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Apbii. 11, 191S
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ARCHIVIO
STORICO MARCHIGIANO
DIRETTO
dal Prof. CBSARS ROSA
VOX^UMJQ !.•
Ad ogni nazione come ad ogni uomo è
necessaria la retUtadine della propria co-
scienza, il rendersi conto giusto de* pro-
pri fatti passati, per ben fare neiraTYenire;
e la storia è coscienza delle nazioni, ne-
cessaria a quelle cbe sono in alto stato per
veder come continuarvi, necessaria a quelle
cbe in mediocre o basso per iscoprir come
se ne risalga.
Bauio Meditaùom Storiche^ medU, XIV,
ANCONA
UBREMA EOmUCE GIUSEPPE AURELJ
1879.
f
X-lsJj;^^^^©.^.^^
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NMVARD OOUGQE UMIMnr
MaRAHAMFUNO
Proprietà Letteraria.
Ancona - Tip. di N. Mengarelu - 1879.
AI LETTORI
Giampietro Vieusseux, a cui l'Italia va de-
l>itrice (lì parecchie opere degne, clie potente-
mente contribuirono al progresso della civiltà,
come ebbe a notare nelle memorie che, con aflFetto
sincero d'amico, scriveva di lui il Tommaseo, fu
cjuegli a cui prima venne in animo, e felicemente
seppe attuare Videa di un Archivio Storico Ita-
liano, il quale raccolse intorno a sé gl'ingegni
più eletti della penisola, stringendoli cosi insieme
nell'amore della scienza che preparava e com-
pieva l'unità morale d'Italia, strumento potente
ad apparecchiare l'unità civile alla quale gl'I-
taliani, oppressi da male signorie nostrane e
straniere, ardentemente anelavano. E quello fu
oAompio nobile, che valse a conservare ed accre-
Rcere il culto delle patrie memorie, le quali do-
vevano mantener viva la fede nell'avvenire e
nella futura grandezza d'Italia cogli insegna-
menti del passato; fu opera che contribuì in
nìodo efficace a portar luce in molti fatti delle
storie nostre, avvolti nelle tenebre e turpemente
Hvìsati, o per male inteso amor proprio nazionale,
<) per ignoranza, o per malvagità di uomini e
di tempL
E V Archivio del Vieusseux, come tutti san-
no, diede occasione ad interessantissime mono-
grafie storiche, mise in luce ed illustrò spesso
4 AI LETTORI
con sapiente critica documenti importantissimi
COSI per la storia municipale come per la nazio-
nale, e questa, checché da alcuni dir se ne vogKa,
da noi in quella ha suo fondamento, perchè nel
Medio Evo quasi ogni città si reggeva a Muni-
cipio, e, cadute le libertà municipali, si innalza-
vano su le loro rovine tante signorie, ma la
nazione, quale la intendiamo e finalmente ab-
biamo costituita noi oggi, inai non si ebbe, e
quindi è che in gran parte la storia fino agli
ultimi anni restò municipale, e perciò le glorie
o le sventure delle smgole città della penisola si
hamio a reputare glorie o sventure nazionali, per-
chè se ad esse noi rinimziare volessimo per atte-
nerci solo a quei fatti che esercitarono una certa
influenza su tutte le terre d'Italia a troppa gran
parte della storia nostra dovremmo rinunziare.
Riacquistata la libertà, l'indipendenza e l'u-
nità mercè il valore, i sacrifizi di de.uaro e di
sangue di tutti gl'Italiani per quella fortunata
serie di eventi che, per essere molto vicini a noi,
tutti conoscono e non giova ripetere, nella intera
penisola si risveghò l'amore a quegU studii che
possono non poco contribuire al progresso della
civiltà, e specialmente in molti rinacque il desi-
derio delle ricerche storiche, e, sull'esempio del-
l'Archivio Storico del Vieusseux, altri ne nacque-
ro nelle diverse regioni d'Italia, tra' quali basterà
che ricordi quello Lombardo, quello Veneto, quel-
lo Romano ed il SiciKano che subito rivaleggia-
rono per importanza di studii con quello che di
AI LETTORI 5
alcuni anni li avea con buona fortuna preceduti.
In tanto movimento, in tanta febbre, se cosi
m'è permesso di dire, per illustrare le memorie
delle terre italiane sole le Marche sinora non fe-
cero il loro Archivio, e ciò non perchè in esse
manchino i pazienti ed accurati cultori delle pa-
trie memorie, ma perchè mancò sinora un editore
il quale si mettesse a capo dell'impresa, sprez-
zando generosamente le molte difficoltà da cui
essa poteva essere attraversata; ma le Marche che
nella vita italiana hanno avuto non minor parte
delle altre regioni; ma le Marche che furono in
oinii tempo culla di uomini sommi nelle lettere,
nelle arti e nelle scienze; le Marche che hanno
archivi ricchi di preziosi documenti non potevano
più oltre tardare d'avere il loro periodico in cui
8Ì raccogliessero i frutti degli studii e delle ri-
cerche di tanti operosi uomini e li si facessero
conoscere, ed ecco il perchè di questa publica-
zione la quale, coadiu\ ata com'è da uomini egregi
per ingegno e dottrina, voglio sperare che sia
per riuscire bene accetta non solo in queste pro-
vince, ma anche altrove, mentre ad ottenere ciò
non ri rispamiierà cura né fatica per parte della
Redazione e dell'Editore.
E qui dovrei adesso dire dei concetti che
ri seguiranno nella compilazione del periodico,
ma solo brevemente ne accu^nnerò perchè non
amo di fare più larghe promesse di quelle che
81 possano attenere, e i>erchè il nome che s'è im-
porto a questa periodica publicazione è già per
«e stesso un programma.
6 AI LETTORI
L'Archivio storico pubUcherà ed illustrerà
studii e documenti che si riferiscono specialmente
alla storia medioevale delle città e terre marchi-
giane, avendo cura di scegliere tra le molte cose
che potrebbero essere oggetto di studio quelle
che valgano a far meglio conoscere le idee do-
minanti, la coltura letteraria ed artìstica, la ci-
viltà, i costumi, le istituzioni e la politica dei
tempi andati. Né con questo intendo dire che si
trascurerà quanto alle epoche anteriori e poste-
riori si riferisce, quando alcuna cosa degna di
richiamare sopra di se l'attenzione degli studiosi
si presentasse, ma la parte più larga verrà fatta
al medio evo perchè è quella l'epoca in cui sen-
za fallo regnano maggiore incertezza ed oscurità,
ed il tentar di sollevare qualche lembo di quel
fitto velo che a noi nasconde il vero, è servigio
grande che rendiamo a noi stessi i quali alla
scuola del vero acquisteremo quelle cittadine vir-
tù, quel carattere di ferma lealtà che fanno grandi
e potenti le nazioni. Ed anche di quanto si rife-
risce alla storia generale italiana, il periodico si
occuperà, quando ciò ofira un interesse speciale,
od abbia particolarmente rapporto colla nostra
storia regionale. Delle più importanti publica-
zioni storiche che gli autori ed editori faranno
pervenire alla Direzione sarà reso conto, avendo
cura di metterne in luce pregi e difetti con one-
sta e garbata franchezza, stando lontano così da
quel sistema per cui si loda o si biasima un libro
non per il merito o demerito di esso ma per il
Al LBTTÒRT Ì
colore politico, o la scuola letteraria a cui ap-
partiene lo scrittore^ come dall'altro per cui si
dàn lodi o biasimi sulle generali senza dar modo
ai lettori di conoscere se il giudizio sia basato
sul vero. Come ognun vede tali sistemi di critica,
che oggi son seguiti da molti publicisti, non
danno autorità alla critica medesima e non gio-
vano al vero progresso degli studii, perciò è da
augurarsi che non abbiano dei seguaci; e chi in
questo periodico si occuperà della bibliografia,
senza pretendere alla infallibilità, che non è dote
degli umani, farà vedere di non essere timido
amico del vero, di non essere mosso a parlare
per bassa e vile partigianeria. Delle altre opere,
che per mole od importanza non meritassero un
lungo esame, sarà sempre fatto un cenno tale che
valga a dame una chiara idea. Ed in questa par-
te della bibliografia non si renderà conto solo
delie opere dettate da marchigiani o vertenti su
cose marchigiane, ma ancora di quelle che veg-
gono la luce altrove e che non si occupano delle
cose nostre, perchè vorrei offrire ai lettori un'i-
dea possibilmente completa del movimento e
progresso generale degli studii storici, al quale
scopo gioveranno ancora le notizie storiche e bi-
bliografiche che nel periodico saranno raccolte.
Agli scrittori che public^mo i loro lavori
h lasciata piena libertà nella nianifestazione delle
loro idee politiche e scientifiche, perche è appun-
to dalla libera discussione che la verìtii può ve-
nir fuori vestita di luce più pura, ma nella cri-
8 AI LITTORI
tica delle opiiik>m altrui non si permetterà mai
dalla Direzione che si passino i limiti di queUa
pacatezza ed urbanità che sole possono giovare
alla ricerca del vero.
La Direzione si è assicurata Topera di va-
lenti scrittori e qui si sente in dovere di publi-
camente renderne loro le più vive azioni di gra-
zia, perchè cosi il compito suo è di gran lunga
reso più facile, ma ancora è pronta ad accettare
qualunque lavoro serio ed importante che le si
presentasse da altri^ purché risponda all'indole
del periodico. E ben lieto sarei se le pagine di
questo Archivio valessero a riunire le forze di
tutti quelli che, specialmente nelle nostre Marche»
si occupano delle materie storiche, per fare tutti
insieme un'opera che contribuisca al decoro ed
al bene del nostro paese.
E qui non credo di aggiungere altre parole;
voglia il publico fare buon viso agli sforzi che
insieme all'editore si &.nno per produrre un'opera
non al tutto indegna del nostro paese, che se le
nostre fatiche saranno incoraggiate ne terremo
argomento non a vana superbia ma a continuar
nell'impresa e a farvi tutte quelle migliorie che
il tempo e l'esperienza ci consiglieranno.
Cesare Rqsa
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
DI
NOTIZIE STORICHE
iti CtT. A«T.
VINCENZO CURI
^^^^^^^^^^^^^
PREFAZIONE
• Da ultimo che dirò deiranUdiitsiniM Uni-
versitii, e leUeratura Ferniaoa? In on tempo,
in cui questo ramo di storia è ogni d^ più
coltivato, per conto di Fermo non tI è neppur
libercolOi onde poterne apprendere alcunché. >
(II. Catalani)
Lettera critica direte ad im cavalier
fermano sai tomo ti delle antichità picene
dell'abate Giufeppe Colucci.
Chi a Fermo osserva il palagio, che sorge maestoso
nella piazza di fronte a quello del Governo, e si congiunge
all^altro del Municipio per mezzo di un ponte, si accor-
gerà di leggeri dal modo di costruzione e dalla sua
gravità, che non è privato ma pubblico edificio. Esso
ricorda una gloria della patria nostra, vo' dire Tuniver-
sità degli studi di antica rinomanza eretta da Bonifacio
Vili, confermata da Calisto III, beneficata da Eugenio IV,
restituita al primiero splendore da Sisto V, come leg-
gesi nelle epigrafi sottoposte ai semibusti dei detti Pon-
tefici, che si vedono tuttora sugli architravi delle quattro
finestre (I).
(1) Il Ponlefice Sisto V rolle che si ristorasse questo ediGcio
già destinalo agli studi, e la città lo fece a sue spese come si ha
dalla cerniu 30 Ottobre 1S85. Ne fu quindi allegato il prospetto al
Cav. Domenico Fontana di Heli, e da Giaonaotonio Procacchi di
12 PREFAZIONE
11 nostro studio, la cui fondazione risale al IX
secolo e si deve alPImperatore Lotario I, conta dei pe-
riodi di vita rigogliosissima, eppure appena v^ha chi ora
lo rammenti, né alcuno prese a trattarne (1), quantun-
que molti e prestanti ingegni in ogni tempo fino a' dì
Yalsolda furono condotti i busti dei quattro Sommi Pontefici, sotto
i quali 81 leggono le seguenti iscrizioni
BONiF. vm
PONT. OPT. MAX. INSTITVTOR
CALISTVS ni
PONT. OPT. MAX. CONIIBMATOR
SIXTYS V
PONT. OPT. MAX. RBSTITVTOB
EVGBN. UH
PONT. OPT. MAX. BBNBFACrOR
La statua della Vergine Assunta è da riferire alFopera di un
Paolo Veneziano per commissione di un Adami giusta l'iscriziond
die vedesi sopra detta statua
GANOKIGVS
SACRIPANTSS ADAMI
SWM IN DKIPABAM AMOBBM
HOC SGYLPSIT IN MABMOBB
VT niMOBTALBM BFFICBBET.
Gli ornamenti alla statua della Madonna si ordinarono dal Co-
mune il 28 Settembre del 1694 e vi furono spesi scudi centosessanta,
come si ba dal libro dell'adunanza deirUniversità degli studi.
(1) Ne parla brevemente PmRo Aubispa professore nella U-
niversiti di Macerata in una sua prolusione intitolata e PraeUctio
anni CI^ IC SCFéXXVII amplissimo Maceratensium Senatui dicala
a Pyrro Awrispa lurisconsulto et in Gymnasio antecessore primario.
Macerata 1778 typis Bartbolomei Capitani > ove espongonsì i prin-
cipii delle più antiche Università ditalia e di quelle di Macerata e
4i Fermo.
PREFAZIONE Ì3
nostri si siano onorevolmente occupati dMUustrare la
storia ed i monumenti fermani (1).
Michele Catalani, che per dottrina, profondità di
criticai diligenza ed attività nelle pazienti ricerche può
a buon diritto appellarsi il Maffei di Fermo^ se da i ma-
rnatura morte non fosse stato rapito, avrebbe aggiunto
anche una compiuta storia civile della sua terra natale
ed una particolare deirUniversità, poiché sappiamo, che
tali lavori andava meditando e ne riceveva continui sti-
moli dagli uomini più insigni del suo tempo. 11 Lan-
cellotti così gli scriveva da Staffolo il 27 Luglio 1777
€ Passando alla storia di cotesta Università, che vorrei
alcuno prendesse a scrivere di proposito, e cui istigherò
mai sempre voi a dar mano, giacché siete dotto, stu*»
diosissimo cittadino e giovane patrizio, dicovi, che que-
sto è un argomento degnissimo di voi. L'Università di
Fermo gareggia per antichità e per merito colle prime
di nostra Italia. Padova, Bologna, Pavia, Siena, Pisa
sono elleno rinomate e note perchè hanno gli annalisti,
le nostre Università Picene neglette se ne rimangono,
e per dir così ignote carent quia vate sacro » (2). E
(1) Fra i molli che sì $ono occupali d^illnstrare la storia e i
monomeDli di Fermo citeremo Francesco Adami, Cesare Ouinelli
nel secolo xvi; Alessandro Borgia, Padre Eduardo da S. Saverio
(Filippo Saverio f raDceschini da Massa), Domenico Haggiori, Michele
Catalani, Giuseppe Colocci nel sec: xviu; e a* nostri tempi il Ca-
nonico Giuseppe Porti, l'Avv. Cav. Giuseppe Fracassetti, i fratelli
Aw. Raffaele e Avv. Cav. Gaetano De-Minicis il quale olire ì molti
sooi lavori sopra Fermo pubblicò per la prima volta con erudite
annotazioni in Firenze nel 1870 le antiche cronache fermane scritte
da Antonio dì Niccolò, da Luca Costantini, da Giampaolo Montani a
da autore anonimo che si crede essere Francesco Saverio MorroiM.
(8) Intorno alle altre Università Marchigiane, che più fortunale
della nostra vivono ancora, si hanno alcune notizie storiche di re*
eente pubblicate e sono:
14 PREFA2I0NB
più tardi tornava ad animarlo a quella letteraria im-
presa con altra lettera del 17 Marzo 1780 € Fermatevi
fermatevi nel tessere una serie de^ Vescovi fermani e
vi troverete materia e pascolo indicibile, e quindi pren-
dete a tessere la storia di cotesta Università. Mentre
studiate per la prima opera, notate tutto ciò vi capita
nelle mani per la seconda, che alfine darete senza av-
vedervene il miglior lustro, che dar si può alla vostra
Fermo, città ad immaginar mio la principale della pro-
vincia e la più potente da molti e molti secoli anche i
più remoti... » (1). Né tali incitamenti furono vani, che
scrisse SulPorigine dei Piceni^ Sulle origini ed antichità
fermane^ Sulla zecca fet^tnana^ non che la sua opera di
maggior lena De firmana Eccle^a eiusque episcopis et
archiepiscopis, e da ultimo De vita et scriptis Dominici
Capramcae Cat^^dinalis et Antistitis firmaniy ma sventu-
ratamente non gli bastò la vita per incarnare il disegno
degli altri meditati lavori.
QuandMo cominciai a svolgere le patrie memorie
per compilare la Guida storica e artistica di Fermo pub-
blicata nel 1864, mi sorse il pensiero di scrivere qual-
che cosa intorno agli scudi, che grandemente onorano
Memoria intorno T Università di Macerata, Macerala tipografia
Biaochini 1868.
Degli studi universitari di Camerino e de suoi fasti letterari
e politici memoria compilata da Fbancesgo FioRGsimLi nella J?o<
mana Curia avvocato Rettore e professore di diritto Giustiniano
e patrio nel camerte Ateneo, corredata di note e documentif Game*
rino tip. Sarti 1864.
Cenno storico sopra ^F Università di Urbino scritto da Airromo
Ragazzi, Urbino tip. del Hetaaro 1873.
(1) Y. Albssardbo Evangsusta Memorie sulla vita e su gli
scritti del Canonico Michele de' Conti Catalani di Fermo^ Fermo
tip. Paccasassi 1834i
la patria nostra anche in secoli di ignoranza e di bar-
barie, ma altre occupazioni non mi permisero di met-
ter tosto ad effetto il mio divisamente* Non mancai però
nei pochissimi ritagli di tempo di andare spigolando
qua e là, come mi si preseniava il destro, opportune
notizie, le quali ora presento al pubblico insieme riunite.
Mi propongo di dire brevemente della istituzione dello
studio fermano, della origine della Università, delle sue
vicende, infine dello stato presente delle scuole, per di-
mostrare, che le rive del Ténna non furono giammai
inospitali alle scienze ed alle lettere, e che vi ebber
sede da tempi remotissimi. Non lascerò di ricordare le
Accademie ed i Collegi che un giorno fiorirono, alcuni
de* migliori alunni che uscirono dalle nostre scuole ed
i più rinomati professori che vi lessero, de' quali se
non mi venne fatto di dare più copioso numero, è a
cagione della scarsezza di notizie a noi pervenute es-
sendo perite molte carte preziose, vuoi per violenze sof-
ferte, vuoi per incendi, vuoi per Tincuria dei ' passati
nel serbare le antiche memorie e monumenti.
Comprendo pur troppo di non poter degnamente
rispondere al nobile soggetto da me tolto a trattare,
come era da attendersi dal nostro Catalani» al cui pa-
raggio anche uomini eminenti temerebbero avventurarsi,
nollameno spero, che i gentili lettori vorranno apprez-
lare il mio buon volere, se non seppi far meglio, ed il *
desiderio che ebbi dUUustrare una pagina gloriosa della
nostra storia, avvegnaché dalla coltura si misuri la
grandezza e la civiltà di un paese.
^nsTiTiBWiB n lìKO STONO ciNiiAU A rnuio
Fermo, città antichissima, fu una delle pia nobili e
grandi del Piceno, lo che si deduce dall'avere avuto il
diritto della monetazione, coqie fan fede le tre monete
gravi, cioè il triente^ il quadrante ed il sestante con la
leggenda FIR, or diretta ora retrograda, in esse impron-
tata, e dairessere slata fra tutte scelta ad accogliere la
prima colonia romana trapiantata in questa regione nel-
Tacno di Roma 489 in sul principio della prima guerra
panica a testimonianza di Yelleio Patercolo (1). Anche
Tito Livio ricorda la nostra città, che si mantenne fe-
dele alla Elepubblica Romana nella seconda guerra pu-
nica (2). Appiano Alessandrino ci riferisce che nella gparra
sociale fu la salvezza de* Romani (3), Cicerone chia-
ma i fermani fratelli (4), e Plinio giuniore intitola Fer*
mo colonia omatissima (5). Allo sfasciarsi della gran mo-
le del romano impero anche essa patì tutte le barbariche
invasioni, finché i Longobardi la fecero sede di un Du-
ca (6). Fu arricchita di privilegi dagli Imperatori e dai
Papi, si governò poi a repubblica, ebbe una storia pro<-
pria ed una preponderanza sulle altre città marchigiane
fino alla metà del secolo XVI, in cui si mantenne indi-
(1) JImI. Rum. Lib. i. oap, 15 t Inilio primi belli punici Fir-
mnm ei Casiram.colonis oecopalt. »
(2) Hi8i. Ram. Lib. 27 cap. 12.
(3) De bello cioili Lib. i.
(4) Lib. IV episL 8 ad AUic.
(5) Lib. VI epist. i8.
(6) Nell'impero de' Longobardi fu Fermo in grande eslìmaiione
e pare anzi che tenesse Tapice della sua floridezza ed acqnislassa
vasta giurisdizione. Sappiamo dalla celebre antica lapide di Falerono
INSTITU2I0NB 17
pendente, e questa preponderanza le venne e le fu man-
tenuta da speciali circostanze per aver preso parte in
tatti ì più grandi avvenimenti politici di quell'epoca e
sopra tutto dal suo Studio ordinato ad Università fino
dal secolo IX come in appresso diremo.
L^amore agli studi fin da tempi più remoti fu
grande appo i fermani: e se fosse certo doversi leggere
nutmtìm come molti han letto, in un passo di Àristos-
«seno riportato da Porfirio (1) ed in altro di Diogene
Laerzio (2) , dove alcuni leggono invece ntMinn sareb-
be a dire, che i Fermani pure concorsero con gli altri
Pironi a Crotone Città della Magna Grecia per ascol-
tarvi le lezioni del filosofo Pitagora, fondatore della scuola
italica. Ben certe per altro sono le antichissime rela-
tioni dei Piceni coi Greci delP Italia meridionale e del-
la Sicilia, le quali dovettero senza meno influire d'assai
solla loro coltura. Dalla deduzione della colonia ferma-
na alla caduta delFimpero occidentale, quantunque la
più parte de* padri nostri sì desse al mestiere delle ar-
mi, pur non mancarono di quelli che allo studio delle
scienze e delle lettere s'applicarono. Ricorderemo innanzi
che Tasbaoo fosse Duca di Fermo Tanno 770 a* tempi dei Re De-
siderio e Adalgiso — Tasbanus — Dux Firmi — Anche il Fat-
TtscHi (Memorie istorico - diplomatiche riguardanti la Serie dei
Ihichi, e la topografia de* tempi di mezzo del Ducato di Spoleto,
io Camerino, 1801 presso Vincenzo Gori stampatore arcivescovile
pag. 4S) parla di Tasbano Doca di Fermo, e ne fa pur menzione il
Pkboou Campaicklu nella Giunta alla serie de' Rettori della Marca.
(1) De vUa Pytkag.
(2) De vita et moribus Philosopk, lib. viii in pythagoras —
T. DoMGCioo Magg:ori -- De Firn. Urb. origine atque ornamentis
ptgiiia 6 — Fiuppo EuGS!fio Mecchi — Saggio storico della col'
iitra scientifica e letteraria degli antichi Fermani, Fermo dalla Ti-
pograia Paecasassi 1860.
JMi 5ior. March. Voi L U
l8 DI UNO STUDIO CENTRALE A FfiRllO
tutto Lucio TarunziOy il quale par certo nascesse prima
della metà del secolo VII di Roma, essendo fiorito ai
tempi della Dittatura di Siila (1). Studiosissimo della fi-
losofia pitagorica si versò eziandio nelle lettere greche
e latine, e recatosi in Roma si diede anche per suo
diletto airastrologia giudiziaria introdotta colà dai Cal-
dei, e Solino e Plutarco gli dan lode di nobilissimo fi-
losofo e matematico. Fu familiare di Tullio e di Var--
rene, da cui gli venne commesso d^investigare il giorno
e Torà della concezione di Romolo, alla quale inchiesta
si die con ogni cura a soddisfare; e fissò poi la data
della fondazione di Roma accettata da Varrone e poscia
dall^universale fino a^ di nostri: scrisse in greco sugli
astri, come apprendiamo da Plinio il vecchio che enu-
merando gli autori da^ quali trasse partito nella sua
Storia Naturale^ pone anche il nostro Tarunzio nel
libro diciottesimo, ove tratta della relazione deiragricot-
tura coi segni celesti (2). Molti antichi e moderni scrit-
tori con parole di encomio rammentano quelPillustre fer-
mano e più particolarmente il principe della Romana
eloquenza (3). Uomo di non poca coltura fu indubbia-
mente quel nostro Lucio Gavio seguace di Publio Clodio,
(1) 6. Batt. Ricciou uno dei più dotti astronomi del secolo
Ti\Lì cosi scrìve di Tarunzio nel suo Almagestiiim novum asfrono-
mtaifi veteretn, novamqui camplectens P. n. « Lucius Tanmtius
Grmanus Varroni familiaris floruit anno ante Ghristam 86. >
(2) Hi$t. nat. Lìb. i. t Libro xvm ex L. Tarontio,
qui graece de astris scripsit » — V. Giovanni Santini — Picenarum
Mathematicorum elogia p. 51.
(3) CicBRONB de dwinat. lib. ii cap. 47 « L. Tarunlios fir*
manus familiaris noster in primis chaldaicis rationibns emdilus
urbis etiam nostrae natalem diem repetebat ab ipsis Palilibns, qnibus
eam a Romulo conditam accepimus, eamqoe in ingo qaum esset
Luna natam esse dicebat, nec ejos fata canere dobitabat, e Y.
IN8TITUZI0NE 19
amico dì Tito Pomponio Attico e negoziatore di Marco
Bruto, che gli ottenne da Cicerone, mentre era questi
al governo della Cilicia, l'ufficio di Prefetto delle esa-
zioni delle gabelle (I). Nelle lettere, oltreché nelle ar-
mi, si segnalò assaissimo un tal Sabino in guisa che C.
Plinio Cecilie Secondo giuniore il consultava e gli man«
dava a leggere i suoi scritti per averne il parere prima
di pubblicarli; che anzi interessato da lui a difendere
una causa pubblica dei fermani contro i Faleriensi per
titolo dei confini non solo annuì, ma gli rispose una
lettera, che vale il più bel monumento per Fermo e il
più grande elogio per Sabino, mostrando in qual conto
lo avesse, e quanto gli fosse cara la sua familiarità (2).
Ma giureconsulto valente si fu Marco Gavio Massimo
della antichissima gente Gavia, che trapiantata da Roma
per le coionio in molte città d'Italia, primeggiò anche
PuTTAiCB. AHMiitu SoLRf. Polyhist: 2 — I. L. Ltdos De mensilms 1, i4.
bue buoni articoli si leggono sopra il nostro Taranzio nel A'cltem-
maire kùlort^ue et eritiqne de Pisrbi Batlb, e nella biografia unt-
t€r$ùU antica e mocferfia edita dal Missugua: di Ini parlarono
li BtAOTOBT, il VAicicuca, il MomisiN ed altri: 1* autore di queste
Dolizie storiche ne ha pubblicalo una breve vita (Y. Cubi e F. E.
Miaan — Vile degli illuitri fermani. Fermo, tipografia Pacca-
sassi 1862).
(1) CicnoKi ad Attic. epist. i lib. vi. t Ego tamen, quas per
le Bruto promiseram praefectoras, M. Scaptio» L. Gavio, qui in
refDo rem Bruti procnrabant, detnli; nec enim in provincia mea
negoUabantor. Tu antem meministi nos sic agore, ut quot vellet
praefectoras someret, dnm ne negotiatori.
(2) Fumo epist 18 lib. vi t C. Plinios Sabino suo salntem
— Rogas Qt agam Firmanomm pablicam caosam: qnod ego quam-
quam plorimis occapationibns distentos adnitar« Cupio enim et
omalissimam coloniam advocationis oflicio, et te gratissimo tibt
miniere obstringero. Nam qnom familiaritatem nostram, nt soles
pracdieart ad praesidinm omamentomqoe Ubi sampseris, nibil est
^0 DI UNO STUDIO CBNTtlÀLB A PERICO
a Fermo tra le piil cospicue famiglie (1). Dopo essere
stato dairimperatore Antonino Pio mandato ad ordinare
lo stato deirAcaia, e quindi fatto Prefetto del Pretorio,
ufficio tenuto venti anni, ottenne anche gli onori con-
solari (2). E mentre il nominato Imperatore diede pro-
ve di affetto ai Permani facendone a sue spese restau-
rare il teatro, è da pensare che li provvedesse di maestri
e di scuole, forse favoreggiate anche dal suo successore
Marco Aurelio, al quale innalzarono i Permani a cagion
di onore una statua nello stesso teatro, la cui esistenza,
al dir del Tiraboschi, è una prova del fiorente stato
degli studi, massime della poesia. Che diremo del cele-
bre Lucio Celio Lattanzio? Retore a Nicomedia, precet-
qood negare debeam, praesertim prò patria petenti. Quid enim pre-
cibns aut honestios piis, aot efScacias amaotis? Proinde Firmanis lais
ac iam potios nosiris obliga Gdem meam: qaos labore et stadio meo
dignos cain splendor ipsoruin, tum hoc maxime poilicetor, qood ere*
dibile est optimos esse» inter qaos to talis extiteris. Yale > Due
altre lettere da noi si conoscono scritte da Plinio a Sabino, cioè
epìst. 2 e i7 lib. ui, che appalesano la stima e ramìctzia, che egli
nutriva per lui.
(1) Intorno alla genie Cavia V. Cabdikau — DipUmi imfermlù
(2) Una iscrizione sopra Marco Gavio Massimo esisteva ai
tempi dell'Adami (ne\ sec. xvi) in nna base posta nella Chiesa di
S. Hocco di questa città ed ora più non si trova, ma fii già dallo
stesso Adami, dal Moratori e da altri riferita nelle loro raccolte di
iscrizioni. Essa era la seguente
M. GAVIO. M. F. PAL.
MAXIMO PRABF. PBABT.
OONSYLARIBYS ORNAMBMTIS OBNATO
T. CLAVDIVS. FIBMVS. P. P.
SX GOBMICYU^R. IP31TS
L. D. D« D.
Dai commenti di Giovakici Maria Cattanbo alle lettere di Plinio
gioniore (ep. 2 lib, ni.) apprendiamo che Gavio Massimo fu inviato
INSTITUZIONB 21
toro a Crispo Cesare, figlio deirimperatore Costantino,
laminare del IV secolo per vastità di dottrina e dentei-
letto, che si rileva nelle molte e dottissime sae opere,
meritossi il nome di Cicerone Cristiano. Checché abbia-
no volato dire alcuni in contrario nel ritenerlo piuttosto
africano, il P. Edoardo da S. Saverio, Zefirino Re ed
il mio collega Prof. Filippo Eugenio Mecchi nel suo
erudito lavoro or ora pubblicato, con validissimi argo-
menti hanno a Fermo questa gloria rivendicato (1).
Venuta alla perfine Tepoca delFuniversale deca-
denza cagionata dalle luttuose incursioni di tante orde
barbariche dopo la caduta deirimpero romano in occi-
dente, non meno che dalla corruttela ognor più crescen-
te dei costumi^ era dato alla nostra città di conservare
il prezioso deposito delle scien7.e e delle lettere. Difatti^
al pari delle altre più ragguardevoli essa ebbe pubblici
registri, ne* quali venivano annotate le cose memorabili
sacre e civili. Volendo Valeriane far consacrare Torato-
rio di S. Savino prossimo alle mura di Fermo, San Gre-
gorio nel 599 scrisse a Passivo, il vescovo della città,
d^accettare la donazione d^esso Valeriane facendola re-
gistrare nelle Geste Municipali {Gestisque municipalibus
ad ordinare lo stato deirAcaia e fatto poi prefetto dei pretorio. Di
detto Gavio Hassimo si fa onorata menzione nelle lettere di Feon-
T05I messe in loce dal cardinal Mai (epist, tv ad Antonin. Piom),
<) l^gg^si in una nota < Cavias sea Gavìns Maximus, vir severis-
stOMis, praefeetos praetorii sub Pio annis xx. — Vide et Grat. inscr.
oavm — el Plin. epist. iii. 2. >
(t) V. il P. EpuABDO DA S. Savkrio (PìUppo Saverio Fran-
eesehioi da Hassa) /« omnia Lactantii opera ditserlationum prae^
riantm ^oir s — ZsFmi!fo Rk — Ragionamento intorno alla patria,
aiU vita ed alle opere di L. C Lattanzio Firmiano — Filippo
Ew»io HaccHi -^ iMtanzio e la sua patria^ Fermo Stab. tip.
Bacber 1875.
22 DI UNO STUDIO CENTRALE A FERMO
alligata) . (1 ). E questo indizio manifesto, che non era
spenta ogni coltura fra noi in mezzo a sì grossolana
ignoranza.
Se non che il più splendido monumento di gloria
per Fermo in ordine agli studi sì è senza meno il cele-
bre editto di Lotario 1, a cui dobbiamo la prima ori-
gine delle pubbliche scuole in molte delle nostre città.
Già fin dairottocento, quando per opera di Papa Leo-
ne III risorse Timpero d'Oriente nella persona di Carlo
il grande, questo principe pieno di zelo accolse il ge-
neroso intendimento dì spegnere le reliquie de' barbari
e di dare agli studi un repentino impulso, valendosi
del suo genio e deiraiuto degli amici suoi iniziati nella
letteratura classica de' Romani. I succeditori di lui con-
tinuarono con pari indirizzo, finché Lotario, spedito in
Italia dall'Imperatore Ludovico suo padre acciocché agli
affari di questo regno accudisse, al vedere la desolante
condizione nella quale erano ridotte tutte le contrade
sotto questo bel cielo percorse e devastate da barbari-
che orde, fermò a darvi pronto riparo quel suo capito-
lare, che il Muratori riferisce air823 e negli annali
d'Italia dice essere incerto l'anno (ad an. 829), alla
quale opinione inclina anche il Tiraboschi, ma che fu
dato nel Maggio deir825 da Olona, siccome ci accerta
il Gregorovius (18). In esso deplorando l'abbandono del-
lo studio delle lettere per colpa e dappocaggine dei mi-
nistri sacri e profani, dice di aver deputato maestri che
insegnino le lettere col raccomandar loro di usare tutta
la possibile premura, afiinchè i giovani ne traggano pro-
fitto. Viene poi noverando le città, in ciascuna delle
(1) S. Gregobio epist. lxx. lìb. tx in dict. ii.
(2) Storia della città di Roma nel medio evo dal sec, v al
vxi. Voi. HI p, 174 (Venezia Giuseppe Antonelli 1873).
INSTITUZIONB 23
quali era destinato un maestro^ onde colà concorressero
a studiare i discepoli delle circonvicine città, e comin-
cia da Pavia, ove Dungallo monaco avrebbe insegnato
a quei di Milano, Brescia, Lodi, Bergamo, Novara, Ver-
celli, Tortona, Aqui, Genova, Asti e Como. Poi soggiun-
ge che in Ivrea lo stesso vescovo insegnerà le lettere.
A Torino concorreranno quei di Ventimiglia, Albenga^
Vado ed Alba. A Cremona quei di Reggio, Piacenza^
Parma e Modena. A Firenze tutti gli studenti della
Toscana. A Fermo quei del ducato di Spoleto. A Ve-
rona quei di Mantova e Trento. A Vicenza quei di Pa-
dova, Trevigi, Feltro, Oeneda ed Asolo. Le altre città
di quelle parti manderanno i loro giovani alla scuola
del Foro di Giulio, cioè a Cividale del Friuli (1).
Da ciò si par manifesto in quanto pregio fosse al-
lora tenuta la nostra città dalVImperatore che la pose
fra le nove prescelte, d'onde dovevasi come da altret-
tanti centri per tutto il regno dltalia diffondere la scien-
za. E siccome non vediamo altro luogo del Piceno as-
segnato per sede delle scuole, cosi fa d^juopo inferire,
che Fermo avesse di quel tempo un concorso di stu-
denti fuor di modo numeroso, mentre vi dovevano con-
correre non soltanto quelli del proprio paese e dintorni,
ma gli altri eziandio delle città del Ducato Spoletino,
che era allora assai esteso. 11 Fatteschi (2) stabilisce,
che, oltre parte dell'Umbria fino alla sommità degli Ap*
pennini comprendeva osso la Sabina nelFantica sua di-
mensione fino ai Vestini e Norcia; gli Equi o Equicoli,
(1) Vedi il capitolare dell'Imperatore Lotario i. al N. i dei
docomeoti io fine — Girolaho Tiraboschi — Storta della lettera"
(fftt iialiéna. Voi. 1 p. 458, Milano per Nicolò Bettoni e comp.
1833.
(2) Op. Git
24 DI UNO STUDIO CKNTRÀLB A FERMO
i Marsi i Peligni e Vestini, e quindi dilatandosi fino al
mare Adriatico, tutto il Piceno dal fiume Miseo o Mu«
sene fino al fiume Aterno o Pescara, racchiudendo in
6Ò tanto i Pretuzi, quanto Tagro Adriano anticamente
uniti agli stessi Piceni. Al principio del nono secolo fu
aggiunto a questo Ducato il paese de* Marrucini o sia
il Castaldato Teatense o di Chieti fino al fiume Sangro.
La patria nostra adunque fin da quel secolo, sopranno-
minato a buon diritto di ferro, fu per avventura una
fra le prime a risvegliare l'ardore degli studi, che da
lunghissimi anni erano sventuratamente menomati e
pressoché spenti, e ad avere pubbliche scuole.
I cronisti fermani fin qua le ritennero prima di
Lotario fondate da Lupo Vescovo di Fermo al suo ri-
torno da Roma dopo il Concilio tenuto sotto Papa Eu-
genio li alla presenza di sessantatre vescovi, che, oltre
alla disciplina ecclesiastica, si occuparono della ripara-
zione delle scuole, come si ha dall'ultimo canone « De
scholis reparandts prò studio litierorum » eccitati forse
dal recente decreto di Lotario, che non estendevasi a
Roma ed alle provincie della Chiesa. Ma riflettendo che
questo Concilio si celebrò neir826, ossia un anno dopo
che Lotario emanò il suo decreto^ la cui data è ora ac-
certata air825 devesi ritenere Lupo favoreggiatore, an-
ziché fondatore delle pubbliche scuole fermane.
E qui mette bene a proposito di osservare che
cosa fossero i maestri e le scuole di allora. L^aperta
dichiarazione delFImperatore che s'era spento del tutto
rinsegnamento di scuole, fa che s'argomenti lo stato
miserrimo in cui era l'istruzione in Italia. Di istituti
scolastici maggiori non puossi pur pensare ed era già
gran mercè in quei secoli rozzi il potere avere un buon
maestro, il cui compito si riduceva ad insegnare la gram-
matica, nome che abbracciava nondimeno oltre la lingua
IN8TITUZI0NB 25
latina^ anche le lettere umane, la spiegazione degli at-
tichì scrittori e poeti latini, una qualche tintura delle
sacre scritture, e da vantaggio la cognizione artis com"
putatoriae o de computo per intendere le lunazioni e
simili cose. Siffatte scuole si trovavano in molti mona-
steri di monaci, ed in alcune città insegnavano talora
anche i vescovi, ed i parrochi di Villa eran tenuti ad
ammaestrare nelle lettere 1 fanciulli. Può darsi che le
dottrine giuridiche fiorissero ancora di qualche po^ di
cultura, e veramente, in seguito allo statuto di Lotario,
dovevano trovarsi dei professori di giure che fossero
addottrinati nelle leggi di Giustiniano e che le inse-
gnassero in compendio; né potevano gli avvocati e i
notai essere del tutto digiuni di scienza della legge sa-
lica e di quella longobarda.
Che se non mi è dato di riferire i nomi di coloro
che nelle nostre scuole insegnarono dal secolo IX a tut-
to il secolo XIII, è mestieri attribuirlo alla impossibilità
di rintracciare notizie di tempi a noi lontani dopo le
tristi vicende subite dalla nostra città che, come tutte
le altre, ebbe a lamentare, per la distruzione e disper-
sone degli archivi, la infelice perdita di preziosi docu-
menti, i quali ci avrebbero senza meno assai glorie di-
svelato. Sappiamo che per la rarità dei maestri in Italia,
si fece venire di Scozia un monaco chiamato Dungalo
famoso pel suo sapere: sebbene in particolare tenesse il
reggimento dello studio di Pavia, fu in pari tempo Tau-
tore e quasi il fondatore delle scuole d'Ivrea, di Torino^
dì Cremona, di Firenze, di Fermo, di Verona, di Vicen-
za, di Cividale del Friuli destinate a ricevere ripartita-
mente gli scolari da tutte le altre parti. Lo studio fer-
mano dovette essere rinomalo in proporzione de' teftipi
oscurissimi, della ninna comodità di libri non solo, m^
26 DI UNA SCUOLA CBHTRALE A FERMO
di nomini che adatti fossero ad istruire (1). Perocché
nel X secolo quando pochi eran coloro che più delPaba-
co e dei primi rudimenti di grammatica imparassero,
onde qualche storico lo pose al disotto del secolo ante-
cedente, vi ricevè Tistruzione quel Giovanni figlio di un
Siccone o Sicco da Rapagnano, castello posto poco lun-
gi da Fermo, che andato poscia in Roma e consacratosi
allo stato clericale, venne in tanta rinomanza da essere
creato Cardinale da Papa Gregorio V, e poi innalzato
per la sua dottrina e per le sue virtù alla pontificale
dignità il 9 Giugno 1003 col nomfe di Giovanni XVII
regnando Ardoino Re d'Italia (2).
I fermani che si segnalarono per i studia per di-
gnità ecclesiastiche, per magistrature non può revocarsi
in dubbio che in patria Tistruzione ricevessero. Abbia-
mo nel secolo XI i vescovi Uberto ed Atto, o anche Azze
e Azzolino, in greco versatissimo (3): nel secolo XII un
altro vescovo in Alessandro II, Filippo Azzolino giudice
e Ruggiero Savini uno dei consoli di Fermo ed alcuni
#
(1) Mancava in qaei tempi la carta ed erano assai rari i libri
membranacei o cartacei, quindi si dovevano acquistare ad assai caro
prezzo. Le librerie erano in Italia pochissime e qaeste, il più, pres-
so i Monaci molto doviziosi.
(2) Ciò si apprende da una lapide incisa in caratteri corsivi
chiamati anche gotici minuscoli ritrovata nella Chiesa di S. Maria
in Rapagnano nel 1750 dal pievano Francescantonio Grifoni, ed ora
esistente neirintemo della Chiesa Collegiata insieme col ritratto in
plastica del Pontefice. Giovanni di Siccone di Rapagnano è il primo
dei nove Papi che ebbero lor nascimento nel Piceno, o nella Marca
di Ancona; gli altri sono Niccolò iv di Ascoli, Marcello n di Mon-
tefano, Sisto v di Grottammare, Clemente vin di Fano, Clemente n
di Urbino, Leone xii di Genga presso Fabriano, Pio viii di Cin-
goli, Pio IX di Senigaglìa.
(3) Il Catalani — De Ecclesia, firmana ecc. (pag. 131) par-
lando di questo Vescovo riporta un brano di un* antica cronaca, da
IN8TITUZI0NB 27
della nobile famiglia Vinci. E primo un Baongiovanni,
figlio di Agostino, perfettamente addottrinato nella giù*
rìsprudenza, a cui dedicossi, quando quella scienza alle
altre preferivasi, perchè risorgendo nelle italiche scuole
dopo i tenebrosi e lamentati secoli delFignoranza e del-
la barbarie^ prima fecesi udire dalle cattedre con ap-
plauso e concorso grande di studenti, procacciando al-
l'Italia il titolo di maestra e madre delle scienze e delle
nobili discipline. Due figli del detto Buongiovanni eb-
bero fama negli studi. Pace o Pacide eccellente profes-
sore di medicina, che vorrebbe essere aggiunto agli il-
lustri medici del Piceno, de^ quali pubblicò le memorie
il Dott Giovanni Panelli, e Domenico che seguendo il
paterno esempio diede opera con ottimo successo alla
scienza delle leggi, la quale si andava diffondendo per
ogni parte, ed era omai tempo che ai sanguinosi con-
quistatori ed ai crudeli soldati i maestri delle pacifiche
ed utili dottrine si anteponessero (1).
Nel cominciare del secolo XIII il quasi contem-
poraneo sorgere dei due regolari ordini de' Predicatori
e de' Minori^ istituito Fune da S. Domenico e Taltro da
S. Francesco arrecò opportuno soccorso agli studi, e
massime ai teologici. A Fermo ambedue vennero nel
coi si apprende, che viaggiando con Reginaldo console della ciuà
alla volta di Gerasalemme e fermatosi a Smirne, a Ini vennero mo-
strato alcune iscrisioni greche scolpite in arche marmoree, ed egli
le ìoiarpretó immedialaraente in latino • et aecipiens Arcbiepiscopos
Pirmanuin presolem et per Eeciesiam earo dedaeens arcas marmo*
reas onde Yenetici Sanctos abstolerant illi presenti aliter ostendit,
et in ipsis sÌDgolorum epitapbia Grecis litterìs legit, qoe Firmanus
ifttarpretans moto seqoenti latiniali explanavit •
(I) V. GtAairro Cantalambssa Carboki •* Memorie stùrick4
ini&mo gli illustri uomini della nobilissima famiglia dei Conti
Vinci di Fermo, MaceraU tip. Cortesi 1818.
28 DI UNO STUDIO CENTEALB A FERMO
principio di quel secolo fondati, ed in quanto al primo
vi contribuì in parte il nostro Giovanni Albertoni Pac-
careni legato del Papa Innocenzo III in Francia, ove
avendo stretto amicizia con S. Domenico lo te" venire
a Fermo nel 1214 e gli donò la sua chiesa di S. Tom*
maso per istabilirvi i frati del suo ordine. Un Vinci, il
B. Giovanni, ne vesti Pabito, vivente S. Domenico, e
colla rigidissima vita, cogli studi delle divine scritture
e della teologia, colla predicazione, in cui si afferma
essere stato prestantissimo, venne in molta fama, sicché
in Bologna lo si additava a modello ed esempio (1). I
frati minori nel 1240 vi erano già stanziati^ riferendosi
a quell'anno Terezione del tempio dedicato a S. Fran-
cesco con disegno del bravo architetto ascolano Antonio
Vipera (2), il migliore che si vegga a Fermo: ed essi
pure, insieme coi Domenicani, contribuirono al progredire
degli studi nelle nostre scuole, d'onde, oltre i due ri-
cordati, uscirono in quell'epoca Stefano Paccaroni Priore
in S. Pietro Vaticano nel 1250, un Egidio Arcidiacono
di Fermo giudice nel 1255 alla Corte di Azze Nono di
Este Marchese di Ferrara e della Marca d'Ancona, Ge-
rardo da Fermo riportato tra gli uomini illustri delPU-
niversità di Bologna nel 1284^ Stefano Azzolino prestante
giureconsulto giudice in Macerata, Nicola da Fermo me-
dico, Beltrando Morici lettori ambedue nella menzionata
Università Bolognese (3). In questo secolo pare inse-
gnasse grammatica e belle lettere un bravo poeta della
(1) y. Cautalambssa — Op. cit.
(2) V. YiNGKN») Curi — Guida storica e artntiea della Città
di Fermo pag. «^6.
(3) Alconi poetici componimenti del Morici plrte indiritti al
celebre Francesco Stabili detto Cecco d* Ascoli si serbano nelle Bi-
blioteche Vaticana, Barberini, Chigi, giusta quanto lasciò scritlo il
J^ncellotti,
IN8TITUZI0NE 29
illastre famiglia Reggiana degli Arlotti, venuto qui ve-
rosimilmente in compagnia di Guglielmo de' Roberti di
Reggio, podestà a Fermo nell'anno 1236 (1). Avemmo
finalmente una schiera di cospicui Magistrati che ressero
il governo in altre città, fra cui perfino un Senatore di
Roma in Giacomo Aceti (2), menzionati in antiche iscri-
lioni, i quali tutti mentre dimostrano Tamore per le
scienze é le lettere nella patria nostra, sono di non poco
lustro allo studio fermano, che può senza fallo gareg-
giare con Tantichità delle principali scuole dUtalia.
(1) Ciò si poo dedarre dalla segoente iscrizione incisa a de-
stra dei rigoardanie in un marmo, che servi un tempo dì architrave
sopra la porta del Palazzo della Podesteria di Fermo, ed ora farà
parte dell'iniziato moseo epigrafico fermano presso la biblioteca,
quale iscrizione riscontrala sul marmo stesso do qui corretta nella
leru linea dove altri avean letto de licentia
HOS digtàvit arlotin
BITRMOS CITIS RKGtlf
òin DiLiGBirriA
rr riRMAif coaos toto
DAT SR ILUS 01 YOTO
AD SVA SSaVITIA
Questo poeta dettava %$crizioni rilmicke latine di stile assai ragio-
oevole in riguardo ai tempi, due delle quali furono da Ini dettate
per due delle porte di Reggio sua patria e due altre per la rocca
e pel Palauo della Podesteria di Fermo faUo costruire da GuglieU
me, Tofflassino e Ugo de* Roberti succedutisi nel governo di que5ta
città (1236, 1237, 1238) V. Raffabli Ds-Mimcis — Le iuriziani
fermane antiche e wu>deme con note. Fermo tipografia di Gaetano
Paecasassi 1857 N. 605 al 609. 941. — Ciuestiiio Cavbdoui —
AbriiM Uileraria di «n poeta ritmico reggiano del ucolo xiii (Dal
Meeeoggere di Modena, N. 1571, U Luglio 1887).
(2) Giostpps Porti — Tavole Sinottiche di co$e ptii notabili
della città di Fermo e eoo antico Stato^ redatte eopra OM^tentid
doeameeUi^ Fermo mdoccxxxvi tipografia arciv. del Bartolini.
n.
EREZIONE, PRIVILEGI, COKPERMA DELLA INIVERSITA* DI PERNO
Nel secolo XIV Tltalìa non cessava punto dalFes-
sere agitata per le intestine discordie, funeste conse-
guenze delle guerre straniere e dello fazioni de^ Guelfi
e Ghibellini, così che pareva mal potersi accoppiare
alle condizioni de^ tempi il nobile desiderio di erudirsi
che solo airombra della pace può felicemente svilup-
parsi. Ma essa, vincendo con animo grande e generoso
gli ostacoli che a lei si paravano dinanzi, si slancia nel
campo del sapere e produce quei tre grandi luminari
Dante, il Petrarca, il Boccaccio, ai quali noi dobbiamo
il rifiorimento dei buoni studi. Di quella stagione si
aprono copiose biblioteche, antichi codici, che negletti
si giacevano nelle tenebre, riveggono la luce; s'intra-
prendono lontane peregrinazioni allo scoprimento di sco-
nosciute dottrine; finalmente nasce un certo fervore per
aprire pubbliche scuole e per ottenere dai governi i
privilegi e i diritti delle Università; e fra quelle di Bo-
logna, di Padova, di Napoli, di Pisa, di Pavia, di Pia-
cenza, di Firenze, di Arezzo, di Siena, di Lucca, di
Roma, di Verona e di altre parti, le quali o sorgono,
0 prosperose rifioriscono, vediamo Tantico studio di
Fermo fra i primi conseguire la qualifica di Università.
Bonifacio Vili, cui il cronista Giovanni Villani
definisce « uomo dotto, fornito dMngegno vivace, nato
fatto per magnanime virtù e sommamente liberale verso
gli uomini eruditi di beneficii arricchendoli » nelFultimo
anno della travagliata sua vita volle alFincremento de-
gli studi provvedere, e considerando che la città di
Fermo per la postura del luogo^ amenità del clima,
abbondanza di tutte le cose al vivere nacessarie, era la
EREZIONE, PRIVIUGI, CONFERMA DELLA UNIVERSlTl DI FERMO 31
più acconcia alla tranquillità degli studi ed a prodarre
uomini cospicui per la maturità del consiglio, risplen-
denti per gli ornamenti della virtù ed eruditi nei gradi
delle diverse facoltà, dai quali possono apprendere tutti
gli altri che desiderano essere imbevuti ne^ documenti
del sapere, con sua bolla del 16 Gennaro 1303 ordinò
vi fosse eretta la Università del tutto conforme a quella
tanto celebre di Bologna, concedendo alle nostre scuole
nuovi favori e privilegi « sit studium generale ad in-
« star studii Bononiensis^ illudque perpetuis temporibus
« inibì vigeat tam in theologia, iure canonico ac civili
< et artibuSy quam in alia qualibet licita facultate, quod-
« que legentes, et studentes ibidem omnibus privilegiis,
« libertatibusy et immuniiatibus gaudeant et utantur
« concessis magistris in theologia, et doctoribus legen-
€ tibus et studentibus commorantibus in studio bono-
€ niensi > (1)
La nostra Università oltreché potrebbe dirsi la
prima di pontificia fondazione, ove si mettan fuori dal
numero quelle che i Papi non fondarono, ma sol con-
fermarono^ 0 di privilegi fornirono, ha certo un grado
di anzianità sopra il Romano Archiginnasio istituito tre
meBì o meglio di poi con bolla 20 Aprile 1303 dallo
stesso Bonifacio Vili, il quale nello stabilire le diverse
facoltà che vi si dovevano insegnare, prese norma dal-
la Permana (2)
Ma uno dei più segnalati privilegi ad essa accor-
dati si fu al certo di averle concesso pria d^ogni altra
città d'Italia la cattedra ed il diritto di conferire la lau-
(1) V. U bolU 16 Gennaro 1303 riporiau in fine al N. S
dei docQoienii «^ Tuiabosri — Storia della letUraiura italiana v. 2
p. 355 Ed: Milanese.
^8) Carafa De Arekigymnaiio romano Lib, 1 cap, 6 — Ri*
tuoi — Storia dilla Uni90riità de$li $tudi di Roma Lib. !• cap. 3.
32 EREZIONE, PRIVILEGI, CONFERMA
ra in teologìa, come dice il Brandimarte (1), citando
Taulorilà dello storico Bereault-Bercaslel. Ciò si argo-
menta innanzi tutto dalla sopramenzionata bolla Boni-
faciana, ove si concede a Fermo espressamente Io sta-
dio generale di teologia; poi da altra bolla di Papa
Innocenzo VI del 21 Giugno 1362, da cui chiaramente
apparisce, che non prima della emanazione di questa
nella Università di Bologna eravi stata la cattedra di
teologia, poiché quel Pontefice ve la istituì accordan-
dole i privilegi, de' quali godevano i maestri e gli
studenti della Università di Parigi e di altre famose
nella facoltà teologica; infine da altre espressioni che
leggonsi nella stessa bolla, usate da papa Innocenzo, di-
cendo egli che in riguardo della fulgida luce, di cui
era divenuto chiaro e rinomato quello studio nel diritto
canonico e ciaile e nelle arti liberali, Io credeva degno
di ampliarlo coiraccordargli detnceps ancor la cattedra
di Teologia con diritto al vescovo di Bologna di confe-
rire in tale facoltà i gradi di licenza ed il titolo di
maestro. Così pure in Firenze non prima del 1358 fu
conferita la laurea teologica (2).
Esaminando il tenore della citata bolla di Boni-
facio rileviamo che si preiscriveva a chiunque aspira a
conseguire il dottorato di presentarsi al vescovo ferma-
no prò tempoì^ej od al vicario idoneo da lui delegato^
od in sua mancanza, quando sia vacante la sede, a chi
verrà deputato dal Capitolo, all'oggetto di sostenere il
competente esperimento alla presenza dei maestri e dot-
tori secondo i modi e le consuetudini osservate negli
studi generali^ ed un tal privilegio conservarono in
(1) Antonio Brandimartb — Plinio tenion Ulu$tralo nella
desa-iùone del J^iceno, Roma 1815 nella stamperia dell' ospixio
apostolico presso Carlo Mordaccliini pag. 43*44.
(2) TiRABosGHi Op. citi Tomo S pag. 234 H 1^^* Milaoese.
DBLL4 mnvgRsiTi Bi PwaMo ss
sbatto i nostri vescovi che ebbero il diritto di confo*
rire in ogni facoltà la lanrea dottorale ed altri gradi
accademici. Tutti coloro, che fossero stati reputati degni
del dottorato potevano pubblicamente insegnare in qua-
lunque università non solo Tuno e P altro diritto, ma
tutte le altre discipline, nelle quali avevano ottenuto
la laurea senza bisogno di sostenere ulteriore esame o
riportare nuova approvazione. A tutta ragione adunque
i nostri padri potevano andare superbi di così singolari
favori della sovrana affezione verso il nostro sorgente
istituto, il quale seppe presto procacciarsi quella fama,
che altri non raggiunsero se non per lenta opera del
tempo.
La scienza legale in ispecial modo era nella nostra
città cosi rinomata fin dai primi tempi del nuovo ordina-
mento delle scuole, che vi fu stabilita la Curia generale
della Provincia della Marca dal Cardinale Egidio Al-*
bomoz spagnuolo legato apostolico dopo di aver con*
quistata tutta la provincia della Marca, ove dettò tutte
quelle costituzioni che vanno sotto il nome di Costituì
ziani Egidiane. Contro di essa indarno reclamarono inge-
lositi i Maceratesi, poiché il Cardinale Ugone del titolo
di Santa Maria in Portico per ordine di Papa Orego<-
rio XI ricevuto vivae vocis oraculo ingiunse agli Offi-
ciali della legazione della Marca, non dovessero in modo
alcuno muoversi da Fermo, ma vi continuassero a ri*
siedere, come già si era fatto fin dal tempo del detto
Egidio^ ed usa queste precise parole: e Quod cum rector
€ et Curia generalis praedicti temporis bonae memoriao
« dicti Egidii Sabinen. Episcopi, tunc in illis partibus
« Sedia Apostolicae Legati, et ab ilio tempore cìtra re*
€ sidentiam fecerit in civitate firmana prout adhuc far
€ eiunt de praesenti tanquam in loco honorabiliori et
« prò stattt sanctae Romanae Ecclesiae conservando
34 BRBZtOKlS, PRlVILBai, COKl^KRMA
tutiori (1) ». Che la residenza di detta Curia Generale
fosse ih Fermo apparisce da una ripetizione del Roselli
lettore nella nostra Università, dicendosi nelPantben.
Ingressi C. de sacros. Eccles. « Habita per me Rosel-
li luin do Rosellìs àe Aretio legum doctorem in civita-
« .te Firmana, ubi tenebatur Curia generalis Marchiae
< 1370 die 19 0ctobris annoseptimolecturaeordinarìae.»
E «Bonifacio IX* che di molte e singolari grazie colmò
la città nostra da meritare in una iscrizione esistente
nel salone del Palazzo degli Studi il titolo di benefat-
tore (2), rese anche più stabile la Curia generale in
Fermo, e dichiaiò con un breve che vi dovesse avere
stanza neiravvenirc, come nei tempi passati, esprimen-
done così le ragioni: « Nos igitur attendentes idoneità-
« tem dictae civiiatis tam in mansionum coromoditatibus,
€ aeris tranquilla temperie, marinis portìbus, vescibilinm
« omnium copia, confluentium necessitatibus ad eamdem
€ et consuetudinem antiquis olim temporibus observatam,
€ nec non fidelitatem et sincerae devotionis effectum
« bijyusmodi rcsidentiam Oeneralis Curiae totius prò-
« vinciae Marchiae, prout in praefata Civitate de eoe-
€ tero perpetuis temporibus permansuram cum privilegiis
« concedi m US » (3).
(1) Cksabb Ottihblu — De Firmo Piceni urbe nobilissima eUh
jium ad Xiitum quintum ponL max,
(2) NeirìDteroo del salone nel Palazzo degli Studi ieggesi la se*
guenie iscrizione
BONIFACIO vun
TOMACKLLO MEAPOLlTAlfO
POHTIF. OPT. MAX.
BBKBFAGTOBI
S. P. Q. F.
[}\ OrriNRLLi ciu elogio — Doxksigo Raccahadori Cronaca
fermiana Hs. p. oj. .
Ebbe la città nostra senza meno in qnesfepoea
im collegio di dottori comprovato abbastanza dal di-
ritto di conferire la laarea e dalle parole del ginrecon-
salto Cesare Ottinelli nel suo elogio di Fermo a Sisto
V: « Extat in hac ci vitate CoUegium lurisconsnltomm;,
« iam inde ab immemorabiK tempore crnatissimumy oc
€ numero et doctarum praestantia insigne. Hoc quidem
€ tempore ultra LXX doctores conscripti reperinn-
€ tur, eodemqoe modo et ratione Procoratores et No-
€ tarii sunt quam plurimi > (1)« Inoltre rilevasi dalPe-
sistenza del suo antico altare nella Chiesa Metropolitana
dedicato al suo protettore S. Giovanni Battista Apostolo
ed Evangelista, ristaurato sul finire del secolo XVi per
eccitamento del card. Bandini, nella quale occasione v!
fa posto un pregevole quadro rappresentante detto San-
to commesso dal Collegio alPurbinate pittore Alessandro
Vitali scolare di Federico Barocci (2). Che anzi a ben
ponderare la espressione ab immemorabili tempore usata
dairOttinelli vissuto sullo scorcio del secolo decimosesto
è d' uopo inferire, che il collegio de^ giureconsulti deb-
ba riportarsi anche a tempo assai più remoto, mentre
86 la istituzione fosse soliamo avvenuta nel secolo de-
cimoquarto non gli sarebbe slato difficile il determinarla
in modo positivo*
Se non che il fiorire dei nostri studi appare ennor
dalla compilazione dello Statuto. Fermo, che go-
(1) Ottriblli eit elogio.
(i) Questo quadro è uno dei più belli cbe esisUuo a Fermo» e
lo per alcou tempo ritenuto opera del Barocci stesso, tanto si ap-
prossima allo stile del Maestro. Si rileva da on* adunanza eolie*
giaie dei SO Settembre 1740 essersi offerta, quando si fosse voluto
vendere, la somma di Se. 0000 dal pittore bolognese Dal SdOi che
allora trovavui a FermOt acquistandolo per il serenissimo Eletlore
9è BREZtOKB, t>RiyÌLÌSGt. CONJ^RÌtÀ
yernavasi a guisa di repubblica ed a libero stato popò-
jftfe sotto i Re, grimperatori, i Pontefici, ebbe sempre
leggi. proprie, che di tempo io tempo secondo il bisogno
si andjsivano riformando e riordinando dagli stessi fer*
mani, e verso la fine del secolo quariodecimo se ne
trovano compilatori lulianus Ser Francisci Contratae
Castelli, Antonius Egidiutii Contratae Pilae« D. Cola H
Yannìs Contratae Sancti Martini, Ser Clericus Brunicti
Contratae Florentiae^ Ausovinus D. Philippi Contratae
Sancti Bartholomei, Magister Philìppus Magistri Domir
nici Contratae Cam pile tii. Di questo Statuto, riordinato
nel secolo di poi dal celebre giureconsulto Paolo di
Castro, così lasciò scritto l'erudita penna di monsignor
Francesco Maurizio Gontieri Vicegovernatore di Fermo
nel 1690.(1): « Statuto, in cui vedesi ristretto quan-
to la politica e la giurisprudenza seppe dettare e di
s^anto. e di giusto per il pubblico maneggio» e per il
pommercio e traffico di mare e di terra, per la buona
direzione delle, controversie criminali e civili, e leggi
Municipalii statuto che servire potrebbe di norma al
governo e regime delle migliori repubbliche »• Eugenio
IV, dopo la dominazione .sforzesca, con bolla del 25
Marzo 1446 Decens reptitamus, che vi si legge in fronte^
lo conjfermò insiem con tutti i privilegi concessi dai suoi
antecessori sulle antiche giurisdizioni, sul mero e misto
imperio, sul pieno dominio della città^ sopra il suo cotkr
PalatiDo. V. Raffàrlb Db Minicis — Cenni storici tntomo al
quadro rappresentante S. Giovanni Evangelista esistente nel diurno
di Fermo, 18il. — Il detto Collegio aveva il proprio sigillo eon
Dtraquila sedente ad ali spiegate sorreggente il mezio boslo di Sl
Giovanni Evangelista. che tiene dispiegato il libro dell* Apocalisse e
intorno Tepigrafe — gollegivm Fuuuimi.
(l) Fermo antico e moderno discoreo acca4Ìeiiiìco..FeroM>|40&2
per Gìq: Francesco Bolis e fratelli.
»KLLA UmVERSITl DI FERMO 3T
tado, ne* quali privilegi furono inclusi anche quelli ri^
guardanti la Università, per il che venne ' appellato*
benefattore nella iecrizione posta sotto* al suo TÌt?*atlo'
nella focciata del Palazzo de^i Studi. Dopo di Ini ben^
altri quattordici Pontefici lodarono ed approvarono 11*
Boetro Statuto osservato sino al finire del secolo XVIIt (Ij^
Assunto al Pontificato Calisto III non Vuole mèiio'
benefico e generoso mostrarsi verso i Permani, e' cori^
9no breve del 26 Giugno 1455 (2), mentre loro cort-
serva tutti i privilegi, indulti e grazie già per lo ìnnAnzl
ricevute, conferma espressamente lo stiidio genefalòr
Reggeva allora la nostra Chiesa il cardinale Domént-
co Capranici che tanta parie ebbe nei pubblici' avve-
nimenti, primo fra 1 cinque di quella' famiglia, i quali
SI succedettero nella sede voscovilfe di Fermo dal 1425'
al 1484. vy^^^ VMiemcrito porporato è debitrice WH*
«
molto la letteratura di quel secolo, ed anco nof sor-
biamo graia memoria dol suo impegno per la istrlizibrfò'*
0- coltura degli studi. Da quanto ne narra il àuó blo-'
o. •. *
(1) GtosKPPB Porti — TatoU iinottieke. di . cose pt4 notofrt/t
iflta citlà di Fermo e tuo antico stato redatto sopra autentici do*
fMWfwlt, p»g. 13 — Gli statoti fermani furono impresi h prlhia *
volu « Vraexia ael IB07 per opera ed a spese del gioretoiistttle
Mareo Martello nobile fermano e veneaiano. I bibliograG e aòritlcrn .
di casa fermaDO ìndiearone due sole edizioni di questo statolo la pri^ .
na del 1S07, <* la seconda del 1580; però ne sodo not^ cinque^
cioè quella di Venezia nel 1507, aUra fatta in Venezia poco appresso
coma pare da un frammento esistente nella nostra biblioteca, la terza,
la qoaru e la qninta a Pernio nel 1389, 1688, 1691; qoest* ultima
è ricordata da Niccula Alianecxi nel soo pregiato lavoro- ^^//c aa*,
Ucke cmiwitudini e leggi marittime delle provincie napoletane,
(2) V. il breve del 26 Giugno I4S5 riporuio ia flne al N. 3
documenti. .:.«*:
38 EREZIONE, FRITlLBai, CONFERMA
grafo Catalani (1) sembra potersi raccogliere che, il pri«
mo collegio fondato da lui in Roma portante il suo nome»
fosse in origine a beneficio de* soli fermani, o almeno
gli alunni per la massima parte fossero di Fermo, ciò
risultando da un codice intitolato; e Uber constitutionum
seu ordmationum coUegii pavperum scholarium sapiens
titte firmanae ediius per reverendissimum D. Damintcum
de Capranica T. se. e in ierlem preshiter. Card. Firman.
vulgariter nunctq^atum diate domus fundatorem. » Questo
manoscritto dalla biblioteca dei Capranica passato in
altra di Roma non fu potuto rinvenire dal menzionato
Catalani, che però afferma essere stato accertato deire-
sistenza da quel solerte scrutatore degli antichi menu-*
menti che fu Stefano Borgia (2). I vescovi fermani suoi
successori conservano ed esercitano tuttavia il diritto
di mandarvi un alunno.
Non è a dire dopo ciò le fervide e continue pre-
mure, onde i nostri maggiori cercarono di promuovere
il decoro ed il lustro del pubblico studio per rispon»
dere alla munificenza dei Pontefici, che di privilegi e
di onori si compiacquero mai sempre fregiarlo. Il con-
corso degli studenti fu grande ed a quanto ci riferi-
scono gli storici vi concorrevano da ogni banda oltre a
mille ad apparare le scienze e le lettere. Né meno dei
forestieri ne profittarono i cittadini, come si par mani-
festo dai molti, i quali in quei due secoli al nome fer-
mano novello decoro portarono. Ambasciatori e magistrati
in gran numero, che erano allora sempre scelti fra i più
(1) De viia et scriptis Dominici Gipranicae Card, et Antistitis
frmani, 1793 in otBcina firmana Palladis. —
(ì) Catalani — De Ecclesia firmana ejusque Episcopis et Ar-
^Uepiscopis Commentarius. Firmi an. 1783 ex typ. losepbì Ao*
gusti Paccaroni, pag. 255.
DELLA. CNIVBRSITI DJ^ FERMO 39
dotti aomini; sei vescovi cioè Lodovico da Feriub mi-
nore osservante, Francesco Nòbili Uditore di Rotei al
tempo dì Celestino V> GiroUiQO .Azzolino per le sue emi-
neQti virtii creato Cardinale (1)^ Giovanni, de FirinoDÌ-«
bus, Luca Famani o Fumoni eremitano, G. Battista Porto
donenicano; un generale deirordine di S. Domenico Tom*
iiiaso Paccaroniy a cui è dovuta la fondazione della li*
breria nel eonvento di Fermo; G. Battista Mancini lettore
neirUniversità di Padova del sesto libro delle decretali,
Troilo Azzolino chiarissimo giureconsulto, che Re Fer-
dinando d^ Aragona cìiiamò Conte Palatino e suo intimo
consigliere, Girolamo Rosati valente dottore in teologia
ed in leggi legato di Martino V in Bologna, Orazio Do
Giastis d" Antonio professore di diritto civile giudice ed
assessore in Macerata, Piermarino Vinci dottissimo nella
giurisprudenza giudicato meritevole deirimportantissima
carica di Podestà di Firenze, Pietro Assalti professore
di Botanica a Roma, Gianfrancesco Azzolino sì esperto
nella scienza delle leggi, che in un consiglio generale
tenutosi nel 1450 si decretò che non fosse alcuna cosa
decisa senza il suo giudizio, Sante Flocco celebre me-
(1) Benché il nome del Card: Girolamo Azzoliao lavano si
cerehi nei diversi cataloghi dei porporati di S. Chiesa, pare non
po6 dnbilarsi che egli non rivestisse tile dignità. Perocché ce ne
fooservò primo la memoria Giovanni Bbrtaccr:ni fermano celebre
gioreeottsollo nella sua opera Bepertorium ecc. alla voce acUo tniu-
riórum pag: il della prima parte (Veneliis 1570 Bevilacqua), <jvo
si legge: « Et ita congultus respondi damino cardin: Azolino df
Firmo ioctori clariisimo eie. • Ora il Bertacchini morto nel I486
od in qoel torno fa contemporaneo ad esso Cardinale, nò è credi-
bilo dia ne avesse sopposta la esistenza. A ciò pone il suggello la
bolla spedita da Papa Sisto v a Decio Azzolino seniore, poiché vi
>ì ricorda qoesto porporato qual prima gloria e splendore di (ua
famiglia. Si crede da alcuni che fosse creato cardinale da Eugenio
vr^ da altri da Pio ii. Gli è certo che Buri sotto Sisto iv.
40 SRRZIOnK» PRIVILBOr^ CONFSRMA.
dico di Paolo II, per tacere di tanti altri nelle nostre
storie municipali noverati (1),
Rammenteremo ora alcuni lettori di cui ci per-
venne notizia.
Nel Secolo XIV
AcBTi Antonio da Fermo in giurisprudenza (2).
Antonio da Loro in grammatica e retorica. •
EuFRBDDUcci TOMMASO da Falerouc in medicina (3).
Giannino da Fermo in grammatica e retorica.
(1) Poeti — Op. ciL
(2) Di nobilissima famiglia fermana molto ragguardevole per
le sue ricchezze e per la sua parentela con Bernardo Varani Signore
di Camerino sno genero. Tenne per un triennio l'assoluto reggi-
mento di Fermo, ma per gelosia di comando fu fatto uccidere da
Lodovico Migliorati il i Settembre 1407. Fu uomo dottissimo spe-
cialmente in giurisprudenza ed assai amico di Baldo in Perugia,
ove lesse noli' Università, come si rileva da un codice vaticano
N. 2618 contenente alcune ripetizioni fer D, Antonium Aceti de
Firmo actu hgentem Perusii. Il Bini nelle memorie storiche della
Perugina Vnivensità degli studi e dei suoi professori (Perugia pres-
so Calindrì, Santucci, e Garbinosi stampatori camerali 1816) lo ha
trascurato. Pubblicò alcune lettere sopra il Digesto Vecchio, da cui
si desume essere stato anche lettore in Patria. Il BsBTAOcmKi
nel suo Bepertorium alla parola vulnus lo appella vir singularis,
aggiungendo, che quando egli era Podestà in Fano < reperi (dice)
ibi lecturam suam super digesto veteri manu sua carrectam, quam
dono diderat Papae Bonifacio. Parlano dell* Aceti Francesco Fbb-
RBTTi nella Pietra [del paragone ossia della vera nobiltà discorso ge-
nealogico pag. 72 e la Bibliotbca Picena Tom. i pag. 35.
(3) Medico insigne. Ludovico gli pose il monumento sepolcrale in-
sieme al padre suo e chiaroollo nobilitatis auctori propriae. Fu eleUo
medico a Fermo il 13 Aprile 1388 mentre stavasì a Fano (Cons. di
Cern, di quel giorno). Se egli è, come pare, il padre di Giovanni
e di Giacomo ebbe il tìtolo di conte di Monte Chiaro. Mori nel
1403 — Due epigrafi relative a Ini esistevano già nella cappella
g^tilizia degli Eufreducci in S. Francesco di Fermo riportata dal
XRXZIOHB, PRIVILSai, CONFERMA 41
PiBTRO DI Giannino da Fermo in grammatica e retorica.
Pucci Tommaso da Fermo domenicano in teologia.
R08BLLI RosELLO da Arezzo in giurisprudenza (1).
Salucci Nkrio da Monte Santo del Ducato Spoletino in
grammatica e retorica.
Nel secolo XV
Antonio da S. Giusto in grammatica e retorica.
Bartolomeo da Macerata in grammatica e retorica.
Bbrtacchini Giovanni da Fermo in giurisprudenza (2).
Bertacchino da Smerlilo in grammatica e retorica.
Pakelu Tom. ( pag: 401 delle memorid dei medici del Piceno, e
dal Db Mixicis hcrìziùni fermane Num. 321, 322, 42S. Una di
queste trovasi ora nel Palazzo Municipale.
(1) Famosissimo giureconsulto de' tempi suoi è chiamato il
Monarca della sapienza, siccome ieggesi nel sepolcro erettogli nella
Basilica Anloniana in Paiovi», ove fu pan: professore insieme con
Francesco Capo di Lista o Capoiistìo. Diferidoro dapprima deirim-
peraloro Sigismondo e poi del Re di Puglia innanzi a Martino v
fti da Papa Eogenio iv inviato a sostenere i diriuì Pontificii nel
Concilio di Basilea» e ne sperò per ricompensa il cappello cardi-
nalìzio, rat eome quegli che vedovo era di doe mogli decadde per
qnesU sua bigamia dall'alta speranza, sicché n* ebbe torbato Vintel-
lelto ed il cuore. Che fosse professore a Fermo consta da una stessa
soa ripetizione (V. pag. 34. Ottifiblli op. cit. pag. 9, 10). Del
Boseiii paria I'Aucslucci neiremdite note poste ad illustrazione del*
le jioe $iamu intorno la città e gli uomini cekbri di Arezzo (Pisa)
(816).
(2) Sost*)Dne molte cariche, ed essendo assessore della Repub-
blica di Firenze ebbe opportonità di osservare insieme coi legati
raiUnesi il famoso codice delle Pandette, che da Pisa vi era stato
insferilo nel 1406 e si gelosamente guardato nel Palazzo del Pub-
blieo che non iscoprivasi se non a grandi personaggi e eoironore
dì aeeesi doppieri. Studiò nella patria Università e poi in quella di
Padova sotto il Capolislio ed il Roselli giureconsulti di assai nome,
ad Hrì si laureò giovanissimo giusta la testimonianza di Niccolò
49 DEÌéhk UNIYBRSITÀ DI PBRMO
CisCl (di Francesco/J AsTomo da Fermo in giurisp,*(l).
DoMBNico agostiniano da.,., in filosofia.
Fabrizio di Mariano da Montefalcone in grammatica e
retorica.
Giovanni da Loro in grammatica e retorica
Giuliano di Sbr Vannuccio da S. Angelo in gramma-
tica e retorica.
Lauri Giovanni da..... in grammatica e retorica.
Lepido ds Antiqu^s da Forlì in grammatica e retorica.
Mariano da Montefalcone in grammatica.
Marino da Montegiorgio in grammatica e retorica.
Pasquale da Petritoli in grammatica e retorica.
SiLBNi Girolamo da Fermo in giurisprudenza (2).
CoMifRCO Papadopou Hiitoria Gymnagii Patatini Tom. n pag.
29. Tornato a Fermo lesse ragion civile e criminale neirUni-
versila. Fa giudice in Campidoglio, avvocato concistoriale, autore
di opere legali, e dette per il primo un Bepertorio chiamato Lucer^
na jurìi: ebbe ingegno anche alla poesia italiana e fu amantissimo
dello stadio di Dante ed alcana volta improvvisò in latino. Mori
clrea ti 1486 in Patria e nella Chiesa di S Domenico se ne vede
tuttora il sepolcro con sopravi una pietra a basso rilievo, ov*è
scolpita la sua persona in abito da Avvocato del concistoro, e vi
si legge TepitaiBo. Y. R. Db-Minicis le i$critiùn% fermane N. 187. Vi
è uni bella biografia scrina dairAwocato Cav. Giusbpps Fbacas-
sBm nel 1839 ed in erita nella colleiione delle biografie e dei
ritraiti degli uomini illaslri di tutto lo stalo pontificio che si pub-
blicarono da Antonio Hercolani in Forlì. V. pure Boiuotbca Pigicna
Tom. u pag. 220.
(1) Nella risoluzione presa dal Consiglio di Cernita il 5 Aprite
1831 si trova che Antoniut Cuci ciois firmanus fu incaricato in-
sieme con dae altri cittadini di formare i capitoli di confederazione
con la terra di Monlegiargio. Nella Chiesa del Carmine vi ha il
soo sepolcro con una iscrizione postagli nel 1409. V. R. Db-Mihigis
U iicrhioni fermane N. 148
(2) Alcuni suoi versi latini trovansì stampati in principio del-
lo Statuto di Fermo.
XRKnONV, PRIYn^BOIy CONPBRIU 43
TusLLi F1UNCB8CO Oucoìfo da... francescano in teologia»
Zambiccahi Fiuiicssco da Bologna in retorica (l)«
(1) Cafaliere» oratore e poeu Itoreito. Nella soa {irima |ioTÌ*
iasegnò lettere a Trevigi ed a Capo d* blria. Viaggiò per
là Greeta, ote raeeolse le lettere del soBsU Lìbaaio 800 al ninnerò di
1500, pana delle qoali egli tradusse in latioo. Lesse a Fermo dal»
1446 al 1473» eome si rileta dalle eemite,e fa tanta labeneToIen*
sa che ti acquistò per la soa molUuima dotlrioa, che al partire fii.
donalo di on Tessillo ovvero insegna di. seta a soo onore, ed egli^
no ringrasiò il popolo fermano con i seguenti distici latini «he iro-
Tansi fra le poesie dello Zarobeccari nella biblioteca vaticana cod..
N. 4S1S fegi, 04. nei qoali crediamo conservare Tortografia, «asia
cacograHa, del codice: il senso inflne rimane sospeso, forse manca
nn nllimo distico^ però la carta del codice è intera ed hawi tnno
qnanio lo scrittore antico quivi segnò
Ad uginda$ gratiai Firmamù yppulo
4$ vernilo iiU dono dalo
8is nubi jam qnaeso fantrit pia turba soromm
Qoanun sii dams loppiter ipso pater
Bc mihi pbebe jirecor niseeqne bache faveto
El qnae de capite es nau minerva pairlf
Qnas elenim popnlo Armano solvere graies
Debeo non potis est lingula parva loqnt
Tìeirìcee aqniUs romanaqne signa dedlstls
Qnae nrihi divini muneris instar emnt
Qnaa ego sed Unta reddaa prò mnnere grates
Qnae poCerii musa monera unta loqoi
Si mihi longevae comicis tempora dentor
Mesloreos poesia et soperare dies
Non tamen aeqnarim flrmanae debiu genti
Praemia qnae eerte mnaera unu petunt
Qnare iam clari qnaeso doMMqna patt^oe
Qnod nego me dono emKoet esse pan^m
Qnodqne pia semper per caccola looga camena
EitoUei miris mnnera «nastri modie
44 DALLA UNFWRSItX. DI FERMO
Zviwi Battista da Geoova in grammatica e retorica.
(continua)
Id od Godiee Harlejano che sta nolU biblioteca del Museo Bri-
tafonlòo 'a Ldadra trovasi una lettera aDooima favoritami insieme,
eoi'-dìjlio dalla gentileiza del Marchese Filtppo' Raffaeli! nostro bi-
bliotecario, nella qaàle si fa elogio delio Zambeccari e di Mariano
da Montefaleone mentre erano professori a Ferm9 e Cam provéstra^
in me snmma * benevòlentia et fide tantam mihi trìbaerìtis nt de.
Francisco Zambeccari o oratore magno e( Mariano Falchqneasi quid
seiii'rarto espectaretis: non alienam existimavi si sentenliam nieam.àd,
vos scriberem. Postridie ejus diei quo Firnium veni uìrosque^pra.e•
ceptores vestros' audivi quos legentes audiyi libentissimd ex. quo non
mediocrem cépi voluptatem quod vestram rempublicam'virps ea di*
ghos et moribus et disciplina praestantes liabere inteljìgebknir G^^l-.
tillor igitur ci vitati vestrae qoae lam diidum viros doctos obsepv^.re,^
ceperit Frahcìscus in graecfs ita Trabutus*
est ut cnm.^raece loqoeretur'perinde videatur atiice loqoi ac si me-
diis Athenis natas essét, si véro ad' latinos se conferàt non secus ac
si in media Roma — Vie perhumaous est et aalsus atque ad ami-
oitiam permaxima pronos. Quem insolens et imperitura vulgus a me
publice oppagnari expectavit, ut qaod nos in suo 'gymnasio mane
deseruimus idem in senatn deiecto pudore ei impìe auderemns sed
haec de Frane, nostro. De Mariano autem Faleonensi pati^ meo
hoc vere praodioare . posaom Romana Jingua non modiocpiter instru-
ctum. llabetìs igitur meum de veatris praeeeptoribns jodìoiafh vere
magii quam amie) ^criptom, Sacrosancti Igitar vestri concivis ego
seutentiam approbavi meaeque naturae ac moribus «atisfeot;' egoque
si dabitur tempos vobis. i^periam me firnuÈinos apque ac A$culano$
observare. Valete t — Sieeome nella cernita 2? Ottobre 147i si
legge e /it justitia speetabUi. equiii Domino Franeiseo Poeiae de
quodam dedecore xibi illato in »ta eathsdra • così è da ritenere
che U suddetta lett'Ta riferisca a queiranoo; dalle parole poi patre
meo può dednrsi che fosse scritta da Fabrizio figlio di Mariano da
Montdfalcone che fu ripetitore come si ha dalia cernita 23 Ottobre
li69. Partito da Fermo lesse a Perugia nel 1474 e dopo uà anno
fu chiamato ad insegnare nelllUniversità di Napoli da Ferdinando 1.
Ne parla il FAirram Scrittori Bolognai, Tom. viu pag. 221, ed il
Bini op. cit. Yol. i parte 2 pag^ 684.
FESTA DI S. FLORIANO MARTIRE
jrs3sx
TIRO A SEGNO COLLA BALESTRA
iulìuiu iB oeetsiooe della nedetima TaoBo 115S.
L
Antichissimi in Jesi sono il culto e la festa di San
Floriano martire, già principale patrono e oggi compro-
tettore della città. Una tradizione costante narra^ come
al tempo di Diocleziano egli patisse morte per la fede
cristiana, gitlato con una pietra al collo nel vicino fiu-
me. E aggiunge, che il carnefice, il quale non assen-
tendo ai suoi preghi di lasciarlo alcuni istanti orare,
frettolosamente ve lo spinse, restò subito privo del lume
degli occhi. Secondo la tradizione stessa ciò sarebbe av«
venuto, essendo preside o prefetto imperiale un tale Aqui-*
lino. U qual fatto muove il buon Grizi, nostro primo
storico, (1) a considerare, che Jesi era per conseguensa
molto famosa, poiché gV Imperatori vi mandavano i Pre*
•ideati in governo. Se non che altri vogliono, e il Grizi
•tMSo noi tace « che questo santo huomo patisse morte
in Lamagna appresso Lauriaco^ luogo vicino a Norim*
berga; e altri neiriUiria o in Polonia. » Se ciò fosse
vero, potrebbe anche inferirsene, ch^es.^o sia d^ origine
straniera al pari dell^ altro protettore e primo vescovo
della città, il martire San Settimio, nativo di Treviri.
Ila un^altra tradizione, accettata dagli storici nostri, non
•i appaga solo di rivendicarlo alP Italia; che lo vuole
bensì marchigiano^ nativo di Cingoli, nel quartiere di
Strada, della famiglia de' Zanobi. E V Avicenna^ stori-
co cingolano, naturalmente accogliendola, cerca di av-
valorarla col fatto, che fino a un centocinquanta anni in-
nansi a lui (scrisse nel sec. XVil) i discendenti di quella
(1) Fiero, della Ulutire famiglili Grilla, tuUora eiiiteote» scritte lel tte.
IVI m t QmpaUUo éelU htorie di Zen • che fa tUmpalo U prlaa ed ■alct
?elu U lUeeraU, appretto Sebutitoo MarteUioI Bel 1578. Tale ediiitao è tra
dif esala rarittuaa*
48 PfiSTA Dt fi. FLORIANO lORftRfi
famiglia erano usi di portare in Jesi nella festa del Mar-
tire, ab immemorabile consuetudine, doni e voti al suo
sacro corpo. Della qual cosa per vero lo non trovo nes-
sun ricordo né negli storici sopradetti, nò per entro alla
copiosissima raccolta^ che abbiamo, dei Sindacati o Man*
dati ad paUium offerendum dai secolo XII in poi.
II.
Ma di tali tradizioni, come pure di quella^ ricor-
data dal Grizi, di una fossa nella selva di Gangalia (1),
ove Floriano talora si riduceva ad orare, poco o nulla ri-
mane oggi nelle menti popolari. Non così è di due altre
leggende d^assai più poetiche intorno a due miracoli,
che a lui si riferiscono; universalmente conte e ripetute
in tutta la valle deir Esino. Secondo la prima egli sa-
rebbe autore della strada aperta e cavata sul vivo sasso
per entro l'aspra montagna detta della Rossa, in un'an-
gusta gola lunga circa tre miglia, in fondo alla quale
corre spumeggiante il fiume suddetto. La strada pende
sopra il burrone, e la montagna scoscesa in mille biz-
zarre guise, talvolta si protende con qualche enorme
roccia sul capo del viandante, tal altra si trae per poco
indietro scendendo però con ertissima costa. Lungo le
coste e le frane si veggono sparsi qua e là enormi ma-
cigni, altri sembrano incastrati negli angoli che la
montagna fa ne' suoi rapidi svolti. Quei macigni so-
no gli ostacoli, che all'opera del campione di Cristo
oppose, come in altre simili tradizioni, il diavolo, di-
(1) Tra le molte telve, che occupavano tempo addietro una baona parto del
torrttorlo della cittk, qoella di Gangalia, chiamala anche più anticamente Ange*
te, era forse la maggiore. Essa stendevasl nelle colline e nel piano a and-est
della città stessa; e la contrada ne serba taUora il nome. V. raltra mia memo*
ria: Il Palano del Comune di Jesi: Jesi Fili Roxilnl pag. tO in nota
B TAO ▲ &BGNO COLLA BALlBSTIU 40
dupettoso ch^egli Tincesse la natura. E certe strisce o
corrosioni, che si vedono in qualche punto lungo le roc-
eie in basso, sono gli stropicciamenti del carro, che Fio-
riano guidava nell' aprirsi T arduo sentiero. Il diavolo,
segue la tradizione, gli propose allora il cimento di una
corsa fino a Jesi, dove chi prima pervenisse avrebbe
fatto suonare tutte le campane a letizia. Accettò Flo-
riano» e per tener discosto il suo nemico, pur correndo,
veniva ogni tanto inchinandosi e disegnando segni di
croce sul terreno. Onde in breve lasciatoselo addietro a
lunga distanza potè toccare la meta; e le campane suo-
narono da sole miracolosamente. Alla via, in cui egli
fermossi rimase il nome di borgo San Floriano (1): le
campane di terra cotta recate sul mercato fino ad oggi
nel dì della sua festa e nella sera della vigilia, lungo
desiderio e sollazzo dei fanciulli, sono una reminiscenza,
secondo il volgo, di quelle campane suonate a letizia.
«— L^ altra leggenda, non tenendo conto della discre-
panza di tempo, dà al nostro Santo il merito di avere
estratto dal mare presso Ancona la cassa marmorea, in
cui era racchiuso il corpo di San Ciriaco protettore di
quella città. É noto come questi patisse il martirio a Oe*
rusalemme, e come la sua salma fosse traslatata in Ancona
Tanno 418 per i buoni uffici di Galla Placidia, che ad istan-
za degli anconetani Tottenne dair Imperatore d^ Oriente
Teodosio li. (2) A tenore della nostra leggenda invece
Tarca marmorea, non recata in nave, ma gittata nelle
onde dagli uccisori del martire, fu prodigiosamente spinta
if ) t qMfM iBO d«l Ire eotpieiii sobborghi di leti, a nord della aedotisa»
la fia CleBcatiaa per Ancona e al di fliori della porta nominala pur etaa
4i Sm florianOto dalla v Iclnaaia alla piaua e alla Chiesa omoDlma. GII altri doo
■ libirtM sono ^mIIo di San Franeeseo di Paola o delle Valcbo (Gnalehiere) a
snd 0 fMHo di Sttt* Alò o del gran Mercato a est della cHtà.
(ti Vodansl gli storte! nnoonttanl Poroui, Saradnl, CiaTarinl od altri.
Aita. Sl9r. Iknk. Voi I. i
&Ò Fiisf ▲ DI s. Floriano martire
galleggiando verso la spiaggia della metropoli picena, ap-
piè delle rupi del monte Guasco. (1) Quivi, appena vedutasi,
corse gran numero di gente a tentare con vari ingegni di
argani, di corde e di bovi aggiogati a bovi di tirarla in
secco. Ma tutto indarno! Quand^ecco sopravvenire nn
giovane contadino con due non ancor mature vitelle e,
fattosi largo in mezzo alla folla, dichiarare che a lui sa-
rebbe bastato Tanimo di vincer la prova. Quel contadino
era Floriano, che il giorno istesso, tolto recisamente con-
gedo dal sno padrone, senza volergliene dire il motivo,
n^aveva avuto appunto in compenso del lungo e fedele
servigio quelle due vitelline. Fattosi egli una fune di
giunchi 0 vimini, quivi raccolti e insieme contesti con
rapidità mirabile, lega con essa V enorme blocco e, rac-
comandatine i capi al giogo delle sue besUuole, lo trae
fuori in un attimo. Gli astanti, che prima Favevano scher-
nito, gli si fanno allora tutti attorno adorandolo qual
Santo, e contendendosi per devozione i brani della pre-
ziosa fune. Uuso, che da tempo immemorabile vige tuttora,
di distribuire il giorno della festa di San Ciriaco nel
suo tempio monumentale in Ancona, dei mazzettini di
giunco benedetto si vuol riferire a questa pia tradizione.
IH.
Qual è il fondamento storico di tutto ciò ? quando
e come tali racconti ebbero origine e si propagarono?
Non credo possibile, che sia dato rispondere a siffatte
domande. Il fatto indubitabile è che il culto del Martire
e la sua festa^ che celebravasi, come Fuso ne dura tut-
(1) Ora deUo monte di San Ciriaco. £ desso piattosto un promontorio t oriente
della città, il quale curvandosi in lido si addentrava nel maro molto più che
ai <fi nostri.^, daoanm. Sommario della Sloria d^Anama. Ancona 1867 p. 13.
torà, il giorno 4 di maggio, vigevano fin dal secolo XII;
(1) qoantnnque le reliquie di lui, che oggi si venerano
non fossero scoperte che nei primordi del secolo XV.
Ciò avvenne propriamente Fanno 141 1> essendo la città
signoreggiata da Malatesta dei Malatesti, conforme ri-
solta, in mancanza d'altri documenti, da unMscrìsione
marmorea del tempo, durata fino ai giorni nostri. (2) Ma
per quali circostanze e in che modo tornassero esse alla
luce non saprei dirlo, non altro dalPeplgrafe apprendendosi
sul proposito, se non che il sacro corpo fu rinvenuto
poenes ripam flummis Aem. Alcunché davantaggio ce ne
avrebbero forse potuto indicare i nostri storici; se lo
studio del chiarire i fatti e di tener conto dei partico-
lari non fosse quello, che più in loro si desidera. Onde
non solo di tale avvenimento e* si passano con assai po-
che parole; ma invano eziandio si ricercherebbe nei loro
aeritti una descrizione anche sommaria di quella festa, in
cui la maestà, per così dire, e il potere giurìdico deir an-
tico Comune erano di anno in anno solennemente ri-
(t) 9« 9k tattaiottie ratto di loggesione al Conane di Jesi lel 119i di Tra*
«■«ìdo costo di Morrò, il qaalo tra gli altri obblighi aasonse per aè e «voi
quello di pagare io ogni anno tre libbre di eera nella festa di San rioriaao. Il
ét$^ atto esiste ia copia del sec. 1111 in uno dei codici moabranacei del nostro
AtcWtIo mmtcipalo, segnato ♦ a pag. Vili. V. App. N. 1.
(t) Beco Tiscrisione, qnale Tiene riferita dai due Baldassini, nostri istorici,
■OÉ avendo io potata Tederla.
Tenpora Halalostao de Malatostis Domini Aesli Bt Domini Jacob! de Bonri-
posis de Pemxio Episcopi Et Domini Ardenghi de Papia Potestatis Poenes BÌ->
pam Plnminis AesU loTentom est Corpos Beati Ploriani Et Hic reconditum Mense
Decembris lill Qal precipitatos De Ponte in Plomine praedicto Martirio Coro-
natas est Tempore Maximlani et DiocloUani imperatoram Et Procmnte Magistro
Mattboo Boc Opus Decoratom D. Floriano. Dedicai. MDXl.
Girolamo Baldassial, ossia il gluniore, narra ancora, che e afllncbè di si so-
lenne Iraaslaxione sempre Tifa e gloriosa ne restasse ne' fatnri tempi la memoria
fn il tatto da antico peanello la Agore elegantemente espresse nel frontisptsio
del sagro sao Deposito, che etistcTa nell*anUca Chiesa, quantunque in oggi per
toafvertonsa di chi alla fabbrica della nuova Chiesa allora presiedeva sia li tutto
ondalo in rulna.^.. Mem, iitoricAe deii'onfiefcifràrui e reifig Cilln ài Jm éi Giro-
Jm 1765 BonellL Lib. II. (Àp. HI p€g. iH
52 B TIRO À SfiQNO COLLA. BALJfiSfRA
confermati. Cosi noi, ben lontani dai tempi, in coi la
prisca consuetudine durava ancora in tutta la sua pie-
nezza, non possiamo farcene che un assai languido con-
cetto, anche accozzando tutto ciò che ne resta delle san-
zioni statutarie e dei ricordi spigolati per entro gli atti
dei pubblici Consigli e i Registri dei Camerlenghi. Dac-
ché tali sanzioni e ricordi ci mostreranno in certo modo
il programma della solennità; ma la parte di essa più
viva e caratteristica, lo splendore cioè e la pompa della
cerimonia religiosa e civile, la magnificenza dei cortei
e delle parate, la libera ed espansiva gioia popolare;
tutto ciò non possiamo ricostruircelo in mente che per
forza di fantasia. Senza dire, che incominciando nel no-
stro Archivio la serie degli Atti consigliari e dei Regi-
stri dei Camerlenghi non prima del quarto decennio del
secolo XV, (1) e degli Statuti non rimanendoci che la più
moderna compilazione, ossia quella fatta circa la metà
del secolo suddetto, (2) i particolari che ne possiamo ri-
cavare si riferiscono a un^epoca relativamente moderna.
E sia pure che di parecchi di essi, massime di alcune
prescrizioni statutarie, si abbiano argomenti a credere
. la preesistenza in tempi più antichi, non crederemo per-
ciò di non avere molto perduto. Il fatto, da noi osser-
vato, che nel proceder dei tempi dal secolo XV al XVI
e oltre, i particolari suddetti vengono di mano in mano
scemando, ci ravvalora in siffatta opinione. Del resto i
documenti più antichi, che si disse sussistere relativa-
(1) Lt serie delle Riformanze comincia yeramente dal 142S; ma di tale anno
e del successivo non restano che pochi atti (3 noy. 1428 - 17 aprile 1429) V'è
qoindi nna lacuna fino al 1434 (1 settembre) e altre molte in seguito.
(2) Ne furono autori Ser Angelo Colocci e Antonio di Angelo lesini, Stefano
Onofri da Massaccio ( Cupramontana) e ser Domenico Bartoli da Castelplanio. Di
essi Statuti abbiamo due edizioni in foglio, Tuna del 1516, in aedibut Hyeronimi
Soncmi, Fano: raltra del 1561 per Lucétn Bmum JtfiuUtMfitim, Macerata. Della
prima il nostro Municipio possiede una bella copia in pergamena.
FKSTA DI S. FLORIANO MARTIRB 53
mente alla festa di San Floriano, e che fknno parte
della collezione membranacea, chiamata già Archivio se-
greto, non trattano che dei pallii soliti a presentarsi,
come vedremo, in tale congiuntura dai magistrati del
Comune, dalle Terre e castella soggette od amiche, dai
feudatari dei dintorni.
IV,
Il volume degli Statuti del Comune e popolo della
Città di Jesi, eiusque comitatus^ fbrtie et districtus, ha
principio colla seguente sanzione, che forma il soggetto
della Rubrica I: Libro I < De Consilio fiendo prò festa
Sancii Floriani protectoris nostri. » 11 Consiglio, gene-
rale e di credenza^ dalla città e del contado, dev'essere
adunato secondo essa ante festum Beati Floriani de
mense Maxi. Al potestà, al gonfaloniere e ai priori, qui
prò tempore fuerint^ è fatto obbligo di convocarlo vin^
culo juramenti et sub poena XXV Kb. den. de eorum
uUariOf praedicto Comuni opplicandorum^ si contrafecennt
aut negUgentes fuerint. In tal Consiglio è prescritto do-
versi trattare la proposta:
€ Quid placeat previdero de feste Beati Floriani
celebrando, ad hoc ut populus eiusdem civitatis ad ea,
quae ad ipsum festum expediunt celebrando solenniter
se valeant preparare. »
S si ^giungo» che quidquid exinde exliterit ordì-
natum per dictos Potestatem^ Confalonerium et Priores
executioni mandetur. Ma per vero rare volte trovo nelle
Riformanze, che simile sanzione sia stata messa ad ef-
fetto! Oli stessi Statuti alla Rub. VI dello stesso libro I
fanno precetto, che ogni anno « do bonis et pecuniis
dicti Communis ematur unum pallium valoris et extima-
54 B TIRO A SBaNO COLLA BALBSTRA
tionis XL sol., et portetnr in festo Sancti Floriani gii«
bernatorìs et defensoris diete civitatis. (1) Quod portetnr
per dictnm Potestatem, Confalon. et Priores et alios no-
biles diete civitatis de mane in dicto feste, et cnm san-
cto Oeorgio noviter induto et ornato^ et dupleriis emandis
per dictum Gomnne et dandis Potestati, Gonfaloniere et
prioribtts, nobilibus et conciliariis predictis et offerendis
per eos et reliqnendis praesbyteris dictae Ecclesiae. » (2)
Inoltre» che il Gonfaloniere e i Priori debbano e siano
tenuti ordinare, che tutti gli uomini ilella città e del
contado retinentes asinos et boves offrano loco cerei iam
ordinati et consueti un tributo in cagione di pallio nella
seguente misura. < Quod quicumque habent et retinent
boveS| quamvis sint plura paria solvant prò uno jugo
tantum et non plus. Reliqui vero retinentes unum bovem
vel unum par bovum solvant prò rata prout retinent, et
prout hactenus facere consueverunt prò tempore. » E i
denari riscossi ante dictum festum dal collettore della
città e dai Sindaci dei castelli vengano nelle mani ope^
rariorum diete Ecclesiae Sancti Flortani. Come pure che
simili pallii od offerte siano portate < post portationem
Sancti Qeorgii, et sequantur ea omnes usq. ad Ecclesiam
(i) Questo paUio era di teU rosta, sospeso sd an*uU, e forse ?i campeg*
gisTs nel messo il leone d*argento, rampante e coronato ch*è lo stemma del Co-
mune. Non trovo però, cbe all'intensione dei legislatori ^9. stngiiiis wndt ematur
«mnn pallmm ecc. corrispondesse Teffetto, poiché il pallio stesso veniTa di anno
in anno riscattato pel presso di venti bolognini, affine di ofirirlo di nnovo. V.
pMsim nei Camerlengati.
(t) Oltre tali doppieri, trovo che il Comune offrisse annoalmente dve cerei,
che per ona mens. nel Camerl. 1548; a prop. delle spese straord. pel bim. maggio-
giugno appariscono del peso complessivo di libbre doicento gwinmtaquattro. E
che fossero realmente beo grossi risulterebbe anche dal fatto, che^i ricava da
piii mensioni nei Camerlengati stessi, de' due facchini impiegati a portarti dal
Palazzo alla Chiesa. Ma questi cerei non si rilasciavano, come gli altri doppieri
e sembra solo, che si facessero ardere durante le funzioni religiose; aggiungen-
dovi poi di anno in anno, come ne dimostrano altre menzioni, tanta cera, quanta
se n*era consumata, per mantenerli forse dello stesso peso normale. V. pasiim
nei Camerlengati.
FB8TA DI 8. FLORIANO IIARTHUB 55
Sancti Florian], nec secedant a dieta Ecclesia prout vi-
debitur et placebit praedictis domino Potestati ecc., et
omoes artes cum eorum palliis imitentur. » Infine che
€ sampto prandio (1) in dicto festo curratur palium e-
qnestre valorìs CC sol. et plus arbitrio dominorum Con-
faloaerìi et Prioram. »
V.
Tutto questo in generale, ove si eccettui quel Adm-
eto Georgia noviter induto et ornato^ è così chiaro da
scusare, mi sembra, qualunque spiegazione. Ma intorno
appunto a quel Sancto Georgia non saprei io stesso sen-
tenziare definitivamente. La chiesa in cui prima la me-
moria, quindi le ossa di San Floriano si veneravano era
di certo, e lo fu sino a forse tutto il secolo XV, dedi-
cata a San Giorgio. Di qui anche il nome della vasta
piazza, che le si stende dinnanzi, detta ora piazza Fe-
dericoy dairesservi nato lo svevo Federico il. Che un
simulacro di San Giorgio in quella si venerasse^ nulla
di più probabile. Il Comune quindi si sarà fatto un ob-
bligo, penso, di rivestire ogni anno il detto simulacro;
dacché non si potrebbe supporre, che ogni anno si pre-
sentasse un simulacro nuovo, come, interpretata lette-
rariamente, suona la prescrizione. Ma perchè festeggiando
San Floriano s^avesse da rivestire ed ornare il simulacro
(I) La spesa eoasaeta per siffatto praazo, a cui forse erano loTltati i prlad-
paB deUa cHtà e del eontado, risolta dai Camerlengati di fiorini 4, circa lire dieci
di BMcta nostra. Ma per Talntarla glostamente fa d* uopo rammentarsi, che il
praaso BMdio d'ogni genere alimentare era» massime nei sec. XV e IVI, almeno
olire qaiadlcl Tolte minore dell* odierno. Basti per ogni altra alleguione che con
■1 bologntoo, circa sei centesimi, potCTano acquistarsi libb. t (grammi 666) di
vMalla; eoa otto an agnello di giusto peso; con tredici Dna coppa /Ett. 0,35) di
grato e con tre e mezzo cinqae boccali, ossia dieci litri di vino. V. pastm nei
Camcriong. t nei Begistri
56 B TIRO A SBaNO COLLA BALBSTRA
di San Giorgio, ciò mi riesce incomprensibile. Né meno
sarebbe malagevole spiegarsi, come di tanti vestimenti,
lasciando indietro il simulacro, che destituito del suo
culto primitivo potò facilmente andar perduto, non sia
rimasta alcuna traccia, senza ammettere o Tuno o Tal-
tro di questi due casi. Primo che un vestito o£Eerto una
volta fosse di anno in anno lino alla sua consunzione
rilevato dai Sindaci o fabbricieri della Chiesa, mediante
un equivalente compenso, per rio£frirlo di nuovo. U che
invero risulta da parecchi documenti, che si praticasse
rispetto al pallio di seta offerto dal Comune. Secondo;
che Tequivalente compenso sostituisse più volte Tofferta
nominale del vestito medesimo. E questa ultima ipotesi
ne sembra per avventura convalidata dalle seguenti due
menzioni, registrate Tuna nel Camerlengato 1433, Taltra
in quello del 1434 fra le spese straordinarie pel mese
di maggio:
€ IX maii — Johani pacis prò vestimento Seti
Oeorgii in feste Seti Floriani, ducatum unum. »
€ 31 maii — Sindico Santi floriani dedit et soluit
dictus camerarius (un providus vir magr. Lucas sutor)
ducatum unum p. indumento Seti Georgii secundum for-
mam Statuti. »
il vecchio statuto, a cui per tal menzione apparisce chiaro
che in questa parte, e forse in moltissime altre, si con-
formasse, come si ò detto, il nuovo. Ma è singolare, che
dopo la redazione appunto di questo non si trovi più.
cenno nò nei Camerlengati nò altrove di tale curiosa co-
stumanza, già smessa forse prima del finire del secolo XV.
VI.
Gli Statuti però non parlano, nò mi riesce d'indo-
vinarne il motivo, di quella, che dev'essere stata per
FBSTA DI S. FLORIANO MARTIRB 57
certo la più cospicua cerimonia civile di un tal giorno
solenne; Toglìo dire la presentazione dei pallii delle ca*
stella del dominio. Eppure noi sappiamo, che si annet-
teva ad essa tanta importanza da considerar quest'atto
come la sanzione più inconcussa dei diritti e delle pre«
rogative del Comune. Onde in tempo più antico vediamo
obbligati alla presentazione del pallio anche i feudatari
dei dintorni, che al Comune medesimo si sottomettevano,
(1) come troviamo, che facessero simile omaggio parecchie
Terre e Castella circonvicine, quantunque non immediata-
mente soggette, per testimonianza di rispetto e di devozione.
(2) I documenti, membranacei e cartacei, che intorno a
questo negozio si conservano nel nostro Archivio sono in
numero veramente strabocchevole; e col loro numero
stesso stanno a riprova dell' importanza predetta. I pallii
di cui è parola, appellati anche Bravi (Bravia) e tal*
volta vessilli, apparisce che dovessero esser di seta, de
wricOj rossa per lo più, al pari di quello del Comune.
A presentarli era deputato un sindaco, procuratore, at-
tore o nunzio eletto ogni anno in general parlamento o
Consiglio delle Terre o Castella mandanti. Del censi*
glie veniva esteso Patto per man di notaio, secondo una
norma per lo più comune, col titolo di Sindacatum o
Mandatum ad pallium offerendum; e questo altresì in
originale o in copia era dal Sindaco stesso recato. An-
tìchissimamentiie vi si accompagnava un'offerta di cera,
della quale però in seguito non rinvengo menzione. Nei
(1) ▼. jMMim nel Codice membranaceo segnato ^ tomo I® e 1®
(2) Tali sono, aecondo i Dos tri storici e secondo le indagini da me fatte, Api-
re, Domo, Frontale, Montalboddo, MontenoYO, Montefano, Serra de* Conti, Serra
S. Onirico, Staflblo, Sasso, Tornaziano. A cui aggiung^nsi queste altre, soggette
temporaneamente: Accoli, Avoltore, Barbara, Cbiaravalle, Castel Montano, Cori-
saldo, Follonica, Rotorscio e Rovelliano; sensa dire di qualcbe altra TÌlla di mi<^
•ore taportania.
58 FESTA DI S. FLORIANO MARTIRB
Sindacatus o Mandata leggesi anche il valore del pallio
che pei Castelli soggetti era determinato dal nostro Co*
mune secondo la maggiore o minore importanza loro
dedotta dal numero dei fumanti^ ossia delle famiglie.
Cosi nel Consiglio di credenza del 5 maggio 1453 trovo
per grinfrascritti castelli statuita la seguente gradazione
Mftssaccio (Cupramontana) Montecarotto ,
Poggio San Marcello e Belvedere .... bologn. XXV
Maiolatiy San Marcello, Musiano (Monsano)
e Monteroberto » XX
CastelplaniOy Rosora, S. Paolo, Castelghi-
bellino (Castelbellino) Poggio cupo, Sissiano » XV
Similmente vi si legge, oltre al giuramento di obbedienza
alla S. Romana Chiesa, al Sommo Pontefice ac Inclite
et Magnifice Comunitate Exine^ la promessa di conser^
vare il buono, pacifico e tranquillo stato della Comunità
e di cooperare alla distruzione omniumy qtd contra ^sni$
Gois pacificu. statum in altquo attentaverint vel pertuf^^
bavermt tacite vel palam; obbligando tutti gli uomini di
ciascun castello se stessi e i proprii beni mobilia et im«
mobilia. La presentazione doveva farsi MagS^ Doìninis
Confalon. et prioribus diete civitatis Exni più anticamente
nella Chiesa stessa di San Floriano, quindi in Palazzo.
Da un brano di una curiosa sentenza data nel 1748 dal
governatore di Jesi in una delle tante questioni fra la
Città e i Comuni del contado ricavo, qualg avesse ad es-
sere anche in tempo più antico la prammatica di tale
atto solenne. I palili, vi si dice, dei castelli soggetti de-
vono presentarsi innanzi al Oonfaloniere e ai Priori no-
bili, ossia i soli priori cittadini (1) habitu magistf^ali m-
(1) Erano questi da poco oltre la metà del see. XV in giù in nomerò di due,
e tre erano i priori del contado; i quali insieme col Gonfaloniere, sempre citta-
dino, formaTano la Magistratura della Magnifica e Regia Città di Iesi. Tale ma-
gistratura, come la piìi parte degli altri officiali pubblici estraevasi a sorte bi-
mestralmente da un bussolo, detto il bussolo del Regime o del Reggimento. L'uso
ht durato fino ai primi anni del secolo presente.
X TIRO A 8BGK0 COLLA BALESTRA 50
dutis^ sedentibus in parte digniori primariae mansionis
seu cubiculi publsci Palata cum strato subtus pedes, con^
Mcdente ab uno latere in linea transversali Sindaco Civi^
tatis et Universitalis huitismodi. Quanto ai priori comita-
tivi, esser loro lecito interesse actui predicto, hoc tor
men conditione^ quod tunc consedeant induH consueto
habitu magistrali in linea transversali ab altero latere
predtctae mansionis extra stratum. Né per la loro pre-
senza nullo modo praetendi possiti quin Civitas et Comu^
nitas AesH iur amenta et pallia recipe^^e intelligatury et
qmn eidem Civiiati et Comunitati praedicta castra et
loca fidelitatis et obedientae juramenta praestare ac pre^
sentore censeatur. Se poi detti pallii si offrissero in ho-
guito alla Chiesa, e quindi si riscattassero per rioffrirli
successi vamentOj come abbiamo veduto praticarsi pel pai*'
lio dei Magistrati della Città, niun documento mi auto-*
risza ad asseverarlo. Poiché le menzioni, che si trovano
spesso nei Camerlengati (ed ecco un altro particolare)
di trombetti a cavallo deputati ad accompagnare i pallii
delle castella, (1) tanto si possono riferire airaccompa-
gnamento in Palazzo^ quanto in Chiesa. Del resto si sa,
che in Chiesa erano recati tutti gli altri pallii, di cui si
ÙL cenno nella Rub. IV Lib. I degli Statuti, addietro ri-
ferita.
VII.
Oli altri ricordi, che attinenti alla festa, di cui par-
liamOi trovammo nei libri pubblici, massime nei Camer*
(t) Tali mmsloBi le ho troTate in itpecie nei Camerleng. del see. XVI. Tal-
gaso 4*eteaplo le due segg.
Caaerl. Ì5i7 exit eitr. malMunil
Per tre caTalli p. li trombetti eh. accompagnò (sic) li palli il di de San
ftoraao, a boleg. sei Tono boi. 18
Con. 1548 e s.
F. la THtora d. dot eavaUi menati dalli Trombetti p. accompagnar II botai 11
60 FESTA DI 8. FLORIANO MARTIRE
lengati si riferiscono a queste quattro consuetudini: l^
alParmata prò festa Sancii Floriani; 29 ai pifferi, tam-
burini, suonatori di liuto ed altri strumenti invitati dal
Comune ad allietare la solennità; 3^ all'anello da cor-
rere; 4^ alla luminaria. Per armata intendevasi, con un
po' di amplificazione, un certo numero di cittadini o comi-
tativi, chiamati, com'oggi si direbbe, a prestar servizio,
a tutela dell'ordine e decoro della festa. La città aveva
in quei tempi, e il privilegio glien'è durato sino al fi-
nire del secolo scorso, una milizia propria divisa in
quattro compagnie. Ma non credo che almeno una com-
pagnia intera fosse volta per volta invitata a tale ufficio;
perocché le spese di pane, vino e altri comestibili regi-
strate prò armata Sancti Floriani fanno supporre il nu-
mero de' suoi componenti piuttosto ristretto. (1) Tuttavia
colla stessa amplificazione l'ufficiale eletto di anno in
anno a comandarla fu per qualche tempo chiamato co-
nestabile, e solo dal primo quarto del sec. XVI in poi
più modestamente capitano. (2)
Dei piffariy trombetti e tamburini spesseggiano le
menzioni nel secolo XV e nel primo ventennio del XVI,
in cui per qualche anno ne trova invitati da dieci a
a quindici tutti forestieri; e con essi altri suonatori di
ciarambelle, di liuto,' 4j!A{pdt di cetra e di ritechini. Ve
ne son da Cingoli, da Tolentino, da Montenovo, da Fano,
(1) Valgano le segg. meniS^ni-
Camerl. 1433 22 magg. — Becchariis p. earnibos in festo Seti Floriani dn-
ti8 armatis p. libri» trìginta agnellinia bolon tresdecinu
Id. 1475 bim. maii-jun. Pane per armata e. a. boi. 30: vino aeasanta boc-
cali, boi. 42
Id. 1540 bim. e. a. Spese de li fanti d. l*armaU di S. Fiorano fior. 2 boi. 12.
Id. 1550 bim. e s. Giulio fomaro p. pane dato p. la spesa d. fanti nel di
di S. Floriano cioè pizzicate 66, monta fior. 3. 12. 61.
(2) Ksso era un nobile e retribuito per tale ufficio, semplicemente d* onore, con
fiorini quattro. Solo nel 1535 trovo essersi dato a Girolamo Ripanti, né so per
qnal causa, la cospicaa somma di fiorini venti. V. Camerleng. ad anu.
B TIRO ▲ SBQNO COLLA BALBSTRA 61
da Sanseverino, da Matelica, da Urbino, da Macerata,
da Serra de' Conti, da Sassoferrato, da Recanati, da
Montelapone, da Camerino. Noto fra gli altri, nel 1475
doi trombetti delF IlL Signor Duca cf Urbino^ retribuiti
con nn fiorino per ciascuno, e nel 1520 (1) un luttino e un
Trombettino tubicinibus III. dm Io. de Medicis (Qiovanni
dalle Bande nere) pulsantibus ut supruj cui fu dato flo^
renum unum cum dimidio. (2) Di suonatori iesini non è
fatta parola; ma v*è ragione di credere, che almeno i
tubicini 0 trombetti e i tamburini di palazzo e della mi-
lizia per obbligo di servizio prendessero parte alla f^sta.
La corsa all'anello, la più importante e popolare
di tali consuetudini, è quella altresì, di cui ci resta il
maggior numero di ricordi, e ch'ebbe una durata lun-
ghissima^ trovandosi ancora in pieno vigore, quando le
altre o erano cadute o illanguidivano. Giuoco o eser-
cizio di trarre alla mira, che si voglia chiamare, la sua
pratica è delle più comuni da per tutto. E superfluo quindi
il diffondersi a descriverla. L^anello, d^argenlo, o di rame
inargentato appiccato ad una corda (3) era corso nella
nostra festa sulla piazza di San Giorgio o di San Fio-
rianoy probabilmente da uomini a piedi; e il vincitore
Taveva in premio. Il Comune riscattavalo quindi da lui
(I) V« CaflMrl«Bg. ti7i-77 nel protp delle spese straord. p. bfin. magglo-
gittgBO t47S» BOB ettaado questo codice cartoUlo.
(t) V. Camerl. 1M9-Ì0, bob ctrtolaio esso pure, al titolo exit eitraord. ma-
it*laìi 1590.
(3) V. le flieniioBi relative Bei CamerìeBgali pMtim: la eorda v'è detta pt-
rccckle volte ngcne/lo. eone Bel seg. esempio:
« Bastiaoello Trìccolo p. Baa pest e mesa d. rigaBello p. attaccar V aBollo
Mi A de S. FioraBO ■ Camerl. 1549.
• ••• volta, Bel CamerL 1476^ corda piaona, QaaBto alPaBello ehe, come si dice
appresao. riscattavasi dai viacitori, lo vedo registrato Begl* laveatari delle soppel-
leuill del Palazto. Ma ael 1590, aaebe questa piccola Botiila voglio aggiangera
• 4ev'aaserai perduta a bob dev*es8ere stato riscattato, trovaodo ael prasp. della
ayaaa slraard. del bim. flMgg.»ging. essersi pagaU
Magra la. bapu aariZcl p. aaalo la festa 8act Florlanl bolog. 80.
6^ PESTA DI 8. PLORtAKO MARTIRB
pel prezzo di venti boiognini, ossia mezzo fiorino, affine
di servirsene per Tanno venturo o per altra occasione:
avendo trovato, che Fanello si correva anche nella cele-
bre solennità annuale per la riconferma di dominio sulla
Badia di Chiaravalle* Alla corsa partecipavano i cittadini
e i comitativi e anche i forastieri, essendo registrato nel
1475 come vincitore un trombettino da Fabriano: (1) e
tra i cittadini i nobili altresì, come risulta da quesf altra
registrazione d^l 1522 (2).
€ Nicolao Polidori Sanctoni p. anulo p. ipsuìn vieto
in feste Sti Floriani et ab eo redempto, bolon. vigint. »
Della luminaria infine, quella fatta a spese del pub-
blico, s'intende, nulTaltro si può dire, se non che il Co-
mune impiegava per essa annualmente venticinque libbre
di cera (3).
Vili.
Tale la pratica ordinaria; a cui fu aggiunto nel
1453 Tesercizio del trarre a segno o a bersaglio colla
balestra. Questa nobile e utilissima istituzione ha in Ita-
lia una storia molto antica e gloriosa. Essa fu già scritta;
e noi la dobbiamo a quel benemerito patriotta, ufficiale
valoroso e non meno valoroso artista^ ch'è il cav. .An-
gelo Angelucci. (4) Nel suo lavoro, è superfluo il dirlo,
Terudizione è pari air importanza deir argomento e al-
Taffetto dell'Autore per tutto ciò che concerne il decoro
e la grandezza della Nazione. Molti e preziosi sono i do-
(1) V« Canerl. 1474-77 nel prosp. delle spese strnord. p. bio. na^.^gis. 1475
{t) Cunerl. Ì53I-» e. 1167.
(3) V. pesnm nei Camerìeogatì.
(4) H Tiro a Mgiio «i Italia dalla tua originf.tmo ai nottri giomi: Cenni $i9^
rid con documenti inediti di Angelo Angeìucd capitano d*artigtieria: formo 1866^
Tip, BagUme e Camp,
fi Ttko A sbGNo Colla bALBstRA 6d
coment! allegati vi, e bella mostra fanno per essi in quel
libro anche le città delle nostre Marche; Osimo innanzi
a tutto, ove Tislitazione del Tiro è anteriore al 1338;
Recanatii Ancona, Cingoli e Jesi, che Tebbero nel secolo
XV. Ma quanto a Jesi, in cai da un documento prodotto
dail^Angelucci parrebbe, che Tesercizio suddetto avesse
avuto principio nel 1486, le mie indagini mi posero in
grado di riportare, come si vede, un tal fatto a ben tren-
tatrè anni più addietro. — Ho cercato con molta cura
nei nostri Storici e negli atti pubblici del tempo, per co-
noscere se esso si collegasse per avventura a qualche
avvenimento di speciale importanza nel Comune. Peroc-
ché si sa, che l'istituzione^ e meglio si direbbe ora rin-
novazione, del Tiro nel 1486, resa nota dall' Angelucci,
(1) ebbe origine dalla festa statuita per pubblico decreto
a ricordo della vittoria riportata dalla parte fedele alla
Chiesa contro i ribelli di essa (2). Della qual cosa si fa
motto nel medesimo atto consigliare del 19 novem]i>re
di quell'anno. Ma nel caso nostro TAtto consigliare ifon
ne dà veruna spiegazione; né T esame di tutti gli ajtri
atti di quelUanno e deir antecedente m'offrì alcQ)i che di
aomma rilevanza. Non parliamo dei nostri Storici, pei
quali al solito ciò che più si desidera di trovarvi o man*
ea del tutto, o v'è appena accennato. L'unico fatto im-
portante* che risulti dalle Riformanze nei primi m^si
del 1453, è la riforma degli Statuti per opera di un Fra
Giovanni, che dev^essere senz'altro Giovanni da Capistrapo.
Egli era qui venuto, come appare dal Consiglio generale
(1) Intorno a questa il cbUrissino scrittore pubblicò anche una Memoria a
^arte col titolo: Feste mumeipali commemorante e Tiro a tegno in Italia net m-
eolo jrV. Brano 4i Storia ieiàia oon documenti inediti ecc. — Torino BagUone
1861
(t) Di tale importantissimo Tatto della nostra Storia municipale mi oceoperò
fra non molto; oTondo già raccolto e ordinato tatti I non pochi documenti rela-
tivi al medetlmo.
64 FESTA DI S. FLORIANO MARTIRE
del 7 gennaio delPanno suddetto a far pace tra la città
e il contado; (1) ma di che pace qui si tratti non sap-
piamo, mancandocene ogni altro indizio.
IX.
Ecco ora il prezioso documento, che trascrivo nella
sua integrità dal voi. delle Riformanze 1452-55 carte 124
die XXVIII aplis 1453
€ Consilio credentie Givitatis Exii. In quo fuit de-
cretum q. omni anno in feste Seti Floriani suptibus Cois
extrabatur una balista valoris ducator. duo; ad quam
no. possint trahere nisi Cives et comitativi Exii; et me-
lior ad verzaglìum habeat balistam cu. duobus sagiptis; et
nomini liceat trabere nisi habeat balistam suam ppriam. »
L^atto consigliare, che così comincia, ed è re-
datto in modo piuttosto diverso dal consueto, reca quin-
di altre tre sanzioni di non molta importanza. Dico re-
datto in modo diverso dal consueto, perchè la pratica
comune era d^ndicar prima la proposta; quindi riferire
il dictum consultorts sopra la medesima e infine la ri-
formanza o deliberazione col relativo risultato dello scru-
tinio. Ma si vede, che il cancelliere di quel tempo, un
certo Vanni di Simone da S. Angelo in Fontano, amava
d^andare per le brevi; dacché parecchi altri atti antece-
denti a questo, e parecchi de^ susseguenti sono scritti col
medesimo tenore. Non potendo quindi dire alcuna cosa
davantaggio relativamente al documento suddetto mi terrò
pago di riferire i nomi de^ Signori^ nella cui reggenza la
deliberazione fu presa- e^.di quelli che dovettero darle
esecuzione. I primi sonò:
(1) V. Rffora. iid2r55 a e. 8». t<^*
B tmO A SBGKO COLLA fiALBftf HA 06
Angelus Petrismonis (Ghislieri) conf.
Florianus Thome
Johannes Fabri de Belvederi o )
Tomas Buldrini de Sto Paulo ) ^^^^
estratti ai 18 febbraio 1453 pel bimestre marzo*aprile
i secondi:
Corradus Jobannis Manuiii Confalon.
Oalvanns Antonii Galvani ]
Jobes Brenchi de Monteroberto ? priores
Franciscus Maziroi de podio Sti Marcelli )
estratti ai 22 aprile pel bimestre maggio-giugno.
E poiché ai Consìgli interveniva anche il potestà
0 pretore, non parmi di dover lasciar indietro il nome
di questo un dominns Benedictus de Cintiis de Visse,
stato in carica dal P marzo a tutto agosto del più volte
nominato anno. (1)
X.
Ma si ha ricordo, potrebbe domandarsi, che negli
anni successivi la deliberazione del Consiglio credenziale
del 28 aprile 1453 fosse messa in esecuzione, ossia che
queiresercizio del Tiro a segno diventasse una pratica
ordinaria? Nei libri delle Riformanze per vero, posteriori a
quella data, esaminati da me colla piii scrupolosa diligenza,
non ne trovo più motto fino alFanno I486. Ma devo dire,
che dopo il volume contenente gli atti dal 1 aprile 1452 al
9 marzo 1455 abbiamo nella serie di quelle una lacuna
di dodici anni, fino al 10 febb. 1467 e un'altra di due dal
(1) n potestà seeondo le leggi della anUea iiostrA repobbltca era aeisettrale;
■a poteva veair rifemato; Il ebe per altro toeeedeTa raramente. Ogni poteità
aveva obbligo di condor eeeo un gindiee collaterale e nn certo numero di doo-
telli, eatelliti o ablrri, ebiamatl tutti Insieme la sua famigUa, V. ^afswi. i voL
Mie Bifora, e del Registri.
Àrtk. St Jforvà F. /. I
66 ¥ÉStJL DI S. FLORUKO MARTtRB
16 luglio 1481 al 25 giugno 1483; senza tener conto di
lacune parziali, che qua e là si riscontrano. Similmente
non se ne trova indizio di sorta nei Registri, la cui col-
lezione, non è a dire quanto preziosa, comincia nel nostro
Archivio coiranno 1474. Pure, che il Tiro si facesse nel
1467 è chiaramente testimoniato, mi sembra, dalla se-
guente menzione, registrata entro il libro del Camerlen-
gate di quell^anoo nel prospetto delle spese straordinarie
pel bimestre maggio e giugno.
€ Item dedit (il camerlengo, Evangelista Angeli
Vagnoli) et soluit p. balista, que empta fuit prò feste
Seti Floriani, ducat. unum. »
Dove senz'altro deve intendersi la balestra, che
secondo la deliberazione del Consiglio sopra nominato
era assegnata al miglior tiratore. Et melior ad verzon
glium haheat bahstam cum duohus sagipiis. Che se tal
menzione non si riscontra nei Camerlengati del 1465 e
66 e in quelli del 75 e 76, degli altri anni non potendo
dir nulla per la mancanza dei codici relativi, ciò potrebbe
far supporre, che non vi fosse stato bisogno di com-
prare la suddetta balestra. Certo il Comune ne avrebbe
dovuto possedere in proprio più d^una !
XI.
Restami a dire alcuna cosa della fiera, che come
a tutte le feste di maggior momento, così alla nostra
trovasi inseparabilmente congiunta. Anche di essa però
si perde Torigine neirincertezza delle prische memorie;
quantunque non andrebbe forse molto lungi dal vero chi
la reputasse contemporanea o quasi alla festa stessa.
Certo nel secolo XV apparisce già come una consuetu-
dine ordinaria; e anno per anno si trova mentovata nelle
K TIRO A SBGNO COLLA BALESTRA 67
Rifonnanze, nei Camerlengati e nei Registri insieme colle
altre dae similmente assai antiche di Santa Maria di
mano e di San Settimio in settembre (1). La sua du-
rata allora e per più tempo appresso era di otto giorni,
quattro inDanzi e quattro dopo la festa; e pubblicamente
si bandiva ogni anno per Tanno successivo. Nel 1498
poi, (Consiglio generale del 20 maggio) (2), trovo che
s'istituissero dei consoli^ qui ias dicant mercatoribus in
g»5» nundins; Aé* quali, non altrimenti che del conestabile
già nominato, ordinasi q. fiat bussolus duraturus p, tato
tempore htdus cùnfecti regiminiSy cioè del rinnovato Reg-
gimento. Dal Consiglio stesso apparisce ciò farsi in con-*
formità di quanto praticavasi nella fiera di Recanati (og-*
gi di Loreto) (3), la più celebre forse in quei tempi di
tutta la Marca. E secundum formam et modum diete d^
titatis reehanatensis v^è deliberato di ordinare dei capi*
teli così per detta fiera, come per quella di Santa Ma*
ria di marzo; i quali in effetto furono facti e instituti
neiranno susseguente. (4) Le due fiere, è in essi dispo^^
sto, debbono essere franche a tutti; cittadini contadini e
forastieri all'infuori dei ribelli, sbanditi o nemici della
Santa Romana Chiesa et sopra ad tucto singulariter la-
iranij faltarU et tucti li altri de mala fama; dalla cui
uumza ad tucto ne abdicamo et refutamo. Ognuno nel
dieta tempo possa mettere^ vendere^ trahere et comprare
ogne generatione de mercantie et de animali senza datio al'
(t; Ddla iera di Sin Settimio abbiamo memoria fin dal 1904 in una onriofa
reltiiaiit, in pergamena, di an Banditore del Comune, andato a pubblicarla il %
• 0 4 acttcmbre di quell'anno a Perugia e in AssieL La Aera t*è detto aver prin-
cipio ni ti teltembre e terminare al 15 d'ottobre. V. Libro delle pergamene se-
gnala eoUa letL C. num. progress. 19.
(S) ▼. Bliorm. od annnm.
(3) I rteordata spessir elmo nei nostri libri pubblkl per le eompore dm Q
it TI faceva.
(4) Bnglstrv 1198-1501 e. 46 t, M t 51
68 PESfJL DI S. BXORtAKO MAllTtRfi
ctmo overo gabelUty excepta la tracia detti grani et hiadij U
quali debiano pagare p. omne tempo li dai holog. p. soma
secondo el consueto. La franchigia sia duratura dagli otto
dì innanzi fino agli otto dì de poi delle dette fiere; (l)
durante il qual tempo ninno possa essere cosirecto et
convenuto da alcuno suo creditore per debito contratto
in antecedenza, né p. represaglie del Comune^ salvo che
p. débito se contrahesse o facesse nel tempo delle diete fiere
p. lo quale se possa convenir e costregner ad quello che
rasione volesse. Inoltre che per qualunque quistione lite
e controversia p. qtuxlunq, modo se fusse e con qualunq.
casione se contrahesse nelle fiere predette debbasi e si
possa recorer atti consoli deputati della fiera ^ li quali
debiano havere el loro notaro el qtuile scriva tucto; li quaU
consoli habiano arbitrio diete questioni deddet^e et ter-'
minare sumanCy simpliciter et de plano; et nullo advo^
calo né procuratore possa intervenir, p. nullo litigante
denante atti dicti consoli sotto pena de XXV libr. p. cia^
schuna volta. E da ultimo, lasciando indietro altri par*
ticolari di minore importanza, che non sia licito ad al^
cono reponere mercantie in le chiesi (sic) né anche in
esse alcuna cosa vender o comprar; et se alcuna per^
sona contrafacesse cada in pena de libr. XXV^ et lu re*
ctore de la chiesia consentiente et non protestante al mer^
chatante sia tenuto ad interesse. Et intendasi de le chiesi
che sonno in la ciptà. Ma lìeì vero^ rispetto alla fran-
chigia e r esenzione da dazi e gabelle^ non altrimenti
che all^eccezione di ribelli e nemici, parecchie di tali
prescrizioni erano già in vigore precedentemente; trovan-
dole ricordate ne^ bandi annuali per le fiere stesse.
(1) In questo modo doTO intendersi il primo eapoTerso dei capit suddetti;
• In prima eh. le diete fiere cominzeno felicemente ceto dì nanxi le diete fe-
ste, et dureno fine ad oeto dk de poL •
•Tendosi per altri doeumenti antecedenti contemporanei e posteriori, ebe la du-
rata dell'una e deU* altra non sorpassava gli otto giorni o i nere, compitata la
festa.
S TIRO A SEONO COLLA BALESTRA 69
Xll.
E qui è tatto. I fatti del genere di quello, che mi
sono ingegnato di ritrarre hanno anch^essi un valore non
lieve nella storia dei popoli. Culto, tradizionii leggi» co*
stumi) lingu.iggio mutano e si trasformano continuamente.
Ma non restano meno soggetto costante di studio pro-
fondo^ fonti inesauribili di peregrine e utilissime inve-
stigazioni, di applicazioni pratiche iti ogni tempo e in
ogni caso. Di qui la necessità che nulla si perda, che
si cerchi anzi raccogliere il più che sia possibile di ma-
teriali di qualsiasi specie. A noi quest'ufficio^ altri me-
glio valenti facciano il resto.
Jesi. 15 LogliollSra
Antonio Ounandrha
APPENDICE
DOCUMENTO I.
Il aeg. alto si rìrerisce pei trovarvisi la più antica menzione del
culto di S. Floriano in Jesi.
IKSTRUH. GOSrCBSSIONIS FACTE A TRASMUNDO ET HU6l)Tri0!IB P. SE
ET FlUIS COMITIS RAINALDI EOR. NEPOTIBS DB CASTRO MURRl ET SltS
CURIA COHUNII ESII. '
Exemplttm cuiusdam instri btc incipientis. Anno dnice incar-
naiiouis Millo e xc mi mense madii IndicL xii et regnante hen-
rico romanor. Imperatore. Ego quidem in dei nomine Trasmando
Comes et uguccione filio meo et p. filiis comes rainaldo meisq.
nepotibs q. est in mea dominatione et meam segnoriam ipsis et
omnia sua bona q. pater suus in obitu suo conmisit in me facere
et faciendi qoicquid michi placuit de ipsis et de omnia sua bona.
Ego pdictus Comes dono et trado et concedo atq. sacro iure pro-
pietatis p. donationem. It. p. dictis personis concessit et conGrma-
vit ipsam donatione. vobis comune hesine civitatis tam maioribs
q. minoribs in ppetuum possidendum. Id est castro muiTO et eius
curia et cum ombis suis ptinentiis tam intus quam de forìs et
cum bominibs et cum suis possesionibs q. nnllam relevationem fa-
cimns neq. p. nos neq. p. allis p. nos Ila ut habeatis leneatis
possidealis a die psente in antea p. guerram p. pacem et facere
et faciendi quicquid vobìs inde placuerit sine omni querimonia et
sine omni occasione legis in ppleum quod exlramus nos pdcte psooe
de p. dieta nra pprietatis (sic) et de nra donatione et donamus et
coroìltimus alq. Iransactamus in vostro dominio et donatione et
in vostram pprietatem iussimus, et liceat vobis facere quicquid
vobis placuerit p. omi tempore. Ilem pdiclis psonis hanc dona-
tioem concessit cum bono animo et cum ppriam bonam volunlatem
ipsam donatioem iussit pdiclum castro (sic) ab bominibs de ipo
APPBNBICB 71
eoamno de hesioe civìtatis p. claves et portes et p. totis aliis suis
ptioenliis 3icut sopra dictum est et insup. proitimus et obligamus
Bos sopra die ti datori (sic) vi nris heredibs vobis pdctis coinuDO
aoaiiBe pensione dare annualitbr ih lib. cera a Sangtu Floriano
et pmiilinuis et obligamas dos auprascripti datori omia supra scripta
res qood sicot super legunlur firmu. tenere et bene obsvare p.
ooìi lepore in ppetuum et si contra hanc cartuiam donatiois ire,
leDlare, agere, causare aul ininuare vi disruropare seo falsare vo-
IneruDus et omia que supra scripta suot et pmissa no. observa-
verimus et concta no. adimpleverimus, pmitlimus vobis dare co-
mano Domica pene gcg libras bonor. luce et post pena soluta hane
eartolaoi dcoatioem firmam et stabilem p. maneat in pptuom. It.
sopra seripii datori beo carlula donationis Oeri rogavit et p. cor-
paiem sacramtum affirmavit firma, tenere p. orni tempore omia
sapra scripia sunt et concessione et dooatione facta ^ Matbeo
de villano ti!stis ^ Bernac^one de go^o gislerij ii« Masetto de Si-
mone t' ^ Matbeo de falco t.' Marino de rigo t." >b Spa t." lii
Matheo de bemardo t." investitor foìt. Ego Albertutins tabeltio
scrìpsL
Ex Libro sub. tit. Memoriale civìtatis Aesii et antiquitatum
soaram pag. iv.
DOCUMENTO H.
BSBHPLARB DI MAXDATO 0 SINDACATO « AD PALLIUM OFFERENOUM. »
lo dei noie Amen. Anno Dui hdx, Indictioe tertiadecima,
tempore S."^ i X.* prixs uri dni Julii divina pvidentia pp. secundi
die vero prima mens. mail pntis Anni.
Congregato et cohadunaio pub.*^ et gnali Consilio Cois, ho-
minom et oniversitatis cast. Belvederis Coitalus Civit. Esii ad so-
nom campale et vocem bayuli de mand. puidor. viror. Sr. Jo. Au-
gostioì de Fibris, Gasparis Quiriaci et Prancisci Martini Quatuor
el Massari! (sic) regiminis dicti castri et etiam de mand. Sr An-
geli Peregrii.i de Musciano capitan, dicli castri Belvideris i. suffi-
eieati nomerò more solito congregato el cohadunato in palatio dicti
72 APPBNDICB
castri anaoioùter et coocorditer et Demioe discrepante, spoote et
Olili meliore mo., via, jure, causa et forma qoibus magis at me-
lius potuenint, fecerat, costìtuerut, creaverut et legttime ordina-
venit eor. et cojasq. ipsor. veru. et legitmum siodicum comune ao
aetorem, exìbitore. et certum nuplium specialem vi si quo alio no-
mine roefius et validius de Jure et secund. consuetudinem dici et
censerì pot. providum virum Guasparem Quiriaci de dicto castro
pntem et acceptantem specialiier et nomìnatim ad comparendn i.
die festi divi Floriani pntis anni et ad (emplum ipsius coram Mag.*^
dno Cancellano Coitaiìs Mag.""* Civiialis Esii ad èxìbend. et no-
mine et vice Coitalis et universilatis dicti castri presentandum pai-
liam sive vexillum Coitatis et un iversitalis dicti castri in signam
carìtatis, subiectionìs et sancte obedienlie habile et babende p.
pfatam Coilalem et unìversit. eidem alme civìtat Esii. Et genera-
iiter ad ernia et singla alia faciendum, gerendu. et exercendu.
que in prefata subieclione et obedientia et augomentiim rei pub.
eìd. Mag,*^ Clvit. Esii pertinent et requirit. Promictenles dieta Coi-
tas et consilìum consiìl., ratum, cognitum et firmum ppeluo ba-
bere, inviolabil. tenere qid quid p. dicium eor. pcuratorem factum
gestum et pcuratum fuerit sub ypolheca et obligatioe omiu. suor,
bonorum diete Coitatis et consìlii. In sup. volentes dicti consti-
tuentes dictu. pcurat. ab orni onere satisdationis relevare promise-
runt mihi nota rio iofrascripto ut pub."^ p.* p.nti, stip.^' et recip.^
vice et nomine quor. inlerest. vel in fulurum interesse poterit de
judicio sisti et judicatum solvendo i. omibs suis clausulis p. quibs
omibs et singulis juraverunt in omnem casum et eventum huius
eu. sub pena et obligatioe pdict. et virtule dicti pstiti juramenti
rogantes me not infrascripL ut de pdictis omibs pub. conficerem
instrum. ad omne plenu. et validu. in jure consist. mandatum.
Actum i. casL Belvederis in palatio dicti castri juxta bona Bla-
xii Jac. Blaxiiy bona Comun. et alia lat. psenlibs. Mgro Benediclo
de podio S. Marcelli et Berardino Antonii de Musciano (eslibs ad
hoc hitis et vocat. Et ego Nicolaus Aogelellus de castro Belvede-
ris comitatus Civit. Esii pub. imper. auclorit. noi. pdictis omibs
et singlis inlerfui eaq. rogalus scribere, scripsi et publìcavi si-
gnumq. meum apposui.
Ex Registro Cois ano. 1510-14 e. 21 r. et l
APPENDICE 73
DOCUMENTO HI.
PiOIBaiOra DI RECARE k VEEDSR BIADE E ALTRE DERRATE HELLE TERRE,
CU AVESSERO MANCATO AL DEBITO DI PORTARE IL PALLIO IL DÌ DI
8. FtOBIAVO.
1356 iO luglio — In publico et geDerali Consiglio Civiialis
et loUns Comitatos Esiì ex preceplo dnì Andrea de Thollentino
CiviUL predicle potestatis convocalo, sup. propos. De bono et uti-
iitate dieli ComuDiSy Petrus Grinaaldi, unus de diclis consigliariis
siif]geu ad arrengheriani consuluit. Quod sit lìcitum unicuiq. cìvi
ei cooiiuitivo portare eor. biada ad vendendum quocunq. placue-
rit» salvo q. nemini sit liciL portare ullam blador. nec vcrum aliar.
geflereliooein ad aliquam illar. terraruin, qiie non apporlayeruni
palia dìeto Comuni io festo Seti Floriani prout tenent. secund.
(onDam pactor. int. dict. Comune et dictas terras. Et si quis con-
trafeoerit solvat pene nomine xxv lìbr. deuarior., cuius medietas
sii Comuois predicti, alia vero invenloris. De quo misso partito
ia Ine forma q. quibs placuerit dìclum dicli Peiri sedeant, et qui
Tettali eoDtrarìum exurgant, placuit omnibs, et sic obtentum fuit.
— AeL io palatio dicti Comunis preseotib. Mulio Lupi, Contholino.
Guidi, Mariao Albìxie. Aotooio Marini, Alleuntio Bariholomei, An-
giolao Fratboni et pluribs aliis — Johane Vanutii de Esio notarlo
et eaaoelL
Eo. Libro C n. 21.
DOCUMENTO IV.
CAFITOU PER LE FIERE DI S. MARIA DI MARZO E DI S. FLORIAHO
Io mai^ Capitula nundinar.
b dei DOfDioe am. Anno dni mcccclxxxxvihi Ind. 11 Tempor
S.^ Uf ehrislo pris et dnì nri dni Alexandri divina providentia
pp. scxti et die xviii martii. Questi ìnfra.sti sonno li capitoli
et ordini facti iostitnti et ordinati p. la M.*"* comuita della cipta de
Esio da obsvarse in le loro fiere, quali «mnuatim se fanno in la
74 APPBKDIOB
festa de Sola Maria d. marzo et de Sancto Fiorano de ordine e
decreto del consiglio della dota cipta, come appare p. mano del
oro cane*
In prima che le diete fiere cominzeno felicemente oclo di
nanzi le diete feste et dureno fino ad octo di de poi.
Item che la fiera de Seta Maria de marzo de ogne gnafione
de merchantia eh. siano, se faccia ad seta Maria del piano fora
della cipta ac et. in la cipla a li lochi consneti et così sia e in la
festa de San Fiorano eh. se faccia la dcta fiera in la dota cipla e
li lochi consueti excepta la fiera delli animali qli se siano la qle
in le dote feste se debia fare nel mercalale come è consueto.
Item che le dcle fiere siano et essere debiano franche ad tacti
ciptadini, contadini et forestieri eh. condurrà, compararà o venderà
mercantie in le diete fiere nel doto tempo ciò è eh. possano met-
tere» vendere, trahere et comprare ogne gnation. de mercantie et
de animali senza datio alcuno overo gabella, excepta la tracta
delli grani et biadi qualuq. se sia eh. se trahessero, li qaali debiano
pagare p. ome t.po li doi boi. p. soma ordinati nel cippo delle
mura secondo el consueto.
Item che ciaschuoo possa trahere loro merchantie, quali fos-
sero conducte alla fiera infra doi di de pò finita la fiera senza
alcuno pagam.to de datio, salvo eh. se vendesse nel doto termine
de pò la fiera eh. debia pagare p. qllo vende.
Item eh. qualunq. psona de qualunq. conditione se sia overo
stato eh. fraudasse alcuna marcaniia per vendere, che passato el
tminc de la franchigia debia pagar la gabella; et no assegnando
cada i. pena d. fraudo d. gabella.
Item che le diete fiere siano et essere debiano franche et li-
bere a ogne p.sooa che venire vorrà i dote fiere ciò è eh nullo
ciptadino, contadino o forestero de qualunq. conditione se sia possa
essere costrecto et convenuto da alcuno suo creditore p. veruno
debito contraeto nanzi el tpo della dcta fiera, né p. repsagiie de
Comune né d. spetiale persona salvo eh. p. debito se contrahesse
0 facesse nel tpo delle dote fiere p. il quale se possa convenire
et costregner ad quello eh. rasione volesse.
Item eh. la dcta franchizia non se intenda de veruno ribello
et sbandito o inimico o condamnato dalla Sa. Ro. Ecc. la qle noi
APPBNDICB 75
iMOgaoseemo p. nra vera madre et sopra ad lucto aiogiilar. nò la*
troDi né falzarìi né robatori della Dra cipta sbandii! overo con*
damoati el loeti li altri d. mala Tama, dalla cai usanza ad tncto
oe abdicamo et refuiamo; et anche de qlli eh. delinquesse o come-
desse maleficio durat. el tpo de le dote fiere i la nra cipta silo et
dùlriclo: quali volemo exp.sse esser puniti secondo la forma d. nri
statuti: el eh. el potestà et consuli d. la fiera et altro oIBciale del uro
Goe possano loro pigliar, dctiner et punir secondo la forma delli statuti
pdclì secondo l'aititrìo loro da cognoscerse sumariamenL senza
strepito et figura d. iudicio no. obstanL statuii o reformanze eh.
io contrario parlasse.
Ilem eh, orane merohantie quale se vendesse ad peso overo me-
sura. no se possa vendere ad altra mesura et peso eh. alla roesura
el peso del Comune: et qualunq. terrero o forestiero contrafacesse
già ponilo secondo la forma delli statuti.
Ilem eh. ad ciascuno ciptadino» contadino o forastero al qle
durante el tpo delle dcte fiere occorre far questione lite overo con*
Iroversie civilmente cusi tra ciptadino et contadino o forastiero p,
qoalooq. modo se fosse e co. qualunq. casione se contrabesse do*
rame el tempo delle fiere predcte debbia e possa recorer alti eoa*
soli depotati della fiera, li quali debiano bavere el loro notare el qle
scriva lucto: li quali consoli babiano arbitrio dcte questioni decidere
el terminare somarie simpir et de plano: el nullo advocato né
pcorai, possa ilervnir p. nullo litigant. denante alli dti consuli sotto
pena de xxv libr. p. ciaschuna volta.
Item che durante el tempo delle dcte fiere ciptadini el con*
ladini li q.li conducesse o vendesse o sindicasse (?) o com*
prasse o trahesse alcuna mercanthia no. sia tenuto ad pagar al-
cosa gabella ad tanto eh. essi ciptadini ci contadini al tpo overo
al di ohe b coodoce la debia assignar p. scripto la dota mercan-
lia qoale vendesse o trahesse ad minuto allora remanga ad iudicio
delli consuli^ quali hano ad cognosce, et tminar. le qstioni della
fiera con iur.** d. qlli eh. vendesse o trahesse et qlla cIl sindi-
casse 0 remanesse dopo el tempo della dota fiera siano tenuti ad
pagar la gabella usata. Et chi contrafacesse cada i. pena de frodo
el sia punito quanto se havesse fraudata la galclla.
Itero sia manifesto eh. p. alcuna convclion. scripta, obligation.
lacla 0 da farse p. merchatanti forzieri altrove eh, i. le nre fiere
76 APPSNDICB
salvo delle eose qaale se vendesse, comprasse o pmatasse L le dote
fiere no. se pò convenir, e cosi dorai le fiere sebene renatiasse ai-
le dde fiere et alli capitoli de esse.
Item sia manifeslo eh. qoalonq. forestero se obligasse p. in-
sCrom. 0 p. scripto de man. de voler essere convenoto in qoeste fiere
eli. li consoli in qoesto proceda no. obst dicto capitolo de sopra
et qoeste oblìgatìon. se intenda p. mercatia e no. p. altro.
Ileni eh. dorante le fiere no. sia verone eh. ardisca condarre
lignami co. li carri né anim dalla chiesia d. San loca fin. al
vescovado; et dalla casa delli caldarari fino ad casa de folio de
Sr. fiorano alla pena de xxx soldi p. volta.
Item eh. nìsono ardisca de far monstra de cavalli p. la piaza
sotto pena de xx^^ soldi p. ciascona volta et ciaschono contrafa-
dente dorante le fiere.
Item eh. no. sia licito ad alcono reponere mercantie in le
chiesi (sic) né anche in esse alcona cosa vender o comprar.: et
se alcofla persona contrafacesse cada in pena de lib. xxv; et lo rector
de la chiesa consentient et no protestant al merchatante sia tenoto
ad interesse. Et intendasi delle chiesi, eh. sonno in la cipta.
In margine. Confirmatio Ber.* Bordov. Cane. ss.
A. flores Eps castellamaris ) ^ .
.. . . { Gobr
provinole marchio )
Soprascripta capitola qt iosta et honesta sint et a iore ac
sacris Provincie constitotionibs no. dìscrepantia approbamos, con-
firmam. et validamos etea inviolabiliter observarì mandamos qui
boscooq. no. obsL Reservato ta beneplacito et volontat soperior.
Dat Macerate xxiu martii 1499.
obmisso sigillo
Io. B. Staffolev.
Qoe capla die xx martii foeront bandita verbatim p. Laorentiom
pobcm preconem Cois p. loca p bea et consoeta civitatis, legente of-
ficiale mentis et ipso Laor. bandiente.
In marg. Ban. caplor.
Reg. 1498-1501 e. SI, 92.
CRONICA DI PESARO
ATTRIBUITA
TOMMASO DIPLOVATAZIO
edita per cura
DI
GIULIANO VANZOLINI
•^>S/S^^^^^^k^^^
Tommaso Diplovatazio nacque in Corfii a^ 25 di
maggio 1468« da Giorgio Diplovatazio e da Maria La-
scarì, ultimo de^ sette figli ch^ essi procrearono.
A nove anni partito di patria per raggiungere il
padre ch'era a Napoli, ebbe la sventura di veder lui
scendere e salire indarno le scale prima di quel Re, poi
del Papa in Roma, per implorarne soccorso, e finalmente
di sentirlo morto nelle guerre di Granata, essendosi per
disperazione portato in Ispagna a' servigi di quel Re.
Ben è vero che in tanta disgrazia Costantino La-
scafi cugino di sua madre, professore di lettere greche
in Messina venne a prenderlo per tenerlo seco ed istru-
irlo; ma la sua genitrice non ebbe cuore di distaccarselo ,
e amò meglio che in Napoli, e sotto gli occhi suoi cre-
scesse neireducazione e negli sludi. Ebbe quivi a mae-
stro di grammatica Gioviano Fontano e Carlo Sorrentino;
passò poscia a Salerno a studiarvi logica e in età di
dodici anni tenne ivi nella Chiesa di S. Matteo pubblica
conclosione.
Ma questo valente e sventurato giovane trovò pre-
sto un Mecenate nel Principe di Salerno, Antonello da
Sanseverino; che gli prese amore e lo eccitò agli studi
legali regalandogli una Istituta. A questa adunque egli
applicossi sotto Antonio da Croce, e per precettori or-
dinari ebbe la mattina Niccolò Capograsso, e la sera
Carlo da Ruggine. Richiamato poi dalla madre a Napoli
seguitò i medesimi studi sotto Antonio de Battimo e
Francesco de Balvino, o, come opinò Y Olivieri sulle cui
orme andiamo scrìvendo questi cenni i de Bultino.
80 Al LETTORI
Ma invitata la madre da Demetrio Spandolino sao
parente a recarsi a Venezia con tutta la famiglia, fa
egli messo nel 1486 allo studio di Padova sotto il Pe-
sarese Oiasone del Magno, e Antonio Corsetti. Circa il
1488 passò il Diplovatazio colla madre a Pesaro chia-
matovi da Camillo Sforza che con Giovanni sao figlia-
stro vi dominava, all'uffizio di Vicario delle appellazioni
e gabelle. Veggendolo però ella ancora imberbe, deli-
berò di renderlo più atto a sostenere T impiego affidatogli
mandandolo prima a Perugia sotto la disciplina di Baldo
Bartolini, Pietro Filippo Corneo, e Pietro degli Ubaldi.
Tornato poscia a Pesaro non vi trovò la sua be-
nefattrice Camilla, poiché aM3 di Novembre del 1489
con approvazione del Papa rinunziò a Giovanni la sua
poizione sulla Signoria di Pesaro, ed avvenuto il ma-
trimonio di lui colla Gonzaga sorella del Marchese di
Mantova, se ne parti a^ dì 7 di maggio deir anno ve*
gnente per il suo castello delle Torricelle nel Parmi-
giano affine d^attendervi quietamente air anima sua. Eb-
be però non minor protezione da Giovanni, che lo fe^
suo Gentiluomo, e con sua licenza passato a Ferrara,
vi fu a' 13 d'agosto del 1490 laureato per mano di Gio.
Maria Riminaldi in età di 22 anni.
Tornato a Pesaro ad esercitarvi la sua carica, ebbe
la ben meritata sorte di passar da quella ad altra mag-
giore, poiché morto nel 1492 Almerico Almerici Dottore
di gran nome ed Avvocato fiscale della Camera, lo Sforza
tosto vel sostituì. E perchè un uomo che lo serviva co-
si bene non gli sfuggisse, pensò di trovargli una ricca
moglie, la quale fu Catterina di Terenzio di Bartolomeo
della Corte, adottata in figliuola dal Maggiordomo di
esso Sforza, Francesco Beni, nobile fiorentino, che del
suo matrimonio non avea avuto figli. Le nozze furono
celebrate nel 1494. La dote fu di 4000 ducati, dote a^
At LETTORI ^1
qae^ tempi assai superiore al costarne di qualangue delle
primarie famiglie di questi paesi. Stabilitosi così in Pe-
saro e cominciatovi a possedere fu ascritto al Consiglio
di Credenza, riservato per la sola nobiltà.
Ma intanto accadde che Alessandro VI, tolta a Gio*
vanni Sforza col mentito pretesto dMmpotenza la seconda
moglie Lucrezia Borgia sua figliuola^ per collocarla nel
più vantaggioso partito del Duca di Ferrara, toltagli
avrebbe anche la vita, se avvertito egli dalla medesima
Lncrezia non si fosse con precipitosa fuga da Roma sal-
vato a Pesaro. Fallito il colpo, Alessandro per giungere
al suo fine, lo accagionò di canone non pagato^ e lo
scomunicò, e dichiarollo scaduto dalla Signoria di Pe*
sarò, investendone il Duca Valentino altro suo figliuolo.
Ora avrebbe sembrato che il Diplovatazio, come
creatura dello Sforza, restar dovesse tra i dimenticati,
ma invece il Valentino lo dichiarò in Cesena fiscale di
tutta Romagna.
E qui convien dire che il Diplovatazio alla probità
ed al merito aggiugnesse una prudenza non comune,
giacché morto Alessandro e cacciato il Valentino, Gio-
vanni Sforza tornato Signore di Pesaro, non si mostrò
punto offeso della sua condotta, ma continuogli sempre
gli stessi atti di parzialità, eleggendolo nel 1503 per
cara degli Anziani del Quartiere di S. Niccolò; e, quel
ch^è più, rimettendo alla direzione di lui il procurargli
le sicurezze della reintegrazione sua nella Signoria di
Pesaro; e nel 1506 spedendolo suo Oratore a Bologna
a Papa Giulio II.
Sembra però che il patrocinio dal Diplovatazio pre-
stato al CoUenuccio fin dal 1500, e proseguito alia sua
infelice famiglia anche dopo il 1505, iu cui fu fatto uc-
cidere dal traditore tiranno, gliene alienasse Tanimo. E
siccome Giulio II lo aveva accolto in Bologna con molta
àrA. Sior. Ihrek. YoL l 6
83 AI LETTORI
degnazione, pensò a mettersi sotto T usbergo di tanto
Pontefice. E questi lo raccomandò caldamente a Fran-
cesco Maria P Duca d^Urbino, suo nipote, che lo dichiarò
Governatore di Gubbio, o, come anche allora dicevasi,
suo luogotenente.
Mortagli poi senza figli la moglie e il di lui padre
adottivo Francesco Beni, e da ambidue lasciato erede
di tutti i loro beni, pensò Tommaso alle seconde nozze,
e a^ 17 luglio 1511 sposò Apollonia, figliuola del celebre
filosofo Agostino degli Angeli, nobile pesarese^ ch^e-
sercitava in Venezia con somma riputazione la medicina.
Tornò Tommaso colla novella sposa a Gubbio a
terminare Timpiego dal Duca confidatogli, dopo di che
restituissi a Pesaro, e quivi, essendo già morto Giovanni
Sforza, e il figlio Costanzo li, accettò V impegno di trat-
tare a nome di Galeazzo Sforza, fratello di Giovanni ed
ultimo rampollo, benché non legittimo, della Casa Sforza
di Pesaro, col Card. Sigismondo Gonzaga e col March,
di Mantova suo fratello per far accordare al medesimo
Galeazzo dal Papa vantaggiose condizioni nella dimis-
sione di Pesaro.
Mancato cosi il dominio della Casa Sforza in Pe-
saro, e richiamata la città airimmediato ossequio della
S. Sede, Tommaso con Camillo Samperolo, per mandato
del Consiglio di Credenza, e Generale, prestò nel 1512
giuramento di fedeltà alla S. Sede in mano del Vescovo
di Monopoli, Governatore apposta spedito qua da Giu-
lio U. Ma ben presto fini il Governatore pontificio, per-
chè nel marzo del 1513 Francesco Maria 1 Duca d'Urbino
nipote del Papa, investito dallo zio del dominio di Pe-
saro, ne prese tosto possesso.
Avea questi, come s'è detto, esperimentato il va-
lor di Tommaso; onde non sol lo vide con piacere de-
putato dal Consiglio il di 6 di febbraio 1514 per restau-
rare il Monte di Pietà, ma lo deputò egli stesso il di
AI LBTTORI 8d
8 marzo 1515 per ano dei Riformatori dello statato di
Pesaro ; e vacato nell'agosto del medesimo anno uno dei
tre posti del supremo suo Consiglio, da cui dipendeva
il governo di tutto lo Stato, agli 8 di questo mese ne
provvide Tommaso. Poco però potè egli godere di questa
illustre carica, poiché nel mese di maggio del seguente
anno 1516 venne, come è noto, discacciato il Duca Fran-
cesco Maria, onde tornando Tommaso agli uffizi di citta^
diao, e, tutto quasi dipendendo dalla sua direzione, ai
9 di giugno del detto anno fu eletto dal Consiglio a
trattare col nuovo Duca Lorenzo de' Medici. Ma tentando
poi Francesco Maria con forti truppe di ricuperare il
suo Stato, tutto era in isconvolgimento ; quindi il Con-
siglio nelle angustie in cui metteva una guerra^ che si
aveva, può dirsi, alle porle della città, ai 23 di gennaio
del 1517 pensò di elegger sei, e tra questi Tommaso,
a provvedere per qualunque cosa con tutta quelPauto*
rità che ha tutto il magnifico Consiglio insieme.
Ma tante mutazioni di Stato, tanti timori, tanti pe<-
rìcoli avendo disgustato Tommaso, divisò di riparare a
Venezia come a porto di tranquillità, specie avendo colà
congiunti ed amici potenti, e nel detto anno se ne partì.
Quivi ai 4 di marzo del 1520 gli nacque il primo fi-
glìnol maschio, e ai 24 di novembre del 1525 una fem-
mina, la quale ai 2 di dicembre gli venne battezzata di
propria mano dallo stesso Patriarca di Venezia Girolamo
Quirino; tanta era la riputazione che colla sua condotta
e col suo sapere s^era il Diplovatazio guadagnata.
Troppo doleva però ai Pesaresi la lontananza di
un tal cittadino. Quindi quietate le cose e ritornato dopo
la morte di Leone X pacificamente in possesso del suo
Stato il Duca Francesco Maria l, non lasciarono essi di
sollecitarlo al ritorno, ed egli lo promise; ma la per*
suasione del suocero e dell' Egnazio, e forse anche Tim-
pegno preso dell^edizione di Bartolo, gFimpedirono di
^ At LBTTORt
attener la promessa. Onde restò tuttavia in Venezia av-
vocando al foro Ecclesiastico, il qaale ufficio lasciar non
volle, quantunque da^ signori Riformatori gli fosse offerta
Cattedra in Padova; né tornò a Pesaro che verso il fine
del 1532. Ivi nel 1535 accasò il suo figliuolo Alessandro
con Gerolama di Francesco Ondedei, e nello stesso tempo
maritò Marina, sua seconda figliuola, ad Ondedeo Onde-
Aeij fratello di essa Girolama, avendo già maritata pri-
ma Francesca sua' primogenita, a Bernardino Ondedei,
faemiglia illustre, ricca ed antichissima, estintasi son po-
chi anni nel conte Vincenzo.
Nel primo trimestre del 1538 esercitò egli la carica
..di Gonfaloniere, e nel Consiglio dei 19 gennaio avendo
. proposto che si riformassero quegli Statuti che di rifor-
ma abbisognavano, fu egli incaricato di tale splendida
deputazione in compagnia di Luca degli Abati e di Gian-
giacomo Valenti.
Nel medesimo anno a* 20 di aprile fece egli il suo
.testamento, al qual atto non sopravvisse che tre anni,
amato da tutti e stimato ; e mancò di vita a^ 29 di mag-
gio del 1541 in età d'anni 73 e giorni 4. Fu sepolto
in S. Agostino, avanti la Cappella di S. Niccola^ con
^quQsta iscrizione:
D. 0. M.
THOMi£. DIPLOVATATIO.
PHILOSOPH. THEOLOa. I. V.
DOCTORI. MAGISTRATIB. LEGATIONIB.
CLARO.
REIP. VENETiE. PISAUREN. DNIS.
SFORTIIS. AC. RUVSRBIS
DILECTO
PP, PP,
AI LETTORI 85
E memoria pur di Ini si fa in nn^ altra iscrizione
che vedesi nel muro della medesima cappella
D. 0. M.
VALERIO BX DIPLOVATATIA BISANTII OLIM
Alfa. FAMILIA
ANIMI ST CORPORIS DOTIBUS
EXIMIO
IN PERSOLVBNDIS OPPICIIS
SERENISS. PRINCIPI *
PATRIA ET CONIUNCTIS
STUDIOSISSIMO
AETATIS ANNO LIIIL XIX. GAL. lAN MDC.
RELIGIOSE DEFUNCTO
LUCIA PIGNA UX. ALEXANDER ET IOANNBS FF.
MOESTISS. PP.
AC ILLIUS ET THOM^ DIPLOYATATII BJU8DEM A^I
I. C. CELEBERRIMI
ALEXANDRIQ. ET JUNIPERiC PARENTUM OSSA
NOVO MONUMENTO
C. C.
he opere sue principali sono le seguenti:
\^ De prestantia doctarum in xii libri, il nono de*
quali tratta De claris Jurisconsultìs. Di quest* opera non
è rimasto che copia del nono libro, il qual si conserva
nell' Olivenana di Pesaro. Delle vile de^ chiari giurecon*^
salti molte sono state pubblicate fin dai tempi delVAu-
tore, molt ) in appresso, ma tutte da nessuno ancora, ben--
che r Olivieri ne desse copia e facoltà di stamparle al
Bolognese Giovanni Fantucci.
U E iitione di tutte le opere di Bartolo^ con sue
postille, f: tta a Venezia nel 1521 e dedicata a Giacomo
Pesaro Ve scovo di Pafo e oriundo pesarese, come suona
i suo cognome.
80 AI LETTORI
3^ Cammentaria in Lecluram Alexandri Tartagnae
super Cod. et Digest Lugduni 1553.
4l^ Tractatus de Testibus. Coloni 1556.
5® Dei Vicarj temporcUi detta S. Sede e delVImn
pero.
6® Detta libertà e privilegi dé^ Veneziani.
7® Chronicon Pisauri.
Questo codice che è quello che pubblichiamo, è
posseduto da Giuliano Vanzolini, il quale lo comprò dai
Marchesi Baldassini insieme con tutta la loro libreria,
nella quale era passato colla eredità dei Gozze. Marcan-
tonio de Gozze, neir interno del primo cartone appose
quest^avvertenza : «Hunc-librum Cronicarum Pisanri esse
conscriptum manu pp. D"** Tfaomae Diplovatatii Constan-
tinopolitani ex comparatione literarum dicimus, et prò
ventate indubitabili credimus et atestarum.
M.« de G.
Scripsit bunc librum circa annum D. 1500. »
L^Olivieri però nella vita del Diplovatazio dimostra
che questa Cronaca fu scritta poco prima del 1508, per-
chè nell'elenco de* Vescovi di Pesaro in essa riportato,
dopo il Rncellai, morto nel 1504, si nomina VE^iscoptis
praesenSf il quale essendo Francesco Ricciardi, che mori
nel 1508, la morte di lui viene a mostrarsi Tanno prima
di cui scrìsse il Diplovatazio quest^opera.
Esso codice è alto e. 29, largo 22. Consta di carte
103 delle quali 15 son bianche parte framezzo e parte
in fine, le altre scritte, ma non sempre interamente, la-
sciando TAutore o intere facciate bianche o de Ile lacune
qua e là per le aggiunte che gli fossero occorso. E stato
poi rilegato in pergamena e raffilato come ap])arc dalla
e. 9 verso dove la postilla marginale è slato in parte
AI LBTTORI 97
tagliata via. La rilegatura però è assai sciupata, e il
libro ha molto sofferto dalPacqua. ed è specialmente
macchiato nella parte superiore. La marca della carta è
un^aquila ad ale spiegate; il sesto in foglio.
Comincia coiranno avanti Cristo 3090 e finisce
coiranno dopo Cristo 1357. É in latino da principio:
parte in latino e parte in italiano in fine; scritta tutta
d^ona mano, tranne poche giunte in margine, che piii
che d^altra penna sono d'altro inchiostro. In solo un luogo
pare che il carattere sia tutt'jaltro, e a suo tempo rav-
viseremo; come pure in fine in due carte sono registrate
alcune memorie delle quali Tuna dei 2 dicembre 1582,
Taltra dei 15 luglio 1584, le quali che non siano del
Diplovatazio Io dice il millesimo stesso.
Del resto muove questa Cronaca impacciata fino al
257 dopo Cristo. Da indi corre più spedita e non vi sono
che raie giunte in margine. E però un abbozzo di cro-
naca più che una cronaca, e spesso ci sono periodi non
finiti che con un ecc. ecc. La lingua poi è spesso sgram-
maticata orribilmente, tanto eh' io ho dubitato molte volte
che, specialmente da principio, non fosse che copia di
qualche cronica più antica^ p. e. quella del Gabuzio, ora
perduta. Insomma è scritta» come dice il, Fabricio Bibl.
Oraec. Tom. xn p. 355 dell' al tr' Opera sua De Chris
Jnriscon^ spinosius panilo atque incultius. Ed è poi non
una vera cronaca di Pesaro, ma un po' di tutto, come
accade di tutti i nostri vecchi cronisti, i quali sono di-
screti se cominciano da dopo il diluvio, anziché dalla
ereaaione mosaica adirittura. Contiene perciò notizie an-
che delle vicine città e Signorie e sopra tutti de' MaliH
testi, i più potenti a que' tempi.
Contiene parecchi errori e di date e di faUi e di
nomi, e noi avevamo incominciato a correggerla; ma vi-
sto che la correzione veniva più lunga della Cronica^ e
88 ÀI LBTTORI
che questa fatica non riusciva ad alcun prò degli eru«
diti, smettemmo. Solo a pie di pagina porremo qualche
rara nota per le cose più importanti.
1/ Olivieri che primo la fece conoscere, ne parla
con molta enfasi — « Due cose, dice^ in leggendola,
ho io osservate. La prima, V immensa lettura di Tom-
maso, e le immense fatiche fatte per compilarla^ veg*
gendosi che non solamente con somma accuratezza
spogliati avea tutti gli antichi scrittori e tutte le cro-
niche delle città confinanti che forse correvano allora
manoscritte, ma ancora che visitati avea diligentemente
tutti gli Archivi di! Pesaro, ed usate tutte quelle at-
tenzioni che usar potrebbe uno scrittore addottrinato
dalle riflessioni del nostro secolo. Ed oh avesse pur
egli fatto uso ancora delle antiche Iscrizioni, che non
piagneremmo oggi inutilmente la perdita di quelle che
a* suoi di erano in vista. La seconda, la somma pe-
netrazione sua anche in materia di antichità, lo mi
lusingava di avere, quando trattai della fondazione
di Pesaro, sulle tracce lasciateci dalFimmortal Maffei,
scoperto il primo ed assegnata giustamente la nostra
origine ai Siculi del Pelopponeso. Restai ben mara-
vigliato quando vidi che prima di me cosi pensato
avea anche Tommaso. Se quando scrissi quella diser-
tazione avessi veduta la Cronica del Diplovatazio^ gli
avrei resa la dovuta giustizia e mi sarei fatto scudo
deirautorità di un tanto uomo. »
A noi queste lodi paiono esagerate; ma avendole
messe T Olivieri le abbiamo messe anche noi. Del resto
abbiamo espunto dalla Cronica tutte quelle aggiunte nei
margini che non avevano che far nulla coll^argomento
e che erano d'una erudizione fuor di luogo, come tutto
quel tratto dove parlando del nostro fiume Isauro chia-
AI LBTTORI 89
mate così da Lucano per licenza prosodiaca^ anziché
Pàauro, corneo il suo vero nome, fesco fuori coìVIsatiria
regione delFAsia minore^ e ti discorre di essa con una
lunghezza soverchia anche se Tlsauria avesse qualche
relazione col nostro Isauro. Abbiamo poi mantenuto sem-
pre la grafia dell* Autore, scogliendone solamente ì nessi
e n^abbiamo ricopiati fedelmente anche gli errori, facendo
soltanto qualche nota ai più madornali.
La storia italiana guadagnerà poco da questa pub*
blicazione; ma per noi che abbiamo intenzione di pub-
blicare in quest* Archivio altri lavori sulla storia pesarese
conveniva cominciare, come dal più antico, da questo.
CHRONICON PISAURI
Pisaurum Urbem, de qua scripturi sumus, aliqui
dicunt eam esse ìd Picenam, cum quibus et Blondus fo-
roliviensis, lib.^ 5,^ Italie illustrate, aliqui in agrum gal-
licum, cura quibus est T. Livius patavinus, lib 9.^ 4^ de-
cadis, et Sozobonus (1) pistòriensis faistoriographus, lib.
p.® in principio.
Nos autem sequendo Plinium lib.® 3.® naiuralis
historie^ Gap. 13/ (2) dicimus, eam in Umbria et gallico
agro esse.
Et in sinu adriatico Umbriam incipimus a flumine
Esis et sequitur Senegallia, Metaurus fluvius, colonia (3)
Fanum Fortune, Pisaurum cum amne, usque ad fluvium
Crustumium, nunc Concam dictum. Intus Hispellum, Tu-
derlum et alias civitates esse.
Pomponius Mella cosmographus de situ orbis, de
Italia dicit: A Pado ad Ànconam transitar Ravenna, Ari-
minum, Pisaurum, fanestris colonia, flumen Metaurus,
atque.Esis, et illa in angusto illorum duorum promon-
toriorum ex diverso coeuntium inflexi cubiti (4) imagine
scdcns, et ideo a Grais dieta Ancona.
Antonina Partenius veronensis super commentariis
suis super poeta Catullo, in epigrammate
Nemone in tanto potuit populo esse, Inventi] etc.
moHbunda a sede PisauH etc.
ubi sic inquit: « Pisaurum Umbrie opidum est Romanorum
(1) Veramente Soutmene.
(S) NeUa aod. ediz. e. XIX.
(3) L'edii. mod. eoUmiaet rifereodolo Unto a Fano che a Pesaro.
(4) (Miti nasca nel testo.
CHRONICOK PISAURI 91
colonia, non a pensato auro dictum, sed ab Isauro amne
▼ìcìno, ut Plinius judicat.
Pisauri menia attingit Isaurus amnis, Folia nunc
dictos ex Apenino ad Cotulum arcem ortum habens, et
portoni apertnm facit, de quo meminit Lucanus.
. . . • jungitur Idaspis Isauro (1).
Anno ante Xpi adventum 390 — Anno mundi 4809,
Urbem Pisauri antiquissimam fuisse credìmus, ipsamque
aliqui Siculos et Liburnos tenuisse existimant, alii Um-
brorum gentem antiquìssimam Italie [habitasse, et eam
intra trecentum eorum oppida a Thuscis debellata fuisse.
Alii eam conditam fuisse dicunt anno mundi 4809 et
ante Xpi adventum 390 a M. Furio Camillo, cum qui-
bas et Servius lib. 6.** super Virgilium, euius verba sunt
hec: Breno duce, Galli, apud Aliam fluvium legionibus
delettis everterunt Romam absque Capitolio, prò quo in-
mensam pecuniam acceperunt. Tunc Camillus absens
dictator est factus, cum diu apud Ardeam esset in exilio
propter venientanam (2) predam non equo jure divisam,
et Galles jam abeuntes prosequtus est,' quibus interem-
pti8 aorum omnem recepii et signa. Quod (3) illic ap-
pendisset, ci vitati noroen dedit; nam Pisaurum dìcitur,
qnod illic aurum pensatum est. Sed vere Pisaurum, quod
penes Isaurum est, nomen habet. Alii tamen dicnnt Pi-
saurum quod in edificatione civitatis pes quidam aùri
inventos fuit (4).
(1) n Terto di Lncano lib. 3. 406 suona cosi: Crustumiuque rapax et junehu
SArn htnro; e ridxspe, fiume deU* India non ci ha qui a far nulla.
(t) Legfi vejentmmn.
(S) Manca 11 ami.
(4) G. B. Passeri con miglior criterio deriva il nome di Pitaurum da pUca
grecamente paiude e da oroB^ monte, quasi la palude tra' monti per troTarsi
P«aaro circondata dagli ultimi contrafforti.degli Appeninl da smbedue le parti, chia-
mali monti Arrisio dalla parte di Fano e Monte Accio, oggi S. Bartolo, dal Tal-
Ira parte. Il Pmmrus poi, oggi Foglia, Impaludava anticamente, e il mare Innol-
traadoai pHi d» ora dentro terra rendeva r^ria dellii città malsana.
92 CHROKICON PISAURI
Anno ante Xpi adventum 187 — Anno mtm^^'5012
Anno ante Xpi adventum 187. et anno ab Urbe condita
563 creati consnles fuerunt M. Emilius Lepidus et C.
Flaminius Rome, in quo consulatu straverunt viam ab
Arimino per Pisaurum, per Umbriam et Tusciam Romam
usque, que Flaminia dieta fuit. Et licet Blondus lib. 3/
de Roma instaurata dicat incertum esse unde habuerit
cognomen via Flaminia, verum non eadem ratione et
Regio Italie, nunc Romandiola, a Foro Cornelii, nunc
Imola, ad Pisaurum, et via omnis ab ipso Foro Cornelii
usque in Urbem Romam Flaminium habuerit cognomen
incertum est. Tamen ut percipitur ex Cornu Copia (1):
Flamineus vero Circus et Flaminea via non a Flamine,
sed a Flaminio consule dieta sunt, qui ab Annibale in-
terfettus est ad lacum Transimenum (2). Strabo vero et
melius quam alii lib. 5."* de situ orbis sic scribit: Hic ilio
Scaurus est qui per Pisas et Lunam usque Sabbatios
viam stravit Emiliam, et bine per Darthonem. Alia vero
Emilia est, que per Flaminiam excipit. Eodem enim in
consulatu M. Lepidus, et C. Flaminius college fuerunt.
Victores autem Ligurum stravere. Hic quidem Flaminiam
e Roma per Thusciam et Umbriam usque Ariminum etc.
T. Livius lib. 9^ 4 decadis in principio. M. Emilius al-
ter consul agnos Ligurum vicosque qui in campis and
valibus erant: ipsis monles duos Balistam Suismontium-
que tenentibus deusit depopulatusque est. Deinde eos qui
in montibus erant, adortus, primo levibus preliis fatigant,
postremo cohactos in aciem descendere justo prelio devi-
cit, in quo et edem Diane vovit. Subactis cis Appeninum
omnibus, tum trasmontanos adortus (in hiis et Frisins^tes
Ligunes erant) quos non adierat C. Flaminius, omnes
(1) Intende dell'opera di Niccolò Penalti intitolata Comvcopiae sive Unguae
latinge CommentarU stampati la prima volta in Venezia dal Paganino nel 1489.
(2) teggi TnuUnenum.
CHRONICOK PÌSAtRt 9^
OBmilius subjecit armaque ademit, et de montibus in
campos multitudinem deduxit. Pacatis Liguribus in a-
gram gallicum exercitum duxìt, viamque ab Placentia,
ut Flaminee commiteret Ariminum perduxit (1).
Hoc anno fertur per Flaminiam consulem strata
vie Flaminia; pontem magna impensa et magnis lapi-
dibuSy non prout nunc est, Isauro dedisse,
Anno ante Xpi adventum 184 — Anno mundi 5015.
Anno ante Xpi adventum 184, et ab Urbe condita 566
Colonia in Pisaurum deducla fuit teste T, Livio Pata-
vino Lib. 9^ 4® decadis. Colonie due Poteniia in Pice-
num, et Pisaurum in gallicum agrum deducte sunt. Pena
jugera in singulos data; diviserunt agros, coloniasque
deduxerunt iidem tresviri, Quintus Fabius Labeo et M.
et Quintus Fulvii Flaccus, et Nobilior.
Hoc anno Accius tragediarum scriptor inter colo-
D08 ex Urbe Pisaurum fuit deductus, teste Eusebio de
temporibus, qui postea Rome multum claruìt.
Anno ante Xpi adventum 183 — Anno munefi 5015.
Consules huius hanni nec domi, nec militie memorabile
quicquam egcrunt. Erant consules P. Claudius Pulcher
et L. Licinius Pontius. Anno ante Xpi adventum 183.
Mutina et Parma colonie Romanorum civium sunt de-
ducte. Bina milia hominum in agrum qui proxime Bojo-
rum, ante Tuscorum fuerat: octona jugera Parme, quina
Matine acceperunt. Deduxerunt triumviri M. OGmilias
Lepidns, T. Ebutius Carus, L. Quintius Crispinus.
Hoc anno P. Scipionem Africanum Philopemenem
et Anibalem, maximos imperatores mortuos aliqui scribunt
Anno ante Xpi adventum 137 — Anno domini 5062.
Anno ante Xpi adventum 137 et ab Urbe condita 613,
(1) Una folta per sempre avvisiamo il leUore che diamo questa Cronica co*
fU errori che ha tanto In sé, quanto nelle citasloni, e che non essendo questa
opera da andare per le mani degii scolari, non correggiamo in essa che gli stra«
fdolofel pili grossi. CU eruditi non hanno bisogno di noi.
94 CHRONIGON PISÀURI
Accias tragediarum scriptor, Rome darus habetur, ut
Easebius de temporibus testatur. Hic Àccius natus fu-
it, Mancino et Serano consulibus, parentibus libertinis,
et seni jam Pacunio Brundusino tragediarum scriptori
Tarenti sua scripta recitavil. A quo et fundus accianus
jttxta Pisaurum dictus, quia illuc ex Urbe inter colo*
nos fuerat deductus. Credimusque fuisse ubi nunc corupte
dicitur fundus montis Atti. Ibi ecclesia Sancti Bartboli
fratrum congregationis beati Petri de Pisis est constructa
a qua nunc fundus Sancti Bartboli dicitur.
Anno ante Xpi adventum 120 — Anno mundi 5(1^9.
Fuit et alter Quintus Marcius Accius Repens magister
vici, cuius figura et littore sunt in pariete illarum de
Pardis in centrata Episcopatus, et sunt infrascripte (W
Anno ante Xpi adventum 120 e ab Urbe condita
620 civitas Pisauri multum fuit illustrata, quod etiam
patet in quadam tabula marmorea magna reperta, tem-
pore domini Constantii Sfortie in fundamentis castelli
sui« (2) et nunc est in Domo Petri Georgii de Almericis
de Pisauro, et est infrascipta.
Epithoma Petronii Antigenidis in quadam tabula
marmorea reperta in fundamentis Castelli Constantii nunc
in domo Petrii Georgii De Almericis.
Isiis temporibus aqueductus magna impensa facti sunt
per quos aqua ex fontibus nunc Nubilarie et Candelarie
a miliario 4% item ex fonte Montis Granarii miliario uno
in urbem Pisauri et in plateara nunc dictam plateam
quarti (3) perduta fuit, ubi fons maximus constructus.
(1) Non 8* è mai curato di copiarle le iscrizioni. Rimandiafluo il lettore ai
Marmorea pisauretuia deir Olivieri.
(3) Si ebiamò in fatti Rocca Costanza, Oggi è convertita In carceri pubbliche!
(3) Piatta del quarto ti disse nei medio evo dal quarto lato di eaaa, ove
oggi ò una volta detta h volta del quarto. Questa piatita poi oggi chiamasi mag^
giort.
CHRONICON PISAURI 95
Anno ante Xpt adventum 50 ^ Anna mundi bì 49.
Civitas Pisaori a die Colonie semper ia obendeatia Ro-
manoram fait Anno tamen ante Xpi adrentum 50 et
auM) ab Urbe condita 760 Gayus Julius Cesar^ capto
Arimino, jamque lallissimis belli porlis terra marique
pattefactis, confusis Provincie terminis, patrie legibns
perturbatis, Picenum, Umbriam occupavit et sic Pisau*
min. Caesar in suis Commeutariis lib."" p/ de bello civili
in 2/ cap.* in fine: Ipse Ari mini cum duabus legionibus
sabsisUti delettum habere constituit. Pisaurum, Fanum,
Anconam singulis cohortìbus occupat.
Idem inferius facit mentionem de Plsauro, M. T. C.
lib. alt/ suarum epislolarum» in epistola que incipt: Quo
m dùcritnine^ quam dirigit Tjroni suo:
Itaque cum Caesar amentiam quadam reaperetury
et oblitus Dominis atque honorum suorum, Ariminum,
Piaaarum, Anconam, Aretium occupasset.
Anno ante Xpi adventum 25 — Anno mundi 5173.
Istit temporibus floruit T. Accius pisaurensis orator su-
premus et juris civilis doctissimus Rome. De isto M. T*
C. de claris oratoribus 12/ carta sic inquit: T Accium
pisanrensem cuius accusationi respondi prò A. Cluentio
qui et acurate dicebat et satis copiose. Erat quoque pre-
tarea doctus Hermagore preceptis, quibus et si ornamenta
non satis optima dicendi, tamen, ut baste velitibus amen-
tale, sic apte quedam et parata singulis causarum gene-
rìbns argumenta traduntur. Studio autem neminem nec
industria majorem congnovi. Exstant orationes prò Au-
lo Cluentio centra Tiltum Accium in orationibun M. T.
C. Istid temporibus floruit Rome Cn. Pisarensis, mer-
eator dives, de quo sic scribit C. Plinius naturalis hi-
storìe lib. 7/ cap/ SQJ" Precium hominis in servitio gè-
Diti maximum ad hunc diem, quod equidem compererim,
fait gramaticae artis Daphindis, Cn. pisaurense vendente}
96 èERONIÒON PISAtmt
et M. Scauro principe civitatis ni m d ce sesterties licente.
Anno ante Xpi adventum 45 — Anno mundi 5154.
Anno ante Xpi adventum 45, et ab Urbe condita 705
malo ac peximo aere fuit infecta adeo quod cives pisaa-
renses multi recesserunt, et quod non erat salutifera sic
scribit, qui illis temporibus floruit, Catullus poeta Ve-
ronensis in suis carminibus amatoriis:
moìfibunda sede Ptsauri
Hospes inaurata palidior statua.
Anno ante Xpi adventum 40 — Anno mundi 5159.
Anno ante Xpi adventum 40 et ab Urbe condita 710
in Pisaurum nova colonia deducta fuit per M. Antho-
nium de qua sic scribit Plutarcbus grecus philosophus
atque stoicus eloquentissimus, et Trayani imperatoris ma-
gister in vieta M. Antonii circa medium: Pisaurum ur-
bem non longe ab Hadria, in qua M. Antonius colonas
deduxit etc.
Anno ante Xpi adventum 31 — Anno mundi 5168.
Anno ante Xpi adventum 31 et ab Urbe condita 719
civitas Pisauri hiatu terre absorta ferit, ut atthestatar
idem Plutarcus grecus in vieta M. Anthonii circa me-
dium: Pisaurum non longe ab Hadria in qua M. An-
tonius colones deduxit, hiactu terre absortum fuisse fer-
tur. Credimus partem civitatis fuisse absortam ubi nunc
dicitur le padule (1) in burgo, et non totam civitatem.
Hac anno mortuus fuit Alexandrie M. Antonius
predictus^ qui deduzit coloniam in Pisaurum.
Anno ante Xpi adventum 183 — Anno mundi 5381.
Anno ante Xpi (sic) 183 et tempore Commodi Antonini
imperatoris Fronte consul cum essel Pisauri, M. AnfidiuEu
Frontonem filium admisit. Iste M. Ausidius fuit prò-
nepos Comelii Frontonis oratoris supremi et consuli et
(1) Oggi corrolUfflente Piatta padella. Oh! la fortuna delle parole un paduim
miiUto in p§ieUa.
CHRONICON PISAURI 97
magtstri imperalorìs Antonini et Vitelli filii ac etiam
magister M. Antonini Veri imperatoris, ut reffert Julius
Capitolinus in vieta Veri imperatoris ad Dìoclitiannm,
obi dicit quod Verus imperator audivit CorneliuBi Fron-
lonem oratorem. Quo tempore floruit Comelius Priscia-
ntts de quo per Marcianum in 1. proxime § de hiis qui
in testamento. Fuit etiam nepos Anfidii Victorinì pre-
fecti Urbis et bis consulis, quem M. Antonius imperator
ex condiscipulis multum amavit, ut reffert Julius Capi-
tolinus in vieta M. Antonii ad Dioelitianum, qui fuit ju-
risconsuitus supremus, ut Ixabetur per Pan. in 1. Aufi-
dius If. de privilegi ereditor. De istis etiam Papirius
Fronte qui in jure civili preelarum opus responsorum
composuit^ de quo per Calistratum in 1. liberorum fi. de
Verbo, signi. Cui M. Aufidio filio duleissimo Fronto eon-
sul pater dedit sepulcrum Pisauri, et est in Abatia San-
ctoram Decentii et Germani, extra portam phanestrem
in quodam tumulo marmoreo posito prò altare in con-
fessione diete Ecclesie, videlicet in capella inferiori ubi
sant infrascriptc littere et infra designate figure.
In vieta Saueti Severi episcopi ravenatis qui sanctus
Sevorus fuit xiii episcopus ravenas a Sancto Apolinare,
iegìtur quod iste Sanctus Severus Sanctum Herachlea-
nom pisauriensem episcopum enutrivit et ad pontifica-
tam ipsius urbis promovit.
Evaristus Papa.
Anno ante Xpi adtentum 247 — Anno mundi 5446.
Hoc anno Florentius episcopus pisauriensis etc. Anno
Xpi 2Ì4T. 8" calcndas oetobris Pontificatus Pape Cornelii
iJ anno 3.* tempore Decii, 28 imperatoris. Romanorum
et 7/ persecutionis Christianorum fuit corpus Saueti mar-
tirìs Terentii reconditum in catacumba inferiori Episco-
|>alus (1) Pisaurì quam ecclesiam consecravit Deo et
(1) n VescovAto Allora, e la Cattedrale, stava dove poi r Abbaila ora cbiesa
4m &. Deceazo, e il pubblico Cimitero.
Ar^M. Slor. March. K /. 7
98 CHRONICON PISAURl
Sanctis, et dedicavit Beato Terentio R™"* dns florentius
episcopus pisaurensis. Hic Decius e Panonia inferiore,
civitate Undalia naius, cum ab exercitu fuisset cum filio
suo Cesar declaratus, interfectis duobus Philippis, patre |
scilicet et tilio, viris christianissimis, dominis suis, sta-
tim in eorum odium septitnam in Christianos post Ne*
rouem movit perseq^untionem, qua quidem diversis ia
locis multi prò Mei constaatia paxi fuere, inter quos
Terentius pannonius^ nobilis miles, coronam oiartirii de-
siderans, non potuil obtiuere. Angolus enim Domini apa-
ruit et precepit sibi ut iter suum ariperet versus Pisau-
rum, civitatem picenam, quod factum est por sanctum
hominem, et ingressus coutinia civitatis« in rivo nomine
malaj qui nunc est subclus Castrum Mentis Abatis ver-
sus Pisaurum, a latronibus fuit interfectus, et ibi mar-
tini coronam suscepii. Corpus vero buurn prolectum fuit
in dicto rivo. £l cum hoc ad notitiam Episcopi et po-
puli pisaurensis de venisse t, per visionem angelicam fac-
tam domine Teodosio nobilis (sic) matrone pisaurensis,
episcopus cum tote clero reposuit corpus sanctissimum
in domu ipsius nobilis mulieris, quam consecravit Bea-
to Terentio sub nomine Sancte Marie (Ilinc Episcopi
dicebantur — Henrìcus Sancte Marie episcopus et pre--
ceptor pisaurensis — Jy per quem Dominus noster multa
miracuia ostendit. Mortuus est ergo sub Decio im-
peratore, et Cornelio summo pontifico; et licet Euse-
bius et alii^scriptores dicant uno tantum anno et tribus
regnasse Decium predictum (quod si esset verum, non
regnasset tempore Cornelii >ummi Pontificis); tamen ali-
qui tribus anni imperasse scribuut, et secundum marti*
rologium sexdecim aunis regnasse videtur, alioquin non
videretur stare posse quod tot Summi Pontilìces, vide-
licet Fabianus Cornelius, Lucius, Stefanus et Sistus le-
gantur passi sub Decio.^lnde quidam volunt exhiis sex-
CHRONIGON PISAURl 99
decim annis et duobus aaQÌs(l) Galerii restaurarunt dam-
num illorum decem et octo annorum qnod in cronicìs
Eosebii et Bede desunt ab anno s. 15 imperii Tiberii
Cesario usque ad id tempus. Sed inter hec puto quod
Decius hic, unius tempore sanctus martir Terentias mor-
tuus fuit, tribus annis imperavit sub quo paxus est Fa-
bianus et Cornelius summi Pontifices. Et sic Cornelius
fuit tempore Decii. Fuit alins junior Decius Cesar qui-
dem sed non Imperator, sub quo paxi fuerunt multi
sancti, inter quos Lucius, Stefanus et Sistus summi pon-
tifices, et Laurentius diaconus, et Ipolitus cum omni
domo sua.
(ConHnuaJ
lì) Efitetaseate det dirti mmnhUi
MEMORIE DELL'ASSEDIO DI ANCONA DE 1799
E DEGLI A??BHIIIEMTI CIE LO lAHMO PRECEDUTO
Opera di
CAMILLO ALBERTINI
Oli PER U PUMA VOLTA FDBNJBATA CON PSOEMO l IWfl
te
OESARES ROSA
PROEMIO
Se degli avvenimenti più importanti di ciascuna città
8i avessero in ogni età narrazioni fatte con scrupolosa
esaltezza da alcuno dei contemporanei, le nostre storie
cittadine sarebbero di gran lunga più compiute di quello
che siano, e più lodevoli por ciò che spetta alla verità
della narrazione. Egli è vero che, in mancanza di nar-
ratori dello cose accadute al loro tempo, gli storici pos-
sono con lo diligenti ricerche tra vecchie e corrose carte
degli archivi ed interrogando i monumenti che restano,
tessere la storia d' un' epoca, ma non sempre tutti i ne-
cessari documenti si ritrovano per le varie vicende a
cui gli uomini e le cose vanno soggetti; e poi non sem-
pre da' documenti si possono così fedelmente come dal
racconto d' un contemporaneo ritrarre la vita, i costumi
le idee di un popolo in un dato secolo.
È vero altresì che i contemporanei possono, dalle
passioni politiche nella loro epoca predominanti, essere
tratti a giudicare delle umano azioni in un modo non
sempre spassionato; ma se lo storico sia uomo leale,
sotto qualunque bandiera politica egli militi, non sarà
timido amico del vero, o non tacerà cosa alcuna che
valga d'uua data vicenda a dare una perfetta cogni-
zione; se egli poi non la apprezzerà come si deve pos-
sono giudi<!are i lettori dello <^tà a lui successive, i quali
nei propri giudizi sulle co^o passate non sono mossi da-
pli stessi interessi dì partito che animavano lo scrittore.
E por qu'^sto che io sono di avviso che quando si
trovano memorie storiche intorno a fatti a cui i loro au-
104 PROEMIO
tori ebbero parte o furon presenti si, debbano avere per
preziosissime e corame^ per quanto è possibile, la con-
servazione moltiplicandone colla stampa il numero degli
esemplari, di maniera che ancor quando, per malignità
d^uomini e di tempi» si avessero a perdere i manoscritti
che ne sono rimasi, pure sia dato almeno conservarne,
a beneficio degli studii ed esempio degli avvenire, al-
cuni degli esemplari a stampa.
Ed appunto, guidato da questi pensieri, rovistando
nel nostro archivio municipale, ho creduto di dovere tra
le molte cose importantissime che vi hanno, scegliere
per ora di pubblicare le memorie che, dell'assedio soste-
nuto dai Francesi in Ancona nel 1799, dettava Camillo
Albertini, che vi si trovò e v'ebbe parte non piccola;
quel Camillo Albertini, che fu il più paziente e diligente
raccoglitore delle memorie di questa principale città
delle Marche, memorie che ordinò in molti e grossi vo-
lumi, tuttora, per massima vergogna nostra, inediti, ma
i quali pur meriterebbero di venire alla luce per van-
taggio di chi voglia compilare una completa storia an-
conitana.
L' Albertini nacque in Ancona il 17 di Gennaio del
1741 e morì nel Maggio del 1824 dopo una vita labo-
riosissima e degna d'essere portata ad esempio dei po-
steri per la illibatezza dei costumi, per la modestia e
per Fattività dispiegata in opere utili. Non è mio ufficio
di qui narrarne la vita, e del resto coloro i quali desi-
derassero maggiori notizie possono leggere il ricordo
biografico dettatone pochi anni sono dal Ciavarini (1);
solo io dirò, come erudito nei suoi primi auni se-
condo che alla sua civìl condizione era conveniente,
divenuto adulto fu dapprima eletto sostituto nella segre-
(1) V. CiATARiMi: Camillo Alberimi AnconUatio.
PROEMIO 105
teria, e in seguito venne chiamalo airuflScio di archi-
vista municipale, ufficio che tenne sino alla morte quan-
tunque dalla .patria magistratura in benemerenza dei
servigi prestati fosse stato alcuni anni innanzi giubilato
coU'intero stipendio.
Neir incarico che ebbe dimostrò il più gran zelo, o
sin da principio si diede, ad onta di molti ostacoli in-
contrati, ad esaminare con diligenza, e qualche tempo
appresso a riordinare le carte e documenti deirarchivio
affidatogli, e fu allora che scoprì quali e quanti tesori
vi fossero nascosti, e concepì il disegno dì dettare le
storie della sua città natale dalle origini sino ai tempi
moderni, disegno che, come ebbe raccolto con cura pa-
ziente ed amorevole tutti i materiali necessari^ mandò
ad effetto, scrivendo quei grossi volumi i quali fan te-
stimonio della instancabilità sua, e che lo rendono gran-
demente benemerito delle nostre storie cittadine intorno
alle quali nessuno sinora ha saputo darei un lavoro più
completo ed esatto del suo.
Ollreia Storia rf* Ancona V Albertini dettò altri scritti
storici, che possono dirsi un complemento di quella, se
non che ai suoi lavori per quanto vasti di mole, a mio
credere, conviensi meglio il nome di Cronache che quello
di Storie, perchè, per quanto sì riferisce all'apprezzamento
dei fatti che narra, e per quanto ha riguardo alle cause
delle varie vicende e agli elletti che ne derivarono, si
mostra deficiente dal lato della critica storica; però come
narratore ò esatto e veridico; delle cose cha narra ri-
ferisce i documenti ch^ valgono a testimoniarne la ve-
rità, e quando questo non può cita le fonti d'onde gli
vennero le notizie; sicché egli, o por la natura dello in-
gegno, e per il genere dogli studii a cui attese, e per
il modo col quale vi applicò, polrohbo in corto modo
appellarsi il Muratori della Storia anconittina. Come
106 PROEMIO
scrittore non è gran fatto castigato ed elegante, però in
generale è semplice e chiaro, e quando avesse lasciato
i gallicismi, e certi squarci che senton troppo della ret-
torica della scuola, difetti del resto che ebbe comuni con
altri parecchi del suo tempo, avrebbe potuto anche come
scrittore conseguire non picciola lode.
Ma se airAlbertini va Ancona debitrice della più.
completa delle sue cronache, ella ne ha ricevuto un be-
nefizio di gran lunga maggiore.
Sugli ultimi anni del passato secolo, essendosi qui,
come altrove, costituito un governo repubblicano, ven-
nero emanati ordini per cui si dovesse dar fuoco a tutti
gli archivi comunali ed apostolici, sotto colore di di-
struggere persino la memoria del governo clericale;
l'Albertini a tutto suo rischio e pericolo salvò dal co-
mandato incendio tutte le carte deirArchivio aflSdatogli,
e così a lui debbono ^gli studiosi se oggi possono an-
cora giovarsi di quelle nei loro studii, e all'Albertini
per questo si deve lode come scienziato, e come amante
della propria città.
Lo scritto, che ora per la prima volta viene alla luce,
è interessantissimo perchè, secondo il consueto, l'autore
narra gli avvenimenti, dei quali fu spettatore e in cui
ebbe parte, con esattezza scrupolosa; e se egli vi si mo-
stra più amante del governo pontificio che del republi-
cano, e sì mostra feroce avversario dei Francesi, non gli
si può dare tutto il torto, perchè la Francia, che gri-
dava libertà^ vgiiaglianza^ fraternità, non dubitava di
trattare ì paesi nei quali i suoi eserciti erano venuti
per costituire un governo libero, come terre conquistate,
e di commettervi atti feroci e barbari, e la republica
allora costituita lo era più di nome che di fatto; perchè
libertà di culto e di opinioni erano solo un pio desi-
derio. Però TAlbertini non seppe vedere che in quelKa-
PROEMIO 107
gitarsi di popoli, in quelle continue rivoluzioni si get-
tavano i semi che dovevano dopo raolti anni fruttare
gli ordinamenti liberali delle moderne società.
Qua e là ho creduto di aggiungere alcune annota-
zioni non a vano sfoggio dì erudizione, che sarebbe
stato un fuor di proposito, ma perché Tho stimato ne-
cessario tanto per far risaltare V importanza dello cose
narrate dall' autore, quanto per stabilire quale sìa la vera
versione di un fatto quand'osso venga in modo diverso
da altri raccontato, o per dare schiarimenti intorno a
cose e persone, alle quali nel corso del lavoro si ac-
cenna. Se poi alcuno queste annotazioni stimerà di
niun valore^ mi dorrà di avere gittato la fatica ed il
tempo, ma mi riconforterà il pensiero che per esse T im-
portante narrazione dell' Albertini non sarà per ricevere
danno alcuno.
Di Ancona il 2 Novembre del 1878.
Cesare Rosa
MEMORIE
DELL'ASSEDIO DI ANCONA E DEGLI AVVENIMENTI CHE LO HANNO PRECEDUTO (>>
L^assedìo di Ancona^ e molti avvenimenti politici, e
militari, che l'hanno preceduto, non sembreranno degni
di essere registrati. Non vi si riscontreranno in fatti
quei tratti di eroismo propri a sorprendere il Lettore,
colla pittura di una furiosa animosità degli Assedianti,
o d^una ferma ostinatezza per una decisa guarnigione;
niente di ciò (2).
Ma vi si vedranno in vece di reali disastri di molte
rovinate Popolazioni, e li più gravi delitti contro le Leggi
tutti sociali, che hanno potuto generalizzare un aria di
funestame negli abitanti di una florida Provincia. Vi si
udranno i giusti lamenti di una Città strascinata per
(1) n manoscriUo dì quesfopera si conserva neirArchivio Comunale di An-
cona insieme agli altri manoscritti deir Aibertioi. £ un grosso volume cartaceo
legato In pergamena, di pag. 2^3 scritte da ambe le parti in carattere inteUigi*
bilìssimo; in ogni facciata e un piccolo margine ai due Iati. In fondo al volume
sono molti quaderni bianchi della stessa carta in cui è scritto il testo. Il libro
è benissimo conservato, tutto vergato d'una stessa mano, né vi ha alcun segno
da cui si possa congetturare che possa aver subito alterazioni per parte di al-
cuno. —
(S) Sebbene nel titolo delF opera non sia indicato V anno deU* assedio, pure
dal seguito del racconto e dal titolo scritto sul dorso del libro si rileva che rau-
tore racconta dell' assedio che i Francesi sostennero in Ancona nel 1799. — Del
medesimo argomento si occupa un'opera a stampa, che ho trovato nello stesso
Archivio municipale di Ancona la quale ha il seguente titolo: Mangourit: De-
fense d' Ancone eie. 2 voi. in 16. — Paris: Charles Pongens — An. X — 1802.
Sulla coperta del 1® voi. di questo libro ho trovato la seguente indicazione
d'un* altra opera sullo slesso soggetto, ma sinora non ho potuto vederla né
consultarla, eccone il tìtolo: Liict Perozzi — Rapporto delle operazioni militari
della Divisione di Ancotia comandata dal Gen- Monnier dal 29 Fiorile Anno VII
RepublieoRO - Tradotto dal Francese da P. C. per sentire d' istruzione e d'esempio
alla brava Giovenlii Italiana - Milano^ nella stamperia os. Mattia alla Monet.:. —
MEM. DKLL^ASS. DI ANCONA ETC: 109
molti Mesi dai caprìcci di un despota crudele ad una
lacrimevole sofferenza.
Poco importa, se il Militare non vi troverà i semi
luminosi del coraggio, e della generosità, se vi manche-
ranno gli esempi di una ricercata industria, e di una
estrema privazione di sussistenza; sarà bastante che Tetà
venture vi possino leggere quanto sia costato air Italia
tutta, ed a noi specialmente la nostra facilità di essere
sedotti, r inestricabile Kabala di una Nazione ambiziosa
avara, e potente; e quanto finalmente ci sia stato fatale
la nostra Nazionale debolezza. 11 Politico ci troverà qual-
che cosa di sua istruzione.
Rivedendo ognuno nella Storia di questi giorni il
quadro luttuoso della nostra sofferenza, e le cagioni che
r hanno prodotta, prenderà le più forti misure per al-
lontanarne in appresso il ritorno. Anzi ogni Magistrato
dovrebbe le sofferte angustie della sua popolazione pro-
fondamente incidere^ ed esporre alla publica veduta.
I continui attentati contro la proprietà, le profonde
giornaliere ferite, che si facevano al culto, la malver-
sazione de' mezzi destinati air agricoltura, i strapazzi,
alli quali brutalmente la truppa Francese esponeva gli
agricoltori, il trionfo dei più scolorati spinsero la più
gran parte delle nostre popolazioni al malcontento; o
meglio ancora alla disperazione.
Molte altre cause avevano del pari agito sopra le
nostre più ragionevoli passioni, e ci disponevano a sen-
tire più acutamente le crudeli punture che ci laceravano.
Era troppo recente la memoria dell' estinto Governo,
troppo violento T intruso, troppo facile il confronto, e di
questo gli effetti erano troppo forti sul cuore del Po-
polo, perchè si scuotesse.
Nacque il malcontento in alcune Provincie col cam*
biamento òtesso del Governo. La Campagna Romana)
110 CAMILLO ALBERTIKI
molte Città del Patrimonio, dello Slato dì Castn» s'op-
posero sin dal principio alla novità, ed all'introduzione
del Francese Presidio. Ma quale è mai quella società,
che disgraziatamente non racchiuda nel seno qualche
scelerato, qualche Empio! E de' rovinati dalli istessi loro
vizi, che sono inimici de' buoni, perchè appunto da que-
sti dissimili! (1)
Una dose di tal gente è la tara d' ogni società, e le
nostre non ne mancavano.
Si associarono a questi un altra Classe di Persone,
gli amanti delle innovazioni; questi sebbene d'intenzioni
meno criminose, e con una palina di probità non furono
d'essi meno pregiudicevoli alla Patria (2). Tutti poi si
riunirono in Roma per rovesciare l'ordine, ch'esisteva
colla chimera d' introdurne un altro, che non poteva sus-
sistere, e dandosi sfacciatamente il nome di Rappresen-
tanti pubblici, di depositari della pubblica volontà pre-
tesero d'impegnare con cabalistici giuramenti, con formole
da loro stessi non intese la società, che, o erano a ciò
direttamente contrarie, o del tutto ignare di quanto essi
facevano.
Roversciarono pertanto all' ombra delle Armi Fran-
cesi l'antiche Leggi del Governo; alTogarono i ridami
d'intiere provincie nello strepito del fuoco, del ferro, e
(1) Questo periodo è un poco iotralciato, ma nel manoscriUo trovasi tal quale*
e avverto che ho credulo di copiar il ms. fedelmente, anche per ciò che riguarda
r ortografia. Io quanto alle aspirazioni pel ritorno del governo clericale non bisogna
meravigliarsi, sia perchè allora non potevano aversi dal maggior numero le stesse
idee che oggi abbiamo, sia perche molti preferivano uu governo proprio, fosse
pur tirannico, ad uno straniero, il quale del resto non s'era saputo acquistarle
publiche simpatie con rinstituire un regime veramente liberale.
(1) Gli amanti cC timorasiont, di cui qui parla 1* Albertini, erano i liberali, I
quali giustamente mal potevano soffrire di veder la Patria fatta serva dai sa-
cerdoti, e tentavano di rivendicarla generosamente in libertà: se essi ebbero un
torto si fu quello di sperare che il giogo della nostra servilii ci potesse estere
tolto da una nazione straniera: ma per ciò i loro sforzi non erano meno lodevoli
e degni. —
MEM. DELL'aSS. di ANCONA ETC: 111
de* massacri, aggiacciarono per un momento nel cuore
do' più decisi il movimento del più virtuoso sdegno.
Allora fu che le popolazioni colpite dal terrore, e
sorprese, parvero di aver perduto gli occhi per vedere,
gli orecchi per ascoltare ; fu allora, che V arte de' mal-
vaggi confondendo la pazienza de' buoni, e la sorpresa
de' popoli eoa la da loro supposta stupidità ardirono di
svellere il Celeste Albero della Religione Cattolica, quella
Palma Evangelica feconda propagatrice della più soda
consolazione, della più bella morale per suppiantarvi il
seme velenoso d'ogni vizio, d'ogni sceleratezza d'ogni
àociale immoralità, i! trionfo dell' Empio, e, non di raro
r innaffiarono per fino col sangue de' virtuosi loro fra-
telli. (1)
Nel torbido ondeggiamento di tale anarchica confu-
sione, ed in meno d' otto giorni sotto così terribili au-
spici!^ fu divulgata una costituzione, non facile per altro
ad addattarsi alla natura, alli costumi, alla Religione
degli abitanti, ai clima, all'istessa nostra località (2).
Furono alTastellati li fradici materiali della Repubblica
Romana, e scelti fra di loio più di tre nula Magistrati;
non forse r organizzazione di una Compagnia di Pastori
non domanda maggiori attenzioni, e più lungo tempo?
E se si \idde posto al fianco di essi un qualche sog-
getto di onesta riputazione, o d' illibatezza al di sopra
d*ogni censura, vi fu strascinato con violenza, e con
(I I Si riconli che lo scridore di questa storia era religiosissimo, e che al
tioi giorni le idee che si proressavano a tale riguardo noo erano quali oggi
•i baano. C \ero che allora tra il trnipo degli enciclopedisti, ma la gran mag*
gioranxa, tpeculDiente nei paesi marchigiani, forse per r influenia grandissima
cbe «s«rciUva il sacerdozio, la pensava poco diversamente daU' Albertiri.
»tì Fu certamente un errore di voler trapiantare le costitutioni di FrMcia
il softtro paese; se si fosse a>ut:i r accortotxa dMntrodurvi le necessarie modi»
dibcMloBì, tenendo conto della diversità del clima, del costumi e delle tradizioni
il sarebbe potuta fare da quel nostrt padri opera più durevole ed utile.
112 CAMILLO ALBERTINI
minaccie, acciò accreditasse T iniqua merce, le insociali
misure de' scelerati.
Fu breve però di questi la pubblica Rappresentanza,
e piena sempre di spine. 0 si tacquero pussilanirai ,
com'è proprio della timida probità alla vista della più
orribile empietà, e furono sorpresi da una tempesta di
rimorsi che li si distaccarono ricolmi di confusione, e
pentimento, e vollero dire con franchezza la verità, op-
ponendosi con quella energia, che non conosce umani
rispetti, alla folla delle ingiustizie, che si commettevano
e furono bruscamente scacciati col nome di rivoltosi a-
rislocratici, riportandone in premio un'interno sdegno
divoratore.
Qual meraviglia pertanto, se alla caduta di così spa-
ventevole caos si credettero le popolazioni fuori d'ogni
obbligazione nel dover riconoscere il nuovo potere so-
ciale su d'esse in tal maniera stabilito? ed osservarne
le Leggi per se medesime innosservabili? Si aggiunga a
ciò la buona fede, che in ogni buon cittadino doveva
ispirare la profonda tranquillità, goduta specialmente
dopo la pace di Tolentino. (1)
Non oravi neppure uno fra di noi, che sospettasse
l'esplosione d'una guerra colle Francesi armate; ninno
la vidde, o ne senti da lontano il fragore, e perciò ninno
poteva persuadersi d'aver corso la sorte d'una conqui-
stata Nazione prima d' aver brandito le armi. Tutti giu-
stamente credevano adunque di aver conservato il sa-
grosanto diritto di continuare nel Governo accettato dai
nostri maggiori, ed alf ombra del quale eravamo felici
0 d'esserne per lo meno consultati nello stabilimento
d'uno nuovo.
(1) Quella pace fti segnata» nella città da cui prese il nome, nel 1797 tra
Napoleone Bonaparte ed il PonteGce Pio VI. Quest* ultimo redeUe alla Francia
U Contea, ed alla Republìca Cisalpina il Bolognese) il Ferrarese e U Romagna.
MEM. dell' ASS. DI ANCONA ETC: 113
Si udiva, ò vero, ovunque risuonare lo strepitoso no-
me di Libertà^ della rientrata sovranità nel popolo, ma
ciò fu sempre, e nella piìi grande estensione contradetlo
dai fatti, ne il Popolo fu mai di sentimento di farne
uso, e volendolo ancora, non avrebbe potuto modificare
una Larva.
Ed infatti apparvero nuovamente li più parlanti sc-
arni della popolare contrarietà aile intruse inriovazioni
ne la momoria del doppio massacro dì Città di Castello^
iwìlo ruiiu> di Prosinone, Terracina, Nepi, ne il recen-
lis'iimo luituoso aspetto d altri luoghi miseramente ab-
bandonali alli sanguinari trofei della Francese generosità
fa capar.» d'aggiacciare il cuore de' Difensori della Pa-
tria (^); anzi dimostrarono Eglino alla giornata un mag-
j>i(»r sde;jno, una maggioro decisione, un^ncessante at-
tività, riunendosi da ogni parte in piccoli corpi. Di
qu**Mi ognuno ebbe dal primo momento della di loro unione
un qualciio Capo, tale però, che non un merito reale lo
<li<Miiguova dal roste, ma scolto soltanto da quella na-
turali* wMidonza, che hanno gli uomini per Tordine, e
dalla noc<*ssiià di riunire le forze, e li voleri di un Corpo
in uno, vho lo ronda poi capace d'ordinate operazioni.
Si è dovuto di:?('endero in un dettaglio, che so, può
forsf sembrare deviato dal proposito di queste memorie,
ma che era allatto necessario p. ritogliere dall' obbro-
hri'iso nomo d' insorgenza, di brigantaggio, di ribellione,
•• più giusto ri.<on!imonto d'una nazione oppressa colle
più rictM-rato, o pungenti maniere; d di Lei sforzo per
assiruraro la sua politica esistenza minacciata sotto un
ferreo Dcspotismo.
'• Col nome di Difensori dcUa PAtria sono chiamati tuUI qa«lH, ebe hanno
prt^o lo «roii p. abhrtttiTc il F^nn^e^o Dc^potbnio, p. ritornare alla Patria rao-
Ileo Governo, ciò tara deUagli»to in appresso.
^Vofa deWtMtort)
Ar€k, Sior, March. V. L i
114 CAkILLO ÀLBERTtKI
E dovendosi nel progresso nominare sovente Parme
italiane^ che si sono unite aireslere Truppe neir Assedio
di Ancona, non si farà adesso certamente il gran torto
di darle il nome di Briganti, di ribelli appropriato loro
dal Despota Francese, e suoi scelerati Proseliti, ma sa-
ranno sempre distinti col nome di Difemori della Patria.
Dopo che r Armata Francese sotto gli ordini del ge-
nerale Cherer fu intieramente battuta in Lombardia, le
Truppe Repubblicane, che soggiornavano nel Regno di
Napoli, nello Stato di Roma, ed in Firenze sfilarono
sotto il comando del Generale Macdonal (1) p. Lucca nel
Modenese.
Non credette però d' intieramente evacuare il secondo
lasciando una Divisione in Roma di circa 4000 uomini
con qualche Corpo di Cavalleria greve^ e di Giandar-
moria, e la coraggiosa, ma debole Legione Romana sotto
il Comando di Garnier Generale Divisionario, ed altra
eguale in Ancona, forse anch'Essa degl' incompleti Bat-
taglioni di tre Dipartimenti, e de' bravi Giandarmi sotto
la Direzione di Monnier Generale di Brigata, subordì*-
nato però a Garnier (^).
Non sono ignoti i talenti militari, le politiche vedute,
il Carattere sociale, e gli eventi delle manovre di Gar->
nier, poiché corre oramai il sesto Mese dell' in terotte
corrispondenze fra questa Provincia e Roma e special-
mente doppo la seconda caduta di Macerata, e di Fano,
(1) Giacomo Giuseppe Macdonald, duca di Taranto, maresciallo di Franciai
Mcqoe a Sèdan nel 1765 e mori nel 18 U). Ebbe modo di distiogaerst nella bat*
taglia di Jemmapes, e poi in altre battaglie. Venne mandato in Italia a sostituire
Championnct nei comando di Napoli nel 1798, e soggiogò la Calabria, e con-*
tese a Souvarow U passaggio della Trebbia. Nel 1816 eletto gran cancelliere
della Lcgion d* Onore, conservò tale ufficio fino al 1831.
\^) \\ Generale Dufres, e quindi Rusca erano destinaU al Comando di Ancona,
n primo fu tradoUo al Congresso Uilitare di Modena, ed il secondo per esserne
minaocitl^ eadde r opportunità a Mounier di domandarlo a Macdonal con qual-
che giro, che non fa onore a Chi il conosce, ed a Chi Io richiese, questo perO
B* è seDsMe «U* onore, « (ìioUk deU'wtor^
UBM. DBLL^ÀSS. DI ANCONA BTC: 115
nel qnal tempo le ben^ intese misure delle Armi Alleate
ci hanno gettati in un buio impenetrabile, ed altronde
questa Francese Cometa veniva allora di comparire sol-
r infelice Orizzonte Romano.
Si può non di meno dar luogo a qualche generale
riflessione. Si ostinò Egli a tener lontane le due forze,
divise runa dall'altra dalla Catena degli Appennini, e
permise che li Difensori della Patria potessero* primo,
toglier loro ogni corrispondenza, secondo, la possibilità
di riunirsi, e finalmente sì Tuna, che P altra Divisione
strettamente assediata.
Se si fossero riunite a tempo, prima cioè del di loro
snervamento sarebbero stati capaci di qualche sforzo, e
forse di raggiungere Magdonal. (*) (1).
Concentrò in Mounier l'assoluto Comando non solo
della Divisione, de' Forti d' Ancona, ma ancora della Ma-
rina, 0 ciò in vista d' una Istanza del medesimo, che me«
rìtava una qualche analisi; Mounier si aveva con un
astuto ripiego preventivamente procurato un Decreto, il
quale dichiarava i tre Dipartimenti Tronto, Musone, e
Metauro in islato d' assedio per riunire con tal mezzo in
se stesso ogni potere, che quindi si è reso la larga, e
perenne sorgente di tutte le concessioni, e violenze da
noi sofferte.
Garnier espose anch' Egli la sua Divisione ad essere
logorata da frequenti spedizioni, e non sempre ancora
ben intese (sebbene non sappiasi, siano state dirette dal-
l' avarizia, e da non crudele entusiasmo) e la ridusse in
uno stato di meschinità, e d'impotenza 0.
(I) Qii Irafui A«l iMlo ona ehItnaU per m* MBoUtloat, m It mU sgb
itisla. —
{^) Ofgl fO Ottobre corre U ?ooe, ehe taato Egli che U Trippa riaiasta|li
il trotiao Prigioniera, e che tiaao cadali il Porte di S. Aageio, e CI? ilat eedilt*
116 CAMILLO ALBERTIKI
Non 8i ardisce di fare il ritratto di Monnier; man-
cano i colori, che possine esprimerlo al naturale, ne
ogni penna vale a descrivere meritamente questo Eroe
deir Egoismo; se ne abbandona 'perciò il lavoro a de'
soggetti, che si avranno forze, e talenti proporzionati,
ed ora mi limito alla semplice descrizione di quanto ha
Egli qui operato^ e ne' tre Dipartimenti, potendosi così
sodisfare alla necessità di renderne in qualche modo
istruito il Lettore.
Parve che dopo l'anzidetta Marcia di Magdonal re-
stassero le Provincie oppresse dalla pesante ^rnole de*
Francesi^ che ne paralizzava le sue forze, e cominciarono
a dare i più forti segni d' ordinata reazione.
Si viddero allora in più luoghi riunirsi in più grossi
Corpi li Difensori della Patria; e se prima avevano ap-
pena inesperti Capi, che qua, e là più tosto al proprio
massacro^ che a qualche utile impresa li conducessero,
ora vi correttero a folla Uomini di qualche genio mili-
tari tanto deir antico Governo Romano, che Napolitano,
e per sino non pochi, che vi erano p. particolare di loro
volizione dedicali a più pacifico impegno.
L'organizzazione però, T approvvigionamento d'una
armata non è l'opera di un giorno, ne delle più facili
ad essere eseguite; e comunque la più ferma decisione
d'una Nazione irritata, e disposta a tutto sagrificare p.
la difesa di quanto ha di più sacro, sia il più poderoso
materiale d'un Esercito, pure nella deficienza dei resto,
egli spenderà senza profitto li stessi più grandi suoi
sforzi (*).
(*} La Requisizione deU* Armi, e Munizioni era stata generale, e spesso ri-
noTtta dal tirannico Governo Francese; non di meno può dirsi di noi quanto
disse Virgilio . . . . ,
, . . Furor arma minUtraL
(Nota deWAutore)
MEM. DELL'aSS. di ANCONA KTC: 117
Tanto avvenne nelle primo mosse de' Difensori della
Patria, essi non avevano, che un core penetrato pro-
fondamente dallo sdegno, e dalla necessità di battersi;
del resto mancavano affatto di ogni altra risorsa (*). E
ben vero che i Francesi n oUemente vestiti avevano spo-
gliato queir entusiastico coraggio, che fra li Giacci del-
l'Alpi presso che nudi, formava T intiero loro sostenta-
mento ; erano però divenuti più crudeli, più sanguinari,
più avari; erano non vi ha dubbio più effeminati, ma
avevano il vantaggio d' una sperimentala tattica, d'ordi-*
nata corrispondenza, d'Artiglieri, di munizioni; final-
mente avevano in mano a profusione li mezzi tutti della
guerra (1).
Con si fatta disparità di forze, e dopo ancora li svan-
taggiosi avvenimenti, che seguirono ogni azzione (se-
gnalata sempre col sacco, violazione, massacro, e bar-
baro trattamento di una qualche infelice popolazione)
lontano da scemare l'ardore de' difensori della Patria
adderebbero in essi il Coraggio, T attività, V industria. Sep-
pero tirare partito dalle più deboli risorse, e poterono
di bel nuovo presentare al suo oppressore la fronte.
Ogni Provincia contava oramai una qualche forza
riunita, e qualche Popolazione giunse persino a gettare
alle fiamme gV infernali delubri della sfrenatezza, del-
Tempietà. Potè vagli ciò costare la più terribile desola-
zione, com'era a tanti avvenuto, e a molti ancora av-
venne ; non di meno non davano indietro dal pericoloso
preso partito.
I*) La macchitTellesca condotta Francese ci ha prima spogliati d'ogni neiM
di reaxiooe, quindi ba spiegato tutto il treno dell' oppressione.
(Sota deU'ttuiore)
(It Si o«<er>i come I' Albrrtini. ^ebbene non nbbin simpAtia pei Francesi e
■oa lasci sfuggirai orcasionc per dirne tutto il m^l poMÌbile, pare nella saa
mpariialiià non trascura di arrenn:!'** a quello che r'era di buono nei loro or-
dinamenti militari. Ciò torna a lude «!ello siortco, il (|ii:ile non lascia acciecarsl
dalla px%«ionc tli parte, o mai non ^i allontana da quella impaniai ita che deve
diitmgaere lo scrittore co9cienxio$o.
118 CAMILLO ALBBRTINI
Intanto cominciavano a nascondersi fugiaschi nell^av-
vilimento li Proseliti rovinati dalla Francese licenza,
palesando nel di loro spavento Tesecrabilità dei di loro
delitti, e si riordinavano le file del passato (Governo.
Cadevano in nn motto da tutte le parti a rovina li male
assortiti, e peggio ancora apposti materiali d^nn effi-
mera Repubblica.
Non si era però espiata bastantemente ancora Tul-
trìce giustizia di un Dio offeso sino ne' suoi tempii con
una continuazione di sagrilegii e dMmpietà!
Non si erano ancora sparse abbastanza le lacrime
deir afflizione, del pentimento, e vi rimaneva a sorbirsi
una qualche parte del Calice amarissimo. Dovevano an-
cora molte Città essere abbandonate alla furia dell' Armi
Francesi; perfezionate nell'arte di desolare.
Si avrà qui il solo dettaglio di quanto ba in questi
ultimi mesi sofferto il Piceno. Dell'altre Provincie non
corrono finora, che notizie vaghe, e confuse. E se ciò
ancora non avesse il più stretto rapporto coU'assedio di
Ancona si tralascierebbe volentieri di ritornare lo sguardo
sopra un quadro, che non può essere riguardato dagli
Italiani senza effusione di dolore. Fosse egli almeno del
tutto compito! La deboUezza dell'Italia, la divisione delle
volontà Italiane, che la sua debolezza produce riduranno
gli abitanti di così bella parte dell'Europa alla condi-
zione de' nazionali della Barbarla.
FRAMMENTO INEDITO DI UNA LETTERA
eli Olaoomo ILieoparclI a Pietro Olordànl
L'egregio signor Prof. Giuseppe Piergili da Recanati ci manda
tto frammento inedito d'una lettera che l'illustre Giacomo {.eopardi
dirigeva al suo non meno illustre amico Pietro Giordani, e noi,
benché non sia un lavoro storico, crediamo di far cosa grata ai
nostri lettori dandogli luogo in questa nostra puhiicazione.
Se questo nuovo scritto nulla aggiunge e nulla toglie alla fa-
ma grandissima che il Leopardi coll'iugegno e collo studio seppe
acquistarsi» vale tuttavia a confermare come i patimenti Gsici e
morali, a cui la matrigna fortuna lo fece bersaglio, contribuissero
a persuaderlo della vanita del tutto, della perversità degli uomini,
come amore e virtù fossero nomi vani senza soggetto. Qui non
è ora il luogo di entrare a discutere della filosoGa del Leopardi,
di coi avremo occasione d'intrattenerci nella biografia che nei
prossimi fascicoli stamperemo, ma è certo che questo frammento
d mostra sempre più la verità della sentenza del Buffon ohe lo
$iik è tumio, e ne persuade della utilità di mettere in luce gli
scrìtti degli uomini grandi, ancor che siano brevi e non dettati
certo coH'intenzione di farli conoscere al publico, perchè in essi
rnomo si mostra proprio quale è, colle sue passioni, coi suoi
sentimenti, e cosi i biografi ne ricevono lume per tesserne la vita
eoo maggiore esattezza e farne un più fedele ritratto: i critici poi
io questi scritti, se possiamo cosi chiamarli, intimi, hanno modo il
piò delle volte di scoprire la ragione psicologica delle opere dello
scrittore.
Queste furono le principali tra le cause che ne fecero credere
noQ al tutto alieno dall'indole del nostro periodico lo scritto del
Leopardi, oltre di che il nomo stesso dell'autore c'indoceva a
lasciare da parte ogni dubbio sulla opportunità almeno di darlo
120 LETTERA INEDITA
noi alla luce, perchè siamo persuasi che quanti lo le^^geranuo si
stimeranoo fortunali di poterlo mercè le cure intelligenti dei bravo
Piergili, che all' illustre poeta Marchigiano, onore del nostro secolo,
professa un culto ed un'ammirazione sinceri.
E qui basta, che non vogliamo colle nostre vane parole ritar-
dare più oltre ai nostri lettori il piacere di leggere lo scritto del
Leopardi.
La Direzione
9 Ap^^le 1821,
Fu detto con verità che quegli che non è stato in-
felice non sa nulla; ma è parimente vero che T infelice
non può nulla: e io credo che il Tasso non per altra
cagione sieda piuttosto sotto che a fianco dei tre sommi
nostri poeti, se non perch'egli fu sempre infelicissimo.
Tutti i beni di questo mondo souo inganni. Ma dunque
togliete via quest'inganni: che bene ci resta? dove ci
ripariamo? che cosa è la sapienza? che altro c'insegna
fuorché la nostra infelicità? In sostanza il felice non è
felice, ma il misero è veramente misero per molto che
la sapienza anche più misera sì adopri di consolarlo.
Era un tempo che io mi fidava della virtù, e dispregiava
la fortuna: ora dopo lunghissima battaglia son domo e
disteso per terra, perchè nìi trovo in termine che se
molti sapienti hanno conosciuto la tristezza e vanità
delle cose, io, come parecchi nitri, ho conosciuto anche
la tristezza e vanità della sapienza
Le corti, Roma; il Valicano? Olii non con )sre quel
covile della superstizione, doirignoranza e do' vizi? Ma
DI GIACOMO LBOPARDI 121
presso a poco lutto il mondo ò purgatorio. Questo è
proprio inferno, dove bisogna che Tuomo guardi bene
di non mostrare che sappia leggere; dove non si discorre
d'altra materia che di nuvolo o di sereno, ovvero di
donne collo parole delle taverne e de' bordelli; mentre
per r una parte non resta all' uomo di senno altra oc-
cupazione che gli studi, altro riposo che gli studi; per
r altra parte in tanta distanza d'ogni paese e d'ogni
animo colto manca agli studi anche la speranza della
gloria, ultimo inganno del sapiente.
^.^x ^ *■ '^ *^y^^^
LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
di nomm^nwk e T*o«oana
CONTRO LA LEGA LOMBARDA
(11«T-11TJ()
LE COSPIRAZIONI IHPERIALl DI ROMAGNA E TOSCANA
CONTRO LA LEGA LOMBARDA
(1167-1175)
Gli Storici che narrarono della guerra in cui i Co-
muni italiani, nel secolo xir, confederati della Società
di Lombardia^ Marca e Romatinola^ resistettero a Fe-
derico I, svolsero mollo diffusamente T intreccio dei fatti
passatisi neir alta Italia o in Roma, e poca parte, e poca
importanza concessero agli avvenimenti deirita^ia centrale.
Anzi la rapidità con cui si accennò a certi fatti iso-
lati, che pur era impossibile non registrare e accogliere
nel campo obbiettivo della narrazione, ingenerò diversi
equivoci. Troppo facilmente si usava rigettare fuori dal-
r ambiente della Lega, quanto non giustificava di prima
vista un esplicito collegamento alle cose di Lombardia
o non aveva eco nel racconto dei cronisti di Milano
o tedeschi: aggiungendovi anzi per parte della critica
un rimprovero, che in una stessa accusa di fratricide
lotte, inutili, dannose anzi alla concordia dei comuni
lombardi^ avvolse quanto guerre annotano i cronisti delle
▼arie città deir Italia media, in questi anni che corsero
dal 1167 al 117G: dai convegni di Bergamo e Pontida
alla vittoria di Legnano.
E invece ben ragionevole che gli avvenimenti meno
clamorosi di Romagna, Toscana e Marche non isfuggis-*
5ero a ciò che era T influenza generale: il conflitto fra
Federico e i Comuni.
Neirordine delle idee Federico si proponeva mutare
il concetto federativo dell'Impero cristiano di Carloma-
126 LB COSPIRAZIONI DCPBRIALI
gQO in una unità statuale, ripristinando la lettera del
diritto cesareo di Roma: neirordine dei fatti la sua o-
pera voleva essere un abrogazione di tutte le buone iisait-
ze introdottesi, privilegiate o no dai suoi antecessori;
con cui Tequila mitigava man mano il diritto feudale,
convertendo ognor più di materiali in morali i vincoli
con cui la federazione cementavasi e incardinavasi nel-
r autorità dell'Imperatore.
Nel campo delle idee, Topera di Federico pareva un
progresso consigliato dalla scienza: in ordine ai fatti,
una reazione. Come maturamente della universa costitu-
zione politica cristiana, di ciò che era la tradizione del
Sacro Romano Impero, creato dalla spada dei Carolingi,
emanato dal Papa e acclamato d;il popolo di Roma nel-
rSOO, Topera di Federico incontrava la resistenza del
Pontificato: come reazione di fatto contro il progresso
perenne in cui logicamente svolgevansi le libertà rnuni*
cipali in un ambiente federativo qual era Tlmpero, dovea
Topera di Federico sollevare contro di sé quanti senti-
vano liberalmente in Italia. Di qui raccordo spontaneo
di Papa Alessandro III colla Lega Lombarda.
La quistione rivestiva pertanto unendole così gè-
nerale, che o speculativamente o realmente ninno pote-
vasi esimere dal parteciparvi. Quella lotta ebbe un^eco
ovunque, giacché la politica delFaula imperiale scuoteva
tutto l'organismo costituzionale europeo. Il re di Francia
e il re dMnghilterra medesimi, dovettero manifestare
un^opinione in proposito e dichiararla coi fatti.
Non è il luogo qui di definire tutto T orizzonte di
quel conflitto vastissimo : ma mi basta accennarvi perchè
sia giustificato T intendimento, che mi propongo con
questo saggio. 11 quale può valere, se non altro, come
desiderio che le future monografie storiche della Lega
Lombarda non trascurino più tanto, come avvenne fin
Dt ROMAOKà fi TOdCAKA BCC : 1^7
qnij le cose sìncrone accadute in Romagna e Toscana
sopratutto.
Ponendomi quasi a rigaardare gli avvenimenti di Bo-
logna, il cui mandato in seno alla Società di Lombardia^
Marca e Romagna fu più specialmente la sorveglianza
delle cospirazioni a favore di Federico che avean loro
centro in Romagna e Toscana, mi limito però a prendere
le mosse da quanto accadeva dopo il 1167, dopo cioè
la costituzione della Lega, anche perchè riguardo le due
Tenute deirimperatore in Bologna nel 1162 e nel 1166
abbastanza furono ricordate nei lavori che si posseggono,
e massime nelle parecchie monografie venute alla luce
in Bologna nel 1876, celebrandosi il settimo centenario
della battaglia di Legnano dalle nostre associazioni po-
polari e scientifiche.
Bologna entrò nella Lega nel 1167, e fino a quel
punto sembrami accettabilissimo quanto ne scrive, coirap-
poggio dei documenti, il Vignati nel suo prezioso lavoro.
11 mio racconto si stacca da quella data, e divagando
pel territorio della Italia media, raggiunge la narrativa
generale al 1175, quando Federico è sotto Alessandria,
poco prima degli armistizii di Montebello.
^Ki^^^i^^i^^i^k/oa^^
128 IM 00SPIRÀ2I0NI IMPERIALI
L
L'acquisto di Bologna tornava vantaggioso oltre mo-
do alla sicurezza della Lega, la quale veniva così va-
lidamente protetta contro ogni insurrezione del partito
di Romandiola da un Comune forte e popoloso, che
conosceva bene quella regione pericolosa né vi mancava
di influenza.
I consoli di Bologna presero però ben presto parte
attiva agli affari della Lega, e alli 3 di Maggio 1168
ne troviamo già due, Ildebrando Gualfredi, Munse Asi-
nelli^ presenti a un convegno o concordia^ tenutosi in
Lodi, in cui, stabilite le norme più acconcie ad evitare
e a spegnere lo scoppio di ogni questione giurisdizionale
fra le città collegate, dicbiaravasi sospeso temporanea-
mente e privo di valore alcuno ogni appello all' impera-
tore Federico fatto senza consentimento della maggioranza
dei comuni aderenti alla Lega (1).
Tale voto aveva il vantaggio di conferire a Bologna
una piena libertà d'azione, rompendo ogni addentellato
colle vecchie lotte di giurisdizione che essa aveva pur
sempre vive in Romagna, e il definire le quali sarebbe
spettato di diritto all' Imperatore.
Una volta convenuto per ragioni di interesse gene-
rale di libertà italiana che si facesse in pratica eccezione
a questo incontestabile diritto imperiale, ogni azione mi-
litare di Bologna contro la città di Romaniola perdeva
il carattere odioso di rivalità municipale, acquistando il
(1) Muratori. Anlùi, Med, Aeti tom. IV. colon. 263 — Vio^nati Storia Di«
plom. deUa Lega Lombarda pag. 177.
DI ROM AON A B TOSCANA ffCC : 19d
senso e il merito di un concorso a più alto e giostissimo
intendimento quale appuato proponevasi la Lega.
I Rettori della Lega in Bologna intervennero ad uìi
altro convegno nei primi mesi delPanno 1170 coi dele<>
gati della città di Modena, Parma, Reggio e Mantova^
e vi giurarono nuovamente di aiutarsi a vicenda. Ne
esiste Tatto tratto del Codice Bolognese ma vi manca
la data del luogo (1).
Questo convegno, ristretto solamente alle cinque città
sunnominate, non era del resto uua novità, e i vari co«^
muni ascritti alla Lega li convocavano quando speciali'
interessi^ attinenti però sempre a quello supremo della
pace interna, lo richiedevano. Li convocavano altresì
quando un Signore del contado domandava di ossero,
accettato come cittadino del Comune ed ammesso a giù-*
rare fedeltà alla Lega. Nella solennità di tali cerimonie
le città trovavano una guarentigia reciproca. Del resto
non facean difetto buoni argomenti per consigliare le
città d'Emilia e della Romagna a stringere vieppiù tra
loro i vincoli della santa alleanza.
L^atto giurato in questo convegno dai rettori di Bo^
logna^ Parma, Reggio e Modena, in quel tanto che ne*
rimane, tiene parola di speciali ed energiche misure
da prendersi contro quel Gazzedonio tedesco che Fe-
derico avea collocato fino dal 1159 nella sede vesco-
vile di Mantova e che, scacciato poscia come eretico e
nemico delle libertà italiche, allora nuovamente aggi-»
ravasi da queste parti, rinfocolando le ire degli imperiali
che tenevano i castelli sparsi nel. contado. — Prosegue
Tatto di questo convegno denunziando Tesistensa di una
congiura e di una cospirazione contro la società di Lom-
bardia, e a questo proposito si determinava dai radunati
«
(t) flClUTt op. S«C. pug. fìì,
ArdL 5fof. If«rdk. K /. D
199 LK C0&P1RA2I0NI IlfPSiUALI
di mettere a nudo le cose invitando le città e i Signori
sospetti ad entrare nella Lega, e nel caso si rifiutasseroi
4i.. intimare loro viva guerra. (1)
Infatti la villa di Frignano ed i nobili di Monteve-
glio eransi stretti in lega per rialzare le parti imperiali,
e. il Muratori ne porta i patti (2). E molto probabile che
fimili intelligenze corressero altresì fra questi e gli altri
partigiani dell' Imperatore. In ogni modo è fuor di dubbio
che verso il 1170 si ebbero numerose sottomissioni di
feudatari ai Comuni di Modena e di Bologna, fra cui i
Signori di Monte veglio, Frignano, Carpaneto> Montecuc-*.
colo e gli Abbati di Frassinoro (3); così che resta chiaro
come una lega fra le cinque città suddette ripetesse ap-
punto sua ragione dalle insolenze, più ardite dei valvas-
sori imperiali, e come fortunatamente quelle città me-
diante un^ unione li riducessero al dovere.
Ma il grosso affare dei Bolognesi non era verso i
monti del Frignano: bensì, come dissi, dal lato di Ro-
magna, da cui il feudalismo ripristinato colle famose co-
stituzioni di Roncaglia^ sporgeva minaccioso, tenendo
Imola» Medicina, San Cassiano come altrettante rocche
avanzate fino a poche miglia da Bologna.
Faenza erasi però volonterosamente alleata coi Bo-
lognesi, ma ad Imola ed a S. Cassiano fu mestieri im-
porre colla forza delle armi V adesione alla Lega* Li 16
giugno del 1 168 gli imolesi, comparendo al pubblico ar-
ringo in Bologna dinanzi ai nostri consoli, avean dovuto
prestar giuramento di conservare pei bolognesi e faen-
(1) ViouTi, eom sopra — Muratori. AnUq, Med, Aevi Tom. IV. col. t66 —
Rifiìfro Onttù — Cam. degli atti in Bologna.
« et homines de meo distrìeta qui sant'in iora et conspIraUone eontra so*
cieUteii lombardie si faerint appellati qnod .veniant^ad societatem et si venire
■òlttrint gnervan eie faeiam etc. •
(2) Foedas Montebelliensiam cam Castellanis Friniani aliisqae Proceribas
entra Mutinenses. Anno 1170. ^ Muratori Antiq. Med, Aevi tom. IV. col. 871.
(3) TiGKATi pag, m V. RoU S pag. SS^note 1. % 8.
DI ROMAGNA TOSCANA BCCT 131
tini Castel S. Gassiano e Castel d' Imola, di riconoscere
la giurisdizione loro su quelle popolazioni, di levare le
colte a loro profitto, e armati e cavalieri quando i bolo-
gnesi od i faentini il comandassero (1).
Siccome però Bologna non la pretendeva con ciò a
prepotenza, ma solo a riannodare e mantenere in forti
vincoli di fratellevole patriottismo i dissidenti, così i Bo-
lognesi unitamente ai loro alleati di Faenza giuravano
per proprio conto di difendere con ogni possa gli uo-
mini e le cose di San Cassiano e di Castel Imolese, e
di adoperarsi in prò loro tanto quanto per sé medesimi
facevano od avrebbero fatto.
A questo punto è merito delFopera porre ogni studio
a dissipare una confusione di fatti, venula accreditandosi
a disdoro dì Bologna, la quale, cioè, secondo quanto ne
dissero in genere parecchi storici, avrebbe gittato sue
forze in una guerra indecente, nel tener vive civili e
fraCrìcide discordie^ mentre in quella vece urgeva serbar
pace e concordia per ritrar poi dalla unione fortezza
contro la prossima calata di Federico.»
A cosi triste giudizio sulla nostra città vennero senza
fallo condotti gli storici considerando la dolorosa ed ar-
ruffata vicenda di battaglie, di assedii e di conflitti per
cui arse la Romagna dal 1168 al 1172 nel cuore ap*
punto deir epoca di lotta italica contro Federico L
Oli stessi compilatori di annali bolognesi, con troppa
facilità accettando questa sentenza, con pari ingenuità
riconobbero il torto attribuito ai padri nostri di avere
nel 1171 rotta fede a Faenza, con cui eransi nel 1168
congiunti in lega, come superiormente fu detto, per isni-
dare da Imola e da S. Gassiano il partito imperiale*
Prima però di mettere nella sua vera luce questo pe-
ti) SATtoix Aaoali Bolognesi tol. 11. ptrte 11. pag. 5 o sof •
132 ^ COSPULAZIOKI IMPERIALI
riodo storico in cui Bologna non T infamia, come più
tardi fa asserito, ma verace gloria ed alto merito si ac-
quistò presso la Lega Lombarda, giova indagare le ra-
gioni per cui forse si ingenerò negli animi si deplorevole
confusione.
«
La maggior parte degli antichi nostri cronisti ebbe
il mal vezzo di registrare le imprese guerresche, di no-
tare come e contro chi si mandassero alla campagna
eserciti cittadini ; ma quasi mai aggiunse parola sui mo-
tivi e sulle origini di codeste municipali inimicizie. On«?
d^è che il più delle volte si veggono con ingrata sor-
presa gli amici e gli alleati d^ oggi, divenire nemici
Tanno appresso, senza che sia detto a quale delle due
parti contendenti fosse in così inopinato cangiamento il
diritto od il torto. E così, abbandonati gli scrittori e
giudicando solo dai fatti, troppo spesso è avvenuto che
di due città già insieme alleate, quella sembrasse fredi-
fraga e sleale che per prima aveva materialmente rivolte
\e acmi contro deir altra; quasi che la cosa non potesse
invece star tutta ^trimenti.
Ora ripigliamo la narrazione.
Mentre Bologna, seguendo T esempio degli altri co-
muni lombardi, poneva ogni suo studio a rafforzare la
causa delle privilegiate libertà italiche nel centro della
penisola, ed a guadagnarsi alleanze pei tristi tempi che
la pertinacia di Barbarossa minacciava, quel Oazzedonio
vescovo di Mantova esigliato dai diocesani perchè tede-
sco e scismatico, era disceso in Romagna, e colla qua-
lità di Vicario Imperiale (Imperialis aulae VtcartusJ
come egli stesso si chiama in un atto che si conserva
tuttora nell^ Archivio degli Arcivescovi di Ravenna (1)
si adoperava a pacificare le città guerreggiantl fra loro
per questione di giurisdizione e di confine.
(1) Satioli — Annali di Bologna.
I
DI TOSCANA B DI ROMAGNA BGC : 133
Era sogno dorato e costante della politica imperiale
il creare nemici alla Lega Lombarda nel seno medesimo
d^ Italia, ed i legati di Federico si argomentavano di
riuscirvi efficacemente mediante V influenza ed il predo-
minio che si acquistavano in codeste opere di pacifica-
xione. Si voleva contrapporre leghe a leghe, confede-
razioni a confederazioni, italiani *ad italiani; e, ciò che
poco dopo ebbe intrapreso in Toscana il Cancelliere me-
desimo di Federico, Cristiano ; tentava fin d^ allora in Ro-
magna Gazzedonio. È quindi evidente che un tal progetto
esisteva, e che in Germania se ne teneva gran conto. (1)'
Gazzedonio trovava un appoggio naturale e sponta-
neo in Guido Arcivescovo di Ravenna, figlio del Conte
di Briandrate, acerrimo sostenitore di Federico e di-
chiarato nemico di Milano, nonché nel giovane Conte'
Guido Guerra, figlio di Guido andato tra i più nel
1124.
La politica aulica di Federico riguardo alla Roma-
gna aveva del resto un buon fondamento nelle tradi-'
zioni che il nome stesso conservato gelosamente a quei-
paesi, i quali formavano Tantico esarcato di Ravenna,
manteneva in ricordanza e in vivo diritto.
Quando Pipino e Carlo Magno ebbero prostrato e*
disfatto la dominazione dei Longobardi fu questione del
come spegnere radicalmente la stirpe longobarda tra-
piantatasi in Italia^ ma tanto eransi questi già assimi*'
lati e confusi colle genti italiche che si dovè rinunziare
ad ogni altro progetto il quale non fosse una semplice
e grossolana limitazione* deirappellativo di Longobardia
fi) Eeao BoBconpigBi detcrivendo l'assedio di Ancoiia dH 1174 di cui Ai
cottt^aporaaeo, acceooa ancb'egli allo ttodio posto dal Cancelliere Cristiano in
ftiflalle nancivre e soggiunge: ■ Non credo che Italia possa divenire tributaria
ad alcano; e rio non procede da maliiia o livore degli italiani, giacché nella
legge è detto : ÌVm e$i provincia, uè domma provùèòarum • MunATont — De
llerva Ital. Sertptoribos. voi. VI. pag. 930*
134 LB COSPIRAZIONI IMPERIALI
in cui ormai il nome dUtalia identificavasi e disfaceva-
si si che, minacciava già di scomparire dairuso comune.
Convennero quindi a' que^ dì V Imperatore e Papa
Adriano che il paese, dove i Longobardi aveano posto
il fondamento del loro regno e dove da più lungo tem-
po risiedevano, mantenesse il nome di Longobardia; ma
volendo demarcare un' confine airespansione, da cui
mostravasi animata la tradizione lombarda, stabilirono
si appellasse Romaniola o Romandiola quanto di paese
raccoglievasi ancora attorno alla memoria delPEsarcato
di Ravenna; e che nelle lotte contro i re Longobardi
avendo mostrato tenacissima fede airautorità di Roma,
ne avrebbe in processo perpetuato il nome e la temen-
za, respingendo cosi da vicino ogni moto lombardo sia
che roinaciasse propagarsi come un desiderio contagio-
so degli usi longobardi, sia che venisse tentato quando
che fosse colla violenza. (1)
Ma non tutto T antico Esarcato potè mai ricono-
scersi per Romandiola: e per quanto questa denominazione
giungesse sino quasi alle porte di Bologna col gran-
dioso castello matildico di Medicina; di cui Dante, a
testimonianza di Benvenuto da Imola, soleva dire non
esservi il più ))ello in Romandiola (2), si tenne sempre
Bologna più come paese longobardo, o almeno come
zona neutrale di confine, quella che stendevasi tra la
(1) FLAV1U8 Blokd. lìb. 1. Deead. ^ « LoDgobardorum genteiu tam mulUs Ita-
liae popvlis, affinitatibus ac sangoinitate conianctam, nec elicere tutum, nec de-
lere bamanam Yìderetur; Pontifex Imperatorqae costitoenint, obi sedem diu et
status sui fuodamenta babueraDt, genti Longobardiae nomen et solum patriom
conservare: otque propinqutur eonjoDCtlprqae pominis Romani memoria fines
illis faceret eertiores, baberentqoe illi probatae erga Romanos fidelitatis vi-
ciaos, quibus cura esset aut motus eonim compeseeodi, aut magistratus re-
DOBciaBdi, quidqvid Exarcatus RaTenaatls fioos complectuntur, BiommidmUaai,
placult appellarì.
(2) Et interrogatua quid sibi Tìderetur de Curia illa, respoudK se nou vi-
disse palcrìorem in Romandiola, si ibi esset raodicum ordinis. Benven db Imola
in Comoed. Daotis (Mnrat Anliq, Hai. tned. aevi v. 1. col. 1123)
DI ROMAGNA 8 TOSCANA BCC : ISS^
Sapena e il Reno in mezzo ai quali torrenti sorge Bo*
legna e che delimitaTano il paese in cui era già fino
dai tempi di Dante caratteristica e antichissima a&r-
masione Tolgare di sipa (1).
Nel linguaggio poi dei bolognesi trovava Dante nelle
8Qe pazienti comparazioni filologiche chiarissimo Tele^
mento longobardo (2).
La dominazione longobarda del resto aveva gittato
radici in Bologna e ci restano monumenti preziosi a
provare come la chiesa bolognese riconoscesse con sim-
patia per sovrani e re Adolfo dapprima, quindi Liut-
prando e Uprando (3).
Oltre a ciò è a notarsi come lo stesso Carlo Magno,
il quale proponevasi rendere giustizia ad ognuno' dei
suoi popoli in conformità alle sue proprie leggi ed
usanze, quando di ritorno da Roma nelPSOl campeggiò
sul Reno, (4) mostrasse riconoscere fra noi gli atti reh^
lì dei principii longobardi, è anzi memoria espressa di
un privilegio di Re Astolfo ivi alla curia carolingia*
prodotto dair Abate di Nonantola contro il Vescovo di
Bologna che ne contestava la validità e che Carlo Ma--
gno riconobbe come legge tuttavia osservabile nel ter-
ritorio bolognese. (5)
L^illustre Ficher ha trovato negli Archivi di Classe
a Ravenna un documento che dimostra quanto abilmente
rimperatorc Federico si richiamasse alle antiche tradi-
zioni delle città di Romandìola per mantenerle ogni
(4) A 4tker Mipa tra Savena e Reno. Dante lof. ran 18 t. 40.
\,t\ Db Vot^GAHi Ei^uio. CBpui XV, Facit magnani discossionem da idhwiate
(3> t Qarilfbit vota tnscliie Domine Dominis nostri Lintprante et Uprante re-
irfkaa et Domino Barbalu Episcopo Sacrae Ecclesiae Bononiensls etc, — Inaeri-
Beila Basilica di S. Stefano.
(i) SAfiOLi AnnaU bolognesi — Sicomo Hist. Bon. Ub. I.
(5) Hi.
jt86 LB X^OSPIIiAZfOKI lMPKiaAI.1
pia s(p6Ue al nome romano rivissuto nella corona del
sacro Impero e allora da lui portato.
Nel giììgfio 1162 Federico marciava verso Bologna,
ed è colla data del 26 di detto mese dal piano Mode-
nese- di Castel Savignano che egli rivolgeva ai Raven-
nati-queste importanti parole. (1)
€ La città vostra di Ravenna e per antichità di tem-
pi, 6' dignità di onori, e valore di opere e sincerità di
fede, fu mai sempre gloriosa e famosissima fra tutte le
città, italiane.
. € Fino dall'antico essa si palesò fervorosa e gagliar-
da in fedeltà alla gloria della imperiale corona e nel-
r^ibisione di preclari e sinceri aiuti.
e Tuttociò udimmo e vero sapemmo. Epperò desi-
deriamo di tenerci ognor più e più cara codesta città
dr Ravenna, e vogliamo onorarne i cittadini di tanta
prerogativa di affetto e di grazia: così che la città^ la
quale fra le altre d'Italia con magnificenza estolle il
capo per i suoi titoli di onore, risplenda eziandio per
ipaggipr lustro di larghezze imperiali e di abbondanza
di benefici. » (2)
QQe9te parole piuttosto sentite che di mera formali-
tà, Federico metteva in capo alle disposizioni con che
meditava fin d'allora rendere per sé efficace e proficua
le fedeltà romagnola all'imperio di Roma.
Proseguiva per altro ingiungendo che tutti i Raven-
nati, cioè, capitani, valvassori e quanti fatto ancor non
l'avessero, giurassero fedeltà airimperalore: stabiliva
che i consoli starebbero nella città per autorità dell'Im-
peratore, né potrebbero essere eletti se non alla pre-
senza del Legato Imperiale col diritto a questo di con-
(lj FiCHER. ForschuDgen tur Reicbs-ond reclitsgescbtclila ilMliens • Vierter
B«Bd. Ertte Abtiieilgng • pag. 171.
(9) Fkher. op. toc. pag. 171-
DI ROMAONA B TOSOAHA BCG : 137
fermarli. E disponeva che, se Tlmperatare fosse iu Ro-
magna o nel Ferrarese, la maggioranza dei Consoli
dovesse recarsi alla curia da lui per ricevervi Tinve*
sutura del Consolato: andassero invece due soli quando
rimperatore si trovasse più lungi in altra parte dUtalia:
fossero tutti dispensati da tale obbligo solo essendo
rimperatore oltr'alpi, in Germania.
Ordinava quindi Federico che a Ravenna il giura-
mento di fedeltà dovesse rinnovarsi ogni cinque anni
da tutti i cittadini che compiuto avessero i quindici
anni e non superassero i settanta.
E intendeva rimperatore che tutti i cittadini di
Ravenna si obbligassero con questo giuramento a ras-
segnare e ricuperare a favore di lui tutte le antiche
regdtet già per vecchie consuetudini e per forza di
buone ed eque usanze poco a poco passate in godi-
mento della comunità ravennate (1)
Era al campo in Savignano Tarcivescovo eletto di
Ravenna Guido di Biandrate (2) e però forse la sua
intercessione potè ottenere che di tutto Tarretrato di
datii, ripatici, ed altre regalie dianzi esatto a proprio
favore dai Ravennati detto quindi maltoletum o maltolto
secondo la lettera dello stretto diritto feudale^ Federico
rìnanziasse ad esigere la retrodazione in intero, e si
limitasse a ritenerne pel fisso aulico sol la metà; quan-
tunque egli si fosse messo in campo con animo di
ottenere piena la giustizia ai pretesi diritti della corona.
Nel disordine dello scisma pare avvenisse spesso
che i conduttori ed enfiteoti dei beni delle chiese nie*
(I) Fienili, doc. tad.
(S) La dita del docameato tcoperto dal Ficher ia Ravenna è la seguente:
• Dalaa In territorio Motinenf i in plano catlrì Savignanl, pott destructlo-
Milani. VI kal. folli. Feliciler. Amen. •
Tra I Ibvatl come presenti alla rogaxione dell'atto, leggesi; Cméo HmtamoM
138 LK COSPIRAZIONI IKFBRIALI
gasserò i tributi delle terre e si rifiutassero all'osser-
vanza dei contratti pattuiti quando le sedi cadevano in
mano di scismatici o di intrusi ecclesiastici.
Né Federico dimenticavasi però di quella sua co-
stituzione di Roncaglia relativa alla protezione delle
proprietà ecclesiastiche feudali con cui intendeva favo-
rire fra il clero l'adesione allo scisma e alla sua poli-
tica. E cosi condannava i clienti e debitori di pensioni
alle chiese ravennati a restituire in integrum ì capitali:
condonando loro solo i frutti arretrati.
Mancano i dati a giudicare con sicuro criterio altre
disposizioni che Federico emanò in quella circostanza
per la Romagna relative alla validità dei contratti ri-
sultanti da strumenti; ma non pare che egli vi usasse
l'imperiale autorità molto conforme ai consigli di una
delicata equità, come diffatti sembra accennare una spe-
cie di nullità di cui colpisse spietatamente tutti gli atti
recenti relativi a fondi agricoli dove fosse contesta-
zione fra il Signore del suolo e il possessore enflteota*
del medesimo.
Mirava probabilmente questa disposizione ad annien-
tare quella grande e salutare trasformazione della pro-
prietà, che Venfitetisi aveva iniziato, che separando il
dominio diretto dal dominio utile del suolo portava a
libertà i servi della gleba. Era un movimento promosso
da ragioni morali ed economiche, che distemperava la
base materiale massima degli ordini feudali e riversava
poco a poco le genti agricole dalla giurisdizione delle
corti feudali nella giurisdizione dei Comuni.
Il proposito in cui era Federico di richiamare in
vigore alla lettera il diritto feudale, dovea però trarlo
a provvedimenti contro questa specie di liquidazione
dell'asse feudale che favoriva egregiamente i Comuni
Promise finalmente l'Imperatore, sempre nel privilegio
DI ROMAGNA K TOSCANA ECC : 139
di Savignano, che avrebbe reso giustizia a Ravenna
nelle questioni che avea colle altre città nel momento
sottrattesi; che avrebbe riattivato il canale di Po verso
Ravenna appena il • potesse ponendo int<into al bando
deirìmpero coloro che intercettate aveano quelle acque:
che Tesercito suo non avrebbe campeggiato nel torri*
terio di Ravenna dalla strada (Emilia) in giù verso il
piano: ma imponeva ai cittadini che avessero a ricevere
ed ospitare coi dovuti onori tanto lui che Tlmperatrice
e i principi della sua Curia ogni volta che gli piacesse
di calarvi e dimorarvi come in casa propria.
In siffatta guisa bandivasi la riforma imperiale in
Romagna e l'arcivescovo Guido ne riportava a Ravenna
il Decreto aulico a cui egli medesimo aveva apposta la
sua firma.
E mentre le città di Romagna rientravano cosi in
pieno mondo feudale: il contado vi veniva rassodato
mercè di un privilegio con cui addi 28 Settembre 1164
dal palazzo di San Salvatore presso Pavia Federico
confermava al conte Guido Guerra il possesso del va*
sUssimo dominio paterno.
Il documento è stato tratto dal Ficher dagli archivi
toscani e vi sono nominati oltre a sessanta fra paesi,
terre, castelli, corti, badie in Romagna n 157 in To-
scana; come tenuti in proprietà dal Guerra, nella per-
dona e discendenza del quale l'Imperatore concentra o
rafforza di nuovo la pienezza di signoria politica e di
giurisdizione civile, cedendo sopra quei ducente e più
luoghi al medesimo Conte per imperiale investitura ogni
vecchio diritto regale; le albergarie, i ripotici, i pedaggi,
le pescagioni, le caccie ccc, e tutto il sottosuolo con
ogni miniera e cava di ferro d'argento, rame ecc. (1).
(t) FicneiL Forschongen Zur Reicha-uml Rechtsgeschichte itallens. Vietter
bMd. Crstfl AbUieilung. pag. 179 N. 138.
U privilegio e conlrassegnato dal CanceUiere Cristiano.
140 LK COSPIRAZIONI IMPERIALI
A Rimioi esisteva un'altro focolare vivacissimo del
partito ligio a Federico: e Tesame di alcuni preziosi
documenti sincroni esistenti neirArchivio di quel Capi<-
tolo e alla Biblioteca della Gambalunga mi permette
dirne qualche cenno (1).
Fin dal 1161 era scoppiato in Rimini lo scisma
religioso: e que^ canonici nel maggio inviato aveano
una deputazione air Imperato re; accampato allora at*
torno a Milano e intento a devastare le campagne.
Chiedevano essi in compenso di loro ribellione al
legittimo Pontefice privilegi e sicurtà, e Federico con
molta benignità, addì 30 Maggio, ne rilasciava loro di-
ploma amplissimo (2): incaricandone deiradempimento
rigoroso il Podestà che era conte dell'Impero (3). Nel
testo del privilegio con cui Federico rimunera Tatto
sciagurato compiuto dal capitolo riminese, si tradiscono
ripetutamente e forse non a caso le segrete idee va-
gheggiate dalla politica imperiale riguardo alla Chiesa.
^Imperatore non vi si qualifica più, come era d^uso
dei Sacri Imperatori, protettore della Chiesa ma bensì
della Chiesa di Dio (4), e vi ricorda anzi il carattere
aulico dato a queste chiese in Roncaglia col pretesto
di purgarle dalle intromissioni dei laici, (5) in realtà
coirintendimento di asservirsele, sottraendo di mano le
proprietà chiesastiche e gli interessi religiosi alla tutela
(1) Editi nel 1856 dal ToDini bibliotecario delU Gambalunga In Rimtni.
(2) L'originale del privilegio esiste oelFArchivio del Capitolo di Rimini: mu-
nito in una parte rilevante dal sigillo aulico in cera e di questa data Da'-
tum ante porta» Medijolanentis CivitatiSy tempore vastationis •
(3) « potestas civitatis, videlicet dominicus Comes qui nunc est vel alia
futura potestas, plenariaro ipsornm querelis iustitiaro Tacere non diflferant •
Privilegio succ, —
(4) « Quia vera ecclesias defcndendi nobis a Deo est ooUata potestas.... >
• Ad eoniervandam etiam pacem eccle$iamn dei.. * Privilegio succitato.
(5; • ex actiones illas quas laici super bona ecclesiarum malo osu Tacere
consueverunt omnino fieri proibemus sicut. Nos in generali curia Runchaliae
per nostras leges Augustas sancivimus. — pRiv. succ.
Di ROlfAQNA B TOSCANA KCCl 141
che qua e là aveano assunto i comuni, pii\ generosa e
leale.
Quattro anni dopo lo scisma, cioò nel 1165 ferveva
in Rimini vivacissimo quello studio di guadagnarsi in-
flaenza sulle città e sui luoghi circostanti di Romagna,
per cui si distinse anche Forlì pure in senso imperiale
e con contrarii propositi alle concordie parziali che si
giuravano dai comuni rimasti devoti alle proprie antiche
libertà e alieni dallo scisma.
In una radunanza tenuta li 30 Maggio 1165 i Ce^
senati obbligavansi infatti per atto pubblico a stare agli
ordini di Rimini per la pace e per la guerra e a pre-
star milizia (1) : e un Cavalconte di Bertinoro vi cedeva
a Rimini il suo Castello di Calbano, giurando di gio-
varle eziandio in guerra, di dar opera a mantenere in
fede i cesenati, di abitare un mese dell'anno in città. (2)
Di tal guisa, quando Federico nel 1167 da Bologna
calò in Romagna, e attendendo T esito della spedizione
contro Roma affidata a Rainaldo, con ordine espresso
di impadronirsi della persona di Alessandro IH e che
fini colla famosa pestilenza di febbri, marciava a piccole
giornate verso Ancona: come fu a Rimini, ospitato in
casa del Vescovo ebbe trovato tanto da rimunerare che
11 23 Marzo cede al Comune di Rimini pienissima giu-
risdizione sia civile sia criminale sopra un territorio,
che lungo il littorale adriatico determinò dalla foce del
Rubicone a quella del Foglia, annullando, a favore del
Comune di Rimini, ogni placito anteriore di giurisdizione
da lui 0 da suoi predecessori concesso ad altri sopra
luoghi del medesimo te.'*ritorio riminese (3).
(t) Da codice membraDacco delto: -* Liher tnMirumenhrum Conumù Àrimin*
paf. It — nella Garabalooga. Ed. dal Tonini.
(S) Cod. sttdd. dolla Ganbalanga in Rimisi. Ed. dal TodIbI, pag. 19.
142 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
E degno qui di nota eziandio un fatto risultante da
un documento esistente nelF archivio di stato in Firenze
ed edito da Ficher (1) il quale prova come i Legati di
Federicq imperatore, si studiassero di profittare del mo*
vimento cristiano che portato avea i proprietari a met«
tere in libertà i loro servi, avocando alla diretta giuri-
sdizione imperiale i nuovi liberi rurali col costituirli in
comunità indipendenti dalle città circostanti.
Un Bernando Sedonio sul letto di morte avea man-*
dati liberi tutti i suoi servi che aveva in Castel d'An-
ghiari, donando per dippiù la terza parte de^ suoi fondi
ai suoi uomini di mascenata. Sorse questione tra Arezzo
e San Sepolcro, a quale delle due città spettasse la giu-
risdizione degli uomini d^ Anghiari: quistione che fu tron-
cata con un decreto dell' Arcicancelliere Rinaldo il quale
confermando la libertà e la donazione conferita dal pre-
fato Bernardino e giudicava il Castello e il popolo d^An-
ghiari appartenere direttamente al solo Imperatore e al-
l'Itopero. »
La Sentenza fu data da Rainaldo li 2 Settembre 1163
in piena curia, presenti i Consoli di Arezzo e di Borgo
San Sepolcro né alcuno potè fare eccezione.
Durava da molto tempo in Cesena un'accanita osti-
lità fra gli abitanti del suburbio montano e quei di den-
tro le mura. Si frappose il Vicario Imperiale, ed invitati
i suburbani a discendere dal monte ebbe rappacificate
le parti. Ma Cesena per cotal fatto vincolavasi necessa-
riamente alla causa imperiale (2).
Narrano pure le cronache di Cesena, come nel 1169
i Faentini stringessero coi Forlivesi una convenzione por
la quale i primi dichiaravano di ricevere da Forlì i Pre-
(1) Ficher op. cit p.ig. 173.
(S) QroDicx ADtiqua civiuUs Cesenae. Apod Muritori — De Return lUd,
Script XIV.
Bl ROlUaNA.B TOSCANA BCC: 143
sidi od i Capitani t ed a Forlì risiedevano i Commissarii
Imperiali e probabilmente lo stesso vicario Gazzedonio (1).
Cosi, poco a poco, venivasi formando in Romagna
una lega imperiale in cui cospiravano Faenza, Forlì,
Ravenna, Cesena, Rimini, i conti Guerra, Montefeltro,
Malvacino ed altri valvassori, sulle forze riunite dei quali
tutti contavasi per assalire Bologna e prendere a tergo
gli eserciti lombardi al ripigliarsi delle ostilità.
£ lo si vide infatti tìel 1175 alla battaglia di San
Cassiano, dove ai Bolognesi, soccorsi dai confederati lom-
bardi, toccò appunto di dover rintuzzare le forze del
Cancelliere Cristiano il quale avanzavasi con un esercito,
al cui nucleo composto di cavalieri tedeschi, prestavan
rinforzo milizie delle suddette città e conte di Romagna
e di Toscana.
Ma intanto un primo colpo air opera di Gazzedonio
Teniva portato da un avvenimento imprevisto che porse
occasione a Ravenna di francarsi, almeno per allora in
jMU'te, dalla influenza Imperiale. L'arcivescovo Guido di
Biandrate moriva sul finire del 1290 e liella sede me-*
tropolitana succede vagli certo Gerardo, tutto favorevole
a Papa Alessandro IH. Conseguenza immediata di ciò
la r ingresso di Ravenna nella Lega Lombarda (2) ed
ano scoppio di nuove ostilità tra Faenza e Ravenna di
coi si assegna il motivo in una questione di confine. E
forse anche allora si disse così ; giacché nella lontananza
di Federico dovea parer prudente a Gazzedonio il mac*
chinare tenebrosamente, ed a Faenza il deludere, piut*
tosto che rompere troppo pomposamente con Bologna, i
trattati del 1168: nò d'altronde Ravenna accerchiata da
tanti che le sarebbero sorti contro nemici, palesò forse
tosto gli accordi, mercé T Arcivescovo Gerardo, stretti
(I) CbfwIcA utiq. ciT. G«Miia« •- i«d.
(t) ViMun ^ scarto Diplonatica pag. tt9.
144 LB. COSPJRAJUOm IMPJBRIALI
allora allora calla Lega Lombarda. Fatto è che si com-
battè tra Faenaa e Ravenna, che in aiuto dei Faentini
vennero i Commissaii àAV Imperatore, i Forlivesi, e gli
altri confederati (1) e che mentre in Faenza si attende^
vano eziandio, i Bolognesi invocati come antichi alleati,
questi comparivano d^un tratto sul territorio Faentino
ma non come alleati bensì come nemici, annunciando
invece di lontano colle fiamme degli incendii (2), che a
Bologna i Rettori della Lega, vigilando, avevano scoperto
le macchinazioni ; e la verità delle cose non ignoravano
al punto da permettere ai Consoli, tratti in inganno,
di aiutare gli amici occulti delP Imperatore. Bologna
manteneva così l'ultimo giuramento concordato in Lodi
di rompere guerra ai congiurati contro la Società di
Lombardia, e stracciava il velo misterioso in cui la co-
spirazione in Romagna erasi fino allora ravvolta.
E per ispiegare il perchè T irruzione dei Bolognesi
nel territorio Faentino fosse accompagnata da tanto in-
cendio di ville ed esterminio, quale dai cronisti ci è ri-
ferito, giova ricordare come appunto in quel convegno
della Lega tenuto a Lodi li 24 Ottobre 1169, si fosse
giurato e mandato di far giurare a tutti i soci, questo
fra gli altri patti: che cioè si sarebbero con tutta seve-
rità distrutte le ville e le abitazioni e saccheggiati i beni
di quelle città e persone che rompendo la fede data alla
Lega, si dessero al partito di Federico detto Imperatore
(3) come appunto con segrete arti fatto aveva Faenza.
(1) Albbrti e VmzAm — Anni 1169e 1170 — Chronica antiqua miUtit Ce-
sanae apad Muratori — De Rerum Ital. Script. XiV. pag. 1070.
(2) Savtoli ^ Annali di Bologna Anno 1171.
(3) QuelFatto di giuramento era inedito e fu tratto dal Uber Juremm di Lodi
del Vignati. Esso è considerevole per la sicuroua e V ardire che la Lega vi di-
mostra. Federico Barbarossa essendo stato scomunicato dal Papn, in lui piii non
era riconosciuta Tautorità imperiale; e le cittii dietro Teaempio del Papa lo chia-
mano Friderkum imperaiorem dictum — cioè Federico coca detto Jmper%tori
DI ROM AON A B TOSCANA BOO.* 145
E Stando così le cose, non sarebbe da far colpa ai
coDSoli bolognesi di sterili tradimenti verso di Faenza e
di insulsa barbarie ; ma anzi meritò di avere scoperte le
trame del Vicario Imperiale di Romagna e adoperata
rai fedifraghi la vindice giustizia della Lega Lombarda.
E eosl avesse corrisposto alla prudenza dei Rettori della
Lega di Bologna la fortuna delle armi e la vigilanza di
Prendiparte Prendiparti ed Artemisio Artemisii consoli
io quell'anno e capitani delle milizie bolognesi.
Sul Senio a tre miglia dalla città furono essi ineon»
trsli il 1 Marzo 1170 dai Faentini e confederati t tre ore
dorò la pugna che alla perfine cessava con incredibile
danno dei Bolognesi, quattrocento dei quali, compresi i
coasoli e rettori della Lega fatti prigionieri Tenivano
trascinati a Faenza. (1)
11 fatto che nell'oste Faentina si trovarono non po-
chi conti e vassalli d^mpero le cui forze componevansi
specialmente di cavalleria, mentre di questa difettavano
le milizie dei Comuni^ come dirò più innanzi, rende Te^
rosimile P asserzione di fra Leandro Alberti e del Vir»
lani che la sconfitta dei Bolognesi fosse dovuta ad una
manovra di cavalleria per cui e furono presi alle spalle
ed accerchiati.
n.
Come la notizia di tanto disastro giunse a Bologna,
fo gran lutto nella città : e il cronista della PugUola l^*
tciò scritto che le donne vestirono a brano. I Rettori
compresero tosto il grave pericolo che correvano gli in-
teressi della Lega se Bologna con uno sforzo supremo
{\) Satiou. ABDftli Bologneti 1170 — Vedi Cliroiiie« deUa Pigllola, e k •Mrt
WL atta Biklloleca MI* UaifersiU i« Bol0gia«
Aftk, SiùT. Ihrch, y I. IO
146 LB COSPIRAZIONI IMPERIALI
non sorgeva tosto arditamente come un sol uomo, per
ripristinare il prestigio delle sue armi e deprimere le
speranze dei Commissarii imperiali di Romagna.
I banditori andarono in giro per le strade (1) la
campana dell^arrengo battuta con insistenza suonò a rac-
colta (2), ed il popolo dai diversi quartieri accorse nella
Corte di S. Ambrogio (3) dove i supremi consigli po-
nevansi a partito, uditi gli oratori. Fu decretato che i
bolognesi uscirebbero in oste contro Faenza, che si co-
struirebbe il carroccio (4), che le Compagnie delle arti
armerebbero i loro ascritti, che si intimerebbe ai signori
del contado sottomessi di cavalcare colPoste bolognese.
In tre modi i Comuni conducevano la guerra in cam-
pagna aperta. Dicevasi gualdana T improvvisa scorrerìa
lanciata a guastare le terre nemiche (5): cavalcata^ una
spedizione di cavalli, arcieri e balestrieri che mettevasi
a breve impresa di assalto senza carroccio e senza sten-
dardo maestro (6): oste finalmente quando tutta la po-
polazione scendeva armata a piedi ed a cavallo e si
traeva fuori il carroccio ed i Consoli assumevano il
comando della spedizione. (7)
Ogni cittadino che trovavasi in grado di sostenere
pubblici uffizi in tempo di pace, era soldato durante
la guerra (8), quelli che o per età o per malattia o per
fi) Ricotti Ercole. Milizia dei Comuni. Atti della R. Accademia delle Scienze
in Tonno. Serie II. Tom. 1^
(2) Ricotti Ercole: Atti della R. Accademia delle Scienze in Tonno. Sene
IL Tono 2.
(3) GozzAOUO. studi Arch, Top. di Bolagtuu Atti della Deputazione di Storia
Patria. Anno VII.
(4) — Cronica di Bologna di Fra Bartolomeo delle Pogliole. — f Rei f 170
i bolognesi fecero il primo carrozzo e andarono con quello contro Faenza che
stava cogli Imperiali. ■ —
In Maratori — Rer. Ital. ScripL Voi. 11. pag. 490 si legge che nel 1170 i
bolognesi fecero il loro primo carroccio Imitati subito dai Padovani, Veronesi,
Bresciani, Cremonesi, Piacentini, Pavesi.
(5, 6, 7, 8) Ricotti : Atti della R. Accademia deUe Sclenie in Torlno« Serio
II. Tomo 1
DI ROMAGNA B TOSCANA BCC : 147
ispecicali incarichi di pubblico interesse restavano in città
intimata Toste, pagar doveano T importo o dell'arco o
della balestra^ secondo che iscritti erano o tra gli arcieri
o tra i balestrieri (1). Ninno poteva esimersi dalla for-
malità di iscrizione nei ruoli, e, non potendo servire,
dalla tassa di campagna.
La milizia del 'Comune nel secolo duodecimo (2) era
disUata pei diversi quartieri delle città; ed i quartieri
prcndevan nome dalle porte e serragli. In Bologna però
aU'epoca di cui qui si parla, durava ancora e durò sem-
pre anzi, benché la cinta del 1070 noverasse sedici porte,
Tantichissimo riparto a cui davan nome le quattro porte
della cinta romana distrutte: e cioè Porta Piera, Porta
Siiera, Porta Procula, Porla Ravegnana. E così divide-
vansi le milìzie del nostro Comune (3). Anche il contado
nostro suburbano che si disse guardia civitatis perchè
gli abitanti di esso, erano tenuti a prestare, in ragione
del loro censo, diversi servigii di scolte diurne o net-
tarne ai ha^ accani o guardiole della cinta, a mantenere
le fosse e i muraglioni traversali (transversas lapideor
in forscis eonstentesj y a rompervi e mantenervi rotto il
ghiaccio onde ninno potesse accostarsi, era diviso in
quattro dipendenze dai suddetti quartieri di città secondo
che più direttamente vi mettean capo le strade forali.
Rilevasi da ciò con facilissima quanto fondata induzione
da una lunga Provvisione emanata dal Reggimento di
(I) Ricotti: AUi della R. Acciid. ecc.
(t\ ~~ L'ordìDiimento qoì esposto restò leUeralneDte in vigore tioo a eho
It fanoni creando infiniti imbarazzi, non condussero alla triste seetMità di ts-
••Mare Compagnie di Tentora, straniere od indigene. Ma nebe prima r antorìi-
udone data alle Arti, di armarti, aveTa portato eolle eocesioni laa grava par-
tarbaiiooe nel sistema primitivo.
\ì} Camera degli Atti (Arch. NoL) in Hologoa. Libar continant aamtaa dno*
ram mtllium peditom popoli portis Galerlae et portis Ceremeatinm cifitatie Bo»
•oaiac del \ì»l.
148 LK COSPIRAZIONI IHPBRIALI
Bologna li 13 Aprile 1475 (1), per regolare gli oneri
della Guardia e comitato di Bologna. Benché nel 1475
la Cfuardia cimtatis non fosse più considerata come una
Zona amministrativai pure e pei richiami a tempi ante-
riori e pei nomi che conservavano i deputati a curare
gli interessi della popolazione in quella compresi^ e per
Tappellativo suo medesimo, è chiaro che in tempi più
antichi la guardia cimtatis fu in Bologna, come se ne
hanno memorie positive per le città di Germania (2)
un^istituzione se non esclusivamente, certo anche militare.
Unità organica della fanteria in Bologna apparisce
il guandmento che componevasi di venti armati : della
cavalleria la cavalcata di dieci uomini montati (3).
Quando si autorizzavano le Compagnie delle arti ad ar*
mare i loro soci, era lecito a questi optare o per la mi»
Uria del quartiere in cui abitavano, o per quella della
compagnia d^arte a cui appartenevano (4) La divisione delle
milizie per quartieri non impediva però che Toste dei
Comuni Italiani nel secolo duodecimo rimanesse dinanzi
al nemico distinta in tre file o categorie, a seconda del-
Tetà e quindi della maggiore attitudine alla pugna.
Riescivano quindi in prima fila i cittadini dai 18 ai
35 anni. In seconda quelli dai 35 ai 50, e nella tersa
i più vecchi, quanti altri comecché non tenuti, amassero
provarsi al cimento delie armi^ e gli alleati (5).
11 concetto fondamentale della miliria dei Comuni
era Tattitudine più alla difesa che all'offesa. Nelle città
viveva una popolazione laboriosa, tenerissiiAa delle buo-
<i) Ifcom o|^ sad.
ìfL) CknmuL Me piMcaUma. Anno 1161 -* Di tal gaisa è descrìtta in qMttn
CroniM rordinn dei Bllnnesi e bresdani nella battaglia di Careano contro Fe-
derico I.
<8) OnnAMO. SlorìÈ iella $(àùtmtù e della 9enUù iella (/Mm.
(i) Sacchl StatHto GiTitatia Bononiae. Tom. IL pag. 47.
(5) — Iti.
DI ROMAGNA R TOSCANA BCC: 149
ne usanze acquistate man mano dopo le invasioni bar-
bariche ed elevate a franchigie privilegiate dagli Impe-
ratori: una gente che non desiderava le avventure dei
cavalieri erranti ma solo la felicità del suolo nativo.
Questa gente si armava solo il di in cui faceva mestie-
ri correre alle mura.
Quindi poco o nulla di cavallerìa, alla quale solo
allora si pensò quando la Lega Lombarda dovè costi-
taire eserciti destinati a battersi in campagna aperta
contro altri eserciti i quali erano formidabili per mol-
tissimi cavalli.
Il nucleo della cavalleria dei Comuni fu costituito
dai Signori del Contado vassalli^ valvassori e Cattaui
feudali che le città andarono sottomettendo con obbligo
di tenere e guardare pel popolo le rocche e i passi
che dianzi tenevano pel solo Imperatore; di dimorare
certi mesi delFanno in città. Cosi le cose si decisero di
per sé. 1 borghesi trafficanti che non avean tempo di
addestrarsi in tempo di pace, rimasero pedoni in guer*
ra: i nobili ed i ricchi preferirono militare a Savallo e
furono i milites. (1)
La mobilizzazione delle milizie comunali die pure
un certo impulso allo studio degli artificii con cui
mantenere intelligenze fra un corpo e Taltro dei con-
federati insieme operanti. Si conservano ancora esatte
memorie di ingegnosi sistemi di fuochi (falò)^ così bene
concertati da significare anche di lontano quale, perfi-
no, il numero delle forze nemiche in marcia, quale la
direzione loro, quali le mosse da preferirsi. (2)
(1) Bigotti. Atti della R. Accademia di Torino, Tolome citato.
(t) Qoetto sistema di segnali era già perfesiOBatissimo nella prima metà
del secolo Xlll Vedi • libro de U conducta et del campo del Comooe di Fio»
rcau, el qaal libro ci fo tolto quando Air scomfitU a MoBteaperti. • RiCOTTt
Atti dotta a. Accademia delie Scienxe io Torino. Serie 11. — Tomo 1
150 LB COSPIRAZIONI IMPERIALI
In virtù pertanto dell'ordinamento di cui mi studio
dare un' idea, Bologna trovossi ben presto in pronto
per marciare alla riscossa contro il partito imperiale di
Romagna.
11 dì convenuto, ai primo rintocco della campana
deirarrengo, dovè accendersi secondo l'usanza di que'
dì, la torcia a Porta Ravegnana (1). E prima che il
lucignolo agonizzasse, Toste di Bologna dovè trovarsi
colà radunata attorno al nuovo carroccio^ e allo squillo
delle trombe usciva dalle mura avviandosi lungo Ta-
pennino per via Emilia.
Parecchie descrizioni del carroccio bolognese ci ri-
mangono nelle opere dei nostri scrittori, e forse desse
possono dirsi esatte se intese per avventura a descri-
vere l'ultimo non certo il primo carrozzo fatto in Bo-
logna.
Solo il Conte Virzani nella sua Storia di Bologna
ha tratto dalle cronache, che ebbe sott'occhio, e dà sot-
to l'anno 1170 la descrizione di un carrozzo di Bolo--
gna che mentre la foggia semplice di prima invenzione e
che dovrà essere in ogni modo dei più antichi. Ecco
le sue parole: « Era il carrozzo un carro di quattro ruo-
te, assai grande, acconcio di sopra in quadro a guisa
di un tribunale, nel quale dieci uomini potevano sedere:
uno di essi che era di panno rosso e bianco alla divisa
dei bolognesi coperto, vi portava lo stendardo princi-
pale della città attaccalo ad un'antenna la quale era
piantata nel mezzo ed aveva in cima una croce d'oro.
(1) I Al primo squillo della campana si piantava una torcia alla porta per
cui uscir dovea la spediiione: e quanti fosser giunti dopo che la torcia era
consumata, venivano puniti o di multa, o di esilio o di nota infame. Ricotti. ■
A Bologna nel 131 i punivansi gli stessi Comuni del Contado per ogni loro
pedone mancato all'osto, con imn mulla di Lire <iii;jtlr<» e ^ol^li (Hi*<t. 5r.\r.\-
BF.LLI Luciano — Relazione dell'importanza e dello sl.ilo degli Archivii bolo-
gnesi pag. 53.
DI ROMAGNA K TOSCANA BGG : 151
Da questo, come da un tribunale, si rendeva dagli uf-
ficiali della guerra ragione a tutto Tesercito: ed era
ancora ordinato che un sacerdote sopra vi stesse, si
per dire la Messa come per ministrare i sacramenti ai
feriti, e questo tiravano molte paja di buoi coperti di
panno scarlatto e bianco alla divisa della città, et vi
era deputato alla guardia un valoroso cavaliere a cui,
perchè fosse più ragguardevole, era dal pubblico dona-
ta una bella falda di maglia, una spada ed una cintu-
ra dorata. »
Virzani omette dei particolari che riscontransi nei
carrocci più antichi e dei quali Sigonio e Falleoni
fanno menzione, descrivendo appunto quello, secondo
loro, costrutto in Bologna Tanno 1170, e cioè: la pic-
cola campana infissa all'antenna, dove chiamata Nola^
dove Martinella^ e le funi o nastri che scendevano
dairalto delTantenna medesima, come il cordame delle
navi, e che, o fermate alla cornice del carro nelle
marcie servivano a togliere Teffetto delle scosse sull'asta
medesima, od in più lieti momenti erano tenuti pei loro
capi dai cavalieri e sapienti
A completare siffatti cenni gioverà dire che lo sten-
dardo maestro di Bologna era in quei tempi, e fu anche
per tutto il secolo decimoterzo, una bandiera a tre ori-
fiamme, recante una croce rossa in campo bianco.
Narrano Sigonio (1) e Falleoni (2) che il Vescovo
Giovanni, venuto a Porta Ravennate benedisse piamen-
te il carroccio e che dairalto di esso i consoli come
d^iso arringarono le truppe.
Coireste bolognese uscì in campo contro gli Impe-
riali di Romagna, anche una Compagnia militare detta
dei Lombardi (3) a cui si volle affidata la custodia del
(1) C^nou SicoMii — Do cpiscopis boDoniensibu».
\ i) Fallkomi — Storia delU Chiesa Bolognese.
(3) CaroU Sicomi — Uk»t. Bon. Lib. IV.
162 LB COSPIRAZIONI lUPKRIALI
earfoceio ateesoi Compagnia fondata Tanno innanzi da
150 famiglie di Milano, Cremona e d'altri luoghi di
Lombardia che nel 1162 fuggendo dalle rovine ancor
fumanti delle patrie terre desolate dal Barbarossa eran-
ài ricoverate sul nostro territorio chiedendo ospitalità.
Il popolo bolognese ebbe di que^ dì subito accolto
òon gran favore le vittime della prepotenza imperiale;
e con atto di perpetua concessione assegnato loro, per
abitàrvii le valli di Altedo e di Minerbio. In compenso
delle quali liberalità, le suddette famiglie lombarde
sborsavano alla città di Bologna la somma di lire due
mila,
Alle distrette in cui versò Bologna dopo la rotta
del Senio, si commossero nobilmente questi ospiti, e
chiesero di armare a proprie spese una compagnia, la
quale infatti, con vessillo a rastelli bianchi su fondò
rosso, (1) militò al seguito dell'oste condotta nel 1170
èontro i federati imperiali di Romagna ed anzi, come
dissi, ebbe in difesa il novello Carroccio. Cosi ne parla
Bartolomeo della Pugliola nella sua cronaca « La Com-
pagnia dei Lombardi fu cominciata a questo tempo
d'haomini lombardi fugiti di più luoghi di Lombardia
a bologna per le guerre di Federico Imperatore: questi
armarono e condussero detta compagnia contra faentini
pei bolognesi e li furono in apito: poi mantennero det-
ta compagnia con sua bandiera et armi per li bisogni;
et il suo ridotto et armario si conservano in S Stefano
che vi era modo di armare ogni gran compagnia (1) i
(1) La Compagnia dei Lombardi ha soprarvissuto felicemente alle Ticende
di tette seeoli, e darà tuttavia in Bologna, costituita da 50 famiglie nobili, con
residensa atUgna alla Basilica di S. Stefano, là dove ebbe sede ed armeria fino
dagli infiii suoi.
Si hanno memorie di tre riforme degli statuti: la prima del 1291 la seconda
del 1480: la terxa del 17i8.
Ho presente appunto uoa copia manoscritta di questi ultimi statuti riformati
DI ROMAGNA B TOSCANA BCC : 153
È poi molto verosimile che la deliberazione in cui
venne il Comune di Bologna di addottare per Toste sua
il Carroccio simbolo della patria e poderoso argomento
di salda tattica militare, si dovesse ai consigli di quei
•ol IStt ai quali va innaoii una introduxione storìoa che mi piace togliere aUa
•na oseorìtà eome quella che può dirsi ana (radixione perpetuasi di generazione
in generaaione in seno alla Compagnia.
fl Essendo, fino dalP anno di grazia 1170 stata eretta in questa città di
Bologna U Compagnia militare de* Lombardi da 150 fomiglie di Lombardia fug-
gite dalle proprie città a cagione della crudelissima guerra delPImperatore Fe<>
derieo I Barbarbssa, le quali furono già ricoverate dagli Eccellentissimi Padri di
questa nostra patria nel 116S, che con molta Liberalità d* animo dieder loro a
godere la Villa di Altedo e Mlnerbio et altro DistreUo: in ricompensa e gratKn-
dine de* quali benefizi, non meno che ad oggetto di non esseme pih rimossi, li
medesimi Lombardi sborsarono alli suddetti Padri Lire due milla, somma per altro
te quei tempi molto considerabile. Militarono poi in vari tempi e pili volte in
congiuntura di Guerra a proprie spese sotto le Insigne gloriose dei Bolognesi,
COI grosso numero di Persone ed in ispezie nel 12^ contro gli Imolesi ove die-
dero chiare prove del loro valore, riportandone segni di virtii e di gloria, eome
di ciò ne fanno sicuro Testimonio e le Istorie stampate e le inedite, oltre un
debole avanzo di due Chiavi di Ferro che la edacltà del tempo non ha potuto
distruggere e che, tuttavia esistenti nella nostra Residenza, sono dalle Istorie
medesime e dalle tradizioni annoverate tra le spoglie dei saccheggiati nemicL
• Per le quali gesta la Repubblica di Bologna onorò i Lombardi conceden-
dogli lo stendardo Rosso col distintivo della Giustizia, come altri n* ebbero la
Cespagttia della Griffonii o Branca, affine ancora che in ogni sediziosa oceuione
si intromettessero a sedar le discordie e guerre civili, che in que* tempi Insor-
gevano. In proova di che già è noto che questa nostra Compagnia sostenne la
parte de' Geremei che aderivano alla fazione Guelfa neir acerbe discordie che
questa ebbe coi Ghibellini che favorivano Y Impero contro la Chiesa, rome ben
si conosce dalla Prefazione della Matricola d* essi Lombardi deH* anno 133i. La
Gospagula del quali in seguilo dei tempi si è mantenuto e conservata e di ge-
nio per la patria e di numero, come si vede da una numerosissima matricola
scritta fino dal 1C69 esistente neU* Archivio pubblico o Camera degli Atti annessa
agli SUtnti fatti da essa nel 1tR7, copia autentica delle quali si serba neU* Ar-
chivio della nostra Compagnia, come pure della mentovata Matricola del 133i
enunsiata anche negli Statuti fatti nel mese di Giugno IMO per Rogito di ser
Bonaventura Paleotti suo Notare e di due altre matricole, una del 1524. r altra
del 1564, che tutte e tre rolla moderna si ritrovano nel nostro Archivio. Dalle
quali cose resta abbastanza assicurata La non mai intermessa Loro Radunanza. •
La maggior parte dei documenti superiormente citati pare non esista più
neir Archivio attuale della Compagnia, e di originali depositati alla Camera de-
gli Atti non furono esibite che le riforme del l^t. come di9»i piti sopra.
Ebbi campo di osservarle: sono in un fascicolo membranaceo ben conser-
vato e scritto in gotico bellissimo. Que' statuti recano la seguente intestazione.
154 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
lombardi i quali ne erano stati già gli inventori ed è
rimarchevole fatto, anche a questo proposilo, come li
genere d'armamento dagli statuti più antichi che abbia-
mo della città di Bologna (1250) prescritto agli uomini
incaricati di vegliare il carroccio appunto rivelasse un
origine o una tradizione lombarda. L'arma dei difensori
del carroccio dovea essere cioè la raanaia lombarda a
lungo manico volgarmente detta roncone e più tardi
Hec sunt ttatutùt ordinamenta et sacramenta socie tatis lombardorum dvUatis
bononiae facto et condita ad honorem omnipotentis dei et intemerate virginis ma^
tris ejus prò boM et ameno et pacifico statu societatìs predicie.
Nel 1i91 la Compagnia aveva ancora carattere militare e conservava r ar-
meria come apparisce dal tenore del giuramento dei ministrali
Le cariche rilevavansi due volte r anno e gli ufficiali percepivano nn ono-
rario mensile: i militi ricevevano stipendio dai fondi della Compagnia sola quando
marciavano coli' oste o cavalcavano per ordine del Podestà di Bologna.
Le infrazioni commesse dai ministrali come dai soci venivano punite con
multe pecunarie : officio di un Sindico era sorvegliare anzi i ministrali medesimi.
Assisteva il Massaro e i ministrali un' assunteria di sei sapienti
Minute disposizioni vi regolano i modi di elezione alla carica e vi tessono
tutta la graduatoria delle penalità pecunarie.
La Compagnia festeggiava la Festa della Purificazione (S febbraio) e Pasqua
Rosa, conforme si esprimeva Io statuto: e faceva celebrare una messa ogni pri-
ma domenica del mese.
Anche attualmente la Compagnia dei Lombardi si raduna ogni anno neirot-
tava della Purificazione per assistere ad un servizio religioso e rinnovare le
cariche del Massaro e dei Ministrali, come tuttavia chiamansi.
Né il formulario di questa solennità religiosa e amministrativa si modificò
gran fatto : anche oggi a un*ora data le porte si chiudono a chiave dietro i passi
degli entrati e in faccia ai tardi: anche oggi si distribuisce ai singoli soci una
fogaccia e un cero come nel 1291. É in tal cerimonia tutto profumo di una com-
memorazione, ed un capitolo degli statuti del 1291, provvedeva anzi alla nomina
di due buoni uomini (boni homiiies) ai quali spetti fabbricare le fogaccie (foga-
cias), disponendo che le fogaccie abbiano ad essere depositate in un sacco nella
sacrestia dei Frati Predicatori prima del giorno della distribuzione, donde aspor-
tare si dovevano alla Residenza della Compagnia. Forse ricordavansi e ricor-
dansi cosi i mesti giorni della guerra e dell' esiglio, le patrie terre arse e di-
strutte dal Barbarossa, gli stenti del lungo pellegrinare, erano forse i pani fatti
nella fuga; analogamente all' aumo che ricordava agli Ebrei Tesodo dair Egitto
0 il viaggio nel deserto. — (Esodo cap. XXXIV v. 18). Piii ampie e sicure no-
tizie di questa Compagnia, che perpetua in Bologna la tradizione delle due al-
leanze comunali italiche contro Federico 1 e- Federico 11, si avranno quanto
prima da una preziosa monografia che sta scrivendo il conte Neri Malvezzi di
Bologna.
DI ROMAGNA B TOSCANA BCC : 155
alabarda: mille e cinquecento guerrieri almeno, muniti
di sì formidabile arma chiusi in osbergbi e gambiere
ài ferro, circondarono il carroccio di Bologna ogni qual
volta per decreto del Consiglio generale e della Credenza
usc\ alla Campagna (1).
Né dai consigli bolognesi si era mancato di chiedere
aiuto al Conte di Bertinoro ed a Guglielmo III della
Marchesella influentissimo su i borghesi di Ferrara, co-
me a due migliori e più prossimi alleati che avesse la
causa delle libertà municipali e religiose. Era questi
Guglielmo figlio maggiore di Guglielmo II della Mar-
chesella, alla munificente pietà del quale si attribuisce
la stupenda facciata delFantico duomo ferrarese. Parlilo
quegli nel 1146 per la crociata in Palestina, restò Fer-
rara sotto Tinfluenza dei Salinguerra assai favorevoli
alle rìgide prerogative imperiali, ma dal 1163 Guglielmo
III, reduce di Palestina, avea già riavuto in mano la
direzione della pubblica cosa; ed alla calata di Federico I
nel 1 167 Ferrara apparteneva al novero delle città aper-
tamente fedeli al Papa Alessandro e favorevoli alla causa
dei Comuni in guisa che solo l'ampiezza dei paduli da
cui era accerchiata salvolla in quel sopravento passeg*
giero del partito di Barbarossa da gravi danni. Appena
(1) — D;il Voi. S toUo stmopa deUa stupenda edliiooe che il cav Luigi
Frati per ordine del Municipio sta compiendo degli ^ StaMa Cmiaiù Bononiae
— da codici membranacei del 1i50-5i-59-60-^2-67,- potei per cortesia del sul-
lodalo illustre paleografo trascrivere il brano seguente.
• ti enm tractatur de Caroccio trahenda for»s» fiant super hoc Consilia gè-
neralla et credentle et de voi untate duorom pariium consiliorura generaliom sa-
per hiis »peciiiii(er f:ictoruro tcnptU dktw et voluntatibug et consiliorum Hloruro
qui eruol ad consiUum, extrahatur foras carocium. et non aliter; et ante qoaro
extrabatur foras carocium elligantur boroines qui debeant esse bene armati, qui
associent carrocium temprt esercitM iila quantflale que placet ronsilio et sapien-
tibus: que quantitas sit ultra MV/ quorum quilibet habeat usbergum vel pan-
reriaro cum gamberi» de ferro; rt habitat quilibet unam n\nnaratn lombardam
immanigalaro longam seo ronconem; et nullus sii de illts quibus impooantur e-
qnt, vel habeant eqnos de armis. ^ tlB. x. RtB. XLiv.
156 LB COSPIRAZIONI IMPXRUU VCC:
una debole mano di truppe imperiali riuscì allora a va«-
licare gli stagni circostanti ed a ristorarvi momentanea*
mente Tosservanaa rigorosa delle leggi di Roncaglia.
All'epoca di cui parliamo, Guglielmo IH della Marche^
sella avea già riacquistato in patria tutta la influenza (1).
D^altra parte erano accorse in aiuto di Faenza le
milizie della Lega imperiale di Romagna.
Anche questa volta lo scontro dei due eserciti av<»
venne sul Senio al ponte detto di S. Proculo. In un
baleno la mischia si appiccò violentissima d^ambe le
parti (1). Parve dapprima che la vittoria restasse ai
faentini e collegati, ma Toste di Bologna con uno sforzo
supremo li superò e pose in fuga verso la città (2). Te*
metterò i Consoli bolognesi di qualche nuova insidia e
non incalzarono più oltre i fuggitivi, ma cautamente
avanzate le truppe e chiusa ogni via posero assedio a
Faenza (3).
Parve dapprima che fosse nelTanimo degli assediati
resistere, ma, sopraggiunto all'oste bolognese, Guglielmo
della Marchesella (4) i faentini inviarono legati al campo
per trattar la pace la quale fu conchiusa con obbligar
zione ai vinti di riparare i danni e render piena ragione
a Ravenna (5). E in effetto, riavuti i prigionieri, Toste
di Bologna ritornò gloriosamente in patria.
(cmtinua)
Alporso RuBBum
(f) FRizn — Memorie per la storia di Ferrara. MAiom Pemuhti — Coap.
di Storia Sacra e Profana di Ferrara.
(i) Sicoiili Carou — Hitth Boa.
(3) — iTi.
(4) La marcia dei Ferraresi è segialata nel Frissi e nel Maaini coir ocoi-
pasiooe di Argenta.
(5) SiGomi Garoli — HistlL Bob.
RASSEGNA BIBLIOGRÀFICA
NOTIZIE STORICHE
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Rassegna BiUiograOea
Collezione di documenti siorici antichi inedili ed editi rari delle
città e terre fnarchigiane, eseguita da una società di studiosi
ed eruditi^ coadiuvata e sussidiata dalla Commissione conser^
vatrice dei motiumenti nelle Marche, per cura di C. Ciavarixi
— Tomi 1% 2^ e 3^ — Aucona, Tip. del Commercio, 1871
a 1874. —
Non crederei di potere in miglior modo dare principio alla
rassegna bibliograGca di questo periodico che coi parlare di un' o-
pera che» publicata da alcuni anni, non ha perduto niente della
sua opportunità e fa molto onore a chi primo l'ideava» a chi
in modo efficace l'aiutava ed anche al paese in cui viene in luce,
e che meriterebbe di essere più conosciuta di quello che sia dagli
studiosi delle patrie memorie, perchè vi rinverrebbero un tesoro
di documenti preziosissimi saggiamente ordinati con opportune av-
vertenie sull' importanza loro, e dei quali potrebbero valersi con
vantaggio per raccontare molto più veridicamente di quello che
si sia fatto sinora parecchie delle vicende storiche del nostro
paese.
Pino che i documenti stanno nascosti sotto la polvere negli
scaflali degli archivi cittadini, spesso disposti senza alcun ordine
e senza alcun criterio sia cronologico, sia delle materie di cui
tratiano, riesce malagevole e noioso ai più il consultarli; oltre di
che il dovere recarsi in un Archivio per consultarne le carte, le
quali naturalmente non si possono di li esportare per poter con
tutto l'agio esaminarle per valersene allo scopo per cui debbono
servire, l'orario spesso incomodo per cui nelle ore che uno ha
di ozio e che consacrerebbe allo studio degli antichi codici, non
sempre è possibile l'accedere nel locale dell'archivio, sono ragioni
tutte che fanno desiderare che almeno i documenti più importanti
che vi stanno racchiusi vedano la luce per le stampe. A questo
160 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
iooltre bisogna aggiungere che quand' uno abbia necessità di con-
sultare le carte esistenti in un archivio di un'altra città, o biso-
gna che vi si rechi, il che non sempre è possibile, o deve farle
esaminare da altri che, non conoscendo lo scopo per cui Y esame
vien fatto, possono trascorare dei particolari interessanti i quali
lor non paiono tali. Questi furono, secondo me, i principali mo-
tivi che spinsero qua e là alcuni valenti cultori delle antiche me-
morie a trascrivere e a publicare ordinati secondo certi crìterìt
i pia importanti documenti; e nel genere di tali publicazioni,
molto più frequenti all'estero che in Italia, non si deve certo Fui-
limo luogo alla collezione a cui con intelletto d'amore attende il
cav. prof. Carisio Ciavarini, il quale nel primo volume cosi rende
conto dello scopo nobilissimo che la sua impresa si propone:
« Raccogliere dagli Archivi publici e privati delle Marche i do-
« eumenti storici più importanti dei tempi di mezzo inediti ed
« editi rari, e publicarli per assicurarne la conservazione, per
« moltiplicarli a beneficio delli studiosi, per compilarne la storia
« marchigiana a vantaggio del futuro scrittore dell' Italiana, è il
« vero intendimento di questa Collezione. » Ed i tre volumi che
sinora furono publicati non vengono meno a tale intendimento, e
meritano che qui se ne dica alcuna cosa.
Il primo volume contiene le Cronache Anconitane di Lazzaro
Beraabei, sinora inedite, nelle quali sono narrati gli. avvenimenti
dei secolo XII sino al 1497, e sono importantissime per l'ingenuo
candore con cui il cronista racconta i fatti, sebbene mostri, come
tutti i cronisti di quell'epoca, di non bene conoscere quell'arte
critica per la quale lo storico deve in mezzo alle tradizioni degli
avvenimenti succeduti in epoche da lui lontane saper scemere
quanto v'abbia di vero e quanto di falso e non lasciarsi abbagliare
dagli splendori delle creazioni della fantasia popolare, che, nei
primordi di ciascuna civiltà, mescola al vero il soprannaturale
ed il meraviglioso per fare maggiore impressione sugli ascoltatori;
però, nelle condizioni in cui si trovava la coltura generale di quel
tempo, non si può pretendere che il Bemabei restasse immune
dai difetti in cui incapparono gli altri scrittori suoi contemporanei;
ma quando viene a dire dei fatti che gli erano benissimo noti,
si ammira in lui lo studio che pone a raccontarli con scropo*
KASSKONA KIBLIOaKAFICA 161
Iosa rcfiolln sino noi più ininnli parlicolari, e con queiraorcti
scuipliciui e forbilc/za ili lingua o di stile por cut sono gran-
dotneote lodati gli scrillori dol quaUrocento. — Per la qaal
cosa questa Cronaca del Bornaboi non solo ha una grandissima
importanza dal lato storico, ma ancora da quello letterario, ed
io credo che, come nelle nostre scuole si usatio per lesti di
lingua altre cronache di quell'epoca meritamente famosa, vi si
p'itesso introdurre ancor questa da cui i giovani imparerebbero
come la proprietà del linguaggio conferisca non poco all'eleganza
dello scrivere, e come la naturale semplicità sia da preferirsi
agli artificiosi giri di parole coi quali sembra che alcuni rogliano
quasi nascondere la vacuità delle idee. E a meglio raggiangercr
questo scopo che lopera del Bernabei divenisse libro di lesto per
le scuole sarebbe da augurarsi che il benemerito editore si ae-
cingesse a farne un'edizione economica, che fosse faeiiroetile ae«
cessibile ai giovani studiosi.
Intorno al Bernabei ed alle sue Cronache il Cav. Ciavarinf
dà con diligenza tutte quelle maggiori notizie che pu^, e tu non
sai se in «luesta prefazione la dottrina vinca la paziente eura
delle ricerche storiche, o se debbasi al Ciavartni maggior lode
come scrittore facile ed elegante o come storico. La pnbblicatio»
DO è pei arricchita di opportune note iUustrative, daHe quali
appariscono le varie lezioni dei codici e vi si accennano le ni«
gioni per le quali si è creduto nel lesto di seguir piuttosto Tmiaf
che l'altra; né a questo solo si bada, ma si chiariscono ancora
i luoghi dubbi e la diversità che in alcuni punii si riscontra dal
racconto che fa di certi fatti il Bernabei con quello di altri slorict
che i medesimi ricordarono, cercando di mostrare con sanane»*
me critico chi sia nel vero. A questo poi si aggiunge un indice
storico geografico, lavoro di pazienza e diligenliaaimo delle stesso
Ciavarini che accresce il pregio del volume. Ma se importnnti
erano gli avvenimenti ricordati dal Bernabei sino al 1497» e
cioè durante il maggior periodo della libertà di Anoonai che nel
medio evo al pari delle altre terre italiane si resse a repnbbliea,
non meno iinporlaiUi erano quelli degli anni successivi sino ni
Vólii, epoca io cui per tradimento di un papa, Clemente Vili
di casa Medici, cadeva la libertà Anconitana, oome per tradimen*
Arch. Star, ìlarrh. V l \\
162 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
lo dello stesso cadde la gloriosa Repubblica Fioreoiina; e ben
fece il Ciavarini ad aggìuogere come appeodice alle Crooache
del Bernabei uà Capitolo della Cronaca di Bartolomeo Alfeo, re*
lalivo alla sottomissiooe di Aocona al dominio pontificio, e il
Processo di Vincenzo Fanelli, che del malgoverno pontificio in
Aocona sino dai primi momenti di sua esistenza fa lai^ testi-
monianza, cosi venne a dare raccolte tutte in un volume le prin-
cipali vicende della Repubblica Anconitana in un'epoca importan-
tissima. Non è questo il luogp di riassumere quei due documenti,
ma certo leggendoli vedrebbero coloro che vantano il legitti-
mo dominio della Chiesa su Ancona per quali arti subdole per-
venisse la Curia Romana ad impossessarsene, ed a consolidarlo. —
Né qui è da passare sotto silenzio la bibliografia marchigiana di
cui il Ciavarini ha voluto il suo libro arricchire, nella quale se
per avventura alcuno potrà notare l'assenza di qualche opera,
pure il ricordo che vi si fa di moltissime può giovare non poco
a quelli che volessero darci un completo catalogo dei libri che
nelle Marche furono stampati nelle varie epoche.
Il secondo volume di questa Collezione è il primo delle Carte
Diplomatiche Fabrianesi, raccolte, ordinate e collazionate su
diversi codici con diligente dottrina dal prof. can. A. Zonghi, ed
è volume preziosissimo in cui gli studiosi rinverranno messe
copiosa per i loro studii, essendone grati al dotto e benemerito
collettore il quale coll'apprestare questo volume ha reso un im-
portante servigio non solo alla storia municipale, ma ancora
alla nazionale.
La moltiplicità e varietà dei documenti mi dispensa dal fame
qui un riassunto perchè dovrei andare soverchiamente in lungo,
anche volendo darne soltanto una pallida idea, quindi mi limi-
terò solo a ricordare come una dotta prefazione dello Zoq^
fende ragione dell'ordine tenuto nella publicazione dei documenti
eh'è il medesimo seguito in consimili libri dal Turelli, dal Vo-
gel, dall'Acquacotta, dal Deminicis, dal Bonaini e da altri, non
dimenticando di far rilevare l'importanza dei documenti medesi*
mi. L'inventario dell'Archivio comunale di Fabriano, l'elenco delie
castella e ville dipendenti dal comune di Fabriano nell'epoca me-
dioevale e la bibliografia storica fabrianese accrescono il valore
KAS^BONA BIBLIOGRAFICA 163
e Tinteressc di questo secondo tomo della Collezione storica.
Nel terzo volume, che è ruilimo venuto in luce, soo pubbli-
cati gii Siaiuti del Montefeltro, di Peglio e di Gradava trascrit-
ti ed annotati dal prof. cav. Giuliano Vanzolini, a cui vanno ìd-
oanzì alcune parole di prefazione del prof. Ciavarini, colle quali
sì mostra quanta e qoale importanza storica abbia la pubblica*
zione degli statuti delle tre terre pesaresi fatta dal Vanzolini. E
dopo dì questo il Ciavarini viene a dire, giustamente, come da
essi rilevasi che nei nostri popoli l'amore della libertà e dell'in-
dipendenza fu sempre potente, e che negli ordinamenti della ci-
vile amministrazione si hanno forse i più antichi esempi delle
moderne monarchie costituzionali, che invece molti vanno a cer-
care presso le nazioni straniere. Lamenta poscia che la storia
nostra in molte parti sia stata raccontata in modo falso» special-
mente per adulazione ai vari padroni che ebbero gli italiani» a
cui premeva di spegnere io essi ogni civile virtù, ogni fiducia
selle proprie forze morali e materiali pel riacquisto di quei som-
mi beni dei quali possono i popoli godere, che sono la libertà e
riodipendenza.
Acerbo mi pare e troppo assoluto il giudizio che dei mar-
chigiani dei giorni nostri fa il Ciavarini, il quale dice: « Confes-
• siamo che tuttavia nelle popolazioni marchigiane faltri il dica
• delle altre italiane) tutto è da riformare: spazzare la vigliac-
• eheria delle plebi titolate o no, abbrutite dalla schiavitù di
« tre secoli (dal XVI al XIX;; abbassare l'alterigia dei feudatari,
« nobili e preti sebbene eredi i più del casato, pochi eziandio
« del censo avito, pochissimi delle virtù; moderare l'insolenza
« delia gente nuova; purgare le menti dei pregiudizi. • — Dopo
di che insiste sulla necessità di mettere in luce tutti i veri do-
cumenti della vita italiana per poterne compilare la istoria infal*
libile, senza vituperande adulazioni, senza secondi fini, che sono
sempre nn attentato alla verità e falsano lo scopo della storia,
che è d'insegnare ai presenti ed ai futuri coll'esempio del pas-
sato. Però in quest'opera di mettere in luce i documenti che si
riferiscono alle epoche anteriori alla presente, trova il Ciavarini
cbe neNe Marche molti studiosi hanno atteso sinora a pubblicare
carte di piccolissimo valore, mentre gli Archivi offrono coso
164 Rassegna bibliografica
importantissime. « Se non che, soggiunge il Ciavarini, i più
« valenti sono (inora sgumeulali da due cagioni: la mancanza di
« adegualo compenso alle fatiche necessarie a siffatti studi, e la
< mancanza di archivi storici. » Per la qual cosa fa voti, ed in
questo tutti si uniranno a lui, perchè almeno si pensi al riordi-
namento degli archivi, perchè le ricerche e gli studi dei dotti
e pazienti cultori delle patrie memorie siano agevolati. —
Ma il tempo stringe, e a me conviene lasciar di discorrere
della bella prefazione del Ciavarini per venir a dire alcuna cosa
della materia contenuta in questo tomo terzo, messo insieme per
le diligenti cure del chiarissimo sig. prof. cav. Giuliano Vanzolini.
É per la prima volta che l'egregio professore pesarese fa
conoscere gli Slattiti di Gradar a^ Peglio e Monte feltro che sono
dei più antichi della Provincia di Pesaro e Urbino i cui originali
si conservano neìV Archivio metaurense, ed in essi gii studiosi
troveranno grande copia di notizie che varranno, come ben dice
il cav. Vanzolini, a rendere testimonianza degli usi, delle fogge
del vivere^ della civiltà ed ancfie del buon senno de' nostri an-
tepassati. Gli statuti di Gradara vennero dati da Malatesta, come
può anche vedersi nelle Famiglie illustri italiane del Passerini
(Tav. IV col. ulL); sono dettati in latino e vi si contengono le
disposizioni per le procedure civili ed altre giudiziarie, per i
mercati, per la proprietà e le formalità da adempiersi per tra-
smetterla ad altrui, per i rapporti tra padroni e coloni delle
terre, per le opere di publica utilità come sarebbero ponti e
stradCi per le pene contro i ladri, gli assassini ed i falsari, per
la nettezza publica etc. etc. Agli Statuti tengono dietro varie
istanze del Comune di Gradara alla Duchessa di Urbino per re-
clamare contro le vessazioni degli esattori dei tributi, o per ot«
tenere grazie speciali, ed i rescritti ed ordinanze fatte in propo-
sito. Gii Statuti di Peglio, largiti da Francesco Maria della Ro-
vere duca di Urbino nel 1617, si dividono in tre libri, dei quali
il primo si occupa delle cose civili, il secondo delle cose cri-
minali, il terzo infine si occupa dei danni recati ad altrui per
qualsiasi modo. Seguono vari decreti e lettere ducali importantissime.
Gii Statuti del Monlefeltro sono dettati in italiano in essi pure
sono disposizioni intorno alle cose civili, criminali e penali. —
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA ìfSÒ
lo non posso in una rassegna neppur brevemente riassumere tul-
le le disposizioni contenute in queste leggi o statuti, ma chi vor-
rà studiarli vi troverà notizie preziose sotto ogni riguardo, e
vedrà come molti di quegli ordinamenti siano informati a savie
massime di governo, come molti ancora oggi coi progressi delie
seieoze econoroiciie e legislative non sarebbero più neppur tolle-
rabili, da cui si conosce come Io stato ed il comune tendevano
a regolare ogni cosa e ad assorbire per sé la maggior parte dei
diritti degli individui, il che ora non può esser di certo rìcono-
scinto per giusto, poiché si sa che lo stato deve essere il tutore
e non il violatore dei diritti di lutti e di ciascuno e che solo
può limitare la libertà e diritti dei cittadini quando ciò sia re-
clamalo dalla tutela della libertà di tutti. Cosi oggi che la libertà
di coscienza si reputa a buon diritto cosa sacrosanta non po-
trebbe ammettersi che lo stato venisse fuori con disposizioni
come quelle contenute negli statuti dei duchi di Urbino, come
colle teorìe moderne sulla libertà di commercio non si potreb-
bero conciliare le disposizioni restrittive che in quei tempi si
prendevano. Ma con tutto questo ci sono degli ordinamenti savi
da cui i nostri uomini di stalo potrebbero trarre profitto nel
governo della publica cosa, e gli studiosi poi da questa publi-
cazione del Vanzolinì possono, come già dissi, trarre gran lume
per ben intendere i costumi e gli ordinamenti civili che in quei
giorni vigevano. — Il benemerito editore ha aggiunto a pie' del
volarne un accurato e paziente indice alfabetico dei nomi e del-
le cose più importanti indicate nel libro, che agevola non poco
le ricerche che si volessero fare, però io credo che se egli aves-
se premesso all'opera sua una introduzione che servisse ad il-
lustrare i codici da lui mes^i in luco, a farne rilevare le dispo-
sizioni più tm|M)rtanti avrebbe fatto cosa di cui quanti si occu-
pano dello ricerche islorichc gli sarebbero stati grandemente
tenuti.
E qui per questa volta basti della ColUzioue storica tnar-
cféiffiattn, della quale avrò occasione di tornar a discorrere quan-
do narà pubblicato il IV tomo, che sta per darsi alle stampe.
Cbs.vae Rosa
166 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Il palazzo del Comune di lesi — MonograGa con appeodicc dì
doGumeoti per Asttoxio Giakahdrea. — lesi, Tip. Fratelli
Ruzzini, 1877. —
£ questo un lavoro serio, condotto con dottrina e diligenza
gomme come suol fare in tntte le cose sue l'egregio raccoglitore
ed illustratore dei Comi popolari marchigiani^ e merita che qui
se ne dica alcuna cosa.
Comincia l'autore coiraccennare come il palazzo del Comune di
Iesi sia una delle più pregevoli opere dell'epoca del rinascimento,
dall'indioare qual sia la posizione sua, quale la sua architettura.
Ricorda che : una svelta aliissima e assai bella, torre a tre or-
dini ne sormontava m origine l'angolo anteriore destro; ma ro-
vinata per difettosa struttura nel 1657 venne sostituita dalla
presente^ cht^ goffa e disadatta^ troppo inai corrisponde all'ar-
monia dell'insieme. Poi passa a descrivere la struttura e la di-
sposizione delle parli interne, mettendone in rilievo la regolarità,
la ricchezza ed eleganza, dopo di avere a ragione biasimato che
alle colonne del secondo portico, a parecchi conci in pietra ed
agli affreschi un 50 anni fa sia stalo dato il bianco. — Dì poi
l'autore con sana critica viene a stabilire che l'alluale palazzo
del Comune di Iesi fu opera di Francesco di Giorgio Martini se-
nese, pittore, scultore, architetto celebralissimo del suo tempo
mentre altri lavori e decorazioni del palazzo medesimo furono
opera d'altri valenti artefici tra' quali si ricordano Andrea Con-
lucci di Monte Sansovino, Pielropaolo Agapili da Sassoferrato,
forse Ottaviano Zuccari e Pompeo da Fano, lo non seguirò qui
passo passo l'egregio scrittore in tutto quello che dice per con*
Altare le opinioni diverse con cui l'opera viene ad altri attri-
buita e per mostrare la verità della sua, solo accennerò come
egli per questo si appoggia all'autorità di documenti importan-
tissimi da lui ritrovati negli Archivi di Iesi, e contro i quali
nulla si può opporre.
Questa importante monografia dell'egregio Prof. Gianandrca
si chiude colla pubblicazione di documenti inediti che si riferi-
scono all'argomento àtì lui Irallato, e cioè: 1. Istrumento di lo-
cazione della fabbrica del palazzo. Reg. 1485-90 e. 26, 27.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 167
9* Due tariffe dì prezzi di carni eslratle dai capitoli per l'ap-
pillo della beccherìa. — S!* loveotario delle suppellettili del pa*
lazio. — 4* Conto di lavori fatti per il palazzo da Michele da
MilaDO e Alvise suo figliuolo. Reg. 1496-98. e. 165 tergo. —
5* Stima delle finestre del palazzo lavorate da Michele da MU
bno e Alvise suo figliuolo: 2 maggio 1499. Lib. dei Reg. e. 63.
— 6* CoAveozioiie per la pittura della Cona della cappella con
■Mestro Pompeo da Pano. — Spec. debita 1K32-39 e. 184 f. e
185. — 7* .Cessioni parziale e lotale del palazzo ai governatori
E qui ora altro non mi resta che rallegrarmi coll'egregio prof.
Gianandrea per Tamore con cui attende al culto delle patrie me-
morie, augurando ch'egli continui ad illustrare la storia ed i
moQumenU delle nostre Marche con altre importanti monografie.
. Cesare Rosa
Bruto Amaitte — Di Amedeo d% Savoia^ figlio di Emmanuel Fi'
liberto — Ricerche Biografiche — Macerata, Cortesi, 1877.
Molto erudito lavoro è questo di Bruto Amante che già noto
a^i storici per un brillante studio su La Rivoluzione Francese e
r ottimo de' pretesi Luigi XVII e per la Commemorazione del 3638®
Natale di Roma da lui fatta il 2 1 Aprile 1 878, fu anni sono gior-
nalista battagliero e vittorioso dirigendo in Macerata da libero
Italiano e da pensatore libero la Confederazione Latina. B mag-
gior fama l'Amante otterrà allora che verrà publicando (involon*
lario rivale del Lanzani) lo Studio su gli Storici Italiani dal 1800
al 1860.
Propostosi di rinnovare la fama d'Amedeo figlio d'Emanuele
Filiberto e dipingerne i tempi e l'età, l'Amante ha sotto l'aspetto
d'in tenui tabor molto condensato, e proprio si vede l'uomo che
sa più di quello che mette fuori e sente il bisogno di manifestare
t giudizi propri con un inciso, un'aggettivo, una reticenza. E di-
stribuita l'opera in tre parti, egli passa dalle notizie di Anton
Francesco Scaramuccia educatore d'Amedeo nella marchigiana
Mootecassiano a quelle della gioventù del Prìncipe e delle sue am-
168 Rassegna bibliografica
iiasciale, per chiuder poi con uu cccellenle sommario de' costumi,
laUi d'arme ìd Piemonte, iu Savoia e in Provenza. Né tace che
Gibrarìo sulla tomba del Principe là a S. Michele della Chiusa ha
scrino: Amedeus — Ducis Emm. Philiberli Nolhus — Marchio S.
Raguemberti — Decessit A MDCX. —
Perocché nato da Filiberto e Lucrezia Proba verso il ISSO, Don
Anedeo (e Tonso che scrisse sedici anni appena dopo la morie
deir illustre Sabaudo era iu caso di sapere addentro ed esatta-
meDie ogni cosa) fu adolescente ancora mandalo a Montecassiano
perché vi si istruisse, e il matrimonio di suo padre con Marghe-
rita di Francia non gliene scemò TafTetto grandissimo e costante.
Aazi, insignitolo di Commende e titoli, ancora venticinquenne crcollo
Capitano dei Cavalleggieri e Marchese di S. Ramberlo, e il 30
Agosto 1580 morendo lo raccomandò a Carlo Emanuele I perché
se ne servisse sempre come di braccio fedele e diplomatico sa-
gace. Il giovane Duca inflitti e per ben trenl'anni ebbe caro Ame-
deo; e io inviò ambasciadore di sue nozze in Ispagna e alla Corte
di quel terribile Sisto V che trovate le chiavi che cercate aveva
guardava baldo il cielo e meditava atterrare i Turchi alleando
contro di loro iin la Persia, i Drusi e gli Arabi, andò negoziatore
delicatissimo, e dal Lilla e dal Demonpieìncliamp e dal Videi (la
cui Storia del Coneslabile di Legdiguières sarà quanto prima an-
tiquata da uu francese che sta rilessendola su documenti nuovi)
risappiamo che il valoroso Principe combatlò per la Casa e Tln-
dipendenza sotto Ginevra e in Provenza e a Ponlcharra ove il
generale del Bearnese vinse come Pirro. E più di una volta Ame-
deo insegnò ai Francesi il rispetto delie armi italiane e fu soltanto
dopo Vervins che si rinfoderarono le spade, e in Fontaìnebleau
Enrico IV e i suoi gentiluomini si onorarono di stringere in pace
la mano del prode piemontese. Il quale nel 1600, malato da un
pezzo, abbandonò l'esercito; e dieci anni dopo mori pianto dalla
sua Torino e dal Duca.
V'é però in quest'opuscolo dell' Amante un difetto e sono le
troppe divagazioni, che se da una parte illeggiadriscono e ador-
nano la Storia, dall'altra impediscono l'attonta lettura e sviano la
mente. E valga il vero, quelle sue ricerche genealogiche sugli
Scaramuccia sono soverchie e non amriuni'ono nulla alla nomèa
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 169
di Anton Francesco « eccellente filosofo e Poeta, che fu per vcn-
totlanni Maestro Generale delle Poste in Piemonte» e custode ed
educatore • del Reale fanciullctto. »
E ben spiegata ma forse non necessaria è la causa delle po-
che pubblicazioni dei letterati del Cinquecento, i quali è certo ohe
non potevano né avere agio, nò aver voglia di stampare intricati
com'erano nelle matasse politiche e imbavagliati dagli anatemi e
inquisizioni; « solo l'Aretino ebbe il privilegio di insultare Cariò V,
celiare sulla religione, bistrattare monarchi, prìncipi e dotti, e
s'ebbe una croce dal Papa, corone, lodi, busti, trionfi e ricchezze
moltissime: Miracolo di audacia abbagliò i potenti, come Cagliostro
abbagliò le masse. • E penso che non sia aO^itto reale il ritratto
di Filippo II che > a modo di Tiberio, dall' Escuriale e dal ca-
stello di Madrid timoneggiava i suoi stali e tutto voleva sapere e
lutto guidar con fila misteriose » non fu però né in ingegno, né
in malizia, né in potenza superiore al Padre grandioso.
E il documento inedito che l' Amante reca, non è altro che
la lettera colla quale il 23 Novembre 1580 da Roma Don Ame*
deo ringrazia i Molto Magnìfici Signori Priori di Monte Santa Ma-
ria in Cassiano della loro afleltuosissima preghiera di passare per
la Città ov' Egli fanciullo aveva dimorato un buon lustro. Questo
biglietto ritestimonia tuttavia come uncor dopo ventitré anni \
Marchigiani ricordavano con amore e reverenza il potente ram-
pollo di Savoja.
Voglia ora l'amico professore Bruto Amante scrivere altri opu-
scoli pari a questo e prepnrare per questo nascente Archivio Sto*
vico Mirchiiiioìio altre robuste ed utili sintesi di storia cittadina.
Gaetano SANuiunaiu
U'Qji dei Vtsitjofi — Studio di Costanzo Rinauoo — Torino,
Botta, 1878, in-8.
Anche stavolta il Rinaudo ha peccalo di troppa brevità e di
stile qua>i :i(T;nino>o. lij(i:isin ciò non h>\:\'u* importanza ai suo la-
voro, il quale pur qua e là dil*iMl<Ko e viNirretlo r prc^ìevolissimo
|KT erudizione v chiarezza. Di cusilTatti lavori ne auguro molti
170 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
alh leiteratura storica, e di professori come il Rinaudo io vorrei
abbondanza per tutte le scuole italiane.
Arduo ed intricato problema egli s'è messo innanzi trattando
cosi compendiosamente e sotto forma dissertatoria delle Leggi dei
Visigoti, popolo ancora poco studialo e che pur ebbe il suo se-
colo di splendore allora che sulle rovine vandaliche costruì la
Monarchia di Toledo, e dalla Lou*a alle colonne di Ercole, e dal-
l' Atlantico alle Baleari, preparò ai conquistati una civiltà non pe-
ritura. Ed Eurico» e Alarico II, e Recaredo, furono re degni delia
fama di Teodorico e Glodoveo e Rotari.
Ma ormai è risaputo che ad intender bene la Storia civile
d'un paese è necessario l'esame accurato e profondo de' costui
diritti e attenta comparazione di questi cogli altri anteriori con-
temporanei e posteriori; e il Rinaudo, limitandosi alla pura espo-
sizione delle leggi personali e territoriali dei Visigoti, parmi non
abbia risolto appieno il suo problema, e non interamente illustrato
lo stalo sociale', politico-amministrativo e religioso, del maschio
Reame dei trentadue eredi d'Ataulfo.
Nondimeno questo poco che ci offre, egli l'ha esposto con
quella abilità e quella sagacia che ammirai nelle Origini del Gth
verno Bappreseniativo nell'Europa occidentale. E già nel Capitolo
Primo il Rinaudo riassume la storia della formazione e delle vi-
cende di questa Monarchia che (giusta l'espressione di Paclieco)
« fu la più forte unità politica del medio evo » . Cantando sull'arpa
le loro canzoni di guerra, i Goti tempestarono a procelle i Cesari
decadenti, Alarico invasa Roma dalla sua tomba di Cosenza mi-
nacciò ancora l'Italia diroccata, staccato poi dall'Impero affranto
e disonorato Eurico invase le Spagne e vi s'acquartierò sovrano,
Suintila quasi a mezzo del settimo secolo prostrò gli ultimi rivali
e unificò sotto il suo scettro la Ibcria, Recaredo battezzatosi nel
589 troncò ogni lotta di fede e confuse sapiente in un solo popolo
le discordi tribù e le influenze cozzanti, e solo dopo sette giorni
di battaglia micidiale fu possibile a Tarik di spegnere nel sangue
di Rodrigo (Teja dei Visigoti) una Monarchia trecentenne. I Goti
però pugnarono e perirono da prodi, e inselvatisi sulle giogaje
delle Asturie e della Biscaglia vi resistettero eroici agli Arabi vin-
citori, fondaronvi (chi non li ricorda?...^ molti principati indipen-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 171
denti e cristiaoi, ed una vera odissea guerriera fu quella loro
crociala di otto secoli che immorlalata nel Cid fini col trionfo
della indipendenza nazionale. Che i Visigoti erano ormai divenuti
Spagnoli, come in Italia i Longobardi.
Ma più che coll'armi, essi (vedansi Haenel, Canciani, Tapia,
Arìtequer) decorarono la loro storia colle Leggi. E lor primo Giu-
dice fu Heifferich Vallia terzo re e dal 466 ai 484 Eurico die un
Codice scritto che influì lungamente sui costumi e sulla economia
dei Visigoti. E Alarico ^ fu il Legislatore per eccellenza, e l'opera
goiariciana tutta lavorata sulle fonti romane e sulle consuetudini
indigene tenne sin da allora nobile posto e sopravisse alle altre
giurisprudenze barbariche. Lo stesso Fuero Juzgo (Lardizàbal
iofonni) sgorgò latinamente copioso e vitale da coatei, e parve
tanto superiore all'età che Cujacio con omerica ammirazione pa-
ragondlo alle Pandette. Partito in dodici libri, questo Forum Ju-
dkum^ larga legge territoriale e cioè obbligatoria per tutti i sud-
diti fossero Visigoti o non Visigoti, liberi o affrancali o schiavi,
fu d'altra parte l'emanazione di quei Concili! toledani che, vere
assemblee nazionali della Monarchia elettorale finirono coirinfeu-
dare il Primo Recaredo e i suoi successori al Clero Cattolico on-
aipotenle. E sarebbe giusto sostenere che la soverchia influenza
dei Vescovi e nei Coocilii e in Corte piegò troppo a ootàtempla-
zione e pietà i Visigoti, e li indebolì; e sotto siffatto aspetto ebbe
ragione Carlo Cattaneo di sentenziar reciso che « una sola bat-
taglia campale rovesciò codesta fiacca dominazione ■!
Vorrà ora il Rinaudo compir l'opera e farci dono, lui affina-
tovi da lutto questo vasto sistema di studi, e capace di erudizione
più vasta, di una Storia Generale esterna e intema della Civiltà
Gotica?.... Ben/e ficiwn agenti bis dal qui dal celerùerì
Gaetako Sahgiorgio
Della Isioriografia Italiana nel secolo XIX studio del Prof. Prax-
ctsco Lanzavi. Padova; Sacchetto, 1878.
Una delle maggiori necessita della scienza storica è oggi la
di lei storia, la quale sarebbe essa stessa un avvenimento, e rias-
172 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
suolerebbe a bencGcio degli studiosi gli elementi molteplici del
pensiero storico. Gabriele Rosa (per limitarmi agli scrittori italiani)
l'ba-jià tentata con arditezza di programma e d'indirizzo, distri-
buendola in nove periodi assai spaziosi, ma questo primo saggio
laTorato io furia e quasi senza precedenti naturalmente riuscito sterile
e poco razionale^ il nesso indispensabile tra le opere e le età non vi
appare e a lettura compiuta non se ne traggo quella gran sintesi
deirumauo sapere ch'è appunto lo scopo della Storia; e quindi la
necessità dura ancora. Ora pero che ho letto questo lucido Studio
deirabilissimo Lanzaui, studio ben degno di lui che commentò la
Motìarchia di Dante e che sia lavorando cauto e solerte intorno
/ Comuni^ nutro la speranza che la Storia della [storiografia possa
finalmente essere scritta. Pensi lamico Lanzani che oramai il pub-
blico è in diritto di pretenderla, ch'egli ne ha tracciate abilissimo
le prime linee con questo studio succoso, e ad ogni modo rifletta
con Publio Siro che animus hominis, quidquid sibi imperata obtineL
E più che altrove la Storia delie Storie è necessaria in Italia.
Ivi, per l'indole delle cose e per ragione dei tempi TIstoriograGa
ebbe sempre in se qualche cosa di militante, i dotti restaurando
con paziente lavoro i particolari del passato e facendo proprie
le patriottiche passioni dell'età trascorse accentuavano con corag-
giosa vivacità rinncgabile conflitto delie istituzioni antiche colle
nuove idee e rivelavano a lei medesima la patria calunniata, e
dal cozzo delle teoriche colla realtà era per essi risuscitala la
speranza sacra dell'Italia Una d'armi^ di lingua, d'aliare — Di
memorie^ di sangue, di cor! Disputando sulle origini del popolo,
evocando il Medio Evo, mognificantlo, epicamente Ponlida, la Lega
Lombarda, Legnano e la Magna Charta di Costanza, illustrando
in mille modi i titoli d'Italia al godimeulo della Libertà^ e sempre
gloriticando i beneficii della Concordia i nostri scrittori (dal negato
Dino Compagni al Maechiavelli, al Muratori, al Gianuone allo Sclopis
e al Villari), abborrenli dal (aedium vitae del secolo di Lucrezio,
e tutti campioni di (|uella nobile critica che non dirocca ma rin-
nova, fecondarono la fruttuosa sperienza del disinganno e agli
Italiani tulli dall'Arsa al V^aro ìnsoirnarono la virii coscienza dei
diritti delia gran Terra. « E nelle iniMuorio della patria, appunto
in quel tempo da iinmorlali crudili dissepolic in copia grandissima
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 173
e sotto gli influssi delle novelle idee, potevano gli storici nostri
moiitrare che quei diritti, le cui nflFermazioni sembravano balzar
fuori per ta prima volta dai procellosi dibattili delle francesi as-
semblee, eran stati parecchi secoli prima proclamati e conquistati
dagli artieri e dai mercanti di Milano e Fiorenza, e che la terri-
bile riscossa del popolo contro i castelli ed il trono, capitanata
dagli arbitri della Convenzione, era stata una volta vittoriosa e
feconda tra le mura delle nostre città ». E i libri del Balbo, il
quale (disse giusto Marco Tabarrini) pose egli solo più questioni
di storia italiana che non tutti gli storici che lo precedettero,
entusiasmarono all'amor della Patria i Tirtei della nostra eroica
Rivoluzione, e le cento Storie dell'Italia federali^ ridimostrando i
danni delle civili discordie esagitate dai cento Pecora e dai cento
Gualtieri, ribadirono la volontà dell'Unione e (lasciatemelo dire)
persino nelle infinite pubblicazioni dell'instancabile nostro Cantu
s'è imparata la religione deirindipendenza.
Ricco di tanti studii preparatorii, si metta dunque il Lanzani
a scrivere almeno la Storia delle Storie Italiane e la divida pure,
com'egli propone, nelle quattro epoche dei Comuni, del Rinasci-
mento, del secolo XVIII e dell'età contemporanea. Quest' ultima»
anzi, egli non dovrebbe che completarla e allargarla^ perocché
già vi ha risposto e tanto bene col presente lavoro, nelle cui pagine
io ravviso il filosofo e l'artista. La scriva, e vi dispensi senza am-
bagi e pregiudizi biasimi e lodi, e vi combatta quello scetticismo
fatale ch'è vizio delle età depravate e dei fiacchi caratteri, e vi
riscolpisca que' sublìmi ideali che Clio severa già immortalò in
Omero e nell'Allighieri.
Ma nel presente Studio il Lanzani s' ò lasciata sfuggire una
paura che non divido. R davvero come e perchè « dietro la croce
bizantina » egli scorge e teme « una nuova barbarie, foric di
scaltre perfidie, forte delle armi e delle arti stesse della civiltà,
una nuova barbarie che s'avanza minacciosa sull'Europa dalle
contrade, per cui già irruppero in tempi calamitosi le orde degli
Yong-nu, di Argad, e di Batu-Kan » ? 0 non ha lette il Lan«
Zani, non dirò le libere pagine dello slavo GereblzoflT, ma quelle
dell'inglese Wallace tutt'altro che russofilo, quelle d'Hippeaù e le
altre dottissime e spassionate degl'italiani Ascoli e Rosa?.*..
174 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
lolanto» vedauo i vari! Archivii e le Rioisle d'Italia, dall'^r-
cheografo Triestino alle Effemeridi Siciliane^ di allestire al Lan-
zaoi i materiali iodispensabili alla grossa impresa; e tutti i dotti,
dal Minieri Riccio al Cosci, gli siano aDticipali collaboratori. € La
materia della Storia fnota il Rosa) è divenuta si copiosa da parere
labirinto inestricabile, impervadibile se non si coordina, si riassu-
me si riduce a categorie », e però affrettiamoci se non vogliamo
correre il rischio di vederci presentato da qualche nuovo straniero
un altro e miglior metodo di classazione istoriografica e di essere
dolorosamente costretti a relegare tra le opere morte anche questa
del Lanzani non ancor nata.
Gaetano Sahgiorgio
// primo Re d'Ilalia — Ricordi biografici di Vittorio Emanuek
lì. raccolti da 1. Ghiron. — Un voi. in 8^ con ritratto di
pag. XIV 256 — Milano, 1878, Ulrico Hoepli editore.
Il nome di Vittorio Emanuele vivrà glorioso fra i posteri, non
già per le smodate ambizioni, per cui tanti principi si resero in-
faustamente famosi, ma per la magnanimità e lealtà sua, che
gli acquistarono il nobilissimo epiteto di Re Galantuomo^ e per
Topera grandiosa da lui compiuta dell'unità d'Italia, opera che
alcuni stimavano uua solenne utopia.
Coloro che chiameranno questo tempo antico dovranno sem-
pre parlare di Vittorio Emanuele con riverenza, come di uno dei
più grandi benefattori dei popoli. Egli trovò la penisola divisa e
avvilita da una secolare servitù, e si pose a capo di quei gene-
rosi che, spinti dall'amore di patria, volevan redimerla, e fu
prima cittadino d'Italia che re, e della posizione in cui era non
si ricordò che per adempiere ai doveri di cittadino, e non du-
bitò di avventurare la vita e la corona stessa sui campi di bat-
taglia per dare alla Patria unità, indipendenza e libertà; sacrificò
sempre i privati interessi al bene publico. All'Italia, sgovernata
da dcspotici tirannelli in cui la cupidigia del potere andava con-
giunta alla crudeltà ed a tutti i vizii i più obbrobriosi, parve
Vittorio Emanuele un miracolo di re, ed il popolo si strinse iq*
Rassegna bibliografica .175
tomo suo ai trono e, compagno a lui nei cimenli e nei sacri-
fici, lo riguardò come Padre amoroso cui innanzi ad ogni altra
cosa sta a cuore il bene dei propri Agli; ed alla morie sua
gl'Italiani lutti, che sapevano quanto egli avesse fatto per ilnostro
paese, piansero come di domestica sventura, e con nuovo, so-
lenne e spontaneo plebiscito, reso sacro dai dolore, riaflferroaro-
no sulla tomba del Gran Re l'unità e liberta della Patria.
Non è questo il luogo per rammentare le gesta del Primo
Re d'Italia, ma però giova ricordare quei libri in cui o per un
modo, 0 per un altro si <!èrca di farci conoscere in tutti i par-
ticolari la vita di Vittorio Emanuele, alla cui memoria dobbiamo
aflélto riconoscente di figli, quando col pensiero si ricorda alia
infelicità dei tempi che corsero prima del 1859 e se ne faccia
il confronto colio stato attuale, di cui nella massima parte an-
diamo debitori a lui. — Fra i varii libri che di questi ultimi
mesi si sono publicati intorno al nostro primo re mi par degno
di ooa speciale menzione quello di cui ho posto il titolo in capo
a questo scritto, dettato dal sig. Isaia Gbiron, nome ben noto
nella republica delle lettere per altre interessanti pubitcazìonl.
L'opera del Ghiron non è una biografia, ma una raccolta
bene ordinata di ricordi biografici di cui i futuri biografi si gio*
veruno non poco per ritrarre una fedele immagine di chi, se
non fu il solo, fu certo uno dei principali fattori dell'indipendenza
nazionale, di chi ebbe parte non piccola a render l'Italia dorma
di province^ quale la voleva il gran padre Alighieri, oltre di che
essa fornisce a tatti una copia tale di esenìpi che dimostrano
un forte carattere, di generosità e di grandi virtù cittadine, che
gioveranno assaissimo alla educazione dol popolo italiano, a cui
Vitlofio Emanuele, cogli atti della sua vita, volle mostrare che
ai debba lare per mantenere ed accrescere i beni preziosi che
abbiamo acquistato. E questo è pregio non piccolo del libro del-
l'egregio Ghiron, che lo rende degno di diffonderai in mezzo agli
Italiani per recar loro tutti quei vantaggi di cui può essere
apportatore, e dicendo questo, senza ombra di adulazione, credo
inutile aaggìungere altre parole di raccomandazione.
Impossibile sarebbe negli angusti limili di una rassegna re*
Stringere convenientemente tutta la materia di cui si occupi
176 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
questo libro, per il che, sebbene a malincuore, bisogna che mi
conienti di darne una pallida idea, fortunato riputandomi se essa
gioverà ad invogliare alcuno a leggerlo. Nel primo capitolo l'au-
tore dimostra come nella storia dei secoli passati Cidea dett'u-
nità nazionale si manifestasse meno che altrove in Piemonte per
molle e molte ragioni, ma pure tratto tratto ne balenò Tidea
nella mente di qualche nobile ingegno. Ma l'idea italiana^ ilice
il Ghiroo, fu robusta pia ihe in ogni altra mente in quella del
re Carlo Alberto, principe infelicissimo, che, per la fatale rotta
di Novara, dovette terminare i suoi giorni nella terra dell'esilio.
Ma in quegli anni, come ognun sa, la corrente unitaria si era
falla strada anche presso altri uomini del Piemonte, che era
quello che solo possedesse una dinastia veramente italiana che
I-idea italiana era chiamala ad attuare. — Il secondo capitolo è
intitolato // Duca di Savoia dalla culla all'altare, e appunta vi
9i tratta dell'educazione che a Vittorio Emanuele fu impartita;
delle prove di carattere fermo, d'ingegno acuto da lui date, e
delle idee nobili che sin da quei primi anni manifestava. Il ca-
pitolo si chiude accennando al matrimonio dei Duca cou Maria
Adelaide, donna di sante virtù, risei*bata a durissime prove; e
di lei parlando giustamente dice il Gbiron: « Ma dolorosi giorni
« si preparavano frattanto all'animo suo; il suo cuore stava per
t essere diviso fra due: tra l'amore del padre e quello del ma-
« rito; tra le gioie di questo e i dolori di^ quello... la santa don-
« na si ritraeva allora in chiesa e pregava... per chi ?... per
« lutti (pag. 24j. » —
Tocca quindi il Ghiron degli eventi dal 184G al 1849, che
non starò a* riassumere, perchè son cose a tulli note; tutti sanno
degli entusiasmi, delle vittorie e degli orrori di allora, che però
dovevano esserci scuola per preparare i trionfi dell'avvenire. In
mezzo a quelle vicende il giovane Vittorio Emanuele dava le
prpve del suo «coraggio e del suo valore, e vari aneddoti che
l'autore racconta valgono a mostrare come in lui non fosse aU
tra ambizione che di adempiere ai propri doveri di buon cittadino.
Divenuto re, diede sempre opera a preparare Tunità, I indi-
pendenza e libertà d'ilalia, e per poter meglio raggiungei'e Tin-
ìQWìo fu sua cura di dare al piccolo Pìemonle quei savio ordì*
HASSEONA HIBLIOOIUPICA 177
uanieoto, che doveva mcUerlo in grado di dirigere e regolare il
mulo italiano contro tulli i nostri nemici. Viltorio Emanuele si
mostrò, in tutte le fasi per cui dovè passare r.epopea nazionale,
saggio politico, scevro da quelle arti subdole che per tanti se-
coli sì credettero una necessità della politica, guerriero valoroso;
Si circondò degli uomini più eletti per le virtù dell'ingegno e
dell'animo, e d'accordo con essi il gran re compiva l'opera della
sua vita, potendo Analmente dire le memorande parole: Siamo in
Roma e et resteremo, che se non altro fanno testimonianza della
fermezza del suo carattere; come della sua lealtà, tra le molte,
soD prova non dubbia le parole dette al senatore Plezza: « Io
• ho promesso di mantenere la Costituzione, e non mancherò
« mai ai mio giuramento; piuttosto di far simile cosa, piuttosto
m che sottometterci alla volontà straniera, andremo tutti in Ame-
« ficai (pag. 64). »
Ripeto il lavoro del Ghiron più che una biografia è una ben
ordinata raccolta d'aneddoti, molti dei quali lo storico trascurerà,
ma che pure giovano a far meglio conoscere la bella e maschia
figura dei Re Galantuomo, ed il libro sarà letto con piacere da
quanti serberanno sempre riconoscente afletto verso di quegli che
fu davvero Padre della Patria.
Cbsarb Rosa
iMiere di Giacomo Pergamino con brevi notizie sulla vita e
sulle opere dello stesso — per cura di Gabtaho Dbuò. —
Torino, 1878, Tip. Salesiana. Un voi. in 16 mo. di pag. 363.
— Prezzo cent. 75. —
Chi fosse Giacomo Pergamino non solo nei resto d'Italia ma
anche nelle nostre Marche moltissimi ignorano, per il che, pi-
gliando occasione dal libro venuto or non è guari alla luce, vo-
glio dame un brevissimo cenno, augurandomi che alcuno dei
sooi dotti concittadini ne scriva un'accurata biografia pel nostro
Archivio^ non polendo in Fossombrone mancare documenti fan*
portanti intorno al Pergamino stesso. —
Giacomo nacque in Fossombrone nel 1531 e morì ai 5 no*
Arth, 5tor March. V L n
178 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
vembm 1615, cioè dopo aver vissuto 84 anni. Uomo d'ingegno
non comune, come tale era apprezzalo dai conlemporauei, e fu
segretario di Carlo Visconti, legalo di Pio IV ai concilio Triden-
lino, e quando il Visconti fu mandalo Nunzio in Ispagna ed in
Germania condusse sempre seco il Pergamino. Tornò in Roma, e
fu segretario del cardinale Serbelloni e ricopri altri onorevoli
uffici.
Stanco della vita publica si dedicò ludo agli sludii della
lingua italiana, e frutto di essi furono varii interessanti lavori,
tra' quali un importantissimo Dizionario della Ungila italiana
lodalo assai dal Perticar!, ed un Trattato sulle regole di nostra
liììgua^ che per più di uu secolo fu tenuto in pregio dai dolU,
specialmente da Gianvincenzo Gravina. — Lasciò inedili molti lavori,
e cioè: Il volgarizzamento di Sulpizio Severo, un libro di Senten-
ze, Proverbi e Motti, un dialogo delle Usanze, ma questi lavori
sono andati perduti. Ebbe rapporti di amicizia coi più illustri del
suo tempo, e basta per tulli ricordare il grande ed infelice Tor-
quato Tasso.
Nel 1618 si stamparono in Venezia per la prima volta le
lettere del Pergamino a cura del Neri, ed ora il Dehò ne ha
falla un'altra edizione più completa e meglio ordinala di quella
del Neri, che per la tenuità del prezzo credo che facilmente
correrà per le mani degli studiosi, i quali vi troveranno quella
venusta ed aurea semplicità che si rinviene nelle lettere di An-
nibal Caro, che rimarranno sempre un ottimo esempio di stile
epistolare. — Olire di che, per gli importanti incarichi che l'il-
lustre ielleralo Fossombronese ebbe a sostenere, e per le relazio-
ni che ebbe con i più illustri uomini del suo tempo, nelle epi-
stole di lui si trovano particolari interessanti che le rendono degne
di una speciale raccomandazione.
Cesare Rosa
La vita ed il regno di Vittorio Emanuele II di Savoia primo
Re d'Italia — per Giuseppe iMassari. — VoL I. in 16"** di
pag. 402. — Voi. IL di pag. 500. Milano, Fratelli Treves
editori, 1878. — Prezzo L. 7,50.
Se il libro del Gbiroui di coi ho già tenuto parola^ vale a
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 179
reodcrci rimmagine, a cosi dire, morale di Vittorio Emanuele,
quello del Massari ha di mini di mostrarcelo in azione nella vita
publica, e cosi i due libri sì completano a vicenda, e chi li ab-
bia felli può dire di conoscere bene in tutti i lati la figura del
Gran Ke. — Da coloro che verranno dopo di noi, cessate le gare
partigiane dell'oggi che fanno velo al retto giudizio, Vittorio
Emanuele verrà collocato in un posto assai distinto, come mira-
colo di Re leale e Galantuomo, come Re in cui non fu altra
ambizione che di mostrarsi sinceramente italiano, e di farlo co-
noscere rendendo il suo paese unito, indipendente e libero. —
Il Massari nel primo volume della sua biografia prende le
mosse dalla nascita del Duca di Savoia, che poi doveva esse-
re Re di Sardegna e, più tardi, Re d'Italia, e giunge sino alla
dichiarazione di guerra frìtta all' Austria nel 1859, mentre il
li" volume, venuto or non è guari alla luce, compendia le vi-
cende occorse dal 1859 sino alla morte del Primo soldato del-
f Indipendenza italiana; ed il racconto è notevole per la oppor-
tunità della scelta di tutti quei fatti ed aneddoti che valessero
a mostrare la italianità dei propositi di Vittorio Emanuele, l'ac-
cortezza di lui e dei suoi ministri nel condurre le politiche fac-
cende per modo che il piccolo Piemonte fosse l'altare in cui si
mantenesse il sacro fuoco della libertà e si ponesse a capo del
movimento italiano. È notevole ancora la sobrietà e moderazione
dei giudizi dello storico intorno alle persone ed alle cose; egli si
contenta di narrare le vicende, di ricordare le persone che eb-
bero in esse parte principale perchè intende che il buon senso
dei lettori può su queste e su quelle portare un adeguato giudi-
zio; oltre di che volendo piuttosto raccogliere fatti e memorie ed
esporre il tutto ordinatamente meglio che tessere una storia
contemporanea, che sarebbe slata difficile impresa sotto più ri-
spetti e specialmente sotto quello dei giudizi, era da attenersi al
modo seguito dal Massari. 1 futuri biografi dovranno poi colla
scorta dei materiali lor forniti dai contemporanei aggiungere alla
narrazione della gloriosa epopea del nostro risorgimento e della
parie che Vittorio Emanuele vi ebbe, tutte quelle considerazioni
che sono del caso e che valgono a metter le cose sotto il loro
vero punto di luce.
180 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Non è mìo compilo di riassumere il lavoro deironorevole
Massari, però mi basta averlo indicato ai miei cortesi leUori si-
curo elle essi leggendolo lo troveranno degno del Gran Re di cui
celebra la memoria.
Cesare Rosa
Lettere scritte a Giacomo I^eopardi dai suoi parenti con giunta
di cose inedile o rare, — Edizione curata sugli au4ografi da
Giuseppe Piergili e corredata dei ritratti di Giacomo e dei
genitori di lui. — Firenze. Successori Le Monnier 1878.
Alcuni pensano che la publicazionc di lettere familiari dirette
ad uomini i quali acquistarono fama nelle lettere, nelle scienze
e nelle arti non sempre riesca opportuna, specialmente se quelli
a cui le lettere furono indirizzate non sono per tempo molto lon-
tani da noi» e ciò perchè si possono urtare delle suscettibilità di
persone tuttora viventi che in quelle sono poco benignamente giu-
dicate. Io non nego che coloro che pensano in tal guisa non pos-
sano avere in molti casi ragione, però ritengo che la pubblica-
zione di epistolari domestici (se cosi possono chiamarsi^ se fatta
da persone accorte abbia a riuscire importantissima perchè ten-
dente a mostrarci Tuomo nella sua vita intima» nella vita degli
affetti, la quale spesso, se non forse sempre, è spiegazione di
quella letteraria e scientiGca. Quindi è che, per quanto altri abbia
manifestalo diverso avviso, io penso che della publicazionc di
questo volume saran grati al conte Giacomo Leopardi, degno di-
scendente dell'illustre poeta recanatese, che ne permetteva la stam-
pa, ed all'egregio Prof. Giuseppe Piergili, che ne ha curalo l'edi-
zione, quelli che ricercano con amore tutto quanto si riferisce
alla vita di colui che fu certo una delle maggiori glorie del
nostro secolo.
E particolari interessantissimi sono in questo libro, i quali
sinora furono sconosciuti e varranno certamente a correggere
molti torti giudizi che intorno alla vita del Leopardi ed ai suoi
rapporti colla famiglia vennero dai suoi biografi pronunziati.
Si dice che per questo volume non sarà né accresciuta, né
diminuita la gloria di Giacomo, né nulla ci guadagneranno i suoi
RASSEGNA BIBLIOQRAFICA 181
pareoli; qaesto potrà essere benìssimo, ma se loro non ne verrà
accrcscimenio di gloria ben si può dire che serviranno a farceli
eoQoscere meglio ed a dare, come documenli, importanza maggiore
a qoanto i biografi deirillastre poeta hanno sin qui affermato,
oppure a mostrare gli errori in cui caddero; e questo, a me pare,
è servigio di non pìcciol momento reso alla storia, la quale fino
dei minimi particolari può grandemente giovarsi in servigio della
verità.
Da queste lettere si vedrà che il conte Monaldo, sebbene di
opinioni diverse da quelle del figlio, non era come molti l'hanno
dipinto tiranno verso chi infine accresceva il lustro della sua fa-
miglia» ma in quella vece lo amava di affetto veramente paterno,
e se non veniva in soccorso di lui era perchè sua moglie gli te-
neva, secondo egli dice, stretta la borsa. Ed a tale proposito è
notevole come in una sua lettera mentre dice il padrone di casa
tono iOf ed invita il figlio a chiedergli quel denaro che potesse
occorrergli, poi, per paura che la risposta di Giacomo possa ca-
pitar in roani della moglie, lo consiglia ad indirizzargliela sotto
altro nome.
Delle 150 lettere che comprende questo volume, e che vanno
dal 97 novembre 1819 al 15 marzo 1829, soltanto due sono
delia madre, il che forse accenna ad una non grande espansione
aSéUoosa per parte di lei. cosa del resto piuttosto strana, perchè
d'ordinario le madri sogliono abbellire la vita dei loro figli coi
più dolci tesori dell'amore, che spesso giova a temperare la so-
perchia severità dei padri. — Invece piene di affetto di una soave
BMlmconia e di consigli amorevoli sono le lettere scrittegli dalla
oa Ferdinanda. — Quello che Carlo e Paolina scrìvono al fratello
mostra una certa uniformità di sentire con Giacomo, ed offre dei
particobri interessanti per chi voglia conoscere a fondo la vita
deHlllustre poeta, e trovare la spiegazione dei sentimenti da lui
■aaìfeslati nei suoi scritti.
li volume, che il Piergili ha con una gentile lettera dedicato
aBa contessa Sofia Bruschetti moglie del conte Giacomo Leopardi,
t arncchito di una memoria scritta da Paolina intorno a Monnldo
Léffpardi e i suoi figli, di un brano deiruntobins^rnfìa di Monnldo
alle sue Qualild fisiche, rollurn esteriori e carattere, di
182 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
uoa epistola Ialina del Sanchini dirclla ai suoi discepoli, di una
lettera di Giacomo a Don Paolo Leopardi, di una poesìa di Gia-
como, Im Dimmticanza, scritta a 14 anni; della genealogia dei
Leopardi, e inflne di uno scritto filologico di Giacomo stesso.
Questa pubblicazione, ripeto, non ha soltanto un interesse let-
terario, ma un'importanza storica speciale che non isfuggirà a
quanti la leggeranno, perciò non dubito di raccomandarla calda-
mente a quanti amano i buoni studii ed hanno a cuore le glorie
nostre, mentre publicamenle mi congratulo col degno erede del
nome dei Leopardi, il quale col permettere al prof. Piergili di dar
alla luce queste lettere ha fatto opera utile e che serve a far ri-
fulgere di luce più viva la bella figura dell'illustre suo zio.
Cesare Rosa
Cesare Borgia Duca di Romagna. — Notizie e documenti rac-
colti e pubblicati da Edoardo Alvisi. — Un voi. in 16 di
pag, A7/-592. — Imola, Tip. d'Ignazio Galeati — 1878.
Prezzo L. 5.
Il nome dei Borgia suona infaustamente famoso per atroci
scene di sangue, per ambizione di dominio, per atti brutalmente
immorali; ma se le azioni di Alessandro VI e dei suoi figliuoli
furono in gran parie tali da acquistar loro meritamente una tri-
ste fama, e da far si che l'immaginazione popolare e l'odio degli
avversarii attribuisse loro più delitti di quelli che realmente ab-
bian commessi, alla storia però, che deve essere giusta distribu*
trice di lode e di biasimo, spetta il dovere di verificare con sana
critica quanto ci sia di vero nei racconti che corrono. E se in-
torno ai Borgia si scrissero molle fantasie poetiche, ai giorni
nostri degli spassionali e dotti ricerratori delle istoriche memorie
portarono molta luce su quell'epoca che, politicamente parlando,
fu infelicissima per l'Italia.
La Lucrcz''f lì'jrjìa del Gregorovius ha. dietro la scorta di
prove irrefrnj^rjìhili, !'U).-Ualo la ivjLÌ'r) di A!'^s'=jnndro VI sotto un
nuovo punto di luce, e le ha lolio il poso di molte colpe che
sinora le vennero atlrihuile: cobi lo opere del Campori e di altri
RASSKONA BIBLIOGRAFICA 183
giovarono non poco alla verità, ma intorno a Cesare, che è senza
fallo la iigura più importante dì quella famiglia e di quell'epoca,
si è desideralo sinora uuo studio accurato che ne mostrasse
quanto di vero fosse in ciò che comunemente si è detto di lui,
ed ora a questo difetto rimedia in gran parte il recente libro del
signor Alvisi, che promette d' essere il primo d' una serie di la-
vori storici che alla Romagna si riferiscono, e che ci auguriamo
di poter presto studiare.
E questo non solo per la Romagna ma ancora per le Marche
ha un interesse speciale, poiché tutti sanno che gli efletti del do-
minio del Duca Valentino si ebbero a sentire eziandio nei nostri
paesi, che i Pesaresi mandarono ad offrirgli la signoria, ch'egli
assunse di fatto insieme a quella di Pano, e contro Gutdobaldo di
Urbino mosse Cesare le armi e per la fuga di Guidobaldo stesso
restò padrone del ducato, e s' impadroni ancora di Camerino e di
Senigallia e d'altri luoghi, quantunque per poco ne potesse rite-
nere il dominio.
L'opera è condotta sulla scorta di numerosi documenti per la
maggior parte inediti, e nel mentre è una larga contribuzione alla
storia di quell'epoca, imperocché si riferisce al tempo in cui il
dominio borgiano durò in Romagna cioè dal 1499 al 1503, fa
fede ancora della dottrina severa e dell'ingegno del giovane au-
tore, il quale con arte critica rigorosa ed imparziale passa in e-
same le tradizioni ed i racconti dei cronisti e degli storici d'allora
per stabilire quanto di vero ci sia in quello che alla nostra me*
moria tramandarono. E questa publicazione dissiperà errori di molti
che da gran tempo si leggevano nei libri e s'imparavano nelle scuole
come verità, mentre conferma a quanti e quali abominandi delitti
sia l'uomo condotto dall'ambizione eli dominare. Il racconto pro-
cede ordinatamente e con quella nobiltà di siile e di forma che
alla storia si addire, senza inutili divaga/ioni, e so qua e l;ì al-
cuna volta accusa la j^iovinezza del suo autore, ó però sempre
certo che è un libro il (piale fa molto onore alla critica storica
italiana, e morirà chianmenle non essere vero che sìa noce>sario
che la storia nostra w la \ rugano ad illustrare gli stranieri a
modo loro, menlre r'r tra noi ehi ha injrojjno e studii da ciò.
lo non dirò che il hbro dell . Vivisi Ma iti ogni >ua parte per-
e
184 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
fello, ma se alcuni difetli chi cerca eoo la lente potrà tro?arei,
credo che non saranno mai tali che valgano ad oscurare i pregi
molli di cui quest'opera va adoma.
Cesare Rosa
Ferdinahoo Bosio: Ricordi personali — Un voi. in-16 di pag. 209
— Milano, Tip. Editrice Lombarda, 1878 — Prezzo L. 3.
A ben conoscere gli uomini che ebbero una non ultima parte
nelle vicende politiche del loro tempo, o sì distinsero nelle lettere
e nelle scienze, oltre la parte che ebbero nelle vicende stesse, e
i pregi delle opere che scrissero gio^^ indagarne la vita intima
nella quale si trovano le ragioni delle azioni loro. Ed a questo
fine, come ognun sa, tornano utilissimi gli epistolari, poiché nelle
lettere, scritte non certo coli' intenzione di renderle di publica ra-
gione, quegli uomini mostrarono aperto l'animo proprio ai loro
intimi e fecero rivelazioni preziose e giudicarono apertamente uo-
mini e cose, dando cosi meglio a conoscere le virtù dell'animo e
dell' ingegno. Ma inoltre per avere una più completa immagine
degli uomini che in alcun modo s'illustrarono è bene sapere i
rapporti in cui vissero coi loro contemporanei, i quali ci danno
modo di più equamente giudicarli.
Sotto questo riguardo mi pare che il Comm. Ferdinando Bosio
abbia reso un utile servigio colla publicazione del suo libro, in
cui fa menzione di opinioni politiche, letterarie, scientifiche mani-
festate da BrofTerio, Dall' Ongaro, De Boni, Guerrazzi, Peretti, Rat-
lazzi, Ravina, Sineo nelle relazioni che passarono tra essi ed il
Bosio stesso; e chi legga il libro, scritto con quell'eleganza che
sa l'egregio professore, vi troverà delle cose di non lieve impor-
tanza, le quali varranno a correggere molti torli giudizi che su
quei valenti uomini che onorarono non poco se stessi e la patria,
alla cui libertà potentemente cooperarono, vennero pronunziati. In-
fatti intorno all'accusa di rcpublicanismo che i nemici lanciarono con-
tro il BrofTerio, il nostro autore scrive: « Nel fatto riusci tempera-
« tissimo sempre, lonlano almeno le mille miglia da quella re-
c publica che i suoi nemici lo accusavano di promuovere e ch'egli
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 185
Dominava qualche fiala per classica reminiscenza. A rigore non
credo sarebbe mai uscito dalle istituzioni presenti, contentan-
dosi di vedere avverati nella Monarchia costituzionale d' Italia
il sogno del Lafayette svanito nella Monarchia Costituzionale di
Francia. Perciò il Cavour lo preferiva un giorno al Revel per
deputato di Torino. »
Calde d'affetto sono le pagine intorno al Dall' Ongaro, che
amò r Italia e non ebbe premio condegno ai dolori sostenuti per
la libertà di lei. E raffelio riverente del discepolo è in quanto il
Bosio scrìve intomo al Paravia, che in tempi difficili educava la
gioventà a liberi^ sensi. E se qui altro non soggiungo, non è per^
cbè nel libro noe siano altre pagine interessantissime per la sto-
ria di parecchi illustri contemporanei, ma perchè mi fa difetto lo
spazio, e me ne duole mentre avrei voluto dir meglio e di più
di queUo che abbia detto per invogliare la gioventù a leggere un
libro che può non poco valere con la efficacia degli esempi a for-
nuinie il carattere. Certamente queste non sono biografie e non ne
banao la pretesa» ma sono semplici aneddoti i quali però contri-
baiscooo a dare una non pallida immagine degli uomini a cui si
riferiscono e dei tempi in cui vissero, e questa è cosa di non
beve importanza, di cui gli studiosi devono essere grati all'e-
gregio signor Comm. Prof. Bosio.
Cesare Rosa
NOTIZIE STORICHE E BIBLIOGRAFICHE
Gli studii storici in Italia dopo il 1839. — SoUo questo li-
lolo il signor Antonio Cosci ha compiuto nella Rivista Europea
di Firenze la pubblicazione di un suo lavoro in cui cerca di ren-
dere conto di quanto dal 1839 in poi si è venuto stampando
intorno alla storia delle varie regioni italiane. Questa publicazione
può riescire assai opportuna per quanti occupandosi delle ricer-
che storiche hanno bisogno di conoscere quali libri e studii siano
stati fatti intorno agli argomenti a cui intendono di dare opera.
Fra le opere storiche ricordate dal Cosci vediamo la Collezione
Storica marchigiana,d\ cui ci occupiamo lungamente in altra
parte di questo fascicolo; però noi dobbiamo avvertire all' pregio
scrittore che non due ma tre sono i volumi publicati, e che sta
per uscire alla luce il quarto; dobbiamo avvertire che anche il
primo tomo è importantissimo sia dal lato storico che dal
letterario.
Vita di A Ifomo Lamarmora. — Sappiamo che il solerte edi-
tore G. Barbèra di Firenze manderà olla luce una Vita del
generale Alfonso Lamarmora dettala dall'onorevole Giuseppe Mas-
sari. L'opera sarà compresa in un sol volume adorno di un ri-
tratto dell'illustre generale, disegnato dal signor Raffaele Buona-
iuti ed inciso in rame dal prof. Bisola.
La vita e le opere di Trajann Boccalini. — Intorno al Boc-
calini, onore delle nostre Marche, il chiarissimo prof. Mestica ha
scritto una dotta ed elegante biografia, che è stata stampata dal
Barbèra insieme alle opere dello slesso Boccalini.
Viaggi di Francesco Carlctfi Fiorentino ndle Indie occidetì-
taliy al Giappone ed in altri paesi. — Le interessanti relazioni
che dei suoi viaggi ha lascialo il Cnrlelli, saranno rose di pub-
blica ragione per cura del chiarissimo Prof. Cav. Carlo Gargiolli,
R. Provveditore agli sludii nella nostra Provincia, il quale vi hvk
precedere una sua hiogrnfia del Cnrlolli. Editore del libro è lo
stesso Barbèra.
NOTIZIE STORICHE 187
La Storia Greca di Ernesto Curtius, — Conliuua la stampa
in grossi fascicoli della traduzione italiana della Storia Greca del
Curtius, che è meritamente uno dei più celebrati lavori che sulle
orìgini e lo sviluppo della meravigliosa civiltà dell'antico popolo
ellenico siano stati scritti. Noi crediamo che in Italia gli stu-
diosi della classica antichità accoglieranno con favore il dotto la-
voro dell'illustre storico tedesco, il quale ha saputo con sana cri-
tica scernere il vero dal falso nei racconti tradizionali che sin qui
son corsi sui fatti dell'antica Grecia, e ciò senza ombra di noiosa
pedanteria, e per questo slimiamo inutile di aggiungere le nostre
raccomandazioni. Solo un'osservazione vogliam fare sulla tradu-
zione dei Professori Giuseppe Mùller e Gaetano OHva, e cioè che
la forma e la dizione non sono sempre perfettamente italiane, al
che i valenti ellenisti avrebbero dovuto por mente, rendendo cosi
la loro fatfca doppiamente pregevole.
// primo libro stampato in Ancona, — Intorno a questo ar-
gomento leggiamo nella Bibliografia Italiana^ anno XII nuro. 7, un .
articolo del sig. Ottino dal quale desumiamo alcune notizie di cui
crediamo far regalo ai nostri cortesi lettori. — Il sig. Federico
Sacchi in un suo studio bibliografico intitolato / tipografi Ebrei
di Soncino alla nota hi pag. *i9 scrive: « .... e un tal Guerralda
e da Vercelli produsse nel 131^ ad istanza del Soncino Tedi-
« zione in 4** dell'operetta // perché di Girolamo Manfredi^ in An-
« cona che ha il vanto d'essere il primo libro stampalo in quella
• Città. » L' Ottino dimostra che questo è un errore, come sono
in errore quelli che han credulo sin qui, per quanto ne scrisse
neìV Archivio Storico Itnliano del 1870 il signor Hongi, che il
primo libro stampalo dal (ìuerralda in Ancona fosse quello intito-
lato CoMtitutiones ,vve Sf'itufa Civitatìs Anronnc, venuto in luce
nel Ili 13. Invece il sii?. Ouino ha potuto vedere un'edizione del
libro del Manfredi stampala nel 1:'ì̱ Il \ol. consta di 8 carte
non numerate in principio, (|uindi da 1 a 7j con segnature A-T,
è stampato in carattere semigolici) bellissimo in due coloiuie da
quaranUisei linee. Il titolo comincia colle parole Jisus Maria, ed
ò circondato da un inla;:lio in h»;:no, m:u»slrevolmenle lavorato. Il
libro lerniiua ctisi: Sftuup'tf : in .1 /#"'//'/ ptr Mtcsfr^j lìvrnnrdino
— Oliva nvl tanno dtii Chn^itinnn snluU M — IJ li di io de
188 E BIBLIOGRAFICHE
marzo nel pontificalo del beatissimo signor — Julto nostro —
Papa ij — L'uUima carta è in bianco. Il signor Oltino conclude
il suo scrino cosi: « In seguito alla scoperta di questo volume,
« la data deirintroduzione della stampa in Ancona può venir pre-
« cisata nell'anno 1512, e la serie delle edizioni dei Perchè ac*
e cresciuta di una rarissima fra le più rare. »
La sta^npa a Camerino. — Nel num. 22 del giornale V Ap-
pennino troviamo un articolo di quel dotto illustratore delle me-
morie storiche delle Marche che è il sig. M. Santoni intorno al-
rintroduzione della stampa in Camerino. Dolenti di non poter qui
riprodurlo per intero, ne riassumiamo le notizie più importanti,
sicuri di far cosa grata ai nostri lettori — Le prime tipografie
nelle Marche e nell'Umbria soi'sero in Foligno, Trevi e Jesi tra il
1470 ed il 1472. — Solamente nell'aimo 1523 Giangiacomo De
Benedictis di Bologna venuto in Camerino stampava le poesie di
Pacifico Massimo Ascolano dedicandole a Giulio Cesare, figlio na-
turale del Duca Gio: Maria Varano. Nella prefazione si trovano
queste parole — laborumy officinaeque nostrae primitias — le
quali tolgono ogni dubbio che quello sia stato il primo libro che
in quella città venna stampalo. Ecco gli appunti bibliografici su
tre opere dal De Benedictis date in luce. La prima, assai rara,
porta il seguente titolo: Pacifici Maximi Poetae^ Asculani elegiae
nonnuUae — jocosae et festioae. Laudes summorum virorum —
Urbium et locorum. Invectivae in quosdam. Laudes patriae AscU'^
lanae et alia — quaedam iucunda et docta. Sotto il titolo è Timma-
gine dell' autore. Nel davanti della tavola è lo stemma dei Varano
a cui segue la dedica. Il voi. è in quarto piccolo di pag. 96 e
neirultima son stampate le seguenti parole: — Joannes Jacobus
De Benedictis Bononietisis — Camerini excudebat: suis et Ludo-
vici — Placidi Cameriis sodi sumplibus: — Regnante inclito Jo:
Maria — Varano Duce: — Quintili — Mense medio hujus —
Anni — Cristiani riius, M.D.XXIII. —
Più raro è il secondo volume, stampalo nell'anno successivo:
unica notizia che di esso si abbia è questa : Ilìeriommus Mutius
— Competuiiosa ars metrica — Catìierini per Jo: Jacobum Bo-
noniensem an, 1 524 tempore Jo: Marine Varani Camertium Du-
cis et Almae Urbis Praefecti, cui opus dedicavit,
\\ terzo cimelio del De Benedictis è un opusculetto di quutlro
NOTIZIE STORICHE E BIBLIOGRAFICHE 189
carie iii-8 pie. che ha per titolo — Restauro — amoroso — dove
si conliefie wia bellissi-ma Lillera Amorosa, — Co7i Sonetti a
più propositi, — et un Capitolo in laude delle bellezze di — una
donna, — Aggiuntovi uìia ma tinaia. — Con la ricercata di Ve*
nere — per la perdita di Cupido. — Il titolo è ìd un cartello
inciso in legno, sostenuto per mezzo di nna catenella tenuta in
bocca da un mascherone, ed in basso vi è un tronco d'albero da
cai partono quattro rami di alloro e di palma. — Di sotto, in
una fascia, è scritto: — In Camerino — e nell' ultima facciata
sta scritto: — Ad {stantia di Mafeo Tagieti — detto il Fortu*
nato — L'anno ed il nome del tipografo non sono indicati, però
confrontando i tipi di questo libro con quelli usati per le poesie
di PaciGco Massimo, si può dedurre con certezza opera di Gian-
giaoomo De Benedictis.
Cosianlin BuUe: Geschichte der Jahre 1871 bis 1877. —
VoL primo — I giornali si occupano di questa storia universale
degli ultimi anni, e danno lode all'autore di un'esposizione ordi-
nata dei fatti, d' imparzialità nei giudizi! e di eleganza e facilità
nella forma. — In questo primo volume l'autore si occupa della
storta della Francia e della Germania e nel secondo, che uscirà
in breve, si occuperà delle altre nazioni.
L' ILLUSTRE STORICO TEDESCO Teodoru .Mommsbk fu ttci passati
mesi in parecchi luoghi delle nostre Marche per trascrivere le i-
scrizioni dell'epoca romana che vi si trovano^ e cosi completare
la sua Raccolta delle Iscrizioni latine, É inutile il dire che il
dotto uomo fu dovunque accollo con quelle dimostrazioni di stima
di cui è deguo chi ha consacrato la vita e l'ingegno ad illustrare
la storia dei nostri padri.
Là Bibbia, primo libro stampato dal Guttemberg nel 1455, e
di cui si trovano pochissimi esemplari, venne venduta a Parigi
all'asta publica per L. 50,000.
La Storia di Jesi scritta nel secolo XVI da Pietro Grizio, di
cui l'edizione fatta nel 1578 in Macerata dal Martellini è divenuta
rarissima, verrà ora ristampata dalla Tipografia dei Fratdili Ruz*
Zini di Jesi. Il valente nostro collaboratore Prof. Gianandrea sor-
veglierà r edizione e t' arricchirà d' importanti documenti. Il prezzo
del volume sarà di L 3,50; ne verranno publicati degli esem*
plari in carta distinta che costeranno L. 5.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Pervennero alla Direzione le seguenti pubblicazioni
delle quali ora ci limitiamo a dare un semplice annun-
zio, riservandoci di parlare più a lungo nei venturi fa-
scicoli di alcune delle più importanti fra esse.
Avv. Prof. Vincenzo Ciri — Le Accademie di Fermo — Lei-
tura tenuta nell'adunanza pubblica della Società SlorìcoArchcolo-
gica delle Marche io Fermo il 4 Febbraio 1876 — Un fase, io-8
di pag. 19 — Fermo, Slab. TipograGco Bacher 1877.
March. Filippo Raffaelli, Bibliotecario della Comunale di Fermo
— Storia del Card, Giacomo Ptcoraria Vescovo di Preneste
(1170-1244) per D. Gaetano Toooni (Parma Tip. Fiaccadori 1877)
— Rassegna bibliograGca. Un fase, in-16 di pag. 16 — Rocca
S. Casciano Stab. Tip. di Federico Cappelli 1877.
Id. — La Imparziale e vei'itiera istoria della unione della
Biblioteca Ducale di Urbino alla Vaticana di Roma — Lettera
e documenti — Uo fase. ìn-8 di pag. 27 — Fermo, Stab. Tip.
Bacher 1877.
Id. — Di alcufie opere di scultura e tarsia in legno esislefUi
a Recanali — Memoria eoo documeoti e note — Un fase, in-8
di pag. 28 — Fermo Stab. Tip. Bacher 1877.
Id. — // Monumento di Papa Gregorio XII ed i suoi dona-
tivi alla Cattedrale Basilica di Recanati — Memoria con docu-
menti — Un opuscolo in-8 di pag. 23 — Fermo, Slab. Tip. Ba-
cher 1877.
Id. — Statuti deli' arte della calzoleria in Monte Giorgio com*
pitali nel mccclxxxv, volgarizzati nel mcccclxxxiv, riformati e
corretti nel mccccxlviii — ora per la prima volta messi in luce
ed illustrati — Un opuscolo in-8 di pag. 3S — Fermo Stab.
Tip. Bacher 1877.
Id. — Alla memoria del cav. Gio. Baf lista Carducci^ morto
il giorno 27 Marzo 1878 — Parole pronunziale in omaggio del*
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 191
Tamicizia a Magliano di Tcnua, la maUina del 29 Marzo 1878,
dopo i solenni funerali — Un opuscolo di pag. viii.
Id. — lUmtrazmie storico descrittiva del Santuario di San
Niccola in Tolentino — (Estrallo dal II voi. degli Alti della Soc.
Storico Archeologica delle Marche in Fermo) — Un opuscolo in-8
di pag. 38 — Fermo, Slab. Tip. Bacher.
Id. — Di una tavola dipinta da Lorenzo Urbani da Sanse-
Severino per il Comune di Recanati — Illustrazione con note —
Un opuscolo in-8 di pag. 18 — Fermo, Tip. Bacher 1873.
Id. — Della Tregua avvetiuta nell'Ottobre del mcdxi fra 0-
nofria Smeducci di Sanseverino ed il Comune della Città di Ma-
cerata — Documenti storici publicati per la prima volta — Un
opuscolo in-8 di pag. 16 — Macerata, Tip. A. Mancini^ 1869.
Id. — Catalogo di Sfragistog rafia della privata collezione —
Un opusc. in-8 di pag. 27 — Fermo, Tip. Paccasassi 1878.
Id. — // Monumento di Vittorio Alfieri in Santa Croce di
Firenze — Lettere del Senat. Giovanni degli Alessandri e di An-
tonio Canova publicate per la prima volta ed illustrate — Un fase.
in-8 di pag. xxiii — Fermo, Tip. Paccasassi 1878.
Ab. Giuseppe Roderti — Risposta al giornale Im Civiltà Cai*
tolica intorno al Diario degl'Italiani Illustri — Un op. in-16 di
pag. 24 — Milano, Regia Stamperia 1878.
Giulio Cesale Varano signore di Camerino difeso contro la
Civiltà Cattolica dall'accusa di fratricidio e di tirannia. — Un
opusc. in-16 di pag. 23 — Camerino Tip. Savioi 1878.
A. Conti — Eugenio Salbatini — Cenni biografici — Un op.
di pag. lo — Camerino, Tip. Savini 1877.
Prof. Aristide Costi — Intorno alla fama di Cristoforo Co'
lombo e al nome dvl \uovo Mondo, — Un opusc. in-8 di pag.
26 — Camerino 1872, Tip. Borgarelli.
Pietro Rotondi — / Migliori Esempi della storia d'Italia —
Con vignette illustrative — Un bel voi. in-16 di pag. vii-239 —
Milano Ditta Giacomo Agnelli 1878 — Prezzo L. 2.
Angelo Xasi — Zara v i suoi contorni descritti al forestiere
— Un voi. in- 16 di pag. 97 — Zara. Tip. Artale. Prezzo L 1.20.
Km della Società Storico- Archeologica delle Marche in Firmo
~ VoL flno-8 di pag. .\xvi«231 — Fermo, Stab. ^Tip. Bacher
1878.
192 BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Emanuele Gaetàni-Tambcrini — Nicola Gaetani-TamburùU —
Studio biograflco — Un opusc. in-16 di pag. 43 — Firenze coi
lipi di M. Cellinì e G, alia Galileiana 1878 — Prezzo L 1.
Prof. A. GiANAXDREA — Di una immigrazione di Lombardi
nella città e nel contado di Jesi intorno aWuUimo quarto del se-
colo XV — Notizie e documenti — Un opusc. in-16 di pag. 23.
— Milano, Tip. Bernardoni i878.
Alcibiade Moretti — Memorie degli illustri Jesini — Un voi.
in-16 di pag. 131 — Jesi/ Tip. Fratelli Polidori e C. 1870 —
Prezzo L. 1.
B. E. Mainbri e G. Càiroli — Spedizione dei Monti Parioli
(^Z ottobre 1867) con proemio e note — Un voi. elzeviriano di
pag. 187 — Milano, A cura dell'editore L. Levi 1878 — Prezzo
L. 2,50.
Genio e Lavoro, — BiograBa e breve storia delle principali
opere dei celebri intarsiatori Giuseppe e Cario Francesco Mag-
giolini — Un voi. in- 16 di pag. 112 — Milano, Ditta Giacomo
Agnelli, 1878 — Prezzo L. 1.25.
Prof. Vincenzo Curi — Guida storica e artistica della città
di Fermo — Un voi. in-16 picc. di pag. 136 — Fermo. Tipogr.
Bacher, 1864.
Benedetto Peina — Biografia di Luigi Sani — Sec. Ediz.
Un op. in-16 di pag. 69 — Milano, Ditta Giacomo Agnelli 1878.
Alfredo Margltti — Senigallia e i suoi dintorni — Cenni
bibliograGciy storici e descrittivi — Un op. in-16 di pag. 76 —
Fano, Tip. Lana, 1877.
Giosuè Cbcconi — Monte Sa»i(o Pietro — Cenni storici* Un
op. iu-8 di pag. 35 — Osimo, Tip. dei Fratelli Quercetti 1878.
avvertenza — Abbiamo detto alU pag. 119 che la lettera del Leopardi
da cai è tolto il frammento da noi publicato per la prima tolta in questa di-
ipensa, era diretta a Pietro Giordani; ora. dobbiamo rimediare a tale involontaria
inesattezza, cagionata dairaver trascrìtto quel frammento da una copia di Pao-
lina sorella di Giacomo. La lettera è diretta a Giulio Perticari, come ce ne aT-
rerte U prof. Piergili, che ne ha potuto vedere r originale. "^^
DI m smi'i iMEi m\i\
DONATA DAL CONSOLE L. MUMMIO
ALLA CITTÀ 1)1 PALMA
PEL
BARONK DOMENICO DE^ GUIDOBALIM
SOCIU III VAHIK ACCADKMIK
.41 .-/i òV.'f V/irWi. .V f 11
DI i\i m[\ imiiiFJ
i«ni^
(JniVf» o s(n-proii<l''iito ò il rorso dolio j^onerazioni uina-
ii^'i o < hi svolp^ I(» pa.ufini' ove sono rojifistniti i fatti
«r HnTUd; noti jotni di sovonto che maravigliare o s(»ii-
tir i\\V'\ brivido di olio s(*uotonsi lo più rigido animo
o ](» più s(^vòro. I fatti di (inolia vecchia Metropoli dol
inondo , o d<*gli nomini cho riepilogano la sna {xditica
ili concjui^tji, o r oi^oismo di (piol ])opolo cupido di ven-
dere ai snoi [nò umìliatf» o suttomosso le genti univer-
se, la mettevano ro' suoi <lnci i più celebrati e potenti
iieir a't'ìlena ora delle atrocità e della fierezza; ed ora
la crudeltà di si>ogliatori di i>opoli o di Città, faeeva-
8Ì mito, f» rrasformavasi in lH»neHcenza j)er altre genti e
jHT altre (*ittà. Cotanto possono le jnù inconciliabili
qualità^ dello spirito umano!
Ad uno di sì o])posti caratteri, e a4l un* affetto verso
una città or miseramente «listrutta , Palma , metro|M>li
della Palmense regi<me, parte dell* attuale Mandamento
DI is\ m[\
IL
<inivo o sor|nMi(l«nte l^ il rorso (lolle jifonorazioni unia-
n»': n «hi sv()l>»:(^ h» pai^in*' ove sono rep^i.strati i fatti
«r HiHiui; noli ] otni di sovente che maravigliare e sen-
tir (\\v*\ hriviih» (li ehe seuotonai le più rigide anime
o h» più s<'V(Te. I fatti di (|uella vecchia Metropoli dd
inondo , (» d(»gli uomini che riepilogano la sua jxditiea
di <'on(|UÌstit, e V ei^oismo di (juel ]>opolo cupido di ven-
dere ai suoi pif* umiliate* e sottomesse le genti univer-
se, la mettevano co' suoi duci i più c(»l(»l)rati e patenti
nt'ir alt'tiena om delle atrocità e della fierezza; ed ora
la crudeltà di s|)ogIiatori di }H)|k>1ì e di Città, faceva-
sl mite, e trasformavasi in l)(»neHcenza per altre genti e
jHT altre Città. (*otanto poss(»no le j>iù inconciliahili
(|ualità dello spirito umano!
Ad uno di SI (»pposti caratt(*ri, e ad un' affetto verso
una citta or nnserami^nti» distrutta. Palma, metn)jM>li
della Palmeub*^ pigione, parte dell' attuale Mandamento
196 DI UNA STÀTUA MARMOREA ACEFALA
di Nereto nel 1/ Abruzzo Ultra, rimonta l'origine di
una Statua marmorea, che forma il subbietto di questo
mio umile scritto. H famoso spogliatore della celebre
città di Corinto, L. Mummio, la donava a tal Città, sic-
come parmi poter dedurre dall' arcaica iscrizione fin qui
ignorata, e scolpita sotto la base della Statua.
Codesta fu da me veduta la prima volta nella casa
di Campagna del Signor Spinozzi, sita ne' piani di S.
Omero, son già molti anni, senza che avessi potuto dar-
ne conto subito, essendone stato impedito da molte cir-
costanze, e specialmente dalla dimora a Napoli , e da
altre cure: ed ora non voglio ulteriormente trasandarlo,
avendone V opportunità. Dispiacevolmente la Statua è
acefala ; manca del destro braccio ; il sinistro è monco
dal metatarso a tutta la mano. Il davanti quasi dalla
cinta in giù è bruttamente guasto sino alla base, non
del tutto integra. H di dietro è piuttosto in buono stato,
e presenta il ripiegato peplo artisticamente sculto, di cui
un lembo ricadendo dair*omero sinistro scende sul petto.
I fianchi sono allacciati da una zona, la quale aggiugne
grazia alla imagine, rilevando il petto, coverto dalle ben
disposte pieghe della tunica che il ricuopre. L' altezza
della Statua dalla punta degli omeri a tutta la base è di
m, 1.32; e se avesse conservato il capo, sarebbe stata
quasi più del naturale. Ho credutp fame eseguire il di-
segno, che vedesi nella tavola litografica. Quel che fa
più prezioso un tal monumento si è l' iscrizione arcaica
non vista né dallo Storico Palma, che parlò solo della
Statua (1); né dal Ricci, che pur ne fece parola in un
(I) Sloria Aprul, VoK V. agg. al l.« Voi. 217.
DI UNA STATUA MARMORRA ACEFALA 197
SUO opuscolo (1); o il quale conghietturò rappresentasse
una (liunono. Eglino non ebbero V accorgimento di os-
servarla da tutt' i Iati, ed anco sotto la base: imperoc-
ché avrebbero dovuto ricordare che Plinio , ed altri
scrittori parlano dplle memorie che ponevansi spesso
sotto le basi delle imagini sculte, per designare la de-
dicazione, il dono od altro (2). Ed ecco qui la sculta
iscrizione a bastanza erosa.
J- Jv\ '\MA
ARTICOLO I.
U'OGO OVE pr RINVENUTA LA STATUA ACEFALA.
DELLA SUA IFCRIZIONE ALLA BARE: SUO ARCAISMO.
La statua, mi si assicurò dal Signor Spinozzi, fosse
stata rinvenuta jhvo lungi dal luogo, ov' ebbe la ven-
tura di 8cuo^)rire la lapide con V arcaica iscrizione da
me prima <li (»gni altro scoverta e pubblicata (3). Fu
trovata insieme ad una base di colonna fra i ruderi di
vecchie fabbriche, che possono essere assomigliate a quelle
M> \ntirhilè r.iÌfnenM, p, i9 • 43
l«) Plin. M. .V. XXMV, e. LX c«I. W«m4
fZ) Il Ch. F«l>ri*(li ulliinamcnltf Ubi riprudolla ih'I suo III Supplemento alle
• •criiiMii anliclitM. d'Hai, p. U7 publilic^lo ne! 1878, dopo svernn a ne richie-
sto OH* apoctafj accur4li»4Ìino carlareo. È di»placcvole che fio qu) non liatene
polttlo trarre «enfo alcuno.
498 DI TNA STATUA MARMOREA ACKFALA
che Plinio disse appartenere all' Opus .<tignhìum (1); o
di cui sonvi reliquie sparse in moltissime contradi^ di
queste regioni Palmense e Pretuziana. Vogliono il Pal-
ma, e il Ricci (11. cc.\ che di tali fabbriche, che i na-
turali dicono Saracinesche, durissin e e inespugnabili,
ve ne fossero nella contrada detta Cisterna: ove anco
io le ho viste in una vaga collinetta ad occidente del-
l' incastellato S. Omero, alla distanza da esso di circa
un chilometro , e quasi altrettanta da S/ M."* a Vico
nel piano Santomerese. Colà il Palma primo, indi il
Ricci s' imbatterono in una edicola, che io non ho po-
tuto rinvenire. Ho avuto però l'agio d'osservare le nu-
meros.^ fabbriche dai medesimi ricordate del genere Si-
yninum. Ma anco dopo le ideo dal Ricci esposte (2),
parmi essere rimasto più digiuno che prinia , non sa-
ppnd:)mi rass'^gnare a crederle destinato all'uso di con-
serve di acque, dopo che in altre fabbriche simili sjiai^si*
in tanta copia nel territorio Santoneiese, e nel fondo
AA Signor Pelliccioni , e in quello del Signor Pilotti ,
sonovisi rinvenuti, moltissimi anni or sono, vasi di ve-
tro, monete, ed altri utensili; né la loro costruzione, e
le aperture laterali che vi sono fanno sicuro certamente
il giudizio di essere state conserve di acqua. Un labi-
rinto quasi di tali fabriche osservasi ad Oriente di S.
Omero in una contrada detta Case alte; né mancano
qui in Nereto in contrada detta sopra il ponte; a S. Mar-
tino a Galliano, e altrove. Nella edicola pertanto, dicesi,
essere stata rinvenuta la Statua acefala; della cui iscrizio-
(i; St, X. Uh. XXXV. e. 19.
(2) Anlich. Palmcnsi I. e.
DI TNA STATl.V MAAMORKA ACICI'^ALÀ 199
ne eccomi a dire la interpretazione e le idee, che parmi
venffano spontanee dall' esame che andrò facendone nel-
la mia pochezza, rinfrancato soltanto da utilissimi con-
fronti, che ho potuto fortunatamente stabilire con altri
monumenti analoghi.
Innanzi tratto, credo ciie a prima (giunta l'epigrafe
pili Hopra riportata possa leggersi,
L. ATV'Mniius
Civitati Pahnae
•
L' arcaisiiìO della iscrizione è chiaro abbastanza, e
ci permette delle oss-rvazioni paleografiche. Nel segno 1/
prenome di M*immio, non può non ravvisarsi Tuso del-
la L ad angolo quasi acuto, o meglio medio. Sorpren-
derà forse veder questa lettera sculta retrograda, di che
non ^ A facile trovare un' esempio negli alfabeti arcai-
co-latini e nella scrittura da sinistra a debtra; il che
non isgomentf*rebl)e nei dialetti Etruschi, Osci, e nel-
r alfabeto Chiusino (1). Ma o questa iorma è dovuta
alla ignoranza del lapidicida, o sarà stata una imitazioni?
delle suddette scritture del ramo non latino. Però K c( n
forma retrograda potrebbe essere stata scritta e posta
in tal senso, come erasi praticato alcAina volta con T ele-
mento 1 per F (2). Il veder poi slargate le gambe
nella M è altro argomento di arciiismo. H P raramente
trovasi atloperato nella latina scrittura, se non che ci
»i/*corre un' Iscrizione Picena presso il eh. Fabrettì (3);
M) A. Kiibrrlll, Sttppi, I. Omerv: Paieograf, p. 188; o $ IV B. d. i.
(i) Garrucei, S^Uog, p. 9.
(SI Closfsr. M. n. i4t78. bis.
iùO DI UNA STATUA MARMORKA ACS.?\LK
avente il valore di p, non lasciando <li avere la fisio*
nomia della forma quadrata quale in p, cui adombra.
La ragionevolezza della interpretazione da me qui
data, cioè di L. Mummio, che do^ia alla Città di Palma
la Statua, emerge da varie non difficili investigazioni e
riflessioni, che ho il debito di esporre e sotton^ett«re ai
dotti Epigrafisti, dopo una breve notizia di Palma.
ARTICOLO II.'
BEGIONE PALMEN6E. PALMA SUA MFTROPOLI. OV ERA
SITUATA, SUOI VICHI. SALARIA A)?TJCH1RSIMA CHE LE
CORREVA VICINA. OCCUPAVA IL CKNTRO DET.l' AGRO
TRA 8. OMERO E S.'' M.** A VICO.
La statua rinvenuta nella Regione Palmense, di cui
Palma era sicuramente la metropoli, fn donata a tal
Cina da Mummio. Ella dovea essere poco lungi dal
Castello di Palma sito sul territorio di Tortoreto ai suoi
confini verso sud-ovest, vicino a quello di Lauro, di cui
si hanno notizie e nel Palma, e nel Ricci, e specialmen-
te in questo (1), e che io credo ben distinti dalla Metro-
poli propriamente detta Palma; imperocché il Castello
di Palma, non dovette essere che una dipendenza di
quella, come accade vedere di Truentum e di Castrum
Traenìinum. Palma dovè sedere vicino alle numerose
(1) AtUiehilà Pabnenù i>. i9 e sf^. Il Cjslellu ili lauro ii>c>j:)tlo il Biiint*Ui
prr5S0 Io Storico Palmn (IV. 9i9. p. Bruneili p. (51) cn un mi;:lio dishinlc dal
Caslfllo Ji Palma, p dal i^. Slcfaiio al Po^i^ionion'Ilo nel Inriforio «H S. Onioro
iccondo lo sli'sso Brunetti, poco tiistanlc dal Caslclio di Palma.
DI rXA stATVA MARMOHRA AP.ErAf.A 201
fjibbrioho, di (miì ho parlato, non lungi da S." M." a Vico,
vicino al luogo ov' «"^ stata rinvenuta la Statua donata
da L. Mummio. E Vico naturalmente dovea far parte,
o almeno esser poco discosto dalla Città, della quale era
un'appendice (1). Che la Città di Palma fosse ivi vici-
no, ce ne per.Miadono le tante anticaglie rinvenute tra
S. Omero e S." M." a Vico. Ivi su di una lieta colli-
netta correva T antichissima Salaria, andante da Oriente
ad Occidente; e colà poco distanto fii rinvenuta fra ru-
deri r is(TÌzione arcaica sopra mentovata. Che ivi cor-
resse la vecchia Salaria, ho ragione di crederlo, e non
la pretesa iletella del Palma, ignota a tutti gli autori
degf Itinerari Romani, e alla Tavola Peutingeriana, -su
di die s])ero fra jkx'o dare una particolare trattazione,
pe^•h^ i Signori Spinozzi mi hanno assicurato essersi rin-
venute le reliquie di un selciato della larghezza di cir-
ca metri cinque con direzione di 0''iente m\ Occidente
formato da j)ietre poligonali hen connesse; selciatura che
l)en si addice, giusta Livio ed altri, alla primitiva Sala-
ria (2); diversa dalla Salaria nuova che da Falacrine ed
Aa<*ol i-Piceno mettea cajM> a Castel Truentino, ove s' in-
nestiiva alla via Flaminia. La Salaria antichissima che
piTCorreva la Palmense regione e toccava Palma, nìe-
nava a Roma più prestamente; e ristorata dal Consoli»
Metello al 037 di R. come dal cipj)o miliaiv di Val-
lorino, fece j)ensare al Palma a darle V improprio nome
di Via Metella.
Siam tratti a cr»^dere eziandio in tali luoghi la ca-
ci» V. e. D.' P,lra. ^ut/e V.omtizioiti thllr Otiti hat, rr p, «7 • ^.
.<! B'irgli'"»! fiptie T. VI. lelt^e T. I. pip. 501».
■
!
I
r
^0:2 Df UNA STATUA MARMORl!:A ACEFALA
pitale Palraense, dal sapere quivi rinvenute iscrizioni;
colonne, torsi di Statue marmoreo (due ne ho presso di
me), monca iscrizione accennante all' Ottovirato, niagi-
stratura municipale, come da dotti Epigrafisti ora è ri-
tenuto. Fino poi a pochi anni addietro era visibile una
specie di sotterraneo cammino detto dal volgo Grotte di
Maria Francesca, prossima a S." M/ a Vico avente di-
rezione da Settentrione a Mezzodì, con potervi and^r
dentro un' uomo all' impiedi, fabbricato con volta e ma-
teriali a calcistruzzo, cioè della specie deìV opus - signi-
num; per una lunghezza inesplorata, mettendo orrore il
penetrarvi e vanamente tentato da vari. Né mancava-
no lunghe distese di tombe, antichissime e meno anti-
che; e canali di piombo barbaramente liquefatti; immen-
sa quantità di cotto; e residui di anfore, di grandi do-
lii; tegoloni piani e rottami di fabbriche di ogni guisa;
monete svariate di bronzo, di argento dell'epoca roma-
na, molte di bronzo dell' aes grave, sperdute senza no-
tizia di luogo dai trovatori di nulla curanti. Ho saputo,
che il quinipondio, posseduto dal De Paulis, di cui di-
scorsero il Gennarelli ed altri, e che si disse rinvenuto
o proveniente da Nereto, fosse ritrovato vicino S/ M.*
a Vico, epperò ì.on lungi da Palma (IV
Che la metropoli del Palmense dovesse essere ap-
punto tra S. Omero, e S/ M/ a Vico, mi darebbe per
avventura ragione la centralità di tal luogo nella Re-
gione Palmense, una delle tre, rammentata da Plinio (2),
(1) Genoirelli, ttoncl. U. priinil. p. 17; c^*. Anoal. di Numis. del Fiorelli II,
p. 153 rfegli Excop. del Cav Avellino.
(5> //. .V. lib. HI, cap. XIV. 5. 19.
^"
1)1 UNA STATUA MAHMOHKA ACRPALA ÌOH
insieme alla Protuziana, e V Adriana; la quale confina-
va ad oriente con 1' Adriatico ; ove alla foce deìVAlbti"
li (fiumf» Vibrata) avea emporio^ e dove propriamente
nn luogo detto Srenie^ di cui ho detto altrove la signi-
ficazione di rifugio di navi (1). A Settentrione col fiu-
me Truento alla cui foce il Castello Truentino col por-
to; a Mezzodì col Salinello (Ilelvitìiis); e ad occidente
coi monti di Campii e Civitella del Tronto (2). Che le
uìetropoli fossero poste nei centri di una regione, non
vorrà discredersi, tale esìgendo relativamente a tutto il
Palmense il luogo tra S. Omero, e S/ M/ a Vico, per-
ebbe <n\ j>recetto degli antichi, come eia Platone e da
Ciceronf% di collortirsi nelle posizioni mediane; o disco-
ste dal mure (3).
Codesta cospicua Città di Palma seder dovea adun-
que nel mezzo dol suo Agro, al (juale avea dato nome.
Di essa ntilla esiste più; fra rottami giace il suo Vico
detto ora di S." M.' All' est dovea avere il citato Ca-
stello di Palma nel territorio di Tortoreto , ove anche
Lauro; mentre al sud-est il -luogo detto Case alto ric-
chissimo, come abbiam notato, di fabbriche appartenenti
aWoptis-sif/ninum, dovea esserne una dipendenza: e ad
occidente Garrufo, appendice ora del Comune di S. 0-
mero, presso il quale volle credere il Mozjsetti (4) un
minato anfiteatnì, di cui essendo distrutte sin le ultima
reliquie, non ho potuto vederne orma.
{ì) Mem. per In FetTuvia di Torfnrrfo,
{i) Meni. cH. (Iella Rampigna, p. 13 e m>s.
t^} PUI. Lr». IV. — Cirrr: il.« Ri^puhhlira lib. II. r. Ili oil Vn.
i4> fhtlUti. lieir hfit, Arfh, rii R l^À-ì
204 DI UNA STAtUA MARMOREA ACRPALA
Non cercherò qui ritornare su la contrastata deno-
minazione Plinìana di ager Palmensis; voluta sostituire
dal Delfico e dal Palma con quella di Phinensis^ stra-
nissima opinione da me altrove combattuta (2).
ARTICOLO III:
Ti. MTrMMIO DISTRUTTO CORINTO, DE* CAPOLAVORI DI ARTE FA
DONO A ROMA E AD ALTRE CTTTÀ d' ITAUA E FUORI.
STATUA MARMOREA DA LUI DONATA A PALMA. .
A chi non è conto come Roma disbrigatasi delle
due guerre italiche di Annibale, e di Pirro; debellato
Perseo , e ridottolo prigioniero in Alba Fucente y ago-
gnasse alla sovranità piena della Grecia? L' orgoglio Car-
taginese era stato abbassata dalla ostinatezzifi proverbiale
romana nella guerra. Cartagine era stata vinta, distrut-
ta e desolata. Capua , 1' emula di Roma e della sua
potenza, lusingata e tradita, come di ordinario , dallo
straniero, era ridotta a pascersi di obbrobriose condi-
zioni. Corinto emporio di civiltà, e doviziosa di mo-
numenti del popolo il più artistico del mondo, dovea
incurvarsi alla onnipotenza di Roma. Paolo Emilio,
Metello e L. Mummio aveano condotta la guerra la
più fatale ad una nazione, la quale dovette subire la
sorte la più cruda per dissidii, rovinatori di ogni so-
cietA, deir aristocrazia e della democrazia. Avvinta dal-
le catene romane, la Grecia fu interamente ruinata,
(1) Della Rampigna p. 15.
DI UUA STATUA MAfìMORKA ACEFALA 203
Le più cospicue e nobili città vennero spogliate, e il
ludibrio e V obbrobrio del guai ai vinti ! cadde supremo
8U la miseranda Corinto. Il Console L. Mummio, succe-
duto a Metello il Macedonie:) nel comando »' eli' esercito
rumano, pose il campo presso quella costernata Città,
entro la quale eransi rinchiusi 14 mila valorosi soldati
comandati da Dico, il quale disperatamente pugnando
fu vinto vicino I^eucopetra all' ingresso dell' istmo. Co-
rinto, disertata da tutti gli abitatori fuggiti in Arcadia,
dopo tre giorni, scomparso ogni timore di agguati, fu
iW Romani messa a sacco e fuoco. La città già decoro
della Grecia e metropoli dell' Acaia (1); opulentissima,
come la dichiarano Diodoro Siculo , Pausania ed Oro-
sio (2), em ricchissima di capolavori di arte, giusta la
testimonianza di quest' ultimo, che scrive, velut o/Jicina
omnium artificHm atque artificiorum et emjMjrinm comu-
ne Asiae ahjue Europae per multa retro sitecula fuit.
Or, venduti gli abitatori infelicissimi, M'immio non
risparmiò a crudeltà di sorta nò verso di questi , \\h
viTso c|Up11ì, Statue, e dipinti celel)ratÌHsinìi furono in-
viati a Roma, ed ebbe sovrannome di Achìco; ejiperò
Virgilio di lui disse (3).
lUe triumphatn dipitolin ad alta Corintho Victor
ituget currum caesis insignis Achiris.
L. Mummio del gran bottino facendo scelta, (? ab-
Itandonando la parte men buona a Filopemeno, le nii-
fflìuri sculture, i dipinti, e le ricche suppellettjli serlìò
•t; Fior. Il, 16.
K%) Diod XXXII Fragm. Y. Patisnn. VII. It'>; nn»^. V. .1
(3i Atn, \ \, ^y7 ci >cq.
201» DI INA STATIA MAUMOHKA ACl!»FALA
por Ronuì non soltanto (1), ma arricchiniio molte città
d' Italia, e fin le Provincie, come chiaramente è dett<»
da Frontino (2) con qnest*» parole; L. Mummim qui
Coriniho capta non Italiatn soIuìh, sed etiam proiiìicktm
tabulis, Statuisqne exonuivit ^ adeo nihil ex tantis ma-
nubiis in suum conrertìt ut Jilinm cins inopem seììatns
ex piMico dotavent.
Convien dire che L. Mummio j)er quanto fiero e
crudele, avesse animo vólto ad una ci rta forma religio-
sa, della quale si ammantan sempre i conquistatoli. In
fatto, una lapide in TomA lo rende manifesto con la
dedicazione ad Ercole vincitore, d^l cui culto fu ejj^li
tenero , grato della vittoria ottenuta in Acaia, (» per
la disti'uzione di Corinto: (ccola (3)
L. MYMMr-L. F Cos DYCT
AVSPICIO. IMPERIOQVK
FiYS • ACHAIA • CAPT • CORINTO
DtlLETO ROMAM REDIEIT
TRIYMPIIANS • OB • IIASCE
RES • BENE • GESTAS • QYOD
IX • BELLO • YOYERAT
HANC • AEDEM • ET. 8I(INY
IIERCYLIS • YICTORIS
LMPERATOR • DEDICAT
Qui non mi occoitc riportare un'altra iscrizione da uk*
l'ecata nel mio libro >u Y iscrizione Arcaica di T. Ye-
(I) Pau>an. VI, IG. >
Ci) Straiag. IV, 5, 15; tlfr. V ci. tte vit. ///«</;. <♦. CO; V U<»j. I, IT»; Mùl.
l«*r, S/an d'AiclicoI. ^ 167 noi. 9.
(r>) 3loinii)5en 1. L. .\n(i«|in^.>. ii. r>il.
ni t'NA STATrA MARMOBKA ACKFALA Ì07
7Ìo ( 1 ), ove il niodpsirao L. Mummio viiicitoro consacra
li d»n*ima, se<»ondo l'antico rito, ad Ercole por bottino
fatto ai noraic*. Ma L. Mummio non fu sol grato ad
Ercole; ma sparse i suoi donativi a vari luoghi ; e lo
iscrizioni ce ne danno un sicuro attestato.
Pare, che i donativi, tratti di Corinto, fossero stati
fatti ai medesimi nello stesso anno in cui L. Mummio
ebbe trionfato per la vittoria dell' Acaia, e per la distni-
ziono di Corinto, cioè tra il fi08 e il 609 di R. E pare
che in tutti i donativi fosse stata ado])erata quasi la
medesima formola epigrafica; e V iscrizione che n' era
r obì>ietto, posta sempre' alla base delle statue donate.
<*o8Ì vediamo essersi praticato per le due iscrizioni di
Trebiila Mutuesra dei nostri Abruzzi nelle basi delle
statue donate a codesto paese, che noli' iscrizione ))orta
il nome di IVco, perchè al tem]>o di L. Mummio du-
rava sotto tale denonìinazione. Yi ni leggeva (2)
L • MYMMIVS • COS
VICO
Altra fu rinvenuta nell'agro di Norciti, jmuo lon-
tana ila Ascoli-Piceno, nella Sabina, ov' era scritto.
L • MVMMIYS
COS • DEI) • N
in cui il DEI) • N A stato interpretato de<lit Nursinis. (li)
iU N-*P« l'^iC» V' ^7; rfi. HtUcliL Ili. Mumin. p. I\. MI •' Wll; •• Uoii.
à|». tr. Cip, II. II. li • IS: cfr. IV. Lai. M)ìì. Snppl, I. p, I »•••«.: XIII; •• l*i'.
Lai. ■. Itb. 1. \.; a «uppl. III. p. Vili.
il) K4bri*Mi ion, i'jri; Ctiinp). JUtténun d* Ho rare, .1, '.).'): SI(iuimi»i'II. /. /.«/.
AMt»qMÌ9$. p. ISi« n. Sii; G.triurci: SyMny. J. |. p. *{'( nn. mm.i . 54').
«5» Vural. )SA; t; Momnivii o. «. n. oii.
208 DI UNA STATUA MAIIMOIIKA ACKFAI.A
Altra n^l Teatro Parmense scDperta, offeriva questa
iscrizione (1);
L • MVMM1Y8
COS • P • P
Scrive il Gamicci, che R. Giiarini rettamente avesse
interpretato P . P Popnlo Parmensi^ e fu seguito dal
Ritschl , dal Mammsen, non così dalT Henzen, ne dal
Borghesi, al quale pÌHC(iue leggere. L, Mummìus
§ jjvjefectu^ fabnim § co § n if s i} u!i$ § p § ri-
miis § p § iltis §... Li quale interpretazione, hi detto
il Mommsen, è in contraddizione co' titoli Mummiani.
In una tabella piccola marmorea rinvenuta sulle ro-
vine d' Italica non lungi di Siviglia in Ispagna legge-
vasi (2);
M. mumm lYS • L • F • IMP
ded. coRINTHO CAPTA
vico itaLICENSI
Io sono fortunato potere fornire un nuovo esempio
di Monumenti Mummiani donati tra il (iOS e 609; e mi
credo in diritto di poter invocare o V uno o V altro
anno per la iscrizione della Statua Palmense donata da
L. Muromio alla Città di Palma. Saria un voler negnre
l'evidenza il contrastare a tal Città il dono ricevuto ,
dopo che ne vediamo gli esempi aiTccati per gli altri
(1) RHsrlil, P. L. M. lab. LiV D; Ilcnzcn n. 3549; Monimsen, O. e. n. Si5,
(J.ir rucci o. e. p. 925.
(2) Ivo de la Coilinn. .iniiguettades do llahca IS 40; Mommsen o, e. n. bÌ6.
DI UNA STATIA MARMOREA ACEFALA 209
luoghi indicati. L' arcaismo della scrittura prestasi an-
ch' esso air argomento, essendo quello dell' epoca Mum-
miana; nò credo possan altramente interpretarsi il C. e
il P, che Civitati Palmae, come si è visto essere state
intese le sigle indicanti Vico, Norcia, Parma ed Italica.
La città nostra, Palma, esser doveva fiorente ai tempi di
L. Mummie; e cel dichiarano, oltre le tanto indicate an-
ticaglie che nel suo suolo si rinvengono, anche i due
torsi di marmo più sopra citati ne dimostrano il lustro;
o massimamente 1' arcaica iscrizione di sopra mentovata.
Ija nostra Iscrizione posta pertanto nella statua offerta da
L. Mummie alla Città di Palma è nuovo e strenuo ar-
gomento per vieppiù confermare che la regione Palmese
descritta da Plinio (2) fosse non al di là del fiume Tru-
onto , com' è piaciuto a vari scrittori , sibbene tra il
Truonto e il fiume Elvino, V odierno Salinello, ove in-
comincia/va il Pretuziano; e che la metropoli Palmese do-
voss' essere tra S. Omero, e S. M/ a Vico. Delle quali
cose lascio il giudizio ai dotti Epigrafisti.
2 II. N. 111. XMll.
Arch .Wor. y.irch VI ÌA
UN DOCUMENTO INEDITO
PER SERVIRE ALLA STORIA D' ALESSANDRO VI.
E DELLA
CITTÀ 1)1 CAMERINO
UN DOCUMENTO INEDITO
PER SERVIRE ALLA STORIA DWLESSANDRO VI
E DELLA CITTÀ DI CAMERINO
Sono stato gran pezza in forse se , intomo a questo
documento, io dovessi fare una molto particolareggiata
prefazione e se mi convenisse dichiarare alcuni luoghi
che possono sembrare oscuri a chi poco conosco la storia
della nostra città.
E, per vero diro, se di qualsivoglia altro periodo
storico si fosse trattato che di quello relativo al dominio
Ik)i^sco, la prefazione e le note sarebbero state da ognu-
no credute necessarie. Imperocché quantunque la storia
dì Camerino, alla quale il documento si riferisce, sia stata
prolissamente narrata dal nostro Lilii e a lui si fosse
potuto dal diligente lettore ricorrere ad ogni passo, tutta-
volta, sia perchè quei vecchi volumi son divenuti assai
rari, sia perchè la critica che li domina non è più con-
forme a quella che oggi dai meglio addottrinati si profes-
sa, alquante note e dichiarazioni sai ebbero state opportune.
Ma questo documento, siccome ho accennato, ha rela-
zione con la signoria dei Borgia, e i fatti di questa casa
2l4 UN DOCUMENTO INEDITO ECC.
sono stati di fresco così diligenteinente studiati e tanto si
sono divulgati perfino sulle scene, che il volerli pur anco
esaminare sarebbe opera, nonché inutile, eziandio temera-
ria. E però mi astengo al tutto dalle note, che sulle prime
ebbi in animo di dettare ed anche per ciò che al docu-
mento in generale si riferisce non avrò da dire che
poche parole.
A dì 21 luglio 1502 pigliata per sorpresa Camerino
da Cesare Borgia e disfatta con crudeli esecuzioni la casa
Varana, papa Alessandro mandò Giovamii Olivieri, vesco-
vo d' Isemia, a governar la città , poco stante , nel 2
settembre dell' anno stesso, eretta a ducato a favore del
giovinetto Giovanni Borgia, frutto d' infami amori. Ma
sullo scorcio dell' anno il fuoruscito G. Maria Varano ,
scampato alla :::trage di sua famiglia, fatta per mano di
D. Michele e di altri scherani, potè, coli' aiuto dei suoi
partigiani, rientrare in città, vendicarsi di coloro che i
suoi vivevano oltraggiati o traditi , munirsi di dauiiri
spogliando degli argenti le chiese , e tentar di ripigliare
la signoria.
H tentativo, comechè non riuscisse completamente,
per la forza prevalente dei Borgia, bastò a mettere in pen-
siero il papa e la sua &miglia sulle di£Glcoltà di reggere
e tenere in soggezione lo stato di Camerino; imperocché,
siccome insegna il Guicciardini; sia cosa assai meno
agevole il mantenere le conquiste che il farle. E perciò
Alessandro divisò di mandare }i Camerino un astutissimo
suo famigliare per nome Lodovico Clodio arciprete di
Caldarola già commissario e castellano delle rocche di
Iesi, Osimo e Offida; poi creato vescovo di Nocera da
iÌH DOGUMKNTO INBDITO ECC. 215
Giulio IL L' arciprete venne, pigliò esatte notizie sulle
condizioni morali e politiche della città e diligentemente
le espose al papa, acciocché gli servissero di regola e
consiglio sul modo migliore di conservare la signorìa
della terra.
La lettera del Clodio a papa Alessandro VI, onde
si pare quali fossero i costumi^ le parti, le condizioni eco-
nomiche della città di Camerino, non fu mai per intero
pubblicata, sebbene di pubblicità sia stata da ognuno
che r ha veduta degnissima giudicata. U Lilii ne riportò
un brano, quello stesso che 1' Alvisi, nel suo recente li-
bro su Cesare Borgia ( 1 ) ha trascritto parola per parola.
Né meno che air Alvisi è questo documento sfuggito al
Gregorovius e a tutti gli altri che di cose borgosche hanno
scrìtto. E oiò non dee recar meraviglia, imperocché il
documento stesso sia giaciuto lunga stagione insieme ad
altre carte nascosto, né a me venne in mano avanti che
imprendessi a scrivere il mio libro su Camerìno (2), e lo
devo alla cortesia del mio dotto amico il prof. Milziade
Santoni che lo ha saputo scoprire. E poiché il mio libro
più che una storia^ doveva essere pna guida di Camerino,
mi astenni allora dal pubblicare la lettera intera pensando
eziandio che non mancherebl)e occasione di farlo e ne
trassi soltanto quel che al mio disegno meglio mi pareva
che rispondesse.
Ma ora V occasiono è venutjì, perché in nessun altra
(1) CcMrr B«)rgia duca di Homapna. — Notitii* r documenti raccoUi « pubblicali
<!• Edoardo Alvini. — Imola Tip. d* Ignazio Gakali e fiyMn. — 1879.
(S) Camerino a i tuji dioloroi , e lUa piaula della ciHà. — Camctino Sorga*
rctli t074.
216 UN DOCUMENTO INEDITO ECC.
opera meglio può questx) documento trovar convenevole
luogo che nell' Archivio Storico marchigiano , dove si
vuol raccogliere quanto può valere ad arricchire e me-
glio dichiarar la storia delle nostre contrade.
E il dar per intero la relazione del Clodio, oltre allo
^Murger gran lume sui costumi e gli umori dei nostri
vecchi del cinquecento, ha, secondo mi pare, anche un' al-
tra importanza, quella cioè di restituire la vera e schietta
lezione originale dal Lilii , che ne trascrisse un brano
finale, alquanto cangiata, non meno che dall' Al visi il
quale V ha letteralmente dal Lilii copiata. E così, quando
agli storici futuri piaccia tornare ad esaminare i fatti di
casa Borgia, o di casa Varano, e di rifar la storia di Ca-
merino potranno, senza cercarlo di seconda mano, trovare
in questa raccolta il documento originale.
A. Conti
RELAZIONE DELLO STATO DI CAMERINO
DI IX)D0V1C0 CLODIO
AtGtmtTI »l CALDAHOLA COVIRNATOil PIL DUCA GIOVA Jl.tl B0K6IA
A PAPA AÌ.ESSANDRO VI.
Beatiss^ Pater.
Obediondo io a comandamenti della Sta Vtra per la
liin)}^ isperionza che ho havuto di Camerino e degli
Uomini di quella Terra, fedelmente dirò quanto circa
ciò mi occorra.
Questo 6 un bello, buono e importante Stato il q**'
r havea il Sig. Giulio Cesare ridotto molto quieto e »i-
onro, e chi V havesse intesa (essendo il motivo tanto
fn^^ndc) avrebbe tutta la Terra fatto contro Casa di Va-
rano, e saria stato molto tranquillo; ma in questa rivo-
luzione è tornato alla sua difficoltà antica più che Stato
che sia in Italia, incognito a Forastieri, e i Tenìeri non
diranno mai il vero il quale tutto consiste in governo
et ò alieno in tutto dal governo degli altri stati d'Italia
il q'% se si terranno le vie che richiede la natura del
luogo, e degli Uomini si ridurrà beniss"* alla conserva-
zione di Casa Borgia, ma angora se non si piglieranno
le vie convenienti ogni dì pìglierà nuove alterazioni oc-
culte, le quali a mutazione di tempo faranno rivoluzioni.
Hora questo stato ha in si"^ due certiss:"" e vere
volontadi. Una immutabile di quelli che vorriano la li-
218 UN DOCUMENTO INEDITO ECC.
bertÀ e V altra mutabile dei Varaneschi. La volontà im-
mutabile libertesca bisogna saperla tenere per modo che
la non possa mai aver forza a fare la libertà. La mu-
tabile Varanesca bisogna con modi et artifizi trasmutare
in Borgesca; come ci sono ottime vie chi le sa pigliare
a r una et a V altra.
La voluntà immutabile di quella Teri'a è che tutti
gli uomini di Camerino li quali hanno facultadi, paren-
tado , animo , e ingegno tutti infallibilm:*» tendono alla
libertà, così quelli che si tengono Varaneschi come Du-
eheschi non avendo questi tali altro desiderio al mondo,
né mai pensando altro, et in tutti i suoi andamenti ove
possono mai non facendo altro salvo che a questo fine,
e tutte le rivoluzioni che hanno fatto così per la Sta V.
come centra, tutte tendono a questo suo desiderato, e
secreto fine, perchè nelle rivoluzioni guastano lo stato
che era quieto mettendolo in alterazione et acquistano
seguito e grandezza con le quali possono a tempi fare
la libertà, et esser Signori, mangiar con pifferi e trombe
come altre volte fecero, e godersi fra loro V entrate dello
Stato. Hora questa voluntà libertesca bisogna con molto
ingegno e modi tenerla bassa, che mai non possa haver
forza a far libertà, come poi al suo luogo mostrerò , e
per distinguere ogni cosa chiaro.
Questa voluntà libertesca mostra adesso, due affezioni.
Una Duchesca e l'^altra Vétranesca cercando V un 1' altro
sotto queste due simulazioni di affezione o vero farsi
grande, o vero non lasciarsi smaccare da chi vuole in-
grandire , come è accaduto adesso , che alzandosi quelli
che si dicono Ducheschi col favor della S. V. questi
UN DOCUMENTO INEDITO ECC. 219
che si dicono Yaraneschi per non lasciarsi smaccare e
per odio de[ suo crescere hanno chiamato Giovammaria
per maneggiar loro, e minare essi, ma se ci era tempo di
far la libertà, la facevano certo.
La simulata affezione Yaranesca è ancora divisa in
due voluntadi, una la quale tende alli Figliuoli del Sig.
Rodolfo, 9 r altra che tende a Qiovan Maria, et a que-
sti altri, che ogni cosa è da sapere per proceder bene
nel governo secondo 4i tempi.
Hanno ancora queste due simulazioni d' affezione due
sorta di uomini : una da travagliare e far mutazione
r altra da starsi a obedienza del Palazzo. Li accarezzati
e beneficati da Yaranì, e li accarezzati e beneficati dalla
8. Y. 0 dal Duca di tali nature quiete^ io credo che
fossero da lasciar vivere in pace, e non farli Yaraneschi
|)er forza e cosi verrebbe a esser ridotta tutta la terra a
q^ sorte di vomini come era a tempo del vecchio. Li altri
cosi quelli che si dicono Ducheschi come Yaraneschi di
nature travagliose, che tendono a mutazione e superio-
rità, questi dico bene, che saria da tenerli tutti fìiorì
ed al fine per ostaggi, o vero ridurli all' egualità e bas-
sezza degli altri, perchè questi sono quelli che muovono
la Terra e che tendono alla libertà e £eu^ì Signori, co-
me faranno, se non è chi gli provveda,
L' altra voluntà mutabile è di plebei, poveri e con-
tadini, li quali non tendono a stato, questi quasi tutti,
anzi tutti vorriano Casa di Yarano , perchè queste tre
sorti di vomini godono V entrato di Casa Yarana, li
plebei la vomano perchè sono sempre 250: e 300:
bocche di loro al pane di Casa Yarana la q'* gli dà il
220 0N DOCUMENTO INEDITO ECC.
vitto , vestire e qualche beneficazioncella , che accade
nello stato, né altro mondo questi tali conoscono né desi-
derano. Li poveri la vorriano per le grandi elemosine che
ha sempre la povertà di Camerino da q*» Casa, Giovan Ma-
ria li dava ogni dì di ordinario un ducato e mezzo dì solo
pane e il simile ha sempre fatto la Casa. Li contadini
vorriano questa Casa per le grazie che ricevono, li quali
poro contentava tutti con mille ducati V anno di grazie,
e per le carezze, e domestichezze ch,e usava con loro tutti
favorendoli più che i Cittadini in audienze et in ogni
cosa. Or con queste tre sorti di vuomini Casa Varana
aveva abbassati li liberteschi e tenevali oppressi come
galline: le quali tre sorta di vernini stanno talmente
edificati verso Casa Varana, che ad ogni mutazione di
tempo se apparisse una mosca di Ca^ Yarana (dico non
pigliandosi altro governo di quello che ho visto) sempre
queste tre sorta di vomini farìano rivoluzione, o vero
quelli che tendono alla libertà se pigliassero forza in
aver seguito da queste tre sorta d' uomini, come già
hanno cominciato bavere, gridariano al favore di un Papa
la libertà che per firmare e quietare al Sig. Duca Gio-
vanni bisogna provvedere a Y una et a Y altra di queste
due voluntadi, come è possibile, anzi £sicile a chi piglia
le vie convenienti ed atte.
Da queste due voluntadi sono nate cinque cause
efficaciss:»* le q" hanno causata questa ribellione.
La prima causa la quale è stata Y origine et ha
tirato le altre cause, é stata Y indolenza di questi tre
fratelli de' Medici di Moss:»* Gioan Paolo di Stenaco e
certi suoi seguaci, li quali per il ^favore che avevano
UN DOCUMENTO INEDITO ECC. 221
avuto da la S. V. parendoli aver datx) Camerino a quella
voleano ingrandire al Cielo, dando di petto agli altri
sotto nome di Yaraneschi cercando di metterli a fondo,
o facendoli con questi modi diventar molto più Yara-
neschi di quel che erano : li quali e per V odio dell' in-
grandire di questi tali e per li modi insolentì vedendosi
essi al basdo, pensavano non volersi lasciare smaccare,
e così venuta V occasione di Gio : Maria fecero quel che
forerò più presto per malivolenza centra questi tali per
minarli ot esser loro in favore, che per vero amore verso
li Yarani perchè, comò ho detto, tutti questi vernano la
libertà ma non vedevano il tempo di farla, però chia-
mavano i Yarani, e così V altra volontà vera Yaranesca
di plebei e poveri tutta seguitò a la voce Yarana.
La seconda è stata il dare uffizi e benefìzi cosi a
Roma, come a Camerino , senza ragione e misura , per
modo che molti bisognosi di buon sangue, e quelli alli
quali erano state bruciato lo case, e rimasti disfatti non
avevano cosa alcuna, e quelli che non avevano avuto
malo alcuno, et altri ricchi^ et altri non a proposito ave-
vano ogni cosa, il che causò un odio, un rancore, una
disperazion agli altri non solo di mutar stato, ma di dire
^ muoia Hansone con i compagni „ per la natura di que-
sti vernini di tal sorte, e così tutta qust' altra sorta di
vernini sogni al suono di Yarano.
La terza causa è stata una univcrsal perdita di tutta
la terra, e massime di Giovani, di tutta la rie. eazione
sua, che avevano in Camerino la quale tutta era nella
Corte di Casa Yarana; adesso come erano ventiquattro
on* tiitta- la Terra andava a Corte; chi a scaldarsi, chi
222 UN DOCUMENTO INEDITO ECC.
a giuocare , chi a ronfa , chi a tavolieri , chi a sentir
nuove, chi a parlare al Signore fino a tre e quattr' ore
di notte, poi il giorno chi a giuocare alla palla, chi a
ucc. Ilare col Signore, e questo sempre ad ogni tempo
per modo che ricordandosi ogni dì e sera la università
.tutta de la privazione di tal ricreazione non le pareva
saper vivere , sospirando ogni Vomo la sera a casa al
fòco dicendo: „ Ove sta Casa Varana? „ Crescendoli ogni
di più il desiderio di averla ed anco la ricreazione delle
donne di Camerino perchè la Madonna aiutava questa
passione per modo che quando sentirono Giovan Maria
corsero tutti con desiderio gridando ^ Varano con ogni
ricreazione sua venuta „ son cos» che non paiono niente
e nondimeno importano tutto Io Stato.
La quarta causa è stata che per Y assenzia de' Varani
era mancalo il vivere e vestire a 250 e 300 bocche di
Camerino le quali non havevano altro vivere al mondo,
che con questa Casa, similm:** il mancare de le elemo-
sine a Poveri di Camerino ogni dì queste due sorta
d' uomini, morivano d' affanno di casa Varana, deside-
randola, aspettandola come il messia che li dava la vita,
per modo che quando sentirono Giovan Maria beato il
primo che poteva correr con 1' armi e gridar Varani.
Queste quattro cause dentro la Terra sono state vere
e certiss:"* a tal ribellione, e ciascuna di esse bastava,
or pensi la S. V. Tesser concorse tutt6 insieme, che cosa
viene a importare.
La quinta causa fu fuori di Camerino la quale diede
favori ed huomini a Giovan Maria di venir così all' im-
proviso con qualche gente ed haver subito il Contado
UN DOCUMBNTO INEDITO ECC. Ì23
SUO dove passava; fu V odio che aveva preso tutto il
contado contro questo Stato per pagamento nuovo che
ri faceva d' un Carlino di lettera; che al tempo de Va-
rani non pagavano mai né di lettera né di sigillo cosa
alcuna. Facevano i contadini spesso Circolo insieme sem-
pre lamentandosi di questo e sospirando che ora si co-
nosceva Casa Varana così desiderandola; però come
Oiovan Maria cominciò a mandar lettere per il contado
chQ fu il dì innanti che entrasse In Camerino, venivano
i C ntadini correndo con armi e senza come potevano
hcnché naturalmente a Contadini pareva strano star
senza Varani, non dimeno q*"" nuovo pagamento li faceva
accrescer V affezione et infiammavali a mutazione.
Hora per stabilire pe' tempi futuri questo Stato al
Duca Giovanni mi pare, che sia necessario che la S. V.
faccia elezione d' un Governatore laico più presto che
Prelato, di molto ingegno e notizia di quelle nature e
volontadi di vomini tanto occulte, di molto animo, fatica,
l)ontà, et amore verso il Duca, il quale serve (serbi)
quelli medesimi modi e stile che faceva il S. Vecchio
che son veri e perfettiss:"* per le nature degli vomini
e stabilire, et edificare verso il Duc^ Giovanni lo Stato
il quale ha tanti capi cosi difficili, e in tutto rimoti da-
ffìì altri governi , e Stati, et incogniti a forastieri per
modo che il Governatore tenera modi laudabili in altro
Govemo; e farà cose buone altrove, e non di meno non
81 avvederà che farà strabalzi da metter lo Stato in mille
alterazioni le quali poi a tempi faranno mutazione; come
hanno fatto adesso che lo Stato non era inteso, e con
una autorità da Signore senza paura che vengano a
224 UN DOCUMENTO INEDITO ECC.
lamentarsi a Koma et essere ascoltati, dico ove va lo
statO; sappia esso Gov:'* essere un Angelo et un diavolo
a tempi secondo le materie, come a suoi luoghi e pro-
positi io mostrerò. Certificando la S. V. eh' una delle
gran speranze che Giovan Maria haveva è che la S, V.
n' avrà mai huomo eh' intenda quello Stato. Vero è che
a Loro Varani non par tanto difficile perchè vi nascono,
poi per lungo tempo hanno quelle tre sorti di huomini
Plebei, Poveri, e Contadini , veri suoi, co' quali domi-
nano; nondimeno chi la piglia per verso tanto si formerà
questo Stato, e drizzerasei verso il duca Giovanni ch'ogni
uomo se ne maravigliera.
Questo Governatore adunque bisogna che abbia sem-
pre 1' occhio e cervello a queste due nominate voluntadi
di tener la libertosca per modo che non possa mai aver
forza a far libertà e drizzare il core della Varanesca verso
Casa Borgia , che V imo e 1' altro effetto è possibile e
fattibile assai; anzi mi parono facili, e per far questi
due effetti io venirò a dare i rimedj a le cinque cause
dalle quali è nata la ribellione acciocché non abbia mai
a cadere tal caso.
n primo Rimedio de la prima causa de la ribellione
è che la S:*^ V. e il Governatore tengano la Terra senza
parte non nominando Varaneschi né altra, sorte, ma tutti
buoni ducheschi, tenendoli tutti eguali senza idoli, e
bassi quanto sia possibile a pensare, per modo che tanto
favore abbia e possa il minimo guattaro, quanto il mag-
giore né che alcuno possa intercedere per 1' altro per
una sol paglia, ma ognuno egualm:*' dipenda dal Gover-^
natore e guardandosi più che dal fuoco non fare huo-
UN DOCUMENTO INEDITO ECC. 2Ì5
mini né in riputazione né in ricchezze de' bcnefizj né
di olfizj honorevoli, perchè bisogna non pensare esser
possibile a poter mai acquistare o trasmutare gli animi
di quelli che t^^ndono a la libertà, li quali quanto più
gustano riputazione, gf&zj e benefizj che procedono dal
Papa tanto più li cresce 1 ardore e la libertà; e la po-
tenza o credito a poterla fare, che tutte sariano così
contro il Duca Giovanni, oltre gli odj e rancori che
crescono fra loro per la malignità di sue nature, causano
mutazione', oom^* hanno fatto al prosente, che quattro o
cinque di qnostti oosf» di qursta sorte hanno causata tutta
qu<»stii riln*l ione: se ben dico che non si debba restare
di far de' piaceri, e l)onificazioncelle a tutti, ma con
tal ta consi<leraziono, misura, bassezza, ed egualità, che
ncs^^uno cresca più drlT altro un capello, e che gli odj
ce8>ino; ma far come faceva il S': Vecchio, il quale li
contentiva d' un benefizio d' un quattro some di giano,
e d' un uffizio di vinti fiorini, e parevali ancora essere
un Papa, né più desideravano, e se pur nessuno si vo-
Ies8e innalzare e farsi innanti come ognuno sta sollevato
con gli animi che ciascun vorria o di riputazioni, o be-
nefizj, o uffizj ingrandire, pure a questo suo fine di li-
Urth farlo con sbrigliate da cieco tornare indietro cento
passi, e come uno falla, sia chi si voglia, castigarlo,
corno V infimo; non dimencr ove va sangue esserci molto
ritenuto, ma con altre servitudi usar la giustizia, et ove
accade dominare et obbedienza farli tremare a uno sguar-
do, et advertirc supremam:*' che nessuno piglìe animo
sopra il Governatore di venire a Roma contro Lui quanto
allo Stato ohe lo conoscono vile, com' avevano già fatto
Arrh Sfor March V. f. r>
226 UN DOCUMENTN INEDITO ECC.
sopra Isernia, perchè mai non si potria drizzare lo Stato
e sempre anderebbe ogni cosa di male in peggio che
non se n' avvedrebbe la S:** Y. ne il Card: che sono
così occulti et astuti vomini al male quanto sieno in
tutto il mondo; e non dimeno accarezzarli tutti egualm:
esserli grato e paziente all' audienze a hittp le ore, te-
nerli in relazione di nuove, di giuochi domestici, di
caccia e simili refrigerj come solevano con A^arani.
Hor con queste severità, bassezza, ed egualitade con
questi arteRzj avea il signore Vecchio ridutto questo
Stato tanto quieto, il quale lo conobbe meglio che homo
che fosse mai, e son quelle vie le quali ogni ora im-
portano tutto lo Stato e che tenevano la volontà liberte-
8ca, che non potrà mai aver forza di farla, e ridurranno
la terra senza parte, senza idoli, senza rancori, et odii,
senza vomini da sapere né potere n^ pur pensare di
far mutazione, e dico questo che come li vomini di Ca-
merino solamente vedeno il cervello d' un Governatore
et animoso e con autorità, il quale conosca li tratti e
cammini suoi, subito si leveranno da queste sui imprese
secrete di libertà, e così ogni vomo tornerà a suoi eser-
cizj di lana , et altre industrie , e da questa voluntà
libertesca lo Stato rimarrà fermo per il Duca Giovanni
e quieto, certificando la S. V. che il S:" Vecchio non
per amor della Terra, perchè come ho detto, non è pos-
sibile d' acquistar mai questi tali, ma per averli con-
dutti in tanta bassezza, egualità, viltà et ignoranza, come
galline, fece la resistenza ohe fece che non ci era h no-
mo che sapesse né potesse, e se havea XXV mila ducati
da tener fanti forestieri e provvedersi a grani, tutto il
UN DOCUMENTO INEDITO ECC. 227
mondo non gli arerebbe levato, e non bisognava con
torriori por lo ragioni dette pensare a potersi mai te-
nen* — Ego omnia ìntns et in cute vidi et palpavi —
o sono cose che eredo che pochi le abbiano conosciute
per essere occ\ilte et incognite a forestieri, e i terrieri
noi diranno mai; però concludo circa questo non potermi
saziar di dire con quanta prudentia, notÌ7:ia, animo^ pia-
cevolezza e 8f»verità bisogna sempre al Gtovematore stare
in questi riraedj e vie ove si principia ogni cosa e ti-
rano poi dietro le altre, altrim*/'' non tenendosi q/' modi
se ben vi fossero XX rocche, le q." dicono gli vomini
di Cam:"" che si pigliano alla prima disposizione di tempo
o liberteschi o varaneschi fariano rivoluzione e '1 Duca
Gì )vanni sarebbe quello degli affanni.
Certificando la S. V. che se ci era adesso un Papa
disposto loro facevano certo la libertà e fra loro si ta-
gliavano a pezzi; ma questi che si chiamano Ducheschi
perdevano, perche^ non hanno seguito, e son p)chi, or
la S. V. proveda e faccia tenere queste vie e modi no
quali — agitur de toto statu. —
Il secondo Rimedio de la seconda causa di ril)ellione
è con grandissima considerazione e misura <listribuire
gli uffizj di Cam:"" e del Contado, li quali sono molti,
e per grado de le buone Case le q". sieno bisognose
partirli, e massime fra quelli a quali sono stato bru-
ciate le case, e darli per sei mesi solo et non ad vita,
arciocch(> ogni huomo habbia a partecipare, et anco
acciocché nissuno si possa far grande, come si può in
ai< uni uffizi, c(»mo ^ il Capitano della Guardia, il quale
tiene ragione; da questo tifficio hebbo origine Casa Va-
228 UN DOCUMENTO INEDITO ECC.
rana. Cosi ogni huomo rimaiTà contento, e cesseranno
tanti odij, li quali disperavano la brigati, e facevano
pensar mutazione come fecero; e fare che chi avrà uf-
fizj e benefizj li riconosca dal Duca Giovanni. Questa
medesima misura bisogna anco che la S:*^ V. habbia ne
benefizj et offizj, che dando a uno di questa terra in
Roma fa mille inimici al Duca in Cam:"*" senza l'altro
inconveniente grande che pur allora imparavano che ox)8a
è la Chiesa, e per conseguente la libertà, crescendoli
r ardore che tutte sono cose contra il Duca Giovanni;
però 1 isogna averci gran considerazione, ncn dico restare
di dare, ma con tal misura, bassezza et egualità eh' ogni
huomo resta 8oddi?«fatto senza odj e senza farsi grande
ne acquistare amore alla Chiesa, che ad ogni cosa è ri-
medio, e «i viene a poter dare a molti più.
Il terzo Rimedio della terza causa de la ribellione
è che il Governatore tenga in Corte quelli stili ohe
facevano i Varani di fuochi, torcie accese la sera , di
giochi domestici, dar qualche nuova a chi se ne diletta,
menar questo e quel altro a uccellare , tener qualche
volta questo e quello a mangiare , ma egualm'^ rerò
senza riputazione di nessuno, e così tener la Terra in
questi refrigeri, la quale non ne può haver altro, sem-
pre havendo Casa Borgia in bocca, acciocché non hab-
biano per la privazione di tutta la ricreazione sua so-
spirare ogni dì Casa Varana, e desiderarla. Questa b
una cosa la quale non par niente, ma è di tanto mo-
mento quanto sia possibile pensare, la quale farà tanto
dimenticare i Varani, e drizzare gli animi de la Terra
verso casa Borgia, eh' ognuno se ne maraviglierà , e
UN DOCUMENTO INEDITO ECC. 220
se '1 Governatore bave -se donna sarebbe anco l>ene
eh' Ella qualche volta desse le medesime ricreazioni a
lo donne e farli di piaceri.
Il quarto rimedio de la quarta causa sana che la
S:^ Y. non stimasse mille ducati V anno per qualche
tempo per firmar bene questo Stato , e per far che il
Gov'*: come Vice Duca ricogliesse almeno una part^ di
questi di Camerino, li quali vivevano con Varani e
far gran parte a quasi tutta la famiglia sua, e tenerli
bassi come gli altri et a poco a poco Ievandosf4i di
Casa darli delle cosette che accadono nello Stato, se-
condo gli huomini e così edificarli in Casa Borgia, ci
è tal padre che ha sti figli in Casa, che haverne uno
o duo in Corte importa un cantone di quel sasso di
Cam:"* Similm:^ far dare ogni di del pane a poveri di
Camerino acciocché queste due sorte di vomini habbino
a lasciare il desiderio de Varani, che li davano il pane
e drizzar gli animi verso la casa Borgia che li darà
la vita e meglio, come riuscirà perchè qti tali sono
Varaneschi per necessità del pane, e chi li da la vita
lì ha suoi.
Il quinto rimedio de la quinta causa s* intende da
ae stesso che per quante lettere si faranno a Conta-
dini , e p<»r quante suppliche segnerà V Auditore del
Gov:" come n' accade numero infinito non si lasci ni"
per Sigillo né altro pigliare un solo bolognino, ma far
come Varani che pagavano Auditori e Cancellieri, vi
ogni cosa si faceva gratis, eccetto che per una grazia
si pigliava un bolognino ; che come sentono innovare di
pagare un Carlino per Sigillo, o signatura li vanno i
230 UN DOCUMENTO INBDITO ECC.
sospiri al Cielo verso Varani, crescendoli ogni dì V ar-
dore, così nel» contado, come ne la Cittò. Così per quanto
io conosco cret^-O certani:*' e tengo senza dubbio questi
cinque rimedj e vie a le cinque cause da le quali è
nata questa ribellione essere di tale efficacia che la vo-
luntà immutabile libertesca non })otrà mai haver forza
a far la libertà, e la mutabile Yaranesca si drizzerà e
muterà in Borgesca, e p<^r conseguente lo Stato piglierà
vera fermezza per il Duca Giovanni et essendoli huomo
che s' intenda bene, e con animo et amore tenga queste
vie tanto si estinguerà il nome Varano in quel loco,
che tutti gli animi si drizzeranno xorso Casa Borgia et
insieme col caldo della Rocca tanto necessaria si firmerà
e quieterà lo Stato per il Duca Giovanni eh' ognnno
se ne maraviglierà; altrimenti io tengo e?rto che lo Stato
piglierebbe sempre nuove altera/ioni , et occultis:"* che
a tempo dieci Rocche noi tenerebbero, che o liberteschi
o Varaneschi farebbero mutazione.
Sono poi molte altre considerazioni di advertire in
questo Stato; come è non dar conditione in milizia ad
alcuno perchè si fanno animosi e travagliosi per mu-
tazione e pigliano seguito di Brigata.
Non darli condizione in Roma, anzi tenerli più ri-
moli dalle pratiche di Roma che sia possibile, perchè
pigliano il gusto et amicizia de la Chiesa per la quale
li cresce V ardore e potere a la libertà, ma usare tutte le
industrie per farli star mercanti, eguali, bassi vili et
ignoranti.
Non patire per niente che i Cittadini facciano il
Consiglio, perchè imparano a dominare, e qualcuno di
LN DOCtMENTO INDDITO ECC. 231
loro cresca in ripatazione, e credito edificandosi pure a
la libertà, dal che bisogna tenerli rimoti, ma si eleg-
gano dieci o dodici consiglieri tanti per Terziero dal
Duca per conferire in cento anni una volta qualche cosa
per la terni con loro^ non consegnandoli mai cosa dello
Stato, né tenendoli in riputazione^ ma come gli altri.
Habbia cura il Gov:*^ come vede una inimicizia in
Cam:*'' entrare subito per ogni via ad assettarla, perchè
sono cose che partoriscono parti e pericoli d' armi di
che nascono desiderj di mutazione di Stato.
Guardesi la famiglia del Governatore, et anco Egli
non impacciarsi, né andar dietro a donne di Cam:'''' che
in tal caso non la [)erdonerebbero a la S:^ Y. né al
Duca a metter la Terra sottosopra. Sono cose da non
crederle de la Gelosia et impatientia de le sue d'tnne,
e per le nature tanto maligne de gli huomini ogni mi-
nimo di queste cose può metter la Terra in alterazione
e metterebbe senza dubbio.
— Adverta bene non credere a huomo di Cam:"" né
guardar quel che dicono, ma saper quel che pensano.
Le lettere che anderanno da Roma al Gov:" mi
pare che si debbano scrivere a nome del Duca Giovanni,
acciocché il nome si spai^ e conoscano il suo Signore.
Attendasi a fare il Vescovato iuspatronato del Duca,
e sua signoria conferisca i benefizi.
Sarebbe una perfettiss:"** cosa che la S:"^ Y. togliesse
que benefit] di quel Francesco in Lei e con molta con-
siderazione partirli fra tutta la Terra, che si contente-
rebbe quaranta case a dieci e dodici dens ri per Casa,
come HI contentavano gli huomini di Cam:"" e se ci e
i32 UN DOCUMENTO INEDITO ECC.
benefìcio grande far rispondere a que] tale pensioni ad
altri e tener modi, che questo e quello venghi al Duca
Giovanni a dimandar questi Benefìzi, perchè questi tali
saranno ancora nimicati da coltello contro Casa Yarana
per aver impetrati i benefizi de la Casa com' era que-
sto Archidiacono e Fran-/"* li quali Giovan Maria per que-
sto dispetto volea impiccare se altri non li aiutava.
' Quel sasso di Camerino è piccolo, e la nimicizia di
trenta o quaranta Case per questa via importa grandmi**
Sarebbe anche bene che il Duca Giovanni di qui
a qualche giorno sospendesse tutti gli uffizi di Camerino
e Contado, poi con consideratione distribuirli, massime
fra quelli a chi sono bruciate le case et avvertire le
nature de gli uffizi.
Angelo di Melchiorre è Tesauriero del Duca, V uffitio
è ben locato, per essere ricco, et huomo da bene, ma
è maliss.""* locato, che per questo uffizio tutta la Terra
gli va dietro a Lui, et a figliuoli, e li fa seguito gran-
de^ saria meglio quello nffitio locato in persona del
Govr
Accadono poi ogni dì cose nuove ove la prudenza
del Gov^" con nuovi rimedj bisogna che supplisca.
Hora la S. V. elegga vorr o di cervello, et animo,
e notitia di quello Stato, eh' è un bello buono, et im-
portante Stato, e d' una grandissm:"* cura e difficoltà.
In questo principio perchè la Terra si scusa, che
Giovan Maria senza partecipazione di Cittadini intrò
air improviso trovando le porte aperte senza prò visione,
io credo che fussi bene a simulare di crederlo; benché
per quel eh' ho potuto comprendere fu inventione di
UN DOCUMENTO INEDITO ECC. Ì33
tre, partecipazione di otto, e poi la terra seguitò per
le ragioni predette ; di tal simulare di credere mi pare
che ne nascerebbeno due beni V uno che molti huomìni
che sapendo esser tenuti da la S:** V. ribelli e traditori
stanano in disperazione che £% sempre pensar routatione
si quieterebbono a starsi da fedeli sudditi, e non pen-
sar mai più altro; V altro che gli uscita fors? tornereb-
beno, eh* a me non piacciono che stiano fuori per esser
troppo potenti di Parenti in Cam-/", e chi vol'^sse cac-
ciar i Parenti bisognerebbe metter mano a tutta la Terra.
Ne manco mi ]^iaccria che stessero in Cam:"" ma con
q.ualche destro modo credo che fusse bene riderli n
ostaggi; massime quelli che sono travagliosi, che tanto
quelli che simulano voluntà duchesca, come Varanesca
di tal natura travagliose , e dominatrici, non mi pare
che fusse al fine da lasciarli in Cam:"** perchè questi
sono quelli, che tendono al segno della Hbertà e sono,
da poterla fare purché il tempo li venga; e che fanno
seguire queste rivoluzioni. Io so ben questo certo che
Giovan Maria haveva una gran paura, che nessuno vo-
lesse uscire, e voleva menar messer Domenico. Né man-
co mi piaceria che si facesse sangue come alcuni vor-
reb))eno vedere correre le strade, che vanno a mal cam-
mino. La Terra sta bene in gran terrore, *p^r lo errore
commesso, senza tirarla e provocarsela col sangue; non
dimeno la S. V. è sapientiss:"" a la q** dico V opinione
min fedelm:**, con amore e devozione.
Qtiando vengono Ambasciadorì o altri da Camerino
A la 8. V. li ricordo non darli cosa alcuna in partico-
larità perché ne nasc no mille inconvenienti , ma se
234 UN DOCUMRNTO INKDITO ECC.
pure la S. Y. li vuole far qualche gratta saria da far
di modo che tutta la Terra ne partecipasse qualche co-
setta 0 vero dandoli in particolarità darli cossi piccola,
come fu quel che fu fatto esente, et anco aver conside-
razione e le Persone e Case.
H far de la Rocca va co' suoi piedi; io landarei
ancora molto ei^rrare alcune porte di Carne:' ' che non
sono necessarie e ridurre quelle due o tre, che reste-
ranno aperte in fortezze e non stiano in arbitrio di
huomini di Camerino , anzi levar Y armi a tutti , e
smantellare parte del contado, perchè si leverebbe ogni
volta più de la voluntà de' Varani edificandoli a viveiy
in pace^ che sotto la ribellione fatta, ogni cosa si può
fare che staranno patienti di gratia, mostrando farlo per
loro quiete e bene; cx)sì con questi modi ^ con le vie
e governo soprascritto potrebbeno Varani a sua posta
venire nel contado e muri di Camerino, che tomereb-
beno indietro con le mani piene di mosche.
DELIA VITA E «ELLE OPERE
DI
GIACOMO LEOPARDI
CENNI BIOUHAI'ICI E CRITICI
DI
CESARE ROSA
I.
INTRODUZIONE
Intorno a Giacomo Leopardi fu, massimo in questi
ultimi tempi, tanto scritto e in Italia e fuori da uomini
egregi per ingegno e dottrina, da dover quasi disperare
di poter dire cose che da altri non siano state dette;
e certo io, che conosco quanta e quale sia la povertà
delle mie forze, non mi accingerei a parlare del Leo-
pardi ora se il raccogliere in poco quello che scrittori
più autorevoli hanno detto in molto non stimassi cosa
utile agli studiosi, e se le nuove pubblicazioni che si
sono fatte ultimamente e di opere inedite del L'H>pardi
stesso e delle lettere che a Giacomo diressero i parenti
di lui, non mi porgessero il destro di tentar di portare
alcuna volta un più giusto giudizio sulle condizioni del-
l' animo suo, sui rapporti che lo strinsero a quelli della
8fia casa ed ai suoi amici o se non mi fosse dato di poter
dire qualcosa che non è stata detta da* biografi che mi
precedettero, od almeno portar un po' di luce in qualche
1
238 DELLA VITA E DELLR OPERE
pu :to ancora oscuro. Certamento, per quanto ha riguardo
air esame critico che farò delle op'^ro us'^ite dall* ingegno
di questo straordinario fenomeno della natura , non io
ardisco di promettere di dir semp e cose nuove, ma se
non sempre nuovo spero di riuscir sempre imparziale,
lontano così dalle esagerate lodi come dai biasimi det-
tati più dalla passione che dalla ragione, ed infine voglio
credere che coloro, massime i giovani, i quali leggeranno
queste pagine impareranno a pregiare nel grande Marchi-
giano le nobili doti dell' animo e dell' ingegno^ e saranno
stimolati a studiarne le opere con diligente cura, facendo
tesoro delle infinite bellezze che vi si racchiudono; il
che sarà con vantaggio non lieve delle nostre lettere,
le quali per tornare a fiorire di ridente giovinezza, bi-
sogna che lascino di aggirarsi tra beceri di mercato ed
il fango deHe umane passioni, e tornino al culto di que-
gli scrittori che meglio seppero ritrarre V immagine della
bellezza nell' arte. E tra questi scrittori è senza fallo il
Leopardi, di cui se molti si professano seguaci perchè
ne imitano , esagerandolo , e non sentendolo ( se così è
permesso dire), lo scetticismo, pochi lo studiano come
dovrebbe esser studiato, e pochi sanno appropriarsene le
peregrine doti, forse anche perchè, cosa indiscutibilmente
vera, quanto un artista è più grande tanto più difficile
ne è r imitazione, bastando d' un piccolo tratto passare
i limiti da esso toccati per dare nell'esagerato e nel falso.
Io non so se l'amore e -lo studio continuo fatto
sulle opere dell' illustre Recanatese m' avranno posto in
grado di scrivere degnamente di lui, però io spero che
quanti leggeranno queste pagine scritte senza pretesa
DI GIACOMO LEOPARDI 239
sapranno compatirmi; tenendo conto del buon volere che
mi ha animato a tentar di rendere nella mia picciolezza
un qualche onore ad un uomo grandissimo, ed a man-
tenerne viva ed onorata la memoria tra' giovani.
IL
ì^ «ondirJont polltiehe • letterarie in Italia
al prìnelpio del secolo XIX.
Innanzi di cominciare il racconto della vita del Leo-
pardi e r esame degli scrìtti di lui, non sarà fuor di
proposito il fare un rapido conno delle condizioni poli-
tiche italiane dell' epoca in cui egli visse e dello stato
in cui erano le lettere nostre, imperocché se egli è ven)
che i grandi ingegni, come quelli che avanzano di gran
lunga i loro contemporanei, hanno una grande influenza
sul loro tempo e bene e spesso lo precorrono, non ^
men vero che V ambiente politico e letterario in cui gli
scrittori, anco eccellenti, vivono, esercita sulP animo di
«*«8i una qualche influenza; e tanto meglio si spieghe-
ranno le condizioni psicologiche d' un autore quando
Io studio della vita e delle oj)ere di lui non si disgiunga
da quello della storia politica e letteraria del suo tempo.
Gli echi (Iella rivoluzione francese del 1789, che
pn)clamaya i diritti dell' uomo e dava l' ultimo crollo
al fedualismo, si ripercossero anche in Italia, dove fe-
ooro nascere nelle moltitudini il desiderio di generali
riforme nello stato, per le quali la penisola non dovesse
e«er più sotto la signoria di tanti tirannelli don^estici
240 DELLA VITA R DKLLI:: OPKRE
p stranieri , nei quali tinto maggiori erano la crudeltà
0 la ferocia quanto maggiori V inettitudine e V impo-
tenza a saviamente governare. Si voleva dai più la forma
repubblicana come quella che pareva dovesse meglio
rispettare la libertà e i diritti dei cittadini, dando nelle
loro mani il governo di loro stessi ; si guardava alla
Francia, sperando che da lei ci }K)tesse venire la li-
berta, e i poeti scioglievano i loro canti di lode all' a-
stro dei nuovi tempi. Intanto Napoleone, console, per
ordine della Repubblica Francese passava in Italia, e se
ne impadroniva in seguito a varii fatti d' arme , e co-
stituiva dapprima la Repubblica Cisalpina e quindi il
Regno d' Italia , dopo vinti gli eserciti pontifici , dopo
avere oc<?upata il 12 maggio 1797 Venezia e le città
da lei dipendenti. Ma il 17 Ottobre dello stesso anno
Bonaparte, guidato più dall' ambizione che dall' amore
della libertà dei popoli, stipulava coli' Austria il trattato
di Campoformio jer cui Venezia veniva resa agli au-
striaci ; il che come si sepi)e risvegliò le ire dei buoni
Italiani contro Napoleone , che, nominato nel maggio
1 804 imperatore di Francia, nel maggio dell' anno ap-
presso assumeva il titolo di re d' Italia , dividendo in
diversi modi la penisola ed affidandone il governo ai
parenti suoi.
Ma intanto la fortuna, che era stata lungo tempo
benigna al Bonaparte , gli si volgeva contro , e la più
terribile reazione si faceva risentire in tutta Europa,
e gli antichi principi tornavano sui loro troni, dopo
Aver^ relegato Napoleone a S. Elena dove moriva, e
djopo aver fatto vile njercato dei popoli nel Congresso
ni GIACOMO LEOPARDI 241
di Vienna del 1815. In seguito a questo Congresso
ceco come rimaneva divisa e governata la penisola:
1/ Il Regno di Sardegna, che comprendeva il Pie-
monte ed il ducato di Oenova, retto dalla Casa di Sa-
voia.
•
2." Il Regno Lombardo- Veneto, composto della Lom-
Imrdia Valtellina e Venezia, governato dall' Imperatore
iV Austria.
3.** Il ducato di Modena e Reggio, sotto il governo
d' un arciduca di casa d' Austria.
4.' D granducato di Toscana, governato pure da
un anriduca d' Austria.
5." Il ducato di Lucca, affidato ad un principe di
Borljone ;
6.° I ducati di Panna, Piacenza e Guastalla, sotto
la ilipendenza di Maria Luigia' d' Austria, moglie di
Na] oleone ;
7." Lo stato ])ontificio;
S.*" Il regno delle Due Sicilie sotto i Borboni;
IK" La Repubblica di S. Marino;
10/ Il canton Ticino, entrato a far parte della con-
federazione Svizzera;
11." 11 principato di Monaco ;
12/ L' Isola di Malta, passata sotto la signoria degli
Inglesi ;
1 3," L' is(^a di Corsica , sotto la dipendenza della
Francia.
Come ognuno vede la preponderanza dell' Austria
nella penisola era somma , perchè buona parte di essa
dipendeva da lei direttamente , od era nelle mani di
Archìv. Stor. March. T. /. 16
242 DF.LLA VITA E DELLE OPERE
principi a lei devoti, e questo era un male, perchè se
i Francesi si eran portati nel governo d' Italia più da
conquistatori che da liberatori, gli Austriaci despotiz-
zavano , e d' accordo cogli altri principi tendevano a
reprimere ogni nobile sentimento nazionale, e toglievano
ogni ragionevole libertà , di cui i popoli sentivano an-
che maggiormente il bisogno dopo che avevano risen-
titi gli effetti della rivoluzione francese e s' erano im-
medesimati delle teorie da lei proclamate, sicché comin-
ciarono a desiderarsi ardentemente due cose: la libertà
neir ordinamento interno degli stati , e Y indipendenza
d' Italia da ogni soggezione straniera, e cominciò il po-
]X)lo ad adoperarsi in secreto per raggiungere questi
due nobilissimi fini, e quei conati dovevano pur troppo
essere cagione a molti Italiani di morte , di carcere e
di amarissimo esilio, ma non inrono ultima causa del
nostro risorgimento molti anni appresso.
Accennato così di volo alle condizioni politiche della
penisola nell'epoca in cui si trovò a vivere il Leopardi,
ora passerò a dire alcun che dello stato in cui si tro-
vavano le nostre lettere, condizione del resto che trova
la sua ragione di essere nelle vicende politiche di quei
giorni. —
Il secolo decimononò cominciò per la letteratura ita-
liana in mezzo alla lotta di due scuole opposte, la clas^^
sica e la romantica , le quali diedero iif esagerazioni
eh' io non approverò di certo, ma da cui pure alcuna
cosa di bene derivò. I seguaci della scuola classica, di-
cevano il bello in letteratura ed in arte non trovarsi che
nelle forme esteriori, quindi se si voleva che le lettere
DI GIACOMO Ll!X}PABDI ÌÌ3
tornassero a rifiorire esser necessario darsi principalmente
jjcnsiero della forma, la quale si avesse a modellare in
tutto (» j)er tutto sui migliori esemplari greci, latini ed
italiani del trecento e cinquecento, chi non facesse così
esser degno dell' ostracismo. Che le parole e le frasi
siano pn>j)rie ed eleganti in letteratura essere cosa impor-
tantissima e da curarsi, non nego, ma che sia la sola
e la prineipal cura di chi si dà allo scrivere non posso
ammettere , mentr egli è necessario innanzi tutto darsi
I>ensien> delle idee che si vogliono esporre, e non mai
le idee alle parole sacrificare si debbono. E se i più
hnlati scrittori <li tutti i tem])i e di tutti i luoghi con-
seguirono fama durevole si fu appunto per aver saputo
all.i originaUtà ed opiK)rtunità delle idee congiungero
una forma elegante che valesse a presentarle in modo
più efficace e chian>. — La scuola romantica jìer con-
rr«irio negava che lo scrittore si dovesse curar della
maniera dì esjKirre le ])roprie idee, volgesse ogni studio
a (jueste e non si curasse di altro. Anche queste mas-
sime non enino al tutto (*onformi al vero, e quelli che
vi si fossero attenuti in tutto e j)er tutto non avrebbero
potuto conseguire la fama di ottimi scrittori.
Il fatto sta ch(» la lotta fu viva assai , e sebbene ,
a chi guardi supei^ficialmente, sembrar jK)ssa assai ste-
rile, tale non appare a quanti vedono in essa la causa
non ultima dell' indirizzo che hanno preso di jk>ì le let-
tere nostre. Conciossiachc^ se tanto i romantici che i
classicisti diedero in esagerazioni biasimevoli sempn* tra
gonte che dovrebbe essere e nim parere edu(*ata , da
quote vive lotte appunto gli uomini spassionati e di
2ii DELLA VITA E DELLE OPERE
buon senso appresero che la ragione ed il torto non
erano esclusivamente in alcuna delle due parti, conoli-
bero in quali errori cadesse ciascuna delle due scuole
e quanto di vero vi fosse nelle dottrine diverse da loro
professate. E per tal guisa si ottenne che i più impa-
rassero non doversi il pensiero alla forma sacrificare, ma
che neppure questa doveva essere negletta in quanto-
che giova a presentare il pensiero con veste più ele-
gante e piacevole e che perciò ci guadagna in efficacia,
e questo non è picciol vantaggio di cui non si abbia
a tener conto alcuno.
Trovar V origine vera delle due scuole, che accani-
tamente si contesero il primato letterario nel principio
di questo secolo , mi sembra non agevole impresa , ma
pur mi par che qualcosa già cominciasse a vedersene
nel secolo decimosettimo, poiché accanto ai delirii ed
alle gonfiezze del Cav. Marini, dell' Achillini e dei lon>
seguaci, ti'oviamo l'elegante semplicità di Galileo, che
ci mostra poter essere uno semplice, naturale e forbito
scrittore nel tempo stesso che j)resenta nobili e degni
concetti. E sebbene le due scuole sin d' allora non esi-
stessero con un nome distinto pur di fatto vi erano ,
perchè Galileo sin da quei giorni poneva le basi d' un
savio metodo scientifico fondato sui dettami della logica,
ed insegnava agli scrittori che nelle opere dello ingegno
non bisogna le idee alle parole sacrificare , insegnava
che volendo far consistere tutta la valentia dell' arte di
scriverc nella forma si producono cose nulle e che della
lìellezza hanno soltanto le apparenze, si fanno delle imi-
tazioni e non delle o}ìen* originali, e nella forma, anco
DI GIACOMO LEOPARDI Ìi5
imitando i classici, por andare pur in traccia di alcuna
cosa di nuovo si Ah nello strano, come appunto acca-
deva allora a quelli che facevano professione di lette-
ratura scompagnandola dalla scienza.
L' epoca però in cui il così detto romanticisìuo si
trovò armato <li tutto punto di fronte al classicismo si
fu veramente la seconda metà del secolo decimottavo,
e le battajflie, e le scaramucce, nelle quali non si diede
w*mpre Y esempio della cariti^ e dell' educazione, dura-
rono ancora per alcuni anni del secolo j)resente.
Disgfustati alcuni della linjfua barbara e corrotta
che s' usava di quei giorni , e che era V effetto delle
invasioni stranien* e dei libri che venivano segnatamente
ài Francia, i quali avidamente si studiavano per le nuove
teorie politiche ed economiche che vi si j)roclamavano,
pensarono che al male dovesse porsi un riparo, e che
questo non si potesse fare altro che tornando in onore
lo studio dei classici, in sj)ecial modo di quelli dei pri-
missimi tempi della letteratura nostra, poiché ormai i
maggiori scrittori italiani, tra' quali Dante che ne h il
principe, erano lasciati j)oco lodevolmente da banda, e
non solo i nostri ma anche i classici di Grecia e di
Roma, nei quali V ingegno umano seppe mostrare nel
più splendido modo quanto j)ossa V amore del bello, del
buono e df»l vero. Né in ciò erravano del tutto, erran>no
I)erò in questo, che V imitazione degli autori antichi
j<j)insero a tal punto da pretendere che nel secolo de-
oimonono si scrivesse ad uso trecento, e che quindi la
letteratura del tempo nostro in luogo di progredire se-
casse un regresso , non tenendo così ali»un conto dei
24C DKI-LA VITA K DKI.LK OPKRK
progressi dello spirito umano, dello murate .(ondizioni
dei tempi^ dei nuovi bisogni e delle nuove aspii-azioni
dei popoli a cui pur deve la lettemtura pmvvedere. I
classici io non li dispregio punto, li tengo anzi nel de-
bito onore e dico che s' hanno a studiare, ma in mo<lo
da saper scemere quel eh' oggi fa per noi da quello
che non dobbiamo curare altrimenti, poiché V imitazione
servile non dà gli ottimi scrittori, non dà scrittori che
pensino con la propria testa ma con V altrui , scrittori
pieni di periodi rotondi e rimbombanti, che stringi strin-
gi però non dicono nulla di nuovo ne di l)uono, lasciano
il tempo che trovano , accrescendo il numero dei libri
inutili.
L' altra scuola , cioè quella dei romantici , andava
ad altri eccessi , che non possono esseit* approvati da
chi abbia un poco di buon senso ; e cioè affermava che
nelle scritture non vai la pena di por mente alla forma,
e che le idee alle parole non vanno sagrificate, nò. in
alcun modo rese lor serve ; né , affermando ciò, aveva
tutto il torto, imperocché quello scrittore che tutta la
valentia sua fa consistere in frasi e parole ricercate,
senza punto curarsi della bontà dei pensieri , ma anzi
questi sacrificando a quelle non merita lode di corretto
ed elegante scrittore. Però la scuola romantica andava
errata quante volte voleva che la eleganza della forma
e la purezza del linguaggio fossero del tutto trascurate,
mentre sono , non è chi noi veda , acconcio mezzo a
rendere più gradite ed efficaci le verità che vengono
esposte. E tale errore abbastanza grave naturalmente
portava a scrivere in una maniera bastarda che non si
DI GIACOMO LKOPAROI 247
sapeva se italiana od altra ella si fosse. Per la prima
sc'uola ^ la poesia , come osservava giustamente uno
scrittore contemporaneo, ncm era una delle più grandi
manifestazioni delP umano pensiero ; ma un' arte che
s4)lo doveva avere lo scopo di piacere altrui colla bel-
lezza delle forme e del colorito, senza curarsi di alcun
profondo morale concetto, senza rivelare la coscienza
del poeta e dei tempi. L' altra invece rifuggendo dalla
gaiezza e vivacità di tempi, che più non erano, pareva
che più n<m sentisse la poesia, un giorno così potente,
della esteriore bellezza, ma guidata da una nuova musa,
la Malinconia, tutta si concentrasse in se medesima,
ascoltando attentamente le segrete voci del cuore, il som-
messo fremito delle anime, che sentivano i dolori del
presente e cercavano anelanti di scoprire i misteri del-
l' avvenire (1). ^
Ed è invero da dolersi che in mezzo a tanto que-
stionar d' accademie e di nobili ingegni non si venisse
alla conclusion più logica, e più giusta di tutte, ciot"^
che la ragione non era in tutto da alcuna delle due
parti , che V eleganza della forma rende più chiarì e
più nobili i pensieri, e che V eleganza di forme senza
idee feconde e nobili , è come una veste di finissimo
broccato usata a fine di coprire un coqx) laido e deforme.
A tutto questo non ci si pensò né punto né poco e i let-
terati diedero il più grande scandalo di sé , dicendosi
contumelie da una parte e dall' altrs, e tirandosi pei ca-
pelli con una carità tutt' altro che fraterna. Esempio
(I) CArfiLiKA . Intorno Jll* vii» ctl agli Hcritli di Giacomo Leo|iardi.
248 DELLA VITA E DELLE OPERE
non nuovo del resto in Italia , dolla carità che si usa
ancora in questa così detta Repubblica letteraria^ dove
di solito certi si erigono a dittatori, senza averne la le-
gittima autorità, per la manìa di abbattere gli emuli
loro, più che animati dal desiderio di giovare all' incre-
mento degli studii e delle buone lettere.
Quegli che della lotta e discissioni grammaticali
ebbe la disgraziata idea di mettersi a capo fu Vin-
cenzo Monti , che alle più belle doti dell' ingegno, di
cui volle natura essergli larga , ad una peregrina me-
moria, ad uno squisitisv^imo gusto dell' arte accoppiava
cuore ed animo debole, che lo resero jmabizioso ed in-
giusto verso non pochi scrittori suoi contemporanei, e
gli fecero adular oggi un potente, domani un altro con
grande scapito della sua reputazione politica di buon
cittadino. E a me duole non poco d' essere astretto a
consigliare ai giovani d' imitare la eleganza , forse un
po' troppo frondosa, dello scrivere del Monti , a cui si
deve riconoscere il merito d'essersi, come Gasparo Gozzi,
efficacemente adoperato per tornare in onore lo studio
di Dante, che una falsa scuola, la quale ci voleva eterna-
mente pargoleggianti, aveva condannato all' ostracismo^
e doverli poi consigliare di non imitar il cittadino che
usa del suo fervidissimo ingegno in servizio delle pro-
prie passioni non buone, per adulare i potenti, mentre
io vorrei che in quanti coltivan le lettere fosse argo-
mento per lodare lo scrittore ed il cittadino. Ed è al-
tamente da riprovarsi chi usa dell' ingegno per dividere
gli animi dei cultori delle lettere, e suscitare questioni
ed ire che, se non facessero compassione e dispetto, muo-
01 GIACOMO LKOPARDl ÌÌ9
verobbero il riso. Come in politica noi Italiani por tanto
tempo demmo al mondo lo spettacolo di deplorevoli
Sfare cittadine che la patria condussero ad una servitù
obbrobriosa, così anco nel campo letterario non sapem-
mo mostrarci concordi con grave danno dei buoni studii:
tanto è vero che la letteratura, per quanto altri siano
di contraria opinione, si risente delle condizioni politi-
che di un popolo, ed ò di esse anzi un' immagine fe-
dele. Si ricordi la gioventù nostra che le lettere devono
essere ministre di civiltà e dì luce , e che meritano
onore sopra tiitti quegli scrittori indipendenti di carat-
tere che alla causa del progresso intellettuale, morale e
civile del proprio paese consacrano tutte le forze del
loro ingegno. L' arte nobilissima dello scrivere non può
e non deve assolutamente essere ridotta ad una pura
esercitazione rettorica ; deve parlare al cuore ed all' in-
telletto dei popoli, deve essere incitamento ad azioni
nobili e generose. Quelli che non hanno la potenza di
far ciò dovrebbero il campo delle lettere abbandonare, e
rivolgere Y attività propria ad altro in cui potrebbero
rendere migliori e più importanti servigi.
Anche V italiana poesia , come gli altri rami della
nostra letteratura , al principio del secol presente era
in due scuole divisa, delle quali una poneva mente solo
alla venustà della forma, e spesso con essa copriva sog-
getti frivoli e nulli, di maniera che il poeta, senza ri-
velare se stesso e lo spirito dei tempi , veniva meno
alla propria missióne civilizzatrice , e così avevansi le
Interne lodi dell* età dell' oro, cantate su tutti i metri,
si dipingevano i non sentiti amori dei pastori di Arcadia,
2o0 BKIXA VITA R DICLLK OPKRG
che si dimenticavano di avere una patria governata da
tiranni che bisognava ritornar donna di proiwcie^ quale
la voleva il gran padre Alighieri. La seconda scuola abor-
riva da quanto fosse adornamento artistico di forma ,
aborriva la giocondità e la festevolezza, e, stanca della
vita che aveva vista piena d' inganni, e di dolori, pre-
stava il suo culto alla Melanconia j secondo la- giusta
ed jussennata osservazione del Capellina già riferita. La
prima paragonar si potrebbe alla gioventù irriflessiva
che poco, anzi nulla, si cura di cercare la ragione delle
cose ; la seconda paragonar si potrebbe all' età matura,
cui poco importa delle cose esteriori , che non si cura
deir apparenza ma vuole andare alla sostanza , vuole
cercare le ragioni le più recondite delle cose che bene
e spesso non le vien dato di ritrovare , e perciò tale
studio il più delle volte allo scetticismo, che è la morte
dell' anima, conduce; mentre la spensierata noncuranza,
propria della giovinezza, delle ragioni intime di quanto
al nostro intelletto si affaccia, par fatta a bella posta per
alimentare nei cuori la fede.
Poesia e filosofia, ambedue figlie dell' umano pensiero,
il quale studia di spiegare il meglio che possa se stesso
e quanto alla conoscenza sua è sottoposto, procedon di
pari passo, e le trasformazioni a cui una va sottoposta
son le medesime dell' altra, quindi è che non stimo op-
portuno diffondermi a dimostrare come fossero pur due
le scuole filosofiche principali che si contendevano il
campo in Italia, e che perfettamente, si può dire, cor-
rispondevano a quelle poetiche. A quale di queste due
scuole appartenesse Giacomo Leopardi non può dirsi as-
DI GIACOMO KEOPARDI Ìt)ì
8olutanient<>, jierehò d' ingegno singolare dotato, di pro-
fmdi e severi studii nutrito, come vedremo, della prima
prese le doti dell' arte , della seconda seguì le orme,
traendo dall' anima propria note leggiadramente armo-
niose di dolore melanconico e disperato , e d' indigna-
zione j)er i mali da cui ò 1' uman genere afflitto, ed a
cui egli , poeta e filosofo non volgare , avrebbe voluto
porre efficace rimedio , e con i propri scritti scuotere
l' ignavia altrui e spronare all' amore del vero e del
giusto, dal cui trionfo dipende la felicità e prosperità
delle nazioni.
Ma a far viemmeglio conoscere il nostro scrittore,
<*he ^ gloria somma non delle Marche soltanto sibbene
d* Italia tutta, gioverà studiarne la vita, e considerarla
M)tto i varii aspetti nei quali si presenta, cioè di cit-
tadino, di poeta, di filosofo e di dotto.
III.
1 primi anni 41 Olacomo Leopardi e la sna famiglia*
Se compito del biografo fosse sol quello di racco-
gliere ed ordinare fatti ed avventure, assai facile riu-
scirebbe il mio ufficio , perchè la vita del Leopardi fu
breve e non ebbe a trascorrere in mezzo a molte e
avariate vicende, come affermava' il fratello di lui Carlo,
in una sua lettera a Prospero Viani, dove dice: •* L' in-
dole del povero Giacomo apparisce chiaramente nei suoi
scrìtti, e chiunque 1' ha conosciuto sa che vi si è rap
pres^ntato tutto intero. Casi memorabili non gli avven-
nero nel tempo che ha passato con me; essendo sempre
stata la sua vita ririratissima ed uniforme, dedita al
254 DEIXA VITA R DFXLE OPKRK
solo Studio, come si dimostra da ciò che ha fatto. ^ (l)
Ma il biografo non può e non deve rimanevi contento
al racconto delle avventure, e ad indicare le opere
uscite dftir ingegno di quegli di cui tesse la vita ; bi-
sogna che vada ancora ad indagare la ragione delle
cose che narra , che mostri V importanza delle cose
principali che dall' autore furon dettate , e che cerchi
la ragion psicologica delle azioni della sua vita e dei
suoi pensieri, e questa non è cosa tanto agevole quanto
alcuno potrebbe credere, sia perchè richiede uno studio
parziale ed accurato degli scritti dell- autore di cui si
parla, sia perchè nella manifestazione delle proprie opi-
nioni si corre rischio di dover urtare contro opinioni
da altri manifestate, e già accettate dei piii e quindi di-
venute abbastanza autorevoli. Ma, sebbene io veda queste
ed altre difficoltà non poche, tanto è il culto e Y amore
che pro'fesso al grande scrittore marchigiano che non posso
rimanermi dal tentar di dire, come meglio mi conce-
dono il piccolo ingegno e la scarsa dottrina, della vita
e delle opere di lui, avvertendo però che non sarò certo
timido amico del vero, e che 1' avviso mio non tacerò
ancor quando m' avesse a sembrare in alcun modo di-
verso da quello d' altrui , che io son di pensiero che
dalla discussione calma le serena abbia sempre a gua-
dagnare la santa causa della verità.
Ai 29 di Giugno 1798 in Recanati^ piccola città
della Marca d' Ancona, apriva gli occhi alla bella luce
del sole Giacomo Tadelgardo Leopardi : suo padre fu il
conte Monaldo, e sua madre fu Adelaide dei Marchesi
(1) V. LinpARDi: Epistolario voi. I. pag. H.
DI GIACOMO LeOPARDI Ì53
Alitici. La Bua faniiglia è antichissima, come apparisce
dalla genealogia Leopardiana pubblicata dal Prof. Giusep-
pe Piergili (1), giacchò il primo di tal famiglia .di cui
s' abbia ricordo è un tal Attone, vissuto innanzi il 1200;
parecchi poi furono quelli che si distinsero per alti uf-
fici ricojerti nell'amministrazione civile e nell'ecclesia-
stica, di essi ricorderò, a ragione di esempio, Vanni che
fii dei capi di parte (luelfa, il quale, come i Ghibellini
s' insignorirono di Recanati fu cacciato della città, dove
rientrò ai 3 di maggio del 1322 coir esercito della Chiesa
che disfece la città. Nel 1338 fu podestà di Monte Fano
e nel 1341 ebbe ugual carica in San Ginesio. Ricorderò
«la ultimo Pietro <li Vanni il quale venne acclamato
Padre (Ielle Patria perchè nel 1377 per opera sua fu
^ventata una congiura ordita dai Ghibellini j)er rovesciare
il governi) Statutario di Recenati.
Nella casa paterna Giacomo ricevette la prima edu-
«-azione, e nei primi studii delle umane lettere si ebbe
a maestro un Giuseppe Torres; nelle belle lettere e nella
filosofia gli fu guida Sebastiano Sanchini, come affermano
i biografi, fino a 14 anni; ambiduc , come pur troppo
jiortAvano ancora i tempi, sacerdoti; oltre di questi non
n* ebbe altri maestri, ed il molto eh' egli apprese , così
(ia divenire forse» il più dotto dei suoi tempi, lo dovette
H se medesimo soltanto. Cosa che vera non parrebbe se
irrefragrabili prove non ce ne facesser sicuri, e se non
sapos*-imo coro' egli escisse della comune schiera per j)o^
totìzsk meravigliosa di ingegno e per sentimento, così da
(H Pifrgili: Lt*U(*ri! scrii It^ a ixiacomo L'opardi (l:ii «u»i iiarciili — • Kiivnzn
-yfrf^M>ri Ir Monior. 1878.
iSl DELLA ViTA K DKLLE OPERE
poter fer senza di quei sussidi clic agli altri uomini son
necessari perchè loro sia dato di giungere all' acquisto
della dottrina. Avevalo difatti natura dotato di una mente
sì eletta e di tanto amore agli stridii, che col solo aiuto
della vastissima biblioteca dei maggiori suoi, in un pic-
colo luogo dove gli mancava ogni altro sussidio per la
propria coltura, pot*> imparare di per sé solo il francese
r inglese, lo spagnolo, e, questo sembra davvero miracolo,
il greco e V ebraico, sì che i biografi atte tano aver egli
in quest' ultima lingua sostenuto con onore delle dispute
con dotti ebrei anconitani.
Un uso lodevole che da Monaldo era seguito neU' e-
ducazione dei figliuoli voglio qui ricordare, e questo era
che ogni anno essi dovessero dare pubblico saggio dei
loro studii , e nell' Archivio dei Conti Leopardi si con-
servano i programmi di tali esperimenti, che ne fanno
conoscere con quanta cura si attendeva perchè avessen»
una coltura svariata e profonda quale a nobili giovinetti
era conveniente. A dare un' idea di questi saggi mi
piace riferire il programma di quello che ebbero a so-
stenere Giacomo o Carlo nel 1810.
PRIDIE KALKNDAS JIMAS
AXNO MILLESIMO OCTINGENFESIMO DECIMO
DILECTO PARENTI
JACOBUS ET CAROLUS LEOPARDI
n. n. n.
< Pliilosophia, tjuao idem est ao amor sapieutia<% scimitia wt, cuivs
utilità» <»xprimi verbis satis uuquam iiou |)Ot<"st, Ipsa si vera sit, et recta
homiiies cultos, atque ci «s'erto» facit, renimque naturalium oauj«sas. siw
ratioues delogrit. et sine ?})sa doctus, et eru(iitus haud aliquis esse potest.
Verstitur haec scientia praoclarissima oìix'h ea dumtaxat , quAe \)er jkìUu^
uaturae vires, Divina seclusa revelatione, cog^nosci po^sunt. Qw'Mìiadmodiim
ni GIACOMO LF.OPARDI Ì5o
i>^ ci^tovnf* priiuum a FIpo exortae sunt , ita etiam Fhilosophia. Primo?»
«if[ui(leni Paivnt<»s noftti'os padoni a \)eo exornatos in bf*atiìiRÌiuo inuocentia^»
(Ktatu fui«f»o, Xonfìf^ «*8t Kccl^siasticu», srribens qurxi: I)i*iis rrvatit iflis
\rimtifitn sjiintìia , ."w^ixm impicrit nn' iU(n*H>ti ^ rt ma'ti et ffoi.a osté*iidif
•7/i>. (Eccl. Cip. 17). — Noqu*» Adam sine scieiitia rea agno^i'ei'o i)otui»s<»t
a«*(itt4> biniti» nomali iin|X)net*e valuii^set. In hoc tanti momenti studio ini-
tiati. i>^r iluos nif^n^es iam olapso» oidem vacavimuR, et totam Ontologiam
lienninimuR. Kn bic materias per tbeses ex{K)sita«: vide, expende, mcMÌi-
tare. t»t liti e« Pa'er ungter amanti^simu^. etiam index nostri profectna
« <»n9ultiftsiinuR 8ÌfK. »
<»N-n)Lo<;iAK Epitoma
1.' Prìuripìa ontologica pn)]K)iiuntur. atque •♦»nuileantur.
"i." Ciiva rontradii'tlonis prinoipium veritates demonstrantur, validiR-
t|U»* ar>rouientÌH il(>f(>n<hmtui*.
.'t. ' Nihil es^e in mundo materìali siue i-atiom» 8uflici**nte onuiino
«l**r«*iàdimu.«.
4." Nonnulla d«* #v«s4'ntìa. et éxi^«tentia entis dicenda pn){K>nimuK.
iV* Irieutita» et siiiiilitudo f|ui<l J»it demon<<traniu.<«
iì." I^uid ìnttdligendum .«it nub noniiiiH enti?» HÌugulari^t et imiv»Tsnli«
«lu'eillU<.
7." Piiniipiuni intlividuatioui.s (|uid 9it flemon^ttratur.
S.' I)e pifiptMmito et )»ei*9ona agendum a nobis ei'it.
*.^'* Df nfcc#»«*J*ano et <*outingent<* disserendunj est.
IO." Nostrum erit ageiv de gen»»r«itibus entis aflW'tionibu». ac de uni-
*At«* «|uaiititate et i|Ualitat<'.
1 1.' Ciix'u onÌin«'m, verità t**m et p»M'f»Mtioneni vprba fat>ieii(U pn»-
inittimus.
l^." Quid sit enR com|N»situm. et cfuid simplex deelarainus.
Vi" Km> (ini t uni et infìnttum («xponimus.
14.* De eaussis ae<'urate trattare }>rr)ponimus.
V*r/ir/ì> finnisqtu* argumejUis htis thes**s fjc (hitfpfn;itt tlt'snntptajt tft»^
/^ntÌ4*»ifitir rxjM mièti US
!.*■ Prineipium eognitiouis «tatuimns esse: IitijnKsMhìft' *'ttt ùfrtti sùtm/
:f.*' Popaibiiitas ivrum absoluta est independcns a \'oluutate Divina.
'X' E«s«'iitiae r-'iTim. et attrìbuta ^unt absolute necessaria immula'-
Uilia et a4*tema.
4." IVìnrìpium . imiivifluationis est omni mo<lo determìuatio <H)rum .
•|Ui«* enti aetu iu^unt
Ì56 DELLA VITA E ÙEì.Lt OPCRK
Qui per meglio dare un' idea dei progressi che
Giacomo veniva facendo negli studii piacerai riferire al-
cuni versi di lui, tuttora inediti, che si conservano tra
i manoscritti .Leopardiani in Recannti, i quali se non pre-
sentano una grande importanza, pure per T epoca in cui
furono dettati (forse nell'anno 1807) sono un buon augu-
rio dell' avvenire. Eccoli
Al Signor Conte Monaldo Leopardi
Mentre tu godi le delizie amene
Del cAmpo amico, o Geni ter diletto.
Con l'ozza penna a te vergare io voglio
Un Eliconio canto; onde a te possa
I^a mia stima svelare e il mio rispetto.
Nel fonte d' Ippocren la penna intingo ,
D" alloro cingo V Apollinea ceti'a ,
K di mirto la fronte; indi m" assido.
Ma che mai dico ? Che pretendo ? Io dunque
Udir farò della mia cetra il suono
Al dotto Geuitor? No che i miei canni
Di te degni non son; ma tu }X)trai,
Amato Padi^, compatirli, e insieme.
Gradirli ancor, se ciò sperar m' è dato.
A questi versi Monaldo rispondeva con altri versi
non belli , che furono dal Piergili stampati per nozze
illustri, nei quali in sostanza dice al figlio: Che è con-
tento di lui perchò lo vede amico dello studio, lo con-
siglia a non cercar gli onori del mondo , a ricordarsi
che dobbiamo cercare di acquistar il paradiso. Tornato
il padre di campagna Giacomo lo salutò con altro suo
componimento poetico , che son lieto di poter dare per
primo alla luce.
ni GIACOMO tROPARDI Ì57
GIACOMO LEOPARDI
AI. SUO AMATISRIMO GENITORE
(V>NTK MONALIK) LKOPAHDI
Tornasti alfin a' tuoi paterni Lari,
0 geaitor, da noi tanto bramato.
Tornasti a rendere il contento amico
Al nostm albergo, ed a' tuoi figli insieme.
!^089ÌHmo alfine sulP amata destra
Imprimer baci di contento e affetto.
Al sonante fragor del pi-esto cocchio
L* ansioso cor |)el giu1)ilo improvviso
Ha terminato la mestizia e il duolo.
E per gwler «li tua bramata vista
Termino anch' io, poiché risti-etto ì* il temilo
In cui vergar m' «> dato il bianco foglio.
Corto questi son versi gettati giù molto alla buona,
e nulla possono aggiungere alla fama di Giacomo, però
se 8Ì consideri che egli nel 1807 non aveva che nove
anni recherà meraviglia che di tanto già fosse capace
un fanciullo, mentre i suoi coetanei a mala pena sanno
mettere insieme pochi perio<li di prosa senza errori.
E quanto più Gi.icomo intendeva con tutte le forze
agli studii, binto maggiore in lui diveniva V amore per
e»si e per tutto quanto nell' arte e nella natura avesse
V immortale splendore della bellezza; e per poter soddi-
sfare il desiderio ardentissimo d' imparar nuove co e, di
conoscere il mondo nella sua realtà più che dai libri ,
che del reale son sempre pallida immagine, avrebbe vo-
luto uscir di Recanati e andare in qualche grande centro
dove le sue brame potessero essere meglio soddisfatte,
in mezzo a gente che gli pai'ova dovesse avere le idee
Àrchu Stor Marcii W I, 17
258 DELLA VITA E DELLE OPERE
meno grette e piccine dei suoi concittadini e dello stesso
suo padre. H quale era di principii ansterissimo ed ari-
stocràtico; nemico delle nuove idee liberali che si face-
vano strada tra il popolo; ossequiosissimo al trono ed
all'altare, insomma, coni' ebbe a dire il gesuita Roothan,
un Cristianone, cui piaceva menar vanto delle proprie
idee, e farsene apostolo perche pensava che solo dal loro
trionfo il mondo avesse ad aspettare salvezza. Ma del
resto era un buon uomo e nella stessa severità di modi
con i quali trattava la sua famiglia sapeva mostrare che
i figli gli erano carissimi; amava Giacomo, e vedeva che
col proprio ingegno e gli studii accresceva la gloria della
casa, né verso di lui si mostrò così tiranno,come alcuni
biografi hanno creduto di poter dedurre da qualche frase
delle lettere del figlio. E questo arguisco da quanto
Monaldo scrisse a Giacomo quando a questi riuscì di
andarsene da Recanati, alla quale partenza se egli aveva
cercato di opporsi , deve credersi che fosse, sia perche
pensasse che il figlio sarebbe dovuto vivere tra molti
disagi, sia perchè credeva che un giovane in mezzo al
mondo potea corrompersi ed acquistare e farsi seguace
delle false idee del secolo ; sia perchè avrebbe voluto,
per eccesso di amor paterno , che i figliuoli gli fossero
sempre vicini. Infatti ecco quello che Monaldo in una
sua a Giacomo del 2) novembre 1722 gli dice: *" . . . Se
il mio cuore non applaude a questo allontanamento, la
mia ragione non lo condanna; ed io godo che voi go-
diate un onesto sollievo Abbiatevi cura, e guarda-
tevi, come vi dissi, da ogni sorta di pericoli. Figlio mio,
voi siete per la prima volta solo in mezzo al mondo; e
01 GiACOMO LKOPAHDI 259
(|uosto mondo ò più burrascoso e cattivo che non pen-
.siate. CjII scogli che appariscono sono meno pericolosi;
ma non e facile il preservarsi dai nascosti (1). „ Altra
accusa che a ^lonaldo si fa ò di non avere fornito a
Giacomo i mezzi necessari per mantenersi fuori di casa;
non 80 se V accusa si abbia a ritener giusta , il figlio
r un fatto che nelle suo lettere ai fratelli ed agli amici
si lamenta spesso della strettezza in cui è condannato a
vivere , ma è un fatto ancora che da alcune lettere di
Monaldo si rileva avergli questi inviato a quando a
quando dei denari, ed in una del 16 ottobre 182(i gli
scrive: ** S(mo oramai quindici mesi che state fuori di
casa, e avete viaggiato, e vi siete mantenuto senza il
coi.corso mio. Dovete conoscere il mio cuore , e potete
ctedume quanto dolore mi abbia arrecato il non provve-
drn» alli vostri bisogni, o anche alli vostri piaceri; e se
pure voi non avevate bisogno del mio concorso io avevo
bisogno e desitlerio ardentissimo di dimostrarvi frequen-
temente* il mio ardentissimo affetto. I tempi però vera-
mente funesti, ma più di tutti mamma vostra che, come
saiieU», mi tiene non solamente in dieta, ma in un per-
fetto digiuno^ mi hanno costretto ad un contegno, ripro-
vato prima di tutto dal mìo cuore, v poi dalla equità
o quasi dalla convenienza. Nulla di meno son vivo e,
quantun(|ue alla lontana come di cosa ormai }irescrittii,
pure ho memoria che scmo il padrone di casa mia. Voi
state sul tornare. So nulla vi occorre, tanto n^eglio; ma
se vi bisogna denaro per il viaggio, e pc*r j)agare qual-
che debituccio, o comunque, ditelo all' orecchio al padn»
M) l'itii«it.i : Loltvre tciillf a G. L«?iiparUi (l«i tuoi parenti ~~ Và$, 51.
260 DELLA VITA E DELLE OPERE
e amico vostro. Se niente volete, scrivetemi come se io
non vi avessi scritto di ciò, perchè le vostre lettere si
leggono in famiglia, se poi volete, ditemi liberamente
quanto, e dirigete la lettera al signor Giorgio Felini,
Recanati. Mi avete inteso. (1). ^ — Da queste parole
apparirebbe piuttosto la debolezza di Monaldo, che si
lasciava guidare dalla moglie e non era padrone di
disporre dei suoi denari senza 1* approvazione dì lei,
come ancora vi si capisce che quella che il povero Gia-
como teneva corto a quattrini era proprio la madre, la
quale anche non fa mostra di molto affetto verso del
figlio^ cosa piuttosto strana, ma non impossibile, in una
madre, che sappiamo come le madri sogliano con le
dolci parole che lor detta V amore rendere meno amara
la vita ai proprii figliuoli : e se della marchesa Adelaide
Antici io m* induco a pronunziare un non troppo favo-
revole giudizio, è perchè vedo dalla raccolta di lettere
curata dal bravo Piergili, e da me più volte citata,
quanto raramente ella scrivesse al figliuolo, e quando
gli scriveva le sue lettere erano piuttosto freddo, mentre
le molte di Monaldo, astrazion fatta dai suoi prìncipiì
religiosi e politici, sono tutte calde di affetto sincero.
Ho creduto debito di biografo coscienzioso spendere
poche parole per lavare il nome di Monaldo Leopardi
da un' accusa ingiusta e troppo grave per un padre ,
cioè di non aver cuore. E il Piergili stesso si è prima
di me accinto a dimostrare come il padre dei Leopardi
non fosse quel tiranno che fu dai più con tetri colori
dipinto; ecco le sue autorevoli parole: ** Ma, benché
(1) PiBRciu: loc. cif. pag. iOS, 203.
DI GIACOMO LEOPARDI 261
nemico di ogni progresso, e campione al-dentissimo del
trono e doli' altare, non era tanto fanatico partigiano da
far tacere la voce della natura. Che anzi il suo cuon*
veramente paterno verso i figli non si mutava neppure
quando talora essi gli chiudevano il loro; amò sempre
Giacomo e lo reputò la gloria della famiglia. È ben vero
che in una lettera che questi volea mandargli, quando
uscito dall' età minore s' era proposto di fuggire di casa,
si leggono tali sentimenti da mostrare fallace la mia
opinione. L piaciuto al Cielo per nostro castigo, die' egli
al genitore, che i soli giovani di qmsta città che aves-
sero pensiero alquanto piti che Recanatese, toccassero a
Lei per esercizio di pazienza; e che il solo padre, che
riguardasse questi figli come una disgrazia, toccasse a
twi. — Queste parole sono veramente gravi, e torne-
rebbero a disdoro e di Giacomo e di Monaldo insieme^
benché la lettera non fosse poi stata mandata, se la
stessa non contenesse una preziosa confessione, cioè che
colui il quale seri ve vaia, menava una vita miserabilis-
sima per le orribili melanconie, che gli procurava la sua
strana immaginazione (1). ^
Con i fratelli Giacomo fu in buoni rapporti, ma più
specialmente con Carlo e Paolina, i quali, nelle lettere
che gli scrissero, mostrano con lui una certa uniformità
di sentire; come lui non vedevano in Recanati nulla di
degno per elevatezza di sentimento e di mente, come
lui non potevano tollerare il soverchio rigorismo d*»lla
casa paternn. Le lettere che tra di loro si scambiano
sono piene di cuore, piene di amichevole confidenza, né
(I) PitAoiLi: toc. cil. pag. Il, MI.
^Gi DELLA VITA K DKLLE OPERE
vi manca quella tinta di melanconia che si trova in
tutte le scritture di Giacomo. Carlo per esempio scri-
veva il 31 dicembre 1825: " Ecco un anno, in cui
non ci ve Iremo più; ma quello che è di una verità più
dispiacevole, è che ora in punto, da che non ci vediamo,
compie la misura del più lungo che io al bia mai pas-
sato lontano da te. Questo è il maximum delle tiie as-
senze da Recanati. Tutto quello che sta per scorrere,
sarà di più; puoi credere da quanto in qua sia di troppo.
Io certo non posso far un passo per rivederti; e che
cosa mai posso io fare ? Io sono animale affatto passivo,
corpo inerte; credimi che la tartaruga ha più ]>rogetti
e fiù mobilità di me. Niente mi si può applicar meglio
di quel che dicea Gentiloni : — Non cado a faccia
avanti perchè non son debole. — E vero eie mi sem-
bra di essere uno di quegli uomini assorti in un sogno
penoso; si trovano inchiodati in una positura, da cui
non possono liberarsi che collo svegliarsi, a cui sono
vicinissimi; un piccolo movimento basta a loro; e a me
pure basterebbe, ma niente mi soccorre, ed io posso
perire, come un asfissiaco, per mancanza di una mano
che raccolga in lui la vita che ancora conserva. Vol-
garmente; è vero quanto la mia parola che io vado ogni
giorno perdendo attività, allegria, passioni di ogni genere,
e quel pochissimo che io valeva, si diminuisce continua-
mente. Ciò è r effetto naturale del trovarsi senza occu-
pazione, senza speranze, senza godimenti di sorte alcuna.
La mia vita. Buccio mio, h divenuta tutta simile alla
tua, quando tutto il giorno passeggiavi all' oscuro in una
camera, perchè non potevi applicare. La sera, invece di
DI GIACOMO LEOPABDl 26>t
conversazione, girerò delle ore per le mura,, diverten-
domi a tirar sassi. A riflettervi, mi sembra che qualche
circostanza casuale abbia prodotto un vuoto nelle mie
ore ; ma il vuoto {^ perpetuo ; tutti i miei giorni son
vacanze; ed io son di più nel mondo. Tutto si va a
jierdere, ma, lo dico e lo giuro, la perdita che più
d' ogni altra mi fa inconsolabile, è quella del talento;
int ndo della suscettibilità d' ispirazione, perchò qui sta
la vita ( 1 ). „ Come il lettore vede da questa lunga ci-
tazione, e potrebbe vedere da molte altre che sarei al
caso di moltiplicare, V intonazione, lo stile, i pensieri
assomigliano molto a quelli che si riscontrano nelle let-
ifere di Giacomo. Ed il medesimo accade in parecchie
di quelle di Paolina, la quale infatti il 13 gennaio 1823
scriveva a suo fratello: ** Ecco cominciato questo nuovo
anno, che io vi desidero pieno di felicità, e lo sarà
senza dubbio, avendolo cominciato sotto favorevoli au-
spici. Per me non ho altro desiderio a formare, che
di non vt»derne il fine, ed ^ questo desiderio concepito
con il più intimo sentimento del cuore, e voi lo crede-
rete bene, conoscendo me e quelli che mi governano.
Dei quali io sono così annoiata, e di questo modo di
vita, che non ne posso più; ed il peggio è il non avere
alcuna speranza, neppur lontana, di miglioramento; no,
non vedere per fine a questo stato altro che la morte.
Ebbene, venga pure questa morte, e venga anzi pre-
stissimo, chi" s^'uipn» sarà tn^ppo tanla ai miei voti; e
AC mi si assicurasse di morire domani, forse dalla con-
Holazione non ci arriderei. Voi dite che Y allegria e la
ri) PiRMcui: lor. cii. psg. tiC, U7 t* U8.
264 DELLA VITA R DKLLE OPERR
malinconia sono frutti d' ogni paese; per la malinconia
crederò che possa essere frutto di Roma, ma Y allejfria
di Recanati credo che sbagliate. E poi il paese dove
abito io, è casa Leopardi; e voi sajete meglio di me,
c^me vi si vive. Insomma io sono disperata, ed alla
fine, essendo certa di dover vivere semj>re miseramente,
termino sicuramente col farmi monaca. E potessi farlo
adesso in questo momento, in cui piango e mi dispero !
Voi mi domanderete forse, cosa mi è avvenuto di nuovo.
Niente, Giacomuccio mio, ma ogni giorno che j^assa, ac-
cresce la mia infelicità (1). r
Una donna di mente eletta, di cuore sensibilissima,
Adelaide, sorella di Monaldo Leopardi e moglie al Cav.
Pietro Melchiorri, che passò la sua vita assai malinco-
nicamente, amò Giacomo di vivissimo affetto; fu la prima
a capire qual tesoro d' ingegno fosse in lui, ne comprese
i sentimenti e i dolori che cercò con ogni studio di con-
tribuire a lenirgli , e fu per opera di lei se il nipote
ottenne finalmente di poter uscire di Recanati; ed a lei,
che cercò colla serenità e la dolcezza dell' amore di
squarciare quel denso nuvolo di affanni che opprimeva
la vita dell' illustre poeta, è giusto che si rivolga un
pensiero di gratitudine e di riconoscenza. E quanto e
quale fosse V affetto di Ferdinanda per Giacomo può ar-
guirsi facilmente dalle lettere che ella gli dirigeva, in
una delle quali gli dice: ^ Yi assicuro chef nel tempo
che ho goduto la vostra compagnia, avete interessato il
mio cuore totalmente, e vorrei potervi esser utile a qua-
lunque mio costo (2). „ Ed in un' altra: *• Voi non avete
(1) PiEaciLi: loc. cil. pag. 7S, 73.
(2) PiFRCiu: toc. cil. pag. \,
DI GIACOMO LI^OPARDI 265
sbagliato affatto, allorché avete congetturato, che il mio
allegro aspetto non sempre si accordasse coir allegrzza
deir animo. Eccovi il mio cuore svelato; io vivo quasi
sempre sola, e non già sola di persona, perchè o in fa-
miglia 0 per incidenza necessitata di trattare, ma sola,
perchè quasi mai m' incontro con persone che possano
compiacere il mio animo; e se qualche volta nel corso
della mia vita mi sono incontrata di trovarne qualcuna,
caro nepote, ho dovuto porvi un argine, perchè il cuor
nostro è troppo debole per potersi contenere, e non ren-
dere veleno quello che sarebbe in sua natura stato un
antidoto (1). „ E più sotto gli soggiunge queste parole
dì conforto : ** La malinconia è ancora effetto di un al-
terato fisico, e per questo rimediateci con procurarvi qual-
che sollievo , ancorché a principio troviate nel sollievo
medesimo della noia. A poco a poco ci assuefacciamo a
scordarci dei nostri mali col trascurarli, o con il lasciare
di coltivarne continuamente V immagine; è la ragione
poi quella che deve a ciò persuaderci, e di essa ci dob-
biamo prevalere per felicitarci, non per il contrario. Sono
però persuasa che voi medesimo convenite meco , non
doverci per sistema rendere infelici , ma sopportar con
coraggio i mali della vita, sperandone sempre il fine (2). „
Però, siccome la natura eragli stala larga dei suoi
più preziosi doni morali , così eragli stata avara delle
doti fisiche, ed il povero Giacomo fu costretto a lottare
coi dolori, che bene e spesso gli impedirono di attendere
mi prediletti suoi studii. E questo era a lui tormento
I; P>c»ciLi . toc. ci(* pag. 5.
,i) PitRciLi . loc. cM. pag. i.
266 DELLA VITA E DELLE OPEBE
cavissimo , che gli amareggiava anco di più la già
miseni esistenza, a tale da farlo uscire in queste scon-
fortanti parole, le quali, meglio di quello che potessi far
io , rendono V immagine vivissima dei sentimenti del-
l' animo del Leopardi : ** Sperai che i cari studii avreln
bero sostentata la mia vecchiezza, e credetti colla perdita
di tutti gli altri piaceri , di tutti gli altri beni della
fanciullezza e della gioventù avere acquistato un bene,
che da nessuna forza, da nessuna sventura mi fosse tolto.
Ma io non aveva appena vent' anni quando da quel-
r infermità di nervi e di viscere, che, privandomi della
mia vita, non mi dà speranza della morte, quel mio solo
bene mi fu ridotto a meno che a mezzo, poi, duf^ anni
prima dei trenta, mi è stato tolto del tutto e credo or-
mai per sempre. Ben sapete che queste medesime carte
io non ho potuto leggere e per emendarle mi è conve-
nuto servirmi degli occhi e della mano di altri. Non
mi so più dolere, miei cari amici, e la coscienza che ho
della grandezza della mia infelicità non comporta V uso
delle querimonie (1). „
lY.
Le prime prove dell' ingegno e degli stadii
di Giacomo Leopardi.
La cura e l'amore con cui Giacomo s'era dato agli
studii, le rare qualità del suo ingegno lo posero ben
presto in ^rado di scrivere cose tali di cui uomini di
matura età si sareblero tenuti onorati. Per non parlare
di altre cose di minor momento ; ricorderò che in età
(I) Leopìhdi. Agii amici suoi di Tuscjiiìi,
DI GIACOMO LEOPARDI 267
di 13 0 14 anni componeva la prima poosia La Dimetì^
ticama, poesia lirica di stile faceto, la quale si pnò dire
un buon augurio per V avvenire , quantunque non in
tutto perfetta come furono le -cose posteriori^ vi è faci-
litA di verso e purf^atezza di lingua, e non ^ poca cosa.
Di fervida fantasia, di cuore ardentissimo, egli era
poeta. Le Ielle* ze della natura su di lui esercitavano un
fascino potente; le sventure della patria lo commovevano
ad ira sdegnosa e generosa, e gli facevano scrivere dei
versi così belli che ti parlano al cuore e ti commuovono,
perche^ V eleganza della forma non è usata. a ricoprire,
come suole accader^ nei poeti arcadici , la vacuità dei
concetti. In quella etA in cui «Uri uomini non hanno
ancor dato un saggio dei loro «tudii che meriti d'essere
mandato ai posteri, Oiacomo avea già dettato quella bella
canzone all' Italia, la quale più che opera di giovanetto
aembra uscita dalla j:enna d' uomo che sìa innanzi nella
via delle lettere, e già fin d* allora e Pietro Giordani,
e il Cancellieri , e lo svedese dotto filologo Akerblad
predicevano che il Leopardi sarebbe stata una delle più
vere e splendide glorie del secol nostro. E non avevano
torto, perche se noi imprendiamo ad esaminare la can-
zone air Italia in ogni singola parte vediamo che ella
può stare a paragone con quella altresì bellissima del
Petrarca, che ^ pure all' Italia intitolata.
H leopardi con questo suo lavoro poetico per primo
dato alla luce , dimostrava di aver già compreso quale
sia la mi sione del pr.eta civile, ciot"^ scuotere gli inerti
ed animarli alle opere generoso e virtuose, far tremare
i tiranni che conculcano le pubbliche lil)ertA. Per me
268 DELLA VITA K DKLLe OPRRR
questa canzone è un segno dei tempi nuovi, in cui
r Italia cercava scuoter da se il peso delle tirannidi e
nostrane e straniere, opera alla quale si adoperarono tutti
i più nobili ingegni di questi tempi, tra cui è il nostro
Giacomo, e quelle anime altere e sdegnose di Ugo Foscolo
e Vittorio Alfieri. Ecco come Francesco De Sanctis, con
queir acume critico che tanto lo distingue , parla del
concetto di questo giovanile lavoro delF illustre R**-
canatese :
"■ D concetto della canzone all'Italia è il solito luogo
comune : già fu grande, or fwn è quella. Un luogo co-
mune qui espresso con molta vivacità da un giovane che
aveva nella sua immaginazione V Italia di Cicerone e
di Livio. Egli entra subito in argomento, con un con-
trasto commovente tra ciò che sopravvive e ciò che è
morto di quella grande Italia:
Vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e V ermo
Torri degli avi nostri,
Ma la gloiòa non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond* eran carchi
I nostri padri antichi.
^ Alzato il tuono, seguita a suon di tromba, accumu-
lando interrogazioni, esclamazioni, ripetizioni, tutto quel
ben di Dio , che si chiama rettorica. Non è una seria
elaborazione sua del contenuto, il quale rimane una ge-
neralità; animato da un sentimento sincero ma vago,
venuto più da un calore giovanile e letterario, che da
una coscenza politica com' è in B?rcheL Non è dunque
memviglia che la forma sia tradizionale e letteraria, con
DI GIACOMO LEOPARDI ÌUO
la solita Htatua allegorica dell' Italia^ e le solite dissimu-
lazioni e sorprese e scene convinizionRli , come ò nelle
canzoni di questo genere (1). ^
L' osservazione del De Sanctis è giusta senza alcun
fallo, ma io penso che il sentimento patriottico nel Leo-
pardi non potesse cominciare a manifestarsi altrimenti.
Nato e cresciuto in una piccola città, in mezzo ad una
famiglia che, come vedemmo, nutriva sentimenti tutt' al-
tro che nazionali, non vissuto in mezzo al turbinio ed
alle lotte delle passioni politiche moderne, il sentimento
{wtriottico, che naturalmente gli scaldava il cuore, non
poteva altro che rivestire le forme classiche. Il giovane
aveva conosciuto la gloria d' Italia negli autori latini,
V non poteva concepire un' Italia moderna gloriosa al
pari dell' antica se non rifacendola sul medesimo stampo;
TOa il sentimento e' ò, e collo studio e coli' esperienza
si emanciperà dai pregiudizi scolastici, si atFermerà più
profondamente, sarà più pratico. Tuttavia il giovane
errittore non ft puramente scolastico e rettorico, come i
suoi critici lo vogliono, egli conosce lo stato misero in
cui è r Italia, ve<le
rh»» tli rateiH* ha taiihi» ainlx» 1»» ìiracria:
SI rh'* P|»arte h» eh ionio v sr»n/a vi'lo
Sì«hI»» in toiTa n<»gl<»tta f» fcoiinolata .
Nu'tt'oniliMì'lc} la farcia
Tra l«* gincKohia. o |>iaufr»>.
o «I* ne commuove penhò fu douna ed ora b. fatta povera
f$neella, e qui, con uno slancio lirico efficacissimo, chiesto
Di SàxcTit; Giacomo U'opardi. Xll — nel Ktoroalc // Diritto^
270 DELLA VITA K DI^LLIi: OPKRIC
come mai sia ridotta a sì misero stato e ninno \ensì
a sollevarla da tanto obbrobrio, grida:
L* armi, qua rarmi: io .«olo
Combatton). pmcoinlieiy» sol io.
Dammi, o liel. che già foco
Agi' italici |K»tti il sangue mio.
E qui, dopo di aver lamentato che
Pugmin |)er alti-a terra itali iuviari ,
mentre dovrebbero combattere per la libertà e indipen-
denza d' Italia, esclama:
Oh venturose e cai'e e l)ene< lette
L' antiche età che a morte
per la patria con*ean le genti a squadre,
e con bel passaggio lirico , che il De Sanctis giusta-
mente chiama felice, viene a celebrare la virtù dei
trecento alle Termopili
ove morendo
Si iiiot trasse da morte il santo stuolo,
e fa dire a Simonide:
Prima divette in mar pt^ecipitando
Silente nelP imo gtridei'an le stelle
Che la memoria e il vostro
Amor trascorm o scemi.
E per tal modo il poeta Recanatese, ricordando, ispi-
rato da sacro entusiasmo, la morte eroica di Leonida e
dei suoi trecento compagni , ha la generosa idea di
risvegliare dal loro sopore gì' Italiani , e spingerli ad
DI GIACOMO LKOPARDl Ì7 1
<>|>erare ])or il ben della patria. Il che se fece il Po-
trarcn ai suoi tempi colla canzone Al potentati italiani^
in modo più efficace e jiù mirabile mi sembra che abbia
il Leopardi nel secol nostro saputo fare. Fra le due
canzoni non v'ò dubbio, nono molti punti di contatto,
anzi in molti luoghi si sente che il nostro poeta aveva
studiato quella del padre della lirica italiana , ma nei
versi di Leopardi mi par di scorgere meglio un forte
sentimento dell' animo, che nel Petrarca è affogato in
un mare di erudizione storica.
La poesia di cui è discorso non potrebbe essere
scrìtta con forma più eletti , che ci fa rivivere ni più
bei tempi della nostra lettemtura, non potrebbe trattare
jùù nobil soggetto, (contenere concetti più sublimi. E si»
tanto sapea produrne un giovanetto di venti anni, quanto
«li meglio non avrebbe saputo fare V uomo quando V e-
sfierienza dol mondo, i maggiori studi i lo perfezionassero?
od in fatti fu cosi, — (Mie «f»tu nella canzone all' Italia
vedi il jM>et*i non volgare, vedi dei lamjù di luce d' una
fervida fantasia , pure vi sc^orgi il giovane cho fresco
degli studi i fatti, come una volta si faceano, piuttosto
pedantescamente , a quando a (juando ti fa sentir la
rettorica. Ed ancora V illustre De àSanctis nel suo scrit-
t*>, in cui esamina questa canzone <lel jH)eta di Reca-
imti, riconosce che rifulge di meriti singolari , ma vi
«ente un po', come già feci notare , la rettorica e la
scuola, E Luigi Settembrini nelle sue dotte Ijczioni di
letteratura italiatm, accennando al giudizio del De San*
ctis, dice ragionevolniont'^ : "^ La scuola si, o amico mio,
ma in contrasto col mondo; T una e T altro in lotta fra
272 DKLLÀ VITA E DtùLLE OPI^Re
loro: quel contrasto e quella lotta che nel 1818, quando
fu scritto questo Carme, fu la vita nostra vera, e la vita
d' Italia. Dalla scuola, dalle memorie, dal passato è
sorta in noi la vergogna, la fede, V azione. Le parole
del Poeta sono state vero foco, le abbiamo ripetute noi,
e le hanno ripetute morendo coloro che sono caduti per
la cara e sacra patria nostra; ed erano giovanetti usciti
dalla scuola, e alcuni dalla tua scuola, o amico mio (1). ^
Non così però può dirsi delle altre poesie che a
questa tennero dietro, ed in cui se tu ammiri una bel-
lezza ed una grazia veramente incantevoli, che ci ricor-
dano le felici produzioni dei più eleganti tra' poeti greci
se tu vi scorgi le bellezze più vaghe e più rare che
si rinvengono nei classici nostri, non vi trovi però pe-
dantesca imitazione da cui V originalità venga a patir
danno, e nulla che di scolastico abbia V impronta.
Ai primi anni della vita letteraria di Giacomo si
riferiscono alcuni lavori, che il Prof. Cugnoni ha dato
ora alla stampa, e di questi dirò, sulla scorta del dotto
editore, poche parole. Nel 1814, cioè quando aveva
appena 1 6 anni , compose i Commentarti de vita et
scriptis Khetorum qtsorundam, qui secando post Chri^
stum saeculOj vel primo declinante vixertmt^ auctore
Jacob Leopardi, qui et selecta Vet^rum opt^scida ad
calcem adjecit^ et Observationibus illustravit Francesco
Cancellieri nel 1815 diede notizia di quest'opera, di-
cendo eh' era stata composta in poco più di un mese.
Essa merita lode per la copia di erudizione e la sotti!
critica che vi si rinvengono, come pure per la buona
(i) Settexbrjm: Lez. di leder. i(.il. Vi>l. III. \^^'^ 551
DI GIAi:0\rO LEOPABDI 273
dìsposizioLC (iella materia, la spontanei ii dello stile,
r eleganza del dettato, che mostrano quanto fosse ver-
sato nello studio dei buoni autori latini sin da quella
^giovanissima età. — Nello stesso anno componeva il
Commentano della vita e delle opere di Esichio Mile^o.
Volgarizzamento delle sue opere: ^ Degli uomini iUu-
stri in dottrina — Delle cose patrie di Costantinopoli ^
ed Osservazioni sulle medesime. — L' accennato Can-
cellieri attesta che questo lavoro fu composto in 6 meA
insieme alla tra'luzione dal greco della Vita di Plotino
scritta da Porfirio. Chi lo legga vedrà che • il dettato
non è nò scelto né elegante, però non vi ha difetto di
proprietà, e si distingue per una certa disinvoltura. Le
o8.^'*rvazioni peccano di sovrabbondanza, ma forse non
eran tutte fatti* per darsi alle stampe. Fa mostra di
molto acume e sajere filologico, proponendo savie cor-
rezioni nel testo. 11 Cugnoni chiama questo libro: //
primo puetHle schizzo d* un grande artista. — Poco aj-
presso, ma non se ne può })recisare la data, compose
il Discorso sopra la vita e le opere di M. Cornelio
Frontone^ e volgarizzamento degli scritti che il Mai ne
pubblicò. V autore è interpretato con fedeltà, ma il det-
tato non è 8emj>re puro ed elegante, perchè questo lavori)
venne fatto quando il Leopardi attendeva allo studio dei
moderni, 8j)ecialmente dei francesi, e disprezzava i clas-
8ici. A questa fatica tenne dietro il Volgirizzamento dei
Frammenti di Dionigi d'Alicamasso pubblicati da! Mai,
nel quale, assai fuor di proposito, è molto nerln) e strin-
gatezza, che non valgono a l)en rendere uno scrittore
che ha doti del tutto opposte. Ad ogni nrodo si vrde
Atchiv- Stui\ .Vai'c/i V. ì. I^
274 DELLA VITA E DELLE OPERE
come il Leopardi fosse tornato familiare coi classici per
non più abbandonarli, giovandosene meglio per V avve-
nire. Quando fu all' età di 1 7 anni compose V orazione
Agr Italiani per la liberazione del Ficaio nel Maggio
del 1815, la quale è una veemente filippica contro Gio-
acchino Murat, che, volendo costituire V unità italiana,
con un esercito aveva invaso le Marche. Fallito il
tentativo, s'ebbero a lamentare le licenze dei soldati.
Leopardi, per V educazione ricevita, non dubitò allora
d' anteporre il benessere e la quiete sperimentati al-
l' ideale riscatto della patria. Lo stile è più francese che
italiano; v' è impeto, breviloquenza e vi si riconosce lo
studio fatto sul principe degli oratori greci. — Risale
a qualche tempo prima del 1813 la Starici delT Astra^
nomia dalla sua origine fino cUl' anno 1811 , lavoro
assai imperfetto dal lato scientifico e critico, ma in cui
è tale copia di erudizione che apparisce immensa avuto
riguardo all' età del giovane che la scriveva con uno
stile ed una lingua veramente barbari. Ad ogni modo
questo, ed altri consimili lavori fanno fede della ferrea
volontà e della pazienza di Giacomo. — Non si può
precisar V epoca in cui fu composto un idillio dal titolo
Le Rimembranze, ma è certo cosa giovanile ed assai
lodevole, per cui può ripetersi il giudizio di F. De San-
ctis per la Vita Solitaria: ** Quei paesaggi così freschi
di colorito, così semplici e precisi di disegno, generano
quella pacata impressione idillica, eh' è propria della vita
campestre (1). „
(1) V. Diritto aono XXIil, n. 226, 12 Agosto 1876.
DI (;i.\<:()\ro LKopAnni ST.'J
Da una lettera a] Cancellieri del 6 Aprile 181 0
rilevasi che Giacomo aveva dato opera ad un commen-
tario intorno ai Cesti di Giulio Africano , commentario
che, p(*r quanto io sapjùa, h tuttora inedito tra le carte
possedute da Luigi De Sinner , le quali ora si conser-
vano nella Palatina di Firenze. Tale lavoro, per testi-
raonianzi dello stesso De Sinner, che lo chiama dottis-
simo, e di quanti hanno potuto vederlo, mostra ur.a
erudizione non comune in un giovane di 18 anni, ed
una maniera di critica diligente ed acuta, quale in molti
libri di simil genere si lascia desiderare troppo di fre-
quente. — • Nello stesso anno fece altre traduzioni dal
latino e dal greco , ma più per istudio che per altro ,
im; erocchft egli stimava giustamente utilissimo il tra-
durre gli autori classici per acquistare piena conoscenra
della nostra favella, ma nel tempo istesso reputava eh »
ninno |M>8sa riuscire ottimo traduttore se non perfetta-
mente conoscendo e la lingua da cui traduce e quella
in cui volgarizzi il proprio autore. Del resto egli iìi
una lett'Ta allo Stella, editore milanese, dice che questa»
sue traduzioni sou) tutte cattive, tranne quella del pri-
mo cauto deir Odissea , che ritmxatu potrà passare. -
Nel 1817 tradusse ancora i! secondo libro deW Eue'dc,
— Ad ogni modo, qualunque giudizio severissimo ehe
la critica voglia fare intorno a questi primi lavori del
I-iOiipardi, pure dovrà sempre meravigliarsi del modo con
cui cominciava a manifestarsi quello straordinarissimo
ingegno, e dovrà sempre dire che sono pochi, uva ;i.s<ai
pochi, i giovani che conoscano a 18 o 10 anni così jut»-
fondamente il latino ed il jjreco.
276 DELLA VITA E DELLE OPERE
Infatti il valente Recanatese per sette anni continui
attese agli studi filologici e letterari, ma fatti a modo;
anzi, a meglio dire, vi attese con quell'ardore intensis-
simo con cui altri giovani attendono a studii meno se-
veri ed a geniali passatempi, ed al fioco lume della
lucerna, secondo ne fa testimonianza suo fratello Carlo,
tu lo trovavi inteso nelle sue preziose ricerche sino alla
più tarda notte nella ricca biblioteca patema. E da que-
sti studii pazienti sull'antichità classica traeva tanto te-
soro di erudizione da poter fer credere ai più valenti
letterati un suo Inno a Nettuno una traduziime dal greco,
e da ingannare l'eruditissimo padre Cesari, che battez-
zava per scrittura del 300 le Memorie del martirio de'
padri del monte Sinai, come conferma Giacomo stesso
in una sua lettera, dove dice: *^ Presto uscirà in Milano
quel mio finto testo di lingua del 300. Se tu lo vedrai
o ne sentirai parlare ti prego conservare scrupolosa-
mente il segreto della sua non autenticità. — Intanto
ti dico che il Cesari lo ha letto nel mio manoscritto
e che ha detto che è una cosa ammirabile, e di qual-
che ottimo autore del trecento. „ Ma non si pensi
però per questo che egli nella sua maniera di scrivere
patisse danno; studiò i classici delle due letterature da
cui l' italiana si originò, e quelli della nostra, e mentre
un ingegno volgare sarebbe da ciò stato tratto ad una
imitazione pedantesca, egli no; col suo finissimo gusto
seppe far succo e sangue proprio delle bellezze che ri-
scontrava nei libri che formavano l'oggetto del suo studio,
e scegliere quello che per i suoi tempi meglio conve-
niva. Così venne a formarsi una maniera di scrivere
Di GIACOMO LROPAnDl 277
tutta propria, nella quale si ravvisan congiunti la sem-
plicità e la grazia degli scrittori greci, e la ingenuità,
chiarezza ed eleganza dei nostri scrittori del miglior se-
colo. Però, siccome già dissi, Giacomo ebbe oltre il più
prezioso dei doni della natura , cioè 1' intelletto capace
di sentire e gustare la vera bellezza, ebbe, dico, a pro-
vare il più gran male della vita, il dolore, sicché cantòj
per così dire^ V inferno colle melodie del Paradiso (1).
V.
Oli amori di tilaeoino Leopardi.
Per quanto madre natura fosse col Leopardi stata
matrigna, pure gli aveva dato un cuore sensibilissimo,
quindi non è a meravigliarsi ch'egli cominciasse per
tempo a provare V amore^ ma quali fossero le donne da
lui amate non può dirsi con piena certezza perchè su
questo riguardo fa uso di grande riserbo, e solo da
qualche frase delle sue lettere, o di quelle direttegli dai
suoi il biografo può argomentare alcuna cosa.
Ma innanzi che io proceda a dire degli amori del
nostro Giacomo, è bene che affermi com' egli riguardasse
la donna come qualche cosa di santo, come un angelo
posto accanto all' uomo per lenirne i dolori della vita
colla soavità e la purezza dell' affetto. E dell' alto con*
cetto eh' egli s' era formato della donna mi pare che fac-
ciano amplissima testimonianza i seguenti pensieri che
r amico Prof. Piergili ha trascritto da una copia di mano
(I) Ranieri: tolorno alla vita Pil sigli «crilli di G. Leopardi.
Ì78 DELLA VITA K DELLE OPERE
di Paolina, e mi ha mandati innanzi ch»^ Prospero Yiani
lì pubblicasse nella sua recente raccolta di scritti inediti
di Giacomo Leopardi.
** Una donna di 20 , 25 o 30 anni ha forse più
d' attraits, pia d' illecebre, ed è più atta a ispirare, e
maggiormente a mantenere una passione. Così almeno
è paruto a me sempre, anche nella primissima gioventù:
così anche ad altri che se ne intendono (M. Merle). Ma
veramente una giovane dai 16 ai 18 anni ha nel suo
viso, ne' suoi moti, nelle sue voci, salti etc. un non so
che di divino , che niente può agguagliare. Qualunque
sia il suo carattere, il suo gusto; allegra o malinconica,
capricciosa o grave, vivace o modesta; quel fiore puris-
simo, intatto, freschissimo di gioventù, quella speranza
vergine incolume che gli si legge nel viso e negli atti,
0 che voi nel riguardarla concepite in lei e per lei ,
queir aria d' innocenza, d' ignoranza completa del male ,
delle sventure, de' patimenti; quel fiore insomma, quel
primissimo fior della vita , tutte queste cose , anche
senza interessarvi , fanno in voi un' impressione così
viva , così profonda , così ineffabile , che voi non vi
saziate di guardare quel viso, ed io non conosco cosa
che più di questa sia capace di elevarci l' anima , di
trasportarci in un altro mondo, di darci un' idea d' an-
geli, di paradiso, di divinità, di felicità! Tutto questo,
ripeto, senza innamorarci, cioè senza muoverci deside-
rio di possedere quell' oggetto. la stessa divinità che
noi vi scorgiamo, ce ne rende in certo modo alieni, ce
lo fa riguardare come di una sfera diversa e superiore
alla nostra , a cui non possiamo aspirare. Laddove in
DI GÌACOMO LEOPARDI 279
queir altre donne troviamo più umanità, più somiglianza
con noi ; quindi più inclinazione in noi verso loro, e
più ardire di desiderare una corrispondenza seco. Del
resto se a quel che ho detto, nel vedere e contemplare
una giovane di 16 o 18 anni, si aggiunga il pensiero
dei patimenti che 1' aspettano, delle sventure che vanno
ad oscurare e a spegnere ben tosto quella pura gioia^
della vanità di quelle care speranze, della indicibile fuga-
cità di quel fiore, di quello stato, di quella bellezza; si
aggiunga il ritomo sopra noi medesimi, e quindi un
sentimento di compassione per quell' angelo di felicità ,
per noi medesimi, per la sorte umana (tutte cose che
non possono mancare di venire alla mente) ne segue
un affetto il più vago e il più sublime che possa im-
maginarsi. „ — Queste sono linee delle più belle e poe-
tiche che nel nostro secolo siano state scrìtte intorno alla
donna, degne d' un grande ingegno e d' un nobile cuore,
e che meritano d^ esser considerate da coloro che nella
gentile metà del genere umano non vedono altro che
un ignobile strumento di voluttuosi piaceri, e le lettere
nostre trascinano in mezzo al fango dei trivi e dei lupa-
nari, che vogliono fietrci credere che virtù ed onoratezza
non siano più patrimonio di alcuna, E certamente quando
Giacomo scrisse le parole or or riferite doveva essere
inspirato ed animato da qualche incantevole bellezza, che
gli scaldava il cuore e gli accendeva la fontasia: ma
r infelicità fisica fece sì che le donne non corrispon-
dessero air amore di lui, di maniera che più tardi scrì-
veva: ^ Oramai credo che tutto sia falso in questo mon-
do, anche la virtù, anche la facoltà sensitiva^ anche,
280 DELLA VITA e DELL^ OPERE
r amore (1). ^ E con V andare del tempo V entusiasmo
cessa affatto, e scrive: ** La freddezza e V egoismo d' og-
gidì, V ambizione, V interesse, la perfidia, V insensibilità
delle donne, che io definisco un animale senza cuore,
sono cose che mi spaventano (2). „ Però, come si vede,
egli che ha cuore , costretto a fare tal confessione non
ci scherza e ride come i n^oderni nostri scrittori, ma
se ne addolora perchè sa che omnia linci t amor, et nos
cedamus amori.
Ma quali furono le donne amate dal grande Keca-
natese? Tediamo d* indagarlo dagli scritti suoi, e dalle
lettere della sua famiglia, e forse le ricerche non saran-
no del tutto frustranee. La poesia giovanile che ha per
titolo 11 primo amore non si ha da reputare uno di
quei componimenti arcadici in cui con frasi stereotipate
si dipingono i non sentiti amori; essa è inspirata da un
sentimento vivo e potente, ma non mi pare che possa
con certezza affermarsi, come fa il Giotti nella sua bio-
grafìa deir illustre recanatese , qual fosse la musa gen-
tile inspiratrice del Leopardi, sembra però che ad esso
congiunta per legami di sangue , per alcun tempo fa-
cesse dimora nella casa di lui, e quivi per V avvenenza
del corpo^ per la gentilezza e soavità dei modi sapesse
guadagnarsi V affetto del giovane poeta, senza però forse
nemmeno pensare di ricambiarlo con altrettanto amore,
od anche neppure immaginare eh' egli a lei volgesse il
pensiero. Ma la partenza della donzella fìi cagione di
grave dolore al povero Giacomo, che cantava:
(1) Eptslolario: Voi. I. p^s. 200.
(3) E|ììs!olario: VoL L p»?. 909.
DI GIACOMO LEOPARDI 281
Tornami a mente il di che la battaglia
D* amor Betitii la prima volta, e cUrsI:
Oiraè, ao questue amor, com' ei travairlia!
Che gli occhi al puoi tutt* ora intenti e flsgt ,
Io mirava colei eh* a questo core
Primiera il varco e<l innocente aprissi. ^
Ahi come mal mi governanti, amore!
Perchè seco dovea si dolce aflV'tto
Recar tanto desìo, tanto dolore?
K non sereno, e non intero e schietto,
Anzi pien di travaglio e di lamento
Al cor mi discendea tanto diletto?
E queir amore era così vivo e sentito che
come per febbre
Rotto e deliro il sonno venia manco.
Ma pur troppo quella fanciulla andava lontana da
lui e a lui non avrebbe forse più rivolto un pensiero,
ed i sentimenti provati al momento della partenza cosi
al vivo ci dipinge il poeta:
Senza sonno io giacea sul di novello,
R i destrier che dovean farmi deserto,
Battean la zampa sotto al patrio ostello.
Ed io timido e cheto ed inesjierto,
\^r lo balcone al buio protendea
L* orecchio avido e T occhio indamo ajterto.
La voce ail ascoltar, se ne dovea
Di quelle labbra uscir, eh* ultima fosse;
La voce, eh* altro il cielo, ahi, mi togliea.
Quante volte plel>ea voce percosse
n dubitoso orecchio, e un gel mi prese,
E il core in forse a palfiitar si mosse!
E poi che finalmente mi discese
La cara voce al core e de* cavai
E deUe rote U romorto s* intese;
282 DELLA VITA K D£LLK OPERE
Orbo liiuaso allor. nii rauxiirchiai
Palpitando ne] letto e chiusi gli occhi.
Strìnsi il cor con la mano e palpitai.
Ma se quello fii il primo e non felice amore del
nostro Giacomo, altre donne però ne possedettero il cuore;
e la Silvia, e la Xerina, e l'Aspasia delle sue poesie
rappresentano senza fallo delle fanciulle di cui egli ora
grandemente invaghito, ma nessuna delle quali pare cor-
rispondesse al suo affetto, non trovandos'^ne neppur una
•
che volesse avere la gloria di far^i consolatrice della
infelice vita del leopardi, non troATmdosene neppur una
che volesse esser più curante delle nobili doti dell' animo
e dell' ingegno, che di quelle fisiche. In una lettera di
Paolina trovo queste parole: •* La. vostra Serafina si fa
sposa nel giorno ultimo di agosto (1) „ ; le quali mi
fanno credere che la donna ivi nominata non gli sia
dispiaciuta, e questa era una Serafina Basvecchi figlia-
stra di Yito Leopardi, zio di Giacomo. Vogliono ancora
alcuni critici che, giovinetto, il recanatese amasse una
fanciulla del popolo, ma io non ho trovato modo di ve-
rificare la cosa, la quale del resto può essere benissimo,
e non ha nulla dello strano. E I' Aspasia che, come
egli scrisse ,
Raggio divino al mio })ensìero apparve
Donna, la tua beltà,
quella Aspasia
Che smisurato amor, che afihnui iutenf^i.
Che indicibili moti e che deliri
(1) Piergili: LcIUtc a G. Leopardi eie. p. 191.
DI GIACOMO LeOPARDl 283
mosse in Lui p chi era ella mai ? Le indagini che sì-
nora sono state fatte per giungere a conoscerlo, sono
riuscite tutte vane, e non sarò io certo colui che in-
venti una storiella qualunque per appagare la curiosità
dei lettori.
Alcuni , e tra questi il Posocco , hanno voluto far
credere che il nome di Aspasia coprisse quello della
Contessa Teresa Camiani Malvezzi, però il Viani aflFer-
nia che ella non è, promettendo di farlo toccar con
mano nel Supplemento all' Appendice dell' Epistolario, e
a n)e non pare che gli argomenti addotti dal Posocco
valgano a provare in modo indubitabile che la Mal-
vezzi sia r Aspasia «Ielle poesie di Giacomo; essi val-
gono soltanto a farci sapere che anche questa donna fu,
per le doti dell' animo e dell' ingegno, tra quelle amate
dal Leopardi , quantunque questi si periti di chiamar
amore il sentimento vivissimo di simpatia eh' egli per
lei provava.
In una sua lettera al fratello Carlo il 30 Maggio
1826 Giacomo scriveva: *^ Sono entrato con una donna....
in una relazione , che forma ora una gran parte della
mia vita. Non è giovane, ma è di una grazia e di uno
spirito che (credilo a m^, che finora 1' avevo creduto
impossibile ) supplisce alla gioventii , e crea un' illusione
niaravigliosa. Xei primi giorni che la conobbi, vissi in
una specie di delirio e di febbre. Non abbiamo mai par-
lato di amore se non per ischerzo, ma viviamo insieme
in un' amicizia tenera e sensibile, con un interesse scam-
bievole, e un abbandono, che ò come un amore senza
inquietudine. Ha per me una stima altissima; se le leggo
284 DKLLA VITA E DELLE OPEI^E
qualche mia cosa, spesso piange di cuore senz* affettar
zione; le lodi degli altri non hanno per me nessuna so-
stanza: le sue mi si convertono tutte in sangue, e mi resi a-
no tutte neir anima. Ama ed intende molto le lettere e la
filosofia; non ci manca mai materia di discorso, e quasi
ogni sera io sono con lei dall' avemaria alla mezzanotte
passata, e mi pare un momento. Ci confidir.mo tutti i
nostri segreti, ci riprendiamo, ci avvisiamo dei nostri
difetti. In somma questa conoscenza forma e formerà
un' epoca ben marcata dalla mia vita, perchè mi ha
disingannato d<^l disinganno, mi ha convinto che ci sono
veramente al mondo dei piaceri che io credeva impos-
sibili , e che io sono ancor capace d' illusioni stabili ,
malgrado la cognizione e V assuefazione contraria così
radicata, ed ha risuscitato il mio cuore, dopo un sonno
anzi una morte completa, durata per tanti anni (1). ^
Ma questa donna gentile che comprendeva la mente
ed il cuore del Leopardi, e faceva rinascere in lui la spe-
ranza e la fede era proprio la colta bolognese? Prospero
Yiani in una nota a questa lettera ci dice ch:^ questa donna
è nominata sul fiìie della lettet^a 293, ed infatti in questa
lettera si accenna ad una contessa Malvezzi di Bologna,
dama di molto spirito e molta coltura, ma non vi trovo
neppure una sillaba che possa far credere indubbiamente
che la Malvezzi fosse quella di cui Giacomo parlava con
suo fratello, però neir Appendice alt Epistolario^ or non
ha guari venuta alla luce, trovo ristampata la lettera
278 , da cui ho tolto il brano qui riportato, senza la
reticenza che è nell' Epistolario, e da essa chiaramente
(1) Loopcriti: EpUlularìo Voi. I. pag. 456-457.
Dt GIACOMO LEOPARDI Ì85
risulta che la donna di cui vi si parla è in realtà la
contessa Malvezzi, colla quale però un anno appresso
avea già rotto ogni intima relazione perchè così a lei
era piaciuto avendo trovato che la comyersmione da sola
a sola con Giacomo r annoiava.
Né altro qui mi pare di poter aggiungere intomo
agli amori del Leopardi, il quale non fortunato neppure
in questo per la sua deformità fisica, ebbe però tale e
cosi grande concetto della donna, provò per lei cosi viva
e virtuosa passione che a ciò l' Italiana poesia deve al-
cuni dei canti più bolli di cui essa si onori.
TI
Le poesie del Leopardi
Non ò di mestieri che io qui parli di tutti gli scritti
fioetici che del Recanatese ci restarono, che basterà a
fame conoscere la sua anima ed il suo ingegno, Tesamo
di alcuni.
Col sorgere di una nuova scuola letteraria, la quale
si proponeva il patriottico scopo di risvegliare gli ani-
mi degli Italiani assopiti dalla troppo lunga servitù, ed
innamorarli della libertà ed indipendenza, era naturai
cosa che gli scrittori più eletti rivolgessero il pnsiero
a tornare in onore lo studio di quegli che, per amore
alla indipendenza; per grandezza di animo e di ingegno,
fu e sarà sempre da riguardarsi non solo come il pa-
dre della nostra letteratura, ma altresì il più illustre ed
il più Italiano degli Italiani. Se con sacrifizi di sangue
e di denaro giungemmo finalmente a riconquistarci una
286 DELLA VITA B DELLE OI*ERE
patria libera, non bisogna però dimenticarsi che le ri-
voluzioni e le barricate furono precedute e preparate dai
nostri poeti e prosatori che dallo scorcio del pas:ifato se-
colo fino oltre alla metà del presente diffusero e popò-
larizzarono le idee liberali, ridestarono V en tusiasmo pa-
triottico delle moltitudini; e quindi se dobbiamo grati-
tudine a quanti imbrandendo le anni ricacciarono lo
straniero oltre le Alpi ed il mare, non ne dobbiamo
meno a chi, abbandonate le arcadiche nenie risvegliava
la nostra coscienza d' Italiani, e ci spronava ad opere
generose e grandi.
A Dante Alighieri, lo sdegnoso ghibellino che di per
se stesso fece parte, volle anche il Leopardi rendere il
tributo del suo ingegno e scrisse la bella canzone sopra
il monumento che eriger gli si doveva in Firenze. E
qui alla mente del poeta si presenta V ingratitudine del-
la patria verso il suo maggior figliuolo, la grandezza
del fiero Ghibellino, le sventure di lui e quelle d' Italia,
e ciò trae della sua lira versi divini che rivelano i sen-
timenti provati dallo scrittore nel dettarli. Chi vuole gu-
star poesia sublime legga questa canzone, e l'anima sua
verrà ricreata; proverà tutti quei sentimenti da cui l'ani-
mo e la fantasia dello scrittore furon commossi, sì da
dover convenire che il Leopardi non è certo l' ultimo
dei moderni cantori di Dante. Qui non è vano sfoggio di
rettorica e di erudizione, da cui vengano il calor dell'af-
etto e l'eleganza delle poetiche immaginazioni oscurati, ma
ò il cuore che parla e dal cuore scaturisce poesia vera.
Non è più 1' Arcadia dove gli scrittori fanno a gara a chi
Bappia usare maggior numero di frasi eleganti incastonanr
DI GIACOMO LEOPARDI 28?
dolo, corno Torefice fa dello gioio, spesso senza garbo,
negli scritti propri, ma è il libero poeta che, nauseato
dello lodi che i venali innalzano ai pot'^nti i quali ne
sono immeritevoli, schifito di vedere con morta poesia
descritti i non sontiti amori, dico, è il libero poeta che
canti la libertà, la patria e le sue glorie immortali. Io
credo che i detrattori del povero Leopardi, a cui sem-
bra che alcuni farisei della letteratura non vogliano fare
tn>var pace nemmeno nel sepolcro, non abbiano letto
nò la canzone alT Italia, né questa pel monumento di
Dante, od almeno vogliono far le viste di non compren-
derlo altrimenti sarebbe lor forza confessare che e' ò il
dolore, ma non la disperazione, e' è quel dolore che ai
suoi tempi ogni buon Italiano doveva provare nel veder
la patria serva di tiranni e di preti. ^ L' argomento
patriottico , dice Francoaco De Sanctis , e nuovo desta
noi poeta una viva partecipazione, e gli comunica
uno slancio e una ispirazione che si mantiene in sino
alla fino. Ija forma , ancorché convenzionale e ri<*or-
devolc , acquista dal calore e dalla sincerità dc*l sen-
timento un moto col**re e un' aria di originalità , o
te no senti attirato e compiaciuto, corno di forma bel-
lissima in questo genere letterario. ^
Ma esaminiamo nelle sue parti questa canzone e
meglio co ne appariranno lo infinito bellezze. Il poeta
conosce che por svegliar la sua patria dalT antico soi)or^
bisogna che lo menti si rivolgano ad ammirare i nobili
erompi del passato, da cui possono derivare efficaci in-
segnamenti por il presente, o rivolto all' Italia le dico:
O Italia a cor ti stia
Far ai passati onor; che d^ altrettali
Oggi vedove son le tue contrade.
Né e' è chi d'onorar ti si couvegna.
Volgiti indietro e riguarda, o patria mia.
Quella schiera infinita d* immortali,
E piangi e di te stessa ti disdegna.
Che senza sdegno ornai la doglia è stolta!
Volgiti e ti vergogna e ti rìse noti,
E ti punga Una vdlt^
Pensier degli avi nostrì e de' nèpoti.
E certo, sebbene l'Italia non fosse allora priva al
tutto di figli generosi, come dice il poeta, tuttavia in
non prospere condizioni ma in infelicissime si ritrovava,
che, a chi 1' amava d'ardentissimo amore come il Leo-
pardi, facevan desiderare che si svegliasse dal torpore
in cui sembrava immersa, né a ciò nulla poteva tornare
più acconcio dell' eccitare in lei la vergogna del pre-
sente, e mostrare la grandezza del passato, invitandola
ad onorarlo ed imitarlo. Si lamenta poi che le ossa
di Dante
Oiaccian esuli ancora
Dopo il funereo di sott" altro suolo.
ma si riconforta in pensando al monumento che si vuole
innalzargli, mostrando almeno che le arti del bello pros-
so di noi sono ancor vive, e
Conforto a nostra sventurata gente,
Fra r itale ruine
Gr itali pregi a celebrare intente.
Quindi il poeta, dopo di avere accennato che ancor ^li
vuole all'opera altrui unire il suo canto, si rivolge a
DI GIACOMO LEOPARDI 289
parlare all' Alighieri e gli ricorda i danni e V onte del-
la patria con efficace vibratezza ed energia, e non può
a meno di dirgli
B<'ato te che il fato
A viver non dannò fra tanto orrox'e.
E qui gli si oflFre occasione di ricordare molti e molti
dei mali d' Italia, e questi lo affliggono sì che non può
listarsi dal chiedere
Perchè veniniino a si perversi tempi?
Perchè il nascer ne desti o perchè prima
Non ne desti il nioiii'c.
Acerbo fato?
domanda naturale in chi, oppresso dal dolore, ha il de-
siderio di concorrere al bene del proprio paese, e non
può trovar via por cui a questo si aggiunga; come ò
naturalissimo il chiedere in appresso se tale stato mise-
rando di cose non debba mai aver fine. E la conclu-
sione di questo mirabilissimo canto, il cui intento pa-
triottico è evidentissimo e degno della più alta lode,
mi sembra notevole e spontanea, si che non posso ri-
manermi dal trascriverla.
In etemo perimmo, e il nostro scoino
Non ha verun confine?
Io mentre viva andrò sclamando intorno:
Volfrìti agli avi tuoi, guasto legnagpo:
Mira queste ruine
E le carte e le telo e i marmi o i t^^mpli:
Pensa qual terra premi; e se destarti
Non può la luce di cotanti esempli
Che stai ? levati e parti.
Non si conviene a sì corrotta us^inza
Questa d* animi eccelsi altrice ** scola:
S« di codardi è stanza^
Meglio r è rimaner vodova e soia.
Àrehiv, 5tor. March. V. I. 19
290 DELLA VITA E DELLE OPERE
Ma V Italia, o roagDanimo j^oeta, s' è risvegliata alla
potente tua voce, e a quella degli altri generosi cui
doleva di vedere che fosse
Non donna di province ma bordello,
ed ha saputo mostrare al mondo che non era di codardi
stanza] s* è vendicata da ogni vituperevole servitù di
stranieri e di chierici, ed ora siede regina yvI Campi-
doglio, dove speriamo che sappin emulare la gloria de-
gli avi.
Le nozze, poi non avvenute, della sorella Paolina
offrono a Giacomo occasione di sciogliere un canto di
lui non indegno. Non è questa rna delle solite poesie
di nozze in cui entrano , come cose obbligale , le faci
d' Imene, V elogio di virtù che spesso gli sposi non
hanno, di bellezze fisiche che esistono solo nella mente
del poeta, no, quello di Leopardi non è uno di questi
lavori nulli che hanno la vita di un giorno. Egli con
affetto di fratello si rivolge alla sua diletta Paolina per
darle l' addio mentre lascia la casa patema e nel tem-
po istesso mostra, con versi impareggiabili, quali egli
li sapeva fare , quanto la donna sposa e madre , deve
alla famiglia, deve alla patria.
. ^. . . . Madri d' imbelle prole
V* incresca esser nomate,
egli dice alle donne italiane, dopo di aver loro ricor-
dato che da esse
non poco
La patria aspetta.
DI GIACOMO LEOPARDI * 291
La carità del natio loco, che accender dovrebbe il cuore
iV ogni anima 1 en fatta, 8])iuge il poeta a parlare: egli
riconosce la potenza dell' educazione per migliorare gli
uomini, e ricorda alla sua diletta come questo sia uno
dei doveri più santi che natura impose alla madre; guai
a colei che vi manca! guai alla terra dove la donna
non ha cura dell'educazione dei figli! l'attendono vizii
lirutali ed jobbrobriosa servitù, onde giustamente il poe-
ta nostro esclama:
Ragion <li nostra etale
lo chioggo a voi.
Quando Giacomo scrisse questa magnifica canzone
aveva già provato il dolore, aveva visto la corruzione
dei suoi tempi, ma nel mentre scorge che
■
Immenno
Tra fortuna <* valor (Usaidio pone
n corrotto coHtumo,
non gli manca la fiducia nell' avvenire, e spera che per
opera delle madri la nuova generazione
I danni e U pianti»
Della virtude a toUerar k* avvezzi
e qu(»l che pregia e cole
ÌA vergoguoM etA condanni e .«prv'zzi.
Non ^ il credere nella assoluta mancanza della virtù
nel mondo che fa parlare il poeta, non è il credere ohe
il cuore umano non sia più capace di nutrire sentimenti
che spronino V individuo ad azioni generose, no, h il de-
siderio del meglio, è il desiderio di spronare ì virtuosi
292 DELLA VITA E DELLE OPERE
a far sì che un giorno il lene regni sovrano tra gli
nomini, il quale pone in bocca allo scrittore accenti se-
veri e di sdegno contro i mali del suo tempo. Si sente
r uomo stanco e nauseato della perversità dell' epoca in
cui vive, ma un raggio di speranza gli vive ancora nel
cuore, e gli fa compire la più noi ile delle azioni che
dal cittadino possa esser compita, Io spinge a ridestare
i suoi connazionali che pare sonnecchino e non s^ av-
vedano come siano caduti in basso loco.
Per eleganza e spontaneità di verso, per novità e
naturalezza d' immagini, per una soave armonia che
tutto lo domina, ed in fine per essere un fedele spec-
chio dei sentimenti delf animo del Leopardi non me-
rita d' esser passato sotto silenzio II sabato del villaggio.
In questa elettissima poesia, che quante volte rileggo
tante trovo mirabile, il concetto dominante è che un
bene il quale speriamo ci riesce più dolce di quando
lo abbiamo ottenuto; che anzi una cosa fino a tanto che
la speriamo è un bene, ma quando siamo pervenuti a
possederla cessa di esserlo. Da ciò consegue la massima
sconsolante che domina in tutta la filosofia del Leopardi,
che il bene e la speranza sono cos^ vane , e che il
solo dolore è reale. Filosofia desolante, non nego, ma che
fu una conseguenza naturale dei dolori fisici e morali
da cui r infelice poeta fu oppresso, ila sebbene vi sìa
tale concetto filosofico predominante questo componimen-
to poetico è uno dei più belli che siano usciti dall' in-
gegno e dal cuore dell' illustre Recanatese, e caro ne
riesce per 1' aggraziata semplicità con cui ci pone sot-
t' occhi quella donzeUetta che vie^i dalla campagna
DI GIACOMO LEOPAHDt 293
In sul calar del sole,
e la vpcchiercUa che
Si(»(1e con le vicine
Su la scala a filar,
rìof)rc)ando i bei giorni della sua fiorita età. E ti par
di vedere e d' udire che
I fanciulli gridando
Su la piazzuola in frotta,
K qua e là saltando,
Fanno un lieto romore;
ed il poeta ti fa con lui entrare nella bottega del le-
gnaiuolo, e ti fa assistere alla diligenza che pone per
fornir V opra anzi il chiarir dell* alba.
Però chiaro aj^parisoe tutto il concetto filosofico del-
l' autore nella penultima stanza, in cui dice:
Questo di nette è il più gradito giorno
Pien di «penie e di gioia;
Di man tristezza e noia
Recheran Toi^e, ed al travaglio u^ato
Ciascuno in suo pen^ier farà ritorao.
Dalle quali parole si vede come il Leopardi credesse
che: ^ La noia non ^ se non di quelli in cui Io spi-
rito è qualche cosa. Più può lo spirito in alcuno, più
la noia è frequenta, penosa e terribile; ^ e come egli
fosse di pensiero che: ^ L\ noia ò in qualche modo il
più sublime dei sentimenti umani (1). « La qual cosa,
e molti saran del mio avviso, non posso credere vera.
I
294 DELLA VITA E DELLE OPERE
altrimenti bisognerebbe convenire che la povertà di spi-
rito e r ignoranza sono i più grandi beni di cui possa
r uomo godere, mentre non sono che i più grandi mali
che ne possano affliggere, perciocché allora non potrem-
mo godere della civiltà, la quale tanto più è in vigore
quanto più gli uomini sono colti e più buoni. Ma eh*»
a tali conclusioni disperate venisse il Leopardi infeli-
cissimo non è a meravigliarsi, solo è da far le mera-
viglie di coloro i quali, non trovandosi nelle condizioni
fisiche e morali di lui, le accettano come buone, perchè
vedendo che con tutto questo egli potè, meritamente,
conseguire gloria immortale , pensano che a loro sia
dato ottener lo stesso fine seguendone la dottrina fi-
losofica anco in quelle parti in cui non può e non
deve essere imitata.
I^a Ciinzone A Silvia, in cui ricorda l'amor suo per
una giovinetta tessitrice la quale
pria che l'erbe inaridisse il verno.
Da chiuso morbo combattuta e vinta.
cadeva morta, è canzone affettuosa, piena di soave me-
lanconia, e ti commuove sentire il poeta che si lamenta
del suo destino con queste desolate parole:
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaix) i fati
La giovinezza. Ahi come.
Ck>m6 passata sei,
Cara compagna dell' età mia nova.
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, r amor, 1* opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
DI GIACOMO LEOPARDI 295
Quo^ta la sortp delle umanf" genti ?
Air ap|Kirir del v»»ro.
Tu niÌRprA, c.ule«ti: e con la mano
L:i fn* Ma morte e<l una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
La poesia <lol Leopardi è eminentemente soggettiva,
perciò, sìa che celebri Un vincitore nel giuoco dtl pal-
lone^ sia che scioIj»:a un canto a Bruto Minore o saluti
La Primavera^ sempre vi trovi espresso V animo intero
dell' autore, e la cimdizione i^sicologica delle varie età
di lui la puoi benissimo dedurre dall' esame dei suoi
parti poetici, i quali mentre sono condotti con un pro-
fondo gusto deir arte non cessano di essere originali,
non si allontanano dalla realtà senza però dare, come
fanno i realisti moderni, nell' osceno; ed esempio di rea-
lismo (> La quiete dopo la tempesta^ oltre il Sabato del
villaggio che già esaminammo, dove sono quadretti de-
licati, gentili e pieni d' incantevole naturalezza, si che
tu non sai se un pittore avrebbe saputo far di meglio
per quanto valente ed esperto. E della Primavera ha
scritto di lecente una analisi accurata lo Zumbini, il
cui valore nella critica oggimai tutti conoscono, mo-
strando come in quei versi specialmente si riveli nel
Leopardi T amore alle favole antiche, che gli duole sian
spente, come già se n;' dolsero altri poeti stranieri, e
tra noi il Monti. Però il Recanatese rimpiange la
morte delle favole antiche sotto un punto di vista di-
verso da quello che fa il poeta di Fusignano; questi
considera la mitologia solo come un mezzo per adornare
ed abbellir*' concetti ed idee moderne e cristiane, men-
tre quegli vorrebbe che ancora fosse viva e creduta,
!É96 DELLA VITA E DELLE OPERE
perchè pensa che il cuore e la mente debbano appa-
garsi meglio delle favole che non di certe verità le
quali dimostrano la vanità delle cose umane. Ciò al-
meno mi sembra dover dire in quanto all' idea inspi-
ratrice del poeta, riguardo poi alla forma della canzone,
consentendo pienamente collo Zumbini non reputo fuor
di luogo citare le sue stesse parole.
•* . . . Ciò che diparte questa canzone leopardesea
da tutte le altre poesie moderne intorno alle favole an-
tiche , sono principalmente le sue particolari qualità
estetiche. Essa canta 1' antico, appropriandosi mirabil-
mente le forme e il sentimento dell' arte classica; e già
notammo in essa parecchie immagini di antichi poeti,
nelle quali il nostro, trasportandole in questa sua can-
zone, trasfuse una vita e un calor nuovo, derivati dal-
la meditazione amorosa delle proprie idee, del suo cuore
stesso. Ora, come abbiam fatto per questa canzone, così
per tutte le altre, e specie per quelle del secondo perio-
do, si potrebbe studiare questa meravigliosa appropria-
zione di forme antiche, compiuta dal Leopardi. Potrebbe
notarsi come talvolta ei togliesse dagli antichi V imma-
gine insieme con 1' idea a cui essa faceva luce; come
tal altra prendesse 1' immagine sola, adoperandola a far
poetico un concetto tutto suo proprio. Il quale secon-
do modo gli riuscì mirabilmente, anche quando il suo
concetto fondamentale era affatto diverso da quello del
poeta, da cui pigliava immagini o concetti particola-
ri (1). „ — Ed appunto in questo io son di pensiero
(1) V. Zombi m: Alla Primavera, o dell» Favole antiche, canzone di G/a>
corno Leopaì*di, pag. 55. — Napoli, Tip. Pcrrotli 1879.
6l GIACOMO LEOPARDI 207
che stia il segreto dell' arte di Leopardi, che è antico
e moderno ad un tempo: antico per la splendidezza,
eleganza e luce armoniosa della forma, moderno per i
pensieri e le idee. Egli, piuttosto che servile imitatore
dell' arte antica, può dirsi scrittore originale classico che
dai latini e dai greci ha saputo prendere quel che gli
tornava acconcio alla manifestazione dei suoi concetti ed
appropriarselo convenientemente.
Ma se io qui volessi mostrare i pregi delle poesie
tutte del nostro Giacomo, troppe altre pagine dovrei
scrivere, e forse farei opera vana perchò elleno oggi-
mai corrono per le mani di tutti, ed a tutti è dato
gustarle ed esaminarle con accuratezza, a me basta quel
che ne ho detto sin qui per far vedere che la fama di
sommo poeta dal Leopardi acquistata gli è ben dovuta,
per quanto i suoi detrattori ne cantino.
vn.
Mali fisici e morali ée\ Leopardi.
8aol Tla^.
Indebolito più che mai dagli assidui studii, il pò*
vero corpicciuolo del nostro Giacomo per potere corri-
spondere alla meravigliosa attività della mente sua, as-
salito da grave malore agli occhi, si che non potè per
qualche tempo studiare sui libri, cominciò a meditare,
quasi unico conforto che fosse rimasto al suo misero
stato, e a voler cercare la ragione delle cose; ed inna-
moratosi della filosoBa ma^ più abbandonolla, quantun-
que da lei ricercasse indarno la spiegazione dei grandi
misteri che reggono le sorti del genere umano, e le vi-
cende della natura.
298 HELLA VITA E DELLE OPERE
Già nel 1817 egli si lamentava della propria sa-
lute, scrivendo: *" Ma mi fa infelice primieramente l'as-
senza della salute, perchè, oltre che io non sono quel
filosofo che non mi curi della vita, mi vedo forzato a
star lontano dair amor mio, che è Io studio (1). r* T^
pochi giorni appresso soggiungeva. "^ Sappiate che sono
sei mesi che io non iscrivo, e leggo così poco che si
può dir niente (2). „ Ed al Giordani, che non appena
conobbe il Leopardi ne scoprì il grandissimo ingegno
e strinse con lui i vincoli della più sincera e calda ami-
cizia, in data del 29 agosto del 1817 scriveva queste
altre parole, che fanno fede dell' infelice stato di sua
salute, e del dolore che doveva provarne: * Nella prima
vi pregava che non pensaste di me quello che con poco
pericolo ui sbagliare si pensa dei giovani, quando di-
cono di essere infelici: vi diceva che benché io abbia
molti desiderii, nessuno ha potuto mai né potrà farmi
infelice, che tale mi fa V assenza della salute, che, to-
gliendomi lo studio in Recanati mi toglie tutto, oltre al
■
pensiero, che è stato sempre il mio carnefice, e sarà il
mio distruttore, se io durerò in poter suo in questa
solitudine (3). „
Riavutosi alquanto della sua malattia oculare, e tor-
nato alle predilette sue occupazioni, cominciò a provare
vivissimo il desiderio di conoscere uomini e cose, e di
lasciare Recanati e la sua famiglia che a ciò non davan-
gli agio. E di andare in una città pili grande consi-
glia vanlo ancora gli amici; e segnatamente il Giordani,
(I) LioPASDì: Epistolirio, Voi. L pig. 6t.
(9) LsopASDì: Epi$(nIario, Voi. I. pag. 65.
(S) LtovARDi: EpisloUrio VoL I. pag. 66. •
dì GIACOMO LEOPARDI 290
il quale era d^ avviso che altrove avrebbe avuto mezzo
di far conoscere lo straordinario suo inp^egno, e racco-
gliere forse ampia messe di onori e di gloria; ma ad
attuare tale disegno molti ostacoli gli si frapponevano
dalla famiglia, la quale forse fuori di casa non gli avreb-
be dati i mezzi neoessari per vivere, come può facil-
mente arguirsi da molti passi di lettere di Giacomo, in
una delle quali egli scrive: ** Sappiate che io non ho
un baiocco da spendere; ma mio padre mi provvede di
tutto quello che io gli domando, e brama e vuole che
gli domandi quello che desidero. E io tra il non avere
e il domandare scelgo il non avere, eccetto se la ne-
cessità de' miei .tudii o la voglia troppo ardente di
leggere qualche libro non mi fa forza (1). ^ — E qui
ci sarà alcuno che chiamerà stranezza questa del poeta
recanatese, mentre stranezza non è in un giovane che
non vuole ormai esser governato come un fanciullo, in
un giovane che forse sa che anche alle domande dal
padre si sarebbe difficilmente risposto affermativamente,
di maniera che giunge a scrivere queste gravi parole:
"^ E potrà anche far la fortuna che mi manchi il vitto
e il vestire, ma non costringermi a domandarlo neppure
alla mia famiglia (2). „ E tanta avversione non vi sa-
rebl)e stata al chiedere se avesse conosciuto facile la
condiscendenza. Ma in Recanftti si vedeva sempre più di
mal animo, altresì perch^ non Io stimavano ancora ca-
pace di pensieri propri e non avrebbero voluto che agis-
se di sua volontà, ma che si lasciasse guidare per ma-
(1) LiorAftDi: EpUtolirio, Voi. I. pif. 86.
(9) LiofAiDi: Epistolario, Voi. 1. pag. 118.
300 DELLA VITA E DELLE ÒPERE
no quasi un fanciullo. A questo proposito mi pare im-
portante riferire il seguente brano d' una sua lettera,
anche a costo che mi si abbia a biasimare di soverchie
citazioni: ** E non voglio lasciar di dirvi che questi
paesi in verità sono sterili e difficili, ma qualunque
altro colla metà della mia premura ne potrebbe pur
cavare assai più eh' io non potrei. Alla fine io sono un
fanciullo e trattato da fanciullo, non dico in casa, dove
mi trattano da bambino, ma fuori chiunque ha qualche
notizia della mia famiglia, ricevendo una mia lettera e
vedendo questo nuovo Giacomo, se pure non mi piglia
per r anima di mio nonno morto 35 anni fa, che portò
questo nome^ suppone che io sia uno de' fantocci di
casa, e considera che rispondendo egli uomo fatto (fosse
ancora un castaido) a me ragazzo, mi fa un favore; e
però con due righe mi spaccia, delle quali Y una con-
tiene i saluti per mio padre. In Becanati poi io sono
tenuto quello che sono, un vero e pretto ragazzo, e i
piti ci aggiungono i titoli di saccentuzzo, di filosofo,
d' eremita e che so io. Di maniera che s' io m' arri-
schio di confortare chicchessia a comperare un libro, o
mi risponde con una risata, o mi si mette in sul serio
e mi dice che non è più quel tempo; che venga avanti
e vedrò io; che anch' egli dell' età mia aveva questo
genio di comprar libri, il quale se n' è ito, venendo
il giudizio; che il medesimo succ(^derà a me: e allora io
ragazzo non posso alzar la voce e gridare: razza d'asini,
se vi pensate eh' io m' abbia a venire simile a voi al-
tri, v' ingannate a partito: che io non lascerò d' amare
i libri se non quando mi lascerà il giudizio, il quale
DI GIACOMO LEOPARDI 301
voi non avete avuto mai, non eh' egli vi sia venuto
qunndo avete lasciato d' amare i libri (1). ^
Intanto la zia Ferdinanda, della quale ho altrove
parlatO; scriveva al padre di Giacomo per indurlo a la-
sciarlo andare, almeno per qualche tempo, in Roma e
sperava di riuscirci, ma ci vollero due anni innanzi che
egli desse a ciò il suo consentimento, sia perchè la strin-
gatezza con cui Adelaide teneva il marito Monaldo ed
i figli faceva sì che a Giacomo non potesse stabilirsi
alcuna somma per vivere fuor di casa, sia perchè il pa-
dre temeva che dal contatto coi letterati e coi giovani
delle università il figliuolo potesse divenire seguace dei
principii liberali. E questa contrarietà, ed una specie
di censura domestica che s' era stabilita perchè "^ si
sono accorti, scrive Giacomo al Giordani, che io ìxìòh-
f« 0for« vffi' T^v X9IV9ÌP „ gli accrescono V uggia ed il
desiderio d' uscire dalla casa patema, dalla quale pur
tenta di fuggire chiedendo al conte Xaverio Broglio
d' Ajano in Macerata il passaporto, che però viene alle
mani di Monaldo, come vedesi da una lunga lettera del
13 agosto 1819 allo stesso Broglio, dove V infelice gio-
vane fa una vivissima dipintura della crudeltà del d^
stino e della domestica tirannia, che, quantunque sia
stato sempre amante della virtù, alla fine per dispera-
zione lo condurranno alla colpa perchè la virtù m* è
stata sempre inutile (2). Anche gli amici del giovane
filosofo si adoperavano per procurargli un mezzo di vi-
co LiorAiiM: Epistolirio Voi. I. pag. 86 e 87.
(9) Vedasi T int<*res<anf« scritto del Prof. G. Pierfili toUtoltto. Giacomo
Lttpmrdi vuoi fuggire dalla caèa patema, clie vide la luce nella muova aw*
roto«iA, aooo XIV Fate. IV del 15 Febbraio 1879.
302 DELLA VITA E DELLE OPERE
vere fuori di Recanati, ed il Brighenli da Bologna
scrivevagli mostrandogli come in quella città ci sarebbe
stata una cattedra a cui egli avrebbe potuto aspirare.
Ma per poterla ottenere bisognava far degli uffici presso
persone potenti, né Monaldo si sarebbe piegato a fame
per cosa al mondo. " Non vuol mantenermi (scrive il
figlio), fuori di qui a sue sole spese; ma non move-
rebbe una paglia per procurarmi altrove un mezzo di
sussistenza che mi togliesse da questa disperazione (1). ^
A Roma Ferdinanda dal canto suo si adoperava, ma
indamo, per far ottenere al nepote la cattedra di pro-
fessore di lingua latina alla biblioteca vaticana.
Ma per quanti fossero gli ostacoli che impedivano a
Giacomo di allontanarsi dal natio borgo selvaggio^ final-
mente potè superarli, e nel mese di novembre del 1822
si recò a Roma, dove trovò le vestigia di queir antica
grande?za eh' egli insino allora aveva studiata sui libri,
ma nulla piti che le vestigia, poiché scrive alla sorella
Paolina: ^ Parlando sul serio, tenete per certissimo che
il più stolido Recanatese ha una maggior dose di buon
senso che il più savio e più grave Romano. ^ Giudizio
forse in gran parte esagerato e d^ un uomo di pessimo
umorBy come giustamente osserva il Puccianti, ma che
nasceva naturale in lui, che, immerso negli studii della
veneranda antichità, si figurava di trovare i nepoti in
tutto e per tutto degni degli avi, mentre invece la ti-
rannide sacerdotale aveva tutto guasto e corrotto.
Quivi si pose con avidità a studiare sui codici an-
tichi, e frutto di questo studio si fu un catalogo di
CO LsopiBDi: EpitCoItrio, Voi. I. pag. SII.
DI GIACOMO LEOPARDI 303
manoscritti greci ed altri importanti e magnifici lavori,
p, se natura e fortuna !* avessero favorito, il celebre
Mai non sarebbe stato più solo nelle sue dotte ricer-
che. In Roma fu, per la sua molta e varia dottrina,
ammirabile in giovine di soli 27 anni, amato e pre-
murosamente cercato dai più dotti stranieri; ed il
Xiebhur, V erudito scrittore della storia antica di Ro-
ma, pubblicamente rendeva testimonianza della gran-
dezza del Recanatese, ed offerivagli, ma inutilmente,
una cattedra di filosofia greca in Prussia, ciò che
avrebbe dovuto fare questa ingratissima e sventura-
ti.<sima Italia, dove ben di rado i sommi uomini che
vi ebbero i natali furono degnamente onorati; e ciò
forse perchè la grandezza loro poteva esser rimprovero
alla nullità di quelli che, solo per la propria servilità
e per V adulazione ai potenti avean potuto conseguire
onori e ricchezze. — Giacomo, come tutti gli uomini
di fermo carattere e d' eletto ingegno, rifuggiva da tali
trasse arti, e sebbene desiderasse uscire della mediocrità
e conseguire fama durevole , non voleva conseguirlo a
prezzo del proprio decoro e della propria dignità se-
condo egli stesso confessa con queste parole: *^ Ora-
mai comincio, o mio caro, anch' io a disprezzare la
gloria, comincio a intendere insieme con voi che cosa
aia contentarsi di se medesimi, e mettersi colla mente
più in su della fama e della gloria e degli uomini e
dì tutto il mondo. Ha sentito qualche cosa questo mio
cuore, jìer la quale mi par pure eh' egli sia nobile; e
mi parete pure una vii cosa voi altri uomini, ai quali se
per avere gloria bisogna che m' abbassi a domandar*
304 DELLA VITA E DELLE OPEM
la, non la voglio che posso l)en io farmi glorioso pres-
so me stesso^ avendo ogni co.sft in me, e più assai che
voi non mi potete in nessunissimo modo dare (1). ^
Queste parole scritte al Giordani, che possono parere
superbe, non sono, ma vengono dettate da chi ha la
coscienza di sé e si sente la forza di disprezzare ogni
bassezza e volgarità della crassa ignoranza che, masche-
rata colle vesti della sapienza, vuol fiirsi dispensatrice
di fema e' di lode.
Ma, ripeto, se i monumenti di Roma ricordavan la
sua antica grandezza, non così gli uomini che di di-
scendenti di quegli antichissimi e gloriosi padri non
serbavan altro che il non:e; mentre essi, oppressi da un
mostro di governo, eran ridotti un vii gregge di schiari;
Leopardi ciò vide, e pianse la passata e morta gran-
dezza. D Niebhur si adoperò come meglio poteva pres-
so il cardinal Consalvi a fine d' ottenergli un impiego,
e questi gli offerse la prelatura, facendogli brillare in-
nanzi agli occhi la speranza di rapidi avanzamenri,
ma il Recanatese non volle saperne, che quello non
era ufl&cio il qual convenisse al suo carattere indipen-
dente ed al suo ingegno.
E che di prelature e di cariche non volesse saper-
ne già aveva significato al Giordani fin dal 16 settem-
bre 1817 con queste parole: ** E quando dico mondo^
intendo questo mondo ordinario, perchè forse volendo
non otterrei, ma certo non voglio né titoli, né onori,
né cariche; e Dio mi scampi poi dalle prelature che
mi vorrebbero gittar sul muso (2). „
(1) LiopARDi: Epistolario, Voi. I. pag. 96.
(%} LMPAasi: fipiftoUiio, Voi. L ptg. 70.
DI GIACOMO LEOPARDI 30S
Nel soggiorno di Roma fatti notevoli non gli ac-
caddero, ma anche qui non trovò quello che pensava
dovesse essere in una gran città; la letteratura era
pettegola e ciarliera, la scienza vacua e gonfia di vana
superbia. Ec<?o com' egli scrive dei letterati romani a
suo padre, nel dicembro del 1822: ^ Quanto ai lette-
rati, de' quali olla mi domanda , io n' ho veramente
conosciuto pochi, e questi pochi m' hanno tolto la vo-
glia di conoscerne altri. Tutti pretendono d' arrivare
all' immortalità in carrozza, come i cattivi cristiani al
paradiso. Secondo loro, il sommo della sapienza uma-
na, anzi la sola e vera scienza dell' uomo, è V Anti-
quaria. Non ho ancora potuto conoscere un letterato
romano che intonda sotto il nome di letteratura altro
che r Archeologia. Filosofia, morale, politica, scienza del
cuore umano, eloquenza, poesia, filologia, tutto ciò o
straniero in Roma, e pur un giuoco da fanciulli, a
paragone del trovare se quel pezzo di rame o di sasso
appartenne a Marcantonio o Marcagrippa. La bella è
che non si trova un Romano il quale realmente pos-
sieda il latino 0 il greco; senza la perfetta cognizione
delle quali lingue, olla ben vedo che cosa mai possa
essere lo studio doli' antichità. Tutto il giorno ciarlano
e disputano, e si motteggiano no' giornali^ e fanno ca-
bale 0 partiti; o così vivo e fa progrossi la lott<*ratura
romana (1 ). ^ Ma se* così ora la gran turba dei letterati
dell'eterna città, puro Giacomo confossa d'aver tmvato
il Mai tut( altro da questa canaglia, e parecchi dotti
forestieri che sono ben altra cosa che i Romani. Sicch*"^
(1) Lior*«Di: Epi»tolari'S Voi. 1. pig. 968.
ÀTchiv. Slor. March. V /. 20
306 DELLA VITA E DELLE OPERE
si capisce che ben presto V uggia e la noia lo assal-
gono anche in Roma, ma questo, come confessa egli
stesso a suo fratello Carlo, viene forse dalla sua parti-
colare costituzione fisica e morale] pur tuttavia il ve-
dere la sciocchezza e vanità de' letterati gli fa dispetto
e lo avvilisce in modo che manderebbe la letteratura
al diavolo mille volte.
Intanto la lontananza dal luogo natio facevagli più
prepotente sentire V amore dei suoi, facevagli rinascere
il desiderio di riveder quelle cose in mezzo alle quali
avea trascorso gli anni di sua prima giovinezza, ed il
cui pensiero ridestavagli cari ed affettuosi ricordi: ab-
bandonò dunque Roma, ed in Recanati fece ritorno, ma
diverso da quello di prima, perchè non aveva trovato
che la società appagasse le umane illusioni, ed il di-
singanno cominciavalo a tormentare.
Nel luglio 1825 lasciò di nuovo Recanati a fine di
recarsi a Milano, dove lo aveva chiamato V editore A. F.
Stella per assistere alla pubblicazione delle opere di
Marco Tullio Cicerone e degli altri classici latini. Stra-
da facendo fermossi in Bologna, dove fu accolto da quei
letterati in guisa che parvegli più cordiale di quella di
Roma, poiché, scrivendo a Francesco Puccinotti in data
del 20 marzo 1826, gli dice: ^ Mi chiedevi nella tua
ultima come mi trattassero questi signori letterati. In
verità non ho di che lamentarmi; mi fanno più onore
che io non merito. „ E questa ultima frase mostra co-
me la vera dottrina vada in lui accompagnata ad una
rara ed imitabile modestia.
Trattenutosi pochi giorni, per allora, a Bologna alla
M GIACOMO LEOPAUm M7
fine di luirlio era a Milano, dov' ebbe oneste acoojrHenre
dallo Stalla, ma dove si trovò men bene che a Bolo-
ìrna- A qaali lavori attendesse nella capitale della Lom-
bardia ec-oo come egli stesso ce lo significa: ** I miei
lavori letterari in Mihno sono stati il combinare gli
elementi di una edizione latina, e di un^ altra latina
e italiana di tutte le o]*ere di Cicerone; della quale
vedrai presto i programmi, Y uno latino, Y altro italia-
no, che ho fatto io. Conservo qui una soprantendenza
lontana su questa intra] »n^a e su quelli che vi lavora-
no, na io non avrò j»arte alcuna neMavori stessi (1) ,»
— Ma neir ottobre dello stesso anno era di nuovo a
Bologna dove attese alla publicazione delle sue poesie
e a quella delle prose, che si stampavano in Milano;
ed in Bologna dimorò sino al novembre del 1826, e}>o-
ca in cui fece ri tomo in Recanati. Quivi attese, p<T
conto dello Stella che fino al 1829 gli pagò scudi
venti mensili, alla compilazione della Antologia classica
italiana, dopo aver data Y ultima mano ali* edizione del
Petrarca, nella quale sej)p(» mostrare quanto profonda
foase la sua dottrina filologica e quanta Y acutezza della
crìtica che per lui era avviata su d' una nuova strada
più ragionevole e più utile. Ma nel paese natio non
rimase a lungo, che il desiderio anlentissimo dì rinve-
nire quella felicità, eh' egli stesso avea cantato esser
cosa vana, lo sjinse di nuovo a Bologna, dove fu nel-
r aprile del 1827; dopo due mesi andò a Firenze,
Quivi una nuova vita gli si a{>erse dinnanzi. La
purezza del cielo, la nìitezza dell' aere, la gentilezza dei
(1) LtorARDi: tpitlolaiio \ol. I. ptft. .V7.
308 DELLA VITA E DELLE OPERE
costumi , la dolcezza della favella lo incantarono , e
gli fecero per breve tempo dimenticare i dolori della
sua travagliata esistenza; dolori allora accresciuti dalla
malattia agli occhi che tornavalo a tormentare. Nel-
la Atene italiana entrò presto in rapporti d' amicizia
coi più valenti cultori delle lettere che sono tutti molto
sociali, e generalmente pensano e valgono assai più dei
bolognesi, ed ebbe la ventura di conoscervi queir Ales-
sandro Manzoni, che coi suoi Promessi Sposi^ usciti di
quei giorni, arricchiva la nostra letteratura di un jre-
ziosissimo libro, e dimostrava come V arte debba sapersi
divincolare dai legami e dalle pastoie dei retori e dei
pedanti se non vuole riescire una statua senza vita e
senza sangue, che non ti scuote e non ti commuove. —
Ecco il giudizio di Leopardi su Manzoni: " Io qui ho
avuto il bene di conoscere personalmente il signor Man-
zoni, e di trattenermi seco a lungo: uomo pieno di
amabilità, e degno della sua fama (1). „ E se Giaco-
mo fosse potuto entrare in maggiori vincoli d'amicizia
col grande milanese non solo avrebbe confermato il
primo giudizio , ma lo avrebbe ampliato mostrando la
ragionevolezza della maggior parte delle teorie letterarie
da lui professate.
Nel novembre fu a Pisa, del cui soggiorno trovossi
contento perchè la dolcezza del clima pareva gli gio-
vasse alla salute, così che gli cominciò di bel nuovo a
sorridere la speranza, e potè con maggior lena attendere
ai suoi lavori letterari. Ai 10 di giugno del 1828 era
di nuovo a Firenze, dove però pel caldo tornarono a
(I) Lbopabdi: Epìs4olario: Voi. \\. pag. 38.
DI GIACOMO LEOPARDI 309
tormentarlo pifi acerbamente i suoi dolori fisici, sicché
sospira il freddo anche per poter mettersi in viaggio
e tornar a vedere la sua famiglia, e si pente di aver
lasciata quella bdV aria di Pisa. — Avrebbe voluto
lasciar Firenze ed avviarsi a Bologna, perchè l'assenza
del Giordani gliela rendeva monotona e maliconica, ma
in quella stagione gli era impossibile; però finalmente
nel novembre dello stesso anno tornava in patria.
Quivi neir inverno, che corse rigidissimo tra il 1829
ed il 1830, tornò a venirgli meno la speranza nella
felicità e nella gloria, porche assalito e tormentato più
che mai dalle sue infermità. ^ H soggiorno di Reca-
nati, scriveva egli al Papadopoli, non mi è caro certa-
mente, e la mia salute ne patisce assai assai; ma mio
padre non ha il potere o la volontà di mantenermi
fuori di casa; fa conto che la mia vita sia termina-
ta (1). ^ Ma pur tuttavia il pensiero di Giacomo era
rivolto a poter trovar modo di vivere fuori di Recanati,
ed a tal fine si adoj eravano i suoi amici, tra quali
1' avv. Ferdinando Maestri si brigò insieme al barone
Ferdinando Cornacchia, di fargli ottenere una cattedra
neir università di Parma, e infatti al Leopardi venne
o£ferta la cattedra di storia naturale, che non era certo
la più adatta per lui il quale sino allora aveva atteso
ad altri studii, sicché si credette in dovere di rifiutar-
la, cosa a cui altri meno coscienzioso ed onesto di lui
non avrebbe badato più che tanto. Dunque le melan-
conie, gli bcoraggiamenti più fieramente lo assalivano,
e fu in tale stato dello spirito suo che wrìsse una delle
(\) LtopiKM: Epi^loliiio, Vu'. II. pa(t. 110.
I
310 DELLA VltA t DELLE OPERE
più belle di sue poesie, Le Ricordanze; dove i senti-
menti che tormentavanlo sono tutti al vivo descritti,
dove si vede V abbattimento dell' animo suo per esser
condannato a vivere g^li anni di sua giovinezza nel
Natio borgo selvaggio, intra una gente
Zotica* vii: cui nomi strani e spesso
Argomento di riso o di trastullo
Son dottrina e saiier:
dove crede di essere invidiato bassamente. E V infelice
poeta muove lamento d' esser costretto a passare i suoi
verdi anni
abbandonato, occulto.
Senz" amor, senza >*ita;
e quindi soggiunge:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi.
E sprezzator degli uomini mi rendo.
Per la greggia e* ho appresso: e intanto vola
n caro tempo giovani^ più caro
Che la fama e V allòr, più che la pura
Luce del giorno, e lo spiran ti perdo
Senza un diletto, inutilmente, in questo
Soggiorno disumano, intra gli affanni ,
0 deU* arida vita unico fioro.
n poeta ha bisogno di amore, ma indamo lo cerca tra
gli uomini e le cose che lo circondano; il cuore gli
dice ama, ma la voce più potente dell' intelletto gli
mostra che in niente è il bene, ed egli si dispera e
piange di non poter conseguire quello che brama ar-
dentemente, perchè
Fantasmi, intendo
Son la gloria e V onon diletti e beni
Mero desìo: non ha la vita un frutto.
Inutile miseria.
DI GIACOMO LEOPARDI 311
Ricorda molte delle cose che lui fanciullo allietavano,
ma ora
con dolor sottentra
Il penpìer del proaento, un van desio
Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui.
È la desolazione che si è impadronita del poeta,
sono i dolori e le nequizie umane che gli mettono sul-
le labbra sì sconfortanti accenti, ma pure un barlume
di speranza esisto ancora del cuor suo, e, riavutosi al-
quanto dalle sue infermità, c^nta 11 Risorgimento^ dove
confessa essersi accorto che
Pur di quel pianto orìgine
Era l'antico afletto:
Neir intimo del petto
Ancor viveva U cor.
Ed il cuore suo, sempre buono e gentile, si riconforta a
vedere le cose belle della natura, e a quegli affetti che
tornavano ad impadronirsi di lui, coussolato domanda:
Siete pur voi queir unica
Luce de' giorni miei ?
Gli afletti che io perdei
Nella novella etÀ?
Ed è contento che quello che prima per lui era dive-
nuto muto, gli tomi a favellare dolcemente al cuore, e
glielo riempia d' un insolito affetto, il quale dà speran-
za di miglior avvenire:
Meco rìtonia a vivere
La piag^'ia. il bo«fo. il monte.
Parla al mìo con» il fonte.
Mero fa%'elU il mar.
312 DELLA VITA E DELLE OPERE
vm.
eli ultimi anni.
Frutto dei momenti in cui più grave assalivalo il
dolore e la melanconia, che rendevangli la vita un . in-
sopportabile peso, sono altri versi come La Gifiestray
i quali, sebbene contengano pensieri tetri e dubbiosi,
pure ti scendono al cuore, ad esso ti parlano, ti com-
muovono, e ti fanno restare ammirato di loro bellezza
ed armonia. E intorno alla Ginestra^ nella quale^ ogni
volta che la rileggo, trovo nuovi tesori di elettissima
poesia, vorrei qui ora spendere alcune parole, ma non
mi par di poterne far meglio rilevare il concetto a cui
s' informa che riportando quanto ne scrive il Capellina
nel suo studio intomo al Leopardi.
" Tutti questi dolori della sua vita raccolse come
neir ultimo grido dell' anima sua nella Ginestra^ dove
tu vedi r amara ironia deridere i canti dell* uomo e
i sognati progressi; e la nullità di questo in faccia del-
la natura, il disprezzo immenso del poeta per esso, e
pei suoi sogni di felicità, e la persuasione che la vera
nobiltà dell' uomo consista nel collocare arditamente lo
sguardo contro il &to comune, nel confessare franca-
mente la miseria e la viltà dell' essere suO; e nel vo-
lere, che la comunanza dei patimenti sia la cagione
dell' amore tra gli uomini e del vicendevole aiutarsi
fra loro. La contemplazione dell' immensità della natura
accresce nel poeta la pietà e forse più ancora lo scher^
no per la piccolezza dell' uomo; la vista del Vesuvio
gli rammenta, come questa natura in un istante abbia
01 GIACOMO LEOPABDI 313
distrutte le opere di molti secoli e tante speranze di
eternità e di gloria, e il pensiero che quel debole fiore
del deserto potrà essere fra poco distrutto dall' ardente
lava, lo induce ad invidiare ;la sorte di esso in para-
gone di quella dei mortali , perchè meno infermo di
loro non ha sognato una Tana felicità, né creduto di
sopravvivere al fato e di durare immortale. ^ — Ma
questo concetto è vestito di tutte le più attraenti forme
della bellezza greca, regna per entro tutto il disperatis-
simo canto una sì dolce armonia che tu, mentre non
puoi far a meno di lamentare che 1' infelice poeta sia
seguace di quella scuola che canta la vuota nullità del
tutto, non puoi non ammirarlo, non puoi non sentirti
rapire soavemente quasi dal dolce suono delle lire eolie,
come t' accade quante volte t' avvieni in opera d' arte
che sia informata a vera bellezza. Ed anco i Parali-
pomeni^ che vogliono riescire una specie di satira, ci
rivelano il riso sarcastico del poeta che ormai s' è do-
vuto dolorosamente convincere che bene^ virtù e felicità
8on cose che non si possono aggiungere dai mortali, i
quali però di tutto ciò menano vanto, e quanto meno
lo meritano se ne gloriano; e di qui vengono quei frizzi
che certamente devono esser diretti dal Leopardi a scrit-
tori del suo tempo, che però sarebbe difficile ora argo-
mentare quali fossero.
La forma letteraria di questo poemetto, non mi par
che possa farlo ascrivere alle migliori cose del Recana-
tese , però ha un' importanza speciale per rilevare lo
stato psicologico di lui in quei giorni, e perciò non è
a meravigliarsi se lo Zumbini si sia lungamente diffuso
314 DELLA VITA E BELLE OPERE
a scrivere intorao ai Paralipomeni ^ e che anche il
D' Ovidio v' abbia speso intorno non poche parole, del-
le quali non riuscirà discaro al lettore che riporti le
seguenti: " Nei Paralipomeni il Leopardi usci dal suo
genio. Il sentimento della relatività di tutte le cose
umane, della subiettività di tutti i nostri concetti ed
affetti , della illusorietà delle nostre speranze e de' no-
stri desiderii , i quali spesso non si racfgiungono , e ,
anche raggiunti lascian V animo in gran parte insoddi-
sfatto, è un sentimento che tutti hanno: anche il cre-
dente, che per la felicità vera sente di doversi rimettere
a una vita diversa da questa. Ma in tutti vien esso
più 0 meno a ogni istante sospeso dalla forza delle im-
pressioni momentanee, o consolato colla speranza della
vita futura. Nel Leopardi invece, il desiderio, e insieme,
a soddisfarlo, almeno in parte, ebbe singolarmente av-
verse tutte le condizioni fisiche, economiche e sociali,
quel sentimento si concentrò. La fede religiosa avrebbe
potuto scemargli il dolore; che da quel sentimento gli
derivava, col lontano conforto della vita oltremondana;
ma le dottrine invece eh' ei professava non faceano che
spiegargli il suo male e mostrarglielo naturale ed insa-
nabile. Onde che lo sconforto, la malinconia, come a
dir questa luce diffusa , che tutti gli animi specchiano
moderatamente , trovò nell' animo del Leoj ardi come
una lente ritorta in cui concentrarsi ed avere il suo
foco. Ora quando esprime lo sconforto, la malinconia,
egli è inarrivabile: è il primo lirico del mondo. Quando
n' esce, naufraga, com' è nei Paralipomeni e nella Pa-
linodia. Son naufragi da buon nocchiero, ma son però
DI GIACOMO LEOPARDI 315
naufragi. Egli vuol riuscire ironico, satirico. Ma V ironia
sua non ha finezza, il suo scherzo non ha grazia. Tante
volte comincia con la satira e finisce parlando sul se-
rio. Il frizzo sfrima in un raziocinio, la caricatura nel-
r invettiva. Comincia V ottava col riso , ma 1' ottava
non è ancora chiusa e il riso non ancoT finnito di for-
mare, che già egli digrigna i denti (1). ^ — E il
D' Ovidio ha perfettamente ragione, però la spiegazione
del perchè il Leopardi nella satira sia riuscito inferiore
ad altri che la satira dettarono, la troviamo nella sua
natura fieramente sdegnosa , cui il male ed il vizio
piuttosto che muovere il riso muovono T ira e lo sde-
gno, e se anco si sforza a ridere lo sforzo non sa col-
r arte nascondere sì che tu non se t' avveda.
Il 10 maggio 1830 Giacomo era di hel nuovo in
Firenze, dove gli amici gli fecero le più liete accoglien-
ze, e sotto quel mitissimo cielo la sua salute da princi-
pio si riebbe un poco. La familiarità già da prima con-
tratta col generale Colletta, (V autore illustre di quella
Storia del Reame di Napoli^ che fu un libro di ftioco
contro la brutale tirannide dei Borboni), divenne in
questa occasione propriamente intima di modo che ogni
giorno erano insieme e si comunicavano a vicenda i
propri dolori, le speranze dell' avvenire, e V uno al-
l' altro porgeva conforto ai prediletti studii.
In questo mezzo un filologo tedesco, il signor Luigi
De Sinner, chiedeva eri otteneva dal Leopardi tutti i
suoi manoscritti filologici per stamparli in Germania,
ma poi non ne pubblicò che una piccola scelta a Bonna
(I) D* Ovidio: Saggi Criltoi pag. s v 6. — «Napoli V. Morano.
I
316 DELLA VITA E DELLE OFEBE
nel 1834 col titolo: Excerpta ex schedi s criticis Jacobi
Leopardi^ Giacomo poi, dal canto suo, attendeva alla
ristampa di tutti i suoi canti, che vennero alla luce in
Firenze nel 1831 coi tipi di Guglielmo Piatti.
Neir ottobre dello stesso anno 1831 si portò a
Roma, e perchè abbandonasse Firenze all' improvviso
non apparisce dalle sue lettere, si vede che anzi pone
grande studio a non manifestarlo , perchè al fratello
Carlo , pel quale non aveva segreti , scrive: ^ È na-
turale che tu non possa indovinare il motivo del mio
viaggio a Roma, quando gli stessi miei amici di
Firenze , che hanno pure molti dati che tu non hai,
si perdono in congetture lontanissime. Dispensami , ti
prego, dal raccontarti un lungo romanzo, molto do-
lore e molte lagrime. Se un giorno ci rivedremo,
forse avrò forza di narrarti ogni cosa. Per ora sappi
che la mia dimora in Roma mi è come un esilio acer-
bissimo, e che al pili presto possibile tornerò a Firenze,
forse a marzo, forse a febbraio, forse ancor prima (1). ,
E nel marzo infatti era di nuovo nella eulta capitale
della gentile Toscana, dove il Leopardi fu eletto acca-
demico della Crusca.
In questo mezzo era venuto alla luce il libro di
Monaldo Dialoghetti sulle materie correnti nell' anno
1831j libro che fu ricercatissimo, sicché in tre mesi se
ne fecero in Italia sei edizioni, e contro il quale l'aba-
te La Mennais scrisse un articolo virulento col titolo:
De V Absolutisme e de la Libertèj publicato nella Revue
des Detix Mondes del 1. agosto 1834. Si capisce facil-
(1) Lkopabdi; Epislnbrio, Vo). II. pap. 169.
DI GIACOMO LEOPARDI 31?
mente che le idee manifestate in questi Dialoffhetti dal
loro autore erano tutt' altro che liberali, per il che, es-
sendosi sparsa voce che Giacomo li avesse dettati, egli
stimò necessario rifiutarne pubblicamente la paternità,
come si vede dalla sua dichiarazione al Vieusseux stam-
pata nella Antologia di quei giorni.
Ridotto in gravissime circostanze economiche si ri-
volse al padre per ottenere un assegno mensile dì 12
francesconi, che ottenne. Intanto la sua salute tornava
a riì^entire forti danni, sicché gli era impossibile l'ap-
plicare come avrebbe voluto, e la noia e la melanconia
gli rendevano sempre più uggiosa la vita. ^ Se mai
persona desiderò la morte così sinceramente e viva-
mente come la desidero io da gran tempo, certamente
nessuna in ciò mi fu superiore. Chiamo Iddio in te-
stimonio della verità di queste mie parole (1). „ Ma
pure in Rocanati non può e non vuole tornare, perchè
ivi la sua vita andrebbe innanzi ancor più misera ed
infelice.
Consigliatagli da medici V aria di Napoli, egli che
era in istretta amicizia con Antonio Ranieri insieme
con lui vi si reca nell' ottobre del 1833, in seguito
alle sollecitazioni della sorella dell' amico Paolina Ranie-
ri, che al frab^llo diceva: ** Se ti dà cuore di menarlo
qui, io ti prometto di fargli da suora di Carità. „ Ed
in fatti al Ix^opardi fu prodiga di tutte le più amorevoli
e sollecite cure, fu V angelo che consolò alcun poco gli
ultimi giorni dell' infelice esistenza del grande Recana-
tese. Ma Tìb le curo affettuose dell' amicizia, né le auro
(1) LiopAROi: Epi^loUrio, Vul. U. pag. 196.
I
318 DELLA Vita e delle opere
balsamiche del Sebeto, né le ridenti piagge di Mergel-
lina hanno tanto di potere di ritornare in lui la per-
duta vigoria, e, dopo aver chiesto che gli si apra la
finestra per dare un ultimo saluto al sole della sua
Italia, muore tra le braccia del suo diletto amico An-
tonio Ranieri il 14 giugno 1837 alle cinque pomeridia-
ne. Il dolore provato dal Ranieri per la perdita del-
l' amico fa immenso come rilevasi dalle tre lettere da
lui dirette a Monaldo Leopardi, che farono or non è
guari pubblicate nel 1"** volume delle opere inedite di
Giacomo, stampato in Halle dal Prof. Cugnoni; ed alla
pietosa amicizia di lui si deve se il cadavere fu salva-
to dalla comune fossa degli appestati (che allora il
morbo infieriva in Napoli), e venne composto in una
modesta tomba nella chiesa di S. Vitale, sita sulla
strada di Pozzuoli a breve disianza dalla grotta di Po-
silipo, ed una modestissima pietra ricorda ' che lì sono
le ossa di colui al quale 1' Italia dovrebbe una volta
innalzare degno monumento.
Da quanto sono venuto sin qui dicendo mi sembra
chiaramente possa rilevarsi essere il Leopardi stato d'in-
dole assai mite, di natura franca, leale, indipendente,
e che se il dubbio dai suoi scritti traluce , anzi bene
e spesso li domina interamente, ciò devesi ripetere dal-
le avversità che lo travagliarono. Ad ogni modo io non
penso, come gli avversarii suoi, che il dubbio, il quale
agita la mente ed il cuore dell' infelice Recanatese, sia
tale da agghiacciar 1' anima, e da far sì che s' abbiano
in ispregio le cose più sacrosante del genere umano-,
tanto è vero che il nostix) poeta cantò le bellezze della
DI GIACOMO LEOPARDI 319
natura, la virtù, la jatria, la famiglia, e queste cose
ammirò ed amò con la potenza di un giovane cuore:
e come si può, domando io^ fare poesia vera, manife-
stando sentimenti che non si provano ? Furono i segua-
ci del Leopardi che , come suole avvenire di tutti gli
imitatori, esagerarono e fecero base della loro poesia il
dubbio, e cui parve di pili avvicinarsi al loro maestro
mettendo in forse tutto , e bellezza , e virtù , e santità
ili affetti domestici e cittadini. I^eopardi corre dietro
con ansia febbrile alla verità, e, come tutte le anime
grandi , quando non può raggiungerla si dispera , si
sconforta e dubita. Egli è poeta, i suoi imitatori non
lo sono , perchè dubitano per ostentazione , e il loro
dubbio non è il risultato delle loro ricerche , dei loro
buoni desiderii non appagati. Leopardi ò grande , è e
sarà sempre unico, e non può essere imitato.
E qui , per finir di parlare del poeta , non saprei
farlo meglio che riportando alcune parole, le quali scri-
ve <li lui un egregio e valoroso amico mio , il Prof.
Vittorio Bacci , in un suo dotto lavoro intorno all' il-
lustre Recanatese. " Dotato di una squisita percezione
poetica egli sebbene col subbiettivismo regoli le «uè
creazioni arti.stichc, pur questo fa in modo migliore di
alcuni anche fra i sommi, come ad esempio, di Alfieri
il quale del j)roi)rio sentimento, che fu V odio alla ti-
rannide, riveste i concetti, forma i personaggi come jàù
gli piace, tanto so il voglia o no la storia e anche la
varietà necessaria dell' arte; ed ò però monotono so-
vente , inverosimile spsso , duro anche nella forma,
sebbene Y ingegno potentissimo apparisca da per tutto.
320 DELLA MTÀ E DELLE OPERE
Ma il subiettivismo di Leopardi, che procede dal dolo-
re , che è sentimento più generale e più esteso , più
agevolmente anche riesce ad accomodare a se stesso
tutti i tempi e tutti i mondi, ed ha meno bisogno
d' una forma speciale e monotona, rivelandosi negli
stessi quadri di colori smaglianti sotto una veste arti-
stica splendidissima come ad esempio nelle Ricordanze^
onde le sue poesie piacciono anche a coloro che non
sieno disperatamente infelici. Ma ognuno vi ritrova la
verità del concetto se non in se stesso in relazione
almeno a colui che lo espresse, e perchè la espressione
è spontanea si giudica della profondità del sentimen-
to..... H nostro poeta come già fece Dante , Y Ariosto
e pochi altri , concepisce il subietto artistico insieme
alla sua forma che non è vecchia per gretta e pedan-
tesca imitazione, non nuova per neologismo o barbarie,
ma vera , potente , ed originale in modo che per Leo-
pardi non vi abbiano ad essere scuole imitate , non
formarsi scuole imitabili (1). „
IX.
Leopardi prosatore e filosofo.
Se il Recanatese segnò nella poesia un' orma incan-
cellabile, non meno grande fu come prosatore. Egli era
persuaso che gli scrittori possono e debbono fare un
gran bene , quando la mirabile arte loro e 1' ingegno
potente non usino a meschino trastullo rettorico, ma in-
dirizzino ad un nobile ed altissimo fine , il trionfo del
(I) V. Bacci: Giacomo Leopardi. — Studio critico. Nella JtiDif fa Airopeo.
DI GIACOMO LEOPARDI 321
buono, del bello e del vero. Egli però non voleva la
trascuranza della forma di cui bì vale lo scrittore per
^porre le proprie idee , ma inculcava che ad essa si
dovesse porre mento perchè le parole, le frasi, il giro
stesso da darsi al periodo siano tali che alla rappresen-
tazione del concetto si acconcino convenientemente; in-
somma egli stimava question capitale che i letterati
dessero opera a formare una lingua filosofica, che alla
esposizione di tutti i più alti concepimenti si adatti.
** Chiunque, scriveva all' amico Pietro Giordani, vorrà
far bene air Italia, prima di tutto dovrà mostrarle una
lingua filosofica, senza la quale io credo eh' ella non
avrà mai letteratura moderna sua propria, e non aven-
do letteratura moderna propria, non sarà mai più na-
zione (1). „ Ed aveva perfettamente ragione, perchè in
tal modo si consegue che una nazione abbia scrittori
originali i quali, abituatisi a pensare fortemente e ret-
tamente non iscrivano in modo barbaro, ma accomodato
all' indole della propria favella ed alla ragione dei tem-
pi. Ora con queste idee per il capo si può intendere
facilmente come il Leopardi volgesse ogni suo studio a
far vedere in se stesso come dovesse essere lo scrittore
italiano, e di certo non molto lontano dall' ideale che
H era nella mente formato gli fu concesso di giungere,
quantunque forse 1' avere dato opera diuturna agli au-
tori greci e latini ed ai nostri più antichi abbia un poco,
s' io non m' inganno, nuociuto alcuna volta alla scor-
revolezza e disinvoltura dello stile , di maniera che
qtielia tal qtiale oscurità che nasce dalV accuratissima
(I) Liormut: Rpi»lolarii>, VuL I. pa;;. tSi.
Archiv. Slot, March Y. I. 21
322 DELLA VITA E DELLR OPERE
fatbrica e stretta legatura dei periodi y che affaticano
alquanto il lettore, di cui accusava le scritture del Gior-
dani, potrebbe alcuna volta, sebbene assai più di rado^
anco a lui rimproverarsi. Ma tutto ciò non toglie che
gli scritti suoi non risplendano per non comuni, anzi
rarissimi pregi.
Le prose che di lui abbiamo in gran parte sono
traduzioni dal greco, o imitazioni delle opere dei greci,
ma sono dettate con elettissima lingua così saggiamente
ed elegantemente adoperata, come forse nessun moderno
scrittore sa fare. Nello stesso tempo che vi rinvieni
quella semplicità che è tutta propria degli scrittori del
trecento, vi trovi quella perfezione dell' arte di scrivere,
che segna i progressi fatti dalla letteratura nostra nei
secoli posteriori, sapendosi egli, come tutti gli uomini di
grande ingegno e di studii profondi sanno, tenere in
un giusto mezzo, senza dare nelle volgarità proprie di
ciascun secolo. Leopardi è classico , ma non pedante ,
egli non fa consistere il classicismo neir usare parole
antiquate e costrutti intricati , ma sibbene nell' adope-
rare il linguaggio con proprietà, sì che le parole ren-
dano, come sempre dovrebbero, immagine vivissima del-
le idee che vuol significare, e nel fare che l'ordine dei
costrutti segua quello logico dei pensieri, sì che la sua
maniera di scrivere, la quale vorrei veder studiata più
di quel che lo sia, può paragonarsi alle limpide acque
in cui ne è dato di veder chiaramente riflessa V ima-
gine nostra. Sicché a ragione può dirsi che: ^ Giacomo
Leopardi fu alla nostra memoria un ingegno straordi-
nario ed universale: grecista e latinisti! consumato e
DI GIACOMO I.KOPARDI 323
fìnìssimo in quella età che suole appena balbettare gli
elementi delle lotterò; lirico nuovo e stupendo, prosatore
squisitissimo, erudito, vasto e profondo, acuto osserva-
tore del cuore umano, non ospite in alcuna ragione di
scienze, alienissimo negli studii, nelle opinioni letterarie
e politiche, dalla levità e frivolezza moderna, dotato di
un gusto austero, sobrio e delicatissimo; egli fu insom-
ma uno di quegli uomini d' antica stampa italiana, che
non furono frequenti in alcuna età, ma non mai così
rari come al dì d' oggi (1). „ Con tutta la riverenza
che sempre ebbi, e la grata memoria che serbo di Nic-
colò Tommaseo, che, uomo illustre e degnamente fa-
moso, non isdegnava a me giovinetto e facente le pri-
me prove, esser largo di consigli sapienti ed amorevoli,
mi è forza qui confessare che non sono pienamente
d' accordo con lui pel giudizio fatto del gran Marchi-
giano, con brevi parole, qua e là nei diversi suoi scritti.
Egli trova che Giacomo I^eopardi è elegantemente di--
sperato, prolissamente dolente, e dottamente annoiato (2):
io certo non dirò che lo scrittore per raggiungere il
sommo dell'arte debba mostrarsi scettico, ma se il Leo-
pardi fu disperati mente addolorato non voglio negargli
il m(TÌt') d' artista granalo, perchò egli seppe esprimere
proprio quel che sentiva. Si potrà, non nego, dissentire
dalle opinioni filosoKche di lui, però non si potrà non
ammirarne T arte, come ammiriamo V arte di Virgilio
o di Lucrezio per quanto V uno dall' altro nelle idee
differiscano, |)er quanto in molte di esse non ci trovia-
(!) GioiiBTi: Del Primito f(c.
(i) Scniti ftul Miiiiuni qpkIi sVMr/f rt itici.
\
324 nEUA MTK K DELLE OPERE
mo d' accordo. Così pure il Tommaseo stesso ammonisce
che: ** Non è però eh' altri debba cercare la fede pura,
come né V amore potente, né il forte pensiero, né la
pietà generosa, né Y operoso coraggio, né quindi la
vera bellezza, negli scritti di Giacomo Leopardi (1). „
Ma in ciò sembrami che il Dalmata illustre non pro-
ceda con quella calma serena di giudizio che gli è abi-
tuale, e guidato da quel sentimento di fede che in lui
era sincero e potente , sia tratto a negare quella bel-
lezza che é negli scritti del Recanatese , sol perchè in
questi la fede nel Cattolicismo predicato dalla Curia
Romana era spenta: par quasi che il Tommaseo voglia
dire che al di fiiori della Religione Romana non si* '
possono dare i veri artisti. Ma però egli, a me sembra,
non considerò come in Leopardi non ogni fede fosse
spenta, come ben seppe rilevare in un suo recente di-
scorso queir altro lume delle nostre Marche che é il
Conte Terenzio Mamiani, il quale in tra Y altre cose
sapientemente osservò: ^ H grido di dolore alzato dal-
l' anima sua svelò all' Italia che le vecchie credenze
erano ormai troppo logore e che bisogna oggi o inno-
varle 0 perire. Dacché esse porgono il fondamento pri-
mo del vivere sociale e del progresso civile. Dietro il
Leopardi, moltiplicò una schiera infinita di scettici che
riempiono il mondo di lamentazioni e scurrilità, sata-
niche più tosto che altamente passionate e poetiche. E
mentre imitano del sommo Recanatese le forme dello
stile e certa tetraggine di pensieri, una sola cosa non
vi trovano e non la imitano , il solenne , perpetuo ed
(t) Dizionario Estetico p»g« 587.
nt GIACOMO LEOPARDI 32 S
inalterabile son-^o di moralità. Il marchigiano Leopardi
dubitò d'ogni cosa eccetto che degli oblighi indeclina-
bili dell' uomo onesto; e mentre nell' animo suo cade-
vano tutti gli altari delle vecchie deità rimaneva in
su stante, radiosa e immortale, la religione del dovere.
Certo, o il mondo sarà infelice davvero com' egli an-
nunziava, o avrà fede incrollabile nella libertà e nella
virtù (1). fl — Il Tommaseo non disprezza, come al-
cuni han voluto credere , il nostro Giacomo , non lo
irride nella infelicità sua, ne riconosce V ingegno po-
tente, ma sente compassione di lui, e crede, e qui pensò
non giustamente, che molto gli manchi per aggiungere
alla perfezione dell' arte.
Siccome nelle poesie del Recanatese vedemmo l'uo-
mo d' ingegno straordinario, di carattere franco e leale,
l'uomo che è oppresso dal dolore, che in gran parte è
causa della umana perversità , così vediamo tralucerc
r uomo istesso nelle sue prose, imperoccht"^ anche nelle
traduzioni sceglie sempre quegli scritti che meglio ritrag-
gono dei sentimenti suoi, laonde in niun caso apparve
più vera la sentenza del Buffon che lo stile è V uomo
di quello che possa vedersi dagli scritti del Leopardi.
Ad alcuni dei componimenti in prosa del nostro
Giacomo sono venuto accennando mano mano che me
se ne presentava 1' opportunità, ora^ non consentendolo
i confini in cui questa biografia vuole esser ristretta,
mi limiterò a parlare dei principali lavori di quel som-
mo ingegno, potendo questo bastare a dar un' adeguata
idea del valore con cui seppe attendere a varii generi
(I) bi*ciir»o nA bAiiclxMlo ulTtrtoKli in Ancona nel SeUembre 1879.
3!26 DELLA VITA E DELLE OPERE
fai letteratura, ed essendo più che sufficiente a ben co-
noscere lo stato psicologico dello scrittore. Un' analisi
minuziosa di tutti gli scritti, se ad alcuno potrebbe
riuscir profittevole, ai più tornerebbe noiosa ed inutile,
oltre che sarebbe aliena dall' indole di questa scrittura,
che non vorrei riuscisse una vana e pedantesca eserci-
tazione rettorica.
I dialoghi, nei quali 1' autore dimostra in sostanza
che gli uomini sono zimbello della natura e non pos-
sono mai conseguire la felicità, sono notevoli per un
sarcasmo ed un' ironia molto fina che li avvicina d'assai
a quelli del greco Luciano; vi ha poi una elettissima
lingua , avvivata da molti frizzi naturali ed arguti ,
da cui traluce lo spirito del Leopardi in modo chiaris-
simo; però lo stile non sempre è così sciolto come ve-
diamo negli scrittori moderni, e vi si scorge lo studio
e r artifizio del periodare , modellato di soverchio su
quello dei greci e dei latini, il che fa si che la lettura
a lungo protratta stanchi il lettore sebbene molte e
molte bellezze vi siano per entro. — Anche il concetto
dominante è tutt' uno; infatti Farfarello a Malambruno,
che gli chiede di farlo felice per un momento di tempo,
risponde che ciò non è in suo potere né di alcun al-
tro: " Se anco, gli dice, viene Belzebù con tutta la
Qiudecca e tutte le Bolge, non potrà farti felice né te
né altri della tua specie , più che abbia potuto io. „
In altro luogo la Natura nell'atto che manda nel mondo
una nuova anima; le dice : Vivi e sii grande e in/e-
lice, e a lei che chiedeva perché deve essere infelice,
tra l'altre cose risponde che tutti gli uomini per ne-
DI GIACOMO LEOPARDI 327
cessità nascono e vivono infelici. Nella scommessa che
Prometeo fa con Momo per dimostrare che V uomo ò
la cosa più perfetta che sia in natura, Prometeo perde
perchè nel giro che fanno insieme per la terra trovano
che nessun altro animale fuori dell' uomo si uccide
volontariamente esso medesimo, né spegne per dispera-
zione della vita i figliuoli. — Altrove muove lamento
che le cose più necessarie, anzi essenziali alla vita degli
uomini sian pur quelle che lor tornano sempre micidia-
lissime, e via dicendo.
La ragione di tutte queste idee che Leopardi viene
manifestando V ahbiamo nella sua vita stessa, la quale
non fu, almeno per brevi istanti, rallegrata da un rag-
gio benefico di sole , ma passò in mezzo a tormenti
fisici e morali inenarrabili, che a lui, innamorato della
virtù, del bello, del buono e del vero fece perdere ogni
fede nella bontà e nella bellezza, accrescendo questo lo
strazio dell' anima sua.
Intorno a Giuseppe Parini, poeta che la Musa non
fece serva ed adulatrice di potenti e tiranni, ma cor-
reggitrice di corrotti costumi, intomo al Parini, dico,
che fu nobile esempio di cittadino Onesto cui il bisogno
non fece dimentico dell' umana dignità, nel secolo no-
stro scrissero parecchi eletti ingegni , ammirati della
simpatica figura d' un uomo d' ingegno che in un* epoca
di corruzione profonda ò colla sua vita e coi suoi scritti
rimprovero ai concittadini e nel tempo stesso esempio
nobile ed efficace ai compatriotti. — Anche il Leopardi
ammirò il Parini, ne conobbe le doti dell' animo e del-
r ingegno rarissimo, ma che non valsero a procurargli
328 DELLA VITA E DELLE OPEBE
in vita quegli onori che meritava, anzi fu lasciato vi-
vere nella più deplorevole miseria, e questo suggerì a
Giacomo Y idea del suo lavoro intitolato // Parini^
ovvero della Gloria, in cui potè versare a piene mani
le sue teorie filosofiche , alle quali pareva che la vita
del poeta lombardo desse piena conferma. Lo stile ed il
dettato di questo lavoro sono degni di chi lo dettava, e
merita d'essere studiato con attenzione perchè v' abbonda-
no considerazioni acute, idee profonde che possono tornare
profittevoli così al filosofo come all' uomo di lettere.
Nei Detti memorabili di Filippo Ottonieri si trova la
solita melanconia di Giacomo, ma accompagnata da una
calma ironia, con cui ride della effamosa stoltezza con cui
gli uomini corrono dietro alla felicità, non si accorgendo
che in niuno stato la si può conseguire. E nella Com-
parazione delle sentenze di Bruto Minore e di Teo/ror
sto vicini a morte, se il nostro autore rivela la potenza
ed acutezza del suo ingegno, va più là ancora inquanto-
chè giunge ad affermare che la virtù è nome vano senza
soggetto, nel che, per quanto egli sia ragionatore elegan-
te e che conosce l'arte di convalidare l'opinion propria
con copia di argomenti opportuni, ben pochi gli daranno
ragione, se non forse quelli soli che nella vita abbiano
a soffrire le stesse infelicità a cui egli ebbe a sottostare.
In quanto alle traduzioni dal latino e dal greco dirò
in generale che vi si mostra profondo conoscitore delle
lingue antiche e dell' italiana, che nelle note ed osser-
vazioni si rivela filologo di altissimo valore, e con que-
sto mi sembra di dargli non piccola lode.
Nel filoi^ofare, come or ora dovetti osservare parlan-
m GIACOMO LEOPARDI 320
do delle prose che quasi tutte sono di filosofico argo-
mento, fu acuto e profondo. Non tutti i pensieri suoi
sono giusti, perchè partono da cattive premesse e dalla
poca conoscenza che egli ebbe della società, laonde il
vediamo affermare che il mondo è una lega di birbanti
contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi,
e che r uomo è quasi sempre tanto malvagio quanto
gli bisogna, e ciò perchè egli era stato disgraziatissimo,
ed eragli venuto meno quello che dal mondo aveva
sperato: ma nel giudicare degli uomini bisogna tener
conto delle vicende della vita loro, e delle circostanze
di luogo e di tempo in cui vissero, prima di condan-
narli. E appunto la società in cui visse il nostro Gia-
como, l'osservazione delle miserie umane lo condussero
a disperare di tutto e di tutti, quantunque egli avesse
un cuore eccellente ed affettuosissimo ; e alla sorella
Paolina il 28 gennaio 1823 scrive queste parole che
sono una vera rivelazione del suo sistema filosofico:
^ Dopo tutto questo non ti ripeterò che la felicità
umana è un sogno , che il mondo non è bello , anzi
non è sopportabile , se non veduto come tu lo vedi ,
cioè da lontano ; che il piacere è un nome , non una
cosa; che la virtii, la sensibilità, la grandezza d^animo
sono non solamente le uniche consolazioni de' nostri
mali, ma anche i soli beni possibili in questa vita, e
che quelli beni, vivendo nel mondo e nella società, non
si godono né si mettono a profitto, come sogliono cre-
dere i giovani , ma si perdono interamente, restando
r animo in un vuoto spaventevole (1). „ — E a pro-
posito della filosofia di Leopardi mi piace riportare quel
{ì} LtOMBftì: EpitloUrio, Voi. I. ptg. 116 • 187.
330 DELLA VITA K DELLE OPERE
che ne scrive Vincenzo Gioberti con quella ampiezza
di vedute e quella giustezza di giudizi, che son tra le
non ultime doti di questo scrittore quando la passion
politica non lo tragga a giudicai:e un poco troppo se-
veramente delle persone. ^ L' errore di quel grande
infelice consiste nel fermarsi ai fatti presenti e sensati,
e nel volere con essi soli costruire la scienza; quasi
che il fatto contenga in se stesso la propria dichiara-
zione, e possa essere spiegata senza risalir più alto. 11
fatto è muto per se medesimo , essendo numero sensi-
bile, e non può pure essere pensato senza V intelligibile,
che lo rischiara e ne porge la legge, cessando le anti-
nomie, e conciliando le discordanze che possono emer-
gere tra i vari fenomeni. La contrarietà che corre tra
il fatto del dolore e il desiderio della felicità , i quali
son due fenomeni sensati del pari, attuali e presentis-
simi, vien tolta via dalla ragione, che, appoggiandosi
alle notizie ideali, trova la spiegazione di questa pugna
in quel principio universale dello scibile, per cui tutte
le asprezze si raumiliano e le ripugnanze si accordano,
il qual principio, rivelandoci la teleologia del creato e
r intreccio dei due cicli, ci mostra nel dolore e nel-
r appetito del piacere due mezzi egualmente ordinati
alla finalità materiale e morale del mondo, come stru-
menti di conservazione e come fomiti di perfezionamento;
giacché r uomo collocato nel tempo ma destinato al-
l'eterno, non può anelarvi, sia che la brama di un'in-
finita beatitudine non alberghi nel suo animo , sia
che questa sete venga saziata nel corso della vita ter-
restre; poiché in ambo i casi il cuore umano non
DI GIACOMO LEOPARDI 331
potrebbe aspirare all' avvenire, e senza uscire dai can-
celli del tempo, troverebbe il suo riposo nella presente
apatia o nell' attuai godimento. Oltre che , le ragioni
speciali dolla religione, le tradizioni dei popoli e la
conferenza dell* ordine colle antinomie dell' universo, ci
fanno eziandio considerare il dolore , come un vero
morVo, liberissimo nella sua prima ragione, e quindi
giusto e .' apient^^ nell' effetto. Ma la filosofia che il Leo-
pardi lM»vve col latte, non gli permetteva di uscire dai
termini sensibili, onde mosso dalla contraddizione pre-
sentanea che corre fra la realtà e il desiderio negli
ordini di questo mondo, egli negò che la moralità e
quindi 1' intelligenza preseggano alla natura; senza av-
vedersi eh' egli ammetteva 1' ordine morale nel punto
stesso che lo negava, e per non risalire a un principio
superiore, lo riputava discordante dall'ordine sensitivo.
Io porto ferma opinione che questo precoce ingegno ,
se non fosse stato costretto da un morbo insanabile e
fierissimo a dismetter gli studi fin dall' entrare della
giovinezza , non sarebbe indugiato a scoprire i vizi
cardinali delle dottrine che allora regnavano; tanta era
la perspicacia e la forza della sua mente. Con lui ri-
vìsse r estro italogreco in tutta la sua perfezione; im-
perocché io non conosco scrittore antico o moderno di
alcuna lingua che per 1' attiva squisitezza del buon
gusto e della immaginativa Io superi. Ma I' ingegno
grecolatino venne in lui accompagnato dai difetti di
queir antica coltura a cui appart3neva, cioè dalle dot-
trine scarse e alterate del paganesimo, inette a edificare
sodamente la scienza (1). „
(1) GioiiBTi: Del PiiiualocCc.
à32 DI^LLA VITA R BELLE OPE^È
Che Gioberti giudicasse in tal forma della filosofia
leopardiana come prete cattolico non y' è a ridire, ma
io son di pensiero che se lo studio degli scrittori pa-
gani può avere avuto sull' animo e la mente di Giaco-
mo un' influenza , questa non poteva esser malefica in
tutto e per tutto, perchè non è giusto il credere che
il retto filosofare sia privilegio esclusivo del cattolice-
simo; ed anzi dirò che gli scrittori antichi furono quelli
che dapprima accesero nel suo animo r|amore anzi
r idolatria della virtù, di cui cominciò a dubitare solo
quando venne a conoscere gli uomini e le dottrine del.
suo tempo. Molti vogliono afltermare che lo scetticismo
del Recanatese, abbia avuto origine dall'amicizia intima
che ebbe col Giordani^ il quale professava per V ingegno
di lui un' ammirazione sconfinata, ma io più che da
altro dico che debba ripetersene la causa dai dolori fi-
sici a cui fu soggetto il suo povero corpicciuolo, e ai
dolori morali che travagliarono 1' infelicissima sua esi-
stenza. Ed in questa opinione mi conferma un brano
di lettera che Giacomo dirigeva a Giulio Pert icari, che
ho pubblicato nell' Archivio Storico Marchigiano (1).
brano interessantissimo perchè l' animo e la mente dello
scrittore vi sono riflessi come in un tersissimo specchio.
In essa lettera egli afferma che chi nmi è stato infe-
lice non sa nulla e che V infelice non può ntdla; il
Tasso, perchè infelicissimo siede piuttosto sotto che a
fianco dei tre sommi nostri poeti. Dice che i beni del
mondo sono inganni; che la sapienza e' insegna la no-
stra infelicità, che in sostanza il felice non è felice^
(1) Voi. L Di»p. I. iV4g. 119.
DI GIACOMO LROPARDl A33
tna il misero è veramente mt3ero. Un remjpo e^Ii fidava
hellA Vìttìi e spregiava la fortuna, ma ora non più per-
chè ha conosciuto la tristezza e vanità delle cose^ la
tristezza e vanità della sapienza. — Chiama il Vati-
cano: cavile della superstizione, deU^ ignoranza, d^vizi]
Recanatì chiama inferno perchè non vi si apprezzan
gli studii e non vi si parla che di nuvolo o di sereno
ovvero di donne colle parole delle taverne e de bordelli;
perciò non vi resta al sapiente che il conforto degli
studii , i quali però non producono gloria , ultimo in-
ganno del sapiente. Ora il fare che Giacomo professasse
tali prìncipii filosofici io ripeto cl.e non può esser tutta
colpa del Giordani, ma sì bone dell'ambiente sociale in
cui dovette vivere gran parte della vita sua, in mezzo
a contrarietà d' ogni maniera, in mezzo a gente che
non lo comprendeva e lo trattava come un fanciullo,
al che se si aggiungano i dolori della mal ferma sa-
lute , si vedrà che tutte queste cause non potevano
non influire sull'animo di chi sentiva dentro di sé la
prepotenza del proprio ingegno, che avrebbe voluto spie-
gare tutta r attività sua, alla quale invece gli uomini
e la natura frapponevano tanti ostacoli. E se tali ragioni
non fanno che quelli ohe sono errori non sieno più tali^
certo oifrono una spiegazione degli errori stessi e no
sono una scusa.
Ed invero io credo che coloro i quali accusano il
Leopardi con animo poco benevolo non lo abbiano bene
studiato, non abbiano cercato di vedere quali furono le
cause che lo condussero a disperare di tutto e di tutti
altrimenti ben diversamente lo giudicherebbero; altri-*
334 DELLA VITA K DKLLE OPERE
menti dovrebbero confes are che fu un ingegno singolare,
un pensatore profondo ed acuto, un poeta nuovo, elegant'^,
immaginoso quant' altri mai, e direbbero con Gioberti:
** E questo mirabile Leopardi colla sua maestria sin-
golare nella prosa e nel verso, colla sua perizia incre-
dibile nelle lettere patrie ed antiche, quando lo ve-
dremo , non dico già rinnovato , ma almeno seguito
dalla lunga? (1). „ Se gli oppositori dolio sventurato
poeta avessero intimamente studiato le opere del Leo-
pardi, dovrebbero convenire nel seguente giudizio che
ne fii lo stesso Gioberti : " Pochi uomini resero alla
virtù un culto così caldo, sincero, profondo, eil ebbero
intuito di essa così vivo come il Leopardi, malgrado
gli errori suoi (2). „
Il nostro Giacomo aveva mediocre statura, la per-
sona era esile ed alcun poco ricurva, di pallido colore
avea tinte le gote , grosso il capo , la fronte larga e
quadra, gli occhi di colore cilestre, languido lo sguar-
do, profilato il naso, delicati i lineamenti, la voce fioca,
e la bocca atteggiata a sorriso che tenea del celeste.
Fu affettuoso co' suoi, cogli amici, co' sventurati, come
dimostrano assai chiaramente molte delle lettere di lui
raccolte nel suo Epistolario j che vorrei veder correre
per le mani dei nostri giovani per apprendervi ad e-
sprimere i propri pensieri con naturale semplicità ed
eleganza. Desideroso del bene odiava il male, e si ado-
però come scrittore civile a far sì che gì' Italiani tornas-
sero alle antiche virtù, e scuotessero il giogo tirannico
(1) GiOBBiTi: 11 Gesuita Moderno.
Ci) GiOBtRTi; Del Primato ctc.
DI r.l.VCOMO LKOPARDI H3S
che li opprimeva; e questo fu esempio nobile e generose
che, come il seme gettato nella terra che gli conviene,
produsse ottimi frutti. Noi ^ circondati ed ammorbati
da un infinito numero di poesie povere di forma e
vuote di concetto, o che ci ripetono cose trite e ritrite,
non possiamo far a meno di augurare all' Italia risorta
un poeta grande come Leopardi, e non possiamo far a
meno di dir ai giovani nostri che seguano nello scri-
vere le orme di Ini e dei nostri più grandi scrittori,
che chiedano le ispirazioni al proprio cuore ed al pro-
prio intelletto, ma si guardino dall' accrescere il nume-
ro infinito degli scribacchiatori; poiché se la mediocrità
tanto si tollera nella prosa, nella poesia non può a
niun patto sopportarsi.
Sventuratissimo cercò un conforto ai suoi dolori il
quale non rinvenne, che questi lo condussero al sepolcro
innanzi tempo. Inchiniamoci davanti a lui come ad uno
dei più grandi genii dei tempi moderni, ed auguriamoci
che una buona volta, tra tanti monumenti che si erigono
a chi non li merita, sorga nella sua Recanati quel mo-
numento che ben gli è dovuto, e pel quale quasi tutti
i figli d' Italia fraternamente offersero 1' obolo loro a
fine di dimostrare ammirazione per il grande poeta e
cittadino.
X.
lie Idee politiche del Leopardi.
Saot amlel • Sool detrattori.
Quantunque il Leopardi per il genere di vita che
fu costretto a vivere , non abbia preso mai una parte
83Ó dELLA VITA E DELLE O^ÉHÉ
atti Va nelle facfcende politiche del suo tempo, pare dai
suoi scritti, dalle sue lettere dpfpdrisée ehiarànfiente
com' egli amasse di amore potente l' Italia, come fos^
suo desiderio che tornasse nazione e gloriosa nelle arti,
nelle lettere , nelle scienze , e prospera per inteme li-
bertà e floridezza d' industrie e commerci. Quando poi
Ogni altra testimonianza mancasse a farci persuasi che
egli appartenne al partito liberale italiano, basterebbero
le stupende canzoni all' Italia e pel Monumento di
Dante a rivelarci i suoi sentimenti patriottici, ma ripeto
che qua e là nelle altre cose sue questi ci appariscono
in modo indubitabile. — Egli voleva che anche le
lettere avessero uno scopo nobile ed alto, e non fossero
un vano giocherellare di paroline e frasucce eleganti ,
essendo in ciò d' accordo con molti dei letterati dei suoi
giorni, i quali davano opera porche la letteratura fosse
strumento di educazione nazionale , destasse nei cuori
r amore della patria e della libertà; davano opera per-
chè ogni lor nuovo libro fosse una battaglia contro la
tirannide. E la schiera dei Tirtei del moderno risorgi-
mento italiano, cominciata con Alfieri , Foscolo e Leo-
pardi, e continuata sino a Berchet, Mameli e Mercan-
tini^ contribuì non poco ad accendere la fantasia dei
nostri giovani, che cantando le loro canzoni baldanzosi
corsero alle pugne del nazionale riscatto , e morirono
6ul campo proferendo il nome santo d' Italia. — A
Francesco Puccinotti, il nostro Giacomo scriveva il 5
giugno 1826 le seguenti parole, le quali fanno fede
Àe\ concetto che s' era formato dello scopo civile che
^' hanno a proporre le letj;ere. ** Andando dietro ai
DI G1AC(»M0 LKUI'AUDI 337
vorsi e alle frivolezze (io parlo qui generalmente), noi
facciamo espresso servizio ai nostri tiranni: perchè ri-
duciamo a un giuoco o ad un passatempo la letteratura,
dalla quale sola potrebbr» aver sodo principio la rige-
nerazione della nostra patria (1). „ — E dell'amor suo
air Italia fan fede alcune parole eh' egli scriveva in
una delle sue prime lettere al Giordani il 21 marzo
1817: ^ Ma mia patria è Y Italia, per la quale ardo
di amore , ringraziando il cielo d' avermi fatto ita-
liano (2). yy E dei suoi sentimenti liberali avemmo a
vedere una testimonianza in quello qhe scrìveva al Gior-
dani stesso e che riferìi là dove ebbi a toccare del
suo tentativo di fuga dalla casa patema , e nella let-
tera diretta al padre, ma che non venne spedita, nel-
l'occasione stessa, dove sono le gravi parole, già da me
riportate in altra parte di questa biografia, che rivelano
come le opinioni politiche di Giacomo fossero al tutto
opposte a quelle di Monaldo. Altre prove non dubbie poi
dei patriottici sentimenti del Leopardi si hanno nella
corrispondenza di lui col Montani, la quale non capisco
perchè non abbia trovato luogo nei due volumi daWEpi-
sfolario ordinati dal Viani e stampati dal I^ Monnier,
e faccio voti pen»hè venga pubblicata, mentre, per quanto
mi si fifi credere da ]iorsona degna di fede, in quelle
lettere si tn)vano coh(» importanti assai che possono recare
non poca luce intorno alla vita del poeta recanatese.
Nel rapido esame da me fatto sulle poesie di Gia-
como ebbi già a notare non pochi tratti in cui , con
(I) LtofkftDi: Kpi^lolHrio, Voi. I. pag. 43R r 459.
\i} LtorAKifi: Epislolaiiis Vul. t. pai;* 98.
Arehiv. Slur. March. W i 2*2
338 DELLA VITA E DELLE OPERE
verace sentimento di italiano, lamenta i mali della patria
e le augura libertà, prosperità, grandezza e gloria^ perciò
non istimo necessario di qui ripetere le citazioni già fatte
0 di aggiungerne di nuove tolte e dalle poesie stesse e
dalle prose che ormai corrono per le mani di tutti e fa-
cilmente possono essere consultate da chi il voglia per
trovarvi la conferma di quanto sono venuto asserendo.
L' ingegno singolare del Leopardi, i dolori di cui
fii fatto segno dalla matrigna natura gli procurarono
sinceri amici tra uomini che per le doti della mente e
del cuore uscirono della volgare schiera. Ricorderò tra i
primi Pietro Giordani i cui rapporti amichevoli con
Giacomo cominciarono nel febbraio del 1817, e dura-
rono affettuosissimi sino alla morte. S Giordani in mezzo
allo stuolo dei nobili fanulloni e retrogradi od indiffe-
renti restò ammirato di chi in un piccolo paese dava
sin da principio larga promessa d' esssere ben diverso
dagli altri nobili. Egli ne lodò i primi tentativi lettera-
rii , lo sollecitò all' operare e lo secondò nell' idea che
eragli nata d' uscire di Recanati, anzi a tal fine fece
dei tentativi per procurargli in alcuna delle grandi
città italiane un decoroso mezzo per poter vivere senza
dispendio della sua famiglia, ma i suoi sforzi riuscirono
tutti frustanei. Finalmente nel settembre del 1818 i
due amici si conoscevano di persona, che il Giordani
8Ì recava in Recanati e dimorava alquanti giorni in
casa del Leopardi, e i vincoli dell'affetto si stringevano
viemmaggiormente.
Altri eletti ingegni presero ad amare e stimare il no-
stro Giacomo per opera specialmente di Giordani: ricor-
DI GIACOMO LEOPARDI 339
ilerò r avv. Pietro Brighenti, la famiglia Tomassini, il
Montani, il Perticari, il Monti, come si vede dalle lettere
che il Ijeopardi loro diresse. A Firenze conobbe e di-
venne famigliarissimo del generale Pietro Colletta , il
grande patriota e storico insigne, e gran parte del giorno
la passjivaìio insieme intrattenendosi a discorrere delle
miserie da cui era afflitta lu patria, e di materie lette-
rarie. E tanto era V affetto che Giacomo pel Colletta nu-
triva che, quando ebbe notìzia della morte di lui, ne fu
addoloratissimo.
I più belli esempi di amicizia che alla nostra memoria
trauiandarono i poeti ed i novellieri, mi sembrano rinno-
varsi quando leggo dell' affetto veramente fraterno che
le}^;> insieme le anime sensibilissime di Antonio Ranieri e
deir infelice» poeta Recanatese.
I due grandi uomini si videro la prima volta in Fi-
renze nel 1827, ma poco appresso T illustre scrittore Na-
politano jMirtì per la Francia. " Xel 1830 Iddio mi con-
ce<lette la consolazione di riabbracciarlo. (1) ^ E il Ra-
nieri attenne la pmmcssa, che mai più si staccò dal suo
fianco , se non (piando V inesorabile falce della morte
venne a troncan* la preziosa vita di Giacomo. ** Se la
sjav^ntevole desolazione nella quale mi trovo non mi ri-
congiungerà fm jMichi (lì al mio solo ed eterno amico,
potrò forse descriverle tutti quei j'articolari che possono
essere desiderio del cuoiv di un padre. Ma })er oggi tutto
ciò che potrò dirle, (^ troppo. (2) „ Queste parole del Ra-
«
(1) Cuc^ioiii: Opere iii«*Uil« tii (ì. Leopardi. PrefaiiODi* ptg. CXIX. Seconda
Irliera di A. Ranieri al conte Monaldo Leopardi.
(1) Ci*i.iiu!«i: Oporr inedito di G. Leopardi. Prìni4 lettera di K, Ranieri a
Monaldo Leopardi.
340 DELLA VITA E DELLE OPERE
nieri dimostrano in quale dolore restasse egli immerso
per la perdita deir amico, a cui, come già dissi a suo
luogo, fu prodigo di tutte quelle cure affettuose che le
anime ben fatte sanno conc>epire e mandare ad effetto.
Ma se non pochi estimarono come si conviene que-
gli che fii uno dei piti grandi scrittori del nostro secolo,
vi furono ancora di quegli che a lui vivo amareggia-
rono l'esistenza lanciandogli contro o per ignoranza, o
per invidia velenosi strali; ed altri dimentichi del parce
sepulto non la perdonarono nemmeno a lui morto, sca-
gliandogli contro le più vergognose ed in&mi calunnie.
E quelli che ciò fecero, con carità tutt' altro che evan-
gelica, .furono gli appartenenti all' empia setta di coloro
che sono
A Dio spiacenti oA a* nìmici sui.
E detto questo mi pare che non ci sìa bisogno che
venga a lordare queste pagine coi nomi dei detrattori
del Leopardi che, contro un morto che non si può di-
fendere, non dubitano di far credere vere le più infami
menzogne.
Qual fosse e qual sia la ragion della guerra contro
il poeta marchigiano, facilmente la si capisce: egli amò
d' intensissimo affetto l' Italia, e l' amor di patria per i
gesuiti è il più grande dei delitti, professò principii fi-
losofici che non possono di certo accordarsi colle meta-
fisicherie che insegnano i preti di Roma, e questo basta
perchè coloro i quali non vogliono che si conosca la
corruzione a cui si sono dati in braccio muovano guerra
DI GIACOMO LEOPARDI 341
all'ultimo sangue, a chi ha voluto pestar la coda della
vipera velenosa che amnorba il mondo.
Chi vuole avere un edificante esempio della carità
cristiana di coloro che indegnamente si appellano dal
nome del più sapiente riformatore della società umana,
legga quanto un anonimo scrittore, intingendo la penna
nel fiele, ha scritto e pubblicato intorno al Leopardi
nella Civiltà Cattolica del dicembre 1878, pigliando
0(*CASÌone dalle recenti publicazioni del Viani e del Cu-
gnoni. Io, che per rendere questa biografia meno man-
chevole che fosse possibile, ho voluto vedere anche
gli scritti degli avversari dell' immortale poeta nostro,
nel leggere quello che scrive la Civiltà Cattolica sono,
il confesso, rimasto scandalizzato, perchè non credeva
che la malignità degli uomini potesse essere tale e tanta.
Lo scrittore comincia dal riprendere che si cerchi dagli
editori di metter in luce tutto quanto al Leopardi si rife-
risce, dicendo che per tal modo si danneggia più di quel
che si giovi alla fama dell'autore, nel che mi si permetterà
d'essere di contrario avviso, perchè la publicazione dei
lavori inediti ed anche incompiuti di uomini che già la
propria gloria si sono assicurati, giova a far vedere quali
furono le vie seguite per aggiungere alla perfezione; e
la stampa poi di nuove lettere famigliari od altro che
alla lor vita si riferisca giova a rischiarare molti punti
di essa, a dar la ragione psicologica di molte e molte
cose che altrimenti rimarrebbero inesplicabili. Dopo di
ciò l'articolista d. C. di 6. viene a biasimare il tenta-
tivo fatto da Giacomo nel 1819 per fuggire dalla casa
patema, il quale atto so poteva essere sconsigliato però
3Ì2 DELLA VITA E DELLE OPERE
era il necessario effetto della tirannia con cui quell'uomo
d' ingegno straordinario .era trattato, e tutti gli schiavi
anelano di ricuperare la propria libertà, come la Civiltà
Cattolic:i deve aver imparato dalla storia contemporanea
d'Italia. Quindi è che se la ribellione di un figlio al-
l'autorità paterna ò biasimevole, bisogna però vedere se
quando il fatto avvenga esso non abbia la sua scusa
neir abuso della paterna autorità, e ciò essendo, allora
mi sembra che al biasimo non vi sia più luogo, perchè
nessun uomo può abdicare i propri diritti, né permet-
tere che si conculchi la propria dignità e libertà, anche
quando il conculcatore fosse il proprio padre. A questo
proposito è importante vedere ciò che Giacomo scrive a
suo fratello Carlo nella lettera edita dal Cugnoni:
^ Sono stanco della prudenza che non ci poteva con-
durre se non a perdere la nostra gioventù eh' è un bene
che più non si riacquista. Mi rivolgo all'ardire e vedrò
se da lui potrò cavare maggior vantaggio. Tuttavia que-
sta deliberazione non è repentina; benché fatta nel ca-
lore ho lasciato passare molti giorni per maturarla; e
non ho avuto mai motivo di pentinnene. Però la ese-
guisco. (1) „
Ma le ragioni del disperato partito della fiiga dalla
casa paterna a cui voleva appigliarsi si vedono ancor
più chiare nella lettera che aveva preparata pel padre,
dove ricorda com' egli sia stato sempre sottomesso, e gli
rimprovera che irremovibilmente abbia persistito nel non
volere che andasse in città più grande dove potesse trar
partito di quei pochi talenti che il cielo gli aveva con*
(i) Cugnoni: Op. cit. pag. CVIIL
DI GIACOMO LEOPARDI 343
ceduti; ricorda come a 21 anni non gli fosse accordata
appena un terzo della libertà che si concede a tutti an-
che in età più giovanile, poi soggiunge: ** Io sapeva
bene i proijetti eh' Ella formava di noi, e come assicu-
rare la felicità di uua cosa che io non conosco, ma che
sento chiamar casa e famiglia. Ella esigeva da noi due
il sacrifizio, non di roha, nc^ di cure, ma delle nostre
inclinazioni, della gioventù e di tutta la nostra vita.
Il quale essendo io certo che Ella, né da Carlo, né da
me avrebbe mai potuto ottenere, non mi restava nes-
suna considerazione a fare su questi progetti , e non
pott»a prenderli per mia norma in verun modo. (1) n
E poi, dopo dette altre cose, continua: ^ La sola diffe-
renza di principii, che non era in verun modo appia-
nabile, e che doveva necessariamente o condurmi a mo-
rire qui di disperazione, o a questo passo chMo fo, é
stata cagione della mia disavventura. (2) „
Lo scrittore della Civiltà Cattolica con triviali pa-
role vitupera in appresso tutti quelli che scrissero del
L^pardi mettendo in luce le doti non poche di cui gli
scritti di lui risplendono, e fa special segno alle proprie
ire quel Francesco De Sanctis che è onore della critica
italiana, e che per la causa della libertà della patria si
adoperò più coi fatti che colle parole. H rivistaio lo ap-
pella pulcinellesco critico, il che vuol dire ch'egli, Tar-
ticolista, se n' intende più di marionette che di lettere,
altrimenti si guarderebbe dal riveder le bucce a chi po-
trebbe fargli scuola di buon senso, di patriottismo, e dì
(t) Coc!«n!«i: toc. cit. paf. CXI.
(9) CiCTiojii: lor. cH. paf. CXlll.
34 i DRLLA VITA E DRI.LE OPERE
acuta e profonda critica. In quanto al giudizio che il
Tommaseo sotto il pseudonimo di Angelo Dalmistro
avrebbe, secondo il Viani, pronunziato intorno al Leo-
pardi, giudizio del quale pare che il giornale gesuitico
faccia gran conto, dirò ch'esso mi pare impossibile sia
stato pronunziato dal Tommaseo, il quale, secondo quello
che mi scriveva in una sua lettera del 4 maggio 1864,
ha di non pochi defunti ragionato con riverenza e con
gratitudine^ ad ogni modo convengo con quanto su di
tale riguardo scrive il Canna nella Rivista di fihdogia
accennando alla recento pubblicazione delle cose Leo-
pardiane per opera del Viani: ^ In più grave cosa è
debito manifestare francamente il nostro dissenso. Non
equo ci pare il giudizio dato dal Yiani, nella citata av-
vertenza^ intomo la Dichiarazione di Nicolò Tommaseo
sopra Giacomo Leopirdi riprodotta fra i documenti; non
fondata V accusa, mossa o rinnovata dal Viani, che il
Tommaseo sia autore di un epigramma scipito, oltrag-
gioso al Leopardi. È da deplorare che il Tommaseo non
abbia giudicato del Leopardi e non abbialo amato in-
forme lo amò è giudicò quel nobilissimo amico dell'uno
e dell'altro, che fu Alessandro Poerio; a ogni modo la
dichiarazione al Ranieri fìi atto lodevole e umano; qò
vi traspare^ come vuole il Viani, un parlar nemico e
da oracolo. Da alcune opinioni in quello scritto espresse
nella forma consueta al Tommaseo si può dissentire, ma
non si può fraintendere: sincera vi è la riverenza e la
pietà alla memoria del Leopardi, l'estimazione della sin-
golarità dell'ingegno e della generosità dell'animo; sin-
cero il desiderio di chiarire e temperare giudizii ante-
DI GIACOMO LROPAhDI 345
fiori per lo meno troppo recisi; sincero il dolore che
altri abbia rapportando aggravato e avvelenato quei giu-
dizi. Della quale crudele calunnia e inumanità letteraria
8i scorgono per avventura gli effetti in alcune espres-
sioni di queste lettere, espressioni insuete a quel mitis-
simo infelice. Quanto all'epigramma di cui piace al Yiani
ravvivare la notizia, noi crediamo che solo un avvocato
fiscale della vecchia scuola, ma non mai un vec<*hio giu-
dice, possa, sopra i due indizi addotti nell'air t;^/en^a;
dei quali uno è incerto, 1' altro è tanto dubbio da po-
tarsi più ragionevolmente fame illazione contraria a
quella che ne tira il processante, aggravare la memoria
di Nicolò Tommaseo di tanta scipitezza e di tanta inu-
manità. (1) „
Ma il velerò dello scrittore apparisce tutto in quella
parte dell'articolo dove riferisconsi le parole che Carlo
Leopardi avrebbe detto intomo a suo fratello: ** Provò
Giacomo funestamente precoce la sensibilità della natura.
Anticipò quattro o cinque anni l'età dello sviluppo. Indi
come egli mi confessò, tutti i mali fisici della sua vita.
Yero fenomeno! La stessa natura^ concedendo troppo o
precorrendo il tempo, uccide e fa miseri. „ Dalle quali
si vorrebbe inferire che causa dei mali da cui fu tra-
vagliata l'esistenza dell' infelice Recanatese, furono vizi
che egli non ebbe e non la troppa applicazione allo
studio, non pensando che Carlo non avrebbe mai prcv-
ferite quelle parole se avessero dovuto tornare a disdoro
della fama dell'adorato fratello, che alla virtù professò
(0 RWitla di Ololofla e d*Ulnitione eUitica. Anno yil, fhtc. 7, 8 — 1979
«• pag. 959.
346 DELLA VITA E DELLE OPERE
quel culto profondo e sincero che ben pochi tra gli uo-
mini le professano. Un' altra causa dei malanni di lui
fii la mancanza di fede, perchè Pietas ad omnia utilis
est, ed anche alla Mens sana in corpore sana, almeno
così dice lo scrittore della Civiltà Cattolica^ e non me
ne meraviglierò io perchè i ff. d. C. d. G. non possono
mostrare di credere altrimenti, e la rovina di lui fu, se-
condo loro, oltre V abuso della precocità di natura, la
relazione con degli empi ed eretici come Giordani, Mon-
tani e Ranieri.
Queste sono le bestemmie che la carità cristiana del-
l'organo magno dei gesuiti proferisce contro un morto,
che non può difendersi, e per di più vi aggiungono che
ninno degli scritti suoi ha un grande valore. L'oracolo ha
parlato, veneriamone in silenzio la sentenza gravissima!
Ho voluto diffondermi ad esaminare l'articolo della
Civiltà Cattolica non perchè creda eh' esso abbia tanto
di potere da nuocere alla fama grandissima dello scrit-
tore marchigiano, ma per far vedere a quali arti infami
ricorra certa gente per abbattere le glorie della patria,
le quali ad essi fan ombra in quanto non giovano alle
loro mire ambiziose ed ai loro antinazionali intendimenti.
Et de hoc satis.
XI.
Conelnsione.
Eccomi giunto alla fine di questo mio lavoro, il quale
voglio sperare non sia per essere giudicato al tutto vano.
Infatti mio intendimento è stato, valendomi anche di ma-
teriali che coloro i quali mi precedettero non ebbero per
DI GIACOMO LEOPARDI 347
le mani, di studiare la vita intellettuale del Leopardi, di
indagare le cause fisiche e morali, interne ed esterne,
che potentemente contribuirono a svilupparla piuttosto in
un modo che in un altro, e mi sembra, se l'amor pro-
prio non fa velo al mio intelletto, che tale studio e tali
indagini non sian riuscite al tutto destituite d'ogni utile
risultato. E se dal lato della forma e dello stile, e sotto
altri rispetti questi cenni biografici, ad onta del lungo
studio ed amore posti nel compilarli, non saranno riu-
sciti degni dell' illustre marchigiano, ne chieggo venia
al lettore cortese, il quale vorrei che riguardasse meglio
all' intenzione buona di questo scrìtto che alla povertà
di osso.
Se poi le persone eulte in queste pagine non tutto
troveranno dispregevole, ed i giovani che attendono allo
studio delle lettere saranno per esse tratti a fare un equo
giudizio dei frutti dell' ingegno del poeta e filosofo Re-
canatese, e tutti sentiranno vieppiti accendersi d'amore
per le opere di lui^ sarà questo non lieve compenso alle
povere mie fatiche, perchè con esse avrò contribuito a
mantener vivo il culto di uno dei più grandi uomini
che abbiano le Marche e l'Italia prodotto, ed il calto
delle patrie memorie è scuola utile ai presenti che man-
tiene e prepara la grandezza e prosperità della patria
nel presente e nell'avvenire.
umm mmioGRiiFicii
NOTIZIE STORICHE
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
RASSEGNA BlBLIOliRAFICA
Di una immigrazione di Lombardi nella città e nel contado di
Jesi intorno ali* ultimo quarto del secolo XV. — Notizie e
documenti per Antonio. Giananorea. — Un op. in 16."®
grande di pag. 23. — Milano, Tip. G. Beruardoni, 1878.
Questo stadio, fatto con qaella diligenza che è tutta pro-
pria del GiANANDREA, vide già la luce neir Archivio Storico
IjombardOy e ciò è già una prova del suo valore.
Detto della pestilenza che serpeggiò per T Italia dal 1464
al 1 i80, recando anche non lievi danni nella provincia d'An-
cona e segnatamente nella città di Iesi, non si trattiene a
farne descrizione particolare per r assoluta mancanza di fonti
da cui attingere quelle circostanze speciali , che aW uopo sono
necessarie. E di questo gli si vorrà dar lode da quanti pen-
sano rettamente che lo storico non deve nelle sue scritture
dar prova d' immaginazione feconda come un romanziere od
un poeta. Indagando le origini del contagio nelle Riformanze
del Comune di Iesi trova documenti, che provano come si
reputasse che fosse stato importalo dagli Schiavoni ed Al-
l)anesi, perchè si stabiliscono pene per quelli che entreranno
nella città o li ricetteranno. Il fatto sta che in seguito al
funesto morlK) la i)opolazione era di molto scemata, sicché i
magistrati dovettero pensare al modo di ripopolare i luoghi
rimasti quasi privi d' abitatori, laondt' dei cittadini lombardi
furono fatti venir.*, accordando ad essi privilegi e favori sin-
golari che il Gian.'indrea, appo>:giandosi sempre a documenti
di non dubbia tVde, enumera con diligenza, dimostrando co-
me i nuovi venuti nella nuova patria portarono i semi di
quella operosità industriale per cui le città lomlKirde anche
ai nostri giorni vanno distinte.
352 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Questo è in poche parole Targomeuto di cui s'occupa il
bravo professore lesino, ed è notevole che non racconta se
non quello di cui ha potuto accertare la verità, senza abban-
donarsi a più 0 meno probabili congetture, come molti so-
gliono fare, perchè molte volte esse tradiscono la storia^ sebbe-
ne possano soddisfare la curiosità del lettore. — Ma al Gia-
nandrea non vuoisi dar lode soltanto come a narratore stori-
co veridico, ma ancora è degno d' encomfo come scrittore
corretto, e che usando di uno stile semplice e piano sa riu-
scire chiaro ed elegante in un tempo medesimo, come già i
lettori del nostro Archivio hanno avuto occasione di vedere.
Cesare Rosa
Gentile da Mogliano. — Storia Picem del secolo XIV — Givi-
tanova-Marche (volumi tre) Tip. Natalucci, 1878.
Autore di quest' opera è il chiarissimo signor Giambattista
Ripamonti da Mogliano. Esso volle scriveni una Storia Picena
del secolo decimoquarto, perchè il Piceno gli parve troppo
maltrattato, confuso spesso con altre provincie, e spesso an>
Cora affatto dimenticato, eppure il terreno n'è bello, limpido
il cielo, temperato il clima cosi che chi vi nacque o vi dimorò,
non sa partirne. Le città furono sempre si spesse, da formarne
quasi una sola; ogni poggio aveva in cima un castello più o
meno grande; e di tali castelli tuttora ne rimangono. Guerre,
parti, odii, amori, brutte e ammirabili cose avvennero nel Pi-
ceno come altrove. Uomini grandi, ne ebbe tanti, e tali da
non invidiare nessuno. Pergolese, Ostilio Ricci, Annibal Caro,
Gentile da Fabriano, Sisto V, Alberico Gentili, Bartolomeo Eusta-
chio, Raffaello, Bramante, Cestoni, Persiani, Vaccai, Sponlini,
Leopardi, Puccinotti, Giovanni Marchetti, Francesco Cassi, Ros-
sini, Lanci, Camerini, per tacere di mille altri, basterebbero
ad illustrare una nazione.
L^autore scelse a tema della sua Storia Picena Gentile
DA Mogliano, perchè questi gli parve conosciuto meno di
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 353
quanto merita; perchè tatto ciò che ne scrìssero gli antichi
è pieno zeppo di anacronismi e calunnie, ed eziandio perchè
Gentile è suo compatrìotta.
Le fonti ov». attinse le principali notizie sono storiche: per
gli aneddoti e gli incidenti ha seguito le cronache e la tradizione.
Esso tratteggiò fisonomie e caratteri, che realmente furono;
rese la vita e la parola ad uomini che esisterono; sceneggiò
casi che avyennero; e dipinse con esattezza ed evidenza i co-
stumi, le opinioni, le credenze, i pregiudizii, le passioni, le
virtù ed i vizii degli abitanti del Piceno del secolo XIV.
In questo pregiatissimo lavoro il dotto scrittore moglianese
descrisse ed illustrò principalmente la storia dell' antichissima
ed insigne città di Fermo, a cui dedicò meritatamente il suo
libro perchè in essa, fino da giovanetto apprese ad amare il
buono ed il bello. Esempio imitabile di amorosa riconoscenza.
GenHle da Mugliano apparteneva alla illustre famiglia dei «
nobili di Fermo: era bello e robusto della persona, prode assai
nelle armi, di forte ingegno, di mente elevata, e di animo al-
tero, magnanimo e generoso. Per lo che i Fermani, stanchi
del mal governo de' loro Priori, e reputando Gentile for-
nito di quelle tante e disparate prerogative, che si desiderano
liunite in un principe, lo vollero e lo salutarono Signore
di Fermo.
Ma nel 1353 vi fu assediato da Malatesta generale di Santa
Chiesa.
Vedendo Gentile di non potergli resistere, si recò in Fu-
ligno dal Cardinale Egidio Albornoz che, vicario del Papa in
Italia, riacquistò le Roniagne, il Piceno, ed altre contrade alla
Santa Sede, giovandosi non tanto delle milizie spagnole, quanto
delle scomuniche, degr intrighi, delle indulgenze, e delle false
promesse di libertà verso coloro, che volessero aiutarlo ne' suoi
divisamenti. il Cardinale dichiarò Gentile gonfaloniere della
Chiesa, e lo confermò nel dominio di Fermo.
in seguito parve alPAlbornoz, che Gentile si accostasse al
prode Francesco degli OrdelaflB, Signore di Forlì e di Cesena
Arehiv. Slor. March. V. /. 23
354 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
di Ini suocero, ed agli altri Signori di Romagna. Per questo
suo sospetto, il Cardinale gli tolse TofOcio di gonfaloniere di
Santa Chiesa e lo bandi come ribelle. Gentile allora scacciò
da Fermo le milizie pontificie, e si rese indipendente dalla
Corte papale. Ma in appresso la seguita sommessione della
lega dei Signori romagnoli alle soldatesche del Cardinale Al-
bornoz fu cagione della rovina di Gentile. Perciocché i Per-
mani, temendo lo sdegno e le forze del Cardinale, si ribella-
rono al Moglianese loro Signore, e lo assediarono nella fortezza
di Fermo, denominata il Girifalco. Gentile dopo calorosa e mi-
rabile resistenza fu costretto ad arrendersi; e il Cardinale Àl-
bornoz lo bandi: ma egli tornato a Fermo con le sue milizie,
fu preso e decapitato.
La storia, qui appena accennata, fu dal valente scrittore
marchigiano minutamente esposta in forma di racconto sem-
plice, attraente, piacevole, e ricco di svariatissimi casi. Nel
tessere questo lavoro, egli si è giovato bellameute e con or-
dinata mischianza delle forme narrativa, descrittiva e dram-
tica. Le sue descrizioni di cose, di paesi, di uomini, di bat-
taglie, e di ogni specie di avvenimenti, sono vere, particola-
reggiate, pittoresche; i dialoghi naturalissimi e caratteristici;
la intiera narrazione, bene ordinata nelle sue parti; gli epi-
sodii, appropriati e ben connessi al principale racconto; i ca-
ratteri dei diversi personaggi, egregiamente delineati e soste-
nuti sempre nella loro speciale natura; lo stile facile, chiaro,
e variato secondo V indole delle cose descritte e dei fatti nar-
rati; il dettato, puro, spontaneo, elegante, e veramente ita-
liano; oltreciò Fautore, scrivendo, usufruttuò parole, frasi,
motti, e proverbii appresi dalla balia, quanti più ha potuto.
E cosi egli volle arricchire P idioma scrìtto della nazione con
un tesoro di lingua parlata bella, espressiva efficace, propria
di alcuni popoli del Piceno. Qnesta lingua parlata dalle Marche
fu ammirata dal celebre scrittore Pietro Giordani a Recanati
allorquando vi si recò a visitare Giacomo Leopardi. E questo
sommo nostro marchigiano, poeta, prosatore e filosofo insigne,
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 355
infiorò spesso le sue opere immortali di molte frasi e maniere
di dire proprie dì alcuni popoli piceni, specie di Recanati, di
Loreto, di Macerata, di Ancona e di Jesi.
Qaale scopo si è prefisso il nostro autore nello scrivere la
Storta Picena del secolo XIV, oltre a qaello di far conoscere
la verità dei fatti di quell'epoca medioevale, ed i pregi gran-
dissimi del suo famoso com[)atriotta Gentik da Mogliano?
Farmi ch'esso abbia avuto in pensiero anche il fine di far note
al popolo le corruzioni, le ingiustizie, le crudeltà, le discordie
civili, le stragi, le rovine, gP incendii di città e castelli, cagio-
nati nel Piceno dalle masnade straniere, e dalla prepotenza
papale per malnata libidine di temporale dominio.
E da tanti privati e pubblici danni, da tante nazionali ca-
lamità quale vantaggio ritrasse la Chiesa Romana? Fu questo
« che PAIbornoz (come il suo predecessore Bertrando del Pog-
getlo, morto poi a Viterbo) scappando alla volta di Avignone,
lasciarono le cose in peggior condizione che non le avessero
trovate, dopo avervi sprecato tanti milioni e tanto sangue,
nulla ac(|uistando, molto sperdendo, fatto abborrire le sanie
chiavi, e più desiderabile la libertà. >
DoTT. Dazio Olivi.
Fette Municipali commemorative e Tiro a segno in Italia nel
secolo XV. Brano di Storia lesina con documenti inediti
per Angelo Angelucci. — Torino, Tip. di G. Baglione,
1862. — Un opuscolo di pag. 16
Il maggiore ing. ANGi:LUca, che, oltre ad essere un di-
stinto filologo, è on valente cultore delle patrie memorie,
come ne fan fede i suoi molti lavori, fin dal 186i mandava
alla luce questo opuscolo in cui dimostra che T esercizio del
TRARRE A MIRA è antico quanto le armi da getto, ed è dif-
licite il poter sicuramente stabilire la data di questa istituzione.
Ma pur tuttavia, per indagare quando tale esercizio avesse
origine in Italia, crede non vi siano documenti die provino
356 BASSEGNA BIBLIOGRAFICA
essere aDteriore al secolo XYI, e da un docamento, tratto
dalle Riformanze iesine, vuoi provare che ia quella città il
tiro a segno ebbe orìgine'nel 1486, se non che i naovi doca-
meoti messi, in luce dal nostro Gianandrea fanno vedere, sen-
'• • , • ■
za .tema di errare, che queir esercizio si cominciò in Iesi nel
• • ' . ».
1453 in occasione delle feste a S. Floriano martire. — Però
questa anteriorità di data non toglie nulla deir importanza
che ha Topuscolo del Gav. Aogelucci, il quale è una nuova
pi[^ya della erudizione di lui e dell'amore che porta air Ita-
Uà ed in particolare alle sue Marche; e lo studio di lui e
quello del Gianandrea si completano a vicenda , e possono
contribuire non poco ad accertare che^ il tiro a segno in
Italia non è una importazione straniera.
Cesare Rosa
Opuscoli varii del Marchese Filippo Raffaelli.
Ho qui sopra il mio scrittoio undici opuscoli, favoritimi
dalla squisita cortesia del signor marchese Raffaelli, Bibliote-
cario della Gomunàle di Fermo, che attendono eh' io ne renda
conto ai lettori di queste pagine , ma essendomi impossibile,
per lo spazio di cui m' è dato disporre, di parlar particolar-
mente di ciascuno, come vorrei e come meriterebbero, debbo
limitarmi a dice di tutti insieme poche parole intrattenendomi
più su quelli che presentano un' importanza maggiore. — Ddla
tregua avvenuta neW ottóbre dd MCDXI fra Onofrio Smeducci
di Sanseverino ed il Comune di Macerata. — È un fascicolo
di 16 pagine pubblicato in occasione di nozze; precedono po-
che parole per far conoscere i tentativi inutilmente fatti dallo
Smeducci per togliere a Macerata la sua libertà, e seguono
tre documenti editi per la prima volta dal Raffaelli , relativi
ai preliminari di pace tra quel libero Comune ed il Sanse-
verinate. Il primo documento è una lettera di Onofrio ai Prio-
ri di Macerata in data del 30 Settembre 1411 con cui prò-
R/^SEGNA BIBLIOGRAFICA 357
mette 6$ none offèndere, ne receptare chi offendesse, quando però
i Maceratesi promettano il medesimo entro tre di altramenie
non ricei>endo la dieta vostra promixione, questa sia de nullo
valore. — Il secondo documento è la risposta dei Priori del
Gomane allo Smeducci, e porta la data del 2 Ottobre 1411 ;
con essa accettano le condizioni di Onofrio, facendovi qualche*
modiBcazione, la quale però non viene da lui accettata come
apparisce dal terzo documento. 11 RaffaeUi fa succedere alla
publicazione delle opportune note storiche, le quali valgono
a dare schiarimenti intorno ai latti ed alle persone di cui si
parla nel corso dell'opuscolo. —
Di una tavola dipinta da Lorenzo Urbani da Sanseverino
per U Comune di Recanati. — In queste pagine si danno al-
cune brevi notizie deir Urbani, pittore non volgare ai »uoi
giorni e di cui sarebbe ad augurarsi che alcuno tessesse una
accurata biograQa; e quindi sì viene a discorrere di una tavola
a lui allogata dal comune di Recanati nel 1474 , in cui si
rappresenta S. Sebastiano, S. Maria e S. Benedetto. Il March.
Rafiaelli mostra i pregi del dipinto ed illustra le figure e le
iscrizioni che vi sono; (\iiùostrando buon gusto in fatto di arte
e sana arte critica.
La Imparziale e veritiera istoria ddla unione della BibUo-
teca Ducale (f Urbino alla Vaticana di Roma. — È questa
una lettera al Conte Giullari di Verona, con cui il Marchese
Filippo RaffaeUi pretende di giustificare T unione della pre-
ziosa biblioteca dei Duchi di Urbino alla Vaticana di Roma,
ma a me pare che la cosa non sia giustificata che in picco-
lissima parte, mentre nel testamento di Francesco Maria della
Rovere si stabiliva tra T altre cose che: alla Comunità d'Ur-
bino lascia là Libraria ^ e quindi non si poteva poi da un
papa, ò chi per lui , derogare alla volontà del testatore. —
Ed invero mi par da lamentare che Urbino abbia perduto uno
dei suoi più pregievoli ornamenti, che sarebbe tornato a gran-
de profitto degli studiosi, ne in tale lamento giustissimo deve
vedei^i, come ci vede il RàfTaelli, un pretesto di più per sca-
358' RASSEGNA B1BL106RAPTCA
gliarsi contro i Pontefici, che sempre fecero mal governo delle
cose nostre, ma srbbene V amore del vero e della giustizia.
Di alcune opere di scultura e tarsia in legno esistenti a
Recanati. — È un opuscolo di 28 pagine in cui si ricordano
valenti artisti marchigiani ed opere di scultura e tarsia in le-
gno che si trovano nelle nostre Marche, delle quali hanno ta-
ciuto immeritamente gli scrittori di cose d'arte. E ben fece
r egregio bibliotecario delia comunale di Fermo a toglierli
dair oblivione aggiungendo alla sua memoria importanti docu-
menti, che saranno utilmente consultati da chi vorrà darci una
completa biografia di quelli, che coltivando Tarte con amore ed
ingegno, accrebbero lustro e decoro a queste nostre provi ncie.
Il Monumento di papa Gregorio XII ed i suoi donativi
alla cattedrale di Recanati. — Di queir Angelo Correr che ,
eletto papa in tempi fortunosi, abdicava alla sua dignità per
tornar vescovo di Recanati sorge in questa città uno stupendo
monumento marmoreo di cui il RafTaelli fa V illustrazione, ri-
portando r epigrafe della quale cerca interpretare il senso nel
modo che sembra meno lontano dal vero.
Statuti deW arte della calzoleria in Monte Giorgio. — Questi
statuti vennero dapprima compilati nel 1385, vennero volga-
rizzati nel 1484 e quindi riformati e corretti nel 1448 (?).
La pubblicazione degli statuti delle arti maggiori e minori ,
cosi delle grandi che delle piccole città, è da riputarsi utilis-
sima perchè vale a porgere non poca luce intorno alla vita
civile, morale, ed economica, quindi è che quanti sono di que-
sto persuasi saran grati alla cura che si è dato il Marchese
RalTaelli di mettere in luce gli inediti statuti della calzoleria
di Monte Giorgio, arricchendoli di opportune note illustrative.
Se non che a me sembra che tal genere di publicazìoni rie-
sca di gran lunga più utile quando vi si accompagni uno
studio che metta in rilievo le disposizioni più importanti che
fa<xia vedere quali vantaggi o danni ne risultarono al pro-
gresso delle arti ed industrie, che faccia notare come i nuovi
prìncipii proclamati dalle economiche discipline ed il nuovo
aàssrgna bibliografica 35d
indirizzo della vita publica molle di quelle disposizioni ren-
derebbero oggi inopportune e via dicendo. Ora di tutto questo
nel libretto del Raffaelli non trovo sillaba, e penso che la sua
grave fatica se ne sarebbe avvantaggiata, rendendo un notevole
servigio agli studiosi.
n Monumento di Vittorio Alfieri in S. Croce di Firenze. —
Sono lettere, sinora state inedite, di Giovanni degli Alessandri
e di Antonio Canova , dalle quali zi rileva che V Accademia
Fiorentina di Belle Lettere per prima concepiva V idea d' in-
nalzare un degno monumento all'immortale Tragico d'Asti
ed a tal fine si rivolgeva a queir Antonio Canova che, come
scultore, levò si gran Tama di se ; ma il Canova non poteva
accettare V incarico atteso t* affoUafnento la tnoUitudine de' lavori
da me intrapresi a quesf ora. Fu poi per opera della Contessa
D'Albany che il grande scultore italiano faceva il magnifico
monumento air / tfieri che ammiriamo in Santa Croce, e che
è davvero di^/no leir illustre uomo. — La publicazione del
RalTaelli, (in cui vorrei trovare ana forma meno rettorica, di-
fetto che si (leve secondo me ìotare in tutti ^li scritti li
lui ) , non ò al lutto dejtiiuila d' importanza |)erchè se non
altro mostra che gP Italiani apprezzarono degnamente V Alueri
e tentarono di rendere alla sua i epioria degne onoranze.
"Cesare Rosa
l — fVDoninic liifvn ^^ .) fi «ri ? ' s . — '*emrie
''accolte V ,':^H'' r '^cr "lov"» i nibm- i \ si, Tipo-
*^; n Fn* ' li • "i ., 1 . ' ; colo i . !•'*'" ^'rap.Je
••/i:. ' — II. — ^* Fed^^noo Oe' Corti da Verona
rri ' • : ^ in lesi — Mora^^ralla con documenti per
• V : .. NiBAtDi — lesi, Tip. Framonti Fazi, 1877.
— Li. opuscolo in IO"*' grande di pag. 84.
Di questi due opuscoli che s'occupano Ji artefici venuti in
rinomanza, i quali arricchirono dei loro lavori le città della
Marca, vorrei poter dire il miglior bene del mondo , ma nel
360 tlASSBGNA BlBLtOORAFlCA
mentre lodo la buona volontà di mantener viva la memoria
di artisti non volgari, mentre lodo la pazienza con cai furono
rovistate le antiche carte per attingervi le maggiori notizie
possibili intorno alla loro vita» non posso far a meno di la-
mentare che lo scrittore là dove gli mancano notizie e docu-
menti per accertare i fatti che racconta, proceda nelle sue ar-
gomentazioni con non troppo sana critica, e basi il suo ragiona-
re su non troppo solide fondamenta: a provare quanto asserisco
basterà che faccia una sola citazione. A pag. 13 e seguenti
deir opuscolo intorno al De' Conti dopo avere supposto che
il tipografo veronese andasse a Roma, in epoca non bene ac-
certata, ma che lo scrittore assicura essere il 1467 , ed ivi
imparasse Tarte sua, ne deduce che quivi conoscesse alcuni
illustri lesini, colà recatisi per ambascerie presso la S. Sede,
i quali lo persuadessero a recarsi in Iesi a stabilirvi una ti-
pografia. — Come si vede qui si va di supposizione in sup-
posizione e se questo fosse lecito di Care lo scrivere la storia
sarebbe una delle cose più facili del mondo.
Ne' di supposizioni patisce diretto la memoria intomo al-
l' Indivini dove tra le altre cos^ per dar maggior onore a Iesi,
lo scrittore vien fuori con Tidea che il celebre intagliatore
sanseverinate abbia in quella città studiato Parte sua, senza
nemmeno portare innanzi una qualche prova che avvalori la
sua idea. Che ogni scrittore porti amore grande alla città na-
tale è ragionevole, ma che per accrescere V onore di lei
voglia attribuirle più di quel che le spetta non è lodevol cosa
perchè la storia non si può e non si deve acconciare come
meglio torna comodo al narratore, altrimenti essa riesce tut-
r altro che la luce della verità e la maestra della vita, come
Cicerone ha insegnato che deve essere.
Ho voluto accennare a questi difetti capitalissimi degli
scrìtti del signor Annibàldi perchè la critica, massime quando
si tratta di lavori storici , deve essere franca, che solo a tal
condizione può recar alcun frutto di bene , e perchè vorrei
che r egregio scrittore, il quale dimostra molte buone qualità
RASSEGNA BlBLIOGRAriGA 361
per procedere nelle indagini storiche , per V avvenire proce-
desse con più cautela prima di mettere innanzi le proprie
opinioni, essendo qaesto il vero modo di riuscir atile davvero
al progresso degli stadii storici. Voglia danque egli accogliere
in benigno modo le mie osservazioni, e credere che esse sono
dettate non per mancare di reverenza ad un uomo che per
molti riguardi è rispettabile, ma per amore del vero.
Cesare Rosa
Camerino e i suoi dintorni descritti ed ittustrati dal Prof. Ari-
STmE Conti. — Un voi.* in 16.** di pag. 536. Camerino,
Tip. Borgarelli, 1872-74. — Prezzo L. 4: 25.
Non è questa una delle solite guide in cui sommariamente
sono indicate 1^ vie, le piazze ed i monumenti più impor-
tanti, ma ò un libro che offre una lettura piacevole ed istrut-
tiva nel tempo istesso: è un libro ben concepito, saputo at-
tuare assai felicemente e, rara avi», bene scritto, bnmagina
rautore di condurre alla visita della città di Camerino e suoi
dintorni il lettore, ed in questa escursione sa dai nuovi no-
mi imposti alle vie, dalle chiese, dai palazzi , dai quadri e
via dicendo, cogliere T opportunità per narrare le principali
vicende storiche della capitale dei Duchi di Varano, correg-
gendo errori in cui alcuna volta caddero quelli che ne scris-
sero in precedenza; non si lascia sfuggir Toccasione per ricor-
dare la vita e le opere di personaggi illustri nelle lettere, nelle
scienze, nelle arti, nelle armi. Né il Conti si occupa solo del
passato, ma coglie il destro ogni volta che gli si presenta per
dire della vita intellettuale, morale ed economica della mo-
derna Camerino, la quale non poteva trovare un illustratore
più intelligente ed amorevole di lui.
Cesare Rosa
362 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Guida storica e artistica della città di Fermo pel prof. Vin-
cenzo Curi — Fermo, Tip. Bacher 1864 — Un voi. in
16"^ piccolo dì pag. 136.
Della diligenza che pone il Curi nei suoi lavori hanno i
lettori testimonianza amplissima in quello che vien publi-
cando in questo Archivio, perciò è inatile-che venga a dire
che le notizie storiche e statistiche raccolte in questa guida
sono esatte, che V autore per amore di novità e per crescere
lustro alla sua terra nativa non si abbandona ad argomenta-
zioni impossibili, non lavora d'immaginazione e di fantasia,
e questo non è poco in un tempo in cui molti mostrano di
credere che la storia si crei di sana pianta come un romanzo
od un poema.
Se alcun appunto sì può fare al libro del Curi è di riu-
scire un pò arido, mentre egli dando al suo scritto una forma
più disinvolta e meno ricercata non avrebbe per nulla nuo-
ciuto alla gravita storica, ed intrattenendosi a parlare con più
diffusione degli uomini illustri che in Fermo fiorirono e delle
loro opere avrebbe accresciuto l'interesse ed il pregio del
volume, il quale del resto anche come è offre preziose notizie
agli studiosi.
Cesare Rosa
Vittorio Emanuele e la Letteratura politica. — Discorso di
Giovanni Mestica. — Un op. in 16."* grande di pag. 54.
— Iesi, Tip. F.'" Ruzzini, 1878.
Il Gav. Mestica considera a larghi tratti V influenza che
esercitarono sulle vincende politiche italiane i nostri più
grandi pensatori e filosofi dair Alighieri in poi , intrattenen-
dosi più specialmente a parlare dei contemporanei, che i semi
posti lungo il corso dei secoli dai loro predecessori finirono
di svolgere e completare, cosi che le idee di unità, indipen-
denza e libertà, prima nobile desiderio di pochi, divennero
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 363
comuni alla maggioranza, e resero possibile che un gran Re
si ponesse a capo del movimento nazionale, e lo dirìgesse in
modo da poter ottenere il fine desiderato. E le doti dell'ani-
mo nobilissime, le virtù politiche e guerriere per le quali
Vittorio Emanuele sarà sempre degno dì onorata memoria,
come di uno dei bencrattori dei popoli oppressi, il Mestica
enumera, mostrando come a lui a buon diritto si apparte-
nesse il nome di Re Galaniuomo con cui il suo popolo volle
chiamarlo.
Questo nuovo discorso dell'egregio professore marchigiano
è nuova prova del suo valore nelP arte dello Scrivere, e dei
patriottici sentimenti che lo animano, sentimenti a cui i gio-
vani nostri informar dovrebbero le azioni della loro vita ,
perchè, come ben dice il Gav. Mestica: e La libertà dei pò-
« poli non sta nei nomi, ma nelle istituzioni che la guaren-
« tiscono, la fecondano e la fan prosperare. » — Se T opera
di Vittorio Emanuele e degli altri uomini di mente e di cuore
fu grande, bisogna ora rammentarsi che: t spetta alla ge-
c nerazione che sorge e a quelle che verranno progredire
e neir immensurabile via con la scienza e Tarte, con la mo-
« ralità ed il lavoro, a gloria della patria, a incremento del-
« la civiltà. >
Cesare Rosa
Zara e i tuoi oontorni desarìtti al fòrattiara da Angelo
Nani — Un voi. in 16 ■• pie. di pag. 97 — Zara, Tip. Ar-
tale, i878.
Coi nuovi e più frequenti rapporti che si sono stabiliti fra
le due rive deir Adriatico in seguito alla instituzione di una
linea di vapori postali tra Ancona e Zara, è bene che le due
città imparino a conoscersi il più intimamente che sia possi-
bile, per giovarsi Tuna T altra al maggiore sviluppo della vita
intellettuale ed industriale; ed a queste, può tornare utile il
libro dell' egregio Prof. Nani, in cai i lettori troveranno non
à64 llASSEGNA BIBLIOGRAFICA
solo ana gaida della città moderna, ed un^ indicazioue precisa
della vita economica di lei, ma ancora delle importanti no-
tizie storiche.
A qnesto riguardo mi piace di rilevare dair opera del
Nani che i rapporti fra Ancona e Zara rimontano ad un' epoca
più antica di quello che comunemente si pensi. In fatti alle
pag. 2 e 3 il chiaro autore scrive: < Fu nel XIV secolo, e
precisamente il 20 ottobre 1308, che a consolidare le anti-
che relazioni di commercio e di amicizia fra Zara ed An-
cona, venne stipulata una convenzione pel trattamento re-
ciproco dei devigli, delle merci, delle persone. In seguito
a questa convenzione, durante l'assedio che nel 1346 so-
stenue la città, gli Anconitani spedirono molti aiuti. Un' or-
dinanza di data 15 luglio dell' anno 1448 dice : A favore
dei pellegrini, chejransitando continuamenle , navigano in
grande numero e spesso fino a cenPD e più, d* ambo i sessi,
da Zara verso Ancona, diretti, per divozione, cUk soglie de--
gli Apostoli^ e ad altri Santuari fu confermato e di nuovo
stabilitOj che siano da tutti bene trattati ^ e possano con si-
curtà navigare^ previa F ispezion de* navigli daW Ammiraglio
delP Arsenale; e che dal conduttore 6 padrone d* ogni naviglio
non si ricevano fuorché soldi 50 per ciascun uomo, ed un
ducato d'oro per cadauno cavaUo; dal che ne deriva il con-
tinuo e frequente commercio con quelli di Ancona e di Fer-
mo, ed eziandio colle popolazioni finitime ddla Puglia ecc. >
Il lavoro del Nani è condotto con molta diligenza, e ri-
peto che dà molte importanti notizie sotto ogni riguardo,
solo è da dolersi che queste siano date assai compendiosa-
mente, méntre V autore allargandosi un po' più nella parte
descrittiva, biografica e storica avrebbe reso il suo libro più
interessante ed ameno alla lettura; ed alla amenità avrebbe
conferito qua' e là una maggiore eleganza di forma e di stile
e correggendo qualphé vocabolo che, di rado, vi s'incontra
e che non può dirsi prettamente italiano. — Queste osser-
vazioni sembrefanno pedanterie, ma pure ho volute farle per-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 365
che so che P egregio professore vorrà prenderle in destra
parte, e per dimostrare la diligenza con cui ho letto il sao
libro, al quale certi piccoli nei non tolgono gran fatto della
utilità eh' esso presenta, ed anzi dirò che sono ben lieto di
poter cogliere r opportunità che mi si presenta di raccoman-
darlo ai lettori di questo Archivio, sicuro di adempire ad un
dovere e di far loro una cosa gradita.
Cesare Rosa
Storia di Cagli nell* età antica e nel medio evo, con noie, do-
cumenti e tavole illustrative per Giuseppe Moghi. — Parte
prima. Dalle origini aWanno SOOdelTE. V. — Cagli, Giu-
seppe Balloni Tipografo Editore, 1878 — Un voi.* in 16."*
grande di pag. 107. — Prezzo L. 2, 50.
Se ogni città nostra avesse la sua storia, scritta non a
vana boria campanilesca, ma dettata dietro la scorta di verì-
dici documenti, di cui gli archivii son pieni; con sana critica
raccogliendo e vagliando senza inutili vanterìe le popolari tra-
dizioni ed illustrando i publici monumenti, la storia nazio-
nale che nelle cittadine ha suo fondamento, specialmente in
Italia dove ogni città ha vissuto di vita propria, se ne avvan-
taggerebbe. Ma giacché questo ancora non si è potuto che in
parte ottenere, affrettiamo col desiderio che ogni municipio
possa aver la sua storia, e facciamo buon viso a quelle che
con scienza e coscienza si vengono publicando, esaminandole
brevemente perchè V esempio dei volonterosi venga imitato.
Oggi è della Storia di Cagli, dettata da Giuseppe Moghi,
di cui è uscita la prima parte che va dalle origini alPanno
800 deir E. V., che debbo render conto ai lettori di questo
Archivio. Innanzi tutto dirò che questo volume la testimonio
della diligenza ed amore posti dair egregio autore nelle ri-
cerche fatte perchè il suo lavoro avesse a riuscire in ogni
sua parte completo, diligenza tanto più lodevole quanto più
necessaria e meno osservata in libri di questo genere.
366 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Descritta la postura delPantica città, e quella che ebbe iu
processo di tempo, viene a discutere ingegnosamente suirori-
gine del nome che le fu imposto, se non che tal discussione
riesce soverchio lunga, mentre avrebbe bastato T accennare
alle varie opinioni che si sono manifestate adducendo breve-
mente le ragioni che mostrano come il primitivo nome fu
Cale e sotto i barbari Collis Callum. Delle origini del paese,
che si perdono nella più remota antichità, nulla si può dire
con certezza, però il Mochi pensa che gli Umbri lo fondas-
sero, e la sua congettura, non saprei io qui dire quanto fon-
data, basa su questo che il nome Cale non è latino, e per
la giacitura in monte propria di altre città umbre (pag. 32).
Delle vicende dei primi tempi poche ed incerte sono le me-
morie, quindi e che brevemente Pautore ne tocca^ illustrando
in special modo oggetti antichi rinvenuti in quel territorio e
che servono a dare un'idea deir importanza della coltura che
ebbe in quei giorni quella città; e non trascura di accennare
alle vie che la mettevano in comunicazione con altri paesi
e giovavano alla sua prosperità. La mancanza assoluta di ri-
cordi civili e militari fa si che la storia di Cagli presenti una
lacuna dal 476 al 534 dopo la qual epoca fece parte tlella
seconda Pentapoli, e nel 755, in seguito alla donazione di
Pipino passò sotto il potere dei papi.
Riserbandomi di tornare a parlare più lungamente di que-
st' opera quando ne sia compita la publicazione, qui pongo
fine al mio dire osservando che se alcuna volta si desidera
una critica più accurata, che se alcune lungaggini si vorreb-
bero tolte, tuttavia è opera che fa onore a chi V ha concepita
e mandata in atto, e che agli studiosi delle nostre storie cit-
tadine non deve riuscire discara, perchè intorno a molti fatti
sinora sconosciuti od incerti dà utili ed assennati schiarimenti.
Cesare Rosa
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 367
Sinigaglia e suoi dintorni — Cenni bibliografici, storici e de-
scrittivi di Alfredo Margutti — Un opuscolo in ifi*'
grande di pag. 76, — Fano, Tip. Lana 1877.
II Pror. Margutti convinto della utilità delle storie muni-
cipali, per indicare le fonti di quella di Sinigaglia fa una
rassegna bibliografica delle opere a stampa o manoscritte in
cui si parla delle cose senigagliesi, e di tali opere tesse una
brevissima critica, nella quale gli appunti che si fanno molte
volte avrebbero voluto essere accompagnati da prove che ne
mostrassero la giustezza. Così pure in una bibliografia storica
senigailiese non erano da lasciare deliberatamente certi opu-
scoli, che r autore non nomina ma ci dice soltanto essere di
poco valore : allo storico ogni più piccola notìzia può giovare
per rettificare un fatto, una data, e perciò è bene che almeno
conosca tutto quanto fu scritto , perchè possa air occasione
valersi di quello che fu dettato innanzi a lui.
I cenni storici che seguono alla bibliografia sono assai
compendiosi, e non offrono grande interes>e per chi si dedica
agli studi storici in quanto che poche notizie nuove vi si
comprendono, e di esse anche vi si parla cosi in breve senza
neppure publicare qualche documento sconosciuto che agli
storiografi avrebbe potuto giovare. Se degli nomini illustri
che ebbe Senigallia in ogni disciplina il Prof. Margutti avesse
fornito più che una semplice notizia, avrebbe reso un sei vi-
zio alla nostra storia letteraria e civile, ed accresciuto V inte-
resse del suo lavoro.
La descrizione della città, che è quasi tutta moderna per-
chè glMncendii e le devastazioni dei barbari e saraceni di-
strussero quanto aveva di antico; i ricordi delle cose d*arte
che vi si racchiudono, le notizie industriali, commerciali e via
dicendo, sono fatte con bastante diligenza e valgono a darci
un* adequata idea delle condizioni attuali del luogo, condizioni
non certo al tutto prospere , ma che danno luogo a sperare
368 B ASSEGNA BlBLlOGRAnCA
Che mercè i benefici infliissi della libertà, la diffasa coltura ,
la riaQimata attività degli abitanti tornino a rifiorire a van-
taggio di lei e della nazione.
Cesare Rosa
Arti e Artisti in Pieroonte. Documenti itiediti con note per An-
gelo Angelucci. — Un voi.* in 16."'' grande di pag. 60.
— Torino, Tip. Reale di G. B. Paravia e Gomp., 1878.
È questa una serie di XI documenti tratti da ir Archivio
di Stato di Torino, in cui sono contratti, liste e inventarli di
sculture, pitture ed altri oggetti d'arte dei Reali dì Savoia,
oggetti preziosi, e che dimostrano come i Monarchi Sabaudi
quanto altri amassero le arti del bello e fossero larghi del
loro favore a quanti le coltivavano, e Ma nel leggere quei
e documenti, dice T Angelucci, vi sentite straziare il cuore
e pensando che una buona parie di tante preziosità più non
e esiste fra noi: perchè mani ladre di stranieri, ed anche di
e nostrani, ne spogliarono la reggia nelle ri volture del passa-
e to secolo, ed ora sono per V Italia disgraziatamente per-
t dute. > Con tutto ciò con questi documenti che V egregio
Ingegnere Marchigiano ha messo in luce, ha reso un importante
servizio alla storia dell'arte perchè ha fatto conoscere resi-
stenza di cose preziose, indicatone il vero valore, e dati gli
elementi per far conoscere a chi si dovessero alcune di quel-
le opere che da certi erano state sin qui attribuite ad altti
artefici che i veri non erano. Oltre di ciò dalla publicazione
deir Angelucci la Dinastia Sabauda, generalmente considerata
come adorna solo di nobilissime virtù civili e guerriere, ci
viene mostrata come protettrice ed intelligente estimatrìce del-
le arti gentili,
Gesarb Rosa
RASSEGNA UIBUOGnAFICA 369
Atti della Società Storico-Archeologica delle Marche in Fermo.
— Voi. II. in 16"*^ grande dì pag. XXVI, 231. — Fermo,
Stab. tipog. Bacher, 1878.
Col lodevolissimo scopo d' indngare le antiche memorie che
alle Marche si riferiscono, pochi anni sono in Fermo, una delle
città delle nostre provincie in cui gli studii con cura ed amore
si coltivano, si costituiva una Società storico-archeologica per
opera di alcuni egregi cultori della storia. E beo presto si vide
che tale società non era destinata ad essere una delle solite
accademie scientifico-letterarie, in cui i signori accademici non
hauno altro scopo che d'incensarsi mutuamente e dettare
scrìtti ne' quali colla ampollosità della forma si cerca coprire la
vacuità delle idee, ma che era destinata invece a rendere no-
tevoli servigi agli studii storici, iucitando quanti avessero in-
gegno da ciò ad illustrare la storia del proprio paese. E frutto
della operosità dei signori accademici furono due grossi vo-
lumi, in cui importanti memorie vennero pubblicate. Del primo,
che fu stampato nel 1875, sarebbe fuor di luogo il discorrere
ora mentre deve essere abbastanza conosciuto, farò invece un
rapido cenno del secondo che, con patriottica e lodevole idea,
venne dedicato alla memoria di quel gran Re che, rendendo
la patria una, libera, indipendente faceva possibile U riQorìre
degli utili studii.
11 volume comincia con un elegante discorso del distinto
letterato marchese Cesare Trevisani, presidente della Società
storica, in commemorazione di Vittorio Emanuele U, il quale
è senza fallo uno dei migliori che per la immensa sciagura
onde fu colpita T Italia venner dettati. Ivi le più squisite grazie
deir orazione vanno congiunte alla intensità dell' affetto, e con
efficace brevità le doti deir animo, le opere della vita del gran-
de uomo, che lamentiamo perduto, sono ricordate; chi legga le
parole del marchese Trevisani non potrà non essergli grato
di aver saputo con arte di .pittore valente ritrarre Pimagine
Àrchiv. Stor. March. V. I. 2i
370 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
delle virtù del Gran Re, che sarà sempre un imitabile esempio
alle nuove generazioni.
Pieno di generosi sensi e di abbastanza buona forma poe-
tica è il sonetto del prof. Carlo David, né certo dispregievoli
sono i versi elegiaci in latino, dettati dal prof. Trillini. Note-
voli sono per concisione ed eleganza le iscrizioni commemo-
rative del prof. cav. Curi, che i migliori epigrafìsli non sde-
gnerebbero di accettar come proprie; ne meno degna di en-
comio è la epigrafe latina del prof Pratesi.
Dopo di questi lavori ai quali ho brevemente accennato, il
volume contiene delle memorie storiche di qualche importanza
intorno alle quali gioverà lo spendere poche parole. Quanto
intorno alle Accademie di Fermo scrive il prof. cav. avv. Vin-
cenzo Curi vale a confermare la bella fama ch'egli già gode
di scrittore accurato ed elegante, nel mentre che per le dili-
genti ricerche da lui fatte offre una dotta storia di quelle ac-
cademie che, sorte in Italia nel secolo decimoquinto nei prin-
cipali centri collo scopo di far rifiorire gli studii, ben presto
si moltiplicarono, ma degenerando fu più il male che il bene
che fecero alle lettere, e divennero in mano dei despoti, che
si divertivano a rinfocolare le ire letterarie degli accademici,
strumento di divisione e d'indebolimento degli Italiani, i quali
fino che si trattenevano a disputar delle parole non si ricor-
davano delle idee, ed era ciò che si voleva, lo non posso dar
un sunto del lavoro del Cav. Curi, per cui mi limiterò a dire
che la prima delle accademie fermane sorse nel 500 e si chiamò
degli ScioUi, e di essa fece parte anche Torquato Tasso. In se-
guito si fondarono altre società letterarie, tra le quali quella
dei Vaganti, quella dei Ravvivati, quella degli Erranti già
Raffrontati, La Colonia Arcade ecc. Tutte queste accademie
se giovavano a mantener vivo il <;usto delle lettere però in fine
non erano che riunioni in cui si facevano delle esercitazioni
rettoriche , della cui utilità mi sarà permesso di dubitare.
Più utile riusci senza fallo V Accademia oj^rarta, istituita
nel 1848, che servi a rimettere in onore gli studii agrari! ed
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 371
a farli applicare alla coltivazione delle terre. Ed utilità non
lieve porterà agli studiì storici la nuova Accademia Storico-
Archeologica, presieduta dal chiarissimo signor March. Cesare
Trevisani, perchè essa sarà d* incitamento agli studiosi a fare
delle ricerche le quali correggano molti errori e pregiudìzi,
e L'Italia, dice giustamente il Curi, non ha per anco una vera
storia generale, né può altrimenti sperarsi senza T opera col-
lettiva dolle cento città; a quei generosi che vi contribuiranno
coi loro studi, andrà essa debitrice del finale e completo suo
risorgimento (pag. 23). »
Intorno agli Antichi Monasteri Benedettini in Ascoli Piceno
offre importanti notizie storiche ed artistiche il sig. Emilio Luzi,
come Sitili Antichi Monasteri di S. Ippolito e S. Giovanni in
Selva espone il risultato delle sue accurate ricerche il Signor
Artemio Pennesi, e di ambedue questi lavori irarran giovamento
quanti fanno oggetto dei loro studii il vantaggio che nelle età
di mezzo recarono gli ordini monastici alla civiltà, e come poi
si convertissero colP andare del tempo in ricovero, di gente,
che nascondeva la propria infingardaggine sotto il manto del
disprezzo delle mondane vanità.
11 signor Marchese Filippo RafTaelli, del cui amore agli
studii storici e della cui meravigliosa operosità fanno fede i
dotti lavori in varie occasioni publicati, scrive una elegante
Iltustrazioìte Storico - Descrittiva del Santuario di S. Nicola in
Tolentifèo, nella quale trovi molte nuove ed importanti notizie
insieme ad un' accurata descrizione degli oggetti d' arte che
si racchiudono in quel celebre santuario. La sana critica
storica ed artistica con cui si correggono alcuni errori in cui
caddero altri scrittori, e si mettono in luce pregi e difetti delle
pitture e scolture che vengono esaminate, credo che renderan-
no utile la lettura di questa monografia tanto a quelli che si
occupano delle ricerche storiche, quanto a quelli che dell'arte
hanno fatto il nobilissimo culto della loro vita.
Una bella memoria storico-critica e quella dettata dal Prof.Gio-
SUI' Gecconi di Usimo Intorno alla liberazione di Sinigaglia dalla
372 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
oppressiofie del Conte GottibfMo. L'egregio autore tenta di dimostra-
re, contrariamente a quanto affermarono gli storici anconitani dal
Peruzzi in poi, come e la libei*azione di Sinigaglia dall'oppres-
sione del Conte Gottiboldo avvenuta nei iprimordi del decimo-
terzo secolo non si compi esclusivamente per opera degli
Anconitani, ma che altri popoli marcliegianì e segnatimente
gli Osimani e gli Esini vi ebbero molta parte. • Quindi per
provare il suo assunto, appoggiato a documenti sinora scono-
sciuti, instituisce delle ricerche colle quali riesce a far chiaro
che il Conte Gottiboldo, che fu cittadino Osimano e non Se-
nigagliese, come il Peruzzi erroneamente volle chiamarlo, in-
vestito dall'impero della signoria di Sinigaglia, miseramente
r opprimeva, e perciò una confederazione di alcune città della
Marca riusciva a liberare dall' oppressione la città sorella ; e
di questa impresa , secondo le buone ragioni che il Gecconi
porta innanzi, fecero parte Anconitani, Osimani ed Esini; ed
il fatto avvenne nel 1200, e non nel 1203 come sinora gli
storici hanno affermato. — A corredo del suo dotto lavoro di
cui mi duole non poter rendere più esteso conto, V egregio Au-
tore publica tre documenti dai quali resulta la verità di quanto
egli asserisce.
Il Gav. Giannangelo Giulietti intorno all' Antico Statuto di
MoUelpare scrive una accurata memoria, nella quale con non
comune erudizione cerca di provare che quello Statuto fu com-
pilato prima dell' invenzione della stampa, e forse non indub-
biamente prima del 1290, poiché colla data di quest'anno si
ha una bolla di papa Nicolò IV diretta al Consiglio e Comune
di Montelpare. Dopo di che l'egregio autore viene a discorrere
dei poteri civili ed amministrativi che dal detto statuto ven>
nero creati.
11 Prof. Filippo Eugenio Mecchi suggerisce alcune emen-
dazioni alle Antiche Iscrizioni Fermane della raccoUa De Minicis,
correzioni che , per quanto mi sembra , egli basa su giusti e
solidi argomenti, che valgono a dimostrare la sua profonda e
varia erudizione in fatto di archeologia.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 373
Il volume sì chiude con dei cenni intorno ai Soci defunti
e coir elenco dei Soci onorari, corrispondenti e residenti.
Cesare Rosa
Spedizione dei Monti Parioli (23 ottobre 1867) raccontata da
Giovanni Cairoti, con proemio e note di B. E. Maineri.
— Un volume in 16 pie. elzeviriano di pag. 187. — Mi-
lano, Levi editore, 1878. — Prezzo L. 2 50.
Della spedizione dei settanta ai Monti Parioli che, capita-
nata da Enrico Cairoti, tentava nel 1867 di togliere Roma
alla signoria clericale e ridonarla air Italia, Giovanni Cairoti, il
quale ebbe non ultima parte in quel fatto glorioso, scrisse il
racconto con la efficace semplicità dei nostri cronisti del tre-
cento e col cuor caldo d'amor patrio. Però quel racconto era
presso che dimenticato, e ben fece B. E. Maineri a rimetterlo
in luce, perchè le gesta gloriose che vi sono ricordate, e che
al pensiero ritornano gli eroici fatti dei tempi più belli del-
l' antica Grecia e di Roma, possono giovare a mantenere vivi
nelle giovani generazioni i patriottici sentimenti e a far che
non si spenga nel cuore dei venturi la gratitudine verso co-
toro che non dubitarono di sacrificare la propria vita per la
santa causa della libertà e indipendenza nazionale.
Si potrà discutere sulla opportunità o meno del tentativo
in quel momento, ma non si potrà mai mettere in dubbio la
rettitudine ed il patriottismo dei giovani che vi si accingevano
pieni di fede e d'entusiasmo; ad ogni modo poi, t)encl)è t'im-
presa fallisse, i posteri vedranno in essa un'opera generosa,
una novella affermazione del diritto degli Italiani su Roma, un
nuovo e non al tutto inefficace colpo contro la sacerdotale
tirannide.
Ma lasciando di proferire un giù tizio sull'opportunità poli-
tica della spedizione dei Monti Parioli, giudizio forse tuttora
intempestivo e che per quanto sincero peirebbe se non altro
374 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
sembrare suggerito da spirito partigiano, il che lo destituirebbe
d'ogai autorevolezza, intorno al libro di cui mi occupo dirò
che il racconto è fatto dal Cairoti con scrupolosa esattezza,
senza dare in ampollose esagerazioni che al narratore toglie-
rebbero ogni fede, e sarà sempre documento importante per
chi vorrà scrivere la storia deir italiano risorgimento, nella
quale una bella pagina dovrà sempre consacrarsi al combatti-
mento di Villa Glori, dove un pugno di prodi rinnovava i mi-
racoli di Leonida e dei suoi trecento spartani alle Termopili,
combattendo come questi per la santa causa della libertà.
11 proemio di B. E. Maineri al racconto di Giovannino Cai-
roli è pieno di affetto verso i generosi che caddero per la
patria, descrive il luogo della zuffa, rammenta brevemente, ma
con calde ed efficaci parole, quanto i cinque fratelli Cairoti
fecero in prò dell'italiano risorgimento, e tale ricordo se venga
letto dai giovani nostri varrà non poco a mantener vivo in
essi Pamor della patria, per la quale impareranno dagli illustri
fratelli Pavesi che bisogna esser pronti, se il bisogno lo ri-
chieda, a far sacridzio di se, facendo tacere ogni sentimento
d'egoismo dinanzi all'interesse del publico bene. Ed è un
libro che può, in mezzo allo scettismo invadente, far brillare
un raggio di fede, educare a nobili sensi civili quindi merita
che si diffonda in mezzo al popolo italiano, che deve rendersi
degno degli alti destini a cui è chiamata la patria.
Grsare Rosa
Traiano Boccalini o la letteratura critica e politica del seicento.
— Discorno di Giovanni Mestica. — Firenze, Tip. di G.
Barbèra, 1878. — Un voi. in 16"" di pag. 128.
Il ritornare alla memoria dei contemporanei i fatti degni
di quegli uomini che, in tempi difficili, potentemente contri-
buirono al progresso della civiltà, è da stimarsi cosa altamente
lodevole, sia perchè con essa si scioglie in parte il debito di
riconoscenza verso i passati che colP ingegno e colle opere pre-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 375
pararono i nuovi tempi e tennero alto il decoro d'Italia quando
il proferire il nome di patria era attribuito a delitto, sia per-
chè il racconto delle vicende dei nostri grandi riesce efficace
esempio ai presenti del come i cittadini s'abbiano ad adope-
rare a vantaggio del proprio paese. Quindi è che ip non du-
bito punto di afTermare che non picciola gratitudine si deve
alPegregio prof. Mestica per aver ricordato con nobili parole i
titoli molti che ha alla riconoscenza degli Italiani Traiano Boc-
calini sia come uomo politico, sia come scrittore.
Quantunque lo scritto del cav. Mestica si presenti sotto il
modestissimo aspetto di un discorso e non colla pretesa di
essere una completa biografìa dcir illustre Loretano, pure v'ha
tanto che basta a farcelo conoscere sotto il duplice aspetto di
cittadino e di scrittore, nò nulla fu trascurato di quanto po-
teva giovare a dare un' adequata idea dei tempi travagliosi in
cui visse il Boccalini e a mettere, sotto il vero punto di luce
quel ch'egli fece in servigio del proprio paese. Difatti, detto
della sua famiglia e dei suoi studii, parla degli incarichi pu*
blici che ebbe, esamina gli scritti di lui mettendone in rilievo
con sana arte critica, troppo oggi disconosciuta, pregi e difetti
parlando delle condizioni infelici in cui era allora l'Italia, in
gran parte schiava degli Spagnoli, e dell'amore che il Bocca-
lini portò alla libertà politica, amore che appare manifesto alla
lettura delle opere sue, piene di utili avvedimenti politici, e
che a lui costarono persecuzioni e dolori non pochi e da ultimo
la morte per veleno fattogli propinare dalla Corte di Spagna
a cui certi liberi spiriti non potevano andare a sangue.
Non è mio compito ritessere qui la vita del Boccalini, ma
solo mi piace ricordare che egli già nel seicento proclamava
la necessità dell'abolizione del dominio temporale dei papi, e
mostrava il diritto che avevano gli Italiani alla indipendenza
da ogni straniera signoria; sperando fin d'allora che la rige-
nerazione della penisola si sarebbe fatta per opera dell'illustre
Casa Sabauda; e cosi gettava i semi di quei principii che do-
vevano completamente svolgersi ed attuarsi ai giorni nostri.
• -
376 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
E di tulle queste cose discorre il Mestica con ampiezza di
vedute, con corredo di profonda dottrina, con forma robusta
e squisitamente elegante, mostrandosi libero dai pregiudizi della
scuola, come chiaramente si vede nel parlare che fa della let-
teratura del seicento troppo leggermente e superficialmente
giudicala dai più, e in specie da quelli che come pappagalli
ripeterono la famosa sentenza di Alfieri che il seicento de-
lirava.
E se l'egregio autore trascura od accenna soltanto a molti
falli biografici, giova notare che non son di quelli che valgono
alla dipintura efficace del carattere e delP influenza esercitata
a'suoi giorni dal Boccalini, e blsc^na rammentare che questo è
un ricordo biografico e non una biografia; del resto ricordo
amplissimo e degnissimo dell'uomo che vi sì celebra.
lo vorrei che questo discorso dell'egregio letterato marchi-
giano fosse letto da molti perchè si conoscesse una delle più
belle glorie nostre di cui ci eravamo pressoché dimenticali; ed i
giovani sopra tutti lo leggano con cura diligente, che s'invo-
glieranno di studiarne le opere dove sempre più si accende-
ranno dell'amor della liberià e della patria, concependo pro-
posili magnanimi e degni, tra' quali non ultimo quello di non
mostrarsi degeneri dai loro padri.
Grsarc Rosa
Biografia di Luigi Sani per Benedetto Prina con alcune lettere
di illustri italiani — .&.• edizione — Un \ol. in 16"' di
pag. 69. — Milano, Ditta Giacomo Agnelli, 1879.
Luigi Sani, uomo virtuosamente operoso, che coltivò le let-
tere con non comune ingegno e si adoperò alla diffusione e pro-
gresso dell' educazione popolare, nacque in Reggio d' Emilia.
Datosi agli studii con amore, e specialmente alla poesia publicò
dei versi che rivelano lutto l'animo suo buono ed affettuoso, che
RASSEGNA BlBLtOGRAnCA 377
meritano lode per la forma e, quel che più monta, per la no-
biltà dei propositi e dei sentimenti; per la qual co.^a si acquistò
ben presto la stima dei migliori poeti nostri. — Chiamato dai
suoi concittadini a' pubblici ufQci, vi si distinse per il disinte-
resse e lo zelo con cui vi attese. Persuaso che V istruzione con-
giunta ad una retta educazione del cuore è il mezzo principale
per ottenere che la plebe, come dice il Gioberti, si converta in
popolo, si diede a tutt* uomo a promuoverla nel suo paese, e
fondò una Società per la diffusione detP educazion popolare, e
promosse la istituzione delle Casse di risparmio nelle scuole
esempio poi seguito da altri perchè ormai si comincia a capire
esser necessario gettare tra il popolo i semi della previdenza
e della savia economia sino dai primi anni. — Ed io che ebbi
la fortuna di essere in rapporti epistolari coir egregio nomo
posso attestare dell'amore ch'egli poneva in tutte queste opere,
sebl)ene, modesto com' era, non ne menasse inutile vanto, co-
me quelli che dalP ambizione sono mossi air operare più che
da un bisogno del cuore. — Nei rapporti domestici si mostrò,
e non poteva essere altrimenti, ottimo figlio, marito e padre;
alle miserie altrui fu largo, per quanto poteva, di aiuti e di
consolazioni, non per ostentazione di filantropia ma per senti-
mento di vera carità.
Questi è Puomo di cui ora Reggio, e quanti il conobbero,
piangono la morte.
L' egregio Prof. Cav. Benedetto Prìna ha del Sani dettata
in una forma corretta ed elegante com* egli sa fare, una dili-
gente ad affettuosa biografia, dove le virtù del cittadino, ed i
pregi del letterato sono tutti ricordati senza inutili esagerazioni
senza lodi immoderate, che più nuocciono di quel che giovioo
air uomo di cui si parla; ed ha fatto bene perchè alle nuove
generazioni oflre un imitabile esempio, che io pel bene d'Italia
mi auguro che sta dai giovani nostri seguito.
Cesare Rosa
378 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Genio e Lavoro — Biografia e breve storia delle principali opere
dei celebri intarsiatori Giiis^pps e Carlo Francesco Maggio-
lini di Parabiago ecc. dei Sac, 6. A. M. — Un volarne in
16."^ di pag. 112. — Milano, DitU G. Agnelli, 1879. Prezzo
L. 1, 25.
Sebbene non in tutti i casi sia vera la sentenza che volere
è potere , pare è certo che la volontà è un gran mezzo per
poter raggiungere il proprio miglioramento intellettuale, morale
e materiale, ed è bene il porre sotto gli occhi delle moltitudini
quegli esempi in cui la forza della volontà ha saputo operare
dei veri prodigi, perchè ciò vale a mantenere viva la fiducia
nelle proprie facoltà ed a risvegliare quella opirosità senza di
cui il progresso nelle arti e nelle scienze diviene impossibile;
è per questo che io applaudirò sempre a quei libri che si pro-
pongono un SI nobile fine; è per questo che ora mi piace di
raccomandare P operetta del sig. Mczzanzanica, desideroso che
essa si diffonda e faccia tutto quel bene che può fare.
Questo volume racchiude il racconto della vita modesta ed
operosa dei fratelli Maggiolini, che, venuti d' umile condizione,
seppero coir attività ed il buon volere venire in grande eccel-
lenza nei lavori di tarsia, e cosi procacciarsi onori e ricchezze
ben meritati. Ma non si creda che tutto ad un tratto i due
operai pervenissero all'acquisto della fama; no, ebbero a lot-
tare con delle difficoltà, le quali colla perseveranza, che si do-
vrebbe aver sempre per il conseguimento del bjne, giunsero a
vincere; ed il loro biografo racconta particolareggiatamente co-
me giungessero alla meta, e descrive le opere uscite della loro
mano. È un ricordo affettuoso ed accurato, in cui se qualche
volta si desidera una maggior correzione di lingua e di stile »
pur piacerebbe di vederlo correre nelle mani di tutli i nostri
operai.
Cesare Rosa
- -V " -----
NOTIZIE STORICHE E BIBLIOGRAFICHE
La Direzione rende grazie a tutti quei giornali che hanno
con cortesi parole d' incoraggiamento e di lode annunziata la
comparsa del primo fascicolo &àìV Archivio Storico Marchigiano.
Citiamo i titoli dei periodici che raccomandarono la nostra
publicazione. // Manzoni di Fermo; // DiriUo di Roma; La
Rassegna Settimanale di Roma; // Messaggero di Roma; Il Mar-
chigiano di Sanseverino; // Dalmata di Zara; L' Archivio di
pedagogia e scienze affini di Palermo; // Cittadino di Modena;
U Adriatico di Pesaro; il Corriere delle Marche di Ancona;
La Gazzetta di Ascoli Piceno; La Riforma di Roma; V Appen-
nino di Camerino; La Gazzetta di Venezia; La Nazione di Fi-
renze: tt Fanfiilla di Roma; La Rivista Misena di Senigallia;
La Palestra di Zara; V Archivio Storico Italiano di Firenze;
L* Archivio Storico Lombardo di Milano. — Se in questo elenco
è qualche ommissione, dessa è involontaria, e proviene dai non
aver avuto notizia di altri giornali che per avventura ne ab-
biano parlato.
Il Cav. Prof. Ivo Ciavarini Doni ha publicato nel Corriere
dette Marche un suo scritto in cui a ragione lamenta il disor-
dine col quale nelle Marche sono tenuti gli Archivi storici, e
propugna la necessita della ìnstituzione in Ancona degli Ar-
chivi di Stato, come già esistono nelle altre regioni italiane.
Appoggiando le idee dell' egregio professore, auguriamo che per
il vantaggio degli studii siano bene accolte le sue proposte.
Dal Marchigiano di Sanseverino apprendiamo che in Castel-
leone di Suasa per opera dei signori Matteuccì e D. Emanuele
Raspoli si fanno scavi importanti, per i quali si scoprono mo-
oamenti preziosi presso le mine delP antica Suasa e di Fo-
rum Sempronii (Fossombrone).
380 NOTIZIE STORICHE
Lo stesso giornale c^ informa che devono iniziarsi gli scavi
sulle rovine delP antica Urbis &ii(?/a (Urbisaglia) , dai quali si
ripromettono scoperte importa .ti, che getteranno non poca luce
sulle vicende storiche dei più bei tempi di quella città. Si dice
che il Ministro della Pubblica Istruzione assegnerà per ora li-
re 5000 per tale impresa.
Nel giornale di Filologia Romanza il dottor Guido Levi
ha publicato un documento del secolo Xll che interessa le
Marche, e che fu dal Levi stesso rinvenuto in un ripostiglio
del Collegio Romano. Il documénto è La Carta Volgare Picena,
che si riferisce air Abbadia Cistercense di Piastra. .
Il chiarissimo professor Giuseppe Castelli ha dato in luce
nella Gazzetta di Ascoli - Piceno un suo scritto intorno ad una
Colonia Ascolana che nel XIII secolo fu stabilita in Corsica,
colonia della quale finora le nostre storie hanno taciuto.
Da una lettera al Direttore dell' Archivio Veneto del Cavalier
G. B. Carlo Giuliari, Bibliotecario della Capitolare di Verona,
apprendiamo essersi colà rinvenuti ì Diplomi Imperiali e Reali
la cui serie comincia da Carlo il Grosso nel li Febbraio 882
e va al 1514, e di cui sinora era rimasta soltanto la notizia
dell'esistenza. La scoperta è importantissima, e gioverà non
poco alla storia Veronese e Veneta.
Apprendiamo con piacere che in Venezia si è incominciata
la stampa dei Diari di Marino Sanudo, che sono dì grandissimo
valore pel lume che recano alla storia del secolo decimosesto.
L' edizione è curata dai signori Nicolò Barozzi , Guglielmo
Berchet, Rinaldo Fulin e Federico Stefani, il cui valore aelle
storiche discipline è arra sicura della diligenza e dottrina con
cui r impresa sarà condotta.
Da una relazione fatta dal Marchese Cesare Campori alla
R. Deputazione di Storia Patria deir Emilia (sezione di Modena)
intorno alla Cronaca di Leonello Baldi, si rileva come questa
sia di grande interesse per gli studiosi della storia modenese,
comprendendo i fatti occorsi dal 1512 al 1519, fatti ai quali
il Baldi si trovò in mezzo e che racconta veridicamente.
E BIBLIOGRAFICHE 381
La Raccolta degli Slattiti Italiani presso la Biblioteca del Se-
nato, ora è composta di 1067 statuti e libri che ad essi si riferi-
scoDO, di 4i3 tra comuni, provincie e antichi stati della penisola
più 8 statuti d' ordini cavallereschi italiani. La maggior parte
so:io stampati, molti manoscritti.
Il Comune di Roma ha stanzialo un sussidio per le pu-
blicazioni da farsi dalla Società Romana di Storia Patria, la
(|uale dà prova di molta operosità, ed ha posto mano alla
stampa di opere importantissime.
Dietro la scorta d' importanti documenti rinvenuti negli ar-
chivi della casa de Nicolay, il signor di Boislisle ha condotto
UD lavoro storico circa V occupazione del regno di ;Napoli pei
Francesi dal 1501 al 1503.
La pregevole monografia del Gav. Prof. Vincenzo Curi
intorno air Università degli studii di Fermo, che abbiamo To-
nore di venir publicando in queste pagine, ottenne il premio
Evangelista.
Il Prof. Gav. CARism Giavarini ha dettato una relazione
storica della visita che fecero i Sovrani d^ Italia ad Ancona ,
relazione che fu stampata a spese del Municipio.
1
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Pervennero alla Direzione i seguenti libri ed opuscoli^ dei
più importanti dei qtiali si parlerà nella rassegna bibliografica
dei prossimi fascicoli. Di tutte le pubblicazioni storiche che gli
autori ed editori manderanno al Direttore si darà annunzio in
questo bollettino, e, quiindo ne sia il caso^ si farà una speciale
rivista critica.
1' Sebvanzi Gollio. — Pittura in tavola di Carlo CrivclU
Veneziano nella chiesa di S. Francesco in Matetica. — Un
Op. in 8.' di pa^. 9. — Urbino, Tip. della Cappella —
Per E. Righi, 1878.
2. Patrizio Antolini. — Notizie su Leopoldo Cicognara e
sua famiglia, — Op. in 16 di pag. 45. — Ferrara, Pre-
miata Tipografia Sociale, 1879. — Prezzo, L. 1.
3. Foglietti Avv. Raffaele. — Cenni Storici suU' Uni-
versità di Macerata, — Un voi. in 2. fase, in 8. di pag. 130.
— Macerata, Stabilimento Tip. Bianchini, 1878.
4. Brunelli Vitaliano. — La cronaca di Mico-Madio
con note dichiarative. ( Nel Programma delV L R. Ginnasio
Superiore di i.* classe in Zara pel 1877-78) — Zara, Tip.
di G. Wodilzka, 1878.
5. Tommaseo Niccolò. — // Duca d'Atene, nuova ediz. con
correzioni inedite deW autore e aggiuntovi II Sacco di Lucca
e /' Assedio di Tortona, — Un voi. in 16. di pag. 248. —
Firenze, coi Tipi di M. Cellini e C. 1879. — Prezzo L. 1,50.
6. Archivio Veneto. — Pubblicazione periodica premiata
a Napoli e Venezia, — Tomo XV IL — Parte Le II — Si pub-
blicano 4. fase. Tanno in 8. di circa 250 pag. L'abbonamento
annuo per il Regno d' Italia costa L. 21. — Venezia, Tip.
del Commercio di M. Visentini, 1879.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 383
7. Archivio Storico Italiano. — Tomo III^ dispense L He
IH del 1879. — Pubblicazione bimestrale in fase, di circa 170
pag. — Abbonamento annuo L. 21. — Firenze, presso G. P.
Vieusscux. Tip. Galileiana di M. Cellini e C. 1879.
8. Lettere di Laura Battiferri Ammannati a Benedetto
Varchi con prefazione e note del Prof Cav. Carlo GargioUi.
Un voi. in 16 di pag. 65. — Bologna, presso Gaetano Ro-
magnoli, 1879. — Prezzo L. 2,50.
9. Un Paragrafo dell* opera di Enrico Guglielmo Schultz
sui mtmumenli dd Medio Evo neW Italia meridionale iUuslrato
e commp.ntato con docutnenti inediti da G. B. Beltrani. — Un
voi. in 16. di pag. 66. — Spoleto, Tip. Bassoni, 1878-79.
10. G. B. Beltrani. — Cesare Lambertini e la società fa-
migliare in Puglia durante i secoli XV e XVL — Parte /.'
documenti. — In 10. grande fase. 1. di pag. XIV — 32 —
fase. 2 dalla pag. 33 alla 64 — fase. 3. dalla pag. 65 alla 96.
— Barletta e Trani, Tip. editrice V. Vecchi e Soci, 1879.
11. Bruto .\mante. — // Natale di Roma — saggio sto-
rico. — Un voi. in 16 di pag. 116. — 2. ediz. — Roma,
Libreria Manzoni, 1878. — Prezzo L. 2.
12. Archivio Storico per le province Napoletane. — Anno
IV, Fase. I. II. e III. Napoli, Stabilimento Tipografico del Cav.
F. Giannini, 1879.
13. D.' G. Salvigli — Nuovi studi sulla politica e le vi-
cende ddt esercito imperiale in Italia nel 1586-87 etc. — Un
op. in 8.* di pag. 59 — Venezia, Tip. del Commercio, 1879.
14. P. CeccHi. — Commemorazione di Bartolomeo Marche-
sini — Un op. di pag. 16 — Macerata , Tip. F"* Mancini ,
1878.
15. Dei Lancia di Brolo. — Albero genealogico e biografie
— Un voi. in 8.* di pag. VIII — 312 — Palermo, Tip.
Gaadiano, 1879.
16. Avv. Ma?. -barelli. — Della vita e delle opere di Filippo
Infetti — Un voi. di pag. Ili — Perugia, Tip. Santucci
1879.
384 BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
17. Carlo Bullo. — / Labia m Venezia — Notizie storico
genealogiche — Un op. in 8.^ con fotografie, di pag. 40 —
Venezia, Tip. Visentin! 1879.
18 II Mani ani c la Crusca — Risposta di A, Angducci
ed A. CerquetU — Op. in 16.* di pag. 13 — Torino, Tip.
editrice G. Gandeletti 1879.
19. Ab. Prof. E. Bianchi — Storia di FUotirano — Air-
te /. — Un voi. in 8." di pag. 193 — Foligno, Tip. Campi-
telli 1879.
20. Archivio Storico Lombardo. — Anno VI. Fase. 1. 2.
e 3. Pabblicasi in fase, trimestrali di 12 a 15 fogli di stampa
e r associazione annua costa L. 20. — Milano, Gaetano Bri-
gola 1879.
OMAGGIO A S. M. U RE
La Direzione deir Archivio Storico Marchigiano» e Tedi-
tore di esso E Aorelj» coDosceodo quanto interesse prenda al
progresso degli stadii storici il Nostro Angusto Sovrano, pre-
gavano il nostro egregio concittadino Gav. Pio Lazzarini di
presentare, in attestato di reverente devozione, a S. M. il RE
un esemplare, elegantemente legato in pergamena ed oro, dei
fascicoli publicati deir Archivio, come pure un esemplare,
ancor esso artisticamente legato, della biograOa dì Giacomo
Leopardi, dettata dal nostro direttore. — Il Cav. Lazzarini,
con quella squisita gentilezza che tanto lo distingue, accettava
di buon grado V incarico, e lo adempiva il 23 dello scorso
mese di Giugno, e noi soddisfacciamo ad un gradito dovere
rendendogliene publicbe azioni di grazia.
La Maestà Sua accoglieva con la consueta affabilità Tegregio
Professore, e mostrava di accettare assai di buon grado le due
publicazioni che Le venivano presentate; si rallegrava del-
r opera intelligente che si dà dagli studiosi marchigiani alle
ricerche storiche e a mantener vivi i nobili esempi che diedero
in ogni tempo le Marche, non seconde ad alcun altra regione
d' Italia per patriottismo ed amore alle lettere , alle scienze
ed alle arti. Lodava quindi V iniziativa presa dal Prof. Rosa
e dalP Aurelj, chiedeva conto al Gav. Lazzarini dei singoli col-
laboratori deir Archivio, ed espresse per tatti benevoli parole.
^
À proposito della publicazione sa Giacomo Leopardi, Saa
Maestà notò la coincidenza di essa colla erezione del mona-
mento al grande Recanatese nella sua patria, dovuto allo scal-
pello del valente marchigiano Ugolino Panichi, pel quale ebbe
parole di lode. Dopo di ciò chiese conto del movimento let-
terario nelle Marche, prendendo grande interesse a quanto il
Gav. Lazzarini in proposito Le diceva.
In seguito pervenivano al nostro Direttore ed air editore
le seguenti lettere del Ministro della Beai Casa.
SEG^BTERI/ PARTICOLARE
M Anna Tt Giugno IMO.
S. M. IL RE
N,^ 274i
Dal Signor Cav. Pio Lazzarini vennero presentati a S. M. il Re i
due distinti esemplari dei lavori recentemente pubblicati daUa S. V. Dima:
Cenni biografici suUa vita e sulle opere di Giacomo Leopardi: nonché:
L* Archivio Storico Marchigiano,
Gli interessanti studi della S. V. ebbero la più benevola accoglienza
dall* Augusto Nostro Sovrano il quale mi ordinava di collocarli nella
privata sua Biblioteca.
La M. S. mostravasi pure sensibile al tratto di affettuosa devozione
che Ella volle usarle colla pregievole di Lei offerta, e mi incaricava di
interpretare presso Vossignoria i Reali Suoi ringraziamenti.
Nel compiere ai graziosi voleri del Re giovami assicurarla. Signor
Professore, della mia perfetta osservanza.
Il Ministro
VlSONB
Illtno
Sig. Prof. CESARE ROSA
Dimn-roftì dell* Aacaivio Storico II arcbioiamo
Ancona
SBGRCTERU PAftTlCOL/RS
M Mo$m» f7 ÌHm0>i0 ìitÙ.
8. M. IL RE
M» 8747
Per mezzo del Sig. Cav. Pio Lazzarìni pervenne a mani di S. M.
il Re r elegante volume Archivio Storico Marchigiano eh* Ella in unione
al Sig. Cesare Rosa destinava in omaggio alla M. S.
Tornarono assai graditi a S. M. i sentimenti di devoto affetto ai
quali Ella si ispirava nella offerta di quel libro , ricco d* interessanti
notizie su cotesta illustre contrada e non meno pregevole per la accu-
rata edizione dovuta alle speciali di Lei cure.
Adempio pertanto ad un grazioso incarico affidatomi dair Augusto
Nostro Sovrano presentando alla S. V. i Suoi ringraziamenti per il gen-
tile di Lei pensiero; e più lieto di poterle aggiungere V espressione della
mia particolare stima
Il Ministro
V18OMS
lUmo
Sig. ERNESTO AUREU
Ancona
L* Augusta parola del Nostro Sovrano ci dà animo a prò*
seguire neir impresa a cai ci accingemmo col desiderio di fare,
secondo le nostre povere forze, opera che tornasse di utile
agli stadii e di decoro a queste nostre province, fiduciosi che
non sarà mai per venirci meno la valida cooperazione di quanti
sanno che il passato coi suoi errori e colle sue virtù è scuola
efficace al presente per procurare la grandezza e prosperità
della Patria.
U DIREZIONE
GLI STATUTI DfEDIH DI RIMffl
AmouM
STUDIl DEL
DoTT. GIUSEPPE SALVIGLI
Arehii. Mor. Mardi. f. I
GLI STATUTI INEDITI DI RlMINl
Anno 1334.
Studii del Doti. GIUSEPPE SALVIOU. (1)
Nella biblioteca Gambalunghiana di Rimini si con-
sprva un codice membranaceo del secolo XV composto
di 144 foo;li, contenenti gli statuti della città di Rimini.
Sembra accertato che fino dal secolo XII, negli ultimi
anni, Rimini avesse le sue costituzioni popolari, giacché
esiste un diploma di Enrico VI datato nel 1195 con
cui condanna il nuovo statuto De usantits Ariminen"
8ium^ chiamandolo esecrabile perché sottraeva alla giu-
risdizione degli ecclesiastici molti diritti e perché ne-
gava giustizia quando persone ecclesiastiche conveni-
vmo laici in giudizio (2). Questa disposizione che in-
teressa moltissimo per la storia dei rapporti fra chiesa
e Stato in Italia alcuni secoli prima della legislazione
(I) QQ»nlunqae qucslo srrillo non ti riferisca, flreUamenls ptrlaiMio, alla
•Iona delle pruvincift niurchiRìano, abbifino credalo di dargli laofo nel nostro
periodico p<»r I' tmportsinia sp'-cialc che esso ha, e di questa ecceiione i no-
stri lettori crediamo che vorranno saperci grado in luogo di rimpruYerarcene.
(S. d. DJ
(9) È pubblicalo dal Jo:«i?ii Mmtni dai principio dell'érn volgmre, (Ri-
mini 1856) I. II. pag. 600 e 379; e dal Villani Mi/9, m&ae. pag. 7.
388 GLI STATUTI INEDITI DI RIMINI
del senato veneto, aveva suscitato le ire della curia ro-
mana e il papa aveva già minacciato il comune di in-
terdetto, quando il decreto venne revocato e così data
soddisfazione agli ecclesiastici.
Delle antiche costituzioni del libero popolo arimi-
nese non rimane oggidì che un brano statutario inciso
in marmo, il quale prescrive come qualunque servo che
per un anno e un giorno avesse abitato nella città; acqui-
stasse di diritt9 la suajmanumissione (3).
Si trovano altre traccie di una legislazione statutaria
nella storia di Bimini e quello che è più singolare ge-
neralmente di materie religiose: come certi statuti con-
trari alla libertà ecclesiastica i quali furono aboliti nel
1226 (4). Ma i soli che si conoscono, sono quelli del
1334 i quali contengono rifuse in un corpo tutte le di-
sposizioni precedenti e che mano a mano si sono modi-
ficati, accresciuti, completati con diverse aggiunte di pre-
scrizioni che portano le date degli anni 1338 e 39,
1351, 55, 58, 60, 74, 75, 85, 91 e 97. Questi suc-
cessivi statuti sono del massimo interesse per la storia
delle repubbliche italiane in genere e di quella di Ri-
mini in particolare, imperocché in essi si scorge il cre-
scere in potenza delle grandi famiglie, il formarsi dei
privilegi, lo scomparire a poco a poco delle libere isti-
tuzioni e il costituirsi sulle rovine della repubblica il do-
(3) Si troYa nel Pla nco Novelle letterarie fiorentine, contin. <7i8 n. S7.
(i) JoNiNi: V. e. Ili, pag. 1Ì-S8. PLàMCo li crede del secolo XI o Xlf: Jo-
nini assegna il 19!I0 basandosi sa on documento di quest'anno che porta « in
statuto Arimini noTìter facto tempore dicli podestatis. » AH* affrancazione dei
serri corrisponde la rubrica 109, iOeSO dello Statuto del 1334. Cfr.GAaAMPi:
Memorie Bulla B, Chiara pag. 36, in cui li atlribu sce al secolo XIII.
GLI STATUTI INEDITI DI RIMINI 389
minio di uomini audaci ed intriganti. Essi segnano il
lento passaggio del governo democratico al dispotismo
di quelle tirannidi che infuriarono in Romagna nel se-
colo XV, tramonto misurato e compassato di due forme
di Stato.
Gli statuti presenti che noi esaminiamo dal punto di
vista della storia della legislazione, sono interamente ine-
diti: il Pardessus li conobbe e pubblicò nella sua opera
pregevole due disposizioni relative a cose di mare. (1)
Crediamo utile di far conoscere alcuni studii che abbiamo
fatto su quelli statuti e di mettere in rilievo le dispo-
sizioni che si erano adottate a Kimini nelle quistioni di
diritto di famiglia, di proprietà, negli ordinamenti pub-
blici e amministrativi, nella legislazione penale e in
tutto quello che faceva parte del vivere dei comuni ita-
liani.
n primo libro riguarda disposizioni sul sistema di
governo, sulle attribuzioni e le cariche dei funzionari
del governo: comincia collo stabilire norme relative alla
nomina del podestà. Esso deve essere proposto dallo
stesso podestà che è per cessare dall' ufficio , due mesi
prima di scadere: prima qualità del podestà è di essere
^ fidelis et devotus sete romane eclie nec sit exititius
vel expulsus de terra undo est oriundus vel civis „ Non
può durare in carica meno di sei mesi, né più di un
anno, ma spetta al consiglio la facoltà di determinare il
tempo (rub. V). Col podestà entrano nelle cose del co-
mune persone ohe esso deve condurre con sé e sono
(i) PAftDstsut V. p. 99, 113.
390 GLI STàTUn INEDITI DÌ RIMlKl
^ unum sotium sive militem^ tres judices bonos et perì-
iix^ in legibtts quorum duo superesse debeant eivilibus que-
stionibus et eausis ^ sei uomini ed altre persone (nib.3>.
L' ordinamento politico ed amministrativo del Co-
mune t"^ diviso fra molte persone, il tniles , il rectar e
ì Judices. Tutti questi dovevano giurare , come pure il
podestà > una formula eguale a quella usata negli altri
Comuni* (ruK 5 e 7). I giudici promettevano di stare
a giudicare nel palazzo comunale dalla ìnattina ^ a sono
campanellae usque ad tertiara ^ tutti i giorni (rub. 8).
Yi erano giudici per le materie civili, uno per le cri-
minali, judex malefitiorum, il quale nella processura di
inquisitoria deve sempre essere assistito da un cancelliere
( rub. 9 ). Dopo il giudizio di prima istanza si poteva
ricorrere a un tribunale superiore, cioè al judex appel-
lationis, che definiva in un' ultima decisione A sorve-
gliare r andamento del Comune a regolare tutto il con-
tenzioso amministrativo si nominava un judex exffrava"
toris che durava in carica come quello Appeliationis sei
mesi, e che aveva le sue attribuzioni ** in cognoscendo
et difiniendo „ tutte le cause nelle quali entrava il
^ merum et mixtum imperium ,, appelli e contese su
balzelli ^ materiam dilationum, exceptiones, frustatorias
contentias et jurgia testium „ Questo giudice non poteva
essere riconfermato né rieletto se non dopo 5 anni
(rub. 10): era soggetto a una speciale in vigilanza: nes-
suno gli poteva far dono o prestito (rub. 12.) Dopo la
sua elezione, siccome non poteva mai essere della città
era proibito inviarli un' ambasciata , ma solo V araldo
del Comune gli portava 1' avviso della sua elezione e
GLI STATUTI INEDITI DI RIMINE 391
. chiedeva al Comune donde usciva la licenza , che per-
mettesse air eletto dì assumere V incarico pubblico in
un altro paese (rub. 12.). Le funzioni di questi magi-
strati sono regolati nella rubrìca 14 ^ De libertate ar-
bitrii, Tel absolutione vel interpretatione statutorum, a
potestate exgravatore sive judice appellationis vel suis
offitialibus non petenda. ,,
Nel Comune vi era ancora un ordine di cittadini
col titolo di sindaci e procuratori i quali esercitavano
sorveglianza sul podestà, sui giudici e sui loro dipen-
denti CfamiliaJ^ sui quali pesava gravissima la respon-
sabilità, quando con dolo avessero danneggiato al Comune
nel qual caso erano condannati ^ ad restituendum nostro
Comuni quadruplum „ come pure in caso di frode ed
ingiurie. Erano stipendiati e la rub. 18 prescrive sin-
golarmente le condizioni per essere sindaco e le sue
funzioni.
Oltre questi magistrati di sindacato è prescrìtta
( rub. 1 9 ) la nomina di 3 o 4 consiglieri i quali ab-
biano oltre 30 anni coir obbligo di invigilare e sorve-
gliare al buon andamento del Comune. Lo statuto dopo
di aver parlato di altre cariche e assegnate le funzioni,
attribuzioni, modi di elezione e formule di giuramento
( rub. 21 e segg. ) passa a prescrivere la nomina del-
l' awocatore de' poveri ^ et novorum civium qui et que
propter paupertatem ipsorum et propter potentiam snorum
adversariorum advocatum habere non possant „ (rub. 33).
Il Comune deve ogni anno nominare quattro notai
(rub. 20): lo statuto regola anche i loro salarii (rub. 36):
vi è in esso una specie di regolamento del notariato,
392 6L1 StAtUti tNÉDtTi 01 RlUlNt
prescrivendo a ciascuno di essi' di tenere un protocollo .
per notare tutti gli atti da esso rogati (rub. 38) anche
il vescovo e i canonici possono ricevere come i notai e
fare tutte le funzioni di questi (rub. 39). H notariato
richiede studi speciali e una licenza jer esercitarlo:
quindi lo statuto prescrive 1' approvazione per mezzo di
esame davanti a due notai dell' ordine dei notai di
Rimini (rub. 40).
Le restrizioni stabilite per V esercizio del notariato
lo sono anche per quello della medicina. La rub. 37
perchè non eserciti medicina gente ignorante e non
pratica, prescrive che nessuno possa dirsi medico *^ nisi
primo fuerit instructus in arte medicine et examinatus
in studio generali vel exminatus et approbatus per cole*
gium civitatis Arimini et in presentia alicuius vel ali-
quoram ex lectoribus fratrium minorum vel praedicar
torum, seu heremitarura. ^
Molti altri numerosi magistrati ogni anno si dove-
vano nominare per offici pubblici di amministrazione
interna del Omune: troviamo menzione di massari,
istituzione frequente nelle repubbliche italiane del medio
evo, i sospraintendenti alle navi del Comune, ufficiali
sui pesi e misure, gli edili per sorvegliare le costruzioni,
la conservazione delle vie e delle piazze e l' igiene dei
pozzi e delle fontane (rub. 48 e 49) infine un pubblico
stimatore. Lo statuto determina minutamente le funzioni
dei pkumorum , i quali erano gli uscieri , araldi del
Comune e avevano V incarico di difendere le persone
e le cose del podestà, fare le citazioni. A Rimini era
anche organizzato un servizio di polizia con guardie di
tìLI STAtUTt INEDITI Dt MTAìHì 303
notte (rub. 57) le quali dovevano attendere all' esecazione
di quei regolamenti sulle arti e mestieri dei quali così
particolarmente si occupa lo statuto.
Per la sicurezza delle cose dei cittadini trovasi no-
minata la carica del ffucUdanius sul quale la rub. 58
dice ^ debeat bene sollicite et diligenter custodire res
.et singulas possessiones clericorum et laicorum existen-
tes inter limites universitatis ita et tale
quod in eis vel fructibus vel segetibus^ vel pomis, vel
arboribus, vel paleis, vel feno . . . dampna non dentur ^
La sua denunzia non ha d' uopo di essere confermata
da testimonii; basta il suo giuramento. Ma le sue facoltà
nelV accusare per danni sono limitate e non può citare
che persone ^ habiles, faciles et ydoneas ad convenen-
dum et ad ezigendum ad ipsis condempnationes de eis
et eorum animalibus factas „ e anche sulla materia del
danno ^ non teneantur accusare de dampnis quae magis
inter dampna computanter, videlicet de incisione arbo-
rum in pendere de unius currus, de incisione vinca-
rum ec. ^
Le persone giurìdiche sono regolate co' principii del
diritto romano: tutti gli enti morali, universitates devono
avere un procuratore ^ sindicum „ e un fideiussore
* de solvendis collectis: „ (rub. 71) e sotto questa fin-
zione gli statuti comprendono le diverse corporazioni di
arti e mestieri.
Dopo questi regolamenti di ordine pubblico e gene-
rale seguono numerose disposizioni sull'ordinamento dei
mestieri e che entrano propriamente nella sfera della
polizia intema. Esse acquistano uno speciale interesso
394 GLI STATUTI INEDITI DI RIMiKI
nello studio storico di certe arti, delF economia pubblica
del medio evo e delle condizioni della vita italiana nei
liberi comuni. Lo sproclanus deve giurare fedeltà al
comune , e dare fideiussori della sua pratica nell' arte
e pagare un censo (rub. 62). Meno cbe V affidamento
di un mallevadore, le altre due condizioni sono comuni
a molti mestieri. Si aveva 1' ufficio del feciolarus il quale
aveva obbligo di abitare in città e doveva " custodire
fundos et dogas vegetum quas diffundant et remittere
circulos in eis (rub. 63)? Seguono altre prescrizioni sugli
albergatori, sul tener nota delle persone che alloggiano,
sulle misure bollate e sulle vendite (rub. 64): altri sur
vetturali (rub. 65): altre sui rivenduglioli, tricholi et
chamangiaroli dei quali ogni anno nel gennaio se ne fa
un ruolo, e i quali sono obbligati di non comprare roba
per se né tenerla per se ( rub. 66 ). Lo statuto passa
anche a regolare sui barbieri che sono obbligati anche
a cavar sangue , sui lavoratori di terre e vig^e , sui
cartolari, calzolai, e conciari. Le prescrizioni sono minu-
ziose ma provdde. A questi ultimi è proibito tenere
in vasi acqua marcia o con calce e non possano ingom-
brare le strade con banchetti, trespoli e tendatp (rub. 75).
Si regolano anche le attribuzioni dei mercanti, cambisti,
mutuatori: vi si riscontrano già precetti preziosi di diritto
commerciale. I libri dei mercanti e banchieri in giudizio
fanno fede e sono prova valida e il giudice deve pre-
starvi fede. Dopo questo lo statuto parla dei sarti e
viene a determinare i prezzi dei vestiti: parla di quelli
che esercitano l'arte della lana e della bambagia (rub, 78):
dei fornaciari (rub. 79): dei mugnai e stabilisce le norme
GLI STATUTI INÈDITI DI RIMINI 395
per la misura del grano (rub. 80): dei beccai, da' pre-
scTÌzioni sulle carni da macellarsi e 1' obbligo perchè
poi vengano bollate: considera il caso di uno che si
richiami contro il beccaio per cibi da lui comprati ,
perchè a carico di lui, basta il giuramento del compra-
tore: il giurare contro il beccaio è prova superiore ad
ogni altra testimonianza, è decisione del merito (rub. 80).
Accenna anche a prescrizioni suir uccisione degli animali
e a disposizioni d' igiene sulla carne ammalata : e per
meglio assicurare la responsabilità di beccai e la sicu-
rezza di cittadini, la corporazione de' beccai è obbligata
a tenere un procuratore presso il comune responsabile
(rub. 81). Questa disposizione tanto severa fu modificata
con uno statuto del 1343. Ma rimasero sempre in vigore
quelle relative alla vendita della carne, di cui minuta-
mente si era occupato lo statuto (rub. 84 alla rub. 100).
E come città di mare , è ovvio il pensare che molte
prescrizioni circondassero la pesca e la vendita del pesce.
Lo statuto concede a tutti la più gran libertà di pescare,
ma al contrario con una proibizione che distrugge la
precedente concessione, stabilisce che nessuno venda o
porti fuori della città il pesce , e che per la vendita
air interno della città , il podestà debba nominare due
arbitri i quali focciano la mercuriale del pesce e che
non si possa vendere e contrattare oltre i prezzi in quella
determinati (rub. 102).
Così regolata la vita economica del Comune lo Sta-
tuto passa a trattare delle arti nobili e liberali. In quanto
riguarda i giui*econ8ulti stabilisce ^ quod in civitate
Arimini habeatur quidam forensi-^ sapiens et expr^rtus
396 GLI STATUTI INEDITI DI RIMINI
in jure civili qui continue legere debeat in dicto jure,...
legare in jure civili ordinarios libros omnibus tam civi-
libus, quam lorensibus scholaribus ^ (rub. 104): e che
in caso di negligenza sia multato di 25 lire. Pei medici
ha già stabilito, (rub. 37) H Comune è obbligato a tenere
anche scuole di grammatica e a stipendiarvi un maestro
^ qui sit forensis , continue docere debeat in dieta
arte omnes scolares de arimino et destrictu et aliunde vo-
lentes venire ad studendum in dieta civitate (rub. 109) ^^
Una simile disposizione è importante per la storia del-
l' istruzione pubblica in Italia, tanto più che di raro si
trovano menzionati negli istituti italiani i maestri e le
scuole di grammatica.
Parimenti deve esservi un marescalco esperto (ru-
br. 105): e per curare il porto, fere gli scavi e quanto
altro necessita un buon ingegnerìa (rub. 106): come
per le navi che approdano, e per quelle che salpano o
che sono in costruzione, devono esservi degli ispettori
(rub. 110).
Queste disposizioni generali di ordine pubblico e
amministrativo, che sono materie del primo libro degli
Statuti di Rimini, sono in gran parte comuni a quelle
delle città italiane del medio evo. H secondo libro tratta
della giurisdizione del podestà, della procedura in mate-
ria civile e di tutte le formalità che devono accompa-
gnare ogni atto per ottenere giustizia e più distesamente
del diritto privato, condizione delle persone, trattamento
loro, capacità giuridica degli indivìdui, ordinamento della
femiglia, matrimonio, regole, solennità ed effetti, della
tutela e tutte le altre materie che formano parte del
diritto civile.
I
GLI STATUTI INEDITI DI B^MINI 397
In quanto riguarda la giurisdizione del podestà, lo
statuto designa le singole sue funzioni, consistenti nel-
r esercizio di tutte quelle facoltà necessarie, per gover-
nare (^manuteìierej la città, di esercitare tutti gli atti
di potere sovrano, mantenere la legge e il principio di
autorità, convocare i cQUsigli ecc. (id. rub. 1. 2 e 3),
I cittadini che si rifiuteranno di obbedire al podestà e
che non vogliono stare sotto la giurisdizione del Comune,
sono soggetti a pene gravissime (rub. 4).
La procedura di citazione è argomento di molte
disposizioni. Anzitutto non si possono citare persone del
Comune di Rimini presso un' altra giurisdizione. L^unica
che si deve riconoscere è quella del Comune: sotto la
pena che ^ omnia sua bona comuni aplicentur et destì-
nantur „ e che 1' attore sia condannato a bando per-
petuo come se si tmttesse ** de pubblico crimine ^ e
da ciò si piglia occasione per tornare sulle contese tra
il foro ecclesiastico e il foro civile delle quali già abbiamo
accennato, stabilendo che il laico che citerà altro laico
davanti il tribunale ecclesiastico per usura, anche se sarà
condannato, le cose torneranno nello stato di prima e si
passerà a un nuovo giudicato dinanzi al podestà a cui
Farà rimessa la causa (rub. 4).
I modi di citazione sono quelli usati nella storia del
diritto italiano. La cittazione è communicata perHonal-
mente: se è contumace, sia fatta la causa. Quando molti
siano i convenuti, la citazione si fa per bando ** ad
fenestras pallii per bannitorem „ (rub. 8). La citazione
(libellus) non ^ obbligo che sia fatta per una somma
di cento lire, o minore (rub. 9). Essa «leve contenero
1
I
V
398 GLI STATUTI INEDITI DI RIXINI
gli elementi del processo, ma il fatto di cui si discute
deve esser certo e non si può muovere azione su un desi-
derio o una cosa probabile (rub. 10). Chi tratta la
causa devono essere gli avvocati, i quali hanno diritto di
essere rimunerati ( rub. 13).
Ma prima di presentarsi innanzi ai tribunali, è data
facoltà ai contendenti di nominare arbitri , la cui sen-
ten7ii, come qualunque altra interlocutoria, precetto^ lodo,
quando sia passata in regiudicata e non si possa appel-
lare, spetta al podestà di fare eseguire, e quando trattasi
di persone sotto altra giurisdizione, denunziarla e *^ te-
neatur recuperare ab hominibus illius universitatis unde
sunt illi contra quos fuerint lata arbitria sententiae et
centra eos qui dederint receptaculum eis, denunptiare ec ,
(rub. 15). Anche i capitanei castrorutn avevano giuri-
sdizione per una somma non superiore alle lire 20.
(rub. 16), In caso di appello si ricorreva viXi^ exgravator
il quale giudicava in ultima istanza e sulle cose di
denegata giustizia. L' exgravator però non era un ma-
gistrato stabile, ma il podestà era obbligato a nominarlo,
sotto gravi pene, volta per volta quando ne fosse richiesto.
Così il procedimento d' appello seguiva spedito, senza
che molte cause si affollassero su un solo giudice. Dopo
tre giorni dalla prima sentenza, era perento il termine
per ricorrere; ma la causa una volta communicata al
exgravator non poteva restar sospesa più di 15 giorni,
(rub. 17) Questo per i giudizii innanzi agli arbitri.
In quanto riguarda la procedura per le cause di
un valore superiore alle 20 lire , si ricorreva ai tribu-
nali del Comune ed anche contro queste sentenze si
GLI STATUTI INEDITI DI R1MINI 399
poteva interporre appello: se si trattava di cause civili
doveva essere presentato entro 10 giorni: se di criminali
entro 5. (rub. 1 9). L' appello era deferito a un giudice
a ciò destinato, ma era assistito, probabilmente caso per
caso da un laico non perito in cose giudiziarie che il
podestà aveva obbligo di nominare entro 10 giorni. Fra
questi due magistrati vi era perfetta eguaglianza di
facoltà: solo il laico non poteva essere nominato in pili
di tre commissioni per anno (rub. 20). Intanto in questo
sistema si riscontra 1' idea di un sindacato continuo e
vigile neir amministrazione della giustizia e le prime
vestigia deir istituzione del giuri.
Tratta anche dei giudizi di espropriazione i quali
avvengono con asta incanto ecc. (rub. 22): e la cui noti-
6ca si fa per bando e per affissione (rub. 27). Il Comune
ha il diritto di esigere il pagamento delle imposte non
per mezzo di espropriazione degli immobili^ ma con se-
questro dei frutti: ^ bona mobilia vel immobilìa rusti-
corum seu laboratorum possossionem non auferrantur
occasione collectae vel debiti dominonim sed solumodo
redditus et serviatia teneatur prestare dominis suis.
(rub, 28)
Seguono le prescrizioni relative ai minori, alla tutela
e alla procura. Si è minore prima dei 18 anni, e T in-
capacità del minorenne è in gran parte regolata co^prin-
cipi del diritto romano: non può stare in giudizio se
non assistito dal procuratore (rub. 29) e non può fare
nessun atto di libera amministrazione. Il giudice nomina
il tutore se il padre è morto senza designarlo, e lo deve
scegliere fra i più prossimi parenti: posano avere tutela
400 GLI STATUTI INEDITI IH BIMIXI
le donne le madri , ave , sorelle , zie : non è ammessa
scusa alcuna fuorché quella di avere 20 anni o 70 anni
e di essere ammalato. H tutore però può pretendere di
avere un' indennità che verrà stabilita dal giudice (ru-
br. 154). Prima che sia nominato, il giudice deve as-
sumere informazioni e basta la testimo: ianza di idoneità
e onestà de' vicini. Non vi è menzione del consiglio di
famiglia e quindi il tutore finita la tutela riceveva Taa-
soluzione solo dal giudice, davanti al quale doveva ren-
dere i conti (rub. 147), contrariamente alle regole di
diritto romano, secondo cui il pupillo medesimo riceveva
i conti e li approvava. Ma invece gli Statuti di Bimini
si attengono al diritto romano e si discostano da quello
che fìi generalmente praticato negli Statuti del medio
evo, stabilendo che i conti non si rendessero ogni anno
0 a tempi appositamente determinati ma solo al termine
della tutela. Questa disposizione valeva anche per i cu-
ratori (rub. 147). Il giudice non doveva risparmiar fatica
per accertarsi sulla resa dei conti e controllare anche sul
luogo la verità e V esattezza: esso doveva procedere
d' uffizio a tutti gli atti relativi alla tutela: i parenti
venivano chiamati per grado.
Le funzioni del tutore e dei procuratori erano na-
turalmente limitate, non potevano alienare beni, né legare
la responsabilità del pupillo (rub. 31). Essi dovevano
in principio dare una cauzione qui la buona ammini-
strazione (rub. 33).
Accanto 411a tutela, vi era l' istituto della curatale,
alla quale si passava quando alcuno per mal governo
0 per vizii dissipava le eue sostanze : allora Y ammini-
GLI STATOTI INEDITI HI RIMINI 401
strazione veniva affidata a un curatore. Lo statuto as-
segna curatori ai prodighi, ai furiosi, agli interdetti e
agli assenti (rub. 32 e 229). Per rivocarla, doveva
intervenire il giudice con un decreto e non poteva &rIo
se non era cessata la causa che l'aveva provocata.
Le condizioni di stato per le persone sono tutte
informate a quello spirito di libertà che rese grandi i
comuni del medio evo, dopo 1' epoca di ferro della
servitù feudale. Nelle sue arti e nelle sue milizie il
comune accoglieva i fuggiaschi della gleba, ed il suo
territorio era divenuto un luogo firanco: così prescrive
lo statuto nella rubrica 109 che ogni famiglia che abita
nel territorio di Rimini da un anno, purché sia ^ sine
questione sibi mota per hommantiam ^ diviene libero
di diritto e non è più tenuto a prestarsi agli obblighi
della angheria, homantie^ e a qualsiasi soggezione. Que-
sto progresso della libertà in Italia si era già verificato
ai primordi del secolo XTTT.
Le disposizioni che riguardano la libertà del Comune,
contro chi tenta far prevalere il dominio dei grandi ,
sono assai severe: la città si afferma libera da qualunque
devozione o soggezione, da qualunque promessa di fedeltà
a signori ( rub. 111). Ma poi negli statuti aggiunti e
che portano date diverse ma posteriori a quella del
presente, si trova V introdursi di certi privilegi in fa-
vore di alcune famiglie che cominciavano a prevalere.
Questo sentimento della libertà municipale , concorda
perfettamente col complesso delle disposizioni relative ai
poteri dei magistrati e alla loro durata così stabilita da
non permettere influenze e adesioni pericolose.
Archiv. Stor. March. V, /. 26
402 GLI STATUTI INEDITI DI RIMINI
Nel diritto ereditario prevale il principio germanico
del diritto di famiglia: succedevano i parenti in pros-
simità di grado: era chiamata per prima la linea dei
discendenti e quindi quella dei genitori: dopo gli avi
e le ave, quindi le linee non erano più tenute distinte
e succedeva il pili prossimo in grado di qualunque linea
si fosse.
La figlia riceveva dal padre la dote e a quella do-
veva restar contenta, ma a differenza di molti altri sta-
tuti, nulla è prescritto sull'ammontare della dote: né
appare che il giudice entrasse nella determinazione delle
doti: la quale però non poteva discendere a meno della
legittima.
Di tutti i beni della moglie il marito ha V usofrutto,
come di quelli della nuora, siano dotali e parafernali
^ donec sunt simul una familia „ e la moglie non possa
su questi avanzare nessuna pretesa (rub. 56).
Molte disposizioni circondano i beni delle donne e
specialmente le doti. Quando trattasi della successione
del marito nei beni della moglie per quella gelosia mu-
nicipale e cura di conservare i beni nel comune, si sta-
bilisce che il marito succede alla moglie nel solo caso
che muoia senza lasciar discendenti, ma solo nella metà
della dote, e dell'altra metà sieno eredi gli ascendenti
ed altri parenti e che proporzionalmente si dividano i
legati da essa fatti; se poi ha figli, il marito è escluso
dall' eredità, ed eredi universali sono i figli (rub. 102).
Ma pili largezza è ammessa nei rapporti fra i con-
iugi: per le obbligazioni è stabilito il principio che
** omnia bona mulierum ex dote sint obbligata credi-
GLI STATUTI INEDiTl DI BIMINI 403
tori „ del marito, a menochè non abiti con lui, e quando
trattasi di obbligazioni, per le quali sia stata richiesta
r autorizzazione del marito, allora entrambo sono obbli-
gati in solido per le persone e pei beni (rub. 57 e 58),
Quanto poi riguarda i beni estradotali e i doni re-
cati dal marito , di questi la moglie ha 1' assoluta pro-
prietà (rub. 228) e ne può disporre secondo la sua vo-
lontà.
n comune per i beni stabiliti in dote richiedeva che
so ne facesse denunzia e che fosse trascritta, e per ciò
si pagava un' imposta proporzionata all' ammontare della
somma.
«
Poche altre disposizioni degne d' importanza restano
relative alle persone e al diritto di famiglia. Notiamo
una relativa ai figli illegittimi che a torto è scacciata
dai nostri codici, ma che fu ammessa in moltissime le-
gislazioni: la ricerca della paternità era ammessa e si
aveva prova della filiazione, come della consanguineità
nel possesso di stato e nella fama. Solo una procedura
particolare regolava questa ricerca: il giudizio si doveva
compiere * sine strepitu et figura juditia et sine aliqua
scriptura „ ed era proibito di fame pubblicità sia che
il figlio perdesse o desistesse dalla causa, (rub. 177).
Disposizione notevolissima e che ora presso noi è viva-
mente reclamata.
Sui minori, vi è ancora una disposizione che dichiara
la nullità di qualunque atto fotto da un minore senza
il consenso dei genitori; perchè acquisti validità, basta
che sia assistito da un parente anche in terzo grado
(rub. 178).
404 GLI STATUTI INEDITI DI RIMINI
In morte del marito, la moglie riacquista la sua dote,
ma non concorre nell' eredità coi figli; è però tenuta di
fare l' inventario di tutti i beni lasciati dal marito, e da
queir inventario deve sottrarre V ammontare della sua
dote e dei legati del marito (rub. 141).
Le altre disposizioni che vi sono relative alla fami-
glia, sono generalmente informate a quei principii che
prevalsero nelle legislazioni dei municipii italiani dei
secoli Xm e XIY.
Gli statuti si occupano dei contratti che possano in-
tervenire fira i cittadini ma in essi prevale il principio
che dei beni immobili il dominio non esca da abitanti
e sudditi del Comune: così è disposto che il forense il
quale non ha la giurisdizione ariminese, in caso di ere-
dità, non può alienare i beni fuori del comune, né vin-
colarli, se non dando cauzione ed obbligandosi a sotto-
stare agli oneri del comune per le tasse dovute sui beni
ereditati, e di pagare i creditori: in caso di trasgres-
sione i beni vengono sequestrati (rub. 34). Del resto,
la cittadinanza ariminese si acquistava senza molte for-
malità; chiunque intenda acquistarla, venga in città e
giuri e si obblighi di pagare le tasse e tosto sarà li-
bero ^ de servitute homantie, vel colonarie, angarie vel
censite „ (rub. 63 e 64).
Sommariamente anche gli altri contratti sono rego-
lati. Nelle enfiteusi, il canone pagasi per la prima metà,
ai primi di gennaio (rub. 41). H pegno può durare più
di un anno (rub. 36 e 37), L' usura è severamente
proibita, ne si può esercitare sotto forme simulate e il-
legali (rub. 44). La soccida non poteva durare più di
GLI STATUTI INKDITI DI RIMINI 405
cinque» anni (rub. 46). Vi sono disposizioni sui rapporti
fra debitore e creditore, sui mutui, interessi, obbligazioni,
e sulle restituzione del documento di debito (rub. 51
e 52), ma nulla presentano di particolare e di significante
per la storia del diritto.
Le leggi sulle imposte occupano un posto partico-
lare nella legislazione statutaria di Rimini. Neil' im-
porre un balzello bisogna prima nominare quattro uo-
mini del comune di Rimini i quali hanno l'incarico di
esaminare la giustizia ed opportunità di esso, e di sor-
vegliare per esigerlo (rub. 61). Tutti quelli del comune
sono tenuti di pagare le tasse determinate (rub. 62).
Si devono tenere i registri dell'ammontare delle quote
}>agate dai cittadini del comune o libri d' estimo (rub.
66). Sono soggetti a imposta particolare i beni ricevuti
in dote dalle figlie, di cui devesi fare esatta denunzia
(rub. 67): Paga un dazio il sale (rub. 74): e una tassa
le navi che entrano in porto detta ^fundaticum (rub. 75):
e un dazio speciale quando passano il lido con mer-
canzie (rub. 76): e siccome una gran parte del com-
mercio si effettua per mare, cosi più dettagliate sono le
imposte da pagarsi dalle navi che oltre al dazio devono
anche il tholomeum: ammenoché non siano navi venete
(rub. 77). Vi sono imposte sui venditori di vino al mi-
nuto (rub. 80) e sul vino (rub. 124): e sopratutto le
imposte sui terreni, fabbricati^ ecc. (rub. 82). Le immu-
nità dalle imposizioni sono estese a molti: non pagano
imposte i giudici, i medici, i quali pure sono immuni
dalle ^ fationibus, cemis, impositionibus, exercitibus, ca-
valcfttis, custodi'^, laboreriis, etc. ^ (rub. 89): godono le
406 GLI STATUTI INKDITÌ DI Ì\\\Ì\H\
stesse immunità; gli scoìisatores (rub. 90): gli scolari
e maestri rei tempo delle lezioni (rab, 91): e anche ai
scolari forestieri è estesa questa ^ piena fidantia in per-
sona „ (rub. 92). Per macinato è proibito mettere al-
cuna tassa (rub. 93): come anche per V introduzione del
ferro (rub. 95).
Per la difesa della città e in tutto quello che ri-
guarda la milizia del comune, è stabilito che all'occor-
renza tutti sono soldati (rub. 110).
Lo statuto però nelle spese che il comune può incon-
trare prescrive dei termini ed è che quando si fanno dei
debiti, bisogna farli in guisa che non gravitino sui po-
steri: " debitis in posterum contrahendis „ (rub. 120,
porta la data del 1295).
Sono stabilite ancora alcune disposizioni d^giene
pubblica: per la salubrità dei cittadini è proibito di te-
nere in città ** animai mortuum seu aliquam putredi-
nem ,, (rub. 130): ed altre disposizioni sulla polizia delle
strade,' dei pozzi e delle fonti.
I mercati sono regolati, stabilendosi che né il ve-
nerdì né il sabbato mattina non si potesse comprare per
rivendere vasi di terra (rub. 132) e con altre minori
disposizioni.
Ha un capitolo relativo ai boschi, al taglio delle piante
che prescrive che non si possono vendere boschi, se non
ad abitanti nel comune e sotto l'arbitrato di due uo-
mini (rub. 142). Contengono anche alcune leggi sun-
tuarie e in particolare , relative ai funebri, nei quali sono
proibiti i segni di lutto eccedenti le convenienze, il cor-
rotto con grida e schiamazzi pubblici, obbligando con-
>-
GLI STATUTI INEDITI Dt RIMII^I 407
temporaneamente di portare i feretri coperti (rub. 189).
Altre riguardano il lusso delle donne nelle nozze, i pranzi
pei sponsali e pei matrimoni, dei quali come si trova
negli altri statuti italiani, è regolato il numero delle
persone.
Lo statuto regola molti altri atti della vita pubblica
e privata, fra le quali disposizioni noi scegliamo al-
cune. Oltre i registri dei notai è prescritto di tenere
una matricola per gli avvocati del comune (rub. 200):
ma per essi lo statuto è anche più rigoroso, prescri-
vendo gli onorari che devono ricevere per la loro opera
gli avvocati e i procuratori (rub. 148). I figli dei frati
gaudenti e degli altri di religione godono tutti i diritti
e i privilegi dei padri loro (rub. 69). Sulla procedura
oltre quelle accennate, è menzionato il giudi/io di espro-
priazione fatto al debitore contumace (rub. 137): la
prescrizione dei salari, onorari ed altre competenze due
mesi dopo che sono scaduti (rub. 175): per obbligare
le parti contendenti a definire presto le loro questioni,
è stabilito che trattandosi di una causa civile, il giudice
deve farla discutere e risolvere dentro un anno; e in
caso di un' azione penale, essa deve essere decisa entro
due mesi e nel caso contrario sia perenta ogni azione:
però è lasciata facoltà al giudice di accordare dilazioni,
se trattasi di caubb gravi e contestate, dove sia neces-
sario passare a prove e ad audizioni di testimoni (ru-
brica 174).
Sul possesso dei beni vi è la seguente rubrica, che
chi possiede dei beni di chiesa deve ** innovare suis
filiis et nepotibus d^ ipu re ^ (rub. 47): o un' altra re-
408 GLI StATUtl INEDITI DI RIMANI
lati va a un' imposta col titolo " de vigesima parte reti-
nenda de singuiis solutionibus, que fiunt per Ck)munem
prò reparatione portus. „
Il comune poi vuole che le sue leggi non debbano
morire entri l'aula delle decisioni popolari, ma prescrive
che degli statuti se ne facciano tre copie (rub. 123).
Queste sono le principali disposizioni relative al di-
ritto privato; in generale esse poco si allontanano dal
diritto romano conservato mercè il diritto canonico e
vigente nei paesi della Romagna anche quando si reg-
gevano a libere repubbliche. L' influenza germanica che
così si fece sentire nella legislazione statutaria. dell'Italia
del nord, sulla capacità degli individui, il matrimonio,
la dote, ecc., non è molto accentuata negli Statuti di
Rimini.
n terzo libro degli Statuti di Rimini comprende il
diritto penale, i reati e pene, la procedura giudiziaria
e i modi di colpire il reo. In realtà nei sentimenti che
vi prevalgono, gli statuti ariminensi nulla hanno a in-
vidiare in simile materia a quelli che erano praticati
nelle altre repubbliche italiane: nessuna parsimonia deUe
pene maggiori e sempre rivolta la pena a vendetta della
società sul delinquente.
La rub. 1* " De accusatoribus malefitiorum „ pre-
scrìve che V accusatore si deve presentare avanti il po-
destà 0 il giudice e declinare tutte le generalità dell'ac-
cusato, ' nome, testimoni e reato. Quando però 1' attore
non arriva a provare la colpa di cui si è figttto accusatore,
è considerato come un calunniatore e soggetto ad una
penalità: così.ò anche severamente punito se ** recipiat
GLI STATUTI INKDITI DI RlMlNI 400
salario prò aliquo accusando (rub. 2). Trattandosi di reato
non grave, l'accusato è citato a comparire per mezzo
di avviso a domicilio, o per bando; la cedola della ci-
tazione deve contenere il titolo del reato ed altre indi-
cazioni: se si può accertare che la citazione gli è per-
venuta, basta una sola. Il carcere preventivo non è am-
messo per tutti i reati, ma solo per i più gravi quando
V accusato può essere pericoloso in libertà; ma una volta
spiccato il mandato di cattura, è proibita qualunque li-
berazione provvisoria sotto cauzione. È proibita anche la
tortura, ma è eccettuato il caso dell' accusato ^ atrociori
maleficio, quod ingerat poenam sanguinis, vel ex quo
poena centum librorum.... sit infligenda. „ Colle gravi
pene che erano stabilite, questa proibizione corrisponde
quasi a un' irrisione. E per le prove lo statuto dice la-
conicamente ^ si non comprovaverit habeatur prò con-
fesso „ (rub. 3). Trattandosi poi di reato in cui sia
stata lesa una persona, si può intentare anche una causa
civile contemporaneamente alle penali ^ simul eodem
libello „ (rub. 5).
Intanto però che non si introducano false accuse,
gravi pene sono comminate contro gli accusatori, quando
dal dibattimento restasse provata l'innocenza: così quando
il delitto di cui si accusa, importa una pena di corpo
e sangue, il calunniatore deve subire quella pena che
sarebbe toccata all' accusato se fosse provata V accusa; vm
contro ai rigori sul proibire le cauzioni è però stabilito
che nessuno possa essere trattenuto in carcere ^ nisi
prius formata sit inquisitio ^ e fatti rigorosamente i ver-
bali di tutti gli interrogatori ecc., ammenoché non tmt-
4lO GLI STATUTI INEDITI Dt RIMlKl
tisi di reato flagrante e di tradimento e 1' accusato non
sia persona sospetta e non sia recidivo (rub. 6). Gli si
deve però sempre dare un difensore e concedergli il ter-
mine di 10 giorni perchè lo possa scegliere un avvo-
cato. A chi è reo di tradimento contro la famiglia dei
Malatesta deve essere giudicato immediatamente con modo
sommario (rnb. 7); con ciò si vede uno dei passi dello
stabilirsi della podestà di queste grandi famiglie nelle
città. La pena dei reati di tradimento è la morte; e a
chi è contumace il bando e 1' esilio perpetuo con infa-
mia (rub. 8).
Pei reati dove è stata effusione di sangue, seguendo
le legislazioni germaniche, l'offesa si accomoda pagando
una somma dì denaro: trattasi, p. e., d'un pugno che pro-
duce una ferita ed esce sangue, 24 lire di pena; non
esce sangue, la metà; pugni e calci con effusione di
sangue, lire 100; senza lo spargimento, lire 50; ecc.,
(rub. 9).
Nel reato d' omicidio , il delinquente è decapitato e
le sue case sono distrutte (rub. 10). Nel reato di &lsa
moneta, la pena è d' essere abbruciati: i falsari, quando
vengono trovati in atto, sono condannati al taglio della
mano; i falsi testimoni sono severamente multati e con-
dannati al taglio del naso (rub. 11). La detenzione pri-
vata è punita con pene pecuniarie (rub. 13).
Altre e severissime pene sono comminate a chi ac^
cusa ingiustamente (rub. 16): ai bestemmiatori (rub. 15):
ai detentori e portatori di armi (rub. 19): a chi acco-
glie la moglie^ la sorella o la figlia fuggita dal tetto
maritale o paterno (rub. 21): a chi dà ricovoro a'ban-
(U.! STATUTI IMKDITI DÌ HIMlNl 4ll
diti (rub. 19) e questi si salva solo dalla pena conse-
gnandoli nelle mani della giustizia, dalla quale dovrà
ricevere un premio (rub. 23 e 24). I banditi possono
essere offesi impunemente e mai si potranno richiamare
alla giustizia.
La pena per i ladri è la forca, la fustigazione, il
bando e la multa di 40 lire (rub. 27). Quando avviene
un ferimento, il giudice deve mandare un medico e un
chirurgo perchè faccia la perizia delle ferite toccate, della
quale ispezione essi devono fare un verbale; se fra loro
vi è discordia, il giudice allora deve nominare un terzo
medico, e il verdetto di quest' ultimo è assoluto. Senza
questa perizia e V ammissione de' medici a visitare i fe-
riti ^ non possit aliquis de tali maleficio puniri vel con-
dempnari. „ La perizia deve contenere dati sulla gra-
vità della ferita, la regione dove si trova, la possibilità
di incomodi per l'avvenire, ecc. (rub. 28).
Quelli che hanno subita una condanna che li ha in-
famati, ^ per omnia gracia maleficia „ non possono piii
abitare in città (rub. 34). Le pene pecuniarie hanno il
privilegio sagli altri debiti che gravassero la proprietà,
e in caso di non pagamento si possono esigere con ese-
cuzione forzata (rub. 32).
Le corporazioni della città, univ&rsitateSj sono ob-
bligate a consegnare alla giustìzia i loro membri, quando
sieno venuti a rissa fra di loro e vi sia stato spargi-
mento di sangue. In caso contrario si riterrà che la cor-
porazione afferma la sua solidarietà col reo, e tutti i
suoi membri saranno condannati a un landò, al paga-
mento del quale tutti saranno tenuti eccettuato le donne,
412 GLI dTATDTI INEDITI DI RIMINI
i i*agazzi minori di 18 anni, i vecchi oltre i 70 anni,
i deboli, gli sciancati e gli infermi, come quelli che non
potevano concorrere col loro aiuto a commettere un' in-
frazione alle leggi del comune (rub. 36).
Altre, pene sono comminate a chi danneggia la città,
il porto, imbratta i muri e infrange i regolamenti di po-
lizia urbana (rub. 45 a 54).
Sulle pene pecuniarie è stabilito che il marito le
sconta anche suir usufrutto dei beni della moglie (ru-
brica 67).
In quanto poi riguarda i testimoni e le prove per
mezzo di documenti trovasi una rubrica ^ de inquirenda
ventate testium, istrumentorum, maleficiorum per duel-
lum...., si equales fuerint divitiae litigantium, habeant
campiones quousque voluerint, „ e sono discordi sulla
scelta dei campioni ^ si discordes Aierint de campioni-
bus, sit in arbitrio accusati, „ (rub. 14).
Dopo segue una specie di codice correzionale per i
reati di minor conto ci limitiamo a notarne alcuni. Yi
sono leggi sul gioco che proibiscono tutti i giuochi
d'azzardo e vuole che ^ non vendantur alieni personae
aliqua occasione, modo vel ingenio „ (rub. 114): i figli
di famiglia non possano giocare, frequentar bische e
taverne contro il volere del padre (rub. 115),
Si hanno numerose disposizioni di edilità (rub. 119
123): ai lebbrosi è proibito di abitare in città (rub. 124):
cosi è vietata la macerazione del lino vicino all' abitato
(rub. 125), e il lavare i panni (rub. 126): i cimiteri
devono essere fuori delle mura (rub. 165). Vi si leg-
gono ancora regole sui eorsi d' acqua e loro servitù, è
GLI STATUTI INlilDITI DI RI.MINl 413
stabilito che ^ nullus possit ducere aquam per possessiones
alterius „ (rub. 147): una rubrica porta il titolo ^ De
pena mutantium cursum aque ^ (rub. 148). In queste
si leggono molte disposizioni sui molini (rub. 149 e segg.
come ^ de pena molendinariorium rumpentium aquam
quominus ad infcriora molendina decurrat „ (rub. 153):
^ quod nullus recipiat ultra modum de aqua que debet
venire ad molendinum comunis ^ (rub. 166). E sui
molini in particolare leggesi che nessuno possa rompere
** collum foveae nisi sit domnus molendini „ (rub. 136):
che il padrone del molino possa *" ducere aquam per
possessiones alterius ^ ( rub. 1 57 ) : che debba pesare
tutto ciò che macina (rub. 160) Lo statuto giunge fino
a prescrivere la forma ^ foveae magne „ ( rub. 161).
Si contengono molte disposizioni sulF ordinamento del
porto f sulle navi che entrano, i carichi, le persone di
servizio e su quanto può interessare per regolare le cose
d' una città di mare (rub. 139 e segg.) Le leggi sun-
tuarie occupano un posto speciale in questo libro. Le
donne non possono vestire con s&rzo: trattandosi di cir-
costanza di nozze o sponsali non possono fare conviti
dove gli invitati siano più di dieci. Alla promessa di
matrimonio non possano assistere piti di quattro donne
e due uomini al pranzo: al matrimonio non possono
intervenire più di otto parenti da parte della sposa e
altrettanti da parte del marito, (rub. 179). Ninno può
&r doni e presenti ai bambini che tiene a battesimo;
al massimo è un vestitino (rub. 180): né doni si possono
fare ai frati il giorno della loro vestizione, nò ai preti
quando dicono la prima messa, se non un bolognino (ru^
414 GLI STATOTI INEDITI DI RIMINI
brica 181). Così in causa di morte è proibito fare corrotto
ed altre spese di lusso (rub. 182). Persino i funeri sono
colla stessa parsimonia regolati, vietando sotto pene
che si accendessero attorno al feretro più di quattro torcie
(rub. 189): così i parenti non possono per morte di
alcuno de' suoi vestire il nero o il morello e questa
facoltà è lasciata solo alla moglie (rub. 184),
A queste disposizioni si trovano commiste alcune di
materia assai differente. Sempre nel principio che di tutta
la proprietà mobile ed immobile ne restasse il più pos-
sibile nel comune di Rimini, è prescritto che le donne
che hanno oltre 50 lire non possono sposare alcun fo-
rense ammenoché questi non prenda la cittadinanza ari-
minense e non dia cauzione di abitare nella città, di
pagare le imposte e sottomettersi a tutte le leggi del
comune (rub. 178).
Delle altre disposizioni di polizia notiamo: la facoltà
accordata di tagliare gli alberi che si trovano nel terreno
altrui (rub. 130): la proibizione di far vie sui beni altrui
( rub. 171): di comprare ** paleam vel fenum „ per ri-
venderlo (rub. 176.) di portare armi lunghe ed insidiose
(rub. 190): di alloggiare e tenere meretrici (rub. 214).
Con altre vengono regolati i rapporti che possono inter-
cedere fra i padroni delle navi e i loro marinai (rub. 220).
Seguono altre disposizioni alcune delle quali in lingua
volgare, ma tutte posteriori al complesso delle leg^ ora
esaminate: ve ne hanno della fine del secolo XIY e del
principio del XV: sono correzioni, emende, aggiunte a
molte regole antecedenti: troviamo rinnovato l'obbligo ai
notai di tenere un registro con menzione degli atti fatti
GII STUDENTI INEDITI DI RIMINI 41*J
personalmente o con procura (rub. 237): e di tenere im
registro delle doti , poiché su queste si devono pagare
delle tasse le quali variano se la dote è promessa o
pagata. Vi sono menzionate altre tasse per la restituzione
della dote, la sua cessione e per la successione nei beni
dotali: Molte disposizioni regolano i legati sotto condi-
zione ecc. (rub. 244). Una circostanza importante di
diritto è quella portata dalla rub. 245 dell'anno 1377
che stabilisce che quando in cose relative a padre, madre,
0 sorella si menzionano ì figli, si devre intendere non
solo i figli legittimi ma anche i naturali.
Le ultime disposizioni vengono proclamate in nome dei
Malatesta che già cominciavano a sovrastare fra i potentati
della città. In quelle intestazioni si legge la storia della
città che a grado a grado dal libero comune passa sotto
la soggezione di una famiglia, finché da teatro di libere
discussioni diviene un giorno campo a scellerate imprese
di tirranidi e alle gesta del Borgia. Ma la legislazione
statuaria si era formata e consolidata assai prima di
questi fortunosi tempi.
Modena, marzo 1879.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO O
ILI
EISTAURAZIOra SOTTO IL POHTIFIGATO DI SISTO V.
Tutte le città italiane quale più quale meno ebbero
i loro tiranni, che accecati dall' ambizione , strascinati
da private e da pubbliche vendette inviluppavano il
nostro infelice paese in un inestricabile laberìnto di
contese e d' intrighi, lo devastavano con guerre inces-
santi, lo coprivano di cadaveri, lo inondavano di sangue.
Anche a Fermo negli ultimi secoli del medio evo fino
al principio del sestodecimo si successero le domina-
zioni de' Malesardi , che andarono poscia a Cesena , di
Mercenario da Monte Verde , di Gentile da Mogliano ,
di Giovanni Visconti d' OleggiO; di Rinaldo da Monte
Verde , di Antonio Aceti , di Ludovico Migliorati , di
Francesco Sforza poi duca di Milano , di Liverotto e
Ludovico Eufreducci, sicché gli animi de' suoi cittadini
erano spesso divagati dalle inquiete occupazioni delle
armi, e tratti ad intestine pugne. Oltre che dalla guerra
era la città pauperata dalla carestia, desolata dalla pe-
stilenza e da aggravi a tal segno che nel 1539 lamen-
tava al Pontefice di non poter più sopportare le spese
pel maestro delle scuole e pel Cancelliere né tenere la
residenza del Magistrato. Non è perciò da meravigliare
(*) V. Aono 1 Disp. I. pag. 9 — i^. ^
Àrckiv. Star. Mardi, V. L 27
418 RISTAUR AZIONE
se il pubblico studio era andato declinando e venuto
meno per modo , che Sisto V nella sua bolla di ripri-
stinazione lo definì temporwn iniuria vel ex quavis alia
causa intermissum seti extinctum. Tuttavolta nel fortu-
nato sec. XVI, che al dir del Tiraboschi è da scriversi
a caratteri d' oro nei fasti delle lettere, noi possiamo
asserire senza tema di errare che non era tra noi affatto
spento V amore agli studi, anche pria che a novella e
splendida vita risorgesse la nostra Università.
Infatti fin dal 1511 Io stesso consiglio generale si
preoccupava di pubblica istruzione ordinando , che do-
vessero impiegarsi cencinquanta aurei per accrescere di
libri la biblioteca (1); e non pochi avemmo addottrinati
qui in Fermo professori in altre università. Orazio Au-
geni di Montesanto lettore di logica in Macerata , di
medicina in Roma , a Torino , indi a Pavia , infine a
Padova (2), i fermani Giovanni Carpini lettore d'istituti
(1) Non abbiamo notizie più remote delta biblioteca, ma c>stMi-
dosi deliberalo di accrescerla si comprende che già vi era, né doveva
mancare, ove si stabilì già da motto tempi io studio generale. Il
pubblico di Fermo la riteneva in un ampio pd ornato vano fatto
fabbricaì'e a proprie spese nel convento dei l'P. Domi*nicani con
l'apposizione del suo stemma. Dopoché l'abate Romolo Spezioti fer-
mano donò \ suoi libri alla città di P'ermo, e fu fatto l'acquisiu della
libreria del Card. Ricci si formò sul Unire del secolo XVIII il no-
bile e grandioso locale, ove tutta insieme riunita con le molte ag-
giunte posteriori fattevi, venne collocata la pubblica biblioteca. Con
risoluzione consiliare dell' 11 ottobre 1877 si è deliberato di porre
le iscrizioni, gli oggetti d'arte e parte dei libri iielT antico palazzo
degli Studi.
(2) Il Papadopoli assai istrutto delle memorie dell' Università di
Fermo dice di lui (0^ Gym. PatavJ e Humaniorum tiiterarum, philo-
sophiam, atque etiam theologiam in Lyoeo Firmano didicit, et ex
eodem laareatas medicinae doctor prodi it. »
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 419
civili e Antonio da Fermo di matematica nell' Archi-
ginnasio romano (1); Giacomo Bertacchini di logica,
Domenico Carpini di medicina nell'Università di Bologna;
Nicola Flocchi di Medicina pratica tìtraordinaria, Andrea
Flocchi di sofistica a Padova (2), ove il nostro Marco
Antonio Morici lesse nel 5 Agosto 1558 la funebre
orazione in morte del prof. Francesco Frizimeliga (3);
Ostilio Ricci di matematica in Firenze, che fu maestro
di Galileo (4); Padre Domenico Berardelli di Teologia,
Giovanni Catalani in lingua greca in Macerata. Avemmo
Girolamo Cordella roputatissimo medico del Card. Ales-
sandro Farnese e di Papa Clemente Vili (5); il Cardinal
Decio Azzolino seniore segretario di Stato di Sisto Y,
0 Antonio Porto insigne medico di detto Pontefice (6);
i giureconsulti Montano Montani e Marco Martello chia-
mato in Venezia por riformare le leggi. Qui in Fermo
fu dichiarato dottore eziandio lo stesso Pontefice Sisto V
di anni 27 il 1548 negli studi filosofici e teologici, e
(1) Trovavasi nelTArcbigìnnasio romano insiemo cui ceieherrimu
inaieniaiicu Fr Luca laccioli, come si ba dal Marini ne' rao'o dei
Professori.
(2) Giovanni Panelli — Memoria degli uomini iliuslri e chiari in
m0dicina del Piceno ossia delta Marea d'Ancona, iti Ascoli 1757 per
Niccola Rioci. Tom I, \hì;. 170. Tom. II, pdg. 6S-lo.*i
(3) Nel secolo XVI molli Piceni lessero nella rinomata Univer-
sità di Padova, specialmente medicina.
(4) Santini» op cil. pag. 51 — FaACASSKrri Giuseppe: Elogio di
Mester Oflilio Ricr.i di Fenno d'Ito all' .ice id^miti Tib-:rina nel 1830,
Fermo td30 «• Biamp. Camerale Paccasassi.
(5) (Umblli: op. cit Tom. II, pag. 2U7. Lo ricordano con lode lo
Scacchi, TAvueni. d Bacoi e il Givclli; fu amicissimo ili San Fi-
lippo Neri.
(G) pANBtxi. op ci^ Tom II, \)\^ .!3I.
420 mSTAURAZlONE
vi tenne con somma lode le pubbliche conclusioni presso
i Minori Conventuali, e quindi recatosi al Capitolo ge-
nerale in Assisi disputò egregiamente con un Marco
Antonio Calabrese lettore di filosofia a Perugia (1). Né
mancarono alla poesia i suoi cultori in Pierio Fontana,
in Giuseppe e Vincenzo Elisei , ed in Anton Maria
Vinci amico dell' immortale cantore della Gerusalemme
liberata. Che anzi vi era anche una fiorente Accademia
intitolata degli Sciolti^ ricordata dal Quadrio (2), che
vantò nel suo albo il nome di Torquato Tasso , come
rilevasi da una sua lettera posseduta dalla Famiglia
Vinci, con la quale ringrazia il Principe dell' Accademia
per esservi stato aggregato. Non è infine da tacere,
come nel 1576 si aprì fra noi la prima tipografia da
Astolfo de' Grandi Veronese, a cui furono accordati
scudi trenta in dono , la casa per stabilire 1' officina
ed altri privilegi (3).
(1) V. Giuseppe Fracassetti : Biografia dì Sisto l\ nello bio^TaUe
e ritraili di uomini illustri Piceni, pubblicati per cura del conte An-
tonio Hercolani (Forlì 1837).
(2) V. Vincenzo Curi : Le accjdemie di Fermo , teltura tenuta nel-
l'adunanza pubblica della società storico-archeologica dette Marche in
Fermo il 4 febbraio 1876. Fernao. Stab. tipogralico Bicher 1877
(3) Secondo il Mblzi nella sua Biblioteca dei romanzi (avaltereschi
(pag. ^71) r introduzione della stampa in Fermo dovrebbe farsi ri-
montare al 1562; secondo il Porti, tavole sinottiche, ecc. (paj,'. 10'})
anche ad epoca più remota, portandola egli al 1556, però mancano
documenti per convalidare tali opinioni. Il primo libro impresso da
Astolfo De* Grandi in Fermo colla data del 1577 ha per titolo chec-
ché da altri si voglia dire: Capitoli della veneranda Compagnia del SS.
Nome di Dio; a questo segui nel medesimo anno T opera di Orazio
Àvgeni da noi ricordato : Del modo di preservarsi dalla peste. Non sarà
discaro indagare qui quelli che nei diversi secoli presero ad eserci-
tare la nobilissima arte della stampa in Fermo, avendone avuta no-
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 4Ìl
Quel Felice Perctti , che nato sulle amene spiaggie
deir Adriatico in Grottammare, aveva ricevuto l'istruzione
letteraria e scientifica in varie città del Piceno e conse-
seguito il titolo di Dottore in Fermo, dopo esser passato
per molte luminose cariche dell'ordine francescano e della
romana curia, fu nominato da Pio V nel 17 Decembre
1571 Vescovo, o amministratore perpetuo della Chiesa
fermana. Durante la sua amministrazione non si ristette
mai dal compiere tutte le parti di zelantissimo pastore.
Provvide all' istruzione dei chierici fondando il Seminario
nel 1574 ordinato poi clal suo successore Domenico Pi-
nelli (1), arricchì la Cattedrale di preziose suppellettili,
iiTÀa dal eh. marchese Filippo RalTiolli, che viene raccogliendo i ma-
leriuli per dart> una piena stona della tipografìa nelle provincie delle
Marche. Esi^i sono nid secolo XVI, oltre il nominalo Astolfo Ou
Grandi, Giovanni Giubar o Jubar veneziano, Serlorio De Monti
lombardo, eredi di Sertorio De Monti e Giovanni Bonihello; nel se-
colo XVII Andrea De Monti, Gio Francesco fìolis e fratelli, Angelo
Antonio Monticelli; nel secolo XVIIl Domenico Antonio Bolis e
fratelli, Giuseppe Emidio Valenti, Filippo e Fabio Maria Lazzarini,
erede di Domenico Antonio fìolis e Liberio Angelini, stamperia di
Fallade. Giuseppe Agostino Paccaroni. Giuseppe Alessandro Pacca-
sassi, Bartolomeo La/zarini ed eredi Bolis; lo stoFSo ed torede Bar-
tolomeo Barlolini; nel secolo XIX Graiiliano Bazzi e Giacomo JatTei,
Luigi e Savino Ciferri successori a D. Niceforo Bartolini fìglio di
Bartolomeo, Emilio Paccasassi successore di Antonio Bolis rappre*
sentalo da Gaetano Properzi, Girolamo e Cesare Ciferri, Guglielmo
Bacher successore a Graiiliano Bazzi e Giacomo JafTei, Gentile Ba-
cber, Gioacchino Mecchi.
(1) Nel 6 i,Mugno l65vS con Bolla di Alessandro VII si fece li
erezione drl Si^minario, che subentrò noi conviMiio e nei diritti dei
PP. (Carmelitani, e molti pnxilogi uli furono accordati. A>endo Kof-
ferie un grave incendio il 17 Luglio 1714 fu dall'arcivescovo Monsig.
Urbano Paracoiani migliorato e fornito di libreria, e dal successore
Monsig. Andrea Minnucoi compiuta la fabbrica. Questi ne fece stam*
Ì22 RISTAURÀZIONE
che anche ora si ammirano, accrebbe il Capitolo, dotò
la Cappella Musicale, e fece molti altri benefizi alla città,
i quali esser dovevano un' arra di quelli le avrebbe lar-
gito come fosse asceso al trono di Pietro (1). Nel 1577
spontaneamente si dimise quando gli piacque fisire ritorno
a Roma per attendere principalmente a pubblicare con
accuratezza le opere de' SS. Padri, e là nel 24 Aprile
1585 fu creato Pontefice col nome di Sisto V.
Così di lui Berauìt Bercastel nella sua storia del
Cristianesimo (2): * Fu costantemente nemico del vizio
e protettore della virtù, penetrante e giusto, vigilante,
severo osservatore dell' ordine, magnifico in tutto ciò che
riguarda lo splendore dello stato e la gloria della reli-
gione, amico delle lettere e di tutte le arti, sommamente
applicato egli stesso allo studio in cui passava una parte
della notte, dopo avere atteso il giorno agli affari. Fi-
nalmente 0 si consideri nel regolamento della sua casa,
0 nella pubblica amministrazione , o nelle contese che
ebbe con diversi principi , fa d' uopo convenire essere
pare le ve^joU nel 1794 pel Barlolini, Stamp. Arciv. le quali modifi-
cale dairArcìv. Card. Filippo De Angelis si pubblicarono nel 1857
Tip. Arciv. Paccasassi col titolo: Regole di, disciplina per gli alunni
convillori del Seminario arcivescovile di Fermo. Il dello Card. De An-
^eli8 gli ba legalo la sua scelta e ricca bibliolccd. Ha scuole proprie
con circa 120 alunni: e dette diversi che si segnalarono per virtù,
per dignità e per dottrina. Vedi le note deWorasione funebre neU'an-
niversario della morie dell'arciprete D. Francesco Vilali dì Fermo letta
D. Fedbriqo par. Fagotti per U solenni esequie che si celférarono in
S» Domenico addì 26 novembre i868. Fermo dalla Tipografia Gi-
ferri t«b9
(1) Catalani: De Eccl. firm. pu^'. 276.
(2) Tomo XXIir, Venezia 183U, p. 2 — Vedi Biografia di Sisto V
del Prof. Domenico Vagcolini. Album di Roma, An. IV, pag. 1.
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 423
egli stato uno di quegli uomini rari, che fanno onore
all'umanità. ^ E Fermo volgendo appena il quinto mese
del suo PciUtificato sperimentò i benefizi della sua mu-
nificenza.
Già i nostri maggiori vedendo che tornavano a fiorire
la Sapienza di Roma per opera di Gregorio XIII, le
Università di Pisa, di Firenze, di Siena per opera di
Cosimo I de' Medici e del suo successore Francesco Maria,
e quella di Ferrara per opera di Alfonso I degli Estensi
avevano cominciato a rivolgere le loro cure verso il nostro,
e sappiamo, che col mezzo di un Battista Colucci oratore
della città se ne trattava in Roma la conferma. Intanto
ordinavano nel 1581 che i dottori ammesssi nel Collegio
dovessero pubblicamente leggere e spiegare le istituzioni
come era di costume sotto jiena di Se. 20, successiva-
mente stabilivano somme per gli onorari dei lettori, ed
eleggevano alcuni più eminenti cittadini, perchè si ado-
perassero di ottenere la ricostituzione dell' Università ,
mandando anche a tal uopo a Roma Domenico Gigliucci
e Francesco Assatti. I prescelti furono Felice Aureli ,
Girolamo Brancadori, Vincenzo Giotti, Domenico Gigliuc-
ci, Adamo Mancini; Galeotto Adami, Vincenzo Paccaroni,
Adamo Adami, Belisario Azzolino, Baldassarre Semproni,
Fabio Ricci, Anton Vincenzo Valgarini.
L' assunzione al trono pontificio del quinto Sisto fa-
cilitò la via per raggiungere il desiderato scopo; infatti
inviati a lui oratori i giuret^onsulti Sigismondo Giotti e
Cesare Ottinelli, egli accolse l)enignamente le loro istanze
e con solenne bolla del 13 Settembre 1585 arricchì la
fermana Università di privilegi e di grazie peculiari ac-
424 RESTACRAZ10NB
compagnate da frasi le più onorevoli, che amò usare
queir immortale Pontefice e che il suo attaccamento ad-
dimostrano verso questa Città e questo Studio, il quale
splendidissima luce avea sparso di reputato sapere (1).
In essa ordinò che si ristorasse V edificio già destinato
a tal uopo, se ne accrescessero le rendite per provvedere
aUa sua perpetuità, vi si chiamassero ottimi istitutori
in ogni disciplina; vi s' insegnassero specialmente l'uno
e r altro diritto , senza cui non si può amministrare
rettamente la repubblica, e da cui dipende ogni prospe-
rità; la Teologia, la Medicina, le arti liberali e qualun-
que altra lecita facoltà; si conferisse il grado di bacca-
laureato, licenza e dottorato, ed i laureati potessero do-
vunque leggere , interpretare e disputare , godesse gli
stessi onori delle Università di Bologna, di Padova, di
Perugia, di Siena, di Macerata e di altre italiane e
straniere; presiedesse all' esame il Vescovo fermano col-
1' intervento dei professori e dottori del Collegio; infine
si compilassero gli ordinamenti e gli statuti da appro-
(1) Vedi in fine riocamenli N. 4 — Tira boschi: Storia ddla lei-
ieratura italiana voi. Ili- pag. 353, Ed. Milanese. La delta bolla fa
pacata Se. 500, così nella cernita del 28 maggio 1586 cart. 135 tergo,
e furono presi a censo al 7 per cento dal principe Falconieri di
Roma. Questo Pontefice volendo estendere ancora la sua beneficenza
al resto delle Marche e favorire gli studiosi, istituì in Bologna un
collegio per 50 giovani di varie citrà e terre del Piceno, che deno-
minò Monlallo dalla sua patria d* origine allo scopo d* istruirli negli
studi maggiori. Gli destinò un Cardinal protettore nella persona del
suo nepote Alessandro e dopo di lui un altro Cardinale di sua fa-
miglia ed in mancanza il più antico Cardinale del Piceno, quando
poi il Piceno non ne avesse rilasciò la elezione al Collegio mede-
simo. Tale beneficenza venne dimidiata. quando il Pontefice Ur-
bano Vili nel 1641 da 50 restrinse a 30 gli alunni del Collegio.
Questa pia istituzione sul finire del passato secolo incontrò la sorte
di tante altre per causa delle politiche vicende; di quosto Collegio
fa menzione il TinABOscHi voi. 7, par. 1, lib. 1, e. 3. 1^ nostra città
aveva diritto di mandarvi tre alunni.
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 425
varsi e Banzionarsi dal Vescovo, cui spetta correggerli,
riformarli, dichiarare, interpretare. Vi fu anche la cat-
tedra di lingua greca come risulta dalle cernite del
1585 e 1586.
Un filosofo diceva cerca la sapienza fosse anco a
capo delle Indie; ed i nostri padri nel Novembre del 1585
mandavano deputati Giacomo Raccamadoro ed Oliverotto
Manetti a Bologna, a Siena ed a Perugia per avere
ottimi professori , che risposero alF invito per far cosa
grata al novello Pontefice, e furono largamente rimune-
rati. Infatti dalla cernita 2 Luglio 1586 si apprende
che Teodoro Adami e Cesare Ottinelli ebbero Tincarico
di recarsi a stabilire con Annibale Marescotti bolognese
la lettura delle leggi civili per anni quattro a cominciare
dal 1.*" Novembre 1586 col rimborso di accesso, recesso,
abitazione e col salario o provvisione di Se. 700 moneta
della Marca per ciascun anno. Inoltre si sa che i Pro-
fessori furono esenti da ogni gabella o tassa, come lo
furono eziandio gli studenti. E perchè nulla mancasse
in si pregiata istituzione la città non risparmiò mai a
spese ed a sacrifici, ed assegnò per la sua dotazione
perpetua scudi duemila delle proprie rendite, a cui ag-
giunse la tassa a lei pagata dai suoi 48 castelli, sui
quali esercitò il diritto dominio feudale fino al princi-
pio di questo secolo conosciuto sotto il nome di dativa
0 assetto (1).
(1) Questo diritto feudale col mero e misto imperio era in parte
proveniente da libere dedizioni defili antichi feudatari, in parte acqui*
siate mediante la i»pesa di oltre nocantamila scudi pagati agli ante-
riori investiti ed alla camera apostolica. I 4S castelli formanti il
contado di Termo erano: Acqua\iva, Alteta, Altidona, Belmonte,
426 RISTAUBAZIONE
Il 4 Novembre del 1585 alla presenza di Sigismondo
Zannettini Vescovo e Principe fermano, di Arcangelo
Olivieri Arcidiacono, e di Gentilino Tibaldi Arciprete ,
esecutori deputati , che sedevano prò UHbunali furono
lette e pubblicate solennemente le bolle pontificie nel
palazzo dell' Università in piazza innanzi a una molti-
tudine di gente ; ed i commissari apostolici ingiunsero
di osservare ogni cosa, dando facoltà ai Priori e Rego-
latori di prezzolare i lettori di ciascuna scienza e di
stabilire le cattedre. Girolamo Zoppio bolojj^nese lesse una
forbita orazione di poi stampata e dedicata al Cardinale
Alessandro Peretti. Indi a provvedere al buon andamento
del risorto istituto si sancì che gli scolari dovessero
studiare tre anni a Fermo pria di condursi altrove e
quivi addottrinarsi sotto pena di Se. 25; s' ingiunse al
Capitano ossia amministratore della giustizia di leggere
le istituzioni nelle pubbliche scuole, e si compilarono
i capitoli dello studio da Vincenzo Giotti, Felice Aureli,
Belisario Azzolino: nell'Aprile del 1586 fu conferitala
prima laurea ad Antonio Aureli nobile fermano. La ce-
Gampofìlone, Garassai, Castel dementino (Ser vigliano), Cerreto, Col-
lina, Falerone, Francavilla, Grottammare, Grottazzolina, Gualdo, Lape-
dona, Loro. Magliano, Marano (Cupramarittima), Massa. Massignano,
Mogliano, Monte Appone. Monte Pacione, Monte Giberto, Monte
Leone, Monte Ottone, Monte Rinaldo, Monte S. Pietro Morico, Moa-
tarano. Monte Vidon Combatte, Monte Vidon Corrado, Moregnano,
Moresco, Ortezzano, Pedaso, Petriolo, Pelritoli, Ponzano, Porto di
Fermo, Rapagnano, Sant'Andrea, Sant'Agnelo, San Benedetto, San-
t' Elpidio Morico, Smerillo, Torcbiaro, Torre di Palma, Torre San
Patrizio. In detti castelli il magistrato fermano inviava giudici che li
governassero ed anticamente erano 80, i cui nomi trovansi nello sta-
tuto di Fermo.
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 427
rimonia si celebrava con solennità n^lla sala delF A-
quila del Palazzo Municipale assegnando al Candidato
il posto fra i dottori in luogo della cattedra magistrale,
consegnandogli in mano prima chiusi e poi aperti i libri
della facoltà in cui si laureava, ponendogli sul capo il
berretto dottorale e sul dito T anello simbolo del coniugio
contratto colla facoltà prescelta, indi Telmo, la spada ed
il collare insegne della milizia aurata, onde si decoravano
i laureati nella nostra università dal Comune di Fermo,
che per immemorabile concessione degli Imperatori con-
feriva quest' ordine cavalleresco con la croce smaltata
in bianco globata, ove erano incise le lettere LA. C.
P. F. (^imperiali auctoritate concessa poptUo firmano J.
La quale onorificenza però non si concesse innanzi al
26 Maggio 1592 e per il primo la conseguì Parme-
nio Luzi di Montefiore. Di tutto ciò veniva redatto un
pubblico istrumento dal notaio e cancelliere munito
del maggior sigillo della città di Fermo, nel mezzo
del quale è rappresentata 1' antica Chiesa Cattedrale
con sopravi il busto di nostra Donna col bambino, e
lo stemma della città fra le due porte laterali: ha im-
presso air intomo in lettere augustali il noto motto
FIRICUM FIRMA FTOBS ROXAKORUM COLONIA ( 1 ).
L' epigrafe del sigillo dell' Università era — ykivir-
8ITAS GTXNASII FlRMAKl
ri) V. Il modulo del diploma ili laurea portato in fine nei docu-
menti al n. 5 La cernita il 23 mau'i^io ISSO opinò cho il si^^illo da
adoperarsi nei privilo:;! de' Dottora (i da\essA a \ tire Tetlìgie i)ei Pulris,
Bmoé Virginis, S, Jvannis Evang, S. Sabini, in(U insignia Episcopi fir»
mani. Ma dall'adunanza dello Studio (la quale più direttamente pre-
siedeva su tali materie) si ordinò non doversi apporre nei suddetti
privilegi altro sigillo, che il maggiore della città.
428 RISTAURAZIONE
Essendo state inviate lettere a tutte le città d'Italia
vi accorsero studenti in gran copia, e non soltanto dalle
varie provincie, ma dal Regno Napoletano, dalla Toscana,
dalla Lombardia e sino d' oltre mare e d' oltre monte;
sicché troviamo fra i laureati il cremonese Vincenzo
Passi famigliare e commensale del Card, di Montalto che
si addottorò in canonica con intervento del Card. Pinello,
del Vescovo Zannettini, di Ottavio Bandini Yigoverna-
tore e di Felice Gallo di Osimo; Francesco Yisdomini
di Como, Giambattista Stabellini lombardo e Lelio Sega
di Bologna in ambe le leggi, Xiccola Bustarelli e Gio-
vanni Maria Casada di Sassari, il primo in Teologia e
Filosofia , ed il secondo in ambe le leggi , Cristiano
Hichettus di Parigi in medicina; e gli spagnuoli Gio-
vanni Sabater in diritto canonico e Pietro Calvet già
dottore nelle arti liberali, in ambe le leggi. La frequenza
degli alunni da diverse contrade apparisce anche dalla
seguente iscrizione, la quale esiste nella sala del Palazzo
degli Studi.
ART. ET MED. D. AC. V. V. P.® PR.« MERITIS.*»" ET D DIONISYO SVCCIO ET
D. LVDOVICO ARBfATARIO PRAESI."^" SEQVENTES COSILIARII AERE
PVBLIOO POSVEREA ANNO D. M. D. LXXXVII
D. IVLIVS FVSCONIVS DE NVRSIA P. ROMANA. D. IVLIVS OOSTBVS LA
VDESIS P. LOBARDA. D. HORAIVS CASTELLVS BON." P. BONONIA D.
BORATI VS lAOOMINVS DE FLVMINE P. DALMATI A. D. SEBASTI ANVS BO
LI8 ARIM." P. ROM." D. DIONISYVS SVCCIVS RAVE.^" P. RAVE.* D. DOMINI
CVS BERNARDVS DE AQVASPARTA P. VMBRIA. D. THEODORVS MAZO
NIVS DE IVLIA N. P. ABRV.»^ D. lOSEPH BOCCA VECHIVS DE MOD.'® P. D.^^
VRB."* D. FRACISCVS CIATTONVS RECA." YLTRA CLVETV D. LVDOVICVS
ARMATARIVS DE MOTO GRA.° CITRA CLUETV. D. IVSTINVS BERABDVS
BIP.^« P. PRABS.*^ D. IOANES LAVRETIS. RVFVS. FIR.^» P. FIR."^ D. OCTAVIVS
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 429
Questa iscrizione sebbene mancante di qualche linea
nel i>rincipio, ove dovevano esser nominato quegli al
quale fu eretta , e T altro di cui vi si dice artium et
medicinae doctore ac utritisque Universitatis primo priore
meritissimo y nullameno pare possa riferirsi al giurecon-
sulto perugino Marcantonio Severo eletto da Sisto V a
primo interprete delle leggi nella ristorata Università
di Fermo, ove morì nel 1587 data corrispondente a
quella della iscrizione , e la morte fu accompagnata da
pubbliche dimostrazioni di condoglianza. In detta lapide
sono enumerati i consiglieri delle diverse provincie, che
erano nominati in un col Priore e col Preside fra gli
studenti, giusta le costituzioni, e formavano come un col-
legio, che teneva le sue adunanze, delle quali abbiamo
memoria nei relativi libri ancora esistonti, ed era com-
posto di scolari rappresentanti le varie regioni , da cui
provenivano. Quelle che ivi si ricordano sono la Romana,
la Ix)mbarda, Bologna, la Dalmazia, la Romagna, Ra-
venna, r Umbria, V Aprutina, il Ducato d' Urbino, la
Picena al di là del Chienti , la Picena al di qua del
Chienti , il Presidato di Montalto , la Permana , rima-
nendone innominate altre per evidente rottura del marmo,
poichò la iscrizione finisce con un nome rappresentante
altra provincia.
I Permani lieti del ricevuto beneficio, deliberarono
di tramandare alla posterità un monumento della loro
riconoscenza e gratitudine ; e quindi ne' comizi generali
tenuti il 24 novembre 1 585 coli' intervento eziandio di
tutti i deputati dello Stato fermano decretarono unanime-
mente che alla munificenza di tanto prìncipe si erigesse
430 niSTACRAZIONK
una statua metallica, acciocché sempre viva nei futuri
rimanesse la memoria dei suoi benefìcii, ed il 26 set-
tembre dell'anno successivo furono a ciò deputati Beli-
sario Azzolino, Teodoro Adami e Domenico Gigliucci.
Ne allogarono l'opera ad Accursio Baldi Sansoyino, e si
raccoglie poi da varie risoluzioni consiliari dell'anno
1588, che si dettero ogni cura di provvedere alla spesa
di tal monumento, al quale anche i comuni soggetti alla
città contribuirono, avendo la spesa del lavoro oltrepas-
sato gli scudi mille e settecento (1).
Per la buona disposizione del Pontefice nell' accor-
dare nuovi e segnalati privilegi a questa città, spinti i
Permani dall'amor di patria e dal desiderio del pubblico
bene non posero tempo in mezzo a chiedere, che la
chiesa di Fermo venisse elevata al grado di metropoli-
tana. In questa congiuntura furono dal giureconsulto
Cesare Ottinelli esposte in una bella orazione le ragioni
per cui fra le altre città del Piceno a Fermo potesse
accordarsi il primato (2) , e dopo essere state prese in
maturo esame ottennero interamente il desiderato effetto.
Sisto V con altra bolla del 24 maggio 1589 (3) si
degnò innalzare la chiesa fermana al grado di sede ar-
(1) Vedi le risoluzioni del Consiglio fermano tenuio per tale ne-
gozio nei giorni 11 marzo, 8 aprile, 26 settembre e 27 novembre
1558. Si apprende da queste che Accursio Baldi Sansuvino richiese:
€ Pro ejus labore ei praecio scjtos mille et septingenlos de paoli X
prò scutis; quod habuil D. Taddous staiuarias, qui fecil slatuam
praefati 8. D. N, in Urbe pront in istrumento convenlionis factae
cam populo romano. ^
(2) V r orazione deirOTTiRBLLi citata nel cap. li.
(3) Questa bolla incomincia, Onioerfi orbis EccUtiis, e si legge
nel Boll. rom. tom. V, pari. I, pag 63.
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 431
civesoovile , concedendole quattro vescovi suffraganei ,
quelli cioè di Macerata e Tolentino, di Ripatransone,
di Montalto, di S. Severino col quale ordine sono no-
tati nella bolla, e primo arcivescovo metropolitano fu
Sigismondo Zannettini, che da oltre quattro anni era ve-
scovo di Formo.
Si raddoppiarono allora le premuro perchè il monu-
mento decretato per sì magnanimo principe fo se recato
al suo compimento; onde nel maggio del 1590 era stata
già posta in un basamento sopra V ingresso del palazzo
municipale la statua metallica^ la quale ha tutti quei
pregi , che si addicono ai migliori lavori di tal sorta ,
e spezialmente quello di far conoscere nel volto, nell'a-
bito nel portamento il personaggio che si ritrae, sicché
ninno abbia d'uopo di leggervi il nome per ravvisarlo.
La statua raffigura sed^nt^ il Pontefice in quella mo-
venza propria di principe, che riguarda benevolo il suo
popolo. Colla tosta alquanto curva mostra noli' aria del
volto nobiltà e dolcezza insieme; colla mano diritta le-
vata è in atto di benedire, mentre colla sinistra tiene
appoggiato alla persona un libro, forse le bolle con le
qu^li accordò i detti due privilegi alla città. Il piegar
delle vesti ft largo ed acconcio; le decorazioni d'assai
eleganti , e tutta la scultura b del più purgato e raffi-
nato disegno. Nel plinto vi è la seguente iscrizione che
ricorda i duo grandi beneficii, per cui fu eretto qqesto
magnifico e durevole monumento di riconoscenza
432 RISTAUR AZIONE
XISTO V. PONT. OPT. MAX. PATRIA
FIRBfANO OB. EPISCOPALE!!
IN METROPOLITANAM. ERECTAM
ET 6TMNASIVM VNIVERSALB
RB8T1TVTVM 8. P. Q. F. POS.
sotto la base si legge quest' altra iscrizione
8ENATVS. POPVLVSQVE. FIBMANVS
PRO. SVA. IN. PRINCIPEM. OBSERVANTIA
CVRIAH. HANC. AD. MAGISTRATVM CIVIVM
OOMMODITATEM. ET. VRBIS. ORNATVM
AERE. PVBLICO. MAGNIFICENTI VS. RESTITVIT.
Da tal lavoro con mirabile magistero condotto il Baldi
conseguì assai lodi, ne fu rimunerato sovra il prezzo
convenuto e gli furono indirizzate diverse poesie italiane
e latine, le quali si pubblicarono poi raccolte in un li-
bretto (1).
La nostra Università, copie apprendiamo da un'epi-
grafe che scorgesi nel prospetto del palazzo degli studi,
ebbe eziandio un protettore nel Cardinale Alessandro
Foretti di Montalto pronipote di Sisto V (2), il qual
(l( Eccone il tilolo: Parie prima delle rime toscane el dà versi Ia-
lini da diversi autori composti in lode di Sisto V el della statua di bromo
dalla m. illusi, città di Fermo dedicata a Sua Santità ei falla da Accursio
Baldi Sansovino all'illustr. el reverendiss. Monsig. il Cardinal Pinello,
A Fermo presso Sertorio de' Monti MDXG.
(2) L'epigrafe è la seguer.te:
D. o. M. A.
SVB FELIGIBVS AVSPIGIIS
ILLVST RISSI MI AC REVERENDISSIMI O. D ALEXANDRI
PIRBTTI 8. R. E. CARD.
AMPLTSUI FIRMANI GYMMA
SII PROTECTORIS
COLEBDISSIMl
Nel medesimo salone sopra la epigrafe a Bonifacio Villi riportala
in nota nel cap. II vi ha lo stemma di esso pontefice finamente
lavorato e sotto vi si legge in lettere gotiche in gran parte logore:
M. VEREZAll ME PECE
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO ?. Ì33
Pontefice volendo dare una novella prova del suo affetto
per la città di Fermo, le destinò il Cardinale Peretti a
governatore perpetuo il 15 novembre 1586. I privati
eziandio non mancarono di adoperarsi a tutt' uomo, ac-
ciocché la coltura viemmeglio fiorisse. Bell' esempio ce
ne porge il canonico Censorio Marziali, il quale per ren-
dere più decoroso e profittevole lo studio di Fermo tanto
alla città quanto al di fuori, col suo testamento del 10
mai^o 1589 (1) lasciò erede di tutto il suo avere il
Comune, acciochè si erigesse un collegio per accogliervi
nobili giovani forestieri, ai quali si aggiunsero in pro-
gresso di tempo anche fermani. Questo fu aperto nelle
case di Francesco ed altri degli Assalti nel 1594 con
sei alunni di diverse città, ed il Duca di Urbino chiese
vi fosso ricevuto il figlio del suo tesoriere cui egli rac-
comandava (2). Il Consiglio generale stabilì, che una
particolare adunanza si deputa^sse detta del Collegio Mar-
fi) Questo testamcnlo trovasi nei nostro Archivio ed ò notato
al N. 339 del catalogo detto il Tedesco in data die X martii 1589
sedente Sixto V.
(*2) Sopra la porta del Collegio Nfarziale scorgasi ancora lo stetnoia
del fondatore consistente in due mazzo incrociate e stretto con un
nastro. 3otto «i iegf^e la seguente iscrizione :
D. 0. II.
CBNSOHIO . MARTIaLI . CANONICO . METROPOUTANO.
OD . PVNOATVM . COLLBOIVM
GIVI . DE . SE . OPTIMB . MERITO
8. P. Q. P. FIOEI . C0MM188. P.
GOLI«E(HVU . IPSVU . DB . 0BNTI8 . NOMINE
MARTIALE . NVNCVPAVIT
A. F. 8. M. 0. XXII.
BUNIOANNE . VINCIO I. G. i
; RBCT0RIB8.
PERMATTHEO . SGATTONO )
Archiv. SlQT. March. K /. 28
434 RISTAUBAZIONE
ziale composta di 18 gentiluomini di cernita, acciò da
essi si compilassero le leggi, i decreti, le costituzioni e
tutt' altro che reputarasi necessario per il buon regola-
mento del suddetto (1). A tale adunanza furono concesse
tutte le facoltà di provvedere sì alla parte economica
come al governo dei giovani, e veniva la medesima con-
In un aliare che esiste ncila chìesd <Jei Minori Osservami di Pe-
Iritoli nel quadro dipinto in tL'I.i vedesi il riiraUo ili'! canonico Cen-
sorio Marziali di Fermo. Ne fu primo roitoro Giacomo Raccamadori
seniore prete di molla scienza, che era andato ambasciatore a Papa
Gregorio XIV per la eredita del canonico Miiiziaii. di cjì fu esecu-
tore testamenlario Nel secolo XVI II il dotto carbonico Filippo Rac-
camadori rifece quasi per intero e ridusse a miglior forma il vasto
editicio, che si trovava già in mal termine senza curare che nep-
pure una iscrizione si ponesse a ricordanza di questa saa az one degna
di ogni maggior lode.
(1) Queste costituzioni compilate dai priori del popolo della città
insieme coi signori Bellisario Àzzotini e Giacomo Raccamadori gen-
tiluomini a tale effetto deputati ed eletti dal gvM)era!e Consi.^lio fu-
rono approvate il 2 gennaio 1595, quindi nel 23 agosto del 1603 e
poi nel 12 gennaio 1660 rivedute, corrette e date alle stampe col ti-
tolo: ConslUiUiones et capilula Collegii Marlialis >n urb>i finnana ereclL
Firmi apud Andream de Montìbus 1660, dd. superiorum permissu —
Riviste ed emendate in alcun pani si ripubblicarono collo stesso
titolo nel 1710 apud Jo Frane Bolis ti fralret imp priorales domi-
norum superiorum permissu. — Di bel nuovo ridotte e riformate
giusta il bisogno e T opportunità dei tempi, seguendo f esempio dei
più rinomati collegi d* Italia e volgarizzate dal conto Gian. Simono
Vinci Gigliucci rettore del detto collegio e dai signori Francesco
Maria Bortacchini Pancotti e cap. Melchiorre Paccaroni furono ap-
provate il 16 gennaio 1741 dall'adunanza del Collei^io ed impresse
col seguente titolo: CoslUuiioni e eapiloli del Collegio Marziale dello
della Sapienza creilo nella cillà di Fermo. Fermo 1741 per Dom. Ant.
Bolis e frat. Stamp. priorati con licenza de* superiori. Succe.^^sivamente
vide la luce un rislrello delle cosliluzioni del Collegio Marziale o sia
della Sapienza dell' illuslriss ima cillà di Fermo riformale nell'anno di
noslra salule MUCCHI (senza nota di stampa)
SOTTO II. PONTIFICATO DI SISTO V. 435
Yocata Ogni volta che i Rettori prò tempore ne avessero
fatta richiesta (1).
Restano ancora due cose a notare in questo secolo
XVI concementi la pubblica istruzione. L' una che il
prof. Girolamo Alberti senese istituì in Fermo il 24
maggio 1594 T Accademia detta dei Raffrontati^ la cui
impresa fu un lucchetto formato da vari archetti, in
ciascuno dei quali erano inciso diverse lettere dell'alfa-
beto col motto — vite iunctis — ma nulla sappiamo delle
sue costituzioni (2). L'altra che Licinio Giorgi di M.
S. Pietro Morico a mezzo del suo fratello Alcibiade pro-
fessore qui in Fermo offrì nello stesso anno 3000 fio-
rini per erigere il Collegio dei gesuiti, i quali nel 1599
sotti) il regime di Ottavio Bandini di Firenze, secondo
arcivescovo di Fermo, fun)no chiamati dalla città per
aprire il loro collegio.
Del resto lo studio fermano rivestito di un nuovo e
pieno splendore e divenuto non più secondo ad alcun
(1) (^ chiusura di questo CoIlc;,'io ordinala dalPArcìvescovo Pa-
facci ni dt»Ue luo^o roUo TArcivoscovo Minnucci, che voleva servirsi
delle rendile per la ricosiruziont* della chiesa metropolitana, a serie
contestazioni da parie dei Permani, come può vedersi nella supplica
della ciUà di Fermo ad alcuni eminenlìssimi Cardinali sulle presenti ver»
lense con Monsig. Minnucci arcivescovo, intorno alla chiesa melropolUana
e Collegio Marziale. In Villafranca pi>r BoniiglioI Filalette stamp. alla
buona fede t7S*2. Pu p)i riaperto per le energiche premure del fer-
mano Arcivescovo Card. Cesare Brancadoro, che approvò le nuove
regole pubhlicate col titolo: Regole e cosUtuzioni del nobile Collegio
Marziale di Fermo. Formo dai torchi di Pallade 1807* Venne sop-
preiiso al principio di questo secolo e ì beni passarono al Comune
di Fermo.
(2) TiRABOSGHi: op. cii. voi. Ili, pag. 363 ediz. milanese. — Curi
op« cit.
436 RISTACBAZ10NE
altro che allora esistesse non solo nei dominii pontificii
ma in Italia per la munificenza di Sisto V, ebbe j er
qualche tempo vita gloriosissima, fu rinomato persino
in lontane regioni in ispecie per la giurisprudenza, aven-
do un collegio di dottori formato da ben settanta tutti
di gran valore, e dette molti uomini, che per scienza e
per i carichi sostenuti altamente si segnalarono.
Vi lessero nel secolo XVI:
AcERBOTTi Baldassarre da Monsampietrangeli in gram-
matica e retorica.
Alberti Girolamo da Siena in giurisprudenza (1).
Amoratti Ansovino da Montegranaro in gramm. e retorica.
Argentino Giuliano da Fabriano in giurisprudenza.
Arredi Emilio da Samano in grammatica e retorica.
Asclepio Gìovanni da Sant'Elpidio in gramm. e retorica.
Aureli Antonio da Fermo in giurisprudenza (2).
BINDELLO Matteo da Castelnuoyo terra del Tortonese
domenicano in retorica (3).
(1) Dopo avere insegnalo alcuni anni in palria vonr.e a Fermo
lelture ordinario matutino negli anni 1592-93: poi passò nelP Uni-
versità di Macerata e vi riusci cosi acceltu cht* fu confermato; ma
egli desideroso di vedere altri luoghi si lasciò persuadere ad accet-
tare la cattedra vespertina di Salerno con T onorario di Se. 600; ivi
si mori. — V. Gigli: Diario Sanese, Lucc<i 1723, p. I. — Isidoro Ugur-
OBRi: Pompe Saneii ovvero relazione degli uomini e donne illustri di Siena
e suoi Siali, Pistoia 1649, p. I.
(2) Giambattista Evangelista nella sua orazione XXXIX delta
nella nostra Università pag. 168 ne fa grande elogio con queste pa-
role: < Quid Antonio nostro Aurelio ad inveniendum subtilius, ad
iudicandum prudentius, ad interpretandum acutius. ad consulen-
dum, cavendum, respondendum, reliquaque docti viri et periti iuris-
coosulti munera obeunda accomodali us? »
(3) Autore di diverse opere, rimase celebre come novelliere.
Stando a Fermo scrisse una orazione in lode di detta città, che fu
Sotto il pontificato di siSto v. 43"?
Bartolo Plinio da Firenze in giurisprudenza.
BoNiNSEQNA Salustio da Siena in filosofìa.
Brancadoro Lucio da Fermo in giurisprudenza (1).
Calvi Cesare da Bologna in giurisprudenza (2).
Caucci Giosuè da Fermo in matematica e astronomia (3).
dal Senato falla porre nell'Archivio, ma ad onla di molle diligenti
ricerche non si è poiula mai rinvenire. Ce no ha lasciala notizia
Leandro Aldrrti {De viribui illustribus ordinis praedicatorum libri sex
in unum congesti, Boloì<na tot 7), il quale dopo aver chiamato Matteo
€ virum in scribendo fluridum. clarum, niiidum, emunclum et acca-
ralum, cuìus insignes dotes si narrare voluero me polius tempus de-
ficcret, » enumerando alcune sue opere inedite soggiunge: € oraliones
diversa et ìmprimis Illa por eum habita coram senalu populoque fir*
mano anno Domini MDXIH prò gratiarum aciionibus prò Synodo
nostra, in qua origo et res gestae Ormanae civilalis lam opulente,
tam ampie ac eleganler continentur ut a lirmanis exemplum con*
tinuo in archi vis urbis prò aeterna memoria reponeret. > Fu amico
do* letterali e degli uomini più illustri del suo tempo, fra cui Giulio
Cesare Scaligero, e maestro della celebre Lucrezia Gonzaga. Giulio HI
lo creò vescovo d*Agen il 1 settembre 1550. Di lui parlarono il Maz-
zucGHELLi (Gli scrillori d'Ilaliaf, Qurtib et Echard iScrip, ord, praed.),
il Napione (Piemontesi illustri), il Tiraboschi (Storia della leUeralura
ilaL), il FoNTANiNt (Della eloquenza italiana).
(1) Vesti l'abito di S. Filippo Neri e mori uel 25 ottobre 1609.
Liesse una orazione, quando fu ammesso nel Collegio de* Dottori:
Oralio Ludi Brancadori civis el jurisperili /ir mani habila dum in ani'
piissimo illustrium firmanae eivUatis iurisconsullorum collegio coopta»
relur. Firmi ex Typographia Sertorii De Monlibus MDLXXXVI.
(2) È nominato da Giovanni Fantuzzi (Notitie degli ScrUtori Bo'
lognesi, Bologna 17S1) fra quei bolognesi che lessero in Fermo ai
tempi di Monsig. Zan netti ni. Entrò fra i gesuiti e vi mori. Vedi
Nicolò Alidosi (i dottori bolognesi di legge canonica e civile. Bologna
presso Bartolomeo Cochi MDCXX).
(3) Fu professore d'astronomia e di medicina nell* Università di
Padova negli anni 1403 u 1491, come riferisce il Papadopoli up. cit.
Iib. 11, sez. Il, cap. XIX. Da quella Ciiitcdra pA^^Ò medico di Rai-
mondo di Cardona Viceré di Napoli, Qnchò as^sunto al pontiOcato il
Card. Giulio De Medici col nomo di Clemente VII lo chiamò a sue-
438 RISTAURAZIONB
Cavallini Lorenzo da Bologna in giurisprudenza (1).
Clemente da Fano min. osser. in filosofia.
Collaterali Qucomo da Morrovalle in filosofia.
Confetti Francesco da Fermo in grammatica e retorica,
Cruciani Camul^lo da Monterubbiano in filosofia (2).
De l^uRRiBus Andrea spagnuolo in giurisprudenza.
Evangelista Gio. Battista da Marano (Cupramarittima)
in eloquenza (3).
cedere come suo archiatro al celebre Frjncesco Bonfìni ascolano ;
così leggesi nella iscrizione sottoposta al suo riirarto che abbiamo a
Fermo, riportata dal !*anblli op. cit. tom II, Append. paji^. 2; da
Gaetano Marini fUejli archiatri pontificii, Homa 1781), da R. De Mi>
wcis fiscr, ferm. N. 1193). Del Caucci quale eccpilentissimo astro-
nomo tesse un lungo elogio Francesco Panfilo nel suo poema Pi-
cenum al lib. IH. dove ragiona di Fermo, cominciando così:
Nobilis hic Josues erranlidi sidern caliens
Vera malhemaficus cuacta futura caniL
Da queir hic che pare si riforisca a Fermo , argomentasi che inse-
gnasse in Patria, in cui esercitò pure Tane salutare. Se ne ha un
rarissimo opuscoletto in sei carte senza nota di stampa edito nel 1523,
o in quel torno, col titolo: ludicium erudilissimum el mirabile p. aliis
in luccm haclenus pditis. Excel. Astronomi, aiq. arlium el medie. Doc, cete-
ber imi Mag. Josue d. Firmo cotra vociferales futuro diluviu ann px,
futu, 1524 Feb men. quor. crroneas opinion, 20 argumenlis et ronibus
reprobai.
(1) Fu anche lettore nella patria Università, come presso Tali-
DOSI op. cit., il quale riporta una iscrizione erettagli nella Sapienza
di Bologna. È nominato eziandio dal Fantuzzi op. ciL
(2) Per i meriti di questo esimio professore la città il 19 giugno
1601 decretò, che quei di Monterubbiano nei dottorati dovessero sem-
pre considerarsi come gli stessi cittadini fermani.
(3) Chiaro per dottrina e per perizia in diverse lingue, special-
mente latina e greca, fu accettissimo a Sisto V. il quale esjiendo an-
cora Cardinale procurò che succedesse al Sigonio iieUa cattedra di
eloquenza nelP Università di Bologna; non essendo in ciò riuscito
lo elesse neir Università di Fermo, il che apprendiamo dalla sua
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 439
EusTACCHi Alessandro da Montelparo in giurisprud.
Fausto Pier Simone da Montolmo in medicina.
Feuce da Acquaviva min. osser. in filosofia.
Filareti Napoleone da S. Vittoria in gramm. e retorica.
Fontana Pierio da Fermo in retorica (1).
FoRTUNi Gio. Battista da in gramm. e retorica,
Francouni Vincenzo da Fermo in giurisprudenza (2).
urdzìone ivi letta quando successe nella cattedra dì eloquenza allo
Zo[ipio, e poi iledicata a Sisto V: Ad sancliss, D. nostrum Stxlum V.
Ponli/icem opÌ. max Io Paplislae Eoangelislae Oralio habita in almo fir-
manontm Gymnasio IIU Jd. Jjn, MDLXXXVf. Firmi ex Sertorii De
Montibus Typogr.iphia iriSG. Portatosi a Venezia per isUmparvì al-
cune sue opere dedicò un libro di poesie al Card. Peretti: Ad Ale-
xandrum PereUum sanclae rom. Ecclesiae Cardinalem amplissimum Joannis
Dàplisiae Evangeiislae Lusus, Venetìis apud Joannem et Àndream Ze-
narium MDLXXXIX. Colà morì nel 1593, e Pietro Cresci anconi-
tano si prese cura di stampare con una sua prefazione le orazioni
latine di lui, fra le quali ve ne ha diverse lette nella nostra Uni-
versità: Jo. Baplistae Evangeiislae Piceni oraliones XUIll ialinae lou-
lionis miri/icam elegantiam magnamque argumenlorum varielaUm accu-
rate et docte dispostlam conlinenles ad illuslrem ac generosum virum D,
Simonem Caslellariwn. Veneti is MDXCVI ad signum I^onìs.
(1) Happresi'niò a Fermo nel 1570 la sua tragicomedia Susanna.
Del suo valore poetico dette bel saggio nel poema col titolo : Pierii
Fontani firmani Tages ad Franciscum Medicene Magnum Etruriae Dueem.
Bononiae apud Jo. Rossium 1577. Vedi Bibliofeca Picena Tom. IV
pag. 188.
(2) Fece i suoi studi legali in Ferrara, ma ebbe la laurea in Fermo
da Annibale Marescotti, ove poi lesse istituzioni civili. Fu così noto
per il suo sapere che nel 1600 venne chiamato a Parma dal Duca
Ranuccio Farnese, che aveva rinnovalo quella Università, insieme
col celebre Sforza Oddi di Perugia. Vi stette sei anni accettissimo
al Duca, a Ottavio e ul Card. Farnese: la città per mostrare il gra-
dimento del suo buon servizio gli conferì la nobiltà per sé e i suoi
discendenti. Nel 101)7 ritornò a Ieg.i;cre nella patria Univerhilà. e morì
in Fermo di anni 73 ti«*l 1033, come si ha da una iscrizione esi-
stente in casa Francolini e riportala da R. De Mimcis fiscr, pirm.} al
N. 938.
440 RESTAURAZIONE
Giacomo da Patrignone in grammatica e retorica.
Giorgi Alcibiade da M. S. Pietro Monco in giurisprud.
GioRi Vincenzo da Fenno in giurisprudenza.
GiOTTi Vincenzo da Fermo im grammatica e retorica.
Giovanni di Luca fiorentino in retorica.
Golfo Ostilio da Sassoferrato in giurispnidenza.
GrOLFO PiERLEONE da Sassoferrato in medicina.
Golfo Simone da Sassoferrato in filosofia.
Giustiniani Domenico da Genova domenicano in teologia.
Gualtieri Francesco da S. Ginesio in gramm. e retorica.
Lanzoni Marco da Bologna agostiniano in filosofia (1).
Latini Giulio da Servigliano in grammatica e retorica.
Marescotti Annibale da Bologna in giurisprud. (2).
(1) Da Fermo passò aU esser lettore di teologia net 1* Università
di Bologna sua patria. V. Ali dosi: / dottori bolognesi di teologia, fUo^
sofij, medicina ed arti liberali. Bologna 1623.
(?y Illustre per sangue e per dottrina aveva insegnato dodici
anni a Bologna con tanto successo che al divulgarsi la sua partenza
per Fermo i più leggiadri ingegni cantarono le sue lodi con poesie
che si hanno in un libretto col titolo: Vari poemi in lode del mollo
itlitstre ed eccl.mo sig.r il sig.r Annibale Marescotti dottore di leggi et
gentiluomo bolognese nella sua partenza per la città di Fermo, ov'egli
va per lettor pubblico della prima cattedra raccolti per Lattanzio Gio-
vanni da Capognano giureconsulto et accademico diviso V accorto già tuo
scolare, all' illustriss. et reverendiss. signor Monsig, Decio Atxolini Cardi-
nale amplissimo di S. Chiesa, in Bologna per Alessandro Benaui 1586.
L* arcivescovo Zannetlinì die opera colla mediazione di Sisto V, ac-
ciocché il Marescotti venisse a Fermo per dar maggior credito alla
nostra Università, e cosi segnalati furono i servigi resi che gli fu con-
cessa la cittadinanza. Poi ne partì nel 1600. essendo stato chiamato
a Parma dal Duca Ranuccio ]. Vedi il Fantuzzi op. cit .\utore di
opere legali e di belle lettere viene lodato dalT Evangelista insieme
con Ippolito Piccolomini di Siena altro nostro professore e paragonati
a Scevola ed al Sulpizio neli* orazione XXXIX pag. 168: € Quid in
iurisprudentia priscis temporibus Scevola, Sulpitioque, nostris Anni-
baie ilio Marescutto, hocque Hyppolito Piccolominco peritius atqae
scientias? >
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 441
Marucoi Paolo da min. conv. in filosofia.
Massini Filippo da Perugia in giurisprudenza (1).
Mazzaroki Marcantonio da Monterubbiano in filosofia
e teologia (2).
Mazzoni Gìacoho da Cesena in giurisprudenza.
MoRici MoRico da Fermo in retorica (3).
Moro Ulisse da Fermo in giurisprudenza.
Nardini Vincenzo da Fermo in grammatica e retorica.
Ottinelli Cesare da Fermo in giurisprudenza (4).
Paccaroni Eufemio da Fermo in giurisprudenza.
(t) Dopo aver lello in Patria venne a Fermo, d* onde passò ai*
r Università di Pisa e poi a quella di Pavia. Di ià fece ritorno a Pisa,
quindi recossi nel 161G a Bologna, ove morì nel 1618. Km di assai
valore nellA giurisprudenza e nello belle leUen*, come mostrano lo
poesie di lui registrate da Anoelo FABRONr; Uisiorine Accademia^ Pi-
sanae, Pisis 1791 ai 95 Tom. II. pa^. *2o3. — Annibals Mariotti:
Di Pei-ugini auditori della S, Romana Ao/a, memorie istoriche. Perugia
Ì787. Fu anche lettore in Macerata dopo Fermo.
(2) l*e stesse facoltà professò nell* Università di Perugia, ove
dette alla luce pei tipi di Pierpaolo Orlandini nel Ì589 alcune di-
lucidazioni su varie oscure proposizioni di .Aristotile. È autore di
altre opere tilosoGche e teologiche e di uno scritto di singolare ar-
gomento, cioè: De Iribut coronis PorUif. Max. nee non de osculo eius
pedum lAiclatus ad Sixlum V Poni. Max. Stampato a Roma per Gio-
vanni Martinelli nel Ì587.
(3) Successe a Pierio Fontana, da qui passò in Imola ad inse-
gnare belle lettere, e di lui abbiamo vari epigrammi sopra gli stemmi
delle nobiltà imolesi: Moriei Moricii flrmani kumanarum lilerarum
profusoris liber slemmalum, in quo epigrammala praeeipue ad Cives Imo^
lenses eonlinenlur, fìononiae apud Alexandrum Beoatium 1858; con le
figure degli stemmi.
(4) Si applicò anche alla medicina, come rilevasi da una diser-
tazione stampata io Roma nel 1586 presso Cardano e Francesco
Coaitino intitolata: Caesaris Ollinelli fir mani ari. philos. iurit utriusque
docloris de euranda porrigine, scritta in grazia di Giambattista Rai-
mondi professore di matematica nella Sapienza di Roma sotto Gre-
gorio aIII. che soffriva 11 suddetto male della porrigine. Questa ope-
retta sparsa di greca erudizione fa vedere quanta scienza possedesse
questo nostro concittadino, che fu ricordalo anche dal celebre F^an-
glet da Fresnoy noi cntnlogo do^li Ktorici dello stato ecclesiastico per
r altro suo bel lavoro: De Firmo Piceni wbó nobiiixuma. Etogium ad
Xislum Quintum poni. max. più volto citato Vodi Ì*anklu op. cil,
Tom. II. paj;. eSS.
442 RISTAURAZIONE
Paoaki Paolo da Monterubbiano in Glosofia (1).
Palmieri Gio. Battista da Bologna in giurispnid. (2).
Petrucci Marino da Lapedona in grammatica e retorica.
PiccoLOMiNi Ippolito da Siena in giurisprudenza (3).
Plinio Sabinense in giurisprudenza.
(1) Praioilo del celebre piitore Vincenzo Pagani, fu u<litore del
Card. Mon tallo poi Sisto V, vicario generale di S. Carlo Borromeo,
e molti anni con autorità papale stette nell'Arcivescovato di Urbino.
Monsig. Alessandro Borgia Arcivescovo di Fermo nella sua S. Vi-
sita tenuta in Monterubbiano nel 1728 mal soffrendo che le ossa di
si cospicuo personaggio giacessero più a lungo dimenticale nel cimi-
tero, emanò un decreto ordinando che fossero collocate in un'arca
marmorea nella sacrestia della chi'^sa di S. Francesco per cura della
Confraternita del SS. GrociGsso» e quindi inviò la seguente iscrizione
che per deplorevole trascuranza non fu mai posta:
D. 0 M.
Paulo Pagano I. U. D. Protonotario Apostolico qui ob vitae in-
tegritatem miramquc probilatem summis Ponlifìcibus quam gratus
extitit post ingentes labores prò Ecclesia Tipherni , Urbtni , Firmi,
Mediolani et alibi diligentissime prepessos tandem Vicarius Aposto-
licus Marsic. inGrmitate oppressus in Patriam rediens corpus hic hu-
mandum prò observantia erga religione m Scraphicam Anno aetatis
soae LVIII. Conci vibus flentibus Animam Deo reddidit.
Cunfratres SS. Cruci Gxi pietatis ergo
B. M. P. C
E ricordato da Orazio Ci valli : Visita triennale presso il Cologci,
Tom. XXV, pag. 157.
(2) Lesse anche in Bologna, come si ha dal FANTuzzr e dairA-
UDOSi op. cit.
(3) Cominciò a leggere nello studio patrio, quindi divulgatasi la
fama del suo valore venne chiamato a Fermo nel i58d. Dopo quattro
anni fece ritorno al Liceo di Siena, e passò da ultimo alla cattedra
primaria di legge in Messina, di cui illustrò gli statuti municipali,
ed ivi mori nel 1622. Vedi il Gigli: op. cit., tom. 1, e rUouROiBBi:
op. ciL P. 1. È assai lodato dall' Evangelista. Vedi Orai. XXXIX,
pag. 168 sopra cit.
SOTTO IL I^ONTIFIOATO DI SISTO V. 443
Raccamadoro Giacomo da Fermo in giurisprudenza (1).
Ranucci Fabio da Macerata in giurisprudenza (2).
Ricci Francesco da Montefiore min. conv. in teologia.
Ronconi Biagio da Ponzano iu grammatica e retorica.
Scacchi Cesare da Norcia in medicina (3).
SciARRA Silvio da Fermo in giurisprudenza.
ScLAFENATi Camillo da Milauo in giurìsprupenza (4).
Sante da Rimino agostiniano in filosofia.
Sehproni Francesco da Fermo in filosofia.
(1) \halet referondario e prulonolario apostolico fu mandato al
Governo <li Carponiraspo città multo rugguartlevole di Francia ai tempi
lU Clementi» Vili o l'aoio V. La patria <ì valse dell* opera sua in
molti negozi» nella cui tratia/.ioMH fu peritisrimo.
(i) Lt*ss6 anche in patria e nell* Università di Parma. A Fermo
pubblicò le suo l*!7Ìoni. Lectiones habifae in rubr. ci L l If. de legai,
primo in almo firmanorum Gymnasio. Firmi, De Moniibus 1093 in-
titolandole alla città sies^^a. A Parma detto alla luco un*altra sua opera
col titolo. ConttiluUones el dismluliones AnUnomiarum singularesqiie inlel*
leciut atl principates insiifulìonum locos. Parmae Viothi 1608. Ne fa
menzione il P: Missorio dei min. conv. chiaro professore di eloquenza
nella «uà disscria/.ione De necessitate etoquenliae ad seienliam universam
letta e stampata in Macerata nel 1721.
(3) Notissimo per la sua perizia nella chirurgia e notomia prestò
r opera sua nel curare por dieci mesi la Re;;ina Elisabetta d' Inghil-
terra, da cui era stato chiamalo. Reduce in Italia carico di doni e
di onori, motte Università se lo contesero per averlo lettore, ma egli
prescelse di accettare la cattedra di medicina in quella di Fermo,
come sappiamo dalle parole del fratello Durante illustre medico di
quei tempi ed autore di molte opero dirette a Cesare, € lo Italiam
reversus a praectaris fìrmanis cìvìbis conductus in pubblico ilio Gy-
mnasio publico lectoris munus obiisti, a pluribus civiiatibus optatus
et arcessitus, aliquibus cum maxima laude te praebuisti ». Vedi Pa-
nelli : op. cit. tom. II, pag. 205.
(4) Nobile milanese, conte, cavaliere, lettore prima nel!* Univer-
sità di Pavia, poi nella nostra. Di lui ragiona con molta lode Filippo
Aroklati: Biolioleca scriptorum niédiolinensium, Milano 1745. T. II,
pag. 1303. e registra diverse sue orazioni e poesie, tra le rime stam-
pate in Fermo in lode di Sisto V trovasi un suo epigramma. Sarà
stato forso scolare di lui Giambattista Visconti, pur milanese, uomo
iniiigne comò nell.i locale coA in ullrn facolià. mentre l'AnoeLiTt op.
cit. Tom. Il, pag. \Cì\{], dico parlando del Visconti: e Inferiorihus
studili in patria exactis primum Firmi, deindt^ Ticini log.itibjs operam
dedil. » Nella suiMc*ita racculiu di rimo leggonsi due epigrammi del
Visconti, che trova vasi allora in Fermo
444 RISTACIKAZIONÉ
Seyero MABCAirroNio da Perugia in giurisprudenza (1).
Sforza 6io. Francesco da . . . in giurisprudenza.
SiMONETTi Aquilantb da Servigliano in retorica e ma-
tematica.
SoLiMANi Gio. Berkardivo da Fermo in giurisprudenza.
Tassoni Gio. Battista da Massignano in medicina (2).
Termini Vincenzo da Fermo in gramm. e retorica (3).
(i) H 26 gennaio 1586 fu eletto a primo professore di diritio
coir onorario di Se 700 spese di viaggio ed abilazione , questo illustre
giureconsulto , che per più anni aveva letto nella patria Università,
e sebbene chiamato anche a Bologna prescelse di venire a Fermo.
Quivi avvenuta la sua morte il Consiglio di cernita con risoluzione
25 settembre 1587 determinò doversi onorare con solenne funere a
pubbliche spese, intervenendovi il Magistrato, ed accompagnarsi pure
a pubbliche spese da due cittadini fermatii la vedova moglie e fami-
glia nel ritorno in Perugia. Quando Accursio Baldi fuse in bronzo
la statua di Sisto V, il Consiglio ordinò il 23 giugno 1590 al mede-
simo artista la fusione, anche del semibusto del celebrato professore,
che con abito di costume vedesi netP atrio del rtostro Duomo sopra
la seguente iscrizione:
M. ANT. SBVBBO NOB. PB
BVS . IVBIS . COSMO . QVI . POST
BBSTITVTIONB . OYMNASII
siXTi . V . POT . ivssv . pai
MVS . BXTITIT . LE
OV . INTBBPBBS
8. P. Q. F.
(2) Che leggesse a Fermo lo attestano la lapide collo stemma
che era nel tempio di S. Francesco. V^edi il Db Minigis fiser. ferra.)
N. 343, od una iscrizione in Massignano, V. Filippo Bruti Libbbati,
i* memoria sul Comune di Massignano, Ripatransone presso Giacomo
Jaffei Ì847. — 55^ memoria suiti leUerali Ripani con notizie della casa
Tassoni in aggiunta atta 28* memoria sulta via Cuprense. Ripatransone
dalla tip. dei fratelli JafTei 1860.
(3) Insegnò anche a Roma comò si ha dal seguente titolo di
un suo libretto: Oratio Via. Terminii firmani inilio studii atmae urbis
habita ad Paulum HI! poni. inox. Et libetlus de Homanorwn Magistra"
tuum anliquis nominibus ao de iis, quibus nostro utimur tempore. Romae
novemb. Àntonii Biadi literarum notis MDLV.
SOTTO IL PONTIFICATO DI SISTO V. 445
ToLOMEi GiovAN PiETBO da Siena in giurisprudenza.
TossiGNANi Paolo da Bologna in giurisprudenza (1).
Umili Ottaviano da Patrignone in grammatica e retorica.
Venturini Alberto da Siena in giurisprudenza.
Zoppio Girolamo da Bologna in eloquenza (2).
{\) Dalla patria Università venne nella fermana. In Bologna dal
Collegio dei giureconsulti gli furono poste nel 1589 due iscrizioni
assai onoriGche riportate dairAuDOsi op. cit. Passò poi all'Università
ili Parma, occupandovi la prima cattedra e là morì nel 1612. Le ri-
corda anche il Pantuzzi op. cit. iV.
(2) Fu il primo professore di eloquenza dopo la ristaurazione
deir Università, e nel 4 novembre 1585, come si disse, recitò una
bella ed elegante orazione di poi stampata, dedicandola al Cardinale
Alessandro Pereiti : Oratio Hieronymi Zoppii bononiensis habila in pri-
mordh's firmarli studii anno MDLXXXV, Firmi apud Serlorium Do Mon-
tibus 1585. I^e^^se eloquenza nnche in Macerata od in Bologna giusta
quanto ne riferiscono TAlidosi ed il Fantuzzi op. cit., i quali igno-
rarono che fosse littore in Fermo. Godette V amicizia e la stima del
Mureto; fu \alento «lifensorc di Danto contro il Bul^arini di Siena,
e del Caro CDOtro il Castelvelro; e dette alla luco mollo opere rt*gi-
strato dal Fantuzzi; da Fermo fece ritorno in Patria. Di lui parlano
con assai lodo il Tirabosghi od il Missoaio op. cit.
IV.
SDS TIOKHDI POSTSKIOBI I raCADSHZA
•
Gli studii furono più che mai coltivati in Fermo nel
secolo deciraosettimo. Tre Aecad'^mie letterarie vi fiori-
rono mentovate dal Quadrio, una col nome de' Vaganti
intesa specialmente allo studio delle leggi, e composta di
gentiluomini sotto gli auspicii del bolognese dottor Lo-
renzo Balzani professore di diritto civile, coadiuvato dal
Conte Prospero Bonarelli anconetano, avente per impresa
una campagna erbosa con molti cani da caccia qua e là
sparsi tracciando la fera col motto — Vestigia certa se-
quuntur: — altra degli Avvivati o Ravvivati, che scelse
per impresa un bue morto dal cui ventre nascono api
col motto — ex alieno funere vitam — e la teraa degli
Erranti già Raffrontati istituita da Berlinghiero (ressi
bolognese, la cui impresa fu una nave in mare e nel-
l'aria la croce stemma della nostra città con sopravi il
motto — da facilem cursum. Questa tolta dal Senato
fermano sotto la sua protezione per un decreto del Con-
siglio di cernita del 26 Aprile 1640 si segnalò sopra le
altre nella sua lunga vita, che durò quanto quella del-
l' Università, alla quale era collegata, e fu tenuta in al
tissima stima essendovi iscritti i più illustri scienziati e
letterati (1). Sorsero pure due nuovi istituti, il Collegio
(I) Vi ha un libretto relativo a questa accademia col titolo: L^g^i
e rìforinanze dell'Accademia degli Erranti già RaffrorUali di Fenno piMli-
cale ed approvale nell'adunanza de' 29 novembre i754 sotto la cura dd
nobil uomo il sig. Conte Giosefo Spinucci Principe della medesima Acca-
demia. Fermo 1754 per Dom. Ànt. fìolis e frat. Stamp dell' Acca-
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 447
Canuti ed il Collegio Ulirioo ed Albanese. Quanto al pri-
mo avendo Monsignor Andrea Canuti di S. Elpidio a
mare Vescovo di Oppido, nel suo testamento del 1 5 Set-
tembre 1610 ordinato l'erezione di un Collegio da farsi
in Roma o nella provincia fermana, ^rono interessati i
Cardinali di Cosenza e Verallo esecutori testamentari ,
perchè V erezione seguisse a Fermo , il che si ottenne
colla mediazione del Cardinal De Medici , il quale ne
prese particolare impegno verso i suddetti Cardinali , e
nel 1625 venne istituito, ma si perdette nel 1655 per
essere incorporato al Collegio Piceno in Roma (1). Poco
appresso ossia nel 1663 fu aperto dalla Congregazione
di Propaganda un Collegio detto Illirico od Albanese
sotto il titolo de' SS. Pietro e Paolo, mediante lo sborso
di non lievi somme fatto dalla Città, jer i giovani di
quelle provincie che venivano ad istruirsi e ritornavano
detnia. Si pubblicò nel medesimo anno anche il catalogo dei Soci
riportato dal P. Pranceso Antonfo Zacg\ria nulla !*aa Storia UHerarii
d' Italia , voi. XIV, paj;. 6 a 10, ove parla dell' Accademia dej^li Er-
ranti. Se ne fece una seconda edizione nel 1756 per Io stesso Do-
menico Antonio fìolis e frat., ed indno si le^ì^e il copioso catalogo
degli Accademici. Ai tempi del priino re:;no italico tolse il nome di
Società lelleraria con V epigrafe.
mClTB QUAE PONTIS AOANIPPIDOS HIPPOCRENBS
ORATV MBDC8AE1 SIQNA TENBTI8 EQUI
V. GcRi : U Àccadimie di Fermo, Lettura, ecc.
(2) Maooiori Doubnico: De Firmanae Urbis origine atque omamentis
pag. 24 nota fdj € Andreas Canutus Elpidiensis Ci vis et Oppidensts
Episcopus Collegium, quod rjus nomine Uanutum appellabatur, insti-
tuit an. 1625 prò suis tribulibus. Post ejus obilum. Firmi primum con-
miit anno 1625. deinde Romae restitutum fuit an 1655 prò iisdem
ad cerium numerum in Piceno Collegio alendis. »
448 sue VICENDIC POSTERIORI K DbCADENZX
poi in qualità di operai evangelici nella loro patria, re-
cando la luce della scienza e della religione fra le bar-
bare genti; e non pochi de' nostri alunni giunsero al
Vescovado ed all'Arcivescovado. Nel Febbraio del 1476
la detta Congregazione lo concentrò in Roma e la casa
fa acquistata dai Filippini (1).
(I) BoBOiA Alessandro: Chronica Ecclesia firmanae ab anno i74i
ad i758 M. 5. che trovasi nella biblioteca Anno 1746, N. 4, T. II.
pag. 60 e Molestum hoc anno nubis et firmanis omnibus accidit; qood
Coliegium lllyricorum ad orihodoxae fidei propagationem in hac Ci-
vitate fere a saeculo statatum Mense Fobruario ex Decreto Congre-
gationis Cardinalium, quae operi propagandae (idei prsieest, tolleretur
ita ut decem qui in eo erant Alumni 23 Febrnarìi Firaio Romam
versus discederent in Collegio Urbano huius Congregai ionis deinceps
educandi. Ubi primus ri*i rumor ad nos delatus est, statim lìteras
dedi ad Benedictum Romanum Pontificem (qui superiori anno, cum
Romae essem, egregiam voluntatem suam nostrum lllyricorum Col-
iegium augcndi mihi aperuerat), ut improvisum hoc et importunum
Sacrae Congregalionis consilium ahrumperel. Haec enim Civitas vo-
luti Retigìonis Arx conlra Illyrium posita videtur commeatu. Adria-
tico tantum sinu interjecto: hic salubritas aeris, hic rerum omnium
ad Alumnorum victum copia, hic bonarum literarum studia, et exer-
citationes frequenles; sacrae quoque actiones crebrae et cum maie-
state conjunctae, et multa ad colendam pietatom exempla et indta-
menta, prout benemorata Provinciae Metrepoli ac in celebri et ve-
tustissimo facultatum omnium Gymnasio esse decet. Addebam ,
Alumnos qui hacteaus ex hoc Collegio prodierant, quamvis aelate,
Pueri literìs omnino rudes huc venissent. brevi literas assecutos stre-
nuos et inconfusibiles Evangeli Operarios evasisse, plures quoque ad
Episcopatus et Archiepiscopatus Inter Barbaros deinde assumptos.
Ex eo ìgitur agro, ubi germina haec adeo faciliter adolescunt et ad
maturitatem perveniunt, nullam esse rationem evellendi; praesertim
cum a nostris hominibus aliqua pecuniae summa legata ac numerala
olim fuisset Sacrae Congregationi prò costruendis in hac Civitate
Collegi! Aedibus, quae hactenus constructae non erant. Nihilominus
cum de Causa hac nemo Romae bene speraret, prò confecta enim
et absoluta habebatur ex Decreto Sacrae Congregationis quae Bene-
dicti mentem et aures occupaverat, nullus inventus est qui literas
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 449
Venendo alla nostra Università è da notare anzi-
tutto come nel 7 Marzo 1606 dal ceto degl' illustri uo-
mini preposti alla medesima (1) furono confermate le
costituzioni^ decreti e leggi riguardanti gli offici dei Pre-
fetti , del Priore , dei Presidi , dei Consiglieri dei vari
Collegi dei giureconsulti, dei teologi^ dei filosofi, dei me-
dici e dell' ufficio dei Priori e dei Cancellieri di ciascun
Collegio, ed in pari tempo stabilito, che se nascessero
dubbi nella varietà dei tempi o per altro caso, la dichia-
razione appartenesse ai Priori, Regolatori, Prefetti ed al
ceto degli altri distinti personaggi appartenenti al Gin-
nasio, e si dovesse inyariabilmente osservare ciò che
avessero essi deciso, purché vi fosse 1' approvazione del
Y Arcivescovo prò tempore. Nel capitolo ove si parla della
elezione dei Consiglieri; che erano scelti come si disse
fra i giovani delle diverse regioni, sono noverati tutti i
luoghi dai quali gli studenti si recavano qui in Fermo
ad istruirsi nelle scienze, ed eccone 1' ordine:
Germana, Calabra, Sicula, Transalpina, omnes Tran-
salpinas nationes continens.
nostras et Givìtatis preces ei redderet. Cardinales et Àdminìstri Gon-
gregationis causabantur grave dispendi uxn prò hoc separalo Collegio;
aed 8i non adeo exiguum et congruum Àlumnoroni numenim, puta
▼iginti, eìdem dedissent prout alias dederuDt, ratio sumptuum Inter
tantos distribula modica fuisset.
(1) Il celo era composto dai Priori Properzio Morici, Febo Poli-
dori, Ntccola Francolini, Antonio Maria Savini, Marco Martello; dai
Regolatori Annibale Pormoni, Cav. Marco Attilio De Nobili» Leo-
pardo Montani; dai Prefetti del Ginnasio Ottavio Assalti, Giovanni
Battista Paccaroni, Ludovico Galvucci, Papirio Grisostimi; e dai Si-
gnori Belisario Azzoiino, Ottavio Assalti, Giovanni Marino Mancini,
Giovanni Lorenzo RuCTo, Adamo degli Adami, Francesco Ricci, Ste-
fano Paccaroni, Vincenzo Grassi, Anlonio Assolino.
Archiv. Slor. March. V. /. 21)
450 SUE YICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Romana, XJrbem, Latium, Sabinam/et Patrìmonium
complectens.
Cisalpina omnia loca, Civitates et Diocesim Bono-
niae exclusive atque ad Alpes, et trans montes Appen-
ninos includens.
Veneta, Bononiensis, Neapolitana regiam utramqne
Siciliam cis et trans fraetum Messanae comprehendens.
Dalmatica, seu trans marina cum omnibus adiacen-
tibus insulis.
Flaminia, quae Ariminum inclusive et Bononiam et
Ferrariam exclusive continet.
Eavennas, Aetrusca cum Perusina, Umbria.
Aprutina cis et trans Aternum, Urbinas.
Picentina trans Aesim fluvium cum toto Ducatu Urbinì.
Picentina cis Aesim et trans Cluentum.
Picentina cis Cluentum, Picentina cis Truentum.
Praesidatus Farfensis cum Monte Alto.
Firmana (1).
(1) Rigaardo alla' frequenza di scolari tedeschi nella nostra Uni-
versità merita essere riferita ana deliberazione MÌeiriidananza degli
studi del 24 dicembre i674 € Deìnde fuit etiam al infra resolutum.
Riuscendo di splendore « et amphtìcatione del nostro studio il con-
corso che in esso frequentemente vi fa per studiare la Gioventù
della Natione Tedesca; per dimostrare qualche segno di slima, et af-
fetto verso alli medesimi Giovani , son di parere , che a ciascuno di
essi , in occasione che si dottoreranno , se gì' habbia a suonare la
campana viola, nel modo che solo si pratica con li scolari titolati e
graduati tanto per titolo di nobiltà secolare, come per dignità eccle-
siastiche, e per scuolari della Natione Tedesca s* intendtno tutti gli
Oriundi, et habitanti con continuo domicilio in quelle Città e Pro-
vincie soggette al Sagro Romano Imperio della Cesarea Maestà di là
della Dalmatia esclusive. Obtentum per omnia Vota i8 favorabilia
nullo contrario. > Venivano da Wittemberg, Magonza. Marburg, dalla
Moravia, e più frequentemente da Gratz e da Vienna.
SUR VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 451
L* illustre Senato fermano sotto il giorno 28 Apri-
le 1606 ordinò, che venissero impresse ed osservate tali
costituzioni, le quali poi approvate dall' Arcivescovo Ales-
sandro Strozzi nel 24 Settembre 1607, come cancelliere
dell' Università a norma della bolla Sistina , videro in
queir anno la luce (1). Successivamente a conservare e
ad accrescere il decoro del nostro Istituto furono prese
due deliberazioni dall' Adunanza dell' Università degli
studi approvate poi dall' Arcivescovo Giannotto Gualtieri.
La prima di esse ò del 12 Agosto 1671, colla quale si
danno speciali norme ai professori ordinari di diritto civile,
e facoltà agli scolari che aspirano al dottorato di scegliersi
un promotore per ricevere le insegne (2). La seconda è
(1) Furono pubblicate con questo titolo e Ordmes oc decr«ta facia
el confirmala ad dignilalem et exislimalionem nostri firmani Gynmasii
Iwtndam. Firmi apud haeredes Salorìi De Montibiu i607. Ve ne furono
altre ed i /.ioni : Firmi apud Io. Francis cum De Montibus MDCXV — Et
denuo Firmi Ì7i9 apud Dom. Ant. Botis et frat, impressores Priorales
— Ei denuo Firmi 1783 apud haeredes Bolis impressores Priorales.
(2) Cosi legj^esi nel libro deiradunanza degli studi. Omissis € P,^ Che
il duoi signori lettori dell* Ordinario, conforme si sono esibiti, debbono
leggere nella più decorosa maniera le loro materie o debbono ogni
mese, cioè nei mesi, cbe si legge nello studio fare alternativamente
nelle proprie case le loro conclusioni, o accademie, cbe vogliamo dire;
2. Cho i dotti duoi signori lettori, conforme ba suggerito Mons. Illu-
strissimo Arcivescovo, et i medesimi signori si sono esibiti farlo, deb-
bano nei tempo delle due vacanze, cioè alternativamente un mese
per ano, come sopra, fare una lettione nella sala dell* Illustrissimo
magistrato di materie singolari , cioè il sig. Marco Antonio Ruffì de
feudis, e signor Simone Paetini de lurisdit, o altra materia singolare
« cosi debbono continuare per quattr* anni , corso comune, e rego*
laro per i corsi delT Ordinario ; 3. Che li medesimi signori lettori del-
l'Ordinario non debbono leggere le materie deir Istituto o dello stra-
ordinario, et air incontro tanto i signori lettori dell* Istituto, come
dello Straordinario, o altri, che siano non possine leggere sotto qual-
452 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
del 28 Aprile 1676, in cui si stabilisce che i professori
stipendiati di diritto civile e canonico non sieno piik
che 1 0 , due per spiegare 1' ordinario civile , due per
V ordinario canonico , due per lo straordinario , quattro
per le istituzioni, e quelli di medicina non più che 4,
due per la pratica ordinaria e due per la teorica; che
i dottori i quali aspirano alle cattedre suddette, anche
quelli che di quel tempo le occupavano, eccettuati i due
lettori ordinari civili Marco Antonio Ruffi e Simone Pae-
tini e r ordinario di medicina Domenico Pieri per il loro
sperimentato valore, debbano sottoporsi all' esame da te-
nersi da quattro dottori nominati all' uopo dalla stessa
adunanza ed alla presenza dell' Arcivescovo , dell' illu-
strissimo Senato e dei signori Prefetti dello studio , e
riusciti essere passati in cernita (1).
Una parte dell'insegnamento universitario venne af-
fidato fin dal principio del secolo decimo settimo ai Padri
della Compagnia di Gesù, già invitati dall'Arcivescovo
Bandini^ come si disse, per aprirvi un collegio. I primi
Gesuiti si stanziarono in Fermo nel 1601 in alcune case
sivoglia pretesto, o colore, ne meno in casa pri v alani en te, o dettare,
che vogliam dire, le materie dell' Ordinario, le quali solamente sì po-
tranno leggere sì in pubblico come in privato dalli sudetti signori
Marco Antonio Bufi e Simone Paetini lettori dell* Ordinario ; 4. Che
espressamente si dichiari, che ad ogni scolare sia lecito di farsi
dottorare da chi lettore gli piace, senza attendere, se gli sia stato
lettore o nò, come anche se di quali materie gli siano stati lettori
per togliere questa emulati one di haver scuolari tra signori lettori
e perchè i medesimi scuolari habbino una piena libertà »
(1) Il transunto in latino di queste due deliberazioni con i rela-
tivi decreti di approvazione emanti dall* Arcivescovo Gualtieri sono
riportali nella terza e quarta edizione del libro Ordines ae decreta ecc.
di sopra ricordalo.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 453
presso la Chiesa di S. Michele Arcangelo. Il Pontefice
Paolo V volendo ancor esso concorrere ali* erezione di
detto Collegio stabilì con suo breve del 23 Settem-
bre 1605 (1) a favore dei padri componenti il medesi-
mo un' annua perpetua gabella sul sale da vendersi nella
città e provincia fermana in se. 250 oltre gli se. 100^
che aveva per immemorabile diritto il nostro studio dalla
R. C. Fra la comunità di Fermo ed il P. Virgilio Ce-
pari a nome del Generale P. Claudio Acquaviva si stipolò
un istrumento rogato il 23 Marzo 1609 dal Notaio fer-
mano Ludovico Savini, sia per le cattedra da provvedere
sia per la erezione del Collegio, il quale fu aperto nel 1611
nel palazzo Eufreducci vicino alla Chiesa di S. Salvatore
concessa ai Gesuiti , riunendo le anime di questa par-
rocchia a quella di S. Martino. Sursero però in progresso
di tempo gravi questioni che dettero luogo a clamorosa
lite portata a termine con un istrumento di concordia (1)
contenente i capitoli fra la città di Fermo ed i padri del
Collegio della Compagnia di Gesù determinati da Monsig.
Pier Lorenzo Marchese Gallerati Governatore dopo sen-
tite le parti in diversi congressi. In tale atto la Città
rinunciando ai Gesuiti il diritto di ripetere sonmie vi-
stose indebitamente pagate ai medesimi per vari anni,
sborsò altri se. 3000, ed essi alla loro volta si obbli-
garono di dare per le scuole dell' Università un lettore
(1) Questo breve dato a Roma il 23 Settembre 1605 incomincia
In Aposloticae Sedis culmine ecc.
(2) L* ÌBtramento fu stipulato fra il Municipio ed il P. Iacopo
Ottolini Rettore del Collegio facoltizzaio da Michelangelo Tambur*
rini Preposito generale della Compagnia di Gesù e rogato il 30
Decembre 1713 dal notaio fermano Domenico Piccinini.
45 i SUB VICRNDC POSTERIORI E DECADENZA
di teologia scolastica ed un altro di teologia morale, tre
lettori di filosofia cioè di logica, di fisica e metafisica, an
professore di retorica, uno di umanità e due maestri di
grammatica per la sola annua retribuzione di se. 335 a
carico dei proventi comunali, di modo che alla città non
rimase allora altro peso che di jrovvedere alle cattedre
di legge e di medicina. E queste furono date a valen-
tissimi professori, molti dei quali venuti da rinomate
Università ; così pure insegnarono a Fermo i più abili
ed i pili dotti Gesuiti, che da qui passavano per lo più
al Collegio Romano. Questi non conoscevano scuole più
numerose delle nostre, da Roma in fuori , che anzi ve
ne ebbero alcune, come quelle di teologia morale e di
eloquenza, le quali pareggiavano e spesso superavano
le romane.
In mezzo a tanto ardore per gli studi si videro na-
scere fra noi nel secolo decimottavo diverse società let-
terarie, la Colonia AWriziana col simbolo di un grande
albero irradiato dallo zodiaco ed il motto — divitiis ani-
ntosa suis — la Colonia Arcade con la sua impresa for-
mata da uno scoglio urtato dalle onde col motto — num-
qaam non firmum — inoltre le Accademie de' Sollevati,
degli Estinti, de' Pescatori, degli Industriosi, degli
Acolomati, de' Filomati, che presero il motto da Isocrate
— Si sis phUomates eris polymates — e de' Poeti in
Arcadia costituita in gran parte dai giovani teologi della
Università (1), d'onde uscirono nei due secoli dopo la
ristaurazione di Sisto Y uomini eminentissìmi. Ci limi-
li) Cubi: op. cìt.
SUB VICENDE POSTERIORI E DECADBN2A 45!(
teremo a ricordare alcuni pochi, come Lorenzo Azzolino
Vescovo di Ripatransone e di Nami Segretario di stato
di Urbano Vili (1); D. Ottavio d' Acqua viva d' Ara-
gona , al cui onore fu dedicata una raccolta di versi ;
Gaspare Lusignani costantinopolitano di nobilissima stirpe
Arcidiacono della S. Casa di Loreto e Vicario Generale
di detta Città; Cesare Macchiati di Carassai e Romolo
Spezioli di Fermo archiatri di Cristina Regina di Svezia,
lo Spezioli anche di Alessandro Vili, ambedue profes-
sori neir Archiginnasio romano (2) ; Giovan Battista
Scaramuccia di Lapedona, Anton Nicola Bamabei di
Cossignano, Regolo Antonio Tanzi di Castignano illustri
medici ed il Bamabei lettore nel Collegio Nolfi di Fa-
no (3); il Card. Decio Azzolino giuniore Segretario di
Stato di Clemente IX consigliere ed erede della Regina
Cristina (4); Carlo Azzolino Vescovo di Bagnorea; Fran-
cesco Azzolino Vescovo di Ripatransone; il rcputatissimo
avvocato Marcantonio Morici che ebbe sotto la sua di-
rezione per le materie legali e politiche e laureò nella
(1) Granile politico e rinomalo poeta italiano in istile satirico in
guisa che si giudicò aver superato Salvator Rpsa. Le due satire più
lodate sono quelle della lussuria e dell* invidia. Andò in Francia col
Cardinal Francesco Barberini legato a later^ e là conobbe il Cardi-
nale Richelieu. V. Papalini Francesco Nolisiti biografiche di Lorenso
ÀMtoUno, In I^reto dalla tip. dei fratelli Rossi 1846.
(2) Di questi parla il Caraffa De Gym. rom. Il Mardosio Bectrfov
in quo Pontifieum archiatros speclandos eshibet, il Pamblli op. ciL T. Il
pag. 299-309
(3) V. il Fanelli op. cit. Tom. II, pag. 328>333-348.
(4) Fa appellalo 1* aquila dei negozi e degli ingegni, e dal Mu*
ntorì dichiarato egfegio poeta. Gli furono coniate diverse medaglie
illastrate dall'Àvv. Cav. Gabtaro D^ Minigis nei Monumenti di Fermo
Parte 11» pag. 41.
456 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
sala priorale di Fermo D. Francesco d* Acquavira della
prosapia de' Duchi d' Atri poi Cardinale (1); Annibale
Adami gesuita rettore nel Collegio romano, ove insegnò
anche lingua greca; Pietro Assalti di Acquaviva profes-
sore di medicina in Homa (2); Giovanni Panelli pur di
Acquaviva illustre medico e scrittore ; Monsìg. Concetto
Vinci giureconsulto profondo^ governatore di Sanse verino,
Fano, Fabriano, Iesi e Spoleto; Stefano Borgia, che fa
poi Cardinale (3); Teofilo Battirelli dotto avvocato ed
elegantissimo poeta; Antonio Benedetti gesuita scienziato
e letterato di assai rinomanza; Cesare Erioni lume del
Foro romano, Ignazio Guerrieri canonico di S. Maria
in via lata insigne latinista; il dotto Cardinal Cesare
Brancadoro Arcivescovo di Fermo anni 34; il Cardinal
Tommaso Bemetti Segretario di Stato di Leone XTT e
di Gregorio XVI. Sono infine da aggiugnere i lettori
fermani del secolo XVII e XVIH, i cui nomi saranno
(1) Del Morìci si valsero in assai inlricali negozi raggaardevolis-
Bimi personaggi, fra i qaali il Duca d'Airi, il Principe di Cellammare,
il Marchete di Torrecusa, Mons. Leone Strozzi Nunzio apostolico io
Torino, Mons. Tommaso RufTo inquisitore in Malta. Egli fu eziandio
buon poeta, o pregiati componimenti in verso italiano recitò nell* ac-
cademia della patria e di Roma. Morì nel 1702.
(2) Le note della metal loleca del Mercati che vanno sotto nome
del Lancisi sono certo dell* Assalti di lai amicissimo. Fece T edizione
di tutte le opere del detto Lancisi stampate in Ginevra nel 1718. V.
il Caraffa ed il Panelli cit. pag. 364.
(3) Si acquistò molto merito in Fermo, riportando nei primiero
splendore T Accademia degli Erranti già Raffrontati. Segretario ne
compose di nuovo le leggi, v* introdusse V esercizio delle mensuali
dissertazioni, 1* arricchì di illustri soci corrispondenti. V. V orasions
in lode di questo porporato recitata netta suddetta Accademia dal nMle
ViHGBirzo Mora - Fermo 1763.
sue VICENDE POSTERIORI E BECADENZA 457
appresso ricordati, i quali quasi tutti ricevettero la lau-
rea nella patria Università (1).
Ma quale umana istituzione può resistere alle vi-
cende dei tempi? Per la ristrettezza degli onorari non
poco soffrirono le facoltà legali e mediche , che negli
ultimi tempi si concedevano quasi come un privilegio
ai patrizi della città, fra cui però ve n' ebbe degli ec-
cellenti, perchè di quella stagione 1' aristocrazia fermana
teneva in assai conto la coltura dell' ingegno e non pol-
triva neir ozio e nella infingardaggine. Per la soppressione
della Compagnia di Qesìi nel 1773 si rese difficile di
provvedere alle nove cattedre, che essa teneva, sebbene
per donazione sovrana nello stesso anno acquistasse la
nostra Università tutti i beni appartenenti ai Gresuiti,
con r obbligo di pagare i lettori e maestri da eleggersi
dal Consiglio, a cui ne fu attribuita la facoltà dalla Sacra
Congregazione degli studi. Anche il Pontefice Pio VI
decretò pagarsi ad essa annualmente dalla Sev. Cam.
Apostolica scudi 918 in luogo dei soccorsi che ora in
maggiore ed ora in minor somma le aveva sempre fin
(I) Dai registri rimasti dei Dottorati abbiamo tratto le seguenti
notizie statistiche dei laureati, fra cui si contano molti stranieri, nelle
diverse facoltà in questi due secoli.
8M.XVII
6iiirl»pi
■adeiiia
Fiits«fia
MedielM
TmI
o|ta
269
1719
74
490
23
79
8m. XVIII
113
793
53
469
24
39
458 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
da epoca immemorabile somministrato; e volendo dare
nuovo attestato dell^amor singolare che portava sJIe scuole
fermane fece alla Città per uso delle medesime fèrpe-
tua concessione di tutto il vasto edificio gih ottante al
soppressp collegio, esclusa la Clyesa e qmJche vano ine-,
rente, che cedette in proprietà airÀrchiconfratemita del
SS. Sagramento (1). A procurarne poi ogni migliore
vantaggio V Arcivescovo Andrea de* Conti Minnucci con
editto del 18 Maggio 1380 rinnovò alcuni provvedimenti
presi dai suoi antecessori, ed altri ne aggiunse con re*
gelamenti intomo agli studi , ai libri da spiegarsi ed
alle opere di pietà. Ma tutto ciò non valse a rianimare
la Università che andava di grado in grado declinando, fin-
ché per r invasione francese cadde nell' estremo languore.
Assunto appena alla dignità pontificale Pio Vii non
perdette di vista la fermana Università, e dolendosi che
i fondi propri di essa fossero scomparsi, che nóìr pia
possedesse la Città i beni coi quali era accorsa ai bi-
sogni di quel suo stabilimento, né potesse più T erario
pubblico pagare la somma decretata dal suo predeces-
sore Pio VI, si studiò di procurare in qualche guisa
una rendita allo studio nostro, cui desiderava ardente-
mente di &r rifiorire con lustro anche maggiore dell'an-
tico. La Sacra Congregazione degli Sgravi e del Buon
Governo uniformandosi ai pensieri del Pontefice, dette
opera per troncare con una concordia le molte questioni
(I) Il relativo .«pecialc* chirografo del 17 Agosto 1776 trovasi
allegato in atti del Notaro e Cancelliere della Reverendi Camera
Apostolica Silvestro Antonio Mariotti nel giorno 19 del mese ed
anno citati.
SUE VlCeNDE POSTERIORI E DECADENZA 459
che miseramente consumavano le sostanze della Città e
delle Comuni del Contado, e così stabilire una dote certa
e perpetua per V incremento di essa. Eletta a tal uopo
una Deputazione provinciale si aprirono trattative, per-
chè air abolizione dell' antica tassa denominata dativa o
assetto (1) altra se ne sostituisse in favore dell' Uni-
versità, da ripartirsi suU' intiera provincia, non esclusa
la stessa Fermo, con che ciascun comune contribuente
potesse inviare un deputato colla facoltà di dare il suo
voto in qualunque deliberazione relativa a tale stabili-
mento. Stipulata tale concordia ed umiliata a Sua San-
tità Papa Pio VII l' accolse benignamente, e non dubitò
di farne una legge col Motu-proprio 1 3 Agosto 1 804 (2),
ove venne ingiunto all' Arcivescovo di Fermo, al quale
come capo dell' Università si apparteneva per disposizione
speciale di Sisto Y la cura e la direzione della mede-
sima, di rilevare in uno coi Deputati alla concordia la
spesa occorrente per ripartirla fra la Città e le Comuni.
In base di essa si stabilì la tassa, si fece il riparto, che
venne approvato dalla S. Congregazione con dispaccio
(1) Gravi e dispendiose queslionì nacquero fra la Città e le Co*
muni che sostenevano non aver 1* obbligo dì pagare questa tassa
dativa o asstlto, ma furono troncato con sentenza del 30 Aprile 1751
di MonF. Mario Guarnacci Segretario della Congregazione termina,
che rigettando lo ingiuste opposizioni dello Comunità riconobbe il
buon diritto nella Città di Fermo di esigerla. Dopo il motu proprio
del 19 Marzo 1801 di Pio Vii. che aboliva la gabella -camerale
denominata censii affUli e eaposoldi, insorse di nuovo la questione se
dovesse intendersi cessato ancora nelle comuni della Provincia Ter-
mana l* obbligo di versare nella cassa della città 1* annua datioaoas*
seitamenlo di se. 3038. 47.
(2) V. Documenti N. 6.
460 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
10 Novembre 1804. Dopo ciò T Arcivescovo Cardinale
Cesare Brancadoro, al cui zelo indefesso era dovuta la
speranza di vedere il nostro studio un' altra volta gareg-
giare coi primari d' Italia, convocò senza por tempo in
mezzo il Consiglio generale delF Università divenuta sta-
bilimento provinciale della Marca fermana, e nel 27
Aprile 1805 si approvarono le spese per i restauri del
palazzo, per le macchine, pei libri e per quant' altro era
necessario; e si approvò il piano del nuovo stabilimento
pubblicato insieme nella notificazione pel concorso alle
cattedre (1). Di poi lo stesso Consiglio nel 4 Settem-
bre 1805 determinò di protrarre ad un altro anno sco-
lastico l'impianto effettivo della restaurata Università,
considerando che non si erano per anco ottenuti profes-
sori idonei per tutte le cattedre. Alla perfine dopo la
elezione di valenti professori fatta nell' adunanza del 25
Agosto 1807 seguì la solenne riapertura nel Novembre
di quell' anno, ma per poco, mentre distaccate da Roma
le Marche ed unite al Regno d'Italia con decreto del
28 Giugno 1808 venivano istituiti i Licei nei tre nuovi
dipartimenti del Metauro, del Musone, del Tronto.
La splendida antichità dello studio fermano meritò
presso il Governo del primo Regno d' Italia tanta con-
siderazione, che esso non risparmiando a spese, né per
locali, né per macchine fìsiche e gabinetti, nò per or-
namenti non si pento di erogarvi del proprio in ogni
anno oltre scudi tremila. Il nostro Liceo del Tronto a-
dunque fu aperto il 10 Aprile 1809 e vi lesse la pro-
ci) Prospetto det nuovo stabitimento per la UniwsUà di Firmo. -
MDCCCV per gli eredi Bolis tigogrjfi priorati e deU' Università.
SUE VICENDE POSTERrORI E DECADENZA 461
Iasione il Prof. Evasio Leone primo fra i reggenti, che
dovevano nominarsi annualmente, dimostrando la eccel-
lenza degli studi e la autorità a questi apportata colla
nuova istituzione del Liceo. E siccome pei regolamenti
di pubblica istruzione ordinavasi che al riaprirsi di ogni
anno scolastico si dovesse da un professore per turno
recitare a prolusione l'elogio di qualche illustre scien-
ziato 0 letterato italiano, cosi nel 1810 il Ranaldi lesse
r elogio di Gio: Battista Passeri naturalista e antiqua-
rio (1); nel 1811 T Avv. Magalotti quello del Ber-
tacchini giureconsulto fermano (2); nel 1812 il Leone
fece r apologia del famoso Cecco d' Ascoli. U nostro isti-
tuto fu di ogni cosa riccamente fornito, ebbe anche un
orto botanico che fii quello dei Minori Osservanti sop-
pressi (3), e andò rinomato vuoi per la dottrina dei
professori (4), vuoi per il numero degli alunni, vuoi
per il profitto, di che restò perpetuo monumento nel
(t) Si ha pubblicalo - Elogio di Gio: Ballista Passeri orasione inau-
gurate degli sludi per l'anno scolaslico iSiO- ii dello nella Sala Mu-
nicipale di Fermo da Dombnioo Hanaldi professore di chimica e storia
naturale del R. Liceo del Tronto. - Fermo dalla stamperia dipartimen-
tale MDCGCXI.
(2) Questo elogio ò andato disgraziatamente perduto, poiché per
quante ricerche ne siano state falle presso gli credi dell'autore in
dimini a richiesta dei fratelli Oe-Minicis sono rimaste tutte inutili.
<d) Si pubblicò il catalogo delle piante dal Prof. VALERrAMi - Ca-
tahgus planlarum korli firniani curante Horaiio Valeriani Bolanices et
rustica* rei professor, 1812 - Anno primo • Firmi Typis J. Pacca-
sassi 1812.
(4) I nomi di tutti i Professori del R. Liceo del Tronto trovanti
fra i professori del secolo XIX. — Vi furono anche quattro supplenti,
cioè Oe-Minicis Raffaele nel diritto civile, Caraffa Andrea per 1* Al-
gebra e geometria. Passeri Francesco pel disegno. Berti Pietro per
la chimica ed assistente ali* orto botanico.
462 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
fatto che un giovane del fermano Liceo conseguì uno
dei sette grandi premi stabiliti dal Vicereale decreto 15
Novembre 1811 in tutto il vasto Regno d' Italia per
sette diverse scienze, intorno le quali il Ministro deir in-
temo spediva ai Prefetti altrettanti temi chiusi e sug-
gellati per essere in uno stesso giorno aperti e sciolti
in ogni Liceo (1).
Caduto il Regno Italico e tornato a dominare il
Pontefice, mentre agli studi di altre Città dello Stato ed
in ispecie delle Marche, si conservò dal Governo la som-
ministrazione annua di scudi 2600, la sola Università
di Fermo rimase priva di tutto, e le venne ingiunto di
rivolgersi per qualunque pretesa alla Sacra Congregazione
del Buon Governo; che anzi venne soppresso anche il
Liceo dal Delegato Monsignor Vincenzo Colapietro (quan-
tunque nelle altre Delegazioni furono conservati e man-
tenuti), aderendo ai voti dei primari cittadini per la
riattivazione dell' antica Università. E così credè impian-
(1) Il premio consisteva in una grande medaglia e inoltre nel-
r essere esonerato da ogni tassa occorrente per i gradi accademici
neir Università. Il nome del premiato insieme con quello dei profes-
sore si rendeva pubblico in tutti i Licei e scoIpWasi in marmo in
quello dove aveva studiato. La pietra che riferisce al nostro premiato
trovasi nella biblioteca comunale e porta la seguente iscrizione.
GBARDB PREMIO
D* ALGEBRA E GBOMETBIA
A RAFFAELE MaZZOTTI
ALUNNO DEL REALE LICEO DI FERMO
PROFESSORE
AGOSTINO BALDELLI
ANNO MDGCCXni
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 463
tare le scuole con una nuova forma, serbate alcune cat-
tedre di giurisprudenza e di medicina (1), senza darne
preventivamente avviso alla Segreteria di Stato, la qual
cosa produsse, che la spesa per le pubbliche scuole di
Fermo nel preventivo della Delegazione proposta a ca-
rico dello Stato, fosse depennata. In tali condizioni non
mancarono i fermani di rivolgersi prontamente alla Con-
gregazione del Buon Governo, la quale con nota del 15
Marzo 1817 aveva ordinato , che la spesa necessaria
per le scuole stesse a carico della cassa comunitativa
fino allo stabilimento di un sistema permanente sulla
pubblica istruzione; e quel consesso riconoscendo non
abolite le disposizioni del Motu -proprio del 13 Agosto
1804 trovò consentaneo a giustizia il richiamarle in vi-
gore sia per la tassa, sia pel metodo di eleggere i pro-
fessori. Formato quindi il piano richiesto dal Segretario
di Stato per la parte scientìfica sulle basi di quello del
1805, tenuto conto dei progressi delle scienze, e per la
parte economica sulle norme del citato Motu-proprio
venne rimesso alla Segreteria di Stato, che lo confermò
con foglio del 9 Ottobre 1822 (2). Il Gonfaloniere a
(1) Neil* apertura di queste scuole il professore di eloquenza Ca-
nonico Don Francesco Michelbsi tesse la prolusione che si ha in
istampa — Ora/io kabiia in aufa magna aquUae coram eremo et rmo
domino Vineentio Ci)lapielro Delegato Apostolico per D. Pranoiscum Micrb-
LEsi pubblicum eloguentiae professorem eum inlermìssa repeterentur j/u*
dia m scholis nuper provisorie erectis apud Arehigymnasium firmanum
MDCCCLV - Firmi Typis Paccasassì.
(2) Questo piano presentava un complesso di 20 cattedre - 7 im-
piegati e 5 Art. di spese diverse coli* annuo assegno di se 4180 pei
professori e se. 494» 66 per gì* impiegati, le quali somme non erano
tenui relativamente ai tempi. Le venti cattedre erano così distinte
464 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
norma degli ordini ricevuti dalla Congregazione del Buon
Governo fece il riparto generale del contributo, che la
Città e le Comuni della provincia dovevano pagare; ai
compilò il regolamento disciplinare, e nel 10 Gennaio
del 1823 si elessero i professori, fra i quali alcuni di-
stintissimi, come Francesco Puccinotti, Michele Ferrucci.
Mentre però si attendeva l'approvazione del primo e
la nomina definitiva dei secondi fini di virerò Pio VII,
e tutto dovè un'altra volta rimanere sospeso con danno
gravissimo della Città.
Allora perchè non riuscissero frustranee le concepite
speranze e tante cure fino a quel tempo adoperate, fu
inviata a Roma nel Maggio del 1824 per pubblico voto
una deputazione composta dell' avv. Giuseppe Conte Sab-
bioni e di Monsignor Arcidiacono Bartolomeo Cordella
patrizi fermani e prefetti agli studi con Y incarico di
procurare che Papa Leone XTT confermasse l'antica no-
stra Università. Nei quattro mesi di permanenza colà
molto dovettero darsi attorno con suppliche, con 8cri1>-
per le quattro facoltà filosofica, teologica, legale e medica, come rile-
vasi dalla notificazione del Gonfaloniere di Fermo Gio: Paolo Conte
Montani del 14 Ottobre 1822. — 1.® Eloquenza latina ed italiana,
lingua greca e storia universale — 2.^ Logica, metafisica ed etica —
3.^ Matematica — 4/ Fisica — 5.® Chimica — 6.® Botanica ed agra-
ria con storia naturale — 7.® Disegno di figura, ornato ed architet-
tura — S.® Geografia pratica ed aritmetica — 9.® Teologia dogmatica
— 10.® Teologia morale e liturgia pura — ti.® Luoghi teologici a
storia ecclesiastica — 12/ Scrittura sacra e lingua ebraica — 13.® Di-
ritto civile e pubblico — 14.^ Istituzioni civili ed arte notarile —
16.® Diritto e pratito criminale -^ 17.® Fisiologia e materia medica
— 18.® Chirurgia, anatomia, ostetrici — 19.® Clinica, medicina fo-
rense, polizia medica — 20.® Farmacia ed operatore nei gabinetti.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 465
ture storiche, giuridiche, apologetiche (1), non tanto a
ingraziarsi V animo del Pontefice e dei Cardinali compo-
nenti la Sacra Congregazione del Buon Governo, di cui
Prefetto era il Cardinale Cavalchini, quanto a combat-
tere gli effetti di una invidia non bastantemente celata
e le arti di rerti loro concittadini, i quali poveretti tre-
mando degli studi, degli studenti e dei professori per
la moralità, per la religione, per la tranquillità cittadina,
li avevano prevenuti e li osteggiavano (2). Ma la ope-
rosità della Deputazione al valido appoggio del Cardi-
nale Hoefflein ambasciatore di S. M. il Re di Baviera,
del fermano Monsignor Bemetti governatore di Roma
e dei Cardinali Cavalchini, Bertazzoli e Guerrieri fu co-
ronata da felice esito, poiché, quando Leone XII solle-
citò di portare a compimento la rìpristinazione delle Uni-
versità degli studi ne' suoi dominii già preparata dal suo
antecessore Pio VII emanò il 24 Agosto 1824 la ce-
lebre bolla qìwd divina sapientia^ conservò nominata-
mente alla città di Fermo la sua Università, fra quelle
di second' ordine cioè di Ferrara, Perugia, Camerino e
Macerata (3).
(1) Sulla istruiìone ptibbliea ed Università degli studi in Fermo me^
moria iloriea compilata dai deputali della Cillà Arcidiacono Babtolombo
Cordella e (tiusbppb Conte Sabbioni Pre felli agli sludi — Roma per
Vincenzo Pof*;;ioii stampatoro camerale \S2A '^ Sulla dotazione decre*
tala dal Sointno Ponte/ice Pio VÌI col motu proprio i3 Agosto i804 a
favore della Università dtijli Studi in Fermo, voto dei Signori Filippo
Baffi» Domenico Morelli, Girolamo Duranti Valintimi avvocati ro-
mani, (senxa nota di stampa).
i2) Erano quei me<ipsimì che per lo stesso amore del buio non
volevano illuminare dì notte la ciltàt adducendo, avere i Signori servi
€ fanali, il popolino alla sera starsene rintanalo! f!
(3) Vedi documenti N. 7.
Arehiv Slor, March. V. L 30
466 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Ma i Comuni del Contado che si erano già mostrati
rennenti a soddisfare la tassa, calpestando la seguita
concordia consolidata da un motu proprio sovrano tanto
rimestarono, che riuscirono a fisirsi dichiarare dal Sacro
Tribunale del Buon Governo inabili a sostenere il peso
di quel contributo per le angustiose circostanze de' tempi;
quindi Fermo non potendovi sopperire colle sole proprie
sostanze si vide privata del godimento della grazia so-
vrana. Fece di bel nuovo ricorso al Pontefice con una
memoria a stampa (1), però siccome era massima go-
vernativa, che le Università di second' ordine dovessero
essere a carico delle rispettive città e provincie, così
non fii difficile a quei pochi, che avevano prima a Roma
poi a Fermo combattuto il progetto dei deputati, spie-
gando troppo zelo di malintesi risparmi anche a danno
della pubblica istruzione, di ottenere dalla nominata Con-
gregazione del Buon Governo la sospensione a tempo in-
determinato (2). In tal guisa ebbe fine il nostro studio
che vantava la non interrotta antichità di dieci secoli
ad onta delle più grandi sollecitudini dell' Arcivescovo
(il Per la data%ione della Università degli Studi in Fermo — Memo-
ria ddla CiUà a Stia Santità Papa Leone XII felicemente regnante —
Fermo 1826 stamperia Bolis.
(2) Le scuole di Fermo nel 1839 passarono ai Gesuiii richiamati
dair Arcivescovo Cardinal Gabriele Ferretti, i quali ebbero in dota-
zione le somme che precedentemente il Comune impiegava nella
pubblica istruzione ed altresì i fondi del soppresso collegio Marziale.
Delle facoltà universitarie vi era restata la sola cattedra di istituzioni
civili canoniche e criminali tenuta con molto profitto fino al 1860
dairAvv. Filippo Marucci di Torre S. Patrizio, succeduto al Cano-
nico D. Michele Giacopetti di Montefiore. Questo studio valeva come
primo anno di Università.
StlE VICÈNDE POSTERIORI E DECADENZA Ì6Ì
Cardinale Brancadoro sinceramente a£fezìonato a questa
sua terra natale. Tuttavia serbandosi sempre l' antichis-
simo diritto, riconfermato anche con rescritto di Pio VII
del 20 Dicembre 1816, di dare laurea dottorale e gli
altri gradi accademici, con i medesimi privilegi già pos-
seduti dair Università, ed essendo ripristinato nel 1818
il Collegio de' Dottori (1), si continuò fino al 1826 a
conferire la laurea nelle tre facoltà a fermani e fore-
stieri (2), tra i quali ci piace ricordare il Conte Tibe-
rio Papotti d'Imola ben noto scrittore ed il Cav. Àw.
Fracassetti, Nestore de' nostri letterati , che colle sue o-
pere ed in ispecie colla traduzione ed illustrazioni delle
lettere del Petrarca tanta gloria aggiunse al nome fer-
mano (3). Lessero nella nostra Università:
(1) Ha durato Gno a questi ultimi tempi.
(2) Dal principio di questo secolo fino al 1826 furono dottorati
in Giurisprudenza 14 fermani e 28 forestieri; in Filosofia e Medicina 6
fermani e 37 forestieri ; in Teologia 2 fermani e 3 forestieri.
(3) Quest* opera gli meritò la gran medaglia d* oro della città
d'Avignone nell* occasione che celebrava il V centenario della morte
di Messer Francesco Petrarca nel Luglio 1874. Cosi ne giudicò T Ac-
cademia della Crusca rappresentante il giuri italiano. < Voi avete, o
Signori, destinato un premio a queir italiano che in questi ultimi
quindici anni ba dato alle stampe un* opera sul Petrarca. E poicbò
di questo pure vi è piaciuto far giudice la Crusca, gli Accademici con
voto unanime e con animo lieto , designano al premio le UU$r$ di
Francesco Petrarca volgarizzate e illustrate dall'Avv. Giuseppe Pracai«
setti di Fermo, fatica grande condotta con grande amore, e cbe men-
tre serve a intendere la mente e a conoscere la vita dei Petrarca,
apre a tutti un tesoro di cognizioni intomo al secolo decimoquarto.
K. F4U teeulaire ei inlemalionaU de Pelrarque célébrée en Provenee i874
• proees - verbaux et vers inidils - Aix • en - Provenee V. Remon-
det « Aubin, libraire - éditeur 1875 — Il Fracassetti pei suoi meriti
letterari fu nominato dal primo Re d* Italia Vittorio Emanuele II.
Ufficiale deir Ordine della Corona d* Italia.
468 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Nd Secolo XVIL
AcciARRini Dazio da in giurisprudenza.
Adami Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Adami Galeotto da Fermo in giurisprudenza.
Adami G. Antonio da Fermo in giurisprudenza.
Adami G. Battista da Fermo in giurisprudenza.
Adami Gio. Luigi da Fermo in giurisprudenza.
Adami Simon Francesco da Fermo in giurisprudenza.
Alamanni Anoelo da gesuita in filosofia.
Angelici Bernardo da gesuita in filosofia.
Antici Camillo da gesuita in filosofia.
Antici Francesco da gesuita in filosofia.
Aranea Vincenzo da Aquila gesuita in filosofia.
Arbostini Anton Francesco da Fermo in medicina (1).
Arbostini Zenone da Fermo in medicina.
Argenti Silvio da Fermo in medicina.
Arigli Giacomo Maria da gesuita in teologia.
AzzoLiNi Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Baldigiani Antonio da gesuita in filosofia.
Balzani Lorenzo da Bologna in giurisprudenza (2).
Bartolini Nicola da gesuita in filosofia.
(1) Attere anche con genio alla poesia latina, di cui si ha na
bel saggio nel libro del P. Giuseppe Speranza da Fano intitolato
€ Seripturae sdeeUu variis translaltonibus oc SS. Pairum ssnUntiis, sa-
crorumque irUerpretum cum velerum, lune recentiorum exposUionibus
eoe, Lugduni sumplibus Haered. Gabriel Boissutt et Laurentii Am»-
son 1641.
(2) Venne dalP Università di Bologna e vi fece ritorno; là gli
furano erette due iscrizioni in suo vivente. Alidosi op. ciL pag. 163.
SUR VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 469
Bartolotti Rocco da Fermo in giurisprudenza.
Bartolotti Vico VrrroRio da Fermo in giurisprudenza.
Bazzica Giulìako da Pisa in giurisprudenza.
Bekincasa Andrea da Perugia gesuita in filosofia.
Berardi Filippo da gesuita in filosofia.
Bertacchini Giuseppe da Fermo in giurisprudenza. (1).
Bertacchini Nicola da Fermo in giurisprudenza.
Bevilacqua Antonio Patrizio da Fermo in giurisprudenza.
Bevilacqua Filippo da Fermo in giurisprudenza.
BiLisNi Gentile Maria da Foligno gesuita in filosofia.
Boccabiferbo Girolamo da in giurisprudenza.
BoNAPACE G. Battista da gesuita in filosofia.
Bonvicini Domenico da in giurisprudenza.
BoNTiciNi Giovanni Maria da .... in giurisprudenza.
Bbizi Fabrizio da gesuita in filosofia.
Buglione Angelo da in giurisprudenza.
Calogeri Paolo da gesuita in teologia.
Calvucci Antonio da Fermo iu giurisprudenza.
Calvucci Ludovico da Fermo in filosofia.
Camplani Stefano da in giurisprudenza.
Cantagaluna Ludovico da Perugia in giurisprud. (2).
Carpini Gio. Battista da Fermo gesuita in filosofia.
Castagni Antonio da in giurisprudenza.
Catini Giovanni da gesuita in filosofia.
CAUca Felice da Fermo in medicina.
Caucci Vincenzo da Fermo in giurisprudenza.
Cauti da gesuita in teologia.
(1) Valente giureconsulto, udiior generale a Bologna, ove nel Ì69S
stampò < Vota decisiva canonica et civilia. »
(2) Dal Liceo patrio venne al fermano nel 1625 a da questo
passò al maceratese nel 1632.
470 SUE vice;nd£ postebiori e decadenza
Csccm Felice da in giurisprudenza.
Cellesi Atto da gesuita in teologia.
CBirroFioRiiri Girolamo da Recanati gesuita in filosofia.
Cesettani Giambattista da Siena in giurisprudenza.
CiccoLnn Lcdoyico da in giurisprudenza.
Comelu Domenico da Bologna in giurisprudenza.
CoMNEKO Papadopoli Nicolò da Candia in eloquenza e
filosofia (1).
CoiTTE Nicola da gesuita in filosofia.
CoHYEKTiKi Babtolombo da gesuita in filosofia.
Coppa Giuseppe da gesuita in filosofia.
Cordella Bartolomeo seniore da Fermo in giurispru-
denza (2).
CoBTAirriiiri Ulpiako da Fermo in giurispruoenza.
Cruciahi Camillo da Monterubbìano in medicina (3).
Dalbot Gilberto da gesuita in teologia.
De-Curtis Maurizio da Tivoli gesuita in teologia.
Della Torre Gio. Maria da ... . gesuita in teologia.
De-Magestris Michelanoelo da ... . gesuita in teologia.
De-Nobili march. Francesco da Fermo in giurispru-
denza (4).
(1) Nipote del celebre Apostolo Zeno ed autore di molte opere
che sono registrate nel nuovo dizionario storico del Remondìni. Che
sia stato a Fermo lo attesta egli stesso nella sua Misi. Gymn. Paia-
tini Tom. II. pag. 29: in qua furbe Firmi) nos olim el retores ei philo-
so^ios docuimus. Forse vi fu mentre era gesuita, che tal divenne
nel i672.
(2) Uditore di Mons. Caraffa governatore generale della Marca,
della Rota di Macerata» della Repubblica di Lucca e della Rota Fio-
rentina. Ferdinando IL granduca di Toscana V onorò della sua ami-
cizia e lo dichiarò Uditor fiscale dello stato di Siena, ove mori nel 1685.
(3) Lesse medicina anche neir Università di Macerata nel 1616.
(4) Si ha un libretto di lui col titolo e Adamidis Aquilae ad gloriam
volatus Parugiricus Laurus prò doetrinali pompa in ulroque iure D, loan-
nis Baplislae Ahbalis Adami patritii firmani habita a D. March. Pi'aneisco
De Nobilibut patrilio firmano i. u. e. et in patrio Lyeeo professore 1675
— Firmi apud Andream De-Montibìu. Fu Senatore di Mantova.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 471
De-Nobiu Girolamo da Fermo in giurisprudenza.
De-Sardis Lorenzo da gesuita in filosofia.
De-Yeoa Emanuele da gesuita in teologia.
Donati Litio da Montecchio gesuita in teologia.
Doni da ..... . gesuita in teologia.
DoNNOROTiQi Elu da gesuita in filosofia.
Egidi Domenico da gesuita in teologia.
Egidi Valentino da gesuita in filosofia.
Eustacchi Tommaso da gesuita in filosofia.
Etanqelista Girolamo da Fermo in giurisprudenza.
Falconi Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Falconi Ludovico da Fermo in giurisprudenza.*
Falconi Vincenzo da Fermo in giurisprudenza.
Farnesi Gio. Paolo da .... . gesuita in filosofia.
Fazi Antonio da Fermo in medicina.
Fazi da gesuita in filosofia.
Febei Gioyan Francesco da ... . gesuita in filosofia.
Ferrantini Girolamo da Ancona gesuita in teologia.
Franceschìni Gio. Francesco da in medicina.
Franceschini Simone da in medicina.
Francouni Baldassarre da Fermo in giurisprudenza (1).
(1) Nel 1631 fu chiamato dal gran Duca di Toscana Ferdinando II
ad una straordinaria Cattedra di diritto civile nell* Accademia di Pisa;
fu poi promosso a quella di diritto canonico. Ebbe molti amici, i quali
piansero la sua morte immatura avvenuta il 5 Marzo 1634; Ferrante
Capponi e Francesco Albergati gli posero un epitaffio nella Chiesa di
8. Caterina in segno del loro affetto, e i)erchò non venisse meno la
memoria di tani* uomo. V. R. Db-Minigis iscr, fer. N. 1113. Si badi
lui Bald. Francolini olim in patrio mox in inclyio Pisano Gymnasio /.
dvUis inUrp. Oraiio. Pisi* i634, nella quale dice il Fabrori op. cit.
€ bene/leia magnorum Elrutiae Ducum in se ae firmanos omnet comme'
maral et summis praeserlim laudibus efferl divina Ferdinandi IL merita, »
472 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Fbancouki Baldassabe da Fermo gesuita in teologia (1).
Francolini Fabrizio da Fermo in giurisprudenza (2).
Fratadocchxo Vincenzo da Fermo min. con, in teologia.
Gagnoni Marco Antonio da Sinalunga gesuita in filosofìa.
Gallicini Francesco da gesuita in filosofia.
Galvani Marco Aurelio da Ferrara in giurisprud. (3),
Gbrunda da gesuita in teologia.
Gessi Caiòllo da Bologna in giurisprudenza ^4).
Gherardi Cesare da Fossano di Perugia in giurispru-
denza (5).
(1) Fa addottrinato qaani* altri mai nelle materie filosofiche e
teologiche, delle quali tenne cattedra anche in l^erugia ed in Roma,
ove mori il 10 Febbraio 1709. Pubblicò molle e pregiate opere di
cristiana dottrina.
(2) Prese la laurea in Fermo. Innocenzo Xll. lo nominò Uditore
della Rota di Macerata. Chiamato uditore della Rota di Genova rinun-
ciò per essergli stato conferito dalT Arcivescovo Cenci un canonicato
nella patria metropolitana. Fu \ icario capitolare e uditore di Mons.
Maltei e di Mons. Alessandro Borgia.
(3) Da una iscrizione esistente in Ferrara nella Chiesa de* Ss.
Simone e Giuda de* Teatini, ove fu sepoUo nel 1660, rilevasi essere
stato professore a Fermo ed anche nelle Università di Pisa e di Pa-
dova. V. Il Fabroni op. cit.; il Borsetti, Hisloria almi Ferrariae Gym,
T. I pag. 233; il Papadopoli op. cit. T. I. pag. 272; il Faggiolati Fasti
Gymn. Palav. ab anno 1260 ad i752 P. III. p. 119 e 124.
(4) Di questo professore si ha e Oralio habUa firmi in atda per-
iUuslr. DM, Priorum cUei li Ibris an. i603 a Camillo Gypsio /. U, doc-
lore colUgiato, in auspiciis siuirum praeleclionwn, cum ibi iura civilia in
prima ordinaria sede potneridianis horis profUeri inciperel. Firmi apud
haeredes Sertorii De Montibus et Io. Don ni veli um. » E dedicato al
Card. Pietro Aldobrandini Da Bologna condusse seco a Fermo gran
numero di scolari. Nel 1608 tornò a leggere in patria e fu creato
Senatore.
(5) Professò il giuscanonico neir ateneo patrio e nel fermano
€ quem Perusiae Firmique XX annis iur. can. interpret. » come sì
ha nell' iscrizione sepolcrale riportata dall' Ughblu e dal Turchi Episc.
sue V|££NDE POSTERIORI E DECADENZA 473
Ghezzi Oiacomo da Napoli gesuita in teologia.
GiOTTim G. Battista da ... . gesuita in filosofia.
Goti Luigi .... da ... . gesuita in filosofia.
Geuka Nicola da Fermo in medicina.
(jBAssi Domenico da Fermo in giurispradenza.
Graziaki Giacinto da Fermo in giurisprudenza.
Grimaldi Filippo da ... . gesuita in teologia.
GrRisELLi Orazio da ... • gesuita in filosofia.
Guerrieri Annibale da Fermo in giurisprudenza.
Guerrieri Gio. Antonio da Fermo in giurisprud. (1).
Gl^rrieri Paolo Emilio da Fermo in giurisprudenza.
GuRRiERi Tommaso Giuseppe da Fermo in giurisprudenza.
Inkocenzi Innocenzo da ... . gesuita in filosofia
Inquini Lorenzo da ... . gesuita in filosofia.
IsNARDi Ercole Maria da ... . gesuita in filosofia.
Liberati Domenico da ... . gesuita in teologia.
Lieti Ludovico da ... . gesuita in filosofia.
Lieti Pibtro da ... . gesuita in teologia.
Lilio Francesco da Fermo in medicina.
Camerin. Nel ir)21 fa fatto Cardinale da Paolo V. e indi vescovo di
Camerino; mori dopo soli 20 mesi di cardinalato. Nei salone del no-
stro palazzo degli Stadi leggesi la seguente iscrizione in onore di lui
D. M. O.
AVaVST^ . PERVS^ . 80U . CARO . OHBRAl.
CVIV8 . AVRORA . HVIG . OLII! . SVGOBST.^
AFFVUtT . POST . PVRPVRATaB . LVCIS.
ORTUM . BREVI . AD 0CCA8UM . VERSO.
8GVLTRICBS . FIRMANOR . LACRIÌIaB.
EMOLIBRVHT . FORMAR VNTQUB.
LAPIDEM . 8ALVT18 . ANNO . MDGXXVIl.
(1) Fu anche rettore del Collegio illirico ed albanese.
474 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Lilio Vincenzo da Ferino in giurisprudenza.
LusiGNANi Giasone da Cipro gesuita in filosofia
Luzi Andrea da Roma gesuita in filosofia.
Mancini Franc-sco da Fermo gesuita in teologia.
Manfredi Anton Maria gesuita in filosofia.
Mannocchi Andrea da Petritoli in giurisprudenza.
Mannocchi Pietro da Petritoli in medicina.
Mannocco Martino da Carassai in giurisprudenza.
Marchetti Annibale da ... . gesuita in filosofia.
Mariani Giacinto da Fermo in giurisprudenza
Massi Cosimo da ... . gesuita in filosofia.
Massini Innocenzo da Perugia in giurisprudenza (1).
Merenda Antonio da Forlì in giurisprudenza (2).
MiGLiANi Francesco da ... . gesuita in filosofia.
MisTicnELLi Domenico da Fermo in medicina (3).
Montani Gio. Francesco da Fermo in giurisprndenza.
Monti Bernardino da Fermo in giurisprudenza.
Monti Gio. Filippo da Fermo domenicano in teologia.
MoRici Antonio da Fermo in giurisprudenza.
MoRici Piervincenzio da Fermo m giurisprudenza.
(1) Dopo di essere stato gi adice di appello nelia Rota di Firenze,
professore nelP Università di Pisa e di Messina, si ritirò in Roma
nella Compagnia di S. Giovanni de* Fiorentini, ove mori nel 1676. V.
il Fabroni op. cit. Tom. III. pag. 293.
(2) Lesse in Pisa per 15 anni e venne a Fermo per premura del
Card. Francesco Barberini, vi stette 6 anni, e vi pubblicò le celebri
controversie legali. Passò quindi a Pavia e là die alla luce un opuscolo
contro r astrologia giudiziaria dedicandolo a Mons. G. Battista Rinuc-
Cini Arcivescovo di Fermo. Finalmente recossi a Bologna, ove mvri
nel 1655 mentre era chiamato ali* Università di Padova. — V. il Fa-
broni op. cit. T. II. pag. 222.
(3) V. Il Panelli op. cit. T. il, pag. 336.
sue VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 475
MoRici Filippo da Fermo in giurisprudenza.
MoRici Giuseppe da Fermo in giurisprudenza.
Moro Antonio da Fermo in giurisprudenza.
Moro Benedetto da Fermo in giurisprudenza (1).
Moro Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Moro Girolamo da Fermo in giurisprudenza.
Moro Vincenzo da Fermo in giurisprudenza.
MoRRONi Valerio da Fermo in giurisprudenza.
Muscettula Casimiro da ... . gesuita in teologia.
Nardi ni Liberato da Fermo in giurisprudenza.
Nini Giambattista da Perugia in giurisprudenza.
Nobili de Merloni Giuseppe da .... in giurisprud.
Olivieri Basilio da Fermo in giurisprudenza.
Olivieri Giuseppe da Fermo in giurisprudenza.
Olivieri Pier Lrioi da Fermo in giurisprudenza.
Olivieri Ruggero da Fermo in giurisprudenza
Paccaroni Clemente da Fermo in giurisprudenza.
Paccaroni Eufemio dfi Fermo in giurisprudenza.
Paccaroni Filippo Antonio da Fermo in giurisprudenza
Paccaroni Giovanni da Fermo in giurisprudenza.
Paccaroni Gio. Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Paccaroni Orazio da Fermo in giurisprudenza.
Paccaroni Vincenzo da Fermo in giurisprudenza.
(1) Non si limilo al solo studio delle scienze legali e filosoGcbe,
ma si fece ammirare come oratore nei pergami e coltivò anche la
poesia, come appare da an poemetto ove descriveva 1* antica patria
festività del 15 Agosto detta la Cavalcala* Il titolo di esso ò < Thealrum
/irmanae pietatis ae magni ficenliae, seu solemnes pompae, quae in hono-
rem Deiparae in Coelum assumptae ad lemplum melropolUanwn XVII!
Kalend. Seplemb. a Firmanis dueunlur examelro earmine descriptae. Que-
sto poemetto è andato perduto; se ne leggono alcuni brani nelle do-
tizie storiche dì Fermo di Domenico Raccamadori M. 83.
476 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Paci Giambattista da ... . gesuita in filosofia.
Paciki Francesco da Fermo in giurisprudenza.
Pacìki Giuseppe da ... • gesuita in filosofia.
PAETnn Simone da Fermo, in giurisprudenza (1).
Paleotti Gio: Niccola da Fermo in giurisprudenza.
Paleotti Silvestro da Fermo in giurisprudenza.
Palmieri Carlo da Fermo in giurisprudenza.
Paoliki Antonio da Monte Ranaldo in medicina.
Patriarca Alessandro da Fermo in giurisprudenza.
Patriarca Francesco Maria da Fermo in medicina.
Patriarca Gio: Francesco da Fermo in giurisprudenza.
Patriarca Giuseppe Ignazio da Fermo in giurisprudenza.
Pennoni Sebastuno da gesuita in filosofia.
Peratini Piero da Bologna in giurisprudenza (2).
Petrucci Gio: Battista da in medicina.
Petruccioli Francesco da gesuita in filosofia.
Pii;iuNTONi Domenico Antonio da gesuita in filosofia.
Pieri Domenico da Fermo in medicina.
Pieri Felice da Fermo in giurisprudenza.
Pini Giuseppe da gesuita in filosofia.
Pollicini Prospero da Bologna in giurisprudenza.
Raccamaboro Alessandro dei Padri dell' Oratorio da
Fermo in teologia.
Raccamadoro Domenico seniore da Fermo in medicina (3).
1. Con sommo grido promosse alla laurea dottorale molti cavalieri
e personaggi distinti : eboe fama anche come poeta.
2. Nella Chiesa del Carmine in Fermo si legge una iscrizione
sepolcrale, che egli pose nel 1621 a Giacomo Pasì suo scolare e con-
cittadino. V. R. DB'Minigis Iter, ferm. N. 147.
3. Fu medico valentissimo; scrisse e stampò parecchie opere, ma
quella che dovea raccomandarne la memoria alla posterità, si è la
raccolta delle notizie istoriclie di Fermo compresa in due volumi, che
abbiamo nella nostra biblioteca. Questo lavoro non va esente da er-
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 477
Raccamadoro Metello da Fermo in giurisprudenza (1).
Raffaelli Antonio da gesuita in filosofia.
Raffei Antonio da gesuita in teologia.
Ranucci Francesco da Macerata in giurisprudenza.
Restori Luigi da gesuita in filosofia.
Ricci Antonio Alberto da in giurisprudenza.
Ricci Francesco da Roma gesuita in filosofia.
Ricci Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Ricci Ludovico da gesuita in teologia.
RrvAROLA Matteo da gesuita in filosofia.
RoccAMORA Gio. Domenico da gesuita in teologia.
Rosa Dieoo da gesuita in teologia.
Rossi Camillo da Montegranaro in medicina (2).
Rota Gio. Antonio da gesuita in teologia.
Rota Gio. Lorenzo da Fermo in giurisprudenza.
Rota Girolamo da Fermo in giurisprudenza.
Rotondi Felice da gesuita in filosofia.
RuFFi Gio. Lorenzo da Fermo in giurisprudenza (3).
RuFFi Luzio da Fermo in medicina.
RuFFi Marcantonio da Fermo in giurisprudenza.
Sabbioni Francesco da Fermo in giurisprudenza.
rort siorici, e qaa e colÀ si sente il difetto di sana critica; però queste
mende come quelle dello stile voglionsi ascrivere più che a lui ai
tempi in cui ei visse. In ogni modo se molte memorie non andarono
perdute si deve ad esso che diligentemente le raccolse; e se ne val-
sero poi assai coloro che dopo di lui trattarono delle cose fermane.
(1) Assai stimato per la singolare dottrina nelle scienze legali fu
fatto Governatore di Carpentrasso, cui ognun sa essere stato capo
della Contea di Venosa.
(2) Di lui parla il Paublli op. cit. T. II. pag. 253.
(3) Fu prefetto di Narnì ed eletto governatore di Foligno. V.
R. Db-Minicis Iscr, ferm, N. 382.
478 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Sabbioni Marc' Attilio da Fermo in giurisprudenza.
Sabbioni Niccola da Fermo in giurisprudenza.
Sansonio Cosimo da Fermo in giurisprudenza.
Sardi Federico da gesuita in filosofia.
Satini Antonio da Casteldurante in giurisprudenza,
ScALEs Erasmo da gesuita in filosofia.
ScARAMuccu Paolo da Lapedona in medicina.
Scoccia Alessandro da in giurisprudenza.
Scorzi Gio: Battista da gesuita in filosofia.
Semerini Andrea da gesuita in filosofia.
Sforza Brfvi Giuseppe da gesuita in filosofia.
Silotti Pier Amico da Fermo in giurisprudenza.
Silvestro Clemente da gesuita in filosofia.
SiNiGARDi Dionisio da Fermo in giurisprudenza.
SiNiQARDi Vincenzo da Fermo in giurisprudenza.
SoLiMANi Giulio da Fermo gesuita in filosofia.
Solimani Yentura da Fermo in giurisprudenza.
Spinola Gio. Battista da gesuita in filosofia.
Spinuccì Conte Gio. Filippo da Fermo in giuris. (1).
Spinucci Giuseppe da Fermo in giurisprudenza.
Spinuccì Tommaso da Fermo in giurisprudenza.
SuzziFANTE Giuseppe Francesco da gesuita in teologia.
Tabor Gio. Battista da Fermo in giurisprudenza.
Tassoni Doroteo da Fermo in medicina.
Tassoni Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Yannarelli Giuseppe da Fermo in medicina.
Yannarelu Tommaso da Fermo in giurisprudenza.
(t) Da Fermo passò alla Rota di Macerataceli Bologna, di Lacca,
di Genova ed al Governo d* Imola, dando sempre saggio di molla
scienza e virtù.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 479
YAimi Gio. Francesco da gesuita in filosofia.
Yaschex da gesuita in filosofia.
ViooRin Flaminio da Fermo in giurisprudenza (1).
Vìnci Asdrubale da Fermo in giurisprudenza.
Vinci Buon Giovanni da Fermo in giurisprudenza (2).
Vinci Giuseppe da Fermo in giurisprudenza.
Vinci Emilio da Fermo in giurisprudenza.
Visconti Cav. Giovanni da Pistoia in giurisprud. (3).
ViTELLEscHi Muzio da Roma gesuita in filosofia (4).
XiMENEs Ferdinando da gesuita in teologia.
(1) Lesse anche nella Sapienza di Roma, come si ha dall* iscri-
zione sepolcrale postagli nellla Chiesa di 6. Maria ia Ara Goeli da
Alessaudro Falconieri suo scolaro ed amico. È riportala dal Casimiro
Memorie sloriche della chiesa e convento di S. Maria in Ara Codi pag. 234;
dal Galletti. < Inscripliones Piceni sive Marchiae Anconitanae infimi aevi
Romae slanles » a pag. 93; e dal Db-Minicis fscr, ferm, N. 1164.
(2) Essendo nota la sua molta dottrina a Bologna, ove si era laure-
ato, fu invitato ad esercitarvi l'ufGcio di Uditore della Rota, che tenne
per dieci anni, e quindi n*ebbe per un biennio la presidenza. I segnalati
suoi meriti gli procurarono la onorevolissima aggregazione al patriziato
romano ed all' ordine dei Senatori. V. Cantalamessa Giacinto. Memo*
rie storiche intorno agi' illustri uomini della nobilissitna famiglia de' Conti
Vinci di Fermo, Macerata tip. dì Ben. di A. Cortesi 1843 pag. 49.
(3) Appartenne a nobilissima famiglia. Spiegò le Pandette nel-
r Università di Pisa, e nel 1628 fu chiamato a Fermo essendo da tutti
ritenuto per uno dei primi giureconsulti. Lesse per due anni, ed in
molte bisogne se ne valse V arciv. Rinuccini. Fu poi Provveditore
dell* Università Pisana e gran Priore della Chiesa Conventuale dei
Cavalieri di S. Stefano. V. Il Pabroni op. cit. Tom. li. pag. 2U.
(4) Ai 15 di Novembre eletto Proposito Generale VI della Com-
pagnia, che resse poi per anni 29 e mesi 3 fino ai 9 Febbraio 1643,
in cui mori.
480 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
Nd secolo XVIIl
AouiLLERA Emaiotele da Alicata gesuita in filosofia.
Aldini Gregorio Maria da Cesena gesuita in filosofia.
Ambrogi Tommaso da ... • domenicano in teologia.
Arcangelo da S. Francesco agostiniano scalzo in teologia.
Augusti Giuseppe da Senigallia gesuita in filosofia.
Ayetrani P. Liberato da Monsampietrangeli Min. conv.
in filosofia.
AzzoLiNi Giuseppe da Fermo in giurispradenza.
Bacciu Ercole Maru da Fermo in giurisprudenza.
Bagnesi Ferdinando da Firenze gesuita in filosofia.
Baldassini Tommaso da gesuita in filosofia.
Bardi Niccolò da Genova gesuita in filosofia (1).
(t) Uno dei soci fondatori della Colonia Aibriziana a Fermo e
(odatissimo scrittore di epigrammi pubblicati in un volumetto col
titolo < Bpigrammatum variorum libri tres sacrorum anlislUum et roma-
norum principum decori D. Hieronymo Mallhaeio Archiepiscopo amplis-
simo dicali Nicotao Bardi Soc. lesu Sacerdote Authore, Firmi MDCCXXIV
Ex Typograpbia Dominici Antonii Bolis, et Frat. Impress. Archiepi-
scopalium, et Prioralium , supcrior. facultate. » Parecchi fra questi
si riferiscono alla città di Fermo, a illustri fermani e professori di
quel tempo. Per la rarità del libro crediamo di riportar due epigrammi
che ci sembrano di speciale importanza, uno perchè accenna alP Ate-
neo, e r altro ad una Quintana o Saracino, (conosciuto dal volgo col
nome di MarguUo), che si esponeva il mese dì Agosto in tempo dì
fiera e dove anticamente la nobiltà fermana correva la lizza, come
leggesi in una cronaca inedita sulla sollevazione de* fermani e morte
del governatore Monsignor Uberto Maria Visconti.
Firmanae Urbis Antiquilas, et Alhenaeum,
Firmanas potuit Cunas celare Vetustas;
Nec pudel hac pulchrum Nube latere Caput.
SUB VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 481
Baroni Gio. Maria da min. conv. in filosofia.
Bartoli Benedetto da Civitanova min. conv. in filosofia.
Bartolotti Melchiorre da Fermo in giurisprudenza (1).
Beluni Antonio della prov. romana gesuita in filosofia.
Belloni Giuseppe da Brescia gesuita in filosofia.
Bernardini Antonio da domenicano in filosofia
e teologia.
Bianchi Fortunato da in medicina.
BoLQENi GuN Vincenzo da Bergamo gesuita in teol. (2).
Longinquo est Urbi reverenlia major ab Ortu ;
Et Homae ad bel laro venit adulta (ìomes.
Ingenia, atque Animos si spectes Advena, dices;
Non posila hic Sludi is Aegide Pallas adest.
De MargtUi Stalua in Nundìnis Firmanis.
Seu Daci quondam Fuerit, seu Miiitis Hunni,
Quae modo Firmano prostat Imago Foro:
Laeva licei Clypeum, ferratam dextera Clavam
Ostendat; frustra haec omnia: ludibrio est.
Hic spedare Auslrum, fìoream jubet ille: jubenti
Paret Margutus versus in Axe Rotae.
Plebs sua cuique suis curis in inanibus: Orbem
Lustra, et Margulos sic agi ubique pula.
(1) Fu governatore a Velletri, luogotenente a Loreto» uditore
della legazione di Ravenna, uditor criminale a Genova, governatore
a Civitanova pel Duca Sforza Cesari ni.
(2) Uno degli scrittori più impegnati nel sostenere le opinioni
della scuola alla quale fu educato, ed anzi il suo ingegno lo trasse
ad andare ancora più oltre che i suoi non volessero, cosicchò ebbe
confutatori di sue dottrine parecchi de* suoi stessi confratelli, tra cui
il Cortes ed il Muzzarelli. Pubblicò molte opere e fu teologo peni-
tenaiere di Pio VI; mori in Roma nel Maggio del 16ÌL
Arehiv. Stor. March. V, l 3t
483 SUB VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
BoscoYiCH Ruggero Giuseppe da Raglisi gesuita in filo-
sofia (1).
Bruni Pietro Martire da Forlì gesuita in filosofia*
BuoNAouARDU Felice da Fano gesuita in filosofia.
Buratti Giuseppe da Belmonte in medicina.
Caltucci Giotan Lorenzo da Fermo in giurisprudenza.
Caltucci Niccolò da Fermo in giurisprudenza.
Cakcellotti Giambattista da Sanseverino gesuita in filos.
Carini Giuseppe maria da minore conventuale
in teologia.
Castellini Camillo da Forlì gesuita in filosofia.
Catalani Michele da Fermo in eloquenza (2).
Catauni Giuseppe Antonio da Fermo in medicina.
Cecchini da in eloquenza.
Ceresola Giuseppe da Genova gesuita in filosofia.
CmAPPtNi Filippo da Roma gesuita in filosofia.
(1) Venne impiegato da vari Papi per suggerire mezzi espedienti
a sostenere la cupola di 8. Pietro che minacciava di crollare. Fa
membro della società reale di f^ondra, professore neir Università di
Pisa ed ebbe in Parigi 1' ufficio di direttore dell* ottica della marina
con L. 8000 dì pensione. Si applicò soprattutto alla teoria dei canoc-
chiali acromatici e pubblicò un gran numero di opere.
(2) Prima gesuita, poi canonico della nostra Chiesa metropoli-
tana. Studiò nella patria Università e fu teologo, storico, archeologo,
poeta e latinista reputatissimo, avendo avuto a maestro il celebre
Morcelli. Le sue opere iu latino ed in italiano sono tenute in gran-
dissimo pregio. Mori a Bologna il 1. di Maggio 1805 e nella Certosa
leggesi r iscrizione scritta dallo Schiassi che gli posero i fratelli ri-
portata dal Db-Miiiigis Iscr, ferra, al N. 1025. Ne pubblicò le memorie
su la vita e sugli scrUli il Conte Albssandbo Evangblista, alle quali ò
anito il catalogo delle opere — Fermo tipografia Paccasassi 1834. La
corrispondenza del medesimo con i pii!i illustri uomini del suo tempo
raccolta io più volumi, ed alcuni suoi manoscritti trovansi nella no-
stra biblioteca.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 483
CuYARKELLi GIUSEPPE Mabu da domenicano in
teologia.
CiNuoHi Pietro' da Siena gesuita in teologia.
Coluita CAMnxo da Brescia gesuita in filosofìa.
Colonna SEYERiva da Aiaccio gesuita in filosofia.
CoLUcci Giuseppe da Penna S. Giovanni in giuris. (1).
CoNSALVi Vincenzo da Macerata gesuita in filosofia.
CoRDARA Giulio Cesare da Alessandria gesuita in elo-
quenza (2).
Cordella Bartolomeo giuniore da Fermo in giuris. (3).
Cordella Giuseppe da Fermo in giurisprudenza.
Cordella Lorenzo da Fermo in giurisprudenza.
Cordella Niccola da Fermo in giurisprudenza.
Cordella Vincenzo da Fermo in medicina.
CoRNELi Francesco Antonio da Montottone minore con-
ventuale in teologia.
(1) Deve a lui il Piceno i monamenti della sua slorica antichità.
Notissima è la sua vasta opera col titolo Antichità Picene in 32 vo
lumi, di cui fu splendi|io Mecenate il Pontefice Pio VI. Tenuta a
vile in suo vivente ora ò assai lodata e ricercata anche dagli stranieri.
Fu vicario generale prima in Orvieto, poi in Fermo del Card, fìran-
cadoro a lui amicissimo. Mori nel 1809 e nell' atrio del Duomo gli
venne eretto il monumento illustrato dall* Àvv. Gaetano Db-Miiiigts
nella parte l. dei monumenti fermani, il quale dettò la iscrizione ripor-
tata da R. Db-Minicis Jscr. ftrm. N. 8. Ne pubblicò la biografia nel 1840
lo stesso Avv. Raffaele Db-Minicis.
(2) Si fé* ammirare pel suo spirito e pe'suoi talenti, che lo fecero
scegliere per continuare la storia della sua compagnia intrapresa dal-
r Orlandino
(3) Tenne anche altre cattedre; fu bibliotecario e difensore dei
poveri in patria, giudice de* malefici e delle appellazioni a Trieste,
ove fu onoralo di gravi e diflìcili missioni. Andò uditore con Mons,
Marzio GarafTa a Montai to, a Viterbo e nella provincia del Patri mo«
nio; governatore a Velletri, uditore a Perugia per tutta la provincia
dell* Umbria, poi per la provincia della Marca incaricato da Mont,
Pallavicino - Morì circa il 1754.
484 SUE vigenoì: posteriori e decadenza
CoBREA Tommaso dall' Isola dì Sora gesuita in teologia.
Crispoldi Giotan51 Maria da Perugia gesuita in filosofia.
CuQoiA Federico Tommaso da agostiniano in teologia*
Cupelu Domenico da Loro gesuita in filosofia.
D'Aquinio Giovanni Carlo da Napoli gesuita in teol. (1)
De-Albertis Alberto da Venezia gesuita in filosofia.
De-Anoeus Gumbattista da Tivoli gesuita in teologia.
D' Elci Filippo da Firenze gesuita in filosofia.
Docci Giuseppe da Siena gesuita in filosofia.
Durante Sebastìano da Orvieto gesuita in filosofia.
Erioni Giuseppe Nicola da Fermo in teologia (2).
Evangelisti Onofrio da Fermo in giurisprudenza.
Falconi Vincenzo da Fermo in giurisprudenza (3).
Faure G. Battista da Roma gesuita in filosofia (4).
(1) Celebre per ia versione latina che primo egli fece di quasi
latta, la Divina Commedia di Dante (tralasciato qualche tratto qua e
là), pei suoi dizionari latini di architettura e dell'arte militare.
(2) Nella patria Università ebbe la laurea in filosofia, in teologia
ed in ambo le leggi. Sostenne molte cariche sotto gli arcivescovi
Borgia, Paracciani e Minnucci: zelante delle patrie glorie lasciò 21
volumi in foglio scritti di sua mano, nei quali raccolse tutto ciò che
era stato scritto e stampato in fino allora intorno a Fermo col titolo
€ Berum firmanarum scriplorts qaos eolUgit in ordinem redegil ac T^ae-
fationibm ausil loseph Nicolaus Herionus Beelesiae metropolitanoi Arehì"
diaconus, » Alcuni di questi libri sono nella biblioteca. Lasciò pure 12
volumi di altre sue opere originali latine ed italiane e versioni dal
francese. Per tante fatiche e pel diuturno studio perdette la vista;
mori nel 19 Aprile IBIS.
(3) Resse Fermo in qualità di Presidente sotto la Repubblica ro-
mana nel 17S9.
(4) Stimatissimo teologo fu maestro dei più valenti dottori del
clero romano. Dopo la soppressione della Compagnia passò i suoi
giorni a Viterbo, di cui fu dichiarato cittadino con amplissimo diploma.
Il Morcellì dettò V epigrafe sepolcrale che si legge nella sua opera,
il Passaglia pubblicò un lavoro molto pregiato (dedicandolo al Card.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 485
Fkdeu Nicola da Fermo in medicina.
Fkbrari Frakcbsco Saterio da Milano gesuita in teologia.
Fhjppo Maria da Pesaro min. oss. in filosofia.
Gaetani Ignazio Maru da Palermo gesuita in filosofia.
Garulu Camillo da Fermo in eloquenza (1).
OiAcoMozzi Giuseppe da Massa in medicina.
GioLiucci Giuseppe da Fermo in giurisprudenza.
GmAXi Luigi da Brescia gesuita in filosofia.
GiOTAKNiNi Gio. Battista da Jesi gesuita in filosofia.
Giuli Egidio da Genazzano gesuita in filosofia.
Golia Luigi da Roma gesuita in filosofia.
GoRi Giulio da Siena gesuita in filosofia.
Grazuki DoMEKico da Fermo in giurisprudenza.
Grimaldi Francesco da Genova gesuita in filosofia.
Guerrieri Bonaventura da Fermo in giurisprudenza.
Guerrieri Carlo Luigi da Fermo in giurisprudenza.
Guerrieri Lucio da Fermo in giurisprudenza.
Guerrieri Tommaso Giuseppe da Fermo in giurispru-
denza.
Iongo Gio. Battista scozzese gesuita in filosofia.
Cosiantino Patrizi Vicario di 8. 8. in Roma), cioè Enchiridion de Fide,
Spe ti CharUate S. Augmlirn annotalo dal Paure con la giunta di altre
uote deir editore. Il p. Antonio Bresciani nella descrizione dei Irenla
medaglioni, dell' apparalo e della fesla del Collegio Romano per la visita
falla dal Santo Padre Pio IX parla del Paure, che era effigialo in uno
dei detti medaglioni.
(I) Pece i suoi studi nella patria Università, e nel 1760 entrò fra
\ padri della Compagnia di Gesù. Con assai plauso insegnò eloquenza
in Ascoli ed in Perugia, e, dopo la soppressione, in patria con tanta
rinomanza, che ancor ne vive la memoria. Molte opere sue furono
pubblicate, fra cui due volumi di orazioni latine sacre e profane dette
nelU nostra Università ed il poema latino sul sistema Copernicano.
486 SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA
LAaoMABSiKi Girolamo da Genova gesuita in eloquenza (1).
Lanzi Gaetano da Macerata in medicina.
Lavagna Gio. Battista da Genova gesuita in teologia.
Lelmi Gio. Battista dell' Isola Ohio gesuita in teologia.
Liberi Baluni Leopoldo Enrico da Bergamo domeni-
nicano in teologia.
LuNARDi GiuPEPPB Ottatio da Lucca in filosofia.
Macilenti Gioyan Francesco da Roma gesuita in filosofia.
Maogiori Domenico da Fermo in eloquenza (2).
Maiolini Angelo Filippo da Poggio Mirteto gesuita in
teologia.
Manetti Francesco da Firenze gesuita in filosofia.
Marini Vincenzo da Massa min. oss. in filosofia e teologia (3).
(1) Peritissimo in latino ed in greco e professore anche a Firenze;
è lodato autore di varie opere.
(2) Compose varie operette assai importanti per la storia patria*
fra le quali an libro in versi elegiaci € De firmanat urbis origine atque
ornamentis », ove non so qual sia più da commendare o T eleganza
dei versi o T erudizione delle note. Questo libro però che-^gli il 1.
Novembre 1786 intitolava al Card. Gio: Francesco Albani vescovo dì
Ostia e di Velletri, sarebbe forse come gli altri suoi scritti rimasto
inedito per la morte di lui avvenuta neiril Luglio 1788; ma a* con-
forti di molti lo pubblicò r anno appresso il concittadino tipografo
Giuseppe Alessandro Paccasassi, stampandovi anche il belP elogio epi-
grafico dettato in latino dal conte Vincenzo Sabbioni Orsini.
(3) Ebbe fama di grande filosofo e profondo teologo» ed esercitò
d*ambe le scienze il magistero nei conventi di Ancona , di Mantova
e di Fermo. Gli arcivescovi Minnucci e fìrancadoro lo destinarono a
loro teologo, e di poi altrettanto fece il Card, della Somaglia. Salì t
gradi più elevati del suo ordine; più volte fu provinciale, indi com-
missario di Curia e due volte Procurator Generale. Scrisse molti vo-
lumi di decisioni morali e liturgiche, opera applaudita e ricercatissima.
Insegnò per ben quarant^anni, e avvenne la sua morte in Fermo il
27 Giugno del 1831: nella chiesa dei Minori Osservanti gli si eresse
il monumento con sopra\i il busto. V. R. Db- Minicis, opera citata
Num. 95-96.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 487
Mabiotti Saverio da Fermo in giurisprudenza.
Mabtelli Giacinto Mabia da . . . domenicano in teologia.
Massi Clemente Antonio da Fermo in medicina.
Mastini Alberto da ... . dell' ordine de' minimi in
teologia.
Matteucci Saterio da Fermo in giurisprudenza.
Matteucci Tommaso Lorenzo da Fermo domenicano in
teologia.
Mazzolari Giuseppe Maria da Pesaro gesuita in elo-
quenza (1).
Michel Angelo da M. Cosare min. oss. in teologia.
MiscEL Teofilo da Livorno gesuita in filosofia.
Montani conte Giacomo da Fermo in giurisprudenza.
Montani Gio. Francesco da Fermo gesuita in filosofia.
Montani Giuseppe Leone da Fermo in giurisprudenza (2).
Montani Vincenzo da Fermo domenicano in teologia.
Monti Serafino da Fermo in giurisprudenza.
MoRCELLi Stefano Antonio da Chiari gesuita in elo-
quenza (3).
(1) Poeta latino chiarissimo conosciuto pure sotto il nome di
Mariano Partenio, Insegnò eloquenza anche a Firenze e a Roma, e
sono assai lodate le sue opere specialmente latine. Mori in Roma
H 14 Settembre 1786 e tra gli altri manoscritti lasciò una vita del p.
Lagomarsini suo inlimo amico.
(2) 8i laureò nella patria Università, ove lesse per iO anni.
(3) Venne a Fermo nel 1764, ove due anni di poi dettava ai suoi
discepoli alcuni precetti dell'arte lapidaria, nei quali si conteneva (a
primissima idea e quasi V archetipo della grande opera De siilo iarcrip-
Honum laiinarum pubblicau nel 1781. E perciò a buon diritto alla
sottra città ò dovuta la gloria di averle dato in qualche guisa la culla.
Compose qui iscrizioni temporanee e permanenti in diverse congion-
lare; quelle in urbem si monumenta firmana furono stampate nell* agon
ilnnanus e più volte riprodotte; altre messe alla luce dai PaACASSBTTi
488 sue viCE^iDE posteriobi e decadenza
Morelli Giotak Fbahcesco da Montelparo in medicina.
MoRONE Pietro da Monsampolo in medicina.
MoRRONE Filippo da Fermo in medicina.
MoRROivE GiuF^EPPE Ignazio da Fermo in giurisprudenza.
MuLTEDO Giovar Francesco da Savona gesuita in filosofia.
Nicola Antonio da S. Giorgio min. oss. in teologia.
Nicolai G. Battista da Valenzatro nel Pistoiese gesuita
in filosofia.
OuviERi Domenico Antonio da Fermo in giurisprudenza.
Olivieri Ruggero Antonio da Fermo in giurisprudenza.
Orlando Enrico da Fermo in giurisprudenza.
Orlando Filippo Antonio da Città della Pieve gesuita
in teologia.
Orlando Fiduzio da Fermo in medicina.
Orsini Carlo da Montegiberto in giurisprudenza.
Paccaroni Filippo da Fermo in giurisprudenza.
Paccaroni Girolamo da Fermo in medicina.
Paccaroni Ottavio da Fermo in giurisprudenza.
Paccaroni Valentino da Fermo in giurisprudenza.
Pacini Curzio Filippo da Fermo in giurisprudenza.
in ana lettera a Salvatore Betti inserita nel giornale arcadico fascio,
di M^rzo 1823; e dal Db-Minicis in una lettera a Monsignor Carlo
Emanuele Mazzarelli intùrno ad alcune iscrizioni viedite e ad una poe-
sia del Morcelli. Roma, tipograGa delle belle arti 1841; ma i Padovani
editori delle opere di lui hanno trascurato di collocarvele. Lesse al-
tresì varie dissertazioni nella nostra Accademia degli Erranti, tre deUe
quali si pubblicarono, cioè sullo studio delle anliche monete, (Milano
1829 Bonfanti) per cura del cav. Labus; dell'arte critica diplomatica
(memoria di religione, di morale e di letteratura, giornale di Modena)
per cura del conte Alessandro Evangelista; dette arti e delle lettere da-
gli italiani prima della fondazione di Roma ( Modena 1823 tìpogralia
Soliani e poi riprodotta nel giornale di detta citlà. Tom. IV pag. 403
e seguenti) per cura del prof. Michele Ferrucci.
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 489
Pacini Lorenzo da Fermo agostiniano in teologia.
Paouoki GioYANiri da Civita Reale gesuita in filosofia.
Farri Bartolomeo da Brescia gesuita in filosofia.
Pauloni Severino (o Gunfrancbsco) da S. Anatolia ge-
suita in teologia.
Peralta Domekico Maria da Malta gesuita in teologia.
PicHELLi Vrro da Fermo in medicina.
Pieri Domenico da Fermo in medicina.
Pietra Niccolò da Savona gesuita in filos. ed eloquenza (1 ).
Pisani Michelangelo da Nepi gesuita in filosofia.
Pititti Alessandro da Frascati gesuita in filosofia.
PoRTicELu Gaetano da Viterbo in filosofia.
Provensali YiROiNto da ... . gesuita in filosofia.
R4CCAMADOR1 Domenico iuniore da Fermo in medicina.
Raccamadori Gla^como Filippo da Fermo in medicina.
Raccamadori Rodolfo Onofrio da Fermo in medicina.
Raffagni Paolo Antonio da Milano gesuita in filosofia.
Redi Diego di Arezzo gesuita in eloquenza (2).
(i) Insegnò filosofia quando era gesuita, eloquenza dopo la sop-
pressione della compagnia. Dottissinio nelle scienze specialmente nelle
sacre, oratore e poeta. 8i hanno di lui alcune poesie latine di vario
metro pubblicate senza nome dell* autore, e l* orazione funebre del
Card. Paracciani Ietta nella nostra chiesa metropolitana il i Febb. 1877
nelle solenni esequie del di trigesimo stampata dal nostro Lazzarini
Deiranno medesimo. Resse il Seminario dopo la morte del Canonico
Saverio Bernetti; morì il 25 Febbraio 1814.
(2) Nipote del celebre medico e poeta Francesco Redi. Egli di-
resse una solenne Accademia celebrata il 3 Giugno 1725 per la ve-
nuta di Monsignor Alessandro Borgia eletto Arcivescovo di Fermo,
della quale dette una splendida relazione il fermano conte Niccola
Sabbioni con una lettera al Bali Gregorio Redi padre di Diego, at^
trìbuendone tutta la lode al valentissimo professore. La lettera si pub-
blicò in Macerata per Giuseppe Francesco Ferri.
490 SUB VICENDE POSTEBIORI E DECADENZA
Reggi Ottayio da ... . gesuita in filosofia.
Ricciardi Nicola da Fermo in giurisprudenza.
RoMAKo Angelo Giuseppe da Genova gesuita in filosofia.
RossiGNOLi Pietro Francesco da Novara in filosofìa.
Rota Saverio da Fermo in giurisprudenza.
Rubini Serafino da Camerino gesuita in filosofia.
Ruffo Domenico Alessio da Fermo in giurisprudenza.
Sabbioni conte Vincenzo da Fermo in giurisprudenza.
Saliceti Girolamo da Olestano gesuita in filosofia.
Salvi Cesare da Fermo in medicina.
Santoni Pietro Giovanni da Fano gesuita in teologia.
Savini Gio. Battista da Fermo in giurisprudenza.
SiMONSLLi Filippo da Morrovalle min. conv. in teologia.
SiMONELLi Giacomo Filippo da . . . gesuita in filosofia.
SoBRiNi Francesco Maria da Nizza gesuita in filosofia.
Sfagni Andrea da Firenze gesuita in teologia (1).
Spinucci conte Domenico da Fermo in giurisprudenza.
Stoppini Giacinto da Cattanello in Sabina gesuita in
filosofia.
Taddei Francesco Antonio da Macerata min. cony. in
teologia.
Tanursi P. Luigi Antonio da Ripatransone min. oss.
in teologia.
Testori Pietro da Brescia gesuita in filosofia.
TiPALDi Giovanni da Cefalù gesuita in filosofia.
ToRRicELLA .... da ... . min. oss. in teologia.
(I) Ha insegnato filosofia e teologia con assai lode. Fu anche
professore di Matematica nel Collegio romano, dove aiatò il p. Àsclepi
nelle sue osservazioni astronomiche. Scrisse varie dissertazioni filo-
sofiche: mori in Roma nel 1788.
8UK vicende: POSTERIOni B DECADENZA 491
Tresaki Ambrooio da Monte S. Pietro gesuita in teologia.
Tunisi Tommaso da Eagusi gesuita in filosofia.
Yalsecchi Mario da Venezia gesuita in teologia.
Vassalli Francesco da S. Giusto in eloquenza.
Vassalli Michelangelo daS. Giusto in diritto pubblico (1).
Venuti Antonio Maria da Borgo S. Sepolcro gesuita
in filosofia.
Vincenzo da Castelclementino min. osser. in filosofia.
Vittori Gregorio da Cori gesuita in filosofia.
Zanni Domenico Felice Maria d' Ancona domenicano in
teologia.
Nel Secolo XIX.
Aliforni Placido da Amandola in giurisprudenza.
Ambrosi Antonio da in giurisprudenza.
AuGUSTONi Domenico da Fermo min. conv. in filosofia.
AuousTONi P. Giovanni da Fermo agostin. in teologia (2).
Balbi Adruno da Venezia in fisica nel R. Liceo del
Tronto (3).
Baldelli Agostino da Castelleone in algebra e geometria
nel R. Liceo del Tronto.
(1) Fu direttore degli studi al tempo della repubblica romana
nel i798.
(2) Dotato di eccellente dottrina e facondo oratore tenne le
più eminenti cariche del suo ordine; poi fu eletto vescovo di PorQ-
rio, Sagrtsta Ponti Qcio. Ne recitò la funebre orazione nel di trigesimo
della morta avvenuta il 23 Marzo i839 il Canonico Prof. Francesco
MiCHBLBSi , stampata a Fermo nella tipografa Arcivescovile del Bar-
tolini.
(3) Il celebre geografo a tutti notissimo.
492 SUE VICENDE tK)STBRIORr E DECADENZA
Banchieri Giotakni da Boma prete della Missione in
giurisprudenza (1).
Barzellotti Giacomo toscano in medicina.
Bracciolahi Giuseppe da Fermo in eloquenza.
Caraffa Innocenzo da Fermo in medicina.
CoRELu Arcangelo da Forlì in lingua francese nel H.
Liceo del Tronto.
Curi Giovanni da Servigliano gesuita in eloquenza (2).
Filippo da Monsampietrangeli min. oss. in teologia.
GlilComini Antonio da Fermo in medicina.
GiUNCHiNi Aldobrando da Fermo in architettura.
Leone Evasio da Casalmonferrato carmelitano in elo-
quenza e storia antica e moderna nel R. Liceo del
Tronto (3).
(1) Apprezzato di molto dal Card. Brancadoro per le sue doti
non comuni di mente e di cuore fu nominato Rettore del Collegio
Marziale. Valse assai anche nelle scienze matematiche, alle quali ini-
ziò molti giovani fermani e fra questi Carlo Andrea Caraffa, che en-
trato poi nella compagnia di Gesù fu una illustrazione del suo or-
dine, specialmente nelle scienze esatte. Morì immaturamente nel 5
Aprile Ì8t7.
(2) Supplì per cinque anni il p. Evasio Leone chiamato a Roma.
Nel nostro Seminario fu professore di 'storia e di teologia e poi entrato
fra i gesuiti lo fu di teologia e di diritto canonico nel Collegio roma-
no» ove ebbe a discepolo V attuale Pontefice Leone XIIL Venuto in
fama di valente oratore meritò essere scelto da Papa Leone XII
per predicare nelle piazze di Roma la preparazione air anno santo
insieme con gì* illustri Finetti, Marchetti, Cadolinì e Monsignor Fo-
scolo. Finì r operosa vita in Roma nel 20 Maggio 1846.
(3) Nel 1802 venne a Fermo professore di eloquenza e di poesia
nella nostra Università per cura del Card. Brancadoro mecenate dei
letterati. Apri il suo corso con una orazione latina detta nelTaula
municipale, la quale non ismenii la fama che lo aveva preceduto
e la sua scuola si rese presto copiosa di alunni. Lesse pure V elo-
gio funebre delP Arcivescovo Monsignor Andrea Mi nu ucci stampato
SUE VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 49^
LocATELLi Giuseppe da Tolentino in disegno.
Magalotti avv. Francesco da Rimini in istituzioni civili
nel R Liceo del Tronto.
Magistretti Biagio da Imola in disegno nel R. Liceo,
del Tronto.
Marchetti Francesco da Montalboddo min. conv. in arit-
metica e geometria.
Mattiou Luigi da Gualdo di Nocera in giurisprudenza.
MicHELEsi D. Francesco da Fermo in eloquenza (1).
Monti Fiuppo da Monsampietrangeli in teologia.
MoLiNELU Gio. Pietro da Bologna in medicina.
Natau Vincenzo da Bologna in chirurgia.
dal fìodoni di lui amicissimo nel iS04. Andò nel iS06 professore
di teologia morale nelP archiginnasio romano, ove disse una latina
orazione in lode del PonteGce Leone X, e poi fece ritorno a Fermo
nel 4809 per insegnare nel R. Liceo. Nel 4813 prese a dirigere il
Giornale del Tronto che fu qui allora fondato, studiandosi di renderlo
ora istruttivo coli* inserirvi notizie dì storia patria, ora piacevole con
ingegnosi versi. Particolareggiate notizie di questo lodatissimo oratore
e poeta si hanno nelle fnemorìB inlomo alla vita ed alle opere di Roano
Uone Carmelitano scrille dall' Aw, Raffaele Db-Minigis, pubblicate in*
oanzi alle sue opere in Ancona dalla tipografia Giuseppe Aureli e
Gomp. 4853.
(1) Tenne lodatamente la cattedra per 24 anni. Oratore di assai
rinomanza predicò nelle principali città d'Italia, ove grandi onori
raccolse, lasciando in ogni luogo alta estimazione e non minor desi-
derio di sé. Profondo teologo, giurisperito e gentile poeta venne ono*
rato di molti accademici diplomi ed ascritto nel Collegio legale dei
dottori. Fa canonico della insigne Collegiata di 8. Michele Arcangelo,
sostenne molte ecclesiastiche incumbenze, e mori nel 4 Ottobre del
1842. Si hanno di lui diverse operette a slampa, che rivelano il suo
ìogegoo e la sua valentia neirarle del dire, fra cui le orazioni funebri
dei fermani Card. Carlo Andrea Pelagillo, Card. Cesare Branoaduro
e Monsignor Giovanni Augustoni. Una modesta pietra nella chiesa di
S. Michele Arcangelo fu posta sulla sua tomba. V. R. DB-Mmtais,
i$er. ferm. N. 433.
494 SUE VICENDE POSTERIÒHI E DECADENZA
Pascasio di S. Verecondo da Verona agostiniano scalzo
in fisica e stx)rìa sacra.
Petrilli Angelo da Roma ex gesuita in eloquenza*
pLAcci Giuseppe da .... in fisica nel R. Liceo del
Tronto (1).
PuHGiLEONi Luigi da ... . min. conv. in eloquenza.
Ranaldi Domenico da Macerata in chimica e storia na-
turale nel R. Liceo del Tronto (2).
Ricci Alessandro da Fermo in pittura lineare (3).
Rossi Luigi da Piacenza in logica e filosofia morale nel
R. Liceo del Tronto.
SciPiONi Saverio da ... . in geografia e storia romana.
(1) Mentre insegnava a Fermo pubblicò a Vicenza, tip. Parise
4809, un* operetta intitolata: Sul meccanismo delia pronuncia ndla lin-
gua italiana, - Osservazioni - Raffaele Lambbuscbini ( Guida dell* Edu-
catore, Anno primo 1836 a pag. 315) fa osservare, parlando di questo
libro, che avanti CafTore un italiano ha sottoposto ad un'analisi rigo-
rosa la formazione della parola e ha indicato con minutezza e pre-
cisione ammirabile V ufficio di ciascun organo dalla glottide fino allo
labbra nel pronunciare ogni vocale ed ogni consonante dell'alfabeto
italiano; lo chiama prezioso e degno d'essere attentamente letto. Al
Placci successe nella cattedra il Balbi.
(2) Combattè come volontario nella compagnia dei cacciatori au-
siliari italiani nell* assedio di Ancona sotto il General Mounier, e poi
fece parte dell* esercito Napoleonico col grado di chirurgo di prima
classe. Medico prestantissimo fu tenuto meritevole di reggere i due
più rinomati nosocomi di Firenze e di MHano : qui in Fermo so-
stenne molti pubblici incarichi e per le solerti sue cure sorse la no-
stra Accademia agraria, ove lesse e pubblicò opere utili e commen-
date. Mori il 24 di Marzo del 1865 nella grave età di anni 95. V.
Curi Vincenzo, Elogio funebre del Prof. Domenico Ranaldi nelle solenni
esequie rinnovale il 27 Aprile i865 nella cfùesa di S. Ignazio in Fermo,
Fermo 1865 tip. dei fratelli Ciferri.
(3) Ultimo della serie dei pittori di questa famiglia fermana,
che furono Ubaldo, Natale, Lucia, Filippo.
SUB VICENDE POSTERIORI E DECADENZA 495
Silvestri dott. Giuseppe da Fermo in agraria e botanica
nel R. Liceo del Tronto (1).
SixEONi Felice da Rieti in giurisprudenza.
SiMoxETTi GiovAKin Luioi da Falerone in geografia e
storia romana.
Tayecchi Olimpio da Roma in giurisprudenza.
ToxBOLiNi Vincenzo da Porto San Giorgio min. conv. in
fisica e matematica (2).
Tresani Filippo da Monsampietrangeli min. conv. in
filosofia.
Yàleruni Orazio da Montelparo in agraria e botanica
nel R. Liceo del Tronto.
Vincenzo da Montegranaro min. osser. in filosofia.
Woller Felice da Roma in chirurgia.
(1) A questo scienziato fermano morto nei 1811 ai fecero so-
lenni funerali coli* intervento dell* intero collegio dei Profesf^ori ed il
Leone ne tessè il funebre elogio. A lui successe nella cattedra il
Val eri ani.
(2) Fu anche membro del collegio teologico e filosofico e assai
riputato nelle scienze che coltivò sempre con amore. V. Fagotti D. Fb-
DBRiGO. Elogio funebre del Reverendissimo P. Maestro Vincenzo Tombolini
M, C. leilo nella chiesa di S. Francesco di Fermo per le esequie deil' an-
niversario a dì i5 Aprile 1864, Fermo pei tipi dei fratelli Ciferri 1864.
V.
STATO FRBSSNni DSaLI STUDI
Se Fermo perdette la Università non mancò di ser-
bar mai sempre gelosamente le tradizioni letterarie e
di promuovere in ogni guisa V istruzione , che aveale
procacciato la invidiabile rinomanza di dotta. Ma pria
di presentare come in un quadro lo stato attuale dei
suoi studi, non panni fuor d' opera dire una parola in
generale sulle nostre Marche. Questa bella regione dalla
benigna natura privilegiata di balsamico aere , di sole
sempre benefico e fulgente, di pianure e di colli ricchi
di viti e di olivi e bagnata dalle onde del ridente
Adriatico fii sempre culla di grandi uomini nelle scien-
ze, nelle lettere e nelle arti; ed in fatto d' istruzione
sta forse sopra a molti paesi italiani, non certo al di
sotto di alcuno. Vi fioriscono al presente tre Università,
dieci licei, sedici ginnasi, cinque istituti tecnici, ven-
titré scuole tecniche, cinque tra scuole normali e magpistrali,
sette convitti maschili, molti femminili, un istituto di
belle arti, una scuola ed un istituto d'arti e mestieri, dieci
accademie, due^licei musicali, di cui uno, il Pesarese, col
cospicuo patrimonio di Gioacchino Rossini diverrà tale da
non temere rivali o da richiamare un po' piti l'atten-
zione dell' Italia su queste provincie, alle quali manca
pon il valore ma V arte di farsi valere. Ha inoltre in
STATO PRESENTE DEGLI STUDI Ì97
Roma un Collegio detto Piceno per gli studi superiori (1).
In ordine all' istruzione primaria le ultime statistiche
segnano circa 1500 scuole elementari tra pubbliche e
private , maschili e femminili , non calcolando 1' istru-
zione data alle persone adulte nelle scuole notturne e
festive ed alle ecclesiastiche nei loro speciali istituti
d' insegnamento e di educazione che han sede quasi
in ogni città. I Marchigiani adunque han fatto e fan-
no molto, checché ne dicano certi saccenti, i quali
tengono in si poco conto le Marche senza conoscerle
solo per il mal vezzo pur troppo assai comune di cri-
ticar tutto e tutti, avvisando di darsi così quel tono,
che non potrebbero avere altronde.
Fermo fu essa da meno delle altre città consorelle
nel curare la istruzione ? Se la carità del natio loco non
mi fa velo all' intelletto, a me sembra di potere franca-
mente rispondere che no. Difatti essa possiede i se-
guenti istituti di istruzione ed educazione. — H R. Li-
{{) Il Collegio Piceno fa fondato in Roma dai Marchigiani nel
secolo XVII a beneficio di dodici giovani delle Marche, i qaali ivi
per cinque anni potessero attendere agli studi delle facoltà legali e
di medicina. Questa bellissima istituzione prosperò lungamente, ma
poi andò scadendo non per modo che anche oggidì non rimangano
alcuni lasciti amministrati insieme coi beni di una confraternita an-
nessa alla Chiesa di 8. Salvatore in Lauro. Dopo il 1870 molti Mu-
nicipj e Congregazioni di Carità delle nostre Marche si sono occupati
di rivendicarne T amministrazione, ma per ora invano; giova sperare
che vi si riesca alla perfine coir appoggio del Governo, e vengano
poi conferiti i posti con sani criteri giusta lo spirito della istituzione
di render giustizia al merito e di soccorrere i meno agiati. V. Riven^
dieatione del ColUgio Piceno in Roma, ^> Relazione della Commissione
inlerprovineiale marchigiana. Ancona, tipogr. del Commercio i879.
Archiv Stor. March. [\ l 32
498 STATO PRESENTE DEGLI STUDI
ceo denominato Annibal Caro (1), uno dei tre fondati
con Decreto 6 Novembre 1860 dal R. Commissario
straordinario delle Provincie delle Marche Lorenzo Va-
lerio (2), ordinato poi a tenore della legge 13 Novem-
bre 1859 al principio dell'anno scolastico 1861-62. —
Il Ginnasio comnnitativo sorto sul finire del 1860, che
con Decreto Ministeriale del 4 Luglio 1873 meritò di
essere pareggiato ai Regi (3). — La scuola tecnica
comunitativa fondata con risoluzione consiliare dal 3 Mag-
gio 1872 ed aperta nel Novembre di detto anno. — Le
scuole elementari maschili e femminili, serali per gli
adulti e domenicali femminili. — Tre scuole rurali, una
a Torre di Palme, V altra a Capodarco, la terza a S. Giro-
lamo. — Tre asili in£sintili (4). — Scuole musicali (5).
(1) Ad Annibal Caro e Giacomo Leopardi glorie Picene furono
innalzate il 25 Giugno 1876 nel Piazzale Àbramo Lincoln due slaiae
lavoro del Gomm. Prof. Odoardo Tabacchi per nobi!<) pensiero del
giovane Conte Lorenzo Maggiori morto il 21 Settembre 1872, avendo
egli a tale scopo legato L. 5000 al nostrti Municipio, il quale poi con-
corse alia spesa.
(2) Gli altri due sono il R. Liceo Leopardi di Macerata, il R. Liceo
Perticari di Senigaglia.
(3) Dal nostro Liceo e Ginnasio sono usciti molli giovani che già
fatti uomini danno bel saggio del loro ingegno e del loro sapere
nelle diverse professioni da essi prescelte, e percorrono una brillante
carriera.
(4) Bono denominati Regina Maria Adelaide — Regina Maria Pia
— Principessa Clotilde. — La pietosa opera fu eretta per cura del
Municipio il 18 Settembre 1861.
(5) La nostra città anche neir arte musicale ha molta rinomanza.
La scuola degli istrumenii da corda fu tenuta lungamente dal nostro
concittadino Alessandro Marziali, violinista esimio e abilissimo diret-
tore d* orchestra, che fece molti buoni allievi. La scuola di canto dal-
l'altro nostro concittadino Francesco Cellini uno dei rari maestri del
vero canto italiano, cui si deve la gloria di aver dato ai migliori tea-
STATO PRESENTE DEGLI STUDI Ì99
— Un istituto d'arti e mestieri con convitto, unico in
tutta Italia, di cui ha parlato testé con assai lode quel-
la celebrità italiana, che è il Senatore Rossi giudice in
materia competentissimo, dopo averlo visitato nel Maggio
del 1877, proponendolo a modello per la istituzione di
una scuola industriale a Vicenza, alla cui spesa dichia-
ra generosamente di voler contribuire con ingente som-
ma (1). ^ L' istituto di Fermo (egli dice) ci offre
quindi un concetto abbastanza esatto , anzi in qualche
parte migliorato, delle scuole francesi. Da dodici anni
io ne ho seguito con grande attenzione lo svolgimento,
utilissimo, bench^^ colpito d' anemia, ne feci menzione
nelle mie note sulla Esposizione del 1867 a Parigi, lo
ho minutamente visitato nella scorsa primavera, vi
mandai alcuni allievi, ne possiedo degli uomini fatti e
che occupano una posizione distinta nelle mie industrie.
— È questa la scuola che io vorrei fondare a Vicenza,
scuola secondogenita, ma nella pienezza dei mezzi e nel
posto che le compete e tale che valga a rinforzare ed
onorare la scuola primogenita e tipo, scuola più che di
provincia^ di regione, ossia del Nord d' Italia , come
quella di Fermo sarà del centro, in attesa che una terza
tri del vecchio e nuovo mondo una schiera di grandi artisti: basterà
ricordare il fanese Antonio Giuglini ed i fermani Francesco e Ludo-
vico Graziani, Enrico Fagotti e Maria Biancolini. Per sussidiare que-
sta scuola legò ogni suo avere il benemerito Carlo Mora mancato il
13 Luglio 1874. V. Cubi. Elogio funebre di Carlo Mora nobile fermano,
letto nel tempio di 5. Ignazio in Fermo per l'esequie dell'anniversario,
addi i3 Luglio i875. Fermo, stab. tipogr. fìacher.
(1) Proposta per la istituzione di una scuola industriale a Vicenza,
lettera del Senatore Alessandro Rossi ai suoi colleghi del consiglio provine
ciate. Padova, stab. Prosperi ni 1877.
300 STATO PRESENTE DEGLI STUDI
si fondi nel mezzogiorno a complemento „ (1). — Inol-
tre ha un Convitto Nazionale inaugurato il 3 Novembre
1862 — tre educandati per le femmine, la cui cultura
non è mai abbastanza raccomandata , essendoché ninno
ignora, come il benessere e la civiltà di una generazione
si producano per due quinti dall' uomo e per tre quinti
dalla donna , che prepara V avvenire della nazione —
un' accademia agraria istituita nel 1848, alla quale è
annessa una scuola di agricoltura e zootecnia con podere
sperimentale, gabinetto geoponico ed una scelta biblioteca
(l) Pei lasciti del Gomm. Girolamo Gonte Montani fermano e
della Gontessa Margherita sua consorte fu nel 1854 fondato questo
stabilimento per alimentare e istruire i tìi>li dei povero e si deno-
minò opera pia Montani 11 R. Commissario Straordinario delle Marche
Lorenzo Valerio con decreto dell' 8 Gennaio 1861 N. 743 dette nuovo
impulso e nuovi mezzi a quest* opera di beneticenza, affinchè meglio
corrispondesse allo scopo e divenisse di vera utilità non solo alla città
di Fermo, ma anche a tutte le provi ncie delle Marche. Agi' incorag-
giamenti del B. Gommissario prontamente risposero la provincia ed
il comune, e T istituto prese un nuovo indirizzo. Quale ne fosse il
risultato ce lo dice lo stesso Senatore Rossi nel citato opuscolo, e Dal
registro degli alunni della scuola di Fermo veggo che 407 vi sono
entrati dal 1863 epoca dell'apertura. — Veggo che vi 'giungono da
tutte le parti d'Italia, ma dal Nord molto più numerosi, e che vi
sono mandati da costruttori, da industriali, alcuni cospicui, da capi
fabbrica, ecc. tutti competenti. Quando la coscrizione li chiama, la
più parte di essi sono collocati nelle officine d'artiglieria, del genio
e della marina. — Veggo, che tutti quegli alunni che vi hanno com-
piuto l'intero corso, e non sono meno di 150, hanno comincialo la
loro carriera come semplici operai nei diversi opiQci, ma nessuno vi
è rimasto operaio; tutti ascesero, chi più chi meno secondo ì servigi
realmente resi, i diversi gradi della scala dei laboriosi; alcuni sono
già direttori, uno lo è anche di una primaria fabbrica del lanificio
Rossi. > Ai generosi istitutori Montani tanto della patria e della ci-
viltà benemeriti pose il Municipio una lapide nel prospetto interno
dell'Istituto.
STATO PBESENTE DEGLI STUDI 501
d' agraria e di scienze afl&ni (1) — una società storico-
archeologica delle Marche fondata nel 1873, che vanta
nel suo albo i più illustri uomini italiani e forestieri (2)
— una biblioteca ricca di ben settantamila volumi fra
i quali molti preziosi cimeli ed una collezione di sto-
rie municipali così numerosa, che eguale non ebbe
a trovare il Mommsen nelle primarie città d'Italia (3).
— È da notare in fine che vi ha scuole interne e
speciali nel seminario Arcivescovile ed in alcuni degli
istituti di beneficenza, di cui la città nostra è fornita a
dovizia, come neir orfanotrofio e brefotrofio maschile e
femminile e nella povera casa di ricovero. Il numero
poi di coloro che in questi istituti, comprese alcune
(1) V. Statuto per l' accademia agraria provinciate di Fermo. Fermo
dalla tip. Pacca^assi 1848. Per sua cara sono stale p&bblicate diverse
disserlazìoni lette dai soci. (Fermo, tip. de' fratelli Ciferri li 26 Gen-
naro 1862); si fanno annualmente premiazioni ad incoraggiamento
dell* agricoltura, e si deve pure ad essa il felice pensiero di una espo*
sizione agricola» industriale, artistica, eseguita in Fermo nel Setlem-
bre del 1869, che ottenne uno splendido successo e le lodi dei mol-
tissimi visitatori, ì quali ammirarono la riuscita di questo tentativo,
il primo esempio nelle Marche, ed il progresso dell* agricoltura e delle
industrie nella nostra Provincia.
(2) V. Sociefà Storico ' Archeologica delle Marche, Statuto organico.
Fermo dalla tip. Bacher 1873. Questa società ha pubblicato due vo-
lumi dei suoi atti, il primo nel 1875. Rocca S. Gasciano, stab. tip.
di F. Gappelli; il secondo nel 1877, Fermo stab. tip. Bacher.
(3) Oltre il Municipio che ha in ogni tempo curato di accrescerla
e recentemente acquistato la copiosa e scelta librerìa delPAvv. De
Minicis, anche i privati vi hanno generosamente concorso. Romolo
Spezioli lasciò alla nostra biblioteca i molti e preziosi suoi libri, Mi-
chele Gatalani 105 volumi di opero ragguardevolissime, e non ha guari
il giovane Gonte Lorenzo Maggiori un legato di L 50U0, il Gonte
Alessandro Evangelista di scudi 1000, da ultimo TAvv. Giuseppe
Otlaviani 2000 e più volumi. Il Gonte Evangelista, al nobile inten-
502 STATO PRESENTE DEGLI STUDI
scuole private, ricevono quotidianamente U pane dell" in-
telligenza ascende a oltre 1700, la qual cifra rappre-
senta quasi il quarto della popolazione interna di Fermo.
Se sorgente prima di civiltà e di utilità morale e
materiale (• la pubblica istruzione, molta lode e ricono-
scenza merita il nostro Municipio che in ogni tempo ebbe
in cima de' suoi pensieri di estenderla in ogni classe
di cittadini per bandire 1' ignoranza ed ottenere quella
luce tanto da alcuni temuta. Ed a tal uopo apparec-
chiò magnifici locali per gì' istituti , assegnando anche
posti gratuiti, forni vaste scuole ed una palestra ginna-
stica, e ne provvide esuberantemente il materiale; com-
pletò il corpo insegnante con buoni professori e maestri;
stanziò sussidi e venne in soccorso dei fanciulli poveri
con libri scolastici , non peritandosi di portare nel suo
bilancio la spesa per la pubblica istruzione alla ingente
somma di circa L. 45, 000, senza parlare dell' istituto
d' arti e mestieri, che ^ amministrato separatamente e
spende una somma di gran lunga superiore.
Da quanto abbiamo fin qui ragionato si par mani-
festa la nobiltà e la prestanza di Fermo , ove la luce
della scienza cominciata a risplendere , quando altrove
ijimciito di promuovere gli studi di storia paina legò eziandio al Mu>
nicipio scadi 40 annui in perpetuo da darsi in premio a quel cittadino
fermano che pres^enieri la miglior memoria scritta intorno ad un sog-
goUii patrio, sia che riguardi qualche tratto dolta storia genenile ili
Fi-rmu, sia che si lìmiti nel descrivere la vita di taluno degli illustri
ciUndini. — Il preseme lavoro olknne il premia nd concorsu per l'anno
1876, in teguilo al vrh della commistione nominala dal ilunieipio nrllt
peeson» dei e/iiiiri.ttinti signori Civ. Ave. Giuseppe Fraeasseiii, Ah. Antonio
ihnitlì, .Vateh. Cai: Cesare Trtvisini relatore.
Stato pbesente degli studi 503
eran fitte le tenebre dell' ignoranza, non venne mai me-
no. Questo pregio singolare però da tutti, i governanti ri-
conosciuto sempre ed apprezzato non valse in questi
ultimi tempi a camparla da gravi ingiustizie, contro le
quali indarno fino ad ora si è levata alto la voce.
Che se i fati non consentono che le sia fatta ragione,
curiamo di continuare nella coltura delle scienze, delle
lettere e delle arti per salvare almeno questo glorioso
patrimonio, unico che ci è rimasto, e cosi ci mostrere-
mo degni de' nuovi tempi, della civiltà, delle lìbere isti-
tuzioni.
Ed eccomi al termine del mio qualsiasi lavoro , di
cui avrò riportato premio grande , se dalla lettura di
queste pagine avvenga, che i nostri istituti d' istruzione
ottengano favore presso il R. Governo; che la fervida
gioventù, della quale veggo quelli abbondare, abbia uno
stimolo efficace a dar opera ai buoni ed utili studi; che
in fine alcuno sia spronato a scrìvere piii ampiamente
e con maggiore dottrina su questo nobilissimo argo-
mento.
%
AVVERTENZA
Mentre si stavano etampando le presenti notizie storiche ^ Tenuto
alla luce nn dotto lavoro àì Ricenrdo Forster professore nella L'uiver-
Bità di Rostock sopra Francesco Zambwcari e le lettere di Libanio c<d
titolo < Francesco Zambeccari uiid rfi'.' Briose rf« Libanios. Ein Bfitrag
sur Krilik des Libanios ttnd iwr Grsrbichle àer PhiMogie. Stuttgart.
Verlag vod Albert HeiU 1878. > Ivi trovansì i versi latini dello Zam-
beccari diretti a ringraziare il popolo fermano del vessillo ricevuto in
dono, riscontrati con altro foglio del codice Vaticano 75'', dove si ha
r ultimo distico che osservammo mancare nella nota relativa a Fran-
cesco Zambeccari in fine del Cap, II, ed f> il sejtuente;
Sii saiis: a parrà venientia multerà dextra
AceipiuMt placida tiiiniinT magna manu.
In detta opera è riportata pure nella sua integrità la lettera del-
l' anonimo tolta dal Codice Harleiano 2Ò61 fogl. 22\'' che parla dello
Zambeccari e di Mariano da Montefalconp. Sebbene quel patre meo
aggiunto a Mariano indurrebbe a congetturare, come dicemmo, essere
autore della lettera Fabrizio tìglio di Mariano, che fu ripetitore e poi mae-
stro anch' esso ia Fei'mo, pure oltreché par strano che un figlio sia chia-
mato a dar giudizio sul valore del proprio genitore, questo supposto
trova ostacolo nel complesso della lettera, massime in espressioni, che
riferiscono piuttosto a vìncoli di amicizia che di sangue. Che l'abbre-
viatura pre (patre) del codice voglia dir proeceplore, o praecnsore?
DOCUMENTI
1.
Brano del Capitolare dell' Imperatore Lotario I dato in
Olona nell' 825 estratto dai Monumenta Germaniae histo-
rica FoL III pag, 248 fad, Georgius Parti Hannoverae
MDCCCXXXF, A ulici Hahniani), con cui fu instituito lo
Studio centrale in Fermo.
Lhotarii constitutiones Olonnenses
Incipìl capilula quod doronus imperator sexlo anno im-
perii sui ad generale placilum insliluil curie Holona.
6. De doclrina vero, quae ob nimiam incuriam alque
ignaviani quorundam praepositorum , cunctis in locis esl
fundilus exlinla, placuit ui sicut a nobis conslilulum est, ila
ab omnibus observclur; vìdelicel ut ab bis qui nostra dispo-
silione ad doccndos alios per loca denominata sunt constituti,
maximum delur studium , qualiter sibi commissi scolastici
proGciant, atque doctrinae insislant , sicut presens exposcit
necessitas. Propter opportunitatem tamen omnium apta loca
distincte ad hoc exercitium providimus , ut dìffìcullas lo-
corum longe positorum, ac pauperlas, nulli foret excusatio.
Id sunt: Primum in Papia conveniant ad Dungalum , de
Medìolano, de Brixia, de Laude, de Bergamo, de Novaria, de
Vercellis, de Tertona, de Aquis, de lanua, de Aste, de Cu-
506 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERUO
malo. Eporegia ipse episcopus hoc per se facial. In Taurinis
conveniaot de Vinlimilìo, de Àlbìngano, de Vadis, de Alba,
lo Cremona discant de Regia, de Placenlia, de Parma, de
Mulina. In Florenlia de Tuscia respicìanl. In Firmo et de
Spoletìnis civitatibus conveniani. In Verona de Manlua, de
Trienlo. In Vincenlia de Palavis^ de Tarvisio, de Fellris, de
Ceneda, de Asylo. Reliquae civitales Forum Julii ad scolam
conveniani (*).
2.
Bolla del Pontefice Bonifacio Vili data a Boma il 16 Gen-
naio del 1303 riportata dal Cherubini nel Bollano
Bomano al Tomo I pag. 179 ediz. di Lusemburgo^ colla
quale venne decretata la erezione dell' Università degli
studi in Fermo.
BoNiFATius Episcopus
Servus Servorum Dei
Ad PERPETUAI! REI MEMORIAM
In supremae dignitatis aposlolicae specula superni di*
spensatione consilii, licei immerili, consliluli ad universas
fidelìura regiones Nobis credilas , eorumque profectus , et
comraoda tanquam universalis gregis dominici Paslor, com-
missae Nobis speculationis aciem quanlum Nobis ex alto
permittilur exlendentes, fidelibus ipsis ad quaerendum lite-
rarum studia , per quae divini nominis , suaeque fidei Ca-
tbolicae cultus protenditur, justilia colitur, tam publica quam
privata res gerilur utiliter, omnibusque prosperitas humanae
conditionis augetur, libenter favores gratiosos impendimus,
et oportunae commoditatis auxilia liberaliter impcrtimur.
(*) Mi è pitcioto di ttlenermi Illa oomintta edizione, anziché ti Vartlori,
cbe riporti Io stesso capitolare nel!* opera « Rerum itaiiearum SeriptorùM »
Tom I. parte 9., per ragione della maggior esattezza.
DOCUMENTI 507
Cum*ilaque nuper prò parie dileclorura lìliorutn Cora-
rnunilalis, el hominiim Cìviialis noslrae Fiimanae Provinciae
Marchiae Anconilanae proposilum fucrii coram Nobis, quod
ipsi non solum ad ulijilalem el prosperilalem hujusmodi
Reipublicae, ac Incolarum, Caslrorum, el Terrarum eis sub-
jeclarun), sed eliam aliariim pnrlium vicinarum laudabililer
ìnlendenles in Civilate Fìrmana lanquam in insignioii loco, el
magis ad hoc commodo, el idoneo, cuìque aeris vigel lem-
peries , viclualium uberlas , exlerai umque rerum ad huma-
num usum perlinenlium copia reperilur, desiderenl plurimum
fieri, el ordinari per Sedem Aposlolicam Sludium generale
in qualibel licila facuUale, ul ibidem fides ipsa dilatelur,
erudianlur sìmplices, aequilas servelur, judicii vigeal ralio,
illumincnlur menles, el inlelleclus hominum illuslrenlur.
Nos praemissa, el eiiam eximiam fìdei el devolionis con-
slantiam, quam ipsì homines, el Comunilas ad Nos, el San-
clam Romanam Ecclesiam , Gdemque calholicam gerere
dignoscunlur, aliente consideranles, fervenli desiderio iiidu-
cimur, quod Civiias ipsa scienliarum ornelur muneribus, ila
ul viros producal consilii malurìlale conspicuos , virtulum
redimilos ornalibus, ac diversarum facullaluni dignilalibus
erudilos, de quorum pleniludine haurianl universi, lilera-
rum cupientes imbui documenlis. lis igilur omnibus , el
praeserlim idoneilale diclae Civiialis, quae ad mulliplicaoda
sanae doclrinae semina, el germina salularia producendum
magis congrua el accomoda inter alias Civiiates.Terras, Loca»
el Oppida diclae Provinciae fore dicilur, diligenti examina-
lione pensalis, non solum ad ipsius Civiialis, sed eiiam Re*
gionum circumiacenlium Incolarum commodum^elprofeclum
palernis affeciibus anhelanles praediclorum Gomunilalis,
el hominum in hac parie supplicalionibus inclinali ad lau-
dem divini nominis , el fìdei propagalionem orihodoxae
auclorilale Apostolica slaluimus, el eliam ordinamus, ul in
eade:n Civilate de coderò sii Sludium Generale adinslar
sludii Bononiensis , illudquc perpeluis temporibus inibì vi-
508 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FEBMO
geat tam in Theologia, Jure Canonico, ac Civili el^Artibus,
quam alia qualibet licita facultale , quodque legenles , et
studentes ibidem omnibus privilegiis, liberlatibus et imma-
nilalibus concessis Magislris in Theologia, ac Docloribus le-
genlibus, el siudenlibus commoiantibus in Sludio Bononiensì
gaudeanl, et utanlur
Et quod illi, qui processu lemporis bravium meruerunt
in illa facultate , in qua sluduerunl, obiinere, sibique do-
cendi licenliani, ut alios erudire valeanl, ac Magisterii, seu
Doctoratus honorem pelìerint elargìrì , per Magistrum , seu
Magistros , vel Doctores illius facullalis, in qua examinatio
fuerit facìenda, Venerabili Fralri Nostro Episcopo Firmano
prò tempore existenti, vel ejus suffìcienli el idoneo Vicario,
quem ad hoc idem Episcopus duxerit deputandum, Ecclesia
vero Firmana vacante, illi, qui ad hoc per dilectos fìlios Capi-
tulum ipsius Ecclesiae Firmanae depulalus extilerit, praesen-
tentur; idemque Episcopus, aul Depulalus, ut praeferlur ,
Magislris, el Docloribus in eadem facultate actu ibi legen-
libus convocalìs , illos in iis quae circa promovendos ad
Magislerii seu Doctoratus honorem requiranlur juxla mo-
dum, et consueludinem , quae super talibus in generalibus
Studiis observantur, examinare sludeat diligenter, eisque, si
ad hoc sufficientes el idonei reperti fuerinl, hujusmodi ii-
cenliam iribual, et Magisteri!, et Doctoratus honorem con-
ferai, et eliam largiatur.
Illi vero, qui in eodem sludio dictae Civilalis examinali,
et approbati fuerinl, ac docendi licentiam, et honorem hujus-
modi obtinuerint, ut est dicium, ex lune absque examine, et
approbalione alia, legendi et docendi tam in praediclo ip-
sius Civilalis, quam in singulis aliis generalibus Studiis, in
quibus voluerint legere, et docere, statutis, el consuetudini-
bus quibuscumque contrariis Apostolica auclorilale , vel
quacumque firmilale alia roboratis nequaquam obstanli-
bus, plenam el liberam habeant facultalem.
Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae
DOCUMENTI 500
coDslilutìonis, etordinalionìs infringere, vel e! ausu temerario
contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpseril indi-
dignhtioncin Omnipotentis Dei, et Beatorum Petri et Pauli
Apostolorum ejus se noverit incursurum.
Dalum Romae apud Sanctum Petrum XVII Calendas Fé-
bruarìi Pontificatus Nostri Anno Nono.
F. De MONTOPOLITANO
3.
Breve del Ponle/ice Calisto III dalo a Roma il 26 Giugno
1455 riportato nel sommario della causa e Hrmana con-
oessioniiin pag. 109 > prodotto avanti la S. Rota V an-
no 1769^ col quale venne confermata la detta Università.
Calistus Episcopus
Sebvum Sebvorum dei
Dilectis Filiis Comunilali, et Civibus Civitatis Nostrae
Firmanae salutem eie.
Tanta est Vestra erga Nos, et Romanam Ecclesiam devotio-
nis, et fldei costantia, tot etiam sunt Vestra erga Sedem Apostò*
licam merita, ut dignum, et juxtum esse arbitremur, quod ea
Vobis favorabiliter concedemus, quae commoditatìbus vestris
Tore conspicimus opportuna. Cum itaque dudum fel. Nec. Nico-
luusPapaQuintusPraedecessorNostervobisLitterasApostolicas
concesserit tenoris subsequenlis, videiicet, ommissis etc.Nos
non minori Liberalitale Vos omnes paterna benevolentia prose-
quentes, ac ipsam Fidem et devotionem Vestram pariter, et
merita io dies erga nos, et eamdem Sedem magis, magisque
augen; sperantes Litteras praefati Praedecessoris, nec non om«
510 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FEHMO
nia cjlia privilegia, indulla, gralias, et immunilates per alios
Romanos PonliGces Praedecessores Nostros, et praeserlini per
Bonifacium Papam Vili eliam Praedecessorem nostrum, ut Stu-
dium generale in Civitate vestra retìnere valealis, acperquos-
cumque Sedis Apostolicae Legatos, seu Nuncios, usque a
dal. praesentiura Vobis concessa, ac si de privilegiis, indultis,
gratiis, et immunitnlibus hujusmodi praesentibus de verbo,
ad verbum facta essel menlio specialis Auctoritate Aposto-
lica, et certa scientia approbamus, et confìrmamus, ac iuribus
subsislere decernimus, supplentes omnes defectus, si qui
intervenerint in eisdem , et nihilominus Vobis ut centuni
ducatos singulo anno usque ad octo annos habeatis in
talleis futuris p'^r nos Camerae Apostolicae persolvendis
coniputandos quos, et alios pio slatu dictae Ecclesiae prò
Jacoho Geguani de Mandalo Dilecti Filii Ludovici tiluli
Sancii Laurentii in Damaso Presbiteri Cardinalis Camme-
rarii Nostri persolvistis, et Vobis per dictum Nicolaum Prae-
decessorem minime satisfactum fui, tenore praesentium ea-
dem autoritate concedimus. Nec non considerantes dictae
Civitatis diminutionem, ac domorum devastatiooem , et de-
populationem, ac plurimum Castrorum et Locorum combu-
stionem tempore redentionis dictae Civitatis ad veram ip-
sius Romanac Ecclesiae fidelitatem, ne diligenter animadver-
tenles quaemadmodum fide digno percepimus testimonio,
quod muri praefatae Civitatis magna reparatione indigcre
noscuntur, ut Vos ipsos in l^rma, et costanti ipsius Romanae
Ecclesiae obbedientia conservare possitis, quaemadmodum in
Domino speramus , atque confìdiinus, etiam Vobis centuni
et quadraginta quinque florenos inonetae currentis singulo
unno usque ad decennium ex tallei^: praefitlis remictimus et
relaxamus, ac remissos et relaxatos esse volumus per prac-
sentes, et insuper, ut hae praesentes Licterae ac omnia in eis
contenda debitum sortìaniur efTectum omnibus, et singulis Le-
gatis, ac Gubernatoribus, Thesaurariis, et Rectoribus nec non
Officialibus nostris, et d. Sedis, ubilibet constitutis per Aposto-
DOCUMENTI 5 ( 1
lica Scripta mandamus quatenus, omnia praemissa perpetuo
diligenter observent el observare leneanlur, et debent, ac ab
aliis inviolabiter faciant observari. Nos enim quidquam con-
tra praemissa, vel quodiibet praemissorum gestum, aut qua-
vis auctoritate scienter, vel ignoranler forsan attentntum fuerit
harum serie dccernimus nullius roboris, vel momenti. Nulli
ergo omnino bominum liceat hanc paginam Nostrarum ap-
probationis, confirmationis, conslitutionis, suppletionis, con-
cessionis, remissionis, relaxationis, volunlstis, el mandati in-
fringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem
hoc attentare praesumpserit indignationem Omnipotentis Dei,
et Beatorum Petri , et Pauli Apostolorum ejus se noverit
incursurum.
Da<um Romae apud Sanctum Petruuj anno 1455 sexto
Kalendns Julii Pontificatus Nostri Anno Primo.
L. DB Castblliano
4.
Bolla del Ponlefice Sislo Fdaia in Roma il 13 Setlembre i5S5,
riportata nel sud. Bollario Romano Tom. Il pag. 536^
eolla quale venne decretata la restaurazione della fermona
Università.
SixTUs Episcopus
Servus Servorum Dei
Ad PERPETUAI! REI MEMORIAM
Huneris nostri debito incumbit , ut ad ea propensiori
cura intendamus, per quae litterarum studia propagentur,
studiorumque generalium Collcgia , et Universitates , unde
scieotia ipsa, et praesertim juris utriusque prudentia, sine
512 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
qua Respublìca rite administrari nequirel, et per quam ju-
stìlia uadique colilus, et omnis prosperitas humaDae erudi-
tionis augetur, ìastitunnlur, et bis, quae propteraea a Ro-
manis PontiOcibus pracdecessoribus noslris Civiiatibus, illa-
rumque Civibus iacolis, et personis, praeserliin Nobìs, et Sedis
Apostolicae temporali dilioni subiectis provide processerunt,ul
firma, perpetua, et illibata persistantJmplementumAuctoritalìs
nostrac subsidium libenter impertiamur, illaque nonnumquam
innovemus, nliasque desuper disponamus, proui Civitatura,
et hominum praedictorum singularis erga dictam Sedem
devotio, et merita exposcunt, atque requirunt, et Nos conspì-
cimus in Domino salubriler expedire.
Sane, cum sicut accepimus, alias postquam felicis recor^
datioois Bonifacius Papa Vili praedecessor noster, certis lune
expressis causis adductu^,ac supplica tionibus dilectorum filio-
rum tunc existentium Communitalis, et hominum Civiiatis no-
strae tunc suae Firmanae inclinalus per quasdam statuerat
et ordinaverat , ut in dieta Civitate extunc esset unum
Studium generale ad instar Sludii Bononiensii; illudque per-
petuis temporibus ibi vigeret tam in Theologia; Jure Cano-
nico, et Civili, ac Artibus, quam alia qualibet licita facultaie,
quodque legentes, et studentes in eo omnibus privilegiis,
libertatibus et immutalibus dileclis filiis prò tempore exi-
stentibus Magistris in Theologia, ac Doctoribus legentibus,
et studentibus necnon in dicto Sludio Bononiensi commo-
rantibus concessis gauderent, et ulerentur. Ac quod illi, qui
successu temporis bravium mcrorentur in illa facultaie, in
qua studuissent, obtìnere, sibique docendi licenliam, ut alios
erudire valercni, ac Magisterii, seu Docloratus honorem elar-
gir! peterent, per Magistrum, seu Magislros, vel Doctores
illius facultatis, in qua examinatio fienda esset, prò tempore
existenti Episcopo Firmano, vel seu sufficienti et idoneo
in spiritualibus Vicario, generali quem ad id Episcopus prò
tempore existens huiusmodi duceret deputandum. Ecclesia
vero Firmana vacante, illi, qui ad id per dilectos fìlios Ca-
DOCUMENTI 513
pitulum ipsius Ecalesiae deputatus essel , praeseularentur;
Idemque Episcopus, aut Deputatus, ut praefertur, Hagislris, et
Doctoribus in eadem facultate actu ibi legentibus convocatisi
illos in bis, quae circa proroovendos ad Magisterii, seu Doc-
toratus huìusmodi bonoreoi requirerentur, juita modum et
consuetudinenri, quae super lalibus in Generalibus Studiis
observabantur, examinare sluderet diligenter, eisque, si ad
id suffìcienles, et idonei rcperirentur, hujusmodi Licentiam
tribueret, ac Magisterii, et Doctoratus honorem conferret, et
elargirelur. Illi vero, qui in eodem Studio Civilalis Firroanae
huiusmodi examinali, et approbati forent, ac docendi licen-
tiam , et honorem hujusmodi obtinerent, extunc , abque
examine^ et approbatione aliis, legendi , et docendi lam
in dicto quam singulis aliis generalibus Studiis, in quibus
logere et docere vellent , plenam , et liberam facoltatem
haberent.
Piae memoriae Calixtus Papa III. etiam Praedecessor
noster per alias suas lilteras inter alia statutum, et or-
dinationem Bonifacii Praedecessoris hujusmodi, ita ut i-
psi Comuni tas, et homines Firmani Sludium generale in
Civitale predicta retinere valerent, approbaverit et conCr
maverit, prout in singulis litteris praedictis plenius con-
tinetur.
Et licet Studium generale hujusmodi in dieta Civitate
firmana, vigore dictarum Litterarum eatenus introduclum
fuisse credatur, tamen temporum injuria^ vel ex quavis alia
causa , illud intermissum , seu exlinctum esse reperitur ad
praesens, unde Comunitas, et homines praedicti per dilectos
Filios Sigismundum Gotlum, et Caesarem Ottinellum» Cives
Firmanos, utriusque Juris Doctores ad Nos ab eis ad effec-
tum infrascriptorum deslinatos oratores, quos libenter vidi-
mu8, et benigne audivimus, Nobìs exponi curarunt, quod
ìpsi dictum generale Sludium in praedicta Civitate restituì,
seu institui, et slabiliri cupientes, sumptuosa quaedam aedi-
ficia publica valde ampia, et capacia, ac apprime ad hoc
Archiv. Stor. March. V, /. 33
314 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
commoda in platea dictae Civilatis consìstentia animo, et
inlentione Theologiam, et utriusque Juris prudentìam, ac Me-
dicinam, Philosophiam, aliasque Artes liberales, et qaasvìs
licitas facullates per viros erudilos ibidem legi, doceri , et
inlerpietari faciendi destinaverint, et assignaverini, ac prò
manulenlione prò tempore exislentium Rectoris, et Lecloruai
Universitalis Studìi generalis hujusmodi, aliorumque ex inde
incumbenliiiro onerum supportatione annuum redditum Duo-
rum Millium scutorum ex propriis provenlibus, èl jurìbus ad
eosdem Communitatem, et homines legittime spectantibus
applicaverint, et appropriaverìnt.
Nos qui eidem Ccclesiae Firmanae, dum Cardinalatus hono-
re fungebamur, ex dispensatone Apostolica pruefuimus di-
gnum igitur,et rationi consentaneum censentes,ut posteaquam
divina Majestas Nos ad summi sacerdotii fastigium erexit,
nostri in eosdem Nobis benemeritos grati, benevoli animi
affectus, quos [possumus, non libenter modo, sed etiani
liberaliter addamus. Ilaque in dieta Civitate quam singo-
lari benevolentiae affectu complectimur, et in qua unum
insigne Collegium utriusque Juris Doctorum ab immemora-
bili tempore insistutum extitit, unam Uaiversitatem Sludii
generalis institui, Collegiumque praedictum structuris, atque
aedificiis capaciorìbus prò Congregationibus, Sessionibus,
deambula tionibus, aliisque ofGciis necessariis construi, et
ampliari, ipsosque Comunitatem, et homines spccialibus fa-
voribus, et gratiis prosequi volentes, ac Comunitatis, et
hominum hujusmodi singulares personas a quibusvis excom-
municationis, suspentionis^ et interdicti, aliisque Ecclesia-
sticis sententiis^ censuris, et poenis, a Jure, vel ab homine
quavis occasione vel causa latis, si quibus quomodolibet
innodatì existant, ad effectum praesentium duntaxat conse-
quendum harum serie absolventes , et absolutos fore cen-
sentes, nec non litterarum Bonifacii et Calixti praedeces-
sorum, hujusmodi tenores etiam veriores,ac datam praesenti-
bus prò expressis habentes, eorundem praedecessorum nostro-
DOCUMENTI 515
rum vestigiis inhaerendo Motu proprio non ad ipsorum
Communilatis, el hominuro vel alterius prò eis Nobis super
hoc oblatae petilionis ìnslanliam sed de nostra mera libe-
ralitale, et ex certa scientia, deque Apostolicae Potestatis
plenitudine, omnes el singulas Bonifacii, el Calixti praede-
cessorum hujusmodi lilteras, omniaque, et singula in illis,
el earuro singulis contenla , quoad ea , quae iufrascriplis ,
ac decrelis Concili! Tridentini non repugnent, apostolica
auctorilate tenore praesentiam approbamus, et confirinamus,
ac etiam illa innovamus, omnesque et singulos tam Juris,
quam facti, ac solemnitatuni etiam substantialium et quos-
cumque alios defectus , si qui intervenerint in eisdem ,
supplemus.
Et insuper in ipsa Civiiale Firmana unam Universitatem
Studii generalis, in qua aliqui Magistri et Doctores, seu alias
dodi, el eruditi professores, Theologiam, Jus Canonicum,
et Civile, Medicinam, el Arles liberales, nec non alias qua-
scumque licitas facullates publice legant, doceant. et inter-^
preientur ; ac quicunque scholares , sìve laici , sive clerici
saeculares, vel quorumvis etiam Hendicantium Ordinum
regulares, ubicuiu(|uu oriundi, et undecunque advenientes
in eisdem facullalibus studeant; nec non illis qui Catholici,
et ad id idonei reperti Tuerint, Baccalauriatus, Licentiaturae,
Doctoratus, et Magisterii, ac alii cujuslibet licitae facultatis
gradus, et insignia conferantur, et concedantur, cum arca,
sigillo, et aliis insignibus Studii generalis ad instar Bono*
niensis, Paduani, Perusini, Senensis, et Maceratensis , ac
aliarum quarumcunque Uni versi la tu m , studiorum genera-
lium, tam in Italia, quam extra eam consistentium , aucto-
rilate, et tenore praefatis, perpetuo erigimus, et instituimus.
inique sic erectae, et institutae, ac ejus prò tempore
existenlibus Rectori, Magistris, Doctoribus, Professoribus ,
Lectoribus, Praeceptoribus , Scholaribus, Bedellis, Nunciis,
el aliis Offìcialibus, Ministris, et personis, necnon ibidem ad
quoscumque gradus promotis, quod omnibus, et singulis, ac
516 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
quibuscunque privilegiis, facultalibus, liberlatibus, immuniUi-
tibus, exemplionibus, praerogativis, anlelalionibus, praeemì-
nentiis, favorìbus, honoribus, dignilatibus, concessìonibus, in-
dullis, et aliis universis gratiis spiritualìbus, et temporalibus
quibus Bonooiensis, Paduanus, Perusinus, Senensis,el Macera-
lensis, ac quaecuDque aliae Universilatis, tani in Italia, quam
extra eam consistenles praedictae, ìllarumque prò tempore
exislenles Reclores, Magistri, Doclores, Professores Leclores,
Praeceplores, Scholares, Bedelli, Nuncii, ac alii Officiales,
Ministri, et personae, nec non ibidem ad quoscunque gradus
promoti, de jure, vel consuetudine, aut ex privilegiis, et
concessionibus Aposlolicis, ac Imperialibus, nec non Conciliis
generalibus, seu Universalibus, Provincialibus, et synodalibus
ac alias quoraodolibet uluntur, potiunlur, et gaudent, ac uti,
potiri, et gaudere possunl, et poterunt quomodolibet in
fulurum, pariformiter, et aeque principaliler , absque ulla
prorsus dilTerentia uti, potiri, et gaudere, perinde ac sì eis
specìaliter, nominatim, et expresse concessa fuissent.
Praeterea illis, qui in ipsa Universitate Studii generalis
Firmanì, vel alibi studuerint in Theologia, ac ulroque vel
altero Jure, et Medicina, nec non Artibus Liberalibus, aliisque
facultatibus praedictis, Baccalauriatus, Licentiaturoe, Dodo-
ratus, et Magisteri!, coeterosque omnes solitos gradus, si
per Hagistros, vel Doclores illius facultalis, in qua voluerinl
promoveri, ad hoc praesentati, et proevio debito examine
assistentibus ibidem aliquibus Doctoris seu Hagistris in ea-
dem facultate ibi legentibus, vel de gremio praedicti Collegii
Doctorum ipsius Civitatis Pirmanae exislentibus, desuper fa-
ciendo, ac alias servatìs servandis, idonei reperti fuerinl, a prò
tempore exìstente Episcopo Firmano, seu ejus Vicario in spi-
ritualìbus generali, aut quocunque alio, quem ad hoc ipse
Episcopus duxerit deputandum, dieta vero Ecclesia Firmana
prò tempore pastore carente ab eo, qui per Capitulum Ec-
clesiae Firmanae hujusmodi deputatus fuerit, emissa prius
per promovendos hujusmodi in ejus manibus iìdeì Catbolicae
DOCUMENTI 517
professione juxia niiiculos pridem a sede apostolica ad hoc
propositos, ac forroani, quam sub Bulla nostra mitlimus
inlroclusam, ipsorum graduuin solita insignia recipere, illaque
sibì exhiberi Tacere.
Nec non postquam hujusmodi ^radus, et illorun) insignia
susceperinl, facullates in quibus promoti fuerit, ubicunque
nbsque alio examine, vel approbatione legere, et interpretari,
ac in eis disputare, nec non quoscunque actus gradus per
eos receptos, e( convenientes exercere libere et licite valeant,
auctoritate, et tenore praedictis de speciali gratia indulgemus,
sicque etiaro staluimus, et ordinarnus.
iNec non Universitali Studii generalis Firmani, ac illius
Rcclori prò tempore exislentibus prò salubri, et felici ejusdem
Universitatis Pirmanae, ac illius personoruro rerum bono-
rum, et jurium regimine, directione et conserva tione, rei-
quc litterariae progressu, quaecunqne slatuta , et ordina-
tiones licita taroen, et honesta, ac Sacris Canonibus, et dicti
Concilii decretis non contraria , eis benevisa , a moderno
et prò tempore existente Episcopo Firmano examinanda
et approbanda condendi, illaque postquam condita fuerint,
prout temporum, locorum, personarum, vel rerum, aut aliae
qualitates exegerint, mutandi, corrigendi, et reformandi, ac
etiam declarandi, et interpretandi, illisque addendi» vel mi-
nuendi, seu etiam ea in totum abrogandi, ac alia illorum
loco de novo edendi, et faciendi, quae omnia postquam prò
tempore condita, mutata, correcta, reformala, declarata, in-
terpretata, aucta, vel diminuta, et de novo edita fuerint, ab
Ordinario loci, vel prò tempore existente Romano Pontifice
approbari debeant, plenam, et liberam facultatem, et aucto-
ritatem concedimuH, et impartimur.
Decernentes praesentes litteras etiam ex eo quod Bono*
niensis, Paduanus, Perusinus, Senensis, et Haceratensis,
ac aliarum Universitatum praedictarum Reclores, Oftìciales,
Doctores, Professores, seu Lectores, procuratores, defenso-
res, protectores vel agentes, aut alias quomodolibet iole-
518 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
resse habentes, vel putantes, ad hoc vocntì non fuerint, aut e\
quavis, vel quibusvis aliis causis, occasionibus, vel praetexlì-
bus, de surreptionis, vel obreptionis, aul nullitatis villo, seu
inlenlionis nostrae, vel quovis alio defeclu notari, vel im-
pugnali, aut alias infrìngi, vel quoinodolibet letraclari, seu
etiam per Nos, ac Successores noslros Romanos Pontifices
prò tempore exislentes, aul sodem praefalain, illius Lega-
tos , etiam de Latere , aul quoscunque alios , quavis au-
cloniate revocari , suspendi , restringi , limitari vel eis in
aliquo derogari nullatenus unquam posse , sed illas sem-
per^ et perpetuo validas, et efficaces, existere, et Tore suos-
que pleoarios effectus sonili, et oblinere, ac ab omnibus,
ad quos special, el speclabil quomodolibel in fulurum, per-
petuo, et inviolabiliter observari debere, nec non Universi-
taiem Sludii generalis Firmani hujusmodi, illiusque Recto-
rem, Orficiales, Doclores, Lectores, professores, scholares,
ministros, coeterosque praediclos super praemissìs omnibus,
el singulis, vel illorum occasione, etiam per alias Univer-
silales praedictas, vel quoscumque alios, quavis auclorìlate
quomodolibel molestari, perturbari, inquietali, vel impediri
nunquam posse, ac etiam Communitatem, et homines prae-
falos, aul quoscumque alios od probalionem, seu veriGca-
tionem litlerarum Bonifacii, et Calixti praedecessorum hu-
jusmodi, ac in eis, et etiam eisdem praesenlibus litteris
narratorum nullatenus unquam teneri, nec ad id in iudicio,
vel extra cogi, seu compelli posse, et nihilominus easdem
lilteras, ac in eis conleÌ3ta hujusmodi semper valere, ac eis-
dem Universitati, et hominibus suffragari, sicque in prae-
missis ab omnibus censeri.
Ac ita per quoscunque Judices el Commissarìos » quavis
auctorilate fungenles , etiam causarum Palalii apostolici
Audilores, eorumque Locumtenentes , ac sanctae Romanae
ecclesiae Cardinales, etiam de latere Legatos, sublata eis
el eorum cuilibet quavis aliler judicandi, et interpretandi
facultale, el auctorilate, judicari, el definiri debere, ac irri-
DOCUMENTI 519
tum, et inane, si secus super his n quoquom, quavis aucto*
rilale, scienter, vel ignoranler conligerìt altenlari.
Non obstanlibus praeoiissis, et qualenus opus sìt, nostra
de jure quaestio non tollendo, ac aliis aposlolicis, et elinm
in Universalibus, provincialibus et Synodalibus, Conciliis
edilis, et edendis, specialibus, vel generalibus constilutìoni-
bus, et ordinalionibus, nec non Firmanae, Bononiensis,
Paduanae , Perusinae , Senensis, Maceratensis praedicta-
ruin. ac quarumvis aliarum Universitatum, et Gymnasiorum
edam pubblicorum provinciaeque nostrac Marchiae Anco*
nilanae, el totius Status Ecclesiastici, eliarn juramento, con-
fìrinatione apostolica, vel quavis finoitate alia roboratis
statuiis, et consuetudinibus, decretis, et etiam novis re-
formatìonìbus, legibus tjm Pontifìciis, quam Irnperialibus,
Regiis, Ducalìbus, et Municipalibus; piivìlegiis quoque, in-
dultis, et litleris Apostolicis, illis, el eoruiu Superioribus, el
personis cujuscumque status, gradus, Ordinis, el Conditio-
nis exislentibus, in genere, vel in specie, sub quibuscun)-
que lenoribus, et formis, ac cum quibusvis etiam deroga-
toriarum derogatoriis, aliisque efTicacioribus, efficacissimis,
el insolitis clausulis, irrilantibusque, et aliis decretis, etiam
in vim contraclus inibì stipulati, el jurali, ac etiam statuti
perpetui, el perpeluae legis inducenlibus, molu scienlia, et
poleslatis plenitudine, siroilibus, el etiam consistorialiter,
ac alias quomodolibet, eliam pluries, el iteralis vicibus con-
cessis, confirmatis, el innovatis ac eliam imposterum con-
cedendis, confirmandi», el innovandis, quibus omnibus, el
singulis, etiamsi prò illorum sufficienti derogalione, de il-
lis, eorumque lolis lenoribus, spccialis, specifica, expressa,
et individua, ac de verbo ad verbum, non aul^m per clau-
sulas generales idem imporlanles menlio , seu quaevis ex-
pressio habenda , aul aliqua alia exquisila forma ad hoc
servanda forel, illis alias in suo robore permansuris, ac
vice duntaxai karum serie, specialiter el expresse molu si-
mili derogamus, coelerisque conlrariis quibuscunque.
520 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FRAMO
Coeterum volumus, quod earundem praesentium lillera-
rum transumplìs, etiam impressis, manu alicujus Notarli
pubblici subscriptis, et sigillo Coromunitatis, seu sludii gè-
neralis Universilatis Firmanae hujusmodi, aut alicujus Ec-
clesiaslicae , vel saecularìs Curiae, seu personae in digni-
tate ecclesiastica conslitulae muoitis, eadem prorsus fides
in judicio, et extra adhibealur, quae ipsis origioalibus lil-
teris adhiberetur, si exhibitae forent, vel ostensae.
Nulli ergo omniao hominum liceat hanc paginam nostrae
absolutionis, approbationis, confirmaiionis, innovationis sup-
pletionis, erectionis, inslitutionìs, indulti, statuti, ordinationis,
concessionis,iropartitioDÌs, decreti, derogationis, et voluntalis
infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc
attentare praesumpserit, indignationem Oronipotentis Dei,
ac Beatorum Petri et Pauli Apostolorum ejus se noverit in-
cursu^'um.
Datum Romae apud S. Marcuni, Anno Incarnationis Do-
minicae Millesimo quingentesinio octuagesìmo quinto idibus
septembris PontiQcatus nostri Anno primo.
A. De Alexus (*)
{*) I documenti N. 2, 3, i trovansi nel nostro Archivio e sodo indicati nel
Calalogo detto il Tedesco al N. i91 *cosi; « Bullac Bonifacii Papae octaTi do
Anno D. 1303, Calisti Papae tertii Anno D. Ii55, et Siili qainli Pontiflcis Ila-
ximi Anno D. 1585 fact. super coDcessioncm Sladii Universitalis in CiYitate
Brmana. » ^ I Ire documenti suddetti sono stati riscontrati cogli originali.
J
DOCUMENTI 921
5.
Diploma che si consegnava al laurealo nella fermana
Universilà (*).
In Nomine Domini Ambn.
FiRMANA civiTAS AntiquitBle, Nobilitate, ac litterarum,
armorum, rerumque gestarum gloria Celebris, atque insi-
gnis, a qua et universam Piceni Regionem Marchiana Fir-
manam denominatam fuisse legitur, firmissima Romanorum
Colonia, fidelisque cohors a Cesare nuncupata, ab Impera-
toribus primum, ac postea a Suminis Pontificibus, el prae-
serlim ab Eugenio jiij ob singularem eius erga Sanctam
SedeiD Apostolicam fidem , ac devolionem quam plurimis
privilegiis et prerogativis decorata novissimeque a SiXTo V.
Pont. Opl. Max. Anno Doroinicae Incarnationis Millesimo
Quingentesimo Octuagesimo Quinto ad Sludii Generalis om-
nium scientiarum, liberaliumque artium, quod et anlea (1)
a Bonifacio vii! et Calisto jii eidem Civìtati fuerat conces-
sum, licet postea intermissum, erectionem restituta, cum
omnibus et singuUs, ac quibuscumque privilegiis, facuUa-
tibus, immunitalibus, exemptionibus, praerogativis, antelatio-
{*) Siccome diamo nella più anlica forma qnal ò dei tempi di Sisto V que-
sto diploma, ostia istrumento che si rogava dal Notaio dell' Uni versi là, tratto
da una copia io pergamena del 1590, cosi crediamo prodarre le più notabili
Tarlanti ed aggiunte, che s' incontrano in due altri diplomi di tempi posteriori.
Portava in fronte lo stemma della Città di Fermo, che ha entro lo scado in-
quartata la croce patente d'argento in campo rosso nell'I e i, e nel S e S in
campo d'oro an' aquila nera imbeccata coronata con ali aperte a colle lampe
spiegate: sopra lo scado è posta la corona dì conte, entro la quale passa un
elmo d' argento bordato d' oro e ornato di lambreqaini, avente in cima un brac-
cio destro vestilo con in pugno una palla, che dicono denotare il mero e mi-
sto impero, che aveva un tempo Fermo sulla città e che estendevtsl all' intero
contado. Vi era anche lo slemma del laureato.
522 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
nibus, praeminenliis^ favoribus, honoribus, dignitalibus ,
concessioDibus, indultis, et aliis universis gratiis spiritualibus
et tempora! ibus, quibus Gymnasium Bononìeose, Palavinum,
Perusinum, ac quaecumquc aliae Universitates, tam in Italia,
quam extra Italiani consistentes quomodolibet utuntur, pò-
liuDlur, et gaudent, Coeli elementia, situs amoenitate, soli
uberlate, Adriatìcique maris iuxta abluenlis commoditate,
omniumque rerum abundantìa, et copia, litterarum studiis
aplissima, Spiritualis quoquo iurisdìctionis , et temporalis
amplitudine sublimis, eos ad publicam , et eminentem Ca-
thedram, supremique Doctoralus, et Magisterii dignitatem
praecedentem promovete sublimat, et exlollìt, quos morum
praestantia claros, ingenii acumine egregios, summo studio,
assiduis vigiliis, labore irrequieto litteris operam navasse,
ac peritiam non mediocrem
adeptos verissimis testimonis comprobat, quosque generalis
examinis certamen Doctorea corona dignos, reddit, ita ut ab
universi orbis Prìncipibus, et Rerum publicarum modera-
toribus populis bene, foeliciterque regendis praefici, ipsis
assistere, coeterisque hominum generibus, etiam eiusdem
ordinis, (ì) summa ipsorura laude, et existimatione merito
valeant. Cum itaque egregius, et eruditus Vir, scientia prae-
clarus, ingenio acutìssimus, morum probitate ornatissimus,
ac omni doctrina praeditus Dominus
qui sua floreale
aetate posthabitis voluptatum illecebris, in celeberrimo Gym-
nasio Firmano (3) per mullos annos (4)
solertem, ac diligentem operam navavit, actusque scholasti-
cos, et publice, et privatim honorifice gessit, conferendo,
arguendo, respondendo, (5) et disserendo, fuerit legitime
praesentatus, (6) Amodum R. D.no
Admodum 111., et R. mi in Christo Patris ,
et D. D Archiepiscopi, et
Principis Firmani in spiritualibus, et teroporalibus Vicario
Generali per clarissimos, et generosos Yiros. . . , . .
DOCUMENTI 523
Doctores Excel I
examinondus, et approbandus
et ob boc (facla prius fidei professione coram eadem Do-
minalione sua admodum R. iuxla formam a fé. re. Pio jiij
et ab eodem sanctissimo D. N. Sixto V. praestitulam) re
subiecerit arduo, rigoroso, et tremendo examini privato om-
nium D. D Doctorum Almi Collegi! Civilatis
Firmanae, in quo quidem examine dictus D
puncla sibi assignata miro ordine recitando,
et argumenlis docte, acute, et subliliter, non tam schola*
stico, quam doctoreo quidem more respondendo adeo dòcte,
et praeclare se gessil, ac talem se praestitit, quod ad om-
nibus dicti Almi Collegii Docloribus
in dict idoneus, ac sufTiciens habitus,
tentus, et reputa tus fuerìi, et ob id ab eis in praedici . .
unanimi sententia, concordi pa-
rique voto, nemine penitus, atque penitus discrepante iure
et merito approbatus, moxque fueril idem Dominus . . .
per eosdem Exell. D. D. Promotores ad-
modum R. D. . . . . Vie. etiam praesentatus ad
Doctoratus gradum in
assumendum. Idcirco praefatus admodum R. Dominus . .
Vicarius consideratis scientia,
rooribus, virtutibus, probitate, ac praeclaris dotibus, quibus
eumdem D Omnipotens Deus ìllustra-
vit, prout in dictis suis examìnibus mirifice demonstravjt,
auctoritate qua fungitur, et sibi in hac parte delegata, ac-
cedente Consilio, et assensu omnium D. D. Doctorum praefati
Almi Collegii ibidem existentium, eundem D
sibi praesentatum dixit, declaravit^ pronunciavit, constituit,
et creavit Doctorem in • . . . . Dans,
et tradens ei, tanquam habili, et sufficienti, ac idoneo, li-
centìam plenissimam, ac liberam, et omnimodam facultatem,
auctoritatem, et potestàlem de coetero, et in futurum in
dictis facultatibus (7) Magistralem
524 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
Calhedram ascendendi, legendi, glossandi, docendi, (8) . .
ceterosque omoes, et singulos Dodo-
res actus publice el privatim exercendi hic Firmi, et ubìque
locorum, et terrarum tenore praesentium. Et illieo ut idem
D possessionem huiusmodi doctoratus (9)
ab omnibus in posterum noscatur adeptus, praefatus III.
Dominus suo nomine, ac vice,
et nomine praefatorum HI. Domini
Compromotorum suorum, .... Doctoratus (10) iosi-
gnia eidem (11) Dno ut sua luculenta, tersa,
eleganti, et erudita oratione petiit, hac forma tradidit. Nam
primo (12) libros clausos , mox et apertos
eidem in manìbus praebuit: Secundo birelum , seu diade-
ma doctoreum capiti eiusdem D imposuit:
ac ipsius digìtum anulo aureo in signum foederi et coniugi!
cum scientia contracli tertio exornavit (13).
Postremo osculum pacis (impetrata ei a prefalo admodum
R. D Vicario benediclione) feliciter exhibuit,
ut idem Dns .... Doclor (14) egregius sic laure-
atus, et insignitus, foelicì coronetur in Patria per eum^ qui
trinus, et unus regnat Deus per infinita secula gloriosus (15)
Insuper praedictus admodum R. D Yicarius
mandans mihi Not. et Cancellarlo infrascripto , et dìctus
D Doctor sicut supra egregie insignitus ro-
gans me eundem Notarium , ut de praediclis omnibus pu-
blicum in privilegi! forma conGcerem instrumentum , mu-
niens autentico, solito, consueto, et ad hoc deputato maiori
sigillo diclae Firmanae Civitatis: Actum et Datum Firmi in
Palatio (16) solitae residentia illust. Magistratus dictae Ci-
vitatis, videlicet in Sala Aquilae, sub Anno Dm
ìndictione et die Tem-
pore PontiGcatus Sanclissimi D. N. D Divina
Providenlia Papae Anno eius
Praesentibus ibidem DD Scholaribus in
Gynnasio firmano, et aliis quam plurirais probis Viris in
i
DOCUMENTI 525
multiUidine magna constitutis testibus ad praemissa omnia
habitis, vocatis, et rogalis: Aslantibiis et convenienlibus ibi-
dem prò dignilate aclus , et honore , ac decore praefati
D graduati Illustr. ac Reverendiss. DD. Re-
ferend Apostol. Dm ac etiam III. Magi-
slralu eiusdem Civiialis.
(I) Agg. « a Lothario I.» - (3) Manca da « coeterisqa e » a > ordinis».- (3) Man*
ea da » in celeberrimo » a « Firmano. » - (i) Agg, « suromo, assiduoque studio. » •
(5) Manca «r respondendo. > - (6) Var. da « praescntalus • ad • assumendam. » •
Illustrissimo et Rever. D in Arcliiepiscopato
Firmano ex auclorilate Eminentissimo et Re-
verendissimo Arcbit-piscopo tributa ab Augustissimi Pontiflcis Pii VII praecipua
providentia sub die vigesima Decembris 1816 ( manca nel secondo da « ex »
a t t8l6 > omnibusquo Almi Collegii Firmani Excellentiss'imìs D. D. Doctoribas
per Excellenlissimum D. Promotorim examinandus et
appprobandus in et ob id Fidem prius rite professus
dicto D. Vicario Generali juxta formani Constituiionis fel. ree. Pii PP. IV, se
subiccerit arduo et rigoroso (manca tremendo) examini privato omnium Exmorum
DD. Doclorum, in quo quidem examine dictus d Puncla sibi
asaignata maiestate sane magistrali exponendo, et argomenta docte, acute, ac su-
blimi ter refereodo adeo sapienler et praecUre se gcssit, ac talem se praestilit, ut
ab omnibus dicli Almi Collegii DD. Docloribo<« idoneus, ac suflQcicns babìlus, et
reputatua fuerit; Quamobrcm ab eis in iisdemmet facuUatibus
unanimi senlentia, concordi, parique voto, nemine penifus discrepante fuit iu-
remerito approbatus » - (7) Agg, n u(i Pracceptori, Licnea frequentandi. » - (8) Man-
ca docendi n - (9) Agg. « et equestris, auratacque Militiae » - (10) Agg. « et eque-
stris aorataeque militiae » - (ti) Var, da « Dno a » p^tiit. « sibi darl petenti et
postulanti » - ( 12) Agg, « Sedcm inter Doctores prò Magistcrii Cathedra assignavit. *
• {\^)Agg, ■ Insuper prò equpstris, aurataeque Militiar jnsignbus Galcam capiti,
Gladium laterl, Torquem collo imposuit. * - (li) Agg. «et £ques.c-(IS) Agg. nel
diploma più recente pei laureati in medicina » His peractis novus iam Doctor
crealus ante pedes laudali lllmi, et Rmi D. Viearii Generalis in genna provolutus
coram omnibus, et Sacra Dei Evangelia prae oculis habens sequens praestilit
Josjurandum. Ego turo me nunquam in aliquo facturum contra
S. Romanae Ecc'esiae Maieslatem, neque ullius Aegri curationero aggressurom,
antcquam fuero Matriculao uni tantum Roinanorum Archiatrorum Collegio com-
missae rite, ac debite adscrìplus: tum vero Paopcres gratis cnraturum, omnes
qui ad roanus nieas devencrint curandi , primum ad Poenitenliae Sacramentum
suscipicndum horlatorum, et alias itixta formam Constituiionis S. Pii V. Ponti-
flcis Maximi per DD. Bledicos observandam ab Alexandro PP. VII conflrmatam
ad eos post terliam diem , nisi confessi fuerint, non reditunim , diligenter et
oroni stadio Aegrotos curaturum. Et ita spondeo, voveo , ac turo, sic me Deus
adiuvet, et haec S. Dei Evangelia. « -(16) Var. da « solilae > /Ino a « Civila-
tis » nel eecondo « Piiorali sub anno Domini .... Indictione . • ,
die vero Tempore Pontiflcalus SS. D. N. D Di-
vina Providentia Papae Anno eius .... Coram et prae-
sentibos ibidem lllustrissimis DD. frioribus , et atcuLAToaiaus resi niwTi bus,
nec non etiam DD Testibus etc. »; nell* ultimo « Comunali »
(nel retto conforme) CoNFAboniRio, et StNioaiaus Resideotibus
nec non DD. »
- -■- -
526 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
6.
MotU'proprio del Pontefice Pio VII del giorno 13 A^o-
sto 1804, in cui venne stabilUa la nuova restaurazione
e la dote perpetua della Università di Fermo.
Pio Papa VII.
MOTU - PROPRIO
Fra le prime cure , che nel cominciamenlo del Nostro
Pontificato credessimo degne della Nostra particolar vigi-
lanza per lo maggior vantaggio dello Stato e de* Sudditi ,
ebbimo sommamente a cuore non solo il ripristinamento
dell' Università de' Studi nella nostra Città di Fermo , ma
ancora di dargli quel maggior lustro che dopo le passate
vicende la facesse risorgere a maggior onore e profitto di
tutta la Provincia Fermana. Non potevamo non avere in
vista le savie provvidenze^ che per molti secoli in addietro
dai Nostri Gloriosi Predecessori , e segnatamente da Boni-
facio Vili, Calisto IH, e Sisto V, eransi date a maggior de-
coro di una Università cosi benemerita dello Stato, cumu-
landola di tanti privilegi e prerogative , che mentre la
distinguevano dalle altre , servivano anche di un forte im-
pulso a crescere in quel buon nome, che anche presso gli
Esteri erasi giustamente meritato. Se non che le circostanze
de' tempi in que* primi momenti, e specialmente T esauri-
mento delle pubbliche Casse e le antecedenti vicende Ci
tolsero di seguire con tanta celerità quanto avressimo bra-
mato gì' impulsi del Nostro Paterno Cuore. Ma in seguito
non potessimo non secondare con piacere il Piano che da
Voi Reverendissimo Cardinale Della Porta Prefetto della
Nostra Congregazione de' Sgravj e Buon Governo ci venne
proposto, con cui approfittando della circostanza delle que-
DOCUMENTI 527
stioni insorte fra la Comunità di Fermo ed i Castelli sulla
durazione , o cessazione tanto del Contributo di tutti alle
spese comuni alla Città e Contado, quanto di un'antica
Tassa chiamata col nome di Dativa o Assettamento, che da
tempo antichissimo esìgevasi dalla Città di Fermo sulle
Comunità subalterne nella somma di se. 3038,47. Ci avete
assicurato essersi combinata una Concordia , mediante la
quale siasi richiamata la buona armonia fra la Città e Ca-
stelli y siasi provveduto al bisogno delle spese comuni , ed
anche stabilito il modo di supplire alle annuali spese per
lo riaprimcnto e progresso dell'anzidetta Università. Quindi
ci rappresentasi? , che prese in maturo esame le insorte
controversie dalli Deputali a tale effetto destinati dalla Città
di Fermo e dalle Rappresentanze e Deputazioni Ecclesiasti-
che dei Castelli fino al numero di Quarantadue fu stabilita la
base della Concordia, poiché dichiararono queste di esser
contente, che nelle nuove annuali Tabelle delT Esito Comu-
nìtativo si ponessero le solite Tasse per le spese comuni, giusta
la riforma prescritta dalla Nostra Congregazione sudetta con
Ordine degli 8 agosto 1801, purché se ne togliesse T altra di-
stinta col titolo di Dativa o Assetto, mostrandosi pronte di con-
correre in sua vece e ad equa proporzione con la Città, sic-
come già una volta concorrevano con Essa, al peso di un'an-
nuale Tassa in beneficio della Università Fermana, bisognosa
pur troppo di risorse e di aiuti; con l'espressa condizione
però di goder sempre del diritto della spedizione di un De-
putato nella stessa Città di Fermo, il quale nella elezione
0 conferma de' Professori e nelle risoluzioni da prendersi
sopra ogn' altro articolo risguardante la Università medesima
dar potesse come gli altri Consiglieri il suo voto. Piacque
e fu approvato questo mezzo di conciliazione e questo
Progetto anche dalli deputati per la Città, ed in seguito in-
firmati Noi pienamente di questa trattativa, e di quanto si
è di sopra narralo ed esposto, non abbiamo potuto non co-
noscere r utile , che ne deriva cosi alla Città , come alli
328 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
Castelli di Fermo, o si voglia riguardare il bene ed il pi'o-
fitto, che la concordia e !' armonia per se stessa produce,
0 si riguardi il danno che si previene, e che inevitabilmente
doveva ottenersi dal dispendio di una lite, se in ogni tempo,
molto più in questo, per tutte le Comunità gravosa ed in-
sopportabile. Quindi è, che di buon grado siamo condiscesi
alle istanze che ne furono avanzale, perchè ci degnassimo
di approvarla con la suprema Nostra Autorità, onde possa
eseguirsi, e si serbi illesa e costante in ogni futuro tempo.
Pertanto col presente Nostro Chirografo di Nostro Moto-pro-
prio, certa scienza e pienezza della Nostra Podestà all' ef-
fetto della espressa conciliazione e concordia fra la Città,
e li Castelli della Provincia Permana , di cui ci è somma-
mente a cuore il ben' essere e la felicitazione vogliamo ed
ordiniamo.
Primo — Che in avvenire da tutte le Comunità soggette
al Territorio di Fermo debba osservarsi inviolabilmente
quanto fu prescritto dalla Nostra Congregazione de' Sgravj
e Buon Governo rapporto alle spese comuni con lettera de-
gì' 8 Agosto 1801, 0 sia che le medesime Comunità debbano
sempre ed in ogni tempo futuro assoggettarsi al pagamento
della quota per le sudette spese nel modo e nella quan-
tità espressa nell' ordine e riforma divisala.
2. Che a titolo di concordia e conciliazione come sopra,
si tolga in avvenire dalle Tabelle annuali la Tassa, la quale
dalle Comunità della Provincia si contribuiva col titolo di
Dativa 0 Assetto nella somma di scudi 3038,47 non ostante
qualunque Legge Municipale, qualunque Concessione, Tran-
sazione 0 Contralto, e non ostante qualunque uso e consue-
tudine in contrario , alle quali cose tutte colla Suprema
Nostra Podestà, e di Nostro Molo Proprio intendiamo Noi
derogare pienamente all' effelto, e per lo stabilimento della
Concordia come sopra.
3. Che in avvenire, inerendo Noi all' espresso Consenso
delle Magistrature Locali , e Deputazioni Ecclesiastiche , ed
DOCUMENTI 329
io considerazione del bene e del profitto, che può e deve
raccogliersi dal sistema già una volla in osservanza, come
ben si deduce dagli antichi Monumenti e Risoluzioni Con-
ciliari, si ponga nelle nuove Tabelle delle Comunità mede-
sime in luogo dell'antica Tassa come sopra, altra da im-
piegarsi nel totale suo prodotto a vantaggio e stabilimento
della Università Permana , coir espressa dichiarazione però
che si divida questa a proporzione di Anime, assegnando a
cadaun Castello un quantitativo corrispondente al numero
delle medesime, o sia alle sue forze personali.
4. Che una Tassa corrispondente e calcolata con un' equa
ed eguale proporzione a quella, che pagasi dagl'Individui
Territoriali debba contribuirsi ancora dalli Cittadini abitanti,
e per essi dalla Comunità di Fermo per impiegarla nel-
r oggetto della Università medesima.
5. Che il quantitativo della Tassa debba dalla nosti^a
Congi*egazione del B. Governo stabilirsi dopo un esatto cal-
colo delle rendite attuali procedenti dalli Fondi addetti alla
Università, e dopo un calcolo della somma, che può man-
care al bisogno, formando quindi il ratizzo nel modo e con
la proporzione sudetta.
6. Che sia permesso a cadauna Comunità della Provincia
Permana di spedire in Fermo un loro Deputato Consigliere,
il quale dia il suo Volo nelle elezioni e conferme dei Pro-
fessori della Università e nelle altre deliberazioni risguar-
danti la medesima, e con quel medesimo diritto, con cui
rendono il loro Voto i Consiglieri della Città di Fermo, non
dubitando punto, che dai medesimi non si ricevino i De
putati delle Comunità Territoriali con quella dimostrazione
di stima e con quei riguardi, che debbono convenire alla
loro Rappresentanza.
7. Che nelle elezioni e conferme dei Professori della
Università, e. cosi nelle altre deliberazioni, che ne riguar-
dino gli oggetti, la sola pluralità de' Voti formar debba la
Àrchtv. Slor. March. V. L 34
530 UNIVERSITÀ DEGLI STODl IN FERMO
risoluzione in modo, che un Voto sopra la metà includa,
ed ammetta il Parlilo.
8. Che dal Reverendissimo Cardinal Arcivescovo , al di
cui zelo e saviezza si appartiene specialmente la cura e la
direzione della Università, come Capo della medesima per
disposizione della S. M. di Sisto V Nostro Predecessore, si
formi in unione delli Deputati alla Concordia e degli altri
della Università istessa, qualora vi siano, un calcolo delle
Rendile annuali, le quali spettan'b attualmente alla Cassa del-
l' Università, ed altro delle Spese, che per qualunque titolo
possono occorrere, onde rilevare quale propriamente deve
essere la somma della Tassa ripartibile, come sopra, per ma-
hifeslarne poi previa P intelligenza, ed approvazione della
Nostra Congregazione de' Sgravi e Buon Governo la sua tan-
gente a cadauna Comunità, ed ordinarne l'esigenza a forma
di quanto Noi abbiamo qui prescritto e dichiarato, e per ma-
nifestare alli medesimi la nostra volontà, e la suprema Nostra
approvazione in rappoi*lo alla Concordia progettala fra la
Città di Fermo e le Caslella tutte del suo Territorio.
9. Che la Tassa medesima cosi stabilita, e determinata
possa esigersi dal Gennaro del corrente Anno di Trimestre
in Trimestre, o in tutto o in parte, benché l'Università
non sia ancora riaperta , onde si abbiano i mezzi , con i
quali supplire alle spese necessarie per il Locale della me-
desima, e per lutto ciò di cui abbisogni.
10. Che in ogni Anno si elegga a pluralità di Voti un i-
doneo e diligente Esattore e Cassier Generale, in mani del
quale siano versate tutte le Rendite della Università, e dal
medesimo si paghino gli Ordini risguardanti sollanlo l'Uni-
versità medesima firmati dal Reverendissimo Cardinal Arci-
vescoYO, come Capo di essa e dai suoi Deputati sotto pena in
caso di qualunque arbitrio in contrario di reiterato pagamen-
to, e che il sudelto Esattore debba prestare un'idonea Sicurtà
solidale, quale non prestata, rimangono solidalmente obbli-
gali in favore della Cassa dell'Universilà gli Elettori medesimi.
DOCUMENTI S31
Questo esallore e Cassiere dovrà in ogni fine di anno
formare un esatto Rendimento di Conti tanto dell' incasso,
come dell* erogazione del denaro proveniente dalla sudelta
Tassa e da qualunque altra Entrata dell' UoiverMtà, e que-
sto Rendiconto sindicato diligentemente, e quindi firmato
dai Deputati, sarà senza ritardo trasmesso alla Congregazione
del Buon Governo per riportarne l'approvazione. Con questa
misura potrà ancora irv ogni fine dì anno deliberarsi, se in
vista dello slato economico della stessa Università sia luogo
alla minorazione della Tassa sudelta , ovvero per quhiche
altro imprevedulo bisogno sia necessario V aumentarla ; lo
che per altro non potrà giammai farsi senza il Nostro pre-
ventivo Oracolo, incaricandone a tale effetto la sudelta Con-
gregazione del Buon Governo di farcene V opportuna rela-
zione, affinchè dulia Sovrana Nostra Autorità possiamo dare
qui^lle ulteriori provvidenze, che secondo le circostanze cre-
deremo vantaggiose alla Università non meno, che al bene
della Città e Provincia Permana.
Volendo e decretando, che alla presente Nostra Cedola
di Molo proprio benché non esibila, ne registrata in Ca-
mera e ne' suoi libri, non possa mai darsi, né opporsi di
surrezione o orrezione , né di alcun altro vizio o difello
della Nostra Volontà ed intenzione, né che mai sotto tali
0 altri pretesti, quantunque validi, validissimi e giuridici,
anche di jus quesito o pregiudizio del terzo possa essere
impugnala, moderata o revocata, ridotta ad viam juris, o
concedere contro di essa 1' aperìzione oris o altro qualunque
rimedio, e che cosi e non altrimenti debba sempre ed in per-
petuo giudicarsi, definirsi ed interpretarsi da qualsisia Giu-
dice 0 Tribunale benché Collegiale^ Congregazioni anche
di Rmi Cardinali, Legali a latere, Vice Legati, Camerlengo
di S. Chiesa, Tesoriere, Rota, Camera e qualunque altro,
togliendo loro ogni facoltà e giurisdizione di deHnire ed
interpretare in contrario. Nonostante la Bolla di Pio IV ile
regislrandii , la Regola della Nostra Cancelleria de jure
532 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI IN FERMO
quaesilo non tallendo, e non ostante ancora lutti e qual-
sisiano Chirografi, Brevi, Ordinazioni e Costituzioni Apo-
stoliche Nostre, e de' Nostri Predecessori, Bandi ed Editti
in virtù di essi ed in qualunque modo emanati, affissi e
pubblicati, Leggi, Statuti e Riforme, stili e consuetudini e
qualunque altra cosa, che facesse, o potesse fare in contrario;
alle quali tutte e singole avendone il tenore qui per espresso
e di parola in parola inserto e registrato, e supplendo colla
pienezza della Nostra Potestà Pontificia ad ogni vizio o di-
fetto quantunque sostanziale e formale, che vi potesse in-
tervenire , per la piena o totale esecuzione di quanto si
contiene nella presente Nostra Cedola di Moto Proprio am-
piamente deroghiamo.
Dato dal Nostro Palazzo Apostolico Quirinale questo di 13
Agosto 1804.
Plus. PP. VII.
7.
Brano della Bolla e Quod divina sapientia i del Pontefice
Leone XII data in Roma il 98 Agosto 1824 per T ordi-
namento degli studia riportala dal BoUario Romano edii,
di Roma del 1854 Tomo XVI pag. 85, in cui fra le
cinque Università secondarie dello slato pontificio ripri-
stinate i posta quella di Fermo.
TITOLUS II.
De universitatibus
9.
§ 3. Duae sunto universitates primariae, universitas Ro-
mana, quae dicitur archigymnasium Romanum, et universitas
Bononiensis.
DOCUMENTI 53à
10.
In unaquaque ìpsaruin calhedrae extabunt non rninus
quam iriginta odo praeler musea, alque alia instìtuta do-
clriaaruiD, ad hoc, ut adolescentes possìnt proficere in ornai
dìsciplinarura variclate; quique studiorum cursum expieve-
rint, opportunilalem habeant, atque excilentur, ul doctrina-
rum, quibus ìam se excoluerint, uberrimam cognilionem ac-
quirant.
11.
Quinque sunto (Jniversitales secundariae, Ferrariensis ,
Perusìna, Camerìnensis, Maceralensìs, et Firmana. In bisce
universitatìbus extabunt calhedrae non minus quam decem
et septero, praeter musea , atque alia opportuna instituta.
12.
Antequam universitates secundariae valeant uti privilegio
conferendarum laurearum, aliorumque graduum» a. s. con-
gregalione per viros ab ipsa deleclos, et inslructos monilis
necessariis, et opportunis perlustrentur.
13.
S. congregatio iubeat typis imprimi et cathedrarum elen-
(bum vulgari, quas universitates babebunt: nec minui, nec
augeri earum numerum fas erit, quae cuique universilatum
assìgnatae sint , neque res tradendae mutari possint sine
ejusdem congregationis facultate ; secus privilegium confe-
rendi laureas aliosque gradua amiltatur.
V. Curi
CONTRO LA LEGA LOMBARDA
(1167-1175)
III.
I progressi ognor crescenti della Lega, i cui Rettori
per la sospensione delle funzioni imperiali in Federico
decretata dal Pontefice, andavano per fino emanando atti
di sovrana competenza, di cui ci resta documento in
un prezioso cimelio decorato del sigillo della Lega nel-
1' Archivio di S. Fedele a Milano (1): i successi otte-
nuti da Bologna in Romagna cx)ntro la lega imperiale;
e r ardimento col quale il Papa si era posto a capo delle
città confederate, dichiarando in un solenne breve di-
retto alla Lega *^ di fare una causa sola della pace di
Lombardia e della libertà pontificia e religiosa „ dovea
somministrare ai rapporti dei Yicarii Lnperìali forti
ragioni a sollecitare la calata almeno di un grosso nerbo
di salde truppe sì da farne il nucleo alle forze dei par-
tigiani italici tenuti in fede ma scoraggiati.
Federico troncava infatti ogni indugio ordinando a
Cristiano di Back Arcivescovo di Magonza e Cancelliere
(*) V. Anno I • Diip. I pif. 1S3 i 156.
(I) É un priviloai<> rilascia lo dai Rettori in Lmll ili* abate Triimondo di
Chiara?aU«: il ligillo in cera porla un* aquila ad ali spieiate che pota aallt
•!■• di um aonic. • Vì|mU. Sloria Dipi. pag. 996.
536 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
dell' Impero di scendere in Italia. Era costui un giovane
assai forte e strenuo (1), che^il partito scismatico del
capitolo magontino era riuscito ad introdurre nella sede
Arcivescovile contro il voto della maggioranza, la quale
ebbe nominato Corrado di Widelesbach (2). Raccolta una
numerosa coorte di cavalieri del Brabante (3), chiuso
in un' armatura a sopraveste di color giacinto, in capo
un elmo dorato, nella destra una mazza triscuspidale (4).
Cristiano nell' autunno del 1070 entrò in Lombardia (5),
e saccheggiando le ville (6) in breve fu al Tanaro. Quivi
schivato il ponte e lanciati i cavalli a tutta corsa, pas-
sava rapido sotto le mura di Alessandria (7); nuovo
baluardo delle italiche libertà, ed a fuga di corridori
guadava il fiume (8).
Cristiano accolto festosamente da Genova transitava
in Toscana, dove avea in animo convocare una gene-
rale adunanza dei partigiani imperiali e pacificare in
pari tempo le città, a fine di operare poi concordemente
con Garzedonio Yicario in Romagna.
H convegno infatti ebbe luogo nella primavera
del 1172 a San Ginesio, ora San Miniato; e fìi plena-
rio e solennissimo (9). Di Romagna era accorso fra gli
(I) Annales Sttdenses: presso Pertz.
(t) Annales Sladenses: presso Pertz, - Corrado di Widelesbach riconobbe Ales-
sandro III Papa legittimo, scese in Italia e comandò pel Papa gli eserciti di Roma.
(3) Annales Stadens.
(i) Ivi.
(6) Ivi.
(6) Ivi.
(7) Caffaro — Annales Januehses.
(8) Ivi.
(0) Caffaro — Annales Januenses.
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC : tt3?
altri il Conte Guido' Guerra: di Roma era venuto il
Prefetto; dell' alta Italia il Marchese di Monferrato (1).
Quali accordi vi si prendessero non risulta da docu-
menti. Dagli Annali Grenovesi del Caffaro si ha però
che Cristiano vi pose al bando dello impero Pisa, accu-
sata di essere in relazione coi Lombardi, fulminando
uguale bando di esterminio contro chiunque avesse accet-
tato ancora e riconosciuta la moneta di quella città (2).
E qui per corrispondere allo scopo speciale che mi
sono prefisso di tentare una prima storia dell' operato
nella media Italia dalla Lega delle città italiane, non
che dei fatti ivi avvenuti in istretto rapporto colla lotta
dalla Lega sostenuta, cose che mi parvero generalmente
tsascurate, mi convien dire di alcuni avvenimenti poco
noti i quali varranno a far meglio conoscere ed a definire
con miglior esattezza la politica imperiale nella penisola,
la ragione dei rapporti premurosamente tenuti da Fede-
rico colle potenze navali d' Italia, le operazioni guerresche
a cui si gittò il cancelliere Cristiano, subito disciolto il
convegno di San Ginesio.
Poco dopo la distruzione di Milano, e precisamente
nell'aprile del 11 62, Federico stando ancora in Pavia, avea
ricevuto una deputazione di notabili pisani condotta da
Lamberto console di Pisa, coi quali ebbe negoziato e
stipulato un importantissimo trattato.
L' annalista maggiore di Colonia, persona apparte-
nente all' aula di Federico, è il solo contemporaneo che
a tale episodio e a tale trattato avesse accennato con
(1) Caftro — Annalei ianacoiM.
538 LE CO$HH AZIONI IMPERIALI
qualche chiarezza, mentre (come e perchè vedranno i
lettori più avanti) i cronisti italiani e pisani ne tacciono
quasi affatto.
Scrive pertanto quel di Colonia sotto 1' anno 1162
che nella seconda feria di Pasqua i Pisani giurarono in
Pavia fedeltà all' Imperatore e che promisero di far spe-
dizione in Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, Corsica
e verso Costantinopoli (1).
Oli storici moderni della Lega Lombarda non andaro-
no molto pili in là del riprodurre questo breve accenno
della cronaca di Colonia.
Entra invece nel mio intento ricercare nella storia
e nelle carte dell' antica Repubblica Pisana i documenti
e lo sviluppo di queeta lega pattuita in Pavia fra i con-
soli Pisani e Federico I.
Negli annali pisani scritti da Paolo Tronci, vicario
di Mons. Giuliano de Medici, a tutto il 1440 e stam-
pati verso la fine del secolo decimosettimo, (2) mi venne
fatto di trovare un lunghissimo documento o Privilegium
rilasciato da Federico I alla sua città fedelissima di Pisa;
che il Tronci asseriva avere alla meglio trascritto da un
libro molto antico esistente in casa di un ricco citta-
dino pisano, confessando essere perduto a suoi tempi
r originale di si prezioso atto, né manco trovarsi una
copia autentica che pur sape vasi estratta nel 1394 a
(1) Jnna/ef Coloniente» Maximi. Pkktz XVH. Anno Ì162.
• Feria Kecuoda paschao Pisani fldelilatein imperatori iaraverunt el expe-
dttiopein ei tacere promiserunt in Apuliam, io Calabriam, in Siciliam, in Sar«
diniam e( !n Corsicam el versus Costanlinopoliro. a
(2) Memorie Uforiche della Città di Pi$a raccolte da Mons. Paolo Taonci,
ecc. - In Livorno MDCLXXXll.
DI ROUAONA E TOBCANA BCC: 589
tempi dell' arcivescovo Gabrielli e depositata nell' Archi-
vio dell' arcivescovato.
Quando nel 1868 si ristamparono gli annali del
Tronci ( 1 ), Y importanza somma delle cose dette e stipu-
late nel Privilegio citato dall' autore ma perduto, persuase
i compilatori della necessità di ricercara l' originale do-
cumento appo gli Archivi Diplomatici di Toscana, allora
allora sapientemente riordinati dal illustre Bonnaini. Né
fu senza buon risultato; giacché appunto Y originale del
trattato stipulato in Pavia 1' aprile del 1162 fra Fede-
rico e i Pisani, tolto per certo agli Archivi di Pisa
quando questa repubblica fu annessa a Firenze, era stato
ivi rinvenuto nell' Archivio delle Riformagioni e già re-
stituito a Pisa per essere riposto in quel nascente Ar-
chivio di Stato.
Cosicché é una copia collazionata sul testo originale
dair ufficio paleografico dell' Archivio pisano, quella che
il Montazio pubblicava (2) nella ristampa delle memorie
di Tronci. In capo alla cx)pia osservatane dal Tronci nel
secolo XYn era detto che la pergamena originale, quando
esisteva negli archivi pisani portava appesa una bolla
d' oro recante sul dritto 1' effigie di Federico seduto, lo
scettro nella 'destra mano, il globo nella sinistra, attorno
la scritta — Friderict$8 Dei gratia Bomanarum Imperai
tor Augustine: nel rovescio la città di Roma colle parole
— Roma caput Mutidi regit Orbis frena rotundi —
{\)Ànnaii Piiani di Paolo Tbonci, rifuii trricchlti di molli falli, • tegiilUli
fino tiranno 1853 da E. Vallancoll Montatio ed tllrl • P:m, prtiio Angalo
Vaiami 1868.
(S) Op. lae. Tom. I. pag. 178.
540 LE COSPlRAZlOHl IMPERIALI
Ma oggi non rimangono pendenti che i lacci della cor-
dicella in seta rossa (1).
L' atto 0 meglio la serie degli atti giurati a Pavia,
comincia con un Privilegio che l'Imperatore accorda
alla sua fedelissima città di Pisa. È straordinaria
l'ampiezza dei benefizi e delle donazioni che Federico
vi profonde ai Pisani. Dopo un lungo elogio alla loro
virtù, concede ai medesimi tutta la marca pisana, la
spiaggia mediterranea da Civitavecchia a Portovenere
perchè vi possano costruire navi e negoziarvi : podestà
piena di levare armi ed armati in tutto il contado: dà
loro in feudo l'isola di Sardegna, la metà di Palermo,
Messina, Salerno e Napoli, e per intero Graeta e Tra-
pani con tutto il loro territorio: assegna ai mercanti
pisani una strada con abitazioni decenti in tutte le città
che Guglielmo Normanno di Sicilia occupava, e promette
perfino a Pisa la metà del tesoro di quel Re.
Ma il correspettivo di tante larghezze appena accen-
nato nel contesto del Privilegio, è fatto poi senza am-
bagi manifesto nelle formole con cui i ministri di
Federico ed i legati pisani giuravano V atto di privilegio.
Neil' insieme è un vero trattato di alleanza offensiva
e difensiva per una spedizione vagheggiata contro Gu-
glielmo di Sicilia, feudatario della S. Sede e che, a parer
mio, dovea rimaner segreto. Né mancano ragioni a con-
forto di questa opinione. Prima che il Tronci potesse
avere l' intero documento che piiL sotto riferisco e pub-
blicarlo ne' suoi Annali^ dove del resto rimase poi quasi
(1) Tkowci MemwU htoricht di Pita pajc. 96.
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC: Sii
sepolto, gli stessi scrittori pisani sono, per quanto ò a
mia notizia, dominati da una inesplicabile incertezza su
ciò che i legati di Pisa stipulavano in Pavia coir Im-
peratore. La Cronica varia pisana dice solo che vi si
trattò dell' onore e dell' incremento di Pisa e dell' Im-
pero (1).
•Oltre a ciò Guglielmo medesimo ; il quale era in
pace coi Pisani, non potè concepire di essi che un vago
sospetto per le cordialità manifestatesi d' un tratto fra
loro e Federico (2).
I lettori giudicheranno se era il caso di un semplice
sospetto, qualora della sostanza delle cose trattate a
Pavia fosse pervenuta sola una qualche notizia a Gu-
glielmo.
Diffatto , Lamberto Console ed i legati pisani giurano
in una convenzione (conventioj di armare una flotta e
di far vela non appena l'Imperatore sarebbe entrato
nella Puglia, di aiutarlo a conquistare e mantener sog-
gette la Puglia, la Sicilia, la Calabria ed il principato
di Capua contro Guglielmo Normanno, né di stabilire
giammai con questo pace o tregua senza licenza di
Federico.
Partitamente è detto ancora che V ordine di armare
arriverà ai pisani prima della Pentecoste di quello stesso
anno 1162, se l'invasione dell'esercito imperiale nel
regno napolitano viene destinata alla fine di agosto;
epperò i Pisani dovranno muover subito dentro il maggio*
(I) Così mi viene segoaUlo dall'Ufficio del R. Archivio di Stato in PÌm,
dal quale ebbi copia dell* allo con nuova diligenia colluionala tali* originale,
()) Cronica varia pisana • MoaAToai. Renim Hai. Script. Tom VI.
542 LE COSPIRAZIONI IMPRBIALI
Che j non ^giungendo l' ordine prima di Pentecoste, la
spedizione si intenderà rimandata all' anno venturo , e
in allora i pisani dovranno tenersi pronti agli ordini
di Federico col naviglio fino alla festa di mezzo agosto,
e così via via. L' Imperatore dal canto suo garantiva
ai Pisani che se, dato 1' .ordine di partenza alla flotta,
il suo esercito per avverse ciscostanze non avesse potpto
entrare in Puglia, egli sarebbe ciò nulla meno rimasta
in Italia a sicurezza di Pisa insino a tanto che la flotta
non si fosse ridotta in porto.
Narra poi uno di que' tedeschi al seguito di Fede-
rico, le cronache de quali raccolse il Pertz, che V Im-
peratore consegnò ai Pisani il suo proprio vessillo; (1)
da inalberarsi senza fallo sul naviglio della repubblica
al momento di sferrare contro le galee del Normanno
verso Sicilia.
La spedizione contro Guglielmo non ebbe luogo: ma
una volta vincolatisi a Federico, i Pisani dovettero su-
birne tutta la sinistra influenza. L' antipapa Pasquale
facea solenne ingresso in quella città, V Arcivescovo
Villani con tutto il clero si ritirava esule volontario alla
Gorgona, e Pasquale sostituivagli nella sede un canonico
per nome Benincasa (2).
Se non che i Genovesi, implacabili nemici e rivali
dei pisani, persuasero Federico ad abrogare uno dei pri-
vilegi accordati a Pisa, quello che le accordava giurisdi-
zione in nome dell' imperatore sulla Sardegna; ed a
(1) MCLXll Dedtt etiam imperator eis (Pisanis) saom vexillam: —
Ann, Colon, maximi. P»n.
(%) Annali Pisani di Trorci: ed. de) 1689 pag. IH - iit.
DI ROMAGNA E TOSCANA BCC : S43
proclamare re di quell' isola un Parassone indigeno e
giudice di «Arborea che V avesse tenuta quale feudo di-
retto dell'Impero, anzi che del comune di Pisa (1). Del
che siffattamente sdegnaronsi i Pisani* che di nuovo rup-
pero acerrima guerra ai genovesi (2), senza la parola del-
l' Imperatore.
Ma ciò non tolse che i Genovesi, levato arditamente
da Arborea il Parassone e schivando le galere pisane,
riuscissero a condurlo in Pavia all' Imperatore, dove nel-
1' agosto del 1164 nella chiesa di San Sisto venne so-
lennemente incoronato re di Sardegna (3),
Come seppesi ciò a Pisa, vivissima indignazione arse
fra quei cittadini sicché senza chiedere la parola dell' Im-
peratore, ruppero di nuovo guerra acerrima contro Ge-
nova (4) e sollevando in guisa gli isolani contro il nuovo
ordine di cose che il Parassone dovè in breve riparare
a Genova e lasciare il regno (5). In pari tempo il Co-
mune di Pisa inviava un' ambasciata a Federico a chie-
dere giustizia (6).
Verso il chiudere di quell'anno 1164 l'Imperatore
era costretto a* curarsi meno della sognata spedizione
neir Italia meridionale, dacché già gravi pericoli veni-
vangli minacciati nella superiore per la federazione delle
città venete. E se dianzi alle città soggiogate faceva giu-
rare su gli altari patti di concorrere alla spedizione in
(1) Annali Piiant di Tiomci ed. del 1689 paff. ilO.
(4j Annali Piiani pag. lU.
(S) T«o:ici • Annali Piiani • anno il6i.
(i) Iti - pag. liO,
(5) Ivi • pag. MI.
(6) Ivi pag. HI • 119.
544 LK COSPIRAZIONI IMPERIALI
Puglia^ Calabria e Sicilia, quel momento ne le svinco-
lava a titolo di favore ma per acchetare i fhalumori.
Porta appunto la data di queir anno un privilegio
rilasciato da Federico alla città di Treviso in cui, do-
lendosi con soavi parole che i Trevisani fossero stati di
soverchio aggravati dai suoi legati, li assicurava tenes-
sero per certo non avere egli dato ordini tali; a provare
la sincerità dell' animo suo confermava i consoli , con-
cedeva di munire la città , restituiva gli ostaggi , e li
scioglieva dal giuramento di spedizione in Puglia , Ca-
labria e Sicilia (1).
Caduti poi vani gli artificii , respinte le esibizioni
pacifiche^ ed avendo però V Imperatore creduto prudente
non afiFrontare per allora gli eserciti della Lega Vero-
nese: in Germania, dove si era ridotto, ripigliava ben
presto i suoi antichi disegni sì da parergli novellamente
buono assai 1' aiuto della flotta pisana.
Infatti con privilegio delli 15 Aprile 1165, da
Francoforte investiva solennemente la città di Pisa del
dominio di Sardegna conforme alle cose stipulate segre-
tamente in Pavia V aprile 1162, facendo giurare Olde-
rico Duca di Boemia che tale donazione non sarebbe più
stata rotta uè da lui né da altri (2).
Un anno e mezzo dopo cioè nel 1167 Federico era
realmente in marcia per la Romagna alla volta dell' Italia
meridionale. Ma nel 1167 il colpo mirava eziandio a
Boma, non solo al feudo pontificio tenuto dal Normanno.
(I) FiCB». Op. cit. doc. \^9 pag. 18S.
(S) Teonci • Annali Pitani - piig. IH. Vi è l'intero docamento da copia
eslratU nel 1394 dal 1* originale.
DI ROMAGNA E TOSCANA CCC : 545
Preoccupato T Imperatore del concetto con cui si era
mosso di Germania e da Pavia , di stabilire in Roma
r antipapa e sottoporre alla diretta giurisdizione impe-
riale il mezzodì d' Italia, demolendo definitivamente le
ultime risorse della resistenza delle città lombarde e del
Papa: noi lo troviamo mettere a profitto le soste della
sua marcia per assicurarsi ogni miglior concorso del suo
partito.
Un privilegio dato presso a Reggio dell' Emilia, V 1
febbraio (1167) ce lo mostra che appalta perfino i suoi
diritti regali (^regaliej sul territorio di Pontremoli verso
un' annua corrisposta di 500 lire imperiali, purché per
queir anno, invece della detta pensione, il Comune di
Pontremoli gli fornisca a proprio spese cento militi per
„ la sacra spedizione verso Roma^ TApulia, la Calabria
e la Sicilia ^ durante quattro mesi , computabili dal dì
in cui si 8arebl)ero presentati al ** beatissimo „ cancelliere
Cristiano (1).
È ricordato da tutti gli storici della Lega come,
poco prima scoppiasse quella pestilenza di febbri che lo
tolse a precipizio da Roma , giungessero sul Tevere a
Federico, già padrone del Vaticano, dodici galere Pisane
colle quali argomentavasi penetrare nel cuore della città
irta d' insidie per opera dei Frangipani e degli altri
patrizi asserragliati nelle torri e nelle più colossali ro-
vine, che essi tenevano pel Papa.
(I) FiciiB. Op. e voi. cit. pag. ìHi doc. D. US « Anno vero
presenti ..... hinr. perfdonem perso|v«*re non drbent et in bar sacra nostra
eippdilione versus Urbem, Apuliani, Calabriam, et Syciliam cenluro (armalo*)
curo propria expensa qu.illuor condnuis rornsibus ex quo bealistimo principi
nostro Cristiano Magonlini ^el1ls electo se represenlaverint, nobis dare debenl ...»
Dal registro piccolo dell* Arch. Municip. di Piaccott.
Arelnv Stoi\ March, r f. 35
546 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
Ora è opportuno esporre qui i precedenti immediati
di questo effettivo concorso delle galere pisane , prece-
denti che, a buon diritto, si hanno a ravvisare in certe
trattative corse fra Federico e il Comune di Pisa nel
marzo di quello stesso anno 1167: trattative, l'indole
delle quali è abbastanza chiarita da un documento esi-
stente neir archivio di Stato a Pisa e pubblicato recen-
temente da Ficher, fra gli altri risultati delle sue ultime
ricerche intomo al diritto e al dominio imperiale in
Italia.
È evidente che, nel venire finalmente ai fatti, il Co-
mune di Pisa non era senza gravissima esitazione. L'af-
fare della Sardegna doveva aver necessariamente inge-
nerato in Pisa una diffidenza profonda della parola
imperiale; opperò prima di rischiarsi in codesta impresa
di Roma, temendo che la lontananza di una parte della
flotta potesse esser cólta come occasione molto propizia
dai Genovesi a compiere una vendetta o che uno scop-
pio di pericolose inimicizie per parte delle città italiane,
omai libere, avesse a sorprenderli in quella sinistra bega,
domandarono i Pisani che V Imperatore spendesse nuo-
vamente formale parola di riparare qualunque iattura
avesse il Comune a patire durante o per fatto di que-
sta spedizione.
E Federico infatti dovè promettere di nuovo con
pubblico atto che quella città o quella persona qualun-
que, la quale avesse recato danno od ingiuria ai Pisani,
mentre essi trovavansi impegnati in guerra e fuori in
ispedizione ad onor dell' imperatore, egli avrebbe tosto
messa al bando come nemica sua, né prima rìacettata
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC : o47
in pace o in tregua che piena soddisfazione avesse esi-
bito alla città di Pisa: ed anzi impognavabi ad agire
con tutta premura acche lo città e i baroni di Toscana
dessero d'avanzo sicurtà dì non molestare o aggravare
i Pisani i^er tutto il tempo che questi fossero alla guerra,
e in mare ai servigii dell' Imperatore o per fedeltà al-
l' impero ( 1 ).
Dal momento che è constatata tanta abbondanza di
precauzioni e di riserve per parte dei Pisani, non è più
a meravigliare se le loro galee navigarono con tanta
lentezza, che giunsero a Roma solo nell' agosto , cioè
troppo tardi quando appunto pel Tevere le sottili navi
di Gugli(»lmo Normanno avoano già scaricato il denaro
per alimentare la resistenza dei romani e tratto a sal-
vamento la j)ersona di Alessandro IH.
Quando, insomma, l'obbiettivo della spedizione im-
periale era fallito, e l' esercito dei baroni tedeschi e dei
confederati imperiali d' Italia dileguavasi per le febbri.
Dura anche nel popolo un proverbio a proposito del
- soccorso di Pisa; - che avesse origine da questo fatto,
non so; ma potrebbe ben essere.
È evidente che appunto al momento di mantenere
i patti di Pavia, a cui Federico aveva dippoi innestato
la spedizione contro Roma e papa Alessandro, dovè
prodursi in Pisa un improvviso mutamento della pub-
blica opinione.
Furono quindi forse nel vero i legati genovesi quando
poi al convegno adunato dal Cancelliere Cristiano a S.
(1) Fidia. Op. tol cìl. pag. f8S Documenlo n. 143 dalPoriRinalf esiftenti*
Dell' Archivio di Stato a Pi»a.
548 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
Ginesio il 1171, accusarono Pisa non solo di essere
entrata in relazione coi Lombardi , ma di avere essa
stessa chiesto e ricercato 1' alleanza (1).
In realtà nel 1170 il popolo pisano aveva già ran-
nodato pace sincera con Guglielmo di Sicilia (2), di-
scacciato r arcivescovo Villano devoto al papa legittimo,
lo che equivaleva a dichiararsi favorevoli alla Lega
Lombarda di cui era supremo patrono Alessandro (3).
Dopo ciò è chiaro la vera ragione del bando in-
flitto in San Ginesio da Cristiano alla città di Pisa,
alla sua moneta ed a quanti la accettassero nei ne-
goziati.
Ora a mio avviso era disegno di Cristiano aumen-
tare con quest' ultima misura il danno della guerra ban-
dita contro Pisa ferendo la sua fortuna commerciale, ed
in pari tempo esercitare contro la Lega Lombarda una
rappresaglia agli ordini severissimi emanati dal Ponte-
fice in riguardo al commercio colle città imperiali della
Toscana.
Infatti Alessandro m nel Breve che, in data 27
marzo 1170, aveva spedito da Veroli alla Società di
Lombardia, Marca e Romagnola ^ fra le altre minute
e sapientissime disposizioni date per conservare lo spi-
rito di incrollabile e fraterna unione fra le città della
Lega, in modo particolare erasi diffuso a prescrivere ai
Rettori certi ordini perentorii e precisi che costituivano
un vero blocco militare e commerciale della Toscana.
(1) Capparo. i4yiiia/ej /atitteviMf — presso HoaiTOii. Rerum I(al. ScripL VI,
(9) CroDica yarìa pisana. — MoaiToai come sopra.
(3) Ansati Pisani pag. 135.
DI ROMAGNA K TOSCANA BCC : 549
** Vogliamo e comandiamo, aveva detto il Pontefice,
che se i toscani mostrassero di voler aggiungersi a voi
e venire a stanza nelle città vostre, non permettiate
affatto che si avanzino per le strade toscane, ma ordi-
nate perentoriamente ai Parmeggiani che facciano guar-
dare quella che passa per la loro città e cosi facciano
quei dì Bologna dalla parte loro, né si ammettano ob-
biezioni e scuse. Vogliamo e comandiamo che sia rotto
ogni rapporto colla Toscana finché a voi non sia con-
giunta davvero (1) Comandiamo inoltre che non
lasciate nelle vostre terre, né venire^ né rimanere, né
(I) PrivìleRìufu Stoclissimi Pape Alexandri dal Liber Juriam di Lodi. «
Ceteraro si (usci vohi» adiuDgi Toluerint et in vettra civitate manere; dos
•Iratain per lusciam dirifi nullatcniis per inidalis, sed parroenibaft flrmiter
iniungalis qnod eam per civitatem suaro et sic venos bononiam fatiant orooi
coDlradictionc et excusatione cessaote teneri : et a lascia dooec vobis fon-
fatur peDitus prohiberi >
L* oscarilà e 1' ambiguilà di questo brano del Privilegio parvero tali al
cbiarinimo Vignati cbe preferi di trascurarlo alllitlo nella varaione ^accinta del
gravissimo documento.
A me parve buono invece leotarne la coordinaiione agli avvenimenli. Ma
oltre la versione cbe propongo nel testo, me ne fu esibita no* altra da iltastre
paleografo ed è la seguente: n Vogliamo e comandiamo, aveva detto il Pontefice,
che se i Toscani vorranno congiungersi a voi e por dimora nelle vostre citlà ,
non acconsentiate in nessun modo che essi si incammino per la slrr.da loacana,
ma perentoriamente ingiungete ai Parmeggiani cbe facciano tener loro quella
via cbe passa per la loro città e cbe va verso Bologna, non ammettendosi in
contrario obbiezioni né scus<*: e cosi sicno del tutto esclusi dalla Toacana insino
a che questa non si sia a voi congiunta ■
In tal caso il Papa ordinerebbe ai Rettori della Lega di non permettere a
gente Toscana , che evidentemente avreblM dovuto trovarsi in armi al di qua
dell' ap4»nnìno nell* alta Italia, di ritornare in Toscana pel valico dell* apennin i
parmeggiano. E manifesta apparirebbe I* intenzione di imm»biliz/are in paese
ostile un riiifnrzo che poteva essere richiamato dal partito imperiale in Tos«:ana.
A mio avviso una spiegazione ragionevole di ciò non potrebtie dirsi altro
cbe riportandosi alle circoslanze in cui versò 1* imperatore nella fuga di Roma
verso 1* autunno del 1167. 11 cronista Vincenzo di Praga, testimonio di veduta,
ììTìO LE COSPIRAZIONI IMPBRtAl.l
trafiBcare gli stessi mercanti di Toscana e che non per-
mettiate ai vostri e ai mercanti oltramontani di transi-
tare in Toscana. „
Addottando questa versione delle parole pontificie ,
che nel codice lodigiano trovansi in una lezione molto
oscura, un senso ben chiaro sembra risultarne.
Due erano appunto i varchi principali pei quali at-
traverso l'apeonino passa vasi dal paese della Lega di
qua da Pò in Toscana: 1' uno pel colle della Osa e da
Pontremoli faceva capo a Parma, V altro dalla vallata
del Mugello salendo attorno al monte di Fò o della
Futa scendeva nel territorio bolognese. La prima era
un' antica strada mulattiera a cui davansi insieme i no-
taselo scritto che neli* esercito condotto da Federico sotta Roma erano moltis-
simi toscani (a).
Agpiun{;cva ta Chronica piacentina che )* imperatore coi superstiti alla
morria transitò per le montagne piacentine (b) onde ridursi a Pavia. Dopo un
anno e qualclie mese usciva il privilc^^io di Papa Alessandro ( Maizo tl73); e
dovrebbe dirsi che gli avanzi (l«>ir ullimo esercito imperiale fossero rimasti a
guarnire Pavia e che vi durassero anci>ra.
Ne del resto pare mancasse poi il caso dì soccoi*si chiesti dal partito im-
periale toscano nell'alta Italia. Infatti, correndo il fl71, i Genovesi rivali dei
Pisani accolsero con R«an piacere la notizia dei cambiamenti avvenuti in Pisa ,
(cambiamenti favorevoli a Papa Alessandro ed alle libertà ilaliche, da me già
narrali) siccome quella ch<* porse |:>ro il destro di combinare col Conte Guido
Guerra, con Siena e con Pistoia, un* azione comune contro Pisa infedele ali* Im-
peralore, ed è scritto che anche si mandò chiedendo soccorsi in Lombardia, (e)
Sarebbe quindi naturai cosa il supporre che gli imperiali toscani non trascu-
rassero in tal caso di chiamar quelli di loro che erano iti con Federico in Pavia:
certo è poi che i soccorsi domandati non giunsero.
Gli ordini di Alessandro e dei Rettori sarebbero stati adunque anche in tal
caso rìRorosamcnte osnervati da Parma e da Bologna , le due città comandale
di preferenza a mantenere il blocco di Toscana.
(a) Annaiet Vincentii Pratjen*f$ - Perfs, fom, XVII.
(b) Cronica piacentina — il 67 — Cum iHi$ qui supervixerunt per T^ciam,
et montaneag Piacentine Papiam accessit.
(ci Chronica varia pisana, presso Muratori, ftertim It, Tom» VI.
DI ROMAGNA E TOSCANA ECG *. 551
mi dì strada Clodia o Francesca o Romea e dominata
dal castello antichissimo di Grondola tenuto da Obizzo
Malaspina; la quale dopo di aver superato V apennino
a una altezza di braccia 1785 sul livello del mare ra-
sentando Monte Molinatico calava verso Parma (1).
Deir altra via troviamo indizio sicuro in un atto del
1«S dicembre 1040, citato da Matteo Villani nella sua
Cronica quando narra del come nel 1358, nella circo-
stanza di un pericolo di invasione per parte delle bande
di ventura, volendosi dalla Repubblica Fiorentina assi-
curare con bastite il passo delle alpi, si richiamarono
antichi documenti per definire il confine tra i territori
di Fiorenza e di Bologna.
Yenendo da Galliano in Val di Mugello passava
sotto il Monte di Fò per un' antica contea che un Gu-
glielmo di Tx)ttieri e madonna Adalasia sua moglie do-
narono coir atto succitato (13 die. 1040) alla antichis-
sima badìa di Settimo perchè i monaci colassù fondassero
un ospitale a ricovero dei viandanti. Così avvenne che
quel varco prendesse il nome di passo dello Stale,
(Spitale) nome che dura tuttavia (2).
Superata la cresta dell' apennino essa scendeva con
diverse ramificazioni per la valle del Santerno, dell' Idice
e del Sapena. Pietramala trovavasi sopra una di que-
ste stradicciuole , come dicevansi a' tempi del Villani.
La terra di Scaregalaseno esisteva fin dai primi tempi
(I) RirtTTi EMà?it'iLi. Diz, Geogr. Fiiico Storico della TbteaiM.* agli ar-
ticoli Pontremoli, Cim, Grondola,
(S) RiriTTi Emanuili. Diz. geogr. di Tbicana. Vedi %\ì arliooli fWfa,
Stali. — Cronica di Mattio Villani Lib. II. cap. XCV.
o82 LK COSPIRAZIONI IMPERIALI
del secolo XIII su quella che calava per la china della
Sapena direttamente a Bologna per Lojano , Pianoro ,
San Ruffillo luoghi tutti antichissimi: e il Comune te-
neva fino allora in Scaregalaseno un podestà, un giu-
dice, un notaio con una giurisdizione, la quale negli
statuti bolognesi del 1250 veniva estesa a tutta la mon-
tagna fra Savena e Sillaro (1).
Tutte le altre strade scendenti dallo Stale e dal
colle di Fò fluivano necessariamente, lunghesso i torrenti
sopraindicati , alla via Emilia tra Bologna ed Imola: il
castello di Pizzocalvo chiudendo lo sbocco a quella scesa
per la Zena, Castel de Britti a quella dell'Idice.
Al principio del secolo XIV la superiorità rimase
alla strada del Santerno; quando, cioè, il Comune di Fi-
renze ebbe costruito Scarperia sul versante occidentale,
e Fiorenzuola sulla china orientale dello alpi che la
guardassero dalle infestazioni dei conti Ubaldini signori
dell' apennino e nemici perpetui di Firenze e di Bo-
logna (2).
Ma nel 1360 i Fiorentini battevano ancora la via
di Scaregalaseno e della Sapena , allorché vettovaglia-
vano da fidi alleati Bologna stremata e chiusa dalle
forae di Bernabò Visconti (3).
È traccia eziandio di un' altra antichissima mulat-
tiera che da porta Castiglione gittavasi pei colli e pei
(1) Dei HoDumenti istorici pertinenlì alla prov. di Romaxna. Sem I. Sta-
tuii Tom. IH. — Statuti di Bologna dall' anno 1349 alt* anno 1Ì67 ecc.
(sotto slampa).
(2) RapBTTi Di2. Geog, Stor, di Totcana: vedi Fiorenzuola. — Cronica
dì GioT. Villani, lib. 8 e. 8G — lib. 10 e. 2')5.
(3) Cronica di SIattsi» Vilumi lib. 10 r. .M).
DI ROMAGNA £ TOSCANA RCC : 553
monti fino a Castiglione delle alpi che fu poi dei Pe-
poli, e che, traghettando in valle di Beno, passava sotto
il castello della Sambuca e quindi nel Pistoiese (1).
Ninno poi di codesti varchi è segnato nelle pre-
ziose tabule itinerane, che ci restano dell'epoca romana
di Teodosio (2), e non se ne trova indizio nelle co-
smografie vetustissime dell' anonimo Ravennate e nelle
cose geografiche di Guido , ora edite dal Pinder a
Berlino (3).
Laonde la loro origine deve ripetersi unicamente
dal sentiero meno impraticabile. Però la viabilità di
questi papi rosta determinata dal fatto che in meno
di due giorni di marcia con cavalli e fanti e salmerìe
si passava da Bologna in Toscana (4).
Chiaro h dopo quest' accenno topografico il senso
degli ordini di Papa Alessandro, e il modo con cui po-
teva venir praticato mercè la vigilanza dei Comuni di
Parma e di Bologna il blocco militare, politico e com-
merciale contro Toscana.
Chiudendo ogni via sopratutto a quel commercio
per cui già fiorivano le città toscane e che già biso-
gnava di sfogo e di facili scambi , si ponevano nelle
mani della Lega o una risorsa impensata e terribile
contro i nemici ostinati ed un argomento atto a deci-
dere in suo favore gli oscillanti.
Quanto a Pisa vedemmo come appunto nel 1170
dessa si staccasse apertamente dall' Imperatore Federico.
(i) Cronica di Matteo VitiA?ii lih. i rap. 5.
(S) Tabula itineraria Pentingeriana Soci. IV.
(3; Ravennalis anonimi et Guidonis GeograpUica : ex librìi mana acrìpti*
edideranC U. Pinder et Paribcas — Bcroltni. In aedibus Friderirì Nìcolav IffoO
(i) Matteo Villici : Cranica tib. 3 cap. 5.
554 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
L'arrivo in Italia del Cancelliere Cristiano, le ac-
coglienze festose fattegli dai Genovesi allora ostili alla
Lega Lombarda^ il convegno degli imperiali a San Gi-
nesio, determinarono i Rettori ad a ^re con prontezza.
Venne quindi tostamente vietata ogni introduzione di
grano nella Liguria, come indizio di più gravi rappre-
saglie.
Del rimanente ben magra fortuna toccò al Cancel-
liere nella guerra bandita a San Ginesio contro Pisa,
Stavano con lui i Genovesi ed i Lucchesi (1) nonché
Pistoia; il cui capitolo cattedrale si era dato in balìa
ai legati imperiali fino dal 1165 (2), e Sarzana i cit-
tadini della quale, in premio di lor sincerissima fe-
deltà, ottenuto avevano da Federico recenti e larghis-
simi favori (3). Pisa riceveva soccorsi da Firenze (4) e
molto probabilmente, secondo a che ne correa sospetto
a Genova, anche dalla stessa Lega Lombarda (5). Si-
mulando da prima idee concilianti. Cristiano invitò
a sé i legati di Pisa e di Firenze. Avutili ^ propose
loro patti ignominiosi, e perchè rifiutarono di accettarli,
imprigionati consegnavali ai Lucchesi.
Ma i Pisani accorsero sul luogo con forze prepon-
deranti , sicché il Cancelliere inseguito dalla cavallerìa
(') Teonci. Ann. Pisani pag. 13t.
(S) FicHift. Op. cìL p»g. 182 Doc. n. UO Cristiano ( ottobre 1165) da S.
Ginesio riceve in proteiionc « eanonieam Sancii Zenomi» in Pitioia m Dal-
l' Arch. Catted. di Pistoia.
(3) FiCHia. Op. ctl. pag. 175 « Privilegio di F<'derìco I àg\i abitanti del Borgo
di Sarxana: li scioglie da ogni pedaggio sul lido di Luni e nella Migra, concede
loro il diritto di pubblico mercato al Sabato. Dato a Lodi, 3 Not. 1163.
(i) TftoNCi. Ann. Pisani p *g. 133
(S) CArrARO Am*. Itaiie Script, toro. VI.
Dì ROMAGNA R TOSCANA ECC : 555
di Pisa e di Firenze a mala pena potè rifugiarsi in
Lucca. Poco dopo a Ponsampieri nuova zuffa e nuova
sconfltta dei collegati imperiali (1).
Alla perfine disperando di ogni ulteriore tentativo
a danno di Pisa (2) , il Cancelliere Cristiano co' suoi
Brabantini scende da Lucca e passa in Romagna, dove
piìi compatto e più potente era pur sempre il partito
imperiale, coli' animo di gittarsi in un' impresa contro
Ancona, agguerrire in cotal guisa 1' esercito e trovarsi
poi meglio alla portata di risalire verso la Lombardia ad
accerchiare la Lega, alla nuova calata dell' Imperatore.
IV.
Valicato r apennino , Cristiano pensò trarre pro-
fìtto dal suo inaspettato arrivo in Romagna, sorpren-
dendo improvvisamente Bologna.
I nostri cronisti tacciono concordemente intorno a
questo micidiale colpo di mano. Ne parla soltanto il
monaco tedesco, autore degli Annales Stadenses, asse-
gnandogli la data del settembre 1172. Egli si fonda
in riferirlo, sulla fede di un Enrico Scolastico a Brema,
il quale servendo come notaio allo stesso Cristiano ne
fu testimonio occulare.
Dalle parole del cronista tedesco, la scaramuccia che
sì improvvisò fuori di Bologna fra i cavalieri del Bra-
bante ed un nerbo di cittadini, ha a giudicarsi piutto-
(t) Teonci. Pag. 139, 133.
(«) Ivi.
556 LE COSPIRAZIONI IMPKBIALI
sto un macello di gente colta all' improvviso ,* di quello
che una vera lotta. Nove ne atterrò sul campo colla
sua elava Cristiano, ed a ventotto dei più distinti, ri-
inastigli in mano, fè sfracellare con sassi le mascelle (1).
Dietro i fuggiaschi rientrati si chiusero le porte , e
r Arcivescovo di Magonza incalzandoli fin sotto le mura,
dagli arcioni su cui levava la persona, lanciava ai bo-
lognesi parole di scherno e di insulto (2). Ail' indomani
poi in un tempio poco discosto dalla sbigottita città,
Cristiano, indossati gli abiti pontificali , con sagrilega
profanazione celebrava solennemente gli uffici divini (3),
assistendovi i suoi trecento brabantini, ed un'accozza-
glia di frati e monache scismastici cui traeva sempre
seco unitamente ad una filza di muli carichi di belle
donne e di ogni sorta di ricchezze. Portavano maggior
tesoro i muli di questo Cristiano ; cui l'antipapa Pa-
ci) Annales Siadenset. — presso Perd. Tom. XIV.
(%) Ivi.
(3) La ^aaliflca di ^eolaUieus Brementit data negli Annalei Siadentei a
queir Enrico che fu testimonio di questi fatti, spiega la minuta annotazione che
vi si legge di questa strana solennità. « Astabanl ad soltt^mpnia 300 milites,
omnes monachi apostatai et fere tot moniales ejusdem seclae et pracclare can-
tabant: Gaudeamus omnes in £>. /. C. iti honore Teheorum martirum. Spi-
ttola: Sancii per fidem. Gratia: Gloriotus Deui. Versus: Dexiera tua Domine,
Alleluia: Kox exu/fafionis. Sequentia. A^one Evangelium: Cum audieritii praelia
etc. Post: ita Mi$$a at, m
lofatti r Enrico testimonio relatore, essendo ricordato come v scolastico >
della Diocesi di Brema ^ cioè quegli che nel secolo duodecimo dispensava pel
Vescovo la Iteentiam doeendi ^ doveva conforme alta pratica di quei tempi
e^ere anche il capo dal coro (cbàntre) nella cattedrale di Brema. Non è a me*
ravigliare quindi se gli potè sembrare interessante il tener nota di un esecu-
zione corale italiana che trovò chiarissima. E par ni che tale minuzia divenga
preziosa come quella che di un fondamento caratteristico di verosimislianza
a tutto il racconto degli annali Stadensi relativo a questa comparsa di Cristiano
nel settembre 1173 «otto Bologna, di cui tacciono le altre cronache.
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC : 557
squale soleva salutare christianissimum Christianum ,
di quello che tutto il seguito di Federico Barbarossa:
esclama il medesimo autore degli Annales Stadenses.
Pochi giorni dopo un denso polverìo lungo la via
Emilia annunziava che i cavalli del Brabante ritoma-
vano in Romagna.
Ma il Magontino traeva seco in ostaggio i prigio-
nieri (1).
Il primo di aprile dell'anno 1173 Cristiano com-
pariva dinanzi ad Ancona (2) con un esercito composto
principalmente di romagnoli e toscani (3), ad ingrossare
il quale egli invitava quanti erano nelle Marche e nelle
Puglie invidiosi della prosperità di Ancona, promettendo
a tutti parte dell' estremo bottino (4).
Tra gli apparecchi di questa spedizione , Cristiano
avea posto particolar cura a procurarsi la cooperazione
del naviglio di Venezia, cosa che gli riuscì agevole,
essendo ardentissimo nella Repubblica delle Lagune il
desiderio di prendere rivincita sopra V Imperatore Co-
mneno che i Veneziani cacciati avea da Costantinopoli
siccome perturbatori dell'ordine pubblico, e contro del
quale però con varia fortuna tenean guerra accesa fino
dal 1171 (5).
(0 Annalrs SladfnsfS.
(9) r.hronica varia pisana. Muatr. Rer, Itat» T»m. VI.
(3) n«* obsidione Anconao. Libt*r m-Aitislri Boncompagni. MuaàT>iai Rer. I9ùl,
Script. Tom. VI.
{iì Ivi.
(5) Li BtAU. Storia dei Ba»$o imparo. Libro IO. Tra g\\ •ddebili falli dagli
iloru'i gr^'Ci quasi ronlcmporanci, ai V^noziani d* allora, »i Irova avcr^ 1 Vrne>
zi'ini tl«*tsi perlagioni di pi>tito piliiico malmenali) d* assai i Lombardi retldmli
a Bisanzio. Ne sacch«*cgi.irono i magazzini, e m* dislrusicro le case. Quindi per
giusliiia e perche aveva caro il ni'>vim**n(o lombardo nmlro Federico, Coroncno
cond4iiaava i Veni*ziani alla Intera rifjzione dei d^nni. E b^n** ricordare c^me te
lode lombarde avessero t.ile aco nelle colonie lontane.
558 LE COSPIRAZIONI IMPElllALI
Dìffatti: non molto dopo l'arrivo di Cristiano ap-
parivano in alto mare le vele di Venezia e stringevansi
a chiudere vigorosamente la bocca del porto. Un primo
assalto fu respinto vittoriosamente dai cittadini (1) e
dalle scarsissime truppe che avea in Ancona V Impera-
tore Comneno (2). Indarno si poggiarono le scale, in-
darno le galere Veneziane tentarono V approdo della
spiaggia. Gli assediati uscivan anzi dal vallo e ricac-
ciavan fin oltre le sue macchine balestriere il nemico
assalitore (3). Incredibili atti di eroismo vide quella
memorabile giornata. Una donna per nome Stamura
stette lungamente impavida sotto la furia delle freccie,
finché non ebbe appiccato il fuoco all'intonaco resinoso
delle macchine d' assedio : un canonico , certo prete
Giovanni, colse propizio momento di mare agitato per
lanciarsi a nuoto con una scure, guizzare come un del-
fino fra le navi Veneziane, rompere i canapi delle àn-
core e tornarsene impavido mentre la bufera conquas-
sava r un contro l'altro i navigli assedianti, di tal guisa
lasciati alla balìa delle onde che dieci ne gittava in
secco sullie arene del porto.
Ma la fame, che già prima di questa gloriosa gior-
nata desolava la popolazione anconitana , trovò ben fu-
gace ristoro nelle scarse vettovaglie rinvenute sulle navi
veneziane e nei cavalli tolti all' oste di Cristiano: per
cui dopo alcun tempo inviavano legati al campo del
Cancelliere esibendo una somma enorme come prezzo a
(1) De obsid. Anconae. Uni. Toro. VI.
(2) Li Bbau. Storia del Btuso impero.
(3) De obsìd. Anooae Mm. Tom. VI.
.A
DI ROMAGNA E TOSCANA ECG : 559
ricattarsi dal bando. Se non che il Magontino rifiutava
sdegnosamente ogni via di accordo, rispondendo che egli
sarebbe da porre tra i pazzi qualora alla vigilia di aver
tutto nelle mani, si accontentasse di una porzione per
quanto rispettabile, e concludeva voler esso la resa della
città a discrezione o la guerra. Riferivano i legati al
patrio Consiglio, V arrogante risposta del Cancelliere;
e nella dura alternativa deliberavasi intanto una verifica
dei viveri tuttora esistenti in città. Furono infatti mi-
nutamente frugate da una apposita deputazione le celle
più riposte delle case , dei conventi , e delle chiese: e
sopra una popolazione di 12 mila abitanti non rinven-
nero che due moggia di grano e tre annone.
Riconvocato il consiglio plenario dei cittadini , ap-
parve generale la disperazione non appena fu noto il
desolante risultato doli' inchiesta; e il partito di affidarsi
alla generosità del nemico facevasi larga strada tra quella
moltitudine più d'ombre che di uomini: quando un vec-
chio sorgendo, cieco degli occhi e in sul centesimo anno
di età, e presa la parola, scongiurava i concittadini con
magnanimi detti a resistere ancora, a non fidarsi giammai
al tedesco, a gittar piuttosto i tesori in fondo al mare di
quello che vendere la patria a stranieri senza legge e
senza cuore: però, concludendo, proponeva piuttosto che,
durando ancora fermi in queir agonia si mandassero
legati in cerca di soccorso.
L' udienza ascoltava con religioso silenzio le parole
i\o] ciinuto vegliardo , stato già testimonio deir assedio
posto indarno dair Imperatore Lotario, e alla fine acco-
glieva il partito proposto.
560 LK COSPIRAZIONI IMPERIALI
L* indomani tre audaci cittadini montati sopra uno
schifo, scivolavano all'aperto deludendo la vigilanza delle
scolte veneziane o comprandone forse il silenzio coli' oro,
e felicemente toccata terra verso il Po, presentavansi a
Guglielmo della Marchesella in Ferrara che li accoglieva
a gran fevore, e, promesso di accorrere in soccorso di
Ancona, li confortava nel proposito di recarsi al Castello
dei Conti di Bertinoro, aperti sostenitori di Papa Ales-
sandro e della Lega Lombarda, dove per la morte recen-
tissima del conte Ranieri reggeva il dominio e teneva
tutela dell' unica figlioletta, Aldr.ida dei Frangipani gio-
vane donna e bella, di pio e generoso sentire.
Lo straziante racconto dei gravi mali già sofferti dagli
Anconitani e de' peggiori che loro soprastavano , com-
mosse siffattamente il cuore della nobil donna che tan-
tosto ordinava a tutti gli uomini della contea di prender
le armi e di tenersi pronti alla partenza : anzi deliberava
di por sé medesima alla testa de' suoi fedeli. .
Da parte sua Guglielmo, pieno di santo entusiasmo
tutto si consacrava a raccogliere armi ed armati. Impe-
gnata ogni sua sostanza mandava attorno nei territori di
Ferrara, Bologna ed oltre Po in Lombardia assoldando
milizie ed invitando i giovani che egli stesso addestrava
al maneggio delle armi, finché venne presto il momento
di porsi in marcia per congiungersi alle genti di Aldruda
e calare a forze ruinite verso Ancona.
Ma gravissime difficoltà ostavano al pasaggio in Ro-
magna delle truppe di Guglielmo. Giunto egli infatti
presso Ravenna, ivi trovava in armi gli imperiali coman-
dati da Pietro Traversari nobile cittadino ravennate, colà
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC. 561
postosi air intendimento di impedire la marcia di Gugliel-
mo e dei Lombardi verso Ancona. Fu quindi mestieri ri-
correre ad uno spediente, ed i rapporti di parentela che
legavano le due famiglie Traversari e Marcbesella, ne fa-
vorirono forse il buon esito. Guglielmo abboccatosi col
Traversari e, perorata indamo la giustizia della causa
che lo traeva in soccorso di Ancona, proponeva al suo
congiunto di rimandare ambedue gli eserciti e proseguire
soli fino alla città assediata per veder modo di interporsi
come pacieri ed amichevolmente por fine alle crudelissime
angustie dei miseri rinchiusi minacciati di esterminio.
Traversari credè non poter rigettare V umano partito
propostogli. Licenziò i suoi partigiani e con Guglielmo si
avviò verso Ancona. Ma il Ferrarese prima di partire
aveva detto a' suoi soldati: ** promisi a Traversari di li-
cenziare r esercito e vi licenzio. Pensate or voi se io abbia
potere di sciogliervi dal giuramento che faceste, e risol-
vete secondo giustizia. ^ Adelardo fratello di Gugliel-
mo ed i soldati non tardarono a comprendere il senso
vero delle parole pronunciate con animo commosso dal loro
capitano. Rimasero fermi, poi dier vista di retrocedere,
poi rivolta invece la fronte a grandi marcie congiuntisi
alle forze guidate dalla Contessa di Bertinoro, traversato
il paese nemico, raggiungevano presso Rimini Guglielmo
Marchesella e Pietro Traversari il quale, troppo tardi e
non senza vivo spavento, conobbe quali fermi propositi
avesse nella propria milizia ispirato il pio guerriero, co-
gnato suo ma avversario politico.
Intanto la fame era divenuta orribile noir assediata
città, e quei cittadini lentamente assaporavano gli strazi
Archiv. Stor. March. V. I. 36
562 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
di quella laaga agonia che precede la morte dì s6DÌTneQto.
Le stesse alghe marine più ributtanti parean cibi preli-
bati: pur quegli spettri barcoltanti reggean sempre a di-
fesa delle mura, confortati dall'eroismo incredibile delle
loro donne. Una di esse negava perfino al moribondo fi-
glioletto l' ultima e stentata atìlla di latte dal petto avTiz-
zito per apporlo al labbro del rifinito guerriero giacente
lungo la via. E quel caldo umore destava un nuovo ane-
lito dì vita nel moribondo che trascinatosi fino alle ber-
tesche rìnscìva a gettare anche on sasso anche un dardo
contro dell' inimico prima di ricadere e di spirare.
Un di stando radunati in consiglio gU uomini ecco
te mogli, le figlie venir loro innanzi, ed una di esse a
nome delle altre uscire in questi memorabili dotti con-
servatici dall' accurato maestro Boncompagnì : ■• poiché
nuli' altro rimane, cibatevi delle nostre carni o gettatici
in mare poiché riputiamo minor male moi-ire che cadere
in podestà di gente la quale riconosce unica legge , il
furore. „
E l'estremo gioma pareva ai rinchiusi ornai arrivato
quando Cristiano , avuto sentore della marcia dei Lom-
bardi e di Àldmda, tentò coli' inganno di finti messaggi
introdotti in città sotto colore che pervenissero dai le-
gati di Ancona, togliere ogni speranza ai cittadini
ed averli a discrezione prima che Guglielmo e la Con-
tessa di Bertinoro sopraggiungessero. Era detto in fatti
in queste false lettere avere essi, i legati, perduto V oro
che recavano: scioltosi però un primo esercito raccolto:
i Lombardi temere troppo Io sdegno imperiale per av-
venturarsi a tale impresa di soccorso: la Contessa mede-
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC : 563
sima di Bertinoro avere violata la parola data prima.
Ma era tardi! Nel buio di una notte dell'Ottobre 1174
una miriade Atta fitta di fuochi apparve sui colli rivolti
verso Ancona^ e all' alba dell' indomani scintillavano le
armi, le auree croci, gli stendardi dei confederati di Fer-
rara e Bertinoro.
Dall' alto dello scoglio, in cui sorge il vecchio duomo
di S. Ciriaco, levavansi festose le grida dei cittadini di
Ancona, mentre s) Guglielmo che Aldruda, ordinate le
arringavano alla pugna; ma Cristiano levava il campo
ritirandosi nella Marca, ed i navigli veneziani preso il
largo, sparivano.
Ancona era libera dopo diecinove mesi di assedio (1).
Tutte le memoria di questo assedio ci restano dal
racconto fattone cinquant' anni dopo da Beno Boncom-
pagni. Sarebbe troppo acc>ordare a questo libro il valore
di una cronaca, dove 1' autore sia stato testimonio dei
fatti che narra e li abbia annotati in giornata. Il gusto
stesso con cui scrivo il Boncompagni, la forma artistica
che vi hanno le narrazioni rivelano in lui un uomo che
si ispira e colorisca, benché sobriamente, di epico i fatti
dell' assedio anconitano : ci è già il retore e lo storico
non più il cronista steox^hito e freddo che dà importanza
solo al millesimo, non si permette una critica, tratta gli
eroi con nome e paternità senza nimbo alcuno di gloria.
(I) Salii data di assegnarsi a qaeslo assedio, e salia saa dorala, corrono
▼arie e dispatate le opinioni. Concordando la Cronica varia pi$ana che sotto
Il Il7i (leggi fl7S) flua la durata dell'assedio di Ancona* a Kalendis aprilis
osque ad mediam mensem Octobris b cogli Annali Sladensl che dopo la cor-
rerla nel cbiudcrsi del II7S fatta da Cristiano sa Bologna, dicono di lai « ivit
ADC0D8ID obsidens illam fere per bieniaro • bo proposto la versione dei 19 mesi
dal I Aprile II7S al 15 Ottobre 1174 circa.
56i ^ LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
Però è a ricordare come tutte le notìzie che si hanno
di questo Beno Boncompagni, rivelino in lui un' uomo
degnissimo di fede. Nativo di Firenze, fii professione di
belle lettere nella Università di Bologna sui primordi del
secolo XìTf: cioè in tempi in cui la filosofia razionale e la
dialettica imperavano e davano severe leggi alle arti. L^
filosofia domandava ai retori, i quali tentavano la storia,
che fossero ragionevoli nell'immaginare cioè che vestissero
solo cose vere : la dialettica che fossero precisi nella lo-
cuzione sicché lo studio del bello non li portasse ad esa-
gerare i fatti colla ampiezza delle frasi.
In realtà le massime che maestro Boncompagni pone
nella prefazione e nella dedica del suo libro a Ugolino
Croscia Podestà di Ancona, quali norme a cui si atterrà
scrupolosamente nel narrare i mirabili atti di valore
compiutisi nell' assedio anconitano, sono massime infor-
mate alla critica più esigente. Egli assicura che narrerà
solo fatti appresi da coloro i quali vi furono mescolati
come testimoni, o autori per ragione di pubblici uffici:
non iscrive per isperanza di lucro o per leggierezza
d' animo; eviterà ogni finzione poetica di cui ridono le
udienze con ragione.
Quando si confronti il racconto di maestro Boncom-
pagni con tanti altri lavori letterari del secolo XTT ,
massime di parte imperiale, e sopratutto coli' ampollosità
di Gottofredo da Yiterbo il quale canta le geste di Fe-
derico, si vedrà quanta considerazione meriti anche nel-
1' ordine storico , la temperanza geniale ma abbastanza
castigata con cui durava nei nostri studii pubblici V arte
delle stesse lettere latine.
Di ROMAGNA E TOSCANA ECC *. 565
Muratori, posseduto discretamente anch' egli da quella
diffidenza che Y enciclopedia portava fino all' esagerazione,
non mancò di rinvenire in Boncompagni le qualità di
storico attendibile: per quanto sia vero che il libro - de
obsidione Anconae - dia qua e là una forma drammatica
al movimento delle persone e delle cose di cui narra.
Bon<!impagni è disceso fino a riportare i discorsi dei
capitani, i detti del popolo: la forma sarà fornita dal suo
ingegno ma la sostanza, il senso deve essere originale.
Ci è deir eloquenza , ma anche Romualdo Salernitano ,
venuto a' paesi della Lega ambasciatore di Guglielmo
Normanno, fu meravigliato nel riscontrare in quei Con-
soli , in quei rettori e Capitani borghesi di cosi facili
e facondi dicitori in pubblica adunanza. ^
E fra gli altri, ricordati da Boncompagni può valer
la pena di tradurre un discorso attribuito alla Con-
tessa di Bortinoro, come detto sotto Ancona alle sue
masnade. Yi è un interesse storico pei £eitti a cui vi si
accenna: è un episodio che dovè correre di bocca in
bocca in Italia a suoi tempi, questo della parte presa a
&vore della Lega dalla contessa Frangipane; e se non
altro può valere come un saggio del lavoro di maestro
Boncompagni.
Egli vestiva così la tradizione delle parole di Aldruda
quali a lui vennero ricordate dai presenti:
^ Abbenchè io sappia di andar fìiori delle costu-
manze generalmente tenute dalle donne, ciò nullameno
avvalorata dal favore e dalla grazia celeste mi son pro-
posto di parlarvi, confidando che sebbene V orazione mia
non s' abbellisca di leggiadre parole o di filosofici ragio-
i(66 Le cospirazioni imperiali
namentiy ella potrà riuscire nondimeno un' esortazione a
voi fruttuosa, giacché soventi volte è accaduto che un
parlar semplice fortifica gli animi degli ascoltanti mentre
in quella vece i discorsi elaborati molcono solo esterior-
mente le orecchie. Non mi ha qui condotta desiderio di
dominio non ambizione alcuna di temporali cose, non
la brama di beni d' altri, essendoché dopo la %iorte del
mio sposo, senza contradizione alcuna io tenga dominio
su tutto il contado, e talmente abbondo di Castella, di
Villaggi, di Borgate, e di possessioni che neppur valgo
m
a custodirle. E voi vel sapete, il voler prendere cose
d' altri essere proprio di coloro che han meschino patri-
monio e facoltà non sufficienti a far loro menar la vita.
Mi han tratto qua adunque un' affetto di commiserazione
verso i cittadini anconitani e le preghiere congiunte
alle lagrime di quelle Signore , le quali , oltre quanto
possa dirsi , temono dover cadere in mano degli asse-
diane; imperocché i corpi loro soggiacebbero ad un lu-
dibrio sempiterno, avvegnaché quella turba riprovevole
di rapitori é guidata da un cieco arbitrio né la per-
dona ad alcuno quando abbia potere di mal£etre. Dì qual
cosa io tratti, voi tutti ed ognuno di voi, il sa, laonde
non mi fa mestieri spendermi in particolari enumerazioni.
Per portare adunque soccorso agli stremati dalla fame,
a coloro che da diuturne battaglie sono oppressi e posti in
ogni &tica e pericolo, men venni io coli' unico mio figlio
sebbene ancor pupillo, il quale però rivolgendo nell' animo
l'altezza del coraggio paterno, di già si è preso cura
di recar aiuto agli amici. E voi pure a questo medesimo
scopo siete venuti, o soldati di Lombardia e Romagna,
Dì ROMAGNA E TOSCANA ECC : 567
la cui prodezza in armi e sincerità di fede per molti
titoli hanno fama. Imperocché voi avete per condottiero e
capitano Guglielmo Marchesella il quale per solo senti-
mento di liberalità, per liberare cioè la città d* Ancona,
ha dato in pegno tutti i possedimenti suoi ed i beni
degli amici e dei fedeli: per la qualcosa con quali laudi
io debba esaltarlo, non ben so, non bastando a mio
avviso una lingua di carne ad esprimere V intemo affetto
di un uomo. E cosi senza dubbio a Lui conveniva fare,
perchè allora addiviene taluno virtuoso quando alle cose
ed agli onori egli antepone la virtù dell' animf>. Del resto
fino ad ora in ben difficile circostanza avete levato grido
di voi , aprendovi cioè un varco per mezzo ai nemici.
Ora però è tempo di dar frutti, e di mettere in opera
le forze , essendo che ora si presenta materia a virtù
^ Brandite le armi sin dal primo mattino, acciocché
al nascer del sole mediante la vittoria che alla vostra
prodezza ha ìmpromesso l' Altissimo vi sforziate di ren-
dere a libertà il popolo anconitano. Pregovi: la mia
esortazione riesca a voi salutare, e la vista di queste
fortissime vergini che stanno con meco, sia a voi di
fruttuosa giocondità, memori che non pure per averle
viste, anche solo per un momentaneo ricordo delie dame,
sono soliti i cavalieri scendere in volontari tornei nei
quali a prova di lor gagliardia sostengono crudelissime
lotte. Quanto più adunque dovere lavorare al consegui-
mento della vittoria voi i quali per le opere che &te,
a voi acquistate rinomanza e con la rinomanza la gra-
titudine universale ? ... La vostra mano adunque non
risparmi i ribelli: le vostre spade si lavino nel sangue
S68 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
di chi resisterà: essendoché non si deve misericordia a
coloro ì quali dimenticano di perdonare se loro occorra
occasione di far vendetta. „
Un mese dopo il colpo di mano tentato dal Can-
celliere Cristiano sopra Bologna nel settembre 1172 ,
cinque mesi prima dell' assedio di Ancona, i rettori delta
Lega eransi adunati in Piacenza ed i Bolognesi man-
davano ad essi per aiuto (1).
Nel febbraio del successivo anno i Rettori di Cre-
mona, Milano, Brescia, Piacenza, Novara, Panna, Ijodi,
Reggio , Modena , Bergamo , trovandosi riuniti in Lodi
provvedevano di nuovo a pubblici negozi di competenza
della Lega.
In questo mezzo giunti erano da Ànagni Pietro Ilde-
brando e Tudino cardinali incaricati dal Papa dì raf-
forzare ognor più la concordia. L' un d' essi Pietro Ilde-
brando Crassi, era bolognese ed apparteneva ali' ordine
de' Canonici Regolari stabiliti nella Chiesa dì S. Maria
di Reno (2) or da gran tempo distrutta. Nominato Ve-
scovo di Bologna fino nel 1165, alla morte cioè di
Gherardo egli vi aveva rinunziato (3): ma nel UT]
Alessandro in, abbisognando d' nomini di alto merito,
creavalo cardinale col titolo di S. Susanna (4), né Crasra
avea potuto rifiutare la porpora. (5) Giunto egli in Bologna
(I) VisNiTi p. 3SS Pumiiilli uwri *atl Mlslere nell' irehiTio dalU Btdia
di ChltriTalle diplomi colla d«li ii ottobre 1173 t<I*Iì*Ì t qneito convsgno.
mi finora dod fDroDo rìDTCDull.
(S] GhroQici An(clslli mi. Anno Il7t — Siaonio. De Eplie. Boaoii. «dii.
d[ FriDcfarl p: ISS.
(3) Iti.
[i) CroDic* Aogslelli — mt. Addo 1171.
(S) Ficlro IldcbriDdo Orasti morì Del 1 173 e tu aepollo io S. Karia di Reno.
SicoN'o. Hill. Bon. Lib. IV pag. 7S.
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC: 560
fino dal 1172 e conferito coi nuovi consoli eletti nel
1173, cioè Ospinello Carbonesi, Eno di Malpiglio, Pietro
Quarrino, Guido Alberigo, Errighetto d' Ansaldo, Gui-
nicello detto de' Principi, Ramberto Primadizzo, e Guido
d' Ansverga (1) , d' accordo coli' altro legato convocò
una solenne adunanza dei Consoli delle città per giurare
e confermare i giuramenti della Lega di Lombardia,
Marca e Romagna, la quale adunanza si raccolse poi in
Modena il 10 ottobre 1173 datando già da otto mesi
1' assedio d' Ancona.
Nel Libro I dei Registri grossi della Camera degli
Atti in Bologna serbasi ancora 1' atto allora giurato. Yi
si trova degno di nota lo speciale impegno preso in co-
mune di riparare i danni toccati per ragioni di guerra
a Cremona da vent' anni in poi.
Firmarono in qualità di consoli e Rettori della Lega
il conte Azzo per Brescia, Albertonio per Cremona, Gian-
none Mantegazza per Piacenza , Rogerìo Marcellino da
Milano, Maladobato per Parma, Ugrizzo per Mantova,
Ospinello per Bologna e Septivivo per Rimini momentanear
mente in quel tomo, mentre Cristiano era sotto Ancona,
rappresentata nei consigli dei federati forse per un so-
pravvento nella cosa pubblica del partito lombardo. La
riunione ebbe luogo in casa dei cardinali, i quali assieme
al Vescovo di Reggio ed a parecchi altri cittadini vennero
segnati nel documento come presenti e testimoni (2).
n rimanente di quell' anno e del successivo 1174,
cioè quanto durò anche 1' assedio di Ancona e mentre
(I) StYloli. Anoo 1173.
(9) ArchiY. No(. di Bologna. Lib. I Registro Grosio.
570 LB COSPIRAZIONI IMPERIALI
accadevano Beli' Italia centrale i fatti più sopra narrati,
passò per le città lombarde in mezzo ad apparecchi mili-
tari. Ma alla metà di settembre Federico Barbarossa va-
licate le Alpi, scendeva a Susa e la distruggeva, asse-
diava Asti (1) ed in capo a otto giorni ottenutala (avendo
i cittadini per paura imposta la resa alle milizie milanesi
e bresciane dalla Lega già introdottevi) (2) calava at-
torno alla nuova Alessandria e furiosamente assalivala
con gatti, mangani e torri ma sempre indarno ; laonde
per consiglio dei Pavesi, del Marchese di Monferrato,
del Conte di Biandrate e di quanti la sua comparsa ebbe
tosto distaccati dalla Lega, la stringeva con regolare asse-
dio (3) non ostante che le pioggie autunnali allagando
i campi promettessero alle truppe assai disastroso inverno.
Grande esercito avea con se questa volta Federico,
giunto essendogli anche pochi di innanzi imprendesse
r assedio di Alessandria, fortissimo rinforzo di Boemi
guidati da Olderigo fratello di Zobezlav duca di Boe-
mia (4). In pari tempo spediva a Cristiano allora (15
ottobre 1174) ritiratosi da Ancona in Spoleto, ordini e
rinforzi perchè marciando all' insù assalisse tosto i Bolo-
gnesi dai quali più che dagli altri diceva aver patito
gravissime ingiurie (5).
La bufera della guerra minacciava dunque rapida e
tremenda da due lati, e la Lega non poneva tempo in
(I) Sire Raoul, op. e toI. cU.
(9) ChroBìct placeDlioa, ci(.
(3) Vigoati. p. 3i9.
(4) Annalei Vine, Pragentii; eontinuatio Ah. MthvieenHi, P^ru. Jfon.
Germ, Tom. XVII.
(5) SigoDii Caroli. Hislh. Boo. Lib. III.
DI ROMAGNA £ TOSCANA ECC : 571
mezzo a provvedere in ragione dell' estremo pericolo.
In un convegno di cui si è perduta la data di tempo
e luogo ma che senza dubbio alcuno deve essere stato
tenuto sul tramontare del 1174, i Rettori concertavano
e giuravano il piano di difesa.
Sostenere ad oltranza Alessandria dove qual podestà,
reggeva le cose militari Rodolfo da Concesa, uno dei
veri eroi della Lega, fu il primo argomento discusso e
sopra del quale si convenne a maggiore risolutezza. In
secondo luogo si provvedeva ad impedire la marcia
di Cristiano. Occorreva però dividere in due le forze e
la direzione della guerra. Si deliberava che ogni città
pagasse lire mille di moneta milanese per la difesa di
Alessandria più 210 lire al podestà Rodolfo di Concesa:
mandasse le taglie destinate al campo di Alessandria a
seconda degli ordini che darebbero i Rettori di Milano,
Piacenza , Brescia , Yerona , ed altre milizie contro i
nemici che minacciavano Bologna e i Lombardi di verso
Toscana e Romagna, secondo quanto avrebbero ordinato
i Rettori di Cremona, Bologna, Mantova e Panna. Di-
scendendo poi a maggiori particolari si decretava che
le città più vicine al nemico mettessero in piedi di guerra
r esercito di cavalli e fanti , impedissero le scorrerie e
devastazioni dell' imperatore e del cancelliere nei loro
terrìtorii, facendosi all'uopo prestar soccorso anche dalle
altre città collegate. Per le città meno prossime al nemico
stabilivasi dovessero chiamar le mUizie il primo lunedì
di quaresima e fattele giurare nell' arrengo, otto giorni
dopo le inviassero verso il luogo di riunione. Per gli
eserciti destinati ad operare verso Alessandria dichiara-
572 LE COSPllìAZIONI IMPERIALI
vasi che le città dovevano fornire cavalli e fanti, e che
dalla campagna si levasse soltanto cavallerìa.
A Bologna, cui spettava il gravissimo compito della
maggiore resistenza a Cristiano, non si fece obbligo per
Alessandria che di 50 arcieri.
L' atto 0 la porzione di esso che ci rimane , deter-
mina eziandio il modo con cui nei due consigli militari
di Rettori stabiliti in permanenza per la duplice fronte
che presentava la difesa, avessero a prendersi le riso-
luzioni in caso di viste discordi: a maggioranza di voti
sarebbersi vinti i partiti (1).
Dall'atto non risulta, ma il racconto dei fatti me-
desimi mette in rilievo che Bologna vi si impegnò ge-
nerosamente a pagare del proprio peculio le taglie lom-
barde che servito avrebbero contro Cristiano.
Disciolta questa ragunanza si passava alle opere.
Parve ai Consoli di Bologna saggio consiglio ristorare
il castello di S. Cassiano, da essi distrutto nel 1170,
affine di imporre una prima sosta alla marcia di Cri*
stiano, costringerlo ad un assedio, sopraggiungere quindi
unitamente ai confederati lombardi ed ivi dargli battaglia.
Di tal guisa sarebbe bastato alla Lega il tempo per racco-
gliere gli eserciti lombardi , affrontar Federico presso
Alessandria e tentar la sorte delle armi prima che gli
eserciti dei collegati imperiali di Romagna e di Toscana
condotti dal Cancelliere avessero potuto raggiungere Y e-
sercito tedesco.
E il piano riusciva a meraviglia.
(f) SavioU — Annali di Bologna — Voi. II. pari. II. Appendice de* Mo-
namenti — pag. i6, N. CGXVII.
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC. 573
Sulla fine di gennaio del 1175 il castello di S. Gas-
siano era già ricostruito , e il 6 febbraio vi entravano
trecento dei migliori cavalieri di Bologna, duce il con-
sole Prendiparte de' Prendiparte (1). Fu in buon punto:
airindomani (7 febbrajo) Cristiano risalendo dalla marca
di Spoleto giungeva sotto il castello con un forte esercito.
Erano con lui i Faentini, i Cesenati, i Forlivesi, i Ri-
minesi, gli Imolesi, i conti Guido Guerra coi cavalieri
toscani, e i conti Malvicino e di Montefeltro; tutte le forze
cioè della Lega Imperiale di Toscana e Romagna (2).
Cristiano era in voce di guerriero talmente formida-
bile contro cui riuscisse vana ogni resistenza (3). Que-
sta volta poi al valor suo e de' suoi cavalieri brabantini
aggiungevasi eziandio il gran numero di truppe che egli
guidava e gli ordini perentorii che pare ricevuto avesse
da Federico di forzare i passi e salire in Lombardia.
Certo egli calcolato avea di molta durata ed importanza
questa sua spedizione, giacché risulta da documenti come
egli avesse deferito parte delle sue attribuzioni da arci-
cancelliere a un tal Giovanni Arciprete da Sarso col
titolo di Legato imperiale in Romagna e con residenza
in Rimini (4). Oltre a ciò traevasi Cristiano seco anche
il nuovo antipapa Callisto III (5) il quale, secondo i
(f) Fra Bartolomeo delle Pugliole, Griflbni, Angnlelli. — Crooiche di Bo>
logaa — ed. unian«. - Sigunii: Hislb. Bon. Lib. III.
(2) 1^1.
(3) Annaiesi Stadenses — p. Perlz.
(i) Da una scheda Garampi alla Gambalunga di Rimini che Iratse 9x mem-
brana eiu9dem Saec, in Archiv, Moni, S. Marini Arim. una sentenza alla daU
50 Maggio 1175 rilasciala dal legato GioYanni Arciprete di Sarsa in favore del
monastero di S. Maria in Porto 9x parte Domini Imperatori* $i Magontini
ArehiepÌ$eopi,
(5) Tolot. Chron. Gap ratorl •— Ber. Ital. Script,
574 LE COSPIRAZIONI IMPERI ALI
calcoli di Federico, doveva assistere di persona ai trionfi
definitivi che egli riteneva già sicuri ed imminenti.
Con tutto ciò non gli riuscì prendere d' assalto San
Cassiano difeso dai Prendiparte e dovè, non senza ingrata
maraviglia, porvi regolare assedio (1).
Durava tale stato di cose da tre settimane, quando
agli assediati venne fatto di scorgere sulle alture sven-
tolare la croce rossa della patria. Era Toste di Bologna
condotta da Bernardo di Yedrana e da Pietro Grarisendi
consoli: rinfonsata da 300 cavalieri di Milano, 300 di
Brescia, 300 di Piacenza, 100 di Bergamo, 500 di
Cremona, 300 di Parma, 200 di Reggio, 100 di Mo-
dena, 300, di Verona, 200 di Padova, 60 della Con-
tessa Sofia Guecellone di Camino, e dalle milizie di Fer-
rara: (2) in tutto oltre a 2660 uomini ai quali, eccettuati
i Piacentini e Ferraresi, facea le spese il Comune di
Bologna (3).
Come dissi , 1' esercito della Lega prese posizione
sulle colline che signoreggiavano il castello (4) e il
campo di Cristiano. Prendiparte concepì allora V idea di
mandare a fuoco e fiamme il castello, irrompere con
grand' impeto sti gli assedianti, e per tal guisa dar se-
gnale agli altri due Consoli sopraggiunti di piombare
concordemente dai colli. E così fece li 2 marzo. Mentre
le fiamme alzavansi sopra S. Cassiano, i trecento cavar
lierì sbucavano con intrepida furia dal chiuso e rag-
(t) Sigonìo. Lib. IH. — CronaMie di Bologna saddetle.
(SI) Ifi.
(3) Ivi. — Dalle Pugliole Bartolomeo. Chronica di Bologna dal IlOial ISii.
(4) Ivi.
DI ROMAGNA E TOSCANA EGC : S7S
giungevano V esercito della Ijega (1) che mossosi in
fatti tostamente sconfìggeva le milizie del Cancelliere (2)
obbligandolo a levare V assedio se pur non voleva rima*
nere accerchiato (3). Compiuto lo smantellamento del
castello, r esercito della Lega ritornava tosto a Bologna,
né per questa fazione pare le milizie lombarde rima-
nessero agli ordini dei Consoli oltre a quindici giorni.
E che Cristiano toccasse una vera sconBtta a San
Cassiano ne stanno a riprova il non aver potuto più ten-
tare seria impresa contro Bologna, tranne alcune scor-
rerie 0 gualdane, come dicevasi, nelle quali era famoso-,
e il suo ritirarsi a Medicina (4) dove certo non potea
trovar luogo V esercito numeroso di toscani e romagnoli
con cui era salito fino a S. Cassiano, esercito di cui
dopo il 2 marzo 1175 si perde anzi og^i traccia; e in-
fine lo stesso brevissimo fermarsi dei Lombardi agli
ordini di Bologna.
E qui mi pare opportuno approfittare della notizia
intomo al numero dei militi Lombardi che stettero al
soldo di Bologna in questo episodio memorabile della
lotta italica contro il Barbarossa, per esibire una cifra
la quale , rappresentando la generosità con cui il solo
Comune di Bologna seppe concorrere air intento federale
eziandio col denaro, dia in pari tempo un' idea approssima-
tiva del servizio economico che la guerra allora importava.
(9) L* tollco — Cbrooicon Bononiente ab anno H6t ad annum 1)99.
(CalAfcerà — Maova Raccolta di npascoli. Tom. IV pag. 165) cosi rrgisira il
folio di S. Catti ano nell'anno 1175 e fuU $con/lcia Caneeterii d§ Bononia $1
déitrueium Saneium Ca$$ianum. •
(3) Sigonii Caroti. Lib. ili.
(i) Dalla Pofliolt — Cronica.
576 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
n Cibrario nei suoi laboriosissimi e preziosi studii
intorno all' economia politica del medio evo, ci ha fornito
ammirabili tavole di ragguaglio. Ivi troviamo che al
principio del secolo XIII la S{)esa quotidiana equivaleva
in moneta a L. 1, 75 della nostra (1). Ora essendo
2360 i militi lombardi , a cui Bologna fece le spese
per 15 giorni, si avrebbe un totale di L. 61950 circa.
A confronto di questo risultato ottenuto colla tavola
del Cibrario, sta il fatto rilevato dal Yol. 3. dei Fram--
mentarii esistenti nella nostra Camera degli Atti (2) che
anche un secolo dopo, cioè nel 1299, i militi in ser-
vizio costavano in Bologna 2 soldi al giorno, valendo
il fiorino d' oro imperiale 30 soldi. In tutto avrebbe
però Bologna pagato ^ confederati fiorini 2393 circa.
Or se si considera che per fiorino d' oro prima del
1297 si deve intendere la moneta di cui era tipo il
fiorino di Firenze, il quale valeva effettivamente in me-
tallo come L. 12, 37 odierne (3) si avrebbe un soldo
quotidiano di L. 0, 82 per ogni milite e un totale di
L. 59876, ma supponendo ben inteso che nel 1299 il
fiorino d' oro valesse ancora L. 12, 37. Mentre invece è
provato dal Cibrario come appunto dopo il 1297 il va-
lore della moneta aumentasse per una eccezionale defi-
cienza di contanti. Laonde si concepisce come la tenue
differenza fra le due somme ottenute, 1' una colla tavola
del Cibrario, V altra colle indicazioni dei Frammentarii
bolognesi, venga per logica presunzione a sparire.
(1) CisaAaio — Della scbiavitù e del servaggio, p. 5i0 • 31.
{2) ScAtABBLLi — Degli Archivi Bolognesi, p. 55.
(3) CiBRAtlO — Op. cit. p. i87.
DI ROMAGNA E TOSCANA ECC : 577
Ma anche dopo ciò la cifra ottenuta desterebbe per
noi un valore ambiguo e incertissimo, giacché non tenni
calcolo finora di alcun elemento suir invariabilità del quale
da quei tempi in poi si possa contare come sopra un
termine sicuro di confronto.
Ora riferendo il valore in metallo al prezzo del fru-
mento (1) conforme al praticato dal Cibrario medesimo
il valor vero per noi del fiorino d'oro prima del 1297
si raddoppia quasi, essendo rappresentabile della quan-
tità di grano che oggidi si compera con L. 24,05. Quindi
fu mestieri raddoppiare la cifra totale pagata in metallo
dal Comune di Bologna ai lombardi per approssimarsi
alla' reale sua importanza. A definirla poi conviene da
ultimo considerare V assai minima popolazione che di quei
dì conteneva il Comune, di cui ci manca un censimento
qualunque sincrono o quasi ai fatti narrati.
Fra le gualdanc corse dal Cancelliere nel territorio
bolognese una ne registrano tutte le cronache come da
lui ordita con molta astuzia e che riuscì di grave danno
ai bolognesi. Venuto egli di Medicina sulla via Emilia,
nascondevasi colle sue genti nelle boscaglie presso il ponte
della Quaderna o Claterna e di là mandava pochi cava-
lieri ad incendiare e saccheggiare le Caselle e Pizzocalvo.
Giunta notizia a Bologna di cotali rapine, un certo numero
di cavalieri e di fanti senza insegne e senza stendardo,
corse sopra luogo, sbaragliò i predoni: ma inseguendoli
(i) Il crociente fino di questo metodo di ragguaglio adottalo dal Ci-
brario è determinato dal consumo indìYìduale di questo genere di prima necessità.
AreMv. Slor. March. V, I, 37
578 LE COSPIRAZIONI IMPERIALI
COSÌ senza disciplina fino alla Quaderna cadde nelF ag-
guato in guisa che Cristiano ne menò larga strage (lì.
Di cosi nobile vittoria approfittò il Cancelliere per assa-
lire e distruggere Castel de' Britti , Orzano e Yedrana
che tenevan pei bolognesi. Si ricattavan questi di tanto
danno prendendo più tardi a viva forza in quelle stesse
località Monte Viziano e Monsevero castella imperiali ,
passandone a fil di spada e traendone prigioni i difensori
ed abitanti (2).
Di fronte alla ferocia di Cristiano contro cui Bolo-
gna dovea combattere , non era possibile continuar la
guerra giusta le norme comuni seguite allora dagli Ita-
liani sino a meritarsi encomio di umanità e di lealtà
dai cronisti tedeschi. Più di una fiata ebber luogo reci-
proche carneficine fra i bolognesi ed il Cancelliere, e,
come vedrassi , anche due anni dopo così viva ne era
la sanguinosa memoria che Bologna non potè venir scelta
a luogo di convegno tra Federico ed Alessandro per
trattar di pace , opponendo l' Imperatore troppo esservi
odiato il suo Cancelliere perchè potesse rimanervi sicuro
della vita.
Ma codeste gualdane ^ in cui era famoso il cancel-
liere Cristiano, non ne rialzarono affatto la parte: le forze
militari della cospirazione imperiale di Romagna e di
Toscana non si riunirono più in esercito che potesse
rimontare in Lombardia e in sussidio di Federico intento
ad assediare Alessandria.
(1) Dalle Pagliole. CroDÌca di Bologna.
(8) Ivi.
DI bomàgna b toscana bgc: 579
Il Magontino dopo la sconGtta di San Cassiano (feb-
braio 1175) non ricompare piii sulla scena degli ayve-
nimenti che dopo la battaglia di Legnano (29 maggio
1176): egli giunge solo in Pavia forse dal castello di
Medicina, vi rivede Federico sconfitto, vi apparisce nno
dei più caldi consiglieri di pace, ed è però scelto quale
uno dei legati che a nome deir imperatore calarono in
Ànagni a cercare di Alessandro in.
A. RuBBiAira.
i
NOTIZIE STORICHE
BOLLETTINO BIBlIOGfiAFICO
MSSEGM BIBLIOGRAFICA
Eugenio Sabbatini — Cenni biografici di A. Conti — Un
op. di pag. 16 — Camerino, Tip. Savini, 1877,
Sono cenni biografici di uno di quegli uomini che, in
tempi pur troppo difficili, fecero primo oggetto dei loro pen-
sieri Tamore della patria e della libertà, e che a questi due
santissimi afTetti consacrarono la loro vita, ed il cui esempio
giova ricordare perchè i giovani vedano a prezzo di quanti
e quali sacrifici gettammo da noi l'indegna servitù che ne
pesava sul collo, ed imparino a pregiar meglio di quello che
facciano il bene presente, e pensino a conservarlo colla ope-
rosità intelligente ed onesta, e non a comprometterlo con gare
partigiane, in fondo alle quali poi sta sempre il bene delPio
invece che del publico. — Chi fosse il Sabbatini non sta
a me il dirlo qui, dopo che il Conti ha saputo cosi bene
farlo nei suoi ricordi, a cui consiglio il lettore di ricorrere,
ma questo dico che le battaglie della patria indipendenza, dal
1831 in poi, lo videro sempre combattere strenuamente con-
tro i nemici^della patria, che per la libertà d'Italia si adoperò
anche con T ingegno, e che per questo ebbe a correre fperi-
coli, subire condanne e prigionie, esilio, come succedeva in
quei tempi in cui non era permesso P aver cuore di cittadino.
La narrazione del Conti, che si studia di accennar breve-
mente ai fatti di maggior momento, corre spedita e sem-
plice, senza inutili fioriture rettoriche ed anche senza pla-
teali trascuratezze e sguaiataggini, e questo è pregio da non
tenersi in sì poco conto oggi in cui si stima o di dover es-
serejnello scrivere rigidamente pedanti, o di non dover os-
servare neppure le più elementari e necessarie regole del-
l' arte.
58i RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Si occupa egli specialmente della vita politica e militare,
ma perchè trascurar quasi del tutto quella domestica? Questo,
confesso liberamente, non mi sembra che sia stato savio
consiglio.
Il mostrare come Puomo publico e privato vadano sem-
pre d'accordo» avrebbe otTerto un utile e fecondo insegna-
mento, ed oltre a ciò i fatti della vita domestica e della pa-
blica si sarebbero gli uni cogli altri vicendevolmente spiegati,
avendosi cosi gli elementi per istituire un'accurata analisi
psicologica.
Cesare Rosa.
Giulio Cesare Varano signore di Camerino difeso contro la
« Civiltà Cattolica > dall'accusa di fratricidio e di tiran-
nia, — Un op. in 16* di pag. 23 — Camerino, Tip.
Savini. 1876.
La Civiltà Cattolica, cui piace far della storia per suo
uso e consumo, era venuta fuori ad accusar Giulio Cesare
Varano d'aver ucciso suo cugino Rodolfo e d'essersi nel governo
mostrato tiranno, e tutto ciò per dar ad intendere che quel papa
Alessandro VI, che rese infaustamente famoso ed esecrando
il nome dei Borgia, fu il più sant'uomo di questa terra. A
tali accuse ingiuste contro il Varano risponde VAnonimo Ca-
merinesey insegnando all'orbano dei Gesuiti che la storia doq
può scriversi ad libitum, ma i fatti tutti devono esser pro-
vati da documenti. È uno scritto di polemica storica condotto
con fine acume, retto giudizio e spirito di buona lega, e
che con poche parole mostra come lo scrittore della Civiltà
Cattolica non abbia fabbricato che delle solenni menzogne.
Cesare Rosa.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 58S
Memorie degli illustri Jesini, raccoUe da Alcibiade Moretti —
Un voi. in 16* di pag. 135 — Jesi, Tip. fratelli Poli-
dori. 1870. — Prezzo L. 1 00.
Quantunque questo volumetto sia venuto in luce dieci
anni or sono, trattandosi in esso di uomini distinti nelle arti,
nelle lettere e nelle scienze, nati in una delle principali città
delle nostre Marche, credo ben fatto di ricordarlo ai lettori
di questo periodico, che si propone di far conoscere l'attività
intellettuale di questa regione d' Italia , troppo oggi da pa-
recchi tenuta in pochissimo conto.
Le notizie che il prof. Moretti ha raccolte ed ordinate
con savi criteri storici, ed esposte con non comune eleganza
di lingua e di stile, ci fan passare innanzi agli occhi un nu-
mero ragguardevole di uomini venuti in eccellenza nelle di-
scipline che coltivarono con cura ed amore, o che colla pro-
pria operosità, Penergia e lo spirito di abnegazione contribui-
rono non poco al benessere ed allo splendore del proprio
paese. E, se, come scriveva il Macchiavelli, ogni esempio di
reptibblica mtiove, quelli che si leggono delta propria muovono
molto pia, questi cenni devono valere non poco a mantener
vivo negli Jesini dell'oggi Tamore dell'arti nobili e gentili, il
culto delle cittadine virtù, vedendo come per esse si pervenga
ad acquistare fama durevole.
A me sembra però che se Tegregio autore in luogo di
presentare semplicemente le notizie storiche degli uomini
da lui celebrati, si fosse dìfTuso nell'esame delle opere loro, e
nelle considerazioni a cui i fatti da essi compiuti davano luogo,
il suo libro avrebbe guadagnato non poco dal lato deirutilità
non solo, ma sarebbe riuscito ancora più ameno alla lettura.
Cosi pure l'ordine cronologico credo sarebbe stato da prefe-
rirsi a quello alfabetico da lui seguito, perchè avrebbe ser-
vilo a far meglio apprezzare l'influenza che gli uomini eser-
citarono sui loro tempi, e questi su quelli. Ma questi sono
modi di apprezzamento diverso delle cose, e non scemano i
586 RASSEGNA BIBLIOGHAPICA
pregi molti che il libro ha, i quali rendono desiderabile che
esso sì diffonda e sia letto con amore dalla nuova genera-
zione, che deve crescere degna continuatrìce delle virtù degli
a\i, ed essere causa della prosperità e grandezza della patria.
Cesare Rosa.
Vita di Gaspare Spontini, scritta da Alcibiade Moreiti — Un
voi. in 16*» di pag. 36. — Imola, Tip. Galeati, 1875. —
Prezzo L. 0. 50.
Di Gaspare Spontini che, nato di umilissima coudizione
in una piccola terra delle nostre Marche, seppe, coir ingegno
straordinario e Parnore potente delParte, acquistare in tempi
a noi vicini fama ed onori e ricchezza, segnando nella ma-
sica orme incancellabili colla Vestale e il Fernando Cortes, e
facendole anzi fare passi da gigante, il prof. Moretti raccontò
brevemente la vita in questo volumetto. È inutile il dire,
perchè i meriti dell'egregio scrittore son conosciuti, che que-
sto suo lavoro è dettalo con forma eletta ed elegante, e che
la verità storica è scrupolosamente rispettata, come si vede
dalle annotazioni in cui sono indicate le fonti alle quali ha
attinto le notizie. — Augurando a tutti i nostri grandi uo-
mini biografi cosi diligenti come il Moretti, non mi resta al-
tro che manifestare il desiderio che egli voglia regalarci presto
altri simili lavori.
Cesare Rosa.
Giosuè Cegconi — Monte Santo Pietro — Un op. in 8* di
pag. 35. — Osimo, Tip. Quercetti. 1878.
Sono brevi notìzie delle vicende storiche d'una villa posta
sul Monte S. Pietro, ora di proprietà della famìglia Leopardi
Ditajuti di Osimo, ed hanno un'importanza molto relativa per
la storia locale, minima per la storia regionale e nazionale.
RASSEGNA BIBLlOGRAriCA ÌS1
Questo studio è abbastanza beo condotto, e può essere
letto con piacere da quanti negli scritti di tal genere, cer-
cano cose nuove esposte con proprietà ed eleganza di elocu-
zione, correzione e semplicità di stile, e per ciò l'egregio
scrittore merita che gli si renda la debita lode, la quale però
potrebbe esser maggiore quante volte le sue rare doti avesse
spese intorno a cosa di maggior momento.
Certamente ogni piccolo fatto, il quale per le ricerche che
negli archivi delle varie città s'istituiscono, viene alla luce
è cosa buona, ma però non nascondo che amerei vedere che
uomini studiosi e pazienti indagatori delle memorie storiche
dei nostri paesi, cx)me è l'egregio prof. Gecconi, il quale già
con altri suoi studii ha reso importanti servigi alla storia
marchigiana, volgessero di preferenza le loro ricerche a fatti
di maggiore interesse, essendovi ancora nelle vicende nostre
moltissimi punti o poco noti, o del tutto sconosciuti, i quali
attendono ancora chi degnamente li chiarisca, lasciando gli
altri tèmi per quando quelli siano stati sufficientemente illu-
strati. Questa è l'opinion mia, che ho voluta manifestare li-
beramente perchè desidero che gli studiosi delle nostre me-
morie non sciupino le forze loro in lavori di poco momento,
ma ci diano opere di maggior utile di quelle che per solito
ci danno.
Cesare Rosa.
li Natale di Roma — Saggio storico di Bruto Amante — 2^ ediz.
riveduta ed aumentata — Un voi. in S"" di pag. 116.
— Roma, Libreria A. Manzoni. 1879. — Prezzo L. 2.00.
Di un lavoro storico lodevole dell'egregio prof. Amante,
già ebbe a render conto ai lettori AeWArchivio il dott. San-
giorgio, oggi poi sono ben lieto che mi si offra novella oc-
casione di parlare d'un altro libro di lui in questo periodico,
libro degno in tutto e per tutto di essere raccomandato ai
cultori degli studi storici.
S88 IlASSEGNA BIBLIOGRAflCA
Il volume rivela uo^erudizione non cornane nei giovani
scrittori, un ottimo metodo dì critica storica per cui tra i
giudizi più disparati si cerca di scoprire qual sia quello che
debba accettarsi per vero, od abbia per sé molte più ragiooi
degli altri da dover essere preferito; e tutte queste cose poi
sono esposte con assennatezza modesta, con corredo di proTe,
quante volte lo possa, e quando manchino documenti auto-
revoli ai quali appoggiarsi, le congetture non son tali che
non possan stare ne in cielo né in terra.
Al nome di Roma chi è che non si sia sentito mai bat-
tere più frequente il cuore, ricordandosi i fatti meravigliosi
da lei compiti, che furono causa della civiltà sua, ed ebbero
anche attraverso al lungo giro dei secoli dei benefici effetti
sulla moderna civiltà?
Roma ebbe tanta e cosi gran parte nei destini del mondo,
che molti sorpresi che una sola città avesse in sé la virtù
di far sentire la propria egemonia in modo che niun altra
seppe mai, vollero in ciò vedere qualcosa più che d'umano,
qualcosa di soprannaturale, e molti si diedero a ricercare
quali fossero le sue origini, quali le sue leggi e gli ordina-
menti per trovar le ragioni della sua grandezza e deir in-
fluenza che seppe esercitare sugli altri popoli. La fantasia
delle moltitudini e dei poeti creò intorno alla storia della
città eterna molte leggende, ma in fondo alla leggenda (chi
é che noi sappia?) é sempre nascosta qualche verità che ad
essa ha dato origine, e gli eruditi studiarono e studiano per
mettere in luce questa verità, ma molti e diversi pareri fu-
rono sul proposito manifestati ; chi le leggende tutte o in gran
parte approvò e ritenne come racconto di cose realmente
accadute tal quale i poeti e gli storici primitivi le narra-
rono, chi non ammise nulla, e disse tutto esser favola e
lavoro di fantasìa, mentre altri più ragionevolmente pensarono
che di mezzo a quei racconti si avesse di certo a trovare al-
cuna cosa di vero. Non è questo il luogo per passare a di-
samina tali lavori degli eruditi, e d'altronde le opere di Vico,
DASSKGNA BIBLIOGRAFICA 389
creatore della filosofia della storia e primo ad insegnare il
metodo critico che nelle storiche ricerche si aveva a seguire,
del Niebhur, del Mommsen, del Gervinus, dello Schlegel, del
Vannucci e di mille altri sulla storia di Roma, sono ormai
cosi conosciuti che sarebbe un fuor d'opera il solo accennare
alle loro dotte investigazioni ed ai risultati a cui per esse
sono potuti arrivare; perciò senza più oltre divagare dal mio
soggetto verrò a dire brevemente delle cose di cui si occupa
nel suo erudito Ubro il prof. Bruto Amante.
. Nel capitolo primo si parla delPorigine di Roma e delle
opinioni dagli antichi e dai moderni su di tale origine ma-
nifestate, da quella di Ennio, ripetuta da Virgilio e da altri
poeti, secondo la quale i discendenti di Enea, profugo troiano,
avrebbero, dopo una serie di miracolose vicende, poste le
fondamenta della città, a quelle del Duni, delPAlgarotti) dello
Schlegel, del Niebhur, del Miiller, del Bamberger, deir Uschold,
dell'Ampère, che i racconti di Ennio o misero del tutto in
dubbio, od accettarono soltanto in parte.
L'autore tra le varie opinioni accetta quella del Mommsen
perchè le sue ipotesi sont) ad un tempo i risultati più recenti
della scienza, e per avventura i più accettabili, perché basati
a profonde indagini che sulla storia di Roma fece il Mommsen.
E difatti lo illustre storico tedesco ragionevolmente viene ad
ammettere che i consorzi dei Romani, dei Fazi e dei Luceri
si fondessero e Roma dovesse perciò la sua origine ad un su
nokhismo, come quatto da cui neW Attica è sarta Atene. Ver la
cronologia della fondazione segue quella diVarrone, secondo
cui essa avrebbe avuto luogo 753 anni avanti Cristo, preci-
samente il 21 di aprile; e viene a questa conclusione dopo
di avere nel secondo capitolo esposte e discusso le principali
e più autorevoli opinioni sul proposito manifestate dagli scrit-
tori antichi e moderni. Nel capitolo terzo l'egregio scrittore
si intrattiene ad informarci delle feste civili pel natale dì
Roma che ebbero luogo nei tempi primitivi e sotto l' impero,
raccogliendo con molta cura le memorie che ce ne lasciarono
590 RASSEGNA BIBLIOCnAPlCA
gli autori latini, con sana crilics storica e copia di enidÌBOne
quelle notizie vagliando ed oitlinando con melodo cooronne
al vero ed alla ragionevolezza. Segue il quarto capitolo in cai
ì lettori sono edotti, con altrettanta diligenza e dottrina delle
feste che per il natale di Homa si celebrarono nel periodo
del rinascimento delle lettere in Italia, e vi son notizie ca-
riose ed interessanti. Il volume si c!iiude col racconto delle
altre solennità e feste accademiche, le quali si celebraroDO
nei tempi moderni in occasione della ricorrenza del natale di
Roma.
Il libro del signor Amante è importantissimo, e degno di
essere letto specialmente da chi si applica agli sludiì storici,
perchè lo troverà ricco di preziose notizie, però più gradita,
credo, ae riuscirebbe la lettura se lo stile procedesse più di-
sinvolto, se vi si facesse minor uso di trasposizioni che Don
sempre giovano a dare maggior efficacia al linguaggio.
Cesare Rosa..
Scella di curiosità leHerarie Inedile o rare — Disp. CLXVI —
Lettere di Laura Battiferri Ammannati a Benedetto Varchi —
Uà voi. in 16° di pag. 65. — Bolc^na, presso G. Roma-
gooli, 1879.
Questa publicazione , dovuta alle diligenti cure del ch^
prof. cav. Carlo Gargìolli, per quanto non ci offra notizie di
grande importanza intorno alla storia civile e letteraria, rìe-
scirà grata ai marchigiani perchè si rilerìsce ad ana illostre
concittadina del gran Raffaello, a moltissimi, non in Italia
soltanto ma forse nelle stesse Marche, oggi sconosciuta, men-
tre sarebbe degna di miglior lama.
Il Gargiolli comincia dal dimostrare, c»D ou discorso
adorno delle piti leggiadre veneri del linguaggio, come inte-
ressante e stupendo riescirebbe un libro intorno alla storia
UASSEGNA B1BU06BAF1CA 591
della nostra letteratura femminile, perchè dimostrerebbe l'in-
fluenza della donna esercitala ne' costumi, negli usi, neUe vi-
cissitudini, neUe credenze; ed ha ragione; ma chi meglio di
lui, che l'argomento ha studiato con amore, potrebbe alle let-
tere nostre offrire nn tal libro? ed io mi auguro che, lasciata
da parte o;rni titubanza, ponga mano all'opera, la quale non
solo riescirà utile e degna letterariamente parlando, sib-
bene sarà ancora un'ottima azione, come quella che varrà
a mantener vivo nelle nostre donne Tàmore delle cose no-
bili e gentili. Viene poscia a darci alcune brevi notizie della
Laura Battirerri: una donna, che eMv da natura nobile inge-
gno ed anima delicata, e che con lo studio della fibsofia in-
nalzò il cult/) delle lettere, e nel sentimento della religione puri-
ficò la poesia dell* amore ; e quindi passa a dir poche cose
intorno alle rime di lei, che in gran parte non si elevarono
d' assai su quelle degli altri scrittori del secolo xvi. Ma a
dire il vero una maggior copia di notìzie intorno a questa
valorosa rìmatrice mi par che non sarebbe stata fuor di luogo,
anzi avrebbe valuto a farla meglio apprezzare e conoscere;
però egli potrebbe supplire a quel che nella presente pre-
fazione manca tessendo In biografla delPAmmannati, alla
quale sarei ben lieto, quando ciò gli piacesse, di dar luogo
in questo periodico che le glorie marchigiane intende riven-
dicare.
Seguono poscia le sedici lettere della Battiferri al Varchi,
il quale faceva grande estimazione dell* ingegno di lei, da cui
vediamo quali vincoli di amicizia legassero la poetessa urbi-
nate alP illustre storico fìorontino, quale il suo giudizio in
fatto di materie letterarie, quale la sua maniera di scrivere, in
cui si sente forsi^ troppo la ricercatezza e PalTettazìone, mentre
in lettere famigliari vorremmo trovare* quella cara semplicità e
naturalezza di cui ci ha dato inimitabile esempio il suo con-
temporaneo Annibal Caro. — Meno poche notizie che pos-
sono valere ad indicarci la data di (|ualche componimento
poetico, altre letterarie o storiche non ce ne ofTroni»; luttij-
592 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
via possono leggersi come quello che fan conoscere la genti-
lezza deiranimo e la prestanza delP ingegno di Laura Batti-
ferri Ammannati.
Cesare Rosa.
Diario dei Conciavi del 1829 e del 1830-31 di Mons. PiHro
Bardano f commentato e annotato da D. Silvagni. — Un
voi. in 8."* di pag. 97. — Firenze, tipografìa della Gaz-
zetta (f Italia. 1879. — Prezzo L. 2 50.
La tirannide, sospettosa d'ogni cosa che in qualche modo
potesse mettere in luce le magagne di lei, ha odiato sempre
la liberta della stampa, perchè capiva che i cittadini se ne
sarebbero valuti a manifestare la loro opinione sul mal go-
verno che faceva^i della publica cosa, avrebbero espresso de-
siderii ed aspirazioni i quali non si voleva neppure che si
sospettassero. — Ma il pensiero delle moltitudini, sebbene
compresso ed inceppato, tendeva tuttavia a farsi conoscere a
dispetto dei governanti , e si manifestava, specialmente in
Roma oppressa dalla teocrazia, per mezzo della satira e delle
cosi dette pasquinate^ le quali ci mostrano chiaramente che il
popolo aborriva il giogo da cui era gravato ed anelava di
scuoterlo. Inoltre molti fatti che avrebbero dovuto conoscersi
comunemente, e diffondersi per mezzo della stampa veni-
vano raccontati in cronache ed in diari, che non si pubbli-
cavano subito ed erano conosciuti da pochi.
Il libro messo in luce dal sig. cav. David Silvagni dimo-
stra chiaramente la verità che sono venuto esponendo, è un
buon contributo alla storia di tempi fortunatamente passati,
e ci fa conoscere Pambiente politico romano di cinquantanni
fa, le idee dominanti tra il popolo e le sue aspirazioni: sic-
ché a buona ragione può dirsi che questo lavoro non può
passare innosservato per chi voglia tesser la storia di quei
giorni nefasti.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 593
L*" egregio autore comincia il suo libro fornendoci alcune no-
tizie, raccolte con diligenza ed esposte con illuminato giudizio,
intorno al diarista mons. Pietro Dardano il quale, come se-
gretario del cardinale Morozzo di Bianzé vescovo di Novara,
prese parte ai due conclavi del 1829 e del 1830-31, in se-
guito dei quali vennero chiamati a sedere sul soglio ponti-
flcio il Gastiglioni marchigiano ed il Cappe Ilari veneto. — Il
Dardano fu di carattere candido ed onesto e di animo schietto,
e A'issuto, scrive il Silvagni, in mezzo ai due secoli, avendo
assistito, nella sua adolescenza, prima agli orrori della in-
vasione francese poi all'epopea napoleonica, rimase suddito
fedele del suo re, onesto cittadino, buon prete, buon pie-
montese e buon italiano. » — Nato nel 1791 in Predosa,
nel 18i2 era già valente professore di rettorica nel liceo di
Alessandria. Ebbe gran dolore della sconfitta degP Italiani a
Novara, dov'egii si trovava a quel tempo come segretario del
cani. Morozzo. Fu pio e caritatevole. < l diari di mons. Dar-
dano, ci dico il suo commentatore, non si distinguono per
profonde osservazioni polìtiche, ne brillano per quelP acume
die è proprio degli uomini di Stato. Il diarista si è con-
tentato di registrare giorno per giorno tutto ciò che ha vi-
sto, tutto ciò che ha udito, senza farvi soverchi commenti.
Le sue osservazioni sono semplici e piene di candore. Egli
non maligna mai sopra nessuno, e soltanto qualche volta
sorride o della umana debolezza o delP umana vanità. Egli
intende sufficientemente la missione del papato tanto spiri-
tuale quanto politica e P intende in conformità dei bisogni
del suo tempo. »
Seguono delle notizie intorno a Leone XII, nemico acer-
limo d'ogni novità e progresso, che governò i suoi Stati con
fermezza tirannica, e il quale credeva sul serio di avere, per
il bone della società, la missione di ricondurre U mondo in-
dietro, più indietro che era possibile; e certo vi si adoperò a
tutto potere, e non fu per sua colpa se il mondo volle con-
Archio. SU)r, March. V. I. 38
S9i RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
tinuare a progredire. ■ Il cardinale Della Genga, scrìve giasta-
meote il signor Silvagni, sarebbe stato relativamente an buon
princii;» se fosse oato almeno cento anni prima , e avesse
renato, poniamo, sai ducato di Camerino. Infatti, severo fino
alla crudeltà era animalo però dallo spirito di giustizia. ■
Venuto a morte Leone XII , escirono epigrammi e pasqui-
nate, di cui s^ occupa 1' egregio autore nel terzo capitolo,
che dimostrarono quanto il popolo si rallegras.se di quella
morte che lo liberava da una insopportabile tirannia.
Il capitolo quarto è consacrato alle notizie dei rardinalì
che fecero parte del Sacro Collegio per la elezione del succes-
sore al Della Genga: sono brevi cenni, ma piìi che suflicienti
a dar una giusta idea delle vedute politiche di ciascuno e
delle influenze che esercitava sagli altri. - Nel quinto capitolo
abbiamo il diario del Dsrdano del conclave del 1829, in cui
si dì particolareggiata notizia delle varie cerimonie che si
facevano, degli accordi che prendevano tra loro ì cardinali,
delle votazioni e via dicendo.
Il sesto capitolo tratta delle sa/ire sui cardinali, venule
fuori alla morte di Pio Vili, il quale occupò il trono pontiG-
cio per soli 20 mesi, e lasciò le cose come si trovavano.
Parecchie di queste satire, mostrano lo spirito caustico
dei romani, e specialmente quelle venute fuori dopo i moti
di Bomagna hanno un carattere politico, che mostra come
del potere temporale dei Papi si fosso stanchi , e si anelas-
.se ad istituzioni più savie e più liberali.
Nel capitolo settimo è compreso il diario che del conclave
del 1830-31 fece mons. Bardano, in cni sono tutte quelle
notizie che abbiamo già visto esser nell'altro diario.
In fine del volume, come appendice, abbiamo il testo del
Discorso dd Visconte di ChateaìjAriand , antòiisctalort di Carlo
X presso la S. Sede; al quale tìen dietro il Discorso dM March,
di Crosa, Ministro dd Re di Piemonte a Roma, al S. CdUegio:
dopo dei quali leggiamo la curiosissima Notificazione contro F ese-
crando vizio della bestemmia del Card. Giustiniani , Arcivescovo
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA S95
(l'Imola. Due specchi, i quali presentano le votazioni che
giorno per giorno si facevano nel conclave, compiono il libro
che per T interesse che presenta, storicamente parlando, e
per la bella Torma con cui è dettato, mi credo in dovere di
raccomandare ai cortesi lettori àdV Archivio
Cesare Rosa
Giambattista Beltrani — Cesare Lambertlni e la società bmh
gliare in Puglia durante i secoli XV e XVI — Parte I. fase. 1. 2.
3. in 8. di pag 3i ciascuno — Trani , V. Vecchi e Soci
ed. 1879.
Di questa publicazione , che sin d'ora promette di riuscire
ì:ìtere>sanlissima, sarebbe inìpossibile il voler portare adesso
un adequato giudizio; quindi limitandomi per questa volta
a darne V annuncio , mi riserbo a parlarne di proposito quando
ne sian venuto in luce un maggior numero di dispense.
Intanto dirò che nelle tre uscite si contiene una prefazio-
ne in cui il sig. Beltrani specialmente si difTonde a discorrere
delle fonti a cui ha attinto le notizie biografiche del Lamber-
lini ed i criteri seguiti nel dettare la biografia, e che alla prefa-
zione fan seguito XWIII documenti, che dal 3 agosto 12G7
vanno al 28 febbraio 13GG.
Cesare Rosa
Un paragrafo detr opera di Enrico Guglielmo Schuitz sui monu-
menti del Medio Evo nelP Italia meridionale, illustrato e
commentato con documenti inediti da G. B. Bì:ltrani —
Un op. io 8. di pag. 66 — Spoleto, Tip. Bassooi. 1878-79.
Il sig. Beltrani osserva che lo Schuitz o V Huillard - Bròhol-
les, ì quali s'occuparono nella loro opere dei monumenti medio-
evali deir Italia meridiouale se giudicarono rellameute del valore
jà
596 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
di essi monumenti sbagliarono nel riferir le notizie storiche
che li riguardano y o per lo meno da questo lato riuscirono
incomplete, e perciò crede che sarebbe bene dietro la scorta
di documenti correggere gli errori in cui sono caduti o com-
pletare le notizie mancanti , e questo appunto in parte cerca
egli di fare. Riferito, traducendolo dal tedesco in italiano, il
paragrafo delP opera dello Scbuitz in cui questi si occupa della
chiesa conventuale di S. Maria in Colonna, sita a breve
distanza da Trani, viene a rilevare gli abbagli presi dallo
storico tedesco, con quel garbo che si deve tra gente educata,
e che è mossa a parlare dall' amore del vero e della scienza.
Quali siano gli errori in cui lo Schuitz cade, non è questo il
luogo di dire ma si deve accennare che il sig. Beltrani li cor-
regge corredando il suo scrìtto di dodici documenti che com-
provano la verità di quanto asserisce. Se questo lavoro fosse
dettato in uno stile meno aspro, con una lingua più coiretta,
maggiormente gradita ne riuscirebbe la lettura.
Cesare ftosA
Conte Servanzi - Gollio — Antica pittura in tavola nella città di
Camerino — Op. di pag. 8. — Urbino co' tipi della Cap-
pella per E. Righi 1879.
Questo scritto vide dapprima la luce nel Raffaello di Urbino,
e descrive con precisione un quadro dell' Annunziazione esi-
stente in Camerino, il quale, quantunque deteriorato, forse
perche non fu tenuto in quel buon conto che merit iva , mostra
d' essere opera di non volgare pennello. PcTÒ il Com Servanzi
non ha dati per assicurare da chi quel dipinto sia stato fatto,
ma non dubita di allontanarsi dal vero ritetìendolo di scuola
Umbra del secolo XIV al XV. — La lingua in cui lo scritto
è dettato è ottima, ma lo stile qualche volta sente un pò
troppo deir artifizioso , forse per soverchio studio di riuscir
classico.
Cesare Rosa
RASSEGNA BrBI.IOGRAPICA 597
Dfli Lancia di Brolo — Albero genealogico e biografie. —
Un voi. in 8. di pag. Vili - 312 - Palermo, Tip. Gau-
diano. 1879.
D„'lla Farni'^'lia dei Lancia di Brolo, che ebbe le origini
sue nel Piemonte u poi in Sicilia si trapiantò, questo volume
ci mu-stra quali furono ì progenitori, quali i disrendenti, gli
uRici pnbtici da essi ricoperti, ì servigi imporlanlì che re-
sero al proprio paese nelle armi, nelle lettere e nelle scienze.
Il libro ci otTre circa 2oO notizie biograriche desunte con
bastante diligenza da cronache e lahellarii, e corregge qual-
che errore storico, come quando a pagina 13 ci dice che
• Nipote e figliastra di Bonifacio, perchè figlia di Anselmo suo
Tratello, fu quindi quelP Adelaide o Adelasia che nel 1089
fu la terza sposa del Normanno Rugftiero d' llauteville Gran
Conte dì Cicilia e figlio di Tancreili Uno degli errori di nostra
storia più invabi, fondalo sopra un equìvoco stato sancito
dalla tradizione e dagli scrittori, vuole costei Hglia di Boni-
facio Marchese di Monferrato, fondatosi su quel passo del
Malaterra che la chiama Septem liiìitifacii famosisfimi itatorum
M-irckionia : ma questi era già morto da 37 anni, essendo
slato uciiso nel 10;ì2. » - Ma se il lavoro, generalmente par-
lando, è condotto con diligenza e pazienza, pur qualche volta
lo scrittore (> caduto involontariamente in alcun errore, di
cui mi limiterò ad accennare die a pag. 100 dice che morto
Pietro d'Aragona venne eletto re suo fratello, ed a pag. 103
che n-- Giacomo or.linb al fi^'lio Federico di deporre le armi
e venire in Sicilia ad un aliboccamenlo con lui, mentre ciò
storitamcnte non ò provato vero, come non è vero che da
Giov;mni d'Aragona nel Ii30 fosse concesso ad Antonio Colon-
na il principali) di Salerm), e che Alfonso lo toL-^e a Raimondo
Orsini iii'l l.V:J9, — l'ero mm voglio all' autore fare un gran
carico di queste ed altre lievi mende storiche. Ira le quali
quella d'aver dato alla Marca d'Ancona un Castello di Mor-
lèccoli elle nel Dizionario storico geografico del Ciavarini non
598 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
trovo che abbia mai esistito, cose cui paò facilmente ri-
mediare in ana seconda edizione, nella quale mi auguro di
veder corretti parecchi modi dì dire che non sono coutor-
mi alP jso dei ben parlanti e dei migliori scrittori. Di questi
modi da correggersi ne citerò alcuni a caso: pare certo di a-
vere assistito alla celebre Dieta di Worms. — illaqueati — /
mvssinesi credendo che fuggiva — ciò si detegge dal seguente
distico — vitalizialmente — armi manesche — asilacansi i
battelli — esecutoriato — monumenti tombali — mori tViiiiite
— il primo rango — lasciato il monacab contubernio —
in età senescente etc. etc.
Cesare Rosa
I Labia in Venezia. — Notizie storico • genealogiche di Gahi.o
Bullo. — Un op. in 8. gr. di p.i^'. 40. — Venezia 1879.
Tip. di Marco Visenlini.
Se il nascere d' illustre lignaggio è un caso che può oifrire
dei vantaggi, è certo che questo porla con sé grandi doveri,
ai quali quando si venga meno si corre risico che ciò che
dovrebbe esserne cagione di gloria ne riesca di vituperio e di
danno. E innanzi tutto è necessario che quel patrimonio di
fima ch:3 uno hi ereditato d\\ maggiori sia conservato incon-
taminato, e trasmesso accresciuto ai nepoti, perchè la nobiltà
della nascita in tanto ha valore in quanto giovi a compiere
azioni nobili e degne che tornino ad onore ed utilità del
proprio paese. Perciò util cosa sarebbe che il patriziato ita-
liano in luogo di menar vanto dei propri titoli si studiasse
di conoscere la storia dei propri avi p.*r vedere come con alti
di valore in guerra, con adoperarsi in servigio della cosa
publica, coltivando le leltere e le scienze gli onori conseguis-
sero, e da ciò nascerebbe in esso quel sentimento di emula-
zione che è fonte di azioni nobili e grandi davvero. Ma la
storia del patriziato non solo ad esso può giovare, sibbene
BAS8EGNA BIBLIOGRAFICA 599
anco a quelli che non discendono di magnanimi lombi , perchè
per essa si apprenderebbe a Tare un pia equo giudizio delle
persone e delle cose , per essa si apprenderebbe qual via sia
da tenersi per giungere onestamente al conseguimento della
gloria. Intanto però che si aspetta che alcuno ci dia una di-
ligente storia del patriziato italiano, la qual può essere fonte
di nolizie preziose per quella nazionale, deve Tarsi buon viso
a quelle monografie che d' una speciale famiglia illustre intes-
son le memorie , perchè per tal modo si preparano i materiali
per quella generale a cui sono venuto accennando.
Già in questa dispensa medesima ho dato conto d' un libro
sui Lancia di Brolo, ora è il sig. Carlo Bullo che si otcupa
dei Labia in Venezia dicendoci delle loro orìgini, degli uomini
più distinti tra essi per virtù cittadine, per amore alle lettere,
alle arti ed alle scienze. Le indagini sono accurate, non vi
si alTerma nulla che con documenti non possa essere provato,
e se qualche volta si debbono far delle ipotesi son fatte con
criteri storici e non campate in aria. Alle notizie generali del-
la famiglia segue l'albero genealogico, ed a questo tien dietro
una ben condotta illustrazione. L'edizione è splendida, ed
abbellita con tre eliotipie rappresentanti il prospetto del pa-
lazzo Labia e due pregevoli affreschi del Tiepolo esistenti in
detto palazzo.
CcsAR£ Roba
NECROLOGIA
IL PROF. GIULIANO VANZOLINI
li Cav. Prof. GiCLiANo Vanzolini, direttore del Ginnasio
di Pesaro, e che diW Archivio SUìhco Marchigiano fu uno dei
primi a promettere il suo valevole aiuto, mancava ai vivi il
26 ottobre 1879. Nel dare il triste annunzio ai cortesi lettori
del nostro periodico, crediamo ben fatto di accennare breve-
mente alle virtù dell'ingegno e dell'animo di cui fu adorno,
ed alle opere di cui volle arricchita la nostra letteratura.
Sarà un tenue tributo di devozione affettuosa verso V uomo
egregio che lamentiamo perduto, non una biografia, la quale
però ci auguriamo che venga tessuta da qualcuno degli amici
di lui, ben lieti se a noi sarà dato di poterne fregiare le
pagine del nostro Archivio.
Giuliano Vanzolini ebbe i natali in Castel di Mezzo, pìc-
cola terra a breve distanza da Pesaro il 1* di maggio del 1824.
La sua famiglia era composta di povera ma onorata gente.
Ebbe il giovinetto i primi rudimenti dal parroco del paese
nativo, poi nel 1836 si recò a fare i suoi studi nel semina-
rio di Pesaro e vi restò fino al 18i4, distinguendosi sempre
fra' suoi condiscepoli per l'ingegno, il profitto e l'esemplare
condotta. Nel 1844, il cardinal Soglia, vescovo di Osimo, lo
chiamò a prefetto nel seminario di Cingoli, dove egli attese
alla teologia dogmatica e morale . In queir anno medesimo
venne eletto professore di lettere italiane e latine in Apiro,
dove seppe coir autorità che nasce dalla vera dottrina acqui-
starsi r affetto dei discepoli, nel numero dei quali fu quel
valente Filippo Mariotti , che oggi siede con onore al Parlamen-
to e che con la traduzione di Demostene si è acquistato un
bel nome nella repubblica letteraria.
Intanto nel 18i8 il Vanzolini, giovane ardente di amor
patrio y partiva per la guerra dell' indipendenza italiana, il che,
- f^
NECROLOGIA 601
in quei tempi in cui la tirannide sacerdotale chiamava delit-
to r amore del proprio paese gli valse la perdita della cattedra
publica; ed egli da allora fìno al 1860 visse insegnando privata-
mente, e non trascurò mai i prediletti studii letterarìi e storici,
sebbene la polizia pontifìcia gli arrecasse contìnue molestie,
0 sebbene fino dal 1852 fosse afflitto da incurabile epilessia.
Nel 1860 ebbe la cattedra di 4* classe nel ginnasio pesa-
rese, ed in seguito la direzione, che tenne sino al di della
morte, quantunque sarebbe stato degno d' uffici maggiori nel
publìco insegnamento. Però di questo non è da meravigliarsi
che oggi in Italia non fan fortuna i modestamente operosi,
quelli die possiedono davvero la scienza, ma clii sa meglio
vantarsi di meriti die non ha, ed appoggiarsi ai potenti.
Il Vanzolini publicò molti libri ed opuscoli originali, curò
r edizione di parecchi testi dì lingua, diede opera a metter
in luce documenti storici importanti, come i lettori dellMr-
chivio già sanno, ed attese alla traduzione di poeti latini, delle
quali cose tutte, condotte con molta diligenza ed amore, ci
sarebbe impossìbile in questi cenni rendere minuto conto.
Nella prima dispensa di questa publicazione , nel parlare
della CoUezione Storica del Cav. Giavarini dicemmo l'avviso
nostro sul tomo che per essa preparò V egregio scrittore pesa-
rese, ora diciamo che la maggiore opera di lui sarà sempre
tenuta la traduzione del poema di T. Lucrezio Caro Della
Natura delle co$e^ intorno a cui spese molte fatiche, e che ò
senza fallo una delle migliori che abbiamo per fedeltà, e per
eleganza di lingua e di stile, e che, publicala da prima a
libro per libro, procurò all'autore le lodi di molti valenti.
Al Vanzolini morto la città di Pesaro tributò condegne
onoranze, di cui fecero esteso resoconto i giornali del luogo.
Noi nel lamentare che la Patria abbia perduto un ottimo
cittadino, e le lettere un valente cultore, ci auguriamo che
sìa esaudito il nostro desiderio che alcuno voglia per T archivio
scrivere un'accurata biografia, che faccia testimonio della ope-
rosità di lui, del suo ingegno e della sua virtù.
LA DIREZIONE
ANNUNZI NECROLOGICI
Saverio Baldacchini Gargano, autore di un'opera loda-
lissima col titolo Esercitazioni storiche sul XIII secdo e
di alcune pregevoli monografie storiche, venne a morte il
14 marzo 1879.
Antonio Panizzi capo amministratore del Museo Brittannico
di Londra, mori in questa città il 9 aprile 1879 in età d'ol-
tre 80 anni. Esule dall' Italia nel 1820, col sapere, l'ingegno
e la virtù seppe vincere le contrarietà della fortuna ed ac-
quistarsi la stima e l' alletto degli stranieri. Gì' Inglesi lo
chiamarono il Napoleone dei Bibliotecari e il Magnate del sapere.
Ermolao Rubieri autoredi una pregevole opera sulla poesia
popolana italiana e d' interessanti lavori storici , mancava ai
vivi nella notte dal 24 al 25 settembre 1879.
A Losanna I' 11 agosto 1879 cessava di vivere Luigi
Vulliemin uno dei più celebri cultori delle discipline storiche
che avesse la Svizzera.
Isidoro La Lumia, cessava di vivere in Palermo il 29
agosto 1879. Era nato in quella città nel 1823, dove dal
1860 era a capo degli Archivi di Stato. Si ricordano molte
sue importanti opere storielle, e segnatamente la Storia della
Sicilia sotto Guglielmo il Buono; La Sicilia sotto Carlo V
imperatore; I Romani e le guerre servili in Sicilia.
NOTIZIE STORICHE E BIBLIOGRAFICHE
11 ritirJo con cui, per ragioni indipendenti dalla Direzione,
viene in luce qu^^sta dispensa fa sì die si diario ora delle nolizie
i'Iic si sarebbero dovute dar prima; tuttavia non abbiamo cm-
duto di togliere perche i lettori abbiano un notiziario completo.
La nostra città nel mese di Settembre fu onorata dalla
visita delP illustre filosofo, poeta ed uomo di stato conte
Terenzio Mamiani della Rovere. — Il Circolo filologico lo
proclamò suo Presidente Onorario. Distinti cittadini offrivano
all'ospite venerando un geniale brinchetto, nel quale il Mamiani
pronunciò un applaudito ed importante discorso, in cui disse
cose interessanti relativamente ai fatti del 1831. Al Circolo
Filologico il Prof. Cav. Giovanni Mestica con forbite parole
rilevò i meriti del più grande dei Marchigiani viventi*, parole
a cui il Mamiani rispose visibilmente commosso.
1 discorsi del Cle Mamiani e del Cav. Mastica furono raccolti
dagli stenografi e resi di publica ragi.)ne per mezzo della stampa.
L'on Mariotti ha publicato nei giornali una notevole let-
tera al Sindaco di Firenze, lamentando perchè le ossa dei
marchigiani Puccinotti e Matas siano tuttora insepolte , men-
tre dovrebbero trovar luogo in S Croce insieme alle altre
glorie nazionali. Noi speriamo che si penserà a rimediare a
tanto sconcio, ad ogni modo aggiungiamo la nostra voce
perchè si provveda a far il debito onore a chi colla scienza
0 coir arte onorò non poco P Italia.
I giornali recano che sono stati scoperti due volumi di
memorie inedite del grande poeta tedesco Enrico Heine
La Storia Universale di Cesare Gantù venne di recente
tradotta in portoghese dal sig. .Antonio Ennes.
II barone Alfredo Reumont , autore di molti pregiati lavori
intorno alla storia d' Italia , darà alla luce in Berlino un suo
604 NOTIZIE STORICHE
libro su Gino Capponi. Dello stesso argomento ha scritto il
Sen. Tabarrini , e il libro venne or non è molto stampato dal-
l'editore Barbèra di Firenze.
Una memoria intorno aUa vita ed alle opere del compianto
conte Federico Sclopis di Salerano venne letta air Accademia
di scienze morali e politiche di Parigi dal signor Carlo Giraud.
L' editore Treves di Milano pubblicherà le commedie di
Molière tradotte in versi italiani dal sig. Alcibiade Moretti,
professore in Iesi. Da alcuni saggi che di questa traduzione
furono già dati in luce si può Qn d' ora argomentare che sarà
lavoro pregevolissimo.
Dagli editori Drucker e Tedeschi di Verona fu stampato
r epistolario di Aleardo Aleardi con prefazione del prof. Trezza.
Intorno ad esso i critici italiani hanno pronunziato i più di-
sparati pareri.
L' unione tipografico -editrice continua la publicazione della
Cronistoria di Cesare Cantù, in cui si parla degli avveui-
menti dair anno 1848 al 1879.
L'Istituto Veneto ha decretato il premio di L. 3000 al
sig. P. G. Molmenli per una sua memoria sulla vita privata
ASì veneziani dalle orgini alla caduta della republica, memoria
che ebbe già V onore di due edizioni.
Si annunzia la prossima comparsa di una mtMUoria del
prof. Francesco Lattari intorno ai Monumenti dei principi di
Savoia in Roma.
Il sig. Carlo Gerin ha inserito nella Revue des qu siions
historiqaes un suo scritto sulla missione del sig. D<' Lionne a
Roma nel 1635. In esso sano anche importanti notizie intorno
al conclave in cui fu eletto papa Alessandro VII, e riguardo
al processo del cardinale de Retz.
I giornali esteri sono larghi di encomi all'opera del mar-
chese Cesare Camporì : Raimondo Montecuccoli , la sua famiglia
e i suoi tempi.
Ad Olmeneta in provincia di Cremona vennero scoperte
più di 400 monete romane d'argento benìssimo conservate.
E bibliografichiì: 605
A Roma furono scoperti altri ambienti della residenza
privata dn^li imperatori ai tempi d' Augusto. Essi sono adorni
di splendide pitture e bellissimi mosaici. A Roma medesima-
mente nel far degli scavi nelP interno di un palazzo sito in
via della Stelletta, si ritrovarono 184 tra zecchini e zecchini
doppi pontificii di oro fino , il cui conio si conserva perfetta-
mente. Sono degli anni tra il 1450 e il 1550, alcuni poi sono
rarissimi e forse unici della specie.
A Pieve Quinta in quel di Forlì si rinvenne un tesoretto
di 8i0 danari d'argento consolari, su cui leggonsi i nomi
dei monetieri.
Negli scavi di Pompei, oltre i soliti minuti oggetti che sì
rinvengono quasi quotidianamente, fu scoperta una gran cassa
abbellita con pitture in gran parte ben conservate.
È comparsa a Parigi una storia della guerra del 1870-71
scritta in ebraico moderno.
Dello scritto che Ruggero Bonghi ha fatto stampare nella
yuova Antologia intorno a Coriolano la Revtie historique pro-
nunzia un favorevole giudizio.
Per cura dell' editore Calinan Lèvy. è stato public:ito il
volume di Ernesto Renan intitolalo V Eijlies.' Chrélienne , in cui
l'egregio autore termina le sue indagini sulle origini del
Cristianesimo.
Si è corniciati a publicare a Parigi per cura di Ulisse
Robv^rt un' opera che tornerà assai vantaggiosi ai cultori della
storia moderna. Invcntaire sommaire des manuscrits des biblio^
tèfjiies de France doni les calai ujues n' ont pus èie imprimé.
il governo grMo ha fatto ac4iuisto delle ire statue che po-
ci tempo fa furono ritrovate negli scavi di Milo per più di
t27000 dramme, e vennero collocale nel Museo di Atene.
Meravigliosa sopra tutte e del più p»Tfetlo stile greco si re-
puta quella che rappresenta Poseidone.
Sta [)er publicarsi conlemporaneaniente in Germania ed in
Italia ( Roma , F. Bocca ) un nuovo libro di Ferdinando
(ìregorovius int'^rno a Urbano Vili e la sua opposizione aUa
606 NOTIZIE STORICHE
Spagna ealT imperaUire, episodio della guerra dei trentanni.
DalPedilore CivelU fu publìcalo il 2". volume del Begno
di Federico IL di Emilio Broglio.
Quanto prima il cav. David Silvagni darà in luce un suo
libro intorno La corte e la Società Romana nei secoli XVIII e
XIX, che sarà stampato dalla Tipografia della Gazzetta d'Italia.
L'Aulard ha publicato ad una traduzione in francese delle
opere del nostro Leopardi traduzione che lascia molto a
desiderare.
Il nostro collaboratore sìg. Edoardo Alvisi ha publicato
neir Archivio Storico Italiano un suo breve ma accurato lavoro
su / Fioretti di 5. Francesco y studiandoli dal lato della loro
compilazione storica.
La solerte Ditta Editrice Giacomo Agnelli di Milano ha
dato in luce la 2\ edizione della Storia degli ultimi trenf an-
ni di Cesare Cantù.
Il direttore di questo periodico attende a raccogliere le
lettere di quel valente critico che fu Eugenio Camerini, per
ordinarne T epistolario, il quale non può a meno di non ave-
re una grande importanza pei nostri studi. Sappiamo che
parecchie lettere sono già in mano del compilatore per gen-
tilezza somma di quelli che le possedevano, sicché ormai ^
può dar per sicuro che l'impresa sarà per riuscire, però
desiderando il nostro direttore di far cosa meno manchevole
che sia possibile, si rivolge a quanti altri avessero lettere del
Camerini pregandoli a volergli usar la cortesia di favorirgliene
copia, od anche gli originali che, dopo trascritti, saranno da
lui resi ai mittenti. I periodici che fanno cambio col nostro ci
avranno per obligatissimi riproducendo questa notizia, ed
aggiungendo che lettere e manoscritti devono indirizzarsi in
Ancona al Prof. Cesare Rosa, via Capodimonle n'. 26 rosso
Uno scrittore che si nasconde sotto il pseudonimo di C
FerosOy ha cominciato a publicare in appendice al Corriere
delle Marcile una serie di scritti che intitola pas^:eggitfte anco-
nitane, ed in cui si propone di farci conoscere la vita ed i
R BIBLIOGRAFICHE 607
costami di Ancona nei passati tenopi, come ha fatto il Mol-
menli per Venezia. Ci occuperemo di proposito nella biblio-
grafia di questi studi storici, quando ne sarà compiuta la
publicazìone.
L' Avv. Prof. Cav. Michele Maroni, in occasione delle nozze
Beer Coen, ha stampato coi tipi del Givelli alcuni versi di
Guidubaldo Bonarelli della Rovere, premettendovi una prefa-
zione ed aggiungendovi delle annotazioni.
Era nostro intendimento pnblicar un particolareggiato
rendiconto sul primo Congresso delle società di Storia Patria,
ma per abbondanza dì materia dobbiamo rimandarlo ad altra
dispensa, insieme ad altri importantissimi scritti della cui
ritardata publicazione preghiamo la coitesia degli autori a
volerci scusare.
A Firenze, per opera dell'egregio Cav. Avv. Carlo Lozzi
è cominciata la publicazione del B'blio/Uo giornale dell'arte
antica in istampe, scritture e loro eccessori. Ne sono usciti
per ora 7 numeri interessantissimi, e noi dolenti di doverne
rimandare ad altra dispensa un conno pili accurato non vo-
gliamo però Lisciare di ra<!C()mìndarlo ai nostri leitt^rì e sin-
golarmente ai signori Bibliotecari.
— Ai primi dL*l 1881 V Kditore G. Barbera di Firenze
pnblìciìerà un interessantissimo volume di circa 500 pagine
in-lG"* intitolato Annuario della Letteratura Italiana, del quale
ha affidata la compilazione ai Si^niori Guido Biagi e Guido
Mazzoni dottori in filolo^^na. Questo oltre ad essere in com-
pendio la storia Itleraria dell'anno, sarà utiU» repertorio di
dati biografici, bihiiograftci e statistici, e di (|uanto insieme
valga a me;^Mio rappresentare il movimento intellettuale Italiano.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Pervennero alla Direzione i seguenti libri ed opuscoli, dei
più importanti dei quali si parlerà nella rassegna bibliografica
dei prossimi fascicoli. Di tutte le publicazioni storiche che gli
autori ed editori manderanno al Direttore si darà annunzio
in questo bollettino, e, quando ne sia il caso, si farà una
speciale rivista critica.
1. Ranieri Antonio. — Sette anni di sodalizio con Giaco-
mo Leopardi — Un voi. in 8. di pag. 126 — Napoli Tip. Gian-
nini 1880.
2. Cassare Prof. Salvatore. — La politica di Giacomo
Leopardi, Esposizione storico diplomatica, — Un voi. in 16 di
pag. 132 — Palermo. Tip. F. Roberti. 1879.
3. Maroni M. — Versi di Guidubaldo Bonarelli della Rove-
re pubblicati nelle nozze Beer - Coen — Un op. in 16 di pag.
20 — Ancona Slabilinaento tipografico Civelli. 1880.
4. Alvisi Edoardo. — / Fioretti di S. Francesco, Stuiii
suUa loro compilazione storica — Un op. in 8. di pag. 15.
— Firrnze. Tip. Cellini. 1880.
5. Foglietti Avv. Raffaele. — San Giuliano f Ospitatore
Cenni storici. — Un op. in 8. di pag. 45. — Firenze. Tip.
Cellini. 1879.
6. Foglietti Avv. Raffaele. — Documenti dei secoli XI
e XII per la storia di Ulcerata con prefazione ed annotazioni
— Un voi. in 8. di pag. 95 — Macerata Tip. Bianchini. 1879.
7. Servanzi Gollio Cte Severino. — Pavimento a mu-
saico discoperto nel territorio di Fabriano — Op. di pag. 6.
— Camerino. Tip. Savini 1880.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 609
8. Manzi Luigi. — V origine ed i primi secoli d' htonio
oggi Vasto d' Aimone — Un op. in 8. di pag. 51 — Napoli
Tip. deir Indicatore Generale del Commercio. 1880.
9. PiF.RGiLi Prof. Giuseppe. — Le tre lettere di Giacomo
Leopardi intorno alla divisala fuga dalla casa paterna — Op.
in 16. di pag. 64 — Roma e Torino. Ermanno Loescher. 1879.
10. — Fr.assi Ing. Giacomo. — // Governo feudale degli
abati del monastero di S. Ambrogio Maggiore di Milano nella
terra di Civenna in Valassina — Con tavole litografiche —
Un voi. in 8. di pag. 167 — Milano ditta Giacomo Agnelli 1879.
11. Ceruti D' Antonio. — / principii del Duomo di Mi-
lano sino alia morte del Duca Gian Galeazzo Visconti —
Studi Storici — Un voi. in 8. di pag. 223 — Milano Ditta
Giacomo Agnelli. 1879.
12. Salvigli D' Giuseppe — U Istruzione Pubblica in /-
(aita nei secoli Vili - IX e X — Un voi. in 8. di pag. 157
— Firenze. Tip. della Gazzetta d'Italia. 1879.
13. Altavilla Prof. Raffaele. £' Italia e le sue cento
città — Narrazione storica per le scuole e le famiglie — Un
voi. in 16. di pag. 255. — Milano Ditta Giacomo Agnelli.
1880.
14. Mazzoleni a. — Giuseppe Ferrari, % suoi tempi e le
sue opere — Un voi. in 16. di pag. 198 — Milano. Tipografia
Editrice Lombarda.
15. CiAVARiNi C. — Collezione di documenti storici antichi
inediti ed editi rari delle città e terre marchigiane — Tomo
IV contenente le Carte Diplomatiche Osimane raccolte ed or-
dinate da Giosuè Cecconi — Un voi. in 8. di pag. VII -361
— Ancona Tipografia del Commercio MDCCCLXXVIIL
PERIODICI ED ARCHIVI STORICI
1, Archivio Storico Italiano. Tomo IV dispense IV - V - VI
del 1879. — Tomo V dispense I e II del 1880 — Firenze
presso G. P. Vieusseux. 1879 - 1880.
610 BOLLETTINO BlBLIOGRAtlCO
2. Archivio Storico per le provincie Napoletane — Anno
IV Fase. IV ed anno V Fase. I. — Napoli Slabil. tipografico
Giannmi — 1879 - 1880.
3. Archivio Vemio. Tomo XVIII parte II. e Tomo XIX
parie I. — Venezia. Tipografia del Commercio. 1880.
4. Archivio Storico Lombardo. — Anno VI fase. IV —
Milano. Gaetano Brigola. 1879.
5. Archivio Storico Siciliano. — Nuova serie. Anno IV
fase. I - II — Palermo. Stabil. tipog. Virzi. 1879.
6. Società Storica per la provincia e antica diocesi di do-
mo. — Periodico. Fase. 3** — Como F. Ostinelli di C. A. 1879.
7. Curiosità e ricerche di Storia Subalpina pubblicate da
una società di studiosi di patrie memorie. — Puntale XIIl
- XIV e XV — Roma, Torino, Firenze. Fratelli Bocca. 1879
- 1880.
8. Nuove Effemeridi Siciliane. Studi storici , letterari ,
bibliografici in appendice alla Biblioteca storica e letteraria di
Sicilia. — Voi. IX fase. XXV. — Palermo. Luigi Pedone
Lauriel editore. 1880.
9. Archivio di Pedagogia e scienze aflìni diretto dal Prof.
Emanuele Latino. — Voi. VI disp. II — Palermo. 1879.
10. Patria e Famiglia. Rivista educativa della Società
Pedagogica Italiana diretta da G. Sacchi. — Serie seconda —
Anno I. Disp. 1. 2, 3. 4. 5. — Milano, Ditta Giacomo Agnel-
li. 1880.
CENNI CRONOLOGICI
SULLA
FONDAZIONE, PROGRESSO E FINE
DEL
NOBILE COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLPI
IN FANO
PER
LUIGI MASETTI
.liWiir. Sto,: ^fnl•^•h. V. I. .1'.»
DEL COLLEGIO
STA FONDAZIONE E DURATA
PARTE ì:
Un distinto e benemerito Cittadino il cui nome sarà
sempre in benedizione fra noi, GUIDO NOLFI, giunto
a tarda età senza prole, non essendosi mai accasato per
essere quasi sempre vissuto in Roma sostenendo nobi-
lissimi incarichi in quella Curia, lasciò per testamento
erede dello sue proprietà e del suo nobile nome Vin-
cenzo Galassi che perciò appellossi nel seguito Vincenzo
Nolfì, e in di lui mancanza vi sostituì un Raniero Nolfi,
i quali ambidue morirono senza lasciar successione.
Grande suona fra noi il nome di Guido illustrato
da un pregevole lavoro biografico del chiarissimo Conte
Cav. Stefano Ternani Amiani intitolato: Della Vita e
delle Opere di Guido Nolji da Fano - Fano pei tipi
di Giovanni Lana 1857 - lavoro nel quale essendo con
614 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
mirabile chiarezza ed erudizione descritte le principali
gesta della vita di queir illustre Patrizio, mi dispensa
dal fame una più lunga e distinta numerazione.
Dettò esso le sue ultime volontà in Roma sotto il gior-
no 26 novembre 1627, nel quale anno in quella stessa
città addì 11 decembre accadde pure la di lui morte-
Fu questi r istitutore ed il fondatore del nobile Col-
legio Nolfi in Fano, del quale e della Università a cui
in seguito venne elevato, imprendo a tessere un breve
cenno cronologico, afifìnchè la memoria di quei privilegi
che ora più non esistono, ed i nomi di tanti egregi
uomini che cooperarono al suo ingrandimento ed alla
sua fama non cadano totalmente coir andare del tempo
nella oblivione.
Fra le molte disposizioni portate dal suo testamento
vi era questa ^ che con la vendita di alcuni offici e
dignità di suo patronato si avessero a comprare tanti
luoghi di Monte in Boma ) a fine che con gli altri ot-
tanta esistenti s'avesse a formare un moltiplico delle
entrate di quelli sino a tanto che arrivasse alla somma
di venticinque mila scudi di moneta di Roma, e se in
questo tempo il sopradetto suo erede Vincenzo non avesse
figli maschi legittimi e naturali, si continuasse innanzi
il moltiplico sino a che tra sorte e frutti arrivasse alla
somma di scudi trenta mila. „
La particola poi del Testamento che si riferisce alla
formazione di quel moltiplico e alla nomina degli eredi,
*) Erano questi le note cedole o cartelle di credito sul Banco di Santo
Spirito.
DFJ. NOB. COLLRGIO ED UNIVRRSITÀ NOLFI IN FANO 615
ed in loro mancanza alla istituzione di un Collegio in
cui si adottrinassero, gratuitamente, dodici giovani nelle
scienze mediche e nelle legali, è così concepita:
^E morendo il detto sig. Vincenzo di morte naturale,
„ allora intendo che succeda il detto sig. Raniero Nolfi e
„ suoi figliuoli maschi legittimi e naturali, e morendo il
„ detto sig. Raniero senza figliuoli maschi legittimi e na-
jf turali, voglio che tanto di esso moltiplico quanto di ogni
jf altra cosa di detta mia eredità, se ne abbia da erigere
^ un Collegio in Fano nella mia casa con titolo di Collegio
„ Nolfì di dodici giovani della detta città non minori di
jt anni dieciotto, né maggiori d' anni diecinove che siano
„ ben fondati nella Grammatica e habbiano inclinazione e
^ vogliono attendere, otto di essi alle Leggi e quattro alla
^ Medicina, i quali ci possino stare cinque anni, dove
jf habbiano da portar tutti una veste talare di sopra uni-
„ forme negra che nella manica sinistra vicino al gom-
„ bito habbia 1' arme di casa Nolfi, da farsi solamente
„ questa e non altri abiti dell' entrata del Collegio con
„ gli ordini e stabilimenti che saranno fatti da me prima
„ eh' io mora, ovvero dopo la mia morte dal mio erede
„ al quale in evento eh' io non avessi lasciati detti stabi-
„ limenti dò ampia facoltà e autorità di farlo. „
Fra le principali costituzioni del Collegio, (dice Io
storico Amiani), giusta la mente del Fondatore contansi
quelle di dover presiedere al suo regolamento, alla edu-
cazione, e disciplina degli alunni ed al mantenimento
dei lettori dei ministri e delle rendite, il Vescovo che
sarà per il tempo, il Preposi to della Congregazione del-
l' Oratorio di S. Filippo Neri, e il Dottore del Consiglio
616 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
generale della Città più anziano, non nel Dottorato ma
nel Consiglio in qaanto al luogo : che dodici debbano
essere gli alunni, tutti nobili della Città, e in loro difetto
dovranno essere cittadini, o benestanti del contado i quali
dovranno nominarsi nella seguente forma.
II Vescovo dovrà eleggere due per lo studio di me-
dicina, ed uno per la legge civile e canonica : due altri
per la legge ed uno per la medicina dovrà eleggere il
Preposito deir Oratorio: due altri similmente per la legge
ed uno per la medicina il Dottore anziano del Consi-
glio, e gli altri due per la legge dovrà nominare il
più vecchio della famiglia Nolfi, e V altro il più vecchio
della famiglia Calassi, col patto che estinguendosi una
delle suddette famiglie o tutte e due, spetti il nomi-
nare i giovani alunni all'altro Dottore susseguente dopo
il Decano del Consiglio nel modo che si è espresso di
sopra.
Seguita intanto, come si disse, la morte di Guido Nolfi
gli eredi chiamati Vincenzo e Raniero esposero al Pon-
tefice Urbano Vili che ciascuno di loro era giovane ed
ammogliato, e per conseguenza con probabile sicurezza
di prole, nel qual caso svaniva la speranza della fonda-
zione di un Collegio: e perchè l'uno e l'altro brama-
vano di vederlo sorgere per decoro della Patria e della
Famiglia, supplicarono esso Pontefice a volere commu-
tare la volontà del suddetto Testatore, permettendo che
loro dessero quaranta luoghi di Monte in Roma, acciò
che posti a moltiplico e giunti alla somma di scudi cin-
quantamila, con questo capitale si erigesse il Collegio, e
nel rimanente dichiarasse l' eredità di Guido non sog-
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN PANO 617
getta a fìdecommesso, su di che ne ottennero favorevole
rescritto con Breve spedito li 30 ottobre 1628.
Premorì Raniero a Vincenzo senza prole, e questi tro-
vandosi parimente orbato di figli con suo Testamento in
data 15 marzo 1665 legò al Collegio da aprirsi cin-
quantasette e mezzo luoghi di Monte, ordinando che
questi dovessero porsi al moltiplico con gli altri soprac-
cennati; ed istituì erede universale la signora Ippolita
UfFreducoi sua moglie, alla quale sostituì parimente il
sudetto Collegio, deputando esecutori testamentari i si-
gnori Marchese Claudio Gabuccini e Camillo Boccacci.
Premorì la suddetta signora erede istituita al proprio
marito, il quale visti sparire per la fragilità degli umani
eventi tutti gli ostacoli, inerendo di buon grado alle
concessegli facoltà fece alcuni statuti per il governo
civile ed economico del Collegio, deputò i Superiori e
Rettore del medesimo, e senza potere portare T opera
al suo compimento, morì il giorno 25 settembre del-
l'anno 1665.
Insorse contro la validità del testamento un Rinolfo
Galassi nipote ex fratr$ del sudetto Vincenzo, il quale
come più prossimo di lui parente prese possesso dell'Ere-
dità; ma introdotta la causa in Roma venne giudicato
per valido il testamento, e rivocato il possesso: ma pro-
seguendo la lite in grado di appello^ si composero le dif-
ferenze con una transazione che porta la data del 25
ottobre 1666, rogito Francesco Danti notaio fenese, con-
fermata dal Papa Alessandro VII il 1."" marzo 1667,
mediante la quale furono assegnati al Galassi vari sta-
bili della eredità di Vincenzo per la somma di scudi
618 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
tremila e ottocento moneta di Urbino, con che ebbe fine
la promossa vertenza.
Nel frattanto essendo ginnto il moltiplico alla somma
di scudi cinquantamila, pensarono gli Esecutori testamen-
tari di aprire il Collegio, e per meglio assicurarne le
ragioni ricorsero a Papa Clemente X acciò si degnasse
di approvarlo ed arrichirlo di privilegi, ciò che si ot-
tenne con Bolla in data 16 maggio 1672 diretta al Vi-
cario generale del Vescovo di Pesaro, nella quale in
ristretto si approva per intero la mente del Testatore. II
Vicario sudetto dichiarò tosto farsi luogo all'apertura
del Collegio, e ne diede il possesso ai Superiori chiamati
dal testamento.
E qui insorse subito una differenza fra i Superiori del
Collegio e gli Esecutori testamentari di Vincenzo, i quali
pretesero per quella prima volta di volere essi soli nomi-
nare tutti i Collegiali, condurre i Lettori, e fare tutti que-
gli atti che spettano ai Superiori a tenore delle facoltà
concesse dal Testatore, per il che s' incagliò l'apertura, la
quale maggiormente restò differita per la morte di mon-
signor Alfieri allora Vescovo di Fano seguita il 12 set-
tembre del 1676, ond' è che vedendo queste lunghezze
alcuni cittadini di Fano supplicarono il Papa a volere
concedere questo capitale alla Comunità per isgravarla
dai propri debiti: altri per fabbricare il porto; ed altri
finalmente ricorsero, supplicando Innocenzo XI acciò con-
cedesse almeno i frutti del medesimo per una sol volta
a beneficio dei poveri della città angustiati nel 1667
dalla fame per la penuria in queir anno verificatasi; ma
il Papa non dando orecchio a queste suppliche, con una
DEL NOB COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN PANO 619
negativa chiuse la bocca a tutti coloro che non avreb-
bero volentieri veduto aperto il Collegio.
Davano vita a cosifattc contrarietà quel Rinolfo Calassi
che si era composto per una determinata somma, come
si è detto, ed una Caterina Uffreducci pronipote ex so-
rore di Guido Nolfi alle di cui facoltà pretendeva di
essere chiamata ab intestato; ma più nella speranza di
ottenere anch'essa una somma in via di transazione.
Intanto preconizzato nel maggio del 1678 a questa
sede Vescovile di Fano monsignor Angelo Ranuzzi Ar-
civescovo di Damiata, e che fu poi Cardinale, e preso il
possesso della sua Chiesa, stabilì di subito aprire il Col-
legio non ostante qualunque ostacolo gli si parasse di-
nanzi, onde visitata la Casa ereditaria dei Nolfì, ordinò
per primo che si modellasse ad uso di Collegio^ il che
fu subito fatto senza grande alterazione dei muri vecchi,
e col disegno del signor Francesco Gasparoli cittadino
fanese.
Una difficoltà grave a superarsi era quella di potere
rinvenire in una città di ristretto animato dodici gio-
vani nobili che avessero la età fra i diciasette e dician-
nove anni prescritta dal Testatore, difficoltà che non
potendosi superar di leggieri, fu supplicato il Papa a
dispensare il rigore dell'età, e a dichiarare che ancora
i Diocesani fossero capaci di essere ammessi. H memo-
riale fu rimesso alla 8. Congregazione del Concilio prò
voto; ed in questa nuovaipente comparve a con tradire
apertamente quel Rinolfo Galassi sotto T erroneo pretesto
che non dovesse concedersi tale dispensa in pregiudizio
dei suoi diritti in caso del non adempimento delle oon-
6^0 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
dizioni (pretesto che veniva contant'arte da lui stesso pro-
mosso) e citò i Superiori del Collegio, perchè appunto in
causa di tale non adempimento delle condizioni, fosse loro
inibito di aprire il Collegio. Essendosi però appianate
tutte le difficoltà in favore di quest' ultimo, e comparsi
i giovani per età ed altri requisiti capaci ad essere am-
messi, si giudicò non essere più bisogno della sudetta
dispensa; e però il nominato Vescovo Monsignore Ranuzzi
come Superiore del Collegio, e come Esecutore delle cause
pie con atto di Cancelleria in data 28 giugno 1680
dichiarò aperto il Collegio, e diede il possesso delle cat-
tedre ai Lettori che per questa prima volta furono i
seguenti :
Piermaria Amiani Lettore dell'Ordinario canonico con
scudi 60.
Camillo Galantara che fu poi Prevosto della Catte-
drale deir Ordinario civile con scudi 60«
Francesco Grasparoli dell'Istituto civile con scudi 54.
P. M/ Francesco Antonio Modesti minor conventuale
di Filosofia con scudi 20.
Fracalossi Dott Ludovico in Medicina con scudi 54;
e questi tutti della città di Fano, tranne il ModestL
Diede ancora il possesso ai Collegiali che furono per
questa prima volta:
H Conte Rodolfo di Montevecchio, i Conti Federico
ed Ugo di Montevecchio, Domenico Amiani, Innocenzo
Torelli, Fabrizio Detterà, Domenico Felice Gasparoli, Lo-
renzo Paoli, Gio. Battista Foschi, in tutto numero nove.
In pari tempo vennero interpellati giuridicamente i
signori Rinolfo Gralassi e Giuseppe Nolfi a dare le loro
DEL NOB. COLLEGIO KD UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 621
nomine di complemento, al che non vollero prestarsi se
non dopo un lungo tempo, cioè quando videro svanite
tutte le loro speranze alla successione di Ouido.
I primi Superiori poi del Collegio furono:
Monsignore Auoelo Rakuzzi Vescovo di Fano.
Padre Gian Battista Brisighelli Prevosto dell'Oratorio di
S. Filippo Neri.
Pier Mabl^ Amiani Decano dei Dottori del Consiglio.
Datosi in tal modo principio alle letture con grande
profìtto de' giovani e generale applauso della Città e con-
corso di forastieri, si giudicò bene di condurre un Let-
tore di Teologia che fu il P. Tommaso Legnani Dome-
nicano, e sempre più crescendo il nome del Collegio, si
risolvè di stipendiare un Lettor forastiero che dovesse
pernottare sempre in Collegio, onde nell'apertura degli
studi fatta nel 1683 venne qui chiamato dall'Univer-
sità di Urbino Carlo Ortensio Bemabei gentiluomo di
quella città con titolo di lettore primario di Legge civile,
e con lo stipendio di scudi 110 oltre il vitto.
In progresso di tempo, mancati quei Collegiali, e non
avendo la Città un competente numero di giovani ca-
paci per nascita per età e talenti a potere ricoprire i
posti vacanti, supplicarono i Superiori Papa Innocenzo XI
a permettere che si potesse concedere il luogo anche ai
diocesani in difetto di quelli della Città, quando riunis-
sero le capacità volute per essere ammessi, lochè venne
senz'altro accordato con Breve in data 5 gennaio 1684.
Venne però decretato sotto il 20 settembre 1685 che
i Convittori forastieri dovessero pagare al Collegio dieci
622 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
dobole air anno, la metà delle quali al loro ingresso, e
V altra metà dopo i primi sei mesi.
E ritornando sulla difficoltà di rinvenire dodici gio-
vani nobili 0 di civili natali in questa Città aventi i
requisiti voluti dal Fondatore, mi piace di fare osservare,
che nel 1698 essendo pieno il Collegio tre soli e non
nobili erano della Città, gli altri tutti erano diocesani.
Nel .1714 poi si stabilì di aprire nel Collegio stesso
un Convitto senza obbligo ai giovani di portare V abito
prescritto agli alunni, ma che dovessero vestire in nero
con ferraiuolo e calzette nere, e che per alimenti doves-
sero pagare al Collegio scudi cinquanta romani annui,
senza alcun ribasso nei tempi di vacanze.
Lo stato economico poi del Collegio in quei primordi
era il seguente:
La Rev. Fabbrica di S. Pietro teneva in pendenza
dell' apertura del Collegio V amministrazione di quei luo-
ghi di Monte lasciati da Guido e Vincenzo Nolfi, apog-
giate solo erano le ragioni del Collegio ad un Procura-
tore, e questi luoghi o cartelle di Credito ascendevano
a numero 307, 75.
Essendo decorsi più anni senza che si potesse aprire il
Collegio, questi capitali crebbero in modo da giungere alla
cospicua somma di scudi cinquantamila eccedenti la mente
del Testatore, il quale aveva fissato a scudi trentamila il
capitale per la fondazione del Collegio, ond' è che il fi-
scale della S. Congregazione della Fabbrica pretese che
l'eccedenza del moltiplico in scudi ventimila, con più 300
luoghi di Monte uniti a scudi novecento di frutti ine-
satti, spettassero all'amministrazione di quella Fabbrica.
DEL NOB. COLLEGIO CD UNIVERSITÀ NOLKI IN FANO 623
lDo1h*e per V ÌDcuria degli agenti ed altre cause si ve*
rificò che i Monti del Collegio erano sparsi, e di molti
non si conoscevano ne patenti ne alcuna memoria.
Le ragioni per altro del Collegio furono rivendicate
dal molto zelo del Vescovo Ranuzzi, però non senza per-
dite per colpa degli agenti, e non senza diminuzione di
capitale per la decadenza di credito delle cartelle, per cui
si cominciarono a ritirare i detti luoghi di Monte rive-
stendone r equivalente in fondi rustici, con che si portò
1' entrata del Collegio ad una media di scudi mille e
quattrocento.
Neir anno 1723 si stimò opportuno |)er maggiore or-
namento dei collegiali di chiamare un Lettore di Belle
Lettere, ciò che seguì in persona del Dottore Ghedini di
Bologna.
E crescendo sempre più la fama del nostro Collegio
pel numero e qualità dei Professori insegnanti, e per la
buona riuscita degli alunni, i quali per altro dopo cin-
que anni di studio dovevano portarsi in una Università
dello Stato per prendere la Laurea sia in Medicina sia
in Legge, venne a nome della Città supplicato il Ponte-
ficee Benedetto XIII a volere accordare al Collegio la
grazia di conferire le lauree in dette due facoltà, lochè
venne assentito con Breve che porta la data del 25 feb-
braio 1729. Eguali pratiche si fecero dai Superiori del
Collegio alla corte di Vienna all'oggetto di ottenere il me-
desimo privilegio, e perchè potessero i laureati nel Col-
legio Fanese esorcitare liberamente negli Stati Imperiali,
ciò che venne ampiamente assentito dall'Augustissimo
Imperatore Carlo VI con suo Diploma in data 23 giù-
624 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E PINE
gno 1731, col quale accordava facoltà di creare Dottori
in tutte le scienze.
Vennero perciò sulla fronte del Collegio innalzati
nel 1732 gli stemmi Pontificio e Imperiale, ed inaugu-
rata cosi la Università Fanese, decretandosi che i Diplomi,
di cui sopra, dovessero mandarsi alle stampe e pubblicarsi
anche in luoghi lontani. Non essendomi però mai occorso
di vedere alcuna di queste stampe, ritengo che tale di-
sposizione non avesse mai il suo effetto.
Continuerò intanto a parlare, in via cronologica, dell'an-
damento e delle fasi subite dal Collegio sino alla totale sua
soppressione, ed in ultimo darò un breve sunto degli atti
riferibili alla gestione Universitaria, la quale ebbe la bre-
ve durata di novantatre anni, cioè sino al 1824, epoca in
cui venne soppressa in forza della Bolla di Leone XII, Quod
Divina Sapientia^ promulgata in quel medesimo anno.
Monsignor Giacomo Beni da Gubbio Vescovo prema-
roso e zelante, venuto nel 1733 a questa sede, vedendo
con quanta difficoltà si potevano rinvenire dodici alunni
di nobile e civile famiglia fanese o diocesana nei limiti
deir età prescritta dal Testatore, ideò d' ingrandire il fab-
bricato del Collegio per accogliervi una nuova camerata
detta dei piccoli, al quale effetto tenne chiuso il Collegio
per anni due (1734-1735), licenziando tutti gli addetti
al medesimo, onde erogarne le economie nella fabbrica che
fu portata a compimento con un nuovo braccio di fabbri-
cato, per dare luogo al quale con Bolla di Clemente XII
primo settembre 1738 fu soppressa la Cura di S. Andrea,
che con i suoi beni venne unita al Collegio Nolfi, a con-
dizione che si stipendiasse con queir aumento un Profes-
DEL NOB. COLLEGIO KD UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 625
8ore di Teologia. Aggiunse quindi al Lettore di Eloquenza
anche quello di Umane Lettere^ con che portò un' altra
modificazione agli statuti con cui erasi fino allora gover-
nato il Collegio, il quale accogliendo nelle sue scuole anco
gli stranieri, fece sì che queste fossero frequentate dalla
maggior parte dei Cittadini.
Aumentate in tal modo le Cattedre, insorsero fra i Let-
tori alcune questioni di preminenza, per sopire le quali
si ricorse allo studio di Bologna, che stabilì la gradua-
zione seguente:
1. Lettore di Sacra Scrittura
2. „ della Teologia scolastica
3. ,) di Dogmatica
4. „ della Storia Ecclesiastica
5. „ di Teologia Morale
6. „ di Jus Canonico
7. „ di Jus Civile
8. „ di Filosofia
9. „ di Medicina
10. „ di Matematica
11. ,) di Eloquenza
12. „ di Grammatica.
I Lettori però non furono mai in quel numero, per cui
uno stesso individuo, facendo piii lezioni, poteva eleggersi
quel luogo che più gli piaceva nella facoltà che insegnava,
e questi Lettori erano obbligati di fare ogni anno la pro-
fessione di fede coram Episcopo vel Vicario Generali.
Vi era anche un Maestro di Lingua Francese, cosa piut-
tosta rara in qnoi tempi, al quale si passava vitto ed al-
loggio in Collegio, ed un meschino stipendio.
626 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
Progredirono senza notevoli incidenti gli affari del
Collegio sino all'anno 1775 nel quale per interni disor-
dini verificatisi tanto per colpa degl' inservienti che degli
alunni, fu momentaneamente chiuso il Collegio, licenziati
alcuni impiegati, e vietato a taluno degli alunni stessi di
ritornarvi.
Nel 1791 il Consuperiore Lelio Rinalducci fece la pro-
posta di sopprimere per un determinato tempo il Collegio,
lasciando solo le scuole dell' Università, e ciò allo scopo
di avvantaggiare gì' interessi materiali del Collegio ed
avere alla riapertura giovani fomiti delle qualità volute
dal Testatore, e sopra tutto la cittadinanza fanese, al che
si era per forza di circostanze derogato in gran parte.
Parve però che questa determinazione nelle circostanze
di allora non fosse espediente, e potesse essere causa di
molto malcontento nella Città, per cui non si credette
di aderire a quella proposta, la quale poco dopo per cir-
costanze politiche si rese inevitabile come si vedrà in
seguito.
Nel 1794 si ordinarono i ritratti di alcune persone di
alto merito che avevano ricevuto l'educazione in questo
Collegio, fra cui quelli di Monsignor Giuseppe dei Conti
Beni di Gubbio Vescovo, di Carpen trasse, e Monsignor
Giovanni Lotrecchi Vescovo di Todi patrzio fanese, quali
ritratti fatti a spese del Collegio dovessero ritenersi nelle
camere del medesimo a perpetua memoria.
Nel 1796 essendo stato fatto invito dal Pontefice a tutti
i suoi sudditi, e specialmente agli Istituti Pubblici e Luo-
ghi pii a£finchè contribuissero- alle gravi spese occorribili
pel necessario armamento dello Stato contro le usurpa-
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 627
zioni delle Armate Francesi il Collegio contribuì scudi
cento e nel seguito una somma anche maggiore.
Nel febbraio dell'anno susseguente 1797 sopravennero
le suddette milizie ed occuparono per alloggi il Collegio,
ond' è che gli alunni di proprio moto presi da timore in-
solito, senza il consenso di alcuno dei Superiori, ed anzi
coir espresso divieto fattone loro, abbandonarono il Col-
legio, facendo ritorno alle proprie case.
Fu quindi di comune consenso determinato che restasse
chiuso il Convitto sino al nuovo anno scolastico, e che
nel frattanto si continuassero le lezioni in tutte le scuole,
dandone avviso ai rispettivi Lettori.
Fioriva nella Città nostra in quei tempi per opera e
zelo di Mons. Scveroli il Seminario Vescovile detto di
S. Carlo, il quale aveva posto sede nelle Case che furono
dei Gesuiti, locale sotto ogni aspetto amplissimo e como-
dissimo, e questo Seminario era frequentato dalla mas-
sima parte della nobiltà cittadina e da molti estranei,
e da esso sortirono nobilissimi ingegni, come un Giulio
Perticari, un Cristoforo Ferri, un Vincenzo Mazza, un
Gio: Battista Spina, sopra dei quali com' aquila vola un
Michelangelo Lanci celebre orientalista ed illustratore
delle Sacre Scritture, onore e decoro della Città nostra
in cui nacque, oltre a tanti altri dottissimi nelle scienze
profime ed ecclesiastiche di cui troppo lungo sarebbe il
far qui la enumerazione.
In vista di queste favorevoli circostanze, surso nella
mente del Vescovo la infelice idea di riunire sotto di
un solo tetto e sotto la direziono della stessa amministra-
zione Seminario e Collegio: il perchè dettò un memoriale
Arthic. Stirr, March, V. /. IO
628 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
da presentarsi all' Hlmo Magistrato in cui venivano espo-
ste tutte le ragioni che* lo inducevano a progettare quella
riunione. ^ Questi due disgiunti corpi, (sono parole del
memoriale) sono quelli che a vantaggio della gioventù si
vorrebbero riuniti in un solo, incorporando le rendite del
Collegio a quelle del Seminario per formare di ambedue
una rispettabile amministrazione, trasferendo i Convit-
tori, la Università, le Scuole nella Casa del Seminario, la
quale è assai più propria e più atta a ridursi ai bisogni
di una numerosa comunità e scolaresca, e più decorosa
per r aderenza di un' ampia Chiesa, ed è situata in aria
più salubre che quella del Collegio. „
Avversarono fieramente gli altri Consuperiori una così
fatta proposta, come quella che tendeva a rovesciare dalle
fondamenta V istituzione dei Nolfi, nel modo stesso che
nel 1732 avevano avversato quella di chiamare alla dire-
zione del Collegio i Chierici Regolari Somaschi. Ricor-
rendosi poi al Consiglio, si veniva a dare a questo una
ingerenza che non aveva negli affari del Collegio, il quale
era sotto la immediata dipendenza dei tre Superiori chia-
mati dal Fondatore.
Il ricorso formulato dal Vescovo era altresì appoggiato
da quattro Consiglieri comunali eletti dal generale Consi-
glio per gli affari del Collegio, contro dei quali e contro lo
stesso Vescovo fu reclamato in Roma al Pontefice il quale
rescrisse che ad istanza degli stessi Consiglieri " restava
dichiarato non avere più luogo V impetrata unione del
Collegio col Seminario, né finalmente la Visita Apostolica
sopra lo stesso Collegio, derogatone qualunque altro re-
scritto intorno a ciò precedentemente ottenuto. ,,
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 629
Partecipò lo stesso Vescovo in Congregazione il detto
Rescritto, dicendo " avere la consolazione che finalmente
fossero troncate tutte le questioni e dispiaceri fra il Con-
siglio e lui per rapporto al detto Collegio. „
Si disse che nel febbraio del 1797 i Convittori ab-
bandonarono il Collegio e non vi fecero piti ritomo, per
cui questo , tanto per la mancanza di essi quanto per
forza delle politiche circostanze, restò momentaneamente
chiuso, e f er tre anni in cui durò il Repubblicano Go-
verno, cioò fino al 1 800, vennero insieme sospese le le-
zioni dei Professori ed il conferimento delle lauree. La
sospensione per altro ebbe pel Convitto la lunga durata
di ventidue anni, come si dirà meglio in appresso.
I beni furono in quei tempi eccezionali venduti o ce-
duti ai Fornitori delle truppe a sicurezza dei loro crediti,
ma poscia rivendicati da questi sedicenti compratori dal
Governo Papale, seguita appena nel 1800 la elezione del
nuovo Pontefice Pio VII, a cui fu esposto che per la
chiusura del Convitto non potevano essere anullati i pri-
vilegi della Università degli Studi, né abrogati i diritti
naturali do' Superiori, per cui tolti di mezzo gì' impedi-
monti, dovevano essi riassumere il loro esercizio, e ripri-
stinarsi le funzioni dell' Università sopradetta.
E quantunque dopo la prima invasione Francese il Col-
legio non fosse ancora tornato al libero possesso de' suoi
capitali tuttora in amministrazione di Monsignor Teso-
riere Generale, pure vedendosi derivare da una più lunga
sospensione dell'Università un grave danno alla gioventù,
fu risoluto di ripristinare nel 1800 le Cattedre di Legge,
di Medicina, della Teologia morale, e delle Istituzioni Ca-
G30 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
noniche; e mancando il solito luogo delle scuole nel C-ol-
legio per la ruina del fabbricato che aveva sino allora
servito di caserma e di alloggio militare^ si permise che
ciascun Professore tenesse scuola in propria casa dando-
sene con la campana il solito segno.
Per le scuole secondarie poi, per tutto il tempo in cui
durò r Italico Governo, supplì il pubblico Ginnasio co-
munale a cui si corrisposero dalle rendite del Collegio
oltre lire tre mila annue, e ciò sino al 1814 epoca in
cui nel medesimo Collegio vennero ripristinate tutte le
scuole, con più un maestro per il disegno sino allora
mancato.
Sotto il 20 marzo poi del 1802 furono dalla Camera
Pontificia restituiti al Collegio tutti i suoi beni tenuti
in amministrazione dal Vescovo, su di che fu rogato
solenne Istrumento, e si fecero tutti gli atti posses-
sori siccome di uso. Questa restituzione per altro non
fu senza dispendio, perchè air atto della medesima si
dovè sborsare il quarto del prezzo ai compratori nazio-
nali per quella parte di beni che erano stati da essi
legalmente acquistati in tempo del Governo Repub-
blicano.
In tale circostanza si ritirarono le carte monetate
del Banco di S. Spirito le quali erano state ridotte . ai
due quinti, per il che ebbe il Collegio in questa parte
a soffrire una perdita considerevole , che aggiunta a
quelle fatte in precedenza, ne diminuì di non poco le
rendite.
Ciò non ostante essendo stato per alcun tempo chiuso
il Convitto, e per conseguenza esonerata ramministrazione
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFl IN FANO 631
(lai peso del mantenimento degli alunni, potè disporre di
alcuni avanzi con cui si crearono più Censi attivi.
Ripristinato nel 1814 il Pontificio Governo, si pensò
seriamente a dare vita e incremento al nostro Istituto col
richiamare gli alunni e provvedere tutte le Cattedre, onde
il Collegio e la Università acquistassero il maggiore lu-
stro possibile, e fossero ristorati dei danni patiti per le
trascorse vicende.
Furono perciò nel 1815 nominati i seguenti Profes-
sori titolari:
Belle lettere ed Eloquenza. — D. Raffaele Fran-
colini coir obbligo di dar lezione due
volte al giorno e con l'onorario di . . Se. 120
Logica e Metafisica. — P. M/ Pietro Gatti
Min. Conv. con „ 30
Matematica e Fisica. — P. Luigi Flamini Min.
Oss. con obbligo di dare due separate le-
zioni al giorno con ,, 50
Istituzioni Canoniche. — Ab. Don Francesco
Vargas con „ 50
Decretali. — Canonico Nicolò Bellini con . . „ 60
Istituzioni Civili. — Giuseppe Lotrecchi con „ 50
Digesto. — Nicola Portacasa con . . . . „ 60
Chimica e Farmacia. — Marco Ricciarelli con „ 30
Anatomia. — Dottor Giuseppe Giorgi Chirurgo
primario con „ 30
Medicina. — Dottor Gio: Battista Simonetti con ,» 50
Botanica e Storia naturale. — Angelo Pa-
lazzi con « 50
632 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
Teologia dogmatica e scolastica. — Da nomi-
Darsi con Se. 30
ScrittutxL sacra. — Da nominarsi con . . „ 30
Teologia morale. — Don Andrea Paoloni con „ 20
Sì vede da queste nomine che i tempi erano giunti
a maggiore altezza, perchè venne provveduta l'Univer-
sità di più largo insegnamento, quantunque sempre ri-
stretto per lo studio specialmente di Medicina, attesa la
imperfezione del Gabinetto fisico e la mancanza di un
Orto botanico, indispensabili per bene apprendere quella
scienza, e si vede altresì che T amministrazione poteva
disporre di maggiori mezzi per i sopravvanzi accumulati
durante la chiusura del Convitto, che in questi anni si
verificarono ascendere a scudi mille ottocento trentasette,
e r annua entrata giunse a scudi mille quattrocento dieci.
In questo stato di cose piuttosto favorevole si verificò
per parte dell' Economo un rilevante deficit di cassa, il
quale quantunque venisse nel seguito in parte riparato,
ciò non ostante produsse uno sbilancio, il quale fece de-
terminare i Superiori del Collegio a sospendere l'elezione
del Lettore delle Pandette, sopprimere le Lezioni di Storia
ecclesiastica, la scuola del Disegno, e poco provvidamente
anche le lezioni di Chimica e Farmacia troppo neces-
sarie all' Università per gli studi di Medicina a cui
venivano in tal modo risecati quei valevoli fondamenti.
^ Ma siccome tutto questo (sono parole pronunciate
nella Congregazione 23 agosto 1819) non era sufficiente
pel mantenimento di dodici Alunni, del Rettore, Prefetto,
Cuoco e Cameriere, onde riordinare il Convitto secondo le
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 633
disposizioni del pio Fondatore, così i signori Consuperiori
vennero nella saggia determinazione di far pagare agli
Alunni Tannua somma di scudi trentasoi di dozzina, men-
tre a conti fatti, oltre gli avvanzi ed il risparmio delle
Cattedre, abbisognava di alcune centinaia per rimettere
r amministrazione in pareggio. „
Portate le cose a tal punto, sgomberato il Collegio
dagli alloggi militari, ricuperati in gran parte i mobili
dispersi, riportato il famoso quadro del David opera di
Domenico Zampieri detto il Domenichino dal Palazzo
Municipale al Salone Nolfi, restaurate le camere dei Con-
vittori, si dichiarò finalmente riaperto nel novembre
dell'anno 1819 il nobile Collegio Nolfi con un Prospetto
in cui si annunciava che oltre i dodici giovani alunni
privilegiati dal Testatore, il Convitto era altresì aperto a
tutti coloro che avessero voluto approfittarne, previo il
pagamento di una determinata pensione.
Fu perciò stabilito che la minore età /osse di anni
quattordici e la maggiore di anni diciasette per gli alun-
ni, e che per la camerata detta dei piccoli si potessero
ricevere compita la età di anni dieci. Nel medesimo
tempo si aprì una camerata di Convittori estranei con
r annua pensione di scudi scttantadue per dieci mesi, i
quali potevano concorrere da qualunque luogo.
Nel seguente anno 1821 il Collegio vendette sconsiglia-
tamente per scudi duecentoventi un famoso dipinto del
suddetto Domenichino, rivestendone lo importo nella com-
pra di un fondo rustico, e ciò non ostante lo espresso
divieto del Testatore il quale si esprime con queste
chiare parole : *^ Idem proibisco sotto strettissimo ed
634 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
„ indissolubile fidecommesso che il quadro della Ma-
„ donna SSma della Rosa di mano di Domenichino Zam-
„ pieri Bolognese Pittore Eccmo non possa mai essere
„ levato per alcun tempo da nessuno dei miei eredi dal
„ luogo dove si trova ora murato nella casa mia di Fano. „
Intanto mentre queste cose si ordinavano pel migliore
andamento del Collegio e della Università, sopraggiunse
Tanno 1824 in cui venne pubblicata la notissima Bolla di
Leone XH Quod Divina Sapientia, con che veniva, per
mancanza dei necessari requisiti, tolto il diritto alla nostra
Università di conferire le Lauree ed altri gradi acca-
demici.
Si fecero immediatamente pratiche in Roma per man-
tenere illesi questi diritti, e si rimisero al Segretario della
Congregazione sugli Studi il Chirogafo di Benedetto XIEE
il Breve di Benedetto XIV ed il Diploma Cesareo con
una ragionata memoria sullo stato del Collegio unitamente
al rescritto favorevole di Pio VII ottenuto nel 1816
confermante simili privilegi, ma tutto inutilmente; per cui
restò irrevocabilmente soppressa la nostra Università, la
quale aveva durato per lo spazio di anni novantatrè.
Continuò non ostante l'andamento ordinario delle scuole
e r ammissione dei Convittori sino all'anno 1831, in cui
per disposizione del Vescovo Mons. Serarcangeli non fu-
rono ripristinate quelle di Umanità e di Rettorica or-
dinando : " che li Collegiali ed altri che frequentavano
quelle scuole dovessero andare a quelle dei PP. della
Compagnia di Gesii, „ la quale sino dal 1816 aveva ria-
perto la propria Casa, e faceva concorrenza al Collegio
Nolfi. Appoggiò il Vescovo questa risoluzione ad una let-
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFl IN FANO 635
tera del Card. Zurla Prefetto della CongregazioDe degli
Studi così concepita: " Il desiderio di vedere le cose di que-
sto Collegio riordinate con reciproca soddisfazione di V. S.
Illma 6 dei Consuperiori, ha fatto si che io abbia letto
la particola di fondazione e i due Brevi di Urbano Vili
e Clemente X per la erezione del Collegio medesimo, ed
ho potuto conoscere che le scuole di Umanità e di Ret-
torica non hanno luogo in detto Collegio, ma solamente
le scuole di Legge e di Medicina. Sarebbe dunque contro
r espressissima mente del Testatore il volere dentro il
Collegio ed a spese del Collegio le scuole di Umanità e
di Rettorica, supponendo sempre che ninna posteriore de-
roga Pontificia abbia fatto alcuna innovazione circa la
mente del Fondatore.
„ Pertanto pregherei V. S. Illma a chiamare presso di
sé i due Consuperiori e far loro conoscere il mio deside-
rio di mettersi in piena intelligenza fra di loro relati-
vamente alle suddette due scuole, e voglio sperare che in
vista delle cose sudette riconosceranno utile e prudente
la determinazione di mandare i giovani alle scuole dei
Gesuiti, n
Senritor vero
P. Card. ZURLA
Erano troppo chiare ed evidenti le intenzioni di Roma
secondate dal Vescovo inasprito da qualche disordine a
cui era andato soggetto il Convitto, forse per il troppo
rigore delle leggi portate dal Prospetto sopracitato; per
il che divulgatesi quelle prescrizioni, corse voce che si
chiudesso il Convitto. Soppressi di fatto quei due inse-
gnamenti, la maggior parte dei Convittori tornò alle prò-
636 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
prie case, senza che niuno mai più si presentasse per
coprire i posti vacanti.
È in seguito a ciò che il Convitto stesso restò in detto
anno 1833 chiuso, con speranza però di riaprirsi quando
le condizioni economiche avessero permesso di mante-
nere i giovani gratuitamente a norma della pia mente
del Testatore, lo che non mai verificossi nel seguito.
Continuarono però le scuole superiori di Filosofia, di
Leggi, di Teologia, di Morale, e Medicina destinate a por-
tare i giovani al compimento di detti studi ed al con-
seguimento delle Lauree in altre Università dello Stato,
e ciò sino a tutto l'anno 1841 in cui per disposizione
della S. Congregazione degli Studi venne soppressa la
Cattedra di Medicina, perchè riconosciuta contraria alle
prescrizioni della Bolla Leonina. E quantunque i Con-
superiori si adoperassero attivamente per conservarla in
vista che questa Cattedra era espressamente voluta dal
Testatore, non fu possibile di sostenerla, per cui si do-
vette dimettere il titolare.
E premendo sempre più a Roma che la direzione
delle scuole e lo insegnamento fosse affidato ai PP.
della Compagnia di Gesù, in mano dei quali già si tro-
vava in massima parte, il Cardinale Prefetto della Sa-
cra Congregazione degli Studi fece conoscere che un
Cittadino fanese si era preso lo incarico di presentare
un piano relativo alla riapertura del Collegio Nolfi di
questa Città, col quale si proponeva di affidare il Con-
vitto alla direzione di essi Padri, rilasciato ai Consupe-
riori il diritto di . amministrazione del Patrimonio Nolfi,
e le nomine dei giovani ai posti di grazia.
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ KOLFl IN FANO 637
Era troppo grave la proposta perchè potesse venire
discussa in una sola Congregazione, senza che prima cor-
ressero particolari intelligenze fra i Consuperiori del Col-
legio, ciascuno dei quali si propose di presentare un voto
in iscritto.
Respinsero il Vescovo ed il Proposto dell' Oratorio
con lunghi scritti e competenti ragioni la proposta della
Congregazione Romana sopra gli studi, con la quale ve-
niva scossa dai fondamenti la istituzione Nolfi, e veni-
vano essi Consuperiori ridotti al nulla e messi come suol
dirsi a sedere, perchè avrebbero ipso facto perduto ogni
influenza e giurisdizione sugli alunni, sui Rettori, sopra
i Maestri ed altri addetti al Collegio, influenza e giu-
risdizione a cui non potevano rinunciare.
Fu più diffuso il Proposto dell' Oratorio nell' avver-
sare e combattere l' autorevole consiglio della predetta
Congregazione degli Studi, perchè lo fece in dieci arti-
coli corroborati dalle migliori ragioni che gli furono sug-
gerite dalla imponenza del caso.
Il solo Cav. Leonardo Castracane che fu l'ultimo a
presentare le sue conclusioni dopo di avere Ietto quelle
degli altri due Consuperiori si mostrò favorevole all' ac-
cettazione di quel progetto, esprìmendosi nel breve suo
scritto che ^ tutto mi sembra portare a concludere di
doversi accettare l' insinuazione della S. Congregazione,
rendendolene anzi grazie come di grande favore, se non
anche invocare (scrive al Proposto dell' Oratorio) un suo
rispettoso officio al Rmo. P. Superior Generale della Com-
pagnia di Gesù di aderire ad assumere questa impresa
sì coerente al fine del suo santo Istituto. „
638 SULLA fondazione: progresso e fine
Questa adesione del Consuperiore laico a fronte dei
ragionati scritti del Vescovo e del Proposto dell'Orato-
rio, fece nascere il sospetto che il lodato Cav. Castracane
fosse l'autore del progetto, ossia quel medesimo cittadino
fanese che aveva suggerito il nuovo piano alla Congre-
gazione degli Studi, per cui molto si raflfredarono le ade-
renze fra essi Consuperiori, e spedite le loro repliche
a chi di ragione, non se ne fece più fra essi parola, né
tampoco ebbe mai vita Y indicato progetto, anzi corsero
due anni dal novembre 1842 al 31 ottobre 1844 senza
che si adunassero nuovamente in Congregazione. Nel
decembre poi dell'anno 1847 cessò di vivere il lodato
Cav. Castracane, e questi fu V ultimo dei Consuperiorì
laici del Collegio Nolfi di primitiva erezione.
Dico V ultimo perchè realmente il Convitto restò chiuso
nel 1833 cioè dopo centocinquantatre anni di vita, e non
venne più riaperto, quantunque continuasse l'ammissione
dei giovani alle scuole superiori, fino all'anno 1850 in
cui con Decreto della S. Congregazione degli Studi san-
zionato dal Pontefice Pio IX, per lo zelo e impegno del
Vescovo Carsidoni e premure del Municipio che vi portò
le sue scuole elementari, venne il Collegio riformato col
titolo di nuovo Liceo Nolfiano con quattordici Cattedre,
e con tutte le altre che erano state sino a quel tempo in
vigore, meno quella di Medicina.
Le intenzioni dello istitutore Guido Nolfi e del suo
figlio adottivo Vincenzo Galassi erano state savissime
e lodevolissime; per altro non era a dissimularsi che
dodici giovani Convittori non minori di anni diciasette
e non maggiori di diciannove e più di nobile condizione
DEL NOB* COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 639
non erano cosi facili a ritrovarsi in una città di ristretto
animato, per cui se si volle vedere popolato il Collegio
col prescritto numero di alunni , bisognò quasi subito
derogare alle leggi dell' età e della condizione, e si do-
vettero ricevere alunni diocesani che frequentarono in
massima parte il Collegio. Oltre a ciò V età vigorosa di
essi giovani li rese più volte inobbedienti alle leggi di-
sciplinari del Collegio stesso, per cui si dovettero deplo-
rare molti inconvenienti, ed alla circostanza si dovettero
licenziare quegli alunni che avevano maggiormente de-
meritato.
Ciò non ostante è cosa indubitata che molte famiglie
nobili e cittadine si chiamarono ben contente delle lar-
ghe beneficenze dei Nolfi, perchè videro sortire da quel-
l'Istituto, Medici che andati a perfezionarsi nelle Univer-
sità primarie dello Stato salirono in bella fama, Legali di
molto senno, e sopratutto uomini eminenti nella Teologia
e nelle Scienze ecclesiastiche, le quali non avendo biso-
gno come nella Medicina di sussidi straordinari, ebbero
campo di perfezionare qui i loro studi.
Durò il nuovo Liceo Nolfi sino all'anno 1860 in cui
cambiati gli ordinamenti politici dell' Italia, e soppressi
i Gesuiti, che qui avevano aperto un Convitto, venne il
loro pingue patrimonio, per Decreto del Regio Commissa-
rio Valerio in data 6 novembre di quel medesimo anno
donato al Municipio per la fondazione di un Collegio-
Convitto Nazionale e di un Istituto scolastico, i quali
aperti nelle case stesse che furono dei Gesuiti ampliate
e rese capaci di contenerli, formano oggi il decoro e
r utile della Città nostra, la quale tolti gì' insegnamenti
640 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
universitari vede frequentato il Convitto da centotrenta
giovani alunni, e le Scuole Tecniche, Ginnasiali e Li-
ceali pareggiate alle regie, da un buon numero di fora-
stieri che vi convengono anche da lontani paesi.
Non posso lasciare quest'articolo che tratta di una
così segnalata beneficenza del Nolfi, senza dare un breve
cenno della famosa Cappella Gentilizia da lui eretta nella
Cattedrale, e rimasta proprietà del Collegio, decorata di
marmi di stucchi e di dorature con sedici affreschi del
celebre pennello del Domenichino, storicamente ed arti-
sticamente illustrati per opera di Mons. Celestino Ma-
setti con un'elegante discorso (sono parole del citato
Stefano Ternani Amiani) fatto di pubblica ragione nel-
V Album Giornale di Ronda insino dal 1840. — Questa
Cappella dotata di rendite speciali pel suo mantenimento
ed officiatura, trovasi da lungo tempo trascurata e ca-
duta in grande deperimento: il perchè faccio voti che
per onore della Città nostra con le rendite del Collegio
si provveda al restauro di quei capo-lavori di arte che
formano tuttora V ammirazione degl' intelligenti, ritor-
nandola possibilmente al primitivo splendore.
Nel 1709 essendo qui di passaggio un Professore di
cui non si sa il nome venne al medesimo commesso non
sappiamo con quale successo il restauro degli stucchi e
la ripulitura degli ori e degli affreschi di detta Cappella,
lo che importò una spesa non lieve.
Nel 1749 essendo andato a fuoco il Coro della Cat-
tedrale, il denso fumo ottenebrò notabilmente i sudetti
affreschi e così quei restauri andarono nuovamente perduti.
ì
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 611
Ebbe pure il Collegio una Biblioteca la quale molto
manomessa nelle passate vicende, venne nel 1865 riu-
nita alla Comunale Federiciana.
I Consuperiori i quali funzionarono durante i cento
cinquantatre anni in cui ebbe vita il Collegio e Convitto
Nolfi furono i seguenti:
Vescovi
Monsignor Angelo Ranuzzi che fu poi Cardinale
j^ Taddeo del Verme idem
„ Gio. Battista Giberti
„ Alessandro Dolfi
„ GucoMO Beni
„ Gio. Battista Orsi
„ Pellegrino Consalvi
„ Gab. Antonio Severoli
„ Francesco M. Paolucci
„ Nicola Serarcangeli
„ Luigi Carsidoni.
Proposti dell' Oratorio
Padre Gio. Battista Brisigrelli
„ Ottavio Orlano
„ Glicomo Ligi
„ Giuseppe Uliassi
„ Domenico Federici
„ Lodovico Manzoni
„ Domenico Roberti
Pietro Ocelli
612 SULL\ FONDAZIONB PROGRESSO E FINE
Padre Andrea Fanelli
„ Domenico Martirelli
„ Michele Bibiena
„ Giuseppe Paolucci
„ Giuseppe Carancini
„ Serafino Pastori
„ glosafatte mannelli
Dottori anziani del Consiglio
Signor Pietro Maria Amiani
„ Francesco M. Sabbatini
„ Cav. Lodovico Marcolini
„ Antonio Arnolfi
„ Pompeo Zagarelli
„ Giuseppe Dionigi
^ Gap. Antonio Leonardi
„ Mario Mariotti
„ Giovanni De Cuppis
„ Gap, Gabriele Galantara
„ Gap. Alessandro Pili
„ CoMM. Francesco Borgogelli
„ Andrea Gabrielli
„ Lelio Rinalducci - seniore
„ Cav. Francesco Mariotti
„ Luigi Bracci
„ Domenico Palazzi
„ Cav. Francesco Bertozzi
„ Cav. Leonardo Castracane
y, Cav. Michelangelo Borgogelli pel nuovo
ordinamento scolastico.
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFl IN FANO 6Ì3
Premessi questi brevi cenni cronologici raccolti ed
esposti nel miglior modo che mi è stato permesso, pas-
serò a dire della Università, del suo ordinamento dei
suoi difetti, e citerò i nomi di quelli che vi consegui-
rono gli onori accademici, i quali potranno tornare gra-
diti a quelle famiglie cittadine ed estranee che si sti-
meranno onorate di vedere registrati i loro casati su
queste pagine, destinate a perpetuare per quanto sarà
possibile la memoria di una Istituzione, che quantunque
distrutta dalle vicende dei tempi e presentata in seguito
sotto altri aspetti, serba pur tuttavia integro l'antico
suo patrimonio diretto al medesimo scopo dell'Istruzione
pubblica cambiata la denominazione di Nobile Collegio
in quella di Liceo Nolfi.
Arckiv, Sior, March, V. /. 41
NOTA
Portata a compimento la impressione di questa prima parte, sono
apparsi stampati ia Fano nel 1732 per Gaetano Fanei.!.! i Diplomi
Pontificio e Imperiale di cui a pag. 14, per il che cessa il dubbio in
quella esternato sulla seguita loro pubblicazione.
DELL' UNIVERSITÀ
DATA E PINE DI QUESTO PRIVILEGIO
PARTE IL'
Seguita nell'anno 1680, cioè a dire dopo decorsi
cinqnantasette anni dalla morte del suo fondatore Orino
NoLFi r apertura del Collegio- Convitto nel quale si do-
vevano mantenere a sue spese per cinque anni dodici
giovani alunni, otto dei quali dovessero applicarsi allo
studio delle Leggi civili e canoniche, e quattro alla
Medicina, e fiorendo in quei primordi il Convitto tanto
per la buona disposizione dei giovani chiamati a godere
di questo beneficio, quanto per la valentìa dei Professori
proposti ad insegnar quelle scienze, si sentì tosto il biso-
gno di offerire alla Città ed ai concorrenti a quel ge-
nere di studi un vantaggio anche maofgiore, ottenendo
la facoltà di potere tanto nelle predette discipline quanto
nelle Filosofiche e Teologiche conferire le Lauree dopo
terminato quel corso legale di cinque anni che intra-
646 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
prendevano giovani già licenziati negli altri studi, senza
avere la spesa ed il fastidio di portarsi, per ottenere quel
grado che poneva il suggello al loro tirocinio, in altre
Università dello Stato e d' Italia.
Abbiamo già sopra citato il Breve Pontificio, ed il
Diploma Imperiale in forza dei quali si acquistò la fa-
coltà di conferire le Lauree, ed abbiamo detto altresì
che sulla fronte del Collegio s' innalzarono nel 1732 gli
stemmi di quei Regnanti.
Amplissime e senza alcun limite furono le concessioni
sovrane che pareggiavano la Università nostra a qualun-
que altra d' Italia. Dice il Chirografo di Benedetto XIII
che ^ si concedeva agli Amministratori di detto Collegio
plenaria ed assoluta facoltà di creare, promuovere e so-
lennemente ordinare e dichiarare Dottori tutti quei stu-
denti di qualunque nazione si fossero, che ivi concor-
reranno per essere dottorati tanto in Legge civile e
canonica, quanto in Teologia, Filosofia, Medicina ed
altre scienze, che nell' esame saranno riconosciuti idonei,
ordinando siccome ordiniamo che tutti quelli che saranno
stati approvati e dottorati in detto Collegio s' abbiano
e reputino validamente e legittimamente creati, e come
tali debbano liberamente godere di tutti quei privilegi,
insegne, grazie, favori ed indulti che godono tutti gli
altri Dottori approvati e creati nei Collegi ed Univer-
sità di Bologna Padova Macerata, e di qualunque altro
studio generale d' Italia. „
Confermò tutti questi medesimi privilegi concessi al
Collegio Nolfi Benedetto XIV con suo Chirografo in
data 2 giugno 1741.
DEL NOD. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 6i7
Similmente l'austriaco Imperatore Carlo VI per sua mu-
nificenza e por onore del Collegio e della Città accordava
al medesimo tutti quei diritti e privilegi di cui gode-
vano i Ginnasi, le Accademie, e le Università con tutte le
persone che al presente vi si trovavano e quelle che vi si
sarebbero in avvenire trovate; e questi diritti e preroga-
tive non erano inferiori a quelle che godevano altre Uni-
versità Ginnasi e Collegi sia d' Italia sia di qualunque
altra parte del mondo, quibus aliae Universitates, Gym-
nasia et Collegia Accademica, eorunque membra in Italia
vel iibivis terrarum tUuntur fruuntur potiuntur gaudent
ecc. Aggiungeva poi in detto Diploma *^ vogliamo e de-
cretiamo con la presente (mi servo dell' idioma italiano)
che gli scolari e gli uditori e quelli che ivi occupano un
grado qualunque, godano e vadano al possesso, e possano
ovunque godere e andare al possesso di tutte le grazie,
onori e dignità, preminenze, immunità, privilegi e libe-
ralità, concessioni, favori ed indulti di cui si concede il
possesso, l'uso ed il godimento in qualunque altro studio
generale ed Università di Germania, d' Italia di Spagna
e di Francia. „
Con queste felici condizioni si inaugurava la nascente
Università per la quale si stabilirono norme e regola-
menti conformi a quelli che erano in uso in altri con-
simili Istituti scientifici.
E primieramente si passò alla nomina dei Dottori di
Collegio i quali dovevano come giudici presiedere al con-
ferimento dei gradi, e furono por questa prima volta
nominati :
6Ì8 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
PEB LA L£€H>E CIVILE E CANONICA
Don Gaspare Santoni Lettore d' Ordinario civile
Don Gioacchino Acqualagna Lettore di Canonica
Dott. Giacomo Pandini Lettore d'Istituto civile
Canonico Pietro Bartoli
Canonico Saverio Santoni
Conte Pietro Paolo Marcolini
Cav. Pietro Paolo Carrara
Giuliano Bracci
Giuseppe Gasparoli
Pietro M. Amiani
Angelo Fraccalossi
Gaetano Torri
Gio. Battista Campagnoli
Canonico Andrea Gasparoli
FILOSOFIA E TEOLOGIA
Conte Bali Pietro Paolo Marcolini
Canonico Gioacchino Acqualagna
Padre M/ Gaetano Risi
„ Angelo Peruzzini
„ Tommaso M.* Todoni
^ Lorenzo Tommasini
„ Antonio M.* Aurenghi
„ Domenico Carini
„ Giuseppe Fatterelli
. Rocca min. osservante.
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFl IN FANO 6i9
MEDICINA
Dottor Giammateo Foschi
^ Angelo Pizzi
„ Francesco Felice Monticelli
„ Nicolò Bellini
„ Francesco Pandini
^ Giuseppe Gaggi
^ Francesco Masetti
y, Antonio Santi
Nel 1753 fu risoluto che il numero dei Dottori com-
ponenti il Collegio dei Giuristi non dovesse oltrepassare
quello di ventiquattro, non compresi in esso numero i
Dottori che attualmente lef^-gono, né il Rettore prò iem-
porCj quante volte fosse Dottore, e che la detta deter-
minazione di numero dovesse osservarsi per il Collegio
dei Teologi, Filosofi, Medici ecc. i quali insieme com-
ponevano un solo corpo, ne potersi i nuovi aggregati
imbussolare per l' estrazione di Priori e Compromotori,
se non dopo spirati anni tre dal giorno della loro ag-
gregazione. Nel 1787 il numero dei Dottori per ciascun
Collegio fu ridotto a quindici.
In ciascuno di questi Collegi si faceva in ogni anno
l' estrazione di un Priore che copriva V ufficio di Pre-
sidente.
Di duo Compromotori, che erano quelli i quali prò**
sentavano i giovani che aspiravano al dottorato.
Di due Esaminatori che erano quelli che giudicavano
della loro capacità ad ottenere la Laurea, e ciò dopo un
650 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
coscienzioso esame fatto sulle materie per le quali ve-
niva dallo studente richiesta.
Nel 1793 fu pure decretata la Laurea ad honoreìn
come si usava nelle altre Università, la quale si confe-
riva a quelli soltanto che avessero vittoriosamente so-
stenuto un' esame più rigoroso del solito.
Fu anche stsibilito il Rituale e le formalità da osser-
varsi nel dare le Lauree che in ristretto furono le se-
guenti :
L'aspirante si eleggeva nel seno del Collegio un
Promotore da cui veniva presentato ai Consuperiori ed
al Priore del suo Collegio.
Faceva la professione di Fede, e riceveva per estra-
zione fatta a sorte i punti di quella facoltà in cui de-
siderava di essere licenziato, e depositava in mani del
Bidello la somma destinata al pagamento delle tasse.
Subiva quindi un' esame privato dai due Esaminatori
a ciò deputati.
Nel giorno stabilito era introdotto nell' aula magna
del Collegio dove si trovavano i Consuperiori assisi
nelle loro sedie a cui faceva la debita riverenza.
Faceva quindi la spiegazione e dichiarazione dei punti
ricevuti nel giorno innanzi, e rispondeva alle argomen-
tazioni prò e contro che gli venivano fatte dai Dottori
di Collegio.
Dopo di ciò il laureando si ritirava ed i Consupe-
riori ed altri componenti il Collegio dei Dottori pro-
cedevano allo scrutinio segreto per V ammissione , la
quale ottenuta, si ordinava al Bidello di portargliene la
notizia.
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 651
Recitava quindi il Candidato una breve orazione la-
tina in cui chiedeva per sé stesso ai signori Consuperiori
la laurea e le insegne solite del dottorato.
Consistevano queste nella imposizione di un berretto,
di un'anello, e di un mazzetto di fiori con un'amplesso.
"' Il che seguito (mi servo delle parole testuali del
^ Cerimoniale) precedendo il Bidello con la mazza, ed
^ avanti di lui trombe e tamburi, seguendo gli araldi
^ che porteranno nei bacili i libri ed altre insegne, verrà
y, il Laureato con la berretta in capo o in mano in mezzo
„ de' Compromotori col seguito di altri Dottori del Col-
jy legio, che anderanno al Duomo a visitare la Cappella
^ dei Santi, e di li sino a casa del Laureato, ove dal
„ medesimo verranno licenziati e ringraziati.
^ Nel tempo di detto accompagnamento si suoneranno
yf le campane del Pubblico e del Duomo in modo festivo.
*^ Al Candidato si autenticherà la Laurea conseguita
jf con testimoniali in libretto scritto in carta pergamena,
^ firmate col sigillo del nostro Collegio, e sottoscritte da
„ quei Consuperiori che avranno assistito al dottorato
p de' quali, almeno uno, dovrà sempre assistere, ed in
^ fine dal nostro Segretario riconosciute, gli saranno con-
„ segnate. „
Queste formalità avranno certamente in quel tempo
destato la pubblica curiosità, ed il popolo si sarà accal-
cato sul passaggio dei neo-laureati. Oggi un simile corteo
desterebbe le risate di tutti e forse ancora gli schemi:
pare però che negli ultimi anni queste solennità me-
dioevoli andassero totalmente in disuso, mantenuta solo
quella di spandere moneta dalle finestre all'accorsa plebe.
652 SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
che urtandosi ed anche sconciamente gittandosi a terra
nomini e donne per fame raccolta, finiva con la peggio
dei più deboli 9 e molti ne sortivano pesti e malconci.
Durò questo privilegio ossia diritto universitario per Io
spazio di novantacinque anni cioè dal 1729 sino al 1824,
epoca in cui venne soppressa V Università in forza della
Bolla Quod Divina Sapientia come si è detto, la quale
provvidamente volle ristretto, specialmente lo studio di
medicina, in quei luoghi che, e per il numero e valen-
tìa dei professori insegnanti e pel complesso di gabinetti
fisici, scuola di chimica, orto botanico e clinica, offeris-
sero le pili solide garanzie.
Qui al certo mancarono in gran parte questi sussidi;
per cui non si trovavano mai al completo i quattro gio-
vani destinati secondo la mente del Testatore allo studio
di medicina, e taluni ammessi e nominati per attendere
a simile facoltà domandavano a Roma il permesso di
potere invece applicarsi alle leggi, cosa che verificandosi
troppo di frequente venne inibita.
Nel 1763 si credette che questa scuola totalmente
mancasse perchè non oravi che un solo alunno. Fu
quindi rinnovata V inibizione di domandare le permute,
e fu stabilito ^ che i nominati per lo studio di Medi-
„ Cina, volendo attendere ad altri studi restino imme-
„ diatamente esclusi dal Collegio, e li Consuperiori dai
„ quali sono stati nominati per il luogo sopranomato,
„ debbano surrogare altri che vogliano studiare la scienza
„ medica. „
Ciò per altro non tolse che dal Collegio ed Univer-
sità Nolfi non sortissero uomini insigni e preclari i quali
DEL KOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 653
sedettero con onore sugli alti scanni delle Magistrature
ed esercitarono con grido l'arte salutare in città cospicue
d' Italia.
Riporto qui sotto i nomi di quelli che in ciascuna
delle predette facoltà ottennero l' onore della Laurea, e
furono :
IH LBGaS
1780
Romiti
Hetro
di Torre
»
Torri
Paófo
di Gubbio
»
Falcucci
Carlo
di Gubbio
1781
Macini
Giuseppe
di Fano
1782
Sqardoni
Gian Antonio ài Fano
»
Bracci
Filippo
di Fano
»
Bassi
Filippo
da S. Angelo in Vado
»
DlDI
Paolo
di Pesaro
»
Fichi Canonico
Gio. Battista di Borgo S. Sepolcro
»
Minzioni Braussi Antoni io
di Pesaro
1741
Leonori
Giuseppe
1748
Terracidi
P. Tommaso di Ascoli
»
Palazzi
Cario
da Cartoceto
»
FosBLLi Can. D.
Mauro
da Rimini
»
Db Cuppis
Frane, Maria dì Fano
»
TiLLi Ottaviani Frane. Maria
»
Zacchi
Gaetano
da Fossombrone
»
Martirblli
Criuseppe
di Fano
1744
Benedetti
Antonio
da S. Angelo in Vado
»
Mercuri
Franeeseo
»
Bentiveoni Can
1. Girolamo
di Riroini
»
GlOANNI
Antottio
1745
Boni
Michelangeli
) di CagU
»
Achilli
Eugenio
di Pesaro
»
Grbgorini
Camillo
di S. Giorgio
»
LOTRECCHI
Giovanni
di Fano
»
Beni Conta
Galasso
di Gubbio
»
Fontana
Giuseppe
di Terracina
1746
BOROOOELU
Girolamo
di Fano
65i
SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
1747
Fif.EONORI
Girolamo
da Monte Sanvito
»
Giorgi
Frane, Maria
»
Servigi
Giulio
da Montebaroccio
>
Donzelli Don
Nicolò
da Polverigi
»
ÀBBONDA-NZIERI
Francesco
di Rocca Contrada
1748
Ludo vicH ETTI
Giuseppe
da Savignano
»
Bartolotti
G.M. Rinaldo ài Fano
»
Galavotti Can.
Plouìlo
di Sinigaglia
1749
Lanucci Can.
Lusio
di Mondavio
>
Ghirelli
Angelo
da S. Angelo in Vado
»
Mattei
J^ranc.ATafft'a della Tomcella
1750
Mazza
Filippo
di Orciano
»
Tesei
Girolamo
>
Viola
Frane. GaeU
da Cantalupo
»
VlANBLLI
Francesco
di Palermo
»
Beni
Giusejjpe
di Gubbio
»
Ghkrardi
Gio. Battista di S.Lorenzo in Campo
»
Paoli Conte Are. Antonio
di Pesaro
1751
Cattabeni
Andrea
di Saltara
»
Colelli
Francesco
da Morrò di Jesi
>
Orlandini
Giuseppe
da Cantìano
»
Procaccini
Carlo
di Monsanvito t
>
Scardoni
Aldebrando
»
De Cuppis
Gasparo
di Fano
»
^Iarini
Snteno
di Pesaro
»
Lavinj
Giuseppe
di S. Severino
>
Angeli
Gio. Batta
di Barchi
1762
Lenti
Ludovico
»
Passeri
Francesco
da Pesaro
1758
Corbelli
Giuseppe
di Fano
»
Modesti Gasparoli Francesco di Fano
»
Sagretti
Giacomo
di Fermo
>
Tassimi
Andrea
da S. Manno
»
Alessandrini
Cherubino
da Fano
»
Evangelisti
Giuseppe
di Barchi
1754
Giorgi
Giulio Cesare di Orcìano
»
BUONDERICI
Ludocico
di Cagli
>
De Bono
Giacomo
Fiumano
»
Brunetti
Marco
di Fano
1755
Mancini Canco.
Pasquale
di S. Angelo in Vado
»
Romiti
Giuseppe
di Barchi
»
Pascucci
Domenico
di S. Costanzo
»
Ercolani
Carlo Ercole di Fenile
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 655
1755
Baldini
Carlo
di Fano
1756
Costantini
Tiberio
1757
CORRADINI
Giuseppe
di Urbino
»
Rossini
Cassiano
di Mondolfo
>
TORBI
Luigi •
di Napoli
>
Riveli.!
Tommaso
di Fano
»
Gerunzi
Orazio
di Pesaro
1758
Corbelli
Antonio
di Fano
»
Garuffi
Domenico
di Cagli
1750
Giacomini
Agostino
di Ripe
>
Smeraldi
Andrea
di Cagli
»
Mei
Antonio
di Belvedere
1760
Fronzi
Ubaldo
di S. Costanzo
Di Carbonara Con. Pon^ceìlo
di Gubbio
»
Pandolfi
Dom, Antonio dì Cartoceto
1761
Imperatori
Carlo
di Rocca Contrada
>
Ansblmi
Francesco
di Rocca Contrada
>
Rabascini Don
Aldebr.
deirLsola di Fano
»
Sbrozzi
Marcello
di Orcìano
1762
Bianchi
IHetro
di Gubbio
>
Ceccarini
Carlo
di Roma
1763
Radicati Abate
Luigi
di Casalmonferrato
»
Pandolfi
Nicolò
di Cartoceto
1764
MoROANTi Don
Filippo
di Fano
»
Rondini Don
Giovanni
di Fano
>
Macini Don
Domenico
di Fano
>
PlERPAOLl
Gio. Batta
di Fano
1765
Bellini
Filippo
di Fano
»
EXRICI
Vincenzo
di Barchi
»
Alini
Giulio
di Fano
»
Celli Don
Gio, Batta
di Mon<!avio
»
Achilli Don
Domenico
di PesatX)
1766
Francescucci
Giuseppe
di Percola
»
Pandi ni
Baldassarre
di Fano
1767
Palazzi
Gio, Frane,
di Cartoceto
»
Agostini
Terensio
di CagU
»
Bajardi
Domenico
di Urbania
»
Gallucci
Settimio
di Mondolfo
1768
MORANDl
Silvio
di Fossombrone
>
Fuselli
Gaetano
di S. Costanzo
1769
Monte vecchio Con. Rodolfo
di Fano
»
Zamperoli
Ani, Agostino Prevosto di Cagli
1770
Rabascini Don
Cesare
dell* Isola di Fano
656
SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
1770
Fronzi
Felice
di S. Costanzo
»
Alessandri
Sicola
di Corìnaldo
1772
Betti
Eustncchio
di Orciano
»
Pandolfi
Luigi
di Cartoceto
1778
Ranzi
di Pesaro
1774
Mklchiorri
Carlo
di Castelleone
»
Fradelloni
Fietì^
da M. Baroccio
1776
Masi
Giuseppe
di Pesaro
»
LOMRARDINI
Giovanni
di Fano
1777
Giorgeiti
Giulio Cesare di Sinigaglìa
>
Marini
Innocenzo
di M. Baroccio
>
Tesei Canco.
Gaetano
di Fossombrone
1778
Stram iGiOLi Can. Antonio
di Pesaro
1779
Marioni
Antonio
di Cantiano
»
Clementi
Francesco
di S. Giorgio
1780
M ASTAI Canco.
Andrea
di Sinigaglia
»
Onofri
Atanasio
di Iesi
»
GUARDINUCCI
Francesco
di Fano
»
LoTREccHi Prop
. Giuseppe
di Fano
»
Ghirlanda Canco. Gianandr.
di Pesaro
1781
Paitelli Don
Federico
di S. Angelo in Vado
»
Paitelli
Girolamo
di S. Angelo in Vado
»
BVRANELLI
Andrea
di Ancona
1782
Palmieri
Luigi
di Barchi
1788
liAZZARI
Gio. Batta
di Macerata Felina
»
Beiti
•
Teofiìo
di Orciano
>
POTAJOLI
Bernardino
di Cartoceto
1785
Zacconi
Vincenzo
da Pesaro
»
Bracci
Luigi
di Ancona
»
Barbanti Abate G, Batta
di Pesaro
1786
Secondi Are. Don Antonio
di Mondavio
»
Menghini Don
Girolamo
di Orciano
»
LOTRECCHI
Giuseppe
di Fano
1787
Evangelisti
Lusio
di Barchi
»
Serra
Gioacchino
di Pesaro
1788
Agostini
Lorenzo
di Cartoceto
1789
Motta Don
Giuseppe
Oriundo Portoghese
1790
Brolzbr Don
Giuseppe
di Fossombrone
»
Paoloni
Giuseppe
di Fossombrone
»
Petrimi
Pietro
di Monte Giberto
»
Ravagli
Carnaio
di Cartoceto
1791
Giorgi
L. Antonio
di Pesaro
1792
Ferretti
Luigi
di S. Costanzo
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 657
1708
Poggioli Don
Antonio
Spagnuolo
1704
Palazzi
Filippo
di Cartoccio
1705
Valenti
Gioacchino
di Montalto
1706
FoRCHiELLi Don
Antonio
di MondaTio
1800
Andrbani
Luigi
di Gradara
1801
Ricci Don
Natale
di Mondolfo
»
Fabbri
Giacomo
di Mondolfo
»
Politi
Saverio
di Barbara
1802
Rosa
Beodato
di Mondolfo
1808
Sbrvici
Francesco
di Monte Baroccio
>
Servici
GiiUio Cesare di Monte Baroccio
>
Ragnbtti
Emidio
di S. Andrea
»
Zapfini
Robustiano
di Monte Maggiore
>
Agostini
Claudio
di Cartoceto
1804
Lanci Ab. Don
Michelangelo
di Fano
»
De Cuppis
Giacomo
di Fano
»
Montanari
Domenico
di Fano
»
Santini
Carlo
di Tolentino
»
Bellini Canco.
Nicolò
di Fano
1800
Palazzi Don
Francesco
di Fano
»
GuiDUcci Don
Alessandro
di Saltare
1807
Brollini
Frane. Paolo di Pergola
1815
Giardinieri
Francesco
di Osiimo
»
Donceccui
Francesco
di Camerino
»
Catti NELLI Arcid. Sicola
di Tolentino ^
»
Vargas Don
Francesco
di Fano
»
Fanelli Can. Don ralemiano
di Fano
»
Gabrielli
Ihcifico
di Fano
1816
Gigli
Giovanni
di Fano
»
DONINI
Giuseppe
di Sorbolongo
»
Del Vecchio
Giulio
di Fano
»
Ceccarini
Sebastiano
di Fano
»
Giuliani
Angelo
di Camerino
»
GUARDARUCCI
Eusebio
di Camerino
>
BiLLi Can.
Mariano
di Fano
»
Montevecchio Conte Rinaldo
di Fano
»
Carnaroli
Andrea
di Mondavio
»
Marinelli Don
Luigi
di Ancona
>
GioLiucci Don
Costanzo
di Monte Fano
>
Cinti
Alessandro
di Monte Fano
»
Pantanelli
Bernardo
di CivitanoTa
»
Valentini
Valentino
di S. Severino
»
Camillini
Giovanni
di Morrò di Jesi
638
SULLA FONDAZIONE PBOGRESSO E FINE
1816
Apignanesi Dod
i Filippo
di Cingoli
»
Skvelu
Angelo
di Sinigaglia
1817
Fichi Arcid.
Francesco
di Ancona
>
Fiori
Antonio
di Fermo
»
MUSILLI
Lorenzo
di Sonnino
>
Marchesini
Gio, Batta
di Iesi
»
Capretti
Pietro
di Massignano
>
Perfetti Canco.
, Arcangelo
di Pesaro
»
Nastasini
Giuseppe
di S. Agata Feltria
»
Melchiorri
Francesco
di Pesaro
»
RUGGERI
MicJiele
di Porto di Fermo
1818
De Nobili
Giacinto
di Petriolo
>
Ceccariri
Fortunato
di Fano
1820
Mrcci Canco.
Filippo
di Ancona
»
Alessandrini Can. D. Lomen.
di Ancona
»
Baluffi Can. D.
Gaetano
di Ancona
>
Bartocci Can. D. Mariano
di S. Anatalia
»
Nudi Can. Don
Girolamo
di Ancona
1821
Cenni
Gaspare
di Vallesenia (Imola
»
Torricelli
Vincenso
di Meldola
1822
Boni
Alessandro
di Città di Castello
»
TuBci Don
Gioacchino
di Bert Inoro
»
Pi CHI Can. Don
JVospero
di Ancona
»
GlAVAROLI
Raffaele
di Iesi
1828
Benvenuti Are.
Benvenuto
di Osimo
»
Barilari
Paolo
di Pesaro
1824
Bartorelli
«
Gaetano
di Monte Scudolo
IN MEDICINA
1782
Pizzi
Giancarlo
Bolognese
»
Ricci
Giuseppe
di Pesaro
>
Magi NI
Doniefiico
di Fano
1741
Magni
Gio, Battista da Vetralla
1748
Centauri
Lodovico
di Fano
1747
Balsamina
Francesco
da Mondavio
1748
Angelini
Giampaolo
di Fano
»
Ferraresi
Costantino
di Fano
>
Morelli
G, Francesco da Fermo
1749
Betti ni
Doìyienico
di Fano
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFI IN FANO 659
1749
Cecchini
Domenico
1750
POLIDORI
Giuseppe
di Barbara
1751
Grossi
Giuseppe
di Mondolfo
»
Ciucci
Sebastiano
da Fano
»
Ottaviani
Giovanni
da S. Giorgio
>
Paoli
Giuseppe
di Fano
1758
Pasquali NI
Francesco
di Monte Baroccio
1757
Baruzzi
Andrea
di Faenza
»
Angelini
Betiedetto
di Fano •
1768
Lombardi
Giuseppe
di S. Costanzo
1765
Pandini
Baldassarre
di Fano
1768
Bedinelli
Irancesco Paolo
1775
Massa
Francesco M. di Sinigaglia
»
Petrini
Luigi
di S. Costanzo
1776
Gambelli
Giuseppe
di Montalboddo
1777
CORAUCCI
Giovanni
di Sinigaglia
>
Trebbi
Giuseppe
di Fano
1778
Pandolfi
VincetìiO
178S
Brttini
Giovanni
di Fano
»
Franceschi
Antonio
di Brì9Ìgh<»lla
1788
Bocchini
Giovanni
di Orciano
1784
Tombini
Giuseppe
di Barbara
»
Viali
Luigi
di Fano
1785
Ricci
Antonio
da Montemaggiore
»
Tombari
Filippo
di Fano
1786
Benedetti
Gio. Batta
di CittÀ di Castello
1787
Palazzi
Taddeo
di Serra dei Conti
»
Macini
Luigi
di Fano
1789
Serra
Vincenso
oriundo Bolognese
»
Alessandri
Francesco
di Colbordolo
1790
Franceschi
Pompeo
di Matetica
»
MOROANTI
Pietro
di Fano
1791
Trebbi
Antonio
di Fano
1792
Moretti
Pietro
di Iesi
1798
GiacOmini
Domenico
di Città di Castello
1795
Fantini
Francesco
di Fano
>
DURAN
Ignazio
di Cartagine. Aaerìra a
1800
Balsamini
Giacomo
di Rimini
»
Maggi
Apollonio
di S. Giusto
»
Tranquilli
Giacomo
di Fano
1803
Gnorcci
Federico
di Saltara
1808
Ridolfi
Sante
di Montemaggiore
1804
Leonardi
Francesco
di Fano
Archi e, Stor, Mairh, V, L
42
660
SULLA FONDAZIONE PROGRESSO E FINE
ISOé
Petrini
Antonio
di S. Costanzo
»
Pbtrini
Vincenzo
di S. Costanzo
»
Ricci
Caniilo
di MogUano
»
Maggi
Gaetano
di Monte Lupone
»
Fichi
Leopoldo
di Pesaro
»
Falconi
Bartoloìneo
di Spoloto
»
Valori
Antonio
di Narni
»
Pratili
Giuseppe
di Roccagorga
»
MORASCHINI
Raffaele
di S. Ginesio
»
Gaggi
Criovanni
di Fano
»
Fradelloni
Antonio
di Fano
1816
LUCENTINI
Fiore 'Lino
di Monte Giberto
»
Prosperi
Luigi
di S. Benedetto
»
Catalimi
Befiedetto
della diocesi di Fermo
1817
Gasperoni
Agostino
di Cesena
1818
CUPPINI
Gaetano
di Recanati
»
Frias
Gio. Batta
Romano
»
Leoni
Carlo
di Massaccio
»
Monticelli
Saverio
di Città di Castello
»
Mannoni
Giuseppe M
\ di Massa di Iodi
1819
Giordani
Lorenzo
di Recanati
»
MORINI
Claudio
di Alatri
»
Persico
Lodogario
di Crema
»
Core
Antonio
di Fossano
1820
Sebastiani
Ignazio
di Riofreddo
»
Modesti
Pietro
Romano
»
Trasarti
Roberto
di Ancona
>
PlGNOTTI
Francesco
di Camerino
»
Ferrieri
Loì'enzo
»
Ferretti
Vincenzo
di S. Costanzo
»
Ricci
Antonio
di Fano
1821
LORENZINI
Giuseppe
Toscano
»
RiBUSTlNI
Vincenzo
di Santelpidio
»
Benincasa
Giuseppe
di Città di Castello
»
Facchini
Giuseppe
di Lugo
>
Mici
Antonio
di Mondavio
>
Zamboni
Francesco
di Cesena
1822
Fabrizi
Giovanni
di Città di Cast (Tos4
>
Preti
Luigi
di Bagnacavallo
>
RlGHINI
Pietro
di Firenzuola
»
Nannini
G. Nepomuc,
, d'Imola
1828
Cappelli
Biagio
»
Ceccarini
Gaetano
d' Urbino
•)
DEL NOB. COLLEGIO ED UNIVERSITÀ NOLFl IN FANO 661
182S
Pacioni
Pietro
di Montolmo
»
Bossi Manzoni
Carlo
di Fano
»
GlOMMI
Giuseppe
di Fano
»
Lenci
Domenico
di Ancona
>
Gramignani
Paolo
di. Ancona
>
Travisani
Giuseppe
di Ancona
»
Candelari
Serafino
di Ancona
»
Romani
Carlo
di Ancona
»
ROMAGNOU
Innocenzo
di Ancona
»
Maddalena
Andrea
di Ancona
»
Olimpi
Camillo
di Monte Fano
1824
Betti
Silvestro
di Urbino
»
DiOFEBO
Francesco
Romano
»
Ambrosi
Antonio
di Fano
»
Camerini
Enrico
di Fano
»
Ferretti
Agostino
di S. Costanzo
»
Federici
Francesco
di Fano
»
Catini
Domenico
di Grottazzolina
IN TIOLOOIA B FILOSOFIA
174S Fbbracioli P. Tbmmaso
1748 Galavotti Can. Paiolo
1751 Db Cuppis Gaspare
» Mei Giovanni
1757 Santoni Canco. Saverio
1761 Rabascini Aldebrando
1768 Alessandrini Alessandro
1764 Moroanti Don Filippo
» Rondini Don
» Achilli Don
1765 Pandini
1769 Caligari Can.
1770 Baldazzi Canco. D. Giuseppe
> Monti Canco. Teol.
1771 Barbar A NOIA Can. Eusebio
1776 Ceccarini Can. Carlo
1778 Sa velli Canoo. Cristoforo
Giovanni
Domenico
Baldassm*re
Domenico
d
d
d
di
d
d
d
d
d
d
d
d
d
di
d
d
d
Ascoli
Sinigaglia
Fano
S. Costanzo
Fano
Fossombrone
Mondolfo
Fano
Fano
Pesaro
Fano
Pesaro
Orciano
Orciano
Fano
Fano
Sinigaglia
662
SULLA FONDAZIONE PROGRESSO
E FINE ECC.
1781
Ghirlanda Can.
Gianandrea
di Pesaro
178S
Agostinelli D.
Bartolomeo
di Piagge
1787
Serra
Gioacchino
di Pesaro
1803
TiANXi Ab. Don
Michelangelo
di Fano
1804
Mazza Don
Vincenso
di Orciano
1816
Fanelli Can.
Fatemiana
1816
BiLLi Canco.
Mariano
di Fano
1824
BoMiTi Canco.
Andrea
di Fossombrone
Con questi nomi che potranno forse tornare graditi
alle famiglie di coloro a cui appartengono, pongo fine
a questa breve e disadorna cronaca d' interesse tutto lo-
cale, destinata a perpetuare possibilmente e tenere rac-
colte insieme memorie e documenti che il tempo e la
incuria potrebbero agevolmente disperdere e disgiungere
con danno di questa parte di patria storia, di cui altri
eh' io sappia non sonosi sino al presente occupati.
I PRIMITIVI CAPITOLI
DBL
MONTE DI PIETÀ DI FANO
CODICE MEMBRANACEO DEL SEC. XV
K8I8TBNTB
kell' archivio comunale di detta cittì
LUIGI NASETTI
DISCORSO PRELIMINARE
I Monti di Pietà istituzione puramente italiana del
secolo XV formano un' epoca considerevole nella storia
delle nostre Marche, ove se non la prima origine, eb-
bero certamente il più grande e sollecito sviluppo, e
segnarono come il principio di un nuovo e beneBco pro-
gresso che fecero i nostri Comuni a favore delle classi
indigenti. — Meritano quindi di essere meglio conosciuti
e pii^ degnamente apprezzati ; e questo è lo scopo che
mi muove a pubblicare come documento da servire alla
storia i presenti capitoli.
L' istituzione di questi Monti è opera esclusivamente
di alcuni frati delP ordine dei minori di S. Francesco
insigni per santità e fra i più zelanti predicatori di quel
tempo, i quali con ciò si preposero la caritatevole im-
presa di soct'orrore gì' indigenti che erano costretti a
prendere denaro dagli Ebrei i quali taglieggiavano con
666 I PRIMITIVI CAPITOLI
forti usure chi fra i Cristiani aveva bisogno di ricorrere
al loro banco.
Ed invero ft quale eccesso fosse giunto in quel tempo
il vizio dell' usura, e quali ne fossero le conseguenze lo
mostrano abbastanza i documenti raccolti dal Muratori
nella disertazione sedicesima delle italiche antichità.
n primo pertanto a concepirne 1' idea fu un frate
Barnaba riformato Francescano che Io istituì in Perugia
e in Orvieto, V uno con approvazione del Pontefice Pio II
nel 1463, V altro di Paolo II nel 1467 e fu seguito
da un suo confratello il celebre Bernardino da Feltre
che si fece caldissimo propagatore di questa pia opera
in molte città dell' Umbria, della Toscana e della Roma-
gna cui percorreva con la sua predicazione che si potrebbe
dire una crociata continua contro gli usurai.
Quasi nello stesso tempo la diffusero nella nostra pro-
vincia frate Jacopo da Montebrandone, che fu poi San
Giacomo della Marca, ed il di lui compagno B. Marco
da Monte Santa Maria in Gallo che vuoisi portasse un
tale stabilimento di pubblica beneneficenza prima in Ascoli
sua patria nel 1458, e quindi in Fabriano nel 1470, e
nel successivo anno 1471 anche in Fano, dettandone egli
stesso le regole che tuttora si leggono in queir Archivio
Municipale.
È un bel codice membranaceo in foglio con larghi
margini ottimamente conservato composto di N. 12 carte
non numerate, V ultima delle quali in bianco con le ma-
iuscole in testa di ogni articolo colorate a vicenda in
azzurro ed in rosso contenente i capitoli primitivi di que-
sto Monte rimarchevoli per la semplicità del dettato pu-
DEL MONTE DI PIETX DI FANO 667
ramente volgare e forse quello stesso usato dal citato
fondatore frate Marco da Monte Gallo per allora in que-
sto medesimo luoco pubblicamente predicante di questo
henedecto Monte, e che più sotto si dice de li prefati
capìtoli conditore, sicc^ome Io fu di quelli di Fabriano,
riferendoci il Waddingo storico Minorità che frate Marco
compilò in ben ventiquattro (in realtà però in trentacin-
que) capitoli ottimi e prudentissimi regolamenti per la
creaziene e conservazione del Monte Fabrianese , quali
regolamenti dettati dalla saviezza di esso frate Marco
ravvisaronsi all'uopo opportuni , e come tali meritarono
1' approvazione del generale Consiglio , dove arringò di
persona, locchè fece pure qui in Fano dettando non
trentacinque, ma trentanove capitoli che si io ritengo se
non identici, almeno poco dissimili da quelli di Fabriano.
Sono scritti in tuono piuttosto autorevole e talvolta an-
cora arbitrario, sia per dare alla cosa queir importanza che
si voleva, sia perchè questo era lo stile della difettosa legi-
slazione di quei tempi la quale s' informava non su Codici
di regolamento civile ma sopra leggi statuali anch' esse im-
perfette, e colpiscono per le frequenti minacce di scomunica
maggiore da incorrersi ipso facto dai trasgressori dei Ca-
pitoli, non che per le forti multe pecuniarie applicate a
taluni casi , e privazione dei diritti civili per se e per
la famiglia in perpetuo a cui potevano venir condannati
anche suU' assertiva di un' accusatore e di un sol testi-
monio fide digno da non potersi rimettere, nisi per san*
ctissimum Dominum nostrum Papam.
È questa insieme una prova della bonarietà dei tempi
in cui vivevasi allora e dell' influenza che esercitava su-
668 I PRIMITIVI CAPITOLI
gli animi della moltitudine la parola di un Predicatore
che i 8uoi biografi dicono dottato di alta e potente elo-
quenza.
Ciò che offrono di rimarchevole questi capitoli, si è
che li denari possano prestarsi per lo tempo di sei mesi
senza merito ne prezzo alcuno a differenza delle altre con-
simili istituzioni quasi contemporaneamente o poco prima
fondate dai citati frate Barnaba e Bernardino da Feltre
in cui si parla di ritenuta o rilascio di tenue moneta
da farsi dagli impegnanti per sopperire alle spese di am-
ministrazione del Monte, locchà diede luogo a vive po-
lemiche per parte di alcuni dotti Teologi Domenicani fra
i quali i famosi Soto e Tommaso da Yio i quali vedevano
0 credevano di vedere in quella piccola ritenuta un' im-
magine di quelle usure contro le quali era principalmente
diretta V istituzione. A queste pose fine il concilio Latera-
nense proibendo di perseguitare come usurai stabilimenti
istituiti e confermati dall'autorità Apostolica ove si paga
da chi riceve lo impresto un modico interesse per sop-
perire alle indispensabili spese di amministrazione, dopo
di che tutti si tacquero, ed anche il Monte di Fano molto
tempo dopo venne indotto a fare altrettanto, autorizzato
da un chirografo del Pontefice Benedetto XIY in data 12
agosto 1746 con cui la prestazione venne elevata a
scudi sei romani ed il merito a scudi due annui per
ogni cento.
Ben si provvide allora per evitare le grandi questioni
di scolastica dottrina che appunto in quel momento ferve-
vano alla dotazione del Monte con una piccola percezione
sui prodotti del Dazio Consumo e con una ritenuta
DEL MONTE DI PIETÀ DI PANO 669
deiruno e un quarto per cento sul salario dei Magnifici
Signori Priori, e del due e mezzo su quello di tutti gli
altri impiegati del Comune, con i quali prodotti uniti
alle entrate di un sol anno a scelta del molino deno-
minato la Sacca e con sei denari per lira sulle condan-
nagioni o multe inflitte per malefizi, si formò la dota-
zione suddetta.
Non riesce poi molto agevole il comprendere, come
con una tenue prestazione di due fiorini per ottenere la
quale si richiedeva la formalità del giuramento, e pro-
messa di non servirsene che per soli oggetti di vitto e
vestiario, perdita il pegno se si fossero erogati in altro
uso „ si potesse mettere un efficace rimedio alle usure
ed agli iniquissimi contratti degli Ebrei che mandavano
in rovina molte famiglie cristiane e singolarmente quelle
che trovavansi in maggiore inopia. ,,
Forse la ragione di dare cosi tenue somma fu quella
di evitare il soverchio concorso e Y abuso che potevano
fame i meno bisognosi, accorrendo soltanto alla urgente
e momentanea necessità del povero il quale privo di que-
sto soccorso era sempre esposto alle vessazioni usurane.
In ogni modo è troppo vero che queste istituzioni gio-
varono moltissimo in allora, siccome giovano al presente
al popolo minuto con quelle modificazioni che vi sono
state posteriormente introdotte dalla maggiore civiltà dei
tempii a cui vennero poi in sussidio le recenti Casse di
risparmio e le Banche popolari quali però hanno ten-
denze diverse da quelle dei Monti di Pietà di cui teniamo
parola, essendo scopo principale di quelle il ricevere depo-
siti di denaro risultanti da domestiche economie e prestarli
670 I PRIMITIVI CAPITOLI
quindi a chiunque con le debite garanzie in grandi e
e piccole proporzioni a saggio ben moderato.
Si abbiano pertanto questi Capitoli, quantunque non
siano un testo di lingua del miglior secolo , come una
pagina di storia Marchigiana, tanto per la Città alla
quale appartengono , quanto pel loro compilatore frate
Marco da Monte Gallo appartenente anch' esso alla Mar-
chigiana Provincia.
• •
CAPITULA MONTIS PIETATIS
8AKCTE MARIE DE PIETÀTE IN DOMO DEI H08P1TÀLI8
COMUMS CIVITATIS FANI
DE KOTO C0N8TRUEND0 UT INFRA
In Dei Nomine Amen : Anno a nativitate ejusdem Millesimo quadringen"
tesimo sephmgesimo primo Indictiotxe tertia tempore Sanctissimi in
Christo Fatris et Domini Nostri Domini Pauli divina protidentia
jape Secundi» *)
Questi sono li Capituli et ordinamenti del Monte de
Sancta Maria de la pietà de lo Spedale chiamato la Casa
de dio del Comune de la Cita de fano facti et ordinati
per li Magnifici Signori Priori della dieta Città cioè Si*
mone de Boglione di Rinalducci Confaloniero M. Antonio
de ser Jacopo Constanzo Francesco de Magistro Gasparre
di Marchetti et Jacomo de La Luca soi compagni: et per
li spectabili Citadini Messere Maestro Giovanne de Jaco-
mo di Boglioni M/ Nicolò de Andreae de Le Lance
Ygolino de Bartolomeo da palazo : et Francesco de Pietro
di Marcolini : Eletti da li prefati Signori priori per vi-
gore de la Remissione facta in loro dal Conseglio Gene-
rale come apparo al libro de le Reformagione del dicto
*) Nolln trB'crizinno dì (\\ionio cwlice abbiamo crwluto ben fatto di man-
tenero 1* antica ortografia la quale ci f}orge una chiara idea della lingua
in quel tempo paiolata.
V
672 t PRIMITIVI CAPITOLI
Conseglio per roano de me Ser Gregorio de Ser Damiano
Kotaiio pubblico et Cancellerò del comune predicto una
con el padre predicatore frate Marco del Monte de San-
età Maria in gallo de lordine di frati menori de la ob-
eervantia nuncupati : per alora in questo medesimo luoco
pubblicamente predicante de questo benedecto monte Yna
cum le altre bone et sancte cose annuQtiante et ezhortante.
RUBRICA de Loco et modo conseroandi pecanias prefali Monds,
CAPITULUM PRIMUM
Id primo ordiniamo et Statuimo che li denari del
dìcto Monte se rachiudano et conserveno in una Cassa
la quale stia in una Camera conveniente orerò Stantia
del dìcto hospìtale chiusa la camera a quattro chiave di
verse luna dall' altre una de le quale tengano continuo
li MagniBci Signori priori una li Conservatori del Monte
r altra li soprastanti Rectori governatori overo priori de
esso hospitale overo el Spedanero essendo homo da bene
i' altra loffitiale del monte et ta cassa habbia pure tre
chiave pure diverse l'una da l'altra l'una de lequale pur
tengano sempre li prefati Magnifici Signori l'altra li con-
servatori del Monte l'altra li soprastanti governatori overo
priori prefati de esso hospitale che per li tempi Berranno.
RUBRICA de quatmr t&ris in quUtiK annotate sunt omnes
pecunie introitus el exilus Monlis et de loco conservalìonis
ipsorum.
GAP. 2-
Itcm che in la dieta Cassa di dicto Monte stiano
BCUipro quattro libri uno per la intrata ciò e da chiunque
DEL MONTE DI PIETX DI FANO 673
e comò e quanto et in que tempo ce entra di in dì sotto
nome de data. L' altro libro sia de la intrata pure in
quel medesimo modo chiaramente annotato omne cosa o
vero denari che ce intrarà sotto nome de prestito et per
quanto tempo : Taltro libro sia de la uscita ciò e de quello
che da le prefate tre chiave o tenetore di esse se assi-
gnarà a Io offitialc del Monte da doverse prestare scripto
sempre de sua mano in quello libro, ciò e quanto e quan-
do, a chi et da chi cioè Signori priori et conservatori
del Monte et soprastanti, o governatori, o priori del Spe-
dale che scranno per allora quando esso officiale recevera
la tanta quantità de pecunia. L'altro libro ciò e el quarto
sia de la uscita, ciò e de quello se renderà a coloro che
haveano prestato per tanto tempo cum Rogatione de no-
tano, 0 vero senza secondo che loro haveano prestato et
questo eia annotato in questo libro de mano de quello
che per allora se troverà officiale del Monte, quando se
ronderanno. E questi libri sempre stiano lì renchiusi et
conservati.
RUBRICA de modo^ ordine, ac tempore eligendi Conservatores
Montis.
CAPITULUM TERTIUM
Item che li Conservatori del Monte ali quali le pre-
fate doe chiave scranno assignate siano tre Cittadini omne
anno del mes^ de Aprile electi et renovati in lo Conscglio
generalo a voc3 secreto e quelli tre che più voce have-
ranno quolli ho intendano electi: li quali giurino ad Facra
dei evaugelia de essere fi doli soliciti e vigilanti ad omne
674 1 PRIMITIVI CAPITOLI
conservamento ed augumento del monte che poteranno.
Et si lì MagniBci Signori Priori che in quel mese se
trovaranno una cum el Consiglio generale el quale a que-
sta instantia volemo che se faccia, si bene per altro non
achadesse che se dovesse fare, tale electione non faranno
cadano in pena de diece ducati per uno da applicarse
per la meta a la Camera Apostolica et el quarto a la
Camera del Comune et a l'altro quarto al Monte et li al-
tri Signori priori che succederanno siano tenuti Loro far
fare dieta electione per lo modo predicto, altrimente ca-
dano et incorrono in la pena prefata et sic de singulis
discorrerendo fino che scranno electi, et interim li ante-
passati conservatori sempre seguitene el loro offitio ala
pena predicta.
RUBRICA de modo ordine et tempore eligendi offUiakm Montis
et de Salario et pactis circha hoc fiendis.
CAPITULUM QUARTUM
Item che li Magnifici Signori Priori una cum el
Conseglio de Venticinque et conservatori del Monte et
governatori de lo Spedale prefato, omne anno del mese
de Aprile siano tenuti ad elegere uno sufficiente homo
forestiero de qualunqua loco meglio li parerà che non
sia habitante in la città de fano ne in lo suo contado:
Ma che sia almeno quindici miglia de longo da fano
homo idoneo a simile offitio cattolico et pubblico notario
et per maggiore cautela e certificatione volemo che li pre-
fati electori imbossoleno dieci o quindici luochi, cioè Città
terre e castelli convenienti a la Comunità. De le quale
DEL MONTE DI PrETÀ DI FANO 675
secondo uscirà por pallotta se mando la electione per lo
prefato officiale cum la copia de mano del Cancellerò o
suo substituto de tutti li presenti et futuri capitoli del
Monte, el quale officiale tenga el conto de dicto Monte
cioò che cum dilligentia presti li denari: secondo de sotto
se dirà et receverà li p'^ffni sufficienti , come anche de
sotto se ordinara et metta al libro quanto, et quando,
et a chi darà denari et con quo pegno, et faccia le bol-
lette a coloro a )i quali darà denari le qual bollette con-
tengano el dì el nome del rocevente, et la quantità del
presto et el pegno rccevuto specificatamente e chiaro et
Imbbia per suo salario quindici vinti, o venticinque fio-
rini de moneta Tanno e più e meno secondo se poterà ba-
vere et portandose bene et utilmente e fidelmente se possa
refermare per li elee tori prefati et habbia de continuo Re-
sidentia nocte e dì in lo Spedale prefato da poi che le
Stantie saranno acconcie assigandoseli da li Magnifici
Si.Gfnori priori et conservatori del Monte et governatori
de Io Spedale una camera idonea quale se poterà et habbia
la spesa de mangiare et de bere con li Magnifici Signori
Priori che per li tempi sì trovaranno et lo prefalo suo
salario volemo che se paghi de la intrata ferma che bavera
il Monte in tre, o in quattro volte l'anno al dicto offi-
ciale assegnandoseli per li prefati Magnifici Signori priori
et conservatori del monte et governatori de Io Spedale
chiavieri et conservatori del thesoro et intrate de esso
Monte che per allom se troveranno sempre scrivendose
quella tanta quantità al libro de la uscita del dato de
mano do esso officialo rec(^vente el suo salario et quando
et quanto j)er volta et da chi.
676 1 PRIMITIVI CAPITOLI
RUBRICA de modo et orditie dandi de dictis pecuniis Montis ipsi
officiali per supradicttis Claverios et conservatores carum.
CAPITULUM QUINTUxM
Item che al dicto officiale siano dati cinquanta, o
cento fiorini al più per volta da li prefati chiaveri et
conservatori del monte li quali denari prestati a li biso-
gnosi secondo ne li capi tuli se contene: el dicto officiale
torni per li altri fino che ce ne scranno più in cassa,
sempre mostrando per suo libro a chi haveva dati li
altri prima ricevuti, et sempre scriva de sua mano nel
litro de la uscita che remane in cassa quello che receve
et in che dì et da chi.
RUBRICA de modo prestandi pecunias ipsas ab ipso officiali
tenendas.
CAPITULUM SEXTUM
Item che li dicti denari debbia et possa prestare fino
in doi fiorini per persona, ciò e ad una sola persona so-
lamente per casa a tutti gli abitanti in la città o conta
di fano, et ad altri non, per lo tempo de sei mesi senza
merito ne prezzo alcuno col pegno sufficiente a juditio
de esso officiale et secondo de sotto se dirà.
RUBRICA de tempore relevandi pignora ac modo temmdo circha
recaduta, nec non et pena contrafacentium et non obser-
vantinm ea que in presentibiis capitiUis continentur,
CAPITULUM SEPTIMUM
Item che li pegni se debbano rescotere in fra li dicti
sei mesi et se infra essi non se rescoteranno , allora li
DEL MONTE DI PIETÀ DI FANO 677
Magnifici Signori priori Conservatori del Monte et go-
vernatori de lo Spedale una cum quello officiale che sarà
per allora siano tenuti lo septimo mese fare fare quattro
Bandimenti de li recaduti pegni dal trombetto del Co-
mune a questo da doverso deputare da li magnifici Signori
priori conservatori del Monte et governatori de lo Spedale
cum salario competente, si senza non se ne può havere
li quali quattro bandimenti facciano infra quattro dome-
niche ne la piaza del comune ovvero in altro comune et
pubblico luocho dove alli prefati meglio parerà et in l'ul-
timo bandimento se debbiano trasferire et vendere a chi
più ce off*erira, et del prezzo del pegno se ne renda al
monte tanto quanto ne prestò et non più un picciolo, et
quello sopra avanzarà se renda al patrone; et se el pa-
drone del pegno infra questi bandimenti venisse per el
suo pegno con rendere al monte quel tanto li fo pre-
stato siagli renduto et possalo rihavere, altramente sia
liberato al più offerente, et se li profati Signori priori
et conservatori et governatori del Spedale contrafaranno
a questo sopradicto et da dire de sotto per tutti li ca-
pituli discorrendo o in tutto o in parte notabilmente,
siano privati del regimento della città et de omne of-
fìtio et benefitio do essa città, et si colui che tiene el
conto officiale del Monte contrafarrà perda el suo salario
de uno anno et sia tenuto a lo interesse del monte per
la rata sua, et esso notario ovvero officiale sia tenuto
con diligontia che in li pegni non corra il tempo oltra
de sei mesi come è dicto de sopra, et de recaduti subito
no advisi li ^Ingnifici Priori et ali conservatori cum te-
stimony, altramente perda ci Salario de sei mesi, et la
678 I PRIMITIVI CAPITOLI
negligentia del dicto officiale non pregiudichi ali magni-
fici Signori priori et ali conservatori, ne a lui prejudichi
la negligentia loro, et de presente quando li bandimenti
83 faranno siano sempre almeno doi li conservatori et
uno de li governatori del Spedale cum 1' ufficiale del
Monte et cum lo cancelliero del Comune, et a questi tali
sia data V autorità de transitare, vendere, et liberare
li banditi pegni recaduti secondo la forma de questi
Capituli.
RUBRICA de Juramento prestando petcntibus de diclis pecunijs
et de modo tuu'ndo ac pena contra facentes et tnm dant*'$
quam recipientes, nec non accnsantes,
CAPITULUM Vili »
Item che coloro che voranno de le diete pecunie per
lo modo prefato siano tenuti a giurare che ne habbiano
bisogno per vita et vestimento de loro o de loro fami-
glia, 0 per altra legittima necessità; et non por fare
alcune ribalderie et che lì voglia per se o per la sua
famiglia et non per altra persona e si alcuno contrafa-
cesse non che acaptasse per giuchare e por fare altra spesa
superflua e vana, o dannosa, o che achatasse per altri,
perda el suo pegno el quale se possa o debba vendere
et de quello che avanzarà sopra la sorte principale pre-
stata al monte se ne dia un torzo allo accusatore el quale
sia creduto con uno testimonio fidedigno et se infra doi dì
de poi li acaptati denari, quello tale havesse giucato o fa-
cto altra spesa superflua, laltra terza parte sia deiroficiale
ne farà la esecuzione e T altra del Monte e non si possa
DEL MONTE DI PIEtX DI FANO 679
prostaro da (lieto Monte so non ad habitanto in la dieta
Cita de fano, ovvero suo Contado, o distrecto sotto pena
de uno fiorino quando contrafacesse per ciascuna volta
rofficiale del monte, cioè malitiosamente e per sua cer-
tezza dia el giuramento a colui che domanda el presto
anche de questo cioò, che sia de la Città, e conta habitante.
RUBRICA de non refermando pignora recaduta noe in ei$ pre-
stando nisi post orto dies a die recollectionis et de pena of-
ficiaUs contrafacientis.
GAP. IX.
Item che li pegni recaduti non se possano reafermare
più per alcun modo, ne scosso el pegno se possa rem-
pegnare, si non passati otto dì da poi che sarà rescosso
sotto pena de uno fiorino per ciascuno pegnio da rete-
nerse per li rectori de Io Spedale del salario de l'officiale
contrafacendo.
RUBRICA de tempore represtandi eis qui alias receperunt.
GAP. X.»
Item che colui il quale ha avuto doi fiorini in presto
per sei mesi fino che sta debitore de ossi non ne possa
bavere più, ma renduti quelli possi ricurrcre pure per
tanta quantità et non più pure per sei mesi.
RUBRICA de jìolizis reportandis a pignorantibus et modo tenendo.
GAPITULUM XI.»
Itora che quando el patrone tornarà a roscotere el
suo pegno, sia tenuto a roportare la poliza la quale gli
680 I PRIMITIVI CAPITOLI
fece el depositario overo V officiale de che et quanto
hebbe , la quale si per caso V havesse perduta debba
giurare bavere nel monte tal pegno, et dare sufficiente
recolta allofitiale de cavarlo senza danno, et poi gli sia
restituito el pegno subito sotto pena de uno fiorino per
ciascuno pegnio che tardasse V offitiale de rendere al
patrone*
RUBRICA de modo et loco conservandi pignora et circa casam
eorum et de principali in partem et in tolutn fundamento
ipsins Montis,
CAPITULUM XII.
Item ordiniamo et statuimo che in lo loco et circum-
stantie de lo Spedale prefato chiamato la casa de dio se
ordine in prima una cappella chisiola ovvero oratorio ad
honore et reverentia dell' omnipotente dio et de la sua
dulcissima Matre Gloriosa Vergine Maria nostra advocata
protetrice patrona et conservatrice et augmentatrice de
questo benedecto Monte , la quale se chiame ex nwic
pronut ex tunc Sancta Maria de la pietà in la casa de
dio hospitale del Comune de la città de Fano, et apresso
quella Capella se acconcie la Stantia per lo banche del
presto et apresso quella se acconcie la Stantia per con-
servare li pegni : et appresso ovvero intra quella o quelle
la Stantia bona e forte per la cassa et reserva de li denari
overo thesoro , del Monte da stare sotto quattro chiave
all'uscio de la Camera, et tre a quello de la Cassa come
è dicto in lo principio de li Capituli et in quello sifacto
luocho volemo j)er sempre e non altrove stiano et con-
J
DEL MONTE DI PIETÀ DI FANO 681
servese tutte queste cose, cioè el baucho le pegnora, et
li denari secondo è diete, et secondo che se dirà per più
chiarezza et expcditione de ciò, per lo nostro Reveren-
dissimo in Cristo padre et Signore Messer Nicolò Ve-
scovo de Madrussia nostro governatore et per lo Reve-
rendo in Cristo patre messer Joanne Vescovo nostro: li
Magnifici Signori priori et li quattro electi una cum frate
Marche prefato predicatore designaranno et ordinaranno:
et in quella stantia deputata et da deputarse per la con-
serva di pegni, volerne TofiBciale prefato guardo et conservi
li dicti pegni cum omne dilligentia che poterà et saperà.
E quando per suo defecto o manchamento avenisse per
alcuno modo, sia tenuto al patrone de tutto el danno:
Ma quando per altro divino, et humano Juditio caso et
fortuna se perdesse sia ale spese de li patroni, et Io co-
mune et lo Spedale non sia obligato altramente che quando
fosse el giudeo de li pegni che lui tene o ha tenuto,
quando simile caso gli fosse introvenuto et introvenisse,
cioè de Juditio divino. ') Et interim volerne se trovi un
altra stantia conveniente apegione per esso ofiBciale et
pegni, et la cassa de la reserva stia in una sacrestia
bona de la Città , ovvero in casa de uno de li electi
alla satiffactione del Monte, secondo li ^lagnifici Si-
gnori priori una cum gli altri electi et predicatori ordi-
naranno, et la spesa che se ha a fare per la dieta hedi-
ficatione come de sopra in questo capitulo se contiene
*) Qui si vuolf» int<»ini**iv rhft noi piwi.«to ca<»o di ponlita il Comune
non 9ia obbligato a {lagai*** più di (guanto lo sarebbe un Giudeo a cui
interveniue un itimi le caso.
682 I PRIMITIVI CAPITOLI
intenderne et dichiariamo se faccia a spese del dicto
monte et de le helymosine che se fesse per edificare
tale locho, et acciò presto se eseguisca et mandase ad
efecto volerne siano deputati per Io prefato nostro Reve-
rendissimo gubernatore et- per lo prefato frate Marche
predicatore dei soprastanti a questo lavoriero li quali
cum omne suUecitudine diano opera ala expeditione de
diete Stantie fino che scranno fornite , li quali debbano
giurare jiixta posse vacare al dicto lavoriero sotto pena
de perjurio et de quella pena gli sera imposta per lo
prefato nostro Reverendissimo Monsignore Gubernatore.
RUBRICA de non tenendo circha recaduta pignora de quibus
Capitale Montis relmberi non posset
CAPITULUM XIII.
m
Item che le pegnora tolti cum V ordine et modo in
dicti Capituli dechiarati in fine de sei mesi recaduti che
fossero et non se ne trovasse tanto quanto era el Capi-
tale del Monte, coloro che tolsero el presto e loro heredi
e successori sempre siano òbligati alo interesse et danno
del Monte cioè de tanto quanto era el suo capitale, sic-
ché el Monte non perda, et de questo el podestà, possa
e debba fare, e fare fare ragione summaria et espedita
sotto pena de tanta quantità quanta sarà quella che man-
charà al Monte per defecto del podestà, in eie da li Con-
servatori recercahto et advisato, e da alcuno de loro, et
si li conservatori in eie scranno negligenti siano essi
òbligati al Monte del loro, et non de quello de lo Spedale
ne del Comune.
DEL MONTE DI PIETX DI FANO 683
RUDRICA (la minio lenemli pUjnora qiie furala appareant.
CAPITLLUM XIIII.
Item si li dicti pogni fossero forse pegni furati el
Monte non perda et el patrone del pegno habbia lo in-
teresso suo et ricorso contaa li impignanti contro dei quali
pure rasione sumaria sia administrata da Messer Io po-
destà sotto la medesima pena cioè della quantità che
valesse el pegno furato da restituirse al patrone.
RUBRICA de (Mligatione omniìim officiaUum comunitalis fani
circÌM montem et comunis ejtis officialem.
CAPITULUM XV.
Item che tutti officiali et balij et trombetti del Comune
do fano sotto pena de la privatione di loro offitij et per-
ditionc di salarij siano tenuti obedire alli conservatori
et offi( iali del Monte in tutte quelle cose che aspcctano a
dicto Monto et ad essi fare rasione summaria de facto
senza strepito ne figura de juditio solamente la verità
del fatto conosciuta ed intesa.
RCBRICk de lihris exitus et introitibus Montis ab officiali pa-
hm tenendis ad qunscumque.
CAPITULUM XVI.»
Item ohe Tofficiale del Monte sia tenuto bavere da preso
80 la copia de quelli quattro libri de la intrata et uscita
che stanno in la cassa de li denari da mustrarli sempre
a chi neco^3ariamente li vorrà vedere et intendere quello
che ft dentro et de fora de esso Monte.
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684 1 PRIMITIVI CAPITOLI
RUBRICA de obbligalione officialis de obediendo dominis et aliis
rectoribiis morUis et de juramento eidem prestando in prin-
cipio sui offitij et de fideliate.
CAPITULUM XVII.
m
Item che V offitiale del dicto Monte sia tenuto in omne
cosa obbedire alli Magnifici Signori priori et alli conser-
vatori et governatori de lo Spedale in omne cosa al dicto
Monte non essendo centra li Capituli presenti et sia te-
nuto mostrare ad essi et ad omne loro requisione (sic)
el suo conto sotto pena de dieci fiorini per ciascuna
volta contrafacesse da retenerse del suo salario et appli-
carsi al Monte per li doi terzi et per un terzo alli Magni-
fici Signori priori et alli conservatori prefati et de tale
requisitione essi Signori priori et conservatori ne faccia
rogato el notaro cum doi testimonij secondo meglio glie
parerà, et niente de meno lo podestà a requisitione de
li Signori priori et conservatori sia tenuto constrengere
V offitiale a mustrare la sua rasione quando se excusasse
che non avesse denari, sia anche tenuto esso offitial sotto
pena de perjurio et debba cum sollicitudine attendere a
fare scotere ovvero scotere tutte le obbligationi fatt« al
Monte et habbia un bolognino per fiorino ultra el suo
salario scotendole tutte; altramente habbia solamente mezzo
bolognino per fiorino, per quelle che avesse scosso judì-
tialmente. Debbia anche dicto offitiale nel principio del
suo offitio giurare che la pecunia del dicto Monte la
quale alle sue mane pervenirà non expendere ne usare
per altro modo che prestare alli bisognosi secondo li ca-
pituli del Monte, e sua forma.
DEL MONTe DI PIETX DI FANO 685
RUBRICA de modo prestandi pecunias et quibus pignorìbus et
quo tempore.
CAPITULUM XVUL»
Item sia tenuto el dicto offitiale prestare a qualunque
persona secondo li Capituli presenti glie adimandarà in
quelli pegni che li portarà, li quali siano sufficienti cioè
che vagliano almeno un terzo più , altramente toglien-
doli sia tenuto V officiale de tutto quello che mancasse
alla somma che el Monte gli prestò, non trovandosene
tanto nel ultimo bandimento, et el podestà de la terra
pure ne faccia ad esso officiale rasione sumaria contra
de tale patrone del pegno si^hcl' Monte sia salvo et anche
l' offitiale, li quali pegni quando se pigiano (sic) le deb-
bano vedere se hanno manchamento alcuno et quello no-
tare, et trovandose poi infine quelli bavere altri defecti
sia tenuto V officiale del Monte de la emendatone del
patrone et esso officiale si non cognosera el valore de li
pegni facciaseli estimare et expcdisca prestamente lo
adomandante : altramente casche in la pena de uno Bo-
rine per omne volta che contrafacesse da applicase per
la terza parte al Monte, Taltra terza parte al querelante
et r altra terza all' offitiale che ne farrà la esecuzione.
RUBRICA de non posse sequestrari pignora nisi furata.
CAPITULUM XVIIIL-
Item che ninno pegno posto al Monte se possa seque-
strare ad instantia de alcuna persona por qualunque ca-
gione, salvo non fosse cosa furata, de la quale facendosene
fede et provandose sufficiente se debba rendere al patrone,
retcT^ .o el capitale del dicto Monte.
1 * *
686 1 PRIMITIM CAPITOLI
RUBRICA de Rjsulais que supjr sorlem Monlis ex rccadutis
pignoribHS habentur.
CAPITULUM XX -
Item che tutti li residui se liavessero a pagare alli
patroni delli pegni venduti se debba tenere conto da per
se per lo Monte, et anche per V offitiale nel libro de la
intrata del presto, et esso ofi&ciale ne debba rendere ra-
gione come de le altre cose al suo successore , et essi
residui restituire subito al dicto patrone essendoce de-
nari in mano sotto pena di uno fiorino per ciascuna volta
se contrafacesse et non trovandose denari rendali delli
primi che tornaranno, et non trovandose el patrone del
pegno venduto lo dicto residuo si tenga per conservarse
appresso el monte in forma de li altri denari prestati
sino che el •patrone venirà; Et essendo morto sia et
debbase dare alli soi eredi li quali non trovandose se
distribuischa alli poveri per mano del Vescovo o suo
Vicario cum dei boni Religiosi de la terra.
RUBRICA de non posse vendi officiali Monlis nec conseroanlibus,
nec recaduia pignora ab eis eini seti ab aliis prò eis quod
implicite intelligitur.
CAPITULUM XXI.»
Item che l'offitiale ne ninno dei conservatori ne li Ma-
gnifici Signori priori, ne altri per loro sotto obìigazione
de juramento ne la intrata del loro offitio et sotto pena
di dieci fiorini per ciascuna volta legiptimamente se pro-
vasse, possa comprare alcuno decaduto pegnio durante el
loro offitio; de la qual pena la terza parte sia de lo accu-
DKL MONTE DI PIKTÀ DI FANO 687
tore Taltra terza sia dell'offitiale che ne farà exsecntione,
et r altra terza parte del Monte. Ne anche cosa alcuna
donata al dicto Monte o lassata, a pena del doppio de
la valuta di quella tale cosa, et sotto pena de excomu-
nicazione maggiore ipso facto.
RUBRICA de non posse banniri cum pignorantibm alia bona
particoUiris persone nec Comunis.
CAPITLXUM XXUr
Item che li dicti officiali no li bannimcnti fanno fare
per li temjìi per la vonditionc do li pegni recaduti non
possano ne debbano fare bandire alcuna altra cosa se non
li dicti popni solamente rochaduti al dicto Monto sotto
pena do dieci fiorini por qualunque cosa di altro persone
facessero bandirò da aplicarse come è dicto nel prece-
dente Capitolo.
RUBRICA rf*' judic*. competente circha controversias que circha
Montem Catisarentur.
CAPITI LUM XXIIJ.
m
Item che in le controversie lo quali potessero nascere
nel dicto Monto ne siano judici li conservatori del Monto
et governatori del dicto hospitale che per il tempo se-
ranno li quali siano tenuti docidore fra cjuindici di sumario
simpliciter et de plano senza alcuno pagamento sotto pena
de cinque fiorini por ciasi'una volta contrafacessero da
applicarlo ad osso Monto, et in tali cause non ce habbia
loco appellatione alcuna.
688 1 PRIMITIVI CAPITOLI
RUBRICA de juramerUo prestando tam twvis prioribus qiiam
domino potestati tioviter intranti per CanceUarium coititi-
nitatis.
CAPITULUM xml -
Item chel' Cancellerò del Comune debbia a K Magni-
fici Signori Priori et al podestà in lo principio del loro
offitio, nel giuramento bavera a fare a loro, stipulare an-
cora questo tra le altre cose cioè che alla augumenta-
tione et conservatione del Monte debbano intendere et
favorire secondo el loro possere.
RUBRICA de non posse apiari per aliquem aliquod de pigno-
ribus montis.
CAPITULUM XXV."
Item che V officiale de esso Monte non possa prestare
ad altri ne optare per se alcuno pegno sotto pena de
cinque fiorini da applicarsi per la terza parte a lo ac-
cusatore cum uno testimonio fidedigno; la terza parte
all'offitiale ne farà esecuzione et Taltro terzo al Monte.
RUBRICA de non posse aliquam pecuniam ad Montem per-
ventam pennutari ad alium usura.
CAPITULUM XXI."
Item che la pecunia deputata, o pervenuta al dicto
Monte 0 da deputarse o da pervenire, non se possa ne
in tutto ne in parte togliere deputare o spendere in altro
uso che in subventione de li poveri et bisognosi sotto
la forma dei presenti Capituli per qualunque cosa occo-
resse, sotto pena de excomunicatione maggiore da in-
DEL MONTE DI PIETÀ DI FANO 689
correrso ipso facto per qualunque consigliasse proponesse,
0 per qualunque altro modo intervenisse , et sotto la
pena di cinquanta ducati da applicarsi per la metà alla
camera apostolica et per la quarta parte al comune de
fano, et per laltra quarta parte al dicto Monte. E qua-
lunque permutatone fusse facta non vaglia ne tenga
ma sempre stia pure fermo al Monte come prima, ne
ce possa intervenire dispensa de alcuno superiore et in-
tervenendoci ipso facto sia irrita et nulla, si non del
santissimo Signore nostro papa immediate.
RUBRICA de aliquid proponentes (sic) qiiod converteretur ali-
quo modo circha destruciioncm Montis.
CAPITULUM XXVII.
Item porche molte poteriano essere lo astutie et cor-
ruptolo de li giudei et de cattivi cristiani et invidiosi
ad indurre li citadini et altre persone a destructione del
dicto Monto, Statuimo et ordinamo che niuno delli priori
conservatori del Monte et governatori de V ospedale ov-
vero altra persona del consoglio secreto ne generale
possa proponore por alcuno modo tacito ovvero espresso
per via diretta et indirocta , cosa alcuna che venga a
destructione del dicto olente sotto pena de conto fiorini
da applicarse per la meta alla camera del Comune et
per r altra metà alla camera apostolica , et privatione
del rogimento per se et do sua famiglia in perpetuo et
sotto pena de excomunicationo maggiore da incorrerse
ipso facto, et non ce habbia loco disponsatione de alcuno
Superiore, si non della Sanctita do nostro Signore mos-
ser lo Papa immediate.
690 I PRIMITIVI CAPITOLI
RUBRICA de capsa in ecclesia corner vanda,
CAPITULUM XXVIU »
Item ordinamo et statuimo che in essa capella de
Sancta Maria de la pietà in la casa de dio stia de con-
tinuo una cassa della offerta del Monte come el prefato
frate Marcho ha ordinato et dechiarato, et li MagniBci
Signori Priori una cum li conservatori del Monte et
governatore del Spedale o la maggiore parte de loro
cum r offitiale del Monte siano tenuti et debbano Y ul-
tima domenicha del loro priorato trovarse in Sancta
Maria de la pietà prefata et aprire la cassa prefata et
veduto essa quantità se trovarà inseme se scritta al libro
de la intrata del dato, et mettase in cassa de la riserva
de le tre chiave, la qual cosa contrafacendo chascheno
in la pena de un ducato per uno daplicarse per uno
terzo al Monte et per lo altro terzo alla Comunità et
r altro terzo all' ofitiale ne farà execuzione.
RUBRICA de modo circha inlroitum officialis Montis si ve exitum
et de ejus sindicatu.
CAPITULUM XXVIIII.
m
Item che quello officiale sia obligato in la intrata del
suo offitio recevere el giuramento sopra lo altare de
sancta Maria de la pietà da essi Conservatori o da li
Magnifici Signori Priori o da li governatori dell' hospi-
tale essere fidele in tutta questa administratìone et dia
sufficiente recolta, et alla fine de l' anno stia a sinda-
cato dieci dì per messer lo Podestà, e quattro cittadini
da doverse elegere per li Magnifici Signori Priori et
D£L MONTE DI PIKTX DI FANO 601
conseglio di XXV una cum li conservatori del Monte
reassignando ragione de omne cosa da lui ricevuta et
administrata et si è trovato colpevole sia punito secondo
ne li capitoli se contiene, et si el podestà e sindacatori
prefati contrafaranno siano loro obbligati de tanta quan-
tità, quanto colui fosse stato obligato da aplicarse al
dicto Monte sola facti veritate inspecta. Et che'l dicto
offitiale non se possa absentare de la terra per uno dì
senza licentia de li magnifici signori priori conservatori
de lo spedale alla pena dicci fiorini per volta.
RUBRICA de donationibus fiendis ipsi monti et valore earum,
CAPITULUM XXX.-
Item che si ninno volesse donare al dicto Monte
cosa mobile ovvero immobile inrevocabile inter vivos et
la dieta donazione sìa facta cum rogatione de uno no-
tarlo publico et de tre testimoni al meno secreto o vero
palese, vaglia et tengha quibuscunque statutis et aliis
in contrarium facientibus non obstantibus, et quilibet
notarius publicus possit se de dieta donatione rogare
cum tribus tostibus et tenga la donazione in credenza
sotto pena de la privatione del regimento, et se notaro
sotto pena del falso, et siano tenuti li revelatorì al Monte
predicto rendere tanto quanto V havranno dannificato.
RUBRICA de modo deponendi pecitnias in dicto Monte seu de-
positas restituendi.
CAPITULUM XXXI.-
Item si ninno homo ot dona de qualunque stato o
conditione se sia vorrà deponcre nel dicto monte bì-
Arche. Star. Mot-rh. V. /. 44
692 I PRIMITIVI CAPITOLI
cune quantità de pecunia cum animo de rehaverle, ma
al servitio de li poveri per tanto tempo quanto da lui
sarà chiarito, li Magnifici Signori priori li conserratori
del Monte et goyematori del hospitale che per allora
se trovaranno in offitio quando el deponente redoman-
darà le prestate sue pecunie, farà li rendere el più pre-
sto se trovano in cassa sotto pena de privatione del
regimento et de tanta quantità quanto è quella che
quello tale redomanda et debba rehavere da applicarse
uno terzo ut supra alla camera apostolica, al Monte et
alla camera del comune, et sopra de questo abbiano piena
balìa de quello de lo spedale o de quello del comune
si altro non si trova da restuire (sic) al deponente sino
a uno quattrino sicché senza danno alcuno de le sue
pecunie sia conservato, et volemo el Comune de Fano
et anche el stabile de esso hospitale sia sempre obbli-
gato ad omne caso fortuito di divino juditio, o humano
che venisse in le pecunie de qualunque persona in esso
monte al libro del presto scranno deposte ovvero se de-
poneranno, sino che totalmente el deponente o altri per
lui legittimamente le rehaverà.
RUBRICA Augumenti Montis de pecuniis comunalibus.
GAP. XXXII »
Item ordiniamo et statiamo chel prefato Monte per
sua conservatione et augumento habbia omne anno tren-
tatrè fiorini de moneta vecchia o quaranta bolognini per
fiorino da la comunità da doverse torre et pagare de la
intrata de lo imbottato di anno in anno, et anco che
DEL MONTe DI PIETÀ DI FANO 603
cum effecto se pagine et non se prolunghino ne inciam-
pino. Yolemo et ordinamo se faccia a ciascuna de le
casse che se mettano a le porte una chiave più che
quelle ce sono, la quale debbano tenere li conservatori
del Monte acciò non se possa aprire almeno senza uno
de loro, et allora volerne se cave per li primi li dicti
trentatrè fiorini per lo Monte deputai i, et mettase subito
alla Cassa de la reserva del Monte scrivendo sempre al
libro de la intrata del dato al modo predicto.
GAP. XXXIII.-
Itcm ordiniamo anche che abbia mezzo bolognino
per fiorino de tutto el salario deputato et da deputarsi alli
Magnifici Signori priori de anno in anno.
GAP. XXXIV.»
Item ordinamo che tutti li altri salarij che la Comu-
nità darà da questo in poi a qualunque stato o condi-
tione de offitio se sia, el Monte ne habbia un bolognino
per fiorino cum questa conditione chel Cancellerò sia
obligato fare la elcetione cum dieta retentione et non
la facendo chasche a tanta pena et obligatione al Monte,
quanto era quello che per suo defecto V ha damnificato.
Et così ex tuìic prò ut ex nunc volemo tutte le electione
se haveranno a fare siano intese , quando mai non se
fosse stipulato , o dichiarato altramente , ma alle spese
del defectante. Et a questo volemo ci depositario sia obli-
gato de retpunre a tutti cioò podestà cancelliere Medici
Maestro de scola o qualunque altri salariati o da sala-
riarso a la })ena del doppio da applicarso {)er uno terzo
604 I PRIMITIVI CAPITOLI
a la Camera apostolica, per lo terzo al comune, et per
lo terzo al Monte et sia pena de excomunicatione mag-
giore si malitiosamente fesse el contrario, et retenuto che
bavera la dieta quantità che deve per salariato dopo otto
dì al più si non la assigna alli Magnifici signori priori
et conservatori del Monte da metterli in cassa de la re-
serva al libro del Intrata del dato. ^)
GAP. XXXV »
Item ordinamo et statuirne che habbia anche el dicto
Monte per suo augumento et conserva, rehavuti che sa-
ranno li molini da la Saccha la mità de la intrata de
uno anno de li dicti molini alla pena del doppio a qua-
lunque che la impedisse applicando la pena pure ut su-
pra alla Camera apostolica, al Comune, et al Monte per
lo terzo: et la electione del dicto anno cioè pigliare el
primo el secondo el terzo o el quarto quale meglio pa-
rerà sia in arbitrio de li conservatori de esso monte.
RUBRICA de modo augendi seu corrigendi Capituia ista vd
tninuenda.
CAPITULUM XXXVL-
Item occorendo cosa o caso alcuno, ne li quali per
li supradicti capituli non fosse suffitientemente provve-
^) I suddetti due Capitoli 33 e 34 ci forniscono la prova che la idea
di una imposta sui redditi di ricchezza mobile non è cosa nata ai nostri
giorni, ma che in proporzioni molto più limitate e sopportabili venne ap-
plicata dal comune di Fano sono già quattro secoli. Per la migliore intel-
ligenza poi di queste ritenute è a sapersi che il fiorino d^ oro valeva
quaranta bolognini, ogni bolognino sei quattrìni, o più secondo la lega.
DEL MONTE DI PIETÀ DI FANO 695
duto per non sì possere vedere omne cosa insieme, per
vigore de questo presente capitolo reservamo et lassarne
piena facoltà et arbitrio al Conseglio generale de essa
città de Fano cum el guardiano de sancta Maria del
Methauro de frati de la observantia che per allora se
trovarà et a li gubernatori del Spedale con li conser-
vatori del Monte, secondo meglio gli parerà agiongere e
supplire y et anche le sopradicte cose quando utile e
necessario fosse corregere et emendare per la conserva-
tione et augumento del dicto Monte , cum questo che
sia vinto prima nel dicto consiglio, cioè per li tre
quarti de loro et sia poi confirmato solidato et autenti-
cato dal Reverendissimo in Christo padre Legato o vero
gubernatore apostolico che per li tempi se troverà, al-
tramente non vaglia ne tenga cosa ce fosse agiunta ne
minuiia. A la pena de excomunicatione magiore et de do-
cente ducati doro dapplicarsi ala camera apostolica per
lo mezzo, et laltro mezzo al dicto monte. Et ne in questo
ne in ninna altra cosa che venisse a destructione desso
monte non volemo abbia luogo né valore despensazione al-
cuna la quale facesse qualunque persona se sia ne Legato
ne governatore ne conseglio, ne altro qual se vele, salvo
immediate la Santità de Nostro Signore el Papa che al-
lora se trovarà.
RUBRICA de non posse remiui aliquid de dictis penis nisi per
sanctissimum Dominum nostrum Papam.
CAPITULUM XXXVII -
Item che tutte et singole pene et retentione pecu-
niarie soprascripte non se possano per ninna via o per-
696 1 PRIMITIVI CAPITOLI
sona de qualunque stato grado o conditìone se sia fare
gratia o remissione alcuna in tutto o in parte, si non
per la Sanctità de nostro Signore e suoi legittimi Succes*
8ori sotto pena del doppio daplicarse immediate alla
camera apostolica.
GAP. XXXVIII -
Item Tolemo et dechiaramo secondo che è anche di
ragione che tutti li dubii li quali in li presenti capi-
tuli mai occorriranno bene che siano in vulgare, se debba
stare a quella dechiaratione chel prefato fra Marcho pre-
dicatore deli prefati capitoli conditore dirà a coscientia
sua ovvero scriverà essere stati facti o doverse intendere.
Et anche quando lui fosse morto o non se potesse ha-
vere, abbiase alora recorso alli altri conditori de dicti
capituli facti inseme cum Io dicto frate Marcho che se
trovassero et fossero vivi che abbiano a dechiarare la
loro intentione sopra quello tale dubbio occorso sopra
1' anima et coscientia loro et tanto quanto sarà dichia-
rato se exeguisca.
GAP. XXXVUIl.
m
Item ultimamente confortamo pregamo et exhortamo
et quanto possemo inducimo ciascuno a subvenire aiu-
tare et favorire el dicto Monte quanto pili può, accioc-
ché per la sua conservatione et augumento de bene in
meglio ne seguiti in gloria et laude all' Omnipotente Dio
et alla sua santissima Madre Madonna sancta Maria de
la pietà deir hospitale de la casa de Dio del Comune
de la città de Fano tanto bene honore et utile a ricchi
e poveri è stato ordinato. — Amen — Finis.
DEL MONTE DI PIETX DI FANO 697
Dictis millesimo Indictione et tempore ut supra die
quarta mensis aprilis Fani in curia Residentiae magni-
fìcorum priorum et in Camera cubiculari ipsorum posila
in ci vi tate fani in contrata sancti Joannis filiorum Ugo*
nis juxta viam a quatuor lateribus et dictam curiam Ma-
gnifici domini Priores convocati in unum colleggialiter.
Idest Joannes domini Francisci de Borghisellis Confalo-
nerius, Oaleottus Malatesta de Taybano^ Paulus Andreae
Gotij de Milionibus Jacobus quondam Damiani de Da-
mianis et dominicus pasque Pauli priores diete comuni-
tatis fani et venerabilis pater frater Marchus da Monte
Sanctc Marie in gallo ordinis minorum de observantia
predicator et Spoctabiles viri, videlicet Dominus magister
Joannes Jacobi Leonis de Boglionibus Dominus Nicolaus
Andreae a Lanceis. Ugulinus Bartholomei de palazo et
franciscus petri de Marcolinis Cives diete Civitatis, electi
et deputati per dominos priores precessores praefatorum
Magnificorum dominorum priorum et auctoritate eis data
et attributa in generali Consilio cellebrato die xxviiii
Martis ut constat manu mei Gregorii Cancellarii infra-
Bcripti vigore commissionis in eis facto per dictum Con-
silium et vacantes debite executioni mandare et previ-
dero ut Mons pietatis Sancte Marie pietatis hospitalis
domus Dei (.'omunis fani debitis Capitulis corroboratus
ut supra diximus per predecessores nostros confirmatus
unanimiter et concorditer nemine ipsorum discripante et
ipsi de novo ordinaverunt constituerunt ratificaverunt
approbaverunt et sanxionaverunt suprascripta capitula in
omnibus et per omnia ad hoc ut pauperes comunitatis
usurishebreorumetdevorationibus inposterum liborarentur.
698 I PRIMITIVI CAPITOLI
Quae quidom capitula per quoBcumque mandaTenint et
Toluerunt inviolabile observari et per Revereuiiissimuni
Domiaum Nicolaum Episcopum Modrusìensem Guberoa-
torem Civitatis Fani ronfirmare fecerunt ut infra con-
tinetur.
Et ego Gregorias Ser Damiani de fano publicos
Imperiali anctoritate Kotarius et Cancellarìus Comunìtatis
Fani predictis omnibus Capitulis ut supra descriptis in-
terfui et dnm sic agerentur praesens fui et rogatus seri-
bere scripsi et pubblicavi signumque meum hic apposai
consuetum.
Nicolaus Episcopus Modrusìensia Fani Guberoator
ne Thesauntrius cum perlegerìmus diligentiusque di-
scusserimus praefata Capitula Nobis per reverendissimum
Patrem fratrem Marcum de Monte Sancte Marie in gallo
Ordini» Minorura de observantia et Magnifìcam Comu-
nitatem fani, nobis eshibita ac presentata, nibil in eis
offendimus quod non sit precipua equitate libratum et
singulari prudentia conditum summumque deBnitum mo-
deratione omnia pietatem , omnia caritatem redolentia
cuncta ad laudem Dei ac gloriose Virginia Marie leo-
deutia. Ad dilexionem prosimi: ad presidium paupe-
rum ad indulgentium subsidium ad ingentem gloriam simul
et utilitatem totius fanensis Comunìtatis. Qutbas de caa-
8is egimus gratias Omnipotenti Deo qui per mintstros
Terbi filii sui ìllam gratiam in civitate fanensi revelare
atque conferre per servos suos voluit quia per prophe-
taiii credentibus in fìlium suum se daturum repromisìt
hoc est ex usuris et iniquitate redimere animas eorum.
Àtque ut tam pium sanctamque opus majorem accipìat
DEL MONTE DI PIETÀ DI FANO 699
firmitatem, utque domino opitulante feliciora in dies va-
leat accipere incrementa , omni illa auctoritate quae in
presentiarum ex officio nostri gubernii fungimur omnia
et singula praefata Capitala confirmamus corroboramus et
stabilimus supplentes quantum possumus omnia que sup-
plenda sunt et quecumque approbanda sunt approbantes
et ratificantes sicuti et de &cto eadem auctoritate aproba-
mus et ratificamus fautoribus divinae Miserationis propi-
tiatione. Contradictoribus ' volumns primum emendatio-
nem j deinde ab impiotate sua cessare non volentibus
severitatis ejus ultionem imprecantes. Mandantes ea om*
nia et singula in eis contenta firmiter servari atque ob-
servari ad beneplacitum Sanctissimi Domini Nostri ac
succssorum ejus. Datum fani etc.
In nomine Domini Amen anno ejusdem a nativitate
KccccLXxuj VI Indictione tempore Sanctissimi in Chrìsto
Patris et Domini nostri Domini Sixti divina providentia
pape quarti et die xxviu mensis Martii in sala magna
curìae Residenilae dominorum priorum loco generalis Con-
silii. Ibique etc.
Convocato pubblico et generali Consilio Civium et
Consiliariorum Civitats fani de Commissione et Mandato
Magnificorum Dominorum Confalonerii et Priores, vide-
licet Nobilis et eximii doctoris Domini Filippi de Gua-
finis Antonii Allovisii de Saracenis et Petri magistrì
Pauli de Statonibus Berardi Petri de Ungaris et magi-
stri Antonini a clavibus, bannito beri aero prò hac die
ad sonum campane grosse more solito et secundum for-
mam statutorum fani in quo Consilio interfuemnt cives
700 I PRIMITIVI CAPITOLI
consilìarii Septuaginta quinqne totum dictum consilium
representantes. In quo quidem Consilio Reformatum fuit
posito partito et obtentis fabis sexaginta septem, noyem
in contrarium non obstantibus , et pena contenta in
capitulis dominorum priorum cantra illos qui secreta co-
munitatis manifestaverunt prout in dicto capitulo fit men-
tio limitetur in ducatos decem et prìyationis consilii per
annum et ultra ad beneplacitum Consilii attenta quali-
tate facti cujus pena quarta pars sit officialis exequuto-
ria alia quarta pars accusatoris et residuum mentis pie-
tatis Ciyitatis fani, et quod potestas possit et valeat in
predictis procedere ad probationem unius testis bone fa-
me et condictionis et quod officialis Mentis pieiatis qui
prò tempore fuerit quotiescumque contrafeu^tum fuerit
in predictis teneatur dare operam cum prefato domino
potestate ut delinquens puniatur juxta formam dictae re-
formationis.
Item reformatum fuit in dicto Consilio posito partito
et obtento fabis sexaginta sex, decem in contrarium non
obstantibus quod quilibet condemnatus prò malefitiis com-
misis et committendis prò illa parte quae pertinet ad Co-
munitatem fani teneatur Officiali Mentis pietatis prò
dicto Monte recipienti denarios sex prò quilibet libra de
qua deputatione nulla gratia fieri possit et teneatur of-
ficialis dicti Montis sollicitare potestatem ad exequendam
dictam executionem et Refferendarius Comunitatis non fa-
ciat quoquomodo bullettam sulutionis dictarum condemna-
tionum dictis condemnatis nisi ab eis primo receperìt
apodissam officialis montis solutionis dictorum sex dena-
rìorum prò libra dictorum condemnationum.
DEL MONTE DI PIETÀ DI FANO 701
Item reformatum fuit in dicto Consilio poeito partito
et obtento omnibus fabis tribus in contrarium facienti-
bus non obstantibus quod de cetero si quis de civitate
fani ejus comitatus fortie et districtus moreretur testatas
vel intestatus cujus hereditas excederet valorem quin-
quaginta ducatoram heredes defuncti teneantur cum ef-
fectu solvere intra terminum unius mensis Monti pietatis
solidos decem et notarii teneantur recordari ut aliquid
reliquant Monti predicto.
Presente Reverendissimo Patre et domino À. Episcopo
Tyburtino gubernatore Civiiatis fani approbante dictas
reformationes et supplente omnes defectus si qui forent
in dictis reformationibus per quos impediretur exequutio
dictarum reformationum.
Et ego Oregorius ser Damiani civis fani et Cancel-
larius diete comunitatis Rogatus scripsi et pubblicavi
signumque meum apposui consuetum.
DitXYliq
h>>M»** •i
Reformatum et deliberatum fuit per spetiale Consi-
lium dieta Die celebra tum quod impoeterum non sit li-
citum alieni officiali Civitatis fani accipere in tenutam
aliquod genus armorum tam offendibilium quam defen-
dibilium prò aliquo debito Civili vel criminali nec alia
de causa. Nec liceat officiali montis nec hebreis fenera-
toribus illa quoquo modo in pignus accipere ab officia-
libus predictisy nec etiam liceat comestibilia portare aut
eorum sotiis illa extrahi permittere ab aliquibus extra
Civitatem causa vendendi forensibus extra territorium
702 I PRIMITIVI GAPITOU ECC.
nostrum sub pena unius ducati prò quolibet et non ob-
servante presentem reformationem. Que eodem anno mense
et die Txviìj fuit approbata et confirmata per Consilinm
generale in quo interfuerunt consiliarìi septuaginta et
obtentam fhit partitura super hoc positum per fabas
septuagintanovem una in contrarium nonobstante pront
apparet in libro reformationum manu mei Joannis Anto-
nii de Taurellis Cancellarii jam per triennium Magnifice
Comunitatis fani, qui hac omnia Capitula suprascripta
fideliter exemplavi ex originali, libro scripto et pubbli-
cato manu Ser Gregorìj Ser Damiani cancellarii olim
diete comunitatis et in presenti volumine ad instantiam
Nobilis Viri Bernardini Pauli Ser Francisci de Gisbertis
dicti mentis officialis benemeriti rescripsi nil addendo
yel minuendo quod sensum mutet vel variet intellectum
nisi forte punctum vel sillabam per erro^em.
Soh audi Domini Hoitri Joniolirìiii milloiimo
fi'f^^KH>«««^l
Indictione x tempore Pontificatus Sanctissimi in Chrì-
sto patris et Domini Domini Alexandri divina provi*
dentia pape VI die vero 21 mensis Novembris. Et in
fidem premissorum hic me subscripsi et signum meam
consuetum apposui.
t
A
ANTICO CODICE DELIE GABELLE
NEL SECOLO XIV
TRATTO DALL*ARCHIYIO yUHICIPALS DI FAHO
Pl*BBUCATO PBR CURA DSL BraUOTBCARIO
LUIGI MASETn
^^^N^^V^^Si^a^
DISCORSO PRELIMINARE
La dominazione della famìglia Malatesta di Rimini
darò in Fano (senza tener conto delle altre precedenti
Magistrature) per Io spazio di anni cento ventuno, cioè
dal 1342 in cui venne investita da Clemente VI sino
al 1463 in cui venne spogliata da Pio II nella per-
sona di Sigismondo figlio di Pandolfo.
In questo tempo i Malatesta esercitarono in Fano
come Vicari! Pontifici un assoluto potere e taglieggiarono
la Città con tasse e gabelle più o meno gravose, se-
condo che veniva dettato dalle loro stretter/e e dai bi-
sogni di guerra.
Esistono ancora neir Archivio Municipale alcuni libri
di esse gabelle per tratta e per passo di ogni sorta di
manifatture e di generi commestibili, fra i quali mi è
piaciuto di presciegliere quello che ora qui intendo
di pubblicare.
706 ANTICO CODICE DELLE GABELLE
È un codice membranaceo di trenta carte non nu-
merate ed in istato di mediocre conservazione che ha
il suo principio l'anno 1381 in cui reggeva le redini
dello Stato Pandolfo che fu padre di Sigismondo.
Sono in questo inserte con carattere più fresco, e
con date più recenti alcune postille di Sigismondo che
confermano le gabelle imposte dal padre e talune pagine
sono marcate con una linea diagonale la quale indica
che in tempi posteriori quelle gabelle furono modificate
0 soppresse, essendosi fatto servire il codice primitivo
tanto per le aggiunte, quanto per le diminuzioni o
variazione di tasse.
La Città di Fano ben munita di mura castellane,
di torri e di quattro porte con ponte levatojo ben si
prestava all'esigenza di quelle tasse che si chiamavano
di TrMta et Passo^ e cioè di estrazione e di intro-
duzione, 0 di passo.
Apprendiamo da ciò che la tassa era doppia, perchè
ogni e qualunque merce, o genere commestibile, o capo
di bestiame pagava una gabella tanto per l'entrata, o
passaggio per la Città e territorio, come per la sortita
in caso vi avesse stanziato, e questa seconda tassa era
ancor più gravosa.
Un tale sistema di esigenza durò in seguito più di
tre secoli nella Città nostra e fu aumentato di una
terza tassa detta del due per cento cosi specificandosi
ne' Capitoli delle Gabelle di cui trovasi memoria sino
al 1751.
1. La gabella del dm per cento (dice il Regolamento)
non è altro che un pagamento che dee farsi da tutti
NEL SECOLO XIV IN FANO 707
e singoli Mercanti e Persone tanto della Città, quanto
Straniere e Forastiere a ragione di scudi due per ogni
scudi cento di qualunque capitale Mercanzie e Robe
non esenti, sul quale esse Persone mercantano e traffi-
cano in qualunque modo come dirassi.
2. Quella dcW Estrazione (tracta) non è altro che un
pagamento di quelle robe e merci non esenti che si
traggono da questa nostra Città per condursi altrove.
3. E l'ultima del Passo non è altro che un pagamento
di tutto ciò non esente, che passa per la Città, Yille,
Terre e Castelli ed altri luoghi soggetti alla medesima
per esser condotte altrove.
I diritti doganali poi si affittavano per una data
corrisposta e sotto la scorta di determinati capitali in
cui era espresso ** che i Doganieri dovranno ubbidire
alle Lettere di Passo di N. S. della Rev. Camera Apo-
stolica, dei Signori Cardinali e dei Signori Nipoti di
Sua Santità dalle quali sono accompagnate, siano loro,
0 per uso loro o di loro Famiglia. „
Si dichiarava poi che sotto la generalità di Merci
e Robe erano comprese tutto e singole cose, che im-
maginar si possono, senza escluderne alcuna, a riserva
del prodotto dei campi di cui si fa speciale menzione
in articoli separati.
Questi metodi antichi erano forse più ragionati dei
moderni in cui la tossa d' introduzione colpisce quasi
esclusivamente, in certi determinati casi, e con la com-
parteoipaziono del (lovorno quella parte di popolazione
che abita dentro luoghi murati, il perchè gli antichi
metodi di esig^^nza durarono per più secoli. — Non
Archi V, Stin; Movch, V. /. 45
708 ANTICO CODICE DELLE GABELLE
saranno stati, anzi non erano scevri d* inconyenienti,
massime per le contestazioni delle frodi per parte dei
Dazieri o Appaltatori delle Gabelle che non erano sem-
pre secondo giustizia: oggi però s^urebbero d' impossibile
attuazione.
Nel secolo XIY in cui le città italiane si reg^yano
con i propri Statuti imponevano non solo sopra tutte
le estere manifatture che s' introducevano da altri stati,
ma sì ancora da altre Città vicine, e dallo stesso contado.
Quando le dogane intemazionali non erano poste sul
piede attuale, imponevasi ad arbitrio sopra le droghe,
le spezierie, le seterie, i tessuti di lino e lana di
qualunque specie.
I panni di Francia p. e. erano anche in quel tempo
reputatissimi e pagavano una tassa più forte, quando
che i Fiorentini, i Lombardi, i Perugini, gli Eugubini,
gli Orvietani pagavano tanto meno.
La tassa era d'ordinario calcolata a soma di mulo^
e di Somiere. E a noi difficile il determinare il peso,
0 la bracciatura a cui ascendevano le rispettive some
per fare un paragone fra le gabelle dei tempi a noi
più vicini e quelle antiche; ciò non ostante è facile im-
maginare che il carico di un mulo potesse essere il
doppio di quello di un somiere: che se poi la soma
non fosse stata determinata da certo limite e le bestie
si fossero potute sopraccaricare a capriccio il calcolo si
renderebbe assai più difficile.
II lettore non vedrà trascurato il più piccolo articolo,
sia per generi commestibili, sia per generi di vestiario
e di altri usi personali, sia di droghe e di mercerie.
NEL SEGOLO XIV IN FANO 709
Yi troverà il Dazio sulle Molina, sul vino a spina,
sulle porchette, sul pesce, sui materiali di costruzione,
sulle legna da ardere ec. ec.
Vi troverà la tassa sopra ogni soma di grano, tanto
per la sortita, come per l'entrata nel territorio.
Vi troverà la tassa per i venditori e venditrici di
commestibili, alias triccole, nome che era già in uso in
quel tempo: la tassa sulle bilance ec. ec.
In ultimo non ò a tacersi che la vendita del sale
forniva al principe un largo cespite di guadagno, per
cui siegue alla tariffa dei Dazi un decreto di Pandolfo
con cui si minacciano ai fraudatori , in tutti i luoghi
soggetti alla dominazione dei Malatosta, severissime pene,
consistenti in una multa di cento ducati (ossiano fiorini
d'oro) per ciascuna contravvenzione e ciascuna soma,
oltre la perdita dei mezzi di trasporto siano marittimi,
siano terrestri con più la carcere di sei mesi per
ciascuna soma.
E siccome in quel decreto non furono contemplati
i contravventori del sale da una soma in giù, così con
lettera di Sigismondo suo figlio, in data di A rimino 19
Maggio 1437, si estende anche ad essi la multa enorme
di Ducati dieci per ogni libra, e di Ducati venti per
un quarto di soma.
Intanto per la maggiore intelligenza ed apprezza-
mento delle varie tasso è d'uopo premettero un cenno
sopra le qualità evalore delle monete che avevano corso
in quel tempo, le quali erano moltipliei ed appartene-
vano ai vari stati e Città d'Italia, e si ragguagliavano
sulla base della Libra o lira, del soldo e del denaro,
710 ANTICO CODICE DELLE GABELLE
denominazioni dì cui si fa il maggiore e quasi esclu-
sivo uso nel presente codice delle gabelle.
Sta registrato negli Autori che trattano delle monete,
che fra la moltiplicità delle lire in corso nei vari stati
ve n'era una detta Libra prima composta di venti soldi
Libra prima viginti solidis constai: poi U Soldo va-
leva dodici denari, e questa era la lira Eavennate di
cui qui si fa uso.
Il Bolognino era nel comune linguaggio una moneta
da sei centesimi. H suo valore per altro andò soggetto
a moltissime variazioni che qui sarebbe lungo il ripetere.
Nel nostro codice e nei pochi articoli in cui è usata,
questa moneta ha il valore di denari ventuno, ossiano
soldi uno e denari nove, come ai seguenti esempi di
ragguaglio :
Passo — Bovi e vacche per capo Soldi YI de-
nari Vni, ossiano Boi. 3 den. 16.
D. — Cavalli e cavalle per capo Soldi XIII de-
nari 1 Vt ossiano Boi. 7 den. 10 Vi
Ciò posto: Venti Bolognini equivalevano a soldi
trentacinque.
Quaranta Bolognini formavano un fiorino d'oro del
valore di L. 3 ^ da soldi venti, ossiano soldi settanta.
B Ducato aveva lo stesso valore che il fiorino d'oro,
cioè bolognini quaranta.
Ne sono prova le seguenti partite identiche:
Carne salata per tracta del migliaro^bolognini sexanta.
Carne salata per passo de* un migliare Ducato uno
et Bolognini XX.
Ed oltre a ciò si ha negli autori che trattano delle
NEL SEGOLO XIV IN FANO 711
monete che „ li Ducati e Fiorini cCoro in aro erano
una stessa moneta reale e sinonimi fra di loro. „
E sortendo dalla cerchia delle monete che ci riguar-
dano, tutti sanno che nel medio evo ogni stato ne aveva
delle proprie le quali, simili nella denominazione, erano
diverse nella valuta.
Moltissimi e di più specie erano i fiorini, nome che
generalmente si applicava ad ogni moneta di oro. La
sola Città di Firenze, dove ebbe origine questa moneta
la quale hahébat cursum per universum Orbem Terrarum^
ne contò settantadue specie. Anche altre cospicue città
d^Italia ne imitaron l'esempio.
Nel 1387 si incominciò a stampare in Genova altra
nuova moneta d'oro sotto nome di Fiorino la quale sino
all'anno 1400 correva a soldi 25 e poi sino al 1438
crebbe a soldi 40. — Argelati Tom. Ili pag. 21.
£ altrove parlando delle monete Ravennati dice ^pro
qualibet libra inteUigitur florenus auri qui tunc C1393J
valebat solidos triginta duos. „
La lira ugualmente era un nome generico e rappre^
sentava valori diversi a seconda degli elementi di cui
era composta.
Vi era la lira d'oro. Libra aurij la quale valeva oi-
tantaquattro soldi ciascuno da sci denari.
Vi era la libra occidua, ossia diminuita, moneta di
convenzione, che valeva soldi settantaquattro.
Vi era la lira da venti soldi.
Vi era pure una lira più piccola detta Libra de*
nariorum la quale si componeva di venti denari ossiano
quattro soldi ciascuno di cinque denari , come sarebbe
oggi il nostro quintino.
712 ANTICO CODICE DELLE GABELLE
I soldi poi si frazionavano in centesimi, ecc. e non
avevano sempre un eguale valore, e non si finirebbe mai
se si volesse dire di più.
Questa diversità di monete doveva certamente ing^
nerare qualche confusione nei commerci fra stato e stato,
e dare motivo di appiglio agli speculatori, sempre pronti
a trarre il maggiore possibile vantaggio nelle vendite e
nelle compre.
II nostro codice però mantiene costantemente la
unità di moneta che è la lira Ravennate come si è detto,
e toglie in tal modo qualunque pretesto atto a suscitar
controversie.
Esaminando ad uno ad uno tutti gli articoli d' in-
troito notati nel presente codice, si vede a colpo d' oc-
chio che questi erano in numero assai maggiore di
quelli che d' ordinario sono vigenti oggi in questa
stessa Città di Fano ed in altre parti del Regno, e che
di pili erano tutti sottoposti a doppia tassa di sortita,
Tracia^ e di entrata. Passo.
Non si fa menzione di pollame, di uova e di be-
vande spiritose , perchè quest' ultime forse aUora non
erano ancora in uso.
Se poi si riflette che in quel tempo non si conosceva
V uso del tabacco, altro cespite di lucro per il pubblico
erario, che non vi erano né la fondiaria, né tanti altri
balzelli gravosissimi che sono vigenti nel giorno d' oggi,
si riconoscerà che il peso di questi Dazi non era sover-
chio, e che gli articoli colpiti all' ingrosso, cioè a soma,
erano tassati per i compratori ad un minimo.
Sotto la denominazione poi " Membri del Datio j,
NEL SECOLO XIV IN FANO 713
divisi in undici categorie, sono ad uno ad uno minu-
tamente e con molta diligenza notati tutti i vari articoli
fra loro affini che ne fanno parte e sono sotto quella
denominazione compresi.
Dopo la comminatoria delle pene sancite contro i
frodanti la gabella del sale, siegue un decreto ovvero
statuto ^ dello excelso Signor Pandolfo Malatesta „ in
data 1/ Marzo 1417 con cui si diminuiscono di una metà
le tasse imposte nel 1383, e si offrono larghe guaren^
tigie ai mercatanti, alle loro persone ed alle loro merci
perchè possano, sotto certe condizioni &rle liberamente
stare in città, desballare e vendere ovvero farle circolare,
siccome ad essi piacerà meglio. „
Vengono dopo le istruzioni sopra i doveri che in-
combono agli officiali e giudici delle gabelle, ed il modo
con cui si deve procedere nelle contestazioni e nelle
esigenze delle multe.
Tutti i generi commestibili erano soggetti a tariffa
0 calmiere, che si pubblicava da una speciale deputazione.
In questo codice è registrato soltanto ciò che si
riferisce al pesce ed al pane.
Potrà il lettore fare agevolmente un confronto sui
prezzi d' allora e quelli del giorno d' oggi.
Il pesce minuto si vendeva una frazione di soldo
per libra. *
n pesce grosso e da taglio non giungeva a due
soldi parimente per libra.
Quando il grano era al minimo prezzo per due denari
si avevano dieci once di pane, e abbiam già detto che
il soldo era composto di dodici denari.
714 ANTICO CODICE DELLE GABELLE
E quand' era al massimo prezzo per due denari si
aveva un pane da once due e tre quarti.
Ciò prova che il valore della moneta metallica era
in quel tempo assai maggiore che al giorno d* oggi.
Fa seguito un decreto di Pandolfo con cui vuole che
nella condonazione e grazia delle multe che si facesse
ai contravventori non sia questa mai piena, ma ogni
contravventore paghi soldi quattro per ogni lira di
multa incorsa.
Questo decreto porta in fine la relazione del giorno
in cui fu pubblicato.
Non essendovi ancora la stampa, le pubblicazioni
non si facevano con affissioni all'albo pretorio od altrove
come al dì d' oggi: ma invece le ordinanze si leggevano
ad alta voce e a suono di tromba sulle porte della caria,
nei pubblici comizj ed in altre popolari adunanze, come
bì rileva nel seguito.
In tempi in cui non si conosceva cosa fosse il li-
bero commercio ed i mezzi di comunicazione erano dif-
ficilissimi, si provvedeva alle eventualità, impedendo sotto
gravi pene la estrazione dei generi di prima necessità
e specialmente del grano e biade senza licenza, per cui
non manca nel presente codice un ordinamento a ciò
riferibile.
Si vede pure registrata un' ordinanza del Consiglio
con cui si prescrive di obbligare i tesorieri e depositai]
a rendere conto della loro gestione e a depositare gli
avanzi.
Seguono quindi alcune lettere di pubblici Officiali
relative al pagamento dei Dazi, e si viene in cognizione
di quelli che erano imposti sulla legna da fuoco.
NEL SECOLO XIV IN FANO 715
Resta pure inserito in questo codice un pubblico istro-
mento con cui il Signore si obbliga di rilasciare tutto
il Dazio sulla tratta dell' olio all' oggetto possa pagarsi
l'annuo tributo di olio dovuto alla Repubblica di Ve-
nezia.
E qui è da sapersi, per chi noi sapesse, che la città
di Fano stretta in guerra nel 1140 dalle vicine città
di Fossombrone, Pesaro e Sinigaglia per ragione di con-
fini, che le erano stati usurpati e che voleva ad ogni
costo rivendicare, mal potendo reggere a quella potente
confederazione, risolvè di ricorrere per aiuto ai Vene-
ziani „ i quali erano sommamente temuti in quel tempo
yf da tutte le città marittime dell' Adriatico ; si spedirono
„ a Venezia due cittadini con lettere credenziali del no-
„ stro Pubblico dirette a Pietro Poiane Doge di quella
„ Repubblica, nelle quali contenevansi le suppliche dei
y, Fanesi per essere soccorsi in quella guerra, obbligandosi
„ il popolo di farsi tributario alla Repubblica con pagare
„ in ogni anno mille libre d'olio alla Chiesa di S. Marco,
„ e mille alla Camera Ducale, se da' Veneziani avessero
, ricevuto un pronto soccorso. Furono benignamente ac-
„ colti in Venezia quei due cittadini, e senza indugio
„ essendo stata da' Veneziani accettata questa città sotto
j, la loro protezione, in pochi giorni il Polano stesso pi-
„ gì iato lo stendardo della Repubblica dalle mani del
,» Patriarca, approdò nel nostro porto con molte navi
jf armate, e servito da nostri Ambasciatori, fu condotto
„ nel pubblico Palazzo con le acclamazioni di tutto il
„ popolo „.
Era in quel tempo il nostro porto in faccia alla porta
716 ANTICO CODICE DELLE GABELLE
Oggi detta marina *' Per comodo della città, (dice il no-
stro storico Amiani) era questo porto molto mercantile,
giacché dalle storie di Venezia rilevasi che nell'anno 972
Pietro Candiano Doge di quella Repubblica, spedì sette
navi ripiene di mercanzia ai mercadanti Fanesi. Erano
le navi sotto la scorta di Pietro suo figlio, il quale, in-
vece di condurle al nostro porto, fuggì con esse in Le-
vante, ciocché saputosi dal Doge ne morì di cordoglio. ,
Questo porto il quale nel 1422 cambiò di sito e fa
portato avanti la Chiesa di S. Spirito, sarà stato un ba-
cino artificiale bastantemente spazioso per ricevere quei
navigli e molto prossimo alle mura della città che erano
quasi lambite dal mare, ma noi non possiamo oggi for-
marcene una idea giusta.
All' arrivo dei Veneziani in Fano i nemici abbando-
narono r impresa della città : i Ravennati che si erano
a loro uniti ritirarono le loro milizie, e le tre città col-
legate insieme Fossombrone, Sinigaglia e Pesaro furono
obbligate di rifare i danni cagionati ai Fanesi per con-
venzione accordata dai medesimi Veneziani.
Bisogna qui osservare, dice uno storico *) che non
ritrovasi convenzione piti antica con città italiane, né
più antico esempio d' essersi li Veneziani frammischiati
nelle differenze d'Italia, come questo dell' ajuto prestato
a' Fanesi, e de' patti secoloro conchiusi nel 1140 di cui
si conserva tuttora lo strumento che incomincia — Kos
Constdes Fanenses et cunctus Fanensis Populus, eie.
f ) Tentori - Storia degli Stati della Repubblica dì Venezia; t. m. p. 335.
NEL SECOLO XIV IN FANO 717
Non sempre i Fanesi furono puntuali al pagamento
di questo tributo, perchè nel 1385 fu dalla Repub-
blica spedito un Nunzio per sollecitare il Magistrato al
pagamento della contribuzione in migliara due di olio
all'anno dovute alla Chiesa di S. Marco ed alla Ca-
mera Ducale, e non sempre la qualità spedita fu di pieno
aggradimento di quella Repubblica: ciò rilevasi dalla
seguente quietenza:
Magnifico et Potenti Consilio et comunitati Civitatis
Fani, Amicis et Fratribus carissimis.
Spectabiles et egregii Amict^ fratresque carissimi.
^ Fraternitatibus vestris per praesentes significamus,
qualitor die 21 mensis mali proximae praeteriti habuimus
et rccepimus nomine Comunitatis Yestrae Fani miliaria
duo Olei per Johannem da Vita dictum Zangoli de Fano
Nobis praesentati, in quo Communitas Yestra Fani te-
netur annuatim nobis prò honorificentia Ecclesiae nostrae
S. Marci, et hoc prò annis duobus proxime praeteritis,
videlicet 1429 1430, eisdem Fraternitatibus Yesfris in-
sinuantes, sicut alias nostris literis modo sunt anni duo
vel circa insinuavimus, et nunc cum debita revcrentia
gravati fuimus, qualiter tam praedictum oleum , quam
etiam oleum de pracdictis primis annis duobus, non est,
ncque fuit bonum, ncque clarum, sed malum, turbidum,
crudissimum, immo pessimum ad ardendum, et ponen*
dum in Lampadibus ad divinura cultum et contra finem,
ad quem mittere tenetur Comunitas vestra dictum Oleum
7i8 ANTICO CODICE DELLE GABELLE
prò dieta honorificentia; propter quod praedictum Oleum
praedictonim annorum, ratione et causa defectus, et im-
perfectionis ejusdem^ Decesse habuimus, et oportuìt Nos
illud totum vendere Mereenariis qui faciunt Saponem,
quia ad illud minime valet. Quapropter praedictas Fra-
ternitates vestras requisimus, et rogamus, quatenns eis
placeat et velint de cetero Nobis dirigere, sen transmit-
tere bonum Oleum, sufficiens, et dispositum ad arden-
dum, seu ponendum in Ecclesia ante conspectum Domini,
ut decens est, laudabile, et honestum. Valete. „
Leokardus Mocekigus
T rr* ^ Procuratores Ecclesiae S. Marci.
Jacobus Iriyisak
Cessò questo tributo in forza di alcuni capitoli sti-
pulati col Pontefice Giulio II e la Repubblica di Ve-
nezia, richiamati air osservanza neiranno 1514 da Papa
Leone X. il quale spedì al proprio nunzio in Venezia
un breve del tenore seguente:
Fuori — Dilecto Filio Petro Bibienae nostro et Aposto-
licae Sedis Venetiis nuncio.
Dentro — Leo P. P. X.
Dilecte fili salutem et apostolicam benedictionem.
Civitatem nostram Fani ejusque Cives et incolas pa-
tema charìtate complectimur. In superioribus annis Duci
et Dominio Venetorum annuatim certam quantitatem
Olei solvere tenebantur: in capitulis tamen cum. fé. re.
Julio n praedecessore nostro per Ducem ac dominos pre-
NEL SEGOLO XIV IN FANO 719
fatos initis, civiias et incolae prefati ab hnjusmodi so-
lutione liberati fuerunt. Quare volumus et tibi manda-
mus ut apud Ducem et Dominium prefatos opportune
insistes quo fanenses ipsi ab hujusmodi onere et solu-
tione juxta dictorum capitulorum tenorem liberentur.
Dat - Romae apud Sanctum Pctrum sub Anulo Pi-
scatoria Die Ym Januarii M. D. XIIII Pont nostri
Anno Primo.
P. Bembus
Ed era giusto che quel tributo cessasse in tempi in
cui i Fanesi, essendo stati ricondotti sotto l'immediata
dominazione Pontificia, non avevano più bisogno in caso
di guerra dell' alleanza e del soccorso dei Veneziani.
Fu in seguito a ciò che il Pontefice Paolo II, il
quale dopo la caduta dei Malatesta era succeduto a
Pio n, spedì in Fano in qualità di Governatore Giacomo
Vescovo di Vcntimiglia.
A questi il Consiglio Generale sottopose alcuni ca-
pitoli ordini e statuti con i quali si faceva facoltà alla
cittadinanza di Fano di nominare due Consoli i quali
^ avessero autorità, potestà et balla cognoscere decidere et
terminare sommariamente tutte e singole cause, questioni,
liti, controversie et differenze che accader potessero tra
mercatanti et altre persone, „ e ciò perchè i cittadini stessi,
come dice il memoriale, non abbiano ad essere tenuti
in longo da Procuratori , et Advocati, lo che era un
passo verso quelle libertà municipali a cui si aspirava
e che in soifuito vennero gradatamente ristrette e fecero
dimenticare perfino Io Statuto, sottoponendo la Città a
720 ANTICO CODICE NELLE GABELLE ECC.
quelle leggi generali che furono rese comuni a tutte le
Città poste sotto la dominazione pontificale.
A cancellare poi il più che fosse possibile la memoria
della famìglia Malatesta, che per oltre cent'anni yì aveva
esercitato la sua sovranità, si pensò di sperdeme i pos-
sessi che loro furono sequestrati , vendendoli ed abbat-
tendoli. Era famoso il Castello o Palazzo delle Cammi-
nate a cinque chilometri dalla Città per alcune tristi
memorie di essa famiglia o vere o false che fossero, e
questo donò la Camera Apostolica al Municipio di Fano
imponendogli sotto gravi pene di devastarlo ed abbatterlo
sino alle fondamenta, prescrivendo altresì che col mate-
riale laterizio e la pietra provenienti da quella demoli-
zione, si fabbricassero le mura castellane presso a Porta
marina, ciò che venne puntualmente eseguito. — I po-
deri poi annessi e già posseduti da Sigismondo Malatesta
furono venduti alla medesima Comunità.
Quantunque il breve di Sisto IV e le successive
condizioni imposte dal prefato Governatore non facciano
parte del presente codice, ma risultino da altri originali
documenti esistenti nel vecchio Archivio Municipale,
ciò non ostante mi piace di pubblicarli come a compi-
mento delle cose di sopra dette con le quali hanno stret-
tissima relazione.
Nella trascrizione poi, salve le abbreviature, è stata
in gran parte mantenuta Y ortografia antica tanto nel-
r italiano, come nel latino.
(/< testo del Codice verrà pubblicato nella ventura Dispensa,)
• è
CHRONICON PISAURI *)
Inde est qiiod nunquam in vieta Sancii Laurentii
legitur Decins Imperator, sed Cesar hoc enim antiquitus
pluries contingit, ut aliqni essent Cesarea, non autem
Augusti seu Imperatores ; et aliqui primum Cesarea,
deinde Augusti, postremo fuerunt Imperatores.
Aliqui tamen dicunt quod Santus Terentius mortuus
fuit ab assasinis in a^i^ro Piceno, haud longe a civitate
Pisauri, in via publica, tradente versus Urbinum, circa
confines, parum diatans ab Abatia Santi Thome, ubi
quidam rivus prorumpens in Foleam^ originem trahens
a Curte Phasneti, Comitatus Pisauri, qui materna lingua
temporibus nostris nuncupatur Riputo , hoc est Rivus
Udus, quia in estate aqua permanens putrescit; et quam-
vis in vitae dicti S. Tcrentii dicatur aqua mala^ arbi-
trantur quod dicero voluere aqua mantia etc.
Aliqui tamen dicunt quod fuit in silva, que nunc
vocatur Selva magio ^ quam Epìscopus Bimabas, anno
Domini 1473 oxtruxit {sic) et hoc versus Ariminum etc.
Aliqui dicunt, et est verius, quod fuit rivo mala, qui in
presentiarura etiam vocatur foìis male, ubi est rivus
nomine male, qui in ostato non currit, sed in hyeme,
•) Voi. I. l>itp. I. |ift|r. n a W.
722 CRONICON PlSAURl
et est circa unum milìarium a Calaibano versus Ca*
strum Mentis Abbatis, et cum hoc conformat Legenda
Sancti Terentii " Ihi hora apropinquabat „ *)
Fuit Statutum antiquitus observatum, quod Potestas,
qui prò tempore fìierit Pisauri , teneatur ante festum
Sancti Terentii per quindecim dies emi facere prò Co-
munitate Septem brachia de scarlato fino, et fieri facere
unum bravium valorìs existimati 25 librarum Raven-
natium , et in dicto termino teneatur litteras destinare
ad minus ad terras omnes convicinas per duas dietas,
et de dicto bravio currende , et de valore ejus , et de
die fosti , et teneatur emi facere unum gallum vivam
cum una xucha, et una libra piperis, et unam porchet-
tam crudam pelatam, plenam aleo et cepibus in quodam
speco; et in die festivitatis Sancti Terentii post prandium
facere currere equos omnium volentium ad dictum bra-
vium seu pallium , et qui primo venerit pallium predi-
ctum habeat, et qui secundo venerit porchettam, et qui
ultimo venerit habeat gallum. Ubi autem pallium tenea*
tur, et cursus equorum incipiatur, remaneat in arbitrio
Potestatis et Sapientum, quos eligere voluerit.
^) Queste notizie credo che FA. T abbia tratte, insieme aUa leggenda
de^ SS. Decenzio e Germano, dai due libri citati dair Olivieri nelle sue me-
morie di S. TevenÀto a pag. 16, cioè una leggenda de Sancto Tbrentio
vecchissima cum la legenda de Sancti Decentio & Germano e uno
quademecto de carta pecorina cum la legenda de Sancto Terentio & San^
età Martha, che fin da* tempi deU* Olivieri non si trovano più neir ArchiTÌo
di questo Capitolo. In fatti il passo Ibi hora ap'opinquabat non trovan-
dosi colle identiche parole in nessuna delle quattro leggende dair Olivieri
riportate nella suddetta opera sua da pag. 22 in giù, è da credeiv che la
}eggenda qualunque a cui Y A. accenna sia anch* essa perita.
CHRONIGON PISAUBI 723
Antw Domini 257 — Anno Mundi 5456.
Anno Domini 257 Yalerianus 30 Romanorum Im-
peratore Tir certe nobilitate doctrina et eloquentia da-
rissimus fuit ^) ob ejus meritum et yirtutes primus
Principum Romanorum Cesar et Augustus summo Populi
Romani consensu delectus est. Cujus tempore Germani
e Provincia enimpentes cum magno impeto^ hostili ani-
mo Ravennam usque pervencrunt, et omnia igni et ferro
vastaverunt. Hic etiam, arripiens iter cum ingenti exer-
citu contra Persas, Pisaurnm yenit, et multa beneficia
Pisaurensibus concessit, quapropter Pisaurenses dederunt
in memoriam ejus lapidem marmoreum repertum in fun-
damentis Castelli Constantii, et nunc est in domo Petri
Georgi de Almericis.
Beata Mustiola 277 et secundum Cronacam suam 213.
Anno Xpi 307 — Anno Mundi 5505.
Anno Xpi 307 Dioclitianus magnus Imperator cum
in gravescente evo parum se idonoum vidcret imperio,
2** anno persecutionis Christianorum ab invicto exegit
Maximiano Ilerculeo, ut simul purpuram imperiumque
deponeret, ac juniorilms in rem publicam substitutis,
videlicet Maximiano, Galeno et Constantino, ip§i in pri-
vato ocio coDSonescerent. Itaque sub una die Dioclitianus
apud Nichomediam, et Maximianus apud Mediolanum,
potestatem Imperii simul cuUumque posuerunt. Herculeus
Maximianus Lacaonie vivebat, Dioclitianus vero prìvatus
') Questo fuit abbonda.
Aì-rhit. Stor. March. V. /. 46
724 CHRONICON PISAURl
in villa non procul Salone ocio preclaro consenuit. Anno
autem suo 68 cum Diodi tianus predictus a Constantio et
Licinio vocatns esset ad nuptiarum festa, per senectutem
recusavit adire. Receptis mox minacibus dictis ab illis,
a qnibus increpabatur fa vere Maxentio , Herculei filio ,
Cesari electo, et ipsi Herculeo, quod regni gubernacula
resumere ambiebat, timore bibit venenum et vieta exces:?it.
Istius Dioclitiani uxor fuit Sancta Serena Augusta.
Anno Xpi 308 — Anno Mundi 5506.
Anno Xpi 308 postquam Dioclitianus et Maximianus,
Imperii dignitate postposita in otium se contulerunt,
et *) mortuo Dioclitiano, Maximianus, Galerius et Con-
stantius diviserunt Imperium, ac rem pubblicam ab eis
gubemandam. Gallerius Illiricum , Asìam et Orientem ;
Constantius *) Italiam, Africam et Gallias obtinuit; Con-
stantius vir j;ranquillissimus Grallia tantum Hispaniaquc
contentus, Gallerie ceteras partes cessit, Italie atqne
Africe administrandarum solicitudinem recusans.
Hoc anno Gallerius Maximianus Tarsum virum sire-
nuum Pisauri cum militibus proconsulem mictit.
Hoc anno, regnante Eusebio greco et Meltiade sum-
mis pontificibus, per Gbllerium Maximianum fit Italie X
persecutio Cbristianorum.
^) Questo et è superfluo.
^) Dovrebbe dire ìdaocimianus ^ giacché Constantius, ch^ò Dominato
più giù, ebbe GaUia e Spagna. Ma questa matassa è qui tutta armffiita,
avendo TA. fatta la divisione deUMmpero fra tre, mentre fu tra quattro.
Vedi gr istorici.
CIIRONICON PISAURI 725
Hoc anno Decentin8 et Oennanus per Tarsum pro-
consnlem Pisauri interfecti sunt die 23 Octobris in die
festo Sanctorum Simonis et Jude, ut ex paxione eorum
inferius noctata aparet.
310. Hoc anno Sanctus Decentius fuit Epiacopus
Pisauri.
Anno Xpi 308 — Anno Mundi 5506.
Passio Sanctorum martirum Decentii ac Germani: ex
libro antiquo >) Episcopatus Pisauri.
LECTIO I.
Tempore quo Dioclitianus mortuus est, et impiissimus
Maximianus sumsit Imperium , dacta est sententia per
omnes partcs, ut ubicumque Christiani fuissent reperti;
sine audientia, turpiter punirentur; et quicumque non
obediret jussis Impcratoris, duris flagellationibus custodia
teneretur. Primitus a se ipso cepit sevire. Confestim
matrem et sororem jussit mortis subire sententiam. Eodem
vero tempore adveniens vir Decentius nomine, cum ute-
rino germano suo, nomine Germano, in urbem Bomam
ex Anglorum partibus advenientes, christianam religio-
nem, et cautius, intendentes, volentes vere intelligere
qualiter Christus de Yirgine nactus, quem Judei crucifi-
xerunt, et prophete Deum esse adfirmare *): Qui cum
1) Questo libro antico in vescorado non esiste più, e U Chiesa p»-
mrese non recita più nella festa de* SS. Decenxo e Germano queste Lezioni,
che fonte anticamente avrà letto, ma le comuni dei Martiri.
*) Intendi adfirmavtre.
726 GHRONICON PISACRl
astarent quadam die ante templum Jovis expetantes
processionem Maximiani, adcrat etìam inter eos vir
christiaDissimus Johannes presbiter, qui coqK)ra sancto-
rum lattenter aromatibus condiebat et sepulcra preba-
rabat, semperqiie exortationem christianis prebarabat.
(Papa vero Cornei ius latitabat in vico Dionisi et Pan-
narii.) Qui cum cepisset de Christiana religione docere,
audientibus Decentio et Germano, dixit Decentius: Volo
a te scire quid est Christus. Cui ait: Quis es tu , qni
in eloquentia tua austems appares , et Christi mentio-
nem facis? Eespondit Decentius et dixit: Genere sum
Anglorum. — Et cur huc ad venisti? — Decentius re-
spondit: Audivimus a multis, ut secta deorum nostrorum,
quam boqam putamus, vana est; et ea, quam Cristiani
collunt, sit verax. Ideo huc adveni cum isto fratre meo.
Si prevalemus, cupimus instrui litteris, ut argumentare
valeamus eligere que eligenda sunt; et abnegare que
abneganda sunt.
LECTIO IL
Audiens autem Johannes presbiter hujuscemodi verba
gaudio replectus, accersivit eos, duxitque in domum
suam. Mansere autem cum ilio annis duobus et mensibus
tribus , in quibus et litterarum studium tradidit illis ,
sanum scrìpturam cotidie interpretrabatur. Imprimo autem
anno demonum hereses vanitatem crediderunt et veram
Christianorum religionem puro corde crediderunt; et ba-
ptizati sunt ab eodem Johanne presbitero, more Chri-
stianorum. Qui cum fuissent baptizati ceperunt frequen-
CHROiNIGON PISAURI 727
tiu8 jejunare , et noctarnis rigiliis instanter agere ita
ut pulcritudo Yultus eorum incepit impallere. lam per
se ipsos , siciit a magistro didicerant , urbem Romam
circuibant, et Christum publice prcdicabant. Quorum
predicationibus multi ab errore Gentilium in Christum
Domiuum crediderunt.
LECTIO III.
Complettis autem annis duobus et mensibus tribus,
ceperunt postulare qualiter redire cupiebant ad propria.
Quod cum ') audiens Johannes presbiter jam talia tan-
ctis petitìonibus ferro non valens, tristis mercnsque corde
osculatus est eoe, suamque benedictionem tribuit; egres-
sum concessit. Qui vero gaudenter ire ceperunt. Dixit
autem beatus Decentius ad Germanum fratrem suum:
Utinam valeat Dei gratta sicut circa nos! Ita mereamur
ut per nos patria nostra vero lumino illustretur, et ab
errore penitus liberetur. Respondens autem beatus Ger-
manuB et *) ait: Si Christus, quem credimus esse Do-
minum de Deo, yoluerit, nulla est dubitatio, ut offici
non possit. His hec cogitantibus, pervenerunt ad Satur-
ninam civitatem, in qua collebatur simulacrum. sub
nomine Saturni. Quod videntos beatus Decentius et Ger-
manus dixerunt collentibus: 0 ceci et vani, qui oculos
habctis, et non videtis, aures, et non audietis, cor; et
non intelligitis. Adoratis lapidem ; et Dominum , qui
fccit celum et terram, ingnoratis.
*) Queato cum è inutile.
*) Espungi questVf.
1Ì8 GHROmCON PiSAURi
LECTio nn.
Audìentes vero ministri templi dixerunt: Quis est
Deus qui facit cellum et terram? At illi di dixerunt:
Deus yerus et magnus, ante cujus conspectum terra tre-
muit ^) et omnis creatura ingemiscit; qui tangit montes,
et fumigant; cui Christus filius est conceptus de Spirita
Sancto ex Maria Yirgine, qui est verus Deus cum Patre
et Spiritu Sancto, quem adoramus et credimus. Statim
vero ministri tenuerunt eos^ et reduxerunt in carcerem
horrificum, et direxerunt legationem ad Maximianum,
dicentes : Ecce duo viri , magicis incantantionibus in-
structi j venerunt , qui dicunt deos nostros vanos , et
alium Deum adfirmant, et mayestatem vestram prò nidulo
ducunt. Nunc clementia vestra precipiat, quid ex eia
fieri debeat.
LECnO V.
Confestim Maximianus dedit sententiam, dicens: Aud
diis ponant libamìna, aud capitali subiciantur sententia.
Mox qui missi fuerant, accepta legatione, festinanter
redierunt, denuntiaveruntque templi ministris universa,
que a Maximiano acceperant Ministri yero statim du-
xerunt beatum Decentium et Oermanum ante simulacnim
cogentes illos sacrificare idolis. Qui, figentes genua, orare
ceperunt ac dicere: Domine Deus Abraam, et Deus Isaac,
et Deus Jacob, qui misisti filium tuum Jeshum Cristum
in hunc mundum, ut mundus per eum salvaretur, ostende
*) Vorrebb' essere tremit.
CHBOKICON PISACBl 729
potentiam tuam in nobis, ut idolum istud comminuatur,
et creature sue, que vana collunt, ab errore liberentur,
et per nos famulos tuos verum Deum agnoscere yaleant,
et timere noinen tuum mirabile, qui es yerus et domi*
nator mundi per infinita secula seculorum.
LECTIO TI.
Cumque complessent orationera, comlninutum est
idolum, et ita vix comparuit, ut ncque fragmenta illius
amplius visa sunt. Ministri vero yidentes talia , furore
replecti, ligayevunt manus post terga Sanctorum Martirum
Decentii et Germani ferreis ligaminibus, et pedes simi-
liter, et extenderunt eos ad terram, et tam diu eos
cederunt, usque sua mortui extimarentur ; et cedentes
defeccrnnt. Nam Sancti Yirì darà yoce dicebant quasi
ex uno ore: Dominus mihi adjuctor est et non timebo.
Quid faciat mihi homo? Tunc milites duxerunt illos in
custodiam. Pars populi clamabant: Vere magnus est Deus
Chris tianorum, qui tanta potesti In sequcnti yero nocte
multi ex paganis festinaverunt ad carcerem , audientes
Sanctos Martiros cantantes, quasi nil mali habuissent.
Unde, non longo tempore, multi, relieto errore, Deum
viyum et yerum sequi studuerunt.
LECTIO VII.
Media vera nocte ceperunt Sancti quiescere. Apparuit
autem illis Sanctus Chiriacus ') diaconus, dicens: Ego
*) Qui fciv8« Chiriacus, appresso CinacttSf e cosi d* altri nomi molte
altre volte or tiene una grafia ora un* altra. Ciò i)oixhÒ i lettori noi cre-
dano errore del copista.
73Ó CHBONIGON PASAURI
8um Ciriacus dìaconus. Misit me enim Dominns ad vos,
ut absolvam vos a vincnlis. Preparata est yobis corona
pretiosis lapidibus ornata. Ite in directum tramictem,
et ubi ire disposuistis, nolite transire. Scitote enim per
vos Anglorum gens non converteretur ad Dominum.
Est civitas juxta mare cui est vocabulum Pisauria. IlUc
ambulare festinate. His dictis, Sanctus Ciriacus abscessit,
et Sanctus Decentius et Germanus surrexerunt. Sdati
a vinculis ceperunt invicem, que viderant, narrare. CJon-
festim autem, operta custodia^ ire ceperunt et dicere:
Domine , tuus est dies , et tua est nox. Dirige nos in
semitam rectam, et prosperum iter, fac nos {sic)j Deus
salutaris noster. Mane autem facto, apparuit eis quidam
peregrinus, qui profitebatur se Chrìstianum, et propter
perfidiam Maximiani a Koma fugiens; qui fuit previus
Sanctorum usque ad Pisauriam civitatem.
LECTIO vin.
Intrantes autem in civitatem Pisauriam signaverunt
se signo Crucis, et dixerunt: Domine Deus omnipotens,
qui nos ad hanc civitatem misisti tua visìtatione, non
nostri arbitrii, esto nobis adjuctor et protettor in omni-
bus, quia tu es solus adjuctor et consolator in trìbula-
tionìbus. Ospitati autem sunt apud quamdam viduam,
Siriatica nomine, christianissima , in vico qui vocatar
Pontentino. Eodem vero tempore justa civitatem Judei et
Oentiles simul morabantur. Cepit autem Sanctus Decen-
tius cum Germano publice fidem Christi decere, et Ja-
deorum et Gentilium errorem confundere. Multi vero
CHRONICON PISAURI 731
per eorum ') tam ex Judeis, quam ex Paganis relieto
errore proprio, baptissimi gratiam perceperunt. Non post
multa spacia temporum , Christiani Decentium sibi eli-
gerunt pontificem , qui vero morum rectitudine Judeis
et Oentilibus sine mora, sicud a magistro didicerant,
ceperunt predicare. Sanctum vero Germanum diaconem
(sic) ordinavit.
LECTIO IX.
Tarsus vero proconsul hujus civitatis, paganissimus,'
ipso anno debitam rationem reddendo, Romam ad Ma-
ximianum Imperatorem decursit. Qui cum multis in*
terogationibus responsum dedisset, precipue Maximianus
de Christiane religione interrogare cepit. Tarsus antem
que gesta erant in Pisauria civitate, et qualiter Chri-
stiani suum Episcopum, nomine Decentium, haberent,
narrare cepit Tunc Maximianus furore replectus jussit,
ut quicumque noluisset ponere turra magno Deo lovi,
capite truncaretur. Mox Tarxus, acoepta licentia, Rome
ad Pisaurìam civitatem reversus est. Qui cum fuisset re-
versus accersivit a (sic) se Decentium episcopum, et
Germanum diaconem, dicens eis: Imperator Maximianus
talem dedit sententiam, ut vel sacrificetis diis, aud di-
versis penis vos interficiam. Tum Sancti Martires re-
sponderunt: Esto securus quod nos non offerimus sacri-
^) Qui o manca T oggetto della prep. jmt, fa conto predicaHonem^ o
r A. scrisse eorum invece di eof, o per etjrum a que* tempi raleva per loro.
73SÌ CHBO^ldON PISAURI
fitium simulacrìs vanis, sed Domino nostro vero, qui
cuncta creavit ex nichilo.
LECTIO X.
Tunc Tarsus proconsul jusit militibus, ut Sanctnm
Decentium et Germanum extra civitatem ducerent, ne-
scientibus Christianis; in tantum eos cederent, ferreis
yirgis, et lapidum percusionibus, quousque mortai defi-
cerent, et corpora eorum in mare precipitarent Milites
vero medio nocte ligavenint Sanctos martires^ et dnxc-
runt extra civitatem, et, ut jusum fuerat, feceront. Mare
vero Sanctorum corpora ejecit in littore inter rivum,
qui Yocatur Oelica 0 ^^ montes ^. Mane autem facto
divulgata sunt omnia que gesta fuerant circa Sanctos
martires. Tunc surexerunt Christiani contra Tarsum prò-
consulem , et interfecerunt eum cum triginta militibns
suis, et domum ejus Castri superius et exterius muros
magne altitudinis a fundamentis destruxerunt, Christiani
vero susceperunt corpora Sanctorum Martirum Decentii
et Germani, et condierunt ea cum aromatibus, et sepe-
lierunt ea in archa marmorea non longe procul a civi-
tate^ juxta stratam mayorem. Martirizati autem sunt
Santi Martires Decentius et Germanus 5 calendas No-
vembris, in civitate Pisaurìa, regnante Domino nostro
Jeshu Christo, cui est honor et gloria in secala seca-
lorum. Amen.
0 ^SB^ ^^ chiaman Gènica, parola dì cui pel passato oiuno sapera
intendere il significato. Ora è chiaro essere corruzione di Gética deU*
seme T acqua assai fresca.
*) n monte detto Ardi zio.
CkBONlCON PISAÙRI 1^^
Anno Christi 331 — Anno Mundi 5511.
Mortai ergo fuerunt Decentius et Germanus martires
anno Christi 313, tempore Gallerii Maximiani Impera-
toria, et Melciadis Pape anno 5/ die 28 Octobris, in
civitate Pisauri, et in loco ubi nunc edi6cata est Ecclesia
Sanctorum Decentii et Germani, que Ecclesia, 3/ feria
post festum dominice resurectionis , fuit Deo et San-
ctis consecrata, et dictis Sanctis Martiribus Decentio et
Germano dedicata.
Et quod corpora predictorum Martirum in dieta
Ecclesia sint recondita, in qua etiam et aliomm più-
rium Sanctorum martirum , confessorum et Yirginum
corpora et reliquie sunt recondita, patet ex bulla Domini
Alexandri pape 4.^ anno Domini 1257 facta, prout
inferius annotabitur, facta ad petitionem venerabilis viri,
fratris Michaellis, Abatis Monasterii Sanctorum Decentii
et Germani prope Pisaurum, cujus tenor infra suo loco
annotabitur.
Anno Christi 334 ") — Anno Mundi 5532.
Anno Xpi 334 Constantinus Magnus Imperator, 4/
die sui baptissimi , Romanam urbem et omnes Italie
Provincias, loca et civitatcs, beatissimo Pontifici Silvestro
concessit atque reliquit, et suum Imperium et regni
potestatem Orientalibus transtulit regionibus, et in Bi-
santic Provincie optimo loco, nomini suo civitatem edi-
') Veranienìe sarebbe il 324.
734 CHRONICON PISAURI
ficavit, nunc Constantinopolim dictam, et ibi Imperium
constituit. Ita legitur in gestis Beati Silvestri, que Beatus
Papa Gelasius in Concilio 70 Episcoporum a Chatolicis
legi commemoravit. Habetur in t/ Constantinus 96 dist.
et latine ex originali ad hunc per Albericum de Bossate
in 1/ 1.* § 1/ ff. (fe officio Prefecti urbis, et habetor
in le. p/ de jure jurandoj et in t* fundamenta de de-
ctione in YI/ propter quam donationem Pisaumm, quod
per annos 365 sub Imperio Bomanorum fuit, sicud tota
Bomandiola et Picenum, ad manus Ecclesie et summo-
rum Pontificum devenit.
An autem valuerit dieta donatio ponit piene Augu-
stinus de Ancona in tractatu de potestate Ecclesie in 43/
questione; Platina de vieta Pontificum; in t/ de Marco
jp/ papa ponit pienissime Bonazo bellensis in e/ DUectos
in 37 colup. de fide instru. , et dominus Alexander
post Jo. de Imola in B. ff. de verborum obligat. , et
Cardinalis Alexandrinus in d. e. Constantinus, et Lu-
dovicus Bolognettus in sua extravaganti Theodosii in
verbo: In romana nostra exceUentissima Civitate; Ar-
chiepiscopus Floreutinus in 2/ parte 3.« partis n. 33,
quodquod scribat Dantes in sua Monarchia, quem com-
munis scola Legistarum et Canonìstarum reprehendit
Et Eneas Silvius, Pius Pontifex 2.* postea vocatus, in
suo dialogo, folio 2/ ubi per multa tenet quod dieta in
in d."" e/ Ego Constantinus, sint falsa, et invehit centra
miseros Legistas , qui laborant in disputando id quod
nunquam fìiit, et ostendit unde sit aucta autoritas Pape
in temporalibus ; et puto quod si postea Pius factus
Pontifex scripsisset in hac materia, in qua scripserat
CHRONICON pìsauri 735
dum erat in minoribus, forte aliter scripsisset dìxissetque:
Nunqtmm infelexi materiam luific precter modo; ut dixit
ille Theologus, qui habitis beneOciis curatis, inutavit sen-
tentiam suam opinionem de inlicita pluralitate benefi-
ciorum; ut in cronica moderna que dicitur Fascicult48
iemporum, in t/ de Vittore Papa 2!"
Non omitto unum in materia predicta, quod Jo, de
Imola in rubrica ff. de verbopmm óbligat dicit inter
cetora Olnadum refferre, reperiri in antiquis quibusdam
Cronicis, quod eequenti nocte post factam donationera a
Constantino Ecclesia, andita fuit vox de celo dicens:
IIODIE INFUSUM EST VENENUM IN ECCLESIA DeI.
Post donationem factam per Constantinum, per annos
74 Pisaurum aliquando erat sub Imperio Imperatorum,
et aliquando in manus Summorum Pontificum.
Anno Xpi 408 — Anno Mundi 5066.
Radagasus Oothorum rex, barbarus Scita, qui omnem
romanum sanguinem Diis suis vovcrat , cum ducentis
milibus Gfotbornm, repentine discursu, ut Paulus Lon-
gobardus historicus reifert, totam Italiam ingreditur^ et
Pisaurum, et primam Italie partom miserabili strage
aflixit. Et post mortem snam et Gothorum suorum ca-
pturam Alaricus 4.» Gothorum rex, ex nobilissimia Bal-
thorum in Gothis famìlia cum innumerabili vere Oo-
thorum multitudine Italiam iterum intravit, et non longe
a Ravenna conscendens, ibidem anno Christi 412 omnia
rapinis et direptìonibus involvit, et urbem romana post
longam et gravissimam obsidionem cepit et incendit,
736 GflRONIGON PISAURI
Quo tempore Pisaurum in Gx>thorum potestatem de-
venit/et per annos 132 aliquando propter bella eiat
in Oothorum potestatem, aliquando in Eomanorom.
Anno Ghristi 540 — Anno Mundi 5738.
Anno Christi 540 Johannes prefectas Bellisarìi et
Justiniani Imperatoris , ut Leonardus Aretinus et alii
scribunt, cum duobus equitum milibus agrum Picennm
pervadens, uxores nactosque Oothorum ") predisque et
rapiDis regionem totam involvit. Ugliteum vero Yìtìgitis
Gothorum regis patruum tunc Oothorum copiis sibi obviam
prafectum prelio Superavit, ipsumque ducem cum magna
parte copiarum occidit. Inde victor factus , captis per
multis agri Piceni opidis, relictisque Auximo et Urbino,
urbibus muratis, copias deducens, Phanum et Pisaurum
cepit. Et cum Ariminenses non bene convenirent cum
Oothis, et *) appropinquante Johanne cum exercitu,
tantum terrorem intulit ei^, ut diffisi in eo loco con*
sistere, Ravenna omnes dimigrarent. Cives autem portas
aperuerunt, et per hunc modum Johannes Ariminum
cepit. Oothi postquam Ariminum captum intelexerunt,
existentes in obsidione urbis Rome, obsidionem diete
urbis disoluerunt, atque inde abire statuerunt. Itaqae
Yitigis rex , paucis post diebus crematis castris , cum
omnibus Oothorum copiis adivit, et ') Ravennam ire
') Qui manca qualcosa p. e. interfecit
') Inutile questui.
') Manca cunt«
CHRONICON P18AURI 737
])roperaret, et *) milites suos Clusium, ad Urbem vet-
terem, Tudatum , Àuxinum , •Urbinum , Cesenam, ad
Montis ferotrum custodiendi causa misit. Ipso yero ad
obsidendum Ariminum proficiscens, Fanum et Pisauram
copit inconditque, ac menia usque dimidium altitudinis
destruxit.
Leonardus Aretinus lib/ 3/ de bello Gotharum sic
Bcrìbit: Phanum et Pisaurum sunt urbcs juxta Hctus
Adriatici maris, intcr Auximmn et Urbinum site. Eas
urbcs Yitigis ab initio hujus belli inccnderat, ac menia
usque dimidium altitudinis destruxerat.
Anno Christi 546 — Anno Mundi 5744.
Anno Christi 546 Pisaurum a Belisario greco, Ju-
stiniani Imperatoris prcfocto instauratum fuit, de quo
scribit Leonardus Aretinus 1/ 3/ de bello Gothorum.
Phanum et Pisaurum sunt urbcs etc. (E qui riporta
tutto il passio qua addietro recato fino a destruxerat^
che non si ripete per non nojare i lettori. Seguita poi)
* Ex hiis Bellisarius Pisaurum reficere cogitavit, ac
equitatum in ea collocare. Missis igitur clam artificibus,
qui mensuras portarum exattissime eaperent, Ravenne
fabricari porbis fooit, ac foramentis, quibus opus erat,
struxit. Deniquc navis impositas Pisaurum defferi fecit;
prefectlsque et equitibus, qui Arimini constitterant, scri-
psit, ut reponte ocupato opido, portas imponerent, ac
morte ') tumultuario opere reficerent, fosas purgarent;
') Anche quoAtVf intratcia ran<Iam6nto del periodo.
*) Nel mn. ^ m: ri ito prima morir ^ poi cancellato jier metterci »iw/m*,
a mio arviBO, e invece gli venne scrìtto di nuovo murte.
738 GHRONICON PISADRI
commeatus autem oinnis generis, ut mari ad eos deffe-
reretur, providit. Equite» igitur Arìmino profecti cum
Pisaurum ocupasaent, omnia secundnm Bellisarìi man-
data fecerunt. Sensit hec Totilas, et cum magnis copiis
ad ea prohibenda profectus est. Sed tanta fuerat militam
diligentia in purgandis fossis, valloque et agere mnniendo
oppido, menibusque et propugnaculis resarciendis ut ad-
miraretur rex tantas res tam ingeniose, tam paucis diebm
fìerì potuisset. Quare aliquantulum circa ea loca mora-
tus, quoniam videbat proficere nil posse, in castra ad
Auximum irrito conatu reversus est. ,, Hec Leonardos
ubi supra.
Pisaurum per annos 255 fuit sub imperio greco,
imperatoris Constantinopolitani.
Anno Christi 801 — Anno Mundi 5999.
Anno Chisti 801 Pisaurum in manus Franchoram
seu 6allorum devenit. Hirenes enim greca et Leonis 4/
Imperatoris constantinopolitani uxor, et sola in Imperio
constantinopolitano domina, post efusionem oculomm
Constantinì Imperatoris , predicte Hirenis filii , et in
carcerem misi, audita Caroli Magni fama, e Constanti-
nopoli legatos in Italiam misit, ut cum eo fedus inirent,
Imperiumque cum suis terminis dividerent. In qua qni-
dem divisione Hirene ea Italie par obvenit, que ad
dexteram Neapolis incipit, et ad sinistram Manfredonia,
que cum infero et supero mari ac etiam Sicilia. Reliqna
vero pars Carolo ex federe obtigit, et hoc anno primo
Imperii Caroli Magni Franohorum regis et romani Im-
peratoris.
CHRONICON PISAURl 739
Anno Christi 814 — Anno Mundi 6012.
Anno Domini 814 Carolus Magnus Imperator per-
donationis paginam confìrmando ea que ipse fecerat cum
Adriano summo ponti6ce , et que fecerat Pipinus rex ,
pater ejus , donavit Leoni 3/ summo pontifici urbem
romanam, et plures alias civitates, et precipue civitatem
Pisauri.
Hoc anno summi Pontiflces inceperunt habere au-
toritatem in temporalibus , licct haberent jurisdictionem
habitu, et non acta.
Anno Christi 822 — Anno Mundi 6020.
Anno Domini 822 Ludovicus Imperator, Caroli
Magni filius Loctarium filium suum Italie gubernatorem
mictit, qui a Papa Pasquali in Augustam coronatus est.
Anno predicto iste Ludovicus Imperator tamquam
fidelissimus Christianus, et amator Sancte Romane Ec-
clesie, Romane Ecclesie privilegium, et domino Pasquali
Pape de pluribus civitatibus, opidis et castellis donavit,
et precipue de Pisauro etc.
Vide tex. in t/ Ego Ludovicus, 63 distinct. Ludo-
vicus Imperator ait: Statuimus et concedimus per hoc
pactum confirmationis nostre tibi , beato Petro principi
Apostolorum, et per te vicario nostro, domino Pasquali,
summo pontifici et universali Pape, et succesoribus ejus
in perpetuum Civitatem romanam cum ducato suo et
suburbanis viculis atque omnibus territoriis ejus mon-
tanis ac maritimis lictoribus , pontibus , seu cunctis
Archiv. Stor. March. V. /. 47
740 CRONtCON PISAURl
civitatibus , castellis, opidis, ac viculis. Item portoni
Centum cellis, Ne... ^), Bledam, Mathamònim, Sotriam,
Nepe, et infra.
Item Gabellum cnm omnibus finibos ac territoriis
atque insulis terra marique ad supradictas civitates per-
tinentibue, simul et Pentapolim, videlicet Arìminum,
Pensaurum, Fanum, Senogaliam, Ànconam etc. et infra.
Incipit donatio in nomine Dei omnipotentis Patris
et Filii et Spirìtas Sancii.
Ego Lndovicus Imperator Augustus statuo et concedo
per hoc pactum confirmationis etc.
Cui ipse se subscripsit, et tres fili! ejus, et Epi-
scopi X. Abates 8^ Commites XTT, Bibliotecarias nnns^
et Mansionarius unus.
Anno Christi 962 — Anno Mundi 6160.
Anno Christi 962 Octo primus Imperator donatìones
Caroli Magni et Ludovici Imperatorìs factas Leoni 3.*
et Pasquali 2/ summis Pontìficibus de civitatibus nrbis
Rome, Arimini, Pisauiì, et Phani, et aliis civitatibus
confirmavit Johanni XII summo Pontifici, cui se sub-
scripsit Octo Imperator, et subsisa:ep8enint {sic) Epi-
scopi X. Abates duo, Commites duo, et optimates 9.
(^In margine si leggej Vide tex. in t* 4. d** Jo-
hanni pape, 43 disk -^ : 63.
Anno Christi 1027 Coradus 2.* dominus Pisauri etc
Vide monitus et privilegium.
1) Forse Nepe^ ma tnmtfi più sotto. Certf
CHRONICON PISACRI 741
Federìcus primus fit dominus Pisauri et totias
Marchie.
Ilenricus secundus post mortem Federici fit dominus
Ariroini et Pisauri.
1188. Clomens papa 3/ anno D. 1188, anno primo,
facit mentionem de Castro Limata, et Castro Flerene,
et de oa^tro Chiliolis. Concesit plura Castra dictis *) Ca-
nonicis et etiam lictus maris a loco qui dicitur duo tauri
usque ad flamf'n Tauli. Facit mentionem de monasterio
Sancii Tome justa flumen Àpusam a bone memorie ab
Episcopo Àll>orico *) fundatum, et de Ecclesia Sancti
Petri juxta muros.
') Anno Christi 1188 Dominus Righetus PanduI*
phinus de Vicontia fit Yicarius Arimini et Pisauri et
alìarum civitatum, quas ocupavit Federicus primus Im-
perator Barbarossa, et ii>sa3 civitates regebat et guber-
nakit nomino Imperatoris predictì, qui dominus Righetus,
mortuo predicto Imperatore, Anno Domini 1191 ab
Uenrico secundo Imperatore confirmatur Yicarius in vi-
eta, et hoc quia cum Ilenricus Imporator pred ictus perve-
nissot in Italiam in civitate Parme donavit sibi 22 milia.
florenorum, et valde gavissus fuit Imperator, quod pe-
cunia sibi deflìciet)at, et ideo confirmavit ipeum Yicarium
') Dic« Htctis p^rrliA ori rolic«» quatto brano M \\M tU dopo qw'llo
ch*^ M>t(o il ll'Ji) 0T(* ti parU (li più prìTÌl«»f(i dal \i*%e,* Enrìro conoMat
a qu«»«ti r^nonici. Io ho ■«'^uito la rmnolofóa.
*) Il m*. ìf*fiié AIbco owì^ Àlh^i^icn; altri Tom^bbo •* tot«*od4»«96 AU
brrìtr*y, i> fra que«ti roiÌTÌrrì in Mem. drlU Badia dì S. Tommato io
Foglit. !•<**. (iao**Ui, 1778 |ujf. fl. Ho. rt.
*) Qu(*4to tratto «v n^l ms. rifiutalo eoo due Uoc« tirato a X*
742 CHRONIGON PISAURl
Arimini in vieta, et donarit sibi Roncofredum , Oiove-
diam et Trebium. ')
1190. Celestinns Papa 3/ anno Chrìsti 1190
anno 3/ *) £sicit mentionem de Plebe Sancii Cristofori,
et Sancti Onirici, et de Ecclesìa Sancti ApoUinaris,
et de Ecclesia Sancti Zenonis. De Cnria Granavalle,
Galiolle , et Boncii , et de Ecclesia Sancii Bartholomei
in Monte; qno tempore Henricus Sancte Marie Episco-
pus et Preceptor pisanriensis concessit Canonicis plura
privilegia^
1197. Hoc anno 1197 fuit facta quedam Campana
et posita in Ecclesia Sancti Herachliani, et fìierant
posita infra scripta verba.
MC97 mense Augusti Ind. XV.
Ista nnm est in Episcopata Pisanri, postquam Ec-
clesia Sancti Herachliani fuit destructa, ut infra dicetur.
(Di questa Campana parlasi nel ms. anche prima,
ma fuor del suo anno, con queste parole: In el Vescovato
la Campana pichola, quale era in la Chiesa de Santo
Erachliano. Sunt in supra verba: come sopra)
Anno ChrisH 1198 — Anno Mundi 6396.
Anno Christi 1198, mortuo Henrìco secundo Impe-
ratore, quidam ex ejus Principibus et £similiarìbu8 ,
^) L* Olivieri nelle sue Memorie per la storia della Chiesa pesarese
nel secolo XIII. Pesaro, Oavelli, 1779, legge qui Giovedium et iVcòttcm.
ma erroneamente, non esistendo nò Tuno né T altro ma si Giovedi e TVtòo
o IMio. V. Tonini, St di Rimini, Voi, 3. p. 71, 113, 247.
*) Qui r Olivieri 1. f. legge I., ma TA. quando vvol dir jprnno scriTe
un pJ^ Qui è un 3.
o
i
CHRONICON PlSAURl 743
Sicilie regnum egredientes, Ecclesie civitates atque opida,
quas ipse Henricus et alii antecessores tirannice occu-
paverant, ceperunt, et inter alios Marchualdis (sic) fit
Dominua Pisauri, at totius Bomandiole, et Marchio
anconitane, asserens se esse Imperii generalem Senescal-
cum, et Ducem Ravenne et Marchio et Bomandiole.
(In margine leggesi: Yide Archiepiscopum florentinnm
in sua 3/ parte historiali n/ 19 e/ p/ § p/)
Hoc anno Innocentius 3/ volens civitates Ecclesie
romane recuperare, duos Cardinales Legatos in Marchiani
misit centra Marchualdum , qui tandem eum excomn-
nicaverunt.
1199 — 6397.
March ualdus non valcns hoc hanno centra Innocen-
tium 3." Pontificem resistere, reh'cta Marchia et So-
mandiola, in Apulie regnum profectus est
Hoc anno Pisaurum et tota Marchia anconitana, et
Bomandiola , post «recesum Marchualdi , recuperantur a
Pontifico.
(continua)
Q. YAKZOLnri
CÀPH DEGÙ EU DELU CM DI CMKl
Pubblico neìVArchivio Storico Marchigiano questi Capitoli
sugli ebrei, capitoli trascritti dalPArchivio segreto camerinese
(Lett. e. N. 28) per cura del chiarissimo prof. cauoDico San-
toni e a me trasmessi per gentilezza somma del ca?. Orten-
sio Vitali ni.
Quasi quasi, malgrado la vetustà del documento, si potrebbe
trovare in questa ed in altre consimili pubblicazioni, un inte-
resse direi quasi di attualità. — Oggi che in Germania si è
iniziato il cosidetto tnovimento anti'$emitico, allo scopo di re-
stringere le franchìgie che i governi d^ occidente, in nome della
libera coscienza, guarentiscono agli israeliti, oggi, dico, non
sarà inutile mostrare a' fautori di questo nuovo fanatismo, come
neir età di mezzo, i nostri comuni fossero alla fin fine sufiicien-
temente liberali e tolleranti verso i figli della razza dispersa.
Si cercava solo d' impedire ad essi V usura a danno dei
minorenni, V incetta di roba a provenienza furtiva, le opera-
zioni di credito per somme importanti; si escludevano, mercè
il sistema protezionista allora vigente, dalle nobili mercature
de^ drappi nuovi, consentendo loro la sola vendita dei robi-
vecchi; si gravavano d' uno speciale balzello; e si proibiva loro
r abitare in certi luoghi della città. Ma, in compenso, i Blagi-
strati garantivano agli ebrei asilo e protezione.
Credo quindi che non sarà privo d* interesse uno di que-
sti documenti, ricordanti i primi sintomi di riavvicinamento
fra due razze, che la barbarie aveva fatto nemiche e che la
civiltà destina a divenire sorelle.
AocoM, NoTeoibrt 1880.
A. COLOCa.
CAPITOLI DEGLI EBREI
DELLA CITTI DI CAMERIKO
1q Dei nomine. Àmen — Questi sono li Capitoli Decreti
et Ordini facti alti bebrei quali saranno approbati di possere
stare et habìtare nella magnifica Città di Cam."" fatti, ordinati
et formati di ordine et volontà deir lllmo Sig. Gerolamo Fran-
gipane patrizio romano della detta Città et stato Governatore
et delli magnifici Sig.'' Priori et Conseglio minore di XII della
sadd^ Città da doversi observare da detti hebrei inviolabilmen-
te senza manco alcuno sotto quelle pene che qui sotto si dirà
da farsi pagare di fatto alPinobedienti senza remissione alcuna.
In prima che tutti quelli bebrei quali sono stati tollerati
ad habitare in essa Città et stato principalmente et sopra
ogni altra cosa siano tenuti et debbiano inviolabilmente ob-
servare senza manco alcuno tutti li ordini, bandi et decreti
fatti et da farsi dalla Santità di N. S. et dalla S. Sede ap*^
alli quali non s' intenda mai per modo alcuno contra venire
in alcuna parte né in modo né parte alcuna sotto nessun
colore — Placet.
2. Item che detti hebrei né alcun di loro possino né deb-
biano per modo alcuno, né sotto alcun colore comprare cosa
alcuna di nessuna sorte da persone minori di dieceotto anni,
né da chi sia figliolo di fameglia che sia della detta Città di
Camerino sotto pena della perdita delle cose comprate e di
scudi diece d'applicarsi per un quarto alla R. Camera ap'^
di Camerino, un altro 4"" alla reparazione del palazzo prìorale,
uno air accusatore o inventore qual sarà creso, et uno al-
Texequutore — PlaceL
3. E che li su detti hebrei né alcun d' essi possano oè
debbiano per modo alcuno né sotto alcun quesito colore com-
prare, né far comprare cose robbate, et comprandole et se le
compraranno truovato il padrone siano tenuti et ciaschnn sia
tenuto jli snbbito renderle senza prezzo alcuno — JKocef.
li.
CAPITOLI DEGLI EBBEI 747
4. Item che alli detti bebrei uè ad alcun di loro sia lecito
né possano tenere, né scavezzare, nò Tendere in modo alcuno
in loro botteghe nò altrimente panni alti bagniati et cimati
né alcuna sorte di panni yietati a tenere alli mercanti di essa
Città et stato. Né meno jana filata nò non filata di nessuna
sorte, sotto quelle pene che si contene in li statuti ordini et
decreti delli mercanti di lana della Città predicta — Placet.
5. Item che alli su detti bebrei né a nessuno di loro sia
lecito né possano fare istrumenti di credenza con persona
alcuna di detta Città et suo Stato, che trapassi la somma di
venti fiorini, et che V istrumenli non siano confessionati ma
la robba debbia comparire attualmente sotto la pena del dop-
pio, et nondimeno V istrumento sia nullo invalido et non me-
riti exequutione alcuna ancorché fusse firmato con juramento,
et si presuma usurarlo et fatto per fraudo et per malitia
estorto — Placet.
6. Item che li su detti bebrei non possino né debbiano
ritenere né vendere alle loro botteghe drappi nuovi di nessuna
sorte, ma solo squarti et drappi usati et vecchi. Sotto la pena
sudetta d' applicarsi come di sopra — Placet.
7. Item che li su detti hebrei tollerati come di sopra né
alcuno di loro debbiano ricevere alcuno altro bebreo forestieri
et non tollerato per più di una sera, ma havendo da stare
più lo debbia quel che lo riceve assegnare alli magnifici Sig.
Priori et pigliare la licenza in scritto da loro per quel che
bavera da fermarsi sotto la su detta pena di f. XV. d^appli-
care come di sopra — Placet.
— Item che detti hebrei siano tenuti et debbiano ogni
anno pagare alla magnifica comunità quel che sono tenuli per
la taxa fatta senza excetione alcuna in principio dell'anno per
tutto il mese di gennaro — Placet.
— Item che detli hebrei tollerati come di sopra non pos-
sano habilare né aprire botteghe dal ponte che va dalla corte
alla chiesa in su per V arengo né alcuna delle piazze cioè
Santa Maria, et di S. Angelo nò per la strada giù alli macelli
748 CAPITOLI DEGLI EBllEI
sotto la peoa di dece scadi d' applicarsi come di sopra, nelli
altri luoghi quanto alle botteghe sia a libito loro — Hacet.
HIERONIMUS DE FRAN6. bus. no. ro.
Cam' Gassi et Vissi etc Gub.
Supradicta pacta Gapitula conyentiones et transactiones
factae init. costitutae inter universitatem et homines civitati
Cam' ex una et universitatem hebreorum in dieta civitate com-
morantium 4. approbamus confirmamus et validamus,
observarique et in nullo eis ex aliqua partium contraveniri
mandamus — non obstant. in quorum fidem.
Datum Camerini die. 23 feb. 1558.
HIERONIMUS FR. Gub.
L 0 S PoMPiLius Sasso Cane.
Ita et ut sapra scriptum est dicimus et auctorìtate qaa
fùngimur approbamus confirmamus et exequi volumus et man-
damus — In quorum etc. Dat. Gam^ ultimo feb. 1558.
L 0 S Raynald. ViGH. Cam. de mio.
APPENDICE m STORH DElL'ANm Pili)
Nel libro IIP della sua Storia Plinio ci dichiara resistenza
di Pitulo rirerito nella vr regione d'Italia, che fa parte del-
r Umbria — Jungetur hic sexta regio Umbriam compkxa ce.
Ostrani, Pitulani, ec. — Ma annoverandosi qaesta antica città
fra le distrutte dal bellico furore, pel felice ritrovamento dei
suoi ruderi e delle sue lapidi siamo lieti d'essere accertati del
luogo preciso, ove Pitulo esisteva; come il Golucci (antichità
Picene tomo 4) il Turchi (Camerino Sacro capitolo IV § 4^),
il Brandimarte (Piceno annonario pag.* 96 e seg.*) ci hanno
scoperto e dimostrato, avendo essi abbastanza chiariti certi
equivoci degli amanuensi di Plinio, che noi per brevità trala-
sciamo. Poiché nella medesima situazione trovammo testò mo-
numenti analoghi, questi ci vogliono accennare per una pre-
ziosa analogia alPistcssa istoria non troppo ricca di notizie
positive.
Sotto Todierno castello di Piticchio o sotto Gol-Pizzano,
chiamato nelle antiche carte coUis PUtdanus, coUis PUuanu$y
verso la strada Provinciale che da Arcevia volge a Senigallia,
in un predio dei Sigg. Giampieri (vocabolo Barasta) mediante
opportuni scavi fatti dal Sig. Giampietro, a un metro circa di
profondità si sono trovati diversi ruderi di qualche interessa-
mento per i piani di mosaico che si sono scoperti, e per Tuso
cui dovevano servire quelle particolari strutture. Noi lasciamo
di annoverare le monete dell'alto e basso impero di Roma, e
gli altri oggetti rinvenuti del pre-impero, di poco rilievo, co-
me i rottami flgulini di rozzo e migliorato stile della fabbrica
Suasana ed Aretina, i frammenti di vetro etrusco con impasto
750 APPENDICE ALLA STORIA
colorato, un' accetta dì bronzo, due teste in avorio d'ago cri-
nale ecc, che tuttavia si conservano presso il suUodato Signor
Giampieri.
Prenderemo a dire brevemente le circostanze speciali più
degne dei menzionati mosaici cogli annessi avanzi notevoli de-
gli scoperti antichi edifizi.
Fra i pavimenti di mosaico non figurato, ma di vago e
non comune ornamento, è memorabile quello col fondo di
pietroline bianche quadre tutte di un centimetro, poste a con-
tatto le une delle altre con una semplice linea di pietroline
turchinacee quadre pure di un centimetro le quali formano
quadrati in senso diagonale nella grande riquadratura interna,
avendo quindi una zona di 6 centimetri di larghezza delle
stesse pietroline turchinacee, che recinge verso il margine
bianco tutto queir ambiente.
Altro pavimento molto leggiadro, che dal suddetto poco
dista, si è rinvenuto, e presenta un piano oculato con tanti
pezzi semìquadri di mattono di circa due centimetri, a colore
roseastro sparsi qua e là regolarmente, occupando sempre i
punti angolari componenti rettangoli o semiquadrati della pro-
porzione di 10 a 15 centimetri in tutta Parca con fondo di calci-
struzzo bianco tenacissimo. Non lungi pure ci si mostra memo-
rando per r uso cui dovea servire un pavimento rotondo sebbene
ristretto, del diametro di due in tre metri connesso a spina di
mattoncini quadrilunghi di 4 in 5 cent, tenendo nel suo mar-
gine una fascia circolare a contatto in piano degli stessi matton-
cini volti air infuori: però il resto di tale circonferenza vedesi
rovinato dalla operosità negligente degli scavatori. In tale recinto
si crede ravvisare come eretta un' ara o altare sacrato a qualche
Nume; mentre le medesime are innalzate sopra ammassi e
basamenti di laterizi o marmi fra i monumenti romani avevano
spesso questa forma rotonda; e le troviamo ripetute nei denari
di Traiano colla Pietà, e in quelli della famiglia Scribonia.
Gli antichi Pitulani, siccome dovevano possedere i loro tem-
pli, cosi avranno avute le are o altari che valevano in tante
dell'antica pitulo 751
occasioni gentilesche per fare i sacrifizi agli Dei, oltre alla ra-
tifica dei giuramenti, ed all'asilo inviolabile. Presso questo
luogo abbiamo le circostanze di terra nera seminata di carboni,
dì ossa, di vasi infranti, cose tutte confermanti V idea suddetta.
Si aggiunga che neir ambiente attiguo trovasi un grande
bacino di terra cotta roseastra anche oggi integro solidamente
opposto e fermato quasi nel mezzo dì un'area di rozzo mosai-
co; e questo vaso sembra bene alluda air acqualustrale che si
inaugurava dai Sacerdoti gentili collo spegnervi gli accesi tiz-
zoni tolti dal focolare dei Sacrifizii; quale acqua purificante
adopravasi nelle lustrazioni degli Arvali e degli analoghi mi-
nistri 0 degli stessi Seviri spargendola sugli astanti ossìa nelle
città, ossia nello campagne coir aspergolo o colPumido ramo
di lauro o di olivo; ed era tanto in pregio nelle funebri ce-
remonie empiendosene i noti balsamari; e doveva purgare al-
tresì i macchiati da qualche labe prima che entrassero i sacri
templi; sicché il luogo anzidetto dagnilustralorì delle antichità
viene fissato nel vestìbolo o in prossimità ai medesimi. —
Hardion — Storia Poetica, tomo 2 pag. 7 e seg. — Nieupoort.
Bit. Rom. pag. 273, 276, 283, 284 ec. — Usanze degli antichi
Romani ad uso delle Scuole Pie 2.* edizione Fiorentina pa-
gina 141. — Ora i menzionati leggiadri piani di mosaico ve-
duti non lungi dalPara o altare dei Sacrifizii e dal luogo che
contener doveva Tacqua lustrale potranno bene aver servito
alla maestà del tempio che pure contiguo ad essi soleva essere
innalzato alle deità Pagane; e parimente T altro vago mosaico
potrà aver formalo V edifizio decente e commodo per la son-
tuosità delle epule sacrificali che s' imbandivano in genere con
pubblica pompa dopo il compito sacrifizio, incombenza ed of-
ficio dei noti Settemviri Epuloni. — Nieupoort pag. 250, 281
— Usanze Romane delle Scuole Pie pag. 126, 142.
E sifiatte aree e sifTatti spazi sono cinti da mura cemen-
tate di pietre e tegole sovrapposte, che, sebbene disfatte quasi
fino dalle fondamenta coi loro avanzi attestano V antica loro
forma e grandezza. È da rimarcarsi fra tali ruderi il ritrova-»
752 APPENDICE ALLA STORIA
meato di un^ embrice smaltata di calce e dipinta come ad
affresco per secoli molto bene mantenuta, la quale mostra nel
suo disegno linee colorate e riquadrature e impronte di grandi
fiori, che unite alle mancanti dovevano abbellire alcuna parte
delle fabbriche suddette. Alle festività celebrate nei templi,
al sacro banchetto sacrificale succedevano spesso altresì i pub-
blici ludi ordinari e straordinari, Cereali, Marziali, Apollinarì,
Secolari ') Compitalizii delti ludi magni ') e funebri o Votivi \i
secondo P oggetto cui erano prestati; ed allora soleva nelle
antiche città solennizzarsi quella ricorrenza coir esercizio del-
la pugna, del corso, della lotta, o collo spettacolo dei gladiatori
0 dei giuochi scenici; ond' è che il luogo a ciò adatto doveva
ben essere il sottostante piano, quale piazza o foro esteso dai
cittadini di Pitulo usato a tale riguardo. — Nieupoort pa-
gina 293, 297. — Usanze Romane delle S.* P.* pag. 89, 1856.
1) 1 giuochi secolari ordinari furono quelli che si rinoovaTaoo ogni ceato
anni nel tempo dell* estate verso la raccolta, e duravano tre giorni e tre
noti; ed oltre Apollo e Diana venivano con essi onorali Giove, Gianone,
Latonà, Cerere, Plutone, Proserpina e le Parche facendosi loro pubbliche pre-
ghiere e sacrifizi. I giuochi secolari si fecero allresì per implorare il f4Vore dfi
Numi e per ottenere ano stabile governo secondo i libri Sibillini, dai quali pre-
sero occasione.
%) In onore degli Dei Penali , che erano anche gli Dei Patrii lukelari del!e
contrade e delle città solevano celebrarsi le Feste solecni e insieme i gioochi
ordinari delti Magni o compitalizii, pei quali furono islituiti da Augusto parti-
colari Magistrati col nome di Hagislri o Cnratores Viarum.
3) I giuochi Votivi straordinari erano quelli cosi denominali, perchè pre-
ceduti da solenne promessa di effeltnarli per conseguire alcun bene o evìlare
una grave calamità, o mettere riparo a qualche pubblico disordine; e in circo-
stanza a placare lo sdegno degli Dei o ad implorarne il favore. QuesU giaochi
si appellarono anche indieti, poiché si ordinavano in certe particolari circosUnxe,
quando pure si voleva solennizzare qualche fausto o ragguardevol'^ aweninenl«
ossia una segnalala vittoria, la dedicazione di un tempio o dì altro pubblico
edilizio, il giorno natale dei Principi o il funere dei gran personaggi. Tali foro»)
altresì quelli che si celebravano dai Magistrati dopo aver preso possesso della
loro dignità, e dagl* Imperatori dopo il quinto, il decimo, il ventesimo o trente-
simo anno del regno loro, chiamali perciò quinquennales, decennales, viccnnal«5«
(ricennaleé, come notasi nelle monete coniale dagli slessi Imperatori.
dell'antica PITULO 793
Anche superiormente verso la prossima pendice vediamo
tutt' ora residui di mura, che servono di argine a quella ora
strada campestre, dove nel vicino .terreno sodivo scaturisce
una fonte, e dove trovansi pure sotterra spesse vestigia di
ruderi vetusti a relazione di veraci testimoni.
Mediante ulteriori scavi si potrebbe forse conoscere col
disotterrare forse qualche lapida, a quale sicuro scopo a quale
particolare divinità sieno stati eretti gli accennati edifizi.
In ogni modo, ripetiamo, essere lieti dell'attuale disco-
primento, che è una conferma della vera esistenza e del pregio
della distrutta Pilulo, ciie in questa florida spiaggia sorgeva
col grado di Municipio, siccome le altre città non lontane
Ostra, Alba, Suasa e Sentino, come dalle lapidi già possedute
si rileva abbastanza, assoggettate insieme alle stesse vicende
del tempo e della fortuna.
Agostino Monti.
I
IL SECONDO CONGBESSO
DELLE SOCDETÀ STORICHE ITALIANE
Sebbene il nostro Direttore fosso invitato a prender parte
al IL* Congresso delle Società Sloriche Italiane, che ebbe luogo
nel settembre del 1880 in Milano, egli, ritenuto in Ancona da
gravissime occupazioni, non potè, come sarebbe stato suo desi-
derio, assistervi ; ma, perchè i lettori di questo periodico non
avessero a rimaner privi di qualsiasi notizia intorno alle impor-
tanti deliberazioni prese in quel dotto consesso, pregammo
un nostro valente amico, che ne foca parte, a stendercene
una succinta relazione. Avendo T amico gentilmente aderito
al desiderio nostro, siamo lieti di poter regalare ai nostri
lettori quanto egli sul proposito ci ha scritto, dolenti che il
forte ritardo con cui, senza nostra colpa, si pubblica questa
dispensa , ci faccia soltanto adesso render conto d' una riu-
nione di cui si sarebbe dovuto parlar molto tempo innanzi.
La Direzione
Il Congresso (proparato dalla Società Storica Lombarda) fu
aperto il 2 Settembre. Giulio Porro Lnml)ortenKbi lesile un Discorso
auguranto attività e positivismo. Michele Amari venne acclamato
Presidente, e il novantenne Giovanni Arrivaljone presente a il* inau-
gurazione baciò in fronte il Palermitano illustre che rappresentava
Sicilia. Amari improvvisò allora un saluto cordialissimo, o Io suo
parole calde e commosso parvero s\ patriottiche e splendido alKAs-
semblea entusiasmata che un tuono di applauM, ed evviva scoppiò
unanime appena T oratore si fu seduto. Il discorso di Michele Amari,
cui rispose breve il Pivlbtto Basilo, comparve nojrlì Atti che Ghiron,
Delgrano e Sangiorgio hanno redatto.
Il 3 si cominciarono i lavori del Congresso. E avantutto TAmari
annunciò ali* assemblea omaggi e doni. Tra questi furono graditi
Archiv, SUnr, March, V, /. 48
756 IL SECONDO CONGRESSO
la Storia di Sesto Caletìde dì A. Spinelli, la Storia di Soncino di
F. Galantioo, la StOì^ia di Somma lombarda di L. Melzi, il Regesto
di Far fa di Gregorio da Catino, le Commemorazioni dello scultore
Abbondio Sangiorgio di B. E. Maineri e C. Belgiojoso, e un Volume
di 726 pagine edito dalla Società Storica Lombarda su Gli Jstituti
Sdenti/lei Letterarii ed Artistici di Milano.
I temi proposti alla discussione dei Congresso essendo due, *>
TAssemblea si divise in due Sezioni. Il Tema Ascoli fu devoluto
alla 1.* presieduta da Ercole Ricotti, con Celli vice presidente e Ci-
polla segretario. Il Tema Del Giudice venne affidato alla 2.* capi-
tanata da Ruggero Bonghi, con De Simoni vice presidente e Rossi
segretario.
Abilissimo e rigido il Ricotti diresse e conchiuse i lavori sol
Tema Ascoli. Ascoli spiegò e illustrò da par suo la proposta, di-
scorrendone con copia e dottrina Den due ore. Fulin accusò il Tema
di intraducibilità pratica, e proi>ose che la Storica Lombarda apris-
se le indagini con un saggio di storiografia alpina. Cesare Cantù
difese la proposta complessiva. Rolando, Rossi, Gloria, Cipolla, Cor^
visieri, Bertolini, Vignati, Amari, Belgrano, Manno, Formentini,
Lancia di Brolo, Salandra, Ricotti, ecc. presero per tre giorni viva
parte alla discussione allargatissima, e il nobile disputare fini il 6,
colla approvazione del Tema Ascoli in massima e la preghiera alle
varie Deputazioni di Storia patria di accìngersi ciascuna ad una
Bibliografia regionale delle fonti e delle opere.
Meno vivace ma più disciplinata fu la battaglia nella 2.* Se-
zione. Bonghi la guidò da maestro, e il suo discorso riassuntivo fu
una vera rivelazione di potenza assimilatrice. Del Giudice sviluppò
il suo tema, che però venne giudicato troppo vasto e poco pratico
da Luciano Banchi, Agenore Gelli, e Gerolamo Rossi. Ascoli propose
al Del Giudice di limitare la sua proi>osta alla pubblicazione di Sta-
tuti di prima imi>ortanza e corredati da note storiche e spiegative.
Del Giudice difese con ardore molto il suo tema, Ascoli, Fulin, Glo-
ria, Rossi, De Simoni, Gelli, Nevati, Messori, Mongeri, Odorici, San-
giorgio, Fontana, Corvisieri, e sovratutti Luciano Banchi contrad-
ditore efficacissimo del troppo ostinato Del Giudice, disputarono tre
giorni sugli Statuti, e il 6 si concluse votando T emendamento
1) Tema O, L AmcùIì. Baame cronologrco e onomastico delle fonti della Storia patria.
Spoglio Matematico di esse. Bibliografie regionali della Storia italiana e delle costei food.
Tema P. Del Oiudiee. Riedizione ragionata degli Statati Italiani. Pubblio isii»n«
sistematica degli Statuti inediti. Bibliografia onomastica e cronologica degli Sutati.
OELLK SOCIETÀ STOBlCHE ITALIANE 757
Banchi per il quale il Tema Del Giudice pur approvato venne ri-
strotto (come aveva progettato Ascoli) alla pubblicazione illustrata
degli Statuti inediti e così detti Statuti-tipi perché di primaria
importanza.
Il 7, il Congresso si riunì nella Sala del R. Istituto lombardo
di Scienze e Lettere, e il Presidente Michele Amari invitò i Relatori
delle Sezioni a leggere il loro rapi>orto.
Relatore della Sezione Ascoli - Ricotti fu Ascoli medesimo. Ascoli
espose per filo e per segno la storia della discussione, ridifese il suo
tema e finì ringraziando i coUcghi che T avevano più volte e con
ammirazione plaudito e ajutato. Fulin ripresentò le suo objezioni
pratiche, Cantù aggiunse la sua alla autorità deirAscoli, e il Tema
passò approvato a grande maggioranza.
Della Sezione Del Giudice • Bonghi fu invece Relatore il segre»
tario Rossi, Banchi illustrò il suo emendamento, Rolando (a nome
dcir assento Del Giudice) contraddisse al Banchi, Cantù, Gelli e Ri-
cotti appoggiarono Banchi, e il Tema passò corretto e limitato così
come era stato licenziato dalla Sezione.
L. T. Belgrano segretrio generale del Congresso riassunse quindi
i Lavori del Congresso stesso, presentò altri doni ed altri omaggi
ed annunziò che gli Aiti sarebbero stati redatti e pubblicati poi
néìVArchivio Storico Lombardo»
lì 9, fu r ultimo giorno del Congresso. Michele Amari lesse imo
splendido Discorso di chiusura, e si votò Torino per sede del 3. Con-
gresso nel 1883. Manno, torinese, ringraziò.
Saliti allora su por lo scalone braidense che conduce alla Biblio*
teca, venne scoperta la Lapide dedicata dalla Società Storica Lom-
barda alla Società Palatina Milanese e a L. A. Muratori. Ohiron
lesse un Discorso, Amari commemorò Gasare Campori morto d*appo-
plessia il giorno prima, il Sindaco di Modena e Tavv, Gustavo San-
giorgi di Bologna inneggiarono al Muratori, e la cerimonia finì colla
distribuzione dello Studio Storico di Luigi Vischi La Società Pala-
tina di Milano.
La sera del medesimo 9, ben 180 congressisti pranzarono concordi
air All>ergo Milano. Giulio Porro Lauìliertonghi , Michele Amari,
(}. I. Ascoli, Paolo Ferrari, e Ruggero Bonghi brindarono alla Storia
e air Italia, Federico Lancia di Brolo salutò sicilianamente la Lem-
l>ar(la di Milano, e non si dimenticarono Trento e Trieste pur troppo
irredente. Il Ministro De Sanctis inviò per dispaccio un grazie e
un addio.
G.
liSSMi BIBUOOlAIIGi
NOTIZIE STORICHE
%^i^^^^^^^^^^^^
NOTIZIE STORICHE E BIBLIOGRAFICHE
Il Sig. Mosè Modigliani ha pubblicato neìV Archivio Storico
ludiano (Tomo V. Disp. I/) Gli Statuti dd Comune di An-
ghiari, che furono redatti nel Sec. XIII. L' egregio editore vi
ha premesso alcune opportune parole di prefazione.
Nella stessa dispensa deir Archivio Storico Italiano leg-
gemmo una dotta ed importante lettera del Sen. Fedele
Lampcrtico al Sen. Marco Tabarrini ed al Prof. Agenore Celli,
in cui, parlando di Uguccione della Faggiuola a Vicenza, ri*
corda due documenti di diritto penale di quel tempo. Le
provvisioni a cui si accenna sono del 7 Luglio 1317 e del
4 Luglio 1319, quando appunto il della Faggiu^ìla era pode*
sta in Vicenza, e per esse si aboliva il guidrigildo germanico
e si poneva la pena di morte contro gli omicidi.
Furono pubblicati i Documenti sulle relazioni delle città
toscane coW Oriente cristiano e coi Turchi fino aWanno 1531
raccolti ed annotati da Giuseppe MùUer. Vedemmo delle ac-
curate recensioni di questo volume in vari periodici, che
fanno conoscere V importanza di tale pubblicazione, ma noi
dobbiamo limitarci a questo semplice annunzio perchè non
solo il volume non ci venne mandato, ma nemmeno il ve-
demmo nella nostra Biblioteca Comunale.
La Raccolta di opere inedite o rare di ogni secolo della
letteratura italiana intrapesa dalP editore G. C. Sansoni* di
Firenze si è iniziata con un importantissimo volume che ha
per titolo: Novelle antiche dei Codici Panciatichiano Alto-
lino 13S e Laurenziano Gaddiano 182. V edizione è stata
curata dal nostro valente collaboratore dott. Guido Biagi, che
vi ha premesso un lungo e dotto discorso sulla storia e le
fonti del testo del Novellino.
762 NOTIZIE STORICHE
Dalla casa editrice M. Guigoni è stata mandata io luce
La Storia della Casa di Svevia in Italia di G. B. Niccolioi
con proemio ed illustrazioni del Sig. Corrado GargioUi.
V Archivio Storico Italiano pubblica nelle Disp. 11/ e IH/ del
Tomo V."" un accurato scritto del signor Morosi Intorno al
motivo deW abdicazione deW imperatore Diocleziano, a cui ba
dato occasione il lavoro collo stesso titolo del Sig. Coen pub-
blicato nel 1877. Il Morosi tratta la questione con sani criteri
critici, esamina gli argomenti portati in campo dal Coen, e
mostra quali possano accettarsi e quali no, e porta in lace
delle nuove idee ed argomentazioni deducendole dalla materia
che ha per le mani, dagli storici, dai cronisti e dagli scrittori
che si sono di proposito o per incidenza occupati del mede-
simo soggetto.
Ci sembra anche degno di essere ricordato ai nostri let-
tori un lungo scritto del Signor A. Rolando, pubblicato nello
stesso Archivio col titolo: Geografia politica e corografia del-
r Italia Imperiale nei secoli /K e X.
La R. Deputazione Veneta di Storia Patria ha affidato al
Conte Carlo Cipolla la compilazione del Catalogo delle fonti
edite della Storia Italiana dal 476 al 1000, che si trovano in
quella regione.
Il Cav. Federigo Stefani, per incarico della stessa Deputa-
zione Veneta di Storia Veneta attende a studiare quali ag-
giunte sarebbero da farsi al Rerum Italicarum Scriptores.
Il Cav. Prof. Rinaldo Fulin ha cominciato a pubblicare
nelP Archivio Veneto, che dirige con intelletto d'amore , ud
BuUettino bibliografico delle pubblicazioni storiche che si fa-
ranno nelle province venete. Sarebbe nostra intenzione d' imi-
tare il bello esempio per le province marchigiane, ma per
poter attuare la cosa bisognerebbe che autori ed editori ci
mandassero le loro pubblicazioni storiche, specialmente quelle
che, fatte in occasione di nozze, sono fuori di commercio.
La Società Romana di Storia Patria ha deliberato di com-
pilare un saggio di catalogo descrittivo delle fonti edite della
e BlBLIOGhAFlCHC 763
Storia di Roma dalP 800 al 900 a tale scopo fu nominata una
commissione, di cui fan parte i Signori Balzani, Giorgi, Guidi
e Monaci.
È pubblicato il terzo volume degli Annali ddla fabbrica
del Duomo di Milano^ che contiene documenti interessantis-
simi per la storia civile ed artistica dal 1481 al 1550.
Il Museo Britannico ha fatto acquisto di un volume, la*
sciato da Antonio Panizzi, in cui è una raccolta di carte
intorno alla vita e ai tempi di Bonifazio Vili nonché altre
intorno ai cavalieri delP Ordine del Tempio.
Neir Accademy fu stampato un articolo del Sig. Creighton
intorno al libro del giovane Dott. Rodolfo Renier La Vita
Nuova e la Fiammetta: è un articolo che torna a grandis-
simo onore del valente scrittore, che ha con lieti auspicii
cominciata la sua vita letteraria.
Nel Tomo XIX ieW Archivio Veneto il Sig. Francesco
Novati ci dà notizie documentate intorno alla vita ed alle
opere di Domenico BordigaUo erudito scrittore di cose storiche
e poeta, florito a Cremona fra il XV ed il XVI secolo.
Nello stesso periodico il conte Carlo Cipolla si occupa
àeW Archivio della Camera Fiscale di Verona al cadere della
Repubblica Veneta. In questo studio, condotto colla diligenza
che è propria del valente scrittore, si parla delle cure con
cui il notaio Antonio Perini attese air ordinamento di quel-
la Archivio, e si danno notizie intomo al Perini stesso.
Come curiosità storiche e letterarie ricordiamo le dificiles
fèugae con cui il Cav. Prof. R. Fulin ci fa conoscere alcuni
versi latini del 1500, che scritti in un modo a ben intenderli
bisogna leggerli in un altro. Ne fu autore Bernardino Catti
0 Gatti di Ravenna che cangiò il proprio nome in quello
di Lidio.
Il Prof. Poletto ha scritto o pubblicato nelP Archivio Ve*
neto una lunga lettera al Duca di Sermoneia intorno all'ulti*
mo lavoro del Prof. G. B. Giuliani: La Commedia di Dante
Alighieri raffermata nel testo giusta la ragione e ìf ^re dii-
764 NOTIZIE STORICHE
F Amore. Niuao nega al eh. Giuliani le molte beoemerenze
acquistate per gli studii danteschi, ma ci pare che lo scritto
del Poletto sia un inno continuato in onore del Giuliani,
mentre crediamo che non tutte le emendazioni da lui proposte
al testo della Commedia possano accettarsi ad occhi chiusi,
sebbene tutte rivelino profondità di studii e siano assai in*
gegnose.
Ci sembra degno di essere ricordato Un episodio della vita
di Torquato Tasso che il Sig. Attilio Portioli ha fatto stampare
nello stesso Archivio Veneto. Con questo scritto a mezzo di
documenti si prova come Antonio Costantini, che Y infelicis-
simo poeta onorava della più fiduciosa amicizia, fu un tradì*
toro del Tasso, che si adoperò ad amareggiargli gli ultimi
giorni di sua esistenza, ricorrendo ad inganni ed artifizi per
rìcondurlo sotto la schiavitù del Gonzaga.
Il Museo Civico di Venezia si è arricchito or non ha guari
delle lettere scritte e ricevute da quella Giustina Renier
Michiel di cui scrisse reverenti ed affettuose parole il Carrer.
Queste lettere sono interessantissime per la storia civile e
letteraria, e il dono ne è dovuto al Sig. Vincenzo Busetto. —
Altro cospicuo dono legato allo stesso Museo con testamento
dalla Sig. Contessa Elena Dolfin Gradenigo è quello di 377
codici raccolti dal Sen. Pietro di Giacomo Gradenigo, tra' quali
è un' importantissima opera intitolata: Abiti de' veneziani di
quasi ogni età, che sono 647 tavole con illustrazione, dovute
al Grevembroch fiorito dopo la metà del secolo scorso.
Tra i doni fatti allo stesso Museo Civico di Venezia ricor-
diamo quello della raccolta completa dei veneti zecchini legati
per testamento dalla nob. signora Amalia Mioni, rapita or son
pochi mesi air affetto del suo degno consorte Nobile Cav.
Antonio Angeloni Barbiani, uomo singolare per le doti della
mente e del cuore, della cui amicizia ci teniamo altamente
onorate.
Assai interessante per la copia delle notizie che ci offre
è la descrizione che del Museo Storico della Gasa di Savoia
i
E BIBLIOGRAFICHE 765
ha pubblicalo il Sig. P. Vayra nelle Curiosità e ricerche di
Storia Subalpina, È una pubblicazione assai diligenlemente
falla ed arricchila da copiose tavole di tac-simili dei più im-
porlanli documenti che si illustrano.
Nelle Curiosila e ricerche di Storia Subalpina si leggono
par con grande interesse le lettere inedite di Madama di La
Fayette, per le relazioni che ella ebbe colla Corte di Torino.
Questa pubblicazione si deve alle cure del Sig. A. D. Ferrerò,
il quale vi ha premesso un diligente studio sulP importanza
delle medesime; ribattendo vittoriosamente alle obbiezioni
mosse dal Sig. Hémon per dimostrare che Mad. di La Fayette
fu autrice della Princesse de Cléves.
Il Governo Inglese ha mandato in dono alla Biblioteca di
Brera la raccolta delle pubblicazioni storiche del Public Record
Office. Sono in tutto 353 voi. di gran formato, che formano
tre collezioni nelle quali, si contengono i materiali per la
storia inglese di parecchi secoli.
Nel fase. II dell' anno VII dell' Archivio Storico Lombardo
tra altri begli scritti leggemmo con ispeciale interesse quello
del Sig. G. B. Intra che ha per titolo Lo Storico Giambattista
Visi e la Corte ii Vienna, da cui si rileva contro quante e
quali difficoltà d' ogni natura dovessero per lo passato com-
battere i cultóri degli studi storici.
È importante una memoria del Sig. G. Racioppi intorno
alle Consuetudini civili di Amalfi del 1274 , che ha visto la
luce neir Archivio storico per le province napoletane (Anno V.
fase. 1.)
In Lipari alcuni mesi sono furon ritrovati parecchi oggetti
antichi in un fondo del Sig. Scolarici. Vi son vasi e masche-
rine in terra cotta , lagrimatoi , un medaglione di bronzo ,
idoli , scodelle , vasi cinerari, lucerne , un' urna mortuaria,
pietre dure, anfore, lapidi con iscrizioni greche, forchette e
mestole di rame e di ferro, anelli , orecchini d' oro ed ossa
umane fossilizzate.
A Termini Imerese si scopri in una cappella del Duomo
766 NOTIZIE STORICHE E BIBUOGRAFICUk
) ODO Stupendo affresco di forma ovale di m. 1,50 per m. 1,
, che si crede si debba al penoello d' an pittore cinquecentista.
li In esso si rappresenta una madonna col bambino sulle gi-
nocchia.
p- V ab. 6. Di Marzo ha cominciato la stampa d^ un suo
libro col titolo: / Gagini e la scultura in Sicilia nei sec. XV
\ e XVI, memorie sloriche e documenti. Alcune tavole incise
rappresenteranno le principali opere di cui si torri discorso.
In Ginisi venne posta una lapide commemorativa sulla
casa abitata dal poeta siciliano Giovanni Meli. L^ iscrizione
venne dettata dal Gan. Isidoro Carini.
Il Prof. Vincenzo Di Giovanni deir Università di Palermo
ha dato or non ha guari in luce una sua opera dal titolo:
Severino Boezio filosofo e i suoi imitatori.
RASSEGNA BIBLIOGBAPICA
Cenni storici suir Università di Macerata per Tavv. Raffaele
Foglietti — Ud toI. ìd-8. di pag. 130 — Macerata Tip.
Bianchioi, 1878.
In mezzo alla notte del medio evo la scienza si conservava,
per mandar poi guizzi di vivida luce preparatori del futuro
rinascimento, nelle università, che furono una delle più belle
glorie d'Italia. Le condizioni polìtiche del tempo, le non facili
comunicazioni tra luogo e luogo, furono le precipue cagioni
del moltiplicarsi di questi santuari della dottrina, ciascuno
dei quali in alcun ramo del sapere venne in rinomanza: ed
anche le Marche ebbero le loro università in cui insegnarono
uomini illustri, e che diedero chiarì discepoli. VArchivio ha
pubblicato la storia dell'Università di Fermo, dettata con
quella perizia che è propria del Gav. Curi, ed oggi è lieto di
poter brevemente render conto dei cenni storici che intorno
air Università di Macerata ha dettato Tegregio suo collaboratore
Av. Raffaele Foglietti. Ciò varrà a dimostrare una volta di più
che le Marche non sono, come alcuni mostran di credere, la
Beozia d'Italia, ma che in esse gli utili studii hanno avuto
sempre cultori non meno famosi di quelli delle altre Pro-
vincie sorelle.
L'autore si fa dapprima a ricercare i primordi dello studio
di Macerata, e trova che, parecchi sono gli argomenti i quali
fanno rilenere che il principio dello studio di legge in quella
città sia anteriore e forse anche di molto aWanno 1290, perchè
da tempo antichissimo esistendovi un collegio di dottori che
aveva anche Tautorìtà di promuovere al dottorato è probabile
che esistesse anche una scuola di diritto. E per venire a quest*^
conclusioni il Foglietti porta innanzi le testimonianze d'uomini
768 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
autorevoli come il Troili, e documenti di non dubbia fede.
Altre testimonianze intorno alPesistenza dello studio di legge
sono in buon dato raccolte nel § 2, mentre nel | 3 si parla
delle condizioni dello studio fino al 1540, il quale già era
salito in fama, accorrendovi numerosi gli studenti da varie
parti, tra quali basterà ch*io ricordi il B. Placido da Foligno
e Bartolo Severi j^iù conosciuto oggi sotto il nome della sua
patria, Sassoferrato. E par probabile ancora che il Bartolo in
Macerala insegnasse, come v'insegnò Giovanni Alaleona. E che
di questo tempo TUniversità fosse in fiore s'arguisce racilmente
dalle larghe concessioni fatte da Paolo III in una sua IxAla.
L'autore prima di entrare a discorrere delle condizioni e
vicende dello studio maceratese dal 1540 in poi, indica le
fonti a cui ha attinto le notizie, venendo quindi a dichiarare
che lo scopo della sua scrittura è di persuadere il governo
che Tuniversità deve essere mantenuta. — Io non voglio qui
entrare a discutere se ed in quanto egli abbia ragione di op-
porsi alla soppressione, però questo si può dire che troppe
son oggi le università, e che Tidea di ridurne il numero forse
sarebbe mandata in atto, con utile degli studii, avvegnaché
più facile sarebbe il provvederne le cattedre di veramente
abili insegnanti. Ma tutti questi istituti di studii superiori
vantano una vita antichissima, ed alle varie città spiace di
perderli, perciò a meglio risolvere la questione universitaria
gioverebbe che il governo mantenesse in ogni università so-
lamente quella facoltà che ha sempre avuto maggior credito,
credito che si aumenterebbe col potervi chiamar ad insegnare
uomini chiari nella scienza. Cosi mi pare grinteressi del go-
verno, delle città universitarie e degli studii ci guadagnerebbero.
Ma qui non è il luogo di discutere tale questione, ed il let-
tore mi perdoni questa digressione.
Il paragrafo seguente è speso a dimostrare Torigine della
bolla di Paolo IH, i privilegi che per essa airuniversilà ma-
ceratese si concedevano, e per cui diveniva una vera uni-
versità nel senso moderno. Il comune di questo tempo dan
À
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 760
allo studio una sede conveniente e chiamava ad insegnarvi
il Socino, il Malcvolti, il Bellarmato ed altri dottori famosi,
dei quali continua ad occuparsi, dando copiose notizie che
nrè impossibile riassumere, nel paragrafo che viene in ap-
presso. — Della durata e qualità degli studii, dei gradi che
per essi si conseguivano eie. ci dice particolareggiatamente il
Foglietti, il quale non trascura neppure d'informarci dei prov-
vedimenti presi in vari tempi per mantener il credito della
università, e dei giudizi su di essa pronunziati, concludendo
le sue notizie col parlarci dei principali insegnanti che vi
lessero sino al 1360. — Vien poi un'appendice nella quale
riferisce Paulore i Capiili del 1509 e il Quadro degli addot-
torati dal 1551 al 1000.
Il lavoro del Fo^Mietti è paziente ed accurato senza alcun
fallo, ma mi pare che per la^zgiunger lo sropo che si pro-
pone d'impedire la soppressione deiruniversilà, dovrebbe essere
condotto sino ai giorni nostri per dimostrare che le condi-
zioni oggi non ne sono men floride d'una volta; s^'nza di questo
dut)ito assai che il suo dotto scritto possa raggiunger Tintento.
Scrìtti Latini Giovanili di Giovanni mkstica. — Firenze, G. Bar-
bera, ed., 1879 - Un voi. in 16. di png. 70. - Prezzo L. 1.
Se una volta troppa gran parte facevasi al latino nelle
scuole con detrimento degli altri studii, oggi e certo che troppa
poca importanza si dà a quella lingua, di maniera che è dif-
ficile che i nostri giovani escano dai licei sapendo scrivere
un piccolo squarcio latino non dirò con attica eleganza, ma
almeno senza errori grammaticali. E la ragione di questo quaPe?
Andrei fuor del terreno se volessi entrare a discutere su di
tale argomento, ma pur per accennarne di volo qualcosa dico
che oggi nelle prime scuole si vuol dai giovani professori far
troppa pompa di erudizione filologica, e mentre si sciupa una
gran quantità di tempo a parlar di radici, di temi, di assimi-
lazioni e dissimilazioni, di lettere perdme e via dicendo, si
770 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
trascora poi d'insegnar le regole di grammatica le più ne-
cessarie, si trascura la parte estetica degli autori che si fanno
tradurre, cosi che i giovani non giungono a gustarne le bel-
lezze e si annoiano mortalmente d'una lingua alla quale se
prendessero amore ne trarrebbero utilità per riuscire a scrì-
vere in italiano con più buon gusto di quel che si faccia.
Ma di questo basta che non è ora né il luogo né il tempo
di trattar ampiamente tale materia.
Gli scritti latini del Gav. Mestica sono una prova eviden-
tissima che una volta il latino si studiava e s'imparava dav-
vero. Tu VI trovi sì le reminiscenze della scuola, ma nello
stesso tempo tanta correttezza ed eleganza di eloquio, come
pochissimi da noi al tempo nostro sanno usare, scrìvendo
nella lingua di Gicerone e di Virgilio. Anche i nobili senti-
menti patriottici che nei suoi versi e nelle sue prose il Mestica
rivelava in tempi diCQcili, meritano d'essere altamente lodati,
come la gratitudine sincera che professa alla venerata memoria
del suo illustre fratello Francesco fa testimonio delle ottime
qualità del suo cuore, e rendono tanto più degno di essere
raccomandato questo volumetto, il quale può servire come ri-
cordo di certi esercizi, che anco neUe province marchigiane si
facevano dai giovani secondo l'ordine dei vecchi studi.
ScRVANzi GoLLio: Pittura In tavola d! Carlo Crivelli veneziam
neUa chiesa di S. Francesco in Matetica. — Un op. di
pag. 9 — Urbino Tip. della Gappella — Per E. Righi, 1879.
É un'accurata descrizione d'un pregevole dipinto, di cui
parlarono con lode, senza però entrare nei particolari, ralenti
scrittori di cose d'arte, e merita d'esser letta da quanti di
tali studii si dilettano. 11 Gente Servanzi lamenta nella 6ne
del suo opuscolo che il quadro non si trovi più nella chiesa.
9 che forse sia stato mandato fuori d'Italia: se cosi in realtà
fosse sarebbe da biasimare altamente che per smania di lucro
^i fosse privata Matetica d' uno dei suoi più belli adornamenti.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 771
Giosuè Gegconi: Storia di Castelfidardo. — Un voi. ìq-16. gr.
di pag. 165-XCllI — Osimo, Stabilimeoto Tipografico
Quercetli, 1879.
L'illustre Senatore Marco Tabarrini nella VI dispensa del-
VArchivio Storico Italiano, a proposito delle storie municipali
ricorda quanto esse possano riuscir utili alla storia nazionale,
se compilate con savi criteri, ed in questo io sono pienamente
d'accordo con lui. e Ma perchè le storie Municipali, egli scrive,
e giovino alla storia nazionale, non bastano i pregi pei quali
e le moderne sovrastano alle antiche. É necessario che lo spi-
c rito che le informa non sia grettamente municipale, ma
e sappia intendere la parte che il Municipio ebbe nella vita
e della nazione. Gì sono storici municipali che nella storia
e d'una città o di un comune cacciano tutta la storia d'Italia,
e quasiché la nazione non abbia vissuto altro che in quella
e città 0 in quel Gomune; e queste storie che sono le più,
e sicuramente non sono aiuti alla storia generale, ma piut-
e tosto inciampi. »
Ma di questo avviso non sembra che sia stato il Prof. Gec-
coni nel dettare la sua Storia di Castel fidar do, che va dalle
origini al 1588, in cui se si rivela appassionato cultore delle
discipline storiche, non si sa però guardare dal metterci dentro
tanta parte della storia di altre terre marchigiane, di quella
nazionale e generale che poco o punto ha a che fare con
quella di Gastelfidardo, sicché ciò che egli ha raccontato in
molte pagine, poteva, tenendosi più ristretto al proprio argo-
mento, ridurre almeno alla metà. Sono poi di pensiero che se
il prof. Gecconi in luogo di consultar solo le storie e cronache
di Ancona che sono a stampa, avesse avuto la pazienza di
far delle indagini tra le memorie manoscritte che si conservano
nel nostro archivio municipale, avrebbe trovato preziose no-
tizie da aggiungere alla sua storia per quel che si riferisce
ai rapporti tra Ancona e Gastelfidardo, e alle guerre tra Tane
e l'altro luogo.
Arvhiv. S(or, March. V. /. 40
772 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Al racconto tiea dietro un^appendice di XX docomeoti,
per la maggior parte inediti, tratti per lo più dal Libro Rosso
che esiste neirArcbivio segreto del Comune di Osimo, e ve
ne sono dei preziosi che saranno consaltati con atilità dai
cultori delle patrie memorie.
In quanto alla forma con cui il racconto è dettato, io sono
d'avviso che se procedesse più spedita, senza alcune traspo-
sizioni antiquate, essa riuscirebbe più amena e meno grave
alla lettura.
Voglio sperare che il Sig. Gecconi, di cui apprezzo le belle
doti deiringegno e Tamore con cui s'è dato alle ricerche isto-
riche, prenderà in destra parte le osservazioni che ho creduto
fare intomo al suo lavoro, non da altro mosso che dal desi-
derio che questi studii i quali formano l'oggetto comune delle
nostre cure siano fatti in modo che se n'abbia a ritrarre il
maggior frutto possibile. E dal sig. Gecconi aspettano le nostre
storie municipali notevoli servigi, purché alla paziente indagine
sappia congiungereTquell'acume critico che, come ho notato
nel principio di quest'articolo colle parole del Tabarrìni, è
necessario allo storico municipale per scegliere tra i molU
fatti solo quelli che hanno un'importanza reale, non affogan-
doli poi in un mare di notizie storiche d'altri luoghi, che
nulla rilevano o non hanno con la storia comunale a che fore.
Antonio Ranieri: Sette anni d! sodalizio con Giacomo Leo|iardi
— Un voi. in-8 di pag. 126 — Napoli. Tipografia Gian-
nini, 1880.
Tutto quanto si scriva intomo a Giacomo Leopardi, filosofo,
poeta e prosatore incomparabile, ha per noi un'importanza
speciale perchè degli uomini veramente grandi com'egli fu
si desidera vedere per quali vie alla propria grandezza siano
pervenuti, si desidera conoscere tutte le particolarità di loro
vita, le quali ci mostrino le origini dei pensieri che nei
propri scritti sono venuti manifestando, e molte volte, per
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 773
non dir sempre, nelle vicende della vita pubblica e privata
si trova la ragione dr atti , di parole e di pensieri che altri-
menti non si saprebbe come spiegare: in ana parola, quanto
più della vita intima degli scrittori si giunge a conoscere
tanto più si agevola T analisi psicologica che tanto giova alla
piena intelligenza degli scritti
Però se ogni maniera di lavori intorno al Leopardi ci
riesce gradita tanto più avidamente leggiamo un libro di
quell'anima candida di Antonio Ranieri, che air infelice Re-
canatese fu più che amico fratello, sperando che egli ne fac-
cia conoscere cose che sino qui abbiamo ignorate le quali
giovino e alla biografìa e air intendimento del pensiero Leo-
pardiano.
Il Ranieri dopo le afTettuose parole che aveva mandato
innanzi alle opero di Giacomo, stampate dal Le Monnier, si
era chiuso in un silenzio che se a molti dispiaceva perchè
si credeva che T amico del grande marchigiano potesse meglio
di altri farcene conoscere V animo e V ingegno, pure era
effetto e di modestia assai rara e di un sentimento di vene-
razione profonda verso P estinto. Ma intanto le inesattezze
in cui , innavvertentemente o ad arte , caddero parecchi che
scrissero del grande poeta hanno indotto il Ranieri a rompere
il silenzio e a ristabilire la verità, e che questo egli faccia
a tal Pine e non spinto da altro apparisce chiaro dalle se-
guenti parole: e In un fatto evidente, del quale tutti erano
< stati spettatori e testimoni, essa (r invidia) non nego, anzi
e si uni con tutti a far plauso. Ma, secondo che il perfidis-
i Simo vecchio, che s' è chiamato Tempo, trascorreva V ine-
c sorabile sua via, e gli spettatori e i testimoni si diradavano
e cominciò a procedere per insinuazione. Questo procedere
« giunse a tale, da far consacrare notabile inesattezza insioo
e sul marmo; e dopo presso che mezzo secolo, e tre vite
e due spente e la terza non lungi dallo spegnersi mi è parso
e che mi sia lecito di dife, non tutta la verità (che a questo
■ punto non v'ha insinuazione al moudo che possa sospin-
r
774 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
c germi), ma quella parte che senza detrarre chicchessia, basti
e appresso le anime bennate, a non consentire che sia de-
e tratta la santa virtù, ed, in già tanto gran deserto mora-
c le, svolta, forse, la gioventù, per quasi certezza d'ingrati-
c lodine, dal sao ben fare (pag. 7 e 8).i — E da qaeste
meglio che dalle parole mie appariscono gP intendimenti del-
l'autore, intendimenti onesti e delicati ad un tempo e che
fan vedere come altro non è che un grido di dobre e di ri--
vendicazione della verità (pag. 71) Ma il Ranieri se è stato
costretto a questa publicazione dalle ragioni accennate egli
ne fa sapere che altro avrebbe a dirci intorno al Leopardi ,
che però non ce lo dirà mai ed io, pure rispettando i motivi
che lo inducono a non darci delle notizie che sarebbero pre-
ziosissime, non posso non dolermi, insieme a quanti venerano
il Genio di Recanati, del partito a cui si è voluto attenere.
Da questo volume sappiamo che Antonio Ranieri conobbe
prima di partir per la Francia Giacomo Leopardi , ma non
fu che nell'autunno del 1830 a Firenze che incominciarono
a strìngersi tra di loro quei vincoli di amicizia che solo la
morte doveva sciogliere. LMnfelice giovane, già travagliato
da quei malanni che poi innanzi tempo lo condussero alla
tomba, era in preda della sua immedicabile tristezza, e il Ra-
nieri cerca indagarne le cagioni con si amichevoli parole che
Giacomo intenerito e lacrimando ebbe a dirgli : Recanati e
e morte sono per me tutt'uno; e fra qualche di andrò a
< morire in Recanati. Tutti i miei lunghi sforzi si rompono
< alla fine incontro al Fato, che mi conduce a quel mio
e odiato sepolcro: Il generale Colletta volle trarmene, e rac-
c cogliendo intorno a se molti di questi signori, mi fece un
> peculio per un anno, si aspettava che io componessi e
< dedicassi. Non ho potuto la prima cosa, e non ho mai vo-
< luto la seconda ; ed il peculio non sarà rinnovato (pag. 9).
Le quali parole e lacrime tanto commossero il Ranieri, che
con uno slancio di generosità proprio dei giovani educati
a nobili sentimenti gli rispose: < Leopardi, tu non andrai a
4
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 775
e Recanati. Quel poco onde so di poter disporre, basta a due
e come ad uno: e come dono che tu fai a me, e non io a
e te, non ci separeremo più mai (pag 9.). — Qui come
ognun vede si conferma la ripugnanza di Giacomo a tornar
in Recanati, ma d' onde e perchè tale ripugnanza ? Io credo
che r uomo infelice neir aprire T animo suo air amico avrà
forse indicato il perchè per lui era un morire il ritorno in
patria, ma il Ranieri nulla ce ne dice; però Tepistolario in
questo ci soccorre, e ci ricorda la contrarietà che trovava in
famiglia dove le bigotterie dei genitori, la ristrettezza in cui
Adelaide Àntici teneva tutti quanti per restaurare il patrimo-
nio di casa Leopardi, non avevano certo ad essere cose che
allettassero gran fatto un uomo com'era Giacomo; ci ricorda
come egli non fosse reputato da più che un ragazzo, secon-
do scrive al Giordani se non erro, come a Recanati non si te-
nesse in alcun conto chi si dedicasse agli studii. Ma una
ragione anche più grave Tabbiamo in quella lettera che
Giacomo aveva scritto a Monaldo, e ch'egli avrebbe mandata
se avesse avuto effetto il tentativo di fuggire dalla casa pa-
e terna. Ella conosce me, scrive egli, e conosce la condotta
e eh' io ho tenuta fino ad ora, e forse, quando voglia spo-
e gliarsi d'ogni considerazione locale, vedrà che in tutta
e Italia, e sto per dire in tutta l' Europa, non si troverà un
e altro giovane, che nella mia condizione, in età anche molto
< minore, forse con doni anche intellettuali competentemente
e inferiori ai miei, abbia usato la metà di quella prudenza,
« astinenza da ogni piacer giovanile, ubbidienza e sommis-
e sione ai suoi genitori eh' ho usata io . , . . . Certamente
e non rè ignoto che non solo in qualunque città alquanto
e viva ma in questa medesima , non è quasi giovane di 17
e anni che dai suoi genitori non sia preso di mira, afBne di
• collocarlo in quel modo che più gli conviene; poi della
< libertà che essi tulli hanno in quell'età, nella mia condì-
e zione, libertà di cui non era appena un terzo quella che
« mi si accordava ai 21 anno Io sapeva bene i progetU
776 RASSEGNA BIBUOGRAFICA
e ch^ella formava so di noi, e come per assicurare la felici-
e là di una cosa eh' io non conosco, ma sento chiamar casa
e e famiglia, ella esigeva da noi due il sacrìGzio, non di roba
e né di care, ma delle nostre inclinazioni, della gioventù, e
e di tutta la nostra vita, e {Le tre lettere di G. Leopardi in-
torno alla divisata fuga dalla casa paterna. Pag. 31. 32. 33.
35). Lo schiavo che aveva Qnahnente scosso le catene po-
teva di nuovo volontariamente tornar a cingersele, tornar nel
natio borgo selvaggio intra una gente zotica e vii? Poteva
proprio di buon grado tornare a Recanati, di cui fa una di-
pintura tutr altro che attraente nella lettera a Giulio Pertì-
cari? € Questo è proprio inferno, egli scrìve, dove bisogna
e che r uomo guardi bene di non mostrare che sappia legge-
< re; dove non si discorre d'altra materia che di nuvolo
e e di sereno, o vero di donne colle parole delle taverne e
e de' bordelli ; dove mentre per V una parte non resta al-
c r uomo di senno altra occupazione che gli studi altro rì-
c poso che gli studi, per l'altra parte in tanta distanza d'o-
c gni paese e d' ogni anima colta, manca agli studi anche la
e speranza della gloria, ultimo inganno del sapiente e {Let-
tera etc. pag. 61 e 62). — Ma se quello che scrive il Leo-
pardi ci spiega perchè gli dolesse di esser costretto a ritor-
nare in patria, tuttavia il Ranieri non ce ne dice nulla, forse
credendo, nella bontà del suo animo di nuocere alla buona
fama del Recanatese, la quale invece non ne avrebbe ricevuto
danno alcuno perchè credo che poco di diverso da quello
che ha scritto ai parenti ed agli amici potesse dire, e perchè
poi ad ogni modo non deve esser reputato colpa ad un uomo
l'amore della propria libertà, il desiderio di trovarsi in luo-
ghi in cui possa attendere ai suoi studii e di vivere in mezzo
a persone che sappiano valutarne Y ingegno di cui ha coscienza.
Impossibile sarebbe il dire in breve quante e quali furono
le cure amorevoli che Antonio Ranieri dapprima a Firenze,
e quindi a Roma e Napoli in unione della propria sorella
Paolina^ usò al povero Giacomo; tutto quanto alle anime ben-
RASSEGNA BlBLfOGnAFlCA 777
nate san detiare V afTetto, la pietà e la gentilezza nulla nulla
venne trascurato, e fu, in mezzo al secolo calcolatore e ban-
chiere, novello esempio di santa amicizia che richiamò alla
mente quel che si legge di Damone e Pizia, di Pilade e 0-
reste, storie che più non sembrarono impossibili una volta
che era dato di vederle vive sotto gli occhi. — Giacomo pel
male agli occhi e per gli altri incomodi di salute, ond^era
gravemente travagliato, non poteva attendere alla correzione
delle sue poesie che si stampavano dal Piatti a Firenze, ed
ecco r amico darsi pensiero di ciò; passava le notti insonni
e r amico era sempre presso di lui per aiutarlo e sollevarlo
per fargli sentir meno il peso del male che doveva spegner
quella vita innanzi sera: i medici consigliano che V infermo
lasci Firenze, ed ecco Tamico che disinteressatamente si dispone
a condurlo a Roma, usando tutte le cautele possibili perchè il
viaggio non dia una troppo grave scossa alla sua salute. No-
« leggiai , a grave prezzo , tutta per me , una spaziosissima
< vettura, con abbondanti ed ottimi muli, valendomi di tutto
e il coupé, per respirare talvolta; poiché Leopardi voleva
< una chiusura tale, da non potere nò anche rinnovare Tana
< consumata e corrotta » (pag. 14). — A Roma un paruc-
chiere indiscreto e ciarliero, come tutti i suoi compagni, ve*
nulo in casa dei due amici, fa sapere al Ranieri ch^egli òdi
Recanati, che conosce assai bene le cose di colà; gli umori del
padre e del figliuolo; Fodio implacahile di costui al dima ed agli
abitatori di qud paese e molte più altre cose che il Ranieri
nella sua scrupolosa prudenza stima opportuno di tacere. Leo-
pardi dalla camera attigua sente tutto, e partito il pamcchiere
vicn fuori, rammenta a proposito le Ricordanze e quindi
soggiunge: e Bene! ... sappi, che io divento un forsennato
< al solo sognare dì andarne per le bocche di quella gente ;
e sappi, che io inventai, invento ed inventerò tutte le favole
e tutti i romanzi di questa terra, per salvarmi da questa or-
c ribile sciagura; e sappi, che di questa libertà io fo un patto
< espresso dell'accettata proferlal. .. » (pag. 17) — Alcuni
778 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
vaa farcendo dei castelli ia aria iaioroo a quelle favoU e ffit>-
manzi di cui parla il Leopardi, e ne vorrebbero iuferìre che
forse gli argomenti d' amore di cui tratta nelle sue poesie
sono immaginari, e non hanno fondamento alcuno di Yerìti;
il che non so come possa arguirsi, invece io credo che al-
luder volesse agli ingegnosi modi a cui avrebbe dovuto ricor-
rere per nascondere ai suoi ch'egli viveva quasi del tutto a
carico deir amico, forse alluder voleva ai lavori cui pensava di
attendere per trarne di che vivere per non ricorrere alla fa-
miglia cui rincresceva anche di passargli pochi scudi al mese
perchè vivesse fuori di casa.
É interessante il vedere come il Ranieri serba viva me-
moria d' ogni minimo fatto, dei nomi delle persone anco vol-
gari, e non meno c'interessano i particolari che d fanno co-
noscere Tumore strano di Giacomo, effetto delle avversità della
vita e dei malanni che lo affliggevano]; però di certe minuzie,
come quella del pettine, sarebbe stato meglio tacere perchè
non giovano a meglio conoscere la vita del grand' uomo , e
invece era per noi più inportante sapere molte altre cose che
r autore ha a bello studio taciuto.
E di Paolina Ranieri che dirò? È una bella ed angelica
figura di donna, che si adoperò con tanta cura aCtettuosa a
lenire i dolori di Giacomo, che non può non destare la no-
stra ammirazione ed un sentimento di riconoscenza profonda.
A lei il fratello, tuttavia addoloratissimo per la morte da po-
chi mesi avvenutane, dedica pagine che sono piene di cuore
ed un vero inno in onore della virtù.
Ma qui prima di finire, tra le molte cose di cui V egregio
scrittore si occupa mi par da notare il fatto che il Tommaseo
$i era mostralo nella stampa parigina, poco ammiratore di
Leopardi (pag.. 45) il che forte dispiacque al Recanatese, che
ne concepì odio verso lo scrittore dalmatino. « Ma non però
e scemava il furore contro il Tommaseo > ci dice il Ranieri
e di fatti ci racconta che una volta < Vorrei, mi disse, det-
c tarti qualche periodo intorno al Tommaseo . . . Dopo molte
ftASSEONA BIBUOGRAFICA 779
« cose, che, o non ho o non voglio avere a mente, mi dettò
e spiatellatamento , che Vincenzo Monti usava d'esclamare,
e in an significato singolarissimo: mi dolgono i tommasei
e (pag. 47). • Però per opera delP amico quello scritto appe-
na dettato fu lacerato. Nel soggiorno di Napoli Leopardi com-
pose i Paralipomeni della Batracomiomachia, i P^mieri e
poco meno d' una metà dei suoi Canti < forse la più bella,
« perchè quattro o cinque di essi, sono veramente quanto
e di più nuovo e di non ancora tentato, possa trovarsi nella
e poesia italiana (pag. 49). i
Concludendo dirò che questo libro sebbene non ci offra
tutto quello che ne aspettavamo pure fornisce particolari che
i futuri biografi del Leopardi non potranno trascurare; ad
ogni modo poi vi è per entro un sentimento di affetto cosi
profondo, delicato e sincero, un culto della verità che conforta
e fa bene al cuore del lettore.
V istruzione piMlioa in Italia aai mmIì Vili, IX • X ~ Ri-
cerche dd Dorr. Giuseppe Salvigli — * Un voi. in-8 di
pag. 157. — Firenze Tip. della Gazzetta d* Italia.
I lettori deirArchivio Marchigiano già conoscono il Dott. Giu-
seppe Salvioli per il bello studio di lui intorno agli Slaluti
di Atmént, quindi non stenteranno a credere che queste sue
ricerche suir istruzione pubblica in Italia Belicela di mezzo
siano degne d'essere lette e studiate, come quelle che por-
tano la luce su di un argomento importantissimo.
A ben conoscere la vita di un'epoca non basta fermarsi
a quel che ne appare esteriormente, ma bisogna studiarne
le leggi, i costumi, bisogna indagarne le cause che contiibui-
rono a far progredire od arrestare i popoli nella via della
civiltà e non ultima certo di queste cause si è la condizione
del publico insegnamento. — Le dotte investigazioni che
dal Muratori in poi si sono latte negli archivi publici e
privati, hanno senito a portare non poca luce su molti fatti
780 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
0 ignorati o mal noti della nostra storia medieTale, ma ciò
non toglie che ancor molto ne resti a fare perchè tolti i
dabbi e le incertezze svaniscano, e specialmente per quanto
ha riguardo allo stato della cultura publica non possiamo
dire di conoscere appieno la condizione di lei, anzi si può
dire con certezza che laTori speciali d'importanza suir argo-
mento sinora non se n' erano fatti, e quel poco che se ne sa
lo si' sa cosi di straforo o per incidenza.
Sicché il lavoro del Salvioli, come quello che studia le
condizioni generali dell'insegnamento in tutta la penisola
dair ottavo al decimo secolo inclusive, è primo nel suo ge-
nere e quindi non è a meravigliarsi se, per le difficoltà che
Fautore avrà dovuto naturalmente icontrare, qua e là si
trovano delle lacune, se qua e là si desidererebbero notizie
maggiori, ma tuttavia le notizie che si hanno sono ricche
d'interesse e fanno sperare che l'autore continui nelle sue
utili indagini, e ritorni suU' argomento, dandogli un piA com-
pleto sviluppo.
Comunemente si declama contro le tenebre del medio evo»
ma non si vede come di mezzo alle tenebre verrà la luce,
non si vede come per opera di un segreto e lento lavorio
la coltura tornerà in fiore , non si vede come i germi del
sapere si siano conservati per tornare a svilupparsi più rigo-
gliosi che mai quando la stagione torni propizia. c4>erò U
tradizione classica, dice il nostro autore (pag. 4 e 5). ooa
era stata involta nel naufragio: essa viveva isolata, chiosa,
avvilita, ma il suo elaterio era conservato con una gelosia
inconscia ed all'ombra di questo si mantenne la scuola.
Se fu frustato il tentativo di uno spirito superiore di met-
tere air ordine del giorno l' istruzione pubblica nel senso
moderno, noi mostreremo che l'Italia nei secoli Vili, IX
e X e nel ferreo mille ebbe le sue scuole non ravvivate
per forza galvanica, ma per tradizione e sentimento e che
in queste scuole circolò un soffio di vita, il moto e il bru-
lichio di nuove idee. Il popolo latino non è mai morto :
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 781
e ma nel silenzio e nei secolare lavorio di preparazione che
e sembra morte, ha consunto ciò che era destinato a perire
e e ha plasmalo, maturato e vivificate quelle forme con cui
e doveva ricomparire nella storia per riprendere il suo ascen-
e dente intellettuale. •
L' autore tesse la storia dell' istruzione in Italia nei tre
secoli indicati, accennando alla legislazione alle scuole esistenti
ed ai metodi d'istruzione, dandoci ragguagli nuovi che non
si trovano nel Muratori, nel Tiraboschi, nel Giesebrecht e nel-
rOzanam, che più di altri scrittori si sono occupati deir ar-
gomento, ma, come ho detto già, neppure le notizie del Sai-
violi sono complete. Per esempio a pagina 78 scrive : Nelle
Marche ritroviamo minori traccie di coltura letteraria in con-
fronto di qualunque altra regione d' Italia. Ciò è per lo meno
inesatto, e credo che se egli avesse fatto delle ricerche noi
nostri archivi, vi avrebbe trovato sufficienti prove per dimo-
strare che non eravamo più indietro degli altri nostri fratelli
della penisola : e poi se avesse letto la memoria che il Curi
publicò in questo Archivio intorno all'università di Fermo
avrebbe visto come neir anno 825 delP E. V. V Imperatore
Lotario emanasse un decreto per T istituzione di scuole su-
periori, tra le quali fu quella di Fermo il che fa facilmente
arguire che nei luoghi prossimi a quella città la coltura non
fosse cosi indietro come il Salvioli mostra di credere, perchè
non si fonda un' Università dove gli studenti mancherebbero,
e prima d' aver provveduto air insegnamento di quelle ma-
terie che aprono P adito agli studii universitari.
L' autore egregio inoltre per quanto si riferisce ai metodi
usati nelle scuole di quei giorni mi pare che non ci dia
un' esatta idea, perchè ci dice quali cose s' insegnassero ma
non qual fosse la via ^uita nelP insegnarle ; e questo in
una storia dell'istruzione non dovrebbe trascurarsi, perchè, nel-
l'insegnamento il gran segreto della buona e cattiva riuscita
degli allievi sta nel metodo; egli è vero però che forse è
difficile il trovare memorie e documenti che di ciò ne faccia-
782 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
no testimoniaDza e quindi dato questo caso, della mancanza
notata non sarebbe da fare una colpa al nostro autore.
Anche riguardo alla forma c'è da osservare qualcosa. Ci
sono parole e frasi che amerei di vedere sostituite da altre di
più schietta ilalianità e di più efficace naturalezza, peixbè
non è vero che la scienza per rendersi più autorevole debba
usar di un linguaggio che si scosti dal comune annebbiando
il pensiero in luogo di meglio chiarirlo o vivificarlo.
Oggi è opinione generalmente invalsa che bisogna creare di
pianta il linguaggio scentifìco, ma, o io m'inganno, si è in
errore, perchè per tal modo in luogo di render la scienza
accessibile al maggior numero la si rende privilegio esclusivo
di alcuni pochi suoi sacerdoti, non so con quanto giovamento
del progresso e della diffusione degli studii. E perchè si
abbia una prova di quanto asserisco farò alcune poche ci-
tazioni a caso. Una condusione di continuità ndP insegna-
mento — Ma il suo elaterio era conservato — Ebbe le sue
scuole non ravvivate per forza galvanica — La forza plasiica
ddla società — // soggettivismo delle costituzioni monastiche che
è r dMiterazione del mondo esteriore e deW uomo — rimarche-
vole — Sembra pure doversi mettersi — Quindi come un giaci-
ne era sotto i processi del sillogismo, il suo arsenale intdteUuate
di filosofia si riteneva compiuto — Dettagli — UaddenteUato netta
civiltà è il corollario delT immanenza dette forze e delle condizioni
naturati ammessa dalla legge storica etc.
Non sappia male air egregio sentore delle osservazioni che
neir interesse del vero e del sapere ho creduto di fare sul-
r opera di lui, la quale per questo non perde gran fatto del-
l' importanza sua, che spero sarà riconosciuta da quanti avranno
occasione di leggerla.
Patrizio Antolini: - Notizie su Leopoldo Cicognara e sua fani-
glia« - Un op. in-16 di p. 48. - Ferrara, Premiata Tip. Soc,
È un breve studio fatto con sufficiente diligenza e dietro
la scorta di documenti, che ci fa desiderare che il Sig. Anto-
RASSEGNA BIBLIOGRÀFICA 783
lini attenda a darci quanto prima una completa biografia del
Gicognara, il quale fu uno dei più eruditi scrittori di cose
d' arte. — Comincia il volometto coir albero genealogico del-
la famiglia Gicognara, nel quale però si nota la mancanza
assoluta delle date della nascita e morte dei personaggi che
si ricordano. Seguono le notizie intorno alla famiglia, dalle
quali apprendiamo che sin qui si credette che sulla fine del
secolo XVI si trasferisse dalla Spagna in Italia, fermandosi
prima a Cremona e quindi a Ferrara; dapprima denominavasi
Dc-Grapis e cangiò il nome in quello di Conti di Cicognara.
L' Anlolini , basandosi su documenti da lui letti ( che
avrebbe fatto bene a riprodurre per conferma della propria
opinione), crede che il cognome dei Cicognara venisse tolto dal
paese die cosi si chiama, paese che dal 760 al 1390 appar-
tenne alle Monache di S. Giulia di Brescia, e poi al Marchese
di Viadana. — Un ramo della famiglia Cicognara rimase a
Cremona, un altro, di cui si considera capostipite Benvenuto,
il Ilio era già trasferito a Ferrara, e i suoi membri non
ebbero il titolo di conti che nel secolo scorso da Bene-
detto XIII. Questa famiglia contò in ogni tempo uomini illu-
stri, ma il maggiore di tutti fu Leopoldo. — A queste brevi
notizie seguono le annotazioni air albero genealogico, in cui
si nota la diligenza posta nel raccogliere le notizie cronologi-
che, e tutte quelle altre che valgono a farci conoscere i
particolari più importanti della vita di coloro che maggior-
mente s' illustrarono.
Vengono poi le notizie intorno alla vita di Leopoldo Cico-
gnara, che so ci fanno vedere quanti e quali furono i meriti
di lui, certo avrebbe meglio giovato allo scopo se fossero
stale svolte con maggiore ampiezza, intrattenendosi special-
mente a discorrere delle opere che non furono poche né di
poco pregio, come vedesi dal catalogo di esse, che s' è voluto
opportunamente aggiungere in fine del volumetto insieme alla
bibliografìa biografìca.
784 RASSEGNA BIBLIOGBAFICA
Storia di Filottrano scritta dal Prof. Ab. Emidio Bianchi —
Parte i. — Un voi. in-8 di pag. 196 — Foligno, Slab.
Tip. dì Feliciaoo Gampiteili 1875 — Prezzo L. 1,50.
Intorno alla utilità della compilazione di storie municipali
per preparare il materiale al futuro scrittore della storia della
nazione ebbi già a manifestare più volte il mio avviso, sicché
capiranno facilmente i lettori com^ io non possa che rallegrar-
mi ogni qual volta alcun studioso esponga le memorie della
sua città, purché però tale esposizione sia fatta eoo sani cri-
teri storici.
Ora é il Prof. Bianchi che ci sì fa innanzi colla prima
parte della sua storia di Filottrano, in cui si occupa di Tor-
nazzano, di Storaco e degli altri antichi castelli di quel ter-
ritorio, ma con dispiacere btsogna che confessi che il lavoro
non risponde a tutte le condizioni che si richiedono in lavori
dì tal genere, infatti V autore riferisce leggende e miracoli
non allo scopo di cercare com' esse abbiano avuto orìgine, e
quale verità adombrino, ma ce le dà come storia e questa è
senza fallo difetto non lieve a cui P egregio autore dovrebbe
studiarsi di rimediare in una nuova edizione del suo libro,
il quale del resto ci offre anche nuove preziose notizie inte-
ressanti per la storia marchigiana in mezzo alle cose di poco
0 nessun momento che in una storia non devono trovar luogo.
Non paia al Sig. Bianchi troppo severo il mio giudizio, e
pensi eh' esso é fatto nelP interesse dei comuni studii, e per-
ché credo eh' egli e per ingegno e per coltura potrebbe darci
cose migliori, quando volesse prender cognizione dei criteri
nuovi con cui i moderni procedono nelle indagini storiche.
Gesabe Rosa.
INDICE
DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO V VOLUME
Ai Lettori — C. Rosa Pag. 3
UnÌTersità degli Studii in Fermo — V. Curi .
Festa di S. Floriano Martire in Jesi e Tiro a
segno colla balestra, instituito in occasione
della medes.* nel 1453 — A. Gianandrba .
Cronica di Pesaro attribuita a T. Diplovatazio —
6. Vanzolini
Memorie dell'assedio di Ancona nel 1799 di Ca-
millo Albertini — C. Rosa
Frammento inedito d^una lettera di G. Leopardi
Le cospirazioni imperiali di Romagna e Toscana
contro la Lega Lombarda 1167-1175 —
A. RUBBIANI
Di una statua marmorea acefala — Barone D.
GUIDOBALDI
Di un documento inedito per servire alla storia
di Camerino — A. Conti
Della rita e delle opere di Giacomo Leopardi —
C. Rosa
Gli Statuti inediti di Rimini — Doti, G. Salvigli
Cenni cronologici sulla fondazione, progresso e
fine del nobile Collegio ed Università Nolfi
in Fano — L. Masbtti
I primitivi capitoli del Monte di Pietà di Fano
— L. Masbtti
Antico codice delle Gabelle nel sec. XIY in Fano
— L. Masbtti «...
Capitoli camerinesi sugli Ebrei — A. Colocci e
M. Santoni
Appendice alla Storia della antica Pitulo —
A. Monti
n Secondo Congresso delle Società Storiche Ita-
liane «» G
Rassegna bibliografica — Notizie storiche —
Bollettino bibliografico
9-417
45
77-721
101
119
123-535
193
211
235
385
Gli
CC3-^
703
745
749
755
157-349-581-759
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