene avere de tncto; nny faremo in nno, zo è essere i%
stato ad me intendere, ca Deo abeese facto nno in altrny similhanza, che non la
sua; et si Tanesse dicto : * yu farò uno homo „ seria ad intendere ca ipM> non abesse
I>atre et filho et npiritu 8<i;tc/o;ma perzò ca ilio voice che nuy sappessemo che
Io patre et filho et tpiritu sanc/o vennesse in terra per qutllo medesimo homo }(
deliberare de potere de la diabolo, si dixe: *Nay farimo homo allano^fra simi-
lhanza „ et perzò ca illa voice cu nuy sappessemu che nuy siamo dlfcni de anere
patre in In suo refmo; a chi lo volo seruire sopra zo sinci donao pura scientia de
sapere cu nuy siamu la piti digna creatura de lo mando. 20
90. Quando nuy siamo facti alla similhanza de Deo,
perchè no potiamo nuy fare comu illu fa?
V.
eramente Deo ci à creati e facti a sua similhanza; et perzò chi à facti a sua
•imilhanza, sinci à data signoria sopra tocte Taltre cose create chi fece, cu tocte 21
chi faczano reuerentìa, et so alll no«/ri comandamenti, et per quella medesma
•imìlhanza, canoscimo nny le cose chi so et chi seranno et chi so state ; et oano*
•olmo lo nosfro bene et lo notito male ; et saohamo |c. 9 a] lavorare et guadanyare
•I viver*, et fachamo tocte Taltre creature prendere in noe^ro servicio, travalhare 28
et lavorare; l'altre creature che Deo fece che so a sua simelhanza, non anno ja
forza né scienda né potere de fare zecca nuy fachimo ; né nuy non devimo ade*
mandare che noy siamo altresì forti et sapii coma Dea ; ciò non potimo ja essere,
perzò ca ìUq è signore et potente de tucto sopra tocte cose create, se da luy et 32
nuy fimo sua sierui et sua creatura; illu è più grande de tucto lo mundo; illu
ò più dtgnn ca lu cielo oy la terra, et ca tocte 1* altre cose che so foro et se*
ranno. Et si Den non abe may comenzamento et non anerà fine, et perchè voice
rompere le sedie de li angeli ca cadere per loro orgholyo et chi à facti alla 86
•oa simillanza, che di nuy che siamo a sua simillhanza si deue rompe#'e quelle
sedie; che altra similhanza nò altra creatura che la sua non seriano ja digni
do montare in sua compagnia; ma nuy vi montartmo, zeè qMflli che digni de
••ranno, et chi faranno lu sna mandame/tto- ^
31. Lo sange che deuene, (\uaTìdo lo corpo è morto?
Lo
sango fece Deo al co/*po de Tacqua, el corpo de terra ; che altresì oomn
raoqt<a abavera la terra et mantenela, cossi lu corpo de V omo è adbeverato
Archivio glottol. itaU XVI. 5
66 de Bartholomaeis ,
de U eange et mantenuta da epsa; T anima mantene lo corpo, et per lo tna
calore scalda lo sange et lo fa movere per lo corpo. Quando quella medeeeima
aniffia ti parte dal corpo, ella di porta cuNt lieo la luo calore, lo quale ei move,
4 et fa Tiver lo sange, et perdendo lo calore de 1* anima ù retoma lo sango alla
raa natura, so è acqua; et quella acqua beve lo corpo che ò de la natura de
la terra, altreel coma la terra beye l'acqua. Et quando lo corpo la beve, ella
qualhya et dlnene nulla; cossi coma la rasata nulla dtyiene qMincfo lo sole la
8 fere, et la saa calore la beve. Et quieto credete che l'anima no» pò essere In lo
corpo senza lo sange, né lo sange non chi poy stare senza l'anima.
82. Che diuene del fuoco quan<fo è spinto?
Lo
fuoco si ò del sole, et allo sole retorna; quando ilio ò spinto, altresì comu
12 nuy vidimo, ca lo sole fa lu so tomo, et ad nuy pare che si colchi, et toct* Im
sua chareeza, et lo sna calore che si sparge de luy, sopra terra, si retorna allny,
et no dimora sopra terra, che da luy non si partono; et cossi adevene de In
fuecu, che quani^o d spegne, illn retoma allu sole ; perzò ca tucto fuoco de
16 lo muudo esse da lo calore da lo sole, et allo sole retoma.
88. Perchè non si parte l'anima de lo corpo,
quando l'omo perde la metà de lo suo sangue?
Q.
Quando lo corpo de V omo perde gran parte de la suo sange, lo calore chi à
20 Tanima, che la sange mantene, non si perde ja, cu in quello poco de sange chi
romane, dimora l' anima in luy. Lo sange sustene Tanima et l' anima soetene lo
sange, et lo corpo de li due non poy l'uno demorare solo al corpo, et quillo poco
de sange chi ramane in lo corpo, mantene l'anima. E altresì comu un picholo
24 Ittcinnolo falla, lu fuoco et spento et se ne parte : lo sange si è lu Incinolo, et
lo fuoco si è l'anima ; quando lo corpo non prende de la sange, more de malicia,
l' anima consuma lo giorno, che ella affare in quieto seculo, tanto che tucti li
jorai so consumati Adunca se ne parte V uno et Tautro, cossi comu lu lueinno,
28 fa al fuoco quani^o arde ed ò tucto consumato, divene nulla, et lo fuoco toma
allo sole, ca è de la sua natura, cussi è de l'anima, et de la sange; la anima ai
retoma a Deo, et al sua comandamento, cossi comu ella foy meta in lu corpo
da Adamo per lo sua comandamento per l' alena che della sua bocca; cossi de
82 quella alena li donò l'anima ; perzò toma ella al suo comandamento, et sia auerà
secundo ch'ella averà servito in quieto seculo [eie].
§ IV. — Lessico.
^accactare le bestie* 30, comperarle. Kòrting C9.
adasare adagiare: *non si aauno adasare* e poco appresso adag.* 18. Non
aono altro che il fr« oyter. Nella seconda forma e* è la soriziono a
rovescio 9^gj.
adumecza adoraamento: 'la nectecza et adumeaa de la femmina* 39.
Il SydPAC otraotino, § IV. 67
#
allumare accendere: *allumaray la candela* 28, ^allomare de nocte tre
candele* 28, *lu cannule allumato^ 11. E anche del basìL del calabr.
e del siciliano.
appiccicare: Tomo se deve appiccicare in tale erboro* 19, aggrapparsi.
itrrobare derubare: 'allo occiso et arrobato" 49.
aulitosa: 'quarò la più isnella bestia et la più aulitosa* 45. Il passo cor-
rispondente del testo tose, del Bartoli ha assentivole,
cannula cereo: *uno grande cannula de bella cera* 11. È anche nelle Cons.
di Giov. e nelPod. tarent, ▼. De Vino. s. v.
cacehia catino: *una piccola cocchia de legno* 28. Il testo tose: * brocca*.
E forse da leggere cacca e riconnetterlo con Tital. cassa (cazseruola)^
(Kdrt 1838), vivente tuttora in molte parlate dell* Alta lUUa. Cfr. Sal-
▼ioni, XII 393.
chm^a: Ma eh. de l'ovo* 19, il bianco.
cierta e ciertila di cammello 24. Il testo tose: * merda*.
coyro: Mo dolce coyro chi illi àuno* 12, aspetto, ciera, spello*.
domare: Tomo deve prendere uno sugiello et mectorlo socto la soctile
domare* 14. 11 testo tose: 'cenere*.
cositore: ^contare zoè sartore* 47.
dia: 'lo milhor dia de la semana* 32; *• lunedia^ martedia* 32.
disdesi: *de sua disdesi* 25, di sua discendenza.
ferrechoi 'con vene cullu ferro aya ayuto dal ferrecho* 47, fabbro ferraio.
^gelosare le femine* 49, esserne geloso.
ff rossa: *di che vene la grassa de lo corpo de Tomo* 16, grassesza.
j'ilinu : ' li homini nigri et jalini * 9, ' le colere jalene * 56. Cosi nel cala*
brese.
ispecsa: 'la ispecza de Tayro*. Nel testo tose: 'spessita*.
infonderei 'la vidanda... s'infonde* 47, s'impregna di liquido. *Mbpnnf
bagnare, è assai diffuso nel Mezzogiorno.
inset<irei 'si piantasse quillo arbore et facesselo insetare de altro fructo,
ilio diverebe de la similhanza de quillo medesimo arbore doro fosse
insitato* 37, innestare. Cfr. XV 345.
lampare lampeggiare: 'trona lampa et piove* 42.
lauso lode, 17. V. Salvioni, XII 412. Vive ancora a Taranto, e il De Vino.
8. V. la dà come voce dell* uso popolare.
leifdo laido, v. n. 5. Notevole il passo: 'poy avere bone et male et leydo
* da li sapii homini* 15, ove si ripresenta il mal e Idd deirAlione, ma^
reUede del vecchio gen., su cui v. Parodi, ^Misceli. Rossi*Teis8* 348-9.
Inculo: 'la luna de Inculo* 13. Il testo tose: 'di giugno*.
luiMnera lume: 'si spegne comò una luminerà" 36, 'ella sarà lominera
de morte* 26.
mestro d'asda et de mannara 47, falegname.
mocceeare 13, mordere * morsicare*.
noelha novelha nobelhe: Tayro è pieno de novelhe' 12 20 ecc.
68 de Bartholomaeis, Il Sydrac otrantino, § IV.
nuvilato rannuvolato: * de vene nuvilaio (il cielo)* 20.
ondare: ^Deo che onerare in la vergine* 4; incarnarsi. Notevole qui T in-
transitivo.
offili: *Noè vi mise (neirarca) offili che forano facti de terra*. Credo che
sia effetto di una mala lettura del frane, ositi stoviglia.
radicate: Me radicate de li capilli* 49, le radici.
rimbondare rimbalzare: *lo mal vaso seccho che li monta in lo celabro al-
grorechi et dilla rimbonda al quero* 11. Cfr. il frane, bandir,
ricactare riscattare: 'se Io angelo ricactasse lo homo* 56.
salatura: Ma 5. del mare* 21, la salsedine.
seccho: *\o mal vaso #.* II. Non sappiamo se si tratti di A, e, ce o di hj. H
testo tose: *malo olore*.
seto: * si è la formica quella che ha maiore seto, che, vermire oy bestia
che sia, ey la più sapia, ca ella raguna lo state per lo verno* 45;
senno * sapere*.
scmana settimana 32.
scalfare: *\o calore del sole li scalfa^ 14. Seal fare scarfare sono assai dif-
fusi neir estremo Mezzogiorno; forse dal francese.
scappare svellere: M*omo che scappa 1* albero* 19; cfr. XV 355.
scito: * perchè pute lu scilo de Tomo* 47, sterco; cfr. abr. scita diarrea. E
anche: la ssuta 52 49.
spyare: *spyate lo nome* 31, domandate. E proprio delKestremo Mezzo-
giorno e della Sicilia. Si ritrova nel Ritmo Cassinese ▼. 25, e neirant.
genov. (Flechia, Arch., VII! 392), ecc.
spucellare: spueellata 15 48; sverginare.
spucza puzzo, e spuczolenta 10.
stroviare: * quando vidi che alcuno fosse disposto de fare male, tu lo
divi stroviare et corregerolo* 40, * quando tu lo poi stroviare et no lo
struevi* 40.
tenimento: *so tre cose in uno tenimento* 3.
tremuliso de terra 3, terremoto. Nel Chron. Nerìt. è tremulizo senz* altro
[e anche negli * Annali* di Matteo Spinelli]. Vive in tutta la Puglia;
cfr. De Vìnc. s. v.
P. S. A proposito di uè in Capitanata, v. Zingarelli, XV 87.
EGLOGA PASTORALE E SONETTI
IN DIALETTO BELLUNESE RUSTICO
DEL SEC. XVI;
BDITI ▲ OUMA DI
C. SALTIOHI.
I testi bollanosi che qui seguono, riempiono uno scartafaccio pos-
seduto dal signor prof. Cesare Buzzati, dell'Università di Pavia, il
quale con amorosa cura conserva e va crescendo la ricca biblioteca
bellunese legatagli dal padre, e al quale sian qui rese le più sentite
grazie per averci egli segnalato il manoscritto e liberalmente con-
cessocene e agevolatocene l'uso.
Consta il codicetto di trenta carte, tutte scritte tranne il rovescio
della 14* e l'ultima che son bianche. I versi bellunesi vanno fino al
retto della 28% il di cui tergo ò intatto. Sull'anteriore facciata della
29* ai leggono tre ottave in linguai
L'autore dell'egloga (la quale comprende anche il Sogno di Men-
inola, vv. 316-517, e il costei discorso, vv. 518-044) nomina se stesso
nel titolo di questa. Ma non andremo certo errati attribuendo a Messer
Paolo anche i sonetti.
* Posson esse forse interessare lo storico della letteratura, e però qui
si riproducono:
[20 r] Che dolce più. che più giocondo stato :
Saria di quel d'un amoroso core?
Che uiuer più felice, e più beato .
Che ritrouarsi in seruitu d'amore? ^^
Se non fosse l'huom sempre stimulato
Da quel sospetto rio. da quel timore:
Da quel martir. da quella frenesia.
Da quella, rabbia detta gelosia
70 Salvioni,
La prima strofa del sesto sonetto ci permette poi di fissare Tetà
approssimativa dei testi. S^allude qui a francesi e tedeschi e ai guai
ond'erano apportatori. Ora devon esser queste le milizie che sul ter»
ritorio della Serenissima aveva gettate la lega di Gambrai. Siam
cosi condotti alla prima metà del sec. XVI, ai giorni stessi del Ga-
vassicoy di quel Oavassico di cui l'autor nostro s'appalesa sotto ogni
rispetto il degno compagno.
n codice ò assai verosimilmente un apografo ; ma non m'arrischie-
rei di abbassarne la data a più in giù del sec. XVI. — La stampa
nostra 's' attiene scrupolosamente al manoscritto, sul quale anche
sono state corrette le bozze.
Qual dolce più. qual più giocondo stato.
Saria di quel d'un Christiane core?
Qual uiuer più felice, e più beato
Che ritrouarsi seruo al redentore?
Se non fosse Thuom sempre sfimulato
Da quel affetto rio. da quel tumore.
Da quel martir. da quella alTettione..
Da quella rabbia detta ambitione.
Qual dolce più. qual più giocondo stato
Saria di quel d'un Christiane core?
Cho uiuer più felice, e più beato.
Ghe ritrouarsi seruo al redentore ?
Se non fosse Thuom sempre simulato
Da quel affetto rio. da mal humore.
Da quel martir. da quella frenesia.
Da quella rabbia, detta auarisia.
Ambitione.
Auaricia.
Testi bellunesi del sec^ XVI. 71
[1 r] Trotto!. Poloni. Mengola. et Morel.
Egloga^ in lingua rusticana composta per missier Paulo da
Castello nobile de la città di Belluno, et cittadino Triuigiano.
parla prima Morel. poi seguono li altri.
Movel.
On vètu Trottol cosi pianzolent.
Che tu me pare tutto scattiirà.
E sempre tu soleue star content.
Me par. che t*hò*l color muò da mala 4
Si itu in ciera gramezzos. e sec
Abriga, che tu puoge trar el iSà.
Aroutu pardù agnie. piegole. o. beo.
Per to fortuna, o. per mala cortura. 8
Sarputu scatonà co qualche stec.
0. f hauerou fat Torà paura.
Andasande in la ual. che zeue mi.
Donde trouaue si dolz. pastura. 12
Dimoi fardel no me Tasconder pi.
Che is pur el pi car compagn. che hebba.
A chi '1 vorotu dir: stu no me'l dì à mi.
Trottol.
Me auis. che hebba el cuor entro na chebba. 16
E d^ognus bus un cortei, che resorz.
Te par Morel. che questa sea na rebba.
Me par schirat. dandolle. gir. e sorz.
Che me pea co i dent in la coragia. 20
Po cessa el cui in driè. e'I mus retorz.
[1 t] SHu me urtàs co un fastuc de pagia.
In terra cagierou. long, e destes.
No uitu quand che uage. el par. che cagia. 24
1. Pare eglolga, 2: scattùra.
17. ognus è un errore; il copista vi anticipava certo Vus di bus.
72 Salvioni,
E stu me dòs na lira de pes.
E no la magnerou in diese past.
E un pagnuchet me durerou un mes.
28 Me sente dentre aL^iet si greu. e tast.
Che se magnàs de pilolle na quarta.
No conzerou el magòn tant The guast.
Morel.
Dolz me fardel inenz che me parta.
32 Diresme la cason de la to duogia.
E prest la to maruognia sarta fora.
Che da sauer el to mal e tanta uuogia.
Che no he pel adòs. che no me trema.
36 Pi che no fa per uent in albor fuogia.
Dimel fardel. e lassa, che biastema.
I. mont. i. Kori. i Sas. e la zenia.
Me sa milli agn. che co ti un può. zema.
40 Sei e per putta la meneron uia.
Se gen debes zir la cauazzina.
Te zure al corpo de la mare mia.
[2 r] No sètu che he na bella corazzina.
44 Co un sponton de fer lusent. e dur.
Yn are da f rezze co na zenuina.
Troiiol.
Quel che far no se pò e pi dur d'un mur.
Morel me bel. e no te' 1 posse dir.
48 No me far mo pi priegi. ne sconzur.
Ti es uuogia de zanzar. mi de murir.
Mi brame mort. e ti desidri uita.
Yatte con dio fardel. lassame zir.
52 Schiantìs dal ciel. gran ton. fuoc. e saetta.
Yien zo de fuga per ferirme el càs.
Perque Tanema mea uaga à ciuetta.
33. por sarin 1. sortaì
5051. Nel margine che corrispondo a questi due versi si legge la didj
scalia: Trottol chiama la mort.
Testi bellunesi del sec. XVL 73
. 0 lus de fer. Carlon. e Setanàs.
Asiaroe da cena, e fò bon fuog. 56
E peà uà può de pes. che no uuo gras.
Yà su ti moDga. e negra, chi no e luog.
Dela mea mort fin de piani e debette
Amara à chi ha dener. e à i altri un zuog. 60
Ze su mie fede, che prest uederete.
La mort de chi u'ha in guardia za agni dieso.
E piegole sarò se no pianzerote.
[2 v] Per pra. per moni, per bosc. e per ciese. 64
Ve. he guarda, per umbrla. e sol. e pioua.
Sempremò insembre co se fa le ciriese.
Ne me poreu ben dir. che lof. ne Iona.
De morderne na uolta se dòs uant. 68
Benché parzo no hebba fat gran pruoua.
0 quante uolte. che à la mandra frani.
E m^he butta à drumir zo in quella terra.
E i can me ha fai leuar su bel droraant. 72
E co i lof. e i ors he fai na gran guerra.
E pò i paràue uia co gran uerguognia.
Che chi ressalta. e perded grandamentre erra.
0 quante fiè co la trista sampognia. 76
He cerca de gusarue el peièt
Benché, à Biestie cani, ne son no suognia.
0 quante fià. che i tener agnellet.
He reuoltà d*enire la me gonella. 80
E pò bagna la camesa é*l zacchet.
0 quante fià. che he suuoda la barsella.
De uin. e pò cerca le fontane uiue.
Che fazze la polenta molesella. 84
[3 r] Quanti pra. quanti moni, e quante ri uè
Passa be per uo dolz pegorelle.
Parzò me duol. che de pastro seade prìue.
^» ben non ben chiaro perchè sovrascritto ad altra parola.
74 Salvioni ,
88 0 quante fià. che uè he za onzù la pelle.
De oDguent per pararue uia la rognia.
E per tegnirue grasse, monde, e belle.
Oime. che da gran duogia el zuf m^arizza.
92 Che al luoc de la roort pur e son zont.
Bramada pi. che no foe me nouizza.
Yò Pegorelle uè lasse in quest mont.
E prege Dio. che uè seppa da sai
96 L'herba. e. che dolz uè seppa ogni font.
E uè defenda Dio da gn*animal.
Che no se passe me de la rapina.
Che pi à guardarne el me baston no uah
100 E ti zudiera. cagna. Patarina.
Che per to amor me butte zo de eroda.
Torès su pi formai, ne puina.
Cancar te uiena puzzolenta broda.
104 Che adès à muriré per lo to amor.
Che mort dal piet la forza me deschioda.
[3t] Trottol bon Pastro per la Mongola muor.
Che no'I uolea tignir per so moròs.
108 Habìandge dat la pitturina. e*l cuor.
I. nom de'l Pare à me fon la eros.
Mongola se de qua tu passere.
Tu uedrè quel, che fa un anem rebus. .
MoveL
112 Poloni. Trottol e me'l recorde adès.
Che desperà se partì sta doman.
No me sé manginar ondre che*l zè.
Zonlo à cattar, e portonge de'l pan
116 Co qualche puoc de companaseg pera.
S^tu uuos uignir tuo 1 to bastoncel in man.
Sé. che co lu no*l se ha porta prenzera.
E*l poròue ben fuos murir da nessa.
V^O Si me pareuel. scatturà in la ciera.
lì 6. L> di pera non ben chiaro.
Testi bellunesi del sec. XVI. 75
Poloni.
Morel me bel el no se niuor si io pressa.
ETl ne besuognia in prima un puoc stentar.
Inent che*l malan. che dìo n*ha dat ne cessa.
Morel.
0 su zon prest^ no stagon à zanzar. 124
Che za senti rengar al letran preue.
Ghe*l nuos sempre me Tindusiar.
[4r] Andòn per quella uia dondre che zeue.
Quand che zeuen à past de brigàda. . 128
E che bere, e magnar co lu soleue.
E quand che seròn zont à quella strada.
Che uolta à zir a la ual de la mussa.
Sera un gran fai. che no catòn Tandada. 132
.Per certament questue na gran giandussa.
Che co se intenda el gran mal de custù.
Che sempre da gran duogia el caf se arussa.
Se qualche can rebos Thaues mordù. 136
Critu che l'haesse in l'andar tanta briga.
0 se Thaues na not Torch uedù.
Seròuel scontra fuosi in qualche striga
Che gè haues zuzza el sangu. de ogni uena. HO
Co Tha fat aguanent anch*. al Mariga.
Serouel fuos dolenzios de schena.
Per i gran pos dM mei. o di formai
Harouel al Pulier massa lassa la brena. 144
Poloni.
Me auis che hebba senti trar un gran bài.
No sé mò se*l foès el so falcon.
Che faès co le biestie tananài.
[4 v] Me par ueder à long, d'un ceson 148
Piegole. che se riposse à pruo d'un hom.
Che'l me par squesi che'l stage in cufTolon.
149. Il ri di riposse è an pò uno sgorbio; ma sarebbe impossibile ca-
tarB« re.
76 Salvioni ,
Movel.
Demà alla fé quel e Trottol. che drom.
152 Forse in som de la ual. e ben in fora.
E sei. e lu carnaio per norn.
Poloni,
E*l me par sanguanent co la mal'hora.
E le piegole sta tutte stenide.
156 Che tu diròue le gè pianze sora.
Le pouerette sta tutte stenide
E tien el so caf bàs. e'I so cui tort.
Che tu diròue le e incepedide.
MoreL
16Q Alla me dretta fé Trottol è mort.
Che The cognossù adòs al so capei.
Ch*e à la lianda de quest me. che port.
Me par che Thebba spanizza '1 ceruel.
164 Andòn zo. che uederòn le ferridure.
Se le he de spada, baston. o cortei.
Chi se poròu guardar da le sagùre.
Che à i poueret in quest miser mond.
168 No ual sauer. sauiezze. ne scritture.
[5 r] Trottol fardel ondre è i tuo cauei biond.
Ondre e la zuogia. che tu portaue iu testa.
Quand tu fasèue i sgambiet torond.
172 Ondre è el zuppon. che tu portaue ia festa.
Le calze da Todesc à la diuisa.
Ondre è la ciera si zentilla. e alnesta.
Che tu stesi chilo bel in camisa.
176 Acolegà de sassi s'un gran grum.
E sot u'esi seme na grama grisa.
Oime. che questa uita e seme un fum.
Che ne da milli duogie. milli brige.
ISO E pò moròn co un pochet de lum.
Sta uita e a parazion de le bissige.
Che s'tu gè urte dentre co na penta
No ual pò. che à soffiar tu te affadige.
Testi bellunesi del sec. XVI. 77
Chi disont mo chamar. che ne conta. 184
La roort de custù. che no e da trep.
Che ogni lussuria de laoc e deszonta
Zo el destre butta d'un de qui crep.
Per hauer debette, e no hauer dener. 188
SeM foes cosi, el saròu mat da cep.
El no ulte me in so uita un caualler.
Che gè foès à tuor de casa un peg.
No foè me al mond pi destro pegorer. 192
[5 v] Se'l è amazza Tè mori per desdegn.
Che habiand dat el so cuor à qualche putta.
No l'ha de so persona fatto degn.
La Mengola Morella de'l zautta. 196
So. che agnanaz la gè uoleua ben.
Mo al so chamar la no saròu sta mutta.
Poloni.
A la me dretta fé uè. (^e la uien
Co un cestel de agian. o. de castegne. 200
E co na cima de osmarin in sen.
Zonse sconder uillò driè quelte legne.
E si aldiròn tut el fauellar so.
Vien pur uia prest. e fa quel, che te insegne. 204
Mengola.
Trottol fardel. o. trottol el me fio.
A te porte na cima d'osmarin.
Che tu te consolèe de'l amor io.
Ondre e tu zu o cagnaz Patarìn. 208
Tu stesi collega co le to fede
E no te pensi pi de'l tò amor fin.
0 Grama mi. che è mo quel che uede.
Me par che l'hebba spanizzà la panza. 212
A la fé giusta Te mort quest hom crede.
'2t^2-4. Nel margine corrispondente a questi versi si legge la didascalia:
L^ Miengola che uien à trouar Troiai.
2tJS. Nel cod. Patàrin.
78 Salvioni ,
0. Trottol. trottol. trottol mua speranza.
Che pi. che i uuogii. e haue in carisia.
210 Che maladetta sèa la curdilanza
[6r] Se gen podès hauer pel de certisia.
Che tu foès mort per la me parsona.
La mort me daròu senza pigrìsia.
220 De tutti i fent tu portàue corona.
Sempre me tu diseue qualche frotola.
Oime da duogia el cuor si m'abbandona.
Tutta la uilla me chiamaua Trottola.
224 Che à darme na marcella no fuis pegro.
Quand che fasi imbalottar la cotola.
Pareua ben. che debès portar negro.
E guaixlarme co i uuogii sempre el mus.
228 Ne mò pi debès zir co'l uolt aliegix).
0 Grama mi. che no te auerzi lus.
Quand che tu muiolàue l'altra not.
O almasque die no te faueliè al bus.
2^^2 Mo a la fé. che leuàue su debot
SeM no era^la uecchia. che scoltaua.
Quand tu dès entre al paiv quel bòc
L*asmaua de drumir« e si soAiaua*
236 E mi gratta de dio. che son catiua.
Gè ti^asèa dU pie. e si la chamaua.
E pò gè domandìè se la sentiua
La lK>Ip. che scaturaua le galline.
210 E la me rt*spondè si Te na piua.
[0\] 0 Maladt'Ut» u^vhie. Pdiarme
Che se uvn>»u p:v\iKe j-er la gv^la
Quand oi;e le uÀs. e ol.e le e piiiniue*
244 No ixvv>e xV\ ne n.'t u.è sur <*.1jl
Ci.^ s-:. :n» i r:u.> n.^ h»*V Ji :ue5:a srorca.
Ne j\>>><* ite oar*,:-. :::a \ì;r ra i^r^. la.
la <^:a ::;: :m Li u '.'. che la i^ir Torca.
A ^ " « •■ * »•• ^» »•* C* ^t • "S* •
Testi bellunesi del sec. XVI. 79
Se la uet pur un fent. che me saluda.
Te so dir. che per stori driè la gè uarda.
E com rè passa uia driè la gè spuda. 252
Si che fardel se te son sta busarda.
No llie fat per ingan. ne per malicia.
Mo Te stata ella. cheM mal fuoc Tarda.
Me par. chel cuor me muore da tristicia. 256
Che tu sis mort per mi. crede mò cert.
Per quella uecchia. e un puoc de me pigricia.
E parzò à uuó zir su quel crep ert.
E de là zo anch. mi buttar me uuò. 260
Che i lof me magne co ti in quest desert.
MoveL
Fardel sta matta no taserà anchuò.
Yuo che zian fora, e domandarge. che
Hauea trottol da far co i fatti suo. 264
[7 r] Mengola on uètu. ascolta per to fé.
Tu hes fat inchin da mò tante lasagne.
Che tu diròue pur murir da se.
Femene sase una man de sofiegagne. 268
Che ne mette su no fent co un guercin de uuogii.
Po ne lassa murir rebose cagne.
No sasè bone se me da uender fenuogii.
Che se^l staès un puoc à me sentencia. 272
Ve faròue magnar tutte tutte à i peduogii.
Mi uenMncage à tutte in reuelencia.
Che uè uoròu ueder sotto la merda.
Magari stessei pur à me sentencia. 276
Priege el ciel. che na uolta se desperda
Vostra naraccia à muò di corui bianc.
E nostre mare tutte uè desperda.
Voròu uederue Scassarne i fianc. 280
Con spet da col. e co na Partesana.
Per fin. che ne uedès uignir al mane.
Mengola tu isi stata una uillana.
Hauer fat murir si bel fantat. 284
Chel parecchio no giera in Triuisana.
80 Salvioni,
L'era dret in parsona à muò d*un scat.
E Tera in ciera zintìl. e reuost
288 Yermei. e bianc com saròu na lat
[7 v] El poueret e mor[t] per ti à so cosi.
Che no te ual piar uolta ne scusa.
Che anch mi me intende te sé dir d'un rosi
292 Tu uoròu d'un tampìn per me la musa.
Madona. che te mostri cusi sauia.
Che sent Antuoni co'l so fuoc te brusa.
Mengola tu no ere roiga spauia
296 Quand che'l paron te tigni su la tieza
Yn mes sconduda. è te para uia grauia.
Tu no ere quella uolta schiuolieza.
Tu no diseue. cheM te guadiasse.
300 Tu ere piaseuojetta. e manulieza.
Femene sase una frotta de zanzasse.
Che sempre fa tigni r le man à la borsa.
Da sta narassia o fent mie guardasse.
304 Chel no è al mond. la pi rebòsa orsa.
De femena. che sea uariciosa.
Voròu ueder à tutte dar la corsa.
Trotto! fardel tuo mò la to morosa.
308 Che per no darlo un puoc de refrigeri
L'è mort la to parsona giuoriosa.
Saciate anch. ti erudii dage martuori.
Fa de la so parsona giada, e sossa
312 E pò m'aida far el cimitcrio.
Che uuò. che gè scriuana in su la fossa.
Che chi stenta amand. se amazza ne guarirà
Che amor no uuol bissige senza fia.
.Finis.
[8 r] La Mengola se insonia con Trottol.
316 Drumiue. e no drumiue quela not.
Che haui tut altro cert. che no muri.
Da duogia. che mhauca el magon arot.
Tosti bellunesi del sec. XVI. 81
El scomenzaua à sborir fora el di.
Che fa che le falcette no se uè. 320
E la coccha del ciel zuda era à ni.
El me pareua d'auer tanta se.
Per la gran duogia. e per el gran troment
Che haròue scassa su un bocal d'asè. 324
Quand me pareua in cambra hauer. zent.
E un uignir centra de la lintiera
Ghe*l pareua un cerotol relusent
E comenzà a alta uos dirme. o. zudiera. 328
Situ mo statufada de me mort.
Che mò hom del mond la fé si ontiera.
No te par à ti stessa hauer ben tort.
Hauer mi zouenat fat murir. 332
Per no me dar co i uuogii al piet confort
Pruoua mo adès stu me può guarir.
Curdilla. Turca, zudierazza cagna.
Che da pò mort no ual à pentir. 336
S*tu me desse de putte na campagna.
Co Gamesot. Garnazze. e co farniè.
Se una gè 'n tolès. che i cam me magna.
No Te pi el temp. crudilla. che te flè. 340
Cent caf de bai strengà muò un palladin.
Co stringe à i manazzò d'i zupariè.
[8 v] No r e pi el temp. che te pagane el uin.
E che per forza in geda te buttane. 344
Bazzolà dolz. e Neole. e confortin.
No rè pi el temp. che quand. che te guardane.
Vignine aros. e smort à muò na uessa.
Per la rebba. che in piet per ti portàue. 348
No l'è pi el témp. che te guardane à messa.
Tu steue co 1 caf bàs o cuor de mur.
Che no pareua sques. che tu foes d'essa.
3^ Cosi piuttosto che beriolà,
AnhiTio rlottol. lìmi XVI.
82 Salvioni ,
352 No rè pi el temp. che de le not al scur.
Te uigniue à cattar uia da tò cà.
Che amor me faseua per cent homi, sigur.
No r è pi el temp. che steue si zela.
356 Che i dent no batteua. per fridùra.
Che hauea le man in bocca, e d'ogni la.
No rè pi el temp. che sot de la cintura.
Portane per trauers la zinuina.
360 Che i caualler no m*harou fat paura.
No rè pi el temp cagnazza patarina.
Che ogni pàs tu me treni na Scassa.
Quand. te uedeue. andar si zinziurina.
364 Trionfa senza mi fattela grassa.
Che tu no me darès pi duogia. o struma.
Che mort fa. che à tutti el morbez passa.
Sta uita è à paracion d*una piuma.
368 Che tant uà inent. quant tu gè sofie sora.
E se la cai in fuoc la se consuma.
[9 r] I. corp. è a paracion d' una farsora.
Che Tanema. eU speret. è l'uoli. e'I gras.
372 E quand Tè frit bisogna, che Thom muora.
Ti eri el fuoc. che me scaldaua el càs.
E quand. che entro no gè foe pi ont
Forza me foe metter el cui a bàs.
376 E Co le fede me n'andiè su un mont.
E de uilò me buttiò à scauezzacol.
E fui porta alla naf de Caront.
Passassen pi de cent, no miga un sol.
380 E zessen à la ca de lus de fer.
Che era fabricà in som d'un col.
I. Né cargà su i mul à muò muner.
E me porta denent à un gran Signor.
384 Che heua dintorn ben milli caualler.
El steua uilò senta à muò un dottor.
E si ne sgaminava à part à part.
A un à un senza procuraor.
Testi bellunesi del sec. XVL 83
E Domanda de ini« e de me art. 388
Dissi son Tpottol pastro. che a so posta.
A ti die el fia. à la Mongola el la[r]t.
El trasse un gran suspir per aresposta.
Tant. com à dir de'l to mal m'arecres. 392
Che amor d'una zudiera tant te costa.
E Prestament el chamà un de qui mes.
E mandarne à una camberà indorada.
€he haua d'intorn fuos milli lire de pes. 396
[9 v] Gè era pan bianc. carn grassa, e peuerada.
Lasagnette. furtagia. e maluasia.
€he nozza no foò me tant alnorada.
Gen era scardole, tenche. in zelarla. 400
No te dige altro l'era si ulios.
€he tu diròue l'è na pescaria.
El se me fò incontra un gramezòs.
Subitament quand. che fui uillò. 404
E'I dis ben uiena.trottol amoròs.
Po el disse, me cognostu. dissi no.
Dissel son zetre pastro to zerman.
€he per amor se apicà s'un gran chio. 408
E Me destrùs per toccarge la man.
€he gè uolèue basar un può el mostaz.
No uite me si fat Christian.
El No ha manazzò. ne os. ne braz. 412
£1 no ha palpadùra. carn. ne pél.
-Che'l me foè auis toccar un nuuolaz.
L'è fat s'un sest à muo d*un bottesel.
€he no ha Cinzidùra. piet. ne schena. 416
Tut gualiu co saròue un folesel.
Chi uà à so posta, che nissun no i mena.
In qua in la corrand per na salla.
Che i par à muò caualle senza brena. 420
Chi ha muò che na burla, na testa per spalla.
Che i par na ciuitta brutta, brutta.
£. i uà corrand. che tu diròue i balla.
*< Salvioni,
ì:\ [10 rj M^ Aqis. ch^ \ hebba la, persona carta.
I uà pi de milla4ta in t*una frotta.
Corrand per mezse. e mai nissua 00 ae urta*
Chi uà de pàa. ehi uà d'ambio, chi trotta.
428 E. chi è conzi^ dA part ia t*un canton.
E chaga fuoo. e par ghe'l no gè scotta.
]g gè 'n è de qui. che sta in gufiblon.
Me perdona, che gè picca oa chila.
43*^ Che è asse pi granda. d*ua melon.
Ogn* un de quist ha na femena zintila.
Che gè sta sera el caf. coU cui auert.
E si gè chega* e. pissa in su la pila.
436 Air bora dissi, zeire fame cert
Per que femene in caf. a i homi caga.
Senza uergogna co'l cui descouert
Zetre respos. i. homi, che se imbriaga.
440 In la maladission de sta maruogna.
De sta moneda le femene. i. paga.
El se punis cusi qui. che no suogna.
D'altro, che zir co le morose al bai.
444 E lassa i lauorier. che pi besuogna.
Vite pò ?ent ogn* un co un stiual.
Che faseua leuar quelle cibege.
Con botte, che haueron mazza un canal.
448 E. Yna uos. che diseua. che fào doge.
All'hora i le urtaua si de fuga.
Che gè piouea sang. tutte le nege.
Ogni pel gè parea na sansuga.
452 Che gè fagea la codega si muogia.
Che de quest. an creze la no se suga.
442-4. Questi versi sono scritti in fine al componimento, a pag. 11 t. A
questa però si rimanda colle seguenti parole : qui mancano tre u«^n qaali
sono in ultimo. El se punis cusi. ehi — Là poi i versi sono preceduti àm
questa parole: Li tre uersi i quali mancano al mezo de qM«rto intoimio
tono qui sotto.
Testi bellunesi del sec. XVI. 85
[10 v] Air bora el disse, andón trottol. che he uuogia
De uolerte mostrar agni knuò tia casa.
Che inflna puochi di starà na truogna. 456
Po ohe foesson apruo d*utia fornasà.
El me mostra tta casetta de pagia.
Che era rossa fogent à muò na brasa.
Lheua un usèet lai^% à muò Ha teuagia. 460
E le fenestre à muo d' una formigola.
Che par. che in terra da ogni là la cagia.
La Ha la somassa de ponte de spigola.
Ghe*l par à chi la guarda slissa. slissa. 464
E chi uà detttro da uh la à l'altro rigola.
Ogni fastttc de pagia ha Aa grati bissa.
Ogni legn rosp. raccole. rane.
Che quand. che. i. sent èl caìd tosòeC i. pissa. 468
Yilò ì diauoi es fuora de le latte.
Co forche in mah che ha tre dent agusiue.
Co nas. che par battocchij de Catnpane.
L Ha le so reochie à muò casdil dò piue. 472
Co comaz2ò in caf. à muò de Tor.
Che fora per in som butta faliUe.
In Me2 la Cambra è nà Cariega dor.
Fumida co latirier si bie. é àdorìi. 4t6
Che'l no foò me uidù si bèi stresor.
Chi senta su. e à muò un catnin dà forn.
Che'l fuoc gè uà in te*l cui me situ intéfìdere.
E gè ins da i uuogiK e uà d*intorn dMntorh. 480
[11 r] 6en ò pò un lét per òhi se uuol desteùd^re.
Co linzoò. 00. parpont. e con forete.
Che ual cento bie tron. chi uolès uendere.
0 Compagno uillò. se i haues debòte. 484
Poròu cargar i caualler de pegn.
Villo gen trouerauei à carette.
Air bora oeltre me fasi de segn.
E dls. quilò starà quella rebosa. 488
Che te fasi murir co'l so desdegn.
86 SalTioni,
Sot la parpoata. che par giuoriosa.
Gen'è rasor tagient. sbrase de fuoc.
492 Villo trottol. starà la tò morosa.
Che. te ha manda quilò à far sto laoc.
Àzo che sta maruogna se castiga.
Che ere. che à far morir, i. fent sea zuoc.
496 Chilo no insiralla me de briga.
Chilo starala in sempiterna secola.
Chilo de duogia me no se desbriga.
Chilo no se pettena. ne speccola.
500 E no se uà in filò da le uisine.
Nq co una, ne laltra no se taccola.
Chilo no canta ne gal. ne galline.
Mo sempre è scur com seroue in t*un poz.
504 Che foès sera de sera co fassine.
In cusi fatto luoc. e cusi soz.
Mongola tu purgerès la to falanza.
Co gran sardina senza bere goz.
508 [11 y] Trottol me'l dìs e la to curdilanza.
T*harà fat. quest erudii, perche no zona.
Da pò el mal fat grattarse la panza.
Tores te mò dal cui uia questa roua.
512 E fai sauer à chi tu uuosi ben
Se tu no uuos. che co ti le se brùsa
E dit quest. el bel mo sol seren.
Per la fenestra me porta la lus.
516 E trottol grand com saròu un car de. fen.
E se sgiauentà fora per un bus.
E finito r insonnie della Mongola.
[12 r] Critu. che à ueder trottol hauès duogia
Che da stremisi, rebba. e da paura.
520 El me tremaua el cui co fa la fuogìa.
Chi hauès cauà un mort de sepultura.
A so paracion mi saròu sta na umbrìa.
E lu regost à muò na dipintura.
Testi bellanesi del sec. XVL 87
Se in me uita hauì me malinconia. 524
A paracion quella saròu legrezza.
Meserecordia. uergena maria.
Lheua d*intorn el caf. una gran drezza.
De bissò, gres, e de maràs taccola. 528
Co la coda sutil a muò na frezza.
E Ogni botta chel trasea el flà.
£1 gè uigniua flama da le snare.
Co saròu un stonbolon de pagia inpià. 532
E noi è caualler. solda. ne frare.
Che à uere un. hom cusi contrafat.
Hauès tignu me perdona el cagare.
L'heua su le spalle do gran gat. 536
Co codazzo pelòs negri, e riz.
Che gè ligaua el col muò che un sogat.
I. heua do uuogii per un à muò d'un stiz.
Che chi i hauès uidù da meza not. 540
Haròue dit uè. uè el diauol fatiz.
Quand. che'l foò dentro dal me camberot.
E me sentì uignir si gran tremaz.
Che putaue estro morta de bel bot. 544
[12 v] E me reuoltiè dentro in te'l piumaz
Che per la bona fé dissi de cert
Custù in mal'hora me porta uia in braz.
E no ossane star co i uuogii auert. 548
E pò mò se i serraue. heua sconchiga.
Chel me amazzas e metterme à couert.
Yn anem m^ diseua. Mongola ciga.
L'altro no ùlv fardella tu n'ho os. 552
Ti stessa no te intendi mala briga.
Me fessi sot la pietà milli eros.
Diseua un patanostro e pò no pi
Che da paura el m*era inbarbugios. 556
E*l luguraua. ma no l'era di.
No'l cantàua ne gal, ne gallina.
Che'l pareua, che i foès morti tutti in ni.
88 Salvionì,
560 Quand. che senti dir. Cagnazza patarina.
De la me mort tu hesi pur hauu uittuoria.
Che amor no te Ari la pitturina.
El. zò drie disant si longa istuoria.
564 Che chi uolesse dirla a compiment
Besognerou ch'el haues gran malmuoria.
EU dls. che à casa calda ge'n uà zent.
Che chi le ombràs Ve serdu pi d'un million.
568 E à trar d'un sàs tu no daròue in nient.
E che quelle, che no ha compassione
A far murir i fent da crudilanza.
I gè cuose le trippe à muò castron.
572 L13 r] E. che co i fer bogient in su la panza.
I gè strapassa e'I cuor, e la coragia.
Quest i. gè & mò ogni di per alnoranza.
Putte sason na frotta de canagia.
576 E si uuò dir de mi. che fui la prima.
Che haòn piaser de farse dar batagia.
E haòn delòt de metter i fent in cima.
E pò uolòn mostrarse sente citte.
580 E andòn da rebba. e no mostròn far stima.
Gè scorlòn i uuogiì. el caf. à muò ziuitte.
E quand i haòn mitù su l'arzonel.
Disòn uà in la. che te die milli sitte.
584 Yilò comenza campana à martel.
Che mettòn tal fii tant in scatòr.
Che spes da duogia i gè lassa la pel.
El no arde mò si ben fuoc in forn.
588 Quant che a trottol ardea' el marager.
Che Tera sasona dentre. e de fora.
E no è al mond si prò d'hom de forner.
Che sauòs sasonar un ster de pan.
502 Si ben co gè flò el cuor mi cuor de fer.
E mò da rebba à me magne le man.
Che fui crudilla. zudiera. cagna.
A far murir si fatto Cristian.
Testi belliinesi del sec. XVI. 89
£1 cugnirà. che bisse. e rosp. me magna 596
El fià. che no harò carn morta a Tinfern
E quest è el premi, che se gen uadagna.
[13 y] Siche nò putte habie mior gouern.
E statuffa la uuogia. e Tapetet. 600
Gourandeue ben el cui d'insta, e d'inuern.
Che à la fé dretta al Santi de Benèt.
Se sarè si matte, che no fasi al me sen.
Murirò in puzza cantand a muò d*un pet. 604
Guarda quenti biò fior el maio uien.
A sbellettar i prà. le ual. le Riue.
Che pò al messal ò su le tieze in fen.
Siche per fin. che hauè dure le pine. 608
Che ne tien sgionfa el càs. e le gonelle.
Mena le gambe, e mostra, che sase uiue.
Che uitti za la Binussa si bella.
Che quand che Tariuana su na festa. 612
La era na dipintura no za donzella.
Guardalla adès a che muò gè sta la testa.
A che muò la tòs. e à che muò che la spuda.
Che ogn'altro di de sput la impiròue na cesta. 616
Guardalla adès. che la è tutta Canuda.
E uà bassa co. i. uuogii scarpelin.
E se la f& do pàs la zem. e suda.
Ondre è adès i suo pas si zinziurin. 620
Che quand. che in bai la era tolta su.
l'haròue fat inuidia à un palladin.
[14 r] Ondre è i suo manazzò adès de uilù.
Le scarpe bianche, e la bella guarnazza. 624
De scarlat aròs da la cintura in su.
Ondre è zù i biè cauiè. e la so fazza.
Quei d*or fin. e quella si gramega.
Che haròue inamorà tutta na piazza. 628
Se tu gè treue de man in t*una nega.
Tu no rhauerou poduda piccigar.
Si erela al picigot dura, e saluega.
SalvioDÌ,
M(N adès la pel gè picca, che la par.
IV un boazzò uecchio. e. magro la lembrana.
Che co Da sacca se porou ligar.
No uè diròue in t*una settemana.
(ì:^t; Quel che fa el temp. à la putte restiere.
Che no se lassa scartezar la lana.
Parzò se me corrozze. e me despiere.
L*ò che seòn piez che un uil anemal.
TtlO Che se raostròn saluege. e seòn maniere.
E si disón. che. i. fent ne fa mal.
Che ne uuò dir adès questa parola.
Che seòn pi giotte. che caure de sai.
644 Che se uoròu piccarne per la gola.
.FINIS.
[SONETTI.]
[1].
[15 r] Gen e. che dis tu. è. d'el mal Francese.
Tu es el mior temp. che no ha la signoria.
Tu esi pan bianch. e carn de beccaria.
C48 Tu stes do uolte al di senta drè al desc.
Tu stes d'inuern al sol. e d'insta al frese.
Tu no debroue hauer malenconia.
Tu es zupariè. Mantellina, e zornia.
652 E. strenge arosse, e calze da Todesc.
Tu canti el crion la festa a messa.
Tu esi el prim. che nisa la fugazza.
E si tu magne torta, è carne alessa.
656 Tu esi do leurier. e can da cazza.
Tu esi una corazzina fatta à Bressa.
Che no la passeroue un arch. che cazza.
Disse, ben prò te Cazza.
660 Jacoro. si. che he bon temp. uia per de fora.
Mo amor me. friz. el piet in la fersòra.
Testi bellunesi del sec. XVI. 91
[2].
[15 v] Cristina te ame. e tu me fes murir.
Yarda mo se tu esi el piet pi dur. che piera.
Con reuelentia à incappo à una zudiera. 664
Quand tanta crudilita podès sufrir.
Tutta la not no posse me drumir.
Che ho un fuoc andent in mez de la uentriera.
Si fort. che no è al mond si gran caldiera. 668
Che in t'un subit no la faes bugir.
Misericordia tu issi pur crudilla.
Pi che altra, che ui^nis de crudilanza.
E si te mostre in ciera tant humìla. 672
Tu deueroue pur hauer pietanza.
In piet. se tu issi in uolt tant zintila.
Che putta de sta uilla no te uanza.
E te zure in lianza. 676
Che stu no fes. che tanto fuoc me sbaia
E morire, e ti sares micidiala.
[3].
[16 r] Becàue i zet ades uo citain.
Che ne butta in f un trat qualche angaria. 680
Camà uisna. fasò n'ambassaria.
Che seppa sprologar. e far inchin.
Visti de uilù aros e carmesin.
E. mandai zo anent la signoria. • 684
Che i scontrerà le pine per la uia.
E. com i sea la i gè darà un uintrin.
Poltro, cancar uè magne debessà.
Spender el cuor del corp. e la coragia 688
Per che quist cagnaz. ture no uignis qua.
Mo foessàu tutti in una ca de pagia.
E mi con un stizzet foesse la.
Che compiroue prest questa batagia. 692
Maladetta canagia.
Che noi pagòn soldà. rori. et formai.
E. noi no ne aidessà pagar un ai.
92 SalvioDÌ,
696 [16 v] No uitte mò. creze si bella festa.
Quant iiè Taltr'hier à la costra h Triuis.
lera uistì tacoolà muo tamìs.
Con stombolò de tela iniorn la testa.
700 I eua el caf grand con saròue na cesta.
Con barbe infln de sot da le naris.
0. Santon ieson Christ del Parais.
Disse in me anem que narassia e questa.
704 Gen era pò. che hauea capiè pelos.
Con camisot. per fin su'! col del pè.
A muò de prette andasand. co le eros.
G*era un Canal pi grand, che nite me.
708 Co una femena stt de uilù aròs.
Con fazzuò d'or, che par insofraaè.
Inflna el Poeste
Risèva. che se gè haueroue cauà i dent.
712 Marauegiandse de si fatta« zent
[5].
[17 r] Deh. cagasang. e la giandussa uiena.
À chi fé far letram mai me fardeL
Che pò. che indrapellà che U fò de morel.
716 Quand chel fauella sempre el se indesdegna.
E fuosi mo che '1 trattei da maregna.
Che de tutti i mie camp, uindi el pi bel.
Per farge una |)elanda. e quel roantel.
720 E ades apena à guardar me. chel se indegna.
Becco futù mi quand che cominciò.
Mandarlo à scòla, per pagar el maestro.
A mità die le fede in fé de die.
724 E se gen era qualche bon polastro.
E gel mandaue. e ano di ueiliè.
E mo ades el me tratta da minchiastiH).
E son sta mi el fiàstro.
fV.H. Noi cOvl. taccola, 7J2. Nel cod. Paràis,
Testi bellanesi del sec. XVI. 93
Che a spindù el cuor del corp. per hauer alnor. 728
E mò el dis. che son so bitador
Deh cagasangue à color.
Che fa magnar le so galline à Pana.
E stenta à cha. magnando polenta, e faua. 732
[6].
[17 v] Porou massa bastar qne i straliot.
Frances. e todesc. e altra canagia.
Ne hanes tolt el coor e la coragia.
E fame zir spauisig de di. e de not 730
Poron bastar farne murir debot.
Co la giandnssa in terra, o su la pagia.
Senza fame aspittar. che la tieza cagia.
Per la fortuna de qnist tamberot. 740
Porou uignir mo altra malidission.
Se dee me no se '1 no uien tempesta.
E toome tnt quel che seroenà haon.
Deh Cancar uiena. a chi guarda me feata. 744
Ne tuoi da preoet benedission.
Che putòn taor uin dolz. e i ne da agresta.
Sei faes aita alnesta.
I preoe ocm la zenie citaina. 748
No bauesson mai tanta dissiplina.
[']■
[18 r] Se |»4ncipio me fes la Signorìa.
Perqne te b$ penar, e slangurìr.
I unogi granii^ uoroue pardir. ITyi
Anent che darte una slan^ruoria.
Mo ti esi el piec pi fred. che zelaria.
Perzo me tìestu in lagreme. e suspir.
E cento oalte al di me ies morir. T.j^
Tarda sin si cruìilla aita mìa.
Sta tome mo Pa:^<>na. o. Gardeo^^Ila.
Per toleniie del cu>r la tvni-r.la.
Dinja tool prs^t caga «a*:j. a la falla. T'/>
M*aiiis. cb« he^A el :.-: «j na ;far :-..--
E ta se tire ^r-yz^j^ o» \x r^ili.
Stlvioni,
*y '" la to ancella.
"" «« cPBiil; •
fSJ.
;>" J»nsame„. , f.,^,,,
■« Mson ogni jj
'" ciel b/e ,„„•
'" Srao Signoria,
"si-gena maria.
:M sipia cusi.
«on bassi „p,,j
;/" '""a "o 0 ,. „i..
" do cara e j, jj
■ ''> U sgola io su
™ '" giuoria sta.
ij sapoH colli.
"o'I creze a.
"' pur mo oasso
wn'o de nu.
iodi nieot.
»»; i la luaia jeoia.
Me crazo mi
loria. E dige si.
» da la mia.
"i4i se spia.
'1 sa ti.
la oo l'è pi.
' "0 uà uia.
'"«ise'ou,
pulii buffò,
bauer giuoria.
Il», e son fu.
per de U.
a per un rii.
Testi bellunesi del sec. XVI. 95
E quel che e stat no e più.
Mo e una cosa, che alde. uede. e sent.
Gredònlo. no'l peoson. mo ston credent. 800
[10].
[19 y] Dapò che* 1 mond uiens fora d*uD uintrin.
De la terra pi grand d*un gran pitòr.
Chel foò trouà cauand un ledamer.
No foè me lauòr si zinziurin. 804
I Heua candelle da quatro stupin.
Danent à chi cridaua à muò de uèr.
I. hauea piue d*arzent pien un armèr.
Che biscantàua à muò d*un gardelin. 808
I. heua pò su de sera in su n'aliar
Migiuò pien d*uuoli. che haua dentre. lum.
Che tu diròue Ve fuoch in t'un bar.
L'era pò un. che zeua dasand fum. 812
Co un sechiellet fora bizar.
A tutti quei, che era uilò in t'un grum.
Po un faseua un zanzum.
À un da una baretta no se que muò. 816
Que i dis. che la ual pi d'un per de buò.
[11].
[20 r] In giuoria cclestial del Paradìs
Co sent. e sente, e co milli agnusdie.
Andaròn nò poueret descalzarie. 820
Co camise de sac uisti de gris.
Mo no gè uignirà qui da triuis.
Che è piez che ture, ne mòr. ne Francesie.
Che gen apicheròue per un tron pi de sie. 824
Senza guardar pi fardiè co nemis.
E parzò uno. che se dagòna pas.
Comprònge rori. e schiopet. e solda.
Chel farà la uendetta Satanàs. 828
E i citain. che tant malan ne dà.
I starà de sot. à brusarse zo à bas.
Co el cancar. che gè uìòna in te' 1 figa.
L'è mò. che mal me sa. 832
9> Salvioni,
Che lasseron casoncie. è lasagnie.
Perque no creze mò. che i mort gen magne.
[12].
[20 v] E soQ sta zo à Veniesia. Che chi dis.
836 Che la sia terra, crepe no ge'l uuo.
Che no se gè carezò mò ne co cauai. ne buo.
L'è un giuorios celestro Paradis.
E quand. che i fa i Poestà à Triius.
840 No so se tei perone dir ancuo.
L e pi de cicocent uisti à muo.
De preaet de drap long, no miga gris
E s'ana tieza i se bigna à Sen Marc
844 Che al corpo de sent nient s'ana campagna
No se poròu si ben zugar à l'are.
Ve. i. mur depent. che l'or ne se spegazza
Co homi, e sent è per long, et per l'arg
848 Che tant no se uederoue in na campagna.
E un hom sta su na scagna.
Co. un corn in caf. e un mantel de drap. d'or.
Che ual pi. che no ual un gran stresor.
[13].
852 [21 r] Su la Somaasa de la tieza mo.
Gen e banc long, quant me die se uè.
Che senta su cicocent. no do. o tre.
Vn apruo l'altro, e. sta à ascoltar, roo.
856 Vn hom sta in caf. et grida quant el pò.
(. uà cazzant entro un Cadin. i. det.
Pien de botò. E ogn'un tuoi fora el so.
E quand che ogn*un ha tolto el so beton.
S(iO Pò chi uà dal Principio, e altri in qua.
E sta com i feua imprima in rigolon.
EL VA. pò fent con zuccari fora.
Danent à tutti per ogni canton.
8G4 L'
664. Cosi nel codice.
Testi bellunesi del sec. XVI. 97
E à quest muo i ha fat el Poesia
Po ogD^un de qua e de là.
Se. leua e bià el prim che'l può basar.
Che tu diròue cert il uuol magnar. 868
[14J.
[21 v] La fadiga. e. el inalan. la fam. la se.
Si ne para el morbez uia da ogni. là.
Che tal botta affama uignon à cha.
E uoresson magnar e no haon che. 872
Pan bianc. carn grassa, d^agnel. e caurè.
Morbez à i citain parer si fa.
Per si fatta uia. e. muò. che i no sa.
Se i. ha do man. do. pie. do caf. o tre. 876
Me smereuei. che habione niac. la pel.
E. pagòn flt soldà. rori. e formai.
Anch. in schiopet gen uà qualche marzel.
Mo i. citain no ha pioueg. d'un ai. 880
I. uà per piazza scorlandse el mantel.
E si se pas à muo bie temporai.
Caga sangue se mai.
Yorò me ben à nigun da Triuis. 884
Perque i ne pela infln su la radis.
[15].
[22 r] Vendè el forment dies lire el ster.
Cagne maladette. che saè.
Che del morbo tutti quent à murirè. 888
E no uè valerà uuostri diner.
Andà mò adès chamà i canal ler
Che uiene à impegnorarne còm uò sole.
Che fuosi la giandussa pierè. 892
Che la ha piada ben pi d'un per.
0. Cancher foss*io aguan domenedio.
Se gen lassàs radis de sta canagia.
Vorou tornar in man d'i can zudier. 896
877. Non intieramente corto niac.
▲rchìTio fflottoL iteL, XVL
9d Salvioni ,
I. faro uè stentar in su la paia.
E tirar à le fosse per. i. pie.
Fin che gen foes un de quella naia.
900 Maladetta Canai a.
Se hom gen lassàs se me quei dal pes.
Con pat. che uorou. che i me^ n daes.
[16J.
[22 y] Nassesson ben per no hauer me pas.
004 No fa luoc à repettar chilo fardel.
Che i citain ne scortega la pel.
E pò domenedio ne tra di sàs.
Tu no uitte in to mta el pi bel mas.
908 Conzà come saròue un hortesel.
Semenà de forment seme 1 garnel.
Colta, cha'l no poròue estre pi gras.
Se man de caf maluasi lus de fer.
912 Vien zo per una neola à reuolion.
E conz^mel. che par d*un bel zegner.
No e in quest deuers mond. si gran poltron.
Se lliaues ben el cuor doppio de fer.
916 Que no pianzesse da compassion.
Critu. che'l me Paron.
Me confortàs. si ben d*an bel subit.
Dissel Girard com faretu de*l fit.
[17].
920 [23 r] Quest foò tre di inent de senta eros.
Che no me*l debe desmentegar me.
E la doman andiè à trouar à pie
Per hauer diner. che no gen haueue eros.
924 E steue in piazza tut malenconios.
Pensandme com fa i homi el fatto me.
Qui zouenat diseua. Girard, de
Serótu in festa mo si furios.
928 El me uen el diauol in la testa.
Aldandme far intorn el badaluch.
Da quei Giotto, che sen hauoa festa.
Dissi fuosi putào. che sea un duch.
Testi bellunesi del sec XVI. 99
Che maladetta sèa la uostra giesta. 932
Che sasè piez. che zudier. ne Mor. ne Turch.
E priege dio per uo mazzuch.
Che'l ciel. le neolle. inflna el Parais.
Possa cagir. e soffegar Triuis. 936
• [18].
[23 y] He pensa tante uolte ne la meni
Che chi le ombràs saròue un million.
Che*l Preue dis che à resussiteròn.
Co pie. co. man. nas. uuogi. cauiè. e dent. 940
E. che à son de trombetta incontanent
Tutti de trentatre agn. retorneròn.
A star in chiap uillò à muò castron.
A spittar d'estro grami, e chi content. 944
No' I creze. che se dromo in compagnia.
E leue su abon'hora senza lum.
E tuoge su una scarpa, e la no e mia.
E lu uorà. che zarnona d'un grum 948
De esse, che sarà d'ogni zenia.
Le nostre gambe, brazze. pie. e cossùm.
Po se un se niega in fium.
E. g'ha magna le man pi de cent pes. 952
Pur à bignarge i det staròue un mes.
E qui che muor dal mal Frances
Che gè ha magna me perdona l'ordegn
Cugnirà suscittar co un de legn. 956
[19].
[24 r] Color che hauer gran sentia no se sent
Chiuiluoga no uiena al palangon.
Mo chi ha intellet. e gran descretion.
Me uiena à aldir. e farse ben arent. 960
Quel giuorios. che fasi tutta zent.
Al temp. antich. de'l Bisibillion.
Faseua i homi à muò d'un pettolon
In prima in prima no gè giera nient. 964
'J32. Non ben chiaro se V e di sea sia corretto da t o viceversa.
0G4. Il e od. gierà^ \
100 Salvioni,
Si che 86*1 seua far i homi d'umbria.
Con un puoc de terra, egua. fuoc. e fum.
Saròuel bignar cent os in compagnia*
968 Perzò no zon cercando sto zanzum.
Fasòn na bona ment. e tiròn uia.
Driè de qui seni che fò de bon Paston.
Lassòn quist agrum.
972 A i citain. che*l uiuer gè arecres.
Che i uage à casa calda à farse alès.
No sé se son intes.
Dige. chi uuol zir su al colostro regn.
976 Besuogna. che con fès se faze degn.
[20].
[24 vj No me so maginar quo cosa segia.
De no so que. che ò entro la coragia.
Che propiament la me par canagia.
980 Che me sfrusigne. e* 1 cuor me stofegegia.
Par certament me tuoge marauegia.
Che hebba la not. e' 1 di tanta battagia.
E par. che neru. e osse, e* 1 pel me cagia.
984 E sques. che nianc el fià me statufegia.
E son sta per consei al bel Triuis.
Gen è. che dis. che Ve mal de Ventriera.
E che me fitge segnar co*l tamìs.
988 Altri spubica« per altra maniera.
E dis rè mal me perdona, chel pis.
Si no se pò tignir. che*l me despiera.
Altri dis. che zudiòra
992 Me tignerà questa maruogna adòs.
Inchina tant. che sere sec com feròu un os«
[21].
[25 r] L'è mort Bertold da'l mal de*l marager.
Che de inpegnorarne me no fo dezun.
996 L'inpegnoràua tutti quent i comun.
Per bignarse tronelle. e dener.
Zara Tauanz. cancar à i caualèr.
Possi murir tutti à un à un.
Testi bellunesi del sec. XVL 101
Che se capei portàs. ne man tei brun. 1000
Podès zir in preson. e star in fer.
0. Podestà del elei tu sès pur far.
E quand tu uuòs tu ne può dar aiut
Mo tu ne lage inprima scortegar. 1004.
Se*l murìua quest hom quand Tera put.
Tu barone in ogni giesia cent aitar.
Che à pena tu gen es do. o tre in tut.
Perque ^ ne ha à tant redut 1008
Che no haòn pi ne pan. ne uin«
B men da darte offerta un bagatin.
[22].
[25 vj Se hauès Cento ducat. che foès mie.
Ne hauès debòta in quest deue)*so mond. 1012
Ogni di me faròue far un brond.
De lasagnie. e un de Pestariè.
Magneròu lasagnette. e Gasoncié.
Ogni di un gran cadin fin zo 8u*l fond. 1016
E comprerou de qui zucar torond.
(%e par biè bis destegolà in gamie.
E sempre me do. o. tre uolte al roes.
Mi co un altro compagn da la uilla. 1020
Ziròu a Triuis à pascolarla à pes.
E. man à tenche. e qualche bona anguilla.
E si*n faròue far d'arost. e les.
E da pò past cuche è fig. de barilla. 1024
E maluasia zintilla.
Me faròu soppa co qui pagnuchei
E pò gen duròu à cha trenta marchet.
[23].
[26] L*ò bella cosa Thom. che no ha debèta. 1028
El puoi zir per tutto el mond. se l'ha denèr.
Mo senza qui se'l foès pi dur d^un fer.
No'l cateròu hom. che gè fès de bareta.
E ge*n uoròue almasque una carota. 1032
Che andarono à Triuis da qui forner.
E comprerou pan bianc asques un ster.
E pes. anguille, e zelaria. e faueta.
102 Salvioni,
1036 E me faròu un zuppon de uilù aros.
Che me faès na bella pitturina.
Co straliere à i manazzò conzade in eros.
Me comprerou na bella corazzina.
1040 E quand uolès Cent fent à una os.
I. haueròu te sé dir da la Capellina.
E sempre ogni matina.
Yoròu hauer un famèi. che zes per pes.
10 i4 E magnargen de frit. e rost. e Ids.
[24].
[26 v] Non è el pi bel amor quant è de fora
E lassa pur che dige sti carbon.
Che almasque die co le putte zanzon.
1018 E de la vacca zulla. e de la lòra.
E zanzand la maruogna si ne sbòra.
E trane la slanguoria del magon.
Mo i citain si uà per dre i canton.
1C52 Frizandse el piet com faròu na farsora.
L'altro diaz gen uit un zazzarin.
Star in su un us. e trar lagreme. e suspir.
Chel me parèa sec com saròu un spia.
1056 Pota de mi com puole mo sufrir.
Queste c^igne i tien da patarin.
Inchin da mo. uorou inent murir.
E me sentì uignir
1060 Vna pietanza in piet. e disse cagne.
No lassa murir i fent. che i lof uè magne.
[25].
[27 r] Sia maladet amor, e chi consent.
D'estre mo sottopost al fatto so.
1064 Che per lo fatto me. te dige mò.
Gè* n son pi stuf. che no è un can de uent
Mo gè ual a dir. al* hor me pent.
Pur che tu isi in solazzi sbertigìò.
1068 Che tu romang cazza pi che no e un bo.
Quand. che Thebba el zogel al col ben cent.
L*e alnest. che la fistola le paga.
Testi belluDesì del sec. XVI. 103
Amar fin che le tira ben al leni.
E pò ainarte pien dMra. e de desdegn. 1072
£1 te farà stentar tutta la not. ,
E te farà estre sec coni saròu un legn.
E senza carn Francese magnòn el scot.
Beccate su quest. os 1076
Se la fistola uuol. che me desbrìge.
Magnar me possa i can se pi mUntrige.
[26].
[27 v] Àgnies zintil. uuogii da far murir.
Che tu inamoreroue un hom de fer. 1080
Tu m'es firì si fort el marager.
Si che no posse star ne in pie. ne zir.
Tutta la not no posse me drumir.
Che arde com fa la pagia d^un pagier. 1084
E d^l me fuoc tu no daròu un diner.
Cagna marobia coM puotu me sufrir.
Tu doueròue pur hauer paura.
Disant. se custù muor el me mazzera. 1088
E darme qualche puoc de refrescura.
Me sente una Scassa in te'l figa.
Che fa na spana, e pi de feridura.
No uitu. che he el color muò d'amala. 1092
Si che torna à to cà.
Agnies se muore amand la to parsona.
No crerè. che giesum christ me te'l perdona.
[27] >.
|28r] Vendè el forment dies lire el ster. 1096
Cagne maladette. che sarè.
Che deM morbo tutti quent à murirè.
E si no uè ualerà uuostri diner.
Andà mo adès camà i caualler. 1100
Che uiene à inpegniorarne com uo sole.
Che fuosi la gjandussa pierè.
Che rha piada ben pi d'un per.
* Questo sonetto e il 15^ sono U stessa cosa. Lo si riproduce tuttavia
per le Uovi differenze che offre.
104 Salvioni, Testi bellunesi del sec. XVI.
1104 0 cancar fosse a^an Domenedio
Se ge*ii lassàs andar de sta ca..agia.
% Vopòu tornar in man d'i can zudier.
I faròue stentar in ^u la pagia.
1108 E tirar a le fosse per i pie.
Fin che gen foès un de quella nagia.
Maladetta canagia.
Se hom gen lassàs. seme quei dal pes.
1112 Con pat. che uoròu. che i me'n daes.
[Seguono quanto prima le illustrazionLI
lomb. verti dovere, esser necessario.
Registran questa voce il Vocab. cremasco del Samarani, e, attribuendola
a Geradadda, il Cherubini nelle Giunte al 4.® volume. Siam quindi ben vi-
cini a Bergamo, al paese cioè donde s*ha erti^ che a verti sta appunto come
stanno i berg. èrtes^ erdy ecc., ai lomb. occid. vèrieSf verd. Il Mussafia, Bei-
trag 101 n, connetterebbe la voce con un tose, vertere (non verte non im-
porta), ch*egli radduce airomofona parola latina. Ma, lasciando da parte
la voce toscana ^ d*uso assai limitato e intorno al cui preciso valore vor-
remmo in ogni modo essere meglio informati, e ristringendoci al ben chiaro
e ben assodato verti della Lombardia orientale, parmi che questo risalga
assai ovviamente al lat. oportère. Da questa base si arrivava senz'altro
a *ovorti, e i due o poi si dissimilavano allo stesso modo come si vede
accadere nelFant. lomb. sozernar soggiornare, e nel lomb. lovertiga ecc., da
anteriore *lovortiga (Romania XXIX 555 sgg.). E come Ve di sozernar pas-
sava alle rizotoniche {sozérno) cosi quello di *overti\ tanto più facilmente
questo, in quanto si tratti di verbo in molta parte modale o servile.
Da questo vertiy il Mussafia non vorrebbe scindere Varte di Bonvesin ^
(v. Altmail. mdrt.§ 128; Seifert, Gloss.,9), che TAscoli, VII 600, invece scior-
rebbe in art^e^ interpretandolo per *è arte' (cfr. 'è mestieri '). Potrebbero aver
ragione ambedue. Dove circa air a, si può asserire che, nella combinazione
er^ esso occorre in molti altri esempi milanesi, e circa alia caduta del v-,
essa potrebbe dipendere da una di quelle straordinarie riduzioni cui vanno
soggetti i verbi modali. — Sennonché anche mi chieggo se per avventura
non si frammischi ad arte^ e più ancora ad artà^ Tartare, o meglio il pas-
sivo art ari, latino. Questo verbo aveva trovato modo di passare anche nei
documenti volgari (v., p. es., il documento valmaggino del 1628, ch'è stam-
pato in Bollett. stor. d. Svizzera it., XIII 107 n), e da qui ben poteva pe-
netrare, variamente adattandovisi, nelTuso comune. C. Salvioni.
^ L'evoluzione che si ammette per la voce lombarda, non mi parrebbe
del resto inverosimile nemmeno in Toscana. Ricordo, ad abundantiam, Va-
lermo = Panormum, e la sua storia.
* Con cui vanno il berg. artd (Tiraboschi) e il valm. tartd (Giorn. st. d.
letter. it. Vili 411). Qui si dà una spiegazione del t- che certo potrebbe
sempre andare. Ma mi chiedo ora se non lo si debba piuttosto all'influenza
di tohd (cfr. toki fa 'mi tocca di fare, debbo fare*), venuto in molta parte
della Lombardia alpina ad essere adoperato personalmente.
STXJDJ IjIGhXJ^I.
DI
E. e. PÀRODL
[Continuazione; r. rol. XY p. 1-82.]
§ 3. IL DIALETTO DI GENOVA
DAL SECOLO XVI AI NOSTRI GIORNL
Avvertenza preliminare.
I testi dialettali, sui quali si fonda questo studio, sono i seguenti :
a) Rime diverse, in lingua genovese^ molto dilettevoli pei* la no*
tata e varietà de soggetti^ con nuoua giunta di alcune hora date in
htce, dedicate al Signor Oraiio Ceua, Stampate in Torino^ ad instanza
di Bartolomeo Calzetta e Ascanio de Barberi, 1612. (fogl.). Com-
prende questa stampa le Rime di Paolo Foglietta, una traduzione
del primo Canto deir* Orlando Furioso', fatta da Vincenzo Dartona,
ed altri versi di varii; infine alcune Rime di Todaro Gonchetta (pseu-
donimo di Giuliano Rossi, vedi e), notevoli- per l'evidente imitazione
contadinesca (cfr. il nm. 5). Talvolta citasi con 'fogL^' T edizione
fatta dallo stampatore Girolamo Bartoli a Pavia nel 1583: Rime di-
verse in Lingua genovese^ le quali per la novità de soggetti sono molto
dilettevoli da leggere, di nuovo date in luce.
b) Ra Cittara Zeneize^ poexie de Gian Giacomo Cavallo. In que-
sta nuòeua restampa de chiù poemi accresciuoa ( sic ) , . . In Zena ,
M. DC. LXV. Prae Oirucemo Marin^ vexin à S. Lonoù. (cav.). Tal-
volta si cita con 'cav. ^' la 1.* ediz., del 1635, che ha per titolo: Ra
Cittara Zeneise, Poexie de Gian Giacomo Cauallo, a ro Serj.^^ Gian
Steua Loria Duxe de Zenai e con cav.' l'edizione del 1745, che ha
ortografia rammodernata e migliore, e un'aggiunta di quattro Can-
zoni, pp. 224-278.
e) Giuliano de Rossi. Poesie varie in dialetto genovese. £ un mano-
scritto cartaceo della Biblioteca universitaria genovese, che porta la
106 Parodi,
segnatura E II 30. E attribuito al sec. XVII. Si cita eoa ^ ros3.\ senza
iadicazione di pagine (non ò numerato): solo talvolta si dà il titolo
della poesia, specialmente pel lunghissimo Viaggio a Venexa (viag^.).
— Un altro manoscritto delle medesime Rime, appartenente alla stessa
Biblioteca, ove ha la segnatura E I 1-3, e contemporaneo al prece-
dente, si cita con ' ross. ^^ quando accada di ricordarlo. AJtri mano-
scritti appartengono ad altre Biblioteche, ed uno anche alla Biblioteca
Nazionale di Firenze, il Palat 28; ma per ora non me ne servo, o
basti ricordare che quest'ultimo si distingue dai due precedenti, per-
dio vi ò più palese l'imitazione contadinesca e, come nelle Rime di
Todaro Gonchetta (vedi a), in ispecie nelFuso del dittongo te. Il Rossi,
che morì Tanno 1657, era di Sestri Ponente.
d) Ra Oerusalemme deliverd dro Signor Torquato Tasso tradùta
da diversi in lengua zeneise. In Zena in ra slamparia de Tango.
MDGGLV. E l'edizione originale. Si cita con 'grlb', e, quando sia
opportuno, col numero del canto e dell'ottava.
e) Ro Chitarrin o scb strofoggi dra Muta de Steva Le Franchi
nobile patri^o zeneise dito fra n Arcadi Micrilbo Termopilatide, ecc.
Genova, 1772. E l'edizione originale (chit).
f) Comedie trasporta* da ro fran^ze m lengua zeneise da Mi^
crilbo Termopilatide P, A, dedichas a ri veri e boin Zeneiri, Genova
1772; edizione originale. Un secondo volume ò intitolato: Secunda
recugeita de coìnedie trasportai da ro frangeize in lengua zeneise da
Micrilbo Termopilatide P, A,^ ecc.. e porta la data del 1781. In que-
sto, ciascuna delle commedie ò numerata separatamente ; quindi, alla
sigla 'comm.', che vale pei due volumi e seguita da una cifra mm
può indicare che il primo, aggiungiamo, volendo determinare il se-
condo, la sigla della singola commedia: furb. (^Re furbarie de A/'>-
ììodda)y prev. (•/?« Preziose ridicole), av. (■ L'Avaro)^ loc. (• Ra Lo-
carniera)^ omm. (« UOmmo raozó), fast. (» Ri Fastidiosi),
g) Poesie di Martino Piaggio; 3.^ ediz,^ ecc. Genova, Pagano, 18S7
(piag^.). Il Piaggio visse dal 1774 al 1843: poco importi se si ri-
corra per lui a un'edizione o ad un'altra. Aggiungo: Martino Pìag^
gio (Scià Regiiìrna\ — Chittarìn zeneize. Poesie inedite con pr /<i-
zlone di Anton Giulio Barrili, Genova, Tipogr. Sardo-Muti, senzi
data (mpiagg.).
A questo fonti devono aggiungersi i vocabolarii del dialetto ; quello
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 107
de)r Olivieri (oL), stampato nel 1851, e quello del Casaccia (cas.),
2.* edizione, del 1876; inoltre il Vocabolario doìnesUco genovese-ita"
liana... compilato e illustrato con tavole da P. Angelo Paganini;
Genova, 1857 (pgn.). Ma di solito si citaao soltanto se di qualche
vocabolo non abbia io stano cognixioDO diretta. Pel dialetto vivo, la
mia fonte prineipalitsiana ò Tuso mio e della mia £uniglia; al quale
s^aggiange resperìema che naturalmente ho e Io studio che ho fatto
dell'uso di altri iadividai, appartenenti ai varii ceti della cittadinanza.
A. Fonologia^
Vocali foniche.
A. 1. Intatto: à ala, d7*bu alba, detto delia biancheria di
bucato, ecc. Scambio di suffisso in temdhsa § 2 B nm. 72; d'o-
rigine un po' sospetta kresdhsa e kunusdhsa. 2. g^ nella for-
* É necessario dire qualche parola intorno a certi particolari della tra-
Krizione fonetica. Uce rappresenta un e assai aperto e lungo (p. es. scea
Reta, icpra terra, ma fffrmu, scs sete, ma r§, cioè rj, re e rete); e e spe-
cialmento i potrà quindi essere adoperato a rappresentare IV lungo chiuso
p. es, pè piede, meste Bvoè Boero, di contro a f\oéf dove V e h breve, e a
Aver, dov*è lungo ma aperto; axycmu avremo, ntcèlu novello, ecc.)* Il y
<* il w, che sostituisco col semplice t ed u solo quando non ci sia peri-
colo d'equivoco, hanno il medesimo valore che le semivocali italiano di
piede Cairo^ ottono sauro : tra due vocali appartenenti a sillabe diverse non
sono molto più forti, e non giungono mai fino alle vere e proprie conso-
nanti corrispondenti. Il genovese tfya, aria, si pronuncia adunque collo
stesso t eh* è neirital. caUolóyo; ma la semivocale davanti ad un altro t
«ara anche più debole, per es. in Maym, diminutivo di* * Maria*, che si di-
stingue appena da Afain e spesso vi giunge. Il dialetto possiedo pure la
semivocale corrispondente ad ti e inoltre qualche esempio della semivo-
cale di o: ho dovuto rassegnarmi a indicarle rispettivamente con v e
con 0. Anche più importa toccare delle consonanti, che nell* ortografia
comune del dialetto si scrivono doppie, benché vere doppie nel dialetto
oca esistano, com*è detto ai nmm. 124 a, 131. Io pure, per evitare diffi-
coltà e complicazioni, ho seguito Tuso volgare, quando la cosiddetta doppia
vt«a dopo una vocale accentata; ma prima deiraccento ho sempre scritto
108 Parodi,
mola iniziale AR + esplos., nei tre noti esempi: érku érbuérs'c
argere, cfp, II 113, 396, X 142, e il mio § 1 A nm. 1 *. L'ar-
caico ihd§rnu cav, potrebbe avere il suo -gmu da altri vo-
caboli; ma non è facile giudicare di sf§rna starna; infine serpa
sciarpa è vocabolo importato, cfr. lant. fr. echerpe e forse me-
glio il francesismo tedesco schdrpe. 3« I soliti mey melo
XIII 447 sg., seza da anter. sereza Studii itaL di fllol. class.
I 397, Meyer-Lùbke, Einfùhrung in d. St. d. roman. Spr, 115
sg., ale'g)*u Studii ital. I 395 n., e Einf. ib., kastena^ del solo
contado, Einf. 116; -e'yve: piaxeiue raxoneiue fogl., ora solo
in abìikeivey detto del vino, e, se si sente ancora, in Qù^teire.
Mettiamo qui cóii^ are. éovUj chiodo, e nouj più spesso nuuy
collu di nva nuotare. 4. -ARIU. I. La risoluzione più comune
è forse -a, da -àr: bahkd da anter. bankard falegname, fe7*d
kapeld leitd lattajo, mazeld^ cahtd cas. polloneto, sia stajo. Pel
femminile, v. nm. 41. IL Frequente anche -e', da -er: kafete
consonante semplice, perchè in tal caso anche un toscano non potrebbe
pronunciare diversamente da noi : akattu compro, ma akatà^ passu ma posa
(cioò àkàtà paso), E anche un toscano pronuncia breve la vocale accen-
tata, seguita, come avviene spesso nei vocaboli dotti, da un gruppo for-
mato di consonante e semivocale: invìdia^ ecc.; cosicché io ho potuto seri*
vere senz* altro abr^tiu vidua^ e anche spàsiu ofisiu (oppure abrf'tyu vuiw/t
spdsyu, ecc.), inoltre h%§^mow^ eco. La stessa osservazione si può faro
per gli sdruccioli: tose timido dgile^ ondo ho scritto semplicemento ho*
mudu^ ecc. Per altri schiarimenti, è da vedere il numero sulla geminazione»
delle consonanti; e d* altra parte, nei casi che possono lasciare nelP in-
certezza, io segno 0 la brevità o la doppia consonante, per es. tl^dru o, dt
solito, v^ddru. Ma sarebbe scrupolo soverchio sognar sempre la quantità,
dove non ci sia disaccordo col toscano ; sognare cioè la breve in vino 9
simili, in làiu lascio, 0 la lunga in bàiu bacio, ecc.
* Su gr/e potrebbe nascere un leggero dubbio, perchè s'incontra eoa
ftò'e alzare, ma per un sicuro giudizio manca Vufn consìstami altri esempi
di formola iniziale non avendosi alPin fuori di arpa e arnia. Di formota in*
terna sarebbe érs'u larice, Flechia II 396, ma la base, ch*egU suppone,
*ìrarcìu^ darebbe un t aspro. Questo ligure érs'u risponde senza dubbio al
genov. irsu leccio, nm. 14. Quanto a lirfu labbro, che si dico specialmenla
degli animali, Vili 364, è vocabolo d*origine tedesca, e ricorre anche io Tch
scana, livorn. lirfie\ cfr. lifficeuU labbra, della Val Vorzasca, IX 251, Ti tal.
sberle ffe^ il fr. balafre^ ecc.
Stndj liguri, § 3. Il dial moderno di Genova. 109
karaté cikulalè' mvCde mulattiere, pawató' ^yj/^'setajuolo, strase
c»»ncìajuolo, strapunte materassajo, l'importato oinaéè' vinattiere,
{icèsté\ ecc., leiige leggiero (de l. dì leggieri), ora del solo con-
tacio. Femminili: -e a, da -c'ra', strase'a strapunte a fxoèstea
hxfetea cucuma, gase'a ghiacciaja, neve'a peskea preQe'a ri-
rp\ ecc. ; maine'a conserva tutto l'antico ie di ^maniera^ nm. 5,
cfr. nm, 125 e, e inoltre § 2 B nm. 4. HI. -àyu in parole dotte:
ftr>nat/u aversayu kanayu canarino, kuiifesu nayu lùmiìxayu
accenditore, ordenayu salayu {armà-yu ecc.).
E breve. 5. Il riflesso normale è e, da t/f, per via di una
fase intermedia *ye ; cfr. nm. 8 e inoltre e da e in posizione,
nm. 9: arfè' fiele, ame^ t^ei ieri, pè neou nipote; meste \ dert
frece febbre; con ae: feza o freza feccia, seoe siepe. Per seiQa
nm, 12; per -è finale nm. 18 in nota. — I numerosi ie che
ricorrono nelle poesie di Todaro Conchetta (in fogl.), sono d'i-
mitazione contadinesca, e non già toscanismi spropositati, come
inclinava a credere il Flechia, ann. nm. 4 n., cfr. Rom. XIX 483,
il mio § 2 B nm. 4 e infine il § 4. Ricorderò anche un aspiete
cav. 51 (= cav.* 45), in un Sonetto degli 'Amori servili', pietà
cav. 166 («cav.* 170), in bocca al * pescatore Ballin', e perfino
tiegnite nella lettera dedicatoria dell'ediz. del 1665. E questa
ha peto 50 (» cav.* 44), ma un manoscritto della Biblioteca Uni-
versitaria genovese, il quale' ne è fedelissima copia, scrive invece
pietà. Per maine'a nm. 4 ; per Felirainazione di altri ye di varia
provenienza nm. 11, e si vedano infine anche i ^Pronomi per-
donali *. 6. Il dittongo si sviluppava anche nella posizione pa-
latina (tranne però davanti a '// e quindi forse tj; mancano
e^mpi di kj), e se ne conserva la traccia nella vocale lunga:
le's'ey cioè lès'e^ da Vyes'e (ma fris's'e^ cioè frìs'e friggere), pès'u
[«eggio X 435 sgg., mègu végu spégu ecc., mes'u mezzo, ihs'enu
tènu tengo (acc. a lénu^ ecc.); inoltre pétu da pyeitUy senéta
ri^e noeta, pétene^ cfr. nm. 39 b. Aggiungo pégwa^ che potrebbe
att>star rie anche per la sdrucciola: si veda per esso e per la
questione in genere il nm. 125 e. Anche più incerto mè^u
nm. 89^. ?• Iato: nell'iato originario con a pare si abbiano
dovunque gli stessi risultati che per Ye romanzo, cfr. Meyer-
Lìibke, Einf. 112 sg. e Horning, Zst. f. r. Ph. XXV 341 sg.:
Ilo Parodi,
mce *inea, onde ora anche nue mio miei. Iato con t: ti Ct*y
dalFant ei es, le ella, egli, § 2 B nm. 1^ I e II; e con -ti,
are. De fogl. cav., o De grlb. 4, 65, cioè d^, Domenendé fo^l.
cav., cfr. Beìiumè' Maiè\ § 2 B nm. 41**, are. me mio, nm. 18 n.
0 * Pronomi possessivi'. 8. Nell'iato secondario con a, troviamo
I, cfr. § 2 B nm. 5: pria pietra, dal secolo XV in poi, per lan-
lieo preaj onde si vede che Vie era già sceso ad iCj o forse ad e,
quando cadde il /. Ma in garia fogl. 22, 24, 26, ecc., per rantic\>
gale'oy less. 356 e 362 sg. in n., -ia è da un e a importato diretta-
mente, ma tardi, v. Rom. IX 486, il Dictionn. general, e cosi a un
dipresso dicasi di Andria fogl. 22, 108, ora Dria e SahCAndna.
Sillaba chiusa. 9. e, dapvessu siipì^essu cipresso, bis'estu bi-
sestile, festa furestu 'forestiere' e * solitario, deserto', lestu pe-
sta peste fìg^pwa sglte gò zeppe j ecc.; guccra tcera nm. 125fl;
-ELLU: tnxooslu e murellu violaceo, Manwwlu^ oltre a moiu
vocaboli che una certa apparenza comune di significato diminu-
tivo, e spesso con tendenza peggiorativa, tenne stretti insieme:
arbanelia S'aso di terra, alberello' Rom. XXVll 236, berMla
havam§lla pasticca, hanpanella campanula, fazwcela da anter.
fazurglla fagiuolo cappone, shdmglla da anter. sharameUa sca-
merita, tamazella tomacina 'braciuola avvolta', braQella bra-
calone, rateila litigio, sarbgUa ciabatta, zatglla piatto ben colmo.
Qui unisco belili e bg'lwa donnola. Ma di solito il nostro sof-
fisi scese ad -f liu, per confusione con -ILLU : anellu aiiellu hi-
nella gemello hastellu kapella kòpella coppella nm. 99 cacelln
furuncclo nioelu novello Ozellu skòpeVu vasellu vilellu ecc., cfr.
nm. 19. Dei casi in cui all'è segue un r' non è da tener conto,
perchè darebbero sempre f, nm. 20: sgrsa gelso, sgrne se**-
gliere, ecc. E invece sempre e davanti a n*: mente mehtu fa-
silmente^ ecc., stehtu pasiehsa tehdya senpre, ecc.; e, pare, an-
che davanti a s\ lese adesu desto snresa fretta nesu sciocco;
forse davanti a tj: pessa nessa néptia, se non furono attratti.
come pare più probabile, dai moltissimi in -essa^ con I origi-
nario. Si dovrà alle forme corrispondenti arizotoniche Ve Ai
testuj cfr. testa ecc. (probabilmente da anter. testa § 2 B nm. 1'
li) e Ve dell'affine testu teglia, inoltre di vestu e m*asettii xn\
siedo, di spellu Mevo la pelle' e dello stesso pelle; ekku è
Stadj ligvrìv § ^ li dial* moderno di Genova. 1 1 1
(li solito proclitico, eku-lì ecc. , e lo stesso dicasi di e est, di
cui sopravvive la pronuncia originaria in kumcelu da hum-e'-
ellu nm. 125 6, cfr. * Pronomi enclitici*, e di ^^e essere nm. 125 e.
Su ey è, poteva aver efficacia attrattiva anche la 2.* pers., v.
nm. 7. Per sellUy vedi s. CT, e così pel dotto leitu; presta
pairebbe un italianismo a rovescio, di fronte a prceslo grlb 13,
lo, cfr. nm. 20, ma vedi anche § 2 B nm. l*" ii. 10. ó', cfr.
i nmm. 17, 21 ; saiUu s'óggu Sant'Eusebio, cfr. § 1 A nm. 26,
ma il milan. Us'òbbi e il piem. Eus'òbi mostrano che Taltera-
zione è estesa e fanno pensare a qualche contaminazione (con
Zen obi US?); dizòhtu trdzóhtu sono spesso proclitici, dizòhtu'
dwt ecc. Vedi le atone corrispondenti. 11. f, nihie § 2 B
nm. 3, da ie secondario, are. arinio fogl. cav., ma aHento pr.
DI, 4, cfr. Rom. XIX 482 e qui nm. 15.
E lungo, I breve. 12. Il riflesso normale è ey^ forse da un
più antico syi kahdeya (kande'y-a) da anter, kande'ira^ seya
•sera' e *cera\ da-vey davvero (e nei dintorni tuttora Ve vey
»? vero), teiga baccello, quareizema cav., oggi qudyzima nm. 48,
are. comeigo conleigo fogl. cav.; me'is'wa mensula madia,
pnieise fogl. e giù fino al Piaggio, ora pàyse nm. 48, ma cfr.
nm. 15; — pey *pelo' e 'pero*, hre'iQa briga less. 334, sene'i-
f^ow ginepro, are. freigu cav. 10, canieigora chit. 53, ora kart-
*'*ijwa cantilena religiosa, cfr. Salvioni, Rendiconti Ist. Lomb.,
S. II, voi. XXXIII, pp. 1159 sgg., ceiga piega grlb 11, 85; 12, 35,
comm. 9, cfr. § 2 B nm. 7, ora di solito ceQa^ nm. 14, ma già
chiega anche in fogl. 78, veiva vigilia cav.; neigru^ cfr. Tant.
pagru. Il plebeo se'ioia, cera, par dovuto alla commistione di
eya e seou nm. 14; Vei di te'ioiu tiepido si dovrà in parte
airattrazione di desinenze consimili (seimay peivie^ oltre a
neicey ecc.). Ma sei^aj egli sega, sarà da sì e ai, estratto dai
'-oiuposti, pro-slcat ecc., cfr. sicet sicare CIL I 199, 40. 41.
13. fj sempre, davanti a w, n, m, II 115: kadeha, seh e seveh\
-^*i\ye cenere sen seno, T)ume'nc(ju\- remmu (cioè remH)^
e//i//iu habèmus, lazetnmuy ecc., avyèmuj avremo, da avere mmu
(cioè a re/ vmu), ecc.; spremine lemme. Per cena e simili, nm. 40.
U. Altri e (e): munestey e inoltre sezehde luminello, quasi ♦e i-
cindériu, cfr. pape carta; fe'a ùera; geza, forse con e orig.,
U2 Parodi.
(la ij, ma T. Schuchardt, Zst. XXV 344 sg., e cosi forse ìmle'ijii,
già § 1 B p. 18 o frequente nelle 'Rime'; inoltre ce§u da anter.
cere0u chierico (un unico cleirixi ri 95, 93 è forsì errato); sost,
e vb. ceQa nm. Ì2, sulle forme arizotoniche (tuttora w se ceiijit
muore), kanlè^ioa ìb., for^o- per attrazione di Anali consi-
mili {pèQiea ratalé^wa terracrepolo , balena). Difficile riesce
erexo 'ilice fogl. 90, erxo grlb 9, 39, od. eriu, col quale va
confrontato freza felce, da Sferza nm. 161 : o il dittongo fu
alieno da tale posizione o scomparve nei contratti "eirzu *feirza ;
iu tal caso Verexu di fogl. sarebbe rifatto sopra un già comune
erzu. L'od. secu, plebeo se'u sego, appare già in ri nella forma
scu {seo: queo 111, 5), che accennerebbe a caduta latina del
v: si attenderebbe quindi nel dialetto moderno *sów o meglio
*stfóu} nm. 59, ma forse lo sviluppo fu impedito da! parallelismo
della forma dotta secu. — In besQa bega è forse un italianismi
errato. 15. i, tra palatina e -n, cln pieno, sempre in fogl. e
vivissimo nella Riviera, ma in città piVi, nm. 155, al quale par
si tengano gli antichi lesti e gli scrittori dal Cavallo io |<oi.
I*er palse grlb 4, Vi, paìxi {: amixi) 15, 6, cfr. §'2 B nm- li
0 qui il nm. 12: sarà, come cih, forma provinciale. E anomalo
[»ep più rispetti pioisu III 10 e qui nm. 169'', ma forse venne anti-
camente dal francese. Di varia natura: venih; liQu, es. comune,
cfr. Uom. XXII 302; vUltoa, vocabolo forense, § 2 B nm. 7,
tnalefìiiti ihaitlia sibbu cibo, ecc. IS. lato, primario o no, dà
risultato identico: e, quando segua •!, trey per l'ant. Ir^i § 2 It
nm. 3, 41''; e't/ avete, per e'i, ib., pue'j/ les'e'y, ecc.; e quantlo
segua -u, donde poi -ow, § 2 fì nm. 15 e qui nm. 59. 17. I)o|h>
}-, sì arriva fino ad ci, in due esempì isolati, che attribuisco u<l
infiltrazione contadinesca: Kit{ib, ni., da anter. Cogorceito cbit.
164 [Cogoreo: creo ri 38, 133), e burceui boleti comm. StK»,
forse anche oggi bwoti, cfr. nm. sg. 18. e o (e, davanti ad -<i
e ad -e: primario nella desinenza -cea (da anter. "-^ya?), poi -<r,
di 1' 0 3* sing. impf. indie, e condizionale, -watt di 3* plui*.,
vhimtea fogl. 102 e cos'i hauea Itaìtean, parca, e hauerea />o
rea, con •a già caduto haitè 133, e sempre negli scrittori posu-
riori, ariK cav. comm., parte cav., e al cundiz. porrce vórrtr
órra (i^ioL* r''jr(v One' vorrei vorrebbe) comm., ecc. Ora non
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 113
sopravvive in Genova se non V-ce di 1* e 3* sg. condiz. —
Secondario, in krcea creta, cancea la pianeta, gcea bietola, mu-
fi€ea scea ^seta' e 'setola' kioce anter. cove fogl. 134, da covea
less. 342 e qui nm. 144, invea invidia fogl. 77, cioè ihveea, sea
fogU^ 60, oggi sas sete (che potrebbe inchiudere anche see, po-
sto che fosse scee, § 2 B nro. 7 ; ma cfr, qui nm. 78). Un po' fuor
di regola alcuni casi di iato con -w, come bwce'u boleto, cfr.
nm. 17 e il normale bwów nm. 59, c^u 'aretu ariete, che non
conosco se non dai lessici e avrebbe accanto il regolare ayów^
Bdsatuieuy già in grlb 18, 21, Bolzaneto, paese vicino. Tutti di
origine sospetta. — Iato con -e. L'-e cadde anticamente, nm. 78,
cosicché già è scomparso dalle ^ Rime \ e la vocale aperta e lunga,
rr, rimasta scoperta si abbreviò: come un caso di iato origina-
rio possiamo forse considerare re rège (lat. volg. *rè(j)e?);
in /rfl?, femmin. di tre'y très, da tree § 2 B nm. 41**, V-e si
conservò come indice del femminile, onde persiste la lunga (e
forse contiene anche il neutro trea). Non parlo qui di de deve,
perchè si può sospettare, per le forme d'altri dialetti, che
debeo assumesse vocal breve. Casi d*iato romanzo: are. f§ fede,
scritto di solito /te, cav. 26, 44 ecc., rg rete -i (plur. ree ri 29,
22), are. vg vede*, san Turpe y cfr. il pis. Turpe' Torpète.
* Come si vede, ho dovuto mutar di parere sulla maggior parte degli
-tf finali brevi che ricorrono nelle *Rime' in rima. Mentre, cioè, li avevo
coasiderati come chiusi, § 2B nm. Pi (in princ), penso ora che tutti fos-
foro aperti e si avessero cosi fin d*allora le medesime condizioni che ap-
pùooo nel sec XVI e si continuan tuttora. Infatti, come spiegare un ffì
Restano però certe difficoltà, pei vocaboli dove non seguiva un ^e atono
a per quelli la cui vocale tonica è il lat e. Ma trascurando ^ es t, ch*è re«
^lAre, rimper. fr|, da b/(i)^ che va confrontato colPod. ij to*, da te(i) tieni,
. 127, che (corno e que ri 63, 90: de debet; sai cheì 72, 17: fé fede: d»
▼0, ecc.), la cui vocale aperta può avere ragioni consimili nelFenfasi
«Iella pronuncia (cfr. il tose, chg, negativo), Dòmine ri 115, 3 (: e è), che
»i paò giustificare in più modi, rimangono fé fece (ri 2, 19: fé fede, e
eo^ d. 136, e spesso), de diede (rp 4, 55 : e è), inoltre je gì (che rima con
«««o de diede ri 53, 132), e poé (che rima con fé fece ri 56, 199), ì quali
indacoQO al sospetto che talvolta il nostro poeta si lasciasse indurre a ri-
una vocale chiosa con una aperta. E nondimeno conviene attribuire
altro la vocale aperta a fé fece, perchè troppo spesso ricorre in rima
ArchiTio fflottol lUl. XYI. 8
114 Parodi,
Sillaba chiusa. 19« e^ kunse'ggu màvegga maraviglia, are.
seggu ciglio, wèga anter. òre'gga, gramena^ kavellu gvize'Ua
nm. 114, tase'lluj rumesellu nm. 101 (ma anche kute'llu ecc.,
con altre aperte; e inoltre a de diede, il cai -^, da -e lat., potrebbe esser
parallelo alF-o, da 6» lat., di ho ecc., nm. 29; infine anche agli altri per-
fotti, come ie^ poé. La riprova di queste conclusioni si ottiene esaminando
la rima dei poeti posteriori, i qnali continuano a tener ben distinte le due
serie «e aperto od -è chiuso; e distinguono inoltre di norma anche fra -f
ed -er (lungo). In fogl. rimano fra loro, da una parte soltanto de deve, w vede,
è est, picurè piacque, fé fede, oimè, de pè presso, perchè^ e perfino, una volta,
la congiunz. se (e assai di rado le lunghe aperte ere crede, credere, me mia
mie, sé sia, ecc., le quali stanno quasi sempre da sé); dalPaltra parte, sol-
tanto D«, re reo, me mio miei, le lui lei, digh*é dico io, prome rimpetto,
derré dietro, pe piede -i, pape carta, crudé^ ecc. In cav., dove non si trova
nessun e aperto e breve in rima, rimano fra loro soltanto gli e aperti e
lunghi (scritti ora «or, ora "é^ ^, •e): eros crede, credere, sae sia, sa sete,
moe mia mie, moas mai, moce mari, ecc.; e fra loro soltanto gli e chiusi e
lunghi: Be^ me mio miei, le^ ti e tu sei, ce cielo, ecc. Aggiungiamo che
nelFedizione del 1745, dove l'ortografia è senza paragone più accurata e
più chiara, é rappresenta 1'^ aperto e breve, cp col circonflesso Ve aperto
e lungo: arce (col circonflesso) mce mia mie (ìd.), ecc., ma ra^ *re*, e
*rete*, /^ fede, o^, vede, perch^^ aloc^. Un piccolo anacronismo è la
grafia ntof, col circonfl., per 'mio, miei*, la quale fuor di rima prevale;
ma essa ci apprende che nel 1745 il maschile me era già stato attratto
dal femminile. Nondimeno T oscillazione di grlb, comm., chit, fra codesto
i9ur, usato anche pel masch., e me, cioè mf", usato anche pel femm., e*ìn*
duce a credere che avvenisse anche il fenomeno opposto, cioè che il ma-
schile traesse con se il femminile e durante il sec XVIII si adoperassero
quasi indifferentemente mce o me per i due generi e numeri: oggi me noa
sopravvive che nel contado. Rime di grlb: dee (comme se dce^ sempre vivo):
va (va^f vi): de diede: fae (fé) 'fece* e *fede*: reseiorvé: a ^accorse: voséz
conosce i perché: che: appé presso. Stanno di norma da se le lun^e^
cree ecc«, ma con esse va anche mce mio miei, e inoltre, le due volte die
ricorre in rima, anche gra^ oggi f/r^ orate, nm. 40: vorrà dire che in qv^l
tempo era ancora lungo (è invece una rima meno esatta quella dì rétrt^ fm
fede con maestà^ 17^7). Stanno a sé: Dommenedéi me 'mio* e anche 'mia,
miei*: promé^ ecc.; con essi rima, contro Tuso anteriore e contro Tanalogìa
di appa^^ anche Tare de pé o deppé, certo per attrazione di pè (una volta cl«
pr rima pare con -i, 19, 11, e sono oscillazioni proprie dei vocaboli qoaai
caduti dairuso; cosi è da giudicare forse di De che si trova nel mede-
simo caso, 11, 15). Rime di chit se de: se ve: é: Bè: fé fede: caffè: ohoèx
perché* poi, cres: qua quale, ecc.; infine le: depé: foreste^ ecc. (Toncladiamo £
Studj liguri, § 3. 11 dial. moderno di Genova. 115
nro. 9), stellai les'^sse leggessi -e, ecc., sesia siccìtas, vessa
veccia, l-eska, bestia^ anch'esso forse con è, cfp. Schuchardt
Zst. XXV 345, e ad ogni modo semidotto, mescuy krese adesu
sveglio, e'hdegu indaco, e'ndezu indice guardanidio, e'nbrezuy
i soli én- rimasti; lùgen§a nome di certa uva e mas'ehgu (ca-
cio) marzolino, ultimi superstiti del suff. -ing, ma ramengo in
cav. 42, Fiamengo grlb 11, 43; strehs'e tens'e tentu^ senta
cintola, kumensUj soli resti dell'antica serie impense fogl. 71
^pingere, impenze 19 dipinge, depento centa (part. pass.) 48
atenze 50 arrivare, venzan 25, e cosi fino a tutto il secolo xviii,
iwenze cìngere, venze ecc. (ora vinse dipins'e dipihlUy ecc.).
?evstre'itu etic. nm. 57; per petlu nm. 79. Dotti o semidotti,
abreiyu ad arbitrium ^a fusone' e ^alla carlona, alla peggio*
[arhetrio rp 8, 145), vedru (per Tant. vréu), sedru. 20. f, per
speciali influenze consonantiche, cfr. nm. 9: fgì^mu verde ecc.,
e davanti a -5m-, nm. 95 : scezimu senno, dall'ani cesmo, Miscel*
lanea Rossi-Teiss 339 sgg. e § 2 C pag. 53, hataszimu mcezimu,
are. incaniaiximo comm. 120 (accanto ai dotti kìHstidnezimu mi-
l^'zimu ecc.)^ forse davanti a -st?^: menestra singstru (solo nel
detto pgffu singstru alegressa prestu, il quale prova forse an-
che che un tempo pronunciavasi prestu, nm. 9). Per attrazioni
varie: asella frengwcelu^ ìnaneska manesco, reska lisca, Bate-
ftu Battista, dgspa dispar (nella frase èse ih dgspa esserci
scarsità). Il curioso ce di prceve, infine, in quanto possa consi-
«lerarsi qui (cfr. Àrch. X 465), sarà sorto nella forma accorciata
gli -e brevi e chiusi del dialetto, qualunque ne fosse la provenienza (poé, ecc.,
• eoa esso /«, poi probabilmente de diede; inoltre perché^ ecc.) divennero
Aperti per pora spinta fonetica fin da tempo assai antico, e si conserva*
ruDo tali fino a noi, benché il loro numero venisse assottigliandosi, o per
U «comparsa di molte forme e vocaboli, o talvolta anche per motivi d*altro
genere (od. k^ e perkf' assimilati al tipo proclitico). L*arc. appg risale ad
UD 'app^^ con abbreviamento sintattico. Quanto agli -e aperti e lunghi^ dei
\iuli dobbiamo supporre l'esistenza (•/JJ fede, da *féy^ *fiy^% *^L vede,
ongioarii o attratti *d? deve e ^/? fece, ecc.)t si abbreviarono assai prima
ch« sorgessero i nuovi -«, risultanti da contrazione, di liberta^ ecc.; ma
l'iDgo doveva rimanere crfcr (da ^crgyer *cr{yder)^ perchè anche in esso
*- tarda contrazione, e er^e crtt^ cfr. § 1 B nm. P i (1*6 chiusa deirantico
<^fV proviene da cr^u crei).
1 16 Parodi ,
*P'*fi ora prcej nm. 18, non senza attrazione di fì'ce fra*: pr»
Lwehsu come frce L. 21. o, dopo r, paro, in es. sospetti o
plebei: ròidu rigido cas.* (in grib 18, 27 reidu); gròpia greppia,
abróliu nm. 19, sgros's'u greggio, tutti con ò breve. 22. i. 01-
trecchè nei noti mm/ru, nm. 45, e t;m/t, che vanno col pais'e
del nm. 15, e ol trecche nel solito bisa^ potrebbe credersi dovuto
al suono palatino contiguo nei difficili aspertize mulize ne-
tizCj ecc., de] nm. 140; ma l'ipotesi non sodisfa del tutto e il prò*
blema non si ristringe al ligure. Vocaboli alterati variamente:
partic. missu^ suU' ant. perfetto, ma il sost. messu fogl. 25, che si
conserva tuttora nella frase parla a stramisi quasi Ura messi %
col senso di 'parlar a vanvera, sgarbatamente ';«di7u detto, su
di§Qu e l'are, disi^ aiutati da scritifj ecc.; intru insù ini tir»
inpuy come anche insù gonfio, su intra y ecc., e forse l'antica
oscillazione, di cui al § 2 B nmm. 8, 18, fra en- in-, spiega
pure l'i di intima l-intiììia Kórting^ 5093, cui sta accanto il i*e*
gelare l-e'hivna ; striggUy sost. striggay su striga y nm. 89, cfr.
streiaporco § l 'A nm. 7, e cosi forse rus'iggu su rus'ign ro-
sicchiare. Infine famigga miggu miliu, tiggu, e.aggiungiamo
kuniggu kavigga lehtiggay lina § 1 A nm. 7, sulla cui quan»
tità restano dubbi più o meno gravi ; e il solito binda. Per vinse
dipinse, dipinta ecc., nm. 19. Letterarii, pìltua seì*visiu sinistm^
aca all'are, senestru fogl. 108, comm. 16, cfr. nm. 20, tnalmu
per lant. marenii^ certo anche ì'isa rissa.
I lungo. 23. Intatto in sillaba aperta e chiusa: sidf senlT
f>ih vesiQa si si, ecc.;- ahQilla mille trista sinque kihs'e^ ptu
fict u ^presto', frltu pikku picchio, vb. e sost., figgu migga pina
intissu aizzo, nissu mitiu? pf. are. misi scrisse^ ecc. 24* f^
nella formola INA: bwe'na bolina, gwe'ha guaina, nm. 42, we^nci
orina, sardeha sardella, forse skeha, skaveha sverza scheggia^
' Il cas. scrìve reudo^ reùlo rutto (cfr. nm. 27), che nella sua ortografia
Valgono rotdu rottu, e mi pare infatti che quest'ultimo dalla plebe ai pro->
nunci ancora cosi; ctr. rovma nm. 38. Per Tortografia di cas. (e ol.) at pa«
ragoni reùdo con beuta bautta beùlo baule baleùstro leùdo liuto (specie «iì
navicella, spago, laud), ecc. (in pgn. invece béùlc baléùstroì^ i quali vaiiiit>
ai nm. 54.
.l'in.
... lo,
i ricor-
aiga'), i
118 Parodi,
kòsa coscia tòseguy posa postea, nel contado, óggu, e con ò, come
in molti dialetti, pi^ógguj skoggu nm. 152 , Muhtóggu Mons
opulus, nome loc.;- nòtte kòttu òttUj per nòitey ecc., nm. 124 a,
e vivo sempre ròitu^ cfr. mil. ròd dall'are, ròit^ inoltre i nmm. 21 n.,
122. In sonnu 'sonno* e 'sogno' supponiamo fusi "^sonnu e sonu
somniu, dei quali il secondo è vivo in parte della Liguria, cfr.
bes'ónu e inoltre gli oscuri si§6na e verdóna. Non oso attribuire
importanza all'accento di terzultima di hó'lura (?) od. kòlwa ^ il
Colle' (ma scià ra coeulla de Sarzan comm. 251), nome d'una
località di Genova (pur tacendo di coeulora collera grlb 14, 52;
16, 71, o cceullera comm. 118, che si continua nell'od. plur. kòlye
macchie rosse sul viso, rossori), né di sókkay da anter. sókkari
zoccoli; e anche meno alla palatina di scoppu 'scoppio* e
^schioppo'. Hanno pur consonante doppia, ma anche più dei pre-
cedenti si palesano coiffe accomodamenti seriori di vocaboli im-
portati: stroppa -u torma, gregge, già in grlb, stropyuy già in
comm. 311, Qòbbu (usuale è s'eiibu); infine eùhriyo cav., ora
óbliQu. L'uno o l'altro sarà dalle forme arizotoniche, come
bóltu: bùlà\ Il Mey.-L., it. gr. 28, non riesce a persuadere che
in parte. 28. a d'apertura normale davanti a m, in parola piana:
ommu dommUf are. kommu § 2 B nm. 10, che è la forma usuab
del Foglietta, tranne un es. di come 70, cioè probabilmente
kumme^ che poi appare, già nel Cavallo, la sola forma in uso,
cfr. nm. 103: in kommu l'ant. uò fu preso per l'uo dittongo
romanzo, donde poi o. Non indigeni: feryòlu ferrajuolo, pugoln
limózina ecc. 29. Finale, o: to so tuo suo, pò e l'arcaico
&o, ora solo in skolabó o shr. lupinella, lehgua de bó lauro
ceraso, e nella frase scherzevole Oggi de bay casi ne' quali non
poteva aver luogo l'attrazione del plurale, bazaikó basilico, cfr.
Kom. XXII 301 sg. 30. u, per efletto della nasal finale, nei
tre monosillabi buh suh tì^h^ donde anche buha tt^ha (ma
s6nna)y cfr. § 2 B nm. 10.
0 breve di sillaba chiusa. 31. o d'apertura normale: kolln
komu akors'ise accorgersi, sorbia sorba (ma surbu su surbf ecc.),
possu ossu nostra donna^ ecc., e anche qui orlu I 262, II 375,
un po' sospetto; con kj o forse meglio con kkj: cossa chioccia,
skróswa stampella, ma è dall'italiano figossu figlioccio. Per i
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 119
casi di 5 classico latino davanti a n complicato, vedi il nm. se-
guente.
0 lungo ed U breve. 32. u schietto: su sole, ku da anter.
Aurt? colore, pres'u caglio, are. sazuh satione stagione, ecc.,
du§a doga, con o greco; — §ua gola, s'ùvenu are. s'uve nm. 178,
s'uvu giogo, gumyu nuze lù lupo, arekùvyu allevio, ristoro,
cfr. rit ricovero, ecc. Per baiato ^ nm, 49, per meswia e simili,
nm. 66, per kommu nm. 28, ecc. Non sono originariamente
popolari kunsólu matrimonyu taramottu rodu ant. rt^ ri 125,
5, voiu e vutu acc. ad invuj ecc. — In sillaba chiusa, si ha
pure u: runa furma kurte kunuse ecc., kurpu purpu tumu e
(utmiuj riiumuj spuns'ia; — seùlla ora syówla nm. 59, ture
fxiiina fiocina, as'uns'e e as'uhtu^ punse e punta ecc., cfr.
nm. 193, survia sopra, suttUy fenuggu s'enuggu. Vada qui an-
che l'ò class., seguito da n complicato, poiché probabilmente nel
latino italico scese ad p, cfr. Riv. di filol. class., N. S., II 124
sg.: kunha luhgu e luzi lungi nm. 179, funte frante kunira
fruns'a *frondea, askunde, ecc. Oscuro è ver^ana, cfr. si§òna.
33. ù : fnehsuhu su mehsunct, attratto a sua volta da sunòL ; iùltu,
U lungo. 34* u, in sillaba aperta come in sillaba chiusa: pùa
puro, pua polvere, da pùra^ coU'it. pula^ arsùaj scumma rus's'e
ruggpne, frùQu f urico, su lasu, e analog. s'ù las'u. Non po-
polare d' origine kuhtùnuy de ft., dove può parer dubbio se Tu
risalga ad t, nm. 25, o se invece vi s'abbia un u vero, comunque
sorto ^ come nell'ani padov. contugnio. — ruska polvere da
concia gùstUj are. gùstra nm. 132, ùhs'e undici, pùnu X 446,
kw^tu comune nelPAlta Italia, cfr. IX 337 ecc., kuhdùtu ri-
dùlu su kuhdùe ridùej come su' su soffio su sus^i bùsu^ it.
bp^so, cfr. bùsu ruota pei numeri del lotto e bùstva bussola,
lettiga, nm. sg. , inoltre il fr. buisy il piem., ecc. 35. i, in
irifulUj certo non indigeno, come non dev'essere rikwa ru-
chetta, cfr. mil. riccola; in rimeza romice, che ha accanto
rumeza e anche re'meza^ certo appartenenti a- piccole varietà
locali e alterati per piccole cause che ci sfuggono: cfr. il piem.
rùmes e i lomb. rumes rimes; in brina pruna, § 1 A nm. 15,
e in Mswa acc. a bùstva (il secondo, credo, coi due sensi ricor-
dati al nm. preced., il primo solo con quello di lettiga'), i
120 Parodi ,
quali dipendono dalle forme arizotoniche dissimilate briiiun hi
swèla ecc., come dipende menissu ^sminuzzo' e ^minuzzolo* da
menisa e kumini0u dò V estrema unzione, cioè la kumini^a^ da
kumihi§à\ nm. 108, e forse briQwa § 2 G pag. 51 da bìn§u>elu ecc.
Ma questo deve qualcosa anche all'attrazione di altri nomi in -igu*a
anter. -igura; e con esso vanno ankis's'e incudine, dall*ant. oh-
cuzen § 2 B nm. 12, rifatto su karis's'e ora kài$'e fuliggine,
kina^ cuna, su nina^ e si dice infatti hinol anche per nina nin-
nare, cullare. In pria primiza pietra pomice, si risalga ad ^ù
o ad ù, si ha in ogni modo un'assimilazione di sillabe.
Dittonghi. AU primario. 36. Dà ò, di apertura normale : are.
Poro fogl. cav., ora Powlu^ kóu da anter. koru cavolo, res^Mi
•ex-aurat, tóu toro, ires'óu dw, are. gove grlb ecc., ora j>òr//,
kosa reposu cosu clausu nm. 168 e cfr. descode s. D, oka
poku roku nm, 187, cota^ vedi T;- aróbu rubo e roba. —
Dà oWj in vocaboli dotti, kóus'a nousia frouzu acc. a frozu
frodo. 37. Secondario: fóay tóa e tótca nm. 62; /b fagu; (per il
contadin. nò ol. *aratu per aratru, cfr. qui nm. 211). Dà o
breve in marottu malato, per attrazione del sufT. -ottu, e in
paroUOy acc. a powla, nm. 52, perchè non popolare.
EU. 38. róvma e ròimay per Tant. rema ri 115, IG; 134,
228, cfr. Studii di filol. rom. Vili 160.
Incontri di vocali toniche con atond.
39« LMncontro di due vocali, non originariamente attiguo,
presenta nel dialetto genovese particolarità degne di nota,
a) L'iato, ancora frequente nei testi antichi e in gran parte
della Riviera, è divenuto oggi assai raro; perchè due o tre vo-
cali, che non possano fondersi in un unico suono, si stringono
insieme, venendo a contatto, in un dittongo o in un trittongo,
dove l't e Tu (u, talvolta ò) passano nelle semivocali corri*
spendenti. £s. varii : sva sudare svómu svai svów sudato, ecc.,
e così dia dall'anter. dtifa, dvému ecc.; lawa^ anter. Iavu9*a
laura, làica lavoro da laau^ laioe'nimu, lawyo (law-y^ lavo-
rerò, con i analogico (come in s'ùyò* giurerò diyo diri> diyhnu
diyey direte — y tenuissimo — >; mentre è originario in amiyo*
mirerò, ecc., cfr. la Morfologia). Si sente, pel solito s$va
Studj liguri, § 3. II dìal. moderno di Genova. 121
lare, anche s'Qea. Accanto a pwla paura, è spuyùfi'u pauroso; ac-
canto a spastoia scopa spasuya. Rimangono però sempre distinte,
all'uscita, le vocali di -céa (dove V-a può cadere, nm. 78), di -m
-/a, -uà, -UH 'uay da -ó'a, are. kitvoèa ora kwce^ niu pria^ nuu
HÙa^ vdu vda; cfr. nm. 72. Ma però mdffu da maria e al plur.
tnàyi^ perchè le vocali contigue eran tre, e così pure màyiie per
mariiie maritati {Vy è debolissimo), pèyu pelo pe'yi tu peli, an*
ier. peira peiri, inoltre pey ti w (quasi péilu) pelalo, mòyu maturo
fnòyi. Finalmente, ad eccezione di -da, nm. 72, restano in iato
due vocali ali* uscita che sieno venute a contatto solo di recente,
per la caduta d'un r o talvolta d'un v: amda amaro, kda, che
ha tuttora i^ccanto kavu ^capo di refe, di fune, ecc.' (ma cfr.
nm. 49), si§ùu fischio, b) Se per qualche motivo, tra due vo-
cali, di cui la prima sia accentata, Tiato persista, la seconda è
soggetta a cadere: data alto, poi ida^ nm. 50, 149, (ma nell'a-
tona Tare, òià altare), "^péilu da *pyéitUy poi pela, mòi§u da
^'^y^^ poi méQa (ma slre'yiu nm. 57), kòitu poi *kòlu kòttu
nm. 64; are. kanld-vu per hanldi'-vu nm. 44, cfr. nm. 57; più
«lubbii i plurali puhpe mU fig9 per gli antichi punpe'i mui
fgdiy nm. 74\ e) Fra due vocali contigue, talvolta se ne sviluppa
una terza di passaggio. Ciò avviene nei gruppi che comincino con
le vocali chiare e, o (ò), le quali sieno seguite da vocali molto
diverse (w, rispetti vam. a, «, i): vedi i nmm. 59, 62, 63, 67, 68.
AK 40. Si contrae in cp, § 1 B nm. 2 e specialmente
nm. 44^: già in fogl. è sempre e, sle estate, cfr. -4t, sode sol-
dati, ib., ora ncg§e natiche, sUce' città, ecc. ; per l'are, strè strada,
fogl. 75, 77, cfr. § 2 B nm. 45, e per l'analogo ftoé qui nm. 43.
Contatti recenti : kce§a da anter. kdreQa incanto, asta, §(elu da
anter. garéllu gheriglio, spicchio, skanbcélu da anter. shahba-
réllu (?) sgabello, lekcesu da leccarezzo fogl. 135 ghiottone, da-
tj(BSu manesco, kahpces'a da hanpares's'u comparatico (fatto su
óaies's'u ecc.), fì§cétu fegato da /i§are'ltUj nm. 97, forse tardo
ampliamento d'un *fi§duy cena arena, ecc. Per ulteriori sviluppi
dove si confonde con ce da at, vedi qui il nm. 43.
XL 41« Si accorda in tutto con ce^ e proviene da varie
fonti: carnee da camdi * chiamati' e ^voi chiamate', asce' abba-
i, fcetu Icete nm. 192, pu?^ mwcé padre madre; femmin. di
122 Parodi,
-ARiu, fercva^ da feraira^ mazelcea ecc., § 1 A nm. 2, ecc.;
ì^cena rana, cegua^ ecc. Per di di contatti recenti, nm. 47.
42. È e davanti -n o -n^: éehtu pianeta, per vìa dell'antico
caihtu nm. 193, grehdi grandi, keh da ^kani *kaini. Foiose
va qui anche §wena da guae'na nm. 24. 43. irof o, davanti
a nasale, tce\ semprechò preceda una labiale: casi di ae^ fwé
fata, da un anter. *fde^ nmm. 40, 96, donde */bp> ^^^ ^^^i*^ ^^
abbreviò in *fgy cfr. nm. 126, are. spué spade fogl. 135 spoce
grlb 12, 55, corom. 313; — casi di dt, pwce mwcCy da paire
pcere^ maire mcerey § 2 B nmm. 2, 33 eca,. pwcéa paja, sost,
II 114, X 143 n., are. puaeru sembro, ti pitceri ptUBran^ e
vuccru valgo vuceri vuceran^ repuasru riparo, ora solo pdu ecc.
e vdu riparuj are. moce ora mai, sempremocc cav. 147, zoeumoa?
cav.* 243, grlb 11, 53 oggimai, cfr, ^Avverbii', moce cav. 80,
ora malij moce mari cav. 124. È poco chiaro, per l'f, un es.
di aèf pwèla padella, dubbio poela cav.' 16 {paella ross. viagg.
sarà della provincia), ma forse un anter. ^piocéla fu attratto dal
dotto padella (e da -wèla, twéla toletta ecc.?) Non giova il
nm. 83. Davanti a nasale: mtceh mani, pweh pani, barbteen
sing. barbah spauracchio, Miscellanea Rossi-Teiss 343 sg., are.
sermoen germani comm. 193, spoenio spanto comm. furb. 2t),
cfr. nm. 193, del contado fwenti fanti cioè 'bambini*, sul quale
anche il sg. fwehtUj già in cav., più curioso spoenie spente
grlb 20, 75, che è forse un^ esagerazione letteraria, poiché in
tutti gli altri casi l'inserzione del w dovrebbe essere anteriore
al chiudersi dell'o? in e. — Il più antico esempio del fenomeno ìd
discorso mi è dato da div. 1473 poera pareat. 44* di perde
ri negli are. cantd-vu per kahtdi-vu ecc., favo fogl. 84, ecc.,
cfr. § 2 B nm. 44^ e qui nm. 39 ft e Pronomi enclitici': le ilue
vocali si mantenevan distinte per virtù della forma senza Ten*
clitica*
Al\ 45. Passa, per via di e/, in (ét/ì) ey^ che appare già
in pr. e mu., § 2 B nm. 16: meUftm da maislru^ §weime
guaime reiOua ♦radi cui a propaggine, e re'ize radice, are.
pareizo grlb 9, 58; ma Tod. sceta è dallMt. saetta^ che tn>*
vasi trisillabo cav. 42. Per keilu caduto v. § 2 B nm. 68, s. ^ ca-
dere*. I perfetti arcaici di 1* con. restei {-éy) fogl. 101, presiei
Studj ligarì, § 3. Il dial. moderno di Genova. 123
baxei ecc. cav. piagg,, da restài ecc., dovranno il loro -éy anormale
ai perfetti di 2*, nonché a déy diedi, cfr. la Morfologia. Infine
aleitu da aleìtcLy cfr. Icele^ asgre'ya sciupo, ali. ad asgàyuj e
a^we'ytu 'osservo di nascosto' su asgreya a0weytà\ ma 5(?a-
raguoBlo grlb 19, 34. Davanti a nasale si attenderebbe f, ma non
ho esempi. 46. u>e'y (da wéyì) dopo labiale, cfr. nm. 43, ma forse
wi davanti a nasale: hoei badile cav. 75, od. hwey^ cfr. nm. 115
per le atone ; — fwih faina, se è da porre "^faih *fein ^ftvéyfiy
ma Tu è molto diffuso. Quanto a ìncen^ certo da un htoeyrin
*badilinu, sono chiare le sue condizioni speciali. 47. ai passa
in ay, se il contatto è recente, ma in ce davanti a nasale: gah-
kàya biancheria, ostàya^ màyu marito; cfr. dy di §dibu da
anter. gdribu garbo ; sdyu savio, buono, detto di un bambino,
at*màyu ecc. — luQé^ lucherino, da anter. Iv^arih^ mgn ma*
rino m§ha marina, fena farina, ecc. In pùvyéh polverino, certo
da un puvarlriy Vy si deve a piwye.
AEL 48. In dy, pdis'e da paeise fogl. grlb., chit. (; zeneize
120), cfr. pais'e nm. 15, quàizima da anter. qiuireizema cav.,
nm. 12, plebei diva e sd^va ali. ad ave iva saveioa^ e sempre
pdiva da pare'iva, pdy parere, vdy. Il quceizima di cas. sa*
rebbe un compromesso col dotto quare's'ima*
AU. 49. (^, sia da àu sia da aù: traccio di ou già nelle
* Prose', annunciou 31, 9 (cfr. annunciò 92, 28, heó beato 60,
18; 63, 18, ecc.). Da varie basi: fusów camówj cacóio pesków
pescatore, balów balla tojo, bevyótc abbeveratojo beuerao fogl. 41,
lów labore e latus, sów sapore (nella frase hù mcezimu
sów collo stesso gusto, cioè 'senza risultato'), e anche salatu
(peiu S(iw)f per via di sarda sarów saów^ nm. 84 ; kow capo (solo
in proclisi, ow kow du gurnu a capo del giorno, cfr. kdu qui sotto,
kò nm. 116), màuzu maroso nm. 170, bóus'a bavosa (in lùmdssa b.
lumacone). Pei casi rimasti di -du, in contatto recente, kdu
^caro' e 'capo\ mesidu nonno diduj ecc., nm. 39 a. 50. a,
dall'ant. du, nelle solite formolo toniche alt ecc., ann. 24,
§ 2 B nm. 24 e qui nm. 39 &, dtu sdlu db^ Bddu fdda^ fdsu
kàsu calcio, sàsa salsa grlb 5, 26, ora sarsa. Dal frc. è gdnu
giallo, certo da anter. gaunu ; ònay se si confronti con ontano,
fa pensare ad un lat. ^aunu; cuhu piallo è conu per es. a
r
I
124 Parodi,
Zoagli e fu rifatto su cuna ecc., ma appare vocabolo for^
stiero, cfr. Mey.-L. it. gr. 35. 51. a davanti a nasale in sil-
laba chiusa, san sapone, affatto plebeo, Sana ora Savuiui^
tranne che nelle frasi fa w vià^u de Sana far un breve via<r-
gio, che trovo anche grlb 15, 6, ed ése sehpre ih se Sana es-
ser sempre allo stesso punto, anche in comm. 324: certo per via
di saùh ecc. Si stacca soltanto muh mattone da un anter. matìù,
ma certo è attratto dal plur. mawlh ora mwih nmm. 66, M.
AO. 52. (fwy barbóutu anter. harbay^ótlu rondone, munii'
acc. a marótiu, póula acc. a parolla nm. 36, skóula e skaroUa,
kasóula e Iiasarólla; fóto e falò. Ma, per necessità flessiva, f't
so do farò sarò darò, acc. ai più usati fayó ecc., v. * Futuro'.
AU (AÒ). 53. óy da un anter. ór, affilatosi per esser venula,
dopo la recente caduta di r, a contatto con altra vocale: fndint
maturo, da mauru; -atura, serò'ya^ da seraùra^ segatura, cn-
toya ♦clavatùra serratura {may-u, seroy-a^ ecc.). Sì confront.
hoyu (acc. a hevùu) nm. 61. La serie si può ricostruir co>i:
caveuraj cavcfvra vivo per es. a Sassello, cfr. nm. 159, fd-
v^va che par rappresentato dalle grafie dell'Olivieri scahiifr-
reuùa sereuùa^ e dèlV -eim di cas.; infine cavò'ya. È da dubitare
se gli scrittori non abbiano preferito sempre una risoluzionf «li*
versa: da caveura forse cavévra cavava cavoa\ appellcK'ii
richiamo e Uìnareura fogl., dove l' euj come il verso dhnostra,
vale per una sillaba, acconcéura ecc. cav., sciappeura ave-
neura incrinatura ecc. ross., appellosure grlb 5, 1, mofMrenia-
ture (come Iceago scceuggi)^ e inoltre lignceua inzegmjeua ordigno.
atrovceura comm., agueitéua ciavéua pìagg. cas. (come figienny
Sarebbe stato dapprincipio un vezzo delle classi più alte, e si ^*
rebbe tramandato per opera dei poeti. Tracce dell'evoluzione jni
comune sono un acconQcenra cav.' 76, schiappetiura ross.', f-
radura grlb 10, 34, cfr. § 2 G s. fendeura in n., mceurd wai--
rare comm. 321. Nondimeno in rima le due serie ciavénay figù^" '•
sono sempre distinte, anche nel Piaggio. — Esempi alqoact
diversi, perchè il contatto è recente, kalòyu *callarùtu in^A-
scotto, da 'callo*, ahihgòyu lungo e sottile, cfr. longnr' j
fogl. 46: forse per via di -ai^u -oiiu -ó'rM, cfr. nm, sg. M. ' »
(con V alquanto più affilato che di solito): a questa fase 5*jr*
j
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 125
resta il dittongo davanti a consonante, in alcuni casi di recente
contatto : anzi s' ode talvolta ancora dìi (con a oscuro ed v quasi y) :
govgu e anche gàvgu imbroglio, discorso imbrogliato, certo da un
[jai'ugguj Idvga e Idvga ♦lavatùcla rigovernatura, tnatcfvsic
da anter. mutar ussu pazzerello; pei due primi è da supporre
che durassero a lungo le forme col t? e ne ostacolassero il ri-
flesso normale. 55. dy: u bdisa da anter. u bavùssa scombaya,
e bdise bave, ihgài^u garbuglio della lenza, certo da inQavùggu
cfr. il nm. preced., bdilu baule: credo sien rifatti su baisuy
ilxgaiga (i lessici ingaùggid)^ baila valigiaio. L' a di bdilu ebbe
|)erò certo un sostegno nel più civile bavùllu : inoltre si sente an-
cora il normale bovlu^ nm. preced. Anche te sàyu ti saluto conserva
Va per un compromesso con te saliiu. Infine in dime (i vocab.
aùtne) allume, da arùmme, sarà. da considerare l'iniziale e
anche l'azione dissimilativa del m. 56. acf in ce: in buncega'
* buona voglia* (specie di galeotto volontario), ora 'birbo, bric-
cone', e inoltre in adcétUj un ad., cioè una da óltu una da otto
(specie di moneta), frequente in comm., ma ùn-na desto piagg.,
cfr. nm. 120.
«
EI. 67. Resta se proviene da -è et-: te'ytu stre'ylu^ probabil-
mente da *te'yiluj ecc., akuge'ytu collectu, su cui ihgùge'ytu
avvolto; bene'ytu sarà *bene[d]ilu. Contatto recente Fe'ypu da
Feripo fogl. 41, me'ytu e meHlu^ iaey anter. óverì^ (giorno)
feriale, nm. 100 ecc. Ma pétu da pyéilu peitu nm. 39 & e 6,
inégu ib.; si confronti Tod. emù da e'rimu eravamo. Si sente
perù anche éimuy per l'efficacia conservatrice della 1* e 3* e^u
ea^ ma esso finisce di solito necessariamente ad e'ymu: si con-
fronti il nm. 64. 58. e anche davanti a nasale, are. renna
§ 2 B nm. 6, fogl. 25, 36 (scritto reinna 39, bisilL), frena
nm. 209 ; contatto recente, sene'n e senerln, Ahge'h per Ange-
rihy tehpe'n e tehperih; bwe'h nm. 46. Per Vi dell'are, prico
predico cav.«38, prlchi prediche, preghiere 31, mi contento di
rimandare alla dubbia dichiarazione di § 2 B nm. 44^, e qui
al nm* 118^; ma si noti che è vocabolo diffuso.
EU» 59. *?'w7, donde ypw ed pwj nm. 39 e: da éuy azòw (axaoù
grlb 9, 37 ecc., cfr. per la grafia § 2 B nm. 15 e qui nm. 67),
bioów {boreao fogl. 66: sanao)^ cfr. nm. 18, kastanów casta-
126 Parodi,
gneto, AzóWy dall' an ter, Axet^ao fogl. 32, cioè acero tu (ita-
lianizzato alla buona in A$serelo)j are. cì^ao craou creaou
credo fogl., craou grlb crao comm., cfr. § 2 B nm. 15; procli-
tici mow tow nm. 119. Inoltre ayów nm. 18, kanyóio canneto
{canniaoà grlb 20, 29) e, fuori di città, il n. loc. Murtyów
myrtètu (italianizzato in Mulledo). Per 1* intatto ^f'u (offrii)
nm. 14; fa re'u far comparita, dallo spagnuolo (an'^o)? — Da
eti: balów battitore cas. tehs'ów ^tingitore' tintore, tesów ; sbaiów
sbattitojo cas. allato a ordyòw orditojo cas. strehs'yów strettojo
cas. iursyów •torcitóriu bastone. Che la diflTerènza fra batóic,
poniamo, e tursyòw si deva alle consonanti che precedono, si può
dimostrar verosimile col confronto di mówla da anter. mettila
e di syówla da anter. seùlla {seolle grlb, ^evoUe comm« 105,
sevula ol.); ma è certo che i due suffissi -ów e -yóto si confu-
sero variamente anche per cagione del plurale unico 'icety^
nm. 67, ed -ów forse prevalse, per attrazione di -ów da •aii
nm. 49, nei nomi d'agente ^ {tumyóto tornitore, ali. a turnótc,
ha la sua ragione in turnyu)^ -yóto invece negli altri. *- Un
caso di unione sintattica è il proclitico kóioa o kyówa nella
frase h. Ve? che ora è: kyowa è un compromesso fra kówa e
il più civile ke-ua. 60* Altre unioni consimili: cc-u dà aw in
iràwe cioè Irce ue^ tre ore, ov'è da tener conto cosi del ricordo
sempre presente della forma intatta come della proclisi (Iraw-e-
mes'a) e forse del r: ma tutto ciò non impedisce sempre dì
giungere a trpwe^ secondo il nm, preced., e come fuori di città.
Anche il proclitico kyowa del nm. preced. arriva di solito, per
assimilazione, fino a kyawa. 60\ a, davanti a nasale, in iranse
per trtff unse tre oncie, per via di tvdiohse^ nm. 51; ma, poi-
ché sono unioni sempre rifatte ex novo dai singoli individui,
si sentirà pure, come da trawhse, trphse o quasi trp*nse.
EU. 61. Oltre Voy di bòyu^ già veduto al nm. 53, si può
ricordare Yd di alcune unioni sintattiche: dòn cio% de un, es.
cu don più d'uno, koh cioè ke fin, poh cioè pe ùhf es. diri
* Si può sospetUre che ia alcuni di questi si fosse sostituiU, come in
altri dialetti, la desinenza -atore al legittimo -itork; ma non te no
possono addurre prove, e anzi vi si oppone la grafia -eaor^ §28 noL 15.
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 127
poh due per ciascuno. Nelle unioni col fortemente accentato e
est oppure & es, prevale il colorito di questi, cosicché non si
arrivi che ad un e, ossia un e pendente ad ó': es. u Vé-h sollu
(o forse u V e'-n s.) è un grullo. Per consimili suoni intermedi!
cfr. nm. 120 e * Articolo indeterminato'.
OA(OE). 62. Si rimedia all'iato con un suono di passag-
gio, in lóioa^ che ha accanto il più civile Wa, e nel plebeo fówa^
acc. a /(Ja, nm. 36; ma non ne conosco altri esempii {soa ex-
aurat sopra sóu sóij móa bruna sopra móu, bòa, ecc.). Un
po' diverso owdtru oh-altro, avvb. di affermazione, cfr. òioé oh-
eh, esclamazione ironica (ma twéta da tòre'Ua^ ecc.).
ÓA. 63* Dà ówa^ nel dialetto più plebeo e in ispecie nel
sobborgo annesso della Foce (dove il u? è molto intenso, quasi
consonante): nisìfwa figowa^ acc. a nisifa ecc.; e cosi ra-
so we ecc. Ma sempre s'§và[ nmm. 39 a, 166 (posto che fosse da
s'Qòà')^ 0 al più s'§0a, con un 0 chiuso.
ÓL 64. Passa in p, nm. 39 ò, ^kótu da kòUuj ann. 36, § 2 B
um. 36, e qui nm. 192, donde poi koltUj nm. 124 a, e cosi notte
otta. Si ricordi anchet l' od. v(flu vuotalo, ali. a vifylu e inoltre
a vìfilu (dove il mezzo iato di vìfilu è mantenuto per analogìa
di voa vuota, ecc., cfr. nm. 57). Rimane in rò'ylu rutto, nm. 27,
sulle forme arizotoniche, nm. 122. Cfr. tiì nm. 70.
UÀ UE (UO'J. 65. kùa coda, ecc, diie rùe rovere; ma
kua coratella sigwa zufolare, e ktvcé anter. kuvcé nm. 18,
tnwcriu e mur§llu nm. 9, pweta nwélu novello, inoltre s'wenu
da s'ùenu giovine. In iato abbastanza antico ùe dà m^ htviQa
da *kùega cotica, cfr. nm. 89 e. Credo analogico oso fu da anter.
asw^fu grlb. — Noto infine dota per duota due volte.
UI e 01. ft6. da ui, m : htvi anter. kurwi da kurùi^ ecc.,
nici noi, depwi dietro; ptoia anter. pwira per pùira ^pavdria,
e COSI mestola (falx) messòria, tes'wle forbici ecc.; mwin da
anter. murin molino, bdstwin bastoni, ecc. Solo nei dintorni, a
Veltri, ad Arenzano, si ha wey da ui, nwey vwey noi voi (e il
noei voci di ross. è certo un provincialismo), kwey colori e si-
mili, pwe'ya paura, spaswe'ya genov. spaswia scopa, ecc. Si po-
trebbe credere, come io stesso ebbi a credere, cfr. § 2 B nm. 15,
che i plurali genov. pesktve'y tehs'toe'yy ecc., abbiano appunto
128 Parodi,
'We'y da -ui, ma perchè il fenomeno si sarebbe limitato in città
solo a questa serie? Vedi il nm. sg. 67. wey da oi: we'yva da
òHva diva óyva uliva, we'yme ed óyme ohimè, via Gwe'yiu via
Goito. Qui vanno i plurali in -wey^ che rispondono a singolari
in 'ów di qualsiasi provenienza: pesktce'y sg. peskówy nm. 49,
haltoey ballatoi, pianerottoli, sg. halówj ib., merkwe'y mercati,
sg. merków, ib., Iwe'y favori', dal sg. lau lów^ e *lati' dal sg.
Idu lów\ inoltre tens'wey^ sg. tehs'òw per tehs'yówj nm. 59, e,
poniamo, azwey sg. azòw da azèu. Dove il singolare è -yòto^ si
può sentire anche -ywe'y^ iumywe'y {w debolissimo). Tali forme
appaiono già in fogl. 107, cuxoei scarzoei iescioei onzoei.
Come si accorda questa grafia con quella tanto diversa del se-
colo XV, lezaoi forhiaoi tenzeaoiy ecc., § 2 B nm. 15? Certo
è grafia ricalcata su quella del singolare, tenzeao(r)^ ecc., ma
in un tempo in cui le due forme somigliavano assai fra loro;
cioè, io credo, in un tempo in cui il plurale, divenuto troppo
diverso dal singolare per lo sviluppo fonetico di questo, gli si
era riavvicinato, foggiandosi sopra di esso. Un tens'eów (scritto
ienzeao, come pesków si scriveva pescao) trasse con sé un
nuovo plur. tens'eóy (in luogo del legittimo tens'eùi o tehs'em)^
il quale fu scritto come il singolare, coir aggiunta d'un i. Si
noti che né il trittongo del singolare né quello del plurale
erano cosi facili ad analizzare né tanto meno ad esprimere; e
si può aggiungere che in pescaci per peskóy Va simulava la vo-
cale etimologica dell'antico plur. peskaiii. Più tardi -oy sì svi-
luppò in 'wéyy ed -eóy probabilmente in -etoe'y o *f^?'y, che an-
ch'esso si ridusse presto ad -we'y. A conferma del processo in-
dicato, bastano le forme di Loano e d'altrove, s^. peskóu plur.
peskóij sg. tihzóu plur. tihióL 68. -oy-, apparentemente da -wi-,
nei pochi casi della serie -toria, femminili di nomi d'agente:
kiizòya {kuzoy-a) cucitora, tesòya, kacòya giacca alla caccia-
tora. Si attenderebbe kiizwira kiizwiay secondo il nm. 66, ma
certo il masch. sg. kiizów (da kuzeù)^ come trasse con sé un
plur. kùzòy^ cosi rifoggìò anche il femminile in kuzóyra, donde
poi kùzwéyra kùzwéyay e finalmente, per attrazione dei nomi
in 'òyOy nm. 53, Todierno kiizò'ya. Loano ha appunto kacòya
styóya stiratrice, tihzóyay accanto a mesiiya falce per mie*
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 129
tere, ecc.; e Zoagli, accanto pur a mestvia spaswia^ ecc., ha
kizwe'ya lesive y a kacwe'ya. Non so bene se devo metter qui
tiiaiigoya mangiatoja. 69. Si può collocare sotto questo nu-
mero il caso di wey antico ridotto ad wi: poi poiva § 2 B
nm. 44*», e poi fogl. 25, 36, poiva 134, grlb 18, 85, ora sol-
tanto pwe'yj per attrazione di avéy^ ecc., tanto più poi vwe'y, re-
cente, da vOrey 'volere' e 'volete*. Il fenomeno è anteriore
allo sviluppo di bwe'y badile, nm. 46.
UI. 70. sùtu asciutto da siVitu nm. 39 b, e cfr. nm. 64, frùtù
strulu; fida *fùcta foga, cfr. il dantesco futa fìigita, e afìJLtu
allibito, difilato. Casi recenti, redUme per redù'i-me ridurmi,
redù'Sej nm. 89^. — Davanti a nasale, spriina pioviggina, ali. a
sprina s\jLsprinà\ nm. 123. 71. In wl da m', asktoi-se oscurarsi,
anter. askùrì-se, s^askmse si fa buio, arswiu nm. 108.
72. Due a si contraggono in una lunga, Qwànu acc. al lettor.
§wadanic; con recente caduta del r intermedio: kd cara, kd
xd^a ciera (in cattivo senso, 'aria di sussiego* e anche 'ceffo').
Si contraggono pure éey pè piede (per -ce e nm. 18), ed eé, bela
*be^d]ella budello, (brutta) senela, cioè senerélla, 'Cenerentola*
(ma cfr. peiga ann. 148 n., e qui nm. 89'); ùu, ihvu voto, e
cfr. anche lù lupo, ma non se l'iato è recente, siguu fischio,
da sigiirui ww, kic da anter. kuru colore. Ricordo anche lert-
fjùssa linguaccia (acc. a len§wùssa). Per esempii di ii v. § 2 B
nm. 44*", ma un sepeli 'seppellii' pare si abbreviasse più tardi,,
V. la Morfologia.
Vocali alone.
Finali. 73. -a ed I- rimangono; -è -i danno -e, sette unde^
ùiis'e undici, ecc. Lo stesso riflesso si attende per -è, ma non ha
esempi: l'imperat. di 2», come quello di 3% è rifatto sulla 4%
e a Savona, p. es., è in -e, com'è in parte della Toscana, nel-
l'ant. milanese, ecc., cfr. § 2 B nm. 61; ankò'i^ od. ahkVy può
risalire ad ♦-ho di, col dittongo -iè contratto (cfr. l'it. volen-
tieri ^ forse *voluntari per voluntariè), se però *hodI non è
rifatto su herl (arcaico?), cioè eri^ od. v-e'i. Il solito -i analogico
negli avverbii, lonzi lonxi od. lùziy tardi, quasi quawi od. squaiziy
are. forsi cav. comm,, ant. guairi od. gwcéij davanti, are. bada'
ArehiTio fflóttol. ital., XVI. 9
130 Parodi,
menli baldam. nuiiurcunenli perfetlamenti soìamenti fogl. eler-
naùienti grlb 14, 35, finarmenii Qeriamenti comm. nllegramenix
ib. e chit., cfr. ann. iiin. 17, § 2 B nra. 95, ora solo rdrimenii,
per l'are, àiram. — I^e finali -as -es -is riescono tutte ad -i\ li
hanti kahlain^ ant. li ài ora Vcb habes, valli § 1 A nm. Od,
od. valle^ ant. anddi andate, temei temete, ora andcó tenìoìj.
Si ha però O'tomie, ma cfr. § 1 A nm. 12. Intorno alla cora-
plicata questione, che non può esser risolta ristringendosi ai
genovese, si confronti per ora IX 83 sgg., Moy.-L. it. gr, (50,
Krit. Jahresb. Y^ i 144 sg. — iDa -u -o sempre -?<, ammu omm^f,
oriti, semmu simus (per sumus). 74. Dopo il r, cadono tutte
le vocali, tranne -a, e inoltre, come pare, -I, ossia Vi romanzo,
cfr. § 1 A nm. 12: n. loc. C'dvay Bóvs'wi^ VotoH ri 36, 13,
oggi Vnivi^ ecc., cognomi De Mai Sigwi Sivori, ecc., 2* pei^s.
indie, pres. ti pairi pwceri^ oggi ti pdij ti 7nòri oggi moi^ die
jìerò non avrebbe per «è molto peso, cfr. § 2 B nra. 57, gtwin
gucei nm. preced. e § 2 B nm. 41, ov'è già spiegato l'ant. /or, /*<•'*'
di cav., come un fatto di fonetica sintattica, corrispondente a
quello dell' it. fuor (benché si possa pur pensare a *fòre). Ih^
vrebl>e quindi conservarsi Vi anche nei plurali, come difatti si
vede conservato dalle ^Rime* nei sostantivi e aggettivi sdruc-
cioli di 2*: datari zochali angeri poveri apostoli arhoìH peri-
gorij oggi» per la caduta del r intermedio, ddlay sókay ahgey
povey c^^bwi^ ecc. Anche qui s'ebbe qualche oscillamento, ina m»
ne deve cercar la ragione piuttosto nel .singolare che nel plu-
rale, nra. 75. Dei sostantivi sdruccioli di 3*, come carzer pei-
ver pooer zener degli antichi 'testi, j>oco si può dire, perché
il loix> plurale non ha quasi occasione d'essei'e adoperato: |<»r
esso e pel singolare, vedi ib. Ma tutti gli aggettivi proi^arov
sitoni di 3*, e inoltre tutti i sostantivi e aggettivi parossitnni*
«ia di 3* sia di 2% i)erdettero molto anticamente il loro -i di
plurale, come già si disse nel § 2: per le rare eccezioni vetlì
il nra. cit. La ragione è da cercarsi qui pure, come credo. nAìe
vicende fonosintattiche, e cioè l'i cadde nel mezzo del f»eriod«'.
Al fenomeno opponevano, come il fatto dimostra, maggior ii^^j-
8tenza fonetica i proparossitoni, cosicché di questi si salvaiMno
almeno una parte, cioè quolli appartenenti alla 2» deci.; ma Tor^
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. VM
neppur essi avrebbero potato salvarsi, se non avessero trovato
«ina diresa morfologica nei loro femminili in -a, che accompa-
gnavano tanto sostantivi come sifzeru dhgeru quanto agget-
tivi come póveru. I plurali maschili di 3* dovevano per con-
tro alterarsi anche per coerenza morfologica; poiché un plur.
femm. coveneiveTy da *coveneiverej sostituito già a *coveneivein
(se si consente questa moderata antichità all'è plurale femmin.)
doveva facilitar la caduta delPt nel plur. maschile, favorire cioè
il sorgere d*un*unica forma covenew€7* anche nel maschile. Que-
sta osservazione si può applicare anche ai parossitoni di 3% come
mortav. 74^. Assai più difficile è rendersi conto d'un altro fatto.
Se noi esaminiamo le rime sia di ri sia di rp, troviamo pei pa-
ì'ossitoni con le vocali toniche é i ù n soltanto le desinenze di
plurale -ér -tV -?}r {-aùr) -ur (con -r ben saldo, § 2 B nm. 1** iii);
I»ei parossitoni invece con le vocali a 6\ benché prevalgano di
gran lunga le desinenze -dr -or^ si trovano però anche le desi-
nenze collaterali -rfi (14 volte circa) e -oi (4 volte). Accanto ad -di
c'è pure il femminile -de {quae tae^ temporae spiriloae corpo^
rae]. Io non dubito dunque che i pochi plurali haresU'ei e simili,
che si trovano in ri e in rp neirinterno dei versi, sieno poste-
riori e dovuti ai copisti : quando si trovano in rima (e accade,
ij<» non erro, solo tre volte, habiiaoi ri 43, 209: onor sg., m-
garuwy 85, 87: io?*, faxeoi 114, 51: nianlegneor pi.), la rima
erronea parla chiaro da se. Che l'-i di -rft -cft sia analogico,
non si può ammettere per un tempo che il r finale era ancora
intatto, e il supporre, poniamo, che codeste desinenze apparte-
nessero ad uno strato più schiettamente popolare e più avan-
zato nell'evoluzione, non ci aiuterebbe a comprendere j>erchè
non si trovino pure, nei medesimi testi, traccie sicure di -ài
-fii, ecc. Forse non è senza valore un'altra ipotesi: che nelle
di»5inenze -ari -ori l'-i si propagginasse (cfr. guairi) e che da
-*air '^oirj riduzione fonosintattica di "*aiyi -*mri^ si venisse
!«ubito foneticamente ad -di -oi; cfr. nm. sg. Ma ne nascono delle
complicazioni; e bisogna cioè imaginare o che la propagginazione
avvenisse durante il periodo dell'oscillamento fra -rfri -d>*, ecc.,
e perciò anche la fase -a)\ -ór, già molto diffusa, persistesse ; o
che questa invece sia dovuta ad attrazioni analogiche, anzitutto
u-
132 Parodi ,
dei femminili^ che avevano già V-e e quindi non propagginavano
{ben Hernpovair acc. a cosse temporar\ e poi delle altre desi-
nenze -er 'ir. Per certo parallelismo colle serie nasali, -ah e
-dm, ecc., vedi nm. 76. Secondo la testimonianza delle 'Rime\
rimasero però sempre intatti i plur. cairi clarl, od. cceij inoltre
a/nairi e aggiungiamo avairi: essi erano difesi anche dal loro
singolare, éairic rairu aìnairu acairuy nm. sg. — Resta ad ogni
modo che probabilmente, al momento della caduta del -r finale,
si trovarono accanto plur. in -di e in -a, in -o'i e in -8; che nelle
altre serie invece appariva un unico tipo, -è* -V -à -fl', e che
infine T-ì di barestreiy di habilaoi^ ecc., che si mostra timida-
mente nella nostra redazione delle 'Rime', o quello di fidey e
mut/y che trovammo in testi più tardi, § 2 B nm. 48, è di na-
tura analogica. Nelle serie -di -ùi Vi resti) fissato definitivamente
per motivi fonetici; nelle altre invece cadde forse anche prima
d'essersi esteso dovunque: plurali odierni, e già fin dal sec. XVI,
figS'y meste' mU. 76* ì^oco è da aggiungere sulla caduta delle
altre vocali dopo ì\ Agli antichi cener pooet^j § 2 B nm, 41, e
a peioer rispondono oggi le forme ricostituite se'nyey ossia cen-
nere grlb 4, 18, pnoyey da purere^ ch'ebbe però accanto fino a
tardi la forma più breve póce grlb 5, 23, pe'ivye da peicere
comm.: quest'ultimo si sarà rinnovato nei fondachi dei droghieri.
Ricordiamo inoltre rore fogl. 142 od. ruve^ acc. a rovere fogl.
141, plur., cav.' 255, comm. 91, lèvere ecc. nm. 79: il tipo plur.
femm. ruvere potè forse perdurare per analogia di proparossitoni
della 2* deci, e trattener seco anche il sing. Si perdette carzer
(anche un carcere ri 4, 23). Per paire ecc., vedi sotto. — Più no-
tevole è che l'-w non cadesse mai ne' nomi in -òru da -auru: nello
*Rime' e in genere nei testi antichi oro tesoro PorOj oggi *hi
e nella plebe tes'óu, inoltre toru tòu, moru mou^ e anche orif-
fotuggio cav., od. 0 fugga alloro, infine koru kóu cavolo. Ch**
la persistenza deir-i« devasi al dittongo ancora aperto, afierme»
reremmo ora volentieri, quantunque i dati cronologici del § I A
nnmi. 10 e 12 paiano fare diflicoltà. L'-t« si conservava pure
nella desinenza -aù*u, di cairn ecc., come s'è detto nel nm.
preced., e così siamo indotti a credere che anche in atre, § 2 B
nm. 44**, e in lairn ladro ecc., paire maiì^e^ ib. nmro. 33 e 41,
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 133
la ragione del fatto sia da ricercarsi nel dittongo e non già
nella poca popolarità del vocabolo, come potrebbe pensarsi per
aire, o nei nessi originarli tr dr, come altre volte affermammo
]ìev gli altri. Si pensi che, secondo il nm. 74, tanto il sing. cairn
(juanto il pi. Cairi (e probabilmente *auru *au7n) si sarebbero
ridotti, perdendo la vocal finale, al deforme édi (e rispett. au).
I dati cronologici qui paion più favorevoli, § 1 A nmm. 12 e 49:
Péuy nelle *Rime' PerOj sarebbe adunque forma non schietta, e
legittimo invece Pe^'j oggi vivo in San Pè] forse sul femminile
i'od. puleu poliedro. Ma cfr. nm. 213. — Dell'oscillamento nel
singolare dei proparossitoni di 2* s'è detto nel § 2 B nm. 41, ma
la vittoria rimase alla forma intatta, foggiata sul plurale, nm. 74:
ilniaru dàlowj sòkaru só'kow, anger u àngow nm. 119 e póveru
pùcowy e'rburu g'rbuy ecc. Solo in rarissimi casi giunse al dia-
letto moderno la forma abbreviata: perigo cav. e pe'iQu cas.,
diavo cav., od. diduy od, s'enne acc. a s'enow genero, ma al
plur. soltanto s'eney. Qui il singolare entrava facilmente nell'ana-
logia della 2* e 3* declin., e poteva quindi trionfare anche del plu-
rale; ma ben maggiori difficoltà impedivano la vittorta, poniamo,
d'un *datia sul plur. datari. — Fu già detto anche che tutti
gli aggettivi parossitoni di 2* si rifoggiarono sui loro femmi-
nili, dai quali, dopo la caduta del -r, troppo s'erano allontanati:
masch. sg. e plur. Jkà, femm. kara kare: di qui poi, coll'aiuto dei
proparossitoni e inoltre di cairu^ e^c, si estrasse di nuovo karu
kari, od. kdu hdiy tipo che già fin dai tempi di fogl. era il solo
in uso. Rimasero invece al loro tipo fonetico i sostantivi, e di 2^
e di 3», § 2 B nm. 41, tranne s*eru s'eu gelo, rifatto forse sul
vh. 9: era s'yà, e qualche altro italianizzato del tutto, come paluj
Rincora pà cav. 219 e nel vivo pàfe'ru stanga di ferro. 76. Dopo
n cadono tutte le vocali, tranne a, ma Y -i si propaggina nella
.sillaba tonica dei vocaboli piani, § 2 B nm. 44: hen *kainty
hwih *buinij ma soltanto beh^ sg. e plur., e cosi s'as'iVn digiuno
*i. In ri e rp si trovano accanto forme con e senza propaggina-
zione, ma conviene osservare che quelle senza propagginazione
!>ono di gran lunga più frequenti, e che anzi la rima non può
iar prova che per esse; inoltre, che non ci sono traccie sicure,
n^ rispetto all'Autore né rispetto ai copisti, di jìropagginazione
134 Parodi,
nei t'einininili. Si può perciò aggiungere a quanto fu detto § 2 K
nm. 48, che forse il fenomeno fu posteriore (come supponemmo
dei vocaboli con -r) al passaggio in -e dei plurali femm. di 3*,
i quali adunque in origine non avrebbero avuto la propaggina-
zione. Fu forse un vezzo delle classi più ulte accostare ad essi
anche i maschili; ma ben presto questi presero del tutto il sa-
pravvento, traendo i femminili con sé. — Per altre osservazioni,
nm. 178: qui basti ricordare che si conservò ancora fino al
sec. XVIII la forma zooe^ grlb 3, 62 e passim, benché l'od.
forma s'uvenu^ rifatta sul femm., appaia già nel sec. XV, § 2 I»
nm. 28; cfr. anche rerfen?'. e inoltre il sost. polene -i (peleai
ri 12, 418). 77. iu si ridusse prestissimo, dopo r, ad *-<!, "^fer-
ì*aru e poi ferrar ^ ecc., ma nel femm. V-i passò alla sillaba
precedente, ferraira nm. 41, muira mwia mora nm. (>6 (cfr.
anche l'ant. rnoira muoia § 2 B nui. 44; uiancano esempi siculi
di -eri a «ùria). Rimase -iuy sorto per caduta di consonautt*
intermedia: gumyu gomito se'sya siccita[s] slurbyu torbido;
ma certo fu dapprima -et^ cfr. § 2 B nm. 91^ ecc. 78. Per la ca-
duta, relati\^mente antica, dell'-ii dopo un è accentato, ì/tè mio,
nm. 18 n., Berliune Male^ § 2 B nm. 41**; cfr. tó *l(}u o ♦/u//*s
nm. 29, ov'è anche più antica, e bó *bóe o *buòe. Per la ca-
dutii deir-t, § 2B nm. cit. e cfr. qui sopra il nm. 74^: dopo un
o sembra che Vi durasse più a lungo, cosicché non è certo ì'Ik^
la caduta si deva ammettere nelle 4iime*; forse anche dopo /'.
Pf»r 'we vedi nm. 18: resta nel plur., sostenendosi a vicenda
col sg. tva^ ib. Ma -oéa si ridusse ad -cv negli iuipf. indicativi
e nei condiz., nel possessivo m(jc mia (fogl. 40, 153), e in um»
o due sostantivi (senza plur.), come kwcé voglia, anche poi*cliè
si trovano più spesso nel mezzo del periodo. In *-rt' -è da -ne
sarà contrazione; ma Tant. see è forse sce, da sca (<love V -e
resta, può darsi scenda ad -i, ant. sèi\ Eróiì)
Penultima atona. 79. Condizioni italiane fuorché nei nume-
rali, ihtsise ecc., nm. 200. Inoltre, dopo una liquida la vocab*
atona fa maggior resistenza che in italiano: gli od. §rzìi frezn
nin. 14 prùza pulce sazu salice kaza calice risalgono ad érezn
*fi''rez(i pnreza (pr. 12, 30) *sdrezH Mrezu, dove la vocale <i
sostenne fino a tardi, forse fino al sec. XVI: v. anche il nm. llU.
Studj liguri, «4 3. Il dialetto moderno dì (ìooova. ì:\5
Ktcordiaino poi, insieiìie con biUcéQa bottarga, con fi(eQa da
anter. kàrega pubblico incanto, e var§u vdreQu 'valico (ordi-
gno)', il notevole ceffa alga, da drega fogl. cav., ossia *àliga;
S4in Teramo cav. 95, ora Sant'Etna Sant'Elmo. La liquida
'^egue in seèiéyoeì^u s'eneivowj che forse si sente ancora, in
(hperti dspyu 'aspro al palato', e cfr. anche Tare, lecere fogl.
lèrore cav. chit, nmm. 95, 125 J, ora lèvre^ Valori nm. 71,
4mI. ViUri (nota, per contro, sardiu fogl. cav. cas. *ex-aridTtu
'arso dal sole'). Infine pellu ped(i)tu va col lucchese pel lo.
Sono comuni tnesa mesa muovere, ade ha adesd desto, da
^mesr[iiyir ecc.; per contro dismi nm. 89.
A. 80. Iniziale, anow da ardua ragno, cfr. 'Declinazione',
amahdwa amaitdwin mandolino. Protonici, lavella acquaio, la-
res's'u la pi de u § 1 \ nm. 25, smazhi da smazeria nm.
SS, ecc.; (/»V/w) pisalàlla '(fico) piccioluto', dal toscano, peiida-
hUJiUj dal fr., beskaaessa cav. Miìcompiuto (?)', ora bvihcBSic 'i
rotti della moneta', kalasi/àifj (fìfju) brigasfotla nm. 108, rama-
s'wjga nm. 90, desgaginow o retjagia 'vispo' 'arzillo', esempi di
vario genere e importanza, ma che pur servono, e ai quali si pos-
M)no aggiungere molti com])osti,c*Ù7a{a>v^fn sudicione koniabiìgga
origano, ecc., e inoltre vocaboli con duo a, ku falla kdma da ka-
ra fatta ka/Hunà, ecc.; -ar-y Barbar /a grlh(ora solo noUa frase
ranni 'ti Barbdya va a quel paese), ostarla ostdya^ ecc. {Bar-
hiit/'/t ùstdy-a), arcaici fàrbaria fanlaria grlb, ecc., balarin
«ira balalhy plebeo, kitgcéh cucchiaino bavcéh bavaglino Cfralctha
:^rattugia, ecc.; -cb^'w da -are' ss a, nm. 10;- postonica, //a/i&a/ ve
OaiìboWj sakara sukoWy ecc., plurali ganbay siikay, da gan-
hariy ecc. Per -ard- ^ara nm. 88, ma.i vociil)oli di recente im-
jKirtazione seguono la norma solita: lasciando l'are, im^nasra-
raoil e mascara comm., fatti su mdskara (ora mdskera ecc.)^
•• ronoraatopoico cdcara cdcaro, abbiamo solo làltae cas. bat-
tere* 'zacchere', e inoltre Idrlart' torte, o simile, fogl. 131, sds-
^ura zazzera grlb, Barbara fogl. 79, cfr. nm. 98. Con ;«, an-
Mco o no, Slecanin o Slyàn.y cfr. Krislafanin ra*nanin rame-
rinu;- postimici, oltre a Sterga da Slevan ann. nm. 10, Idpani
capperi nm. IGO, grf/lani smilace, cfr. òrgatitf^ anche \ìOv 'ca-
l^me organo', sorta di pesce, fdì'fana posce pilota, tòlanu to-
136 Parodi ,
tano, infine grébani tangheri, anche veneto: sono parte foi'o-
stieri parte d'etimo incerto; cfr. i nmm. 92, 104. — Ristabilito,
contro l'uso più antico, § 2 B nm. 16 e 61, appare nei sec. XVI-
XVIII l'-rt finale dell* imperativo di 1* con., a cui segua un'en-
clitica: mónta-me fogl. 137 lèva-te cav. 221 cànta-mene 251
scuza-'tiie grlb trauta-me ciama-me accósta-teghc comm., ora
mùnlime lécite kdhtimene ecc. (contime comm. av. 20): cfr.
nm. 89**. Aggiungo l'are, eccale eccoti grlb 11, 20; 13, 49, cfr.
nm. 104. 81. e: non popolare l'are, ezzenda azienda comm.
237, forse per assimilazione (1. estenda e cfr. anche cVegf^'/ecc.);-
sillabe ra- tra- stra-, resyrm razione renùnkiiUt^ streziu *ex-
transltu ^bruciato dal sole' (detto del grano), arcaici Irezin-nn
(1. tres'mna) cav. •tra g Ina, specie di ve\/Qy e tremena (1. /;v-
menno) grlb 19, 2. Della tendenza ad assimilare a ... e, che aj»-
pare ben incerta nei testi antichi, ann. e § 2B nm. 10, non è
quasi traccia nel dialetto moderno : l'are, segrestia chit. ricorda
segretlu; un allenguerie 'illanguidite' 'languide' cav. 61 (cfr.
langevosso § 2 C s. langov) forse è rifatto su lengua] i»el suo
-er- nm. 88; pellendon grlb e cas., invece dell' od. pelaiìdrfh'i
cialtrone, non dice molto, cfr. Mussafia Beitrag s. pellanda; in-
fine un bezegùOj per 6. di scancio, cav. 88, è contraddetto d;i
ross. e inoltre da grll) 2, 44, mostarro bezagùo 'baffo a punta'
cioè 'faccia da far paura'. Non parlo di pappetnzi 'pappataci,
specie di zanzara che punge senza ronzare' cas., ove si sent'i
la congiunz. e. Non in tutto chiaro scezina 's«iracine.sca' 'topici
saracinesca' cas., cioè sarez in a, o da un antico seraz.j alterato
in sarez.y o attratto senz'altro da qualche vociibolo con -ez-in-.
Si aggiunga, per quel che vale, Metilde, — Curiosi certi C)^
iniziali del dialetto arcaico, cioè il non indigeno cerfci^o alfiere
grlb 18, 97 0 erfeo comm. 104, ed ermorin 'corbezzolo' fogl. 9iì
acc. ad armorin 15, ora a/'mìh)^ v, 'Declinazione'; foiose si sent»*
ancora erlia uggia, ripugnanza (avita ri 14, 80). Ma, non ostantt*
il nm. 2, arbtvfltua (ed erb.) des'arbti'fì^ arkyòlu archivolto.
Intorni, Beriìntìt\ are. Bernahé fogl. (cfr. Bernardo ecc.), non
esclusivamente genovesi. — Per -ara- ^ra nm. 88. — L'è sem-
bra normale nella postonica, spceffi anter. spdregi asparagi,
kdnera senepa, cfr. éstezi^ anche grlb 7, 14; e italianizzato
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 137
sidinaQu^ già di ri, ma siceumegit è frequente in grlb: cfr. nm.
sg. Per fonetica sintattica, l'interrogativo kòse perkóse^ non però
ancora in fogl., cosa de dì? 22, 32; ma suvve^ benché si usi
solo nel mezzo del periodo, sarà piuttosto super che supra,
cfr. § 2B nm. 16, e con esso vanno survemdii sopraggitto sur-
remìmme suvcecn soprappiù, ecc. In treiitedwfy ecc. (già in
oav. ripiquaìUe^inquej ma in fogl. oiUania irei^ oiiiania sette)
j)oteva intendersi trent-e-dwi, ecc. 82. ?, nelle unioni dell'im-
j»epativo di 1* con enclitiche, cfr. nm. 80: pórtime^ da pòrta-
tne^ ma non per fatto fonetico, nm. 89''; nel secolo decimot-
tavo anche èrila ella era ònlan essi erano, comm., vedi * Pro-
nome, form(3 atone '. — In iato, ahnya anitra, per via di ahnea^
ninnye fiori del vino; e qui andrebbe pure kamya ecc., nm. 88.
H3. M, per motivi non fonetici: bufihty in ^^ssu o grassa bu-
/1V«, detto di solito di bambini, paffuto + s-buffarcy haìntbin o
'uirubina ol. cas. , carabina + colubrina ? Per Barbwa Bar-
b*»ra, ecc., nm. 98. E per Vii di riìmenta num. 107. 84. Di-
leguo: in protonica, karbine\ Pravezih {Paravexinna fogl. 10).
liicorderù pure hos'ti vii e simili, ove in realtà è caduto un e,
nm. 81. — Cade davanti a un dittongo tonico: wi, pwira pwia,
sfjasti/ira spaswia da spasawf'ra scopa, ecc., § 2 B nm. 16, mtaìv
*tìnwin (e già mon fogl. 153) nm. 51 ; óvj^ sów da saòw grlb chit.,
j-er sarfkv salato, nm. 49. 85, Aferesi: suhs'a sugna Sahhm
Ascensione, bregòwlu da *abergaròllu ^ospitato all'Albergo
iAbergu) dei poveri', bilàkuìa * cassetta della bussola, Melin
Amelia, Netta o Netlh Annetta. 86. Prostesi: am^ miele arfr
tìfl<*, anticamente femminili, la mer ecc., ann. e § 2 B nni. 46,
cfr. pigd Vamia prender la mira, dà amente dar retta. E qui
ricorderemo i numerosi verbi col prefisso a- non antico, ala-
^nenlase aras'd arekavya riconfortare arekumandà arispuhde
m^u/lnd adementegàse adauìind domare, ecc., e il partic. afar-
fiifujw] soprattutto poi i verbi comincianti colla cosiddetta s-
impura, askàdà askayw scannare askardase^ ecc., che tendone»
a crescere anziché a diminuire: adesà fino a tutto il sec. XVIll
appare quasi solo nella forma desà. 87. Epentesi : tàmassa da
faram^y certo per tram,^ 'zoticone' Hozzo*, smarragiasso spesso
in grlb gracalùn calabrone cas. skarabancf (e shftrb,) guastarsi
i:*.S Parodi,
per ruinidi), arcaici {pesci) salamuoin cav. :^40 e scaraguaii
cav.' 264, cfr. niu. 45, prov. cscliargaiL
E lungo e breve, I breve. 88. Di norma e: nei prefissi de-
(les- bes' re- pre-j demwd de-inorari sollazzare desmiiu prendo
il lutto de^pceyu dissimile bes'avu bezihsu gonfio recìhnà mu-
ilare prebugi bislessare, ecc.; ma ora hanno preso i per iti-
tìuenza letteraria depeìize deventd defende defferetiza vep^j-
s'tìs:e repard responde renegd e molti altri, che erano in uso
con e fino alla fine del sec. XVIII; deman grlb 11, 17 è ora
dnmah^ deoei dovete fogl., ora ducei/y aderinne cav.' 261),
cfr. nm. 92, ora inducine. Altri esempii, prelùn^ Feipu da Fé-
rippUf oies'ua fenngga menéstra nerniQu semehuy are. re»//i-
(erio grlb 13, 50, ora similrya o sihi.y sef/iì'u fregugga pe-
de'miuy non indigeno sebbene afiatto plebeo, ^fastidio* ^uggia\
pet/Uj da peoia pipita, metragga e, se si vuole, feste hkn fisi.
pistacchio, are. crestallo cav. grlb; freiiQwcélu tenpdnu luHa,
tnencliioa fogl., ora inihcwiy ecc.; àseneltu ordendyu ;uy'<«-
nehtu^ su as'en ase^ ecc., cfr. uni. 92; ihrezehdase * anfanare^
confondersi^ Puhiezelbij nomo d^una piazza, maneze'Uu mani-
chino; tretneloya diavolio seiemanUj ecc. — Postonica: s'uvean
o fiwtnuf j ve'denu nm. 76, prime j cfr. pèlenfìj femefia fogl.
comm., cfr. fe*nenelle fogl. 51, femenin grlb 2, 42, ora />**-
minuy gii' mena lehdena skiirpcna^ sorta di pesce, lagvemn
fogl., ora lagrima, quareizetna nm. 12 Pehiema n. loc. (aia
far mine nrdinc^ damdshina prugna damaschina secca, <#/i-
mtty ecc., cfr. nm. sg.); -era sempre, per dissimilazione, Puii-
se»/nera Punse ycga, nìi'rera nùv^a, aggett. femm. d^pern
aspi/a nm. 79, pòvera pòrga, (e nera teìia^ ecc., sui quali sou
rifatti i mascli. aspera aspi/u, poreru pòrga (o pòoow) ei'c.^
come su ni^rera e rifatto nìYvera étfioya nuvoloso, e su dnge**n
tìngerà dhgtnv, nm. 119. Qui va pure la ])osizione di sdrueciol«»
rovescio, ducerà dSvgd ado|)erare, arekavera arektf*'gd nm. 8f ì,
come dò' cera dScya, ecc., e su gli uni e gli altri anche d//'-
cera dScyitj ecc. II medesimo ftMiomeno sarà da ammettere jK*r
^ara originario e probabilmente per -ara: kantera kaiilya
'cassetta' ^cassetto* haìilyd cas. canterano, fors'anche kamep^a
kamere k'imrròUa * mozzo di camera* od. hàmua kame Avi-
• • • %f ,
Studj liguri, § '$. Il dial. moderno di Genova* 13D
f/iyolUy un po' più dubbi i futuri di 1.* con,, amerà aììvjà o
inoltre amerò ami/ó ecc., § 2 B numi, 16, 60. Per màshara ecc.,
nui. 80. — Anche un -e mantiene l'-er- nello sdrucciolo: se nere
pe'yoere piivere, ora senye ecc., nm. 75, cfr. lécere nin. 79.
E forse un -/ salva T-ei*- protonico; a'nudin ^guasto' ^cor-
i\)so', da smazeriuy ti se smazisc^ contad. mazeij [mette a m,
mettere a maturare, le fruttii), ime ij innestare, ihfe n inferirò
<Ja vela), reoeisa riverisco, inoltre oGey *o peri li nm. 100, o
ienperiii lehpeh\ af?;iungeremo il dubbio allengaerie cav., nm.
Si. Ma in kardarih liardie'it^ li'ff/arin lihjce'h si sarà introdotto
il suff. -arih: notisi che c'è puro liìtjow da liiffaru, — Negli
altri casi di postonica, e come esito normale: endeffu indaco
[Wtreija orefice hìrefja li'njànetja lucani ca mdneQa o ma-
tteffaj ecc. (dotti fàbriha sindihu ecc., anche bdyku da bdriku
violacciocche) ; déiiteza dentice ehdezu guardanidio e'nbrezuj ecc »
re'siieza romice, ànezi hrcéuezi Tnnezi^ are. Cadde.ri grlb
15, 24; i)er rimiza ecc. uni. sg. E vedi ib. anche per i verbi
uniti con enclitiche, are. l^s'ere leggervi, ecc. 89. /, nella
pre|ìosizioue e nel profisso in-, cfr. § 2 B nm. 18; isolati Em-
hriceghi Embriaci gidb 18, 13, etdrnghe 14, 76, empio 11, 27,
ct^rU) letterari!, per Ihbrianji ihlrà ecc. Ricordo ancho istóya
storiella. — Protonica : oltre ai numerosi italianismi, abbiamo
>I>esso i jier razione di palatine contigue: ^, es. dubbio sititi
scellino, e anche più siroppa^ probabilmente da sir- anteriore,
fors*anche sirókku, ora hjopu sOkUj inoltre sizérbwa cicerbita
ninni. 1)8, 107; sicuri invece, Lisàhdra nm. 90 sisanta ib. e
§ 2 B nm. 17, f risella fiscella cas., ìiisim § 2 B nm. cit. (in grlb
anche nesciun 5, 2; 11, 6, letterario o provinciale), kuhvati-
seiisai ma vesi0a lesia per dissimilazione, r arnese Ila (o remes,
cas.) 'gomitolo' 'frugolo' su remesd smuovere, agitare, agitarsi.
In postonica, fnsina. E i, con azione progressiva: diziìw'vej
probabilmente da dezin^j vedi sotto, come dìsette da *dezis. di-
zLx, § 2 B nm. 17, e su di essi dizottìf. ; poi cizinella acino. E
y: ffòzia da giròzia o giraz, nm. 99, cfr. § 2 B nm. 17, G'omu
G'i/nimin da anter. Girómmu ecc. comm., e vedi ib. ; con questi
{«issiamo collocare il francese rimine a ciminiera. II g segue al-
l'e? in frigd 'sfregare' 'strofinare', slrifjn (onde anche /W^flf^^,
140 Parodi,
strigga già fogl. 51), ma per la solita dissimilazione Fegiix
Figulina o -i, n. loc; inoltre sempre -iVjf- nella seconda sillaba
atona, Kumige'n Co rn eli ani, e, con vocale d*origine un po'
incerta, kicsdgoa costoletta spurtigoa^ cfp. § 2 C s. poriigioUa^
kctsigun 'piede d'albero' Sgambo di fungo' skatigwin bordoni, ecc.
Per n ho solo skrìnusu beffeggiatore e in cas. sliriiià beffare,
cfr. l'ant. scrignir §2B nm. 17: por contro, Sena il Signore,
ma vedi sotto; nella seconda atona 9*usind\ certo da un ì^sin9\
cfr. l'ant. enzignove less., ora ìhs'enoe su ins'énu, — Incerti
e recenti i casi di assimilazione fra e . • . /, dove alla tonica
preceda solo una sillaba: lisia^ acc. a les.j cfr. lisy^Uu da le-
sidssu liL, simi gemere, covare (del fuoco: donde shìVìia fa-
villa, già in grlb 18, 18 e cfr. § 2 C s. zema), ma zemì grlb e
cas., e si dice tuttora solo s'emin soffritto: forse Vi cominciò nel
futuro semirà sim.^ e cosi potrebbe pensarsi dell'ant. scrigni^ ;
infine striHh sterline, marca, e il cit. silih (più difficile, ma da
ffa- ge-j [jimina piagg. cas., solo, pare, nella frase fa {j, tramare
una gherminella). Pochi ma normali i casi dove alla tonica pre-
ceda più d'una sillaba: già ricordammo dizinove, e al nnu
precedente Tare, seiniteriu ora simiidyu sim,] aggiungiamo di-
srui desinare, § 2 B nm. 17 e qui nm. 15, forse da ^des'inn
*des'inar *rftVi;iar, ghiridon comm. omm. 9, ora gvindiin co-
modino, dal fr. giféridoìì ; civineUy nel popolo, piuttosto che ci-
ren.f e disipard certo per disep.; luiistf/Hs'u o kaistryus'f
taccagno, suH'ant. canstria § 2 B nmm. 17, 38, agripiu rat-
trappito, eh' è già in comm. chit., ma agvepia grlb agrepisr
cas., i quali vanno con ahemi intorpidito, aren^eniu aggran-
chito, conservati a loro volta su abvensUt o -smu intirizzito ,
su ihsetneliu istupidito (rfr. semelàh babbeo, ecc.) e qualche
altro: lo stesso dicasi di gremelio gremito grlb, che ci*edo si
dica sempre, di fronte al più regolare greminiu grimin. Nessun
caso di t...^* rimasto {inrezendu -zenda non conta): condi-
zione che si rispecchia nella post(mica, aimiza cimice, (p;*ùi)
jjri/mza pomice r///n'i<i nm. preced. skri'pizi ghiribizzi, inolti**»
ìihiitnn fe<lera nm. 22 ((uule anche lehlima)^ forse pitima^ forse
qtfrif/zitiia nni. 48. — Sarà un caso che prima di un /'/ si abbia
s<'mpre j: rifii/a rezzuola oa<., il cui re- troppo era esjKìsto ad
Stnclj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 141
alterarsi, nisò'a ♦niceola, es. diffuso, come, più o meno, sono
pure Gri{)ò' ann, nm. 17, Mey.-Lùbke it. gi\ 83, Simona pi^ogguj
ma pegoggiu ross. Restano infine i noti dhui siga cicala h-
f/iòzina § 2 B nm. 17, karitcd kaìjl(e\ veritce veyl(e\ ecc., ar-
dimehlu marsimentu^ movimento cav., ecc., l'onomatopeico sihsd
zanzara, inoltre fisiVa spiraglio (cfr. sia aVàya fìssa che equi-
vale a sia (B fisiie stare ai riscontri), ri{fii {de freidu) bri-
vido, certo su in§a\ nella 2' e 3* sillaba, dove predomina l'i
dei suffissi 'ikk' 'ig- -m-, -ii-, ecc., dei composti e via discorrendo,
cemiQòw ciòtola, cfr. less., (fì§u) arbikuh^ cioè, secondo cas., il
fico rubicone della Lunigiana o ^ fico sampiero ', hazarikó bazaykò
basilico, agaribdse agaybàse aggraziarsi, con cui anche §dribu
gdybu garbo, il cui i ricorre già in documenti del sec. XIII,
e qualche altro. È ora sempre i nella desinenza verb. -imuj
stdvimu ecc., § 2 B nm. 58 e vedi qui 'Desinenze personali \
89^ Negli infiniti di 3* uniti con enclitiche, si ha ora t, les'ila
leggerla lessine leggerne, per gli anter. ciòdece chiudervi rézeve
cazzece esseve essemeve cav. esseghe inette vera reduero comm.
(ma già in comm. qualche introduite veddime connoscite) : cfr.
nm, 80 per kàhiime^ nm. 70 ecc. È sviluppo solo in parte fonetico.
Da les'eru Us'era s'ebbe lés'ow les'ya^ forme frequenti in piagg.
e sopravvissute in qualche esempio vedow vederlo ve'dey^ ecc.:
cfr. pigow piglialo pigay^ per pigew nm. 119, ecc., pórtya por-
tala, che galleggiano pure; poi, per ricostruzione letteraria,
lés'Ua e quindi anche lés'ilu (e così, nella 1^, pigila pigilu\
dove soccorreva anche il parallelismo dell'imperativo di 2^ e 3%
aggi le's'iy lés'iru lés'ira^ poi lés'ow lésyay infine les'ilu lés'ila.
Da tali forme Vi si estese alle altre, lés'ime leggermi, ecc. (e
kdntime). Vedi la Morfologia. 89% Iato: oltre i Ciisi pur ora
citati, tutti gli altri consimili con r caduto, pyów pelato despyònx
povero in canna, kahiyò canterò, ecc.; poi, depvycunà cioè de-
per-a-màj nella frase aceysene depr. aversene a male, kumyàlru
cioè humme-àtru 'assai', lyàme letame, ramyu rancido, cfr.
§23 nm. 33, kapitahnyu, ecc. ecc. — Da 'e ... e si ebbe ye,
senye pf'yvye pùvye nm. 75, come ey da e . • . c^, peyQullu
^pedeQullu picciuolo, meizihay veiremo vedremo fogl.: difficile
Tare, eiremmo nm. 118^, ma pézih 4obo dell'orecchio* è su pe",
14i Parodi,
cfr. § 2 H nm. 44'*. Anticamento anche è,,, e dava èi (cfr.
nm. 78): peiga aiin. nm. 18, pag. 148 n. 2; donde pefff^, coiiim
mostra pegu pigro fogl. 115 (cfr. spogarse § 2 C), mcigu (non
attestato) megu^ l^mi nm. 125 6: ora da è...o solo e', cered»*
réguj ecc. Anche ?le dà w/, kw/f/a nm. 65. In nVwiY? ridermene
comm., incinero ecc., confluiscono fonetica o analogia, ma {;1i
od. rimene ihdi't'la (acc. a ihdiì'ilu) sono normali, nm. 'W.
Finalmente, sorse in iato l'artic. femm. t, y-ànnime, ma l'ego-
larmente e dómie^ o cosi il pronome; forse ni ne, monlro
rd-nni * vanno' *va' slanni sta, ecc., paiono estratti da vdfìiiem*
vattene fànitne fammi ddnitne o simili, che dipendono a ]i»r
volta dai ricordati h*s*ilit ecc. 90. //, ìi: i't iniz., alVùndema/k
grlb, ora aViìnduìnah^ es. non prettamente fonetico; — interno»
ìHosnme'ggu e asì'tmegdfiej ma in cas. l'ital. asinu,,, in cav. e
nel sec. XVIII afiemeggio e semegumzaj i soli davvero indigeni,
.v/(m^'n.9a (e ^<m.), ma, nonostante Tant. somenao § 2 B nm. 1T«
sememiy semense'ila o 5///^ piuttosto che si'nnensetta: pare cln*
l*e sia mantenuto da un e atono seguente; poi rùmasTigg»!
' avanzaticelo' * avanzo di piatto', cfr. Tant. ro/nancivy andM-
/r/ò^e* rotolarsi, avvoltolarsi, ruzzolare' avnhatùh rotoloni, avvìi. ^
già in fogl.) ma robalon grlb 1, 15; 9, 60 accanto a riìb. Adun-
<\ue da u si passa tardi, e forse solo tra r e labiale, ad ìK Per via
di t : Liìsandru si'fsaìila, già coram. 29, 32, acc. a scisciau(<rii(ff*
206, cfr. nm. 89, aruzehtdj davanti a s i, che fisiologicament»»
s'adattano meglio all'/' che all'i. K probabile clie qui vadano
anche i cit. asihnegyUj da ^a^im.j forse falso italianismo, e .%#••
tne'nmj dal vivo sim. (su simma o altro): cfr. nm. 97. In ria-
si'tgà biascicare, in masbiiffd masticare cas., forse in mafin^kn
* mantrugiare, brancicare', è attrazione di -n;/- e in genei*e dei
suffissi verbali con /', che hanno assunto signific;ito peggiora*
tivo; in hustiipafie prendere un raffreddore (donde me hìistffppfi)
può entrarci anche l'assimilazione, e questa è evidente in si*'-
hiffu. — Voy solo nel nesso -c/*/', quando ci sia nella sillaW
precedente /i, diizònlxi-dwi -l^y nmiu. 10, 101, e su di esso f>Y-
zòntu^, infine irózfihii'-dwf eco. (e di''zo'ì)(t( (rózfynlu); si seni-
anche ariizònià (e aviizonla)^ ma sempre aiazeiìid (Vnfa) ta-
citare, calmare. II caso inverso in gbiu *gesù* Santino* (onde
Studj liguri, $j 3. Il dial. moderno di denova. 143
anclie G'ozii'Màya Gesummaria). 91. ?«, oltre che noi casi
sorpassati e arcaici, ne tutti fonetici, del nm. i)recejl., rimane solo
per assimilazione, in rimim rognone, in dossu huvdossu sottoso-
pra, in kusunigga cocciniglia cas. e in dupwJdisìut dopopranzo,
acc. a depwi dietro; per un mezzo latineggiamento, credo, in
supréssu cipresso, già in fogl. 90, acc. a sipv,^ e forse per un
mezzo italianizzaniento in bulUiQa sóìleiìcsive biditi{)Uy dairarc.
belele§(i grlb 3, 5; letterari dumah ihduvind duvey^ nm. 88.
— Nelle postoniche, son puri metaplasmi karpu carpine e
frasii frassino se non è da frdsuru, cfr. frasciavo grlb 3, 75;
di pdmra, ecc., A-edi il nm. 98. 92. a: iniz, ahìdssc ancu-
dine nm. 35, andannia indagine 'andana' (ma ci si mescola
'andare*), are. angunaggia inguinaiagrlb 18, 59; avremo fogl.
132 (donde ne no m'inndrru se non erro, comm. 140, ora soltanto
nella frase u Va fcctu dru e irello scherzoso esc iiW'ùn avu
o iiiVinia rì(€f di cui non si capisce più l'origine). — Interni:
davanti r-*, solo esempi comuni o senza importanza: àbarU'igà
abbagliare barli'ffpthj cfr. Tit. barlume, il noto marse\ gran
étiarcè comm. 225, cfr. ann. nm. 17, ora caduto, drafm, aflfatto
plebeo, ìTiagrùn mergone ^palombaro' e stranii'u starnuto,
tutti molto diffusi, màhurdi fatto su ìnarledi màtesdi nm. 160'',
infine venardij forse da vhiare-d!. Normale può dirsi davanti
a r rassimilazione regressiva con a; e, a tacere dei noti barahm
hnnsa, mrccegu marmagga (con cui dia marmelin dito mignolo),
ricorderemo sardssa sàsa 'seraceu Matte cotto e rappreso' 'ri-
cottone', marave gga màvegga^ tarami tatui tela di ragno, ta-
f-amoitu § 2 B nm. 17, inoltre desiarla disertare. DaA'anti a n:
sansuh Ascensione (forse da Asans,), gli arcaici sangiitlto singulto
grlb 16, 36 e sprandiva resprandì grlb 6, 106; 18, 92, cfr.
§ '2 B nm. 17, che non paiono indigeni, anche standardo grlb
5, 48, e il plebeo mahgrahnia emicrania, ove ha parte l'assi-
milazione; normali, anche senza il soccorso deir assimilazione ,
aj-ban§'lla alberello Rom. XXVII 236 stamancta staminale,
seniand centinaio, cfr. rundaniha rondine (su cui pe'sv ì^int-
/Urna) e forse kurdane funajo, tufania tafferia; pui*a assimila-
zione in marahglh marengo. Cfr. -en- -in-^ nmm. 88, 89. Esempi
4cpat-8Ì : il noto s'os'imà, scamnru cimurro sogwrga *cjeculi-
144 Parodi,
cula XIV 378; con assìiuilazione, marasalla pcUdfyu (nella
frase ven( i pntafyi montare il sangue al viso), pasagd (ond*»
pasàgf)a)j |?ìà in comm. : arcaici parpagun zamarra fogL TA>
zimarra e samareUa cas. Monna vestita con lusso che lascia
scorgere la miseria', adavind fogl. 122, cfr. nm. 88. — Posto-
niche: seizaru seizotu cece, plur. se'izari seizaj/j se tara
selowy ìt sellerò, ifdtozv /niXs'ow muggine kankow, cfr. kaftka-
retti kanncéti arpioncini, are. Soizzaro grlb 11, 35; davanti
a n, oltre a rimdafiay pur ora citato, soltanto gli ital. Qanfjfaìnf
pdhpanu e forse qualcuno degli incerti tótanu (se mai, su (ò-
tane' tilt ^ometto basso e atticciato'), grebaniy forse dal celtic<»
grava, occ., già 'citati al nm. 80. È oscillamento suffissale. —
Hanno -an analogico le 3* plur. lesan leggono cnme'ssah chia-
massero. 93. Dilegui: hriijwa nm. 35 disótte nm. 89 inspritti
^far spiritare uno (inveendo contro di lui)', ma sempre t>^pt-
ritd ecc., cav. grlb comm., uhbrisalla *umbi liceale (rifatt4>
col suff. 'allu\ grindùh nm. 89; ermìttu^ dotto, karlevd;- Tit.
fischiare è ora fiskàj ma fisscia grbl 7, 102. 94» Aferesi: iie-
tniziy ma innemigo cav. grlb, fermdya § 2 B nm. 39, e inaltrt»
in vocaboli dotti con e, Idstiku inaiìgraiinia nm. 92 mursùn
emulsione muro'ydi pedemya nm. 88, Lia nome pr., arcaici ri
Gizzien grlb 16, 4, ro ricco Pullon 20, 141, peitafjfiu 14, 57,
che si conserva in patàfyi nm. 92; con i-, tellsya pekùndrya.
95» Epentesi: libero libro fogl. cav., cfr. ann. nm. 38, {lever*'
fogl. 134, nm. 79), socera cav. 11, ora survya) — di i, m^l
gruppo sm, cioè zm, saizirau ant cesmo senno, ecc., nm. 20 «
azimdse mettersi in apprensione, are. dxi/na comm. 224 appren-
sione, ma asmo cav. 65, rizima risma, e così mazimu, già grU\
ma mesmo ib. e fogl. cav., batcezimu, ma baitasmu grlb 12, 37 :
invariato ctìzma ciurma, nm. 171. — D'altro genere: abiseidr:
analogici sàperbyu akordyu skórnyu tiioyu tufo, ieiìdya^ are.
lesendia chit. 25;- per T-i dei futuri sayó, ecc., nm. 39rt;-
vedi anche 'Propagginazione'. 96. Epitesi: mie He èie io tu^
si, ni(e nae no, ciie più, ecc., frequenti anche negli scrittori,
ma ora affatto plebei; cfr. anche fde strde nm. 40 (ma per
contro quasi isolato t:irtae fogl. 46, plur. e in rima).
I lungo. 97. Resta intatto, sivtrnà svernare viodna sorgente.
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 145
forse pis'agga che risponde all' it« pisolino e apis'agàse ad ap-
pisolarsi^ frizùh frisi one ^frusone' iisùn e tisund ^allusione
pungente', il noto iimùn^ forse ^timone, pikossu scure, cfr.
pikày pikagga fettuccia, fiQcctu fegato, anter. figareltu fogl. grlb
piQuh specie di picchio, sitcé, ecc.; ortigi' 'aiuola' Morticino',
cfr. ho rt il io Àrch. f. latein. Lexik. IX 384; e qui possiam mettere
1 composti, batidóggu caminonna piagnucolone, ecc., cfr. anche
Valiccea^ nome d^una via;- e, solo per dissimilazione con /, ve-
:ih (ora vizin corno aggettivo, e in daviiirif acizindj ma sem-
pre e in grlb), lezih *ilcrnu lezzino, pesiQu, e va ricordato
anche fenia grlb 7, 122, s'ebibbu; inoltre kresliah e krisL;- ii
(l'accordo coU'i proveniente da ^, iiverno fogl. cav. grlb, cfr.
§ 2 B nm. 18, ora inverna; Ulmassa antico li/nassa ih., pù-
uallOy già in grlb 5, 65 e comm. 218, ma pignatte grlb 16, 37,
ofr.§ 2 C. — Per esempi di aferesi, o di dilegui, vedi i nram. 93, 94.
0 lungo e breve, U breve. 98, u, kùnelta kurunetta rosa-
rio, fu da fura rombo, cfr. § 2 C s. foror, dù duru^ ecc.; e ri-
si>ondendo ad o, purtd fasòw e sempre; anche rispondendo ad (/,
abbastanza spesso Uy benché il suo campo sia andato ristringendosi
j»er la concorrenza di à e dello'stesso ò', nmm. 100 e 101: amwd
umurd arrotare mwih mulino, kwd coratella fxgwih fiyurih e
jìgwata, bambinaggine , pinwdtu da pignoretto cav. , fazwee'le
fUzurélle fagioli capponi, ztvd volare, scord e sgord cav. grlb,
e in grlb anche o, ora syvd sQm^ kruvi, kruvd *co-rotare
«•adere, truvd ptnicd nuvahia destumayd Rus'ih rus'etta fa-
fjeltu fugùn sfuQdj ma fiujassay kutiVa nuitmna nottata : sono
a un dipresso gli esempj superstiti, ma cfr. nm. 101. In postonica,
^rhu anter. erboro fogl. cav., àmwa àmura amola, brigwa nm. 93
/'armigwa tose, formicola, kdmwa tarlo, ecc., i quali trassero con
^•*' alcuni casi di -era ed -èro, sozwa sozura e sozu sozuru
K^^oeuxero comm. loc. 22, ma sceuxoro 34, 39, cfr. § 2 B nm. 17),
pdswa pdsuraj le'lwa lelura, ma cfr. il tose, lèllora, aeidora
grlb (ma cceullera comm. furb. 5, onde Tod. kolye nm. 27);
Stnta Barboa grlb 7, 115, vivo; anche kdbula cabala, plebeo,
^ra sui letter. fdkula mdkida Qdhdula skàndula. — In iato,
^wàsaè só-asce' *so di molto io'. 99. Dà o di media apei'tura,
alTiniziale, tranne davanti a nasale complicata; e anche nell'in*
Archirio glottol. ital. XVI. 10
146 Parodi,
terno, in pochi casi superstiti, davanti a consonante semplice
(anche se in origine doppia): nell'interno ò sempre lungo, né
un o in tale condizione si saprebbe pronunciare altrimenti; al*
l'iniziale quasi sempre, cioè se non sia seguito da r complicato
o non risponda a un d breve del dialetto: òrasyùhj are. or iva
nm. 67, dsyus'u dfe'nde òfe'ys'a ofisyV 'moccoletto che s'accende
negli uffizi pasquali ', òfisyale dna (e des'ònu) òkaziih òtahlena
dteni òdù òdya òpinyuh m'Opùnu obedi^ afri òhliQa dsldya
óstdkidu; ma òrQane'itu ortwdh ordenàyUy ors'ìi orzaiuolo,
ors'd orzata (nelF interno del periodo urs'V urs'à, almeno dopi)
iin, e talvolta anche wv^rtwdh)^ orti§a\ inoltre òmetlu oselle
su ommu osse (cioè ómu ose). Negli scrittori Vo è indicato spesso
con ó {e ó): ònó occorre óttegne comm. Il fenomeno ricorda
Yow iniziale, che già si trova a Rossiglione, ownùj ecc., e Vaw
ch'è proprio del Monferrato. In seguito vedremo a che si deva
l'allungamento. — Interno: kòme'nlu 'calettatura' * commento*
kòhàna {cócagna grlb 14, 70) kòkùh cocchiume a biskokina
alla peggio, se va con cocca, kdpella coppella e il cognome
Còpelluj are. cópùcQO grlb 7, 35, ora hùpù'ssuj are. pórreiva
chit 91 potrebbe, vóressi comm. 10 vóvrce 291, 302, vórellan 14
(cioè vare si vorresti vòrce vorrebbe, ecc.), ora li vuryèsi^ u
vuryce'j oppure nel popolo ly òryesi^ u V6ryce\ Inoltre gòzin
gelosia e G'ònimih Geronimina, infine G'oze'ppe. Resta pure l'n,
proveniente da «ìilt- ecc., nm. 116: pòlrùh (mòlua moltura),
are. catello grlb 1, 62, cfr. coutelo § 2 B nm. 24, ora kùle'Uu.
— Io credo che in questo fenomeno si conservino le traccie del-
l'antica pronuncia Pj che doveva essere propria, in tempi molto
antichi, anche del dialetto genovese, per Vg romanzo tonico e<l
atono; e dalla quale giunse alFu odierno per via di gradi in-
termediiy come l'o chiusissimo o piuttosto u aperto, che si pri>*
nuncia alla Spezia. A dati cronologici s'è accennato nel § I A
nmm. 8 e 17 e anche nel § 2 B nmm. 9, 13; nondimeno, sia per
le 'Rime^ sia per le carte latine restano sempre dei dubbi, perche
la grafia u era per una parte dei vocaboli la grafia etimologica
e perchè Vu aperto si scambia facilmente coll'u chiuso, come si
vede accadere a chi è interrogato intorno al dialetto spezzino o
anche a chi lo scrive con intenzione d'essere molto esatto. I citati
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 147
pòtrùn kòle'llu ecc. ci danno almeno il diritto d^asserire che
quando nelle formolo -ùlt- ecc. il H si vocalizzò, la pronuncia o,
più o meno chiuso, persisteva: solo non potremmo asserire che
persistesse dovunque, per es. anche davanti a nasale complicata.
Più difficile è dire perchè all'atona in codeste formolo Yo per-
sistesse; se cioè la sua resistenza sia dovuta al fatto che quando
il nuovo ou (conservato nel cautelo di ps) si ridusse a un sem-
plice òy tutti gli Q genovesi erano già da un pezzo scesi ad u;
o se invece il segreto della sua forza deva cercarsi nella sua
quantità, e si sottraessero cioè alla sorte comune tutti gli o lunghi
atoni del dialetto. A questa seconda ipotesi mi fa propendere il
paragone colle toniche, dùse (per *dQuseì)j ecc., nm. 116, e inol-
tre un pò* la considerazione che si conservano pure tutti gli ò
atoni interni provenienti da au, nm. 109, anche nei casi, rari, a
dir vero, dove manca la tonica corrispondente, gòtas's'e *gauta-
glnes 'orecchioni', bòzia. La stessa conclusione si potrebbe ri-
cavare dalle iniziali : rimase l'o- perchè lungo, e si allungò nel-
l'iato con vocali precedenti, secondo un fenomeno generale del
dialetto genovese, nm. 129. Quanto agli ò interni di kòpe'llUj ecc.,
i più si trovano davanti a doppie originarie, e andrà forse con essi
skope'llu scalpello, se, come mi persuadono i riflessi dell'Alta Italia,
^*scùppellu, nm. 150, e inoltre ihbòsa rovesciare, che sarebbe
da un *imbossare, proveniente da *imborsare 'invorsare,
come dossus da dorsus: la lunga tonica di inbósu sarebbe
estratta dall'atona. Può essere che la vocale davanti alle dop-
pie originarie si allungasse nell'atona, quando esse si ridussero
a semplici, nm. 131. Che poi a poco a poco si perdessero quasi
tutù gli esemplari antichi, è naturale: kuppa^ cioè kùpa^ traeva
con sé kùpetla ciotola, e inoltre moUu *amòtd e perciò amutà
aggnimolare; infine, secondo la relazione generale ó: -u'j si veniva
pure da pòf*u porro "^pòrih * porro nelle mani o nel corpo ' a
l>òru purih. Cfr. il nm. 128. — Degli altri casi non so che dire:
se SI potesse porre, benché non sia indicata negli scrittori, una
fase anteriore girdzia, per l'od. gdzia, si avrebbe qui un esempio
deir o conservato anche davanti a consonante semplice, cioè da-
vanti a i, che esige nella tonica appunto la lunga, nm. 125 a
e rf, e forse l'esigeva pure nell'atona, cfr. gézelta ecc., nm. 128.
148 Parodi,
In G'òzéppe par di scorgere un caso consimile, ma forse per
esso e per G'ònimih (da G'ironimihì) è da pensar pure che i
nomi propri i, nel chiamare a voce alta, sono accentuati spesso
sulle prime sillabe: adunque quasi G'ózéppe (donde Tabbreviato
G'òze)y ecc. Assai minore importanza hanno altri d atonì, con-
servati per attrazione della tonica, in vocaboli letterarii, ma pur
manifestano chiaramente la tendenza del dialetto : aldgd {cUògu
alloggio), tònella grullo {TOnu), stdlìin manrovescio {slola fac-
cia tosta, cfr. il noto (ola)y tOmeilu (che equivale a béllu tómn)
tòiane'ttu nm. 92 rOdimenlu e u se ròdyà {ródise crucciarsi),
forse qualche altro. Mi resta Tavvb. Idslu presto, il quale è note-
vole testimonianza della necessità che ha il dialetto di allungare
un o atono, poiché esso si sviluppò senza dubbio nella proclisi^
in frasi come Tironico sce tòsl-ua ^sarebbe tempo'. 100. d, per
attrazione della tonica: sempre all'iniziale, are, oeritasse odorasse
cav., ogà occhiata (anche iin-ngò) òges'àj e così in comm. grlb,
ma oggiareita cav., Ice'y ♦operllis (in gamu d'io, giorno
feriale) ecc.; inoltre in dicyà adopera, anche ceuvet^à grlb, koyti
cuoiaio reloyà orologiaio aloseQa, anche in grlb acc. ad aito-
scegd, vS{/rt beskitu biscottare: si oscilla fra ali§u riporre e
alùfjfij trógettu e Iriig* {(^'oggn truogolo) e qualche altro. E ora
soltanto il in alcuni casi, nei quali troviamo più spesso o spesso ó
in grlb comm.: assceunnaó sognato sceund suonare bezceiignera
raccteuggeiva despceuggid; soltanto u in truvdy ma tneuvce grlb
4, 37, ecc. 101. /è, che è sempre più sentito come la risposta
atona di o: anzitutto accanto a palatali, fiì getta sfùgà^ ma Po-
(jeUa cav. fogcfti grlb, ali'tgòw trasognato (loggu loglio) asmùga
•mettere o tenore a mollo' (e anche asmuggu) akiige'ytu raccolto
ihfji'ige'ytu avvolto despi'fgd, cin-ya pioverà, ma cioveiva grlb 10,
03, ci'igaitfi (xci'fVfCéia ^furao addensato ai muri che per Tumido
cola', scitpdy ma talvolta scciopd (o = u) in grlb, kidemmu
cuociamo, bes'lmusu: si eccettua so\o pifjugus'u;^ inoltre, siaui
suonare asì'tftdse sognare, nm. preced., reniird e renva^ jAm-
n'mnmy si'ujn nvd nuotare (i< niia nm. 3) vvd vuotare rvfta
rotella. — Poi, i'^pydy sorto nell'unione ùn-ùspyfiy e cfr. anche
nm. 120, ihpiarelto comm., acc. ad osipid (certo Dsp,) 172, o^pùt-
retto 224, grlb 11, 70; interno, solo in kiigd^ es. comune, btuì-
Stadj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 140
(jasoUìi^ fi§u br, fogl. 75, probabilmente da brug.j cfr. il fr.
b^mrjassoUe ecc. e vedi il nm. sg., kùnów cognato cfr. Meyer-
Lùbke it gr. 83 e v. nm. sg., hùsulayu ib., iirabusùh ib., diV
zùhtu nm. 90 (per contro, con u,../, dbugih aghetti kusin
huzih kuzina fuzih Sfocile' e ^fucile* fuzina); tra »* e labiale,
cfr. nm. 90, ^''ùmeselluj accanto al più civile rumes. e a remek
uro. 103; inoltre hìUe'Qa (già § 1 B pag. 18, 1. 3, e ri 138,
144. 148), e aggiungiamo infine lùkanda dù§aha. 102, ì, in-
guehtu'y interni, per dissimilazione, bisulàyu buccellariu, ma
husciolaio comm. 324, certo anche kinów^ ma si ode tuttora
knnówy ch'ò in grlb 14, 19 ecc. e in cas., inoltre Qigùn go-
bione, che sarà da *gùguhj secondo il nm. preced,, tirabisùnj
dal fr. (di rado ii, ma tiraboscion comm. furb. 4), e anche
ilizóhtu (ma sempre diizenlu); poi arigùa rotola, da ariQùra
nm. 202 "^arùQùra (con ù corrispondente all'ó' di ròa\ e con d/-
zOnlu metteremo ki§(fmou nm. 26, per hùQom,^ spiegando col-
l'assimilazione il supposto li della fase anteriore, e forse anche
riiV ciottolo, probabilmente da *rocceoIo, il quale però più
vdlentieri crederemmo attratto da qualche altro vocabolo, perchè
r i occorre assai presto, cfr, atnzorare e arrisolare acciottolare
Uossi Glossario mediev. lig. 19 riciolius risorius 84. Sta da se
hngasoUe^ per Tare. brùg. nm. preced., ma forse va confron-
tato con grinoUi nm. 108. Per abbondanza ricordo anche il letter.
e are. pisciolanimo pusillanime grlb comm., e il plebeo kilonna
colonna, e perfino kinolla, dovuto certo a qualche incrociamento.
103. tf, nelle solite sillabe, relSyu remesellu gomitolo, nm. preced.,
prefuhda prefùma {perfumè fogl.) prékacln procacciante, pre-
kvó» procuratore, sprepózUu sequoe'u angustia, e sequadrà ^ser-
rare, stringere da vicino*, ecc.; inoltre nel comune tes'wie *te-
sr>riae (tosoriae rifatto su caesoriae), in be'la *bedella
budello, con assimilazione, in verliìQwa convolvolo, cfr. vilucchio
fiiiume vUuppOy in tywenice vurehtce e vwehlea volentieri,
§2 B ora. 20. — Postonica: meis'era ora me'is'ia madia, secondo
I nmm. 88, 82, e anche l'aire, rovere nm. 75, pdrehu. — Fi-
nale, KHste^ ma ò un vocativo e non rimane che in Ahtehriste;
kumme^ nm. 28, dapprima nell' interno del periodo e poi an-
che in fine, quahde già in comm. 94, quante sutlCy ora quasi
A
150 Parodi,
solo in sìiUesàroia sottosopra, soiVe sorvia fogl., e nei composti
sutel(era^ ecc., cfr. § 2 B nm. 20, inoltre surve qui nm. 81:
può esservi confusione con subter, ma non è necessario sup-
porla; intej pes. ihle Vcegwa^ già antico e risultante da varii
incontri, § 2 B nm. 97, ihse su, ma fino a grlb e comm. insciùj
insciù 0 scià doi pe^ ora soltanto ime divi pe^ ihse Vgrbu.
104. a, askwìse oscurarsi, § 2 B nm. 94, anùhj quasi solo in
Diu ne saroe an.j àsiben e Ò5., esclamazione negativa; sufica-
nihj cfr. Tant. sorfane § 2 B nm. 20, acc. a sor faro solf less. ;
forse non indigeno traiùQa cav. cas., ora solo tartaruga; per
assimilazione, Mar£a^56 *corba e eae ^cestoni per someggiare^
siralabyd vaneggiare, quasi ^ astrolabiare ' Krit. Jahresb. Y, i 130
Arch, XV 509, il solito Salamuh fogl. cav.;- martnaru mar-
mow^ plur. mar mari marmay^ kdlaru kdlow callo, furgour
razzo skrakow scaracchio tumow timo, brikàkalu albicocca, dal-
Tanter. bricoccuru ross. bricoccoli chit. 41. — Per l'are éccate
nm. 80, cfr. echame § 2 G, e si trova pure ecca grlb 2, 45, cfr*
§ 2 B nm. 16; stUta desutia si appaiò con surtya des. 105. Df
legni : ihskursów corrucciato, acc. a scorroQQd ecc. grlb 14, 16,
comm. 88, e si veda anche kriisiu cioè cruccio^ uomo, bambino
fastidioso, dove l't è forse d'inserzione tarda e non indizio di
scarsa popolarità ;- levre per Tare, lèoure ecc. nm. 79. In iato^
S'enaj già in fogl., forse su senue'izi s'eneiii. 106« Aferesi:
Iva ululare, are. s'eveggi usibilia G.
U lungo. 107. ti, shvòiUy Makurdi sk.j cfr. § 2 G pag, 67^
mùragga tnvàga^ lùgdneya bù{jd bucato, e poniamo qui anche
i noti rumenta ramenta ^spazzatura' lùzema kùgà nm. 101
liigceh nm. 88. Qualche u: neir onomatopeico mugund bronto-
lare, con m ùg-, in pupùh bambino, tolto al linguaggio infantile^
in frtigunàj nm. sg., con assimilazione, in brtMliUi italianismo.
Ma fì^unà potrebb'essere da *furg., con u da u nella sillaba
chiusa, cfr. Mursehtxc mùro-cinctu, nome di via. — Il solito
p, in remerà rugumare cas., acc. a rùmegd ib., e in des'urpd
*d e- usurpa re 'mangiare a crepapelle'. 106. t, per dissimila-
zione, cfr. il nm. 102: tmti, solo nella frase de-bunimu^ harne
i/Hìisa^ da imurus'aj 'carne fracida\ binuny da bùiia bubbone,
bnnwiy onde anche nella tonica brina nm. 35, e, se va con u^
Sfcudj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 151
bis'ulóUu^ da biiscioloUo grlb 4, 24, onde biswa nm. cit.; poi,
brigure'llu bri§welu per ferii^., da hruQura nm. cit., fri§und
frugacchiare, derivato di frii§d furi e are, acc al più civile
ffnQund nm. preced. Con brigasoUn nm. 102 si confronti gri-
iióUu 'colpo sui denti', per sgrognoUo comm. 86 (1. sgrunj)^
ma potrebbe anche aver sentito l'attrazione di §ina. Finalmente
bitiruy in cas. bùi. Per kumini§d Meyer-Lubke, Rom. Gr. I 278.
— Iato: refyùs'u * antipatico, uggioso', ma refva\ arswiu per
arsùriUf da arsura^ nm. 71. — Gli esempi d'aferesi sono al
nm. 106.
Dittonghi latini. AV. 109. d, come nella tonica, cfr. nm. 36 :
oro foggio fogl. 15 ora 5/*., óreggia comm. 86, 95, od. tuega^ okiìi
gabbiano òzellu odia nm. 215 e odirei cav. ; pòvielu kosin ri-
pàsdj u Pòkeiin il 'Petit Poucet', còla graffio gòtas'se orec-
chioni, bozia skòsd grembiale aròbd bórinna (1. b&rina) comm.,
ora bweha; ihsòmd corbellare, da sòma. Tali condizioni sono
turbate soltanto dall'iato, luégUj txveta anter. lóre'UOj kwèiin
anter. kòretih cavolino, ecc. — I soliti AQustih cfr. nm. 116,
aguran fogl. 39 ora aQvdse^ plebeo.
Incontri di vocali.
AE, 110. ce e: boszina^ anter. bavez., pioviggina, kce§d cali-
gariu, ma però sarveQùh da sarvce§u\' perUótv parentado,
plebeo, come pcehti parenti, contad. 111. ey, almeno davanti n
semplice, quando l'iato è più antico: cheinettonne catenelle fogl. 61,
ora ay in kainassu boncinello, come, per l'iato recente davanti n,
kcdnaggu carenaggio, e si sente anche ainin invece di cmih^
diminutivo di ceiia arena.
AL 112. ey^ benché per varie attrazioni si abbiano ora al-
cuni <B e molti ay: eiguetta fogl. 65, ora cegwella; puinteirìwe
cav. 151 spilli fumeirceà grlb 1, 22, comm. 130, spezieirceù
grlb 7, 9 * coppe per spezie ', e cosi terzeirosù^ ecc., ma già, per
attrazione della serie gankdya spesydya^ ecc., fumairosu comm.
342, harcaioeura grlb 15, 3, ecc., ora sempre puntayV fùm^yV
barkayV ecc.; poi, il vb. as§eyd as'Qreyd 'sciupare, sprecare',
che ora è comunemente asgayd (asQdyUy nm. 45, foiose per un
anter. as§€éru\ cfr. il piem. sgairéy assequeiroù cav. 123 ^ messo
152 Parodi,
alle strette', ora solo sequcéu nm. 103 e cfr. nm. 115; C'eyniiiy
da Ceyrinih Chiarina, e are'y cas., da areyrt diradare, con
cairu cceru e rairu rcevuj d'aregueiton di nascosto fogl. 9,
agweylà nm. 45, leytà di* fronte a Inie^ leyiuQa^ Ireylu cas.
118. ay, oltreché nei vocaboli di cui s'è detto al nm. preced.,
e in mainea^ nm. 4, su "inanea^ dovunque le due vocali son vo-
nute a contatto di recente, per la caduta di r o di vi Kàtainin
faina farinata maina maynse maritarsi; askaisów da askar.
scavezzato, ora quasi solo neirimprecazione benevola ptÀsilwésc
ask. 11-1. i, solo in grize'lla gratella, da graiz. gveiz. (se non
(la gt^aez.y che farebbe poca differenza) *craticilla, per falsa
etimologia (grizu grigio)? Già grisele reticelle, ali. a gradisciti
in un inventario italianeggiante del 1532, edito negli Atti della
Società ligure di st. patria X, pagg. 732, 747. Inoltre in apf^t
conciare le pelli, piem. afaité^ monf. afeitéy e ftidya conceria,
o rifatti su fìiu presto, quasi 'apprestare', o importati. 115.
ivey dopo labiale, già nel sec. XVI, donde, forse due secoli dopo,
wi: are. afoeiturao affatturato fogl. 82, 112, affueiturce cav. 103;
pzulh padrino pwtrih pweyrih peirih pairiiij mwina madrina,
puyeiiu patrigno mayena^ cfr. moiregna comm. 51 ecc., pwjV
paiuolo, cfr. peyroli a pag. 722 del documento citato al nm.
preceA, rébuyV farinaiuolo cas., cfr. rebairolo Rossi Glossario
raediev. ligure 123, vuyoe vainolo; ma si noti, con un u prece-
dente, Roveivce ross., ora RuyV Rivarolo, il quale andrebbe dun-
que cogli esempi, che seguono, di wey^ o anche xvay originarii,
che naturalmente son trattati nello stesso modo: suyV solaio,
A^ sweyZ' sureirV surairi' *solariòlu, cfr. 5oZaro/o documento
cit., pag. 740; inoltre il cognome KuyV Queirolo, certo da
KwayrS ♦quadreSlu, cfr. assequeirou nm. 112, che ne è con;»'
la fase anteriore {assequeì^ce grlb 11, 33 su seqii€éu).
AUy OU. 116. ó: Oslin, per via di otustih a(o)ustih^ Sa»f
i'Aouslin (cioè ow-) grlb 14, 61, òfoggu òrufòggu nmm. 75, 109,
dotti òddsya già fogl. 132, e owd.^ dlehtikdse assicurarsi Orelya:
interno, Wdd ma ancora laoderd grlb 15, 32, sfrozd frodare (end**
anche sfrozu acc. a sfrgwzu nm. 36); infine, gto kò du gunv*
(e gw kow nm. 49), cfr. Tant. Codefar less. — Della seri© atonà
ALT, ecc., § 2 B nm. 24, forse resta intatto solo hàdisùh bab-
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 153
bione, se va con bald-, ma dtcé altari compare un'ultima volta
in fogl.; del resto p^Mn fdde'Ue kàse'Ue sdsissa e, più difficile a
spiegarsi e già nelle 'Rime', hdsiha calce. — Serie OLT ecc.:
mtuay pòtìMn ♦puUitrone XIII 307, 308, are. kdie'llunm. 99,
raa H da dlt, se esiste la forma rizotonica, adùsi\ cfr. nm. 149.
117, QWj dove l'iato è recente, moiviia amowHse (ao); nm. 37
inoltre in casi come Powllh su PówlUy ecc., e cfr. nm. preced.
EL 118. Resta : àdreitùa addirittura {dnlu)y aspeitd fogl.
01 e leilera cav.* 130, ora aspètà, come pètwina pettorina, pé-
iena ecc., sulla tonica, e per influenza dotta lete' a ^ come lellxi ;
ifieiiina ecc. nm. 89^; con caduta di r: lehpeind temperi nata,
cfr. tehpe'n temperino, nm. 58 ; proclitici mey me li tey sey ecc.
118^ /, oltre che nell'are, prìkày nm. 58, anche nell'are. vU
remmo vtrcé cav. comm., invece di veir.: può, come vimmu
andiamo, essere attratto da di dirò; la lunghezza dell'i risulta
forse da un istintivo compromesso fra ei ed t.
EV. 119. ptc: ahgouf angeruy se'now se'neru^ pOvow le'nowj
acc. a pdcyu ie'nu su pdvya iena, ecc., nm. 88; proclitici ed
«enclitici: nww tow sow me lo ecc., u mow dà e damow. Inol-
tre: u pah eùw vih MI pane e il vino', dove Ve (semivocale)
persiste, perchè ò sempre dinanzi alla mente di chi parla, ele-
mento ideale che ha la sua importanza nei fenomeni di sintassi
fonetica. Si dice bglla humow ^à cioè kumme-u $, 'come il sole',
e COSI sow vuryó ^se lo vorrò ', ma se si pensa di più alla con-
giunzione, seaw (monosillabo) vurió. — Sono rifatti sulla forma
rizotonica azwiuy quasi ^acetito', e azwà acetosella, quasi 'ace-
tata\ cfr. azów nm. 59.
AO^ EU {EÒ)j off. 120. ay, in baisà per bavùsdj ecc.,
am. 55. Nessi sintattici: u serve d§vspyd ^ serve da ospedale'
dòvsàne 'di usarne*; davanti a n complicato: dcAyahpó cioè
iia-kì-iyunrpò fra poco, ma, riflettendo di più sul valore dei vari
componentif dakygehpòj cfr. nm. 61 e ' Articolo indeterminato ' ;
damipmenpò cioè d^irpò-ùn-pò ad ogni poco; invece kumòhlù
cioè kumme-un^u 'come un lupo', don de dui di uno dei due,
001. 61. Infine ppóge'Ui cioè pe-òg. per arpioncini.
OL 121* «rey, toeyhó aybweybó; ad Arenzano e altrove, weynà
[«1 nostro wìnoy anter. orim orinale.
154 Parodi,
ÓL 122. oittanta fogl. 121 (1. 6U.) ora dtahta su ottu^ nm. 64,
come kuiua su koUu: per Tó- nm, 99. Normale rtfy^d ♦poe-
tare ruttare (sul quale è rò'ytu).
Altre combinazioni. 12S. UE in wiy Pwìstce Podestà nmm. 65
e 89^ ; con iato più recente fwèste^ e cosi s'wène'Uu acc. a ^V
ren. — Vly kusltfuh questione, già fogl. 132, e ricordiamo pure
dyàhvdùh diaquilonne, in chit. 67 giacurun\ per il GUI origi-
nario degli are. angunaggia sanguneniu nm. 205. Mettiam qui
anche hwìziicé acc. a kuyùs'itcé. — UO^ in dòtréy^ già in i*oss.
grlb, cioè dwl o trèy, cfr. dola dudla nm. 65. — UÓ in vòy
skvO'ya scolatura. — ÌJI^ davanti a nasale, in sprinà pioviggi-
nare, ma anche sprUnà su spruha nm. 70, e infine sprvim
(con V affilato) su sprvin. Aggiungiamo suhte Vòstaya cioè si
ihte ecc. 128^ Vocali uguali a contatto : guànà ecc., nm. 125 b\
myàku miràkuruj erbu erburuy ma vidwu su vidwUj come p<i-
tafyi nm. 94 su palafyu.
Quantità delle vocali.
Vocali toniche brevi. 124. La vocale tonica è breve : a) Quando
la sillaba è chiusa, ma vedi hàìisa seh sereno e tòstu nm. 125 a;
e davanti alle doppie originarie latine o romanze, dove la sil-
laba ora in realtà -è, benché breve, aperta, nm. 131 : si eccettua
però, fra le doppie latine, r, nm. 125 a, e per contro convieoe
aggiungere delle consonanti semplici latine il m, che equivale
ad una doppia genovese. Per le vocali contratte e pei dittonghi
vedi il nm. sg. Adunque : sakku gatlUy ecc. (ossia propriamente^
sà'ku gà-tii)j inoltre famme (f(Ume) fame remmu ommti, ecc.;
mas su maggio X 435, fris's'e friggere rus's'e ruggine, pagga
famigga^ sacce sappia ragga^ lassù laccio figossu figlioccio
laves's'u nm. 80, kavdnu canestro pina, e anche il gn origi-
nario, senti pufiu ; magga maglia slrigga^ duggu doppio staggti
stabbio; inoltre lo s romanzo, ahgitsa sàst4^ ma non lo i, nm.
125 a. Delle vocali fa eccezione V è\ pesu peggio, eco», nm.
125 e. Il n semplice ha un trattamento speciale, nmm. 176, 177,
ma non dopo d\ sonna (cioè, al solito, so^na)] e breve è ora
anche Td, riduzione di Jì, da -òct-, kOHu nòtle óUu; cosicché
si può arguire la norma fonetica che codesta vocale si abbre-
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. 155
viasse davanti a n (cfr, m) e, più tardi, anche davanti a un'e-
splosiva sorda (o almeno a l): cfr. vóUu cav. ^vuoi tu?' poUu
grlb, vedi ^Pronomi enclitici'. Si potrebbe pensare lo stesso per
Vó di voUa volta, già frequente in grbl, e di arkioottu, acc. ad
òta, il cui d si sarebbe conservato per fonetica sintattica, perchè
iniziale, e ad arkyòtu. Ma in realtà volta non sarà che 'un
compromesso fra àia e l'it. volla^ e così arkyotu.
b) Nei vocaboli non indigeni, di solito davanti a consonanti
ciie in genovese non avrebbero potuto conservarsi se non còme
risultato di doppie originarie latine o romanze, e sarebbero quindi,
ad eccezione di r, precedute da vocale breve. Spesso però ap-
pare anche la lunga per attrazione dell'una o deir altra serie
normale, o perchè la forma letteraria s'è imposta del tutto. Es.:
àìohahkuj ma Riku lihe lichene; in stdkka tasca, vocabolo in-
digeno, la metatesi non poteva turbare le relazioni originarie
di quantità; Re Maggia refuggu; Pilatlu f regalia ihsalalta
patalta fratte^ notta^ e anche kalamiltaj già in cav. 100, per
l'are, caramia fogl., ermiltUy certo per un più antico ermiUay
i quali hanno i loro modelli immediati in grUta granchiolino,
fikitia ^schizzo' ' zacchera \ e anche negli importati amuliila arro-
tino, garitta garetta, inoltre in -ettu^ ecc., mentre sitii Sposto'
^appartamento' iiivitu pulitu vanno con ditu ecc., e kume'ta pia-
tte la con bweta *boite' kwéla codetta, ecc.; slradda^ per l'are.
^Vfl? nm. 96, graddu per l'are, grów, sfidda, broddu^ e inoltre
il sufT. -adda -adda, piuttosto fruttifero, despétdddu dispettoso,
"ffacaildUj samadda fiammata, kaladda ^buscherio' 'vanteria^
kameradda ora kamyàda camerata, cfr. il nm. 212: la vocal
^>re7e, in mancanza di modelli indigeni diretti, seguiva la ten-
denza generale, rappresentata da -altu -akkUf ecc., e qui vadano
pure laddruj per Tare. Iceru nm. 41, veddru, ecc. ; Pappa kappu
pippa, ma più recenti shopu is'ópu Owrópa ; sibbu come s'ebibbu,
e inoltre libbra. Per stagffu sto ecc., nm. 201. Infine skaffu
OntTuy ma stofa (cfr. stófetta grlb) skifu.
e) Per lo più nei proparossitoni f kdregu pdreku^ ìHs'ene
rubine, nm. 178, ma per il s' originario non possiamo dir nulla
di sicuro; fàsile^ belisimu tòsegu; pel i nm. sg.; ndve§u luve§u
opaco nm. 130, tri/ulu^ Méneguy ma per dhnima ecc. nm. 176,
156 Parodi,
fe'mina stomagu^ e i letterarii sucidu pàgina subiilu. Per il
Q nm. sg. Si conservano le brevi nei proparossitoni che diven-
tarono parossitoni, solo quando la consonante non esiga nel pa-
rossitono la lunga, ossia quando non esistano forti serie che
possano attrarli a sé: hdloio hàlaru^ s'è noto s'éneru^ sukow
su^aruy tutti con la breve ora come prima; ma n&oya ecc.,
forse da niivera, nm. 125 d, come sàvyu. Infine avòlyu sèryu
e un tempo armàryuj snianya lopya^ tutti letterarii; cfr.
nm. 125 a.
Vocali toniche lunghe. 125. La vocale è lunga: a) Quando
è in sillaba aperta, non finale, nei casi non indicati dal nm.
124 a: adunque davanti al doppio r originario, karu carro
scera sega, ecc., che si confonde col r semplice di vocaboli let-
terarii, avaìnij ecc.; davanti a i, bazu bacio, ecc.; in 'positio de-
bilis'i a{)ru ma^ru, e quindi anche il dotto sakruj cfr. làgrima,
sotto e) ; davanti a $' originario, a i? e a ^, ma per sla$§u ecc.,
nm. 201 ; infine aggiungiamo qui vocaboli letterarii, come paln
vile vobiy acc. a vellu velo, attratto da -f'Ww, menuj ama-
rena, ecc. — I semiproparossitoni d'origine dotta, come ar-
mdriuj divennero, per la caduta di r, veri parossitoni e quindi
allungarono la vocale, armayu (cioè arma-yu), di contro a
gankdyà biancheria, per gankarla^ ecc. {gankdy-a). ^ Per
Tod. bànsa da bdhsa vedi qui b); per Idstu * presto* il nm. 90.
b) Quando provenga dalla contrazione di due vocali o co-
munque dalla loro riduzione ad una sola; e questa legge si
estende anche alPatona: gwàfiu e gwànày bela e bèle'lie nm. 103,
ahgetu da angere'ttti\ -^(eta, masgeAd^ mdve'gge marave'gge sc^-
simi, aìnatu amarellu^ fiQaitu fìQareUu nm. 97, ecc. Nel caso
più recente, cioè dove il contatto avvenne per la caduta di r«
e talvolta di e?, le grafie cameadda fìgaello di grlb comm. chit..
rappresentano la fase intermedia, e in parte si conservarono per
tradizione ortografica. Qui dobbiamo porre anche il dittongo Al\
latino o germanico, la cui fusione in ò è di data relativamente
tarda, § 1 A nm. 10, e il^cui riflesso è lungo nella tonica eonie
nell'atona, poku Pòketifij bòzia^ nmm. 36, 99, 109. — Ricor-
diamo anche i casi come le^tni legumi, da un anter. *l^imi (eh^
forse si nasconde sotto il lemi di ri 115, 8, cfr. nm. 89^) «
Studj liguri, § 3. Il dia], moderno di Genova. 157
da ♦legìmen, e i moderni emù érimu nm. 57. Ma è ap-
pena da far menzione dì sàvi,U% od. $àlu^ atono sàia nmm. 50^
116, di 'bi' -iè/-, per olt ùlt, infine delle* vocali davanti a et,
nra. 39 h\ per -ó'rt- da -oct- nm. 124 a. — Quando un'encli-
tica si unisce con una forma verbale ossitona, questa dovrebbe
conservare la sua quantità, vedi qui sotto d); cosicché vàla^
superstite nella frase kum^a vaia? 'come va?' e i numerosi
esempi consimili del dialetto arcaico, sldla comm. 41, cose glie
("orrdlo? ecc., inoltre il sempre vivo kumcélu nm. 9, devon es-
sere spiegati da anteriori và-ella kum-é'e'llu (cioè và-ela ecc.) :
cfp. fioo per fdivu nm. 44. — Farebbero eccezione alla norma
generale soltanto le sillabe chiuse, bànsa baransa^ sen seren ;
ma bmisa sen (cioè bànsa ecc.) scrive ancora cas. e pronun-
ciano i vecchi. — Per l'è' vedi qui sotto.
e) Quando faccia parte di un dittongo ascendente; e anche
«{uesta norma si estende all'atona e non sofi*re ostacolo se non
«lalla sillaba chiusa : vyàgu spyàga sydsu^ da anter. sedssu
staccio, fyanu fìrdnu filare di viti, mydku mirdkuruy shufyeta
cuffietta, kahlyéia kantere'Ua cassettino, s'yèlu sirellu frul-
lino, feryólu ferraiuolo, arkyùtxiy nm. 124 a, e inoltre syòpu
o anche sdpu siroppo, e sempre sOku da syóku scirocco, pu-
!/Au micstaéólu maltagliato (specie di pasta), vocaboli importati,
kw(ilu kurdllu^ Iwàsu luvassu lupaceu pesce ragno, wéla
ovatta e bwéta 'boite', dal fr. are, nwelu novello, svéta so-
letta (di scarpa) s'vemu giuriamo, ecc. Si escludono i qu gu
•TJ^inarii, qwattru s§wassu san^welia, ma frengwcelu, forse
u^v V ce^ e cfr. anche il nm. 39 a. In sillaba chiusa mwin
molino, ecc. Pei dittonghi discendenti, nm. 131. — Qui dobbiamo
f(»rse comprendere anche Ve proveniente da yf, cioè dal lat. è,
cfr. nmm. 5, 6, pes'u *pyes\i^ benché si possa anche ammettere
che un antico ^pye's's'u si allungasse, secondo 6), per via di
j'^^eVu. Dello sdrucciolo originario pegura pegica^ forse da
^pye'guraj vedi sotto d). Ora è breve legga leviu, ma legiu
^:rive ancora cas. e la lunga si sonte in dialetti vicini: forse
^i abbreviò per assimilazione sillabica nell'unione assai frequente
ìt-ì-eAegu è leggiero, o in altra consimile. Può risalire all' e
1.1 lunga di S'e'na anter. S'enwa nm. 105. Invece e se essere.
158 Parodi,
èsse comm. 14, 58, non può essersi allungato che per fonetica
sintattica, nelle unioni pe-esse cioè pese^ ti devile se, ecc.,
nm. 129.
d) Nei proparossitoni davanti a z : àzima mcezimu f^zima
risma, limézina, tranne in vocaboli letterarii come fizika de-
pózUu ecc., dove si risale a s' ital. Nulla possiamo dir di si-
curo pel §y poiché non si hanno che vocaboli letterarii come S(h
^uma contro a re' Quia móQane mogogano; resta perciò dubbio
se Ve di pégora grlb 3, 14, od. pé§wa^ ci dia diritto di porre
un antico *piè§ura ; meno dubiterei di lévora lepre grlb 7, 2,
nm. 124 e. Nota anche làgrima^ a). I proparossitoni divenendo
parossitoni si adattano alle norme della nuova condizione: do-
veraci con 6 breve, credo, ora dZvya adopera, e così forse hri§wtf
hrigura nm. 35, iswa isola e perfino mù's'otc con A, contro i
normali Lds'ow Lazzaro s'is'wa giuggiola. — Nelle unioni con
enclitiche, la forma verbale conserva la sua quantità: Ifs'ilu
leggerlo e tàgilu taglialo, dànelu darcelo e damelu dammelo.
Finali toniche. 126* Sono lunghe: quando dopo di esse sia
caduta una consonante o una vocale d'uscita romanza : ma ìnar
^rnale' o *raare', kahtd ecc, San Pfj se cielo, pò ©8, da por
ròry mtl mulo, ecc.;- Mate Matteo BeìHumé nm. 7^ tò sH ili
tói sòi^ donde anche il sng. tS s3 ; sce sete nm. 18. Inoltre, per
contrazione: luda lodata pe piede, so sarò, e cosi fo dò; •»
perchè faccian parte di un dittongo ascendente: nui mei, deptc-
Mipoi' *dietro*, kurtd kivi colori, ecc., futuri avyó averój ♦*
con i analogico, fayó diyó, ecc., pw^yó, nm. 39 a. Fa eccezion»'
Y-we di fwe nm. 43, che poteva essere attratto dai letterari:
alwe, e Nice O'ustee, in un tempo che ancora non esisievan>>
gli 'Wa: di pwai mwcé, kwcé, ecc. Sta da sé, nella sua qualiù
di esclamazione, oxce nra. 62. Pel contratto re rete nm. 18;
esso trasse con so gre orate. — 127. Poche e comuni sono If
brevi, dopo quello ricordate pur ora: Id desà di qua, t4 <//'.
u /y, u rrf, ecc., da fa sta imperai, de deve ve nm. 18, ecc. ;
// kt qui, siy so ój to so, hazaykò basilico, falò, ora più pop»»-
lare p/w, fo faggio, ecc. All'accento enfatico devesi la diflfe-
renza fra sì? sai, imperativo, e ti siv, indicativo; cfr. te to\ lui
ant. tè tencs.
Studj liguri, § 3. 11 dial. moderno di Genova. 159
Àtone. 128. Sono lunghe, contro la tendenza generale, an-
zitutto negli stessi casi in cui si allunga la tonica secondo il
nro. 125 beo: gwdnd bdgd *badagà sbadigliare, land tarand
*tela-araneata ragnatela pceldj da pceta paletta; òhih Po-
ketih bóziUt nm. 125 b ; sdtd fàdette gasemiriy bddisùh pòtrùh
adusi nm. 116; ski^tiia (cfr. ihspritd insprttu nm. 03) friltd
fruttare, fiidya nm. 114, contro grìzeVa; inoltre quando sia
caduta la prima di due consonanti, dtsélle ^dizsetle nm. 89
indhurdi nm. 160^ ; poi, secondo il nm. 125 e, vyàgd amyàdif
specola, vyuUh vyùve'Ua mammola, pwìs^tU pisellini (specie di
pasta), mwind molinariu, fiòke'Uu srbwàtua hvàld culata, e
forse ya qui, piuttosto che sotto, anche pensùndj come da ^pen-
syùnd. E lungo anche To, se gli corrisponda un ò tonico lungo,
ali§d vt^à nm. 100. Le altre lunghe atone interne, che ancora
rimangono, crediamo si dovano spiegare come abbiamo fatto in
parte per V ò atono, cioè come riflessi di lunghe accentate.
Esempi numerosi ci offre soltanto V è : mègwàmehtu are. me-
gioì grlb 7, 58, spégdse spègettu specchietto, spégietti 'occhiali'
comm. 214, ora spèg. {speggetii grlb 5, 73), végion vecchione
grlb 10, 13 végetto 7, 61, ora f^ég.^ tranne in ihvégiuj nègd
*chi fa le nège* cioè le ostie, tégnendo grlb 15, 2, ora solo
f^.j inoltre pètwiha per peit.j cfr. 7négd per mey§dy e met-
tiamo qui anche pè§weta nm. 125 d, a pè§wina ^alla peco-
rina' cioè ^malamente'. S'intende che l'azione della tonica sul-
Tatona può in un certo numero di esemplari risalire al tempo
in cui il dittongo era intatto. Altri è: gèzeUta géxceura grlb
-, 7, desprézdj dove abbiamo z seguente, cfr. gdzia nm. 99,
*'*\jherd grlb 2, 76, su ce'ga nm. 14 (ma ceigd 9, 52 e ceiga
4, 81, forme tuttora in uso, aco. a ce^a cèyd)^ inoltre senns'n
gestroso, su se^na^ e Manènin su Mane'na. Altre vocali: ma-
{}^'Ua {maQu) UlQrimin Iciprih {Idptni labbro), e in vocaboli
letterarii, lapètin (tape tu) invasato invasato cas.; are. cdron
<'alarono grlb 1, 77, cavando 9, 96; assai più notevole, se
esatto, scdncB 2, 12, di fronte a scanna passim (e anche, a dir
vero, a scannd ecc.), il quale sai;ebbe l'unico esempio, perfet-
tamente conservato, del tipo che già indicavamo in còpella in-
bWt^ cioè vocale breve davanti a doppia consonante nella to-
160 Parodi ,
nica, lunga neiratona. Dal fr. desmdlà. Con ì, si sente inlquUos.
129. Lunghe iniziali : anzitutto o, nm. 99, e poi due o tre casi
,di a, dsà acciaio, Vàs.^ dnele'tlu ma àne'llu^ ds'enih ds'ene'Uu,
Quesf ultimo può aver la sua lunga dal rizotonico as'e; gli altri
hi spiegano, come s^è fatto per o-, con un fenomeno generale di
fonetica sintattica, che qui dey*essere più compiutamente descritto.
La vocale iniziale d'un vocabolo si unisce con la vocal finale d*un
vocabolo precedente, ubbidendo suppergiù alle medesime norme
che le vocali interne; cosicché talvolta le due vocali si con-
traggono in una sola, talvolta formano un dittongo discendente,
tal altra un dittongo ascendente ; e tanto il risultato della con*
trazione quanto il dittongo ascendente non posson esser che lun-
ghi, nm. 125 b e e. Dittonghi discendenti: quahle-ymitfu quanta
anfanare (anche quaht'in.)y u só^nayu ecc.; che bglla'vQetla
(meno comune lapostrofo), ecc. Dittonghi ascendenti e contra-
zioni: àìiiù {rà/mly ecc.), ma pe-dmity t« sO'dmu il suo amor«%
u (jdmu cioè uffa am. gli ha am., u §e porldmà cioè u Qe
porta-am.] le voggw'dslald (comune è pure l'apostrofo, /<r
còggàsL) *ti voglio domare' le fassio-dstalu mi (non si fa mai
l'elisione), u Vdsialów cioè u Và-a^lry d ig-étos alla tua età à
mccta; cioè d mce-eLy de hunceice cioè de buha et. (anche de
bun-èioè)) sic-lslòye sono storie {su sunt nm. 178), Iiame t/niy-
ò!^eUe^ contro osetlej nm. 99; ricordo infine myèli cioè mi e
tij iyèle cioè li e le tu e lui, sihqw'é'Sinqwe, ecc. Fa ecce-
zione l'articolo, yàsasih y-omeUi i birilli, ecc., e trascuro altre
particolari ti*! minutissime.
Accento. 130. I fatti più importanti furono raccolti al nm. 39;
qui si [potrebbe aggiungere che sulle atone lunghe, nmnu 128 e
129, si innalza leggermente il tono della voce, ossia si pronun-
ciano con un piccolo accento musicale. Non restano che par-
ticolarità note: luvega opficu li 2 sgg. fa tuttora diflScoltà, cfr.
D'Ovidio Ztschr. vili 100; pel nostro e per qualche altro dialetto
si può pensare, se son lecite spiegazioni parziali, a un incrc-
ciamento con lupus, cfr. lo spagn. lubrican: adunque */-urd<>èi
poi ìt'n'p(ju su bicuj e infine Inretjif^ ch'è ora la forma più
Studj liguri, § 3. Il dial. moderno di Genova. IGI
mune, forse per attrazione di niìveru -vyu nuvoloso. Il vocabolo
aguga 'biancone* 'falco aquilino', che ha, secondo cas., Taccento
^oira, dovrebbe risultare da una contaminazione di ^agùgga
♦acuii a Rivista di fllol. class. N. S. II 129, ant it. aguglia^
con il dotto àquila. A qualche spiegazione consimile converrà
rivolgersi per tre' magi tramaglio, solo plur. Poca importanza
ha la parossitonia di dyme óyme^ di fronte ad ayrne-mi àyrne-
ìhL Frequenti sono i verbi che hanno esteso la parossitonia
anche al singolare del presente e alla 3.^ plur., cacdra chiac-
chera, pcsi§u pizzico me bami§u fo l'altalena, § 2 G s. bazigar^
amùu affilo aìHgùu rotolo nm« 102 si^iiu zufolo strahQùu stran-
golo tribtilhi 'tormento' e 'mi tormento, mi cruccio', lettor.,
mastrii^u gasu^u biascico nm. 90, setne'mij mazinii, bus'àinc
buggero; Pod. makwegu mi corico potrebbe anche provenire
da ahùre§u^ ma accoréga è in grlb 5, 60, in rima. Però spd-
zimUf u kàmwa tarla u murmioa^ ecc., dove per Io più la mi-
glior conservazione è dovuta ai sostantivi che hanno accanto.
f Continua.]
mercanzia.
Il Parodi, XV 67-8, annotando il gen. mercantiate e constatato che ancho
negli antichi testi italiani è sempre scritto col f, soggiunge esser molto
probabile che mercanzia deva il suo s ad un orror di lettura, diffuso e
perpetuato mediante le stampe. Si tratta certo di questo. Nelle scuole di
latino in Italia e fuori si leggeva indubbiamente, come si legge ora, p. es.»
lo^Ua invece di lotius, per falsa ostensione della norma mercè la quale si
profferiva come nnsio grazia quello eh* era scritto natio gratia. Quindi i
«lotti, dottissimi democrazia e analoghi, ai quali s*accompagnaron, passando
prima per la bocca dei letterati, dello voci popolari come abbaz'ta^ curaz'ta
« mercanzia. Una ricerca sistematica condurrebbe certo a scovrire più
altri «sempi analoghi. Qui ricordo come, nella seconda pagina della pre-
fazione che roditore napolitano Niccolò Parrino premette alla traduzione
cAlAbrese della ^Gerusalemme Liberata*, che si deve a Carlo Cusentino
(Cosenza, ma Napoli, 1737), sì legga naz\a per 'natia*, e certo non sarà
iin errore di stampa.
ArehÌTio rlottoL iul., XVI. 11
162 Salvioni, Etimologie.
80 p ras. sepleka accovacciarsi, rimpiattarsi.
Non si sopara questa voce dal ^piaco^ quieto, accovacciatOi di BonTesia
(v. Seifert, Gloss., s. v.), che col significato di 'nascosto' trovo anche in
una ancor inedita versione lombardeggiante della leggenda di Barlaam e
Giosafatte. Esempi moderni della voce, vedonsi ricordati dal Seifert, 1. Cm
e dal Mussafia, Romania II 122. Vadan con loro Tairol. piahi tacere, smet-
terla, quietare, e il vaiteli. d'tn*ctacA colatamente, di nascosto. Monti 305.
Per Tetimologia, il Lidforss pensava a placati-s, THuonder, Vok. § 3,
ricorro dubitativamente a ^platticare. Sarebbe etimo conveniente, ma pìn
conveniente ancora parmi il placare di cui sopra, cui il Mussafia assolu-
tamente escluderebbe. Il Maestro di Vienna pensava certo che al ^- Ut
mal poteva corrispondere un lomb. h (rskk). Ma tutto si combina, a veder
mio, movendo da ^placicare,
ven. baroàle. abbaino.
L'accoglie il Boerio come voce di Dolo e di Padova, e le corrisponda»
infatti baordl nel lessico del Patriarchi. Il rapporto tra le due forme ȓ
avrà movendo da ^bavordl e ricorrendo alla metatesi reciproca tra il
o e il r.
Questo *bavoral poi non si stacca dalla radico eh* e nclPit. alhbatnom
^ab-bajAno, dal monf. bajelt abbaino (v. Ferrare, Gloss. monf, s. Misando'>,
venuto anche al significato di 'trappola per uccelli", e dalFa. frnc. abaiettf
vedetta, sentinella, termini che dipendono dalla base onde anche s*ha bay
(Ktg.* 1150), — Si tratterà di Hc^oràl* col j fognato nella vicinanza di
vocal labiale o sostituito poi da v come in più esempi ricordati in Knt.
Jahresber: IV, i, 1G8, e nel tront gover raccogliere, nel ni. boi. Moni Mavour
o Afaizour (cfr. il lomb. majQ maggiore), nel com. tnugro^ salmone, ch<'
risalirà a xiioit per la via di ^niuvolo *mttjolo, e nel nap. pevo peggio,
cioè ^p(jo. — Quanto alla dorivaziono, vi vedremo o un ^bajaftjório^ o
un ^bdjolo, con l in r, por dissimilazione, quando alla parola venne ad ag-
giungersi 'àie,
crcmon. gròyol crocchio.
Ha la stessa origine della voce italiana, con questa sola differenza cho -E*'»-
TULI' s*è qui continuato senza espungere Tu, quindi , -rò^ofo = *-n)olo =
*'rofdjoio (cfr. rigol ali. a r'tdol rotolo, e rigolda rotolare). Per il gt^ cfr.
grega creta (Meyer-Lùbke, rom. gr. l 354), grapóon ali. a crapoon testardo
(cfr. lomb. crtipa testa, brese. grdjta)^ bresc. ijròsta crosta, ecc., ecc.
• Potremmo pensare anche a baldjo- (Ktg., l. e), ma la convenienza coli*
rmo italiana e piemontese ci decido per baj'.
LA SIBILANTE TRA VOCALI NELL'ITALIANO.
DI
SILTIO PIERI \
Sommario.
1 1 Esordio. — 9 II. La tibiUnte poBtoniea. — fi III. La libilAiito protonioA. fi IT. Eaiti
pAlAtini oorrelAtiTi aÌ libilAnti, offerti dAlle bAsi oon ^M^.
I. È cosa, si può dire, bea nota a tutti, che s mediano tra
vocali è profferito costantemente sonoro nell'Alta Italia e s*ode
costantemente sordo neiritalia meridionale e insulare, come pur
nelle Marche e nel Romanesco; e che la sola Toscana offre, con
notevole oscillazione, or la sonora e or la sorda. La dottrina
del Meyer-Lùbke, anche per s tra vocali, è che esso persista in-
tatto se succede alla vocal tonica, e discenda a s' se precede
(cfr. Il gramm. § 198 e 208) ^ Ora, un esame abbastanza esteso
dei fatti credo che ci debba condurre a una conclusione non di-
versa da quella, a cui testé giungevamo per le esplosive sorde
[v. XV 360 ss.J. In favore della quale starà il fatto dandole gene-
rale, - e lo rileviamo perciò innanzi tutto, - che la sibilante, o
sorda o sonora che sia, si mantiene costantemente uguale in tutte
le voci che procedono da una stessa base, sebbene risulti diversa
* [Questo breve scritto, cho s*onora d*aver dato occasione al Saggio se-
zuente deU'Ascou, fa inviato da me airArchivio quasi due anni addietro.
Consento ben volentieri a non farvi certe mutazioni ed aggiunte» che mi
parrebbero ora a proposito; e ciò per non disturbare in nulla Topera del
Maestro, quantunque egli proceda per tut^altra via e giunga a tutt* altra
con e Iasione. Mi riservo però di tornare suirargomento.]
' Con lui sta il Linosa y, The lat. lang. ii 117, il quale del rosto, ne* suoi
richiami del neolatino al latino, s*affida per in toro, se io vedo bene, airsu-
toritÀ del M.-Lb. — Alla nitida, se anche oppugnabile, distinzione, era ac-
«pennato già in Rom, gramm, l 26S^ ove leggiamo che 'spo^a è formato su
spos'aare, in cut s' è legittimo*; mentre prima, in Grundr. Iò32, il M.-Lb.
•ii chiara va non apparir la ragiono del doppio esito della sibilante.
164 Pieri,
la sua posizione rispetto airaccento {roso e rosicchiare^ c<i$a e
casale -ereccio] paes'e e paes'etlo -ano] ecc.) ^ Di che ritoccherò
appresso. Un altro fatto importante, e che una volta constatato ci
libererà di molte eccezioni, è che occorrono sempre con la so-
nora le voci dotte o mal assimilate, siano esse greche o latine
0 di qualsivoglia altra origine, e siano passate alla nostra lingua
in tempo più o meno antico o recente (bas'Cj fas'e^ stas% Par-
nas'oy occas'Oj t§s'ij cris'i^ fiordalis'o, bl§s0j óbes'o^ dQs'e^ es^os'o^
musica^ fls'ico -a, As'ia, ambrgs'iay sintes% crgmisX apastos'ia^
etis'la^ anestes'iay bis'gsto -ile, btas'pney elis'ircj mvr e mos'aico^
ris'ipola, mis'erOj ades'ipney pres'unzipne e 's'untupsOy des'olalo
e des'olazipne^ con mille e mille altre) '• Lascio per ora d' inda-
gar la ragione di questo fatto ', il quale può patterò anche più
strano, ove s* ammetta, come par certo, che H^ nel latino fosse
senza eccezione sordo ^; e vengo sùbito al mio assunto.
II. Rispetto alla condizione postonica, ove la sorda anche
dair illustre alemanno è riconosciuta normale, merita il primo
* Unica eccezione che io cononco, anche da altri avvertita, è barghe/ia di
fronte a borghese. TutValtro è derii/o alL a riso^ ecc.
* In composizione, ove sia in qualche modo 'sentita* la sorda iniziale det
secondo termine, essa persisto anche in voci dotte; cosi des^ e presumerti
deS' e resistere, presidente -enza e preside •idio^ bis^^ e trisillabo^ as* e poh-
sindeio^ antisrttieo, ecc.
* Si dovrà, credo, pensare a influenza gallica. Il M, proprio di tutte 1**
voci che dalle due lingue della Francia medievale passavano alla Toscana,
o direttamente o pel tramite dell* Alta Italia, sarebbe stato poi esteso eom^
un lor proprio appannaggio a tutte lo voci non volgari. Questo s\ chA io
presumo estraneo airoriginario o 'preUttorario* toscano, non aveva dei n»-
sto nulla d* ostico o di ripugnante ad esso, cosi da non poter facilmente
essere accolto e adottato; anzi, come era il naturale correlativo delle esplo-
sive sonore, cosi esisteva già senza dubbio dovunque occorresse la formola
'f>-fespl« sonora*.
* Naturalmente, si proflTeri sonoro s* e ^m^ perz- e -zz- greco, come hanno
i primi scrittori dell'età repubblicana, cioè p. e. s'dna (CftM^ij), tarpes' s'ita
(t^ns^trff), ecc. Soppresso, in quanto era ormai un segno inutile per !«
voci latine dopo compiuto il rotacismo, lo s dalla scrittura, dove esso rap-
prenentava -t'- (cfr. Linosa y, op. cit. iv 148), la distinzione diveniva impos-
sibile, come ^ a noi che per questa parte confondiamo j;;>tfM cenuro (tia*o)« »
masso con rozso (ro:io)^ ecc.
La sibilante tra vocali neiritaliano. 163
luogo la setMe de' perfetti e participj, con la sibilante od originaria
o sorgente per conformazione analogica (v. M.-Lb., Rom.gr. II
333-7; It.gr. § 472). Abbiamo dunque: chitcse clusit, chiuso hi
(rinchiuse -o, racch- e socchiuse -o), ìnse -it, riso (arr- e sor-
rise -o); pgse {esppse, comp-e imppsej ecc.), chiese; rimase (are.
e dial. '•oso -a); prese -it, pì^eso -a, sul quale si modellò rese -o
{appf*ese «o, ecc.; arrese -o), e i loro simili: accese -o, off"- e
ilifese -o, app- e sospese -o, discese -o, te^e -o ( distese -o, c^m/-
e intese -0)^ con altri all'upo o all'altro corradicali; rispQse^
nascpse; rpse -o {corrose -o)^. Gli esemplari con la sonora si
riconoscon facilmente per dotti o semidotti nell'uso odierno: ras'e
-o (volgarm. ro^c/iìf) -a/o), mis'e {voìg. messe), uccis'e -o {am-
jrnazzò '<jUo)y con cui vanno decis'e -o, incis'e -o, ecc.; e tanto
più diviste -o, conquiste -o, intrise -o, /f s'« •<), -Ju^V, persuas'e
-o, ìn/ru$'^ -0, eo- e mra^ e -o, citati in gran parte e sospettati
come tali anche dal M.-Lubke ^. La sorda si ha poi senza ecce-
zione nella ricchissima serie degli aggettivi in 'pso -a, o risalgano
assi al latino classico, o siano di formazione posteriore e analogica,
o siano anche mal assimilati ; onde animoso^ generoso^ rabbioso^
atnoroso^ dispettoso^ pretenzioso^ curioso^ ufficioso^ ecc. Quanto
agli agg. in -ese^ occorre la sorda di regola in quelli indicanti
il luogo d'origine: pistojese^ senese^ calabrese^ piemontese^ in-
glese (volg. inghil')^ bavarese^ ecc. ; nonché in alberese ^ arnese^
tforghese^ cinabrese color rosso chiaro, forese^ lavanese specie di
grano, maggese *. Stonano francese^ cortes'cy marches'e^ che la
sonora facilmente ripeteranno da influsso gallico; e palese^ in
cui avremo pronunzia dotta, essendo voce da tempo fuor dello
' CoD essi staranno di certo: spaso (expansus), e Tanalogico creso^ ora
diaoaati.
' Cosi anche i composti da* verbi che hanno la sorda normale, ove non
•ìaso di tradizione e d' uso schietto volgare, li udiamo sempre con la so-
Dora: irri/e e deri/e -o, pertna/e^ erf^/o, per non dire d^esclìn'e «o, ecc.
* Ksaendo Valberese una pietra tendente al * bianco* con macchie dendri-
tiche*, torna male a decider se esso rispecchi ^albulense, o non piutto-
«lo ^arborense, il qnale sembra però preferìbile.
* Nulla possiamo dire degli arcaici banderese^ lau<U e laldese^ marese; e
nulla e* importa del marinaresco calcese.
lekì Pieri, .
schietto uso volgare. Rimane qui grave e assai difficilmente su-
perabile eccezione : paes e ^ Ancora con la sorda : ravo sorta di
drappo liscio di seta ', riso e peso (cfr. qui sopra) ; mese ; casa^
naso (e anniisare)y Pisa^ fuso (sost.), cosa, posa (onde pò- e ri-
posare). Chiusi, àsino, Pesaro \
Ma i termini eslegi soprabbondano. Cominciando da quelli, che
pajono in qualche modo spiegabili, ricordo primi: fantasima,
spas'imo (onde scasimo lezio, svenevolezza; al plur.)i cres'ima,
Cos'imo \ battessimo, cristianes'imo^ ecc. (onde poi incantes'imo,
ru/panes'imo, ecc.), dove di certo abbiamo s' dalla fase ante-
riore airepentesi {battesmo, ecc.) \ Da essi potè ripetere fa-
cilmente la sonora : quaresima, nonché gli agg. ordinali ven-
t§s*imo, trenigs'imo, ecc. (i quali, perchè non bene assimilati, a
ogni modo non ci darebbero alcun disturbo). Un'analoga di-
chiarazione varrà per medesimo, che deve essere un Mesin-
copato' e ripetere il suo s' da medesimo ^; e varrà del pari
' E lucchesey secondo si profferisce a Firenze, è -e/0 (cosi snche il Gradi)
s Lucca, a Pisa ed altrove.
* E esso, in fonzione di sostantivo, il part. di radere (v. addietro nel testo):
e si contrappone a velluto, altra sorta di drappo. Con questo r<uo, il cui va-
lore etimologico non è più 'sentito*, risaliamo, se non erro, all>tà quando
il part in questiono, perchè ancor d* uso schietto volgare, si pronunziava
con la sorda.
' Tanto più notevole è s (sordo), in questo ni. gallo-i tattico. Aggiungo,
qual che sia l*etimo : Pesa (ma anche con /, a quanto pare), il fiume onde
ha nome la * Vatdipesa*. — Certo per una mera svista il M.«Lb. (It. gr. § 198)
adduceva un supposto it mesa (mensa), che esiste bensì nel dialetto apuano
(v. Suppl. Arch. V 155) e nel sardo.
^ In italiano occorre sempre / non solo dinanzi a sonora, per assimila-
zione (p. e. i'gunrdo^ dis'giunto^ /drucciolare^ bWbeiico^ s't%tare\ ma por din.
alle nasali n e m fp e, tna/nada^ /mettere) e din. alle liquide I e r {p. «>.
/legare, /radicare), checche ne dicesse Temistocle Gradi (* Regole per la
pron. della lingua italiana*, Paravia 1874).
* È Tonico modo per aver ragione detta sibilante scempia inveee della
doppia. Da metipsimus avremmo ^mitessimo. Del resto, neppure io er^do
più che tanto alla originaria toscanità di questo pronome (cfr. Gr5rsx,
Viilg. Substrato s. v.), che potrebbe esser senz*altro un provenzalismo. [Era
a ogni modo un esemplare da addurre anche in .\rch. XV 378-9]. La aoempia
doil*arc ftfffdto (che pare anli^ist^ipsum) avrà ona ragione sua propria
vv. appresso nel testo).
La sibilante tra vocali noiritallano. 167
per hias^imo da ìncts'mo^ come per les'ina (germ. a 1 e s n a); e per
Toscuro fls'ima (lucch. fis'ma) ^ Ora, poiché da tutti questi esempj
risultava, per cosi dire, normale alla coscienza dei parlanti il V
dopo la tonica dello sdrucciolo (solo esempio in contrario: asino)j
avemmo per avventura anche: os'óla^ is'olay Fies'olej limos'ina,
musica^ tis'ico. Comunque sia, per più d*una di queste voci sa-
rebbe impugnabile, a ogni modo, anche la schietta volgarità. Un
curioso esemplare è cef^ o cirus'ico (ali. a cirugicó), voce ora
letteraria, ma ove di certo risonò sempre il s\ che continuava
la palatina di pari grado. Ed è un esemplare ^sui generis' mtis'o^
dove, - se la solita etimologia del Diez fosse giusta (da morsu), - il
V farebbe anche più specie, perchè la sibilante dopo una liquida si
mantenne sempre sorda {morsOf verso} polso^ gelso; ecc.); e con
esso andrebbero i poetici sìis'o e gimo (e forse l'are, testeso^ che
par modellato su questi; v. Diez s. v.); in cui per un giusto criterio
analogico dovremmo presumer che la sibilante si pronunziasse
sorda pur quand'erano dell'uso comune. Nulla per contrario ci
dice ritì*pso (retrorsum), assimilato come fu agli agg. in -pso.
Abbiamo inoltre, in aperto contrasto alla norma: cas'o, vas'Oj
quas'i *, Tomma^Oy chies'a^ vis'o^ sposo -a, ros'a^ uos'a (v. I)iez
s. V. ), us'o^ confus'o -a '. Di >quest], son quas'i e rgs'a notoria-
mente ribelli anche per altre ragioni (ci attenderemmo qìMLse e
ruosa\ e il nome del fiore, che nella continuazione dell' 5" ap-
pare eslege in quasi tutti i dialetti romanzi e si considera come
voce dotta, è - stante il suo s, non rotacizzato - addirittura un
problema di fonologia latina (cfr. Lindsay, op. cit. iv 148). Meno
specie ci farà il s' di Tommaso^ perchè nelle voci greche il di-
gradamento par che fosse normale, e meno ancora quello di
chies'a^ considerando che la sorda di "sj*, a cui risaliamo con
• Aggiango l'are. ai^itna (che tate si dovè profferire), da asina,
■ È strano che quasi, co* suoi continuatori neolatini, manchi al Voc. del
KOrting e alte Postille del Salvionì. Ma y. D'Ov.lX 96-7.
* Al M.*Lb. (It gr. § 196) venne fatto d'addurre ea^o e rtVo (e anche uc^
ci^o) eome esemplari con la sorda. Relego qui: Agnfs'a e Ter§^a (per Ve
«lei primo, efr. Bianchi IX 391 n), che a Lucca si pronunziano Agnese e
Teresa,
168 Fieri,
questa voce (ec]clèsia), appare scaduta a sonora anche in altri
casi (cfr. § IV); e il s' di iu)$'aj che è voce oggi non comune.
Vengano ora alcuni verbi, in cui la sibilante sta dopo la vo-
cale accentata nelle forme rizotoniche, e innanzi ad essa vocale
nelle rizàtone. Con la sorda non abbiamo che annusare e po-
sare e riposare già rammentati, e pesare; i quali potrebbero an-
che, rispetto alla sibilante, essere stati rimorchiati da naso e posa,
e da peso. Per gli altri di certo riesce assai comodo il supporre
(ma l'espediente rischierebbe di non finir d'appagai^e) che la so*
nora, presunta normale nelle rizàtone, si estendesse poi da queste
alle rizotoniche. Di parecchi, a ogni modo, ci liberiamo assai age*
volmente. Infatti os'are è da tempo fuor del pretto uso volgare
(c^è invece ardire ed altro); desinare^ are. desnare (v.Sbrcambi,
Novelle, pass.) è un antico gallicismo (cfr. K5rt. 2610), in cui del
resto la seconda forma ci darebbe ragione deir altra, ^ desinco-
pata* (cfr. sopra); avvis'ave e visitare non sono più eslegi che
il loro parente vis'o già addotto ; e Tare, vicilare (se non ai ri-
sente di vicino)^ col suo ci da ^i' attesterebbe Toriginaria sorda
per l'uno de' due verbi. Rimangono : los'are^ acctis*are {scus'- e
ricus'are)'j appis'olarsi {fìstpis'olare)^.
III. E passiamo agli esempj con V protonico, i quali (non
si può negare) stanno, almeno apparentemente, in buona parte a
favore della tesi del Meyer-Lùbke, che la sorda vi scada di re-
gola a sonora. Sennonché la sorda, - e non sarà superfluo Tinsi-
sistervi, • occorre anch'essa ben di frequente in questa condizione,
e più anzi che la sonora ; giacché s^ode in tutti i derivati da voci,
' Non è attestato per prima del secolo scorso e manca a qualche Voca-
bolario. Ma l*uso antico risulta, mi pare, dal fatto cbe a Lucca ai dica ger-
galmente ' venire ad uno i Pisani* per 'appisolarsi*; e ai canta ai bambim
che cadon dal sonno: *i Pisani avevano un miccio, *un lo potavano tener
ritto, lo tenevano aullt stecchi, arri là. Pisani bocchi*! La qual caotileaa si
dovrà certo ripeter dal tempo delle famose discordie fra le due vieioa Re-
pubbliche. Ometto poi: ris'icarey che a Lucca è rìjio (vivo nel contado ^
pur nel proverbio *chi non risica, non rotica*); to'- e o/olarg^ che è pro-
priamente aretino-aenese"^ di dubbia etimologia (pur cfr. Caix st 171); acAi-
i^are dividere rìducendo una frazione, nel quale la aonora continua % (mUCttr^
cfr. Zamb. 1120).
La sibilante tra vocali nell^italiano. 169
le quali hanno 5 postonico: chiusura^ rimasuglio^ presacchio
wxmtf 'icciOy rosicchiare^ mesata, casale -ella -upola -amento
-ereecio -alingo, nasone {nasello sp. di pesce), fasaggine^ cosiìux
'Cita -creila, asinelio -ino -esco -ità^ Pesarese^ con altri senza
nooiero dalle basi onde son questi come da molte e molte altre.
Ora, se per la sua posizione doveva qui la sorda digradare real-
mente, non par che si veda come mai i derivati, che prevalgono
<U gran lunga per numero, non attraessero i primitivi imponendo
ad essi la sonora anziché esserne attratti! Del resto, rinunzio di
mia volontà a susuì^^'o e -are^ parasite e Musulmano^ dove la
sorda doveva restare incolume, perchè sostenuta dalla doppia,
che è nelle forme volgari: siuisurro e -^rCj ecc.; un caso para-
gonabile in qualche maniera a quello del lat. h?- che continui re-
golarmente ss (v. Linosa Y, op, cit. iv 148). Offrono inoltre la sorda:
coti, desiderare e -iderio^ rasojo e -ura^ pisello ^
Anche qui non poche di quelle che io credo eccezioni si pos-
sono eliminare senza fatica. Sono infatti 0 voci dotte o non pie-
namente volgari: cesello •, des'erto (nonché dis'ertare e -ertore)^
presente, Ges'ù, come appare anche dalla vocal protonica, has t-
lico\ Giuseppe^ e forse: ras' are -ente {cfv. rasojo ecc.) e le-
s'oro. Quanto a bas*- 0 s'bas'irey esso è voce celtica, venuta a
noi col suo s' dall'Emilia 0 dall'Alta Italia, dov^ è molto diffusa
* Ometto iusitia (lucch.su^'*), perche d'origine incerta (cfr. Helm, Kul-
CurplLund Hausthiere* 311). Confesso per altro che la vecchia etimologia
da Sa sa (v. Diez s. v.) mi par sempre la meno improbabile. Un *8 usimi
{cfr. ony china e malina e amygdalìna in Plinio, per varietà di * pru-
gna *),alL a *sub7du (il less. storico dà soltanto SusiSnu), ci spieghe-
rebbe assai bene il wn.sùcina e il march, lucena (v. Caix 8t45); cfr.il
luceb. ant énno^ ali. ad ascino, asino. Curiosa la svista del Kdrting (nm. 7349),
ti qnalot a proposito di «imna, confonde Sii sa (2?ovtfff), Tantica città della
Persia, alla quale ai riferiva il Muratori citato dal Diez, con la Sttsa (Se-
ga slam o -usi a) del nostro Piemonte!
* Per c«*- e dsoje, che il Fanf. e il Rigutinl danno cosi, con la sorda, ci
4eva essere incertezza nelFuso.
' Notevole, alt a ba/ilieo, è bassilico, con la doppia che fu già del latino
<v. LooMULT, op. cit II 130); e efr. il ni. Baur'lica, Suppl. Arch. V 120. Altre
siaaili coppie: ba/alio e are. boMsaUe (basai tea, v. Porcell.); ù'opo e issopo;
<0li^go e colosseo ;" fi/o e fisso (flxu); ctmo/a (-oja) e ci mossa.
i
•-:..* -"wuii a^tftniij ' i «?en • oax «zc:; tei:, jun . i
i.«' )-L* «:ì« ' «•''c<*r**au • ^9M;ini rnma at cuDQBaoBDt.
iiii:M*nt:i 'il' ..:i iit^u. u^^^ • jobbucbibbi
»•'/% 1 cr^i jii»f»* . CU' lina- • Tr- i« jcne- f..l.i. •-
.-•*!•: vm •/"♦ Il Tx 1 t i>ec2Lii -ixicn: lasiiÙK , oprcu • «^'
' ■ r-iii ..•••:, .';i- H- \i J 'ja«n.. ' aa reeenu cu»» . rr.:
..♦ M .**-.tA»ri:ji * i»' :j '7/«. Ci** -• TOC» ilffllT'* (CT: . ^^ISL II"
i'^' : w i" t/i ;: * "TT*, i»e' c- ; r!caDeccuii< . tum ^v*v
!*-••*> jL'-.'ii' !i*i»^i>r i. »« ^ìi'jr* L. W' {CI; : Il • <>i «aar t» •
.>^t..: '/M i*^-.»*" •• » «rru II:»»:* iiar* o- emmiu*» wh or^a"
V ./ .^ & u^v.iiu iwK JL i* -eccfiiiOn i-i. .jnaT» cai m-
*^«*- *• •• »«sn*t v^i Ili «.is cola» ài va«i^;//v. fis^'tfnvttri. i-
!.;*". -I-. "K |M-.».. i l'L • ^tu. 'Jit* i.u' aar*"' »•• Tertisaaièi n ;* **
* «j 4\ •'»• *i. -•.. *-ff4. ffc-a Aln^ oacL. <M<c^»«r» vi» i *»BBf^
* Il •*< iMf --*'..• •• •• ^ Ir I iij*>«:d< i*ijmt« i r"i*i»mv nocete* n»^
• * . ■•>-iii 1, «r*- 1 ••-^». . f » iLi*40iiar:i n ItAÌii. Ok Tt^i» «no i^'dltr i.t?*
, •••• •!»»♦ «a, > •. ' "t.i "i :i- .1^ ? -nn''.ij •• n€* Alt? «nat e o>
w- rf.»* *» uj -* .-^ i« .: Ì.--ii.-:.r 7111*' «41
. • • «i i/"-!!»'.. ". n •jirr'v ali. U' .Jt* inuviK. ^alirnMlr Ib Iidc^a
La sibilante tra vocali nell'i taliaDo. 171
s acolo (e, formato su di esso, forse: trisavolo), bisunto, bis (te-
ciay bisogno e -are (cfr. Kort. 7617) * ; tras andare *.
Terminando rileveròi sebbene ciò non sia necessario al nostro
proposito, altri due casi osservabili, ore occorre s protonico tra
vocali. L'uno è quello di pusigno e 'usignuolo^ in cui s sorse per
dissimilazione, avendo s rinunziato, per dir cosi, al suo elemento
palatale (s-n in s-n)] cfr, M.-Lb., It. gr. § 284. L'altro è il caso
tlei composti semivolgari che cominciavano per ex + vocale: esa*
me, esatto, esempio^ es'agerare, esigilo^ eseguire^ ecc. '. Dei
'luali, per la paHe fonetica, do ragione ammettendo che exame
HÌ exemplu, allorché avevano già prodotto sciame e scempio^
continuassero a vivere presso i meno incolti in formad'^c^^ame
ed *egsempjo (cfr* il frnc. exil s eQsily ecc.), con quella non vol-
gare accezione che tuttavia è propria d'esame ed esgmpio. La
fase anteriore sarà 1 are. essame (1. ess'ame, cfr. XII 120 n), ecc.
La sonora doppia, perchè non sorretta da nessun appoggio analo-
gico, si dovè facilmente ridurre a scempia ; e a ciò ben potè con-
tribuire la condizione protonica. A codesti esemplari si confor-
mavano per avventura le voci dotte, antiche o recenti, come
esiogio, esarca, esente, esistere, esangue, esigua, esegesi, es'o-
v/on, e tante altre.
IV. E ora è opportuno il comprendere in «juesta Nota anche
r esame de' due diversi esiti, sordo e sonoro, che ci offrono le
* È per contrario del tutto in regola il t' in bis + cons. sonora (▼. sopra),
''he poi si rìdoase a r qualche volta, onde a bi/dasso ed a bardosso^ bar-
'*«me, ecc. (e cfr., per la ragion generate, Xin 368).
' Ometto gli arcaici tra^aUare o ira/ ordinare (cosi ora pronunziati da
B«)i), i quali anche poterono aver la sorda; e il teologico trasuntanare, K
joi relego gli are mit^agio^ mis'avveduto, mi»avvemre ventura, mùf'u/o^ per-
rh«* i composti per ma- appajono cosa esotica (cfr. Scheler s. mes) e poco
vitale (non rimangono oggi che miscredente e misfatto^ e a fatica mis'Uale);
^ perchè non è escluso che pur questi si profferissero con la sorda anziché
'OS la sonora.
' Sta in codesta serie anche assolare spirare (exhalare, v.Can. 111365;
^'ola ecc., con accento ritratto, di che cfr. XV 204 n).
172 Pieri,
basi con ^J^; giacché credo che la differenza, anche in <iuesta
formola, si riduca per chi ben guardi a una differenza iniziale
nel grado della sibilante. Qui del resto è ben naturale che Ve-
sito sonoro prevalga; e potrebbe anzi far meraviglia che Taltru
anche v* occorra più volte. Infatti in *sj^ il sonoro j\ che ade-
riva con particolare energia, esercitò di certo sulla sibilante una
forte azione assimilatrice. Rispetto agli esemplari in questione,
devo ripetere la rassegna che da un altro punto di vista e con
altro ordine, e accogliendo la conclusione del M.-Lùbke, ha fatto
da pari suo il D'Ovidio (v. 'Note etimologiche*, Napoli 1899;
pp. 52-70). — A formola dopo l'accento appaiono con la sorda
quattro o cinque cospicui esemplari : bacio, caciOy camiciOy cttcio
e .sdrucio ^. E aggiungiamo bricia briciola, che esige di certo
una base con ^j*. Qui anche: h^acia (ali. a bragia)^ dalla nota
base nordica ;'e non esito ad addurre insieme: brucio -are (ali.
a brugio -are), perchè mi pare oggi più che mai inverosimile io
questo verbo un é da i di fase anteriore K Quanto all'esito so-
noro, si può forse questo in alcuni esemplari, oltre che con la
ragione generale sopra indicata, giustificare anche con una partico-
lare. Infatti, come in altra mia Nota cercherò di mostrare per le
esplosive sorde, anche la sibilante di base greca o d^origine greca
dovè nel volgare latino digradare a sonora. Sarebbero dunque per
noi in regola: ciliegio^ lucch. cevagio, Anasiagio Ambrogio Dio-
nigio -gif e forse agio; nonché, con la palatina in protonica:
fagiano e fagiuolo. È d* origine gallica, e perciò non fa specie
che la sua sibilante si profferisse sonora, il geusiae -as gozzo.
Mi ^ da 'sj^ in questi (frocto suona baco, ecc.) è la soempia, di eoi le s da
'88j> è la doppia (cfr.il ni. Coscio da Cassiu, ecc.), come ha felioem^av»
o9»erTato e mostrato il D'Ovidio.
* L*etimo non risulta per ora bene accertato. Ma ad ogni modo ane^e a
me non par dubbio che sia da postulare una base con ^aj*. E oserò d"mi^
rischiare qui una nuova proposta. Un prt perf. pass. *a8u («^assn) da
uro non sarebbe forma del tutto isolata; cfr. adhaesused haesaras «la
haereo, hausurus ali. ad haosturut da haorio, par da temi con 'j^
originario (cfr. Li.\d!«ay, op. cit ir 28 e mi 17). Ora, dato un *pero8Ì«r*
o un ^comjbusiare, s'avrebbe rispetto al e di hrueiare la risposta cb«»
a parer mio è perfettamente normale.
La sibilante tra vocali neiritaliano. 173
gola, attestato da Marcello e col quale il M.-Lùbke, Zeitschr. XY
242-3, illustrava felicemente il sinonimo lucch. gogio ^ e il frnc.
gosier. Questo etimo ci dà anche, aggiungiamo, intera ragione di
trangugiare, che è proprio 'mandare attraverso il gozzo'. Ri-
mangono: Biagio^ ragia (ali. a race^ che si potò modellare su
*rada ; ma cfr. XIII 334 n), Perugia] mantrugio -are (v. Misceli.
Asc. 433), p^r/Mjfto -are. Da *sj* protonico s'ottiene sempre la
sonora, ovAax cagicme^ provmgioney lucch. /r^pton^ frusone (v.al
§ III), e forse rugiada\ magione ^ pigione, prigione; Parmigiano y
artigiano, ecc.
Ma si opporrà che questo elenco risulta piuttosto a favore della
tesi oppugnata, perchè le voci dove il nesso è protonico tutte of-
frono la sonora. Si risponde: Due de' più validi esemplari, cioè
cucire e sdrucire, dove il e sorse quasi certamente in postonica
(cucio, onde cuciva^ ecc.), persuadono che avrebbe dovuto accadere
lo stesso anche negli altri esemplari ove è la stessa alternativa»
in guisa da avere un prodotto sordo che dalla postonica si esten-
desse alla protonica (un ^pertucio, onde un ^pertudarey ecc.).
Ora, se ciò non accadde, vorrà dir che il prodotto sonoro non
^i deve alla condizione in cui il nesso ^' si trovava rispetto
all'accento, e che perciò anche gli esemplari come cagione ecc.
niente provalo e favore della 'teoria del doppio esito'.
' Tralascio, giacché per Torìgine o provenienza loro o per la mal certa
'etimologia o per altra ragione avrebbero qui troppo scarso o nessun va-
lore di prova contro la nostra tesi, molti tra gli esemplari presi in esame
nella Memoria sopra lodata {cervogia^ segugio^ malvagio^ fregio^ bigio ^ gri-
po^ cinigia^ ecc.).
174 Salvioni, Etimologie.
mesolcin. créf avanzi del fieno nella mangiatoja.
V e k normalmente per 6^ che si vede nel cròf della Leventina e di Ar-
bedo. In questo cròf ravviso io non altro che un deverbale del verbo che
ora suona eroda (cr^da) cadere, e che un giorno avrà accanto a se un
crovd (cTjloa), La caduta del -d- secondario è rara, ove si faccia aatrazioo<^
dal -r- di -a'tu ecc., nei dialetti del bacino del Ticino e dell* Adda, ma gì.
esempi pur non mancano, e son frequenti poi nei nomi locali. Quanto
air ò, esso è piucchè normale in un *crQdo^ che potrebb*essere ben antico
<v. il dittongo anche nel parm. cri^da frutto cascaticcio, nel bresc crùd''\
coirò dalle rizotoniche).
Alla stessa base si radduce il vaiteli, oriente buccia del grano, polvere
del grano tagliato, onde il blen. scrientói scopature delKaja *• Qui si muoTt>
da *crodénte^ forma di partic. per *crodante*, onde *crovente *crM©- ♦cru/'r-'
o *croente *croj^ ^crù)" *cru{j»J *cruentef e T « poi in i come, p. e»., n<*ì
miL pigQta » *piv^(a s pQp-, bambola, o nel lomb. mijé moglie.
piem., lomb. lifrf^k^ lomb., piac. lifròn '.
Queste due voci si dividon tra loro, secondo i luoghi, i significati di
* ghiottone (a Cremona, dove c*è anche Ufrocóa pacchiare), scioperato, fan-
nullone, babbeo*. Quest*ultimo significato si sarà sviluppato dai primi, com''
spesso accade. Ma il significato primitivo sarà quello di 'ghiottone* o «-*
ne sarà certo svolto quello di * fannullone* por la via inversa di quella p*':
cui * ghiotto -one* ò venuto a sua volta al valore di * scioperato* (v. XH 4'^).
XIV 209). ^ La base etimologica della voce va ricercata in quel /f/n
labbra, che vive in più dialetti d*ltalia (gen. lèrfu^ tic- li fri \ v. anche b«l*
linz., vaiteli, /^/f labbro, valcanobb. /i/o lùf grig. Ieff9\ parm. 6/f golosut,
leccone, verzasch. loffia bocca, liffióu labbra, liffiùn ciarlone, posehiav. /.;•
fon scioperato), e si rivedo noirit. sber-li/Je^
Siamo qui, com*è risaputo, a una base germanica (ant. a. ted. *Uff, e l''lfur,
Kluge"^ 8. 'Lofze*). Ora questa stessa baso ritorna, a veder mio, nel loml.
lipóh pigro, tardo, di cui manca fra noi il primitivo, ma che mi par à
potere sicuramento connettore col ted. Lippe (cfr. i frane, lippe, lippu).
* h ben probabilmente anche il vaUass. grienià vagliare, dove per q •
Ah kr-, si può vedere qui sopra, p. ir>2, o confrontare il valm. (^repà crepi ^^
■ Ho il mil. lifron dal Varon Milano^.
• Cfr. anche il vals. harU'fm lahbro s[»orgente, il verzasch. barlifòm %ch »:•
nitore, il com. sher- shcléfora beffarda.
k
ANCORA DELLA SIBILANTE TRA VOCALI
NEL TOSCANO.
DI
6. I. ASCOLI.
A ERyEUTO MONACI, IN POVERA TESTIMONIANZA DI UN MOLTO
PROFONDO SENTIMENTO PER LA NOBILTÀ INSUPERABILE DEL MAE-
STRO E DELL'UOMO,
(2 FEBBBAJO 1902,}
L — Io pure non credo che s'abbia a ripetere dalla situazione
rispetto all'accento la ragion fondamentale dei due divei*si pro-
ferimenti toscani della sibilante tra vocali, proferimenti che
«esprimo, ad evitare ogni equivoco, per e- ^ •^'« Ma insieme non
credo che la sola pronunzia toscanamente normale sia la sorda
(') e che la sonora (s') non rappresenti se non l'eccezione o
«lil^enda dal fatto che non sia indigena o popolare la voce in
cui risuona. Ammetto bensì che le voci di provenienza letteraria
abbiano costantemente la sonora (tes'i ecc.); ma appunto da
questo fatto già senz'altro mi parrebbe doversi indurre che^la
^nora si avesse legittimamente in una serie abondante di voci
indigene e popolari. Così, se nelle voci di provenienza letteraria,
usate dai Toscani, Ve tonica e l'o tonico son sempre di pro-
nuncia aperta (come anche avviene fuori di Toscana), ciò altro
non vuol dire se non ch^esse adottino uniformemente, per co-
ceste loro vocali toniche, uno dei due proferimenti che per le
stesse toniche era largamente rappresentato, secondo ragione
tradizionale o storica, nel vocabolario indigeno. Airincontro, nel
sapposto, che è qui impugnato, si riuscirebbe in fondo ad affer-
mare che un suono non indigeno fosse immesso da voci di pro-
venienza letteraria o non toscana, e che per di più si mantenesse,
in opposizione all'indigeno, pur nelle formazioni die sono o ap-
pariscono assolutamente tra di loro parallele, come per esempio
nel participio riVo allato a deriso ^ nel participio fus'o allato
176 Ascoli,
al sostantivo fugo^ o nel perfetto pe7*suas'i allato al perfetto
Ho io alla mia volta pensato sempre^ che la differenza tra i
due proferimenti del popolo toscano dipendesse all'incontro da
ragioni etimologiche, e vuol dire da ragioni antiche o latine.
Ma d'altronde ho pur sempre riconosciuto che la questione ri-
chiedeva discernimenti e accorgimenti faticosi. La trattazione
del Pieri, pervenuta alla Direzione deir-Arcftiino* quando ancora
io ci stava, mi è parsa gagliarda, e in ispecie preziosa per l'a-
bondanza degli esempj. Non mi ha però distolto dal mio antico
pensiero (cfr. Arch. I 19 n; Mussaf. beitr. s. asselli), e anzi m'ha
spinto a mostrarlo diffusamente per le stampe. Durante la osti*
nata ricostruzione delle due serie, mi ha più volte assalito il
timore che s'avesse a risolvere in un mero stento qualche so-
luzione che m'era potuta parer felice; e un esempio (ri^o risu),.
mal docile alla regola da me pensata, mi ha fatto lungamente
disperare. Mi è parso però finalmente d'averlo domato anch'esso.
IL — Avvertirò, per incominciare ^ab ovo', che non si può
avere nel neolatino un s tra vocali di schietta tradizione latina,
il quale continui un s antelatino o indoeuropeo, poiché il latino
aveva convertito codesto 5 in un r (.s, 5', r: nurus da *nusiiSy
meli or em da *meliosemy dirimo da *rfw-imo; ecc).
Ma, per effetto della evoluzione paleoitalica e dell'evoluzione
sua particolare, il latino riesce ad avere dei nuovi s tra vocali ;
che si possono intanto rappresentare coi due diversi gruppi di
esempj che qui seguono: suàsu vlsu iìsu; — famosu (fa-
monsu), mese = mense, pesu»pensu, descesu^descensu.
Nel caso rappresentato dà suàsu ecc., il s era ottenuto per
scempiamento dello ss che proveniva, dall'esito della formola
^esplos. dent. + t' (suad-tu, ùt-tu; ecc.); 0 lo scempiamento era
correlativo alla lunghezza della vocale che iramediatament.e ve-
nisse a precedere a codest'esito. Anche nel caso rappresentato
da famosu ecc., il più delle volte c'entra, o per ragione eti-
mologica 0 per ragione analogica, l'esito della formola *esplos.
dent. +t' (pend-tu; ecc.), e ro[n]s e[n]s doveva d'altronde avere
una vocale, lunga per se stessa. Ma il .9 (di ns, 0 nss che pri-
Ancora della sibil. tra voc. nel toscano. 177
niamente fosse) qui riusciva tra vocali por effotto dell' assorbi-
mento del N.
Quando la vocale, che immediatamente precedeva l'esito della
formola *esplos. dent. + t', fosse e rimanesse breve, l'esito è al-
Tincontro fermamente rimasto ss; e cos'i passu (patior), messii
(raeto), missu (mitto). C*era dunque manifestamente un maggior
volume di suono sibilante in questo caso che non in quello di
lìsu vlsu ecc., o in quello di formòsu pè[n]su ecc. Oltiv
che di maggior volume, era poi sicuramente sordo il suono si-
bilante che s'aveva in messo missu, e tale rimane perenne-
mente, come in ispecie si vede nel toscano, per es., in la mtS'Sfe,
mcs-.w ecc. *.
Ma Ja sibilante scempiata di usu ecc. era essa <li pronuncia
sorda 0 di sonora? Ed era sorda o sonora la sibilante che ri-
maneva tra vocali, dopo scomparso il n y in famosu ecc.?
La indagine s'è affaticata non poco intorno a codesto quesito
della pronuncia di *.<? latino tra vocali', senza però distinguere
tra i due diversi casi (usu ecc.; famosu ecc.). E prevale oggi
la nuda sentenza, che s latino tra vocali fosse di pronuncia
sorda. Ma occorrerà, io credo, qualche particolare scernimento;
♦* le pronuncio toscane son esse principalmente che riusciranno
a illuminare le pronuncio latine.
I grammatici dell'età latina non toccano di alcuna diversità
M pronuncia tra un s iniziale e un s comunque preceduto o
-seguito; e da questo silenzio si è voluto indurre che avessero
l'identica entità fonetica i s di salvu, di ustu, di usu, di
aquosu, ecc.; e fosse perciò sordo anche ogni s tra vocali.
Movendo da questa induzione, si procedette poi ad affermare,
* K W ss pure si distinguo nella derivazione per -to»ie {nìissione passio nt^ty
*io\'e non si vedrà mai Tosito sonoro che ma[nJsione ol olfro in fna-
ifione, o prò vi sione in provigione. — Dai quali osompj prendo intanto
occaaion di avvertire, che lo gì toscano di magione ecc. «* trascritto pr»p
i noi séguito di questo Articolo, benchA non si tratti propriamente dello
«cbi«»tto i = ? francese. Non si è mai fu<^a la lettera apposta per codesto
««tono toscano, ma la sua descrizione e le sue precise correlazioni si eb-
t>*ro nelle Lezioni di fonologia ecc., a pag. *Ài.
▲rehÌTÌo glottol. ital., XVl. 12
I
178 Ascoli,
che (love il neolatino proferisce {* per s latino tra vocali, egli
rimanga alla schietta pronunzia latina ; e dove ali* incontro il
neolatino proferisce s' per s latino, intervenga il fenomeno cor-
relativo a quello per cui *t'- si riduce a d, o -e- a //•
Una correlazione regionale tra il fenomeno di .^ lat. tra voc.
in s' e quello delle momentanee sorde in sonoro, mal si pctni
negare, in generale, non ostante la contraddizione che inter-
viene tra spagnuolo e portoghese (cfr. Meyei*-Lùbke , 1 368).
Ma resta il toscano, l'idioma principe tra i neolatini, coi due
diversi riflessi del .v lat. tra vocali, fenomeno non compiuta-
mente e non correttamente in sino ad ora rilevato e conside-
rato, e tal che punto non si connette con quello della riduzione
delle momentanee.
La diflerenza tra il s latino com'è, a cagiou d'esempio, jier
due volte in sisto e il ^ latino tra vocali non sarà stata moho
perspicua e perciò non avrà promosso particolari osservazioni
dei grammatici latini. È come dire che mi .^, schiettamente so*
noro, il latino non l'avrà avuto. Ma il .^ del suffisso -osu o
di descesu ecc. non sarà però stato propriamente identico a
quello di usu visu ecc. Quello di -osu ecc. doveva essere non
meno sordo, non meno crasso del s iniziale, ed era forse più
crasso ancora. Era il prodotto di ns, e vuol dire di un'assimi-
lazione non tanto rimota nel tempo. Tranne che per -osu («',
se io non erro, per fusu MI fuso da filare'), la figura etimolo-
gica (descensu mense ecc.) è perennemente prevalsa nella scrit*
tura dei Latini. All'incontro il s di usu visu ecc. doveva es-
sere più affilato, volgente al sonoi*o. Era un s da antico tem|H»
fermamente scempiato tra vocali, cioè tra due elementi sonori.
Orbene, al .<? di famo[n]su desce[n]su ecc., il toscano ri-
sponde ancora sempre col r: famoro acquoro scero prero ecc.;
e al ^ di visu usu risponde all'incontro col s': vis'o uso. Questa
è la regola toscana, che di certo è stata variamente turbata cnì
era inevitabile che il fos<e ; ma cho io tuttavolta m'arrogo di
proporre e dimostrare.
IH. — La indagine si turba facilmente* per via di alcuni esem-
plari variamente enigmatici, che meglio intanto valeva lasciare
Ancora dolU HÌbil. tra voc. nel toscano. 179
in disparte. Potranno, a poco a poco, aver lume da criterj eti-
mologici non ancora assodati , tra' quali forse entreranno pur
quelli che qui appunto tentiamo di assodare. Tra codesti esempj
ricordo: agino asinu, iiago annusare nasu ali. a nares (cfr.
Arch. X 16-17 n, XIII 285-86); caca casa; mtis'o.
Bisogna poi tener d'occhio le perturbazioni d'ordine analogico,
le quali possono avere doppio motivo. C'è, in primo luogo, che
gli esempj di g in postonica del parossitono riuscendo, per ra-
<:^ione etimologica, molto più numerosi che non quelli di s'
(^'- §§ IV e V), ne veniva facilmente che la serie del f riu-
scisse a tirare a sé qualche esemplare della serie del s\ Un
|)eriodo, più o meno lungo, di oscillazione potrà naturalmente
essersi avuto, tra il proferimento etimologico e il tralignato,
intorno alla quale oscillazione saranno da scrutare le testimo-
nianze dello grafie di antichi documenti toscani e quelle dei
l»roferimenti diversi che s'avvertano tra le varietà viventi della
Toscana. Il Fanfani e il Petrocchi ci danno cosi: vaco ra-
ffio ecc., anziché 7^as*o ecc. (radere ràsu), come vorrebbe la
nostra regola; ma il Pieri air incontro, che è lucchese, ci dà
secondo essa regola : ras'e raso * (ali. a ragojo radura).
In secondo luogo, le forme anticamente tra di loro diverse
del participio passivo latino di uno stesso verbo potevano di-
ventare argomento di varie attrazioni nelle etii successive. Cosi
il participio di tundere fa tusu e tunsu; e se il toscano
avesse la continuazione di tutt' e due queste forme, egli direbbe
* E c*insiste curiosamontc a p. 166, n. 2, Anche scrivo ras' are a p. 169,
mandandolo con ros'etUe, Fanfani e Petrocchi hanno all'incontro rogare, Ma
tatti consentono circa la sonora di ra/ente e perciò di rasfentare. Senon-
rh^ sì può qnt opporre la sentenza, trascurata dal Pieri, che rasente altro
Tion sia se non il prov. rasen^ sentenza, del resto, che forse è ben giusto
«il revocare in dubbio. Potrà radente dipendere italianamente da ramare,
**i\ tipo di tagliente^ sotto Timpulso del sinonimo ra</eii<e = rasentante. Circa
;1 qual sinonimo sia lecito notare in quest'occasione, ch'egli sicuramente
si rispecchia, con la normale riduzione di nt a U nel bergam. redét (redét
terra * terra terra, rasente la terra', da redét *da presso'; per Ve prò to-
nica, cfr. redécsradéc * radicchio*), non felicemente tentato dal Mussafia,
l^itr. s. rente. [Cfr. Stu4j di Filol. Rom , VII 80, Roman. XXVIII 02.]
180 Ascoli,
fus'o e (u^o (cfr. § IV, a), avrebbe cioè due forme, nel resti)
identiclio, in cui sarebbe ugualmente legittimo lo s' (teli* una **
il /: deiraltra; ondo un facile incentivo ad alterazioni analo^ì-
cbc, o a diserzioni da una classe airalira, di altri participi a
cui le ragioni storiche o etimologiche non assegnavano se non
uno solo dei due proferimenti. E non nuoce qui intercalare l'av-
vertenza, che una forma come tunsu potrebbe anch'essere una
illusione della ortografia latina e punto non rappresentare un'en-
tità diversa da tusu; laddove il proferimento toscano (nel ca«t
nosti»o, un supposto taro dirimpetto a lu'i'o) accerterebbe un
originario tunsu dirimpetto a un originario tusu. — Un c;is«>
non identico, ma congenero, ci avrebbe offerto, se la avessimo,
la continuazione neolatina o toscana dei due participj di nltor
(nisu e nixu), in quanto uno avesse pronunzia sonora o TaltM
sorda^ — Di claudo clausu allato a eludo clusu, v. al
?i IV, C-.
Finalmente si può dovere qualche s* e qualche r^ che stia
contro la norma qui stabilita, perchè si tratti di voci vernac4>le
venuto alla Toscana, o dairitalia superiore o dalla meridionale
§ IV, a, — Passiamo ora alla rassegna degli esempj per cui
si afferma la regola di *r*aNS. Citiamo primamente: rimnrr
remansit, *vwtaro remansu, rimaruglioy mere mense;- la
serie <lei derivati popolari per -ert'- = -ense: mnygere •ma-
jence, horghere, Senere Senense, ecc.;- pero pensu, ì»
perOy perarCy pensare;- accero adcensu;- appero .^o^per>»
* Al)))iamo to*<*anainonto /<V/> fidare affisare^ allato a fisso fissar»* «/3^<-
.vnv, e par <iuasi un corrolativo ilolla coppia nis'o nisso cho tt^oricain<»nt'«
si contrapporrebbo a nisu nixu. Ma la ragion vera di fiso dev'css^^r f|u«»l«:i
ch<> il M^yer-Lu))ko Uà supposto (It. gramm., p. 251) deirorig. , 219 d<»lU
trad. italj, cioò U sofluziono dolio numerose formo in -ì^o, laddovo altr^
in -Isso non co n'orano. Sononchò il M.-L. non s*accorgova, cho Io form-'
in -tso sono veramonte forme in -ù^j, o perciò contraddicono alla sua t^orij
di / in protonioa o ? in postonica. — Diversa cosa ò il ridursi di s* a '
uolla 4*ontinua/.ionQ di fissu- /*f«o, corno ai vede nel vonoz */V/rt, frii:L
»/caV, •fessura', riduziono promossa dal tipo sottentrionalo sp^/a prr»'t^ et-- »
ajiit.ito dalla «pinta dissi mi lati va (sf~s^).
Ancora della sibil. tra voc. noi toscano. 1«*<1
-pensu;- prero prensu, appvcro ftorpreroy afferò difero
-fonsu;- asceco discero -scensu;- aUe(;o disteco inieQO, S'ag-
iriungono ì perfetti analogici : accere appe^'e sospese prece sor-
prere offece di fere ascec-e discece attere diste<:e intere \ e vanno
insieme i (liversamente analogici: re^e reco^ chiere. Nella stessa
analogia di accere ecc., vengono poi : n-ascore riapore accanto
ad *ascoro *i*isporo absconsu responsu; dove, per altra e
particolare vicenda analogica, s'aggiunge anche pare (pore: ri-
^pore \ : risposto : po^lo \ cfr. Arch. IV 391-5). E succedo la se-
rie infinita dei derivati \yev -pfO = -onsu: faìno(;o gólo{0 ecc.,
«love la pronuncia toscana appare una testimonianza come pro-
«li^iosa delle condizioni arcaiche del latino (famonsu ecc.).
IV, h. — Riconoscemmo cosi le continuazioni toscane di -ans-
•ENs- -ONS-. Quella di -ins- si sottrae al nostro sguardo. Del
partic. pinsu, che ne avrebbe offerto occasione, non rimane al
toscano se non la formazione continuata *pins-iare, onde
normalmente pizare (pigiare)^, L'iks- di insula può alla sua
volta parere mal riflesso dall' -is'- di is'ola ; ma sarà veramente
un* illusione, poiché is'ola non apparterrà allo schietto vocabo-
lario popolare. E voce che deve aver perduto molto anticamente
latona mediana (7ffa, tctla ecc.), secondo che è mostrato, per
limitarci all'Italia, dai dialetti sardi e napolifcini e dalla Topo-
* V. i ?§^ V e VH. — Intorno al verbo clie deriva da pinsu- (cfr. Sal-
^i"M, Po:«tilIo, s. pinsare), è da avvertire, poichò so ne presenta Tocca-
tone, che non ò sempre facile distinguere se la base ne sia *p in gare
'•-•uttosto che ^pinsiare. Il soprasilv. pi>ar e Vong. piser accennano si-
< 'ira mente a pinsare, ma lo sp. pisar e il frnc. ^>iVr tanto potrebbero
vsore pinsare che pinsiare. Uguale incertezza importerebbe, m so e
'•"^rsi», il n^p, pesare 'pestare'; ma l'equivalente campobass. /<f*d parrebbe
•■^eludere lo w. Senonchò lo dovrebbe cosi escludere anche il campob. pff-
<•«'• inap. id.) 'pertugio* (Arch. IV 154), dove airincontro ò assolutamente
inprobabile che si abbia il semplice pertusu anziché per tu sin-. Onde
^irebbe da conchiudero che due diversi filoni dialettali (quello di facuglf
'^igiaolo' e Taltro di pfrtusf) si venissero a confondere nel campobassano
♦• similmente nelPabruzzese, dove ò pertus^ ali. a fa\'iole (ortogr. del Fina-
llora). Como fa codesto meridionale ptf5ar<? 'pestare* nelle rizotoniche? L'i
• '. protonica ò in pisaturo 'pr»qtollo\ di cui v. Fìnnin. s. v.
18*2 Ascoli,
nomasiica: Ischia di Castro (Viterbo), ecc.; cfr. Ardi. HI 458-9*.
— Airincontro non ci mancherà, io spero, la conti n nazione di
-UN8-. L'-w<> di furo *il fuso' (far elio affuQolalo fiirajuohf
fumerà ecc.), accenna appunto ad uns latino, laddove Y -us'-
del partic. fus'o accennerebbe ad us latino. Come si spiegherà
questo diverso proferimento? Chi impugnasse la popolarità dal
paiHic. ftisOy farebbe cosa ben temeraria, secondo che meglio
spieghiamo nel § V; e che il sostantivo {fttro) provenga esso
pure da fundere, cosi come il participio (/Wo), resta pur
sempre cosa grandemente probabile, comunque non sia mancato
chi la rivocasse in dubbio. Orbene, se il dizionario latino ci dà
identicamente fusus e per il ^fuso da filare* e per il participio
di fundere, ciò punto non toglie la possibilità, secondo che c'in-
dustriammo a mostrare nel § III, che realmente s'avesse funsu
allato a f Qsu, come s'ebbe tu nsu allato a tu su. Le due diversa"
forme pur qui si sai*anno applicate a significazioni diverse; e in
effetto risulteranno legittimi e popolari, cosi fttro come fuso.
IV, e. — La serie del -<*', che si fa indefinitamente estesa per
virtù dei due fecondi suffissi ch*essa contiene {-oro -ece), ha un
aumento ulteriore e notevole, per ciò che vi rientri V -aus- U-
*
tino. E risaputo, come una consonante, che sussegua ad Ar, sta-
glia stare, per la massima parte della romanità, nella condizioii»"
di una consonante che sussegua ad altra consonante. Così : alt.
quasi Avc, e più precisamente: auuc'j onde per es. poco poc
•paucu *pauca, e non poQo poQa^ pur nei territorj che
normalmente riducono 'c^ a (j. Ne viene, che -aus- (auus) s*ar-
costi, per la postura della sua sibilante, a quella di -ans- -rns* eoe .
e che per la sibilante di -aus- cosi s*abbia, in Toscana e fuori.
il medesimo riflesso che la Toscana ci offre anche per quella
di -ANS- -Exs- ecc.; il che vuol dire: or = aus *. Qui spetta cot^n
' I*: un i9 greco in pi fello pi^ellone pi^cll€tlo piccllajo ecc.: e l*Mb<*^
peso * piscilo* avrà perciò sonato: pe^o. S*è pensato che in pisello ^*-
avesse influito pinsu (cfr. *pisa fraeta*); ma allora avremmo dovuto aver**
//irò e non pe^o.
* Per gli ulteriori svolgimenti di al*» (attus) e di analoghe formote, <*
po«$on vedf*r>>, tra gli altri : i luoghi citati a pag* TiHIQ del I voi. di <)0«»ti»
Ancora della sibil. tra voc. noi toscano. 183
causa, (love la critica storica non deve già fare un partico-
lare assegnamento sul ss della grafia latina più o meno arcaica
(come punto non ne deve d'altronde fare sul famossu o sul-
Tussu e simili per usu ecc.); ma all'incontro ha sicuro ri-
scontro nel cossa dell* Italia Superiore, che in realtà non è di-
verso dal co^a dei Toscani. E si aggiunge la larga famiglia di
pausa: io poco^ pogave, por;ay io ripoQO^ ripogare^ il riposo;
dove è ancora da confrontare il mil. poss, f. possa, 'rafiermo,
stantìo', che è, a dirla tra parentesi, un altro esempio setten-
trionale del ^participio accorciato'.
Or di qui verrà luce a risolvere anche il problema del f di
chiaro chiude. La nostra regola vorrebbe chiiis'o (clud-tu); ma
si saranno tra di loro incrociati i continuatori delle due forme
latina ci usu e clausu, la prima delle quali portava a chius'Oj
e la seconda, per effetto dell' au, a chiodo. Quanto largamente
8i continuasse tra i Neolatini la figura con 1' au, c' è mostrato
ila chioso che è in Francesco da Barberini, da c'ode cosu dei
O^rsi, 'chiudere chiusa', Guarnerio, Arch. XIV 139, cfr. Tom-
mas., Canti còrsi, p. 367 \ da c'oss 'recinto* dei Lombardi e
Piemontesi, ChiosseltOy nome di una via di Milano, Chiossa ni.
in quel di Mondovi, chioss deschiossa nell'Aliene, v. Arch. XV
410, clorre clos cloi^on nel francese*.
Archivio (s. aut nud ecc.); Salvioni, Fonet, del dial. mil.^ p. 84-5; Mbyer-
LùBKX, I 283, It. gr. § 100; e ci sarebbe da studiarci ancora. — A prò-
posito delle sordo preservate da au (cfr. M.-L., Rom. gr. I 358-61), sia poi
lecito qui notare, che dal u di *eu e dal i di *ei^ potrà aver soluzione Te-
DÌgma del t incolume (cioè non digradato in (/) che occorre nelle figure
DOininativali friulane: jéte aetas *aev'tas, méte (*méita, da tnéfjjeta)^ me-
dietas, ^preizo medio*, e delle oblique etiid età, mitàd metà. Si ha pur
numide neirugual significazione di mète, e dev'essere forma anorganica, fog-
liata sopra sòlide soccida.
* 0 anzi : chioio e chiuso, secondo che par^ dalla n. a p. 30 del volume
di Tommas., citato qui sopra.
' In chiosa^ che si manda con glossa yXùUffca^ e che veramente se ne
allontana per doppia guisa (la g ut turai sorda e la sibilante scempia) il
.Vfey«r*Lùbke ha già felicemente pensato che ci sia influsso di chiudere
kIL gr.i 164, traduz. ital. § 102). Ma io anzi credo, che glossa punto non
c'entri, e d*altro non si tratti se non di clausa nel senso di 'parentesi,
intercÌu$io\ Ora la vooe sente di letterario ed ha perciò la sonora (chioda).
isl Ascoli,
W — Viene ora hi volta degli esempj di *,v'*, \^v cui si ctm-
liiiui il s latino dei tipi cfisu (cad-), \is\x (vid-), ecc. Qui va
afiVontata una tendenza, che mi deve parere eccessiva, ed è
quella elio porta a negare o porre in dubbio la popolarità di
non poche voci in cui la Toscana ha questa sonora. Veramente,
un indizio indiretto e d^ordìne generale contro la popolarità della
serie con la sonora, ho creduto anch' io d'avvei'tirlo, e appunto
è stato un |)ensiero che non pare venuto ad altri. Accade cioè
con fi'equenza, che nei derivati da forme con la sorda, il sul*-
strato d(M quali importi le combinazioni -/70- -gVi-, la sibiL +
si risolva in z (ciV. § VII e p. 177 in n.); e cosi ifiazonc (mn-
i/ione secondo la solita grafia) pvizonc pizone pizare 'pinsiare,
parmizaao ecc. (Flechia, Arch. II \)i sgg.); onde viene come
una prova ulteriore della popolarità delle loro basi, prova eh»»
anche si avvalora per il fatto che taluna di codeste derivazioni
SI ritrova con l'esito popolare in altre favelle neolatine, come
è per es. di maison prison (non prHsion), Ora, quando si parte
da s\ è più raro ali* incontro questo marchio particolare dello i
nei derivati; onde per es. diiùn'ionr tcccis'ioney non dicizonc
tcccizone, e analogamenti' nel francese: dicmon^ non dwison,
K più raro, di certo, ma, come vedremo, non manca; e c^ò, in
proporzione, anche la coincidenza con forme non italiane. Questi»
argomento, insomma, se anciresso può ammonirci a non ammet-
ter troppo di leggieri tra le forme popolari quelle col -.9'-, non
basterà di gran lunga a persuaderci di tutte quelle esclusioni
che altri vuole o dovrobln? volere.
Ed eccoci dunque alla serie e alla critica degli c^seiiipj. Ab-
tiiamo in primo luogo: uv'o (ut-) tis'arc asanza usura \- viso
(vid-) vLs'ila arriso acoisare ipnpt'orris'o [all^improvriso*^ cfr.
provrizone^ riduzione popolare di prorrisiofic];" divis'o (di vid-),
col jMM'f. analogico dirise;- ucciso (e a ed- -cid-) rici'so^ col
perf. analogico uccise ecc. Per la |K)polarità dei quali esempj»
va badato anche a' riscontri forastieri, e cosi ai rum. cu * vi-
sione', ucis 'ucciso*. Somi esempj, io ci'edo, che basterebbero da
soli ad aflerniar la nostra regola, e sono d'altronde ben lungi
ilaUVs^^ere i soli. Contro la popolarità di cas'o (cad-), sta di vero
il frnc. ras (non c7ie^ o piuttosto chcZj come Tevoluzione popò-
Ancora d'ella flihil. tra voc. nel toscano. ISó
lare vorrebbe) e sìinilineDte l'eng. cas *, Ma nejxarc la popola-
rità di per^aas'e persuaso (suaso)^ dissuas'e dissuaso^ non
/ni parrebbe cosa abbastanza cauta. V uà incolume non può di
certo valere come indizio decisivo di voce non popolare ed è da
coafrontare, jier es., con (juello di conlinudle conlinanoa. Piut-
tosto sarebbe da opporre la non molta ^diffusione tra' dialetti ,
alla quale è di scarso contrapi)eso la riduzione al ti|K) di terza
latina, come nel parm. persuader dissiuider o nel mil. persudd
dissuàd. — Le vecchie voci letterarie ìhìso commisti sorpriso
U'tt sono, alla lor volta, ed è quasi superfluo avvertirlo, imita-
zioni delle voci coi'rispondenti, provenzali o francesi; e se pur
0 entrasse qualcheunfluenza di formo dialettali italiane, che, date
CHi'te uscite, riflettono i>er i Y ì tonico latino, sempre si tratte-
rt^hbe di cosa estranea al toscano. Ma punto non ne viene, a ogni
inudo, che s'abbia a credere non popolare il perfetto mise ral-
>it (raitt-), perchè oggi invalga l'analogico mésse. Sarebbe'poco
meno che negare la * popolarità' o la 'storicità* del perf. diede^
I^Tchè oggi invalga delle. — E s'avrà a credere che un verbo
* li riflesso à\ occasione, che ò come diro dì una voce collaterale a
':t<u, ha airincontro un doppio suggeUo di popolarità, lo z e Paferesi:
""loìi^X come hanno alla lor volta piena impronta popolare gli afr. ochai-
^ 'fi achaison ecc. Or dell'aforesi che è in codesto esempio, poiché accade
'ju. citarlo, mi sarà forse lecito avvertire, che tra le duo ipotesi: [o]ca^
-'"f^ fa]ca:one (cfr. M.-L. Rom. gr. I 28(3 297, It. gr. §?$ liC) 144), la se-
• ■>Dda e* grandemente più probabile. Ce imprima, che, trattandosi di un
''■minile, manca la ragione delPaferesi promossa dalP-o delParticolo (come
n lolezzo)\ laddove torna chiaro Tassorbimento dell' a- quando si ponga:
l^'tazoiie^ o sìa pur laccatone. L'antichità della forma con Va iniziale, ri-
balta poi dalla sua larga diflusione. Lo forme dei dialetti dell'Italia meri-
'lionale qui por sé non avrebbero nessun peso o l'avrebbero troppo scarso;
:Qa por Tant. toscano deve avere avuto la forma *accazonc = cazone^ e no
vi«oe sicuramente il verbo accazonare^ il quale oggi si presta airillusionc
<ii un prefisso che aderisca alla forma afere tica. Si aggiungono poi, oltre
l'afr. achaison ^ le formo immesse nei linguaggi celtici. L*ant. irl. ne ha
'1«>ppto riHesso, il nominativale : accuiSf e l'obliquo : aicsen ; il gallese ri-
sponde per €u:hos\ Arch. VI, xlv. Finalmente sia lecita l'avvertenza, che non
un persaade Tattribuire che si fa ad assimilazione fonetica l* a di accagione
^chaison^ e che piuttosto «ù vedrei lo stesso fenomeno prefì:$salo (il * di-
«'jso* deirob») che ci ha portato da obsidiu a assedio.
186 Ascoli ,
di elaborazione specificamente toscana: intridere (interere) in-
iris'e inlrvi'o (suiranalogia di uccis'e i$ccis'o\ debba i suoi s'
a influssi no» popolari *? — Contro la ^popolarità' di detnse
deris'o (rid-), parrà stave^ oltre la sorda di ri^e ri^o^ a cui si
viene più in là (§ VI), anche r^ddUa prima sillaba. Ma gli an-
tichi dissero anche diridire dif*isOy a taMce delPant. dUigione
^scher;:o, beffe', die ben potrà essere, come il Tabler ha pen-
sato, s dirisione ; e se Ve fini per provalere, ci sarà entirata la
ragion della dissimilazione (i-Oi come è stato per felice^ allalii
al quale gli antichi pur ebbero filice*. — Ohe se passiamo at
participj fuso (fund-, fud-) confus'o rifus'o infus'o^ alla rin-
fas'a^ coi perfetti analogici fus'e confuse rifms'e infus'e^ o an*
che ad accmo ricus'o accus'a ricus'a scus'a (dove Tav di
causa, V. § IV, e, era esclusivamente ridotto ad xi sin dal la-
tino), non sapremo di certo rassegnarci a mandar tutta questa
suppellettile tra la * roba letteraria'. Per la * popolarità' del part.
fus'o e suoi derivati, basterebbe ricordare, accanto al modo ita-
liano già citato: alla rinfwi'a, il frnc. a fbison *in gi'an co-
pia*, il quale avrebbe per sinonimo Va rifuso, che sì cita dalle
liettere del Caro; senza dire del frnc. refuser e dell'allotropo
che ne mostrano nell'ant. rehusei* rettser^ od. ìmserK E poiché
siamo a forme in -usu, sia ancora ricordato, di passaggio, chi*
pertùsu (onde si postulerebbe un tose. *pertus'ó) si ccmtinut
jiopolarmente in ^periusiar e perinzare pe7*t\$zOy frnc. peì^
* Notevole abbastanza Tanalogioo crìso (: paradiso; 'cr<)duto*, in un cani**
di Montamiata, ap. Tommas., Canti toscani, p. 204; cfr. Nannucci, Atial.
<TÌt., p. 544-51.
' A prima vista può parore che la nostra regola si giovi anche di «•'•>
(aud*; IO os'o e os'o participio-aggettivo, os'are)\ ma non me ne fiderCi,
poichA, secondo il § IV, e, postuleremmo : avsu ni«?t# o^o (cfr. ant. mtL oss *
ausa). Sarà dunque oso un prodotto anticamente popolare, che ora |>er«*>
non vive se non in sembianza letteraria.
* L* o di foison (anzich** u = »') dipendo dati* ù di fundere e cosi coin-
cide inorganicamente con Po del frnc. fonte^ it. fondita, Cfr. Meyor«Lùbk^ .
Rom. gr. I §351, Oictionn. general, a. foison; .\rch. VII 142. — .Utra co^a
<'* poi 1*0 dei fem. napol. re f osa confosa ri m petto air ti dei mase. refU»^
confusf^ nei quali -usa si confonde con -osa {geiìerusf g^ìierosn)* .*f-.
D'Ovidio. Ardi. IV i:»!.
Ancora della sibiL tra voo. noi toscano. 187
iiiis ^ — Anziché fermasse àk pregiudìzio che Io s' tosse indizia
cGOÙmio di voce non popolare, si poteva chiedere piuttosto se
la ([ualità della sibilante non dipendesse, per maggiore o minor
parte, dalla qualità della tonica, poiché Io s' sussegue provalen-
temente ad i (l lat.), e ^ prevalentemente ad e. Ma, in effetto,
questa distribuzione punto non dipende dalla ragione specifica
delle diverse vocali, e ritorna all' incontro alle nostre ragioni
otimologiche; poiché la serie delle basi con Tens (ès) non ha
accanto a se la concorrenza di esenipj che risalgano ad ins
(v. § IV, b); e dal canto suo la serie delle basi con l'Is, non
ha accanto a so alcun esempio di es che non risalga ad ens ^
Ci avanzano alcuni altri e particolari esempj di s\ — S'avrà
im bel dire che sus'o e gios'o gimo sieno poetici e non popo-
lari ; ma saranno stati popolari un giorno anche in Toscana
come lo sono stati, o sono sempre, in tanti parlari, dall'Atlan-
tico al Mar Nero. Pui* qui la vocal lunga latina venne a pre-
cedere immediatamente la sibilante, dopo la nitida scomparsa
di una consonante (sfirsu su su), e perciò s'ha un caso perfet-
tamente analogo a quello di suìisu usu ecc.; onde ben legit-
timo e popolare Io s' delle voci toscana Un substrato conge-
nere è in pvosa\ ma questa, com'è naturale, non è voce di
popolo, e lo dimostra con V q aperto. — Nessuno, credo, vorrà
negare a ras*o la qualità di voce popolare; e (jual pur sia Te-
timologia di viis vfisis vùsa, certo è che qui ritorniamo ad
un Xs elle mai non si è mostrato nella figura di ans, e quindi
a un caso analogo a quanti ci danno regolarmente lo s . —
Quanto a ros'a^ V -os-, che si contiene nella voce latina, non
ha altro esempio (in parola semplice); e già perciò non deve
'|ue5t*essere voce originalmente latina, ma sì un prodotto elle-
ni<^ o di foggia ellenica, secondo che già ripetutamente fu sup-
}K>sto {^vodja ; cfr. per la fonetica : oCi} - od-ja ; e per la etimo-
logìa: ^oiov ^ta)j e tal che legittima lo $\ Come, del resto,
• V. 8 IV, 0, in n.
* Neltm poesia italiana, rimano tra loro ? e / (per es. na^o e ctiò'o)^ corno
nmaao Q ed (f^ g ed e. Circa •eco -eqe può parere che la rima nìa riguar-
^o^^; ma gli h che in effetto V 'ts'o manca e V '-es'e difetta!
1S8 Ascoli,
rivocare in dubbio la ^popolarità' toscana della roa'aì — Fi-
nalmente, è di ragion particolare, ma affatto legittimo, lo s del
prefisso dis dinanzi a vocale. Non è qui un dis- di diretta con-
tinuazione latina, poiché in simili casi il latino passa noi*mal*
mente a dir- (dirimo dis + emo; di ri beo dis -f habeo) ; ma è il
(/i>'- delle composizioni italiane in cui gli sussegue consonante
sonora (dis'guììf/ere ecc.), che naturalmente passa tal cpiale di-
nanzi alle vocali, elementi sonori come pur queste sono.
VI. — Resta di considerare quelle che \)ev noi sarebbei'O le
deviazioni dalla norma fondamentale.
Per quanto è di -r- (§ IV), si riducono a molto poco. La sola
imiK)rtante è: io los'o^ tos'o '^ ios'olOy Los ave ^ laddove tonsu
*to usare vorreI)be toro locare. Senonchè, allato a tundero,
che dava, come s'è ricordato più sopra (§ Ili), tùsu e tuusu,
poteva tondùre (toudère) conseguire assai facilmente, {>er
congruenza più o meno antica: *tOsuotonsu; e da *tòsii
aver cosi ragiono tr^^'o ios'are. — Strano esempio sposo spQsa ;
o. strano tanto, che aj)punto ci disturba meno, i>oichè Io elimina
alalia schietta ragion toscana, oltre lo Sy anche V o. Si vorrebl)e:
spr/ro. L'odierno sposo sposa è per la tonica e per la sibilante
nella singolarissima condizione di una parola che sia introdotta
in Toscana per vìa meramente letteraria *. — Non ha poi di
' La vocd V antica nella letteratura (tiove però va notata rinsìftt*Mi/j
ìM\q forme con ns: sponto ecc., r. it Vocab.); ina ciò punto non basta a
guarentirne la originalo schiett^/za toscana. Supporre, d'altronde, che an-
ticamente avesfte una pronuncia divor^a dalla odierna, aarebbe cosa d^l
tutto arbitraria. Qual mai soduziono indigena, o quale influenza particolar*
del riflesso di sponsu in altri dialolli italiani, avrebbe potuto troinettor^
un o nel toccano spoò^o -af Nesnuno di certo vorrà aflV»rraare che Titola-
tissìraa ro.v'fi influisse sulla ^spof^a e lo *spoco; h la particolare lenaciL»
d^l riflesso dolP o lungo di sponsu ecc. rifulgo a Roma com^ a Bologna,
a Venezia come a Milano; onde viene, a dirla tra parentesi, cb<» •ocn**
rimanga infirmata, perche isolata, la tostirooniaQza della voce toscana ;n
lavoro d^Ua influenza della cons. lab. bulTal te raziono della tonica (Pi^r.
Anrh. XV 473). A uno schietto vocal>olario del dtal. napolitano che or mi kU
dinanzi, manca il riflesso di sponsu s[>onsa (ci stanno, per questa signin-
cizion<*, zito zit'i): o il Vocabolario abruzzese del Finamore ben rende», nella
Ancora della sibil. tra voc. nel toscano. ÌHiì
certo né ha mai avuto vita prospera in Toscana V asola- mi-
su la, che all'incontro vive di vita robusta nell'Alta Italia, spe-
«lalmento nell'orientale *. — Non sosteni^a da forme collaterali
^ abbandonata in condizione protonica, la sorda, finalmente,
«•edette alla sonora in mis'ut^a me usura; dove può anche es-
arci entrata una seduzione antica di voci d'ugual formazione
<» di significazione congenere, come caesura divisura'.
Per quanto è di -.9'- (§ V), il discorso è men breve. Della
«li^criminazione tra il sostantivo furo e il participio fus'o, s'è
^>ccato al § IV, b; di *chius'o assimilato a chw^o^ nel § IV, e;
'li raro ras'o al § III. — Allato a uccis'o ricisOy stonerebbe
il r di ce<;al€j cibale (ciglione intorno o tra campi ; mil, cesa)y
<*H:ondo che dà il Fanfani ; ma non pare che sia voce ben viva.
Così stonerebbe anche il <* di ceQOJe^ la singolarità accrescen-
<Io$i in entrambi gli esempj, per il fatto che la sibilante sia
pmionica. Ma il Petrocchi aflferma la pronuncia fiorentina: ce-
"^'oje cis'oje cis'ojala. — Restano: roco (rod-) e rico (rid-); nel
primo dei quali esempj la deviazione da sonora in sorda si spie-
gherk molto facilmente, poiché ros'o ros'e corros'o era in ef-
f«Hto Tunica forma in -ps'o (tutt'al più accompagnata dal solo
Vffs'o *tòsu) a dover lottare contro l'esercito degli aggettivi
III -oro, e non poteva non cedere. Ma rice rlsit, H(to rlsu,
air incontro, pareva esempio di tal difficoltà da dirsi addirittura
rninaociosa. Vero è che egli aveva pronto un mezzo rimedio nel
fleris'e {diris'e) deriso (diriso) ^ di cui al § V, poiché, dato
pure che questo verbo composto non fosse da tenere per schietta
voce di popolo, doveva parer cosa troppo strana che il semplice,
om patentemente in esso contenuto, non riuscisse ad assimilare
alla propria sibilante quella del composto. Onde l'ipotesi che
; irto ital.*abr., por spòse^ il tose, sposo -n, ma, nella parto abr.-it., non ha
\i il codesto spòse, — Il Moyer-Lnbke, dal canto suo, ripeterebbe lo s' di
V^// dallo s' *di protonica' (spos'aré)^ ripiego che a ogni modo noi n*-
^.'ingorefnmo, ma che poi lascia più che mai enigmatico Va aperto.
' Cfr. Mussafìa, beitr. s. asselli o azolar; e ora: Matteo Bartoli, Pubbli^
'istoni recenti di filologia rumena (cstr. dagli ^Studj di filologia romanza*;
.•>)!), p. sa
* pes'olo pes'oione pis'olo^ si devono risentire di pencolo pentolone.
190 Ascoli,
la sorda non sonasse ancora in ri^e rigOy quando primamente
la lingua accoglieva deris'e deris'o, Senonchè, a qual motivo
attribuire il successivo^ passar di ris'e ris'o in ri^e ri^Oy quando
appunto al toscano mancava ogni altra forma omofona , come
sarebbe stato un -if- risalente ad ins, secondo che s'avvertiva
al § IV, 6 ? La difficoltà appariva formidabile, senz'alcun dubbio ;
ma dovevamo noi riputarla tanto forte, da farci* essa rinunziare
a ogni nostra dimostrazione e legittimazione, cosi da portarci a
rovesciare tutto il nostro edifizio e a convenir analmente noi
pure, che rogo'^chiugo rigo fugo (sost.) vadano con prego ri-
mage ecc. a rappresentare tutti insieme l'unica norma toscana
per la sibilante tra vocali, specie in postonica, e che vas'o per-
suas'o vis*o mis'e uccis'o uso confuso rosa giv^'o sus'o ecc.
altro non sieno se non numerose eccezioni o voci letterarie per
le quali s'inoculasse prodigiosamente un V* in postonica to-
scana (cfr. § I)? La mia risposta sarebbe stata negativa a ogni
modo. Ma si aggiunse, che il problema della sorda in rigo fini
per consentirmi anch'egli un'equa soluzione.
La difficoltà mi parve cedere, appunto perchè in qualche modo
isi addoppiava. Oltre rigo ri su, abbiamo cioè tal quale un altro
rigOy equivalente ad oryza. Questa seconda voce, com'è notorio,
non è comune al sanscrito (vìnhi) al greco e al latino per via
delle comuni origini, ma si perciò che sia venuta, come voce
forestiera, tra i Greci e i Romani, in veste iranica (vrlz-). Or
qui non ci permetteremo di pedanteggiare intorno alla dimo-
strazione dei riscontri; ma insomma il vero è, non già che un
h indiano passi in z iranico, ma bensì che entrambi gli elementi
risalgano a una particolar sibilante sonora delle origini; com'è
vero insieme, che V i del continuatore romano, e non F v greco,
rappresenti genuinamente la vocale primitiva. L'italico o ita-
liano riso riflette un vrlzo o vrls'o di fase anteriore ^, e do-
vrebbe perciò aver sonora anch'esso la propria sibilante.
Il problema dunque ci si determina, con ulterior precisione,
a questo modo: «Entrambi questi bisillabi parossitoni, senza che
' Per curiosa combinazione, anche rìdere ha subito la normal riduzione
di !?r- in r-, come espongo altrove (onirf-).
Ancora doila sibii. tra voc. nel toscano. 101
«esìstesse alcun'altra voce toscana in -ico^ hanno lasciato andare
« il loro legittimo fi" per assumere il r, Quale potrà inai essere
« il motivo di una cosi strana diserzione, motivo che non avesse
« più ragion di agire sul trisillabo diris'oìy^ E la risposta suona,
che il motivo potrà essere, o anzi sarà sicuramente, questo che
segue.
Non esiste parola toscana, nella quale a ri iniziale sussegua
sibilante sonora, seguita alla sua volta da vocale. Tutti^ le voci che
venivano in competizione fonetica con ^ris'o *r isus ed ory za*,
davano un ?nf- iniziale, e il legHtimo s' di *ris'o ha dovuto ce-
dere. Erano, veramente, tutte voci composte e di evidente com-
|H>sizione, come risapere risariaì^e risalire risalto (cioè riga-
pere ecc.), e non pollavano allo schietto bisillabo di misura
piana. Ma erano molte, e abondanti in ispecie quelle che da-
vano un rÌQO iniziale, distante per una terza sillaba dalla tonica,
onde in effetto ne veniva un rigo- con la prima accentuata, come
in risoluzióne risolveranno^ risollevare risocvenirc rifospin-
fjéoa ecc. E ancora sien citati, omesse le forme accessorie: ri-
smare risorgere mugolare rigolcarc ecc., e insieme fHsullaì^e
risuscitare ecc., oltre risentire rigercare rigaldare ecc., senza
che mai contrastasse un ris'o- o risu- o ris'e- o risa- ^ E s'av-
verta finalmente, che 'riso', sia nel significato di ridere e sia
in quello della pianta, veniva a perdere, nelle frequenti deriva-
zioni, la sua condizione di parossitono, riuscendo al ritmo fone-
tico di voci composte per rt-. Cosi: rigolino risetlino righila ri-
riiina^ riga ja risone] allato a parole come rigupino rigalla ri-
S'jppia rigtiona ecc. Quando risus arriva a darci riganciano e
nsaìiciotiej si direbbe eh' egli addirittura si smarrisca tra i com-
jK)sti per ri-,
VII. — Che se io, come spero, non ho infelicemente ragionato,
n*.' risulterà una nuova prerogativa del toscano, analoga a tante
■ Non dimentico, ma naturalinonte trascuro, la ris'ipola o il ì-isico, In-
mriio alia seconda delle «juali voci, ò ora da consultare lo Schmitt noi vo*
l'jine ch<5 U ben6voIen/.a dei compagni di studio m'ha dedicato, p. 391> sgg.
\] ^edi «ì'altronde q. s., a p. 16s n.
\\)2 Ai^coli, Ancora della sibil. tra voc. nel logicano.
altre per cui egli va insigne, e cioè quella di scernere tra li
ti|»o prensu (prego) e il tipo visu (cis'o). Quando siamo a sj
(^/), nft vione poi quella specie di z toscano, la quale è bensì.
j<<'neral mente parlando, come già vedemmo (§ V), Pindifferent»»
risultato COSI di gj come di .9';, la sibilante sorda facendosi, !>♦•!
assimilazione, sonora, dinanzi a ,;, ma è insomma un terzo e )<->
gittimo continuatore sibilante toscano. Di. guisa che, al mon»
tono s' dell'Alta Italia, come sarebbe per esempio in presa »//•
ri^a pres'óiij o al monotono g dell'Italia Meridionale, come ir»
prega (leviga pregane, il toscano risponderebbe, sempre con pion i
e storica legittiniit;\, nei tre diversi modi: prega diris'a pr>
Zone *.
* Sia (jui ani^ora tollerato un pajo di noterelle accessorie. — Lo *' j*
posto di 5 in pus'ignu ptfsUgnare^ che è fonoinono *sui generis' e per<*
non essenziale nella discussione alla quale qui Riattendeva, fu attentament
(Considerato da paiocchi studiosi, senza che nessuno, prima dol nostro Pi«*r .
avvertisse che «juesto s'itl^ da uno >in risalpnte a 5c^/< (*post*ceniu m •
*pos-cenium), ò paiallelo a s'in da sii* in ros'ignuolo usignuolo *!••
soiniolu. Accanto a *posconium v*ebh<> del resto anche ^postcena •
*poscona: e qui non sV, credo, avvertito che al mil. pusci'nna 0 / -
schinn *pusigno' (notevole ahbastan/a, dal canto suo, anche per lo -^a»-
o st'c)^ risponde o.sattamento il logud. puschetm (Dorgali), venuto a si^r *
ficare 'colazione*, cosi come arcade ai riflessi di *postcenium in par'
d«;i (irigionì. — Di ritì-o^o può rimaner dubbio, se sia ViVroi'o « re tr «'•■*-,
portato ad -P'.o p^r l'analogia dì cui a p. IH*.), o so piuttosto non si r
«onta di un antico rit rosso, secondo la ragione di tmfcjesso^ irar-
s versu.
CRONACA E BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO.
Una simpatica cerimonia 6i celebrava a Milano, nella grande aula
della R. Accademia scientifico-letteraria, il 30 marzo deiranno testé
trascorso. Alla presènza e fra gli applausi di un eletto e numeroso
pubblico ', veniva presentato a G. I. Ascoli un volume commemorativo
«lei suo 70** anno di età e del 40^ dMnsegnamento. Il volume, che ha
per editore la casa E. Loescher ed è stampato nell'officina dove an-
che si stampa VArcMvio*^ contiene le trentaquattro monografie, di
coi segue T elenco:
1. Karl Bruomann, Zum Haingesetz von Luceria CIL. IX 782
ipp, l-o).
2. Giacomo Ulrich, Il favolello del geloso (pp. 7-25).
3. Paul Marchot, Deux étymologies (pp. 27-30).
4. Maurice Bloomfibld, On the Sanskrit originai of the Pra*
nou Oupnekhal (Pranava Upanisad) in the Persian translation of the
Upanisads (pp. 31-36).
5. Rudolf Thurneysen, Altirische Adverbien (pp. 37-40).
0. Gaston Paris, Ficatum en roman (pp. 41-63).
7. Hermann Suchibr, Kleine Beitràge zur romanischen Sprach-
i'eschichte (pp. 65-73).
8. Carlo Salvioni, Etimologie fpp. 75-94).
0. J. GoRNU, Estoria Trojaa acabada era de mill et quatro<;en-
i »s et onze annos (1373) (pp. 95^128).
10. Claudio Giacomino, Saggiuoli neoindiani (pp. 129-43).
11. F. G. FcMi, Sul nominativo sing. del nome ariano (pp. 167*
•JOl).
12. M. Kerbaker, Due leggende del Mahàbhàrata, voltate in ot-
tava rima (pp. 167-294).
V., per maggiori particolari intorno alla festa, Topuscolo Onoranze a
OraUadio Ascoli (Milano, Rebeschini e C, 1901). Qui a p. 10 n, 17, notizia
dì altro pubblicazioni ispirate dalla stessa occasione giubilare.
' Miscellanea linguistica in onore di Graziadio Ascoli. Torino, E. Loescher,
i>»l. Pp. Vni-626,
ArcUrio clottoì. ital, XVL 13
IBI Cronaca a Bollettino bibliografico.
13. V. Hb-irt, Étjmologies bretonne* (pp. 205-37).
I-i. Pier Enea Guarnsrio, Nqov» postille sul lessico sardo (pp.
229-46).
15. C. NioRA, Il dialetto di Virerone (pp. 247-62).
13. G. GrAbbk, Eiae Tendanz dar fr&ozAsischen Sprachfl (pp.
263-73).
17. Cesare dk Lollis, Dell'-^ in qualche dialetto abroueae (pp.
275-ti;i).
18. Pio RviNA, La lingua cortigiana (pp. 295-31-I).
li). P. E. P^voLiNi, Una SiìklùTalì giaioica anonima (pp. 315-'J0).
20. I. Guidi, Una somiglianza tra la storia dell'arabo e del latini'
(pp. 321-25).
21. Federico OxRLJkND.v, Sul dialetto biellese nella valle di Stroa.-i
(pp. 327-41).
22. I. DrHKLBT PfUxcB, The modem Dialect of the Canaiian
Abeoakis (pp. 343-62).
23. Whitut Stokes, The Lebar Breoc Tractate of a Conse-
cration of a Church (pp. 363-87).
24. John SoHVTTT, 'Pi^ixtfv-riaico (pp. :i89-l02).
25. P. Ci. OoiDASicu, Intorno al dialetto di Campobasso (pp-
•103-13).
20. W. MBrER-LuBKB, Etjmologisches (pp. 415-20).
27. S. Pieri, Appunti etimologici 'pp. 421-15).
28, a. DE Gregorio, Etimologie (pp. 447-55).
20. E. G. Parodi, Il tipo italiano aUàre aleggia (pp. 457-88).
:tO. E. Gorra, L'Alba bilingue del codice vaticano Regina 14'^'
(pp. 489-521).
31. C. MiCHAKLij De Vasconokllos, Vengo (.Engó)-Enguedad-En-
gar (pp. 523-37).
:t2. V. Cres<:ini, Dell'antico frammento epico bellunese (pp.53t>-17).
:f3. L. BiADENE, Note e tirai» logie he (pp. 519-74).
34. F. L. Pi'LLÉ, A Graziadio Ascoli, postilla (pp. 575-94).
Indici analitici (pp. 507-020).
1. D Farolello del Geloso ó un testo che l'Ulrich chiama tosco-
veneto o tosco-romagnolo, ma a cui non converrà che la sacooda d^
iziono, muditìcata forse in ' tosoo-bolognese '. Alla Romagna, -f
Crome» • Bollettino bibliografico. 195
all'antica Bologna, ei richiama infatti la metafonesi del congiuntivo
(mtny eh* egli meni, ecc.), a sipy sis. La stampa del testo non ò sce-
vra d^errori, e il commento linguistico avrebbe potuto riuscire meno
scarno. Cosi non vi trovo muglie 77, 89, che non potrebbe essere
mugUe (cfr. invece muliere -y 80, 103, 127, 188), e il cui u crederei
dwuto airt nell'iato, come alla stessa causa ò dovuto Vie di vittu-
pierro vituperio 288. Nel lessico non trovo ingampo impacciato 57,
4<* no che eccettuato che 25. apoUo ò bene spiegato quanto all'etimo
^ al significato, ma si tratta, non d'un participio, ma del verbo apol-
tdr. asecUo poteva confortarsi col ven. sidiar crucciare, sidio cruccio,
il monf. sidiise affaticarsi, Tit. porre (ctssedio importunare, infastidire.
^iera ò un gallicismo non ignoto all' Italia, r. XIV 218 n. Per inedio^
tb. il mil. inedia noja. La forma perdon si spiega senza ricorrere a
nessun artificio.
3. Le due etimologie del Marchot riguardan niente ecc. e laier ecc.
Non mi pare che colla prima nulla s'aggiunga di veramente utile a
quanto Iia esposto l'Ascoli XI 417, XII 24; e quanto alla seconda
i*lacare da *lac{sa) stare), mi pare ben artificiosa. Delle molte propo-
ste fatte per ispiégare la base *lacare (v. Thomas, Essais de phil.
frane., 332-4), parmi sempre più accettabile il legare già difeso dal
I^iez s. Masciare', e nel quale assai verosimilmente s'è immischiato
fasciare'. Il tose, laggare andrebbe però staccato dal Placare che
kU a base del frane, laier ^ alto^it. lagd^ ecc.
0. Il lavoro del Paris scioglie, col sussidio della più geniale eru*
«l.zione, un arduo problema dell'etimologia romanza. L'illustre Mae-
s'ro prende le mosse da fTcatum, per dimostrare che le diverse al-
terazioni a cui questa base ó andata soggetta, dipendono dall' influenza
di cvxMT^v^ di cu^ pIcatum non sarebbe in definitiva che un adatta-
mento, n Paris mostra passo per passo come questo adattamento si
aa compiuto, vuoi nei rapporti della qualità delle vocali, vuoi in
Minili dell'accento. La quistione era del resto matura, percbò quasi
estemporaneamente al Paris, venivano a una intuizione quasi ana-
* '-?* l'IIavet, come cé ne dà notizia lo stesso Paris, e il Meyer-Lùbke.
"^ »lo che THavet e il Mejer-Lùbke prendon le mosse da avxiDT^v. —
<-«rcaai continuatori di fIcatum, ricordo Tant. pav./f^ao e fìdgo ir fido)
a*»! Crisostomo, XII 430, notevole per la sua provenienza. E questo
t'fào ci darà ragione del monf. figa-r-^tt (dove é irregolare il g) e
19C Cronaca e Bollettino bibliografico.
del gen. figaétu (*/lcat^tto)^ Mussafia, Beitrag 8. ^figao'. Fra quelli
di ^FicATUii, noterò che il lomb. ha Toramente fideg^ e che ne pm
viene il piem. fidiff che sarebbe altrimenti ben irregolare col suo d
e col suo ^. Tra quelli di •fecatum, il bresc. fédeCf registrato nel
Gagliardi, allato a fidec e figdt, e il fédico di Roma.
7. I sei contributi del Suchier, — le cui vocali iniziali costi-
tuiscono il nome 'Ascoli', — riguardano la locuzione deliba, fran-
cese {parler) cT altre Martin Mò ricondotta Sk, parler cT altre mn.
tire; Ta. frane, ettovoir e le forme similari de' Grigioni e deU*Aha
Italia (cfr. fra le altre, il poschiav. ttod)^ per cai ò riproposto stù-
prre, la qual base, per quanto abilmente difesa, non mi pare che
valga Test opus del Tabler; T-^ dei frane, chasle chauve large n-
che^ ch^ó attribuito all' influenza del feminile; il frane, ogre ricon-
dotto a Unoaru ungherese (cfr. Ugri ecc.); il frane, lai che vien do*
rivato dal celtico (irland. laid) ; il rum. xnsenina spiegato giustamente
da INSERENARB.
8. Le mie etimologie riguardano : arcolcyo^ arcìùtèo^ ricondotti al
plur. drcora archi ; — il march, arquillo 'Ilare germoglio, germogliar**^
per il quale si propone il ted. quellen; — arzillo^ approvando retiui<>
del Parodi da asillu, e per il quale va confrontato anche TabruzA.
arzilla T improvviso scotersi delle bestie equine spesso aceompagnan J>
Tatto con un grido o con lo sparar calci; — attecchire^ da •attI*/-
carb; -- brivido^ connesso con ^ breve '« Mi si consentati le segueutì
agij'iunte all'articolo: la base ^abbrévedo (cfr. anche l'a, gen. «*ir»«*»-
Vili 318) è pure nel valcam. abrovèd (v« qui sopra, p. 8), nel brécetl\
intirizzito, di Val di Taro; e a Chiavari, come mi comunica gentil-
mente il dott. Giuseppe Flechia, ó aòreiu (cfr. beiu bevuto), detto n<*:»
solo delle dita attrappite, ma anche della tela nuova che, messa a h^^-
gnare e fatta asciugare, s'accorcia. Per bréva^ ricordo anche il brianx.
sbreraggià vento gagliardo e freddo di levante, il qual significato hv
anche, del resto, il semplice breva (Gherub. V 174, 230 s. Went*u
Nel Mistral si l<*gge poi ^bréu breo froid '. — calcestruzzo^ fors» voc^
lombarda, e questa da calcesire^ accolto del resto anche in Ghemb. V
*J9. — cascina^ non da caseu ma da capsa, — Verzasch, desugL^i
dipanare, ecc. Si cerca di spiegare la sparizione del tv in qaesto ^
analoì^lii esempi, nonchò la presenza del r o^ in esempi come desc^^r t
levar Torlo, e la sostituzione di y a r in esempi come tgutart tu.*-
Oronaca e Bollettino bibtiografìco. 197
tare. — diléggio^ starebbe a deridere copaò seggio a sedére^. —
Lìmb. ditvia^ scopa di vimini, presuppone un' verbo duvià che va con
vìjHare ecc., derivando assai probabilmente, come propone il D'Ovi-
dio, da vIllu. — Xcnnb. gepa bazza,* andrebbe' col ted. KKppe, etimor
lo^^ia tanto più ammissibile, se si supporrà scherzosa rorigitae del tra-
slafo. Per e- in g- ricordisi anche il piac. giòttar chiostro. — Grig.
giavrina^ capruggine; corrisponderebbe esattamente alla voce italiana
coti cui lo si traduce. *— BelHnz. gu luogo, da algù ia qualche )uogo.
— Bresc. ntpa neve, da nivea.. -ì— Pad. ni- lisèlo avello, la lucbllu»
il che veramente aveva già sospettato il Mussafia, Beitrag, 13 n. —
Abruzz, rófece orefice, dair arcaico àurQfeì. — Lugan. scarta ca-
stellino, va col com. cdslo^ ma v' ò preposto un s- ilquale poi induceva
a dissimilare s-s (^scasla) in ^-r.' Di uoa tal dissimilazione, son poi
riferiti altri esempi, fra questi il levent. /furG^ti; tutteddue, da */-^ùi-
^'«À Devo però' ricordare che tw^uu 4 anche brlànzuolo (Cherubini,
V, 226), e forse sarà appunto per *st-. — Lomb; shocka altalena, col
ted. Schaukel. Alla stessa base si riconnette skffka cassa, guscio del
«occhio; eh' è* lomb., pad. ecc., é il yen* scòca cavalluccio (cfr. lomb.
*^acal de -shoka il cavallo a dondolo dei bambini). — Yqììojì.' strotìq>e
pungolo, da stùmulu. — ^ Gng.tcuchin pecorfl^o. Si conferma la deriva-
zione da Ticinu, e si produce qualche altro esempio della voce. E da
^9oiuii8»^re il tàsin le- del Boerió, che questi però'più non'comprea-
deva, poiché là voce traddoe per ^ abitante delle terre per cui scorre il-
Ticino\ Del resto, la connessione della vóce grigione con TicTnu era
già stabilita nerperiodico Der nèue Sàmmler IV (Coirà 1808), p. 217,
dne è detto: «Nach dem die Schafe zo Borgofesio geschoreawer-
<i^n..;, bringen'sie dfen Wiriter inden zahmeren Ebeneif des Pie-
montesiscben odor bey Brescia, Crèma und im «ntern Mailàndiilchen,
an den Ufern des Tessins,' zìi; daher vermuthlich heissen.di Schàfer
Testini (im Engadin Taschiìis)>. In una antica versione francese: del
F.)lengo, il tesini deirorigirfale è tradotto per moutonmers-du. Tésiu
<v. Genia, Récréations philologiques, I 287)'. '-« tempia ecc., da un
' Cfr. sdelleggiata^ sdelUggi^ ap. Papaoti (versioni di Anagni e della cam-
pagna romana) pp. 392, 40 i.
Airiocon trarlo, è forse un caso di t^r in s-r noli* o^fro (-^artro) attro,
di Grotte di Castro' e S. Lorenzo Nuovo (Roma), Papanti 393 (bla), 403.
198 Cronaca e Bollettino bibliografica
Ut. Yolg. ^TsacpoLA, nel qaale confluiscono tempora e TBMPLitt in\*
orizzontale del tetto. Per la parte ideologica, ai ricordi ancora il ^-.
pareagna {paréte) mascella. — Aret vieguelo erpice, da vnncQUi:;
T. ancora Meyer-Lubke, Zst. f. r. ph. XXIV 144. — Verbi in-«*p
sic. jiocari^^jacicare^ vaiteli, reca m*rej ideare. — pùi4TÌac.-
stro, da yìtejl. Vedi Kflrting» 10241 , e cfr. V ìt vizialo TÌtìgno. -
Blen. zuma conaamare alla vampa, coli' a. tose, dicimare.
9. Il Corna pubblica un lungo brano della versione gallega d«..*
Storia Trojana scritta in castigliano nel 1373 da Fernando Pero.
13. Le etimologie bretoni di V* Henrj possono interessare il r-
manologo per parecchie parole che THenry dimostra tolte a prest: •
dal latino o dal francese. Invece propenderebbe egli a derivar :i*
bretone il frane engoulevent^ non trovando egli in esso Taria d*an a-^
mignolo popolare. Ora, si ricordi che quello stesso uccello è chiami* *
al di qua dell'Alpi ingqfavènt^ foiUventOj ecc., e vedine Flechia IV ;^i-
14. Il Guarnerio ci dà queste etimologie sarde: mer. abbitm^^'-
haeoi sanguisuga, verme, da saj«ooisuoa. attraverso contaminazioai ti
rie, fra cui quella di abbi «a ape, e di Ma 'suggi'. — Log. aria,
mer. arga^ ecc., tarantola, malmignatto, da varia. — Log. atta^.
bùtradu ghiaccio, da astru31. — Nuor. briku vitello di latte, bik-i
marinu vitello marino, da vIt&lu ; cfr. Kdrting* num. 10263, dova eoe-
par ben alterato l'it vecchio marino. — Gali, kahtka specie d^ertv
» quaglio ■¥ ruca — kal^ nella composizione neolatina: oòno karj-
ndUulu ragno; log. e sett karindtula tarlo; v'entra aratiki*, e, a •
secondo termine, forse un'altra base. — Sass. kaldu mtnom spec.-»
di cardo selvatico, ma mangereccio, la cui seconda parte va oalT .t
mignone. — Log. Miffia ghiaccio, da orugidiu 4* forse cabli*. ^ Dia
com. kokketta bozzolo, ecc.; kokka focaccia ecc.; kukkuru cima k^»
Prodotti dall'incrocio di *coola con coccu. — Nuor. krapika dtÌA\*
della parte anteriore del timone; hrapiku capezzolo, ambedue daci-
ptTULU. — Nuor. krunuka conocchia, è la normal rispondenza deì*i
voce italiana, mentre nel log. kannuja ecc. s'ha la immistione di cix>v.
— Gali, kuskuga brusagUa, da cuscuuuh. — Nuor. fortiku la cor-
teccia più fine ond' ó avvolto il fusto della quercia-sughero, da coani
commisto a fustis. — Mer. fuis^fUis-fenu^ fuisèstini^ log. ìomUi-
/emù, ecc., cicigna. Tutti nomi in cui si parte dalla nozione delTaa*
nidarsi che (a l'orbettino nel fieno, nell'erba. — Mer. paia^"^
Cronaca e Bollettino bibliografico. 199
-anedda bacino, piccolo bacile, da palanoa* — Mer. pistilloni taran*
tela, da STBLUO commisto forse a pibera vipera. — Loi^. saiiffemuru
erba pendolina, da saucb^muru. ^ Log. siridu pullalato, che ha
fatto cima, dal partic. di sbhbre, che vive nel gali, xiri, ^ Nuor.
sokka correggia, coll'it saga, — Naor. terra bidusta terra coltivata
Tanno precedente, terra paperile terra da coltivare nell'anno, da ve-
tusto il primo, da pabìilu il secondo epiteto. — Log. tidariu muc-
chio, catasta, mer. tidin^olu marmeggia, Ungolu tarma, mer. Udingu
naca. Il primo termine va con seda sbobtb, il secondo e forse anche
il terzo (cfr. Tit. Ugnane)^ con tTnba. ^ Log. tirriolu bestiola, ani-
malaccio, e sue diverse attribuzioni a nomi d'animali. Si tratterebbe
di 5i|p(ov. Ma non vorremmo in tal caso *tirioluì — Mer. traila^
tràina vitello, da tauru, attraverso ^tattrula^ *tdunla ^tdurina^ Non
si tratterà piuttosto nel primo esempio di ^taukilis (cfr. suovetaurt"
ita), ^traila * traila^ e nel secondo di tauiuna *tr€dnaì Per l'accento,
cfir. bdina guaina. — Log. tijMi, uppa ombra, volume, aùpa ombra,
gruppo, ecc., andrebbe coll'it. cupo^ occuparsi {XV L35, SuppU Arch.
glott. V 124). I
15. n Nigra comunica una ricca e utile serie di esempi per certi
fenomeni del dialetto di Viverone, che sta a cavaliere tra il biellese
•' il canavesano. Questi fenomeni sono : a) -t costante al posto di -«.
^>) un suono ottuso (a) che tiene il posto del cosi detto e muto pie-
montese, e). Il suono ti per u, e ^ od 9 per ó'; non avendosi 6 che
ia parole importate, e neìYói eh' è come la risultanza di anteriore ad'
a^, d) a prostetico, per ragioni radiofoniche, davanti a certi nessi.
«*) 0 n limitato alla formola finale in. e) Il riflesso di -cl- che ora
é g^ gg (quando il g sia riuscito finale), ora e, ora j {yijal ci ripor-
terà però ad aculbu). f) cr in e {ce se finale), coir eccezione appa-
r^nte rikgà ruttare, che però rappresenterà un *rug*lnre (ruoìrb).
o) -u io j\ e la metafonesl, i cui esempi confermano quanto ò detto
nei voi. IX 235 n, ci congiungono cioè direttamente alla Valsesia,
nascendosi cosi a un compatto dominio metafonetico che comincia
all*estremità settentrionale del Verbano e va attraverso l' Ossola, la
Valsesia (Tonetti. Diz. vals. 25*7), il Biellese e il Canavesano. Circa
alla special risoluzione di -o'ni, cfr. anche il valses. 'oogn da sing.
un (Tcnetti, 27), *òn (sing. uh) con un 6 assai torbido e chiuso, a
Valdnggia, e sg. tnutùh pi. mutifn a Vische (Strambino-Ivrea), dove
201 O.-oiiaca e Boiiettino bibliografico.
il -/i dentale ci avverte che si tratti di ^'^Jn. LV di esempi come
stri strade ecc., andrà poi considerato come il prodotto della diretta
cofttrasione di -dj (vaUea. contrói contrade, soldai soldati), h) Caduto
l!-9 nella -1/ sin^ del pres. indie, i) Caduto il -r. nell* infinita, j) Espun-
zione della vocal protonica, k) Fenomeni vari attinenti alle vocali
atone. — Seguono poi i paradigmi delle principali forme verbali.
16. La tendenza che il Grdber, con molto acume e non minor
dottrina, cerca di stabilire per la lingua frai^cese ó questa: le sillab»^
chiuse si ristringono per dar luogo a delle sillabe aperte.
17. Il de Lollis si propone di indagare in quali condizioni i dia-
letti dell'Abruzzo, che solitamente riducono -a ad -e, conservan tal*
volta Va, La conclusione gli ò che questo -a si conserva quando la
parola che ne va fornita sia in proclisi. L'-a compar tuttavia anche
in tali sedi dove Tetimologia non vorrebbe un -ai e cioè è dovuto al
carattere collettivo che in certe combinazioni spetta a quei nomi, ca-
rattere che viene espresso mediante Va neutrale.
18. Il R-^jna mira a render probabile che chi prima adopero
la locuzione * Lingua cortigiana' sia Vincenzo Colli sojpraonominato
Galmeta, nato, pare, intorno al 14^30. 1 nove libri della Voigar poesut
dove il Calmeta avrebbe primo pa^rlato di * Lingua cortigiana' som»
^smarriti, e pare che il cortigiano scrittore intendesse designare il
linguaggio della corte romana. Il Rsgna tratta anche delle controversi^
suscitate dal nome e dall'idea di Mingua cortigiana', e dei rapporti
che intercedono tra le opinioni del Calmeta, che non conosceva il De
Viilfjari elo</ttenliaf e quelle di Dante.
2J. Lo studio del (rarlanda pare a me assai poco degno delPoc-
casione ohe l'ha ispirato. Vi fanno assolutamente difetto il metodo, l'in-
formazione e un retto criterio nell'app rezzare i fenomeni. A ciò va at-
tribuito il disordine con cui la materia si presenta. Siccome però quet&ti
materiali non mancan d'interesse, cosi mi si conceda di qui esteo-
dermi circa alle più importanti risultanze che se i^e ricavano. 1. d di
sillaba aperta, seguito da r e 5» in f: ky caro, mer mare* lunari lu-
nario, »j« naso, squ^si quasi, ecc. ; rv ape, megru magro, Tpfri padr<*,
m:ri madre, sembran poi aggiungere altre serie d'esempi. Ma par di-
verso il caso di taloeff -ej selvatico, num. 45, veg * opaco' num. 40. —
Esempio di metafonesi è l^vri plur. di Idvri labbro* 2« e' di sillabi
a|>erta in et, fenomeno del quale il Garlanda par non essersi accorti):
Cronaca e Bollettino bibliografico. 201
rei rete, sei sete, teila, kandeila, seira, véi vero, -é/--?ré, pcis pece,
empreisa, seìv sego, peivri pepe, zineivri ginepro. — Come altrove
noi Piemonte, sigffa secchia, w^^a orecchia; e forse castìTta car
stagna. 3. Tra gli esempi di i in ti, nella vicinanza di labiale, anche
Iihnmia scimmia, num. 44, e piibbia pioppo, pag. :«6, che sarà per
plbbia (cfr. Bollett st. d, Svixz. it. XXIII 90). 4. sHvia stufa, num. 53,
(esempio diu' in i dav. a labiale. 5. Sempre -i (^e ed i) in fine di^pa-
rola (tèm»u temere, skrivi scrivere, fursrùi 'forbicine* forbici num. 53,
ihbli debole, peivri pepe, levn lepre, fevri febbre, pvn^ meri^ ecc.,
lihnìni LiMBN num. 12, tinsi undici, quinzi, ecc.); e V-i pare stare
anche al posto di -o, laddove questo seguiva a muta +r: tec?n ladro,
/iiTi labbro, zineivri (-vì-u n. 27) ginepro, zendri genero, tenàri te-
nero [ma mpgru magro, alegru, 'Peìni\. 5. Notevolissimo il proten-
dersi fin qui del vezzo lombardo, per cui a J-, ^-, ^gg- {^-j- -j'-), cons.
*^i ^-«i <5ons. +0 si risponde per z risp. /: ine gennajo, sth-e giu-
rare, iwf giocare, itine digiunare, zendri genero, zia gelato, zenziva
gengiva, maz maggio, enkdzu incudine, ^aia gazza, pianit piangere,
i'^nzi tingere, sunia sugna, fUnz fungo, sendn cenere, serf cervo,
sitala cicala, Servèl cervello, sresa ciliegia, siulla cipolla, sdreii Cer-
reto, vehsi vincere, cauSiha calce ; e / è pure la risultanza, come nel
lombardo, di cj e tu sqnarse squarciare , iris riccio , gias ghiaccio,
hhnasa^ tersia treccia. Cfr. ancora sùmniia * lomb. svnia. 6. Il n della
f annoia xn + voc. ridotto a in rana, kuruha, kùna^ hena catena,
kauiina [fursiti a num. 53]. — Par essere' h anche davanti a con-
bDnante, non solo in hngua ecc.; mra anche in vehsi, tehzi, sirene,
e cosi sarà in pianzi, pianta, ^^np,' ecc., per quanto l'A: qtii'non si
serva della grafia fonetica. — Manca un capitolo sugli accidenti ge-
nerali, nel quale avrebbero potuto trovar posto i casi d'accento come
r€is radice, heil badile, meis tneistr maestro, hei cadere num. 59, peila
padella, dove certo sarà sempre da accentuare èi, keha catena, per
^hejnay da •cflàia, e len, per *lejn, non da leve, ma da •/a-i?i la-
tini*, pdu e pae'ìxr paura. Contrazioni sono anche in treni tridente,
frH fratello, vel vitello. Epentesi in preia pietra, skovi ^ scuotere \
ó^r chiodo; in Arù^e tsucehi^jo, ih xncò (lomb. inkò) oggi, cioè *inclò'
(cfr. incoti inchiostro). — Infine, non trovo che sian classificati esempi
come Jarcu Giacomo, orffu organo, enkùzu incudine; al num. 62, si
pirla solo di -ti. da -fiLU.
202 Cronaca e Bollettino bibliografico.
24. J. Schmitt si propone di dimostrare che il gr. medierale *Pi(t*
xov : fatum, sors, fortana, periculam, si connette con ^cC« radice, venuto
a dire 'radice di montagna' * scoglio'; da qai proverrebbe il basso lat<
risicum, onde poi risico ecc. Per quanto esposte con molta dottrina,
quéste conclusioni non mancano di sollevare dei dubbi. Intanto, per-
chè -«- non ^ ? Mi si dirà, perchò il dialetto che prima accolse la pa-
rola poteva esser di quelli in cui x si riduce a ^. ^ Ma quale sarebbe
questo dialetto ? Poi la tonica. Il gen. réi/egu (antic. reisego e re^ego)^
il piem. réisi {arreisima réisi AlionOi ed. Daelli, 228, arreisiani 110,
233, 318) postulano rI- (e di risicat parla inlatti il Meyer-Lùbke,
Gramm. stor.-comp., § 30) e sarà quindi da T anche Ve del lomb.
résega e del prov. rezegìte, là e dell'ant gen. regego e del mod. piem.
rés'egh dipendon dalle arizotoniche, e Vie dello sp. riengo offre certo
minori difficoltà movendosi da e (• e od I) che non dall'i del tardo *Pc>t-
)C9v. D'altra parte Vi di risico^ rischio^ ecc., sarà dalle arizotoniche,
come, p. es., ò dalle arizotoniche il piem. ars'igh {*ars'ighé). A questo
e' non soddisfan dunque nó'PcCcxtfv nò resecare. V. Kdrting*, 79ft\
Flechia VOI 382.
25. Il Goidanieh rettifica e emenda in qualche punto il noto la-
voro del D'Ovidio sul dialetto di Campobasso. Circa all'infinito cosi
detto sincopato {pwtd ecc.), il 6. vorrebbe raffrontarlo con casi come
i vocativi Franci ecc. Ma si tratta di cosa ben diversa. La sincope
dell'infinito è di quasi tutta Italia, e va piuttosto raffrontata alla ri-
duzione del partìc. ^^o «u- -t- ad a ù » anche in dialetti che solita-
mente non lascian cadere -4-, p. es. l'emiliano.
20. Una delle due etimologie del Mejei^Lubke riguarda Ta. fr.
besaine e il sopras. maxeina alveare. Il punto di partenza dev'essere
un bé- bè* o bisèna. La parte suffissale ò certamente celtica, e si
mostrano altre formazioni analoghe; ma sarebbe incerta la radice. —
Intorno ad -énus, v. ora anche l'art, del v. Pianta in Wòliflin's Ar-
chiv. XII ;M7 sgg., dove pure si viene a parlare (368 n) della proposta
del M.*L., ch^ò respinta, per sostituirle invece l'at In^zeina^ la cai se-
conda parte si continua nell'it zana^ lomb. x4^*na, ecc. Ma può ^ n*
spondere a z germanico ? £ ricordo ancora il ven. btuo de ove, berg.
hitt de ae, alveare, onde forse il vaiteli. bu/ó\ berg. bieòl bagnolo e
■ Uno z parrebbe rispecchiato dal e dell' a. gen. re^ego^ Flechia Vin 382
Cronaca e Bollettinp bibliografico. 203
alveare, mil., pav. bisò' alveare, sciaq^e. — L'altra riguarda il frnc.
frelon^ ch'ò derivato da un germ. *Kor%lo (furilo in un glossario aat.)
corrispondente etimologicamente al lat craòro.
27. 11 Pieri combatte, parmi senza ragione, la opinione fin qui
ioralente circa all'origine dei verbi in ^gjfiare^ per cui propone quindi
un'altra spiegazione assai artificiosa. Pass^ poi ai seguenti etimi: am*
I/toccare, magtigna^ sarebbero, il prillo, da un 'macca che starebbe a
^JUCA, da cui il secondo, come baoca a baca. — axzo maniera di fare,
dal nominat actio, e cosi pure lazzo^ proposta ben accettabile, pui*-
cùé si consideri actio come voce dotta. -^ bargia giogiga de' buoi, ecc.,
da barba incontratosi con gorgia. — bergolart chiacchierare, da un
*ceròtttoi<e. ^ bglso^ assai bene, a veder mio, diU vulsus di Végezio.
^ bucchio tunica della cipolla, da lobvs, come anche buccia. Ma è
impresa disperata, il volei^ mandare con quest'ultima forma, il tose.
I/uscio -a, il lomh. glissa; poichò il s toscano e il ^ lombardo si corri-^
spendono perfettamente (cfr. lomb. tip « uscio^ angossa « angoscia^ ecc.),
ma il p non può essere in Lombardia da cj. — aret. ctyo legno marce->
scente, derivato egregiamente da garuss. — carpgne^ sarebbe dal*
Tare, carpare^ e questo da carpers. Ma come si spiega il passaggio
dalla 3* all& 1^ coi\jug. ? — calrìosso proverrebbe, poco verosimilmente,
da CAUOAB ossuM — ciarUa sarebbe ciampa (lucch.) commisto a pianta.
-^ dgmpo andrebbe con ciampa^ per un fenomeno, che al Pieri par
'evidente, ma a me non riesce tale, e per cui a' + nas. + cons. potrebbe
dare al toscano q. *— pist. ciQspo^ sarebbe da cabspbs, derivazione
oltremodo improbabile. Anche in Lombardia ò éosp malazzato, vale-
tudinario, valses. cieuspu e ciospa vecchio sdruscito, valm. cùsp ter-
mine di spregio pei vecchi, ecc. ^ chian. citela rosolaccio, andrebbe
<'on cUela bambina, ragazza. — fuscello, da *fu8ticbllu. — gavvie^
da cAvu. — gaziurroj da gazzarra contaminato da zwto. — granr
^cola pesce margherita, con ragione dal ven. granala m^c ranci-
f-uia; ma non occorre la fase intermedia *cranctpula postulata
dal Pieri, la formola voc. + cu , ben potendo riuscire direttamente a
''OC. > (0)0, o la dissimilazione potendo già esser avvenuta tra i due ff^
il ^grancégola. — imbuto da *imbutor. Non vedo la necessità di ab-
''indonara la base imbììtu, il 'riempito' tanto potendo esser l'imbot-
*atojo che la botte. — intirizzire^ da are. intirizzare^ e questo da in--
tero^ derivato mediante -izidre. — * intruschiare ^ da intrusu, per 1»
204 Cronaca e Bollettino bibliografico.
via di *iNTRUsicuLARB. — * fìidìidrctccìda, con troppi - sforzi da *mere-
tracuìa. — inantrugìare da %nan[u] trust are, — inazzeranga,
da mazza attraverso mazzdnghera che esiste ed ó da spiegarsi come
pozzànghera. M&v'ha esempio di una analoga metatesi? Pruttosto
crederemo che la metatesi abbia prima avuto luogo nel verlio (m«iJ*
serangare allato a mazzaììgherare), e che da qui siasi poi tratto pnaz-
zeranga. — ìneldfigolo da mblum, come Tare, ceb'dngolo da cItrcs.
— nicchiare^ da *mctictUare, — ot^zko^ deverbale da orezzare^ e qu»-
sto da HORRiDU, per la via di ^horridiare. — aret pagella pa-
aiuzza, da paoblla come pània da pagina. Ma perchè non ^paélla f.
— pagUolaja giogaja ' de' buoi, per- ^paglidjola da palbaru; ma o
metatesi di cui vorrei vedere altri esempi. — lucoh. puppattorino pol-
pastrello delle dita, da pQlpa. — pist. rabbrezzare raccapezzare, an-
drebbe, con rabberciare. — raganella ecc., da raucl*. — pist rtfcioln
cosa appallata e rotonda, da *rotjolo^ e cosi' il luceh. grdcioto^ comt*
truciolare da ^derotjolare. Le difficolta fonetiche sono enormi. —
ruticare da %'ótìcare, •=— lucch. sfòQnchio macchia dMnchiostro, d:i
^/òovonchio e • questo col lucch. bofonchio vespa crabro. — scalmana
da xxuiAx con immissione, quanto al suffisso, di caldana, — sen. sct'i-
m
quo -reo rovescio d'acqua, ecc.; andrebbe con serqua, — sganga*
sciare f rincontro di sganasciare con sgangìierar'e. — sghembo, da
STLB^mus (Pesto) che va interpretato come 'storto'. Alla stessa ba$»*
radduce il Pieri Talto it. scalembro^ il che mi parmen ovvio. Piut-
tosto gli ricordo il piem. sgihb (ali. a sghemb) \ il piac. sginf {<*
sganf), e il boi. schibizz, mirand. sghiòiàz. — lucch. sgrollone acquaz-
z.^ne, da scrollare. — chian. s'guillare sdrucciolare, sguizzare, « squU-
lare (da squilla); cfr. scivolai^e^si^tLKKK. — chian. sollemme pian piano,
da soLLBMNi^, e ne viene l' it. Ijìnme l^mvne, come già era detto ir.
Misceli, nuziale Rossi*Teiss, pp. 404-5,— spilluzzicare, lìer ^spilu*^
cicare e questo da piluccare, — sen. spreparato spettoracciato, con
preparare, — chian. stempeggioìxc spintone, per metatesi recìproca,
da spemeggione; v. Misceli. Rossi-Teiss, p. 411. ->- stuzzicare^ da
toccare, per la via di *toccicare. Confesso che non mi convincono n«»
questo né gli altri esempi che il Pieri adduce per z'zi da ed, — pi^t.
• s)it\h}se e *)' pi'jjjipo, curvare. C è il sospetto che v' entri gibbo (^^a
Cronaca e Bollettino bibliografico. 205
s'cercignoi'e versare, iterativo di 'versare'. Mi non mi par giusto il
modo con cui il Pieri spiega la forma, il cui primitivo ò nel montai.
t emare e risale a ^versiare. — tQnchio baco delle civaie, sarebbe
da Tonchio Antonio, cosi com' ó da Giovanni il sinonimo giannino
lucch. ecc. -* aret. trasto impiccio, impedimento, da transtrum. —
sen. trespiggiire "ire andar pian piano pur facendo un certo rumore,
per ^strepiggiaret e questo da trbpidu. — chian. fu/*f a- nebbia densis-
sima, da TYPHUS. -^viluppo; il ^ppo andrebbe spiegato dal plur. ti-
luppi (« *voLUPL-) non più compreso come "ppii^ di qui avviluppare^ ecc.
Ma e che ne facciamo del frane, envelopper ecc., di cui v. Mejer*
Lùbke, Rom. gr., I § 503?
28. La prima delle etimologie del De Gregorio riguarda il* basso-
lat. bladum e i suoi riflessi romanzi. Invece di ripetere inutilmente
il già detta da altri senza venire, naturalmente, a nessuna conclusione
nuova, il de G. avrebbe dovuto indagare prima il rapporto che corre
tra biacta e biaca^ due forme che ricorron l'una accanto all'altra per-
sia nello stesso documento, e diffuse per dialetti nei quali tra il -f/-
« il *r- non riesce di stabilire nessun rapporto. — gagliardo da gal-
u\. E il ^-? — tovaglia^ da tòga. Premetto che le forme italiane e
iberiche sono un gallicismo; ma anche per il frane, touaille non vedo
che vi sia un ragione voi motivo di abbandonar T etimo fin qui am-
messo. — bléine con blàsphbmàre ( ! !).
29. Nel suo interessante articolo, il Parodi svolge una teoria
da lui già propugnata (Bullett. della Società dantesca, III, 100 n), e
secondo cui neViflessi di -idiahb (-izare) alternassero, a seconda del-
i*acceQto, due evoluzioni fonetiche, di cui l'una conduceva a -tare l'al-
tro a ^eggiare: si sarebbe cioè avuto a un dato momento l'alternare
di aleggiti con alicwe (poi aljoi^e); da afjare son poi estratti dei de-
verbali come alfa. Notevole la lista degli esempi che sono addotti a
riprova della tesi e che in parte rappresentano delle ben seducenti
etimologie: celiare da celare, onde poi Cfjija; ammaliare da malu; c/i-
l^fiare m dile{quare) + *{ligue)fiare {^liguefeggio). Interessante, in fine,
una Dota sol diverso valore dell'alto-it -èri (bakanéri^ ecc.) e del tose.
-éo {piafffustéo\ e la raccolta dei vocaboli toscani che mostrano un v'
passato in t nell'iato.
30. n Gorra cerca di ristabilire con molta e solida erudizione
il testo della famosa Alba bilingue, il cui dialetto egli assegnerebbe
aila Francia meridionale.
206 Cronaca e Bollettiao bibliografico.
31. La Signora C. Michaélia de Vasconcellos tratta dogli a. sp.
yengo^nguedat^ngar^ di cui dimostra che debban corrispondere, e
derivarne, agli ihìgenuus, inqbnuitas, i!f6BNUA.RB delle scritture medie-
vali. Ma quanto sicura parmi la dimostrazione, altrettanto incerto
parmi il modo come viene spiegata la evoluzion fonetica delle basi
latine; di che v. anche XV 453 ^
32. Il prof. Grescini ha avuto la fortuna di scovare una copia fin qui
ignorata e riscontrata direttamente sulla pergamena originale del fram-
mento epico bellunese. La copia è del 1577 e in essa il testo cosi suona:
De Castel d'ard avi li nostri bona part, I lo geta tutto intro lo flumo
d^Ard, e sex Cavaler de Tai^vis li plui fer con se duse li nostre Cavaler.
33. Mi manca Tanimo di seguire il Biadene per le molte pagine
in cui, prendendo le mosse da termini dialettali come zina caprug*
gine^ nella 1*^ nota, da bòvolo nella 2\ passa in rivista e dichiara
una non ispregevole porzione del Vocabolario neo-latino. Sono vere
operazioni cesaree, alle quali non tutti sanno reggere.
Lo scorso giugno fu pubblicato, pei tipi del Barbèra, la Raccolta
di studii critici dedicata ad Alessandro D* Ancona festeggiandosi il XL
anniversario del suo insegnamento (Firenze, 1901; pp. XLVIII-791).
Nel poderoso volume c'è qualcosa da mietere anche per noi. Rod. Re-
nier (pp. 1-12) nel fornire Qualche nota sulla diffusione della leggenda
di Sant'Alessio in Italia, tocca anche del poemetto di Bonvesin con-
servato nel cod. 93 della Trivulziana, riproducendone qualche sag-
gio. — Ireneo Sanesi (pp. 145-64) spigola da lettere inedite di Gi-
rolamo Grigli delle notizie che anche interessano la stampa del Vocah.
CateìHniano. — M. Barbi (pp. 241-59) ci intrattiene, dandocene in-
sieme un saggio, intorno a un antico codice pisano-lucchese di Trattati
morali, e fornisce uno spoglio fonetico e morfologico dei componimenti
^ In questa stessa pagina deirArch. m*ero io avventurato all'etimologìa
delPa. sp. brecuelo, senza avvedermi, ciò onde mi faano cortesemente av-
vertito il Menéndez Pidal e il Meyer-Lùbke, che vada letto breguelo,
' Tra le forme dialettali, non vedo ricordato il nap. ainq (Andreoli),
che sarà la ina traina. Nella Raccolta di voci romane e marchiane è incesa
che è forse da ragguagliarsi a 'incisa'. — Neirancon,, occorrono cagnaia
e capretta, e Tuna e Taltra voce ci fanno chiedere se, in capruggine ecc.,
non sia da vedere 'capra* senz'altro.
Cronaca e Bollettino bibliografico. 207
in esso coQteauti e risalenti ai sec. XIII e XIV, che si può consi*
ddrare come una assai utile e diligente contribuzione alla conoscenza
di quei dialetti ndlla loro fase medievale. Circa ad aitade et- età, non
vi si tratterà dell'^ di ab[vi]tatk, ma di la Od Vaitày con ai atono
ridotto poi a et. Guiliardone^ guiderdone, ò allegato non so perchè
sotto M\ mentre avrebbe dovuto esser menzionato al paragr. del 'd\
Ma si tratterà di un gallicismo {gtdliardon anche neir a. yen.) Di
lunpingaiore, t. XII 411, XV 210. Non si tratterà di -ef- soppresso
in aintendeì^Bf ma di a premesso a intendere (cfr. ausare, aocchiare, ecc.),
« in reitaggio, se legittimo, vedremo un di (redit-) dissimilato colla
soppressione di d\ notevole forma in ogni modo, che potrebbe ispirarci
un diverso giudizio intorno a retaggio, Semmana, eh* é anche nel Voc,
« ritorna nel nap. semmana, sic. simana, sarà certo un gallicismo. —
II Del Lungo fpp. 297-303), parlando dei contrasti fiorentini di Ciacco,
rileva le frasi più spiccatamente fiorentine di essi, e si sofferma, alle-
ssando anche esempi dell'uso vivo, su in parte per intanto'. Il D'Ovidio
riconferma, in alcune pagine (617-35) non meno argute ed eleganti che
«tradite, la sua scoperta circa alla distinzione mantenuta nella poesia
era 12 sordo e zz sonoro, e produce nuove ed importanti testimonianze.
Dà ragione di qualche apparente eccezione, tra cui sozzo, pronunciato
a Firenze con zi, ma che dall'esame delle rime della D. C, dell'Orlando
Furioso, ecc., risulta non rimare che con parole come pozzo, risulta
cioò avere zz sordo. Questa circostanza porta il D'Ovidio a un note-
vole discorso suiretimologia di sozzo e d'altre voci come lazzo, doz-
zina, calza, giungendo a conclusioni che pajonmi in molta parte accet-
tibill. Fa rilevare la perspicacia del materano Stigliani (157«)-1651)
autore àeVCOcchiale e di un'opera inedita, intorno a cui il D'Ov. dà
«{aalche cenno, e dove ò notevole la divisione della favella italiana
i^ due: quella del Mi e quella dell'io. — Il Nevati, infine (pp. 711-02)
tratta di an*antica storia lombarda di Sant'Antonio di Vienna, e dei
rapporti che ha con essala storia abruzzese d'uguale argomento pub-
blicata dal Monaci. Questa rampollerebbe da quella. Il N. chiama
*1 imbarda* la scrittura da lui pubblicata, basandosi certo su altri
'-riteri che non siano quelli della lingua; questa, in realtà, detrattane
1 1 forte patina letteraria, detrattine gli elementi alto-italiani comuni,
SI appalesa piuttosto come veneta; cfr. piaqua piaccia 0, fa^fa^
fii 30, cet'tamentre^ vet^amentre 6*3-4, lìare mare 109.
2i)S Cronaca e Bollettino bibliografico.
Ben meritate onoranze venivan pur rese il 28 gennajo p. p. al
prof. Ernesto Monaci, al quale i suoi scolari vollero presentare un
ben nudrito volume (Scritti vari di biologia, Roma 1901), dove allato
agli studi storici e storico-letterari, non mancano quelli che più pos-
sono interessare i lettori deirArchivio, 1. Luigi Gauchat (pp. 61-.'.)
ricerca Torigine del molto diffuso • sono avuto ' per • sono stato '. Nt>
constata la diffusione (v. anche sum avue fatte sono state fatte, nelle
antiche preghiere dei disciplinati di Saluzzo, Biondelli, Saggio, 00:^),
e giunge alla conclusione che il punto di partenza del costrutto vaJ v
cercato nella concorrenza di è ed ha nei modi rt è o vi ha. Confessa
di non potermene persuadere, per quanto alla mia volta nulla possi
proporre. Nella Lombardia, p. es., non si dice che elgW è *vi ò\ mai
el ga vi ha. Bisognerebbe vedere fin a qual punto possa servire li
ricognizione di costrutti come *mi sono svegliato' allato a 'mi ho svt^
gliato', lomb. «e /tip de fai se avessi da farlo, e il •sono' per 'ho', nei-
rausiliare, che s'ode in molte parti d'Italia, cosi nelle Marche {sor-
ciato ho ricevuto a Rapagnano, Pap.), nel Lazio (so dormito, so r^ìuO»
a Marino), nell'Abruzzo, nel Novarese {son fai ho fatto, vson setw
par ubidì vi ho sempre ubbidito, a Terdobbiate, i son risi ho visto.
I son trova ho trovato, i son face corraro V ho fatto correre, mi #o.<
pardur io l'ho perduto, a Trecate) e nel Piemonte {son mtuigd h>
mangiato, a Moncalieri). —2. Mario Pelaez(pp. 105-121) pubblic:^
ed illustra un Detto di Passione del sec. XIV scritto in un dialett »
il cui fondo è umbro, e che il P. vorrebbe anzi attribuire a Città «il
Castello basandosi suUV di tresse trasse, che veramente nulla prov . ;
poiché Va non ci si offre nelle condizioni in cui nell'aretino e nel ca-
stellano a diviene ^, non è cioò in sillaba aperta. Se tresse non é ai
errore per trasse^ penseremo dunque a una qualche analogia (p. *'>.
a un *tré fatto su fé diè^ e venuto a commescersi con trasse)^ o tu>
talpiCi volgeremo la mente a Perugia, dove modernamente s^ha, p. e^ ,
ehiesso chiasso (v. Qiorn. st d. lett it. XVllI 250). Del reato il cob*
mento linguistico si appalesa alquanto superficiale, e molti esem. .
sono allogati ne' diversi numeri grazie a mere apparenze e a ooa d> *
chiara idea della ragion loro. Che serve, p. es., porre fiero^ fecer ,
rurica, ridian^ sotto E lunga; gionto, curre^ corre, sotto u lungo, tue: ,
tutto, sotto CT? Perchè, invece, non si trova sotto nessuna rubnc ,
il se di fansce false, cosci così, spatasciando (« spadaceiando. e:'.
Croaaca e Bollettino bìbli#grA&co. 209
spadacci-^Ua, 3padaccino)ì E eoa qaal ragione, degli esempì come
gie capegle ì capelli, dove !'-« ò per mera evolosione fonetica e che
si conservano e son sentiti quali mascolini, véngon posti fra i meta-
piasmi ? Nel lessico, non avrei dato ricetto a conovìre aver cono-
sciato, un infinito impossibile, e dove sarà invece da introdurre l'e-
luendazione canove eio 'conobbi io'. Vi manca invece pì^una nel no-
tevole passo gisse a schaldare al fuo^o a casa da una pruna chó io
interpreto *andò a scaldarsi al fuoco vicino a delle brace (a una bra-
*iera)', a casa avendo il valore e l'origine del frane, chez^ e pruna^
non ragguagliandosi a prunus, come par credere il P. coU'allogare
che fa la voce tra i metaplasmi, ma a prùna carbone ardente. Quanto
a Hcerare, esso significa evidentemente 'meritare', e risalirà certo
a LIBERARE, per la via di 'finire, consegnare il lavoro (efr. il frane.
iivrery 'esser rimeritato, compensato' 'meritare'. — 3. C. Avogaro
(pp. ir>7-8) ripubblica, di su i suoi Appunti di Toponomastica veronese
(Verona 1901), il cap. V, nel quale si considerano i nomi locali atti-
nenti alle condizioni del suolo. Malgrado qualche arditezza e qualche
deficienza nella parte fonetica, deve giudicarsi un lavoro fatto con
huon metodo. — -1. C. Trabalza (pp. 185-80) pubblica una Laude
umbra e il saggio di un libro di prestanze, del sec. XIV la prima,
Jd XV il secondo. — 5. V. de Bartholomaeis (pp. 203-214) tratta
di un frammento bergamasco e una novella del Decamerone, tentando
U restituzione metrica e in parte linguistica del testo ch'ò in Lorck,
Altbergm. Sprachdkm., pp. 89 sgg. — 6. E. Bovet (pp. 213-62) ri-
torna sulla vessatissima questione di andare ecc. Egli valorosamente
lifende ambulare, come base di questa famiglia di voci, riinsistendo
sulla estensione all'intiero verbo di una forma accorciata *a^\iAa pro-
pria imprima del solo imperativo. Ecco, che cèrti verbi abbiano all'im-
perativo una forma accorciata è fuor di dubbio, e non è men corto che
questa forma potesse poi accaparrarsi tutte le altre voci. Ma per
quanto ne posso io vedere, badando agli esempi allegati dallo stesso
ti^kvet ^, queste forme accorciate non tendono ad altro die a dimi-
nuire il peso materiale della parola, dove decapitandola, dove sven-
* Cfr. ancora il vie. dmelo dammelo, il ven. dm e viìray vorè^ guarda»
iruardate, codogn. are e vare ^guardate. Queste ultime forme re n don h^n
}.r"^»abile che sia da mandare con garder il frane, garer.
Archivio rloUol. iUL, XVI. H
^^^^ Cronaca e Bollettino bibliografico.
trandola, dove mozzandone la coda; mai non avverto ch'essa condu-
cano a delle speciali alterazioni fonetiche, che non sian necessaria-
mente determinate dalle nuove combinazioni cui gli accorciamenti
davan luogo. A tale stregua, io posso bene spiegarmi che da a'mbcla
SI venisse a ^arnla^ amlare^ e quindi a tor, aller^ mar, ma non riesco
a spiegarmi annar^ e meno ancora andare, lì Bovet s'associa allo
Schuchardt e al Bréal nel ritenere esservi delle etimologie che s'im-
pongono malgrado le leggi fonetiche. Secondo il mio povero avviso,
è nostro dovere invece di sottrarci alla sedazione di qualsiasi a-'prion,
a di non lasciarci imporre che da quelle etimologie le quali soddi-
sfino nello stesso tempo e alla fonetica e alla semantica. Senza di cb'>
la nostra disciplina non avrebbe ragione d'essere. Sia pure che 1^
norme fonetiche noi conosciamo solo parzialmente e imperfettamonto ;
ma questa deficienza non può, non deve essere una ragione per non
tener conto nemmeno di quel poco, su cui la scienza può fare un si-
curo assegnamento. — F. G. Cappuccini (pp. 311-23) fornisce una
lunga e interessante lista di verbi italiani, di formazione neolatina •>
italiana, nei quali alternano la coigugazione in -are e quella in -Ire.
— 8. G. Grocioni (pp. 420-43) descrive il dialetto di Ganistro nel-
l'Abruzzo , ma la cui parlata s'accosta a quelle della Ciociaria. L i
descrizione, abbastanza buona, si limita ai fatti fonetici e a an int*"-
ressante glossario. — > 0. T. Morino (pp. 513-30) fornisce delle not^
e degli appunti sulla letteratura romanesca. — 10. Ann. Te anero ni
(pp. 513-40) pubblica due antiche laude a S. Francisco in lingaa t<^
scana letteraria lievemente colorita di ombro. — 11. P. Fcdklk
(pp. 555-60) comunica due testi volgari in diaL di Fondi (Campania)
di cui il primo risalirebbe, a giudicarne dai caratteri paleografici, al
sec. XII, il secondo è del liOl. ^ 12. P. Tommasini Mattiuo. .
(pp. 561-67) pubblica delle antiche poesie religiose dell'Umbria, di
sa un codice della fine del sec. XV.
•
Einfuhrung in das SCudium der Romanischen Sprachwùtensrhafl
voti D/ W. Meyer-Lùbkk (Heidelberg 1901 , in-8, pp. 224), — Qu.-
' annar si spiega del resto da andar appunto per via della foniM xisf
pcrativaiì accorciate.
Cronaca e Bollettino bibliografico. 211
«t'opera ò come T introduzione a una serie di manuali romanzi, che
sta imprendendo la libreria Winter di Heidelberg, ma può conside-
rarsi anche come un assai utile e desiderato compimento della fon-
damentale Orammatik d. rom. Spr.^ di cui è testé (1(K)2) apparso il
r ed ultimo volume contenente l'indice lessicale. In essa TA. si pro-
pone di orientare chi entra nuovo nel campo della linguistica neo-
latina, di additare i problemi insoluti e la vìa per scioglierli, e quali
problemi già siansi sciolti. Nella introduzione, dopo fornite le neces-
sarie indicazioni bibliografiche, TA. tratta dei limiti esterni e della
struttura intima delle lingue neolatine. Nella prima parte del libro,
si mostra quale sia la materia su cui è chiamata a lavorare la glot-
tologia romanza. Nella seconda, si ragiona dei diversi compiti di essa:
compiti biologici, compiti paleontologici. Fra questi ò la indagine to-
ponomastica, intorno alla quale ci si regala un capitolo, affatto nuovo
nei libri di linguistica romanza, e che VArchivio saluta con partico-
lar compiacenza.
Lateinisch-romanisches WùHerhuch von Gustav Kórting. Zweite
Vf^rmehrre und verbesserte Auflage (Paderborn 1901 ; in-4^ pp. VI-
i?oI). ~ Accresciuta si, migliorata no, questa nuova edizione. Che
C'itti i difetti, che si sono rimproverati alla prima edizione di questa
opera, ritornano nella seconda, accompagnati ad uno nuovo: la somma
s.'orrettezza tipografica. Gli articoli son si cresciuti da 8951 a 10469,
ma quanto maggiore sarebbe stato 1* aumento se il K. si tosse ap-
pena accorto che in Francia s' era nel frattempo venuto compiendo
il THctionnaire generali Con tutto questo non si può negare che anche
la seconda edizione sarà, in mancanza di meglio, uno strumento di
hvoro utilissimo.
Grammatica slorico-comparata della lingua italiana e dei dialetti
t'fS'^ani cUW. Meybr-LQbkb. Riduzione e traduzione aduso degli stu-
'f'-nti di lettere per cura di Matteo Bartoli e Giacomo Braun. Con
a.jgiiuUe delCautore (Torino, 1901; in.8.^ pp, XVI 209;. — La ver-
sione italiana della Grammatica del Mejer-Lùbke risponde a un vec-
chio e vivo desiderio dei nostri studiosi; i quali particolarmente si
ompiacciono, non solo delle preziose aggiunte dell'autore e de' tra-
duttori, ma anche e più che l'opera sia stata rimaneggiata in modo
'ì\ riasci re utile pure ai principianti. E in fondo un libro nuovo che
ci sta davanti, e farà tra noi del gran bene. Ma dobbiam deplorare
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^••UiWJL 1? Bollettino bibliografico.
« >i)«^tiici i dialetti, turbando così, in modo talvolta
n-^-C^Aoismo deir opera originale.
'tiai4,u.'o nella lingua italiana. Lessico con appemluv
■ '■■ '^>f^ji'iM/%i,s), di D. Enrico Zaccaria (Bologna, 1901; in-8%
\i'.^>i'). — Questo libro fa prova nell'autore di molta dili-
J :ortv> utile di veder qui riuniti per ordine alfabetico un
^ ^- .. va)vv»io numero di voci italiane di vera o presunta origine
.* w.ui.k. \i^ le deficienze nella coltura linguistica e nel metodo son
' ' w *ii4mu>^jjjiare non poco l'opera. Basti dire che TA. non ha co-
AA'» y U^vori che sull'argomento son venuti pubblicando negli ul-
^^* ' Aiiui il Hruckner e Th. Braune ; e basta del resto paragonare
•^^^»iv dol primo con quello della Zaccaria, per capire quanto que-
'» liiuiMiga a quello inferiore. Ma al Zaccaria non manca Tattitudint^
^ ^Ai^ aiudi, e certo quand'egli abbia perfezionata la sua coltura e
'"'^ lu.u > più profondamente sul soggetto, non mancherà di darci un
^^^'i'^» quale tutti in lUlia desideriamo.
*l Libro delle Tre Scritture e il Volgare delle Vanità di Bonvesin
«'« h'ica editi a cura di V. de Bartholomaeis (Roma, 1901; in-S.%
l»l». l.>8). Queste scritture di Bonvesin, che il de B. ha il merito
d aver quasi scoperte, aumentano la fama e il bagaglio letterari del
[ii>eta milanese, ma sono anche un buon contributo alla dialettolofjria
luodievale della Lombardia, e il de B. lo ha dimostrato colf utile e
Iwm elaborato glossario ch'egli ha aggiunto ai testi. Per agra^ cfr.
Tant. engad. a^j^/ra pena, noja, affanno; per anot^^fó^a, eh' è r»cordai>
irisiome ad altri strumenti musicali, mi chiedo se non sia ^allodo-
l^tta' (cfr. berg. tuklola allodola, eh' è nello Zappettini), veauto aJ
.'ipplicarsi a uno stromento musicale; per biassare^ esso dico * strit*.»-
lare', e non si scompagna dall' it. biasciare; per cayro^ cfr. corti"
i/iella^ il cui e-, dice giustamente il de B., ò singolare di fronte al c^
di tutta Italia, e sarà quindi da giudicarsi, per quanto si tratti vi&
ben insolita grafia, come ciai^, cosi come cagro è ciagro •chiar»>'
lume; per digo, noto che, nell'esempio del v. 708, non è precedat'^
da più, e in ogni modo da tutti gli esempi risulta chiaro il senso di
•a lungo, lungamente' che ci conduce a diu (Kórting* 3042^ *; foér-
' piti (Ugo ^pià a lungo*, anche nella 24* strofa della Disput^àtìo ro«)^
•:au) viola.
Cronaca e Bollettino bibliografico. 213
d'ito andrà interpretato per 'profondo'; alzando non ci legittima
|)unto a ricostrurre olzire, forma che non ricorre mai al posto di
Mire; per re in saver de re^ cfr. il lomb. save' de bon aver buon
oiore; redeso pena, tormento, e sarà da un *redezar e questo rap-
presenterà un 'errateggiare (cfr. il ven. rddega lite, ecc.); regoì'oxo
^luale epiteto di 'spino, sarà da rubus rovo, e Yorrà dire 'spino di
rovo'; nella combinazione in regoroxo^ poiché rota sarà ^ ruota', vorrà
dire 'rotolando' (cfr. ven. rigolar rotolare, ecc.); screvoroso sarà
SI 'scrofoloso', ma vi sentiamo insieme a-evar crepare, screpolare;
^quaiarare è una svista per squatare, e questo dice 'squassare '; ster-
gH2 andrà molto verosimilmente emendato in scergne scherni; per
stramexo^ cfr. lo siramadhezarse dello stesso Bonvesin, a cui stra^
mezo^ quando non si voglia la dichiarazione che se ne dà in Arch. XII
4:^5, si connette per la via di stramezar, *stramaezar; teìnporio sarà
t**tnpóriOf da paragonarsi col lomb. tempò'ri; volui andrà emendato in
ridia.
Studi sul dialetto triestino di Gius. Vidossich (Estr. da L'Arclieo-
^rafo Triestino, N. S., voi. XXIII, XXIV; 1901). — È, per l'eccel-
lenza del metodo e dell'informazione, per la saggia critica che FA.
in esso dispiega, il miglior lavoro che noi si possieda su un dialetto
v^'neto. E riesce importante per la Venezia intiera, comechò il V. si
si\i applicato a continuamente confrontare il triestino colle altre va-
riati della regione veneta; anzi il capitolo della Morfologia, si può
«lire una morfologia storica, forse un po' prolissa, del dialetto veneto.
§ 2 d. In cuslier ecc. sarà pur da vedere, com' è già stato afermato,
il frane, cuiller^ onde, con s prostetico, sculier^ poi cus^. § 13. Non
mi pare che le ragioni del V. possano indurmi ad abbandonare la mia
dichiara7Ìone di krèna crine. Circa all'o da ti -i* nas., son sempre vivi
li venez. brogna prugna, e il veron. Homi legumi. § 17. Per la storia
di IO da t/ó, si ricorda anche piòvala bambola, di fronte all'antiq.
yavola^ da pupa. § 151. Mi pare strano che la forma fe'o^flfr ecc.,
limitata a Chioggia, debba spiegarci il tragante^ cacciatore, eli" è di
molta parte della Venezia, e che non si vede perchè si debba sepa-
rare da erogando (: tratti: dagando : dar^ ecc.). § 173. Circa a s'è
Ks. V. il tentativo di spiegazione clf è in Krit. Jahresber. IV, i, 163
«* «laello del Parodi, Arch. XV 2S n.
Del dialetto di Pirano, Saggio di Pietro Parbnz.vn (Trieste 1901;
214 Cronaca e Bollettino bibliografico.
in-8% pp. 24). — Son ventiquattro sonetti, che costituiscono un ben
gradito documento della varietà istriana di Pirano.
Piccolo dizionario del dialetto moderno della Città di Verona^ per
G. L. Patuzzi e G. e a. Bolognini (Verona, 1900 [ma 1901]; in-8*
picc, pp. XLVIII-276)- — Non mancavan fin qui i testi del dialetta
di Verona, ma mancava un ben fatto «lenco delle sue forme gram-
maticali e un inventario copioso del suo patrimonio lessicale. All'uno>
e all'altro difetto supplisce all'ora, in modo abbastanza soddisfacente,
questo dizionarietto.
Poesie in dialetto rustico feUrese dì V. Zanella (Feltre, 1901 ; in-S**,
picc, pp. 63). — Notevoli saggi dialettali di una zona, che non ne
va altrimenti ricca.
Vocabolario del dialetto bolognese di G. Unoarelu, con mia intro-
duzione del prof, Alberto Trauzzi sulla fonetica e sulla morfologia
del dialetto (Bologna, 1601; in-8.** gr., pp. Li-340). — Parecciii e di-
screti vocabolari già s'avevano pel dialetto di Bologna; ma quello del-
rUngarelli li supera per la intelligente selezione della materia, per
la copia di termini raccolti anche nella campagna, per la esatta e
conseguente trascrizione fonetica. Son tuttavia da rimproverare all'A.
l'abbondanza di inutili definizioni, e le etimologie, non sempre conformi
ai dettami della scienza, che si trovano sparse qua e là pel volume.
— La introduzione del Trauzzi è soddisfacente per la parte fono-
fisiologica; un po' meno, forse, per la parte descrittiva e storica, che
ò pur buona, e in ogni modo rappresenta un progresso sull'analogo
lavoro del Gaudenzi.
La vita privata di Bologna dal sec. XIII al XVII con appendici
di documenti inediti, di Lodovico Frati (Bologna, 1909; in-S.**, pp. 280).
— Dei documenti inediti la più parte, latini o volgari, interessan gran-
demente il dialetto di Bologna nel M. E.
El cidcier dia Sgnòura Margarétta cun la Sgnòura Rusèina^ del--
Ving. G. Ramusani (Reggio-Emilia 1901; in-8.* gr., pp. 79). — Serie
di 71 sonetti in dialetto di Reggio-Emilia.
Rime in Dialetto Vogherese di Lissandren dra Roussela (Alessan-
dro Maraollano) con prefazione del dott, Attilio Butti (Oasteggio,
1901 ; in.8.^ picc, pp. XXXVUH79). — Il Maragliano ha qui rac-
colte, aggiungendovene parecchie di nuove, le sue poesie, che costi-
tuiscono una bella esemplificazione per il buon lavoro sul dialetto di
Voghera procurato da P. F. Nicoji (Studi di fil. rom. Vili 197 sgg.).
Cronaca e Bollettino bibliografico. 215
Vera .. . de lira di Speri Delia-Chiesa (Milano, 1901 ; in-8.* picc,
pp. 191). — Questi versi sono in dialetto milanese; ma il brioso boz-
zetto che ai legge a pp. 59-68, ò in dialetto rustico di Varese.
Aneddoti in dialetto romanesco del sec, XIV tratti dal cod. Vat. 7651^
da Marco Vattasso (Roma, 1901 ; in-8.^, pp. 114). — Il V. pubblica
(lue rappresentazioni sacre della natività e della decollazione di S. Giov.
Battista, una Leggenda di S. Grisostomo e due laude sulla fine del
inondo, accompagnando i testi con delle note a piò di pagine e in fine
• on un glossario delle voci e forme notevoli. E un pregevole contri-
buto alla conoscenza del dial. di Roma nel M. E., e il V. avrebbe
accresciuto i nostri motivi di grazia ove avesse fornita una illu-
>trazione sistematica de' testi. Rilevo queste voci e forme : parvisi
paradisi, p. 63 n., che il V. ben connette col frane, parvis, la qual
voce starà quindi a base anche del merid. p/irarùo; oneAi anche, che
e pure di varierà marchigiane antiche e moderne; figate fiate e re-
jame reame, il cui ^g* si rivede, in analoghe congiunture, anche in
altri esempi laziali, meridionali e marchigiani, ed ò forse -t>- in an-
terior fase (cfr. daventro , dentro, « abruzz. davendre - da entro *,
Massafia Kath. gloss. , e il march, nivente niente)^; gessire uscirò,
con gè dalle rizotoniche (cfr. giesca) e qui da jè' (cfr. anche già io,
p. I^in, m Jòi o « *jéoì); guegga non può corrispondere a 'guitta' né
/^ì senso, nò per la fonetica, e sari forse da emendare per guerra
,'aeroia, cieca; lieso parmi non possa esser altro che labsus; meta^
mossa, non sarà un errore per motaì; ìiogianle non si ragguaglic-
rebÌK» a *nocente' piuttosto che a 'nojante'?
Scartoccènney di Jsò Procaccini (Civitanova*Marche, 1901; in-8.*
picc, pp. 118). — Una prefazione in prosa e delle poesie, dialettali
ioasi tutte, nella varietà marchigiana di Pausula (Macerata). Docu-
menti veramente notevoli e interessanti.
Voraòolario inetaurense compilato da Egidio Conti (Cagli , 1898-
il*Ul; in-V, pp. XV-339, e Appendice p. 1 — ). — Il Vocabolario
(■'jmprende il dialetto vivente nelle valli e nei versanti del Canili-
^Miano, del Metanro e del Foglia, e già per provenire esso da questa
' C'^ «oche altrogio altrui, cioè ^altntjo notevole anche per la tonica.
' Invece iUtjentro, ap. Monaci, \neddoti per la storia lettor, dei lau-
4**1, ecc., gloss. 8. Y.
ti 16 Cronaca o Bollettino bibliografico.
regione può contare suir interesse dei dialettologi. Precedono delle
noticciuole grammaticali (paradigma dei verbi, ecc.), e segue il vo-
cabolario, concepito un po' prolissamente, ma venuto a ristringersi
di molto dalla lettera S in avanti. Son introdotte le necessarie di-
stinzioni tra suoni aperti e chiusi, e altri spedienti, e in tutto pua
dirsi che il lavoro colma una lacuna.
Un bel nò (Verona, 1901; pp. 5); — En fna misra tavla. Ma h
mi contessena (Verona, 1901, pp. 5); — di Ettore Guidi di Filomeno.
— Sono poesie in dialetto pesarese.
^Na munellaia da munellacce aricconUiia ar mi' fijo « Antonirosa^
(Orvieto, 1901 ; in-8.* gr., pp. 30); — Xa presa d'Oi'meto. Ussia fatU'
stanche vere der iS60 (Orvieto, 1901; in-8.« gr., pp. 61); — di <'iu
seppe Cardarelli. — Gustosissimi saggi del dialetto d'Orvieto.
Jl Condaghe di San Pietro di Silki, Testo logudorese itiedito dr, se-
coli AT, XIII pubblicato dal Dx Giuliano Bonazzi (Sassari-GagUari,
1900; in 4.^ gr., pp. XLVI-159). — Intorno a questa splendida puh-
Iilicazione della casa Dessi, cosi straordinariamente interessante per
la storia del dialetto logudorese, intratterrà quanto prima i lettori \\
prof. Guarnerio.
Foìielica del dialetto logudorese (Torino, 1901; ìn-8.*, pp. 78). •'
Sulla quistione delCintacco del C latino (Torino, 1901; in-8.*, pp. l**),
di G. Campcs. — Anche intorno a questi due buoni lavori riferire
particolareggiatamente il prof. Guarnerio.
Della Raeloromamsche Chrestomathie del dott. C. Decurti ns, oh»» >
vien pubblicando nelle Romanische Forschungen del VoUmòUer, s«>:ì
testé usciti il 2.* e 3.® voi. Contengono un vero tesoro: la leii'»r.i
tura tradizionale, in grandissima parte orale, di Sopra e di S.>m>'-
selva (voi. 2.*) e le melodie dei canti (voi. 3."j L'Archivio, a cm J •
studi ladini devon tanto e che conta il Dee. fra i suoi collahor.it *"
(VII, I51-t3(5l), ò lietissimo di segnalare ai lettori quesf opera. ni!i
quale il Dee. ha prodigato cure faticose e infinite, cure della me:i' '
non meno che del cuore, e che costituirà il monumento s^re per^r^
nius della lingua ladina dei Grigioni. — A compir Topera mancar. •
ora i voi. 4* e O-IO"*, i quali son destinati ad accogliere la lettor »-
tura del Sur5<»es o Ob^^rhalbstein, della valle di Monastero e d'»!'.»
lombiir Jo-l:i'iina lJn\^'agIia.
Cronaca o Bollettino bibliografico. 217
Il Signor José Leite de Vasconcellos, tanto benemerito della dia-
lettologia portoghese e che ha recentemente concbiuso il 2^ voi. de-
i^'li Estudos de Philologia Mirandesa ha testò pubblicato una Esquissc
(rune dialectologie poHugaise (Parigi 1901; in-8.* gr., pp. 220) la
quale, con vera e forte competenza, tratta tutte le quistioni, d'indole
;:enerale e particolare, che si riferiscono alla vita e alla storia dei
dialetti portoghesi, tanto di quelli parlati nella metropoli che di quelli
parlati ne' paesi colonizzati dal Portogallo nelle varie parti del mondo.
*
Romama (XXXI, 121).
A. Thomas, Problèmes étymologiques, A proposito del ir. caillo*t^
per cui ò proposta una base ^caclavus, d'origine forse gallica, il Th.
i>assa in rassegna le voci greche latinizzate che hanno la penultima
lunga, per trarne delle conclusioni circa al loro accento, che, in fondo,
won ò fisso \ Ci passan davanti, coi loro riflessi romanzi, ^xapji;, và^
i^r.Xo; (la torma con -/-, onde poi r, anche nelPa. lomb. gatnero *, gam-
f'iro , xxuivoa, :i»icupoc, ^{vxicc. — Il secondo problema ò ti'ovare ecc.,
li cui ò vittoriosamente dimostrato che non possa risalire a tiirbark.
In una poscritta, il Paris mira a stabilire che anche dal punto di vi-
>ta semasiologico, turbare ò ben lungi dall'essere al riparo da ogni
objezione, e che, in ogni modo, questa base non ò meno difficile da spie-
^'are che non *tropare, il quale ha sempre in suo vantaggio la sicura
''irrispondenza fonetica. — Lazare Sainéan, Les élémenls orientaxix
* /i roumain (continuazione). — Mélanoes. Ad. Mussafia, Par un passo
del ratnanzo di Flamenca, — A. Delboulle, Loùicel Unsel locel etc, —
Charles Joret, Huterel. — Ov. Densusianu, Roum, indati na^ da-
lina, — Giacomo de Gregorio, JL (a) bizzeffe. Si propone l'ar.
^fisz ef moìto^ proposta ben accettabile, ma tutt' altro che nuova
IV. Vino. Tommasini, Alcuni vocaboli creduti provenienti della lingua
àraba [Firenze, 1888], p. 17, che il de G. cita, ma solo sull'autorità
l'altri e per attestare la pronuncia bizzeif), ~ E. RoUand, Derìda
' Circa a potxv^Vy cit, frti- bedu ne* dialetti alpini di Lombardia, con
■'ui andrà Tare. it. buturo bi^ biiurro XV 377 n, per lo quali ultime formo
lon sarà punto necessario di ammettere una metatesi tra le vocali dello
«ine prime sillabe (cfr, butùrcm nel Georges).
* Che sarà poi Ta. gon. gameo Vili 97 1. 7 ?
1 N. *.
Cronaca e HoUoctino bibliografico.
V év »*4'ji^e. — CoKREGTioKS. G. P., Sur Soiie de Ma usai
.^ >x'*'^^ KKNDrs. G. Cipriani recensisce il libro dello Zaccaria
'.'% ruvrJato. — P. M., Recensione di Regittres consulairei
V. .->* •</* en langue romatie avec résumé frangais (iSTO^iif^'»'
A * ( if*>tès pai' Marcellin Boudet, et précédés cTune préface il'
V. V> l\u»uias. — PfiRioDiQUEs. Revue des langues romanes. t XLII
.«V. à'v^'uibro, t. XLIIE janvier-décembre. — Zeitschrift fur romani-
N u» riulologie XXV 5, 0. — Stucy di filologia romanza Vili. —
v'i<»\wrrt, Livres annoncés sommairement (pp. 167-76).
iV ette des lanr/nes romanes (XLV, janvier).
l\ (Miabanoau, Cne tioavelle èdition du Roman de Flame^tca. —
VvHiKriis. J. Ànglade, La Socìété des ^Langues Romanes' à Bon>,
HAìUìOìM^ delle feste celebratesi in Bonn il 26 ottobre p. p., coui-
(Moiidosi il 2r>* anniversario cattedratico di Guendalino Foerster, a'
t|ualo anche VArcJùviOf che lo ebbe e spera di riaverlo in avvenir»»
U\\ i suoi collaboratori, ò li<»to di mandare i più cordiali mirallei^r-'.
— UinLiooRAPHiR. Maurice Oraminont fa rilevare ì' importanza d**!! »
Kinfùhrnng del Mejer-Lubke (v. qui sopra), e del promettentissim »
H:t.;gìo di Matteo Bartoli, Vber cine Studienreise sur Krforschwi'j //••»
. l itromamschen Dalmatiens,
Stndj di filologia romanza (IX, 1).
L. Biadene « Carmina de Mensibus * di Bonvesin de la Rica, -
ir, A. Cesareo, La Sirventesca d*un giullare toscano. Sul noto o.»ni-
ponimento del cod. Laurenzìano S. Croce XV, 6. — Paul Maroh«»t,
J)ans quel sens en France et en Italie le houcher estati le tueur *l'
^boucs^ì Le parole bouchjr rispettivam. beccajo non posson rif*»rir>.
al * becco' già adulto, ma al capretto 'maschio', che appunto v«*niv»
e viene macellato su' larga scala. Per la stessa via, posso io ori
spiegarmi che qualche dialetto lombardo (v. Romania XXIX TCvi m
abbia per 'becco' nna forma che assai verosimilmente dipende d.il
plurale. — Cesare de LoUis, Proposte di correzioni ed ossertazi'.-.t
ai testi provenzali del Manoscritto Campori. G. S.
I
I
SPIGOLATURE FRIULANE
DI
C. SAIiVIONI.
ajine nocca, giuntura delle dita.
Mi pare che anche per il Iato dell'idea ben convenga *agina,
Kdrting 365, dove è, per un errore, *ag!na.
beta frequentare, praticare, b itine e
confidenza, assuefazione.
(Pir. p. xcvui). Piuttosto che ad ' abitaare ' *' abitoanza ' (per
-inet = '4Hza, cfr. gratfiéUnze), penseremo ad ' abitare, abitanza '.
Cfr. beUe abita, IV 835. Si tratta certamente di voce dotta, e
per il significato transitivo, cfr. il brianz. abita ritenere i cibi
nello stomaco.
baule bacca, fògule.
Allato a balde sta baule, e allato a fògule sta fòle. E vuol
dire, qui, che ^acla si continaa allato a facula. Quanto a
bàule^ 6080 è *baciila; e baule n'è solo foneticamente divariato,
poiché avremo bu da òu S il principio doò di qnella evoluzione
che conduceva da *faula *iaula *paraula a fòla, téla, paróla,
da *fraula fragni a al piem. fróla. La prova di questa evo-
* Un altaro esito friulano di du è eu (v. Ascoli I 486), e afilli esempi noti
«i paò aggirtogere fhanèuUt da confrontarsi col candela, ecc., di cui in
fUK XXVIII 96, Zst. XXVII 129-30.
ArehiTio «lottoL ital., XVL 1
220 Salvioni,
luzìone parmi fornita da fògtde, che sarà *fòule^ ridotto poi a
fòffule per la immissione di fdcu, o attraverso "T^irii-.
(hdzzis
" due aste di legno fra le quali è attaccato un unico cavallo
per tirare la vettura ^, Pirona. — Avremo qui quella stessa
base onde il frane, érhasse, Taret. scaccie trampoli, il lomb.
skónàa (levent. èS^ia) gruccia. V. Ktg. 8431 ; Dict. gén.. s.
* échasse '; Beitr., 123n.
Esempi sporadici della caduta di s- impuro occorrono qua e
là ne' dialetti, e son dovuti a motivi analogici, soprattutto alla
presenza e mancanza simaltanea, in più voci, del «• intensivo
{birro e sbirro, frinì. pièrsul e «p- pesca, ecc.): friul. brume e «''-
schiuma S ert. grepión scorpione, Zst. XVI 322, piac. p*mif^i
spugna, parm. iàbàrga stamberga (Qorra, Zst. XVI 376), mil
cont. tre- e trappà strappare, bellinz. rust. karsék scarsella.
montai, paratéri ' sparviere ', mil., ver. yeàsegA allato a ^ af-
frettarsi, ven. sptssegar^ friul. spesséà^ dove forse c'entrava U
dissimilazione, valm. traM ali. a HrasH stillicidio, breec. iami^V
stampelle (?), e co/fofi»=«co-(P) Beitr. 103 n.
«
^hécul balbuziente.
La inesorabile fonetica ha qui distrutto una reduplicazione
imitativa. Sta cioè ^héad per *kikul, e questo ricorda il bellun
checkignar, il mesoldn. kekmié, il monf. ehechée ', balbettar!** il
ven. $keìeé (v. Mariolo, Monom. stor. I 22(»), il sic. rMem haU**
* Circa al 6-, efr. il venez. thiùma ali. a spiuma. — Ma la voce ir.u..
earà *«6um/, e dietro a sb- bì park sviluppato inorganicaxnento il r. V t
avanti, Tartic. ' crodie \
' Il Ferrare, Gloss. monf. ', ». ' chechee *, allega anche un parm. •*;
cim-na egli balbetta.
J
Spigolature friulane 221
Si tratta, come ognun vede, della sillaba ke raddoppiata, per
esprìmere Io sforzo che fa il balbuziente nel pronunciarla. Cfr.
andie i levent. : tadlà (= * taUlà) e fafé tartagliare.
chialart sguardo.
Non si trova nel Pirona, il che parrebbe accennare a voce
ormai spenta e sostituita da ^haMde. Ma un esempio del sec. XVI
ò registrato dal Joppi, IV 335. — E la desinenza che qui vuol
occuparci. Il Meyer-LUbke, II, § 519, allega, insieme alla nostra
voce, glutard inghiottimento, bussava baciamente, rutard ruttata,
ai quali aggiungerò revoUard manrovescio, pissard pisciata, su-
stard singulto ; li allega come esempi di un'applicazione *" somma-
mente notevole ' del suffisso -^rdo,
E singolarissima sarebbe questa applicazione veramente. Sen*
nonché, io dubito assai ohe -ard sia qui il suffisso ^rdo. Il mio
modesto parere è invece questo: chialart èia risultanza dei due
verbi sinonimi rhalà * e ìiardà, o, se voglìam meglio, di rhalàde
e di ^tcard o *suard sguardo. Non piii intesa questa genesi, -rfrd
venne preso come un elemento derivativo, e sulla norma chald a
rhalóde : : gÌMlard ^ si modellarono pissà o pissMe : : pissard e gli
altri, e s'arrìvò anche a ghUard da gluVi ^.
* Pare il veneto doveva avere calar guardare; poiché Tattuale cafUmar
non ti può spiegare che dairincontro appunto di cal^r con lumar. Anche il
fatto che calummr sia venuto a rimpiazzare, in un oerto senso {calar o ca-
lumar drio calar dietro a q.), Taltro calarti è una riprova delVanteriore
«ftùtensa di calar guardale. Circa airorìgine della qual voce è impossibile
^acotÓMjni collo Schneller, Die rom. vlksm. I 229.
* Si noti che chialart pare avere ne' documenti la precedenia cronolo^oa.
' Del reato, se non un ^gluté^ poteva aversi un ^tfiutddé, come negli
<«cmpi addotti in Stadi di fil. rom. VII 228 (§ 486). Ai quali esempi son
<U MggÌMMMigeTe i piem. bod -oda bevuta, di^ dioeriweza, vie strensóda stoetta,
•irawoUàfdm stravoltura, pon$éda pnnsone, istr. rerzàda de hóka * apertura di
r/occa* sbadiglio (Ive, 97), ferr. pianzdda sfogo di pianto. Anche il venes.
foratm aeorribanda, corsa, e il trevis. bevata (Ninni III 281) riverranno poi
'ioi. malgpMio l'-d^a al posto di «dda.
222 Salvionii
cividin.
Chiaman coiai l'abitante di Cividale ^, il ' cividaleae ' ; e ricordo
la forma per insieme menzionarne altre, nelle quali U derivato
di patria par non dipendere dalla forma che attualmente riveste
il nome locale ; bensì par risalire a un tema da cui e questo e
il patronimico egualmente si traggono. Ho presenti, oltre a eiridln,
questi altri:
polesdn - Polesine *.
ìnonf errino - Monferrato ^.
albetése ' AlbeUone (Vicenza).
bordigóto - Bordighera ^.
comitato - Comigliano *.
' Cividale {Zividàl) è anche il nome che danno ini luoghi alla città di
Belluno, nello stesso senso quindi in cui, p. es., le valli superiori a BeUio*
tona danno senz*altro a questo luogo il nome di Bor^o (andd a Bgf%\ noti»i
la mancanza dell'articolo), e ritoma, qual nome di frazioni, in territorio di
Bozzolo (Cremona) e della Mirandola. — Quanto al OividaU friulano, esK>
si chiama anche Cividót^ alla qual forma corrispondono e il Cividaium àt*
docum. medievali e le riduzioni slave e germaniche (v. il Pirona, « cfr. O*
vidate nome di luoghi delle prorincie di Bergamo e di Brescia). Onde eividm
(cfr. il ni. Oividino fraz. di Tagliuno-Bergamo) ben potrebbe stare a CbViiU/
come stanno veritiero^ caritevole a verità, carità. Non penso al nominativo
Civiid cosi frequente nelle provincie meridionali, da cui poi il diminutivo
CiviteUa.
* Potrebbe essere ^poleeendno, con una dissimilazione sillabica come qu«lU
ch'è nel vie ptmiaree^^jmniimaru (opinione) impuntarsi, ostinarsi.
' Nel Piemonte, manferrino potrebbe essere ^monferrO'imo *momftrraid](mo.
* V6 di bordiffhe^to è breve, e si esclude perciò ohe possa esser» la rido-
zione di eó {^bordigóto).
^ Formazioni d*ugual genere, nel sostantivo, sono forse il ven. ^ihww^-
agonvJOf allato a gueela ago (v. Tuno e 1* altro nel Patriarchi), gli iul.
eenseria (cfr. eemale) e naceajucìo * fabbricante di nacchere * (ToB&m. . d
ven. gatér gnidator di zattere, ohe però ha allato a sé aaiarér^ oome v*faa
del resto wata ali. a aàtera, il trent agòu avvoltoio (cfr. ógola aquila), poi.
radoHMel sp. di radicchio (^ *ra<f momm/ ?). Comune a tutta Italia è
(«ic. rtufimiifii'), ma qui pure c*é il sospetto d'una dÌMÌmilazione.,
spigolature friulane 228
cuàdri SC' fieno, gramigna.
Dev'essere chòrdu (Etg. 2149), che in qualche dialetto (bel-
lun., trev., ert. dork, berg. còri, ecc., v. le mie Postille al Ktg.,
s. * chòrdu «) vive col significato di ' guaime, fieno di seconda
segatura '. La forma del dittongo {uà) ancora ci fa testimonianza
della fase prematetica {*cuard').
diseónzi sciogliere, disgìogare.
-^ómi deve rappresentare non altro che un *coómi *cojòmi
co[n]j ungere (cfr. il sard. cojuare conjugare, Ktg. 2421). Un
deverbale è in a disconz alla libera, a lassa ^
«
dòn gè appresso, vicino.
Non mi par difficile, ne per il significato nò per le ragioni
fonetiche, di mandare questa voce colla preposizione lungo, ecc.
(v. Meyer-Llibke III 241, 483). E infatti la Ladinia centrale ha
dhmgiaj ecc., negli stessi significati della voce friulana (v. Alton,
r)ie lad. Idiome, s. v.). Ben è vero che, nell'aggettivo, il friul.
ha lung (fem. lunge); ma si pensi a donghe, frand, strani, cui
stanno allato adunche, frund, strunt (v. Ascoli I 496-7). £ come
queste ultime due forme si rivedon anche nella veste di frind
e strini, così a donge si pone allato dingia ' in qualche varietà
' Altro deverbale friulano da verbi che non siano della 1*, è sctigne
Bevetaità (cfr. aengni necessitare, dovere).
* Per ^immgia* Ben è vero che la riduzione di u^ ad / in ttritU e frind
ha «ma ragione speciale nel nesso che precede (cfr. ancora ertj per *cruéj,
Afcoli I 496 n., e il cam. pl^ per*piuejo pioggia; e analogamente, erodi
• redere, di fronte a viodi vedere, si spiega da *criodi; e si considerino anche
i «-«si di mancato dittongo, come grètt, gròss ali. a grui89y ecc.). Ma, a tacer
«aehe di esempi come ìMgn bisogno, si pensi che *dmngia era voce prò-
«litica, 6 io so d'aver trovato in qualche testo rechinxà racconciare (per
rtruimxé', cfr. euinft I 496).
224 SalvioBÌ,
carniella, p. es., in quella di Pieria (comune di Prato Gamico),
della cui parlata si legge un saggio in Pagine friulane II 47-8 ^
Quanto al d-, esso rappresenta un accorciamento sintattico di
del", e ricorda dejar = delaxare (Ascoli, XI 422 sgg. , XII
26-7) ; e T-a sarà il solito degli indeclinabili (cfr. danghe^ avonde,
ance, parie).
dòrie
'^ solco maestro che riceve e trasmette ai fossati l'acqua soperchia
del campo; acquajo; testata del campo non arata «, Pirona.
Potremo noi congiunger questa voce friulana col piem. dòjra
rigagnolo? Se sì, bisogna rinunciare a connettere questa col
nome del fiume Dòjra Doria, e pensare ad altro. Un etimo che
allora converrebbe alle due voci sarebbe *aciuatoria. Ma l'evo-
luzione sarebbe diversa nel Piemonte e nel Friuli. Qui (dove s'ha
anche agadòr e agadòrie doccia), si potrebbe pensare a un tron-
camento di quelli ond'è parola in Romania XXXI 287 (cfr. an-
cora munio demonio, Magagnò IV 15 6, 50 a, 57 J, clusion con-
clusione, Lovarini, Antichi testi pavani, 277, trev. fazion sazietà
*' soddisfazione ', bellun. staliera rastrelliera, non senza influenza
di ^ stalla ', stibiar seccare, da paragonarsi col fasttbio fastidio,
del pavane); là potrebb'essere la normal riduzione di un e- od
ovójra (cfr. èva acqua, e overi rovescio d'acqua), passato attra-
verso *eorja od o[v\órja, e premessovi poi un d- ^.
* Questa varietà fornisce delle notevoli aggiunte al § 282 b dell' AsooU. Ài
ghàrpind, carpano, del Pirona s'accompagnano, cioè, qui ùrdint ordine, e -v^
per 'in nella l'pl. (vivint avevamo, hévèrmt bevemmo, hMèArint lasciammo, ecc.
[ma vévin avevano]). — Circa al 't dietro a -t. ricordo il fórsU forse, di
qualche varietà, e dnzit anzi, nel Pirona. Questo "t ascittisio determina poi
un esempio come depueH allato a depuesit,
' Si potrebbe pensare pure a una caduta di a^a- rìspettiv. etfo-, nella
fase di agadòria rispett. *evadófraj caduta determinata dal sentirsi -dòrie, ecc.,
come secondo elemento d'un presunto composto.
Spigolature friulane 225
duainte^ treslnte.
Non credo che qui ci stia direttamente davanti il neutro di
ducenti trecenti; non lo credo, perchè non si capirebbe
l'assoluto prevalere del neutro. Onde ritengo che nelle forme friu-
lane d si conservi la traccia di un centum declinato (cfr. lo
sp. cien pi. cienios)^ e cioè duo, tria *centa, disposato poi a
ducenta trecenta.
e ni In innesto.
Non potrebbe non essere dal frc. enter, non risultandomi che
da imputare (KOrting, 4799) si potesse qui venire a *en/tì.
E del resto la voce indigena per etdln suona incalm o calmele.
facile scricciolo.
Forse da * fava ', vi^to che gli corrispondono favln a Ferrara,
facuddu a Barletta, fauzza a Lecce (Giglioli, Avif. it., 532) ; e la
ragione n'andrebbe allora cercata in ciò che si paragoni la pic-
colezza dell'uccello a una 'fava', pressappoco come Tit. cece
e il già ricordato favtn s'applicano a ragazzi o a persone di
piccola statura.
Ma da favite prendo pretesto per richiamar l'attenzione degli
studioò au -fi^, fem. -fle, che nel friulana ^ è suffisso diminutivo*
Non è forse esso più vìvo, nel senso che lo si possa applicare
a qualsiasi nome, ma solo appare come irrigidito in un certo
numero di sostantivi e aggettivi, che, pel fatto stesso dell'ag-
* I triest. ibigolft panra, porziifr salumi^ o, già son dati come friulani dal
Tìdofisich, Dial. di Trieste, 5 70, 115 h Nel belliineae, sono sporehU odi-
none, che va fino a Treviso (▼. Chiarelli, Vocab. s. * bastar '), e pazzH
^garden. p<uz) id. — Ben più offrono le varietà istriane e soprattutto quella
di Dignano: arkita archetta, kuplto acconciatura del capo, ìanUe, seupka
(altrove -Sta); ▼. Ito, Dial. deir Istria, 121, 122, 124.
226 Salvioni,
giunzione del suffisso, acquistano un significato speciale, e in
pochi altri colla schietta funzione di indicare il diminutivo. Ed
ecco gli esempi fomiti dal Pirona: arbuscttt alberello, bUU balocco
(cfr. il lombardo belée ninnolo), biUU belluccio , biUte donnola
(v. Flechia II 50), biltte lino delle fate, cazztt cencio che si ap-
pende al ventre dei montoni perchè non possano accoppiarsi,
ghacaroniU chiacchierino, ghalzumiU castraporci (cfir. il bellun.
rust. scalzamii pitocco), coatte piccola coda, coatte piccola cote,
^tte civetta^, dispetosttt dispettosetto, favtte, groppttt piccolo
nodo, maltte mallo (cfr. il bellun. malut), mosghttt zanzara, mo-
sghtte punteruolo della vite, mulisttt e mumlttt molle, tenero
(cfr. mvlisln id.), pamttt pannicello in cui s'involge il bambino,
pizUt Piccolino, purcttt porco (cfr. purcièll id.) , ramuscttt rami-
cello, sclopttt scoppiettio, smoghttt moccichino, tofhtìt guazzetto,
uarbttt orzaiuolo, Agnolo ^, uarbtte orbettino. Inoltre i seguenti
nei quali -itt s'aggiunge ad un primo suffisso -iss-^*. codisstte
piccola coda, claudissttt piccolo chiodo, ctMrnissttt cornicello,
palissttt pinolo, cavicchio, pradissttt praticello. — Nel verbo,
abbiamo sbUità lisciare, svoglUà ristringer l'occhio per veder
meglio cose minute, q. ' far l'occhio piccolo ', aclopità scoppiet-
tare, crepitare, da cui forse dipende il sost. sclopttt.
È certamente singolare, in questo -ttt, V incontro del friulano
^ Circa a guUef ecc., si sa che si tratta del frane. chimeUe. là -Uà di questa
▼oce ritoma a Belluno, Treviso e nella Ladima centrale, e potrebbe al
postutto trattarsi d'una sostituzione onomatopeica, il verso della civetta
venendo appunto udito anche come cuuvU; v. Yesnaver, Usi costumi e cre-
denze del popolo di Portole (Fola 1901), p. 215.
' Deve trattarsi in origine di un *uard{U (cfr. ttàrdi orzo), in cui s*è
immesso tmrb orbo. E la stessa vicenda vedremo nel vie. orMgolo.
^ Questo 'Ì88'f intorno alla cui origine non so pronunciarmi (se si rag-
guagliasse all'it. 'icciOf vorremmo oltre a 89 anche zz\ occorre raramente
airinfuori degli esempi allegati nel testo ; lo si rivede in vidissùte viticella,
e in predssmtt pretuccio. Gli sta accanto -ess- in predessdtt pretaccio, e
forse si tratterà non d'altro che d'una assimilazione dell' « di ^predisaàU
all'a della prima sillaba.
Spigolature friulane 227
collo spagnuolo. Ma non sarà un incontro meramente illusorio ?
Propenderei a crederlo. Il Meyer-Llibke, Il § 505, spiegherebbe
infatti lo sp. -^to da una contaminazione avvenuta tra -éUo e
'loco (-feo). Ora, se anche gli esempi di 'iceo (-£k -i?) non man-
chino al Friuli ^ la parte di esso è tuttavia troppo poca cosa
perchè gli si possa attribuire una uguale efficacia che nella Spagna.
Meglio penseremo dunque all'incontro di -ino e di ^iUo^ incontro
favorito, e forse promosso, da ciò, che con "Uto si integrava
la gamma vocalica (diminutiva a più gradi e con più sfumature
e mesddanze) nella quale già figuravano -étto -atto ^utto -atto.
fenili fienile, ecc.
Accoglie il vocabol. friulano un certo numero di sostantivi
in jJ cui stanno allato delle forme con -li (= -clu), come se il
toscano avesse *fìenicchio -glio allato a fienile. Gli esempi son
questi: fenil -/t, barll 4i, badil -2t, ghampantt 4i, pastarU -li il
punto del piede del cavallo dove si legano le pastoje, prò- pre-
pradA "li pertica di legno per innestarvi il giogo, ecc., trapelo,
sdrundl sdamali strillozzo, seramandl scar sanali stemo, osso
del petto degli uccelli, se- sgridél 4i scommettitura, manul -noli
manipolo, covone^.
Di fronte ai quali stanno paril -li pari, uguale, cumil (masc.)
' Notevole soprattutto nUlighe allato a malUe (efr. smalUà e smaU^).
L>el resto, pivlfke lentiggine, musicc e mustice muso, fulztehe, nome d'uno
•tnnnento musicale, buri^h fascina di ginepro. Nel verbo abbiamo la triade
«inonima plovi^hà, abivi^hà, rcui^hd, da cui i sostantivi bivi^he e rasffhe. —
Poco assegnamento sarà poi da fare su piUce appetito (cfr. dispiticéasi
levarsi Tappetito), ottenuto per dissimilazione di t-<, su cireukc allato a
eircuUt eiioaito, né su $9mdice vendetta, ch'è un deverbale da tvÌHdieà»9i.
' Cfr. anche ceaendéli piccola lampada (Ktg. 2170), pUurili pettorìno,
pa/o- pofmarili falò, stampanUi spilungone, pucinartti strillozzo, marcandoli
'•maceione, dove si tratterà per lo più di nomi originariamente in -/. —
Inverso è il caso di brbiU brolo, tràtdi treggiuolo, dove l'-i quasi puntella
i nessi 'jl- e -i^-.
228 Salvionì,
cornacchia, che presuppone tuia forma collaterale *cumUi (tem.
eumtle). I quali due esempi non credo rappresentino una doppia
risoluzione di -clu che un dì invalesse per ogni caso analogo,
e che avesse poi promosso fenUi, ecc., ma piuttosto dipende-
ranno essi dai doppioni del genere di fenU -li.
£ questi doppioni si spiegano nel pih facile modo, movendo dal
plurale, che riusciva identico (v. Ascoli I 509) pei nomi in Hi
e per quelli in H.
Ma dato il sing. -/ì, meglio si capisco l'analogia cui accenna
l'Ascoli I 514 n., e di cui è esempio anche ghanaffléis (Pagine
friul. n 26), l'abitante di ^Tiandl^ che fa ritenere ben probabile
l'esistenza di un *ghanàli allato a ghandl.
Andrà però giudicato diversamente un caso come bareglot dal
femm. barde. Qui si tratta veramente, come vuole TAscoIi, di
-ie considerato uguale al ^le di oréle orecchia, ecc. E cosà che
allato a nule si ha, in protonica, nugle in nugUdimeft nulla-
dimeno ^
f eràde orma, vestigio, pesto.
Sai'à come il sostantivo participiale da un verbo ^erà; il
quale poi sarebbe, per la via di un dissimilato ^frarar (v. Ascoli
I 501 8§ 71-2; 526 § 191), il lat. fragrare. Vedi Ktg.
3810, 3954.
già g ne gugliata.
Farmi non possa essere altro che un derivato da a cu, e cì<m*
*aculanea *agldna. Per -^Igtte^ cfr. filagne tììSL, filatessa.
gness, agnlss^ anche, ancora.
Vedrei in questa voce un composto analogo al pure friulano
anrhemò ancora. D primo elemento del composto (anche) sarebW
* È curioso assai zerffle ^^U allato a zerìe barella, carretta, che p«re boo
potersi staccare da * gerla '.
Spigolature friulane 229
lo stesso ne' due termini, il secondo sarebbe, in gfiess e agntss^
quell'««s 0 i8S^ issa^ che, col significato di ' adesso ', vive sempre
in qualche varietà alpina di Lombardia {ess a Bormio; iss o
issa in Val Bregaglia, ecc.), v. VII 553 »; XII 410; Zst. XXII 478.
Circa a gn- agn- per ^ anche ', ricordo che allato a an^hemò^
il friul. conosce la forma engimò (IV 317, 1. 8 dal basso), ingimò
(ib. 318, 1. 3 da! basso; Pagine friulane m 114). Ora nel friu-
lano, anche un n^ secondario può ridursi a /t, come lo provano
ingnostri inchiostro (IV 336 ; cfr. ingiostri, Pirona), e gnavd ca*
vare (TV 336; cfr. friul. giavà cavare)*; *an^-ess poteva quindi
divenire agnéss *.
luta agognare, desiderare ansiosamente.
C è anche il deverbale late nel modo sta in Iute stare in
aspettazione. — Che il verbo sia da luctare (Ktg. 5715) è pro-
vato dal jt del sinonimo bormino slojtar; la qual voce accenna
a lùct- piuttosto che a *lùct-.
mdine compagnia, società.
Il Pirona, pag. e, lo dà come termine antiquato. — Sarà
' mamea ' nel modo * manica di bricconi ', ecc. È dunque un
esempio da aggiungere al num. 235 dell'Ascoli^.
' Qui si tratta del grig. «Ma. E questo mi rìdrìama il friul. ì$9jfnòtt quatta
notte, che Teraaiente potrebbe essere per *o$gnhU ^ **»»> o ^esfnottt con
ammilazioiie delle Tocali.
* Veramente V esempio di gnav^ h di ' cavare ' in quanto dica ' levare,
togliere \ Onde ' incavare * mal parrebbe convenire. Sennonché ' incavare *
etm sinonimo di ' cavare * nel suo proprio senso, e poteva così passare esso
pure nel traalato.
* Del resto afi poteva aversi come risultante di a^<è- (cfr. ad ad Erto,
e nMmó ancora, nel oontado beUinionese).
* Per la risoluiione di un Ij secondario in J, cfr. hdje bàs balia, nutrice, e il
ni. Bwèje Basaglia, BaaajaphUé Basagliapenta (basilica pietà, ne* doc).
Gli 8*acoompagna lo $cmgm ' scodellino * del Ruxante (Wendr. pag. 26) che
230 Salvioni,
measà, masià.
La prima di queste voci è spiegata dal Pirona per ' arare e
lavorare la terra in estate per prepararla alla seminagione del
grano ', la seconda, per ' arare la terra in luglio ed agosto, a
purgarla dalle erbe nocive '. Sono in fondo la stessa voce e ben
ha ragione il Pirona di rimandare dalla prima alla seconda.
Si tratta di non altro che di ' maggesare \ interpretato non
nel senso di 'ridurre a maggese' ma in quello di 'lavorare il
maggese ' ' togliere il maggese '. Nella prima forma potrebbe
trattarsi di *maje8à in ^mejasà colla metatesi reciproca tra vo-
cali, come nel ni. Luinà ali. a Leonà Leonacco ; ma al postutto
non n'avremo bisogno. Nella seconda, avremo o *inasejà da
*maje8à ^ onde *maseà masià (cfr. odeà e odià^ ecc. , I 504), o
*maje8à, majsà, masjà.
mète, mètide, medietà, mediocrità.
Ci stanno davanti due risoluzioni del non popolare médietas.
La seconda ci rappresenta un *mèdite col successivo invertimento
di d't in t'd ; mentre la prima, anzi che un *méd'te, ci rappresen-
terà un *méjete, con dj in j, che è fenomeno possibile anche in
voci dotte (cfr. l'a. mant. fastio fastidio), con / poi normalmente
sarà scuelin '^acuilin ^acujlin, e ha quindi una storia analoga in tutto a
quella del pur pavano piegna = yen. piàdena (Beitrag 87 ; Wendr. pag. 24).
Il quale si ricostruisce per *pidma, *pidinat "piàjna, *pi4fna; e a *pidjna ci
ricondurrà anche il sinonimo piena scodella, di qualche altro testo pavano,
e il piana (cfr. il trev. pianél ali. a piaenéla piccolo piattino, ecc.) del Ma-
gagnò (II 61^ bis); cfr. ven. aasà aU. ad asse, ecc.
^ Per la metatesi reciproca nel friulano, v. Ascoli I 534, e più avanti
8. ' méte \ ^ salugèe * e * vinidrì '. Qui aggiungo mu8uUn allato a mulisin
molle, cidivòcc e civadòcc colchico autunnale, raugnà e gnaorà miagolare,
reulàr e lauràr trave orizzontale, ecc., muturusae e tumurusse cumulo, rialzo,
sbiHà e sHbià scacazzare. — Un esempio in cui le consonanti si scambiano
il posto, pur non eambiandolo la sonorità o non sonorità, è poi sghandnss
allato a stangiaz ' stangaccio * steccone, forcone. Ma ^jutava sfhàndule.
Spigolature friulane 281
soppresfiOf e colla contrazione di ^e in e. Queste ultime riduzioni
le troviamo anche in sghaldH ^ scaldaletto, allato a s^haldejèU.
naulintmentri malvolentieri.
Come nel ven. novogiando, nel mil. annavojdnt, inagojdnt,
inagojarUement ^, che sono ' a non volendo ' ' in non volendo ',
avremo qui ' non volendo ' ridotto a combinazione e senso av-
verbiale ; awerbialità resa ancor più sensibile mediante l'aggiunta
di -mefUe, la cui funzione non è qui quella che ha in ' natural-
mente ', ecc., ma quella storta che ha in ' quasimente ' e con-
simili.
nogldnd ghianda.
Pirona, pag. e. — La fusione del riflesso protonico di n ù e u 1 a
(cfr. noglar nocciuolo) e di gland ghianda.
panali
* spazzola, propriamente piccola granata fatta colle cime della
canna da padnle ' ^ canna da palude ', Pirona. — Farmi non
possa essere altro che ' pennacchio '.
parie unitamente, insieme.
Va col feltr. para con, bellun., trev. pera, apera, di cui v. il
C'avassicO; gloss., e la base si ritrova pure nèlVimpàjra insieme,
della Valmaggia, e un po' in tutta Italia.
* Che il Pirona scriTa qui •< (e arrivi aud fino a 9fkaidèd)j proverrà da ciò
«*be la coniraEione dei dae e-e conduceva a una vocale lunga, la quale tro-
vava poi la sua espressione grafica nella successiva scempia (scempio è
naturalmente anche il -t^ di B^haUdc^jètt) o nella media.
' In considerazione di questa forma milanese, sarà lecito di chiedere se
il g* del grig. gugerU (Ascoli VII 574) non sia prima nato nella combina-
li «-.ne *na tugent ' non volendo *, onde poi na g-, — Istruttivo anche il
^rrar. nujand sbadatamente (Baruffaldi, Rime, III, parte 2*, 66, 87, 157).
232 Salvioni,
Ritorna anche nella Bregaglia eotto le spoglie di daspair
'Spaira ^ ; le quali forme gettano piena luce pure sugli sper,
speras, daspera, dasperas, vicino, presso, de* Grigioni, nel cui -per
'peras altro dunque non vedremo che un pariu paria ^.
peà attaccare, legare, dispejà staccare, digiogare.
L'Ascoli, I 510, vedrebbe in dispejà un ' dispaiare '; ma dubito
che oggi s'esprimerebbe egli stesso in ugual modo.
disp&jà 0 dispeà è, come ognun vede, il contrario di peà, per
la qual voce son possibili due dichiarazioni. L'una ci porterebbe
a quella stessa base onde anche lo sp. pegar appiccicare, e cioè
a un *pìcare da pìce pece; l'altra, — e a questa pare a me
di dovermi attenere, — a * pigliare '. Per il significato, si con-
sideri l'it. impigliare, di cui s'ha il contrario in spigliare , spi-
gliato; per la forma, si confronti peà rappigliarsi, e dispeà scri-
nare, dirizzare i capelli, cioè q. ' dis-impigliare i capelli ' (cfr. il
com. despià già invocato dal Gartner). — Per Ve, esso potrebbe
avere nel Friuli una ragione tutta locale (v. Ascoli, o. e, 504,
num. 80) ; ma credo meglio ricorrere all'è, che si vede nel bellun.
impear accendere, ert. impeé, nell'a. pav. peglio (XII 420), nel
ven. pegio (friul. pèj) cipiglio, piglio^, che potrebbe essere da
un *pegiar, ma anche giudicarsi come quello di megio miglio
(misura longitudinale), eh' è dell' a. padovano, ecc., e di zegio
giglio, zegio ciglio, ven., ecc.
* Cfr. anche il borm. desp^jr dietro {desjjéjr d'una pare dietro una parete).
' V. Ascoli VII 619, Meyer-Lubke, Rom. gr., HI 490. — Pensa questuili-
timo a super; ma bisognerebbe allora supporre che la espunzione déiVu
sia anteriore airetà della riduzione del 7)- a 9. Sennonché, -p a r i u con-
viene meglio anche pel senso.
' Accanto a ;>f^fo, coli' e stretto, il Boerio annota pegio, lega di metalli,
coUV largo. Credo che non si tratti di cosa diversa, poiché, dato un pegidr^
tanto si poteva avere un'analogia che conducesse a jìéffiOt quanto una il
cui risultato fosse pfyio.
Spigolature friulane 283
pesghà calpestare.
Panni aia da vedere nella voce l'incontro di 'pestare' e di
'calcare', incontro che, compiutosi in diverso modo, è forse
anche nella voce italiana calpestare. Così il suo sinonimo fol^hà
(lomb. folkd) ^ non sarà altro che ' follare ' e ^ calcare '.
pieni oed.
Vedi IV, 338. Andrà certo letto piciiU come è da leggersi ctW
il eoe dello stesso documento. Questo piciùl va poi coU'a. veron.
pizoli ceci, e precisamente ' cicer arietinum ' (v. Cipolla, Un
amico di Gangrande, 49), venez. pezzolo ceco, a. beli, pezuoi
ipezzuoli ceci. Magagnò II 71^), ecc. Vedi Cavassico, gloss. '
ràdi frasca, broncone.
:jarà come un diminutivo mascolino del lomb. rdca verga fessa
per legare festoni, ecc., di cui v. Lorck, Altbergam. sprachd. 184 ;
Miscellanea Ascoli I 93 n. Colla stessa base andrà raculin vi-
ticcio, che ha allato a se ranculin dove par di sentire il ted.
Ranke^.
rati ramolaccio.
Sarà certo il ted. Rettig; dove circa allVi, se non Io giusti-
Scano i dialetti tedeschi che son contermini al Friuli, si può pen-
sare alla diretta intromissione di radris radice.
' Lo si sente anche nel com. folch folto, da cui o da folka, anzi che da
in gemi. *fidk (v. Briickner, Charakteristik d. germ. Elem. im Ital., p. 9\
deriTerei io il com. folco folla, calca.
* Per r etimo, può forse servire il prov. hectideu poix chiche, pensando
irAJtra parte a lomb. pizza beccare, ecc.
' La forma roncuUn sarà per una assimilazione dell' a alla successiva
Txal labiale; o quanto meno v*ha immessione di ronca potare.
284 Salvioni,
rauèzz ^ penzolo.
Sì comprenderà facilmente lorìgine di questa forma ove si
pensi die a rdta il frinì, risponde con rauide (Ascoli I 582),
e che il sinonimo bergamasco di rauizz è rg^ cPoa. Questa base
è largamente diffusa per l'Alta Italia ' : ven. rozzo mazzo, bellun.
roz cercine, bresc. rog crocchio, radunanza, lomb. rgè e róia stormo,
gregge , engad. rotseha schiera > , ecc. ; v. Lorck , Altberg.
sprachd., 203. La base n'è indubbiamente ^5teu, come già
aveva postulato il Caix a proposito dell'aret., march, roccia
cercine, paglia ravvolta a rotolo, e quindi l'Alton a proposito
del gard. rozz cercine ; né capisco come il Lorck possa dichia*
rarla ' foneticamente impossibile '.
ravòj pampano, getto novello della vite.
Se io ho ragione di vedere nel bellun. reole pollone, * quel
tanto di rami degU alberi che cresce in un anno ., come il
deverbale di un ^reolar ^repullare, allora ravd; altro non sarà
alla sua volta che il deverbale di un *ravojà ^repulliare.
réfe
* cassa in cui i mercisjuoli girovaghi collocano le merci, e che
assettano con cinghie alle spaHe ,, Pirona, 82. CioUa stessa voce
^ C'è anche aruizz per cui cfr. aruede (Ascoli I 531), e rtiM», che pAfe
Ktare a rauezz come HdHf a radrif (Ascoli ib., 501), o come più tocì co-
mincianti con ri- alternano con m-.
' Nel trevig. è la Toce rMo grappolo, che risale a rotalo. Con esso
va indubbiamente il sinonimo ven. rido, bellon. rtgia, che avrà il rao
dal diminutivo rtciitOt rtgtùiOy dal verbo rtcìar raspollare, ecc^ dove il
poteva facilmente sorgere. Non ha dunque da veder nuUa con 'orecchia*,
come vorrebbero il Gartner, Zst XVI 841 n. e il Vidossich, Dial. di Triesti*.
§§42, 185 /. Circa poi al rapporto formale tra rócio e roi, cfr. miL trvi
V o r r 5 1 e u sinon. di erlSe *corrOtulu crocchio.
' Nel sopras. è ro$eha^ con un i (?) che forse dipende dal lomb. ruMg^
Spigoliiforé ffiulftne 085
(rifa) ho udito da gente di Feltre chiamare quell'arnese che in
Lombardia ha il nome di cadala -ra^ e la cui descrizione può
leggersi nel Monti» Voe. com., s. ' càdora ', e per la cui etimo-
logi% V. Romania XXVIU 94. £ sarà molto verosimilmente
la stessa cosa il garden, reffta (Alton). Si tratta del ted.
Reft " Stabgestell zam Tragen auf dem Rtlcken . (Kluge^,
8. reff')».
ringhiti orecchino.
Ha aitato a sé HfMn, che meglio i^Ade il veti, rèoin oree-
chino. La forma ringhiti si spiega dalla immissione di irit^ké
roagtta, cefòhiettp, di cui ^ GWrtiier/ Kàto^rom. grtiKlm., pag. 23.
salugie sàttore^^a.
Il punto di partenza è satureja onde per metatesi reciproca
(v. pili indietro s. 'measà',) "^sarutejàf flfói ^sarudeja, ^saru-
dieja *sarugieja, ecc. Il / per r non è però normale, e n'andrà
cercata la causa. Vedi intanto anche mille allato a mlrie meriggio,
riposo meridiano, il ver. schiUUo scojattolo, e f'a. pava. tniilitó
merito *.
sànzit^ sangufnto, satigmueTIa.
Stk a sAnguint, ven. sAnguene (^'c. e pad. sàn^&tia, pad. sSn^'
znna) coitte Sta ^^ a In^uìiÀe. DI <yMd«6' ra|fpO¥lo, disoòfei^ il
Merer-LQbké' Il § 16.
' Anche nel Cantone di ^aud : ' raffe sorCe de pannìer à porter sqt le
do* ' (Brìdel).
' Ma Fa. pacano comò- compita comodità, presuppone pìatt'óstò un ^e^-
mùbt (cfr. tarMói torbido, ecc.).
' 11 Pirona 509, ha $atuM, e su quesàk forma si fonda rAocoìi I 525; nia
—'& è errata. Il Pirona stesso net Vocab. botanico (Udine 1B98) ha àhmìt,
e àànHU ha il Vocab. frinì, dello Scoila (Pordeno&c WÌO).
Arvbivio flotioL iUl., XVL 16
L
286 Salvioni,
sghàte scatola.
Si ragguaglia a ^ Beata ', ed è un evidente primitivo estratto
dal derivato, o dal creduto derivato: sghàtuhf per cui v. Rom.
XXXI 289 ».
scrodeà scuojare.
Ne tocca l'Ascoli I 533, come d* un esempio per la epentesi
di r, epentesi che si vede anche in cródie (triest. cródiga) ' co-
tica ' K
Ora, io credo che il r di cródie sia venuto nella voce por
opera di scrodeà, dove si sarà svolto, come in tante voci, dietro
all'esplosiva preceduta da s ', però non senza influenza di * scor-
ticare '.
friul. seta sietà aspettare.
Debbon dipendere queste forme non direttamente da »petà
spietà, bensì da quel!' *astetidre che il Meyer-Ltibke allega, anche
come friulano, in Rom. gr. I 398, e che non so siasi awertit<»
essere pure di scritture toscane {astetto aspetto, asieUerò, aM£tt»i.
nelle Lettere di Ser Lapo Hazzei, I« 11, 353, 854; II, 6. ecc.K
£ questo asteitare che deve stare a base dello scetà = ^ttjtiti
dell'Ascoli I 513. La forma seta sarà poi una dissimilazione da
sUtà, dissimilazione certo ajutata dall' imperativo, essendo ' aspet-
tare ' uno di quei verbi, cui ben s'attaglia il trattamento di
* Ài casi dì «• trasposto, che qui ai citano, si aggiunga ven. Wc. t Xrt\
ftrttpetàn = rtmpeión cospetto! (esdamaz.), e sdachè per dascM (Rm.^ Màg
(lacchè, in qualche testo pavane.
* Tra le corrispondense dì *cutica*, mi si lasci ricordare il tìc e^':
{coi2za nel Ifagagnò) cioè *catlcea.
^ Cfr. $prih9imo pessimo* nel R usante, B9pré9$imo cattivo, aevero, a Por*-
Tolle <Papanti), e friul. $brAme^ di cui qui indietro §. '^hanis*.
Spigolature frinluie 287
cui parla il Bovet in Scritti vari di filologia dedicati a E. Mo-
naci, pag. 253 ^
•> 8 fisa cestire, mettere germogli.
I sinonimi afijà (onde $fì) e fiolà ci dicon subito che si tratta,
di 'figliare'. Sennonché con sfisà (onde sfis) risaliamo diretta-
mente a fis plurale di fi, non essendo qui il caso, parmi, di
pensare a un singolare nominativo *fis ^. Il pi. fis moine, si
vede pure nel nome fisòtt ali. a figòU lezioso, ficoso, e *oves
(=r • nova ') in avesdr chi compra o vende uova.
siutn ecc., sonno.
Ben ha ragione il Oartner, Zst. XVI 181, di non vedere nel-
r iu di sium una combinazione da paragonarsi all' io eh' è in
*NJor, gnaVf nuovo, ecc., e di pensare a una alterazione di di-
verso genere. Questa consisterebbe, a veder mio, in ciò, che
nella fase di ^somjo (cfr. insumiasn)^ il j è stato attratto nella
prima sillaba e piti precisamente davanti alla tonica, così come
per aversi una uguale attrazione in ziunà allato a dizunià
e come il j di banjar {baHar) passa alla prima sillaba nel
bellun. e trev. bianar. Cfr. ancora il vie. bescemar bestemmiare,
il montai, pianeri paniere, il piem. chign chino (*kifU> =^ *kjino),
il lodig. impefii = lomb. impjenf riempire, il lomb. cóla coglione
= *kjgla kolja, Etg. 2316.
* T'n esempio frialano della riduzione imperativa è c^a o c^te per c^ale
riarda.
* L* Ascoli, IV 849, prudentemente dichiara di non mettere come cosu
McerUta che sia dal nominat bns il • dei derivati bosdtt^ ecc. Inflitti il
«bibbio a^aceretoe ove si penai che quel a compare non solo nel pad. boneio
crioveneo (cfr. hotatieggi giovenchi, nel Ruzante, Piov. 4^), ma persino nel
<n-mon. b<m$/er boaro. Che ne venga qualche luce al frane, bount (Ktg. 1528,
Ih.-t. gén.)?
288 Sakìoai,
spreseà pregare. .
Pirona, pag. ci. — Il 5- è intensivo, e -preseà corrisponde 0
a un ' preceggiare ' o a un ' preoicase '. Nella prima aUemativa
la base sarebbe *pre8 prece ^ nella seconda, si tratterebbe più
verfsimrhnente di un derivato dà praeeari.
tace tasso.
Il nome deH'animale ; e ha allato & sé tasA. Molto verosimil-
mente si tratta della voce germanica {Duchi) qjui penetrata una
seconda volta e adottata come *taks, col -s poi caduto per l'il-
lusione che fosse un elemento flessionale {-s di nominativo sin-
golare, Ascoli rV 349, o -s di plurale).
tàma corne^ q«aiièou
Pirona, pag. ci. — Dev'essere la riduzione di *tan[to co]me*.
tas tai tutte -i.
È una forma procrea, e la srate storia è questa. ^tUas dava
tas, per una di queRe riémioni (fi ^ tutto ' atono onde sono
esempi il bellun. tctfato tu^ifaffaftto, tafftsan tutto quest' anno,
tu quent tutti quanti (cfr. frivl. éueucmi), eco., r. OavHsaieo n
p. 334, § 43; Meyer-Lflbke, It. gr., §§ 300, SOL Da quarto to«
veniva a troppo divariare quella che sarebbe stata la ridozione
normale di ' tutti ' {dtigh), onde il mascolino venne adattato al
feminile sulla norma, p. ea., di t-as nelle : : t-aj nei, as : : ajy
das : : daj, e su quella di -es : : -ej nei pronomi {chèi quelli, ches
quelle, miejiimes^).
Una curiosa ferma è il pure proelitioo dunv tutti «e^ À'io 1m
dalla Gtiida della Gamia dei signori Gortairi e Marin^flK. Per 9
* preg o prez ò voce dotta.
' Una analoga influenza in dttghu tutti (cfr. ju ili i, ehi3(hu questi).
Spigolature frìalane 2S9
d- si ricordi che nel Friuli è duU tutto; e quanto al -n mi
chiedo se l'aversi o l'aversi avuto tas allato a tan tanto (vedi
AsooU IV 352), tìon abbia promosso Allato a "^das tutto, un
don S che poi finì por soppiantare *das e per fissarsi, dato il
ano camttere di indsclinahile, anohe nel mascolino.
udrzine vuà- aratro.
Pensa il Mussafia^ Beitr. 120 n., die ia v^oce possa andare con
vertere. Ma non parmi che riesca di giiistificaBe, a tacer d'altro,
il via- in wd uà. Meglio penseremo a volgere (wèélzi^ venuto a
commescersi con vertere; e l'wi ai potrà spiegane da '^'tn^^i^ine,
oppure, il che credo meno, dall' incontro di vwU con viart-
(=v6rt-)^
vinidrl, vi dr igni.
Il secondo è ainonimo di invidrigm detto del pullulare del
mal sene in un prato ; il primo di mdrimì ^gni, disvidriìU -gn%^
estirpare il mal seme. Il rapporto tra vinidtri e -^drint è adunque
foneticamente quello d'una metatesi reciproca. Ma il punto di
partenza sarà pure -vidrint, poiché non si potrebbe scindere la
voce da fdèri maggese, che è v etere (Ro. XXXI 27i)^. E le
voci friulane ci ajutano poi a apiegare i ainonimi istriani (da'svth^
dumày eoe.) che saranno da -wdronà.
' ijntaadQ forae il confondersi dell' aggettivo e dell' avverbio in modi
oojote ' tutte contente ' «« ' tuito contente *, eec.
' 0*é del reato -vuélzi Idia-tnuUofi) che h runico esempio del dittongo uà
davanti ad altre oonBoiuuiii che non eiano r (v. AseoU I 496), e parrebbe ^inasi
da credere airesistensa di nn anteriore ^tmarzi volgere, che solo ei center*
verebbe in witArzine,
' UflL iJtro derivato friulano da ve te re è l'aggett. vp- vedris» incator-
zolito, onde ii verbo hmiàri»i$a% intriatire. €fr. il bellun. tiaHie, Text. tedri^
ma^eae; Gartner, Zst. XVI 8<56. ^ Dalla stessa base, ma passato attravejeso
qnalcke domato, «acà il ^mta, magjgase, di Val Grardena, livinaUiini^y^oa,;
Schnalkc 2t0, 258, Alton, s» Wara\
240 Salvìoni,
Nomi locali in -is.
Nell'utile elenco di nomi locali friulani che accompagna il
Vocab. friul. del Pirona, trovo i seguenti nomi, nei quali al-
V-dcco della forma italianizzata, è contrapposto il dialettale -às
0 questo insieme ad -a ^ :
Chamuzzds Chiamuzzacco.
Avosds "à Avosacco.
Premarids Premariacco.
Rvhignàs Rubignacco.
Muimds 'd Moimacco.
Lovds 'd Lovacco ^.
Ra- e Reììiamds Bemanzacco.
^ In tre nomi locali, di cui uno già avvertito dairAscoli I 534, si ha -ad:
Ussàd -d Ussago, ^hasiàd Casiacco, ^harpdd -à Oarpacco. Come lo prova
lad lago (Ascoli ib. ; un caso analogo è fors'anche dut barbagiaimi, allato
a dug, ven. dugo, ecc.), queste forme nulla hanno forse da vedere col-
Taltemare di -ddo e ago -che testé si affermava per la Lombardia (vedi
Arch. stor. lomb., ann. XXIX, 366-7); dove è da aggiungere che a Pavia
anche Buttirago suona BUtirà^ che pure i pav. Guardabiate e Casorate [dial. a]
compajon nelle carte come Bardàbiago e Caacirago; che già il Flechia cre-
deva di poter identificare Tant. Barteaago o Bari-, onde anche il nome della
famiglia Bardessaghi, coirattuale Bartesate ; che al nome di famiglia Gavi-
roghi non vedo corrispondere un Gavirago ma si un GaviraU; che, infine,
più nomi, i quali, applicati però a località diverse, compirono qua con -àte
[Turate, ecc.], là con -ago [Turago, ecc.], potrebbero pur dipendere da una
unica base), e coiralternanza di -ac e di -at (meramente grafica?), che par
occorrere in qualche parte dell'Alvernia (v. Ro. XXVIII 142 n.).
* Trovo questo nome presso D. L. Gamavito, I nomi locali della regione
friulana terminanti in ' à' o * ds' (Udine 1896), dove però non è fatto
nessun tentativo per ispiegare V-ds. — Vedo poi che nfe il CamaTÌto ne il
Flechia accennano ai feminili di questa categoria. Il Flechia veramente
annota Dongeaghe che per me però ò un composto {dcnge aghe presso Tacqua),
e Lorenzaga. Ma certo devon rivenire ad -àga parecchi dei nomi in -<i/^«
che vengono italianizzati in bìglia o -ója. Così Blessajé Blessaja, par che
sonasse Blaxaga ne' documenti, e Manidje Maniaglia, ricorda Maniago.
spigolature friulane 241
Ai quali nomi son certo da aggiungere più altri in cui V-ds
è reso italianamente per -dso o di fronte ai quali non istà nes-
sona traduzione:
Lorenzds Lorenzaso (cfr. Lorenzago -gai).
Zejàa (cfr. Zejà Zegliacco).
Osajàs (cfr. Osea Oseacco).
Formeàs Formeaso ^
e altri tra cui Vias Vigliaso, Sostàs Sostasio, (^hazzàs Cazzaso,
che avrà il suo corrispettivo nel lomb. Cazzago^.
La eostante grafia per •às (cfr. invece bctss basso, ecc.) e la
versione italiana per -dso, pongon fuor di dubbio che il -5 si
ragguagli a quello di fas pace, nas naso, sia cioè originaria-
mente sonoro.
Come lo si spiega? Nessun diretto ajuto è da cercare, parmi,
in treàs ubbriaco. Questo per me rappresenta un tipo ^ebriax
tirato su bibax; o, tuttalpiìi, dipende lui dall'-ds dei nomi lo-
cali, nel senso, che dall'aversi in molti tra questi l'alternanza
•4 e -<i«, ne veniva che accanto a *vred si ponesse un vreda.
La ragione vera dell'-a^ andrà cercata invece, a parer mio,
nel fatto che parecchi nomi in -ago (-dea) sì continuassero nella
forma di genitivo-locativo. Questa sonava latinamente -a ci e
dava regolarmente hìs al friulano '.
* Sarà da Formius.
' Invece §arà un plurale recente Noàcs (cfr. Noaoc = Noacco). Per esso
il Pirona annota anche la forma Noazz che parrebbe essere Noad-^-s X^-^^
1* nota a questo articolo). Cfr. tuttavia>ON« allato 2k Jones, I, 517.
' Cosa penseremo di IVatàa che rappresenta la pronuncia locale del
più comune Trasaghis'i Questo par essere trans-aquas, ma non vedo
«Uora come conciliarlo con Trasàs, Avessimo invece davanti un nome
d'altra orìgine, un nome in -àcoy di cui Trasaghis continuasse il feminile
ptorale e Trasà$ il genitivo singolare (quasi ^[domus] t rasacas allato
a domut] Traaaci)?
942 S^Xfim^
Nomi locali in -niks.
Il Pirona non accoglie nessun nome in 'is cui alia aliate la
versione italiana in -iccoy e che rappresenti qqindi l'esatto pa-
rallelo di 'da : : -àcco. Non è tuttavia improbabile che qualche
nome in -/«, come Madris Madrisio, Malis Malisio, corrisponda
a -foco {*Madr{cco, ecc.).
C'è invece una bella serie di nomi in cui si ha •nWn^ come
corriapondenza ^ -nic^:
Bicinhis Bìeinicco.
BuHnins Butenioco.
Gicunfns Ciooniooo.
Lucinins Lucìnicoo.
Pantianlns Pantianicco.
Precmimi Preoenieoo.
Ufh ed Oificinins Urcinicco.
Dati i quali, si potranno loro aggiunger^, colla quasi certezza
dì non errare, A- e Datnanfns ^ Magn-- e Majantns, Ursinlns,
che non sono tradotti ', nonché Malnins Malnisio.
La forma aulica di quest'ultimo nome è particolarmente intares-
sante. E noto che ben sovente la forma aulica ci conserva una tra-
dizione anteriore a quella deposta nella forma dialettale attuale;
è questo il caso per Malnisio che certo rende il *Maln(^8 che
nel dialetto precedette a Malnins.
* Nel friulano son molto frequenti i nomi locali in cui le prepo«inoiu
de 0 a] d son concresciute col nome, ma che collateralmente conterrano U
forma nempHce : Ussà e Adussà , Intisàns e Dintisàns^ Auròra e Dogrètf.
AvoUri e DòUris, e r. Pirona, pag. xut-xi.ai. In qualcuno, si tratterà per«'
di d' caduto per Tillusione che fosse la preposizione; coti, forse, in Amut
(cfr. da ne abete).
' Cfr. anche Mazzaninz che al postutto potrebbe stara per Jf<»«anifs«. -~
Altri 'ÌH8 ne* nnll. del Friuli vorranno altre spiegazioni. Qui ti tuoI sol
accennare, che dei tre o quattro nomi in Mhz qualcuno poirebb*esseiv p^r
dissimilazione da «mW.
Jk9A% par Bicinim, oeo. bìaogMrà mwvere d» *Bicini-a, eoe.,
• il « che {tf^eeée al '*« iick aecittizio, cane già ha affarmato
l'Àaoc^ I 634, « prppoaito di C/rnmin^ e di Preeémm. E aio*
come ai tratta a^iopna di -nins S aarà da parlare piuttoato di
epeateai «die ow di apitaw ; apeofeesi del n piMimoasa eerto dal n-
dal tea» dha preaede all'/ (v. Meyer-LilM&e, It. gr., § 806 ; Zat.
Xm 477); 6 efSr. aneora il vie. simonia etsioaaa, ferr. MMiia
•ommeeso aemiase, l'a» ve», mimzuol m-odiolu Beiti\ 79.
La desinenza -ntna è dunque da anteriore **niSf il em -«^ andrà
spiegate nallQ etaaaa nodo ohe il -a di Avo9é$, ecc.
Aggettivi etnici in -ass.
Il Pirona, pag. 577, rileva come aecautp ad -àtt {BtiftUt di
BMJa^ eoe,; v. Sj. XV, p, l\ 167) e ad altri, ai abbia -^9 quale
derìvatìvo di nQmi di patria, e ooaì sarebbe imiZ(mà$9 Tabitaote
di V#Mone, gletmmà^M quello di Gemona ^< Sarà per una nera
aviata, ohe il Pirojia non dica: '^s o wiia; poiché egli ateeao
regiaftra, a pag. 68i, Venioms^^ nome d'un torrente che va da
Forcella di Muai in Tagliaviento a Vensoae» e a pagina 613 a.
' Muède ', ci insegna che il rivolo Mueda va dal monte del Sole
in Venzonassa, Siamo dunque a dei derivati in -àccio (-aceu),
adoperati forse in orìgine oon un sapore q;iregiativo, così oome
so agual sapore haimo sempre gli analoghi derivati lombardi
in 'ót; tanto, p. es., che all'abitante di Varese dispiacma Tesser
chiamato, come generalmente si suole, vares-ót '.
Frane, flageolet, ecc.
Non SODO ben sicuri gli etimologisti cirea a questa voce
(Ktg. 3829, Dict. gén.), e anche l'articoletto del Mussafìa, Beì-
* fniklfci Afni Alnicco, non ^AMn,
* Nella Ladinia centrale: fietnmazzo Fabit. di Fiemme.
' 0 q«al cattivo sapore naturalmente scompare quando si dica tarekót
^t^emdriitjii non più degli abitanti, ma, p. es., come designazione del terri-
torio di Varese, di Mendrisio.
244 Salvìoni, Frane. fiageoUt
trag 54, che, dati i confronti ivi istituiti, poteva e doveva metter
sulla buona via, è rimasto senza efficacia nella storia dichiara-
tiva della voce francese. Orbene l'a. frane, ftageol 'Ktjol non deve
in nessun modo potersi scindere dal mallorq. fabiol zampogna,
e dall'a. ven. fiabuolo che già occorre nel Gate edito dal Tobler.
Con questa voce veneta vanno alla lor volta il vallanz. f(MS
piffero S il romagn. fabiól zufolo, e il frìul. flambai ^ venuto,
attraverso ' tubo, cannello ', al significato di ' doccione ', ' tubo
per derivare l'acqua ' ^.
Il tipo in cui tutte queste forme s' incontrano \ è un latino
volg. *flabi5lu, il quale non potrebbe non risalire a flare
(cfr. flabellu) per la via di un *flablu *flabiilu, che avesse
ben presto perduto per dissimilazione il primo ^ (mail, fabiol^ ecc.)
0 il secondo de' due l onde andava fornito, e che divengon tre
ove a punto di partenza si prenda un diminutivo '*flabli5lu.
Circa al curioso ficeba, zampogna, del boi. rustico (UngarelU),
nulla vieterebbe di vedervi il diretto continuatore di un *f labi a;
ma meglio sarà forse, in considerazione della tanto diffusa forma
di diminutivo, di ravvisarvi non altro che un primitivo estratto
dal derivato.
^ Il Belli, il cui vocabolarietto manoscritto ha la voce vallanzasca, allega
da Pieve Vergonte il sinon. Hcibid\ che sarà forse fabiUf disposato a quella
voce ch'é nel valm. èivlé zafolare (ma cfr. piem. sUbjS'l).
^ C'è anche fitnbùl che molto verisimilmente si sarà sbarazzato dal primo /
per dissimilazione.
^ Nelle Lettere del Calmo occorre un fraiholan che il Rossi, gloss., man-
derebbe con fiabìwlo, e interpreterebbe per * sonator di piffero '. Ma ciò non
va, e tuttalpiù penseremmo a un giuoco in cui entri il ' piffero \
* Del prov. flaujol non so come giudicare; in ogni modo poco direbbe
di fronte alle nostre forme.
^ Le forme alto-ital. in fa- veramente potrebbero spiegarsi anche ammet-
tendo il salto del j da una sillaba all'altra. E così anche flabtwlo potrebbe
essere *fabluolo.
C. Salvioni.
ILLUSTRAZIONI SISTEMATICHE
ALL' " E0L06A PASTORALE E SONETTI, ECC. „
(Archivio XVI, 71-104) ;
DI
G. SALTIONI.
AVVERTENZA.
Comincio dal niea culpa, dal confessare, cioè, che troppo m'ero
io affrettato, leggermente confidando in una prima impressione
e nel bellunese patriziato di messer Paolo, a dir bellunesi i testi
la cui illustrazione qui segue. Troppo m'ero illuso su certi ca-
ratteri che se son bellunesi, son pure propri di varietà rustiche
trìvìgiane; e troppo d'altra parte avevo trascurato altri carat-
teri che son di spettanza esclusiva di queste. Mi par tipica, per
questo riguardo, la riduzione di -di (= -óni) a -6 (num. 25), che,
airinfuorì delle nostre scritture, è nota solo dalla parlata di
S. Pietro di Barbozza nelle vicinanze di Val Follina. Anche il
gerundio in ^e ritorna in terre trivigiane (num. 77) e, in ordine
alla materia lessicale, va rilevato il verbo sartar, che solo i fonti
trìvigiani conoscono. Avrei dunque dovuto far maggior assegna-
mento sulla cittadinanza trivigiana dell'autore, sulle parecchie
allusioni locali de' Sonetti, sulle querimonie de' poveri villici di-
rette appunto ai cittadini di Treviso, loro signori. Ai quali indizi
^'aggiunge, — il che io non ho appreso che poi, — che la lezione
padovana dell'Egloga espressamente dice essere questa scritta
in lingua triniina. Ora, siccome la parlata trentina è perento-
riamente esclusa, questo trifUina andrà senza nessun dubbio
emendato in triuisina ^
È frequente nelle antiche scritture la forma tririsintts ali. a -siaHut
246 Salvioni,
Poiché giova sapere òhe l'Egloga di memer Paele ci è con-
servata Anche a ce. 1^1 r - 172 r del cod. 91 della Biklieteca del
Seminario di Padova. Ne debbo la notizia al mio carissimo ed
eruditissimo prof. Vitt. Rossi, che anche me n'ha comunicato i
primi e ultimi versi. I miei sforzi per aver una copia dell'intiero
componimento son riusciti vani. Ma la dotta cortesia del conte
A. Medin ha pur voluto trascrivermi di su il codice i frammenti
che riproduciamo in nota S e corrispondono ai vv. 1-12, 316-36,
629-44 del testo nostro.
MoRBL. On uitu Trotol cusi pianzolent
Che ti me pari tutto echatnra
E sevipre ti solei star oontent
Me par c^bebbt el color muo da malia
Si itu in ciera gramesoe \rzo9 Rosei] e sech
Abriga che ti posse [-a R.] trar el fia
Harotu perdn Agnie, piegolle o bech
Par to fortuna, o par malia sBgnra
Saro ietu [1. Barou Ui\ aohatrono oo qaalche flech
Te barone fuos lors fat pawra
Andasant in la vai che andeve mi
Dondre cbataue si dolce pastura
Insonio de Mengella et parla con Trotol
Dromiue o no dromiue quella not
che hevi tutaler: aver che no mori
Da duogia che m havea el magon arot
£1 scomenzava a borir fora el dì
Che fa che le falcete no se ve
E la cobba del ciel zuda era ani
El me pare de ha ver tanta se
Per la gran vuogia e per el gmn torraent
Che harove scassa su un bocal de ase
Quand me parca in cambra aver zent
£ un ve^ir con tra de la letiera
Chel parea un zerotol relusent
Illustrazioni all' * Egloga, ecc. . MI
Dal confronto del quale colla lezione padovana, che il Rossi
assegnerebbe al sec. XVI, risulta che si tratti d'una sola e stessa
cosa, salve sempre le alterazioni più o meno arbitrarie de' co-
pisti ^ delle quali può tersi un'idea esatta ehf consideri che uno
stésso amanttesse poteva alterare fl sonetto 15^ nostro nel modo
die sì vede nella riprodùnon dello «rtesso sonetto c&e va sotto
il nom. 27. Che tra la copia Bnzzàti e Ila copia padovana in-
tercedan de' rapporti diretti non crederei. E meglio riterremo
che parecchi e diversi intermediarì conducano dall'una e dalf altra
airardietipo.
£ comenza alta vos dirme zudiera
Si tu mo satisfata de me mori
Che me hom del moni no fase ai volentiera
IVo te pftt a ti stessa bater bir tort
HairtttBe m^nét ita matìr
Per aa oMdar eoigiiigii al pi«r coafbtt
Pruooa mo ades sin me puoai guarir
Gradella, tarcha, zuderaza chagna
Ode da pò mori no gè vai a pentir
Che gè haves trai de man in tona nega
Nolla aro ve podula pizigar
Si erela al pizigot durar salvega
Mo adea la pel de picha che la par
De un boas vrechio e magro la lembrana
Che co una sacha la se poeeo Hgar
No v« ékove in nna setenana
Quel che fa el temp : e le pute restiere
Che no se laga scartezar la lana
Fén9 m me eorcae e me despiara
Bobe sun pkz dh'on trist aaenial
Gbe à iMMirun nlvege e seon maniere
E si disun che i homi ne fa mal
Che ve vuo dir ades q^ue.sta pavolla
Che saom (sciom R.) pi gioite che le cavre del sai
Che se vorave (-oué R.) picarne per la golia.
* Tra le TErìantì lingnistiche delle due lezioni e notevole quella della
1* piar, in -fin anzi che in -ón (v. CavaRS., num. 10).
248 Salvioni,
* *
Ma vi ha un'altra Egloga di Mord, quella di cui tocca e for-
nisce un piccolo spoglio TAscoli (1 555), e che dovrebbe rappre-
sentare la parlata rustica di Gonegliano. Di essa ho sott'occhio
appunto la stampa che ha servito al Maestro S e senz'altro m'e
dato di rilevare che il suo dialetto non si combina col nostro in
nessun punto veramente caratteristico ^ ; solo son notevoli alcune
concordanze lessicali, in parole, cioè, che, nell'ambito veneto e
per quanto posso vederne, occorron solo nell'Egloga nostra e
nella coneglianese (cfr. cibega, manulieza, messal, premerà, sga-
minar, nel less.).
Anche pel contenuto, ove si astragga dal metro, dal genere
letterario, dall'intonazione generale del soggetto e dello svolgi-
mento, le due Egloghe s'appalesan cosa diversa.
Ma pur non si potrebbe negare che qualche diretto rapporto
tra di esse non interceda. Intanto, è facile accorgersi di versi
che compajono uguali o quasi ne' due componimenti, e sarebbero
questi :
Che [nozza] no fo me tant alnorada v. 144 (cfr. il v. 399 nel
nostro testo).
Quand che las [1. le nas] e che Ve picinine v. 159 (cfr. v. 243).
El scomenzava Valla a sburir fuora v. 229 (cfr. v. 319: Et
scomenzaua a sborir fora el dì).
preghe el Ciel ch'una volta so per dia \ Sta schiatta , sta
' Egloga di Morel. Interlocutori Cetre, Morel, e Barba Meneg. Opera nuova,
amorosa, sentenziosa, onesta, e dilettevole. TrevisOi Antonio Palnello, s. a. In-12^,
pp. 21. — Constadi 497 versi, è molto scorretta» e comincia così:
Per fin Morel, che co le Fede in mont
Stiè, e con la Musa, a past in la Gaserà,
Feve Agnol di formai, poina, e ont.
^ Tra le forme notevoli, rilevo int{e)resse entrò, con evidente attrasione
da parte dell'imperf. cong., e fosè fu.
Illastraiioni all' ' Egloga, ecc. , 249
sehiaUina, e questa naia, \ e sta semenza drutta [). dutta o hnUta?]
se desperdia vv. 394-6 (cfr. w. 277-9].
Che he sentù dir | Che 'l nuose sempre me Vindusiar vv.
434-5 (cfr. 125-6).
Son questi versi passati dall'egloga di messer Paolo alla oo-
neglìanese, o viceversa? La risposta e data con sicoressza dal
fatto che quest'ultima conosce la storia di Trotol. Non solo essa
vi ò espressamente menzionata, ma si può dire che vi rappre-
senti una parte importante. Infatti l'eroe vi dichiara che il suo
sfortunato amore quasi l' induceva a precipitarsi danna 'eroda,
camuò fé Trotol pouerel \ Poi, nelle stanze finali, dove si ven-
gono a raccontare i casi d'amore d'Orlando e d'altri, si ricorda
da ultimo quello di Trotol, e a ricordarlo si consacra la metà
de' 28 vv. di cui constan quelle stanze :
Era pastor sì boD, e par na broda
Se butta desperà zò par na eroda.
Trotol sì bon pastor gaiart, e bel,
Fé una mori così aspra, e così dura,
Che*l zè col car, e i baò datte al bordel,
Poloni compagn par gran ventura
Fin de là da Piave a Visnadel,
El catte mort, e ghe de sepoltura,
E col cortei sul moliment ghe scris
A lettre tonde un bel sprolegh che di9
Trotol qua è mort gran mistro de Pnina
E s'ha butà de eroda vint d'Amor
Altri incolpa la Zana, altri la Dina
Estre ctade le ladre del so cuor.
Ben è vero che la storia, quale è riassunta ne' precedenti
versi, differisce da quella dell'Egloga di messer Paolo. Di questa
vi si ritrovano il nome dell'eroe, la cagione e il modo della
morte, il compagno Polonio. Ma vi s'aggiungono, nel riassunto,
la circostanza del carro e de' buoi precipitati con Trotol, e quella
dell'epitafio inciso da Polonio. Inoltre, mentre l'autrice de' guai
è per messer Paolo la fanciulla chiamata Mongola, essa rimane
incerta per l'autor del riassunto, e anzi le due ragazze nomi*
9M S&lviMi,
nate cMie presunte flrtetd delia mikia di Trafe&l^ portano «ÌM
nomi ^ '
DdHe qaàli (H^crepaiae, muta lécito arguire eb» AoirSgMga del
Castelli esistessero due redazioni : una rappresitatata dìdratt^te-
tipo àa etti dipendono il testo Buttati e il padwano, 1- alti» dal
ttu^ccmto, in baie a cui è grtato fatta il riaasranto. Qnato delln
due redazioni dia da Considerare priiM;^ non si può ilabiiik^^
ma si può dire eh» ambedue motto eontfaraasieM » ecaMorrare
del oomtme ardi>^ipo, come n'inferìftOd apifNiata dai voi^i d^
r£gk>ga cf^egiianese ha tolti dalla redasdotio ehe a^ea soM'oocMo,
e dovoTan appaii(enero a ttn oomplee^o asnai simile a qii^lo dei-*
l'altra^
t
I. — ANNOTAZIONI FONETICHE*.
VOCALI TOlSriCHE.
1. fent, sg. e pi., 220, 250, 269, 495, 862y seni 294, SUsent
e sente 819 senta 920 Sen Marc 843, i- «- da- danent 123, 368,
^ Questa del nome è una circostimza tanto più grave in quanto parecchi
dei nomi propri dell* Egloga di Conegliano sembran esser reminiscenze di
quelli deir£gloga di messer Paolo: così Morel e Zetre. Quest'ultimo (Cetre)
compar nella nostra Egloga come un cugino di Trotol, appicoatosi per amore,
e che questi, ammazzatosi anche lui per la stessa causa, trova poi nel regno
di Satanasso.
* 1 numeri delle illustrazioni fonetiche, morfologiche e sintattiche sono
coordinati a quelli che accompagùano la ediz. delle poesìe del Cava's-
àico (Le Rime di Bart, Oavassico riotajo bellunese della prifhct metà (tìf
sect. JfVI con ifttroduzione e note di Vittorio Cìàn e ctfn' UtustfaìsioM
lin§mstkhe e lessico a etefa di Cario SaWoni. l!)tie Voltìmi. Bodegria,- 19W.
— Le illttstraz« litt^^tic^ e il lesiiioo stéUno a pp. 307 sggl déT 2^
¥ol.), iUosti'aaioni abe gioverà quindi wbb sempre^ presentii La sokr-siglv
Illustrazioni ali* * Egloga, ecc. , 251
383, 753, 863, 920 inenz 31, quenti 605 tutti quent 888, 996
[quant quanto 368, ecc., tant ib., ecc.].
2. casteffna 200. — Di chega cacat 435 seonchiga lesa., v.
Muss. beitr. 102. — Di egua acqua, 797, 966, Hiirlìmann, Die
entwickluug d. lat. aqua in den rom. spr. (Zurigo 1903), pp. 46 sgg.,
e sarà esempio spettante al num. 14, cosi come potrebbe spet-
tarvi sques '81 less., da ricondursi allora a *$qudiso (cfr. squamo
beitr. 109); ma anche non è da escludere l'influenza dell'-t. —
Di -iV in fauelié favellai, ecc., v. num. 80.
3. Qui pure i due riflessi di -ariu corrispondenti Tuno {-ér :
per pajo 817, 893, pera less., pegorer 190, muner mugnajo, le-
damer, ecc.) al tose, -àjo, l'altro {-ieri leurier 666*, ontiera vo-
lentieri 330, caldiera, ecc.), prevalente dì gran lunga ne' femmi-
nili, al tose. 'iere.
6». qui quei 1026, 1030, quist questi 689, 971, — uitu ? vedi
tu? 24, criiu 137; $i e i (onde poi »5, issi^ $is, num. 76 n.) sei
Es. -/ nella 1* sing. perf. della 2-3* coniug. (num. 80).
* Cavass. , rimanda al lessico. — E voglia poi il lettore por mente a
queste altre sigle:
Wend. =r Die paduanische Mundart bei Ruzante, von Rich. Wen-
driner (Breslavia 1889).
Calmo '•=■ Le lettere di messer Andrea Calmo^ con introduzione e
illustraziofii di Vitt. Rossi (Torino 1888).
Egl. == VEgloga di Mord^ di cui si tocca qui indietro.
Levar. = Antichi testi di letteratura pavana pubblicati da £m. Lo-
rarini (Bologna 1894).
Mag. = Le Rime di Magagnò, Menon e Begotto in lingua rustica
padovana (Venezia, Giorgio Rizzardo, 1610). La cifra romana rimanda
a ogonna delle quattro parti, Tarabica alla pagina.
Boz. = Tutte le opere del famosissimo Ruzante (Vicenza 1617). Le
smgole (Commedie vengon citate colle loro lettere iniziali, e la cifra ri-
manda alle pagine di ognuna di esse. La Moschetta (Mosch.) è talvolta
citata di su Tediz. di Steph. de Alessi (Venezia 1555).
* Di iaouritr (lomb. laror&i, boi. lavarir^ ecc.) v. Parodi, Miscellanea Ascoli,
ArehiTÌo glottol. iUI., XVL 17
252 Salvioni,
6^. 8ié SEX, die diedi 890, 723, mie miei, pÌ6 piedi (sing. pe),
agnusdie agnusdeì ; ié = -Slli ^ : Ine belli, agnie, vedie 725,
frane€9ie 823, ece. ; — mieg meglio 249 (e quindi piez 639, ecc.),
^ Con -¥lli s* imbranca poi oap¥i.li (cfr. caMtV 626, 940, e eaviegffi ali. a
caviggi nell'a. pavano). — La risoluzione di •'ìélli, dei resto, equeila di -6'li
per ié risp. uà ho era fenomeno cbe da Belluno, attraverso Treviso e i terri*
tori pavani, raggiunge Ferrara e Bologna. Ma è poi diversa la elaborazione
cui soggiaciono ne' diversi paesi i due dittonghi, risalgan essi a - bl.li -o'u
o siano altrimenti sorti; v. Meyer-Lùbke, it. gr. § 37 (dove, sia detto di
passaggio, è falsa Tafferm azione che un esempio veneto come fiara, fiera,
debba il suo a all'esser nel dittongo e non al r; h invece fenomeno comu-
nissimo in molta parte della Venezia quello di ér in or), e Parodi, Romania
XKil 312 n. Agli esempi che questi allega da Ferrara, aggiungo ^/a piedi,
sija sei (vb.), ia io, tusia tosò, vua vuoi (v. Ferrare, Canti popolari di Fer-
rara, Cento e Pontelagoscuro, 51, 54, 57, 68, 77, 78). Ma la città stessa di
Ferrara ha, com'è risaputo, ié risp. uó. Quanto a Bologna, s'ha oggi -t (t^l)
e 'ù (fjH figliuoli), entità che però dipendono da anteriori -ia e -ùa (cfr.
turila tortelli, piattia piattelli, pia piedi, indria, suva suoi, fiuta figliuoli,
nella poesia rustica di G. C. Croce ch'é accolta in Gaudenzi, pp. 228 sgg.)
Qosì come sono -1 *ù la risultanza d' ogni altro -ia -ùa (efr. aguni afonia,
ù = ùa uva^ Gaudenzi 20). E anche a Ferrara abbiamo analogamente degli
esempi come bastane pasteria, pavjé pipi[t]a, zansjé gingiva, famjé famiglia,
mjé miglia (plur.), ^J^'tiglia' filamento della canapa, ruiyV piselli bbviua, ecc.,
vó uva, stuó =*8tùa * stufa ' essiccatojo, può *pua pupa pupattola, zguó =*zgua
cicuta. Siamo, in queste ultime serie di esempi bolognesi e ferraresi, a de'
veri casi di accento protratto dairona alFaltra delle due vocali attigue,
oppure si tratta di ciò che sia stato esteso oltre i suoi limiti l'oscillare che
si facesse un momento, p. es., tra cortié (corti) e cortia^ tra fasuÒ (fa»u) e
fasùa*^ Per la prima alternativa sta il Parodi, il quale appunto s'appoggia
alle nostre serie per istabilire una norma secondo cui (e e uo riuscivano a
ié e uó, risaltando così terziaria (ié tsó; ie ùo) ié uà) la forma atèiiale de'
dittonghi ferraresi e quaternari (ié uó; ie uo; ié uó; I i^) l'I e Vù bolognesi
£ forse il Parodi non s'appon male; solo è necessario allora di ammettere
insieme che ne' dialetti di Ferrara e Bologna le formole -ia e -ùa dessero,
normalmente e qual pur si fosse la loro genesi, 'le (v. Meyer-Lùbke, it gr.
§ 68) risp. 'ùo. Solo così potremo noi spiegarci degli esempi come bastarié
e 8tuó (boi. 4y -ù). Anzi, si deve andare piii in là, e stabilire come punto
immediato di partenza dei terziari -ié -uó, non già '($ -tto, ma *{a -ita, e
sarebbe allora completo il parallelismo per cui da cortia e agunia si giunge
Illustrazioni ali* * Egloga, ecc. , 258
ti$2n lesa. schiuoUeza manulieza less., Veniesia 835 (ofr. a. pav.
le Vegnesie), ciriesé 66, bieséie 78, 147 (òieato Mag. I 3, Lovar. 287 ;
che noQ andrà già col frane, bite^ eoe, ma sarà per dissimila-
zione da *bfe8tja),
6. di0 Dio 723, ad, diese, hier 697, giera 285, iien 158, uien
mena (onde uiens 801), eiese 64, priege ^gi 48, 277, niéga 951 ;
dne dietro 21, 202, eco. {drè 648), j^iera 663, cariega 475, allegro
228; — |>i«< 28, 105, e vedine il less. ; — ciera 5, missier, despUra
-e 638, 990. Ma in Agnies^ avremo gni :=: fi.
7. sUta, lese, da giudicarsi come i ben diffusi maù^o e jMii^e;
mici mia, gamia giornea lese. Di striga v. il lesa.; curdila, cru-
dele, è tirato sugli antitetici zinUla e humUa less.
Di 'i nella 1" sing. del perf.; v. num. 5"^.
8. sea segia bit 18, 216, 977, eamesa camicia 81 (*<- 175; 705)
)Ieyer-Liibke r. gr. I 116, Densusianu 0., Hist. d. la langue
roummine I 75, dei dito 857, 953, neola^ less., par rappresentare
NTbOla, sennonché si pensa anche al verbo *ini* dove era facile
si venisse a ine^. Di sperei^ num. 42.
pegro less., dret diritto S pea 20 (peà 57; ma opta 788, piar
290), mereuei 877 marauegia 877, òrdegn 955, rfepeii^ 846, teìiche
4 OH, 1022, ^reiijfe 652 {stringe 342).
9. ofieAtid lese., aaò suoi 264, ^«o 169, buò buoi (sg. òo), uuo
a /^>rtfl e «yuiti, da fM.vÌ9 • wMa a /[/r) e m. Dunque : ì, ié uó. 2. ié %$o.
3. la uà. 4. /« mo. 5. ié uè, 6. boi. 1 ù.
La invocata norma di -ia -m in h -ùo trarrebbe poi conforto da ciò che
a Bologna e Ferrara è -é Tesito di -éa (boi. gale galea, ferrar. Andrf Andrea,
nnll. Alharé Albarea, Quadri Codrea, Saighe Selighea) e -6, a Bologna, quello
dì -óa {eó eoda). Dove é aasai probabile che -^ rìsp. «^ rispondano anzi che
4 -^ "00. a 'fé -oó, come par indicare il ferrar, pifxineuó ali. a pnzmc&ta
soma d*mi giaoco (il eh. prof. Borea, che mi ha fornito parecchi tchian-
ansati «al dial. di Ferrara, non vorrebbe escludere che insieme a cóva coda,
non si dica pure etió). Quanto alVaccento protratto, avverto ancora che a
Ferrara pure -io dà o dava ♦li {Din Dio, Più Pio, Wiùi^= *Wi-o * volete voi? *,
zA Baraffaldi; e il Vocab. delKAzzi aggiunge mjo, cioè m/d, miglio).
' IJ iamOm dritta (lomb. dric, ecc.) tara oome l'incontro di * Mretto * con
r.tto .
254 Salvioni.
voglio 263, 57 {uuos 117), tuo togli 117 (indi e da Huogia, ecc.,
ttior 191), -i«J = 0Li {migiuò 810, linzttò 482, fazzuò 709), utMgia
34, 49, duogia 32, 91, muogia lesa., zuogia less., fuogia 36, 520,
uoyn 215, ecc., [fenuogii, peduogii, num. . 11-12], moK olio 371,
utrguognia 74, suognia -gna less., i^^Ko^na 122, 444, maruogna
less., truogna less., Antiwni 294, wwora 372, giuoria less., istuoria
563, nialmtwria less., uittuoria 561, war^wori less., [suuodà vuo-
tare 82].
wMos^ri 889, /t*05* less.
«u (:na5Stt) nof 781 (del resto no e ao); — cwrto corta 424.
10. wwò less., /t«oc 52, 56, Zmo^' 58, ztwg 60, mwor 106, cwor
108, fuora 469 (/bm 33, 263), duol 87, a jpriio less., pruoua 69,
ntt08 126, cuore 531. Ma Mengola, se pur non si tratta di Méngola,
E secondario il dittongo in può 39, 56, pioc 116, 122.
Day. a nasale: hom 372, fon tuono 52, bon 56.
11-12. Zo/^ Zotta lupo -a ; — corrozze 638, r«iosHess., on^ 374,
«onf 92, />onfa 182, marobia (e, per influsso del ^', mambia) less.
— Non limitati ai nostri testi ne ai dialetti veneti esempi come
peduogii pidocchi 273, fenuogii 271.
pioueg less. — pi più 13, 14, ecc., con i da ju o da juj
(cfr. Ta. ven. piui) nell'atonia.
13- alde audit aWtr, ecc. 799, 960, ecc. Di puoc, v. qui sopra.
— Per Àu secondario: -óne habui num. 85; filò less.; fio (:so,
to) fiato 205, sbertigiò (: òo) 1067, ne' quali ultimi due esempi fa
capolino il pavane.
14. hebba abbia 14, 16, 69, chebba less., rebba rabbia 18, 519
(onde rebòs 111, 136), seppa sappia 95, 96, 682, geda less., nega =
*naiga {cfr.salvaigo, araigo ne' coraponim. ferraresi apud Lovar.41),
gramega less., salvega salvatica 631; me mai 67, 93, 214, 228,
496, 498 seme less., asse 432, he e ho 34, 35, 43, 254 (e quindi
murirè morirò, ecc.), sé so 114, 118, 291, he hai 71, ecc. (e con
e internato secondo il num, 76 : hes 266, ecc. purgerès purgherai
506), se sai 43, uè vai 1, stesi stai 209, Poeste (1. -é : me) po-
destà 710, insofranè {:mè) 709, fiè less., esempi pure, gli ultimi
tre, ne' quali s'intravede il pavane. E v. ancora il num. 2, e,
Illastrazioni air Egloga, ecc. , 255
per le risposte di -Àn e di -àtis, la morfologia ai num. 80,
78, 83.
VOCALI ATONE.
15. Come nel trevisano moderno, la norma è che le vocali
finali cadan tutte ad eccezione deir-(^ da -je: a) fuoc fuoco, zuoc
giuoco, tossec, caf, lof, anetn animo, vermei vermiglio, mieg meglio,
compagn^ quand quando, corand correndo, moni mondo, contenta
cent, forn, infern, ars, bus buco, piet less., fai, gal gallo, fer ferro,
rar carro, pas passo. Poloni, refrigeri, martuori^ ecc. ecc. b) det
dita, bec becchi, schircU scojattoli, moìU monti, dent denti, dolz
dolci (femm.), naris narici, neru nervi 983, inenz innanzi 31,
fuos forse 119, 142, ecc. ecc. e) greu greve, mes, pes pesce,
eros, nuos nuoce, drom dorme, ìiot^ sang sangu sangue, preuet
prete, u€U valle, haues e haesse^ naf, carn^ dies, ecc. ecc.
Riinan tuttavia la vocale:
1. Quando ad essa precede o precedeva il nesso di muta
-^ liq. : altro -i, magro^ negro -t, pastro less.; quatro, dentre -o,
^empre^ ondre, ensembre^ estre essere ; pare^ mare, frare, crere cre-
dere, rere vedere*; e forse bere 129, 507.
2. Quando le preceda il nesso kj (c/, gj) : parecchio, uecchio,
battocchij, uogii, peduogii, fenuogii,
3. In qualche pronome o aggettivo pronominale : qtialchey
fMjni^ puochi 456, tuUi^ sti 1040, ecc.
4. Infine, e facendo astrazione dalle forme verbali per cui
8Ì vedano i rispettivi paragrafi, permane la vocal finale in molti
altri esempi. Vi permane o per influenza di altri dialetti veneti
e della lingua, per necessità di metro (talvolta però s'ottiene il
metro sopprimendo la vocale : boazzo è forse per boaz, ecc.) o
di rima ; vi permane talvolta per la pronuncia enfatica di certe
* Ma pulter sarà puliero venato a imbrancarsi coi nomi aventi il suffisso
'MT. — Il costante rori less. par anch'esso accennare a una ba^e con -dn*
0 «m.
244 Salvioni, Frane. flageoUt
trag 54, che, dati i confronti ivi istituiti, poteva e doveva metter
sulla buona via, è rimasto senza efficacia nella storia dichiara-
tiva della voce francese. Orbene Ta. frane, ftageol ^ajol non deve
in nessun modo potersi scindere dal mallorq. fabiol zampogna,
e daira. ven. fiahuolo che già occorre nel Cato edito dal Tobler.
Con questa voce veneta vanno alla lor volta il vallanz. fabi6
piffero S il romagn. fabiól zufolo, e il friul. flambùl * venuto,
attraverso ^ tubo, cannello ', al significato di ' doccione ', ^ tubo
per derivare l'acqua * ^.
Il tipo in cui tutte queste forme s'incontrano ^, è un latino
volg. *flabiòlu, il quale non potrebbe non risalire a fi are
(cfr. flabellu) per la via di un *flablu *flabtilu, che avesse
ben presto perduto per dissimilazione il primo ^ (mail, fabiol, ecc.)
o il secondo de' due l onde andava fornito, e che divengon tre
ove a punto di partenza si prenda un diminutivo '*'flabli5lu.
Circa al curioso fiwba, zampogna, del boi. rustico (TJngarelli),
nulla vieterebbe di vedervi il diretto continuatore di un *f 1 abl a;
ma meglio sarà forse, in considerazione della tanto diffusa forma
di diminutivo, di ravvisarvi non altro che un primitivo estratto
dal derivato.
* Il Belli, il cui vocabolarietto manoscritto ha la voce vallanzaflca, allega
da Pieve Vergente il ainon. aMid', che sarà forse fabiS^ disposato a quella
voce ch'é nel valm. èivli zufolare (ma cfr. piem. sUbjS^l).
^ C'ò anche finibàl che molto verisimilmente si sarà sbarazzato dal primo l
per dissimilazione.
^ Nelle Lettere del Calmo occorre un fraibolan che il Rossi, gloss., man-
derebbe con fiabtwlo, e interpreterebbe per * sonator di piffero \ Ma ciò non
va, e tutta] più penseremmo a un giuoco in cui entri il ' piffero \
* Del prov. flaujol non so come giudicare; in ogni modo poco direbbe
di fronte alle nostre forme.
^ Le forme alto-ital. in fa- veramente potrebbero spiegarsi anche ammet-
tendo il salto del j da una sillaba all'altra. E così anche fiahuolo potrebbe
essere *fahluolo,
C. Salvioni.
Ili astrazioni ali* ' Egloga, ecc. , 357
71, 235, fumida 476, suspir 391, stupin 805, euai 505, 765, 772,
cugnirà 596, 956, slangurir 751, piUurina lesa., Umbria less.,
<»M/Jì 134, 165, eulà 778, /ii^Mrofia 557, ulios lesa., piiJier less.,
laurier 476, fugazza 653, mtiiMr l€88., pagnuehei lesa.
28. ayiion kss., ajfm miid 455, bozzolo less.
reiio^ lesa.; ségueno (nel titolo dell'Egloga); migiuò lesa.,
rigoUm lesa, (e quindi r/^o/a 465).
a/nor -rada -raitza 399, 574, 728, aln$$t 174, 747, 1070
{iiMln4$kt^ alfiùrada, neU'JBgl.).
CONSONANTI.
24. La aonora riuaoita finale ai fa sorda, ma la grafia non
sempre tien conto del fatto : fuoc^ luoc (e luog)^ tossec^ fasiue
lesa., dH dito, mont mondo, preuet less., disarU dicendo, naf nave,
lof lupo, caf capo ^ ; e cfr. af^ ape, nel trev. ruatico.
25. j primario e secondario.
zure^ ztm^ zuoc^ ecc.; maio nuiggio.
giera 285 ; — segia (e sea) sit, statufegia stofegegia e forse
/a^ea = *fajea faea ; num. 48.
Finale dietro a conaonante tonica può tacere : custii, cuZù, uuò
vuoi, anehuo less., no noi, no voi, rà less., agnusdie agnusdei,
-iV = *-;^* = BLLi (zupariè * giubberelli ', agniè^ farniè less., ecc.),
'uó = -ico; = -OLI {fazzuò less., tnigiuò less., ecc.), -ò = -o; =
'OSI » (6o<ò bottoni 858, giottò * ghiottoni ' 930, stombolò less.,
frkr;^ biscioni 528, compagno compagnoni 484, codazzo ' codac-
doni ' 537).
U. pea; fiaetro^ fior, tmar; uertnei^ consti, famiiy miia lesa., ecc. ;
giada lesa., mieg 249, pagia, duogia, fnogia, marategia, furiagia
* ^ualiu len., greu greve, 28, non dicon nalla. Ma è notevole la assoluta
'^'Hduixa deir*()tf di condizionale, num. 85.
' innesta riduzione ci riconduce al territorio della Val Pollina, o almeno è
».«aflii qui nota come propria di quella valle; v. Ascoli I 418. — A Bacile,
trovo Mala salami (cioè salàn salame, con -àn secondario trattato come il
prìmiàrio), ma -01= -dm*.
258 Salvioni,
lesa., taffient, bugir, ecc. -li -Ili: cauei 169, quei, qui, cauai
837, diauoi 469; ma mul 382, ual valli 606.
rj. V. il numi 3. — farsora less., rasar 491, muora 372. E
vedansi i casi secondari al num. 9.
nj. zegner less. ^ -ni : agn e agni anni. Di -^', v. qui sopra
in questo stesso num.
Vj. chebba gabbia.
8j. fasuò, camesaf casim.
t). Veniesia Venezia, carisia 215, certiaia 217, pigri9ia 219,
stremisi less., indusiar; sasanar less., ji^^r less. agusiue less.,
«wa less. s. * nisar ' *.
dj. creze credo, ecc. ; anchuo. Ma migiuò less. dipenderà di-
rettamente da ^tnijuò, e così cajrta 462, 739 (cfr. cai cade ^W ;
feltr. chèjer cadere) non andrà con cazer lomb., ecc., ma sarà
*cdja da *caj(r catr,
bj. rebba 18 rebòs.
26. 1. muner less.; cortura (?) less.
Ol. Iniziale si riduce a </, intemo, dove a e dove a </. Per
e iniziale trovasi talvolta scrìtto eh o anche il semplice e : cAù^
408. chamar 184, 237, 394 catna 153, 681; — M«rcAto -r*i>.
recchie, sechiellei 813, battocchij 471, parecchio; — tio^ti, fenuogiì.
peduogii.
* 11 ca*o di zeqner (cfr. foUin. feetrer bellun. fthrer^ non -itr) panni idro-
tico a quello di maniera, che, come è noto, mostra traccie del j da ir pun*
in dialetti che non hanno il nuffisso -iera (a. lomb. nutittfra, ecc.); e anck«
in varietà dove questo BuffÌ880 è noto si vede pure Vi, cobì a S. Giovanni in
Peniiceto (Pap 141) dove n^hn mainerà i^mainiera). Del reito, ne* dial**tti
del r Alta Italia, vi hanno derivati da ma ai* come il mi), maflóra preMccbii». i*
belline, tnàgnara picciolo (Monti), i berg. magnina manina, maynaana manacru.
magnada manata, i gen. magna manata, magnesio manesco, magntita manaU.
maqmUrà mantrugiare, il cui fi si spiega appunto da mmuiit- *mai^'. B**p
è vero che anche da pane 8*ha pagnotta ; ma crederei che sia stato qui ani*
logicamente tra<»i>ortato il rapporto che corre tra fané e cagna, cagnotto, • tf
* Se a guwr e «iV<'ir s*agffiunga il bellun. ntunar (Cavass. le«<.\ avremc
tre belli e !«icuri esempi popolari per h da tj ne* dialetti veneti.
Illustrazioni air * Ef^Ioga, ecc. p 259
gL giesia 1006, gir 19, gioite 643, agian less., e il dotto
giìMria -rios less.; — sgionfa less.
pi bl. pioìieg lesa., piHa less.; biastema less., spubica less.
27. palangon less., piegale pecore, dove avremo rimmissione
del saffisso -Qlu (ma pegoreile 86, 94, pegarer 192).
/tt05 -st forse.
28. V. 05 voce 552, 1040, ontiera volontieri 330; — bclp volpe,
bi$sige vesciche 181, 315 (Egl. : ie-), dei quali aitimi esempi
V. Parodi Romania XXVII 234, 222 ; — sgóla volat 776.
haesse avesse, bere ^, paura 10, laurier less., uinbria less.,
a pruo less. *. Caduto pure in serotu, uorotu, e in non pochi altri
casi, ne' quali il metro ci obbliga a sostituire -ó a -óu ; num. 85 n.
Di V riuscito finale, v. il num. 24. Ma in fao 448, foessau 690,
si sente ancora -ro'.
29. W. uarda 251, 663, 757, uadagna 598; guadiasse 336,
5fiMir- e gamazze 336, 624.
Interno, il u? di *aiuu si riduce a gw : é»^t«i less. V. H&rlimann,
o. e, 46 sgg.; quello di habui dà v dopo aver intaccato la to-
nica (num. 13). Per jaxuariu, v. il num. 25. Il -que di quinque
è ridotto a co in cicocent^ e il -oue di sangue può ridursi a sem-
plice -g. Cfr. ancora chi qui 56, chilo less. allato a quilò less.
30. 8. Per il 'S della flessione verbale, v. il num. 76. Un s
finale presto internato s'ha anche in almasque less., per cui v.
Cavass. num. 30, 31.
Interno, è è. Solo in ossane 548, reposse 148 s'è conservata
l'antica sorda (espressa mediante ss), grazie al tv del dittongo au.
*■ La norma generale, con cui il Meyer-Lùbke spiega Tit. bere (it. gr. § 206)
ooa potrebbe valere qui. dove 8*ha preret prete, e dove d'altronde il pro-
dotto dì *beere sarebbe stato *ber. Si sarà forse avuto questo *ber (provocato
da bea, *beo bevo) e accanto ad esso *bevre, avendosi infine, per V incrocio
della dae forme, bere.
' pruò potrebb^essere *pruc[t]o, ma anche risultare da una riduTiione pro-
clitica.
* C*è ntru nenri 1>83. che sarà nerr = nerf.
860 Salviuni,
Bc -{- e i: pes pesce^ nas nascono [e in voci dotte : setUia
scienza, dissiplina].
X: iossec^ »a$ sasso, Bressa Brescia, eagura sdagura*.
30*. B. Parecchi esempi per il ridarsi a ; di ^ : narassia (e
-ccia) Iqss., ficfusa lese., giandussa less., zamtasee * cianciacele '
301, maladission 440, Binussa np. ' Benedettuccia ' ?
31. n. gniaccare naccare 795.
aim me magna 389, lelram mai 714.
almasque less., e num. 30.
co con 9, 16, 22 (co un; con un 966); no non (no #r« 295)
non {nofi e 1045).
Di *ÓNi, al num. 25.
32. m. ro come 66, 141, con {con muri 766) id., ali. a com 252.
Di -n per -m, v. num. 67, e, per la 1* plur. del verbo,
num. 75, 79.
33. e. cep, cima, ecc., dove al e andrà attribuito il valore di » K
08 voce, eros croce, lusent lucente, ecc.
sorz sorci.
34. g. zelàj zennan^ zema.
siile less.
onzù, cinziduray ecc.
36. k. fjardelin 808, gardenaUa 758.
Intéì-no in g : piegale 7, bissige 181, cargar 382, 485: e ri*
toma a A- se riuscito finale, num. 24.
kr. negra,
et. fai^ lai, ecc.
37. gìuiUu less. ; e v. num. 29.
38. t. drezza less.
Interno, cadin 857, ledamer^ fede lesa., codega less., /ard^/
13. 31, gardella less., ecc.; ma ritorna a f se ridotto finale:
preuei less., dei, ecc., num. 24. — procurcutr^ ciiaina 748, S2l^.
873, 880, 905, companaseg num. 48, nyo/a ib., homi leas., M'f
gramtga sai tega num. 14, /loe^e num. 14, esempio doppio, /iò,ecc.
' t'fr. an<nni pirrigar pizzicare, namccia lew., ecc.
Illustrazioni ali* * Egloga, ecc. . 261
num. 13, preué 125, 748; — se sete 267, 322, 870, osé 324,
pare 284, caurè lese., figa lesa., uisna less., sia stata, fià fiata, ecc.
[ma andada 132].
89. d. ra<2i8 885, 895, eoda -dazzò 537, suda 619, peduogii
273, uadagna 598 ; — /Niraù 935, 702 (-cfM 838), ^en^r lesa.,
art9U less., BeiiM Benedetto 602, Paua Padova 731, risèua num. 48;
— iMMd modo, /« fede, chio chiodo lesa., ni nido, uè vidbt, ere
CItSDIT.
Finale, in t (num. 24) : net vidbt 250 ; numt mondo, habiani
avendo, ecc.
-dr- primario e secondario, mart maregna, pars paran 296,
917, frars 533, piera 663, cariega lese., farete 482, ii#r6 vedere
534, crers credere 836, 1095 ^ Ma non sarà popolare desidri 501,
e redrè 111 sarà, venuto tardi, da vedere.
-nd : agian lese., oit ' onde ' dove 1, 265.
40*41. p. b. auert aperto, ecc. ; rsvosi less.
caurty eùurando; sarà sopra 156, 368.
11 b di d^ 921 debes 41, proverrà da *deba «Aa debso «-ah;
e così pure quello di debraue 650, per quanto qui si possa pen*
sare ad altro <.
ACCIDENTI GENERALI.
42. ACCENTO, debèla debito 59, 1012, 1028, sperei spirito 371,
suòit 918 ; humìla 672 ; — crian less., bisibiltion less. — 43. Dis-
similazione, cartel 17, reuelencia 274, 664, malmuaria less., mo-
nestUa less., lembrana less. ; asmarin less., ombrar, cioè n- o /-,
leas., palanostro paternostro 555, propiament 979, cicocent cin-
quecento 841 9 854, e forse mVicless. — 43*. Assimilazione, ati^2rà
140. — 44. Aferesi. petèt less., rengar less., jr»a(2a less., morosa
:io7, seoUaua 233, uanza 675, legrezza 525, bitador less., «ujra
^ L*-« oonserTato rende tesiimoniania per *v4ir$ *crédre uisi che per *eiMfv
'rrtert. In questo ultimo caso vorremmo 'ivr '^rfr.
' n trerit. moderno ha cioè il np. (rtiMÒra Ginerra; dato il quale si può
pensare ehe <ifrrfl sia da *««rfl.
262 Salvioni.
453, sgaminaua less., maginar 114, 977, nisa lesa., uillò less.,
8cur 352, 503, vecchie 472, micidiala 678, na {in na campagna
848, dir na parola 246, ecc.). — 45. narassia less., on^iera less.
— 46. Assorbimenti e contrazioni, areni less., sentar less., rffsirc
= de estre * deve essere ' 187 (cfr. d'esser Mag. I 26\ 28% Il 68%
13' ; e venez. giesse ali. a giè esse Boerio) ; pi più. E v. i num.
13, 14, 87. — 47. Prostesi, arot 318, aros 347, 625, 652, 1036,
aresposta 391, arecres 392, 972; agian less.; — s^ue^ quasi
351 ecc., stresor Ali, 851, sbrase 491 {brasa 459), 3nar« less. ;
wwojfw 269, 333, 480, uuoli 810 i. — 48. Epentesi. Di vocale:
camberà -rot 395, 552 {cambra 325, 475), cancher -car 103. —
Di consonante, ondre dondre 114, 127, 169, ecc., stresor 477,
eelestro 838, 975, grandamenfre 75; insembre, ombrar less., camera,
«s^re essere 544, ecc. ; imbriaga 439, instò 601, 649, iws esce 480
insiralla 496 ; malmuoria less., lintiera 326, manginar less. ; ca^ia
(trev. cd^ier cadere) cadat 983, 462 -yir 936, segia (ali. a «ea)
siT 977, statufegia stofegegia 980, 984, fagea (cfr. /«^s num. 84),
dei quali esempi v. i num. 25, 89 ; rigola less., regost less. ; com-
panaseg 116, riseua num. 39 {risea Lovar. 13, e v. Wendr. § 120),
spauisig, di cui v. il less. s. * spauisig '. — 50. Metatesi, torond
171, 1017, f aline 474. — sgaminaua less.; drom drumir -mant
71, 72, 151, troment^2Z; farnel ìeas., fardel 13, SI, curdUla ecc.
335 ecc., farsora 370, parponta 490, carmesin 683, cardenza 246,
gardella 761, garnel less.
II. — ANNOTAZIONI MORFOLOGICHE ^
flessione nominale.
67. Nome. Casi. ìiom (pi. homi), pastro less. In voci dotte:
naraccia less.; — /rare frate 583; giesum christ (sogg.) 1095,
^ pien d*uuoU^ e Tapostrofe è richiesta anche dal metro. Penseremo dunque,
anzi che a viioli o a uvoli, a wtiolit e analogo ^udisio sarà da portare su
unogii.
^ Preterisco il capitolo de* prefissi e suffissi (== nmm. 51*66 del Cavassico),
poiché nel lessico è stato versato quanto esso offre di più notevole.
Illustrazioni ali* '^ Egloga, ecc. , 263
O Santon isson 702 (Mag. Giesondio II 10^ Jesum Dio I 48%
gieson pare II 57*; venez. Gesandio); accusativo latino prevalso
grazie alla formula di chiusa degli Oremus {per Dominum nostrum
Jrsum,,.).
Numero ^ De' plurali con distinzione interna, v. i num. 5,
9, 25. — Plurali neutri in -ex osse 983, 949, bruzze 950, legne 202.
Genere, pare masc. 234, lai, fem., less., detti fem., less.; —
scagna XeBiè,^ bar illa 1024; — ed bel Triuis 985.
Declinazione, celestro 838, 975 ; — fornasa 457, barilla 1024,
ttrgetta 771, gardenaUa ^ cardinalessa ' 758, micidiala 678, granda
75, 432, curdilla, ze- zintilla 174, 433, humUa 671; mare madri
279 [U eros 706, le ual 606, rfok pegoreUe 86).
roua less.; naraccia less. E qui porremo anche l'aggett. alessa
^.'lo, che non sarà già il partic. accorciato corrispondente ad
* allessato ', ma non è altro che la combinazione avverbiale * a
lesso ' interpretata come un aggettivo. £ cosi che tra i lombardi
si trovano gli aggett. dor fem. dora {carta dora carta d'oro),
dargénta, e bunmercà fem. bunmercàda {la verdura l'è bunmer-
cada) da ' a buon mercato '.
68. Abticolo. el 'l V lo {per lo toamor 104); i\la V; le.
Nell'indeterminato: un costantemente {co un 445, a muò un
camin 478, l'heua un ussei 460, ecc.); ma nel feminile, è pre-
ferito Ita dietro a consonante o dietro a vocal finale di voce os-
sitona {starà na truogna 456 ; a muò na brasa 459, a muò na
dipintura, ecc., ma fa una cosa 780)« ^'<^ dietro a vocale atona
[e una uos 448, ma sea na rebba 18) e in combinazione colla
preposizione {d'upta formigola 461 d*una fornasa 457, s'una tieza
>43. s'una campagna 844 ^ in Cuna nega 629, da una barella
' Il piar, pretu 748 (sing. preue 939) sarà uno sbriglio (per preuei o preui)
0 dovremo considerarlo come un plur. alla pavana (Meyer-Ltibke, it. gr. § 354,
Vidoesich, Dial. di Trieste § 184)? Tali plurali vivon sempre, come ho dal
mio carissimo Prof. Bellio vicentino, nel dialetto rustico di questo territorio
1 ròvere, i órdene, i màntese, i pólde le pulci, ecc.; ma i ean). Dal testo
Mirino del Segato: « ostri arte ì vostri arnesi 16, mercante \6, brigante 2\,
' Trattandosi qui deirincontro di due m, è difficile dire veramente quale
L^t' A • ->; * •• •«««^•viia S4S. entre na cì^ebba 16, co na
-4. «^ ViM«Mitil9. 1* persona, mi: zeué mi 11, m
'.w. .tèi huHar me uno 260, ecc.; obliquo wt
•« :.«7« «icc.h — enclitioo: 6 haue 214, e «u* r^
... 4 maiin^nm 26, ò uuò 259, a murirè 104, a me
, — «'*i«*io Uóss'io) 894; obliquo me. — 2* persona.
, » iio^idri 50, lu 7 M ^i 789, ecc.; obliquo li {co ti
• . . • iW, ecc.): — enclitico: in éoUve 3, <tt hm /Mlr^
, » .H.' i, faretu? 919, ecc.^; obliquo <€. — 3* persona.
. . t, tiMii. e/a (t*^ «to/a «/2a 255) ; obliquo, id. ; enclitico, sog*
o^^otto diretto: el V 4, la ^la; soggetto grammaticale
.Ao » i\ oggetto indiretto (dativo) gè in ogni genere e nu-
.. .0 •. t*lurale. 1» persona: noi 694 nò 269, 820 nu 781; en-
iu(* M.i rappresentato in una. E poco iguta Tapo^itrofe deirantore, poiché
i> > lU V. 8i9 ni troTH «M na aeagna.
• i 11. uo tu r&rV, no fu rei? a Sacile (v. Veni in vernacolo caneveMon-
u ..ai ili (Uov. De Marchi, con prefaz. del prof. Àng. Arbuit; Sacile l^^^'S
s P(i. HO, SI).
* lù questo jff {yf\ V. anche Meyer-Lflbke rom. gr. Ili ^1, 511, Bart»»!!.
lu ^.i\j Lopez e Bartoli, altit. chrest. 190, e quanto io stesso n*ho rìpi'tuU^
lu lifll'ant. dial. pavese, gloss. s. *ffe*. Circa ai signifioati, quello di *voi'
9i ioli ferma a Feltre per più altri esempi imtti da P. Segato (Una novella
(li Alti, Bitsius tradotta in vernacolo feltrino; Feltre 1902): mi ghe domamd*
111 V I ilomando 9, a 'n desperà com$ vu,„ san capazf anche de farghe la carità lì.
tldVt* veramente non è esclusa la funzione di 3' persona, che anche Feltrr
ri* oiKJdce a ghe (la ghe reapom 12, ecc.), podè fermarghe qua.., e intani wi
ghe purecerb el lavoro * potete fermarvi qui e intanto io vi preparerò il
lavoro ' p. 16, noè co fa eMe oi pagarghoft.,... ehè no oi pi ^édargha étmansi i
ori * non avete capito che voglio pagarvi? che non voglio pia vedervi ds*
vanti agli occhi * 20-21. E la versione di Città- Vecchia (Dalmazia) sei Pa-
piinti (p. 608) ha mi pò ghe digo *io poi vi dico*. Il valore di 'noi* par
poi averlo anche a Pirano (Istria). Almeno, nel sonetto intitolalo Si i agam
n«*iropiiHcoIo di P. Parenzan (Del dial. di Pirano; Trieste 1901), non fa
•luhhii) rhe il ripetuto talrèghe sia da tradursi per 'salvateci*. — Cam*
rif'ini'nto di giudizio nella interpretazione etimologica, non vm poi disMA*
ììfuUt il che p^r ghe nelln Pu8!«. di Como. Per quanto il testo abbia qiml^hf
niiufcnudoni sU* * Egloga, ecc. , 2S5
clìtico: à resussUerin 989; obliquo ne, e se {se dagòna 826,
zonse scender 202; se mostròn 640, uolòn mosirarse 579) nel ri-
flesBivD^ — 2* pereona: noi 695 uo 86, 94, 509, 679; a murirè
888, 1098, -0 *u enclitioo neirinversione: putao 981, fao 447,
foessau 690, poréw 67 ; obliquo n^, e una volta se nel riflessivo
(guardasse guardatevi 303)*. — 3* persona enclitica: t\ fem. le,
tanto al soggetto che all'oggetto diretto.
70. culk^ cusiù, quél, guest, colar; dessa 351.
11, que? 703; no haon che ^non abbiamo di che' 872.
72. me fardel, io nuil 34, so moròs; mea speranza, mea mori,
me mori, me parsona, io foriuna, so persofta; i mie camp 718, t
tuo causi 165, i suo pas 620; mie fede 61, le io fede, le so gaU
line; en&tico: fatto me 1064, l'amor io 207, el fauellar so 203;
Vanema mea 54, la mare mia ^2, la no i mia 947 ; fent mie ra-
gazzi miei 303, che foès mie che fossero mìei 1011 ; t fatti suo 264.
^ suo ' si riferisce anche a possessore plurale.
78. Numerali, tino -na; do e tre non si declinano; sie sei, dies
e diese, trenta, trentatre, cent e cento, cicocent, milli, millanta;
un mUlùm 567.
FLESSIONE VERBALE.
74. Confluiscono costantemente insieme la 3* sing. e la 3* plu-
rale. Del qual fatto, v. Vidossicfa, Dial. di Trieste, § 130.
altro esempio della gutturale sonora resa grafieam. coi segni della sorda
( ▼. XII S88), dà da riflettere il fatto ohe che si ripeta per ben quattro rolte.
^ Dì questo ss, v. Mejer*Ltlbke, rom. gr. Ili § 880. Al qual paragrafo, mi si
cottsenta di aggimigere che anche il dial. lorab. ha, nel riflessivo, il te por-
tallo attrarerso tutte le persone : me se petUieei o se pemtissi, te ss pentiseH,
H se pemHe», ss pemSteemm, se penti o tv ss penti, i ee penties; imperat. pMi-
tfeme; pemth o pemtivee cioè ' pentitevisi ' ; fetee di * fatti dire '; fòri fata di
* To^o farmi dire *, eoe.
' A Sacile: vardésse guardatevi 28, tirèese 10, emisae tenetevi 24, semihse
sedetevi tS, ^rassdssss 80, dèeee datevi 29. E v. la nota ohe precede.
266 Salvioni,
75. Sempre in -<Jn la 1* plur. dell'indie, pres., del futuro del-
l'imperai., e, con qualche eccezione però, del cong. pres. ^
76. Il 'S di 2^^ sing. ci si offre solo nelle voci ossitene del-
l'indie, pres. (e quindi nel futuro), ma è assai incostante e alterna
colle forme in -i {uuo8 117, 513, 1063, ecc.). Avviene anzi tra
i due tipi un notevole connubio, comechè alle forme con i venga
ad aggiungersi -s ; quindi da he = hai (n. 14), si ha hes 49,
266, 646, ecc., e così fes 662, 677, sès sai 1002 (enei futuro:
torès 102, ecc.) ^. E si va ancora piii in là; poiché da tali forme,
nelle quali già appare una doppia nota di plurale, son derivate
altre dove una terza nota è aggiunta, un'altra volta l'^t, riu-
scendosi a forme come hesi hai, cioè ha-i + « + » {hesi est hai
177, 561, 647, 656, 657, 663, stesi stai 175, 209, isi issi est sei
65, 283, 670, uuosi 512) 3.
77. Gerundio, habiand 194, disand 812 -sani 563, dromant
72, andasand andando 706; andasande 11, cercande 968, co-
urande{ue) 601 (cfr. toniande, savende, avende^ amparande, ali. a
sentindoy nella versione di Oderzo presso il Pap.*; corandi di
corsa, nel vicentino).
* disont? dobbiamo? 184. V. Ascoli I 399 n, 416, von Ettmayer, Bergam.
alpenm. 50 n.; cfr. ancora hente? ho io? Mag. I 17\
^ Anche uuos non escluderebbe una tal genesi.
^ Queste curiose forme non sono esclusive del nostro testo. Un antico
esempio di doppia nota è il dormirasi del saggio veneto pubblicato dal-
rUlrich in Zst. XXI 226, con cui va pianzerassi Lovar. 297, e di doppia,
ma anche di triplice nota, posson essere vuosi nel Ruzante (Wendr., p. 63 n)
e nel Mag. IV 21' (cfr. anche vuossi tu voglia IV 34^; v. Cavass. par. 83),
puossi Lovar. 334, e qui sopra a p. 247 n., essi esi sei Lovar. 278, 296, 344. Ma la
triplice nota ò certa nello stiesi del Dial. di Cecco di Ronchitti (p. 3) e in questi
futuri: proueressi Lovar. 340, ver essi vedrai ib. 222, veriesi Mag. III 77', harìesi
IV 88**, dariesi I 44*, niagneriesi IV 97*, fariesi I 36*, parecchieriesi I 40*,
setUiriesi nel Dial. di C. d. Bonch., p. 20. — Curioso poi a ine sent eresi
' mi siederò ' a p. 34 della Moschetta del Ruzante (ediz. del 1555) dove la
ediz. del 1617 ha sentarè. Siccome -ée la desinenza di futuro tanto nella 1*
che nella 2* pers. sing., cosi anche la forma senteresi^ forma specifica della 2*,
accenna qui a passare nella prima.
^ Qui veramente anche cande quando, o meglio eande che, che al postutto
Illustraxioni ali* "Egloga, ecc.. 267
78. Indicat. PBB8BNTE. 1. Solo du6 esempi per la caduta della
Tocal finale, e sono pari {imart) 162, smereuei 877. Del resto
(tranne che in ineago 664) sempre -e : butte 101, insegne 204,
uede 211, posse 47, cM>e 921, tuoge 947, uage 24, ecc. ecc.; —
e ho 34, 35, 43, 660, ecc., sé so 251, 146 {so 840), s<m 253,
835, e quindi fan faccio 109, uuò voglio 57, 259, 260. — 2.
ramang 1068, [eognostu ? 406, tientu ? 755] ; pensi 210, mastri 293,
dmi^t 50, e v. il num. 76; urte 182, mostre 672, Ja^^ 1004,
pare 2; — A^ hai 4, es hai 646, sa sai 789, «^« id. 1003, si is
sis sei 257, stes 648, 659, /nio 334, 1003, di 15; e v. il num. 76.
Manca sempre il -s quando il soggetto sia suffisso : uetu 1 , 265,
etu sUu Uu Bei ta? 208, sètu sai 43, critu credi 137, 518, uitu
vedi 24, 1082, puotu 1086. — 3. guarda^ eoc^ piarne 146, puole
1056, resorz 17, drom 151, cai 369, jmo/ 794, etio/ 858, par
4, ecc. ; — uè vede 370, 853 {uet 250), è, fa, Aa, ecc. — 4. moron
fasony uignon, uolòn, haòn abbiamo 577, 578, 747, seon 630, 640,
773 e sason^ 575, siamo (cfr. sexon a Sacile, p. 10); disont? dob-
biamo? 184, num. 75 n. — 5. butta, lassa, mette 269, sole 891,
saè 887 e sasè {sexi -io? a Sacile, 26, 18), siete, 268, 271, 301,
610, 933.
79. Imperfstto. 1. chamaua 237, irasèa ib., trouave 11, pa--
rane 11, uigniue 347, steue 355, 924, zeue 11, 129. — 2. m 373,
freMt traevi 362, ere 295, 298, 300, steue 350, porfaué 170, dts^e
220, 221 ». — 3. ardea 588, Aawea 318, 356, trasea 530, ptoiiea
450, jMirea 451, fagea 452, pareuel 120, mèua 711, A^na 467,
384, seua sapeva 965, ^^é^tia 385, feua 861, 2:etia 812, «ra 286
giera 285, 964; Aawa aveva 396, 810*. — 4. zéuen 128.
patrebb*6isere * qnand'è ohe ' (cfr. i lomb. quamdé^ dov/^ eom/f eos/ * quando,
doTe, come, cosa («^ quid interrog.) * sorti tutti nelle combinazioni ' qnand*è
che *, ecc.
* Buulta chiaro dall'esame delle forme, che le adigammiche si evitino là
dorè la teomparta del r avrebbe condotto a raccostare due e.
* n duplice ricorrere di kaua rende poco probabile che si tratti di uno
•baglio. Sarà, come qneUa tanto diffusa di arò avrò, ecc., una ridunon prò-
ditica. È del resto anche toscana (v. Studi di fil. romanza VII 204).
Ax«htTÌo «lottoL iteL, XVI. 18
M8 Salvioni,
80. Pbbfetto. 1. bMiè^faudiès ecc«, e anche traMei 717, andrà
fome letto -ié^; uindì 7l8,auer»i 229, hauì 317, 524, /o^i 22^
Senti 543, muf) 317 ; fiè 340 e f$88i 554 feci ^ dtè diedi 723,
dissi -e 389) 406, 703, deiMis 409, /Ui 576, 594 e sarà /U anche
il fui dai TV. 878 S 404, ui^ -^« ^Us -Ut 411, 445, 611, 696^ 1063.
— 2. /Wìè (-À) 224, (2è« 234, «t^e 907. — 3. potià, cargà, ecc.,
cwezè 887 ; reépoMlè 240, ;2^ 114, /bè 98, 803, 804, 920, 192, 374,
375, 399 {fo 715, 970), /bri 487, 489 (e f* 330, 403, 714) ; m«f»,
partì, Ugni 296 ; uiene 801 (uen 978), iid« 190, respos 439, cìm
405 d«Me 406, iraése 391. -- 4. foeseon (1. -At) 457, iMM^^^on 903 ^;
;^9en 380, passàsem 379»
81. FuTiTRo. 1. moWrè 104, 678, ^erè 998, Aar* 597 ; uorò 884.
— 2. t&ris 102, 511, (2ar^ 365, purgerèi 506, sardtf 678 ^ pas-
sere 110, t^edré 111, faretu? 919. — 3. ^oMrd 262, uaUrà 889,
^orà 830, harà 509, s^rà andrà 998. — 4. mensròn 40, &»8«rdii
833, ka^eròn 770, a^fòn 203, andaròn 769, 820. -- 5. mnrirè
604, 688, Mrè 63, 603, poreu 67; e la pretta forma letteraria
in pianaeréie 63, cederete 61.
82. Impbkativo^. 2. fo^^a, lassarne 51^ mettìta 791, »i^ 204,
< Di questo -i^, v. Mejer-Ltlbke, ii. gr. § 420, Parodi, Romania XXII SOS.
' Per questa fotma Bigmaii«a, efr. la 2* <2è« 284, sulla quale era fbcile si
modellasse un 1* ^desai, e si ricordi pure mtresse pag. 248 n.
' Un fui non sarebbe forse possibile in questo dialetto. Che in ogni modo
si tratti di fu{ cioè d*una forma debole , è posto fuor di dubbio dalla 2*
fui8 e dalla 8' foè.
^ L'-òn di perfetto dipenderà direttamente dalla corrispondeìite voce del-
rimperf. cong. Di quecfta non è veramente niesswin «sempio ne* nostri testi
(v. però il condiz.), ma è costante V-òn nel bellunese, e frequente nel Ruzante
(Weadr. § 116). £ nell'imperfetto V-ón era poHmAo éal presente dello stesso
modo.
' Alla funzion d'imperativo può anche venire il futuro, e si tratta di fon-
zione schietta comechè il futuro cosi adoperato regga T-oggetto enclitico
nelle stesse forme come lo regge Filmperativo vero e proprio (v. Dell'aat. diaL
pavese, Ànnot. % 46n.X 6 cioè l'enclitico si pospone) i^reste 'tògliti* 511,
dirsame ' dimmi ' 32* Di un ieAe uso haimo esempi «nche il Bozante e il
Magagnò: daritsimele ' dammele ' Mag. 1 44% reoorderiue * ricordatevi ' Ili 87|„
Illustrazioni ali* " Egloga, ecc. „ 269
né vedi 199, tnò 117, 307, fxeOife 51, dimel 13^ 37; M me far 48.
— 4. pofion 1Ì5, credènte 600^ awefów 127» «ton 800 staffM 124,
2ron * giamo * lì&> 124^ 968. -- 6. p&réhmà, fuardàlla 614, 617»
*98$, fase 681 /d >56, «dd^^ 448, 2;e 61.
83. CW&iuNTtvo PBEfiffiNTE. 1^ biastèfna 37» zevna 30i, c^ia 24^
paria 81, A^Ma 14, 16, 69» 24^,, 761, 982, sea 931^ fage 987.
— 2^ oflMiffe 188, coM^ofóe 207, jptio^e jyoBBa &. — 3. perdona
1095, castiga 494, ^rewa 35, defenda 97, wfena 103, 405, arda
255, wpm sit sea -già 2l6, 977 sta 1061, 772, $eppa éappia 1^5,
96, 682, habia 783 AeiJa 212, ecc. ecc.; riposse 149, magne 261,
tfiVn^ 891, fMXSiSig 98) faze 976, mu^re 256, sto^ 150, uage 973 ^
— A.ùatón IS2, habione 877, Ramona 948, dagònia 826( scriuana
313, ;^tan (1. ifetn?) EAMtrs 263. — 6. haòie 589, searfe 87, me è
incerto il modo di fasi 603.
84* Imperfetto. 1. magnàs, lassàs 895, wedès 283, debès 226,
228, /besw 691» fossio 894, /"«s 751, dès 283. — 2. dès e desse
25» 887, /bè« è fosse 218» 351, 758» 764. — 3. urtàs, amazzàs^
guadiasse 299, haueé 136 *aessc 137, pianzesse 916» tityms 671,
689, faès 147, 669, 747 fes 750, rfaes 902, sfaès 272, steèsel 276,
/bès 146, 189, 191, 504, 899, zes 1043. — 5. foessàu 690 (e v. il
numero che segue).
86» CoK0iaioKAL£ ^^ 1. magnerou 26, conzerou 30, cagierou 23,
rreard<»r0te « tederete in la iftUìilmuoria , ricordati e fcieiiti a memoria * 1 41^;
ùrecordttrim ricordatevi Rnz. Rod. 21^. In altri esempi la sehietfca fun-
zione imperativa s^a^^palesa per ciò che manchi il pronome fiogigeilo
atono che suol altriménti aocotnpagnare il futuro e ogni altra voce finita
(v. Elise Richtér, Zur entwickluilg d. itoman. wortstelltuig ans d. lat. [Halle
a. 8. 1903], p. 61-2 n.) : pkiréeiohiéHesi prepara Mag. I 40% farien fa I 86% tnit-
fere metti III 45% mctgneriesi mangia IV 97^ nnarè andate Rus. Vaco. 49b,
Ttgi^rèéi vehite, Rod. 19*, dove ai vede il -H di num. 76 n. passare alla 2^
plnr. Oottié se il Mancese dicesse ehcmterms (e non tu chanterae) per ehante.
^ possif 999, si rAggUaglia a pósé'i * possan essi \
* n tipo di coUdMonale in -j^tw, ohe ha una sì costante applicazione ne*
nostri testi, si Hvede ne' dial. ladini della region centrale (v. Cavass; II 482,
Meyer-Lùbke, ròm. gr. II 328) e, tra i veneti, in una delle poesie del Ca-
vassioo, il cui tit^o idiotnatico, però, ei porta lontani da Bellnno (v. Miseel-
270 Salvioni,
compiroue 692, andaroue 1033, daròu 219, farone 273, 897, ha-
ròue 324, diròue 635, duròu 1027, Morou 275, 306, 896, zirou
1021. — 2. deueroue debrme diròue dovresti 268, 650, 673, di-
ròue diresti 156, 159, 402, 423, haraue 1006, daròue 568 (2aròu
1085, uorau 292, aroutu 7, ^roti^u e ^«ro^u 9, 927, uarotu 15^.
— 3. durerou 27, Aau^roM 10 e harouel 144, ««rotf serouel 139,
142, 567 e «ardii 189, 198, 288, saròud saprebbe 967, feròu
lanea nuziale Cian-Sappa Flandinet 233-4). Più a occidente, la desinenza ci
8Ì offre nella Valtellina: a Poschiavo e a Livigno. Per questa località, cfr.
regalaroi regalerei (Pap.), e per la prima debbo alla cortese e verbale in-
formazione del Rev.*"^ Don Gius. Costa parroco a Prada la nozione dell'in-
tiero paradigma di condizionale che così suona : eantarój ^^as '^f -9um -Qf
-gan (cfr. datovi darei, perdarov perderebbe, nella versione del Pap., aròf
avrebbe, nella parab. del Monti 415). Nelle valli verbanesi, c'è imprima la
1» persona in -^ nel dial. di Val Bedreto (var(f andrei), il quale -if sarà
da -9j\ non potrà cioè staccarsi dair-^ di Varzo, nella finitima Ossola,
che pure occorre solo nella I' (v. Studi di fil. romanza Vn 218). In Valle
Canobbina, o*è aniè avrebbe, saniécMi saremmo, ecc. (v. XIV 448 n.), e anche
qui 1*4 (»P) non potrebbe non risalire a babui. Ma data la presenza di
questo in tutti i contermini dialetti, siam quasi costretti a riconoscerla
pure nell*-i{« valmaggino-verzaschese , che il Mejer-Lùbke, 1. e, vorrebbe
dichiarare da fUs fosse. Meglio vi ravviseremo invece un -éss venuto a
commescersi coli* A' che sorgeva per virtù della metafonesi {-U ^= haboI o
Bs *.gv^iOt '•U =3 *-^rt di 2' pers. ; e di qui esteso ad altre voci). Più in là, la
versione di Riva-Valdobbia nel Rusconi (I parlari del Novarese e della Lo-
mellina; p. 68, v. 20) ci offire garetti avrei, e quesVesempio oi porta vicini
al Canavese, dalla qual regione provengono i più antichi esempi di condizion.
in '&ve. Poiché io credo d*aver dimostrato, in Giorn. st. d. lett. it. XVI 382 n.^
che son piemontesi, e altrove (Rendio. Ist. lomb. s. II, voi. XXX, p. 1505 n)
che son più precisamente canavesani, i saggi che si leggono in Gaudenzio
Dial. di Bologna 168 sgg. E le prove mi eran fomite da e = ct, da -^=» -ati^
e appunto da -àvet tre peculiarità che, nell'ambito subalpino, solo il Cana-
vese conosce riunite. Per Tultima, ohe qui oi riguarda, cfr. aiavrà avrebbe,
vourrd vorrei, andròu andrebbe, nelle versioni di Gorio, Sale-Castelnuovo e
Vico- Canavese del Papanti, *f2 in testi provenienti da Rueglio.
^ Questo tipo di 2* sing. in -ótfe, che ritoma nel posohiavino, e corrispon-
derebbe a un tose, tu eòfrt, è dovuto, si capisce, alla imitasione del tipo «o
canto : tu cànfit ecc., dove cioè non v*era tra le diverse voci disparità d'ac-
cento e di sillabe; cfr. uase volesti, nel Cavass. e uitte vedesti, qui sopra al
niastrasioni ali* * Egloga, ecc. , 271
993, staròue 240, poròue 119, uoròu 242 ^ — 4 e 5. Qui su-
bentra al condìz. Timperf. del cong. ' : haues9Òn 749, uaressan
872. — débessà 687, ande$$à 695 \
Circa alla determinazione del tema, qui e nel futuro, s'ha -er-
nelle tre prime coiqug., -ir- nella 4*. Solo * stare ' ' fare ' ^ an-
dare ' (e una volta ' gire ' : zara 998) hanno costantemente ar ^.
Di ^ esaere ' a'ha ser- e rar*, di ' avere ' frequentemente ar-, e di
' sapere ' una sol volta aar- 967. Di ' debere ', per la solita confu-
sione con ' dire ', talvolta dir^. La sincope in uedrè 111, e debraue
660. Del resto, uor- por- ior- = * volere ' * potere ' * togliere '.
86. Infinito. Cade l'-e e si conserva il -r che ne risulta. In
alcuni verbi però, la espunzione dell'e postonico dà luogo alla
applicazione della norma onde al num. 15. 1: esire 187, 944,
1065, Mere 504, crere 836, 1095, e di bere v. num. 28 n. Son
pretti italianismi uendere, intendere, destendere, 479, 481, 483, e
cagare (sostant. infin.), 535, sta in grazia della rima.
87. Participio. Masc. -à -/ -u, fem. -oda -ida -uda. Si scostan
dalla norma solo insofranè ( : me) num. 14, e sta stata 198, 253,
fabrieà 381.
Su ' fatto ' si modellano ' dato ' {dai 108, 123, 194) e ' stato '
(stata 253, 283) ^
num. 80. — Dì -6 da -óu, e non solo nella 2* pera., v. poi anche le emen-
dazioni metriche ai tt. 10, 532, 516, 1021, 1031, 1036, 1074, 1085.
* Nella 3* plur. c*è una volta 'auei (irouerauei 486). £ sarà forse uno sbaglio
pt^r -<Wi.
' uores9on parrebbe rag^agliarsi, astrazion fatta dairuscita, a un ' ror-
rtssitmo * e rappresentar quindi una forma di schietto condizionale. Sennonché
io propendo a credere che sia non altro che un uoltaaon, con l poi soppian-
tato da r grasie alle voci del singolare.
'^ Farmi che questo -é (ch*è anche nel bellun. del Cavass.) non si possa
spiegare che supponendo un -d nella 2* plur. del cong. pres. Questo «d manca
veramente ne* nostri testi (tuttavia c'è ««ade allato al quale è facile supporre
un *«ea), ma è noto al Cavassico nelle forme munite deirenditico soggetto.
* Andrà quindi letto $eròu il f- di v. 993.
* Il fenomeno è anche trevisano (nato andato, Ninni I 70, ecc.), feltrino
iat4gi, wai andato; cfr. reo andava) e bellunese.
272 Salvxoni,
'gire' ha zù 626, zuda 3(21.
Nessi» partìoipia in résÈo.
88. cagir cadere 936, %mr tenere 9dO, pardir perdere 7&2.
— ' gire ' sì conjmga come un yerbo della 2^3* (zee^ zu^ ecc. ;
taitavia zian num. 8^).
' stare ' ' fare ' ' dare ' ' andare ' ' trarre ', hanno, com'è noto,
mi proprio, tipo, di fteasione: Pres. fagie^ vage, stage^ eec, cui si
accompagnano tuoge tolgo S e pmge poss^ 6. fa9(m fecci^mo, e
quindi anche sasom, sa^é^ siamo, siete, e disatU,, do^hbiamo^ tirato
direttamente su 'dure' (cfr. dirtme num, 85} v. Dell'alt* dial.
pavese § 49). Imperf. feua (e fa^gea = *faea nom. 2&X trtu^ skue ^,
e allato, iraaea. Perf. die, dèa^ fessL Gev. dasand, anda^and. Part. ;
V. il precedente numero.
Altri fMti singolari nella flessicme: oreze credo (\*f>€ze
TiDfio i\cre'eVB WBV£) ; fon faccio ; débe e d^oue nom. 40 ; puah
1056; sipia sit 772, dove influiva direttamente safiat.
80. Il tema del presente allungato ^ s'ha in oansolèe 207, sta-
tuf^ia 984, stofegegia 9&0^; v. num. 25, 48.
90. Del tema del presente portato in altri tempi e modi, si
vedono gli esempi ne' precedenti numm. Qui ricordo solo il
ger. habiand avendo.
INnECLINABILI.
91. Avverbio, uillò less., qui- chilo less., chiuUtéoga tess., chi
58, qua 110, 419, la 419, zo 71, 101, ecc., su, sora 434, ecc.,
fora, dentre,, enùre 16, 28, 80, 182, 374, -o 465, dondre donde
^ Che quindi nulla ha a che fare ooU'it. tòlgo. Ofr. il lo«ab. tosfi^ tdaeoa
toglieva, tdh tolto, q. 'totto* (oEr. faseva e fa'o, di8*eva e ddh^ eccO*
* Ma seua s^^poya, dipende da heua aveva.
^ y. Biadene, St di fìl. rom. I 232 n, Meyer-Liibke, it gr. § 417. U fe^to
non è ignoto nelle Alpi lombarde, e così ho udito lavuréa, * lavora ' a Vil-
lette (Ossola).
^ Dal Yoc. del Ninni: scalivèa. pioviggina, UmitzòcL tuona; trapoUa 'trap-
pola' neirEgl.
illustrazioni ali* * Egloga, ecc. . 278
<mdr$ <m 1, 12, 114, 127, 265, drè 648, drie.per dre 105, inmz ecc.,
a pruò lesa., p&ra lega., dmèam, adda, eoe. ecc.; mo ora 48, 146,
266, ecc., mo ades 726, adi» presto, subito, 104, 161, sempre,
sem^mni, mai e me, quand, eam quando 252, pò poi, »a 88,
amchuò less.^ VaUr^hier 697, aguan ecc., lese., da pò 510, 1024, ecc. ;
co con com come, muò, a miuò, come {que muò in ohe modo 816),
co fa eco., co se fa 66, seme lesa, mieg, maisa less., altriménti,
grandammtre 75, |)er certament 133, dove pajon incontrarsi * per
.certo ' e * certamente ', uia per de fora, 660, * altrimenti, per il
resto ', insembre, in cuffolon less., de fuga impetuosamente 449,
per stori di sbieco, almasque less., ecc. ecc.
La negazione suona sempre no (no ere non eri, ecc.); ne
846, n^he non hai 552, no... miga 295.
È gè l'avverbio pronominale enclitico di luogo. V. num. 69 n.
92. Preposizione, in su la pUa 435, in la 20, 120; ma piti
oomunemente in t^un, in t'una^ inùe'l; -^ co un^ co una.
93. CJOKGiuvzioNE. e si 203, 285, 237, mo ma less., stu s'tu
* se tu' 15, 25, 22, 117; co quam 825; perque 437, 751, 834,
884 *, parzo 69, 87, pò che 457, benché 78, ecc. ecc.
94. Intebjjezxonb. o 70, 76, ecc., oime 91, 178, deh 713, de
926, osti 124; demà less., magari 276.
ni. - ANNOTAZIONI SINTATTICHE.
96. Costruzione. Nella posizione del pronome enclitico og-
getto, raramente si devia dall'uso veneto odierno : per no me dar
333, mandarne *mandommi' 395, e conzamel 913, me perdona
* perdonatemi ' 431, 955, 989 ; e trane e ci leva 1050, dirèsme, ecc.,
num. 81 n.
corrandper mezse * correndosi incontro ' 426. V- Meyer-Lubke
rom. gr. HI § 718 ; Ren, Ist. lomb. S. II, voi. XXXVI, pp. 1012 sgg. K
^ Cfr. anche qué quid 976, que cong. 817, 916.
' Qnesta mia nota de* Rendio. ha avuto la fortuna di cadere sotto gli
274 SaJyioni,
star ne in pie.., ne zir, 1082, dove vorremmo ne star, ecc.
La costruzione naturale è violentemente turbata in questi
esempi: pi che no fa per uent in albor fuogia 36; ondre è i stio
manazzo adès de uilii *' dove sono adesso, ecc. ' 623; i uà cazzant
entre un cadin i det \ pien de botò * vanno cacciando dentro un
catino pieno di bottoni le dita ' 857-8.
96. Concordanza ^ seon bassi sepeli 773, tutta canuda 617,
bie uesti 769.
le nostre gambe, brazze, pe e cossum 950.
ho cerca.., che fazze 83-4 *.
97. uuo che zian fora e dotnandarge 263, se 'l no uien tem-
pesta e tuorne tut 742-3, que i straliot.., ne haues toU et cuor.,, e
farne zir spauisig 733-6, heua sconchiga chel me amazzas e met^
terme à couert 549-50, chi ha inteUet... me uieua a aldir e farse
occhi del signor prof. Gius. Toppino da Oastellinaldo (Alba), ora al Liceo
di Cremona, il quale subito mi avvertiva che nel suo nativo dialetto il fe-
nomeno deiroggetto indiretto enclitico suffisso ad altri elementi che non
sieno la voce verbale, è cosa affatto normale, e me ne forniva lì per lì i
seguenti esempi: s'IUbre-gi ufera kòlje * q. libro gli era sopra (a collo)',
M fera 'nsU'mje * gli era sopra (in cima) *, fera sUtme * egli mi era sotto,
era sotto a me ', fera angémme -gemjey -penUe * era insieme a me, a lai, a
te ', va *ng^mje vagli insieme, mi sum asùtje * gli sono sotto *, u fera pressje
0 dapéje 0 d^aioslnje * gli era presso, vicino ', mi fera dréje * gli stavo dietro '.
E renclitico mai non si ripete dietro alla voce verbale, essendo quindi
solo possibili i costrutti vaje 'ngém o va 'ngémje, non il costrutto *vaje
*ngénìje. La ripetizione par invece di regola, o quanto meno possibile, nel
dial. canavesano di Piverone, da dove il Flechia (XIV 116-7) comunica
questi esempi: vaje dvenje vagli o valle davanti, vaje Mn adosje non an-
dargli adossogli, vaje fiin anaUmji non andargli in cima (propr. ' sopra *).
11 fenomeno, del resto, par mostrarsi a Piverone nelle stesse condizioni che
nel novarese, è cioè qui possibile (ciò che il Toppino esclude per il suo
dialetto) che renclitico compaja anche dietro a un avverbio: wardje laje
guardali là, wardje liji guardale lì, wardne kuini guardaci qui.
^ co'l caf canuda ( : saluda, spuda) 248. Forse una svista, comeohè s'inten-
desse di dire ' tutta canuta ', o ' il capo canuta ' (il capo accusat. alla greca).
^ Diviso è il caso di critu che Vhaease 187; dove 'avesse avuto' è
richiesto non dal verbo reggente ma dal contesto del discorso.
J
Illastrazioni ali* ' Egloga, ecc. , 275
ben areni 959-60. V. Giorn. st. d. lett. it. XLII 875-6 n, dove
son da aggiungere gli esempi del Cavass. e questo del Ruzante :
no disse gnan cVa me sentasse vù^ e arpossarme Piov. 50^.
98. Casi, uè faroue magnar ai peduogii 273, sentì rengar al
leiran preue 125.
99. Verbo, m'he bulla 71, se ha parla 118.
el destre butta ' deve essersi gettato ' 188, Ve amazza ^ s'è
ammazzato ' 193, è conzà 428, son (1. seon) intes * ci siamo i- '
974, seròuel scontra 139, sarotUti scalone 9 ^ V. Meyer-Lttbke,
rem. gr. Ili § 381.
preue andasand 706, leuar su bel dromant 72.
100. Abtioolo determinato, y. in primo luogo il num. 104.
— me ari 388, lo cà'353, nostra naraccia 278, nostre mare
279, ecc. (ma isuòpas 620, la nostra giesta 932, le so recehie, ecc.).
amor d'una zudiera lant te costa 393, zudièra me tignerà
991-2, mori.,, deschioda 105, cagasanc e la giandussa uiena 713.
tutta zent 961.
no è el pi bel amor quanfè de fora 1045, tu es el mior temp
che no ha la signoria 646, no è al mond la pi rebòsa orsa de /e-
mena 304-5.
la mengóla 106, 196 (ma Trottol 151, ecc.).
Abtioolo indeterminato, el va pò fent con zuccari ' e vanno
poi dei fanti con degli zuccheri' 862; per qne f emene... caga
' perchè delle femine cacano ' 437, piegale delle pecore 149, se man
911, la era na dipintura no za donzella 613, che però andrà forse
emendato per na d-, de eroda da una rupe 101.
d'un bel zegner di bel gennaio 918.
' Cfr. anche no ual a ptniir non vale pentirsi 836. Altre singolarità nel-
l'tuo del tiflesiiyo, a num. 69 n. — Qui ricordiamo il fatto offertoci in se
pHtena e epeeeola ' ci si pettina e specchia ' (frc. oh se peigne\ dove si evita
Là ripettàone di $€ («e di passivo, e se pronome riflessivo). Il veneto dice
oggidì $* se pemUfe ecc.« ma il lombardo et pentii . Quanto airit. ci si pemie
««so eara insieme il prodotto di una tendensa dissimilativa, e della fusione
de) modo 'ci pentiamo* con *'noi si si pente*.
270 Salvioni,
101. Comparazioni, un canal pi grand che nits me 707. E
V. il num. che precede.
102. Pronohs. El e mori la to parsona 309, d vapo fent 862,
d farà la vendetta Saianas 838, 'l foòs el so falctm 146.
tu 'l sa ti tu lo sai 789 ^ ; no me 'l dì a mi 15 ; ne inette eu
no fent 269, uò pegorelle.,. uè lasse 96.
^ Non dice altro se ooa * tu il sai * ; e potrebbe credersi che il t{ fosse
aggianto solo per ottenere una rima. Ma non dev^essere intieramente cosi;
poiché il vezzo deiraggiunzione pleonastica del pronome enfatico in fin di
frase è assai comune negli scrittori pavani, e lo provino gli esempi : mille
fauelle \ no seraut elle \ efjfMenU * mille favelle non sarebbero bastanti * Mag.
UW; el n'h^ dò tante laide elh lY 30^ hq il alò un gran fa^ elio? non
è stato un grande favore? lY dì\ erivò tuo vuàf credete voi? II 64% Ma-
gagnò, te m'è dò la pi maor eattiva nuova t\, ck'hahhia me hahbk, daapò ch'a
vìvo m\ * M., tu m*hai dato la peggior nuova che mai abbia avuto da poi
che vivo I Mag. lY 80^, no disse gnan ch'a ine sentcìsse vù e arpossarme
Ruz. Piov. 50% de ehi faviellistu H adesso f ib. 58^, ìa uà a ogni man ella
Fior. 15b, la sia ben ella ib. 16% a se corozzerae iggi ib. 4% de quagi fo to
mare ? ReMca Vhaea nome. La fo da Conche ella Piov. S8^> a vuò éhe a balòn
anca nù mi * voglio che balliamo anche noi * Dial. 1Q^ n cherzo che 'l ghe
sippia an i zugolari mi, se a no me falò ib., st'homo no vegnirà me pi elio,
sì èlo longo ' quest*uomo non verrà mai più, tanto è lento * ib. 7*, com a
sai vù Orat. 7^, i se pò lagar vegnire iggi ib. 11% le mie man no ghe se tnet-
terà elle Piov. 5l\ a no uel dirae mi Raso». 19*, et dà piasere eìlo Ancon.
5^ ecc., e cfr. ancora quella ehe età sola la è la MalimuoUa quella
Lett. 27^, a me smeravigio à cotnuò qudlù dtU.librazzuolQ^ n'ha sapio faeUare
lomè d'una sorte de Prealasse, sipiantoghene tré mi Dial. di Cecco di Ronch.,
e. 12^, el crea purpiamen, que el Vhaesse fatto stampare per venderlo e guagnar
qualche marchetta elio ib. e. 15% nei quali esempi pure, la pretta versione
italiana deve trascurare gli affiitto pleonastici pronomi mi e elio. Per l'og-
getto, ho solo dal Mag. (lY 27^): no m'aldiuu mi? {ipì) non m'udite? e forse
tutto el so Ubrazzuolo me pare un sprenuostico mi, Dial. di Cecco di Ronch.
e. 14^. Da un esempio (sgraziatamente il solo) di questo stesso Dialogo,
parrebbe anche aversi una riduzione enclitica del pronome cosi usato (i
smetamatiehi ghe la eanta ben gi * i matematici gliela cantano bene ' e. IS^).
Curioso poi che il pronome possa aggiungersi alla particella affermativa
Vita sto salgaretlo.,» ? Si mi * Yedi questo piccolo salice? Si ,. Dial. di C.
di Ronob. e. 11% t^è restò gniente in la smalmuoria di quel ch'i diea? Si elle
* non t'è rimasto nulla in capo di quello che dicevano? SI \ nel Peagno
Illustrazioni ali* * Egloga, ecc. , 277
gen uit 1053^ - vidi ' ^, gm padès ' potessi ' o ^ ne potessi '
217, g9 'n tMs 83d, mmgnargen mangiarne 1044, gen $ 853, gè 'n
«m ' na sono ' 1066.
la ual che zeue mi 11, banc long... che senta su 853-4, la to
morosa... che Vi meri la to parsana ' la tua amorosa di eni (in
causa della quale) è morta la tua persona ' 307-9, e tL.. che per
to amor me buUe za de eroda * e tu per il cui amore, ecc. ecc. '
100-101, i citain che 7 niuer gè areeres 978.
qiMe che no ha coìnpassitm... i gè euose le trippe 569-71.
un gran pUèr chel foè trauà 802-3, un hom che 7 me par
U9-50, fitta coragzina... che no la passerouo^ 657^, Agnie^ zintU.^
che tu inamoreroue 1079-80.
108. CoNGiVNZiOHE. CrUu ebe... che 518-9; -^ tu diroue le gè
piame sera 156, tu diroue le e ineepedide \h% tu diroue i balla
423, tu diroue Vi na pescaria 402. I quali esemiM andranno però
considerati come sorti per la soppressione di una pausa {tu di-
roue : i balla = tu diresti : ballano); cfr. haròue dit: uè el diauol
fatiz 541.
104. Pbxfosizions. Notevole il seguente costrutto ^: pan bianc
'isques un ^er ^ quasi uno stajo di pane bianco ' 1034, magnerou
hsagnetk».. un gran eadin 1015-6, pitts d'aarzeni pien un armèr
807, darU offerta un bagatìn 1010,
comineii mandarlo 721-2, oomenzà. a alta uo$ dirme 328,
zonze zeonder 202, aida fa/r 212, aiàe^sà pagar {^^ -à a p-?) 695,
me par ueder 148, no te par hamr 331, me foi auie ioeear 414;
hauer 332, potrebb'esaere a hauier.
Crìrellaore, pag. 8. V. la spi^gaBione ohe dà il Tobler di «#/, nemily. ecc.,
Vermitfchte Beitr. I 1 sgg.
' Per Tubo assolatamente pleonastico di ne, cfr. i seguenti esempi feltrini :
ghg m'è na casa c*è una casa, aonde che ghe n'è fetnéne ghe n'è sempre qual-
coMMo da giuntar ' dove ci son donne c*«) sempre qualcosa da aggiustare \ ecc.;
▼. Segato 7, 17, ecc.
* Col porre gli esempi sotto questo paragrafo, non intendo già affermare
in modo sicuro che si tratti quasi de laeagnete un gran cadin, ecc. 11 modo
ammette queste ma a^che altre dichiarazioni.
278 Salvioni,
ne co canai ne buo ' né con cavalli né con buoi ' 837.
una bavetta no se que muò ' una b. non so a che modo ' 816,
dove s' avrà però la diretta influenza dell' aferetico muò come
(ali. a a muò),
de tutti i fent tu portane corona ^ su tutti i giovanotti tu ri-
portavi vittoria ' 220, de eardenza in confidenza 246, com faretu
del fit? 'come farai coU'af fitto ? ' 919, de lame mort tu hesipur
haun uitinoria ' colla mia morte (coll'avermi ucciso) hai pur ri-
portato vittoria ' 561, de me pigricia in causa della mia poltro-
neria 258, treue de man tiravi colla mano 629, gè trasea d'i pie
237, trar d'un sàs tirare con un sasso 568, de duogia pel do-
lore 222, me fasi de segn mi fece segno 487, de qnest'an 453,
butta d'un de qui crep 187, tnor de casa 181, cauà de sepuUura
521, trane del magon 1050; no me sé maginar que cosa segia \ De
no so que 977-8.
da stremisi, rebba e da paura * dallo spavento, dalla rabbia
e dalla paura ' 519, da paura 556, da rebba 580, 590, da gran
duogia dal gran dolore 135, murir da nessa 119, murir da se
267, seppa da sai 95, dentre dal me camberot 542, sot da le naris
701 ; da sauer.,, he nuogia 34; sasè bone,., da... * siete buone di ' 271.
per putta ' in causa d'una ragazza ' 40, per stort per isbieco,
biecamente 25 1^ per altra maniera in altro modo 988, per cent
homi 354, da interpretarsi : o per ' anche di fronte a cento uo-
mini ', 0 per ' come se avessi meco cento uomini, come s' io
valessi cento uomini ', per in som q. ' per dall'alto ' 474.
se insonia con Trottol, nella didascalia che precede al v. 316.
À me par di tradur meglio ' sogna di Tr. ', che non di pensare
a un elittico * sogna [di trovarsi] con Tr.'.
IV. — IL METRO E LA RIMA.
Poco c'è da dire su questo argomento. La struttura metrica
è nell'egloga la terzina, e delle tre diverse parti onde quella si
IllastrazioDi ali* * Egloga, ecc. , 279
compone, solo la prima si chiude senza che airultima strofa
segua il verso di chiusa. Questa avviene coirultimo verso del-
l'ultima strofa, il quale però rima col penultimo anzi che col-
Tantipenultimo (v. 313-5). Ne' sonetti, tutti caudati, si ha questo
unico schema abba\abba\cdc\dcd\deef e quando la
coda s'allunghi d'altri tre versi, lo schema si continua per eff.
La molta scorrettezza del manoscritto, di cui il lettore può
farsi un'idea, riandando le emendazioni proposte al testo S si
rivela poi anche nella rima, e piii ancora nella misura del verso ;
il quale, pur largheggiando nel giudicare degli accenti ' e dei
casi di dieresi e di sineresi vuoi nell'interno della parola vuoi
nell'incontro di due o piìi parole, è troppo spesso o manchevole
0 esuberante. Sennonché la evidente trascuratezza del copista,
permette d'applicare con una certa larghezza que' rimedi, per
cui si giunge a ristabilire un metro tollerabile. A ciò, e insieme
a reintegrare la rima, servono le proposte emendative che si
fanno qui subito.
Circa alla rima, essa è perfetta '. Solo, come nell' italiano,
posson rimare insieme vocali chiuse e vocali aperte. Il non aversi
nella realtà consonanti doppie fa poi si che solo l'occhio rimanga
turbato in que' casi in cui alternin insieme nella rima geminate
e non geminate. £ l'ignoranza della quantità delle vocali, ci
toglie di dire se tra pas pace e bas basso (w. 825-30), tra eros
croce e aròs rosso (w. 705-7) corresse quella differenza che corre
in Lombardia tra pa^ pace e bà^ basso, ecc. (ma cfr. levent.
p^lr * pace * e * passo '). — Grazie anche alla rima s'è poi intro-
dotta nel nostro testo qualche forma che alla sua lingua sarebbe
veramente estranea, così i pavanismi come fio num. 13, e i
lettor, cederete piamerete 61, 63.
* I ^piasti d'ogni natura che per varie cause potevano ingenerarsi in testi
come i nostri, il lettore può avvertirli confrontando le dne lezioni dello
•temo sonetto, che noi abbiam poste sotto i numeri 15 e 27.
' Non sarà un goasto ma sarà piuttosto voluta la frequenta dei versi con
accento solla 7*.
' V. tuttavia qualche caso di assonanza ai vv. 713-6, 931*3, 1075*6.
^80 Salvioni,
Emendazioni metriche. — 10. 0 fuo$i fhauerou-, cfr. te harove fuos
Vora fot paura nel Pad. — 12. dolza o dolze come nel Pad. — 15. stu
no 'l di, — 25. desse o una. — 3Ò. Qui e altrove (v. 532, 516, ecc.),
gioverà introdurre la forma di condizionale in -6, che il nostro testo
riconosce solo alla 2* pers. sing. davanti al suffisso -tu (ìium. 85, 28).
— 31. wi me parta, — ^ 3S. fora sarta, — 34. Togli d, x) istituisci
si a tanta. • — 41. ben zir, — 52. € fuot e sitta o sita, -^54. eiuitta
o -to. — 59. De mea moH; de deòette. — 63. Non mi par giusto di
supporre s*no (cfr. s'tu) ; cfr. tuttavia visna less. — 64. e per fnont, —
66. co fa, — 75. perd o pert, ^~ 77, A he o E he, num» 69> oppure
rapetèt; v. 600. — B3, Togli le, ^^ M, nte dolz. — 87. seà. —
89. la spi^ o ia pizza. Cfr. ven. i^- e spizza prurito, prurito prò-
dotto dalla rogna o da altro simile malore (Bo^o). — 102. «« for-
mai, — 104, per to. — 106. per Mengola. — 110. passerès. —
1 12. Togli e.— X XA.zès. — 1 17. Toglie. — 123. 'Imal, — 126. nuose,
— 128. no 0 a zeuen. — 138. una not. — 1 44. Togli mo^sa. —
149. che riposse, — 150. sques. — 153. uuò cantarlo? — 164. ueròu.
— 170. Togli ondre, e fa di é una congiunzione. — 190. Togli wic,
o 1. uit, — 219. e me, — 234. quand che. — 244. ne di, —
246. Togli na, — inpirà?; V. num. 87. — 248. ?. — 268. saè. —
Togli nCy 0 che] e circa a é^ uuogii, v. num. 47 n. -^ 271. saè bone
che da* -^ 273. Sopprìmi uno d«i due tutte. — 284. A hauer, o un
si. «— 288. saròve, — 301. saè no. **- 802. tignir man a; oppure
tiffnir a man la borsa. -^ 308*10-12. Bestìtueoido eimituori (cfr. zi^
mitorio nel Brand., ed. Novati, glosa.), ci scapperebbe ancora refrigeri.
Onde gioverà forse ammettere una rima atona in -ri. -^314. Togli
che, dopo aver posto due punti dietro fossa^ 813 ; — guarrà, forma di
futuro non infrequente ne' testi pavani. — 332. Hauermemì. — 336. no
gè ualj come ha il Pad. — 354. fea. — 277, de là. — 396. haua
intom. — 400. Gè era. — 410. twlea. — 411. ^ no o É no, —
419. per una, — 421. muò na, — 422. burta, burta; v. num. 50,
e Ta. pavano. -^ 433. ? — 453. gni muò, — 456. truogia, —
467. legn gè n^l 0 è forse omessa qualche altra parola? — 499. se
speccola. — 606. Togli ^t^ o ^. -- 613. Per brusa, 1. truoua o broua;
cfr. ven. brovar bislessare, brovd scottato. — 614. ? -- 6i6. V. Tos-
servaz. al v. 30. — 522. A paracion, — 528. Togli il secondo de.
— 582. V. Vosservaz. al v. 30. ^ 536. haueua in su. — 537. on^r.
lUustrationi ali* * Egloga, ecc. , 281
~ 689. mud d^un, o a muò un. -^ Ul. di8ea. — 668. El no: ^
559. parea. ^ 660. Quand 9entij o cagna. — 661. De me. — 663. E
d. — 667. Togli re. -- 374. Togli mo. — 686. t nwiadM. --
586*7-9. P«r ristabilire la rima, giova qui supporre un /òr» laori,
cornapondente all'it fwm^ al lomb. fòy e un fùr^ :=: /bm, aoeaitato da
qualche Ticino dialetto (cfr. ear, inlor, nel CaTass., e, due volte» goper
* governo * nell*£;gl.). ^601. Courandue. •— 603. aanè inatte e no fari.
^ 604. À muò un. — 609. la gondla. ~ 610. m^. •*- 618. e no
donaeUa. — 614. adès che. — 616. dbe muò; o tntfd la epuda. -^
616. o^> di\ la impirou, — 626. ròs, — 687, ifor «> fin^ oppure
mt40 d'or fin. — 629. S'tu. — 630. harou, — 663. Varda e'tu n'es
eì. — 665. crudilta. — 711. harou. ■— 713-6. Piuttosto che a uiegna
penso qui a una rima assonante. — 716. indrapeUà 7. — 720. else.
— 722. mastro. — 728. pr' hauer; v. il v. 928. — 730. Deh eancar,
oppure togli il Deh. — 736. spauisig dì e noi. — 739 ? — 765. Togli
Cusi, o 1. con is. — 779. Cim mat. — 794. Sì potrebbe supporre
un sost. giuorià'j ma forse emenderemo per eAe in giuoria ghe sta, o
^he in g* su uà. — 813. fora e bizar. — 820. zaròn. — 824. pi-
fherou pr'un tron. — 830. ? — 837. ? — 856. Sostituisci sparagtta
a spegazza, e oltre alla rima acquistiamo il senso. — 848. ueroue o
Mirane. ^ 663. dio. — 867. t de. — 858-9. La rima del V v.
dovrebb'essere in -4, ma non vedo come riuscirvi. Quanto al secondo,
sarà da leggere t so botò, come se invece di ' ognuno ' il soggetto fosse
* tatti ', e quindi ' suoi bottoni * sì riportasse all'insieme de* votanti, di
cui ciascuno ritirava un sol bottone. -^ 861. eo. -^ 887. 0 cagne.
— 888. marò. — 891. co a sole. — 894. domenedie. — 896. zudie;
che manca veramente al nostro testo, ma che sarebbe in perfetto ac-
cordo colla fonetica sua. — 904. itioc repettar, oppure ehi al posto di
chUÒ. — 923. Pr^httuer; — eue o hauea. — 931-3. Rima assonante.
— 988. saè. — 984. Priege pei* no. V. tuttavia il v. 954, cVè an-
ch'esso un novenario. — 967. Anche per il senso corre meglio il iti-
turo waral. — 968-71-72. V. il less. s. 'paston'. 0 sarà dunque pa-
Sion da emendare per pastum, o zanzum e agrum per zamon e agron.
— 971. Mo lassòn. — 974. seon o sason. — 991. la zudièra. —
993. see co un os. — 996. Togliere il me o il no. — 996. Forse
fuqueni come nel Gavass.? — 1009. no no*i\ num. 69. — 1021. Y.
l'osserr. al v. 30. — 1029. zir dapertut? — 1031. V. Tosserv. al
T. .30. — 1036. V. Tosserv. alv. 80. — 1038. ? — 1041. harou.
282 Salvioni,
— '1043. V. rosserv. al v. 30. — 1054. star su. — 1065. V. Tos-
sery. al v. 30. — 1061. No fé? — 1066. L'emendaz. già proposta
per questo verso è richiesta anche dal metro. — 1070-72-74. Come
si restituisce qui la rima? — 1074. V. l'osserv. al v. 30. — 1075-
76. Farmi che anche qui s'abbia veramente una rima assonante. —
1082. Togli il Si. — 1085. V. l'osserv. al v. 30. — 1086. TogU
il me, — 1088. quest tnuor'ì o el muor? — t095. Togli il me, —
IJOO. E no; v. il v. 889. — 1101. V. l'osserv. al v. 891. —
1103. V. il V. 893. Si potrebbe leggere za Va, — 1104-6. V. le
osservaz. ai vv. 894, 896.
V. — NOTE CRITICHE AL TESTO, ecc.
V. 16. M^l, — 17. ogni. — 52. dai del dipende da uien 53. —
58. Interpreta: ti m- e ti n-. — 69. Non capisco bene questo verso;
poiché l'interpretazione che prima si presenta, contraddice a quanto è
detto ai vv. 73-4. — 75. perd. — 80. dentre. — 86. A«. — 96. Forse
da dolz, e v. il v. 95. — - 97. d'agn' ? — 98. Soggetto di passe è animai.
— 102. tuor su prendere, portar via. — 109. In nom\ ma i due n
potrebbero ben andar compresi nell'unico del testo. — 112-3. * Po-
lonio, Trottol, me lo ricordo ora, è partito stamane disperato „ oppure
" P., mi ricordo ora che Tr. è partito, ecc. ». Il testo risulta dalla con-
fusione delle due espressioni. — 123. ne potrebb' essere la negazione
(num. 91), ma anche il pronome enclitico dativo dil^ plur. — 132. ' sarà
difficile che non troviamo la via g. — 143. Com'è da intendere 'il
gran peso dei migli e dei formaggi ' ? Di peso allo stomaco, che avesse
per conseguenza dolori alla schiena, o di sacchi di miglio e forme di
formaggio trasportate a dosso? — 152. in fora. — 168. sauer è so-
stantivo coordinato agli altri che seguono, o è verbo? — 186. laoc
non dice nulla, e crederei di doverlo emendare per lazo laggiù. —
i9l. pegn. — 197. aguanaz. — 226. parane * parrebbe' ridarebbe
assai meglio ragione dell'intiera tei'zina. — 229. Vtis. — 235. sì. —
294. Del 'fuoco di Sant'Antonio', ch'è un'infiammazione cutanea, v. il
Boerio s. * fogo ', e Cavass. II 401 n. — 307. ^ud ecco. — 310. erudii
va riferito al soggetto cioè a Trottol, e andrà interpretato nel senso di
lUasiraadoni ali* * Egloga, eoe. « 888
una oiortazioiìe che gli si faccia dì diTanìre alla sua Tolta cmdele, q.
'diyeniito cradele, saziati ecc.'. Escluderei quindi una violenta disposi-
lion delle {Murole per coi crudU fosse TaggettìTO di martuori, —
3i3*6. L'epitaffio parrebbe a prima vista convenir meglio a Tr. che a
Mengola ; sennonchò ò evidente che si vnol indicare sulla oostei tomba
la 00^ onde s'ò resa colpevole verso Ir., produmadogli degli stenti
amorosi e indncendolo cosi a togliersi la vita^ — 817. JK^on vango a
eapo di questo verso. ^ 841. attenga ecc. si riferisce al soggetto. —
851. deaaa. — 366. me baUem. — 888. ne porta. -^ 481. muò
the na hmia * come una cosa burlevole» come uno scherao '• — 447. Ao-
wenm. — 448. che fào dege 'che fiate? date loro [dei colpi]'. —
456. iruogia\ e interpreta: 'nella quale fra pochi giorni verrà a slare
ona troja'. — 460. Lheua. — 474. fora dipende da bMa. —
484. Togli Vi di i haues, a meno che non si trattasse di « =s io, esempio
unico allora. — 493. far parrebbe di troppo. 0 è forse da sostituire
con eiar in? — 507. sordina. — 508. erudii wm potrà venir inteso
eomo un vocativo riferito a Mengpla; poiché del resto la forma fe-
minile suona sempre in -a. •-- 617. El ee. -^ 518. hauer. —
527. L'keua. — 538. El no è. --- 558. ' non intendi te stessa che
con pena ' o ' a stento t'intendi tu stessa \ e dalla possibilità delle dna
dixioni è sorta la noska. ^ 567. le aeroiL, — 585. Che i. — 609. uè
tien. — 633. ho&t^ o boaaadn. — 686. a le. -- 643. uè uuò. —
64S. Ironicamente il mal francìoao ò qui considerato come un van«
(^gio, a meno che sia da leggere tun'è 'tu non hai '; d'el è partìtivo.
^ SBB. meglio (^ COMO. — 663. fi'sti. — 667. ardemt. <— 671. Ckmia
s'inioriHrsta che mgnù de erudOanzaì — 688. pieti ecc. si rìfesiace a
mmbaaearia v. 681, ed è costrutto ad eenmem. — 687. Poltroni, — il
eunero vi mangi, — dovreste... — 715. indrapeUà *lfò. — 717. '&
farse dunque che lo trattai da matrigna ?' ^ 720. ' e adesso [avviene]
che appena si degna di guardarmi '. — 742. Oscuro Se dee meno. —
749. haueseon, — 761. m'auis non sarà forse un errore per m'e auis;
la oombinaz. *me aule poteva facilmente dare mauie, — 765. human
predicato soggettivo di ^ v. 766. — 784. daetrani. — 795. « eon e
fu. — 800. tu> H penson non riflettiamovi sopra. — 806. daueni a
chi cridaua 'davanti a chi (a qualcuno che) gridava'. — 814. era
— S36. no creze che me. — 847. larg. — 853. quant me die seve
'quanto mai Dio si vede'; Dio come in egiandio, ecc. — 860. Par
superftno Pò. — 862. farà. ^ 874. Forse hauer al posto di parer.
^a^vhiTio aloitoL itaL, XVL 19
284 Salvioni,
— 901. 'se ne lasciassi (vivere) uno (uomo) all' infuori di quei del
pesce \ — 909. V. il less. s. *gamel\- — 911. La preposizione che
comincia per se è alla dipendenza del periodo che comincia per No e
V. 914, — 922. à Triuis. — 926. deh! — 944. A spiUar cTestre
chi gram ehi cantent. — 947. eia no. — 949. de osse, — 953. sta-
rdue 1*' pers. «— 974. son intes potrebb'essere errore per seon intes
* ci siamo intasi'. — 976. con fé, — 984. nianc ha valor positivo,
come niac al v. 877 ; v. Wendr. § 155. — 989*90. * è un male ... per
cui la piscia non si può tenere '. Ma anche si può pensare a dd per
chel. V. l'emendaz. al v. 658. — 993. com seràu. — lOOO-lOOl. *po-
tess'io, se portassi cappello o mantello bruno (cioò ' se fossi sbirro ^),
andar in prigione e stare in ceppi'. — 1007. che tanto può riferirsi
a tu quanto a cUtar; nel qual ultimo caso andrebbe inteso - come 'dei
quali '. — 1027. 'ne porterei a casa per il valore di trenta marchetti '.
^ 1030. dur va inteso nel senso di 'ostinato nell'esigenza'. —
1040. à una 03 = a un cenno. — 1045. 'non c'è più bell'amore
che colle forosette '. — 1050. H soggetto ideale di tratte è zanzand,
quasi avesse detto 'il cianciare'. — 1056. Forse puoli ' possono essi '.
1057. che i, e aUora il passo s'interpreta cosi: 'come posson [essi]
dunque soffrir queste cagne che li tengon come patarini '. — 1058. in-
ehin (2a f»o 'fin da ora, subito', quindi: 'vorrei piuttosto subito mo-
rire'. — 1066-7. " ma che vale a dire allora: mi pento? Perchè tu
sei cosi ravvoltolato (immerso) ne' sollazzi che rimani cacciato (preso)
più d'un bue, ecc. ,. La quale interpretazione risalterebbe dall'attrìbuire
a sbertigiar il senso di ' ravvolgere ' ' avvoltolare ', ecc. (v. Parodi,
Romania XXVII 221), dall'emendare Mo gè in Mo che gè, Pur che in
Per che, e dello sciogliere ìm in is ^.-—1071. leni va sostituito con
altra voce, come lo indica la rima. Ma quale parola? — 1073. ^ri-
ferito a amor 1062. — 1093. toma a to cà==^ ritoma in te, rinsavisci.
— 1095. crere, — 1097. sasè o saè; v. il v. 887.
VI. — LESSICO.
abriga 6; v. 'briga'.
aeolegà coricato 176.
illustrazioni ali* ' Egloga, ecc. , 285
adès subito 161. Seifert, gloss. z. Bonv. ^adesso', Etg.
183, Meyer-Ltibke III 524.
agian ghianda 200. Per IV v. Thomas, Mélanges d'étym.
franQ., 10; Tappolet, Bull, du gloss. des patois de la Suisse ro-
mande II 23, e per il genere, dato com'è probabile (cfr. il friul.
gland, il bellun. gian, appunto mascolini), che la voce sia ma-
scolina, Meyer-Lubke II 425 ^.
agni muò ad ogni modo, 455; e s'intende che l'a- potrebbe
anche comprendere la preposizione.
agresta agresto 746.
agrum agrume, cosa fastidiosa, rincrescevole, 971.
a guati quest'anno, o ^un anno', 894, aguahaz or fa più
d'un anno 197, aguanent l'anno testé trascorso, in. fine dell'anno
passato, 141 ^. Cavass. * aguan '.
' La larga diffasione territoriale delFa-, e nn pò* anche della riduzione
mascolina, dovranno distoglierci, parmi, dal ravvisare nell*a- un caso di con-
crezione parziale delFartìcolo f eminile.
' Questo -ent di aguanent deve connettersi coi superlativi del tipo novo
novento (v. M.-L. II § 516, e Monti, Voc. com. s. 'assinent* e * verent*), di
cai s'hanno esempi {novo novento e sopratutto ben diffuso) in ogni angolo
dell'Alta Italia, onde aguanent sarà come il compendio di * aguan aguanent
* Tanno appena appena trascorso *. Poiché tali formazioni son pur possibili
anche neiravverbio (v. Studi di fil. rom. VII 232, e aggiungi, di su il Monti,
aposta poatenta^ sot sotenty dalonch dalonchent subitissimamente). La sola se-
conda parte, par aversi in slozzento (Mt.), borm. bellento, asinento molto
asino, e ne* treni, aoliènt soletto, talequagliènt^ a bonoriènta a bonissima
ora, per tempissimo, dal bonihUo (cfr. dal bon in verità, davvero), en mesiènto
nel bel mezzo, di fronte alla primitiva condizione mantenutasi in tu gima
fimienta alla cima estrema; nei quali esempi il iè (cfr. anche evidiènte) ò certo
dovuto a qualche caso in cui Vènt 8*afQggeva a voce uscente per -t (p. es.
*adasi ^tdasi-hU),
Per giudicare poi della formazione, gioverà tener presente il vezzo su-
perlativo ch'è p. es. in rossa fogent (v. piii in là s. ' fogent *) e che ritorna
in modi milanesi come car stdént, net spegént, rQg skarlaiént, che vengono
a dire ' chiaro come una stella \ * netto come uno specchio \ * rosso come
scarlatto \ dove é notevole che stelént e spegént non s'odano che in tal com-
binazione; cfr. ancora Tengad. nouv reachaint 'nuovo di trinca* che a «è
286 SaJnoni,
aguaif acuto, 470. V. n. 25, e, per il suffisso, cfr. il veron.
e vie. pontivo puntuto.
ai ^ aglio ', ette, nonnulla, 695, 880; cfr. no le temo un agio
Fior, 8\
ai dar ajutare, 312, 695. Bertr. S Gavass.
aldir udire, 203, 929, 960. Vive sempre a Venezia e a Vi-
cenza.
almasque, almasque die, almeno, 231, 765, 1032, 1047.
Cfr. almasco nel Buz. e nel Mag., e almeach nel Gavass. Il nostro
-que è una bella conferma della etimologia data di questo almeaeh.
alnor, alnest, num. 22. Egl.: alnar -norada. Assai verosi-
milmente qui e in aldor odore Mag. ni 256, si tratta di a- (cfr.
anore Levar. 265) in al- come nei ven. albèo abete, alguaro
(friul. agdr) ' acquajo ' solco, e in algiron aghirone, nel Peagno
Crivellaoro, ecc. (Venezia 1625) ; cfr. trent. amor * umore ' succhio.
a long presso, lunghesso, 148. V. qui sopra a pag. 223,
Meyer-Liibke III 241.
ambio galoppo, ambio, 427. VII 5-22, e * quadrupede per
ambia' nel gloss. berg. (Lorck 132).
a muò, muò, come 4, 286, 382, ecc. Cavass.
ancuo ^chuo oggi, 262, 840. Cavass.
anem spirito^ ispirazione, 551.
apetet, petet, appetito, 77, 600. Vie. rust. pii&o; peietto
Mag. IV 33*, Ruz. Vaco. 52'', ecc. Vedi num. 42, e cfr. per la ten-
attira nùd (nUd reachaint), il ferrar. nettvardétU netto netto. Né si dimen-
tichi, che uno degli esempi milanesi è viv vivetU. Che qm e negli analoghi
esempi, la superlatività venga espressa, più ohe dall* -mUj dalla ripetizione,
ben è siato a£Fermato dal M.-L., il quale avrebbe potuto invocare esempi
lombardi come apuà spUiS^ pUr pUriè ali. a pUr pUrent, viv vivii ali. a viv
vivetUy in sctma sdmèta (Mt.) alla punta estrema, all'ultimo vertice (ofr. il
treni, in gima ginùenta),
*■ Circa al sost. eùdar, che il Mnssafia allega, esso non sarà cosa diversa
da aidar ' ajutare *, e sarà amd prezioso comechè vi si scorga quello stesso
valore che sta a base dell*it. aitante e deiìTaidente, mente (Mag. I 60**) dei
testi pavani (v. anche Tobler, Ug. gloss. s. ' aidhenie *)•
niastrasioni ali* ' Effloga, ecc. , 287
denza a sostituire il dotto -ft- con U, sperà esperti (Oavass.
8. ' sprit '), ealanuUa calamita Mag. IV 65*, vie. raehete rachitidi.
apiar 96 rapprendersi 788.
à prua vicino, dappresso, 149, 245. Cavass., Meyer-Ltibke
I 503, III 160, 516.
arenila arca, scrigno, 763.
arecresser rincrescere 392, 972.
areni vicino, dappresso, 960. Gavass., Romania XXYIII
92, Zst XXm 528, Ascoli XYI 179 n, M.-L. m 464. Tutti s'ac-
cordano ormai in radxnte ; gioverà quindi riconoscere nel nap.
rente una forma accorciata nella proclisi.
arizzar se arricciarsi 91.
armir armadio 807. V. le mie Postille e Nuove post. s.
* armarìum '.
arussar grattare, fregare, 135. Yen. russar grattare, fre-
gare, stropicciare, cardare.
arzonel arcione 582.
astar preparare 56.
aiutar fingere, far mostra, 235. E il ben noto (Minar (XII
376 n) ' stimare ' ^. Da ^ immaginarsi ' una cosa, in quanto l'im-
maginazione fosse involontaria, si venne allo 'immaginarsela'
volontariamente, al ' fingersela ', al ' fingere '.
asguee, s^néa, quasi, 1034, ecc. Num. 2, 47; Cavass. o^j^nas,
e nel Mag. si viene fino a dasquaso^ sostituendo das- a 5*.
auerzer aprire 229. Vedi Vidossich, Dial. di Trieste, § 116.
auis : eatre a- parere 145, 414, 424. Cavass. s. * divis '.
badaluch chiasso, trambusto, 929. Mil. badalàk id.
bagatin 1010; nome di moneta spìcciola veneta. Cavass.
bai grido, guaito, 145; ven. bdgio e 5i- abb^jo, latrato,
deverbale di bagiar abbajare.
bar cespuglio 811. Yen. baro e barusco.
* Spetterà qui il tosi, mnanza ' stima, boria * del Pateg., ap. No Tati, Rendic.
l4. lomb. S. II, voi. XXIX; ▼. il gloss.
288 Salvionì,
bardella bariletto, barletta, piccola otre, 82. Cfr. barzelUi
botte Mag. I 35', II 19% IV 60', trent. baHM barletta K Saremo
dunque a un *barricella *barièéla baràda, con rè in ri nel
pavane.
battocchio battacchìo 471. Yen. batóco.
bazzolà ciambella, buccellato, 345. Beitr. 40, Cavass. &</-.
Kg. 1616, 1614.
bel: d'un bel zegner di pieno gennaio 913, d'un bel subii
subito subito 918, de bel bot lì per lì, d'un colpo 544, el bel ...
sol seren 'il pieno sole sereno' o 'il sole affatto sereno* .M4.
bel in camisa colla pura camicia 175^ bie resti belli e vestiti.
interamente vestiti, 769, bel droìnani nel bello del sonno IL
Per questa funzione intensiva di belj i testi veneti offrono esempi
curiosi : ca{re in sii la bèlla terra cadere sulla nuda terra Fior. V^\
fa el bel peccò a sentirgi criare fa assai compassione a sentirli
gridare Mag. II 13*, zi da bella desperation andò per gran disp<^-
razione Mag. Il 75*, per bel comun per propria sentenza del co-
mune Ruz. Dial. 3*, de bel sta sera subito questa sera Ruz.
Fior. 6», Àncon. 35», de bel anchuo Ancon. 35», adesso, de b,^
adesso ora, proprio ora Fior. 6», de bel de fatto (1. def^) sabito
subito Mag. U 73^, pare el bel destragno pare una grande stra-
nezza Mag. II 39», nie vien el bel fastibio mi viene un gran fa-
stidio Mag. II 32*", nie de pure el bel f* mi date pure un gran f*
Ruz. Dial. 8», per la bell'amor de Dio per l'infinito amor di I>i<>
Mag. II 33», ecc.; e v. ancora Cavass. s. 'bel*.
biastemar bestemmiare, 37. XII 391, ven. biastemar^ vie.
con metatesi di j, bescemare *.
* Il trentino ha pure un bararla carretto e 'quantità di burro cb» «i y r>
tava alla città tra due asMcelle*.
* Nel vie. rust., è fenomeno normale quello di tj secondarìo in ei C"*'
Thiene, Bascian Seba^^tiano. ancian tegame, ascio astio, €0$ciom qat«ti«.'C^
tnesciero mestiere; cfr. ani*ho gidolo diavolo, calgero ^ caldjtro caldajo. V. l^^r.-
Pittarini, /xi politica dei nUam\ scene nuiticane^ ecc, wr», 2* edit.« SoL'*
Thiene, l«d4. — V. ancora n. 'tieza* in nota.
Illustrazioni air * Egloga, ecc. , 289
hignar adunare, ammassare, ricongiungere, riunire, 843,
953, 967, 997. Ne' dial. veneti: binar/e v. il Cavass.
bis pisello, 1018. Vedi Vidossicl)/; Dial. di Tr. § 29.
biscantar cantare, canterellare, 808. Cfr. biscanto canto
Levar. 86, biscantar Mag. II 74^, mil. nist. bi- e bescantd detto
per lo più del cantacchiare dei preti, tose, bisc- canterellare.
bisibillión caos, paradiso terrestre, tempo anteriore alla
creazione, 962. Il visibilium omnium et invisibilium compare in
tal forma anche in Mag. I 28*, Il 44** (-ón: Menón), la prima volta
col valore di * visibilio ', Taltra in quello di ' mondo di là, pa*
radìso '.
bissiga vescica 181, 315, e così pure nell' egl. Vedi Pa*
rodi, Romania XXVII 222-3, Vidossich, Dial. d. Tr. § 93.
bit ad or colono, contadino, 729. Cavass. ' abitador ', e la
parola deve sentirsi, frammista a mas podere, nel sinonimo
trent. maiadór.
boa zzò (1. boàzzo o -ón) * buaccione' 633.
bolp volpe 239. Parodi 1. e. 234, Cavass.
bòt colpo, botta, 234. Cavass.
botta volta, 871. Cavass.
brflsa brace 459. Parodi, Misceli, nuz. Rossi-Teiss., 346.
brena briglia. Beitr. 37.
briga pena, fatica, 137; a &- a stento, a mala pena, 6. Il
passo è illustrato dal v. 137. E circa al verbo puoge, che è un
coDgiuntivo, intenderemo: 'con fatica (pare) che tu possa...'.
briga da: de b- in compagnia 128. Cavass., de brighe nel
Kuzante ^ Fior. 16''. È la stessa voce il trev. bragada minestra
composta di cavoli, ecc., pasticcio, mescolanza.
' Di -^«a-ATA, 8Ì tocca Ìli Cavass. 417 n. A tacere di fiè fiata (Ascoli, 1
4^2 n.; uno fi^ Moieh. 44, la prima fiè ib. 5, ecc.), in cui 8*ha in realtà il
piar, venato a confondersi in qualche combinazione col singolare (tal fiata
— alcune fiate, ecc.), ho i seguenti es.: èpe spada, Ascoli l. e, brighe '^é
'"«rigata Fior. 16*, Mosch. 8, f emena marie Mosch. 3, &croa arerzelè Fior. 16**,
9'meUa alitU ih., desgratiè mare ib. 12^, pria destaggiè Dial. 6*. latte ar-
?^è Lett 31*. Gli va parallelo, ma per pochi eflempi, \' -é al posto di -6
290 SalYioni,
brond pajuolo 1013. Col valore di 'pajuolo' e anche con
quello di ' bronzo ' s'ode la voce ancora oggidì a Belluno {bront
«-▲tu: nwfé (idè) ammazzato Lovar. 346, maU ammalato nelle Gante di
Meno Begaoso (Padova, 8. a., ma eec. XVIII), pag. 1 (nel titolo), el parente
(: sffiavéHtè) ib. 25 (sempre paretUÒ, parentado, nel pav.)*
Ben notevole è anohe -ó per -ata, -ati, e, assai più raramente, per -atax:
Oattamelò (rattamelata Oraz. 16% dove però, trattandosi d*nn nome proprio
masc, si poteva avere una deviazione morfologica speciale, na fio una, fiata,
nella lettera di Ruzante pubblicata in Rossi, Le lettere di M. Andrea Calmo,
pp. CXIX-CXX, una fregia impenò Lovar. 184, 2a parte sieguitò Furt., laido
sea la mare Mosch. 29, sta lettera mandò Furt., mal biò quella eà Piov.
2\ Mag. lY 11* , che potrebbe però altrimenti dichiararsi (cfr. vie. màlbia
guai), 0 è andò la favela, on è andò la prodingia, Lovar. 295, la gh'è ano
busa gli è andata fallita Yacc. 39**, la e sto sempre deveosa Ancon. 87'', la
sappia sto sua Oraz. 16*, Ve sto mia Lovar. 257, sea sto na gran putana
Lovar. 848, que sarae sto quella desgratia che f cesse sto con ti Mosch. 82,
massarìa refatta, redrezzò in pe, meggiorò Piov. 40^, la m'è si fnontò questa
Mosch. 38, ine l'ha dò me Fha data Vaco. 6&*, ve fazze avisò vi fiacclo av-
visata Piov. 42**, questa Vho brusco Furt, i Vhaibhia liberò Tabbian liberata
ib.; — in quei fosso Lovar. 64, i fosso Peagno 4, da eavare fosso (1. fosso
sfossati) nella Lettera ap. Rossi, ecc., tutti i lo ib., tuli i giesiò tutte le
chiese Lovar. 81 (cfr. gesiò, q. ' il chiesato *, anche nel senso di ' comunità
dei fedeli ', ib. 240, 307), a* magnare di ravolò Lovar. 125 (e potrebb'esser
di plur. anche in Mag. IV 125*), t tusi foesse sto Fior. 14^ (ter), i no foesae
sto vivi Lett. 26^, sipia sto spinti Peagno 11, • serae pi laido ib. 14, netsi
revelò ib., brusò, amazzò huomeni, vergogne femene Piov. 54*, rengratiò sea i
santi Lovar. 855, e più frequenti che mai gli esempi nel Furtaro: qui soldò^
i gran soldo, gi l ustinò sono ostinati, forniminti inzogielò, tnostachi rébuffÒ,
i turchi fo menò, i fo piggiò, i sea nò derti siano andati diritti, foessimo
sento ; — le antighitè passò (se non v*ha di mezzo un errore di stampa) Piov.
3*, i,de avere impegò le calze Mosch. 8, de quante vacazze sea sto Lovar. S84.
La confusione che risulta dagli esempi che slam venuti allegando ha pa-
recchie cause che venivano a incontrarsi. Da una parte la ragion sintat-
tica. Un esempio come laido sea la mare può tradursi per ' lodata sia la
madre * ma anche per ' lodato e* sia la madre \ dove soggetto grammati-
cale è il neutro e\ Ma riconosciuto questo, si capisce quanto facilmente
i due modi sintattici potessero poi confondersi. D* altronde, il lettore
avrà notato quanta parte degli esempi s'attribuisca il participio 'stato'»
e si può pensare che esso, nelle sue funzioni di ausiliare (è stato lodato.
IlluBtrasiom ali* * Egloga, ecc. « 291
pajaolo, mal ricortrutto in branio nel Cavaas.) e nel frinì. (Arotid
bronzo), brcndo^ bronzo e pajaolo, pur nel Mag. n 20^, DI 44*
(= pajuolo in Lovar. 184). U prezioso inventario veroneae del
1339 pubblicato da G. Cipolla (Un amico di Cangrande della
Scala e la sua fiuniglia, in Mem. dell' Accad. di Torino S. Il, t. LI)
ha pure brcndum bronzo, dove però ha forse torto l'egregio edi-
tore di vedere nel veron. rust. brando il diretto continuatore
di quella forma, trattandosi qui assai verosimilmente di d da i.
Se è giusta la etimologia di branio dal nome della città di
BaOHDisnm (Etg. 1596, Dict. gén. s. ' bronze '; per l'it. bisogne-
rebbe allora pensare a un branio da *branHno e questo da
^BRUHD'amu; cfr. azzcldi otto soldi, venzei ventisei), la nostra
forma potrebbe forse confermarla col suo dj che non vedo al-
trimenti per qual via connettere col i di branio. Si tratterebbe
allora di un *brandesin da cui brando sarebbe estratto sulla
norma di cor: caresin e analoghi.
brada: puzzalenta i- imbratto, il cibo che si dà ai porci,
rigovernatura, 103. L'ingiuria si ripete più volte anche nell'egl.
buffa paffuto?, etereo?, 793. Nel primo caso, cfir. il via bafo
paffuto, nel secondo si pensa a bufar soffiare, e il puM buffù
sarebbe il ' bambino, senza corpo, somigliante a un soffio '..
bronza bragia, 762. Yidossich, Dial. d. Tr., §27.
bua buco 17, 231 (qui = sportello, finestra?). Kg. 1517.
— Circa al sinonimo buco (Ktg. 1632, Pieri, in Studi rom. pubbl.
dalla Soc. fil. romana I), non vedo sia mai stato posto in
relazione colle forme dialettali alto-it. come berg. e mant. bd§
vuoto, vano, non pieno all'interno (mant. noe boga = cremoxL
mas busa regg. naaa buga noce malescia ; ofr. regg. bugh bucato,
mmo ttmii ìodaU) abbia cominciato a ridursi a un tipo formale fisso. — Da
altra banda, la concorrensa e il definitivo preTalere dell'onico -d veneto,
rendeva incerte le finzioni che rispettivamente incombevano ai pav. -A -4
*tf, e dava modo all'uno di subentrare nelle funzioni delPaltro. Quanto ai
soetaativi mascolini, essi dipendono dal participio, e nel feminile, molto
poteva Tosoillare a coi a un dato momento si venne, p. es., tra cM e cM^
e per eoi andava promosso uno $p€ allato a spa spada.
292 Salvìoni,
ìfòrato, e bughir intonchiarsi), vaiteli, bdg buco, parm. boeughi
frogie, regg. bggh dal nès narici, né col piem., lomb. e gen.
boé '^§u (fem. bSffa) buco, che accennano, — dopo fatta la do-
vuta parte alle influenze livellatrici tra forme rizotoniche e ari-
zotoniche (regg. bggh, e vaiteli, bdgh&e è bggh)^ — a una base
*b5cuu, risp. *b6c-(lu), da *vocuu (cfr. vuoto = v6cmj, Meyer-
Lttbke, Einf. § 114), base che il Parodi (Ro. XXVIH 229) ^ ha
per il primo postulata. Ad essa riverremo anche con buco ^, vuoi
che Vu si ripeta da bucare e dai molti derivati {bucherare, -me
-elio), ecc., vuoi che si pensi all'influsso dì bugio. Il qual bugio
(alto-it. buso, ecc.) non sarà poi cosa etimologicamente diversa
da buco ; poiché pertugio (alto-it. pertuso, ecc.) ben poteva immet-
tersi in *bQco o buco riducendolo a bugio. E il tic. bos cavo, vuoto,
bucato, ci rappresenterà un'altra combinazione [bdg con bOs, o
btis con bòé, ecc.).
bus arda bugiarda 253.
buttar mettere, gettare, 344, 474.
e a eh a casa 691, 732, ecc. Cavass., ecc.
cadin bacile, catino, marmitta, 857, 1016.
caf de bai ballo, giro di ballo, 341.
cagasang -gue dissenterìa 713, 730, Cavass. * chegasanc'.
— Dev'essere la stessa cosa il mal drean o * mal deretano ' che
spesso occorre negli autori pavani.
^ Circa a bdt (fem. bdtat v. il Monti s. ' boeut *) che ha gli stessi signifi-
cati di bdg, ben ha ragione il Parodi di vedervi *bócitu; per la fonetica,
ricorda il pure lomb. pleUd fare il saccente, il salamistro, cioè *plaeitaref
cui sta di fronte, come vojt a òò7, il sost. plajt guajo, plejt litigio.
'11 Diez allega allato a buco una voce spagnuola d'uguale aspetto e si-
gnificato, ch'io non trovo ne* lessici che stanno a mia disposizione. In ogni
modo, per risponder intieramente al tose, bueo^ dovrebbe o questa sonar
*bucco 0 quella *bugo. — Quanto a bugada, ecc. (Nigra, XV 102-8), se io ho
ragione ne* riguardi di bueo^ esso difficilmente potrà a questa voce connet-
tersi. Lo stesso dicasi di buque e delle altre voci romanze che il Diez man-
derebbe con buco, e delle quali fa giustizia, del resto, anche il Pieri 1. e.
Illustrazioni ali* ' Egloga, ecc. . 298
calze da todesc 652; c^ ala diuisa^ v. s. ' diuisa '.
camesa camicia 81, -sot 338. Dell' ^ {camesot egl.) ch'ò
anche nel friulano, nel rumeno, e in un esempio del Ruzante
ap. Levar. 285, v. num. 8, e ancora Meyer-Liibke, Die Beto-
nung im Gallischen, 17.
capellina : fent da e-, 1040-41 . V. nel Boerio : esser de la capelina
tradotto per * esser fante di cappellina ', esser astuto e ribaldo.
cancar -cher cancro 103, ecc.
carbon 1046, nome d'ingiuria, ma non saprei quale. Cfr.,
per quel che può valere, il ven. carbonazzo nome d'un serpente.
cardenza: de e- in confidenza 246. Cavass.
cariega sedia 475. XV 53.
carisia affezione 215.
Carlon 55. È Carlot nell'Egl., ed è nome del diavolo, o
nome di un diavolo. Così basso è sceso Vetnperere magnesi
carmesin cremisi, cremisino, 683. Cfr. sea gremesina seta
cremisi Mag. Ili 33*.
càs corpetto, torace, seno, 53, 373, 609. Ven. casso, e v. il
Boerio s. v., casso, casseto corpetto Mag. IV 34**, Il 16*, 17*, IO 51*.
Della voce ragiona assai giudiziosamente il Biadene in Orìgine
dell'Ospedale d'Asolo (Asolo, 1903), pp. 23 sgg.
casa calda inferno 566, 973. Lo ha il Voc. e vive tuttora
in più parti dell'Italia centrale e meridionale.
casonciè raviuoli 833, 1015. Cavass., Zst. f. r. ph. XXIV
390 (pastilus: coson^eló), Alton, Die lad. Idìome s. ' cagencel ',
Lorck, Altberg. spr. 192, Tiraboschi, Voc. berg. s. ' casonsèl '.
cassil de pine 472; cfr. cassile da pina sorditia Ancon. 18^,
dove d'un uomo è detto che abbia un'ernia che pare un e-. Deve
dunque trattarsi dell'otre della cornamusa, e connettersi con càs
cui vedi.
castron castrone 571, 943.
calar -tt- cercare, trovare, 353, 1031. Cavass.
caualer 41' messo del comune, sgherro incaricato delle
pignorazioni, 360, 485, 890, 998 ; cfr. cavalliere de comun Piov. 13*,
e V. nel Boerìo cavalièr de corte o dei sbiri.
294 SalTioDÌ,
cauazzina 41. Non so se serva il yen. are. cavezza eoUare
0 cappuccio (Boerio) e il eavezatura spede di goaniaoca nel-
rinventarìo veronese già citato. Per la forma, cfr. il ven. cavasxal
capezzale.
cauri capretto 873. XIV 207 s. ' crauei ', XV 55.
cazza presO; aggiogato, 1068.
cep ceppo 189: mot da e- pazzo da catena, pazzo da legare.
certi far e- spiegare 436.
ceson siepaglia, siepe grande e folta, cespuglio, 148. Boerio,
8. 'ciesona', trent. ^«<m cespuglio; Etg. 1701, Parodi, Romania
XXn 311.
cessar ritrarsi 21^. Cavass. pag. 407, trent. in cessacul
rinculoni. Non avrem dunque da cercare nell'it. cesso (v. da ul-
timo Pieri, in Studi rom. della Soc. fil. romana I), né secessu, ne
BEGESSU (né NEOESSU, como potrebbe suggerire il scanum faratum
a necesso * sedia forata per le necessità naturali ' dell'Inventario
ricordato s. * brond '), bensì o il deverbale di cessare o il partic.
di CEDERE.
chebba gabbia 16, ecc. Venez. kéba^ ferr. gajba, ecc.
chegar cacare 435, coll'e pur nelle arizotoniche come anche
nel Cavass.
chiap stormo, frotta, 943. Cavass. Sarà un deverbale da
chiapar, q. un * pugno ', una * manata ', ovvero una * accolta '.
chila ernia, prolasso testicolare, 431. Frìul. cMle ernia,
chila Mag. IV 80**, e il Ruz. nel passo allegato s. * cassil *. Nel
dial. di Pirano (v. Provenzan, Il dial. di Pirano, Trieste 1901;
sonetto 3®) c'è za la chila per * giù il coraggio ', e a Belluno
dicon chilon pigrone, tardo.
chilo qui 496, 497, 498, 499. Cavass.
chio chiodo 408. V. Herzog, Zst. f. r. ph. XXIV 426-7.
* L^engadinese ha allato a tséhser^ il verbo szer svezzare, e * ritrarsi da
un impiego'. Non v*ha dubbio che vi si tratti o di ^segàr, cioè della me-
tatesi reciproca tra le due sibilanti, o di *z9ar con za invertito*
lllastnurioni ali* * Egloga, ecc. « 295
chiuiluoga qui 958. Wendr. 84, Q. st. d. lett. it. XY 269.
Si tratta di ekive- ooU'tf assimilato all't della precedente sillabai
Circa al quale ohive, e a Uw, noto che nel veron. rust.^ dove -«
ri & -o, abbiamo ehigo e ligo da anteriore *chi-o *U'0, *chivo.
y. gli esempi in Sic' canie' sarà la villa, ecc. (Verona, Baman-
zini, 1784) passim.
cibega baggeo, sciocco, 446, e si ritrova nell'egl. Cfr. il
tose, dbica, XY 378, e v. Homing, Zat XXI 453.
e tesa siepe 64. Y. ' ceson ', e Gavass.
cigar gridare 551. Cavass.
cima frasca, ramoscello, punta, cima di ramo, 201, 206; —
métter in cima stuzzicare, esasperare, spingere agli estremi, 578.
eingidura cintura 416. Anche negli scrittori pavani son
di moda tali formazioni di tipo debole al posto delle latine di tipo
forte: scrivaura scrittura, slenzaare lettore, impenzaura pittura,
penzaore pittore, resp<mdaura risposta, rfendaura fessura, stren"
aamra stretta, stringimento (Patriarchi), ecc.
citta ragazza 579.
ciuetta: andar a e- andar alla malora 53.
ciuiUa civetta 422. Cavass.; friul. civile, trev. zuUa. L'i h
onomatopeico, e vedine qui sopra a p. 226 n.
eoccha del del la costellazione delle gallinelle 321; cfr.
chiocea Ruz. Dial. 6*"; e per la forma, il bellun. coca chioccia.
co 'come', nel senso di quam, 825.
codega pelle, cotenna, 452. in 135 n., Etg. 2724, ven. coigo,
trev. cclègo^. U vie. ha coissa (cfr. coezza Mag. I 22**) cioè
^cuHc-ea.
* 'làga deve ritro?ani, ridotto per metatesi reciproca a ftffa, nel psT.
miféìnt ohe oooorre nel modo m màgoU mezo nel meno Mag. Ili 5k, Ru.
SproL 21*, Uvar. 218, 256 (pep mégoia-megó), V. Ktg. 6047, 6050. Questa
diehiamsioiia arrebbe eonforto, e a raa volta lo conforterebbe, dall'a. pa-
▼eee ptr tmimnmmttQO (XII 415) e forme analoghe, che earebbe quindi ' nd-
ia iiieio ' o anche ' milo(go)meao * ; v. inTece Meiosi IV 187.
* fio questo ea%o dairAppend. di Irene Ninni, e l'accento accenna eri-
deniemente a eoègo ^tò$go. È dnnqne un l che toglie Tinto come in più
296 Salvioni,
CO fa, com fa * come fa ', come, 520, 1084. È il verbo 'fare'
(v. Gavass. 341 n) nelle funzioni di verbum vicarium; altrove,
p. es. a Sacile, tafà ' tanto fa ' (onde il semplice fa come) quindi
anche tanfante dove par di sentire ripetuto V-ant &\tant{fanfant).
collega 209; v. * acolegà '.
colta concimato 910. Bellun. coltar concimare.
canài caglio 788; ven., bellun., trev., pad. (Patriarchi) co-
nàgio, friul. canài, ert. canédje, bellun. cuniada coagulata, e v.
ancora egl., Mag. Il 38\ Lovar. 326. Si tratterà di *coaglu, e
altri esempi veneti (v. anche Ascoli, I 528, per il Friuli), tra i quali non
allegherò il venez. càlice codice, occorrendo questa forma anche altrove.
Degni di nota sembranmi invece ceruoHco (a. triest. gerolicho), telatro e pò-
leta (quest^ultimo vivo sempre nel vie. rust.), chirurgo) teatro, poeta, che
leggonsi negli scrittori pavani. Inoltre : tela taeda in Ug. gloss., vie. cave-
lagna testata di prato (ali. a caved-, ven. cavedgna\ aolagno ali. a sedagno,
veron. dessalto = deasalo scipito, poleiar ali. a poetar dormicchiare, voce
però d^incerto etimo, trev. miloni biche, cioò *tne&ni da mbta (Ktg. 6134),
pidizzato e puizzato puzzola {*pu[t]i[d]iccio\ vie auUsaion «= *au-t- (cfr. suvis-
8ion in Bastanzi, Le saperstiz. delle Alpi venete, 8), venez. dlela comparato a
giela (Patriarchi) girella (cfr. friul. gidule girella, -dèle cerchio di ferro, ecc.,
mant. zidella, trent. cirella, dove s*incontrano cidella e girèlla)^ trent. gàlega
sopraccìglio cioò geja gea *gela tirato poi scherzosamente su gélega passera.
— Come si spiega questo Z? Crederei da ciò, che, in una certa misura, il
'l' =1. e II tendeva ad essere soppresso; né vorrei affermare che tal soppres-
sione si connetta colla pronuncia velare quasi evanescente che ha il -l- in
parte della Venezia. Esempi di -l- sparito ne ho io raccolti in Zst. XXIII
528 n, e qui aggiungo il ven. voèga allato a vòlega, di cui tocca lo Schu-
chardt, Rom. Et. II 172-8 (v. anche Ive, Dial. istr., 151). DalFaltemare di
tali esempi, si veniva a immettere l anche là dove non era legittimo, così
com*è illegittimo il d nel trev. sedese selce *sé-eie (che ripete a rovescio la
storia di eolagno = *8eagno eedagno, ma dove influiva direttamente Talter-
nare tra eédese e séese sedici), nei trent. gerudieo (cfr. eeruolieo Rur. Oraz.
176) di fronte a friul. eiróic, fa<iaft«Z =» YaaneZ = veron. faganU fanello (da
Y<fo), hartadél bertovello, redatol e reatol regolo (cfr. re pi. redi sulla norma
di de dito, pi. dedi), a. berg., bellun. cadigia caviglia (cfr. il frinì. *èadile, Ascoli,
I 582), crem. hreda =» *hrea briglia (cfr. tuttavia il com. brida, che però non
dovrebbe sonar diversamente a Crema), mant., ferr. zida ciglio. V. ancora
Gorra, St. di fil. rom. VI 575-6, 590-93; Krit. Jahresb. IV, I, 168.
Illustrazioni ali* *" Eglo^, ecc. , _ 297
il n, apparente estìrpator d'iato, sarà dovuto a cùn^ cum, forma
prevocalica allato al preconsonantico co.
con fot Un dolce, confetto, 345. Così anche nella Brianza
e nell'egl.
cornar acconciare, aggiustare, 30, cornarle accomodarsi 428.
e or a della corata 759. Yen. coraéla, ecc. Y. Zauner, Die
rom. Namen der Kòrpertheile, 153, 156, 171, e Sabbadini in Studi
glott. ital. n 96.
coragia petto, viscere, 20, 573, 688, 735, 978. Con tale
significato anche in Mag. I 50*, II 41', III 75* (notevole ne' due
ultimi esempi l'uso plurale : le coragie) ; trent. coraia cuore^ co*
rateilo, engad. curaglia polmone, a vie. seoragiar sventrare (Bor-
tolan). Si parte da un plur. neutro *co ratta.
corozzarse corrucciarsi 638. Cavass.
e or tur a custodia, sorveglianza, 8. Penso all'a. lomb. eor2i«
accogliere (Giom. st. d. lett. it. YIII 417) e al ven. arcorger id.,
che rifluiterà da arcoger e ^arcorzer. Si può tuttavia pensare
anche ad ' accorto ', onde cortura accortezza, attenzione, mala
tortura disattenzione, sbadataggine.
cosshm ' cosciume ', coscia, 950.
C08ÌX à so cosi a sue spese, con suo danno, 289.
colala abito donnesco (v. il Boerio), gonnella, 225. Ma non
capisco il senso di ' imbalotar la cotola '.
crep greppo, balza, 187^ 259. Cavass., Ive, Dial. dell'I-
stria 136.
Cristian eh- uomo, 411, 495, 766.
crión kirie, 653. S'anticipa V-ón di kyrie eleyson {Crista-
lai9in Mag. I 36*).
eroda rupe, precipizio, 101. Yen., trent., frìul., ecc., vie. ero-
tèda scoglio, e v. Schneller, Die rom. Ylksm. I 231. Starà ideal-
mente a crodar cascare, cadere, come sta precipizio a precipi-
tare^. Per la forma, cfr. anche il ferrar, eroda cascame, e per
* n trent eràz rape, il Teron. seròfi dirapi, sembrali risalire a ^eorróteu.
298 ^ Salvioni,
quant'ò di eref, di cui qui sopra a p. 174, ricordo a2 crida^
casca, di Campodolcino (Ghiavenna) ; e con *crùdéHte va pure il
trent. criènie vagliatura del frumento, becchime, e il basso-
engad. griaintas, id., che assai verosimilmente però sarà voce
cisalpina ^.
eros 923; cfr. l'it. la croce d'un quaUrino^ ecc. ecc.
erudii] V. curdilanza.
cuca noce 1024. Cavass., Schuchardt, Rom. Et. II 22.
euffulon: in e- coccoloni 150, 430. V. Meyer-Llìhke, nel-
l'art. Zum italischen Wortschatz, in Wiener Studien XXIY, 2* di-
spensa.
cugnir dovere, esser necessario, 596, 956. Mussafla, Beitr.99.
curi corto 424. Yen. curto, lomb. kurt, ecc.
cuor seno, petto, 759; e- del corp viscere 728. V. XII 396,
Bendic. Ist. lomb. S. II, voi. XXXV 967, cuor dd peU Cavass.
s. * cuor '.
curdilanza cru- crudeltà 216, 508, 570, 671. In erudii,
509, par aversi l'aggettivo sostantivato col valore di ' martirio
patimento '.
d and olla donnola 19. Manca questa forma, che si rivede
nel ferrar, dàndula, al Flechia II 50-51 '. Io vi vedrei il dóndola,
già segnalato e spiegato dal Flechia, modificato sotto l'influsso
di *dama'.
da pò dopo 336. Cavass. ' depó '.
debetta debito 188, ecc. Cavass., e num. 42. (Srca alla
— E il trent. eròfut balza, cresta minosa di monte, per essere eroda dispo-
sato a ' corona*.
^ Per la molto diffusa soppressione del -d- (t) ne* derivati da bota, ▼. an-
cora più in là 8. ^rìgolar*, e qui indietro, p. 163, s. 'grbgol*.
' Circa al betmola (onde poi bendola) allegato dal FlechÌA, la disdiBil»-
zione vi sarà stata certo favorita da dònnola {dondola). Le due voci 8*in-
contrano infatti congiunte nel trev. beladànola. — Segnalo poi qui il cue*
eiolOf donnola, della Race di tocì rom. e mardi.
Illastrazioni all' ' Egloga, ecc. . 299
forma (cfr. frane, dette, ecc.), potrebbe trattarsi del plur. neutro
DEBrrA.
debot subito, di botto, 232, 737. Cavass.
de ma 151; è un'esclamazione, nella quale ravviseremo con
molta verosimiglianza un ^ de m'à ' (= *de m'aj) ' Dio m'ajuti '.
V. Wendr. § 179, e istr. màde Ive 88.
dent dente 470. È di genere feminino (v. Zauner, o. e. 51),
mentre ogni altra volta ò mascolino. Ma non riterremo per questo
men genuino l'esempio.
descalzarel scalzo, mendico, q. ' scalzerello '. Cfr. (2«^caZ-
zarella Ruz. Mosch. 28.
desmentegar dimenticare 921. Notevole la forma smen-
gare * trascurare ' in Mag. I 54^.
destegolar sgranare, sbucciare, 1018. Yen. destegolar (e
destri- per influenza di destrigar) disgraneilare. Da tega baccello.
dei dibo 958.
devers -5o, agg., universo 914, 1012. Cfr. el deverso tnondo
Levar. 219. A questa alterazione capricciosa della base s'ag-
giunge quella per roesso ' rovescio ' eh' è nel Calmo, Egl. Ili
{mondo roersio che potrebbe però interpretarsi per 'mondo strambo')
e ritorna continua ne' testi pa vani {roesso mondo Mag. I 17^,11
y, ni 31**, IV 9', ecc., le roesse narration le universe genera-
zioni Ruz. Or IO*", rovessamen universalmente Piov. 48*) dove
anche c'è roessitè avversità, reversa perversa Levar. 315.
dezun 995: de inpegnorame me no fu d* ' mai non si astenne,
nai non fu pigro nel pignorarci *.
dissiplina castigo 749. Cfr. <2»«5tjMna tormento Mag. I46^
diuiea: ealze a la d- ealee a fescie, variopinte, 173. Cfr.
^ aUm d* Aneon. 25^, gonelle atta doisa ib. 15*", zupparieggi a la de^^
Mag. n 71^ ^; indivisa variopinto, a fasce (Bortolan), ven. bisaio
indevisà morena.
* C*è n^ Ras. (Orat h*ì un mlìe MMfe derise «» al nostro modo, alla nostra
«oda. Non eredo che ciò oi legittimi ad interpretar in ugnai maniera il
nostro a la é^,
AftsfalTio glottol. it«L, XVI. 20
300 Salvioni.
dolenzios doglioso 142.
domati, fem., mattino 113.
drè; v. drie.
dret diritto 160, 199, 286. Gavaas.
drezza treccia 527^. Cavass. ^ drece '.
drie: zir drie continuare 563; senta drè al d€$e sedato a
tavola 648.
duch barbagianni, sciocco, 931. Yen. dugo gufo reale, ecc.
dur portare 1027. Ascoli, III 279.
egua acqua 797, 966. Cavass., egl.; e v. num. 2*.
eri alto, erto, dirupato, 259.
fai e eli e la costellazione di Arturo 320. C£r. la postilla 'U
falze è quel segno detto Arturo ' in Mag. I 41*. Anche a Dalpe di
Val Leventina c'è Za fdun! come nome d'una costellazione.
fa lina scintilla, favilla, 474.
falla : à la f' 760. Che significa?
f ani ai giovanotto 284. Frinì, id.; e v. ' zouenat '.
fa r, nelle funzioni di verbom vicarium ; 592, 1052. £ v. an-
cora ^ co fa '.
fardella sorella 552; cfr. frela Ruz. ap. Levar. 294, eap.
Rossi, Le lettere di Andrea Calmo, CXX n.
far nel frenello 338; fernelo Levar. 39.
fùrsora fer- padella 370, 661, 1052. Cavass.
fastuc festuca 466. Cfr. fastughi Mag. I 38% e nel dial. di
Pirano (Parenzan, Del dial. di Pirano, sonetto 5*), fastugo ntfl
vie, fastuch nel bellun. rust.; e, pel genere, oltre al frc. fttu
(per cui il Dict. gén. postula addirittura un *festucu di latin
volgare) ecc. (Ktg. 3713), anche l'a. lomb. festugo (v. Keller,
' V. air incontrario, trev. irrigar addirinare (Ninni).
' Si può chiedere, dato che cod ^ada letto, se non aia A^cABni Vmrwr «1;
Beitr. 30. Cfr. frane. M#r, piem. aip»$irmi (Alione 244, 860), it mejmt^, c«.l
lignificato de* quali ben potrebbe accordarsi quello di *Mialpar\
Illustrazioni ali* * Egloga, ecc. , 801
Besc. gloss.), l'engad. atUj (cfr. stiner ali. a festiner, stizzi ali. a
fastizzi orma, traccia, che ben potrebb'essere, come vuole il Pai-
lioppi, un dotto vestigìum, e v. anche stieu allato a vstieu
vestito).
fa tizi el diavol f^ il diavolo sputato, il diavolo in per-
sona, 541.
faueta 1035. Piìi cibi indicano i voc. sotto questo nome,
e V. il Boerìo, il Pirona, ecc.
fazzol pannicello, fazzoletto, 709. Gavass., e Boerìo s.
* laciol *.
feda pecora 61, 209, 376, 723. Gavass., Egl., dove è anche
federa ovile, gregge di pecore, feltr., col d caduto, fei pecore ^
fé ni giovanotto 250, 269. Gavass.
fenuogii: vender f- infinocchiare 271. Gavass. s. ^fenugi'.
feridura -rr- ferita 164, 1091.
fià^ fiè^ volte, fiate, 76, 79. L' -è potrebbe aver qui una ra-
gione speciale, e v. qui sopra in nota all'art. ' brìgada '.
fica $ sa fitta, trafitta, 362, 1090; forse deverbale da
ficassar trafiggere 280; q. ' ficcacciare '.
fig de barilla 1024. Forse * fichi secchi' conservati o
spediti in barili. *
figa fegato 831, 1090. Gavass. E v. il magistrale articolo
del compianto Paris in Miscellanea Ascoli 41 sgg. ; Zauner, Die
rem. Namen der Kòrperth. 168-70 ^.
filò veglia, veglia serale nelle stalle, 500. Gavass., ecc.,
e cfr. friul. file, valm. fileria, bellinz. firSna, parm. filòz, id.,
nonché il ted. Spinnstube, — Girca all'-d, io ho già detto (Giorn.
' Può occorrere a Feltre che Ve successÌTo a vocal tonica rì riduca ad -t:
fti^^fée, doi^=doe (due fem.), trei = tree (tre fem.), arti =^ aree avrei,
9€i^^seé io sapeva.
* y. ancora qui ^opra pp. 195-6. Tra i continuatori di ^flticu, andrà
annoverato il fH {deMprehii el féi scheizare, berteggiare il ' fegato * il co-
raggio: cfr. Tit. aver del fegato) della versione di Rocca d*Agordo nel Fa-
panii. — Un notevole derivato é il vie. figazzolo fegato degli uccelli, dove
par celarsi un *fya-dgzo * fegataccio '.
302 Salvioni,
6t. XXIV 269) trattarsi della rìsultMza di - a t tr ; sennonché non
direi più ora che il panto di partenza della forma dev'essere un
territorio dove l'equanone -6 =s -atu fosse possibile, ma farei
una differenza o genetica o storica tra 1' -6 pavane, e quello di
ilUy un esempto che, con più altri che tosto s'allegano, s'estende
su tutta la Venezia e più in là (Mantova, Treviglio). La ragione
genetica è forse questa che, come sembra accennare il ven. e vie.
paventò *parentado, parenteria, si tratterebbe qui di -atu. — Gli
esempi di questo ^6 (à) di dividono secondo varie categorie ideo-
logiche: quella di filò con cui vanno il bellun. vegiò, suo sinonimo,
il trent. desvohò radunata di donne per la dipanatura (notevole
per la base verbale di 3* conj. ; v. qui sopra a p. 221 n), e sfojò
lo sfogliare il granturco uniti in brigata, e, con significato cat-
tivo, ferrar, sbrindanò, andar in »- sgualdrinare, smingardò {andar
in 3- id.), i ferrar, squaqtiarò, carnvalò, cmarò {comare), ptagulò
e negalo, il veron. bagolò, i trent. tottolò, eiacerò -colò, cigalò, ferr.
ciaccarò, tutti col significato di * cicalecccio, chiacchierio ', cui
s'accostano il ven., ferr. campano scampanio (esemplare che ar-
riva sino a Mesocco in Val Mesolcina !), il trent. busnò scalpore,
il ferrar, tarapatò tafiFeruglio, regg. te- ciarabadò svenimento; e
quella del veron. pociò, vie. slavaciò, squarquaciò (trent., ven.
squaq-) col valord di ^ guazzo, fradiciume ', ai quali s'accostano
il trent. messedò miscuglio, intruglio, i ferrar, piplò e piccinlò
miscèa, e, per questa via forse, il pur ferrar, pitacò fronzoli.
Ha invece un posto a parte il vie. seno (di roba) corpacciata.
— Ne' testi pavani, tali sostantivi possono talvolta avere il
plur. in -è {file Orat. 9^, parente ib. !!•), e deve trattarsi più che
d'altro di formazioni analogiche sullo schema ordinario dell'altra
sterminata serie di nomi in -ò plur. -è. Al qual proposito è ben
istruttivo falò (Orat. 13*) plur. di fatò falò.
fogent: rossa fogent rossa infuocata 459; v. qui sopra s.
' aguan ' in nota.
folesel filugello 417. Ktg. 3888.
fontana uiua sórgente 83. Cos\ pure nell'Egl.
fora forato 813; il sechiellet fora è il turibolo.
Illastrazioni f^U* ' Egloga, ecc. , 808
far eia federa 482. Yen. foreta^ ecc.
formai formaggio 102, 143, 694, 878. V. Rendic. Ist. lomb,
S. II, voi. XXXV 968.
formigota formica? 461.
fortuna disavventura 8.
front aflfranto 70.
frare frate 533.
f rezza freccia, dardo, 45, 529.
f rotola barzelletta 221.
fu evviva, esclamaz. di esultanza venuta a funzione sostan-
tivale come l'it. evviva, 795. V. le emendaz. critiche al passo, e
cfr. tuli crida : ci fu fu,.. Viva el vin e pò non più nel Zanella,
Poesie in dial. rust. feltrino (Feltro 1901) p. 60, vie. iufufu grido
di allegrezza o piuttosto di ebbrezza dei contadini, che vanno
a gara a chi lo manda fuori con più forza di petto (Pittarini,
0. e, 167), piem. fu baldoria (Nigra, Canti pop., gloss.).
fuga ; de f- impetuosamente 53, 449.
fuQ9Ì forse 931. Gavass.
furios imbronciato, melanconico, 927 (cfr. v. 924).
furtagia frittata 398. Cavass. * fortaia '.
gardella graticola 761.
gardenalla cardinalesaa 758. Beitr. 62, e sguardenale
Levar. 218.
garnazza guarnaccia 338.
garnel 909, 1018, granello, chicco, seme. Il contesto del
primo luogo non mi riesce ben chiaro, non risultandomi che esista
an 'espressione ' fremente granello ' col significato pressappoco
di ' fromento destinato solo a dare i semi \ ecc. Forse il vie,
granei, semolella, ci ajuta a interpretare *' fremente per fame il
semolino '. Cfr del resto, istr. garnèj specie di minestra di le-
gami« orzo, fagiuoli (Ive 105), bellun. garnel, friul. grignèll gra-
nello, chicco, ven. granélo, veron. graniela * vinacciuola, ecc. ecc.,
* NeiriV del ver. granula (cfr. ancora graniti testicoli), neMttno vorrà certo
304 Salvioni,
tutti significati, meno il primo, che competono anche all'it. pa-
nello.
ravvisare un é fatto dittongo, coal come non lo ravviserà ne* por veron.
spiniH zippolo, filièl (vie. -lùlo -glielo; cfr. bugitelo -Itelo regalo, bolUello Mig.
II 47**, ecc.) scilinguagnolo, pivièl ali. a picei lattonzolo, rosela vocina *. In
tutti questi esempi Vie è da anteriore eé com*è provato da $pineello ìAàf.
II 43% rameel ramicello ib. II 20*, 58% zoveello piccolo giogo ib. Ili 43\
9poHdeella spondicina Ruz. Piov. 18' stareel piccolo it^jo Mag. II 17^, ^h
seello bucherello (Bortolan)» domeele donzelle Peagno 6; e questo eé h alU
sua volta da -edé- dimostrato dai trent. ramedH ramicello, fUid^l scilingua-
gnolo, forcedèla forchetta de* bottegai, muredH muricciuolo (parm. murdiUK
caredèl carretto, linguedHa linguetta, aredèla ali. ad arèla canniccio, aMtétln
assicella (onde poi anche assedón ascialone, cfr. anche boi. ansdein -dftto
assicella, osedein ossicino), dal berg. gropedH piccolo nodo, e dai nnll. Clf*
tedéUo^ CoUedH, 2!o9edéUo, Fo9$edéilo ricordati insieme ai ridotti DosmiUo
e Zoviello nel buon lavoro dell'Olivieri sulla Toponomastica veneta (vedi
Studi glott it. Ili pp. 161 n., 208). Nel quale -edello parmi conven*
gano due correnti derivative. Una che moveva da eattdél * capitello *
sentito come diminutivo di cao capo, e che subito, in causa della parzul*"
consonanza, attraeva campo dando così luogo al ben difiuso e antico ram-
pitello (Vidossich, Dial. di Tr. § 6), e eavedél contrapposto a eòo, emmpedél
contrapposto a campo spiegan molto. L*altra che si riattacca a nomi in -<tto
derivati ulteriormente mediante il diminutivo -iUo, nomi del genere di
orad^l lomb., ecc. (Beitrag. 84), trent. oredH, ver. oridH, di berg. brnsfodH,
boi. brazzadàla, ven. brazadelo (dai quali il tardo, non vivo e scarnamente
documentato tose. braceiateUo -a ciambella) di fronte ali* a. vie. brc£«dth
(Bortolan, che lo munisce d*un punto interrogativo), a. pav. braceetìo pi.
bracieggi Mag. II 47^ II 61% 62% III 44\ ecc., brazMeèlo Anoon. 28% brac
eieggi ib. 31% brazediè egl. [prov. braseadeu]; della qual voce v. il King/
8. ' Bretzel * (e la voce germanica sarà certo di provenienza alto-italisna ,
le quali parole eran sentite come derivate mediante 'Odello e da hmc^
braccio Qa ciambella può senza sforzo venir paragonata a un braccialett«:
e del reato, a proposito della voce bolognese, — già ricorrente negli stitnti
di quel comune redatti a metà il sec. XIII, e vedine il Glossario del Frati.
— rUngarelli la definitice per * ciambella che si portava infilata nel bnccx<'.
• E nemmeno s'intende ne* ven. tabarirlo e campaniel, di cui v. oia Vi-
dofc"«ich. Dial. di Trieste, 2'». 27. Ma circa al secondo, mi chiedo se non s'aM a
a partire da un collettivo ^rampanedo -^Ui * l'accolta delle campane * * il It V •
dove son riunite le campane *.
IHuatrazioni ali* ' Egloga, ecc. . 805
geda {l §-) faida, grembo, 344. Vedi Nigra XV 288, Bruck-
ner, Charakt. d. germ. Eleni. 17 ; Littbl. XXI 384, von Ettmayer,
Lombardo*lad. (Rom. Forsch. XIII) 373. Son da aggiungere le
forme vìe. e pav. come gaia •già (cfr. vie. rust. gugiare vuotare,
comparato a mil. vdjà, vqj vuoto, a. pav. agiar ajutare).
giada agliata 311. Gavass. 'iada\ già Mag. I 42\
giandussa peste (bubbonica) 133, 713, 738, 892. Cavass.
Interpreto la voce come ' gianduzza ' (num. 30 a), e invero il
tose, vi risponde con ' ghianduccia -zza ', e -zza è in un pro-
verbio popol. veneziano (v. Musatti, Amor materno nel dial. venez.
[1886]» p. 27 n.). È tuttavia notevole la costanza del -««- anche
in altre scritture venete antiche che rispettano, almeno nella
grafia, il z, così nel Cavassico, nel Calmo, nel Magagnò e in
altri (v. il Musatti, 1. e).
giesta razza, genfa, 932. V. Boll. soc. pav. di st. patria II
226-7, Biadene, Il libro delle Tre Scrìtt. 98.
gioii on birbante 930. Cavass. 'giaton' e giUon Mag. Ili
62», IV 24\
gir ghiro 19. Gavass.
giuoria gloria 777, 786, 794, 818.
giuorios prosperoso, sfarzoso, bello, glorioso, 309, 490,
"^30, 961. Cfr. giuriuso Mag. II 40\ Naturalmente e qui e in
giuoria si tratta di voci dotte malgrado il gi-,
gn' ogni 97; ma potrebb'essere d'agn.
gniaccara nacchera 795. Cavass.
goz goccia 507. Beitr. 64.
gramego vago, bello, 627, 752. Ktg. 4320. I poeti pavani
usano pure la parola nella forma di gra- e gre- e col significato
da una parte di ' dotto ' e, come sostantivo, di ' lingua pura,
elegante, grammaticalmente corretta ' {sbaiafare in gramego Fio.
co«tame che dura ancora nelle nostre campagne *) e da oro orlo. Ricordo
aaeora BochedHlo, sacchetto, ne* Proverbi volgari di Geremia da Monta gnone,
^la qaal forma il Gloria (Volg. ili. nel 1100 e Prov. volg. del 1200. p. 42)
pone dì fronte di su i documenti latini an sarhatellum, e il boi. tinadtl vi-
nuceio, vinello.
306 SaWiom,
16'', faudU per gramego in lenguawo fiarerUine$eo Orat 2^, 5*,
faeUar per gramego Mosch. 20, 21, fadla da mUdà o per gramega
ib. 26), dall'altra di * famoBo, bello '. In un eeempio (Lovar. 6)
è gremega irata, e nell'egl. o'è sU egionfe^ eie superbe, ste gr^
meghe cioè 'queste petulanti'; un'alti-a volta (Lovar. 121), ^a-
mego è riferito al vino panni col senso di * generoso, assai buono \
Ricordo ancora il gramadege robe dell'a. boi., ap. 6audenzi201,
che, nel testo parallelo, è reso per belle veste.
gramezoa •zz- triste, dolente, 5, 403.
gramo gramo, malcontento, 177, 944. Gavass. 'gran'.
grie 821, 842, -sa 177, panno grossolano. Il fem. parche
dica 'coperta di detto panno'. V. Gavass., Ive, Dial. istr. 161,
e tre grise nell'egl.
grum catasta, mucchio, 176, 814. Gavass. 'grun. '.
guadiar sposare 299. Gavass. ' vadiar ', Beitr. 'ingaliar',
Bruckner, Die Spr. d. Lang. 213. La voce nella forma attuale^
doè col suo dj, s'appalesa d'orìgine giurìdica.
gualiu liscio, uniforme, uguale, 417. Gavass. 'gualli'.
guarir salvare, salvarsi, 314, 334.
guerein occhiata, strìzzata d'occhio, il guardare sottec-
chic, 269. Gfr. il berg. sguereégn visaccio, sberleffé.
guear aguzzare, stimolare, 77. Gfr. agueive 470, e bellun.
feltr. gusar, a. pav. guxare Anoon. 28», Lovar. 186, trev. usar
arrotare.
A 14 man tranquillo, sereno, rassegnato, 765. Gfr. trent de^
eumanà turbato, scomposto, homan gentile, amorevole, Mag. I
29% IV 68* K
humìla affabile, mansueta, 672. Gfr. armiliar ammansire
Fio b\ Orat. 14^ Mag. I 64\
^ E forse doruto a qnefto homan, e cioè airalUmaxe ch*eMO fitoesM eoa
*iiMin, la voce omutna umana manna, che si legge in Mag. Ili 54k, S6\ 74%, eoe,
Ruz. Moscb. 37.
Illastrazioni ali* ' £gloga, ecc. , 807
imbaloitar 225. Che significa?
imbriagarse ubbriacarsi 430.
impirada stecchita, dura, 'infilzata', 247; cfr. ven. im-
pirar infilzare.
imposaibel possibile 783. Frequente in molti dialettif o per
mal intendimento della parola dotta, o per il promiscuo uso
delle due parole in qualche congiuntura {ho fatto il possibile ; ho
fatto l'impossibile). Per la Venezia, cfr. impossibile Mag. Ili 45*,
Ruz. Dial. 8^, Bastanzi, Le superstiz. nelle Alpi venete, 146.
inbarbugios: el m'era i- mi confondevo, m'impappolavo,
556. Cfr. it. barbugliare, ecc.
incagar incacare, farsene beffe, 274, 644. Cavass.
inchiauar * rinchiudere a chiave ' o 'inchiodare'? 763.
inchina fino 993 (o inchin a?); inchin da (cioè inchinda)
ma fin adesso 266; ma al v. 1058, Toscurità del passo mi toglie
di dire di qual senso veramente si tratti. Wendr. § 141, e ìn-
chinda da tosatto fin da fanciullo, in qualche testo pavane.
incepedide aggranchite, intirizzite, 159. Trev. inzipidir
intormentire, bellun. imerp- intirizzire. La base ne dev'essere
* ceppo ' (cfr. inceppare, mugg. insopedarse inciamparsi).
indegnarse degnarsi 720. Y. Mag. Ili 43*.
indesdegnarse sdegnarsi, arrabbiarsi, 716. Cfr. a vie. in-
desdegnà (Bortolan).
indrapellà coperto, vestito, 714. Cfr. frc. drapé, it. drap-
peggiato.
in drié indietro 21, ecc. Cavass.
indusiar indugiare 126. Cavass.
in fin a persino 935.
in fora 157; 1. in fora in fuori.
inpegnorar impegnare, pignorare, 891, 995,996.
in pia accesa 532. Cavass. *impear', e, per la evoluzione
del significato, anche vie. intorse accendersi.
insir uscire {ins esce) 480, 496. Cavass., e ancor oggi rensir
(rinsa riesca) nel vie. rust.
insembre insieme 66. Cavass.
308 Salvioni,
insofranè cosparsi di zafferano, del color dello zafferano^
709. Cfr. centure imaffranè Ruz. Orat 2^, inzafranà 'Sofranò
Lovar. 10, 28. Per To, di cui v. Rendic. Ist. lomb. S. II voi. XXXV
970, anche soffran Mag. HI 17*.
insonnia sogno, -fiiar^e sognarsi, nelle didascalie che pre-
cedono ai vv. 518, 316.
layar lasciare 1004. Cavass., Ktg. 5443, 5454, Thomas,
Essais de phil. fr. 322-24. Si tratterà, come già ho espresso in
XVI 195, dell'incontro di legare ' e di lasciare.
laoc 186. V. l'emendazione proposta a questo passo.
lasagne ciancio, ciarle. Cavass. * lesagna ', Mag. I 58\
lasagnette tagliatelli 398, 1015. Ven. ecc.
lasagnie lasagne 833, 1014.
lassar rilasciare, rallentare, 144.
lat fem., latte 288, 788. Wendr. 51, Mag. I 4^ 27', ecc.,
Meyer-Liibke U § 377.
lauorier opere, lavori, 444. Ven. laoriery ecc., borm. con r-r
dissimilati, lorédi.
laurier fregi, ornamenti, 476. V. * laorier '.
le fn brano pelle 632. Sarà 'membrana*; cfr. Umbri Beiir.
s. ' nembro ', a. vie. slembro (Bort.).
leni 1071. Che significa? V. l'osservaz. critica al verso.
l etran -m letterato, dotto, uomo di studio, 125, 714. Cavass.,
sU'iran (Bort., Wendr. § 77), sprolig long e letran lungo e dotto
discorso Egl.
linnda * leggenda ' 162. Interpreta, cioè: * il cappello porta
la stessa leggenda del mio ', ha la steHsa marca di fabbrica, gli
stessi contrassegni del mio.
Ha ma lealtà, buona fede, 676, e parmi la riduzione di on
^lialama, E anche del Voc.
l intiera lettiera 326.
* Uy, lasciare per testamento, è voce lereotinefle.
Illastrazioni ali* * Egloga, ecc. , 809
lòra maculata, screziata, 1048. Cavass. s. Mor', e vacca
lara Mag. II 10'.
lugurar farsi chiaro, albeggiare, 557. Da lugor (Cavass.)
corrispondente al frc. lueur, a. it. lucore. Ktg. 5711.
Iu8 de fer 55, 380, 911. Curiosa interpretazione e quindi
riduzione di Lucifero, che qui sarà stato ^Lusefér. Cfr. un ana-
logo scioglimento nel trent. fit de comts fideicomisso.
magnar mangiare 26, 29; Cavass., Beitr. 77. — Si tratterà
qui di mangar con nff in /{, e, nella concorrente forma molar, ecc.
(lomb. majà), di ut — fi dissimilati per m — i.
magon stomaco, petto, 30, 318, 1050. £gl., Cavass. ; Beitr.
76, Zauner, o. e, 179.
malenconios malinconico 924. Cfr. malencognoso Mag.
(Bortolan), onde poi il gn passa in malincognia 'Ila- (Ruz., Mag.)
così come armognia, Mag. IV 103**, deve risentirsi di un *ar^
mognos.
malmuoria memoria 565. Ne' testi pavani ma- e smalmuoria
(Bortolan, Mag. I 13', ecc., Wendr. § 78), ancor vivo in qualche
varietà veneta, friul. tnalmuerio IV 337. Forse, come lo prova
il mil. marmaria, il/ è da r per dissimilazione; e questo r pro-
verrà forse da un antico oscillare che si facesse tra memorja e
^mermoja.
man 1022 iman a tenche 'mano a tinche; via a mangiar
tinche'; v. Wendriner § 149.
manazzon manichino, polsino, polso, 342, 412, 623, 1038.
Cfr. il frane, manehon, da cui potrebbe la nostra voce derivare,
avendosi allora come secondario il valore di * polso, noce della
mano '.
manginar immaginare 114. U primo n none epentetico,
ma proviene dall'in- di *inmaginar.
maniera ritrosa, manierosa, * che fa delle maniere' * che
oppone delle difficoltà, 640. In Lovar. : maniera opposto a greza
e in un paragone collo sparviere [la spaliciera). La connessione
di questa voce coll'a. tose, maniere -o non fa dubbio, e il tra-
310 Salvioni,
piàasQ a un significato quasi opposto, quale è nella voce nostra,
è molto facilmente giustificato.
manulieza manievoIe« alla mano, 300; mancliem^ nell'egl.
Circa alla derivazione, che corrisponde forse a quella italiana
per -^ccio {mangeréeció)y cfr. schiuolieea s, v., e vivolezo vispo
Ruz. Dial. 8^, ven, magnolezo appetitoso.
marager viscere, petto, cuore, 588, 994, 1081; v. il v.
592 confrontato col v. 588. La voce è derivata da un *maragia
corrispondente alla sua volta a un *matralia^ da matbb per
quella stessa via onde si viene a matrongh stomaco, a Piaaza
Armerina. Le viscere son cioè considerate come la sede del
* mal di madre ', del madróiì, come dicono a Bellinzona, o mal
del marager come è detto al v. 994, e anche della smara (:= mara
' madre '), come è nella Venezia il nome della ipocondrìa (cfr.
mare nausea Cavass.). E v. qui avanti s. ' maruogna \
maràs vipera 528. Cavass., Nigra XV 500-501; ma l'etimo
slavo proposto dal Gartner è forse più attendibile. Appena oc-
corre poi di avvertire che il marasso del Voc. è una voce ve-
neta; e che della stessa base è forse anche il boi. magaràss
igar = gr = dr?).
mar cella 224. Non mi riesce di connetterlo con marzel
n. d'una moneta di cui vedi s. v.
marchet 1027; n. d'una moneta, di cui v. il Boerìo.
mariga sindaco, capo del comune, cursore comunale, 141.
V. Rezasco, Diz. del ling. it. stor. e amministr. 608, Schneller,
Die rom. vlksm. 239, la cui etimologia non mi par sostenibile.
mar obi a -ru- aspra, burbera, 765, 1086; e cfr. ven. ma-
rubio cipiglioso, austero, burbero. Avrà detto prima ' amaro ',
risalendosi certo alla pianta marrubium, che ha un gusto aore.
In Levar. 88, c'è la similitudine vita amara co è 'l marubio^ e il
Mag., Ili 9*: 0 pi che n'è el marubio amor amaro; TV 98**: /W,
cegua e marubio smissiè.
martel: à w- a stormo 584.
martuori martorio 310. Cavass. *marturi'.
marubia; v. 'marchia'.
Illustrazioni air* Egloga, ecc. , 811
maruogna ^gnia mattana, ipocondrìa, 33, 992, 1049, scoria,
gente di rifiuto, 440, 494. Questo secondo valore si riannoda di-
rettamente a quello del ven. ìmtrt^gna scoria, rosticci del ferro,
calcinaocio; ma la voce e nell'una e nell'altra significazione si
connette a ' madre ' o per la via di cui qui sopra s. ' marager ',
o per quella di matfr^ :ss fondo, deposito, feccia, di che v. Ro-
mania XXVIII 107. [Ora, anche Vidossich Zst. XXVII 7501.
mnrztl^ n. d*una moneta, 879. Cavass., Boerio.
mas podere con abitazione 907. Cavass., Etg» 5909.
massn troppo 144, 733. Cavass.
mazzuch tanghero, villano, 934. Cavass. ^mazuc*.
men manco, nemmeno, nemmanco, 1010.
mtssal luglio 607, cioè ^il mese delle messi '. La voce ri-
toma nell'egl., e in qualche parte della Ladinia centrale, e vedine
ora Ciem. Merlo, I nomi romanzi delle stagioni e dei mesi ecc.
(Torino 1904), p. 145.
wie, mez: per me 292, permez{s€) 426. Nel secondo esempio,
ugnifica * incontro' * contro'; nel primo, la oscurità del con-
testo m'impedisce di pronunciarmi. Cfr. a. vie. per mezo (Bort.),
trent. per mez, veron. imparmèy di faccia, dì fronte, dirimpetto.
Anche il per me di best. 55 va così interpretato: li dreza per
tnè lo sole ^=^ '[l'aquila] lì pone dritti in faccia al sole '. V. anche
Cavass. s. ' mez '.
meter su istigare, aizzare, infiammare, 269. Anche letterario.
— metter d óul à bas morire 375.
migiol bicchiere 810. Cavass. * miol ', boi. mivttó (Qaud.,
p. 231), dove il -r- sostituisce -y- come nel pure boi. Mont Mmottr
M. Maggiore (v. Krit. Jb. IV, I, 167-8), e hell'ar. urimolo orinolo.
millanta 425; parmi che abbia lo schietto significato di
* mille \
minchiastro minchione 726. Travisato eufemisticamente
sul modello di ' mentastro '.
mo ma 661, 799, 800, 959, 1004. Cavass.
mò adesso 266.
312 Salvioni,
mole sella molle, tenera, 84. Bellun. molesèla mollica, e
V. Alton, Die lad. Id. s. * morgèll '.
monesella tenera, arrendevole, gentile, 764. Bellun. mo-
nesél, con n — l per dissimilaz. da 2 — {; e su moneaèi s'è poi
modellato il sinon. monesin {=-molisin Gavass.).
monga 58. È nome proprio di vacca o di capra; v. Cavass.
e regi.
morhez gajezza, allegria, 366, 870, 874. Cavass. * morvez '.
morbo peste 388.
motel paonazzo, panno color paonazzo, 715. Boerio.
mostaz viso 410. Cavass.
mucignos moccioso 248. Beitr. 81, Lorck, Altb. spr. 168.
muner mugnajo 882. Cavass. — Esempi veneti analoga-
mente conformati sono il np. Aponal Apollinare, e ponèr pollajo
* poUinajo ' ^ (cfr. polinae 1 345 n. friul. polindr^ e il veron. puinar,
pollajo, cioè *pujinar^ da *pojo pollo, XII 424).
muò come 4, ecc. Cavass.
muogia bagnata 452. Yen. mogio, mil. mqj, feltr. mujo
(con u dalle arizotoniche) intingolo, ecc. Etg. 6260.
musa muso, faccia, 292. Friul. muse, a pav. musa (Mag.),
ven. mésa brutto muso; e v. XII 416.
mussa asina 131, vai de la m- ni. Cavass. ' mus ', Etg. 6408 ^
muzolar singhiozzare, gemere, 230. Bort.
naia -già razza, genia, 899, 1109, e questo significato ha
sempre la voce ne' testi pavani (Ruz. Orat. 9*, Mag. IV 8*, 23*,
36*, ecc.), nel Friuli, v. Zst. XXIU 522 (dov'è detto che si tratti
di NATALIA), e nell'Istria, Ive 149.
naraccia -ssia razza, gem'a, 278, 303, 703. V. Ro. XXXI
287, e cfr. ne- nar- narration, id., Ruz. Orat. 5*, 10^ Vacc. 35*',
* Dovuto certo airinflaenza di 'gallina*; cfr. friul. giàlinàr pollajo.
' Dopo quanto è stato constatato a proposito di gianduasa (y. s. v.), non
vi sarà difficoltà a ritenere che mussa possa corrispondere a ^muzzay e
quindi al parm. tnizza asina, al tose, miccio -a.
Illustrazioni ali* * Egloga, ecc. , 318
Sprol. 21\ gnaration (=ia *jtìeratian *jin-j o = *n;>- •«!;«- •n«-
jeraii<m?)^9 nel Furtaro incalmò (Padova 1683).
Come narraéion va con naraccia^ ecc., così era parso a me
sicuro che con questo, e cioè col nomin. dotto oeneratio (e vi
aveva già pensato altri ; v. il Tommaseo s. ' razza '), fosse da
mandare l'it. razza. Ma il Meyer-LQbke, nel render conto di
quel mio articoletto (Zst. XXVII 252) *, pone in dubbio il rag-
^ Sarebbe il prodotto d*ana metatesi reciproca; per il qnal fenomeno ho
in pronto più altri esempi veneti : mUoga qui sopra, s. ' chiuiluoga *. vie.
còfano gnocco, trent. pad(va pipita, r0véH veleno (cfr. veren Mag.). beli un.
mai. tnugnai (Bastanzi, Le superstiz. nelle Alpi ven., 84) porco, cioè *fìimàl
(per il fi, efr. atiitnal porco, anche a S. Vittore di Mesolcina), trent. tozzola
=a *zat' ciotola, non senza influsso di tazza, trent. taranz verdone (ven. za*
ranto, friul. eirant), gril ghiro, prezioso come testimonio delPantico gì-, fré-
ghenaU di fronte a vaiteli. gabituU i doni della Befana (Bruckner, Charakt.
32), terlaSna ragnatela, per * telar' (vie. to[/a]ra^fia, veron. 'ra(na^, e questo
col raj, ragno, del Friuli e della Valmaggia, zanfraao francioso (Clm. egl. Ili,
nel prologo in lingua dalmatina) da paragonarsi col lomb. zenfret (I 257),
che scherzosamente (eianfrés) s*usa tuttodì, veron. lavansàna allato a ra/a-
' valenzana * sp. di coperta, parpon^n pamporcino, pad. haroaìt, v. qui sopra
a p. 162, ven. sguaratar e sguatarar sciaguattare, calamion camaleonte
best. gloss., grad. silizin (ven. sisiìa rondineX istr. ruvinal cioè ^ruri- orinale,
Ive 98, gilidingia diligenza, in qualche testo pavano, veron. eneropito (ven.
inirapieo) idropico, trent. éreda edera, partéve$ »> ^partéstte partecipe, se non
va coirit. portéfiee, veron. séndo e selene sedano. In bugànsa (piem. bUgànfa;
ÒHganza nella Race, di voci rom. e march.) gelone, di fronte al boi. buéanca,
che parrebbe un esempio del tipo di chiébito ^» tiepido h difficile dire da
qual parte stia la metatesi (cfr. anche boi. ganoèèa «^ ren, nagossa negossa).
Se vi si tratta, oom*é probabile, di òtieo, la metatesi sarà stata favorita,
secondo il caso, dal desiderio di porre in prima linea dove buco (cfr. bygo
nella Bacc.), dove^wso (bua); cfr. t(u)bu$an€hao XII 436.
' [Nello stesso passo, il Meyer-Labke si chiede, dato Tetimo /Mita =» la-
cùsA» se a Trento il -<v può sparire senza laaciar traode. Mi par di si,
visto uccia ago, ch*è anche veronese, i trev. usar aguzzare e fuatsa (I. Ninni,
App.). Quanto alla contrasione (dato ohe ^auceia non potesse servire, e che
luna non rivenisse in fondo a *l'una *aùna *raàna\ essa ha nella Venezia
numaroai esempi per altre combinazioni; oltre a crcnza * credenza*, rentCt
(ragia, magia, vie. vegia 'ja ciocca (di capelli) Ktg. 10245, o 10247 (?), eco..
314 Salvioni,
guaglio, forse perchè non gli par possibile che una voce tanto
estesa qual è razza abbia dappertutto quella giustificazione fo-
netica che può aver nella Venezia (cfr. qui ancora ris narice
Zst. XXIV 389, e gramanzia negromanzia kath, gloss.). Ma a me
sembra che, data la natura letterata della voce, quella evolu-
zione era possibile in qualunque parte d'Italia, e quanto alla
Francia e alla Spagna, è ben probabile, come il Dict. gén. am-
mette per race, che la voce vi sia arrivata dall' Italia.
nega natica 450, 629. Zauner, o. e, 166.
negro gramaglia 226.
ne ola -II- nube 912, 936. Beitr. 82.
ne ola specie di ostia dolce 345. V. le mie Postille al Ktg.
s. * nebula ', Ktg. 6485, e aggiungi nibiè (plur.) Ancon 31*, dove
pajon concorrere * neola * e * oblata '.
ne ss a febbretta, febbre. Cavass., Alton 'nescia'.
niac * neanche ' ancora 877. Anche in Mi^. I 36*", sì legge oc
anche, ma non sarà un errore come potrebb'essere nel nostro niac?
nianc * anche * 984, e v. pag.
nient : nient ... no se porou ' per nulla ... si potrebbe ' 8445.
nigun nessuno 884. Cavass., e gneguno nel Dial. di Cecco
di Ronchitti (cfr. veron., feltr. gnissun gne-),
nisar incignare 654. Cavass.
nouizza sposa 93. Cavass. *nuvìz*.
no zza nozze 399. Prc. noce, rum. nùntà^ M.-L. II 66.
ombrar numerare, contare, 567, 938. Veron., trent. id., a.
pav,, vie. rust. lombrare, lombro Mag. U 63^ Ktg. 6611.
dove si tratta di vocali uguali, cfr. pav. frel fratello, vie. gitelo ali. a puà van-
gajuola, rabiù rastio (e Mag. Ili 45'' ; ven. reciolv KUTABtJttj), ven. sita saetta,
mesftro e mistro tnaestro, grela e praèla grata, graticoln, gritiola canniccio,
trent. cratura creatura, v«n. Tódaro Teodoro, Lunatdo Leonardo, Pantalon Pan-
taleone, trev. baliistro balaustra, vie. chégin, ven. chi- ehigiar {^^ *caigiar, ecc.),
scapecchiatojo, scapeccbiare. E ci doveva essere anche mata * medaglia ', solo
così potendoci noi spiegare il fnadaia^ maglia, dì cui in Cipolla, Un amico
di Cangrande, ecc., 47].
Illnstrazioni air ' Egloga, ecc. , 315
ondre dove 169, 170. Così nell'egL, e il r vi è epentetico
come nel friul. dantre,
ont strutto, burro, 374. Gavass., Egl.
ontiera volontieri 330. Ruz., Mag., ecc., v<h prov. gloss.,
Levar. 139.
orca moglie deirorco, strega, 247.
osmarin rosmarino 201, 206. Ven., trev.; mil. a«n-, e il r-
6 caduto per dissimilazione. Ktg. 8150, dove si può aggiungere
il veron. gustnarin (= de a- *de va- *de yo- ?).
pagnuchet panino 27, 1026. Yen., berg. pagnòca. Del H,
V. nnm. 25 n.
palangon paragone 958. Mag. id.; ven., mil. parangón.
pali a din paladino, conte palatino, 341, 622. Cavass., e
conte palaini Rod. 52^.
palpadura presa, luogo dove toccare, dove palpare, 413.
paracion: a p- bl similitudine, in paragone, 181, 367, 370,
522, 525; Ruz. Orat. 16^; bellun. in rata parazion in giusta
misura. Il Wend. § 75, pensa a cofnparatùm, U Nigra, XV 505,
a porzione (cfr. a portion a proporzione, nel Dial. di Cecco di
Ronch. 22, che sarà però proporzione anche per l'etimo). Cre-
derei che abbia ragione il Wend. ammettendo tuttavia che c'entri
per qualcosa ' paragone '.
parar nia scacciare 870. XIV 211.
pare, masc, parete 234. Ven., e M.-L. Il 420.
parecchio simile, uguale, compagno, 285 ^ XII 419, XIV
211, Mag. n 48\ IV 34\ e, per parigi testicoli (Kj. IV p. I 159),
Levar. 77.
partesana partigiana 231.
pascolarla scialarla, godersela, 1021.
pastoni de bon p- di buona pasta 970. Con pastume Mag.
IV 34*", e diverso quindi dal ven. bon paston buon pastricciano ^.
^ Nel pavese parent, simile, dev'ensere intervenuto ' parente *.
' Il nostro pasioH del resto non rima, e v., a tal proposito, pag. 281. E
Archivio glottoL ital., XVI. 21
816 S&lvioni,
pastro pastore 88, 106, 389, 407. Cosi anche nell'egl., e
V., per il bellun. pasire, Ascoli I 415.
patarin -na ' patendo -na ', 100, 241, 208, 861, 560, 1057,
ma «isato sempre, come anche nell'Egl. e altrove, quale termine
generico di spregio (cfr. anche zudier^ turca).
Paua Padova 730: far magnar U galline a P- mandare
allo studio dì Padova*
pear affisrrare, pigliare, 20. Cavass., e qui sopra a p. 282.
L'è non sarà forse dalle arizotoniehe, ma sarà da giudicarsi come
quello di gegio ciglio, zégio giglio, megio miglio mIlixth, Wendr.
§ 9, veron. poéja *po{ja pipita.
pegro * pigro ' restio, tardo, renitente, 224. Cavass. * pegre '.
pensarse aver pensiero 210.
pera insieme, unitamente, 116; Cavass., e più volte nell'Egl.
Y. qui sopra a p. 231-2 e aggiungi feltr. para; an paro Mag.
I 8*, e a9pder rasente a, a Ponte dì Valtellina, forma questa
che col suo $ ben conforta l'etimo dato del lad. asper, ecc.
per me; v. n%e, e aggiungi perme dirimpetto Mosch. 54,
permiò di contro, Dial. di Cecco di Bonch. 20.
pestar tè f 1014, una specie di pesto; cfr. beUun. pestarel
minuzzame.
petit; V. 'apetet'.
pettolon peto, vescia, 963. Yen. pètola cacherella.
ne sarà poi diverso il yen. paston'^ 0 non sarà esso la nostra stessa voce
C è ttna buona pasta *), e cioè ^pastome, interpretatosi poi come un derivato
in 'óne^ Sarebbe allora es. da aggiungere ai già noti zanton cianoiome
Cavass., fané ex., ómeda lap., prona, brogna prugna, esempio che va olfart
la Venezia, veron. liomi^ legumi, trev. btion bitume (se non è il firo. bAon),
e forse negona Mag. Ili 29*. Un analogo procedimento vedeva io in crena
crine ; ma il Vidossich. Dial. di Trieste, 8 13, vi ravviserebbe invece un ac-
catto emiliano. Ma ò egli provato clie il ' crine * sia mai stato importato
daU'Bisilia nella iemiferma veneta? E non ha il Tidossich avvertito che
nell*a. pav. c*è guaena ( : vena) guaina, Levar. 133, e aseaseen ( : ben) assas-
sino, ib. 262 ? £ non avranno qualche valore i Contareno, Mtmroeeno, ecc.,
ohe i dooumenti offiroao per i serioxi Oontarinf MòrùiiHf eoo.?
Illastrazioni ali* * Egloga, ecc. , B17
péuerada pèvero, salsa, saore, $97. Boario 'pevarada',
CavasB. 'perada', egl.
pi più 215, ecc. Cavass.
pianzolent piagnoloso 1. Giom. 6ft. d. lett. it. XLI 111*2.
piar 290; r. *pdar'.
piccar pendere 431, 632, appendere 242, 644. Cavass., e
trent. picar pendere, propendere, pica^ ven. picagia, grappolo,
penzolo.
pici gol pizzicotto 631. Ven. picegoto, ecc.
piégola pecora 7, 63, ecc. Cavass., Il 319, num. 27; né ora
più dubiterei del genuino carattere della forma.
piet petto 105^ 383. Gavass. II 810, veron. pietà, vie. pieti
poppe. Per il dittongo, cfr. anche aspietta, ecc., nel pav., che
potrebbe averlo, per mera aseonansa fonica, da pieto. Qui poi
mi chiedo se la causa non ne vada ricercata nell' -4 della forma
petti, petto, dì cni v. Hossafla Beitr. 18 ^
pietà coltre 554. Gavass., Postille al Ktg. s. ' plSctus '.
pietanza pietà, compassione, 673, 1060. Noli ignoto, collo
stesso Significato, al Vog.
pigrieia pigri2ia, paura, 219.
pila testa 435. Voce ludicra o gergale, che può dipendere
o da PILA palla o da pilum pelo.
pioueg contribuzione, prestazione in lavoro, corvée, 880.
Ascoli IV 841 n; Ktg. 7504.
pis piscia, orina, 989. Ven. pisao, piem. pt(.
piter vaso, vaso da fiori, 802. V. Boerio s. * pitè ' e * piter ',
Ive, Dial. istr., 68. La voce veneta e Tit. pitale non posson com-
binarsi in causa del t scempio della voce italiana, e del t (Ht-)
della voce veneta. A meno non s'ammetta che quella provenga
da questa, o che ambedue dipendano dal frane, pat (Nigra, Ro.
XXVI 560), cui sia venuto a commescersi qualche altra voce
l pignatta?).
' Ai tre noti nostri ludi, petH, fondi, Beitr. 18, AmoIì IV Ul n., Mrà
fsiss da sgglinigiire il treni, rait. péti prjvs (v. Ricci 8. v.).
318 Salvìoni,
pitturina petto 108, 562, 1037. Esempio da aggiungere,
per il significato, all'a. pavé, petorina (v. Boll. d. soc. pav. di
st. patria II 232) e dipendono forse ambedue dal francese , di
cui V. Zauner, o. e, 141 1.
piua cornamusa 240, e, figurat., mammella 608. Gavass.
— iscontrerà le p- per la via, 685, ricorda il modo : ' tornar-
sene colle pive nel sacco '.
piuma z guanciale 545. li. più- e pimaccio^^ ecc.
pi zi nifi piccolo 243.
posta: a so p- di sua volontà 389; m'haesse amazzò dame
posta mi fossi volontariamente ucciso Buz. Dial. 7^.
pota: p' de mi! Esclamaz. d'orìgine lubrica. Gavass.,
Wend. § 75.
prenzera pranzo, cibo per il pranzo, 118. La voce ritoma
più volte nell'egl. (qui anche: prenzera da mattina pasto matti-
nale). Fuori d'Italia: prov. plangeiro siesta, Thomas, Mélange8 89.
preue -uet prete 125, 706, 748, 745, 842. Le due forme
si distinguon tra loro pel solo fatto del -d- conservato o espunto.
principio prìncipe 750, 860, e un esempio pur nel Galmo
207. È evidente la confusione materiale, e un po' anche ideale,
di * principe ' con * principio *.
prò d'hom 'produomo' valentuomo 590. La scrizione, per
cui il d appar inteso come una preposizione, occorre anche nei
testi pavani, che conoscon anche la forma per d^hom,, e altrove.
XII 423, Cavass.
puina rìcotta 102. Cavass., Nigra XIV 288-9, 360.
^ Anche nelPengad. (Pallioppi): pchtlrina Brust, Bruststùck (vom Riiid-
fleisch).
^ Da questo pimaceio non si stacca sprimacciare che sarà veramente
spim-j che è pur documentato, aumentato poi di quel r ch*é anche, p. es.,
nel montai, spronda sponda, ven. shrignar ali. a àhi-^ valsass. (Introbbio)
skrQka altalena (mil. skgka Misceli. Ascoli, 90), boi. scróvva scopa, borgotar.
scressora = mil. scossilra vetta del coreggiate, screllente limpido (cfr. gen.
skilénte, aless. sklent, Parodi XY 75), asc. acrucchia di fronte a scucchia
Zauner, o. e, 73, eco. E v. qui sopra a p. 236, e .più innanzi s. * scagna *.
Illustrasioni air * Eflfloga, ecc. , 319
pullier poledro 144. Qui adoperato in senso lubrico. Yen.
pulièroy ver.po/er, frìul. pujèri^; e v. Meyer*Ltibke, Zur Kenntniss
des Altlogudoresiscben, 10-12.
put bimbo 780, putta ragazza 40, 194, 337, putèl putto,
bambino, 793.
putar credere, pensare, 746, 931. Evidente latinismo, ma
passato realmente nella lingua.
quarta quartiere, la quarta parte d'uno stajo, 29. Boerìo.
quii ò qui 493. V. 'chilo'.
Taccola raganella 467. Yen. ecc.
rebba rabbia, trasporto amoroso, ardore, smania, 18. 348, ecc.
Cavass. ^reba', ^reba smania pur nell'Egl.
refréBcura refrigerio 1089.
regost 528; v. * revost '. Per il *<;-, cfr., fra altro, anche il
bellan. bugazza = ven. boazza bovina, chigo, ligo, di cui qui in-
dietro 8. ' chiuìluoga '.
rengar 'arringare' discorrere, parlare, 125; lo stesso si-
gnificato in ca. 37 (renger loquace), Lovar. 118, 140, 204,
Ancon. 4\ ecc.. Calmo GXIX-XX n.
repettar opporsi, protestare, 904. Yen., mil., ver. (ropetar
dimenarsi), ecc.
resorzer^ uscire, spuntare, 17.
rcBsaltar assaltare 75. Forse da arsaUar, che è di qualche
antico testo della Yenezia, ridotto come il grignan. requanti ^=^
arq- = alquanti (Papanti 422) ^.
* n ver. poter sarà Spelerò *poletro (cfr. l'a. veron. cera cetra, Fra
Giacomino), imbrancatosi anch'esso (v. num. 4 n) poi colP-ér da -axiu;
poiché parmi che il frinì. puJM ci tolga di pensare a un ^puììariu,
' Non credo a un resorz' che stesse a ' risortire * come i feltr. o sacil. perz
perde, morz morde, arz arde, spam spande, responz risponde, vem vende,
tenz attende, sconz nasconde, ecc. (ma rU ride), stanno a perder ecc. (v. Se-
gato, o. e, pan.), poiché qui si tratta sempre di -rd ^nd {responz- su ^rezpònzo,
moto, che però par mancare; quindi anche perz ecc.).
> V. Meyer-Lflbke, It. gr. § 291; Misceli, nuz. Rossi-Teiss, 410. Altri
320 mrìom,
reitier restio, ritrono, 636. Yen.
retorter torcerà 21,
reuolton: à r- a rovescio 912.
renosi ^gost florido, prosperoso, rubicondo, 287, 523. Friul.
ra- re- rivost rubicondo, rubesto, robùstu.
rigolar rotolare 465, in rigolón in crocchio 861. La ca-
duta del 'd' in questa voce e il rimedio all'iato mediante la
inserzione di g, in parte anche ri- sostituito a ro-, sono di tutta
la Venezia e di altri dial. alto-italiani (v. anche qui sopra a
p. 213): ven. rigolar rotolare, voltolarsi, veron. rugolar -lon,
mil. a rigoron rotoloni, mant. rigolar (onde d'rigol rotoloni), ferr.
ruglar rotolare, ruglìU (boi id., r^g. f«- arglett) crocchio. Mche
il pavttno roelar (Wendr. § 26, 74) riverrà qyi 9W la via di*
*reolar.
riseua rideva, 711, num. 48; e ricordo andie qui la forma
solo per aver occasione di notare che il paragone ^rideva [a
bocca sì spalancata] che gli si sarebbe cavato un dente ' ritorna
nel Bus.: riesto ... qu0l i« gharae cavò i denU Yacc. 46^, me Va-
rigo que 'l se me ca^rae i dente ib, 35* K
rori 38, 694, 827, 878. Nel primo esempio potrebbe essere
' roveri ' (trev. raro rovere), ma negli altri ateontatamente si po-
trebbe ravvisare questo significato pensando a ^ presiaizìom in
legname, in roveri * * legname '.
ro8t riscaldo, assortimento, (P), 291. Così il Mag. lY 75%
parla di due occhi che l'hanno ^ cotto e restio \
esempi: a. triest. Bemachor Ermagora, vie. ra- rebtgqUo ali. a wrbégplp or-
si^uolo (y. qui sopra a p. 226 ji), rogare arare, esempio particolarmente no-
tevole, in quanto a r non seguisse consonante, monta), rasiocia araiecia,
teram. rezelle argilla, parm. ramacoll armacollo, lomb. retnifié^Q^ piem* ra-
tnQfiàn meliaca, valm. Umóri = ri- armadio, lucch, htccÌQra ulcera. Per il fe-
nomeno inverso, posch. albar labbro.
^ Anche la sodewa delle carni attestata da oiò ohe non le «i possa piui-
care (vy. 629-31) ritorna nel Eoe.: U cafy%0 pi ^ure che h no ^ pò pé€$9^r0
Fio. 3V
Illustrazioni all' ' Effloga, ecc. , 821
roua spino, rovo, 511. Yen. rava, dove si continuerà sen-
z'altro il fem. BUBu.
rà rio, roggia, 797. Cavaaa. *rui'.
sacca fiacco, o ritortola P 634. L'uno o l'altro significato
dipende daUa intorpretaidone di co, che può esser * con ' e ' come '.
Cfr. yen. saca sacco, bellun. aaca stroppa, ritorta, rie. Mca filsa.
salvega salvatica 631.
sanguanent sanguinoso 154. XII 428.
sansuga sanguisuga 451.
santi de benèt : al «- 602. Cfr. ai Santi Die Beniti Levar.
149, 169, ay sienti e Dio beniti ib. 8, al santi d'i beniti Fio. 13**.
Credo che qui sian venuti a incontrarsi l'invocazione del ' santo
Dio benedetto' con quella dei 'santi di Dio vangeli'^. Da ciò
si spiega l'oscillar dell'articolo tra la forma di sing. e quella di
plur. A quale malinteso poi si debba Ve (cfr. ancora sienti e
Die guagneli Levar. 1), veramente non saprei.
sardina 507. Y. le emendaz. al tosto.
sartar versare 33. È voce, a quanto so vederne, specifi-
camente trevisana.
sa sonar cuocere 589, 591. Yen. sasonar cuocere e appa*
recchiar perfettamente le vivande; e v. XY 368.
sauiezza proposito saggio, atto saggio, 168.
sbaiar diminuire, cessare, calmarsi, 677. Cfr. zbalf Erto,
▼en. la piova shala cessa, smette di piovere, sbaiar cessare
Fior. 5*. Y. Parodi, Ro. XXYII 204.
sbellettar abbellire, azzimare, 606. Yen. sbeletar.
' Di qaafta formola, ▼* Cayara. ]I 309 q. e s. ' vignili \ Ascoli I 526 n. Nella
fonnola friulana si tratterà di *8a[cri]pa' *$ére- *«ero- «#o- o seiu. Da ricor*
flarn. oltre al berff. al guagnUe, al piem. ar mu de gu^ngitr Biond. Saggio
684, le alteraaioni eufemistiche vangéstridei nel vie. rust., e santi de vandon
a Monfumo (Treviso); v. Due dia!, rust. nel dial. di Monfumo (Àsolo 1889),
p. 4.
322 Salvioni,
8 b erti g io immerso, avvoltolato, (?), 1067. V. Temendazione
che si propone per l'intiero passo.
8 b orar sfogarsi 1049. Cavass.
s borir fora spuntare 319; ven. id., saltar fuori con pre-
stezza. Di questa voce e della precedente, v. Schuchardt, Rem.
Et. n 132, Zst. XXIV 417, Nigra XV 495-7; e, per il ptc. hors,
Studi di fil. rom. VII 214.
8bra8a brace 491. V. * brasa'.
8 cagna scanno 849. Mil. scafi, ven. scagno, mant. sera-
gna, ecc., tutte forme (meno la milanese, dove il fi potrebb'es-
sere da mn), che accennano a *scamniu. Anche per scr- (cfr. it.
scranna, ferr. scaràna, con a epentetico ; cfr. ven. apara nga
spranga), sarà forse più ovvio di pensare a un r svoltosi dietro
a sk' (v. più in là s. ' piumaz ' in nota), che non alla base ger-
manica (Diez 399), la quale al postutto potrebbe dipender essa
dall'Italia.
scardola scardova 400. Boerio.
scarpelin scerpellino 618. A. vie. scarpette (Bort.), vie. de-
scarpelarse i od scerpellarsi gli occhi, bellun. sgarbolà, boi. sgarblà,
ven. sgarbelin scerpellino ^, ecc. ecc., a. pav. scarpogia palpebra
Mag. Ili 59**, Piov. 9». — Il rapporto che corre tra scarp- e scerp-
è lo stesso, naturalmente, che corre tra scerbare e il lomb. scarpa
(Ktg. 2991, Nigra XV 296). Si tratta, nel primo caso (per il tra-
^ Si ripete pili volte in Italia il caso che a una riduzione a sonora della
gutturale iniziale (preceduta per lo più da a-) corrisponda una analoga ri-
duzione della sorda con cui s'apre la sillaba successiva : regg. agarhir (cfr.
friul. sgarpi nella nota che segue) carpire (e dalla stessa base, oltre a
agarbeUn, ecc., ven. sgarbar purgar il letto dei fiumi dalle erbe, lomb. sgar-
bela stracciare, scerpellare , mil. sgàrbel sinon. di acarp strappo), levent.
agarbuzzà (crem. agalb-) =» lomb. aearpdsà inciampare, tose, sgargiante ' squar-
ciante ', boi. sgunibéj scompiglio sgumbiar, sgorbio se è * scorpio ', ganghero
Ktg. 1817, 1816 (cfr. mil. kdnJcen, ecc.), dovuto forse a agangherare. Ma il
ferr. sbargar, che il Nigra, 1. e, ricondurrebbe a sgarbar, ecc., fe d*altra
origine e va col ven. sbregar stracciare, mil. sbrego stracciare e sciupare,
né si staccherà forse da * sprecare \
Illustrazioni air * Egloga, ecc. , 828
passo di conjugaz., v. M.-L. II 142; e sarà dovuto alla commi-
stione di qualche sinonimo in -abe), di *ex-cebpere (it. scèrpere) *,
nel secondo di un composto analogo ma seriore con carpebe.
scartezar cardare 637. A. vie. scartezare -zero, ven. acar-
teéin scardassiere, carta cardasse, mil. scartón cardo, -taggià^ ecc.
n t certo dalle voci germaniche, di cui il Diez, 88-9.
8 e ai bastone, bacchetto, 286. Gavass., e derto co e uno scatto
Ancon. 19*, Mag. I 28**, dove la postilla marginale dice ' scatto
è una sorta di strale senza ferro ', e il Bortolan traduce in-
fatti scatti per ' dardi '.
scatonà ferito, punto, 9. Friul. s^haion bordone.
scatòr apprensione, travaglio, 585.
scatturar preoccupare, impaurire, 2, 120, 239. Cfr. scaturò
d'amare travagliato d'a- Mag. 165**, ven., bellun. scatùrar -rir,
Irial. s^haturìf impaurire, spaventare, col deverbale scatùro friul.
s^hatur, [ferr. incaturir incatorzolire, illanguidire?]. Parrebbe
da pensare a ^ cattura ', e scatir sarebbe allora uno scatur di-
variato su ' timore, pavere '.
schena schiena 142.
schiantis lampo 52. Cavass.
schirat scojattolo 19. Cavass.
schiuolieza schifa, ritrosa, il contrario di ' manulieza ', 298.
sconchiga ' sconcacamento ' paura 549. Beitr. 102.
scortar scrollare 581, 881. Cavass. 'sgorlar'.
scot, nome d'una vivanda, 1075. Cavass.
scussar su dar fondo, vuotare, 324. Nel Cavass. è pure
uno scussar di dubbio significato. Forse coU'it. scusso? E notisi,
per ogni buon riguardo, che la versione padov. ha sca-,
segnar col tamis 987. Che operazione medica sarà mai
questa?
seme soltanto, se non, 177, 178, 901, 909. £ la riduzione
^ Alla iteHa base ritorna il frìal. e ven. cerpt^ zerpir, scapitozzare gli
alberi, potare. 0 sarà tutt'al più un *cbbpkbe astratto dai derivati. E il
sinon. frinì, sjarpi è appunto *ex-cabpbbb.
824 Salnom,
di se lomè Fio. 10*, Mag, II 33', 34^ 85^ ecc. o di «j nome ib. I 28%
egl. Gfr. ferr. sma tranne, eccetto, e somma anche ijn Val Bregaglia
nella versione del Papanti 621^2 {i't voless somma praghée vorrei
soltanto pregarti). £ v. Cavass. s. ' me \
sentar sedere, sederai, 385, 478, 854. Cavaas., Aacoli I 63,
201 n. Di qua dall'Alpi ritorna la voce ancora nel mesolc. senta
deporre, far deposito (p. es. del caffè), e nel cUav. rust. senié^ se-
dersi; ne' quali dialetti però, come ne' Grigioni, *sedentare ha
una ragione tutta spedale (Ascoli VII 506 ; St. di fil. rom. Vn
237-38) 1.
sfrusignar rivoltare, rimestare, 980. Friul. sfr- e fru-
signà trambustare, gualcire, malmenare.
sgambisi scambietto 219. Cavass., mil. sginibjét^ ecc. Il tose,
ha anche sgambetto^ da gamba^ e questa voce {ivrà determinato
l'alterazione pur nella nostra voce.
sg aminar esaminare 386. Curioso invertimento dei due
elementi dell'oc di £xam-, che certo si pronunciava, come sempre
nell'Alta Italia Vex delle parole latine {egéemplum exemplum, ecc.),
*egéaminare. Nell'egl. c'è sgnaminar che sarà errore per sgam- o
per sgìMm-, con ^gua- inorganico da ga.
sgiaventar [sg-) scagliare 517. Mag, I 57', 68», III 71\
Vie. id., ferrar, sgiavantar, sgiavento pertica da abbacchiare, nelle
Alpi venete (v. Bastanzi, o. e, 150), pezzo di legno che si av-
venta (Patriarchi), vie. e beli, séaventar. — Di questa voce ho
io ragionalo in Zst. XXII 468-9, connettendola in fondo con sca-
raventare e Go\ lovoì). ereventd (cfr. ancora y^ron. creventar rut-
tare). Ma mi debbo ora ricredere in considerazione del mesolc.
Sédva, randello che si lancia contro l'albero per farne cadere i
frutti (da ècavd tirare detto randello), comparato da una parte,
^ Aggiungo da Scassa e Mesoooo: sugentà aflcittgare, §u^entàf divertirsi,
sfuìnentd affumicare, ictsentdg giacere, sdrajarsi (delle bestie), regentà (regé
iradicarsi, scoscendere) svellere, abbattere; dalla Brega^Ua: ifiafi#fi^r stal-
lare (MAifSRB), sacaantéda seccata I 275 n, Garioso è troentaréj trovare, nella
Race, di voci rom. e march.
Illustrazioni air ** Egloga, ecc. , 325
6 cioè per la forma, a séaventar, dall'altra, e cioè pel signifi-
cato, a sgiavento. La base comune è clava (v. le mie Postille
e Nuove postille al voc. lat.-rom. ^ s. v,, e glava Schneller,
Rom. vlksm. I 237), che si vede anche nel nap. chiavare menare,
assestar colpi, vibrare, scagliare, e nel not. ciauluni verga da
innestare ; e ' scaraventare ', ecc., v'entrerà solo per la desinenza.
sgionfa gonfia 609. Ven. sffonfo, ecc.
sgolar volare 776. Cavass.
siti a saetta 563. Beitr. 106; XII 428 'saita'. — Per i
significati traslati della voce, cfr. trev. sita strumento simile al
badile, ma con ferro triangolare ed appuntito, vie, trev., regg.
sitmi -néla libellula, lad. centr. sittè aggredire (Àlton).
slanguoria languore 753, 1050. -ória o -oria?
slangurir languire 751. Ferr. slangurirs.
slissa lisciata, levigata, 464. Yen. sZisso, ecc.
s tiare narici 531. Bellun. id. Manca questa forma allo
Zauner o. e. 24 sgg. Questi però tocca del trev., bellun. sFiare,
senza tuttavia dare del ,fi una spiegazione che soddisfi ^, non
potendosi ammettere, soprattutto per Treviso, *narie = naricae.
Meglio sarà per ora di pensare a un seriore *ndri'e, cioè a un
derivato per j.
soffegagna q. * che soflFoca, che non concede respiro ' 268.
Ven. sofegar soffocare, ecc.
soffiar russare 235.
sogat pezzo di corda, capestro, 538.
som: in som in cima 152, 381, 474. Cavass. * in son '.
so mass a pavimento ^ testaccio, pavimento, 463, 852. Bellun.
somassa testaccio, ert. èoma$a pavimento fatto con sabbia e cal-
cina, ecc. Gartner, Zst. XVI 346, 346 n.
' Affgiongi U mesolc. cavdz (pi.) legna secca, mimita, raccogliticoia. —
L*eog. giav<$g9er percuoter^ che il Pallioppi bene deriva da cu^ta, è però
voce cisalpina, come Sferra ghiaja, di fronte al basso^eng. gUra,
* Non potrebbero invocarsi il feltr. trev. (Bacile, Vittorio) ^fiatuw »• inanù,
il feltr. gnom ignom nome, trattandosi qui di fi da *jn in combinazioni
come 'ra jnanzi^ *ha Jn noìni, ecc.
326 Salvioni ,
soppa zuppa 1026, ed è, anche per la tonica, un pretto
gallicismo. Cavass.; Ktg 9271.
sossa salsa 311. Crudo gallicismo come in Vacc. 31*.
spanizzà schiacciato, spiaccicato, 163, 212. Il sin. lomb. è
spettasela e il Chemb. traduce Tespressione andà in spetiàsc col-
l'it. * andare in paniccia \ e * paniccia ' è la ' farinata '. V. ana-
loghi esempi nel Voc; e bellun. spanar e spanizar schiacciare.
spanta ritrosa, restia, ombrosa, 295. Ktg. 3441, 6947, e
ven. spdvio pauroso.
spauisig atterrito, pauroso, 736. Ven. spavisego (Patriarchi),
ver. spaiso^ pauroso, selvatico. Sarà spavio (Patriarchi; cfr. an-
cora bellun. spavida grido di paura), e il s sarà dovuto a una
analogia per cui *spamr (v. le mie Postille al Ktg. s. * expa-
vére ') otteneva un participio sulla norma di alciso ucciso (: alcir)j
o meglio vi vedremo un s che rimedia all'iato, come ne' parecchi
esempi veneti allegati in Kj. TV p. I, 168, cui son forse da ag-
giungere il vie, ven. guasina, vasina vagina (= va-ina), i vie.
paluééla paludina e viééla viticella, se non sono da *paltieéela, ecc.
speccolar: se sp- ci si specchia, num. 99 n. Sarebbe allora
da leggersi spécciola (cfr. camar = damar) ; a meno che non si
preferisca ravvisarvi il dotto speculari, influenzato, per il più
preciso significato, da speculum*.
spegazzar cancellare 846. Ma v. le emendaz. al testo. —
Ven. spegazzar, e v. sei. s. 'pegar'.
spet da col 'spiedo da collo' alabarda (?) 281. Ritorna
nell'egl.
spigola: ponte de sp- 463. Cfr. il bellun. spigola scapec-
chiatojo.
^ Andrà con questo spaiso, quello di denti spaisi denti allegati. Il senso,
in fondo, non vi s'opporrebbe, ma forse v*ha qualche contaminadonei poiché
l'Angeli ha sparir i denti e con lui s'accorda un altro vocabolarietto vero-
nese. Forse un ^palr, patire (cfr. boi. spadir allegare i denti), sarà da con-
siderarsi come il punto di partenza.
* Nel Voc. lucch. del Nieri è specula specchio.
Illustrazioni air ' Egloga, ecc. , 327
sponton spuntone, arma ad asta di ferro con punta acuta, 44.
sprologar concionare 682. Vie. sprolego discorso, e spruo-
lichoj spruologar^ sempre con ugual senso, negli scrittori pavani,
sprolegh epitafio (' discorso inciso ') nell'Egl. Si tratta di ^ pro-
logo ' con immissione forse di ' sproloquio ', in genere, di ' elo-
quenza, eloquio '.
spubicar sentenziare, giudicare, 988. ' publicare '.
sques -si quasi 190, 361, 984. V. * asques *, e srpiaso Mag.
I 40*, 48**, ecc., Beitr. *squasio'.
statufar -ff-, 329, 600, 984, soddisfare; nel 3** es.: 'par che
nemmeno il fiatare mi soddisfi, mi appaghi, mi giovi '. Cfr. sa-
stufar Mag., Rod. 16', e G. st. d. lett. it. XXIV 270, satusfare Mag.
Ili 47*, ecc. Tutti riflessi del dotto satisfacere, nel quale però
s'è immesso ' stufo \ come si vede meglio ancora nello stuffa-
ziotì, soddisfazione, di Bobbio (Rapanti 347). Come si spiega
però la nostra forma? Forse supponendo l'intrusione di una
voce come il bellun. stanfar, saziare, che alla sua volta risulta
forse da ' stancare ' (ven. = stuccare) e ' stufare ' ? 0 meglio
pensando a sastu- dissimilato per tastu- e col s poi passato da-
vanti al primo t?
sienide tristi, pensose, conturbate, 155, 157. V. stenidoìn
Brend., ed. Nevati, gloss.
stiz tizzone 539, stizzet tizzoncello 691. Cavass.
siombolon 532, 699. Nel Voc. lucch. del Nieri è questo
articolo: 'strómbolo: quel viluppo di stracci, di panni d'ogni
sorta unti molto di grassumi e imbevuti di pece che soglionsi
accendere nelle sere di qualche solennità '. Questo senso conviene
appieno al primo de' nostri esempi, meno al secondo. Circa a
str* e $t'f V. Misceli. Ascoli 90-91.
stofegar soffocare 980. Beitr. 111. Si tratterà di ^soffo-
care ' commistosi alla base eh' è nel frc. étouffer (Ktg. 3598,
Dict. gén.), nel lomb. sUìf soffocante, ecc.
stori: per s- di sbieco 251.
sir altera nastro, gala, 1038. Lovar. 83, 203, Pateg, ed.
Nevati, III nell'Àpp. alla 9* strofa.
328 Salvioni,
straliot stradioto 733. Mag. Ili 42^ Lov. 50, 315. Altri
esempi di dj recente in Ij, sono il ven. stallerà atl. a stadiera
stadera e forse Vingtialiar di cui qui indietro s. ' guadiar '.
strani o meglio dastrani cosa strana, stranezza; ghe par
pi da stragno (cioè dastragno) Ruz. Orat. 15**. Cavass. * strani ' ecc.
strapassar trapassare 573. Ven., ecc.
stremisi spavento, sgomento, 519. Cfr. stremisio Calmo
2* egloga, V. 10. Invece lomb. stremizi, ver. stretnigio. Si tratta di
un dotto e analogico ^tremitio, come ho avuto occasione di no-
tare nel glossario ai testi pavesi s. ^ strume^o ' ; aggiungi qui
il levent. scavizi (bellinz. ski-) e sciviéi cosa che arreca schifo.
Per il genere, cfr. dazio, ecc.
strenga nastro, fettuccia, 652.
strengd adomo di nastri, di gale, 341, ed è riferito al sog-
getto. V. Beitrag 112.
stresor tesoro 477, 851. Beitrag 116.
striga strega 139. V. Ltbl. XXI 384.
stringa 342; v. * strenga '. Ven. «^rinya stringa.
struma tormento 365. Ferrar., vie. struma travaglio, dif-
ficoltà, fatica, felt. strumia id. Forse deverbale da uno ^strumar
stremare, ridurre agli estremi, Ktg. 3533 ; e cfr., per quello che
può valere, lo strumego della Maria Eg., Boll. d. soc. pav. di storia
patria II 237.
stuf stufo 1065.
stupin stoppino 805.
suscittar risuscitare 956. Laudi cad. 1 10 {stf^Uason^^ 42.
suogna 442. Da sognar sognare? o da emendarsi per no
a S' non ha cura? Cfr. sogna cura Mon., Pat., Vg.
suogniar bisognare? giovare? importare? *, 78. Ktg. 8878,
Herzog, Zst. XXVlI 126.
suuodar vuotare 82.
* A Revò (Pap. 640) c*è un sognar rispettare ; certo per la via di * aver
riguardo, aver cura*.
Illustrazioni air * K?log&i ecc. , 829
iacolar chiacchierare 501. Mag. IV 22^ adopera taccolar
del canto dell' osignuolo. — Si connetterà col ven. tdcola tac-
cola, gazza nera.
tacolà picchiettato, macchiato, crivellato, 528, 698. Ven.
ideala tacca, macchia, friul. tacold macchiare.
iamberòt 740; termine ingiurioso di cui non so dire il
preciso significato ; cfr. veron. tambarar frugare, razzolare, tant'
barare far rumore Mag. Ili 10^.
la min staccio 698, 987. Ven. tamiso, friul. iamés\ Ktg. 9363.
tampin schiaffo? 292. Sarebbe allora da un *tampa zampa '.
tananài rumore, tumulto, tafferuglio, rissa, 147. Cavass.
tasi sconvolto, malconcio, (?), 28.
temporal porco, majale, 882. Ven. id. — È l'aggettivo di
porco temporal cioè porco divenuto grasso a tempo, all'epoca
giusta; cft*. porzélaH bii temporali 'porchetti venuti pro-
prio a tempo ' Levar. 115, regg. tetnporU porcellino.
teuagia 460. Che significa?
tieza cascina, fienile, baracca, 296, 607, 739,843,852. Feltr.
cèda \ ecc. Schneller, Rom. vlksm. 1 205, Lorck, Altb. spr. 186-7,
Boll. st. d. Svizz. it. XXI 96.
toler togliere 759, tuo ecco 307.
torond rotondo 171, 1017. Cavass.
iremaz tremore, brivido, 543. Ven. tremaz, ecc. Cavass.
* tremolaz *.
trep scherzo, burla, 185. Cavass., Calmo gloss. ' trepar '.
trippe budella 571. Etg. 9749, Zauner, o. e, 159, 180.
tron 483, 824; nome di una moneta veneziana. V. ilBoerio.
trancila 997. Diminutivo di tron, e indicherà una moneta
di minor valore.
> Debbo ricordare, in ordine a quanto 8*aocenna più in là 8. ' nentrin *, che
nel friul. c*è tampin (CavaM.: st^ ventre) ventricolo.
' Cfr. ancora feltr. een tiene, ineer intiero, heséa bestia, osóanar bestem-
miare (cfr. ten. Ì9tja, bestemmia frequentissima), vdenceraf mes^r , que-
pianar. E t. s. 'biastemar* in nota.
330 Salvioni,
truogna 456. Y. le emendaz. al testo ^
uanzar superare 675.
uaricios avaro, avido, 305; fatto direttam. su 'avarizia'
come il lomb. siiperbiós su ' superbia '. Cfr. varizius avaro, Alton
Die lad. Idiome, s. v., e il frc. avaricieux.
uèr verro 806.
uessa vescia, peto, 347. Caix, St. 120, Dict. gén. * vesso '.
uia: uia da to cà passando davanti a casa tua 353, uia
per de fora altrimenti 660. Cavass. * uia '.
ulios fragrante, appetitoso, 401. Cavass. — La vera base
di questa voce sarà olidu, così come è putìdu quella della sua
voce antìteticsL podioso (v. le mie Post, e Nuov. post. s. 'putidus').
uignir al mane morire 282.
uilò 'II' Ti, là, 202, 377, 385; e sta naturalmente per iuilò.
Cavass., egl., M.-L. Ili 512.
uintrin 686, 801. Non so se ajuti alla interpretazione dei
due passi, soprattutto del secondo, il ven. ventrini ventriglio, e,
figuratam., * testicoli '. Nel primo esempio interpreteremmo al-
lora * dar un vintrin ' per * dar del minchione ' * minchionare ' *.
uisna assemblea, radunanza del comune, 681. Se è uisna vi
vedremo il deverbale di un *uisnar riunire i vicini, riunirsi i
vicini, cioè i cittadini del comune ; se è uisna sarà ^ vicinata *
(cfr. il valsass. liisnada assemblea del comune); e per la ridu-
zione fonetica, cfr. il ni. trev. VisnadellOj di cui v. Olivieri,
St. glott. it. ni 155.
Umbria ombra 65, 522, 965. Beitr. 'onbria', Parodi, Mi-
sceli. Ascoli 478.
uè nt riera ventre, visceri, interiora, 667, 986.
uolta scappatoja, pretesto, 290.
^ Prescìndendo dalle esigenze della rima, truogna potrebbe stare, col si-
gnificato di ' beffarda» dispettosa * ; cfr. a. vie. trognar dar la berta.
' Cfr. tuttavia nelFa. lucch. * io te feci dare de uno buderazzo iseu ventre)
nel volto , : Bongi, in Propugn. N. S. Ili, p. 2*, pag. 80.
lUiuirasioni ali* ' Eiglog», eco. » 381
za: za agni diese già da dieci anni 62. Questo costrutto,
il quale certo muove da un tipo ' sono già [o fanno già] anni
dieci', ecc., è frequentissimo anche negli scrittori pavani: za
mUVagni Mag. II 9\ za pi de vinti di già da più di venti giorni
m 59*, za tempo già da tempo m 57^, za tre mesi Piov. 12\ za
asse già da molto tempo Tace. 41% ecc. Vive del resto ancora.
zacchet giacca 81.
zanzaesa chiacchienma, ohiacchieronaccia, 301.
zanzum cianceria, oaaciamento, 815, 968. Y. Mag. II 23\
Buz. Orat 13% e Cavasa. *aanzon'.
zarnir scegliere 948. Trev.ybellun. zemir^ lomb. iem e jem/,
aopr. tscharner, ecc. Etg. 2097.
zautta 196. Pare un nomignolo, che andrà collo zaut del
Cavass. Nò vorrà dir gran cosa che qui si tratti di zdtd^ là di
zaùUa.
zazzarin zerbino, profumino, cacazibetto, 1053. Cfr. za-
zerin Levar. 258, 282, zanz- e- Moschu 16, 21. Da ' zazzera '.
zegner gennaio 913. Cosi pure nell'egl.;folL9feltr. e bellun.
degner, 1 418. V. num. 29.
zelarla gelatina 400, 754, 1035. Musaafia B^tr. 121,
Flechia Vin 405, Parodi, Rassegna bibl. d. lett it. n 148.
zenuina zi- 45, 359. È il nome d'un'arma, ma non saprd
dir quale; deve trattarsi in ogni modo di 'genovina'.
zerman cugino 407. Cavass., Tappolet. Die rem. Verwndir
schaftan. 116, Rendic. Ist. lomb. S. II, voi. XXX 1515, Ive, DiaL
istr. 151, e cfr. ancora il vie. rust. dreman.
zet geto 679 ; cfr. zeli Calmo, gloss., zieUi Piov. 16^, e v. BolL
Soc. pav. di et. patria m 106.
zinziurin gentile, garbato, grazioso, 363, 620, 804.
zir andare 51, ecc.
ziuitta 581; v. 'ciuitta'.
zogel giogo 1069.
z arnia giornea 651. L'i anche in Lovar. 10.
zouenat giovinetto 332, 926.
zudier -ra giudeo -a 100, 328, 896. Cavass.
Afohivio glottoL itaL, XVL tt
882 Salvioni, Illostrazionì ali* * Egloga^ e«c. ,
zuf cio£fo 91.
zulla 1048; par accennare a vacca d'un dato colore, e forse
anche np. per vacca dì tal colore. V. ' lòra '.
zuogia ghirlanda 170. Yen., Ive, Dial. istr. 173.
zuparel giubberello 342, 651. Cavass., ecc.
zuppon giubbone 1036. Gavass., e ven. zi^ zupan.
zuzzar succhiare 140. Yen.
piem. ava ài acquazzone.
Dipende da iva acqua, e sta all' acquazzo che si vede in
acqtiazzoso, acquazzone ^ precisamente come il trev. stremtói e il
levent. $Sivtii stanno a stremizi e scavizi (v. qui sopra a p. 328);
il ''tj{o) vi è cioè risolto per -Ai (= -èij; v. Rendic. Ist. lomb.
S. n, voi. XXXY 962 n.), invece che per -«i (= -zij) o per -z
(cfr. tremaz qui sopra).
La serie di tali formazioni, dirette o analogiche, è assai nu-
merosa. Àgli esempi come immatizi (cfr. il lucch. ammaiiziùne) ecc.,
aggiungi il lomb. e piem. ur/2» -^aj temporale, q. Maurilio, tic.
turburizi tempo torbido, nebbioso, trent. laorizi lavoreria, mil.
derilpàzi mucchio di macerie (cfr. l'it. dirupare), lamentizie la-
menti e nevazio nevata, nella Race, di v. rom. e march. C è poi
la serie andazzo, etallazzo, *acqiMzzo, codazzo, svolazzo, popò-
lazzo ', lucch. tremolazzo paralisi, ven. ir emazzo -mólaz tremolio,
brivido. Per il genere, occorre appena di rammentare dcusio,
prefazio, passio, boi. cunféssi confessionale, montai, frazio (gen.
frazzu diminuzione) minuzzolo, a tacere di stazzo, azzo, Pieri,
Mise. Ascoli 425.
^ Si può tuttavia chiedere se acquazgone (insieme al femnu acquaziane -fotone)
non continui Tobliquo, come deve continuarlo il lucch. strimizzone brivido.
Il valore concreto che la voce venne ad assumere, spiegherebbe la inter-
pretazione di 'óne come di un accrescitivo e nello stesso tempo il genere
mutato. Per il quale, cfr. anche esempi come il frane frisaon,
' Altrimenti giudica di questa voce e di acqwuao il Meyer-Lùbke, 1. e.
C. Salvioni.
STUDJ LIGURI
DI
E. Q. PUtODI
(Continoasione ; y. pp. 105-161).
CONSONANTI.
Le consonanti doppie. 131. Il dialetto genovese, come in
genere i dialetti dell'Alta Italia, non possiede consonanti doppie,
ossia lunghe, alla toscana ; e le doppie originarie latine son ridotte
a consonanti semplici o brevi, davanti alle quali si pronuncia
breve la vocale, benché si possa dire ch'^essa chiuda la sillaba:
sa-ku ma-tu, come insàkà, ru-su come rils^tUf Jca-iu cado, come
kd£fse cadessi, ecc. Adunque nell'atona non e' è differenza di
sorta fra semplice e doppia originaria: kàéfse come rui^tay
cioè come l'ital. ròéétta. Per altre particolarità vedi, oltre
al num. 99, i num. 124 e anche 125 ; per le consonanti sem-
plici trattate come doppie in vocaboli non indigeni, num. 124Ò;
per la grafia da me adottata, num. In. — La medesima pronuncia
abbiamo nella sillaba tonica degli sdruccioli : palidu atimu,
m^iigùw 'metticelo' o 'mettercelo', pareku parroco (nonostante
che davanti a RR nei parossitoni genovesi la vocale sia lunga,
num. 124); e così, senza nessuna differenza, anche davanti a
consonante originariamente semplice: munega^ ecc., che è poi pro-
prio la stessa pronuncia che abbiamo nell'italiano, mgnaca. Se lo
sdrucciolo è diventato piano, la brevità della vocale persiste :
daiùìc, da datafu^ ecc., éénow da ééneru^ ecc., num. 124c, dove
sono anche indicati i casi che s' allontanano da questa norma,
Per ragioni tipografiche, d*ora innanzi YU semivocale h rappresentato
con un semplice u greco, senza il segno di breve.
334 Parodi,
cfr. 125(2. — La natura delle cosiddette doppie genovesi era
stata già indicata con sufficiente chiarezza nelle Regole dell'or-
tografia zeneize preposte a cav.' (cfr. num. 159): *^ Delle conso-
nanti in genere deve oseervarsi, die, quando son raddoppiate,
si pronunziano come se fossero una sola e semplice, in manièra
che, la vocale antecedente pronunziandosi corta e come abbattuta
sulla consonante seguente raddoppiata, si viene a sentire questo
raddoppiamento „.
Consonanti continue. J. 132. Iniziale o intemo, in <, ma s'in-
tende che quando segua immediatamente alla vocale accentata, e
non si opponga alcuno de' fenomeni enumerati al num. 125, equi-
vale ad una doppia genovese ed è da noi rappresentato con ééy
num. 131 : éaéund, éenéyvow ginepro, éo^^a giovedì, àuvu giogo (di
monte), are. àuvà giovare; ancora in grlb e comm., num. 16ò;baéàiìa
(faba) bajana Salvioni N. Post.; mdééu maggio, p^éu num. 6.
Ma ora gUdise ^MisyUy per Tant. zuexe, ecc., arcaici giaxegr]h 19,
120, giilstra, cfr. num. 34 e anche § 2 C s. aiustrar; latin, ^uèétlu
brodetto grlb 7, 22, cas., ma cfr. piem. ^us succo, brodo, e le
altre forme ricordate XU 406. Vedi num. 207. — La grafia dei
documenti più antichi, tanto pei riflessi del nostro j quanto per
quelli del a palatale e del dj originarii, è sempre zi al quale
poi si contrapponeva il $ nei riflessi di s latino, benché dive-
nuto sonoro; e non è dubbio che i due segni rappresentino suoni
diversi, i il secondo e dà (cioè suppergiù i italiano) il primo.
Naturalmente, con perfetto parallelismo, lo e o il c(i) antichi,
i quali rispondono al c(i) o al kj tj, o anche allo z- originarii,
rappresentano un ts^ di fronte al s aspro, scritto ora s ora ss,
che continua V identica lettera latina. Si confronti il § 1 A
num. 35. Anche il noto passo dantesco del • De vulgarì elo-
quentia », I, xui, 4, fa prova di quel che stiamo affermando:
cfr. Rassegna bibliogr. d. lettor, it., IV 260. Le due serie paral-
lele, sia della sonora, sia della sorda, non si confondono mai
nelle *Rime' e neppure in ps. dc^ de* de'; ma in de* ab-
biamo già preyza 4 e hezogna 23, e la confusione è continua
soprattutto in mu. Non parlo degli scrittori posteriori; che, a
Binai lir» 885
oonindare da fogl., è già stabilita, nonortaiite qualche oscilla-
zione di varia natura, la nonna grafica odierna, che s rappre-
senti la consonante sorda (« e s o c{e) c{i) dell' antica grafia),
e s la sonora (ant. s e «)• Ncm andremo donque lungi dal vero
sopponeado che, soppergiù dalla metà del see. XIV in poi, Tan*
tioo «, sordo e sonoro, si venisse confondendo con 8, e rispetti-
vamente con i. Intorno a qualche traocia drile due consonanti
scomparse, che rimane tuttora nel sistema fonetioo del dialetto,
si vedano i nom. 169 e 196, 170 e 207. 188. Caduta antica,
nella protonica: are. mou {mówj da màù) maggiore oav. 34, ecc.;
inoltre v(Su vuoto, eoe., nmn. 209. — Caduta genovese A'j inter^
vocalieo, in irSa troia, anche fogl. 155, §wdu guajo, are. gioeUé^
e cEr. pure il num. 18.
J implicato. U. 134. In ^ (cioè j^, num. 131): pa^^,
mf^ num. 125 e, are. faggio ^eggie oigUa cav. grlb, H^^ {da
éawe) ' giglio, ossia bottone in cui termina il fusto della chiave
maschia' cas., ma ri Zigij i Gigli (di Francia) fogl. 145. Al
solito, àffyu dgu^ nrifya mia nm. 147.
MJ. 136. amya; ma in protonica veiukfiàj donde anche
reHkd^tki, cfr. § 1 A num. 21, § 2 B num. 23.
NJ. 136. akaìiu scamneu, ora solo nel senso di * ufficio,
bureau*, cfr. $kaMf stipettajo, gramifia^ ecc., num. 124 a, iH-
ifiin, tfihi tengo nnnu 125 e. U plebeo iiflhi sciocco, aoc. a n^iu,
mostra assimilasione qualitativa, cfr. num. 182; in fogL, grlb
16, 55, chit. 107 si trova ancora Tantico agni anni, § 2 B
num. 28. — Vocaboli piìi tardi : kapUóHngu aiìdaHnga num. 92 ;
e con iato romanzo àiknga anitra, plur. kafinye cannabe Sfioro
del vino ', da ibin^o)«, ora quasi solo nella frase fse ce k, essere
agli estremi, cfr. num. 176. — Metto qui GN solo per ricor*
dare Tare. cogna$$o eognoèsei fogl. 115, 135, ora ktmnèu.
8J. 137. baiu, ^fia, friia striscia e frdt^u nastro, ant.
tose. fregeUo^ San Zenexo comm. 250, ktliu cucio, bruiu ; preiiiiìi
ókaàuH; ma dopo AU e dopo consonante è; gòèu gozzo, cfr.
lucch. gogio e E5rting s. geuttifu; Saititiii num. 92, muriiih emul-
sàone num. 94; Paèu Passio paèuiì, are. pf^usehia num. 161. —
386 Parodi,
Per STJ, oltre i soliti o/AgéSa biSa, ricorderò barasci balasci
fogl. 61.
CJ. 138. brassu, syasu anter. seAsm staccio, are. fossa
cav. 10 chit. 139, ora fctééa; kosu calcio, baUsai sono tatti s
provenienti da z anteriore, num. 132. Per mustàhn nom. 198, e
così in genere pei plurali.
6J. 139. èaééa spiaggia, greto, da anter. baiia^ num. 132;
^wàia sugna, spwàèya, forse con i inserto tardi, c£r. num. sg.
TJ. 140. In 8 {8s\ dall'ant. z^ num. 132 : éassa piazza, beléssa,
menissu e menisàj num. 35, pussu; forsa, kafisùiì; gussa goccia,
adrissu adrisà, strassu strasà, n^ssa *neptia; per sjTu^ti spingo,
num. 152. Lettersjii grdsya, palàsyu, fuiìsyùfif ecc., {oT8e stai^sya,
ma più probabilmente è da staiìsa, con f inserto tardi; kacéa
kaò&w cacciatore, ma caggàte grlb 5, 41, ecc. — 141. H so-
lito esito speciale in Pazu anter. Pùfàèu il Palazzo Dogale,
Venexia fogl., préiu servtòu, barbizi, cfr. Horning Zst. 24, 545 sg.,
e anche 25, 744 sg. Inoltre aspertièe astuzia, da aspertu astuto,
fresMèe frescura, e gli altri che ricorderemo nella * Declinazione ',
cfr. num. 22 e § 2 B num. 23. Vanno senz'altro coi precedenti,
e cioè sono d'origine semi-popolare. — In protonica: rctòuii,
saiùfi^ stagione, ancora in grlb 17, 3, ma ormai arcaico, asdèunà
acconciare (un cibo), condire: cfr. § 2 B num. 23. Non è però
sicuro, nemmeno pel genovese, che si tratti di un esito indigeno,
particolare alla protonica, e non del tipo stesso di frtóu,
DJ. 142. ^tirnu, benché appaja fin dai primi testi, non par
popolare, né si può parlare di giacurun diaquilonne, num. 123.
Ricordiamo piuttosto, per confrontarli insieme, due vocaboli
con z greco, jòèia num. 99 e é^àiva, da ant. Hiura, it. giug-
giola. 143. Nella postonica, di norma i, da ant. i, num. 182:
stàééa stazza , e staéà stazzare , rn^àu, lavéééu , num. 124 a,
are. póiiu poggio, tramóéia cas., inoltre ^iruMéààu vo girel-
lando ^iruiideéà^ netééàu neteéà, ecc. E dopo consonanti: frufiéa
*frondea, urèo *ordeolu orzaiolo, karèò' cardeolu boccio, ecc.
Poco popolare oriyu (ma cfr. stafisya num. 140) e ordio grlb 4,
56 ; 13, 62, forse da un non indigeno ardi, 144. La solita
Stucy liguri 887
caduta: mei/tce^^ are. aiasse fogl. 145, cfr. num. 211. Per atikòi
od. aiik9^ num. 73 ; ma sono di difficile spiegazione kufà anter.
kmvaf kuviea, num. 18, are. invea ib., che possono credersi
rifatti sulle forme protoniche, come fu accennato § 2 B num. 23,
ma forse sono piuttosto da giudicarsi semipopolari, cioè avreb-
bero conseryato più a lungo, come V it. mezzo^ il loro ci, e questo
poi avrebbe subito la sorte degli altri d intervocalici : suppergiii,
adunque, *kuviiidia kuviya kuvcea, secondo il num. 18. Così riesce
chiaro anche l'ant. omecio omicidio.
PJ. 145. In ó{éé): mite sapiam sapiat, picùa piccione,
s'è indigeno.
BJ. VJ. 146. In ^ {^§) : ra^§a rabbia e arasse j d^§e abbia;
ér^ albeu Rom. XXVII 235, kafi^à. — £ góg^ léjgu leviu
num. 125 e, veMiéd^gu ventipiovolo e iu^àiia ^ fumo addensato
alle mura che per l'umido cola ' cas., kari§^u quadruviu, num.
158, anche niggi nibbi fogl. 29, arcaico.
L. 147. Resta all'iniziale, tranne nel solito ruèifld\ che
crederei attratto da r u s s u s , ma si veda Modem Lang. Notes
XVlli, fase. 7, e in nime$<$/Zu *(g)lomiscilltt o-ellu, che pro-
viene, 0 per dissin^ilazione o per qualche incrociamento, da lume-
SMu, vivo ma plebeo, o da liim. grlb 3, 18, efr. B'aUumeacella 3, 9
(u=(7). Per le forme con 1-, frequenti anche fuori d'Italia,
efr. Thomas, " Essais de Philol. fran^. „ 329 sgg. Infine in
réska, num. 20, prevale resta su liska, e non è nostro soltanto.
— Pel doppio l, ricorderemo solo il suffisso •aUu, di brasàllu
bracciale, uiìbri9àUu num. 93, e -oUu di ba^ideróUa banderuola,
ventola, kasaróUa cazzemola, che ha accanto kasótela^ paróUa
parola, che ha accanto pówla, num. 52, spafióUu are. spagna
(1. spaHif) fogl. 45: sono accomodamenti tardi. In séUno ante-
riore eSafu^ e inoltre in brikókalu albicocca, pel quale trovo
in ross. brieoccaro , riconosceremo tarde dissimilazioni , num.
160, ecc. 148. Cade tra vocali, passando per r, num. 159,
ma vanno crescendo di numero gli esempi ricostituiti lettera-
riamente: tnóuiu e tnaróttu, m(a dall'are, miria e mitili milione,
acc. a milyuiì, ówku allocco cas. (acc. a lukku, in qualche frase
338 Parodi,
stereotipata), dymé e alitmme, num. 55, ecc. — Cade andie finale,
come risulta dal § 2 B, e qui ricordo soltanto l'are, in ri ma
luogo fogl. 69 (ora solo in qualche composto, maprù dispiacere),
Tare, crudi fogl. 18, 19 (femm. erudera) ora krudéle^ fide 111,
ora fedéle, genti 55, ora ^eMUe^ inoltre la serie favuféyve raiu^
néyve, ecc., ora ridotta a quasi nulla, num. S. 149. Cade, per
vìa di u, nelle formolo ove sia seguito da dentale: éUu, àtza (1. à^a)
alza fogl. 42, 135, ecc., num. 50, ^(dnu ib., ma per contro ofca,
con au anteriore al chiudersi del dittongo, cfr. éona, ecc., num. 177.
Ma V. num. 116 per ALT, ecc., atono. Poi, òta volta, arkfitu archi-
volto, num. 124 a, sódu soldo, cfr. gli arcaici sode soldati fogL 33
e soda saldare cav. 20, inoltre Todiemo aaòdów saldatelo, are.
mze grlb 12,41, inoltre fòtréii e l'are, kòtfttu ; pàta (1. piUa) polta
grlb 7, 60, cfr, pUUfi^ nella frase u Va wpiMii ay o§^ la lacrimina,
are. atra (ùtra) oltre, iògL 21, e moUoin montoni grlb 3, 14, dùse
adusi, pù8u polso. Pel contrasto fra il tipo pùlniiì e il tipo
adusi, num. 99, 116; e num. 99 per l'irregolare skópeUu. Impor-
tato è sérsa gelso, ma in qualche antico documento si trova
ceusa. 160. Passa in r, davanti a consonante non dentale:
varma malva, sarmàèa *salmacida, surku solco, surk^Uu ajuolo
(specie di rete), fùrgow razzo, ecc. Sarà dissimilazione in pùvye
da anter. "^^purvere (pover ri 71, 23, acc. a porverenta less.),
cfr. § 2 B num. 24. 161. Alcuni casi di m... l + cons. in
m...n']' cons.: are. monto molto fogl. 30, 32, cfr. § 2 B num. 24, e
mt^sa milza, inoltre KamdfiduU CamaldoU. Il fenomeno è affine
a quello del num. 181, e per miiìsa^ di cui il primo esempio a
me noto è in grlb 15, 55, si potrebbe anche dubitare se la forma
anteriore non sia *m%sa: si noti però che mùìsa (o miiìza) va
fino a Montone. — Aggiungo l'are, ponzelle fogl. 14 e sguan--
drifia (1. -Ha) grlb 16, 48, che forse vive : non indigeni e poco
notevoli.
L implicato. CL. 162. éave òàima ciurma, ma il solito £M
chino kind, kavi^^a. Inoltre dopo AU: nòcS (1. nòéè^) nocchiero
grlb 15 Argom., cfir. § 2 B num. 25; e dopo consonante, ku-
vercu, ecc., inoltre spufiéà spingere, con NCTL, se è *expun-
Stu^j liirari 889
et' lare, efir. spoincia grlb 11, 43, num. 198, aponchioné (I. -ó^)
spintoni fogl. 122, od. apui^nà sospingere, ecc. Ma forse è dai
paesi dove CT dà é. 162^. Tra vocali: 9f^, a§ij^, cerio
anche skSj^ *8coc'lu, rifatto forse su cótes, Riv. di filol.
class., N. S., II 131, cfr. Salvioni "* Dial. d'Arbedo « 53: attestano
per esso il kl i dialetti liguri, per es. a Bussana sc^, dove j
naponde a u e ol, ma non a pl, e seó^^ a Oneglia, dove ^
risponde a cl e pl, ma non a ll. 158. SCL: iéSppu ' schioppo '
e ' io scoppio ', ààAmma schiuma; màJtóu, raiéà raschiare, deiéòde
num. 215, are fUada grlb 7, 102. Per la pronuncia, num. 171.
Notevole il gennan. skiff rasentare, se va qui. 168^ TL, spMa,
e cosi il german. brilla redina; isfr.parpMa num. 213.
OL. 164. ^aiUla; ^ì ghiro; «H<^a, are. mngiiiUu num. 92;
vegà^ ktea^^u caglio. Per lumei4Uu num. 147. Lettor, groria
fogl. 28, ecc.
PL. 155. àdMa pianta, édiìèe piangere, caga piaga, óaèéa
nom. 139, óoia num. 210, éave^ éu piU, arcaici ehiaxe fogl. 44,
ora pjféie^ deschiaxe fogl. 23, chin (L Hiì) pieno 14, acc. a j>m,
e chinna 28 inchf empi 120, oggi solo pia jM«ki, num. 15, are.
ckiambà piombare fogl. 24, cMoggia (1. ód^ja) 62, cfr. rei/itiéd^^
num. 146. La saldezza di pin pieno e di inpi negli antichi testi,
ann. e § 2 B num. 3, farebbe quasi dubitare che pll (in ^im*
pllre ^impllbat) avesse un esito speciale pt, da */^': adunque
itipi^ ma éfiì (conservato nella Riviera) e poi ò'H, num. 15, ma
anche pifi per attrazione di ifipt. Cfr. num. 153. — Dopo con-
sonante: 8^u simplu; forse straniero laiipràdda^ in grlb 14, 71
sdampiadda * scialo , bagordo ', cfr. il catal. aixamplar ; semipop.
exempro fogl. 34, cfr. aseniho less., acc. ad a»emprio ri 14, 219.
— Tra vocali: du^§u Biuéf^e stoppie; dal di fuori À^tiiya coppia.
155". SPL, solo negli arcaici e lettor, sprenduai (1. -ti^t) cav. 34 e
sprandt num. 92, ora rispléiide ecc., ma non si può escludere
che il lat. splendere si sia fuso con -prendere, cfr. Diez,
* Anciens gloss. rom. « 45.
BL. 156. ^f^ku^ jastémma^ §a$à biascicare masticare, §iea
bietola, are. Giaxo Biagio fogl. 82 e giasmo biasimo 147; non
340 Parodi,
popolari abrókku blocco e Tare, brando fogl. 66, § 2 B nuin. 25,
ora byuiidu, — Poi, ait^ów ambulatorio § 1 A pag. 14,
éìM^; sta^ju stabbio, nf^a ostia, secondo il num. 6, non indi-
geno fubya.
FL. 167. Sempre ^: l^aoku fianco, Mkà f I accar e schiacciare,
M fiore, M^ku fionco, ^umme fiume; M^i enfiare; Mèu M$(i sof-
fiare nm. 169. Non schietti fyasku fyòku fiocco, nò frauda, fragellu
fogl. 32, ecc., affrize fogl. 107, forse vivo ancora; peggio che
meLÌ fiata ftatUy vocabolo di convenienza per * ruttare ' 'rutto'.
R. 168. Iniziale, e davanti o dopo consonante rimasta, non
si altera ed ha il suono italiano: il plebeo ma non indigeno
lìtrcetu ritratto ha l per dissimilazione; un caso speciale è quello
dell'articolo e del pronome 2o 2a, ecc., v. * Morfologia'. Anche il
doppio r equivale in tutto a un semplice r italiano, num. 131 : itera
terra, kuru corro kun^ mura muso, e qui va pure kar4§^u qua-
druviu, rifatto su karu carro, come anche kare§à caricare e forse
karéga sedia ; inoltre skuryà scuriada, se è rifatto su skuA *' scac-
ciare, inseguire '. — Del r intervocalico non si conservano esempi,
lasciando da parte i vocaboli letterarii , se non dove , per la
caduta d'una vocale, abbia cessato d'essere intervocalico, nu-
mero sg., o dove sia intervenuta una dissimilazione, num. 160.
Vocaboli letterarii: ku^ariit acc. a ktl^ceii cucchiaino, haUriii acc.
al plebeo balce^, kaseróUa e kasówla, bafideróUa, num. 147,
parólla e pówla, cTr. maróttu malato e móiiiu num, 148, kurà^gUf
kavaleria, ecc. ecc., straniero cikarùiì chicchera, ecc. 169. In-
tervocalico, s'era ridotto in tempo assai antico, e cioè prima dello
scempiamente di RR, § 1 A num. 33, al suono che indichiamo conr;
il quale doveva corrispondere ad alcuno dei varii tipi di r meno
schiettamente apicale, che si odono in gran parte della Liguria.
Probabilmente l'antico r apicale *— e l'antico l, che si fuse con
esso, — si pronunciò a poco a poco innalzando meno la punta
della lingua ossia avvicinandola meno ai denti, cosicché dive-
niva meno intensa la vibrazione e dalla punta della lingua si
riduceva piuttosto ai suoi lati, finché cessò del tutto. Di una
pronuncia del r, quasi impercettibile all'orecchio, ci fanno espli-
Sinai ligun 341
cita testimonianza le Segale d'ortografia^ preposte all'edizione
del 1 745 della QiUara Zeneize (regole che sono poi ripetute tali
e quali nella 1^ edizione del ChiUarin del De Franchi, a. 1772,
e perfino nella ristampa del 1847): ^ r semplice in corpo alla
dizione, quando, non accompagnata da altra consonante, precede
ad una vocale, e nell'articolo ro, ra, ri, re, non si pronunzia,
0, per meglio dire, si pronunzia così dolce, che appena se ne
oda un leggier mormoro «. È qui da notare che sui lembi del
territorio, dove il r è omai sparito del tutto, — riguardo al
quale si può per ora vedere Mey.-L. it. gr. 127, — esistono
paesi dove la presenza del r non è più avvertita da chi parla,
sebbene sia pur sempre abbastanza manifesta per un orecchio
esercitato. Forse in tali condizioni trovavasi il genovese del
sec. XVin, ma si può tuttavia dubitare se le Regole della ^U-
tara Zeneize non si riferiscano ad un recente passato, piuttostochè
alle condizioni reali dell'anno 1745, o se non rispecchino l'uso
pili conservatore della classe più colta. Sia come si voglia, nel
Foglietta e nel Cavallo non v'è alcuna traccia della caduta del
r intervocalico; ma, sebbene non ne mostrino tracce neppure
le Rime di Todaro Gonchetta, ossia di Giuliano Rossi, comprese
in fogl., esse sono evidenti in alcune delle sue poesie manoscritte,
che anche più dell'altre imitano il dialetto estraurbano o con*
tadinesco. Per esempio, una poesia * in lode di Alessandro Spi*
noia, duce di (Genova nel 1655 ' (un doge, che fu pur cantato
dal Cavallo), contiene molte forme come ieimo eravamo, per
érifnu^ goa per gura gola, Portoia istoeia storia, cfr. num. 26,
foea fuori, Moietta Manetta, Impeià Imperiale, ecc. Circa un se-
colo dopo, in grlb, il r di norma si continua a scrivere, ma
spesso anche è tralasciato, o per la necessità del verso : * Che
no poeuan quello teito fraccassà ' 18, 74, * Da ro quae apean d'esse
levflB d'intrigo ' 20, 1, * Che ghe fé oeuveà Tinguento con l'imbùo ' 20,
79, ' Sto fsBto che mette affao de contàro ' 20, 101, o anche senza
necessità: ^ Non comme cavagéo chi vegnùo ' 19, 3, ' Ro senestro
Artamòo comandavan ' 20 , 22, ' Fa eh' esti quattro barbai la-
droin ' 20, 27, ' Con desidéjo, ma con storbia cera' 20, 61, ' Aoura,
a42 Parodi,
mentre era tà fia costion' 20, 73, ' D'amò a ra m(»Ma, e a ^ sciamme
agassa e avi va' 20, 114, ece. (quest'ultimo è esempio doppio,
che serve per entrambi i cadi). Talvolta è scritto anche dove
il verso non Io ammette : * Mi son ra maesma, mirarne ben in
cera ' 19, 82. E infine è anche introdotto in luogo non suo, sia
Terrore solo ortografico, o anche della pronuncia : vdwro velluto
4, 46 ( : tamhuro : duro). Se tali esempi ricorrono di prefermza negli
ultimi canti, la sola ragione, per quanto io credo, ne è questa, che i
diversi traduttori dei varii canti non erano tutti ugualmente
conservatori. Anche in comm. il r è di solito scritto, e meglio
ancora nel lirico ChUarrin, tranne però quando si voglia imitare
il linguaggio plebeo. Così in comm. furb. 64, ove s'avverte che
Monodda deve contraffare il * genovese portoliano' (ossia del
quartiere popolare di Porteria), ricorrono le forme rnowcB (1. rnuvi?)
madre, maifia (1. maiiia, ora moffia) marina , trippcea trippaja,
irovào trovarlo, ecc., e in chit. 33 sg., ove s'imitano il vocio e
lo schiamazzo delle ortolane e merdaiolo di Piazza PonticeUo,
il f non è meno regolarmente ommesso : peivee per péyvere, eoe
care, paa (ora pa) pala, saa^o (di tre sillabe) od. sa$u, num. 92,
pantaiceù spilli, num. 112, ecc. Finalmente col Piaggio la pro-
nunzia reale prende del tutto il sopravvento; ma è tradizione
costante che sul principio del sec. XIX i nobili dicessero ancora
pwcere tnwinre invece di pwce mwce. Il fatto però avrebbe qualche
importanza solo se si potesse credere che in tali vocaboli pro-
nunciassero sempre quello speciale r genovese; ma e mancano
gli indizi per giudicarne e la cosa in sé pare poco probabile.
È inutile dtare esempi di r caduto, oltre a quelli già visti ; ma,
per l'influenza avuta dal fenomeno sulla declinazione, rimandiamo
per ora al num. 74 sgg. — La caduta si estende anche alle formolo
TR DB, pwà padre, ecc., num. 48, 213, 217; e non è impedita
dal dittongo AU: óu oro, fia favola, ecc.; ma se può trarsi di
qui con qualche probabilità la conclusione che l'intacco del r
sia posteriore all'intacco della dentale, nulla se ne può indurre
rispetto al dittongo. — Di qualche importanza sono i casi, dove
il r, benché cessasse di trovarsi fra vocali solo in tempo relativa^
Stu4i liguri MS
mente assai tardo e foeae quindi assai prossimo alla caduta, non
cadde ma ritornò alla sohietta pronuncia apicale: Praviihi are.
Paraventi num. 84, inoltre parecchi degli esempi del num. 79 :
VitH ant. VtUnri, l^vre are. libere fogh 134 o Ifvurt, che si trova
ancora in chit., e la notevole serie prUia pulce da fUr^àa^ tràu,
elee, anche in grlb 9, 39, da értiu (ottrto ^r^u) fogL, fr^ felce,
anche in grlb 5, 52. La caduta deUa vocal postonica in questi
esempi non dev'essere anteriore al periodo moderno del dialetto ;
per la metatesi vedi il num. 161. Qui aggiungiamo che sembrano
però anormali i tre esempii mìu saliee, haiu calice, col senso
di ' bussolo per estrarre a sorte ' cas.^ e p&tu pernio, da "^òlioe
per pollice. A Zoagli,per es., si sente andieei^ dove T aper-
tura dell' e farebbe supporre una iase anteriore iriu da 4t^éui
altrimenti si avrebbe iiu. Forse in qualche vocabolo la postonica
dorò pili a lungo, o per ragioni letterarie, come in kàrtéu^ o ape*
caalmente per attrazione degli altri -ahi (mdHtoSu, ecc., num. 88),
e cadde solo in tempo che il r s'era ridotto a un suono così
fievole, che nim poteva più sostenersi e ritornare a r schietto:
poniamo a un dipresso *hà:^tu *kd:du kàiu^ e confrontiamo f$èa
num. 160^ e luU num. 179. — Il r finale, num. 126, 148, è del
tatto scomparso, anche nella grafia, già in fogl.
160. r (originario o da /) dissimilato in l ifutìiu) priM'
' (fungo) pratajuolo' o 'pretajuolo' (cfr. prw prete num. 20),
per *friero\ e probabilmente vanno qui anche hriktìeaU are.
hrikàkori num. 104, bróhUi broccoli, e forse PurtidpàH ' del se-
stiere di Pc^torìa ', già in grlb, fursMu fònuto, per *fitr9efih$,
irUuià tritare, onde anche mi trUiUu, gravali^ calabrone cas.;
d'orìgine dotta diletriée direttrice. Senza sfÀnta dissimilativa,
abbiamo l nel solito avólyu avorio, nel plebeo tdUtfa itterizia e
nell'are, paìadizu opali, cav. 76, grlb 16, 22, cfir. § 2 B 26: i due
ultimi sono forse oorrezioni popolari a rovescio. — Assimilato a
A, ganifanu; dissimilato, in Bifiséypera ora PinàséifVffa, Schnchardt
Vok. I 37 sg., e passato comechessia in n, talora non senza
apinte fonetiche ma più per attrazioni suffissali o per illusioni
etimologiche , in iàpani capperi num. 80, arbaniUa alberello
344 Parodi,
num. 92 , sufranifi num. 104 , Kristufaniii cognome num. 80,
rumani'à ramerino e rekanism regolizia (su ' canna '). — Per an-
tica dissimilazione d, num. sg.
IGO*". Due soli esempi di diretta caduta del r intervocalico^
entrambi molto antichi e dovuti a dissimilazione : j>riia, *pru(ia
*prura , che dal genovese si diffuse all' italiano e altrove, e
aparttd § 2 B num. 26, che ha forse nel futuro apartu{r)irà il
suo punto di partenza, cosicché si capirebbe anche la coesistenza
di partori ap. fogl. 109: questo però potrebbe anch'essere letterario.
— Caduto davanti a consonante, per dissimilazione: Benardu
ma Bern. fogl. 87, 117, Betórdu^ mahurdi mercoledì e mcUesdf,
abérgu, ora soltanto 1' * Albergo dei Poveri ', cfr. arberghi fogl.
107 e albego arb. less. , bregówlu num. 85, 161; un po' diverso
supestisyàiì. Per foSa forse, ora solo della plebe o del contado, vedi
§ 2 B num. 26 e cfr. luzi qui num. 179 e un po' anche il num. 159;
per ifibósà num. 99, ed è inutile ricordare èuéa suso (ora soltanto
nel modo di dire lafikaSiléay cioè là-a^ika-^Mia ' in Oga Magoga ').
161. Metatesi di r, primario o secondario: a) la formola
cons. + voc. + cons. -f- R passa nella formola cons. + R + voc.
+ cons. : iMrégu^ plebeo o bambinesco trige tigre, pria num. 8,
— e di tipo identico l'ant. weoo, cioè vrów^ vetro § 2 C pag. 81,
sostituito ora da v^ddru e nella plebe da vrfddu, — krapa capra,
fr§ve febbre, frdve§u *fabricu orefice, plebei e non indigeni
fróbika e reprubika, questo anche in fogl. 44; frevà febbraio,
krastùiì castrato. Sono casi speciali, non troppo antichi, di for-
mola atona e inoltre ristretti, pare, al gruppo vr {fr?), surm
sopra, da tsurf76-, num. 81, in fogl. sovra 117, ^rrM supino (con
incrociamento), arvt * aprire' e 'aprile ', entrambi già in fogl. 16,
117, ma cfr. § 2 B num. 42: invece, levre mxm. 159, lapru, ecc., ntun.
224, e inoltre Agru màgru là§rima. Un po' dubbio hrfu num. 2 n. :
*leffru? cfr. lerfUiì ceffone; b) Riesce al medesimo risultato la
formola tonica cons. -{- voc. + R + cons., quando il r sia seguito
da certe determinate continue, cioè, pare, giudicando dai pochis-
simi esempii, da s e I, da ;^ e t?: stróèu spezzo, se con ^-torsiare
non c'entra di mezzo anche * strozzare ' e inoltre se non è rifatto
Stu^j liguri 845
sulle arìzotoniche, strus^u torsolo, frfia pruàa num. 159, króvu
0 kràu corvo, plebeo. — Se la forinola è atona, la norma si
estende a qualche altra consonante, ma in ispecie l'influenza
letteraria ne ha ristretto l'azione: drafìfi déiSnOf frumdj^u fru-
migwa^ tutti plebei, iiìpremoà -permutare ' prendere a prestito ',
ora solo nel contado, a s'iMcramanna (1. -aiina) cav. 114, grlb
11, 50 ' si scalmana ', cruamme corbame, term. marin., cas., krttèla
corsìa, id., bregówlu num. 160, forse strepa strappare (onde siréppu)
strepui^ strappata, <A;rupyiiii, forse bri^asittu num. 102. — Sono
casi speciali, facili a spiegarsi, 9ufranhi num. 160, magrufi mer-
gene' palombaro ' (ma Nervi^ servii ecc.) ; e) Alcuni casi del
passaggio della formola atona cons. -^ ^^ ~l~ ^<^- 4* <^J^' in
cona. + TOC. -[- Il 4~ cons.: femfUu (ma di solito fren.)y vedi less. :
purs^mu prezzemolo; kurio' crogiolo e hurééUu specie di pasta
da minestra, esempi notevoli ; j>iir(ieJiiH ma in grlb 11, 2, 12 prò-
fesMOfi, col quale va euré^ttu ganghero, dal £r. crochet — due
esempi che esauriscono tutta la serie — ; beriuèli § 2 C s. brochir,
hertéUe dal fr., durb^Uu acc. al più frequente drUb. coltre bianca,
dal fr. Più frequenti erano nel dialetto antico,^g 2 B num. 42,
ma in fondo si tratterà di oscillazioni dovute in special modo
all'alternarsi, nelle due formolo precedenti, degli esiti con me-
tatesi e senza. — Per prtfamówiu permaloso, vedi il num. 89'.
162. Inserzione: frandónye, forse fraiiUa facella, frféa feccia
cfr. fexe less., frièiUa fiscella, tutti esempi o plebei o di rarissimo
uso, <Arrail»i^^e cacherelli; kadastru cas., dotto, meystrà cav. 15 e
vivo nella plebe, * imagine di santo ', kaystryùiu num. 89, nuuirugà
cas. (e mastUgà ih.) masticare, num. 90. In fondo, son tutti casi
d'incrodamento, non meno che garbi&u cavolo cappuccio, parpa^fi
farfalla, iarMUtf, acc. a bab.^ bacherozzolo, cas., saiìfómya sym-
phonia ' scacciapensieri ', sorta di piccolo strumento musicale.
Più notevoli arff fiele, accanto al raro af^ {ghe ne fé fé grlb 12, 51
' gliene fece stizza '), armùA corbezzolo, da armurin num. 81, e ' De-
clinazione ', cfr. lo sp. amara. Il contad. derlugu diluvio, piena, cas.,
benché d'origine dotta, potrebbe avere der- per des- (come il contad.
dirnà drinà per dUnà num. 89, di cui però v. anche Zst. XXII 480),
346 Parodi,
ma come qui fd sostitaito de»' a de-, così nei due caei precedenti or-
ad a*. Dàmio andie perl4§toa vilucchio. Per pria prfm^a pomice
nnm. 85.
V. 163. Iniziale, intatto, se si escluda il fenomeno comune
romanzo del passaggio in B, Bom. XXVII 177 sgg. : balów ballatojo,
baìeloBa piattaja, badila vagellare, semidotto come bMnika, bwéy
badile num. 46, btdUi§A 'N'ell-it-icare num. 91, bS^^ buco,
"VoC'-ulu, da vocuu, bri§tva veniiea nnm. 85, inoltre aboUu
sbigottito, intontito, num. 202, abesiu intorpidito, oon vitinm,
MósA num. 99, ecc. Affine il ft da v nel grappo bv, aròanitta
num. 160, urba Uurba * pula di castagne ' cas., che va oon vulva,
ma è del contado. Per gli esempi di v iniziale in a, mim. sg.
— I casi di caduta sono <H'a assai pochi e quasi solo plebei:
tutte le forme di ' volere', mi d^^u, uffmu vogliamo, óryó¥i vor-
ranno, coi quali va confrontato l'are. 6ze volge (• quello gh'dze
ro scianco „) grlb 20, 65 ; in<rfke, Óto volta, usato in frasi ste-
reotipate, d'òUi num. 65, pe n^óta finalmente, ecc., urpe volpe,
in un pajo di frasi, come lin^urpe kwà una volpe ' covata ', cioè
un furbo che f& da gonzo, il cit. urba, che non so però se sia
mai stato della città, Tare. dxe{ì.^e) voce, grlb 15, 62; 16, 89,
cbit. 40. I sostantivi son solo femminili, il che conferma clie sono
tutti casi di fonetica sintattica. Un resto dell'antico o voi, § 2 B
num. 50, in cose pensoso? grlb 11, 22, ecc., v. ' Forme atone del
pronome'. — Metto qui infine anche i-wà ex-volare Bom.
XXVn 62 9g., e meglio Salvioni, Misceli. Ascoli, 81 sgg.; ma
poiché, come il Salvioni vide bene, il v cadde prima tra vocali
(in *de-volare, ecc.), andrebbe piuttosto al num. 165.
164. Due esempi di §*, originariamente all'iniziale, Rom.
XXVII 238 sg. : è^Su é-g^à -volare (anche svwura svceurava grlb
2, 70; 3, 18; 16, 88, ecc.), deé'§S§je svolgere (cfr. desvoio pr.
109, 4) e ìHgS^^e avvolgere. — Più caratteristico il noto uga,
fcNTse importato, ma assai presto, § 2 B num. 27 : in gen^?e, cfr.
num. 208.
166. V intervocalico: oltre che degli esempii, già latini,
di B, mi valgo anche di quelli di p. In protonica, la caduta,
Sta4ì %ttn 347
aBche quando noa è lattoa, è di solita moltto anjkiea, § 2 B num. 27^
ooaicehò di solito à iiminfflisa aosb» sei dialetto pMl colts : oltro
al noto ptsfo ^pavSria. aum. €6, aUbiiuio Uv knravo nom. 4ft
e &M0d, aeWa zavorra, (Uniaoa) ftrfiriiK, ik, inoltre, con p, sów
sqMxra, ib., e anche il pBoelikioo hAw kff wolul. 116^ ett.pòw^
éfyàu porveretto e pòa-'dyà a pwcMÌi. (ma sèmpre prfsoar jTdcyaX.
affatto plebei natii^ antA, a tasem di san mmm. 51; Utt^
amn. Sé, &afsd nam. 12ft, òj^, plebeo,, maa. fri, e, con p, sf^éwkt
dpoUa aom. 5^. Altri oaei: kwi eoTare, nu4lu n«v«lo, plebee*
metta no vita, phn, nel senso di ^mars^^lia affettata' (onAti
e arar.X e con r, iiaistf ^lupaeeru peseeiagno, 8kwam$ seo*
pafomo ea»., Amr, éaD'aro. caró nnv. 144 (in eav. 80 caie bi-
sìllabo). Infine: bceimà mun. 110, ace. a òanemad grlb 13> 76^
plebeo fiMP^, * seasimi, geetrì ', da «lasA^j^raNirair., e con p, Hskaìsu
da AfSMMsaa lese., Imam laM^ accanto al piii cìtìIo hv^ééit
nan. 143, kmli che si diceva measo eeesio £a per Aov^W, in ca».
a MmibaiiMili, modo avverb. ; dyu arava «éycr sapeva, da aviyvm
savéffta^ vedi sotto; p^a pipita, da peste; eomune è «yaaiÌB pasta
asoìntta. Ma, posiamo, ivéy da &9BfÌ^ num. 100, ey nel nesso -aeé*,
sempre :IP0fdfiii^ kafMuy lamà^y mtéUa (ma èOth» ciabattino), jFasrl
n. loc, lavà^ eoo. — In postonica : lasciando da parte qualche casa
probaUlmsnte latino, coaM 9iu nam. 14^ e come bó num. 78 o
fó faga, per via di *fava *fau^ num. 202^ psesiame dive die
la caduta dbbe presto loogo nei parosBÉÉoni Iva vacali labiali e
aocke scio davanti ad u; ma nei testi poco si trova: are. zoa
giova fogl. 26 (ma sooA 15), apnuMo (1. -iu) cav. 2dy 134, 147, eca,
cicswe piove grlb 9, 61, che amio ora forme plebee^ come nou
nnovD , uMn»^ trovo , kréu corvo , kém cavo, néu nipote, aria
arrivo, ecc. Si dice per6 soltanto étiàu per Tare, diavu num. 75s
te per l'are, lavo (eioè luvu) grlb 12, 51, ecc., deriu precipito
(cEr. dénìà), aiMu abbrivo, impeto (cfr. aibryà, cMriàse awen^
tarai ^ e seno di tatti sùtfu oome airya, ketUn come kathu (detti
dei bambini). Altre ferme plebee, davanti ad altre vocali, sa*
ranno almeno in parte il rìsnltato di accomodamenti proporzio-
aali : fréifa gravida, (fogl. cas. gruvia), nàe nave, 6^ye bere, néye
ArchÌTio glottol. itaL, XVI. ^
848 Parodi,
neve e néya nevica, u Vtoéya voleva, u pwéya poteva, anche in
comm. farb. 10, u Vàya e u sàya, invece di ti Vaviyva o àyva e u
savéyva o sdyva, saya saliva, (JiUa e éeiìUa), rii€ rovere; kaniìie
num. 176. Ma •ava si conserva, tranne in madunà, ornai popolano,
per ' nonna ', da madonna-ava, che pare si racconciasse su mesyàu
nonno, come povya-dyd povera diavola su povow-dyàu (per pòtr-
dyàUf ecc., v. sopra); e così dicesi soltanto Oavi n. Ice, éàve,
fr^ve, vive, riva, stiva, &ve, éuvi gioghi (di monte) e éuvu. Si conserva
il V immediatamente postonico, negli sdruccioli rimasti tali fino
a tardi: Bdvay Bavari e Cavay Chiavari, ma accanto al vb. u
ndvega e a fràvegu orefice, che è di tipo speciale, pare ci sia un
plebeo écega chiavica ; péyvye pepe, ma all'odierno Sui^ya^ nome
d'una strada, risponde in grlb 18, 8 e 20, 92 Soz^mvera, benché
si dica solo Pufiséyvya Poloevera ; sempre arekévyu ristoro,
num. 88 (cfr. tuvyu num. 167), pUvye polvere, nufya navola, num.
88, Ittvegu num. 130, dowfu adopero, ecc. 166. Prostesi ed epen-
tesi: v-éi ieri, ma heri cav. 199, grlb 12, 39, comm., vumàe vufUu^
ma sempre u Ve un uiìèi^pufiii ' uno che nel tempo stesso unge,
cioè accarezza, e punge ' : esempio che dimostra che il r non si
sviluppò se non tra vocali. E forse, potremmo aggiungere, per
influenza dei vocaboli che ora lo conservano ora no, vo^^ e
0^^, ecc. — Inserto, per motivi almeno in parte simili: kruvà
acc. a krtoà cadere (delle foglie, dei capelli), kuve cote e kùe
cas., are. gove godere cav. 80, 211, grlb 14, 43, ecc., cfr. num.
215, sprovinna (1. spruviiìna) cav. 239, ora spriliia num. 123,
are. provezzo luogo d'approdo cav. 95, Kavifidiì già in comm.
prof. 39, pel plebeo KayMfi Carignano, nome d'una parte di
Genova. Meno sicuro byava, di tipo un po' diverso fddova vidavo
(1. viduvu) cav. 162, chit. 160, comm. 235, ora solo tMtva e
vidiou ch'è anche in fogl., num. 15; per assimilazione vyùvétta
violetta, anche in grlb 12, 69, num. 226. 166\ V'T (da BIT)
in '^'m a 1 a u t u *marótu e infine marottu^ ora maróttu e mówtu
num. 37: marotto già in fogl. 69; cfr. 210. Come anca, ecc.
F (PH). 167. Non e' è da ricordare che Stéva num. 178,
tilvyu tufo, se indigeno, ravanéUu (che sarà su rava); accanto a
Siìxdi liguri 849
kuffa cestone, e ai non indìgeni skaffu, gandfanu num. 160, tri*
fulu num. 35. — Con p antico per ph, spaatAiima fantasma,
patUasma grlb 18, 3. — Oscuro bruiìéa fronda, ma certo non
va qui, cfr. Rom. XXVU 207 n.
S. 168. U « e il ^ genovese sono alquanto piìi sibilanti
che in italiano, perchè il contatto è un po' pih basso. Il s sordo
si conserva all'iniziale, dopo consonante e dopo AU: esempi
deiraltimo caso, kóia kMi/k, pòau pòsa, éòsu clan su (detto del
naso, per raffreddore; intasato), inoltre skùsu grembo, skò^à grem*
biule, cfr. §àiu num. 137. È difficile giudicare di skóSt sparlare
di uno, u 8kòHie, dal german. kauyan^ § 2 C pag. 75, nò possiamo
con sicurezza trarne un indizio di differente trattamento della
protonica: notevole che in grlb 4, 51 è (Mcósd, con I, se non è un
errore. Cfr. num. 199, 215, 219. Per ifibòsà e per /biki, forse, num.
160\ per|m^itt e kuèi num. 169\ 169. Il s sordo seguito da i
diventò Jì, prima che lo zi» passasse in m*, num. 132: per la
pronuncia di questo i, num. 171. Iniziale: ^l sì, Sufi St San Siro,
Un sino, iitnya, ii§t€à num. 203, tìfidiku Hst(ma^ plebei Hl^iìUyu
H^lu ivAgHUu e in cas. Hiikupe iiiigulàre iinistru, ecc. Ma ftfàsu
staccio da seàsm; per sìttu, Saéia SUta S. Zita, con z-, num. 196.
Forme con ex*, o accomodate su quelle con ex-^ saranno èariu
iurit uscire, col quale si uni il sost. iorU, anche in cav. 14, grlb
19, 63 e passim, iurim sorbisco, sul quale èorbya sorba e {Surbya),
inoltre iurbfUu; casi d'assimilazione sono èùià soffiare, ètìSdfita
num. 90; e infine èU laèd assunse prima il suo il nella forma
tiii'i, p. es. iiìèt erbwi sugli alberi (donde anche ifièe l'erbu num.
103). Straniero è èamtnuy in vifi de $. vino di Samo. 169^. H
interno o finale, anche da ssi: afid4Simu pwfHtnu, ecc., belièimu^ecc,;
maàiiu num. 198; ti péiìii plebeo, ti poH possa. — Plurali, kdèi
cosi, ma kósifk su kósa, faH falsi, desperSiy vtrii, morii, sul quale
anche il sing. fncriu, cfr. num. sg., urèi, aèi, graèi^ groèi, foSi,
oH, ruH. Ma spesso vinse l'attrazione del singolare o degli
origin. -ZI, coll'aiuto della lingua letteraria, cosicché solo parte
delle forme citate sieno comuni e si dica piuttosto dai ben par-
lanti f^si, rtrsi, assi, fossi, inoltre da tutti soltanto bassi, passi.
860 Parodia
Cfr. il eit. num. 198. -r- ì\ s aapro deU' ant cosati ^ ekè kuH,
oggi haH eoBÌ^ devesi forse i» parte all'alÉro cu»èi^ da cuzad^ vivo
ancomà in ki kuH qui, § 2 B num, 9&, c(^ quale è da confrontare
assi anche, ora aS/. Per ptdàu pisello ho sappoako,. nam. Ibf dit
aia dall'afta |>(M^ eioè se ne sarebbe avuto "^pwim^ donde ad plurale
pH^èi f e finalmente è anche ne) aing. : nondimeno il s afqnro
fa qualche difficoltà (cfr. dàu § 2 G b. oto} e potrebbe' ri-
petersi da alcuna dei vernacoli contadineedii» ohe hanno il s
sempre sordo. 170. Il s intervocalsDo si fa aonono, ma da*
vanti ad I si palatizza in H: aétllu assilla, ^ bnoaumore, diiaasa',
forse ktièini^ cugino,^ dal £r., be^Héu gonfie, ^Óàia ntmt. 99, pwièia^
mHiika^ f&Hka, depóiUu, 9prepóèUu^ ImibUna^ kwéyUma num. 48,
cft. bat€8iimti làèina num. 9&y hwc^ quast, eoe. I plurali ave-
vano, come nelle * Rime ', § 2 B num. 37, cosi aDcbe negli scrit-
tori posteriori, sempre -zi^ fossero sostantivi o aggettivi : appeixi:
sospeixi: paeiai: zeneùti cav. 119, aeeixi: deaUwi: Franseiopi
grlb 1, 46, (ireùngixi {ibarbiafi) 4, 16, jn^or»; marim: dolor^xi 2, 30,
ascaxi: amaroxi 16, 19, ecd ora, invece, i sostantivi e aggettivi
in «ENBIS sono rimasti allo stadio normale -iiV tvtti, e i sostan-
tivi delle altre s^ie oscillano ancora fra -^ e -M; ma gii altri
aggettivi, avvicinandosi, ooU'aiuto della lingua letteraria, al loro
singolare e inoltre al femminile^ hanno tutti assunto -'ài: arnéyéi,
méyzi, Fraitséyii, t'à§létfH, Valdé^H; aì^ asini, riii risa, pertUH,
acc. a naM, UH, fUéi; ma sempre as^éi aoem, detthfUy préyéi,
§rasyùéi, ósyùéi; tuttavia si sente, nel popolo, qualche pyiùUM e
simile. — Rifatti sul plurale, kaiu, già in fogl. 106, 113 {eaxo:
paraxo, ecc.), móteiu maroso, cfr. num« preced., e ricorderò inoltane
pertUiélli occhielli, riiè^i sorrisetti, questo già in cav. 206. Ma
Tumaitu Maiu sarà da Tumaztà Mazià. Vedi anche il num. 208.
171. Il gruppo -SM- passa, per via di "èm- -im-- in -àifnn^
num. 95: ma sempre òuima ciurma, forse perchè il seguirsi di
varie palatali rendeva qui lo sviluppo dell'» meno facile. Si
sente anche riima, acc. a rizima, e ha qualche valore, anehe se
non sia che un adattamento del vocabolo letterario. Un s pa-
latale è pur nel gruppo èé, num. 153, ma, anche se lo Iti sia ini-
Stttdj liguri 851
ziale o protonico, il oontetto avrieriie un po' più ▼«reo i denti,
eioe più vicino al punto di oontotto dd a, ehe bmi nel solito è
iniziale e intenrocalioo; cosiodiè il èiiècè piìi simile al il toscano,
dal qaale il solito il genovese si distingue appunto per essere
alquanto piti pipatale. Se poi lo à( ^ protoniee, kggerissvna è la
palatìasaziene dello è: raSóà non suona proprio cozne rdiétt.
172. f in r: i soliti esempi di bar" per las-, eco. : abarìugà, bemisi
*bismitiare ' sohiaceiare, ridurre ia poltiglia \ de$SH burdosm
num. 91. Veri « in r sano solo nel Mstado, dima desinare,
ierfà, efr. num. 162. 173. Metatesi : ibUtm^u, stakba per tatka,
sìcukuàA CUSCUB9U ; sk-amxìó far lo sgombero e «Iroptifkto, ehe sa-
rebbero i soli esempi p(q>olarì di tras-, riesoono dubbi, ma
non sirapwrtà, plebeo : cfr. num. 227. 174. A taoere di SGE
SCI, naàe (e poi fuiAi, ecc.), avremmo un apparente PS in j,
kaia^ ma è da '^e ape e a, cfr. ant. pistoj. cascia.
N. 176. Iniziale, intatto, fuorché nel plebeo ^wnrniìper nti^jiam
' nomi ' cioè ' numeri (del lotto) !, cfr. alUmero annovero cav. 34,
aUumerando grlb 10, 25 (« ^= fi), e nel plebeo luminata semea, cfr.
port. iaméar. Bebiettameiite dentale è il n da un: anim, cioè JÌim,
e inoltre, ad eccezione di un pajo di «sempi ora plebei (num^seg.),
anche fl n semplice che non appartenga alle sillabe finali -na (-né),
-nju nja, — Davanti a consonante e in fin di parola (num. 76)
è sempre II: iidoBà allacciare, inlamà metter ndl'amo, iarUa^
iMlrUméMUy i^mafi , kmìi6ksa , ^fiìtu , s^fifre , ieAbu num. 181;
sió«l^i0fl, màl^^a^ e béytmH^, tfiatìiì e andhe rnaiiHk e séya^ t?^, e
anche Ha e mMui però il -n dell'articolo si lega ora coUa vo*
caie seguente e si fa cosi dentale: iS^-n afni§u un amico; e lo «tesso
vale per tA, f«^ Amerika e, dove resta, di nim, nu-n-if^pofia,
cfr. mim. sg. 176. Tra vocali, il n semplice dentalo si mut-ò
in eerti casi daterminati nel suono lìn, del quale si coasorrano
ancora alome traode. Nelle Beffale d'Ortografia, già citate al
num. 159, si legge: ** li si pronunzia in guisa, che alla vocale
antecedente lascia attaccato H suono di una n vocale Francese,
e poi essa suona come n Toscana innanzi alla vocale seguente.
Cosi nella voce pefla si pronunzia come se fosse pen, colla n
852 Parodi,
finale Francese, e poi na Toscana, pen-na „ . È qui esattamente
descritto il suono che si sente tuttora in àanima e inkapità'ànyuj ma
l'esempio peana oggi non farebbe più al caso, essendosi ridotto a
pe1^a, num. sg. Il Un non si conserva infatti più se non nella finale
^nyUf preceduta da vocal tonica, kapitàiinyu (acc. a kapUàfiu),
aiMiinya^ kuflnyu (acc. a kiifiu), cfr. gli are. letannie fogl. 151
e scarmannia scalmana 15; con t o v caduto, u stravàftnya far-
netica stravannio cav. 11, aiìnya anitra^ kafinye fiorì del vino, plur.,
num. 186. Inoltre si conserva in mezzo di vocabolo in àfinima e
màiìnegu, ora affatto plebei, per ànima e mdnegu ; e questi due
esempi pare attestino che un tempo tale suono fosse di regola
negli sdruccioli con vocale accentata à, seguita da -nt- o -ne-:
ora però soltanto kàneva, tndnega (cfr. cav. 209 mannega), Kur-
sdnegu, cognome, ecc. Probabile che la stessa regola valesse
anche per altre sene di sdruccioli, cfr. monneghe § 2 B num. 28;
ma per lo meno, anche secondo l'attestazione degli esempi ivi
raccolti, essa si estendeva agli sdruccioli con vocale accentata /,
SpiHora cav.® 258, 266, e infine all'in-, innemigo cav. 112, »^6-
mixi chit. 4, 22, innorbi cav. 249, innamora 118 ifiamorasene
comm. 33, ora inamtvà inurbi, ecc. 177. Nella sillaba finale
-na {-ne 'naiì) preceduta da vocal tonica, l'antico fin si ridusse,
probabilmente durante il sec. XYIII o sulla fine di esso, a un
semplice a, vale a dire che la parte dentale del suono a poco
a poco si assimilò alla parte precedente velare: làfia^ (cioè laAa),
kaiìpàfia, kadéfia^ tifia, liifia (e lafie luiìe\ u ViniAàa nasconde (e
intdfiafi), a lìiiìa culla (e niftaiì cullano ; inoltre mi intafiu, mi nifiu^
ti niM, ecc.). Ma naturalmente, ninà, ecc. Poche le eccezioni :
per la proclisi, una donna, ecc., ma ancora in grlb sempre Ufina d.;
Manétta Nfna, forse su Manèniii Nèniàa, {s^ia) amàna forse su
amarena, letterario, che gli sta accanto, ma ancora amareìine
(: menne) fogl. 182, pul^na, vdénu, per il popolare venivi, e u V ave-
léna, ma in grlb 2, 42 t'awelefian, inoltre trénna fettuccia, nu-
mero 23, forse da treiìa, su trenini tren^e, secondo il parallelo
kanétta: kanna. Mettiamo qui anche l'importato fuldnu * stra-
niero, ignoto'. Ma £^^na è da Sénwa; éfnne genero, num. 75,
studi] liguri 858
è, a tacer d'altro, legato con éffiùw; u sonno, come Tant. trSnna
§ 2 B nam. 10, ha vocal breve davanti al n, fin da tempi molto
aotìchi, num. 124 a, cosicchò si trova nelle stesse condizioni dei
vocaboli con nn originario, kanna, ecc. E nello stesso modo, a
nn dipresso, si spiega rema rana, da ràffna^ num. 229 ; il quale
▼a confrontato col éùna pialla, di Zoagli, num. 50, certo da un
*plawna non indigeno (a Genova u Stilla, estratto da éunà, come
trulla da truné). Questi vocaboli servono almeno a mostrarci
quanto antico deva essere il passaggio di -dna, e simili, ad -«tilna.
178. Caduta normale all'uscita atona: aie, kàyh anter. kariUe
fuliggine, Ifmi num. 125 6, Karmu Carmine, kuffa corba, Krisioffa,
St^va. Per iuve od. iùvenu num. 76, e cfr. arde cav.' 238, 260,
grlb 1, 35; 12, 38, plur. ardi grlb 19, 85; ora Ardine, e eoa
furmine termine, per gli antichi formen tenne, patene num. 76,
forse su pHenà^ cfr. rUene ruggine (acc. a ruUe), forse su ruie^
n<$flltiecc., e inoltre ridenu rigido, num. 212, forse sul femm. ridena.
Infine tdpani può essere direttamente da *iàpari, né posson dar
pensiero gli altri esempii dei num. 80, 92, parte letterarii, parte
d'origine oscura ma difficilmente indigeni. Assai più importante
la conservazione del -A nella 3* plur., kàfUafi liian sfntaik, kan^
tàvaH kantfesaii, ecc.; ma ò fenomeno morfologico, ch'ebbe la
spinta dalle 3* plur. ossitone de' presenti come «vii, dil, ecc.,
e anche de' perfetti. — E da notare che nel monosillabo suf^
* som ' e ' sunt ' si elimina, per sintassi fonetica, il -H : wH
mi, ma eu ùrivów, 8u*è ma: son le mie, m»-f spuatofy sono gli
sposi (propriamente sw-ar., ecc.). Si cfr. fi à ro di cav. 180 e
rosa, per fin a, e forse anche ven, nel verso dì grlb 17, 35
* dopo sta gente ven Aradin con quella «.
179. Caduta davanti a consonante, es. latini: coren fogl^
108 (ma eanuen nell'edizione del 1612), accoventase paragonarsi
cav. 140; dissimilazione in Viséiìsu, e in parte neH'avvb. demanimaik
per de man tH maiì, che leggesi intatto grlb li, 34; 14, 55. Esempi
piìl notevoli : cade dopo un dittongo, la cui seconda vocale sia • :
maifvhi da ma-ifiviu male-in vi tu 'di mala voglia' (cfr. invio
fogl. 30, nel medesimo senso), kagaynlu, per kaga-iit-niu ^ caca-in-
854 Parodi,
nido ' * benlaimno \ ofr. l'ant. luMii § 2 B nuia. 28, il piem. HiU
forse Tant lomb. ooitar. Pat che vada qui Anche ^i^^^^tm o s&ftruy dal
fr. ceì^r^. €ade ora aaiche davanti a i in iMtii^ òEr. num. 160*", ma
sempre lonxi negli tserittori^ e anzi lonzi in fogi. Id6 (r/bnsi);
efr. num. 208. 180. Epitesi: <mitii»l, peranlié (an<io fògL 71,
acc. ad anehon 47, 70), PrtmeMéà 'Promontorio', n. Joc, da
Frementò chit. 164, iaHpaM&^ campanile, da ''^kafipant \e si fme
così con ka^pani^ campanello, cfr. il veneto kanpanid% preéilmiiì^
allato a pr^éumij petulanza, prepotenza fnneiuUeaca, fmHiì focile,
già fogl. 17, ora anche * fucile '. Pei primi tre, e specialmente pel
primo, si potrebbe anche pensare a una ripercassioQe foBctica
del n intemo; ma possono però esser semplici attrazioni delie
serie o awierbiali o nominali con -ma -é^ 181. Epentesi:
oltre agli antichi stnzuibuj àfvi&t^ gobbo, ed oltre agli esempi dove
s'introdusse M-, vàvernu, iMréa, bto. insi uscire (1. iiìSt) ineduan
fogl. 49, 7<0, ecc., par die il n si ripercuota foneticamente in «ma
sillaba precedente, per una specie di assìmilaziione BiJlabìca:
'8peUi^si§uiì pizzicotto (donde spdiiìsi§A), éiAtóiìnia, ingrlb 5, 35
zi»Mie, maàangiii da *maéa>§ùì ma§aèiiij num. 228, forse Tare.
parangtyn fogl. Ili, cav. 220, se non è spagnuolo, ^riUtdéA dal
fr. guéridon num. 89, e può andar qui anche ram>ùii9u raperoneolo,
se non è a4;tratto da altri ranp-. Paiono della stessa natum igli
esempi del num. 151 e forse con essi mafipà ^mappais pa-
ravento, scena. Influenze varie, e anche oaonnuk<^eÌGfae, pare
di riconoscere in óa^bmitày per èarbuti, borbottare, ciaraoiellare,
in laiìbruéA, forse per *larbu6à barluóà agitare xm liquido,
sciaguattare; onomatopeico sarà senz' altro il plebeo piiifow
piffero. Anche meno chiari leii^^ ora solo del contado e della
provincia (fino a Mentone) , ma vivo in fogl. 57, in grlb 19,
55 (qui come avvb., de lengè di leggeri) , shaftòelétfyi agabello,
anche in cav.^ 258 , ^Hfifyéé» schifiltoso. Infine uHgunia, su
aft§ùèa, deéleiigwà liquefare sa léiigwa (cfr. perleàgwà aflattn-
rare: chi è affatturato si consuma, si liquefò), pelàfdB^ '*'peiN
att-ica pelletica, per attrazione di finali analoghe, ecc. 182. n
palatizzato : i plebei ^f$ti, num. 186, per n^ sciocco, con assi*
Stuclj liguri B55
milazioiie q^alitati^ di n allo è, e HiNote ragno, <ia (u)n'àfÌow,
con M6ÌiiiilaBÌ<m6 piena. Quanto a tnafiiéa manina mnfiuiì, ma-
^sku, maMshà brancicare, eoe, paìon sa mafia ^maneata ma-
nata, cfr. sp. mafia. Per l'are, agni anni, num. 136. 183. m in r:
stacele àimorimenti cav.^ 221, resta syórdwa anter. ^ràrdnr^
trottola, per tirài^Ta {zirand&re giri, grlb 13, 38).
H. 184. Il eolito fieq^ffa, nnm. 226, e inoltre, per assimilazione
sillabica, mOe nu9kà. Ricordo qui anche katrifi catrame, iiihatranà.
186. Il genovese non fa diff»*enza tra m e mm , ossia la sem-
ptioe è trattata come fosse doj^a, nnm. 181 : ramma cioè rhma
ramo, làmma fiamma, ecc.; ma AU conservti la sua lunghezza,
§òmie gongtie, seroMe Etg. 4190, cfr. Umi num. 125i. — I
gruppi »* KB HF, latini o toscani, si ri^eccliiimo m genovese
per via di flp iih lìf^ sèmpre pffkfòw piffero, ecc.
CoirsoKAKTi BSPiiOsrvE. 0. 186* I soliti §à§ja, §Amyu gomito,
géfibow, inoltre §àrdM eardo, §ardiUu garzoncello (ma kar^
*cardiol« grumolo boccio). Dal firanceee, gairiuli, guìe collier,
gntSè crochet, micindlo. 187. Tra vocali, resta solo se
preoedoto da AU : óka òìHft gabbiano, pdku, r9hu. 188. Di
norma, soende a §: lagu, fi§u^ 9pi§a, p^gtra, fràve§u orefice,
lute§u non. 130 , Are. gpreghk sprecate grlb 14, 63. 6i ha
qualche caso di §- dopo mi preisso : 4egulà , a degillu a
caitaliiscio, da colln + gul^i cfr. § 2 C e lo spagnnolo, regata
se è ^e-captare, *e, quasi solo contadinesco, t^aarf^ ' rim-
boccare i calzoni o le maniche della camicia', se è ^ e- e al-
ce a re. 189. GR : krgà gridare, ecc., ma al solito §rae8U gre
rete mm. 18 n., 126, §r4g$ffu graticcio, §r%iHla nnm. 114, grfspu.
Interno, làgrime, ecc. 190. SCA, ecc. : «qualche esempio di
digradazione: iganHa scansia num. 226, éjarMsse acc. a ek. -o or-
ba ceae<»0toni. 191. €S. è(Uà ex-hal-att-are mettere sos-
sopra, e èatu are. èaràttu scialo, chiasso, MrbuHt vitalba, quasi
^scialba ', èerbà "^ex-h orbare, Sivernà svernare, e cfr. num. 169 ;
dotto eiièu ; — ì^uààa; saèu, taia ; letterario asàééu. Mettiamo ^ il
solito lasku, 192. CT, in U : Unte da logie, Ugtà, num. 41, 45, 112,
legùàgm lattnga, tégtu, pétu, are. afeio (: peto) oav. 209, struiu, are.
366 Parodi,
triite trote (: aciiUe) ross., num. 39 6, 70, kdttu da k&tu koytu num.
64, are. oittanta num. 122, dUu per *d{ytUf ecc., dal quale fu attratto
skrìtu, e cfr. ifisprttu iiìsprUà num. 93, 128: per fUdya num. 114.
Ma à^ttu gettito e, un tempo, ' io getto ', § 2 B 44^, par di
nuovo estratto da aita, e, se non è importato, così dicasi per
fr^ttu *frìct5; lettor. Ifttu, ma leitéra lettiera cav. 130. In
ddtow dattero, l'assimilazione avvenne forse molto anticamente.
— Sono importati dai dialetti vicini apenninici veiua vettura
(cioè 'nolo di trasporto'), laééttu, già in fogl. 147, lat. lactes
animella, e dallo spagnuolo dióca fortuna e desdiòéa. In ktoacéu
quatto askwaéàse sktvaéiiì inchino, può anch' essere contamina-
zione di più temi. 193. NGT, in ifU: é^iìtu pianto, per
óaiMu num. 42, are. sento santo fogl. 94; are. poinio fogl. 106,
vuinto fogl. 109, cav. 20 e ainto bisointo comm. 143, zuitUe cav. 16,
strapuinte materassi cav. 16, spointaou slacciato grlb 16, 18 e
spoincia spinge 9, 72; 11, 50, spoincion spintone 6, 35, ma
sponchioné spintoni fogl., num. 152: ora soltanto j^uiltti, nefUH;
strapuMa, apuiìéu, sputMfi, ecc. , ma le forme con i si ascoltano
ancora in qualche sobborgo, alla Foce, per es. , ove si sente
suAMa strapwiMa, e son vivissime nel contado. Analogico è l'are.
quinto cointo computo conto, fogl., cav. 20, recointà grlb 19, 29
e anche spoento spanto e spoente spente, num. 43.
QV. 194. QVA- rimane: kwatórée, S'kwcpzinnm. 170, 229, ecc. ;
ma nell'interno digrada: cagtoa, de8le[iì]gioà num. 181, are. i{jì]gt€ày
cfr. il tose, iguale gualio. Per karu^^ num. 158. 196. QYE,
QYI. Accanto all'ant. quéu (k^?), ora kw^Uj abbiamo, pel QYE
atono, il dotto kwistyùfi o, per dissimilazione, kustyéfi, già in fogl.
132, cfr. num. 205 ; inoltre l'ant. quiston ^questuone * frate cer-
cotto ' ri 111, 3, ossia Chistim grlb 2, 89. Finale, oltre al moderno
duiìkwe, cfr. l'are, e contad. dufikay anche siiìkue, forse su siii-
kwàMa: cfr. ognunchena, ecc., § 2 B num. 54. — Ma kwfstu, ecc.
— QVI: k{, kiiiée, Saft Kigu S. Quirico, probabilmente kifiiàfia
fogna § 1 A pag. 16, per l'ant. quintanna ri 134, 199, o puramente
ortografico, o conservatosi per influenza del lettor, quintu,
come l'od. piem. quifUaiìna. Interno, solo nel contad. asegt seguire
ins. — Per àgu^a num. 130.
Sinai liguri 857
CE. CI. 196. Iniziale in z-, divenuto poi s-, num. 182, il
quale, a differenza del 5- originario, num. 169, non di palatizza:
^, simma, si§à cicala, ecc., syètu anter. sefottu zer» cerotto,
BjfiyAa num. 59, ecc. Si confrontino qui gli esempi di z- antico :
sUà (nella frase u nu sUla mai^ku non rifiata) *[zin]zillare,
siììsA zanzara, aifigow zingaro, 9Mu zittp, «Stinto SiUa S. Zita. —
Notevole il digradamento, in éifi echlnu, forse da ^eghlnu,
con S dal K greco; ma, secondo il Salvioni, un secondo esempio
sarebbe ierbu acerbu * terreno non dissodato', cfr. C. —
Non indigeni: é^a cera, ^ffra^ plebeo, per óifra (ma ziffre grlb
18, 52) e più comunemente de-^ifrà-sela cavarsi d'impiccio;
kuré^u fr. crochet^ num. 161. 197. I- per fatti generali assi-
milativi o dissimilativi: ètmiéa^ acc. al piìi comune $im,^ e
Hiirbwa cicerbita num. 89, per lo i seguente, come pure nel
plebeo ^a per séia ciliegia (specialmente al plur. ^ie) ; sarà
piuttosto dissimilazione in ii9^ma, e d'altra parte basterebbe
Tosciilazione, di cui tocca il num. 169, fra il ^ dotto e il i^
popolare, a spiegare quest'ultimo esempio e qualche altro, come
Himiryu^ acc. a mt., per l'are, zemiteriu, poi ««m., num. 88, e, se
esiste realmente, èimtusa, per sim., cimossa. 198. Dopo con-
sonante: fursifia^ kaaiUa calza, u storse torce ti shrsi, ti tifisi,
ti akùfìsi; sfsya siccita(s], asidénte, kusun^a num. 91. —
Ma, a tacere di aèidyà importunare, § 2 C pag. 47 s. asseir, e
di bihdàffu num. 102, attratto da bièulàttu num. 108, abbiamo
-Hf per attrazione del •si originario, nei plurali: diiH dolci e
kaèi calci (ma cazzi o eafi fogl. 154, cav. 56 — qui in rima
con deseasi, fasi — , grlb 4, 17), marii marci. Da un sing. -KJU,
si ha di solito un plur. *«, Iwùsi lupacei, num. 165, é&pùssi
tempi piovosi, ecc., ma il plur. ^óèi ha una sfumatura peggiorativa:
amdh prevdài. Si noti che maètèu massiccio è da *maiissu con
assimilazione, e infine che mustdsi baffi ha tratto con sé il sing.
mustdhi, ma most($sso grlb 8, 81, comm. 192: cfr. num. 169\ 170.
199. Tra vocali dà i: braia brace, frfia felce num. 159, fur-
nàia per 'ie, tuie, aèinélla acino, fuiifì focile e fucile num. 180, ecc.,
inoltre óééllu, dal quale però non possiamo dedurre nulla di si-
358 Parodi,
curo rispetto aira2?k)n« doirÀU, perchè manca un esempio pa-
re^lelo di postonica. — Non popdari : 46aru «impo, riétiì ncino,
baHUu, ecc. ecc. — Per la caduta del ó, poco di notevole, e
del resto ofr. nom. 209. 200. D'€ in é: duUe dodici, €fUe
sedici, quMrée, ki^e, forse fraééa (in cegua fr.) fracida, da
*frad' ÒH, e fraàèH sperpero, rottami.
Gr. 201. Intatto dì soKto in ogni posieìooe: ^olkM, già
gola, grosBu, li§à Ugu num. Ih, néy§ru, iMré§ummi. 16i, Ui1i§u.
— Il ^ non è preceduto éà, vocal breve se non in alcuni pre-
senti: e€^g§Uy staggu, dag§u, diggu (cioè ragù, eoe.), pei quali
è da vedere la Morfologia, Tema del presente; e inoltre nel-
l'tmione di un ossitono, uscente in voeal breve, oon un'enclitica :
Bta§§e stacci, va§g^ vacci, ecc. (cioè s(ii-§e^ ecc.). 202. i so-
liti casi di antica caduta : ryà regale, tyéa tegame (in fo^. Ì03
bisillabo), forse sèryiJtnéééH stregoneria eustryiw ' stregato ' « poi
' rabbioso ', inoltre sMa ; pe' quali però v. Ltbl. XXI 383. SemiMra
-siasi conservato a lungo il ^, nel suo succedaneo % in Òfittà,
aoc. >ad A§n8U^, «nm. 116, e nell'are, aosto (1. aéstu) grlb 4, 47, ora
4igiistu, ma non in abóUu sbigottito, intontito, con vagu, Rom.
XXVH 203. È -agu in '^'aTu '^'au anche nella postonica, nel noto
fo fagu num. 165, e inoltre -ugu in *uvn, nel non meno noto
éuvu giogo, § 1 A num. 42. 203. Sviluppo di g davanti ad
u protonico : pi§u^éàu, e forse di qui pigo§§u, cfr. § 1 A num. 42,
Uggirà Ug%và sibilare zufolare, ari§urà arigwà rotolare aum.
>102, donde forse poi mt Ugùu arigùu. Non ricordo bu§dtta bam-
bola, perchè troppo sospetto di alterazioni fanciullesche, ne
bilgàttu bUg&ti buratto abburattare, perchè non son sicuro che
provenga da un autor, buràttu: caso mai, sarebbe rifc^giato p^
etimologia popolare , vedi il Lessico. — Non è esempio speciale
del nostro dialetto né quindi indigeno u§a ; e penMgu p^anuto
grlb 18, 52, ora solo in rattu penUgu pipistrello, se non è <lei
dialetti appenninici, risale a*pennucu. — Per g da v,num. 164.
204. 6D. In id, fréydu, réydu o roydu num. 21, ma r^dmu
rìgido, stecchito, di cui ho un primo esempio da comm. 191, è
poco chiaro per più motivi, ofr. num. 178, 212.
Stu«t) liguri 859
OV. 206. l^^tea, mfi§we, taiìgivétta migaatta; aàgUla, Ma
in protoaioa il -^e- {^gw^) , almeso se seguito da n» passava
in gu^ ìa esempi tutti scomparsi : cmgonagjfia iaguinaga grlb IB,
59, s'msang^nó, inscmgonoA 20, 78, 113, cfr. § 2 B num. 30.
206. Alcimi esempi di W : oltre ai sciiti gwastu i-gw^à diguazzare
sciacquare, e gw^fM mua. 42, rioordo l'are, sguansa guancia, ma>
sealla^ grlb 15, 50, étgtofyiu num. 45 ; poi, il plebeo gi^^rmu^ ant.
it. Gmgiielmo^ giMmo e i^giàiA uaeir di carreggiata^ ^^ ora salo
nella frase n'avig ni gà^ ni §ia esser seaaa neesua garbo, ma
ancor frequente, nel s^uao primitivo, in &gl. cav. grlb, e vedi
andie chi U ghìa? grlb 2, 30, ghioù guidato cav. 113: importato
è gwt^U' collare, ciarpe, oenci. Forse ^ da dir lo stesso di avardàde^
oomwntssimo, di valdrappa cas., di vjfàn4ahf gaidaleseow
G£. QL 207. In ie il, per vìa di i« it, num. 132: aerata
gengiva; rmàéèe "^russagine rosolia, gdtàiée ^gautagine
orecebioni num. 109 ; ma di^ e, l^ leggere, cfr. numwo 6 ^ —
8tref^^ futUi fanghi, ufiài ungi, ecc. Non indigeni : ^rlu gtrla,
g^i^, ^f9$u, ^ girare, cfr. zirando cav« 154 zértmdare grlb
13, 38, gli odierni éyàrdwa num. 183 e ég^lu, da éir^u àir.^
frugolo ; air od. ^U girasole risponde in fogL 15 tarnadi^
208. i solo in luii lungi, da luf^, num. 179: come avverbio,
n<m era trattenuto da altre forme {fuhiu: fuiièi, ecc.) e forse
anzi era attratto da qualche esempio come kwnM. — Infine
buràit borraggine ha accanto un it borrace e oscilla nella finale
aodie altrove* 209. I soliti casi di caduta: méga^ru num. 45,
84gta ib., vifUi, are. renna regina, num. 58, are. veiria vigilia cav. 22,
237, ohe è t^ a Sampierdarena, fa^ num. 46, inoltre diu, fato
*f ligi tu cav. 88, grlb 20, 70, ora afiUu e fiUa foga num. 70;
cfr. an^he § 1 A num. 47. Con k originario i soliti fa di, vou^ ma
per icBtu vedi § 2 B num. 31; inoltre are. f renana cav. 160, che
andrà colli t. /r^yo&i, per via d'un *f rietina, cfr. § 2 B ib.
T. 210. Resta all' iniziale, ecc. Dopo AU : coUi *p lauta
granfia del gatto éótà graffiare, gòtàèàe num. 207; per marottu
num. 166*'. Inoltre, i soliti sit(k teytif kicUitw; fattu fatua dolce
di sale, ecc. 211. Cade tra vocali, sempre, ma mi contento
860 Parodi,
di rimandare ai num. 17, 18, 49, 53, ecc., e cito solo qualche
esempio arcaico: De nCaie m'aiuti fogl. 154, cfr. num. 144, oggi
solo nella frase pe quelV àya de Din, dove àya non sanno più
che significhi, dmia amita fogl. 82, 88, comm. 319, 321,
San Tomao chit. 25, imperao imperaou fogl. 37, 130 imperou
cav. 59, ora iiìperatU, acattao (1. '6w\ quasi ^ accattatore ' cioè
* compratore ' comm. 146, beuerao abbeveratojo fogl. 41, ora
solo in Bevyów, nome d'una via,' mal italianizzato in Beveraio,
num. 49; inuia invita fogl. 142 e inviao comm. 160, caramia
fogl. 17, oggi kalamitta num. 1246, strce num. 96, ora stradda,
chenna fogl. 61 cheHe grlb 14, 68, oggi kadéna, treitó comm.
172, 186, ecc. Per altri esempi di vocaboli letterarii con t con-
servato vedi il cit. num. 1246. 212. Riflesso semipopolare ef,
cfr. lo stesso num. 124 b : kaMadtt! {grillu k.), kuHdiJf! corridojo,
iidaifadti, levadfi {puMe L), padèlla ali. a pwela (questo dal fran-
cese?) num. 43, kadéàa num. preced.; rédene redini (e rédenu
num. 204?), stradda, già in cav.^ 262, cfr. num. preced.; poi
quasi un nuovo suffisso ^àdda, (cioè -iida)^ kamyàda anter. kame-
fàdda (un) camerata, kapunàdda pan molle in insalata, panza-
nella, kaéddda casato, veMàdda, are. retiradda e brigadda grlb
3, 16, -addu -adda negli aggettivi: despétàddu dispettoso, riffoso,
mafyàdu diffidente, e anche mafydddu contro il num. 125 e, cfr.
visydddu viziato, vizioso, arcaici rebeladdo straccione comm. 41,
scelleraddo grlb 5, 32, deruadda dirupata 3, 16, ecc. Si può vedere
Mey.-L. Ital. Or. 116 sg., ma in genovese è fenomeno puramente
letterario, e per -addu, ecc., deve mettersi in conto qualche in-
fluenza spagnuola o anche provenzale. 213. TR: dopo à: pwcp
mwà da paire, ecc., num. 43, are. lero -a fogl. 30, 95, ora lad-
dru^a\ ma dopo a disaccentato e in ogni altro caso sparisce ìIt:
Imgàyèe BXiì^r, bugaflèe lavandaia, num. 113, are. peccarixelog\.l\
e crearixe cav.^ 238, derey puléuy San PB e Péu num. 75 ^ Si può
* Non so bene donde provenga né come sia da leggere Veto aratro dei
Lessici, num. 37. Ma certo é da porre *a r a t u, cfr. tose, aratolo ; e se è
da leggere òw, si risale regolarmente ad aXÓiv aów num. 84. In dialetti
della Riviera è aràu.
Stadj liguri 861
chiedere : non ed sarà in origine sviluppato un i anche dopo e, ecc.,
come nella Riviera occidentale, e il Peironi di § 1 A num. 49
non ci dovrebbe far postulare un ^Peiru *Peir? Ad ammetterlo,
mentre si spiega meglio il conservarsi della finale, cfr. payre
nnm. 75, si va incontro a difficoltà molto gravi, e anche in
^Paru da ^I\feiru si attenderebbe rimanesse a lungo traccia dell't,
come in péitu da *pyeUu, Si confronti nondimeno il num. 89*. In
parpfUa non è sicuro ma probabile che si risalga a '^p al p et' la
anziché a palpdtra. Letterarìi laddru, sfddru, — e setrUn arancio,
— vfddru ant. vréu § 2 G s. vreao, mUdria mutria, ecc. 214. NT :
brtmdùri cav. 31, dalla protonica? cfr. brandorando cav. 207, § 2 B
num. S3: di mafuUUu fazzoletto dirà il ' Lessico '. — Notevole
infine iaraneoni comm. 310, od. tanktm scorpione, con kt in nilr, cfr.
num. 218. 214\ D'T, in U m'asiHu mi siedo, p^u pedi tu
e peieià, cfr. § 2 B num. 88.
D. 216. Resta iniziale e dopo consonante ; ma per AU vi
sono i dubbi espressi già § 2 B num. 33 : goe godere, goan go-
dono fogl. 21, 38, cfr. num. 166, loa loda fogl. 77; inówà inchio-
dare, ora 8oIo*in iiiiwàw * pigro e immobile, specialmente per aver
ben mangiato ', Ò6u chiodo, ma anche inéódà^ are. eidde grlb 2,
97, ehiodé fo^l. 140, ora solo V infinito d€9òÒde schiudere, nella
frase de9ò. iwfffe * schiuder le orecchie (a furia d'improperii o
simile)', odia udito. 216. Cade tra vocali: niu nido n4u kùa^
raììsgu rancido, ecc. , are. grou cav. 15 chit. 172, ora graddu,
are. màu num. 26, ora moddu, broeUo ross., ora broddu e bruveUu
cas.; e ricordiamo infine il composto benigtu e ben^gtiii pila del-
l'acqua santa, are. mareiUa fogl. 43, ecc. 217. DR: are.
(rnVa) qucera (vela) quadra chit. 72, m'assequoera cav. 28, ora
Bekwieu costrizione, ma sekwadrà, cfr. num. 112, 115; ktvdgiima
anter. hwafégéema num. 48. 218. ND, ecc. : are. traunà in-
ghiottire sarebbe '^trans-undare, secondo il Meyer-Lilbke, cfr.
qui ' Lessico '. — Parallelo al tafikwa del num. 214, abbiamo
qui tamaHftgu, affatto plebeo, ma pub essere scambio di suffisso.
— RD, semiassimilato in ri, skarlasA cardare, anche in grlb
12. 87.
-.'~li- - tc -Al"P- ho colo fòv^*, otr. ì'it.póvtr(>. — Cast
■i. — > i^r. & j..'.Ti.n. e sempre iàiaianów faagOM, brifiiiti Dnm.
~. - - -~V-itHi i^no èiKM^Md beoEÌiHL 220. Gli nempi di
■•"^--^ -'**u' -ik :iu.ix 1^ : regolari ava ap»» or» plebeo, rana, so cui
•i^--* .jiA ìb f.^ò anche aentire rdnt^ttit), d-«fyu e d-oryi,
.:;'u ~-^ ^y^ _ Importato è A«Mima. 221. PB: l^pf"
.: — .-« ^■n •TKìo.'^ parrebbe uapreUo lotiniano, macfr. Bum. 224;
■^T --. Ì.-M, . i-niw, ecc^ QUID. 16L 222. PT. in akMu
,^,.-.» -,t*i.j *r«>-captare, som. 188, inoltre rékattu, àa r.
,.._.vi-.-*. »'.va*-ì«rtì, dove pa& essere P'T; per airthi nuB. 192.
i .'^^* \ - t, .\>w«^ ora ItMtu, nom. 193-.
5. iì^d. l\ipo AU, ardbu arohà, num. 36, 10». la nt^ùi
■^. .;«;i,r<^ * svambio di prefìaeo. 224. BB, oodw PB: fri-
... (..<>.. tùli strano lapru, che sembra foma recente, poiché
>i -.. •' ■■» nolle 'Rime', lavriTte grlb 19, 107, ìnt^t» Ubri
.■..HI. }'>;*\, 't. Si attenderebbe insomnta *larm, secondo 0 nu-
t<h-> vu It^lu, ma ^ può pensare che, noo arveiModo ta me-
.,v~Ai iH'i iitttuenza del letterario labnt o per altro motivo, il rr
■« Il -XAiw rtiventemente in òr e poi in pr. In tal aiAo aaehe Itpr»
N. Hum. ::-l potrebbe aver valore. Del resto bprtfl'pore nell'Al-
\atiiM viiiitito, ud. da Nicola Zingardli (Napoli, Studi di lettctr.
\ ti lUl, 111 iiuni. 21 ; ma non è certo che sia lo stesso feDomem*:
«.) tMiit KKxlo HI veda /tM^hr. XXVI 343. Anche il Avr di inrrK^yo
.«\. IJ-t l'i'i'-i iiK'ritriioin grlb 20, 19. t'incritegam cav. 103. ò
,.m a i|>ui'no, fi l'od. inlir^feifu, iiibri/aiiàse ha già la prevalenza
III Hill*. l'ruliHbiliDi'Dto i due fenomeoi vano ooDBcesi insieme e
I, , iiii )i<i|iiiiri< iiil iiilluoQza letteraria.
Al'llDtNTI CENTRALI.
riliitlii)i< rho flit ^li esempi di ciascuno di <tueali
uiii> ili^tiii^iKTv due tipi principali : imo di scbiottA
II, il •iiiulii' uiiEi sulTre oscillazioni pili gravi di quul-
iiiK'iM l'<<tii'(ii'<>: uno di rau'ioiie psficolosica, di' i^
Sta4j liguri 368
relativamente poco esteso, ma rende assai difficile determinare
i confini del primo e dà luogo a fatti isoiati. Bisognerà inoltre
tener conto d'un terzo fattore, ch'ò la sintassi fonetica. Un vo-
cabolo che cominci con un gruppo di consonante -^U potrà
subire una metatesi di tipo apparentemente anormale, se di solito
si trovi ad esser preceduto da vocaboli con r intano e special-
mente r finale; vale a dire che l'apparente metatesi non sarà
nulla più che una dissimilazione. Lo stesso dicasi di molte dis-
similazioniy le quali paiono isolate, cioè anormali. Nei numeri
seguenti, però, affine di non diffondermi in indagini troppo mi-
nuziose, non tento, se non di rado, di distinguere fra i tre
tipi diversi.
AssnaLAZiONE. 226. Di vocali: lascio da parte l'assimila-
zione di vocali unite in dittongo, come *ie, cioè *ffe in *yf f,
num. 5, ey in ^y, num. 12, e mi contento di rimandare ai sin-
goli numeri per l'assimilazione a...6 (specialmente ar...<{), e anche
a^.M-t num. 92, 104, forse i..A, ma sicuramente ì,.Aj. e i...»-,
num. 89, u...& num. 91, U...dJi num. 90. Qualche altro esempio :
bandstra cestone, con ' benna ', kaHastrui^ giovinetto tarchiato,
se è * canestrone ', atrasA attrezzare; bèlu budello num. 103;
pimpinèlla specie d'erba; sObUtu (ma subiU> fogl., grlb, comm.)
num. 90. — Di consonanti: àyàrdwa, da iiràndura^ num. 183,
che è però esempio singolare, e lascia sospettare l'influenza
d'altro vocabolo; né è proprio sicuro che il mutamento di n
in r avvenisse nella forma intera, anziché in un tardo *iyAndioa\
poi, ganSfamè num. 160 e cfr. il num. 151; San BeMfiu^ nome
d'una localitìt, ^How num. 182; èuSdÀta^ èHSà num. 169; rehi-
atàf e con assimilazione progressiva il plebeo ìédèu fitto, com-
patto, cfr. il mìlan. siasser ecc., maHèu num. 198, che non sa-
rebbe prudente trarre da un plurale maHèi; — assimilazioni
qualitative: skarlasà num. 218, {à§afMaj num. 190, per -sia?),
^ nimm. 136, ^a, ètmiia, éiiérbwa num. 197, e probabilmente
ffoiù num. 90, §òiéppe num. 99. Per D' C num. 200 : se fraUu è
veramente *frai>ictu, si partirebbe dalla fase frad'zu^ e così
aecTze, donde ^fradiu *sedie. Per D'T num. 214*". — Assimilazione
ArohiTio glottoL ital., XVI. 84
364 Parodi,
di sillabe ; oltre a vymétta e a Vyùvà Inviolata, nome d'una località
(r in- fu preso per la preposizione), da *vyu4tta per «yùf. (p. es. vio-
rette cav. 62), ecc., dove però il v potrebb'essere un semplice estir*
patore d'iato, num. 166, e oltre agli esempi dì ripercussione del n,
num. 181, ricordiamo jpria primtàa num. 85, nuie nuskà e anche,
crederei, néspwa, da ^unu-mespUuj num. 184, cifUièbikke prin-
cisbecco.
Dissimilazione. 227. Per ±ara e probabilmente -aràn^ in
±eTa -erà'f num. 88, e così per Jiera conservato, per -£^a, per
-eri; per e...{ num. 97, per t#...< (invece di u...i) num. 101, per
»...ti e anche per »...o (da t}...tì, u...S) num. 102, 108. — Di con-
sonanti: forse rumeUUu num. 147, e vedi inoltre, per r in I,
num. 160, per r in n ib., per r ind (che poi cadde) num. 160**,
per la caduta di r davanti a consonante, ih., e si può aggiun-
gere abrétyu da *arbretifu arbetryu, num. 19, e anche pùvye
num. 150, infine, un po' diverso, il plebeo kutirde; per 2, r in n,
num. 160; poi, per n- in /- num. 175, per la caduta di n da-
vanti a consonante, quando segua altro n, num. 179, e ì'ticco-
ventóse del Cavallo può appartenere qui, benché non sia neces-
sario ammetterlo; infine, Saiìèufi da èafi^tm, num. 92.
Metatesi. 228. Per la metatesi regolare di R^^ num. 161.
Anche depryamà cioè de-per-a-^, num. 89% su cm e pryamówiu
permaloso. — Metatesi di S, num. 173, ma i soli esempi schietti
sono stakka e skukuéù, dove pur non si può escludere l'influenza
del prefisso s-. D' altra parte, skukuéu come vocabolo recente
conta poco o nulla ; e stakka dev'essere sorto nell'unione sintat-
tica iiì'ta-taska, dove concorrevano, a render quasi necessaria la
metatesi , le condizioni piii favorevoli. — Metatesi di grado :
probabilmente in ràbita rapida, che ho sentito da qualche vecchio,
cfr. § 2 B num. 42. — Metatesi reciproca: plebeo deleritu, varma
malva, peggio che plebeo kinólla colonna, fi^rà acc. a fri^
ninnolarsi, padù', maéangià num. 181. E appena da ricordare il
kuMUfiu del num. 34.
Epentesi dell' t. 229. Da -ARIA sempre -dira -cerct -iiéa,
num. 41, 43, 77, come da -ORIA sempre -èira -wtra -uda, num. 66,
Sta4J liguri 865
cfr. 68, e vedi il num. 77 per l'ant. tnaifa. Anche -ARITT dà
'dir» 'ieru -rnUj quando T-u sia rimasto sia per necessità morfo-
logica, come in paifupwcpru, num. 48, sia per altro motivo, come
in éaifu écBu, raifu rcku^ num. 75, ossia la propagginazione è
posteriore alla caduta dell'-u medesimo. Un -atft da -ari in
guaiti gwmy num. 73 ; e per supposti plurali in *-atrì, donde
-air -aif come per supposti plurali in *'dirif vedi num. 74**. Nei
plurali in -dm -tin» {-éni -uni) Vi si propaggina, donde *'aim e
poi -aia -fA, *-ifi»ì e poi -irón, § 2 B num. 44 (ofr. 48), e qui
num. 42, 48, 76. Si propaggina pure nei plurali in -anti -andi :
ma ora, se si lasci da parte il contadinesco fwéfUi (e ftoHtu)
num. 43, resta solo gr^i o, apocopatOi gr^ (anche al femm.
greikde)i esempi arcaici tenti tanti (e atre tmitt) fogl. 38, 95,
cav. 43, cwi imi^àtH grlb 13, 69 (cfr. tenie fogl. 48, cav. 41,
grlb 4, 85, e tenlta grlb 17, 50), quenti fogl. 85. Anche epoento
spanto, num. 43, 193, potrebbe andar qui, per via di spainti,
ma non è certo. Cfr. i numeri citati, specialmente § 2 B num. 44.
— D'altro tipo, oltre a mayn^a^ num. 4, è il difficile riena^
num. 177, da ràyna Vdnya, che è diffusissimo in Liguria nelle
varie forme ràiknya ragna rgaiia. Si direbbe che Vanta si for-
masse troppo tardi per diventare *rafia^ e che -àyna da -anta
rappresenti a Genova lo sviluppo. parallelo a quello di zàyra
da -ARIA. Invece *<iilnya, num. 176, è sviluppo tardo, posteriore
alla caduta della dentale intervocalica. — Un notevole esempio
è e-kwceii da s-kwaUti, § 2 B num. 95, che non pare risalga più
là del secolo XYI: è, si può dire, l'unico esempio genovese del
fenomeno, comunissimo anche in Liguria, nella Riviera occiden-
tale, pel quale dallo i si sviluppa un i ; ma pel genovese bisogna
senza dubbio tener conto di tutta la finale -di. Talvolta udii nella
plebe anche pgceify P^i^ py^fy piacere, e qui, dove manca T-t
finale, abbiamo invece come coefficente l'-t- che precede della sil-
laba-yai-. Non mi arrischio a giudicare di un marrio'j^jrfo che ricorre
in comm., a modo d'imprecazione: forse è importato. Finalmente
iiibrycegu da iobryàygu o anzi iHvryàygu^ num. 224, potrebbe anche
provenire da una confusione col suffisso -dygu -ATICU.
{Continua).
89(( C. Salvioni, frinì, hòse,
friul. bòse.
* Nome géhetito di ttrtti gli iiìsetti coléopteri che non hanno
un proprio nome ^ (Pirona 532). — È la stessa voce che il non.
bg, ^ccti coleottero, scarafaggio, che il vaiteli, e tiOi bàu^ Ado-
perato pressappoco come la voce friulana, che il piem. b^,
babóa -itja ^ bruco, bacherozzolo. Il von Éttmayer (Lomb.-lad. 398),
cui son note le forme trentine *, pensa a bacu. Sennonché, tra
1 lombardi, bau dice atche ' diavolo ' e |)uò dirsi in genere d'ogni
essere vivente brutto e schifoso ^. Il piem. bab^a poi s'adopera
anche per * spauracchio ' (v. il Biondelli) ; e ciò ci rioonduoe
a bau-bau^ babau ^^ a una reduplicazione imitativa cioè che va
ben oltre Tambito neo-latino (cfr. il ted. wau-wau orco), e dove
quindi il * baco ' nulla ha da vedere. Bel resto nell'Alta Val-
tellina ^%a pure mamàu coi significati di * insetto ' e di ' babau,
diavolo ', còsi coinè il lucch. babai (pi. di babaó) dice * pidocchi '.
Nel friulano, venutosi, come nel piem., a una Voce feminina,
all'aggiunzione cioè di un -a {-e) a bo, sorgeva un iato die
venne colmato mediante un i (v. qui sopra a p. 326). Ma in
questo caso, la spinta da cui era promosso il s mi par ben
chiara; essa era data immediatamente dai derivati di io, bue,
che sono boéatt -éoìi (v. qui addietro a p. 237 n.), nei quali il s
(cfr. ancora l'itnol. bosUt) ha per punto di partenza dei dimi-
nutivi come ^bo[ìn\eéUo '-ofno; cfr* Od&rao *Ovi'^ Opitefgium, da
una paxte, e dall'altra, il tosOé bucMò (onde |k>ì buciacehio pie*-
colo bue), cine ha la sua esatta corrispondenza alto-italiana (-e- < è)
nel v'en. bosélo giovenco (Patriarchi) ^.
1
^ Per j che tolga Tibio pur tra rocall di cui nesErana sia palatina, cfr.
ancora il borm. ajóst * a- osto * agosto, i trent. vajon callaia (tenes. vaón
' guadóhe *), bojdr (ali. a boar) boaro, dove però potrebbe sentirsi l^ant. piar.
•&;, l'alb. rója raoisw
^ Tra le quali c*è zbQvOj cbe il von Ettm., ib. 404, vorrebbe derivar dal
tedesco, ma che a me ripugna staccare da bq ecc. Per 11 t;, cfr. fovo ali. a
fou faggio, ni. i\)t7Q =^ PAOu, allegati dallo stesso von E., e ai quali si può
aggiungere qvèn alno, cioè *q'un (cfr. aun)\ e v. sempre il von Ettm., o. e, 400.
' Il berg4 ha hobò spettro,* larva; voce ohe, dereduplicata e fatta femmi-
nile snlla norma di bùna contrapposto al masc. hu (v. Studi di fil. rom. VII
216), si rivede nel bòna, scarafaggio, di Val S. Martino.
* Acòanto b far bau dow, il Vocab. accoglie anche far baco baco. Vi
si sente, se mal non m'appongo, il toscano nella cui pronuncia baco dive-
niva bao.
'^ Si può anche pensare a 'bOckliìU forma collaterale a bucflu, e una dif-
ficoltà non sorgerebbe certo dall'o di boselo ecc. Cfr. il lucch. bucino cosi
dichiarato dal Nlbri e ddl Pieri, XV 144, St. di fil. rom. IX 728.
C. SALviom.
ETIMOLOGIE
DI
GIUS. TID0S8ICH.
legger la vita biasimare.
E frase accolta appena dai vocabolaristi più moderni, mentre
manca nella vecchia Crusca, nel Tramater, nel Tommaseo-Bel-
lini, e sin nel Fanfanf. Secondo il Petrocchi, che la registra
senza osservazione alcuna, vale * dir male di qualcheduno, rac-
contarne le cattive azioni „; ugualmente secondo il Rigutini:
* manifestar le magagne di qc. ,. Ma il compianto lessicografo
toscano annotava: * Non è modo toscano, ed è senza l'autorità
di buoni scrittori ,. Pur nel Diz. it.-ted., la munisce coU'asterisco
delle voci esotiche ; qui però è tradotta quasi valga * biasimare j, .
E questo è certo il significato piti comune, e certo è pure che
la frase ha invaso la Toscana provenendo dall'Alta Italia. Ma
neromanco in questi dialetti — dato il silenzio dei vocabolari e
la sua giovinezza — essa pare indigena. — Ricercandone Torì-
gine, tosto ricorre alla memoria la frase tedesca die Leviten lesen,
che non ha diverso significato (v. Rigutini-Bulle) e donde po-
trebbe venire per equivoco la nostra, aggiungendosi ai noti * gal-
licismi lievemente dissimulati » di cui v. il Salvioni nella Miscel-
lanea Ros8Ì-Teis%
La frase tedesca occorre già nel sec. XVI e prima, e la sua
genuinità è assodata da espressioni parallele, cfr. Grìmm a. v.
leni leetion lesen. Era uso tm oonventi che il priore a malfcBtino
leggesse on brano della Bibbia, e piti spesso del Levitieo, fa-
cendovi seguire esortazioni e ammoni^doni ai monaci; v. Heyse,
FremdwOrterbuch " e V Enciclopedia del Brockhaus alla voce
Lerit. Espressioni simili ebbe ed ha il francese, e vedine il
Dici. gén. s. ' chapitrer '; ma niente cbe faocia al «aso nostro.
368 Vidossich, Etimologie.
Milziade.
Par .che sia da aggiungere ai casi studiati dal Salvioni, qui
sopra a p. 161 ^ Un dubbio però può sorgere pensando all'an-
tica pronunzia MiUiadés, dove poteva avvenire l'assibilazione,
propagatasi poi anche in altre condizioni d'accento.
Yen. ^kàjo ascella.
Fu ricondotto dal MussalBa, Beitrag. 99, a '^'scapulu, né gli
mancarono valorosi difensori; v. Ascoli XV 402. Se ne awan*
taggiarono poi i paladini del gemello suo scopulu i^co^^io.
Ma poiché questo è sospetto assai (v. D'Ovidio XIII 361 sgg.),
è pur lecito rivocare in dubbio la schiettezza dell'altro. Andrà
piuttosto messo insieme col greco ^aax<S^n} di cui riterrem ca-
duta la sillaba iniziale. Per analoghi esempi, v. la copiosa lista
del Salvioni nella Misceli., Rossi-Teiss, 404, Ro. XXXI 287, e,
più recentemente, *matós : tos Boll. st. d. Sv. it. XXV 101 ; si
confrontino ancora mucina éXeimoauvr), tófia àneTÓvia Zts.XXYSOl.
Poteva uno *8kali esser senz' altro rifoggiato in skaliu per
l'azione di casi dove -iu concorresse colla forma apocopata -i;
ma si può ugualmente pensare a una derivazione (con significato
diminutivo): Maax<ìXiov, ricordando genuculu auricula e
simili. Maax<ìXiov è dato dai vocabolari col significato di
** cestello fatto di virgulti » ; poiché fiaaxaXr] vale anche * vir-
gulto'.
^ [Circa ai casi di -già da -tìaj è notevole anche dcusla ali. a doHa, dativa ;
V. Rezasco e. * dativa*, Nieri, Voc. lucchese, a. * dazia*. Né io sia stato
osservato che non diversa dev'essere la storia di zio^ come lo prova Ho
sp., ecc., Tappolet, Die rom. Verwandtschaftsn. 95. Il quale studioso avrebbe
così ragione di attribuire alla coltura la introduzione di Mo^, Che poi zius
già oompaja in un antico glossario tedesco (v. Diez s. ' zio '), prova quanto
sia antica Terronea lettura di ti '\' voc. come zi. -^ Di analoghi fenomeni,
v. anche Marzolo, Mon. st. II 411. — S.].
Vido88Ìch, Eiiin.; Salvioni, Etim. 899
Yen. zolo {azolar Beitrag 31).
Alle numerose voci appartenenti a questa famiglia raccolte
dal Mussafia, sarebbe difficile aggiungerne delle altre. Non però
conveniamo nella derivazione da ansula messa innanzi dallo
Schneller, cui s'oppongono troppo gravi difficoltà di ordine fo-
netico, n Ferrari, s. 'allacciare', proponendo collaqueare,
forse intravide la vera etimologia; la quale è laqueolu (cfr.
lacciuolo) laqueolare. Dell'aferesi, qui agevole e piana, par
inutile dar esempi.
■» »
engad. brievler brulicare.
E hriflaer nel Biveroni, briglar in Val Monastero, ^clar nella
Bassa Engadina^ Come lo provano i sinonimi posch. brigolà,
bormino brigolfr, siamo alla stessa base dell'it. brulicare. Ma ha
avuto luogo una metatesi reciproca tra le vocali delle due prime
sillabe e tra le consonanti della seconda e terza, due metatesi
che, nella base senza r, si rivedono nell'alto mil. bigolà (Gherub. Y)
brulicare, nel trevigl. bigóUre brulichìo.
viveron. sic indi scendere.
Vedi Nigra, Mise. Ascoli 252, e cfr. daskftnd -skandù ib. 259.
— Si spiega nel miglior modo coU'ammettere la esistenza fino
a epoca tarda di scandIrb, e quindi di composti recenti come
*descanderey ecc., venuti poi a commescersi, per gli effetti della
vocale, coi riflessi di descenderb, ecc.
Una analoga dichiarazione par mi che voglia il friul. frèmi
schiacciare ' frangere ' '.
lomb. ìAga fuliggine.
Nel voi. XXIII, p. 530, della Zst. f. rom. phil., si paragonava
questa voce (cui ora posso aggiungere dalla Valsassina una forma
^ hridar parrebbe stare a hrigì^r come briflaer a brievler. Il Pallioppi
annota tuttavìa nn prìelar, che potrebbe accennare a una etimologia diversa.
' Ba tuttavia allato a sé sfrènzi^ onde si può pensare al s- venuto a
sparire.
870 C. SaWioni, Etimologie.
senza il S : sùggie) col frane, suie, concludendone che solo una
base con -aiA poteva render r^ione insieme e della voce lom-
barda e della francese. Ciò piacque al compianto Paris (Romania
XXIX 136), il quale quindi postula un '*'su£^ia ancora inesplicato.
L'Homing (Zst. XXIY 557) non vuol però convenire in tale
conclusione, per cui andrebbe travolta la base sOcida da lui
proposta ; e, non potendosi d'altra banda escludere che la voce
francese e la lombarda sian da consid^:are a una sola stregua, si
chiede se questa non sia tolta a prestito dal provenzale {sudàjfo),
o se non rappresenti una particolar risoluzione lombarda di
suGiDA, paragonabile, p. es., a quella per susta, che c'è nel vie.
lana stisia (berg. lana del sose) ^. Ora le due possibilità son da
eccepire. Non vedo da una parte la via per cui una voce della
moderna Provenza, — e questa voce!, — abbia potuto penetrare
in luoghi remoti di Lombardia; dall'altra debbo escludere, allo
stato attuale delle conoscenze nostre, che per nessuna via sDcida
abbia potuto dar Suga eca a qualsiasi varietà lombarda. Un
sUsia non si sarebbe punto alterato o tuttalpiù avrebbe dato
*siiéa, e quanto all'equiparare èitga a ' sozza ', le difficoltà sorgon
da ogni parte gravissime. Anche l'invocazione di marS marcio,
ranS rancido, non condurrebbe a nulla, a prescinder pure dalle
diverse e malsicure dichiarazioni che di tali esempi si possan
fornire. Poiché qui il prodotto di -cId- è una sorda (cfr. il fem.
marèa rànèa), mentre in èit^a è una sonora.
Se ora pensiamo al sugia che da glossari ha rilevato il Meyer-
Lubke (Erìt. Jahresb. II 69) e che allega anche il Paris, L e,
e insieme si tien presente il celt. *sudia proposto dal Thur-
neysen (Zst. XXIV 428-9), troveremo la proposta ben conve-
niente, -DÌA e -GIÀ ben equivalendosi ne' loro risultati finali.
Andrà quindi ricercato come e perchè divergano le forme dia-
lettali francesi allegate dall' Horning.
* Negli Statuti mantovani pubblicati dal d*Arco (IV rubr. 11) c'è pure il
latinizzato lane suzie (genit.).
C. Salvioni.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Zaukeb Ad., Die romanischen Namen der Korperteile, Eine ano-
masiologische Studie (Erlangen 1902. — Estr. dalle " Roma^
niflche Forschungen »)•
Dopo che il Tappolet ebbe con tanta fortuna ricercate le denominaaioni
romanae dei ooncetti relativi ai rapporti di parentela, era TiTamente da
aspettarli* da anguarti che altri, battendo la stetaa Tia, ci ammaaniete
analoghe indagini in ordine ad altri gruppi di conoetti tra di loro affini;
e arrecaaae così nnovi contribnti alla im^masiologia (la felice parola è
dello Z.), alla Bcienza cioè ohe si propone di investigare, non il modo
come evolva la eignificaùone inerente a un dato vocabolo, bensì di studiare
come un dato concetto ai attni nella parola. £ lo Z. fa appunto oggetto
delle sue meditacioni le parti del corpo umano, o meglio settantanove
concetti relativi a singole parti del corpo.
U lavoro è riuscito. Esso prova nello Z. molta sagacia e maturità di giu-
dizio, informauone laiga, sicuro possesso del metodo^ Ma forse gli nuoeiono
una oerta trasouratena ne* particolari, una certa £rettoloaitfc, i cai effistti
«i notano nella omissione di non poche voci accolte nei ibnti a cui lo Z.
dica di avere attinto, in qualche falsa attribuaione, nella non sempre esatta
riprodusiotte dell'esempio dialettale. Qualche objesione é da muovere anche
ai criteri con cui h scelta la materia. Perchè certe parti del ootpo non sono
studiale? Perchè è omessa la schiena, perchè il cranio, perchè il mal-
leolo? E nello scemere gli elementi ludieri e gergali, quando i fonti non
diano una indicasioae foisnale, quale norma è stata segnila? Lo Z. non ce
lo diee; ma io vedo omesse delle voci dei fonti, forse appunto perchè lo
Z. le giudicava Indicre o gergali, e viceversa ne vedo ammesse altre il cui
carattere schenoso non fa dubbio. Quanto ai fonti stessi, non sempre sono
essi allegati sotto le giuste rubriche; cosi Pavia e Voghera figuran sotto
* Lombardia * invece d*es8ere assegnate all'Emilia; i fonti ticinesi, valtelli-
nesi, valsassini, e persino i valsesìani, compajon sotto 'Bergamo*; la ru-
brica * Marche e Roma * accoglie anche i fonti umbri e alatrini. Noto infine
che è attribuito al Pieri il lavoro dello Zingarelli sul dial. di Cerignola, al
372 Rassegna bibliografica.
Flechia quello dell* Ascoli sul ligure, e al Goamerio quello del De Gregorio
sui gallo-italici di Sicilia.
Seguono qui le aggiunte e osservazioni che m*è avvenuto di fare per i
territori italiani e ladini.
1. Corpo. Anche in Lombardia B*adoperano biUt e vita nel significato di
'busto* taglia. — 8. Midolla. Circa ai rapporti tra 'molle* e 'midolla*,
è istruttivo il mil. m^l mollica, che potrebbe al postutto rappresentare
^me-g'l *medolj ma anche essere il prodotto di mài -f" nidi/la^ il che io credo
più probabile. Ma e una strana illusione quella che al Z. fa veder Tinfluenza
di mòlle nel mil. mioUa (1. Y-X nel Mul. medÒle (cfr. góle gola, ecc. Pir.).
mignola a Treviglio ; né vorrei affermare che voglia la stessa dichiarazione
che il savoj. megnolla. Potrebbe trattarsi o di mijÓla in mifi' o delFincontro
di mióla e di gncHa, Circa a mèda ecc. (ofr. anche borm. m^i4a), io insisto
nella dichiarazione che n*era data in Postille s. * betùla * in nota; e cfr.
médolat a Erto, Gartner, Zst. XVI 382, che fa il bel pi^o col lomb. bédola
•dra. Le diverse forme gfrigioni che moBtrano «, devon questo a mez, miez
mezzo *. Curioso il lucch. migrolla. — 4. Tendine. Non parmi che basti
^nerviu a spiegare il mil. gnerv. — 6. Sangue. La base sanguine pur nel
lugan. ienguin Asooli I 269. — 7. Carne. Un kdmja ho io da Vaprio. —
8. Pelle. Sic. ctUi la pelle umana, sard. cudia -tis cute, pellicola, piem. cu
cotenna, Flechia III 135 n., dove h detto trattarsi di cìStb, e dove si ra-
giona anche di *cùtìca, da cui sono il tose, cuticagna collottola, e il vie.
coéssa onde qui sopra a p. 295. Altri derivati : nap. còtena cotenna, cotogna
cuticagna, cotenna, lemhrana * membrana * qui sopra a p. 808. A. pavese
mare ' madre * Misceli. Rossi-Teis 409. — 9. Testa. I monf. cab» eapuda s'ap-
palesan per il b risp. p, nonché perii e, come voci non indigene. Stupisce
anche Vu (9) di fronte bIVò di capoccia, caboche, eco. Il lomb. crapa andrà
col grig., vaiteli, crap sasso, roccia e si paragona pel senso a còccia testa,
che, come voce volgare» è anche del Voc. it. E crapa dice in primo luogo
'testa dura*^. Per il pontiron. pjat, si può pensare ai 'cocci del piatto *;
ma anche si pensa a un paragone del capo calvo o del teschio con una
cosa ' liscia *, onde * piana *, quindi ' piatta '. — 10. Fronte. Il valbedr. itél
è voce ohe provien dalla pastorizia. È cioè chiamato it^ quel bovino che
ha una macchia bianca, una ' stella ', nel mezzo della fronte. La voce è ^oi
* Infatti, come mi è detto dairHuonder, qualche testo ha misfuogl,
^ Può del resto anche supporsi che esistesse un crap o crapa * coccio
scodella ,. Lo si può inferire dalFa versi clap cogli stessi significati di crap,
e cioè di ' balza sassosa *, di * scodella *, di * coccio * (v. il Monti s. * clap *
e ' oiap *). V. ancora Lorck, 167.
.j
Rassegna bibliografica. 878
passata a dir ' fronte * prima certo ne* bovini e nelle bestie, poi nelFuomo.
— 12. Narici. Bellnn. 9nare e «A-, di cai v. qui sopra a pag. 825. Il lomb.
e com. narU dice solo 'moccio* e dipende da ^narleulu (cfr. yen. ana-
rochio id.) non da harIce, come non ne dipende il vaiteli, nartt, mentre
yi risale Ta. trent ris Zst. XXIV 889. Circa a ' bachi del naso *, v. qui sopra
a pag. 292. Cnriose voci ha la Sardegna, che non so perchè il Z. non abbia
registrate: logad. meamos e mermoa; campid. edrigaa; gallar, tivi; e allato
a pinnaa s* ha il sett. penni (Spano, Voc. it. -sardo s. ' nare *). — 14. Pupilla.
A. trent. luaiola de Vocio Zst. XXIV 889. Lacch., sien. lumitiéUa. £ y. anche
Marzolo, Mon. storici ecc. I 266-7. Circa ai continuatori della base latina
PUPILLA, é popolare il nap. pepella, — 16. Sopbacciglio. A. trent. aora^eo
Zst. XXIV 889. Borgotar. aègna (piar. n.). Il vie. aidia è la voce ital. con l
risolto in Ij e qaesto Ij confuso con quello de* parecchi esempi veneti in cui
Ij è da dj (remielio rimedio, ecc.) ; e quanto al trent. a^de, esso non è isolato,
e. y. qui sopra a pag. 296 n. — 16. Palpkbba. papedra Zst. XXIY 889, lucch.
palperdla, péecioìa a Città di Castello (v. Zauner 44) dove io vedrei un
*papécciola. Delle forme italiane con -6r- nessuna è popolare, come non è
popolare il parm. parp^U. — 17. Lappola. Monf. aéjja cioè ' seta *, setola.
— 19. Labbro. Si può chiedere se Ta. it. 4aòòta, faccia, dipenda dal pi.
neutro labia o dal fem. LABLà. Circa al gen. lèrfi borgotar. lerfi, blen.
lefrBt ecc. v. qui sopra a pag. 174. la rigne è voce della Valsassina, non
d*Arbedo. — 20. Dbmtb. Nel mil. rust. : diné^ diob la forma di plurale estesa
senz'altro al singolare. Quanto al genere, il femin. era anche a Treviso, e v. qui
sopra a pag. 299. — Una creazione nuova h il posch. dadi (Monti) *elavùt, da
cLAyA, q. il ' pezzettino di legno * (cfr. il mescle. <S(i^'2r fuscello; e v. qui sotto, al
num. 46). — 28. Gbhoiva. Basso-eng. lanaehiva, lì piem. aanaiva va letto aankiva,
non y*ha quindi nessun mutamento dì articolazione, zonzta anche a Parma. —
24. Palato. A. pava. volto della bocca Mag. Il 80^. — 26. Ugola. Il bellinz.
UWguUa si spiega da *i£gra^=^U*gora (-^ normalmente in r), onde ^U'rga
fatto nuovam. diminutivo. — Per il veron. lu- lochela, cfr. il vie. ochela de
la gola ugola, e ochela parlantina, bellun. ochela ugola e parlantina, ven.
ochUa parlantina, ochelàr gridare, schiamazzare. Dal dotto loquela, come
propende a credere il Boerio, intendendosi I*' ugola* come la sede della
voce? — 26. Mascblla. Di ganga ecc., v. Rendic. Ist.lomb. S. Il, voi. XXXYI
608 n., e nello stesso Z. a pag. 58. NelFa. trent. (Zst. XXIV 889) è un cu-
rioso ganfobla =s mahoibula, che par accennare a questa base latina com-
mista a ' guancia * e a ' ganascia *. V d di * ganascia * compar poi come Q
neiralta Engadina [gianoacia) e nel chiavennasco {ganó^a), né si tratta di
una corrispondenza normale. — Circa ai riflessi di maacélla si ricordi il
reat. vaèceUa Misceli. Ascoli 98 n. — 27. Guancia. Tra le diverse forme
corrispondenti a *gota*, cfr. ancora i ven. gaUa, e guaita, nella quale ul-
874 B«9segna bibliografica»
tima 0*è immesso ' guancia *. Di guancia ^cc, v. poi Reudic. Ist lopib., 1. e.
608-9^* Piem. ciafSla -fèria guancia (con 'schiaffo *?) Di «n probabile mdlon
(11=^1) guancia, v, Dell^ant. dial. dial, pav», gloss,, e Parodi XY $8. —
28. MvHTo. montiamolo anche nel vie, moderno* né vedo la necessità di ri-
correre a ' monte \ per dichiarare V o della prima sillabar Luceh. hagiora
•oiQ- 'ggìQ- mento prominente; e quanto al lomb» g^ il traslato eh* io vi
suppongo (v. Mise, Asc. 86) avrebbe bel conforto dal lucch- aann^ sasso spor-
gente in fuori dal luogo dove ^ piantato. V. invece Nigra Ro. X%Xl 5^,
Zst. XX Vili 5« Il grig. misun non è altro che ' musone * muso; m4soH mnso,
ricorre anche nelle Alpi ticinesi. Per barbozz, eh, il vie. barbotfza mento
del cavallo. — È per una svista di lettura che il Z. attribuisce baiiia (it.)
al dial. di Arbedo. II. Gloss. del Pellandixd ha ' baslHa baz^*. — 3L Gajpbllo.
Una confusione di -èlio con -èlio par aver»!, almeno nel plurale, in varietà
venete, e v. qui sopra a pag. 252 n. ; cavi è di tutta Talta valle del Ticino,
e a un plurale accenna, insieme ai derivati scapigliare^ ven. coPfgéra, ecc.,
anche Ta» trent. lo caveil 2st. XXIV 399p II vie. cavegio (da cavegi) ha valor
collettivo. Bicordo anche il bellun. plur. cavile *le capella* (cfr. le crina).
Il sillan. óuff§ altro non è che Tital. ciuffo, lomb. zUf (cfr. 0$fo «v^sineiput,
Zst. XXIV 389), di cui v. Kt^ 9595, 10462. — 32. Qbscoeia. Per la forma
aferetica, cfr. la regia Zst. XXIV 389. — 33. Tbm?ia. la tempia ZsU ib.
Friul. timpli masc. Campid. memoria», e ciò valga a spiegare in parte il
logud. fnemho8*, Cfr. mepioria fronte, Zauner22* Circa al traslato poUo, no-
tevole il mescle, boia (campid. burzu polso), che potrebbe ridar qualche
conforto all'etimo die^ùano per Tit. bolso (v, Pieri', Misceli, Ascoli 427). Di
chiocca e del sardo cacca v. Schuchardt, Bom. et II 21, 23. Il sard. maragna
è bene spiegato con ' emicrania * dallo Spano s. ' meràgna *. E Gos*è il monf.
sei? — 34. Cervello. Tra le forme dotte, cfr. pure il sardo ce» zdembru e il
padov. cellbrio, A. sen. ciaravella e davarel Zst. IX 529. Del mil. Hnivéla v. Mise.
Ascoli 89 n., e ora s*usa piuttosto come termine di macellerìa; quanto al
genere, cfr. anche il logud. carvedda. Di chiocca cervello, v. Schucbardt 1. e.
— 36, Nuca. Colottola. Il logud. chervija h cbbvìoula. Per Tert. txópa,
cfr. il trevis. ciópa^ che solo. può essere *c loppa ^còppia. Monta], eicol-
lèttola, anconit. cupieza, e cupih è di tutte le valli ticinesi; luccb- cQp*
patta, Lucch. cuciUiella, anconit* cucuzza. Pi cozza e di nuca, v. Schu-
^ Cogli esempi che si allegan neirarticolo ricordato nel testo, si pub
mandare il messin. f ràscia frasca, da cui non si scompagnerà il sic. frascla
pezzo di legname di costruzione. — Tra i nnll. sia poi ricordato Baaelice
(Benevento), che suppongo sia Base- «^ BasTlicas.
^ Dico in parte. Perchè rimangon la difficoltà del b e quella deir-o#, dato
che, come vuole lo Z., si debba partire da TEurus.
Rastegna bibliografica. S75
cfaardt 1. e. 29. Nell*iiltima vocd h notevole il -1^- (che il Pieri, XII 121,
ritiene a torto primario), di fronte al 'kk' de* dialetti e delle altre forme
romaase. Aneotiii. cavarotza^ con cai andr& fórse (•-n in m-fi?) il lucch.
eoffilnteioni, garf. ffaminòzgoìù. A Città di Gattello: memòria (Magherini-
Graziant), di cai al nnm. 88. Di Héingiu, ▼. Qaamerio, Miic. Asc. 244. ~
S7. FAoa, ecc. Anche i testi pavani hanno piotlaóro -arò gorgotiole. Vie.
modegat fkoci, cho il Boerio però non riconosce se non come termine di ma-
celleria. "^ 88. MtMBto. Nel pavano: UmM membra. — 40. Spalla, armi
spaUe, ho adito da gente d'Antona, fhix. montana del comune di Massa lanense.
^Mfa ecc. (bellinz. gila, monta eatagiolla) non dicongià * spalla*, ma s'adoperan
solo nel modo p&rtd in ^« eco. portare a cavalluccio. E dovesser rappresen-
tare un*antica parola per 'spalla*, non potrebbe in nessun modo esser
questione di juotr, risto che la tonica h q, — AL Ascella. Circa a s^ ecc.
io mi sono sempre chiesto, vista la diffusione in Lombardia di -^'«>-llae,
se non derivi dal plur. mJ. Ma la cosa dovrebb*essere più attentamente
(studiata. A elusone c*b (uetd, che, secondo la trascris. del Tiraboschi, do-
vrebbe leggersi dia. Andrà coi prov. aisto, ecc. o sarà per rìtrazion d*ac*
cento da *a9eia •■ sejaì 11 casal. 9($ia sarebbe mai un termine della sartoria?
A Milano, i sarti chiaman appunto iisja la scalfatura corrispondente alla
spalla e nella quale poi inserìscon la manica. — 42. Gomito. Oùfnbal pur
neirOssola, Rendic. Tst. lomb. S. II, voi. XXX 1514 n. Bellun. comedon St.
di fil. rom. VII 226. — 4S. Maho. Lucch. mam, — mescola nella Race, di
V. rom. e march. — 46. Dito. Supposto pure che il posch. elatigl (io co-
nosco dejt ; e elavU stuzsicadenti) sia una creazione scherzosa, e che lo sia
anche dadi dente, ambedue dipendon tuttavia da clava. Dalle due voci,
derivate da una stessa base, trae poi conforto la dichiarazione che dà il Z.
delfengad. daini dito. Il piem. dil dipende da dilin e qui si tratta ài d-d
dissim. in d'I. — 48. Mignolo, lucch. bigndo (m-/l in 6-A; cfr. hignatta mi')
e pignolo (== hignolo -^-pieeoM), manvén ò %n inuinu (minuere). — 49. Umohia.
oyn, masc., anche nel pesarese. -^ 60. Coscia. Che per galón gar- sia da
postulare eaX- non gar^^ lo prov&n le forme transalpine e cisalpine (levent.
rarogn 1 268) con it-, e il / di galon ecc. che divien -r- solo in quei ter-
ritori dove -/• è volto normalmente in r. Il letter. gallone (ma lucch. ga-
Ione Caix St. HO, gahftte polpacci Pieri XII 129), che il voc. dice voce non
viva, avrà un -{/• inorganico, forse per falsa ricostruzione della voce cisap-
penninica. — Quanto al significato, noto che nel Grisostomo, galon non si-
gnifica già 'coscia* (XII 405, dove ealàh per isbaglio é attribuito alla Le*
ventina) ma ' polpa, parte polposa '. — 62. Gamba, stajòla nella Race, di
voci rom. e march. — 63. Ginocchio. 11 canav. Sun/j non è isolato, e v.
Krit. jahresb. I 1J4: onde, visto anche Vu della 1* sillaba, sarà da ricono-
scervi la metatesi reciproca tra le vocali, metatesi ch*è abbastanza frequente
376 Rassegna bibliografica.
nelle voci di * inginocchiare ' (v. XIV 289, 289 n.), — 64. Rotella, ereseio
gr- cioè il ' crescente * lo ' sporgente \ nella Race, di voci rom. e march. —
55. Polpaccio. Lucch. polpUaceio. Del lucch. galftte^ già ho accennato che
contenga il gal- di galone» — 56. Pibde. In qualche varietà toscana (v. St.
di fìl. rom. VII 192) piedi ò anche singolare. Analogamente, h da ricono-
scere la forma di piar, nel pej, sing. e pi., dell* alta Mesolcina. Circa al
ven. penin, mant. pnin, v. Studi cit. 216 ; si può tuttavia anche chiedere se
non vi si tratti di *pè[d]&- o *pe[d]in(n. Il ci del rum. pidar potrebbe per
avventura spiegare il I o «^ di tanti derivati alto-italiani (Stadi cit. 216 n.;
cfr. ancora il veron. pegatàr tirar calci), i quali però potrebbero anch'essi
dipendere da un *pe[d]iccinOt 'ccitiolot ecc.; cfr. il lucch. pedizzoro, —
58. Caviolia. Si poteva tener conto forse del Mul. 'éadile ecc. (v. qui sopra
a pag. 296 n.), che, per la sua diffusione anche in dialetti che non lascian
cadere il -v, va forse quindi spiegato dalla commistione di caviglia con
un*altra voce. Quale? Circa poi all*alpino canveUa, gli corrispondon gravéla
neirOssola, e garavella nella Sesia. Io ritengo si debba partire da *clavella
passando per *calavella (cfr. bellnn. conostro nottolino = fri. elostri chiavistello
claustbu, che sarà forse dovuto a un dissimilato *cono8trel = *col-<, sopras.
galonda ghianda, nap. gallerò ghiro) dissimilato da una parte in ean- dal-
l'altra in car-. Per la sola forma valses.-ossol., si potrebbe anche pensare a
una dissimilaz. avvenuta già in elavella < *cr: Il nostro da veli a trar-
rebbe poi conforto dal sinon. chióla =■ chióvola^ a Città di Castello. —
60. Dito dbl piede. Per il ' pollice * ricordo quanto dice il D'Ovidio, Xlll
428 n., del nap. àlluce ; cfr. allux nel Georges. — Nell'a. vie. è deela punta
dei piedi, e deèle, sec. il Boerio, dicevan già a Venezia alle dita dei piedi. —
61. Petto. Di ' pettorina \ v. anche qui sopra a pag. 818. Nel Voc. lucch.
del Nieri, Giunte, c'è madrone petto e gola. Avrà avuto prima il significato
di ' stomaco '. — - 62. Mammella, poccia dipende da poceiare^ e questo rap-
presenta un compromesso tra poppare e succiare) v. Giom. St. d. lett. it.
XXVIII 200. Mi pare che una tale spiegazione non iscon venga nemmeno
alle forme di Francia (cfr. fr. sucer). Il posch. struscia dipenderà da struscia
poppare, il qual verbo rifletterà uno *strucciare da confrontarsi col ven.
strucar spremere, Ascoli XIV 838, Nigra XV 282. Nel roman. zinna (cfr.
zinnare poppare) è strano il nn, ma pur potremo considerar la voce come
uno sdoppiamento di zizinna. — 63. Capezzolo. Lucch. eapiticcio. Se burln e
v'rèna (ch'ò dal sic. virina gianduia mammaria) son dallo stesso tema, questo
dovrebbe essere ubeb (v. Post, e N. Post, al Ktg. s. v.). Ma ne dubito. — 67. Pol-
mone. 11 camer. lebbe sarà *leviu. La voce bleniese snonB, pajdsa. — 68. Vbhtrb.
Femminile anche nel Piemonte {la venir neirAìione), neirOssola, sul Lago
d*Orta (Za vrent a Quama, la ventra a Ameno, Orta), e in qualche luo|^o
della Sesia. Quanto a bota e al lomb. botàs, essi andranno piuttosto col
Rassegna bibliografica. 877
venaMk bifftth di cai ▼. Parodi, Romania XXVU 229; • la pronuncia deìVo
di Mo, che né lo Z. né io conosciamo, dovrebbe deeider la qnistione. Del nap.
mairone ▼. qoi sotto al nnm. 75. Di molti altri nomi per ' ventre *, non ha
tenuto conto lo Z. forse perche li ritiene scheivosi o gergali. Ma, p. es., il
com. Uumari$a è registrato dal Monti senza nessuna ossenrasione e lo stesso
▼alga del piem« p»rM, di cui ▼. Ascoli, St. or. e ling.. Ili 802. ^^ 69. Om*
BiuQO. héUko è andie letterario. Nel veron., otnMgolOf Uh, «o-, mo-, hih, lì
m» è dissimilativo di M, il tn- è da «- per assimilasione al snecessivo m o
al 6, e il ^ sarà da m* per dissimilai, dal secondo «•<- o per completa
assimilasione al 6- della seconda sillaba. Dna aguale storia potrebbe avere
il tic hambaniS, tuttavia si può pensare anche a un 6- richiamato dav. a
*umban4g dal ft* deUa successiva sillaba, forse una reduplicadone infantile.
bfgol può spiegarsi meglio da 6;t-^-Bu- (^vmbUcu). Il trev. mugnigcl rap-
presenta un assimilato bugn- (cfr. il frìul. hì$gn\gui). Quanto al per. omìciane,
non ocoor proprio di scorgervi * uomo *; esso altro non h se non *ombjieino
oMÒi- OMi*, con one poi sostituito a -ino, — 70. Culo. Alcuni dei nomi d*orì-
gine schenosa sono ormai cosi passati neiruso comune, che quasi hanno
perso quel carattere: così deretano, eedere, onde, per eufemismo, il lomb.
eédee, tee. Una raccolta di denominazioni romanesche in Belli VI 188. —
71. Naticbs. Per errore, lo Z. cita Milano tra i territori di * natica \ Milano
e la Lombardia non conoscono che édpa o eiUdia, Sarebbe da vedere se
* pacca * e ' chiappa * non rivengan in fondo alla stessa base (pacca o *eappa)
con metatesi reciproca o nell'una o neiraltra. Chiappa si ridurrebbe allora
o a *pakkla *ldappa, ovvero a *kappia ìdappa, — 72. Fegato. V. anche qui
sopra a pagg. 195-6, 801. " 74. Milza, epie^a risale in realtà a ' pelecca *;
nella Yalmaggia il pi primario si riduce a pj, e d'altronde come si spie-
gherebbe, dato 'splene*, la scomparsa del «? Anche nel Friuli c'è rdie.
Trent. emehfa; nap. méoMa méeO'. Il m- lombardo non si spiega per via fo-
netica^ come non si spiega per la stessa via quello di nidalla, mimaa anche in
varietà toscane. — 76. Stomaco. Foneticamente non riesce di spiegare Tao-
cento stoini, ecc., dove lo stesso e prova Tanterior fase ti&mec, che sarà da
^etómteo (cfr. il bellinz. ét^mik), come è mónieo (bellinz. n»t. fnónih sagrestano)
per ' monaco *. — Per il -t del friuL atàmii v. qui sopra a p« 224 n., e di
matrihtifh a pag. 810. — 76. Buoslla. L*emiL inieeiem non è men letterato
del lomb. inUetim, ecc.; la riduzione di -ino a -W è in que* dialetti un caso,
dirò così, di fonetica istintiva, e v'andrebbe soggetto qualunque -/iio s'intro-
ducesse oggi nel dialetto. — uentriera qui sopra a pag. 880. — Citca alle
* viscere ', v. il vago significato di coragia e di marager qui sopra a pagg. 297,
310. entragne è pur del vocab. it e per intraglie, v. XII 409,XIV 210. — 77. Rm.
Nell'a. lodig. c*è la rena, che par accennare a un plur. neutro (cfir. tuttavia
il tose, le reni ali. a le rene). Nel trent. è vad pi. -44, che par dire ' vuoto *.
zie Rassegna bibliografica.
— 78. VnoicA. psia h pur nel Monferratoi ma qui è il prodotto di ena,
che insieme vive, o di *b9ia. Delle forme con ò» ▼. anche qui sopra a pag. 289.
sgofifietta in qualche parte del Ticino. Lnoch. ìfÓH»ora. — 79. Pudcxdb. Per
denominazioni Indicre o gergali del pene, v. il sonetto del Belli, VI 168, e
quello del Porta intitolato Ricchezza del Vocabolari mUanes* Tra i nomi dei
testicoli, anche il lomb. ég'la cioè *hjóla kolja; minchione si risente, nella
desinenza, di coglione, e i due termini troransi insieme alleati nel lomb.
concion Giorn. st. d. lett. it. Vili 418 n. Nella Venezia era ben difesa una
▼oce, forse nò ludiora né gergale, risalente a pabYculi; ▼. qui sopra a p. 815.
C. Salvioni.
GiXTLiANO BoNAzzi, Il Cofidughe di San Pietro di Silìci, Testo lo-
gudorese inedUo dei secoli XLXIII. — Sassari, Cagliari,
Dessi, 1900.
Giuseppe Campus, Fonetica del dialetto logudorese. — Torino,
y. Bona, 1901. — Sulla questione ddV intacco del C latino,
Note ed osservazioni, — Torino, V. Bona, 1901.
Wilhelm Meyeb-Lììbke, Zur Kenntniss des AUlogudoresischen
(estr. dai Resoconti dell' Accademia di Vienna, ci. fii<^Btor.,
volume CXLV, Vienna, 1902).
Delle tre prime pubblicazioni h debito mio render conto e per Timpe^^o
assunto dal nostro Direttore nel precedente fascicolo e per l'importanza
che specialmente la prima ha nel campo degli studi sardi, e ne è prova la
pubblioasdone, che viene quarta neirelenco; essa dalla prima prende ali-
mento, onde insieme con questa mi occorrerà di tenerne parola.
// Condaghe di S, Pietro di SUki non ò che un libro di memorie di nn
convento presso Sassari, in cui si registravano i fatti più notevoli rigxiar-
danti le variazioni patHmoniali del convento, quali donazioni, permute,
compero, divisioni, liti, transazioni e simili. Il codice, che fii conosciuto dal
La Marmerà, dal Fistia, dal Tola, fu sottratto nel 1867, al tempo della
soppressione delle corporazioni religiose, ma, dopo varie vicende, potè essere
assicurato alla Biblioteca Universitaria di Sassari dal Dott. Giuliano Bo-
nazzi, quando ebbe a presiederla e di poi lo diede alle stampe in una splen-
dida edizione, mercè le generose cure del compianto editore Giuseppe Dessi
di Sassari.
Rassegna bibliografica. 879
n ma. membranaceo è attualmente di 125 ce, ma originariamente ne do-
veva comprendere 143. Il B. pensa che la. sua composizione odierna risalga
al sec. XIV; esso consta di cinque parti distinte: a) Frammenti — ò) Con-
daghe di Silki, parte I — e) Condaghe di S, Quirico Sauren — d) Condaghe
di S. Maria di Codrongiano — e) Condaghe di Silhi^ parte IL La scrittura
rivela parecchie mani, forse una trentina, dei secoli XII e XIII, ma le prin-
cipali sono due. La lingua è il pretto logudorese e se i giudizii del B. in-
tomo airetà colgono, come pare, nel vero, è facile comprendere quale te>
«oro egli abbia dischiuso con questi documenti cosi al glottologo come allo
jt tori co.
E da storico com*egIi è il B. premette ai testi un'ampia introduzione, in
cui riprendendo in esame la controversa questione delPorigine dei Giudici
e dei Giudicati della Sardegna, viene a discorrere dei Giudici di Torres,
servendosi delle notizie fornite dal Condaghe e infine tratta di Adelasia e
del Comune di Sassari, tentando di sfatare la leggenda, formatasi intomo
a codesta regina di Torres e a Michel Zanche.
Prescindendo da questi risaltati, che non è nel nostro assunto di esami-
nare, qui gioverà piuttosto notare che la stampa del testo segue il codice
con fedeltà scrupolosa, di modo che si può con sicura coscienza accettarne
la lezione e anche nei pochi casi, in cui è dubbia V interpretazione del co-
dice, il B. dà prova di acutezza e di cautela insieme nelle sue proposte.
Al testo seguono un indice onomastico ed uno toponomastico, che riescono
assai utili e sarebbe parimenti bastato un semplice indice lessicale, con la
n.*lativa traduzione, delle voci per qualsivoglia motivo più notevoli. Invece
il B. ci volle ammannire un vero e proprio glossario, in cui troppo al di
sotto deir impresa appare la preparazione glottologica dell'editore. Sarà fa-
cile ai compagni di studio rilevarne le gravi inesattezze e deficienze, onde
non è il caso di fame un minuto esame, tanto più che tutto quello, e non
è poco, che si poteva spremere dai preziosi testi, Tha spremuto magistral-
mente nella sopra addotta memoria il Meyer-LiJbke, a cui mi richiamerò
spesso in questi appunti, con la sigla M.L. alg., seguita dal numero delle
pagine dell'estratto.
Un preconcetto fa velo, il più delle volte, al giudizio etimologico del B.
Siccome egli ritiene, e forse giustamente, che i Bizantini abbiano esercitato
un notevole influsso sull'ordinamento amministrativo dell'isola, così egli
pensa che il segreto di parecchie voci oscure dell'antico logudorese ci sia
svelato da quell'influsso e che di origine greca siano pertanto molti voca-
boli, che invece continuano regolarmente basi latine. Così, p. es., il B. con-
nette affiiscare * chiudere * con qpXià * chiudenda ', senza tener conto, fm
altro, del nesso ^sca-^ che poteva dar lume, cfr. infatti il M.-L. alg. 64, che
lo riconduce a fistula; — deriva atha od. atta o azza 'schiena, pendio di
Archivio glottol. ital., XVI. 25
880 Rassegna bibliografica.
monte *, da àKTf), che avrebbe potuto con altro accento dare cUtOt ma non
(izzaf perchè lo scambiarsi vicendevole di -tt- ('th') e di -zz^ è proprio di
un nesso assibilato, proveniente da t jotizzato; — in buiakesu, che sotto
tante e cosi svariate forme ci si presenta nelle antiche carte, vede nu\i\
* porta \ perchè quelli erano anche guardie delle porte, mentre non è pro-
babilmente che un derivato da nome di paese, come riconobbe il Zanar-
delli, cfr. M.-L. alg. 51 ; — trae enìu * celibe nubile * da AviiPoq, senza dar
ragione dellV in «, e invece continuerà 'genius per ingenuus, M.-L.
alg. 60; — connette farga e fargala con qpapxi^ 'ruga solco* e pensa in-
sieme che forse sono da identificarsi con hargala^ la qual voce spiega poi con
ver vago e manda con Tod. arvada *vomero* harhatare 'dissodare il ter-
reno ' : targala, fargala e farga sono di certo un' identica voce, ma e il si-
gnificato e Torìgine ne sono rimaste oscure anche al M.*L. alg. 57. A me
pare si rilevi dagli esempi in cui la voce occorre, che si tratti di un og-
getto, di una cosa, ma non s'intende quale; non esprime una misura ne
una quantità, perchè non è susseguita da alcun termine di specificazione;
al § 250 si parla di un tale che ha comperato 2 soldi di vigna e diede in
pagamento 1 bargcUa et 1 sollu de pannu, e al § 346 diede 1 bargala e
XXX moios de labore, ecc., e al § 87 un cavallo domito e 1 fargala e li
8oUo8 de pannu, ecc. — Per spiegare jaca * cancello ' ricorre a bidrui e già
il M.-L., Einfùhrung 248, cfr. Arch. IX, 499, ne additava l'etimo nella base
longobardica gahagi; ed altre ed altre ancora, mentre di voci greche pecu-
liari al testo il M.-L. alg. 55-56, non ne registra che pochissime, cahaUare,
candake, iit^tca, veatare, oltre timangia ' incenso ' da 6u|Li(a|Lia ibidem, 36 e
forse anche paniiu * schiera ' da irdv €lXri, ibid., 61, i quali tutti, tranne il
primo, erano giustamente classificati dal B.
Ecco ora qualche altra postilla fra quelle fatte sul margine del glossario :
accatai non da acaptare, ma da adcaptare; — affersit non da af-
fé r re, ma da offerre con mutazione di prefisso; — argenthola de Unti
non ha a che fare con Tod. azzola ^matassa', questo è regolarissimo di-
minutivo di a e i a e l'altro non può essere che un diminutivo di argentu
e molto probabilmente s'appone al vero il M.-L. alg. 57 leggendo hinu in
luogo di linu e intendendo argenthola come un recipiente, una specie di bic-
chiere ; — giudica bene haecone * prosciutto ', come voce straniera e sarà di
provenienza germanica, ma per via indiretta, M.-L. alg. 56 ; — manda giu-
stamente bardones e uardones con l'od. bardolu * pezzetto ' bardone * pezzo
grande ', che sono da quadrone, M.-L. alg. 24 ; — è senza spiegazione
barretta 338 e uarrellu 146, di cui tace anche il M.-L., nel primo caso è
detto : deindéli X berbekea et, j. barrellu de pesentinu; nel secondo : deindeli
j libra d^ argentu,,, et aiunsili, j. uarrellu, ca mi fekit voluntate, ecc. Il p€-
sentinu ricorre anche negli Statuti sassaresi, Arch. XIV, 122, ed è certo una
Rassegna biblìogra6ca. 381
ì»pecie di pannolano, e in barrellu o uarrellu io vedrei un esito deirital. guar-
nfllo, con la labializzazione di gua- e Tassimilazione di -m- in 'rr* che è in
carraie, forrieare e sim.; — hattorpedia vale secondo il B. 'designazione
collettiva di servi pedati, cioè posseduti solo per un quarto o piede *. Anche
il M.-L. alg. 57» dubita di questa interpretazione : la parola ripete il latino
<]oattuorpedia, che trova riscontri in altre lingue romanze e pensa
che verisimilmente qui indichi un usufrutto, ohe si può aspettare in una
numerazione dopo la casa e i fondi. Io, al contrario, sarei d^avviso che qui
>ia osata nella sua schietta accezione di ' quattropiedì * cioè * quadrupedi * e
significhi il bestiame annesso ai fondi, che si enumera dopo le case, i servi, i
pascoli, i campi e le vigne; cfr. p. es. il §S56, dove si legge che deve avere
S. Pietro: omnia kafUu aueat, et terras et binias, et cortes et salto» et homines
et battar pedia, et omnia kantu aueat; — il nome di persona Bolorike sarà da
correggere in Bo6orii(r«, cfr. nuorese od. Bobore, diminutivo di Salvatore; —
in borthe il B. vede un bell'esempio di forma nominativale, da p o r t i o, al-
r incontro il M.-L. alg. 71 dimostra che si tratta di una congiunzione tratta da
potior per potius; — interpreta bene ram|Niftta con Hransazione, accomo-
damento* ed è curioso l'avvicinamento fatto dal M.-L. alg. 58 a campana
nel senso di ' stadera, bilancia * ; — annota giustamente eatriclas metatesi di
craticnla, ma perchè aggiunge 'oppure da trichila pergolato*? questo
riesce legittimamente a tricla od. trija, ma non mai a catricla; — alFarticolo
kersa è da togliere il punto interrogativo, perchè è proprio l'od. kessa * lenti-
schio * e a murikersa corrisponde Tod. fnorigessa moruscelsa; — non ha
a che fare keruere querere in Ar«r6iWia, che è diminutivo di cervix -cis
e pel significato 'potere potestà* v. M.-L. alg. 59; — per eotina collettivo
in 'ina, col derivato cotinatha 188, 316, cfr. Arch. XIII 117 e Tod. codina
* luogo arido pieno di pietre*; — la spiegazione di cunde ' seco lui *, che
ritoma insieme con cundos negli Statuti sassaresi, è nella Romania, XXXI 590;
— interpreta cunduri {et. j. cunduri de rocca nobu muierile ecc.), per sug-
<?enmento del Dessi, * arcolajo *; meglio il M.-L. alg. 75 che 1* intende come
una speciale calzatura femminile d'origine turchesca, ma rocca non ha più
senso e bisogna supporre che sia scritta erroneamente: — sta bene ^ro da
i t e r n m, ma Ve per t tonico è dovuto a commistione con altra voce, come
ben rileva il M.-L. alg. 68; — forkiìlos nello stesso valore di 'crocevia 'è
])are degli Statuti sassaresi Arch. XIII 118; — gisterru, che è lasciato
senza traduzione, trova riscontro nel camp. od. gisterra da cisterna; —
anche iseusoria è registrato senza significato; aggiunto ad ^fiAv sarà un de-
rivato da exc utero 'scuotere*, cfr. log. oA, iseutinare iscuzinare si. 9\^\t.\
— per ispenttitnatu da ispentumnre è da vedere Arch. XIV 400 s. penta \ —
inpiiare pare che voglia dire * riconciliare aggiustare ', il M.-L. alg. 65 pensa
a espiare, ma il doppio ti vi contrasta a^isolutamente; si tratterà invece
382 Rassegna bibliografica.
di ezplicare ridotto per metatesi a *ez-p i e 1 a r e con Tesito di -ci- che
e in veione M.-L. alg. 31 e corrisponderà al log. od ispijare. Anche il senso
* spiegare, risolvere ', toma bene al contesto; — isheeatu non ha a che fare
con askeciu e le altre voci studiate nell'Arch. XIV 388, qui pare un peggiorativo
di cacatus, così anche il M.-L. alg. 62; — istrumare * sciogliere* richiama
Tod. log. iatr amare 'abortire*, ma non può spiegarsi con exterminare,
come crede il B.; c*é anche il log. od. istruminzu, ma questo ben corrisponde
a ezterminiu, mentre istrumare potrebbe secondo il M.-L. alg. 65 e 18
desumersi da estremare, come Tit. stretnare; — per iumpare, od. gium-
pare * saltare ', che il M.-L. alg. 56 riconduce a voce germanica, cfr. Nigra
Arch. XV 487 e aggiungi il valtellinese zuvnpà * saltare ballare * ; — il B.
dà a larga, largare il senso di ' furto, rubare *, derivandoli da latricare,
ma il concetto che è in largu allargare pare basti a indicare Testendersi
al di là del diritto, quindi * commettere violazioni, usurpazioni * e di questo
avviso è pure il M.-L. alg. 65 ; del resto anche nella Carta de Logu si usano
larga e fura nel senso di ' grassazione e furto * ; — è da aggiungersi libida
311, pure sfuggito al M.-L., (assu monticlu desa'iscopa libido), che dovrebbe
corrispondere a liquida come ahUa ad aquila, ma non è ben chiaro
il significato; — liuctstrina detto della pelle é certo per ulivastrina; — il
B. vede in Locudore un 1 o cu-t u r r i s, ma non si spiega lo scempiamente
del -rr-f che occorre già in antico, come lo prova la frase in rennu qui di-
citur ore delle carte più antiche del Condaghe; — a tuaiolariu da majale
'capo dei servi, dei porcari*, fa riscontro il camp. od. tnaiolu * servo'; —
mesinu non da m e s s i s * mietitura ', ma diminutivo di tnesu m e d i u, voce
accattata; cfr. M.-L. alg. 56 ed è confermato dal log. od., come tantosto
vedremo ; — in parthone si commescono parte e portione, cfr. fr.
pardon M.-L. alg. 61 ; — di pereontare v. Aroh. XllI 122 e Jahresb. II 105;
— e cosi di peaentinu Arch. ibid.: — non pub essere assolutamente petha
da bestia, anzitutto 'Stjr- è ben altra cosa di -st- e tkurpu 413 non sarà
altro che t u r p i s con avvicinamento a thoppu, corrispondente alPit. zoppo;
petha non è che *petia Arch. XllI 122 e cfr. petholu 54 'pezzetto*; —
* pintana bel riflesso di quintana; — è da aggiungere priga 4 (funtana) me-
tatesi di pigra, cui corrisponde il camp. od. priu per *prigu con caduta
del g; — ruclat * attraversa ', non da e r u e e, ma da rotulare, come
anche negli Statuti sass.; — thaneas 'zanche gambe*, tal quale nel tardo
lat. zanca, Tigr. tUtI^* àa voce persiana, M.-L. alg. 22; — thirricas de casu
' forme di cacio a treccia *, non già da e i r r u s, ma piuttosto dal greco
Tpixa lat. trichea * treccia ', v. Romania, XXXIII 70; — indecifrato h ancora
thithiclos e così pure ^Awircaré?, che non può essere sauciare, perché Tesito
di -cj(- è ben altro che -ce- e anche pel senso non può mandarsi col succhiare
degli Statuti sass. : tutto il passo è oscuro, tanto più che non si comprende
Rassegna bibliografica. 383
nemmeno la voce uethelica che segue appresso e mi pare male interpretata
con * basilica ' ; — colto nel segno il significato di UUturo * a torto *, e il
processo fonetico è messo in luce dal M.-L. alg. 19 e 36; — é da aggiungere
uetere 315 *' vecchio * ; — ad umettare fa riscontro isettare che è vivo pur
oggi ed è belKesempio di assimilazione , *a9teUare per adspectare,
M.-L. alg. 36.
Olire le già accennate non mancano anche altre buone interpretazioni e
acute osservazioni. Così, p. es., buono è Tarticolo in tomo alla scalea ^ dove
si conferma il noto etimo del lat. medievale; — è opportunamente rilevato
il molto importante casa causa, dove du viene ad ój ancorché non segua u
nella sillaba attigua, come si riteneva necessario per quella riduzione, cfr.
Ascoli Arch. Il 139, Nigra Arch. XV 483, e ora M.-L. alg. 4-5 pone bene
in sodo questo svolgimento e arriva felicemente a spiegare ' quella curiosa
particola svegliativa a dei dialetti sardi * per usare le parole dello Spano,
la quale non è altro ohe il lat. ant, p. es. a partisi a lu faghesì * o paxii'^
o Io fai?*; — importante è pure l'articolo su ibtto, prescindendo, s'intende,
dalla erronea derivazione da T^iTOvia, nel quale è messo in rilievo il con-
cetto fondamentale di ' successione alterna *, che con tutta probabilità at-
tribuita da prima ad una ' divisione giudiziaria e militare \ passò di poi
alla divisione dei giorni, come ho procurato di mettere in chiaro nella
Romania, XXXIII, 52 ; — è giustamente rifintato Tetimo codice per
caudaght, e ricondotto a KOVTdKiov, per cni il M.-L. alg. 49 ricorda conta-
cium del Du Gange ' tennis membrana rotundo ligno quasi jaculi fragmento
circumvolvi solita* e il Salvioni mi avverte che nel Cod. diplom. barese,
edito da G. B. Nitto De Rossi e Fr. Nitti di Vito. Voi. I (Barì, 1897) si
leggono nel gloss. i due seguenti articoli: * condaci'= conta cium, gr.
KovTdmov. Era un piccolo bastone, intorno al quale si aggirava nna mem-
brana con su scrittevi le orazioni che i sacerdoti dovean recitare e i nomi
di coloro per i quali si dovea pregare, 9. — condaki e condacaro v. il pre*
cedente. Quanto al -ro di condacaro, credo sia un'aggiunta derivata dal
passaggio alla forma latina, quasi condacarium, 18,.
Una certa attrattiva infine presenta la derivazione di paperos da p a u-
p e r a m, che è accolta anche dal M.-L. alg. 4. L'etimo risponde assai bene
pei snoni, ma mi lascia perplesso pel senso, parendomi molto strano che
siano detti ' poveri * i possidenti ossia * i ricchi \ Non conoscendosi nem-
meno l'accento della parola, io mi chiederei se paperos non possa essere
il regolare esito di papyrus, cfr. camp. od. paperi, log, pap(ru -iVm, e se non
valga ' documento, rescritto reale * che legittimava il possesso delle terre
e dei servi, che spettavano al patrimonio della corona. Così p. es. ankiUa
dr paperos 38 di fronte a servu de rennu ibid., e servos de paperos ìbid. ver*
rebbero a dire servi delle carte, cioè documentati, legittimati dalle carte e
384 Rassegna bibliografica.
la frase huanmilos paperos significherebbe ' li fecero servi del patrimonio
della corona * e lo stesso senso avrebbe fuit de paperos ' fu del patrimonio
della corona*. Il più difficile a spiegarsi sarebbe in qual modo da sostan-
tivo, papero» sia passato a funzione aggettivale, come nella qualificazione
donnoa paperos * padroni legittimi \ Però non é nuovo il caso di uno svol-
gimento ideologico come il seguente : ' il signore dei documenti * ' quel dei
documenti \ * il documenti \ Anche il prof. Besta, Nuovi studi sui Giudicati
sardi, estr. dall' Arch. St. it. 1901, p. 58, che ha particolare competenza nella
storia del diritto sardo medievale, pare faccia buon viso air ipotesi del B.,
quantunque tutto il suo discorso venga in fondo a confermare i miei dubbi.
Egli agli esempi da me addotti aggiunge haber papera ' dominare ' cioè avere
le carte che danno diritto al dominio, il quale darebbe vittoria alla mia
ipotesi, se non che, bisogna confessarlo, il Besta allega pure da un documento
lat. del sec. XI servos de pauperum, che se non è una ricostruzione dotta
del notajo, farebbe crollare il mio edifizio e consoliderebbe invece la suppo-
sizione del benemerito editore del Condaghe, Dunque, sub judice lis est.
Anche il logudorese odierno, se non una memoria pari a quella del M.-L.
suira. log., può vantarsi oramai di uno studio diligente e corretto, dovuto
ad un giovane valente, che scevro di preconcetti campanilistici esercita no-
bilmente l'indagine sui parlari dell'isola sua nativa.
Comincia il Campus con ima introduzione generale, notando che il logu-
dorese e il campìdanese costituiscono come due varietà di un unico idioma
sardo, il quale potrebbe collocarsi in una categoria a parte, distinta dagli
altri linguaggi romanzi in genere e dagli italici in ispecie, mentre il gal-
lurese rientra nel gruppo italiano, cui appartiene il còrso, il toscano, il vene-
ziano, ecc. Anche il M.-L., EinfQhrung, § 23, fa del sardo una lingua romanza a
sé e mi pare che si possa consentire con lui, in considerazione anche dell'as-
setto letterario che nell'isola assunse il logudorese; però non posso essere del
suo parere, quando distacca addirittura dalla famiglia italiana il còrso, il
quale se nella varietà meridionale si avvicina piii al tipo sardo che a quello
toscano, in quella settentrionale, molto più estesa, ha veramente fisonomia
toscana, come appare già da quel poco che ne rilevai nell'Arch. XIV e
meglio sì vedrà in appresso, quando potrò tornare sull'argomento.
Passando a toccare degli influssi stranieri, il C. rileva l'importanza che
ha lo spagnuolo, ma bisognava avvertire che se esso è il più notevole, si
fa però sentire, come avviene di solito delle lingue dei conquistatori, solo
nel lessico, perché la sua azione fu tardiva, e quando i parlari sardi, svol-
tisi dal latino volgare, avevano già assunta la loro fisonomia; la quale os-
servazione egli fa giustamente rispetto al còrso e al pisano.
Siccome scopo del C. era di studiare la fonetica del log., quale si rac-
Rassegna bibliografica. 885
coglie dalla bocca del popolo, così egli dovette insistere suirosservazione
già fletta da altri, intorno ali* inesistenza pratica del cosi detto logndorese,
che si incontra nei libri dei poeti e degli oratori; e però molto a ragione
mette in rilievo il preconcetto deirAngins che * l'allontanarsi dal latino sia
an segno di corruzione e di decadenza per la lingua sarda*. Però, era da
ricordarsi in pari tempo che dallo stesso pregiudizio fii offuscata la mente
dello Spano, che parla addirittura di un * volgare illustre * della Sardegna,
come fu notato neirArch. XIII 125.
Dopo alcuni cenni sugli antichi documenti della Sardegna e sul modo di
potersene servire, il C. viene a stabilire che le differenze essenziali che
coiTono tra le diverse varietà logudoresi riguardano due ordini di fatti:
n) il trattamento delle sorde intervocaliche; 6) Tesito dei gruppi consonan-
tici, di cui il primo elemento sia r, o s, o l. Riesce così a distinguere nel
log. tre varietà principali, che corrispondono a quelle che già aveva visto
lo Spano, ma che qui sono determinate con maggiore chiarezza e precisione.
Esse sono:
1* varietà che diremo di Nuoro ; foneticamente, in ispecie nella sotto-
varietà di Bitti, molto vicina al' latino, di cui conserva la gravità e Te*
nergia, mantenendo intatte, in generale, le sorde intervocaliche e anche
il a, il s, e mutando il l in r, quando siano primo elemento di un gruppo
di condonanti ;
2* varietà centrale che diremo di Bonorva o vero e proprio logndo-
rese, con la caratteristica seguente: digradamento delle sorde intervoca-
liche e in generale, incolumità delle consonanti a, s o l come primo ele-
mento di un gruppo consonantico;
8* varietà settentrionale, che diremo di Ozi eri, in cui oltre il digrada-
mento delle consonanti intervocaliche, si ha un esito speciale dei gruppi
«'Onsonantici, in cui sia primo elemento il a, s o l.
Stabilite queste varietà, si passa al vocalismo, cui segue il con-
sonantismo. Chiara ed evidente é la distribuzione della materia e la
trascrizione dei suoni ò fatta coi necessari spedienti grafici. Nel testo egli
<iuol dare Tesito comune del log. od. e in nota rileva le differenze che offre
oiascona delle tre varietà. Io non seguirò Tautore in tutto il suo cammino;
mi limiterò a qualche breve osservazione indicando i rispettivi paragrafi.
§ 2: registra minettare tra i casi di presonanza di t, quasi fosse ^minai-
tiare per *minaitiare; ora io mi chiedo se non vi sarà in giuoco qualche
analogia morfologica con altro suffisso, così come in amende § 4 ha in-
fluenza la desinenza dei gerun<](j in e, a proposito de* quali va qui richia-
mato il § 188, dove il C. rileva a ragione contro T Hofmann 104, che quelli
ch'egli chiama participi presenti, in cui -ni- si sia digradato in -nd- per in-
fluenza del gerundio, sono ali* incontro veri e propri gerundi.
386 Rassegna bibliografica.
§ 6 : spiega komo ' adesso * con *e e e u-m odo e in nota komente con
*quomente; sta bene che il campid. dica mot, immoi derivati da modo,
ma pel log. komo rimane a spiegarsi Tu in ó,
§ 18 : per aupa * frondi delFalbero ' propone cupa con un punto inter-
rogativo, ed io lo toglierei, come ho detto altrove, Mise. Asc. 245, però il
C. lo colloca male qui, essendovi propriamente concrezione d'articolo e andrà
al § 20 con Mnu ' il pino *.
Molto interessanti i §§ 22, 28 e 24 sui fenomeni paragogici, a cui si col-
legano i §§ 111, 132, 142, 155, 168 e 188 intorno alla vocale paragogica
che si attacca al -b, al -t, al -d ecc. finali; non sono nuove le cose che
espone il C, già rilevate dallo Spano e da altri, cfr. Arch. trad. pop. I e II,
ma qui sono coordinate sistematicamente, anzi, sarebbe stato bene racco-
gliere in un sol paragrafo tutto quello che è registrato sotto ciascuna con-
sonante finale.
Il C. chiama eccezioni le postille ch'egli deve aggiungere a ciascuna
risultanza generale delle vocali e delle consonanti. Io non le. direi così co-
deste risoluzioni divergenti dalla norma, perché in effetto non sono che
esiti turbati da cause ulteriori, ch'egli, qualche volta, determina corretta-
mente, ma sulle quali sarebbe a desiderarsi una più frequente e insistente
industria da parte dell'indagatore: sarebbe riuscita codesta la parte più
nuova e seducente della ricerca. Così nelle eccezioni del § 30 è butika, in
cui r« si dovrà ad influsso straniero, cfr. sp.-port. boticat e così poasedire,
titnire e sim. dovranno Vi ad uno scambio di coi^jugazione : inoltre Ve di
m e n t u 1 a, che riesce ad i in mitica come nell' it. minchia ecc., è pur
dubbio nel lat. volgare.
§ 34: accanto al log. comune preideru 'prete ', priteru di Bitti, e pideru
del Goceano, dovuto alla dissimilazione di pr-r in p-r.
§ 36: per du in u sarà da tener conto quello di cui è detto qui sopra.
§ 38 : colloca tra gli esempi di a protonico in e, nerza e fetta, che in-
vece spettano alla tonica e come tali sono classificati rettamente al § 2;
qui osserva a ragione che alla risoluzione di a protonico in e pare contri-
buiscano le consonanti sonore s, z^ g, ò, che preferiscono davanti a loro vo-
cali fievoli, e, t, però talvolta non agisce una causa unica per molti esem-
plari, come al § 42 dove Ve protonico ha sorti diverse assai, delle quali
troppo alla leggera si libera il C. con la sentenza ' dovute in gran parte
all'ambiente fonetico ', mentre era il caso di studiarle ad una ad una. Questa
osservazione potrei estenderla ad altre categorie di fenomeni ed è, in vero,
il punto in cui più lascia a desiderare la pregevole memoria del C.
Nel capitolo sul consonantismo, come in quello sulle vocali, fa
precedere le osservazioni generali; fra queste rileva come i fenomeni di
alterazione transitoria dell'iniziale talora lascino traccia duratura e perma-
RasHegna bibliografica. 887
nente, p. es. in battu ' patto \ hertija ' pertica ' ecc., mentre altre volte la
sonora cede il posto alla sorda, p. es. in tictale dissimilato da dicCale. E coi
fenomeni di alterazione transitoria dell' iniziale si collegano quelli delle
consonanti finali e della vocale paragogica, sui quali ho già richiamata
Tattensione qui sopra.
Abbondante è la messe delle metatesi, delle epentesi, ecc. e altri esempi
si potrebbero aggiungere. Cosi al § 69 della dissimilazione é da aggiungere
lumene nomine e paralumene * sopranome ' ; vedrei un caso di assimila-
zione in limola per ninzola * nocciuola *; è da togliere dal § 72 della epen-
tesi kondaje d'etimo greco, come vedemmo, e parimente miniere m i 1 1 e r e,
in cui è la ragion speciale del doppio -tt' dissimilato in nt per Fazione del
m attiguo, cfr. Àrch. XIV 164 e M.-L. 1§ 587. Quanto ad anieiiM alien u
e mAtzusu m e 1 i u s io lo considererei pure un caso di assimilazione, pro-
mossa dalla nasale vicina (cfr. qui sopra, p. 243) in cui il n serberebbe traccia
del / primitivo, perchè è il j che si assibila e riesce ad assorbire il / che vi è
aderente; onde la serie sarebbe /X, Ij, l^, ^, come si vede nel nesso parallelo -al-
che dà rz, U, 'z con l evanescente oppure zz coll'assimilazione: (fennarju^ Wen»
nariu, [b]ennalzu, benna'zu, [b]ennazzu tutte forme reali. Infine nel § 72 del-
l'epentesi avrei richiamato tutti i diversi casi, di cui poi discorre partita-
mente e ch'egli chiama del «ò- eufonico, così come ha richiamati nel § 70
delle protesi, quelli del &-. Studiati tutti insieme , sarebbe stato forse
pili agevole fermare la ragione di questo b sia iniziale ohe mediano, sosti-
toito Si k e g originarli. Il C. nel § 75 toccando del digradamento del k-
in g- e della sua caduta, nota che lascia traccia di sé in un ^ eufonico e
aggiunge che è dovuto senza dubbio al fatto che nella 2* e 3* varietà il -A:-
digrada a -j-, che dà poi origine a ò. È indubitato che il caso deiriniziale
non può disgiungersi da quello della mediana § 76, e che debba anche con-
nettersi alle sorti del -g- intervocalico § 92, per la cui fase deve passare;
ma la ragione del sorgere del b non è data dal C. Io credo che debba tro-
varci nella qualità della vocale adiacente e noto, p. es., che accanto a
nije4fu, lejére^ assejetare e sim., c'è koiubare^ dove il j , sostituito poi da (,
si trovava tra u-a; e non potrebbe darsi che da casi siffatti il ^ si sia esteso
analogicamente ad altri affini e poi all'iniziale? Pongo il problema, che
mi pare meritevole di studio. Allo stesso § 75, degno di nota upu upuale da
*c u p u *c n p u a 1 e, di cui io avsvo altrimenti giudicato in Arch. XIV 401 ;
di aupa , aupare , kauV aupada ho già detto nella Mise. Asc. 245. A
proposito dell'esito di -li- § 140, riconosce come il riflesso più diffuso sia
'(% proprio della 2* e 3* varietà, mentre nella 1* si ha jb , che è il punto
di mezzo tra il suono z dei documenti e il / che si ode nella maggior parte
del Logudoro. La serie dell'evoluzione è dunque ^(, z^ Ì , t, come già è ri-
levato nell'Jahrresb. II 110; ed è curioso vedere, egli stesso osserva, come
388 Rassegna bibliografica.
il sardo, da un saono già intaccato da un j seguente, rìtomi di nuovo alla
dentale esplosiva pura e conclude con queste parole che meritano di
essere riferite: 'ciò darebbe indirettamente ragione air Ascoli suU* intacco
del e latino nel sardo \
Qualche altro caso dell'assimilazione di ni che riesce a nn § 146, credo
che si possa trovare oltre i comuni binnenna vindemia e tnannikare
mandicare, specialmente a Bonorva; così hakqlu tunnu * cece * lo raccolsi
io da un venditore ambulante.
Non molto chiare e distinte le ragioni delle diverse risultanze di dj
§ 162; probabilmente Tesito z di appozu diéizu fastizu è seriore e in pa-
role d'accatto e più seriore sarà 1* imprestito di fas^/tf tu tfivt^ia, ecc., parole
dotte addirittura; senza dire di tnfku che sarà rifatto sul toscano mezzo,
come si vide qui sopra nelPa. log., e di sezzo s e d e o analogico su pozzo
patto e simili.
La sorte peculiare al sardo di -nj- § 178, ò nz o, Bitti e nz in tutto il
Logudoro, e A è certamente importato dairitalia o dalla Spagna; da quella
kampafia montafia^ da questa intràfiaha sp. enirafias.
In husika 'vescica' § 179 v'è di certo commistione con altra voce. V. del
resto qui sopra a p. 289.
£ ormai, mi pare che basti per richiamare Tattonzione degli studiosi sul-
r importante lavoro del C.
Lo stesso autore, che così buona prova ha fatto nella diligente classifi-
cazione dei fenomeni fonetici del logudorese, volle affrontare anche la ben
ardua questione dell* intacco del C latino, nell'altra memoria qui sopra al-
legata.
La questione, veramente, è duplice : Tuna, generale, riguarda il tempo in
cui può essersi manifestato nel volgar latino l'alterazione della gutturale ci,
ci; l'altra, specifica, si riferisce al caso del logudorese, che avrebbe secondo
alcuni conservata intatta quella gutturale, mentre, secondo altri, Tavrebbe
reintegrata, dopo ch'erasi già sfaldata in palatale.
Ora, lo studio del C. dimostra nell'autore una conoscenza completa della
questione e dei diversi critici che l'hanno trattata, ma il problema non si
avvantaggia gran fatto delle sue osservazioni nella parte generale, né per-
suade interamente in quella speciale. Così, ad esempio, è inutile riassu-
mere semplicemente la storia della questione e le diverse opinioni degli
eruditi, senza notare come queste si possano in parte conciliare, essendo
discordanti più nell'apparenza che nella realtà. Ma di questo tentativo da
me fatto nelle pagine, che danno principal motivo al lavoro del C, e dei
Rassegna bibliografica. 889
nuovi argomenti dedotti dalle iestimonianxe dei grammatici, egli tace, quasi
atfrettandosi alla parte specifica ^
In questa comincia il C. a combattere la teoria ascoliana con due ra-
gioni. La 1% puramente razionale, si fonda suirosservasione che ' il ritorno
casuale ma esatto all'antico suono gutturale, dopo tanti secoli, ha tanto
del meraviglioso che non lo si può accettare ad occhi chiusi ; specialmente
quando si badi che la fisiologia dei suoni e* insegna che la via più facile e
spontanea nella modificasione dei suoni è dalla parte posteriore della bocca
alla parte anteriore..., che un c«, ci o un suono affine a questo diventi col-
Tandar del tempo kg, ki, non è impossìbile, ma strano almeno ed ina-
spettato \
L*essere meraviglioso e strano non esclude che sia possibile. Quante cose
meravigliose in natura, eppur vere ! L'obbiezione dunque, anche cosi com'è
posta, nell'ordine ideale non ha valore; nell'ordine pratico poi, lo stesso
logudorese ci oSre un altro esempio evidente del retrocedere, per cosi dire,
di un suono nel cammino dell'evoluzione. È il caso del -c^- e del •tx- tra
vocali, che danno nelle antiche carte logudoresi -M- o -r- e riescono nel-
Todiemo log. a 'U-, come riconosce lo stesso C. nel sopra cìt. lavoro *. Ora,
quello che è avvenuto di ti, ci, nulla vieta ohe si sia prodotto anche
por ce, ci.
La 2* ragione è dedotta dal fatto che l'Ascoli si fonda su pochi esempì
e su di una eccezione per trame una regola generale. Premette che non è
esatta la legge ascoliana che il logudorese sfugga costantemente dalle espio*
^ Di queste testimonianze non tiene conto nemmeno il Densunianu, nel
suo articolo Sur Valtération du e latin devant s, i dans les langues romanes,
in Romania, XXIX 821, cfr. ibidem XXXIII 99. Egli prendendo occasione
«lairopinione espressa dal Mohl su codesta quistione, nella Introduction à
la chroHologic du latin vulgaire, pp. 289-307, si prova a sostenere che l'alte-
razione definitiva del e e il suo passaggio vl é o ts non può spettare a età
latina, e conchiude che la fase intermedia della alterazione, ossia la pro-
nuncia medio* palatale del k, deve essere eliminata dalla discussione, perchè
non si può precisare quando cominciò siffatta pronuncia. Ammette che è
possibile che k riesca a ^ già nel 2** o 8** sec. di C, ma crede che i ten-
tativi per provare il fatto siano stati vani finora. Senza entrare a discutere
delle voci da lui addotte a sostegno della sua tesi, il che ha già fatto il
M.-L. nella Zeits, f, rom, Phil,, XXV, 880 e nella Beri, phiL Wochenschr,
1903, col. 696, mi preme rilevare che finora non sono state dimostrate er-
ronee le conseguenze, da me dedotte dall'esame dei grammatici latini, che
«eppe apprezzare il M.-L. nell'Einftlhrung, 189.
' E già l'avvertiva l'Ascoli con le parole : l'esito logudorese di f di fase
anteriore in -U- è pressoché parallelo all'esito di e di fase anteriore in k,
Arch. suppl. lY 30 n. e cfr. Jahresb. 1 145 e II 110.
390 Rassegna bibliografica.
si ve palatali e dalle fricative palato-linguali, perchè il fatto del dileguo
del -g- non lo prova. Secondo il C. il dilegno deriva dalla tendenza al di-
leguo delle sonore intervocaliche, siano esse gutturali o labiali o dentali;
e sta bene ; ma sta anche il fatto che il log. ignora le esplosive palatali.
Ma v*ha di piìi : tutto il lungo ragionamento del C. intomo a beitare^ ben-
narzu e sim., è inutile; egli sfonda, come si suol dire, una porta aperta,
poiché TArch. XIII 113 (cfr. Jahresb. II 106), ha già contraddetto, per
questa parte, l'antica sentenza, rilevando chiaramente come questo ih non
sia che epentetico, allo stesso modo di quello che è in besaire ' uscire \
bokkire * uccidere *, ecc. Anche all'esempio fasica ha rinunciato TAroh. 1. e.
Non rimarrebbe dunque, per ora almeno, che Taltro esempio poska.
Questo è abbastanza duro da smaltire, tanto è vero che gli oppositori
cercano di demolime il valore, supponendo altre derivazioni. Anche il C.
rifiuta Tetimo p o s t e a e ritoma al postquam proposto dairHofnuuui;
e siccome l'Ascoli ha obbiettato che postquam è una congiunzione,
mentre il sardo posha è un avverbio, il C. s'industria di dimostrare che il
passaggio di una congiunzione subordinativa ad un avverbio di tempo è
possibile, allegando una frase in cui si arriva a poaka per via di un*elÌBSÌ
sintattica, che dovrebbe essere confortata da esempi di altre lingue per
essere ammessa. £ dubbiosi lasciano del pari quei costmtti elittici, che eg'li
adduce per ispiegare nakki danarat ki e nessi da n e e si.
' Del resto se la derivazione di poska da postquam non garbasse , ,
egli conchiude di essere pronto ad ammettere quella di postqua(=quae
neutro plur. analogico), che giustificherebbe pel senso ancora con una elisei
sintattica ^
^ In questo frattempo il dottor Giulio Subak ha pubblicato nel Programma
deir Accademia di Commercio e Nautica di Trieste, 1902-903, sotto il titolo
' A proposito di un antico testo sardo ,, lo spoglio grammaticale dei fram-
menti degli antichi Statuti di Castelsardo, editi dal prof. Besta. Lo spoglio
è assai minuzioso, ma non molto chiaro nella distribuzione e ordinamento
della materia. Non si aggiunge gran che di nuovo alla nozione dell'ant.
log.; notevole però la spiegazione di gama ' gregge ' col gr. dYa^a, e di
refogare con re fo dicare e simili. Il Sabak tocca anche di posca e dopo
aver rilevato che già nelle antiche carte si incontra osca, osserva che questa
deve essere la forma originale e l'altra la secondaria, nata dairimmissioiie
di pustis ; e propone l'etimo eousque ha e, che non poteva dare altro
che osca» Ma come se ne può giustificare il significato che viene ad
assumere nel sardo? Se osca é la forma più antica, non si può pensare
al dileguo à\p-\ e così l'ultima parola non ò ancor detta su questa esile
particola sarda, cfr. anche M.-L. alg. 67. Il lavoretto del Subak ha dato
pretesto ad un lungo articolo di Matteo Giulio Bartoli * Un pò* di sardo »
TiéìV Archeografo Triestino, Serie III, voi. I, fase. I, in cui si discorre am-
Rassegna bibliografica. 891
Questa incertezza nella scelta dimostra già per se stessa quanto poca
consistenza abbiano i due etimi nuovamente proposti. Rimane dunque, come
dicevamo, poska da p o s t e a. £ qui il C. pare non abbia ben inteso il mio
discorso, perchè si domanda * che cosa abbia da fare col poska log. il Òcitou^
e Vappus del campidanese, per sostenere che nel log. si dovrebbe avere
*puska da postquam. È vero che il campid. muta in w To atono finale,
onde òcnou^ come ocppou^, q>iXiou^ e sim. del documento greco; è vero pure
che il log. pu9ti9 deve Vu airi della sillaba attigua; ma io adducevo le
forme antiche bcirouc e appus per inferirne che se fosse vera T ipotesi del-
THofmann che poska risale a postquam, poiché post riesce agli esiti
bciTOU^ e appuSf dovevasi avere pus nel log. e con raggiunta del q u a m^
*p9tS'kat e che cogliessi nel vero supponendo questa sorte comune nelle
origini del log. e campid., lo conferma ora in modo indubbio il Condaghe
di S. Pietro di Silki, dove occorre appunto pus 4 post.
Da nltimo il C. viene più direttamente ai nuovi argomenti da me alle-
gati nella parte speciale al sardo.
Io rilevavo che il noto documento in caratteri greci mostra cpdifcpe f a-
cere allato a ioùòiki ò(6b€Kii boviKéXou, ecc. e pensavo che codesto T rappre-
«^eniasse non solo il passaggio della gutturale a sonora, ma un suono pa-
latino più 0 meno alterato, in via di divenire fricativa e poi dileguare, come
»i vede in affairi di documenti poco posteriori. Ora, il C. che non ammette,
come vedemmo nella sua fonetica del log., la serie g § j dileguo^ ma in-
vece sostiene lo svolgimento "g j dileguo, mi domanda come io possa spie-
;rare la caduta del e di boM^otia che fe pure dello stesso documento greco
t» «li cui non tenni conto, benchì; Tavesse già notato precedentemente lo
Schuitx. Anzitutto, io rispondo, il caso di bo^éoTia domestica è ben
diverso di quello di q)dT€pe facere; poiché, prescindendo che ee è una pre-
jialatale e ca all'incontro una postpalatale, non è da trascurarsi che bo-
uéOTia entra nella serie dei proparossitoni in -icu, in cui il dileguo della
gutturale avviene in condizioni particolari. £ inoltre, anche ammessa la
teoria del C. per la risoluzione g j dileguo, rimane sempre che il T indi-
«ava quello stadio intermedio fricativo, eh* io rappresentavo con j ed egli
con ^ , e ciò basta pel ragionamento che io sopra vi fondavo, e cioè che
r intacco della gutturale era già avvenuto.
Posso anche aggiungere che non è propriamente esatto che tZ! rappre-
senti nel documento greco il suono palatale e e T il d, poiché in q)dT2[avTa
il t2I esprime qualche cosa di più di una palatale, e infatti cfr. iiXarZio^
piamente del posto che spetta al sardo nella famiglia romanza e poi, con
non minore ampiezza, si mettono in rilievo i risultati dello spoglio del
Subak, con qualche opportuna osservazione ed aggiunta.
892 Rassegna bibliogràfica.
plateas e sim. E non è nemmeno esatto che io abbia fatta confusione tra
i documenti deirantico campidanese e qnelli delPantico logudorese; li ho
sempre tenuti distinti e solo ne ho tenuto parola insieme per certi feno-
meni che nelle origini della loro formazione erano comuni.
Concludendo adunque, che è ornai tempo, mi pare che anche ammesse
alcune idee del C. e alcune sue osservazioni circa Fuso del k e del e nella
grafia degli antichi documenti, rimangono ancora saldi i principali argo-
menti sia nelFordine generale che in quello speciale, pei quali si può ac-
cogliere la teoria ascoliana sull* intacco del e lat. e ritenere che il * sardo
retrocedesse nello svolgimento delle gutturali, ritornando dalle consonanti
pp.Iatalizzate alle gutturali, così come retrocesse neirevoluzione fonetica
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Kab vom Ettmatkr^ Bergamaskische Alpenmundarten. Leipzig, 0. R. Reis-
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lekU des Oberengadins und MilnsUrthals. Halle a. S., E. Karras, 1908.
AGGIUNTE E CORREZIONI ALLE DISPENSE I* e Ilv
A pp. 1-7. Numerosi esempi del costrutto anche ne* Canti popolari di
Ferrara, Cento e Pontelagoscuro raccolti per cura di Gius. Ferrare (arriva
sover c^un guardien sopraggiunge un guardiano 70; <i sent suner d'un cam*
panin ib., mitrem d'una pajetta 56, la s'in fa d'un mazzulin 63, d'un basin
al ghi donò 66, agh' daren d'una bevanda 94, vede d*un pescator 95. gh'ho
tpusà d^un vece 98, incontrò d'un zovenin 1U5, la /iV d'un bel putin 118. Nei
394 Aggiunte e correzioni alle dispense 1^ e IP
Canti pop. regg. dello stesso raccoglitore: la riacontrè d'un cavaller nam. 16.
— Sarà poi dovuto all' influsso della poesia popolare un esempio come il
seguente, che trovo nel bellunese Coraulto: al Ziel ghe avea conzés cWn cor
parfet = il Cielo le aveva concesso un cuor perfetto ; v. Nazari, Paralello ecc.,
pag. 89. — A p. 69. Dov'è detto * bellunese *, 1. * trevigiano *. — A. p. 97
V. 197, 1. aguanaz. — A p. 90 v. 636, 1. le, — A p. 95 v. 818, 1. eeleatial.
— A p. 162 s. ' grògol ', aggiungi il mant. grugol e congràgol (qui, con im-
missione di * congrega ' ?), il parm. groeusd sg-, dov^ l'iato è tolto da -«-
(v. qui sopra a p. 326, e aggiungi il pure parm. ràser radere *rà^er, che
però potrebbe risentirsi di raso, rasare). ~~ A p. 174. Si veda, circa a /e/f, ecc.,
anche Schneller, Rom. vlksm. 251. — A p. 201 1. 7 dal basso: 1. lene. —
A p. 206 n. 2. Per ineesa^ cfr. infatti i sinonimi anconit. in- e rineisa. —
A p. 213. Il ven. traganie è poi penetrato sino nell'Engadina, dove appunto
c'è tragant tiratore. — A p. 222, aggiungi valtorneis di Valtoumanche ;
e i Farnese son di Farneto. Circa a rondone^ v. anche Pieri, Top. 114. —
A p. 226, aggiungi viernissitt vermicciuolo, e viernessàtt^ e circa a -iss- -ess-
piiì non dubiterei che si tratti di -icdo- come nell'it. vermicciuolo. — Cor-
reggi poi in orhégolo Vorhi- della 2* nota. — A p. 230. Di mète^ v. anche
Ascoli, qui sopra a p. 188 n. — Circa a piana = *pidena (in nota), cfr. il
venez. fiatin (e fie-) = fiaetin piccolo fiato, e v. quanto è detto a p. 326 di
paluséla e vihéla. — A p. 233 s. ' piciil '. Il ver. pisól si risente di hiso pisello.
— A p. 233 n., L. Bruckner. — A p. 236. Il friul. seta ha la sua corrispon-
denza nel sard. i- usettare, e v. Meyer-Liibke, Altlog. 36, dove anche si ri-
manda al Gaspary per il tose, aateitare. Questo ha poi un esempio pure
nel Tristano (v. Parodi CLXIV). — A p. 240, togli la parentesi nella 6* 1.
della 1' nota, e leggi Bard- nella 9*. — Quanto a Gaviraghi, le carte me-
dievali conoscono Gavirago. n. 1. non più identificabile. — A p. 243 n., 1.
metidrikjót. — A p. 244. La forma del Cato è flaibol. — A p. 246. Nota
che sartar è anche bellunese. — A p. 261 n., 1. lauorier- — A p. 261 n., 1.
crer per erer. — A p. 274 n. Aggiungi i numerosi esempi di dentrovi, che si
leggono ap. Mazzi, La casa di Maestro Bartolo di Tura (p. 41, 42, ecc.). —
A p. 291 8. * buffu '. Si confronti il gen. hufUu qui sopra a p. 137. —
A p. 296 n., 1. 3, Lper. — A pp. 297-8 8. * eroda'. Anohe sopras. carj^n/a^
vagliatura, Carisch s. * draig '. — A p. 302, 1. 8, togli, l'asterisco dav. a
* parentado '. — A p. 311 s. minchiastro ; cfr. il ver. monciastro mentastro
(Monti Lor., Dizion. bot. ver., s. v.). — A p. 313 nota 1*. A gàbinat ecc.,
aggiungi il sol. benagate (Gartner, Sulz. W.), ch'è un bell'esempio di meta-
tesi, come direbbe il Nigra (Zst. XXVIII 5), complessa: 1. begana- 2. benaga-.
— Nota 2*, ultima linea, 1. nagia. — A p. 316, 1. 23 : corr. nia in uia. —
A p. 316 n.. aggiungi ognolo acc. a ugnolo, Beitr. 83. — A p. 318 n. Circa
a sprimacciare, cfr. primaccio, che taluno dà come già latino (v. il Tomm.
s. V.). — A p. 319 n. 2 : 1. resorz. — A p. 322, 1. 12, leggi sparanga. —
A p. 323, 1. 14, leggi scaturdr. — A p. 324 s. * sgaminar '. Per aguaminar.
cfr. sguardenale a p. 303 s. ' gardenalla '. — A p. 326 s. * sitta '. V. anche
Cian in 5° Suppl. del Giorn. st. d. Lett. it. 185. — A p. 329 s. * temporal '.
Cfr. majaìe temporale ap. Nerucci, Cincelle, Gloss. s. * m^ale '. — A p. 332
s. ' avàsi ', si confronti anche l'engad. orlzi. — A p. 368 n. Le stesse con-
siderazioni che per dazia ecc., son da farsi a proposito del sencia sentìa
del Tristano (Parodi CXXX). — A p. 373 s. * palpebra '. Aggiungi il pava.
scarpogia, di cui qui sopra a p. 322. — A p. 374 s. *nuca'. Aggiungi iltrev.
ossocelo St. di fil. rom. VII 234. — A p. 373 s. ' mascella '. Aggiungi il vie.
pareagna (da Schio), di cui qui sopra a p. 198. — A p. 374 s. * cervello '.
Aggiungi Ta. mant. verzeiy bella forma metatetica per cui v. Cian, 1. e, 189.
APPUNTI SULL'ANTICO E MODERNO LUCCHESE;
DI
C- SALVIONI.
AVVERTENZA.
Oli appunti che seguono traggon la loro origine da una recensione
che mi proponevo di fare intomo al notevole Vocabolltrio lucchese di
I. Nieri '. Questo assunto m'aveva indotto a frugare con un po' di at-
tenzione e diligenza dentro a qualche documento dell'antica parlata di
Lacca, soprattutto dentro alle Cronache del Sercambi ', inedite ancora
* Vocabolario laccheRe del dott. Idelfonso Nieri (Lucca 1901; ma 1902).
In-4^, pp. xLVii-286. Dipende da questo fonte ogni voce che, nel prosieguo
del lavoro, é allegata senza altre indicazioni, o colla sola sigla (?, colla
quale si rimanda alle ' Giunte e Correzioni , dello steHflo Nieri. — Il quale
egregio studioso già s'era reso benemerito del dial. di Lucca coi seguenti
lavori: Dei modi proverbiali toscani e specialmente lucchesi (Atti del FÀcc.
di Lucca, XX VII 55-136); Dei fatti transitori proprii delle lingue nell'atto
che sono parlate (ib. XXVIII 237-89), che risulta essere come una parziale
esempli 6cazione italiana al Versprechen und Verlesen di R. Meringer e
K. Mayer; Saggi scelti del parlar popolare lucchese (ib. XXIX 197-272).
* Le Cronache di Giov. Sercambi, edite a cura di Salv. Bongi. Tre volumi
(Roma 1892), che si citano senz'altro con I, li, III, e colla cifra arabica ri-
mandante alla pagina. — Il Bongi stes^^o, in fine al voi. Ili, ha ammannite
due elenchi di voci e forme, che nessuno vorrà chiamare esaurienti. Kgli
vi ha rilevato, tra altro, un gran numero di forme che appajon peregrine
HÌ, ma son semplicemente degli sbagli. Di tuli forme non mi occupo io,
s'intende; ma gli elenchi del Bongi saran tuttavia da aver presenti per un
certo numero di voci, di cui io non ho tenuto couto, non avendo da dire
su di esse più che già non avesse detto il Bongi stesso. — Gli altri fonti,
di cui oltre a quello contrassegnato già dal Pieri colla sigla * bdl. ', io mi
dono valso, son questi : n ^= Le Novelle del Sercambi edite da Rod. Renier
(Torino 1889. V., su di esse, Ga^ipary, in Zat. XIII 548 sgg., Morpurgo, in
Archivio gioito!, ital., XVI. 96
396 Salvioni,
quando il Pieri ci regalava il sno bel lavoro sol lucchese antico e mo-
derno. Compiuto lo spoglio, e riconosciuto che di esso ben poco avrebbe
potuto passare nella recensione, mi doleva di rinchiuder le note nel cas-
setto, da dove non so se e quando avrebbero trovato l'occasione di
uscire. Mi decisi perciò a mutar la recensione in una serie d'appunti,
sul Nieri e sui testi antichi, che giovassero ad affermare qualche risul-
tanza nuova, e più a completare e confermare quelle già presentate dal
Pieri (XII 107 sgg., 161 sgg.) ', ai cui numeri gli appunti nostri sono
quindi coordinati.
Circa all'opera del Nieri, essa è stata giudicata da chi aveva la maggior
competenza a ciò fare, cioè dal Pieri in St. di fil. rom. IX 720 sgg.
Qui mi limiterò ad accennare alla ricchezza ed attendibilità dei mate-
riali che il Nieri ci offre con ispirito arguto e sagace, con amore di cit-
tadino devoto. Se una ugual raccolta noi avessimo per più altre città e
contadi della Toscana e dell'Italia centrale, certo n'andrebbero agevolati
d'assai gli studi etimologici sulla lingua letteraria nostra.
Riv. crit. d. Letter. it., ann. VI. 38 sgg.); croo =' Antica cranichet$a volare
lutrhéHe pubblicata, in' doppio testo, da Salv. Bongi (Atti Accad. lucch. XXVI;
li cìtan le pagine della tiratura a parte); ing. = In^iurUy improperi, con-
iutnelie, ecc. Sag/io di lingua parlata del Treeenta cavato dai libri comumaU
di Lucca (in II Propognatore, ann. 1898, pp, 75 fgg.), che son de' materiali
assai preziosi, già sfruttati in parte dal Pieri sotto la sigla ' pod. % ma che
giova adoperare con molta cautela, per le ragioni ehesi leggon qui innanzi
a DQai. 4-8 in nota (v. anche Pieri Xll 166 nota 1*); fagn. ~ Lo StctttUo dd
comune di Fognano pubblicato da G. Sforza (Atti Accad. di Lucca, XXIV
827 sKff.) ; leg. » alcuni brevi sa»<gì di leggende agio logiche, ecc., rtampati
in Bniletin de la Sociélé des anciens teztes fran9ais XXIII 44-6, 70*71;
cod. "=» D'im antico codice pitano-luccheoe di trattati morali di Mich. Barbi
(Mise. D'Ancona 241 Rgg.; v. qui sopra a pp. 206-7. Quando accada di alle-
gare direttamente il t&ito verse^iato che il Barbi comunica a pp. 253-9,
si rimanda colla cifra al verso). Non ho poi potuto approfittare del lavoro
di Amo» Parducci in St. rom. d. Soc. filol. romana, fase. 2^.
*■ Del Pieri, v. ancora XIV 423 s^g. ; e Supplem. numero V. £ tette ci ha
egli regalato un lavoro sul dial. della Versiglia (Zst. XX Vili 161 sgg.), ^le
si citerà per ' vers. \ così come citeremo per * pis. * il lavoro ani dial. posano
(Xll 141 sgg., 161 sgg). Invece rimandano al lavoro sai Inochese la sig^
* Ineoh. * o il semplice * Pieri *, seguito da «fra arabica.
Appunti suirantico e moderno lucchese 897
I. — ANNOTAZIONI FONETICHE.
1. VOGALI TOmCHE.
1. Di mèrco e erbigatto (Pieri 171 n) e così pure di dio I 326,
n 356, y. il lesa. — Manirai^etUe, ni., di fronte a -ante Bongi
I 440. 8. Trievi Trevi Tb^tis (cfr. Triévs nell'a. perug.) » ;
riei ' rei ' II 415 (v. Parodi, Ro, XVIII 594; cod. 243) di fronte
a rio II 419 *. II dittongo di iieulo ha conferma da itièola -gola
e fors'anche da bievora {= *béora ?) bevero, castoro, I 263. — Circa
a fierria e schiezza site- (Pieri XV 465 n, vere. 162), v. il lesa.; ma
riman misterioso fielce, felce, che stupisce di non ritrovare a mi posto
d'onore negli elenchi del Pieri (XV 464 egg., Zst. XXVII 587-8) ».
— Una serie speciale di esempi del dittongo te è fornita dai
plur. come viei vie, dove Y-iei è dà -^M (num. 140), e dove par
' Il Nieri allega da Viil di Lima il plur. ziti ùi. L* ignoranza del come
▼i suoni il sing., ci toglie di giudicare se si tratti di -tei da -/« e sia quindi
un esempio da mandare con viei, ecc., se sia formato a zio sulla norma di
sin^. rio : : plur. ri>i, o se piuttosto non si debba muovere da quel zeo
zeio di cui son tanti esempi neira. perug. (▼. Boll. d. r. Deputas. di St. p.
p. l'Umbria, IK 185, 243, 289, 355, ecc., zei4 m ib. 807, zeazÌA ib. 48) e che
par non essere manoato al toscano (▼. Sanvisenti, Mem. Aocad. di Torino,
S. li, t. L 172, s. 'ceo*. dove anche c'è ciano), NellV del qnal zéo difficil-
mente affermeremo continuato quello di Ofto^. Infatti, data la grande im-
probabilità che il z rifletta S- (t. invece qui sopra a p. 866b.; e circa a
MwfSéO I 912 — IfoMtfo XII 147 n, esso dipenderà forse da una contamina-
siona con *Mazz(a Mattia; cfr. Io fip. Maeias), si vorrebbe quantomeno *Uo.
' Non saranno genuini sieno seno 111 116 e dadivitro daddovero ing. 114.
Non così Comi0to Corneto I 215 (cfr. a. perug. Corgneto Boll. cit. IV 104, 828),
per cui bisognerà muovere da còrnio, né Oiniegi Ginesio I 81, 418, cron.
14, 15 {-né- cron. 18, -ni- I 10. 12). E Niesa, III 82, 84, sarà * AgnoM ' ?
' Parrebbe di vedervi un ben antico e metatetico *fieet, onde ^fiett venuto
poi a commescersi con felce.
3d8 Salvioni,
aversi una risoluzione analoga a quella dì ieu da lu in dialetti
transalpini (Meyer-Liibke I § 38) '. 4-8. Yrici Elice. Pieri
vors. Ui2, Bongi III 464, 431, tnesidima 'mezzedima' n 12*^.
129, (ii'sswMni Getsemani n 303, se tale era l'accento anrh**
in antico , Ertnini Armeni I 49, arstnico less., tricca trecca
n (WJ *, frizze freccie II 20 (v. Lorck, Altberg. spr. 218; è ancht-
dell'a. perug.); Sardigna bdl. 16, 1 97, di cui v. Parodi, Bull.
il. Soc. dant. Ili 95-6, Pieri pis. n. 5. Ma famelli famigli int.
1 24 (/>m) •. — Mencio Mincio II 36, III 264, che riprodurrà la forma
hreHciano-mantovana. — Di insambra e di sanza, bdl. 134, III
220, V. il less. alla prima voce. 9. duolo less., scuola sp>!a,
lesH., che si confronta col mil. spola -ra, muararsi, less., con "■•
dalle rizotoniche^. Curiosi ^rt/o^a trota, che andrà forse giudica**-
come vuoto (cfr. ruoito); e, colKuo del presente (cfr. analogani.
riense su viene), vuolse volle n 174, 289 ruolseno I 53 (a. s-tn.
vuoisi Zst. IX 543), la qual forma trova poi un'eco in rivuoisf..
rivolsero I 22. — Di pitico il giuoco, bdl. 36, 130, giùrh'tu'
jocANT II 374, non penserei col Parodi (Ro. XVIII 60*») ri-
abbia u da uó, bensì dalle arizotoniche {giucare bdl. 14<':
cfr. lomb. giìgà, el gugn jòcat; ma ^ò"y joir). 11-13. gx-^'
giogo I 10^, 142, IHS, musiva less., rungio -gna conio. t*L\ .
' p^tsterla I 61, 1^5, 186. C^rca al np. Nisierna, qual poi ne sia IVtin
noto rln» «*i tratta di per^onairfrio friulano.
' L'f e l'i pure in quella voce francese ch'io ritengo corrispondere ài
nostra, ed è tricher aiitii>arn. anche trechier.
' Nflie ing. Non questi t'st'mpi: illi e^li, ninf?., 84. quilgi quelli 113. IH
quinte iche prcHUpponf» 'quieti) questo 80. cridi tu credi 117, voUrt \\
titcitmi i<2, drrifi tu iti 118. roUsti ib.. faristi t^2, j>orritfit 114; rint ven» li*
Son forme ni»'tafoin'liche, non e^elu^Ja Tultima, e accennano airorìgm*' - *•
t»»ntrh»n.il" o uiu^r* m:iroo-m<^ritlionalc del notajo o del ^udice. Il B-*"-:
a>\«*rtt« ciò a pr'tii.»-.ito di cifriti e ariti che chiama " sejjni di dial !• :
<1h! nof 'io o «l»'l t'iutìicf'; ma -archhero ntate neces<;arie ojfni volt.» d'
irifi riij i/.i-»tji sicure.
* 'l'.t i ni. IL: Jia»ii'huo,*ìui H.idi ofani I 215 (cfr. cuofimi cofani cod. 24
•• Sì' 'i N 1^ Hi 14. Iii'tìtr»' ruov vog 116.
k
Appunti suirantico e moderno lucchese 399
n 211, I 39, ecc., cugla I 158, pupore II 219 ^ Alternan poi
continuamente e si confondono dugio e dogio, con che si ri-
specchiano i due diversi fonti ond' è stata accattata la voce
(von. doie, gen. diizé). Sia anche ricordato ludo allato a lodo
lesa. 8. * locio '. — Agobio Gubbio I 49 ecc. (come nell'a. perug.).
— pio più leg. 45 (cod. 243 e vv. 29, 299, 430, pis. § 14).
n.paraula fagn. 535, leg. 46, 70; — góbbulo less. ; laide -ali 294,
320, gnidio cren. 35. 22. Per lésina può forse confrontarsi
il ven. lihena, 26. pòccia less., fòlle less.
2. VOCALI ATONE.
27-28. monesterio n 239, 111 Ul.Chatelognal 44, II 166, ecc.
oitilano III 131, 283, Gozedini Gozza- II 392; regionamento ra-
111 .^6; scherlacto sce- scarlatto I 20, 152 (bis), II 185, I 94 (qui
come np.)«. Sensorie Sa- I 385, III 275; leeltà III 78, 93, ce-
srheupia bdl. 94, oltreggiare ing. 132, megliorana less.; — gri-
migna gra- n 54 (così pur nel pis., Pieri § 24-5; e cfr. gre- nel
Vocab., e in dialetti alto-it.), stribiliare; dscuno I 377; Charmi-
gnuola Carmagnola III 264 (iw), 307 (anche veneto; v. Bellio,
Le cogniz. geogr. di Giov. Villani, 31), Armignacca Armagnac
II 41, 77, V. Beiiio, o. e. 16. — ogosto pass. (v. Merlo, I nomi
romanzi d. stagioni e d. mesi, 149, 147, Pieri, num. 54), toma-
razza materazzo, bozzana ba-, Noarra Nav- I 39 (bis), 420, UI
114, dove forse è oonfusione con Noarra Novara. — Difficile
* Nelle ing. : suczo sozzo 122 (bis), vuUo 90, castruni 86. Deve anche qui
trcittarsi di forme, metafonetiche forse, non lucchesi, e che richiam&n i*os-
KtTTHzione ora fatta circa agli analoghi casi di ^ in ». — tui ing. 118,
116. 117; duve III 401 ^u pasHÌm), dunde III 404, sono dalla posizion di
proclisi.
• Pi«. Schirlatio Pieri § 36 e narà da scher-. Per IV, v. poi Caroline Mi-
. haelis de Vaaconcellos, Zst. XXVI II 432.
400 Salvioni,
dire Be in matrassinOf n 51, manchi ^ o a. 29*-30. manganelle
I 23, che fa supporre *indngQno, schandolo II 167, bufala bufalo
bdl. 117. — guarii ' guardati ' ing. 98 (anche a. san. ; v. Hirsch,
Zat. X 415). 32. ardinotte ' ora di n* ' (anche in Pascoli,
Canti di Castelvecchio, 2* ed., 21), paur' che * paura che', n'hapien
Vanima, Nieri e. ' paur ' e ' pien ', fistal vegna ^ venga la fistola '
ing. 108. 33*36. candglieri 4lie- cren. 11, I 289, 408, II
266, cervigliera bdl. 134, n 292, Manpiglieri U 66, vigluta vell-
I 146, 315, iscieremo esci- cod. v. 4:6?^, anticessare I 6b{ter), III
310; pigiare pegg- I 92, Il 17, ispisialità III 140, Chimento
(= Kje- ; cfr. il sen. Chiementa, Zst. X 60, e il cognome Chiamenti)
Clemente I 53, pivieri (ali. a pie-) bdl. 25, 44, criatare -ure cod.
V. 5, 7, Friani Fridiana Fred- cren. 32, bdl. 43, Pitieri Poitiers
(Peit-) I 55 {Pei- l 56), Ghaitani (= Gaje-) I 86, v. Pieri pis.
§ 33. — piticella ali. a pe-, pilistrina prenestino I 32, pitiiiofàe
pe- passim, Fiorintini III 137, assinicare less., hanorivilemente
I 246, se non è per errore, distina I 34:2, dilizie II 394, dilicate
n 367 'tesse III 224, disidera I 228, HI 324 -deria I 187, di-
finire III 325, discrivena I 163, diliberare I 94 -razione n 199,
dilivransa bdl. 99 -vrati ih. 100, rispiro, ristituire I 87, n 213,
risistenza 1 292, riplicare I 143, rigistrato III 35, dispirata -spe-
n 218; — T^cspo E- I 85, minore I 20, III 30, ecc., virane III 81,
spiloncha II 188, 232, 233, sicuri se- I 188, ciasciduna -schi-
II 2X0, 220, 229, III 323, bdl. 17, apartinenti III 406, tindone
I 149, diserta de- II 384, dimeriti III 324, iipos^o n 269, dile-
gati 1 44, dicollare I 150, dicapitatiUI 177. — abrea, Adovardo
Adua- I 55, 43, II 398, ecc., Azzolino Ezze- I 36, ascietto ecc-
bdl. 1, 138, 140, 142, aseguitore -sse- -ze- I 290, 291, II 73, 75,
175, n 302, assequia esequie III 273; — scarana sche- n 272,
vernadì III 46 (pis. § 81), e v. ancora Pieri num. 157 ; — ma-
ladeita n 266, IH 61 *, malanconìa I 246 ecc., Racanato Re-i
^ Ma in malavoglensOf I 249, HI 85, è * malo * fktto conoordare col so-
stantivo.
Appunti sniraniioo e moderno lucchese 401
n 62 (v. IX 378 n), sanatare II 198, 228, 229, 371; dalfino
(di Francia) III 118, 212, ecc., Piamonte I 209, 245, 114, ntia-
nella dolor di schiena, raccamati rie- bdl. 50, mmutieragiane,
bdl. 23, dove tuttavia sarà ramm- =be-ad-; — tonere te-, r^n-
ionaio I 96, 269 (pis. § 32); sopultura n 334, soppellito n 68,
ramanere -so -sa n 172, 173, 285. 303, ma sarà un errore ri-
formare n 270 1. 27. — Il dittongo passa alKatona in niewpi-
iella, gnevicare, nievirando III 331, piedate III 29. -^ istimana sti-
settim- cren. 30, I 33, 277, fagn. 535, 537, ovrieri e overieri
bdl. 10. Resta Ve in Sarezzana Sarzana I 47, 59, 168, III 286,
288, 300, e sono abbastanza numerosi gli esempi in cui l'agget-
tivo sdrucciolo in -le non perde V-e componen'iosi con -mente:
similemente bdl. 19 (bis), honorivUemente -erO' I 246, 111 273, ecc.
37-38. inóglita * moglie tua' ing. 125; — bierora bevero I 253,
porori pove- III 219, 223, 320 -reìla III 73, socioro I 246, III 27
{de- I 405), lectora I 22, ecc., Sandoro III 148 SandoH IH 9,
dove avremo *Sàndero Alessandro ; e qui vadan pure mociorare
mace-, sgòmboro II 281 sgomborare I 117, 143, 364, prosporeg-
giando II 176; — inpito impeto I 1H8 ; torlili toglierli III 25;
— Senaca cod. 252; — froda fodera. — Finale: Fighino Figline
I 35, 124, 406, II 46. 39-41. fenire, feducia, irebunale, tre-
mito II 229, serene si- II 185, vesconte vi- bdl. Ili, fennamento
fi-, cielo, cod. V. 23. 324, penetenza -sa n 353, I 338, ecc., con-
cestoro -rio I 256 (éw), III 137, 153, Melano bdl. Ili, cren. 12,
29, I 4, ecc. melanesi cron. 11, rettoria cren. 30, verta log. 70,
III 29, 219, ecc., caregato n 236, atfossecnti n 174, Sesmondo
III 65 (bis), cron. 32, anconetana n 236 (bis), cron. 11, fragelità 111 5,
processione n 402, commessione III 113, 327, ne' quali esempi
si sente -messo, ypocrezie II 1H5, Gregento Agrig- II 143, da
dove si può ricavare che Girgenti è, per assimilaz., da *Ghirge-,
degiuna n 277, destribuire III \\^, desdire n 102 (bis), brevileggio
II 31, ecc., dove s'immette * breve ', enterame i- n 170. 171,
emsegna I 19; tentore n 43. — Salvestro, np., n 85, 167, 168
(Si- I 49), Qachiello Ezechiele cod. v. 112; Chanamala Callim-
40:2 Salvionì,
cron. 27; a n generò n 237, se non v'ha errore ^ — songhmso
I ir><>, pistoletiza pesti- II 222 ecc., come in molti altri antichi.
piktrocida III 319, se non è errore, vizodogio vicedoge passim,
che sarà o per assimilaz., o perchè vize sia stato preso come
un aggettivo e trasformato secondo il tipo della 2*, Ghiozan'ì
(ìhivizzano cron. 31 , cioè *GhitO', proìnaticcio, prot'ìlegio; — ogiumai
Plori § 35, Flechia VIII 405 s. ^zomai', Giumigtuin Geminiano
(Nieri XLV), giubbetto less. ; unfino; unutUe. — frugello filugello.
Alchieri cron. \\2{bis), nome di un personaggio che in altro ros.
della cron. (v. Bongi, 14), è chiamato yl/cft^i^». Abbiamo qui, >e
mal non m'appongo, la chiave per giudicare delle due forme del
cognome di Dante {Alighi- e Aldighi- ; v. Bianchi, X 41 1-2) : Alduj-
HI riduceva ad Alg- (cfr. aitanti altrett- II 3G, e gli es. del Vo<'.K
rinolto poi nuovamente in Alig- (cfr. alga e àliga -ca^ tnUart e
valicare, ecc.). desnare, biasmare non saranno poi (malgrado .**i-
situa III 11) da desiti' biiisim- ma continueranno senz'altro I«
hani francesi disner^ blasmer, 42-44. tornerestevi = -ivi n l*i •.
credemi 'credimi' II 292, reverisreli III 21 «5, ricevete III 223, dn
quali esempi v. però il num. 153; Rustero n 244, medego ih. 31*'*;
- Competo I 369, 371, 3S0 (v. Pieri Top. 178 s. * compìtum ';
e cfr. Compito I 371); ma da -ibile può aversi e -croie e -ni!*
(cod. 244) ; — Fiordo np.. FLOKiDr (N. Post, e Post. s. 'flòriduis'i.
Ostilo Osinio cron. 2G (così pure nell'a. par, ; ed è bene not*»
measpr Osmatto), — Finale, fore fuo- bdl. 21, 30, 122, ecc.:
quinde II 5, bdl. 9, 13, oggi e dimatie bdl. 27; ogtte bdl. UU. —
Notiamo qui, come in posto men disadatto e senza voler pre-
>i:i udì rare nessuna quistÌ4me, nnll. come Furlittpopolo Forlimpc>-
poli III lti4, Gngrnto (Jirgenti, di cui qui sopra, Bacatiato Ke-
canati. — S avverta pure la caduta delP-t di oombinazion »ÌD-
tattica in buopi frurti li 191, buoti midici III H7, buon facii II 17?,
tal rin II 2t>2, tal terre III 1S7. tal ttierchantle I 21f>, tal cka-
• atvptitudiftf G., anvfnùi C»., ancudine, dyve sarà /a'»^-, ecc., inUjrpivUt
Onme V'ìnq'.
Appunti suirantico e moderno lucchese 403
stella I 43, fioriti (e la cifra lasciata in bianco) III 402. 46-
46. Si può chiedere se spormii I 362, III 198 -piare I 174 (K5r-
ting* 8975), eh* è pur forma senese (Zst. IX 548), conservi Vo
radicale etimologico, o se non piuttosto sia stato restituito per
rinfluenza insieme del p e del successivo o; cocitore cu- III 252,
costare less. — pasturale * pasto- ' n 280, Uleggio 0- 1 89, Buemmia
bdl. 1,.I 136, 142 buenwii 1 142 {Buo-l 36, 141), Pruensa Prov-
I 38, uanno, Lungin II 341, Furlì I 215, III 164, chulì II 242
Chutignola III 198, 243 (Clio- III 261, 295), curicare I 150, pru-
cissione, uriolo, chugnato I 234, ugni III 273, ecc. ugnuno III
402 ecc., cumiatu n 399, II 132, ecc., puccena, ubàco op-, tra-
buccare bdl, 101, Upessinghi Op- ecc. I 23, 28, bulcione bolz-
n 55, 55-6, Ruberto 1 17, ecc., Lutnbardia ecc. n 349, I 58,
^9, li 40, ecc. — muorarsi less., alluogare II 412. — ritrecito
less., dimino I 194, II 295, dizinore (onde poi disnore III 48) III 8,
cichignola less.; strefinare; — focalare, 47-48. pròlao less.
49>51. monitione mu- II 122, 124, 127, 128, 133, ecc., tiodrire
III 323, notrirhare III 225, produra prudore n 226, Sorrexio bdl.
62, Orbino U- III 158, uzorieri usurajo I 157, rinonsare li 33,
dinonsare -dare bdl. 28, 143. — muglieri ing. 84, Fuligno III 255,
257, 279 (Fa- III 279) , guvermiti n 405, entello less. — pre-
zt^ntuosi II 2 45, Erbovieto Orvieto cren. 22; Uguiccione I 55, come
in tanti altri testi toscani. 51. baratro -ctro baratolo ing. 90,
los, scktra, snipre less., pentra pentola, in un posto, panni, din,
che ora non so indicare, cìntra bdl. 51, II 252, 367, allato a
cui c'è cinfora 1 254 e cintura ib., di cui non so se sia da leg-
gere cintura o cintura. — nulliy cioè '^nu-uli *nuvuli * nuvoli '
nubi, cod. V. 315, taula bdl. 60, 74, III 222, n 51, 2Vm/* Tivoli
II 229, chauli cavoli III 331, Paulo III 273 ecc., rfia/iZe leg., />o-
pula pass, {-polo I 20), apoatuli izula leg. 53-54. Ugenio cren. 9.
— adendo I 250; rugata, arrughire, sciurino; aldienza bdl. 141,
exaldito ecc. I 67, Il 185, III 186, laldare II 181, aldace ecc. I
25, 199, 23, altare II 411, 413, 414, 415, 417, 418, 42.^, altorità
II 229. — Pesori -li Pisairim III 371, 239; ma in realtà sarà
meglio muover direttamente da Prsar-, e v. num. 74.
404 Salvioni,
3. CONSONANTI.
55. Circa alle sorti del j secondario, cfr. guao guajo (la forma è
pure genovese), sgaruolare (Q.), che sarà per sgarujo- (cfr. sgarugli
e il garf. garòjolo gheriglio, Nieri s. * sgarugli '), cadanolo cacia-
juolo III 327 (cfr. a. sen. lanauolo -ajuolo, Hirsch Zst. IX 568).
— volta, ecc., n 102, 325, II 188, piaiti III 403, aguaito n 292,
meitade ecc. bdl. 23, 32, 84, fatte I 263; araine * avrai-ne' II
119, datti tu? Il 275, ecc. AU'incontrario : me^ meglio fagn. 529.
164, 200, rico' imperat. * raccogli ' III 261, ta' danni II 200 ta'
palagi n 162 ta' cose II 347 (e ne proviene il sing. ta ^ : ta' ra-
gazzo lì 253 ta' mercadante n 139 ta' trattato II 44 ; cfr. anche
al qua' al quale III 195, che presuppone qua' quali); — assa-
gliato 'ia- da * sajo '. 56. Virgìo Virgilio III 277 (nella bal-
lata di frate Stoppa dei Bostichi). Per Ij secondario: ciglieri, sa-
glione ali. a 'Ho- 'lieo-. Ma in miglianni * mille anni ' vedremo il
regolare miglia milia , eh' è in qualche canto del Sercambi.
57. matèo less., cristei clisteri n 65 (cfr. cristeo nelVoc. ; voce
imbrancatasi tra i nomi in -erio); rasoro n 16S {ter), 58. San-
mignato cren. 31, sciagnato less. ; pognan -ngn- * poniamo ' se
anche, 1 196, 200, nella Canzone di Ant. Pucci (cfr. pognamo che
nel Voc). 59. gnaffe ' mia fé ' n 168. 60. Antioccia I 38.
— Eustagio Eustachio I 179 (cfr. Ostasio), certo attratto da nomi
come Gervasio, Atanasio. 61. Monda Monza III 207; chazerò
cacci- ing. 124, vers. lazza less. — Del resto, ne' docum. antichi,
c'è per ogni z una grande varietà di grafie, che però tutte ci ripor-
tano a f , e lo provi l'aversi esempi come compatione compass- 1
259, III 221, di fronte a confessione confez- III 56 ; inoltre: pentieri
pensiero II 259, 377, III 130, 230, 231, ecc., armoni ars- I 225,
^ Se pur non si tratta dì un accorciamento proclitico del genere di quello
che 8*ha in certe parti delle Alpi lombarde, dove ta è venuto alle funzioni
di un semplice prefisso dalla funzione diminutivo-spregiativa: un taprévat
un pretuccio, ecc.
Appooti suirantico e moderno lucchese 405
storiioni estors- II 181, difentione I 16, 280, respontioni ri- 1 341,
II 191; cfr. aWincontro conees$iane concezione ìeg,, carnsanecsLiìZ'
I 169. Tra le grafie, è notevole Stanche quando non segna vocale:
Fatino II 194, 250, III 146, che riproduce la pronuncia lombarda
del nome dì Faaino Cane, e ha allato a se Fazino III 169, Fa-
sino III 44,46, 145, 171, experienti circustanti, di cui al num. 140,
anli I 94, innanti bdl. 15, 18, rispondenti a anzi ecc. Cfr. ancora
tkio (e sio 130) zio bdl. 7, innanthi bdl. 12, anthiani I 869, fortha
bdl. 13. 63. giachoni dia- cron. 36, che però potrebbe, in-
sieme alle altre forme italiane che vi corrispondono (XII 440,
XIY 216), rispecchiare il già lat. zaconus (Uiez. gr.^ I 283) ;
cfr. baitegiare n 317, I 132, e anche nel Voc, Del resto verzente
vezz- veggente, arzente, e i seconds^ri fast iggioso -gio^ ing. 79, 129,
ingiustra *indiustra industria, maia less., soppiano less., Friani
(anche fior.) Fredia- cron. 32. 63 ab. pj: pippioni picei-* n 144,
sappendo 1 287. — sj: basciare n passim, cascio III 406 cascia^
tuolo e -aVi- bdl. 75,80, III 327; Cervagio Gervasio, Giniegi (jÌ^
Desio, cerage n 374 (bis), I 93, e anche vagello n 291, vagellamenti
IH 323 ('ze- ib.), riverran qui, per la via di un plur. *vasia o
di un *VAS£i; (cfr. vazél, alveare, nel dial. di Val Calanca, e così
kamiza) ^ — Basciano Bassano, III 67, par rispondere bene alla
baso con -ss]- (v. Olivieri, St. Glott. it. Ili 70). Di sdepi 1 396,
v. Pieri vers. § 56. 64-69. chavigliasoni cavili-. III 325, deve
risentirsi della base ch'è in scavigliare less. — mùtore II 363, Mon-
teeueori -ccoli II 433, Santangioro 1212, Spinori -la, passim nelle
Cronache, ecc., e v. num. 51 ; — Guilliermo 115, malischarco
I 105 (M^ — a^^'-» II 293, rotto vòlto toUata bdl. 114 (v. cod.
245); autre -» III 243, fagn. 530; — gòbbulo less.; pueino pul-
cino; alfabeto accipressoj dove deve trattarsi di una dissimilaz.
in l'alf- l'ale-, — obrìo II 423, infruenze II 186, cristei num. 57,
multipricare I 116, II 291, ecc., simprici 11 169, ecc., obrigare
* Nel cod. vascelli -a ali. a ragiello. Barbi, p. 245. Ha qui è se anche in
altri cani : nuilrascio^ rasrione, amendascione, gunrisrione,
' Inierminelli Antelm. I 167, Bonincorai BoimcooUi I 48.
406 Salvionì.
■
n 277, ecc. affritj^u II 415; v. cod. 245. — Ben notevoli /)fnV'>
II 41*>, mimco II 44^^. e forse Governo Govèrnolo II 16, :^6. rh<*
pajon voler rt^stituire il primitivo, vero o presunto *. 71. No-
tevole, per rapporto a ciò che dice il Pieri, Top. 227-8 n, chUmna*
i^hianwi lotiime-Iemme, * pian-piano ' ; dove il nn dipenderà da
una modulazione affettiva, cosi come in lomb. dirassi, in uno
slancio di irioja. kàrra! per kara caro, o bel (per M) quasi come
un superlativo. Circa a chiòpporoy v. il Pieri vers. gloss. Penso
tuttavia che potrebbe non aver torto il Nieri col suo *schiop-
pare ' (v. 8. * schiopporare '). Anche in Lombardia, d'un fiort?
ricco di foglie diciamo ch'è uno sòopofi^ e il Pascoli, nel gloss. ai
('anti di Castelvecchio, 2^ ediz., ha ' riscoppiare * delle pianta,
quando rimettono dopo essere state cuccate. 72. ajant garf..
ghiaja. I*er il garf. giumUoro{y, anche Pieri vers. § 68), si può
invocare tjiotto ecc. ghiotto nel cod. 245 e gessare less. — l>i
Ficlìino Figline, II 45, penso sia un errore se pure il chi non
vi è meramente grafico (cfr. Alchieri num. 39-41). 74. m^i'
liscalco -arco I :J1>, 102, 105. Ili 161, ecc., dove si può supporrt*
un ^mariscarco dissimilato e venuto a commescersi con un *wi-
risralro che gli vivesse allato; — tambulo -uro, sciloppo n 65(Ai*l
(puro nel Voc), avolio n 69 (Pieri vers. § 71; e il / è ben di f-
fiiho anche per altri dialetti: mil. olia e nvòli^ ecc.), ingiulìaU»
ImII. 191 (v. cod. 245, e Pieri pis. § 75), /Vòo/i Pesaro ali. a -n.
Ili 'M\), von evidente sostituzion di suffisso (cfr. Osoli ali. a 0$tri
AisKUK, nel Villani; Bellio, o. e, 79); — Bla- Blendano hrAnd-
h'U- 70, 71, Plaga Pra^a III 2:^:^, 2:54, ecc. ; — ma tfwUo morto,
non credo richiami il noto fenomeno pisano (Pieri § 76), e ^a^a
piultoito uno sbaglio. 75 6. caprire, cernardì n 476, 5/ni.<w
r iittf' astuzia, sfromhulo less., stradichi ostaggi (del resto sta-) \*X\
(cfr. l'a. Hon. stradiro Ilirsch IX 555, stradigaria Zdekauer, Il
<'oimt. d. (V>m. di Siena, 199 s. * stadighi '), /Vw^^ro ìvss.^ prisp^Ja
Iris., ultimamrntre III 241. Di iròccoh -^c-, scèpre ^ frinesira,
* l'ri'iriiiiliMitlo <l.i (iurrrno, che poco di«;e, per gli altri due e8empi «t
|,i/lff|.lM« »imln« jM'U'tan' a *pf riero *miriicro con r-r poi dinKÌmilati.
Appunti suirantico e moderno lucchese 407
V. il less., e quanto a scèdra^ alleyrire, vi vedremo *scédera
-do-, ^allegher- -go-, 76. guerectoni verr- I 251. — garba
less. — Pruensa I 38 , Noarra Novara e Nav- num. 27-8,
beo II 206, auto n 374, 378, aUròe III 287 [altro I 117]; —
Sibilia Siviglia, n 199, sarà uno spagnolismo; — garf. agore
lauro, lucch. agrilegio lauro regio, pruga prua (6.), garf. légora
lepre. 81-85. Di acino I 419, 30, 122, 125, ecc. {azini I 126,
asinelio -nino I 123), v. il less. — A cugino, ch'è il frc. cousin,
corrisponde cusino n 385, 198, 372, -zi- I 246, II 160, ecc. No-
tevole Piscia Pisa cron. 14. — Se chiòpporo^ num. 71, è da
srhiò-, sarà esempio da agi^iungere qui sopra a p. 220 (cfr. an-
cora mant. ciavina schiavina Cherub., borgotar. cheussa brivido
•scossa*); — Lancilao -aio Lancislao IH 120, 141, 150, 175,
Vincilao Vincislao I 228, II 194, III 4, ecc. — Circa a restrice,
V. il loss. ; acquastrino è pure della lingua letteraria, e per àU
hastro ricordo che sorbastrella (G.) è tradotto per * albatrella ' e
* salvestrella ', nella qual ultima voce si scorge l'origine del s,
- scer.co siccità cron. 36. — Per str, v. nosso ing. 101, log. 71,
e in cod. 2 15, son tuttettrè gli esempi che, un po' dappertutto
in Italia, offrono ss da str : nosso, tosso, -mossa monstrat, e v.
Pieri hicch. p. 119 n, pis. p. 149 n. 86-89. Nelle Cronache,
compare assai frequente la scrizione per m, non solo davanti a f
{(jomfaloìiieri 1 13, ecc., Tomfnno I 168, tw fugìia I 12, rom for-
tore I 27, sam Frediano 161, 11, imfermità I 9, gram fame 1 422,
um fiore li 340, Giamfì gì iassi 111 132, Lamfredo I 15, Lamfraptchi
III 326, ecc. ecc.; cfr. anche com volerlo I 227), dove il m può
rappresontare l'articolazione labio-dentale, non solo davanti a
'/u (cinvtpie I 316, 38"^, 389, cimquanta 1 97, Cimquini I 110, dotnque
II 21 l^quulumqua 11 242 (his)^comi/HÌsto I 115, com quanta l 21 ('>m),
com quelle I 220, im quelVanno I 4, 8, ecc., im questo II IH.'), ecc.),
dove si potre!)ho sentire un'eco della bilaì)iale suss(»guciite al fc,
ma anche davanti alla sorda s (CInmsirha 1 23, camsoìie I 169,
II 375, imsieme 1 195, e m set/ uà I 19, rom i^ome II 55, comsiglio
I 6, 15, 20, comsentire I 14, ne^sum si v*de lì 310, ecc.), nn'Utre
davanti ad altre consonanti l'apparire di m è affatto spora»iico
408 SaWioni,
(abamdon' I 327, II 35, comtrarii II 217, demiro 1 185, gram nu-
mero II 348), così com'è affatto sporadico, almeno dentro ai limiti
d'una sola parola, l'apparire di n davanti a p b. — colènda, am-
mendiolo ammennic-, und' è ali. a unn' è Pieri, p. 120 n. — In
agontani anconit- III 152 {bis), avremo il march, angonéano {v.ì^en-
mann-Spallart, Zst. XXVIII 305) , col primo n soppresso per
dissimilazione ^ 90-94. Si richiama innanzitutto qnant'è detto
nel num. che precede. — rómbicia, e di ombaco v. il less. — Di
grammare nel less., se pur non è estratto da un ^grammolate =
*gramb: 95.chabbia III 210. 96. tìfrs/nio arsente-, at'ran-
tiato less., bainco less., cuctUiella less., maugliare less., ombào less.,
rùvio che sarà * riìvico ', nutriarsi, pendèora lesa., pròfao lesa.,
seiammia (?) less., e cfr. ancora potehari, mahonaglia. La forma
macagna (Pieri num. 102; ali. a maagna) machagnatill 189 par
testimoniare in favor d'un etimo con -Ar- ; di macone (Pieri ib.),
V. il less. — 'nsomavanti ' non so mai quanti ', ordavinlà * or da
qui in là'. — secato bdl. 17 (della imposta), drachi n 375 (-ghi
ib. 376), docaio, sinichella, locrare. 97. Ouasparil^iy^, ecc.;
Qhagli Cagli I 215, Monte-garugli II 32 (-cAa- II 80) Montecar-,
dove però potrebbe trattarsi di -y-, galone qui sopra a p. 375,
gcdappione (cfr. galappio nel Voc), gactira ing. 129; gesto 1 88, ecc.,
Gostanza np. Ili 270, 292, ni., Ili 232, 289, Gostantinf^- 1 36,
115, II 57 ; guando, guazi II 222, guaderno li 338, guen-ia 111 332,
grdlare III 71. — ongosto inchiostro n 172, 173, 255, 308, 321, ecc.,
e di agontani qui sopra. — segondo prep. I 65, ecc., segonda bdl.
100, dugha I 228, 229 , ecc. {-eh- 1 229), regare n 283, ecc.
oga UI 258 (pis. § 98), pogo -a passim, segure score bdl. 19,
aegura sic- bdl. 12 seg- assic' bdl. 11, migha I 269, II 72, 170,
biga bica, mentegatto ing. 91, n 18, ecc., Avogati -vvoc-, n. di
famiglia, III 3<>6, progacciare I 196, 277, bigòrdolo, pèguro, die-
^ Circa al -n di MOir, cfr. no è bdl. 30, no può n 297, no tidi n 357;
rispuose: non, compare III 155, in ne' facti non nei fatti, no I 246, confor^
tando del no confortando a negare I 854.
Appunti Bull'autico e moderno lacchese 409
guro, medego n 398, caregato n 236, garf. rosigon ^ ; aguila I 122,
123, 294, 254 (-g- I 263), AguUea (di Lucca) I 14, 363 (-3- 1 363),
azeguitore -gu^, ecc. I 290, 291, ecc., seguestro, e non sarà forse
affatto illegìttimo aguisiare lU 404. 100-101. Notiamo la
resa per g(ei) del i alto-ital. e del ligure i da -<i-; Lugiardo
(e .^-)=sgen. Luxardo III 53; Piagensa -zal 31, cren. 23, 35,
dugio e dogio passim, Polègino Polesine HI 80, Palavigino -« Il
68, III 39 [Ma Luizi = frc. Louis III 261] ; chiereHa è pure del
Voc, dove s'accoppia a grammatista^ e pajon ambedue accennare
alla rispondenza cisappenninica de' tose, ehiericia, grammaticia * ;
— e voce alto-it. sarà pure panaiera pane- I 300. — cisma
scisma III 232, stracin- 1 184, li 38, III 271, 272, 279, prociuto
III 271. — Per *8Ó da *«4-é», ascieUo eccetto exo- bdl. 138,
140, 142, ecc. 102-106. chastichare ecc. I 28, 195, II 224,
251, 432, m 43, namcare I 374, II 431, III 241, leg. 71, noti
anche al Voc, investicazione bdl. 91. — uanno; atale; — foare
Pieri vers. gloss., giovo I 219, II 156, Campofrevoso -{reg- 111 190,
manucoldo manig- ing. 30, e, notevolissimo esempio, per la vola
' per la g- ' ing. 130 {bis) ^, sparavello less. ; fràula fragola (mass.
frola), iihdo tegolo, sUeula stegola. Da siieUla si vien poi a stiC'-
cola come da baraonda e faon\za si viene a baraconda e facof%[da,
e come da *ma<m€ ' magone ' (cfr. mahonaglia) si viene a macont.
1O6-107. Forse per dissimilazione: Cervagio Gervaso II 93, III
400, cren. 11, ecc. — vagnelo I 253. — brivileggio 1 100, 97, ecc.,
colleggio I 317. 108-111. monte 6rrat?an^« = Montravante
* V. ro88erTaz. del Nieri, XII, circa a Monte di Brancoli, dove sarebbero
normali diffo, figo^ buga, e così prado, ecc.
' Anche Sugnar a Susioana (Romagna toscana), I 49, 443, andrà forse cor-
retto in Sugi:
' Cfr. acemere, $eèrpere. Un notevole eiempio è pure detiarécui^ descUore
(▼. il Voe.X notevole perché ci documenti iH in «I; e gli li potrebbe accom-
pagnare mestare (cfr. tnescitare),
* Si potrebbe attribuire la formola a un giudice 0 notajo non lucchese
(v. qui indietro a p. 396 n). Ma noto che analoghi fenomeni sono nella vicina
Massa, dove p. es. ali. a barba c*è la varba^ ecc.
410 Salvioni,
cron. 31 (bis), 32, dove par essere una doppia dissimilazione ; ca-
tutto bdl. 17 K — Fedro Pietro IH 267, 271, 272, sempre dello
stesso personaggio, ch'è di Foligno, v. invece Petro I 20, Piero
cron. 15, 11, ecc. 112-117 . aspitello, peticellOf gart. megétima
' mezzedima ' *, scètera -tra ali. a scèdera, — piólola Pieri Top. 132.
— Circa alla curiosa caduta del d- in certe voci di * dare ' e di
* dire ', non invocheremo esempi alto-italiani come il piac. Va
itt ' ha detto ', ecc., ma meglio penseremo a una riduzione
avvenuta prima nell'imperativo (cfr. il vie. àmélo * dammelo *,
e V. Bovet in Misceli. Monaci 253) e portata poi più oltre.
Di % per la prepos. di {niffo i porco ^ t'ho itto i no * t' ho detto
di no'; quindi può stare anche pai vacche Pieri § 115 n),
penso sia un vero e proprio accorciamento di proclisi, e l'ana-
logo fatto s'avverte nel perugino ('n pèzz'i pène, nn'ha voglia i
fatighè, in Verga, Sonetti di Rugg. Torelli, § 90), e nel napo-
letano ecc. — taliduni taluni , tantiduni * tanti ' parecchi, alcuni.
118. brevileggio bri- II 31 , ecc., colla nota intromissione di
' breve '. — savere sap- cod. v. 21, cavestro -stretta n 125, 140,
Chalavria "Vra I 10, 45. — A lebbra (ali. a leppo) sta forse a
base un Hebba da giudicarsi come bodda botta (Pieri § 109).
Cfr. tuttavia lAbbrafatta che par accennare a-pr- secondario in bbr,
120-121. Quasi costante, in tutti gli antichi testi, t?a5^are bast-,
e ve n'ha esempi anche nel Voc.
4. ACCIDENTI GENERALI.
123. Accento, réina il pesco *reina', Frigoli cioè Fri- Friuli
(cfr. Friolij cioè Fri-, in Giov. Villani). 124. Dissimilazione.
Rimandiamo in primo luogo al lessico, agli articoli ^ attuire '
* bignatta * * ghiastrina ' * pievale * * lennajòlo' * culignoro * * finu-
* pradis prat- nello Stat. di Giuviano (Atti Accad. luccn. XXIV ; p. 552).
* Che sarà mezzésitna? Forse un caso di assimilazione?
Appunti sull'antico e moderno lucchese 411
gì loro ' * convertazione ' * monnaglia * * regabbio ' * vitabbia '
'pormaì' ^mugliaglio' *troaca' 'riaucitare' *cutello' * fabbrico'.
Di agoniani qui indietro. Inoltre: ciotóron * lucertolone ', albitrio
I 266, III 21, bdl. 109, 120, ecc., ristaulo -lata II 125, 243,
IH 176, bdl. 101, 102, ecc., lÀprafacta -bbra^ Ripafratta I 16, ecc.,
maliscìéalco num. 74, Alagna Ànagni I 51, cron. 26, 27, v. Bellio,
0. e. 9, Chanamala Callimala cron. 27, abergo (cioè arb-) alb-
II 156, III 257, Uberto Ro- I 58, 59, se non v' ha scambio di
nomi, propio passim, obrobio III 8 obobriosa II 343, l'afre I 10,
Htniato Miniato cron. 15. Di Chinciano Ci- li 47, Chin- Chimsicka
Ci- (v. Bongi III 429), l'incertezza circa airorigine loro toglie
di dire se sia anteriore Chi- o Ci-. È poi notevole che oompaja
gugno una settantina di volte (I 314, 319(/fr), II 271 (bis), III
143, ecc. ecc.) di fronte a giù- che occorre una trentina di volte.
Se insieme si considera che, all' infuori di gugno, gli esempi di gu-
grafico per giù- si contano sulle dita, ne vien da chiedere se gugno
non sia una forma reale, sòrta per la dissimilazione delle due
palatine di ^ufto. 125. Assimilazione. Tra consonanti attigue :
lr: ire il re III 167, i ricche I 399, i resto I 393, % riscuotere
III 44, de reame I 227, de regimento III 158, de ragionato III 11,
a re III 198, 47 \ a raquisto I 232, da reo III 325, su riadto
sul r- III 236, tra' re di Francia e re d'Ingh- I 46, e ragassino
e il r- III 268, ecc., ecc.; — nr: orrevole, ecc.. Ili 210, 242,
come noll'a. it., u rospo ' un rospo ', ecc., Niori s. ' ragano ', i
Roma III 83, i Romagna ib.. Sa Romano I 188, Sa Rcffoio I 44;
— nl: collui con lui I 143, co' loro I 36, beUìsIà * l>en gli sta '
I W ecc.. uccidiàllo * uccidiamolo ' ing. 85; — rl: ritolto *iitorl()'
II 394; — Ns: • santo III 128, Sastrfano 1 58. — Tra consonanti
lontane: San Rossore 8. Lussorio II 5, e sarà forma pisana, ghión'
golo. Anche il rapporto tra ghèghe gegia e le corrispomlenzo fio-
* Nel secondo posto, il Bon^i scrive aVt», e il affano d^ll apostrofe s* in-
contra in altri casi anuloghi. Ma per lo piii manca, ne si capisce la ragione
del diverw) trattamento.
Archivio glottol. ital., XVI. 27
412 Salvioni,
Tentine chèche, cècia si capirà meglio pensando agli intermedi e
dissimilati *kega *cegia (o *g€ka *gecia), con successiva assimi-
lazione. Certo, nulla vieta di credere che Tanterior forma sia la
lucchese. 126. Geminazione distratta, avermaria, esempio che
ho Ietto in testi catanesi, e che s'ode persino a Castellinaldo (v. piii
in là) , giurarmio, dirmi * dimmi ', carnocchiale (v. Pieri pis.
§ 123; e Tho anche da Pitigliano), arnecchio less., spernòcchio
pennacchio, barsaja less. (cfr. il montai, gerso gesso, l'arcev.
merso messo, i trev. torse tosse, sparso spasso, Marzolo, Mon. Il
368, 386, 419, dove parrebbe di leggere che gli esempi trev.
stanno per un'intera serie; a sparso^ a spasso, pure nella No-
vella feltrina del Segato, p. 13), scarpellarotto scappellotto, verg-
verzenti * veggenti ', margina imaggine, sulcedere sulcessore, mèrlo
mallo less., tnerlone mellone, sorchio e socchio (cfr. surchiare sue*
chiare, a S. Ginesio nelle Marche), tintolare I 302, III 216 (cfr.
titt- I 293, III 10, 207). Di perlucca perrucca, si può però chie-
dere se non ci presenti l'incontro di * perr- ' con * pel- ' (v. Kórting
7155). 127. Prostesi, mova III 254, grtibbia robbia, decomodo
economo, distanza i-, dove v'ha confusione di voci. Notevoli ca-
prire a-, curlare u-, caccéggia a- e forse cògliora ali. a ò-, che
per avventura ha ragióne il N. di considerare come false adat-
tazioni. 128-129. Epentesi. Di vocale. Etena Etna I 149,
inghilese I 121, III 28, scisima III 11, mitora -la mitra, Sdndoro
Sandro, ne' quali ultimi esempi avremo in realtà la intru-
sione di ■•gLO provocata da doppioni come cintra e cintora, ecc.
— Di consonante. V. i num. 75 J, 76. Di persucaso, macone^
bachielle * bavelle ', vicolette, Marica, Follonica, v. il Nieri s.
* bachielle ' ; — gruve n 376, isbavigliando ih. 130, due esempi
non limitati a Lucca, Frigoli Friuli n 208, III 152, 153, 165,
196 , amaiestramento cod. 252 , traiere n 253 , aiunare aun*
cod. V. 271; — vernardì I 108, v. il less.; arbiturii abita-
zioni bdl. 106, dove entra forse l'ar- di arbergo num. 124; Jan-
sone 6ias- II 416 (piti volte), Sansognal 11, che son anche d'altri
scrittori; niempitella nep-, rancAtcIine rachitide, s/am6u/ano less.,
ambundantia III 403, ambandonare III 222, due esempi che pajon
Appunti suirantico e moderno lucchese 418
confortarsi a vicenda. — scroechare scoccare II 6, 13 (ne sono
es. anche nel Voc, dove però la voce è male interpretata).
130. Epitesi. Di 'i (= -e) : fui fu I 44, dove però potrebbe
anche aversi un /u[r]» = * fuvvi ', ini tu ing. 81, toy tuo ib., e
qui riverranno mei tei sei e anche rei e lei (cod. 247, 246 ;
cfr. tei nel Tristano ; Parodi CLXIII) , pei quali non è certo
il caso di pensare, come fa il Barbi, ai nomin. rex e lex ^
Di -a: dia di leg. 46, lo primo dia* cod. 254 v. 122. Di -o:
pino bdl. 54. Di ^ne in none I 269 ecc., dove il punto di
partenza sarà certamente no. 131. Aferesi. Sisi ecc. Ass-
II 229, 240, III 248, scollare asc- fagn. 537, cod. v. 91, Vignone
Av- 1211, ecc., gagllòla SLgoTRJOy gorata^ micidio bdl. 63, n 192,
stracar=^as' = las-y ecc., dificio cren. 30, 31, stanza ist- 1116, ecc.,
Talia Taliano II 184, ecc., stortioni est- II 185, ecc., non stante
non ost- I 209, ecc., sploratori sprolat- espi- II 345, 346, 347,
sfionda est- bdl. 62, sternare est-, spirato isp- III 26, rezìa III 142,
scita use- fagn. 530; lo 'nganno I 112, lo 'mperadore I 31, /a 'mpro-
ìn^ssa I 118, la 'ntentione IH 17, la'ncarnatione leg. 45, le'ngiurie
ÌU>^, le'mpffste III 41. e anche Vimbasciadori, 199, 111 134, andrà
letto li 'mlh ; bergo alb-, che si connetterà però direttamente con
ahergo niim. 124. — àgoro lauro, abis lapis, amprédola^ trabiliare
atr-, garf. ampirm. 132-133. Ettlissi. V. ai num. delle vo-
cali atone. Qui annoto costore less. 135. Suoni concresciuti.
XaguilM Aq-, Larensa II 4, 140, ecc., se Avenza è anteriore;
V. ancora Bellio, o. e, 59, tiaveggio 1-, che parmi bene spiegato
* Potrebbero tutti dipendere anche da -je (cfr. tei cod. 247, e rffflie =
*rfjt nel Pieri K quel -je che uppur nel moderno luech. come -gin (agli es.
del Pi«»ri af^iongi chejlif), e che in fondo è non altro che -e (cfr. rer, ecc.
nel Tristano, 1. e ) pr^-oeduto da J correttor dell'iato. - Circa all'-i, cfr. an-
cor* Ta. pt*ru>^. poi può.
* Nel 1* es. è tuffo dia * o^ni giorno ', dove si può pensare a dia fé mi-
nile (Meyer-Liibke, it. j?r., p. 18*5) e a * tutto' indeclinabile (v. Pieri, 141*. e
cfr. tucto le terre, ì 245, e più esempi analoghi). D'altra parte c'è mmcj die
in cod. 247. Potrt'bbe dunque il no>(tro dia esser come l'incontro del muse.
di dte, col feuiinìle dia.
414 SaWioni,
dal N. 136. V. n 31. Ricordo qui che San Terenzo (o San *ro-?)
è interpretato come Santo Renzo II 142. 137. Metatesi.
straina ecc. I 91, 243, II 255, leg. 45 (v. cod. 2i&\ patio I 145,
116, 122, poi, per l'uso promiscuo di palio e pailo, anche j>at7}0
I 116, 189, arie ali. a aire n 331, ingiustra n 63, porcacchia,
e forse spetterà qui pure appariensa II 417 (=*-«nsfa); scrop-
pioni I 385, II 185, stormenti 1 132, 252, 2bb,pisternaio bdl. 74, 82,
Peprignano Perp- III li2, fraffalla (G,), sgarnellare (G.); lùcciora
ulcera; vernadì I 108, 256, torleli -UH, = tolerli III 25, 146,
froda fodem, drotiina, trèto tetro, Brancatio ^ Pancr- bdl. 25, 26,
Riprafatta Ripafratta I 164, croa. 10. — Metatesi reciproca.
Tra vocali, par essere in abbarocciare, e in sudictore sedutt- II 341.
Tra consonanti: chiercio cerchio {chiercia e cerchia correggiato;
cfr. lo stesso invertimento nel parm. cersa ali. a zerda correg-
giato, Malaspina I 34), ghiaccio giacchio, chietto less., scroppo
ali. a sprocco, scaporale -lare, cioUron, se non è da dichiararsi
come qui sopra a num. 124, sprolatori esplorat- num. 131 (v. Kirsch
Zst. IX 534), Z^'^^ora rezzol a, ^òrt'o^a polvere, tónero sewd- sèdano
(cfr. sènido nel Petrocchi), tomarazza materazza, catana canale
(per influenza di incalanare), caratattino cataratt-, trìciuolo cetri-,
rimedire, come nell'a. it., I 369, Geromino, se non è errore, cod.
v. 239. Difficile dire da qual parte stia la metatesi in pitizzarsi
di fronte al pist. tipizz- e al livorn. azzipitt- 138. Raddop-
piamenti e scempiamenti. Non son troppo coerenti gli antichi
testi nella notazion delle doppie e scempie. Troviamo infatti
tradicto I 198, gicfe II 370, Actene bdl. 106, ecternal I 241 e
altri, e insieme avenne avvenne III 10, radoppiando ib., sapiendo
bdl. 130, sollene bdl. 91. Lo stesso nome della città di Lucca,
è scritto talvolta con ce altre fiate con e (v. Pieri, n. 99 n). Una
vera doppia sarà però in 'CtUme =^ -zioìie III 128, 222, bdl. 19,
in legga I 354, bdl. 104, legghati II 47, fuggha II 7 (dove si
* Siccome c'è anche la forma Pangrazio (con immissione ài grazia^ cosi
ripeteremo da questa la metatesi per cui la sonora passa al posto della
sorda e viceversa.
Appunti sulPantico e moderno lucchese 415
tratterà di an deverbale dal tema del presente), HUolaré (y. qui
sopra), faceUore cod. 246, disfaccimmto I 98, dove s'ha il -ce* di
faccio^ ecc., fummo U 4, semminaio III 220, presumnia bdl. 130,
145, tennera II 416, gennerassione log. 44, 45. Il doppio U e il
doppio IT protonicì risultanti da -l-^- U e da -/ 4* r- son poi da
considerarsi come resisi scempi, in considerazione del fatto che
mai non occorra t rre^ ecc., e che accanto a t lupo I 127, su /e-
t>ar0 sul levare I 378, de luogo I 230, i legìuime I 387, s'abbiano
U loro fiori i 1- f- II 190, U loro danpni II 175 (cfr. tuttavia
quanto si viene ora a dire). — Circa ai raddoppiamenti sintat-
tici, s'avverte che nel dialetto moderno ha virtù reduplicativa
anche il -j venuto a tacere (Nieri, Vili e s. 4 ' ; Bianchi, Arch.
IX 386 n): he f figlioli, que mnwnti, le ddisse ' lei disse ', lu ffece
* lui fece ' ; de bbimbi ^ dei b- ', che forse ci spiega i bbimbi (ma
potrebbe anche trattarsi di *ej A-); e così raddoppia l'infinito
tronco della 3% legge' ssubito, mette' nnulla; Nieri, XII, il che se
aia per assimilazione tra -r e la consonante successiva, o per
analogia degli infiniti deboli, non saprei decidere. 138*. As-
HORBiMENTi e CONTRAZIONI. Lunardo Leon- II 155, 156, bdl. 128 ;
— nta' altro fine * ma a a- ' I 290, la testa Andrea * la testa a A- '
I 310, fa testa alquttnti ' la testa a a- ' I 305, naronno' la Signoria
' narrarono alla S- ' I 231, fine' Pietrasanta * fino a P- ' I 354 ;
fi' etiandio ' ne ez- ' III 309.
IL — ANNOTAZIONI MORFOLOGICHE.
a. DECLINAZIONE.
139. Metaplasmi. — soddomito I 158, pianeto II 39G, III 48,
rangelisto II 192, Battista {il B-) lì 99; resiste: uno trombecta
I 34; — pescio I 222, III 128, 406, ecc.. recimo n 368, visconto
I 168, dogio du^ n 341, III 228, ecc. ecc., cotifessoro 1 141,
416 Salvioni,
principo II 183, conciavo IH 162, 163, 165, comuno I 241, Chi-
mento Ole- I 10, 53, 218, II 361, Victoro I 232, Polègino Pole-
sine III 80, Carmino -e III 206, 365, furo less., e frigolo può qui
stare. E qui vada anche il vizo- di vizodogio III 228, se si
tratta di vize- interpretato come un aggettivo; — scura sec- n 239,
263, bdl. 134, III 175, lepora I 126, fórbicia, rómbicia, la Man-
tala il M-e I 51; gente genti cod. v. 52, 276, parte leg. 45,
nave III 303, torre I 33 , radicie II 373 , serpe II 185 , ualle
cod. V. 192, merde I 216, vertude cod. 252, 251, sorore bdl.
52, le quale cod. 252, lucente {stelle) cod. v. 140, cose vivente
cod. V. 331, cose corporale e temporale cod. 251 ; le mane cod. 251 ;
— telare, fòlle lesa., spante less., grane less., e qui anche inane
mano; — valige n 208, 210 (plur. -gi -gii I 350, 376, II 8),
cfr. valige -ce nel Voc, scepre less. 140. Sing. di 3* ^ in t :
conclavi III 162, 163, mari II 4, giudici cren. 24, 26, ju- I 22 (bis),
signori 1 234, pontifici III 121, 161, participi III 311, principi
III 335, siri zi- sire (anche nel Voc.) 1 429, Il 400, trotturi n 27 n,
pregioni prigioniero I 372, III 387, prigione III 212, parti n 19 *;
— tali I 187, simplici I 64, II 169, 247, IH 131, 160, 290, pre-
zenti {di pr-) III 311, sembianti cod. v. 165, somiglianti n 402;
VUali III 69, 70, n 286, 287, Baldassari III 78-9, 83, 162, Cezari
II 43, 44, Guaspari I 306, III 165, Tedici Teodice (?) I 17, e
qui vadano anche Lazzari II 272, 406, 408, ecc., Pieri (in rima)
I 347. Di fronte ai quali nnpp. risulta notevole Luyzo Luigi 1 230.
Aggiungasi poi 4eri quasi costante per -iere, — Plur. in -t di
1» declin.: spalli I 378, contradi III 317, biadi III 238, carti I
375, ecc., forchi 1 123, 126, 168, 331, porti I 28, messi II 319,
cerni I 329, manieri I 69, II 422, minacci I 266, 408, II 280,
luzinghi I 408, III 137, lire di sterlini I 34, experienti III 159,
circustanti -cum- I 391, II 57, torre delle Brachi III 105^, le sacri
* Altrimenti: zettani -o n 387, III 140, 252, come nel Voc, e contadi^ I 132,
che potrebbe al postutto essere un plurale (del loro e- = de* l- e-),
* pietati (in rima) I 848.
' le gradi (=Z« gradora num. 141») Me scalinate' bdl. 28, 140, 142,144,
Appunti suirantico e moderno Incchese 417
chiavi I 385, le reliquie santi I 16, le brigate forestieri I 313, le
buoni opere DI 117, cose alti II 177, le bestie strani {in rima)
I 386, delle molti I 3, 65, III 366, cose vicini III 84, mercan-
liei strecti III 57 ^ Qui vadano anche i casi di -le in -iei
(num. 3): viei II 262, IH 59, 378, ecc., mercantiei li 33, 37,
321, III 57, 74, 109, 314, moriei II 234, 396, profetici II 346,
347*. — Piar, di 3» deci, in -e: servidore III 336, caporale III
360, peccatori dulente cod. v. 406. — Plur. dei masc. di 1* in -o:
patrocida I 247, dugha I 347. — I cognomi etimologicam. fe-
minili, ma logicamente maschili, posson. conservare V-a anche al
plur.: i Gambacorta III 107; possono avere -t: Gambacorti III
106, 107, -Spino/-» Spinola I 375, IH 194, 203, e anche, il che è
veramente notevole, assumere il regolare -e: li Malateste III
370, » Guinigi e Hapondi e Forteguerre 1 260 (= Forteguerri),
141^ Genere. Di neutro plur. allego questi esempi: balestra 1 373,
394, 399, Il 6, 8, 14, III 204, ecc., guagnela ing. 113, solata
I 15, iìwlina I 392, sendada III 252, letta n 254, 344, pugna
bdl. 36, prata I 126, quadretta I 125, queste verba III 261, pen-
nata (?) bdl. 19, paramenta II 57, assai ria I 200 ria più vieppiìi
II 119, carogna {habitacoli di serpi e carogna) I 374, campora
II 281, gradora I 171, 172 -la I 181, III 325, 324, i gradini
della Chiesa di S. Michele. Ne viene poi il sing. *gradola, da
cui discende l'odierno gràdole. Non penso cioè a un *le gra-
dolCj per quanto occorra il plur. vazellamente III 344 e forse
tormente cod. v. 277, per i quali non sarà forse da postu-
lare il sing. -a (v. Pieri, vers. nn. 131-2). — Feminili : seme
(v. Pieri, vers. num. 131-2, e cfr. vie. la séina)^ aire n 319, 323,
potrebb* essere il plur. di un *la grada^ fem. sing., ottenuto da un plur.
neutro *lt grada,
' le eomunitadi erano bene serviti III 325. Potrebbe darsi che vi fosse la
sostituzion mentale di comuni.
' Ma r-i di miei tuoi suoi, mie tue sue, non deve giudicarsi alla stessa
^tre^a. Esso è toscano, umbro, marchigiano, e deve quindi avere una ra-
^one più generale. Da esse forme dipendono le a. pis. come mieie miee^
suoie suoe, che sono miei + f, ecc.
418 SalTioni,
I 96, II 229 (ambigenere aere nel Voc. ; ma in quanto feminile,
assunse poi V-a : ajera, ecc., e trionfò in ària) ^, ordine bdl. 52,
II 273 (masc. : II 274), confine ^j la comun municipio, oste eser-
cito bdl. 10, argine bdl. 94, carcere n 199, IH 172 (masc. : n 200);
bufala -ala bufalo bdl. 117, II 4, 5, 8, 6, bievora bevero num. 3;
le ghiaccie (Pieri, pis. num. 132) III 331; — la magnifica il ma-
gnificat III 113, 117 (vAXYoa), la dopocena n 21 i, — Qui anche
i nnll. Montala n 139, Livorna II 69, III 139, ecc. Coreggia -già Cor-
reggio (le forme medievali del nome di questa città son Corri gium
e -già) I 55 {bis), 58, Armignacca n 27-8, Toletta Toledo, in qualche
punto di n. — Mascolini: neuno arte III 202, l'origine il testo
originale III 35, lodo U 141, che potrebb'essere un deverbale,
sancto Sensio l'Ascensione bdl. 31, tribii III 391(ftts) (cfr. tribo^
pure masc, St. di fil. rom. VII 218), porto -a, erbo (cfr. erti
salvatici 1 92, erbi da cucina III 331, li erbucci n 239), orbachi
orbacche n 300, se non è un plur. fem. in -i, num. 140, froct^
frotta 1 167. Qui vada anche Gonzago -a I 308 (òis). 141**. Casi.
Simo -óne III 369; Sensio qui sopra, Rezuressio I 17, che però
potrebbe essere da resurrexit (v. num. 157). — soro sorella I
254 (bis), ed è notevole che i bdl. sembrin ancora distinguere tra
la forma di caso retto, quindi di singolare [suora 124), e quella
di caso obliquo , quindi di plurale [sorore 52). — Accusativo.
muglieri mogli ing. 84, barbani zìi I 48, cui sta dì fronte il sing.
barba I 341 (bis), ma nel Lamento di Matteo da Milano (v. Bongi
I 457). — Vocativo. Il solito diaule III 88, 89, leg. 45. — Ge-
nitivo. Abbondante la messe di genitivi dotti in origine, ma che
dovettero penetrar abbastanza nell'uso comune^: porta sandi
^ Non senza influenza di àdrà.
* Ne' testi occorre solo il plur. comfini sempre come fem. Il Bongi ha
a' comfini I 206, 374, Il 396, con che dovrebbe intendersi ai e- (invece a c-
II 392). Ma sarebbero gli unici esempi per il mascolino, onde preferisco o
ravvisare in a la prepos. non articolata, o considerare la voce come un
singolare secondo il num. 140. Cfr. Tit. a confine,
^ Lo provino le formolo come Porsampierif Porsandonaiij che vivono fino
ad oggi, lo provi il fatto del prevalere unico di -• anche in quei nomi che
Appunti suirantico e moderno lucchese 419
Pieri cron. 15, p- sancii Donati cron. 14, ^ sancti Gervagi croo.
14-5, 32» p- San Cervagi I 187, p- Samarchi II 175, ponte Sanpieri
I 167, 812, fror^o San Gienigii I 10, 12, 31, chastello Santangioli
II 405, eh- Viareggil 7 ^carraia San Gigli l 103, porto VennerilU.
126, parte MalugelliUl 18, /x;z2ro Tereldihdì. 28, capella San Lorenzi
IH 363; ser Diodato ser Atitoni III 300, wr Jo. ser Jacopi III 310,
Paulo Franceschi III 31, figliuolo ScuUi e f- Uguiccioni I 5, Simone
Jacopi Simoni S- di Giacomo di S- II 56, figliuoli Fiadoni bdl. 28 ;
Antonio Beniivogle ^ III 265, Forteguerra Forteguerre I 252, 260,
275, Martino Andree isg. 105. — Combinazioni ibride: p- sancto
Frediani cron. 14, contrada di Sancti Justo cron. 35, la festa de
tneser san Regoli bdl. 18. — Circa agli altri casi, ricordo i nnll.
Tressi Trezzo I 244, Pesori Pesaro num. 53-4, Feltri (e -o) Feltro
UI 48, Mesti Este I 244» 245, Castillioni Castiglione di Garfa-
gnana I 145. Inoltro: Lerice Lerici bdl. 95, Jese Jesi n 128;
Atena bdl. 98, Alagna ànaniae num. 124, a tacer di Firema;
Fighino Figline I 35, 146,11 175, ecc.; FurlimpopolOf Racanato,
dovrebbero avere -is (Porto Venneri^ figliuolo Vyuiccioni^ a. per. parta Soli *
(e. con -/i trattiito come o^'ni altro •/•: p- Soglie], oggi * porta del Sole *, ecc.),
d*aver(ii genitivi come Franceschi, dove un notajo difìicilmente avrebbe
scordato Franeisei, e in gonere di trovar V'i disposato alle forme più fami*
liari del nome (Fieri non Petri, ecc.). E v. del resto il notevole studio del
(Taudenzi, Sulla storia del cognome a Bologna nel hoc. XIII, pag. S9 sgg,
in nota. — Convive s'inteinle il tipo * ponto Sampiero ' (I 167) * borgo San-
donnino * (I 57), e anzi il Scrcambi ci fornisce di esso notevoli enempi: al
f tonte Benevento ' al p- di B- * i 38, lo (fi Sambartolomeo 1 39, lo dì San Ri'
cardo I 7, a nome messer Fu stadio I 179, e per^ino del cagno la vergine
* del conio della v- ' I 128; cfr. la felice memoria messer Arri'jo bdl. 103.
Anche: staia ITTI vino, st- III r- buono^ quarra I grano^ ali. a st- I di r-,
7- una di gr-, fagn. 533, 534, 536, 532.
* È notevole che il cognome Bentiroglio aia Bentivogìia per il Sercjimbi
(v. IH 31, 362), il quale quindi interpivtava etimologicHmente in modo
diverso da quello che si faceva a Bologna.
* K insieme: Porta SuntautjtUy p- Sunanne 'p- Susanna', p- Borgnie ' p-
Borgna*. Cfr. anche Corgnie, ali. a Corgnia, la famìglia Della Oomia.
420 Salvioni,
Gregento, dei quali a' num. 42-44. L'ablat. par esaere nel ncmt
del frequentissimo tipo: uno fiorentino nome Avansaio I 364, una
terra nome Channeto I 267, ecc., e fora' anche nel dido anno,
dieta mese di modi come a dì XX maggio ditto anno, a dì XX
dicto me^e^ ecc. ecc. 141". Circa alla determinazione del tema,
son da ricordare i plur. nimichi II 54 S mngnifichi II 189, riV-
ruzichi bdl. 145, pratichi I 314, stadichi -^- ostaggi cron* 25.
I 35, 45, li 181, III 237, 238, ecc., anzianatichi n 269 (&»*)• /*»-
cifirhi II 12, charichi (agg.) I 374 (/er), grechi -^chi vini greH
III 299, I 103. Del resto, sempre -et (cfr., tra altro, nimiei III
299. ecc., cerusici bdl. 32(6t>), magnificiì 132, greci * quei di Grecia
I 257, III 323), il quale però è dubbio se sempre sia da leggere
come -ci. Per la stessa ragione non oso leggere -ée in pratirr
III 362, putrire I 226 (cfr. legi canonache III 277). Di obligi, I
174, non v'ha dubbio che sia -gL Circa a di lungi paezi *da lon-
tani paesi ' II 423, il -g- vi è certamente palatino. Trattasi che
l'avverbio da lungi s' è venuto a fondere colla combinaz. * da
lontani paesi ', fusione che s* avvera anche altrove. — Circa a
•ARiu -II. non riterrei casuale denaio bdl. 16, II 316, III l^^
di fronte a denari bdl. 16, III 110^. Ma negli altri esempi v'ba
confusione tra i due numeri ora a profitto dell'uno ora dell'altro
(notnro e -ri bdl. 26, 27, miujnaio bdl. 85, 12(), 121 -gnai iK
120, 121, -gnari ib. 72). 142*. Articolo. elVorchio ing. ^^:
lu coit'f ins^. 117, Ih cutello ib. ; e gran cavalieri I 336 (in un
testo poetico), e' fratelli bdl. 124, dove però potrebbe trattanti
* Non v'Ii.i esempio di ehi per ri. oinle è corta la lezione nimiki,
* D.i (ju»"»to patinile Oreria traifì?on ])oi, n«*ll'a. e mod. 8euoHe, un •ini?.
grecio Iv. Hir<rh. Zhì. IX ÓHi»», che hì rivede nel yn> (forma ^olo metà po-
polare, poi» hv R('h»ettiim«*nti* vorremmo r/n» del boi. fein griz fieno j^reo»"»;
beir*'<«»M?ipio dii a^^iun^ere ak'li analogìii che son raccolti in Ro. XXIX M9
8K>f , XXXI J^^ó, Rend. Ist. loinh. 8. II voi. XXXVI 607-8. E lew. •. 'bejn*>'
' Di fienaio -ri, v. Meyer-Lìilike, Gramm. stor.'Compar., § 339. e cfr. tncb»^
gran drumo ma molte donare in Fahretti. Cron. penig. IV 148. E Gio. Fi*
lotHo A'hil'ino tAnnot:\z. della volk^r lins^ia [Bologna 15.S6]. e. 26 a^ (TÌà
con^tat.iv.t per la To'tcana Tuso di sing. denaio piar, denari.
Appunti sairantico e moderno lucchese 421
di e if così come nell* el di el tutore^ ib., potrebbe essere e' l.
142^. Pronomi personali, eo cod. v. 299; te prendi 'tu p- ' Il
293; eUi egli passim, comepron. neutro: cod. v. 109, 303 (1. Elli
farà lo nostro Singnore ' e' f- '), el fu ei fu I 199, el v'è piaciuto
III 217, rateano rubato gli -a n 262, le V avei prestato 'glielo
avevi p- ' I 247, le la fé menare * gliela f- * I 337, liei gliel HI
135, 229, ne l'ho fatta * gliel' ho f- * n 240, negli porta * gliene p- '
n 314, concedéli concesse loro I 290; no rechasti cod. v. 258,
no riconperoe v. 472, no cointa v. 109, 238, no manifesta v. 453,
e persin posposto: farà no dimostransa * faracci d- * v. 119; ed
è notevole n' col valor di riflessivo in n'aprendiamo * apprendia-
moci ' n' aprenderemo * ci appr- ' cod. v. 460, 462 ; uoi promisi
* vi p- ' cod. V. 364, e cfr. vo e -vo ib. pag. 247 ; eglino elleno
n 369, se non v'ha errore; loro medesmo ' se medesimi ' I 249.
143. Possessivi, tuo nimicha II 125, tuo sorocchia ing. 84, viso
toy ib. 81, e v. num. 130. Circa alla forma plur. fem. miei tuoi
(n. 140n; M.-L., Gramm. st.-comp., pag. 178), ch'è costante pur
nel Sercambì. cfr. il fem. dui due (ing. 84, ecc.). In ing. è pure
frequente il possessivo suffisso : fratelmo -to, mammata, mogliata,
figlolata, figluoUo -ti. 144. Relativi. Per la funzione rela-
tiva di così è da confrontare l'analogo uso che si fa di so nel
ted. meno recente {qual così = derjenige so). 145. Dimostra-
tivi. Notevole la schietta funzione dimostrativa di il e lo, in il dì,
lo dì, quel di, quello stesso dì I 391, U 444, il giorno quel giorno
I 327, 362, Il 19. N'ha qualche esempio anche il Voc.
b. CONJUGAZIONE.
147. Con vegno, legno (ma tenghi n 358), va il pres. di * ri-
manere ' (rimagna III 19) e di * ponere ' (pongno II 262, -i II 169,
-a bdl. 102, 113, 132, dispognano III 342); e da qui poi anche
il gn di conpognamo (indie. = compoft-i-) fagn. 529. V. anche n 58.
148. diceno II 294, leg. 45, induceno I 118, II 396, ri- II 4,
finisceno II 192, 397, ubidisseno (1. -se-) III 402, riescino II 286.
422 Salvioni,
Air incontrario, dichi dici n 215, dichiamo U 244, III 237, acor-
ghiaino II 171, eognoschiamo 111 104, voci d'indicativo, «wcAiamo
n 100 , riduchiamo II 234, proveghiate 1 290, dichiate n 266
(Meyer-Liibke, Gramm. st.-comp., p. 190 n.), voci di congiuntivo.
— Indicativo. 149. Presente, statuirne fagn. 529; — nella
3* plur. dei verbi di 2-4*, oltre ad -a«o, si ha -èno in muoteno
II 291, corretto II 390, prendeyio I 290, e negli es. allegati nel
precedente numero; -ano in regnano a- 1 378,11 207, III 3, 81,
356, fagn. 523, mantegnano II 287, paiano app- cod. 252, I 218,
vogliano III 366 ; -ino in riescino II 286. V. inoltre tegno tengono
II 422 tienno cod. v. 19 (Pieri pis. nura. 139), dove deve trattarsi
della dissimilazione sillabica (cfr. vèno = *véneno vennero cron. 17).
— Da singoli verbi, e' è songo sum ing. 125, forma certo non
lucchese (è in una ingiuria che un lucchese lancia a uno di Fa-
briano-Marche) ; — vuote volete (: vuoi :: date : dai); faiie -diete
ing. 117, ni 210; — òenno bevono, n 219, presuppone Ì6 beve.
150. Imperfetto, veneano n 208 , regieno reggevano ib. 346,
III 102, vidieno n 58; — aravamo III 229 (quindi avàmo 1 312),
aravate I 201, doravate II 74, 75, 158, 167, 173, 179, 190, III 339,
solavate 11189, tenarate III 206, faciavate III 24 1; v. Meyer-Liibke,
Gramm. st.-comp., pp. 205-6, 268. 151. Perfetto. Lavocal
caratteristica della 1^ conjugaz. vedesi di spesso restituita nella
3» singolare: cavalca 1425, II 263, caminà 1 144,248,249,251,
peggiora I 88, tnandà 1 424, caccia III 67, Urrà III 70, torna
III 150, raportà III 90, ecc., e n'è promossa la 3* plur. in -ano:
seguitano III 35, tornano 1 190, caminano I 433, cavalcano I 162,
164, ordinano III 361; v. anche Meyer-Liibke, o. e, 210 n, 268.
— Per il convivere di -/ e -/o, ne viene anche -éo allato ad -é
(concedèo cron. 9, rendeo 1 53, vendeo n 220, II 190, ecc.), e su
questa forma di 3* sing., il lucchese modella la 3* plur. -éono
(rendeono I 4, 18, combacteono I 11, 46, 47, poteono 1 51, 119,
perdeono I 49, n 346, steono n 306, 309, 342, 394, ecc.), così
*- Come si spiega fieri facevi ing. 113 V Difficilmente potrà connettersi con
faieva, ecc. Caix Or. 237.
Appunti Buirantico e moderno lucchese 423
come su •io {sentio I 52, risiituìo II 190, cóncedìo I 86, ecc.), bì
costruisce -iono {ferìono 1 12, 13, inorìono I 36, 44, partìono
I 18, 34, 378; cfr. d'altra parte ferino I 27, tradìno 1 44, ecc.,
e cos\ ricevono III 240). Per la 4" conjugaz. è pure assai frequente
la 3* pi. in "Hteno {-Htero 1 124); usciiieno I 117, fuggitteno I 320,
III 265, cren. 13, montteno cren. 10, comparicteno II 376, invi-
iicteno I 108, sbigotiteno III 265, saglicteno leg. 71, circuitteno
II 52, ecc. (anche finicte leg. 71, sulicte III 322, nella 3»sing. ;
notevole morèii morì cron. 22). — partì partii I 290 ^ - Del
tipo forte, cfr. andiè n 85 cui sta allato andè I 225, come ali.
a die si hh de; — dienno I 93; ma di * ad dare ' si ha addò
n 336, riformato sui verbi in -are. Invece addacetti, e con lui
nndacetti andai, a Tereglio (G.) ; — fuen (su fue) n 28 ; — co-
//«ori n 405 -ve III 12, crhe I 22 -vie I 288; promissi III 131
misse III 30, tY;i6*e venne I 145 vèno ib. 149, condusaino cron. 33,
ificonfisseino cron. 23, 3JI (cfr. fecimo -emo, ridìnw -emo, missimo
emOj Nieri XV), somòssoro III 138. 152. Fittuko. sirò sarò
a Tereglio, e con questa forma andranno chidirai, usìdirò, talli-
rocti, ing. 81, signiroe ib. 120. — finerà III 3 -ano cod. v. 336,
ntribuerà III 151, vinerà n 118, fallerae cod. v. 2^)9, segneremo
cod. V. 467, uderemo III 95, iscieremo cod. v. 463 escenìno -nno
rod. vv. 220, 252, 441, fagn. 529. — Con sincope nel tema:
pretìdrò n 54, concedrà bdl. 65, ardrano cod. v. 339, fendrasi
cod. V. 248, mectra cod, v. IS^ó -tremo n 6, 1 156, rirrrrà II 269
-rrano cod. v. 434, patrai HI 159; /f>rfm III 38, amendrete n 12,
mu/rano cod. v. 275, montrà cod. v. 217, cofttrà -ano -nno I 370.
Il 218, 125, diventrano cod. v. 193, portrai 111 249, dirochrnno
cod. V. 202, leurano sollrur- cod. vv. 206, 274; aperrà aprirà
I 149, II 303, allrgvrà alloiCLTorirà III 407, 'ucoìiterrn incontrerà
II 181, interrano entcrano cod. vv. 184, 322 pfttfrrh ini;. l(>2,
rijjarrà riparerà II 259, ristorrà n 24, atrrai curerai end. v. 93;
merrò n 82. In moatrcrrà III 16, imp*trerrà I 241, vedremo
* L'ii {-(j) toscano di partii ec**., ili»v'e.«sHr(' un proilotto seriore analo^oo
U'jvuto a -ój 'éj.
424 Salvìoni,
forse delle forme fittizie per mosterr-, ecc. Da * potere ' si ha il
solito por- porr- (III 250) tirato analogicamente su vor- vorr-
* volere '. — Circa alle forme con -abbo, è notevole taglerabe
tagliere ing. 87, che sarà forse un errore. — Di * essere ', e' è
la 1*^ sing. sarón e -no tirata su son -no, forse non senza l'in-
tervento d'un epitetico saró-ne. — Di fieri s'hanno fia bdl. 81,
fi I 161, 317, m 341, fagn. 530, bdl. 7, 22, 23, fie cod. v. 284,
291, fino cod. v. 433, 251. — Nelle desinenze, noto ancora las-
sereno II 380 {comunicherenci IH 95). 153. Imperativo, apre
I 150, conciede II 186, piange cod. v. 80, muóveti II 183 {bis),
volgeti II 184, reverisceli III 215, ricevete III 223; jfwarfi * guar-
dati ' Il 426 ; pognan 1 196 , meUianh III 19 ; faite II 220, III 16, 43.
— Congiuntivo. 154. Preseitte. 2* dichi n 225, md» ing.
84, 86, facci n 297, I 134, tenghi n 358, pongni II 169, riduchi
II 186, di' DES n 374; 3*^ : debH I 317, sea sit n 128, 136, 267.
Plur. 1* e 2^; v. num. 147; 3*: voglino II 309. 155. Imper-
fetto. Della 1» in -e sono esempi in n 167, 168, 244, 260, 290,
398, 402, bdl. 126, II 181, 284, 418, HI 95, 340, 345; —fus-
semo III 19, prendessemo III 95. 156. Condizionale, porea
* potrebbe ' cod. v. 301 ; farave, farei, ing. 116, sarà forma cisap-
penninica. — Circa alla determinazion del tema, cfr. restitue-
rebbe III 198, volere' n 330; mandre' III 158, commendre' II 73,
levre' III 325, merrei HI 72, incorre' III 193, ddiberènno III 144,
dimosterenno III 129, riceverrè' n 268. 157. Infinito. Pochi casi
di infiniti tronchi, e si tratta per lo più che all'infinito s'appenda
un enclitico: vole' IH 30, 188, pensa' Il 74, ritrova' III 232, os-
servalla II 192, portallo bdl. 82, seguralli II 274, trailo III 119,
aprile * aprirle ', in un posto di III ch'ora non so indicare, porgdli
III 176. — Senza sincope, ponere n 406, traiere -gere in più
luoghi, tollere bdl. 3, I 175, n. 214, ecc. (anche sen. ecc.; e v.
Nannucci, 715), onde poi torteli -liti, III 146, 25 S cioè tollerali,
* Cfr. l'a. sen. tòrlali -gli 'togliergli', cioè tòllarli (cfr. tòllare p. 25), a
p. 4 dello Statato del Comune della Pieve a Molli, edito da Luciano Banchi
(Siena 1866).
Appunti suirantico e moderno lucchese 425
conducer-si III 198. Gli infiniti sincopati posson rientrare nel giro
della conjugaz. regolare coU'aggiunta di -re: porrer I 1G2, tòr-
rere (cfr. tórre n 405) -erti III 49, bdl. 100, condurere I 276,
II 53, HI 150, 231, 237, 307, ridurrere -r- II 165, III 288, II 351,
indurere II 173, sodurrere III 321. — allegerare I 276, rivigo-
rati rinvigoriti I 108. Non so decidere di siridare n 378. Se
fosse -are penseremmo a una formazione da strido ; ingegnirsi
ingegnarsi I 275. Del *risuressire risuscitare, onde fan fede ri-
zuressìo II 307, risurezUi II 253, e che non può rispecchiare
REsuROERE, ponso cho dipende direttamente dal chiesastico re-
surrexU (cfr. il resnressi nel Voc.) pronunciato come -zU, onde
"^risurezi o -Ute, poi Tiiifin. in -/r«, ecc.; *conced{re par provato
dal perf. concedìo I 86; chierére (luolere) chiedere cod. v. 283
(v. Caix Or. § 231); — tacere, rimàtie (G.), a ravvedici a rive-
derci (s. * vede '). — Il tema dal pree. esteso all'infin. e ad altri
tempi o modi è, tra altro, in asaglire II 372 {-{ti I 17, -io II 19;
sagliti I 106, ecc.). 168. Gerundio, siando I 127; ma faz^
zando è un* indubbia forma cisappenninica. — saglendo III 85.
159. Participio passato. Notevole il garf. parvo parso, che sta
a parve come parso a parse, ristrinto II 377, III 197, 369, sparta
n 172. — Curioso ordina' -ato 111 210 (v. Kirsch, Zst. X 427).
— vensuto venuto (G.). 160. Participio presente, percossente
terribile percutiente cod. v. 225. — trucolente, spurghente chiaro,
limpido.
e. derivazione nominale.
161. Deverbali, stimo -a, estimo, II 65, 66, III 367, dimoro -a
II 77, III 165, cercha giro, processione, II 367, minaccio -A II 396,
rendfcto II 48, incappo II 272, dilivro compimento I 221, amicco
cenno n 298, piscio -a ib. 27b(bis), raquisto I 115, sceccho siccità
cren. 36, chava escavamento 1 326. E forse anche raccomandigio
II 8, 380, III 340, dipende da un ^raccomandigiare. 162-
167. -ame: lo enterame le interiora n 170 (bis), ànza: dima-
426 Salvioni,
slranza cod. v. 119. ÀKU : micidiano omicidiario II 413 {bis), —
-ata: gorgazzaia gorgata n 275. àto: primata prima n 61*. —
-Itico: papatico papato I 46, III 248, imperiatico dignità impe-
riale III 10, 11, 37, capUanatiro ufficio del cap- HI 13-4, H, 21.
antianatico n 269, III 22, comparatico qualità di compare IH "^r».
(jomom^Vo qualità di madrina n 398. V. Pieri XII ir>7. -- -illo:
piccioleUo cod. v. 334. — -kna : pacchèmt, paiièna, pUèna (e cfr.
ancora zenzorèn stentereno). KSSAijhìlUnna, k^hv:: amconrsf
-itane n 23r>. ensiaxo : borghigiano di Barga cron. 34, III 49.
calrigiano di Calci I 290, 292. — -Emo (Parodi. MÌ3c. Ascoli
48r> n): Unrorìo {l- di terra lavorazione della t- bdl. 19, /- di srt*j
ib. 132(6w); anche nell'a. per. c*è lavorìo in senso concreto). —
-esimo: Hovesimo nono cod. v. 22r>. — -éto: si può chiedere»*»
qui spetti rarreto III HI (v. St. di fil. rem. VII 22S; circa al
-rr-, cfr. carretto nel Voc, e cavrirtu nolTa. orv.). - -étto: sigm*-
recti I 131. — -ia: ararla -izia II 19S. triatìa I !.%.'>, magiorm
'99' preminenza, primato, I Ilo, II 16, n 341, 3s3, ecc., rrr-
torhi I ir»6*. Fors'ancbe camera maestria, bdl. 100, 103, andni
letto come r- -}a * camera della maestranza \ — -mktto : fug-
gimndn fuga II ì>Tì, jHirtifnenfo partenza I 175, separazione co4Ì
V. 441, cadimeufo catiuta I 147, mandamento missiva III !•♦*»,
afnnidoìiam- Il 416, 417, dizonnram-X 1>^><, sc^ìeram' scolerapirin»-
n 330, disidram- desiderio cod. v. 4r>S, inndiam- ib. v. 4r>9.
— -i'mk: conrime «<•- * acconciatura *, riparazione, aggiustatura,
III 2r>6, 3r>r>, 357. -ino: asinino -elio I 123, - -io: acordi*»
II :>9, Fiandria III US. Ma ^//rA//> turco, I 325, 326, 32H, Il 41.
177, -r///»s<''i I 326, sarà dal plur. inrrìii interpretato come *turkji,
K anche nel Voi*. om»: dfsidfrioson'Mo, ma linrof toso ih. 137.
262. — -òiro: gt-ndìn-ta I<'<^,, n'tguihùtfo di Aquilea (v. St. «li
lìl. rom. VII 230, Krit. Juhre-l». IV, 1. pai;. 167. e qui sopra a
p. 222). — -iatk: hm^s^ih'i dho- I 22:v III 22, pupillantà nf-
fi«i«» (le* p'ipiìli 1 s^'. — -Tr«>vF: cnltr,j,tii,,np lojja II 76, rifiuta^
tifine III si, C'unjf'fni^iunr coriipn*;- I 1:M, anìrigione as- soluzione
* .N'ir i-'iMi I o S^if'irtntn 'Il *»7 ?
Appunti sull'antico e moderno lucchese 427
ass- II 188, III 35. — -tobe: confessatore -ssore n 377, 381,
renditore che deve pagare un reddito bdl. 3. — -torio: bestia
caricatola b- da soma bdl. 19, 41. udine suiettudine, III 298,
fatto su 8ERV1TUD0 -DINI8. Clo: bataglioro n 252. uólo:
cinghuolo III 324. uba : presura n 263, ecc., produra prudore
n 226. — -ute: soiectù I 118, fatto su servitù, 168. Lan-
cilaio III 141, 150, ricorda NicolaiOy e si tratta di -do attratto
da -dio. Anche qui candelaio candelabum leg. 46, e allato can-
delasio I 33, 254, nella qual forma io vedrei una contaminazione
col sinonimo *purificasio (v. il num. 141 **, e cfr. grasia grazia
leg. 46) la cui esistenza si può facilmente supporre, miiola (cfr.
il mod. mtiora) II 160, 214, interpreta mitra sulla norma di
dntra cintola, ecc., cofforo bdl. 52 {ter), potrebbe dipendere dal
frane, coffre. Di enterivoli interiora, n 170, parmi che sia da leg-
gere entep'ivóli, con r-r dissimilati, e con v colmator di iato.
redola redine I 150 (onde /frfre redini cod. 245). artefini-cì I 237.
chiavila anche in I 186. sussiduo -dio III 175. E qui noto anche
infortuno -nio III 323.
d. derivazione e composizione vebbale.
169-170. ricorteare -eiare hdì. 52, 124 (v. il Voc), guerreante
bdl. 4, V. Parodi Mise. Ascoli 467-8, campeare, I 350, campeg-
giare, stare a campo, ma in una combinazione in cui anche potrebbe
voler dire 'campare *, pedeare less. — Prefissi, ainantenere II 379,
amoniti mu- I 168 [amonitione m\X' I 320(6/,s*)], nbastoìiato I 245,
assegnare cons- I 133. — bistaUiati bdl. 50. — deraso raso n 168,
dilevare togliere, levare, n 257, 258, ecc., dilassato rilasciato n 202.
— dispuonere deporre, abbattere, scacciare, I 7, IFI 4:^, 113, 186,
204, 236, n 384 n, esporre, dichiarare, I 168, 286, 289, n 145,
258, dismisurare eccedere, deviare, trascendere, cod. v. 20, dis-
viare dev- cod. V. 12, dispinti cancellati 11 195, diznrdinato
contrario agli ordini bdl. 130, discredenti I 381 [dizaiuto II 141,
diservigi cattivi servigi I 297, II 139]. — astengna * attenga *
Archivio glottol. iUL, XVI. 2H
428 Salvioni,
n 247; strusseno distr- n246 [struetione bdl. 55], stribuire dis-
ili 400, n 244; isguardare sff- g- ood. vv. 104, 186 * ; screseere
scemare cod. v. 162. — inchiusi rinc- cod. v. 35 ; inviliti »w-
I 389. — preferire prò- III 160. — [perfetto pre- III 244, 245,
246]. — ripremiare premiare I 108, ecc. riscontrarsi incon- I 145,
rioogliere acce- III 223, n 239, 406, race- III 296, ecc., rifrenare
tbMt' I 118, rinonsare denanciare ann- bdl. 101, resegnato ri-
rass- bdl. 12, 26, riuedere provvedere, soccorrere, cod. w. 386,
420, rivigoroH rinvigoriti I 108, riaumdliare II 362, 365, ressen-
tire tornare in sentore n 304, 305, 314, rinvegnente seguente,
snssegaente, successivo, n 215, ecc. ; — racordare ri- HI 94,
n 344, rasealdò ri- ib. 183, ramuneragione bdl. 23, ruguardare
1 308, 809, B 327, ravvedici * rivederci ', raccamati rica- bdl. 50,
ragguzzati bdl. 50, raffermare conf- n 297, racre^c^e acor- 1 131,
rapresentare pr- bdl. 9, ecc. — socdelare less. — traedolgere lese.;
tramettersi introm- I 149.
ffl. — ANNOTAZIONI LESSICALI.
abando {in) in -ono II 253.
abbarocciare non si stacca da abborracciare, e se questo
è da borra^ la voce lucchese avrà trasposto le vocali, baròcdo
sarà poi da baroccione e questo da *barocciare.
abboccato -bochor ghiotto, avido, n. 290, III 72. Yoa
abievoli abeti (?) n 178.
abile adatto, acconcio, I 176, 285. Yoc.
acciechare cancellare (una pittura) HI 112. Yoc.
achumiatare sbandire I 119. Yoc. ' accom- '.
acostante confinante, contiguo, III 33. Yoc. ^acc'.
^ Ma al y. 404, par piuttosto che sffuardare dica * torcere lo sguardo*.
Appunti suirantioo e moderno luccbe§e ilHè
€tdempiere (o -ire?) riempire, empire, III 818. Voc.
adextrare portare, reggere, maneggiare, I 145.
affermare conf- II 292. Voc.
agiungersi commettere, azznfifarsi, I 38. Voc.
allargarsi sbottonarsi, confidarsi, n 199. Voc.
allentare rimuovere, togliere, levare, diminuire, 118.
allerata: tenere a-, cioè a mezzOy n 62.
altro nel signif. di reliquts: n 200, I 46, 57, 93, II 405.
Vedi XII 386.
amaestrare m- magi- primeggiare, comandare. III 9,11,12.
ambiante (sost.) cavallo ambiante n 27.
ambue ambedue I 46.
umiratione vista, mode di vedere, Il 8.
ammi {per a-). Di * per amore ' = * in canea', v. Ascoli
I 25 n.. Ili 102 n., Seifert, Gtìoss. eu Bonv. s. ' per mor ', ne'
quali pasn som raccolti gli elementi per dichiarare T? e il -do
della forma oenoorrente ammodo, E noto che T^ ricompar di
qua dall'Alpi nel valmagg. per mort (o per mot o per mod) inèi
^ quanto a ciò, a cosi '. Notevole che da ' per amore ' si sia
estratto atnore motivo II 392.
amonitione ricordo, menzione. III 296. armerìa, materiale
da guerra, I 820, lì 140, ecc., Ili 23, 54, dove non da tu- ma
d'am^ dessi leggere.
àndito (Giinite). Sarà àbito commisto a andare (cfr.: an-
damento di casa = ^ costume di casa ', ecc.).
anellare dar l'anello (ai cardinali) III 137. Nel Voc. c*è
•- Ui sposa.
aparechiamenti paramenti (di chiesa) III 110.
appariema forse per *apparémia, Pieri § 137*.
appiglistrarsi è forse più genuino di appilli" appili-; se
almeno è dato da inferire dall'ai to-it. apigliarse attaccar briga,
di cui V. fn Boll, della Soc. stor. pav. II 219, e al quale è daag-
' È invece scomparso Vi tematico in huhidensa obbedienza, che occorre
un pajo di volte ne' testi ed è pure deira. senese {ubidema Zst. IX 541).
430 Salvioni,
giungere Vapiarse aseinbre di uno dei saggi del Fiore pubblicati
dair Ulrich.
aprovare credere II 246, 275. Voc.
arbiturio abitazione bdl. 106, e cosi va emendato anche
arbitrio ib. 110.
arcata tiro d'arco n 298. Voc.
arratore di parole che ha solo delle chiacchiere n 21^.
Nel Voc, ò arcatore ingannatore, truffatore.
aregare asportare I 379.
argomento serviziale n 66 (6 w). Voc.
arguto ritto, alto, cod. v. 206. Sarà un partic. debole da
* ergere ', q. * crgiuto *.
arme, -a dura. Notevole il valor collettivo che quenti
singolari riveston quasi sempre nel Sercambì. Cfr. ancora can-
delo candelame fagn. 532, spina spine cod. v. 357.
arnécchio. Piuttosto che ad arkus, è da pensare a anm-
cuLU (Ktg. 66r>), cui non oppongon difficoltà ne la fonetica (v.
num. 126) né l'idea.
arrantiato. Crederei per ' -icato ' e avrà detto dapprima
* affannato ' ; cfr. il lomb. rantegà rantolare, aosare.
arsinio. Per 17, cfr. il wen. arslnico e il mesolc. arzinik.
a runa rei. Sarà adunarsi disposato a raunarsi^,
a r 2(1 naia -se- porto, arsenale, darsena, n 76, 158.
àscaro. V. XII 3S8, XIV 205, e Stolz, Indog. Forsch. XVII
(^S, che pensa nuovamente a alax^óv.
ascino -ci-; cfr. déino a Montignoso, né se ne stacca il
sard. (Unii (cfr. logiiil. camija camicia). Già il Pieri, qui sopra
a p. l()9n, raccostava ad arino il sen. sùcina susina, e coi due
potremo forse mandare l'are, visitare visitare (Pieri, ib. l*>*^i.
Se d'altra parte, con àinu si confronta il pure sardo gai che
alcuno riduce a i^i Abi, ne vien da chiedere se veramente non
* N.»n (Tf'hi ciiM* a •</• i?i r. nialj?ni<lo il Fi»*ri ver», 169 n. e roftlf^nido l'i.
li.-n. cfotnt t H Ai>i '/««t. IX .'»oyi. — ijuantu al M»n. asciunare (Z«t. IX 57»».
Appunti suirantico e moderno lucchese 481
s'abbian de' casi in cui -si- è trattato come -sj-. [Delle voci
sarde, v. ora anche Bartoli, Archeogr. triest. XXIX 151].
a^e^are fiutare III 272.
assare (o meglio, imperai dssa). V. Bovet, Misceli. Mo-
naci, 243 sgg.
assegnare consegnare, indicare, II 385, IH 12, 68.
assettare porre a sedere n 173, 175 -ctati seduti I 250.
Voc, Parodi XV 46.
assinicare. Forse da Seneca, come apparrebbe dA séneco^
stizzoso, XIV 214. Ma v. il Pieri, vers. 175 s. ' assinare \
assitare sentir odore, annusare, n 172. Nel Y oc. : assUiUo
che ha sito, odore spiacevole.
assortito cavato a sorte I 259, -titore chi ha T incarico
di cavare a sorte I 261. Voc.
astengnensa penitenza leg. 70.
atto pronto, disposto, n 230, 249, 319, inclinato I 117,
lì 225. Vedi Zst. XXII 477.
attraere cavare, estrarre, I 196.
attratto rattratto n 296, -ttire rattrappire I 249.
attroccolare. Sarà appunto azzoccolare commisto a trot-
tare.
attuire, -^, II 164, 11137,44. A Città di Castollo occorre
anche, col valore di * abbattere'. I significati ci guarentiscono
la base ' totu ', e riman quindi ben confermato l'etimo dell'A-
scoli per tuer ecc. Solo, nella Toscana, il secondo t è venuto a
tacere per dissimilazione; e v. anche Pieri, vers. 169.
avale adesso n 216, III 72, 322, 402, ecc.
atarizzare risparmiare, economizzare, n 16.
avermaria. Cosi anche a Siena (v. il periodico: Niccolò
Tommaseo I 22) e altrove; v. num. 126.
bàciora -gio^. V. Parodi, Ro. XXVII 214-5, ricordato
dallo stesso Nieri nelle Giunte, e cfr. basala, tafferia, a Città di
<.'astollo. £ ben notevole che nel lucchese e altrove (lomb.
hiéléta, ecc., v. Zauner, Die rom. N. d. KOrpert. 73) coincidan
432 Salvioni,
nella voce i due significati di ' tafferia ' e di * meato proni*
nenie '. Il paragone tra le due noxioni infatti non istuona, e
doveva sentir ciò il Porta quando paragonava il naso e il mento
di Fraa Condutt (str. 5*, vv. 5-6) a ' la seggetta del woUUa | eh
gotta giò tabacch sii la basletta \ Circa alle forme del vocabolo.
ricordo ancora il mesolc. bóàna tafferia.
bafore, banfa. V. Parodi Ro. XXII 206, aggiungendo il
campid. bàffidu ' vapido ', esalazione, cattivo odore.
baglioncello monello Ing. 81. Rammenta il sinonimo nap
guaglionciello,
bainco (versigl. bachinch'i-o)» Ben a ragione il N. vi ravvisi
l'equivalente dell' emil. bghengh ' baichingo ', ' bacato \ scemo.
Quanto a me, mi si permetta di prevalermene intanto cum^
d'un nuovo esempio di -inco alternante con -/n^ K V. Boll. St.
d. Svizz. it. XXV 93 sgg., Merlo CI., I nomi romanzi delle M-
gioni e dei mesi, 22()-21.
bassoglia. V. Ko. XXXI 295, e, per il 6-, Parodi, il-,
XX Vii 214. Cfr., oltre all'ancon. tasore^, il sillan. roMo^, rci^^:
tassóra vaglio, ventilabro. La forma barsoglia (Giunte) si pam-
gena col boi. valsura vaglio.
bazolare II 408. Il Bongi traduce per ' basalarda '.
beccarino truffatore n. 261. Il ^beccarino' era nel M.-K
lo sgherro al servizio d'una fazione, e v. Rezaaco 8. v.
begio baco (Pascoli, o. e, glosa. s. * begetto '). Sarà realmecu
il plur. begij colla palatina portata al sing. come neU'ano>i..
bacio (Rendic. Ist. lomb. S. II, voi. XXXVI 607 ; v. ancora qii.
indietro al num. 141* in nota). Il Nieri ha beco, e vedine il
Pieri, num. 1, e vere. num. 1.
bellendora, Cfr. bréndola a Città di Castello, dove an* ^
si ha il sinon. bèllera, che, insieme ai sinonimi vaiteli. bUìM,
' Mi ni lasci qui ricordare, di tra i nnll., il vera. Terrimea (fraz. di SU£x<*cd'
' È contante in più varietà delle Marche la sostituzione di -óre a «-i.
sostituzione df*terminata certo da ciò che, p. es., il ras^jo (march. r«t»"''
può inUrpre tarai come il * radente \ il * racore *.
Appunti suiraDtioo e nodemo lucchese 4SS
mescle, bérola (cfr. borm. bérola donnola) » dimostra trattarsi
della base ' bello '.
benedica. Per questo deverbale, v. XIY 206 n, Ro. XXVIII
93, aggiungendo il cremon. benedfga confetti, confettura.
bevere prendere un veleno I 246.
biasmare incolpare III 107.
biastimare imprecare I 188.
bigari atti di bigherajo, n 342, DI 229. V. il Bongi.
bignatta. Avremo veramente» qui e in 6i$riioro, la dissimi-
lazione di m-fi per b-fè,
bigongetta, Cfr. bigongiam nello Stat. di Giuviano (Atti
dell'AcG. Incch. XXIV^) p. 546. Dunque quioomenel pist. bigangia^
nel lomb. b^nia (Ro. XXVIII 94) si continua schiettamente la
sonora della base etimologica. E bigoncia sarà forse ^bikan^j
colla sonorità passata dal ^ al k.
bistante (im) in sospensione II 31. Cfr. in bistanti in piedi,
nel Voc
bizognevile: consiglio b^ deliberazione d'urg^iza I 130,
II 377, 403, m 192.
bocolieri -ce- brocchiere n 272, bdl. 272. Frane. iot<c/»er.
borbòre I 22, II 161* Il Bongi scrive bòrbore nel primo
passo, ma è forse una svista. Poiché la voce risalta evidente-
mente dalla base di ^ borbottare ' commista a * rumore '.
brani a -dina. Non diverso per avventura dal *brajda dei
da cui dipendono i nnll. Breda, Brera, ecc., e di cui v. Bruckner,
Die Spr. d. Lang. 203. Notisi, circa al boi. brdina (Parodi, Ro.
XXVII 232), che esso s'adoperava già come perfetto sinonimo
di braìda, e vedine Frati nel Gloss. agli Stat. boL a. ' braida '.
Quanto al n si può forse paragonare con quello del nap. gdina
^ abr. gddie, lom. géda, ecc., Literaturbl. XXI 384. Il boi. ha
poi anche bràja, che si spiega, come il ven. ghea, dalla soppres-
sione del d,
brevileggio breve III 295, come altrove la stessa forma
s'adopera per * privilegio '. E evidente la reciproca influenza
delle due voci * breve ' e * privilegio *.
484 Salnoai,
brigido risulta dalla base di brivido (qui sopra a p. 196)
incontratasi con ' frìgido ' ' rìgido '.
brocchato steccato o riparo fatto con pali II 64. V. il
Bongi, bdl. gloss.
broco: di quelle del A- di quelle del mestiere, del bordello,
n 266.
bruida rumore, fragore, cod. v. 321 (v. Barbi, pag. 243).
brunice. L'accento suH7, che il N. pone giustamente in
rilievo, è confermato dal bornia -ia dell'Alta Italia. L'accordo
delle diverse forme può farsi o su -ice o su -isia. Nella prima
alternativa, avremmo un metaplasma in borniéa, nella seconda
in brunice e bornie. Io credo tuttavia a ^prunisia^ che sarebbe
sorto per il convenire in una di pruna e di *c in isia (non
'^CINIGIA, come vien postulato; Ktg. 2193), il cui genuino riflesso
sarebbe toscanamente *cin(cia ^ Cfr. del resto anche br<ice -y^
ali. a bracia -già. Ma dato *pruni8ia, sovvengono, per l'alto-it.
bornisy i parecchi casi di -éa in -$ che sono enumerati in St. di
fil. rom. VII 190, e che potrebbero confrontarsi col vie. zenhr
cinigia, trev. chnase cimasa.
buccello si può spiegare da buccella (Ktg. 1614) fatto
mascolino.
buderazzo ventre ing. 80.
bug giara va con bùggera ecc. (Caix St. pag. 91); cfr. il
lomb. bózera, stizza, che ha per sinonimo foia. Dalla stessa bast'
è buggioressa ing. 108, termine d'ingiuria a donna.
bussarsi muoversi I 150. Da leggere forse buàè'- {-buii-ì
e da ripetersi dal frane, bouger.
bùio. Fatto direttam. su bere^ come, per altra via, il laziale
(Marino) bèta.
' Nel regg. zernisa cinik'iti , vedrt^mo poi rincontro di 'cenere' « à\
* cinigia * con bitmls, o un *zrnensa (cfr. più in là cenerigia) ridotto tuo:
per metatt'BÌ ruciproca, vuoi :ittr.iv<»r8o ^zenrim.
Appunti sulFantico e moderno lucchese 485
cà casa: a chà di Bindaccio III 228.
caladòro. A Montignoso: kanidóro cetonia dorata. Non si
capisce se ValadorOf cui il N. radduce questa parola, sia vero
0 soltanto presunto. Nel primo caso, si tratterà, in e-, di aladòro
incontratosi con calabrane, altrimenti sarà cacadòro --j- c(Uabr<me.
caldòria, E baldoria + caldo,
calino. Non so se il montai, caléggine ajuti a spiegare la
forma nostra, e cfr. in ogni modo il sillan. caUna (Pieri XIII
337) comparato a caliggine. Ma meglio manderem la voce collo
sp. calino, ecc., di cui ha recentemente ragionato il Baist, Zst.
XXVIII 108. — A Bellinzona c'è grétta (blen. crenògia) nebbia,
caliggine, che però non possiamo ricostruire per car- cai-, visto
che il r è anche della Mesoicina (kréna) e della Vallanzasca
{ffréina)f dove il -U è sempre rispettato. 0 vi sarebbe voce im-
portata ?
calumare (G.). V. Gioeni, Saggio di et. sic, 65.
cornilo corrisponde certamente al lig. carnàio (sic. carnali
plur.), di cui V. Ascoli Zst. XXIII* 422. Ma nella evoluzione è
intervenuto cammello (are. canieló),
campeggiarsi campare, vivere, guadagnare, trarre pro-
fitto, * scampo *, III 406. E v. ancora a num. 169-70.
campestra campagna III 12.
capere. Lo s'arguisce da capea III 113 (ma capire n 297).
capezzata scopaccione n ìi}i{bis),
careaggio carriaggio I 106, 298, 299, 396, III 265. V. al
num. 169-70.
caricare insistere, importunare, tornare alla carica, HI hit.
carnelevare carnevale n 81, 82, 178, I 17, cron. i*^
V. Pieri, XII 155 n, e l'a. boi. carnelcare, Ta. vie. carné^^"^
carruga (G.). Par ruga combinato con carrol^*éf*.
carte. Non son forse tanto copiosi come il X. pa*» 'i«^
nere, i fem. di 3^ passati alla 1^, e si dovrani>o & ura r^^rsk
interpretazione dei casi di sing. -a plur. -ì, cbt- fumr «' tift^SMn?!
numerosi. Vedi JSt. di tìl. rom. VII 186. dal oua n*^ -^ìì:?;*.
che carte e porte fanno da sé.
436 Salvioni,
casalina fattoria, casa di campagna (?), bdl. 6, DI 406.
ea sciane erario II 65.
cassa banca cassapanco n 174.
cavata -a cavata n 47, 48.
cenerigia, S' incontrali cenere e cinigia, V. qui indietro
s. * brunice ' in nota.
cerò aia n 262. Traducon questa voce per ^cerreto', né
vedo sull'autorità di quale esempio. Io credo meglio sia ' acer-
baja', da intendersi con significato affine a quello dell'alto-it
ghrba, gèrhida, sodaglia, landa, grillaja.
cercare investigare bdl. 10, visitare, girare, III117, 132; cercka
processione, giro, II 367, -amenta intesa, affiatamento, (?), DI 14.
cessare allontanare II 415. Voc.
che chi (in che il prete a casa del prete). Ha ragione il
N. di non postular senz'altro un in casa (cfr. lucch. ca)j che
del resto potrebbe benissimo giustificarsi dalla proclisia {in ca
U prete -^ Hnch' il prete, ecc.). Può però darsi che questa for-
mola siasi incontrata con inche {^= in dove che).
checchèllara. V. qui sopra a pp. 220-21.
chiappa, chiappaella {d'aguto}^ capo di chiodo n 219.
Sarà 0 ^captila o *cappfila (cfr. il lomb. capéla de éod) trat-
tato come si vede piìi in là s. * fletta '. La forma in -rf/a, sarà
poi 0 -ajella, o un errore per -avella,
chiaussare, Cfr. il ven. schiauzzare balbettare, borbottare.
chiavatura serratura bdl. 100. 102. Cfr. il gen. cawja
Parodi XIV 20.
chicchiricchì. Anche a Mon tignoso : iit«- gheriglio. Vedi
Schuchardt, Rom. Etym. II 18; dove aggiungerò che a Mesocco
il ragazzo che riesce a estrarre intatto il gheriglio, lo mostra ai
compagni gridando kikerikd. Onde anche colà, allato a bg^ e a
gerii, si hanno kikeriki e gal gallo, voci fanciullesche.
chieggere. Continua teoere, come già dice il Pieri: cfr.
chieni tenere, chiebbita tiepido, ecc. È però anormale il dittongo
(cfr. lèggere^ ecc.) dovuto forse al partic. chietta, che alla sua
volta lo dovrà a chietta tetto (v. s. v.).
Appunti enirantico e moderno lucchese 491
ehieito (v. anche Pieri, vera. 162). Non dipenderà da
chieggere, ma sarà questa forma che dipende da ekkUo, È in-
fatti sorto questo per una metatesi reciproca, quella per cui
Hecehio divien chietto, È infatti técchio, tetto, a Montignoso, e
questa forma non si stacca dairemil. tee, di cui v. Rendic. Ist.
lomb. S. II, voi. XXXY, 964 n. Dalla coesistenza delle due
forme participiali tietto (= ^tetto x chietto) e chietto, si spiegherà
poi specialmente il vers. tietto tetto.
chivicello culmine. E dato dal Pieri (XII 171); che ha
torto però di ravvisarvi altra eosa che un diminut. di clIvu.
ciaffo dipende forse da eiaffata, che alla sua volta risul-
terà da ' ceffata * e * schiaffo '.
richignola (G.) è * cicognola '. V. Zst. XXUI 517-8.
cicigliora. Altro bel riflesso di caecìlia. Nella Lunigiana,
ho udito zerzi^ora, dove sarebbe curioso di vedere se sia mera-
mente fortuita la coincidenza della prima sillaba con quella del
sopras. èarséia,
cigliare n 262. Che significa?
e ini no. Cfr. berg. suni, vaiteli, cidn, bellinz. diiri, porco.
Dev'eseer voce imitativa, come lo prova il bellinz. éu-èù^ con
cui s'imita il grugnito e con cui anche può designarsi il porco.
cintura borsa che s'appendeva alia cintura n 303. Cfr.
l'it. esaere stretto di cintura essere avaro.
ciòtta. Gli si ragguaglian completamente, e nell'ordine dei
suoni e in quello dell'idea, i lomb. èot -ta, èot -<a. V. Rendie.
Ist. lomb. S. II, voi. XXX 1506.
circustantie 'ze dintorni n 383, I 407, II 62, ecc.
ciruffo risulta da cirucchio -{- ciuffo.
eiuffiglio. Da ciuffo -{- accapigliare.
co come cod. v. 128: si col prof eia. Cfr. * com '.
codetta sotterfugio, equivoco, III 325; cfr. sentenze doppie ,
ìb., che par dizione sinonima a quella di sententie con codette.
cognoscere riconoscere 111 96, 222. Voc.
eointare raccoo- cod. 243. V. XII 425. Circa al bointade
delio stesso cod., s'esso non è per influenza senese, vi vedremo
438 Salvioni,
indebitamente esteso l'alternare che fosse tra con- e caintare^ e
forse lontano e *loint'.
colla, ing. 88, 89, 105, 122, fune da porre intomo al collo,
corda, eoliare metterò alla corda, calar con fune, I 200, 366, 372,
in 101, e V. il Voc. Crederei che colla sia il deverbale di collare.
cólo sarà da ^colare', q. * il deposito alla superficie '.
colpare dar colpi, colpire, II 175, III 127. Voc.
colpeggiare menar colpi, colpire, I 277. Voc.
colte taglie I 133. V. Rezasco s. v.
comandamento raccomandazione II 166.
com, con, come, cod. vv. 66, 173, 200, ecc. ecc. Ctr.comf
(per corno?) cod. v. 49, 108.
come che quantunque n 406.
compagna compagnia I 55, 220, ecc. Voc.
concia accordo III 75. V. Parodi XV 54.
conducto preso in affitto bdl. 110, 119 -tto piatto, vivanda,
n 163. Voc.
confetto farmaco, medicina, n 250, 251; Voc. Qual col-
lettivo: * confetti, dolci* n 182.
confezione -mfessione farmaco, confetto, confettura, HI
56, n 66, 144, 296. Voc.
confidante sigurtà I 117, fidato III 180, 401, 405.
contastare contrastare, disputare, contraddire, violare, op-
porsi, I 263, III 300, 325, 328, n 380, ecc., contasto contrasto,
offesa, I lO^i, III 14, ecc.
contemplatione vista, veduta, 11351.
contratersia controversia HI 325. Voc: contrarr-.
conrenema -sa -zia patto, convenzione, n 309, III 2S<»:
Voc; faccenda, fatto, accidente, HI 90, n 53. V. Parodi XV 5r».
convertazione forse da ^conrerzaz- per dissimilazione.
corate viscere, interiora, I 225.
coruocchio. Anche a Locamo, cornóc pannocchia.
corpo funerale II 120, fai^n. 531, ecc. Ne sono esempi
anche noi Voc, dove però si esita a tradurre per * funerale '
piuttosto che per * cadavere '.
Appunti suirantico e moderno ]acche§e 489
correre scorrazzare, dare il guasto, saccheggiare, 1 46, 151,
181, ecc. Voc.
coscientia -sia saputa, conoscenza. III 39, 41 , 107, ecc. Voc.
costare -sirice cucitore -trice bdl. 51, 124, 1 204, III 354,
e provengon appunto da Lucca gli esempi della voce che si
trovan ne* Voc. Cfr. costura Meyer-LUbke II 535.
covaccina{G,). Notevole assai il -r- di fronte al montai.
cofaccia. Che, ammessa pure come assai antica la metatesi, il
lucchese pur dovrebbe mantenere il -f- (v. invece, per la Ver-
siglia, Pieri num. 78); ed è arbitrario il procedere del Pieri
(Top. 228), che inferisce -f- in -v- da tre nnll. moderni, cui
non sta a rinfianco nessuna forma antica con -/'-. Pure gli it.
ravanello^ ravastrello, ravastrone rappresentano rap-. Anche al ni.
garf. Guo Gufo (cfr. parm. guvèla gufo selvatico), Pieri Top.
114, non sarà da attribuire importanza eccessiva, soprattutto
non conoscendo noi la fonetica garfagnina. Onde, in covaccia ve-
dremo forse la immissione di accovacciato (cfr. schiacciata focaccia).
credente credulo n 224.
crepato ernioso bdl. 145. Voc.
crescere edificare cren. 9.
croccie gruccie II 363. Anche sen., e v. il Voc.
cucutiella si ragguaglia a "^cucutichella (cfr. cuticagna),
cugno conio ignare coniare, n 63. E v. Pieri § 13.
euligine merda n 233.
culignoro. Notevole, perchè malgrado la metatesi reciproca,
rimane al suo posto Telcm. jotacico di una delle due consonanti
trasposte.
cunétta è anche lombardo; ma qui s'ha anche Artifta culla.
cutello coltello ing. 117. È forma dissimilata mediante la
soppressione del primo /. V. Boll. st. d. Svizz. it. XIX 152, ma
anche Pieri § 68.
cutèrzola. Non può re^geie, anche por ragioni fonetiche,
Tetimo del Pieri, Top. 113. E cfr. l'emp. aiterà (Petrocchi).
440 Salyioniy
da ti a -zìa «dazio, tassa per gli atti de' tribunali, bdl. 13,
125, III 344, 347. V. qui sopra a pp. 368 e 394.
d e -nde ne, pron. avTerbiale, inde. Frequentissimo ne' v-ecchi
testi, e V., p. es., ing. 82, 87, 96, 119: nond escerano cod. v. 441,
numdoddi ^-nneli' cron. 18, funo de a^ai presi ib. 11.
deratale Ing. 112. È il nome di una misura di capacità;
ma dovremo riconoscervi ' derrata '.
dèr^ (v. anche edè) ecc. Che tali forme provengan da un
dialetto dove, davanti a vocaile, si ha non solo ched ma anche mady
comedy doved (v. il N. s. 'ched'), aggiunge qualche peso alla
dichiarassione che di edk, ecc., era data in 8t. di fil. rooi. VII 203.
dett'U ditta, affare, III 313. Voc.
diaccia; cfr. anche ghiaccia il letto dei filugelli, e ghut"
cere giacere (Petrocdai),
diaccilo (v. Pieri § 112) sì risente di 'gelido' 'frigido'.
dicerìa discorso III 264. Voc,
diete notizia III 154.
die colo sta a ghie- come dianda, dicma, diaccio, diaccia a
ghianda, ecc.
dighainare III 260. Sarà certo da emendare in dighan- o
dighann-.
dignitoso piacevole, gustoso, <?od. v. 97.
diligerir-e accenna ad influenza di alleggerire. Anche fra
i lombardi accade di udire deslengeri digerire.
dimino dominio UI 109. Voc.
dimosslcato mutila/to II 125, III 196. Voc. 'dimoza-'.
dimostrare dimostrarsi, parere. III 185. Voc.
dinchè = * d'in[dove] che ', e v. qui eopra s. * che '.
dinudare spopolare II 353.
dinuntiare annunciare leg. 45.
diri et 0 preciso, giusto (di pesi e di monete), bdl. 101, 102,
116, 118. Voc.
dirissare mostrare leg. 45; -arsi rivolgersi I 287. ^^'^u.
discrivere scrivere, indicare, nominare por iscritto, I
237, 263.
Appanti Buirantioo e moderno lucchese 441
disducto diletto co<L v. 58. Cfr. Ta. frane. desduU.
disertarsi abortire III 233. Voc.
disfattone mina n 134. Voc.
dispensare permettere n 405 (6i«).
disperato temerarìk), rompicollo, cod. v. 235.
dispergere I 290: cercava dispergerti del mondo cercara
di toglierti da questo mondo.
dispotitione spiegazione III 113. Piuttosto che un errore,
▼edrei nel -M- una grafia, di quelle onde al num, 61.
distruggere ^ìe^gger^ì, liquefarsi, n 318.
ditale n 62. Par detto d'un oggetto su cui I* orafo infila
gli anelli come in un dito.
divenire avvenire I 93 ecc., n passim. V. il Voc.
divinare dividere cod, v. 350.
divitto privato I 241. Voc.
divotionex ad- in servigio III 96, 107.
dormentore dormitorio I 143. Nel Voc: -o.
dove quine dove n 293, III 172, 176, 208, 329, ecc.
drusiana (Pieri XII 134). Crederei che il <l- sia dovuto
al np. Drusiana portato dall'eroina di qualche novella del Ser-
cambi (n 349, 859).
duolo colpa. Parmi una bella continuazione di dQlu.
durare continuare: la casa durò d'ardere n 287. Voc.
ilio. È una forma molto diffusa che il Pieri (XII § 1) ed
io (Rendic. Ist. lomb. S. II, voi. XXXV 960) dichiaravamo dalla
infloeaza di ' erto '. Sennonché questa voce ha f . Gioverà quindi
aapporre on compromesso tra le due vocali a ed ^ , la cui risul-
tanza era f. Analoghe compromissioni ravvisava io già nel trev.
Ha (Krit. Jahresb. IV, p. 1% 166) e nel bellinz. tf (ih. I 131).
empio crucciato, irato, spietato, n 146, III 114.
enierame interame III 156, n 170, 171.
enterivoli n 170. V. num. 168.
erbigatto, ali. a ar^^ par accennare alla presenza, anche
nel lucchese, di *érbore albero, di coi v. Rendic. cit.
442 Satvioni,
erbo. V. St. di fil. rom. VII 186, e converrà forse muovere
da un collettivo *le erba,
èrmi ni. Non so se giovi alla dichiarazione etimologica di
questa voce il canto delti ermini ricordato in n 165, ma dove
ermini potrebb'essere ermi' e andare con ermini armeni I 49.
fa eli: persone da f- p- importanti III 4, fwmo da gran
facti III 5.
fa ito fatto ing. 105. Riman così guarentito anche Yant^
fatto antefatto, di cui il Pieri § 98. Si tratta di ^facItt.
f alampa risulta da * falò ' e da 'vampa'.
famiglia 'famiglio', servo, sgherro, bdl. 124, I 143. Xe
viene conforto per il famiglia che alcuni mss. ed ediz. offrono
in Inf. XXII 52. Cfr. l'analoga evoluzione di * masnada' nel
piem. masnà ragazzo, e ricordisi il rum. femeU donna.
familliale sgherro bdl. 19, 127. 11 Voc. ha es. dagli Sta-
tuti di Pistoja.
fanciulessa puerilità III 168. Voc.
fante bagascia ing. 94.
faone bubbone I 206, 261. V. Pieri XII 156.
fa orna -ronda -con da, Cfr. fagóma svogliatezza, tedio,
a Massa. Dev'essere favoniu disposato a qualche altra voce.
fatato: morte fatata morte naturale I 229. V. Bongi bdl.
402, s. * fatale'.
fazione -^t i- atto, azione, fattura, qualità, battezza, aspetto.
n 99, lO:^, 1,S6, 262, :i87. III 23, 302. Voc.
fèrze ((t.), e sfèrze nel testo. V. Lork, Altberg. sprachd.
172-3, (/herubini V s. *fels ', dove è proposto un *FEBStJ, p. pas<.
di PKKVLKK. Ma dato pur fkkìuk o fkkverk, come spiegare il /
di qualche varietii lombarda, che si ritrova nel parm. sfaUi
(ali. a sftirsiyt
ffstfire far fo>ta, celebrar la festa, bdl. 110, U 367. Vìk.
fitta re hcoìììì izizen* cron. 18. O non sarà un errore?
fidarsi collegarsi III 171.
fido: fftrsi f- unarentirsi 111 213.
Appunti Buirantico e moderno lucchese 448
fieccia. V. Pieri XV 465, la cui dichiarazione certo non
convince. Il dittongo ritorna nel ferrar, fiezza, e lo si spiegherà
da un antico ^fieee = FìEce, venuto poi a commescersi colla con*
corrente forma feccia ^
fierume. Gfr. il ven. ficrumt, i vie. /Io- e fierume. Sì tratta
naturalmente dell' incontro di ' fiore ' e di ' fieno '.
f ietta. Cfr. sen. fletta fettuccia^ reat. id. cresta di cipolle,
trent., trev. mescle, fletta fetta, spicchio, engad., posch. fletta id.
L'ultima forma, e il merid. flectola, XV 342, mostran quanto male
sia capitato il Pieri colla sua dichiarazione (XV 465-6). Lasciando
da banda anche il flecta del Campanelli, penseremo piuttosto
a *féttula ^ itti a fletta (cfr., oltre agli esempi più comune-
mente noti, chiappa qui indietro, il bresc. floca Zst. XXHI
520, l'a. pis. chiava Pieri XII 155, il trevis. ciópa qui sopra
a p. 374).
Filipo (v. Pieri XII 117 n). Dev'essere la stessa cosa il
cognome gen. Firpo.
finita fine ood. v. 82.
finùglioTo dissimilato certo da *fllu'.
fischio. Bella continuazione di fissIlis o di ^fissulu, rì-
spocchi esso direttam. l'aggettivo, o si supponga deverbale da
on ^fischiare *fis8ìU o *ftssulare. Cfr. Ischia, péschio, Ascoli
in 456 Bgg., Grasso, Rendic. Ist. lomb. S. II, voi. XXXII 640 sgg.
Altro riflesso della stessa base, ma con sincope assai più tarda,
è il levent. féàtru (blen. fiasre, mescle, fé- e fissol) pezzo di legno
spaccato.
fiètion quistìone, riportato dallo stesso N. in Fatti tran-
sitori ecc. 266. Cfr. ancora rèfie (G.) requie, e il vie. rust. fe-
aiura questura. Si tratterà dì kw in kf (Flechia IV 385; cfr.
ancora monf. pfla *pv' pipita, sfenz sovente, valm. Sfera ecc.
IX 214 n), quindi in f
' A Parma, c*è fézia che, se conneneo colle forme lucchese e ferrarese,
potrebbe indurci a an direno giudizio su quente, e cioè fjecca sarebbe per
^feééja. Ma non mi par probabile, tanto più che la voce parmig. m'ha tutta
Tana d*e8Ber d'accatto letterario.
Archivio glottol. ital., SVI. 20
444 Salvioni,
fogliana. Il /"- sarà dovuto a * falco'.
foionco. Circa all'etimo del Pieri, Top. 113, noto dapprìm«
che foiónico non si può metter da parte così alla lesta ; poi^ che
c'è l'alto-it. fo'in-ina^ frane, fouin, che non ammette la dichia*
razion del Pieri, e da cui difficilmente si stacca la base radicala
di foionco.
fòlle. Cfr. il ven. f^lo. Per V-e ricordo grane grano, e menh
mento, a tacere di spante, cui vedi.
folotnbrare frombolare bdl. 32, -niratori frombolierì I 2'».
V. Pieri 126.
forma: in f- che * di modo che ' III 254.
fréccia. Vedi XII 405, XIV 309 s. * fre^a, freza '.
f rèddito per diretta influenza ài friggilo^ cui vedi.
fremuoto chiasso, subbuglio 125. S'incontran qui 'fre-
mere ' e * tremuoto '.
friggilo è un genuino continuatore di frioidu, a quell<*
stesso modo che il pugl. diSetu ecc. (v. Zauner, o. e. 1121, i!
ven. dezial (= *diggitàle) ditale, il lece. cuSetu^ lo sono di Dhrin
e cogTt-. a Massa, c'è una località (presso un'acqua) chiamata
Frigido, e dialettalm., con immissione di ' freddo ', Fréiido.
f rigori. V. Ktg. 3992; e s'avrà forse avuto prima un /'
*f rigora (cfr. le pignora ing. 106) ^ Si confronti poi il garf. frig-
gere venir la pelle d' oca, e l' a. pav. sira-friffer rabbrividire-
(Xil 434), che nulla impedisce di ritener derivati da fbIgébf
(cfr. lucch. godere, tacere), e che confortan l'opinione di chi con»
nette con questo verbo il frane, frisson (v. il Dict. gén.) e for-
s'anche frire in quanto abbia detto ' tremare '.
frinestra dipenderà dalla pronuncia a un dato momenu»
oscillante tra finestra e ^frinesta.
^ *frigori* vedrei io anche nel rum. fiori, brividi, che starebbe quin i
per *friori (per la dissimiliu. di r-r, cfr. roà bobk Rendic. Lst. lomb. b. V
voi. XXXVIl 523 n). Circa alla sparizione del -^^ di -oo-, non ho io invvr
altri esempi; ma quello di oo 4~voc., appar soppresso nel riflesso nuncn-
di IKTKBBOOABK, ch*è inttebà e si spiega, nel modo meno artificioso, attrA-
veP'O *ìnUrM. ^UtUrcfi, ^tnterrota. ^tnterro-à.
Appunti suirantico e moderno lucchese 445
frustro sarà stato dapprima *fìistro (v. qui sopra a
pp. 236, 318 n, 322 s. ' scagna ', 327 s. ' stombolon '), col r poi
rimosso come in froda fodera. La presenza del secondo r sì spiega
poi come quella del primo r ài frinestra.
fabbrico è pur montalese, e parmi dovuto alla dissimila-
zione di J9-6, analoga a quella di p-p nel ven. folpo, nel boi.
fiópn, V. Meyer-Liìbke, it. gr., p. 163, e nel flebe, plebe, di Ca-
stellinaldo (v. più in là).
fu r 0, ladro, occorre infinite volte nelle ing. e il feminile
n'è futa ing. 94. Sarà voce popolare, come il posch. fur ladron-
cello, ingordo, tramestatore. Questo fur ha allato a sé fura, si-
nonimo di forugà, rovistare, frugare, dal qual verbo si rileva
che FURARI ha una parte anche in frugare, lucch, furicare, ecc.
gaglioffo mendicante, accattone, n 296, 297. Voc.
ganzaruolo I 221. Y. il Boerio s ' ganzaròli '.
garba (v. Pieri, App. etim. in Studi rom. pubbl. d. Soc.
filol. rom. I) ^ Poiché garbare non c'è, ma c'è garbello (cfr. anche
garbelo crivello, nel Calmo, ven. garbeladore crivellatore), direi
piuttosto che garba è tratto da garbello. L'a della prima sillaba
si spiegherà da gherbello per dissimilazione.
garuglia. Pare il gen. carùg^u mal tradotto sulla norma
di figlio = fi^^u, ecc. E v. ' carruga '.
generali: parole g- parole vaghe n. 404, Ili 33, 40, 51 ;
v. il Voc. e cfr. il modo star sulle generali.
gentilotto signorotto, nobile di second'ordine, n 256, 257,
309, 338, III 33, 45, 47, 49, 85, V. Rezasco s. v.
gessare ghiacciarsi cren. 27. £ forma per più rispetti
insolita (per il <^-, cfr. però giaccio ghiaccio e giacciare nel Voc).
ghiaccia. V. s. * diaccia', e cfr. gia^go XII 406. Circa al
tjjè da vedere anche l'alto-it. giaser, Arch.stor. lomb., ann. 1902,
pag. 374 n.
* garba vaglio che adopera il semolinajo per fare e agguagliare il semo-
lino: ▼. Gargiolli, L'arte della seta in Firenze, gloss.
446 Salvioni,
ghianda quercia. Il genere non sarà certo da giudicare
come quello di gian bellun., ecc., di cui qui sopra a pag. 285.
Si tratta invece di una formazione correlativa sulla norma mela:
melo (cfr. ancora bagolo mirtillo, la pianta che produce la * ba-
gola '). Notevole però, a tal proposito, che attualmente a Lucca
* pero, melo, ciliegio, pino ' dican tanto l'albero che il frutto
(v. Nieri s. * ciliegio ', e cfr. all'incontrario, la noce, del frutto
e dell'albero).
ghiastrina è da anteriore *j;a;as-, ridotto in séguito per
dissimilazione sillabica. Ugualmente sarà da giudicare il ni.
Ohiastrina Pieri Top. 161.
ghiècolo. V. Pieri XV 467. Circa al conservarsi della vocal
latina della prima sillaba, per cui non sorge nessuna difficoltà,
V. Mise. Ascoli 93.
ghióngolo. Cfr. anche sdiangurare qui avanti, dio- ghiongo
nelle 6., e l'aret. ghiónghelo castagna piccola e malfatta (Pe-
trocchi). Riman cosi confermata la derivazione di gongo ^, ecc. da
GLANDE (Pieri XV 215) , per quanto rimanga sempre da cer-
care la ragione dell'd*.
giachecta giaco I 225.
già r già: far g- minchionare n 268. V. il Voc. s. 'Giorgio'.
gita corteo, processione, compagnia, II 360, 367, gruppo
di persone delegate a un ufficio I 273, II 66, 67, III 81, l'ufficio
stesso 0 il tempo di sua durata fagn. 527, 537.
giubbetto forca n 58, 59. Il frane, gibet; ne vorrei attri-
buire eccessiva importanza al fatto che le due novelle in cui
occorre la voce, abbian la loro azione in Francia. Anche nel Voc.
giudichare disporre I 246.
giugiamento giudizio cod. v. 182. Frane, jugement.
g abbuio. La forma gròbolo par che conservi la traccia del l
^ Cfr., coirà, il piem. gangàj anima del gomitolo.
* Sarebbe chiara per il Pieri (àn + cons. in 6n)\ ma, p. es., circa aj/roncAta
8Ì pensi che kr^nh^ aggranchimento, si ode anche nelle Alpi (a Campo-
dolcino e nella Medolcina); né vi ha Paria di voce importala.
Àppanti suirantico e moderno lucchese 447
di OALBULU, sarà cioè *g(n'lh *gùllh (cfr. gromigno = eulm-). Altro
bel riflesso della base galbulu è il garf. {re)giMio. V. Etg.4125,
dove si possono aggiungere il piem. gàrbu ^ il boi. arghHb^ il
romagn. arghebul.
gogeita. Notevole è l'incontro col mil. kùiéta, parra. gimS"
setta, goztUa. Il primitivo e nel lomb. kiièa^ borm. gAsa -già,
vallanz. cQsgia {sgi = i), vallant. JU?a, levent.^ blen. kgéa e kgs
(fem.)» valro. kgz, valbremb. gósa, valgand. gtéS' e gos-matéla
(q. * ghiro-pazzerello '). Col confronto delle quali forine^ si rico-
struisce un ^k^tia o -sia, spiegandosi dalla metafonesi Vu di
parecchie forme lombarde. Potrebbe anzi bastare un *k^8ia, sup-
ponendo allora dovuto alla intrusione di guzz, o di qualche altra
voce, il z risp. 38 delle forme parmigiane.
gorata. Cfr. il còrso kurata Ouarnerio, XIV 398. E una
formazione correlativa ad agarajo : : ago, risalente quello al plur.
d^ora, come già aveva visto il Salvini. L'importanza ed estensione
di questo plurale è provata dal romagn. égor ago, Zst. XXII 464,
così come l'ancon. nódero, nodo, prova l'importanza del nódara
cbe si conserva in noderuto. V. Ascoli, XIV 467, Schuchardt, Zst.
XXin 382, Pieri Top. 241 n. Ragiona qui il Pieri di diminutivi,
ma parmi che troppo perda egli di vista il contenuto plurale di
aggettivi come canteruto, ecc. Quanto a erbordjo, io vi vedo un
l€ *érbora * che andasse parallelo al le *erba che si suppone qui
sopra 8. ' erbo '.
governare gu- curare, nudrire, allevare, n 141, 405, trat-
tare I 112.
grdciolo, Parmi troppo avventurosa la dichiarazione del
Pieri (Mise. Ascoli 438) riportata dal N. ; è d'altronde impossi-
bile che s'abbia é da TJ.
grado n 402. Nel passo corrispondente delle Cronache
^ Nel piemontese, è anche garba cioè il positivo oalba.
' il quale *erbora par tornare nel mil. erborin prenemolo. Sensonchè,
qaesto sarà per sostituzion di suffisso da 'saBOBsirT, e cioè * erba olente *
* erba odorosa \ rag^agliandosi al pav. erhoUnt prezzemolo, vàVerhorente
'erbe olenti* (prezzemolo?) deirAlione, p. 20.
448 SalTÌoni,
(III 217, 1. 34) è detto "^ a grado grave mi sera i,; con che non
avremo bisogno della emendazione proposta dal Oaspary (Zst.
XIU 556).
gragnolo si risente di 'granchio', e c'è infatti il garf.
granchio ragno.
grammare. Gfr. il romagn. grama maciulla, grame macial-
lare; e, per il mm, v. Pieri § 94.
grande: Furlì gr- Forlì (pare, in opposizione a Forlimpv
poli) m 164.
graticcia, Gfr. il berg. greàsna gragnuola, che par essen*
' grevaggine '. Tuttavia si può pensare, per ambedue le voci,
anche a grava (frc. grève^ ven. grava; Ktg. 4341).
gréndine, Cfr. il ven. sgrèndena ^RrrncctL, sgrendenar sca-
pigliare.
grimi gna gra-; v. num. 27-28, e aggiungi il bresc. U
grem gramigna, dove è oramen col genere e colla vocal radicale
di greme^a.
grollare muovere, scuotere, II 355, III 71.
guaraminella gherminella Pieri XII 124. Gfr. guar- e
guerminella in Statuti di Pisa, Siena e Firenze (Vitt. Rossi, Una
novella e una figurina del Sacchetti [Bergamo 1904. Nozze Pel-
legrini-Buzzi] 16, Zdekauer, Il Gonst. di Siena, 517), guir- in
Jhc, gtiormefielle in Zst. Y 15. Tutte forme che escludono l'etimo
dato fin qui della voce (Gaix St. 336, Zamb.). Forse vi ha una
parte * ghermire ' (q. il ' prendere con destrezza, con furberìa ',
e cfr. del resto acchiapparello)^ come pare accenni il ven. gar-
binila^ gherminella, confrontato coU'emil. sgarbir carpire; ma
d'altra parte b-n può rappresentare la dissimilazione di m-n.
guariscione soccorso, spediente, rimedio, scampo, cod.
V. 447.
guascappa guarnacca Sn. 53, 54. V. il Voc.
guigliardone guiderd- II 70. V. il Voc. e qui sopra a
p. 207.
guraccio (cfr. sgurare e pis. scurare XII 159). Da aggìnn*
Appunti suirantico e moderno InccheBe 449
gersi aFlechia UI 138, Ktg. 3383 M per il semplice g-, cfr. piem.
guré,
gu smino -zm- inganno, frode, tranello. V. il Bongi m 470.
homini di tempo adulti I 117.
homo nelle stesse funzioni del frane, on: cod. v. 58, 249,
ieg. 45(613).
human 0: uomo h- uomo di quaggiù, uomo mortale, II 190.
immortale infinito lU 325.
impensionirei -pren-, £ evidente l'incontro dì 'impen-
sierirsi ' con * apprensione '.
imprendere accaparrare, ingaggiare, n 168.
impuonere inp- comporre I 156, 169, 332, III 28. Voc.
inbasciare TEL 141. Se non è errore, gioverà riconoscere
nella forma un infinito (t- = mandare ambasciata) fatto sostantivo.
incettare spendere n 74.
incontorno incirca II 53.
incorporare tenere a mente, prendersi a petto, n 43.
in fece. È probabile che nella combinazione avverbiale si
celi *fice corrispondente al frc. foie.
infingere; cfr. infingersi tardare, esitare n 267, 285, e
V. Seifert, Glossar zu Bonvesin, s. ' infenzerse '.
infolcarsi. Il Pieri, § 137, giudica questo un caso di me-
tatesi reciproca (ingolfarsi). Ma dove se ne va il g? £ potremo
noi ammettere un *inc' sulla base del solo colfo del Bembo?
Sovviene meglio, parmi, quel ' folcare ' di cui qui sopra a p. 233
(v. anche Ascoli X 15).
ingiumai * oggimai ' ormai Ing. 79, 95, di fronte a og-
ib. 89. Per l'in- cfr. incuparsi occ-, e quanto BÌVoguimai di qualche
passo di n, e veramente da chiedere se non sia uno sbaglio di
lettura per ogiu-.
^ Dorè paò leTarsi rasterisco davanti a kzcubabb; v. WOlfflin*s arch. Ili
132; e cfr. bxcubatus nel Georges.
450 Salvioni,
ingufare, V. qui sopra a p. 298 8. 'cuffulon'.
innomerare contare n 83, ecc. Voc.
inpronto istanza, insistenza, I 51.
insambra, L'a mi conferma sempre più nell'idea dellV
rigine francese di insembre^ ecc. Analogamente l'a di MftM, bdl.
184, m 220, che ha esempi anche nel Voc. e in molte parti
dell'Italia medievale e odiernamente ancora s'ode nella Vercasea
e in Val di Chiana, mi conferma la stessa orìgine per $en2a
(cfr. sem XIV 222 n).
insieme vicendevolmente, reciprocamente, Tun l'altro, n
289, I 25, 205, 271, 275, HI 379. Voc.
interrare seppellire III 292. Voc.
interrompere corrompere 11167.
inventiva progetto, invenzione, I 356.
inviare avviare III 327, travagliare IH 188.
isbavigliare sbad- n 180. Voc. sbav-.
jura congiura I 5. V. Oiom. st. d. Lett. it. XLI 112.
lammiare. Potrebbe non istaocarsi da lagtmre^ venir cioè
giudicato come il perug. guadambière guadagnare. Di luce mm
da mb cfr. poi cammo cambio, comminare combinare, e v. Pieri
§ 120-21.
{ancta spiedo II 219.
largo: parlar U parlar fuori dei denti, parlar chiaro, III 2*^0.
lassamento interruzione II 427.
lassare lasciare n 404, 405, ecc. Voc.
làstiho. Anche nel montai.: Idstia gastrica, e forse ha rs-
gione il Nerucci di vedervi un 'elastica'; nn 'elastica' che
però sia venuto a incontrarsi con ' gastrica \ soggÌQnge>renio qoi
latino discorso HI 132. Voc.
lattimene. L'incontro diciatti (lactes) con aninMe,
lattuga pudenda feminile n 69.
lazza (Pieri, vera., gloss.) specie di euforbia; e anche il
Targioni-Tozzetti ha erba lazza Euphorbia Charaeiaa, ed è forse
Appunti Buirftntìoo e moderno lucchese 451
voce loneiise, come sembra risultare da dò che dice Ett. De Toni
ne' snoi Appunti dialettali (Ateneo Veneto, ann. XXVII 1904)
8. * erba lazza ,. Sennonché non ìazgOy aspro, avremo da rico-
noscere ndla voce, benà [herba] laotea, dall'umor lattiginoso
delle euforbie, il quale appunto le fa chiamar ìaUaria nel to*
seano, e altrove con nomi che metton capo a * latte '.
lébbra sarà *lébboru (cfr., per la sincope, lodracchio^ ecc.,
e per bb da |>, niébbita nepitella), diminutivo di Uppa.
lécioro lié- (Pieri XII 130); cfr. U sinonimo nUcUo^ e il notig.
niciulm mirgherlino, afato.
leggare. Il -gg- illustra anche il tose, laggare lasciare, che
così non occorrerà staccare dall'alto-it. lagar (v. qui sopra a
pp. 195, 808).
li g oro. Cfr. Taret legalo lucignolo, con cui si riverrà molto
veriaimìlmente a lIg&ul. Diversamente il Pieri § 161.
legurino (6). Va forse col lomb. legcrin lucherino. L'etimo
che di questa voce già forniva il Ferrari s. *' legorino ' (v. Ktg.
5592), e che non s'appoggia sopra nessuna realtà provata, è del
resto contraddetto dal -k- della forma toscana, e dall'è del sic.
Mnirw, che invece s'accorda col nap. lécora -o, riécolo^ v. Qiglioli,
Avifauna : £lenco delle specie ecc., pp. 29-30. Supposto pure che
ci stia davanti un estratto dal presunto derivato, questo deri-
vato doveva avere, in Sicilia, /t-, e non avrebbe quindi potuto
estrarsene che un *Ueuru. Ma in Sicilia c'è anche licaru e
lùaru, forma che s'incontra col ven. Ugaro^ friul. bkjar. C!olle
quali forme il problema s'aggroviglia. Prescindendo per ora
dalla vocale postonica o, rispettivamente, protonica^ son le-
coro risp. lùcaro degli estratti da lecorino risp. lucarino, oppure
son questi che dipendon l' uno dalla base *l4eoroy V altro dalla
base *lùcaro? Il fatto che le due basi difficilmente sian da se-
pararsi l'una dall'altra, mi fa inclinare verso l'estratto, in con-
siderazione anche che tra le sillabe protoniche farebbe minore
specie lo scambio delle vocali. Ma era prima *lelcurino o Hu^
ktrino?
limpore -o. Pare un bel riflesso di limpidu, se ha ragione
452 Salvioni.
il Meyer-LQbke, Zst. Vili 216, di considerare l'i della base la-
tina come breve.
lennajolo. Come in munnaglio mugnajo, ranfMglia ragnaja,
abbiam qui la dissimilazione parziale di fi-J. Circa al nn^ è noto
che in Toscana si dice hfifiajóloj ecc.
lirfia. La ^ cera dispettosa ' (cfr. mass, slirfia brutta grinta)
ci porta al lirfi labbra, di cai qui sopra a p. 378.
letione lettura del Vangelo I 253.
lettera scrittura III 24.
levare far levare dal letto n 104, funo levate si furono 1-
cod. V. 15.
lividore livore I 181, m 325, 329. Voc.
lócio /ti-. Cfr. lùóo anche a Siena e nel Montale; né gli eoa-
viene I'aucius del Caix, che avrebbe condotto a *óééfo. Si po-
trebbe invece studiare se non siasi avuta qualche oontaminazioiìe
lessicale col sen., aret. óéo, oca, di cui in Rendic. Ist. lomb. S. Ih
voi. XXXVI 608.
loerare è bella e ineccepibile conferma dell'etimo lccrabe
per lograre, logorare.
lodare prescrìvere, ordinare, indicare, n 145 (6m), 170,
in 114.
lodo approvazione II 431. Voc.
log ieri appaltatore bdl. 28, 29.
lumera luce cod. v. 253. Sarà certo il frane, lumière, ma
è strano che non s'abbia lumiera. V. Parodi XV 66.
lunga: dalla l-, da l-, di lontano, n 262, I 125, III 2 lo.
218, dar i- tirare in lungo, intrattenere q. senza coocludere,
III 137, 248. Voc.
luogo comune cesso n 183, 184, 227, postribolo n 129.
terreno neutro (?) Ili 152. Per la prima accezione, v. il Voc..
per la seconda, La Storia di Apoll. da Tiro, 47, e nn esempio
n'è fornito anche dallo Sprachbuch pubblicato da 0. Breontf
(pag. 20).
luogo lupanario lupanare II 187.
lustrante splendido, rìsplendente, lucido, chiaro, n l*^^.
Appunti suirantìco e moderno laccheBe 453
212, 339, 370 luna l- luna piena n 327. V. il Voc; i dialetti
toscani hanno per lo piii lustrente,
ma' (e pa'). Il Pieri, § 141^ vedrebbe, non so per quale
ragione, in tali forme de' continuatori del nominat. latino. Si
tratta invece di seriori riduzioni vocative (v. Rendic. Ist. lomb.
S. II, voi. XXX, 1500-501, e lo stesso Pieri, Arch. XIII 339 n),
le quali tanto potevan muovere da un *maie = mater ecc.,
quanto da madre = matbe.
macehetta -o. Ricorda singolarmente il macà ^àna^ fan-
ciullo -a, di Berbenno (Valtellina) ; e vedine Tappolet, Die roman.
Verwn. 47; Rendic. cit. 1506.
machinare dir male bdl. 102.
maculare ammaccare, contundere, I 147, II 45, III 116.
macone; v. Mussafia, Beitr. 76, Zauner, o. e, 179; e qui
sopra a p. 309. Per il -e-, qui indietro ai nura. 102-105.
madronaglia, Cfr. mass. madrÒ1^ mal di madre, e v. qui
sopra a p. 310, e per -àglia^ il ^maragià che sta a base di ma-
rager ib.
maestro signore III 78, medico III 114; {penné^ maestre
(le penne) più belle lU 62.
mafactori malfattori II 56, 409. Allego appunto il plur.
perchè la forma ha ragione solo qui. Altrove, nello stesso Sere,
c'è malif^ictori, dove si vede il composto sciolto ne' suoi elementi,
di cui il primo, preso come aggettivo, è fatto concordare col
nome. V. anche Parodi XV 66. Ora, per mali s'ha anche mai,
onde ma'. Cfr. Matraversi, III 337, cioè ma' ^r-, che il Bongi ha
torto di postulare al sing. come matraverso (III 471). E cfr. an*
cera benivoglenti benevol- II 56, menipossenti I 357.
maia (6.). Cosi anche a Barga; e pare aversi dj in j; cfr.
' soppiano '.
maina (Pieri § 99). Anzi che di machina, non si tratterà
egli di màcina ridotto come rotto ♦vócTtu, faito (v. qui sopra)?
mainiera mani- cod. v. 284. V. qui sopra a p. 258 n.
malanconìa dispiacere III 342, 343.
454 Sftlvioai,
$nal delle calende mestruo n 127.
malischalzoni servi III 114, furfanti II 56. La qual
forma ^ ci illumina suirorigine di mascalzone; che sarà da una
stessa base che ' maniscalco ' (cfr. maseoMa ; e il bellan. Maro-
8calz\ e sarà venuto a dir dapprima ' servo di stalla '.
màndriet. Montai: tnàntrici.
mane. V. Zauner, o. e.» 119.
manere rimanere III 869; se pur mase non va emendato
per rimase,
manesco da potersi portare a mano, bdl. 127. Voc.
mannaro. Da marrano?
marcifaccio pene n 19.
maro. Esempio degno di nota, comechò ci mostri una delle
vie per cui si giunge a certi raocorciamenti.
marrella specie di marra bdl. 92, 93. Il Voc. ha gli
esempi lucchesi.
marrone marra m 115. Voc.
maraicure -«0- -segure piccone?, sp. di scure? I ÌSS,
394, m 331. Il Bongi traduce per ' scure manesca ' e postula
marsicuro non so perchè, visto che gli esempi son tutti di plu-
rale e non permettono di inferir nulla sul genere e sulla forma
del singolare, e che la seconda parte della parola è certamente
sEcusE. Forse si combinano insieme ' marra ' e ' scure '.
martella. Nella Val Travaglia, ho sentito chiamare aiof^
tellina il tarlo del legno, il cui rumore la notte s'ode assai di-
stintamente.
maruffino soldato, sgherro, II 369 [ter). Il Voc. ha marr^
ministro, agente.
mascalzoni famigli, swvi, n 145, nel passo eorrispondente
a quello di III 114 (v. qui sopra s. * malischalzoni ').
' Siccome la voce ricorre solo al plurale, mali- potrebbe rappresentare
il plur. di un ^mahc il cui mal- (oane stato interpretato come Tagg. Mal#.
avere cioè la itesaa ragione di quello di mali fattori. Cfr tottaTia mmH$emlco
num. 74.
Appunti snll'antioo e moderno lacchese 455
mascellare 1 158. Par essere nome di una località.
mascellata gotata ing. 98. V. XII 413, XIV 210.
masBaaeudo bdl. 130. Par il nome d'un'arroa, o d'un
giuoco in cui occorressero una * mazza ' e uno ' scudo '.
mastro maggiore, principale: masira città città capitale
n 877 (bis), città principale III 249, la m- sala 1 250. Voc.
matéo '-tiere -ti le. Dipendon da hatìbries (non materia,
come postula il Ktg., 6003, per l'it. madiere), o cosi possiamo
spiegarci il genere (cfr. ghiaccio, dì). Quanto alla continuazion
di MATERIA, cfr. anche il boi. madtra grossa trave, corrente, il
mescle, madèra parete rivestita di legno.
matone. II t scempio (cfr. anche I 22, 24, 25) ben corri-
sponde al *til- (onde poi anche la scomparsa completa della esplo-
siva dentale: piem. mun) di madon me^ tanto difFuso nell'Alta
Italia. V'entra, come altrove ho detto, frtta, preda.
maugliare. V. XII 413 s. 'maugliao'.
me g già, È insostenibile l'etimo che già dava di questa voce
il Pieri XII 131. Alla mia volta rinuncio io al mio di me^jfk^fMisc.
Rossi-Teiss 405), da cui il lucch. meggio non sarà forse estratto,
appalesandosi invece come una mascolinizzazione di méggia.
meglioramento le cose migliori n 325 (e v. Oaspary
Zat. Xni 535). Voc.
megliorana. Non avrem forse bisogno di 'meglio'; ma
il i sarà day, Pieri § 57n, e quanto ail'^, è da confrontare 1'»
di siióro (di cui v. però Ascoli XIV 470-71), e di manióla * man-
najuola ' piccola scure, che trovo in qualche testo popolare del
Mugello. A Lucca stesso, e' e mestaina (da maestà) che potrebbe
essere ^meje^ *maje-, ma anche rappresentarci un assorbimento
dell' a da parte di e (mae-).
memoria intelletto III 365, 418. Voc.
mènno (v. Pieri, St. di fil. rom. IX 727). Non vedo punto
la necessità di abbandonare mTnuere.
mentovare chiedere, ottenere, (?), I 354.
mercenume infimo servigio n 358, 360. Nel Voc: -wn-
lavoro a mercede. Per il «, cfr. mercen-ario.
456 Salvioni,
mèrco. Sarà q. 'il marchio, la marca '. S'incontra così già
nella Toscana Ve che in questa voce è proprio della regione
meridionale e sicUiana {mercare marcare, merco suggello) e deve
dipendere dall'a. frane, merker -chier.
meritare rimeritare III 347, cod. v. 442, merUo retribu-
zione, onorario, III 344, 355. Voc.
mèrlo. A Siena: mello e merlo (v. Hirsch, Zst. IX r>21):
e cfr. anche il pontrem. pièrla = tose, e emil. piella abete (Pe-
trocchi). Circa all't?, si tratterebbe egli mai della riduzione di
un *tn(illéUo?
me Schio grigio bdl. 5!). Cfr. lomb. miìèé cinerino.
messetta ruffiana n 81. V. Mussafia, Beitr. 79.
melato. Cfr. il sard. madau ovile, e v. le mie Post, e N.
Post, al Ktg. 8. ' metare '.
mezzo: homo di m- uomo neutrale III 289; mezza tersa la
metà dello spazio tra il levar del sole e la terza I 311, II 4:i,
III 218. Voc.
miare mignare (e bignare, mizognare -so- Pieri
§ 120-21). V. Mussafia, Beitr. 101 n.
mignatto verme n 67. Voc.
mirólla. V. Zauner, o. e, 14. Non so quanto possan ser-
vire, a spiegare il r, il tose, seuriscio scudiscio, il pist e pif.
coresto codesto, il pist. proviritore Pieri § 111, marunna madonna
Giorn. st. d. lett. it. XVI 382 n, e qualche altro es. nel Pieri
vers. 169 n.
moata avrà il radicale di moina.
mobile denaro I 133.
mollame polpa, carni, n 334. Voc.
mona HO lo (G.). Cfr. il gen. mondiòla bondiola.
monnaglia (-iu). La voce non e al suo posto alfabetico
nel N., ma compare a p. 129 col. 1*. — Si tratterà di ^mol*
Itiylia (cfr. mollala), con ll-l dissimilati.
min- tal e: ixicie m- pace lin st^guito a guerra] mortale II
;i5i). ;iGl, 363,
mossa ture ritagli, cascami di legno, n 286. Voc. : -r^-.
Appunti Buirantìco e moderno lucchese 457
mossicature ritagli UI 69.
mostioné moscione n 12 (bis). Sarà per ^moskjoM^ e pre-
suppone *fnoschia = mOscula.
mostrare mostrarsi, parere, n 230, 262, 289, II 79. Voc,
Giom. st. d. lett it. XXVHI 207.
motolare mutur- pajonmi ben derivati da mutilare, che
avrebbe quindi in questa voce contadinesca una sicura conti-
nuazione popolare.
mucca -0. n significato di ' vacca ' risp. ' vitellotto con coma
cortissime ', potrebbe darci la chiave dell'it. mucca, che sarebbe
quindi per estensione. Quanto all' etimo, cfr. lomb. mgk spun-
tato, mozzo ; e Tu lucch. ci riporterà a un verbo *muccare =
mg- (cfr. montign. fura ferisce: da furare ' forare ').
mugliaglio. Avremo m-fi in m-^. Di mugnajo^ v. poi Parodi,
Mise. Rossi-Teiss 349. Io riterrei però che mugnajo sia da *muj'
fiójoy sia cioè un esempio del fenomeno emiliano-toscano di l^^^inj
(v. qui sopra al num. 64-69, cod. 245, Meyer-Liibke, it. gr. § 232,
dove si può aggiungere il boi. seiva, selva, TJngarelli App., l'aret.
ògliemo = *ojmo olmo). Circa a *mulna^^ cfr. poi il ven. maneì-,
il lomb. murn^,
multipricare aumentare II 20.
muorarsi (6.). Bel riflesso di m6rar(i), che giustifica forse
il carattere ereditario di morare cod. v. 310. Per il significato
cfr. il piem. dmuré trastullare, e v. Parodi XV 57.
muricciolo. Anche pist . E naturalmente muriccio -\- tllo,
cosi come nòcciolo (Pieri, St. di fil. rom. IX 627) è da nóccio,
mignolo da migno (cfr. mlgno piccolo, a Città di Cast.).
mustrare (G.) con u passato alle rizotoniche. Il fatto si
ripete per un'ampia distesa di dialetti; e v. Il Pianto d. Marie
marchigiano, num. 10 n, Crocioni, St. di fil. rom. IX 629.
muta: a m- a vicenda, per turno, I 24, 25, per ut- per
turno I 25.
n a scia par accennare a *nass-ia,
nauchieri nocchiero n 159 (bis). Il dittongo accenna a voce
458 Salvionì,
semidotta (v. Parodi XIV 15), a meno non si Toglia vedervi
come una riduzione di quel tipo eh' è nel fior. navichUre e che
alla sua volta accenna a nocchiere modificato sotto T influenza
di navicare. Circa all'»' dell'a. pis., nickieri ^yhie' (Pieri XII 158),
esso vorrà pur dire una riduzione violenta déR'-avp- di n^m-, a
meno non si preferisca scorgervi un caso analogo a quello di
gifnore, scigatojo * asciug- ' (Parodi, 6. st. d. Lett. it. X 183,
Mazzi, La Casa di Messer Bartalo, ecc., passim). — Per iJtre
forme di urAUCLERU, v. XII 417.
neiente: non... n- non punto cod. v. 184, 301.
nèrchio. Gli corrisponde appieno, pel significato e per la
ragion fonetica, il bellinz. nere, che insieme però dice ' Iwinaca '.
nizzire, ni zzo. Nulla hanno queste voci da vedere con
mézzo. Esse sono, come già ha visto il Pieri § 131 a proposito
di nizzare, da nnTiARB (XII 408, 416, Etg. 4991, e aggiungi il
valsass. inèd schiacciare il legno tenero pestandolo), e nizzo è
(come il lomb. nizz, infnz, wilz [n-n in n-l], mezzo, manomesso)
un participio accorciato.
noe òr a. Sarà errore per nòeo- (cfr. nocula -co^ ap. Pieri
pis. p. 158). Il Pieri pensa a ' noce', ma meglio ricorreremo a quel
*NAViCA (prov. nauca, frane, noue) di cui v. Meyer-Liibke, Einf.
196, e che si ravvisa in nomi locali lombardi come Nóka (v. Boll,
st. d. Svizz. it. XXIV 63).
nome: metter n- far credere, far vedere, I 88, Il 72.
no strato. E anche nel Voc, e parrebbe il bel continua-
tore di NOSTRATE. Cfr. del resto, l'it. nostrale, l'alto-it. not^àa *.
nota avvertimento, intemerata, III 32, 39, notare avver-
tire ib.
notevole noto IH 322.
nudo solo, isolato, I 395. Voc.
^ Questo nostrany accompagnandosi al suo antitetico lontdn, ingenera a
Campodolcino (Chiavenna) un curioso lostrdn forestiero, esotico, nel quale
entrerà forse per qualche cosa anche stràni estraneo.
Appunti suirantico e moderno lucchese 459
occorrere a- bdl. 134, 135, I 257.
oggimai n 285, III 11, 'giU" III 90. Ma sarà un errore
oguimai III 191. V. Flechia VUI 405, Hirsch, Zst. IX 534, 555,
dove sono o- e angiumai,
oli rare odorare, aver odore, n 38. Pare risultare da
odorare e olire.
otnbdo. Il mb sarebbe mai dovuto a 'ombra'?
ombrina ombra, luogo ombreggiato, n 298. Ricorda il
friul. ombréne ombra.
ondatione inondazione III 250.
ontanello lucherino. Confronta la derivazione di fanello
da FAGU, fagTn-.
operare adoperare, impiegare, fagn. 536, 538.
opposta imputazione III 327.
oraggio aria, luogo arieggiato, n 266, 298. Dall' a. fr.
orage soffio di vento.
ostare fare oste, muovere in guerra, I 89; tentare, sfor-
zarsi, II 247.
oste ospite, la persona ospitata, bdl. 115.
ostiatrice levatrice n 32.
ostieri ospite, cioè la persona ospitata, n 208.
o tiare impedire, dissuadere, li 349, III 36. £ olth, III 44,
sarà da leggere obv-.
pàcito. Coirai to-it. pdéi, q. *pacIdu, o meglio flacIdu ri-
toccato su pace.
pagana (0.). A Mesocco, chiaraan pagania il lattime .del
capo.
pagaria -ghe- malleverìa bdl. 2, 26, I 205, ecc.
pagatore -do- mallevadore I 206, 209, III 248, bdl. 113,
n 405, ecc.
paino. V. la bella etimologia del Parodi, Mise. Rossi-Teiss
349-50. La voce ricorre anche nell'alta Italia: veron. j9a/n con-
tadino, villano, onde poi il curioso pài, masc. e fem., fatto forse
Archivio gioito!, itol., XVL 80
460 Salviuni,
sulla norma di pào e pài paone; parm., com. painàgh contadino,
iniL painàrd tanghero, villano.
palmieri straccione, mendicante, poltrone, n 146. Nel
Voc. = * pellegrino che andava a' luoghi santi • .
palmo: prender p' prender piede, il disopra, n 181, 1 108, 128.
parersi mostrarsi cod. v. 148.
parola permesso I 57. Voc.
partefice -cipe I 256. Voc, e qui sopra a p. 313 n.
pasqua di Cavalieri Pentecoste II 192,268. Nel primo
passo il Sercambi spiega il perchè di tal denominazione.
pasturale ^«-sto-', pene, n 280.
palificarsi venire a patti, fare i patti, patt^giare, IH 39.
patterà sarà da paiterona.
péccia^ Crederei da pIcea ; v. Seifert, GÌ. zu Bonv. s. ' pegar \
e cfr. lo special senso del com. pegd lordar l'uva con l'acqua in
cui si stempera della calce e dello sterco bovino.
pedeare spetezzare, far peti, n 174, 175. Va appunto con
speteiàare^ e circa al d sarà da pensare all'influsso di pederr.
Quanto poi a peto, se esso non è il frane, pei, non si può spie-
gare da pfioTTu, che attraverso *peUo *pe[d}Uo, con d-^ dissimi*
lati come lo sono t4 in maitino e aUuire attut-. Invece il lomb.
pet e il ven. pelo (ofr. pelerà risp. peHiar) dìpendon da *ped'io.
pedere far peti, spetezzare, n 173, 174, 175. Pure nel
Voc, con un es. del Burchiello.
pelle grò. Se si tratta di voce sostantiva e non del np..
giova ricordare il lat. peleoer WQlfflin's arch. Ili 496.
pendèora ptn-. Da un *pendTculu (cfr. perpbndktluiiK
che per altra via ritorna in pencolare, e nel veron. pingclar,
pènna. Per il significato, cfr. lo sp. pefia rupe [e v. on
D'Ovidio, Zst XX Vm 539-41].
pennuto n 74. V. Gaspary, 1. e, 554.
pentrogiani ing. 93. Che significa?
prpora. Abbiam qui un *péporo -e (cfr. Talto-it. pèrert]
passato al fem., o un *le pépora, oppure senz'altro un diminu-
tivo di pepe?
Appunti suiraniìco e moderno lucchese 461
perì. GurioBO accorciamento, per il quale gioverà muovere
0 da peti = periglio, o dal perico di cui qui sopra a p. 406, nel
qual caso, un po' avrà influito anche il che della combinazione in
cai peri sempre s'adopera (*perik{r)o ke,.,),
perire ruinare, far perire, cod. v. 457.
perseguitare prosegnire, continuare, I 371. Voc.
personevile personale bdl. 2, 28. Voc.
pervedere visitare, esaminare, n 325.
pianale piano, ripiano, I 147. Voc.
piccolo: p- prete prete semplice III 135.
piede tronco, pedale, lU 331.
piediconi n. 137; detto dell'incedere dell'anitra. V. Pieri,
Ro. XXXm 281 K
pie Ila. Se deve connettersi con pYcvla, ciò può solo inten-
dersi nel modo ch'è spiegato in N. Post. s. ' picula *. Ma come
si dichiara il pist. piggello (Petri s. 'piella')? Dall'influenza di
faggio^
piètto (a). Gfr. anche il parm. apiètt alla rinfusa, e il nap.
ackittf cumulo, De Bartholomaeis, XV 330 s. * aplittu '.
pi evale. Da pieviale, forma attestata, con j-j dissimilati
mediante la soppressione di uno di essi.
pignocta III 115. Parrebbe ' pagnotta'; dove, per la ragion
fonetica, si potrebbe invocare, qualche nome locale (v. Pieri
XIV 424).
pinco ^òro pene n 69, 248. Voc.
^ A proposito di questo articolo del Pieri, e più precigamente di quanto
vi si dice in nota a pag. 284, mi sia lecito far osservare che anche nelFalta
Italia è dato di vedere se stia a base óné o -óni in que* dialetti che cono-
0con la metafonasi; e così nella Valsesia dicon gineuggioogn che corrisponde
a -^i (a 'óne si risponderebbe con -un), a Ferrara gatun palpùn, in scultun,
quaceiun, d'ècundun (di fronte a palpón chi palpa, ecc.). — Un esempio
beri^m. (p. 288 n) e lomb. ben importante è in uetù, *6n [ntar] a sedere [nel
letto]. — Derivato da verbi cht* non sian della 1*, è il per. ardicione {gi
ardieione andar a ridire, a riportare). — Per Testensione del suffisso fuori
d*Italia e di Francia, cfr. poi l'engad. ir in vantruns andare sul ventre.
462 SaWioni,
pincombero. Anche montai., e risulta da pinco e cocùmbero.
pingnare spingere n 279. Occorre una sol volta, e però
Ted. emenda per pingnere. Tuttavia l'aversi spengndre^ spegnere,
e più penzàre, spingere, a Città di Castello (v. piii in là s. * spe-
gnere '), ben può render credibile anche un pingnare. D'altra
parte non manca qualche esempio di -dre da erb (Pieri, 9 1^*)-
pinta mossa, direzione II 174.
pistare; cfr. il piem. piste {pista).
pitecto piccolo II 218, 220: Ector lo p* Ettore piccok
fanciullo. Voc.
p\t\t\ont\ a p- 9k richiesta, a posta, 1 225, 162, 165, ecc. Voc.
più mie e. La caratteristica del pomice in quanto pietraie
la sua leggerezza, la impressione che produce di cosa soffice.
Non ci stupiremo perciò che vi si senta ' piuma ' (cfr. piùmici^*
soffice, molle).
pizzicatolo (cfr. pissicaiolo bdl. 75) è anche romanesco.
placabile benigno, mansueto. III 185.
poccena = ' poi cena'; e va con questa forma, non con
ptisigno ecc., il mil. polèna (cfr. mil. Hna cena, e por-èéna Zst.
XXII 471), nel cui è l'Ascoli (qui sopra a p. 192 n) preferirebbe
ravvisare il prodotto di s-é.
pòccia. V. qui sopra a p. 399. L'aret., il sen. e ilperug
hanno g, dal quale dunque devia il lucchese.
poltonieri paltoniere n 147.
porcacchia. È, per metatesi àéi j^ àsi porchiacca^ e la me-
tatesi è determinata da ' porco ' (cfr. il ven. porcelàna porchiacca.
il lat. porciUaca che ben si continua nel parm. porzlàga). E lo
stesso portulaca non sarà esso per dissimilazione da porc-?
pormai = *prormai * per ormai '.
portarrèga. È 'porta arreca' cioè un doppio imperativo.
pòrto porta ing. 88.
portonaio portinajo I 320. Voc.
posare rip- II 158, n 104. Voc.
posso III 263. Da emendare forse in Spossesso'.
posto che quantunque n 108, 331, I 443, ecc. Voc.
Appunti Buiraniico e moderno lucchese 463
'pratichare trafficare, vendere, III 406.
prestanzone imposizione di denaro m 76, e vi concorron
' prestanza ' e * prestazione '. Voc.
presura presa, cattura, assunzione, n 177, III 11, ecc.
prl8pola\ assai verìsimilmente per *pl8prola, solo cosi
riuscendo di renderci soddisfacente ragione del r; v. qui sopra
a p. 318 n.
privilegio lettera, breve, lU 193. V. qui indietro s. * bre-
vileggio '.
procedere mandar fuori II 190.
procurare aver pensiero, preoccuparsi, 1394.
profergere; su prof erto seguendo la norma dì sorto: sor-
gere^ ecc. (cfr. il ven. avéràer). Diversamente il Pieri, St. di fil.
rem. IX 726.
pròlao. Da *pròlaco: cfr. il pava. sprolieo discorso.
pronuntiare nominare^ eleggere, III 134, -tiatùme ib.
propio, sost., privato, persona privata, II 194, agg., stesso,
medesimo, n 292 {sé proprio se stesso), II 801, III 85, 89, espresso
I 289. Voc.
prosperare far prosperare III 88. Voc.
provedere visitare, sorvegliare, fagn. 537.
puio 'poggio' pulpito n 380. È il frane, pui.
punto 'appunto', punto d'accusa, accusa, imputazione. III
327, 328, 330.
puònde (cfr. ancora ripuondere -puonere). Del dittongo v.
Pieri § 9 e circa al (2, ch'è assai diffiiso, St. di fil. rom. VII 201.
pitpore mammelle II 219.
pus Sion. Se questa forma garfagnina non proviene da
Modena (dove si pensa a pus'sion), gioverà ammettere la dissi-
milazione sillabica.
puzza nefandità n 127.
quintana conno n 81, 82.
racomandato a sotto la protezione di I 216, III 166, 167.
464 Salvioni,
r acordo ammonimento III 343.
rafermare -ff- confermare 1127,411,111 230, aaaicurare,
rafforzare, III 17.
ragazzo stalliere n368, ecc. Voc, dove anche ragazzone ;
e 'One non vi sarà già accrescitivo, ma, come anche in mascal-
zone (v. qui sopra), l'esponente di caso obliquo del tipo di fles-
sione -O -ÓNIS.
ragione di grammaticha conoscenza di latino III <i2^i.
ralluminare a/Z- ridonare la vista II 853.
rantulo: ar- in agonia, nell'estremo momento, cod. v. 404.
raniiglié. Sarà * artiglio' ^- * (ar)rancare '.
rapresentare pr- n 376 ecc. Voc.
raspa grappolo n 374.
race {rata Città di Cast.). Cfr. lavarone (Giunte). — C'è da
una parte il bresc. laf (di cui non trovo indicato il genere), dal-
l'altra il frane, ravin (cfr. ancora ravera lapidum nel Liber Po-
theris del Comune di Brescia; v. il Gloss. del Lattea in Àrch.
stor. ital., ann. 1902, disp. 2'). La forma bresciana e V-e lue*
chese guarentiscono il labe proposto dal Pieri, dove circa al r-
sarà da ricorrere o a buina o a rapina (cfr. dirapinaio I 32^'>).
Ma anche la voce francese vorrebbe allora una spiegazione di-
versa da quella del Dict. gón.; nel senso appunto ehe un *labin'i
da LABE (v. XV 346) sia venuto modificandosi sotto Tinflusso o
di BUINA o di BAPiNA. Di laf e di lavina giudica altrimenti il
Nigra XIV 284.
razza, E un bel deverbale da badebe, come lo è il lomb.
e piem. rdnia frullana. Circa al zà^ dessi partire da un prehente
*r(izzo ecc. da spiegarsi come caggio cado ecc. Di tali derivati
è ghiaccia, qui sopra, è il merid. fiezzu fetore (v. FV 125 a; «
cfr. FOETEo), è il suo sinon. puzza (cfr. puteo), onde puzzarr, t*
son più altri, come si vede in Mise. Ascoli 84.
redola, V. Caix St., pag. 140. Ma non vedo come man-
darvi insieme il mant. rezóla.
re gare portar via bdl. GH.
remare -mb-, e rembolare smettere, cessare, ing. 9<K V. Caix
Appnnti sairantico e moderno lucchese 465
141y il cai etimo potrebbe essere revocato in dubbio dalla voce
lucchese, dato che questa non sia estratta da remo* rembdare.
rengnare allignare, vivere, cod. 253, v. 47. Cfr. illomb.
refid allignare.
restare cessare 1208, n 104, -ama cessazione 1243. Voc.
retribuire attribuire, riconoscere, III 117.
riavenimento I 161. Forse errore per riarìntém/o, visto il
sicuro riferimento al riavere {riebbe) di quattro linee prima.
ribandire richiamar dal bando II 351. Voc.
ricada n 239; 1. rieadìa Gaspary Zst. XIII 555.
ricomprare mettere a contribuzione, pagare riscatto, I 212,
213, "mprametUo contribuzione, riscatto, I 220.
ricoverare cercare scampo I 327, ajutare 1316, III 111,
ricuperare DI 365. Voc.
ricredente re-: far r- sbugiardare, convincere del con-
trario n 333, esser r- risultar mentitore n 333.
rifermare re- occupare, guarnire, fortificare, fissare, sta-
bilire, confortare, guarentire, confermare, linnovare la ferma, I
52, 61, 139, 263, 279, II 222, 275, 279, 396, IH 107, 197, 198.
rifrangere. Cfr. Tant. pav. refran^er Xll 426, e il Dict.
gén. s. ' refrain '.
ri m edire riscattare I 369, IH 62. Voc.
rtmonare = ' rimenare' dimenare (Ing. 90)?
rincalciare inseguire alle calcagna, respingere, far retro-
cedere, I 354, 362, 396.
rinonsare denunciare 1156.
rinveynente riv- successivo, seguente, susseguente, n 74,
87, 215. I 127, li 369, III 151, fagn. 537.
rinvenire ritornare n 167.
riparare raccogliere n 104.
riparo vantaggio, benessere, III 9.
ripremiare compensare III 2M.
ri" re segare troncare, finire. III 91, 92, 194, 3^>6. Vof.
rissare 'rizzare' tener ritto, tener in ordine, bdl. 71.
rista ulo risarcimento, indennizzo. Ili 157, 159.
466 Salvionì,
ristornare rimettere, ristorare, II 170; cfr. ristarare ib.
ristringere il mare bloccare, interdire il m-, III 201.
ristropiare impedire cren. 33. V. ^stropiare*.
risucitare ha q-S dissimilati per ^-é. V. però n. 100-101.
ritrécito. Per -Uto, mi sovviene il Heid ricino, di qualche
parte di Lombardia. Quanto all'etimo, v. Pieri vera, gloss. s.
' rotéggine ', e aggiungi che roéina o rode-, mota di molino, io
l'ho udito in Vallemaggia.
riuscire liberarsi II 421.
romanere smettere n 172 {se n'i romasa).
rompere corrompere I 403. Voc.
ronzagli e. Per il significato, deve trattarsi di 'tosatura'
di metallo (cfr. tosar le monete). Per l'etimo sovviene il frane
rogner, che si dice con molta predilezione delle monete, e in*
sieme, per la forma, ranger,
ruciolo ro- truciolo n 286 (^), III 69. V. il Nieri.
rugghia ^are. V, il Pieri, vers. , gloss. — E ruglum
nel cap. 32 degli Stat. di Pistoja del sec. XII pubblicati dal
Berlan ; e in n 243 è questo passo : * era uno nomato il Rughia,
il quale per bella e grande masserizia che di sotto appiccata
tenea gli fii tal nome imposto ,.
r ugnar e. Cfr. il lomb. rohà.
riirto sarà per *ruvieo (cfr. rancico rancido).
saldare fortificarsi I 25, assoldare II 244.
saléggiora, Pist. : -la; e cfr. salegiata insalata n 274.
salve eccetto, salvo, n 380.
sanguinente sanguinario, crudele, 1294.
sano morale, onesto, cod. v. 84.
sbaractare sbaragliare I 333. Voc.
sbarare -rr* sbaragliare, sottomettere. III 10, 50, «òorw
distruzione IH 10.
sbrainare sbranare n 327. Preziosa forma, che parmi
spieghi Ve del vers. sbertia -nare Pieri, vers. g 1-2, 18.
scafa scrittoio? n 2S7 (bis). Ili 11 {bis).
Appunti suirantico e moderno lucchese 467
scalamare. V'entra lama; e cfr. calana.
scalèo gradino n 157, III 116.
scappucciare. Lomb. skap- e skarpuèà.
scaravoltolare, Cfr. sharia sidro- skrivóltolta ne' dialetti
veneti (Cavass., ecc.).
scavigliare -e e hi a re. Ricorda il frane, écheveau matassa,
Io * scavigliare' essendo come trovare il ^bandolo della matassa'.
Ci sarà dunque * capo ', come c'è a veder mio nella voce fran-
cese, ch'è il deverbale di un *écheveler.
s cip re. Si può pensare a uno *scèpra da *scipera -ora (cfr.
scedra e scidera^ e v. Pieri § 132-3, vers.), che avesse poi as-
sunto l'-tf di scOpe.
scelta re (G.). Par essere * sciupare * + • gettare '. 0 pen-
seremo a EX-CEPTARE?
schiaitare. V. Pieri, Top. 227 n, il cui etimo non mi
convince. Io penso a ' schia[mazzare ' -f- ' sbraitare '.
schicciare (G.). Anche a Massa e a Castel vecchio, e va
coU'alto-it. skiSd ecc., grìg. shvidar. Vedi XII 430.
schiezza st' (v. Pieri, vers. 162). Per il dittongo, v. Zst.
XXII 476.
schirolo (N., p. XXX) scojattolo. Nigra XIV 296; e cfr.
Ta. orv. scoiale pelli di scoj-, in Boll. d. dep. di St. p. per
l'Umbria IV 44.
sciagnato andrà con sciainato {jn in ^ come in mugnajo),
di cui V. Pieri XV 218. 0 si può pensare a sciaagnato = sria-
cognato.
sciomignare par mi assai ben dichiarato dal Pieri nei
suoi Appunti etim. (St. rom. d. soc. fil. romana I), e da *8cia'
minare in quanto abbia detto ' abbaruffare ', ' confondere ', pro-
verrà sciamino erba cattiva (Pascoli, Canti di Castelv., 209).
(*irca al senso, si può del resto invocare rombare = revisitare;
e circa al gn, son da confrontare sbucignare sbucinare, schizzi-
gnoso schizzinoso, e più altri.
sciàmmia = *scidmika? Cfr. èdmak in qualche parte delle
Alpi lombarde (Ro. XXIX 550 n).
468 Salvioni,
8ciancare = sé-? Gfr. allora il lomb. séankd.
sciarbato (cfr. sciarbelUme scerp-). Sarà ^soerpato^ scer-
pellinoi dove per il 6 è da veder qui sopra a p. 322, intenden-
dosi che nella voce locchese convengano sgarb- e scerpa.
sciolgere -glie' scegliere I 224, 382, U 150, 189, 282;
V. ' trasciolgere '.
scioncare = 90-? Cfr. allora il lomb. séankà.
scalca scolta, guardia, 1 372, U 47, HI 400 (òw). Anche pis.,
XII 159, e sardo. V. Guamerìo, XIU 119, St di fil. rom. Vili
410 sgg., Bonazzi, Il Condaghe di S. Pietro di Silki 153 ^
sconiato ing. 107. Sarà un participio accorciato per *mo*
gncUato (cfr. accugnatato Pieri § 59) ' scommiatato ', scacciato,
spretato.
scorzare scorticare n 50.
scosso scusso, privo, I 118, 196 ^
screpante. Par essere * sacripante '.
scritire: le capezzate che scrUiano ' gli scopaccioni che pio-
vevano, che sonavano '9 n 164.
scuòla spola. Cfr. montai, scida^ e scuòla nel Voc. Sarebbe
questo un vero caso di sp- in sk-? V. Parodi, Mise. Rossi-Td»
H50, dove si ragiona di scoglia^spoglia \
scuro tremendo, orribile, spaventoso, n 178, scurità orrore
II 386, m 237. Voc.
sdiangurare (G.). Sarà per sg^^ q. 'sghiandolare*; ev.
s. 'ghióngolo'.
seccala seccaggine; noja, n 264. Nel Voc: seceaia sec-
cagione.
sega (v. Bongi bdl. 411, Rezasco s. v.): I 129, 183, ^g^
I 129.
segare (tì.). Cfr. il frane, scier.
* V. anche il Porcellini s. * excultator \
' Ne è qualche es. anche «el Voc. E certo vi si connette tcusto,
' Non supt^rfluo ricordare, a proposito dì ncogliaf che nel herg. c*è tpttjq
Hcaglia.
Appunti suirantico e moderno lucchese 469
sei: ni in asso se' tiè in sei II 393; cfr. l' it. o asso o sei
o tutto o nulla.
sentitola &tto direttam. su sé/nita (Petr.).
sentimento notizia, sentore, saputa, I 301, 245, III 6, 10,
11, 12, comunicazione IH 139, 150, capacità, esperienza III 138,
298, anima, ragione, cod. v. 294. Voc.
sentire apprendere III 7, sentenziare II 392.
sgargiare -giante. V. qui sopra a p. 322 n.
sgrùzzola. Rammenta il tic. ègntggola scoscendimento,
frana. E Uzze il g^^ potrebbero combinarsi nel supposto di un'ori-
gine germanica.
singozzo è pure d'altre parti di Toscana. Alle forme di
questa base raccolte dal Flechia, U 377-8, s'aggiungano il mant.
sandóc (Krit. Jahresb. V, p. 1*, 136), e il bellinz. sangui. Qui
e nel mil. sajtUter, Y a è metafonetico, in Lombardia dicendosi
infatti più volentieri ' avere i singhiozzi ' che non ^ avere il sin-
ghiozzo'. Quanto al j della voce milanese, esso è dovuto alla
intrusione di *saji saltare; e il singhiozzo è in realtà un ' sus-
sulto '.
sinicare . V. * assinicare '.
sinicia 'ce. Anche il Petr. ammette la accentuazione sénice
E sarà cosa diversa sònici gangole.
sm- ismemorare perdere il senno n 134, -a^o dissennato
n 119, 125, 147, 182, III 116, 65, ecc., smemorala memoria
q. * dissennata intelligenza' II 413, smemoraggine scimunitaggine
n 338. Voc; e v. ^memoria'.
smatriato. V. ancora Parodi, Mise. Rossi-Teiss, 351.
smèfero, A Venezia: j(m(i/aro trufifatore, mariuolo, ladro.
Hoccielare -ce- celare, sottrarre beni al fisco III 298, 325,
n. 262; cfr. subcelare Wólfflin's Arch. Ili 505.
socto: s- trattare allo scopo di tr- I 355, s- nome a n- III
361, 369, s- brevità brevemente, in breve, I 234, III 80, 145,
socto modo de,,, come se... I 176.
s(^durre -re promuovere II 161, indurre III 321.
sodussione sedizione III 87.
470 Salvioni,
saldarsi riconciliarsi III 147.
solenne importante I 253.
so Ut a. Parrebbe da 'suolo'; cfr. il mesolc. setr 'saolo'
area di cascina diroccata, cascina diroccata. Per il suffisso, v. s.
' taulìto '.
sollacieri -o dato ai sollazzi n 89, 181.
somosione sconvolgimento III 107, decisione III 11.
somuovere muovere II 423, indurre III 11.
sonar le banche? Ili 160.
soppidiano supidano * scrigno che si teneva per lo più
a pie del letto' n 176, 243 (cfr. soppidiano soppedaneo St. di
fil. rom. Vn 232 n). Feminile, ha significato osceno in sopì-
diana n 177 {bis). — Vi si connette soppiano (Q.), Pascoli, StU*.
sopradire soggiungere, replicare, I 19.
sornacchiare russare n 298 {bis). Voc.
sospicciare sospettare I 19 (fri>).
SOS sii e Ilo bubbone I 206. 261, II 64. Cfr. sodiUUo nell'a,
pisano (Pieri, pag. 159). Nel lucchese deve trattarsi o di una
assimilazione del d al «-, o di una dissimilaz. tra le due esplo-
sive dentali.
soricia -ce (Meyer-LUbke, Zst. VIII 216, Pieri, St di fil
rom. IX 726). A sDbIce s' oppon l' accento, a sì^blIcbs o a
sublTcae contrastan V accento e il r (vorremmo ^s^bbiet). Ne
si può invocare il lorob. sobiga^ Zst. XXIII 529, cui sta a
fianco di là dall' Alpi s6b§a (v. qui sopra a pp. 7-8), e il cui
accento ha una ragione locale. Meglio penseremo a un *$^tirf
= sObTce, venuto a incontrarsi con suBLlcir, e con •Iciv f^n
sostituito da -iciu. A questo sarebbe dovuto Vi.
spacciare licenziare III 132. Voc.
spante. Certo per influsso di 'grande', ch'è uno degli ag-
gettivi con cui il Petrocchi traduce ' spanto '.
sparatello. Si può solo spiegare muovendo da un normale
*spArao ^aro asparago.
spasimare ^ss- svenire, accasciarsi, strapazzarsi, 159, 125.
SjMisimo strapazzo 1 396. Cfr. il frane, pàmtr.
Appunti sairantico e moderno lacchese 471
spatio di confessione tempo a confessarsi II 189.
spazzo: per lo sp-, in sullo sp-^ rapidamente, in fretta,
III 70, n 286, 291, in quello sp- h per h, immediatamente, n 295.
specula, V. qui sopra a p. 326.
spegnare. E dunque una forma ben diffusa per la Toscana,
e certo la si spiegherà dalla intrusione di qualche sinonimo
(cfr. smorzare). Esempi analoghi sono il tose. Umdare scapitoz-
zare (cfr. tosare, potare, ecc.), il Città di Cast, penzdre spingere
(cfr. pignare qui indietro; il lucch. pintare), il march, fugghiare
(St. di fi), rom. VII 198, Il Pianto d. Marie, lUustr. § 40), il
borm. foar fuggire, il boi. zmar gemere (cfr. lamintar, ecc.),
il lomb. roda rodere (cfr. reèifìd id., ecc.) , il santang. (Lodi)
rumpà rompere, il mil. destrugà distruggere XII 400 n, il ven.
frurar '^fruere ib., il ferrar, cujdr (Àzzì) ali. a cójar cogliere (cfr.
ciappar, catar), il ven. radar radere (cfr. rasar), il borm. degondàr
ali. al berg. degond declinare (oefDndebe), il brianz. regondó e
regónd raccogliere, ammonticchiare (recondere), i nap. atterrare
torrefare TORRERte (cfr. tostare^ ecc.), tossare, che però sarà tratto
direttamente da ' tosse '.
spelagare. Farmi non dubbia la connessione con ' pelago '
(cfr. impelagarsi).
sperare avere in prospettiva III 221, temere n 405, III 250.
sperverso. Cfr. spalvèrz Mise. Rossi-Teiss 412.
spesarla spesa III 339. Voc.
spetto sosp- III 143; se non è uno sbaglio.
spicciato steccato, riparo, I 2b{bis), bdl. 77.
spigorare spillare n 281, 291, III 72. V. Pieri num. 118.
sposare sbarcare, approdare, discendere, prender alloggio,
ristare, fermarsi, accamparsi, deporre, I 95, 103, 249, 252, 254,
298, II 4, 53, 303, 354, 363, ecc. Cfr. lo sp. posada albergo.
sprillente (ali. a squillai v. qui sopra a p. 318 n). Cfr.
sprillo squillo. È forse un esempio di sk- in sp- da opporsi a
sp- in sk' (v. qui sopra s. * scuola ')? Circa al r, cfr. il garf. sprilla
spilla.
spunta; cfr. il montai, spònta. E il pretto latinismo sponte.
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Appunti suirantico e moderno lucchese 473
sirissare 'strizzare' strìngere iiig. 124.
sfrombolo, V. qui sopra a p. 327 s. 'stombolon '. Nell'In-
ventarìo che accompagna come 1^ doc. il lavoro di GKov. Sforza
su le gabelle e le pubbliche imposte a Massa di Lunigiana nella
prima metà del sec. XIV (in Giom. st. e lett. di Liguria, II) si
legge stomboli quinquaginlaf e viene in seguito a duo fanalia ferri.
stroppiare impedire I 167, II 348.
stroppio impedimento III 147. Yoc.
sturma = turma + stormo.
suggellare bollare bdl. 74, 81, suggello bollo ib. 81.
suono apparenza III 112, dar s- far mostra, fingere, far
credere, n 250, 343, III 17, 171, 172.
superbo empio, spietato, n 146, -bia ira, rabbia, dispetto,
n 146.
suscitare ris- cod. v. 347, 349. V. qui sopra a p. 328.
svòlgere. Da giudicare come sciogliere^ scolgere,
taccha tacco III 33.
taffaria, Gfr. thefania in Mazzi, La Casa di Bart. 110,
mil. rust. stefinta, monf. sfatila,
taglare mozzare, abbassare, abbattere, I 188,394, II 215.
Voc.
Ialina n 262 n. Che significa?
tascha borsa degli squittini donde si traevano a sorte gli
ufficiali pubblici I 100, 187, 259, 318 ; Rezasco, o. e.
taulito palco, impalcato, tavolato II 60, III 146, n 279 (bis),
Voc. ' tavolito ', e per -fto, cfr. anche pianclto, impiantito.
tavèlla = TABELLA, q. * la tavola del lavoro'.
tuttavia ci corre Tobbligo di rendercene conto. Ora io penso che nel -zi sia
da ravvisare rincontro di 'zi e 'M, che come vedemmo vanno fra i possi-
bili esiti del dotto -tio. Saremmo dunque a nn caso da comparare agli
analoghi che si ricordan qui indietro a p. 401 s. ' élto *. Farmi con ciò non
necesMUÌo di invocare uno *8tremiiare («« *^eiare) * tremeggiare *, ecc.
474 Salvioni,
iegghiarsi sarà da tegghia, come conferma l'aret. tfcckio
(Pieri, Top. 167), e avendosi anche nell'Alta Italia la forma t^én
(Rendic. Ist. lomb. S. II, voi. XXXV, 964 n).
telar via. V. Zst XXHI 530-31.
telare telajo l 275. V. il Nierì.
temorfinte terrìbile cod. v. 389.
timpano mezzule, sporteUo della botte, n 44. Nel Voc.:</-.
tempia la parte del telajo per cui la tela à tenuta larga
e tirante bdl. 113. Cfr. tempiale nel Yoc, e v. Misceli. Ascoli 92.
tenitorio territ- I 23, 48, II 132. Voc. È evidente l'in-
contro di ' territorio ' con ' tenere ' ' tenimento '.
terreno territorio I 87, n 380, ecc. Voc.
terresto cortile I 178.
terrestra: catnera t- e- sotterranea n 299.
terzonaia arsenale o quartiere da esso denominato, I 157.
V. Diez. W. I s. ' arsenale '. Il Bongi. III 461, parla della ' ter
zonaia di Lucca (armerìa) », riferendosi appunto al nostro passo.
testore tessitore I 204, II 66, HI 252, 326, 404, bdl. 25, ecc.,
'Sirice bdl. 67, ecc. -stoio bdl. 113, 132, -stoiai III 252.
tighigna, tighizzarsi. C'entrerà un pò anche /ì|<jjfarf.
limitarsi -toso. Certo da un limito = timido.
lolle re pena infliggere punizione bdl. 98, ecc.
torchietto piccola ghirlanda? bdl. 53. Voc: ^cAio collana,
che par accennare a un ^torculc da torques.
torchio candela grande, torcia, n 73, 74, 76. È anche del
Voc., dell'a. perug., ecc. E il lomb. tóréa anch'esso corrisponde
a torchiai, non a torcia.
lorde Ilo ^ze- torsello, ruotolo, I 18, 19.
tornasi 'dicesi' 'tornasi a dire' 'si riprende a dire'
III 93, m 250. E V. il Bongi HI 472, s. ' tornare '.
traburcare scagliare, offendere con materie scagliate, I ^^\
247. Voc.
Ini e e ola è formazione onomatopeica. Lo strumento è in*
fatti chiamato trik-trak in qualche dialetto.
trarla incursione, inseguimento, assalto, li 269, 405, III
Appunti suirantico e moderno lucchese 475
135, di in di colpo, d' un fiato, I 333, 398, Il 35, 37, 42, 62,
ni 93, 365, ecc., di prima U di primo acchito m 284.
traciato mena, trama, congiura, m 42, 73, 139, 150.
tractoi a questo, a quel t- a questo, a quel proposito, II
12, 156.
iracto sparso II 279.
tràito -tóre I 156. V. XH 437, XIV 216 (e trayta tradi-
trice, ap. Rajna, Gontr. dell'Acqua e del Vino, XI n). Si tratta
sempre della voce provenzale-francese (cfr. traire, -io -tore nel
Voc). Quanto a traitoncello, Pieri XII 172, starà a tratto come
ghiottoncello a ghiotto, ecc.
tramarino tre-. Anche pisano {tre- Petr.); e aret. trese-
marino^ Città di Cast, tresm- e tresimama- (?).
tramezzare disgiungere, dividere, impedire, intercettare,
I 176, 177, 398, H 16, 27, 42, 45, 51, III 155, 364, 372, 464. Voc.
tramutare trasportare bdl. 42, vuotare I 294.
trappare trappolare n 252. Voc.
trasciolgere (cfr. ancora strcuno-), Gb. sciogliere scegliere
sciolta scelta nel Sercambi e nel cod., e soléggere nel mass,
rustico. Questa forma accenna a sub-lSgere, movendo dal quale
spiegheremo scioglierey come spieghiamo pòrgere, èrgere, ecc. Il 5-
forse per influsso di Segliere; ma cfr. del resto scilinguagnolo
suB-u-, come bene ha veduto l'Ascoli.
travetto contrabbando bdl. 34, 63, 64. Da traveitare.
trinciuòlo. Anche a Montignoso. Starà a trinciare come
tagliere * a tagliare.
' Il Meyer-Liibke non é propenso a ammettere derivati in -abiu da basi
verbali. Eppur mi pare che Ta. mil. parlerà loggia da cui il magistrato
* parlava * al popolo, il chiav. majéra la foglia del granturcale che si dà da
' mangiare * alle bestie* il ven. comier ciò con cui si condisce (coma)^ non
poBSOn ripetersi che da pariti^ majà, cornar \ e allora anche in ringhiera
(cfr. arengario^ n. del palazzo di città a Monza) vedremo un derivato da
' arringare *. Confesso poi che mi ripugna di mentire nel lomb. e piem. filerà
(ven. 'Itera) filatrice, la ' donna del filo ' piuttosto che la ' donna che fila *.
Archivio glottol. ital., XVI. 81
476 Salyioni,
troaea=^ *cr- con dissimilaiione di c-e?
troia n. d'uno strumento bellico m 110.
troppo molto II 139, 419, 416 {tra* nMffiar). Voc.
trovare scegliere, delegare, deputare, I 289, 396, 225,
n 9, 65.
tròzzolo -eco-, A tozzo tQcco s'ò qui disposata quella base
ch'è nello sp. trozOj a. fr. trou^ lomb. triUS rocchio. £ tizzo alla
sua volta risulta da tgeeo -^ pezzo.
uiolare sonar la viola cod. v. 93.
ultimo da u-, in definitiva, m 303. Voo.
valico parapetto II 45.
vangelostro n 186. Pare una formaaone echersosae oc*
casionale sul paternostro di cui pure è parola nel passo.
vastare durare I 192. Voc, dove son pure esempi ditH=:
bastare,
veghiare vigere, essere in vigore, I 262. Voc. s. 'vallare \
e son quindi ben legittimi i 'veglianti regolamenti' onde in
Misceli Rossi-Teiss, 419.
veglio vello II 416, e così nel Voc Ciò spiega vegimia,
vela bandiera I 107.
rena ni 406. Che significa?
venire avv- lU 3 ^; Voc. ; convenire cod. v. 135.
versieri verso, parte, I 347.
vicinale contado, villaggio, n 288, 289.
vicinare aver relazioni di vicinato I 367, II 270.
villata villaggio, villa, II 130, 131, m 58. Voc.
È qnefltionc che vorrebbe esser ampiamente trattata; ma se sadie s'i
metta TinTalere qua e là di qualche analogia, è certo che sempre
ranno degli esempi dipendenti indnbbiamente dal verbo. Ofr., iotaiito, aaehe
il pav. kUiéra cncitrìce.
^ Nel cod., ▼. 367, è pure im venne che anche si può interpretare per
' avvenne ': bbU mi venne eoHenere * [se] mi aooadde di patir setet «.
Appunti Buirantico e moderno iuccbese. — Etimologie 477
viatrice royistico e f>égtrice vetrìce. Le due voci appajono
aver esercitato il loro influsso Tuna sull'altra: vétrice ha dato
il proprio r alla terza sillaba di ravUtico e n' ha forse determi-
Data la caduta della sillaba iniziale; e rovistico ha dato a ve'
sirice il s.
vitdbbia. Di -adita = albula, c£r. anche r^jraiòio qui sopra
8. * gòbbulo '.
vitagione (Q.). Sarà da vetabe vietare.
viziiato dotato, provveduto, stipendiato, III 311.
vizox era di r- pareva I 267. Voc. esser viso.
cremon. scutumàja soprannome.
Compare come scottomaia {lo eapitanio Baptista Matto per scoi"
tomaia dieta cossi) nella Cronaca cremonese dal 1494 al 1525
pubblicata dal dott. F. Robolotti a pp. 189 sgg. del I voi. della
Bibliotheca historica italica (v. pag. 255), e ritorna qual masco-
lino a Mantova (scolmai) e nelle Giudicarle [ìèkudmàì). Qui s'ha
anche ìkut\)m^ e forme analoghe occorrono a Poschiavo [scotitm)
e a Brescia {-tom). U Gartner (Die jud. mundart), a giudicare almeno
dai paragrafi ai quali rimanda dal lessico, pensa ad ' ascoltare '. Ma
non vedo come si giustifichi la scomparsa del / attraverso tante
varietà dialettali. Un etimo invece che può convenire dappertutto
sarebbe * costume ' venuto a tal valore dal modo * per costume '
= Mi solito'; e infatti l'esempio cremonese piìi sopra allegato
ai potrebbe in fondo tradurre ' per costume, secondo Tuso co-
mune'. Della metatesi del s non mancano gli esempi, e v. Ro-
mania XXXI 289, aggiungendo il vie. e trev. scopetón allato a
cosp- cospetto (esclaroaz.), il veron. smagaisso =^ ven. mascalisso,
mil. mascarizZy maschereccio.
Divergono da scutumàja ecc. le forme scolmagna (Treviglio,
Qerradadda), scor- (Crema), scolmègna (Bergamo). Mentre là il
478 Salvioni, Etimologìe
derivato è in -alia (cfr. il yen. nommà^a soprannome) \ qui è
per -Inea o -akea ' ; e quanto al l (r) esso proviene dalla den-
tale degli incomodi tm dm (cfr. mil. nist. sehnatia ^ ^sHm-
settimana, valses. alménga =^ adm- domenica; e analogamente,
trent. alvent art- adventus, berg. scSrli = seddli scodellino, mil.
alsadèss ^ ad's'adèss * adess'adesso ').
lomb. rierdt pipistrello.
L'ho udito a Porlezza sul lago di Lugano. — La seconda
parte è rat topo, e sarà un vocativo, la prima parte rappresen-
tando rimperativo di ridere. Siamo quindi a un composto * rìdi-
topo ' ', da paragonarsi, per l'idea, al grignàpola ecc. de' vidnì
territori; v. Forsyth Major, Zst. XVII 155-6*.
' Piar, neutro, da -alb; il maac. -àj sarà quindi seriore.
* Non crederei che si tratti di m-j in m-^, evoluzione di cai son alami
esempi nel friulano : mugnard e -jard caìugginoso, coperto della prima pe-
luria {pel mujard peluria, fen mujard fieno di tersa sfialciatura), che pr^
suppone un *mùje derivato direttamente dal frane, mue (ora il frinì, ha tmmde).
mugnesti domestico, cioè *mujesti *mijesti, miesti (cfr. rauede =i *roued€ ^rutdt ,
con j, cioè, disciolto in t;, magnassina ali. a majuzzins burattini, dove rico*
nosceremo il plur. *magazz o ^tnagtizz da *magàt -ut (cfr. lomb. magat*ì
barattino, magli t garzone di muratore); ai quali i nnll. aggìungoa for»^
Magnanins Mignezze ali. a Majanins Mijezze.»
' Per la fonetica e hi morfologia, veramente *'ri[d]a-topo*; v. Studi di
fil. rem. VII 234 n.
* Io riterrei ohe anche nei nomi come gregnapàpola, allegati dal Fonjth
Major, 'popola sia un vocativo (cfr. papparottu ecc., 1. e, IM, e Krit. Jah-
resb. IV. i 180\ e che le forme come grignàpola ecc. ne sian sorte per
dissimilazione sillabica; e il nome zoologico sarà poi passato a dire * eh.
ride, Hghignazza in malo modo *.
C. Salvioki.
IL VOCAUSMO DEL DIALETTO D'ADERNÒ;
DI
SALYATOBB SANTANOBLO.
AVVERTENZA PRELIMINARE.
D dialetto d'Ademò (Catania) fa parte, secondo il De Gregorio, Saggio
di fon. sic, p. 8, del grappo ch'egli chiama caltaniseettese, il qaale
comprenderebbe inoltre Caltanissetta, S. Cataldo, Santa Caterina, Ganci,
Gastrogiovanni, Barrafranca, e, di fronte al siciliano comune, sembra,
pel vocalismo, * costituire come una varietà .. Ademò, città situata
alle falde dell'Etna, dal lato SW, e ad un'altezza sul livello del mare
di m. 561, ha, secondo il censimento del 1901, una popolazione di
25859 abitanti. Il suo dialetto ò, come risulta dal saggio che segue,
molto notevole per lo speciale trattamento delle vocali; mentre nel
consonantismo non si ha quasi nulla che si allontani dal tipo generale
dell'isola. Ma anche per le vocali, noi studiamo di preferenza quello
ch'è caratteristico e non quello ch'ò comune.
yOGAU TONICHE *.
A. 1. Intatto: strata, mijatu beato, aju, eava44u, aèèa sedano,
eanòu cambio, quannu^ ecc. ; fauH, caudu. D riflesso popolare di
* Per la trascrizione, noto che i dittonghi <f, ùg sono discendenti, e Vf
• r^ sono pronunziati streitÌ88Ìmi. Il y risponde, ma è più palatale, al suono
480 Santangelo,
-ABiu è -aru: picuraru, mumifiaru bugiardo, a44i^^^^ gallinaio;
ma -àriju in parole dotte o importate, manccUóriju mangione,
strafalldriju stravagante, dallo spagnuolo, lundriju. Frequente
'i^ri: vucéi^ri macellaio, cìisturi§ri sarto, ddumanni^ri mendico,
e, in parole dotte, -i^riju, virsiqriju diavolo.
E breve. 2. In i§: pifia pietra, pifdi, mi^dicu, éiflu, fifnu,
pifna, anif44^i pri^sa fretta, tifmpu, argi^ntu, I monosillabi non
dittongano : è, te tieni, se tu sei. Forme dotte sono : eccu, bellu
accanto al popolare bi^ddu; piééireddu, ^^ummed^u, murtedda,
nuced4a si risentono di -illu; sarvu serbo è rifatto sull'infinito
sarvari (cfr. n. 15).
o breve. 3, In uq: fà^cu, jugcu, (fduQcu costì, rrugsa, dduQppu
dopo, ugScUj spuggga, rugssu, mugrti, cugrda, vugi; 6 riflettono
pure nugra, jugrnu ; inoltre jimtgliSu, finugSè'u, pidugSSu^ invece di
'óccu ; pò.
E lungo, r breve. 4. In ^: seta, aéetu, alwetu, freea, cunz€§§Uj
mpresa, vézziju, creU, curreha correggia, nevi, cannela, Senu, pud-
4icenu, rannezza, freddu, venni; rre, te. In parole dotte o im-
portate — che di solito nel siciliano comune hanno e — qui
trovasi {f: mi^ta, prufi^ta, pujifta, cuji^tu, ari^di, qtiari^sima,
quaii^la cautela, sinèi^ru, vi^ru^ li^na, siri^nu, lijifnu, mi^nu, tir-
ri^nUf vili^nu, astri§mUj ni^ttu, mi^ttUy ti^ttu, éi^rcUj fi§nnu, ti^nta,
mi^nta, mi^nti (ma in rri§sca lisca e' entra sestis)* Di qualcuna
di queste parole si può constatare Torigine non popolare per
altra via, p. es., di ari^di e astri^u per l' iniziale a- da e-
del gghi che sarebbe nel toscano agghio per agliOy e il ^ n*è la sorda. Oltre al
solito dd^ abbiamo la cerebrale sorda t (da TR); alla quale risponde la continua
stVy che io scrìverò così etimologicamente, ma che è un suono unico. Scriverò
poi, secondo Fuso dell* 'Archivio *, è il suono intermedio fra ^ e i, ch*è insomma
il e fiorentino tra vocali, e avremmo anche un suono « intermedio fra p e «,
per es., ìnpcLsta^ e sempre dinanzi a dentale. Infine il r iniziale originario e il
doppio r si pronunziano come una doppia vibrante prepalatale : uso in en-
trambi i casi rr] il r ò sempre ima continna bilabiale; il h una spirante
sonora molto profonda.
II vocalismo del dialetto d*Ademò 481
(cfr. n. 13). Ed {^ hanno anche le desinenze dell' imperfetto
indicativo '^fva, -t^, -ifra, ecc., dUifva, diéifvi^ ecc. ^ Son
forme importate, non perchè, come dice lo Schneegans, ' Laate
u. Lautentw, d. Sizil. Dial. ' p. 37, l' imperfetto sia in sici-
liano un tempo * in so e per eè » non popolare, ma perchè
d'orìgine non pillare appare questa sola forma d' imperfetto :
l'altra forma, in -/a, è popolare (cfr. n. 9, e anche n. 17).
0 lungo, u breve. 5. In <{: croéi^ voti, ^^amni, amori, carboni^
ra^^ani, datiti, sofiu io sono, rrossu^ fosti, sorgi topo, Somrnu, no,
mo (abbrev. dì moskt = mostra), fo fd, fiumó. Ma in parole
dotte — che di solito nel siciliano comune hanno o — qui tro-
vasi ÌQ\ niMQ§§i, Rruqma, Rrahuqna, affizzijuQm^ ianta»ziju^,
u^rdinif fm^rma (astratta) accanto al popolare forma cavo o
forma da scarpe e simili. Le parole con suffisso '^ngni s'appa-
lesan dotte anche per il consonantismo r affizzijuqni dovrebbe
essere affizzuQtii, cumunijti^i dovrebbe essere cumuflugni; cosi
è popolare scaconi di fronte al dotto accasiju^ni, cfr. De Gre-
gorio, op. cit., pp. 96, 105, 111.
1 lungo. 6. In ^: zeu zio, veli, screviri, miskenu, vefia, fe§§u^
cuneggu, eunzeggu^ vestu^ p^jx^, amecu, decu, se sì, accussé,
r lungo. 7. In 6: palici pulce^ moZti, Iona, socu sugo, nodu\
to, virtó.
AU. 8. In ti^: uQdiri godere, cuQsa, uqru\ au si ha in parole
dotte : tauru, a44auru, sauru sorta di pesce ; e nel dittongo se-
condario da AL -{- consonante: atUu, vauzu balza.
Vocali in iato. 9. Trattamento speciale hanno le toniche in
iato, giacché paiono risentire l'azione della finale: É, i in i,
dato -a: mia me, tia, via, zia, sarria e la forma popolare in -(a
dell'imperfetto e condizionale (inoltre lunidia, lièia^ piscaria^ ecc.);
in é, dato -ti: Deu, jeu, rreu, meu; in -i^, dato -$: sifi sei,
pazzia, mifi. E, parallelamente, ($, ti in u, dato -a: tua, sua;
' CoU'aDalogi» di -ifmi da % liggifnu lesMio, n spiega la dennenn di
perf. 1* piar, 'ipmm, k^^ifmu leggemmo.
482 Santangelo,
caduta è forse la finale -u in to, so; ma incerta è la nonna,
quando la finale sia -t; inferendo dalla evoluzion parallela di
di E, I, si può ammettere che l'esito normale sia il dittongo uq
di tÙQÌ, sugi, apuqi poi, vuqì buoi, vuqi vuoi, aruQX gru, per
quanto abbian esito diverso cùi chi, dcif voi^.
10. La discordanza tra questi riflessi e i siciliani si dichiara
da un distacco secondario, relativamente tardo, della varietà di
Adornò dal resto di Sicilia, come attestano i riflessi di i, r =
sic. com. /^ li, adomese é^ 6. E così dall' iy 6 del sic. comune
l'adomese passò al dittongo; e perciò anche nei vocaboli dotti,
che nel siciliano comune avevano «, o (invece di i, ii), l'adomese
giunse al dittongamento. come per gli altri e. o aonnaU da é. 5.
Nell'iato, invece, e specialmente nell'iato con -a, l'adomeae ri-
mane alle condizioni del siciliano comune.
VOCAU ATONE.
11. Le finali -a, -t, -u si conservano: fe§ga figlia, Votini ro-
tondi, strettu ; -e si fa -i : noH ; -o si fa -u : uqmu. Desinenze ver*
bali: 'As in -t : manéi; -ivi in -aju : manéaju; -avit in -du: man&ni
(-NT in -nu : manéunu). I quali esiti non sono punto specifici.
12. La penultima de' proparossitoni risente l'influsso della
finale, e in qualche caso anche della labiale precedente. Cost
jto- diviene ^u- se la finale è -u: muQnucu, eantùlu, peggulu,
manóùnu, uQrfùnu, e, dato un v precedente, si fa ^ti- : sarrulu ;
diviene m- se la finale è -a o -ì: myQnica, vqnra, cantila, peg-
§ila; -te-, m- si convertono in ^tu-, se precedono b^ v, qu: diflh-
buli, ìYovulu rovere, protuli, acuta ; data la precedenza di altre
* Nel siciliano comune il trattamento delle vocali in iato é questo: A, i
dinanzi ad -a, -m riescono ad •', mia, via, miu, ziu; dinanii ad ••*, riescono
a é (•/): sei {miei); ó, i$ dinaniri ad -a danno m: tua; cade la finale -m: m
suo. Le anomalie sono le stesse che nell*adomese : ci», dm, rni.
n vocalismo del dialetto d'Adernò 488
consonanti si ha Jtt- ove la finale sia -ì od -a : èenniri, UQrdini,
femmina ; in ^ti-, se la finale è -u : m^Uulu^ passUru, eueommUrUf
lortumu ultimo; ^o<-, ^u- in xk-: ni^pula, pugpulu, vedua. Alle
stesse norme vanno soggette le vocali epentetiche che occupan
quella sede: ó^ima^ ammira, mànnira, alU^hUru allegro, màhUru
magro.
13. A- si conserva e con esso si confonde au- : aéetu^ abbeiu,
a§gata, arifsia, amaru ; aéi^44^% areSSa ; s'ha l'aferesi in bbatessa,
44ot^^ poppare, spdrUóu, Uji^nu, rrena. Cadono normalmente
E-, I- : scanéarif mprijacu, motu imbuto. In parole dotte o impor-
tate, E- si converte in a- : ati^mu, acclessi, ctstraUu, ahucdi, avuQ-
ryi4, ari^dif arrari. In n-, To- e Tu-: uUanta, ulSSata, ug§08u
oleoso, uvi^a ovainolo, urfani^44'^% uhataj ecc. Ma o- in a* in
parole quasi sempre dotte o importate, o, talvolta, per analogia
colle parole in a- da ad*: aUurari^ aéeau^ aceasijti^i, accorri,
adori, a§ga9tru oleastro, affiptni^ aleva^ anari, anifski^ afUuUmu;
caduto in bbudijiftUi, scaru^ scaloni, spUali, rraluQ^^u.
14. A protonico intatto: bbatessa, ItUtoca, curag^osu, paesi^
maestru; e, i si riflettono per i: kiiarra, viéenu, visazza, pHosu,
virila, dinari, ecc.; infine O; u danno u: ctUie(f4t*^ ecc.; e s'ha u
anche da au: pusari. Ma au secondario dà a: safari, o, prece-
duto da K, o, qua, gua: quazari calzare, quadijari riscaldare,
guaderi godere.
16. Per assimilazione alla vocale dell' attigua sillaba e si
converte in a : Salaratu, carzarcUu, massaria, e anche più lette-
rari calannariju, uparaju, tantazzijuqni, frahata fregata ^. La nota
dissimilazione di o... o, in canoiu\ e qui ricordiamo pure il dotto
calumia accanto a culumia. In qualche caso u da e per influenza
labiale: luvari, vusséca vescica; assimilazione in muntuari men-
tovare; certo per incrociamento punzie44^ pennello.
16. Per i fenomeni di iato e' è da aggiungere qualcosa. Le
iniziali e-, i- si rappresenterebbero meglio con ji, je; il palatiz*
^ Nella maggior parte degli esempi, 8* aggiunge alla spinta assimilatÌTa,
la presensa di un r successivo al IV.
484 Santangelo,
zamento dell' e- è sempre sensibile: je44^ egli, jesa alza; piò
sensibile per entrambe le vocali è quando preceda una di quelle
particelle che raddoppiano la consonante iniziale della parola
seguente : a ggiri 44^ = ad ibe illag, na fie (non je) non è. Nella
3* sing. ind. pres. del verbo ' essere ' questa maggiore palatiz-
zazione dell' e-, favorita forse dall'analogia della forma corri-
spondente di * avere', ha prodotto un allargamento smoderato :
oggi i contadini dicono cuja? chi è? Tra due vocali di cui la
prima sia i atono, s'immette pure uno^': mijate44^ beato lui,
lumijoni limone, ladiju brutto da laidu.
17. Notevoli le vicende delle proclitiche. Le iniziali cadono:
sta, 8tu, sH questa, -o, -i, 44% ^^i 44i quella, *o, -i, ssa^ ssu,
$3i cotesta, -o, -i, nta (da intus -f- nrrBA) in, », na un, una,
l articolo. Noto pure la caduta dell' -t finale, a fattu, ecc. ; la
riduzione di -ia ad -a: ma mia (e ta, sa), ca quia, anche re-
lativo, ava per avia, nell'ausiliare; salaratu sia lodato, sa fatta
sia fatta, espressioni dotte; la riduzione d' -4u ad -o: zu zio,
dr. za zia; infine 1' estendersi dell' -a, i ma fe§§i i miei figli,
mnari sei denari (moneta di due centesimi), 9a suoi; dan don,
nan non ^.
ACCENTO.
18. Le vocali toniche risentono profondamente l'azione del-
l'accento della proposizione. I loro riflessi, che abbiamo indicato,
si mantengono costanti solo quando si trovino nella posizione
forte della proposizione; in posizione debole hanno un riflesso
* Abbreviaeioni più forti Bono nasé (' donna si *) e inum^: si adoperano ora
parlando a persona cui si dà del * voi * e indifferentemente a uomo o donna;
fiursé signor sì, fiurnój e così fiu col raddoppiamento della consonante della
parola seguente (perché da sbhiobe): Hu Ppif^u (si dice ai cocchieri); fia si
dice alle popolane ; vtMsìa Tostra signorìa; t se r« »» eli a* x>b, efr. De Gregorio,
op. cit., p. 98.
Il vocalismo del dialetto d*Ademò 485
differente e uguale generalmente a quello del siciliano comune.
Se adunque i casi di deviazione dalle toniche del siciliano oo*
mune sono, come s'è visto, secondar], bisognerà ora aggiungere
che questo distacco del nostro dialetto è avvenuto soltanto per
le vocali che hanno l'accento deUa proposizione. Ecco il quadro :
Base T. latina Sicil. comune Posiz. forte adom. Posiz. debole adom.
i é if e
6 Ó UQ 0
É, 1 { é i
<^, t) li 6 u
Esempj : banu mi^dicu, ma medicu bbùgnu, éelu e tti^rra ma
terra e cclelu, ane4du d'argtpitu^ argentu vévu, amicu di ctigri,
ceri d'i^ru\ u èeceu zzùgppu si hod^u stratoni l'asino zoppo si
gode la via, mentre in posizione forte s'avrebbe Hfccu e hù^i ;
amuri amóri kki nda faUu fóri/; si cunia e s'arriccinia bbillissimu
cóntm. Si capisce bene che, l'accento della proposizione dipen-
dendo in molti casi dall'espressione individuale, una stessa pro-
posizione può variare in quanto all'accento secondo l'atteggia-
mento dello spirito di chi la pronunzia. Così si avrebbe, p. es. :
curri ca vt^u e córri^ ca HfHu ; e anche nei versi si oscilla :
aju lu cari méu mpintu nta nSùgvu e aju lu cori miu mpintu nia
nBA^vu, a seconda che venga fortemente segnato dalla voce
l'accento sulla sesta, o che si corra dritto a quello sulla decima.
Nessuna eccezione c'è a questa norma, salvo che nei monosil-
labi e negli ossitoni in « e in O; e soltanto in quelli tra essi
che corrispondono a monosillabi e ossitoni in e e in o del sici-
liano comune. Ciò si capisce, giacché si tratta di suoni originai^
e immuni dall'alterazione secondaria dogli altri suoni; es. rre,
pò può, no, è, te, però, Humó, tale guarda, rre di spati e non rri,
tale sta cÙQsa. Come si vede, l'accento della proposizione, del
tutto trascurato nello studio dei dialetti siciliani, potrebbe for-
nire la soluzione di qualche problema. Intanto, per il mio dialetto,
esso ci permette di stabilire con la massima sicurezza che l'im-
486 Santaogelo,
portante fatto della dittongazione avviene soltanto quando k
parola occupi la posizione forte nella proposizione. Per questa
via, io credo, si potrebbe spiegare la dittongazione anche nel
rimanente di Sicilia^.
19. Anche nella posizione forte della proposizione le vocali
toniche oscillano fra due estremi indicati dal restringimento o
dall'allargamento del suono. Così si avrà:
a a
quasi i /f /f
quasi u ÙQ ùa
f e f
Q 0 0
È naturale che non si possa fissare una norma precisa per
queste oscillazioni, che dipendono più che altro dall'abitudine
In genere si può dire che l'allargamento è proprio delle classi
inferiori del popolo, delle quali è anche proprio alle volte Q
restringimento dei dittonghi nella posizione forte della proposi-
zione. Ma queste divisioni di classi sociali sono natnralmenttr
molto incerte. Quello che vale per tutti si è che rallargamenU»
dei dittonghi avviene nelle grida prolungate, e il restringimento
in quelle parole che hanno A l'accento della proposizione nu
un accento meno forte rispetto a quello di un'altra parola delU
stessa proposizione : così, p. es., à'ùru na He ma di fìrru mànni
è pronunziata in modo che in uru e firru cada l'accento della
proposizione, ma un accento rispettivamente meno forte che in '
e in maneu.
' Una indagine, per ora solo parziale, di vag dialetti siciliani m*indi».*
a ritenere molto probabile che anche negli altri dialetti siciliani* la dittct
gazione sia dovuta a fenomeni sintattici precisamente identici a quelli (i<-.
l'adomese. Del tatto speciosa mi pare la spiegazione tentatane dal.
Schneegans (p. 18 sgg.); il D® Gregorio, che non ricerca la canta, psr-
sospetti la yerità quando egli accenna (p. 28) a * circostanze sintattiche •
che non determina.
Il ▼ocalismo del dialetto d'Ademò. — Salyioni, Etimologie 487
Non ho voluto mettere a profitto dei testi in dialetto adomese,
quali se ne trovano in qualche raccolta di cose popolari ; e ciò
non solo per una legittima diffidenza verso testi editi da chi
ordinariamente non si cura di riprodurre scrupolosamente i suoni,
ma anche per ragioni particolari al dialetto nostro. Il popolo,
si sa, è naturalmente repugnante a mostrarsi tale qual'è, anche
nel linguaggio, che cerca sempre di elevare un pochino. Nel
caso nostro il nobilitamento si fa avvicinando il dialetto a quello
del siciliano comune. Ciò specialmente avviene per i canti pò*
polari; ed è notevolissima nel popolo nostro l'oscura coscienza
dell'inferiorità del proprio linguaggio sguaiato rispetto agli altri
della Sicilia: le bambine, per dire un esempio, giocando alle
comari, parlano il linguaggio comune della Sicilia.
bugliòlo^ bugno.
D rapporto che corre tra bugliòlo e bugno (canav. biifl tinozza,
bugliolo, valsoan. bufióiì alveare, Nigra, XIV 274, XV 103) già
è stato limpidamente affermato dal Meyer-LDbke (Litbl. XVI
240): bugno è astratto da bùgnolo^ e questo rappresenta un dis-
similato *bùgliolo ^
Manca al toscano *bugliOj come manca al veneto, al genovese,
al siciliano, al provenzale, i quali dialetti pur ofifrono bugiai,
rìsp. buggéu, bugliolo, bughiolu piccola tina per tenervi acqua,
boulhòu secchio. Ma la sua esistenza s' inferisce oltre che dal
diminutivo, dall'accrescitivo buglione, bariglione, accolto ne' vo-
cabolari, e dalla forte vitalità ch'esso ha ne' dialetti: parmig.
bùj mastello del ranno (Malaspina IV, Giunte), monf. buih id.
buih d'aiv (piem. boi d'avie) arnia ', vaiteli, biii (Monti, App.)
bigonciuolo, vasetto con manico, bugliolo, truogolo, e, col ge-
nere feminile, piem. boja mastello, sard. buia otre, borraccia,
Guamerìo, XIV 396. Col valore di 'truogolo' è poi assai
* Si può anche pensare a ^hugnQlo onde hiégno e quindi bugnolo, — Di
altri tentativi etimo) offici relativi a bugno, v. KOrtinf^ 1499, 1628.
' Vald. biU d'aveje amia* XI 380; dove però &m/ non è il nomial riflesso
(li *buglio. Forse *Wlo*i (cfr. b)la qui addietro).
488 Salyionì,
cornane nelle Alpi ; e siccome il ' truogolo ' è on albero
vate, e per lo più e od era un albero scavato pure il
piente in cui si raccoglie l'acqua d'una sorgente o fontana^ cosi
la voce *buglio viene a dire insieme * truogolo' e 'vasca della
fontana ' : sopras. beilg truogolo e vasca, engad. bilgl vaaca,
sanvitt. bùj truogolo e vasca, ossei, buj vasca, valsoan. hìilj
truogolo (Nigra, in 15) ; cfr. ancora l'arbed. bujii^ pozzo che
riceve l'acqua d'una cascata, ecc. Altrove, *bùglio ha, eeelnsiva-
mente o insieme a quello di ' vasca ', il valore di * fontanm ' :
engad. bugi, posch. e borm. bugl^ tic. e tìran. bùi sorgente,
scaturìgine, fontana (Monti, SuppL). Un antico esempio è alle-
gato dal Monti (ib. s. * bui ') di su gli statuti di Bormio: oq^^a
canduceretur ad buleum,
L' indagine etimologica ^ intomo alla voce comincia dal
Nigra (III 15), che pensa ad *alv£uculo, e a lui s'accosta il
Pallioppi col suo ^ALvucuLUS. Contro le quali basi il Meyer»
LUbke (1. e.) invoca il raro occorrere che fa il suffisso -cclo.
Con maggior successo, possiamo oggi invocare la ragion fone-
tica per cui data una base con -cl-, questa avrebbe dovuto
provocare un -^ o -é nelle forme lombardo-emiliane, e un tal
argomento ferisce a morte anche l'etimo (bucula) che il Meyer-
LUbke, se pure dubitativamente, propone. Sennonché lo staaso
Meyer-Liìbke addita come altro punto dì partenza possibile un
buliu, comechessia sorto, e qui siamo sulla via del vero. Sulla quale
s'era timidamente inoltrato il Pallioppi, che, insieme all'etimu
già ricordato, non escludeva che bugi potesse avere orìgine co-
mune con buoglf da lui giustamente connesso con bttixuul
Questa connessione fu risolutamente affermata dal Pult (Ltf
parler de Sent, gloss.) che per la voce engadinese postula sen*
z'altro ^BULLiuM da bullire *.
Come il Pult consideri dal lato formale questo ^snxirv
non ce lo dice. Ma credo che noi ridurremo la cosa ai giusti
* Tdocio del DOLioLUM del Tramater, e del bùjolo {^^bujol) del Tomi
' Per la voce sarda, il Guamerio pensa a *BULLa4 (da buixa). 8*^^i ha
ra>?iune, gioverà staccare bùia da ^bufflio.
Etimologie 489
termini, riconoscendo in *buglio una formazione deverbale, per
nulla diversa da quella per cui s' hanno il prov. btùlh bouillon,
bulle, l'engad. buogl, il sopras. builg^ il lomb. biij, il monf. bujh,
i gen. bó^^o e bU-, il ven. bógio, ecc., tutti col significato di
* bollore, bollitura, ribollimento, risentimento momentaneo, ira '.
Qui, come in *buglio^ la estrazione ha sempre luogo dal tema
del presente (bullio, ecc.; cfr. V it. sèggio, ecc.. Mise. Ascoli, 84,
e qui sopra a p. 464); e, come qui la tonica ora conserva V^ eti-
mologico, ora adotta Vii delle arizotoniche (cfr. lomb. el bUj
BuLLiT, ecc.), così aucho là, allato a *bugl%o, abbiamo "^bàglio
attestato dal piem. bqj e forse dall'arbed. bujóa (u = $).
Si son visti i vari significati della parola. Quale di questi è
il punto di partenza, quale il punto d'arrivo? L' idea del ' bol-
lire ' poteva esser suscitata tanto da uno sciame ' brulicante '
nell'arnia, quanto dal gorgogliare d'un'acqua sorgiva, e passare,
nel primo caso, dall' arnia ad altri recipienti, al truogolo, al
bacino della fontana, alla fontana, alla sorgente; nel secondo,
dalla sorgente, alla fontana, al bacino, al truogolo, ad altri re-
cipienti, all'amia.
È difficile per me il decidere. Dirò solo che una parola la-
dino-lombardo-piemontese sembra parlare per la seconda alter-
nativa. Questa parola, che io riconduco a una comune base '^ò^/fa,
suona b^la nel Piemonte e nel Ticino (a Bellinzona, per ragioni
speciali del dialetto, bòia ; cfr. bòi bollo, ecc. ^), bucla nella So-
praselva, e significa di qua dall'Alpi ' acqua stagnante ' * palude '
*' acquitrino ', di là * punto profondo del Ietto d'un fiume, dove
l'acqua fa dei mulinelli '. Se con questa voce si paragonano il
friul. bojùn acqua stagnante, il trent. bojàna acquitrino, e si
considera che là dove sorge l'acqua si forma di necessità una
pozza, onde le nozioni d'acqua stagnante e d'acqua sorgiva
posson confondersi, apparirà chiaro che bolla sia esso pure come
*buglio un deverbale da bollire, un deverbale però che non muove
dal tema del presente.
* Vedi Krit. Jahresb. I 123, dove posso ag^ ungere: poz powo, hgfa^
lomb. b^a * soffia ', sgfja * soffia \ bjgt = lomb. bj9t nndo, kóiUi •cOstat, tnost
mosto, sòsta sosta, ^óètra giostra, *«rt^.«/ryi ' mostra \ f^gk == lomb. é9k ubbriaco,
9fio/=Bmil. m^l mollica, fola gualchiera, gondola ghiandola.
490 Salvioni, Etimologie
ven. vati èia porca, ajuola.
Ha le sue rispondenze letterarie non solo in vaneggia -o, ma
anche in maneggia. Il Ferrari e il Tommaseo, nella loro dichia-
razione etimologica muovono da ^ vaneggia ', e pensan quindi a
' vano ' ; il p^imo anzi, quasi a giustificare il suo etimo, attri-
buisce alla voce il significato di '^ spatium inter duos sulcos
semine vacuum „. Ora in realtà, tanto è possibile che v-n s'as-
similino in m-n ^ quanto che m-n si dissimilino per v-n * o ft-n '.
Sennonché parmi che muovendo da ' maneggia ' si giustifichi
meglio la voce secondo il significato: poiché la *' maneggia ' sarà
come la terra ' maneggiata ' ' lavorata ' ' coltivata '. Occorre poi
appena soggiungere che oggidì lo stesso Schneller non mene-
rebbe più buona l'etimologia da lui proposta per la nostra voce
(Rom. vlksm. I 210).
friul. puinte feccia.
La ' feccia ' si ragguaglia pel significato a ^ deposito ' ; e la
voce friulana ci rappresenterà infatti un *pònita; vale a dire
un pdsiTA su cui ha direttamente influito il tema del presente.
Cfr. analogamente lomb. panda -td posare, appoggiare, cioè
*ponitare^.
* V. Meyer-Liibke, It. gr. § 281, Zst. f. rom. phil. XXII 467-8, Huonder,
Vok. V. Dissentis, pag. 9; e aggiungi: na,^. inandrappa =^ vand- gualdrappa,
abr. menacce vinaccia, Mingerne Vincenzo, mannine e v- cavallo d^un anno
(cfr. vanne quest'anno), mignacce e v- nerbo, frusta, nap. tnandesine = v-
Subak Zst. XXII 531-2, anfc. it. serinontese = serventeae. Casini 59, Tagliamento
■^Tilaventutìif canav. tnanta = piem. venta , Mussafìa Beitr. 100, treni
tnenàdola = vaiteli, re- vilucchio, mesolcin. melàna^ d'una specie dì nocciuole,
'avellana*, bagnor. tnancelo vang-; e per. &-n in m-n: berg. grémefi ali. a
'befl , abruzz. ma' e vasanecóle basilico, sard. monedda = bo- gonnella, gen.
mondiola bondajuola, inehSiha qui sopra a p. 362 (è anche del mod. pavano),
mir. manastra = parm., piac. banastra cestone.
' y. Meyer-Lùbke, o. e, § 284; Misceli, nuz. Rossi-Teiss 414; e aggiungi
arzévan ali. a -fnan valanga, a. mant. avoxina amoscina (Rendic. Ist. lomb.
§ II, voi. XXXV 967), piem. vnis ali. a mnis Zst. XXII 475.
' V. Huonder, 1. e. — Aggiungi : sopras. mazeina ali. a ba- Meyer-Liibke,
Misceli. Ascoli 415 sgg., lad. centr. bonegell molle, Alton, s. * morgell ' (cfr.
il bellun. moneselo\ vaiteli, bolégna sambuco, che già il Monti fa dipendere
da moìegna (cfr. com. molegna aggiunto dì corpi fracidì o che hanno mol-
lezza), trev. bonezipio municipio, berg. bignaga meliaca, Lork 208-9, trev.
bàsna molenda * màcina * mesocch. baan/ macinare, trev. buande mutande,
piac. beina mena, intrigo, sard. samunai pulire, cioè *8abunai * saponare ' ;
ni. B^a^na = Mevanìa.
^ Del resto, anche la voce friulana potrebbe considerarsi come un dever-
bale da *pontà (voci rizoton.: *pu{nte, ecc.).
C. Salvioni.
IL SARDO E IL CORSO
in nna nnova classificazione delle lingue romanze;
DI
P. E. GUABNEBIO.
I.
È noto che alla primitiva classificazione delle lingue romanze
(rameno, italiano, francese, provenzale, spagnuolo
e portoghese) fatta dal Diez secondo criterii politico-lette-
rarii, si portarono alcime modificazioni, di mano in mano che
l'indagine linguistica, sempre più estesa e penetrante, venne
meglio determinando i caratteri peculiari di questa o di quella
personalità idiomatica. Così, in seguito alla luminosa dimostra-
zione dell'Ascoli nel voi. I di questo Archivio, si diede, con una-
nime consenso un posto a sé al ladino o reto-romancio,
come piace agli Alemanni di nominarlo; e più tardi, i più si
accordarono ancora con l'Ascoli per fare del franco-proven-
zale un ramo speciale della famiglia romanza.
Questa classificazione fu accolta finora quasi universalmente dai
romanologi, fra i quali basti ricordare il GrOber nel suo Grundriss
I 419 e il Meyer-Liibke nella Gr. Kom. I § 4. Ma recentemente lo
stesso Meyer-Liibke neirEinfQhrung, p. 16, proponeva invece la*
seguente ripartizione: 1 Rumeno, 2 Reto-romancio, 3 Ita-
liano, 4 Provenzale, 5 Francese, 6 Spagnuolo, 7 Por-
toghese, 8 Sardo; nella quale, mentre conserva un posto al
ladino o reto-romancio. Io toglie al franco-provenzale,
Arohivio glottoL ita!., XVL 82
492 Guarnerìo,
che subordina al francese (ib. p. 22), allo stesso modo che
subordina il catalano al provenzale (ib. p. 21) e fa in-
vece un ramo a parte del sardo insieme col còrso (ib. p. 22).
Non è mia intenzione riagitare a fondo la discussione, ne in
generale intomo ai criterii della divisione delle lingue romanze,
ne in particolare intorno a quest'ultima classificazione, quando
lo stesso insigne autore (ib. p. 20) confessa che essa e condotta
secondo una applicazione abbastanza arbitraria del principio sto-
rico e che il suo quadro ^ tende esclusivamente ad uno scopo
pratico e manca di saldo fondamento scientifico „. Però, non
devo tacere che mentre la divisione dieziana si afteneva prin-
cipalmente al criterio dell'unità politico-letteraria, a cui era
giunta ciascuna entità idiomatica romanza, invece nelle succes-
sive determinazioni prevalsero altri criterii e specialmente quelli
linguistici. E in base a questi che l'Ascoli dimostrò l' indipen-
denza storica del ladino e più tardi del franco-provenzale;
ed è sempre sulla stessa base che il Meyer-Liìbke si fonda per
fare del sardo un gruppo a parte della grande famiglia neo-
latina.
Questo successivo confondersi di diversi principii di divi-
sione, quali sono i politico-letterarii e quelli linguistici, palesa
il lato debole di siffatte delimitazioni; e non mancò infatti chi
le battè in breccia e negò recisamente la possibilità di fare
una divisione scientifica delle lingue e dei dialetti, sostenendo
perfino che * i dialetti sono un parto del nostro pensiero, sono
una concezione arbitraria della nostra mente, perchè i caratteri
che dovrebbero determinarli, sono scelti da noi a capriccio
là dove si vorrà dar vita a questo fantasma „ .
E indubitato che codeste affermazioni cosi assolute di Paul
Meyer (Romania lY 294 sgg.) ferirebbero a morte qualsivoglia
classificazione non solo di lingue o dialetti, ma di qualunque
ordine di individui, e lo ha dimostrato da par suo l'Ascoli in
questo Archivio II 385 sgg. ; ma è indubitato del pari, che esse
al principio delle fortuite relazioni storico-politiche tendevano a
sostituire, nella delimitazione geografica dei dialetti, il principio
Il sardo e il còrso, ecc. 493
scientifico dell'evoluzione linguistica; onde gioverà che ci soffer-
miamo alquanto su di questa quistione.
Ancorché delle lingue e dei dialetti non si sia ancora data
una definizione, che soddisfi interamente alla scienza, puro è un
fatto che i più consentono nel considerare come " lingua « quel-
l'idioma che salì in maggior dignità sugli altri delle collettività
sociali affini, onde è preso come loro rappresentante nella let-
teratura e nelle relazioni con lo straniero ; ed è un fatto altresì
che i dialetti esistono, ed esistono in seno alle lingue, come le
sfumature nei colorì di un quadro. Essi non sono divisi netta-
mente fra loro da una muraglia; si sono svolti tutti da un
fondo comune e si passa insensibilmente dall'uno all'altro per
gradi; onde, come osserva giustamente il Paris (Lios parlerà de
Franco, in Revue des patois gallo-romans, 1888, p. 164). * se si
immagina una catena di contadini dal golfo di Marsiglia allo
stretto della Manica, ciascuno di essi intenderà perfettamente i
suoi vicini di destra e di sinistra ; intenderà meno, se si salta
uno o piti gradi; ma se porrete di fronte il primo e l'ultimo
(se essi non conoscono che il proprio dialetto), non si intende-
ranno affatto ,.
Questo fatto dimostra che i fenomeni di innovazione e di
conservazione d'ordine fonetico, morfologico o lessicale, che ca-
ratterizzano un dialetto, si riscontrano, in varia misura, simul-
taneamente, in regioni pili o meno estese di un medesimo
territorio ; il che vuol dire, in altre parole, che i tipi dialettali
affini sono parlati in regioni contigue le une alle altre (tranne
il caso, s'intende, delle isole linguistiche trapiantate lontane da
colonie) e presentano delle particolarità comuni, che attestano
la loro comunanza d'origine.
Ma v'ha di piii: oltre queste particolarità comuni, per le quali
ì dialetti non si possono separare fra loro d' un taglio netto e
preciso, occorre talvolta che qualche particolar esito fonetico o
morfologico, che pare esclusivo ad un dato dialetto e quindi
capace di determinarne il carattere peculiare, si continui invece«
come serpeggiando, anche al di là dei confini del dialetto stesso.
494 Gkiarnerio,
estendendosi in quelli vicini e addentrandosi anche in altri più
lontani. Così è, p. es., dell' a tonico latino che si muta in e.
Codesto esito è caratteristico dei così detti dialetti gallo-italici;
sicure traccio infatti se ne trovano nel ligure, è proprio di gran
parte dei dialetti piemontesi, s'incontra in alcune varietà lom-
barde e si esplica in tutta la sua attività nell'emiliano, donde,
valicando il giogo appenninico, si distende pel versante opposto
nei dialetti perugino ed aretino.
Oli è per queste difficoltà, che parvero insormontabili, che
da taluni si tenne per disperata l'opera della classificazione dei
dialetti e si arrivò perfino, come dicemmo, alla loro negazione,
rivolgendo il pensiero ad altro intento. Siccome scopo della
scienza è indagare e rappresentare la storia della parola, così —
si è detto — che cosa importa ai romanologi la determinazione
di questo o quell'individuo linguistico? A loro spetta di mettere
nella sua vera luce il risolversi successivo nel tempo e neUo
spazio della parola latina in quella romanza; opperò a loro
basta indicare sopra quale superficie di territorio ciascun esito
linguistico si sia attuato; basta cioè tracciare la geografia
dei fenomeni linguistici e non già la geografia dei
dialetti. Si avrebbe così una carta geografica esclusivamente
linguistica, nella quale ciascun fenomeno fonetico o morfologico
o lessicale sarebbe rappresentato da una linea, che si distende
a toccare tutti i paesi, ove il fenomeno si verifica, appunto come
si fa delle linee isotermiche e altrettali nella geografia fisica.
Ma questa rappresentazione grafica, pur riuscendo perspicua
nel porre sott'occhio la distribuzione topografica dei singoli fatti
linguistici, non potrebbe darci un'idea complessiva del come la
diversità dei fenomeni linguistici si raggruppi e prenda persona,
nei diversi territorii; perchè qualunque osservatore, per quanto
non avvezzo alle sottili indagini scientifiche della glottologia,
s'accorge di leggeri, con la semplice percezione dell'orecchio,
che altri sono i suoni che raccoglie, p. es., al di qua oppure al
di là della Magra; ben s'accorge che da un tipo dialettale è
passato ad un altro.
Il sardo e il còno, eco. 495
Questa osservazione di fatto mi induce a credere che anche
il glottologo non può prescindere dalla personalità, che ciascuna
lingua o dialetto ha assunta in una data estensione di terri-
torio, e a classificare codesti diversi tipi gioverà tener fede ai
principii, così lucidamente riassunti dall'Ascoli (II 385) nelle
parole : * i singoli caratteri di un dato tipo si ritrovano na-
turalmente, 0 tutti 0 per la maggior parte in varia misura,
fra i tipi congeneri; ma il distintivo necessario del determinato
tipo sta appunto nella simultanea presenza o nella particolar
combinazione di quei caratteri » .
Per tutte queste considerazioni io sono d'avviso che le due
classificazioni di cui si discute, possono ben sussistere Tuna
accanto all'altra, senza escludersi né danneggiarsi reciprocamente:
l'una, rigorosamente fondata sulla distribuzione geografica dei
singoli fenomeni linguistici, avrà il primato pel glottologo;
ma anche l'altra, fondata sulla costituzione dei tipi linguistici
maggiori o minori nelle singole regioni, potrà essergli di van-
taggio, fornendogli il prospetto complessivo del come si mani-
festino nel loro insieme le varietà idiomatiche. Anzi, sotto questo
rispetto, mi pare di dover consentire col Pullè, Terra IV 392,
quando dice : " tradotta sulla carta la varietà dei tipi dialettali
per Provincie risponderà assai meglio all'evidenza dei sensi, di
quello che la delineazione del reticolato dei singoli fenomeni;
al modo che la natura dei luoghi si appalesa all'occhio del
viaggiatore e si imprime per la somiglianza o per la varietà dei
suoi aspetti, quantunque diversi siano i filoni geologici correnti
sotto la superficie « . Nò è infine a tacersi che anche codesta
classificazione per tipi dialettali potrà sempre più avvicinarsi
all'esatta rappresentazione della realtà, se terrà conto rigoroso
di tutti gli aspetti sotto i quali si può considerare il problema
e si fonderà su tutti i crìterii, che devono di necessità concor-
rere alla sua formazione.
Ad ovviare agli inconvenienti sopra discorsi mirò l'Ascoli con
la sua classificazione dei dialetti italiani (Vili 98-128). Escluse
le poche colonie propriamente straniere, egli, come ognun sa,
496 Guamerìo,
divide i dialetti in tre grandi gruppi, secondo che più o meno
si distacchino nella loro forma dal tipo toscano, elevatosi a di*
gnità di lingua della nazione; e cosi, mentre egli si poggia
essenzialmente sopra il criterio intrinseco della forma lingui-
etica dei diversi dialetti, viene anche ad avvalorare il concetto
unitario della nazionalità italiana. E quindi classificazione la sua,
che risponde così all'esigenze della scienza glottologica come ai
diritti della storia; se non che ristretta alla patria nostra, non
avendo avuto applicazione agli altri rami della famiglia romanza,
non ottenne al di là delle Alpi quel consenso che pur meritava.
Un'altra classificazione dei dialetti italiani propose recente-
mente il Dr. Matteo Bartoli, in Savj-Lopez Altitalien. Ghreato*
mathie, p. 171 sgg. Il Bartoli ripristina, come criterio fonda-
mentale di divisione, la configurazione orografica della penisola,
suggerita già dal sommo poeta di nostra gente, nel De V^lg,
Eloq. § 1 , dove tratteggiando per primo uno schizzo dell'Italia
dialettale, diceva: " si quis autem querat de linea dividenda,
brevi ter respondemus, esse jugum Apennini ». Infatti questo
sistema di monti, che è come la spina dorsale d'Italia, produce,
in causa delle varie direzioni della catena principale e di quelle
secondarie, parecchie regioni, ciascuna delle quali, come patria
di speciali fenomeni linguistici, può dare il nome a un partioolar
tipo dialettale. Ck)s\ il Bartoli distribnisce i 14 principali tipi
dialettali in diversi gruppi a seconda che siano al nord, al centro
0 al sud e insieme o a destra (occidente) o a sinistra (oriente)
dell'Appennino, e propriamente nel modo seguente:
Gruppo nord^appenninico: 1 piemontese, Il lombardo, QI
emiliano;
Nord-appenninico occidentale: IV ligure;
Nord-appenninico orientale: V veneto, VI istriano (di Ro*
vigno e Dignano).
Gruppo medio-appenninico: VII toscano, Vili umbro, IX ro-
mano.
Gruppo sud^appenninico: X napoletano e calabrese, XI si-
ciliano;
Il sardo e il còrso, ecc. 497
Sud-appenninico orientale: XII abruzzese, XTÌT pugliese;
Sud-appenninico occidentale: XIV còrso.
Del sistema, come si vede, fa parte, e a ragione, la Sicilia,
in cui si prolunga la spina dorsale appenninica; ma allo stesso
modo che vi comprende la Corsica, come mai — ci domandiamo
— può distaccarne la Sardegna, in cui la catena principale dei
monti, che corre longitudinalmente nella stessa direzione degli
Appennini, si considera una diramazione di questi? Basta questa
sola obbiezione ad infirmare la classificazione adottata dal Bar-
toli; perchè posta a base la configurazione orografica della pe-
nisola, insiem con la Sicilia, anche le altre due isole maggiori
dovevano entrare nel sistema e doveva il Bartoli far posto tra
i dialetti italiani al sardo, così come vi manteneva quelli della
valle padana, non meno alieni linguisticamente dal tipo italiano.
Ho rìcordato in particolare questo tentativo del Bartoli, perchè
muove dal duplice intento di consentire un posto a parte al
sardo e nello stesso tempo di rivendicare al sistema italiano il
còrso, toltogli, come vedemmo, dal Meyer-Liibke ; intento legit-
timamente onesto, che non si può ' torcere ad alcuna nequizia ,,
perchè risponde alla realtà dei fatti, come mi propongo di di-
mostrare ^
n.
' Quando una lingua si svolge in un'estensione continuata di
territorio e ciascun gruppo sociale vi introduce dei cambiamenti
* Il Baiteli tornò a trattare più in particolare delle relazioni del còrso
e del gallurese col sardo nella memoria Ud pò* di sardo pp. 135-139,
dr. Àrch. XVI 390. Egli a p. 131 pose altresì nettamente la questione del
* posto che spetta al sardo nella famiglia degli idiomi neolatini , e portò
alla rìsolosione del problema parecchi utili raffironti, di cui avremo a tener
conto più innami, perchè, come ti vedrà dal testo, io m'accordo in massiina
con Ini.
498 Guarnerio,
in maniera indipendente, si osserva che le medesime innovazioni
e le medesime incolumità hanno luogo in regioni più o meno
estese del territorio stesso „. È questo, secondo osserva ilMeillet
Introd. à Tét. des langues Indo-Europ. p. 4, il modo in cui si
formano i dialetti. E dunque essenziale alla loro classificazione
anzitutto il concetto che essi si distendono su una superficie
geografica, seguendone la configurazione, onde le catene dei monti
coi loro versanti e le loro valli e i corsi dei fiumi, come hanno
data la via al propagarsi dei linguaggi, cosi ne segneranno i
confini.
Dalla configurazione geografica non può disgiungersi il cri-
terio etnologico, ossia la nozione dei popoli; che quella super-
ficie hanno occupata; ed è evidente che le reazioni esercitate
dal linguaggio preesistente nella regione, su quello che vi si
sovrappone, saranno più o meno energiche e si esplicheranno
in un senso piuttosto che in un altro, a seconda del grado mag-
giore o minore di affinità o parentela, che esiste tra i due po-
poli venuti ad incontrarsi.
Ma questi due criterii, il geografico e l'etnico, non darebbero
ancora intera ragione della diversità dell'aspetto linguistico preso
dai varii tipi dialettali, se non si tenesse stretto conto del cri-
terio cronologico, ossia, nel caso speciale di cui si tratta, del
fatto che le diverse regioni della romanità hanno ricevuto il
latino in tempi diversi e in un periodo di tempo abbastanza
lungo; il che significa che il latino che vi si propagò, era nei
diversi tempi in uno stadio assai diverso dello svolgimento suo
proprio. Però, se il differente grado di antichità del latino può
dar luce e chiarire alcune particolari divergenze grammaticali
delle singole regioni, non è criterio sufficiente a spiegare la
varietà dei tipi linguistici, perchè le provincie appena latinizzate
non rimasero subito abbandonate a sé stesse, ma continuarono
a mantenere relazioni più o meno vive e durature con Roma e
fra loro stesse. Della storia di queste relazioni è dunque neces-
sario far tesoro, essendo ovvio che se le relazioni per qualsivoglia
causa politica si interrompono presto, lo svolgimento linguistico
Il sardo e il còrso, ecc. 499
segue un cammino ; se air incontro si continuano piìi a lungo,
ne segue un altro.
Non è inoltre a tacersi l'azione che esercita sul linguaggio
dì un dato gruppo sociale il linguaggio della regione con cui
entra in relazione, né Torientamento politico, che il dato gruppo
viene a prendere nel succedersi del tempo rispetto ai gruppi
contigui, né infine la stessa preminenza letteraria, che un centro
delle varie collettività può assumere per diverse cause, così nel-
l'ordine politico e sociale come in quello letterario e linguistico.
Alla luce di tutti questi principii generali esamineremo il sardo
e il còrso ; ma prima gioverà considerare in generale la classi-
ficazione delle lingue romanze.
Se diamo uno sguardo, anche solo alla loro fonetica, ci risul-
tano subito manifesti alcuni fenomeni caratteristici, comuni ad
alcune e non ad altre regioni. Di questi fenomeni io mi limito
a qui ricordarne alcuni dei piti notevoli, che bastano al nostro
assunto, prendendone gli esempj dai rispettivi idiomi letterarii.
Così, p. es., vediamo (M.-L. Or. Rom. I § 433) il lat. rota, shte
e sim. continuare da una parte nel!' it. ruoto, sete e nel rum.
roatà^ sete e dall'altra nell' engad. roada, sait, nello sp. rueda,
sed, nell'afr. ruede, seit e fr. od. roue^ soif; ed al lat. focu, amicu
e sim., CAPU, APE e sim. corrispondere l'it. fuoco, amico, capo,
ape e il rum. foc, amie, cap, e invece Tengad. *foegu, *amigu,
^MabOj lo sp. fuego, amigo, cabo ed il fr. feu, ami, chef e via di-
cendo ; donde risulta che le esplosive sorde mediane originarie,
tra una vocale accentata ed una atona, si mantengono di regola
incolumi nell'it. e rum., mentre nell'eng., fr. e sp. è normale il
digradamento, per cui si fanno sonore e anche cadono. Parimenti,
vediamo (M.-L. ib. § 435 e 438) il lat. pbaeda, kidu e sim.,
PLAGA, LEOAT 0 sim. Continuare nell'it. preda, nido, piaga^ lega e
nel rum. pradà, plaga, leagà, e risolversi nell'eng. nieu, piega,
lega, afr. prede (od. prole), piate, leie; e taccio dello sp., che in
questo caso co' suoi prea, llaga, lega si mostra pencolante tra
'i due sistemi; ma, comunque, dalle serie addotte si rileva, che
l'esplosive sonore nella medesima formola delle sorde, di norma
500 Guamerìo,
restano illese nelle prime due lingue, e all' incontro tendono
al dileguo nelle altre. Ancora, nell'it. e nel rum. è costante la
conservazione del l avanti consonante, mentre negli altri domimi
e nella maggior parte dei dialetti il l ora si conserva ora no,
andando soggetto a diverse modificazioni piii o meno profonde,
come si vede dalle serie (M.-L. ib. § 477) : altu, altabe, caldu,
FALSU, AscuLTAT, ALBA, PALMA, PULPA 0 sim. che dàuno da una
parte: it. alto, altare, caldo, falso, ascolta, alba, palma, polpa,
rum. nalt, aitar, cald, fals, ascuUà, alb, palma, pulpà, e dall'altra:
engad. ot, utér, Mod, fos, accanto a skulta, alb, palma, puolpa,
fr. haut, autel, chatid, faux, écoute, aube, paume, poupe, e sp. Otero,
ascucha, accanto ad alto, caldo, falso, alba, palma, pulpa. Infine,
il -T ed il -s finali cadono costantemente in it. e rum. e il -s vi
è spesso sostituito da un'epitesi -i; all'incontro nel fr. sp. ed
engad., mentre il -t può talora mantenersi, il -s vi resta sempre
intatto, come risulta dagli esempi (M.-L. ib. § 552-3): amat,
vENDiT, STAT 0 sim. cho rioscono nell'it. ama, vende, sta, rum.
ama, vinde, sta, ma afr. aimet, veni, estat, sp. ama, vende, està,
engad. {konta), venda, (dai) ; e cantas, tempus, stas, pos e sim.
che danno : it. canti, tempo, stai, poi, rum. canti, timpU, stai, poH,
ma frane, chanies, temps, estas, sp. cantas, (tiempos), estds, pues,
engad. Aantas, temps, ecc.
Ma oramai queste serie riguardanti il trattamento delle sorde
e delle sonore intervocaliche e la sorte del -s e -t all'uscita e
del L av. cons. bastano, a mio avviso, per dare un colorito
speciale all' italiano ed al rumeno, di contro al francese, allo
spagnuolo e all'engadino, e per collocare le prime due lingue
da una parte e le altre da un'altra. Sarà lecito pertanto indurne
una prima generale divisione della romanità in due gruppi,
l'orientale, comprendente l'italiano ed il rumeno e l'occi-
dentale, che abbraccia il ladino, il francese, il provenzale, lo
spagnuolo e il portoghese ^. Ora, qual'e il posto che in questa
^ Il Bartoli, 1. e, p. 182 n, che dai sistemi orografici designa il gruppo
orientale col nome di appenmno-haleanico, e Toccidentaie con quello di alpino-
Il sardo e il còrso, ecc. 501
divisione occupa il sardo e precisamente il logudorese, che è,
come ognuno sa, il sardo per eccellenza, il linguaggio veramente
tipico della Sardegna?
Abbiamo a suo luogo ricordato come non si passi d'un salto
da un dialetto ad un altro, da un tipo ad un altro. C'è sempre
tra di loro quella che fu detta la " zona grìgia «, ossia quella
zona intermedia, in cui vengono a morire gli ultimi fenomeni di
un tipo, mentre vi mettono i primi germogli quelli che pren-
deranno vigore in un altro. La zona grìgia che tramezza il gruppo
orientale e quello occidentale, è appunto la Sardegna, nei cui
idiomi vengono a mescolarsi e confondersi i principali fenomeni
caratteristici dei due gruppi dell'est e dell'ovest ^
pirenaico, enumera fra le caratteristiche dei singoli sistemi anche Tesito
di ckr e OA-, di e- e o- av. B e I e di cl- e gl-, tutti a formola iniziale,
notando che ca- e oa- si conservano alFest, onde carbu e oalliha danno
rispettivamente it. carro e gallina, rum. ear e gàinà^ mentre all'ovest si
palatalizzano in diversi ^radi, «T- i'- è- r-, come si vede nel lad. ^ar, pa-
lina, fr. ehar, geline; parimente, e- e o- av. b e i si palatalizzano nel (gruppo
orientale {è- ^) e si assibilano in quello occidentale («• if-)^ onde cihqub e
ciaA danno it. cinque, cera, rum. cind, cearà, ma fr. cinq, ciré, sp. cinco,
cera; infine cl- e gl- si sfaldano in ki e gi alFest, mentre si conservano
airovest, così claru e glacibs danno it. chiaro, ghiaccio, rum. ehiar, ghiaia,
ma fr. elair, giace, lad. klar, gla^a. Come si vede, anche il Bartoli si è in-
contrato in alcune dissonanze, per cui qualche idioma del gruppo orientale
passa, rispetto a qualche esito, airoccidentale e viceversa; così, p. es., Teng.
caira cera si distacca dal sistema del fr. ciré, per avvicinarsi a quello
deirit. cera e lo sp. Ilare esce dal suo ed entra a far parte di quello del-
rit. chiave, ecc. Ma il fatto non è per sé stesso tale da spostare i termini
generali della divisione e da infirmare le affinità che corrono fra i diversi
raggruppamenti. Questi hanno il conforto di altre ragioni etniche e storiche,
e siccome ciascuna zona non è chiusa in sé e comprende un gran numero
di dialetti, non è da meravigliarsi se infiltrazioni e imprestiti reciproci
abbiano alterato qualche caratteristica, sicché mentre questa manchi da
una parte, si trovi invece nelFaltra e viceversa.
* Il Puscariu, Latein. TJ nnd KJ in Rum., Ital. n. Sard. p. 6, fondandoti
esclusivamente su di un criterio cronologico, distingue due momenti nel
processo della romanizzazione. Del primo sarebbe proprio quello che egli
chiama ' romanzo primitivo , ; nel secondo il romanzo primitivo si distin-
502 Guamerio,
Avvertiamo, anzitutto, che io distinguo nei linguaggi sardi
quattro tipi; 1** il logudorese (log.^, log.*, log.* corrispondenti
alle tre varietà descritte dal Campus, Fonet. d. dial. log., p. 12);
2® il campidanese; 3^ il gallurese; 4® il sassarese; i quali due
ultimi tengo separati come due distinte personalità, quali risul-
tano dalla descrizione da me procuratane in questo Archivio Xm
125-40 e XIV 131-200, 385-422. Ora, prendendo ancora per base
i fenomeni sopra allegati, è facile osservare che rispetto alle sorde
intervocaliche s'incontra nella Sardegna tanto l'incolumità propria
del sistema orientale, quanto il digradamento proprio di quello
occidentale ^ E infatti il lat. bota, site e sim. continuano intatti
nell'alog. e log.^ rota, site e gali, rota, siti, mentre riescono al log.*
log.* roda, siétis, camp, roda, sidi, sass. rodda, seddi; e parimenti
a PAUcu, pocu e sim. corrispondono alog. log.^ e gali, paku, foku,
log.* log.* paju, foju, camp, pagu, fogu, sass. paggu, fog§u, e ad
APE, KAPU e sim., rispettivamente alog. log.^ gali, ape, kapu,
log.* log.* abe, kabu, camp, abi, kabu, sass. abbi, kabbu; onde
per quel che è delle sorde mediane tra vocali, l'alog., il log.^
ed il gali, stanno col sistema orientale, mentre il log.* log.*, il
camp, ed il sass. si aggregano a quello occidentale. Quanto
alle sonore nella stessa formola, le serie cbudu, jugu, faba e
sim. che danno alog. e gali, krudu, guu, faa, log.^ krudu, gu
guerebbe in due Bistemi, Vorientale e V occidentale. Dal primo dì questi
scenderebbe il rumeno, dal secondo Titaliano, il reto-romancio, il francese,
il provenzale, lo spagnuolo ed il portoghese. Al romancio primitivo si riat-
taccherebbe, di mezzo a quello orientale ed occidentale, il sardo, che si
svolgerebbe per proprio conto. In tal modo il Puscariu si dà ragione delle
singolari concordanze lessicali, che offrono il sardo ed il rumeno, dove con-
tinuano ha edus, vitricus, libertare, scire e sim. , che risalgono
al tempo in cui il romanzo primitivo era ancora indiviso e furono sosti-
tuite poi da altre voci nel romanzo occidentale. Ma la sua classificazione,
che ha di mira soprattutto il particolare assetto del rumeno, rimasto se-
parato dal resto della romanità a cominciare dal ITI sec. di C, risente di
questa mira esclusiva e riesce imperfetta, non tenendo conto degli altri
criterii sopra discorsi.
^ Così anche il Bartoli, 1. e, p. 188.
Il sardo e il còno, ecc. 508
i^ualé), faa, log.' log.' kruu, gu, faa^ camp, kru, §u {§uali) fa,
sass. kruddu^ ^uu {^uali) faa, dimostrano che per questo rispetto
la Sardegna si associa al gruppo occidentale col quasi generale
dileguo delle sonore, che appare già diffuso anche nell'alog.
All'incontro, riguardo la sorte di cl-, ol* quale risulta daUa
serie clavis, clamare, oland- e sim., che riescono nell'alog.
klamarej log.^ krae, kramare^ grandulù, camp. Arai, kramai, ran-
dula, log.* log.f gamare, ffae, landa, gali, caif camà, ganda,
saas. éaii, éamà, §anda, ò manifesto che Talog., il log.^ ed il
camp., non jotizzando il nesso, propendono verso la zona occi-
dentale, mentre le altre varietà log. (almeno per le sorde), il
gali, e il sass. volgono verso quella orientale, con l'alterazione
palatale del nesso, cui soggiacciono. Infine, anche il trattamento
del •& e del -t finali colloca la Sardegna in entrambi i sistemi,
perchè spetta allo schietto tipo orientale col gali, e sass., dove
manca aflhtto il -s e il -t e partecipa insieme del tipo occiden-
tale e di quello orientale col log. e camp., i quali conservano
quelle finali, ma rifuggendo in effetto dalle uscite consonantiche,
vi rimediano con un'epitesi vocalica, come è nell'it. e nel rum.;
onde per amas, amat, times, timet, tempus e sim. il log., pur
scrìvendo amaa, amat^ times, timet, tempus, dirà dmaia, àmada^
timeie, timeéte, timjméu e il camp, omessa, étnada, tUnisi, timidi,
di fronte al gali, e sass. ami, ama, timi, timi, tempu.
Dopo questi raffi"onti parmi che ninno vorrà negare il carat-
tere di zona grigia che ho assegnato alla Sardegna tra l'est e
l'ovest; ma il partecipare essa di caratteri linguistici, ora propri!
della costa iberica, ora di quella italica, non importa di neces-
sità, come erroneamente si ode affermare, che i suoi linguaggi
siano dovuti all'influenza spagnuola e a quella italiana (pisana
e genovese in ispecie), e che si debba ascriverli a questa o a
quella zona. Anzi, il possedere essa un linguaggio fondamentale,
il logudorese, che si è svolto spontaneamente dal latino ed ha
fisonomia così spiccatamente propria e digradante in diverse
varietà, che pur allontanandosi da quel primitivo fondo comune,
sia per naturai reazione degli idiomi primitivi, sia per ragione
\ ^ Guarnerio,
.. >.-t>ofn.^ri influenze e incroci esterni, costituiscono sempre con
.^ v.r/unità linguistica, parmi argomento tale da assicurare
. i Sjurvk^gna un posto a se nella famiglia delle lingue neo-
m.
IVllo caratteristiche, che danno peculiar fisonomia al logndo-
-tM^^ il Meyer-Lilbke, Einf. 105, non rileva che una sola, quella
^.>^ riguarda la sorte della vocal tonica latina; e infatti mentre
-t tutti gli altri domimi romanzi gli esiti dell' £ e dell' T lat. ooin*
cuiono in un unico suono f e quello dell'o e dell' tf in un unico
^lono p, invece nel log. si mantengono distinti, onde dice téla,
yilu per TÉLA, p¥lu, di fronte all'it. t^, ffZo, e fiore, nuge
i*LòRE, NucE, di fronte all'it. fiore, rtQce,
11 M.-L. accompagna col log. anche il còrso, ma di ciò
appresso. Intanto qui giova avvertire che insieme col log. vanno
il camp, ed il gali., che dicono pure tela, pilu, fiori fi^, muii
nuéi; ma se ne distacca il sass., che dà per Te e l'T, per Tr*
e l'u rispettivamente un unico suono e ed o, non distìnguendo
Ve che per la diversità del timbro, dicendo esso pelu e tfla,
accanto a fiori, noii. Avremo quindi il seguente prospetto:
lat. E E T 0 ó u
I V I V
it. e f 0 g
dieci tfla pflo nuovo figre ngce
I A I A
sardo e e i o o u
log. detje tela pilu nou fiore nuge
camp, ileèi tela pilu nou fiori nuii
gali. deci tf la pilu nou fiori nuéi
V ì v
e
f f e g 9
sass. dfii tf la pela nghu fiori noài.
n Bardo e il còrso, ecc. 505
n M.-L. ricercando la causa di questo peculìar esito del logu-
dorese, esclude, a ragione, che esso ci conservi tuttora la con-
dizione di pronuncia del latino dell'età imperiale, perche il fatto
che si sono ripetute anche piti tardi le spedizioni militari e che
la Sardegna, anche in età posteriore, è tenuta come il granajo
di Roma, attesta che le relazioni con la madre patrìa non fu-
rono mai rotte e che il latino volgare pertanto vi deve essere
giunto e propagato nelle successive modificazioni che veniva at-
tuando. La quale considerazione dimostra già per sé stessa, come
sia un'illusione il pensare che l'altro esito peculiare del log.,
cioè he- gè- per ce-, ci-, gè-, or-, possa essere la schietta con-
tinuazione dell'antica pronuncia velare latina, passata incolume
attraverso i secoli.
Ma, qualunque sia la genesi tanto di codesto esito velare,
quanto di quello delle vocali e, d = «, o, t, ìj = i, u, è indubi-
tato che essi costituiscono due fenomeni così alieni dagli altri
sistemi romanzi, da autorizzare già per se soli a concedere al
log. una propria personalità distinta dalle altre lingue della fa-
miglia. E v'ha di più. Non meno caratteristici sono altri feno-
meni esclusivi del log., quali sono, rispetto ai suoni: la particolar
risoluzione dell' t nel nesso lj, rj, nj, onde filiu, foli a, januariu,
\iNEA, VENio e sim., danno fiiu^ foia, binia, enzo a tutto il Lo-
gudoro e ^ennarju ^ennar^u, bennarzu bennaliu a seconda delle
varietà log. ; — il riflesso di -tj- (-cj-), che primieramente in-
taccato da j(, ritorna a schietta esplosiva dentale sorda -tt-,
onde dall'alog. platha platea, fatho facio si riesce all'odiemo
piatta^ fatto; — la labializzazione dei nessi qu^- gu^**-, onde
AQUA, EqUA, AQUILA, CINQUE, ANGUILLA, SANGUINE SÌ rìsolvonO in
tutto il log. in abba, ebba, dbila, kimbe, ambiiftfa, sambetie. Ancora,
rispetto alle forme e alla funzione: l'uso dell'infinito latino per
l'imperfetto congiuntivo, come si vede nell'alog. clamaren^ de-
verete ischiret e log. od. antère ameres -ret oremus -reiis -^ent
per la !• coniugazione, titnire -res ecc. per la 2» e finere -ree
'Tei -remus -reiis -rent per la 3*; — la sostituzione della de-
sinenza ^rru ad -utu nel participio passato, onde alog. cràtitu
506 GnamerìOi
creduto, pérdUu perduto e sim., log. od. kréttidu, Umidu temuto,
véndidu venduto, alog. bénnitu, log. od. bénnidu venuto e sìm.;
— la derivazione dell'articolo dal pronome ipsu -sa, anziché da
ille -a, com'è di tutta la romanità, particolarità che si estende
anche alle Balearl.
Tutti questi fenomeni sono così proprii al sardo e così disformi
dalle altre lingue romanze in genere, e dall'italiano in ispecie,
che sarebbe vano insistervi più a lungo. Però, qualcuno potrebbe
obbiettare che non meno alieni dal tipo italiano sono, p. es., i
fenomeni dei dialetti gallo-italici della valle padana; eppure questi
idiomi non si erigono a gruppo indipendente. Essi espungono le vo-
cali protoniche con particolare energia e costanza, hanno il suono
u per ù latina , sconosciuto affatto a tutta l' altra famiglia
italiana, riducono I'a in accento ad 6, posseggono la nasal ve-
lare 9^ e le vocali nasali, ed effettuano quella speciale risoluzione
del nesso -cr-, per cui da facto, tegto e sim. si arriva al piem.
fait, teit, lig. fajtu, teitu, genov. fatu, lomb. fac e tee, e vanno anche
più in là, arrivando, come si riscontra anche nel celtico e nel-
l'antico umbro, alla fusione della serie di *gt- con quella di -pt-,
onde neir amilanese abbiamo serie, scrièiira per scbipto -ura ; tutti
fenomeni così alieni dal sistema italiano e all'incontro così con-
formi alla struttura gallica, che parrebbe legittimo sottrarre
senz'altro il piemontese, il ligure, il lombardo e l'emiliano dalla
famiglia italiana, per farne un gruppo a se, o al più subordinato
al francese.
Ciò non si fa, perchè in effetto, oltre che alle ragioni lingui-
stiche, si ha l'occhio anche a quelle geografiche e storiche. Ora,
mentre esse concorrono a mantenere subordinati alla famiglia
italiana quei dialetti, le stesse ragioni avvalorano invece la se-
parazione del sardo e la sua elevazione a tipo indipendente.
Divisa dal continente italiano da lungo tratto di mare (190
chilometri), la Sardegna è molto più lontana dall'Italia che non
sia la Sicilia e la stessa Corsica, e verso la penisola ha uno
sviluppo di coste con scarsi e non facili approdi, che non si
prestano a frequenti contatti con quella. Inoltre, aspre vi sono
Il sardo e il còno, ecc. 507
le catene dei monti e scarse invece le ampie vallate e le distese
di pianura, e per di piìi la malaria la cinge come di un baluardo
lungo le marine ; sicché per la posizione geografica e la natura
del suolo rimane come del tutto separata dalla terra ferma, la
terra manna, come non senza ragione la chiamano gli isolani.
Anche prescindendo dall'età preromana, della quale abbiamo
troppo malsicure notizie , è un fatto che codeste sue speciali
condizioni geografiche si fecero pur sentire nella conquista di
essa per parte dei Romani, che, incominciata nel 238 av. C,
non era ancora interamente compiuta nel 19 d. G. La resistenza
che i Sardi opposero ai Romani, fu lunga e tenace, agevolata
dalla configurazione della terra, che offiriva loro un sicuro ri-
fugio nelle giogaje montane. Dapprima i Romani si contenta-
rono di assoggettare le coste e le pianure, e solo piti tardi
penetrarono nelle regioni montuose. Con questa lentezza della
conquista alcuni critici credono giustificare il carattere di antichità,
che per alcuni rispetti sembra mostrare il sardo ; ma, come ab-
biamo già notato, appunto perchè lenta, la conquista ebbe agio di
trasportare nell'isola diverse fasi successive del latino volgare,
delle quali il sardo dovrebbe serbare traccio. Ma ciò non è, il
che significa che lo svolgimento del latino vi avvenne in condi-
zioni tutte affatto speciali. Infatti, il latino trapiantatovi prima-
mente dai conquistatori sulle coste e nelle pianure, deve essersi
propagato nell'interno per opera degli stessi isolani; qui si svolse
secondo l'impulso del genio indigeno e vi rimase chiuso, anche
quando gli eventi alterarono Torientamento politico dell'isola, che
non tardò molto a distaccarsi dall'Impero romano. È stato notato
dal Meyer-Ltìbke, Einf. p. 106, che Genserico re dei Vandali,
alla morte dell'imperatore Yalentiniano scacciò nel 458 i Romani
daUa Sardegna e questa aggregò al suo regno africano ; ond'egli
pensa che si sia arrestato il primo movimento dell'evoluzione
fonetica e se ne sia cominciato un secondo, durante il quale essa
rimase staccata dalla penisola e gravitò verso l'Africa anziché
verso l'Italia.
Non metto in dubbio il fatto storico, ma mi pare soverchia
ArchiTio glottol. ital., XVI. 86
508 GuameriOi
rimportanza linguìstica che il M.-L. parrebbe attribuirgli, perchè
solo dieci anni dopo, nel 468, Genserico è respinto dalla Sar-
degna per opera del generale Marcellino, mandato da Leone,
imperatore d'Oriente. E se più lunga fu la domÌEULzione dei Van-
dali, quando vi tornarono nel 471 e vi rimasero fino al 533, in
cui Belisario restituì l'isola all'Impero bizantino ^ non è in realtà
un periodo di sì lunga durata — ottant'anni circa — da spezzare
il tradizionale svolgimento che il latino volgare vi attuava.
Anche ammesse codeste relazioni con l'Africa, alla quale è
vicina più di 35 km. che non all'Italia, non e a credersi che
esse si siano fatte sentire più in là dei dintorni di Cagliari e
delle coste, e abbiano interrotta quella specie di segregazione,
in cui veniva a trovarsi in generale la Sardegna. Ne gli avve-
nimenti successivi cambiano di molto questa condizione di cose.
Dopo una breve incursione dei Goti con Totila (551-553),
anch'essa limitata al litorale ^, la Sardegna per le vittorie di
Narsete passò definitivamente nel sec. VI sotto la sovranità
dell'Impero bizantino, che la ascrisse all'esarcato d'Africa. Ma
alla caduta di questo (697-98) essa, immune da ogni domina-
nazione langobarda e franca^, fu come la Sicilia governata
direttamente, e si comprende quanto debolmente, da Bisanzio.
Nel decorso poi dal secolo Vili all' XI fu più che mai esposta
alle devastazioni saracene, dalle quali fu difesa dalla flotta greca,
e alla fine liberata da quella di Pisa e Genova, che prima se ne
divisero e appresso se ne contesero aspramente il dominio.
Durante il feroce infuriare di così torbide vicissitudini, la
Sardegna, sia aggregata all' esarcato d' Africa , sia provincia
bizantina, sia baluardo avanzato delle coste italiane contro i
Saraceni, fa piuttosto parte per se stessa; perchè, dìscioltasi
lentamente dall' Impero d' Oriente e rimasta d'allora innanzi
* Cfr. Schmidt, Gesch. d. Wandalen. Leipzig, 1901, p. 173 sgg.
* Cfr. Hartmann, Gesch. Italiens ini Mittela. Leipzig, 1897-903, voi. 1, p. 397.
^ Cfr. Dove, Corsica u. Sardinien, in Rend. R. Acc. di Monaco, ci. at. 1894,
p. 206 e sgg.
Il sardo e il còno, ecc. 509
fuori del raggio delle invasioni germaniche, essa resta come
abbandonata a se, sia politicamente che linguisticamente, e pro-
babilmente infatti, fin dal sec. IX, comincia a riorganizzare
le proprie forze politiche e sociali nell'indigena forma dei giu^
diccUi^ sotto il governo autonomo dei quali svolgerà nella lingua,
nel costume, nell'arte, in tutte insomma le manifestazioni, la
sua nuova vita di popolo. Né la preponderanza genovese e so-
prattutto quella pisana, che pure hanno lasciato traccio non lievi
in tutta la storia dell' isola, riuscirono a svisare la fisonomia
indigena che veniva assumendo codesta nuova vita; esse non
dorarono così a lungo, ne furono così tenaci da imprimerle un
aspetto che piii la conformasse a quello delle altre terre italiane.
All'incontro, la dominazione aragonese-spagnuola, che nel sec. XV
si distende su tutta l'isola, fu sì lunga e invadente che veramente
la Sardegna corse pericolo di perdere ogni sua nazionalità, perchè
non solo nel governo e nel giure, ma anche nelle lettere imperò
sovrano lo spagnuolo.
All'Italia fu ricondotta dopo il trattato di Utrecht (1720) e da
allora i vincoli antichi con la gran madre latina si strinsero tal-
mente che l'italiano vi si diffuse largamente; anzi, ai nostri giorni,
la letteratura vi mette così promettenti germogli in tutti i rami
della storia, del romanzo e della poesia, da dare speranza che
la Sardegna aggiunga nuove frondi alla corona gloriosa della
patria comune, l'Italia.
Ma se così è ai nostri giorni, ciò non toglie che nella storia
dei secoli antecedenti, come dicemmo, la Sardegna abbia una
speciale vita propria, che si riflette anche in una sua propria
letteratura. Infatti, mentre dal sec. XVI le varie regioni d'Italia
concorrono più o meno efficacemente ad accrescere il patrimonio
letterario deUa nazione, la Sardegna ne rimane estranea e svolge
e ripulisce con l'arte il proprio idioma fondamentale, il logudoreae,
sì da fame nna specie di ^ volgare illustre ' della propria na-
zionalità ^. Il logudorese diventò la lingua sarda per eccellenza,
^ V. Xm 13o, dove sono altri rimandi, oltre quelli che qui seguono.
510 GuameriOi
usata ufficialmente negli atti e documenti pubblici in tutte le
regioni dell'isola, e in una letteratura, se non molto varia,
certo copiosa, che pur essendo un riflesso di quella italiana e
spagnuola, non cessa di essere notevole e degna di studio ^.
Dopo queste considerazioni mi pare di poter legittimamente
conchiudere che anche le ragioni storiche e geografiche non meno
di quelle letterarie consentono di dare al sardo quel posto a se
nella famiglia delle lingue romanze, che già gli assegna la sua
spiccata individualità nell'ordine linguistico.
IV.
Diverse affatto sono le condizioni del còrso.
Nell'esame sommario che abbiamo fatto qui sopra delle varietà
sarde che circondano il logudorese, abbiamo notato come da
questo si distacchi il gallurese ed il sassarese. Che queste due
varietà sieno da togliere addirittura dal gruppo sardo per ag-
gregarle con gli idiomi del continente italiano, mi pare sentenza
alquanto radicale *, che vuol fare tagli troppo recisi e non tenere
^ V. Siotto-Pintor, Storia letteraria di Sardegna, Cagliari 1843, e EmEuinele
Scano, Saggio critico-storico sulla poesia dialettale sarda, lavoro molto im-
perfetto; cfr. la recensione di 6. Mari, nel BuUett. bibliogr. sardo, 1, 200 (1901).
^ È la sentenza sostenuta caldamente dal Campus, che recensendo Un po'
di sardo del Bartoli nel BuUett. bibliogr. sardo, IV, 18 (1904), istituisce un raf-
fronto abbastanza particolareggiato dei fenomeni fonetici, morfologici e les-
sicali, pei quali si distingue il gallurese dal logudorese. È da notarsi però
ch*égli non tiene separato il gallurese vero e proprio dal sassarese, mentre
la loro distinta individualità non può essere messa in dubbio. Da ciò viene
una grande confusione negli spogli ofPerti dal Campus, la quale toglie salda
base alle sue conclusioni. Cosi, p. es., in ordine alle vocali, raffermatone
che Ti tonico breve si muta spesso in e, h contraddetta dalla serie gal-
lurese pilUf 8ÌnUf piru, ntt, ecc., di fronte a quella sassarese pelu^ senu, pera^
nehi, ecc., e anche in sillaba chiusa gali, viku, trióóaj id4u -a, ariccij
n sardo e il còno, ecc. 511
debito conto dell' insensibile digradamento per cui si passa da
un tipo ad un altro. Ora è indubitato che il gallurese ed il
sassarese non spettano più al tipo sardo vero e proprio, e per
l'abbandono normale del -s e del -t finali entrano nell'ambito
dei gruppi romanzi orientali, ma non si possono nemmeno ascri-
vere senz'altro al tipo italiano; tramezzano tra lune e l'altro e
86, p. es., il trattamento vocalico, come vedemmo nello spec^
chiotto sopra allegato a pag. 504 porta il sassarese più verso
le ragioni dell'italiano che verso quelle del sardo, non così è,
p. es., delle alterazioni speciali del l (r o s) complicato (v. Ar-
chivio XIV 158, num. 123 del citato studio), che sono carat-
teristiche della 3* varietà logudorese. Pel gallurese si ve-
rifica l'opposto, perchè nella sorte delle vocali esso si mette
alla pari col logudorese, mentre in quella delle consonanti si
accompagna per più rispetti con l'italiano ^
Date queste congruenze e dissimiglianze si potrebbe rima-
nere dubbiosi sul posto da assegnare loro, se non intervenissero
a risolvere la quistione altre ragioni così di fonetica, che di
storia e geografia, che non occon*e qui ripetere e che collocano
il gallurese ed il sassarese nella famiglia sarda.
Strettamente affine al gallurese è il dialetto meridionale della
frUku, ecc., di fronte al sass. ve^u, trezta, e44u -a, areééa -i, frefUiu, ecc.,
serie non distrutte dagli scarsi esempj gali, con f, quali vMif pfiu e sim.,
raccolti nel num. 24 dello spoglio in questo Arch. XIV 182. In ordine alle
consonanti la legge che il t lat. in generale si palatalizsa nel gallurese, è
▼era pel gallurese, ohe vi & corrispondere : é^i, Sena, itniu, éallffi4u, paci,
dféi, nuM, ecc., non pel sassarese, che dice : gdu, zetUu, zma, zajbffdu, pati,
dfii, nQMi, ecc. E del pari Tesito 7 di u è proprio del sass. e non del gali,
che dice: fiUQlu, mu44€ri, ecc., e di più vedi nel ctt. luogo dell* Arch. XIII,
125 sgg. e XIV, 181 sgg.
* Notevole fra gli altri fenomeni, 1* incolumità delle sorde mediane -e-,
-T-, -r-, più salda che nell* italiano, onde insieme con éeku^ amiku^ fQìeu e
•im. il gali, dice altresì ahu, prfku, ecc.; e ancora più notevoli per im-
pronta toscana le articolaaioni e , y (num. 75 n), che sono come iin*antioi-
paàona dai suoni che si incontrano in tutto il territorio toscano.
512 Guamerio,
Corsica, denominato oUrafnantanOy che ha il sao nido segnata-
mente nelle parlate del distretto di Sartene. Il còrso oltramontano
infatti mantiene distinto l'esito di è e di t, di 5 e di u tonici
(v. num. 7, 21, 26 e 36 del cit. studio in Arch. Xffl e XIV),
onde dice tela, ma pUu e iddu ; boéi, ma gtila e furu forno,
in perfetta congruenza con le forme gallnresi: tela, pilu, iddu,
bgéi, gula; al pari del gallurese altera Te tonico in a dinanzi
a rr, e r^"* (num. 16), come si vede in faru ferro, tara terra,
guarà guerra, ecc. accanto ai gali, farru, tarra, ecc.; risolve il lj
intervocalico in 44 (num. 102), pronunciando parimenti me44^i
fi449l'u, f>g44^ì ©<5Cm assimila rn in rr, dicendo: furu, koru
corno, ecc. (num. 126) ; riesce pure da nj, gn, no alla particolare
proflferenza ^H (num. 83 e 178): bafifiu, kunèeHfiu aratro, /?-
laMa, ecc. ; conserva integre le sorde originarie tra vocali e anzi,
profferisce così gagliardamente il -t-, che appare geminato, onde
accanto ai gali, ki^ttn, sigrfttu e sim., ha ingrattu, pattu, patti,
ecc. (num. 180).
Queste le precipue caratteristiche dell' oltramontano ; ma
questa varietà, che in antico sarà stata anche più estesa nella
Corsica, è ora sopraffatta dall'altro tipo, il cismontano o dia-
letto di qua dei monti, che e il più diffuso nell'isola ed è
parlato da circa due terzi della popolazione.
Prescindendo dal capo-corsino, il vernacolo che si raccoglie,
all'estremità settentrionale, nell'antica provincia di Capo Còrso,
dalla bocca di un numero ancora più esiguo di parlanti e può
considerarsi come una varietà del cismontano, resta di fatto che
il dialetto principale deUa Corsica è quest'ultimo. Ora, se si
esaminano, anche sommariamente, le sue caratteristiche, si vedrà
subito come la prima ed essenziale sia quella di unificare in un
sol esito l'fi e Ti, 1*5 e rìj latini in accento, onde dice tfla
pelu ^llu, bo^e no^e, gola, fornu, ecc. Il logudorese, come notammo,
mantiene invece distinte queste vocali, per il che il Meyer-Lubke
credè poter fare del sardo un gruppo a sé separato dall'italiano ;
basterebbe dunque la mancanza di siffatta distinzione per togliere
il còrso cismontano dalla famiglia sarda; ma esso è tolto pur
Il sardo e il còrso, ecc. 518
anco dal gruppo romanzo occidentale daH'incolomità delle sorde
intervocaliche -e-, -t-, -p- che offre di continuo, come in atu,
ceku, fiku, fgku, ecc. (num. 158), fata, maritu, rota, strato, ecc.
(num. 180), apa, kapu, akapa, ecc. (num. 185) e per la caduta co-
stante del -s e del -t finali (n. 138). £ y' ha di più : altri fenomeni
allontanando il cismontano dalle varietà sarde, lo portano addirit-
tura al tipo italiano e piìi precisamente toscano. Infatti, esso man-
tiene intatto Ve all'uscita, come si vede in mare^ pane^ latte, mane
erimane, sette, eoe. (num. 58), divergendo così nettamente àgi
gallurese e dai sassarese, che hanno costantemente «^'; e da loro
e dal logadorese si distacca altresì, perchè conserva incolume
come r italiano il -u- della serie bellu, zitellu^ malaédla e sim.
(num. 102), ignorando l'esito meridionale e insulare *^-. Ancora,
come l'italiano risolve il primitivo -lj- in ì : alu, melu, fiìu, gin
e sim. (num. 78) e uniformandosi più strettamente ancora ad
una norma toscana, offre per -e- intervocalico la nota riduzione
^ifa^e, pia^e, deée, kro^e e sim. (num. 163) che si ha altresì per cj
a formola postonica, innanzi a vocale che non sia a: ba^u, ba^,
kaéu, ko^, ecc. (num. 82). Infine non conosce l'assimilazione del
gruppo -RN- in rr, fenomeno che sente pure del mezzogiorno e
delle isole, dicendo infemu^ imbemu e sim. (num. 126); e al-
l'incontro d'accordo col lucchese (v. Arch. XII 75) scempia di
continuo il doppio -rr-, pronunciando sera serra, monte, tera,
ferirà, kore karenu corre -ono e sim. (num. 119).
Tutte queste caratteristiche hanno impronta italiana e spic-
catamente toscana ; sarebbe quindi ozioso l'insistervi con un più
lungo esame. E a ninno passerà per la mente di scindere il
cismontano, ossia il principale idioma della Corsica, dal gruppo
dei dialetti toscani, solo che abbia udito pronunciare pochi versi
di qualche pócero.
Or ecco la mio figliola,
Zitella di sedeci anni,
Eccnla sopra la tola,
Dopu CU8Ì longhi affanni;
Or eccula qui bestita
Cu li aò più belli panni.
514 Gaamerio,
0 figliola, In tò visa
Cusì biancu e rusulatu,
Fattu pe' lu Paradisa,
Morte cumme Tha cambiata!
Qnand^ea lu vecu casi,
Mi pare un sole oscurata.
Così piange la morte della propria figliuola una madre còrsa
in un pietoso canto raccolto dal Viale (p. 26); e chi non sente
in questi accenti l'eco de' suoni toscani con lieve colorito me-
ridionale, dato loro in ispecie dall' u atono per o, alterazione
caratteristica del còrso, come termine di passaggio dai dialetti
centrali della penisola a quelli del mezzogiorno?
Si mettano ora a confronto le seguenti strofe appartenenti le
prime al gallurese e le altre al sassarese, delle quali dò la
grafia comune, come ho fatto pel còrso.
Tu se' alta che bandera
Alta che cioia se* tu,
Tu se' di ciuintù
L'unica màggina 'era.
Li beddì rosi d'abbrili
Hani tinta la to' cara;
Se' isciuta cussi rara
Gh'a videtti no isvili.
Abbaglìani li tò pili
Come ora in palmaera.
Chispjma, Canti gaU, p. 19.
Mamma, chi mi vuleddi cig'ubà,
Ci^'ubà mi vuleddi e dammi un veccia,
Un veccia no lu voglia pai mariddu;
Chi la voglia pizzinnu com'è me.
Eddu in li zinquanta dizi ch'è,
Eju lu dizennobi aggiu cumpliddu,
Unu vecciu no lu vogliu pai mariddu.
Spano, Canti pop, in dial. sass, fase. I.
Il sardo e il còrso, ecc. 515
Chiunque sente di avere qui di fronte dei dialetti ben diversi,
in cui l'eco dell'italiano risuona assai fioca.
Dopo tutto ciò chi vorrà ancora distaccare il còrso cismontano
dalla famiglia italiana? E si aggiunga che anche le ragioni
della geografia e della storia militano qui in favore della sua
riunione con la penisola. E di vero, essa ben più vicina al con-
tinente italico (90 chilometri circa), verso le cui coste apre un
porto così sicuro come quello di Bastia, non rimase mai così ab-
bandonata a sé come la Sardegna. Che se nel più alto medioevo
la Corsica corse le medesime sorti della Sardegna, non è già più
unita a questa al primo avanzarsi dei Langobardi, del cui regno
presto fa parte, come poi di quello dei Franchi; ma essa du-
rante il regime feudale non riesce a riorganizzarsi in un go-
verno proprio autonomo e così fin dal secolo XI passa in
possesso dei Pisani. Scoppiate poi le astiose rivalità tra Pisa
e Genova, la Corsica fu spesso teatro delle loro lotte e la sua
storia rimane d'allora legata alle sorti del Banco di San Giorgio
e a quelle della repubblica ligure, fino a che dopo la gloriosa
ma tarda insurrezione di Pasquale Paoli, è ignobilmente venduta
alla Francia.
Dal medioevo in poi dunque, un alito di italianità anima e in-
forma tutta la vita della Corsica ; essa segue le dolorose vicissitu-
dini della penisola, a cui rimane sempre legata e come ne subì il
dominio, più spesso tirannico che mite e fraterno, cosi ne risentì
più che mai l'influsso nei costumi, nelle tradizioni, nella lingua.
Per concludere, che è tempo, a me pare che il togliere il còrso
dalla famiglia italiana sia decisione contraria alle ragioni della
linguistica non meno che a quelle della storia. Epperò come
conseguenza legittima del troppo lungo discorso faccio qui se-
guire uno specchio con la classificazione delle lingue romanze e
dei dialetti italiani:
516 Guaraerìo, Il sardo e il còno, ecc. — Salvioni, Etimologie
Lingue romanze
Gruppo occidentale
I
Pori.. Spagn., Prov., Frane, Lad
Oruppo orientale
I
Italiano
Romeno
Sardo
Dial. Settentrionali
I
Camp., Log., 6all., Sass.
Centrali
meridionali
I I I I I I
I u ni IV V VI
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boulanger.
Non io m*a?ventiirerò alla ricerca delle origini di questa parola. Voglio
solo rilevare ch^essa fa capolino anche di qua dalFAlpi nella Valle Aniatca
(Ossola). Leggo infatti nel Vocabolarietto manoscritto che per questa Tsllf
ha allestito il Belli (v. Ascoli, Arch. glott I 253; io ho eott^occhio una copia
deirintiero lavoro), il seguente articoletto: * holunghira riTenditrice di paai*
di frumento ,. Ne vien luce meridiana sulla parentela Bclomffaro^ ch*io (o-
nosco appunto come propria di famiglie della costa occidentale del Verban^.
Che la Toce lombarda rappresenti un accatto fatto alla Frauda» é dilf*
die di asserire e di negare. Ma ove fosse, sarebbe un accatto molto^ mollo
antico, come lo proverebbe il g ancora intatto. Il qual g ricorre pure in
una ricostruzione latina della voce francese (v. il Dict. gén.), risalente al
1120, e priva d*ogni base T-ahia postulato dal KOrting 1631. Si può poi
anche chiedere, in considerazione della nostra forma nonché del vaod. e
delf. 'hm-, se sia da muovere da bolong' o da Meng-,
C. Salviohi.
i
IL DIALETTO DI CASTELLINALDO ;
GIUSEPPE TOPPINO.
AVVERTENZA.
Presento qui la prima parte di un lavoro inteso a descrivere
il dialetto di Castellinaldo e di qualche località contermine. La
regione esplorata giace sulla riva sinistra del Tanaro, fra Alba
e S. Damiano d'Asti, ed è costituita quasi per intero da un gibbo
collinoso, culminante nella punta di S. Licerio, presso cui sono
Quarene e Gastagnito, e dai suoi contrafforti prolungati nella
direzione di nord-est, sui quali stanno Castellinaldo, Priocca e
Magliano. Se ne togli il breve tratto inclinato, e talvolta sco-
sceso, verso la stretta e profonda valle del fiume, le acque di
questo territorio, per i rivi di Varata, fileggio e Prato-Sovero,
corrono a versarsi, poco lungi da S. Damiano, nel Berbere, che
ha le sne fonti nelle vicinanze di Ouarene, attraversa nel corso
superiore i territori di Vozza e Canale, e ad Asti entra nel
Tanaro.
Non v'ha, ch'io mi sappia, alcun documento dialettale; e la
stessa versione della nota novella nell'opera del Papanti (p. 195)
differisce per qualche rispetto dai parlari da me considerati. I
quali (e parlo, per maggior chiarezza e precisione, sovratutto di
quelli di Castellinaldo e di Priocca, quasi sempre, meno che in
lievi sfumature, concordi) si scostano dal piemontese illustre, cioè
dal torinese \ segnatamente per il trattamento dell' a in certe
* Tatti sanno ohe in Piemonte i rìgnorì hanno a disdoro il Temacolo,
e oeroano di imitare il dialetto di Torino. Da ciò proriene che nel Papanti
518 Toppino,
condizioni (nn. 3, 4, 7, 33), dellV e dell'd di ob* (n. 24); per le
sorti dell'i finale (nn. 51 a, 51 &, 51 e) e dell'o iniziale (n. 52),
quelle di l (nn. 69, 70, 71, 72, 73) e di r (nn. 78, 79, 80, 82),
le risoluzioni di '-in-' (n. 89), e di cr (n. 95).
L — Fonetica ^
Vocali toniche.
A, 1. in e nell'-ABE dell'infinito. 2. in d nei seguenti
esemplari della fonnola Ir*: àrk arco, àfka madia, àrbu albero.
le versioni date, ad es., per la città di Alba (p. 194) e per Asti (p. 68)
mostrino quasi una medesima parlata, pochissimo disforme da quella delk
metropoli subalpina. Ma se il fatto si può, in una certa misura, ammettere
per le città, dove il ceto signorile abbonda, appare strano ed intollerabile
quando lo si afferma anche per le località campestri, solo perchè ivi del
torinese si valgono alla meglio il farmacista, il medico e il segretario eo-
munale. È manifesto che il Papanti, per il suo assunto, ha dovuto rivol-
gersi alle persone colte, e queste non sono sempre riuscite a vincere la
istintiva e tradisionale ripugnanza per la schietta forma popolare: cosi si
spiega che egli ammannisca quali saggi delFalbese, delle versioni die,
come quelle di Govone e Serravalle, sono una vera mistìficasione.
' Voglia il lettore por mente alle seguenti sigle : no. «> W. M eyer-LObke ,
Oramm, d, langueè rom., che si cita per volumi e paragrafi. — àa.^SLéi
fil. rom. VII. — IO. = W. M eyer-LObke, It, Oramm. (per paragrafi). — «j. =»
Krii. Jahre9b. del VollmOUer, voi. I. ~ KGbt. = Q. KOrting, Lai.-rom, YT, 2» ed.
— sl.»bC. Salvioni, Lamentaz. 9uUa Pass, di N. 8. in anL, dial. ptdmL^
Torino, 1886 (per pagina). — ob. a R. Renier, Il * Oelindo , dramma mero
piem, della Kativ. di Cristo, ecc. Torino, 1896 (per pagina). — so. »" B. 8ch&del,
die Mundart von Onnea. Halle, 1903 (per pagina). — Pred.a"W. Foerster,
OalloHi, Predigten, in Rom. St., IV (per pagina). — vp. «iC. Salvioni. Afro-
poeiio di due voci piemotUesi (in Rendic. Ist. lomb. S. Il, voi. XXXVII,
pp. 522 sgg.). — Ro. :» Romania XX Vili (per pagina). — Spar. «» C. Salvioni,
I^ i nomi di parenUia in Balia^ nei Rendiconti citati, S. II, voL XXXIII
Il dialetto di Gastellinaldo 519
hir carro, io. 87. 3. in a anche davanti a -n -n- -n* -m* * :
pàH pane, laila, grande Frànga^ kàmp, ecc. V. anche ànja *ane{d)a
anitra, mànja manica, e màfii (nn. 63, 89 n.). Ma dvand davanti,
anànè avanti. 4. in ancora nel dittongo secondario óu:
kàuf calcio, làusta ^lacusta (E5rt. 5669), àutra ad-ultra
(XV 510); pàu panra, varmàu Valmaggiore, péinàu canapino
'pettinatore' buràu zangola ' burratorìo ', ecc.; v. il n. 108'.
spàufa spatola, m, 29 n, scotola, e kanàura (specie di staffa
ferrea che unisce la bare dell'aratro con la catena, la quale a
sua volta è agganciata alla titnu^fla n. 109, timone mobile)
=:eandvola (Ro. 95-6, Nigra Zst. XX VII 129 sgg., Schuchardt
ib. 609 sgg.). 5. -ABiu -ABiA in -é -èra; fre ferrarius,
fuméj karfra carraria botte, (ivfra cibaria (E5rt. 2156);
ium^a tomaia, jfta ghiaia, fra aia (piem. iumajra §ajra ajra);
mer m^a se ò da *amario (II 113)'. Ma Sparto *clario
*rario danno pajra, éajr -a, rajr -a^ (II 115 e n.). 6. ffa
fica acqua, da *aiica^: io. 103, v. Hiirlimann, Die Entwiklung
(per pagina). — ma. «s Misceli. Ascoli^ Torino 1901 (per pagina). — Cdo. "«
Caitellinaldo, Ca. = Castagnito, Cah. = Canale, Gua. =: Qnarene, Ma. =» Ma-
gliano, Mg. s» Monta, Vb. = Vezza, Sda. = S. Damiano, Pu. »» Prìocca. —
Circa alle grafie, noto che con w 8* indica Vu ital. di buono ^ uosa; che son
poco sentiti il v della formola uv fuorché in iuvu, e il j di -ij. Di r v. XV
418; Kj. 217; so. 5.
* Il fenomeno è pnr proprio di Ca., Oua., Mo., Ve., Sda., Fri. ~ Can. ci
dà nn snono ancor più vicino allV; Ma. ha Va schietto.
* La pronuncia àu ò comune a tutti i paesi limitrofi, eccettuato Ma.
' KUéàf cucchiaio, ha accanto a sé, oramai moribondo, nn fem. kjé, —
Ve., Ma., Fri. : furn^ ecc. : Sda. : fum<r\ ecc.
* Ma.: pffa, étf -a, r*x -<>: inoltre p^ ap/f (Cdo. pajf apàjf) agio, tempo,
e rrfi N¥ft (Mo. : vaj, piem. vàjre) ^arì.
* Il dittongo compare a formola atona in aJvafU' acquoso (detto di or-
taggi, frutta) q. 'acquazsuto* (v. qui sopra a pag. 382), o/rfrt aoquaisone,
fiumana, fajpé *e x-a q u a r e (cfr. piem. najvf nejvf inaquare, KOrt. 4811 ),
^j^okJT^ aquariolu (KOrt. 785; e qui sopra a p. 800 n.), ecc. (anche aj'
wafit, ajwffi, ecc.). Così ali. ad ffa aia, T'é affa ajata (messe stesa sull'aia),
ali. a iffa iajrOh f^eto^ a ftVfra fivajfà, ecc. Degni di nota ancora anfifé
520 Toppino,
d. lat. AQUA, pag. 52. 7. q; in ^*, che poi passa per le
stesse vicende deWtjj da e chiuso (n. 8): kàjk -a qualche, wàjsir
mastro 'maestro', ràjé radice, vàj vatillum (K5rt. 10016),
kt4jdjg ^ cova[t]iccio ' ; dàjga dessi, stàjga stessi, ecc., v. la Morfei.,
e intanto kj. I 124, 129, St. di fil. rom. VII 211, vp. 527, làrma
lacrima, forse per *l^f7na. À questi si aggiungono i numerosi
casi di -e;;- da *ai che risale ad au: Muntdj Monteu-Roero
'montacuto', màjmàjf'a (cfr. so. 25) maturo -a, bàjk guardo,
cerco, da Caduceo, tajàjra ferita, turéàjra vino uscito dal
torchio * torchiatura ', ecc. ^ ; dei quali v. vp. 529-30. 8. b.
Chiuso (=E, i) di sili, aperta, in àj: vàj vero, 3dj sete,
ruvàj rovo rubetu (K5rt. 8174), pàjé peso, picàj potere, iàjra
tela, pàjvfe pepe, ecc. io. 23*. 9. Nell'iato: a> in ^:
mw^ja moneta spicciola , èya piccola slitta *c 1 e t a (Kort.
2258), fya fèta (K5rt. 3714), sya setola séta». — E pure
f in f^rcL fèria, §^ka ecclèsia, v^ri vìtreu vetriuolo e in-
vetriata; 6> in t: Uvula tègula quadrella, da *t{ula, sivura
crepatura della pelle s è t u 1 a (III 1 37), èivura acidula (Salvioni,
N. Post. 5), pjùrcL *p{-ula pìcuLA resina, num. 108. 10. Per
gli effetti della palatale attigua avremo % in aét aceto, pjaèi pia-
cere, e nel molto diffuso pajié paese, ecc. io. 83, gè. 122 *. —
-satia molto -i, assai; mi-^ò-gé io no& so 'io so astai \ Ma.: eé (piar, di
atf altro), per cui v. IX 196 n.
^ Circa alle sorti delFa gioverà ancora accennare al costante à finale di
Ve. nei monosill. gà già, là^ kà casa, à ha (e quindi farà'), eco., ed ali* à di
Ma., da <S di sili, chiosa finale seguita da certi nessi o à& m: lai lattei
ffàtf àj aglio kavà'l, àu anno, tàg tasso, bàat basto, màsé maschio, fàm, ecc.
(ma kavàla, §à^a ghiaccio, rama ramo, ecc.).
' Ma.: vajy pajè^ ecc.
' hutija bottega, come nel milanese e altrove : ora estinto. E comuni col
milanese e con altri dialetti gallo-italici sono pure 9tflja strega (Il 128 n,
Literatorbl. XXI 384) e pija piega (XIV 218), crespa, nonché Vi delle forme
rizotoniche di lì g a r e. Quale riflesso di t h e e a, che a qualche varietà pe-
demontana ha dato iéja (KSrt. 9512) come apothéca ha dato ^uUH^ (0
41 n), Cdo. ha un femm. te, sing. e plur. (diminutivo tjo£)^ di coi v. n. 36b
* kaetanij castagneto, esiste tuttora qual nome comuae a Mo&taldo-Roero;
11 dialetto di Castellinaldo 521
Per gli effetti della labiale il solito fumra f emina: io. 76.
11. In sillaba chiusa finale, si riduce ad <t : ^ gesso, fràm
fermo, difùò stretto, ffà^ ^frtgidu, pafàj pari cu lu (Kdrt.
6867) così, simile, ecc. ^ 12. In sillaba chiusa, in voce
uscente per vocale, si riduce ad ; : v^a veccia, f^ia fetta, ffrma
ferma, Q^sta, ecc. IX 199 n; io. 92. 13. Ma è i in gltura =
piem. gipUula quasi ' civettola ', per cui v. però qui sopra a
p. 295, galitufa ' gallettola ' gallinaccio (fungo), e nella risposta
di -ìcLA -Tlja: Vafije ni. valHculae, avija aplcula, famija
famiglia, tija ttlia (E5rt. 9540), ecc.; v. II 121 e segg. — Di
p{rj(* (pi- =: pie- = p 1 è) pevera, V. IX 63, Kort. 7252. 14. S
di sili, aperta: a) in e, se nel dialetto la parola è ossitona, o
piana terminante per e: amé miele, pe piede, dea dieci, ier gélu
(Kort. 4202) *, méje mietere (Kdrt. 6141), ecc.; b) in f, se la pa-
rola termina per t, u, a: /fin (tu) levi, l^ ébulum, i^ra
gélat, ecc. ^ 16. Nell'iato è »: j^fi/a pietra, antfi -{ja in-
tegro -a, karija sedia *cadrega. 16. k di sili, chiusa in e
od §, nelle condizioni di cui al n. 14: levr lepre, n^6/i nebbia,
bel bfla bello -a, vespr vespro, arffta ricetta, ecc. ^. 17. Da-
vanti a nasale, le sorti di e chiuso e di e aperto si confondono:
a) -em: ^m gemito (cfr. gémo Kdrt. 4211), ^m non pieno
' scemo ', róm remo, iàm temo ; b) -em* : ^fma scema, tfma tema,
sftnura semola, prangftnu prezzemolo: e) -emja: bastpnja^ van-
e Cati0§Heio dovrebbe quindi essere la corretta forma italiana del ni. KastaM
Castagnito, comune limitrofo a Castellinaldo. — Di di dito, cfr. I 22-3 n,
rV 375, IO. 56. — Piem. ^if (Cdo. i'ag) gesso, e vedine III 11.
* Ma.: ^é-f, fremy ffti, ecc.
* Strano il piem. jfeji\ v. Ili 9.
' Segue questa norma ancbe IV deirinfinito, da -abs (n. 1): |Nir<^ portare,
purtére portarvi, ma purtffu portarlo, ecc. V. inoltre il n. 5. — Non mi
riesce chiaro tfbi tèpidu (IX IdBn, XV 108X che è pure torìnete e dove
s'aspetterebbe tfbù — Ma.« Pn. : i^, cff», ecc.
* Ftàst presto, ro. 1 292: mnfstfa minestra, kabal^fu arcobaleno, io. 89;
BQ. I 113. — A Ma. e Gua., Ve di sillaba chiusa in parola tronca ha suono
apertissimo : bcel bello, laist lesto, nufè messo, ligé Ietto, wbJ vecchio, ecc. —
A Sda.: IfVf lepre, bfi bello, ecc.
522 Toppino,
dftnja. Inoltre bastf'mj bestemmio, randf'mj^ il cui { sarà dovuto
airinflusso delle forme arizotoniche {bastfmji, tandfmjé), o, meglio
ancora, a quello delle rizotoniche uscenti in vocale: cfr. /fm
temo y accanto a iàm {temi temi , tftnu temono , ecc.). Sia
citato qui anche ^{ma gèmma; d) -en , -ek^ : 9àH stnus,
sarà' fi sereno, tara' fi terreno (sostantivo), fàH fieno, nàfi (piem.
nefi) niente, non, bàfi bène S ràfi reni , màfi io meno, mà^i
màfia màfiu, ecc. meni, mena, menano, ecc. (inf. amni e man/),
Vadumàfii ni. Yal-domenico; ambiàfia mezzena (di lardo), baìàha
balena, kadafia kàfia catena; duàdfia dozzina, Madlàfka Mad-
dalena, fàfia pena , gafia ^ cena, saràfia serena (aggettivo) e
umidità notturna, stfàfia stréna (K5rt. 9094), tfàfia (piem.
trt1^a) trapelo , vàfia vena ed avena, armaràna (piem. ifuirma)
amarasca; toàfia (piem. vena guaina) colletto; v. n. 89'. —
A questa vicenda si sottraggono le forme rizotoniche dei verbi
tni tenere, amni venire (ten tengo, t^i tieni, t^nu tengono, ecc.
veti vengo, vpM venga, ecc.) per l'azione, credo, delle forme a
radicale disaccentata, e gène genero, ténre tenero, véne venerdì
' Venere * (piem. jfner t^ner tener), ffwf^ cenere, sf'nftra se-
napa.— Di/n'n/niiapieno-a, V. RL. 11 n, iG. 83, so. 18; ej-^^nso
-enna: bfdn (KOrt. 1560) crusca, bena (Kdrt. 1322) capanno.
pena penna; f) -en" em* : fànt cento, e sento^ dàné (51 e) dente, tàmp
tempo, stàmhf settembre, strànie stringere, ìàngtea lingua, sùmpi
semplice, ecc. ^; g) -eono énjo: mala' fi (cfr. io. 56) maligno, gu-
rà*fi tiglioso 'gorrigno', sdfi segno, ecc.: ma si hai'» nella risposta
' t>\ òf», diffìiso per tutto Taltipiano piemontese, ▼. il. 11 e n. È pure
di Ve. e Mo.
' Questa forma va ora cedendo il posto al piem. ftikiy per cui v. il n. 10.
e HI 9.
' À^gianj^ansi jwafàfia Guarene» inrà'fk Giaveno, e le forme del presenU*
di Htnné seminare : ^màa semino , ecc. q. ' seméno *. Il fenomeno è pur
proprio di Fri. e Sda. A Ma.: ben, fen^ ffna, ecc.
* Ma.: rfnt, iemp, lengwa^ rende vendere, ecc. Pn. : fàjHt,tàjmp, fmlàjmta:
inoltre «urfimà'fi «nn. 89» 105 n.) allato a surfitmà'Jntf proposta *Bortimento\
che non credo isolato.
Il dialetto di Castellinaldo 528
di -éoNA -ékja: maUfia, gurtfia^ gramifia graminea (EOrt. 4318),
ansifia insegna, Ufia pezzo di legno da ardere, e nelle forme rizo-
toniche di anifié^e industriarsi, gfiége farsi il segno della croce
' segnarsi '. Cfr. i nn. 11, 13. 18. Riesce add anche Ve della
formola er* : vàrm verme, mari merlo, tara terra, dàrbi erpete
(K5rt. 4555), ecc. ^ i. 19. 1 di sillaba chiusa od aperta general-
mente intatto '. 20. Ridotto ad ti, sotto l'impulso di attigua
cons. labiale, in iapùg (piem. tapig) tappeto, burba birba, mura
mira, aaramiU (piem. saramU) salnitro, ravu^a rapa selvatica
raplcia (Kdrt. 7762), pufer piffero, Flup Filippo, èanèHp (piem.
èanèip) zibibbo, trupe trippe, lubfe libro, kal4bfrju calibrio, siUma
stima, luma lima, guma cima, ^meg ciqiice, liimi siepe limite
(KOrt. 5603), iufu tifo, àanéUva gengiva», o. 21. Chiuso (= ò, fi)
dì sili, aperta, in u: vué voce, lu lupo^ fju fiore, raéu rasoio,
pfriùiì prigione, pum melo, ecc. ^, ma nom nome; — to tuo, d(y
due (fem. duve): v. io. 95. 22. In sili, chiusa dà ancora u:
pug pozzo, tur torre, duj dòlium, ènuj ginocchio, sangùt sin-
ghiozzo *; tun tonno, kurumb colombo, pu^to vinello (K5rt. 7330),
^ Per influenza delle forme arizotoniche e riuscito ad a schietto nelle ri-
zotoniche di •are (ex. 122) serrare, tari atterrare, e dfstaré sollevare * di-
sterrare '. — Ma. ver^^f fer ferro, erba, ecc.
' Ma 9€ allato a si sic; e in genere Vi dei monosillabi tende ad e,
quando segna una pansa (cfr. n. 31 n). Sda. kwe. qui, le lì, ecc. — Ma.
<;arpMi gallina, fa^fna fiucina, ecc. Ve. beh (piem. hifi) bene, vth vino, ecc.
' Lo stesso fenomeno a Pri., e, credo , in tutti i paesi finitimi a Odo.,
tolto Ma. — In òffina, brina, può trattarsi dell'incontro di brina e di brìi ma,
ma anche di *priiinay -ti- /-; ff stildi fastidio, cruccio, preoccupazione, ha
subito razione di studio (io. 52). Forme non peculiari a Cdo. : pr^^ primo,
j»f*ilifia prima, primavera (lo conosce anche Ma. )> fObja fibula, sUbi (ali. a
Wru) sibilo, IO. 76; sUtnja scimia (so. 16); le forme rizotoniche di «flÒjV zu-
folare, rUté arrivare, stfrjHUé calpestare, e iQrré finire * liberare *.
* Del piem. lHv- v. Il 860; io. 59: cfr. il Cdo. lUra specie di forca di legno
(Pri. luva: KOrt. 5744).
' Si ha Tassimi] azione della tonica alTatona in kfkf'mu (cfr. n. 54; var.
pedem. : kfkumu, kukumu) cetriolo ' cocomero *. Ve. : sta^'n stazione, f9mra
<n. 10).
* Il piem. sanffa't, II 377, s'appoggia forse a saniuti singhiozzare; v. n. 53 n.
Arohivio glottol. itaL, XVI. 84
524 Toppino,
unja unghia, ecc. ^ 23. In posizione palatina riesce ad q nei
riflessi di -UNDJA -onja -obja: pum pudéfi *cot5neu, kar^/na,
vergona, ainp5({;ra messoria (Koriì. 6132), ecc.^ Talvolta, quando
sia 0 fosse seguito da suono palatino, in o: pjoj *pedùcula^
(KOri;. 6977), boj ebullizione, e le forme rizotoniche di buji boi-
lire bùllio (Kdrt. 1643), saramora salamoia -muria (kg. I 14»j)«
ro^ rutto: o ho, da *oj, so so*. — Inoltre: kOrt curto (valm.
còrt) e ali. a skiirsé, non solo skorsa scorciatoja, ma anche
skorsa egli accorcia, ecc. 24. E ancora o nei seguenti esem-
plari dove alla tonica segue r primario o second. -|- cons. :
ambórn labùrnum, fom, Ori orlu, sùrk solco, fiìfka bidente e
tridente di legno, borga nodo del tronco donde si partono due
rami bifùrca (Kort. 1378), gorg maceratoio Sgorgo', borsa, vrs
(pili frequente urs) orso, lord (piem. lurd) che ha il capogiru.
kortn colmo (agg.), e sommità del tetto, orm olmo, for^a^ r^jrp
volpe, porp(*j sorfu solfo. Àggiungansi : dfstórb disturbo, le voci
rizotoniche di dfsturbé disturbare, e di tumé ritornare, tom tornio,
torta, tambórn (piem. tanbùrn) tamburo ^. 26. o aperto (o\ di
sili, aperta, in d\ 16 luogo, ov (Kort. 6768), k&r cuore, />/<>r<
piovere, Ofi olio, roèa, fjo figliuolo. Tfuvé trovare, ha Vò normale
nelle forme rizotoniche, mentre pruvé (cfr. pròva prova), kfur^
*c[o]rotare (I 59 n.) mostrano sempre u per influsso delle ari-
zotoniche ^. 26. Ripugnano al dittongo: a) per l'effetto dell'-d.
^ Di IStdefja *lùtria, V. II 118: HO. 1 147; di kunf^g conoscere, v. ok. 124 &.
— Noto vele è ^futa grotta, accanto a hfQta cantina.
' Ancora dofl do, che trae seco siga sto, e roH vo.
' A Ve., Can., Mo.: sd per anteriore ^soj (io) sono; a Pri. ttej»
^ Merita d'esner ricordato Vq di yr'atHQr di Diju, dove il d fa posizione
con r precedente; cfr. amuf. Hanno ancora VQ le forme a radicale accen-
tata di tujr^ mestare, rimenare (piem. tujru, ^HJra, ecc.)» che potrebbe p^r
altro derivare da *t 5 r i u in. 28 n.), e di stupé turare * stoppare * (ma «faipi
stoppa) e, a Ma., quelle del gallico huQé,
' Anche nelle rizotoniche di gUyé (n. 55) giocare, prevale 1*0 ; ma il «o-
Htantivo e §'fg. Tuttavia parecchie varietà pedemontane, fra cui la turine^ .
offruno codtantemeute ^ójr, ycya, ecc., /^Jva, prlhu, ecc. e, credo, pure kn'rt
Il dialetto di Castellinaldo 525
1*5 del suffisso -ola: lihora lineola filo della sinopia, fawjore
(agarìcus anularius) familiolae (cresce in famiglie o ciuffi), ecc.^
Inoltre skora scuola, sora suola, mora ^ mola, coi quali possono
andare anche fora fuori, e nor<^ nuora (bq. I 146: cfr. Spar. 21) ;
b) r^ija ruota; e) Vò seguito da m e quello di voce proparossi-
tonica; dom duomo, om uomo; stomi stomaco; kofu cofano, li-
moéna elemosina, ecc. ^. Di koma criniera v. no. 1219. 27. In
sillaba chiusa. S'ha 6, in póg posso, korb copro, dorb apro (n. 107),
sdfb sorbisco, dfom dormo, esempi che in parte potrebbero anche
spettare al num. seguente. Ma solitamente si ha (?: mol molle,
ort orto, korda, vota volta, sofi sogno e sonno (piem. san), béofi
bisogno , con le forme rizotoniche di suFté e bàufté , ecc. ^.
28. 0 di posizione palatina in o: pò poi, anko oggi, lój loglio,
fój foglio, skój scoglio, ój occhio, a mój in molle, fOja foglia,
rdja voglia, mdja ni., kó^a coscia, noe notte, kòc cotto, beskóé
vecchione ' biscotto ', koòa infornata * cotta \ dt otto, vojd vojda
vóci tu KOrt. 10280 tramoéja tramoggia, ambroè Ambrogio,
mar muojo, lungi'ìfja ni. (nome dato ad un campo di forma
oblunga) ; inoltre, s'ha 6 in koj colgo, voj voglio, émoja s'inzuppa,
macera^. 29. Davanti a n, n% in u: bufi bìiita (sl. 11 n.)
buono -a, sua suono, tua tono, tr^fì tuono (e così nelle forme a
radicale accentata di suné^ antunéy truné) munja monaca, lung
lunga, da lune da lungi ^. 30. o in madotia suocera, e Ma-
* Ma.: fa^dfe fagiuoli, attratto dal masc. faio.
* Anche mofe (piem. tnóle) m di ere. Di vf/fa vola, rgfu volano, ecc. cfr.
ma. I 219.
' Ma. ha dam àtn; ma stomi, kofu^ ecc.
* Quando Vò sia in sillaba finale, e non gli seguano r od T, Ma. risponde
ancor qui (cfr. n. 26 n.) con à* quindi àg osso, khl collo, tfàp troppo, làt
lotto, ffdf goffo, pàst posto, ecc. (ma por porro, qH orto, »tjd soldo, kQsta, ecc.).
* Sda. (contado): ^(ibja j5via (Kòrt. 5192); piem. rojda ali. a ro^ida
(Cdo.: ròsa) * arrogita ' corvée. — Bor (Odo.), burro, può essere un gallicismo.
— Ma.: laej loglio, nceé, oet, pjcev, pir^^ ecc. (ma fSja, pjova, ko^a^ rad
ruoto, ecc.) : Fri. lej^ tfj ì rami più grossi dell* albero (KOrt. 9626) , m^45,
</, ecc. (ma fòjaf ko^a, ecc.).
* Ma.: buh buono, ma ÒQna buona, tfona tuona, iQnga.
526 Toppino,
donna, baiadone rosolacci, nona nonna. u. 31. u di sili, chiusa
od aperta, in u: pu piii^, lUm lume, éfusi giusto, pufi pugno,
ecc. ^. Di stiva stufa, nitm nuvoloso , nivura nuvola , trifura
tartufo, tarttftda patata, v. io. 78*.
Dittonghi. — 32. au primario e secondario in (?; ^ oro,
kqj cauli 8 (KSrt. 2031) * cavoli', lódura, ecc. — parola^ frola
fragola, d'ko anche * di capo' (XIV 364, oe. 170), ecc.*.
33. Il dittongo derivante dall'ai delle formolo alc als altj si
continua con la pronuncia di àu: kàug calcio, sàuga salsa, dug
(io) alzo, ecc.; di alt ald aln, v. il n. 73. Altrettanto dicasi
dell'aw da -a[t]ore -a[t]orio, ecc. di cui v. i nn. 4, 108; e IX
250 n, XV 426, vp. — Di ai, v. i nn. 5, 6, 7 ».
^ In questa come in altre voci monosillabiche («iZsu, e èU gii!) che ven-
gano a trovarsi in fine di frase, VU viene assumendo un suono quasi di 5.
' Papa poppa, ha VU da p&pé poppare (n. 58 n).
' Registro qui alcune parole del dialetto di Ma., nelle quali alFfi è so-
stituito Vi. Non ne indago la norma, perchè la serie non è completa, e mi
riservo di esplorare a miglior agio T importanza e Testensìone del fatto. I
termini da me raccolti appartengono alla frazione della Piana, che forma
circa la metà del Comune, e sono: hifja (piem. bUrja) acqua piovana cor-
rente e torbida, biàa sterco bovino (piem. bilèa)^ biska pagliuca, hfi kfija
crudo -a, binò -a lordo (XII 898), kihaj fiS, ffist -a logoro, gfatUa grattugia,
pifij pire pulce, Hpja ruga (piem. rUpja, Nigra XV 296), Hpa zuppa, tflbja
rete peschereccia (piem. tril-\ iva, spliva scintilla (II 842), spi^ja puzzo,
apiv sputo, biva rebbio : bfié brucio, éié succio, kiè cucisco, miff ammucchio,
pip poppo, rimja rumina, èbariv (piem. ébarilvu; Nigra Zst. XXVIII 2) spa-
vento, ègif forbisco, spurgo e x e u r o (kj. 125), ^p asciugo (ma gUó asciutto),
spiv sputo, stfaciv -sudo, stranh sternuto, tafnbls -busso, tfamiv sposto, tra-
muto, ifibil travaglio (piem. tribUlq tribolare); i participi! in uto: boti bat-
tuto, savi saputo, ecc.
* Sono dotti làud lodo, e pàué depongo, accanto 2^pQè raffermo (del pane).
— liau atono viene regolarmente a u (cfr. n. 53): utùn autunno.
* Aggiungo qui il Sda. uvaé bacio * opaco ' (II 2-5; a Cdo., forse con im-
missione di ACQUA : ajvé ajwi) , accanto al piem. ^vàj ed al comune Xaj
(II 12dn) lago.
Il dialetto di Castellinaldo 527
Vocali atone.
34. A Protonico. Iniziale e mediano oscilla fra a ed dt ^
36. Postonico, passa in « e ne segue le sorti, ora andando
espunto, come in kànvra ' canapa, tdrtra manicaretto di farina,
ova e latte * tartara ', ecc. ; ora, nell'iato, riducendosi a j : èlampjé
oscillare ' lampadare ', gàvja gabata (KOrt.4101), stomi (n. 26), ecc.
IO. 121. Rimane in sàha sabato (io. 120). — Di ^ano = -eno = -ono,
V. n. 119 e XV 413. 36. Finale ^ Cade in te (n. 9 n) baccello «,
kajkói qualchecosa oe. 126. 37. È frequente all'uscita di voci
indeclinabili: piira pure, fii/ia fino, suta sotto, ecc. 38. e ini-
ziale, aidsk htbiscum; istà estate. 39. Protonico espunto:
privu pericolo, pre ventriglio *petrariu (XV 120), vàia vicino,
gne cenare, dàarmé disarmare, ske seccare, fra inferriata * fer-
rata ', kartùii carrettone, ecc. ^. Con prostesi di a davanti a
liquida: aréanté (EQrt. 7836) sciacquare, amrùfi popone ' me-
lone ', arsija bucato ' lisciva ', artànije litanie , argér ali. al
più comune Unger leggero, ecc. ^. Per e secondario: vrunté
vranti volentieri, pku1^ boccone, sti sottile, murtrà't mortaretto,
armù rumore, asUS (n. 83; piem. arsifiSl) usignuolo, ecc. io. 127,
' Malato in e in alcnne voci non popolari: BreUl Brasile, eè(lu asilo;
ridotto ad t in gr*f^^ Tinacciaoli, te é da ' grano * ; ad f davanti ad r, in
mffmóta marmotta, akfrlàta scarlatto, Bfrtfumé Bartolomeo, stffp&sé cal-
pestare (detto specialmente di terreno coltivato) ^= piem. s^rpiif^ ; inoltre,
in ffstOdi (n. 20 n).
' Ma, nella protonfa, Va di questa voce si conserva: kanavd canapaia»
skanavffta beccafico canapino, ecc.
' A Ve. : fava fava, gféà chiesa, ecc. Uguali condidoni, credo, a Fri.
* Cfr. mu^= Cdo. ftiNi^a mollica, e kur/ ^Cdo, kur^a cinghia, a Fri. e
Ma., lfsk/=les€heja (cariceto; Il 43) a Ma. — Sono pur del torinese le
forme diminutive: Rui(h Rosina, Mafgafitin, Madlinin e Madlih, ecc.
* Ma. ha ireh terreno, ignoto a Odo. ed al piem., il quale ultimo per
altro ci dà trUc terriccio.
* Ma /fw levare, Iva lievito * levato *. — Fiem. al^ja ali. a Ifc^ja.
528 Toppino,
146: 6E. 128, ecc. 40. Nell'iato, in^': sja^ staccio, pjàge ni.
'pedaggio*, kavjà * capitale ' (K5rt. 1872), ecc. II, 49n. ^
41. é in u (e w; cfr. n. 53) per effetto di attigua labiale':
aniburf umhilico, puvriii^ (accanto SLpfrrtiii) peperone, ^nn/i (piem.
piinja: per il da u v. n. 53 n.) pipita, ihica^é sbevazzare, Uut'
iTquare (Kurt. 5638), con u che si estende alle forme rizoto-
niche»; — fiiméla n. 53 n. (K9rt. 3678; III 170). 42. In i.
nella vicinanza di suono palatale : èinèa, ^iftié, péiné pettinare.
43. Quando la espunzione importi un nesso mal pronunciabiltr.
Ve rimane, assumendo il suono di g: tgr^nuré tremolare, sterpa' j ni.
stirpétum, meste mestiere, spageàé (piem. sparge) passeggiar^,
bfèliniy bislungo, te^ù tessitore, ecc. 44. Di due e protonici
scompare normalmente il secondo: sgmtté (n. 17 d n) seminare,
genrd cenerata, bf;rré abbeverare, sgtmta chi nasce sette mesi
dopo il concepimento, e medico empirico ^ ' settimino ' (ma smàM
settimana), sarné^e (v. n. 45) serenarsi, ecc. 46. er iniziale
passa sempre in ar ar^ tanto in sillaba aperta quanto in sillalta
chiusa: aràm rame, arùf errore, afbfte bietole 'erbette*, arp/
(II 9 n) erpicare, arbjòt piselli (II 376). Lo stesso può avvenire
a formola interna; niarànda merenda, safàffk (n. 17 d) safbjé sar
chiare *exherbicare, mar^é mereiaio, tor^^ *tertiolu terzo
fieno*, ecc. V. n. 18 n. 46. Le formole ex* iniziale, ex* km*
IN* iniziali od inteme, volgono e in a ^: anàné (n. 3), anipi ri*
stucco * inirato ', ankwiéu ' incudiggine ' (XII 409), an/?r^ infilare.
^ È aj da ej in majHìha medicina e vajlQ^t * vitellotto * (rp. 529).
^ In ffUi'é fregare, c'è rincontro di frictare con la base del fnnc^»f
froUer.
^ Lo stesso dicaci di rùye (var. piem. vége) vedere, assai diffaso.
^ È opinione del volgo che i nati di sette mesi abbiano speciale attitn
dine a curare le malattie.
' Tarfoj trifoglio, sarà pasitato prima per una forma intermedia tfxiuj
(cfr. n. 121). viva tuttora nel piem.
* La prep. in suona sempre an: ma a S. Vito (Monta), ho adito mmd*
in-Aft, in-Albit (ma del resto: at^kà in casa, oH'fftta, ecc.).
Il dialetto di Castellinaldo 529
lanUja ìenticchiei, vandfmjaj ecc. Rimane l't in infà'm, intà'm^,
47. Postonico interno espunto: fumra (n. 10), limoina elemosina,
ùnée undici, porr povero, i'fnre cenere, purè pulce, ecc. io. 122.
Diversa risoluzione s'ba in 'rene jene (n. 17d) e negli infiniti
della 3'^: baie battere, pjànée piangere, ecc. '. 48. Nell'iato
moravi malato (Vili 367), paH *p a cidus (so. 224), arW tinozza,
pó^i pesco * persico ', sarvdj selvatico, gràvja gravida (KOrt. 4344),
mànja (n. 3), pàrtja pertica, ecc. *. 49. All'uscita cade, fuorché
nei seguenti casi: a) nel plur. dei nomi della 1* declin.; b) quando
la caduta importi un nesso finale mal pronunciabile: j^tirf e pol-
vere, pàjvfe pepe, j'fnfc cenere, sàmpre sempre, màntfe mentre,
mango jre 'mangiatore', bruscdjre canapino, ecc., pare padre, mare
madre*. 50. i. Di regola intatto*. Per in* v. il n. 46. Pas-
sato in il per gli eifetti di labiale attigua: liima^ora lumaca,
kupnje bagaglio * equipaggio ', andrene da ^anduné = *andvutié
(piem. andvinf) indovinare , sktìvé (piem. skivé) schivare, coll'/i
* AI rincontrano: ingunija accanto ad angunija agonia, e allato a in^n-
naja c*è angum^ja *ingninalia (Kòrt. 4978). Cfr. inoltre: r'«iiràV« il ro-
vescio le diceni dei tessati), rmdrié^ f*indùbi il doppio, a r*i^r4^ * alFin-
gr08so \ a r'inkuntrafi (ma anrfrs^^ andrigé^ ankuntfé, ecc.)i « f ' iWwwjà'M,
mafinhQni malinconico, e rtn^fo^^V ringraziare, rinkf r se TÌncrescere, che botìo
▼oci letterarie.
* Ma. : tene tenero. — L'i di 6iM cece è dovuto al plurale. — Siano pur
qui ricordati: jMifMfa passera (piem. pàpra\ kólura collera e colèra, che
derivano il loro u da una spinta analogica verso la serie dei nomi in -^ufa:
lódura (n. 32), turtura, ecc. V u di kfkftnu (n. 21 n) può esser dovuto al-
rinflusso della vicina labiale.
' Tàfmi (piem. t^rtHu) termine campestre, rappresenterà "tkrmitb foggiato
«ul suo affine lUmi (n. 20) ; V-e di pfére *prévett è sostenuto dalla voc. to-
nica, seppure non si tratta di *prever (Fred. 47 ; XV 430) ; firQge chirurgo.
è stato attratto dalla serie dei nomi in •a^#=3-ATicu(XV427): pjéie (n. 40),
tjàge, ecc.
* Ma poi levr lepre, siàmòf settembre, ecc. Ve s* incontra ancora nel
gallicismo metre valente (maUre)^ ed in linSe undici, dù«e dodici, ecc 6ua.
ci offre un lUndie (var. piem. lU'ndeif) lunedì. Mo.: rénfe 'venere* venerdì.
' igp-ìànda (piem. girlanda)\ v. KOrt. 10389, e il n. 34n.
530 Toppino,
che poi passa alle rizotoniche, ecc.: in u in vujdrbra (piem.
vijarbra) vitalba. 51. Finale. Rimane in ami (accanto ad om)
uomini, ed anche * uomo ' (cfr. il torin. ojmu^ IX 256) snufi
(anche sfiur) signori ; negli aggettivi pQVfi poveri, bravi, Icari, ecc.
usati in proclisi, come povri fjo^ ecc.; tanti (ali. a tàìiè cfr.
n. 5 le), e pochi altri; in vuj voi, rfi?^ due, ecc., ^fò; tre (masc).
51 a. Si ripercuote talvolta dietro la tonica; tr<ijp (ali. 9ktrù]^
troppi, pojk (e poki), kàjk (n. 7) ^ 51 b. Manifesta i suoi ef-
fetti sulla tonica in to tuoi (sing. to), so suoi, nostr nostri, vostr
vostri, grog grossi (sing. §roQ)i orni (n. 51)*. 51 e. Può in-
taccare la consonante vicina : aé altri (sing. atr), tiié tutti, dàné
(passato poi al sing.) ' denti ', afi anni, ecc. io. 260. 52. o. Ini-
ziale. In au: audùr odore, aunùr, aufàjéa offesa, aufigi salmodia
* officio ', auriva oliva, aurifta orina, aurék (piem. tdùk) stolto,
Kort. 9869, aurija orecchio, auriéin orecchini, auriéél (piem. urisél)
ala sinistra dell'aratro, che, visto il nome di uria dato nel piem.
all'ala destra, riterremo rappresentare un *auricella, aurijo
(piem. urjol ; KOrt. 1060), auéél uccello, aurig riccio (cfr. piem.
Urig) ^. 53. Ma normalmente qualunque o, iniziale od intemo,
è ridotto ad w*: wr^ufà'ii ortolano, ustarija osteria, kuràm cuojo,
' Cfr. " in Alione sing. qualch quareh, pi. quaich , so. 235. Mo.: iUj tutti
SL. 12 : Fred. 50-1, ajt altri, IX 196-7 n.
' Si usano pure talvolta ndsé nostri e vSsé vostri, che presentano uniti i
fenomeni dei nn. 51c, 51 ò; cfr. ancora Ma.: fc, n. 6n; e mat^é ragazzi (sing.
matót) a Bene-Vagienna. — Il fenomeno della metafonesi si nota in alcuni
paesi situati ad ovest di Alba; cosi a Yerduno, dove si ha n^ nomi (sing.
ngm), d^ (sing. qq osso), tdk, ecc.
' E auèinélf acino, non presupporrà esso un *oS-?
* Notevoli akUrsé ali. a kdrt (n. 23), e bUràu (n, 4) ali. a b6r burro
(n. 28 n). — Il piem. suol ridurre ad iZ un o protonico se la vocale accen-
tata sia un i : Uliva, Urtija ortica, fUrmija^ dUminika^ tUgi tossire {tug tosse),
rU^H arrostire, TUrin Torino, ecc. Questo fenomeno è pure proprio di Ve.
e di altri comuni delFAlbese posti verso la provincia di Torino. — Cfr.
inoltre ravfla rotella, sifUmél stornello, jE>ap^ poppare, fUmflan. 41, accanto
a fumfa n. 10.
>
Il dialetto di Castellinaldo 581
putrat mendico ' poveretto ', tùrtura, ecc. ^. — Nell'iato, quando
preceda consonante labiale o gutturale, in w : bwfla b o t e 1 1 a
(K5rt. 1521), pwé potare, kwi covare, e *cotariu bossolo della
cote, kicdtU convento, gwàm governo, ftod affocato, ecc. 54. Ta-
lora si muta in ^ e ne segue le sorti: ambufi urobilico, kmudé
aggiustare, cucinare 'comodare', gmùi^e (Vili 389, XV 412)
offiìre, arbtisi robusto, ariose orologio pubblico, skfrpjuf^ scor-
pione, bffbuté borbottare, rjund rotondo, ecc. : pffr(^ (pinus picea
XV 50 4) * pecciola ', karkre calcele, sgkre zoccole, arbr<^ pioppo*.
66. Si riduce ad U per effetto di attigua cons. palatale in kùM
cognato -a, Itìbjd cialda, oblata, ffilgé (n. 25 n). — Di nifOra
nocciuola, v. Ili 24; ro. I 371. 66. Finale. Generalmente
caduto : compare in ujru otre, Qstu oste, Qrlu (n. 24) orlo, borfiu
(Kdrt. 1490) cieco '. Si ha e in tenre tenero, sUkre zucchero,
l libre (n. 20), ma^istre maestro, Uidre^ sélere sedano. 67. u. Di
an-pók un poco, an-pig lungo tempo ' un pezzo ', v. 1 48, oe. 131.
— Fuor di questo caso si ha di regola ti od t a seconda dei
parlanti: persone del popolo pronunciano con la medesima si-
curezza kufjui e kifjué curioso, muraja e miraja muraglia, stra-
guvu e str<^^ sudore * stra-sudore ', kuHà e kifid cognato, fumala
(n. 41) e fimfla, TiiriA e Tirti^ Torino, ecc. *. 68. L' au di
ragione castellinaldese, iniziale od intemo, si mantiene, e può
^ Un ati da 0 interno si ha in §auSép Giuseppe, di La-Morra (Alba). —
Cito por qui il Odo. àgauli^a regolixia, del quale non so che dire, e il
kwamajéc corro, di Ca. dove vedremo il kwd^ con cui s* imita il forac-
chiar del corvo.
' Manca al Gavazzi skèfpf * scolpito * somigliantissimo. — Ma. : lambfi
lombrico; Mo.: sire sotterrare, seppellire.
* È dovuto ad influsso letterario T tt di mofu moro, uMu muru muso
(cfr. per altro XV 413 n), mfmf, bravu .bravo! (ma hfov agg.), muttfu mostro,
e pochi altri. Notevole inoltre la serie seguente : If a^ju bersaglio, aaralju
serraglio (ma aardj saracinesca), ébtUju, èpolju, rivglju revolver, avQlju avorio,
drumedaiju, ivalju svario, differenza, rivUju rinvio, tampffju * intemperie*, eco*
Si ha 4 in ìewdndi (cfr. oi. 126 n>, raro, ali. a kwànt (n. 105), quando.
* Piem. lifUf^a uva lugliatica (cfr. lUj IM luglio).
532 Toppino,
derivare : a) da *aiiZ ^ al delle forinole alt ald alk alo al- :
auleta altezza, kaudfr<^ caldaia, §aunà*sk gialliccio (cfr. n. l'M.
fau^ija falce fienaia *falclcula (K5rt. 3592), $aurira sal-
siccia, ecc. ^; b) da -àvii-: laure e^r Ave 'lavorare*, sauri saporito
salato, éaurlfi che ha la faccia annerita, come ad es., i fabbri
(cfr. piem. cavilrifi chiavaiuolo), rataurQJro pipistrello (piem. m/'x-
rulQJra) * ratta volatoria', Zst. XVII 157, Ro. XXXI 28^. ecc..
coi quali vadano pure kaugé ali. al più frequente kat^ (piem
(javfgé) raccoglier rami disponendone i capi da una parte * capt*z-
zare ', kau^afla testata del campo ' capezzagna ', dauàin pressi-
' da vicino ' ; (*> da o, e v. il n. 52. 59. ai si conserva e si
può ottenere: a) per attrazione: ajrd (n. 6n) ' areata ', §ajri^a
ni. ^=OLAREA, karnajro carniere, vajrQre vajuolo, ecc.*; b) da
au: ajié usare 'a(d)usare' (gè. 170), éajné *ja{j)unar€ dif^ìiuAre.
e forse ajtori nel modo : brajé a- gridare afta , vp. 530 n. —
V. anche ajèf'fbi Eusebio. 69**". uf: kwajrà (piem. kujrtì)
percossa, picnjrbì Poirino, bwajniiì (piem. bujruiì) imbratto * >h.-
verone ', wajdé (piem. vujdé) vuotare *.
Consonanti.
60. J iniziale: ed già, éu giogo, énnkuren, 99 n., àajnén. r>l«
Ma yuvu giovane, ffobja, Kurt. 5192, gag giaciglio, ecc. ig. 17^'».
Interno : peé, haèu stanga di legno per portare due secchie baji'i«>
KOrt. 1164; ma^ maggio. 61. J complicato, lj: aj aglio, wt*ij
miglio, duja brocca, ed occhio dell' ascia, della zappa dolr^h
^ A Sda. si ha invece m : fudd grembiale * faldale \ fuffia (piem. fau(fta
* fatoptt i \ putàc ni. (Cdo.: pautà^); cfr. alb. utih (piem. auUn) vigna * aitino .
* A Verdnnoijwf^' paiaolo, afin'ró'r acino vaio * in-varietto *, Ì»rd«lr (Cd^^
Kajfùth) Cberacco, ecc.
' E quindi: wàjd (io) vnoto, tràjdu vuotano, eoe. (ma pdjd n. 2d). — Ma.
turajfé =s Cdo.: tujfé n. 24 n.
II dialetto di Castellinaldo 583
(I 26 n.; Kòrt. 3066), fjo, ecc., io. 258 ^ Di op olio, Kr» lilium.
V. I 359 n., 509, ro. I 518. -li -lli: koj n. 32, kavà'j 'ca-
pelli', ecc.: V. IO. 260. 62. sj: faiS fagiuolo, éir^éa, ecc. —
ssj: ampsùf^ messione (Eort. 6128) spigolatura, il tempo della
mietitura. 63. nj : béon n. 27, nu^fmr Dio, ' nostro signore *, ecc.
Per NJ second.: sfurfié uscir dal nido, * fuomidare ', e màfn n. 3*.
KuAi, cuneo, è voce dotta (cfr. piem. kiifi e v. ro. I 512). —
RI : V. i nn. 5, 23, 59. 64. vj ; ^bja n. 60, gabja, K5rt. 2040,
II 121 «. savja salvia, III 26. 66. cj: faf laccio, ^ qui, II 333,
làìtfa^ ecc. ma sfiiéa fiducia Edi*t. 3737. 66. oj: kartó carreggiata,
ang^ée^f afiErettarsi ' ingreggìarsi ' (oe. 138, 164), sunéa sugna,
kur^a correggia. Vili 326 *. — oi: fune fungo 'fungi', spara * aspa-
ragi'; V. n. 100. 67. tj: raiùfi ragione, prfH prezzo, pardé
palazzo, bafMé K5rt. 1229 ; pja^a piazza, pug pozzo, lanso lenzuolo,
ecc. — STJ secondario o in voci dotte: b^séa bestia, kfscaiii (n. 83)
cristiano, bascà'iii Bastiano; séajdl in avvenire *sti'<ié-dt (n. 100 n)
* sti-altri-di ' *. — ri: aé tfté, ecc. n. 51 e, dmné davanti (n. 3).
68. DJ: étì giù, ma ^urnd giornata; meé mezzo, kfàé credo q. ' creg-
gio**, raé raggio ; éffaj raccapriccio oladiu, KOrt. 4253, goj oaudium
(sL. 19), ank6 oggi, pò (ni. in quel di Comegliano) * poggio '.
69. L. Interno fra vocali si riduce a r (v. Parodi, qui sopra a
p. 340) : tre telaio, kuriimb colombo, para ^, skdtura, ecc. 70. Al-
* Di lUn luglio. V. Merlo, I nomi rom. d. mesi ecc., 142; ^n (Ma.: ^J)
oopracciglio, si risente, com*è risaputo, di * cenno *.
* FaHà'ii fannullone, dal frane. fainéanU
'11 GaTQZzi rìporiA un obja obtiam KOrt. 6646.
* Cdo. ha skuéUh legaccio di cuoio per le scarpe, dove ravviserei uno
*shuriUh * correggellino \
^ Ancora kustjuh e kuséjtih questione, e talvolta maséjé masticare, df-
Hmanéjé dimenticare, ecc., accanto ai più comuni mastjé dfèmantj^,
* A Ma., anche kaè cado.
^ In parfta (par- a Pri.) paletta del fuoco, vi ha 1* influsso di * ferro *
(cfr. fruj n. 78 n). Vurà'j volere, accanto a r^, vófu vogliono, ecc., mi
riesce oscuro : k€Ué ikofé a Pianfei) calare, è attratto da ' calle *, conservato
in kald spalata 'callata*; ftuUà'fi (n. 17j^) è isolato in mezzo a moravi tna-
ranvi di mala voglia (•inviti KOrt. 5184), maràn, marisjOt ecc.
584 Toppino,
l'uscita suol cadere: sa sale, pa palo, atné miele, su sole, pur^i
porcile, kiì culo, ecc. Resta, ma ridotto prima a r« in iar tale.
kwar quale, mar male, milr mulo, /ff; i^ gelo, dar lutto ' duolo '.
ror vuole e jo^ può; v. io. 277 ^ 71. -ll- si riduce purea
r in garifia gallina, spar» pallido, pori pollice, varà'j vajxIculo '.
72. Seguito da consonante gutturale o labiale si muta pure in r:
orbi, K5rt. 565, korm, sQrfu n. 24, skarvé sfrondare, sork solco.
Arar*^ calcare, ecc. '. — Davanti a sibilante è r (v, n. 7*^) :
arsija n. 39, piiré pulce, sari salice, fars ali. a fàus, dfshìn
scalzo. V. il n. 33^. 73. Viene a tacere nelle formolo ìli
ÀLD àln; at alto, kad caldo, fada falda, grembo, ^an (pient
^aun) giallo, ecc. ^. Di alt ald aln a formola atona, v. il n. 5S.
Tace ancora in olt old olc ols, siavi l'o tonico od atono : mA
mol(i)to (cfr. Vili 371) macinato, roto volta, «9d soldo, hUurf
'coltura', dug dolce, pugé pulsare, ecc. 74. l complicato.
CL. À formola iniziale o preceduto da cons. in i: éar chiave.
ciiì chino, séQde, Vili 396, masé maschio, kwàréa coperchio, ecc. :
in ^: ^avél clavellu , Edrt. 2250; ha. 86 n. , gfia (n. 9).
75. Tra vocali occorre normalmente j: avija n. 13, dàni u/
dente occhiale, ecc. *. 76. ol: §aga ghiaccio, gfr<^ n. 5, unga
unghia, sanjùt singhiozzo, ecc.; strija stregghia, KOrt. 9109.
kwajà latte cagliato e spannato, ecc. 77. pl: pjài% piano.
pjova, ecc. ; Qpj (piem. Qpi obi) opulu, sdmpi scempio, dubi doppio.
* A Mo. : sar sale, suf sole.
' Di favarQ8ke fiocchetti di neve le^eri e rari, pula del grantarco, ve4j
II 342-3. Varata ni. (Cdo.) * yallalta \ Virata ni. (Mo.) * vìIlalU *.
' Di pu9r« polvere, e tkuplàt scalpello, v. il n. 110. Per §avja (piem. sarrja
li 122 n.) salvia, t. IX 197 n.
^ Piem. sburs bolso.
' Sàut io salto (allato a scUr salto), skàuda riscalda, ecc. prorengono dall**
forme arizotoniche (inf. saut^, skawlél Malta (piem. moMla), artór altare,
vpiem. aM/<lr), arianije litanie {=^*alt-), surdà soldato, ofX;^ (n. 1 10) rìcolt«\
$purtUra sepoltura, son voci importate o dotte. Di bumba a (n. 109), e mimm
milza, V. KJ. 126, e qui sopra a p. 377.
* Di maéa macchia, e maja maglia, v. II 123 n. Sp^ specchio, al Flechu
parve esotico.
Il dialetto di Castel linaldo 535
stubja stoppia, ecc. K Di pifi (n. lld: so. 40 n), pu n. 31, pirja
n. 13, V. il n. 120. — bl: parbjà (usato solo in fefaparbjà
mietere il grano nella pianura padana a sud di Torino riceven-
done mercede in natura) ' parte di biada ', iràbj trIbulum, Kort.
9722, habi rospo, II 34, ecc.*. — fl: fju fiore, skunfjé gon-
fiare, ecc. '. 78. R. Interno fra vocali suona di regola r
(vedi n. 69): ura ora, farina, ecc.: cosi pure se sia preceduto
da una consonante qualsiasi, o seguito da consonante labiale o
gutturale: tfav trave, brut brutto, krv^ croce, lavr labbro, ska-
labruii^ arma, sàrp, «frrdnto serva, bafka, ecc. *. 79. Talora
passa in li laM ragno e ragnatela, q. 'ragnata' (Kort. 793),
tuga (erba) eruca, l^ska (piem. arfska) arista, angalantt garantire;
ipalju (cfr. l'it. sbaglio) dififerenza, svario, malju Mario ^. 80. Al-
l'uscita per Io più cade: sarta sartorem, di d-lavu giorno fe-
riale, bU BURE, pjaH (n. 10) , ràj vero, ecc. *, senza dire degli
infiniti (n. 1) e dei sostantivi in -ario (n. 5). Rimane, sotto
forma di r, in mar mare, tnur gelso, lur loro, kar cuore, or oro,
tOr toro, dior tesoro, e negli aggettivi, dove il r finale si regge
nel maschile grazie al r intemo dei fem.; éajr mer (n. 5),
dur, ecc.''. 81. -^aro .^ero ^ere riescono a e in ton€ Tanaro,
' In séandàr chiarore, è manifesta Tazione di éajr chiaro.
* BJUm, rosume di fieno, dal tedesco ìdume fiore (ma. 86).
' FrUc* dissenteria * flusso *, e voce dotta.
' Fatto iniziale per aferesi è sempre r: ramina pignatta di rame (cfr.
aràm n. 4h\ r(la strìscia di fango all'orlo della sottana ' orella \ K5rt. 6740,
6741. rumatik 'aromatico*, II 361. In vtfTf^ vitraria impannata, t* è forse
dissimilazione e in fruj tsbuculum catenaccio, v*è immissione di * ferro';
prUCi se h * peruccio \ III 22, sarà importato, in sostitazione di un orìginarìo
pàj (n. 80 n). Arpj^ erpicare (cfr. àfpi erpice) è entrato nella serie degli
ar da bb- (n. 39).
* MurtQlju mortorio, tnafffjlju persona senza garbo * marforio *, dfumedalju
possono esser degli esempi di dissìniilaz. (n. 110). Per ^Iqì cerotto (piem. ftr^O,
cfr. mil. tUa cera.
* Piacerai qui ricordare il ni. tara di pàj in cui si vuole e si può vedere
an 'terra dei peri*; cfr. piem. pfjr.
■^ Vàj vero, serve per i due generi; màjf maturo ;n. 7) e nàjr nero,
hanno pure allato a sé màj e nàj pei quali v« kj. 122.
536 Toppino,
^ene rene (n. 17 d) e negli infiniti (n. 47). 82. Scompare -r*
in fajnél (piem. farinél) valente, abile, pàj'd'tni pàj-d'VÙj ecc. come
me come voi (ma, fuor di questi casi, ^r4;\ n. 11), saa^jro ieri
sera * sera a sera ' (cfr. Taless. setra la seira, Salvioni, Il Pianto
delle Marie in a. volg. march., gloss. s. * sera '), e potrebbe
vedervisi una dissimilazione ; majstànt a stento, appena ' a malo
stento ' (cfr. a mala peìia), e forse ne* nnll. Vajàfla da *tarii^la
(cfr. n. 71) *vallicella\ Vàj-du-rQla ni. da varà'j (n. 71); dai
quali esempi tutti, risulterebbe che la sparizione ha luo^o solo
nella protonia. 83. Per motivi radiofonici ' è dileguato in
kesta cresta , tfska (piem. treska) aiuola di riso, f^ska fresca
(ma fràsk fresco), f^skura umidità, k^sòa'n (n. 67), sakfstija sa-
crestia, peste prestare , fuslé (^ *fur8té o = *fe8té?) forestiero,
travfsdi (misura) ' traverso-dito *, sfvjà'nt messo comunale ' ser-
viente', serjfta (piem. Sfrvj§ta) tovagliolo; fuélifia fujUiilUi (cfr.
n. 100 n.: piem. furcelifio) forchetta; asfio (piem. argifiSf) ai^i•
gnuolo ^. 84. V. gumité vomitare, esempio ben diffuso (I 516d.:
IO. 166). — Interno, primario e secondario, si dilegua nella
vicinanza di vocale labiale ^/m (n. 21), tu (piem. /ur), KOrt. 9r>7u,
éu (Fri. éuv) giogo, Q/ula cipolla, pwiju n. 41, traùnde (piem.
travunde) inghiottire, Vili 399, bii (n. 120) por *beu bevut4\
8tqu (piem. sieru) Stefano; ru rovere, suró^ esostosi * soprosso \
pjuéiììé (piem. pjuvèiné) piovigginare *. Inoltre , v. i nn. r>3.
r).S6. 85. w. ìcùra guerra, tcàndr guanti; vindu guindolo.
rjàrm Guglielmo, tf^cufa (Kurt. 9720) sosta, tarde* custo-
dire, vane guadagnare, vari guarire, race stare in agguato,
vari (pieni, vajre) guari, parecchi, quanto?: coi quali vadano
*■ Per gli eéciupi del tipo di h'sta (cfr. hfKta in varietà piemontesi) meglio
diremmo ibr-^e che il r vocale si risolve per (♦.
* Cade inoltre in per seguito da *' : pf-ibalju per Bba^lio, pf'$taèàjfa p^r
stasera, ecc. — A Mo. : fn^Ma finestra, mnfs/a; musté mostrare; gampt
sempre.
* N<jn hcn chiaro mi è (itufa n. 13. — Piem. rjurn vniosiiuii, diura * «li
sopra*, 1X252, Pred. 64; Mo. : bufé (pieni. ÒMcrf) abbeverare.
' Arda (KJ. 127) vedi; cfr. piem. «M/f ali. a rtmtf bisognare.
Il dialetto di Castel linaldo 587
casti guastare, e an-tvd a livello ' in uguale \ attivare pareggiare.
Di tۈna (n. lld) cfr. rg. I 416, K5rt. 9963. 86. s. Prece-
duto da consonante si può rinforzare in e: ce (piem. pcf e tnf^é)
nonno (Spar. 16 n) éerfja * messoria ', cadés (piem. atsadés) fra
breve ' adesso-adesso ', téiìèa allato a t^uéa di sopra ' di susa *
(cfr. §ura di qualche varietà pedemontana, ali. a déura, IX 252),
sci questo qui, da st-^ (cfr. sti-^ questi qui) ^ 87. se. rs in
s: nage nascere, sa sala axalis, ecc. 88. h. Notevole kuiii
come; il m compare solamente in kum^la come va? 89. n. Il
/i degli esemplari allegati al n. Il d deriva dalla fusione deln
col j deirò; (ài) che normalmente, secondo il n. 8, precedeva al n.
Mi conferma in questa opinione la vicenda di iajné (n. 59), il
qual verbo, nelle forme rizotoniche, ofiEre costantemente fi (iàh
digiuno, ecc.) , diversamente da quanto avviene a Piverone
(XIV 16), dove il dittongo e costante. Àncora son da conside-
rare Uanà disinvolto e forte, ^slajnà * slatinato ' KOrt. 5460 e
mùni * (nn. 3, 63) da *majnjo *nianjo *. — In parole piane *, tra
vocali di cui la prima sia tonica, si volge a fi cioè alla faucale:
tóHa, farifia, kurufia,lufU^, ecc. II 127, III37,X1V 118; io. 216 K —
MK in fi: skafi scamnum, dafié trasudare ' far danno ', kurufiat mu-
ricciuolo della stalla posto fra la corsia e il letto degli animali
' colonnette '. 90. All'uscita romanza, preceduto da vocale to-
' In varietà piemontesi si ha hus-éi per il comune Ìcu9t^. Siano ancor
qui ricordati mare da *f/kir^r)« martedì, e lUné lunedi da lAndes (n. 49 n.)
UQnds, *mnt8y esemplari di Ma.
' Il passaggio di M in A è qui posteriore a quello di a in à, perchè fi
lancia intatto un a precedente.
' Cfr. Mo. dvaH davanti, contrapposto a devaynt Fred. 62. — Il Odo.
pihufa (piem. pinula n. llOn) pillola, si risente forse del piem. pifiat che
per altro è ignoto ora al nostro dialetto ; solo Ma. conserva un piA^ specie
di uva con grossi acini e grappolo compatto.
^ Fanno eccezione gmune (n. 54), kuni (n. 63), satUantuhi ni. ali. a ian*
tantQni S. Antonio; cfr. il piem. mani manico.
' Ma rffii vieni ùndic), vfna ven^a. rftiM vengono, ecc. : tfmi tieni, tffia, ecc.
(piem. r#Mi, p^^ki, /é^Ma, ecc.): cfr. u. 17(/. — A Ma. lana, ffna, cena, ò^fia, ecc.
538 Toppino,
nica, diventa iì : pàiì, vìa, ecc. io. 275 ^. 91. e. Iniziale, si fa so-
noro in gavé * cavare ', gav sterro *, 92. Interno fra vocali
passa in g ', per le cui vicende v. il n. 98. 93. ce ci. Iniziale
ed intemo dopo cons., in g (cfr. n. 110)^: gàtU cento, fMtóriM.
dug n. 73, purgél sciatto * porcello ', ecc. io. 175. Di sarU ricu-
cire SARciBE K5rt. 8358, v. il n. 105 n. 94. Fra vocali 8i
hai:/u ravàé 'rapace' K5rt. 7760, amii amico * amici', Ko.
XXIX 546 sgg., tnaiél macello, ecc. ^. 95. cr. laé latte *. ta-
éuva lattuga ^, leó ìetto^peé mamme delle bestie, sciocco, pectus.
pfòu pettine, póiné pettinare, Ive-u dfspéé ' levare il dispetto '
(si dice degli uccelli che abbandonano il nido perchè scoperti e
disturbati), speiùi suscettibile * dispettoso ', stfàò stretto, die
detto, drié dritto, fié affitto, pigione ^ strafUa ' trafitta ' chiavetta,
pinolo di ferro che nel carro tiene unito il timoncino del treno
^ Ancor qui ven vengo, viene, e vieni (imperai.), e ten (piem. trn i* n .
' Si ha <^ da <; iniziale in iàuaa (ali. a kàusa) 'calza* (fettuccia che «i
mette ad una zampa dei polli per riconoscerli), che sarà un antico in&lli
cismo (ehausse). Esemplari di ^ da ^ sono i piem. Pifrba cosbis, patf^f n.^-.
gamfl cammello, jUrf IH 185 n., 188. Ali. a ^Hr^* il piem. ha pure i^f
(Kort. 3382; cfr. Xll 431) = Cdo. skUré (cfr. ». 125), al qnale si posson**
aggiungere i piem. S^unfjf (Odo. akunfjé) gonfiare, importunare, fkijf* f
mff scivolare, shcarf e èj/warf* scivolare.
' Tuttavia: pQk^ oka,
* Resta il è nei riflessi di 'forcellina* (n. 88); forse d'orìgine dotUL
* Nu^'nt, innocente e Innocenzo, h dotto (cfr. fiN^B^piem. n^Mt aff:>T
turare 'nuocere*). Il piem. ha f da un / riuscito finale (un. 188); sd/^f «.>
lice, fr'jlfc felce, ecc.; il Cdo. ha solo ffiWf (Ma. óimi^ cimice; kàmif^ cmmivv.
non sembra popolare, e non lo è certo gif die f giudice.
' Piem. laéinada intonacatura, lac^ animella 'lattetto*, hfrìaèa ali. s
hfrlajta (so. 219) giuncata.
Ma faj, fatto, che ha promosso daj e staj (cfr. i piem. dajit tiajt, amééì/i
Fred. 87); kj. 125-6. Faé dai e tiaé son rari. com*è rarissimo pjaé pel pi-
comune pjà pigliato; ma nel femm. si ha sempre fala daéastaéa, Snonan''
fa sta da se legati a pronome proclitico (kj. 130-31), come die suona di.
* Fié è pure avverbio, usato coi verbi di moto per dire 'rapidamente
velocemente' (Vili 353); da esso deriva il sost. fica corsa rapidissima: v !
74 n., »7.
Il dialetto di Caatellinaldo 589
posteriore con l'asse delle ruote anteriori, ffic fritto, sttafriè sof-
fritto, ffièS frittella, vièUfa carreggio ' vettura ', fruii '^frTctare
(Kdrt. 3982; v. n. 4 In.), kdè cotto, noè notte, sUé asciutto,
sudila siccità, kundUò fogna ' condotto ' ; fjani pianto partic,
sifàni stretto partic, iànò tinto, stane soffocato * estinto ' stanéùm
aria crassa e soffocante, ^nia cintura, a pe ^né a pie giunti,
dfà§unia il tempo che i bovini rimangono aggiogati per arare
(cfr. dfé^née levare il giogo), puné punto, punéa punta, punUii
vetta di un albero, vuné unto. Cfr. io. 221, 261; bo. I 462;
OE. 137; ecc. ^ ; 96. Qv. Tace l'elemento labiale ' in kàjk
(nn. 7, 5 la), ki, ké^, kjet quieto, rekjé aver requie, arlikja re-
liquia, àkUa aquila. Ancora ktU quello, kustjuii questione, kuHù
(e kwartù) copertoio ^. — Interno , attraverso -^- ^, in tr o 9 :
fra ^wa n. 6, àlàjvu strutto LlquiDU Kòrt. 5636, Uuvé n. 41,
an-wd n. 85. 97. o. Primario o secondario (n. 92), si con-
serva in page pagare, ka§é^, negé^ aréi§é risicare, lii§a (n. 79),
igiir sicuro, ^ugé §6g (n. 25 n.) ^. 98. Ma solitamente si
risolve alla pedemontana per j * : laj lago, bfuje brache, anifi
* r^i (n. 23; v. K6rt. 8183) è tirato su 6re^^» rutto e ruggito (bruti
ruggire, II 382). Dòjt garbo dùctus (il Nigra pensa a dóctna; XIV 364),
d^idifjt saranno importati; di si uniforma a aet^ Ro. XXVIII 111; v. tut-
tavia 80. 51. — Del piem. ujt, v. I 264 n. ; K5rt. 9896.
* Piem. paàk pascuum, ^nk cinque (Odo. paskw, (inkw),
' Ice congiuniione e pronome relati to; ma kwe pron. interrogativo (▼. XIV
252-3, e Fred. 56).
* Sian pur qui citati aanguné sanguinare, e an^umàja inguine.
* Cfr. piem. éUngtcf n. 114n.
* Cfr. ÌBu^jM ni. (Ma. e Mo.) * cacalupo *.
'^ Mo. iUvé e ffd, — Del Odo. ognsi (piem. ai2si), ▼. Merlo, o. e, 147 n.
* Pei riflessi di opaco v. il n. 83 n. Neiromitonimia di Pri. e*è kuva
d'ajofa (II 897) *coda di gazxa*, ed é comune a tutto il Piemonte ajofik
(K5rt 861) callo ai piedi. Kasiij (invece di -i) castigo, lo credo attratto
dalle forme rizotoniche del verbo kaatjé castigare {Jeattij io castigo, ecc.),
il quale a sua volta ha subito T influsso analogico dei verbi in v/=*jare
(PV piglio» inf. pjé, vij veglio, inf. pjé^ ecc.) : cfr. ìefij grido sost. e io grido,
ali. a ««nido.
Arehivio glottoL itoL, XVI. K
540 ToppÌBo,
nn. 15, 121, karya kafija nn. 15, 104, fi *fij fico, fufnUja for-
mica, fd fuoco, samM samboco, riiva da ^rUja *riia braco £b8ca,
spUra scintilla KOrt. 1418; II 342 n.: lajS (cfr. gen. lago, e r.
KJ. 138) ramarro, g^a cicala, pfQji * pizzicare ', rfèi gaaime
^ r0«eco ' (Ro. 92) S Mfvàj selvatico, pàHja pertica, Mvé aada-
gare, *8i0é, ecc.: ig. 201. 99. Dilegua in su9d$tr canapo
'sogastro' I 146; K5rt. 8832, àuvé aggiogare, iu (n. 84), ima
doga ; sanijùnd ni. S. Secondo, aród ricordo n. 120, làu$ta n. 4,
vuja ago, frQla n. 32, jprM^ peri cui nm KDrt. 7056, ^ImiJa (n. 9),
ji/iira (n. 108) resina pTcula. la. 207 : so. I 438 ^ lOO.ai
01. A formola iniziale si oscilla fra ^ e é: ^'ant gente, ^eii€ ge-
nero*, ^fma gemma, ecc.; ma hMj ginocchio^ ^ gdo, idfi
(piem. ^erò) sodaglia, ianMva gengiva. — Costante il 4 a for-
mola intema ^ ; 8uréie sorreggere; pjtiMiéiu piantaggine, atfrànée
arare o zappare per la seconda volta 'rifrangere', iveréHa
KOrt. 10208, da hmé (n. 29), ecc.; v. II 129: io. 176, 204 «.
101. •<»-: ajr Agro, mq/r magro, tófiwa n. 7, no;, n. 80 n.,
nero, sajràf ^sègraéso (oe. 177) •. 102. t. Tra vocali si di-
grada in (2 e ne segue le sorti. 103. d. Primario o secon-
dario, di regola si dilegua (cfr. per altro no. I 346: io. 200):
la lato della stadera, spa spada, spàufa n. 4, sàj sete, pe piede,
* Cosi òfpt erpioe, e pofi (n. 7i) pollice, da *bbpxcu ^mllicv; II 9n.
' Un A; da ^ riuscito finale s* ha in dhunk snHio (v. I 209 n) 'di lango\
— ^Ankufe n. 60, lacci onde i bovini aggiogati sono lefiftti per le coma
alla punta del timone, e éUtnkfta (Fri.) <» Odo. Hanffta pecchie ' siaingketta',
mi riescono inesplicabili. — Per oou^, notevoli i piem. wn^ saague, Unja
lingua , laH§i agognare * languire * (Odo. «àn^, Van^wa^ e Mangwt lan-
guido; cfr. n. 96 n). — Stànie exstinguere Kdrt. S489.
' A Ma., Sda.: Sène.
* nrgàH$ argento, sarà dotto.
^ Sia qui ricordato il flàtto di j da ^ e ^ Tenuti a contatto con t: htjte
da kui*t$ coricati {kn^ecé coricarsi) , dfS§^fi€ sbrigati {dfigafiSee) , girof^
(«ffN^/ pulire), ^mkf^fié (piem. kru^fU) * inorocettare *, ecc.
* Pri. ha Medilo (var. pcdem. M>^) segala, cbe sarà da un *8ejr ssgaie
(cfr. piem. sfjl 0 V. IX 221 n; K($ri 8550).
n dialetto di CastelUnaldo 541
ni nido, rije rìdere, kmv cote, pru KOrt. 7451, kuru coda, afje^
affidarsi, mjtÈla midolla, sifa^uvu sudore; rànsi rancido, sya se-
tola, meje n. 14 S sipura n. 9, ri vite, krija bando * grida \ sku
scodo, puniuva pustola q. * pungiuta ', rubatuva erba ammucchiata
dalla faloe; kàfki nn. 17il, 89 catena, pajfla padella >, HaHé u. 89,
bjarava H 49 n., yà assetato, marjà ' maritato ', pwàj potere,
kruti crodare, ruicà'i mota ' rotetto ', mutande mutande, arf^U
rifiutare, soia sabato, ànjd n. 3, ecc. II 130-31: oe. 138 ^
104. TB db: fate padre, maft^ kwara spigolo 'quadra', lare
ciancia rumorosa ' latrata ' , kaniarli strillosso ^ cantatrìce ',
-ajre n. 49 , «^ n. 9, pre n. 39, prfra n. 78n., pif^s n. 13 e
Kort. 7252, karfja karija nn. 15, 98, mmpi S. Pietro, omfr/
indietro; ujru otre Edrt. 9936. Ili 135 n. ; ob. 139, so. 56 ^
105. LT BT NT. n ^ di queste formole, che è generalmente con-
servato, si è fatto sonoro in kudr coltro, laààrda lucertola,
frund fronte, pemùnd Piemonte, tarà'nduia tarantola K Per contro
' Piem. pjn^ platano, maja natica; Coriemilia: kmmfja eomata.
* Ffmdél (piem. /ìrfO non è popolare (spab. 14).
' Dì -ATA T. il n. 120. Forme quali iamado serenata, nada annata, Iwin-
rada compagno 'camerata*, e qualche altra, saran doTute ad influenza
lombarda. KfH <n. 98 n.) si appoggia su hfijé gridare, come jpSr ipnto
soat (alL a tUt Telluto, dcA, ecc.) ra <pSW. Dappertutto, inorebè nei ancci'
Uti pumiUva e fHbatUva, -uta {-méa) è cadoto neU'analogia di -cta (so. 43):
baiaja (piem. èoMM), fumdi^ kf^f^ fiemm. di ìcr^ cmdo, ecc.: cfr. monf.
a/a=s ATA (sj. 125). Ha cfr. r^fm mota. In ^^ godere, ^€(all. a émvkmda
siepe * cèùndenda *) chiudere, lódufa (n. 32), il d può essere stato dileso dal
dittongo (cfr. n. 92 n.); pidu vedovo, utun autunno, sono dotti, ma riesce
singolare Mmfa vilnechio, forse vitula. — Un I da i{ rìveoito finale si ha
in 9akii fone, probabilmente. * se accade *.
' Piem. mim vaBAtmuM, sirà * assiderato* (cfr. 1 98), pfra pietra. —
Imdft e Midr KOrt. S142 modello, aaran dne lombardismi: di Uèdffja (n. 22 n.)
cfr. 1 588: Ba.ll47.
' Aneora ifiàndr guanti n. 85. Di wmmtéd ni. ' Moatalto *. v. U 819 e il
n. llOn. Cfr. inoltre torée torcere, forma analogica» e ébtSì, pui polso,
dàfbi n. 18, buffa n. 24, pari P^^o; piem. SQrf solco, 0m§ cinque, $embi
ali. a jpaptsCdo. sàflnpé (n. 77) rifatto certo su <2mM doppio. — Riweito
542 Toppinoi
si ha ^ da un d finale in ktoànt allato a kwàndi quando, andé
òamà'nt mendicare ^ andar chiamando ', trema' nJt uomo forte e
coraggioso ' tremendo ', ed in genere nei gerundi (v. XV 442 ;
SL. 14). 106. p B. Fra vocali passano entrambi in vi avà^j
avere, fava, kà'nvra (nn. 35, 114) canapa, savùfi sapone, skuva
scopa, ecc. Ifbu, n. 14, è lébi = ' ebbio ' che forse ha assunto la
desinenza di un collaterale *lévu. Di kabana (EOrt. 1683), v. gè.
139 n. ^ 107. PB bb: avft aprile, lavr labbro, ecc. In durbi
deoperire, kurbi cooperire (II 131, 397) credo si tratti di
una sosta avvenuta nel digradamento verso v, quando, per la
metatesi del r, il b venne a esser preceduto da consonante^.
Cfr. il n. 84, e v. U 131 : gb. 139-40.
ACCIDENTI GENEBALI.
108. Accento. — au diventa àu ', aà aé ai si mutano in
àj: V. nn. 4, 7 e vp. passim. AH' incontrario: g/iifa n. 99,
bjura donnola ^bellula (n. 110: ig. 285). Inoltre : n^p/2a risi-
pola, ber^ida Brigida; cfr. io. 154: oe. 140, ecc. ^. 109. As-
finale, il t h caduto in tàn tanto, e nàti n. ìld, che sono spesso in procliei.
Fri. ci dà aurtimàn n. 17^n.; Mo. dvafi n. 89 n., e andfi K6rt. 4810. Qui
ancora faj n. 95 n., Mo. tUj n. 51 a n = piem. Wjt.
^ Faràbtda storiella, è il dotto ' paràbola ' con immissione di * favola \ ed
è del resto anche toscano (▼. il Voc, e cfr. montai, faràbola fandonia). Di
hajké (n. 7) esiste un imperativo àjka (kj. 127) , dove b scomparso il h
iniziale.
' Potrebbe anch'essere che abbia avuto luogo T indurimento di 9 in 6
dietro a liquide (piem. dUrvi kUrvi); cfìr. piem. vQrha allato avermi voi va
Kfirt. 10298.
' n ni. KavaUrmdur (IX 250 n.) Cavallermaggiore, suona in Odo. Kam-
limùr; forse è importato dall'alta valle del Po dove non ò infrequente
l'udire ur per dur ora, adesso, pur per paur paura. Difatti si ha poi rego-
larmente vaftnà'u Valmaggiore (Ve.) e rimà*u riomaggiore (Sda.).
^ Noto inoltre pel Odo. : ójde ah ! ' o dio ', ómmi oimé. Ma. : ir^a
ragade n. 9, puja pipita n. 41, e vp. 584; Fri.: n^e (=Gdo. ruvàj, n.8)
n dialetto di Castelliniado 548
siMiLAZioNB. — Tra cons. attigue : pkuiì boccone, pka imbeccata,
p^ja vescica, pfupa ni. Piobesi, Bautsé ni. Bàldissero, kamgfiùha
forma dispregiativa di kamfifta giubba ' camicetta ' S §il(plii
Giuseppino (ma §iMp Giuseppe) ; bie pesare, dior tesoro, di^e
(piem. teàQjre) Kòrt. 9591, déOri (piem. teiùrf tendere, esser teso),
badie battezzare \ igUr sicuro, igund Secondo, amni (IX 252)
venire. Murabjui ni. * mon(te) rabbioso'; timu^fla ^timoncella'
n. 4, tnoQuni menzionare, vi^à'it^ Vincenzo * vincente', dove po-
trebbe pur trattarsi della dissimilazione di m-n n-n ', pàfi pesco
' persico ' *.
Assimilazione traksultobia: kukura cupola, pum pudifi (piem.
pum kudófi) melo cotogno ^ ; bumba' fi da ^mumbà'fi assai ' molto
bene ' (v. II 340, oe. 140 n), bambliii ali. a matMià mignolo ' mi-
nimellino' U 366-7 n., éàré (piem. (ere) cerchio, òìièi succhiare,
seunéuné (piem. spunéuné) sfrugonare, minaa milza;, v. io. 281 ^.
HO. Dissimilazione. — Tra cons. attigue: ambra da *amfM
*amra (v. anche Sai vieni , in Mise. nuz. Rossi-Teiss 411 n),
fumra (n. 10; e IX 259) = piem. /timna^ darma^e damnaticum
(oE. 169). — Dissimilazione transultoria : kìdumija economia,
lutumija autopsia * anatomia ', filuimija ^fisoUmia (n. 121 : I 65,
16. 295) fisionomia, landra (piem. lendna) lendine, nurànta da
Honanta, VHI 374 : XI 300, 449, baravantà'A, XIV 486 ; bur-
ba'n ali. a bumba' n (n. 109); fidij vermicelli 'filelli', II 345,
rovi. 8. Vittoria d* Alba ci dà faiùrU ^ Odo. faàuffU varietà di fagiuoU * fa-
giolette *, e qaalohe varietà pedemontana kamitia ^ Odo. kantfJifta n. 109. AI
piemontese sf'nfvra senape, Cuneo risponde con senfftra,
^ Kamista n. 108n.
* Pri. muHdiofj ni. ' monticelli *.
' MuHl' (piem. munsU) sarà nna riduùone sintattica.
* Piem. ambuff' ribaltare *invorsare XVI 147.
* Una assimilazione ispirata dalla tendenza allitterativa sarebbe, secondo
il SaWioni (Giom. St d. lett. it. XXXIX 379 n.), quella di ònofe (» miki^
minaccie) nella formola of bahe o af bna^e per amore o per forsa.
* Piem. Hitulfl ali. a ìins^l lenzuolo. — Pri.: éijàfka (Cdo. éiSàfka) ci-
cerchia.
544 Toppinoy
nivM livello, bfùra n. 108, lin§4r^ ringhiera, siHn§frja lilla
(syringa vnlgarìs), spalavré spanrìero n. 114, pater parere,
ooneiglio , ungwàtU-f risela' ni ' refrigerante ' : vrfro n. 78 o,
arkórd ricordo, per arkórd, cfr. nn. 89, 78 n., arkóri rìoolto':
Héàrka per éiààréa cicerchia, dove inoltre la spinta diesimi'
lativa ^5 aver contribuito a conservare o reetanrare il i
(v. n. 98), come in éiéi (n. 47 n.) e éiffia (n. 42); bfrpnUfk
cacio di Gorgonzola, ba^-flfba popolino * plebe ' '. — Caduto per
dissim. an r in arsuga (piem. arntrsa) risorsa, aród per *anW
ricordo (XV 428), a^prete arciprete : puvr^ ;unl in skuplài dove
il Sai vieni (Boll. st. d. Svizz. it. XIX 152) ravvisa uno ^snti-
petto (= scalpello + scolpire) dissimilato come eiM coltello (al-
trimenti il Parodi, qui sopra a p. 147). 111. Pbostbsi di
VOCALI. — anafti narici, amé miele, dove Va proverrà dall'ari
n. 1 1 6 ; apàjr agio, tempo (piem. pajré aver agio), anji guardaaidie
(cfr. XV 291) q. 'nidajo ' ^ a^Hrati giurati ^ V. in<ritie il n. 39.
112. Pbostbsi di coitsokantb. — vuiì uno, vuni$ ungere, rmrdi
ordire, vurdjA orditoio, vurli orlare, turiija ortica ; re^ esosre :
— dàrbi (n. 18); V. io. 302 ^. — Frequentissima la prostesi di j-
intensivo o peggiorativo : «pdf puro, spari n. 71, spfrvà'n per*
verso, séadés ali. a éeuiés n. 86, i^aj n. 68, skfrsAi^ crescione.
* Prì. aunii<pi (Cdo. aufUél n. 52). Piem. maramàii ali. a
Un»ola, II 357, ali. a ninàola n. IMn., lodttn ali. a ìódula allodola, pimmU
pillola: di §6j lolium t iUi lilium cfr. io. 167; ruL *rurui rovere, cfr
IX 228.
' Di muntéd v. n. 105 d.: piem. Mitica mUiiceta, kj. 196.
' È pur lecito pensare al confluire di * nido * con quella base ivdic- eW
si ve<le nel sinonimo mil. andeghée.
* Piem. oM' bure, af^'l fiele , aik^ nif^lla, «f / m^i giuro, 4^n9* pei>>
arUm€8 romice, ecc. Il Cdo. ampà'ji pece, poggia su * impeciare * (piem. mm-
PV^f\ come anfòdfa (piem. fMra) fodera, so €mfu^é, amr9jm (piem. r$>n'
di Can.. su * invogliare \ e forse anche su anpija invidia. FI piem. ka par^
antfcna ali. a tfcna tessera. II Cdo. arfffa (piem. »ferm) Isneia delTorologio
quadrante, non mi è chiaro.
* Dìahef/ liberare, e drumpe interrompere, disunire, dirooare {th. érmt
a*9<<uefatto) sono rispettivamente ' delilienire ' e * dirompere \
Il dialetto di CfMtellinaldo 545
i§frlànda n. 50 n,, sfur§u bufera 'folgore', émoróa morchia,
V. Kdrt. 618,èUifPun. 96, tvfri^la {n. 100), ecc. K 113. Ì^bn-
TESI DI YoeÀSM, — GoBtaate rinserzìone di f innanzi ad r nella
formola 'itr -j- voo., se Vi sia atono : tfrjànf trionfo, pffji priore,
mutffj^ matria, lUdfrja (piem. UUlria) lontra, k<Mlifr}^ n. 2p, ecc. :
cfr. IO. 146: es. 129^. 114. Epbktjssi di cowsonantb. —
Di ji nijja ruota (n. 26), faja £ata (K5Tt. 3655), j^tye castagne
eotte senza buccia ' pelate ', paj^la n. 108, kr&a creta, mefe
n. 14, id^ idea, andr^ Andrea, lugija Lucia, ptvija n. 41,
dijapu diavolo, ecc. Di i^: vug (piem. avùe) agazzo, 8av(j (piem.
sapùj; di cui y. Ascoli XIY 344), sivura (n. 9), sutdrir (n. 99), kuv
cote (Q 152), mnMà esile ' minutino ', stragiivé sudare, rUw
n. 98, ecc. ^ Di r: kànvr» (n. 106), sén^a senapa, igàndra
azìeBda, filandre filaccica ' filande ', landra querimonia Edrt.
5510, so. 231, andruné n. 50, coi quali, benché si tratti di un r
riuscito finale, sono da unirsi a^r Asti, ^eatr gesto, muatr mosto,
wàndr n. 85, ^ndr ghianda; anrlufa accanto ad anZiifa allora,
anrld acc. ad anl4 in là; a^fr^narifa avemaria, armar afia nA7 d,
darmasifi damaselnus (IV 387: io. 153), 0pahvré (n. 110;
piem. 8parav4), trufì tuono : kumpérs compasso^ spaeafórs (piem.
spaéafÓB trombone) ^. Di n : mangùh (piem. mattila, K5rt. 5803),
mingréiu^ emicrania, runigé rosicare , nmié rugiada, prangfmu
n. 17 ò, éanMp n. 20, Im^ n. 39, pàntu II 36 n. pettine ^ ~
* A Madonna de' Gavalii (boigata sul eoKiae di Odo. e Can.): spmfMfSJe
»Cé». fmvafitsk4 n. 71 n.; a Ca.: fkardlik eardelliiKV; a Mo. : $iaké legare
'(at)teccare*; ad Allm: àbej (Asti M badile.
' Sia pur qui citat<» il Odo. bihiljut^ka biblioteca. Si ha una voo. irrazie-
nale anche in atar^ qualche giorbo fa ' Takre di \ e oifHàà altretianto.
— Piem. laver labbro, Uter, pi^r^ eoe.
' avurétn orecchini, a Ca., sarà da atirSih.
* Qui ancora metterei il €4o. ttrir ali. a sàui salto, e p^ir* pappolata,
che «M pare «n plorale (t. n. M), da p^lti ESiti. 753i ; graijé (piem. patjf'
Kdrt. 2081 ; II 9/22) deriva fi suo r da ^««^ grattare. '— A Ma. Uuttfa lo-
custa, a Mo'. santr^ sentiero; piem. strubja stoppia. Ili 152; io. 808.
' Pri., Sda.: manèiha medicina, Ast. ranpufigja regsolizia; iKem» nansa
546 Toppino,
Di m: imputf§a ipoteca, ambóm n. 24. — Di t, tra n e«:aiilit
uscire *nes8ire (so. 238, so. 61), kuntsil conosciuto. — Di Pfh:
ampsi suocero ' messere ' n. 86, ampaùiì n. 62, ambààlUi n. 17(/.
ambèUra misura, bambUiì n. 109, ambra n. 110 ^ 116. Eittesi.
— Non occorrono che prfmU premio, e Uédjr occhiali, il quale
ultimo è tirato su iajr n. 5 '. 116. Elehbnti concbesciuti. -
Di I* proveniente dall'articolo sono esempi Ifbu (d. 14; v. Il 86 ni.
lumbffjùi (var. pedem. umbrijui) sospettoso, lUbjà (n. 55) '; di r
resto della prep. an- = in, Nafba Nastr usati talvolta per Afìn
Alba, Astr (n. 1 14) ; di d dalla prepos. de : dubligd (ma ubUgé ob-
bligare) obbligato (cfr. ' esser d'obbligo ', festa d'obbligo = * fegU
obbligata ', ecc.). Qui pure spansege credere ' pensarsi ' (ma pan*
pensare), il cui «- è reliquia del pronome se ; dipare padre, (fi-
mare, dimpsé suocero n. 114, dimadona suocera n. 30, din(m
nonna, nei quali il di- deriva dalla frequente combinazioDe * di
(=dic) madre' ecc. (ki. 125, Spar. 7-8, oe. 170). 117. Di-
LKOui. — Di atona iniziale: vUg aguzzo, skuU ascoltare, bundut
abbondante, limQina elemosina, nu^'ni innocente, pfrkundfr/^
ipocondrìa, arÌQ^e *oreloffio^ ecc. — Di /- iniziale, per l'illuaioiit-
che vi s'avesse l'articolo ; ambim n. 24, HijtiH (piem. l&àjùà /^
lesione) differenza ^ È caduta l'intera sillaba iniziale in hànp
(piem. liHenga) uva lugliatica, kabal^stra (var. piem. : erka-bakMri
II 396) arcobaleno, i§auli^ (n. 53 n.; piem. argaliQa); rànt*
' naMa * (KOrt. 6456) beiioTello, ninnola nocciaola, nmUe n. 94 n., Mimjyt
D. 96n. Forse in anié ali. ad ajSé n. 596, certo in anfàndg alL a oaifaa^
(v. n. 52) offendere, e nel prì. OHvajrif {^^ Cdo. ajvajrH^ n. 6n.) è da vrdr
an- =3 IH* (cfr. per altro io. 810); cosi come m'at^rP^ (Can.) mi pesa. *..'
forma di * ingrevare *. Di an^nija (n. 46 n.\ ▼. io. 805.
* Ma. tumbKn ^ Cdo. tumifh * Bariolomeino *. Non ao a qnal caoMi tlt"
buire il Ma. mofaiHiitfaiki melanzana.
' A Ca.: sàn^ seno: a Mo. bfànd (piem. 6rffi) cruica.
' Si dice pure au lindumià'h in luogo del più frequente ar'tw^M^'" •
rindoraant*. Ma. r^À uno Tuno*; piem. la§Mn agnixino, iamAn accact
ad amMti amo.
^ Prì. Apa (^ Cdo. ia§a n. 79).
Il dialetto di Castellìnaldo 547
bisogna convenitat, migél (piem. grumif^t) gomitolo, speiué
(n. 95) ^ , spotik intemerato ' dispotico ', spunde rispondere *.
— L'elisione, iniziale o no, importando groppi di consonanti mal
tollerati, vi si rimedia col lasciarne cader una in kuH ali. a
pkuiì n. 109, éit ali. a péit piccolo, ée (n. 86; piero./>éf), kQ per
d'kQ n. 32; èvané per *édvané (piem. dfèdvan^) dipanare K5rt.
2872, imura (piem. dmura) trastullo ' dimora ', XV 37, che però
sarà forse da giudicare come proveniente da un *8demure(e da
giudicarsi alla stessa stregua di spansé^e n. 116 (cfr. il piem.
dmuréfé divertirsi), amàjre stoppetta, per *armnàjre 'rìmena-
ture ' (v. n. 7 ; piem. armnUre), andrene n. 50, kunsi da *kunfsi
confessare; amba^mi imbalsamare, karvi da *karlvi (piem. kar^
Ifvf) carnevale, arr^ (piem. ar^^) sottentrare, ricomprare, sÀmitfA
n. 66 n., da *8kuriUiì * correggellino '. 118. Apocope. — D'in-
tera sillaba, in ka casa, Giorn. st. d. lett. it. Vili 412, oe. 140,
168. 119. Le desinenze sdrucciole ^ano ^ino ^inb ^olo ^ore
si riducono a u: of§u organo, màngu mangano, aiu asino, &ti-
raiu borraggine, st^hu torbido E5rt. 9825, haraiu barattolo,
marmu ' marmore ', ecc. XV 413, io. 274; oe. 127. 120. As-
sorbimenti e contrazioni: a) a formola atona: mista ' maestà '
immagine sacra'. Di atona e tonica: kàfia nn. 17 d, 89, da
•ka{d)iyna (v. IX 250 n), sim sagimen E5rt. 8267, pu
più, V. Ili 145 \ jn'n n. 17(2, pirja n. 13, sfuia n. 65, borga
n. 24, fra n. 84, mjàn§ *inajengu fieno maggengo, sU scure,
sui segugio, aród ricordo, tràfU tridente, lem legumi cfr. XV
65, ki (piem. kuji) cogliere *. Di -rf da -àta -ate {stra strada,
spa, ecc.), V. oe. 138, 140*. 121. Metatesi. — Per
l'invertimento nella sillaba stessa: destfrsa destrezza, ifirie tre*
' Fri. wpeè » Odo. dfMpiò n. 95.
* Ha. 9a che? 'cosa*? (proclitico).
' Cs. hufkà * cotognata * mostarda.
* Del piem. pi, v. no. I 361, Fred. 61.
^ A Ma., Qovone: pf/a padella; Mo. frfl fratello; piem. puj pidocchio.
* Si eccettuano faja plaje (n. 114X che son por del piem.
548 Toppino, Il éuà, di Cast. — dalvioni, Santhià
dici, st§r6a femm. di stràè nn. 11, 95, pfrfia pregna, pfrUà
prigione, ffrté K5rt. 3982, kfrdànsa credenza, ffr^pififia colchico
• freddolina, ffrté febbraio da *fTfvé (cfr. frev febbre), tfrtnuri
tremolare, ecc. ; strumél stornello, str^à storpio, drumi dormire,
driM ali. a durbt n. 107, fràm fermo, e, per r secondario, fràjè
da *fàjrà felce. Da una sillaba all'altra; krava^ IX 225 n. capra,
frev febbre, drinta dentro, prija antri (n. 15) ^ — Sfjanté tra-
boccare, da spatUjé XII 432 n. ; XV 424, Fred. 87, — Metatbm
asciPROGA: skumbofa (piem. pungola spagnòlo, phallns esca-
lentus), dove rimangono al Ujto posto la sonorità e la sordità
delle consonanti, maàagiiì ali. a magaidì, gaba^e ali. a baguge
vestiario, biancheria, filuimija, ambra n. 110. 122. Attba-
zioNB. V. i nn. 5, 23, 51 a, 59 ^.
' ■ ■ t.^
Santhià
Vedi P. M. Massia, Di alcune teH intorno aWet. del m. /. di
Santhià (Torino 1901). — Che si tratti di * Santa Agata ' non è
dubbio. La questione è di sapere come si spieghino Vi (dove il
Flechia e il Massia, p. 61, ecc., vedrebbero nn resto dell'-AE
del gen. Sanctae A-) e Vh. Quanto al primo, paruri che la via
ci sia additata chiaramente dai sent aa * sant'Agata ' deirAlione
(ediz. Daelli, 242) , forma preziosa anche per la riduzione di
Agata e dal Giacomino non rilevata, dove sent è *8ajnt. Ora
*8ajnt'd poteva con somma facilità ridursi a gantfd, scrìtto santió.
Ma ti, davanti a vocale, importava la lettura eome di zi^ a evitar
la quale s'introdusse un h perchè compiesse, rispetto a ti, quel-
l'ufficio che ha, p. es., in brachium (letto brakjum) rispetto a ci.
Questo h si rivede, colle stesse funzioni, in Thiene, e fors'anche
nei frane. ThUmville, Tkiers, Thierry e più altri.
G. Salvioni.
' Gua., Sda.: kfànk cancro; Ma.: ffuste forestiere, vfCBsp vespro, sgffu
(=Cdo. sorfu n. 24). Piem. kruv corvo, Aim/" cu p»um K6rt 2497, kr^kruri
ali. a kdrve ktìrrl. Fruma {= fumfa il 110) di varietà peéemoatane, cfr.
IX 259.
' Sda.: kajfce caricare, majfd maritato; Ho.: pijfón (piem. pUfin da
pUja pila) sacello, eappelletta.
- ■»»<*
POESIE IN DIALETTO DI CAVER6N0
(VALMAQ-O-IA);
■»m A CVBA M
C. SALVIONI.
Alcuni de' componimenti che qui seguono, e cioè quelli che
corrispondono ai num. 1, 2, 3, 11, già erano stati pubblicati
in occasion di nozze dal prof. Giacomo Bontempi (Poesie in
dial. valmaggino [Cavergno] ora primamente pubblicate da G. B.
Nozze Salvioni-Taveggia. Bellinzona 1892), che li aveva avuti
dal prof. Emilio Zanini da Cavergno. Avendo io avuto in sé-
guito il bene di conoscer di persona questo colto ed egregio
insegnante, m*ebbi da lui letti i componimenti già dati alle
stampe, e insieme communicati e letti altri che qui vedon la
prima volta la luce. Si tratta di poesie o tradizionali e di au-
tore ignoto, 0 di autore a me noto ma il cui nome non m' è
concesso di rivelare. Non m'è però proibito di dire che son do-
vute al prof. Zanini stesso, le versioni della Parabola e della
Novella del Boccaccio.
Pubblico i testi in trascrizione fonetica, nel modo com' io li
ho uditi, o, per dirla più coscienziosamente, come a me pare di
averli uditi. Rileggendoli oggi, dopo qualche anno dacché li ho
messi in carta, qualche dubbio mi sorge; ma non ho modo di
chiarirlo, e potrebbe darsi d'altronde che maggior luce non mi
verrebbe.
Poiché il mio cortese informatore è sì persona che possiedo
il proprio dialetto ed è fervorosamente devota ad ogni tradizione
paesana; ma insieme è uomo colto e studioso, che vive molta
parte dell'anno in un ambiente dialettale diverso e in assiduo
commercio orale con giovani d'ogni parte del Ticino. E ciò dice
qualcosa ^
* Circa alle trascrizioni, debbo solo avvertire che il valore di ^ e f è Hpie*
Kato in Arcb. XI pag. x. — Il segno del fit^ve, l'adopero a indicare Tac-
renio secondario. Quet^to h mutevole, a fteconda delTelemento della frase
550 Salvioni,
r i »
I. — La narlQsa
(Dialogo tra /a i^ka e la marna).
T. Kara marna, a j'ò na kóga
k'a na pudrù maj tace,
g'u èpidigu tru Staséra
a tal farég be poj gavé.
M. E k'a t'pQ pdj veg kapUdw ? o
ti navrì poj ia èpàng ku gQt ad Hh
perkè jntatU mi k'a fiva lu pandtv
ti fiw ìnt e fora pai kanvifi.
T. Lu vìH u n'e èteé §pang mija,
u'I zi bi k'um Va beni, 1«'
e kwàn k'um ièva vija
u na ma g' avdtva pà
M. Tei'M jió kela zavàta,
cilnta-gti ku èkive ti gè;
pQwri n^ gH*l gaveg Vàta ir>
k*um bew lu r(H tn5i addrevé!
che al dato momento più è presente alla coscienza del parlante; e per-
ho dovuto esser assai cauto e sobrio nel! * indicarlo; tanto più ch^entn ia
giuoco un altro elemento perturbatore: il metro, che talvolta esige Taec^aU
principale là dove il discorso libero non ne porrebbe che uno •econdah.*
— Circa alle doppie risultanti da assimilazioni sintattiche (dohhenedUfim
-=dop 6-), noto che, data una meno vigile cosciensa del parlante, possoo
ridursi a scempie (quindi do b-).
Pj mia intenzione di illustrare «{uanto prima la lingua dei nostri te^ti
Per intanto, il lettore potrà conMultare con profitto quanto del dialetto di
Caverj^no e di quello della Val maggia in genere è detto in Arch. IX 187 «gir.
Poesie in dialetto di Cavergno 551
T. L'epa(àwiu>anantóni di Minc\ Va dio: bandì, Marfj<i,
a 8u2if katkQga d bel ?
um avrèf be maj ligHja
^'um af podif mei in l'anél, 20
M. Per MOrtinii Ve tàn ke nula,
f'ù na Va die fol ke ktìt;
ti duvrigu be vi la tiita r^
a krt j iSvan inèi préèt.
T. ^u (atigu kun ke préèa 25
k'um kQr dré Sktcàs m i di!
a §ir4(u be vuj Uiga:
Vk be mdj brama da Ut
M. Tez-iló, briUa narl^sa,
to-ftì lu barisi e va a fa fòt; 30
a d dirg pSj n'àUra kó{a :
tO'dre j ètréS da mèt a mSL
T. Fem lawrd mint u tcUja
bàita k'u'm lai^ maridà;
a na thni la fadija 85
MfiB 8^ a vii bè da grepà.
M. Gran lambéla Seleràda
a vot tQ'^ do miisd ?
^ ti'm fé pSj hi tentàda
a 't kaSeró poj fora d'cà. 40
T. Nu fem miya keèta ventttra,
bgna vàj, laèémal tó,
perkè /a Spéci a fo pajttra
k*i *m pjentdg poj tilt ilo.
M. I/una foia kapriéóàa 45
nu èpicéw maj nata d bàm,
kredim mi ke la mei kóc<^
Ve da StórSaj lu mii^m.
552 Salvionì,
II. — Una draponàda.
Bog dia P^ma u vo to fémna
w na jd ni Sa ni cémna; .V»
l'è be nrft» iru fora S^ma
Va purtàw na derim fima,
luj alméfi u dez inii
ma wm n'a vté ne mi ne ti.
tut ad bel k' u di' a purtàw *'».*>
Ve di ò^ 'l bel parlato:
** signorino e signorina
siete andati all'erba fina ? „
Veva ed 'm per bej kalzd ;
k* a valeva kwag dahè; ^^
ma QoljóV in gu e jn Hi
preè kalze u fi' e bu pi;
lu gurt^ kuj bgigj d'ir
k' a *l pgStàva miniti m è^
preèt a blindar Ve bU nàw; ^m
Bgk Ve bela bU pgUdw.
o g' ew f^rge dièperàw?
HÙ, tuédj; ma V e turnàw
gii 'm Puntid e UU in Kalnéga
a mafigè pulènta fré^a. 7o
dùfika Rók k' a i vQ ipgèà
Va zmimàw a dog a uZmà.
Vera 'l di ke j friiéP
i va Hit a io la gt;
Rfjk ad béèé u nn' età mija 7.*»
ma u nn' èva la gu zija.
Poesie in dialetto di Cavergno 558
luj u ndva a dalp per lij
k' a j aulèta um Hk i péj.
in di' e bu ind da vai Koméra
di' ira Hrka 'l tre dia gòra, 80
Va éapàw Mari di Utj^
iQvna d ndva paj feé foj;
V era bela, l'era b^a,
tùd lamia e maj f$lhr^na.
lu 0 pò l'era 'm bel è^ 85
i' P èva ròba u n' ai daik^r;
M karjéva in Fumazo'
e w vindéva tnQta e badSf,
ad dahfj ufi gwadafiiva
ptQfi tèn mini u'n vuléva. 90
** bgtM géra, vuj Marija^
a fo própi beh liffHja
gum pQ fa la Strada jnséma
u nn'avri be mija al téma? „
* nii, perki nn'avreé da vi? 95
a'I zQ mija ku k'u pinze ».
e jnèi j va in Fumasi
dièkurin di ^ fa^d\
In tre ^ at Strada b^na,
kwaS pogà ala karlóna^ 100
poj la zitfa e j pUar&j
e j krid^ intgrn'al foj,
la parlada murewllna
e Vu^éda malandrina.
Lu me Bók Ve bU marà 105
ad ligrf u nn'a feé ptt.
" fem ^udlzi tru 'l daU
Marjih a la vói m{ „.
554 Salvionì,
e pai fjdz u na'é ve pà,
u'i da tàt al bgm Geéà. Ili»
kwan Ica QÓna l prim da miga
Itìj l'è tutu ktoàn pjeh prièa^
u kgr ètìbat ini in kór
penS g'k'u fAé luj lu prij^;
kwan di' e ini ila bardila 11 Ti
l^a u vàrda ^'u pQ vdHa^
pqj gii 'l màj in urizj^;
kua a di' è 'm gran fant^mt
ke gè pSj dia na j'e mija
l^ra u grata e u funija, 12**
utapirla èa e là
Skwaz da daj do ikurid;
gu fa ben l'è ttU per léj,
génza, l'è minte j purlij.
Una gira dia novèna 125
prQpi 'n tim da luna gféna
àtìbad dgb benedizj^
u pag'in gatgm gat^m.
in di' e bù 'j predgj dia Fùla
k'a'j tremava la nivula^ 13<»
perke ad nSé u paga 'l ètri
tud vunéH gu paj kavt^
u g'e mie la pgi a 'm èer
ifi Unite a dì 'm patir:
■ 0 gin^. Ve Sa 'l gran df i:^5
dia da dim da Si, da èi^
av ringrazi, beh da kór
av ringrazi bgm gih^^
k'u m'i fio inèi 'm bel tQg
Poesìe in dialetto di Caveigno 5^5
Ice tiU kwàfU i 'm PO per $p^g; 140
ma, a na'm vSTtrUnlla nUja
a 'm kuniinii da Marija „.
l'era wm fri§ da la d'infému
Va 'è rigórda in gempUému,
fU pai di al mila JHél 145
al luziva prùpi bil:
' Indù ila mo Marija
dia na par afiimo ia mija? „
tut a 'm trai gU jl kampanifi
fa zmimaw dindg^m dindin; 150
t kgrdàva tan befUfi
dVeva prò pi da hi 'l hambtfi.
e Ve id 'm rgHfi tuiàj,
dVera pràpj alwan baidj,
e daddré u fé Marija; 155
65 giH^I Ice gran ligrijal
* bgna ^ra, Marijina,
a voi dif katkogolina,
kijil lai^ na jnànz ktoazéh
k'um vù prépi tapa um greh. 160
mi, Marija, av voi beh
e wreg fa lu v& urdéfi;
a ggm b^ da da ggd loj,
a' l Icarizi ^ di' e brSj;
a Skartémj afiSe 'm pò d'Una 165
e a piSSi kula kàna;
pqj a ipézi fora iSS,
Spéce kwan dl'é gema brSc;
a faj-gii ahce 'm per zóku
e gum iviU a vgUa bóku; 170
kwàn k'a édpi ierpiSe
ArohiTio fflottoL ittd., XYL 86
5M
ìgra 'l Mndj u m' da éUm^;
vuj u gt da k^ t k^tifa,
a f 9 própi befi Ugrija:
a f^ b^ dm fa f^ fSj 175
e da da-iU fi ^' U^;
mi lu Uà al bcvj ai Hwr€^,
a ^m SAni minte *na piwra;
a ggm nàw tru fura a M§fmm
e a fjénti ftM la pima; 180
gè ke p9j a w^f a ttìa
Ve minte vglta la fjàSa,
a fo fiàfi§ muntàw lu Hip
k^l kamie i m 'l §alóp;
ikodj al pjint, e pdf kul if» 1^:>
a faj fora befi farttf
e ala gira in pala §rà
mi a (Unti da jnemmri;
a vaj mdj a V uSteHfa
e f tgidj an kanènii m^fa. lìK»
alj Martja, MaHjf^ ail
fé dibót, Semtmf tem mi ,.
a Martja di bej riz
Uìt a 'm trdt u f foUa wm krtz:
^ zitu zUu, tape pA; 10r>
u-uhi tiU al bgj veHà;
ma ki gin ke da par ìfr
i i'm^ ga j Valtàr dlu kir
i m' pje? wér in tilt in Itk,
i m'par Ag kgt^gi kùl MrOt. 2(Mì
g'u ne mtfa VuHerija
Ve perki ì^u na nm'i nt^;
tot kijil vói bej mirikm
Poesie in dialetto di Cavergno 557
u l fa fd iUkwerU i biku.
Rgk, He ben, bundt bundi, 205
turne nd 'n dal filari.
Va a fUrja da drapjj
V a ^ fa vdi k^ a ^ aj kalzój;
u vefi tàrd, a f 9 da nà^
ginza, Vàia u vQ trgkà. 210
** Sono tuie buàaróne
che non hano educazjóne,
mi ggm mài a kgr a k^
kwan k' a 'l zé k' i vo fii ì^r
a med Hi i goj Ikuge; 215
e a brafiSàn g'i n pQ brafiSti.
H, avanti, §ifie pùr^
ma w vo fU lu timpaè liSùr.
l^ra, kda Va drap^na
la uegléfla ktO^ „. 220
Rók kwan Va bU beh pinzato
e dV e bAiiU kwan ialàw,
Va tgmàw vglta la Strada
tud rabféw dia §ran gapàda;
borbutón lu di§ di vie : 225
g*u nat ni 8a ni téó
ai tgiàj nu SerSen mija,
V i nn' avrég fiafl gefi ligrija;
g' u gi pówri, Sédw, Ve wm m<s,
u wli fa wér kamavà; 230
ma gif piwri e kul^?
impiéirag mija at fr^,
laèe Sta i ladri^,
kuntintév di §raval^\
558 Salvioni,
ni. — I p adii 6 a.
Wejlà/ V m èàmajpadlita 23S
hQJ nimà ai krozù la miSa;
um a iàd lu nài mtiiUja
e wm lav^ajn §ran ligrtja.
^y a g tàpa at fora ftf ,
vai um pi a fa buiarii 240
itti al dòn i kgr i k^
a jmbfffkié lu bgm gifi^.
aHSefSman i ita mtja
a fa nuta^ ma j funtja
hd kantà éUi^ 245
umpoiid^mpo d'ià dlu brin.
iiU ku k'a g'po dì dlu ma,
afille j vizj a^ Ivol BUntà:
Vt k'i kér tru iU a BiMM
a vòjdài kwazefi al MS. 2óO
ma ftm »Uu, Vt mija bel
a ipjonà dlu gò fradA.
ncm in mija jn vai Savina
per trgvà la i\n pgltr^na,
g'um (tm ini a la Mundàda 2bl^
um a^j dà a la diipardda;
Vt Hansóla itila bela
k'um kgr ià cuna gran èkw&a^
um va jnt^rn minte Herl^;
lora i déf k'um ^m pitij; 26i*
ma pii^ u na 'm firn mija,
Hi mo wm Hk in filerlja?
{
t^oesie in dialeiio di CtLvergnò 56ft
fii pai B^èg e ala Funtàna
utn tribitla ala pitana
dre pifiàt, padil, ìeaidrSj 265
€ kul màniaz a fa fljj.
gike jnèt kul fa 7 mafiàék
um a 's bOèSa lu ndè pdfi.
a Qabf^ u ifU al gwdj
pUfe) Uài he j U§ dal ràj. 270
i V a d'aita u da trdp gùa
per pude fa 'm bgm lavùa;
kwan k't M da lammarUn
Ì4ra um da ikwa^ pH. Inflfi,
i V e *l bfftn Ump, um io j drapH 275
da fa lindi pai tarpjjj;
i V e d'invim um T a d' baiSfi
f'um vo §6d um iik ai ^.
nu, nii, féman mi d* tnii^
kwan V % m' dl^ tiradrap^j. 280
a BiUSri um fa um lavia
k' a n' t wir da bgmpaiiia;
ma g'u wli al Ijeni b^
uf i da k^r itìkwen da n^.
ganapSrS i dès k'um gini, 285
beh, V t mèi ke Mrepadint.
pagauhlà lu puni da Fr4j
Igra èl k' i dà j tgésj!
gii pai lobi ttìt al gér
Iffr i tarda iti jn dal ^ir, 290
i koniimpV i gqj bal^
ki powrtt powrid da Fr^;
paj i éàpa la gu mòla
per fru2à gu 'm iik la pjóla;
560
ki da Fréj i fa' l mgUta;
V e 'm malti da malarbUa.
si, wm a l za, ma Ve fimè nùia,
u n' e 'n'dUa, urna gran fAia:
pena i fa 'ita fiìna Mia
lora m i fa la rOia
a vardà la fjAm, la Fr^
minte 'l céwr k' a fa la róda;
i kgr {n fifi ini al ri,
e j tramùla noè e di :
" tD^, a Mpum? nem, tuéàj,
la jn dal Sémni? Nem, mi vàj ,.
e j fa fU la lìngwa fnìéa
kwàn ke' l ri di' e '^mó ala fiJfa.
a Buécd re piii^ej (èri,
lor i q'fida dal'ungiri.^
f ' e ka kriè lu ri d' UG'
i pjené mija fia^ da vdé,
perke l'dkwa kwtm dV e aita
la òkun vi gran heU la palla.
kuan la ré^i dia va dia va,
ipjovi, dlòini tale fH
\n paV àlm t Funianalóda
u n' e mi d' zin tribulàda,
i èkarténia la gu lana
bjénca, rdfa, nijra e móna.
Jufufù, ki dal Fatti
y e la f^< ala paréi;
Jo tv Ve là Ui kazerH
y a i per mija in paj br^j;
Igr i fa gren piìarSj
e j krid' in paj (of dartoj;
290
300
;^o:.
.Ȉ'
Poesie in dklttto 4ì Ùt^yergnò MI
f'i/a ^ la éàSa H%6a
Ve Vi fé H iruKja-mamgB.
Là ala B^la n /» Mff
tatU % nUz mimi§ V kaMh; 330
fa ipazdw tUkwefU i rét
I bsj véò kanefUa-gtì.
e nu fif pSf mi ^ merviìa
(€ ke jn tuta heì^ta pela
at pit^j, maHénk, muUta 335
k' a i manéhia fola vita,
gè roQjit, kanefUa-gitf
^na^rS e éapa-rét
V e tm Q^ e proèperà'g
e ^ i pùfUa cgme fù'g 340
Vike \nt in ko dia vài
vi^nU al par d'um gal,
u 'in la oeta di dmiàr
V a ten gin perfin i mur.
Ve be vira ke 'l go dafà 345
Ve tapà, tapà, tapà;
ma tc'l zi bé, g'u fi maHj
dlu culu di Jdj frimi^,
u'izibé k'u fa im h^
a genUv um §anag^ 350
da ki d dez: V e niUa m tal,
a nn' o vtU at pOgef brut.
genti kiSta: una vièta
kwan ke Anténi dola péUa
Ve tgmàw \nt ila mólta. 355
pSj i 'm iàma i padìUa
bgj nimà d'mafiffè la
592 Salvioai,
um fa tiìi lu noi duvir
minte 'l màm kufan l'è dre kwér,
gè k' a fi' e p6j y a è lanUnia 360
f a da fan pufià 'na pinta.
IV. — La kamòza brodi.
Vói Suntàv na Horja SSAra
da kél t fa ihcaz fiì pajàra;
vjel tui0 Uè befi atint
per ton m n 'in^eHamint; 36 S
vjal tuiàj afice vjàlt,
^ k' u wU pàf fa lu gàlt
e to wm bdku per mart^
dem airà a ku k' a dij mi,
e w vii vdé ke a fa na marna 37«<
u n' e tnija tUtkog brama.
Mor k'e bù ku iwan d Martifi
tomaw-iH kul Skod n'aMfi^
V a laiàw indré la védu
kun ges Um eh df^das Sidu, 375
tantu pràw^ kaHéfi, madt,
e pdj afice kwa§ dant-
la na / èva nima 'm wdtar
k' a Qpudiva dim bel zàkar.
Vera idn bel bjefie e r^ 3^«»
k' i j vardava tùt adSf.
V èva jnótn ku Rafael ;
tiit i ^iva: *^ V e ku bèli „
t^oesie in dialetto di Cavergno 568
e mam (ti la Pa^lvato-gù
kananiéto k' a na g pù pà; 385
§wdj a fai g&dà kwazéfl
lu ^g fràz! fiafi per un réfi.
e jnHy màUru Rafael
V e fiit-gH minte n' avdél^
hgm t purtd la naviéila 890
e d vdjdchgU beh la èkwéla,
tiUUkioén kijel tué^
i kuriva a fa j bruà^;
lUj invièe Vera m bdku
propi l (tmbul dlu makdku, 395
pena èà lu mei d' avrfja
tUtUhvén kun gran ligrtja
i kuHv' in pala vài
e j i metéva ttU im hai:
ki funjéva dre j goj loj, 400
ki dglóva mut^ dariSj,
0 Vi néva a io lefidm
(U paj krSi, apUr cui étàm
i ibuifiva gren ba^j
per fa miiul^ pjiit, katU^. 405
Rafael di SloHinH
V èva j péj trób mulatti
per dag t4t Hu gran manéfièf
Itìj u ^va V era péM
a latvrà matìfi e gira 410
ke maròi iu ggt la iera,
e fratóni f ke grùga futa!
u g Uanttva kul fa nula,
la gu màma la àciitmiva
la dreSéva ikìca^ la bara 415
6U Satvioni,
per maniéfial vumè e tts
mM a ^ fa kmj ^ cuf „ fnlUtg,
tenti j nn' èva SktM gjetà
e i j §U>a: fé lawrà
kul lip^ d' um ibrojofétl 42M
e kaldUa: u gi tnétl
laèel fa ku powru tffg;
fai gudài mo l'è he kóf!
e ètalneda g' u pò fa
gema tarUu muzetà/ 42S
Rafael Va èa vini in
e V e btìèa q* a g pò tdin.
tùtiikwént i igvinót
f a pingdw a fa fagót:
0 a Pàdova o a R^ma 430
0 in Fjàndra opur a t^ma,
V e n^ tot a fa gwaddn
per ve pdj bundanza tpàfi;
e ki pók k' e poj reitdw
afiSe kija f a pingów 4*3Ó
a jmprin ben um ktvag maàUja
per nu ve pSj da ienija.
Ih maStija d Rafael
Ve nimà da veg ku bel:
kontgma pai pfàz, pai Uree 44o
minV a fa kel powri vie
k' a va jntóm kun duj ba'cU
a ibjoie kwag maikarpit,
e vin fira oni tan timp
um kwac pràw o wm pera t Simp 445
per na-gu di Balijit
Poesie in dialetto di CaTergno MS
a vSfddn kwag biUerU,
zUu zUu^ la (uiUi$ua
ke jn dièkràa abnndàma
lu go pà l' èva laiàw 450
Ve bH ndda preii al djàw.
mifiiV a ^fà, la mea Uni^
a na jnàm è na bjfa 'l vffU ?
la itorUna, la bcUóga,
la la 'mpln^ una gró^: 455
maridà lu BafaH
dafin Una da kelbU,
da M hil V e pjeH ad ròba
e Va Sanèa aiba§ la giba,
^ tarda, %, ^ ti ed ion vana 460
a f ingéfii la furtH$$a:
io keV Àna di ZuriU
lu gò pà Va 'Iwen kwairtt ;
lej V e bela, lej V e gàna^
e pdf, ini ala FuniàfM 465
la fa {n do Ha, tri Uè,
la vigéra e vin bu dvté.
poj V e réjta, 'l pa V e tfit
grepau) lHj V e Sa e tié,
gè k'a V par da dam alrà, 470
mi a j plngi al dafà;
a d daj mi 'm mafi la t^éa
V e nifnà da fan ma ip^ „.
Rafael u pinga 'm pò,
pGj u déz: ** la'a'po be ti; 475
V e be péra ke ai tuèàj
u fi'^ péne ke ne patàj^
e ke mi a pudreg èérn
566 Salviom,
cerna màvum kul lantérn;
ma mi xf Idèi fa da vùj; 480
tra da pjdl k' w i jrìi 7 bHj,
u V la di d' itUìn iba§ ben
afiSe géfiza tantu in^éfl «.
basta, ^énza èutUa-fà
tiU ku k^e pdj (Oéedit, 485
um bel di la me Stortina
la tO'eà la gu iweHna,
la va fora jn faèa a BéS
i la fjùm, a lava j HréS :
V èva viH a paga fora \^\
la fw Alia, la (u néra,
ìc èva fera um cemp at p^m
da Uhgil ggt al itrad^.
pena péna d la la té
la fa Sùbat kuèapi; 495
iu l daddri la'l pè d' um tirman
per èpudà pdj fora l virman.
eia mèi a tapa béfl
dal fu fól, dlu go urdén,
pdj di Siijakò bej bjinc, 500
dia bujeda, di Streè KM,
pdj dal pan parta da FiV^,
dal niè(^ man§à dal kù'^,
dia nuvéna dia Mad^na
in gnór dia gran feét^a 505
" kwenti én a f et ti Ana ?
a nn' ed mija tOz na fdna
da sta jn ed gervì j fradéj
d mala e béw minte purèij?
a t' par mija tds M 7 timp 5I0
Poede in dialetto di Cavergno 567
da netà di' erbaSa j &mp
e da iirn um ktca§ bel tQg
per fan fora wm tog da èpttg ? «
a genU Stu bel parlàw
da ku bH bokifi rapato 515
Ana u j véh ikwaz da iproià
e la Piànta da katà,
e: ' ku djéw V a v v^ in tiHa?
u l zi bé 1^ e fnija fiUa^
eke de biku u fi' e wir 520
k' a fa béfi lu q6 dcpér.
i Skutifja fin k' u vlija
ma per tón^ i na tQ mija,
pdjy Startina, mi Staj ben
e ad mari n' an vdl fiafi géfi .. 525
ma la Uà gH 'm péj la vé§a
e la j va là dre n' uri§a^
pqj la / déz : " mi gQ 'm bel bdku
V a wreg fa lu §ram mirdku
da tot ti per gua fimna; 530
e V e Ufi k^ a Sa e Simna^
V e ^m bel i^van^ poj V e firt;
éò, sifi^rt ke bela gór
dia garig pqj maj la tùwa
m
g ti podigu èpoia kùwat » 535
Ana l^a, jnguèpetida,
la f rièpùnt: ** fela finida;
ètu bel bdku ew Rafael?
gii dibót k' a pog gavél «.
e kalAUa: * tj e zakàw! 540
deg u 'm par k* um a tapdw;
pinzaj-gà per tri b^j di,
1
568
fin k'um vén a tó 7 daSf.
Bafaél u vQ Hi litj,
intendivla p5 tjd Mj „. 545
e j tri di V e ia pa^
e j dUj góéi i g'e iru^.
Rafael V e tM danàlu
minte 'm bàku draponàiu.
Vera bU Hit ifi §ana néva «^tVi
d' l'èva fé§ la bruta pròva;
Uf la nita ia d MaMMa
karijéd' ala piidèSa.
u la férma lo 'la paga :
" Ana, mi voi dif katkéga „, 550
e lej: " U, a' l zQ be ià,
ma V e jntUil §anafà;
Rafael, mi fpdg tQ mija,
e V e jnùtil tambaUfa „.
e ini al màj ègt al pafUf, h^'^^
la ma 'l pj^da 09 jm pij.
ktval, dandtu mifUe 'm h^p^
u daàk^ t kurid e ai ìéip,
u la ve èkurtije viva
e kul SSjar fan na pha. óCri
pdf u g gràia betk in téMa:
'l'è ba méja la tampinai ^
lu di dépu Rafael
u la brànSa c^jV'Óra:
" la riipóSta V e da nà, 57i'
a v' al dlj, nu gekem pA „,
poj u priva fifk kul pd;
kuwa w dé$: * Ufi fora t Id „,
e kical vtja minte 'l vtnt
Poesie in dialetto dì Cavergno 569
tUd rabjiw e fjefiiulfni. 575
e w kgr farà a Sa da marna:
" dtg u ^ kunUfUa, brama f
a f Q fiif na gran figura
vdj w iru inH gikUrat „
e la viga taf in ftìrja: 580
' badia m pana kwa§ §thrja;
fC dr a pripi diff da nti,
mààla e nu parìiman pà „,
Mu kunztt Hi6 dot infému
u è rigérda jn ^empUérnu, 585
tilt al mdm i l tefi a mint
e ai pajùra j hriza j dlnt.
tan fadija a f<jf m tutta,
e paj dlj: ^ fa P afOftfit „
66, gifi^r! vai f^'^ fi à^m, 590
um a f préja inù§^,
um a fpr^ja nù§^ ftf :
ad mam gtmil fdt fU pA.
L'è 'na ^éra èBUra èSOra,
bgfa 'm vln y a fa pajUra; 595
l' e ia 7 gdfj a meia vài
tùt al itA i va kavàl
di firn bgi n^ru e kuj kom^
k* a spavinia afitt j bBlj^.
tiUakìvén ki k* a pQ pina 600
i f tir ini ìH 8a fa Sèna.
0 poivr' Àna di Zìlrit,
fa finit i tqj u^
570 Salnoni,
da fa fU tiit in ligrija
kwan k a Q kgr in filerijal 6o5
ti gi bela, bjeUB'e r^,
ttU i i Uima per kaikéga,
ma Madèra ahSe ti pétora
t* e finid da fila V itvra I
e vijàUa ioventitra 610
ikoUe ben la grafi SagUra.
" Pà, mi vaj a fa urdéh,
e g' a Uàj pSj ve kwazifi
nu éapé pof mija t péna
meti'là a fa da léna. 615
voi na-gil tru l brgn dia MUfa
a tg l féH, perke gum Stufa
da re dég da na jn truz^
per ki dHj o tri iterl^ ,.
Uera pina ini U tU 6Jo
a fn47àr al maj lui frU
kiean dia gfnt Vi éama: ** Ana „.
e lej fera ala pitóna
per avdé ki k* a pQ vig
k' a va jni^n kufk ki tiniéS. 625
gfda pòrta Rafael
H la éapa-ià balbél
par um bràè, e pdj tiU Sctir^
u la Uréma crunta a *m mar.
e la tóèa: " al, bgm vàf, »»:<<»
lasem età, k' u m' rumpi *l bAj „.
e Um trema minte 'l fol
tribula da ku rìn igroL
Poesie in dialetto di Cavergno 571
^ Ana, vi Hi matadà,
a ^um Hilv da tribalà. 635
a voi ióm? gi, di da è{,
perke géma a j plngi m( „.
e calàlta: éOy {rj%fr/
lasem nd, k' a pdé daèk^,
e pdf nùt n'a f pog io mija „. 640
'^ piéa mi, la briUa Mrija „,
e pai Sol u la la brénSa,
pqj u Urine fin tan dia réfUSa.
Spalavrié 'e minte mòrta
la fa m knig Ìq 'l pe dia pòrta. 645
minte mòrta la i mof pA.
eia mòrta? ouf, maj pài
" a Vq pròpi feca móna „
Iota Mo diz VaZngm pUàna.
e u j tarda um iik in fàéa : 650
" k' ifj da fan, dei d Ve krepóéa? „
u i la tira gii per Spala
per pudé pqj nà botala
èli 'n um bSc, intan k' i déza:
** Ve Mrbjéda lo dre géia ,. 655
e fratàn lu roi dal ètri,
V ex 'in vjac per hi guUt,
i fa èiicli da dg déda,
f a fৠna bgtia prèda;
fa tirato ku Rafael 660
a da Vdnim' a burdél;
e jntdn k' u va drevi
a fini da fola ré,
i j baiava tut int^m
a kavól di bile kuj Som. 665
AnhlTio Klottol. iUl., XVI. e?
572 SaWioni,
E k* a févla la powr' Ana
do gr fa jnSi bela e frftia ?
la powr^ Ana di iMt
k' età nijri j bej u§H ?
per Uu mùn la f era pù: C70
ma intdn lu barn §eM
u tardava àii dal éil
du V e de^ gerefi e bèi,
e u j §iva: ** ilo Ve 'l póèt
du k' i va finì 7 batóH „. 67Ó
V arja fre^a, V arja b^na
d vefi de^ fora d vai Barèna
V a tornato fa rinveHt
la potvrina d va mori;
e kufi kila pùka róée ^^''
k' a j reètdva jn tanta króée
la prijéva ofii (int
da ^ulvàla tUtiiktoént.
e f apóStul, konfe^lr,
e al rirgin e j dotitr 6Sr.
fa wrié fora lu èportél
k' a mei in ki bgj ifi óéL
#
pok tim dópu la powr' Ana
Vera ftl kuntìnta e frfwa.
e lu pùwru ve§ éilrlfi, ♦•**
k' èva fég lu krièoniH
da ma fi gè kula ^u t^éa
tantu bòna e kulii d rósa^
V a èpiiàw firn gran bel pò
poj V e ndw per nàia tQ. ♦'»'^'
f «, lu tég Ve ver d* ittkànfu,
e'I powr in: " mo kekeràntu! „
i
Poesie in dialetto di Cavergno 5^8
ti kapf^ pU nula jn tiU
ma u tmima pinga briit;
éama, kgr d' ma d' inìó, 700
ma l'è iSÙr, k' a ^ a da fa?
pjeH d pajUra e iud dolint
u va jnt^m a éama Uni;
% va jnt^m tiU ktvan la noé^
ma ìfU il' àkwa j fa Hi *m hòc, 705
Lu di dré ki dal muUn
% va in da bgm matifi
per m^-ft2 'm bel mofl d barót
»
da ma^nà dibod dibót,
iu jla rùnia j re m storsóm. 710
éò, ^iHór, ke kumpasóm!
tuta n^a e l col èkandw
m
eku VAna k f a trovate.
TfUukwén ki dlu kumttìi,
u maficéva èkwaz umèàn^ 715
V e nQ tttt al ftìnerdl
e j pjeiliéva, mija d bòi!
Rafael e la qu vé^a
f a pjeTìzi da fan na cé^a;
^ j ginéva tra da lór: 720
' nuta ìcmStìn u na n da^kór,
um Va fééa da baló^,
propj umèttH u n za ktcackór ,,.
Powri béku ki V a g kréj
da nu véé mija kastjij 725
kwan ì^ f a féè al birbofió!
gè niSìlfè katkoca vf n za
574 SaWioni,
vefi lu titn k' i iapa /(fr,
perk^ w V óbliga 'l ^ifi^.
L'tra za m meé abundàfd 73ii
Jc' una krità iti lo jn kamfànt
la j cUniàva a tud lu kàg
da kel' Ana d darm im pàs.
pok titn dgpu V Ajmarija
Rafael da V oUerlja 7;^ó
u refi fora per na ed *
Sakaidn d' ifièà d' inU.
*gU jla Strééa u n trova Una
e w la bréfiS' ala furtòna
per faj gà na kuHiS karina 74o
Q^la fàéa mulazina.
ma la t^éa V um a dié^
la l pazija beh da drfé,
e la krida da mazàg
per ve Uberu lu pàg, 745
*^ fa m pò zUu, zavatàèa,
Val faj fé la figurààa
k' a ia féc un' alta t^àa
k' a j pjezéva veé ritrosa „ .
V e bu ibàc. Lu Rafael, 75"
tee ad vih minte m purèél,
u va là kul gemb il* ér.
gfi da lo u vànza m cér;
i kurfva per kapija
ku k' u fUg ku tan grepija; 7.*>'
e j ta m trova l zgvinót
daètiràw e kul naé rat.
e jn ku t(m la tona v(ja
Poesie in dialetto di Cavergno
575
gema vdé min la finija.
fora Sa, ifUgm al fSj,
Va cuniàw-gu iUt aj gSj.
Vaia w diz: « u ft'lpUàna
W a ètrozóiD kela poior' Ana „.
là dal Undj u dès mi kóg
e tOd dilj cV aèkgi d' am^
i va èévi per viià
là §ùUizja dlu dafà.
760
765
Lu di dri kuii gren èóap^
i gendarm i va jn tru2^;
fora m a kurfgià:
* kn djiw éi mQ Sa fa? „
kela t k^r pugej anzj^ia
Ve la vé^a^ la iifi^ia
di Storttt, V a va dmandàtU
perke d ^ra tut kel plani.
e, ti j par èkwàs V i faja pósta,
i na j dà èktoaz fiafi riSpóSla.
ma tona vé§a da kel véé
la j kanV ini indaV urie :
* f ' tt purU kami2a br^i,
0 Skundiv in beh a r^di
da kijeli, opUr §iré
perke géma iv vQ braficé ».
" par amur di Diju ! j gó
k' um gim n^ W i v9 òapà
la kgr gù da Rafael
Va dormiva 'fimo dlu bel:
* fora fora befi dibói
fora èvéltu e fem fagói;
»•
770
775
780
785
576 Salvioni,
Hi per pjàza u f e j f uW^/ "^'
k' a f a Sa tctéerti ipij. „
Rafael ahmQ iborHéw
u è daèida e u> dès: * hu djéw? „
tut a m trai um ma ^ fl nàg
u j fa torna jn teUa l kài 1\<^
dia vigttja, e gjeH èpavhU
u i vaètlz ivel minte l nhst,
e pqj gA dibQt pai Per.
gii pai Spdl f a ifiin iuwér/
gè per ètràda j ve kwaHàt: S'»*»
" um va ini a vSjda *j btU,
vojda' j bùt y € pjefi ad mija „;
e pingd V era d' awrijat
tant' e véra ke j pekét
i fa èkwàz diventa miti b<C>
Ma k' a gérv na jnigm a m kàr ?
V € be jnutil^ a na f par?
mania e t^i Ve podu nà
in tru tnd dal Lavina,
pSj i l' a bU preS braficéj^ 81'»
kul manit i Va lij^,
poj i l Spj^na a vuh a tufi,
ma la kólpa V e d' umèitfi.
Ifij, lu tóé, u dez "Te marna „
ma 'nce Uj la IkQd la rama: ^ló
^ mi n 29 ntUa, Ve bu lùj „.
t jn Hu módu f e tild dùj;
e j l kaè' in pala prazom
a Spicé V eèpijazjóm.
Poesìe in dialetto di Cavergno 577
Um briid di, i ? a min^ 820
la jn (alpe e j l' a 'tnpiH^.
u f era là na miiga d zint
k' a tremava dal èpavint.
prima t fa V orèndu pàg,
Rafael gema frakdg 825
u braèida gU la vé^a
e w la j kdna ve n' uré§a :
"gè k' a mòri genz' ^n^
e jn dtàgrdzja dlu Qi^4^y
u gi vuj la kawéa, vHj, 830
e k' a pdja, gim tud duj „.
pQwra vé^a! Kgga Hrija
là jn keV uUim' agonija
a genti et' orènda v(^8
dala bgka dlu go tQg! 835
gii lo jl tàb di kundan^
la g e méga driza jm péj
(tanti vói kwan k' e èa noè
la 'm vefi int, in tlb j^i dj Sé
kela vé§a pjena d róp 840
fnega jmpéj gii per ku tàp.
Igra wm t^rna jndóg la fiwra
da trema minte na liwra):
" tantu beh k' a t' Q jngehéw
V e bU vti^ V e nada 7 djéw; 845
gem' a d ddj um kunzil èlort,
kuw' um fa na là kuj mórt ».
e intàn ki pok kanu
skavi^j d V èva 'nmQ gii
u l tiràv' in arja l vini 850
k' a bofàva tut pjenzint.
578 Salvioni,
T fifa p8j min la pQ vi^
f a finti tad duj V iètéc
lUj balóg e lej la pórSa
i dund^na iu dia fórSa. s:,5
dee V e fnàrt, e lu ^ingr
V awra bù fjetà da l^r.
Hu briit kàg k' e na lezj^
per opra da galani^m,
u l SùfUàva gU na vi§a '^^'»'*
hcan y um nàva 'fimo 'fi Kalni^a.
dei V e mòrta; la (u Hórja
V e reUAda per memàrja.
y. — Lu matrimòni d Rog dia Póma.
Rgg dia P^ma l'è bù Ufi
k' a §irAw tud lu kumufi
per trova na t^ia bela
da mina tru sU jm bardila.
Uà cminzàw kufi kel baUn
k* èva roba, vaS^ kawrln;
poj V e nàw indré balbél
per ceree lu ded di' anél.
L' a pingów: ** dona V a d(c
da nu màj kaèe kavté
ke 'l puètd V e tiìd qmorfj^s
k' a Sandica tròb lu pgs;
V e èkwat mèi ti n trovi itna
da kel k' àbi wer furtUna^
perke sènza i toj kalzój
i w ec ròba di kulój „ .
*»l''
H
t <r
Poesie in dialetto di Cavergno 579
Dufika ? Réjt ? Pa nuta jn tiU. 880
Bel ? U ifit irap poh koStritt.
Rok k' a fUva ed da R^ma,
Inj u l zéva aibàc ke a t^ma
van color che la speranza
han metiUu jla suUànza; 885
che beUza è un fjor gentile
che sen fugge coU'aprile.
li tra kilia la aentéma
V a j aUntdva V Eminènza
d'um soline kardinól 890
k^ a n zaviva, mija d hai!
E Va die: '^ mi §a n vU ^na,
nem inànz ala furtilna^
fem pafd tOd lu kumUfi,
èakatém iUkweni i brùfi; 895
g'e k'i dé^ m kwan da ni,
am str' ini il te§ dlu iti.
e pinsór che ho visto il papa !
jé, f n sa tm minte na sàpa,
E m bel di lo sgt a Fr^j 900
tu karjiw di s&j drap^j
Ve naw là da iwan di Mifii
k' a salava um Ikwi ma^fii,
E Va dia: " kela Maria
ti wliw ti, a wrig tu dia 905
d la wreg damai lu daU
{ e k' a vie da nà la mi? ^
iwan kuntfnl minte j urèéj
d' é^an fira maj e péj
(mi n perki na l zb di ptì, 910
580 Salvìoni,
Ve ga tàn dfe ^uèedH!),
u j riàpunt: " ^ wer ku d dija;
u saré^ poj trob li§rija
f' a f ^avé^ kd parolin
k' a pò di certi teètin; 915
/' e katéj da fa jntra dAj,
tra m bel per t kalz^j e tvm bAj,
f ' e dV e UUfa d' eé ranMca
métaj-sA la pedruUnca;
kaSa-fóra l to kurdi. 9-Jn
kè ^e poj ti mèli l kwàé^
ti na vo krepaj 9U pu,
u n e di' ài k' a diy da ni! „
e uj fa 8it na gifiedina
étmn di Mih'é da la MorfUm. 925
U e torndw la primavèra,
V e bel tlm matifi e séra,
lu kiiràd u paga Int
per di méga jH Ganarlnt.
KalinmàH§ V e tn gram bel di 9'òo
u ra^óna ini i ri;
gu paj pr^ V e tUt kog fjur
e skicas èktcd^^ u §ifia j mur.
kela bela puréagj^!
ki ìulid ^u jl laveH^^m! 9^5
e jn ku di ttU pjeH d ligrija
ance lióg Va podH dija:
** a ringrazi la Modena
k' a m' a féc trova na d^na
k' a kapìi k* a sum um bàku 94U
da musdj ku d V e 'l nUróku « .
Poesie in dialetto di Cavergno 661
V età própi kuntratdto
kum Marija dlu Panàw^
kul n{ 'ndri da Oanarfnt
in paj préf at Stdner d' ini. 945
at kapóra u fi' a de^ mija;
pQwru iggl u 'nn 'cva mija;
pqj: dané ìnt ila vài
V e pekdtu kapUdl.
Dee MaHja dlu Pamiw 950
uj rinkrég da ve tapàw;
Ut su marna la n za mito,
e per dilu V e na futa.
certi tnàm i fi e wer SùM,
pòj i ve m pò trob daUtRé. 955
finalmint la j BUnia^
min V e bUda^ ku k' e M.
e la tèga: " a dV o ^ die
ke ti t SérSj un grand implé.
è V e pdf pripi l fdj aalvàdi 960
k' a t kanéfi§a tru sU l nòdi
a na go pqj wér ku d d(ja,
ma grata na i jiUi mija 9.
RQg dia P^ma una séra 965
kul ni 'ndré dala Vifi^a
V a jnkruntdw Mari di I6j
karijeda kuii kuiSj.
lej la i dez: ^ hundl bunànt ,.
e liij V era h\è tan grand 970
e u j ri^frtind : ^ la gran kulàna
l'è dee ^éla ke drappo;
582 Salvioni,
dee la m^a mi a V o èà^
e tn darei do i^avazà
kwan k' a plnsi ke urna gira 975
ikuHiZ mj e ti um a n fa m péra „.
e Marija: ^ mo dab^t
dtg a végi d P a ras^
lu me àia kwan V ti §ifia
setato-^ ini il h6§ dia pifia: ^^^^
' baita ve su 'm per t kalz^
e pqj féman paj §ar^
i nn' a su ttU ktoeni a rSi
minte l mùèS V a mia j bjSè ';
bona séra, almefi ai ikwi 9^5
deman pSj um pò 'USe a mi „.
e la plnsa: " a ÌQ wm katd
V e fian b^ da rafi§ulà I ^
Kul gran di dlu iposalizi
V e èegàw afiHe l Hremizi 990
d Rók, k' a f èva de( ptyUra
kj uleg tSj la gu futàra.
anzi Ve bU bèfi kuntint
perke tiU i goj parint
j a feò tàn da prokUrà 995
da pajàj ahSe l di2nà.
lu gurió da la fruMna
u V a bH da urna kusina
k* èva buda kela fionda
da m so frél dnava jn Olanda; IChhi
lu òiUndru alt um bràza
lare fi? jh Urna ikwa:, um ipóza
u V a bH da u*m vec fjandriH
Poesìe in dialetto di Cavergno 588
k' a g camàva ValenUfij
e k' a l tniva su jl dir^ 1005
per tnasàra dlu karl^m;
e j èavét Parkfnan pA,
V e ikwas rób da pjtìi§aj-8u;
dola tèsta tru j kalzi
V tra ròba fiiéa ve 1010
per limózna e kumpas^m
da ku pówru ilandan^m.
Paj prim di, ai QiH^I
Ve ha ha k^ a mi daik^;
luj e léj e lej e lHj 1015
V era wm péra, V era dùj.
Rog dia P^ma ipeialmint
V era fora d ^entimlnt.
ma wm hrUd di dlu kaiandàri
V e ha vSjd anSe l Umóri. 1020
ktda fémna l' apetit
l'è kresU a V infinit;
e V am^r u haita m(ja
per mantéHag in ligHja,
Bok maàtija u n zèta aihà8, 1025
ma Ve tló Itt grand impóé;
u Qa mfja lu kwa sém.
uj rincré^ in zempitérn
da dovè dubje j §inil6
opur tèh la bgka 'l ^àé. 1030
e la èp^sa ^a m mis^m
k* a riv' In tru int il F^en^;
e V a des: ^^ powrlna mi,
ew tiU kèUu ve mari ? „
S84 SaWioni,
e liij Bók u é grata l nàc 1035
e u smlnz 'a ve^ perzùAc
y a ras^ la dgna vi^
ktcan d laj de:; int i V uri§a :
" tut j ursej i Hnd ed ni
inguHz k' i kànta e fa ligri; IO40
^e ti Sók t' e kambjéw ètràda
fjefi^ ade^ la gran fapàda,
hi k^ a fég nimà l bruà^
j a da Urthgag gu l misgm;
pu um^ùfi a l kutnpMs^ 1045
t / las' {fU indi) ariò „.
Giovinótf ^e vuluntà
ar fiié màj da pjenia Sa,
tenj a mén k' e necegàri
a jmpjeni btfi lu Umóri; 1U5<>
sènza, poteri vjeUf la Spòsa
la vQ vé^ azbàg na róia
ma tona róéa da kel t pttRg
di e no'é ^enza maj vùfìc.
VI. — SpediziQj di tos^j-
/ boj vég dlu tìm k' e M 1055
ì e tìnta va propi fiJ
ke tacerti ffovinót,
— propi rób da daj kazót, —•
Ohi tànt i feva ci^s
di rjagit um pò daluFtc IO60
Poesie in dialetto di Cnvergiio 585
per trova da badujt
dre hvag hifiè o kwaS ìihicé^
mufi^A apèrta Seufr e vàe,
gema fiàfi juta mei ktvàé ,
an u fUva §a da dMp, 1065
àima e fin nimà jn ì$m sali,
per kgr g^t aj faneètrU
d lej k' ev' Ini i bej n^U,
uj portava ^h tcm ma^fi
at èpagttra e wm maàkarpift, 1070
roba d filva da èkund^m
dl'àta; sènza, um gana^i
u fr«f própi maficéw mija
al katà d nata jn ligrfja.
kican t' turnàv* a Spari l ètél 1075
V tra ^d sii dre l kafiyèl
kula 8i^a jndi finite
a mufi Uirli §U,jn um krtìé.
kwalt u filva at fora ed
kufi èa jfi korda cetfn' f ring A, 1080
int al eoe d Martintanifi,
u r taceva là wn' alvlìì,
pòj beh iièltru là tru Frój
ala cdèa di drapój.
al tuédj ìj era là 1085
da kel própi ben puMd,
eet^ifU ledo dre l foj
i n cìlntdva da M br&j.
tapa ti k' a tapi mi,
e Jnfratdnt V e toè sa di. 1090
Igra zréltu n ^jara int
per da mija a V iìg dia gint.
586 Salvioni,
hU al Séior Fé mor dal frtè,
lora uj tata vtja V urie,
perké k' a na g gàpi mija - 1095
lu bel frùd dia filertja,
lenti di' eli da Sti kaUt
i Suntàva j hqj ve^tt;
ma wm pareva d V era bài
maZìia-gU da karnavdl. HOO
ma dég um sìm perzutg
perke wm ve tìo dre j nd^ ntg,
ke da hi d va beh dibùi
u h' e fimo di §(mn6L
VII. — Lu dulQr dia fdmna.
L La tnQfi.
Ai èammarUn a sum nàda a io l madazin, 1105
a sum rivada ai primavèra;
hcdn k' a sum ià jm bgka kard
u rgna l éok a eokà;
o da méga o da miidi
0 d l' e j bót dlu me mari. Ulti
da miédi V e trob bon^ra
e da méga V e pagàw V ^ra^
kiS l' e j bód dlu me mari
gu jnam a Sé jIq jii ku pràw
a V 0 irovdw bel' a èlufigdw. 1115
g' u fttg Stéé um pò m bgm ^
a l ciiziv' ini in um bèi lanzu^m;
Poesìe ia dialetto di Cavergno 587
ma V e bù um kaiitàò
k* u vaj ini in um drapundè.
punc ifi M e puni in là, * 1120
perkt l réf u vù ni bgm per ed.
pjehgi pjefi§(^ tusonft,
perke u pari fan pitonii;
pize-i'tì diij baètonlt
perke l kandél i koUa kwairit. 1125
e viij pjeft^l, komarlna,
perke Véra 7 vd$ komparifi.
2. Lu fùneràL
U fowara kel do kampdn,
i pareva do dijdn;
i kantàva jnèi ben ki diìj preradit 1130
k' i pareva diij oryanlt.
metì Id na bela miigà t téra
k' u na póci ^«^J ^* J>ujfi keS mùnd a fa girerà;
metì la um bel pjodóin
k' u n' àbi mdj da alza pii l miéóm^ 1135
medi là mija là dre 7 miir
nimbót k' u ^tàki f/i mija pai grepadiir,
k' u f la mori in zcmpitvrn
ku katd k* a m' a traidw kufi si mal guérn.
Indiìlylnzi per k\ d des kcsta-kl
un duj um mh e um di, 1140
Archivio glottol. ital., XVI. 9i
688 Salnoni,
Vin. — Il Lino,
KuHÌn k* a f era {f^van a f era bel
<» / éw» jn téèta um bel fjgr murél;
adég k' a sutn fiié via e kanà
i wl a Strepdw^ lijéw e batti.
IX. — La paglia e il miglio.
Lu mèi: lufiga lufigàfla lI4o
f è da Sta ndw mia ila kampófia.
La pala: potvru ti, meli fi dal So rudunt,
ti na pò fa bona farina fé mi na'j sunt.
X. — Ninna-nanna.
Stampa Stampa la kumà
tre tusdj da marudà Uhi)
Una la fila kalàUa la téla
kalàUa la fi j kapèj di pala.
XI. -- L* evviva agli sposi.
Evìva j Spà'gt
barot e nw'f /
da màfi da cà 1155
boj braficà !
Poesie in dialetto di Caveigno 5d9
APPENDICE
Xn. — Lu fjO pródik.
(Versione della Parabola).
Vm d{, nostra ^ifi^r l a SUntatc-gU Sta pardbula: gema na
tòlta wf era wm pd, V è«a duj tui^. Ku groi V era m lawrant^
k* a ruààva da moti fi tru nSé, kwalt invice Véra wmtakàta^ Va
j fjeziva la ligrtja e ìu bd timp. E unn di^ u Óapa-Sà lu pd eu 1160
/ d^^: pd, a vói nà pai mànd a tanta la furtàna; dèm la me
pdrt ila Spartizj^ dia vo$a riha. Lu pd prima u jf a dia: * vàrda
ku ti fi! ff ma kwàl V a tfiig dar, e lu pà V a mddw. Lu bdku
kuAn d Va bk hi fet go, V a pingdw da toSè lu éU kuj dU, V a
die: ' aligar „ kuii ki t Bd, e vija. EfM V u nn' a hi, Ve nàda 1165
da d^: fiU, Ugrj^^ amif, kè gerv a dija? Ma wm bel di, u (' e
niiikorgA d V era Sa nit, ibrig. Mìni a g fa jl^a ? V a provdw
a na daj góéi dal tigri piò, ma kija kwàn ì^f a gobi d V iva
ditentàw pàvru j na V a vlù kufiug pd, ^ki lu pawrdS ù (' e
buifkiw adatà a na far 'al b^S8 a SUra éà, e kuntentdé da mafióe 1170
gdn kun l(fr. L' era dtirat e jntdnt k u ibjoSSiva kù damalerffm^
H pinzava : e pingd ke a Sa miga j Sta jnSi béfi : da mafi^i, da
biw, da darmi per tiUt AfiHe lu pèfiS gervUùwa u> Sia mèi ke mi.
IC a tamàga a Sd? Lu pà Vavrii ma§àri kumpasóm, e u> m tamerig
to kum lHj „. La ver§ófia la V a tfiié indri tcm §rampiz, mapSj 1175
um di la fàm e la fdna V e bdda ptìgej fórta ke la téma^ è w ^e
meg tft Strdda. Kwàn d V a viSt a vanza^Sà la gu Sd, u g' e
fermdw genza kurdè; ma lu go pd, k' a giva mind d la wliva na
finì V afdri, u l SpUeva dig; e ku di V era gUj la lóbj a varda^iH
pai Stradóm gè V u Mva l pwfru tQg, E w V a vtSt, e tot kunUnt 1180
u f e kwrìd inkrànta; e jntànt ke lu pawrdS k' ii i nu^eva^èit per
dmandà pard^m, I4j u i^ V e tiraw gùjntgm al '661 ewV a karinàw
ganza fini. PSj, tomaw ini ih Sd, V a éamaw Sàj gervUS, e: " kuri „
V a d4è '^ kurl a mazà V avdal^ pugej §rSg, V e Sa lu tjè e wm
rò fa fiSta. PSj, u Va vaStU gtl data fiSta, i$ f a meg in V anel 1185
d' ór e w na Steva in ptì jla pél data ligrija. Kwàn ke lu diznà
V e preS bri prepardw, V è rivaw Sd lu fjo magjr. Kwdn dVabu
vis lui ku maniHè e k'ù nn'a gabà lu perké, u g*è lamintàw tramindu
590 Salvioni, Poesie in dial. di Cavergno. Appendice
kul pd: " a mi mai nùta, e U k' a gum kù tfà na jnànz la Sa;
kuló k' a maléw tud lu go, u'I irate minte wmpHfièip „, E lupa 1190
u f a rièpondU: " tilt kù V a / o m{ V e to, V e véra; ma to frél
V èra minte mSrt e dèi V è riguHtdw; à t par mija k' um iva da
fan ligrija? „.
xin.
(Versione della Novella del Boccaccio).
Dépu ke j kriMjdni j a bU kaè&w-vé j THrk ai Tera ^ntu,
ttUukwèn M k' èva jn min da fa na gran divozj^ i nàva jm
pèlegrindè al gàntu gepùlkru. Qema wna vòlta j ini il róè dipdegrtt, 1195
u f e bu int una èor^na. Kwàn d V a bu féò tiid lu g6 beh, kul
torna-jndré, là per un' iéula V a perdU la kumpafiija, e la g' e
jmbatUda jn una mdniga ad manigóldi k' a V a kuHèéda da bUta-vé.
Uf pudi jma^inà la gu diSperazj^m; V è bada tanta ke àflSe gè
d la fiié da béfi tru la jiì kój V a pingàw da nà dal ré per fag 1200
fa ^uMizja, Là fifi' a parlàw a kwacùd da età rigoluzj^m, ma
kUè'kì u f a die: V e jntUil na dal Ré; V e Ufi da ki katéj V a g
en làsa fa lHj fìfi gora j kavi gènza di néta; ì l teH tud da fa
lu go urindri; pingè poj vHj gè k'u vò poj nà jn truz^ per vAj,
pann' afdri k* a fi' importa %om kdz. Qentìt Sii rop tlò, a vjeU u f 120h
pdr ke la pòwra fémna d la na / èva pii-w-àl da fa ke torna ca
gùa e fa befi zltu; ma Vera gélfa, eV a pingdw: ^ à voi pruva „.
E la va dal Ré da keV {àula, è la i bUta zAjnii^^m, pjéna d'àkuxi
daV oc e la dez: ^ a vèfii da vUj per fam jutà; V aldi a m gkm
imbatuda jn alwènt ornane^ k' a m' à diionordw ; a l zó k* ì v'an 1210
fa 'aSe a vuj da tut al rdz^ génza k' u v la èapija tand da vdé.
Ai bgm vujl ingefièm afiSe a mi la ràgefiazj^m; u m farigu pqj
própi m gran pyezè da véguvan rìkunuèlnta fìfi k' a kdmpi. Lu Bé
A' era mija kuj^m, V a kapìd V antifuna, V a fèé Sta gii 'm péj la
S^ra, e w f a die: " vardè, fifi adèg i balóg / a minavo ruz in tiU 1215
al mantr, è j m n* a feè a mi e a kjélt; ma d* gr indnz, a vai
dij' in paròla da Ré, fa finid d' ofìn lu Qifi^! E V à mantefiìg
la paróla; V a zminzdw kìd fa ve j kanéla V èra rovindw kela
è^ra; è da Igra jm poj i lèdri ej' agaglt in keV iéula j n' a bit pit
tera férma. 1220
^ • ^i
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Arrigo Souo, Ademprivia^ studii sulla proprietà fondiaria in
Sardina — (Pisa, 1904. Estr. Ab\Y Archivio Giuridico
I fase. 3, e II, fase. 1).
— — La costituzione sociale e la proprietà fondiaria in Sardegna
avanti e durante la dominazione pisana — (Firenze, 1904.
Estr. àeXY Archivio Storico Italiano, ann. 1904, fase. 4^).
È noto che le divene forme di diritto al godimento collettivo di vaste
estensioni di terre, riservate totalmente o parzialmente airaso dei cittadini,
prendono in Sardegna la denominazione di ademprivi. Molto si ò discusso
e si è scrìtto intomo a loro, specialmente in occasione della legge (1858) che
mirava a proibirli ; ma al problema della loro origine non si era dato finora
ona risposta soddisfacente. Le opinioni brancolavano incerte o nel ritenerli,
come il Manno, un avanzo della dominazione saracena, o di origine bizan-
tina, come di recente il Besta. Più incerta ancora era la spiegazione eti-
mologica del vocabolo, che il Da Gange derivava da ' ademptis rebus .,
altri da ' privus , nel senso di privilegio, altri dalla frase ' ad rem pri-
vium a, e altri infine dal celtico ' empleia , neiraccezione di usufrutto.
Ora il Solmi, nel primo dei lavori sopra enunciati, ha il merito di aver
posto assai bene la quistione e di averla risolta con corretto criterio storico.
Nel oap, I, accertato il fatto che la voce ademprivia ricorre per la prima
volta in Sardegna in documenti aragonesi del sec. XIY e riconosciuto col
Brandileone che il vocabolo è originario dei paesi mediterranei di Francia
e Spagna, il S. si pone a indagarne la storia sulle fonti franco-spagnuole,
persuaso, a ragione, di trovarvi tanto la genesi della parola, quanto quella
dell'istituto giuridico dalla parola designato.
Nei documenti di Provenza e di Catalogna dei sec. X al XIU, il S. segue
lo svolgimento del vocabolo, che dapprima sotto la forma di ademprum o
ademprametUum significa certi speciali diritti d'ordine fondiario, e poi negli
UeaUei di Barcellona, ancora sotto la forma latina di ademperaw^enium ed
in quella volgare di tmpriu o empreut esprime un*appropriarione di frutti, un
godimento. Infine, dai testi franchi risulta ohe nella costituzione economica
592 Rassegna bibliografica.
e fondiaria del periodo franco, vìgeTa il droit d'empriu, o Jut em^rwimtdt,
col valore di godimento collettiTO di pascoli e di boschi lasciati agli osi co-
muni. È evidente che qui si ha la ' cosa ' e il ' nome ', che sopravrire oggi
nel sardo. Infatti, le voci surriferite sono da collegarsi col prov. emparar,
amparar, frane, emparer. EOrt. 4112 e 5898, da in-|-parare nel senso di
' prendere possesso, impadronirsi ', che, in fondo, è pure metalòrìcamenie
neirital. imparare ; e si comprende di leggeri come da tmpriu con la pre-
posizione <Mf-, si sia fatto ad-tmpriu, donde la forma latinissata adtmprixium.
Si potrebbe obbiettare che nella prima serie di esempj allegati dal 8., U
voce occorre nelle forme adempri$ (pi.) adempre (sing.) e usata inneme con
qutttU 0 quitta e iàHa, esprime evidentemente * on diritto peraoiMle signo-
rile alla percezione di nn tributo per la concessione dell*uso di determinale
terre „ mentre nella seconda serie, sotto la forma di ademprawèeiUo signi-
fica * un diritto reale di uso su terre di dominio altrui , ; onde si potrebbe
supporre che qui siano due voci di etimo diverso, che vengano poi a com-
mescersi e fondersi nel terzo gruppo. Ma si fuorvierebbe dal vero, poiché
in entrambe le serie il eoneelto fondamentale è quello di ' percepire, pren-
dere *, sia che nella prima il diritto spetti al signore di percepire il iribvto,
sia che nella seconda spetti airasufrnttuario di prendere i fratti della terra.
Sta bene dunque nelFuna e nell'altra la base *ad-in-parare ed è evi-
dente come si potesse passare dalla prima aeoesione alla seoonda.
Nei capitoli seguenti (II e III) il 6. entra pift a fondo nella quatiese
storico-giuridica in quanto tooca alla Sardegna. Ma io aooennerò dì volo
alle sne conclusioni, che escono dal oampo de' nostri stndL 1^ eoaslaia
ohe neirordinamento fondiario della Sardegna, dopo la caduta dell'impero
romano, sono sopravvissuti degli usi, la cui estensione eeonoodea e aatma
giuridica è impossibile di precisare, per la searseaaa delle fonti, muk t^
gli sembrano consimili alle forme degli ademprivi delle terre franco-spa-
gnuole. Il S. studia la vita di codesti diritti *oonsaetadinarì dnnato il pf^
riodo dei giudici e sotto la denominazione pisana e servendosi lasgamcnie
di tutti i testi editi che a quel tempo si riférisoono e di pareeobl altri
documenti inediti, dimostra che quel diritti avevano assunta esisiensa pr»>
tica e ginridioa in Sardegna, prima ancora che gli Aragonesi ne iapoitas-
sere neirisola il nome. N^rordinamento fendale poi, ohe questi diedero alla
conquista, si trasformarono i rapporti e i vincoli, eon eoi eia diekrfiMito ti
suolo, e cosi si mutò profondamente anche rassetta degli mdwmpriwi.
Lo studio di qneete modillcaaioni forma oggetto del capitelo lY» a mi
ne segue un altro (VI, dove sulla base delle risultaaae storìehe il 8w 4rter>
mina la natura giuridica degli ademprivi.
Nello svolgimento di questi capitoli occorrono frequenti oitirfom dì do-
cumenti, parecchi de' quali inediti : uno, del 12fl6, è riportato por
Baeseipia bibliografica. 598
a p. 88 n, di tQ una pergamepia pisana delle Carte Baille. Vi sarebbe dunque
da apigolare, specialmente in ordine alle forme meridionali dei dialetti
sardi; ma siccome mi consta che il S. attende alla pubblicazione integrale
delle Flergamme CiMgliwrUane^ così ne rimetto la cura a chi darà la siste-
matica illustrasione di esse.
Intanto qui giova ricordare alcune voci sarde d'etimo evidente, ma la
cui significajdone riceve nuova luce dalla documentatone storica che ne fa
il S., quali: p. 28 rennu regnum ' patrimonio regio, patrimonio del fisco \
siUfa * caccia *; — p. 26 aaUua ' ampio spazio silvestre e montuoso, lasciato
incolto per gli usi del pascolo e del bosco * ; — p. 29 a tteatura d$ r0tmu^
formola usaU per concessioni territoriali stralciate dal patrtmonio regio.
Altre voci trovano la conferma del loro etimo come : p. 24 vidagMome * le
case e le terre contigue, che servono alla dimora e alla vita dei gruppi
villici *da habitacione, come vide il La Corte, ofr. St, fil, rom. Vili 4U ; *^
p. 61 eutBorgia da *cursoria [regio], com'era già indicato da me nel-
l'Arch. XIV 185, nel senso di ' circolo che abbraccia un certo tratto di ter-
ritorio * e la ctt89orffia fu dapprima, come rileva il S. ' una terra demaniale
concessa dal barone o dalla villa, ad un pastore o ad una famiglia di pa-
stori, nei salti e nei luogi disabitati, perchè servisse ai bisogni dell'agricol-
tura e della pastorizia*. Infine, quanto alle varie denominazioni assunte
dai tratti di terreno presso le capanne pastorili, p. 68, sta bene connettere
il log. furriadorfiua camp, furriadraxua con furriarf, ma non è esatto che
l'etimo sia nell'it frugare, poiché la base del verbo sardo è *fur-idiare,
cfir. Roinama XX 65; Haxzoè non giada stantiae, ma da statio; mddem
va certamente con odd^m, boddeu$, dal verbo camp, boddiri, in cui si con-
tinua regolarmente colligere; ma non chiara è quella prima sillaba ot-.
Un più laigo campo abbraccia il secondo lavoro, in quanto tratteggia i
rapporti fra la costituzione sociale e la proprietà fondiaria in Sardegna,
avanti e durante la dominazione pisana, prima cioè della conquista ara-
gonese, ' che segna il momento profondamente trasformativo della storia
sarda ..
Non è qui il luogo di riferire intomo a questo quadro storico-giuridico,
in cui diverse voci sarde tornano ad essere correttamente spiegate. Rileverò
solamente poche cose: diverse argomentazioni giuridiche hanno portato il
S. p. 28, a vedere giustamente in batter ptdia il senso di ' quadrupedi ',
come io indicava in questo volume dell' Arch. p. 880; -— a p. 86 e altrove fa
menzione della parola vestare ' casa, dimora ' e poteva ricordare ohe è anche
nel Cand. dà S. Pietro e che il Bonazzi la deriva dal gr. fkaTdpiov, come
pure il M.-L. AMoif. 56; — a p. 44 dà di guìmre, bubare l'etimologia dello
594 Badsegna bibliografica.
Zanardelli cubilare (per svista il S. scrive cuìneulare), ma più persuasiva è
quella del M.-L. Altlog, 26, da *bovilare, che corrisponde assai bene alla
significazione che il S. vi dà di * ampio circuito di pascolo, difeso dai ter-
reni coltivati e recinto con apposite siepi e muraglie, per le vacche e gli
armenti \ Già nel lavoro precedente, a p. 24, il S. aveva notato che nelle
carte sarde la voce Ueolca significa dapprima ' la difesa organizzata fra i
membri della villa * e poi ' il territorio compreso nel suo giro \ venendo
ad una accezione simile a quella di vidazzone. Ora qui a p. 42 toma a in-
sistere, a ragione, suirentità di valore delle tre voci viUa, vidazzone^ iseolca,
come diversi aspetti di una medesima istituzione giuridica ; ma non è esatto
che la spiegazione etimologica di tutte e tre sia stata assodata ; poiché, se
non cade dubbio, non dico su n7/a, per sé evidente, ma su vidazzone, quanto
a iseolea non è ammissibile Tetimo proposto dal La Corte 1. cit. ed il S.
stesso lo infirma, osservando giustamente che la seolca indicò senza dubbio,
come diee la parola, non ignota airitalia longobarda, una guardia o scolta^
e non ò nemmeno una suddivisione deiresercito bizantino, come pensò il
Bonazzi, Cond, di S. Pietro p. 153; dunque la scalca ò originariamente
' un*unione di persone per la guardia e la difesa di un luogo ' e vien fatto
di pensare se non sia una stessa cosa con scolta.
Nel discorrere delle diverse classi sociali, collirertos ' servi \ liveroa, ma^
iorales, viene anche a dire a p. 47 della voce paperos^ ch*egli pure col
Bonazzi ritiene significhi 'membri della famiglia del Giudice e suoi ade-
renti*. Egli rifiuta la derivazione di paperos da pauperes, proposta dal
Bonazzi, Cond, di S, Pietro 156 e accolta dal M.-L. Altlog. 4 e con qualche
riserva dal Besta. Quanto a quella messa avanti da me in questo voi.
deirArch. p. 388, si limita a ricordarla in una nota, essendogli sopraggiunta
durante la stampa. Muovendo dairespressione nuorese terra paperUe * terra
da coltivare neiranno *, ch*io nella Mise. Asc. 243 riconducevo a pabulum
* pascolo \ insieme coi termini log. pahorile^ paharile, camp, paborili * mag-
gese, pascolo *, il S. suppone che l'antica voce papera sia la continuazione
di pabulum e nella ragione del sardo, questa base con scambio di suf-
fisso può aver dato *pahore *paheru, ma qualche influenza non manifesta
deve aver attraversato il normale degradamento di "ò' in t> e portato in-
vece alla assimilazione delle prime due sìllabe: paberu, paperu.
Prescindendo da questa difficoltà fonetica, altre maggiori difficoltà d'ordine
ideale ci si affacciano in questa etimologia e sono pressoché quelle stesse che
mi tenevano in dubbio riguardo alla mia. Che paperos d&\ significato originario
di * pascoli ', sia passato a indicare * le vaste estensioni di terre disoccupate,
in molta parte offerte al pascolo, che costituivano il patrimonio della co-
rona', è ammissibile e infatti nella maggior parte degli esempj paperos è
usato senza articolo determinativo, come un termine antonomastico di qualche
Ramegna bibliografica. 595
ente giuridico e potrebbe tradursi 'corona'^; tanto è rero ohe nel §87 si
aTTicenda con nnnu 'il patrimonio regio* Ma corona*; tì si dice che Ur-
gekitana si sposò con Furata, servo della corona (rennu) e dei due figliuoli
che ne nacquero, la chiesa di S. Pietro se ne tenne uno, e Taltro la corona
{rennu); e si aggiunge che il servo preso dalla chiesa si sposò con una serva
di donna Gioigìa e dei cinque figli due e metà di un altro si tenne la corona
(e questa volta paptros) e il resto la chiesa'. V*é poi qualche esempio, in
cui sono contrapposti i due termini elenia e papera», seu*altra determinasione
il primo termine e anch'esso senxa articolo, proprio come due enti morali,
due personalità giuridiche : il patrimonio della chiesa e il patrimonio della
corona '.
Fin qui la significazione come nome di cosa appare manifesta e si potrebbe
ammettere che si chiamassero danno» de papera» i membri della famiglia
reale, quali * proprietarii del patrimonio regio ' * titolari della corona * ; ma
siffatta denominazione non s*incontra mai nel Cand, di S. Pietra e nemmeno,
per quanto mi consta, in altri testi. Si trova invece nel Cand, due volte
d<mnaH papera»; e precisamente nel § 84, dove il vescovo Giorgio dice di
tre serve che gli furono portate via kene la» petire nen a dannu nen a man^^
datare de seu, Petru nen a frate» ieeora e chiede ca tarran ad tesa» so»
donna» papera», ki lo» imperauan inanti = che i signori papera» le restitui-
scano a quelli che le comandavano prima; e nel § 297 si ricorda il matri-
monio di due servi, avvenuto eun Muniate de piscapu Franeu e de donno»
papera». Ora, sia nell'uno che neiraltro caso, papera» evidentemente non é
nome di cosa e nemmeno di un ente giuridico, ma sibbene un aggettivo o
un nome di persone reali e come tali presenti alla mente di chi scrive, di
* Cfr. § 25: ib' non fuit eeruu de »€U* Petru, uorthe de papero» ^^ che non
fu servo di 8. Pietro, ma della corona. £ cosi § 38: ankilla de papero»^
serva della corona; Art fuit de papero» ^^ che fu della corona; § 65: e fura-
runinkela »ervo» de papero» =» e ne la rubarono i servi della corona; § 303:
Janne fuit de »eu, Itnbiricu e Justa de papero», ecc.
' Ecco il testo: Coiuuait Urgekitana eum Furatu ki fuit eeruu de rennu;
fekerun, ti. fiio», a Petru et a Ooeantine; »eu, Petru de Silìci leuaitilu a Go-
eaniine e rrennu leuaitilu a Petru. E Ooeantine coiuuait cu' Maria Napulitana
ankilla de donna Jorgia\ fekerun, V, fiio», a ckipriane et ad Urgekitana e
llatu» de Maria leuarun papero», ecc.
* Si tratta di divisioni di servi, il § 304: desia Uhait a Jueta et ad Andria
e papera» a Gosantine, e il §342: Venerun a parthire desia e papero»; de»ia
leuait a Nastasia e papero» a Plana, E del pari § ZWixEgo leuailu a Migali
et a Bera, a ccleeia, e papero» a Gosantine = Io presi Michele e Vera per
conto della chiesa e la corona [prese] Costantino.
596 .B«8»eg9a bibliografica.
modo ohe tì premette la determinazione damnos ' ugnorì *. Alla goal signi-
ficazione personale aoc^Dom certamente Tunioo esempio con Tartioolo d^l
§ 342 : rennerun e UargaruminU bob paperos a* ìfaMmia^ che si doTre)%be spie-
gare: i T^ptron veniMro e mi rubarono Anastasia. Ohi sono codesti p^perniì
£ la difficoltà s^aocresoe, quando si aggiunga che la voce occorre al sing<>-
lare nella frase aver paperu ^, e come si eolleghi coi ingnificati anteoedentà
non si vede chiaro. Infine nel § S39 del Omd, si hanno le forme pauper^
tre volte di seguito, invece delia consueta paperos. Sarò pauperos nn rifii-
cimento latino, che si è infiltrato nel testo volgare, da m^ettere insieme
con la pretta ricostruxione latina che è in terra pauperum dì un doeumento
pisano citato dal S. p. 47 n, oppure tradirà Tetimo effettivo della tormen-
tata parola? Data però Tequazione paperos ^pauperes, che é certamente
la più semplice e regolare foneticamente, il problema delle significazioni
resta non meno arruffato e spetta agli indagatori del diritto sardo medie-
vale di trovarne il bandolo.
Un'ultima notevole osservazione fa il 8. p. 58 n, dove sostiene l'autenti-
cità delle note carte sarde edite dal Tanfani néiVAreh, st^r, it, ser. Ili,
voi. XIII, p. S6S e inserite dai Monaci nella Cresi, d. primi eec. pp. 4-5,
28-29, che lo Schultz nella Zeite. f. ram. FhU., XYIII 141, cercò di dimo-
strare apocrife. L'asserzione del S. è recisa : * la carta (la prima dal 1080^85)
ha tutti i caratteri dell' autenticità^ come l'altra del 1112 pubblicata dal
Tanfani e anche questa ingiustamente dichiarata supposta dallo Schultz , ;
e avvalora il giudizio con parecchie ragioni storiche, ma a queste sarebbe
stato bene aggiungere anche quelle d'ordine paleografiche, che dirimessero
tutte le obbiezioni del critico tedesco.
^ È al § 43 dove il vescovo Giorgio si querela del furto di una serva dì
S. Pietro, fatto da Michele Aketu servo per tre parti di Mariano di Casta var
e per una parte di S. Maria di Cotronianu, e dice: a mimi ca mi paruU
male ca mi la furarat e cea ui aueat paperu, e cea fuit eeneke, andàui e
leuaindela, e torraila assa domo de seti. Petru a» a me sembrò male che me
la rubasse e che vi aveva paperu e che fu vecchio, vi andai e ne la presi
e la restituii alla casa di S. Pietro. Pare che il soggetto di fuit eeneke sia
il servo Michele Aketu che rubò la serva, ma il soggetto di €Meat paperu
chi sarà? e che cosa vorrà dire?
P. E. GUARNERIO.
Bnaocgna bibliogrAfiea. 507
Smania XXXI (122).
A. PkilipoD, L€$ acemsaUf» cu -on d m -tiii. In qoesto articolo, impor-
tonte Miai anohe por nitrì linguaggi neo-latini, TA. viene alla condunone
che il tipo fleenonale PUres FerùH é d'origine puramente latina, e coti pnre
il tipo pùU pMlain, In una nota a p. 2S1, il compianto Pani coniente in
tAli eoncinsiotti. — C. Salyioni, BUmologUx boi. hà09t maggese, terra non
coltivata, da wrtfwo. Circa al suo nnonimo vUri (frinì., eoe. ; vedine anohe
qui eopra a p. 289 n), che é da vìfnu, efr. il lion. vikro -«, ecc., e Devanz,
Étjrm. de Fourvière, pp. 7-8 n ; — iitr. hitmc^ bianco, che é studiato dal lato
formale ; — ven. hàpolo, lumaca, da b5vb. Cfr. ancora il vie. ho- e bàgUot il
mant. hog^i e notisi pure il vie. eorgnólo chiocciola; — vaiteli., engad. brika,
-r'ot da * brìcia ' -f* ' bocca ' ; — tose, cascina -o, forse * cassa * 4* ' fascia * ;
— com. ciuanera <= *ca$tanéra ; — mil. edved è tratto da un plur. *cdved =
capita; così come d'altra banda dipende dallo stesso plur. il fem. berg.
càeda o cÓbda lotto di qc. (v. Arch. st. lomb. XXXI 869); — dafzajuàlo^^
*dazzjaj'\ — ven. desdromùtiar svegliare, da ' desdromensar * -|- * desmis-
sìar*; — piem. ddJt^^mSimj; — engad. giob -p ginepro, con 'giubba'; —
a. veron. grancor, da rancar, come ven. granfio «» ' rancido ' ; — sopras.
kdui, engad. ^óidn scaffale, tiretto, col ven. cdKo^cALATiius; cfr. ancora
il trev. cialto che accenna a *calt'lu *cìaltu; -• levent. la kumhM, da kum/
con intrasione di beti bene; — lésna, algina. ghéghen\ tuttettre da YHoaTm;
— lomb. Ì6é fondo, podere, da loci; — trent. lunae^LAcOHA (v. qui sopra
a pp. 818-4 n); — frane, marais, col lomb. maresk giunciga, e ambedue
dal lat. MAMScos giunco (cfr. i prov. ^oim^M -ca«<o terreno acquitrinoso); ^
meneuria gesto, atto, maneggio; è voce del Grisostomo, ohe deve averla
avuta da Milano; — razza dal dotto onriBATio (v. qui sopra a pp. 818-4);
— piac rézda fandonia, deverbale da *rc3dà BScirAai; — vaiteli, resend
rissare, caviUare, ^^ * ragionare * ; — verban. rotolàn pipistrello, »■ ' ratto-vo-
latore*; — mil. roìlf cruschello, tritello, col ted. Roggen. Cfr. tuttavia il
romagn. ruvzol (Lorck, altb. spr. 198, la cui dichiarasione mi par ben poco
attendibile), il cui trr ben può essere rispecchiato dall' o mil. e dall' *-o$-
della forma pavese arcaica, e che ci porterebbe lontani dalla base germa-
nica; — 8edtota=»*cd8iola, e questo dall'aat kasto; — scòtta = ktcÒcta;
— berg. (dna) sdégia =** vwìcxjisvu' — pav. snengh semplice, con 'solingo*;
— ven. zodéa oomice, dal frane. 8uage\ — ant. lig. spenga -ruga, da uno
^pBLÙGA »> sPKLuvcA del lat. volg. In una nota, è ricondotto alla stessa
base il nome del monte Spluga. Ora è bello ricordare che il villaggio di
SpiUgen, al di là del monte, h chiamato SpelO^fl'a al di qua, cioè a Cam-
podolcino, nel territorio del qual paese è una frazione di Spelughetta detta
sul luogo stesso La SpelH'ga; — lomb., engad. stakètta buletta, con 'attac-
care • ; — piao. taznd ■» 'netteggiare '; — levent., blcn. tj/m pinastro, da takda.
598 Rassegna bibliografica.
coir-ERNU di ACEBNu, ccc. ; — bclliiiz. tUffin, da t&oa, ohe converrebbe pie-
namente e dal lato dell'idea e da quello del suono. Sennonché il Griaco-
mino, cui la voce é nota come già propria del suo Piemonte^ mi rende
avvertito della esistenza di un ingl. tt4Hnet che avrebbe lo stesso significato
di tMn; — venez. trànce = tramItb ; — lomb. ùwa^ ecc., da aqua; — sopras.
la vertit luppolo, col lomb. levertiéa ecc. ; — vassójo, da ' vaso * -|* mediev.
' missorium * (per altri riflessi, v. ora qui sopra a p. 482) ; — vigliare ecc.,
da vtLLus. — CoMPTEB RBNDus. A. Thomas rende conto della dissertaz. di
Charlotte- J. Cipriani, Étude sur quelques noma propres d'origine germanique
{en frangaia et en italien),
123.
A. Thomas, Lea aubatantifa àbatraita en -ier et le auffiaee -abius. — C. Niqba,
Notea étytnologiquea et lexicalea: I. Fr. aiguUle, È postulata una base ^aquIlia
(cfr. aquilium, -Ho, equileo, ne* glossari) a cui riverrebbero il frane aiguille^
come ad aquiliu riverrebbero il trent. aguH ecc., il -guèi risp. --vegio del
vaiteli, beaguèi (cosi va letto), ven. beaevégio ecc. La cosa è ben possibile ;
solo vorremmo vedere conciliati tra loro IV della voce francese, che accenna
ad 1, e quello delle voci cisalpine che postulano X, — Quanto ai canav.
atìjf ed djvjay convengo che ci mostrin Taccento arretrato, ma sono d*altra
parte ugualmente convinto, che non vadano staccati dai piem. aaU'j e Hja
(v. Rendic. Ist. lomb., S. II, voi. XXXVII 530); — II. Dérivéa romana de
barba. Notevole articolo intorno alla caduta, per dissimilaz. sillabica, del
bar- in certe voci che sarebbero derivate da ' barba *, tra cui baéettef bàttole,
bizzarro^ béeciat bigottiera e bigoléte canav. ecc. In una nota, toccando di
fenomeni analoghi, Taut. propende a derivare il monf. beòa pecora, il ven.
bizarin e il berg. bezz\ agnello, da berbkx. Ma la fonetica deve nettamente
escludere le due prime identificazioni, e non ammettere la terza che dato
un derivato *berbèceu; — III. Vuol dimostrare il N. la presenza, ne* ter-
ritori neo-latini e ne* germanici, di una base radicale bea- bia- {vea" via-) coi
significati: a) di insetto ronzante e pungente; b) di pungiglione; e) di ron-
zare; d) di frugare, acciarpare; e) di sciame e di alveare. Molte voci ita-
liane e ladine figurano sotto le diverse rubriche, meravigliosamente ricche.
Intanto il sopras. baaeina (v. qui sopra a p..202); poi il piac biaia (cfr. anche
il parm. baia vespa), i lomb. beaèit biaiti, biaiocc, il gen. beaiggiu, tutti col
significato di * vespa, tafano, fìico, ape, insetto pungente *, il romagn. baèi,
piem. v^o, capriccio violento, ecc.; poi il lomb. beaèi, berg. abi (non da *&^',
una tale ettlissi non essendo conforme alFuso bergamasco, bensì da *ie&/,
metatetico da òei/), romagn. baiòlf mant. baavil, vaiteli, beaguèi, ven. beae-
végio, ecc., pungiglione. Queste ultime due forme rappresenterebbero rin-
contro di BSB- con aguéj risp. *avégio dalla base aquilio (v. qui indietro);
Rassegna bibliografica. 599
il bresc. bièd (il Melohiorri invero ha bisà^^bifà, e questo con bi^a biscia;
quasi 'diventare una biscia*)» parm. betiar; piac. Ma ortica, lomb. besiàf
berg. besgià {9ff = 8j) pungere; sopras. bUgiar fischiare; piem. bisa, gen. bixa
(non ^» biéa ma = biia)t berg. bfyia, vento freddo, frixzante ; ven. bitegar,
berg. biaiffà (cfr. anche il lomb. comune viitgd), piac. bsuffd frugare, lavo-
ricchiare, acciarpare; beig. bisà, mil. bi- bùSceu, ecc., sciame, alveare. Nei
quali ragguagli, molto ci dev*essere di vero. Solo avremmo desiderato che
il N. ci avesse più precisamente istruiti intomo ai rapporti che corrono
tra 6- e 9-, tra « ed e (e anche U; cfr. il bu$o de ave ven., ecc., qui sopra
a p. 202, e alveo seu brugazolo eeu buxo apium in Stat berg. del 1422;
V. Lattes, Il diritto consuetud. ecc., 459) nella radice, e quelli tra ^ e ^
e U ne* derivati. Quest^ultimo può essere spiegato da abIlu, non così ék, e
cosi è difficile, che il boi. aèij, il ven. aàéjfo rispecchino asilio ; meglio di-
remo forse che vi s* incontrino asIld e Taquiliu delle glosse, dato che questo
abbia I nella tonica, com'è probabile, visto €tguéj ecc. La radice (e«- o bie-
poi, diversamente combinata ora con aqdìLxu, ora con asIlu, ora con am-
bedue (mant. baevfl, dove il •«• è da aquXliu) spiegan le diverse forme alto-i t.
per ' vespa, tafano, pungiglione \ Quanto al gen. beèlHu, il S4 per ii (cfr.
aiiUu qui sopra a p. 850) sarà per dissimilazione di i'^g. — Qui e là lungo
Tarticolo, e nelle note son poi trattate altre voci : il gen. azùggiu^ il piem.
e emil. os/efr, il canav. zilar^ il parm. Mlar, ecc.; — IV. Afr, brusler,
it. bruciare^ bruseiare, etc. Al lat. raOscu risalirebbero brueeare^ ab-
bruscare, i rom. abbruschino e pan brusco pane arrostito; a bbùstu, bruetare,
abbruetire, il gen. brUetoM; a *bbùscsu, brùeeido; a ^brùstbu, brustiare, ab-
brustiare, il che non è possibile, visto che in voci popolari, la risposta to-
scana di stj è soltanto è. Quanto a brusciare esso dipende o da *BauscBu
0 da *BBusTKtj; sennonché il se di brusciare va con quello di coscio f catiuscia,
non con quello di fascia o di angoscia (alto-it. fà^a^ ingófa), e brusciare
sta quindi su una sol linea con bruciare, come eascio e camisda stanno
su una sol linea con cacio e camicia. D* altra parte la rispondenza è
esatta tra il ci risp. «et toscano di queste voci e il i dell* alto-it briUd
(e camisa, casa), onde non ha scopo il tentativo di scindere bruciare da
òrOéd, Una base in *-siare li concilia invece, e questa io ripeterei dal-
r *-ii8iARB proposto dal Pieri qui sopra a p. 172 n; bruciare sarebbe quindi
*perìisiare^ coi p- modificato sotto l'influenza di bren germanico. Altre voci
ital. di cui tocca il N. sono bruscolo^ brustolare^ il lig. brisea^ ecc.; —
VI. Afr. carole, querole, it. carola, ecc. ecc. Da cnoRArLA, attraverso
il metatetico 'cauròla; — VII. Notns du " menton , dans VIt€Uie du nord
et du centre: a) Non credo che in monton^ ecc.* entri 'monte*; basta, a
spiegar 1*0 protonico, il vicino m, cui in monton s* aggiungeva la spinta
assimilativa. In ogni modo di questa fiducia del N. ne* rapporti tra * monte *
600 Rassegna bibliog^TAfioa.
e ' mento * mi prevalgo io volonti^ri per il mio ragguaglio tra ffepa (r. qui
innanzi) e il ted. KUppe; h) canay. glèmun^ col canroNU di Papias, e questo
da cBuris; é) harba^ mento, anche in Val Calanca e a Gampodolcìno (Ghia-
venna); d, \) boi. hàsia^ lomb. busleUa, berg« hàssóla^ ecc., dalle omofone
voci indicanti ' tafferia* ecc. Cfr. anche il Incch. hàeiiyra (qui sopra a pp. 431-2),
e mi dnole che, dettando quelle righe, non mi fosse presente Tarticolino del
Nigra; d^ 2) boi. hùaéla, rom. ho-, con 'bussola*; d, 3) hakza sarebbe voce o
veneta o romagnola, la quale alla sua volta dipenderebbe da ^babia. Ma in
primo luogo è un abbaglio del N. che in que* dialetti 8*abbia haisea =
mento prominente, e la versione per ' bazza * che tanto nel Boerio quanto
nel Mattioli si legge accanto al dial. haza^ si riferisce evidentemente al solo
bi^9za =3 buona fortuna. In secondo luogo, non credo, né nel veneto né nella
Romagna, a hj in ». Nessuno degli es. a tale uopo allegati dal N. è specifico;
si tratta o di voci d*etimo non ancora ben assodato, o di gallicismi come
lozaf^ìoge, lùnsa^^^longef e del resto son comuni a tutta Italia. — Noto
poi che il N. trova occasione di qui occuparsi anche di pfem. boba, mil.
bàbi mento puntuto, piem. bóbi, ecc., rospo, di b<»f>a, baggiano, baggéo, babbeo;
d, 4) mant. btssa, béisola, lomb. béMzola -dola -aciola, berg. bisèolaf piem.
béssula -éìda -ppvla, ven. sibézsfola -««-, ricondotti tutti a un ^bccea -ccia da
BECcu. Vi dovrebbe entrare anche il mil. ^^a, in seguito a metatesi reci-
proca di articolazione insieme e di grado* Sennonché ^bbccia doveva dare
alla Lombardia occid. o *béèa o ^bé»a, e la metatesi ammessa dal N. avrebbe
quindi dovuto condurci a *eé', o *zépa. Ben é vero che un e può alternare
COM i- (ient e ilent, ecc.), ma nel caso nostro, io non ho mai udito altro
che ^é-. Sarà poi da chiedersi se traccie di questo g/pa («=» é-) non sìan da
ravvisare nel -pp- del valbross. béppula; — Vili. It. tuUo, fr. toui. Il primo
da *Tt5oTD8 («= *TuoiTD8 = TUTicus). 11 couforto chc il N. vuol trarre, per or,
dal 'é del pi. tUé, è illusorio, qui il -é essendo il prodotto di -ttT, preoisam.
come il 'C del plur. dené ò il prodotto di -ti, — Mélarges. P. E. Guamerio,
Particelle pronominali sarde. A: a. log, e un de ' con lui\ cundoa * con l&ro\
da cuM iLLB ecc., con <2 = 4^ ea LL. B : J(^. giiteu, itteu, log, od, ite^proitey
proiteui mer, ita, poita, da quid risp. quid deus.
XXXn (126).
A. Thomas, Le suffixe -arieius en fran^ais et en provengal, — Comftes-
BBNDUB. Job. Popovici, A, Byhan, letrorumdnisehes Glossar.
128.
Paobt Tothbbb, Dante* s uses of the word trattato in the Convivio and
Vita Ntiova, — Mélahoes. John Taggart Clark, Les explosives sourdes entre
voyelles en italien, L* A. avanza 1* ipotesi, troppo comoda perché' non con-
Raraegna bibliograitoa. 601
forUta di prove, che la sorda o sonora dipenda da diversi strati idioma-
tici: la ^nte colta conservaya la sorda, Tincolta la sonora.
OrHndriss dtr romanisehen Philoìogie, herauBgegeben von Gust. GrObib. Zweite
▼erbesserte nnd yermehrte Auflage. I Band. 1, 2and 8 Lieferung. Stras-
sbarg, Karl J. TrObner, 1904.
AnoLro Zacvie, Glottologia romanza {Elem, di gramm, eompar, deìU lingue
né4hlaiiH€), Traduz. di Gio. Batt. Festa. Torino, G. B. Paravia e C, 1904.
Fr. D^Ovidio, Reliquie probabili o possibili degli antichi dial. italici nei mo»
derni dial. ittUiani e negl'idiomi rofnanzi in genere. Napoli, Tip. della
R Università, 1902 [Estr. dagli Aiti della E. Ace. di Scienze Morali e
Politiche di Napoli, voi. XXXIY].
Dai tempi antichi ai tempi moderni. Da Dante al Leopardi, Raccolta di
scritti critici, di ricerche storiche, filologiche e letterarie, con facsimili e
tavole. Per le noszs di Michele Scherillo con Teresa Negri. Milano,
U. Hoepli, 1904.
NB. Nello splendido e importante volume, al qnale hanno collabo-
rato ben settanta fra amici e ammiratori dello Scherillo, c*è qualcosa
anche per noi: Al. SBrausai insegne le antiche tracce d*un verbo vol-
gare, e cioè le forme ttdsi e tuUum come perfetto e supino di *toUere \
la prima fin dal 4** sec, la seconda dal 6^. — Clch. Mbblo tratta del nap.
ancina «» bcbimd, del delf. bonrubi marrubbio, nuovo esempio di ' buono '
sostituito al presunto ' malo *, di mollica e altre voci d*ugual radice, di
posTULÀCA e poRciLLACA uoì dial. italiani. — Il Mussafia del lat. iixb
nel Gelindo.
J. Tbébbl, L' Ancien Testament et la langue fran^aise du Moyen àge (XIII*-XV*
siècle). Étude sur le ròle de Vélément hiblique dans Vhistoire de la langue
des origines à la fin du XV* siècle. Paris, Léopold Cerf, 1904. [Le risul
tanse a cui giunge TA. interessano, come di leggieri si capisce, anche
le altre lingue neo-latine].
C. TomcAsmi, Vocabolario generale di Pesca con tutte le voci corrispondenti
nei vari dial. del Regno, Disp. 1*. Roma, Fratelli Gach, 1904.
Bebth. WiBSB, Altitalienisches Elementarbuch. Heidelberg, C. Winter*s Uni-
eversi tatsbuchhandlung, 1904.
K. Strbkbu, Zur Kenntniss d. slavischen EUtnente im itaHenischen Wortschatze
[In Archiv, far slavische PhiMogie, voi. XXVI, pp. 407-36].
NB. ! ! Dello stesso autore è da segnalare, come non indifferente per
la dialettologia italiana, il lavoro Zur slavischen Lehnwòrterìeunde nelle
Memorie delFAccad. di Vienna, voi. L.
L. BiADBHB, Canzone d* amore di un rimatore pisano. Pisa, F. Marietti, 1904
[Nozse D*Ancona-Cardoso].
Euo. DoLciom, DiaUUo tiburtimo. Alti tempi de na vàia, Ciciliano, C. Ur
bani, 1903.
BocBLLA Db-Gaonx [Sbvbbo Vbmci], CinquatUa sonetti in dialetto ciritonico.
Viterbo, Agnesotti e C., 1903.
Fbbb. Lbobabdi, Sangue, sfrizzuli e pormone. Poesie in vernacolo spoletino.
Nuova edix. migliorata ed accresciuta. Spoleto, Tip. deirUmbria, 1903.
Rapp. Nabdivi, Sonetti popolari [in dial. ascolano]. Serie prima. Ascoli Pi-
ceno, Gius. Cesari, 1904.
602 Rassegna bibliografica.
Codice diplomatico barese edito a cura della CommÌ89Ìone provinciale di Ar-
cheologia e Storia Patria. — Le Pergamene di S. Nicola di Bari, Periodo
normanno (1071-1194J. Per Frane. Nitti di Vito. Bari, 1902.
NB. ! ! Anche a questo volume, come agli altri, va unito un ben utile
glossario delle voci basso-latine e basso-greche.
R. Rajna, Il Padiglione di Re Alfonso, Firenze, Tip. Galileiana, 1904 [Nozze
D'Ancona Cardoso].
Ugo Levi, I monumenti del dialetto di Lio Mazor. Venezia, Visentini, 1904.
Flam. Pelleobini, Documenti inediti in dial. veneto del sec. XIII dal cod,
capitolare veronese DCCL [Estr. dagli Atti delVAccad, d*agr.y scienze,
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L. BiADENE, Origine dell'Ospedale di Asolo, Documenti editi e annotati. Asolo,
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Poesie in dialetto tabbiese del sec. XVII pubblicate da E. 6. Parodi ^Gi-
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Giom. star, e lett. della Liguria, ann. XI, 1903, fase. 10-12].
Musa subalpina. Saggi di poesie raccolti da Cesare Solferini. Torino, Gius.
Giani [1903],
C. Cipolla, Brevi aneddoti in volgare bóbhiese del cadere del sec. XIV. Torino,
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Aless. Maraqliano (Lissandrbn dra Rousbela), Sestine e Sonetti in dial. voghe-
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Th. Gartneb, Darstellung der rumànischen Sprache. Halle a. d. S., Max Nie-
meyer, 1904.
C. Salvioni.
INDICI DEL VOLUME.
DI
C. 8ALVI0NI.
I. Suoni.
à in à: 520xi; in a: 37; in e: 200;
in e: 251, 494, 506.
ó di àr'y in e\ 108.
à di 'àre^ in é»: 518.
'à in à : 520 n.
a- in al: 286.
a atono, in e: 13, 256; in f': 13,
234 n; in o: 13.
a protonico, in e: 136, 179 n, 304 n,
386. 399, 527 n; in p: 527 n; in i:
399, 455, 461; in o: 399; in u:
137; caduto: 137.
a postonico, in e\ 136*7, 527; in t:
137; neir iato, in j\ 527; in o:
400; caduto: 400.
a postonico, dati -a -e ••'. in i: 481 ;
dato -M, in fi: 4H2.
•a in à : 527 n ; in f : 200 ; caduto :
400, 527.
•a negli indeclinabili: 224.
CUI in d : 129.
Accento: 36, 160-61, 377 ; 8uoi etfotti:
163, 172-3, 175, 205, 335, 336,
484 H^g. ; risospinto sulla seconda
o ritratto sulla prima di due vo-
cali attigui»: 34 n, 252-3, 295 n,
296 n, 542; 199, 201, 410, 542;
passa dal 2^* al 1* de* due elementi
del dittongo : 252-3 ; trasposto da
una sillaba alPaltra : 543 n ; ri-
mosso per ragioni analogiche : 8,
161; di terzultima: 130; di voci
dotte: 261, 542; di voci latine nella
pronuncia scolastica: 425; di voci
greche : 217; della proposizione e
6Uoi cd'elti: 484 t»gg.; enfatico:
158; musicale: 160; secondario:
550-51 n: proclisia e suoi vnri ef-
fetti: 42 n, 110 11, 115 n, 1156.
123, 200, 238, 259 n, 267 n, 399 n,
404 ij, 410, 4SI.
Acridenti generali: 362-3 (loro di-
verbi tipi); 40. 41 n, 44, 142, 143,
149, 150, 226 n, 229 n, 295, 363,
483, 523 n (Assimilazione tra vo-
cali\ 16.236,261,327 n, 335, 338,
343, 349, 354-5, 357, 363, 377, 3H3,
411-2, 478 n, 490, 543 (Assimila-
zione tra consonanti disattigue);
15, 44, 166 n, 411, 543 (Assimila-
zione tra consonanti attigue); 120,
355, 361, 303, 364 (Assimila/ ione
Archivio firlottolJ ital., XVI.
au
•iURtocjti; 44>. 44, 104. 136. 139,
141). 14.V lae, 364, 445 (Diuimi-
\urM-m m vocali); 543 (DianiinUa-
•/•'•irt In coDionanti attÌRue); 16,
4i. i< 162. 171. 197. 227 a, 236,
ì'i-' a. 261, 308, 309. 340, 343, 357,
•JiM, 375, 376, 377, 387. 410-11,
*ÌT. 483. 44S, 448. 4^6, 4-".8. 466,
VtT, 535, 543. 597 (Aisimìluione
Ir» conaonaDti disattiKUe); 207,
UÀ. 228, 261, S15, 338. 844, 364,
»f6. 405, 406 n, 408, 4H. 431, 439,
444 n, 460, 461, 536, 543, 544. 597
(Diiiimiloiione ottenuta soppri-
tnonJo ano dei due elementi da
diMimilani}; 232 n, 373, 422, 446,
461, 463,478R(DisjimilazioneBÌU
]abi<:n\; ri76 (Sdoppiamento bìIIa-
bieol; 408. 412 (Geminaiione di-
stratta!; 16. 44, 223, 236, 262.
266, 294 11. 319-20 11, 324, 344,
345. 364. 373, 374, 378, 382.414,
433. 434 n, 436, 443, 445, 462, 477,
547. 548, 597 iMetateai); 16, 162,
204, 230, 230 n, 235. 239. 262,
294 n. 295 a. 313 u, 364. 369, 374.
377, 394, 414, 434, 437, 4.3», .^48.
598 (MeUte.i reciprocai); 3yi (Me-
tatesi reciprocu compleKS.O ; 230,
32U. 369, 375 6, 414, 599 (MeUteii
reciproca tra vocali); 44, 134, 229,
237, 548 (Attrazione); 16, 133-4,
865(Propa*tginaiione}; 15,44, 137,
197, 199, 213, 224, 262. 348,412,
527, 531, 544 (Prostesi); 16, 44,
121, 127, 201, 220, 236. 24:1, 262.
31.-., 318 n, 322, 327. 345, 348,
3.'i4, 358, 364-5, 390, 406. 407,
4ii8. 412, 413, 427, 445. 471. 484,
:yV>, 546 lEpenl.'iii di ounsonaulc);
137-S. 144. I6ti, 2>ì->. 412, 4b3. 545
[Epentesi di vocale); SIO. 322. 37f
(AnaptÌMÌ)i 44, 144, 224 n. 227 d.
354, 877, 418, 418 n, 508, M6
(Epiteti); 386 (Pangogeì; 15-6. 43
44, 414, 415,484 (BaddoppiameBti '.
187, 206 n. 207, 242 n. S.V., 3?«;.
402 n, 413 4, 440, 544, 546 (Kl^
menti con cresci ati) ; 242 u. 364,
413, 546 (Elementi iniziali cadati
per l'illaaicae che tornerò elementi
formali); 16, 17, 137, 144. V-O.
228. 261-2. 287 n, 874, 418, 4^-j.
546, 547 areresi); 224, 301. 314.
368. 546-7, 598 (Afereci di «Ha .>
intiera); 547 ^Apocope); 144. T'
181, 200, 291. 413, 457, 4«0 {Li-
tliwi); Ut, 833-4, 414^. 542 a
(Scempinmenti); 547 (All^xrn-
mento di neui di consoDUiti di-
Tersej; 104, 10.>. 20^ 20», 236
237 a, 410, 431. 453, 454, 481 \tii-
daiioni imperativali o altrimml:
determinate); 16, 129, 134, I-H.
156, 158, 201, 231. 262, 3M, 41'-
455, 542 n. ,%47 (AMorbimenU t
contraaioni); 160 lApoctrofei.
a: 13.
: 121,
.542.
dt in a: 121; precedati) da lalmlt
in me: 122.
a* atono, in <h' rjr at f e: 1^1.
-lE in i: 200.
(K-ù in atc; 126; segaito da nan^r
in a: ib.
aéi in (ty: 123.
ài in a: 122; ia f » »: 121-2, ? •(.
466; preceduto da naaale, in "■
122.
al in ag àj r (>y: 122-3, 542; pr*.-
duto da labiale, in irf'y; 123.
ai secondario: 532.
Indici, r* I. Suoni.
605
ai Biono, 'vBi ay fy ei, a;, il 1^2, 807;
precedalo da labiale, in wny: 152,
quindi in tirt: ib.
aj: 292 n; ia àj: 520; in ej: ib.;
in e; : 87; in e: 480]^; in i: btH a.
-d; in e: 200.
ali. M, ecc.: 14, 42, 123, 152^,
SaS, 405, 481, 500, 588, 584.
Analogia fonetica: 1^, Vii, 179.
'ani: 257 n, 364.
ami in Mi: 860-51.
od in dtf : 526; ip ^m»: 124-
aif in <r: 125.
éf* : 518-9.
-artn a: 12, 87, ^08 9* 12?, 251,
8654, 480, 519; atono: 582.
-^aro: 585 6.
•a« in •: 482.
-aa in /: 970 n, 271.
oh: 156, 254: 8U0Ì effetti nel tratta-
mento della qasaegaente conso-
nante: il8i-8, 857-8, 359, 861, 362.
<rtt- in a: 483.
du in o: 526: in o: 120; in lig:
481; in u: 886; in Pm^: 128; ina:
888; in ai: 899; di vooi dotte,
in ow: 120.
éu secondario: 526, 581-^; in à|i:
519; in dn: 219; in & o d: .120,
219, 254, 399; in «« : 219 n ; atono,
in tf : 532 n.
au atono, in ^ir: 153; in ò <?: 147,
151, 152, 408; in u: 403, 488,
526 n; in al: 403.
au in 9w: 123; in a: 124.
all' in av: 125; in ay àJ: 126, 520.
542; in «'O: 124-5; in dy <>j: 124.
199; atono, in ay: 153.
avti 37.
•iirA: 532.
6- in r: 15, 44, 410.
•fr- in r: 261, 542; dileguato : 502-3.
hj: 41, 258, 600; in ^: 837.
U: 259, 535; in ìfi 889-40.
•dr: 410; in rr: 962, 452.
hr in M: 14.
(ir: 252.
^- in e {z): 260; in *: 857; in ^:
857; in ^: 197.
é- i? é : 513;in i z: 941, 260. 511 n,
538; in f : 367.
«é- in È : 357.
'6 in ^^: 199.
co- : 501 n.
ctf ci: 43, 20^ 50^ n, 505; età del-
Tintacco della gutturale : 388 sgg ;
nel logudorese : 388 sgg. ; in <^ :
511 n; in z: ib.; in (*: 538; in è:
201.
•ce- in gè: 15.
•ci di voci sdrucciole: 453.
ci: U« 404; in ;: 336, 583; inr«:
41; in è: 201; in (A: 505; in U:
889, 505.
e/: 14. 42, 382. 501 n; in 4^: 338,
534; di tooì dutte, in er: 405-6.
d' intatto: 503; in é: 258, 888, 534;
in e: 503; iny: 503, 534; in kr:
508.
'cl' in é: 199, 2r>8; in ^ ^^: ^99,
258. 338, 839; in J: 199. 534.
f/in «r/: 181; in 9cl, quindi in jvly:
443.
eli: 838.
«r: 15, 260.
cr* in ^: 15, 162, 174 n, 855,
cs: 15, 43; in è: 355.
a: 15. 260; in j<: 355-6. 506, 538 n;
in é: 199. 270 n, 506, 538-9; ìuj;
r>3tj n.
606
Indici. — I. SnonL
S't in ji: 540 n.
tcu: 208.
-<f- primario o secondario, dileguato:
261, 301, 304 n, 361, 410, 483,
540 41, 502-3.
-d' in i: 410; in (f: 502; in r: 410.
'dm t: 257, 541-2.
d'é in S : 358.
dj: 258; in i ig 288 n, 405; in i «:
336, 888, 538; in «: 13; in {: 41;
in j: 13, 280, 533; in Iji 22, 328,
878; dileguato : 405.
dm in /m: 478.
dr\ 342.
•<lr- in r: 261. 541; in ^r: 310.
d*9 in ^: 537; in g: ib.
^ in fy: 111; in e: 115; in op: ib.;
in e : 104; nell'iato, in i: 520; dav.
a nasale, in f: 111.
^ di sillaba chiasa, in ^ : 114-5.
^' in f: 31, 36 n. 112, 116,201,253.
f' di sillaba aperta, in ei àj\ 200-
201. 520; in aj\ 520 n; in ^: 504.
^\ dati •« u, in t: 31, 34-5, 251.
f in 6: 116.
f' di sillaba chiasa, in à, f, •: 521.
/ di voci dotte, in i^i 480.
f' preceda te da consonante palatina,
in t: 520.
i' in f>: 109, 253, 397; in /f: 480;
in e fi 109, 521; neiriato, in «':
205. 521.
é* di sillaba chiusa, in te: 109. 817;
in rp, ^, ^ f : 109, HO, 521, 521 n;
in o: 111; nell'iato, in i: 110,
4bl.
/, dati -» •«, in i>: 35. 252-3, 481;
tiati 't '0 -a, in e: 35.
/, davanti a en' em*, in ó;: .522 n.
/, davanti a nasale, in à: 521-S; in
f : ib.
éf davanti a r rr e r*, in «: 252 b«
512.
é ài éo, in «f : 897.
é in Je: 483-4.
'i' ed -^ nel genovese: 114-5 b.
e- in a: 400, 488, 527; in t: 597.
e atono, in a: 32, 256; in à: 523;
in f y: 40, 141, 256; in 5: 142;
in o : 401 ; nella attiguità di con-
sonante labiale, in o « fi: 142,
256, 488, 528; espunto: 256.
0 protonico, in f : 528; in i : 89, ISo,
139, 186, 400, 488, 528; quindi.
nell'iato, in j: 528; in a: 89, 1431»
400, 528; in u: 89, 143, 589 n:
nella attiguità di oonsonaate la-
biale, in M, o : 89, 401 ; espunto
13, 401, 528, 581.
e postonico, in f : 18, 141, 401; in
a: 18, 40, 144, 401 ; espunto : 134,
401, 529.
e postonico, dati -a -# «i, in i: 482-
483; dato -«, in H : 483; nella at
tiguità di consonante labiale, in
u: 482.
•é in f : 129.
-e in «: 38, 199, 201, 801 n, 482. 513.
in o: 295; caduto: 255, 529.
-éa in e f' €bx 112-3, 253 n.
et in 9\ 129; in m\ 113.
eé in ii^: 304 n ; in <: 129.
a in è\ 125.
ei atono, in t: 153.
ci : 13.
W in fy, f : 125.
ej in o; : 526 n.
-è//i: 252, 257.
tn\ em': 5289.
Vflo in Mo: 522-3.
Indici. — I. Suoni.
607
eòi 158.
-^«ro -e: 529, 585-6.
4ui 120; in 9w\ 125-6; vayàwi 126.
MI aiono» in u: 408; in ^ir: 158; in
aji 582.
€u in àwi 126; in ^T: 126-7; in %i
127.
e0 aiono: 158.
f): 12, 18, 111-2.
6: 897 n.
gm in Imx 15.
^: 885; in iM: 512.
-go- : 4i4 n.
-gr» in ^ : 6i0.
gi in i^: 824.
^'< in jti 540 n.
^: 858.
^Mc- in ò: 881, 505.
gp : 48, 859, 589, 540 n.
gwi 259, 587.
'g%0€' in ^: 859.
'f' in «: 848. 489.
/f: 42, 585; in I: 840.
Fenomeni fonetici d*ordine sintattico
o trantitorìo : 15, 48, 126, 127,
180, 187, 146, 148, 149-50, 158,
158. 160, 846, 848, 851, 858, 864,
886 7, 409, 410, 411, 484.
T: 15.
•y ini: 240 n, 589-40; invi 409;
in k; 409; dileguato: 858, 882,
409. 502 8, 540.
-y inif : 240 n; in hi 257.
i in 81 260.
'^' dileguato: 260.
i in igi 199.
ga-i 501 n.
gdi 858.
gè gii 15, 201, 501 n, 505, 540 ; col ^
in i. èéi 859, 540: in i: 201; in
/: 48.
-^- : 444.
•^' in i: 588.
gj in dji 440.
gj va il 886, 538; in i: 42.
gli 42, 259, 805, 813 n, 501 n; in gì
406; in ji ib.
ifi' in il 445, 503; in gr r: 508.
< intatto: 116; in e: 481, 504; in U
nella attiguità di consonante la-
biale: 117.
r in «: 504, 510 n, 512; in e: 258,
511 n.
t di sillaba chiusa, in ei 87, 258.
i' in ji : 488.
i 'va éi 287 ; in fi, nella attiguità di
consonante labiale: 201, 528.
/ + nas. in e f: 116-7, 218, 816 n.
528 n.
iìn € e: 528 n.
i atono, in é : 282.
i atono, in a : 256 ; in e : ib. ; nella
Ticinanxa di consonante labiale,
in 0 m: 256, 580; espunto: 256.
i protonico, intatto: 141, 144-5.
t protonico, in 01 18, 40, 138, 145,
401, 402; in a: 40, 148,401-2; in
o w : 402 ; in fi, nella vicinanza di
consonante labiale, 0 di j « : 142.
145, 529; espanto: 402.
i postonico, in éi 18, 40, 188, 189,
402; in a: 40n, 144; in o: 402;
in u, nella yicinanza di conso-
nante labiale : 482; in A, dato -u:
483; espunto: 402.
•i intatto : 130.
aos
Indici. — I. Suoni.
-»: 402; in f f : 38-9. 126, 209, 25»;
caduto: 180, 255, 402-8 ; tìpe>TC09^
dietro la tonica: 580.
'{a in i^, quindi I: 252à.
'ia di voci proclitiche, fa d: 484.
Iato: 10910, 112-8, Ì2(f sgff., Ì2Ì,
124, 187, 141 2, 145, 150, 151 sgf^.,*
162, 220, 811, 813^ n, 481, 482,
488-4, 520, 521, 527, 528, 52f/
531; colmato da S'. ^t l?^* 215,
281, 262, 295, 8l9, 880; dtf <f :
296 n ; da «: 262, 326, 394; da /:
295-6 n; da n: 296-7; incontro di
tre vocali: 121, 124.
i$ i>, hi I: 111, 129.
(e in iei: 397-8.
(i: l29.
'1j in • : 882.
in : Ì89.
Influense varie della vocal d'uscita,
principalniente di -i, nella deter-
minazione della tonica: 11, 81,
34-6, 189, 195, 199, 200, 251, 270 n,
817, 865,461 n, 469, 520 n, 580 n,
5245.
'Im: 18.
iu di voci proclttiche, in u : 484.
j: 18; in i: 41; secondario, in è:
418 n.
J in i: 215. 257; in *: 257; in i:
201; in S: 582.
-> in i; 2.57, 25^; in S: 884, 582;
in /: 404; dileguato: 404.
> in «: 325 n, 404. 457, 467.
JtiJ in I: 254.
ih in *: 15. 260, 855. 408, 588.
•* in y : 15. 43. 260, 855. 408-9. 502.
5.39; in vy: 502; in j- 887, 502,
quindi in ^: 387; dileguato : 818 ft.
408.
kf in f: 448.
I» ktù: 12, 25», 2M, 589.
E V. 8. • e '.
Un r: 14, 285.
-<-: 296 n; in r : 217, 878, 4a\ BM n :
in f: 887, 588, quindi dilegualo:
887; in U: 887.
l^^'i 500; in r: 888. 405; in r:
584 ; in J: 457.
-{ caduto: 888, 584; in r: 584.
li: 258; ini: 199, 588.
Ij in #: 18, 4m, 511 n, 518: tfi J:
te9n, 257^ 58218: te #:S»Mn.
257, 8fl5; te M: Min, 519: in
i: 505.
li: 294 n; te 44: 518, 000; te H:
600; iri f : 584.
•Kir in i: 875.
•l/t: 258, 588.
M: te8, 812.
Ir: 41 1.
in te «i: 257 n, 260; caduto: 260.
mV te mpf: 546.
ffi; in H: 41, 885. 404.
mm: 855; in mbi 450.
mn: 15; in M: 587.
fNfi;: 41.
éhp'i: 362.
fM'i( in ìiM: 546.
n in r: 855; te M: 854-5.
«I in A: 260; in I: 851.
^fi in «i: 201, 852-3, 587; te ««
351-2.
fi«^* in fi: 201, 851; caduto: 853.
-fi caduto: 260, 858.
^fi in n: 199, 851, 8874.
Indici. — I. Suoni.
609
wf j 543; in tU^: 546.
ftci: 15; in><: 356.
nctl: 838 9.
Hiì: 30; in nn: 44, 388.
mi: 261.
H^ in n : 15, 229, 809 ; ìa nfi: 51d.
»iy« : 15.
nk in »^ : 408.
Hj: 15, 258; in H: 835, 404, 533;
in nn: 512; in tu ni: 388,505.
»l: 15, 411.
mm: 41, 351; in nd: 406.
•nni: 258, 335; in A: 530.
nr: 411.
im: 15, 411; in m: 43.
M/ in nd: 48.
mO: 14, 42.
mi •«e. itt ,^: 258.
9 in o: 504; in u: 12; dì voci dotte
e nella posinone palatina, in 5:
117.
o in uo ug: dOn, 254, 898, 480;
in Q o: 30 n, 36, 199, 524r5; in
Mf: 30n, 36; in 6: 117, 174,524;
in e: 174.
<>' di sillaba chiusa, in o o: 118-9,
525; in 8: 117, 525; in ce: 525 n;
in f : 525; in à: 525 n; in ud, daT.
a r: 223, 239.
</ dav. a nasale, in o n: 118, 119,
525.
/ in q: 504; in u: 11, 85, 86, 119,
898-9, 523 ; di voci dotte, in ug: 481.
9 di sillaba chiusa, in o q: 489 n,
524; in ti: 119, 523-4.
V nella posizione palatina, in o Ó:
524.
ó, dato *t, in ito: 253*4.
ó: 118, 801-2.
o- in ó: 145-6; in w: 483, 530-31;
in a: 488; in au aw : 44 n, 146,
530; in ow: 146.
0 atono, in m: 38, 256-7, in e: 257;
in a : ib. ; in ai : ib.
o protonico, in w: 13, 40, 145, 408,
483; in a: 150, 403, 484; in e:
149, 403, 531; in »: 149, 403; in
fl: 148; caduto: 531.
0 protonico, nella vicinanza di con-
sonante labiale o palatina, in U:
530 n, 531.
0 protonico, dato i, in U: 530 n.
0 postonico, in ti: 13, 41, 145, 403,
483; in a: 13, 150, 403; in e: 41.
149; caduto: 408.
•0 in u: 80, 39, 201, 391, 482, 581 n;
in a: 150; in e : 149*50, 581 ; in i :
201; caduto : 200, 255, 581.
óa: 127.
Ifa: 127.
'9'a in uà ò: 253 n.
óct: 154.
<r: 127.
oe: 127.
ài in (kf, tcfifi 128.
ot atono, in tcty: 153.
Hi in d: 127; atono: 154.
o/ in M^fy: 128.
{;/: 292 n.
'9'J in 5: 270 n.
-m: 252 n, 254, 257.
oi< ecc. : 153, 338, 405, 534.
-9 ni : 199-200, 257, 257 n, 245, 364.
OH atono, in ò: 153.
ofl atono : 153.
I>* in 6 : 862.
•p- in p: 261, 362, 410, 542; in 6:
502; in ^: ib.; in 66: 451.
ph in p: 349.
pj: 405; in é H: 42, 337.
/ *•
Indici. — I. Suoni.
t4 ;-.Ì>. n'W; in hji 42, 406; in
rr
Iti *^. 4: ».
f. i?r.:. 41 r. 426. 542.
,; 1'. ^5?:
^ er. . li. 43, 408, 409; in k: 356,
v^ ;a *; 882, 505.
<»„..H.u: 108 n, 113, 147, 148, 154
^ , :ì79. 333-4.
•t ;: 843, 435; in n: 348-4.
j^. ut r* 340-41, 535; dileguato:
^^7. 341-3, 536; in {: 259, 406.
> III r: 535; caduto: 200,843, 535.
«"^ r in r: 535; in /: 406; caduto:
wNa6.
»*^» in r: 535.
mO in rt: 14.
••/: ,iH7, 404; in r: 258; in r^ ri
ih: 505.
«A' in ry\ 15.
W: 411.
m in rri 881, 512.
rr: 340, 513.
r-r in #-r; 197 n.
r»: 209; in rz: 14.
/^ in r/: 288.
rt in r</: 43.
$tj: 14, 42.
rr in rh : 346, 407.
• in r: 351.
^ nel t^jucano: 164 n, 166 n.
é « 9ue varietà: 350 51.
« «a'iuto, nul gruppo iniziale s •]-
muta: 407.
« : 1<53 bgg., 175 ggg.; sue origini
e sua pronuncia nel latino: 176-S;
in ri 176; in è: 850, 168. 161;
in (: 163.
8 latino, se da n«, in fi 180 «^ ;
se da d't, in i: 184.
-i-: 169 n, 175-6.
.«: 237. 238, 259, 500. 503.
è in f : 538 n.
««•"•• caduto: 220.
'^^ in z: 42.
-ia in «: 434.
Bce 8c$i 14, 43. 260, 351. 409.
sé in èé; 350.
9c/: 339; in ski 42.
Semivocali nel genovese: 107 n.
«1: 42; in di 407; in i«: 14, U9
-«•: 430-81.
•it- in iii 850.
m: 357.
«;: 42, 170 n, 172, 258, 405. 533 .
in e* ^18; in <: 14; in ii i(.'^;
secondario, in tg: 599.
9j' in iji 171; in Ìi 335; in i: il*.,
in Ù' 172.
«ib- in 8pi 471; in «^: 855; in «IV:
472.
sm: 144, 166, 350.
Sonora iniziale in sorda: 322 n.
Sonora finale in sorda: 257.
Sorda del nesso inisiale s-l «or</<i.
in sonora: 322 n.
sp- in sk: 166, 468.
88 in r$: 412.
S8i in i: 849.
88j: 172 n, 885,405,533.
*-« in »-r; 197.
à< in «<: 409 n.
8ti in «: 14.
8tj in i: 336. 599; in ; : 599; srcfii-
dario. in «^: 538.
str in 5^: 536 n.
Indici. — I. Suoni.
611
t- in d : 43, 260 61, 860, 409 n, 410 n,
502, 540; in (T: 502; in U: 512;
dileguato: 174, 859-60.
^t in d: 541.
t: 500, 503, 542 n.
'H tu in é: 580, 588, 600.
tj: 404; in (: 42; in th, t, tt,}:
387, 889, 505; in z zg: 14, 882,
387; in «t : 832; in gj: 14; in éé:
41; in r: 386, 583; in i ij: 258,
332, 538; in i: 886; in I: 201;
secondario, in kj: 436, in 6: 288 n,
329 n.
ti: 339.
tm in Im: 478.
tr: 48, 842; iniziale, in dr: 260.
-^r- : 410, 541 ; in r : 860, quindi di-
leguato : ib.
i$ in é: 587.
tt: 387; in dd: 410.
M chiuso ed aperto: 146.
a' in a: 119, 199, 526; in i: 119-
120, 526, 526 n; in o: 481.
a' di sillaba chiusa, in 0: 119.
a' in o: 12, 254; in q; 504; in ii:
504.
M seguito da nasale, in o: 88, 218,
316 n. 894.
u di iato, dato -o, in w : 481 ; dato
•w, in o: 481 2; dato •«, in no: ib.
-fl in ^: 526 n.
U quale risposta atona di 6i 148.
M atono, in fi: 506, 581; in •: 201,
458, 531.
M protonico, in o: 13, 40, 408; in w:
150; in fi: ib.; in i: 150, 174; in
#: 150.
« postonico, in o: 13.
•m: 13, 132-3.
•M da -IMM 'ànu, ecc.: 547.
tMf: 185; in m: 218.
uà: 127.
•Ma in N<5 fi: 252-8 n.
At in iàé wt wi: 127, 142.
M^ in II : 86 ; in e: 80 n.
U€ atono, in wi wi: 154.
lit IhVfy iir^: 127.
Ili atono: 154; in /: 228 n.
iti in U : 129.
ni in u4: 129.
Hi atono: 154.
uà in li: 86 n, 898; in io: 213.
M^: 118.
U0 atono: 154.
ufi UM in fi: 129.
r che alterna con 6: 15.
r- in 6: 292, 259, 846, 878, 482; in
i: 259, 346; caduto: 104, 259,
586 n.
fh dileguato: 15, 48, 112, 259, 846,
347, 848, 407, 536.
v: 271 n; in f: 257.
vj: 258; in bj: 538; in i: 887.
Vocali finali: 121. 129 sgg., 180. 255.
Vocali finali toniche e loro quantità:
158.
vr in òr: 261 n.
vèié in tv: 86.
w: 15; in v: 586; in f: 448; intatto:
586.
w in v: 259; in yn ^: ib.
ìcm davanti a nasale, in wf: 122.
weif in trf: 129.
x: 171, 260. 855.
-X*-: 407.
y: 12.
«Tt
— II. Forme.
^ Ar\ n ÌJ^ r* »f> i in i: 8S4^, 886, 8«t; in il: 891
^ T ^ '>^'. 51^^. »*-% 886, 857, i in ^i: 865.
j. «.^ zz e ii: 207.
XI. Foi*roe.
Nomi.
.» I <« I « I «Mof «SoT.
V .« i40 u.
.«i4ia m: 360.
/ i4 . 1 84.
Wm: 478.
4»#«<r: 425.
•t<HMi: 478.
ilio: 9, 17, 486.
iHiu: 425-6.
,ird fria.: 221.
ihm a: 17, 475-6. E v. il 1* di
quoNti Indici.
titico : 17.
ii»i gan, : 857.
•<i////o: 804 n.
fUìco: 49. 426, 529 n.
,ito -a: 155, 221 n, 426, 541 n.
'i$t/*re'. 295.
rf/ai 801 2«
«//lira: 124, 295.
rl.'IO '£90 : 832.
r///o: 18.
iVWo: 810,
/ih: 17. 110, 426.
tnti: 426.
r'Nmi: 426.
«iMKJfiu: 426.
'éfit io: 285 n.
-éno: 202.
•énza: 219.
-/o: 205.
eòlo: 11, 17, 85.
./W: 205.
éno: 426.
•/mo : 598.
•ése: 17, 165-6, 850, 426.
'ézimo: 166^ 426.
•'«^re: 196.
•éio -a: 17, 258 n, 426.
'étto: 155, 426.
•éu: 134.
-/a: 426.
•fdiio: 9, 17.
'kcio: 894.
•fcco: 227.
-Uu: 8.
WtftiJN elM: 11, 17^.
-tVIo: 304 n.
-iVm< : 285 n.
'ince: 219.
'ineo: 482.
•Iii«a: 478.
/fio: 426.
'ìnu: 169.
•fn^o: 115, 482.
io : 144, 426.
Indici. — * IL Forme.
618
a : 986 1».
Ucu: 18.
'issiti: 296, 894.
-it^i 470, 478.
Ut: 225-7. 894.
Uh: 8.
-Im: 184.
irò: 286.
ilio: 828/ 882.
-mento: 426.
-ÓNtf: 382 n.
•<(rt«: 11, 18.
'òso: 11, 18, 165, 181,830, 426.
-òtto: 18, 248, 4^6.
tòte: 426.
fidfM: 426-7.
tort: 427.
tório -a: 128. 427.
•ùccio: 18.
fi/;rifi«: 427.
ùlo: 427, 457, 469.
>iM»o: 427.
ùra: 18, 427.
w<#: 427.
zia: 161.
Scambio tra prefissi, tMfBtti o fini-
menti nominali: 18, 107^ 108/ 110,
120, 126, 128, 189, 144, 145, 151,
155, 156, 167, 185 n, 186 n, 189,
221, 281 n, 227, 228, 285 n, 240 n,
252 n, 255 n, 259, 319 n, 882 n,
845-6, 361, 862, 865, 872, 874,
377, 404, 400, 427^ 482, 447 n,
466/ 467, 470. 475, 480, 546 b.
Deverbali: 148, 174, 204, 226, 227 n,
284, 287, 287, 297, 817, 820, 828,
324. 828, 830, 876, 425, 438, 467,
490 B, 597; da verbi deUa 2-4*:
228, 228 n, 414-5/ 438, 489; dal
tèma del presente : 196, 414-5#
489.
Tipi nominati vali : 16, 115, 184,
188 n, 222 n, 262, 857 , 418; in
voci dotte: 208, 280, 262, 328,
882, 857, 472.
Tipo di coM) obliquo: 16.
Accusativo: 46, 418; ne* latinismi:
262-8.
Genitivo: 427; d'origiae dotta: 418-9.
Vocativo: 418; dotto: 149; di ra-
gione romanza : 202.
Ablativo : 420.
Leoatìvo-geaitivo : 16, 241, 248.
Plorali con distinnone intema : 84-6,
183, 263, 849, 850, 357, 865, 520n,
580.
Plurale genovese in -wfif da sing.
in -910: 127-8
Plnr. maeo. di 3% in -< : 263 n, 417.
Formazioni analogiche nella decli-
nazione r 34 o, 128, ldO-81-2-8-4,
258 B, 302, 420. ecc.
Singoiare sul plurale: 122, 124, 183,
218/ 238 n, 849, 850, 857, 874 n,
875. 420 n, 426, 482, 469, 580,
583, 597.
Plurale eal singolare: 128, 849, 850,
878, 876.
U masc. sul fem. : 138, 184, 188, 154,
196, 585.
Il fem. sul masc.: 117, 118, 1289,
184, 848.
Meiaplasmi: 16, 415-6, eco.
MascoUBi di 1* e di 8» alla 2^ : 16,
46, 148, 263, 415, 416.
Mascolini di 2^ alla 3*: 416.
Femidìli di 1^ alla 8»: 46, 416, 484,
485.
Feminili di 8* alla 1*: 16» 46. 263.
416.
Feminili in o, alla 1*: 46, 263, 821.
328; alla 8*: 875.
614
Indici. — li. Forme.
Singolare della 3^, in t : 416.
Plurale della 1% in i: 416-7.
Plorale neutro : 16, 263, 878, 874,
442; in-€: 417; del tipo 'tem-
pora': 16, 46, 447, 417.
Neutri in -u»: 317 n.
Genere: 268, 448, ecc.; nei soBtan-
tivi della 5*: 455; nei nomi di
alberi e frutti: 446.
Genere mutato: 17, 46. 882, 878,
874, 875. 876, 417-8, 472.
Feminile singolare in -a da plurale
neutro : 46, 298 9, 874, 877, 416-7 n,
417.
Mascolini e neutri di 8^ in fé minili :
46, 4178.
Feminili in -o al maec. : 882.
Neutri plurali in a in feminili plu-
rali in -e: 46.
Reliquie della 5»: 46.
Il tipo fletsionale -o (-us) -ànis: 464,
597.
Il tipo fleseionale a ànU: 418, 597.
11 tipo flessionale Unj^s "Uis: 285.
Declinazione dei cognomi in -a: 417.
Articolo : 17, 45, 142,268, 840, 420-21,
506; da uxu conservato integro:
45; da ipsu: 506; diversità tra
forma prevocalica e forma pre-
consonantica dell*articolo : 142.
Pronome: 45, ecc.; formazioni cor-
relative nel pronome: 288, ecc.
Pronome enclitico: 142, 157, 158,
484, ecc.; possessivo suffisso: 421.
Pronomi personali : 45, 264-5, 421.
a enclìtioo di 1* sing. e pi.: 264, 265.
ffhe obliquo enclitico indiretto di 1*
e 2* piur. : 264 5 n.
Pronomi e aggettivi dimostrativi:
45 n, 46, 265.
'iiu 44a dimodtrativo proci itico: 45 n,
484.
Pronomi relativi e interrogativi:
421, 589 n.
kwe interrogativo: 589 n.
Pronomi e aggettivi possessivi: 46,
114 n, 265, 421, 484.
mia tua $ua onnigeneri e onnino-
meri: 46; mascolini onninnmerì:
81.
miei tuoi Buoi plurali feminili : 417 n.
421.
mieit tuoiei 417 n.
VSBBO.
a<2-: 427, 592.
bari 171 n.
Ws-: 17071, 851, 427.
dei 427.
diS'X 170. 188, 427.
ex-'. 171, 849, 427-8.
in- : 428.
miè-i 171 n.
re-i 428.
read'i 428.
SMÒ-: 475.
trans : 171, 851.
-eeare: 196^ 198.
-entarei 824, 824 n.
-^ggiare: 49, 208, 205, 427.
Coi\jugazione incoativa: 48, 48 n.
Scambio tra prefissi e tra suffissi
nel verbo : 48, 142, 880.
'ieare e -^iearei 142.
Influenze analogiche nella ooiguga*
zione: 41 n, 47-9, 108, 127, 129.
141, 144, 180 n, 181, 205, 213, 266.
268, 270 n, 271, 292, 819, S26.
859 n, 888, 898, 401, 421 sgg., 461
472, 481 n, 541 n, 522, eoe
Le rizotoniche sulle arìzotonìefai* :
104, 116, 119, 120, 128, 127. 129.
Indici. — li. Forme.
615
138, 18940, 142, 143, 144, 147,
168, 215, 358, 457, 480, 522, 528 n,
524, 528, 534 n.
L« arizotoniche sulle rìioioniche:
108, 118, 128-4, 125, 147, 148, 159,
174.
Trapasso di coigugazione : 49 n, 425.
Verbi di 2-8% alla 4': 272, 386; di
2-4% alla l^ 462, 471; di 4% alla
2^: 49 n: di 2% alla 8V 444.
Verbi in *ifre e verbi in ^re:210.
Infiniti tronchi : 202, 424; con doppia
nota: 425.
Il participio presente in ènte esteso
alla IV 174, 425.
Participio passato sul^ tema del pre-
sente: 490.
Participio forte : 180 n.
Participio analogico su '&ctu* :271,
538 n.
Participio analogico in ectu: 125.
Participio in -^itui 505«6.
Participio debole in -ùto: 49.
Confusione tra le diverse forme di
àiu Mi -àia àto". 289 90 n.
Participio accorciato: 183, 458, 468.
Gerondio in «: 845, 885; in 'andò
per tutte le coigugazioni : 266.
Tema del presente allungato: 272.
Imperfetto: 481; in -éai 267; in
Va: 441.
Perfetto: 248 n, 268, ecc.; forte: 48,
423.
Il perfetto sul presente: 398; sul
piuccheperfetto : 47.
11 perfetto della 1^ conj. su quello
della 2V 122-3.
-ìriti 31.
La 1' sing. del perfetto, in iii 423 n.
La 3^ sing. del perfetto di 1*, in -d:
422; di 4% in -m: 48.
La 3* pL di perfetto, in '•ionoi 422.
Il tipo * tu ebbi*: 270 n.
int(e)r€s»€ : 248 n.
* volsera* nella citasione pugliese di
Dante: 48 n.
Futuro e Condizionale: 124^ ecc.;
determinazione del tema infiniti-
vale della combinazione : 271, 428,
424.
Il condizionale in •&v€\ 269-70.
Il condizionalo in -dai 270.
Imperativo colla 2* persona in -e : 129.
•« di 2* persona : 266.
a» 'és -is nel verbo: 130.
2' persona singolare con distinzione
interna: 35 6.
2* persona singolare con triplice
notA : 266, 266 n.
Plurale sul singolare: 41, 47 n, 422,
428.
Singolare sul plurale: 47.
La 1^ plur. in -óm: 206, 247 n, 268 n.
La 1^ plur. in -^int: 224 n.
La 3^ plur. in -n: 853.
La 8* plur. in -a: 47.
'essere': 272, ecc.
so : 524 n.
ie: 213.
edè, ecc.: 440.
fosé: 248 n.
8ipy: 195.
' avere ' e ' sapere ': 272, 524.
S e 8S: 524.
* stare ', ecc. : 272, ecc.
stotì, d*ji\y tfjfi: 524 n.
' fieri ' : 424.
'gire^ 272.
* potere * : 272.
'dovere': 272.
'credere': 272.
' togliere ' : 272.
616
Indici. — III. Funzione e 8intasfi.
Numerali: 17. 4&, 265; declinati i
45, US.
*centa pi. di centum: 225.
Attnudone reciproca tra numerali
142, 856.
'nette' in 'otto': 589 n.
Indeclinàbili.
Preposizioni : 18, 278.
da: 18.
Conipunzioni : 18, 278.
cu: 81.
interjetioiii : 278.
Avverbi: 18, 272-8, eoe.
Avverbi in -^m« •« : 461 n.
Avverbi in -mémU: 180, 281.
Avverbi in -i: 129-80.
inde: 80, 44, 45, 440.
0he : 278.
Indeclinabili in a : 256, 267.
Indeclinabili in -d: 440.
Negazione: 278, 408 n.
III. JP" uiiL>Bioiie A^ ^%^iUiA9»l.
Pronome pleonastioamente reiterato:
276 n.
Avverbio ooncordato od nome coi
serve a determinare: 274; nel com-
posto: 458, 464 n.
Costruzione : 274.
Posto dei pronome enoiitioo : 268-9 n.
ipsu -a in tunzione d*artioolo: 17,
17 n.
$e in funzione riflessiva per ogni
persona : 265, 265 n.
La funzione riflessiva ne* tempi e
modi perifrastici: 275.
*ne' in funzione riflessiva: 421.
U lo nella schietta funzione di dimo-
strativo; 421.
così nelle funzioni di pronome re-
lativo: 421.
' suo * in funzione di plurale: 265.
Neutro quale esponente del collet-
tivo: 2<)0.
* medesimo* indeclinabile: 421.
' tutto' indeclinabile: 413 n.
V-
'vero' ambjgWBire: 585 n.
Verbi intransitivi ia funzione ina
sitiva: 219.
Verbi impenonali costmUi pei»
nalmfittte : 104 n.
La 8* sing. per la 8^ piar. : d65.
Il futuro per rimpetaiivo: 2$M.
Il piuocheperfetto indioativo latin
in funzione di oondisionale : 48.
L'imperfetto oonginntivo pel oonài
zionale: 271.
L'infinito per Pimpei^etto oongina
tivo: 505.
'aono ' per * ho ' nelle fnniioni d'aa
siliare: 208.
11 tipo sintattìoo 'vado dietrogli'
273-4 n, 394.
11 tipo sintattico * vadogli diotragli '
274 n.
11 tipo sintattico 'guardali qai*h'
274 n.
Il tipo sintattico spassa don car^
liere * e ' incontra don oavniicrt
Indici. — III. Funzione e Sintassi
61'
1 igg., 398-4; suoi limiti nell*uso:
ib. ; sua estensione geografica : ib.
Il tipo sintattico ' voglio che tu vada
e domandare*: 274.
Il tipo sintattico 'sono avuto* per
'sono stato': 208.
II tipo sintattico * ciajgMtg*: 775 n.
Il tipo naMIfoo 'ponte Benevento':
419 n.
Il costrutto 'g^à anni dieci' per
' già fanno aani dieci ' : 831.
'barba' per 'mento': 600.
* breve' per * freddo ' : 196.
* cervice' per * potestà *: 881.
' chicchirichì * per ' gheriglio * : 486
' corpo * per ' funerale ' : 488.
'cuojo' per 'aspetto': 67.
' dimorare ' per * eollasEare, trastul-
lare ' : 138, 457.
' emicrania * per * tempie ' : 374.
' epidemia ' per ' fiutidio, uggia ' :
138.
' erba odorosa ' per ' prezzemolo ' :
447 n.
* esaminare ' per ' sconvolgere ' : 467.
' famiglia ' per ' donna ' : 442.
* famiglia ' per * servo ' : 442.
' fare ' nelle funzioni di verbo vicario :
296.
' fava ' per ' piccolo * : 225.
'fratella* per 'sorella': 800.
gallo ' per * gheriglio * : 486.
giunchi ' per ' palude ' : 597.
ghiottone' per 'scioperato': 174.
gomitolo * per ' frugolo ': 189.
grammatico * per ' famoso, bello,
paittJiaAie': ÌML
infooéeyre ' per * bagnare * : ,67.
in parte * per ' intanto ' : 207.
madre * per ' feccia ' : 811.
madre ' per ' nausea * : 810.
maestà ' per ' immagine di santo ' :
845.
memoria* per 'fronte*: 874.
memoria * per ' occipite * : 875.
memoria* per 'tempie': 374.
messere* per 'nonno*: 537.
mischiato' per 'grìgio': 456.
per amore * per ' in causa * : 429.
regno' per ' patrimonio regio * : 598.
saetta* per ' libellula ': 825.
scanno * per ' ufficio * : 885.
selva' per 'caccia*: 598.
scioperato * per ' ghiottone * : 174.
sedia ' {katga) per ' incanto, asta * :
121, 135.
spiare ' per ' domandare *: 68.
stimare* per 'fingere*: 287.
tafferia ' per ' mento prominente '
432, 600.
vagina' per 'colletto*: 522.
vita* per 'busto*: 372.
Old
Indici. ^ IV. Lessico.
IV. Liessloo K
a sa. 383.
aOarlOgé gen. 143, 851.
abb€fechio 141.
abhakà' cer. XV 95.
abbaino 162.
abbasoi camp. 198.
abbazia 161.
abbifndf cer. XV 95.
abbhui camp. 198.
abbiveseere tar. 49 n.
(tbholUésare XV 99.
abbrac&tf cer. XV 90.
aò^ifcare 599.
(ibbrugehino rom. 599.
abbrustiare 599.
abhrustire 599.
ahbuvek^ cer. XV 89.
'rV«/N gen. 140, 846.
aberyu gen. ecc. 844, 411.
riòiia sa. 382.
«fòiYd brianz. 219.
ab&t(u gen. 346, 358.
abreiu Mg. 196.
abrehéiu gen. 140.
ahrétyu gen. 115, 364.
abreveir gen. 196.
aòrt7 trev. 261 n.
abrovéd Talcam. 8, 196.
abU' piem. 544 n.
a casa per. 209.
accagionare 185 n.
accatai sa. 880.
aecipresso la. 405.
acchiapparello 448.
accujescerei tar. 49 n.
accuparsi 199.
^acerbaja* 486.
acerba 357.
acervo 21.
occ'^ta 209.
achaieon fr. 185 n.
acia 380.
acidula 520.
(iW^o lu. 169 n.
ackia abr. XV 330.
aekittaraf nap. XV 330.
ackittf nap. 461. XV830.
acquaccuUt cer. XV 227.
acquajo 800 n.
acquastrino 407.
cf«9M4Mfaf»/ -^io- 832 n.
acquazzo 882.
acquazzone 332.
aequazzosù 882.
uculeu 199.
*acalia 161.
a<i<pf:i gen. 125.
ad captare 380.
addivinare XV 89.
adetnprito sa. 591 sgg.
ad^l2( gen. 135.
adettynir gen. XV 36.
adflare XV 98.
admissaria*XV329.
adnecare XV 226.
aduggere XV 205 n.
adunare XV 828.
adventu XV 95.
<Bga gen. 135.
tegra eng. 212.
aescalu XV 341.
o/m gen. 113.
^ Non si tien conto, di regola, delle voci che aprono i singoli artieoli
(ielle serie alfabetiche ricorrenti a pp. 19-27, 66-8, 284 882, 428-77. — Com-
psgono invece in qaest* Indice molti vocaboli del voi. XV, colà non aeeolti
per non essere stato avvertito in tempo lo smarrimento d*an pacchetto di
schede. A questi si rimanda col far precedere la cifra arabica dal romano ' XV \
— La sigla ' cast * vien riferita non solo a Caste llinaldo, ma a tutto il
^nippo di località, ohe, nella e<$posizione del Toppino, metton capo a i\-
««tt'lhnaltlo.
' Pero si tratterà piuttosto di emisHaria; cfr. anche il log. ammsssarsu
-italloiie.
Indici. — rV. Lessico.
619
*aeyita8 188 n.
a f aite piem. 152.
afàjf cer. XV 228.
affabeto lo. 405.
affersU a%, 380.
affiieseere tar. 49 n.
affliscare sa. 879.
affresca gen. XV 43.
aflti gen. 152.
afUtu gen. 859.
agabar gen. XV 8.
droMia 890 n.
agdr friu. 286.
agelln XV 328.
agghjmzd cer. XV 90.
agghingare XV 215.
aggio XV 186.
aggricciare XV 289.
agherhino XV 16.
/fp/ -^^ piem. 544 n.
Orui 19.
agiar pa. 305.
*agfna 219, XV 218.
agnaro trent XV 291.
agniss friu. 228-9.
agna XV 228.
égola trent. 222 n.
agotUano lu. 408.
agorajo 447.
o^d^ trent. 222 n.
a|fra mil. 212.
agrepiu gen. 140.
a ^rajntn piem. XV 281.
aguanent trev. 285 n.
aguannf cer. XV 89.
oyn^gen. 161, XV 136n.
aguglia 161. XV 136 n.
agugliQUo XV 136.
o^M^' trent. ecc. 598.
agtuireu ast. 300 a.
agueité gen. XV 44.
aidar ven. 286 n.
aidenfe ecc., pa. 286 n.
aiguilU fr. 598.
dime gen. 125.
aiiiii gen. XV 44.
aina nap. 206.
dfftf cer. XV 228.
ainUnderé pis.-lu. 207.
àinu sa. 430.
atVf cer. XV 84.
a Ì8ÓnH0 170.
oiJXP^v 430.
aito(f« pis.-lu. 207.
aitante 286 n.
aixamplar cat. 389.
o/ofa cast. 539 n.
aja^n piem. 539 n.
ajassà prov. XV 127.
ajine friu. 219.
à;ika cast. 542 n.
ajké cast. 582.
ajtòri cast 532.
ajvafit cant. 519 n.
ajtajfo' cast. 519 n.
ajvffi cast. 519 n.
aibit<$ log. XV 308 n.
airuM«tf gen. XV 54.
albar posch. 320 n.
dlbaatro lu. 407.
àlb^o ven. 286.
alberese 165 n.
àibetése vie. 222.
albeu 387.
albu 107, 477.
aldor pa. 286.
a/<Y berg. 8.
alfgru gen. 108.
a/M«a trcv. 263.
algina berg. 597.
algiron pa. 286.
alguaro ven. 286T
alienu 387.
alifante gen. XV 45.
<M;fi 205.
a/;are 205.
aller fr. 210.
flWpro XV 210.
dUuet nap. 376.
ahnénga valses. 478.
olmeaeh beli. 286.
alnu 128, XV 381.
aUadèss mil. 478.
altre Martin fr. 196.
altrogio rem. 215 n.
altroff pugl. 46.
a/r«M< ar- trent 478.
aluhgSgu gen. 124.
^amariu 519.
ambra cast. 543.
am6ià/ia cast. 522.
ambulatorin 340.
amhuff piem. 548 n.
dmrà gen. 860.
amlta 360.
ammaccare 203.
ammaliare 205.
ammattiziane In. 332.
ammazzeicere tar. 49 n.
ammessarzu log. 618 n.
affimodo lu. 429.
amn^ cast. 543.
amnis XV 239.
amor trent. 286.
amora sp. 345.
amore lu. 429.
ampà'ji cast. 544 n.
ampsQJre cast. 524.
am/>«un cast. 533.
amusté gen. 46.
amygdalaXV257,3li»
<iNcta» vie 288 n.
afi^i^*^ cast. 519-20 n.
Arelùvio glottol. iUL, XVI.
40
620
Indici. — IV. Lessico.
andahnia gen. 143.
andare 209.
andazzo 332.
andeghie mil. 544 n.
andfUné cast. 529, 545.
atkfla piem. 544 n.
anfahde cast. 546 n.
anfódra cast. 544 n.
angalanii cast. 535.
angfrSéfe cast. 533.
anghjanit cer. XV 93.
angiumai sen. 459.
angontano march. 408.
angourf cer. XV 227.
ang&w gen, 340.
anfora cai. XV 330.
angulu XV 330.
angunaja cast. 529 n.
angitèa gen. XV 45.
anima 543.
animai mescle. 313 n.
anifd cast. 528.
anjé cast. 544.
anklsse gen. 120, 143,
XV 36.
aitila gen. XV 5, -^f 129.
ankrhina monf. XV 106.
ankwUn cast. 528.
annar prov., ecc., 210.
annatojant mil. 231.
ann^cit cer. XV 226.
annTcùla 19, 430.
annizzare XV 214.
anoreleta mil. 212.
JÌAoit gen. 135.
ciM paro pa. 816.
(inxr cast. 546 n.
an/fptn piem. 544 n.
antefatto la. 442.
antono par. XV 45.
antrOkk piem. XV 281.
aiito^ cast. 546.
^ììiM gen. XV 46.
anvajrSf cast. 546 n.
anverjar can. XV 127.
anpifà't cast. 532 n.
anvdja cast. 544 n.
anrmu log. 387.
aó gen. 120, 860 n.
aocchiare 207.
apairé piem. XV 45.
apajà gon. XV 45.
a/)(i/r cast. 519 n, 544.
apariar gen. XV 45.
apartuir -twl gen. 844,
XV 7, 45.
apejs piem. 544 n.
opera trev. 231.
diTCTOv(a 868.
apiàrio XV 277.
apièU parm. 461.
apigliarse alto-it. 429.
diTÓ6€iEi<; XV 71.
apolto\)o\. 195.
apothùca 520 n, XV
353.
oppia abr. XV 380.
appiccia abr. XV 330.
appiiolarn 168.
apprope gaet. 18.
appruoto 18.
appus camp. 391.
aqua 224,259,882,519.
598.
*aquatoria 224.
aquila 382.
aquiliu 598.
tira ven. 209 n.
arainare lig. XV 72.
aranca 198, 813 n.
aratolo 360 n.
'aratu 860 n.
afdu lig. 360 n.
araìé gen. XV 46.
arban/Ua gen. 110, 143.
848-4.
aròikiih gen. 141.
arborxello gen. XV 44.
drbu gen. 107.
arbusdU frìu. 226.
arcatore 430.
ortf*»^ cer. XV, 227.
archilèo 196.
areolajo 196.
areorger ven. 297.
arda cast. 536 n.
ardieione per. 461 a.
(irifMM sic. XV 362.
ardinzer em. XV 121.
area 12,37, XV 828 9
aredUa trent. 304 n.
arekuvié gen. XV 78.
ar^ trent 304 n.
arengario monz. 475.
areneinate gen. XV 73
arehsenlu gen. 140, XV
73.
*ar*tH 118.
arff! gen. 845.
arfffa ca^t. 544 n.
arffànSe cast 540.
ar^a camp. 198.
argalicja piem. 546.
argani ecc. cai. XV 849.
argenthcia sa. 880.
ar^ cast. 527.
argcre 108.
arieti regg. 820.
rfr^M gen. 887.
aria 417-8.
ariete 118.
ariguié gen. 858.
aringart XV 89.
Indici. — IV. Lessico.
621
arkita istr. 225 n.
arktfótu gen. 155.
armàsar mm. XV 329.
firmi mass. S75.
armiliar pa. 306.
nrmognka pa. 809.
armu 375.
armun f^en. 136, 345.
arnàjfe cast. 547.
«pirn XV 277.
àfpi cast. 540 n.
arpjé cast. 535 n.
(trqtiillare march. 196.
arn-ite cer. XV 95.
arrengà' cor. XV 89.
n rringf cer. XV 89.
arri pare lu. XV 184 n.
arcani/ cast. 527.
ariigh piem. 202.
ar sinico ven. 430.
«ir.vofiArgCD. eco. XV 47.
arM berg. 104.
artf mil. 104.
<9rM Ron. 143, XV 46.
arabaitth gen. 142.
arufzz fria. 234 n.
arUnus piem. 544 n.
arùzenté gen. 142.
a r rada sa. 880.
arra log. 198.
arsétan mescle. 490 n.
<trziUà abr. 196.
arzf/Zo 196.
arzinik mcsolc. 430.
dpxuyv 19.
tM cer. XV 93.
ttsaiuné gen. 836.
wtbazé gen. XV 46.
fM^ia berg. 875.
ascino tu. 169 n.
osciunare sen. 430 n.
ascòsH gen. 349.
ascusf gen. XV 75.
asedio boi. 195.
flffr^^ gen. 356.
(i^éj; boi. ecc. 599.
aggrega gen. 151.
o^/ gen. 350.
a«i(ji4 gen. 357, XV 47.
aèidju gen. XV 47.
asllu 196, 599.
asinu 167, 169 n.
asjdr em. ecc. 599.
askaisów gen. 152.
askirise gen. XV 37.
attkìcaéù^e gen. 356.
asii& caHt. 547.
asdfu gen. 127.
dJiola 189.
asolare 171 n.
aspàer vaiteli. 316.
asper sopras. 316.
àspow surdu gen. XV 47
asquas beli. 287.
assassen pa. 316 n.
assdein boi. 804 n.
assedHa trent. 304 n.
assedón trent. 804 n.
asHcnticole 67.
ajtJT^/toreXV 134, 139 n.
<M«/ gen. 350.
assitato 431.
associare XV 328.
astettare 236, 394.
àstracu sic. ecc. XV 331.
astrati log. 198.
astreciflle nap. XV 331.
astrié gen. XV 47.
a«/ro rom. 197 n.
astru 108.
rt//^«^ cer. XV 228.
ataienté gen. 142.
aM/f ecc. sa. 379-80.
attecchire 196.
attento gen. XV 47.
atterrato XV 359.
*attTgicare 196.
attorrare nap. 471.
aUuire 460.
augusta XV 262.
aunÌMa>l cast. 544 n.
aun9ite cer. XV 229.
AM/Mi log. 386, 387.
atipa log. 199.
àur cast. 542 n.
aufic cast 530.
aurt^^'/ casi. 580.
auruflce 197.
ausare 207.
ausinél cast. 530 n.
anstru XV 179.
aut 383.
autin piem. 582 n.
autfa cast. 519.
atahséi gen. XV 48.
ararieieux fr. 380.
arviit piem. 332.
avermaria 412, 481,545.
averter ven. 463.
avier ven. 800 n.
avisk cast. 527.
atogal ecc. gen. XV 48.
aM»/«o ecc. lu. ecc. 343,
406.
avoxina mani. 490 n.
af*urrih cast. 545 n.
arriiuppare 205.
dga gen. 360.
agów gen. 113.
agser fr. 66.
aÌri7/ii gen. 599.
óiino montign. 430.
azolar ven. 369.
622
Indici. — IV. Lessico.
aiàw gen, XV 18.
azùggiu gen. 599.
ahwé gen. 153.
azzipittartii !!▼. 414.
azzo 203, 332.
cuzola sa. 880.
baba&un gen. XV 49.
ÌMbbèo 600, XV 140 n.
hàbi mil., piem., 600.
bacaler gen. XV 48.
bacchio XV 141.
boccone sa. 380.
bacèln XV 140.
bachinchio vers. 432.
bacio anc. 482.
bàciora la. 600.
'bacala 219.
badaia'k mil. 287.
*baduccare 520.
6a<f//i friu. 227.
&iS!(fa gen. 112.
bàffidu sa. 482.
&a^^^600.
bagniamo 600.
M^a ^en. 287.
bàgiora In., ecc., 874.
òa^otò ver. 802.
b<rhna gen. 151.
baia XV 141.
bàilu gen. 125.
bàina sa. 199.
toi^ gen. 158.
bàise gen. 125.
bajana 884.
bajett monf. 162.
bajké casi. 542.
bajulu 582.
bakalè'tu gen. XV 48.
òa/a^re fr. 108.
baleno XV 141 n.
balogia ecc. XV 142.
balmtro trev. 814 n.
péM3aH 217.
bancistra gen. 868.
bahsgiu gen. XV 49.
òof araii^^ cast. 548.
barba 598.
barba nis XV 882.
barbati gen. 122, XV 49.
barbatare sa. 880.
barbóUu gen. 845.
òar&02i:»a vie. 874.
barbugliare 807.
bar^^ treni. 288 n.
barddu sa. 880.
bardane sa. 880
bardosso 171 n.
bareglol friu. 228.
bargala sa. 880.
MtyM 208.
tor//» friu. 227.
tori^dl trent 288.
barìéfiu valses. 174.
barlifióm verz. 174.
barlOgùh gen. 148.
barlume 143.
toro ven. 287.
òarod/e ven. 162, 818 n.
baròccio lu. 428.
barreUu sa. 380-81.
bareoglia lu. 432.
bariadil treni. 296 n.
barueco ven. 287.
barzella pa. 288.
òo^rffia gen. 384.
baseina sopr. 598.
6<iie//a 170, 598.
MWa boi. 600.
basilica 229n.
paoiXtKÓv XV 92.
basino XV 142.
baàtre 169.
òoiMto lomb. 481, 600.
bàsna irev. 490 n.
òaMi/ mesolc. 490 n.
baSgffia ecc. 170.
bàoola cicast 481.
bassaUe 169 n.
bassUico 169 n.
bdssola berg. 600.
bassora gen. XV 49.
bonarie ferr. 252 ft.
Min cast. 582.
òoM^/ mant 599.
&<SUo<e 598.
baUorpedio sa. 381, 593.
6o<to log. 887.
bàuU friu. 219.
tomi 600.
bavardage fr. XV 49.
bàgku gen. 189.
ò<uo ven., ecc., 600.
baìoikó gen. 118.
baino mesolc. 482.
baiia 600.
bdosl boi. 597.
to^a monf. 598.
beecajo 218.
ometta 598.
òi«o tu. 482.
becudeu prov. 288 n.
Mtfoto lomb. 872.
beda' lomb. 217 n.
bée fr. XV 275.
beghenaU treni. 818 n.
^yto lu. 420 n, 432.
begudo 'Odi gtn. XV 4^
beOg sopras. 488.
beino piac. 490 n.
bekulu co. XV 215.
ò/(a gen. 149.
Indici. — lY. Lestico.
623
Madònola treT. 208 n.
haUetta XV 174 n.
Mitra cioast. 482.
beHlco 877.
benagaU sol. 894.
benedica cremon. 433.
btnnariu log, 890.
bennóla 298 n.
Wppula piem. 600.
bergolare 208.
bere trev. 259 n.
berffattf cer. XV 92.
bffiaia 'jta piem. 538 n«
bernUé gen. 351.
bérda borm. 488.
beróla mesolc. 433.
berta XV 148.
bertiJQ log. 887.
bertwfiHgea. 845, X V 51 .
besaine fr. 202.
beséetmar tìc. 287, 288.
/vff^' lomb. 598.
beserégio ven. 599.
fcfiv^'a berg.599.
òrj^M^* vaiteli. 599.
b^sia berg. 599.
besiar parm., ecc. 599.
^i»/^^Mgeti.599,XV50.
b/ssa -ascia mant. 600.
besmre log. 890.
béittula '^' piem. 600.
3€OTdpiov 593.
beta friu. 219.
bète fr. XV 49.
6/to las. 434.
MoM trev. 316 n.
bettare log. 390.
bezagAo gen. 136.
òfrW lierg. 598.
hrzzola ecc. lomb. 600.
bghengh em. 432.
bianar trev., ecc., 287.
biande istr. 597.
biassare mil. 812.
bTber 397.
frifd bresc. 599.
*bicongiu438,XV326.
bidusta nnor. 199.
6i> for. 275.
bievora lu. 897.
bifiirca 524.
5^/ lomb. 377.
bfgold mil., ecc., 369.
bigoléte can. 598.
bigóìo ven. XV .326.
bigattiera 598.
bigoncio ecc. XV 326,
433.
bignaga berg. 490 n.
bignare lu. 456.
bignatta In. 375.
%iforo -20 la. 875, 432.
fr//ta XV 99.
buina valt. 482.
M/a< -te friu. 226.
òfiiar ven. 289.
bin^ìlu gen. 110.
5i»ii«ftiia log. 388.
biordare XV 145 n.
tìiea ecc., piem. ecc., 599.
biscanto -tare 289, XV
149.
biscofsu gen. 135.
bischetto XV 143 n.
bischizzo ecc., gen. ecc.,
XV 49.
bisegar ven., ecc., 599.
bisgiar sopra:!. 599.
bisia piac. 598.
biskòkina gen. 146.
Wko ven. 394.
bisveu mil. 599.
6wM berg. 202.
bissabova ecc., XV 278-9.
bisesta ven. XV 279.
bissola berg. 600.
bistradu log. 198.
6t>& berg. 599.
biiulàgu gen. 149, 357.
ò(»iMi -fcf/a gen. 119,
151, XV 52.
bitince friul. 219.
biturro 217 n.
bivifhe friu. 227 n.
biiarin ven. 598.
bizzarro 598.
òìi^^/fif (a) 217.
5;Am oaH. 535 n.
bU^tne fr. 205.
ÒMOff cast. 548 n.
bod piem., ecc., 221.
boazza ven. 819.
boba piem. 600.
bobance fr. XV 52.
bik^ mil., ecc., 292.
boéé piem. XV 104.
bodda lu. 410.
boddeus sa. 598.
boddiri camp. 593.
bòdisuh gen. 152-3.
boegoso gen. 74.
boeughi parm. 292.
bofonchio lu. 204.
6^ vaiteli. 292.
6^ berg., ecc., 291-2.
^!7* regg. 292.
òo//to ven., ecc., 489.
bogón mant. 597.
boi d*avie piem. 487.
boj piem. 489.
biV piem. 524, XV 124.
boja piem. 487.
bojàna trenL 489.
Indici. — IV. Letsico.
n iriu. 489.
m
4 '4 y*TA. 377.
«'.-/wirf ]o^. 390.
•>*.'iii ptein.. ecc., 489.
bolt'ijna vaiteli. 490 n.
hoK'tu 112.
bollefUo pa., ecc., 304 n.
bols mesolc. 374.
bolso 203, 374.
bolunghera vallanz. 516.
hombantg tic. 377.
bombrigolo ver. 377.
honegeil lad. 490 n.
iQnka lomb. 433.
bÓHzora 378.
boncher fr. 218.
boulanger fr. 516.
bòuU fna. 219.
boulhòu prov. 487.
frotMf fr. 237 n.
bouséer cn^mon. 237 n.
3oóTupov 217 n.
borda XV 145 n.
bordane XV 145 n.
bfjrga cast. 524.
borghenUt 164 n.
borni» lomb., ecc., 434.
bf^rra XV 145 n.
borrace 359.
borrico ecc., XV 114.
bors mil. 322.
òor/Af» Ha. 381.
bÒA tic. 292.
òoitrtl/ friu., ec<*., 237 n.
btfsflo pa. 237 n.
IniMsaft ««co., jf»»n.. 117.
6<M.v/(f ronin{?n. 600.
boìftttto jjen. XV 10.
60/ lomb. 29-2 n.
bota 376-7.
botà.i lomb. 376-7.
bova XV 279.
barolo ven., ecc., 206,
597.
bo'iera lomb. 434.
braeeiatello ecc., 304 n.
frrotf^ -Ma ecc., 484.
bragada trev. 289.
brageUa gen. 110.
6rd> boi. 433.
òraùia boi. 433.
bràina boi. 433.
brandtfuU berg, , ecc.,
XV 51.
breeuelo «e- sp. 206.
breda crem. 296 n.
bregówlu gen. 344.
bréndola cicast. 432.
breo prov. 196.
òr^Ri lomb. 196.
brevUeggio lu. 410.
òr«z»t pist. XV Vi90.
briciola 172.
brida com. 296*ii.
briepUr eng., ecc , 869.
briiasóttu ecc. gen. 135,
149.
frri^iro gen. 120, 346,
XV 51.
brigw^iii gen. 151.
hrika -ca, vaiteli., ecc.
597.
brikókalu gen. 337, 343.
briku nuor. 198.
brUla gen. 339.
brillare XV 146 n.
brillo XV 146 n.
òriAa gen. 119, 150.
brisea lig. 599.
brindo ecc., 8, 196.
broankù rum. XV 111,
406.
brog cmì. 589 n.
brogna ven., ecc., 213.
316 n.
bròUi fria. 227 n.
brotido ven. 290-91.
brondori gen. 861.
òroiito beli. 291.
bromo 291.
òro«ÌMMM rom. XV III.
506.
3pÓTaxo^ XV 112.
brada -di gen. XV 51.
bruciare ecc 171 0*599.
XV 91.
brulicame XV 147.
brulicare 869.
brUmhla eng. XV 101*2.
brume frìn. 220.
òrfina cast 528.
bruhia gen. 849.
òrtmro can. XV 801.
brUsó ecc., lomb., 599.
bfuscajre cast. 529.
bruècare 599.
òriMco rom. 599.
bruscolo 599.
òriMler fr. 599.
bruHa 147.
ònwtofv -«Imi- ^99.
brustolare 599.
òs^ romagn. 598.
bsla parm.,piac.<59i^-''^
bsilA romagn. 599.
bsugó piac. 599.
buande trev. 490 n.
bubare na. 593-4.
bucato 292.
buccellatn -rio 149,
278.
bucehio 208.
ÒMCcia 208.
Indici. — IV. Lessico.
625
bucherare XV 215.
buco 291-2.
badi^ lomb. 217 n.
bu/l^ trev. 394.
bugdnza ven. 818 n.
bOgdUa geo. 858.
bUgaUu gen. 858.
bugatza beli. 819.
buggèu gen. 487.
buggioresMa lu. 434,
bugh -j7Afrregg.291,292.
bughiolu sic. ecc., 487.
bugio 292.
òfi^f eng.» ecc., 488.
buglio XV 124.
buglione 487, XV 147 n.
bugnìgul friu. 377.
òii^fio ecc. 487.
buiakesu sa. 880.
6mi> fr. 119.
bùj parm. ecc., 487-8.
bujim friu. XV 326.
buj&h arb. 488.
bujruh piem. 582.
60/ <l'ar<;> vald. 487 b.
bulUigi gen. 148. 346,
XV 291.
^bnllicare 369.
buda BOpras. 489.
buntban cast. 534 n. 543.
buneega gen. 125.
buque 8p. 292 n.
bùfau cast. 519.
buraie gen. 859.
burbama XV 52.
buri^h friu. 227 n.
6ur/fi lomb., ecc., 376.
bdrja piem. 526 n.
Aureli camp. 374.
odia piem. 526 n. gen.
XV 74.
buéaKca boi. 818 n.
buieechia 170.
ÒMrOra log. 388.
busnò trent. 302.
baàif vaiteli, ecc., 202,
599.
buso de ave ven.* ecc.,
202, 599.
bussard friu. 221.
bussare 148 n.
ÒMM^a boi. 600.
biUu gen. 119.
bUtiega gen. 135.
bùtio XV 203 n.
buiuro 217 n.
buturii 217 n.
òad^pM gen. XV 74.
buia sa. 487, 488 n.
buzeo XV 74.
òtTf'n gen. 128, -no 151.
bw^ta gen. 155, 157.
òiroM gen. 112, 113.
eaballare sa. 380.
edbda berg. 597.
raòtirf'a -p- monf. 372.
caccìlbu XV 834.
éadés cast. 527.
cadigia beli., ecc., 296 n.
cadiva gen. XV 53 n.
caecllia 437.
càeda berg. 597.
écega gen. 348.
caesu XV 338.
cafurkif abr. XV 336.
cagier trev. 262.
cagnola march. 206 n.
cflfW prov., ecc., XV 287.
eaillou fr. 217.
caitH gen. XV 9.
cro/o ar. 203.
^ajvé cast 519n.
cala tar. 20.
<;atoiiitofi ven. 313 n.
calar ven. 221 n.
calathu 597.
calcaria XV 834.
calcestre 196.
calcestruzzo 196, 214.
cal^'ggine 435, XV 119.
calgero vie. 288 n.
calTgariu 151.
<;a/«ifHm mil. XV 105.
colina sp., sili., 435.
calmale frin. 225.
ralmowtète vali. XV 105.
ra/oM ecc. 375.
calpestare 238.
cd/to ven. 597.
calumar ven. 221 n.
ca/za 207.
carnàio lig. 485.
caminòszora lu. 875.
Campania sa. 881.
campaniel ven. 804 n.
campano ven., ecc., 802.
campeggiare ecc., XV 276.
campitello ecc., 304 n.
eamiMMfia piem. XV 105.
ramfitfrò berg. XV 105.
canabia 8n.
canàgola lomb., ecc., 219 n.
canàpie gaitL 8 n.
cahbruté gen. 354.
fàfi^a cast. 539.
cnnde od. 266-7 n.
candelaio lu. 427, «Wo ib.
canfl9inf cer. XV 229.
canigghjf cer. XV 91.
cantalesare XV 214.
canteruto 447.
626
Indici. — IV. Lessico.
canth&ris XV 149.
cantherinu XV 149.
cantTcula 111.
ranrella lomb. 376.
citOz mesoìc. 373.
capa lomb. 377.
capTta 597.
capUiccio lu. 376.
capTtùlu 198.
caprennaturf abr., ecc.,
XV 106 n.
capretta march. 206 n.
eapruggine 206 n.
capsa 196, XV 149.
capsu XV 150.
caput 128.
car&bu XV 288.
caramella mil. 212.
earamia gen. 860.
carhonazzo ven. 293.
caredèl treni. 304 n.
carena 'ina ven. XV 52-3.
caries 203.
cdrigas camp. 873.
carjentas Ropras. 394.
carla^sare vie. 435.
carnelrare boi. 435.
airola ecc., 599.
carpare 203.
carpare 203, XV 75.
carpione 203.
carrega gen. XV 58.
carneo otr. 42.
carto ven. 323.
ra ruggii gen. 445.
carredda log. 374.
ca» tv. 184 5;eng. 1S5.
casa {la. 383.
/asé gen. XV 71.
caracca 170.
cascia \nnì, 351.
cascina 196, 597, XV 149.
cascino 597.
caserma 170.
caseu XV 91.
cdslo com. 197.
ca^o 184-5.
casoH^elo trent. , ecc.,
293.
casonera com. 597.
COMO XV 150, ven. 298.
casiUi gaet. Un.
caia- merìd. XV 886.
caiagiolla (a) monf. 875.
catricla sa. 881.
catriosso 208.
canda XV 128.
caule 120, 182.
éaurlh ecc., cast., 532.
causa 883.
éàusa cast. 588 n.
cavar ozza anc. 375.
^<ir<i« mesolc. 325 n.
cavea 294, 408.
córed mil. 597.
caredél ven.. ecc., 804 n.
cavegio vie. 874.
cavelàgna vie. 296 n.
éavfUu gen. 110.
cavOnf nap. XV 883.
cavUga gen. 124.
cavreto la. 426.
caxonoso gen. XV 43.
rayro mil. 212.
casone 185 n.
rarra 67.
caia gen. XV 10.
rarW< friu. 226.
ce cast. 537.
f/òfT lomb. 26.
cedale ci- 189.
ceca r a sen. 430 n.
cfCM XV 148.
cècia fior. 411 2.
etf a feltr. 829.
Cegio ven. 816.
é^a cast. 520.
cé/ar« 205.
Relega trent. 296 n.
c#/;a -dr^ 205.
eelihrio pa. 874.
celiarla XV 84, 938.
celsa 888.
cendrt cer. XV 227, $87.
eendreUa nap., ecc., XV
337.
ctnerigia lu. 484.
««Mia salem. XV 887.
cemfcf cer. XV 86.
ceo tose. 897.
rera ver. 819 n.
cerchia la. 414.
cefeja cast. 587.
e^rpl friu. 828 n.
cersa parm. 414.
^eradico trent. 296 n.
ceruolico pa., ecc., 296 n.
cerusico 167.
cesend/U friu. 227 n.
ir«so> 169n, 189.
Ceson trent. 294.
eesso 294, XV 150.
eeiràngòlo 204.
cfMta gen. 838.
cervice 881.
cervlcula 874.
cAa friu. 287 n.
^hacaronUi frìo. 226.
chaìf fr. XV 58 n.
^kalzamiU friu. 226.
^hampanili friu. 227.
fhanagUis friu. 22t<.
fkanènU frìa. 219n.
Indici. — IV. Lesdoo.
627
fhazxia frìu. 220.
che lomb. 264-5 n.
the frìu. 287 n.
ehèehe fior. 411-2.
chtehée monf. 220.
ché€u aio., ecc., 220.
chega trev. 251.
ehéffia vie, ecc., 814n.
ehèjer feltr. 258.
ehervija log. 874.
cheussa borgotar. 407.
chialart friu. 281.
chiappa ZÌI, In. 443.
ehiasào XV 241.
chiatto -a XV 208 n.
chiava pia. 448.
cAtamire nap. 825.
chierda In. 414.
eAie^a 167-8.
ehign piem. 237.
(A^o ver. 295, 319.
chila pa., ecc., 294.
chiocca 874, XV 155 n.
chiola cicast. 876.
chiòpporo lu. 406, 407.
chioia 183 D.
chiucco -a XV 155 n.
chitifo 183.
choraula 599.
chdrda 228.
(Attra gen. XV 56.
ciabatta ecc.» XV llln.
ciaccarò ferr., ecc., 302.
ciafela -Ma piem. 374.
«a//o trev. 597.
riafio tose. 897 n.
cianta 203.
<riaM/w«ii not. 325.
ciavarel aen. 874.
rtaptna mani. 407.
cibéca 295.
r/^fif cer. XV 85.
ctcer 529 n.
cicindela 227 n,*-èriu
111.
cicolottofa montai. 874.
cicuta 252n.
ei44aru abr. ecc., XV
888.
cidivòcc ecc., friu. 280 n.
ildule He frìu. 296 n.
^ela ecc. ven. 296 n.
^ra boi. 195.
cieuspu valaea., ecc., 203.
^ar ven. XV 219 n.
cigolare XV 219.
éih gen. 112.
pA caat. 588 n.
cineàta tar., ecc., 46 n.
*cinÌ8Ìa 484.
cigcchfrf cer. XV 232.
ciuccia XV 21 In.
W^cta XV 150.
ciQmpo 203.
ci?» vaiteli. 437.
dopa trev. 374, 448.
etVjipa XV 21 1 n.
cìppu XV 888.
cirant hiu, 818 n.
cirella trent. 296 n.
^roge caat. 529 n.
cisterna 881.
elida chian. 203.
cTthara 819 n.
^tufa caat. 521.
ciAngfif biac. 46 n.
ftpffa caat. 519.
civitaa 16, XV 265.
cirite friu. 295.
(ivitula piem. 521.
dadi poach. 373, 375.
clap vaiteli. 372 u.
«ciarlìi 519.
clandere 183, 861,
541 n.
claudicare XV 108.
clauatru 876.
olauau 120, 188, 349.
clava 824, 878, 875.
clavellu 534.
davigl poaoh. 375.
*clèta 520.
cUpid XV 109 n.
cllvu 437.
eloeher fr., ecc., XV 108.
chrre fr. 188.
cìoMtri frìu. 876.
^Igt caat 585 n.
clusion pa. 224.
cmarÒ ferr. 302.
Cmùhé caat 531.
*coaglu 296.
coagulare XV 124.
coca beli. 295.
coccola XV 155n.
cdccu XV 151 n.
cochlearia 519n.
cocon-na parm. 220 n.
còda XV 128.
codazzo 882.
codina aa. 381.
cof fo vie. 225, 236 n,
872.
coègo ven. 295.
coeulla gen. 118.
cofaccia montai. 489.
cofforo lu. 427.
cogitare 444, XV 228.
cògno vie. 318n.
cointo gen. 856, 862.
coiiar lomb. 854; ap. XV
54.
cojuare aa. 228.
c*<
Indici* — IV. Lessico.
^étti pìen. XV 108.
.^ ;.• lomb, 237, 378.
.^C,> trev. 295.
«Wm*# ven. 296 n.
.^Mtrt XV 336.
eollectu 125.
colUppolare XV 216.
collirertos sa. 594.
colHgere 593.
coito XV 88.
cohfnmra nap., ecc., XV
333.
coph/ lomb. 267 n.
eomed lu. 440.
eomedon beli. 375.
comèta 541n.
compilare XV 152.
eana XV 238, 889.
càma lìg. 358.
conagio ven. 296.
eoneion lomb. 878.
condaghe 'ké sa., ecc.,
380, 388 (v. ancbe XV
339).
conforta ccc^nap., 186n.
congrògd mani. 394.
conjugare 223.
conjungere 223.
conostro beli. 376.
conzier ven. 475 n.
coppella ecc. XV 340.
coppetta lu. 374.
coragia tre v., ecc., 877.
eorata ven. 221 n.
eoresto pia., ecc., 456.
corgnMo vie. 597.
còrneo XV 300.
comóé looam. 488.
coronario XV 840.
còrt borg. 223.
cortina XV ir»5.
eorze lomb. 297.
cos^ lomb. 267 n.
cossi gen. 850.
costà 309.
éósu gen. 349, XV 68.
cota i gen. 151, 859.
eotagna nap. 372.
Sóian eng. 597.
catena nap. 372.
cotesto d' XV 309.
eotina sa. 881.
cotraru cai. XV 853.
càvolo XV 56.
eogza 874.
crap vaiteli. 372.
crópa lomb. 162, 872.
cras 37n, XV 96, 155.
crate 114n, 158.
craticnla 381.
eratura trent. 314 n.
craveo gen. XV 55.
eredita XV 66.
crej friu. 228 n.
crena ven. 316 n.
erenògia blen. 485.
cr«fi«a ven. 313 n.
crepare XV 56.
crescio 376.
creso 165 n.
creventd lomb., ecc., 324.
cribru XV 340.
criente vaiteli., ecc., 174,
298.
crin piem. XV 357.
crinoncs 600.
criso 186n.
cristeo 404.
eroe mil. 234 n.
crocchia XV 155n.
eroda ferr. 297, erS-
parm. 174.
erCdà bresc. 174.
eròdi friu. 22dn.
cródiga trìest. 236.
eróf ìeyent., ecc., 174,
298.
cròna trent. 298 n.
erCè mil. 234.
tfr^ trent 297 n.
crudino XV 156.
criwitf cer. XV 94.
cu piem. 872.
euódri frìn. 228.
cùbltu XV 62, 86.
cucca sa. 374.
cuceiola 298 n
cucco XV 256.
cuccuma XV 884.
cucire 178.
cucutiello lo. 874.
aictf«;ra anc. 374.
cu44ori sic, ecc., XV
336.
cimIm -f- sa. 372.
cufo trent. 874.
<^t//ff sili. 874.
c&jaha gen. 148, 337.
cugino 407.
CM^/fa XV 151 n.
cuite friu 226.
fti/4r ferr. 471.
cQleu XV 86.
ciìlleu 237, XV IM.
cumlnu XV 152.
cun belltns. 437.
cufkato tar. XV 889.
runde, ecc., lojr. , :i>^l.
ciifKfiiri sa. 381.
cùneu XV 339.
cunféssi boi. 332.
cuMa gen. XV 54.
cìinula XV 226.
Indici. — IV. Lessico.
629
euoHzu cai., ecc., XV 389.
cupa 386, XV 56.
cupèdiae XV 55.
cupizza anc. 874.
cupo 199.
euraglia eng. 297.
CHrffttu gen. 845.
cnrin piem. XV 851.
ruma 'le friu. 2278.
cascoliu 198.
cùsetu lece. 444.
cuslier ven. 213.
nt8s\ pugl. 44.
cussiia ecc., ven., XV
283.
cussorgia sa. 593.
euttra emp. 489.
•e a ti e a 8, 127,872.
cuticagna 872.
e lìti 8 872.
cuzma gen. 144, 850,
XV 63.
dagnaio otr. 49.
dàino XV208n.
daini eng. 875.
dajentro -ven- rom., ecc.,
215.
damascènu 545, XV
341.
dan frìul. 288-9.
dàndula ferr. 298.
daspair breg. 232.
dastragno pa. 328.
da^radumà istr. 239.
datia 'Zt' -Uva 368 n.
dauMih cast. 532.
dazzajuUo 597.
decedocto XV 224.
detta vie. 376.
defùndere471.
degner beli. 831.
dególlu -llar gen. 855,
XV 56.
degond berg. 471, *(2tfr
borm. ib.
depffiraljà va XV 120.
bcirou^ sa. 391.
deprgàmà gen. 141.
deridere 197.
derisione 186.
dfrlampd cer. XV 229.
derlUyu gen. 845.
derUpàzi mil. 881.
der\)é gen. 847.
<2<;^2f gen. 187.
descarpelar vie. 322.
descitare 409 n.
desdaiu gen. XV 59.
desdromissiar Ten. 597.
desgetarse gen. XV 78.
deigd'gge gen. 346.
dfsgunca cast. 589.
desinare 166.
<^^^P<s gen. 115.
desp/jr borm. 232 n.
despiti cera. 232.
dessallo ver. 296 n.
destare 409 n.
dfstrigoìar ven. 299.
destrUgà lomb. 471.
desuglià verz. 196.
deaventar gen. XV 80.
desvolzò trent. 802.
desvorlà lomb. 196.
det ratio rora. XV 58.
deverso pa. 299.
<f#'iiJ/ ven. 444.
(ita lu. 413, 418 n.
diaccio lu. XV 157 n.
rfiXfl XV 157-8 n.
dIgTtu444,521,XV85.
df^o mil. 212.
df7 piem. 875.
dilefiare 205.
if»2<9^ 196.
diligione 186.
rf^'M-<;»acA vaiteli. 162.
dindellare dol- XV 216.
d/ii(2«r/o XV 216 n.
dingia frin. 223.
rlirtirf gen. 345, 351.
discónzi friu. 228.
dispar 115.
dispejà friu. 282.
dissignore otr. 41.
diu 212.
dis-vualzi friu. 239 n.
(ifoM^ lad. 223.
ddctu 539 n.
<{ó;ra piem. 224.
d^^'r piem. 539 n, 597.
doliu 523, 532-8.
dòlu 441.
òofiéaria «a. 891.
dandola •fin- 298 n.
(ir$ii^« friu. 223*4.
dòrie frìu. 224.
dork beli. 223.
dòtreg gen. 154.
rfo^/o/o XV 158.
tiori^ lomb. 267 n.
dored lu. 440.
dozzina 207.
dringolare XV 216.
r{rt7/o 253 n.
(iroya can. , ecc. , XV
282.
druzzola XV 220.
ductu 597.
dugo v*»n. 240 n. 300.
duja cast. 532.
680
Indici. — IV. Lessico.
darbfttu gen. 345.
duihf oer. XV 94.
dui frìu. 240ii.
dutt frìu. 238-9.
duph lomb. 197.
#cra gen. 150.
ichtU9e fr. 220.
icheveau fr. 467.
echlna 357.
Sgor romagn. 447.
cìkOiv XV 238, 339.
9jrja can. 598.
ellSQ XV 66.
èlio in., ecc., 441.
eldmbe XV 171 n.
emissariu 618 n.
emparer fr. 592.
empreu cat 591.
eneaUar sp. XV 192 n.
encropUo ver. 313 n.
engar sp. 206.
engimò frìa. 229.
tngwdevent fr 198.
enguedat sp. 206.
tHÌH sa. 880.
enU piem. 586 n.
eniìn frìu. 225.
enreiopper fr. 205.
epTgru XV 182.
erhorajo 447.
erhoUnte -r- pav., ecc.,
447 n.
erhoHh mil. 447.
errftre 148.
err(ire XV 46.
/rU gen. 108.
Mh lig. 108 n.
^W/ berg. 104.
eriìca 540, XV 189.
erTu XV 341.
«^irugen. 108 n, 112,348.
eB8 borm. 229.
estotoir h, 196.
étauffer fr. 327.
etro sa. 381.
ezamin&re 467.
ezceptare 467.
ezclamare XV 93.
excòcta 597.
ezcGrare 449 n, 526 n,
538 n.
ezhalare 171n.
ezpallTda 534.
ezpansu 165n.
ezpavère 326.
esplicare 382.
exstinguere 540ii.
exterminia 382.
estirpare XV 199 n.
estremare 382.
etfro pagi. 46.
fiu lig. 343.
ezzenda gen. 136.
OcToq 368 D, 397 n.
enp(ov 199.
eOfiov XV 86.
fabilf vallanz., ecc., 244.
facjdde cer. XV 86.
facie 46.
•facYtn 442.
•factOria XV 298.
facnla 219.
fadanel trent. 296 n.
fiece 109, 345.
fafif levent. 221.
<pATCp€ sa. 391.
fagètu XV 342.
fag9'nza mass. 442.
fagu 120, 858.
falctcùla 582.
fàle frìn. 219.
falze pa., ecc., 800.
fi^f^j^tT^ cast. 525.
faneiolo 'CziftUo sai. 35 n.
faneiuUo 85 n.
farga -gala sa. 880.
farmàrf cer. XV 89.
farragine XV 843.
faska log. 390.
fasUhio pa. 224.
f attizzi eng. 301.
fata 122, 547 n.
fatQU^9.
tpàrZarra sa. 891.
favargake cast 534 n.
favUe friu., ecc., 225
favoUna 160n.
favònio 442. XV 95.
fazion trev. 224.
fazzoUUo ecc., XV 60.
342.
faiwtrìa gen. 110.
fMico rom., ecc., 196.
fedina XV 160.
féi ag. 801 n.
fnn griz boi. 420 n.
f/kftf cer. XV 86.
felz lomb. 442.
femiU rom. 442.
fentti friu. 227-8.
ferade frìu. 228.
ffrraina cai., ecc , X V
348.
feri&la XV 342.
ff9»o 180 n.
festinare 801.
feitru levenL, ecc., 443.
Indici. — IV, LeMÌco.
681
'festùcu 300.
ff stadi cast. 523 n.
festura vie. 443.
féta 801, 520.
frio XV 161.
ffUa XV 135.
ffia ffen. 109.
fMa parm. 448.
fiaÒHolo ven,, ecc., 244.
fine gen. XV 17.
fiwòa boi. 244.
fiàffo pav. 195..
ftbfila 528n.
fié éa cast. 538 n.
ffdig piem. 196.
fi^ pa. 289 n.
/S^/cf lu. 397.
fierume vie. 443.
fieto XV 161.
/fwta trent., ecc., 443.
/Uzza ferr. 443.
fiezzu mer. 464.
Apar^tigeD.121,145, 156,
196.
figào pav. 195.
figaritt monf. 195.
/{^ bresc. 196.
/S^<i/e rom. 218.
figòit 'S' fria. 237.
fiU friu., ecc., 301.
fi lice *-ca 300, 343,
548.
filtctn XV 842.
fiUdura ecc., gen., XV
61 n, 106.
fUiH ver., ecc., 304 n.
filò ven., ecc., 302.
fimbkl friu. 244 n.
fine XV 161 n.
fioca bresc. 443.
fiópa boi. 445.
ftori rum. 444 n.
fiorume ven. 443.
/IrMa bellinz. 301.
firòra gen. XV 60-61 n.
fiB friu. 287.
^itfima 167, XV 61.
fieké gen. 144.
fiio 180 n.
fissile 448.
fistùla 879.
fissu 180n.
fùiea gen. XV 61.
*flabi6lu 244.
fiaccare 840.
fiageol -lei fr. 248 4.
fiambid frìu. 244.
fiaujdl prov. 244 n.
finta abr. , ecc. , 448,
XV 842.
floridn 402.
fioacio XV 217.
foar borm. 471.
foare lu. 409.
foetere 464.
fòguU friu. 219, 220.
foiónico 444.
/btMM fr. 186.
folch com., ecc., 288.
falco com. 233 n.
/Wffu» XV 160n.
foipo ven. 445.
fone ven. 816 n.
/orari? XV 214 n.
forkiUon sa. 381.
fOrla XV 300.
fomnolo XV 215.
fortiku nuor. 198.
forugd posch. 445.
foia gen. 344.
f^ta lomb. 484.
fottirtnio 198.
fracassare XV 99.
fraeatantu sic. XV 224.
fracldu 858.
/ìraco pist. XV 162 n.
frogia ven. 318 n.
fragrare 228, XV 162.
fraibdan ven. 244 n.
/f o»^ cast. 548.
frangere 869.
fraore XV 162.
frappala XV 284.
fraseia mess. 374.
/Vdi^M gen. 858, 868.
fraif'lla gen. 845.
frazio montai. 332.
frazzu gen. 332.
frfcc9ÌH{ cer. XV 94.
fregiane In. 170 n, 173.
/"r^ola 859, XV 62.
frela pa. 300.
/rrfon fr. 203.
fren-na gen. 859.
frènzi friu. 369.
fvfssQra abr. XV 848.
/rf^/tf gen. 356.
frfvàtf cer. XV 94.
/^rf£<igen. 109, 112,848.
friffére 444.
friggere XV 162-8n, garf.
444.
frigida 444.
frigna ven. X V 61 n.
frignici gen. 151.
frlgus 444.
fringyllu XV 829-80.
frire fr. 444.
frisione 145, 170,
170n.
frissan fr. 832 n, 444.
froissier fr. XV 92.
632
Indici. IV. Leali oo.
frola piem., ecc., 219,
409.
fronde a 836.
ffucé cast 539.
fmgare 446, XV 214.
frugutkU gen. 150.
frui 471.
frma cer. XV 92.
frusignà friu. 324.
frusta -ulu XV 92,
94.
fruvàr ven. 471.
fu^o 182.
fa gen. 145, XV 61.
fu, piem. 308.
fu fu feltr. 303.
fagare 409.
fugghiare march. 471.
fuiséasinf ecc., camp.,
198.
fulgfire 545.
fuitàrf cer. XV 86.
fumifrf cer. XV 84.
fura sa. 382.
fura posch. 445.
furare montign. 457.
furari 445.
fu re 445.
fùricare 119, 151,445,
XV 215.
furóre 145, XV 61.
furriadorgius log. ecc.
598.
furrui^à sa. XV 215.
fuscfUo 203.
fusciacca XV 215.
fuio 182, 186.
fusto 203, XV 163.
futa '0 gen. 359.
fuz(h gen. 354.
ftcr gen. 122.
fivfhtu gen. 122, 865.
ficih gen. 123.
gab&ta 873, 527, XV
343.
gabinat vaiteli. 813 n ,
394.
gddie abr., ecc., 438.
gagia pa. 805.
gagliardo ecc., 225.
gai sa. 480.
gàibu -dy- gen. 128, 141.
gajba ferr. 294.
gal mcsolc. 436.
galba 447 n.
galbnlu 446-7.
gal^te lu. 375, 376.
galiero nap. 376.
galon lomb. ecc. 375.
galonda sopr. 376.
gaUa ven. 873.
gama sa. 398 n.
gamero lomb., ecc., 217.
gaminÒMzola garf. 374.
ganascia 373.
gan^ahla trent. 373.
ganga nap., ecc., 373.
ganga j piem. 446 n.
ganghero 322 n.
gano^a chiav., ecc., 373.
ganossa boi. 313 n.
garavella valscs., ecc.,
376.
garba fior. 445 n.
garbè piem. 377.
garbelio lu., ecc., 445.
garbinola ven. 448.
gardfttu gen. 355,
garer fr. 209.
garia gen. 110.
gasentà^ meaolc 824 n.
^aèUgi gen. 142.
gaudiu 583.
rauXó^ XV 826.
gavine 208.
gaekurro 208.
geberut prov., ecc., XV
844.
gegia lu. 411-2.
gelicidiu 198.
gcpa lomb. 197, 374,604».
gèrbo 'ido lomb., ecc.,
486, 540.
gernuh can. 600.
gerra eng. 325 n.
gesiò pa. 290 n.
gessire rom. 215.
geusiae 172-8,335.
ghe alto-it 264-5 n.
ghèghe iu. 411-2.
ghéghen borg. 597.
ghenninella, ecc. 44t<.
ghiaccia lu. 440, 464.
ghiaccio 455.
ghiacere 440.
ghianduceia ecc. 8^^.
ghiónghelo ar. 446.
^iVi pa. 305.
y^ gen. 889.
giaccio 'cciare 445.
giacurun gen. 886.
ytait beli., ecc., 2^'».
jKanntno lu. 205.
giavazzer eng. 825 a.
giavHna grig. 197.
gtbbu 204 n.
^//fra gen. 357.
gignore 458.
pfWfMB gen. 140.
^'o6 p eng. 597.
giòstar piac. 197.
Indici. — lY. Lessico.
638
ffiottaùro pa. 375.
giiftert'u *a sa. 381.
gitteu log. 600.
gitton pa. 305.
giumpare sa. 882.
giuio 167, 187.
gladio 588.
ghigne friu. 228.
glande 446.
giara lad. 825.
glera cng. 825 n.
giutnrd friu. 221.
gnaration pa. 818.
gnavà friu. 229.
gneguno pa. 814.
^Nfrp mil. 872.
gne^s friu. 228-9.
<^Mom feltr. 825 n.
gt*gio lu. 172-3, 335.
iida bellinz. 875.
^mne gen. 855.
gosier fr. 178.
gosmaiéla berg. 447.
^<mm gen. 835, 349.
gòuMe 147, 359.
gìi^gu ecc., gen. 125.
gous^eia parm. 447.
gorer treni. 162.
gozetia parm. 447.
//oi"» gen. 142.
gràciolo lu. 204.
gradisele gen. 152.
grama romagn. 448.
gramanzia von. 314.
grommare lu. 408, 448.
grammatica 805-6.
grammatista 409.
gramen 448.
graneévola 203.
granchio garf. 448.
grancor ver. 597.
graniela ver., ecc., 803.
gratjé cast. 545 n.
^ara ven. 448.
^r^ gen. 158.
greàsna berg. 448.
grébani gen. 186, 144.
^rmo sen. 420 n.
yr«s^a cremon. 162.
gregnapàpola ecc. 478 n.
gréina vallanz. ecc., 435.
grela ven. 814 n.
(^r«m bresc. 448.
gréfneh berg. 490 n.
gretnesina pa. 293.
grepión eri. 220.
griaintas grig. 298.
grientà valsen. 174n.
^rt7 trent. 818 n.
^Wncfun gen. 140. 354.
griflQfa cast. 527 n.
grinóttu gen. 151.
griìflla gen. 152.
grceusel parm. 894.
grògol cremon., ecc., 162,
894.
gronchio lu. 446.
grotani gen. 185.
gruga pugl. 44.
grUmi^^'l piem. 547.
^M bellinz. 197.
guaena pa. 816 n.
gualhardo otr. 48.
guaita ven. 378.
guancia 374.
guasina vie. 326.
guelfa rom. 215.
jn<^/o vie. 314n.
guerectone lu. 407.
gugent sopras. 231 n.
gugentd^ mesolc. 324 n.
gugiare vie. 305.
^Mj^flO lo. 411.
guiliardone 207.
guluare sa. 593-4.
yfira piem. 537.
jrjir^ piem. 588 n.
j^u« piem. 384.
gusa borm. 447.
gusarolo ven. 222 n.
guscio 208.
^^7/m gen. 884.
^lomarffi ver. 815.
^fl^a lomb. 208.
guttaru cai., ecc., 844.
gut^la parm. 439.
guxare \m, 306.
gir f ha gen. 122.
giclgu gen. 359.
habitatiòne 598.
he r poto 528.
hibiscu 527.
hoc anno 490n.
♦ho di 129.
homan pa. 806.
^horoloriu 117.
horrVdu 204.
hortiliò 145.
h tonar a cai., ecc., XV
342.
icus»u -stu sass. 308 n.
ilice 112, XV 846.
illoc 86.
Tmbrìce 115.
imbuto 208.
immatizi bellinz. 882.
immoi camp. 386.
impajra valm. 281.
imparare 592.
634
Indici. — IV. Lessico.
imporrne ver. 811.
impear beli. 232.
impenl lod. 287.
imputare 225.
imùSa gen. 150.
inagojdni mil. 231.
inaquare 519 n.
ihbòsi gen. 147, 346.
incalm friu. 225.
in^mpo boi. 195.
incaiurir ferr. 323.
inceppare 307.
inceda -«• march. 206 n,
894.
inéd biell. 201.
ineuparsi In. 449.
ihcwów gen. 861.
indagine 143.
indemu gen. 108.
ìfndice 139, 115.
indicolu 597.
infùndere 67.
ihgàigu gen. 125.
ingaliar ven. 306.
ingenuu -nitate 206,
880.
ingnostri fria. 229.
ingdgge gen. 346.
ingojavétU em. 198.
inguine 597.
ininz lomb. 458.
initiare 458.
in parte 207.
m«amfry*a lu. 398.
inèe gen. 150.
insenina rum. 196.
insefilfe gen. 140.
insèrtn XV 345.
insopedarse magg. 307.
insfd rum. XV 315*6.
inte gen. 150.
interrogare 444 n.
intiea sa. 880.
Intima 116.
intiriJfJfare -ire 203.
intridere 186.
intruschiare 203-4.
intrusa 203.
mvea gen. 337.
invidrizzissi fria. 239 n.
invitare 360.
invitu -e 353, 538 n.
inzerpedir beli. 307.
ipsu 506.
iscusoria sa. 381.
isciUinare log. 381.
iseuzinare log. 381.
M6<tor« sa. 383, 394.
iskecatu sa. 382.
i^o/a 181-2.
ispentumare sa. 381.
iapiiare sa. 381-2.
t«<rumar^ sa. 382.
istruminzu sa. 382.
f8« -Ma breg. 229.
ita -e sa.
iternm 881.
itieu log.
«ii/«/'m vie. 303.
iumpare sa. 382.
jaca sa. 380.
jacc^ -zzu merìd. 23.
^jacTcare 198.
jàlini 'ene sai. 40 n.
januarin 258.
jermana cai., ecc., XV
344.
jéte friu. 183 n.
Jiccari sic. 198.
jouncas -eao prov.
jòvia 334, 525 n.
judeea cai. XV 345.
juvencn XV 345.
kà gen. 129.
kabalfstra cast. 521 n,
546.
ké^a gen. 121, 135.
kofli gen. 347.
kàgayniu gen. 353-4.
kakkavu co., ecc., XV
334.
kal- 198.
i(ra/(f« mt^ioMf sass. 198.
kalSyu gen. 124.
kaluka gali. 198.
ikamaét cai. XV 337.
Kd^iiXo^ 217.
Kd)itvo<; 217.
kampaniel ven. 304 n, 354.
kaflagtrùfi gen. 363.
Aranàwfa cast. 519.
kanapà cast. 527 n.
kanidgro montign. 435.
kahnye gen. 335.
kahpanih gen. 354.
kannuja log. 198.
Kdpa 129.
karafiditidu co. , ecc. ,
198.
karséle bellinz. 220.
ibar^ gen. 117, 355.
karugiu gen. 387, 340.
kdsa gen. 851.
kaistrytdu gen. 140.
kàsijuh gen. 140.
KOTd XV 336.
KQTaPoXf) XV 836.
katégula cai., ecc., XV
336.
katoju sic, ecc., XV 337.
Indici. — IV. Lessico.
685
fcau^é ecc. cast. 582.
k'dul sopras. 597.
Ka0^a 204.
kaiu gen. 848, 850.
Av k-emu cast. 523 n, 529ii.
k-ekenà mesolc. 220.
kersa 'Saa sa. 381.
hi cast 547.
ki kttèl gen. 350.
k^ligfa log. 198.
ìeiha gen. 120.
kifU cast 526 n.
kinòlla gen. 149, 864.
kita sa. 383.
kji' cast. 519 n.
kjeja tar. 37 n.
kjawa gen. 126.
il^oira gen. 126.
k'iinmm^ bar., ecc., XV
333.
kokketta sa. 198.
kokku sa. 198.
kombare log. 387.
komente log. 386.
kòffì^htti gen. 146.
il-omo log. 386.
itr7/y^ gen. 118, 145.
komabìlg§a gen. 135.
^•<>r< cast. 524.
KÓpu.u3o(; XV 333.
h:*An levent, ecc., 447.
krapika -u sa. 198.
kréna mesolc. 435; ven.
213.
kr^nk lomb. 446 n.
krunuka nuor. 198.
kujró piem. 532.
kàkkamu cai., ecc., XV
334.
kùkkuru sa. 198.
kutnbéfi levent. 597.
kumyùiru gen. 141.
kuh cast. 537.
kunéefiilH c6. 512.
kurata c6. 447.
^urfu cast. 539.
kufufiai cast. 537.
A;fl«a 'S/ta lomb., ecc.,
447.
kusci piem. 537 n.
kUséra pav. 476 n.
kuskàia gali. 198.
kwacSu gen. 856.
Anró* gen. 134, 837.
ktcarnajà^ cast. 531 n.
ktcé cast. 531.
Arirl^a gen. 127.
labbia 373.
labe 464, XV 346.
Cabina 464.
labóre 123.
lacét piem., ecc., 356.
538 n.
lacinada piem. 538 n.
lactea 451.
lactes 356, 538 n.
lacuna 313 n, 597.
'lacùsta 519.
lad friu. 240 n.
laesu 215.
laf brCHC. 464.
lagar alto-it 195, 308,
451.
lagena XV 346.
laggare 195, 451.
^f^9^ gen-» ecc., 540.
lai fr. 196.
laier fr. 19'»,
lama abr. XV 346.
làmbtk berg. 8.
lapnbH cast. 531 n.
lamentizie 332.
lafià cast. 535.
lahbrucé gen. 354.
landra cast. 545.
lankas&^a gen. 344.
lansehira eng. 873.
/aoriW trent 332.
lapTdeu 135.
lapilla XV 346.
lapm gen., ecc., 362.
laqueolo 369.
lar fria. 210.
laf a cast. 541.
larga sa. 382.
lasagna 170.
lassi nafenu log. 198.
M«rm montai. 450.
latinu 201, 535.
latrare 531.
lauràr friu. 230 n.
làusta, ecc., cant. 519,
545 n.
laransàna ver. 313 n.
lavarone lu., ecc., 464,
XV 346.
Zarina 464.
lazza vers. 450-51.
lazzo 203, 207.
/^6òe carne r. 376.
lebbra lu. 410.
If'bu cast. 542.
Ucuru sic. 451.
Wr^ lu. 427.
'f/f ■/''*' tic, ecc., 174,
373, 394.
legare 3()8n.
legenda 545.
legger la vita 367.
•legi'men 156-7.
Ugolo ar. 451.
legorln lomb. 4•^l.
Archivio glottol. itaL, XVI.
41
Indici. — ly. Leniéo^
limi gen. 156.
lemme lemme 204»
Iffniima ^n. 116.
lénxit friu. 285.
lepra g«iL 362.
Urfu 'i gen., ecc., 10&,
174, 344, 452.
lerfie lìv. 108 B.
lescheja oftit. 527 b.
^ma j^ 167, 3»».
2^A:a cast. 4S5.
{^^a berg. 597.
2i&i(2a sa. 382.
liésena yen. 399.
lieso rom. 215.
{f/f pam., ecc., 174.
liffia veis. 174.
liffón poseh., ecc., 174.
liffia U yen. 108 n, 174.
lifróh lomb., ecc., 174.
Ugo ver. 295, 319.
ligula 451.
limati yaim. 820 n.
limiae 201.
llmUe 523.
limpida 451-2.
lifienga piem. 531 n.
liflQfa cast. 525.
limola log. 387.
Homi yer. 213, 316 n.
lipàh lomb. 174.
{fp^ -j^pu fr. 174.
llquare 528.
Hquldu 539.
Ufi cast. 533.
^Mtf^o pa. 197.
liuastrina sa. 382.
liverare per. 209.
liveros sa. 594.
15cellu 197.
if^cìo 399. *
logorare 452.
I(?A:^ nap., ecc., 36 b.
iombrare rtc. 314»
lombricu S31 B.
iombrigolo y«r. 377.
lomear peit. (Uil.
lòng«i 228.
Ionia yen. 600.
2or^t bortt. 30&.
idi lomb. 4^97.
loètrdn loab. 458 a.
<^u^ ecc. gen. 125w
tovertiga lomb. 104.
loza yeft. 600.
la&;Vi cast. 531.
ttU>rican sp» 160.
lucaru sic, ecc., 451.
{ficctora lu. 320 n.
luchela U* vCb. 37^3.
iueio lu., ecc., 399, 452.
lucrare 452.
lùctU3-e 229.
iueur fr. 309.
lUf yaloam. 174.
lU'garu gen. 139.
tugor beli. 809.
luitdh gieB. 354.
iujar friu. 451.
lumene log. 887.
Ifim* cast., ecc., 523,201.
luminata gCB. 351.
lufMJMéi^/a In., eco«, 37^
iummi gen. 351.
iafi cast. 588 n.
Ztìna trent. 313 n, 597.
iUnc cast. 537 n.
lUndSe cast. 529 b.
lungdrja cast. 525.
iuii'n^a 170.
lusiola de Votio treni.
373.
ItLsnàèa valasM. 330.
iustrente 453.
itt^d friu. 229.
iUva cart. 523 n.
iuvm9&u gen. 157.
lU'vegu gen. 160.
^fivr^ cast. 523 n.
l^ii gen. 354, 859.
#na«d yaltell. 453.
macagna lu. 408.
maceries XY 347.
mad la. 440.
madaia yer. 314 n.
madau sa. 456.
fn(i<ie istr. 299.
madìra boi., ecc., 455.
«nac^roné la., ecc., 310,
376, 377, 453.
madunà gen. 348.
malie gen. 347.
magagna 203.
magardas boi. 310.
magatél lomb. 478 n.
' maggese * 230.
9nagnà gen., ecc., 258 n.
fndgnara bellinz. 258 n.
magnoàsins friu. 478 n.
magnolezo yen. 810.
mo^niiscd gen. 258 n.
magràh gen, 143, 345.
magU't letnb. 478 n.
mata yer. 814 n.
moine friu. 229.
maiolariu sa. 382.
maiolu camp. 382.
maiorales sa. 594.
maifino 460.
tnó; cast. 535 n.
fnajà lomb. 309.
majale temporale 894.
ladieL ^ IV. LeMÌco.
m
majéra diiav. 475 a.
mafi' loMib. H2.
m a j ò r e 542 n.
majstàtU casi. 5SG.
majuzzim trìu. 478 n.
tnal drtan pa. 292.
tno/tf et U^do otr., eoo^
67.
ìHolincognia pa. 809.
maliscaUù 1«. 406, 454 n.
ifia/A« fH«., eee,, 226.
fnnlla abr. XV 829.
malmuerio friu. , eoe.,
809.
mafia sp. 855.
tuaiiaftra mir. 490 n.
mancelo ba|paor. 490 n.
matulesine nap. 490 n.
mandioare S8S.
mandiUu gen. 861.
tifafu2r«^fa 204.
mandrappa nap. 490 n.
mane la. 875.
ifMifié^^a 490.
manentar breg. 824 n.
man ère 824 n.
mangify gen. 129.
màiW cait 533, 587.
maniera 258 n.
maniere 806.
maM^iMi eoo., gea., ecc.*
855.
maniila mag. 455.
«fia>ifi«fi« abr. 490 n.
mannikare log. 888.
maMra mil. 258 n.
ffianpzf gen. 354.
manta can. 490 a.
móntrice montai. 454.
mantrugiare 173.
manu 258 n.
mafiiUki gen. 142.
uuMvM ero. 874.
mar grlg. 210.
fnarager trev. 877, 45A.
maragna sa. 874»
maraia fr. 597.
Moramdn piem. , ««^
858, $44 B.
fiMf aiHifi«ana cast. M6 ft.
mufanv/ caet. 588.
mara$calz beli. 454.
maroMo 810. -
mafavi cast. 529.
•Mard cast. 587 n.
mareandàU frìn. 227 m.
marcangegnf nap. XV
847.
mare beli. , ecc., 810,
372.
mareak lomb. 597.
fnaffQÌJH oaat. 585 n.
marlscn 597.
marmeif^ gen. 148.
marogna ven. 811.
maróttu gen. 120, 848.
martellina lomb. 454.
martoìa -ra aap. XV 848.
mart^ro 817.
ffiamdfo ven. 810.
marunma 456.
9narpi<eggio gen. 865.
ma# treni. 289.
maèadàr treni. 289.
masanecóle abr. 490 n.
ma^an^/n gen. 864.
inascalUso ven., ecc., 477,
fMo«ca/«oii€ 454, 464.
masìA friu. 280.
mrwffd piem. 442.
fnastrUgé gen. 142.
Maax<i^n -^(ov 868.
materia -iet 455»
wnatlf\i$u gen. 125
matarn 585 a.
ma^u gen. 853.
maztina soiHras. 490 a,
202,
maifg gen. 189.
mazzénghera 204.
ma^zeraM^ 204.
'm5<mfif meHd. 67.
fneaàà friu. 280.
medesimo 166, 166 a.
m^oto eri. 872.
medàU fria. 872.
medon ma- iMnb», %ec^
455.
meggio la. 455.
meggióne 455.
ffié^'o ven. 282, 816.
megnolla nv. 872.
mf*iStca gen. 111.
iM«{<ffia meeoic. 490 n.
melàngolo 204.
«M«2/o sen. 456.
enOlon pav. 378.
mémbos log. 874.
•ii«fMrte# camp. 874.
menacce abr. 490 n.
ménMa aio., eoe, XV
829.
meneuria pav. 597.
mffi/<9i« gen. 120.
mensa 166 n.
«nen^ina gen. 162, 490 a.
mensola 111.
, mentere pvgl.. eco., 44.
mentala 886.
menùdola ire ni. 490 a.
menzo pugl. 44.
ménzuiu log. 887.
mèóla ven. 872.
638
Indici. — IV. Lessico.
méoza nap. 877.
mercantia 'z(a 161.
mercare merid. , ecc. ,
456.
mercennume 455.
margone 143, 345.
merìdie 235.
merlo sen. 456.
mermos log. 373.
merolla otr. 43.
mesi gen. 135.
mescitare 409 n.
mescola 375.
mestdima lo. 398.
mesinu sa. 382.
mesmos log. 373.
messedò treni. 302.
messione 533.
messoria 127, 524.
mestaina lu. 455.
mestare 409 n.
mèste pugl. 39 n.
mesu sa. 388.
mesyàu gen. 348.
meswia gen. 127.
méta 296 n.
W/f'fria. 183 n, 230-31,
394.
métide frio. 183 n, 230-31 .
meystr^ gen. 345.
mezztsitna la. 410 n.
m^^io 337.
miccio 312 n.
mi^él cast. 547.
mignacce abr. 490 n.
mijno cicast. 457.
mitjnóhi trpvigl. 372.
mignolo 457.
mignone 19>^.
migola-mezo pa. 295.
migrolla lu. 372.
mi Ha 404.
mitiche frin. 227.
m//«« -r- friu. 235.
miloga pa. 313 n.
miloni trev. 296 n.
mi'néa log. 386.
minchia 386.
minchiastro trev. 894.
minchione 378.
minatore log. 385.
minft^m^ffo pav. 295 n.
m/n«a gen., ecc., 338,
377, 534 n.
min uè re 455.
minzuol ven. 243.
miolla mil. 372.
mirolla em., ecc., 43 n.
mm pugl. 35.
misognare lu. 456.
mtVci cast. 547.
mlstro ven. 314 n.
misun grig. 374.
miiura 170, 189.
mlula borm. 372.
mivuó boi. 811,
mizuogl grig. 372 n.
mizza parm. 312n.
mjàng cast. 547.
modegal vie. 375.
modiòlu 243, 311.
modo 386.
mcenianu XV 348.
mogio ven., ecc., 312.
tuoi camp. 386.
«iC'A- lomb. 457.
m(>/ mil. 372.
molegna com. 490 n.
m oliare 525 n.
molesH beli., ecc., 312.
mo/tmeM/ii(m) gaet. 15.
fnolUca 601.
mombrtgolo ver. 877.
moftcÙKfro ver. 894.
mondiola gen. 490 n, 456.
monedda sa. 490 n.
moner ven. 457.
monferrino 222.
monti$solo vie. 874.
monto gen. 338.
mòra ri 457.
fnorigessa sa. 881.
moras celsa 881.
mot cast. 584.
fAc^ritf gen. 850.
mucca 457.
mddria gen. 361.
maglie 144, 162.
mùglie boi. 195.
mugnajo 457.
mugnai beli. 818 n.
mugnard friu. 478 n.
mugnesti fria. 478 n.
mugnlgol trev. 377.
mugro com. 162.
mu^urilf gen. 150.
mw;ar(i friu. 478 n.
fitu/o feltr. 812.
muleja cast. 527 n.
mun piem., gen., 124»
455.
mi4fifMfj)f/fo la. 452.
murdUlj ecc., parm. 304 n.
murhé lomb. 457.
miUa ven. 312.
mHèé lomb. 456.
mùscùla 457.
muilna ven. 368.
miiio 167.
mHéow gen. 144.
muMa 312 n.
muiulin ecc. fria. 226»
230 n.
Indici. — IV. Lessico.
689
mùttUre 457.
muturusse frìu. 280 n.
naeeajuolo 222.
nagia Ten. 818 n.
nagosàa ren, 318 n.
Mojvé piem. 519 n.
nànga cast 546.
fkàdaw gen. 855.
naraii&n pa., ecc., 312-8.
narié lomb. 878.
*ndrie 825.
narit Taltell. 873.
natalia 312.
nauca prov. 458.
naucleru 388, 458.
naulintmtntri friu. 281.
*navYca 458.
navichieri fior. 458.
nazU» 161.
necare 48.
necesso ver. 294, XV
278.
negona pa. 816 n.
fiefiero 15 n.
M^o/a trev. 258.
*neptia 110, 836.
nere belline. 458.
nfèii gen. HO.
fk^iu 835, 854.
nevazio 332.
«iM^ pa. 814.
nicchiare 204.
*nice5la 141, 531.
nichieri ^ghie^ pia. 458'.
niciulu not. 451.
fiMÌo2/a lomb. 377.
niébbita la. 451.
nìMto la. 451.
niente 195.
A'/ré gen. 364.
nigru 34 n.
nilz lomb. 458.
fif72;a lomb. 377.
nins^l piem. 548 n.
«(pa bresc. 197.
nisar trev. 258.
niselo pa. 197.
fii««(N gen. 116.
nizz lomb. 458.
nivea 197.
nivente march. 215.
nòcciolo 457.
nòcére 538n.
noeula pia. 458.
nódero anc. 447.
noderuio 447.
MÒcioZa berg. 212.
noglànd frìu. 231.
Mffffi cast. 523, 530.
nombrigolo ver. 377.
non 408 n.
nostrate 458.
none fr. 458.
nuca 374-5.
nti^/tf- frìu. 228.
nì/^nd ferr. 231 n.
Hu/h' lu. 403.
nutne nard. 38 n.
nùnse piem. 538 n.
0(<rf tar. 34 n.
mitari cai. XV 345.
nzingare cai., ecc., XV
261 n.
obja piem. 533 n.
oblata 314, 531.
obyiam 533 n.
occasione 185 n.
occiga otr. 48.
ochela -lór ven. 378.
oéo sen. 452.
ògliemo ar. 457.
offerre 380.
òfdiiu gen. 182, 152.
ogn pes. 875.
ognolo ven. 894.
o^osto lu. 899.
o^f fr. 196.
oiddenè sa. 593.
Slia mil. 406.
olidu 330.
omana pa. 806 n.
omòr^0 frìu. 459.
ombrigolo ver. 377.
omeeio gen. 387.
ómeda ven. 316 n.
omicione per. 877.
dna gen. 128.
ongosto lu. 408.
op&cu 160,200, 526 n.
oportere 104.
oradél lomb. 304 n.
oro^e fr. 459.
orhégolo vie. 226 n, 880 n,
394.
ordio gen. 886.
orezzo 204.
^» cast. 588.
orizi eng. 894.
or/u gen. 118.
ortiUìi gen. 145.
oryza 190.
oiare 186 n.
osca sa. 390 n.
oséonar feltr. 329.
oéolare 168 n.
ossdein boi. 304 n.
òarpoKov XV 349.
08S0CÒÌ0 trev. 394.
oreri piem. 224.
or^^dr friu. 287.
^
•40
IndiflL — UT. LeMÌeo.
^véy gen. 125» 189» 148.
òZfUu gen. S57-Sb
paboriUìo^^ eco, 5M.
pabula 199, 594.
pac<^ 377.
padiva treni. 313tn.
jNie^« 166.
p&féru gen. 133.
IMi^tftfa ar. 204.
pagense 35, 112, 520L
Spagina 459-60.
pagliolajm 304.
poffnardi frin. 227 n.
pagnàea berg. 815.
pagnotta 258 n.
pagu XV 262.
ìhSì ver. 459'4MK
/Mx«/»ò la. 414.
pa^ T«r. 459.
paindgh -àrd mil.» eco.»
460.
pajarili friu. 227 a.
INyr^ pietà. 544.
palanga 199.
palangana eaanp. 199.
paleée 165-6.
palperella lu. 818.
paltéséla vie. 326, 894.
panali friu. 281.
paniiu sa. 830.
pcima 204.
iNiM2;/^^ friu. 226.
j?<io ver. 460»
papedra treni. 878.
paperi camp. 883.
paperile nuox. 199.
paperÒB sa. 388-4,594*0»
papiru 'lu log. 888.
papparottu sa. 478 n.
para feltr. 816.
paràlumene log. 387.
parangon gem., ecc.» 315»
854.
paratila Io. 399.
paravéri menta!. 220.
paraviso merid. 215, XV
850.
parazion beli. 315«
parhjà casi. 585.
pardon fi:. 382.
pareagna via 196, 394.
par^ ecc. fria. 227.
parent pav. 81 5 n.
parentaia 302.
paf^ cast. 541 n.
paricùli 378.
pcirté frin., eco., 281.
*pariu 281 2, 519.
parlerà miL 475 n.
parpfUa gen. 361.
parpangin ver. 83 8 n.
partéfice 318 n.
parthone sa. 882.
partéves treni. 813 n.
parviso rom. 215.
pascutt 589 n.
pdit alio-ii. 459, 529.
pastoril 'li friu. 816.
pa«^r<; beli. 816.
pa^/ume ven. 315.
pàur east. 542 n.
pav Or e 542 n.
•pavòria 127, 347.
patàfyu gen. 144.
pati 826 n.
pazz gard., ecc., 225 n.
pcf piem. 537.
pchilrina eng. 818 n«
pé(i friu. 282.
pegatàr ver. 876.
p§cctnn§ pugl. 25.
péeeiola cicMt 373.
Pffra cast. 531.
pecins 538.
pedamenta XV 350.
pedYtn 301, 460, 135u
pedisszor^ la. 370.
pegà com. 400.
pegia ven. 232 n.
peglio pa., ecc., 232.
p^pva gen. 158.
pfivge gen. 132.
pejas 317 n» 102.
pelatura gen. 354.
peleger 460.
péUendon gen. 130.
pencoimre 460.
pehdalokkm g&wu 135.
*pendicùU 460.
p«n/n ven., eee., 370.
penni ecc., sa. 873.
pennUgu gen. 358.
pensare oieafit. 462, 471.
pentima tar. 24.
pepella nap. 378.
percontare sa. 882.
percossente pìs.-l« 425.
perdon boi. 195.
pericùlm 540.
peslehgtpi gen. 854.
perlucca la. 412.
p^r md ven., eoe., 316.
p^r m(?r^ valm., eoa,
429.
permatare 345.
p^r^t^ 181 n, 180-7.
pesare nap., ecc., 181.
peaghà fria. 238w
peschio 443.
pesentinu sa. 380-81, 882.
p«90 182 n.
p^io/o 189 n.
ImB«L -* IV. Umìo^
•41
pe99tgà mil^y eeai 890l
j)éiu gen. 157.
peUgà lomb., eoe., 861,
460.
ptiha 8». 882.
peto Ten., eoe., 400^ 185w
pètola Tea. Slft.
' peitoràa ' 818, 876.
pevo nap. 182.
pe^/gi&Uu gen. 141.
p^' treni. 817 n.
pézin gen. 141.
ptznuM pa., eoe., 288.
/?/!a monf. 448.
piae^ mil., eoo., 162.
piàdena Ton., eoa, 280b.
piana pa., eoo., 280, 894.
pianeti montai. 287.
piàvoia Ton. 218,
pibera sa. 199.
/>/Mmi lomb. 201.
pica treni., eoo., 817.
picea 460.
pifettù 182 n.
picior ram. 876.
/wciU friu. 288.
pYcala 461, 520, 540.
plderu log. 886.
piegna -na pa. 230 n.
piegala trev. 259.
pieUa em. 456.
piMa pontrem. 456.
piggétto pist. 461.
pigiare ecc. 181.
pignolo in, 875.
pigói^ gen. 858.
pigola mil. 174.
pigrn 382.
/i(;a cast. 620 n.
piljun piem. 548 n.
pimaceio 818.
plhfow gen. 854.
pingolar ver. 4Ì0l
piM^ cast. 587 n.
pinufa east. 587 n.
p i n 8 a r e 181 n , XT
351-2.
^pintìare 181.
pinsu 181.
IHAtana sa. 882.
pippione lo. 405.
p<rj<^ cast. 821.
piédgga gen. 145.
;>M<iifltti« gen. 185.
p»i(» ver. 894.
;>ao{o 189 a.
pi$9ard friu. 221.
pieiemaio In. 414.
pi9littoni camp. 199.
pitale 817.
piMnwrw lo* 414.
pitnlta816,448,542n.
pihiHU frin. 227 n.
piAtnicio In. 462.
piviU ver. 304 n.
pizza lomb. 838 n.
pizzincuó ferr. 253 n.
p/a^ cast. 538 n.
pjat tic 872.
p^'iifa cast. 520, 54a
Spiaccicare 162.
plagia gaei. 14.
plajt lomb., eco., 292 n.
plangeiro prov. 318.
piala lomb. 292 n.
plat&nu 541 n.
irXaTSac sa. 391-2.
*planta 359.
plejo (ria. 228 n.
plénu 339.
PQ^ mil. 188.
poceia 376.
podioso ven. 880
poeiar ver. 296 n.
po^'a ver. 816.
poi per. 418 n.
poiàa camp. 600.
pekelih gen. 151.
poieiar ver. 296 n.
pol#r ver., eco., 819 n.
po{«^<ff» ven. 228.
pQìlm XV 858.
pdpitaccio In. 876.
pofufa -(4 lomb. 496.
ponèr ven. 812.
pónga piac. 220.
pantiva vìe, eoa, 286.
panzeìle gen. 888.
papiri sai. 40 n.
popolotso 882.
poreMna ven. 462.
porcillaea 468.
p^ cast. 540 n.
porà^pio lomb. 462.
portulaca 462, 601.
parzitfr iriest. 225 n.
poi cast. 526 a.
poèma mil. 462, 192.
poàka log. 890.
post 391.
pottea 890-91.
potHcchia pugl. 25.
postquam 390>91.
potior 881.
pùlriih gen. 158.
p6iu gen. 348.
pozzànghera 204.
pradéli ecc., frin. 227.
prcM gen. 843.
prave gen. 115-6.
praetorin ZV 258,
358.
praia sic, ecc., XV 260 n.
€42
Indici. — IV. Lewico.
:. dT.
jr* i'*» •-*?• ^^*
-<►-*;* t «* r a 386.
- %- ". ibr., ecc., XV,
r- «v cAst 529 n.
f. ^ >«rftf otr. 42 Q.
r. '*>%*tr eng. 369 n.
,. ^v 'ki gen. 125, 153.
f^«i(i««fo 394.
wrimiìa geD. 120.
^nV^ru log. 386.
prOce 117.
j>r<Mte 'Uu log. 600.
prima ven. 316 n.
pro99fioff€ 184.
j>rd^a gen., ecc., 117.
prua 344.
prùna 209, 316 n.
prUza gen. 343.
p9(a monf. 378.
I?fla gen. 129.
puavola ven. 213.
pAòMa bieU. 201.
pucinarili friu. 227 n.
puiiìar ver. 312.
puinté friu. 490,
puizzato trev.,ecc., 296 n.
puja cast. 542 n.
jjiV^n* friu. 319.
*pullftrone 153.
pAllu 234.
pulte 545 n.
pungola piem. 548.
puntar se vie. 222.
pumi^44u adem. 483.
può ferr. 252 n.
pupa 174, 213, 252 n.
pili Hi cast. r>26 n.
pupjHìttorino lu. 204.
pupùh gen. 150.
/iiM sa. 891.
^ii« cast. 541 n.
pu8ch€na log. 192 n.
puèigno 192 n, 171.
jpMaiba cast. 528.
pMs^t« sa. 390 n, 391.
putì'du 330, XV 353.
pwt^tf gen. 838.
puzza 'Zzare 464.
pwMa gen. 122, 360.
pwfy gen. 129.
i»u^a gen. 127, 347.
puiau gen. 112, 350.
pyaizfy gen. 365.
quadrone 380.
quadrùviu 337, 840.
qìMtìiima gen. 128.
qualuneata pagi. 44, 46 n.
quandé lomb. 267.
quasi 167, 365.
quairanf abr., ecc., XV
353.
quattuorpedia 381.
querelle fr. 599.
quéu gen, 356.
quomodo 118, XV
278.
quintanna gen., ecc., 856.
quinto gen. 356.
quiston gen. 356.
roar^ vie. 320 n.
rahbrezzare pist. 204.
rabégolo re- vie. 320 n.
ràhita gen. 364.
rara lomb. 233.
rare 173; fr. 314.
ràdi friu. 233.
raco -^0 189.
roeulin friu. 233.
raAfr ven. 471.
ràdega ven. 213.
radente 287.
radicata sai., ecc*, 25.
*radtcùla 122.
radonzel poi. 222 n.
rctna gen. 353, 365.
raffé vaud. 285 n.
ragantUa 204.
ragazzone 464.
ra^ friu., ecc., 318 n.
ramaeoU parm. 820 n.
ramenta 150.
ramaftàn piem. 820 n.
ronctt/^fi friu. 283.
rangella campb. , eoe, ,
XV 846.
rdn^ttu gen. 362.
rannaglia la. 452.
rónnya lig. 365.
raitpùntu gen. 854
rantegà lomb. 430.
rénia lomb., ecc., 464.
rapace 588.
rapìcia 523.
rapistru XV 354.
*rariu 519.
raSenie 179 n.
rdSer mani. 894.
raziceia montai. 320 n.
raso 166.
rósola tar. 25.
rasuio tar. 42.
rataUgwa gen. 112.
rataufojfa cast. 582.
r<tt^ friu. 377,
roffUa gè». 110.
nfffl friu. 288.
raucu 204.
rauede friu. 478 n.
Indici. — IV. Lessico.
648
rauèzz friu. 284.
raugné frin. 230 n.
ravQ cicast. 464.
ravanello 489.
ravastrdlo 'ime 439.
ratera bresc. 464.
rartn fr. 464.
ravòj friu. 284.
ravoH friu., ecc., 820.
róyna lig. 865.
raxsa 818-4, 597.
re mil. 218.
relmyl^ gen. 152.
reccS vaiteli. 198.
relego gen. 202.
rècto ven. 234 n.
recointà gen. 856.
recondére 471.
r«la<o; treni. 296 n.
rf'denu gen. 353, 858.
redét berg. 179n.
redezo mil. 218.
r^« friu., ecc., 284.
rèffta gard. 235.
W/le lu. 448.
refogart sa. 390 n.
refrain fr. 465.
rifranger pav. 465.
refuBer, ecc., fr. 186.
refjfuiu gen. 151.
r^j^ci -gente mescle. 324 n.
regahbio gsixt, 447.
regagiu gen. 135.
regame rom. 218.
rfgafkf abr. , ecc., XV
849.
r«ya«8se gen. 355.
r^itfi gen. 855, 862.
r<y»a beli. 234 n.
regónd -ndà lomb. 471.
regoroxo mil. 218.
rfigwa gen. 122.
réiéegu gen., ecc., 202.
reitaggio pÌ8.«lu. 207.
•rejlcicare 398.
rekaUu gen. 862.
rf{a cast. 585 n.
rema ecc., gen., 120.
remegi gen. 150.
remeii gen. 189.
rf'meza gen., ecc., 119.
reminàga lomb. 320 n.
rena lod. 377.
reiVi lomb. 465.
renger ven. 819.
rensir vie. 807.
rmfiM sa. 598, 595.
reoU beli. 284.
requanti istr. 819.
reechaint eng. 285 n.
rifs<fa piac. 597.
resene vaiteli. 597.
rféi cast. 539.
r/9À;a gen. 337.
retaggio 207.
rf'tt gen. 126.
reàdo ecc., gen., 116.
reulàr friu. 280 n.
rfT^ trent 818 n.
rf'tfdu rò- gen. 858.
rezelle ter. 320 n.
rezóla mant. 464.
r»a; lomb. XV 854.
ri^nciano 'ione 191.
riccoìa mil., ecc., 119.
ri^hin friu. 235.
Wfo 189-90.
rùf^e lat. 190 n.
ridol cremon. 162.
riécolo nap., ecc., 451.
rieràt lomb. 478.
rifuso 186.
rYgidu 358.
rt^iM valsass. 373.
rigol 'Olàr mani., ecc.,
162, 213, 820.
H^O gen. 141.
rinche -^hln friu. 235.
rincisa ano. 394.
rinfuèa 186.
ringhiera 475 n.
ris trent 814 n, 873.
riscoppiare lu. 406.
riso' gen. 149.
risuressire lu. 425.
r#<rp*o -f© 167, 192 n.
^tZiKÓv 202.
rìima gen. 350.
roà rum. 444 n.
robustu 820.
ro^ berg., ecc., 234.
roccia ar., ecc., 284.
ródo trev. 284 n.
redolo pisi. 204.
rofo 189.
rM mil. 118.
roda lomb. 471.
rodéina valm. 466.
roelar pa. 820.
roeesv -«ettó pa. 299.
rd^ece abr. 197.
r6i cast. 524, 589 n.
rditu -y- gen. 118, 127.
rdifda piem. 535 n.
ro»ki lomb. 466.
ronculin friu. 283 n.
rondone 222 n, 394.
ropetar ver. 819.
roscha sopras. 234.
r(?;a 167. 187-8.
rosa cast. 525 n.
rota 298 n.
•ròteu 234.
•44
Isdiei. '^ TV. Lessico.
roiolùn verb. 597.
rotnlare 820, 858, 38S.
r6ti»)u 192, 294 B.
rovistare 467.
rovisHeo 477.
rolr^ mil. 597.
rri^ea adem. 480.
rubicone lun. 141.
rùbu 218, 821.
rùe gen, 143.
rfl^rf vìt. 199.
*rug'lare 199.
rugUtt ferr,, ecc., 890l
rugimm piat. 460,
r4;« cast. 542 n.
rumeèf'llu gen. 189, 887.
rMfftjMi lod. 471.
rìip^a piem. 596 n.
n«er fir. 186.
rtM«ar ven. 287.
rutabùlii 814ii.
ritticare 204.
riSf^ gen. 182.
ruvinól istr. SlSn.
rwfyV ferr. 252 n.
rMfxro^ romagD. 597.
ryafia lig. 865.
sactgàjfa, ecc., cast. 586.
saeeaniéda breg. 824 n.
«(^a gen. 122.
saszinu gen. 115, 144.
acBZina gen. 136.
sagimen 147.
sagwe^a gen. 148-4.
8<3[;f caa. 598.
àajné cast. 582.
sajfdg cast. 540.
sajfoda cast. 540 n.
sajU'tter mil. 469.
éaA;2{ gen. 340.
«oAmì/ cast. 541 n.
aaleffiata hi. 466.
8(iZ68 berg. 8.
saligefnwm log. 199<i
«afótt« sa. 598.
salugèe frin. 285.
«(imoJb lomb. 467.
aamarettm gen. 144.
aamunai sa. 490 «.
sanmri adem. 484.
8ànéto9 rum., ece.> XY
818n.
sane 321, 822.
sanctu 356, 548.
sandóc mani 469.
sàngonm yicw, ecc., 285.
sanguine 872.
aangU^t bellins. 469.
san^m piem. 528 n.
sanna lu. 374.
sano XY 817 sgg.
sanpràdda gen, 389.
éanéip piem. 528.
«af»a lu., ecc., 898, 450.
sdnzana pa. 285.
Mn2P^ friu. 285.
sapóre 128.
saramtt piem. 528.
safdttu gen. 855.
sarbella gen. 110.
safbjé cast. 528.
sàrbwa gen. 855.
sardiu gen. 135.
«ari;» mil. 8.
sartnàza gen. 388.
«ari/ cast. 538, 541 n.
sartar treT., beli., 345,
394.
Sarl'^ sopraa. 487.
sastufar, ecc., pa. 327.
sàsu gen. 143.
IA<2Ì gen. 855.
satiOne 119.
satf cast. 584 n, 545 b.
saitV -^J I^^B^* 545,
598.
sAyM gea. 129.
saiu gen. 348.
sbdgio Ten. 987.
95aUr yea. 821.
sbargar ferr., 6cc.yS2dxh.
ébarUtm piem. 526 n.
s5aitW 169.
Sbej alb. 545 a.
sberle ffe eee., IO811, 174.
sbernare re». 466.
sbézzola y«n. 600.
sM berg. 598.
sbigolU triest. 225 n.
«òttima yen. 220 n.
«òfM fritt. 230 «.
SbQnchio 204.
sbrevaggià biiana. 196^
sbrignar ven. 318 n.
sòrume frio. 220, 286 n.
sbucignare lu. 467.
éburs piem. 534 n.
scaccie ar. 220.
scaconi adem. 481.
sSadés oasi. 544.
scagno ven., ecc., 822.
«^a>l/ cast 588.
scalembro alto-it. 204.
scalfare scat' merìd. 8i9^
68.
scalmana 204.
scandère 869.
sóandùf cast. 535 n.
scankakceli gen. 847.
scapigliare 374.
scappare tar. XY 855.
searaguàiù gen. 12B.
Indici. — IV. Letsieo.
645
scardna ferr. 822.
9earaverUare 324.
9càrla lug. 197.
acarpa lomb. 822.
searpellè yic« 822.
scarpogia pa. 822*894.
Mcwrpitìà kmb. 822 n.
searsandU ftiii* 227.
Mcarteéin Ten. 828.
Bcartezare tk., eoo.|td88L
scartàn nil. 828.
scaéimo 166.
scassar tror. 828«
scàsssr miL 868.
«rd^ gen. 868.
scàtola 597.
«coliJr treT. 823.
5<roMo beli., eca, 82SL
scaturir beli., ecc., 828.
^<rdpa -ve mesolo. 824.
scavtfUar vie, ecc.^ 824.
«cartirt leTent. 828, 882.
seeecho ìm, 425.
^c ((/ia levent. 22a
sctrgne mil. 218.
scerpare 822.
scerpsUit» 822.
seèrpert 822.
«cer^Mo MD. 204.
«f AaiMiot fria. 280 n.
«C^ato frìv. 236.
schiaccia 472.
«cibioiora^ar» vun. 486w
«cAtMeir boi. 204.
schisare 168 n.
schizzignsso lu. 467.
«^ CMl. 587.
sciàmina lu. 467.
«ctM' lomb., ecc., 244.
scigaicjo 458.
«n/Za 472.
sciogliere ìxl -475.
scippa cai. XV 356.
«cita abr. 68.
è^iffiài loTeai 828, 882.
scisolare 204.
«còca veu« 18T.
«ccfTfà 468 n.
'8o«9U** 882, 86a
scoiok OfT. 467.
«cd/a montaU 468.
seolea aa^ eco.» 888, 468»
524.
scolmagna ttewigl., ecc.,
477-8.
scopstin tìow 286, 477.
séopQ'h lomb. 406.
scoragiar tìo. 227.
«ce>r{/ berg. 478.
«cò^^a 597.
scoti^m bresc, ecc., 477'^.
scragna -mma masi., eoc.^
322.
screllente borgotar. 81 Sn.
scressora borgoiar. 818tt.
screvorosù mil. 218.
ecroccare 418.
«crdf» Ter., 297 n.
serodeà friu. 286.
serótva boi. 318 n.
scrucchia aac. 818 ■•
scuàdri flriu. 228.
scucchia 818 A.
scuèrta montaL 472.
scugin pa. 229-30 n.
scugne fria. 228 b.
sculier ven. 213.
scuriazza abr. XY 857.
scuriscio 456.
scussar beli. 823.
«ci<«/}0 323, 468 n.
«cu/utiuS/a cremon. 477-8.
MiocAI pa. 286L
edamdli fnvL, tot^ 22T.
sdégia berg. 597.
sdelleggi anagn. 197 a.
sdirrup^ri cai. XY 840v
sdrucire 178.
secale 540 a.
sedsBA, 199; troni. 878.
eédes lomb. 877.
sedese troT. 296 m.
segete 122^
seggio 127, 489.
sigmé boiif otar. 878.
sei monf. 874.
seiwa boi. 457.
«firia gen. 111.
séja lomb. 875u
sejja monf. 878.
selmana mit 478.
«tf {oftì^ pa. 324.
sèma vie. 417.
«ffnM piem. 541 n«
iemelàk gem» 14QL
icf»/n gen. 140.
semisse 248.
semita XY 357.
semmana nap., ecc., 207.
scucia 394.
s^'hiu gen. 132.
senècta 106L
séneco 481.
séuda ver. 818 n.
sfn^vra piem. 522, 548 a.
senguen log. 372.
«^fci 469.
sèuido tose 414.
««nò vie. 302.
«e iM» che boL 195.
seu(^vra cun. 543 n.
senoyu gen. 117.
senseria 222 n.
646
Indici. — IV. Lessico.
8ent ast 548.
senta lomb. 324.
senza 450.
sepUkà Bopras. 162.
Bequadri gen. 149.
sequau gen. 151-2.
serbe gen. 855.
serere 199.
sères bresc. 8.
sermontése 490 n.
stm -nf lomb. 331.
serrale cai. XV 357.
sfrrfieUa nap. XV 857.
sérsa gen. 388.
s^sìfa -M- gen. 115, 134,
357.
seta friu. 286, 894.
sftmih cast. 528.
ifUu gen. 356.
leu gen. 188.
ievegii gen. 150.
sew mescle. 470.
sf'iftru sS^' gen. 354.
sfsa gen. 108. ,
sezendl gen. 111.
sfalsi -rs' parm. 442.
sfanla monf 478.
#/>!!£ monf. 443.
sfera valm. 443.
sfeia ven. 180 n.
s/fjd -s- friu. 237.
sfranfff pagi. XV 348.
sfrènzi friu. 869 n.
sfurAif cast. 583.
sfasa cast. 538, 547.
sgairé piem. 151.
K^a; cast. 533.
sgalbuzzd cremon., ecc.,
322 n.
s^anf piac. 204.
sgangasciare 204.
sgarbar ven. 322 n.
Sgarbàsse gen. 355.
sgarbeld ecc., lomb. 822 n.
sgarbelin ven., ecc., 322.
sgarbir regg. 322 n, 448.
sgargiante 322 n.
storpi frin. 822 n, 828n.
àgavdiija cast. 581 n, 546.
égfrlanda cast 529 n.
sghftHbo 204.
sghibiazz mir. 204.
sgiatento -tar ven., ecc.,
324.
i^i/f piem. 858 n.
s^inò ecc., piem., 204.
sgindi gen. 359.
s^m^ piac. 204.
sgoi gen. 121.
sgorbio 322 n.
sgrèndena ven. 448.
sgridél ecc., friu., 227.
sgrollone lu. 204.
^^rf gen. 846.
Sj^ammar tre v. 824, 894.
sguanza gen. 859.
sguaraiar 'tar* ven. 318 n.
sguerségn berg. 306.
Sguillare chian. 204.
sgumbéj boi. 322 n.
sgutare ven. 196.
itgwar^' piem. 538 n.
sibilare 858.
sìccitas 115,184,857.
s«</ùi vie. 878.
sidiar ven., ecc., 195.
stWd fria. 326.
siiiu gen. 335.
sigicé gen. 858.
«75 gen. 357.
siliceu 8.
siliz(n grad. 313 n.
sfl7«o sa. 598.
sim cast. 547.
HnA gen. 140.
sim pia 889.
sin gen. 857.
a(vain 217.
singa cai., ecc., XV 261 n.
sinivela mil. 874.
sinopia 117.
sihsi gen. 141.
siiUlar parm. 599.
sf|KiZa cai., ecc., XV 857.
siridu log. 199.
sisia casal., ecc., 875.
si^Ua ven. 818 n.
iUwa gen. 836.
sita ven., ecc., 814 n.
825, 894.
sium frìa. 287.
iivìi Talm. 244 n.
«/rM 528.
siputa cast. 520.
s/iifa cast. 542 n.
skajo ven. 868.
skanavffta cast. 527 n.
sibania lomb. 220.
skapUid lomb., ecc., 467.
skarbasse gen. 158.
sìearìasi gen. 861.
skatigwih gen. 140.
slMpfna gen. 116.
skeké ven. 220.
skéndi piem. 869.
sìIpi^'P^ cast. 581 n.
sìetft gen. 889.
«irt/V piem. 538 n.
skilente gen., eoe, 818 n.
okìZciv 168 n.
ski^ lomb. 197, 318 n.
skolabó skT' gen. llc$.
skópfllu gen. 147.
Indici. — IV. Lessico.
647
sk-Srsa cast. 524.
skàsn gen. 151, 349.
shdssi ^en. 117.
sk'òsu gen. 849.
skòsi gen. 849.
nkrakàHe gen. 345.
skrifié ecc., gen., 140.
skroka valsass. 818 n.
skudmài giud.. ecc., 477-8.
skutnhotfi cast. 548.
skupiàt cast. 544.
skusUh cast. 533 n.
skwaéih gen. 356.
sktvarf pìem. 538 n.
ttk'wìcar grig., ecc., 467.
slàjru cast. 639.
slampjé cast. 527.
Haiìà cast. 537.
sUmbro vie. 308.
aii.'iso ven. 325.
v«^7;V(lr borm. 229.
,"J/Mr/ cast. 528.
stna ferr. 324.
smàfaro ven. 469.
stnayaisso ver. 477.
ftmama lomb. 287 n.
amara ven. 310.
smaief(u gen. 139.
stnelza trent. 377.
smens ferr. 243.
gmengare pa. 299.
^mufa cast. 547.
»iirtr<f */l- beli. 325, 373.
snarochio ven. 873.
snengh pav. 597.
«r/<f.<?a ven. 597.
^oò^a -/xfo grig. 7-8, 470.
**>W^a vaiteli. 7, 470.
socia XV 3">8.
8<'>cru XV 358.
ttodittUo pis. 470.
soffrati pa. 808.
Boffresàare nap. XV 843.
sogna -ór ven., ecc., 828.
sokka nuor. 199.
sólagno vie. 296 n.
soUggere mass. 475.
soUemme chian. 204.
somassa beli. 325.
somma breg. 824.
5opi*a gard. 8n.
soppiano lu. 470.
èorbya gen. 349.
ioH« gen. 349.
*5*<? berg. 370.
s^ya gen. 117.
5c?^ 'ta lomb. 437.
^«rorza pugl. XV 358.
sozzo -zz- 207.
spadir boi. 326 n.
6pa/«o ver. 326.
spaliviera pa. 309.
spalrèrz lomb. 471.
spanar beli. 326.
sjHintizima gen. 349.
spafavdje cast. 545 n.
sparanga ven. 322.
sparir ver. 326 n.
«pa«o 165 n.
spatasciando per. 208-9.
spatula 519.
spavisego ven. 326.
5;>fr -^11.4 ca^t. 547 n,
538.
speliti nigi gen. 354.
•s p e 1 u e a 597.
«per so p ras., ecc., 232.
spetezzare 460.
spettascià lomb. 326.
spigliare 232.
spilluzzicare 204.
spizza ven. 280.
spjanté cast. 548.
splecha grig., ecc., 377.
spliva cast. 526 n.
sponso 188.
spònta montai. 471.
sporoni lu. 403.
«P(?.9o 188, 188-9 n.
sprandì gen. 389.
spreparato sen. 204.
sprfia gen. 110.
spreseù friu. 238.
spriéssimo pa. 236,
sprilla garf. 471.
sprimacciare 318 n, 394.
spriné gen. 129.
spronda montai. 318 n.
sprUnà ecc., gen. 154.
spuhéi gen. 338-9.
spuhSga gen. 336.
«pflr cast. 544.
squatarare mil. 213.
»$iii7/a 472.
««tifa otr. 68.
9/a;Vya 375.
s^oAr/ cast. 545 n.
stakètta lomb. 597.
stakka gen. 155, 851,
364.
«fa/tVra beli. 224, 328.
staìlazzo 332.
«Minò* regg. 472.
stampandi friu. 227 n.
stanéU'm cast. 529.
stanfar beli. 827.
sfanketa cast. 540 n.
statio 593.
stazzo 332.
stnzzos sa. 593.
stcfinia mil. 473.
«/// levent. 372.
stellio 198.
648
Indici^ ^ IV. Leaaìeo^
stempeggkme ckiAii.4l04.
stetmèò v4fti. 827.
8tfrbu catft. 547.
gterna gen. 108.
8tilnà frìn. 280 n.
stibiar beli. 224.
«(i'fro cai 27.
«^fèo2a lu. 397.
stillì^sUiu 220.
stifter eng, 901.
«^'dro 455.
atirìci^liu XV 856.
stirpétu 528.
8tim «ng. 201.
stizzi eng. 801.
8tl«mbu 204.
8tod posch. 196.
stola g&ù, 148.
stomboli mass. 478.
stradicc Ben, 406.
strafióa cart. 588-9.
strafrigger pav. 444*
«^rcicw cai. XV 349.
stralabyU 450.
strafncuihezar mil. 218*
strame H g«n. 116.
«<raifM2;o mil. 218.
strapunti gen. 109.
^ra«^ yalm. 22a
stremare 882.
stremizi -éi lomb^ eoo.,
828, 332, 472, >M me-
scle. 472 n.
sirèna 528.
streìiu gen. 186.
stria gen. , eco. , 858
520 n.
strimizzùne ki. 382 n.
strittolo tar. XV 359.
strónibolo lu. 327, 473.
strampe vallon. 197.
stróèu gen. S44.
strubja plem. 545 n.
«inolia yìc, ecc., 828.
strumego pav. 328.
strUmél oart. 548.
struscia ^ posoh. 376.
^rite«if gen. 845.
€tuffazion bobb. 327.
«^tT; eng. -dOl.
«tùmùlu 197.
^u6 ferr. 258 n.
sta per e 196.
MUrdU'j levent. 197.
«/u«ar ven. 258 b.
stuzg abr. XV 859.
stuzzicare 204.
«a gen. 849.
subcelare 469.
sublègére 475.
sùbllca 7»8.
sub ter 150.
«ucldu 370.
bucina sen. 169, 430.
*8udia 370.
sUéa eoo^ lomb., 869-70.
sugentà mesolc. 324 n.
suie fr. 379.
auKuiTÓv 195.
sunar ^n. 43011.
èun^g can. 875.
«KM/ berg. 437.
èùnhufe cast. 440 n.
super 137.
supinu 344.
supréssu gen. 143.
surbfUu gen, 349.
sur chiare march. 412.
surve g&n. 137, 150.
survih gen. 344.
iOlzf gen. 849.
susina 169 n.
susitctsane oad. 828.
«uio 167, 187.
«u/^a eng. 7.
suyd' gen. 152.
svercignare |MSt. 2^.
«ndWia -^f ina, 289«
«tY>2tfmw 382.
ewasm gen. 145*
^tf>iipiu gen. 127.
syàrdwa gen. 855, 868w
«2réfr eng. 294.
ia lomb. 404 n.
iabàrga parm. 220.
taharielo ven. 804 n.
tabella 478.
/cu^c friu. 288.
taccolar pa., eco, 829.
tacolà friu., ecc., 329.
^ad;<i levent 22L
taeda 296 n.
iafd trev. 296.
iafato beli. 238.
tagliere 475.
<a^ua«i beli. 288.
téma friu. 238.
tamariss com. 877.
•^amòaror ver. 829.
^m^ friu. 329.
tampéle brosc. 220.
tampin friu. 329 n.
/Ami gen. 159.
tandù XV 272.
ianfante larev. 296.
idnAtcw gen. 861.
taranz trent. 318 n.
torr«|Mf abr. XV 840.
tarti valm. 104 n.
taSf tat, friu. 238.
taschin grig. 197.
/a«n ven. 197.
IndioL -— lY. LeMicQ^
U%
*taiirfle 199.
taurina 199.
tazmé piac. 597.
tcUSa cast. 597^
U cast. 520 a.
tf bellini. 441.
ttc «m. 437.
teca Ten., eoo., 474
t^' echio ar. 474; té- mott*
tign. 487.
tS^ère 439.
tfiviu gea. 111.
t^J cast. 525 n.
t^ja piem. 520 m.
tela ven. 296 n.
ffm/H'a 197-8.
tempiùh 474.
lemp/o treni. S74.
*tempola 198.
UmporH regg., eoe, 929l
temp&ri ecc., mil., 21Sv
tenpàtiu gen. 19&
tép'ida 521 n.
ieraina yer. 313 n.
Urlaina trent 318.
*tèrmtte 529 n.
r^rra manna «a. 507.
<^ra/a mareh. XV 859.
terra paperiU nnor. 594.
tésin ven. 197.
te«<tf«o '9io 166n, 167.
^4<M gen. 110.
thanca sa. 382.
théca 529n.
thefania sen. 473.
thirrica sa. 882.
thUhieloB sa. 882.
thucemre sa. 382.
MurpM sa. 382.
^•{/a/e log. 387.
tidarku log. 199.
«id^fi^M sa. 199, 375.
iieulo In. 897.
<»«<^o vers. 437.
iignmi 199.
ttlia 521.
iimangia aa. 880*
*tlm4n6 145.
iimpli frixL 874.
tTnea 199.
Hniolu tsmp. 199.
tipizzarsi pist 414^
iirriólu log. 199.
fipff gali. 873.
t/fm levenii. eoe., 597.
id gen. 117.
tomacina HO.
tana ven. 368.
i9nehio 205.
ionddre 471.
tonsoriae 149*
<^'a gen. 117.
i(^^a lomb. 474.
torchio 474.
torrSre 471.
torqttes 474.
iQTtaif abr., eoe^ XT
860L
tfiru 117.
i08 lomb. 368.
<oiar« 188.
fossóre nap. 471.
^òjT^u gen. 148.
iétanu gen. 144.
tota 435.
ioHt fr. 600.
tovaglia ecc. 205.
<i^i-zo 476.
tozzola treni. 318 n.
tragar chio. 218.
iragant eng., eoo., 218,
394.
<r<ftla -uà oamp. 199.
/rai<o eoe 475.
iraitoneeOo In. 475.
tramite 598.
tfàfia cast 622.
trangugiare 173.
<r<ifM« f6ft. 126.
tran si re XV 360.
trans tra 205.
trappà miL« eoe, 220.
iraià lomk 472.
tràsftc napw XV 360.
irosa valm. 220.
iratturi p«gL XV 360.
tratUga gen. 150.
^rèM/t' fria. 227 a.
traukà gea. 861.
«rauMls casi. 586.
iràws gen. 126.
irf'maii gen. 161.
<r«ma« ven., ecc., 329,
888.
tremmUao pogk 68.
treiia piem. 582.
trf'nna gen. 358.
treptdn 205.
^resfmarNio ar. 475.
irtspiggiart 205.
^rM«« per. 208.
tretzar trev. 800.
trszinna gen. 186*
trìbùla 535.
bricca la. 898.
tri che a 882.
triohila 381.
trlfulu gen. 119.
trik'trdk 474.
trimodia 361.
trivisino 245 n.
troentars 325 n.
<ro/fa caL XV 361.
650
Indici. — IV. Lessico.
trdgiu gen. 148.
troppa cai. XV 861.
trou fr. 476.
trovare 217.
trOwe gen. 126.
trozo sp. 476.
trubja piem. 526 n.
truciolare 204.
tmeno pugl. 44 n.
trulla XV 361.
trusSf lomb. 476.
tscharner aopras. 381.
tachser eng. 294 n.
ttànaaa sai. 40 n.
tuer fr. 431.
infanta gen. 143.
/u/Va chian. 205.
tujré cast. 532 n. 524.
tidsi lat. 601.
<tf//iim lat. 601.
tutnaz^lla gen. 110.
tumurusse friu. 280 n.
^uppc» nap., ecc., XV 360.
turburhi tic. 332.
turchio 426.
turduu brianz. 197.
tumyów gen. 126.
tursyów gen. 126.
^ur^c nap. XV 361.
tutto 600.
ru/^uro sa. 883.
turajfé cast. 532 n.
/finn bellinz. 598.
t%ópa ert. 374.
tyàh gen. 358.
uarbtte friu. 226.
uaròi» friu. 226.
uardone sa. 380.
MarrW/i4 sa. 380-81.
u<ir!:ine friu. 239.
uber 376.
ubfnu log. 386.
acdyr cast. 546.
uccia ver., ecc., 313 n.
uettre sa. 383.
uethelica sa. 383.
O^a gen., ecc., 346, 358,
546 n.
ajal viv. 199.
ujt piem. 359 n, 354.
ujru cast. 531.
ululare 150.
uoSa 168.
lonaiia pa. 306 n.
uhbrisallu gen. 144.
Mpa 'ppa log. 199.
u/>u log. 387.
upuale log. 387.
ur&a gen. 346.
urdiflu cai. XV 362.
arguta bellinz. 378.
tiWf piem. 530.
uriiél piem. 530.
urivuolo ar. 311.
lirici lomb., ecc., 332 ;
'2i mescle. 472-3 n.
limi sic, ecc., XV 344.
usar trev. 306, 318.
uéatto 170.
usettare sa. 383, 894.
usgnòtt friu. 229 n.
usign uolo 171, 1 92 n.
Uijùh cast. 546.
Usmarih lomb. 315.
usolare 168 n.
u^ura 170.
Mira lomb. 598.
rrt(7(i otr. 41 n.
racrarizzu cai. XV 881.
vagello lu., ecc., 405.
vagina 122, 522, 326.
rò; cast. 520.
vallicula -a 521, r»S4.
taUomti* 894.
vanéia ven. 490.
ranfia abr. 490 n.
vantrwu {in) eng. 461 n.
vara gard. 239 n ; ren.
209.
varia 198.
variz beli. 239 n.
vaseella reat. 373.
*vasea 405.
*va8Ìa 405.
vaéo 187.
vasore anc. 482.
vassojo ecc. 482, 598.
vantare lu. 410.
vatillu 520.
r«é« tar. 41 n.
vecì7'a gen. 356.
vedri^ eri, ecc., 289 n.
v/ge piem. '>28 n.
regliante 476.
vegliuto lu. 476.
v^yta vie 313 n.
fVi/id beli. 302.
vehYcùla 198.
veion* sa. 382.
vfllu gen. 156.
fvna piem. 522.
veniiéa^giu gen. 387.
veratrn 541 n.
verciare montai. 205.
vfrdfnf nap., ecc., XV
344.
reren pa. 818 n.
verla'gwa gen. 149, 846.
tvm^/ir gen. 141.
verrOca 846.
verti lomb., eoe., 104.
Indici. — rV. Lessico.
651
rertit sopraa. 59S.
ver ù cala 535 n.
FfKz^ mani. 394.
rfxo piem. 598.
restare sa. 380, 593.
r/.ftHce lu. 477.
rftrca abr, 20.
veteranu XV 333.
ve tè re 239. 383. 597.
XV 333.
rétrice Ali,
vetiìstu 199. 597.
V i b ù r n u 536 n.
riritare 168, 480.
ridonda otr. 43.
ridazzoHf sa. 593. 594.
ridrignì friu. 239.
ridufa cast. 541 n.
TÌ*guflo nr. 198.
ritnte nap. 27.
rièri friu., ecc.. 239, 597.
riernessatt firiu. . ecc. ,
394.
vigliare 197. 598.
rignanii cai. XV 348.
rilia sa. 594.
rijarhra piem. 530.
V 1 1 1 u 197, 598.
r il ticchio ecc. 149.
riluppo 205.
rinac^' gen. 109.
T i n d e m ì a 388.
rinidrt friu. 239.
ririna sic. ecc., 376.
rijfr^ju cai. XV 333.
Hm/ìo vie. 326, 394.
vi^gà lomb. 599.
vltea 198.
vitree 20.
vitin 346.
vltreu 520.
vltnlu 198.
viroUzo pa. 310.
rizza march. 198.
rizzato 198.
min piem. 490 n.
vócitu 292, 805, 525.
vOcttu 346.
rad trent 377.
to^a ecc., ven., 296 n.
volentieri 129.
volto d. bocca pa. 878.
volumbrella XV 888.
voluntarl 129.
voi va 542 n.
vorba piem. 542 n.
rotta jfen. 155.
rreds friu, 241.
vu44u cai. XV 858.
ruge cast. 528 n.
vulva 846.
vulsu 208.
vtcey gen. 129.
vyànfftku gen. 859.
tràcia cast. 522.
ttàndf cast. 586, 541 n.
tceri cast. 519 n.
tr^ta gen. 157.
icuttare campb. XV 883,
yengo sp. 206.
yeso sp. XV 304 n.
zaconu 405.
Zfijna lomb. 202.
ZdXn XV 362.
zana 2m2.
zanca 382.
zanzerin pa. 331.
zanzon beli. 316 n.
zaranto ven. 313 n.
zata 'ter ven. 222.
eat*lla gen. 110.
zaut beU. 881.
zegio ven. 232, 816.
zegio ven. 232.
zegntr beli. 258.
zelembru sa. 874.
^MfiÒM gen. 204 n.
zenlw vie. 484.
2M> u, 397 n.
zerda parm. 414.
zergU ecc., friu. 228 n.
zemha regg, 484 n.
zerpir ven. 323 n.
zerzi§ora lanig. 487.
zianu -a gaet.. ecc., 27.
XV 860.
zida ferr. 296 n.
zidclla mant. 296 n.
zictii pa. 331.
zilar can. 599.
igrQ'fola tic, 469.
i^rf gen. 127.
«yiicJ ferr. 252 n.
zimitorio ven. 280.
Sina alto-it., ecc., 206.
zinna rom. 376.
zio 368 n.
ziH gali. 199.
zitaggiu cai. XV 862.
zito merid. XV 362.
ziunA friu. 237.
rmar boi. 471.
zelo ven. 869.
zonzui parm. 373.
Zuma blen. 198.
zuita trev. 295.
zumpà vaiteli. 882.
ztcé gen. 336.
Archi Tio glottoL itAl., XVI.
1:2
^h'^
InàiiÀ. — V, Varia.
V. Varia.
ìtUì^m <t (Jia)utto: 492 mkk»
('liiHt<illi'aKÌi)UH (lolltt lincili) neola-
tino; i\ì\ mkKm ^^)<K ^10>
('luaMillotkAÌontì iltii lUalotti italiani:
Mil.
l lUdldttt iftiUoiUiUoi 0 loro oarat-
UmuMiOio: MU).
U )UotMt«uto)i0 lUiutrit: »M7'S n.
l.u\||n)Mfgit^ oumunt» nioiliano e dia-
U\U\ \\\ ^w\\\^i 487.
li »l\«lo!U\ %U A^^0r«^ 0 00 mo si clw»
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V *i
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.! V . -fciK ^ ik ^.>
Passione: 209; del Favolello del
Geloso: 194-5; della Storia di
Sant'Antonio di Vienna: 207; dei
Parlamenti ecc.: 270 n.
Il Coudaghe di S. Pietro di Silki :
878-9; suo contenuto: 878; sua
età: 879.
L'Egloga pastorale ecc.: 69-70; sua
patria dialettale: 246; sua età :
70 ; suo autore : 69.
La cantilena bellunese: 206.
Poosie in dialetto di Caveigno: 550
Voiù Utine nel celtico : 185 n.
Voci ivlùobe nel fr^anc^ eoe: 196,
iìlT. $70: suffissi wltici: 202.
Vvvi jri>sbo in Itali*: 19, 166 il.
^17, St<?^ 4^^\
VvVi jCTiN'ìf ^ ViEartìate »eUa Sai^
ve:
C<^a < Ti,. .Xai^lA afeC7:ia.o(
: > :.^T :^* :5«f. ir 5:i »-
>;> ^-^ fv^^ n*^ 14*^ X ?i-~ éi»:.
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Indici. — V. Varia,
653
r Italia meridionale : 39 n ; nel
Piemonte: 524 n, 525 n, 529 n,
533 n, 538 n ; nel Friuli: 225, 478.
Voci provenzali in Italia : 166 n, 170,
360.
Voci catalane a Genova: 339.
Voci spagnuole in Italia: 126, 170;
a Genova: 352, 356, 360; in Sar-
degna: 388.
Voci alto-italiane nel Vocabolario
italiano e nelle parlate toscane:
169, 170, 196, 344, 399, 409.
Voci lombarde nel Piemonte: 196.
Voci lombarde e venete ne* Gri-
gioni : 234 n, 298, 325 n, 394.
Voci friulane a Trieste : 225 n.
Voci arabiche in Italia: 217.
Voci e modi di dire stranieri frain-
tesi: 367.
Voci ibride latino-germaniche : 233.
Nomi d*uccelli da nomi etnici e geo-
grafici: 170 n.
Nomi delle parti del corpo umano:
372 sgg.
Nomi della ' donnola ' : 298 n.
Nomi della * capruggine ' : 206 n.
' bello ' in espressioni superlative :
288.
Formazioni onomatopeiche: 135, 141,
226 n, 354, 436, 437, 474, 531 n.
Creazioni e alterazioni infantili, lu-
dicre, eufemistiche: 150, 296 n,
321 n, 377.
Alterazioni arbitrarie di voci dotte:
299.
Reduplicazioni imitative: 220-21.
Allitterazione : 543 n.
Rima: 187 n.
Suono nuovo risultante dal compro-
messo di due suoni diversi: 153,
441, 472-3 n.
Iridiscenza suffissale: 227.
Pronuncia : 480 n. ; toscana : 452 ; ge-
novese: 107-8 n; affettiva: 113 n,
e alterazioni fonetiche da essa de-
rivanti: 406.
Pronuncia scolastica del latino : 324 ;
sue traocie nella lingua parlata:
161, 324, 368, 394.
False adattazioni e ricostruzioni ,
scrizioni e correzioni a rovescio:
66, 343, 409, 445.
Fonetica istintiva: 377.
Cronologia relativa di fenomeni fo-
netici: 110, 122, 129, 134, 1467,
342, 343, 349, 537 n.
Commistione di temi, fusioni di voci,
etimologia popolare , ecc. : 369,
410, eoe.
* acqua sorgente ' e ' acqua sta-
gnante ': 489.
adunare * e * raunare ' : 430.
andare ' e * vadere ' : 271 n.
angoscia * in ' agonia ' : 354.
ape' in * sanguisuga*: 198.
azzoccolare * e * trottare ': 431.
barba ' e ' gorgia ' : 203. .
bella ' e ' donna ' : 298 n.
borbottare ' e * rumore ' : 433.
breve' e * privilegio': 410, 433.
brivido ' e * rigido, frigido ' : 434.
buco ' e * pertugio * : 292.
cadrega ' e ' carro ' : 340.
calar ' e * lumar ' : 221 n.
caldo' e 'baldoria': 435.
camalo ' e * cammello ' : 435.
canna ' in * conocchia ' : 198.
caricare ' e * carro ' : 340.
casa' in 'caserma': 170.
cassa ' e ' fascia ' : 597.
cenere ' e * cinigia ' : 436.
chiaro ' in ' splendore ' : 535 n.
654
Indici. — V. Varia.
ciotola ' e ' tazza ' : 818 n.
ciuffo' e 'accapigliare': 487.
ciuffo* e *cirucchio*: 487.
coglione ' e ' minchione * : 877.
comparatico* e * battesimo*: 121.
cortex* e 'fustis*: 198.
còtes * in * scopulo * : 889.
crudele * e ' gentile * : 258.
culla* e 'ninnare': 120.
cutica * e ' scorticare * : 286.
detto * in ' scrìtto * : 856.
digerire ' e 'alleggerire*: 440.
doppio ' in ' semplice * : 541 n.
fastidio * e ' studio * : 528 n.
ferro* in 'paletta-: 538 n.
fiore * e ' fieno ' : 448.
focaccia* e 'accovacciato': 489.
forma* e 'firmamento': 40.
fremere * e ' terremoto * : 444.
fuoco * in * fiaccola ' : 220.
gastrica * e * elastico * : 450.
gazzarra* e 'zurro*: 203.
granchio * in ' ragno ': 448.
gola * e ' collo * : 855.
grattare* e 'solletico': 545 n.
guardare' e 'calare': 221.
impensierirsi* e ' apprensione * : 449.
indagine* e 'andare*: 148.
labe * e ' mina, rapina * : 464.
legare* e 'lasciare': 195, 308.
lingua* in 'dileguare*: 354.
mattone * e ' pietra ' : 455.
mezzo' in 'midolla': 372.
molle ' e ' midolla ' : 372.
nebula* e 'oblata*: 814.
nostrano ' e ' lontano ' : 458 n.
occhiali * e 'chiaro * : 546.
parte ' in ' porzione * : 882.
pestare' e 'calcare*: 233.
placido* e 'pace': 459.
pogliana* e 'falco': 444.
pomice ' e ' piuma *: 462.
poppare * e ' succiare ' : 876.
porco* in 'portulaca*: 462.
possibile* e 'impossibUe*: 307.
potere * e ' volere * : 424.
prete* e 'frate*: 116.
quadrivio' e 'carro': 840.
ragno* e 'granchio*: 448.
rapa * in ' rafano ' : 848.
retto* e 'ritto*: 258n.
rosso* in 'usignuolo': 887.
ruga' e 'quadrivio*: 485.
salvestrello * in 'albatro*: 407.
scandere* e 'discendere*: 869.
schiamazzare* e 'sbraitare*: 467.
scrofola * e ' crepare * : 218.
secreto' in * sacrestia*: 136.
simile * e ' parente * : 815 n.
singhiozzare* e 'saltare*: 469*
sonno* e 'sogno': 118.
stalla ' in ' rastremerà ' : 224.
stancare' e 'stufo*: 827.
stanga' e 'scandola*: 230 n.
Buggere ' in ' sanguisuga * : 198.
ouKuiTÓv* e 'frcatura*: 195.
tocco * e ' pezzo * : 476.
tonsoriae* e 'cesoje': 149.
turpe' e 'zoppo*: 382.
vetrice * e * rovistioo * : 477.
voglia * e ' invidia *: 544 n.
volgere ' e ' vertere ' : 289.
Composti: 18, 164 n.
Composti imperativali: 18, 47t<.
Appellativi da nomi propri : 205, 441
Aggettivi da nomi propri: 431.
Aggettivi da combinazioni awvr
biali : 263.
Influenze varie del sostantivo »ul
verbo : 161, 544 n.
Derivato sul primitivo: 123, 146.
147, 148, 158, 159.
Indici. — V. Varia.
655
Primitivo dal derivato: 110, 111,
119-20, 125, 144, 150, 234, 236,
244, 291, 309, 323 n, 350, 353, 358,
375, 406, 428, 445, 451, 460, 487.
Derivati di patria non dipendenti
direttamente dal primitivo: 222,
894.
Derivati dalla forma di plurale : 237,
447.
Superlativo mediante ripetizione :
285-6 n.
Nomi locali: 112, 113. 138, 150, 162,
166, 183, 201, 304 n, 311, 330, 338,
343, 348, 360, 364,374, 398 n, 41 9-20,
432, 478 n, 490 n, 519, 520, 521, 522,
532, 533, 534 n, 535 n, 536, 539 n,
541 n, 542 n, 543 ; loro genere : 418;
loro false italianizzazioni: 240 n;
valore delle loro forme antiche :
242.
Nomi locali friulani in 'óa: 240-41;
in '(nsi 2423.
Aìayna: 411.
Asaereto: 126.
Bartfsate: 240.
Basajapéntei 229 n.
Basciano: 405.
B<isf'Je: 229.
Baselice'. 874 n.
B fragno: 490 n.
Blfusaje : 240 n.
Brera -da: 433.
Buttirago: 240 n.
Cufioraie: 240 u.
Cazzago: 241.
Chinciano: 411.
Chinsica: 411.
CiHdale: 222 n.
Comieto: 397 n.
Dongeaghe: 240 n.
Fegih: 140.
FrAido: 444.
OhiastritM: 446.
Girgenii: 401.
Guardahiate: 240 n.
Guo: 489.
hchia: 182, 443.
Kurnfifh: 140.
Loctidore: 382.
Liprafaeta ecc.: 410, 411.
Malnisio: 242.
Manióje: 240 n.
Mazzanim: 242 n.
Mencio: 398.
Montrarente ecc.: 387, 409-10.
Multedo: 126.
Muhtoggu: 118.
Noózz 'óes : 241 n.
Nóka : 458.
Oseri -oli: 406.
PésoH 4i: 403, 406.
PuHsfgrya: 343, 348.
Quadre: 253 n.
Rugo: 152.
Sana: 124.
Saighe: 253 n.
Santhià: 548.
Sardigna: 398.
Sf'na: 150, 157.
Spinga: 597.
Tagiiatnento: 490 n.
Thiene: 548.
Tiano: 13 n.
Trasùa 'óghis: 241 n.
Venzondzze: 243.
Vótori: 135.
Nomi propri di persona: 135, 136,
146, 152, 153, 167, 349, 350, 353,
356, 357, 358, 359, 361, 363, 364,
381. 527 n, 531 n, 532, 533, 542,
543, 546 n; loro speciali condizioni
d'accento : 148 ; loro contamina*
656
Indici. — V. Varia.
zioni e attrazioni reciproche: 111,
397 n, 404.
Aa: 548.
Braneatio: 414.
Cerragioi 409.
Chiomente ecc.: 400.
EuHlfhi ecc.: 111.
Fftfpu: 125.
Fiordo: 402.
Giniegi ecc. : 897 n.
Milziade: 368.
Ostaste i 404.
Pangrazio: 414 n.
Péti ecc.: 133.
Poro: 132.
Rossore: 411.
Ugniccione: 408.
Cognomi: 12, 152, 240 n, 316 n, 394.
Alighieri Aid". 402.
Bentivoglia -o: 419.
Bolongaro: 516.
Farnese: 3^4.
/•^rpo: 448.
Sprovieri: 44 n.
L*onomafliologia: 371.
La locuzione * lingua cortigiana . :
200.
Grafie e trascrizioni: 10, 88-4, 41 n.
42 n, 46 n, 107-8 n, 116 n, 117. 124.
128, 164 n, 177 n, 212. 281 n. 23S.
258, 883 n, 8845, 391, 892. 4i4 5.
406, 4078, 420, 479-80 n, 519 &,
548. 549-50 n.
Bibliografia: In, 80n, 81-2, li»4-:.
193 8gg., 250-51 n. 871. 878. 392-H.
395-6, 518 n.
-♦♦♦■
AGGIUNTE E CORREZIONI
(t. anche pp. 393-4).
A p. 109, 1. 8, 1. kuhfesttnayu. — A p. 110, I. 21, 1. tumattHeu ~ A
p. 114 n, 1. 2. 1. 'd*. — A p. 166. 1. 24, 1. cinabrese. — A p. 174: prr
liffiot ecc., 8Ì veda anche Parodi a p. 108 n. — A p. 189, 1. 12, per ct*^
1. èesa, — A p. 197, n 2, a^tro, altro, anche a Bagnorea nell* Umbria. —
A p. 198. 1. 21, 1. viTotu. — A p. 208, 1. 15, 1. fa^. — A p. 209, l. li»,
per '80' 1. *-90\ - A p. 213, 1. 3 dal basso, 1, est. — A p. 214, L I^
e 27, 1. ' 1901 * risp. * 1900 \ — A p. 222, aggiungi garfagnino 'di (iarii
gnnna ', molfese ' di Molfetta \ pavese ' di Pavia ' (cfr. invece lo schenu*
Ioml>. papjót pavestO; tra i nomi comuni: forse il mil. eerreU* pizzicagD'*!^
(da fvrn/tl), tra i verbi: * f fioreggiare^ (Merlo, 1 nomi rom. d. stagioni ect..
246). — A p. 233, si ricordi che di fol^hù ragiona l'Ascoli X 15. — A p.
240, n 1, l. 9. 1. Bard, — A p. 245 n: di * trivisino ' v. anche 111 284. -
A p. 263. 1. 7, togli il punto doi)o lai. — A p. 266. 1. 17, 1. twrmamde. t
Aggiunte e corresioai. 657
circa aU*-f participiale, cfr. V-i maggese, XII 266. — A p. 275, 1. 22, 1.
' e* vanno '. — A p. 282, 1. 5 dal basso, 1. paroue. — A p. 285, n 2, ag-
giungi il treni. subUient. — A p. 293 s. * casa calda ' : casa cada, inferno,
pur neirAlione 229. — A p. 294, il Bartoli gentilmente m'avverte che
chila e slavo. — A p. 296 n. Anche il ni. Malamocco riviene, attraverso
*i/ifa-, al MetaìHauco degli antichi documenti. — A p. 308, lemhrana dirà
la * giog^ja \ — A p. 310, circa a tnaràSf v. ora che lo Strekelj (Zur slav.
Lehnwrtrk. 39-40) dichiara dal romanzo la corrispondente voce slava. —
A p. 316 n. Negli Statuti di Verona del 1228 (cap. 166), leggo patarenos ss
patarini. — A p. 320, 1. 24, per ' assortimento ' 1. ' arrostimento '. — Ih., in
nota: aggiungi il piem. ursUu rosalia (XIV 117) ' ross(ggine *. — Ib. La
forma riseua sta certamente al pa. rigo come diseva a digo. £ circa al -y-,
cfr. anche segando * sedendo ' nel testo veneto onde è un saggio in Romania
XXIII 389. — A p. 326. Per i rapporti di cui si tocca nella 1^ nota,
cfr. il vie. denti sparentà denti allegati. — A p. 828, 1. S, 1. ingaiiar, —
A p. 330. Che si tratti, in uisna, di uisnó è guarentito da quanto stampa
EL Lovarini negli Appunti less. e top. dello Zanardelli (II 40). — A p. 332.
Circa a derUpàzi, cfr. dirupationem guasto, devastazione, in documenti la-
tini di Lombardia. — A p. 855, 1. 5, 1. àyàrdtca. — A p. 366: di ì>Ò8e
V. anche Nigra XV 278. — A p. 369 s. ' brievler * 1. 8, L * brigoUr \ —
A p. 883, 1. 36. Cfr. anche condacim XV 339. — A p. 393, L 28. 1. Karl.
— Ib., 1. 1 dal basso, chiudi la parentesi dopo ' 113 \ — A p. 394, 1. 3,
1. • Coraulo ,. — Ib., L 8, L groéusel; L 32, 1. * buflRi \ -^ A p. 399, 1. 7,
per kUde 1. kUde. — A p. 401, trasporta Tes. {'achielio dalFultima alla seconda
riga. — A p. 417, 1. 21 : per * le grada ', v. p. 23. — A p. 488, 1. 1, per
btrola I. heróla. — A p. 435 s. ' caléna \ Nel trentino, c*è gre* granh,
fuliggine, per cui il von Slop penserebbe a nTubu, ma che meglio andrà
con grMa, rimanendo però escluso, in tal modo, che la base possa andare
colla voce lucchese. — A p. 439. Cfr. anche sa. corazza dove il -r- sarebbe
normale (v. Hofmann 72). Potrebbe anche trattarvisi d'un toscanesimo. —
A p. 448 s. * fieccia * : di * ficee, v. p. 109. — A p. 444 n : di fiori, v. ora
Puscariu Zst. XXVIII 677-8 n. — A p. 445. Di * garba * v. anche Gioeni,
Etim. sic, s. ' gàrbula \ — A p. 450 s. ' lazza '. Cfr. pure laecia nel Glos-
sario medioevale ligure di G. Rossi. — Ib., s. * nerchìo *. 11 gen. ha re-
nerciu nannerotto (v. Ferraro , Gloss. monf. s. * eèett *). — A p. 451 s.
Megurìno*: anche gen. Wgao -gain, — A p. 456 s, 'mirólla' 1. 3: per
* pisi. * 1. *pis. ' — A p. 459, 1. 11: per * confronta' 1. 'conforta'. —
A p. 461, 1. 16, 1. ' Petr. '. — A p. 462 s. * piumice ', cfr. anche il breso»
pi^mesa pomice (Rosa); — 1. 5, 1. pingnàre, — A p. 478 n. 4. Il Voc. conosce
sghignapappole ridone. — A p. 489 n. Aggiungi ìeópa * accoppa ' ammazza.
— A p. 491. // sardo e il còrso ecc. L' importante studio di L. Gauchat :
658 Aggiunte e correzioni.
Gibt es MuHdartgremen? inserito neXVArch, f, daa Stud, der m. ^pr.^ CXI
367-403, mi fa noto quando il mio articolo era già stampato e non
ho potuto perciò fame tesoro. Il benemerito Direttore del GÌ099airt dts
Paiois de la Suisse Romande esamina a fondo la quistione dei confini dia-
lettali, oppugnando con validi argomenti di fatto le teorie di G. Pati»
e P. Mejer, e pronunciandosi risolutamente per la maniera di vedere àA-
TAscoli. Nella prima parte del mio articolo io mi tengo di proposito
sulle generali, ma dal seguito della dimostrazione particolare risulta chiarn
come io non consenta con quelle teorie. Sono quindi lieto di vedere ora
così vigorosamente ripristinati dalle prove del Qaucfaat i diritti delli
storia e della geografia nella divisione dei dialetti [P. E. Gna.]. — A
p. 489, l. 24-7, aggiungi Tistr. Masso stagno dal cui fondo esce goryr^
gliando Tacqua (v. Gravisi, Termini geogr. dial. usati in Istria). — A p. 505,
1. 6-7 dal basso, per * Tuso ecc. * 1. Ma conservazione delPimperf. cong. la-
tino \ — A p. 506, 1. 30, per ' nell'amilanese * I. ' nel lombardo *. Del resto
scric è dovuto airinfluenza di die detto. — A p. 619, 1. 4, 1. ' in ò ancorm ',
— ib., 1. 15, 1. mer- — A p. 528 n 2. Per ' segna * 1. * segua '. — A p. 626.
n 5, per uvaé 1. m«p. — A p. 529, 1. 12, 1. òfuscdjre. — A p. 688 n 1.
1. tfh Uh. — Ib., n 5, 1. fO'ie^. — A p. 540 n 2, 1 'ou', — A p. 550 n,
1. 1 : dopo ' parlante * aggiungi ' e a seconda delle necessità meramente*
meccaniche dell'equilibrio tra i diversi accenti '. — A p. 551, v. 17, 1. Jlfi^r ;
— V. 40, 1. t'^d. — A p. 560 V. 314, 1. pjeiìi, — A p. 588 v. 1145.
lluh^a lungàfia; — v. 1146, l. mil — A p. 589, 1. 1159, 1. ruiàta: -
1. 1160, l. pjez/ra; — 1. 1168, l. tigri; — 1. 1169, 1. pówru; — I, 117i
1. m*^a; — 1. 1174, 1. ktimpaso'm, — A p. 694, 1. 9, per 'entità' L Mden-
tità'. — A p. 596, 1. 21, per 1112 1. 1212. - A p. 610, col. 1% ultima
linea, 1, •«-.
fll
ARCHIVIO
GLOnOLOGICO ITALIANO,
FONDATO DA
G. I. ASCOLI
NEL 1873, ORA CONTINUATO SOTTO LA DIREZIONE DI
CARLO SALVIONI.
VOLUME DKCIMOSESTO.
PUNTATA TSKZA:
Salvioni, Appunti sull'antico e nooderno lucchese (pp. 395-477);
cremon. seufum^a, soprannome, lornb. ritrai pipÌ8treIlo,(pp.477-8);
Santangelo» 11 vocalismo del dialetto d'Adernò (pp. 479^7);
Salvioni« bugliòlo, bugno^ vcn. tynnéza porca, ajuola, friul.ptimM
feccia, (pp 487-90); Guahnerio, 11 sardo e il còrno in una nuova
classificazione delle lingue romanze (pp. 491-516); Saltioni, boti»
lanrfcr (p* 516); Toppino. Il dialetto di Castellinaldo (pp. 517-48);
Saltiom, Santhià (p. 548); Saltioni, Poesie io dialetto di Ca-
vergilo (pp. 049*90 >: Rassegna bibliografica (pp. 591*602; con una
recensione di P. E. (ìuarnbrio); Salvioni, Indici del volume
(pp. 603-656); Aggiunte e correzioni (pp. t)ò6(k.8).
Brezzo: L. 12^0.
T O R I x\ 0
CaMa ICaitrifje
ERMANNO LOESCHER
1 9 0 a
ARCHIVIO GLOTTOLOGICO ITALIANO
L'Archivio esce a liberi intervalli, per foscicoli da non raeiH»
di sei fogli; e ciascun fascicolo, come ciascun volarne, è posto in
vendita anche separatamente.
Se ne è pubblicato quanto segue:
Voi.
I
Voi.
II
Voi.
III
Voi.
IV
Voi.
V e
VoL
Voi.
Voi.
Voi.
Voi.
Voi.
Voi.
Voi.
VoL
VoL
(completo)
(completo)
(completo)
(completo)
VI: Jl Codice Irlandese dell' Afnbrosiana, edito e ilio-
strato da G. I. Ascou. Il quinto volume di pag. 664,
b intieramente pubblicato; del sesto son pubblicate
pag. 188-(JCCCIV; dicci dispense in tutto (comples-
sive L. 96 ~). La continuazione del sesto volume è
in corflo di stampa .
VII (completo)
Vili (completo)
IX (completo)
X (completo) .'
XI (completo)
XII (completo) .
XIII (completo)
XIV (completo)
XV (completo)
XVI (<(»mpleto)
20
17
20
18
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Si l'iM.hMLNTi PKHionici sl\Y Arckivio glottologico italiano^ dedicati a
inda*^ini liiìtcuiì^tiche estranee o non limitate al neolatino.
l'riniiv (^i^j>♦'IHa
J^».'i*< Pilliti <li>«[)»'iisa
'IVrza di'^pt'ii'-a
t^'ii.irta disponga
i^nilltil «lÌNp<Mlh.l
Sf-tt.i di-pfUHa
8«tlMi:a (liiptMi'-a
!/• ttavu lii^pen^ii e in cererò di stampa.
3 H.Ì
5 71>
5 -
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